Fuoco e cenere

di afep
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un'offerta che potresti rifiutare ***
Capitolo 2: *** La terza volta è quella giusta ***
Capitolo 3: *** I dilemmi della sposa Sadri ***
Capitolo 4: *** Un posto tranquillo ***
Capitolo 5: *** Giorni di neve ***
Capitolo 6: *** L'altra faccia della giustizia ***
Capitolo 7: *** Le notizie che non ti aspetti ***
Capitolo 8: *** Echi di guerra ***
Capitolo 9: *** Giorni di pioggia ***



Capitolo 1
*** Un'offerta che potresti rifiutare ***


Alla fine era successo.
Dopo due mesi scarsi alla locanda del Focolare Accogliente – mesi trascorsi nel costante logorio della ricerca di un impiego che durasse più di una manciata di giorni – alla fine le guardie erano arrivate, portando con loro un avviso di espulsione.
Agitata e infreddolita Elyne Augier si strinse meglio nel mantello di lana, continuando a camminare nervosamente, senza meta, per le vie di Windhelm.
Con il suo ultimo editto Jarl Ulfric aveva deciso di dare una una stretta agli stranieri che vivevano nella sua città; tutti coloro che non potevano dimostrare di essere un supporto alla società, di volersi affiliare al suo esercito o di possedere almeno un impiego stabile, erano destinati a essere deportati. Non solo scacciati dalla città, non allontanati dall'Eastmarch, ma direttamente rispediti nelle loro terre di origine.
All'emanazione dell'editto Elda, l'ostessa del Focolare Accogliente, le aveva assicurato che si trattava solo di una mossa politica, qualcosa che non avrebbe mai trovato un'applicazione reale, ma poi i primi avvisi erano cominciati ad arrivare, i primi stranieri – Argoniani, perlopiù – avevano cominciato a essere imbarcati e allontanati, ed Elyne aveva iniziato a temere per sé stessa.
Windhelm era grande, ma molto popolosa. I mestieri in cui lei poteva essere applicata scarseggiavano, e venivano riservati principalmente agli abitanti della città o, più in generale, ai Nord. Ed Elyne, in quanto Bretone di High Rock, non era nessuna delle due cose.
Avrebbe potuto spostarsi in un'altra città, certo, ma aveva finito i soldi. Elda le aveva fatto uno sconto, accettando di darle la stanza a metà prezzo e per il doppio del tempo solitamente concesso, ma non aveva altro modo di aiutarla.
E ora l'avviso era arrivato anche per lei.
Schiacciata dall'apprensione Elyne si fermò, premendosi le mani sul petto. Le guardie le aveano detto che aveva trenta giorni di tempo: se per allora non si fosse dimostrata necessaria alla popolazione di Windhelm sarebbe stata imbarcata per Dawnstar, dove una seconda nave l'avrebbe riportata nella sua terra.
Ma non poteva, non poteva tornare a High Rock!
E se fosse fuggita? Aveva ancora un medaglione, con sé. Era tutto ciò che le restava della sua famiglia, ma era d'argento e sapeva che un compratore avrebbe potuto pagarlo bene; non ne avrebbe ricavato un gran gruzzolo, ma sarebbe stato sufficiente per pagarsi il passaggio verso l'insediamento più vicino, un tozzo di pane e qualche notte in una nuova locanda.
Ma se anche avesse ceduto, vendendo quell'unica eredità familiare, nulla le assicurava che sarebbe riuscita a trovare un nuovo impiego altrove.
La sua avventura a Skyrim stava per terminare nel modo peggiore.
Abbattuta e spossata da quel continuo rimuginare sollevò il capo, guardandosi intorno per cercare un posto dove sedersi. Mentre vagava senza meta non aveva fatto attenzione a dove la portavano i piedi, ma ora scoprì di essere davanti alla scalinata che conduceva al Quartiere Grigio e così, dopo aver spazzato il gradino più in alto, vi si sedette e si strinse le ginocchia al petto.
Sopra la sua testa pendevano, simili a stracci, stendardi esotici di Clan e Casate a lei sconosciute; erano stati i Dunmer, gli elfi scuri di Morrowind, a esporli quasi duecento anni prima, quando un terribile cataclisma li aveva obbligati a fuggire dalla loro terra e ad accostarsi come profughi ai più vicini regni umani.
L'intero quartiere – l'intero ghetto – era punteggiato da quei drappi sbiaditi, stracciati da decenni di intemperie, sui quali si indovinavano a malapena gli antichi colori e i simboli secolari che li ornavano, quasi che i Dunmer volessero così rivendicare la loro appartenenza a quella terra calda e lontana che si erano lasciati alle spalle.
Quella riflessione sullo sconosciuto tepore di Morrowind scosse Elyne con un brivido, ricordandole la temperatura meno clemente di Windhelm.
Pur essendo quasi alle porte dell'autunno faceva freddo, e sarebbe stato certamente più comodo per lei rifugiarsi accanto al focolare di una locanda, ma al momento non aveva voglia di stare in mezzo alla gente. Aveva bisogno di solitudine e silenzio, e l'aria gelida la aiutava a restare presente a sé stessa.
Elyne non avrebbe saputo dire quanto a lungo fosse rimasta in quella posizione. Immersa nei propri pensieri aveva perduto la nozione del tempo, e fu perciò sorpresa quando si sentì apostrofare da una voce ruvida e vagamente familiare.
“Hai perso la strada, piccola Bretone?”
Inarcando le sopracciglia Elyne sollevò il capo, trovandosi a fissare gli occhi rossi di un residente del Quartiere Grigio.
Una seconda occhiata le confermò che quell'uomo non le era sconosciuto, e con un piccolo sforzo di memoria riuscì a ricordare che possedeva un banco di carne al mercato cittadino. Arvol o Avad, forse; non ricordava il suo nome preciso.
“Io... no, non ho perso niente.” Borbottò confusa. “Stavo solo riposando.”
“Riposando in mezzo a questo gelo?” Ribatté il Dunmer, sollevando una mano grigia per calcarsi meglio in testa il berretto bordato di pelliccia. “Vuoi diventare un altro dei cadaveri congelati che punteggiano le strade? O forse aspiri a essere la nuova vittima del Macellaio?”
Pensare all'assassino che si aggirava per le strade di Windhelm mise Elyne in allarme, e d'istinto si alzò di scatto dal gradino su cui era seduta. Sfortunatamente il suo movimento era stato troppo repentino, e lei era rimasta rannicchiata al freddo troppo a lungo; le sue gambe si erano addormentate, e se non ci fosse stato il Dunmer sarebbe senza dubbio rotolata lungo la scalinata di pietra.
L'elfo la afferrò al volo nel momento in cui la vide mettere un piede in fallo, e ridendo della sua goffaggine la aiutò a tenersi in piedi.
“A quanto pare vuoi davvero morire, ragazza.” La apostrofò beffardo, e infastidita dal suo tono Elyne strappò il braccio dalla sua presa. “Avanti, non fare l'offesa. Ti ho risparmiato una caduta, dovresti ringraziarmi.” La giovane Bretone volse il capo, ma il Dunmer non sembrava intenzionato a lasciarla stare, e dopo aver scrutato meglio sotto il cappuccio che le nascondeva il capo sorrise con fare saputo. “Tu sei la ragazza che spazzava il pavimento alla Fiala Bianca, giusto?”
“Ero io.” Gli confermò Elyne controvoglia. Aveva lavorato brevemente alla bottega alchemica che si affacciava sulla piazza del mercato, fintanto che l'aiutante del proprietario era stato affetto da una brutta infreddatura che lo aveva costretto a letto; ma poi l'uomo si era ripreso, e lei era stata congedata con una manciata di monete e senza troppi ringraziamenti.
“Nurelion alla fine ti ha sbattuta fuori, eh?” Ridacchiò l'elfo. “Certo, di questi tempi gli stranieri non hanno vita facile.”
“Non voglio parlarne.” Tagliò corto la ragazza, spazzandosi affettatamente il mantello. “Non intendo raccontare in giro i miei problemi.”
“Certamente, è un tuo diritto.” Ribatté immediatamente il Dunmer con un sorriso scaltro, e abbassando leggermente la voce le mormorò. “Ma se dovessi avere bisogno di una soluzione per i tuoi problemi, vieni pure a cercarmi. Sono tanto pieno di risorse quanto riservato.”
Elyne sgranò gli occhi, osservando l'elfo voltarle le spalle e scendere la scalinata verso il Quartiere Grigio. Rapidamente vagliò tutte le implicazioni di quell'offerta, e dopo aver deciso che in quelle parole non c'era alcuna proposta sconsiderata o indecente si affrettò alla sue calcagna.
“Un momento!” Lo richiamò, raggiungendolo ai piedi della scalinata. “Che soluzione? Cosa intendi? Hai un lavoro da offrirmi?”
Il Dunmer le rivolse un sorriso che lei non riuscì a decifrare, e fattole un cenno si spostò sul lato della strada, incrociando le braccia al petto.
“Quindi stai cercando un lavoro?” Considerò, squadrandola con attenzione. “Immagino che ti sia arrivato uno degli avvisi di espulsione di Ulfric.”
“Non girarci intorno.” Lo riprese Elyne. “Hai un lavoro....”
“... da offrirti? Certamente.” La interruppe l'elfo. “Puoi aiutarmi al mercato per una trentina di giorni, finché non sarà scaduto l'avviso dello Jarl. Ovviamente il mio aiuto ha un prezzo, per cui non ti pagherò finché non avrai estinto il tuo debito.”
“Cosa? No!” Esclamò la ragazza. “Non voglio essere la tua serva!”
“Eppure ti permetterebbe di restare a Windhelm. Non è questo che vuoi?”
Elyne aggrottò la fronte, stringendosi nel mantello.
“Voglio restare.” Gli confermò. “Ma non posso permettermi di lavorare senza essere pagata. E ho bisogno di qualcosa che mi permetta di mantenermi a lungo, non solo per un mese.”
Il Dunmer esalò un lento sospiro, formando una nuvoletta di condensa nell'aria ghiacciata.
“Vuoi una soluzione a vita?” Le disse beffardo. “Allora perché non ti sposi qualche cittadino compiacente?
“Perché...” Cominciò Elyne, ma poi si bloccò. Quella che le era stata proposta era una soluzione estrema, ma le avrebbe concesso di restare in città; i matrimoni combinati o d'interesse non erano rari a High Rock, e prima di fuggire a Skyrim – prima dell'incidente – lei stessa era stata sul punto di affidarsi a un sensale perché le combinasse un matrimonio.
Perché non accettare, dunque? In fondo aveva sempre desiderato sposarsi, e alle giuste condizioni avrebbe persino potuto rivelarsi una soluzione ottimale per i suoi scopi.
“Se può interessarti,” riprese il Dunmer, “potrei avere già un paio di nomi da proporti. Al giusto prezzo, beninteso.” La avvisò.
Elyne si incupì, considerando le sue parole. Avrebbe potuto rifiutare, ma quell'offerta bislacca era la cosa più vantaggiosa in cui si fosse imbattuta.
“Qual è il tuo prezzo?” Gli domandò. “Se accetto, cosa mi chiederai in cambio?”
“Non sono un uomo esigente,” le disse lui, “il medaglione d'argento che maneggiavi poco fa sarà più che sufficiente.”
Il suo medaglione? Il medaglione della sua famiglia?
La prima tentazione di Elyne fu di rifiutare. Poi si disse che, in fondo, si era già quasi decisa a venderlo, e che separarsene per ottenere un marito e una posizione stabile sarebbe stato più vantaggioso che venderlo per una manciata di septim.
“D'accordo.” Accettò a malincuore. “Ma voglio un uomo che risponda alle mie condizioni.” Il Dunmer inclinò il capo, incuriosito, e lei cominciò subito a elencare, “Deve essere un cittadino di Windhelm. Non deve essere un uomo anziano o indigente. Non deve essere malato, né menomato in alcun modo. Deve possedere una casa in cui sia possibile vivere in due e un lavoro in grado di sostenerci entrambi, nel caso io faticassi a trovare un impiego. Deve essere colto e di buon carattere, e disposto a coltivare il rapporto che instaureremo con il nostro matrimonio. E voglio incontrarlo prima di acconsentire a sposarlo.”
“Esigente.” Rise l'elfo. “Ebbene, non credo che sarà difficile attenermi alle tue istruzioni. Gli uomini che ho in mente soddisfano già gran parte dei punti che mi hai elencato.”
“Devono corrispondere a tutti i punti, o non ti pagherò.” Gli ricordò Elyne, e in risposta ricevette un sorriso soddisfatto.
“Su questo non hai di che preoccuparti. Dammi solo un paio di giorni per contattare i candidati, e farò in modo che tu abbia il tuo colloquio prima del matrimonio.” Le assicurò, tendendole una mano. “Aval Atheron. Al tuo servizio.” Si presentò.
“Elyne Augier.” Rispose la ragazza, stringendo le dita ruvide che le venivano offerte. “Aspetterò notizie alla locanda del Focolare Accogliente. Ma fai in fretta, voglio concludere l'affare il prima possibile.”






 


Prima di tutto, grazie per essere passati da questa piccola storia senza pretese e per essere arrivati fino alle note. Per fare prima procederò a punti, spero non me ne vogliate:
- Nonostante questo sia uno spin-off de "Il Canto della Spada", non è assolutamente necessario leggere l'altra storia (peraltro in pausa, ahimè). Ci saranno solo un paio di riferimenti minimi, ma abbondantemente spiegati.
- Questa è la prima volta che racconto di una coppia funzionale e innamorata. Aiuto.
- Anche se si parla di matrimoni combinati come di qualcosa di normalizzato, questa non è la mia opinione. E' solo lo stato delle cose nel mondo di questa storia.
- La storia è volutamente rapida, leggera e con capitoli brevi. Non conto di aumentare la lunghezza in futuro. Avevo bisogno di scrivere qualcosa di semplice.
 

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Capitolo 2
*** La terza volta è quella giusta ***


Proprio come Elyne aveva richiesto, Aval non si fece attendere.
Nel giro di un paio di giorni andò a cercarla per sottoporle il nome del primo uomo che aveva acconsentito a incontrarla e così, per la giovane Bretone, cominciò uno strano periodo.
Il candidato indicato da Aval si rivelò essere un altro Dunmer, proprio come la ragazza aveva tristemente immaginato.
Belyn Hlaalu la incontrò alla locanda di Nuova Gnisis, vestito di quelli che avevano tutta l'aria di essere i suoi abiti migliori. Sotto l'occhio arcigno dell'oste avevano chiacchierato a lungo, e per la prima ora Elyne era rimasta soddisfatta. Belyn possedeva una casa in città e una fattoria fuori dalle mura; era orgoglioso del proprio lavoro, guadagnava abbastanza da potersi permettere una dipendente che lo aiutasse a coltivare il suo campo e nel complesso sembrava un uomo affidabile.
Ma poi la loro conoscenza si era approfondita, e la ragazza aveva cominciato a desiderare che quell'incontro finisse presto. Il primo candidato rispondeva a tutti i punti che lei aveva richiesto, ma sembrava incapace di parlare d'altro che del proprio lavoro; Elyne provò più volte a cambiare argomento, ma tutto quello che riuscì a fare fu di sviarlo solo per pochi minuti.
Belyn era un brav'uomo, ma Elyne dubitava che avrebbe potuto sopportare un matrimonio in cui ogni parola vertesse inesorabilmente sulla crescita del grano.
Il secondo uomo propostole da Aval fu un altro Dunmer.
Malthyr Elenil viveva e lavorava alla locanda di Nuova Gnisis, dove la incontrò tre soli giorni dopo il colloquio fallito con Belyn.
Il nuovo candidato si rivelò essere un uomo dal piglio deciso, poco incline a usare termini pacati quando parlava dei Nord, di Windhelm e del quartiere in cui abitava.
Il suo disprezzo per la popolazione locale era pari solo a quello che la popolazione locale aveva per i Dunmer come lui, e pareva che l'unica cosa che lo trattenesse dal partire per Morrowind fosse la presenza del locandiere presso cui lavorava.
“Ambarys non può badare alla locanda tutto da solo.” Le ripeté un paio di volte, e quasi a conferma di quelle parole Ambarys stesso venne a disturbarli a metà serata, richiedendo l'aiuto di Malthyr per spostare una pesante cassa di vino appena arrivata.
Elyne trovò Malthyr troppo energico per i suoi gusti, mentre Malthyr trovò Elyne fin troppo tranquilla; Quando la ragazza si alzò e lui la accompagnò alla porta, furono entrambi sollevati per la fine del loro incontro.
Il terzo uomo che Aval le propose fu per la ragazza una vera sorpresa perché, anziché essere un elfo, questo si rivelò un umano esattamente come lei.
Calixto Corrium era, proprio come poteva intuirsi dal suo nome, un Imperiale trasferitosi tra i ghiacci di Skyrim.
A differenza dei candidati precedenti non volle incontrarla seduto a un tavolo, ma la invitò per una passeggiata. Per tutta la durata del loro incontro fu brillante; le parlò delle molte curiosità che custodiva nella sua casa, che aveva parzialmente trasformata in museo per quello scopo, e la intrattenne nel modo più piacevole che la ragazza avesse potuto immaginare.
Era un uomo decisamente gradevole, ma Elyne non riuscì mai a scrollarsi di dosso la sensazione che ci fosse qualcosa di stonato nel suo comportamento. Talvolta, voltandosi verso di lui per rispondere a una sua battuta, aveva scorto nei suoi occhi uno sguardo troppo attento, troppo fisso, e per tre volte lui tentò di condurla in un luogo appartato fingendo di dirigervisi per caso.
Quando la giovane Bretone riuscì a terminare quell'incontro corse immediatamente alla locanda del Focolare Accogliente, chiudendosi a chiave nella propria stanza per calmare l'agitazione inspiegabile che sentiva agitarlesi in petto.
Quando Aval giunse a cercarla per proporle un quarto uomo, era ormai stanca di quella faccenda.
Nel giro di sette giorni aveva incontrato tre candidati, e le erano parsi l'uno peggio dell'altro.
“Di questo passo mi aspetto che il prossimo mi sacrifichi sull'altare di Namira, o qualcosa del genere.” Sbottò verso il Dunmer, incrociando le braccia al petto.
“Malfidente.” Rise Aval, infilandosi le mani nelle tasche del panciotto che portava sopra una tunica di lana. “Sono sicuro che questo ti piacerà più di Calixto. In realtà non avrei dovuto presentartelo, perché è un mio amico e non voglio rischiare di perdere la sua conoscenza nel caso in cui il vostro appuntamento si rivelasse un altro buco nell'acqua. Ma giusto ieri mi ha accennato ancora al suo desiderio di trovare una moglie, io gli ho parlato di te e lui ha chiesto di incontrarti.”
“E risponde alle mie esigenze?” Lo interrogò Elyne, piantandosi i pugni sui fianchi. “Perché uno dei miei punti riguardava il buon carattere, ma l'ultimo uomo che mi hai presentato sembrava un maniaco.”
“Risponde a tutti i tuoi punti, carattere compreso.” Le assicurò Aval, divertito dalla sua indignazione. “L'incontro è per stasera, qui al Focolare Accogliente. Facci due chiacchiere e poi fammi sapere. Dopo di lui ho in mente altri due candidati.”
“Ti stai impegnando parecchio per avere il mio medaglione.” Lo punzecchiò la giovane, e per tutta risposta vide Aval rivolgerle un sorriso sornione.
“Ragazza mia, quello è solo una parte del mio pagamento. E poi, devo ammettere che sto trovando divertente vederti fallire.”


Il nuovo candidato di Aval si presentò in perfetto orario, solo un'ora dopo il tramonto.
Proprio come aveva temuto, era un altro Dunmer. Elyne lo individuò tra la folla ben prima che lui le si avvicinasse, perché erano pochi gli elfi scuri che si addentravano in quella locanda piena di Nord, e non appena si presentò non poté fare a meno di sentirsi un po' meno in apprensione.
L'amico di Aval si rilevò essere Revyn Sadri, il proprietario di un emporio in cui era possibile trovare quasi ogni genere di prodotto.
Elyne aveva già avuto modo di conoscerlo come cliente, quando era stata costretta a vendergli un anellino d'argento per ricavare qualche moneta. Ne conservava il ricordo di un uomo cortese, e fu felice quando la sua prima impressione venne confermata nel corso del loro incontro.
Revyn sembrava essere imbarazzato quanto lei per quella situazione. Si scusò per l'espediente con cui si erano incontrati, le chiese con sollecitudine se per caso Aval era stato troppo insistente, e passò il resto della serata a chiacchierare tranquillamente con lei di ogni argomento che potesse passargli per la testa.
Durante le ore che trascorsero insieme Elyne scoprì che il nuovo candidato rispondeva perfettamente a tutte le sue condizioni. Non era anziano, menomato o malato; aveva una casa a Windhelm e un impiego che gli fruttava abbastanza denaro da permettergli di vivere in ogni agio, seppur all'interno del Quartiere Grigio; era colto e di buon carattere, proprio come aveva richiesto, e sembrava intenzionato tanto quanto lei a trovare una compagna per la vita anziché un semplice ripiego.
“Con la mia attività ho raggiunto un certo benessere, e credo di essere pronto a prendere moglie.” Le disse, versandole un secondo calice di vino. “Non credo di essere esigente, ma prima di ogni altra cosa devo avvisarti: non voglio un matrimonio di facciata. Sto cercando una donna che sia disposta a dividere con me la sua vita, non solo una firma su un pezzo di carta.”
“Sono d'accordo!” Esclamò Elyne, premendosi le dita su una guancia accaldata nella speranza di lenire il rossore dovuto all'alcool. “Sto cercando un marito per necessità, ma non voglio che sia un rapporto vuoto. Se devo giurare davanti a Mara, allora voglio che il mio matrimonio sia sereno e che duri nel tempo.”
Quando fu il momento di separarsi, la giovane Bretone non poté evitare di sentirsi dispiaciuta. Le era piaciuto parlare con Revyn, che era un uomo gradevole e dotato di un certo spirito, e avrebbe voluto che il loro incontro durasse ancora qualche minuto.
Fu perciò piacevolmente sorpresa quando lui le domandò se poteva tornare a trovarla l'indomani, e mentre lo accompagnava alla porta della locanda si accordarono per una seconda chiacchierata alla medesima ora.
Il loro secondo incontro fu piacevole quanto il primo, e portò una novità che la ragazza non aveva previsto. Revyn aveva parlato seriamente quando le aveva detto di star cercando una compagna, e così fece in modo di far vertere ogni discorso sui propri difetti.
“Voglio che tu sappia esattamente cosa aspettarti da me.” Le spiegò. “E mi piacerebbe che da parte tua fossi altrettanto onesta nel rivelarmi le tue mancanze. Aval mi ha detto che ti restano poco più di una ventina di giorni, e questo tempo non è abbastanza per conoscersi nel modo consueto. Dovremo accelerare.”
Elyne si era detta d'accordo e così passarono una strana serata, discutendo i peggiori tratti dei loro caratteri.
Il terzo incontro, due sere più tardi, portò la distrazione di una passeggiata al molo. In quell'occasione Revyn le offrì il braccio, per evitarle di scivolare sulle lastre di ghiaccio del pontile, e le parlò della sua famiglia. Elyne scoprì che aveva una sorella, impiegata presso il clan Mare Crudele, e un cugino, che faceva l'oste a Solstheim, ma da parte propria non poté rivelare nulla di interessante; i suoi genitori erano morti quando lei era molto piccola, e i nonni che l'avevano cresciuta erano venuti a mancare due anni prima.
Dopo una piccola pausa i loro discorsi passarono ad argomenti meno cupi, e quando Elyne tornò alla locanda non attese che lui la invitasse nuovamente, ma lo batté sul tempo chiedendogli se potesse accompagnarla il giorno successivo all'accampamento Khajiit che era comparso fuori dalle mura, per curiosare tra le loro merci.
L'intera settimana trascorse in frequenti inviti di tenore simile, e la giovane Bretone si trovò a pensare a lui sempre più spesso, sempre più seriamente. Gli elfi non le erano mai piaciuti particolarmente; i Dunmer, soprattutto, le erano parsi sempre troppo cupi, troppo arcigni, con una strana pelle grigia e occhi rossi ancor più strani.
Revyn non era poi molto diverso dall'immagine che lei si era fatta di quella razza: il suo incarnato era scuro come la cenere che sporcava il camino, gli occhi erano fiammeggianti e l'espressione naturalmente corrucciata.
Eppure, più lo guardava e meno lo trovava impressionante. C'era, in fondo, un certo calore nel suo sguardo vermiglio, e della gentilezza nel tono con cui le si rivolgeva; e quando rideva il suo volto si illuminava, dandogli un'espressione allegra e aperta che le piaceva molto.
Più volte cercò di immaginarsi la vita al suo fianco, arrossendo quando la sua fantasia si spingeva troppo oltre, e dopo alcune notti passate a rimuginare sull'argomento decise di prendere il coraggio a due mani e parlargli seriamente.
Così, all'ottavo giorno dal loro primo incontro, Elyne mise un abito pulito, si legò con cura i capelli e uscì per andare a trovarlo.
Conosceva la strada per la Bottega dell'usato di Sadri, ma era così agitata che allungò intenzionalmente il percorso, per poter ripetere mentalmente il discorso che intendeva fargli.
Tutte le belle parole che aveva scelto con cura, però, la abbandonarono nel momento in cui entrò nell'emporio. In quel momento Revyn era dietro al banco, impegnato con un cliente, ma nel vederla entrare le rivolse un ampio sorriso in cui si mescolavano piacere e sorpresa.
“Benvenuta.” La salutò. “Accomodati. Sarò da te in un minuto.”
Elyne sorrise, ringraziando silenziosamente lo sbalzo di temperatura che le aveva colorito le guance e mascherato, così, il rossore causato dall'emozione. Dovette attendere ben più di un minuto prima che il cliente davanti al banco – un Nord dall'aria burbera e dall'accento marcato – si allontanasse; ma finalmente uscì, e Revyn poté accoglierla come si conveniva.
“Non ti aspettavo.” Le disse cordialmente. “Ma sono felice che tu sia passata. Posso fare qualcosa per te?”
“Credo di sì.” Rispose Elyne, torcendosi le mani. “Se hai un istante, vorrei parlarti del nostro... uhm...” Accordo? Affare? Come mai doveva chiamarla, quella situazione?
“Certamente.” Revyn posò le mani sul banco e aggottò la fronte. “Non devi sentirti imbarazzata. Se hai deciso di concludere la nostra conoscenza...”
“No!” Esclamò precipitosamente la ragazza, interrompendolo prima che potesse dire troppo. “No, è proprio il contrario. Ecco... stavo pensando che, se tu fossi interessato a me, non mi dispiacerebbe portare la nostra conoscenza davanti a Mara quanto prima.”
Le sue parole vennero accolte da un di profondo silenzio, ma durò solo un istante. Subito dopo l'aria attonita di Revyn lasciò il posto a un'espressione calorosa, e le sue labbra scure si schiusero nel sorriso più luminoso che gli avesse mai visto.
“Per un attimo ho creduto che volessi rifiutarmi.” Esclamò, facendo il giro del bancone per per raggiungerla. “Come potrei non essere interessato?... bene, direi che dunque è deciso. Scriverò subito al tempio di Mara a Riften.” Le assicurò, prendendole le mani tra le proprie. “Fisserò il matrimonio tra quattro giorni, cosa ne dici? È il minor tempo necessario per annunciarci al tempio e partire da Windhelm con gli invitati.”
“Cosa... invitati?” Elyne scosse il capo, confusa, ma poi ricordò che lui le aveva parlato di una sorella e allora annuì. “Certo. Quattro giorni, allora. C'è qualcosa che posso fare, nel frattempo?”
“Nulla.” Continuando a tenerla per mano, l'elfo la condusse verso una delle due porte che si aprivano sul locale centrale dell'emporio. “Dovrai solo preparare i bagagli e tenere pronto il tuo vestito preferito per la cerimonia. Non appena torneremo da Riften ti trasferirai direttamente qui con me... vieni, questo è il magazzino.”
Seguendolo incuriosita, Elyne si affacciò presto su una stanza ingombra di mobili e scaffali, su cui era allineata la merce che non veniva esposta nella bottega. Ovunque posasse lo sguardo c'erano tappeti arrotolati, ceste di vimini, pellicce d'orso, pentole di metallo e attrezzi da lavoro, ma Revyn passò davanti a tutto quello per raggiungere un cofanetto rinforzato da fasce di ferro, parzialmente nascosto dietro una pila di mantelli di lana.
Usando una chiave che portava alla cintura aprì la serratura, e non appena dischiuse il cofanetto la ragazza dovette trattenere un'esclamazione sorpresa. All'interno, ben disposti su rotoli di cotone, c'era la più grande collezione di anelli che lei avesse mai visto.
Con fare esperto Revyn pescò un anellino d'argento dal mucchio, e senza pensarci due volte glielo fece scivolare su un dito.
“Ecco a te.” le disse sorridente, mentre con il pollice le accarezzava teneramente le nocche. “Ricordo che il mese scorso venisti da me per vendermi questo anello. Dal momento che è tuo, e che presto diverrai padrona di tutto questo, credo sia giusto restituirtelo.”
Incredula per il volgersi della sua sorte Elyne osservò con gioia la fascetta argentata attorno al suo indice. Quello, insieme al medaglione, era stato l'unico lascito della sua povera nonna, e l'aveva addolorata separarsene.
Ridendo per la gioia strinse l'elfo in un rapido abbraccio, spinta dall'euforia.
Dopo tutti gli uomini presentatile da Aval, a quanto pareva il terzo Mer si era rivelato essere la scelta giusta.






 

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Capitolo 3
*** I dilemmi della sposa Sadri ***


Elyne si lisciò ancora una volta i capelli con i palmi delle mani, scrutando nervosamente il proprio riflesso nello specchio.
Il giorno del matrimonio era infine arrivato e, pur non provando alcun amore per il suo fidanzato, cominciava ad avvertire tutta l'ansiosa confusione che caratterizza le spose a un passo dall'altare.
Il viaggio in carro fino a Riften era stato discretamente piacevole. La stagione, mentre scendevano a sud, si era rivelata ancora abbastanza calda, e durante i giorni sulla strada Elyne aveva avuto modo di conoscere quella che sarebbe presto divenuta sua cognata.
Idesa, la sorella di Revyn, inizialmente si era dimostrata apertamente scettica su tutto quello che riguardava il loro matrimonio: si erano conosciuti sotto le premesse sbagliate, da parte della giovane Bretone c'erano fin troppi interessi in ballo, e aveva l'impressione che stessero correndo troppo.
Elyne si era sentita offesa dalle sue considerazioni; tra le righe riusciva a leggere la paura di Idesa nei confronti del patrimonio del fratello. Revyn aveva lavorato duramente per ottenere il suo emporio e portarlo a divenire l'attività fiorente che era, e il sospetto della Dunmer era che lei volesse approfittarsene, accaparrandosi più soldi possibili.
Con il trascorrere delle ore e l'approfondirsi della loro conoscenza Idesa aveva ridimensionato il proprio giudizio sul suo conto, ma ancora non la vedeva completamente di buon occhio.
“Si abituerà.” Le aveva detto Revyn la notte precedente, quando era comparso sulla porta della stanza che Elyne avrebbe occupato alla locanda de L'Ape e il Pungiglione. “Non farti influenzare dalle sue chiacchiere. Idesa si preoccupa per me, ma sono certo che, non appena ti avrà conosciuta meglio, si tranquillizzerà e sarà felice della nostra scelta.”
La ragazza sperava davvero che il suo promesso sposo avesse ragione ma, se anche così non fosse stato, era ormai tardi per ripensarci: il matrimonio si sarebbe tenuto da lì a pochi minuti. Elyne aspettava solo che qualcuno venisse a chiamarla per accompagnarla al tempio.
Cercando di tranquillizzarsi controllò ancora una volta il suo vestito da sposa. In realtà non era un vero e proprio abito nuziale, quanto piuttosto il migliore che aveva, con una bella gonna rossa e un corpetto abbinato del taglio tipico usato a High Rock.
Elyne lo amava particolarmente. Il colore acceso del tessuto faceva risaltare i suoi capelli neri e il suo incarnato olivastro, retaggio di qualche antenato Imperiale, mentre la linea della gonna valorizzava il suo fisico minuto e sottile.
“Mi sta bene. Sto bene. Andrà tutto benissimo.” Si ripeté in un sussurro per l'ennesima volta, sforzandosi di sorridere al proprio riflesso, e proprio in quel momento udì un rapido bussare alla sua porta.
Era certa che si trattasse di Revyn, giunto per portarla al tempio, ma quando aprì si ritrovò davanti la sorella.
“Sei pronta?” Le domandò Idesa, scrutandola con attenzione. “Revyn ha insistito per andare per primo dal sacerdote, Mephala sola sa perché.”
“Sono pronta.” Le confermò Elyne, afferrando il mantello che aveva appoggiato sul letto; ma lo aveva appena sollevato per drappeggiarselo sulle spalle che Idesa la fermò.
“Ti ho portato uno scialle.” le disse, porgendole un grande involto. “Nella nostra famiglia lo hanno indossato tutte le spose dei Sadri. Tu non sei una Dunmer, ma stai per sposare un Sadri e credo che sia tuo diritto portarlo.”
Sorpresa da quell'offerta Elyne svolse lo scialle, rimanendone piacevolmente colpita. Si trattava di un capo piuttosto datato, come era possibile intuire dai ricami che ne ornavano i bordi, ma la stoffa era morbida, spessa e pesante, e i colori ancora vividi, seppur leggermente sbiaditi in alcuni punti. Dalla trama fitta, tessuta con incredibile perizia, esalava un profumo esotico, d'incenso misto a qualche aroma che lei non conosceva e che identificò istintivamente con gli sconosciuti panorami di Morrowind.
“È bellissimo.” Esalò, mentre Idesa glielo fissava su una spalla con una spilla.
“È tradizionale.” Le rispose la Dunmer, osservandola con attenzione. “Bene, direi che possiamo andare. Non vogliamo far aspettare troppo il sacerdote, vero?”
“Certo che no.” Ribatté Elyne sforzandosi di sorridere, e dopo aver chiuso a chiave la porta della stanza scese con Idesa la scala della locanda.
A ogni passo che muoveva verso il tempio diventava sempre più nervosa, ma ormai non era più tempo di tergiversare. Sarebbe entrata in quel tempio, avrebbe sposato un uomo a malapena conosciuto, che apprezzava ma che non amava, e si sarebbe sforzata di vivere con lui la vita migliore che potesse ottenere in una simile situazione.


Elyne sedeva sul bordo del letto, intenta a spazzolarsi i folti capelli neri.
Dietro di sé sentiva il fruscio prodotto da Revyn, che si spogliava per la notte, e non poteva fare a meno di sentirsi tesa.
Si trovavano nella stessa camera che lei aveva occupato quella mattina. Prima del matrimonio il suo sposo aveva trovato un posto al dormitorio che sorgeva dall'altro lato della strada, ma ora che erano ufficialmente sposati non c'era motivo per cui dovessero continuare a dormire separati.
Questa nuova situazione la rendeva ansiosa. Revyn si era sempre mostrato rispettoso nei suoi confronti, ma come si sarebbe comportato ora? Adesso che, come marito, poteva chiederle un'intimità maggiore, cosa avrebbe fatto?
Con un sospiro abbassò la spazzola, posandosela sulle ginocchia. Non erano trascorse più di una dozzina di ore dal loro primo, casto bacio scambiato davanti al sacerdote, e non si sentiva ancora pronta per andare oltre.
“È stata una buona cerimonia, oggi. Non credi?” Le domandò di punto in bianco la voce di Revyn. Alle proprie spalle Elyne avvertì il tintinnio di una fibbia, e sforzandosi di non pensare a cosa ciò implicasse cercò di rispondere nel tono più calmo del suo repertorio.
“Penso di sì.” Acconsentì. “Non ho visto abbastanza matrimoni per poter fare un confronto.”
“Ma...?” La imbeccò la voce del suo nuovo sposo, cogliendo il suo accento dubbioso.
“Ma... c'era così poca gente!” Sospirò Elyne, affranta. “Solo due invitati e una manciata di curiosi di Riften!”
La sua esclamazione non ricevette risposta. La stanza piombò in un profondo silenzio, e dopo pochi istanti la ragazza avvertì il materasso dietro di lei infossarsi, segno che il suo novello sposo era salito sul letto e si era spostato alle sue spalle.
“Avresti voluto che partecipassero più persone?” Le domandò la voce Revyn, in un mormorio così vicino da sorprenderla.
“Forse. Un po'.” Ammise Elyne, irrigidendosi leggermente quando sentì le sue mani posarlesi sulle spalle. “Quei pochi matrimoni che ho potuto vedere contavano sempre almeno una ventina di invitati.”
“Potremmo organizzare un banchetto questa primavera, per festeggiare il matrimonio insieme a tutte le nostre conoscenze.” Le suggerì l'elfo, massaggiandole gentilmente le spalle. “Mancano ancora due stagioni: hai tutto il tempo per scrivere a High Rock e invitare chiunque tu voglia.”
“Non ho parenti in vita.”
“Allora invita delle vecchie amiche. Ci sarà pure qualcuno che vorresti rivedere.”
Elyne si limitò a sorridere mestamente, godendosi il suo massaggio. C'erano molte persone che avrebbe voluto rivedere, ma dubitava che loro sarebbero stati felici di rivedere lei. Dopo l'incidente che l'aveva costretta a partire per Skyrim in fretta e furia, probabilmente nessuna delle sue vecchie conoscenze l'avrebbe trattata da amica.
La dita di Revyn abbandonarono una sua spalla per scivolarle lungo il collo, scostandole le ciocche nere che lo nascondevano alla sua vista, e quel contatto le provocò un brivido che non riuscì a identificare.
“Hai dei bei capelli.” Le mormorò il suo novello sposo in tono suadente. “Non me ne ero mai reso conto. Ti ho sempre vista portarli legati in una treccia.”
“Ci sono molte cose che non sai di me.” Riuscì a dire la ragazza, imbarazzata, e alle sue spalle sorse una bassa risata.
“Lo immagino. Ma conto di conoscerle tutte, un po' per volta.” Revyn le sfiorò ancora il collo, con la stessa delicatezza che avrebbe potuto usare per un fragilissimo oggetto di cristallo, quindi riprese a massaggiarle gentilmente le spalle. “Allora, non mi chiedi perché stamattina ti ho preceduta al tempio?”
Elyne inarcò le sopracciglia, sorpresa da quel rapido cambio di argomento. Doveva essere una caratteristica dei Dunmer: sviare l'attenzione, girare attorno a un discorso e dominare sempre la discussione alle spese dell'interlocutore. L'aveva sentito fare anche da Idesa, e da tutti gli uomini che aveva incontrato prima di Revyn.
“No, perché non c'è nulla di strano.” Rispose, e alla sua seconda risata scosse il capo. “Stai dicendo che c'è qualcosa di strano?”
“Forse.”
“Non dirmi forse. C'è qualcosa di strano, oppure non c'è?” Revyn rise di nuovo, ed Elyne si ritrovò così infastidita da dimenticare la parentesi seducente che aveva avuto luogo solo un istante prima. “Dimmelo!”
“Tu chiedimelo.”
“Oh, tu...” Cominciò la ragazza, ma poi si disse che non valeva la pena di offendersi per una simile sciocchezza, e allora cedette. “D'accordo. Perché mi hai preceduta al tempio?”
Revyn le fece scivolare le mani lungo la schiena, premendo delicatamente con i pollici lungo i lati della sua spina dorsale, ma prima di raggiungerle la vita le spostò di nuovo verso l'alto.
“Dovevo parlare con Aval.” Le disse piano, ricordandole così la sgradevole presenza dell'uomo che li aveva fatti incontrare. Elyne aveva cercato di ignorarlo per tutto il giorno, temendo che fosse venuto a Riften come invitato solo per chiederle il suo medaglione.
“Io e lui ci conosciamo da quando eravamo bambini.” Continuò Revyn. “Siamo cresciuti insieme nel Quartiere Grigio. So com'è fatto, e so che gli piace approfittare delle situazioni che gli si presentano.” Elyne annuì soltanto, non riuscendo a capire dove volesse arrivare, e il suo silenzio permise all'elfo di continuare. “Quando mi ha parlato di te, ho immaginato subito che ti avesse chiesto qualche genere di pagamento in cambio del servizio che ti stava offrendo. E dal momento che non mi piace immaginare mia moglie impegnata con lui, stamattina ho provveduto a sistemare la faccenda: Aval aveva un debito con me; gli ho detto che lo avrei cancellato se avesse rinunciato a qualunque cosa tu gli avessi promesso.”
Incredula, temendo di aver capito male, Elyne si voltò sul posto, ritrovandosi a fissare il viso scuro e sorridente dell'uomo che aveva sposato.
“Lo hai fatto sul serio?” Gli domandò in un sussurro, gli occhi spalancati, e Revyn annuì. “A quanto ammontava il suo debito?”
“Oh, nulla di eccessivo. Solo trecento septim.”
“Trecento...” La ragazza scosse il capo, portandosi le mani al viso. Il suo medaglione d'argento non valeva nemmeno un terzo di quella cifra.
“Allora,” Rise Revyn, notando la sua aria stupita. “Non ho fatto bene? Direi che merito un bacio.” Esclamò scherzosamente, porgendole la guancia.
“Oh, anche più d'uno!” Esclamò Elyne, commossa da quel gesto che le avrebbe permesso di tenere uno degli ultimi ricordi della sua famiglia.
Con uno slancio di riconoscenza gli gettò le braccia al collo, e premute le labbra sul suo viso ricompensò con una manciata di casti baci quel gesto di gentilezza.


Il rientro a Windhelm fu tranquillo come lo era stata l'andata.
I novelli sposi trascorsero i primi giorni del loro matrimonio sul carro, insieme ai loro due unici invitati, e non appena giunsero in città Elyne si trasferì direttamente nella sua nuova casa.
L'abitazione, come scoprì la ragazza, consisteva in due stanze di buona grandezza, direttamente collegate con l'emporio. La prima, dotata di un piccolo camino, era allestita come una cucina, mentre la seconda, leggermente più piccola, costituiva la camera da letto.
Revyn, che per il giorno del loro ritorno aveva deciso di tenere chiuso il negozio, le mostrò con orgoglio la sua dimora, felice di farle notare che, pur non essendo un maniero, era pulita, calda e dotata di ogni comodità.
“È l'abitazione più grande del Quartiere, dopo quella degli Atheron.” Le aveva spiegato. “Ben quattro stanze, e tutte piuttosto spaziose.”
“Due sono inutilizzabili. Ci hai piazzato la bottega.”
“La bottega ci permette di mangiare, vestirci e vivere agiatamente. Non mi pento di averle dedicato tanto spazio.”
Dopo aver sistemato i propri pochi averi nella camera da letto, Elyne si era diretta al mercato cittadino. Il suo nuovo marito l'aveva accompagnata tenendola a braccetto, e davanti ai banchi dei mercanti le aveva preso il cestino che lei si era portata per la spesa.
“Ci penso io a scegliere le verdure.” Le aveva detto. “Tu guardati intorno e scegli qualcosa che ti piace. Non badare al prezzo: consideralo come un mio regalo di nozze.”
Sorpresa da quell'offerta, e non volendosi approfittare di quella gentilezza, la ragazza finì per acquistare solo qualche metro di una pesante stoffa blu scuro; intendeva farsene una gonna per i mesi più freddi, e in fondo non le serviva altro.
La prima giornata che trascorsero come coppia sposata nella loro casa fu particolare, con momenti piacevoli che si mischiavano all'imbarazzo di condividere ogni ora con qualcuno che si stava ancora imparando a conoscere.
Certa che la situazione sarebbe comunque migliorata con il tempo, Elyne accolse l'arrivo della notte con animo sollevato.
Non avevano ancora consumato il loro matrimonio, perché lei non si sentiva pronta e Revyn aveva accettato di aspettare, ma le notti trascorse sul carro li avevano abituati alla reciproca vicinanza e così la ragazza si infilò sotto le coperte senza alcun timore né imbarazzo.
Le prime ore della notte trascorsero quietamente, ed Elyne era già scivolata in un sonno profondo quando un urlo improvviso la svegliò di soprassalto.
Con gli occhi sgranati per l'agitazione si guardò intorno, quasi a cercare la fonte di quel rumore all'interno della stanza, e in quel momento il vociare si ripeté, rivelandole che non proveniva dalla sua casa, ma dall'esterno.
“Che cos'è?” Domandò allarmata a Revyn, che disturbato dalle urla si era svegliato a propria volta e ora cercava di coprirsi un orecchio appuntito con un angolo del cuscino.
“Niente, dormi.” Le rispose con la voce impastata dal sonno.
Ma gli ululati e i fischi continuavano, e a quelle condizioni Elyne non poteva in alcun modo sforzarsi di dormire.
“Ma chi può essere?” Sbottò dopo qualche minuto, irritata da quei continui schiamazzi.
“Nord.” Sospirò Revyn, con il capo affondato tra le coperte. “Ogni tanto vengono a disturbarci. Ma non fanno danni, non sono pericolosi. Ora vieni, torna a dormire.” Le sue dita scure le sfiorarono un braccio, invitandola a tornare sotto le coperte, ma Elyne non aveva alcuna intenzione di coricarsi.
Indignata per quella situazione scostò la coperta e scivolò giù dal letto. Aveva sonno, e l'idea di non potersi riposare per i capricci di qualche disturbatore le faceva montare la rabbia.
A piedi nudi attraversò le stanze della sua nuova casa, pescò la chiave della porta d'ingresso da un anfratto sotto il bancone dell'emporio e uscì nel freddo notturno.
La sua camicia da notte non era sufficiente a ripararla dal clima di Windhelm, già piuttosto rigido nonostante si fosse appena alle porte dell'autunno, ma al momento era troppo irritata per accorgersene.
“Ehi!” Vociò con rabbia verso il Nord che, a una ventina di metri da lei, stava lanciando fischi acuti per disturbare il sonno degli abitanti del quartiere. “Qui c'è gente che vuole dormire! Se non ve ne andate subito chiamerò le guardie!”
“E che pensi di fare, elfa?” Sbottò quello con malagrazia, ma non appena si voltò a guardarla sul suo volto comparve un'espressione sorpresa. “Ah, non sei un'altra di quelli. Che ci fai da queste parti?”
“Io ci vivo, qui.” Ribatté Elyne, sempre più adirata. “E sono stanca di questi schiamazzi.”
Il Nord le si avvicinò, squadrandola dall'alto in basso. Il suo sguardo corse sulla sua leggera camicia da notte, sui piedi nudi sulla pietra, sulla chiave di metallo che stringeva in mano e sulla porta accostata alle sue spalle, e improvvisamente piegò le labbra in una smorfia sprezzante.
“Adesso i pellegrigia si scopano pure le nostre donne?” Esclamò. “Non hanno ancora capito qual è il loro posto?”
“Come osate?” Esclamò la ragazza, sentendo le guance avvampare. “Se non ve ne andate immediatamente...”
“Che succede qui?” Richiamate dalle urla, due guardie si avvicinarono con passo marziale, scrutando la giovane Bretone e il disturbatore attraverso le fessure dei loro elmi. “Cos'è tutto questo baccano?”
“Quest'uomo,” Cominciò Elyne, indicando loro il Nord. “Sta disturbando il quartiere con i suoi schiamazzi. È molesto, e voglio che lo allontaniate!”
La guardia che aveva preso la parola la squadrò esattamente come aveva fatto il Nord poco prima, lanciò un'occhiata a quest'ultimo e poi tornò su di lei.
“E a te cosa interessa?” Le domandò.
“Cosa... io abito qui!” Protestò la ragazza, incredula. “Voglio che lo portiate via. Non si può dormire con qualcuno che urla e fischia apposta per tenerci svegli!”
“E perché abiti qui? Questo è il Quartiere Grigio. Non è fatto per gli umani.”
Elyne sgranò gli occhi, incapace di credere alle proprie orecchie. Alle sue spalle udì un fruscio, e le due guardie spostarono lo sguardo verso qualcuno che era appena sopraggiunto dietro di lei.
“Buonasera.” Sentì dire Revyn. “Se c'è qualche problema preferirei che ne parlaste con me, lasciando fuori mia moglie.”
La ragazza avvertì il suo braccio cingerle le spalle, e la vicinanza del suo corpo la rese improvvisamente consapevole del freddo della notte. Inclinandosi leggermente di lato si appoggiò all'elfo, per godere del suo calore e proteggersi dall'aria gelida che cominciava a spirare sulla città.
“Tua moglie?” La guardia guardò ancora Elyne, lanciò un'occhiata al proprio collega e poi si strinse nelle spalle. “Ebbene, Rolff non sta commettendo alcun crimine. Probabilmente ha solo bevuto un po'. Ma se voi continuerete a fare schiamazzi dovremo multarvi.”
“Che cosa?”
“Certamente.” Revyn strinse a sé la giovane, interrompendo con il proprio tono quieto la sua protesta indignata. “Vi ringraziamo per essere intervenuti. Buona serata.”
Elyne sgranò gli occhi, incapace di credere a quello che stava accadendo. Ancora appoggiata alla spalla dell'elfo guardò le guardie voltarsi e andarsene, mentre Rolff le rivolgeva un ghigno salace prima di tornare lui stesso sui propri passi.
Come poteva accadere qualcosa del genere? Con rabbia fissò la schiena del Nord, sentendo la magia dentro di lei montare e gonfiarsi come un'onda marina. Le sarebbe stato facile colpirlo. Desiderava farlo.
Ma aveva giurato che non avrebbe più usato la propria magia, e a poco a poco il braccio di Revyn che le cingeva le spalle la riportò alla realtà, ricordandole del freddo della sera e delle pietre gelide sotto i suoi piedi nudi.
“Vieni, rientriamo.” Le disse piano lui, con un tono contrito che non gli aveva mai sentito. Con gentilezza le tolse la chiave di mano, e dopo averla condotta di nuovo dentro casa serrò la porta. “Non dovresti prendere freddo.”
“Come puoi?” Gli domandò piano Elyne, lasciandosi condurre verso la camera da letto. “Come puoi sopportare tutto questo? Ci hanno trattati come se la colpa fosse nostra... che razza di guardie ci sono in questa città?”
“Non ci pensare.” Revyn la aiutò a sistemarsi di nuovo sotto le coperte, che conservavano ancora il calore dei loro corpi. “Quaggiù è così che vanno le cose. Mi spiace che tu abbia dovuto affrontare tutto questo.”
Scuotendo il capo Elyne accettò di coricarsi, raggomitolandosi su sé stessa per scaldarsi. Fino ad allora non si era resa conto di quanto marcio fosse il sistema di Windhelm, e anche se era certa di aver agito per il meglio, ora cominciava a dubitarne.
Aveva fatto bene a uscire per affrontare il Nord? Era stata una buona mossa attirare l'attenzione delle guardie? Lei e Revyn rischiavano forse qualche ripicca da parte di uno di loro, a causa delle sue lamentele? Non avrebbe fatto meglio a cedere al proprio impulso e lanciare un incantesimo sul disturbatore?
Tormentata da quei dilemmi chiuse gli occhi, e a poco a poco la quiete ripristinata e il respiro ritmico di suo marito la fecero scivolare in un sonno profondo.









 
Revyn Sadri è uno dei personaggi che è possibile sposare all'interno del videogioco (potete trovarlo nella sua piccola bottega al Quartiere Grigio, proprio come descritto in questa storia). La sua casetta, però, è molto piccola e per niente adatta a due persone: per tale motivo in questa storia ho aggiunto una stanza in più - la camera da letto - per renderla più vivibile.

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Capitolo 4
*** Un posto tranquillo ***


I primi tre mesi di matrimonio trascorsero con insospettabile velocità.
Elyne era così impegnata a imparare a gestire l'emporio, ad adeguarsi ai suoi ritmi e a conoscere suo marito che quasi non le restava tempo per pensare ad altro.
In quei giorni scoprì che le piaceva occuparsi del negozio, accogliendo i clienti e assistendoli nell'acquisto o nella vendita. Il fatto che fosse Bretone sembrava far piacere ai clienti umani, e con lei la Bottega dell'usato di Sadri conobbe un nuovo afflusso di curiosi e compratori.
E come gli affari, anche il rapporto con Revyn sembrava essere destinato a fiorire.
I rapidi baci a fior di labbra che avevano cominciato a scambiarsi timidamente durante i primi giorni, con il tempo si erano fatti più appassionati e profondi. La notte Elyne non si raggomitolava più sul proprio lato del letto, ma cercava il contatto accoccolandosi al fianco di suo marito o rifugiandosi tra le sue braccia, mentre Revyn aveva smesso di fingere di sfiorarla per sbaglio, e non passava giorno in cui non la stringesse a sé o non le prendesse le mani.
Ogni giorno che passava la ragazza si sentiva sempre più desiderosa di infrangere la barriera che aveva eretto tra loro, concedendosi completamente all'uomo con cui condivideva il letto. Fino a quel momento la notte aveva portato loro baci appassionati e carezze sempre meno innocenti, ma lei non aveva mai dato il proprio consenso ad andare oltre, e Revyn non si era azzardato a tentare la propria fortuna.
Eppure il fuoco c'era e, da flebile che era stato, stava divenendo sempre più ardente. Era solo questione di tempo prima che divampasse.
“Sono tornata!”
Richiudendosi la porta della bottega alle spalle, Elyne si lanciò un'occhiata intorno. Dietro il banco non c'era nessuno, ma dal momento che l'uscio non era stato chiuso a chiave immaginò che Revyn si trovasse da qualche parte all'interno della casa.
“Sono qui.” Le giunse la voce del marito dal magazzino, quasi a conferma della sua supposizione.
La ragazza si liberò del mantello, portò il proprio cestino in cucina e poi andò a cercare l'elfo, trovandolo seduto sul vecchio tavolo sgangherato che usavano per appoggiare la merce.
Nel vederla entrare Revyn le rivolse un sorriso mesto, e aprendo le braccia la invitò ad avvicinarsi per essere salutata con un bacio.
“Spero di non averci messo troppo, Shahvee aveva voglia di chiacchierare e mi ha trattenuta al porto più del necessario. Però mi ha dato dei bei pezzi di salmone affumicato.” Gli raccontò lei allegramente, non appena poté staccare le labbra dalle sue. “Sono venuti molti clienti mentre ero via?”
“Non più del solito.” Revyn le fece scorrere le mani lungo i fianchi, sorridendole debolmente. “Sei gelata, dovresti metterti vicino al fuoco. Ha già ripreso a nevicare?”
“Non ancora.” Elyne gli posò una mano sul viso, aggrottando la fronte. “Va tutto bene? Mi sembri un po' più abbattuto rispetto a quando sono uscita.”
Per tutta risposta suo marito esalò un lento sospiro. Con lo sguardo basso le prese la mano che lei gli aveva posato su una guancia, le baciò le dita e la strinse tra le proprie.
“La porta d'ingresso. L'hai chiusa bene?”
“Cosa... sì, certo.” Rispose la ragazza, perplessa. “Insomma, non è chiusa a chiave, ma solo con la maniglia, come al solito.”
“Allora, ti prego, tira il chiavistello. Devo mostrarti una cosa e non voglio che qualcuno entri a curiosare.”
Un po' allarmata dalla richiesta e dal tono in cui le era stata rivolta, Elyne si staccò dall'elfo per correre a serrare la porta. Quando tornò nel magazzino scoprì che lui era sceso dal tavolo su cui si era seduto, posando al proprio posto il cofanetto dove riponeva i gioielli destinati alla vendita.
“Io temo, Elyne, di aver fatto terribile errore.” Cominciò, aprendo il cofanetto. “Sono stato uno sciocco, e non riesco a immaginare come potrei cavarmi da questo impiccio. Conosci Viola Giordano?”
“Quella donna che continua a distribuire volantini per tutta la città?” La ragazza annuì, ancora confusa. “L'ho incrociata poco fa al principio del quartiere. Credo che volesse fermarmi per darmi un altro dei suoi fogli, ma per fortuna è passata una sua conoscente che l'ha distratta.”
Revyn schioccò la lingua sul palato, e con dita esperte estrasse un anello d'oro dal mucchio.
“Guarda questo gioiello.” La invitò laconico. “Dimmi se vedi qualcosa di strano.”
Sempre più stranita, Elyne prese quella fascetta d'oro dalle mani del suo sposo e se la rigirò tra le dita. Era un oggettino grazioso, con una piccola corolla di foglie intagliate sulla fascia esterna e un nome inciso all'interno.
“... Iole Iordanus?” Lesse, inarcando le sopracciglia. “Ma...”
“La scorsa settimana ho comprato questo anello da uno dei miei soliti fornitori.” Le spiegò Revyn. “Questa mattina, mentre eri fuori casa, Brunwulf Libero Inverno è venuto a trovarmi per comprare sei metri di corda e farsi una chiacchierata. Mentre era qui mi ha raccontato che Viola Giordano ha denunciato il furto di un anello identico a questo, che porta il suo nome in lingua Imperiale.”
Quella notizia spaventò e irritò Elyne per le sue implicazioni. Se fossero stati trovati in possesso di merce rubata le guardie avrebbero potuto rinchiuderli entrambi in prigione, e non avrebbero avuto alcuna pietà di loro, perché lui era un Dunmer e lei una cittadina straniera.
Revyn era sempre così attento con le merci che comprava, come aveva potuto farsi mettere nel sacco in quel modo?
“Devo liberarmene, ma non so come fare.” Le confidò cupamente. “Il mio fornitore ha detto di aver ricevuto questo anello da un suo nuovo contatto, ma io non so chi sia. Se questo parlasse, se ci fosse un'indagine e si venisse a sapere che ho accettato della refurtiva nella mia bottega...”
“Non accadrà.” Tagliò corto la ragazza, stringendo l'anello in pugno. “Non possiamo continuare a tenerlo nel cofanetto insieme agli altri gioielli. Lascialo a me. Penserò io a tutto, e noi potremo dormire sonni tranquilli.”
“Elyne, yi daelha,” Mormorò il suo sposo, che sembrava non volersi lasciare andare a inutili ottimismi ma che già la guardava con un calore speranzoso. “Sei una cara ragazza, ma come pensi di fare? Non puoi certo intrufolarti in casa di Viola, o fermarla per strada per ridarle l'anello.”
Elyne scosse il capo, e infilatosi il monile in tasca prese l'elfo per mano, accarezzandogli le dita con un gesto conciliante.
“Non farò nulla di tanto rischioso.” Lo rassicurò. “Nessuno di noi due dovrà andarci di mezzo. Mi inventerò qualcosa, ma nel frattempo tu devi promettermi che farai ancor più attenzione ai tuoi fornitori.”
“Lo prometto.” Le rispose Revyn ardentemente, attirandola a sé per stringerla in un abbraccio. “Lo prometto, nel nome di Azura.”
La ragazza sorrise soltanto, e lasciandosi abbracciare sollevò il viso per accogliere il rapido bacio che le sfiorò le labbra. Non era una situazione ottimale, ma ne sarebbero usciti.
E lei avrebbe fatto di tutto perché ne potessero uscire puliti.


Era nuovamente giorno di mercato, ed Elyne aveva abbandonato Revyn all'emporio per andare a curiosare tra i banchi.
A casa avevano bisogno di patate, porri e verdure, ma la ragazza sperava di trovare anche un pezzo di carne. Per quest'ultimo avrebbe dovuto interrogare Aval, che da quando aveva combinato il suo matrimonio non perdeva occasione per ammiccare nella sua direzione e lasciar cadere velati commenti in grado di imbarazzarla. L'ultima volta che gli aveva domandato una proboscide di mammut lo aveva sentito commentare quanto cominciasse a piacerle la carne grigia, e due Nord che erano nei paraggi erano scoppiati a ridere, certamente consapevoli di chi lei avesse sposato.
Aval non le piaceva del tutto, ma era l'unico mercante che vendesse della carne di buona qualità e così era costretta a servirsi da lui.
La sua unica speranza era quella di incontrare Idesa e di accompagnarsi a lei. La sorella di Revyn aveva cominciato ad accettarla, e talvolta le aveva offerto di recarsi insieme al mercato o al porto. Lei sembrava essere una delle poche persone in grado di rimettere Aval a proprio posto, e sapeva che, se fossero state insieme, l'uomo non si sarebbe azzardato a lanciarle una delle sue imbarazzanti frecciatine.
Con quella prospettiva nella mente, il suo cesto di vimini al braccio e l'anello di Viola Giordano nella tasca, la ragazza si avvicinò al mercato con un sorriso sulle labbra.
Doveva ancora decidere come comportarsi nell'affare dell'anello rubato. Se non avesse trovato alcun modo per restituirlo alla sua proprietaria, aveva già deciso di abbandonarlo in segreto all'angolo di una strada; questo avrebbe potuto mettere nei guai chiunque l'avesse trovato in seguito, ma almeno lei e Revyn non sarebbero rimasti coinvolti, e questo era tutto ciò che le importava.
Al mercato riuscì a trovare quasi tutto quello che le serviva, e anche se non le riuscì di vedere Idesa da nessuna parte, alla fine del suo giro si sentì abbastanza spavalda da affrontare Aval e le sue battutine.
“Signora Sadri.” La salutò il Dunmer non appena la vide avvicinarsi, chinandosi sopra le carni ben disposte sul suo banco per rivolgerle un ghigno. “Cerchi un'altra proboscide? Revyn sa che stai cercando di sostituirlo?”
“Oh, piantala Aval!” Sbottò la ragazza, sistemando meglio il cesto che portava appeso al braccio. “Mi serve del coniglio, se ne hai. O del pollo.”
“Ne ho in abbondanza.” L'uomo le lanciò un'occhiata divertita, ma non aggiunse altro e si allungò per sceglierle il coniglio più grasso. Talvolta poteva essere una spina nel fianco, ma quando doveva servirla aveva sempre un occhio di riguardo, probabilmente a causa dell'amicizia di lunga data con suo marito.
“Sono otto septim, per te.” Le disse con un occhiolino, tendendole il coniglio. “Quando torni a casa, di' a Revyn che stasera io e mio fratello Faryl passeremo da voi.” Aggiunse, abbassando la voce e parlandole in tono più confidenziale. “Dobbiamo trovare un modo per organizzarci e tenere lontani i Nord dal quartiere, o una di queste notti Malthyr uscirà da Nuova Gnisis con un coltello da cucina. E se va nei guai lui, poi ci andremo di mezzo tutti.”
Elyne annuì, ricordando quanto le fosse parso brusco e risoluto il cameriere di Nuova Gnisis al loro primo incontro. Malthyr non era il tipo la lasciar correre uno sgarro, ma non poteva semplicemente lanciarsi a testa bassa contro i Nord che, almeno una volta a settimana, giravano schiamazzando per il Quartiere Grigio. La comunità Dunmer faticava non poco per farsi accettare dalla popolazione locale, e non aveva bisogno che uno di loro cominciasse una rissa e mandasse in malora tutti gli sforzi fatti fino ad allora.
“Vi fermate a cena?” Gli domandò, passandogli alcune monete.
“Non questa volta.” Diversamente da quanto faceva con i Nord, Aval intascò le monete senza contarle in segno di fiducia nei suoi confronti. “Nostra sorella Suvaris...”
Ma Elyne non seppe mai avesse avuto in mente di raccontarle sul conto di sua sorella, perché in quel momento un coro di urla si levarono dal vicino cimitero cittadino. Le guardie che erano di ronda al mercato si mossero quasi immediatamente, accorrendo verso la fonte del rumore in un gran sferragliare di armature, e la giovane Bretone, incuriosita, si unì alla folla che abbandonò in massa la piazza del mercato per seguire i soldati.
Facendo attenzione a non farsi schiacciare, perché era abbastanza minuta da essere facilmente sballottata in mezzo ai più robusti Nord, Elyne non riuscì a trovare alcun punto da cui sbirciare la scena, e dovette accontentarsi di intravedere qualcosa tra una spalla e l'altra.
C'era qualcosa tra le vecchie tombe, disteso sulla pietra gelata di un antico sarcofago, ma fu solo grazie alle chiacchiere degli astanti che lei poté intuire che si trattava di un cadavere.
“È il Macellaio!” ululò una voce di donna tra la folla. “Questa è opera del Macellaio! Vi avevo avvertiti che lo avrebbe fatto di nuovo!”
Voltandosi verso la voce la ragazza scoprì che apparteneva a Viola Giordano, e riconoscerla le ricordò sgradevolmente l'anello che portava in tasca. Sarebbe stato utile ai suoi scopi se lo avesse lasciato cadere in quel momento? In mezzo alla folla vociante nessuno lo avrebbe sentito tintinnare sul selciato, e lei avrebbe potuto spostarsi prima che qualcuno si accorgesse di quella fascetta d'oro abbandonata per terra...
Stava ancora considerando quell'idea quando le capitò di sollevare per caso il viso verso il Nord davanti a lei, ritrovandosi a fissare lo stesso uomo che l'aveva infastidita durante la sua prima notte al Quartiere Grigio.
Certo, poteva lasciar cadere l'anello in terra, ma perché non approfittarne e infilarlo nella sua tasca? In fondo, la folla premeva intorno a loro con tanta veemenza che non le sarebbe stato difficile operare una simile manovra. Era improbabile che lui finisse nei guai, perché con ogni probabilità si sarebbe accorto dell'anello solo una volta tornato nella sua casa e allora l'avrebbe nascosto o rivenduto, ma perché non provare?
Con dita agili pescò il gioiello dai recessi delle proprie gonne, e approfittando di uno spintone che le venne dato da qualcuno alle sue spalle si appoggiò al Nord. Riuscì presto a individuare la sua tasca, ma sfortunatamente l'uomo si spostò prima che lei potesse infilarlo in profondità. L'anello rimase comunque incastrato tra le pieghe del tessuto, e soddisfatta del proprio operato Elyne si allontanò, accodandosi a un gruppetto di donne che cercavano di rifuggire la vista del sangue.
Era ormai lontana una decina di passi quando sentì scoppiare un nuovo clamore.
Voltandosi vide il Nord tenuto sotto scacco da due guardie, mentre Viola urlava improperi.
“L'ho visto! L'ho visto cadere dalla tua tasca! Ladro! Furfante!”
“Ti ho detto che non so nemmeno come è fatto il tuo stupido anello, dannata megera!”
Elyne si portò una mano alla bocca per nascondere un sorriso, scrollando il capo, e una delle donne a cui si era accodata scosse la testa.
“Rolff Pugno Roccioso un ladro! Chi l'avrebbe mai detto?” Le disse con aria contrariata.
“Al giorno d'oggi non ci si può più fidare di nessuno.” Ribatté la ragazza fingendosi indignata, e non appena le fu possibile si diresse verso il Quartiere Grigio, stringendo le labbra per mascherare la propria aria soddisfatta fino a che non giunse in vista della sua porta.
Solo allora smise di trattenersi, e ridendo per l'euforia entrò nell'emporio, sorprendendo Revyn nell'atto di registrare l'ultima vendita sul libro mastro.
“L'ho fatto! Oh, non dobbiamo più preoccuparci di quell'anello.” Esclamò, gettandoglisi tra le braccia. “C'è stato un omicidio vicino al mercato e Aval sarebbe dovuto venir qui stasera ma ormai non ci sarà più bisogno che lo faccia...”
“Aspetta.” Revyn la strinse brevemente a sé prima di posarle le mani sulle spalle e allontanarla leggermente, in modo da fissarla in viso. “Una cosa alla volta, yi daelha. C'è stato un omicidio? Cosa significa?”
Incapace di smettere di sorridere Elyne corse a chiudere la porta con il chiavistello e poi tornò tra le braccia del marito, così euforica che non si preoccupò di togliersi il mantello o di sbattere gli stivali sull'uscio per eliminare i residui di neve.
In tono eccitato gli parlò a malapena dell'omicidio, soffermandosi invece sul modo in cui si era liberata dell'anello e di come Aval, che doveva passare a trovarli, probabilmente non sarebbe più venuto, perché il maggior oggetto di disturbo di cui doveva parlare era appena stato arrestato.
Revyn la ascoltò con pazienza senza mai interromperla, e alla fine la attirò di nuovo a sé per baciarle rapidamente le labbra.
“Sono ottime notizie.” Le disse in tono pratico, accarezzandole i capelli. “Ma da ora in avanti non voglio più che tu cammini da sola per la città. Il Macellaio era a pochi passi dal mercato, avrebbe potuto farti del male.”
“Ma non è successo.”
“Sarò comunque più tranquillo se ti saprò in compagnia di qualcuno.” Tagliò corto lui, sorridendole incoraggiante. “Ora riapri la porta. Potrebbero venire dei clienti.”
“No.” Elyne si morse un labbro, scuotendo il capo con un sorriso malizioso. Si sentiva ancora animata dall'inaspettata riuscita del suo piano, e l'adrenalina si stava mischiando al quieto piacere di essere tenuta tra le braccia, fornendole l'audacia necessaria per dare voce ai suoi desideri.
“Che restino fuori. Non voglio aprire, voglio te soltanto.” Disse con calore, sentendo le guance avvampare. “Io... sono pronta a essere tua moglie sotto ogni aspetto.”
Come aveva immaginato Revyn non disse una parola. In silenzio si limitò a guardarla per un lungo istante, assorbendo il significato di quanto lei aveva appena detto; poi si chinò, la sollevò tra le braccia e senza fiatare la portò fino al loro letto.
Lì, tra le coperte che tante volte avevano accolto il loro sonno, infine la amò come si conveniva a un marito.
Elyne rovesciò il capo sui cuscini e si aggrappò alle sue spalle, muovendosi a un ritmo che non apparteneva né all'uno né all'altra, ma che era loro proprio, e quando alla fine giacquero insieme fianco a fianco, soddisfatti e sorpresi da quella nuova intimità, gli si avvicinò per posargli il capo sul petto.
Fuori dalla loro porta Windhelm avrebbe continuato a esistere così come aveva sempre fatto, rumorosa e brulicante di vita, ma tra quelle mura loro erano al sicuro da ogni disturbo. Insieme, lontani dalla tempesta del mondo, avevano infine trovato il loro posto tranquillo.







 
Il nomignolo con cui Revyn chiama Elyne è in lingua Dunmeri e ricorrerà spesso nel racconto, ma dal momento che sarà lui stesso a rivelare cosa significhi nel capitolo 10, ho preferito non inserire una traduzione e lasciare  che fosse, tanto per Elyne quanto per il lettore, un termine carino ma al momento incomprensibile.

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Capitolo 5
*** Giorni di neve ***


L'inverno nelle regioni dell'Eastmarch si rivelò più rigido di quanto Elyne si fosse aspettata.
Il vento gelido che soffiava quasi costantemente sulla città di Windhelm era così affilato da graffiare la pelle, e il freddo talmente pronunciato che talvolta la neve cadeva già ghiacciata.
Elyne, che non aveva immaginato un simile clima quando era approdata sulle sponde di Skyrim in piena estate, si stava gradualmente abituando a tutti quei piccoli accorgimenti che rendevano la vita laggiù meno insopportabile: il camino sempre acceso, la pentola di braci infilata sotto le coperte per scaldare il letto, la brocca di latte, acqua o tè lasciata costantemente vicino alle fiamme e gli innumerevoli strati di vestiti indossati gli uni sugli altri.
Con una temperatura così rigida la ragazza avvertiva sempre meno il desiderio di uscire di casa, e sospettava che questo avesse tranquillizzato Revyn più di quanto lui avesse lasciato trasparire; il Macellaio continuava a imperversare tra le strade di Windhelm, uccidendo e mutilando le donne sole, e suo marito temeva che potesse accaderle qualcosa.
Dopo la scoperta di quel cadavere al cimitero, più di due mesi prima, l'elfo le aveva chiesto di accompagnarsi sempre a qualcuno, standole accanto lui stesso quando Elyne non trovava nessuno con cui condividere le proprie commissioni. La sua preoccupazione era così viva che lei non si era sentita di spiegargli che, in realtà, non correva alcun pericolo: farlo l'avrebbe portata inevitabilmente a parlare della sua magia, del motivo perché aveva giurato di non servirsene più, e il timore che, con quelle spiegazioni, qualcosa tra loro potesse incrinarsi, era abbastanza forte da trattenerla dal farne parola.
Perché, prima di ogni altra cosa, in quei giorni Elyne curava il rapporto con suo marito.
Non era facile, per due persone che stavano imparando a conoscersi, andare immediatamente d'accordo. In quei cinque mesi di convivenza vi erano stati dei bisticci, così come era naturale, ma non c'era diverbio che Revyn non fosse disposto a discutere una volta placati gli animi, né incomprensione che Elyne intendesse lasciare senza spiegazione.
Entrambi sembravano intenzionati a impegnarsi nel modo più maturo per far funzionare il loro matrimonio, e l'accrescersi dell'affetto e dell'intimità stava dando loro un aiuto insperato.
Più conosceva il suo sposo più la ragazza imparava ad apprezzarlo, e quando la sera giacevano l'uno accanto all'altra, stretti in un abbraccio quieto e soddisfatto dopo essersi amati, si ritrovava spesso a considerare quanto fosse stata fortunata a scegliere lui al posto di qualunque altro candidato.
Con un simile, confortante pensiero a scaldarle l'animo, Elyne era impegnata in quella gelida mattina invernale a sistemare dietro il banco alcune pozioni destinate alla vendita.
Si trovava momentaneamente da sola, perché Revyn era andato a trovare sua sorella nella tenuta dei Mare Crudele, e così aveva deciso di approfittarne per portarsi avanti con il lavoro.
In quei giorni il clima rigido aveva causato un affievolirsi della clientela, ma non per questo l'attività della bottega si era fermata. C'era sempre qualcuno che aveva bisogno di vendere qualche vecchio ninnolo o di comprare all'ultimo momento una pala, dei chiodi o un attrezzo per riparare i danni causati dalla neve, e il negozio dei coniugi Sadri era il lido a cui approdavano quei bisognosi.
Fu perciò senza sorpresa che Elyne osservò la porta aprirsi, mentre una figura ammantata scivolava all'interno portando con sé una folata di vento gelato e qualche fiocco di neve.
Il nuovo arrivato portava un lungo mantello scuro, una sciarpa che lo copriva fino agli zigomi e un berretto di pelliccia calcato fin sulle sopracciglia, ma la ragazza non aveva bisogno di vederlo in viso per riconoscerlo. Il sorriso che albergava in quegli occhi fiammeggianti, unica parte lasciata scoperta, le era fin troppo conosciuto perché potesse ignorarlo, ma se anche così fosse stato non avrebbe potuto fingere di non riconoscere la sciarpa scura, che lei stessa aveva amorevolmente avvolto attorno a una gola grigia solo un'ora prima, o la spilla con cui aveva fissato i lembi del mantello perché non si schiudessero durante la marcia nella neve.
Nonostante ciò si appoggiò con una mano sul bancone, e mentre un sorriso sornione le si formava sulle labbra fece cenno al nuovo arrivato di avvicinarsi.
“Benvenuto alla Bottega dell'usato di Sadri.” Gli disse. “Mio marito non c'è, ma per un uomo affascinante come voi posso fare uno strappo alla regola e servirvi io stessa.” Scherzò, e la risata di Revyn si levò da dietro la sciarpa di lana.
“Signora,” ribatté lui sullo stesso tono, scoprendosi il viso e togliendosi il berretto si pelliccia. “Allora dovrò sbrigarmi a baciarvi prima che lui ritorni.”
“Oh sì, fate presto!”
Ancora intabarrato nel suo mantello, Revyn fece prontamente il giro del bancone per posarle un rapido bacio sulle labbra. C'era una spolverata di neve sulla sua cappa, che diveniva più cospicua sulle sue spalle e sul berretto che stringeva in una mano, segno che ancora non aveva smesso di nevicare.
“È venuto qualcuno, mentre ero via?” Le domandò suo marito, staccandosi da lei e infilando la porta che collegava la bottega alla stanza principale della loro abitazione.
“Solo Brunwulf Libero Inverno.” Elyne si spostò verso un angolo del bancone, continuando a sistemare le pozioni sul loro scaffale. “Credo che stesse facendo il giro del Quartiere. Mi ha chiesto come ce la stavamo cavando e se avevamo bisogno di legna. Visto come sta procedendo l'inverno gli ho chiesto di portarcene un po' non appena possibile.”
“Hai fatto bene.” Approvò la voce di Revyn, leggermente soffocata dal rumore di stoffa prodotto dal mantello che veniva drappeggiato davanti al fuoco. “Idesa ti manda i suoi saluti. Verrà a trovarci quando smetterà di nevicare.”
“Ne sono contenta. Hai chiesto ad Aval di tenerci da parte un po' di cinghiale per la fine della settimana?”
“Certamente, yi daelha.”
Il loro quieto scambio, in cui si mischiavano notizie sulle loro conoscenze a considerazioni sull'andamento dell'inverno o sulla conduzione della casa, durò ancora qualche minuto, fino a che Revyn non riemerse dall'abitazione e la raggiunse dietro al banco.
In silenzio la osservò disporre alcune boccette sullo scaffale, e dopo qualche istante si chinò per correggerne leggermente la disposizione.
“Pignolo.” Commentò Elyne.
“La mia pignoleria è quella che ci favorisce negli affari.” Nel raddrizzarsi suo marito le cinse la vita con un braccio e la attirò gentilmente a sé, posandole un bacio sulla fronte. “Hai fatto un buon lavoro.” La lodò.
Elyne avrebbe voluto ribattere che quel buon lavoro non era davvero tale, se lui si era sentito in dovere di correggerlo, ma poi le sue labbra le scivolarono dalla fronte all'incavo del collo, e così decise che era meglio non distrarlo.
Revyn le scostò leggermente l'orlo dello scialle per lasciarle due teneri baci sulla gola, e quando risollevò il capo, nei suoi occhi rossi brillava una luce ardente.
“Più tardi?” Le domandò piano, accarezzandole la schiena.
“Più tardi.” Gli confermò la ragazza, accettando di abbandonarsi in seguito a effusioni più audaci. Erano ancora abbracciati quando la porta si aprì di scatto e un uomo ammantato entrò insieme a una gelida folata innevata.
“Benvenuto.” Esclamò immediatamente Revyn, staccandosi da lei per assumere il ruolo del venditore. “Prego, guardatevi pure intorno. Fatemi sapere se posso assistervi in qualche modo.”
L'uomo, intabarrato così come lo era stato lui poco prima, sollevò una mano guantata e si strappò la sciarpa dal viso, rivelando i tratti rigidi tipici dei Nord.
“Revyn Sadri?” Domandò, scrutandolo con enigmatici occhi azzurri.
“Sono io.” Rispose l'elfo con invidiabile calma, e notando come lo sguardo dello sconosciuto si fosse puntato alla sua sinistra continuò. “Questa è mia moglie, Elyne. Come possiamo esservi utili?” Il Nord assottigliò lo sguardo e si scrutò intorno, inclinando il capo come per percepire qualche rumore impercettibile. “Non c'è nessun altro oltre a noi.” Aggiunse.
Elyne, che si era silenziosamente avvicinata al marito, percependo una lieve tensione nelle sue ultime parole gli posò una mano sulla schiena, all'altezza dei lombi, in un contatto che era volto più a rassicurare lei stessa piuttosto che lui.
Il Nord, soddisfatto da quella rassicurazione, estrasse dal mantello una mano chiusa a pugno, posandola con cura sul bancone. Quando la risollevò, sul ripiano di legno riposava una vecchia collana, con un ciondolo grande quando una grossa noce ornato da un ghignante teschio intagliato nella giada.
“Sto eseguendo delle indagini per conto di Jarl Ulfric.” Disse il Nord in tono deciso, scrutandoli dall'alto della sua statura. “Voglio che esaminiate questo amuleto e mi diciate tutto quello che c'è da sapere.”
“Delle indagini?” Ripeté Revyn distrattamente, prendendo l'amuleto tra due dita e sollevandolo con curiosità. Da una tasca del suo panciotto di panno estrasse una lente convessa, fissata alla tasca stessa tramite una lunga catenella metallica, e dopo averla accostata all'occhio la usò per esaminare meglio il pendente.
“Non posso dirvi di più. Lo Jarl vuole mantenere il riserbo fino a che non si sarà scoperto qualcosa sulla faccenda.”
“Capisco.” L'elfo studiò con attenzione l'amuleto, rigirandoselo tra le dita. “Mi pare molto antico: tra la Prima e la Seconda Era, direi.” Calcolò con un certo interesse. “La montatura d'argento è in ottime condizioni, considerata l'età. La giada in cui è stato intagliato il teschio potrebbe provenire dalle Isole Summerset, a giudicare dalla venatura che si intravede controluce. È un bell'oggetto, in perfetto stato di conservazione. Un collezionista potrebbe pagarlo anche più di mille septim.” Considerò, porgendo la lente alla sua compagna perché lo esaminasse a propria volta. Elyne non era abbastanza esperta per valutare una gemma; Revyn glielo stava ancora insegnando, e fu perciò lusingata dal suo gesto.
Ma quando prese l'amuleto in mano, per poco non si lasciò sfuggire un grido.
C'era qualcosa di maligno che aleggiava attorno a quel pendente, e la magia dentro di lei reagì con repulsione. La mano con cui lo reggeva divenne gelida, e in bocca sentì il sapore stantio della morte.
“Negromanzia.” Esalò atterrita, riponendo velocemente l'amuleto sul bancone, e in quel momento il teschio di giada che lo ornava, per qualche strano gioco di luce, parve quasi ridere di lei.
Al suo scatto i due uomini reagirono con la medesima ansietà, spinti da sentimenti diametralmente opposti, e mentre Revyn la cingeva premurosamente con un braccio il Nord aggrottò la fronte e si chinò nella sua direzione, posando le mani sul bancone.
“Ne siete certa?” Le domandò sospettoso, e la ragazza annuì, strofinandosi la mano sulle gonne come se volesse ripulirla dal contatto con l'amuleto.
“Io... ho già sentito parlare di questi oggetti.” Mentì, cercando di spiegare così la propria reazione. “Quando ero a High Rock, degli uomini si fermarono al mio villaggio e raccontarono di un mago trovato con un oggetto simile, che praticava la negromanzia. So che lo catturarono e lo bruciarono, ma non dissero altro.” Per essere una bugia inventata lì su due piedi, senza averci pensato prima, non era poi così malvagia, e qualunque dubbio potesse far sorgere quella storia venne fugato dalla sua aria disgustata e dal pallore del suo volto.
Il Nord, ora con aria più cupa, recuperò l'amuleto e lo ripose all'interno del mantello. I suoi occhi chiari scivolarono sui due coniugi, acuti e sospettosi, ma fu solo un istante, e dopo aver fatto un passo indietro rivolse loro un breve inchino.
“Vi ringrazio per il vostro aiuto. Le informazioni che ci avete dato sono preziose.” Disse risistemandosi la sciarpa sul viso, e con un cenno secco del capo e un laconico, “Sadri. Signora.” Li salutò e uscì dalla bottega.
Revyn attese di vedere richiudersi la porta prima di voltarsi verso sua moglie. Con aria fiduciosa, senza nutrire alcun dubbio sulla storia che lei aveva raccontato, le accarezzò il viso e poi le prese le mani, strofinandole delicatamente tra le proprie.
“Una tazza di tè?” Le domandò semplicemente.
“Oh, sì, ti prego.” Sospirò la ragazza, e lanciata una sola occhiata verso l'ingresso si lasciò condurre nella stanza adiacente dove, in un bricco lasciato accanto al fuoco, sobbolliva dolcemente il profumato tè di Elsweyr.


Tre giorni senza nevicate potevano operare miracoli a Windhelm, e nonostante il freddo non si fosse minimamente allentato, quella pausa spinse gli abitanti a uscire dalle loro case dopo settimane di reclusione.
Lungo le strade si camminava a coppie, sostenendosi a vicenda mentre si seguiva il percorso scivoloso che il calpestio aveva tracciato nella neve. Contro le pareti di pietra delle abitazioni si ammucchiavano cumuli candidi, su cui spiccavano le piccole impronte delle mani dei bambini, mentre nell'aria aleggiava il profumo pungente della legna bruciata.
Era una bella giornata, ed Elyne ne aveva approfittato per andare a fare una passeggiata. Ben avvolta nel proprio mantello si stringeva al braccio di Suvaris, la sorella di Aval Atheron; insieme intendevano andare a trovare Idesa, rimasta bloccata nella tenuta dei Mare Crudele a causa della neve, e assicurarsi che stesse bene.
“Non vedevo l'ora di uscire.” Le confidò Suvaris dopo qualche minuto, mentre costeggiavano la locanda del Focolare Accogliente. “Se fossi stata costretta sentire ancora una volta i miei fratelli bisticciare come ragazzini, credo che li avrei sbattuti fuori di casa.”
“Aval vi da ancora il tormento perché lavorate per i Nord?”
“Costantemente.” Sospirò Suvaris. “Per fortuna oggi è andato a controllare il suo banco al mercato... ma guarda, quella è Voldsea! Non sapevo che la sua nave fosse tornata a Windhelm. Vado a salutarla.”
Scavalcando un cumulo di neve per uscire dal tracciato, Suvaris si allontanò di qualche passo per andare a salutare un'altra Dunmer ed Elyne ne approfittò per spostarsi là dove cadeva un pallido raggio di sole, in modo da poterne godere il calore.
Sola in mezzo alla neve si bevve la vista della città avvolta da una cortina bianca, scoprendosi a sorridere. Windhelm era una città dura e gelida, ma aveva un innegabile fascino che lei stava poco a poco cominciando ad apprezzare.
“E non è solo merito suo.” Mormorò tra sé pensando al marito che aveva lasciato alla bottega, e le guance le avvamparono quasi all'istante. Il freddo delle ultime notti li aveva spinti a stringersi con più foga del solito, ed Elyne, che prima di Revyn aveva avuto due uomini soltanto per non più di una manciata di volte, stava ora scoprendo nuove gioie nei loro rapporti coniugali.
“Splendido colorito.”
Il borbottio sorto vicino al suo orecchio ebbe il potere di farla trasalire, e per poco non inciampò in un cumulo di neve. Quando sollevò lo sguardo si scoprì a fissare un volto che le era conosciuto, e non poté evitare di sentire una punta di apprensione: Calixto, l'ultimo uomo che aveva incontrato prima di suo marito, le si era accostato senza che se ne avvedesse, e ora le stava fin troppo vicino per i suoi gusti.
“Ah, sei tu.” Esclamò Elyne di malagrazia, senza curarsi di essere gentile. Non aveva scordato la sgradevole sensazione che le aveva lasciato il suo unico incontro con quell'uomo, e ora desiderava allontanarsi il prima possibile.
“Lieto di rivederti.” Le disse Calixto, come se non avesse udito il suo tono brusco. “Ho sentito che la tua ricerca di un marito è andata a buon fine. È bello sapere che resterai in città.”
Elyne annuì soltanto, spostandosi di qualche passo. Aveva sperato che il suo mutismo lo scoraggiasse, ma parve sortire l'effetto contrario.
“Mi dicono che alla fine sia stato un Dunmer.” Continuò lui, imperterrito. “Scommetto che non si rende conto di quanto è fortunato... ah, una donna tanto graziosa, con un così bel colorito e dei capelli così lucenti...” Soggiunse in un mormorio. Nel parlare aveva mantenuto un sorriso gentile ma qualcosa, nel suo sguardo fisso e nell'espressione del suo viso, le fece accapponare la pelle.
“Non intendo continuare questa conversazione. Addio.”
“Sai che il Macellaio è stato catturato?” Tentò ancora Calixto, andandole dietro mentre lei si allontanava a fatica nella neve. “Era il mago di corte, alla fine. Che uomo disgraziato! Ebbene, ora voi donne non dovrete più temere di camminare da sole per la città...”
“Vuoi smetterla di seguirmi?” Scattò Elyne, voltandosi all'improvviso per fronteggiarlo. Il tono della sua voce attirò l'attenzione di Suvaris, che cominciò ad arrancare nella neve nella sua direzione, ma la ragazza non se ne accorse. Sentiva la magia ribollire dentro di lei, e stava facendo un enorme sforzo per controllarla.
Non poteva permettersi di esplodere, non lì e non in quel momento. Non poteva lasciare che accadesse un altro incidente così come era stato a High Rock, eppure bruciava dal desiderio di allungare una mano e dare sfogo a una piccola parte della forza che sentiva montare nel suo corpo minuto.
Sarebbe stato così facile, in fondo.
Le sarebbe bastata una scintilla, solo una minuscola fiamma...
“Elyne.” Suvaris le comparve improvvisamente accanto, e la sua presenza fu sufficiente a distoglierla dalle sue fantasie di distruzione. Al fianco dell'amica c'era la Dunmer che era andata a salutare poco prima, ed entrambe fissavano Calixto con lo sguardo duro e ostile tipico della loro razza.
“Va tutto bene.” Disse Elyne, prendendola di nuovo sottobraccio. “Andiamo. Addio Calixto.”
“Arrivederci. Un giorno di questi verrò alla Bottega di Sadri...”
“No.” La ragazza, che aveva cominciato a voltarsi, lasciò il braccio di Suvaris e tornò sui propri passi, stringendo i pugni. “Avvicinati una sola volta a me o a mio marito, e te ne farò pentire.”
Calixto assunse un'aria offesa, ma il suo sguardo rimase fisso e insondabile come quello di un rettile.
Non volendo tradirsi, e notando che il loro diverbio aveva già attirato l'attenzione di una guardia, Elyne gli voltò definitivamente le spalle e si allontanò con le sue compagne, ignorando la pozza di neve sciolta che si era allargata nel punto in cui aveva sostato poco prima.
Cercando di lasciarsi alle spalle quell'incontro andò con la mente a pensieri più felici, e non appena raggiunse la tenuta dei Mare Crudele poté distrarsi con le chiacchiere di Idesa.
Quando abbandonò la sontuosa tenuta Nord, due ore più tardi, la sua irritazione era completamente scomparsa, e fu con un sorriso allegro che attraversò il Quartiere Grigio per tornare a casa.
“Bentornata, yi daelha.” La accolse affettuosamente Revyn, quando la vide entrare con le guance rosse per il freddo e gli occhi brillanti. “Hai fatto una buona passeggiata?”
“Ottima.” Elyne si liberò del mantello e gli si gettò tra le braccia; approfittando dell'emporio momentaneamente vuoto sostituì il rapido bacio di rito con un saluto più appassionato, ma quando suo marito le affondò le dita tra i capelli sobbalzò, staccandosi leggermente da lui. A causa di quel gesto, il commento di Calixto sulla sua chioma le era tornato con prepotenza alla mente.
“Non fare mai entrare Calixto Corrium qui dentro.” Lo pregò, aggrappandosi alle sue spalle.
“Cara...” Sospirò suo marito, che non sembrava felice di essere stato interrotto per parlare di un altro uomo. “... non posso mettere un veto sulla mia clientela. Fa male agli affari.”
“Mi mette i brividi.” Insistette Elyne, tornando ad accostarglisi per affondare il viso nell'incavo del suo collo. “Temo che possa farci del male.”
Non gli confidò che temeva più per lui che per la propria incolumità. Con una stretta al cuore accolse le sue tenere rassicurazioni e i suoi baci ardenti, e si strappò a fatica dal suo abbraccio solo quando udì giungere dall'esterno il tramestio che solitamente annunciava l'arrivo dei clienti.
Lasciando Revyn a sbrigarsela con una coppia di vecchie Nord, la ragazza si spostò per riporre il mantello che al proprio arrivo aveva gettato sul bancone, e per distrarsi decise di dedicarsi alla preparazione del pranzo.
Più tardi, davanti a un buon piatto di zuppa, perorò di nuovo la propria causa con baci e carezze, e alla fine ottenne da suo marito, se non la promessa che desiderava, almeno un buon compromesso.
Calixto Corrium era un potenziale cliente pagante e non sarebbe stato bandito dalla bottega, ma da quel momento in poi, sotto il bancone, sarebbe stato posto un pugnale intriso di veleno paralizzante come estrema misura di difesa.

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Capitolo 6
*** L'altra faccia della giustizia ***


Da quando Rolff Pugno Roccioso era stato arrestato con l'accusa di aver rubato l'anello di Viola Giordano, le notti al Quartiere Grigio si erano fatte più piacevoli e le cause di disturbo si erano di molto affievolite.
Nelle due stanze che i coniugi Sadri usavano come abitazione regnava un dolce silenzio, simile a quello che aleggiava sul quartiere all'esterno delle loro mura e interrotto solo, di tanto in tanto, da un mormorio o da un sospiro. Nel camino il fuoco si era spento e le braci andavano raffreddandosi, ma nella camera adiacente stava avvampando un secondo genere di fiamme, meno pericolose ma altrettanto brucianti.
Stesa serenamente sul ventre al centro del proprio letto, con il capo appoggiato sulle braccia incrociate, Elyne si godeva la nuova calma nel modo più piacevole che era in grado di concepire: la sua camicia da notte giaceva appallottolata vicino alla testata del letto, i suoi capelli erano stati sollevati per scoprirle la nuca e una pioggia di baci ardenti le si stavano riversando sul collo e sulle spalle.
Contro la propria schiena sentiva la lieve pressione del petto nudo di suo marito, che chino su di lei si sosteneva sugli avambracci.
“... Revyn!” Gemette all'improvviso quando i denti dell'elfo le affondarono nell'incavo collo, e immediatamente sopra di sé lo avvertì bilanciare il peso su un solo braccio, mentre con una mano accorreva a premere il punto in cui aveva inferto il proprio morso.
“Era troppo?” Le domandò lui con una punta di preoccupazione.
“Era perfetto.” Sospirò Elyne. “Ma non lasciarmi segni in punti visibili.
Tutto quello che ricevette in risposta fu una bassa risata, e un istante dopo una nuova serie di effusioni, più audaci delle precedenti, si riversò su di lei.
Non ci volle molto perché il fuoco che ardeva tra loro divampasse; allora Revyn si sollevò a sedere, e a cavalcioni dei lombi di sua moglie le passò le mani lungo la schiena e sulle natiche, preparandosi a scivolare nel suo ventre.
“Solleva un po' i fianchi.” La pregò con la voce mozza per l'anticipazione, ma proprio in quell'istante giunse alle loro orecchie un lieve rumore metallico dall'ingresso dell'emporio che spense istantaneamente ogni ardore.
Allarmata Elyne si voltò per guardare suo marito, che a quel suono si era staccato da lei ed era scivolato silenziosamente giù dal letto, cominciando a rivestirsi velocemente.
Il rumore si ripeté di nuovo, lieve e ritmico come se qualcuno stesse cercando di infilare nella loro serratura una chiave che non coincideva. Colto il suo sguardo Revyn le fece cenno di restare a letto, si premette un dito sulle labbra per indicarle di fare silenzio e si mosse verso l'emporio adiacente.
Incapace di restare in attesa mentre qualcuno cercava di scassinare la loro porta, Elyne si infilò frettolosamente la camicia da notte e lo seguì in silenzio attraverso le due stanze della loro casa. Giunta nel locale della bottega lo trovò già con l'orecchio affilato accostato all'uscio. Revyn rimase in ascolto per qualche istante, con un'aria cupa che faceva risaltare i tratti severi tipici della sua gente, quindi sollevò un braccio e batté violentemente il pugno sulla porta.
Dall'altro lato giunse un improvviso scalpiccio, e poco dopo i due coniugi udirono un rumore di passi che si allontanava.
“Mi spiace. Spero che non ti sia spaventata.” Le disse piano suo marito, quando Elyne lo raggiunse. “Torna a letto, daelha. Questa notte sorveglierò la porta per evitare che provino di nuovo a scassinarla, e domattina chiederò a Oengul di passare a montare un nuovo chiavistello.” Le sue dita grigie si mossero verso il catenaccio già presente, controllando che fosse ben tirato. “Era un pezzo che non ci provavano. Speravo avessero smesso.”
“Capita spesso?” Gli domandò Elyne, accostandoglisi per combattere il freddo che aleggiava nella loro casa. Quando aveva abbandonato la camera da letto non ci aveva fatto caso, troppo allarmata per badarci, ma ora che il pericolo era rientrato poteva distintamente sentire il gelo attraverso la sua camicia da notte.
“Di tanto in tanto. Sono i Nord.” Replicò stancamente Revyn, passando una mano sul battente di quercia rinforzato da fasce metalliche. “Quattro anni fa sono entrati e hanno cercato di vandalizzare la bottega. Sono riuscito a scacciarli prima che causassero troppi danni, ma la porta era rovinata. Sono stato costretto a cambiarla.” Le spiegò, attirandola a sé con un braccio per stringerla. “Tempo fa hanno cercato di intrufolarsi anche dentro Nuova Gnisis, ma credo che Malthyr e Ambarys abbiano messo loro paura. E ho perso il conto delle volte in cui è stato rovinato il banco di Aval al mercato.”
“Tutto questo è indecente. Ma non c'è nessuno che li fermi?”
“E chi potrebbe farlo? Le hai viste, le guardie... ma tu stai tremando, yi daelha. Dovresti metterti a letto prima di prenderti un malanno.”
Elyne accettò silenziosamente il suo bacio sulla fronte e si allontanò verso la camera da letto, ma non si coricò. Invece strappò le coperte dal talamo, raccolse i cuscini e pescò una seconda trapunta dal baule in fondo alla stanza.
Con il suo morbido carico tornò nella bottega, e davanti allo sguardo stupito di suo marito approntò un giaciglio sul pavimento.
“Non posso dormire da sola. Resterei in pensiero tutto il tempo.” Gli spiegò, sistemando i cuscini. “Resterò a vegliare con te. E magari...” Continuò, guardandolo sottecchi. “... potremmo continuare quello che abbiamo interrotto.”
Per tutta risposta Revyn si lasciò sfuggire un gemito affranto, e chinandosi su di lei le baciò la sommità della testa.
“Lo vorrei, ma temo che questa faccenda mi abbia rovinato l'umore.” Si scusò.
“Allora mi accontento di averti vicino.” Ribatté svelta Elyne, sistemandosi nel nido di coperte che aveva creato vicino all'ingresso. “Ora vieni. Se dobbiamo vegliare la porta, tanto vale farlo al caldo.” Lo invitò allungando una mano nella sua direzione. Senza farselo ripetere Revyn si coricò accanto a lei, avendo cura di essere rivolto verso l'uscio, e insieme vegliarono la porta fino a che il sonno non ebbe la meglio su di loro.


L'indomani mattina, i coniugi Sadri chiusero l'emporio per sbrigare le loro faccende.
Revyn intendeva andare dal fabbro per parlargli del nuovo chiavistello, e lo avrebbe fatto, probabilmente, alle prime luci del giorno, se solo Elyne non gli avesse chiesto di poterlo accompagnare.
La ragazza intendeva denunciare l'accaduto al corpo di guardia cittadino, e per quanto suo marito avesse cercato di dissuaderla, spiegandole che nessuno le avrebbe dato credito, lei non aveva sentito ragioni.
Così, poco dopo colazione, si avvolsero nei loro mantelli e affrontarono insieme le strade gelate e il freddo invernale. La via più breve per il mercato richiedeva che attraversassero il Quartiere, e fu con estrema attenzione che scesero prima e risalirono poi le scalinate di pietra ricoperte da uno strato di ghiaccio.
“Al ritorno faremo il giro lungo.” Le disse Revyn, stringendo il suo braccio sotto al proprio per tenerla accanto a sé. “Non credevo che le scale fossero così ghiacciate. Non voglio rischiare di scivolare.”
“Se dobbiamo allungare tanto la strada allora potremmo passare dal porto, prima di tornare a casa.” Elyne sollevò leggermente lo sguardo, osservando i vessilli stracciati delle Casate che ornavano l'ingresso del Quartiere Grigio. “Voglio comprare dai pescatori del pesce macellaio.”
“Per andare dal fabbro attraverseremo il mercato. Possiamo chiedere ad Aval di procurarcelo.”
“Voglio sceglierlo da sola.”
“Come desideri, allora.” Revyn le sollevò una mano e se la portò alle labbra, baciandone il dorso, e a quella dimostrazione di affetto un Nord che procedeva a poca distanza da loro storse il naso in una smorfia di disapprovazione.
Non era la prima volta che Elyne osservava un simile comportamento. A Windhelm le coppie miste erano rare e malviste, ma nel loro caso alcuni cittadini parevano addirittura prenderla sul personale, quasi che un Dunmer sposato a un'umana fosse qualche genere di offesa nei loro riguardi.
“Guarda, laggiù c'è una guardia.” Esclamò, ignorando il Nord e puntando verso un soldato che piantonava un angolo della strada.
“Forse è meglio se vai da sola.” La avvisò Revyn, rallentando il passo e lasciandole il braccio. “Ti daranno più ascolto senza di me.”
“Non dire sciocchezze.” Ribatté Elyne, prendendolo per mano per evitare che si allontanasse. “La casa è nostra, non mia: abbiamo subito un'ingiustizia entrambi. È nostro diritto denunciare quello che è successo ieri notte.”
Revyn sospirò soltanto, e comprendendo che non le avrebbe fatto cambiare idea si rassegnò a seguirla. Al loro avvicinamento la guardia ondeggiò il capo, fissando prima l'una e poi l'altro da dietro le fessure dell'elmo; la cotta di maglia che portava sopra la corazza di cuoio tintinnò leggermente quando si mosse per agganciare una mano guantata alla cintura, ma non fece nulla che Elyne potesse interpretare come ostile e questo la incoraggiò a prendere la parola.
“Vorrei presentare una denuncia.” Esordì levando il volto per guardare la guardia, dal momento che quest'ultima la superava di almeno una quarantina di centimetri.
“Sì?” Il soldato volse il capo verso Revyn, lo fissò per qualche istante e poi tornò sulla giovane Bretone. “E per cosa lo vorreste denunciare?”
La sua risposta prese la ragazza contropiede, e le ci volle qualche istante per capire cosa stesse intendendo.
“Cosa... no! Questo è mio marito, non è lui che voglio denunciare.” Protestò. “Si tratta di alcuni cittadini Nord. La scorsa notte hanno cercato di scassinare la nostra porta e introdursi in casa nostra.”
“Mh. E come sapete che erano Nord?” Ribatté la guardia con fare scettico.
“Perché sono sempre uomini Nord quelli che vengono a creare disturbo al Quartiere Grigio...”
“Se state al Quartiere Grigio, chi mi dice che non siano stati gli altri Dunmer?” La interruppe il soldato con una certa impazienza. “Non c'è da aspettarsi niente di meno da gente di quella risma. E vi devo avvisare, signora, che se sentirò un'altra calunnia ai danni dei cittadini di questa città dovrò prendere provvedimenti.”
Elyne non riusciva a credere alle proprie orecchie. Quella era la seconda volta che veniva minacciata dalle guardie cittadine per un crimine che non aveva commesso.
Indignata e offesa aprì la bocca per ribattere, ma Revyn la batté sul tempo. Scusandosi con il soldato le cinse le spalle con un braccio, conducendola via il più velocemente possibile; quando la ragazza si volse verso di lui per protestare, scorse sul suo volto una tale espressione di rabbia impotente che la spinse a tacere.
Continuando a stringerla a sé suo marito la guidò verso il tempio di Talos e imboccò un viottolo laterale, momentaneamente sgombro. Lì rallentò il passo, e appena gli fu possibile si fermò e la strinse con forza tra le braccia.
“Mi dispiace. Tu non dovresti subire tutto questo.” Le disse in un sussurro teso, premendole le labbra sui capelli corvini. “Certi Nord sono degli animali.”
“Perché ci trattano così?” Gli domandò Elyne, accarezzandogli la schiena attraverso il mantello.
“Per colpa mia.” Revyn si staccò leggermente da lei, prendendole il viso tra le mani. “Ti trattano male perché sono un Dunmer. Per molta gente, qui a Windhelm, sono solo un cittadino di seconda categoria.” Le spiegò, mentre sul suo volto grigio passava un'aria contrita. “Io... forse ti ho fatto un torto, sposandoti.”
“Non dirlo!” Protestò la ragazza, sentendo una fitta al cuore. “Non voglio sentire nulla del genere! Non avrei potuto trovare un marito migliore, e se tornassi indietro farei sempre la medesima scelta.” Gli disse, cercando con lo sguardo i suoi occhi vermigli. “Non mi hai fatto alcun torto. L'unica cosa di cui mi pento è di averti conosciuto per colpa di un avviso di espulsione. Se avessi saputo com'era la vita con te, ti avrei chiesto di sposarmi quella volta che sono venuta a venderti il mio anello.”
Elyne non conosceva la lingua dei Dunmer, e così non comprese una sola parola del lungo, appassionato discorso che Revyn le fece dopo quella dichiarazione. Ma il tono amorevole e ardente, insieme ai baci che punteggiarono le sue frasi, le dettero indizi sufficienti per immaginare che il suo sposo stesse esprimendo voti simili.

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Capitolo 7
*** Le notizie che non ti aspetti ***


Oengul il fabbro passò alla bottega tre giorni più tardi, e con il nuovo chiavistello montato sulla porta Elyne si sentì finalmente rassicurata.
La barra di metallo era abbastanza spessa perché non potesse essere piegata nemmeno se la porta fosse stata presa a calci, e con quel pensiero confortate tornò a dormire sonni tranquilli.
Era passata ormai una settimana dal tentativo di scasso e una decina di giorni dal suo incontro con Calixto. Il cielo sopra Windhelm continuava a essere grigio e coperto, ma in quel lasso di tempo si era verificata una sola, breve nevicata, e così gli abitanti avevano ripreso con i consueti ritmi della loro vita.
Persino l'attività della bottega era tornata ai livelli autunnali, e nonostante le strade fossero ancora largamente coperte da una coltre bianca e ghiacciata, i clienti erano tornati ad affacciarsi alla loro porta.
“Benvenuto alla Bottega dell'usato di Sadri.” Trillò Elyne da dietro il bancone, accogliendo un uomo che aveva appena fatto il suo ingresso. “Prego, accomodatevi. Come posso esservi di aiuto?”
Sistemato a qualche distanza da lei, Revyn sollevò lo sguardo dalla merce che stava mostrando a una cliente per lanciarle un'occhiata soddisfatta; grazie a lei poteva permettersi di servire più di una persona per volta, e questo aveva innegabilmente aiutato gli affari.
Il nuovo arrivato stava cercando degli attrezzi per riparare il tetto di un pollaio, rovinato dalla neve, e così la ragazza fu costretta a lasciare il locale della bottega per cercare in necessario all'interno del magazzino.
Le ci volle qualche tempo per trovare esattamente quanto le era stato richiesto, e pertanto non si accorse dell'ingresso di una terza persona se non quando tornò indietro, reggendo tra le braccia una scelta di attrezzi e un sacchetto di chiodi.
“Un annuncio dello Jarl!” Stava dicendo un ragazzino Nord, tirando la manica della donna impegnata con Revyn. “Stanno per dare un annuncio dello Jarl! Andiamo, mamma. Stanno già suonando i tamburi!”
“Che genere di annuncio?” Domandò l'uomo che Elyne stava servendo, dando appena un'occhiata al materiale portato dalla ragazza prima di posare una decina di monete sul banco.
“Non lo so. Si stanno radunando tutti al palazzo.” Il ragazzino si sistemò meglio il berretto di panno sui capelli scompigliati, e dopo aver esortato ancora la donna a seguirlo infilò la porta, correndo all'esterno.
Nel pieno dell'inverno non erano molti gli avvenimenti in grado di scuotere gli animi, ma un annuncio da parte dello Jarl era tra quelli.
Spinti dalla curiosità per quell'evento i due clienti conclusero in fretta e furia i propri acquisti, e non appena Elyne e suo marito si ritrovarono da soli si affrettarono a vestirsi per uscire.
Mentre attraversavano il Quartiere Grigio poterono udire il lontano rullo dei tamburi che richiamavano la popolazione, ma quando raggiunsero il palazzo il loro suono era già cessato.
Le doppie porte del palazzo reale, sempre chiuse, erano state spalancate per accogliere i cittadini, e mentre seguiva Revyn in mezzo alla folla la ragazza poté godere di uno scorcio della sala del trono. A differenza di quello che aveva immaginato, però, non c'era nulla di sontuoso là dentro: tra quelle alte mura di pietra si respirava la stessa atmosfera austera del resto della città, e l'unico accenno di ricchezza si poteva trovare nelle rifiniture d'argento dei candelabri e negli stendardi si seta azzurra che pendevano dal soffitto. Chiunque vivesse là dentro, sembrava non ricercare un agio maggiore di quello goduto dai suoi soldati.
“Vieni.” Le disse Revyn, stringendole la mano per evitare che la folla li separasse. “Dobbiamo spostarci sui lati della sala. Restami vicina.”
“Quello laggiù è lo Jarl?” Gli domandò lei, puntando lo sguardo verso il fondo della sala. Laggiù, sotto un vessillo azzurro decorato con una testa d'orso, un Nord di mezza età con il fisico massiccio tipico del guerriero era appena salito su una pedana, sedendosi su un trono di pietra.
“Quello è Ulfric Manto della Tempesta.” Le confermò suo marito, fendendo la calca di umani. “È lui che regna su Windhelm e su tutta la regione... ecco, siamo arrivati.”
Revyn rallentò il passo, fermandosi accanto a una colonna di pietra grigia, e guardandosi intorno Elyne provò una fitta di mortificazione. L'area in cui l'aveva condotta suo marito era occupata da soli Dunmer, delimitata discretamente da una serie di vecchi tappeti stesi sul pavimento freddo; a quanto pareva i Nord non si mescolavano con gli elfi di Morrowind nemmeno durante le adunanze cittadine.
Udite, abitanti dell'Eastmarch e cittadini di Windhelm!”
L'urlo del banditore spinse la ragazza a sollevare il capo ma, per quanto lo cercasse con lo sguardo, dalla sua posizione non le fu possibile individuarlo, e così tornò a scrutare in direzione dello Jarl.
Udite, Dame e Signori delle terre dell'Est...”
“Perché ci sono due troni?” Sussurrò Elyne all'orecchio di suo marito, stringendoglisi accanto.
Udite! Per volere dello Jarl Ulfric Manto della Tempesta, Sovrano dell'Eastmarch, Orso di Windhelm, Signore delle Tundre Gelate...”
“Quello è il seggio di Lady Lirael.” Le mormorò Revyn in risposta, accarezzandole la schiena attraverso il mantello. “Era la moglie di Lord Ulfric, ma è scomparsa circa un anno fa.”
Udite!...
“Povera donna. E com'è morta?”
Udite!...
“Non è morta. È scomparsa insieme alla sua dama di compagnia mentre era fuori dalle mura.” Revyn voltò il capo, sfiorandole fugacemente una tempia con le labbra. “Hanno trovato la sua scorta massacrata. Dicono che sia stata rapita, ma non si sono mai ricevute notizie né richieste di riscatto.”
“Ssssh.” Il sibilo sorto alle loro spalle li spinse a voltarsi, e con loro sorpresa si ritrovarono a fissare il volto grigio e sottile di Idesa. “Chiacchieroni. Siete qui da tanto?”
“Siamo appena arrivati. Vieni.” Revyn si mosse per far spazio alla sorella, e tutti e tre si ritrovarono stretti gli uni contro gli altri in mezzo alla folla.
“Udite!” Giunse loro la voce del banditore. “E gioite, perché il terrore sulle nostre strade è finalmente cessato. Nel sedicesimo giorno del mese di Stella del Mattino, la minaccia del Macellaio è stata debellata.” Dai cittadini si levò un mormorio sorpreso, ma l'uomo li ignorò e continuò a enunciare. “Grazie alle indagini di Hakar Occhio di Corvo, Calixto Corrium è stato sorpreso nel pieno dei suoi crimini e assicurato alla giustizia.”
Questa volta toccò a Elyne esalare un'esclamazione di stupore, e le dita di Revyn si strinsero sulle sue quasi all'istante in un muto gesto di sostegno.
“Corrium,” Continuò il banditore. “Ha confessato il suo operato senza pentimento, ed è perito durante la cattura. Pertanto, non potendo essere condannato a morte, per ordine di Jarl Ulfric il suo corpo non verrà tumulato ma bruciato, e le sue ceneri sparse nella porcilaia cittadina.” Un nuovo mormorio si levò dalla folla, e l'uomo fu costretto ad alzare ancor di più la voce. “Jarl Ulfric concede inoltre a Hakar Occhio di Corvo, per il prezioso aiuto fornito alla città e la perizia delle sue indagini, il nobile titolo di Thane di Windhelm.”
“Cos'è un Thane?” Sussurrò Elyne a suo marito.
“Qualcuno che si è distinto per per i suoi servizi alla città.” Le rispose Revyn. “Ha diritto a un pezzo di terra o a un'abitazione, può presenziare ai pasti dello Jarl e le guardie hanno un occhio di riguardo nei suoi confronti.”
“Solo per quest'ultimo punto sono quasi tentata di diventarlo io stessa.”
Suo marito ridacchiò, e spingendo gli astanti per guadagnare un po' di spazio le passò un braccio attorno alla vita.
Nascosto alla loro vista il banditore continuò a declamare la gloria dello Jarl e della cattura di Calixto, e dopo quelli che parvero loro interminabili minuti dichiarò conclusa l'adunanza cittadina con uno squillo di tromba.
Uscire dalla calca si rivelò difficile come lo era stato entrarvi. Elyne, stringendo Revyn per una mano e Idesa per l'altra, si ritrovò nuovamente sballottata in mezzo alla folla, e tirò un sospiro di sollievo solo quando riuscì a uscire dalle porte del palazzo.
Lì si separarono, e mentre Idesa tornava al proprio lavoro da bambinaia presso la tenuta dei Mare Crudele, Elyne e suo marito si diressero verso il Quartiere Grigio.
“Alla fine era Calixto. Chi l'avrebbe mai detto.” Commentò Revyn mentre passavano sotto i vessilli vermigli delle antiche Casate di Morrowind, stracciati da due secoli di intemperie. “Avevi ragione a trovarlo inquietante.”
“Se penso che, prima di incontrare te, sono stata a passeggio con lui!” Esclamò la ragazza, sollevando l'orlo delle gonne per scendere i gradini di pietra. “Avevo notato che era strano, ma non immaginavo di aver rischiato così tanto.”
“Allora devo ringraziare Aval per averci presentati e averti evitato così un secondo appuntamento.”
“Oppure devi dargli la colpa. È stato lui a farmi incontrare Calixto.”
Per tutta risposta Revyn sbottò in una breve risata, sistemandosi con una mano la sciarpa che lo copriva fin sotto al mento.
Insieme attraversarono il quartiere, procedendo lungo il passaggio aperto dagli abitanti tra due ali di neve ghiacciata, e giunti all'altezza della locanda locale l'elfo si fermò.
“Ti spiace aprire l'emporio da sola?” Le domandò, volgendo il capo verso la porta chiusa. “Al palazzo non ho visto Ambarys e voglio portargli le ultime notizie. Calixto è venuto qui a bere un paio di volte, questa estate: credo che troverà interessante sapere chi fosse realmente.”
Elyne si disse d'accordo, e prima di tornare alla bottega si lasciò stringere per essere salutata con un bacio.
Credeva che la via fosse sgombra, ma dovette ricredersi quando intorno a loro risuonò un fischio acuto.
“Niente smancerie davanti alla locanda.” Li riprese la voce di Malthyr, uscito momentaneamente dal locale per spazzare l'ingresso. “Ci fate scappare i clienti.”
“Se non li fai scappare tu, non vedo come possa farlo io.” Ribatté svelto Revyn, e lasciato un secondo bacio sulla fronte di sua moglie si staccò da lei, dirigendosi verso la locanda.
Rimasta sola, Elyne si affrettò verso la bottega con il cuore leggero.
Dal suo ultimo incontro con Calixto non era passato giorno senza che lei temesse di vederlo comparire sul proprio uscio. Per tutto quel tempo si era aspettata che tenesse fede alla sua invadente promessa, e sapere della sua fine la riempiva ora di una colpevole soddisfazione.
Quell'uomo non avrebbe più fatto del male a nessuno, e questo era un bene.
Ma tutto ciò che importava a Elyne, era che non avrebbe più infastidito lei e suo marito.




Le notizie sull'identità del Macellaio e sulla sua fine furono a lungo sulla bocca dei cittadini.
All'indomani dell'annuncio i coniugi Sadri ne parlavano ancora tra loro, e così faceva l'intera Windhelm.
“Ma come è possibile che nessuno se ne sia accorto?” Si chiese Elyne per l'ennesima una volta, gettandosi dietro una spalla la sua lunga treccia nera.
“Non so cosa dirti.” Seduto di fronte a lei, Revyn rimestò con un cucchiaio all'interno della propria ciotola di zuppa fino a pescare un grosso pezzo di verdura. “Sembrava un uomo normale, senza grosse bizzarrie.”
“Non c'era niente di normale nel suo sguardo.” Ribadì la ragazza aggrottando la fronte, e Revyn, impegnato in quel momento a gustarsi una cucchiaiata di cibo, si strinse solo nelle spalle.
La bottega era momentaneamente chiusa per l'ora di pranzo, e i due sposi stavano consumando un sostanzioso pasto nella stanza principale della loro piccola abitazione. Prima di prendere moglie Revyn non aveva mai chiuso l'emporio, se non per la sera; i suoi pasti venivano consumati frettolosamente dietro al bancone, in modo da poter servire quanti più clienti possibili, ma l'arrivo di Elyne lo aveva spinto a cambiare le proprie abitudini. Passare del tempo insieme, da soli e senza il disturbo di clienti o amici, era loro necessario per coltivare il rapporto che avevano stretto con il matrimonio.
“Quello che mi stupisce.” Riprese l'elfo, tagliando una fetta da una grossa pagnotta dalla crosta nera. “È che abbia potuto agire per così tanti anni senza che le guardie lo fermassero prima.”
“Perché le guardie di questa città sono scadenti e ottuse.” Ribadì la ragazza, ringraziandolo con un sorriso quando lui le porse la fetta appena tagliata. “Mi stupisce che la mattina riescano a vestirsi senza incidenti.”
A quelle parole Revyn si lasciò sfuggire una silenziosa risata, soffocata dal boccone di pane che si era appena infilato in bocca, ma si interruppe quando un improvviso colpo si abbatté sulla porta dell'emporio.
Immediatamente l'elfo si alzò per andare ad aprire, ingollando il suo pezzo di pagnotta in fretta e furia, ma prima che potesse allontanarsi Elyne lo trattenne afferrandolo per un polso.
“Non andare.” Lo pregò. “Sanno che la bottega è chiusa, a quest'ora. Chiunque sia può ben aspettare finché non avremo riaperto.”
“Potrebbe essere Brunwulf con la legna che gli abbiamo chiesto.” Revyn si districò gentilmente dalla sua presa, chinandosi per baciarle le dita. “Se si dovesse trattare di qualcun altro gli chiederò di tornare più tardi... Sì, sto arrivando!” Vociò, quando un secondo colpo si abbatté impazientemente sulla loro porta.
Soddisfatta da quella risposta Elyne tornò a dedicarsi al proprio pasto. Dalla stanza adiacente le giunse il cigolio del battente che si apriva e il suono della voce di suo marito, che salutava chiunque fosse venuto a disturbarli, e quando non riconobbe il tono che sorse in risposta si convinse che presto avrebbe visto Revyn tornare da lei per continuare il loro pranzo.
Contro ogni sua previsione, invece, dalla bottega le giunse il tonfo sordo di diversi stivali e il preoccupante tintinnio metallico che accompagnava solitamente il passo dei soldati.
Allarmata scattò in piedi, dirigendosi frettolosamente nella stanza adiacente, e non appena vi giunse ciò che vide riuscì solo ad accrescere la sua paura.
Quattro guardie armate si erano dispose in formazione all'interno della bottega, attorniando un uomo massiccio che stava ora fronteggiando suo marito.
Revyn, che possedeva il fisico snello e compatto degli elfi, tra quei cinque Nord sembrava ancor più minuto del solito. Non appariva intimorito, ma Elyne non poté fare a meno di sentirsi in apprensione; loro non avevano fatto niente: cosa mai potevano volere quelle guardie? Perché si erano introdotte nella loro casa in quel modo? Forse che volessero affibbiar loro qualche colpa?
Ma soprattutto, se avessero cercato di portarle via Revyn, sarebbe riuscita ad avvilupparle tutte nella distruttiva ondata della sua magia, lasciando lui illeso?
“Cosa sta succedendo?” Domandò a voce forse un po' troppo alta, stringendo le braccia attorno alla vita di suo marito in un gesto protettivo.
L'unico uomo che non portava i panni del soldato abbassò lo sguardo su di lei, scrutandola dall'alto con acuti occhi azzurri, e fu allora che lo riconobbe. Quello era lo stesso Nord che era venuto da loro con un amuleto che puzzava di negromanzia.
“Signora.” La salutò lui con una punta di sorpresa, quasi che non si fosse aspettato di vederla. “Non c'è bisogno che vi allarmiate. Non siamo venuti qui per farvi del male, ma per portarvi un messaggio dello Jarl.”
Considerata la poca importanza che lo Jarl dava alla popolazione Dunmer, Elyne non si sentì esattamente rassicurata da quelle parole, e così si limitò a fissarlo in attesa che si spiegasse.
“Thane Hakar Occhio di Corvo.” Si presentò il Nord battendosi un pugno sul petto. “Immagino che voi foste presenti durante l'annuncio di ieri.” Continuò, facendo dardeggiare lo sguardo dall'uno all'altra. “Il Macellaio è stato identificato e fermato prima che potesse compiere nuove stragi.”
“Lo abbiamo sentito.” Gli confermò tranquillamente Revyn, sollevando un braccio per cingere le spalle della ragazza. “Ora non vorrei farvi fretta, ma io e mia moglie stavamo pranzando. Presto dovremo riaprire la bottega e vorremmo poter finire il nostro pasto prima che arrivino i clienti. Quindi, se siete venuti solo per portarci questa notizia...” Soggiunse, inclinando leggermente il capo verso la porta.
Nel parlare aveva mantenuto un tono cortese, lo stesso che usava solitamente quando si trovava dietro al bancone del suo emporio, ma alle guardie non sfuggì l'esortazione implicita nelle sue parole.
“Bada a come parli, Pellegrigia.” Sibilò una di loro tra i denti.
“Per favore.” Interloquì il Nord, voltandosi per fulminare con lo sguardo il soldato. “Non siamo qui per minacciare queste persone, ma per ringraziarle.” Quella era una tale assurdità che Elyne non poté trattenersi dallo schioccare la lingua, e l'uomo le rivolse un'occhiata divertita. “La signora Sadri non è d'accordo. Ma spero che vorrà credere alle mie parole non appena mi sarò spiegato.”
Così dicendo l'uomo estrasse una mano da sotto il mantello, porgendo verso i due sposi una grossa sacca di tela dalla quale sfuggì un tintinnio inequivocabile.
“Jarl Ulfric Manto della Tempesta mi ha incaricato di porgervi i suoi ringraziamenti per l'aiuto che avete dato durante le indagini.” Disse con un sorriso storto. “Ho inoltre l'incarico di consegnarvi una ricompensa di cinquecento septim per la vostra assistenza. Senza di voi non avremmo pensato alla negromanzia, e probabilmente non saremmo mai arrivati a Corrium.”
“Comprendo.” Revyn, senza smettere di tenere Elyne stretta a sé, allungò la mano libera e accettò la sacca di monete, ma anziché aprirla per controllare la ricompensa la depositò sul bancone come se non gli interessasse. “Dite allo Jarl che qui al Quartiere Grigio siamo sempre felici di collaborare per il benessere della cittadinanza. E ringraziatelo per la sua generosità.” Con quelle parole si esibì in un lievissimo inchino, appena accennato a causa del modo in cui erano abbracciati. “Se non c'è altro, devo chiedervi di lasciarci. Lo Jarl ci ha fatto un grande onore, ma io e mia moglie ora vorremmo finire il nostro pranzo.”
Elyne, che aveva nel frattempo allentato la presa sulla sua vita, a quelle ultime parole gli dette un leggero pizzicotto a un fianco. Anche lei era ansiosa di liberarsi delle guardie, ma riteneva fosse meglio non tirare troppo la corda.
“In realtà c'è altro.” Hakar, per nulla indispettito dall'implicito invito ad andarsene, spostò lo sguardo sulla giovane Bretone. “Elyne Augier. È il vostro nome, è esatto?”
Presa in contropiede Elyne riuscì solo ad annuire, immobilizzandosi contro il fianco di suo marito come un animale preso in trappola.
Perché era così importante il suo nome? Per caso era giunta qualche notizia da High Rock? Sapevano dunque tutto dell'incidente, ed erano così venuti per portarla via?
“Come immaginavo.” Ignorando il suo palese disagio il Nord infilò nuovamente la mano all'interno del mantello, e quando la estrasse porse ai due sposi uno strano oggetto metallico, lungo una spanna e non più largo di un dito, con un'estremità frastagliata in un modo che ricordava una chiave rudimentale.
“Questo è stato ritrovato nella casa di Corrium.” Spiegò loro Hakar, mentre Revyn si rigirava tra le dita quello strano oggetto. “Attorno allo stelo aveva legato un pezzetto di pergamena su cui erano segnati il vostro nome e alcuni... appunti, credo.” Concluse con una smorfia di disgusto.
“Che genere di appunti?” Domandò Revyn gravemente, senza smettere di studiare la chiave rudimentale.
“Corrium si era invischiato nella negromanzia.” Ribetté Hakar. “Faceva a pezzi i cadaveri per strappar loro quello che gli interessava. Non credo che vorreste sapere quali piani nutrisse per il corpo di vostra moglie.”
L'elfo non replicò, e con aria torva si limitò a passare il pollice sull'area frastagliata della chiave di Calixto. Con un braccio continuava a cingere le spalle di Elyne, e lei, che non si era spostata un solo istante dal suo fianco, in quel momento lo avvertì stringere la presa.
“Bene.” Riprese il Nord dopo qualche tempo, notando che nessuno dei due sembrava intenzionato a prendere la parola. “Non ho altro da riferire. Spero di non aver turbato troppo il vostro pranzo.”
“Mi avete appena detto che mia moglie poteva essere la prossima vittima del Macellaio. Come potrei mai essere turbato?” Domandò Revyn con amaro sarcasmo, lasciando la falsa chiave sul banco accanto alla sacca di monete. “Vi ringrazio per esservi disturbati a venire fino al Quartiere Grigio. E ringraziate nuovamente da parte nostra lo Jarl per la sua generosità.”
Hakar Occhio di Corvo annuì una sola volta, abbassando il capo in un rapido cenno d'assenso, e gli tese una mano per congedarsi. Quando l'elfo gliela strinse, le sue snelle dita grigie parvero quasi scomparire nella zampa arrossata dal freddo del Nord.
“Signora.” Lasciata la mano di Revyn l'uomo si volse nella direzione di Elyne, ripetendo lo stesso gesto.
La ragazza gli concesse le proprie dita senza pensarci due volte, ma al posto della stretta che era stata dedicata a suo marito a lei venne riservato un trattamento diverso, e con un unico gesto fluido il Nord si chinò per salutarla con un rozzo e sbrigativo baciamano.
Senza altra parola Hakar volse loro le spalle e uscì dalla bottega, immediatamente seguito dalle quattro guardie. Revyn aspettò di sentire i loro passi allontanarsi, e solo allora si districò dall'abbraccio di Elyne per andare a chiudere la porta a chiave.
La ragazza, intuendone l'agitazione, preferì non disturbarlo subito e dunque si voltò per studiare ciò che Hakar aveva loro consegnato. La sacca di monete, una volta aperta, rivelò un contenuto d'oro che, a occhio, corrispondeva a quanto era stato loro promesso, mentre la chiave rudimentale le parve preoccupantemente simile a quella della loro serratura principale.
Se la stava ancora rigirando tra le mani quando sentì Revyn accostarlesi.
Suo marito le fece scorrere affettuosamente una mano sulla schiena, volgendo il capo per baciarle una tempia. Le sue labbra grigie le rimasero premute sulla pelle un po' più a lungo del solito, e quando infine si staccò esalò un lento sospiro.
“L'hai notato?” Le domandò quietamente, indicando la chiave rudimentale che lei stringeva tra le dita. “È quasi identica a quella della nostra serratura. Se non avessi chiesto delle modifiche a Oengul quando sono stato costretto a cambiare la porta, probabilmente settimana scorsa Calixto sarebbe riuscito a entrare in casa.”
Elyne annuì, allarmata. Ricordava fin troppo bene la notte in cui erano stati disturbati da un tentativo di scasso, ma solo ora riusciva a collegare quell'evento con l'inquietante promessa di Calixto di venire all'emporio.
Se la sua chiave avesse girato senza impedimento nella serratura, se loro non fossero stati svegli...
“Ti avrebbe ucciso.” Mormorò turbata, cercando con lo sguardo gli occhi vermigli di suo marito.
“Ci avrebbe provato.” Le confermò Revyn con un inspiegabile sorrisetto scaltro, prendendole il viso tra le mani. “Ma non ci sarebbe riuscito, questo te lo posso garantire.”
“Mi sembri troppo sicuro di te.” Elyne socchiuse gli occhi, godendosi quel tocco morbido che contrastava nettamente con le dita ruvide e callose del Nord che li aveva visitati poco prima. “Sei un bottegaio, non un guerriero.”
“Vero. Ma non sono del tutto privo di mezzi.”
“Dubito che offrirgli uno sconto sulla merce lo avrebbe fermato.”
Le sue parole vennero accolte da una bassa risata, che illuminò il volto grigio di Revyn e gli tolse finalmente quell'espressione grave causata dalla recente visita delle guardie.
“Io sono un Dunmer, yi com'daelha.” Le ricordò, chinandosi a sfiorarle il naso con il proprio. “Non ho mai visto Morrowind, ma per diritto di sangue godo della sua protezione.”
“Non sono sicura di comprendere.”
“Questo non ha importanza.” Suo marito si sporse per darle un rapido bacio, e quando si raddrizzò le lasciò il viso, posandole le mani sulle spalle. “Ciò che importa davvero, è che in caso di pericolo tu sappia di poter contare su di me.”
Elyne gli rivolse un sorriso vago, scrollando il capo. Dubitava che Revyn potesse davvero fare qualcosa in caso di emergenza, ma non importava.
Se mai si fossero trovati nella situazione di doversi difendere, lei avrebbe potuto dar fondo alla sua magia e proteggere entrambi.

 

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Capitolo 8
*** Echi di guerra ***


Il resto dell'inverno trascorse senza nuovi eventi eclatanti.
Con il passare dei giorni il manto di neve che copriva la città si fece più sottile, il freddo intenso divenne un poco più sopportabile e il cielo grigio e pesante assunse la sfumatura pallida e gelata di una lastra di ghiaccio.
La primavera sorprese Elyne quasi all'improvviso. Abituata alla Festa dei Fiori di High Rock, che si svolgeva in un clima più temperato ed era sempre preannunciata da un rinverdirsi della vegetazione, non comprese che si stava avvicinando il giorno dell'equinozio fino a che non sentì Revyn parlarne con sua sorella.
A Windhelm, a causa della temperatura ancora inclemente che impediva alle piante di sbocciare, la primavera non veniva festeggiata con corolle di fiori, ma vi erano danze pubbliche e banchetti privati che non differivano molto da quanto la giovane Bretone aveva già visto nella sua terra d'origine.
Così il giorno designato si mise la bella gonna rossa che era stata il suo abito da sposa, si coprì il capo con un nuovo berretto di pelliccia e uscì al braccio di suo marito con il fermo proposito di godersi la giornata. In un angolo della piazza cittadina passarono la mattinata a ballare al suono dei tamburi e dei flauti dei musici, stando attenti a non entrare nel frenetico cerchio di coppie Nord danzanti, mentre il resto della giornata la trascorsero al Quartiere Grigio, prima come ospiti di Aval Atheron e dei suoi fratelli, poi come avventori della locanda di Nuova Gnisis, dove molte famiglie Dunmer si erano riunite in serata per festeggiare secondo la loro tradizione.
Lì, per la prima volta da quando era entrata a far parte di quella comunità, Elyne cominciò a sentirsi davvero accettata.
L'autunno era stato segnato dalla diffidenza nei suoi confronti e l'inverno aveva portato molti abitanti a credere che non avrebbe resistito a lungo ai primi freddi o alle scomodità del quartiere. Ma, contro ogni pronostico sfavorevole, Elyne era rimasta, e l'affetto che traspariva dai piccoli gesti tra lei e suo marito, così come la sua confidenza con gli Atheron, convinsero alcuni scettici ad ammorbidire le loro posizioni.
La giovane Bretone si trovò così, senza comprenderne davvero il motivo, al centro di una piccola serie di attenzioni. Gli adulti le rivolgevano la parola per cercare di capire che genere di donna fosse; i bambini le ronzavano intorno divertiti dal suo strano accento; e gli anziani, rigidi e austeri come suggeriva la loro razza, si sciolsero solo quando la videro accettare di buon grado gli auguri di una vecchia sacerdotessa, alla quale Revyn aveva chiesto di benedire la loro unione nel nome del Vero Tribunale.
C'era qualcosa di infinitamente dolce e amaro nella celebrazione dei Dunmer, qualcosa che non si ritrovava nell'allegria dei festeggiamenti Nord né nella vivacità di quelli Bretoni, e che toccò Elyne nel profondo. Alla gioia per l'arrivo della bella stagione si mescolava la nostalgia per la lontana terra di Morrowind, i suoi paesaggi dominati dal grande vulcano e le calde brezze che spiravano sui suoi territori. La giovane Bretone ascoltò a lungo i canti ritmati che i profughi avevano portato con loro a Skyrim quasi duecento anni prima, godendosi la melodia e sentendosi stringere il cuore per le traduzioni che Revyn le mormorava all'orecchio.
I partecipanti alla festa eseguirono quei brani a turno, e quando venne la volta del suo sposo lo udì per la seconda volta esprimersi nella sua lingua natale. La voce di Revyn non aveva niente di eccezionale e i suoni duri del Dunmeri non aiutavano a renderla più piacevole, ma almeno era intonato ed Elyne, ben lontana dal trovare un difetto nella sua esecuzione, gli posò il capo su una spalla e lo ascoltò con piacere.
Con l'avanzare della notte i toni si abbassarono e poco a poco il calore della sala, il sottofondo ronzante delle voci degli astanti e il boccale di sujamma che era stata spinta ad assaggiare ebbero la meglio su di lei.
Elyne chiuse gli occhi alla locanda di Nuova Gnisis e li riaprì soltanto molte ore più tardi, tra le coperte del proprio letto.
Le ci volle qualche attimo per recuperare lucidità e capire dove si trovasse, e quando accadde si lasciò sfuggire un sospiro affranto, indovinando cosa fosse accaduto.
Revyn doveva averla riportata a casa sollevandola tra le braccia, e una volta lì l'aveva sistemata sotto le coperte ancora vestita, curandosi soltanto di toglierle gli stivali e allentarle i lacci del corsetto per darle maggiore agio. Come ci fosse riuscito senza svegliarla – o senza nemmeno provare a farlo – era qualcosa che che andava oltre la sua comprensione.
Un enigma.” Pensò la giovane stancamente, voltandosi tra le coperte per guardare l'uomo che dormiva tranquillamente al suo fianco. Le sue dita si allungarono verso il volto grigio di suo marito, scostandogli le ciocche nere che gli erano scese sulla fronte. “Un enigma avvolto in una coperta di lana. E con una bella faccia.” Aggiunse, e a quel pensiero ridacchiò scioccamente tra sé, sfiorandogli una guancia.
Non sapeva esattamente quando avesse cominciato a trovare attraente l'uomo che aveva sposato, e ancora si stupiva di come, in passato, avesse potuto trovare i Dunmer tanto inquietanti e sgradevoli.
Non c'era niente di inquietante, niente di sgradevole nell'aspetto del suo sposo, e quel pensiero era rinfocolato dal sentimento che ormai da qualche tempo sentiva premerle dolcemente in petto.
C'era una parola che si affacciava spesso alla sua mente, e che Elyne si affrettava a scacciare ogni volta che la sentiva sfiorarle le labbra; forse era ancora troppo presto per quel genere di confessioni, e lei temeva di rovinare il loro rapporto se avesse cercato di bruciare i tempi.
Eppure, anche se taceva, non poteva fare a meno di sentire.
E ciò che sentiva non era altro che la stima e l'affetto per suo marito che andavano mutando lentamente in qualcosa di più.



I giorni successivi trascorsero sulla scia del piacevole ricordo lasciato dalla festa, e l'avvento di Mano della Pioggia portò a Elyne una nuova distrazione.
A High Rock il mese appena iniziato avrebbe portato alcune importanti ricorrenze, ma a Skyrim non si celebravano le festività Bretoni e tutto quello che la ragazza poteva sperare era di trovare un po' di divertimento durante il Giorno dei Burloni; quella era una delle poche feste che venivano festeggiate in tutta Tamriel, e lei non vedeva l'ora di svagarsi con i bonari scherzi che avrebbero animato la giornata.
“Dovremo tenere chiuso l'emporio.” La avvisò Revyn una mattina, mentre si dirigevano insieme alla piazza del mercato approfittando del giorno di riposo settimanale. “Alcuni Nord potrebbero spingersi un po' più in là del consentito con noi del Quartiere, e voglio limitare i danni.”
“Creano molti problemi di solito?” Gli domandò la ragazza, stringendosi al suo braccio per combattere l'aria fredda che spirava sulla città.
“Meno di quanti potrebbero, ma più di quanti dovrebbero.” Ribatté suo marito con fare seccato, ma cogliendo la sua espressione corrucciata si affrettò a rassicurarla. “Non essere preoccupata, yi daelha. Passeremo una bella giornata, te lo prometto.”
“Lo spero.” Sospirò Elyne di rimando, accarezzandogli il braccio sotto il riparo del mantello.
Mentre attraversavano la città, la giovane Bretone notò diversi sguardi in tralice che seguivano la loro avanzata. Lei e Revyn non erano l'unica coppia mista presente a Windhelm, ma il fatto che lui fosse un Dunmer sembrava attirare più sguardi del necessario. Di certo, più di quanti la ragazza avrebbe desiderato.
“Non farci caso.” Le disse suo marito dopo qualche tempo, notando il suo nervosismo. “Sono solo curiosi. Gli abitanti del Quartiere Grigio di solito non si mischiano con gli altri.”
“Quindi, ai loro occhi ti saresti mischiato con me?” Ribatté lei cercando di non ridere, ma ogni ilarità le morì sulle labbra quando scorse l'occhiata ardente del suo sposo.
“Non l'ho fatto solo ai loro occhi, non credi, daelha?” Le sussurrò suadente all'orecchio, facendole scorrere un piacevole brivido lungo la schiena.
“Non dovresti parlarmi così in mezzo alla strada.” Lo redarguì a bassa voce, mentre le guance le andavano in fiamme. Avrebbe voluto suonare più severa, ma le era difficile assumere un'aria austera quando le sue labbra erano piegate in un sorriso compiaciuto.
“Perché ti metto in imbarazzo?”
“Perché non posso baciarti come vorrei.”
La sua risposta venne accolta da una risata silenziosa, soffocata dal guanto che Revyn si premette sulla bocca. Sotto al mantello le strinse affettuosamente il braccio e, quando abbassò la mano guantata, sulle sue labbra grigie c'era lo stesso sorriso complice che aleggiava su quelle rosee della sua sposa.
Stavano ancora stuzzicandosi a vicenda in tono sommesso quando, costeggiando la locanda del Focolare Accogliente, capitò che incrociassero un gruppo di uomini e donne diretti al palazzo dello Jarl.
Erano tutti Nord, notò Elyne, e ciascuno di loro portava un'arma alla cintola. Da soli occupavano la strada per quasi l'intera larghezza, ma nel passare accanto alla coppia non modificarono minimamente la loro formazione, costringendo Revyn ad attirare la moglie a sé e a spingerla gentilmente contro la parete della locanda per evitarle di essere travolta.
“Un po' di attenzione, accidenti.” Brontolò la ragazza mentre il gruppo le passava accanto. Nel suo sfogo non aveva pensato alle conseguenze, e così venne colta di sorpresa quando uno dei guerrieri a portata d'orecchio si fermò e tornò sui propri passi per fronteggiarla.
Elyne non aveva paura per sé, perché sapeva che la sua magia le avrebbe concesso di difendersi contro qualunque prepotente, ma temeva per Revyn, che nel vedere il guerriero tornare indietro si era sistemato davanti a lei con fare protettivo. Era un gesto così dolce e così profondamente sciocco, dal momento che il Nord era molto più alto e robusto di lui e che avrebbe potuto stenderlo con un solo manrovescio, che nell'assistervi la giovane si sentì quasi commossa.
Doveva davvero invitare Aval a cena, per ringraziarlo di averle presentato un uomo così caro.
“Hai problemi, ragazza?” Le domandò il guerriero con tono ostile, guardandola con fare sprezzante dall'alto in basso.
“Tsk. Bretoni e pellegrigia.” Sibilò uno dei suoi compagni, fermandosi a propria volta e posando una mano sull'accetta da boscaiolo che portava alla cintura. “Perché non ve ne tornate nella vostra terra? Syrim appartiene ai Nord.”
“Lasciali perdere, Harbard.” Interloquì una delle donne del gruppo, posando una mano sulla spalla del primo uomo. “E anche tu, Sven. Quando Lord Ulfric sarà finalmente Re dei Re, ci penserà lui a fare piazza pulita.”
Le sue parole vennero accolte da un coro di brontolii di assenso, e con un'ultima occhiata trionfante il gruppo di Nord voltò loro le spalle, riprendendo a camminare verso il palazzo dello Jarl.
Elyne non attese di vederli svoltare l'angolo. Insinuando le braccia sotto le falde del mantello di suo marito gli cinse la vita, stringendolo a sé senza curarsi di chi avrebbe potuto vederli.
“Che cosa volevano dire?” Gli domandò, confusa. “Cos'è questa storia del Re dei Re?”
“È complicato.” Sospirò Revyn, cingendole le spalle per ricambiare il suo abbraccio. “A High Rock non vi sono giunte voci sulla rivolta dei Manto della Tempesta, immagino.”
“Vengo da un villaggio molto piccolo, le notizie delle altre terre non ci raggiungevano quasi mai. Però ho sentito dire qualcosa in merito mentre ero sulla nave che mi ha portata a Skyrim.” Elyne aggrottò la fronte, cercando di ricordare. “Voci su Talos e su alcuni disordini che l'Impero stava tenendo a bada, mi pare. Ma durante la traversata avevo altro per la testa, non ho pensato di ascoltare i marinai.”
“E sei arrivata proprio durante la calma prima della tempesta, a quanto pare.” Revyn si sporse in avanti, baciandole fugacemente la fronte. “Ti spiegherò tutto non appena saremo tornati a casa. Ma ora andiamo: Hildr Mano Gelata ci stava guardando da dietro quell'angolo laggiù, e non vorrei che ci denunci a qualche guardia per atti osceni in luogo pubblico.”
La sola idea era così assurda che Elyne si lasciò sfuggire una bassa risata, sciogliendo suo marito dall'abbraccio.
“Povera Hildr. Deve condurre una vita davvero triste, per trovare in tutto questo qualcosa di osceno.”
“Cara, dimentichi che sono elfo scuro?” Ribatté Revyn con finto stupore, prendendola per mano e cominciando ad avviarsi lungo la strada. “Non sia mai che la vista di un Dunmer che stringe la sua sposa possa turbare i bambini.”
“Che gli Dei ce ne scampino!” Rise la ragazza, relegando il preoccupante pensiero della rivolta in un angolo della propria mente. Con gentilezza districò le proprie dita dalla stretta di Revyn, ma solo per fargli scivolare nuovamente la mano sotto il braccio e stringerglisi più vicina.
Insieme imboccarono un vicolo che costeggiava il tempio, e quando raggiunsero la piazza del mercato la loro attenzione era ormai rivolta ai banchi dei mercanti e al pranzo che avrebbero preparato una volta tornati a casa.
Solo più tardi, quando il sole era ormai tramontato, tornarono sul discorso della rivolta.
Raggomitolata sotto le coltri del loro letto, con il capo appoggiato alla spalla di suo marito, Elyne lo ascoltò raccontarle di Jarl Ulfric e dei Manto della Tempesta, un esercito di uomini e donne che avevano assunto il suo nome come segno distintivo.
A quanto pareva il Signore di Windhelm era sempre stato insofferente nei riguardi dell'Impero, di cui Skyrim era provincia, e di alcuni vecchi trattati di pace con gli Altmer, gli elfi alti di Alinor, che ponevano come condizione l'abolizione di una divinità molto amata dai Nord. Elyne conosceva la storia del trattato, ma a causa della distanza tra High Rock e Skyrim e dell'isolamento del proprio villaggio non aveva mai saputo davvero cosa fosse accaduto in quelle lande di ghiaccio.
Passandole distrattamente le dita tra i capelli Revyn le spiegò come Ulfric avesse ucciso il giovane Jarl di un altro feudo, durante un duello che molti Nord definivano leale ma che per le leggi dell'Impero non era affatto tale. Oggetto della disputa era il titolo di Re dei Re, che veniva assunto dal rappresentate di tutti gli Jarl di Skyrim, e che investiva colui che lo portava di grande potere politico.
“Jarl Ulfric vorrebbe riportare il culto di Talos a Skyrim.” Le disse Revyn, attorcigliandosi una delle ciocche scure della moglie sul dito. “Ma non può farlo. Anche se divenisse Re dei Re, renderlo nuovamente legale significherebbe infrangere una delle condizioni del trattato: potrebbe scatenare un'altra guerra.”
Elyne annuì, sistemandosi in modo da posargli la fronte nell'incavo del collo. A quanto pareva Ulfric e i suoi sostenitori avevano dato corpo a una rivolta; la loro rabbia si riversava principalmente verso i Thalmor, il governo degli elfi alti, ma anche contro l'Impero, che continuava a sostenere la legittimità dei trattati che cancellavano la loro divinità. Come risultato, sul territorio di Skyrim era sceso, negli anni passati, un clima di forte tensione: tensione che era sfociata spesso in contrasti armati tra le truppe dei Manto della Tempesta e le legioni dell'Impero inviate per sedare la rivolta.
“Dopo la scomparsa di Lady Lirael pareva che Ulfric avesse accantonato le armi.” Sospirò Revyn, stringendo Elyne a sé e accomodandole meglio la coperta di lana sotto il mento. “Ma quello che abbiamo visto oggi era un nuovo gruppo di guerrieri venuto ad arruolarsi. Presto potrebbero riprendere gli scontri.”
“Ma noi siamo al sicuro, vero?” Gli domandò la ragazza con una certa apprensione. “Finché stiamo dentro le mura non corriamo pericolo, non è così?”
“Certamente, daelha.” Il suo sposo si mosse tra le coperte, accarezzandole un fianco. “E tutti gli scontri si sono sempre svolti nei territori controllati dalle legioni imperiali. Windhelm e l'intero feudo dell'Eastmarch sono sicuri.”
Elyne annuì, e dopo avergli dato il bacio della buonanotte si sporse per soffiare sulla candela. Le parole di Revyn l'avevano allarmata ma era difficile restare preoccupati a lungo quando si era al sicuro, e così presto si lasciò scivolare nel sonno senza preoccupazione alcuna.

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Capitolo 9
*** Giorni di pioggia ***


Rolff Pugno Roccioso non rimase a lungo lontano dal Quartiere Grigio.
Dopo essere stato accusato di aver rubato l'anello di Viola Giordano era stato fermato dalle guardie, ma ogni punizione che poteva essergli inflitta era stata mitigata il più possibile, poiché suo fratello era il braccio destro dello Jarl e perché non c'erano altre prove a suo carico oltre alle parole di Viola, che diceva di aver visto il proprio anello sfuggirgli dalla tasca.
Come risultato Rolff passò cinque giorni nelle prigioni di Windhelm – il minimo che poteva essergli assegnato – e trascorse l'inverno a servizio del palazzo dello Jarl, là dove il fratello poteva vigilare sulle sue azioni e assicurarsi che non si mettesse nei guai.
Quella situazione però non poteva durare a lungo, e una volta giunta la primavera Rolff ricevette l'invito a tornare alla propria casa e alle proprie occupazioni. Come risultato, a metà di Mano della Pioggia, incurante dei violenti rovesci che bagnavano la città e davano al mese il nome caratteristico, le sue urla e i suoi insulti erano tornati a risuonare per le vie del Quartiere Grigio, disturbando gli abitanti e togliendo loro il sonno.
Esasperati per il chiasso e la stanchezza anche Elyne e il suo sposo ne avevano infine risentito, e un giorno tutta l'irritazione che avevano accumulato era esplosa in una violenta discussione, interrotta solo perché Revyn non poteva più rimandare l'appuntamento con un fornitore alle porte della città.
Rimasta sola all'emporio, la giovane Bretone aveva cercato di placare il proprio nervosismo dedicandosi ai piccoli compiti che le erano abituali; armata di straccio, scopa e irritazione spolverò gli scaffali, spazzò il pavimento davanti all'ingresso, ordinò la merce sugli scaffali e si tenne tanto impegnata che, solo mezz'ora dopo, il suo fastidio era svanito e cominciò a considerare tutta la discussione sotto una luce più ragionevole.
Il suo carattere non era fatto per portare rancore troppo a lungo, e quel bisticcio era nato per motivi così sciocchi che presto desiderò che suo marito tornasse dall'appuntamento, per potergli parlare con più calma e cercare un punto d'incontro.
Con il desiderio di riconciliarsi, nelle ore che seguirono si dedicò all'emporio e ai clienti con più allegria, certa che Revyn, quando fosse tornato, sarebbe stato dell'umore adatto per ascoltarla.
Si trovava nel magazzino, intenta a riordinare la merce durante un raro momento di quiete, quando udì il rumore della porta d'ingresso che si apriva e si richiudeva con uno scatto.
Il suo primo pensiero corse a suo marito, che era assente ormai da tempo e che lei aspettava di veder comparire da un momento all'altro; poi si rese conto che il suono dei passi all'ingresso non corrispondeva a quello che aveva imparato a conoscere, e che diversamente dal solito non si era alzata alcuna voce per salutarla e annunciarle il proprio ritorno.
Sospettando che si trattasse di un nuovo cliente abbandonò le cassette di legno che stava accatastando e si affrettò nella stanza accanto, dove le bastò una sola occhiata per trovare la conferma dei suoi sospetti.
L'uomo in attesa accanto al bancone era molto più alto e robusto di Revyn, i suoi abiti avevano una fattura più ricercata e i suoi lunghi capelli bruni erano ben diversi dalla zazzera corvina dell'elfo.
Quando Elyne entrò nell'emporio le stava dando le spalle, ma anche così non le fu difficile riconoscerlo
“Thane Hakar.” Lo salutò allegramente. “Lieta di rivedervi.”
Al suono della sua voce Hakar Occhio di Corvo si voltò lentamente, squadrandola dall'alto della sua statura con più calore di quanto se ne potesse attribuire a occhi così chiari da sembrare schegge di ghiaccio.
“Signora Elyne.” Disse soltanto, rivolgendole un piccolo inchino con il capo.
Dopo aver ricevuto dalle sue mani la ricompensa dello Jarl i coniugi Sadri erano stati certi che quell'uomo sarebbe scomparso dalle loro vite, ma così non era stato. Nel giro di qualche giorno Hakar era tornato, portando con sé un vecchio monile che intendeva vendere, e da quel momento era diventato un cliente fisso del loro emporio.
“Oggi vi servirò io.” Lo informò Elyne, avvicinandoglisi con sollecitudine. “Purtroppo mio marito non è in casa.”
“Questo lo so.” Ribatté Hakar, scuotendo il mantello per eliminare le gocce di pioggia. “Sono tornato poco fa e l'ho visto parlare con un Khajiit sotto le mura, vicino alle porte della città.”
La ragazza annuì, sperando dentro di sé che le mura potessero offrire dalla pioggia un riparo sufficiente e che Revyn non si buscasse un malanno.
“Bene. Allora, come posso esservi utile?” Gli chiese, occhieggiando le impronte bagnate che i suoi stivali avevano lasciato sul pavimento di pietra. Più tardi avrebbe dovuto passare lo straccio, per evitare che qualche nuovo cliente ci scivolasse sopra. “Vi servono per caso dei guanti da abbinare al mantello che avete preso due settimane fa? Le nuove pellicce di volpe per la bordatura ci arriveranno la prossima settimana, se non vi dispiace aspettare.”
Mentre parlava gli era passata accanto, in modo da aggirare il bancone e sistemarsi dall'altro lato, e Hakar girò lentamente su sé stesso per non perderla di vista durante tutto il tragitto.
“In realtà non mi serve nulla.” Le rispose, scrollando le spalle robuste. “Ero solo di passaggio, e ho pensato di fare un salto qui per salutarvi.” Elyne annuì, un po' perplessa. Il Quartiere Grigio si trovava dalla parte opposta rispetto alla zona nella quale abitava il Thane, ma prima che potesse farglielo notare lui riprese. “Avete sentito la novità sulla moglie dello Jarl?”
“Temo di no.” La giovane Bretone scosse il capo, improvvisamente incuriosita. “So solo che è scomparsa e che non si hanno sue notizie da molto tempo. Per caso l'hanno ritrovata?”
Hakar scrollò il capo, e sollevata una mano la passò tra le ciocche selvagge della sua folta chioma bruna.
“Per niente. Probabilmente è morta in mezzo a un bosco o in qualche crepaccio.” Rispose con indifferenza, come se una simile fine non lo turbasse. “O almeno, lo Jarl ne è convinto. Tra meno di due settimane, il primo giorno di Secondo Seme, ci sarà la sua cerimonia funebre e verrà dichiara ufficialmente morta.”
“Povera donna.” Sospirò Elyne senza sapere che altro dire, ma Hakar non sembrava intenzionato a lasciar cadere il discorso.
“Sarà una cerimonia aperta alla cittadinanza, in puro stile Nord. Voi ci sarete?”
“Non credo.” Rispose prontamente la giovane, giungendo le mani in grembo e intrecciando le dita. “Si tratta di una cerimonia Nord, dubito che i Dunmer siano bene accetti.”
“Potreste venire da sola. Vi posso accompagnare io, se lo desiderate.”
A quel commento Elyne aggrottò la fronte, perplessa. Non le sembrava un'offerta molto rispettosa nei confronti di Revyn, che così veniva tagliato fuori senza esserne nemmeno informato, ma pareva che il Thane lo ignorasse. Probabilmente, si disse la ragazza, le aveva avanzato quella proposta per semplice gentilezza, senza pensare ad altro, e spinta da quel pensiero gli rivolse un sorriso di scusa.
“Temo di dover rifiutare.” Gli disse, scuotendo piano il capo. “Con le piogge di questi giorni preferisco restare al coperto, lontana dal bagnato e dall'umidità.” Quella era una buona scusa, e si congratulò con sé stessa per averci pensato così rapidamente. Non smaniava per partecipare al funerale di una donna sconosciuta ma, se anche lo avesse voluto, ci sarebbe andata con il suo sposo: le piaceva quando passavano del tempo insieme, e preferiva di gran lunga condividere quella novità con lui piuttosto che con qualcun altro.
“Peccato.” Replicò Hakar scrollando le spalle, e adocchiato un panno di lana lasciato in esposizione sul bancone allungò una mano, come se volesse saggiarne la qualità. “Spero allora di vedervi alla Notte dei Fuochi, a metà di Secondo Seme.”
“La Notte dei Fuochi?” Gli fece eco Elyne, interessata. A High Rock, in quello stesso periodo, i Bretoni festeggiavano il Festival del Fuoco, e se le due feste si somigliavano anche solo lontanamente era certa che vi si sarebbe divertita.
Il Nord sembrava soddisfatto di aver attratto finalmente la sua curiosità, e dopo aver maneggiato per qualche attimo il panno di lana e aver rovinato l'esposizione agganciò una mano alla cintura, assumendo una posa rilassata.
“È una vecchia festa che teniamo qui a Skyrim, per celebrare la fertilità della nuova stagione.” Le spiegò con un lieve sorriso sulle labbra screpolate. “Si tiene sempre fuori dalle mura. Si accendono dei grandi fuochi, i sacerdoti tengono una piccola cerimonia e poi si beve e si balla per il resto della notte.”
“Oh, sembra divertente!” Esclamò Elyne, che sentendo parlare delle danze si era animata. “E ci saranno dei musici? Che ballate vengono suonate di solito? Ci sarà molta gente?”
“Tutta la città.” Le rispose Hakar, chinandosi leggermente in avanti e sorridendole con calore. “Solitamente giungono dei bardi da Solitude, per affiancarsi agli scaldi locali. Vi piace ballare, Elyne?”
“Moltissimo!” Rispose la ragazza, incapace di trattenere un ampio sorriso. Le era sempre piaciuto danzare, e nel matrimonio aveva finalmente trovato un compagno abbastanza agile e svelto da tenere il suo passo.
“Sono felice di sentirlo.” Con un sorriso soddisfatto Hakar allungò una mano nella sua direzione, il palmo verso l'alto nella muta richiesta che lei gli concedesse la propria. “Quindi, posso sperare che mi permettiate...”
Ma qualunque cosa sperasse rimase inespressa, perché la sua frase si interruppe nel momento in cui la porta si aprì alle sue spalle.
Elyne non poteva vedere l'ingresso, perché la massiccia figura del Thane le bloccava la visuale, ma percepì la ventata fredda e umida che giunse dall'esterno, e per un attimo sentì risuonare lo scroscio sordo e insistente della pioggia. Poi la porta si richiuse, e il sospiro che udì provenire dall'uscio la mise di buon umore quasi quanto il tono che si levò un istante dopo.
“Thane Hakar.” Disse cortesemente la voce di Revyn. “Bentornato. Sarò subito da voi per servirvi, nel frattempo rivolgetevi pure a mia moglie.”
“Non disturbatevi.” Replicò Hakar, restando accanto al bancone. “Sono solo di passaggio. Ero venuto per portarvi le ultime notizie.”
Il Nord, pur essendosi voltato, le bloccava ancora la visuale, e così Elyne si mosse qualche passo di lato per sbirciare oltre le sue spalle. Tanto le bastò per cogliere la vista della figura zuppa di suo marito, che nei pressi dell'ingresso si stava togliendo un gocciolante mantello in pelle di netch; pur essendosi coperto con quella vecchia cappa, fatta apposta per repellere l'acqua come una cerata, i suoi calzoni erano bagnati fin sopra al ginocchio e i suoi capelli scuri erano umidi di pioggia.
“Voi ricorderete Lady Lirael.” Cominciò il Thane, rivolto a Revyn. “Ormai è passato molto tempo dalla sua scomparsa, e Lord Ulfric ritiene che non sia più possibile ritrovarla in vita. Tra una decina di giorni, alle prime luci dell'alba, si terrà il suo funerale, e nel pomeriggio lo Jarl aprirà di nuovo il palazzo per un'udienza pubblica.”
“Bene.” Disse l'elfo con evidente soddisfazione. “Non si tenevano udienze pubbliche da quasi un anno e mezzo.”
“Da quando non si sono più avute notizie di Lady Lirael.” Gli confermò Hakar, annuendo. “So anche che lo Jarl intende riaprire le ostilità con l'Impero, ora che non deve più preoccuparsi di lei. Presto potreste avere difficoltà a far arrivare merci da Solitude e dai feudi controllati dalle legioni.”
Quella notizia parve fare molto meno piacere a Revyn, che si limitò a stringere le labbra e a fare un secco cenno con il capo. Il taglio dei rifornimenti non era affatto una bella prospettiva per il futuro.
“Questo è quanto.” Concluse il Thane, sistemandosi il mantello e muovendosi verso la porta. “Vi vedrò alla cerimonia funebre?” Domandò, tendendo una mano verso l'elfo per congedarsi da lui.
“Ci vedrete all'udienza pubblica.” Replicò Revyn laconico, stringendogli le dita. “Grazie per essere passato.”
“Dovere. Sadri, Signora...” E con quelle ultime parole e un cenno con il capo ai due sposi, infilò rapidamente la porta e uscì sotto la pioggia.
La giovane Bretone rimase piuttosto stupita dalla velocità con cui si era allontanato, ma si disse che probabilmente aveva altri impegni che non gli consentivano di restare ancora a lungo, e con quella convinzione si volse verso suo marito. Revyn, ancora accanto alla porta e con la cappa tra le mani, le rivolse un sorriso contrito non appena incrociò il suo sguardo.
“Sei ancora arrabbiata con me?” Le domandò, con un tono così cauto e dolce che Elyne non avrebbe potuto restare in collera nemmeno volendo.
“Affatto.” Gli rispose, andandogli incontro e prendendogli il mantello dalle mani. “Mi dispiace di aver alzato la voce in quel modo e di averti detto certe cose.”
“E a me dispiace di averti risposto male. E di aver litigato letteralmente su del latte versato.” Elyne avrebbe voluto andare verso il camino, per mettere il mantello ad asciugare, ma Revyn la trattenne gentilmente dalle spalle. “Posso baciarti, o sarebbe tentare troppo la fortuna?”
“Puoi provarci e sfidare la sorte.” Rispose lei, strappandogli una risata. Quando si chinò per baciarla lo lasciò fare, e posandogli una mano sulla nuca lo trattenne a sé un po' più a lungo del solito. “Ora vai ad asciugarti e cambiati.” Gli mormorò non appena le fu possibile. “Sembra che tu sia caduto in un fiume.”
“Un fiume di pioggia, yi com'daelha.” Sospirò Revyn, dandole un ultimo bacio sulla fronte prima di staccarsi da lei e dirigersi verso le due stanze della loro abitazione.
Elyne lo seguì prontamente, e mentre lui si cambiava nella camera da letto lei dispose una sedia accanto al fuoco per stendervi il mantello in pelle di netch.
“È andato bene l'incontro con il fornitore?” Gli domandò alzando la voce perché potesse sentirla, e quando udì il suo assenso continuò. “Spero che d'ora in avanti non ci siano problemi con il rifornimento delle merci. Se il Thane ha detto il vero sugli scontri, presto potremmo avere delle difficoltà.”
“Non peggiori di quelle che ho affrontato durante gli ultimi anni. Ce la caveremo.” La rassicurò Revyn. “A quanto pare lo Jarl stava solo cercando di decidere la sorte di sua moglie, prima di imbracciare di nuovo le armi.”
“Deve averla amata molto, per aver atteso più di un anno prima di crederla morta.” Considerò la ragazza, affacciandosi sulla porta della camera da letto. “Mi fa quasi pena.”
“Non cascarci.” La avvisò suo marito, mentre cercava un paio di braghe asciutte nel cassettone. “Probabilmente è stata tutta una mossa politica: Lady Lirael era imparentata con dei nobili di Daggerfall ed era molto ricca. Lo Jarl avrà voluto accertarsi che non fosse tornata a High Rock, prima di preparare le proprie mosse.” Le spiegò, cominciando a vestirsi. “Se vuole muovere guerra quei soldi gli saranno molto utili: dichiararla morta gli concederà di usarli a suo piacimento.”
“Hai una visione molto venale di questa faccenda.” Fece Elyne, un po' delusa.
“Ho una visione realistica, daelha.” Revyn scrollò il capo, e dopo aver finito di allacciarsi i calzoni cominciò a sistemarsi la tunica di lana. “I nobili si sposano per profitto, non per amore, e non tutti i matrimoni sono felici... Ma per mia fortuna, io non sono né nobile né infelice.” Concluse affettuosamente, rivolgendole un'occhiata ardente.
“Oh, adesso non guardarmi così.” Lo riprese la ragazza, cercando di non sorridere.
“Così come, cara?”
“Lo sai, come!” Ribatté divertita.
Avrebbe continuato volentieri quella schermaglia, ma proprio in quell'istante udì la porta d'ingresso aprirsi e così fu costretta ad abbandonare il campo, lasciando Revyn a sbrigarsela da solo con i suoi calzoni per accorrere a servire i nuovi clienti.


Elyne non aveva mai partecipato a un'udienza pubblica, ed era terribilmente curiosa di vederne una.
Revyn le aveva raccontato che a Windhelm era usanza che lo Jarl, una volta al mese, aprisse le porte del suo palazzo alla cittadinanza, per far da giudice nelle piccole dispute che potevano essere nate tra i suoi sudditi. Quella consuetudine non aveva mai conosciuto interruzione sino a quasi due anni prima, quando il feudo era stato scosso dalla scomparsa della moglie dello Jarl, e da quel momento in poi i cittadini avevano dovuto rivolgersi alle guardie o al sovrintendente della città per risolvere i loro battibecchi.
“Dopo tutto questo tempo, immagino che vorrà parteciparvi l'intera città.” Le disse una sera, mentre erano impegnati nella preparazione della cena. “Se vuoi andarci allora dovremo presentarci qualche minuto prima che inizi l'udienza, per cercare posto.”
“Noi del Quartiere saremo sempre relegati in un angolo, immagino.”
“Immagini bene, ma possiamo farci ben poco... lascia, daelha: ci penso io ad affettare le cipolle.”
Mano della Pioggia esaurì presto il suo corso, ma lo stesso non si poté dire per il maltempo che aveva portato con sé. Il primo giorno di Secondo Seme fu salutato dall'arrivo di un nuovo rovescio, che si riversò sulle teste di tutti coloro che si erano arrischiati a partecipare alla cerimonia funebre organizzata per la moglie dello Jarl.
Davanti a una simile pioggia, Elyne fu felice di aver rifiutato l'invito del Thane e di poter passare la mattinata al coperto. Lei e Revyn trascorsero le prime ore della giornata badando alla bottega e ai pochi clienti che osarono affrontare il maltempo per raggiungerli, e dopo un buon pranzo sostanzioso si prepararono per uscire.
All'ora designata, dunque, si strinsero insieme sotto il vecchio mantello in pelle di netch, una reliquia di Morrowind che i nonni di Revyn avevano portato con sé durante la fuga dalla loro terra, e si avviarono verso il palazzo dello Jarl.
Sarebbe stato molto più rapido, per loro, scendere le scale di pietra che conducevano verso il cuore del Quartiere Grigio, attraversarlo e risalire dall'altro lato, così da sbucare a pochi passi dal palazzo; a causa delle piogge, però, il livello più basso della strada si era allagato, e chiunque intendesse attraversarlo doveva rassegnarsi a sguazzare in quell'acqua sporca che lambiva le caviglie.
Furono così costretti a fare il giro lungo, salendo la piccola scalinata di fronte alla loro bottega e passando attraverso i quartieri residenziali di Windhelm, e quando infine giunsero a palazzo scoprirono una nutrita folla che già premeva all'ingresso.
“A quanto pare ci toccherà sgomitare.” Sospirò Revyn,stringendola maggiormente a sé. “Restami vicina, voglio provare a passare subito dopo quell'uomo con la capra. Lui potrebbe aprirci una via in mezzo a questa calca.”
Come scoprì presto Elyne, le udienze pubbliche erano attese dai cittadini di Windhelm con lo stesso spirito con cui i Bretoni attendevano le feste danzanti. Nella sala, come notò non appena riuscirono a entrare, sembrava essersi riunita l'intera popolazione: uomini, donne e bambini si erano raggruppati ovunque fosse possibile, in piedi in capannelli oppure seduti su panche di legno o direttamente sul pavimento di pietra. Giovani di ogni età accompagnavano gli adulti, insieme a una sconcertante quantità di animali da cortile, dalle galline alle capre, che i cittadini avevano ritenuto necessario portare con loro.
“Probabilmente quegli animali sono oggetto di una disputa.” Le spiegò Revyn non appena raggiunsero la zona riservata ai Dunmer. “Li portano qui così che lo Jarl veda su cosa è chiamato a decidere.”
“In questo modo, però, la sala finisce per puzzare di stalla.” Replicò Elyne, ripiegando il vecchio mantello in pelle di netch e appoggiandosi alla spalla del marito.
Poco a poco il salone del palazzo si riempì, e quando anche lo Jarl fece la propria comparsa cominciarono le udienze.
Le dispute portate dai cittadini erano le più svariate, e andavano dal battibecco con il vicino fino alle più gravi accuse di truffa o furto. Tra i litiganti si contavano alcuni Dunmer, ed Elyne notò con disappunto come lo Jarl tendesse a favorire i Nord a loro discapito; ne avrebbe parlato volentieri con suo marito, ma lui era spesso impegnato a discutere i casi con Faryl, il fratello di Aval. Ascoltandoli, la ragazza si accorse che giocavano a scommettere oggetti di valore irrisorio su chi avrebbe vinto ciascuna disputa, e presto si ritrovò coinvolta nel loro stesso passatempo, puntando appassionatamente nocciole candite e castagne secche su questo o quel risultato.
Tra una scommessa e l'altra, mentre seguiva l'avvicendarsi dei litiganti, notò che talvolta, alle dispute, si alternava l'intervento di singoli cittadini, che anziché domandare giustizia per un torto richiamavano l'attenzione dello Jarl su questioni che stavano loro a cuore.
Le ci volle qualche tempo per individuare il cenno con cui il sovrintendente, che assisteva lo Jarl in quelle udienza, li invitava a farsi avanti, e poco a poco cominciò ad accarezzare il germe di un'idea.
Fu solo dopo quasi due ore, quando ormai i cittadini cominciavano a mostrare i primi segni di stanchezza, che si decise a tentare la sorte.
“Puoi tenermelo?” Domandò piano a suo marito, porgendogli il mantello in pelle di netch che aveva tenuto fino ad allora tra le braccia.
“Certamente.” Revyn si fece carico del peso non indifferente di quella vecchia cappa senza indugio, rivolgendole un sorriso. “Ti avevo detto che era pesante. Avresti dovuto lasciarlo a me sin dall'inizio... Aspetta! Elyne!”
Ma Elyne non lo stava più ascoltando. Dal proprio posto aveva notato il cenno del sovrintendente, e con il timore che qualche altro cittadino potesse precederla si mosse precipitosamente in avanti, abbandonando l'area destinata ai Dunmer e fermandosi solo quando si trovò al centro della sala.
Restare lì, con gli occhi di tutti puntati addosso, era a un tempo inebriante e terrificante.
Giungendo le mani in grembo e torcendosi le dita per il nervosismo la ragazza sollevò lo sguardo sullo Jarl, che non le era mai stato così vicino. Il sovrano dell'Eastmarch sedeva sul suo trono a non più di venti passi da lei, affiancato dal suo massiccio Huskarlo, e la fissava in attesa con fare inquisitorio.
Elyne avrebbe potuto sentirsi intimorita se, in quel momento, non avesse colto il cenno incoraggiante del sovrintendente, un uomo dai folti baffi bruni e l'aria gentile che per tutto il tempo aveva trascritto gli esiti delle dispute su un pesante libro mastro.
“Signore.” Cominciò la giovane con un goffo inchino, sforzandosi di alzare la voce per essere udita anche dalla folla. “Sono qui davanti a voi per domandarvi una maggiore vigilanza presso il Quartiere Grigio.” A quella richiesta un sopracciglio dello Jarl si levò verso l'alto, ma non parve voler prendere la parola e così Elyne continuò a snocciolare il discorso che aveva ideato nell'ultima ora. “Le guardie passano così di rado che è quasi un invito per i disturbatori. Quasi ogni notte si levano schiamazzi dalla strada, ci sono stati dei tentativi di scasso e durante il Giorno dei Burloni sono state danneggiate delle attività.”
“Sei qui per questo?” Le domandò finalmente lo Jarl, con un tono stentoreo e severo che le mise istantaneamente soggezione. “Molte attività subiscono scherzi durante il Giorno dei Burloni. Non siete gli unici che sono stati disturbati da gruppi schiamazzanti.” Con quelle parole levò una mano dal bracciolo del suo trono di pietra, facendole cenno perché si allontanasse.
“Veramente, Signore...” Continuò Elyne, ignorando il suo gesto. “... la Bottega dell'Usato di Sadri è stata oggetto del tiro di escrementi di capra e uova marce, e ci vorrà del tempo perché l'odore vada via completamente. Mentre l'insegna della Locanda di Nuova Gnigis è stata divelta e gettata in un cumulo di letame nella porcilaia cittadina. Non sono stati scherzi, ma danni.”
Lo Jarl strinse leggermente gli occhi, scrutandola da sopra la pedana su cui era assisto, e alla fine esalò un lento sospiro.
“Qual è il tuo nome, ragazza?” La interrogò severamente, senza perderla di vista un solo istante.
“Elyne Augier, Signore.”
“Augier.” Ripeté Jarl Ulfric, soppesando quel nome con aria grave. “Bretone. Cos'hanno da spartire i Bretoni con il Quartiere Grigio?”
“Signore, io ci vivo.” Gli spiegò Elyne, sforzandosi di non voltarsi verso l'area in cui aveva lasciato Revyn. “Ho sposato un abitante del quartiere.”
Lord Ulfric la scrutò ancora, con maggiore attenzione, quasi stesse cercando qualcosa in lei o nel suo aspetto, ma dopo qualche attimo si stancò di quell'ispezione e volse il capo verso il suo sovrintendente.
“Jorleif?” Disse soltanto e l'uomo, dopo essersi attorcigliato per una manciata di secondi la punta bruna di un baffo tra le dita con sguardo perso, annuì tra sé.
“Avete ratificato un atto di matrimonio tra una Augier e un Sadri poco prima dell'equinozio d'autunno, Signore.” Gli comunicò, con una precisione che pareva quasi suggerire che potesse ricordare ogni atto emanato all'interno del regno.
Lo Jarl accolse quella notizia con un singolo cenno del capo, e spostati i suoi acuti occhi chiari sulla giovane Bretone le rivolse nuovamente la parola.
“Sadri della Bottega?” Le domandò in tono spiccio.
“Sì, Signore.”
“Mh.” Lord Ulfric si mosse sul suo trono, e appoggiatosi con un gomito sul bracciolo di pietra si sporse in avanti per guardarla meglio. “Invierò qualcuno per occuparsi dei danni alle attività del Quartiere.” Decretò, dopo averla ispezionata una seconda volta. “E mi consulterò con i miei Capitani per disporre delle ronde e scoraggiare i tentativi di scasso.”
Elyne non riusciva a credere alle proprie orecchie. Arrossendo per il piacere di quella vittoria si inchinò nuovamente, e non appena le fu ordinato di lasciare posto ad altri cittadini tornò sui propri passi con il viso in fiamme per l'emozione.
“Non posso credere che tu l'abbia fatto davvero.” Furono le prime parole di Revyn non appena lo raggiunse. Nel suo sguardo fiammeggiante si mischiavano contrarietà e orgoglio in pari misura, e sembrava combattuto sull'espressione in cui atteggiare il suo volto grigio. Alla fine fu il divertimento ad averla vinta, e mentre le sue labbra scure si piegavano in un sorriso soddisfatto la strinse al proprio fianco, sottraendola agli sguardi dei curiosi risvegliati da quell'appello pubblico.
“Credi che lo Jarl manterrà la parola data?” Gli domandò Elyne in un sussurro, cingendogli la vita con un braccio e cercando di ignorare gli occhi che numerosi cittadini Nord stavano facendo dardeggiare nella loro direzione.
“Si è impegnato davanti a tutta la città. Non può farne a meno.” La rassicurò suo marito, accarezzandole un fianco dietro al discreto riparo degli altri Dunmer sistemati davanti e intorno a loro. “Sai, credo che tu li abbia colti tutti di sorpresa.” Aggiunse con orgoglioso divertimento, ed Elyne ridacchiò tra sé.
“Te compreso?” Gli domandò.
“Me compreso, daelha.” Confermò Revyn, abbassando la voce perché solo lei potesse sentirlo. “Sei una gioia e una sorpresa ogni singolo giorno.”
 

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