Sguardo a mandorla

di luciadom
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1) Un caso delicato ***
Capitolo 2: *** 2) Ritrovarsi ***
Capitolo 3: *** 3) Cambiamenti ***



Capitolo 1
*** 1) Un caso delicato ***


Disclaimer: Tutti i personaggi, le citazioni, le musiche e le varie argomentazioni che saranno presentati nell’arco di tutta la fan fiction non mi appartengono e sono dei rispettivi autori.
Li uso solo a scopo di passione e non di lucro.
La mia storia conterrà riferimenti sia all’Anime che al Manga, e cosa molto importante, per esigenze di trama non è ambientata all’inizio degli Anni ’90, ma ai nostri giorni.
Saranno trattate tematiche delicate, come anticipato negli Avvertimenti.
La storia parte da poco dopo il matrimonio di Falco e Miki, cambia solo l’anno :P
Spero di avervi incuriosito, buona lettura!
 
1) Un caso delicato

Era una tranquilla mattina in casa Saeba – Makimura.
Non erano che le 11.00 h, e Kaori era già andata e tornata dalla stazione, senza un nuovo incarico, ovviamente, aveva rassettato casa e fatto la spesa.
Ryo ronfava beatamente al piano di sopra nel suo letto, dopo l’ennesima nottata fuori.
Era trascorso un mese e mezzo dal matrimonio di Miki e Falco, in giro si respirava già l’atmosfera natalizia, ovunque la gente sembrava impazzita di vivacità, tra la corsa ai regali, canti, addobbi e quant’altro.
Tutti.
Tutti tranne lei.
La sua vita era di nuovo in una posizione di stallo, sul punto di vista professionale, dato che la lavagna la trovava quasi sempre vuota, e anche su quello personale.
La sua vita privata era emozionante come fare un trasloco senza l’aiuto di una ditta specializzata!
Solo stanchezza a valanghe e rotture.
Stanchezza, soprattutto, sì, perché dopo quella che aveva soprannominato la pseudo dichiarazione di Ryo,nella radura, il suo partner non aveva più fatto passi avanti, per l’ennesima volta.
Per l’esattezza non si era nemmeno poi tanto tirato indietro! In realtà sembrava non sapere nemmeno lui cosa gli passasse per la testa.
Lei, animata da una nuova speranza dopo quelle parole, aveva ripreso ad aspettarlo con una strana pazienza che stava andando via via affievolendosi.
Parlavano, litigavano come il solito, poi tutto tornava alla normalità, qualche volta scherzavano e il massimo che le aveva concesso, era stato qualche carezza o qualche abbraccio, cosa che era successa qualche volta anche prima di Croiz.
Di fatto però, non era cambiato assolutamente niente.
Ryo non sembrava indifferente, piuttosto sembrava … indeciso, e questo la faceva pensare di più.
Quando dopo aver sconfitto Croiz avevano lasciato il bosco, per raggiungere il Professore e tutti gli altri al capezzale di Miki, ogni questione era stata automaticamente messa da parte, per far fronte alla preoccupazione per la giovane barista, ma tutti avevano notato che era cambiato qualcosa tra i due sweeper.
Tuttavia, quando erano tornati a casa, con la scusa di essere stanco e di dover riflettere, Ryo si era rinchiuso nella sua stanza e il mattino dopo vi era uscito con un’espressione indecifrabile.
L’aveva salvata di nuovo, ma era arrivato all’ultimo minuto, rischiando che dieci bastardi soldati la uccidessero sparandole addosso.
Ancora una volta lei era stata presa di mira per colpa sua.
Si era quasi lasciato andare dicendo a modo suo di amarla, e sapeva che l’aveva resa felice.
Per un attimo Croiz, i suoi tirapiedi, il pericolo e tutto il resto erano spariti lasciando posto solo a loro due, ma sapeva anche che Kaori, aveva ancora una volta rischiato la vita a causa sua.
Si era addirittura detta disposta a morire per lui, e non ne aveva dubbi che l’avrebbe fatto, testarda e coraggiosa qual era, ma lui non avrebbe mai potuto permetterglielo.
Se non fosse stato per Umibozu accorso ad aiutarlo, quando aveva abbracciato Kaori dopo averla liberata, Croiz gli avrebbe sparato alle spalle.
Lui se ne era accorto e aveva già impugnato la sua arma incastrandola fuori dal suo abbraccio, ma il suo gigantesco amico era intervenuto per salvargli la pelle, e soprattutto, come aveva bofonchiato poi, per non permettere a quell’idiota generale di interrompere quel loro momento.
No. Ancora una volta aveva deciso lui per entrambi.
Aveva egoisticamente appurato che il solo modo di amarla, e di proteggerla, era quello di non cambiare le cose.
Avrebbe continuato ad amarla in silenzio e di nascosto per sempre, ma mai alla luce del sole, alla stregua non solo dei loro amici, ma soprattutto dei nemici.
Ryo aveva passato una lunga notte a pensare e quella era stata la sua vigliacca decisione, in realtà non convinto fino in fondo che fosse davvero quella giusta.
Se magari si era ripetuto fino alla nausea che solo così Kaori sarebbe stata un po’ più al sicuro, un minuto dopo i dubbi lo avevano assalito, e la stessa oscillazione di coscienza lo colpiva ogni qualvolta ci pensava di nuovo.
Era un completo idiota. Quando Kaori glielo rinfacciava aveva ragione!
In realtà non aveva deciso assolutamente niente di definitivo, perché non riusciva ad uscire dall’assurda situazione in cui si era andato a cacciare.
Sì, era un vigliacco, e non era il solo a ripeterselo.
Anche la petulante e sveglia sorellina di Saeko se ne era accorta, scrittrice famosa ed incallita anche se giovanissima.
Yuka Nogami non era che una liceale quando Kaori e Ryo l’avevano conosciuta, eppure lei aveva capito tutto fin dall’inizio.
Era scaltra quanto le sue sorelle maggiori, Saeko e Reika, e forse anche le due gemelline, ultime due figlie di quella famiglia, erano furbette quanto le altre tre.
Ad ogni modo, tutti avevano capito fin dall’inizio quale fosse il legame che univa lui e Kaori.
Tutte le sue clienti se ne erano accorte negli anni, e più di tutti la piccola Mayuko, quando ancora preda della cecità aveva fatto affidamento agli altri sviluppati sensi.
Loro due erano gli unici e non voler capire che non potevano stare separati, che mai avrebbero resistito lontani l’uno dall’altra per troppo tempo.
In realtà, Ryo era pur fin troppo consapevole che la colpa stava maggiormente dalla sua.
Kaori aveva cercato più volte di riprendere l’argomento, nonostante la sua timidezza e il suo imbarazzo, anche se aveva capito fin dall’inizio che le cose non si sarebbero mai evolute.
Lui aveva sempre evitato la questione per i giorni a seguire, o meglio, quando aveva potuto aveva evitato lei, con la scusa di dover fare costantemente visita ai loro informatori perché non del tutto convinto che la storia di Croiz fosse chiusa, anche se lo era.
Il suo atteggiamento era stato per Kaori come una stilettata al cuore, e lo sapevano entrambi.
Comportarsi in quella maniera ambivalente, oscillando tra il desiderio di allontanarla ancora una volta, e la voglia costante di stringerla a sé per non lasciarla più, li stava gettando in un vortice senza fondo che presto o tardi li avrebbe distrutti.
Le settimane si erano intercorse velocemente, tra le solite litigate, i martelloni, Ryo che aveva ripreso a fare il cascamorto dietro ogni gonna o tacco a spillo che respirassero e lei che doveva stargli dietro.
Lui continuava ad uscire quasi tutte le sere, ma contrariamente a quanto credeva Kaori, non era per ubriacarsi e per stare con le conigliette di quei night club.
In certe occasioni passava davvero dai suoi informatori, in altre lo sweeper trascorreva ore a riflettere, al porto, guardando le navi partire, oppure su uno dei grattaceli più alti della città, suo posto preferito, o addirittura sulla tomba di Hideyuki.
Se il suo migliore amico avesse potuto, dall’alto, gli avrebbe scagliato una maledizione fulminandolo sul posto.
Se da un lato credeva che rifiutare l'idea di lui e Kaori insieme fosse la cosa migliore, dall’altra sapeva che quel suo comportamento avrebbe potuto contribuire ad una rottura definitiva tra loro, e questo gli avrebbe fatto molto più male dell’immobilità che stavano vivendo.
Maledizione!
Era così difficile affrontare la paura di amare?
Proprio per lui? Lo stallone di Shinjuku?
Non erano che tre semplici paroline quelle che Kaori si aspettava dalla sua voce, con tutto ciò che ne conseguiva, certo.
Kaori era pur sempre una donna, con dei desideri e dei bisogni.
Era una ragazza giovane e romantica, sognava come tutte le sue coetanee l’abito bianco, ma da lui non avrebbe mai preteso ciò che legalmente non poteva darle.
Proprio come Miki, che le aveva spiegato che lei ed Umibozu non avevano deciso di sposarsi solo per un fatto puramente formale, anche lei non pensava di certo a firme e documenti.
Le bastava averlo accanto come suo uomo, l’uomo della sua vita.
Dall’altra parte, se lui aveva impiegato tutto quel tempo ad arrovellarsi il cervello, Kaori non si era fermata mai, quasi come a volersi tenere occupata.
Si era divisa tra la casa, qualche raro e noioso caso che avevano avuto, il prendersi cura di lui, in ogni senso, le lunghe chiacchierate al locale di Miki e le interminabili videochiamate con sua sorella. Le ultime due, soprattutto, erano scappatoie per confidarsi con le uniche persone che la conoscevano forse quasi quanto Ryo.
Il suo socio però era l’unico che la conosceva meglio di chiunque altro, così come lei conosceva fin troppo bene lui.
Forse Kaori aveva capito cosa tormentasse il suo partner, una lotta interiore che durava da quasi due mesi, ma su quel punto non poteva fare niente per lui.
Ryo doveva crescere, doveva maturare e capire da solo la realtà dei fatti, e lei doveva limitarsi a fare quello che aveva sempre fatto in quegli anni.
Sei lunghi anni che adesso rischiavano di vedere un doloroso capolinea per loro.
Entrambi sapevano che quella situazione non sarebbe durata al lungo, e anche i loro amici ormai si erano quasi rassegnati, offrendo a Kaori tutto il loro supporto.
Anche se Ryo l’amava davvero, non era disposto a fare di più, per delle motivazioni assurde cui ormai credeva solo lui.
La sweeper sapeva che a lungo andare le sarebbero rimaste solo due cose da fare: affrontarlo, mettendolo davanti al fatto compiuto, o mandarlo al diavolo e lasciarlo una volta per tutte, ma la seconda ipotesi le faceva mancare l’aria dal dolore.
Non avrebbe mai resistito lontana da lui.
Sapeva anche, però, che solo mettendolo alle strette avrebbe chiuso una volta per tutte quella faccenda, nel bene o nel male.
Persa nei suoi lunghissimi pensieri, Kaori non si era quasi accorta di aver sistemato meccanicamente tutti gli acquisti fatti, dai viveri in dispensa ai detersivi in lavanderia.
Salì al piano superiore per cambiarsi, liberandosi dei jeans attillati e del maglioncino arancione aderente, per sostituirli con una felpa e una tuta molto più comode.
Passò davanti alla camera del suo socio, quasi tentata di bussare.
Vi si appiattì contro cercando di percepire ogni suo minimo rumore, poggiando un orecchio al legno e concentrandosi.
Senza troppa fatica, lo sentì indistintamente russare.
Indietreggiò fino alla balaustra e scosse la testa, scendendo di sotto.
L’avrebbe chiamato quando il pranzo sarebbe stato pronto, forse, tanto quello sfaticato non avrebbe fatto che oziare, quindi tanto valeva godersi un’ultima ora di tranquillità.
Era già pronta a chiudersi in cucina quando il campanello trillò.
Chi accidenti poteva essere a mezzogiorno passato?
Il suo istinto le stava già suggerendo un nome.

-Ciao, Saeko!- sorrise alla poliziotta, non appena aprì la porta. - Non me lo dire! Hai qualche simpatico incarico per noi?-
 
Quando Saeko Nogami si presentava da loro alle ore più strampalate e con un’espressione che ormai lei sapeva riconoscere bene, c’era sempre qualcosa di particolare per loro.
L’ispettrice annuì, e si avviò verso il divano invitata da un’accogliente Kaori.
 
- Ryo non c’è? -
 
Kaori indicò con un indice alzato il piano superiore.
 
- Dove vuoi che sia a quest’ora? Sta ancora dormen… -
 
La sweeper non terminò la frase, che un martello di dieci tonnellate fu lanciato all’indietro senza che avesse nemmeno il bisogno di voltarsi.
Un Ryo tuffatosi silenziosamente verso la loro amica fu bloccato a mezz’aria, cadendo sotto il peso del martello.
 
- Aja! E io che sono stato così cauto per non farmi sentire!-
 
L’uomo rimase per terra steso a quattro di spade, prono, lamentandosi verso le due donne che non si mossero dalle loro posizioni.
L’ispettrice non si scompose, limitandosi ad aggiustare una ciocca di capelli svolazzante per colpa dello spostamento d’aria.
 
- Complimenti, Kaori! Migliori sempre di più! I tuoi sensi si sono molto raffinati e con i tuoi martelloni ormai sei un asso! Stendi Ryo ancor prima di percepirlo! -
 
La più giovane scosse le spalle con sufficienza.
 
- Abitudine! -“… o disperazione …!” aggiunse mentalmente. - Vuoi rimanere a pranzo con noi? Di cosa vuoi parlarci? -
 
Saeko scosse la testa.
 
- No, ti ringrazio. Ho da affidarvi un caso, ma sono in attesa delle informazioni complete. Sarà molto delicato, e noi della polizia abbiamo bisogno di voi. Ci sarà bisogno di tutta la vostra professionalità, e non solo della vostra.-
 
- Cioè?- Ryo, ripresosi dalla botta, prese posto accanto alla sua socia con un cerotto sul naso e un bernoccolo sulla fronte. - Che intendi dire?- continuò.
 
- Ci sarà bisogno di tutta la banda. - specificò la donna, guardandoli con attenzione.
 
Ryo e Kaori per un attimo si guardarono perplessi, poi tornarono a concentrarsi su di lei.
 
- Tsè! Il grande City Hunter non avrebbe bisogno dell’aiuto di nessuno! - disse l’uomo, spavaldo. - Comunque, di cosa si tratta? Belle clienti in vista vero? - insistette, con faccia da maniaco.
 
Kaori si voltò verso di lui facendo apparire dal nulla un nuovo martello.
 
- Scherzavo, scherzavo  … -
 
Il martello sparì due secondi dopo.
Saeko finse di non notare la scenetta, cercando di restare seria, anche se quei due a volte sfioravano la comicità.
 
- Saprete tutto stasera. Ritroviamoci tutti da Miki ed Umibozu dopo la chiusura. Posso dirvi soltanto, per ora, che qui non basterà solo la vostra abilità … tecnica. Armi e lotte non saranno sufficienti, soprattutto all’inizio. La cliente deve potersi fidare ciecamente di voi, ma non è facile per lei, capirete il perché. Dovrete mettere in campo anche la parte empatica di City Hunter. -e detto questo, gli occhi le si posarono per un lungo istante su Kaori.
 
- Empatica? -
 
La rossa sbatté le palpebre incredula indicando se stessa.
Ryo inarcò un sopracciglio. Tutti quei misteri non gli piacevano.
Cosa c’entrava Kaori? Perché d’improvviso ebbe la sensazione che Saeko contava quasi più su di lei per la riuscita di quel fantomatico lavoro?
Non gli piacque l’occhiata che Saeko aveva lanciato alla sua socia.
C’era qualcosa sotto.
 
- Sarete informati di tutto. -
 
Saeko si alzò in piedi pronta a congedarsi, sfilando verso il portone.
Kaori si alzò a sua volta per accompagnarla, seguendola fin oltre la porta d’ingresso.
Aveva una strana sensazione e voleva saperne di più, possibilmente prima della loro riunione.
Uscirono entrambe sul pianerottolo.
 
- Saeko a cosa ti riferivi? Perché mi guardavi a quel modo? -
 
Lei le fece un occhiolino ammiccante e se ne andò davvero, parlando dalle scale.
 
- Non ti preoccupare, saprai tutto stasera. A più tardi! -
 
- Ma … - la sweeper cercò di obiettare, ma Saeko era già sparita oltre l’angolo del muro.
 
Quando salì in macchina, la poliziotta si lasciò andare per un lungo momento lungo lo schienale del sedile.
Sarebbe stato un caso duro e delicato assieme, e Kaori poteva avere un ruolo predominante.
Era certa che sarebbe stata dura soprattutto per lei, ma aveva piena fiducia nelle sue capacità e poteva farcela.
Già in passato si era dimostrata ben al di sopra delle aspettative, soprattutto da quel punto di vista.
Kaori col suo essere semplicemente se stessa era l’unica socia degna di Ryo, l’unica che poteva davvero ricoprire quel ruolo.
Con nessuno, in passato, Ryo aveva condiviso un affiatamento così profondo come con lei, e la fiducia che nutrivano l’uno nell’altra andava molto al di là di un mero rapporto di lavoro.
Perché quell’imbecille non si decideva a portare quell’affiatamento e quel legame a livelli più alti?
Saeko era convinta che, se le cose fossero andate bene e come sperava che dovessero andare indipendentemente dalla riuscita dell’incarico, ne avrebbero tutti ricavato un grande insegnamento, quello stupido di Ryo più di tutti.
Avrebbero preso due piccioni con una fava!
Si sporse verso il palazzo di mattoni, sorridendo.
Diede gas al motore e partì.
 
***
 
La sera era arrivata e tutti erano al Cat’s Eye da almeno un’ ora.
Ognuno aveva gli occhi fuori dalle orbite.
City Hunter e tutti gli altri, avrebbero dovuto proteggere una donna e la sua bambina adottiva, affetta da Sindrome di Down.
Il marito della giovane era tenuto in ostaggio da una famiglia emergente della yakuza, che minacciava e ricattava la ragazza, Nami Kobayashi.
La bambina, Hotaru, era stata affidata ai due dalla sua vera madre e loro amica, Saori Nakamura, prima di morire.
La giovane, ragazze madre, aveva avuto quella bambina speciale in seguito ad una notte con un uomo, dopo aver bevuto un po’ troppo nel locale dove l’aveva conosciuto.
Per le prime settimane susseguitesi a quella notte, i due avevano anche iniziato a frequentarsi, ma quando lei aveva scoperto di essere rimasta incinta l’uomo era sparito declinando ogni responsabilità.
All’inizio era stata molto dura, ma poi Saori non si era persa d’animo.
Superato lo smarrimento iniziale, si era rimboccata le maniche e aveva portato avanti la gravidanza.
Al mattino lavorava come segretaria per un noto studio legale, e per arrotondare faceva piccoli lavori di ricamo e sartoria, abilità e passione che aveva ereditato da sua madre.
Quando la piccola Hotaru era venuta alla luce, lei già era al corrente di cos’altro avrebbe dovuto affrontare.
Durante la gravidanza si era sottoposta a tutte le analisi e agli esami precoci, e quando con l’amniocentesi, le era stata data la non proprio piacevole notizia, lo sconforto non era durato che poco.
Lei aveva deciso di far nascere quella piccola vita che aveva scoperto nel suo grembo.
Nonostante il modo in cui era stata concepita non aveva mai minimamete pensato a lei come ad un errore.
Sua figlia non sarebbe stata diversa, sarebbe stata speciale, e poi, caspita, erano nel nuovo millennio già da un pezzo ormai!
C’era ancora qualcuno che poteva guardare alla disabilità a quel modo?
Aveva rifiutato anche la più lontana idea di abortire e dopo mesi da quel verdetto era nata la sua nuova ragione di vita.
Tuttavia, il destino aveva deciso diversamente per lei.
Quando la piccola Hotaru aveva poco più che un anno, una mattina, mentre stava andando a lavoro, Saori fu investita in pieno da un’ auto che correva a tutta velocità, nonostante i limiti imposti dal codice stradale in centro, non fermandosi a soccorrerla.
Dopo le prime indagini, durate settimane senza ricavare un ragno dal buco, l’incidente era stato archiviato come un caso di pirateria stradale, ma alcuni elementi della squadra della polizia che se ne erano occupati avevano storto il naso.
C’erano troppe cose che non convincevano.
Nonostante fosse pieno giorno, proprio in quel momento quella zona della città non era particolarmente trafficata, nessuno era riuscito a prendere il numero di targa o anche solo provare a ricordare che modello di macchina aveva travolto la ragazza.
I segni degli pneumatici sull’asfalto avevano chiaramente evidenziato una velocità elevata e nessun segno di frenata, e tutto era accaduto all’improvviso.
Per qualcuno più zelante, dietro quella faccenda si nascondeva qualcosa, ma non c’era stato verso di avere il permesso di approfondire.
La donna, parsa da subito gravissima, era stata portata in ospedale non appena i soccorsi tempestivamente allertati erano arrivati, ma le lesioni interne e le fratture avevano da subito fatto capire che non ci sarebbe stato niente da fare.
Quel giorno Saori aveva affidato sua figlia alla sua migliore amica, Nami Kobayashi, un’educatrice d’infanzia specializzata anche in BES, come ogni volta che andava a lavoro.
Erano amiche fin da piccolissime, avevano condiviso insieme gli anni della scuola fino al liceo, non perdendosi mai di vista nemmeno dopo gli studi.
Saori non aveva più avuto un uomo, non dopo l’abbandono del padre di sua figlia, era figlia unica e orfana da qualche anno.
Era sola al mondo, a parte Hotaru e i suoi amici.
Loro erano la sua famiglia.
Quando aveva scoperto che aspettava una bambina, e che avrebbe avuto la Trisomia 21, aveva subito iniziato ad informarsi su ogni intervento e quant’altro avesse potuto assicurare a sua figlia una vita il quanto più normale possibile, ma soprattutto, aveva subito fatto stilare dei documenti presso l’ufficio in cui lavorava, in cui la tutela della bambina e tutti i suoi pochi averi sarebbero passati ai coniugi Kobayashi, Nami e Hiroshi, fino alla maggiore età di Hotaru.
Non si aspettava di certo di morire giovane.
Secondo chi la conosceva, i colleghi, gli amici, era una donna solare, forte, ma anche molto previdente e giudiziosa.
Quando Nami era corsa con suo marito in ospedale, in lacrime e con la bambina tra le braccia, Saori era riuscita a vederle attraverso le grandi vetrate della rianimazione, prima di chiudere gli occhi e non lasciare altro di sé in quella stanza se non l’allarme dei macchinari cui era attaccata.
Da allora erano passati tre anni, e Hotaru era entrata a tutti gli effetti a far parte della Famiglia Kobayashi.
Grazie allo studio dove Saori aveva lavorato, e ad una forte insistenza del capo della polizia, data la delicatezza del caso, le pratiche dell’adozione erano state incredibilmente velocizzate, e si era evitato che la piccola finisse dimenticata in un orfanotrofio.
Complice dello smaltimento burocratico, era stata anche la chiarissima volontà sottoscritta di sua madre di lasciarla alle cure di Nami ed Hiroshi.
Erano stati tre anni di serenità e d’equilibrio per la piccola, ma adesso qualcos’altro rischiava di lenire la sua quiete, a soli quattro anni.
Se da un punto di vista curativo ed affettivo, Hotaru aveva trovato una famiglia, dall’altro tutta quella storia era molto triste ma alquanto strana.
La morte di sua madre era stata davvero un incidente?
Il rapimento del suo padre adottivo aveva qualcosa a che fare con la madre o erano solo coincidenze?
Negli ultimi giorni poi, minacce e ricatti avevano turbato Nami e la bambina, immediatamente dopo il sequestro di suo marito, intelligente ricercatore farmaceutico.
Chi aveva rapito l’uomo, era Yutaka Hishikamoto, capoclan di una famiglia mafiosa che si stava facendo largo sulla piazza.
Inizialmente arricchitosi chiedendo il pizzo a numerosi negozi della città, con il gioco d’azzardo clandestino e lo strozzinaggio, i loro interessi si erano allargati ben oltre i traffici illegali non solo di droga.
Avevano inizialmente adescato Hiroshi Kobayashi con la scusa di voler entrare in affari con lui, interessati alle sue ricerche in campo farmaceutico, ma ben presto avevano rivelato i loro veri interessi e la loro vera identità.
Volevano qualcosa di loro proprietà che gli era stato sottratto.
Casa loro era stata devastata, ma la cosa strana era che anche il piccolo appartamento di Saori, incluso nel testamento della donna e anch’esso cointestato a Nami fino a quando Hotaru non avrebbe potuto usarlo, era stato messo a soqquadro, ma apparentemente non era stato portato via nulla di valore.
Cosa c’entrava Saori, che non era nemmeno più in vita, con Hiroshi Kobayashi?
Poteva davvero essere solo una coincidenza, rientrando al momento anche quell’appartamento nel patrimonio dei Kobayashi?
Quella storia aveva troppi punti oscuri, e nessuno credeva davvero alle coincidenze.
Saeko aveva appena finito di esporre tutto.
 
- Mio Dio … - sussurrò Kaori, rimasta pietrificata dall’intero racconto.
 
Il tono flebile che aveva usato, fece voltare Ryo verso di lei.
Erano tutti seduti ad un grande tavolo di fondo, quello dove si accomodavano spesso per le loro chiacchierate o discussioni importanti, di fronte le loro consumazioni.
Kaori aveva lasciato la cioccolata calda a metà.
Se ne stava seduta vicino alla finestra, e il suo socio poteva vedere anche il suo riflesso stagliarsi lungo la vetrata.
Una morsa di dolore lo colpì allo stomaco guardando quello sguardo.
La cosa la stava colpendo molto e non fu sicuro che sarebbe stato facile per lei affrontare emotivamente quell’incarico.
Poi, gli vennero in mente le parole di Saeko di quella mattina, quando si era rivolta a Kaori come la parte empatica di City Hunter.
Aggrottò le sopracciglia.
Quella storia non gli piaceva.
Si promise di tenere gli occhi aperti più del solito, soprattutto data la lotta che stava combattendo nel suo animo, e dopo le conseguenze che Kaori stava nuovamente assorbendo.
La banda si sciolse momentaneamente.
Miki ed Umibozu cominciarono a rassettare e a caricare la lavastoviglie, e Mick e Ryo uscirono a fumare una sigaretta.
Saeko andò alla toilette, ma quando ne uscì trovò Kaori ad aspettarla sulla porta, con uno sguardo serissimo e allo stesso tempo preoccupato.
Come la poliziotta aveva immaginato, quella vicenda doveva averla scossa molto, e quasi si sentì in colpa. Sapeva tuttavia, di stare facendo la cosa giusta.
 
- Kaori …-
 
- Sei sicura di avermi detto tutto, Saeko? -
 
Saeko sorrise, comprensiva.
 
- Davvero non capisci?-
 
Kaori scosse la testa. Saeko le poggiò una mano sulla schiena con fare fraterno e la condusse ad un tavolino.
Quando si furono sedute, fu Kaori a parlare per prima.
 
- No. Non mi hai ancora detto cosa voleva dire la tua occhiata di oggi. Che cosa intendevi con la mia empatia? - fece il segno delle virgolette con le dita di entrambe le mani.
 
Saeko scosse le spalle. - Beh, empatia vuol dir… -
 
- SO, cosa vuol dire empatia. - Kaori la interruppe sottolineando le parole, seppur gentilmente. -Non capisco cosa centro io. -
 
- Ma come!-
 
Saeko allargò il suo sorriso, e anche le braccia. Sembrava vedere solo lei l’ovvietà della situazione.
 
- Hai dimenticato quante clienti speciali avete avuto in passato? - E stavolta il segno delle virgolette lo fece lei.
 
Kaori sbatté le palpebre, inclinando la testa da un lato.
La donna più matura iniziò un lungo elenco con le sue dita affusolate.
 
- Dunque vediamo … la piccola Shiori e sua madre, Sarah con la sua governante, e soprattutto con quella sua straordinaria dote empatica, poi Mayuko, e poi quella ragazzina che era rimasta paralizzata per via della sparatoria … com’ è che si chiamava? Ehm …-
 
Finse di ricordare, ma Kaori la precedette.
 
- Kozue. Si chiamava Kozue. - rispose, collegando i ricordi. - E quindi?-
 
- Anche se ricordo che all’inizio per te non è stato facile, alla fine è stata la tua umanità a far sì che loro si fidassero ciecamente di entrambi. Certo, adesso è diverso, ma sono sicura che ce la farai. Sai … - si fermò un istante, ma riprese subito. - Per ora madre e figlia sono costantemente piantonate, ma sarà sicuramente necessario trasferirle da voi per tutta la durata dell’incarico, almeno fino a quando non scopriremo dove si trova il clan e dove tengano prigioniero Hiroshi Kobayashi. Inoltre, la piccola Hotaru è dolcissima, ma anche molto diffidente. Per lei è molto difficile integrarsi, anche nei centri ricreativi dove i suoi genitori la portano costantemente, per metterle di socializzare. Se ricordi anche tu, non hai avuto un’esperienza poi tanto differente con Sarah … No? -
 
Kaori ricordò velocemente quel vecchio caso e si lasciò andare lungo il divanetto con aria depressa.
 
- Beh … più o meno.-
 
Saeko si sporse in avanti ad accarezzarle una mano.
 
- Conto su di te.-
 
 
Ryo, ancora fuori col suo amico americano, si voltò verso l’interno e vide Kaori mollemente appoggiata allo schienale e con un’espressione ancora triste in volto.
Stava parlando con Saeko ma non riusciva a capire cosa le due donne si stessero dicendo.
Poteva avere a che fare con le enigmatiche parole della poliziotta?
Doveva essersi incantato a guardarla, non ascoltando più cosa l’altro gli stesse dicendo, sempre che gli stesse realmente parlando, perché Mick se ne accorse.
 
- Ehi? - gli sventolò una mano davanti gli occhi per disincantarlo. - Sei ancora sulla Terra? -
 
Ryo tornò immediatamente a lui.
 
- Eh? -
 
Gli occhi azzurri di Mick si ridussero a due sottilissime fessure.
Quello lì era proprio ottuso!
 
- Tu sei un idiota! Un imbecille! Un cretino! Un senza palle! -
 
L’amico giapponese si accigliò. - Ma grazie! Come mai tutti questi complimenti?-
 
- Perché si vede lontano un miglio che sei pazzamente innamorato di lei eppure continui a farla soffrire! Dovresti vederti quando la guardi! Hai la tipica faccia da pesce lesso innamorato! -
 
- Non sono affari tuoi Mick!-
 
Ryo lo guardò gelido. Che ne sapeva lui di quello che stava passando?
 
- Sì che sono affari miei! –
 
Mick serrò la mascella e lo guardò sprezzante. Detestava il suo amico quando faceva l’orgoglioso gnorri non volendo ascoltare i consigli altrui.
 
- Mi sono fatto da parte perché ho capito di non avere chance, di nessun genere! Quando a casa vostra, sulle scale, mi hai detto di non provarci con lei, che ti era stata affidata dal tuo migliore amico e di quanto fosse importante per te, ho preso il tuo avvertimento come un pretesto per insistere, invece. Era diventata una sfida! Poi man mano mi sono reso conto che non avevo proprio possibilità, che con te avrei perso in partenza! -
 
Ryo lo guardava in silenzio, serio e con uno sguardo scuro. Mick riprese.
 
- Mi ero seriamente innamorato di lei, ma non è stato destino! Certo, ora ho Kazue, e sono felice con lei e voglio renderla felice, ma questo non significa che io non abbia a cuore anche la serenità di Kaori! Lei è il collante di tutto noi Ryo, merita più di tutti noi messi assieme se proprio vuoi saperlo!-
 
Ryo aprì la bocca per rispondergli a tono, per dirgli che lo sapeva fin troppo bene cosa Kaori meritasse, ma Mick fu più rapido e non gli permise nemmeno di fiatare.
 
- Sono quasi due mesi che Umi e Miki si sono sposati, quasi due mesi dalle tue parole, eppure cos’hai fatto di concreto? Niente! Un emerito niente! Ho osservato Kaori mentre Saeko ci esponeva il caso, e ascoltava, sì, ma sembrava anche presa da altro. Ho visto come si comporta quando ci sei tu nei paraggi, e penso di conoscerla bene anche io. Si sta allontanando Ryo. Sempre di più! Se non fai subito qualcosa la perderai, e sarà solo colpa tua! Perderai la sola cosa bella che la vita ti ha dato! Non sprecarla, o non ti servirà a nulla essere il grande City Hunter, perché sotto sotto non sai essere uomo! -
 
Detto questo con tono disgustato, il biondo americano lasciò cadere la sua cicca spegnendola con un movimento semicircolare della scarpa e rientrò al Cat’s Eye, lasciando l’amico da solo.
 
***
 
L’indomani come previsto, Nami e Saori Kobayashi si erano trasferite al palazzo di mattoni.
Dai rapitori non erano arrivate altre notizie, sebbene Saeko avesse provveduto a mettere sotto controllo i telefoni.
Avevano passato l’intera giornata prima alla centrale, poi a casa Kobayashi e solo in ultimo erano giunti tutti a destinazione.
Avevano bisogno di raccogliere tutto ciò di cui necessitavano, dai tabulati telefonici ai primi rivelamenti.
Ryo era sulla terrazza, gli occhi rivolti verso le luci della sera e le mani nelle tasche.
Il freddo pungente di dicembre gli infastidiva la pelle, ma non sembrava farci caso.
Si sentiva un completo idiota, un inetto.
Lui, il grande Ryo Saeba, City Hunter, capace di evitare proiettili sparatogli contro spostando semplicemente la testa, esperto combattente e abile con le armi, una macchina per la lotta che era sopravvissuto a situazioni estreme e con dei sensi impareggiabili, era un completo imbecille nella vita privata.
Si stava di nuovo comportando da stronzo e Kaori come al solito subiva tutto.
Ripensò alle parole di Mick.
Accidenti! Il suo amico non aveva di certo torto, lo sapeva!
Kaori lo aspettava da anni ormai, ma prima o poi si sarebbe davvero stancata.
Dopo quanto successo quasi due mesi prima, dopo i primi tentativi di chiarimento trovato l’ennesimo muro, Kaori non gli aveva detto più nulla, rassegnata.
Non era certo che l’avrebbe perdonato di nuovo, aveva tirato troppo la corda.
Mick aveva ragione.
Lui Kaori la sentiva sempre più distante. Non era più la Kaori dolce, pazza e testarda che l’aveva fatto innamorare, ma stava diventando quasi un guscio vuoto.
In quelle settimane non era cambiato assolutamente nulla, e anche se era cambiato qualcosa, di certo non in meglio.
Lui continuava a fare apparentemente lo stupido, e lei a prenderlo a martellate, ma nemmeno quelle avevano più la stessa energia di prima.
Quasi non c’era coinvolgimento.
Kaori stava cambiando e le sue emozioni con lei.
Una fitta di dolore gli si propagò dallo stomaco fino al cuore quando capì cosa quell’allontanamento poteva significare.
Se non avesse fatto subito qualcosa Kaori l’avrebbe davvero lasciato definitivamente, prima o poi, e perderla sarebbe equivalso a vivere a metà.
Lui avrebbe di nuovo perso la sua anima, tornando ad essere il killer che si alzava dal letto solo per uccidere e per sopravvivere.
La prospettiva che lo turbava maggiormente però, non era quella.
Era abituato a dolore, morte e solitudine.
Se in tutti quegli anni grazie a Kaori li aveva rilegati in un angolo profondo e nascosto del suo io, viverli di nuovo non gli sarebbe pesato, non glie ne sarebbe importato.
Infondo al suo animo, restava comunque macchiato, e forse Kaori meritava davvero di più.
Ciò che più gli faceva maledire se stesso, era il non aver mantenuto completamente il giuramento fatto ad Hideyuki.
 
“Ci sono due cose che un uomo deve fare nella vita: una è amare la propria donna e l’altra è rendere i favori agli amici.”
 
Gli vennero in mente le sue stesse parole.
Aveva salvato Kaori tante volte, sì, e l’avrebbe protetta fino a che avrebbe avuto fiato nei polmoni, ma altrettante volte, se non di più, l’aveva fatta soffrire.
Quante volte le aveva detto che lei non era tagliata per quel mondo?
Quante volte le aveva rinfacciato, anche poco garbatamente, che quello non era il mestiere che faceva per lei?
Eppure non era vero.
Lei negli anni era migliorata tantissimo e aveva dimostrato di essere alla sua altezza, una sua pari.
Non aveva mai esitato a mettersi in gioco e ad esporsi ogni qualvolta si era rivelato necessario farlo, per la riuscita degli incarichi e la salvezza dei clienti.
Ryo non sapeva, o forse sì, quanto male le avevano sempre fatto quelle sue sfuriate.
Cosa peggiore, l’aveva denigrata come donna, come cuoca, come sweeper, minando alla sua autostima.
Come donna le aveva fatto più male.
Le aveva ripetuto tante volte che per lui non era nemmeno una donna, che non era femminile, che non lo eccitava minimamente e che non era che un mezzo uomo,un maschio mancato.
Accidenti! Si era morsicato la lingua ogni volta!
Aveva sempre mentito.
Aveva mentito a lei, agli altri e primo fra tutti aveva mentito a se stesso.
Kaori a causa del suo carattere insicuro, in certi momenti si era anche convinta che tutto quel veleno avesse un fondo di verità, e non aveva altro modo per sfogarsi se non quelle stupide martellate.
Ogni incrinatura nel loro rapporto, ogni sbaglio, qualsiasi cosa successa in tutti quegli anni, era stata solo ed unicamente colpa di Ryo, anche l’ incapacità di sparare della sua partner.
Per lungo tempo Kaori era sempre stata convinta di non esserci portata, ma solo quando era venuta fuori la manomissione della pistola, di cui si era accorta addirittura Sayuri, aveva capito tutto.
Ryo non era mai stato veramente sincero con lei, fin dall’inizio, e continuava a non esserlo.
Proprio come in quelle settimane.
Dopo Kaibara, dopo la fuga di lei da Mick e dopo la radura, si erano riavvicinati talmente tanto che Kaori aveva davvero sperato in una qualche evoluzione per loro, in ogni sua molecola.
Lui aveva di nuovo rovinato tutto, e adesso non gli restava che tentare un’ultima volta.
Non poteva portare avanti quella sceneggiata ancora a lungo, né poteva continuare a comportarsi in maniera così ambivalente.
Se amarla e farsi amare da lei avrebbe significato esporla ancora di più ai pericoli di quel mondo, lui l’avrebbe difesa anche a costo della sua vita, ma la paura e l’ostinazione non potevano più avere la meglio.
Lui Kaori la amava. Era sempre stata sua, e lui era sempre appartenuto a lei.
Quella era una realtà che non poteva essere cambiata.
Non ci era mai riuscito in tanti anni, come avrebbe potuto dopo tutto quello che era successo?
Kaori gli era entrata dentro, diventando il suo completamento, l’aria che gli alimentava il petto ad ogni respiro.
Loro due erano complementari, due ingranaggi indissolubili di un solo meccanismo che non era solo il loro lavoro di sweeper, ma anche la felicità che avevano tra le mani e che lui rischiava di farsi sfuggire.
Quel caso si preannunciava particolarmente difficile e forse non era saggio distrarsi.
Doveva essere professionale, per pensare all’incolumità delle sue clienti e a trovare quell’uomo, ma qualcosa gli diceva che se prima non avesse regolarizzato le cose con Kaori, anche il loro sodalizio sul lavoro ne avrebbe risentito.
Doveva fare qualcosa, e doveva farla subito! Uniti lui e Kaori sarebbero stati più forti.
Lui e Kaori erano sempre stati molti affiatati, ed era stato chiaro a tutti quando lei per un breve periodo aveva collaborato con Mick.
L’americano aveva capito che non avrebbe mai condiviso lo stesso feeling con lei, da nessun punto di vista.
Quando erano andati a prendere Nami ed Hotaru a casa loro, accompagnati da Saeko, Ryo si era concesso di osservare come Kaori si presentasse alle due, alla bimba specialmente.
Aveva dispensato uno dei suoi sorrisi in grado di far sciogliere un ghiacciaio, abbassandosi anche all’altezza della bambina e giocando con un suo codino.
L’aveva vista sussurrarle qualcosa e farle l’occhiolino.
La bimba l’aveva guardata incuriosita, aggrappata alla gonna di sua madre.
Aveva alzato la testa verso di lei che l’aveva guardata, per poi annuire e sorridere.
Inspiegabilmente, Hotaru si era staccata dalle gambe di sua madre e si era avvicinata a Kaori, porgendole la sua bambolina e accarezzandole una guancia.
Kaori aveva ricambiato quella carezza, allargando poi le braccia.
La piccola aveva esitato di nuovo, ma poi si era voltata un solo istante verso Nami prima di abbracciare Kaori, come se quella non fosse affatto la prima volta che la vedeva.
A quella visione Ryo aveva sentito un calore nascergli nel petto ed una sensazione di pace avvolgerlo.
Kaori riusciva a farsi voler bene da tutti. Solo con lui era costretta a mostrare la parte più reattiva e violenta di sé.
Quando Nami gli aveva mostrato una foto di Saori poi, erano rimasti di stucco.
Kaori le somigliava in una maniera impressionante.
Saori aveva solo avuto i capelli molto più lunghi e di un castano più scuro, lisci come seta, a dispetto dei capelli castano-ramati, corti e mossi di Kaori.
Seppur piccolissima e nella sua condizione, Hotaru sapeva che Nami non era la sua vera mamma, ma era comunque molto legata ai suoi genitori adottivi.
E così, ancora una volta Saeko non gli aveva detto tutto, manco a dirlo, preoccupandosi di rivelare quel piccolo particolare solo all’ultimo minuto.
Ryo ora capiva il perché di tutta quell’insistenza riguardo a Kaori, ma la cosa poteva essere rischiosa!
Scese di sotto, con la mente più leggera ma il cuore in subbuglio.
Aveva preso la sua decisione.
Quella terrazza e quel panorama avevano da sempre il potere di calmarlo e rilassarlo, ma in quel momento sembrava un ragazzino alla prima cotta.
Il cuore gli martellava in petto ad ogni passo che lo avvicinava a Kaori.
Passando per il soggiorno, guardando verso le scale, notò dalla porta socchiusa della camera degli ospiti che la sua compagna stava facendo gli onori di casa.
 
- Allora mettetevi comode.- la sentì dire. - Se volete potete anche rinfrescarvi, avete bisogno di rilassarvi. Vi chiamerò quando sarà pronto in tavola!-
 
Ryo sorrise. Kaori si prendeva sempre cura di tutto e tutti.
 
- Grazie, Kaori.- disse Nami.
 
La porta si spalancò completamente e lui fece appena in tempo a fiondarsi sul divano, fingendo di cercare il telecomando tra i cuscini.
Non voleva che lei lo sorprendesse a spiarla, ma ora era di nuovo ad un soffio da lei e tutti i suoi buoni propositi si stavano ingarbugliando ancora una volta.
Sentì la lingua improvvisamente impastata.
 
“Sei un emerito imbecille, Ryo Saeba! Lo Stallone di Shinjuku non è in grado di dire due semplici paroline alla donna che ama!”
 
- Ryo? -
 
Quasi sobbalzò al suono della sua voce.
Riemerse dall’angolo del divano, improvvisamente con lo stomaco stretto in una morsa.
 
- Sì? -
 
Lei lo guardava tranquilla ed indicò con un dito il mobile accanto alla TV, sotto le ampie finestre del salotto.
 
- Se cerchi il telecomando, è al suo posto, nel cestino accanto al televisore.-
 
Abbassò il braccio ed indietreggiò, poi si voltò verso la cucina.
 
- Comincio a preparare la cena. - disse quasi atona. - Mi raccomando, non ci provare anche con Nami, abbi almeno un po’ di accortezza per la piccola Hotaru, e poi … non voglio che il cibo mi si bruci sul fuoco mentre sono costretta ad evitare che tu faccia il maniaco! -
 
Non gli diede il tempo di dire nulla, sparendo subito oltre la tenda della cucina.
Il rumore di pentole e cassetti gli fece capire che si era subito messa ai fornelli.
Ryo guardò il vuoto con aria triste.
Sarebbe stato più difficile del previsto, ma non poteva arrendersi.
 
***
 
NdA
 
Saaaaalve!
Ecco terminato il primo capitolo di questa mia nuova follia.
Innanzitutto chiedo scusa se ho eventualmente offeso la sensibilità di qualcuno inserendo una tematica tanto delicata quanto la Sindrome di Down.
Non è la prima volta che inserisco nelle mie storie concetti di questo tipo.
Ho scritto una lunga AU in Sailor Moon, e non ho ancora terminato i vari Spin – Off che vi sono legati a formare una vera e propria serie, che ha come ambientazione una clinica pediatrica. All’epoca, quando la iniziai, chiesi il permesso all’amministrazione del sito di parlare di eventuali patologie o simili.
Il tema della disabilità e della malattia mi è molto vicino.
Sono un’Educatrice ed una Pedagogista, e l’ho incontrato praticamente subito nel mio percorso professionale e nella mia formazione, sempre in aumento, ma in realtà mi tocca molto da vicino già nella vita reale.
È un tema molto importante e delicato per me, tanto che sto studiando anche per entrare al Corso di Specializzazione per diventare Insegnante di Sostegno.
Come avrete notato, la maggior parte del capitolo è occupata dalle pippe mentali del nostro Ryo, tutto il resto, Hotaru Kobayashi soprattutto, sarà approfondito man mano.
Grazie a chi ha letto le mie due precedenti One Shot pubblicate in questo Fandom.
Sia per Shallow, sia per Rain and Memories, siete state tutte molto carine e simpatiche, e mi avete dato la grinta per dare sfogo alla mia ispirazione e tornare davvero con una storia a capitoli!
Le idee ci sono, e ho anche abbozzato qualcosa per i prossimi capitoli, ma spero di non tardare troppo tra un aggiornamento e l’altro tra il lavoro, lo studio, gli altri Fandom e le storie che ho da leggere, anche le vostre!
Grazie a vento di luce, silviasilvia, EleWar, Velenicolefede, Stellafanel87, Kyoko_09, briz65, Kaori06081987, Funny Jumping Sparrow, MaryFangirl e Saori Chan, che hanno commentato le mie storie precedenti sui nostri due testoni Ryo e Kaori, e anche a chi mi ha scritto in privato o ha letto solamente.
Grazie a chi ha inserito le mie storie tra quelle seguite, da ricordare o preferite e me tra gli autori preferiti.
A presto!!!

 

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Capitolo 2
*** 2) Ritrovarsi ***


2) Ritrovarsi
 
 
Al Cat’s Eye non c’era più nessuno.
Giunti ormai a pochi minuti dall’orario di chiusura, Miki e Falcon si concedettero di appoggiarsi mollemente al bancone, stanchi dopo una giornata piena e ritmata da un folto via vai di clienti.
Correndo su e giù per gli impegni a ridosso delle festività del Natale, molte persone si erano fermate al locale, per una bevanda calda e per ripararsi dalle fastidiose temperature invernali.
I due ex mercenari non si erano fermati un attimo.
 
- Cosa ne pensi Umi?-
 
Miki pensò di poter finalmente parlare con suo marito della loro nuova missione.
Dalla riunione della sera precedente, non avevano potuto confrontarsi come avrebbero voluto, tra il lavoro al Bar e il fatto di non aver ancora incontrato la cliente di persona.
L’indomani avrebbero tenuto il locale chiuso, e si sarebbero riuniti insieme a tutti gli altri per organizzare il da farsi.
Kaori li aveva aggiornati quando in un breve attimo di tregua, Miki le aveva mandato un fugace messaggio in cerca di novità. Anche lei era rimasta shockata, quando aveva appreso gli ultimi dettagli di cui Saeko non li aveva messi al corrente subito.
Sicuramente la poliziotta aveva calcolato tutto informando gradualmente i suoi amici, non per proprio tornaconto, ma la cosa non piaceva a nessuno della truppa.
Umibozu si voltò verso di lei: percepiva la sua ansia.
 
- Kaori ce la farà, sta tranquilla.-
 
Mai sorpresa di come il suo uomo sapesse leggerle bene dentro, Miki tornò in posizione eretta e si stiracchiò, togliendosi il grembiule.
L’orologio alla parete e il grande maxischermo all’angolo della stanza, segnavano l’ora esatta per ritirarsi nella loro piccola intimità familiare.
Andò all’ingresso e chiuse a chiave, girando il cartellino appeso alla porta da OPEN a CLOSED verso l’esterno.
Tornò dietro al bancone con ancora il grembiule penzolante da un braccio.
 
- Non mi riferivo solo a quello. Intendevo dire … cosa ne pensi riguardo a Saori e Kaori? Una somiglianza quasi impressionante, addirittura nel nome! Non è strano? Chi era veramente quella donna? -
 
Anche Umibozu si tolse il grembiule, prendendo anche quello della moglie e riponendo entrambi all’appendiabiti nascosto dietro la porta del magazzino.
 
- Potrebbe essere una semplice coincidenza, come potrebbe non esserlo. La nostra esperienza ci ha insegnato a non dare mai nulla per scontato. Dobbiamo solo tenere gli occhi aperti. -
 
Fermo e lapidario, come sempre.
Falcon non sembrava saper esprimersi diversamente.
 
- Mi preoccupa anche che Kaori possa rimanerne troppo coinvolta. L’ho osservata ieri sera e anche tu ti sei accorto della sua reazione. - continuò la sua compagna d’armi e di vita. Sembrava sempre più in ansia per la sua migliore amica. - Non mi piace come Saeko ha battuto troppo sulle sue capacità empatiche. Sono certa che anche Ryo la pensa allo stesso modo. Siamo stati chiamati tutti in causa in questo lavoro e non ci tireremo indietro ma … ho come l’impressione che Saeko conti per la maggior parte solo su Kaori. Perché? Quella strana somiglianza c’entra in qualche modo? Saeko non ci terrebbe mai nascosta una cosa tanto importante, non se c’è in gioco l’incolumità di Kaori! -
 
Il gigante annuì, concorde con lei.
 
- Su questo non ci sono dubbi. Tutti noi sappiamo fino a dove possano arrivare la prudenza e la rabbia di Ryo quando si tratta di Kaori e della sua sicurezza, e poi … dimentichi che lei è la sorella di Hideyuki Makimura, e anche lui in vita ha avuto un ruolo cruciale nella vita di Saeko. Non farebbe mai nulla per mettere Kaori volontariamente in pericolo. Se ha agito così, non possono che esserci motivi ben validi. -
 
Miki sospirò, preferendo lasciarsi convincere, anche se una strana sensazione si stava facendo strada in lei.
Sperò vivamente che restasse solo tale.
 
- Sarà come dici tu. -
 
- Lo scopriremo presto. -
 
***
 
Al palazzo di mattoni, non erano passati che pochi minuti da quando Kaori l’aveva lasciato da solo in soggiorno, con quell’atteggiamento apparentemente distaccato che in realtà nascondeva molto di più, ma a Ryo era sembrato di starsene lì impalato per ore.
Il tono di voce con cui lei gli aveva parlato non faceva presagire nulla di piacevole, doveva star soffrendo davvero molto per colpa del suo eterno tira e molla.
Che quello fosse o no il momento giusto per agire non aveva più importanza, l’importante era che agisse!
Si era reso conto solo quella sera, quanto veramente Kaori doveva aver subito in tutti quegli anni.
Solo uno sconfinato amore come quello della sua partner, poteva portare una donna come Kaori a sopportare tutti i giorni i suoi difetti e il suo caratteraccio, gli insulti, i rimproveri e tutto ciò che alla fine li avrebbe portati al capolinea.
Perché era stato così cieco e stupido?
Mick, dannato donnaiolo americano e compagno di tante avventure, con le sue stesse abilità ed abitudini, gli aveva espressamente lasciato campo libero già da tempo.
Durante la riabilitazione e la disintossicazione dalla Polvere degli Angeli si era avvicinato a Kazue, che si era presa amorevolmente cura di lui alla Clinica del Professore.
Entrambi si erano scoperti man mano innamorati fino a non lasciarsi più, ma lui aveva già rinunciato a Kaori da molto tempo, prima ancora che la bella dottoressa lo conquistasse.
Fuori a fumare dopo l’incontro con Saeko, Mick gli aveva anche fatto capire, se mai ce ne fosse stato realmente bisogno, che lui e Kaori erano ormai sull’orlo di un precipizio.
Stava a lui decidere se saltare o no dalla parte giusta.
Ryo redarguì se stesso per come si era sempre posto con Kaori.
Si era sempre nascosto dietro le solite bugie, agli odiosi epiteti alla sua femminilità, alle sue presunte incapacità come sweeper, e alla convinzione che fosse stata più al sicuro lontana da lui, ma adesso quel muro insormontabile costruito giorno dopo giorno si era improvvisamente sgretolato.
Hideyuki gli aveva affidato una ragazza innocente, dolce, ingenua e forte allo stesso tempo, che lui aveva trasformato in una donna triste, insicura, violenta ed irascibile solo con lui.
 
“Scusami amico mio … ti prometto che saprò farmi perdonare, stavolta mi prenderò davvero cura di lei … se ancora mi vorrà al suo fianco!”
 
L’ex poliziotto non aveva lasciato Kaori alle sue cure solo con la richiesta di proteggerla.
Il suo timido amico gliel’aveva affidata perché Kaori avesse la famiglia che meritava, e perché la desse anche a lui, a Ryo Saeba, ex Angelo della Morte ed ora giustiziere di Shinjuku.
Era come se Hideyuki avesse saputo da sempre che lui e Kaori erano semplicemente legati dal destino, dal filo rosso del destino, come recitava una vecchia leggenda.
Lo sweeper indirizzò un pensiero al suo migliore amico, come a chiedergli d’infondergli coraggio per l’unica cosa che non riusciva ad affrontare.
Fronteggiare un intero esercito da solo, con o senza la sua inseparabile arma, era poca cosa in confronto al doversi confrontare con Kaori.
Fece un profondo respiro ed entrò in cucina con passo felpato ma deciso.
Era ora di passare ai fatti, anche se in realtà non sapeva nemmeno da dove cominciare.
 
- … Kaori?  -
 
La voce gli parve insicura alle sue stesse orecchie. Si morse un labbro per mantenersi fiero e affatto impacciato.
 
- Che c’è, Ryo? -
 
Kaori gli rispose in un sospiro e dandogli le spalle, calata verso uno stipo sotto il lavandino, offrendogli involontariamente, o forse no, una visione perfetta del suo meraviglioso fondoschiena.
Cercando di non indugiare troppo su quel tesoro proibito, Ryo cercò di mantenersi lucido.
Come poteva cominciare?
Disse la prima cosa che i suoi neuroni impazziti gli suggerirono.
 
- Vuoi una mano?-
 
La domanda la sorprese talmente tanto che Kaori sobbalzò, battendo leggermente la testa sotto il ripiano del mobile.
 
- Aja! -
 
La scenetta era comica e avrebbe fatto sorridere chiunque, anche se le loro posizioni fossero state invertite, in quel momento, ma si disse subito che di sghignazzare non era il caso.
Se lui avesse continuato a fare lo stupido, gli sarebbe sicuramente arrivato un martello contro, se non proprio un coltello!
Il ceppo di legno con gli arnesi che Kaori usava per cucinare sapeva essere molto minaccioso!
 
- Ti sei fatta male? -
 
Si avvicinò e chinò vicino a lei, aiutandola ad uscire da quella trappola mortale.
Kaori si massaggiò la testa, scuotendola.
 
- Bene non mi sono fatta, ma è tutto a posto, non è niente.- si fermò un attimo a raccogliere i pensieri. Voleva essere sicura di una cosa. - Cos’è che hai detto prima? -
 
In realtà aveva sentito fin troppo bene, ma voleva che glielo ripetesse.
Un Ryo che si cimentava in qualcosa di domestico era un evento più unico che raro!
 
- Ho detto. - ripeté lui più lentamente, fingendo di non notare l’occhiata curiosa e sarcastica che lei gli stava lanciando - Ti serve una mano a preparare la cena?-
 
Kaori sorrise tra lo scettico e l’ironico.
Se non fosse stato che nelle ultime settimane stava sperimentando un nuovo precario autocontrollo, in un’altra occasione ne era sicura, sarebbe finita col ridergli in faccia.
 
- E da quando t’interessi di darmi una mano in casa? Di solito non fai che criticare tutto ciò che faccio! Cos’è? Vuoi fare bella figura con la cliente o hai così tanta fame da non poter aspettare? -
 
Certo che lei si stava impegnando per non rendergli le cose facili!
Erano già più che vicini, ancora inginocchiati per terra, e lui le sfiorava ancora delicatamente le braccia, ma Kaori ridusse ancora di più la distanza tra loro arrivandogli a pochi centimetri dal viso.
Stranamente non sembrava a disagio o intimidita, mentre lui per un attimo sembrò dimenticare come si respirasse.
La sua bella socia fissò i suoi occhi in quelli di lui. La sua espressione era un misto di curiosità e forse … acidità?
Beh, forse no! Kaori non era mai veramente acida nemmeno con lui, ma scettica sì, e non poteva di certo biasimarla se non gli credeva!
Se poi aggiungeva a quella sua bizzarra uscita anche tutto ciò che ancora le stava facendo passare, la reazione di Kaori era più che giustificata.
 
- Allora? - insistette lei.
 
Preso in contropiede, Ryo prese a grattarsi la nuca, imbarazzato.
Ancora una volta tutte le sue buone intenzioni stavano per morire sul nascere, e l’eccessiva vicinanza di Kaori, il suo profumo a stuzzicargli le narici, e gli ormoni, quegli occhi nocciola e l’attrazione nascosta che provava per lei, non lo stavano aiutando per niente.
Una mano ancora appoggiata ad un braccio di lei ne percepiva tutto il calore, e questo bastava a farlo dubitare addirittura delle sue facoltà di linguaggio.
Accidenti! Quel corpo magnifico lo mandava in un visibilio d’emozioni già solo a sfiorarlo!
Quanto sarebbe stato bello assaporarlo, accarezzare quella pelle liscia e morbida ben oltre quei pesanti vestiti invernali, unire il suo profumo al proprio, amarla oltre ogni inibizione …
Per un attimo gli occhi gli caddero sulle labbra di Kaori, calde e rosse, curvate in una smorfia cui non seppe dare un nome.
Quando la lingua gli si risvegliò improvvisamente, non calcolò le parole.
 
- Beh … sai com’è! Si cambia, Kaori! -
 
Ridacchiò nervosamente, e Kaori si allontanò con uno scatto da lui, come percorsa da pura elettricità.
Un’espressione indecifrabile in volto e un improvviso mutismo avevano rotto un timido, magico momento insieme.
 
- Già …- aggiunse lei flebilmente. - Si cambia. -
 
Ryo notò immediatamente il suo cambio d’umore e si maledì.
Aveva sbagliato ancora una volta con lei, non riusciva proprio ad evitarlo.
Vide Kaori tornare al piano di lavoro e prendere un coltello dal ceppo, pronta a tagliare le verdure.
Sembrava tranquilla e concentrata, ma lui notò il tremore delle sue mani e non percepì emozioni positive, anche se lei gli dava la schiena.
Pur non volendo, l’aveva ferita ancora una volta.
 
“Fa qualcosa, Ryo Saeba! Smuovi quelle chiappe e fa subito qualcosa!”
 
Il suo Io interiore avrebbe preso volentieri a pugni il Sé che vedevano tutti.
Si alzò e la raggiunse. Le tolse delicatamente il coltello dalle mani, lasciando scivolare il tagliere verso di sé e cominciando a tagliare le zucchine a rondelle.
 
- Qui ci penso io. Ti va se io mi occupo del contorno e tu del secondo? Pesce o carne? -
 
Lo guardò interdetta, bloccandosi per la meraviglia.
 
- Ma …-
 
Ryo le sorrise dolcemente e per un momento Kaori si sentì mancare la terra da sotto i piedi.
Tanti anni al fianco di Ryo le avevano permesso di imparare a conoscere ogni lato del suo carattere, ogni sua espressione anche più imperscrutabile non aveva segreti per lei, ma in quel momento si sentì persa di fronte l’uomo che amava.
Che cosa stava succedendo? A tratti non lo riconosceva!
Sicuri che quello lì era Ryo? Era forse un suo clone creato da una qualche associazione super segreta mobilitatasi per spiarli?
I suoi caldi occhi scuri la fecero sciogliere, ed improvvisamente si accorse di avere la gola secca.
 
- Dico sul serio Kaori, voglio … voglio cucinare con te. -
 
Kaori lo guardava sempre più confusa.
Cos’è che voleva fare lui?
Cucinare?
Insieme?
Aveva davvero sentito bene?
Si aggrappò al piano più vicino a lei per non cadere, sentendo improvvisamente le ginocchia molli.
Una mano tenne saldamente il bordo e l’altra salì al petto, quasi senza che se ne rendesse conto.
Perché all’improvviso il cuore le si era trasformato in un tamburo?
Pochi attimi prima era riuscita a sostenere il suo sguardo senza problemi, tanto che quello a disagio era sembrato addirittura lui, e adesso, eccola di nuovo in fallo!
 
- Ma … e le clienti?-
 
Ryo sorrise.
Adorava quando Kaori gli appariva in tutta la sua genuina innocenza, quando gli mostrava ancora un pizzico di quell’ingenuità che era andata via via perdendosi negli anni, ma soprattutto, amava quando anteponeva sempre gli interessi degli altri ai suoi.
Saeko aveva ragione: Kaori era la vera essenza di City Hunter.
 
- Beh, se sono in bagno, sono al sicuro. Tutte le trappole che hai costruito in giro per casa per fermare me negli anni fermerebbero sicuramente qualsiasi eventuale malintenzionato! E poi avvertirei immediatamente aure sinistre in casa, mentre Mick controlla il circondario dal suo appartamento. Inoltre … non hai detto che non devo avvicinarmi a loro, in questo momento? -
 
Kaori stava per rispondergli a tono, ma lui la interruppe alzando una mano ed agitando il coltello a mo’ di negazione.
 
- Credimi se ti dico che adesso è meglio che io sia qui. E poi … come hai detto tu, hanno bisogno di rilassarsi, e la piccola Hotaru non mi guarda allo stesso modo in cui guarda te. Forse non si fida ancora di me al punto tale da vedermi nei paraggi anche in un momento intimo come il bagno. Ergo, io resto qua … se mi vuoi vicino mentre cucini.- 
 
Kaori lo guardò ancora come se fosse un alieno, poi un particolare del suo discorso la piccò leggermente.
La confusione e l’imbarazzo sfumarono in un inizio d’irritazione.
 
- Come fai a sapere che ho detto espressamente che devono rilassarsi? - sottolineò le ultime parole. - Allora ci hai spiate! Ma non ti vergogni? Non ti fermi nemmeno in questi casi? -
 
Ryo roteò gli occhi all’aria.
Per la miseria! Non sarebbe stato facile per niente farle cambiare idea su di lui!
Credeva che andare direttamente al punto della situazione, afferrarla tra le braccia, baciarla fino a farsi mancare l’aria e dirle quanto l’amasse, sarebbe stato peggio, data la situazione delicata in cui si trovavano.
Sempre che ci fosse riuscito realmente, s’intende.
In realtà era quello che più desiderava, ma avrebbe rischiato di perdere il controllo, e non poteva permetterselo in quel momento.
Anche se era fin troppo sicuro che anche Kaori conoscesse la vera natura dei suoi sentimenti verso di lei, indipendentemente da quando lui aveva abbassato le difese nella radura, e lui conosceva quelli della sua partner, anni e anni di dolore non si sarebbero cancellati così, in pochi istanti.
Si era indirettamente dichiarato poco più di un mese prima, sì, ma il modo in cui continuava a comportarsi aveva fatto spegnere l’unico spiraglio che si era aperto per loro.
Poteva iniziare gradualmente, per farla abituare al nuovo sé che aveva deciso di essere, ma forse per la troppa diffidenza di lei, o forse perché era troppo stupido lui, non stava ottenendo che il risultato contrario.
Certo che aveva combinato un bel macello!
Kaori aveva sofferto troppo per colpa sua, e adesso non solo temeva non l’avesse più perdonato, ma anche che non si fidasse più di lui, che non credesse più a nulla di ciò che le dicesse.
Se immediatamente dopo Croiz si fosse dato una mossa, o ancor prima, se dopo quel bacio attraverso il vetro sulla nave di Kaibara avesse mandato al diavolo ogni remora, adesso non si sarebbero trovati in quella situazione.
Portò le mani in avanti, già temendo di schiantarsi con un kompeito contro la parete.
 
- Ma no dai, cosa vai a pensare? Come sei prevenuta socia! - ridacchiò ancora, per allentare l’ansia. - Ti ho solo sentito parlare con Nami mentre ero in soggiorno. La porta della loro stanza era aperta! E comunque, lo sai perfettamente che sento pure fin troppo bene! - si pavoneggiò leggermente del suo udito infallibile. - Avrei sentito quello che vi stavate dicendo indipendentemente da se lo avessi voluto o no! -
 
Kaori dovette ricredersi.
Che quella fosse una balla o fosse la verità, doveva ammettere che aveva ragione.
Ryo aveva dei sensi eccezionali, doveva dargliene atto, e quindi la sua risposta poteva essere credibile.
Decise di lasciar cadere tutte le domande esistenziali che si stava mentalmente ponendo da quando lui era entrato in cucina, curiosa anche di vedere dove sarebbero andati a parare con quell’improvvisata collaborazione culinaria.
Quando Ryo era entrato lì, l’aveva percepito subito, ma erano giorni che preferiva evitare di stargli troppo vicina, consapevole che prima o poi sarebbe crollata.
Non era più l’unico a voler evitare che stessero troppo a lungo insieme, in un medesimo spazio troppo ristretto.
A lei sembrava che Ryo la stesse evitando, ma alla fine aveva finito con l’assumere di riflesso lo stesso comportamento, quasi come un meccanismo di difesa.
Lontano dagli occhi, lontano dal cuore, ma la sua immagine la accompagnava anche quando lui non era presente fisicamente, ragion per cui non era ancora scappata lontana da lui.
Non sarebbe servito a niente, se non ad aggiungere dolore al dolore.
Quell’atteggiamento ambivalente ed evitante la stava facendo soffrire più di tutti quegli anni d’indifferenza, e stava faticando a mantenere fermo il proprio autocontrollo.
La sua improvvisa richiesta l’aveva sorpresa talmente tanto, che non si era accorta d’essersi mossa troppo velocemente, nell’angusto spazio del mobiletto.
Quella stramba vicinanza poteva essere pericolosa, ma qualcosa le diceva di non tirarsi indietro.
Declinò tutte le incertezze, goffamente, limitandosi ad annuire.
 
- Allora va bene.- riuscì soltanto a dire poi. - Sei davvero sicuro di potercela fare?-
 
Lo prese in giro, per cercare di capire come fare. Lui non si scompose.
 
- Certo! Sono un esperto d’armi dopotutto, un coltello da cucina non può essere poi tanto diverso o difficile da usare rispetto ai pugnali! -
 
Altezzoso e sarcastico come suo solito.
Kaori sospirò e si allontanò dal piano di lavoro, correndo verso il frigorifero.
Prima di prendere la confezione di carne, si concesse un lungo sorso d’acqua gelata dal dispenser.
Non era stata una buona idea scolarsi l’acqua ghiacciata in pieno dicembre, ma doveva capire se quella fosse la realtà o se stesse sognando.
Era tutto così surreale!
La spiacevole, freddissima sensazione dell’acqua a contatto con denti e palato la riscosse.
No, non stava sognando affatto!
Prese una padella e vi mise a soffriggere l’olio, poi tornò al banco della cucina, allungandosi verso una piccola mensola a prendere il recipiente in ceramica dove conservava aglio e cipolla.
Si sporse leggermente davanti a Ryo, che stava per passare a tagliare le melanzane.
Vedendola alzarsi sulle punte per allungarsi oltre la sua stazza, Ryo fu più veloce.
Prese con delicatezza ed equilibrio il vasetto con una sola mano e glielo porse con gentilezza.
Kaori portò istintivamente le mani a coppa verso di lui, restando di nuovo imbambolata.
Si destò da quel brevissimo stato di trance quando avvertì le sue dita sfiorare la ceramica liscia e fredda del recipiente.
Deglutì, portandosi il barattolo sul petto e fermandolo con una mano e col mento, afferrando poi un coltello di piccole dimensioni con la mano libera.
Attenta a non far cadere niente, soprattutto il coltello sui suoi stessi piedi, si avvicinò svelta al lavandino e prese a sbucciare e sciacquare gli odori.
Sentiva improvvisamente caldo.
Che cosa era preso a Ryo quella sera?
Perché dopo quasi due mesi di sì e no le sembrava improvvisamente gentile e fin troppo disponibile?
Proprio ora che avevano tra le mani un incarico così particolare?
Poteva mai essere quello il motivo di un così repentino cambiamento?
No, non era possibile! Poteva dire e fare tante cose contro di lui, ma non che non fosse professionale e attento sul lavoro.
Uno strano odore e un forte rumore frusciante la fecero scattare verso il piano cottura.
Alzando prontamente la padella, evitò per il rotto della cuffia che l’olio si carbonizzasse.
Sospirò, cercando di non farsi sentire da Ryo. Si sentiva veramente nervosa.
Aggiunse tutti gli ingredienti, svuotando l’intera vaschetta di carne.
Dispose le fettine su un letto d’olio, erbette aromatiche e aromi, e spolverò con l’aglio tritato.
Rimise la casseruola sul gas a fuoco modico, e poi cacciò dal frigo una bottiglia vuota per metà di vino rosso, per sfumare la carne.
La posò subito dopo, ricordandosi della presenza di Hotaru e preferendo dare una variante al piatto adatta anche ad una bimba di quattro anni.
Anche se la ricetta prevedeva una leggerissima quantità di vino, preferì non rischiare.
Tutta colpa di Ryo e della sua richiesta! Lei non ci stava capendo più niente!
Coprì con un coperchio in vetro e rimase a fissare attraverso di esso come il vapore rendesse quella superficie opaca, non permettendole di controllare dall’esterno la cottura.
Improvvisamente, un piatto che sapeva preparare a memoria ed ad occhi chiusi, aveva catturato tutta la sua attenzione.
Più o meno.
Ancora non riusciva a gestire quell’inconsueta situazione, e stava malamente cercando di prendere tempo.
 
- Chi è che non voleva che si bruciasse il cibo sul fuoco, per evitare che io facessi il maniaco?-
 
La voce di Ryo la fece voltare verso di lui. Lui aveva parlato con una risatina, ma senza scherno.
Voltandosi a guardarlo vide ancora quell’espressione gentile, dolce e maledettamente adorabile di poco prima.
Doveva ammettere che guardare Ryo affaccendato in cucina, anche solo a sminuzzare dei semplici ortaggi, era uno spettacolo dolce e divertente allo stesso tempo, quasi una novità per lei.
Gli fece una linguaccia giocosa, non sapendo in che altro modo rispondergli, anche se avvertiva una strana tensione che non era per niente negativa, anzi!
Le sembrava di vivere una piacevole sensazione, quasi come … scosse subito la testa, cacciando quel pensiero sul nascere.
 
“Quasi come se fossimo due normalissimi sposini che cucinano insieme … ma no! Che vado a pensare? Non accadrà mai una cosa simile!”
 
Si ammonì da sola, mentalmente.
 
- Che ti prende?-
 
Ryo la guardava curioso e stranito. Quell’energico movimento della testa lo stava insospettendo.
Che prendeva a lei? Che cosa prendeva a lui piuttosto!
Certo che se dopo tutto quel tempo ancora non riusciva a nascondergli ciò che pensava o provasse, tentare di dominare da sola quella tempesta emotiva che li tormentava da settimane, sarebbe stato peggio di una scalata.
 
- Niente.- Kaori negò con un gesto svogliato della mano, sperando che non volesse indagare oltre.
 
- Sicura? -
 
“Come non detto!”
 
Kaori s’indispettì, puntando i piedi per terra sfogando così il suo disappunto.
Ryo Saeba sapeva essere eccessivamente ermetico per se stesso, ma con altri non si accontentava mai di mezze risposte e di parole vaghe.
Che ipocrita!
 
- Sì, sono sicura!- rispose decisa lei.
 
- Mi sembrava che …-
 
Lui provò ad insistere ancora, ma una nuova negazione del capo della ragazza lo zittì.
Meglio non insistere, o lei avrebbe tirato fuori uno dei suoi martelli.
Ryo fece spallucce. Finì di sminuzzare tutto, e prese dallo stipo la casseruola che sapeva Kaori usare per la cottura di quel genere di alimento.
Allungò il braccio verso di lei, e Kaori gliela sfilò delicatamente dalle mani badando a mettervi i condimenti e a metterla sul gas.
Le loro dita si sfiorarono per pochi secondi, e la piacevole sensazione di calore e complicità che avvertirono unì entrambi, consapevolmente o meno.
Quando Kaori ebbe finito, si voltò verso Ryo e lui senza che gli fosse detto nulla, prese il grosso tagliere di legno e si avvicinò a far cadere le verdure sminuzzate nel pentolame, aiutandosi con la lama del coltello.
Kaori non poté impedirsi di sorridere impercettibilmente, mentre lui lo fece ancora di più.
Era tutto così bello, quasi romantico! Se solo fosse stato come lei lo desiderava davvero!
 
- Ecco fatto.- disse il suo partner, quando anche l’ultimo pezzetto di peperone giallo si staccò dal tagliere. - Adesso?-
 
- Ah, ehm … - Kaori si schiarì la voce, risvegliandosi dal suo breve sogno ad occhi aperti. - Adesso mentre aspetto che cuocia tutto apparecchio. Ma … ci sarebbe da controllare se Nami ed Hotaru hanno finito. Magari hanno bisogno di qualcosa … Ovviamente solo se sono tornate in camera! -
 
Enfatizzò notevolmente le parole sapendo che lui avrebbe inteso l’avvertimento.
Contro ogni previsione, lui la sorprese per l’ennesima volta in pochi minuti.
Ryo annuì, alzando una mano verso lo scolapiatti ed estraendone quattro piatti piani ed altri quattro fondi.
 
- Qui ci penso io. Vai tu da loro, se vuoi. Sono in grado di controllare la carne.-
 
Kaori lo guardò nuovamente a bocca aperta.
C’era qualcosa che non le tornava in quell’atteggiamento.
Dal matrimonio di Miki ed Umibozu Ryo si era comportato in maniera strana ed ambigua, ma quella sera sembrava una persona completamente diversa!
 
- Che c’è? -
 
Il ragazzo si accorse della sua sorpresa e la interrogò sempre più curioso.
 
“Devo capire come si sto muovendo … Accidenti però, è così imbarazzante!”
 
In realtà era sicuro di sapere benissimo cosa stesse passando nella testa della sua socia, in quel momento, e in poco tempo lui era riuscito a tornare grosso modo padrone di sé.
Lei invece sembrava agitata. Non era abituata a quelle sue attenzioni, era vero, ma ormai lo riteneva davvero così repellente da trovarsi in difficoltà con lui?
Preparando un semplice pasto insieme, dopo tutto quello che avevano passato?
Ancora una volta si disse che la colpa era comunque sua.
Kaori riprese:
 
- No è che … sei … strano.-
 
Una grossa libellula si schiantò sulla testa di Ryo.
Beh, non poteva pretendere che lei non rimanesse nemmeno minimamente sorpresa da quel suo improvviso comportamento.
Era praticamente cambiato dalla mattina alla sera! Aveva tutte le ragioni per dubitare di lui, innocentemente o meno.
Lasciò cadere il suo commento, spronandola invece ad allontanarsi da lì.
 
- Su, vai! -
 
La invitò ad uscire con un cenno della testa, sempre con quell’enigmatico sorriso stampato in faccia.
Kaori si ritrovò ad annuire e ad indietreggiare. Continuò a camminare all’indietro per non perdersi niente di quello spettacolo quasi utopico.
Ryo aveva messo i piatti su un vassoio ed era passato a prendere i bicchieri e la tovaglia, e poi i tovaglioli e le posate.
La ragazza si fermò dalla sua camminatura a gambero quando andò a sbattere contro la parete.
Sperando che lui non se ne fosse accorto, ancora girato di schiena a selezionare le stoviglie, girò su se stessa e si avviò verso il piano superiore.
Quando fu abbastanza lontana dalla cucina, tirò un enorme sospiro di sollievo, ma poi finalmente si sciolse in un sorriso.
Il suo socio l’aveva deliberatamente sollevata dalle incombenze della cena, bisognava che ne approfittasse!
Chissà quando si sarebbe verificato di nuovo un miracolo simile in casa loro!
Salì velocemente le scale.
Dei rumori provenienti dalla camera degli ospiti, le fecero effettivamente capire che Nami ed Hotaru avevano finito in bagno ed erano tornate in stanza.
Bussò discretamente, entrando quando sentì Nami darle il consenso.
 
- Come va? Siete a vostro agio?-
 
- Benne! - squillò la voce della bimba. - Cambio la bambola! -
 
Alzò la bambolina spogliata per metà verso Kaori, mostrando nell’altra mano una casacca in miniatura.
 
- Beh, ha bisogno di mettersi comoda anche lei! -
 
La ragazza notò colpita l’entusiasmo della bimba, per un‘attività all’apparenza semplicissima.
Nami stava sistemando il loro bagaglio, preparando i pigiami per quella notte.
Kaori la osservò bene.
Nonostante il pallore e le occhiaie, dovuti al fatto che doveva aver riposato davvero poco negli ultimi giorni, era davvero una bella donna.
Aveva capelli lunghi e nerissimi come i suoi occhi, lineamenti gentili e portamento aggraziato.
Aveva fatto caso a come si tormentasse spesso gli anelli all’anulare sinistro, velando il suo sguardo di tristezza. Doveva stare davvero molto in ansia per le sorti del marito.
 
- La cena è quasi pronta. - disse - Abbiamo pensato ad un misto di verdure con carne aromatizzata alle erbette. Può andare? Se preferite qualcos’altro non ci sono problemi, ieri ho fatto la spesa e ho frigo e dispensa pieni! -
 
- No, tranquilla, va benissimo così!-
 
Nami sorrise, poggiando il suo trolley chiuso in uno spazio vuoto tra l’armadio e la parete e raggiungendo Hotaru sul suo letto.
 
- Vuoi che ti aiuti? Posso fare qualcosa? -
 
Kaori si sedette accanto alla bambina e prese ad accarezzarle la testa.
 
- Non ti preoccupare, tu sei anche nostra ospite, non solo la nostra protetta! Ho quasi fatto, e poi … ci sta già pensando Ryo ad aiutarmi! -
 
Ridacchiò, portandosi una mano alle labbra. La cosa le sembrava ancora irreale.
 
- Sai, quando prima me l’ha chiesto, quasi me ne sono meravigliata! Non è il tipico uomo … ehm … casalingo, ecco! È uno sweeper eccellente, potete fidarvi di lui ad occhi chiusi, ma di solito non si dedica mai alla casa! Non gli piacciono molto queste cose, ma lui … Beh, lui è così! -
 
Scosse le spalle, incatenando lo sguardo a quello della bimba che la guardava incuriosita.
Sicuramente Hotaru la guardava a quel modo per la grande somiglianza con la sua madre naturale, ma la piccola aveva qualcosa che la affascinava, e non c’entrava la sua condizione di salute.
In passato avevano avuto altre piccole clienti disabili, certo, anche se la loro condizione invalidante era stata solo temporanea.
Due interventi avevano ristabilito il giusto stato sensoriale per quanto riguardava Mayuko e motorio per Kozue.
Con Hotaru però … non riusciva a spiegarselo, ma c’era qualcosa di più oltre quello sguardo a mandorla, il viso paffuto, le mani piene, quelle labbra piccole e carnose, dolcissime nelle smorfie che alla piccola aveva visto fare.
Sentiva come del … magnetismo.
Non riusciva a spiegarselo, ma forse Saeko aveva ragione.
Evidentemente doveva avere davvero una dote nascosta ignota addirittura a se stessa, che non si poteva definire diversamente dall’empatia, per sviluppare subito un feeling con clienti come così.
Forse era solo dovuto al fatto che anche lei era stata adottata.
Saeko aveva detto che Saori Nakamura aveva avuto quella bimba dopo una notte di baldoria, ma non aveva specificato loro chi fosse suo padre.
Che avesse  quelle informazioni oppure no, non aveva importanza, non riusciva nemmeno lei a spiegarsi la strana attrazione che provava per quella bambina.
Kaori non aveva mai conosciuto i suoi veri genitori, anche se sapeva della sua adozione da tempo.
Aveva sempre saputo già da ragazzina, di non avere veramente il sangue dei Makimura nelle vene, molto prima di scoprire di avere una sorella di sangue, e anni e anni addietro ne aveva parlato a Ryo, quando si erano conosciuti e quando da lui si era conquistata il nomignolo di Sugar Boy.
Aveva sempre considerato e amato Hideyuki come un vero fratello, ben sapendo che non è solo lo stesso DNA a fare una famiglia.
Hotaru era ancora troppo piccola, e in base ad altre informazioni che Saeko aveva dato loro, nella sfortuna era stata fortunata.
La Sindrome non aveva eccessivamente intaccato le sue abilità cognitive, almeno stando a quanto i primi test cui la bambina era stata sottoposta.
Le sembrava una bimba allegra, solare, dolce, e le appariva abbastanza autonoma.
Sicuramente con i giusti approcci avrebbe avuto una vita quasi normale, se non del tutto.
Quando Kaori era entrata a far parte della Famiglia Makimura, era stata amata profondamente dai suoi genitori e da suo fratello.
Quando poi erano rimasti da soli lui e lei, Hideyuki le aveva fatto da madre, da padre e da fratello maggiore, essendo lei solo una ragazzina.
Era stato il suo faro, il suo unico punto di riferimento, fino a quando nella sua vita era arrivato Ryo.
Lei ed Hotaru avevano fin troppe cose in comune forse.
Per quanto riguardava il suo socio, Ryo a volte le sembrava una vera e propria gatta da pelare!
Era la sua ossessione, la sua famiglia e soprattutto l’unico uomo che avrebbe potuto amare.
Ormai lui le era entrato dentro. Ryo Saeba era parte di lei, anche se solo in senso figurato.
Era sotto la sua pelle, lo sentiva con lei anche quando erano distanti, e niente avrebbe potuto cambiare quella realtà bella e al tempo stesso dolorosa.
Non era più una ragazzina ormai. Era una donna adulta, matura, vicino ai trenta e ancora non del tutto realizzata.
La sua vita sentimentale era un caso perso ormai, e ancora di più lo era Ryo, anche se la sua improvvisa voglia di cucinare insieme l’aveva destabilizzata … piacevolmente.
Toh! Ancora stentava a crederci! Forse stava mettendo la testa a posto!
Profondamente colpita da quell’evento straordinario, non era riuscita a comportarsi con naturalezza, oscillando tra il sospetto e l’imbarazzo.
Ciò che l’aveva scossa più di tutto però, erano stati i suoi occhi: così caldi e profondi, e ancora più scuri e maledettamente belli.
Accidenti!
Non riusciva ad essere arrabbiata con lui per troppo tempo! Gli bastava un semplice sguardo intenso per farla vacillare, e forse lo sapeva, così ci marciava su e se ne approfittava!
 
>>> Vuoi dire che tu e Ryo non condividete anche le più piccole gioie domestiche di una coppia? -
 
L’improvvisa domanda diretta e spontanea di Nami la riscosse dai suoi pensieri.
Che cosa?
Sobbalzò, arrossendo fino alla radice dei capelli.
 
- Eh? Che … che hai detto, scusa?-
 
- Ryo non aiuta la sua compagna come fanno tutti gli uomini nelle coppie normali? -
 
Kaori aveva ormai assunto il colorito di un semaforo d’arresto, perdendo anche l’uso della parola.
Nami la guardò incerta. Forse aveva preso un granchio.
 
- B … Beh, ecco, veramente noi non … -
 
- Ma tu e Ryo non siete sposati? Non state insieme? -
 
Kaori scosse energicamente la testa.
Forse non tanto per negare a Nami ma per più per scacciare dalla sua mente una speranza che non si sarebbe mai tramutata in realtà.
 
- No … no. Niente di tutto questo! - balbettò.
 
- Come? -
 
Nami sembrava quasi sconvolta.
Come poteva essere? A suo modo di vedere persino un cieco si sarebbe accorto di cosa legava quei due, lei l’aveva notato senza difficoltà!
Poteva essersi davvero sbagliata?
Col suo lavoro di educatrice aveva sviluppato un certo sesto senso nelle relazioni interpersonali. Nel loro caso ne era stata certa fin dall’inizio quando li aveva visti!
Quei due sembravano lanciarsi muti segnali anche senza che si guardassero, e anche stando ai poli opposti di una stanza!
Nami non era stata di certo l’unica. In un muto fiume di ricordi, a Kaori vennero in mente tutti quelli che avevano avuto bisogno di City Hunter negli anni, e quasi tutti avevano avuto quell’impressione.
Complice forse lo stesso periodo, ricordò un episodio particolare avvenuto proprio in occasione del Natale.
Qualche Natale più addietro, infatti, si erano imbattuti in due aspiranti sposini ostacolati dalle loro famiglie, da sempre rivali in affari di navigazione.
Avevano quasi rischiato di rivivere la tragedia di Romeo e Giulietta.
Ryo aveva organizzato un matrimonio per il giorno della Vigilia, per aiutare i due innamorati a coronare il loro sogno e sollecitare la riappacificazione delle famiglie.
Stranamente per lui, si era occupato degli abiti nuziali, della chiesa, degli inviti e dei fiori, ma qualcosa era andato storto.
Come lui aveva immaginato, un terzo uomo era stato contrario a quell’unione per i propri affari, visto che la fusione delle due famiglie avrebbe schiacciato la sua concorrenza.
Per attirare quel criminale in trappola, Ryo e Kaori avevano dovuto vestire i panni di Tsubaki Yamaoka e Kazuhiko Umino, sfilando verso l’altare.
Arrivati al punto cruciale, quella missione aveva messo Kaori in pericolo.
Ryo era andato molto vicino all’esporsi, temendo per dei pochi ma lunghissimi istanti di averla persa. Era tornato in sé quando aveva constatato che i proiettili non l’avevano nemmeno sfiorata.
In quell’occasione, in cui lei si era commossa in chiesa avvolta in quel meraviglioso vestito, pur non essendo realmente il suo di matrimonio, anche i due giovani amanti avevano capito che tra loro c’era qualcosa di molto più profondo di una collaborazione professionale.
Tutti, proprio tutti si accorgevano o sapevano del loro amore, solo Ryo non si decideva a concretizzarlo.
 
- Ma … io credevo che … insomma … solo un cieco non se ne accorgerebbe! - Nami ripetè a voce quanto espresso a se stessa mentalmente pochi istanti prima. - Si vede lontano un chilometro che tra voi c’è chimica, è palpabile! Traspare un affiatamento che ho visto in pochissime persone! È incredibile che siate solo colleghi! Vuoi dire che siete davvero solo soci? Non c’è niente tra voi? Proprio niente niente? -
 
Non poteva essere, era assurdo oltre che un vero peccato!
Kaori soffocò un sospiro di rassegnazione.
Per un attimo pensò addirittura anche a Mayuko, bimba cieca ed orfana di madre che aveva paradossalmente letto in entrambi, come se al posto di due occhi da curare avesse avuto due laser.
 
- Sì, esatto. Condividiamo lo stesso appartamento e siamo partner sul lavoro. Sai, prima il socio di Ryo era mio fratello, Hideyuki. Lo adoravo tanto, era tutto ciò che avevo ed era in gamba! Poi dopo la sua morte io ho preso il suo posto. Tra me e Ryo c’è solo un rapporto di lavoro che dura ormai da tempo. Lavoriamo e viviamo insieme da sei anni. Niente di più.-
 
Mentì a metà, ma pensò che persino quella donna li avesse inquadrati immediatamente, accorgendosi di tutto dopo poche ore.
 
- Oh …. - Nami abbassò lo sguardo mortificata. - Perdonami, ti prego. Io … non volevo essere invadente. Mi dispiace. -
 
- Non fa niente, non devi assolutamente preoccuparti!  -
 
Kaori si stampò un sorriso in faccia, comprensiva. Era abituata a gestire quelle situazioni.
 
>>> Scusate? -
 
La calda voce di Ryo irruppe nella stanza, contemporaneamente a due colpetti dati alla porta.
 
- È pronto in tavola.-
 
Kaori lo guardò stupefatta.
Aveva terminato lui la cottura della carne e delle verdure e aveva addirittura servito?
Una strana vocina interiore iniziò a suggerirle qualcosa, ma non voleva, non poteva illudersi.
Lui la guardò intensamente e poi spostò lo sguardo anche su Nami ed Hotaru.
 
- Scendiamo? -
 
- Sì, grazie.- rispose gentilmente Nami. Si rivolse a sua figlia prendendola tra le braccia per farla scendere dal letto. - È ora di mangiare tesoro, hai fame?-
 
- Pappa! Pappa! -
 
Hotaru batté le mani felice, seguendo sua madre che si era avviata verso la porta.
La donna si fermò qualche passo più in là di Ryo fermandosi ad attenderli, ma poi prese sua figlia per mano proseguendo lungo il corridoio.
 
- Noi andiamo prima a lavare le mani Hotaru. Si mangia sempre con le manine pulite! -
 
- Sì mamma! -
 
I due sweeper seguirono le due con lo sguardo, prima di tornare a concentrarsi l’una sull’altro.
Lui tornò a guardare Kaori, e la sua socia si sentì ancora una volta avvolgere da quello sguardo fluido e penetrante come la notte.
La donna sorrise, senza rendersene conto.
 
- Scendiamo.-
 
 
***
 
Un uomo batté violentemente un pugno sulla sua scrivania.
Ringhiò di rabbia, contro il suo sottoposto in piedi e timoroso di fronte a lui.
 
- Che cosa vuol dire che sono sparite? -
 
- È … è così, capo. Non sono più nel loro appartamento, e anche casa Nakamura pare vuota. Pe … però … -
 
- Però COSA? -
 
L’altro tuonò livido di rabbia.
Quella donna e quella mocciosa dovevano aver chiesto la protezione di qualcun uno, si erano nascoste da qualche parte!
Questo poteva intralciare i suoi piani, ma poteva anche essere un vantaggio.
Era risaputo che Shinjuku era protetta da alcuni illustri personaggi, poco raccomandabili e con cui non si scherzava, certo, ma poteva essere un’occasione da non farsi scappare.
Aveva degli uomini dall’abilità d’armi infallibile, ex soldati, alcuni agenti corrotti, cecchini, esperti di arti marziali e avvocati poco onesti capaci di mettere a tacere ogni sospetto.
Negli anni si era attorniato dalla feccia della città interessata solo al guadagno facile.
Se la Kobayashi e sua figlia erano sotto la protezione di chi credeva lui, la circostanza poteva volgere maggiormente a suo favore. Bisognava solo saperla sfruttare.
Se avesse eliminato anche loro, tutti loro, avrebbe scalato i vertici della malavita giapponese.
Poteva farcela, non era certo un novellino.
Forse doveva solo aspettare, o fare la prima mossa per trarli in trappola, dopotutto, Nami Kobayashi aspettava ancora informazioni riguardo suo marito.
Guardò l’uomo di fronte a sé. Lui non poteva certo annoverarlo tra i suoi migliori uomini.
Non era stato capace di spiare le sue prede, lasciandosele scappare, e tremava come una foglia al suo cospetto.
Non aveva le palle per quel lavoro, ma poteva ancora usarlo per il suo tornaconto finché gli fosse stato utile, e poi, avrebbe eliminato una traccia tanto fastidiosa.
 
- Vattene ora, ti richiamerò quando avrò bisogno di te. So già come fare per farle uscire allo scoperto! -
 
Abbassò il capo sull’elegante scrivania del suo studio, prendendo un sigaro dal cofanetto in argento nel cassetto dello scrittoio.
 
- Davvero signore? Quindi, io non … -
 
Accendendosi il sigaro, l’altro alzò lo sguardo su di lui. Ma era tonto o cosa?
Preferiva che gli piantasse una pallottola in mezzo alla fronte prima del tempo?
 
- FUORI DI QUI! -
 
L’uomo scattò sull’attenti.
 
- S… sì, sì! -
 
Si chinò più volte e corse via, sotto gli occhi esasperati del suo padrone.
 
- Che inetto! -
 
Il boss cominciò a fumare con pigrizia.
A volte si annoiava a morte, adorava l’azione, ma spesso i loro affari non permettevano strategie azzardate e bisognava andarci piano.
 
>>> Sei troppo irascibile, te l’ho sempre detto. Se vuoi farti strada in quest’ambiente, devi essere metodico, avere pazienza, e prevedere i rischi nelle missioni. Rischi di farci scoprire! Sta attento a non comportarti come un ragazzino! -
 
L’uomo si voltò versò uno più maturo giunto in quel momento.
Nascosto dall’elegante antico separé accanto alla tenda, era uscito allo scoperto quando il loro tirapiedi era sgattaiolato via.
 
- È quello che faccio, papà. -
 
- Non mi sembra Yutaka. Ti ho lasciato carta bianca in questa faccenda perché tu ti faccia le ossa, ma non posso nemmeno rischiare che tu mandi tutta all’aria. La prima regola per farsi avanti in questo mondo è la discrezione. D’ora in avanti sarò al tuo fianco e ti consiglierò, o fai così o ti fai da parte! A te la scelta! Ci sono troppi nemici in questa città, dobbiamo fare attenzione. -
 
Yutaka Hishikamoto si alzò dalla sua poltrona con il sigaro ancora in mano, e si avvicinò a suo padre.
Sovrastò la stazza dell’uomo più anziano con la sua, quasi scocciato.
 
- Certo, papà. -
 
Alzò il sigaro come a metterglielo tra le mani. Il padre lo prese poco dopo.
Il più giovane lo superò ed uscì dalla stanza con le mani nelle tasche. Si era già annoiato della vita d’ufficio e aveva bisogno di svagarsi.
Raggiunse il salotto principale della loro villa, dove intentavano giochi e serate, sedendosi ad un tavolino cui si stava giocando a poker.
Gli uomini seduti si alzarono e s’inchinarono col capo, prima di riprendere le proprie mansioni.
Yutaka Hishikamoto stava per annullare la partita per pretenderne una nuova con lui come giocatore, quando una donna bionda in abiti succinti e dal trucco pesante gli si avvicinò.
 
- Vuoi compagnia?-
 
Si voltò verso di lei. Era una delle escort che lavorano per la sua famiglia.
Evidentemente quella sera libera.
Si voltò per un attimo verso i suoi uomini che avevano ripreso a giocare e scosse le spalle.
 
- Ma sì, penso proprio di volermi divertire! -
 
Si alzò spavaldo ottenendo un nuovo cenno di rispettoso saluto, ed attirò la donna a sé, circondandole la vita quasi avidamente.
Lei lo lasciò fare, strusciandosi addosso a lui senza ritegno.
 
- Saliamo piccola, rendiamo questa notte indimenticabile per entrambi.-
 
***
 
La cena si era svolta tranquillamente.
Sempre attenti ad ogni eventuale problema, i due sweeper avevano chiacchierato e mangiato con le loro ospiti cordialmente.
Kaori si era stupita di come una bimba di soli quattro anni fosse tanto educata e rispettosa, e di come mangiasse con piacere tutte le verdure di solito poco gradite ai bambini.
Dopo cena le aveva offerto un gelato col permesso di Nami, ed era stato buffo e tenero vedere quelle guanciotte sporche di cioccolato.
Nami aveva insistito per darle una mano a riassettare. Kaori aveva provato più volte a negare, ma non c’era stato modo di far cambiare idea alla giovane madre.
Con l’aiuto della lavastoviglie tuttavia, non c’era stato che da spazzare e pulire cucina e tavoli.
In pochi minuti le due donne avevano sistemato tutto, mentre un Ryo attento e curioso era rimasto in salotto ad osservare la piccola Hotaru disegnare fino a che non era crollata sul divano.
Piccola e provata da tante emozioni, si era addormentata profondamente.
Nami l’aveva presa in braccio come se non le pesasse per niente, nonostante la sua corporatura generosa, e l’aveva portata al piano superiore.
Kaori l’aveva aiutata a metterla a letto ed era rimasta un po’ con lei, poi, notando l’eccessiva stanchezza sul viso della ragazza, si era congedata per lasciarla riposare.
Uscendo, si chiuse la porta alle spalle controllando il corridoio da entrambe le parti, poi, vedendo le luci al piano inferiore ancora accese scese per dare un’ultima occhiata.
Cominciava ad essere piuttosto tardi, e sarebbe stato meglio non fare le ore piccole, per essere vigili il giorno dopo.
Scese in salotto. Ryo era affacciato alla finestra e l’aria fredda sembrava non scalfirlo.
 
- Ryo! Vuoi prenderti un raffreddore? -
 
Lui quasi sussultò. L’aveva percepita immediatamente, ma il suono della sua voce aveva sempre quell’effetto su di lui, in quella sera poi più che mai.
Chiuse la finestra e poi anche le tende. Fuori andava tutto bene, non c’era nessuno a spiarli, non percepiva auree sospette e anche i suoi amici erano tranquilli.
Nessuna telefonata, nessun messaggio, nessun segnale in codice.
Se non fosse successo qualcosa di notte, l’indomani avrebbe dovuto garantire la sicurezza dell’appartamento e mettersi in contatto con i suoi informatori.
Si voltò verso di lei e la vide: sembrava preoccupata.
 
- È tutto a posto. - riuscì a dire.
 
Lei annuì, capendo che si stava riferendo alla situazione esterna.
 
- Anche di sopra è tutto calmo, stanno dormendo e le trappole non sono scattate. Per ora non c’è nessun altro. -
 
Kaori gli si avvicinò quasi come se i suoi piedi avessero volontà propria.
Specchiandosi nel nero sguardo di lui, notò di nuovo quell’espressione misteriosa e carismatica di poco prima.
La serata era trascorsa piacevolmente. Non c’erano stati problemi per Nami e la bambina, nessuno li aveva attaccati e anche lui si era comportato bene.
Anche troppo!
Non poteva negare a se stessa che aveva apprezzato tantissimo quel suo nuovo strano lato.
Era stato quasi come vederlo per la prima volta.
Era emozionata e non sapeva dare un nome preciso a quello che stava provando.
Avrebbe tanto voluto chiedergli di più, ma temeva il modo in cui lui avrebbe reagito.
Forse sarebbe scoppiato a ridere, dimostrandosi il solito stupido di sempre dopo un’ennesima presa in giro, tra le più dolorose, o forse no, ma sapeva anche che adesso avevano una priorità:
le clienti.
Non poteva distrarsi nelle sue fantasie.
 
- Io … - fece, non sapendo da dove cominciare. Sospirò, mordendosi la lingua. - Io vado Ryo, meglio non fare tardi. Buona notte e … grazie, per stasera.- abbassò lo sguardo arrossendo impercettibilmente, ma lui se ne accorse e le sorrise.
Kaori si voltò già pronta a chiudersi in camera sua, ma Ryo la bloccò delicatamente per un polso.
Lei s’irrigidì.
 
- Aspetta.-
 
Tornò a guardarlo, incuriosita ed incapace di muoversi.
Il tono che Ryo aveva usato era stato dolce e caldo.
 
- Cosa c’è? -
 
Ecco. Era arrivato il momento.
Non sapeva nemmeno cosa o come dirglielo ora che aveva avanti a sé quelle grandi iridi nocciola, ma sentiva che doveva farlo.
Sarebbero stati entrambi attenti e precisi in quel caso, non si sarebbero lasciati condizionare, né lui né lei, ma sentiva che doveva farlo.
Si fidava ciecamente della sua Sugar Boy, e sebbene temeva per i punti oscuri di quel lavoro a partire dalle strane parole di Saeko e dalla somiglianza di Kaori con Saori Nakamura, sentiva dentro di sé che non avrebbe più potuto rimandare.
Come suo solito però, tutte le belle parole che lei meritava erano state di nuovo inghiottite dal suo orgoglio.
 
- Kaori, io …-
 
Le lasciò il polso che ancora le teneva teneramente.
Kaori aggrottò le sopracciglia. Che cosa stava cercando di dirle?
 
- Io … ecco. Io, stasera … -
 
Ryo cominciò a tormentarsi le mani, maledicendo internamente la sua goffaggine nella vita privata.
Tutti i suoi nemici si sarebbero fatti delle grasse risate a vedere lo Stallone di Shinjuku in quel frangente.
Lo sweeper numero uno del Giappone era l’ultimo dei cretini in amore!
Che fine!
Kaori lo guardava stralunata. Stava disperatamente cercando di capire cosa gli passasse per la testa. Quella sera Ryo stava dando seriamente i numeri!
 
- Si può sapere che succede? È tutta la sera che ti comporti in modo strano!-
 
Un po’ irritata, un po’ divertita, portò le braccia al petto e cominciò a battere un piede per terra cercando di sbollire i nervi.
Ryo sembrava a disagio, ma anche lei era ancora tesa per quanto accaduto poche ore prima.
 
- Beh, in effetti, sì, è che io non so come … insomma …-
 
Ryo si bloccò di nuovo.
Come cosa?
Come dirle che la amava più di qualsiasi altra cosa?
Come dirle che si riteneva un idiota, un imbecille, un cretino, per l’appunto, un senza palle, come l’aveva definito con affetto Mick la sera prima?
Dannazione! Era capace di riempire di complimenti lascivi tutte le donne di Tokyo tranne che lei, che li meritava davvero.
Sospirò, esasperato.
Si avvicinò a lei e la attirò a sé, stringendola tra le braccia e abbassandosi poi a sfiorarle le labbra.
Non sapeva se Kaori avesse ricambiato, se gli avesse lanciato un martello, se lo avesse avvolto in una coperta e tirato fuori dalla finestra o cos’altro, ma visto che con le parole era un vero disastro, il suo istinto gli aveva suggerito di passare ai fatti.
Kaori, dapprima shockata da quell’impeto da parte del suo socio, rimase immobile nel suo abbraccio con gli occhi spalancati.
Non rispose al bacio e per un attimo le parve persino di smettere di respirare.
Ryo stava assaggiando le sue labbra delicatamente, solo la presa attorno al suo corpo era più ferrea, forse per paura che lei scappasse, e per un attimo il suo cervello aveva smesso di funzionare non mandandole più comandi.
Che cosa stava facendo Ryo?
La stava baciando?
Ryo la stava baciando, finalmente, dopo quel bacio che si erano scambiati attraverso il vetro sulla nave di Kaibara finalmente ecco un bacio vero!
E lei? Niente, come un automa si era paralizzata.
Che stupida!
Non avendo nessuna reazione da parte sua, Ryo si staccò da lei in parte ferito.
Forse era troppo tardi.
Kaori non aveva risposto al suo bacio, non gli aveva nemmeno portato le braccia attorno, e nemmeno sul petto, come aveva fatto in qualche loro raro abbraccio del passato.
Era rimasta rigida contro il suo corpo, gli occhi sbarrati ed era addirittura impallidita.
Maledizione! Aveva indugiato troppo! Adesso avrebbe dovuto fare i conti col suo rifiuto!
Kaori cominciò a tremare, tanta era l’emozione che stava provando.
Lacrime inspiegabili le salirono agli occhi.
Sollievo, amore, esasperazione, gioia, paura … non sapeva per quale motivo, ma sentì improvvisamente voglia di piangere.
Lui vedendola in quello stato, male interpretò e si sentì un verme.
Aveva sbagliato ancora, ancora e ancora.
Con Kaori commetteva solo sbagli, su tutta la linea!
Fece qualche passo indietro, mortificato.
Ora non gli sarebbe rimasto che buttarsi a capofitto in quella missione, per non pensare a quegli occhi che aveva continuato a ferire per tutti quegli anni fino a quel momento.
 
- Mi dispiace... Perdonami, io … forse non dovevo però ... sentivo di doverlo fare, ma forse non ne ho più il diritto. -
 
Abbassò lo sguardo, incapace di sostenere quello pieno di pianto della sua socia.
 
- Hai ragione, è meglio andare a letto. Buona notte Kaori-Chan. -
 
Che deficiente! Aveva giocato la sua ultima carta e aveva perso la mano!
E pensare che era riuscito anche a mettere insieme più parole di senso compiuto!
Tornò di fronte a lei solo per accarezzarle una guancia. - Scusami … - Lanciandole un ultimo sguardo triste,  la superò dirigendosi verso la sua stanza.
 
Impattata dalle sue parole, Kaori si riscosse.
Si voltò di scatto e lo raggiunse, abbracciandolo di schiena e bloccandolo sul posto.
Ricominciò a singhiozzare sotto quelle spalle che tante volte l’avevano protetta.
Che sciocca! Non aveva saputo fare altro che piangere, quando poi avrebbe dovuto sapere qual era il modo di Ryo di aprirsi, specialmente con lei.
Era sempre stato così.
Ora capiva tutto, capiva l’atteggiamento di Ryo di quella sera e di tutte le settimane precedenti.
Tutto le era più chiaro.
Lui era così. Aveva bisogno di molto più tempo in certe cose, e soprattutto, di modi un po’ bizzarri per risolvere questioni di quel tipo, come il loro grande legame.
Sentì le grandi mani dell’uomo della sua vita stringere le proprie, e poi staccarne una dal suo petto per potersela portare alle labbra e baciarne la punta delle dita.
Forse perché non la stava guardando direttamente negli occhi, e allo stesso tempo forte dell’appoggio del suo calore, lui fu il primo a parlare.
Lei non aveva ancora smesso di ansimare sulla sua schiena.
 
- Forse non è il momento adatto Sugar, ma da quando Saeko ci ha proposto questo caso, ho capito che non posso più aspettare. Devo affrontare apertamente i miei sentimenti per te una volta per tutte. -
 
Sciolse l’abbraccio e si girò verso di lei. La lasciò solo per incorniciarle il viso con le sue forti mani.
 
- Ti amo, Kaori Makimura. Ti ho sempre amata, anche se da stupido quale sono, non sono mai stato in grado di dimostrartelo. Ti amo in un modo che a volte mi fa paura, e proprio per la paura di perderti ho sempre cercato di allontanarti, ma adesso devo guardare in faccia alla realtà. Non sono niente senza di te, e quando avremo concluso anche questa missione come solo il grande duo City Hunter sa fare, ti darò finalmente tutto quello che meriti, se mi vorrai ancora.-
 
Kaori continuava a piangere, suo malgrado, riuscendo solo ad annuire a guardare il suo uomo attraverso il velo delle lacrime.
Per anni aveva sperato e aspettato l’arrivo di quelle parole, ed ora che erano finalmente diventate realtà, quasi non riusciva a crederci.
Ryo l’aveva di nuovo chiusa nel suo abbraccio, accarezzandole la schiena per farla calmare ed appoggiando il mento tra i suoi capelli, mentre lei a quanto pareva, non riusciva a fare altro che singhiozzare, ma andava bene anche così.
Tutte le emozioni faticosamente trattenute in due mesi erano esplose come dal vaso di Pandora.
Stanca della sua stessa passività, lei si alzò sulle punte e portò entrambe le mani alla nuca di Ryo, attirandolo verso di sé.
Lui raggiunse la sua altezza e poggiò la sua fronte su quella di lei.
 
- Kao, sei bellissima anche con le lacrime, ma non devi più piangere per colpa mia. -
 
Kaori scosse la testa, riuscendo finalmente a sorridere.
Respirò a fondo e si asciugò le guance con entrambe le mani, che portò subito alle spalle di Ryo, riaggrappandosi a lui.
 
- No, no non piangerò più. È solo che … Ormai non ci speravo più! -
 
Lui annuì, sinceramente pentito.
 
- Lo so, mi dispiace. Merito una martellata? -
 
Kaori ridacchiò, finalmente, e lui fu sollevato di averla resa felice.
 
- Diciamo che questa volta ti perdono, niente martelli!-
 
- Davvero? -
 
Per un attimo sembrò un bambino felice per essere scampato alla punizione per una marachella.
A volte sapeva essere così buffo, ma lei sapeva che lo stava facendo per farla sorridere.
Ora toccava a lei controbattere.
 
 - Ryo Saeba, anch’io ti amo, stupido!-
 
Sorrise, baciandolo stavolta di sua iniziativa.
Ryo non tardò a ricambiare, facendo scendere le mani alla vita di lei per stringerla di più a sé.
Si baciarono ancora, fermandosi solo per riprendere fiato.
Dapprima conoscendosi solo superficialmente, presto le loro bocche incatenate si dischiusero per danzare all’unisono.
Entrambi avrebbero voluto fare di più, ma sapevano che stavano già rischiando così.
Non potevano spingersi oltre, almeno fino a quando non avrebbero terminato quel nuovo incarico.
Tornarono a baciarsi, ad accarezzarsi, ad abbracciarsi, a ritrovarsi.
Ryo dovette fare un enorme sforzo su stesso per staccarsi da lei, per non prenderla in braccio lì e portarla nella sua stanza per non uscirne più.
Il suo amico al sud, tenuto faticosamente a bada per sei lunghi anni, iniziava a svegliarsi, ma doveva metterlo a tacere.
Si presero per mano, separandosi e baciandosi di nuovo alla soglia della stanza di Kaori, con tacite promesse.
Ryo avrebbe quasi voluto chiederle di dormire assieme, solo dormire, e anche Kaori dentro di sé aveva desiderato la stessa cosa.
Potevano leggerselo negli occhi, ma era meglio non andare oltre.
Lui si era aperto a Kaori, dichiarandosi liberamente.
Certo, non era stato il massimo del romanticismo e anche lei era stata goffa all’inizio, ma alla fine avevano capito entrambi.
Loro erano così, sarebbe stato strano un approccio normale!
Si erano ritrovati dopo tanto peregrinare, a desso sarebbero stati più forti, in tutto.
Una nuova energia alimentò entrambi, affiancandosi alle fatiche della giornata.
City Hunter stava tornando più solido che mai.
 
 
NdA
 
Tadaaaaaa!!!!
Finito! Bene, che ne dite di questo Ryo? Come si è comportato?
Niente mokkori, ma non è il caso per ora no?
Alloooooraaa… da dove cominciare?
Ah sì.
Permettetemi di ringraziare calorosamente e di consigliare a chi non lo conoscesse il Gruppo Facebook di MaryFangirl, (di cui vi consiglio anche assolutamente storie e traduzioni). È una comunità virtuale simpaticissima dove ogni giorno o comunque quando posso, partecipo ad esilaranti sondaggi, indovinelli e chiacchierate! È pieno di appassionati come me! Grazie per aver risposto subito quando ho chiesto consigli e chiarimenti riguardo all’opera di Hojo. Nonostante la mia grande passione non sono ancora un’esperta master come gli altri :D Il nome e il link del Gruppo qui di seguito:  
City Hunter Italian Forum .
Passiamo al capitolo:
 
Come prima cosa tante tante tante volte grazie! *_*
Ho adorato le vostre recensioni e anche i vostri commenti in privato!
Grazie per le vostre opinioni riguardo alla trama e la scelta di inserire il tema della disabilità.
Sentivo il bisogno di scusarmi più che altro perché è una tematica molto delicata.
Io per prima vi sono molto a contatto anche al di fuori del mio percorso di studi e del mio lavoro.
La disabilità fa parte della mia sfera personale e sono la prima a non sopportare scherzi, esagerazioni o qualsiasi altra cosa fuori luogo a proposito.
Come Educatrice ho sempre adorato e in gran parte lavorato con la sfera della primissima infanzia, ma come Pedagogista ho intrapreso lavori e progetti di tirocinio con minori a rischio e disabili, e l’amore che sanno dare queste persone speciali non si può spiegare.
Inoltre, è stata proprio la dimostrazione d’affetto di uno di loro, anche se piccolissimo e dopo che mi aveva vista solo due o tre volte, a spingermi a mettere anima e corpo nella nuova sfida formativa che sto affrontando.
È dura, e a volte arrivano lo sconforto e la paura di non farcela, ma non posso mollare!
 
Note al capitolo:
 
  • Per quanto riguardo quindi la Sindrome di Down, per ora qui mi sono limitata a descrivere leggermente alcuni dei tratti somatici che la caratterizzano. In realtà è una condizione molto complessa e multi sfaccettata, e se ne potrebbe parlare per pagine intere. Al momento qui ho presentato l’inconfondibile sguardo a mandorla, notato da alcune di voi nei commenti, le mani piccole ma piene, la bocca piccola e carnosa e la corporatura tarchiata, anche se parliamo di una bambina di soli quattro anni e che deve ancora andare incontro allo sviluppo nonostante la malattia. Non è sempre vero che i soggetti con Trisomia 21 siano necessariamente bassi ad esempio, tozzi e sovrappeso. Molti miti sono stati sfatati, come quelli riguardo ad una bassa aspettativa di vita e il ritardo mentale. Purtroppo ci sono tanti e tanti problemi correlati, di varia natura, ma sono stati registrati anche casi in cui si è condotta una vita normalissima arrivando a farsi una famiglia propria, con lavoro e alti titoli di studio, segno che spesso le condizioni patologiche, fisiche e cognitive, possono essere lievi a tal punto da non essere quasi percepite dall’esterno.
Inoltre, siamo un Mondo in continua evoluzione, dove l’OMS e le Organizzazioni Sanitarie di ogni Nazione lavorano costantemente per migliorare la qualità dell’Inclusione del Disabile.
  • Adoro il Giappone, anche se non ci sono mai stata :D
Adoro aver riscoperto la passione per gli Anime che avevo da bambina, e adesso anche per i Manga, mangiare cibo giapponese con le amiche e soprattutto, mi piace informarmi su leggende e tradizioni, delle quali il paese nipponico è ricchissimo.
Tra queste c’è il Filo rosso del destino, anche se, se non erro, le origini della leggenda sono cinesi. Mi piace immaginare che Ryo e Kaori siano uniti proprio da questo “filo”, anche immaginando Angel Heart, dove anche se Kaori non è più fisicamente presente, il suo spirito è sempre in contatto con Ryo e con Shan-In. Indipendentemente dal trapianto di cuore, Ryo tiene viva la sua memoria e più volte nell’Anime, (di Angel Heart non conosco ancora il Manga, salvo qualche tavola), lo si vede piangere più volte per lei.
Quale dimostrazione d’amore più grande per i nostri occhi sbrilluccicosi e romantici? :D
  • Anche qui ci sono riferimenti al Manga, con Mayuko e Kozue ad esempio, ed ho inserito anche scene della seconda parte di “Un romantico Natale”, dalla terza stagione dell’Anime, dove Ryo e Kaori sfilano appunto verso l’altare per attirare in trappola i cattivoni di turno. (Solo una trappola per l’appunto, Hojo non ci ha dato la gioia di un loro matrimonio! ç_ç  Tuttavia, il modo in cui si comporta Ryo dopo la sparatoria, anche se tipo per soli dieci secondi, ha fatto sognare noi romantiche. Occhi sbrilluccicosi elevati alla seconda Volume 2.)
  • Ho di nuovo inserito Hideyuki, non posso proprio evitarlo! Avrei voluto che gli fosse dato più spazio. Ok, diciamo che forse se non fosse stato ucciso la collaborazione di Ryo e Kaori non sarebbe proprio cominciata, ma a giudicare dal ruolo che ha rivestito nelle vite dei personaggi, è bello rievocarlo così :)
  • Iniziano a far capolino i nemici della storia. Che cosa vorranno mai? Chissà! :D
  • Complimenti a chi ha notato la somiglianza nel nome di Saori Nakamura con Kaori Makimura, che occhio! :D
 
Grazie per tutti i vostri commenti, come vi dico nei ringraziamenti singoli alle nuove pubblicazioni, mi riempite sempre di gioia!
Grazie a chi ha inserito le mie storie tra preferite/seguite/da ricordare e me tra gli autori preferiti.
Grazie di cuore, non vedo l’ora di tornare col terzo capitolo che in parte è già scritto.
Vi lascio il link della mia Pagina Facebook Autore, dove aggiorno con Spoiler, avvisi e link dei capitoli quando li sforno :D
  : Luciadom su EFP 
 
Stavolta sono stata più prolissa, tra capitolo e Note, ma ahimè, ho anche provato a dividere il capitolo ma non faceva lo stesso effetto.
Però mi perdonate vero?
Beh, ditemi voi che ho combinato!
A presto!
 
Lucia

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Capitolo 3
*** 3) Cambiamenti ***


Ciao Popolo di EFP!
No, non sono un miraggio, sono tornata dopo non so quanti mesi!
Non è la prima volta che evaporo, non solo in questo Fandom, ma la vita reale a volte toglie molto più tempo di quanto si crede per le altre cose.
Potrei raccontarvi tutto quello che mi è successo dall’estate ad oggi, alcune cose stimolanti e positive, altre sofferenti e brutte, ma mi limiterò solo a dire che ho avuto un bel da fare. Ancora e ancora.
Inoltre, il capitolo era già terminato il giorno Sabato 28 Novembre, ma proprio quella sera ho avuto una brutta notizia che ha scosso anche alcuni di voi.
Abbiamo saputo che una delle ragazze del gruppo Facebook City Hunter Italian Forum, è venuta a mancare proprio quel giorno.
Era giovane, simpatica e sempre gentile e disponibile, e la sua scomparsa ha lasciato anche noi utenti del gruppo tristi e spiazzati.
Ricordo che quando ho avuto bisogno di qualche consiglio e di qualche delucidazione sul Manga lei è stata tra le prime ad aiutarmi, e ricordo anche con piacere le chiacchierate e i commenti nei post, soprattutto i giochini che facevamo con i particolari del Manga durante il lockdown.
Quella sera non mi era semplicemente sembrato più il caso, e ho preferito prendermi qualche giorno.
La conoscevo poco, ma sapevo già fosse una ragazza deliziosa.
Questo capitolo è per te, Rosa, ovunque tu sia!

 

 
 
“Ognuno di noi ha un passato, però il passato è semplicemente questo:
tutto ciò che ti lasci alle spalle.
Può servirti per imparare qualcosa, ma non puoi cambiarlo.”

[Nicholas Sparks, Vicino a te non ho paura]
 
 
 
3) Cambiamenti
 

Alla fine ci era riuscito, aveva dato finalmente piena voce ai suoi sentimenti.
Ryo se ne stava sul suo letto, le braccia sotto la nuca e le gambe tese ed incrociate verso l’alto, lo sguardo verso il soffitto e un sorriso ebete in faccia.
Dopo anni si era finalmente dichiarato a Kaori, e la sensazione di leggerezza che aveva provato l’aveva fatto sentire su una nuvola.
Era stato così facile, dopotutto.
Perché diavolo avesse impiegato tutto quel tempo, lo sapeva solo lui.
Le parole gli erano uscite direttamente senza pensarci, dopo che come suo solito, si era fatto guidare dall’istinto ed era passato direttamente ai fatti, vinto al desiderio molto più eloquente di mille parole di stringerla tra le braccia.
Per un attimo si era sentito perso e vuoto, quando lei era rimasta impassibile a quel bacio datole così d’impulso.
Aveva sentito un dolore acuto nel petto, temendo per degli interminabili secondi che fosse ormai troppo tardi.
Aveva temuto di aver fatto, paradossalmente, l’ennesimo errore e un nuovo passo lontano da lei.
In quel momento, ne era stato sicuro, avrebbe di gran lunga preferito una scarica di mitragliatrice ad un rifiuto da parte della donna che amava sopra ogni cosa.
Che cosa avrebbe potuto pretendere, comunque, dopo tutto quello che Kaori aveva passato a causa della sua cocciutaggine, della sua paura e della sua stupidità?
Si stese completamente e si voltò verso il comodino, guardando se stesso nella foto che lo ritraeva col suo migliore amico di un tempo.
Chissà cosa gli avrebbe detto, o meglio, cosa avrebbe fatto, dopo quei particolari sviluppi!
Una foto simile aveva catturato per sempre un abbraccio tra Hideyuki e Kaori lo stesso giorno che la ragazza aveva fotografato lui, e da sei anni troneggiava sul comodino della sua socia.
Ryo ricordava fin troppo bene quando erano state scattate quelle foto.
Era successo poco prima che Hideyuki fosse ucciso, durante uno degli ultimi giorni spensierati di Kaori.
Una tiepida domenica d’inizio primavera le aveva dato l’idea di un picnic al parco, e di primo mattino si era già messa all’opera per riempire il cestino di ogni prelibatezza adatta all’occasione di cui fosse capace.
Suo fratello aveva acconsentito subito, incapace di dirle di no.
Il difficile era stato convincere lui, Ryo.
Dopo tanta insistenza da parte dei fratelli Makimura, anche Hideyuki aveva dato man forte alla sua sorellina, era finito col capitolare, ma più per la voglia di mettere a tacere lei che per altro.
Già allora, se non prima, aveva capito che Kaori era una vera forza della natura e che farla demordere sarebbe stata arduo.
Energica, vitale, allegra, e dannatamente cocciuta!
Era sempre stato impossibile non restare contagiati dal suo entusiasmo, per non parlare del suo coraggio e di quel fascino tutto suo.
Kaori, in ogni sua fibra, era completamente diversa dalle donne che lui era stato solito frequentare o avere.
Era l’unica donna che poteva desiderare di avere al suo fianco, e adesso poteva davvero chiamarla sua.
Certo che, se pensava a come si era comportato in tutti quegli anni di convivenza e sodalizio e a come si era comportato quella sera, era davvero tentato di ridere di se stesso!
Si sarebbe addirittura preso a schiaffi da solo.
Non si poteva certo dire che non fosse intraprendente con le donne, eppure con Kaori era apparso addirittura impacciato, improvvisando all’inizio persino una collaborazione culinaria, passando ad una dichiarazione disastrosa a parole poi e finendo col riparare con i fatti.
Ad un occhio esterno poteva essere sembrato effettivamente da imbecilli e per niente romantico.
Nemmeno i ragazzini del liceo si comportavano così, altro che Stallone di Shinjuku!
La verità era che con Kaori era tutto diverso.
Lui era cambiato grazie a lei e per lei.
Sei anni prima, ad essere sinceri, l’idea di quel picnic non gli era dispiaciuta fin dall’inizio, ma già ai quei tempi aveva amato stuzzicare Kaori, sotto lo sguardo divertito e attento del suo caro vecchio amico.
Hideyuki, nella sua timidezza e nel suo profondo affetto per entrambi, aveva visto sicuramente molto lungo su loro due, ora lo sentiva più che mai.
Eggià! Ryo capì a cosa si fosse veramente riferito Hideyuki quando gli aveva chiesto di vegliarla.
Prendersi cura della sorella del proprio migliore amico era un conto, accoglierla in casa e farne la propria assistente anche, ma considerarla finalmente la sua donna, nel pieno senso della parola, o quasi, era tutt’altra cosa.
Tornando al giorno della scampagnata, ricordò che la giornata nella piccola oasi cittadina era stata piacevole anche per lui.
Si era ingozzato con i manicaretti preparati da Kaori, riposato beatamente disteso su un comodo telo e non si era risparmiato dal fare il maniaco con le ragazze che passeggiavano, anche se aveva osservato lei di nascosto più di una volta.
E pensare che proprio per colpa sua, tutta la vitalità di Kaori sarebbe potuta trasformarsi in profonda tristezza e rassegnazione!
Entrambi avevano un disperato bisogno l’uno dell’altra e lui era stato un vero idiota a non ammetterlo prima, a se stesso e agli altri, soprattutto dopo ciò che avevano passato insieme.
Guardò l’ora.
Non era ancora mezzanotte, la giornata non era stata riposante, eppure non si sentiva stanco.
Tardi non era per i suoi standard, ma non era poi nemmeno così presto.
Lanciò uno sguardo verso la parete della sua stanza che comunicava con quella di Kaori.
La immaginò ancora sveglia, avvolta in quel suo morbido pigiamone giallo, forse un po’ troppo largo per il suo corpo mozzafiato, ma capace di darle comunque un’immagine tenera e sensuale allo stesso tempo.
Pensò che fosse immersa nelle sue stesse fantasie e gli sembrò di vederla, oltre quel muro, rannicchiata sotto le coperte, con aria felice e sognante e il cuore più leggero.
Si ritrovò a pensare al grande privilegio che la vita gli aveva dato.
Kaori era cambiata totalmente dalla prima volta che l’aveva vista.
Era cresciuta sotto i suoi occhi, diventando una donna, adulta, forte, coraggiosa, dolce e romantica.
Era un misto di caparbietà ed ingenuità insieme.
Promise a se stesso, per l’ennesima volta quella sera, di non farla più soffrire: ormai aveva compiuto il grande passo e non poteva né voleva più tornare indietro.
Prese il cellulare, ancora incapace di dormire.
Digitò velocemente un messaggio, sapendo che sarebbe stato letto immediatamente, dato che sul display il destinatario risultava online.
 
<< Sappi che da stasera non sono più né un idiota, né un imbecille, né un cretino e né un senza palle! Hai sicuramente inteso! >>
 
Inviò e la risposta non si fece attendere.
 
<< E tu Stallone, invece di fare mokkori con la bella Kaori mandi messaggi a me? Un po’ idiota lo sei ancora! >>
 
Seguirono emoticon divertite e sguaiate tipiche di Mick, e subito dopo anche una foto.
Ryo scaricò l’allegato e gli comparvero Mick e Kazue appoggiati alla testiera del loro letto, sorridenti e ammiccanti, con il pollice d’intesa alzato.
Sorrise, rispondendo ai suoi amici e cercando di restare serio, ma la faccia da deficiente del suo amico, affianco a quella dolce della sua compagna, erano uno spettacolo troppo buffo per non sorriderne nemmeno.
 
<< Niente mokkori, manico americano! Ci sono le clienti e non possiamo distrarci … tutto a suo tempo, ma soprattutto con i tempi di Kaori. Ho solo deciso di fare la cosa giusta, anche spinto dalla tua strigliata! So solo che non potevo più aspettare! >>
 
Un nuovo messaggio illuminò il suo smartphone:
 
<< Ti prendevo in giro, scemo! Te lo dicevo che ancora un po’ idiota lo sei! Tuttavia ti perdoniamo, hai messo la testa a posto e ti sei deciso a far felice la dolce Kaori! >>
 
Ryo alzò gli occhi al cielo, poi scrisse ancora qualcosa.
I due amici chattarono ancora per qualche minuto, prima di scambiarsi la buona notte e le ultime informazioni riguardo eventuali movimenti.
 
***
 
La mattina dopo, Kaori entrò in cucina canticchiando sottovoce.
Non erano nemmeno le 8.00 h e aveva già silenziosamente sistemato la propria camera da letto, fatto una doccia veloce e adesso si apprestava a preparare la colazione.
Era mattiniera come sempre, nonostante non avesse dormito poi molto quella notte.
Si era rigirata sotto le coperte più e più volte, ancora troppo emozionata per la piega che aveva preso la serata.
Ryo le aveva detto che l’amava e l’aveva anche baciata.
E che bacio!
Nessun bacio attraverso uno stupido ed ingombrante vetro, nessuna dichiarazione mascherata alla presenza di un qualche nemico, nessuna ipnosi o amnesia dietro cui nascondersi quella volta.
Era tutto meravigliosamente reale.
Era stata l’emozione più forte che avesse provato, e aveva finalmente riacceso la speranza in lei: il sogno di una vita finalmente completa accanto all’uomo di cui era silenziosamente innamorata fin da ragazzina.
Prima di scendere al piano inferiore, aveva controllato discretamente la stanza di Nami ed Hotaru, appurando che andava tutto bene, e aveva esitato qualche minuto di fronte la porta di Ryo.
Ancora non ci credeva che la sera prima lui le avesse finalmente aperto il suo cuore.
Si era sentita mancare la terra da sotto i piedi e quasi non aveva più ricordato come si respirasse.
Se non fosse stato per le forti e gentili braccia di lui, sarebbe cascata miseramente in ginocchio.
Aveva sentito le gambe diventarle di burro e le ginocchia le tremavano ancora per via dell’emozione.
Era stata tentata di bussare, ma poi aveva indietreggiato ed era scesa di sotto, decisa a farlo riposare ancora un po’.
Ryo avrebbe dovuto fare il giro di tutti i bassifondi in cerca d’informazioni, e questo voleva dire spulciare ogni angolo della città senza sosta e con i sensi sempre all’erta, per non farsi scoprire.
Preparò il caffè e lo mise sul fuoco, dispose sul tavolo da pranzo quattro tazze da latte e tre più piccole, dispose le posate, il bricco con il latte e prese dalla dispensa brioche e biscotti.
Scaldò l’acqua e la mise in una brocca termica, portando a tavola anche una ciotola con bustine monodose di tè aromatizzate ai vari gusti.
Quando ebbe finito, non poté, trovandosi ancora in mezzo alla sala, non ricordare quanto accaduto poche ore prima.
Fece qualche passo in avanti, fermandosi nel punto esatto in cui Ryo l’aveva stretta a sé.
Rivisse ogni istante, ogni parola e ogni bacio e il cuore prese a fare capriole.
Certo, all’inizio la cosa era stata quasi esilarante!
Ryo che si era cimentato in cucina con lei.
Ryo che al momento della resa dei conti era riuscito a mettere insieme frasi di senso compiuto, ma poi si era bloccato sul più bello.
Ryo che come sempre era passato all’azione, mandando all’aria le parole.
E aveva fatto bene!
Accidenti, quanto aveva aspettato quel momento!
L’aveva tante volte immaginato, sognato, aveva sperato, e adesso finalmente tutto era diventato realtà, proprio quando ormai aveva cominciato a rassegnarsi definitivamente.
Dopo Kaibara e dopo Croiz, si erano avvicinati talmente tanto che tirarsi indietro sarebbe stato davvero da stupidi, oltre che crudele.
Ryo in realtà le aveva dimostrato tante il volte il suo amore, in maniera goffa e celata, a modo suo, già solo mantenendo ogni giorno la promessa fatta ad Hideyuki.
Le aveva salvato la vita tante volte, ma c’erano stati dei momenti che di proposito o meno, le aveva quasi fatto pesare il giuramento fatto a suo fratello, facendolo passare come un obbligo.
Non era stato che uno dei tanti stupidi e vani tentativi per allontanarla dal suo mondo di morte, ma anche se lei aveva sofferto tanto, alla fine lo aveva sempre perdonato e aveva sempre visto oltre.
E alla fine era stato meglio così.
Era valsa la pena aspettare e stare male, se finalmente erano arrivati a quello.
Il fischio della caffettiera e il profumo di caffè dalla cucina la riportarono ai fornelli.
S’inumidì le labbra con la lingua e poi se le massaggiò con due dita, ricordando ancora il sapore di Ryo mescolato al suo.
Posando le ultime cose per la colazione su un vassoio, si fermò un attimo e sorrise ancora di più, senza voltarsi.
 
- Per quanto ancora mi vuoi spiare? -
 
Passi veloci la raggiunsero e due calde braccia l’avvolsero da dietro.
 
- E brava Sugar, migliori ogni giorno di più! Riesci a percepirmi senza difficoltà ormai, anche quando cerco di non farmene accorgere. -
 
Ryo la baciò su una tempia, cullandola leggermente.
Quel profumo di lavanda e camomilla lo inebriò e lo ristorò.
Aveva riconosciuto l’essenza del nuovo bagnoschiuma che Kaori aveva voluto provare, quando lo aveva adocchiato qualche giorno addietro in una profumeria e gli aveva chiesto consiglio sulla fragranza.
Era andato con lei a fare compere, anche se la cosa non lo entusiasmava, ma se da un lato entrambi avevano cercato di evitarsi, dall’altro c’erano stati comunque degli strambi tentativi di godere della reciproca compagnia.
Certo che erano proprio due casinisti!
Nel negozio, sporgendosi verso di lei e guardando il flacone lilla, come al solito aveva dato mezze risposte, scocciato e all’apparenza poco interessato.
Per fortuna Kaori non gli aveva dato retta, acquistando comunque il prodotto.
Quella crema da bagno era proprio adatta a lei: delicata eppure intensa allo stesso tempo.
 
- Buongiorno.- inspirò ancora, riempiendosi i polmoni di quella purezza.
 
- Buongiorno.- rispose lei.
 
Una lieve pressione della donna sulle sue braccia, fece sì che Ryo allentasse l’abbraccio, e che Kaori potesse voltarsi verso di lui per portargli le mani dietro la nuca.
 
- È buona educazione salutarsi come si deve, non credi? -
 
Lui sorrise, e si risparmiò di rispondere alla sua battutina.
Aveva ben altre intenzioni.
Le portò le mani in vita attirandola a sé, per far aderire perfettamente i loro corpi e scese a baciarle le labbra in un bacio delicato e poi via via più approfondito.
Si staccò da lei, immergendosi nelle sue iridi nocciola.
 
- Allora? Sono stato promesso? Ho passato la lezione di buone maniere?-
 
Kaori emise una risatina maliziosa, stringendosi al suo petto.
 
- Diciamo di sì, discretamente.- scherzò.
 
- Come discretamente? - rispose, fintamente offeso. - Vuoi veramente una dimostrazione di come saluta lo Stallone di Shinjuku di prima mattina? -
 
Kaori scosse le spalle.
Stava per aprir bocca, ma Ryo spense ogni commento sul nascere in un bacio più passionale e profondo del precedente, assaporando la sua bocca voracemente e facendole percepire tutto il suo calore e la sua passione …
… cui non potevano però abbandonarsi in quel momento, nonostante il suo amico si stesse svegliando felice ed arzillo tutto d’un colpo.
Quando si staccarono entrambi senza fiato, Kaori era arrossita, accortosi probabilmente di ogni reazione di lui, e il suo partner non se ne sorprese.
 
“Mia dolce Sugar Boy, sei diventata una donna, ma dentro resti sempre la ragazza innocente che mi ha fatto innamorare!”
 
- O … ok, mi correggo! Sei promosso a pieni voti! - disse lei quando si fu ripresa, non immaginando i pensieri del partner.
Il cuore le batteva talmente forte che rischiava di schizzarle via dal petto da un momento all’altro.
 
- Bene, ne ero certo! - scherzò lui.
 
Kaori si staccò dal socio e si fece più seria.
Stare accoccolata a lui era un sogno, ma non potevano lasciarsi andare, non ancora.
 
- Stanotte è andato tutto bene. -
 
- Sì. - confermò lui. - Non c’è stato nessun problema, e anche la zona circostante è stata tranquilla. Mick mi ha mandato un messaggio appena sveglio, poco prima che scendessi, e abbiamo parlato anche ieri sera. -
 
Kaori annuì.
Adesso era talmente seria e concentrata da non notare il suo tono allusivo.
Evidentemente credeva che lui e Mick avessero parlato solo di lavoro.
 
“No piccola, sotto sotto non sei cambiata per niente!”
  
Era fiero di lei, per tutto.
Anche in quel momento stava dimostrando di dare importanza prima e soprattutto agli altri, alle clienti, nonostante la felicità che stava finalmente assaporando.
Qualsiasi altra donna frivola e superficiale avrebbe continuato ad amoreggiare e flirtare, dimentica di tutto il resto.
Quell’espressione accigliata però, anche se faceva parte di tutte le cose di lei che amava, in quel momento proprio non gli andava a genio.
 
- Ehm … Senti Kaori, a tal proposito …- si stava riferendo ancora alla chiacchierata avuta col suo amico americano. - Mick e Kazue lo sanno … sanno di noi, intendo.-
 
Il volto di Kaori passò da preoccupato a sorpreso.
 
- Che? -
 
Lui si grattò la nuca, imbarazzato.
 
- Beh … sì.-
 
Un mezzo e birichino sorriso comparve sulle labbra della sweeper.
 
- Ah! Però, che progressi! Da che non volevi ammettere i tuoi sentimenti con nessuno, adesso addirittura lo racconti già a tutti? -
 
- Ah ah! Non tutti. - precisò lui agitando i due indici a mo’ di negazione. - Solo a lui, ed ovviamente a Kazue, visto che gli era vicina quando ci siamo sentiti. Diciamo che Mick mi ha dato una bella spintarella per quello che già avevo deciso di fare, ecco perché volevo che fosse il primo a sapere! L’altra sera, dopo che Saeko ci ha parlato del caso, quando siamo usciti a fumare ha visto che mi ero incantato a guardarti, e … beh, il nostro amico mi ha fatto una bella lavata di capo! -
 
Kaori allargò il suo sorriso, incrociando le braccia al petto.
 
“Grazie Mick!”
 
- In poche parole è andata così. - riprese, felice di vedere di nuovo quel viso così luminoso ed interpretando forse i suoi pensieri. - Mick mi ha detto che se non mi fossi dato una mossa avrei rischiato di perderti seriamente questa volta. Sapeva, e in fondo lo sapevo anche io, che forse non mi avresti più perdonato, così mi ha detto a chiare lettere cosa pensasse di me e cosa avrei dovuto fare. Al momento lo sanno solo loro, sempre che Mick non l’abbia sbandierato già a tutta la banda, o che tu non l’abbia detto già a Miki, o addirittura a Sayuri, e io non lo so! -
 
Lei scosse la testa, emozionata dalle parole del suo compagno.
 
- No, io non l’ho detto a nessuno. Quando avrei potuto farlo, stanotte? Sul serio? Il fatto è che è successo tutto così … in fretta, che … È successo tutto troppo velocemente che quasi ancora non …-
 
S’interruppe di colpo e si portò una mano alle labbra.
Stava per dire più del dovuto e non voleva, ma lui la conosceva bene. Le tirò fuori tutto e completò per lei:
 
- … che ancora non ci credi? -
 
Lei abbassò lo sguardo, rossa come un pomodoro maturo per essere stata scoperta.
 
- È così evidente? -
 
Si coprì il viso con le mani, vergognandosi dei suoi pensieri.
Aveva fatto di nuovo la figura della ragazzina.
 
- Scusami …-
 
Lui le tolse delicatamente le mani dagli occhi e dalle guance e se le portò alle labbra.
 
- Non devi scusarti, so che la colpa è mia. Se mi fossi deciso prima e se non mi fossi comportato da scemo per così tanto tempo, non ti sentiresti così, ma ti prometto che rimedierò, ok? Ti giuro che non ti farò più soffrire, né ti farò dubitare più di me, ma non scusarti mai con me, tu non ne hai motivo. Sono io quello che deve essere perdonato. -
 
Lei si sentì fremere leggermente e si alzò sulle punte a dargli un delicato bacio sulle labbra.
 
- Grazie Ryo. Sai … ieri, Nami …-
 
- Cosa? -
 
- Lei credeva che … insomma … - Arrossì di nuovo, ancora aggrappata a lui. - Che stessimo insieme, che fossimo sposati, ecco.-
 
Lui s’illuminò e sorrise, provocandole uno sfarfallio nello stomaco.
Kaori si sciolse a quella visione, poi tornò sulle piante dei piedi e in pochi secondi quel sorriso sparì.
Ecco di nuovo quell’espressione seria.
Ryo avrebbe voluto farla ridere ancora, ma sapeva che adesso di fronte a lui stava per tornare la Kaori ferma e professionale.
 
- Senti Ryo … per quanto riguarda il marito di Nami … Quanto tempo pensi che passerà prima che i rapitori si facciano sentire?-
 
Come volevasi dimostrare, lei portò subito la loro conversazione su tutt’altri argomenti.
 
- Non lo so. -
 
Ryo rispose serio e pensieroso.
Si portò una mano tra i capelli, come a voler mettere ordine tra le idee.
Il loro momento intimo e idilliaco era sfumato, ma anche se un po’ gli dispiaceva, ed era sicuro che lo stesso valesse per Kaori, dovevano affrontare ben altre sfide.
 
- Non molto credo, soprattutto se hanno scoperto che Nami e la piccola non sono più nel loro appartamento, ma noi dobbiamo giocare d’anticipo. Prima voglio assicurare l’appartamento e organizzare i turni di guardia per aiutarti. Non voglio che restiate sole. Quando vi saprò al sicuro, uscirò per scoprire qualcosa e Gen sarà il primo a ricevermi. -
 
Kaori annuì di nuovo, con sguardo sempre più preoccupato.
La serietà per il lavoro aveva spento la luce da ragazza innamorata di poco prima.
Ryo notò la stessa espressione di quando avevano saputo i particolari di quella vicenda, al Cat’s Eye.
Continuava a non piacergli che Saeko non gli avesse detto subito dell’incredibile somiglianza tra la sua compagna e Saori Nakamura, né il fatto che Kaori poteva essere la chiave per risolvere quel caso.
Era tutto troppo delicato e pericoloso, ed ora più che mai non avrebbe permesso a nessuno di torcerle un solo capello.
La parola data ad Hideyuki in punto di morte non c’entrava più, non solo almeno.
Ora che lui e Kaori erano una coppia anche nella vita, che lui aveva capito e le aveva confessato quanto l’amasse, ne era sicuro, avrebbe ucciso chiunque si fosse anche solo avvicinato a lei.
Sarebbe dovuto stare ancora più attento, perché non si sarebbe perdonato, né avrebbe perdonato qualcun altro, se Kaori ci avesse rimesso in quel caso.
Stava sperimentando nuovi strani sentimenti che lo facevano sentire stordito ed energico allo stesso tempo.
Sapeva che se fosse successo qualcosa a Kaori, non avrebbe più risposto di sé, tornando ad essere l’assassino che era stato in passato.
Il passato che aveva messo da parte grazie a lei, e da cui aveva tratto solo il lato positivo, sarebbe tornato prepotente a perseguitarlo, perché lui era un uomo vero solo con lei al suo fianco.
 
- Vedrai che andrà tutto bene, Kaori - Chan.-
 
Le accarezzò una guancia con le nocche e poi le baciò i capelli.
 
- Sì …- lei strofinò il naso verso il suo torace. - Fai il bravo, da Gen. - rispose poi, con finto tono di rimprovero.
 
Capendo a cosa si stesse riferendo e divertito dal fatto che lei riuscisse a fare anche dell’ironia, della gelosa ironia anche durante una missione, la guardò con intensa malizia.
 
- Tranquilla piccola, d’ora in avanti darò una svolta ai miei interessi, promesso!-
 
- Me lo auguro per te, o riprenderò i miei martelli!-
 
Lui scattò di un passo indietro, stando al suo gioco e con una finta faccia disperata.
 
- No! I martelli no!-
 
Kaori scoppiò a ridere e anche lui.
Si avvicinò di nuovo a lei abbracciandola ancora, abbassandosi ad esplorarle il collo scoperto dal maglioncino, quando all’improvviso si portò dritto e attento.
 
- Stanno arrivando.-
 
Kaori si staccò da lui ed intrecciò le proprie dita alle sue.
Ryo prese il vassoio con la mano libera mantenendolo in un equilibrio perfetto.
Era il momento di vestire i panni degli sweeper.
Pochi istanti e nella sala echeggiò la voce di Hotaru che augurava a qualcuno il buongiorno.
Raggiunsero il tavolo da pranzo salutando le loro clienti, lasciandosi le mani il tempo di varcare la tenda della cucina per non essere visti.
Hotaru allargò il suo sorriso e spalancò i suoi dolci occhi, correndo ad abbracciare Kaori ed aggrappandosi al suo grembiule.
 
- ‘Giorno Kaori! Io… io bbbevo latte! -
 
Kaori le sorrise, e le accarezzò i capelli.
 
- È tutto pronto tesoro. -
 
Nami guardò la scena e poi lo sguardo si spostò sui due sweeper.
Sorrise apertamente anche lei, facendo un occhiolino a Kaori che arrossì.
 
- Scusatemi … - disse indicando la bambina. - Non sono riuscita a fermarla, a volte è un terremoto! -
 
- Non ti preoccupare, anzi! È piacevole! Sembra sprizzare allegria da tutti i pori! -
 
Ryo rispose al posto della sua compagna, impegnata a vezzeggiare Hotaru che non accennava a staccarsi da lei.
Guardandola Ryo si sentì invadere da un nuovo calore, ancora e ancora.
Si ripetè che Kaori era nata per dispensare amore, e lui che adesso ne era in pieno l’unico avente diritto, si sentiva l’uomo più fortunato della Terra.
Si concesse solo un paio di secondi per immaginare Kaori in quelle vesti in una situazione completamente diversa.
Sempre in grembiule, sempre pronta ad affrontare una tranquilla giornata casalinga, intenta a coccolare bambini attaccati ai suoi vestiti e magari con una fede al dito …
… e una fede uguale e identica al proprio anulare sinistro.
Scosse la testa e tornò alla realtà. Doveva restare con i piedi per terra.
La sensazione che stava provando, però, si ampliò quando Kaori gli fece eco:
 
- È un piacere per noi! -
 
Il tono che aveva dato alla parola “noi” lo portò ad un metro da terra, ma cercò di contenersi.
Finalmente si sedettero tutti e cominciarono a fare colazione insieme.
 
***
 
Qualche ora dopo, Ryo indossò la fondina e la giacca prendendo poi lo spolverino.
 
- Io vado. -
 
Approfittando del fatto che Nami ed Hotaru fossero impegnate in un’attività ludico educativa, Kaori lo accompagnò fin’oltre la porta.
Lo afferrò per un braccio ed uscirono insieme sul pianerottolo.
Non avevano ancora manifestato le loro effusioni apertamente, o almeno ci avevano provato, ma avevano capito che Nami si era subito accorta di tutto.
 
- Fa attenzione. -
 
Ryo annuì, baciandole la fronte.
 
- Anche tu. Mick ed Umi stanno per salire, darò loro le istruzioni di sotto. -
 
Kaori inarcò le sopracciglia: - Ma … e Miki e Saeko? Non dovevamo incontrarci tutti per organizzarci? -
 
- Sì. - Ryo si aggiustò lo spolverino e la guardò serio. - Ma non è prudente farlo alla luce del giorno. Ho voluto Mick e Falcon per proteggervi qualora ci fossero problemi prima del mio ritorno … potrei averne per un po’.-
 
Lei lo guardò attentamente e poi un pensiero le balenò in mente.
Portò le braccia al petto e lo guardò in modo strano.
 
- Sicuro sia solo per quello? -
 
Nonostante tutto, una parte di lei ancora era vittima dell’insicurezza.
 
- Cioè?- stavolta quello perplesso era lui.
 
- Ancora non ti fidi abbastanza di me? -
 
Che lei fosse seria oppure no, Ryo le prese il viso tra le mani incatenando i loro sguardi.
 
- Mi fido ciecamente di te. Ho sempre avuto fiducia nella mia pazza partner! City Hunter siamo noi due insieme, ma ora che la mia socia è anche la mia donna, ancora di più non posso permettere che accada nulla. Te l’ho detto anche prima e te lo ripeto adesso, ti voglio sempre al sicuro, con o senza di me! -
 
- Ma … -
 
- Ascoltami bene: io non ti proteggerò sempre perché devo farlo o perché l’ho promesso a tuo fratello. Io lo farò sempre perché lo voglio, quindi continuerò a prendermi cura di te che tu lo voglia o no! So che sei forte, coraggiosa ed indipendente. So che sei migliorata tantissimo e sei la miglior socia che si possa desiderare, ma sei anche la donna della mia vita adesso, ti amo, quindi la tua sicurezza sarà sempre la mia più grande priorità. Intesi? -
 
Incapace per un momento di reagire lei rimase a guardarlo in silenzio, preda di una miriade di emozioni contrastanti.
Quelle parole l’avevano commossa ed emozionata.
Forse interpretando i suoi pensieri, Ryo le sfiorò le labbra stringendola per qualche secondo a sé.
 
- Ora devo andare, cercherò di fare il prima possibile.-
 
Lei annuì, lasciandolo uscire.
 
- Ti amo anch’io … vai.-
 
Ryo le sorrise e si avviò verso le scale.
Indietreggiando verso la porta, per tornare dalle clienti, Kaori sentì in lontananza una voce profonda ed un’altra scherzosa unirsi a quella di Ryo.
I loro amici erano arrivati al momento giusto.
 
***
 
Non poteva fallire, o sarebbe stata la fine per lui.
La sera prima, il suo capo, gli aveva fatto capire che se avesse sbagliato di nuovo difficilmente avrebbe avuto una seconda possibilità.
Gli aveva letto chiaramente negli occhi la sua infausta sorte, qualora l’avesse deluso di nuovo, e davvero non poteva rischiare.
Ingoiò a vuoto la sua stessa saliva, e tirò un’ultima boccata alla sigaretta ormai consumata tra le labbra.
La gettò in terra, infilando le mani nel suo impermeabile.
Spiare la gente con l’aria gelida di dicembre non era proprio il massimo, ma per avere i favori della famiglia Hishikamoto, ed entrare nella loro gang, avrebbe dovuto dimostrare molto più di un po’ di resistenza al freddo invernale.
Uno degli uomini che lavoravano con lui per quel clan della yakuza, gli aveva fatto una soffiata, dicendogli che sicuramente la ritardata, come avevano soprannominato la piccola Hotaru e la maestrina, e questa era Nami, erano sotto la protezione di City Hunter.
Gli aveva dato precise indicazioni su dove pareva fosse la sua sede, ma pochi in passato avevano avuto il coraggio di attaccarlo lì, e pochi ne erano usciti sulle proprie gambe.
Sasuke Sendo ancora non capiva perché il suo collega, che sarebbe potuto tranquillamente essere anche un suo rivale, gli avesse rivelato un particolare tanto prezioso invece che tenerselo per sé, per farne bella mostra col capo.
Non era uno stupido, e sapeva benissimo che c’era qualcosa sotto.
Poteva non essere all’altezza di tutti gli altri tirapiedi degli Hishikamoto, ma era sveglio abbastanza da capire che quella poteva essere un’arma a doppio taglio.
Doveva giocare d’astuzia, e precedere gli altri.
Ne andava della sua reputazione all’interno della mala, ma soprattutto, della sua vita!
Non aveva legami, aveva fallito in precedenti lavori più o meno onesti, e dopo relazioni sentimentali disastrose e un periodo di abbandono a se stesso, non aveva più niente da perdere.
Farsi avanti con la forza era l’unico modo per sopravvivere in quella giungla di città.
Nascosto dietro un cassonetto dell’immondizia, si alzò il bavero.
Guardò verso il palazzo di mattoni attraverso i suoi occhiali da sole, ma non riuscì a notare nessun movimento.
Nessuno vi era ancora uscito, né si era sporto alle grandi finestre.
Seppure fosse voluto intervenire da solo, doveva stare ben attento allo sweeper che abitava lì dentro.
Una volta saputo chi proteggeva le due Kobayashi c’era bisogno di rinforzi, ma non sapeva fino a che punto poteva fidarsi di chi gli stava attorno.
Gli serviva un piano, ma se prima non avesse cercato di capire la situazione, non avrebbe potuto fare nulla.
Non poteva permettersi mosse azzardate.
Non sapeva che Ryo era già uscito da un po’ dal garage sotterraneo, e che dallo stesso erano entrati Mick ed Umibozu.
Continuava a non uscire nessuno e lui cominciava a stufarsi, quando notò un bagliore all’interno di una vetrata.
Ok, erano sicuramente là dentro, almeno non era lì a vuoto.
Vide una sagoma affacciarsi e guardare verso l’esterno e fece automaticamente un passo indietro, più per istinto che per nascondersi veramente.
Maledizione! L’avevano visto veramente? Di già?
Sperò di non essere stato scoperto, era stato così attento dopotutto!
Rimase in quella posizione che ancora gli permetteva di osservare il palazzo e attese.
Prima o poi sarebbero dovuti uscire!
 
***
 
Mick si affacciò alla grande finestra del salone.
Umibozu, vigile quanto lui, si era lasciato coinvolgere dai preparativi per il Natale, e rosso come un peperone, lasciava che Hotaru si divertisse a confrontare le palline per l’albero con la sua pelata, che lisciava e accarezzava ridendo e saltellando.
Kaori aveva avuto l’idea di addobbare casa per le feste, per far distrarre Nami dal costante pensiero per suo marito e per la bambina.
Dall’esterno sarebbero apparsi come persone comunissime, dedite alle attività per
le feste.
Mick guardava attentamente fuori, fingendo di osservare i passanti carichi di pacchi e pacchetti.
Un uomo li stava spiando, dall’angolo della strada di fronte.
Si nascondeva malamente dietro un quotidiano.
 
“ Tsk! Dilettante!” pensò. “ Si è fatto scoprire subito. Sicuramente non è tra gli elementi migliori dei nostri amici mafiosi! Non posso nemmeno divertirmi con un così! Forse quello lì è un imbecille, ma chi sta più in alto di lui non è da sottovalutare!”
 
Scese con un balzo dal davanzale e passò davanti al gruppetto ancora immerso in nastri, palline e serie di luci.
Ammiccò con un cenno della testa verso la finestra ad Umibozu e Kaori, avvicinandosi l’indice e il medio di una mano agli occhi.
Loro capirono subito, poi si avvicinò a tutti e quattro immergendosi a sua volta tra le miriadi di addobbi di Kaori.
Lei adorava quel periodo dell’anno, e quando le feste si avvicinavano iniziava a decorare ogni angolo della casa nonostante le continue prediche di Ryo, a canticchiare motivetti natalizi e a cucinare piatti tipici.
Riusciva a contagiare e coinvolgere chiunque, e alla fine tutti, Ryo compreso, ogni anno finivano col farsi trascinare dal suo entusiasmo.
Ryo, ovviamente, aveva sempre borbottato solo per stuzzicarla e per dispetto, ma in fondo non riusciva a resistere a quell’esplosione di allegria, e a quelli che la sua Kaori chiamava attacchi di Natalite.
Mick prese due palline dorate e le passò a Nami, poi si allontanò di nuovo quando sentì il suo cellulare vibrare nella tasca della giacca.
Si riavvicinò alle finestre e lesse il messaggio di Ryo: sarebbe tornato a breve, ma sfortunatamente non aveva ricavato un ragno dal buco.
 
- Kaori, cos’è questo?-
 
La vocina di Hotaru lo fece momentaneamente voltare indietro.
Anche lui, come Kaori e Ryo, si sentiva stranamente attratto da quella bambina, e lo stesso valeva Umibozu, ma lui, beh, sotto la sua montagna di muscoli restava sempre un tenerone!
Kaori raccolse dalle piccole mani di Hotaru l’oggetto che le stava mostrando, sorreggendolo a coppa.
Era un piccolo angelo con le fattezze di un bambino.
 
- Questo è Noël. - spiegò dolcemente lei. - È l’angelo bambino che ha ricevuto le ali a Natale. Quando avremo finito qui, se vuoi, ti racconto la sua storia! -
 
- Sììììì! -
 
Hotaru batté le mani entusiasta, lasciando il delicato angelo a Kaori e prendendo dallo scatolone una pendente a forma di renna.
Aiutata da sua madre, lo sistemò su un ramo e poi tornò a cercare altre decorazioni.
La porta d’ingresso si aprì, e Ryo fece il suo ingresso scuro in volto.
Sorrise immediatamente non appena varcò la soglia, per non turbare ulteriormente Nami e sua figlia, ma Kaori e i loro amici sentirono subito che c’era qualcosa sotto.
 
- Ciao Ryo, bentornato! -
 
- Ciao belle signore! Ragazzi … - salutò allegramente le donne e la bimba e fece un cenno del capo ad Umibozu e Mick. - Kaori, puoi venire un attimo di là per favore? -
 
La ragazza annuì, alzandosi e seguendolo in cucina.
Lontani da orecchie ed occhi indiscreti, lo guardò preoccupata.
 
- Allora? Mi sono accorta di che faccia avevi quando sei entrato sai? Le cose sono due. O non hai scoperto niente, o hai scoperto qualcosa di brutto.-
 
Lui si tolse lo spolverino, poggiandolo mollemente su una sedia.
 
- Esatto. I bastardi si nascondono bene, anche se ancora non sanno con chi hanno a che fare! Per ora né Gen né negli altri hanno saputo dirmi granché, ma si stanno già attrezzando per scoprire qualcosa di più. Non possiamo muoverci senza prima avere qualcosa di solido da cui partire. Come già sospettavamo potrebbe centrare in qualche modo Saori, e non crediamo che Hiroshi Kobayashi sia solo un semplice ostaggio. C’è qualcosa sotto dannazione, l’anello mancante! Gli Hishikamoto sono molto prudenti, ma avranno un punto debole come tutti. Non appena ci sarà qualcosa di nuovo saremo informati subito, e per l’importante è farci trovare sempre preparati.-
 
Kaori annuì, poco convinta.
Ryo l’attirò a sé, colmando la distanza tra di loro e chiudendola nel suo abbraccio.
Lei poggiò la testa sul suo petto e si sentì ancora più al sicuro.
 
- Com’è andata qui?-
 
- Bene, credo. Ho pensato di fare l’albero di Natale e sistemare gli altri addobbi, per distrarre Nami ed Hotaru. La piccola sembra divertirsi molto. -
 
Lui le baciò la testa e sorrise intenerito e divertito dalla scenetta che aveva visto quando era entrato: Falcon immerso tra le palline e Mick che tentava di srotolare goffamente un lungo nastro, mentre Hotaru sbucava e sprofondava a tratti tra cartoni ed imballaggi.
 
- Hai fatto bene.-
 
Lei annuì ancora, ma non era del tutto tranquilla. C’era qualcos’altro in quella storia che le puzzava.
 
- Per quanto potremo andare avanti così? Cosa potrà dire Nami alla bimba quando comincerà a chiedere con più insistenza dov’è suo padre? -
 
Ryo sospirò.
 
- Solo che lo riabbraccerà presto.-
 
Kaori scosse la testa e poi pensò di condividere col partner un pensiero che l’accompagnava costantemente da quella mattina.
 
- Nami non ha una bella cera. È pallida e ha sempre l’aria stanca.-
 
Ryo andò verso il frigo a prendere una birra, aprendola con un gesto veloce e deciso.
 
- È naturale, non sono giorni facili. Hanno saccheggiato casa sua e misteriosamente anche quella della sua migliore amica, morta tragicamente. Hanno rapito suo marito, ha una bambina speciale di cui prendersi cura e sono entrambe in pericolo. Sfido chiunque chi non è avvezzo a questo mondo a sentirsi diversamente. -
 
- Non è solo questo. -
 
Ryo bevve un lungo sorso di birra continuando ad ascoltarla attentamente.
 
- Tu non ti sei accorto di nulla? -
 
- Di che avrei dovuto accorgermi? - chiese stranito.
 
- Occhiaie, pallore, stanchezza … e a colazione non ha toccato quasi nulla. Ha preferito solo un po’ di tè e un po’ di pane tostato. -
 
- Quindi? -
 
A Kaori caddero le braccia.
Ma non ci arrivava proprio? Uomini!
 
- Credo che … insomma non ne sono sicura, ma credo che Nami possa essere incinta.- sussurrò avvicinandosi a lui, e guardando alle sue spalle per accertarsi di non essere sentita.
 
Ryo per poco non si strozzò con il resto della birra. Tossì un paio di volte ma si ricompose subito.
 
- Cosa? Ma come fai a dirlo? -
 
- Ho detto che non ne sono sicura, ma comunque sono pur certo una donna! Certe cose noi le intuiamo subito! -
 
- Intuito femminile! - scherzò lui.
 
- Se vuoi chiamarlo così! - rispose lei, sullo stesso tono, tornando poi immediatamente seria. - Comunque c’è dell’altro. Qui non è successo nulla, ma credo ci stiano spiando, Mick non hai mai smesso di controllare la strada, e poca fa ha lanciato a me ad Umi chiari segnali. -
 
Anche Ryo tornò immediatamente serio, ancora una volta.
 
- Allora adesso ci penso io. -
 
>>> Ragazzi?-
 
Mick entrò in cucina discretamente.
Sapendo del cambiamento nella relazione tra i suoi amici aveva preferito lasciargli un po’ di privacy, continuando a controllare l’inesperto appostato dall’appartamento, ma stanco di starsene con le mani in mano aveva pensato d’agire.
Quell’interruzione era, purtroppo o per fortuna, assolutamente necessaria.
Anche Umibozu sapeva di Ryo e Kaori, Mick gliel’aveva spifferato senza evitare di farlo fumare dal testone dall’imbarazzo, ma non aveva detto nulla, fermo nella sua solita riservatezza.
 
- Ora che ci sei anche tu, posso andare di sotto. C’è un tipo che ci spia da un po’. Non è che un novellino, si è fatto scoprire subito, ma è sempre meglio non sottovalutarlo.-
 
Ryo si avvicinò alla finestra della cucina, da cui aveva la stessa visuale della sala, sebbene più piccola e discreta.
 
- Eccolo lì, finge di leggere il giornale. Perché farci sorvegliare da un incapace? Pensi sia una trappola?-
 
Mick scrollò le spalle. - Non lo so. Potrebbe essere, oppure è solo un imbecille che vuole farsi strada nella malavita e ha scelto il clan Hishikamoto per fare carriera sporca, ma potrebbe esserci dell’altro. Tu cos’hai scoperto?-
 
- Quasi niente. Sanno come coprire le loro tracce.-
 
- Appunto.- Mick fece scoccare le ossa del collo e delle mani. - Quindi quello lì è un pesce piccolo. A questo punto potrebbe essere stato solo lui a saccheggiare gli appartamenti delle clienti, se non abbiamo altro a parte la sua sbadataggine dobbiamo interrogare lui.-
 
- Può darsi .-
 
Ryo terminò la sua birra e la lanciò nel cassonetto centrandolo in pieno.
Kaori aveva assistito alla conversazione tra i due uomini senza più interromperli.
L’americano si aggiustò la giacca e cacciò dalla tasca una sigaretta, sistemandosela su un orecchio.
 
- Vado e torno.-
 
- Sta attento Mick. - disse Kaori, apprensiva e seria assieme.
 
Lui le fece un sorriso smagliante e simulò un mezzo inchino, beccandosi un’occhiataccia da Ryo.
 
- Certo, mia bella!-
 
- Ehi, non stavi andando di sotto tu?-
 
I modi leggermente alterati di Ryo trasformarono il sorriso di Mick in una risata a pieni polmoni.
 
- Amico mio! - gli diede un paio di sonore pacche sulle spalle. - Benvenuto nel club dei fidanzati innamorati e gelosi! -
 
Ryo sbiancò ma lo fulminò con lo sguardo, mentre Kaori cominciò a fumare dalla vergogna.
Sogghignando Mick li lasciò soli, uscendo riservato dall’appartamento.
Rimasti in cucina, Kaori ebbe bisogno di qualche secondo e di un sorso d’acqua fredda per tornare alla realtà, mentre Ryo era ancora nella posizione in cui l’aveva lasciato Mick.
Sapeva che il suo amico aveva solo scherzato.
Dopo tutto quello che era successo con Kazue e dopo quello che i due si erano detti quando lui aveva visto Kaori la prima volta, non ci avrebbe mai provato seriamente con lei, eppure quella strana sensazione in petto non se ne andava.
Lui era davvero geloso di Kaori?
Caspita! Nel giro di neanche ventiquattro ore non era solo cambiato, si era forse proprio rammollito!
 
- Ryo … -
 
La leggera mano della sua donna su una delle sue lo riportarono alla lucidità.
 
- Va tutto bene? -
 
Lei lo guardava in un misto di curiosità ed ansia.
 
- S.. sì, tutto bene.-
 
Lei sorrise sorniona. Aveva capito tutto!
Fece qualche passo avanti afferrandogli la mano ed attirandolo verso l’esterno.
 
- Vieni, andiamo di là. Se Umi è ancora impegnato con la bimba, abbiamo bisogno di qualcuno che arrivi in alto per il puntale!-
 
***
 
Mick uscì dal palazzo con le mani nelle tasche, fermandosi sul ciglio della strada.
Finse di aspettare il momento giusto per attraversare, osservando l’uomo di fronte a sé cambiare goffamente pagina al grosso quotidiano che teneva tra le mani.
Non si era nemmeno accorto che non teneva in asse tutte le pagine, e che rischiava di perderle da un momento all’altro.
Camminò sulle strisce pedonali con disinvoltura e giunto al marciapiede dirimpetto si appoggiò all’edificio guardando verso l’alto.
 
- Caspita!- esordì. – Il cielo comincia a coprirsi, e fa anche un freddo cane! Vuoi vedere che avremo un bianco Natale quest’anno?- frugò nelle tasche del lungo cappotto che aveva indossato per le scale, e poi sbuffò sonoramente, alzando gli occhi al cielo.
Una folata di vento fece al caso suo per la messa in scena in atto.
 
- Ma porca miseria! Ho dimenticato di nuovo l’accendino!- si voltò verso l’imboccata del vicolo dove se ne stava ancora il tizio che li stava spiando e gli si avvicinò lentamente, alzandosi il bavero del cappotto e prendendo la sigaretta sull’orecchio. - Ehi amico, hai per caso da accendere?-
 
L’altro s’irrigidì, riconoscendo chi aveva di fronte.
Stando alle informazioni che gli aveva dato uno degli scagnozzi di Hishikamoto, quello non era City Hunter in persona, ma un tipo che doveva conoscerlo bene e che doveva anche averci a che fare. A quanto ne sapeva era un altro degli sweeper in circolazione in quella zona.
Rabbrividì, e non per il freddo.
 
- Io… io…-
 
- Allora?- insistette Mick. - Dai, con tutte quelle cicche lì per terra mi vorrai dire che non ne hai fumata nemmeno una tu? Avrai da accendere no? Accendino? Fiammifero? Una pietra focaia? - rise grattandosi la testa, non schiodandosi da lì.
 
Sasuke Sendo indietreggiò di qualche passo, ma poi finalmente tirò fuori un accendino che porse a Mick, ma proprio nel momento in cui l’americano stese la mano per afferrarlo, questi cambiò idea e rimase fermo, azionando semplicemente la fiamma.
 
“Accidenti! Sta a vedere che questo damerino biondo si è accorto di tutto!”
 
Mick non si scompose.
Si mise la sigaretta tra le labbra, si avvicinò per accenderla ed aspirò la prima boccata.
Se Sasuke Sendo gli avesse dato l’accendino avrebbe mostrato involontariamente o meno il marchio degli Hishikamoto incisovi sopra.
Nell’accendergli la sigaretta sperò che le sue mani, tozze e coperte dai guanti di pelle logora, avessero nascosto uno degli oggetti in dotazione degli appartenenti del clan.
 
- Grazie …- Mick cominciò a fumare con apparente tranquillità, stringendosi nel cappotto e superandolo, incamminandosi verso il vicolo.
Mise un piede in fallo ed inciampò in un sacchetto dell’immondizia caduto dal cassonetto, finendo addosso al malcapitato Sasuke che ne rimase sorpreso.
Cadendo su di lui, Mick ricominciò a ridere grattandosi la nuca.
 
- Scusa, dovrei guardare dove metto i piedi!-
 
L’uomo, ancora riverso tra l’immondizia, lo guardava stralunato.
Sicuro che quello lì fosse uno sweeper? Gli sembrava per di più un idiota già mezzo ubriaco prima dell’ora di pranzo!
Mick gli porse una mano per aiutarlo a rialzarsi, e l’altro l’afferrò dopo non poca esitazione.
E questo lo tradì.
Mick lo afferrò velocemente, ed addentrandosi ancora più in profondità nel vicolo, per nascondersi dai passanti, lo bloccò contro il numero premendogli un braccio sulla gola.
 
- Allora …- inspirò di nuova dalla sigaretta e poi gli sputò il fumo dritto in faccia. - Ora tu mi dirai chi ti manda, e cosa vuoi dalle nostre clienti.-
 
Terrorizzato, l’altro cercò di prendere tempo.
 
- Io… ehi, ma di che stai parlando? No… non capisco, cosa vuoi dire?-
 
La presa sul suo collo aumentò, e Mick lo premette ancora di più verso il muro.
 
- Non lo sai che tra poco è Natale? Bisogna essere tutti più buoni, non si dicono le bugie…!-
 
Gli portò la sigaretta accesa a poca distanza dal viso con la mano libera.
 
- Devo essere più persuasivo?-
 
L’altro ancora non rispose e Mick gettò via la sigaretta ancora accesa, mettendosi una mano sotto il cappotto.
 
- Pugnale o pistola? Come preferisci che ti faccia secco?-
 
L’atro s’irrigidì, e Mick gli lesse puro terrore negli occhi.
 
- E allora fallo e basta, bastardo! Se canto con te, mi uccideranno loro! -
 
- Ma se non parli, ti ammazzo io e non avrai possibilità di una vita migliore, noi invece potremmo aiutarti ad uscire dalla merda in cui ti messo. Puoi dirmi tutto e fidarti di noi, o farti ammazzare da quei pescecani. Si vede da un miglio di distanza che questo lavoro non fa per te! Parla e avrai salva la vita, adesso, oppure se vuoi manderò personalmente un regalino al tuo capo, così capirà contro chi si è messo! -
 
Detto questo rinsaldò la presa guardandolo glaciale.
 
- Da me non saprai un bel niente! -
 
Mick gli fece un sorrisetto sadico.
Estrasse uno dei suoi coltelli e lo fece abilmente girare con velocità tra le dita della mano libera.
 
- Ultima possibilità. Ti decidi a vuotare il sacco o deve chiedertelo con maggiore gentilezza? -
 
L’altro esitò ancora, ma poi si arrese.
Per quanto gli fu possibile, alzò le mani ed annuì.
Mick allentò la presa per permettergli di parlare meglio, ma in via preventiva non lo lasciò del tutto.
 
- Vai, amico. Sono tutt’ orecchi! -
 
 
***
 
Faceva incredibilmente freddo lì sotto, e l’umidità gli entrava fin dentro le ossa.
I sotterranei di quell’enorme palazzo, erano ormai la sua prigione da giorni.
Un pugno lo colpì in pieno volto.
L’uomo gemette di dolore, sputando sangue, preferendo fissare la punta delle sue scarpe piuttosto che guadare i suoi aguzzini.
 
- Allora Kobayashi, ancora non ti decidi a parlare?-
 
- Andate all’inferno bastardi!-
 
Il vecchio Hishikamoto rise, continuando a fumare il suo sigaro.
Un cenno della mano e due dei suoi uomini assestarono altri due pugni all’uomo, immobilizzato su una sedia.
 
- Forse non ti è ben chiaro che non sei nella condizione di fare il duro, non con noi! Sai … magari posso farti cambiare idea in altro modo. So che hai una moglie bellissima e anche in gamba! Però! Te le sai scegliere le donne! Sarebbe un vero peccato deturpare quel bel visino non credi? Tu non vuoi che accada, no? Invece potremmo metterci d’accordo tra di noi, tra gentiluomini, non credi? -
 
Hiroshi Kobayashi alzò il capo di scatto.
L’altro sogghignò nel vederlo malconcio eppure ancora determinato.
 
- Tocca Nami e sarà pegg…- ma non terminò la frase che un nuovo pugno allo stomaco gli tolse il fiato.
 
- Cosa mi fai? Ma ti sei visto?- un’altra risata fredda e tagliente. - Senti Dottore: se solo lo volessi potrei sbattermi tua moglie come tutte le donne che posso avere schioccando solo le dita, e anche i miei uomini potrebbero divertirsi con lei, ma non è la dolce maestrina che ci interessa veramente. Sai benissimo cosa vogliamo, e anche chi, quindi farai meglio a parlare se non vuoi tornare dalla tua famiglia un pezzo alla volta! Quanto a loro … i miei uomini hanno già scoperto dove sono nascoste, ed è solo questione di tempo prima che le prendano e le portino qui!-
 
Hiroshi Kobayashi si morse le labbra.
Quelli erano dei mostri! Quando avevano accettato di prendersi cura della piccola Hotaru come figlia loro, lui e Nami non avevano immaginato che dietro la morte di Saori ci fosse addirittura la yakuza.
Sapevano che non era stato un semplice incidente d’auto, e avevano sempre sospettato che ci fosse qualcosa di strano dietro tutta quella faccenda, ma non quello!
Forse nemmeno Saori, sapeva davvero fino in fondo, con chi era andata veramente  a letto quella dannata notte!
 
- State lontani da mia moglie e da mia figlia!-
 
Hishikamoto si alzò e gli si avvicinò, scuro in volto.
 
- Sappiamo benissimo tutti e due che la ritardata non è veramente figlia tua!-
 
- Questo non ti riguarda! E non osare mai più parlare così di Hotaru! - gridò l’altro.
 
Akinari Hishikamoto non si scompose, prendendo a premere il suo sigaro acceso su un braccio nudo di Hiroshi.
Questi non riuscì a resistere ed urlò di dolore.
 
- Mio figlio Yutaka ha buone possibilità per farsi largo nel nostro ambiente, ma è suo fratello Eiji che mi preoccupa sai? Lui è un po’ come te, solo un pappamolle, ma prima o poi gli farò cacciare le palle! Fino ad allora tuttavia, c’è bisogno che qualcuno mandi pur avanti i nostri traffici, ma droga e gioco d’azzardo non mi garantiscono il guadagno che voglio, non nella misura che voglio!- diede una nuova boccata al sigaro e poi lo avvicinò al viso di Hiroshi, talmente vicino che l’uomo riuscì a percepirne il calore, e il labbro sanguinante gli sembrò cominciare davvero a bruciare. - Te lo ripeto per l’ultima volta, Kobayashi. Voglio sapere le formule per sintetizzare quei farmaci. Se le tue ricerche sono esatte, sono troppo preziosi per non poterne approfittare prima dell’immissione sul mercato. Potrai guadagnarci molto anche tu, e lo sai bene. Tua moglie non dovrà più lavorare con mocciosi e deficienti, e tua figlia avrebbe tutta l’assistenza per il suo caso. Non credi che convenga più fare affari con me che ostinarti a fare il dottorino onesto?-
 
Hiroshi lo guardò con disprezzo, poi, con gli ultimi brandelli di dignità e coraggio che gli erano rimasti, gli sputò in pieno viso.
Hishikamoto rise, prendendo un fazzoletto per pulirsi.
Si allontanò da lui e fece un cenno agli uomini piantonati lì.
Il più grosso dei due si avvicinò ad Hiroshi, che cercò di mostrarsi più coraggioso di quanto in realtà fosse spaventato.
 
- Buona notte! - e lo colpì talmente forte all’addome, e poi di nuovo al volto, che Hiroshi perse i sensi, ribaltandosi con la sedia cui era legato.
 
- Cosa ne facciamo capo? Procediamo alla vecchia maniera?-
 
Akinari Hishikamoto guardò attentamente l’uomo svenuto per terra, poi scosse la testa.
 
- No. Portalo di nuovo nella sua cella. Magari a momento debito faremo fuori tutti e tre, così riuniremo la famigliola felice, ma adesso mi servono ancora! Prima voglio quelle formule, voglio la bambina, e soprattutto, non abbiamo ancora trovato quello che quella sgualdrina nascondeva! -
 
L’altro annuì, slegò Hiroshi e se lo caricò in spalla.
 
- Dite anche a Juzo di far volare l’angelo! -
 
- Ricevuto signore! -
 
L’energumeno uscì, seguito dal suo compare.
Rimasto solo, Hishikamoto guardò la sedia ancora ribaltata, le catene che avevano legato Hiroshi fino a poco prima giacevano a terra, accanto a piccole macchie del suo sangue.
 
- Non vi permetterò di macchiare il nome degli Hishikamoto! -
 
***
 
- Sapevo che eravate degli emeriti stronzi, ma non fino a questo punto! Mi fate davvero schifo! -
 
Sasuke Sendo aveva appena finito di raccontare tutto a Mick, o per lo meno, tutto quello di cui lui era a conoscenza.
Adesso se ne stava ancora appiattito contro il muro e tremava visibilmente.
Mick lo guardava tra la pena e il disgusto: era poco meno alto di lui, fisico asciutto, occhi piccoli e scuri e capelli castani.
Era quasi un tipo scialbo, con la classica faccia dell’uomo mediocre.
Ancora si chiedeva perché non avesse trovato altre soluzioni a parte la yakuza.
Che elemento!
 
- Se scoprono che ho fatto la spia, mi uccideranno! -
 
Mick indietreggiò e con una mano gli fece segno di seguirlo.
 
- Vieni con me, idiota. Decideremo con gli altri cosa fare con te, anche se ho una gran voglia di farti le penne per ciò che ho appena sentito. Quelli come gli Hishikamoto non sono uomini, ma bestie, sciacalli! Voi loro leccapiedi non solo non avete le palle per finire col seguire persone tanto meschine, ma non avete nemmeno una morale! Mi chiedo come facciate a non vergognarvi, quando vi guardate allo specchio!-
 
Sputò a terra, resistendo all’impulso di sputare in faccia a lui.
Pensò di consegnarlo a Saeko, magari in segreto per non mettere ulteriormente in repentaglio Nami e la bambina, ma prima c’era una cosa più importante da fare: raccontare tutto ai suoi amici.
Non poté fare nulla nell’immediato.
L’uomo, che gli era dietro e camminava lentamente seguendolo mesto come un cagnolino, d’improvviso gli si accosciò prima contro e poi a terra, a peso morto.
Mick non era preparato alla cosa e cadde rovinosamente tra la spazzatura.
Fortunatamente oppure no, era ancora sufficientemente lontano dall’imbocco sulla strada, tanto da non essere visto.
Si scrollò il corpo esamine di Sasuke Sendo di dosso, alzandosi di scatto in piedi.
L’ex tirapiedi degli Hishikamoto giaceva con occhi gli spalancanti e la bocca straziata. Una pozza di sangue si stava allargando sempre di più per terra, in corrispondenza della testa.
Si voltò di scatto verso l’ altra estremità del vicolo ed intravide per un solo secondo un luccichio da un palazzo in lontananza.
 
- Merda! Un tiratore scelto!-
 
Si guardò velocemente intorno e trascinò il corpo verso l’interno.
Prese il suo cellulare e digitò velocemente un paio di messaggi, poi prese a frugare nelle tasche del cadavere ai suoi piedi.
Impallidì quando trovò una cimice in una tasca interna del giubbotto, e provvide subito a schiacciarla sotto una scarpa.
 
- Maledizione, lo tenevano d’occhio fin dall’inizio! Allora era davvero una trappola! Forse quest’idiota neanche lo sapeva di essere solo una pedina! Adesso non siamo più al sicuro nemmeno qui! -
 
Guardò oltre la strada, verso il palazzo di Ryo.
Nami e sua figlia dovevano cambiare di nuovo nascondiglio.
 
 
NdA

Ed eccoci a fine capitolo!
In realtà avrei voluto continuare a scrivere, ma già così è lungo di per sé, e non volevo rompere ulteriormente le pallotas :D
Una piccola parte del prossimo è già scritta, piccola piccola, ma è una parte da cardiopalmo, (ammazza, come sono modesta oh!)!
Diciamo che sarà così perché si scopriranno altri pezzetti del puzzle.
A dire il vero varie scene dei prossimi capitoli sono già scritte, anche parti in cui vedrete un Ryo, ehm… che si sbizzarrirà, in ogni senso interpretabile del termine, buono e cattivo!
Si sa che quando il bel morazzone parte in quarta, non si ferma più!
Negli ultimi mesi, come vi dicevo, ho avuto il mio da fare.
Ho lavorato tantissimo in estate, ho studiato e studiato, e sto continuando a farlo, anche se lavoro altalenante e salute mi portano via molto tempo… e anche per questo ho abbandonato EFP ç_ç
Adesso sono tornata, ho in mente altre cose in altro Fandom e soprattutto devo recuperare le vostre storie, che mi stanno guardando con la Magnum di Ryo puntata dalla sezione storie da leggere!
Come lo vedete Ryo in queste vesti?
Innamorato, geloso, (Mick è sempre Mick), preda delle pippe mentali, ma soprattutto ha messo il suo mokkori a cuccia!
Stanno inoltre emergendo altri particolari del mistero che infittisce il rapimento di Hiroshi Kobayashi, del perché gli Hishikamoto perseguitano la sua famiglia ed altri particolari che arriveranno già a partire dal quarto capitolo.
Per ora il rating non è ancora rosso, ma lo sarà con ogni probabilità se non cambio idea riguardo determinate scene.
So che forse Ryo si è dichiarato troppo presto, (presto? Ehm… ), nel senso già al secondo capitolo, e che, per riprendere le parole di una di voi non ha fatto ancora “zucca zucca” con Kaori  :D, ma ogni cosa avrà il suo tempo. Non volevo essere troppo scontata.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che non vogliate inseguirmi con i bazooka di Umi, i martelli di Kaori o per l’appunto, la pistola di Ryo!
Vi abbraccio forte e spero di non sparire di nuovo!
Ogni aggiornamento sulla mia Pagina Facebook
Luciadom su EFP .
Aspetto le vostre minacce!
A presto
 
Lucia
 
 

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