Proverbi e altri rimedi

di Damaer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1' Cap. Il Proverbio ***
Capitolo 2: *** 2' Cap. Chi non risica non rosica ***
Capitolo 3: *** 3’ Cap. Chiodo schiaccia chiodo ***
Capitolo 4: *** 4' Cap. Chi troppo vuole nulla stringe ***
Capitolo 5: *** Cap. 5 Quando si è in ballo, bisogna ballare. ***
Capitolo 6: *** Cap. 6 Chi è causa del suo mal, pianga se stesso. ***
Capitolo 7: *** Cap. 7 Chi gioca col fuoco... ***
Capitolo 8: *** Cap. 8 ...spesso si brucia. ***
Capitolo 9: *** Cap. 9 Chi cerca, trova. ***
Capitolo 10: *** Cap. 10 Acqua cheta rovina i ponti ***
Capitolo 11: *** Cap. 11 Ogni lasciata è persa. ***



Capitolo 1
*** 1' Cap. Il Proverbio ***


CAP. 1 "PROVERBI"

Maria Franca Ruocco era una simpatica cinquantenne amante della lettura, le parole crociate e dei proverbi italiani. Era irrimediabilmente vittima del loro fascino e del loro significato, ed era per quello che Cristina Franchi, la figlia, doveva subirne almeno uno al giorno nelle loro conversazioni.



La madre non smetteva mai di sentirsi così entusiasta quando trovava il proverbio adatto in una specifica circostanza, mentre la figlia ormai non si chiedeva nemmeno più il perché le piacessero così tanto. Amava dire “Chi non risica non rosica” “Morto un papa se ne fa un altro” “Acqua passata non macina più” “Chi troppo vuole nulla stringe”  ma il suo preferito, e che Cristina aveva sentito sempre nel corso dei suoi ventitré anni era “Prendi l’arte e mettila da parte”



Era la sua risposta ogni volta che Cristina le si avvicinava e le diceva di voler iniziare un nuovo percorso di studi, imparare a suonare un nuovo strumento.

Quando le disse a dieci anni di voler giocare a basket, e quando le disse dopo il diploma di voler fare un corso di pasticceria e scrittura creativa.

“Prendi l’arte e mettila da parte” e lei lo faceva.

Anche se poi non portava a termine il suo nuovo corso, o subito si dimenticava della sua nuova  momentaneamente passione, Maria Franca era sempre felice per lei e l’appoggiava sempre nelle sue folli idee.

E quel giorno non fu da meno.



Cristina era comodamente sdraiata sul divano di casa, con Fernando il gatto appollaiato sulle sue gambe. Aveva le lacrime agli occhi e aveva appena finito di guardare Ghost quando all’Improvviso esordì con la seguente frase:

“Mamma, inizio un corso di ceramica.”

Maria Franca ruotò gli occhi, mentre cacciava delicatamente le sue tortine dal forno.

Il marito, Renato, alzò gli occhi dal giornale, già incuriosito dall’andazzo della conversazione.

“Prendi l’arte e mettila da parte tesoro, ma per un film non è un po’ esagerato?”

Cristina si alzò in piedi, tutta sicura delle sue affermazioni.

“Ma non avete visto l’intensità in quella scena? Le loro mani, l’argilla... lo voglio far anche io!”

“Amore tu vorresti Patrick, non l’argilla.” Rispose la madre, facendo così sghignazzare Renato.

“Papà!”

“No Cristina scusami, va bene dai informati... magari ti piace sul serio.”

Lei annuì tutta soddisfatta.



Decise così di cercare online e nella sua città il famoso corso di ceramica.

Riuscì ad iscriversi ad un corso all’università di Belle Arti, dalla durata di tre mesi accessibile a tutti. Sarebbe iniziato una settimana dopo e ne era entusiasta.



Cristina Franchi era una di quelle ragazze alla perenne ricerca della propria passione, della proprio strada per capire cosa facesse per lei. Le sembrava che ogni sua nuova idea fosse quella che l’avrebbe fatto capire quale fosse la sua vera ambizione e non si perdeva mai d’animo.

Aveva ventitré anni, stava studiando per diventare professoressa ma al tempo stesso non voleva focalizzarsi solo in quello, soprattutto visto che farsi spazio nel mondo dell’insegnamento era un percorso molto turbolento. I crediti, le ore di sostegno per salire in graduatoria... il famoso concorsone per aggiudicarsi la cattedra.

E così aveva capito: doveva avere alternative, doveva capire quale fosse il suo piano b.

Scoprì da sola che la pasticceria non era per lei: troppe dosi e troppi passaggi precisi. Lei era arronzona, sbrigativa e i dolci con la nonna li faceva a occhio.

Ritrovarsi a dover seguire procedimenti e misurare tutto, così tutto preciso la mandava su di giri.

Invece adesso si sentiva molto fiduciosa, con l’argilla poteva permettersi di dar spazio a tutta la sua creatività e non vedeva l’ora di iniziare.



Il corso si svolgeva in un’ampia aula dell’ateneo, le pareti trasudavano d’arte e colori.

Erano 16:00 in punto e pian piano iniziavano ad entrare i primi iscritti. Cristina realizzò che la maggior parte delle persone erano pensionati, ma cinque, sei forse per il momento erano ragazzi più o meno della sua età. Ognuno aveva il proprio sgabello posizionato dietro al proprio tavolino con sopra tutto il necessario. Cristina non aveva proprio idea di cosa fossero, ma a primo impatto le sembrarono attrezzi per modellare l’argilla, come coltellini.

Una decina di minuti dopo, quando tutti presero posto, al centro dell’aula si posizionò un uomo alto, dall’aspetto autoritario e che a Cristina fece pensare a un pirata.

Aveva i capelli lunghi e mossi, legati in una treccia molto larga che a stento gli arrivava alle spalle.

Portava un orecchino, svariate collane e una camicia bianca con giusto due macchie di colore e residui di argilla.

“Buonasera a tutti” esordì, con un tono di voce molto alto che riuscì a zittire tutti e a catapultare l’attenzione su di sé. “Sono Riccardo Dorsi, professore di decorazione e scultura qui Accademia. Mi occupo anche della decorazione e della lavorazione della ceramica, e nel momento in cui il Preside ha intrapreso questo progetto per far nascere questo corso e chiedendomi di insegnare, non ho potuto che accettare.”

Prese fiato, e si sedette sulla cattedra. Il suo sguardo si posava per pochi secondi su ogni iscritto.

“Questo è un corso per permettervi di apprendere le nozioni base della lavorazione dell’argilla, le tecniche per realizzare elementi di decoro e per dar sfogo a tutta la vostra creatività.”



Il professore iniziò a camminare pian piano nell’aula, con tutti gli occhi puntati addosso.

Passò accanto al tavolino di un ragazzo, e si fermò a staccare un pezzo d’argilla dal blocco.

“Vedete, signori, questa è la materia più versatile che l’uomo abbia mai conosciuto. È un deposito di piccolissimi granuli creato dallo sgretolamento di rocce, trovato sul fondo di fiumi e laghi... trattengono l’acqua e sono plastici, plasmabili. Ci sono leggende secondo le quali gli Dei creano gli uomini dall’argilla, e se vogliamo crederci, beh adesso pure noi possiamo considerarci degli dei.”

Il professore fra il pollice e l’indice accarezzava il suo pezzettino d’argilla, facendola riscaldare e pian piano questa sporcava e si scioglieva fra le sue dita.

“Abbiamo potere, abbiamo una possibilità. Possiamo creare forme, diamo nuova vita. Pensate questo, quando inizieremo. Pensate questo quando vedrete che nonostante la sua elasticità sarà difficile modellarla. E pensate che si può sempre prendere un pezzetto nuovo e ricominciare d’accapo, non dovete avere paura di sbagliare. Intesi?”



Tutti annuirono, Cristina per l’euforia batté le mani. Tutti gli occhi, inclusi quelli del professore si posarono su di lei.

Erano tremendamente scuri, le pupille si scorgevano appena. Folte ciglia glieli contornavano e Cristina sì sentì subito sotto giudizio.



 “Ops” sussurrò, facendo sbucare sulle sue labbra un sorriso timido per far finta della figuraccia appena fatta.

“Siamo contenti vedo, mi piace” rispose il professore. “Come si chiama?”

“Cristina Franchi” rispose lei, scandendo bene le lettere. Non voleva trasmettere e far capire quanto disagio le procurassero tutti quegli occhi addosso.

“E come mai ha deciso di iscriversi?” Continuò lui, sedendosi adesso sulla cattedra. A Cristina tornarono in mente gli anni del liceo dove anche il suo professore di italiano tendeva a fare questa cosa. Per pensare quel ricordo passato, perse quei due secondi necessari per pensare alla sua risposta, e finì col dire la prima cosa che le passava per la testa.

“Ghost”

Si elevarono delle risatine, tra cui quella del professore.

“Vorrei stupirmi per questa risposta ma purtroppo non è la prima volta che la sento, ma vabbè è sempre un motivo interessante”

Cristina non capì se fosse sincero o sarcastico. Decise che era meglio non analizzare il tutto altrimenti non avrebbe finito nemmeno la prima delle lezioni.

“Io perché ho sessant’anni passati, se non lo faccio adesso quando?! E poi voglio una bella tazza per il the. ” Continuò una simpatica signora, tutta arzilla seduta affianco a quello che doveva essere il marito.

“Mi sembra più che giusto” rispose il prof, osservando un’ultima volta Cristina prima di continuare. “Beh, allora adesso non ci resta che iniziare!”

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Capitolo 2
*** 2' Cap. Chi non risica non rosica ***


Cap. 2 "Chi non risica non rosica."

“Allora miei cari, come primo compito è quello di staccare un pezzo bello grande d’argilla e iniziare a modellarlo a mo’ di salame. Voi signore forse siete un po’ più avvantaggiate, considerate come se adesso siete a casa, nella vostra cucina e volete preparare degli gnocchi. Ecco, fate gli stessi movimenti per ottenere un serpentino sempre e sempre più sottile.” 

Il professore fece altrettanto, con movimenti più veloci e fluidi. “Vedete?”
E mostrò un serpentino con la stessa grandezza dall’inizio alla fine. Cristina abbassò lo sguardo sul suo: era un po’ deforme. Non aveva usato la stessa pressione in tutte le dita e in alcuni punti era più sottile, in altre più grande. La sua vicina di banco invece ci stava riuscendo alla perfezione.
“Quand’è così conviene schiacciare di nuovo tutto e ricominciare d’accapo.” 
Consigliò il professore, comparendo alle sue spalle. “Posso?” 
Cristina annuì, un po’ titubante. Il professore prese il suo pezzo e glielo iniziò di nuovo a modellare, creando così una pallina uniforme. 
“Con due mani, con forza e usa anche il palmo della mano per allungare.” 
Davanti a sé Riccardo Dorsi iniziava a modellare un abbozzato serpentino. 
“Provi lei” 
Cristina provò ad emulare i movimenti del professore, finendo comunque col schiacciarlo in vari punti. “No allargati, così.” 
E il professore posò le mani su quelle di Cristina, per muoverle lui per lei. Era alle sue spalle, leggermente piegato in avanti e poteva sembrare quasi che la stesse abbracciando. 
Il suo viso era alla sinistra di Cristina, sentiva l’odore della sua colonia pungente. 

“Visto? Ora continua così.” Sussurrò al suo orecchio , e per un brevissimo istante la schiena di Cristina venne percorsa da un brivido; 

“Allora, adesso invece qualcosa di più semplice, prendete un pezzetto e iniziare a schiacciarlo: dovete creare un disco dal diametro di una tazza, alto due cm. Questo sarà la base su cui poggiare i vostri serpentini. Man mano che salirà in altezza, ne aggiungerete degli altri fini a quando non raggiungerete l’altezza giusta.” 
Tutti iniziarono a eseguire i comandi, schiacciando il proprio dischetto con le mani. 
Cristina aveva le mani sporche e più volte per sbaglio si era toccata i capelli, trovandosi così residui d’argilla anche sulla fronte e sul collo. 
“Ora, sul tavolo se guardate avete un piccolo piattino con dell’argilla sciolta in acqua, ecco, quella è la barbottina: la vostra colla. Col dito o un pennellino spargetene un po’ sul bordo, e schiacciate la punta del vostro serpentino nel dischetto, in modo da farlo aderire meglio.” 

Cristina iniziò ad eseguire i passaggi necessari, adesso le sembrava tutto più semplice e piacevole. Si guardava attorno e vedeva che in effetti tutti adesso sembravano molto più rilassati e chiacchieravano sottovoce. La sua vicina di banco non era molto loquace, ma ogni tanto la beccava ad osservarle il proprio lavoro. 

“Ad ogni strato aggiungete sempre un po’ di barbottina, mi raccomando.” 
“Prof, ma se non si mantiene?” Chiese un ragazzo, verso la prima fila. La sua tazza sembrava un po’ come la torre di Pisa. Era inclinata e pronta ad abbattersi. Il professore si avvicinò, subito andò a verificare. “Qui, guardi. In questo punto non è allineato lo strato con quello di sotto, e di conseguenza non è in equilibrio. Stacca e riallinea bene di nuovo, dovrebbe mantenersi.” 
Il ragazzo si mise all’opera e continuò il suo lavoro. 

Al termine dell’ora tutti avevano finito la propria tazza . Cristina era stranamente soddisfatta del suo risultato. “Allora, prima di lasciare l’aula bagnate lo strofinaccio e poggiatelo sopra alla tazza, questo servirà a non far asciugare l’argilla fino alla prossima lezione. Lasciatelo pure sulla vostra postazione, sarà la stessa anche per la lezione successiva.” 
Pian piano tutti iniziarono a mettere in ordine e a lasciare l’aula. 

Mentre scendeva piano le scale, per dirigersi all’uscita, Cristina si guardava attentamente attorno.
“Cristina, giusto?” 
“Si,  professore.” Rispose la ragazza, fermandosi affinché lui fosse al suo fianco, e ripreso insieme a scendere le scale.”
“Le posso offrire un caffè?” Le chiese lui. 
“No, ehm... ma grazie” rispose lei, sbrigativa. 
“Lo sa che in teoria io non sono un suo vero professore? Non c’è nessun problema.” 
“Si, ma sa com’è... sono fidanzata e non mi sembra il caso.” 
Cristina fece spallucce, e alzò le mani come per dire “Guarda, non posso proprio fare niente.”
Lui annuì. “Ah certo, il fidanzato... sembra quasi vero lo sa?”
Cristina aggrottò le sopracciglia. “Come scusi?” 
“Beh mi ha rifilato la scusa più scontata per declinare e non sembrava nemmeno molto convincente.” Rispose lui, alzando di poco un sopracciglio. 

Riccardo apparve molto sicuro di sé, con quel sorrisetto stampato in volto.
Lei posò le mani sui suoi fianchi, per acquistare una posa più autoritaria.
“Sì che sono fidanzata, se non ci crede il problema è solo suo.”
“E come si chiama?”
Cristina strabuzzò gli occhi. “Non sono assolutamente tenuta a dirglielo!” 
Il professore ruotò gli occhi, quasi come se fosse scocciato di questa conversazione anche se anche a Cristina era evidente quanto lui fosse divertito sotto sotto. 

“Dai, Franchi, un caffè.” Le disse infine, una volta arrivati all’uscita dell’edificio. 
Pioveva, erano uno accanto all’altra. Riccardo era molto più alto di lei, le arrivava al mento. 
Si girarono entrambi per guardarsi negli occhi. 
Cristina sentì di nuovo quella scossa lungo la schiena. 
“Grazie professore , ma sarà per la prossima volta.” 
Ognuno aprì l’ombrello e ognuno prese la propria strada; 

Le lezioni avevano luogo sempre alla stessa ora, due volte a settimana. La prossima lezione sarebbe stata giovedì. Per Cristina era perfetto, aveva tutto il tempo per organizzare la sua settimana e gli impegni con l’università.
Appena tornata a casa si fece una doccia per levare da dosso tutti i residui di sporco e si tuffò sul divano, per fare un giro sui social. 
Aprì Instagram, c’era una notifica. Riccardo.dorsi aveva iniziato a seguirla. 
“No vabbè” 
Lei non ricambiò, ma subito andò a spulciare il suo profilo. Erano presenti numerose foto di tramonti, qualche aperitivo. Padroneggiavano foto delle sue mani con scalpello in mano, mentre scolpiva, foto delle sue creazioni e alcuni dipinti. Tutto faceva intendere quanto lui fosse legato al mondo dell’arte. Di suoi selfie e foto ce n’erano veramente poche, cliccò la più recente per osservarla meglio ingrandita. 
Era lui, appoggiato alla sua cattedra con le braccia tese e i palmi appoggiati su di essa. Aveva un grembiule bianco, con tutti gli attrezzi del mestiere. Sorrideva, come se la foto le fosse stata rubata. Per sbaglio gli mise mi piace. 
“No no no!” E subito glielo tolse, sperando che a lui non gli fosse già arrivata la notifica; 

Giovedì arrivò velocemente, quel giorno arrivò nell’accademia un po’ come una vagabonda. Era dovuta seguire l’ultima lezione alla sua università e non aveva avuto il tempo di passare prima a casa, trovandosi così adesso già stanca e con una borsa pesante. 
Entrò nell’aula per ultima, tutta affannata. 
“Mi scusi per il ritardo.” 
“ Oh Molly nessun problema, proprio adesso stavamo per iniziare.” Rispose il prof, divertito. Evidentemente era di buonumore. 
“Molly?” Rispose lei, sedendosi al suo posto, alzando lo strofinaccio per controllare la sua tazza.
“Sai com’è... ghost” 
Cristina fece finta di trovare divertente quella sottospecie di battuta, e sorrise forzatamente. 
Il professore accennò un sorrisetto e la lezione prese inizio. 

“Allora, oggi ci dedichiamo e alla decorazione, ovviamente chi non è riuscito a terminare il manico nella lezione precedente, lo farà oggi. Avete delle stecche a vostra disposizione, usate la parte in legno come se fosse la vostra matita. L’altra invece è una miretta, e l’esterno in acciaio vi permetterà di alzare la superficie, scavare o semplicemente toglierla nel punti che preferite. 
In ogni caso, invece se volete aggiungere, grattate prima, poi barbottina e argilla. Chiaro?”
Tutti annuirono. 
“Cosa possiamo disegnare?” Chiese un signore, già pronto ad usare la sua miretta. Sembrava entusiasta e felice di iniziare a disegnare, ma evidentemente non sapeva bene che cosa. 
Riccardo camminava per l’aula. 
“Oh beh, quello che volete. Un fiore, elementi marini... foglie o perché no animali.” 
Passava fra una postazione e l’altra gesticolando per suggerire idee. 
“Il sole e la luna, un paesaggio... insomma, quello che vi piace.” 
Finì l’ultima frase proprio di fronte alla postazione di Cristina.
“Una foto, magari” e il suo sguardo s’illuminò di malizia è divertimento. Sorrise alla ragazza, alzando di poco l’angolo della bocca. “No?” 
Lei abbassò il capo, in imbarazzo. Si, evidentemente la notifica gli era arrivata.
Lui si accorse di aver colpito in pieno e vittorioso continuò a camminare, sedendosi infine sulla sua cattedra. “Date sfogo alla vostra creatività, siete qui per questo. 
L’unica cosa, vi suggerisco di iniziare con qualcosa di semplice, non troppo elaborato, in modo che al momento di dipingere non risulterà troppo difficile.”

Tutti col capo basso sul proprio bicchiere iniziarono a pensare e ruotare la tazza come per cercare il punto adatto sul quale iniziare. 
Allungando l’occhio verso la postazione accanto, Cristina scoprì che la vicina già era intenta a disegnare delle foglie d’autunno. “Banale...” pensò lei, o forse era solo l’invidia a parlare dato che lei non aveva ancora deciso. 

Cristina si guardava attorno in cerca d’ispirazione, e alla fine guardò a terra, ai suoi piedi. La borsa carica di libri di testo. “Libri...” sussurrò, e l’idea non le parve malvagia. 
Inizio a disegnare dei rettangoli sottili, uno sopra l’altro come se fossero libri accatastati. Occupò gran parte del bicchiere. Poi decise di farne alcuni con un’altra angolazione e uno grande al centro, aperto, abbozzando le linee scritte: avrebbe fatto i dettagli in un altro momento.
“Niente male Franchi.” 
Lei sobbalzò all’improvviso, quasi cadendo dalla sedia. 
“Suvvia, le faccio quest’effetto?” 
“No, ma se mi compare così all’improvviso...” rispose lei, senza degnarlo di uno sguardo. 
Lui si spostò dietro di lei, per osservare la tazza dal suo punto di vista. Si abbassò di poco, avvicinando il viso vicino a quello di lei. Con la coda dell’occhio Cristina riusciva a vedere la sua barba ispida, di due tre giorni al massimo e una catenina che pendeva al di fuori della sua camicia. Sentì il bisogno di asciugarsi le mani sul jeans. 
“Questo lo potresti cancellare, in modo che il tuo libro centrale possa guadagnarsi un po’ di spazio in più. Invece questi” consigliò, indicando i libri in questione. “Potresti inclinarli leggermente.” 
Riccardo ritornò di fronte a lei, ma non sembrava volersi spostare. Lei alzò gli occhi su di lui.
“Grazie per i consigli” 
“Oh quando vuole” e le fece l’occhiolino; 

Al termine dell’ora tutti erano più che soddisfatti del proprio lavoro.
Cristina era così entusiasta: era riuscita a realizzare perfino un segnalibro, come quelli in stoffa rossi presenti nei vecchi libri, che fuoriusciva dalla tazza. 
“Allora, adesso mettete qui le tazze, io mi occuperò dell’asciugatura e cottura e lunedì prossimo le dipingeremo.” 
Tutti iniziarono a portare il proprio lavoro sulla postazione, per poi prepararsi ad uscire. 
Fuori all’edificio, Cristina e Riccardo si ritrovarono di nuovo spalla a spalla.
“Sa, l’invito del caffè è ancora valido, soprattutto dopo aver visto che sul suo profilo, del suo fidanzato non c’è neanche l’ombra” 
Cristina ruotò gli occhi. “Non mi piace pubblicare foto con il mio ragazzo, ok?”
Riccardo non sembrava molto convinto. “Neanche una, strano” 
“È perché abbiamo solo foto in cui siamo intimi.” 
Riccardo alzò un sopracciglio, incuriosito. “Ah beh adesso già diventa più interessante, e dove le fate queste foto intime sentiamo.” 
Cristina spalancò gli occhi, lui invece aveva quel sorriso malizioso e provocatorio spiaccicato sul volto. Aveva le braccia incrociate a mo’ di attesa.
“È davvero inopportuno, non le rispondo. E per di più io non la conosco.” 
“Un motivo in più per conoscerci, no?” 

Cristina iniziò a camminare verso la fermata del bus, ignorando completamente la sua proposta. Riccardo camminava nella sua stessa direzione. “Mi sta seguendo?” 
Lui scoppiò a ridere. “No, vado solo verso la mia macchina. Guardi.” 
E cacciando la chiave della sua Mercedes, l’aprì a distanza. 
“Mmm...” riuscì solo a dire Cristina. 
“Quindi nemmeno oggi sono riuscito a convincerla?” Le chiese lui, quando arrivò alla macchina. 
Cristina scosse la testa. 
“A lunedì allora.”

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Capitolo 3
*** 3’ Cap. Chiodo schiaccia chiodo ***


Buonasera a tutt* :) 

Nei capitoli precedenti mi sono dimenticata delle presentazioni: sono Giada, e qui su Efp sono nuova. 
Data la noia di questi giorni, ho iniziato a scrivere... Spero vivamente che non ci siano troppi errori grammaticali o di stesura! Nel caso, non esitate a scriverli! 
Spero vivamente che la storia possa piacere. 
Vi lascio alla lettura, e se volete, scrivetemi pure un vostro parere! 

Cap. 3 "Chiodo schiaccia chiodo." 


Il sabato, come da tradizione, Cristina Franchi lo trascorreva sempre e comunque con Flavia Rossi, la sua storica amica dell’infanzia. Lei aveva intrapreso un percorso universitario diverso, studiava veterinaria e il suo tempo a disposizione era veramente poco, ma nonostante tutto il sabato riuscivano ad incontrarsi per un aperitivo. 

Erano sedute ad un tavolino al bar in centro, all’esterno, e sorseggiando negroni osservavano i passanti e le vetrine. 

“Ah, sono distrutta, questa settimana mi ha sfinito.” 

“Che è successo?” Chiese Cristina, con la bocca piena di noccioline. 

“La stronza della Castillo mi voleva mettere 20 ad anatomia 2, ho rifiutato e se ne è uscita con una predica su quanto bisogna avvolte accontentarsi se “ritengo abbia raggiunto il suo massimo” rispose lei, alterando la voce da oca per copiare quella della prof. 

“Ma come può dire lei qual è o non è il mio massimo, che stronza. Mi sono prenotata al prossimo appello. Ah e poi Corrado se ne esce di nuovo con  “Sai, forse è meglio se non ci vediamo più .” 

E questa volta parlò con una voce bassa e profonda, per copiare quella del suo scopamico o ragazzo, non si sapeva bene il titolo del tipo in questione.

“Non lo pensare Fla, è un coglione. Come direbbe mia madre: chi nasce tondo non può morire quadrato.” 

L’amica sbuffò. Aveva capito appieno il significato del proverbio. 

“È da sempre così quell’idiota. Ma se ci frequentiamo da anni ormai, e cavolo abbiamo capito che stiamo bene insieme fallo sto passo e ufficializziamo! No, invece lui deve fare lo stronzo in giro e dice che per lui le relazioni non vanno bene. Non vuole cambiare” 

“Non ci pensare, lascialo perdere. Sono sicura che nel momento in cui poi tu inizi a guardarti altrove... eccolo che ricompare e sarà lui a chiederti di fidanzarvi, e lì allora lo farai soffrire e manderai a fanculo.” 

Flavia scoppiò a ridere. “Cri tu mi vedi possibile di fare una cosa del genere?”

“Certo! Soprattutto se incontri uno come quello lì e col cazzo se pensi ancora lui!” 

Cristina con gli occhi indicò alla loro destra, facendo notare all’amica un ragazzone alto due metri, con barba e muscoli proprio come piaceva a lei. 

“Beh, di certo lui sarebbe un bel diversivo.”

“Chiodo schiaccia chiodo, amica mia.” 

 

Il resto della serata con Flavia proseguiva a gonfie vele, stavano al terzo negroni ed era arrivato il punto di ingerire un po’ di cibo oltre alle noccioline. 

Sempre in centro avevano un altro posto in cui andare come da tradizione: la Piccola Osteria. 

Era un locale piccolo, intimo e stracolmo di decorazioni e fotografie alle pareti. 

I proprietari furono felice di vederle, e subito vennero accolte con un affettuoso benvenuto.

“Ah che bello! Venite venite per fortuna è libero il vostro tavolo.” 

La signora Beatrice subito le accompagnò nel loro angolino preferito. “Sapete già eh?”

Le ragazze annuirono. “Signora poco vino questa volta, abbiamo già dato!”

“Non vi preoccupate! Faccio io!” 

 

Poco dopo la tavola era imbandita con taglieri di salumi e formaggi, e due grandi porzioni di gnocchi fatti in casa. 

“Invece a te come sta andando il corso di ceramica?” Chiese Flavia all’amica, mentre sorseggiava il vino rosso. “Ti piace?”

“Oh si! Peccato che il professore ci sta provando spudoratamente con me.”

“Uh! E com’è?!” Rispose lei, tutta curiosa. 

“Ma l’aspetto diciamo che può anche andare... Anzi, è accattivante ma è troppo convinto di sé: non mi piace.” 

“Dai Cri! Ci potresti provare anche tu... sai, per levare qualche ragnatela.” 

Cristina ruotò gli occhi, preferendo addentare un’altra forchettata che rispondere all’amica. 

“Finirai con l’arruginirti, mia cara. E il professore magari sa proprio come usare qualche bell’attrezzo.” Continuò l’amica, facendole l’occhiolino.

“Stronza, non infierire. È perché non sono pronta ancora, quel coglione di Leonardo mi ha fatto stare una merda e continuo a pensarlo purtroppo.” 

“Ma proprio perché ci pensi, devi trovare qualcun’altro! Chiodo schiaccia chiodo, no? Me lo hai detto tu!” 

“Fla non è la stessa cosa, mi dispiace. Io con quel coglione ci sono stata per tre anni.”

L’amica alzò le braccia al cielo. “Sì, e come è finita?! Hai scoperto che ti tradiva. E adesso sta con quella. Devi rimetterti in gioco, sono passati quattro mesi!”  

“Dettagli.”

“Sì, dettagli.” 

Ed entrambe scossero la testa, era meglio cambiare argomento e bere altro vino;

 

Finita la cena, una accanto all’altra si fumavano l’ultima sigaretta prima di dividersi. 

“Sai, non è tardissimo. Se facciamo un ultimo giro?” 

“Ma si dai, io domani non devo fare niente.” 

Le due ragazze iniziarono a passeggiare lungo il corso, passando accanto a numerose coppiette innamorate.

“Quando vedo questo mi viene da vomitare te lo giuro.”

Cristina iniziò a ridere. “È solo perché tu non sei una di quelle.” 

Flavia la guardò storto. “Oggi non ti sopporto.” 

“È solo perché non stiamo più tanto tempo insieme!” Rispose l’amica, prendendola sottobraccio.

 

Passarono accanto a un altro locale, un bar e questo era ancora pieno di gente. 

“Il drink della staffa?” Propose Flavia.

“Ci sta.” 

Il locale era gremito, vennero accolte da un leggero chiacchiericcio e da una piacevole musica di sottofondo. In un angolo era libero un tavolino, dove non c’erano sedie attorno ma una grande panca ad angolo con dei morbidi cuscini, e subito iniziarono a leggere il menu.

“Ma ci siamo mai venute qui?” Chiese l’amica a Cristina.

Lei ci pensò un po’ su. “Di solito andiamo al bar che frequenta Corrado, quindi mi sa di no.”

“Giusto...” 

 

Dato che il locale era pieno, i camerieri ci misero un po’ ad arrivare, e fu molto strano quando entrambe videro un cameriere camminare verso di loro proprio con un vassoio carico.

“Questi sono per voi” 

Il ragazzo appoggiò sul tavolino due bicchierini da shot, contenenti quello che già dall’odore sembrava sambuca. 

“Ma noi non abbiamo ancora ordinato!” Spiegarono entrambe.

“Questi ve li offrono quei due ragazzi.” Rispose lui, tranquillissimo, indicando un tavolino alla sua destra. “Cosa volete ordinare voi invece?”

“Io un espresso Martini, e tu Cri?”

“Io... si anche io” rispose lei, un po’ in confusione dall’accaduto.

“Benissimo vengo subito.” 

Appena se ne andò il ragazzo subito entrambe si sporsero per vedere chi fossero i due ragazzi in questione. 

 

Infondo, sulla destra due ragazzi, in particolare uno, accennava un saluto per catturare la loro attenzione. Cristina mise meglio a fuoco. 

“No, ma questo davvero sta da fuori.”

“Chi? Chi è?” Chiese l’amica, giustamente non sapendo quale fosse il suo aspetto. “Non dirmi che è Corrado, o Leonardo? No Dio sarebbe stranissimo è impossibile. Non dirmi abbiamo già acchiappato... ci siamo appena sedute!” 

Cristina fece il segno di tacere all’amica. 

“No cretina come puoi nominare quei due! È lui, il professore.” 

Flavia si sporse un altro po’ per vedere meglio, mentre invece Cristina faceva finta di non notarlo. 

“Oh, beh dai è carino. Anzi, sono carini entrambi e...” 

“E?” Continuò Cristina.

“E stanno venendo verso di noi.” 

“Cosa?!” Cristina strabuzzò gli occhi. “No questo no! Io me ne vado!” 

E appena lo disse, si alzò così di scatto che non si accorse che praticamente entrambi erano già arrivati. Cristina gli sbatté addosso, finendo sul suo petto. 

Riccardo l’afferrò per le braccia. 

“Di già?” Ne approfittò lui, cogliendo al volo l’occasione giusta per provocarla. 

Lei gli sferzò una gomitata nel fianco e si liberò dalla presa. “Idiota.”

“Possiamo?” E nello stesso momento in cui lo chiese, posò la mano alla vita di Cristina e la spinse di nuovo al suo posto, con lui al suo fianco. 

 

“Piacere, sono Riccardo Dorsi e lei è...?” Chiese all’amica di Cristina, allungando la mano verso di lei. Flavia, se avesse potuto avrebbe immediatamente detto all’amica che se non avesse voluto farci qualcosa con il professore, di certo lo avrebbe fatto lei. 

Era tremendamente affascinante e si sentiva già vittima del suo charme.

O era l’alcol? 

 

“Flavia Rossi, piacere. E tu?” Chiese l’amica, all’altro ragazzo.

“Edoardo.” E tutti, tranne Riccardo e Cristina si strinsero le mani. 

“Va be, grazie per lo shot e per le presentazioni, adesso potete pure andare.” 

Tagliò corto Cristina, facendo con le mani il gesto come per dire “vai vai” 

Riccardo scoppiò a ridere. “Ma sei di un’antipatia unica, lo sai?” 

Lei aprì la bocca, sconvolta. “Io?!” 

Lui le avvicinò il bicchierino con la sambuca. “Si, tu. Bevi che forse ti migliora il carattere.” 

“Ah io sono d’accordo.” Disse Flavia, intromettendosi.

L’amica la fulminò con lo sguardo, e bevve tutto d’un sorso il suo shot.

“Contenti? Ora via.”

E con tutta la forza spinse Riccardo fuori dalla panca, ovviamente senza riuscirci.

“Ma non avevi detto che le eri simpatico?” Chiese Edoardo, guadagnandosi anche lui una tremenda occhiataccia da Cristina solo per aver proferito parola. 

“Più o meno.” Rispose lui, divertito, e adesso fu il turno di Riccardo. 

“Non guardarmi così, vorresti sembrare minacciosa ma sei tremendamente sexy.” 

“E il lei che fine ha fatto?” Domandò Cristina, notando come lui stesse usando il tu. 

“È andato a farsi fottere nel momento in cui mi sono seduto accanto a te.” 

Rispose lui, abbassando di poco il viso per avvicinarsi a quello di lei. 

Le guardò dritto nella scollatura, giusto un attimo, per poi salire lentamente con gli occhi sul collo scoperto, le labbra dove il rossetto era rimasto a pena. 

Le accarezzò la schiena e si avvicinò ancor di più a lei. 

Cristina sentiva il suo sguardo addosso e sentiva una strana e inopportuna eccitazione crescere in lei. 

 

“Dio, allora è vero che sei proprio convinto.” Annunciò Flavia, interrompendo quel momento. 

I due si osservarono per un ultimo istante. 

Edoardo scoppiò a ridere, e di conseguenza un po’ tutti. 

“Tu invece mi sei già simpatica.” Fece Edoardo a Flavia, e lei le rivolse un sorrisetto divertito.

Bevve tutto d’un sorso il suo shot. “E non hai visto ancora niente.” 

Proprio in quel momento arrivò di nuovo il cameriere e portò i loro espressi Martini. 

“Ragazzo, altri due gin tonic.”;

 

 

“Flavia ma dai! Stai dicendo una grande cazzata.” Esclamò Riccardo, ridendo.

“Te lo giuro! Sono più che sicura di aver visto un fantasma o un orso! O il fantasma di un orso!” 

“Ma quanto eravate ubriache?” Chiese Edoardo.

Cristina chiuse un occhio, in un espressione un po’ strana di chi cerca di fare chissà quali calcoli complicati. “Diciamo che tre bottiglie erano andate.”

“Quindi è un miracolo se siete riuscite pure a tornare a casa la mattina dopo.” 

“Eravamo molte avventurose, in realtà.” 

Affermò Cristina, volgendo il capo alla sua sinistra, per rivolgersi a Riccardo. 

Aveva il capo leggermente alzato verso di lui e le labbra socchiuse.

“E lo sei ancora?” Sussurrò lui, abbassandosi di poco verso di lei. 

Aveva gli occhi fissi sulla bocca di lei. Riccardo deglutì, si bagnò le labbra: voleva baciarla. 

“Si...” Sussurrò lei, sotto voce, ma poi all’improvviso si allontanò di botto, realizzando subito dopo cosa stava per accadere. “No, no volevo dire di no.” 

Cristina volse la testa di fronte, convinta di trovare lo sguardo di Flavia addosso, pronta a subirsi una ramanzina per il suo atteggiamento lascivo, invece l’amica non se ne era nemmeno accorta. 

La lingua di Edoardo era nella bocca di Flavia e le sue mani tiravano i capelli del ragazzo.

“Ma tu guarda...” sussurrò, e sconvolta, posò la mano sul petto di Riccardo. 

“Fammi uscire” e obbedendo, il prof la fece passare. 

 

Cristina era uscita senza la giacca addosso, e adesso se ne pentiva amaramente.

Aveva preso al volo la borsetta, fortunatamente, e si accingeva a prendere una sigaretta. 

Fumava e si stringeva le braccia al petto, per scaldarsi. 

Riccardo comparì affianco a lei, all’improvviso come suo solito. 

“Che hai?” 

Lei guardò altrove, come se non lo vedesse. “Niente.” 

Lui si sfilò la giacca, posandola così sulle sue spalle. 

“No guarda, non serve.” Disse subito lei, cercando di sfilarsela. 

“Insisto” continuò lui. 

Il gesto fece scazzare Cristina ulteriormente. 

“Ci stai provando spudoratamente, smettila.” Affermò lei seriamente e senza la più che minima alterazione di tono di voce. 

Lui scoppiò a ridere. “Franchi, ci sto provando dall’attimo in cui hai messo piede nell’aula!”

“Ecco, visto? Smettila.”

“Perché, per il tuo ragazzo immaginario?” 

“Che stronzo che sei.” Ringhiò lei, gettandogli la giacca addosso e facendo una via diretta nel locale, con ovviamente Riccardo al suo seguito. 

Quando ritornarono al tavolo, questo lo trovarono vuoto. 

Al suo posto c’era solo la sua giacca ma di Edoardo e Flavia neanche l’ombra.  

“Qualcuno è andato via insieme.” Constatò il prof. 

“Si, peccato che io non sappia niente di lui, al di fuori del suo nome. E se fosse un maniaco e quindi Flavia in pericolo?” 

“Cristina tranquilla, è mio amico e Flavia era ancora lucida.” 

“Ah quindi solo perché è tuo amico io dovrei fidarmi?” 

 

Cristina provò a chiamare l’amica a telefono, ma questo era irraggiungibile. 

“Tipico” 

“Aspetta dai, chiamo io Edo” 

 

Riccardo compose velocemente il numero sotto lo sguardo attento di Cristina. 

Fortunatamente l’amico rispose. 

“Ma dove siete!?” Esclamò Cristina per lui, rubandosi il cellulare di Riccardo ancor prima che lui potesse dire qualcosa. 

Evidentemente anche l’amica fece lo stesso perché rispose lei per lui. 

“Ma si che mi preoccupo, torna subito qui!”

“No! Non mi scrivi domani!

“Flavia smettila!” 

“Il chiodo te lo ficco io Fla, ma è meglio se non ti dico dove!” 

 

E la conversazione si chiuse.

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Capitolo 4
*** 4' Cap. Chi troppo vuole nulla stringe ***


Buonasera a tutti :)
Vi lascio il 4'cap con le stesse "premure" scritte nel capitolo precedente: vi auguro una buona lettura, e se volete non esistate a scrivere il vostro parere e giudizi! 
Positivi o negativi sono ben accetti. 
E' una lettura breve, ma che spero possa farvi compagnia, un bacio. 


Cap 4' "Chi troppo vuole nulla stringe"


Riccardo e Cristina erano fermi davanti al tavolo dove, fino a un dieci minuti fa, si trovavano anche Flavia ed Edoardo. 

“Io la uccido quella donna, e anche l’amico tuo!” Urlò Cristina, afferrando la giacca e scappando dal locale. Riccardo si apprestò a pagare e la rincorse. 
“Dai Franchi! Non hai mai fatto una cosa così?” 
Lei si fermò di botto, si voltò di scatto e per la seconda volta gli andò a sbattere addosso. Riccardo l’afferrò per le braccia e l’attirò a sé. 
“Tu non parlarmi!” 
“Ah non mi vuoi parlare ma puoi cadermi tra le braccia?” 
Lei si divincolò e gli puntò un dito contro. 
Lui non sapeva se ridere o iniziare a preoccuparsi. 
“Io non ti cado tra le braccia. Sei tu che mi stai sempre dietro.” 
Riccardo si fermò giusto in tempo prima di aprir bocca e rispondere con una battutaccia squallida.  Non riuscì però a far scomparire quel sorrisetto sulle labbra. 
“Smettila.” Ordinò lei, ma lui non riuscì a trattenere le risate. 
“Va bene non dico niente! Lo giuro!” 

Cristina gli era ancora di fronte e con quel dito minaccioso ancora puntato addosso a Riccardo. 
Oscillava pericolosamente e sul suo viso ormai regnava completamente un’espressione da ubriaca. I negroni, il vino, gli shot e i drink ormai avevano vinto: era completamente andata. 
Riccardo la vide indietreggiare pericolosamente, per poi camminare in avanti. 
Allungò le mani verso di lei per mantenerla in equilibrio, e l’afferrò saldamente. 
“Ok, noi adesso ce ne andiamo a casa. Vieni, la mia macchina è più avanti” 

Cristina scosse la testa, ad occhi chiusi. 
“Vieni, andiamo.” E delicatamente cercò di spingerla in modo che iniziasse a camminare, ma i suoi piedi adesso era come se fossero ancorati a terra. 
“No... non ci vengo con te. Non ti conosco.” Rispose lei, lamentosa. 
“Lo so, non mi conosci, ma te lo giuro, ti porto a casa.” 
Rispose lui, con un tono di voce che se Cristina fosse stata sobria, avrebbe considerato paterno e affettuoso. Lei puntò ancora di più i piedi a terra, iniziò a muovere la testa per dire no. 

“Cristina, non so se quel minimo di lucidità che ti è rimasto ti permetta di capire le mie parole, ma ti chiedo di fidarti. Non ti metterei mai le mani addosso, ti porto a casa e basta, te lo giuro. Ci proverò con te lunedì, da sobria.” 
Lei assottigliò ancor di più gli occhi, e sorrise a fatica. 
“No lunedì no” 
“E martedì?” Rispose lui, rubandole un altro sorriso, e distraendola quel tanto da non farle scoprire che lui con più pressione, adesso era riuscito a spingerla in avanti e a farla camminare di poco. 
“No martedì no... giovedì è il corso.” Sussurrò.
“Ah giusto, va bene giovedì. E poi ci posso provare anche il lunedì dopo” 
Lei scosse la testa. “No tu non ci provi volevo sire... dire.” 
Riccardo scoppiò a ridere. “Oh, anche così non cedi, ma sono tanto brutto?” 
“Chi troppo vuole nulla stringe, Riccardo. Lo dice sempre mia madre.” 
“Perché non me lo spieghi in auto?” 
“Tu insisti... insisti, e vuoi così tanto da me, ma finirai con avere niente.” 
“Per il momento vorrei solo che tu entrassi in auto, Cristina.” 

Riccardo non sapeva se ridere o piangere. La vedeva oscillare pericolosamente, ma con i piedi  saldi a terra e si chiedeva come lui, un omone di 1.80 cm non si fosse già caricato con la forza quella ragazzina sulla spalla per metterla in auto. 
 
“E sai cos’altro direbbe?” 
Cristina aveva un occhietto un po’ chiuso, guardava Riccardo come se lui dovesse già sapere la risposta. Lui sbuffò, stanchissimo. Non sapeva quanto ancora avrebbe resistito. 
“Te lo giuro non ti farò mai più bere, ma sì, dimmi.” E con la mano la incitò a continuare. 
Il volto di Cristina si era incupito, si era dimenticata cosa volesse dirgli. 
Aveva la bocca socchiusa, Riccardo le osservava i residui del rossetto agli angoli della bocca. 
Gli occhi turbati... come se volessero capire cosa stava per accadere. 
“Cristina?” Riccardo aveva intuito che qualcosa non andava, le sue braccia erano salde su quelle della ragazza. 
E poi, di colpo, le guance di Cristina si gonfiarono e immediatamente capì cosa stava per accadere. 
“No, no no ti prego” 
Ma successe tutto in un instante. 
Cristina si piegò in avanti e tutto l’alcool in corpo finì sulle scarpe di Riccardo. 
Per quanto fosse dispiaciuta, Cristina iniziò a ridere. 
“Dio mi dispiace... ma un po’ te lo meriti” 
“Ah per provarci con te, giusto.” Rispose lui, cercando di levare quanto più vomito possibile agitando le sue scarpe. “E cosa volevi dirmi prima?” 
“Che a pagare e morire c’è sempre tempo.” 
“Ti prego entra in macchina...” 

Riccardo era riuscito a farla arrivare alla macchina, e senza troppe obbiezione farla sedere tranquilla al suo posto. 
Le provava a metterle la cintura di sicurezza ma più di tutte a tenerla sveglia. 
“Oh, Franchi, non ti addormentare che non ho idea di dove tu abiti.” 
“Chiama Flavia...” sussurrò lei, così a bassa voce che Riccardo non aveva nemmeno capito se stesse parlando con lui. 
“Senti, Franchi” disse lui, posando entrambe le mani sulle guance della ragazza. “Sveglia, e dimmi dove abiti e poi chiamiamo Flavia.” 
“Non lontano, e mi fai male.” Rispose lei, cacciando via le mani dell’uomo dal suo volto.
“Benissimo.” Rispose lui, chiudendo la portiera e salendo al posto del guidatore. 
Il tempo di fare il giro, che Cristina in un attimo si era addormentata.
Delicatamente la iniziò a scuotere, per farla di nuovo svegliare. 
“Non voglio fare sesso ho sonno.” 
Riccardo scoppiò a ridere, un po’ per la situazione e un po’ per sfinimento che provava.
“Tranquilla nemmeno io, e poi puzzi terribilmente.” 
Cristina sembrò offesa, i suoi occhi stanchi, e praticamente chiusi s’aprirono appena. 
“Io puzzo, ma tu sei vecchio. Bello ma vecchio.” 
“Ah quindi mi trovi bello?” Rispose lui, decidendo di approfittarne per ottenere qualche informazione in più.
Avrebbe sempre potuto trovare qualcosa da usare a suo favore da rinfacciarle in aula. 
Cristina allungò la mano verso di lui, portò la mano ai suoi capelli. 
Non aveva la treccia come in aula, utile per non sporcarsi lavorando, ma erano sciolti e tirati all’indietro. Gli arrivavano alle spalle. 
“I capelli...”
Cristina prese a giocare con un ricciolo più definito, per poi spostarsi all’orecchio, dove Riccardo aveva l’orecchino. “Questo...” 
Il tocco leggero delle dita di Cristina mettevano a seria prova l’autocontrollo di Riccardo. 
Lei portò la mano sul suo viso, gli accarezzava la barba sottile, il sopracciglio, gli occhi. 
“Gli occhi scuri...” 
Lui chiudeva le palpebre e sentiva solo la sua mano che delineava il contorno del suo viso. 
Infine accarezzò la sua bocca  “E questo” 
Riccardo si sentiva di impazzire, voleva mordere e baciare quelle dita. 
Lanciarsi su di lei e baciarla, possederla in quell’instante. 

“Dio Cristina dimmi dove cazzo abiti, devi uscire da questa macchina.”
Il suo tono di voce adesso autoritario ed eccitato riuscirono a riportare Cristina alla realtà. 
Ritirò la mano, come se si fosse scottata. 
“Via Marconi 17, proprio dove sta il teatro Magno.” 

Tutto il tragitto verso casa fu silenzioso. Riccardo non parlava perché nella sua testa pensava e ripensava a quelle dita fra i suoi capelli, a quel tocco leggero sul suo viso. 
Non osava nemmeno staccare gli occhi dalla strada. 
Cristina non faceva invece che addormentarsi e svegliarsi di soprassalto. 
Lottava con i conati, aveva il viso verso il finestrino da cui riusciva ad entrare dell’aria fresca. 

Appena arrivati all’ingresso del condominio, Riccardo le aprì la portiera dell’auto e lei non si oppose quando lui la prese sotto braccio per accompagnarla al portone. 
Entrò con lei, le chiamò l’ascensore. 
“Da qui va benissimo... puoi andare.” 
“Insisto. Che piano?” 
“Quinto.” Ed entrambi salirono insieme. 
Cristina aveva il capo poggiato sulla sua spalla. Lui l’abbracciava. Quella piccolissima porzione di lucidità fece accorgere a Cristina della vicinanza e di quanto fosse percepibile il suo profumo. Pensò a quanto fosse piccolo quell’ascensore e quanto tempo ci impiegasse per arrivare al suo piano. In un altro momento, Riccardo ne avrebbe approfittato per bloccarlo e rimanere lì con lei. 

Arrivati al portone d’ingresso, Riccardo non sembrava volere andare via.
“Ok adesso vai.” Disse lei, sfilando dalla borsetta le chiavi.
Provò a metterle nella serratura ma le caddero più volte.
“Va bene aiutami ad aprire e poi vai.” 
Lui le sorrise, le aprì la porta. 
Riccardo osservava i suoi occhi sottili dall’alcool, le guance rosse e il sorrisetto da ubriaca che non riusciva a scomparire. 
“Buonanotte Riccardo.” 

E a quel punto, tutto l’autocontrollo che Riccardo aveva cercato di mantenere andò a farsi fottere. 
Le afferrò il viso tra le mani e si lanciò su di lei. 
Le sue labbra erano prepotenti, si facevano spazio nella bocca di Cristina. La barba gli pizzicava, la lingua di Riccardo, che danzava nella sua, le provocano scosse lungo tutto il corpo. Le mani di Riccardo, che la tenevano ferma, le stringevano i capelli e l’attiravano ancora di più a sé. 
Cristina si alzò sulle punte, le sue mani si alternavano nello stringergli i capelli e nell’accarezzargli la schiena. Le loro mani erano frenetiche, i loro corpi vicini e si cercavano: lottavano per scoprirsi e non per separarsi.

Ma ad entrambi, come si sa, venne a mancare il fiato. Si guardavano con il fiato corto, eccitati. Entrambi avevano i capelli arruffati, le labbra rosse. Tantissima voglia di rifarlo. 
“Buonanotte Cristina.” 

L’uomo riprese l’ascensore, si guardarono fino a quando le porte non si chiusero.

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Capitolo 5
*** Cap. 5 Quando si è in ballo, bisogna ballare. ***


Cap. 5 "Quando si è in ballo, bisogna ballare."
 
La mattina dopo, quando si svegliò, Cristina sentiva dentro di sé due sensazioni contrastanti: rassicurazione e delusione.
Si alzò a fatica dal letto, stando attenta a non far movimenti troppo veloci. Si massaggiò la fronte,aveva un forte mal di testa e un alto stato di disidratazione.
Era felice di trovarsi a casa sua, nella sua stanza ma al tempo stesso dentro di sé, una piccolissima parte si sentiva delusa che non fosse accaduto nient’altro. Il ricordo vivido del bacio con Riccardo, e solo il pensarci le procurava delle fitte e un’eccitazione crescere in lei.
Si passava le dita sulle labbra, pensando alle sue.

Lentamente, sotto l’acqua calda della doccia apparirono davanti i suoi occhi varie scene della serata. Riccardo che con nonchalance le accarezzava la schiena... Edoardo che ci provava con Flavia. “Flavia!” Urlò, uscendo subito dalla doccia per chiamare l’amica.
Gocciolava lungo tutto il corridoio e aveva ancora i capelli insaponati. Si asciugò appena le dita prima di afferrare il cellulare.
“Dio Fla, tutto bene? Dove stai?"
“Cri ti prego non urlare...” rispose l’amica, con la voce impastata.
“Che è successo?!”
“Sono stata con Edoardo... sto ancora da Edoardo in realtà. E tu?”
“Io sto a casa.” L’amica sembrò acquisire subito forze ed entusiasmo. Evidentemente, anche lei si era appena ricordata di aver abbandonato l’amica da sola con Riccardo. “E il tuo chiodo?!”
Cristina, come se l’amica ce l’avesse di fronte, con le mani gesticolò come per non farle nemmeno iniziare questo discorso. “Mamma mia Fla, tu e questo chiodo! Non è successo niente, mi ha accompagnato a casa e basta... e poi mi ha baciata.”
“Solo?!” Rispose lei, completamente sconvolta.
“Certo, perché cosa ti aspettavi?”
"Diamine stavate scopando con gli occhi nel bar. Per non parlare di come lui ti accarezzava, come tu ti sporgevi verso di lui! E poi nella macchina insieme... doveva per forza accadere qualcosa.”
“No non doveva accadere per forza, e poi non parlare al plurale! Era lui che guardava me, ed è stato lui a venire al nostro tavolo.”
“Cristina, avevo la lingua di Edoardo in bocca e quindi di certo non potevo esprimermi, ma ho visto come tu ti comportavi da troietta.” Rispose lei, con un tono di voce che non voleva sentire ragioni. “Ti piace.”
“No che non mi piace! Si cioè mi piace, ma non voglio che mi inizi a piacere. Dai Fla, ha più di trent’anni”
“È con questo? Mica te lo devi sposare. È quello che ti ci vuole adesso, e comunque pure Edoardo ha la sua età e a proposito lui è sotto la doccia e io voglio raggiungerlo: quindi non farmi perdere altro tempo quando dovrei esser con lui, a farmi passare la sbronza. Quindi ci sentiamo dopo, e mi raccomando, non ti dimenticare del proverbio.” Cristina scosse la testa. “Sei irrecuperabile, ma almeno stai bene.”

Per tutto il giorno un incessante pioggia non aveva mai smesso di toccare terra, rendendo così l’umore di Cristina ancora più inquieto. Guardava il cielo, di un grigio scuro e si chiedeva quando avrebbe smesso. Non le piaceva la pioggia, o per lo meno questo tipo. Amava la pioggerella leggera, quella che quando sei a casa seduta sul letto ti fa perfino compagnia, invece adesso, questa pioggia così prepotente proprio non le piaceva. Ma soprattutto quando già solo il suo umore non era dei migliori. Alla madre invece non creava nessun fastidio, era tutta intenta a lavorare a computer: aveva una cioccolata calda tra le mani e Fernando il chihuahua sulle gambe.
“Problemi in università?” Chiese la madre, per recuperare la figlia da suo stato di trance. Era tutta intenta a guardare fuori, un po’ come un nonno guarda un cantiere.
“No è che sto pensando che se domani è ancora così, con questa pioggia, io di certo non ci vado a ceramica.”
Spiegò lei, girandosi per parlare con la madre.
Maria Franca Ruocco distolse gli occhi dallo schermo del suo pc, e si sistemò per bene tutta diritta sulla schiena, osservando la figlia con un sorrisetto tutto compiaciuto sul viso. “Cristina?.” Iniziò lei, aspettando che Cristina la incitasse a continuare.
“Dimmi?”
“Quando si è in ballo bisogna ballare, mia cara.”
Sia lei che il marito ruotarono gli occhi, era strano che alla mezza la madre non aveva ancora detto il suo proverbio della giornata.
“Ma non è che ho detto che lasciò ceramica, solo che se piove non vorrei andarci.”
“E come mai? Da quando ti ha mai fermato un po’ di mal tempo.” Rispose il padre, dietro i fornelli. Era intento a preparare il pranzo, ma con le orecchie ben attente seguiva tutta la conversazione.
“Pà, ma domani andrò già in uni, sotto la pioggia non voglio andar avanti e indietro a prender freddo.”
“Ma prendi la mia macchina, Cri. Io domani non vado in ufficio.” Continuò il padre, e a Cristina le venne quasi voglia di ammazzarlo. Perché doveva esser così disponile proprio quando lei non stava proprio in vena? Lei cercava solo una scusa per non andare al corso.
“Ma si... vabbè si vedrà domani.” E per sviare il discorso iniziò a parlare del prossimo esame, ma anche lì la conversazione per Cristina non fu piacevole dato che iniziarono tutte le domande inerenti alla laurea;

Il giorno dopo, alla fine, prese la macchina della madre per andare in uni, dato che il tempo non ne voleva sapere di migliorare. Aveva solo tre lezioni, poche ma pesanti. In pausa pranzo, insieme ai suoi amici dell’università era andata al KFC. Non era la sua catena preferita, ma per l’uni era quella più vicina. Sedeva capotavola fra Veronica, Marco e Alessia e insieme mangiavano patatine e pollo fritto.
“Che poi, se ci pensate Adinolfi è un grandissimo stronzo. Oggi non ha voluto usare diapositive, altro che pc rotto.”
“Ieri funzionava, e oggi no?” Commentò Alessia.
“Vero. E soprattutto sotto esami..”
“Io storia moderna ce l’ho il 17, spero vada bene che questi secoli non mi entrano più in testa.” Aggiunse Veronica, avvilita.
“A chi lo dici, a me dopo la sbronza di ieri sembra essermi andato proprio k.o il mio cervello.”
“Come scusa, sbronza?” Chiese Marco, finalmente la conversazione aveva preso una piega più di suo gradimento. Cristina abbozzò un sorrisetto colpevole.
“Si, ho bevuto molto. Vi riassumo il tutto in tre parole: vomito vomito vomito.”
“Con chi sei andata, con Flavia?” Chiese Alessia, incuriosita.
“Si... e poi lì ho incontrato Riccardo.” Veronica si lasciò cadere una patatina. “Il professore?!”
Marco e Alessia subito si avvicinarono ancor di più al tavolo, per non farsi sentire. “Oddio uno dei nostri? Chi?” “Adinolfi come fa di nome? Riccardo?”
Cristina scoppiò a ridere. “No raga, quello del corso di ceramica.”
“Ah, non mi interessa allora.” Commentò Marco, alzandosi per posare il suo vassoio e raggiungere altri amici.
Veronica e Alessia, invece, subito ordinarono di esser aggiornate. “E cosa è successo?” Chiesero entrambe, riprendendo a mangiare le patatine come se fossero al cinema a mangiare pop-corn. Cristina raccontò loro la serata, omettendo i particolari di Edoardo e Flavia, e le amiche erano sempre e sempre più curiose e divertite, soprattutto dato che lei gli aveva vomitato sulle scarpe. “E quindi ti ha accompagnato a casa... e?”
“Ci siamo baciati sull’uscio della porta, e alle 16:00 ho di nuovo il corso.” Alessia battè le mani. “Dai che bello! Secondo te uscirete insieme?!”
Cristina strabuzzò gli occhi. “Certo che no!” e infuriata lasciò le amiche da sole, ma loro erano così: pettegole e testarde e subito la inseguirono per continuare il discorso. “Perché Cri? Dai è evidente che ti piace... ci puoi uscire e vedere come va, e per di più ti farebbe più che bene dopo Leonardo.”
“Sono più che d’accordo.” Terminò Alessia. “Almeno vedi se è bravo anche nella pratica!”
“Io con voi non parlo più...” fu l’unica cosa che riuscì a dire Cristina.

Quando anche l’ultima lezione delle 14:00 terminò, arrivò in accademia in perfetto orario. Senza dover aspettare la coincidenza del bus aveva recuperato una decina di minuti e così, con più calma iniziò a recarsi in aula confondendosi fra gli altri studenti. Una volta entrata si accorse di esser la prima, ma non era la sola. Riccardo era concentrato, e una ad una prendeva le tazze dal forno per posizionarle sulla cattedra.
Le dava le spalle, non si era ancora accorto di lei. I capelli erano raccolti giusto in un codino, indossava una camicia larga, arrotolata ai gomiti.
“Perché deve essere sexy...” pensò e in quel momento lui si girò. La vide in piedi, impalata e anche lui non poté che paralizzarsi ad osservarla.
“Ciao...” e lui si iniziò ad avvicinare pericolosamente. Cristina, in un attimo, come se avesse realizzato quello che poteva succedere o non succedere... le parole delle amiche e il suo stato di confusione, iniziò a indietreggiare e andare nel panico. “Devo.. devo usare il bagno.” E lasciando tutto nell’aula, nel primo banco a tiro, uscì e corse via.
Non sapeva se fosse o meno la direzione giusta e per la corsa andò a sbattere contro un ragazzo.
“Oddio scusami, cercavo il bagno.”
“Si... è di qui. Ma sei nuova? Non ti ho mai visto.”
Cristina cercò di darsi una sistemata e guardò meglio il ragazzo in questione. Aveva più o meno la sua età, occhi azzurri e capelli scuri.
“Faccio il corso di ceramica, non seguo qui.”
“Ah... beh posso accompagnarti?”
Cristina annuì, un po’ turbata da tutta questa insolita gentilezza.
“Io sono Tommaso, tu...?”
“Cristina, piacere.”
E fuori alla porta dei bagni, gli sorrise e lo ringraziò per averla accompagnata. “Beh grazie, ci si vede in giro.”

Cristina si stupì quando riuscendo dal bagno si trovò di nuovo Tommaso al suo fianco.
“Possiamo scambiarci il numero?” Cristina scoppiò a ridere. “Sei carinissimo, ma no...” E sorridendogli appena, avanzò verso l’aula del corso, ma lui non demordeva e seguiva i suoi passi.
“In realtà ti avevo già vista giorni fa, sai io finisco la lezione e tu la inizi...”
“Ah quindi qui abbiamo uno stalker.” Tommaso si lasciò sfuggire un risolino e si passò la mano fra i capelli, nervoso.
“No è che sai, un ambiente nuovo... ho pensato volessi fare amicizia.”
“Certo certo, vabbè, ci hai provato... è da apprezzare.” E per non apparire completamente stronza gli fece un sorriso, e continuarono a camminare insieme.

Fuori alla porta dell’aula intravide Riccardo, e lui fece lo stesso. Anche se lontano, sentì il suo sguardo indagatore addosso e capì immediatamente che lui subito aveva puntato Tommaso.
“Tommaso? Scrivi, ho cambiato idea.”

Non seppe bene dire a sé stessa il perché lo avesse fatto, ma diede il suo numero a Tommaso. Improvvisa voglia di far ingelosire Riccardo? Aveva visto come lui la stava guardando, e voleva fargli credere che ci fosse qualcosa tra loro?
Cercava di non focalizzarsi troppo su questo motivo, ma quando, proprio allo scoccare dell’inizio della lezione passò accanto a Riccardo per entrare in aula e lo vide con una strana espressione sul volto, si sentì stranamente soddisfatta.
“Si fa amicizia, vedo.”
“Perché no...”
Per di più i suoi ormoni avevano deciso di non collaborare, e la sua mente non faceva che proiettarle davanti agli occhi l’immagine di loro due avvinghiati... le loro labbra unite e le loro mani frenetiche.

Quando tutti presero posto, la lezione iniziò. Riccardo spiegò per bene i colori a loro disposizione e come loro avrebbero cambiato tonalità una volta cotti.
“Anche se vi sembreranno spenti, non temete, la loro brillantezza l’acquisteranno in seguito.”
“Diluite la polvere con dell’acqua, inumidendo il pennello. Non fate troppe passate, mi raccomando.” E detti gli ultimi consigli, Riccardo lasciò che tutti iniziassero il proprio lavoro. La tazza di Cristina durante la cottura non si era rovinata, era tutta intatta e fu felice di aver scelto un un soggetto semplice da dipingere.
Riccardo camminava fra le postazioni, dava consigli e impediva ad una signora di usare troppa acqua per diluire le polveri.
“Si finisce per avere delle bollicine, o può anche spaccarsi in cottura... non esageri, guardi.” E lui le preparò la giusta combinazione di smalti per dipingere.

Riprese a camminare, con gli occhi attenti su ogni lavoro. Infine arrivò da Cristina, alla sue spalle, e la osservava dall’alto.
“Stai andando bene, sai?”
“Ah grazie... professore.” E senza girarsi continuò a lavorare. Lui si piegò in avanti, accovacciandosi sulle ginocchia per avere il suo viso all’altezza di quello di Cristina. Lei sentiva il suo respiro sul collo e il suo battito iniziò ad accelerare.
“Sai da me ho un tornio... possiamo emulare la scena di Ghost...” La voce di Riccardo era bassa, roca. A Cristina le parole per rispondergli gli morirono in gola.
“Ma anche qui, vedo.”
“Si ma da me possiamo fare un corso accelerato.” E avvicinandosi ulteriormente, le scostò di poco i capelli, e senza farsi vedere le morse il lobo.
Cristina si sentì avvampare, si allungò in avanti per inserire centimetri di distanza tra di loro.
“Sono sicura che qualcuno ha bisogno del tuo aiuto... vai.” Riccardo divertito si alzò in piedi, e passò a un’altra postazione.

“Avete finito tutti?” Chiese il prof, al termine della lezione. 
Tutti i partecipanti annuirono, soddisfatti del loro lavoro. La sua vicina di banco però non sembrava del tutto convinta: e infatti oggi era stata meno loquace del solito. “Allora, come per la scorsa volta, mi dedicherò io alla cottura e giovedì saranno pronte. Poi passeremo al tornio. Venite con un grembiule o indossate indumenti vecchi... Vi sporcherete di sicuro.”
Cristina non poté che sorridere insieme ai suoi compagni di corso. Uscì dalla classe insieme agli altri, lasciando Riccardo indietro a sistemare le tazze nel forno. Quando lui la raggiunse, era quasi all’uscita dell’edificio: mancava solo l’ultima rampa di scale.

Non aveva ancora smesso di piovere, e attorno a loro c’era un via vai di studenti che salivano e scendevano le scale. “Andiamo? Ti offro il famoso caffè.” Annunciò lui, a voce alta, per farsi sentire dato che li distanziavano ancora due paia di scalini.
“Non posso sto in ritardo, ne riparliamo alla prossima lezione.” Tagliò corta lei.
“È per l’età?” Lei si fermò proprio sull’ultimo scalino e voltandosi lo vide scendere fino ad arrivare a lei. “Co... come?”
“Io ho trentacinque anni, tu quanti... ventiquattro?”
“Ventitré.” Rispose lei, anche se non capiva dove lui volesse andare a parare.
“Ok, quindi la differenza d’età ti spaventa e allora hai deciso di non darmi una possibilità nonostante il fantastico e passionale bacio che ci siamo dati.”
Cristina iniziò a ridere, in imbarazzo. “Anche, ma io ora devo andare e non mi va di continuare questo discorso.”
E nonostante la pioggia, s’incamminò verso la macchina.

“Anche? Quindi c’è anche dell’altro?” Cristina ruotò gli occhi. Sapeva che lui stava camminando dietro di lei. “Si, anche. Come il tuo essere prepotente, convinto e testardo. E per di più mi stai assalendo.”
“Assalendo? Dai Cristina stai esagerando. Mi piaci, ed io piaccio a te. Andiamo a prendere un caffè insieme.”
Cristina scoppiò a ridere. “Tu non mi piaci e tu non vuoi uscire con me.”
E anche questa volta nel fermarsi di botto e nel voltarsi così velocemente, gli finì ancora tra le braccia. Lui la strinse a sé, la guardava con un sopracciglio alzato, malizioso.
“Ok non vuoi uscire con me, ma di certo non vuoi starmi lontano.”
Lei si divincolò, puntandogli un dito contro. Riccardo capì che puntargli quell’indice addosso le piaceva indifferentemente se fosse sobria o ubriaca.
“Sei tu che non vuoi uscire con me, stai facendo tutte queste smorfie e tentativi solo perché vuoi portarmi a letto. Smettila.”
“Cristina ammettilo... se tu non fossi stata così tanto ubriaca sarebbe successo qualcosa, qualcosa di più oltre il bacio. Quindi non farmi così tanto la predica.”
“No assolutamente!”
“Come mi accarezzavi i capelli... la barba... la bocca.”
Cristina era paralizzata mentre lui sembrava godere sempre più dell’imbarazzo di Cristina e dei suoi tentativi per non dargli ragione. Rimasero fermi entrambi uno di fronte all’altra mentre la pioggia pian piano li bagnava. “Era l’alcol, e lo sai.”
Lui si avvicinò pianissimo a lei, come se qualche movimento brusco potesse farla scappare via.
“Può essere... ma l’alcol rivela solo quello che già c’è, non crea nulla di nuovo.”
Le prese le mani, delicatamente, e ancor più lentamente le sue dita iniziarono ad accarezzarla come lei aveva fatto con lui. Le accarezzava le braccia, le spalle, e i capelli... le sue dita salirono fin quando non arrivarono al viso, che strinse fra di esse.
Cristina sentiva il respiro di Riccardo sulla sua bocca. Con tutta la forza in corpo, prima che loro labbra potessero toccarsi, Cristina si allontanò.
“Non, non posso...” e corse via verso la sua auto.

Appena Cristina entrò in macchina si portò entrambe le mani sul viso, e si piegò in avanti, per appoggiarsi con la testa sul volante.
“Ci sto provando e ti da fastidio, ho capito. Hai il cuore spezzato e non vuoi assolutamente vedere qualcuno, anzi, non tolleri anche solo l’idea che qualcuno possa provarci con te, o avere un interesse per te. Hai paura.” Cristina sobbalzò, Riccardo era entrato nella sua auto ed era seduto al posto del passeggero.
“Esci dalla mia macchina!” Riccardo come per ripicca, invece di uscire allacciò la cintura.
“Tu mi piaci, io piaccio a te. Forza, andiamo. So un posto per il caffè dietro l’angolo che fa delle cioccolate da Dio, oppure se vuoi un the per riscaldarti. Guida.”
Lei era sconvolta. “Non ho nessuna intenzione di guidare, scendi dalla macchina.”
Riccardo ruotò gli occhi, e sbuffò. Come un ragazzino sfilò le chiavi dell’auto di Cristina.
“Oddio ma li tieni trentacinque anni?!” Ed iniziò la loro guerra per le chiavi.
Riccardo rideva e spingeva via Cristina quando lei si lanciava su di esse, allungando le braccia verso l’alto.
“Va bene andiamo dannazione!”;

Il bar in questione era piccolo, moderno e con una grande sala esterna riparata. C’erano due stufette che rilasciavano un piacevole tepore e la musica in sottofondo gli faceva compagnia. Non c’erano molti tavoli occupati, il che era sia un bene che un male. L’atmosfera era anche fin troppo intima.
Si sedettero una di fronte all’altra, ordinarono una cioccolata calda lei, e un caffè americano lui, il tutto accompagnato da biscottini.
“Allora, raccontami del ragazzo che ti ha ridotto così.”
Cristina fece un sorso della sua cioccolata per non rispondergli.
“Quando è finita?” Continuò lui.
“Quattro mesi fa, ok?”
“E ci sei stata quanto tempo?”
“Tre anni... e se vuoi sapere il perché, dato che di sicuro me lo chiederai... è finita perché lui mi tradiva. Contento?”
Lui fece un gran sorso del suo caffè. “Beh di certo non sono contento del come.”
“Si ma comunque la tua teoria è errata... non è che non approvo che qualcuno ci provi, è che non sono pronta.”
“Ah...” rispose lui, posando la tazza. “Non vuoi affezionarti, non vuoi che io mi affezioni a te. Temi che poi ci mettiamo insieme, poi finisce e stai a punto d’accapo...” Cristina scosse la testa. “No... cioè”
“Tu non vuoi una relazione Cristina, è chiaro. Ma perché dai per scontato che io la voglia?”
Lei scoppiò a ridere. “Ah ma forse per quello che fai?!”
“È attrazione fisica, ed è la stessa che provi tu per me.”
Cristina si lasciò sfuggire un risolino, mentre Riccardo era sempre e sempre più divertito: si era formato un ghigno sulla sua bocca e gli occhi erano vispi.
“Non è vero.” Attaccò lei.
“Io sono diretto, Cristina, e riesco a dire quello che sento. Tu invece no, ma si nota.”
Lei alzò un sopracciglio, sbuffando. “Si? E cosa si nota sentiamo...”

Riccardo in un attimo si alzò per cambiare posto, per sedersi al suo fianco. Amava sussurrarle parole nell’orecchio e vederla sobbalzare, vederla reprimere le sensazioni che le procurava la sua voce. “Proviamo lo stesso, tu provi lo stesso... Cristina. Sei attratta, sei eccitata, sei tentata. La differenza è che io ho ceduto nel momento in cui ti ho visto, e tu stai resistendo. Ma si nota, si nota quanto tutto questo ti piace.”
Cristina chiuse gli occhi un istante, e respirò profondamente. Si voltò per osservarlo: Riccardo aveva gli occhi fissi nei suoi, e Cristina si sentiva completamente in balìa di essi. Abbassava lo sguardo, ma lì trovava le sue labbra carnose e dal contorno pronunciato, e così non sapeva bene dove guardare.
“Cedi...”
E a quell’ordine, a quella supplica detta con quella voce roca... Cristina non seppe resistere. Si lanciò su di lui e capì che doveva solo ringraziare di trovarsi in un luogo pubblico, altrimenti gli sarebbe completamente saltata addosso.
Se fuori la porta di casa sua era stato Riccardo a comandare il gioco, questa volta era Cristina. Aveva entrambe le mani nei suoi capelli e glieli tirava per avvicinarlo ancora di più a sé. Le braccia avvolte attorno il collo e si sporgeva totalmente verso di lui, Riccardo invece le stringeva in vita.
Cristina sentiva la foga del momento crescere sempre di più in lei. Voleva baciarlo, mordergli le labbra con i denti e far danzare le loro lingue. Si cercavano e ognuno cercava di predominare l’altro.
Si staccarono solo e soltanto perché nessuno dei due aveva più fiato.

“Chi assaliva chi?!”
“Oh stai zitto” e subito si lanciò di nuovo su di lui. “Portami a vedere il tornio.”
 
_______________________

Questa volta il mio solito discorsetto lo faccio qui, alla fine, sperando che non usciate dal capitolo senza prima leggere queste ultime righe.
Ho solo due appunti da fare: per quanto riguarda il corso di ceramica... le parole tecniche, le cose inerenti agli smalti... ahimè cerco da Google, quindi spero siano tutte info giuste! Io ho seguito il corso di ceramica solo a scuola, e sono passati quasi dieci anni e ho scoperto di non ricordarmi un granché!
Forse servirebbe anche a me un professore come Dorsi per rinfrescarmi la memoria!
Detto questo, spero che il continuo della storia vi stia continuando a piacere, e come sempre non esitate a scrivere il vostro parere! A prestooo

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Capitolo 6
*** Cap. 6 Chi è causa del suo mal, pianga se stesso. ***


Cap. 6 "Chi è causa del suo mal pianga se stesso." 


Riccardo e Cristina erano usciti insieme dal bar, e per una questione di comodità adesso guidava Riccardo. Seguire indicazioni alla guida o star attenta al navigatore non erano cose che amava fare Cristina, e quindi decise di far guidare la sua macchina a Riccardo per rendere tutto più semplice e veloce.
E lui sembrava proprio volare. 

Una volta a casa sua, lei ne restò completamente affascinata: era un bilocale completamente immerso nell’arte. Subito dopo aver varcato la soglia di casa si veniva accolti in una grande sala contenente cucina e salotto insieme. Le pareti erano tappezzate da quadri incorniciati, tele, fotografie e stampe. Riuscì a riconoscere delle maschere tribali africane ed elementi, souvenir magari, provenienti da varie parti del mondo che erano stati appesi al muro. Il cappellino tipico thailandese, un sombrero.. un boomerang australiano.
Tutto sembrava esser stato fatto a mano, rustico. Una grande libreria occupava gran parte del salone, e alcune piante si alternavano fra libri di testo e quelli personali.
Canova, Donatello, Bernini... erano solo alcuni dei nomi dei grandi Artisti che occupavano quei ripiani. La cucina non era grande ed era per lo più in disordine. 

La grande stanza era completamente illuminata da una grande vetrata dalla quale era possibile ammirare la città e che in particolare illuminava un angolo del salone, e che si rivelò essere il preferito di Cristina. Blocchi di argilla di vario colore erano situati per terra, affianco a quella che doveva essere la postazione di Riccardo. C’era uno sgabello e il famoso tornaio con annessi i vari attrezzi del mestiere. Ma affianco c’era anche un cavalletto, e su un tavolino fatto da mattoni, con sopra giusto una tavola di legno c’erano pennelli di vario tipo, colori ad olio... spatole e tutto l’occorrente.

Cristina ne era completamente incantata.
“Che ti offro?”
“Oh quello che vuoi.” e così, approfittando del fatto che lui fosse intento a preparare i bicchieri, lei continuò ad a osservare il suo mondo. Una seconda occhiata fece notare a Cristina che c’erano moltissimi elementi decorativi anche suoi mobili, tutti fatti molto sicuramente da lui. Dalla porta aperta sulla sinistra riuscì a scorgere la camera da letto: non era molto grande e anche questa in disordine. 

“Vino bianco, prego.”
Riccardo osservava la sua ospite: sembrava curiosa.
“Guarda che ti puoi sedere”
E accarezzandole il gomito, la fece accomodare affianco a sé, su un divanetto tappezzato da macchie di colore.
“No non farci caso. Se guardi attentamente tutto è ricoperto da pittura, creta ormai secca... polvere, anzi tantissima polvere... non sono un perfetto padrone di casa.” 

Cristina ridacchiò, facendo un bel sorso di vino per alleviare la tensione.
“No, non giudico: anch’io sono disordinata e la mia camera è un macello... ma questo...” sussurrò, indicando l’argilla secca e i colori sparsi, ma il realtà tutta la confusione presente. “Beh è il tuo lavoro, è arte... ha il suo fascino.”
“Ti ringrazio...” 

Riccardo spostò delicatamente un ciuffo di capelli lisci di Cristina, e le accarezzò la guancia.
“Sai, mi piacerebbe continuare il discorso del bar. A cosa eravamo rimasti?”
“Non... non lo so.”
“Posso rinfrescarti la memoria?” Rispose 

Cristina chiuse gli occhi, Riccardo aveva preso a baciarle il collo: il suo punto debole. 

“Mi hai detto che sono convinto, testardo e... che altro?”
“Prepotente...” 

E la mano destra di Riccardo si fiondò sul collo di Cristina, tirandola verso di lui e usando di poco la forza adesso i loro volti erano uno di fronte all’altro. Riccardo sorrideva, si inumidì le labbra e si lanciò su di lei.
Le sue mani lasciarono il collo e i capelli di Cristina, le usò per tirarla verso di sé e farla salire sulle sue gambe. Cristina aveva entrambe le mani nei suoi capelli, glieli tirava verso il basso in modo che la testa di Riccardo fosse più inclinata e la sua bocca più accessibile. 

Riccardo fra un bacio e un altro riusciva a dire qualche parola sommessa, mugolii indistinti e di piacere pronunciati con una voce eccitata e roca. Cristina non parlava, invece, era intenta ad accarezzare la sua schiena, stringergli le braccia al collo... Strusciarsi contro la sua barba ispida. 

Tutto la stava facendo impazzire, tutto la stava facendo completamente dimenticare dei suoi dubbi, delle sue paure e fino a prova contraria delle sue idee... e solo quando lui portò le sue mani al di sotto del suo maglione, e le accarezzò la schiena nuda realizzò cosa stava per accadere.
Riaprì gli occhi, capì che le sue dita esperte stavano per slacciarle il reggiseno. Ritornò alla realtà. 

Cristina in un attimo posò le mani sulle sue spalle, attirando la sua attenzione e distraendolo dal suo obbiettivo. “Fer.. fermati.”
Riccardo aveva la testa nell’incavo fra la testa e la spalla di Cristina, lei sentì le labbra di lui staccarsi dal suo collo, da un lembo di pelle che aveva deciso di torturare.
“No... non voglio che accada.”
Riccardo sembrò deluso, e dopotutto lei, seduta sopra di lui poteva pure sentire il perché. 

“Ok...” e riportò le mani sulle sue gambe, lontano dalla schiena di Cristina.
Lei si alzò con la mente annebbiata e le labbra doloranti. 

“Posso usare il bagno?” Riccardo controvoglia le indicò la strada; 

Cristina era seduta sul gabinetto nonostante non dovesse fare niente.
Non aveva il cellulare con sé, voleva usarlo per scrivere a Veronica o Flavia per ricevere un consiglio perché lei non capiva proprio cosa le stava accadendo. Aveva conosciuto Riccardo poco più di una settimana fa, e adesso era in casa sua. Gli aveva rinfacciato che da lei non avrebbe ottenuto niente, invece eccola lì che era pronta a soddisfare tutte le sue voglie. Gli aveva detto che lo riteneva prepotente... che lui la stava assalendo e invece adesso voleva solo uscire dal bagno e assalire lei a lui. 

Non lo conosceva eppure... 

Che fosse la conseguenza del cuore spezzato? Semplice attrazione fisica, chimica? Istinto primitivo e naturale che stava prevalendo sulla sua razionalità? 

“E’ stato quel bacio...” spiegò a se stessa.
Si alzò e davanti lo specchio appoggiò le mani sul lavandino.
“Mi ha fottuto.” E facendo un respiro profondo uscì dal bagno. 

Riccardo era seduto sul divanetto, ma appena la vide si alzò: sembrava quasi spaventato.
“Riccardo forse è meglio se vado a casa...”
"No Cristina...” rispose lui, facendo due passi verso di lei. “Spiega.”
Lei si portò una mano fra i capelli, andando incontro a lui. 

“È complicato, non so come farti capire.”
“Allora vieni.” E le porse la mano. 

Cristina gliela strinse e lui la portò lì, al motivo del perché lei si trovava a casa sua: al tornio.
“Dai siediti... Molly.” E lei si accomodò su quello sgabello. Lui usando un filo aveva tagliato un pezzo d’argilla e l’aveva lasciato lì, sopra al disco.
Lei scoppiò a ridere. “Sai penso era più la foga del momento, nel bar... non ho idea di come funzioni questo coso. Quindi grazie per farmelo vedere ma...”
“Ma zitta.” E lui in un attimo si sedette dietro di lei, allungando il piede per azionare con il pedale il tornio. “Faccio io, tu segui me. Io faccio Molly e tu Sam.”
“Ma non è che dobbiamo fare proprio Ghost!”

Riccardo si appoggiò con il meno alla sua spalla... aveva di nuovo il viso così tanto vicino al suo collo che sembrava che fosse la pelle stessa di Cristina a reclamare la sua bocca .
“Franchi... non rovinarmi il gioco.”
Lei scoppiò di nuovo a ridere. “Ok, che devo fare?”
“Fidati di me” 

Si erano bagnati le mani, Riccardo aveva le sue sopra quelle di Cristina.
"Pronta?” Lei annuì, terrorizzata.
Appena Riccardo azionò il disco, e questo iniziò a ruotare, sentì l’argilla scivolarle fra le dita e modellarsi sotto di esse. Sembrava come se volesse sgusciare via, appiattirsi e scappare dal suo controllo ma le mani di Riccardo esercitavano la pressione necessaria per non farlo accadere.
Da quadrato il pezzo d’argilla era diventato tondo, e man mano si stava rimpicciolendo, ma poi Riccardo spostò due delle loro dita al centro, formando un buco e la base prese vita.
“È... è bellissimo.” 

Cristina sentiva le mani umide e quel contatto con Riccardo, in aggiunta alla sua vicinanza la stava di nuovo facendo aggrovigliare la mente e lo stomaco. Si sentiva molle proprio come la creta. Non capiva per niente se pure lei stava contribuendo o stava facendo tutto Riccardo.
"Prova...” e Riccardo pian piano lasciò la prima mano. “Continua così.”
“Cosa? No rimettila che succede un macello sicuro.”
Rispose lei, terrorizzata già al pensiero di vedere in un attimo tutta l’argilla spiacciacata a terra.
"Ma l’altra la tengo qui, dai!” 

Riccardo aveva spostato la sua mano, sempre con quella di Cristina sotto, sul bordo della base, e pian piano questa si stava allargando sempre più, e poi, senza che Cristina potesse capire effettivamente il come il blocco iniziò a costruirsi in altezza.
“Metti la mano qui...”
La mano di Cristina, dall’esterno di quello che man mano stava diventando un vaso, accompagnava quella di Riccardo dall’interno, e insieme allineavano i bordi e diminuivano lo spessore, permettendo così di far diventare il vaso alto e sottile.
Cristina riusciva a vedere l’argilla ruotare e scomparire proprio dove lei la toccava, le sembrava tutto così ipnotico. “Ti piace?” Sussurrò lui, al suo orecchio. Lei annuì.
Riccardo mosse le dita in modo che la base si allargasse, facendo prendere al vaso una forma aggraziata. Cristina notò che pian piano la potenza stava diminuendo: Riccardo col piede stava Fernando il disco.
“Lo vedi quello?” Chiese lui, indicando giusto col mento un fil di ferro con all’estremità due pezzetti di legno. Cristina annuì.
“Prendilo e fai passare il filo sotto la base, lo dobbiamo staccare.” 

Cristina eseguì i comandi, e sorrise compiaciuta. Si guardò le mani, erano proprio come quelle di Molly. 

“Passato?” Chiese lui, prendendo di nuovo le mani di Cristina fra le sue... anche se non era più necessario. Finirono con lo sporcarsi ancora di più.
"Si... sto meglio.” E lui, sorridendo, la strinse con le braccia. Cristina si appoggiò completamente con la schiena contro il suo petto, chiuse gli occhi e rimasero così per qualche minuto; 

Di ritorno a casa, in macchina da sola e con la radio di compagnia, Cristina si sentiva completamente disorientata. Era felice, sporca d’argilla, eccitata ma al tempo stesso confusa e preoccupata. Una parte di sé le diceva di ritornare lì giovedì, e di baciarlo e di cedere a tutte le provocazioni e tentazioni di Riccardo. Invece l’altra parte le diceva di non farlo, di smetterla. Di continuare a ripetersi che davvero non lo conosceva. Che lui avrebbe fatto come tutti gli altri uomini: l’avrebbe usata e poi sarebbe scomparso. Oppure sarebbe andata bene, si sarebbero fidanzati ma poi puff... lui l'avrebbe tradita come aveva fatto Leonardo. E quella era la sua più grande paura. 

Lui stava facendo il provocatorio, l’ammaliante, il sarcastico professore di ceramica solo per farla cadere nella sua trappola: se lo sentiva... ma sentiva anche il suo bisogno di essere accarezzata, il desiderio di avere una persona accanto e il suo tocco sua sua pelle, i suoi baci... "Potremmo esser solo amanti."  
“Ma tu non sei così” pensò ancora Cristina, ormai in macchina stava discutendo da sola. 
Lei non era capace di vedersi con un uomo solo per il sesso, si sarebbe affezionata e poi sarebbe stata male. Ma l’uomo in questione era alto, dal fisico scolpito, gli occhi scuri e con dei capelli dove voleva solo attorcigliare le dita. 

“Cosa devo fare...”

E in un attimo Maria Franca Ruocco apparì nella sua mente, cancellando subito la nuvoletta contenente il viso sorridente e malizioso di Riccardo. La madre le diceva solo una cosa.
“Chi è causa del suo mal pianga se stesso.”
 

________________________

Buonasera a tutti! 
rieccomi con il nuovo capitolo! Spero vi piaccia e che possiate capire con questo capitolo la situazione di Cristina. 
Io mi ci sono trovata tante volte... 
Però sono sicura di una cosa, anche io voglio essere Molly!! 
Un bacio, come sempre sentitevi libere di lasciarmi una recensione con i vostri commenti. 
buona serata, 
Giada. 

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Capitolo 7
*** Cap. 7 Chi gioca col fuoco... ***


Cap. 7 "Chi gioca col fuoco..."



Per quanto fosse possibile, il giorno dopo esser andata a casa di Riccardo, Cristina Franchi cercava di non sembrare, o per di più emulare, la sè stessa quattordicenne alla prima cotta. 
Si era svegliata sì confusa, ma anche felice, con il nodo allo stomaco, con l'ansia di ricevere una sua chiamata o un messaggio. Con lo scervellarsi di domande a cui si dava risposte uguali o del tutto contradditorie. Si ripassava e ripassave le dita sulle labbra e ripensava tutto l'accaduto. 
Si chiedeva se doveva chiamare lei a lui, magari. 
Girovagava per la stanza senza sapere bene che fare, e in effetti, non sapeva proprio che fare in generale;

Continuava a vivere le sue giornate con la sua stessa routine: università, studio, casa e l'incessante pensiero di cosa avrebbe fatto giovedì al corso. 
Quando arrivò di nuovo il giovedì alle 16:00, pensava di vederlo e puff, tutte le sue domande avrebbero ricevuto una risposta, invece riuscì solo a capire una cosa:
era tremendamente attratta fisicamente da lui. 

Riccardo era di schiena, ancora in aula con quelli che dovevano esser suoi studenti e lì riuscì a notare un'altra cosa, una cosa piuttosto pericolosa: si ingelosì. 
Le ragazze erano la maggioranza in quel gruppo affiatato, e quelle ragazze sembravano avere tutte la bava alla bocca, con i loro occhi a cuoricino.  
"Dio ma sono anche io così..." pensò Cristina, avanzando piano piano fino ad arrivare alla sua postazione. 

L'aula del corso questa volta sembrava aver acquisito qualcosa di diverso: i tavoli erano stati spostati per far spazio ad un tornio davanti ogni sgabello di tutti i partecipanti. Per l'occasione, dato che Riccardo li aveva avvisati, tutti indossavano indumenti più semplici e comodi. Sicuro tutti avrebbero fatto qualche macello. 
Proprio allo scoccare dell'inizio della lezione, e Riccardo lasciò perdere i suoi studenti, subito si accorse di lei. 
Camminava verso la sua postazioni con un sorrisetto sotto i baffi, e Cristina cercò di apparire indifferente, quasi scocciata... ma nel vederlo camminare verso di lei così sicuro di sè non riuscì a mantenere quell'aria superiore e gli sorrise anche lei. 
Riccardo appoggiò i palmi delle mani sul tavolo, lei i gomiti e ognuno si sporse leggermente verso l'altro. Riccardo per la differenza d'altezza si doveva abbassare leggeremente, e Cristina sì sentì totalmente sovrastata. 
"Dopo caffè?" chiese lui. 
"Ci sono..." 
Riccardo si abbassò ancora, quel tanto da far credere a Cristina che l'avrebbe baciata. "La lezione sta per iniziare, non ti distrarre Franchi" sussurrò, e si andò a spostare al centro dell'aula per attirare l'attenzione di tutti. 
"Si ho la bava anche io..." pensò Cristina, riprendendo una postura più consona e dignitosa dietro alla sua postazione;

La lezione del giorno si stava rivelando la più divertente fin'ora: chi temeva di premere il pedale per azionare il tornio, chi usava troppa forza e finiva con il far volare via il suo pezzo d'argilla. Chi non riusciva bene a cordinare piede-mani, e chi, come Cristina che riusciva a far tutto senza sapere bene il come.
Perfino la sua immancabile vicina di postazione era più socievole, e Riccardo e Cristina invece, con occhi curiosi, si osservavano da lontano. 
"Delineate il bordo, usate il pollice... Non concentratevi sull'insieme, guardate e concentratevi solo sul lato... Più pressione, dai..."
Riccardo gironzolava fra i banchi e spargeva consigli. Nel passare dietro Cristina, tutta concentrata sulla sua creta, le accarezzò ciocche di capelli e Cristina inclinò la testa appena. "Concentratevi.." le sussurrò appena, procurandole un leggero brivido dietro la schiena; A fine lezione tutti avevano davanti a sè una versione abbozzata di un piatto. Bene o male sembravano tutti soddisfatti per esser stata la prima volta. 

Cristina per non far sembrare quanto fosse desiderosa di parlare con lui, e andare nel bar... ovviamente si comportò facendo tutto il contrario: s'incamminò all'uscita dell'edificio da sola, voleva farsi un po' desiderare, come per fargli credere che se ne fosse dimenticata. 
Sapeva che come le altre volte, nelle scale o all'uscita, se lo sarebbe trovato come suo solito al suo lato. Però una volta fuori si ritrovò sola, e lui non era ancora arrivato.
Riccardo si era fermato a parlare con dei suoi compagni di corso, e per aspettarlo ora che il suo piano era malriuscito, si appoggiò al muro e sfilò una sigaretta dal pacchetto.  "E andiamo..."
Sentì delle dita picchiettare sulla sua spalla, e girandosi si trovò Tommaso: il ragazzo con cui si era scambiata il numero.
"Come va?" e con nonchalance si appoggiò al muro affianco Cristina. Lei fece spallucce. "Bene dai, adesso un po' stanca però. E a te?"
Il ragazzo ruotò gli occhi. "A chi lo dici... ti va un caffè?"
E nel momento di rispondergli, qualcun altro lo fece per lei. "No mi sa che dobbiamo andare, giusto?" e Riccardo, adesso al suo fianco rispose per lei. 
"Scusa..." e insieme, lasciando Tommaso confuso, entrambi si diressero al bar;

"Puoi esporti così tanto davanti a uno studente dell'Accademia? Sai tu sei un professore... io una ragazza che sembra..."
"Che semmbra una mia studentessa?" 
"Beh si" rispose Cristina. Erano uno davanti all'altro, con in mezzo la macchina di Riccardo a dividerli. Entrambi con la mano posata sulla maniglia. 
"Ti eccita?" chiese lui, alzando l'angolo della bocca in un sorrisetto furbo. Cristina scoppiò a ridere. 
"Ma che dici." e subito salì al lato passeggero. 
"Sai perchè..." inziò lui, salendo al suo posto, inserendo la chiave ed iniziando ad accendere la macchina. "Invece del bar possiamo andare direttamente a casa mia."

Ognuno aveva il capo verso l'altro, Cristina sembrava aver bevuto un cocktail letale di eccitazione e timore insieme. Riccardo allungò la mano verso di lei, verso le sue gambe, e lì pensò che quel mix stava completamene shakerando nel suo stomaco. "Scherzavo! Devo mettere la prima."
E ridendo, avendo notato lo stato d'attesa di Cristina, Riccardo posò la mano sul cambio e partì. "Che stronzo!" 

Una decina di minuti dopo erano seduti al bar, nella saletta ben riscaldata a bere caffè. Nonostante stessero parlando, ridendo e facendo battute sull'andare a letto, Riccardo veniva spesso interrotto da notifiche dal suo cellulare. Email di studenti che gli chiedevano di esser il loro relatore, notifiche di messaggi... Due chiamate importanti a cui non poteva non rispondere e che fecero rimanere da sola Cristina ad aspettare. 
"Devo ritornare in Accademia..." e nemmeno una mezz'ora dopo, i due dovettero dividersi. 
"Non mi piace che anche adesso paghi tu." esordì lei, quando lui la scansò per pagare per primo. Lui ruotò gli occhi, le cinse la vita. 
"E' un caffè, Cristina, e tu puoi sempre pagare in un altro modo."
"Ma la smetti con queste battutacce?!" rispose lei, dandole un buffetto sul petto. Ma era troppo di buon'umore per prenderla sul serio. 
Riccardo la strinse ancora di più, fino a portarla tanto vicina da far toccare i loro corpi. 
Abbassò la testa, lei si alzò appena e socchiuse la bocca. 
"Vuoi che paghi adesso?" sussurrò lei, sapendo quanto quelle sue parole erano risultate invitanti alle orecchie di Riccardo. Lui s'inumidì le labbre, annuì, e si avvicinoò ancora lentamente per incontrare la bocca di Cristina. 
"Scherzavo!" e provò a ritrarsi indietro, per lasciarlo con l'acquolina in bocca proprio come lui aveva fatto con lei in macchina, ma lui non glielo permise: Riccardo le afferrò la testa e voracemente la baciò, intrufolandosi subito con la lingua. Cristina fece lo stesso, subito portò le sue mani ai capelli indomati di Riccardo e strinse le ciocche lunghe fra le dita. 
"Franchi, non scherzare col fuoco..."
 
___________________________________________________________________________
 
Buonasera a tutti, 
finalmente sono riuscita a continuare scrivendo quello che per me è un capitolo di transizione, non so bene come definirlo. Ho quasi pronto il prossimo cap. e spero di non farvi attendere molto.
RIngrazio tutte le persone che mi hanno lasciato un commento e chi sta leggendo la storia, lo apprezzo tantissimo.
Anche se ho adesso un po' paura di deludervi ahahah
Comunque non posso che dire grazie grazie grazie
Un bacio

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Capitolo 8
*** Cap. 8 ...spesso si brucia. ***


Cap. 8 ....spesso si brucia.


Quel giorno Flavia e Alessia si presentarono a casa di Cristina per trascorrere un po’ di tempo insieme. Più che altro perché le due volevano tutti i dettagli di quando Cristina era andata a casa di Riccardo, e l'amica essendo stata vaga per messaggio non aveva fornito loro le giuste spiegazioni. 
E così, distrutte dopo una giornata universitaria, pù il corso di ceramica per Cristina, le tre amiche si erano bivaccate sul letto di Cristina con una bottiglia di Campari in una mano e dello spumante nell’altra. In attesa di novità.
“Ho preso da casa anche del Gin di mio padre, non noterà l’assenza. Sta nello zaino se la volete.” 
“No io non voglio esagerare, abbiamo l’università domani.” 
“Io lo vorrei, ma il tuo zaino è così lontano...” osservò Flavia. 
“In pratica vi siete presentate qui per buttarvi sul mio letto?” Chiese Cristina. 
“E per mangiare patatine.” Rispose Alessia, prendendo una grande manciata dalla busta. 
“E per sapere di Riccardo, ma questo era prima che iniziassimo a bere.” 

Cristina si mise a sedere, ai suoi lati aveva le amiche sdraiate sul fianco.
“Voi che fareste nella mia situazione? Cedereste o... fareste come me che continuo a pensare a quanto andrà male questa storia?” Chiese l'amica, aggiorando Flavia e Alessia. Raccontò anche della lezione del corso, le battutine... Il caffè preso al volo al bar. Su quanto lui la stesse provocando e su quanto lei, alla fine, si sentisse così tentata. 
“Io mi lancerei subito, e alla fine è quello che sto facendo con Edoardo! Fanculo Corrado.” 
Cristina ruotò gli occhi. “Giusto... il famoso chiodo. Non pensavo continuava.” e ripensò a quella famosa serata al bar al centro. 
Flavia sorrise compiaciuta. “Oh sì che continua... continua.. e continua!” 
Alessia scoppiò a ridere. “Mamma mia sono single da troppo. Ed è proprio per questo che anche io ti dico di lanciarti. Mi manca il sesso.” 
Cristina sbuffò. “Anche a me.” E sì sdraiò di nuovo in mezzo alle amiche. Voleva dei consigli più profondi ma non aveva ottenuto molto. 
Le tre amiche fissavano il soffitto ognuna con i propri pensieri in testa. 

Un’ora dopo erano in cucina a rubare avanzi del pranzo. 
“Maria Franca oggi si è trattata bene...” osservò Flavia, aprendo una pentola contenente lo spezzatino. Senza riscaldarlo le tre iniziarono a mangiucchiare stesso dalla pentola. 
“Sai, a proposito di sesso... sto facendo un pensierino su Marco.” 
“Chi è?” Domandò Flavia. Giustamente lei seguiva veterinaria, quindi non conosceva tutti gli amici di Cristina. Invece lei spalancò gli occhi, sconvolta. 
“Stai scherzando?!” 
Alessia scoppiò a ridere, colpevole. “Ultimamente è così... sexy, si è lasciato crescere la barba... e tu sai quanto io ami gli uomini con la barba. Mi punzecchia e mi ronza intorno. E poi è così affascinante quando parla di letteratura ed simpatico” 
“Certo che è simpatico! Per questo sta nel nostro gruppo... Ale non fare stupidaggini.” 
“Comunque sembri già averci pensato molto..” osservò Flavia.
“Si ma adesso smetti, e ti trovi qualcuno al di fuori. Non vorrei dover star in mezzo a voi due quando litigherete e farete casini!.” 
Alessia sbuffò, tanto Cristina non era riuscita a convincerla; 

Dopo cena erano di nuovo in stanza, bevendo il restante alcool e facendo shots con il gin. 
“Dio com’è stato eccitante usare quel tornio e modellare la creta... lui dietro di me, le nostre mani umide che si muovevano insieme... il fiato sul collo!” 
“E ma sei uscita di lì dicendovi cosa?” “Come siete rimasti?!” Chiesero entrambe. 
Cristina fece spallucce, mentre si versava un po’ di succo per diluire e smorzare il gin. 
“Ci siamo baciati, ovviamente, scambiati i numeri ma non mi ha scritto nemmeno un messaggio e io non ho scritto a lui. Un po' come adesso... Ci vediamo giovedì al corso. Ma perché non mi scrive?! Dovrei essere io forse... dato che sono io quella che non sa che cosa vuole.”  
Alessia bevve il suo shot, ributtandosi di nuovo sul letto, ma in attimo si rialzò come se avesse avuto la più brillante delle idee. 
“Chiamalo!” 
Cristina scoppiò a ridere, soprattutto nel vedere l’amica pentirsi di quel movimento così veloce. 
“Ma no. E per dirgli cosa più? Voglio venir a letto con te ma forse non voglio?” 
Flavia alzò il suo bicchiere, per fare un brindisi, così a caso. “A noi, ragazze, e alla nostra confusione.”

Una mezz’ora dopo con la bottiglia di gin sempre più vuota, le tre amiche erano sedute per terra al bordo del letto. 
“Ma perché siamo sempre così confuse, esaurite, stanche?” 
“È che siamo universitarie, Cri!” 
“Universitarie che non scopano per di più.” Osservò Alessia, facendo ridere le amiche. Anche Flavia che per un momento si era dimenticata che lei non aveva questo problema. 
“Ma che fai tu! Che hai Delfo... Deo... Edoardo lí con come si chiama.” 
Flavia annuì. “Giusto... giusto.” 
“E tu hai Riccardo! L’unica sono io!” Rispose Alessia, disperata. 
Cristina si voltò verso l’amica, puntandole addosso il suo tipico indice minaccioso. 
“Io non ho Riccardo... guarda.” 

All’improvviso lei si alzò, e pericolosamente si avvicinò alla scrivania: aveva puntato il suo cellulare. 
Flavia immediatamente scattò sull’attenti, per quanto possibile. Così come Alessia che già immaginava la tremenda e ridicola conversazione che sarebbe iniziata. 
“È proibito parlare con un essere maschile al telefono in questi casi! Posa! Prima scherzavo!” 

Ma Cristina già aveva cercato il numero in rubrica... 
Bussava, bussava, e alla fine ricevette risposta ma dall’altro lato a rispondergli non fu Riccardo, ma una donna. Una donna che Cristina immediatamente immaginò bionda, altissima, con una quinta e con addosso giusto un’asciugamano. E aveva risposto lei perché lui stava ancora sotto la doccia e allora lei subito aveva preso il suo cellulare per rispondere. 
Perché tanto lei stava tranquilla, mica dubitava che Riccardo avesse qualcosa da nasconderle.

Cristina era paralizzata. 
“Pronto? Pronto?” Intanto la donna cercava di avere spiegazioni. 
“Scusi ho sbagliato numero.” E Cristina attaccò. 

Guardò il suo schermo, il nome Riccardo Dorsi era scritto in grandi caratteri bianchi. 
Sì, aveva chiamato proprio lui: non si era sbagliata. 
Le amiche erano bloccate anche loro, non capivano come tutto fosse accaduto così velocemente. Erano troppo brille per capire e analizzare tutta la situazione. 
“Era una donna...” 
Cristina ritornò tra di loro, prese la bottiglia del gin e stesso dal bordo fece un gran sorso. 
“Mi preoccupavo così tanto del dopo... che non ho pensato al presente.” Cristina appoggiò la testa sulle sue ginocchia, le amiche posarono entrambe una mano sulla sua spalla. 
“Ma non fasciarti la testa prima di rompertela... Cri non sai chi era.” Provò a dire Flavia, per risollevare l’umore dell’amica. 
Cristina si alzò quel tanto da riuscire a vedere l’orologio sul muro. Segnava le 22:53. 
“Beh a quest’ora di certo non è una sua allieva o collega. Anzi...” Cristina si indicò. “Benissimo potrebbe esserlo dato che io ho ventitré anni e ci sta provando con me che benissimo potrei essere una sua allieva ma in teoria non lo sono!”  
Cristina per l’alcol non riuscì a formulare bene la frase, ma le amiche la capirono e continuarono, a modo loro, di ascoltare il discorso di Cristina. 

“Lui ha trentacinque anni, benissimo può essere sposato, fidanzato... e adesso io l’ho chiamato e ha risposto lei. E io? Io mi sono concentrata così tanto su di me che nemmeno mi sono chiesta sé lui fosse fidanzato o disponibile! E ora passo io per l’amante?! Io che sono stata tradita?!” 
Cristina parlava senza prender fiato. 

“Ma è normale che quando riceviamo delle attenzioni automaticamente pensiamo che quella persona sia single! Perché non pensiamo possa essere uno stronzo traditore. Non è colpa tua.” 
Rispose Alessia, scoppiando subito a ridere. 
“No è che con la testa...” continuò lei, chiudendo e aprendo gli occhi. “Non pensavo di riuscire a dire tutto quello che pensavo. Ma continua.” 
“Beh in effetti ha senso.” Continuò Flavia. “E direi che per oggi basta alcol, anche oggi è riuscito a darci tante emozioni e direi... sì direi di fermarci prima che le nostre capacità di linguaggio vadano a puttane del tutto.” 
*“Perché lo facciamo? Annebbiamo le più gioiose, vulnerabili forti esperienze della nostra vita con l’alcol? Perché?” Domandò Cristina. 
“È una domanda troppo profonda, prima dovrei bere un caffè."* rispose Flavia. 

Le tre iniziavano ormai a sentire completamente tutti gli effetti dell’alcol. 
“Poi perché o non beviamo per mesi, o beviamo praticamente tutte le sere?” 
“Ma come fai a non bere!? Guarda, guarda che succede. Io che ero pronta a chiamarlo per dirgli che ho cambiato idea, che voglio esser Molly e voglio far sesso sul tornio ecco che lui fa Sam con un’altra! Come fai a non bere Ale!?” Esclamò Cristina, esplodendo di rabbia. 
Le amiche la guardarono ancora più scioccate. 
“Dio ma di che parli?”  “No io non lo voglio proprio sapere...” commentarono entrambe e con tutta la forza in corpo si alzarono da terra per darsi una sistemata. 

“Credo sia l’ora di andare. Ora tu Cristina o Molly come vuoi, mettiti a letto e assolutamente stai lontana da quel cellulare. Noi prendiamo un taxi. Se non esco ora da questa casa domani mattina rimpiangerò tutto ancora di più.” 
“Non beviamo più in, mi raccomando” 
“Sabato?”  Tutte e tre annuirono, e la loro serata si concluse.
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Innanzitutto, il piccolo pezzo racchiuso fra l'asterisco non è mio: è una domanda che fa Jackson a Maggie in Grey's Anatomy. Mi era rimasta impressa e beh, ho voluto usarla ahahah come seconda cosa beh, volevo che qualche intoppo iniziasse ad esserci!
E qual è il modo migliore per iniziare a dubitare del Professor Riccardo Dorsi se non con l'alcool?
Anche questo è un piccolo capitolo per far capire un po' Cristina, e pure questo è un capitolo di transizione, un'anticipazione và!

Grazie mille, infine, e buona serata!
Alla prossima.

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Capitolo 9
*** Cap. 9 Chi cerca, trova. ***


Cap. 9 Chi cerca, trova. 

La mattina dopo a svegliare Cristina fu Maria Franca, la madre, che non vedendola comparire in cucina alle 7:30 subito entrò in camera sua a scostare le tende e aprire il balcone. "Sveglia! Chi ha tempo non aspetti tempo!." Cristina si tirò le lenzuola fin sopra la testa. "Mamma... ti prego"
ma Maria Franca era così, allegra e fastidiosa anche a prima mattina. Soltanto che Cristina dopo il gin, quella telefonata maledetta e la notte turbolenta esser svegliata così bruscamente era l'ultima cosa che desiderava;

Fra la colazione, la fretta per prepararsi e il classico giro mattutino sui social, Cristina si trovò a pensare all'accaduto della sera sera prima solo una volta salita in macchina. Forse era la radio che le faceva subito partire i pensieri. 
Cristina aveva chiamato Riccardo e aveva risposto una donna, per lei significava solo una cosa: Riccardo la stava prendendo in giro;

In università anche Alessia non contribuiva molto nel migliorarle l'umore con tutte le sue domande del tipo "E ma chi poteva essere?" "TI ha richiamato?" "Ma niente?" domande a cui lei non sapeva un risposta. E al termine delle lezioni, il solo pensiero di dover stare così fino a giovedì la stava già facendo impazzire. 
Così, decise di fare una cosa che solo in seguito avrebbe potuto definire stupida o geniale. Mise in moto la macchina e andò dritta in Accademia. Non sapeva i suoi orari, i suoi impegni... se aveva lezioni, ma le sembrava la cosa più giusta da fare. In realtà voleva andare a casa sua, ma non si ricordava benissimo la strada. 
Prima di entrare nell'edificio, e mischiarsi alla massa di studenti suoi coetanei per cercare Riccardo, Cristina lesse il messaggio di Flavia: "Non fare stupidaggini..."

L'aula dove di solito facevano lezione loro, con il corso, era vuota. Ed escluso l'unico posto in cui pensava di trovarlo, capì che forse stava cercando l'ago in un pagliaio. 
Ma poi, stranamente, la fortuna girò dalla sua parte...
Riccardo stava uscendo da un'aula poco lontana, con quelli che dovevano esser suoi colleghi. Non indossava gli abiti larghi e sporchi da lavoro a cui era abituata, ma bensì era tutto lucidato dalla testa ai piedi. Indossava giacca e camicia, con un jeans a rendere il tutto un po' meno formale. Lei piano piano iniziò a camminare verso di lui, sperando quasi che lui si accorgesse di lei, che iniziasse a correrle incontro come nei film per prenderla e baciarla. Un secondo dopo rinneggò il tutto, cancellando immediatamente tutta questa scena stucchevole dalla sua testa: Diavolo, dopotutto lei era arrabbiata. 
Possibile che era bastato quel giorno a casa sua, col tornio, a mandarle in pappa il cervello?

"Non importa se è ancora più sexy..." pensò, per controllare i propri ormoni e darsi una regolata. 
La sua andatura divenne più precisa, a schiena dritta e col mento alto. Autoritaria e decisa, pronta a mandarlo a fanculo se necessario. 
Arrivò alle sue spalle, attirò la sua attenzione picchiettando sulla sua spalla, e quando lui si girò, Riccardo rimase di stucco. 
"Cris... Cristina ciao, ma che ci fai qui?!" 
"Devo parlarti. Hai finito?" 
Riccardo si iniziò a guardare prima un po' attorno, poi, velocemente prese Cristina per il gomito e la portò in un'aula vuota. "Lo so, è eccitante questa storia professore-alunna, ma controllati. Al massimo dieci minuti." e tranquillamente provò a sbottonarsi il primo bottone della camica, e a cercare la bocca di Cristina. 
Lei fermò con le mani le sue. "Ma che fai?! Non sono qui per questo Riccardo. Voglio una spiegazione."
Lui aggrottò le sopracciglia, Cristina non capiva se fosse serio o stesse facendo finta. In entrambi i casi portò le braccia al petto, incrociandole. 
"Non farla lunga, Riccardo. Ti ho chiamato e ha risposto una donna, chi era? Sei fidanzato, sposato... Hai qualche tresca con un'alunna? Dimmi la verità perchè di esser presa in giro e passare per amante io non ho nessuna voglia."
Riccardo scoppiò a ridere, cercava di prenderle le braccia per attirarla a sè. "Cristina..."
Lei scuoteva le braccia per impedire che lui riuscisse a prenderla. Sapeva che una volta catturata, e una volta sentito il suo profumo... una volta fra le sue braccia e i loro corpi così vicini... Beh, avrebbe ceduto e sapeva che in lei avrebbe dominato solo l'eccitazione e la foga di averlo e il desiderio di farsi possedere da lui. 
"Non pensare che è sexy, non pensare che è sexy..."

"Cristina no, non sono sposato e non sono fidanzato. Ma che domande fai?" chiese lui, distraendola dal pensiero di loro due che lo facevano sul banco poco lontano.
"Ma sono sempre stata così anche con Leonardo? O è lui, la ceramica... quest'aula vuota e la mia astinenza a farmi quest'effetto?" pensò Cristina, escludendo immediatamente tutti questi pensieri superflui per concentrarsi alla realtà. 

"E quella donna? Dai Riccardo... hai trentacinque anni, dimmi la verità."
Sul volto di Riccardo si spense quell'aria beffarda, divertita, maliziosa... ma comparì sul volto solo un'espressione investigativa. Si sedette sulla cattedra. 
"Cristina sì, era una donna. Ma non capisco questa gelosia."
Cristina spalancò gli occhi. "Non girare la frittata! E non è gelosia"
"Qual è il problema? Non siamo niente, Cristina." rispose lui, serissimo. "Tutte le tue frasi -no non voglio fidanzarmi, non so cosa voglio...- tutta la conversazione al bar... e ora ti comporti da fidanzata? Guarda che è strano per una che a stento voleva che ci provassi."
"Non è un comportamento da fidanzata, Riccardo. Ma di una persona che se deve far qualcosa con un'altra, almeno vuole sapere se lo fa in vesti di amante."
Riccardo ruotò gli occhi, alzandosi nuovamente. "A questo si racchiude il tutto, è questo il succo della questione? Temi che io stia tradendo la mia fidanzata, e dato che tu sei stata tradita non vuoi far lo stesso? Beh, no. Non era una fidanzata, quella. Quindi quetsa tua galanteria non è necessaria. Era una mia collega con cui scopo, ma saperlo adesso non capisco cosa ti cambia."

E in effetti, la situazione non era cambiata per niente, anzi, sembrava solo esser peggiorata. 
"Infatti... ho sbagliato." e sconvolta, provò ad uscire dall'aula. Riccardo l'afferrò per il polso per riuscire a trattenerla fra quelle quattro mura. 
"No ora fammi capire, sei arrabbiata? Cristina cosa ti aspettavi... ci siamo detti entrambi che nessuno dei due si voleva fidanzare, e cazzo io dal primo momento ti ho fatto capire quanto io sia attratto da te. E tu da me... Ma non abbiamo mai parlato di esser esclusivi l'una per l'altra, Dio non abbiamo parlato di un cazzo."
"Sì ok, hai ragione, contento?! Non abbiamo mai parlato di niente. Sono stata io, la cogliona a pensare che...." Cristina si bloccò, non sapeva se e come terminare la frase. E soprattutto se la voleva continuare.
Riccardo era ancora serio in viso, che aspettava che continuasse. 
"Io ho pensato che eravamo solo noi due, Riccardo. Forse è il mio esser ingenua, romantica... O che ne so, il tornio a casa tua, le battutine... Pensavo tu ti stessi concentrando solo su di me. Come io sto facendo su di te."
Lui si avvicinò a lei, le posò le mani sui fianchi. "Ma io mi sto concentrando solo su di te, Cristina..." 
Lei scosse la testa. "No ora non dire questo, dopo che hai detto della collega..."
Riccardo provò a dividerle le braccia. Cristina le aveva ancora intrecciate al petto e non sembrava demordere, ma quando ci riuscì, le strinse le mani e portò le braccia di Cristina dietro la sua schiena, quasi per farsi abbracciare e lui fece lo stesso. 
"Cosa vuoi, Cristina. Che io non veda altre donne? Cosa volevi quando mi hai chiamato?"
Il suo tono di voce non era aggressivo, non la stava accusando e non erano domande per cercare di scavare più a fondo nella mente contorta di Cristina. 
Ma era un tono caldo, seducente... Il suo nome lo aveva sussurrato appena. 
"Volevo te, Riccardo..."

E a sua volta, nel sentire il suo nome pronunciato leggermente... Riccardo venne percorso da un brivido e si morse il labbro, già in fermento. 
Si abbassò col capo. "Dì ancora il mio nome..."
"Riccardo..."
E a lui non fregò un cazzo di Cristina e le sue paranoie, le afferrò il viso con le mani e la baciò, sbattendola contro il muro. Lei si aggrappò a lui, saltò e con le gambe s'intrecciò a Riccardo come un koala. Le braccia intorno al collo che lo stringevano, e le loro bocche che a stento si staccavano per respirare. 
Le mani di Riccardo erano frenetiche, s'intrufolavano fra di loro per toccare e stringere il seno di Cristina, mentre per lei era sempre e sempre più percepibile sentire fra le sue gambe eccitazione di Riccardo, che premeva contro di lei. 
"Mantieniti..." e Riccardo si staccò col busto quel tanto da permettergli di riuscire a far passare il suo braccio tra loro, avvicinando la sua mano all'intimità di Cristina. 
Le sue dita giocavano col bordo delle mutandine, Cristina sussultò quando entrarono in lei. Chiuse gli occhi, all'orecchio di Riccardo arrivavano gemiti di piacere e sospiri profondi che non facevano altro che aumentare il suo piacere e a incitare a continuarlo per prolungare quello di lei. 
Il ritmo delle sue dita la stava mandando in estasy... Stringeva i capelli di Riccardo, e lo baciava quando le sembrava di non riuscire a trattenersi dai gemiti. 
"Non ti fermare..." mormorò lei, con poca voce, incitandolo ed eccitandolo ancora di più. 
"Così?" e le sue dita esperte, toccavano e premevano proprio le corde giuste di Cristina, che ormai a mantenersi non ce la faceva proprio più. Aveva entrambi i piedi a terra, ma le braccia per mantenersi saldamente a lui. Le gambe iniziarono a tremare e a chiudersi attorno la mano di Riccardo. 
Finendo baciandosi, ad occhi chiusi e il battito tremendamente accellerato.

"Senti, io ho l'ultima lezione e finisco alle 19:00... Tu vai a casa, preparati, io finisco e ti passo a prendere così finiamo di parlare e... continuiamo."
Riccardo portò le dita umide alla bocca, leccandole e assaporandone il sapore. 
Le rubò un ultimo, confuso ed eccitato bacio a fior di labbra per poi lasciarla da sola lì, in un'aula che non l'apparteneva;

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Capitolo 10
*** Cap. 10 Acqua cheta rovina i ponti ***


Cap. 10 Acqua cheta rovina i ponti. 


Quella sera, di ritorno a casa dopo esser andata da lui in Accademia, Cristina Franchi si sentiva la più contorta delle ventitrenni. 
Se al suo posto ci fosse stata una sua amica, non avrebbe saputo proprio cosa dire. Avrebbe dispensato consigli e pareri probabilmente inadatti, e lei sarebbe rimasta scioccata nell'udire che lei, il giorno dopo esser scappata da casa di Riccardo per evitare di fare l'amore, si era poi ritrovata in un aula deserta con le gambe avvinghiate a lui. Perciò aveva deciso di non pensarci, di non analizzarsi perchè non sarebbe mai giunta ad una conclusione. 
O semplicemente per non darsi dell'ipocrita da sola. 

Erano le 19:27 ed era terribilmente in ritardo, e nonostante non volesse far aspettare Riccardo, non sapeva proprio cosa indossare per quella sottospecie di appuntamento. Avvolta nel suo accappatoio, a piedi nudi, e con quel turbante in testa a raccoglierle i capelli bagnati, osservava il suo armadio disordinato in attesa dell'ispirazione, e pensava e ripensava ai possibili abbinamenti. Il suo cellulare squillò, era un messaggio di Riccardo che le avvertiva che in dieci minuti sarebbe uscito di casa. 
Non aveva idea quanto tempo gli servisse per arrivare da lei, ma guardandosi allo specchio capì immediatamente che Riccardo avrebbe dovuto aspettare, e non poco. Sapeva solo che voleva esser sì semplice, ma voleva piacersi e piacere: si voleva sentire di nuovo la Cristina dei tempi di Leonardo. La Cristina sicura di sè, la Cristina eccitata, amante del sesso e che non si preoccupa delle conseguenze. 
La Cristina prima di esser tradita. 

Scosse la testa, non voleva di nuovo pensare a tutto quello che le era accaduto con Leonardo, e quanto temesse, nel profondo, che Riccardo potesse fare lo stesso. 
Non voleva di nuovo che sua madre, proprio in questo momento, apparisse di nuovo nella sua nuvoletta a dirle "Chi è causa del suo mal, pianga se stesso."

Un venti minuti dopo, Cristina era stranamente pronta ed usciva dalla sua camera con una semplice eleganza che poche volte l'avevano contraddistinta. 
"E' qualche ricorrenza?" chiese il padre, Renato. La madre invece non era in casa, era uscita per una cena di lavoro. 
"Sì, diciamo di si..."
"Oh stai benissimo, mi raccomando non far troppi danni. Lo sai..." Il padre prese una breve pausa  "Acqua cheta rovina i ponti." continuò, imitando la voce della madre. 
"Quando non c'è mamma dispensi tu proverbi? E da quando? Tranquillo pa'.  A domani."

E quando uscì dal suo condominio, e trovò Riccardo appoggiato alla macchina ad aspettarlo, Cristina sentì il suo stomaco attorcigliarsi e la curiosità invaderle il corpo. Dove sarebbero andati non lo sapeva, ma voleva scoprirlo. Gli occhi di Riccardo, man mano che lei si avvicinava a lui, minuziosamente la osservavano. Sentiva il suo sguardo posarsi su ogni più piccolo dettaglio sul corpo di lei. Le calze scure, gli stivali alti, il vestito che s'intravedeva dal cappotto lasciato aperto. L'anello alla mano. Il brillantino della cintura stretta in vita.   
Erano uno di fronte all'altra. 
"Sei... bellissima."
"Oh, grazie... beh, anche tu."
Riccardo le aprì la portiera e subito dopo partirono per l'ignota destinazione. 

Quella sera in macchina non era come le altre volte, si sentiva una strana eccitazione nell'aria. Lei provava quasi imbarazzo, non sapeva bene cosa dire: se aprir subito l'argomento e parlare della sua quasi scenata di gelosia in Accademia, o parlare di come erano stati intimi nell'aula...e nel dubbio lasciava che a parlar fosse lui, e nonostante finirono col parlare del corso e delle sue lezioni, si vedeva sotto i baffi che anche lui stesse pensando lo stesso. 
E fu un bene, perchè nemmeno dieci minuti dopo arrivarono a destinazione e Cristina capì che la miglior cosa era proprio parlarne davanti un bicchiere di bianco. 

Erano seduti uno di fronte all'altra, in un Sushi aperto da poco. 
"Sai potevi scegliere tutti i ristoranti in città... ma questo..." iniziò lei.
"Non dirmi che non ti piace il sushi."
"Si, certo che mi piace, ma con le bacchette non me la cavo..." e nel dirlo, proprio in quell'attimo il suo pezzo del California roll scivolò di nuovo nel suo piattino. 
"Potrei quasi dire che è un bene, perchè... posso fare questo." e Riccardo prese quel pezzo per lei, afferrandolo più saldamente e portandolo alla bocca di lei. 
Lei ruotò gli occhi. "Non mi piace essere imboccata, Riccardo."
"E fammi contento." e lei obbedì. "Puoi sempre ricrederti." e le fece l'occhiolino. 
Per non rispondergli impiegò più tempo del dovuto a mandar giù il boccone: la cena era iniziata da troppo poco per esser già così erotica. 
"Anzi non considerarla erotica." pensò. 

"Dimmi Cri... quanto eri gelosa allora?" iniziò lui, sorseggiando il suo bicchiere di vino bianco. 
"Non ero gelosa... Ero preoccupata." 
"Possono esser sinonimi, nella tua situazione. Stai attenta a cosa dici." rispose lui, divertito. Soprattutto nel vederla con gli occhi assottigliati, cercando di concentrarsi. 
Cristina riascoltava attentamente tutte le parole di Riccardo, e le sue, per evitar di dire qualcosa che lui potesse usare contro di lei. 
"Guarda che sono e posso esser una persona egoista, Riccardo. Preoccupata per me, mica per te." 
Lui alzò un sopracciglio. "Ah egoista.. Giusto la faccenda dell'esser tradita, quindi non vuoi farlo... Ti preoccupavi per te, e forse per quella donna... e quindi io, cosa sarei? Lo stronzo traditore che usa entrambe?"
E stranamente ridacchiò. Non sapeva bene quanto fosse serio. 
"Beh vista da fuori..."
"Beh vista da fuori, dal mio punto di vista che ora erano? So che te lo ricordi." 
"Le 22, più o meno... Perchè?" continuò Cristina, rischiando, se non stava attenta, di perdersi il filo di questa conversazione. 
"Quasi le 23, Cristina. Tu mi hai chiamato e ha risposto una donna, e tu vuoi farmi credere che l'unica cosa che tu abbia pensato sia stata "Oh no sono un'amante" quando invece... Ribollivi di gelosia." Riccardo appoggiò i gomiti sul tavolo, piegandosi in avanti verso di lei. 
"Ti chiedevi chi fosse, cosa stavamo facendo..."
"Tu già eri convinto prima, adesso ancora di più." rispose lei, prendendo di nuovo il bicchiere. 
Non sapeva niente di vini, sperava solo che la gradazione non fosse troppo alta dato che stava bevendo velocemente. 

Lui ritornò ben diritto sulla sedia, appoggiandosi bene allo schienale. 
"E ti dispiace?" lui aveva un altro pezzo fra le bacchette, e fece la domanda prima di addentarlo, senza smettere di guardarla negli occhi. Lei fece spallucce. 
"Non posso rivelare tutto ciò che penso, non trovi?"
"Rivelami più che puoi, invece." e Riccardo iniziò con una sfilza di domande più o meno collegate tra loro, permettendo a Cristina di rispondere e chieder a sua volta.  
La conversazione durò tutta la cena, finirono la prima bottiglia, il cameriere ne aprì un'altra. 

"Non avevi detto che non volevi farmi bere più?" chiese lei, ricordandosi dell'episodio al bar. 
Lui le versò altro vino.  "E' vero, ma è un rischio che posso correre. Sai, queste scarpe non sono un granchè."
"Perfetto..." e Cristina bevve tutto d'un sorso;

Roll dopo, edamame e mochi dopo, i due uscirono dal ristorante. Cristina si era appoggiata a lui, a braccetto. 
"Da me?" chiese lui, guardando per quel che poteva nella scollatura di lei. Cristina si strinse di più nel cappotto. "Che guardavi?"
"Quello che non ho mai smesso di osservare per tutta la sera."
"Ma hai sempre la risposta pronta?" chiese lei, alzando il viso verso di lui. Riccardo le cinse la vita con le braccia, portandola in un attimo contro il suo petto. 
"In questi casi... sì." e abbassando il viso verso di lei, subito dopo essersi bagnato le labbra si sporse verso di lei. 
Ognuno avanzava verso l'altro, finendo così col baciarsi. 

"Non mi hai ancora risposto..." 
E in quel momento il cellulare di Cristina squillò: la stava chiamando Flavia. 
"Scu... scusami."  e di controvoglia si allontanò da Riccardo, da lui che sembrava ancor più infastidito di lei. 

"Fla che succede? Cazzo hai scelto il momento migliore per rompere. Dimmi." 
L'amica era troppo di buon'umore per notare quanto fosse scazzata Cristina. 
"No è che sto con Edo, al pub, venite anche voi? Ci beviamo una cosa insieme..." 
"Io dovrei bere da sola con Riccardo, Fla. Proprio adesso vuoi fare l'uscita a quattro?" 
"Ma dai è presto, un drink e poi ti lascio spolverare le tue ragnatele." rispose lei, ridendo. Cristina sentì anche la risata di Edoardo in sottofondo.
"Grazie. Vabbe' arriviamo." 

Stranamente Riccardo non fece molte storie, guidò verso il pub con lo stesso entusiasmo che aveva caratterizzato la loro cena. 
Anzi, avevano seguito frecciatine riguardo l'ultima volta e non smetteva di ricordarle come lei gli accarezzava la barba e capelli. 
"Era l'alcool, Riccardo." 
"Si? perchè anche da sobria non scherzi..." e lui posò delicatamente sulla gamba di lei. Sul pezzo di gamba scoperto tra il vestito, e gli stivali alti. 
E la pelle di Cristina, coperta solo dallo strato sottile delle calze nere, subito captò il tocco di Riccardo. 
"Basta così poco?" pensò Cristina, cercando di far finta di niente, ma si sentiva già così... Elettrica e voleva punzecchiarlo con la sua stessa moneta. 

"Perchè, cosa facevo? Questo...." iniziò lei, sporgendosi verso di lui, e allungando la mano verso i suoi capelli. Aveva capito che era il suo punto debole. 
Riccardo, con gli occhi fissi sulla strada, aveva inclinato la testa verso destra per ricevere un ulterior contatto da lei. 
Le dita di Cristina affondarono nei suoi capelli, e pensò "al diavolo le regole della strada..." si slacciò la cintura e si avventò con la bocca sul collo di lui. 
Con la coda dell'occhio notò le mani di Riccardo stringere ancor di più il volante. 
"O questo?" e con l'altra mano accarezzò le labbra di Riccardo, e lui apriva la bocca nel tentativo di morderle le dita. 
"Cristina..." sussurrò lui, e lei levò la mano, ma solo per farla scender pian piano lungo il suo petto, la sua pancia. Intrufolò le dita sotto la sua camicia. 
Si posò sulla cintura di lui, e Riccardo iniziò a sussultare. Sentiva le dita di Cristina accanirsi sulla chiusura, e nell'attimo in cui la sua mano si intrufolò al di sotto dei suoi boxer.... RIccardo in un attimo sterzò e cambiò direzione. 
"Fanculo il pub, fanculo Flavia e quel coglione del mio amico. Io ti porto da me."

Cristina, di colpò pensò alle parole del padre. 
"Acqua cheta rovina i ponti." e baciò ancora Riccardo, sul collo, sull'angolo della bocca. "Ero stata innoqua come l'acqua, all'apparenza. Invece guarda quanti danni sono riuscita a fare. E forse è proprio vero, sono le persone più tranquille a rivelare le più folli delle sorprese."

"Corri Riccardo, voglio far l'amore con te."
Riccardo ingranò la quinta, scoppiarono a ridere, eccitati.
Sembrava che per strada ci fossero solo loro. 

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Buonasera a tutt*
Mi sembra così strano che io abbia fatto passare così tanto tempo dall'ultimo capitolo!
Vivo qui su efp in un mondo covid-free, invece beh io, l'autrice, ho avuto modo di averne a che fare, e quindi la scrittura ne ha risentito. Poi ci sono state le feste di natale, altre situazione inerenti al covid... e beh, queste sono le conseguenze.

Sono desolata per l'attesa. Spero comunque che piaccia anche il continuo con questo capitolo.
Un bacio
 

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Capitolo 11
*** Cap. 11 Ogni lasciata è persa. ***


Cap. 11 "Ogni lasciata è persa." 
 

Le risate di Cristina riecheggiavano nelle scale per salire da Riccardo. Lui camminava di schiena, con le labbra incollate alle sue e la tirava, l’alzava a sé per farla camminare ancor più velocemente.
Ruotavano in modo che quasi a turno la schiena di ognuno venisse sbattuta contro il muro. Si iniziavano a spogliare, e Cristina temeva che in casa non ci sarebbero arrivati. Lui la prese in braccio proprio fuori al portone di casa, Cristina attorcigliò le gambe al busto di lui e si fece trasportare in camera da letto. Gli indumenti pian piano cadevano a terra. Cristina cercava, per quel che poteva, di captare degli elementi nella camera, dato che la prima volta che era entrata in casa sua non era riuscita a vedere la camera da letto.
Ma pensò che infondo poteva farlo sempre dopo. 

Guardava l’uomo che la sovrastava sbottonarsi anche l’ultimo bottone della camicia. Aveva il petto liscio, con i peli sui pettorali e la linea fino all’ombelico. Nudo sembrava ancor più imponente, e con i capelli sciolti un ribelle. Si era steso su di lei, con le mani che cercavano di sfilarle le calze. “Gli stivali...” e alle orecchie di Cristina quella parve una supplica. Glieli sfilò così velocemente e vennero lanciati ognuno in una direzione diversa, così come il vestito, le calze... il reggiseno e il perizoma. Nell’euforia e nel reciproco desiderio di aversi, Cristina non si stupì che non servissero preliminari. 

Riccardo con mani esperte prese un preservativo ed entrò in lei. Cristina aveva le sue braccia strette al collo di lui, le gambe attorcigliate a Riccardo. Si baciavano. Riccardo alternava la bocca di Cristina al collo, le orecchie.. le scapole. Qualsiasi punto in cui la baciasse per Cristina era puro piacere, amava sentire la barba di Riccardo sul collo e i suoi baci umidi sulla pelle. 

Cristina riusciva a vedere gocce di sudore che imperlavano il viso di Riccardo e i capelli, in particolare vicino le basette, farsi umidi. Cristina aveva il respiro corto e si lasciava andare a versi di piacere. Si ruotavano nel letto, cambiavano posizione senza trovare intoppi, nonostante quella fosse per loro la prima volta. Sembrava proprio che entrambi fossero a proprio agio, che ognuno sapesse cosa l’altro volesse e nessuno aveva altro da aggiungere. Quando finirono, erano entrambi silenziosi, a riprendere fiato.
Guardavano il soffitto, ridacchiando, senza saper bene cosa dire. 

“Beh...”  e ridevano. Cristina sentiva le gambe tremare, in preda a piccole scosse. Si era portata la mano sulla fronte, il petto s’alzava e s’abbassava;

“Doccia?” E senza neanche aspettare la risposta di lei, Riccardo la prese per portarla nel bagno. Sotto il getto d’acqua calda, si accarezzavano a vicenda, insaponandosi. 

“Sapone tre in uno, tipico...” osservò lei, prendendone un altro po’ per insaponare il petto di Riccardo. “Ma dai che ti piace il profumo che lascia...” e Cristina annuì, alla fine era vero. Le mani di Riccardo le accarezzavano il seno, la schiena. Sfioravano la sua intimità, e alla fine lui si inginocchiò ai piedi di lei, portando il viso fra le sue gambe. L’acqua scorreva e Cristina si sentiva le gambe tremendamente leggere. 

Aveva la testa all’indietro, gli occhi chiusi e la mano stretta alla tendina della doccia per non cadere.

Erano di nuovo vestiti, seduti al tavolo. Riccardo aveva preso due amari.
"Mi manderai in confusione, lo sai?”
"Io a te?!” Rispose Cristina, un po’ sconvolta. “Perché lo dici?”
“Non posso bere un caffè, poi si... ti voglio, non ti voglio...”
" dire che ero io quella confusa, per colpa tua.”
"Ah... giusto” e Riccardo le fece un sorriso. Guardò l’ora, segnava l’1:23.
“Forse è meglio che ti accompagni, domani hai lezione... e anche io.” 

Cristina annuì, e di controvoglia lasciò il bilocale di Riccardo;

In macchina la mano destra di Riccardo era fissa sulla gamba di Cristina, e lei aveva posato la mano su quella di lui. Ascoltavano la radio. Fuori al condomino, lui non scese dalla macchina.
“Ah questa volta non mi accompagni?”
Riccardo subito slacciò la cintura di sicurezza, manco come se lei gli avesse rinfacciato chissà quale mancanza. “Ma dai, scherzavo.” E sporgendosi di nuovo nella macchina, si allungò per farsi lasciare un ultimo bacio a fior di labbra. “Ci vediamo al corso, dopo domani.” 

“A giovedì, allora. Buonanotte Cristina.”
"Buonanotte Riccardo.” 

La mattina dopo Cristina si svegliò proprio come s’era addormentata: con le calze e il vestito che si era scocciata di levare. Non era struccata e le poche ore di sonno avevano accentuate le sue occhiaie. Dopo una bella sistemata entrò in cucina, dove trovò i genitori intenti a far colazione.
"Buongiorno ma’... Pa’” e prendendo una bella tazza la riempì di caffè-latte.
Maria Franca era di buonumore come sempre, inevitabilmente dall’orario. 

“Cara non ti ho chiesto più come sta andando il corso... bene?”
Cristina cercò di non ridere, e soprattutto di non far trapelare niente.
"Oh si è iniziato bene il corso... spero continui allo stesso modo. Perché l’ultima lezione è stata... avvincente.”;
 

Cristina e i suoi amici dell’uni erano in biblioteca, a far finta di ripassare per gli esami.
Alessia, invece, usava la scusa di voler sapere i dettagli della serata di Cristina e Riccardo per non studiare. “Scusa ma non capisco. A casa tua lo chiami e dopo che risponde un’altra tu non hai voluto sapere niente a riguardo?” Cristina chiuse il suo libro di letteratura del ‘900, tanto con la sua amica ficcanaso non sarebbe riuscita a fare niente. "No, niente. Mi ha detto che era una sua collega, perché?”
Alessia boccheggiò, incredula. “E se lui continua ad andarci a letto, con la collega?”
Cristina spalancò gli occhi. “Beh ma...”
Si sistemò per bene sulla sedia, pensava alla conversazione tenuta in Accademia. Ma terminò solo con l’immagine della mano di Riccardo fra le sue gambe.
“È che...”
“Vabbè, ci hai scopato. Adesso non capisci più un cazzo.” 
 

Quando ritornò di nuovo a casa, Cristina aveva sempre questa domanda in testa. Riccardo avrebbe continuato ad andar con quella? E se in effetti a lei doveva o non doveva interessare. Nessuno dei due voleva una relazione, e se lo erano detti. Ma questo non implicava, e non faceva per niente intendere che l’altro non dovesse uscire con qualcun’altra. Non c’era niente di serio fra loro, e Cristina lo sapeva.
“E adesso...” pensò Cristina. Non erano amanti, nemmeno scopamici. Avrebbero potuto diventarlo però.

“Ma cosa voglio? E lui?” Pensò ancora. E sfinita si gettò sul divano, la cena non era ancora pronta e ne approfittò per restare ancora un po’ sdraiata.
"Questo andare avanti e indietro si sta iniziando a far sentire...” notò la madre, vedendo la figlia stanca sul divano. "Oh si, in effetti è un po’ pesante. Ma sai come dici tu, no?”
"Quando si è in ballo bisogna ballare.” Terminò la madre.
“Io ne so un altro, che pure andrebbe bene...” rispose il padre, da lontano. Sia moglie che figlia guizzarono le orecchie sugli attenti.
“Faccia chi può, prima che il tempo mute: che tutte le lasciate sono perdute.”
Maria Franca e Cristina scoppiarono a ridere. “E questa da dove ti è uscita?” Chiese la figlia.
“Guarda che questo è compito mio...” iniziò la madre. “Vuoi rubarmi il mestiere?”
Renato si avvicinò la moglie, posandole una mano sulla spalla.
“Chi va con lo zoppo impara a zoppicare, mia cara.” E le depositò un bacio sulla guancia prima di sparire in cucina. "E quindi, che voleva dire?” Chiese Cristina.
"“Che anche se sei stanca, adesso che sei giovane puoi far tutto. Poi il tempo avanzerà, non sarai in grado di far tutto quello che vorresti... quello che non fai adesso, non lo farai più. Ogni cosa che lasci, beh è persa.”
“Quindi dovrei far tutto quello che vorrei?”
“Beh, da un lato si. Se è un occasione non dovresti lasciartela scappare...” 

Cristina si sistemò per ben seduta sul divano, la testa iniziò a vagare alla sua situazione con Riccardo e ad analizzare, nei proverbi, se ci potesse essere un qualche collegamento, o consiglio sotto inteso.
“Ma non esaminare le parole di tuo padre, ora che fa tanto l’esperto dopo averne azzeccato giusto uno... andiamo a mangiare va’” 
 

Il giorno dopo, nonostante volesse sentire Riccardo, causa università di lei, e lavoro di lui, finirono col parlare davvero poco. Giusto un paio di messaggi la mattina, uno ad ora di pranzo, e uno la sera. Non sapeva bene se fosse una cosa giusta o sbagliata questo non sentirsi per messaggio così tanto, ma di certo notò che lei ci faceva caso, che stava attenta a vedere se lui visualizzava e non rispondeva... se appariva online, guardava l’ultimo accesso. 

“No ti prego...” pensò, quando si ritrovò di nuovo sulla sua chat. “Non posso azzeccarmi già così.” E quindi, decise che la miglior cosa era posare il cellulare e aprire un libro, ma la cosa non portò a nulla di buono. Così guardò l’ora, erano le 18:37, orario perfetto per chiedere alle amiche di fare un aperitivo. 

Poco dopo insieme a Flavia, Alessia e stranamente anche con Marco al seguito, tutti si erano trovati al solito pub, quello in cui avevano iniziato ad andare dopo che a Flavia non interessava più di andare nel bar del suo ex Corrado. E ci avevano preso anche gusto. Nel momento in cui Marco si allontanò per salutare degli amici, Cristina si avvicinò ad Alessia per delle spiegazioni.
“Quindi che succede?”
"Niente... ci stiamo conoscendo. E a te invece?” Chiese Alessia per cambiare argomento.
"Ttu chiedi sempre di me, poi quando io chiedo, invece, tu non spieghi un cazzo? Non cambiare argomento.”
Alessia alzò le braccia. “Ah ok! Ma non ti alterare mi raccomando.”
Lei si soffermò un attimo a guardare il ragazzo da lontano.
“Beh, lo abbiamo fatto... mi piace, stiamo uscendo...” e notando quanto gli occhi di Cristina si stavano spalancando, continuò ancora.
"E va tutto bene! L’integrità del nostro gruppo non è a rischio!”
Cristina sbuffò. “Ok ok... allora sono felice per te...” e sorridendo all’amica, iniziarono tutta una serie di domande su se Marco fosse bravo, se fosse dotato... più una serie di risolini che cessarono quando lui ritornò al tavolo.
“Di che parlate?”
"Niente niente...” 

Poi qualcosa attirò l’attenzione di Flavia, che subito fece cambiare la sua espressione.
"Che succede?” Domandò Cristina, notando come l’amica si stesse concentrando per capire chissà quale particolare. E poi, guardando nella sua stessa direzione, capì cosa la stava turbando. 

Ad un tavolino distante Edoardo e Riccardo erano seduti insieme a due ragazze che davano le spalle a Cristina e Alessia. Le due riuscivano soltanto a vedere i due ragazzi intenti a sorseggiare uno spritz, dato l’orario, e a  ridere e a dialogare con quelle. 

“Che... che facciamo?” Cristina non sapeva che risponderle.
"No.. non lo so Ale.”

Però una cosa la sapeva, due ragazze che vedono il “proprio tipo” insieme ad un altra... non prometteva nulla di buono.

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Rieccomi con il seguito! 
Un bacio. 

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