The Child Warrior

di HerikSigurd
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


In quella sera il rumore delle onde del mare, che si abbattevano contro gli scogli, era sovrastato soltanto dal clamore dell'immenso accampamento situato tra le colline che li dividevano dalle mura della città, l'ultima da conquistare e saccheggiare, e le fredde spiagge del Mare della Notte.

Dal mare tirava una leggera brezza, ma tanto gelida da congelare le ossa.

Le Isole delle Ombre erano una zona fredda, durante il giorno la terra era illuminata dalla luce solare costantemente filtrata dalle nuvole grigiastre che solo nel pieno dell'estate tendono a dilatarsi. E durante la notte quasi sempre pioveva ed era pressoché impossibile vedere le stelle, la mattina le gocce di rugiada brillavano dell'erba che cresceva rigogliosa nelle pianure di ciascun isola.

Soprattutto su quella dove stava il castello inespugnabile di Darkcrow, che si affacciava su uno strapiombo roccioso dall'altra parte dell'isola.

Thougulf stava passando la cote sullo spadone, una lama lunga che toccava quasi i due metri, i suoi coltelli e la sua ascia d'acciaio erano appoggiati ad una roccia vicino a lui. Aveva poco più di sedici anni, era alto per la sua età, capelli rosso ramati e occhi color verde smeraldo. Se ne stava lì, davanti al fuoco che lui e i suoi compagni di ventura avevano acceso per riscaldarsi.

«Il comandante mi ha confermato che dopo la conquista della città verremo finalmente pagati.» Disse Sen mentre cercava con i suoi denti mal riposti di staccare l'ultimo pezzo di carne dalla coscia di gabbiano. «Dopo una settimana torneremo a veder scorrere l'oro.»

Thougulf alzò gli occhi verso il vecchio guerriero, non sapeva se essere più disgustato dai suoi denti storti e sporchi di carne o dalla birra che gli grondava dalla barba rossa e grigia.

«Noi non verremo pagati.» Replicò il giovane mentre un ciuffo dei suoi capelli ramati gli cadeva davanti all'occhio sinistro. «Non vedremo nemmeno l'ombra dell'oro di re Volg.»

«E perché no? Abbiamo marciato con il suo esercito per miglia e miglia conquistando di tre priorati di Sifwuld.» Ficcò il pugnale con forza nel terreno. «Quell'oro ci spetta di diritto!»

«Ma dov'eri negli ultimi giorni Sen?» Jhariq rivolse al vecchio uno sguardo irritato. «Sei diventato ceco di colpo o eri a scoparti una puttana in un bordello di Phohot?»

«Magari fossi a scoparmi una puttana a Phohot.» L'anziano si scrollò le spalle per il freddo. «Almeno non sarei qui a congelarmi le palle.»

Thougulf non si riteneva un ragazzo molto intelligente e astuto, anche se in realtà lo era, però iniziava a non sopportare così tanta stupidità.

Sen era il più vecchio di tutti e quindi doveva essere il più saggio, e invece era il più idiota.

«Re Volg, quando eravamo a Deertown, ha massacrato l'intera famiglia reale. Ha preso il re priore e sua moglie e li ha bruciati vivi, poi ha decapitato i loro figli.» Si strinse il mantello verdastro, adornato con pelliccia di orso sulle spalle. «Il più piccolo aveva cinque anni. Li hai visti, c'eri anche tu con noi.»

La voce di Thoulgulf era calma e dimostrava quasi indifferenza, ma in tutto ciò si intravedeva un tremendo filo d'inquietudine.

«Oh...» Sogghignò Sen. «A quanto pare il nostro piccolo Thoulgulf è sensibile. Che c'è?! Sei diventato una femminuccia?!»

«No, non sono una femminuccia.» Lo guardò di sottecchi. «Ma se questo vuol dire evitare di morire come dei maiali, allora sì. Lo sono.»

Infilò la cote nella sua sacca di pelle. «E poi non è solo una questione di sensibilità, un uomo capace di un tale gesto...»

«È un uomo capace di uccidere i suoi mercenari pur di non pagarli.» Aggiunse Tyrsa gettando qualche ciuffo di erba sul fuoco. «Tu, Sen,dovresti saperlo meglio di noi.

E poi stanno scomparendo molti mercenari del nostro esercito, senza un valido motivo. Questa storia non mi piace.»

Tyrsa aveva ventitré anni, anche se ne dimostrava di meno, chiara di pelle, magra, ma allo stesso tempo forte e muscolosa.

«Feh!» Esclamò Sen sputando per terra. «Fate come volete, prenderò la mia paga e anche la vostra, se proprio non la volete. Per il resto me ne sto lontano da voi, branco di succhiacazzi.»

Si alzò da terra e si allontanò dal gruppo.

"Stupido vecchio, se vuoi morire come un animale vattene pure" pensò Thoulgulf mentre rinfoderò la spada.

«Sen!» Esclamò Tyrsa lasciando il suo arco per terra.

«Lascialo andare, se è così stupido da voler morire per un po' di denaro, accontentiamolo.»

Il ripetuto scoppiettio del focolare sovrastava il silenzio che si era creato tra il gruppo, ognuno era immerso nei propri pensieri e nelle proprie preoccupazioni.

Di solito non erano abituati a pensare ad una via di fuga, non ne hanno mai avuto bisogno, ma quella volta era diverso. Avevano scoperto che mettersi in affari con re Volg non è stata una bella idea, la decapitazione di un bambino era bastata per capire l'errore che avevano fatto.

Il mare era diventato più agitato e impetuoso, minacciava una tempesta e ciò poteva rivelarsi un punto negativo, perché avrebbe sicuramente compromesso un'ipotetica fuga via mare. Anzi, l'unica fuga possibile.

«Dovevamo proprio metterci con quell'elfo di merda? Cosa ci è saltato in testa quel giorno?» Borbottò Jhariq sbuffando in maniera irritata.

«Molto semplice, siamo mercenari e i mercenari vanno con il miglior offerente, così ci siamo cascati.» Affermò Tyrsa in tono ovvio, come se fosse un concetto risaputo.

«Che ci sia di lezione per la prossima volta che faremo un patto del genere.»

Sul gruppo calò di nuovo il silenzio, stavolta un silenzio più profondo che rappresentava perfettamente l'animo dei guerrieri in quel momento. Erano tutti abili e forti combattenti, quindi non era una scelta semplice dover fuggire per salvare la propria vita.

«Ciò che sappiamo» aggiunse Thoulgulf rompendo il silenzio «è che, per quanto siamo abili, non possiamo affrontare gli uomini di Volg. L'unica via di fuga, su cui possiamo contare, è quella via mare: cioè, imbarcarsi su una delle navi subito dopo la battaglia.»

«Un bel piano del cazzo» convenne Jhariq «ma non credo che ne troveremo uno migliore. Se non ricordo male ho sentito altri mercenari organizzare lo stesso piano. A quanto pare non sono tutti stupidi come Sen.»

«Andiamo a dormire, domani dobbiamo espugnare un castello. Vedrete che lo conquisteremo in una sola notte.»

«E tu come lo sai?» Chiese Tyrsa guardando i due di sottecchi. «Quella fortezza sembra inespugnabile.»

«C'è una talpa all'interno della corte di del re priore Aron, che ha informato Volg di un sistema fognario nella parte settentrionale del castello. Un drappello di uomini entrerà e ci aprirà le porte, facile come trastullare una fanciulla per la prima volta.» Thoulgulf raccontò con totale nichilismo questi dettagli, come se fosse una cosa normale.

Il ragazzo si alzò poggiandosi sullo spadone e,pensieroso, avanzò verso la tenda senza degnare gli altri di uno sguardo.

Il cielo era estremamente buio e iniziarono a sentirsi i piccoli rumori delle gocce che cadevano, segno di un'imminente pioggia.

Il giovane mercenario se ne stava rintanato sotto le coperte completamente nudo, abbracciato al suo spadone come se fosse un pupazzo.

Supino tra le lenzuola dimostrava davvero di essere un ragazzino e non il guerriero di prima, se non fosse per le piccole e grandi cicatrici che aveva su tutto il corpo. Il bimbo guerriero,molti lo chiamavano così: per sottolineare la sua giovane età. O bimbo macellaio, per evidenziare il suo modo di combattere.

In qualunque caso, quei termini non lasciavano molto spazio alla fantasia.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Il mattino era attanagliato da un'atmosfera tetra, le nuvole mantenevano un intenso e inquietante grigiore dando quasi la sensazione che fosse ancora notte, ma l'alba era già passata da un pezzo.
Come se non fosse abbastanza l'isola venne colpita da un forte vento proveniente da nord-est, portando con se un aria gelida, molto pungente e una pioggia incessante.
Tutti i soldati dell'accampamento erano dentro le loro tende a ripararsi, tanti di loro soffrivano molto il freddo. Alcuni di loro si erano addirittura ammalati, pochi di questi morti o quasi morti di tosse e raffreddore. Tranne gli elfi.
Per quanto risentisse anche lui del clima rigido e tempestoso, Thoulgulf ci era abituato essendo un ragazzo del nord.

I luoghi in cui ha vissuto, quando era un bambino, sono stati sempre freddi, pesanti e in alcuni casi anche inospitali; luoghi che in parte hanno forgiato il suo fisico e il suo carattere duro.
Quando si risvegliò egli era completamente nudo, avvolto dalle folte coperte di lupo nero,stretta tra le sue braccia teneva ancora la sua lama da cui non si staccava mai.

Ogni notte dormiva con la spada tra le braccia, come un bambino che tiene sempre il suo giocattolo tra le mani; solo che quel giocattolo poteva mozzare di netto la testa di uomo e il ragazzo ci riusciva benissimo.
Una volta che fu totalmente sveglio, si infilò le brache e iniziò a vestirsi con dei pantaloni color grigio talpa ed un farsetto nero, fatto di stoffa grezza e ruvida. Infine degli stivali con una lieve sfumatura ambrata che presentavano dei vistosi segni usura e di rattoppamenti fatti da lui.
Quelle scarpe avevano qualche anno, ma non aveva intenzione di cambiarle. Ebbe l'occasione e la possibilità di comprare un paio di scarpe nuove, però preferiva rimanere così; perché i vestiti logori e trasandati li facevano ricordare da dove veniva.
Nel centro della tenda aprì un insenatura per far defluire l'aria, evitando che entrasse l'acqua piovana.
Lì c'era un piccolo spazio di terra circondata da delle pietre, da lui stesso posizionate, per creare un focolare che non facesse danni.
Ci buttò quella poca legna asciutta che trovò nella sua minuscola e spartana abitazione, tirò fuori un pietra e con vari tentativi accese una piccola fiammella che diventò sempre più grande.

Col crescente barlume giallastro aumentarono anche gli scoppiettii e Thoulgulf rimase lì, seduto con le gambe incrociate, a fissare il fuoco con insistenza e ossessione.

Nella sua mente passavano un gran quantità di pensieri e ricordi che lui stesso, in alcune circostanze, faceva fatica a gestire; quindi si limitava semplicemente a mantenere uno sguardo passivo e la testa in un'altra dimensione.
Così sembrò che attorno al mondo del ragazzo ci fosse solo il silenzio e il rumore di una tempesta, silenzio che però venne interrotto da un voce più che famigliare.
«Thoulgulf» urlò Jhariq che stava fuori sotto la pioggia «facci entrare, abbiamo delle provviste con noi!»
Si riprese in uno scatto, slegò le corde che tenevano chiusa l'apertura della tenda facendo entrare Jhariq, Tyrsa e un uomo di bassa statura che riconobbe subito.
«Marco, dove ti eri cacciato ieri? Non ti ho visto per tutto il giorno.»
Marco Publio Lorenziano, era un uomo che non superava il metro e settanta, minuto e con una tipica carnagione olivastra.

Era vestito con con un'armatura in cuoio rivestita sul torace da una corazza muscolare di metallo e con un gonnellino bianco. Insieme aveva anche delle schiniere che gli proteggevano gambe e ginocchia, e sulle spalle era coperto da una pesante pelliccia che lo faceva apparire più grosso e robusto di quanto lo era realmente.

«Ero in perlustrazione dentro e fuori l'accampamento, ma quanto diavolo fa freddo in questo posto? Se sapevo di morire congelato col cavolo che mi sarei mosso da Saturia, quanto mi manca.»
«Forse non avresti dovuto farti esiliare» disse la donna dandogli una pacca sulla spalla «così staresti ancora al calduccio.

A proposito, perché una simile punizione?»

«Diciamo che ho violato il letto matrimoniale di un nobile saturiano, poi quello di una figlia di un nobile saturiano.»

«Non avevo dubbi.» Aggiunge Thoulgulf mentre cercava di alimentare il fuoco un altro po'.
«Tieni questo» Jhariq pose una sacca di pelle accanto al focolare «qui dentro c'è della carne di maiale essiccata e pane elfico. Mangiamo questa roba da giorno ormai, ma è l'unico alimento che ti tiene in forze in mezzo a tutta quella schifezza elfica.»

I quattro si sedettero in cerchio in modo che tutti potessero godere di un po' calore.

Si riempirono i boccali con una birra rossa e molto torbida, aveva quel sapore dolciastro che al giovane piaceva molto. Poi si riempirono le scodelle di pane e carne secca, che mangiarono di gran gusto essendo il loro primo pasto del giorno.
Le fiamme danzavano in modo disordinato spostando le flebili ombre dei quattro individui a destra e a sinistra, in una danza quasi ipnotica e inquietante.

«Mentre ero in giro ho sentito delle voci su quello che sta succedendo ai mercenari» affermò Marco, rompendo il ghiaccio «pare che re Volg, ne convochi un gruppo alla volta. Per poi interrogarli e torturarli fino alla morte.»
L'uomo dal fisico minuti addentò un altro pezzo di carne secca. «Sembra che Volg sospetti che l'assassino di suo fratello Sundul sia un soldato di ventura come noi. Vi ricordate la notte dopo l'assedio finale a Deertown, giusto?»

«Sì me la ricordo benissimo» rispose Tyrsa «trovarono il fratello del re in un lago di sangue sul suo letto. Una fine tremenda anche se meritata, era un essere viscido. Solo gli dei sanno quanti stupri commette durante i saccheggi.»
Marco guardò per un istante Thoulgulf, osservò ogni particolare del suo sguardo e ogni movimento. Ma niente, aveva il suo solito sguardo indifferente e senza smorfie.
«Chiunque sia stato doveva essere parecchio incazzato, gli ha squarciato la gola e lo ha colpito con venti coltellate nel petto.»

Jhariq si toccò il petto come se anche lui potesse sentire il dolore provocato alla vittima.

«Però, come ha detto Tyrsa, lo stronzo meritava di morire. Quindi me ne frego, chiunque sia stato.»

Marco prese il boccale e bevve tutta la birra in una volta, nonostante la sua stazza era molto resistente all'alcol.

«Anche a me non importa» continuò l'uomo di Saturia «l'unica cosa di cui m'importa realmente è darmela a gambe il prima possibile.»

«Avevamo optato per una fuga via mare, è l'unica scelta che abbiamo.» Disse il ragazzo, che fino a quel momento si era tenuto in disparte. «Quindi dobbiamo accaparraci una delle navi usate per le provviste, così tutti la scambieranno per un mercantile e non per una nave da guerra.»

Passarono il resto del tempo a parlare del più e del meno, di quando sarebbe iniziato l'assedio e quanto oro avrebbero trovato all'interno del castello, mentre s'ingozzavano di pane, carne e birra.

«Secondo voi perché Volg sta ancora aspettando? La vittoria è sua, non ha motivo di procrastinare.» Tyrsa appoggiò i gomiti scrutando gli altri della compagnia.
«Perché un normale predatore uccide una preda e se ne nutre subito, lui no.» Tutti guardarono Thoulgulf con una espressione incuriosita, non capendo il senso della frase.
«Lui, come prima cosa, instilla nella mente della preda il terrore e la consapevolezza di non avere scampo. Poi le morde la gola, lasciando la sua vittima rantolare come maiale fino al momento della sua morte.
Infine e solo in quel momento, se ne nutre.»
«Hai fatto un discorso filosofico del cazzo, ma hai spiegato bene come egli mantenga l'ubbidienza dei popoli che ha conquistato. Tranne nel Regno delle Ulfrland dove il popolo nordico è difficile da domare, pare che laggiù i gruppi ribelli sbuchino come funghi.» Marco scrutò il rosso ramato, giocherellando con il boccale.

«”Prova a comandare un Nord e le tue budella assaggeranno il sapore acre dell'acciaio”.» Thoulgulf mise altra legna e alimentò il fuoco, perché si stava spegnendo. «In molti non lo comprendono subito.»

«Anche tu sei un Nord, eppure non sei con loro a combattere.» Aggiunse Jhariq.

«Perché quando inizi a fare il mercenario capisci troppo tardi che non potrai fare altro nella tua vita.»

Intanto, mentre la combriccola era ancora assorta nei loro discorsi, alcuni sensati e altri no, fuori il tempo si stava calmando e la pioggia era sempre meno insistente.
Si potevano udire le voci dei soldati, che ogni tanto uscivano all'aria aperta. Voci  incomprensibili per molti perché parlavano in elfico, ma Thoulfulg lo capiva abbastanza bene.

La mattinata scivolò via come un sasso sul ghiaccio, mezzodì era passato da un pezzo.
«Stanotte dovremo combattere e prima di una battaglia preferisco stare da solo. Quindi, se permettete...» li pregò Thoulgulf.
«Oh certo. Venite, anche noi dobbiamo prepararci.» Si alzò Jhariq sistemandosi il cinturone e uscì insieme alla donna.

Ma Marco rimase ancora dentro, a fissare il sedicenne con curiosità

«Che c'è?» Chiese il giovane.

«È un caso che io ti abbia visto rientrare nella tua tenda la stessa notte in cui il fratello del re è stato ucciso?»

Thoulgulf gli rispose in tutta calma.

«Avevo voglia di una passeggiata.»

«E durante le passeggiate porti sempre uno spadone sulle spalle, due asce e un pugnale nel fodero?»

«C'è a chi, al chiaro di luna, gli piace portare una dolce e graziosa fanciulla, mentre a me piace portare le mie armi. Tranne la mia armatura pesante, fa rumore e non mi piace disturbare gli altri mentre sto da solo.

Perché? Che altro avrei fatto?»
«Assolutamente nulla.» Sorrise la persona che gli stava davanti.

«Appunto, assolutamente nulla.»

Marco si alzò e se ne andò, lasciandolo da solo.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


La sua armatura era fatta di puro acciaio, non presentava ornamenti in oro o argento.
L'acciaio era talmente scuro da essere brillante e nero come la morte, quasi spaventoso.
Di notte, Thoulgulf quasi passava inosservato, mentre di giorno poteva instillare la paura nel cuore dei nemici.
Ma il particolare più rilevante era il suo elmo, aveva la forma di una feroce e minacciosa testa di lupo con zanne prorompenti e affilate.
Nonostante l'apertura, l'elmo copriva tutto il volto.
Il giorno ci fu una tempesta furibonda che aveva reso la vegetazione della tundra molto umida e bagnata, ma la notte era calma e tranquilla.
Un'immensa quiete sovrastava l'isola, come se niente stesse succedendo, come se non ci fosse un esercito di migliaia e migliaia di soldati pronti a far scorrere il sangue.
Tutti loro erano fuori dall'accampamento, avevano spento le torce in modo da rimanere nell'ombra il più possibile.
Molti tacevano e molti bisbigliavano tra di loro, era fondamentale che i soldati non facessero rumore se non nel momento più opportuno.
Però, tutti loro, riuscivano a vedere il castello in lontananza in quanto veniva illuminato dai fuochi presenti sulle mura, sulle torri e sui torrioni.
I bisbigli erano sempre di più, segno che l'impazienza si stava facendo strada tra gli uomini.
-Ma quando manderanno il segnale?- Chiese un'ombra che stava accanto a Thoulgulf. -A quest'ora dovrebbero essere già entrati!-
-Lo manderanno quando sarà il momento.- Rispose.
-Sai chi è stato mandato all'interno del castello?-
-Alcuni membri della setta di Shila, se non vado errato.- Disse Jhariq.
-Assassini, dovevo immaginarmelo.-
Poi, ad un certo punto, una luce proveniente dal castello si spense, tutti all'improvviso si ammutolirono e ognuno guardò nella stessa identica direzione.
Thoulgulf alzò il braccio e con la mano afferrò saldamente l'elsa della sua spada, la sguainò e un sibilo metallico graffiò il silenzio che in quel momento imperava.
Dopo si spense un'altra luce, poi un'altra e un altra ancora, come tante candele che venivano spente da un soffio di vento.
Alla fine tutti le luci si spensero, da quel momento si percepì un flebile filo di tensione, segno di un'imminente tempesta di spade.
Chi era meno avvezzo alle battaglie sentiva la stessa sensazione di quando sta per arrivare qualcosa di brutto e di tragicamente inevitabile, un gusto che in bocca ha il sapore amaro del sangue.
L'assenza di alcun movimento era diventata insopportabile, alcuni iniziarono parlare a bassa voce dicendo che il piano era fallito, che forse erano stati tutti catturati.
La loro attesa venne ricompensata perché, non sulle torri e nemmeno sulle merlature, ma alla base delle mura si accese una fiamma che girava di qua e di là.
Tutti tirarono fuori le loro armi, c'era chi avena una spada, un ascia, un'ascia da guerra e una mazza acciaio.
Tranne i soldati elfi; loro avevano una armatura leggera di color marrone scuro, uno scudo e una spada, mentre le armature degli ufficiali erano ornate di argento e oro, simbolo del loro stato sociale.
-È il segnale!- Grido uno di loro, indicando il proprio dito verso il castello. -All'attacco!-
In un boato, tutti i guerrieri pronti con le armi in pugno avanzano a passo svelto.
Tutti i mercenari stavano in prima fila rispetto agli elfi scuri, perché sacrificare i propri uomini quando si ha della carne da macello a pagamento?
L'aria che si respirava aveva uno strano sapore, un sapore che Thoulgulf conosceva benissimo. Quel misto di metallo, angoscia, paura, adrenalina e ferocia era qualcosa di inebriante. Uno stimolo per chi piace sentire il sapore della battaglia, prima di iniziarne una.
Il rumore metallico delle armature e delle armi avrebbe sicuramente risvegliato tutte le guardie delle castello, ma ormai era troppo tardi perché le porte erano già aperte.
Il castello aveva cinque cinta murarie, una più grande dell'altra ed erano così alte da far perdere la testa.
Erano fatte di una roccia estremamente resistente, ed erano così alte da rendere impossibile un combattimento con le torri d'assedio.
La fortezza era imponente e si affacciava sul mare, era circondata anch'essa da una cinta muraria, ma più alta delle altre.
In poche parole chiunque voleva conquistare la città, doveva usare uno stratagemma e un esercito numeroso, come in questo caso.
Quando i guerrieri entrarono di prepotenza ci fu un tripudio di risate e urla, c'era chi esaltava a bruciare tutto e chi sghignazzava in maniera truce e crudele rovesciando i tendoni e le bancarelle vuote di proprietà dei comuni cittadini.
Lo facevano pure i mercenari, ma nella maggior parte dei casi erano gli elfi a commettere queste azioni.
Anzi, loro addirittura sbarravano le porte delle case, così che nessuno potesse uscire, e lanciavano dalle finestre le torce accese in modo che le case stesse prendessero fuoco con le famiglie dentro.
Mentre i soldati di Volg ridevano a crepapelle sollazzandosi da quell'orribile e grottesco spettacolo, dagli edifici si sentivano le urla lancinanti degli uomini, donne e bambini che morivano arsi vivi a causa della loro malvagità.
Ma c'era un fatto che rendeva quello spettacolo ancora più grottesco di quanto già non lo fosse: anch'essi erano elfi. Esatto, elfi contro elfi.
Un soldato diede alle fiamme un abitazione, ma non sbarrò la porta. 

Da lì uscirono elfo e un'elfa, marito e moglie, un bambino e una bambina. 
-Pietà! Pietà!- Urlò l'uomo che, preso dalla più totale disperazione, si era inginocchiato davanti a loro con le mani incrociate. - Abbiate pietà almeno di mia moglie e dei figli! Vi prego, vi prego!-
L'uomo iniziò piangere, le sue urla squarciavano la notte. 

Però non s'impietosirono davanti ad una scena del genere, presero a ridere di fronte a cotanto dolore. 
Uno degli elfi con l'armatura lo prese per la collottola e lo strattonó verso di se. 
-Guardatelo- disse con voce truce e ironica -sembra proprio un animaletto, non trovate? Tranquillo, l'ultima cosa che vedrai saranno proprio tua moglie e i tuoi figli. Non sei contento? Voi altri prendete la donna e i mocciosi, poi uccideteli.-
Altri soldati presero presero la donna e bambini portandoli in una zona d'ombra.
Le urla erano forti, ma finirono e per terrà si poteva scorgere un rivolo color porpora con sfumature scarlatte.
-No... Maledetti...-
L'elfo che teneva in ostaggio il poveretto impugnò la daga e gliela piantò nella gola, dando un colpo netto.
Un esplosione di sangue macchiò la sua armatura, ma poco gli importava, mentre l'altro cadde a terra come un sacco di farina, rantolando qualche verso.
Thoulgulf osservò quella scena in disparte, la osservò attentamente senza perdersi ogni minimo dettaglio. La vide con il suo sguardo freddo e apatico, ma dentro di se provava un misto di emozioni che lui stesso non capiva.
Voleva intervenire, ma allo stesso tempo non lo voleva.
Alla fine una voce nella sua testa gli suggerì di non intervenire, perché sarebbe stato sopraffatto e quindi ucciso come quell'uomo dalle orecchie a punta che giaceva a terra in un lago di sangue.
Distolse lo sguardo attirato da un rumore, una figura dall'armatura color argento corse verso di lui e si lanciò con una spada in pugno, egli si scansò per schivare il fendente. Poi lo colpì al collo con lo spadone, macchiandolo di rosso.
Il corpo sanguinante rotolò per strada, il cadavere si accasciò supino e il sangue continuò a sgorgò tingendo di rosso tutto ciò che era attorno.
La battaglia si fece più intensa, il rosso porpora era il colore che si notava più degli altri.
Inutile spiegare che l'effetto sorpresa aveva sortito i suoi effetti, i soldati di re Volg avevano oramai occupato le mura del castello. Le guardie vennero uccise nel loro coraggioso intento di difenderle, i loro cadaveri cadevano da esse come rocce che dalla cima di una montagna cadono a valle.
Facendo roteare lo spadone con maestria e lucidità staccò la testa di un elfo, il collo tagliato gli schizzò l'elmo che, con quel colore intenso, assunse un aspetto ancora più inquietante.
Un'ombra si scagliò addosso a lui, tenendo le spadone dritto lo infilzò trapassandogli lo stomaco.
L'elfo emanò dei versi di dolore, poi lo fece cadere per terra spingendolo con la pianta dello stivale.
L'armatura era piena di schizzi, il suo colore nero risaltava la sfumatura purpurea del sangue e viceversa.
Come aveva già intuito; la battaglia si era trasformata in un massacro. I guerrieri di Re Volg quasi si erano disinteressati dei soldati nemici ed erano concentrati solo nel depredare, uccidere e saccheggiare tutto ciò che trovavano, anche con ogni forma di violenza fisica, carnale e sessuale.
Anche la persona meno sensibile di tutto l'universo sarebbe inorridita e avrebbe provato angoscia e riprorevolezza difronte ad uno scenario del genere.
In mezzo a quel marasma di spade e armatura che si scontravano, Thoulgulf senti quelli che a lui sembravano dei piccoli e flebili lamenti. Ma poi capì che erano erano dei singhiozzi.
Svoltando dietro l'angolo notò un carro di legno messo accanto ad un grande cumulo di paglia.
Si avvicinò e vide che sul carro c'erano delle casse coperte da un lenzuolo e un bambino, lì nel vano tentativo di nascondersi.
Non vide Thoulgulf in faccia, ma solo quel lupo di metallo che tanto gli faceva paura, il fiato si fece più pesante e le sue pupille più dilatate.
-Non piangere, non fiatare e non dire niente. Altrimenti ti troveranno.- Disse con una profonda voce metallica, che l'elmo gli donava.
Egli coprì l'infante con il lenzuolo e caricò della paglia sul carro, in modo da essere il meno visibile possibile e facendo molta attenzione che non ci fosse nessuno dei paraggi.
Continuò per la sua strada come se nulla fosse, come se non avesse incontrato nessuno.
Appoggiò la lama sulla spalla destra e guardò ciò gli si parava davanti.
Tutti e cinque i livelli erano occupati e sulle mura vennero messe delle bandiere nere, che raffiguravano un enorme e fiera bestia felina che schiaccia con una zampa la testa di una gazzella. Il significato di ciò era palese.
Era ancora notte e la furia della battaglia si stava attenuando, nonostante che i soldati del re priore sbucassero dalle retrovie per dare man forte alla difesa del castello, fallendo miseramente.
Superate le cinque mura, davanti a Thoulgulf si innalzava la fortezza. Aveva sentito dire che i suoi sotterranei andavo in profondità, fino alle fondamenta dell'isola.
C'era una cosa che il ragazzo non aveva mai perso: la sua curiosità."La curiosità accresce la mente, fa la differenza tra una vittoria ed una sconfitta" disse una voce nella sua testa.
Inoltre, il grande portone lo avevano già sfondato e stavano portando via oro e argento di qualsiasi tipo.
Entrò nel palazzo, tenendo ancora il suo spadone tra le mani.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Quello che vide fu uno spettacolo bizzarro e grottesco secondo lui:
perché vide la bellezza e allo stesso tempo la brutalità.

La sala era enorme con i muri colorati di un bianco pallido e le colonne, che sorreggevano le larghe arcate dell'immenso soffitto, erano di un grigio cosi chiaro che riuscivano a mimetizzarsi alla perfezione con il resto della sala.

In un certo senso era anche strano, perché il ragazzo non riusciva a capire con la stanza era del tutto illuminata quando tutta l'isola era ancora del tutto ricoperta dal buio della notte.

Poi sollevò lo sguardo; il soffitto era sorretto da tre arcate e in mezzo a ognuno un grande lampadario, tutti e tre levitavano in cima alla sala ed emettevano un bagliore intenso.

Si voltò per controllare l'ingresso è notò qualcosa di veramente insolito; sembrava che la luce non creasse ombre.
Magia. Pensò Thoulgulf, ma cosa importava in quel momento?
I soldati entrarono roboanti nella sala, la resistenza delle guardie del castello fu inutile perché gli invasori li superavano di numero.

Il colore intenso del sangue che macchiavano il pavimento entrò in contrasto con il bagliore della luce, i cadaveri si stagliavano in maniera spaiata e il rosso vivo brillava dagli squarci dei loro corpi.
Thoulgulf gli scavalcò quasi uno per uno dando un'occhiata ad ogni persona morta, sul pavimento c'erano solo i soldati meno equipaggiati. Erano tutti soldati di fanteria, ovvero la prima linea, e nessun ufficiale o cavaliere nobile. Capì che tutti i nobili erano fuggiti dal castello.
Carne da macello per i nobili, ecco cosa siete.

Tutti gli oggetti preziosi venivano razziati o gettati per terra, il giovane guerriero prese qualche coppa d'oro e argento con diamanti e pietre incastonate, di colore verde vivido.
Mentre valutava un bicchiere cornuto fatto d'argento, udì un singhiozzo soffocato o quello che sembrava il lamento di una bestia morente.
Un soldato che aveva la corazza completamente macchiata di un sangue rosso porpora, era disteso per terra agonizzante e stava agitando la mano sinistra i maniera ossessiva.

Thoulgulf si guardò alle spalle, poi si avvicinò e lo fissò come se stesse osservando un curioso animale.
Una credenza popolare dice che una persona morente vede per qualche istante tutti i momenti della sua vita,pensò.
È forse quello che stai facendo? Stai vedendo la tua inutile e insulsa vita passarti davanti?

Alzò il suo spadone e appoggiò la punta della lama sulla gola del malcapitato, il colpo fu così tremendo e veloce, che un liquido rosso gli schizzò dalla bocca imbrattando i suoi stivali.
Pensavi di morire eroicamente, vero? E invece è molto probabile che ti sia già cacato nei pantaloni.

In fondo si stagliava quella che sembrava una grande sedia fatta interamente di ebano metallico1 e ornato con diamanti neri che, per quanto scuri, brillavano al cospetto di quella luce.

Il trono, in tutta la sua maestosità, risplendeva su una scalinata di marmo, in modo da risaltare nell'intera sala. In ogni angolo del trono si intravedevano dei corvi intagliati in legno molto pregiato e tutti loro avevano un'aria minacciosa, come il trono stesso volesse incutere terrore a tutti sudditi e a chiunque si prostra ai piedi del re.

A Thoulgulf non faceva paura, a lui faceva solo ribrezzo.
Nobili, quanto posso fare schifo? Non è un caso che non ci sia nessun nobile tra questi cadaveri.

Oltre quella scalinata, il giovane passò sotto un'arcata che dava su lungo corridoio, dove la luce era meno intensa e assumeva una sfumatura giallastra.
Sembrava di essere da un'altra parte; quella parte del castello era fortemente diversa dalla sala di marmo che aveva visto prima.
Il corridoio che si estendevano davanti i suoi simili a quelle di uno scoglio, Thoulgulf udiva il rimbombo delle urla che venivano da sotto.
«Hanno rapito la principessa! Hanno rapito la principessa!»
Hanno rapito la principessa? Che se ne fa Volg di una principessa? Per tenerla come una schiava e concubina personale, nonostante ne abbia già tante? No probabilmente le taglierà la gola davanti ai soldati per dimostrare il suo potere. Elfi...

Ma non importa, devo pensare a prendere dell'oro e andarmene.

Aveva iniziato a riempire la sua sacca da quando era entrato in quella sala, dentro c'era oro qualsiasi oggetto vagamente prezioso ai suoi occhi.

Poi ad un tratto Thoulgulf si bloccò, dal fondo del corridoio vide saettare due figure all'apparenza sospette. Sembrava che volessero fuggire.

«Dobbiamo andare, è troppo tardi per aiutare vostra sorella.»

Al suono di quella voce, si nascose dietro il primo angolo chi trovò.
Lui che ci fa qui?

La figura più piccola stava piagnucolando, era la voce di una ragazza, ma tutto quel frignare gli dava quasi un tono infantile. Per Thoulgulf equivaleva al dolore, alla tortura o alla castrazione.
«Dobbiamo aiutare Dreya, non possiamo lasciarla in mano agli elfi noriani!»

La figura con la voce maschile le prese il polso, con un impeto di disperazione.
«Principessa Xanda è troppo tardi, i noriani ci hanno colto all'improvviso.
Gli ordini di vostra sorella maggiore sono chiari, se le fosse successo qualcosa io dovrò proteggervi a qualunque costo. Andiamo!»

Quando i due svanirono, uscì dall'ombra che lo nascondeva, guardando a destra e a sinistra.
Si mise l'elmo dalla forma ferale, che si era tolto prima di entrare nella fortezza, e si inoltrò nelle scalinate che portavano ai piani più bassi.
Non dovrei seguirlo, è nel mio passato ed è li che deve rimanere.
Ma che ci fa qui? E chi è quella ragazza?

Per quanto detestasse ammetterlo, la sua curiosità prendeva spesso il sopravvento sul suo buon senso.
Per quanto la sua armatura non glielo permettesse, Thoulgulf cercò di fare il più piano possibile per fare poco o nessun rumore, quello era uno di quei momenti in cui rimpiangeva di non indossare una corazza più leggera.
Ma infondo ormai era abituato ad indossare robe pesanti, all'età di otto anni ebbe la sua prima armatura d'acciaio e imparò ad usarla: all'inizio fu molto difficile avere dei movimenti lineari e dare i fendenti con la spada nella giusta direzione, ma poi con il tempo l'acciaio era diventato la sua seconda pelle.
L'acciaio era il suo protettore, l'unica cosa che lo ha difeso da ogni male del mondo; nessun uomo e nessuna donna, ma solo l'acciaio.
Quanto è profonda questa scalinata?

Stava scendendo sempre più in profondità e la scala sembrava infinita, come se quella scalinata niente meno che l'ingresso dell'Undumë2.

Se finirò nell'Undumë avrò sicuramente un bel po' di conti in sospeso con qualcuno, tanto non penso di finire altrove quando morirò.

Mentre penetrava sempre più in profondità, l'unica luce era un bagliore bluastro che a fatica riusciva a illuminare ogni angolo. La luce era così debole che fu una fortuna per Thoulgulf trovare una torcia accesa, anche se la fiamma poteva spegnersi da un momento all'altro.
Il ragazzo capì che quella scalinata portava agli scogli, al livello più inferiore dello strapiombo, da dove si ergeva il castello.

Tastò sotto la sua scarsella di metallo e con la mano controllò di non aver dimenticato il suo pugnale, invece era proprio lì pronto ad essere usato se qualcuno gli avesse teso un'imboscata.
«Milord, la nave è pronta.»
«Bene soldati, preparate tutto per la partenza.»
«Io non voglio lasciare mia sorella da sola, dobbiamo tornare indietro e salvarla.» Diceva la voce femminile, che Thoulgulf aveva sentito più di cinque minuti fa.
«Non possiamo principessa, non possiamo! Se torniamo indietro andrete incontro a morte certa!» Tuonava la voce dell'uomo, che tratteneva la principessa tenendola dalle spalle.
I due si trovavano in una terrazza rocciosa, con il tetto di mattoni fatto ad arco, e il luogo era adibito come un molo. C'erano tre imbarcazioni: lunghe, ma allo stesso tempo strette e basse.
«Ma io...» Xanda ad un tratto si blocco, aveva qualcosa di sospetto nell'ombra, qualcosa che li stava osservando. «Qualcosa ci sta osservando.» Disse infine.
L'uomo si girò e guardò il cunicolo da cui erano sbucati. «Non qualcosa, qualcuno.»
Thoulgulf si aspettava che prima o poi lo avessero scoperto, l'armatura pesante limita considerevolmente la sua furtività.
L'uomo, che era un elfo,  era alto e da sotto il cappuccio del suo mantello la luce blu notte illuminava un volto grigio scuro, sottile, con un mento lungo e a punta. Gli occhi erano neri e dolci, ma penetranti come frecce.
«Vieni avanti, chiunque tu sia!»
Il ragazzo uscì dall'ombra, tutti e cinque i soldati sguainarono le spade.
«No!» Urlò l'elfo ai soldati. «Prendete la principessa e portatela sulla nave.»
«Sì, Lord Randal.»
I soldati accompagnarono la principessa, che piagnucolava, su una delle navi.
«Sapevo che un giorno ci saremo incontrati di nuovo.» Disse l'elfo di nome Randal.
«Io speravo di no, ma a quanto pare gli dei non mi sono favorevoli, maestro.» Rispose Thoulgulf.
«Maestro? Vedo che certe cose non le hai dimenticate.»
«Per quanto mi sforzi, è una cosa che non mi sono dimenticato.»
«Ne sono felice.»
«Io no.» Ribatté il ragazzo in tono freddo.
Randal indossava un'armatura dorata che rifletteva la luce lunare.
«Combatti per re Volg?»
«No!» Esclamò Thuolgulf. «Mi hanno pagato, devo pur vivere in qualche modo.»
«Certo, certo! Dimmi, lui è morto? Lo hai ucciso vero?» Chiese Randal con voce paterna.
Thuolgulf rimase in silenzio, fu di nuovo l'elfo a parlare.
«A cosa ti ha portato la vendetta? Ad essere uno spregevole mercenario? Se ti conosco-.»
«Tu non mi conosci!» Gli sibilò velenosamente  a denti stretti.
«Ma certo, ma certo.» Sorrise garbatamente Randal.
«Sei il protettore di quella ragazza vedo, quanto ci metterà a morire come lei?»
Randal lo guardò con i suoi penetrante occhi scuri.
«Mi vuoi uccidere, Thuolgulf?»
«Nessuno mi ha pagato per questo.»
Randal sorrise e si allontanò, dandogli le spalle.
«Questo è un addio oppure un arrivederci-.»
«È sicuramente un addio.» sbottò il ragazzo.

1Il metallo di ebano prende il nome dal legno di ebano, in quanto sono due materiali molto preziosi e costosi.

Con l'ebano si possono forgiare armi e armature quasi indistruttibili, migliori dei già pregiati metalli nanici, elfici e orcheschi.

È un gradino sotto il metallo aelesiano, quest'ultimo non è altro che ebano santificato con la magia degli Aelesia.

2 L'Undumë, chiamato il Grande abisso infernale, luogo dove finiscono le anime peccatrici e coloro che in vita si sono comportati in maniera spregevole ed esso viene governato dai baroni daelesiani. La sua controparte è il Qundumë, il Grande prato ancestrale, ovvero la terra degli Dei (Aelesia).

 

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