Amami per Davvero

di Yuphie_96
(/viewuser.php?uid=179188)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un'Idea Geniale... o Forse No ***
Capitolo 2: *** Se Non Ci Fosse il Capitano... ***
Capitolo 3: *** ... Bene! ***
Capitolo 4: *** Perchè? ***
Capitolo 5: *** Se Vuoi Fare l'Egoista, Fallo per Davvero ***
Capitolo 6: *** Che Dici, Tentiamo una Seconda Volta? ***



Capitolo 1
*** Un'Idea Geniale... o Forse No ***


Angolino della Robh: Oh buonasera a tutt*! ♥
Sono ritornata proprio come vi avevo annunciato, vi sono mancata? ♥... Non serve che rispondiate. >.>'''''
Ma passiamo alla storia, come avete potuto notare sono tornata in pompa magna con i miei pargoli TsuTsu amore di mamma e Winnie-Gen, mi mancavano tanto se vi devo dire la verità, è un bel po' che non scrivo su di loro anche se non sembra e quindi pubblicare finalmente questa storia mi fa molto felice. ♥
Da dove sia uscita fuori questa idea bislacca per questa storia altrettanto bislacca... non lo so, o meglio, non me lo ricordo nemmeno! Troppe fiction mi ronzano nella testa in questo periodo e questo è il risultato (xD), ricordo solo che avevo voglia della mia otp ma che non avevo di scrivere qualcosa di troppo lungo, e quindi questo è il risultato, spero possa piacervi. ♥
Non voglio darvi troppe informazioni per non rovinarvi la sorpresa del primo capitolo, ma ci tengo molto a fare una piccola precisazione, dunque ho visto che ci sono tantissime fiction con Genzo e delle OC nel fandom, io ovviamente non ne ho letta manco una visto che non sono il tipo che va a leggere di coppie contro la sua otp, quindi vi prego, se mai ci sarà qualcuno che leggerà che tifa anche per il portierone in versione etero, di non confondere il nome della piccola comparsa di questo capitolo con altre OC, le ho dato quel nome solo per fare una cosa carina verso Serè visto che aveva un personaggio che le stava antipatico con questo nome e che tifa più per Genzo che per Tsubasa (come ci completiamo bene, io e lei ♥), non volevo assolutamente offendere nessuno e soprattutto non volevo di certo deridere altri OC, andrebbe proprio contro il mio pensiero del 'non mi piace, non leggo, non giudico'.
Forse è un avvertimento un po' inutile, ma ci tenevo a dirlo (^^) prima di augurarvi come sempre buona lettura! ♥



Ps: Serè spero ti piaccia il pezzo che sappiamo io e te! ♥


Era un pomeriggio come tanti altri, quello.
Il sole era alto nel cielo e con i suoi raggi scaldava tutte le cose e persone che riusciva a raggiungere, dando un assaggio del calore che sarebbe solamente aumentato con l’inizio della bella stagione ormai prossima.
La gente andava e tornava, impegnandosi in quelle ultime ore di lavoro che li separava dal loro atteso ritorno a casa, dove avrebbero finalmente potuto riposare prima di iniziare, la mattina dopo, la solita routine prima del weekend.
Il campo degli allenamenti era colpito dai raggi caldi, ma l’erba fresca riusciva comunque a dare un lieve sollievo ai giocatori del Bayern Monaco, tornati lì dopo la pausa pranzo per poter riprendere il filone della mattina.
Ma a Karl Heinz Schneider, regista della squadra, qualcosa non tornava.
Quello non era davvero un pomeriggio come tanti altri.
Ne era sicuro lui.
Ne era sicuro Stefan Levin, in piedi accanto a lui con la medesima espressione perplessa in volto.
Ne era sicuro Shunko Sho, che si stava grattando la nuca non sapendo bene cosa fare.
Ne erano sicuri tutti gli altri componenti della squadra, più o meno tutti nelle stesse condizioni dei primi tre citati.
Ne era sicuro perfino l’allenatore Rudi Schneider, che andava a chiedere in giro informazioni riguardo quel qualcosa che non tornava.
Ebbene, quel qualcosa era rappresentato da una ragazza, e fin lì non c’era nulla di male, in fondo parecchie volte la piccola Marie Schneider, tale ormai solo per il padre e per il fratello però, andava a vedere gli allenamenti e non aveva mai dato fastidio a nessuno, anzi, i ragazzi, incoraggiati dalle esultanze della bionda, cercavano sempre di superare il loro meglio per non deludere le aspettative della figlia del loro allenatore – che poi Karl li fulminava tutti non appena ricevevano dei complimenti, era un’altra questione -, quindi il problema non era che una ragazza fosse andata a vederli…
Il problema era che nessuno conosceva quella misteriosa ragazza dai capelli biondi legati in un’alta coda laterale, vestita con un kimono nero e rigido, che li stava osservando attentamente, seduta composta sugli spalti.
Nessuno.
Proprio nessuno… forse.
Oltre alla questione che fosse una sconosciuta, c’era anche la questione dei suoi occhi che, guardinghi e spalancati, di un colore freddo che si avvicinava quasi al viola a vederlo da lontano, stavano osservando attentamente tutto il campo, in particolare loro giocatori, mettendoli non poco in soggezione, tanto da non farli riuscire ad allenarsi seriamente, nonostante fossero abituati ad averne molti di più addosso.
Tentando di capirci qualcosa su quella misteriosa ed inquietante ragazza avevano provato a mandare in avanscoperta Sho, che si era meritato tale onere dopo aver perso miseramente a carta sasso e forbici, per tentare di risolvere la situazione e il mistero, ma il cinese aveva ricavato solo un severo inchino e un nome.
Mizuki.
… Era un passo avanti.
… … L’unico che riuscirono a fare in quasi tutto il pomeriggio.
Ad un certo punto, il sempre calmo Karl si stancò.
Quelli non potevano essere chiamati allenamenti, sembravano tutti dei cerbiatti che stavano compiendo i primi passi invece di calciatori professionisti, e tutto a causa di una sola ragazzina intenta a fissarli peggio di una maniaca.
Quella cosa doveva finire, non avevano mica tempo da perdere loro, tra poco ci sarebbe stata la partita contro il Borussia Dortmund, non potevano perdere a causa di un allenamento andato male per colpa di una tizia sconosciuta! Soprattutto, non poteva permettere che questa rovinasse anche quelli del giorno dopo presentandosi di nuovo!
Quindi si rimboccò metaforicamente le maniche e andò da Genzo.
Perché da Wakabayashi?
Perché Mizuki aveva i tratti tipici asiatici e perché indossava un kimono, segno che dovesse venire per forza dal Giappone o comunque fosse un amante di esso.
E il SGGK era l’unico giapponese nei paraggi, ergo doveva sicuramente saperne qualcosa.
Come Karl si aspettava, però, ricevette una risposta negativa a tale domanda.
“Sono serio, Genzo, davvero non la conosci?”
Domandò di nuovo, il Kaiser, approfittando del momento in cui il portiere si fermò per sistemarsi i guanti dopo l’ennesimo tiro parato.
“Se la conoscessi, credi che l’avrei fatta venire qui a disturbare gli allenamenti? Per chi mi hai preso, eh Karl?”
Negò ancora, il SGGK, non guardando negli occhi l’amico per potersi concentrare sul tiro che stava per fare Levin.
Schneider si allontanò dall’area della porta giusto un poco, e lo svedese tirò, venendo parato con qualche difficoltà, perché va bene che era in soggezione, ma era pur sempre uno dei giocatori più forti d’Europa...
Un urlo si levò, insieme ad un applauso.
“Ben fatto Wakabayashi-sama! Nessuno può niente contro di lei!”
Siccome Mizuki aveva parlato in giapponese, nessuno aveva capito niente… se non il nome… quello era impossibile non riconoscerlo.
Tutti si voltarono verso il portiere, e il Kaiser si avvicinò nuovamente all’amico, guardandolo eloquentemente e pure un filino male, incrociando le braccia al petto.
“Per un deficiente, ecco per chi ti ho preso Wakabayashi-sama”
… Genzo si calò il cappellino sul volto, cercando di nascondere alla bene e meglio il rossore…


“Tua moglie?!”
“Ssssssshhhhh abbassa quella cavolo di voce! Santo cielo, di solito per tirarti fuori le parole di bocca ci vogliono le pinze, proprio adesso devi iniziare ad urlare?! E poi non è mia moglie, è la quarta volta che te lo ripeto!”
Specificò Wakabayashi, prendendo subito dopo un nuovo sorso di birra.
Se non avesse bevuto, non ne sarebbe uscito vivo, o per lo meno sano, da quella serata al pub in cui Karl lo aveva praticamente trascinato una volta finiti gli allenamenti pomeridiani per poter avere delle spiegazioni.
E Genzo gliele aveva date.
Dopo la terza birra, ma gliele aveva date, l’importante era quello.
Non poteva pretendere, però, che il tedesco non ci rimanesse nello scoprire che quella famosa Mizuki che aveva attentato agli allenamenti del Bayern fosse una sua pretendente, arrivata appositamente dal Giappone per lui.
“Ma… i tuoi genitori…”
“Sono stati proprio loro a sceglierla! Figurati, ne avranno incontrate a decine di prima scegliere quella che secondo loro è perfetta per me”
“E tutto perché…”
“Perché, secondo il loro giudizio, è arrivato pure il mio momento di convolare felicemente a nozze, seguendo l’esempio dei miei fratelli maggiori”
Detto questo, Wakabayashi si scolò tutto il resto del boccale, per far intendere quanto lui fosse ‘felice’ di quella novità impostagli.
Schneider rimase temporaneamente senza parole per poter consolare l’amico, insomma era una situazione delicata… nuova… inaspettata… divertente…
“Stai seriamente ridendo, Schneider?!”
Si scandalizzò il giapponese, mentre il biondo cercava di nascondere le risate dietro il boccale.
“N-no…”
“Come se non ti stessi vedendo proprio adesso, Giuda!”
“S-scusa è che… l’idea di te, sposato… non puoi negare che faccia ridere, dai! La tua relazione più lunga è durata una settimana! E solo perché l’aveva passata interamente a letto, appena ne siete usciti quella poverina l’hai mollata su due piedi”
“Non è colpa mia se mi sono accorto solo in quel momento di quanto fosse oca!”
L’attaccante gli lanciò un’occhiataccia e il portiere sbuffò.
Va bene… forse era colpa sua… non era riuscito a ragionare molto dopo che si era tolta il reggiseno davanti a lui, lo ammetteva, era stato debole di carne, ma capitava a tutti no? Perché doveva essere l’unico ad essere rimproverato?
“Perché è stato uno sbaglio, e lo sai, tu non sei così”
Lo rimproverò Schneider, e Genzo non poté ribattere.
Karl aveva ragione, lui non era così, non era uno che si abbandonava facilmente alle donne o uomini che fossero - aveva scoperto, crescendo, di provare un certo interesse anche verso quest’ultimi -, però ne aveva avuti parecchi, sia delle une, sia degli altri, perché?
Perché, semplicemente, era alla ricerca della persona per lui.
Si riteneva una persona completa, Wakabayashi, era riuscito a realizzare il suo sogno e militare in una squadra forte e con un nome che risuonava in tutta Europa, di salute stava bene se non si contavano quei piccoli infortuni che ogni tanto capitavano, il rapporto con la sua famiglia era buono, non costante ma quello non lo era mai stato neanche quando era più piccolo, si poteva definire fortunato di tutto quello che aveva.
Ma gli mancava qualcuno con cui condividerlo.
Non poteva dire di sentirne perennemente la mancanza, però ogni tanto il pensiero iniziava a volteggiargli in testa come la peggiore delle zanzare fastidiose e gli lasciava dell’amaro spiacevole in bocca.
Avrebbe tanto voluto trovare quella persona speciale per lui, quella che sarebbe riuscita a far volare le famose farfalle nel suo stomaco fino in quel momento privo di vita...
Per questo non voleva sposare quella sconosciuta, era vero che le aveva parlato solo una volta ma poteva già dire che non era chi lui cercava, troppo fredda, troppo accondiscendente e accomodante, passare il resto della vita insieme sarebbe stato come passarla in prigione.
Doveva trovare una soluzione per togliersela dai piedi insieme ai suoi genitori, sia chiaro che lui voleva bene ad entrambi, ma scommetteva che se non si fosse inventato qualcosa, sarebbe tornati con una nuova pretendente appena possibile.
Guardò il Kaiser e gli sorrise all’improvviso, grazie a un’idea alquanto bislacca e discutibile che aveva preso a fargli brillare gli occhi verdi.
“Schneiderino? ♥”
Il tedesco rabbrividì, smettendo all’istante di bere.
Quando lui e Kaltz lo chiamavano in quel modo significavano solo guai…
“Che vuoi?”
“Non ti fingeresti il mio fidanzato per aiutarmi? Me, il tuo caro amico d’infanzia nonché portiere preferito? ♥”
…Come volevasi dimostrare.
“Neanche se tu fossi l’ultimo l’uomo sulla faccia della Terra”
Alla faccia dell’amicizia che li legava da anni e anni, pensò Wakabayashi, alzandosi dal tavolo per andare a prendere due nuovi boccali di birra, ovviamente entrambi per sé.
Non avrebbe ricevuto l’aiuto dell’amico, ma almeno poteva contare su quello dell’alcool.

Peccato che l’alcool non poteva aiutarlo anche con Mizuki.

Se la ragazza la sera prima gli aveva concesso una breve tregua, anche perché non aveva avuto scelta, visto come Karl aveva velocemente rapito l’amico una volta fuori dallo spogliatoio, per portarlo in un pub lontano da lei, il giorno dopo cercò di rimediare pure a quella, comparendogli di fianco non appena uscì di casa per la sua solita corsa mattutina.
Aveva dovuto per forza farla entrare in casa – non poteva mica lasciarla fuori mentre lui era a correre! -, e Mizuki aveva preso quello come anche il permesso di toccare tra le sue cose, rifacendogli il letto e preparandogli la colazione come una brava moglie doveva fare… almeno, questo sembrava pensare la bionda, Genzo ci provò a spiegarle, una volta tornato, che non era costretta a fare niente di tutto quello, soprattutto lui non voleva che lo facesse (!), ma lei dovette prenderla come un’offesa personale, dato che gli scoppiò a piangere davanti, chiedendogli pure perdono… per cosa, lo sapeva solo lei…
Dopo essere riuscito a farla calmare, Mizuki lo aveva seguito nuovamente agli allenamenti, iniziando ad osservare ancora con i suoi occhi inquietanti tutti i calciatori e alzandosi in piedi per applaudire il portiere ad ogni sua azione, che fosse questa parare un tiro, o correre per il perimetro insieme a Sho e lo aveva visto, il SGGK, quel traditore del Kaiser ridersela come un matto a suo discapito, dannato lui!
Tornati a casa per la pausa pranzo, era scoppiata una nuova tragedia.
La bionda si era messa in testa di preparargli nuovamente da mangiare ed aveva iniziato a chiedergli cos’avrebbe preferito, Wakabayashi aveva provato a spiegarle di non preoccuparsi, si era arrangiato da solo per molti anni, una bistecca e un’insalata poi non erano niente di chissà impegnativo da potergli creare problemi.
Aveva dovuto cedere a un nuovo cenno di lacrimoni… e si era ritrovato un tale banchetto che forse non aveva mai visto neanche ai ritiri della nazionale, da dove l’aveva tirata fuori poi tutta quella roba?! Il suo frigo mica era così fornito! Comunque tale banchetto dovette pure finirlo per non farla offendere, rischiando non solo l’abbiocco prepotente subito dopo, ma pure di vomitare ai piedi del mister non appena ricominciarono gli allenamenti pomeridiani, dov’era stato ovviamente seguito ancora una volta.
Fu proprio durante questi che raggiunse il limite, perché andava bene che si era fatta tutto il viaggio dal Giappone fino alla Germania solo per lui, andava bene che stava cercando in ogni modo di soddisfarlo, andava bene pure che voleva fare il tifo per lui anche se alzava solo un misero dito, probabilmente le era stato imposto di farlo per poter risultare una brava futura moglie… ma quando si azzardò ad andare ad urlare contro Schneider senior per averlo appena rimproverato per una mancanza, allora il portiere decise che aveva già sopportato abbastanza.
“Basta! Non ne posso davvero più di te! Lo vuoi capire che non ho bisogno di te?! Non ho bisogno che mi rifai il letto, non ho bisogno che mi prepari il pranzo, non ho bisogno che prendi le mie difese, inutilmente tra l’altro, non ho bisogno di una cozza perennemente attaccata al fianco! Non la voglio una moglie così, non voglio una moglie, non voglio te! Mettitelo in testa e sparisci via da qui! Non voglio più vederti per il resto dei miei giorni dannazione!”
Stavolta Genzo non si preoccupò delle lacrime che iniziarono a scorrere sul viso di Mizuki, e non si curò di lei neanche quando scappò via dal campo, anzi prese un grosso respiro soddisfatto.
Finalmente era di nuovo libero, senza più pretendenti asfissianti tra i piedi.
E finalmente gli allenamenti potevano tornare alla loro normalità… forse…
Quando si girò verso i suoi compagni di squadra, li trovò a guardarlo schifati ed arrabbiati, e a capeggiarli vi era Schneider junior.
“Ti pare questo il modo di trattare una ragazza, razza di maleducato spocchioso?!”
Sbottò Karl, braccia incrociate al petto e sopracciglio alzato.
A guardarlo in quel momento non si sarebbe detto, ma anche in quella situazione, dentro di sé, il Kaiser stava letteralmente morendo dal ridere.

Chi non stava ridendo era invece Wakabayashi, e non rise nemmeno quando sua madre, avvisata da Mizuki, lo chiamò non appena finiti gli allenamenti per fargli una di quelle ramanzine che Genzo non si era beccato nemmeno quando era ancora un bambino altezzoso.

“Sentiamo, cos’aveva che non andava quella povera ragazza?”
Domandò la signora Hanabi Wakabayashi, guardando sconsolata il figlio minore davanti a lei.
Accanto alla consorte, stava il capofamiglia Shuzo e sul suo volto svettava la stessa identica espressione indossata dalla moglie, anch’essa rivolta verso il più piccolo della loro famiglia.
Genzo stava seduto davanti ai genitori, e cercava ogni metodo possibile ed inimmaginabile per non incrociare i loro occhi delusi.
Sapeva che lo erano, per questo li voleva evitare…
Menomale che il ristorante, lo stesso dove alcuni giorni prima gli avevano presentato Mizuki, aveva lasciato la grossa tv nella sala principale accesa, e, per fortuna sua, era anche sintonizzata sulla partita del Barcellona contro il Siviglia.
Lo spettacolo che stava dando, come suo solito, Tsubasa insieme ai suoi compagni riuscì a rincuorarlo almeno di un poco.
“Non era la persona giusta per me”
“Non è una risposta soddisfacente Genzo, tua madre ti ha chiesto cosa non andava”
“Così potete trovarne un’altra migliore?”
“Tesoro non usare quel tono con noi, stiamo cercando di farti felice”
Lo riprese la madre, facendogli comparire una leggera smorfia sul viso.
“Certo mamma, sono felicissimo infatti all’idea di dovermi sposare con una sconosciuta”
“Modera i toni Genzo!”
Urlò con tono moderato Wakabayashi senior.
“Abbiamo sempre soddisfatto i tuoi capricci fin da quando eri un bambino, non ti abbiamo mai detto di no, mai intralciato, ti abbiamo sempre lasciato fare, anche quando sei venuto qua in Germania con Mikami, adesso ti stiamo solo chiedendo una piccola cosa in cambio!”
“Mi state chiedendo la mia libertà!”
Protestò il portiere, con un sorriso però sul volto.
Il suo capitano aveva appena fatto un’azione grandiosa, non poteva non sorridere nel guardarlo.
“Non ti chiederemo mai una cosa del genere Genzo… forse tuo padre ha sbagliato i modi”
Hanabi lanciò un’occhiataccia al marito, che sbuffò in risposta.
“Quello che stiamo cercando di dirti è che ormai sei adulto tesoro, tuo fratello Shuichi è già sposato mentre tuo fratello Eiji è fidanzato ufficialmente, ed entrambi sono dentro da tempo negli affari di famiglia, sappiamo quanto il calcio sia importante per te e non vogliamo che tu ci rinunci, ma purtroppo il tempo passa e saremo molto più tranquilli nel sapere che anche tu hai qualcuno accanto”
“Parli come se entrambi doveste morire domani stesso mamma”
Sospirò il SGGK, portando finalmente lo sguardo verde in quello identico della madre.
Hanabi gli sorrise piano e si sporse per prendergli una mano grande nelle sue decisamente molto più piccole, accarezzandogliela con tutto l’amore che provava per quel testone del suo ultimogenito.
Quanto si somigliavano lui e Shuzo!
“Sono preoccupazioni di una madre tesoro, cerca di capirmi”
“Sto cercando di farlo mamma, davvero-“
“A me non sembra”
Intervenne duro il padre, facendo sospirare la moglie e alzare gli occhi al cielo al figlio, che decise di tornare a concentrarsi sulla partita.
“Non sposerò una sconosciuta”
Dichiarò duro il portiere, per quella che sperava essere l’ultima volta.
La donna guardò il marito come per dirgli ‘visto cos’hai combinato?’ e quello sbuffò ancora, imbronciandosi, come se fosse davvero colpa sua se avevano un figlio così zuccone!
“E se non fosse una sconosciuta?”
Propose, allora, Hanabi.
“Come prego?”
“Ci sarà pure qualche tua amica che desidera accasarsi, no? Non sarebbe una sconosciuta, rispecchierebbe di più i tuoi canoni, non faresti nemmeno troppo fatica a conquistarla, e alla fine tu saresti contento, noi saremmo contenti, meglio non potrebbe andare no?”
Diede corda al ragionamento della moglie, Shuzo.
“Potremo contattarle noi quelle in Giappone”
“Ma anche se ne hai di tedesche va bene”
“Però il matrimonio sarà a casa nostra, su questo non transigo Genzo”
“E il cognome dei bambini sarà il nostro se è straniera, non vogliono stupidi trattini a rovinarlo”
… Okay… erano ufficialmente partiti… e questo gli fece montare non poca paura nel petto.
Come fermarli adesso?
Doveva inventarsi qualcosa, non poteva più rimandare, doveva farlo e doveva farlo alla svelta  visto che sua madre era appena passata a parlare di ipotetici futuri nipotini (!), doveva… doveva… argh! Non riusciva a pensare a niente così sul momento, dannazione!
Si dannò mantenendo ostinatamente lo sguardo fisso sulla partita  dove Tsubasa era riuscito a rubare la palla e a passarla a Rivaul, chissà, magari così lo avrebbero lasciato in pace.
Speranza più che mai vana e illusoria, ovviamente.
“Allora tesoro, che ne pensi di questa soluzione?”
“Che ne penso?”
“E non fare il pappagallo quando rispondi a tua madre”
Caro papà, avrebbe voluto rispondergli, fare il pappagallo mi serve proprio per non rispondere a mamma!
“Penso che…”
Stupido Karl che non aveva voluto aiutarlo! Se si fosse finto il suo fidanzato a quell’ora non avrebbe avuto di quei problemi, anzi probabilmente se ne sarebbe stato a casa sua a rilassarsi, e invece no! Il Kaiser, dannato traditore, gli aveva rivolto le spalle proprio nel momento in cui aveva avuto più bisogno! Scemo lui che era andato al Bayern Monaco!
“Penso che io…”
“Sì?”
Chiese la madre, accarezzandogli ancora la mano.
L’idea del finto fidanzato era buona, ma dove andava a trovarlo uno disponibile a quella farsa subito?
“Io… io penso che non è la soluzione per me…”
“E sentiamo, perché non lo sarebbe questa volta?”
Sbuffò suo padre.
… La tv mostrò un primo piano di un esultante Tsubasa che aveva appena segnato il goal della vittoria per il Barcellona…
“Perché, a dire il vero, sono fidanzato con…”


“Non possiamo disturbarlo durante gli allenamenti, pensateci un attimo su”
“Non dire sciocchezze, non stiamo andando a disturbarlo, stiamo andando a salutarlo”
“E’ più o meno la stessa cosa mamma”
“Genzo Wakabayashi, stai forse insinuando che io e tua madre siamo un disturbo?”
“Stai dicendo tutto tu, Shuzo Wakabayashi”
“Non parlare in questo modo a tuo pa-!”
“Eccolo! Tsubasa!”
Alzò un braccio, Hanabi, per salutare il centrocampista e anche per attirare la sua attenzione.
Genzo sospirò, passandosi una mano sugli occhi.
Ci aveva provato a tenerli lontani dal campo degli allenamenti del Barcellona… davvero… sull’aereo aveva elencato tutte le meraviglie che offriva la capitale della Catalogna da poter visitare, ma niente, allora aveva puntato sul farli andare in albergo per poter riposare dal viaggio ma ancora nulla, anzi si era beccato pure un ‘in campo fai l’uomo e con i tuoi genitori la donnicciola?’ da suo padre, neanche la paura di disturbare e fare quindi una brutta figura aveva fermato i coniugi Wakabayashi.
Avevano deciso, la sera prima, che sarebbero andati a trovare Tsubasa e così era stato.
Avevano prenotato il primo volo disponibile ovvero per il pomeriggio dopo, fatto i bagagli, obbligato il figlio a fare lo stesso, erano partiti ed erano arrivati davanti al centrocampista del Barcellona come si erano prefissati.
In tutto quello, Genzo era forse riuscito ad avvisare l’amico della cavolata che gli era uscita di bocca per salvarsi il deretano?
Ovviamente no.
Cosa diamine ce l’aveva a fare, Ozora, il cellulare, se non rispondeva mai quando serviva?!
Ed ora eccolo lì, che si avvicinava a loro con un’espressione confusa in volto, come non capire quest’ultima visto che aveva non uno, ma ben tre Wakabayashi a bordo campo all’improvviso?
Il portiere, però, non aveva il tempo di spiegargli, doveva agire prima che lo tradisse con i suoi.
Gli corse in contro e lo abbracciò di slancio, facendolo sussultare.
“Wakabayashi cos-“
“Reggimi il gioco per favore”
E lo baciò.


*
Come sempre, io i nomi dei genitori del nostro adorato SGGK sono andata a cercarli sulla wiki... ma ho trovato solo quelli dei fratelli... quindi, come sempre, me li sono inventati di sana pianta insieme ai caratteri. u.u'''''''


 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Se Non Ci Fosse il Capitano... ***


Angolino della Robh: Buonasera a tutt*! ♥
Allora, dolci ragazzuol*, piaciuto l'inizio della mia idea bislacca? Non ve l'aspettavate che me ne uscissi con qualcosa del genere, eh? (U.u) Ebbene, sappiate che questo è solo l'inizio, muhahahahah- no, okay, adesso giuro che la smetto. >.>''''
Comunque, da una parte sono anche abbastanza seria (cosa strana, sì, lo so), il primo capitolo è stato solo l'inizio, ce ne saranno altri di colpi di scena, soprattutto da parte di un certo personaggio che in questa storia mi sono divertita a 'stravolgere' un poco diciamo, di certo qualcun* di voi verrà a chiedermi cosa gli ho fatto fumare, ne sono certa. xD
Ma state tranquilli, tutto questo accadra dal prossimo capitolo (come stuzzicare qualcuno per farlo continuare a leggere xD), in questo le cose sono ancora abbastanza placide quindi godetevelo. ♥
Buona lettura! ♥



Ps: Anche questo capitolo è per la mia Serè, lei sa il motivo ♥



 

“Tu hai detto cosa?!”
Urlò Tsubasa, fermandosi pochi istanti davanti al portiere ma riprendendo quasi immediatamente a camminare per lo spogliatoio senza attendere la risposta.
Non che ne avesse poi tanto bisogno, avendola già ascoltata altre sei volte… però ancora non si capacitava di cosa stesse succedendo, e Genzo non poteva biasimarlo per questo, anzi, doveva ancora ringraziarlo per avergli davvero retto il gioco poco prima in campo, ricambiando il bacio – un semplice sfioramento di labbra, ma pur sempre bacio era - come se fosse una cosa abituale tra loro e salutando i suoi genitori come se niente fosse.
Aveva stretto la mano a Shuzo e ricambiato l’abbraccio di Hanabi, non perdendosi, però, troppo in chiacchiere, siccome doveva avere altro per la testa… tipo perché tre Wakabayashi fossero lì e perché lui l’avesse appena baciato, sospettava Genzo… infine l’aveva preso per un braccio, addicendo a una scusa con i coniugi mentre al mister e ai compagni ci aveva pensato Rivaul dopo un’occhiata supplicante, e l’aveva trascinato fino agli spogliatoi vuoti, esigendo delle spiegazioni.
Il SGGK, per la seconda volta e a distanza di ore dalla prima, si ritrovò a darle queste spiegazioni partendo dal principio, ovvero dall’improvvisata dei suoi con la sorpresa rappresentata da Mizuki, seguendo a dire del perché la ragazza fosse lì, passando poi ai disastrosi allenamenti con a seguito la proposta fatta a Karl, di quelli dove aveva fatto scappare via la ragazza in lacrime, e concludendo con la cena della sera prima… e con la genialata avuta durante questa…
“Ma come… come… cosa…”
Boccheggiò ancora Tsubasa, prima di cadere a sedere su panchina poco lontano dal fidanzato (?).
Era talmente sconvolto da non sentire quasi più neanche le ginocchia.
“Cosa diavolo ti è venuto in mente?!”
Sbottò alla fine, guardandolo esterrefatto.
“Beh… c’era la tua partita in tv e-“
“E quindi?! Allora io dovrei essere fidanzato pure con Kojiro e Shingo, visto che seguo le loro partite?!”
“Hai ragione, hai perfettamente ragione su tutta la linea ma… ero nel panico, tu eri lì sullo schermo e… il tuo nome è uscito fuori naturale”
“Naturale, hai pure il coraggio di dire che tutto questo è venuto naturale?!”
In effetti... chiamarlo naturale forse era stato troppo esagerato…
“Hai ragione anche su questo, davvero non posso darti torto, se io fossi stato in te non avrei dato corda fin dall’inizio, ma tu no, tu sei il gentile, cortese, sempre pronto a dare una mano a tutti Tsubasa, ottimo leader e capitano della nazionale giapponese, calciatore di gran talento, mio migliore ami-“
“Dove vuoi arriva con tutta questa manfrina?”
Fin da quando era bambino Ozora aveva il pregio di fidarsi delle persone e delle parole che gli dicevano, questo a volte diventava anche un difetto, visto che si fidava talmente tanto da risultare un povero ingenuotto… ma neanche uno ingenuo come lui ci sarebbe cascato, quella volta, con tutti quei apprezzamenti sparati totalmente a caso.
Si capiva da lontano un miglio che il portiere volesse rabbonirlo prima di chiedergli qualcosa…
Wakabayashi imprecò in tedesco dentro di sé.
“Reggimi il gioco fino alla fine ti prego”
Chiese alla fine, senza girarci troppo intorno, facendogli sgranare gli occhi e perdere colorito in volto.
“Cosa?!”
“Ti prego, ti prego, ti prego”
“Ma… stai scherzando?!”
“Credimi, se stessi scherzando non farei mai una cosa del genere”
Si alzò dalla panchina e andò ad inginocchiarsi davanti a lui, prendendogli le mani e stringendogliele, facendolo boccheggiare stupefatto ancora.
Genzo Wakabayashi che chiede qualcosa in ginocchio?!
“Capisco che questa sia una richiesta insensata e impegnativa, e so di non aver alcun diritto di fartela perché ho fatto tutto di testa mia, senza prima avvisarti o chiederti il permesso, ma ormai non posso più tornare indietro Tsubasa, te lo sto chiedendo davvero per favore e letteralmente in ginocchio, ne va sia della mia libertà che della mia felicità”
“Io non… non credo sia una buona idea, insomma… per quanto durerà?”
Mormorò il centrocampista, tirandolo su per farlo sedere accanto a sé.
“Solo fino a quando io e i miei resteremo in Spagna, poi ti giuro che non dovrai più fare niente, sarò solo io a continuare la recita quando mi chiameranno per avere notizie”
“E fino a quando andrà avanti questa recita? Mesi? Anni?”
“No, certo che no, se tu o io dovessimo trovare qualcuno veramente, fingerei una rottura e-“
“Più vai avanti a parlare e più mi convinco che sia una pessima idea”
Lo interruppe Tsubasa, gli strinse poi le mani che ancora gli stava tenendo.
“Se fosse una cosa meno complicata, molto più semplice, non esiterei a dirti di sì, ti aiuterei senza fartelo dire una seconda volta perché io voglio che tu sia felice… davvero…”
Bisbigliò quella parola guardandolo dritto negli occhi, e Genzo accennò un sorriso nel leggere dentro quel nero famigliare tutta la sincerità che era un tratto distintivo del suo amico.
“Ma questo… non lo so Wakabyashi, non so neanche bene cosa dirti o risponderti… non posso farlo subito, dammi del tempo per pensarci per favore, devo anche tornare agli allenamenti”
Il portiere annuì, sorridendogli piano e dandogli una nuova stretta alle mani.
In confronto alla sua, quella di dargli tempo, era richiesta molto più piccola e sicuramente più ragionevole.

“Mi dispiace di averti messo in questa situazione”
Bisbigliò Genzo, mentre abbandonavano lo spogliatoio.
Tsubasa avrebbe voluto rispondergli che non era un problema… ma sarebbe stata una bugia grossa quanto un campo di calcio, quindi gli diede una giocosa spallata sorridendo, come a dire di non pensarci.
Wakabayashi accennò ad una leggera risata, e tentò di ricambiare.
Tentò, sì.
Perché, prima che potesse riuscirci, le braccia di un’altra Wakabayashi si strinsero intorno ad Ozora, abbracciandolo per la seconda volta.
“Mamma!”
Urlò il portiere, guardando esasperato Hanabi stringere il centrocampista.
“Cosa? Lo sto salutando come si deve!”
Obiettò la donna, facendo ridere Tsubasa e sospirare Genzo.
Il primo ricambiò volentieri la stretta della signora Wakabayashi, restandogli abbracciato un po’ più di prima ma staccandosi comunque dopo poco, si era già assentato troppo dagli allenamenti e non poteva perdere ancora del tempo, doveva correre di nuovo in campo e questo lo capirono anche i due coniugi.
“E lasciatelo stare!”
Borbottò il SGGK, quando Shuzo batté una mano sulla ad Ozora per dargli un piccolo incoraggiamento prima che tornasse sul campo verde.
Con lui ed i suoi fratelli non erano mai stati tanto fisici, com’è che si comportavano in quel modo all’improvviso? Con qualcuno all’infuori del nucleo famigliare, per di più.
Forse avevano preso quella notizia della relazione con Tsubasa come una manna dal cielo e, avendo paura che potesse rovinare tutto quanto, con quelle attenzioni volevano invogliarlo a restare magari per sempre?
Poteva essere,  dato che per loro quella era la relazione più sana che il figlio avesse mai avuto in vita sua.
… Non che Genzo avesse mai fatto qualcosa per smentire tale pensiero, a conti fatti…
“Adesso, possiamo andare in albergo?”
Chiese il portiere, anche per togliersi dalla testa quei pensieri decisamente poco carini sulla sua stessa persona.

Ovviamente, la risposta fu un grosso no.

I genitori insistettero per restare a guardare gli allenamenti di Tsubasa e così il figlio dovette capitolare forzatamente – ecco da chi aveva ereditato la cosa dell’ottenere quello che voleva quando voleva -, sedendosi con loro sugli spalti in prima fila a guardare l’amico.
Ironia della sorte, adesso si ritrovava negli stessi panni di Mizuki con, in aggiunta, sua madre a chiedergli cosa stesse succedendo esattamente in campo… doveva proprio avere un pessimo karma…
“Cosa sta facendo adesso?”
Domandò curiosa, Hanabi, stringendosi al braccio del marito e guardando interessata.
“Credo che si siano divisi per una partitella”
“Credi?”
“Non sono mica in campo”
“Hai ragione tesoro, scusami… Tsubasa in che ruolo giocherà?”
“Forse il suo solito”
“Forse?”
“Mamma…”
Sospirò Genzo, alzando gli occhi verdi al cielo.
“In che ruolo gioca Tsubasa, di norma?”
Chiese stavolta Shuzo, prendendo il posto della moglie su piccola insistenza di quest’ultima che gli aveva smosso un poco il braccio per richiamarlo, dato che non voleva far arrabbiare troppo il figlio con le sue domande.
Come se fare a cambio fosse davvero la soluzione migliore… ma il più piccolo decise di starsene buono e rispondere, in fondo erano pur sempre i suoi genitori.
“Centrocampista attaccante”
Wakabayashi senior annuì, restando serio e continuando ad osservare i giocatori del Barcellona, dando l’impressione di aver capito cosa facesse Ozora grazie al ruolo appena detto dal terzogenito… quest’ultimo sospettava che fosse tutto il contrario, ma apprezzò lo sforzo del padre con una piccola risata che andò a nascondere con la mano, visto quanto era suscettibile il genitore.
Erano sempre stati così i suoi, di calcio non ci capivano molto però non perdevano mai nessuna delle sue partite in tv.
Genzo non l’avrebbe mai confessato, soprattutto davanti a suo padre, ma questo gli aveva sempre fatto un enorme piacere.

Finalmente, dopo quell’ultima domanda, marito e moglie stettero in silenzio, troppo presi dalla piccola partita che si stava disputando davanti ai loro occhi, e così anche il SGGK poté concentrarsi su di essa.
O meglio, sul centrocampista attaccante di cui aveva parlato fino a pochi secondi prima.
Era dall’ultimo ritiro della nazionale giapponese che non vedeva il suo capitano allenarsi, quindi da un bel po’ di tempo, e doveva ammettere, anche se l’aveva già notato nella partita in televisione, che Tsubasa era migliorato ancora, i suoi movimenti erano più puliti, i suoi scatti più veloci… non che fosse una novità comunque, se ne usciva sempre con qualcosa di nuovo ad ogni loro incontro con cui, a seconda dei casi e degli allenamenti o partite, farlo sbalordire o farlo dannare.
La maggior parte delle volte era soprattutto l’ultima, dato che il capitano si divertiva particolarmente a tentare di fargli goal, ma Genzo ormai era abituato alle sue sorprese… e a pararle.
Una novità era stare lì a guardarlo senza essere con lui in campo o senza essere divisi da uno schermo, non era spiacevole però… era quasi bello, rilassante… senza rendersene conto, il portiere indossò un sorriso enorme sul volto e si perse totalmente ad osservare l’amico… almeno fino a quando sua madre non gli fece presente che lo stesse guardando con occhi a forma di cuoricino, dopo quel momento iniziò a trovare interessante contare i fili d’erba del campo.
E non era mica arrossito eh, proprio no, era solo una leggera insolazione, era normale con il sole che batteva più forte in Spagna, no?

 
“Smettila di tentare di allargare il colletto, così finirai per rovinarla”
Riprese bonariamente, Genzo, l’amico che gli camminava di fianco.
“Non posso farci niente, mi sembra di soffocare!”
Protestò Tsubasa, lottando ancora con il colletto citato.
“Andiamo, non è mica la prima volta che indossi una camicia”
“Sì, ma mio padre le ha sempre allargate prima!”
“Mi stai dicendo che tutte le camice che ti ho visto indossare alle convocazioni e davanti ai giornalisti erano di tuo padre?!”
Ozora annuì tranquillo, non trovandoci nulla di male.
“Ho paura a chiederti cosa indossi agli incontri con la società del Barcellona”
“Dipende dal tempo, ma di solito la felpa della tuta, perché?”
Wakabayashi scoppiò definitivamente a ridere, abbracciando l’amico confuso per le spalle per potersi reggere a lui mentre si sbellicava.
Si stavano dirigendo al ristorante comunicato da Shuzo e Hanabi per la cena a cui i due li avevano praticamente costretti a giurare di partecipare, non erano valsi a nulla i tentativi del portiere di dire che Tsubasa fosse stanco e che dovesse riposarsi per il giorno dopo, no, ancora una volta i coniugi avevano fatto di testa loro e di conseguenza loro due erano andati a comprare una camicia abbastanza elegante per Ozora, dato che quest’ultimo affermava di non averne neanche una in tutto l’appartamento in cui viveva.
E adesso Genzo capiva anche il perché.
“Oh Tsubasa, se non ci fossi dovrebbero inventarti!”
Rise il portiere, scompigliandogli i capelli neri come la pece.
“Non so se prenderlo come un complimento o come un insulto”
Borbottò il centrocampista, arrossendo un poco per l’imbarazzo.
Era davvero così strano mal sopportare di indossare un indumento come la camicia? Era così costrittiva! Lui si trovava decisamente meglio con le tute.
“Tranquillo, ovviamente è il primo, non so davvero cosa farei senza di te, specialmente adesso”
Mormorò Genzo, cambiando umore all’istante, continuando ad accarezzargli i fili color pece.
“Mi hai chiesto del tempo per rifletterci, eppure vieni lo stesso alla cena con i miei anche se non sei costretto, sei un vero amico”
“Beh, ho giurato con tua madre, non posso fare altrimenti”
Scherzò all’inizio, Ozora, regalandogli poi il migliore dei suoi sorrisi.
“Prendermi del tempo non significa doverti lasciare per forza nei guai”
“Confermo capitano, se non ci fossi dovrebbero inventarti”
Si sorrisero a vicenda e Wakabayashi continuò a camminare tenendo l’altro abbracciato per le spalle, fino a quando non raggiunsero il ristorante dove marito e moglie li avevano preceduti.
“Che bella camicia Tsubasa”
Commentò Hanabi sorridendo sibillina, non appena si furono seduti.
Era impossibile, almeno per lei, non notare che quella camicia blu notte fosse completamente nello stile di suo figlio.
“Ah… grazie”
Mormorò il centrocampista arrossendo, effettivamente si era affidato al portiere per la scelta, visto che se ne intendeva molto più di lui su quei capi di vestiario.
“Ti prego mamma, non iniziare”
Le disse il figlio, sapendo bene che la camicia sarebbe stata solo l’inizio.
“Non usare quel tono con tua madre, Genzo, te l’ho già detto un sacco di volte! I tuoi fratelli non l’hanno mai usato!”
“Già, Shuichi ed Eiji non hanno mai dato i problemi che ti ho dato io, eh papà?”
“Vi prego di non incominciare, non siamo da soli!”
Li riprese la signora Wakabayashi, facendo sbuffare entrambi.
“Perdonali Tsubasa, quando iniziano a punzecchiarsi non finiscono più, ma da adesso staranno buoni per tutta la cena, vero?”

Se quella era una minaccia, né Shuzo, né Genzo la presero come tale.

Durante la cena, tra le varie domande che Hanabi faceva ai due sulla loro relazione, a cui cercavano di scappare come potevano visto che non erano ancora effettivamente d’accordo, c’era sempre una certa domanda di Shuzo che faceva scattare Genzo all’istante, e la risposta di quest’ultimo faceva scattare il padre di rimando.
Il figlio sapeva che non lo faceva di proposito a provocarlo, semplicemente lui aveva deciso di uscire fuori dai canoni della vita che Shuzo aveva immaginato per lui, non aveva seguito l’esempio dei suoi fratelli maggiori, e questo aveva lasciato al padre dell’amato in bocca pur essendo comunque fiero di lui e di dov’era arrivato, da lì partivano le frecciatine a cui non riusciva a non rispondere.
E Shuzo ribatteva per lo stesso motivo perché tale padre, tale figlio no?
All’ennesimo confronto con il primogenito e il secondogenito dove la signora Wakabayashi era davvero a poco dal prendere a schiaffi entrambi, però, non fu Genzo a rispondere.
Fu Tsubasa.
“Io credo che suo figlio sia fantastico così come sia, non ha bisogno di essere paragonato ad altri, va bene com’è”
Sorrise poi, prendendo la mano del portiere sopra al tavolo ed intrecciandola con la sua.
Davanti a quella manifestazione di dolcezza, ma soprattutto davanti a quella risposta, persino Shuzo non riuscì a controbattere, restò in silenzio e così rimase per la maggior parte della cena, intervenendo solo a favore della moglie ogni tanto e facendo domande che seguivano le sue.
Genzo sorrise soddisfatto, giocherellando con quella mano nella sua.
Sì, se il suo capitano non ci fosse stato, allora avrebbero dovuto inventarlo.

Finita la cena, il più piccolo dei Wakabayashi aveva pensato di essere ormai libero… conoscendo i suoi, avrebbe dovuto immaginare che si sbagliava su tutti i fronti.
“Dove stai andando?”
Chiese, infatti, suo padre non appena uscirono fuori dal ristorante.
“In albergo, perché?”
“Come perché? Non vai a dormire da Tsubasa?”
Tale domanda fece sgranare gli occhi ai due calciatori.
Come spiegarla, adesso, che aveva preso la direzione dell’albergo perché non era per niente abituato ad andare a dormire nell’appartamento dell’amico, visto che non stavano insieme come loro credevano?
Per fortuna, furono salvati a sorpresa da Hanabi.
“Caro! Non sono mica domande da fare queste, guarda come li hai messi in imbarazzo!”
“Beh ma pensavo… insomma non si vedono da tanto e…”
“Ha perfettamente ragione signor Wakabayashi, ma la ha anche la signora, Wa-Genzo non voleva mettermi in imbarazzo davanti a voi”
Diede man forte il centrocampista, aggrappandosi a quel salvataggio inatteso e correggendosi in tempo anche sul nome, non era mica facile con tutti quegli anni passati a chiamare il portiere per cognome!
“Infatti papà, sei stato parecchio indelicato nei suoi confronti”
Il figlio non perse l’occasione per vendicarsi di quella domanda, e godette nel vedere il padre arrossire per la vergogna.
“Approfittatene, però, adesso potete andare senza più preoccuparvi dell’imbarazzo”
Sorrise loro, Hanabi.
… Il SGGK avrebbe dovuto sapere di non dover giocare con il suo karma...

 
Dovevano essere le due, o forse anche le tre di notte, quando Tsubasa riaprì gli occhi ossidiana dal sogno che stava facendo, non lo sapeva con esattezza e non gli importava poi molto scoprirlo, non quando questo sarebbe significato doversi girare verso il comodino e dare le spalle al volto dormiente e rilassato di Genzo.
Ci avevano pensato per bene, non appena erano arrivati al suo appartamento, se farlo dormire nella stanza degli ospiti o in camera con lui, nel suo letto matrimoniale.
Temendo un’improvvisata da parte dei genitori, alla fine avevano optato per la seconda opzione, e al commento di Wakabayashi sul fatto che si aspettasse che dormisse con almeno due palloni nel letto, Ozora aveva risposto con una ciabatta in faccia.
Quella non era riuscito a pararla, ridacchiò silenziosamente il centrocampista, allungando un dito verso l’amico per passarlo delicatamente sul contorno del segno ancora visibile in volto.
Poi il sorriso si spense, lo sguardo diventò serio e il dito si fermò sulla guancia, che accarezzò con attenzione, perdendosi in quel gesto.
Restò così per un po’, e alla fine gli diede le spalle.



 

*
Io e Serena siamo fermamente convinte che nell'armadio Tsubasa tenga solamente tute e palloni.
Provate a farci cambiare idea! U.u


Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** ... Bene! ***


Angolino della Robh: Oh buonasera a tutt*! ♥
Sono tornata anche a ridosso delle feste natalizie e dopo aver fatto il tiramisù, sperando che mio padre non lo correga con dell'altro caffè come l'anno scorso, che vi devo dire, non mi piace con troppo caffè. xD
Ma basta parlare di dolci (anche perchè sono più buone le lasagne dico io), parliamo di questo capitolo che... vi farà venire un infarto, io ne sono più che sicura, o mi morite male o mi venite a sputare in faccia tramite messaggio privato, in quest'ultimo caso io accetterei pure gli sputi perchè... beh... leggerete, sappiate solo che mi ci è voluta quasi un'ora per scrivere quel pezzo perchè continuavo ad interrompermi per prendere a testate il tavolo. >.>'''
Detto questo, buona lettura a chi deciderà di avventurarsi in questo capitolo anche dopo l'avvertimento, siete coraggiosi! xD ♥



Ps: Tranquilli (?), non vi lascerò senza niente da leggere alla vigilia e a Natale. ♥
Sì, è una minaccia. u.u (xD)



 

Fu una sensazione di fresco a svegliare pian piano Genzo dal suo sonno.
All’inizio la percezione fu solo qualcosa di sfocato per via del fatto che fosse ancora dentro al regno dei sogni, ma poi iniziò a sentirla più concretamente, forse anche grazie alle carezze che quella fonte di freschezza iniziò a regalargli sulla fronte, facendolo mugugnare compiaciuto mentre iniziava ad aprire gli occhi verdi per affrontare il nuovo giorno.
Non male come risveglio, pensò… prima di mettere a fuoco il viso di Tsubasa a pochi centimetri dal suo.
Rimase per alcuni secondi senza fiato, e non perché Ozora non fosse presentabile… no.
Il volto di Tsubasa era umido, arrossato per via della doccia che doveva aver finito di fare poco prima, l’espressione era persa in quelle carezze che gli stava lasciando sulla fronte, gli occhi nero ossidiana lasciavano intravedere la sua concentrazione ma sembravano stranamente lontani… comunque quando notò che fosse finalmente sveglio, sul suo viso si aprì in un enorme sorriso pieno di dolcezza.
Wakabayashi sbatté un paio di volte le palpebre, mentre un paio di gocce d’acqua cadevano dai capelli del centrocampista e finivano sul suo viso, svegliandolo definitivamente.
Non male come prima visione del mattino, pensò, dandosi del cretino subito dopo.
Insomma, era solo Ozora, non era la prima volta che lo vedeva di primo mattino!
“Buongiorno”
Esclamò Tsubasa, intanto che lui si riprendeva dai suoi fumi mattutini, smettendo di accarezzargli la fronte e tirandosi in piedi dal letto.
“Buongiorno”
Ricambiò il saluto, il portiere, rimpiangendo quasi all’istante quel tocco… e dandosi del cretino per la seconda volta in pochi secondi.
Dannato lui e dannata la sua voglia di contatto, si faceva sentire più spesso nell’ultimo periodo visto che era da un po’ che non ‘usciva’ più con qualcuno, andiamo però, quello era solo Tsubasa, si ripeté mettendosi a sedere comodamente.
Era solo il suo capitano, solo un suo carissimo amico… che aveva pure accettato di tenergli il gioco con i suoi e fingersi suo fidanzato, si ricordò, stropicciandosi leggermente la faccia con una mano.
“Immagino sia inutile chiederti come hai dormito, visto che non hai sentito nemmeno la sveglia quando è suonata”
La voce del centrocampista gli fece riportare l’attenzione su di lui, e lo trovò che aveva iniziato a vestirsi con la tuta per poter andare agli allenamenti.
“Davvero? E’ la prima volta che mi capita di non sentirla”
Mormorò sorpreso, Genzo, sgranando leggermente gli occhi.
Di solito si destava non appena il cellulare iniziava ad emettere quel fastidioso trillo che segnava l’inizio di una nuova giornata.
“Io credo sia normale, dovevi essere stanco morto per tutto quello che ti è successo in questi pochi giorni”
“Uhm… può essere…”
Commentò il portiere, sbadigliando poco dopo.
Nel sentire quel rumore dietro di sé, Ozora ridacchiò.
“Se vuoi, puoi tornare a dormire”
“L’offerta stranamente mi tenta ma devo fare delle cose, sai, chiamare Schneider per sapere come sta andando la squadra, tentare di scoprire cosa stanno architettando i miei…”
“Cosa potrebbero mai fare?”
“Venire ad annunciarci che hanno prenotato una chiesa per stasera, ad esempio”
“Sei serio?”
“Come poche volte lo sono stato in vita mia”
Il centrocampista non riuscì a trattenere una seconda risata, e anche il portiere ne accennò una piccola.
“Restando in argomento, quanto tempo pensi che vi fermerete?”
“Mi piacerebbe risponderti ma non ne ho la più minima idea, spero il meno possibile comunque, non voglio disturbarti più di quanto non sto già facendo”
E lo stava facendo già fin troppo, aggiunse mentalmente Genzo, incupendosi un poco.
Per continuare ad avere la sua libertà, stava momentaneamente togliendo a Tsubasa la propria, e di questo non riusciva a non pentirsi, non era un comportamento da grande amico quale si definiva…
Pur se perso in quei pensieri non propriamente adatti per l’inizio di una nuova giornata, notò lo stesso Ozora girarsi un poco verso di lui dato che, mentre stavano ancora parlando tranquillamente, si era messo ad osservarlo finire di vestirsi siccome non aveva molto di meglio da fare… e se doveva dirlo, il centrocampista era proprio un bello spettacolo da vedere, impossibile non ammetterlo  alla vista del suo petto nudo… comunque si ritrovò a sorridere leggermente all’occhiolino che lui gli fece, sospettava per dirgli che non doveva preoccuparsi.
Tipico di Tsubasa.
Non tipico di Tsubasa leccarsi le labbra subito dopo.
Wakabayashi sgranò gli occhi ed il centrocampista rise ancora, dandogli nuovamente le spalle per infilarsi la maglia e sparire poi in bagno per finire di sistemarsi.
L’aveva fatto di proposito? Non l’aveva fatto di proposito? Era un modo per distrarlo dai suoi problemi? Si stava, forse, vendicando in qualche modo che solo la sua testolina nera sapeva?
Il SGGK rimase con quelle domande, scioccato.
… Ok, forse stava un filino esagerando… ma andiamo, era Tsubasa, si disse per la terza volta!
Tsubasa non si lecca le labbra maliziosamente! Neanche per scherzare!
… O forse sì?
Argh! Dannata astinenza, pensò nascondendosi sotto le coperte per calmare gli improvvisi bollenti spiriti, e dannati i suoi genitori per averlo trascinato, non sospettandolo minimamente, in quella situazione!

Genzo avrebbe, ormai, dovuto sapere di non dover fare o pensare niente di cattivo nei confronti di terzi, se non voleva che il suo karma glielo rifacesse pagare… avrebbe… ma il portiere la lezione non la imparava mai.
Aveva maledetto i coniugi Wakabayashi?
Ed ecco che se li ritrova sulla porta dell’appartamento di Ozora per andare a fare a colazione insieme!... Come avevano fatto a scoprire l’indirizzo?!
“Va tutto bene, tesoro?”
“A meraviglia mamma”
Sbiascicò Genzo, continuando a passarsi la mano sulla guancia destra e guardando velatamente male l’amico seduto al suo fianco che se la rideva, nascosto dalla tazza del thè.
Guardalo come se la sghignazzava, era tutta la mattina che lo faceva, come se non avesse fatto assolutamente niente di male, come se non si fosse leccato le labbra in stanza, come se non gli avesse lasciato un bacio sulla guancia con le stesse poco prima di aprire la porta di casa, convinto di andare tranquillo agli allenamenti.
Sì, doveva proprio essersi ingegnato qualche vendetta per farlo impazzire, evidentemente pensava non bastassero già i suoi genitori a farlo, ma parlando del diavolo…
“Bene… visto che siete venuti così volentieri a colazione con noi-“
Il ‘volentieri’ di sua madre ovviamente si riferiva al loro venir agguantati per la collottola e trascinati da Shuzo dall’appartamento fino al bar.
“E visto che ieri sera, purtroppo, non ne abbiamo avuta l’occasione… che ne dite se parliamo adesso del matrimonio?”
La nazionale giapponese rischiò di rimanere senza capitano e senza uno dei suoi portieri, dato che entrambi rischiarono di strozzarsi, uno con il thè e l’altro con un pezzo di torta.
Beh… almeno Tsubasa aveva smesso di ridere…
Ma il caro, piccolo – almeno rispetto a lui - ed ingenuo Ozora trovò presto un altro modo per ‘vendicarsi’ a spese sue…
“Scusate se vi interrompo, ma adesso devo proprio andare”
… ovvero svignarsela, lasciandolo da solo di fronte alla questione ‘matrimonio’ dei suoi genitori.
Avrebbe dovuto arrabbiarsi ma in verità non ci riusciva, anzi nel profondo lo capiva… e invidiava.
“Oh, così presto?”
Chiese mogia Hanabi, facendo alzare gli occhi al cielo al figlio, scommetteva che le dispiaceva più interrompere l’argomento che vederlo andare via…
Il centrocampista sorrise ed annuì, alzandosi dalla sedia e recuperando il borsone che aveva posato vicino ad essa.
“Allora buon allenamento Tsubasa, verremo a vederti ancora molto presto”
Lo informò Shuzo, allungando una mano per stringere la sua.
“Ah… magnifico, non vedo l’ora!”
Commentò Ozora, salutando il capofamiglia con quella presa.
Il SGGK si ritrovò a pregare che il padre non notasse quel tono impanicato, prima di essere salutato a sua volta.
Con un bacio.
Sulle labbra.
Fu una copia di quello del giorno prima, un semplice sfioramento, un contatto breve, in cui non riuscì a percepire nient’altro che il gusto del thè, dato solo per fare la scena davanti ai coniugi.
E per farlo impazzire, Genzo ormai ne era più che convinto.


Complice l’astinenza, la sua voglia di contatto o meno, il portiere si ritrovò a pensare a quelle labbra per tutta la mattina che seguì.
A nulla valsero i richiami di suo padre per fargli riportare l’attenzione sulla guida turistica davanti a loro che stava parlando di chissà quale monumento… forse della Sagrada Familia? Non ne era così sicuro… la riperdeva dopo a malapena qualche secondo per tornare a perdersi su quelle labbra e sul suo proprietario che si era divertito a stuzzicarlo con esse.
Perché quello era.
Ozora lo aveva stuzzicato solo per trovare un lato divertente in tutta quella situazione assurda, doveva essere così, non era niente di più quindi il suo tormento era solo un’esagerazione inutile… però era così dannatamente poco da Tsubasa!
Lo Tsubasa che conosceva lui era ingenuo, dolce, perfino timido a tratti.
Raramente lo si vedeva uscire dalla sua pacatezza, e le sporadiche volte successe erano legate sempre ed esclusivamente  al calcio che tanto amava, per tutto il resto mostrava sempre una tranquillità e calma che Genzo a volte si era ritrovato ad invidiargli, specialmente con un certo Hyuga di loro conoscenza, a distanza di anni lui ancora ci litigava, al contrario del centrocampista che non lo aveva mai fatto davvero.
Da dove usciva allora, all’improvviso, quel piccolo segno di intraprendenza? Quella malizia l’aveva vista davvero? C’era sempre stata? Era lui che doveva vergognarsi di pensare male di quel piccolo angelo puro che era Tsubasa Ozora?
Soprattutto, ma quanto era messo male per ritrovarsi con tali pensieri dopo a malapena due baci a stampo e uno sulla guancia?
La risposta doveva essere parecchio, dato che si ritrovò a domandarsi il vero sapore di quelle labbra morbide.
“Ma porc-!”
“Genzo! Non si bestemmia in chiesa!”
… Almeno capì di trovarsi davvero nella cattedrale più famosa della capitale catalana…

Dopo quella figura  per fortuna riuscì a ritrovare abbastanza lucidità da poter continuare la visita per le altre attrazioni di Barcellona senza nuovi incidenti.
A sorpresa, anche il pranzo da solo con i suoi passò senza questi o senza le solite frecciatine tra lui e suo padre, o ancora le domande scomode di sua madre, al contrario mangiarono tranquilli, godendosi sia le portate, che il piacevole scorrere delle persone sulla Rambla.
Ripresero, poi, a visitare altri monumenti nel primo pomeriggio… fino a quando Genzo decise che era arrivato il momento di abbandonare i suoi per poter fare una visitina al suo ‘fidanzato’.
Perché sì, nonostante le apparenze, quei pensieri molesti erano continuati, era stato impossibile rilegarli in un angolo della sua mente e tenerli buoni, e come poteva essere altrimenti?
Lui si era aspettato delle determinate situazioni quando aveva proposto al centrocampista di aiutarlo, nella maggior parte delle quali era lui a prendere l’iniziativa con Ozora in quella messinscena, convinto fino al midollo che quest’ultimo non l’avrebbe mai presa.
Invece, era successo l’esatto contrario.
Va bene, solo due volte, va bene, non aveva fatto neanche chissà che, va bene, poteva averlo fatto di proposito per farlo arrovellare in quel modo… anzi, sicuramente era stato così, ma Genzo non se l’era aspettato.
Si era ritrovato impreparato, sorpreso… e voglioso di rivalsa ad un certo punto.
Succedeva sempre così tra di loro, non era una novità che si considerassero ancora rivali nonostante fossero passati anni e anni da quella loro prima sfida e nonostante la loro grande amicizia, i miglioramenti dell’uno e dell’altro venivano presi da entrambi come spinta a dover fare ancora di meglio per potersi superare a vicenda, tutti e due provavano il desiderio costante di rincorrersi negli obbiettivi che si prefissavano, sapendo di poterli raggiungere anche grazie a quella sfida costante che c’era tra di loro, perché ehi, né a Tsubasa e né a Genzo piaceva perdere e il portiere si ritrovò a paragonare anche quella a una delle loro piccole sfide.
Forse era da bambini pensarlo, ma aveva iniziato Ozora quella volta, lui non aveva colpa, anzi, era suo diritto rispondere.
Per questo lo aspettò fuori dallo spogliatoio, per questo non appena uscì lo afferrò e lo baciò a sorpresa – o a tradimento, dipendeva dai punti di vista -, ma non mica il bacio a stampo che si erano scambiati come saluto le due volte prima, eh no, Wakabayashi aveva deciso di andarci giù pesante per fargli capire che poteva giocare anche lui a quel gioco, vincendolo pure visto che si riteneva essere il più esperto tra i due in quel campo.
Gli lambì le labbra con le sue, accarezzandole bene con la lingua per godersi meglio quel loro gusto di cioccolato sicuramente dovuto ai biscotti che il centrocampista mangiava appena ne aveva occasione, alla faccia della dieta, poi le oltrepassò per andare ad intrecciare la lingua con la sua, non dandogli neanche un secondo di tregua, voleva togliergli letteralmente il fiato, questo si era prefissato e si compiacque quando lo vide ansimare, non appena si separò da lui.
“Non ci sono i tuoi genitori”
Mormorò poi Tsubasa, sorridendogli un poco malizioso.
Il messaggio di quella frase era sottinteso: ‘i tuoi genitori, la causa per cui dobbiamo fingerci insieme, non ci sono, allora perché mi hai baciato lo stesso?’
Genzo ricambiò il sorriso con un altro uguale, come se non lo sapesse già o potesse immaginare da solo.
“No infatti, ma un saluto va fatto come si deve”
“Allora suppongo di dover ricambiare”
Punto per Ozora.
Il SGGK si ritrovò ancora una volta sorpreso di quella risposta, se lo avesse raccontato nessuno ci avrebbe creduto che fosse stato davvero Tsubasa a rispondergli così, ma si preparò quasi subito a ricevere il bacio che l’amico stava per dargli.
Stava.
“Tsubasa”
Li interruppe una voce dietro di loro, richiamando il centrocampista.
Si voltarono e trovarono alcuni giocatori del Barcellona fissarli divertiti e maliziosi, tra essi spiccava Rivaul, l’unico che  invece aveva lo sguardo duro, come se li stesse rimproverando, o meglio, come se stesse rimproverando il compagno di squadra per chissà cosa.
A ben pensarci, rifletté Genzo, gli aveva rivolto uno sguardo simile anche il giorno prima mentre lasciavano il campo insieme ai suoi e, come in quel momento, anche in quell’istante percepì Tsubasa irrigidirsi.
“Ci vediamo domani”
Continuò a dire il Falco, dando così una giustificazione al suo richiamo di poco prima.
“Sì… a domani…”
“Mi raccomando”
Gli disse il brasiliano, dopo aver lanciato una breve occhiata al portiere.
Il centrocampista gli annuì con un leggero cenno della testa, e Wakabayashi si ritrovò ad alzare il sopracciglio perplesso.
Mi raccomando di cosa?

Non riuscì a scoprirlo durante il tragitto verso l’appartamento, e non ci riuscì nemmeno durante la cena.
Non appena si erano seduti, Tsubasa aveva iniziato a scherzare sul fatto che quella fosse la prima volta che utilizzasse il tavolo, di solito, visto che era da solo, mangiava sempre seduto all’isola posta vicino ai fornelli, da quello era passato velocemente a raccontargli degli allenamenti di quella giornata, alle partite che lo aspettavano ancora prima della fine della stagione, ed ancora agli altri che si stavano tutti impegnando, chi in Giappone e chi fuori come loro.
Era talmente un fiume di parole che Wakabayashi fece quasi fatica a stargli dietro, e anche se capì che stesse facendo di tutto per non dover parlare dell’argomento ‘Rivaul’, decise di dargli comunque corda e rispondergli raccontagli a sua volta del Bayern Monaco, delle sue partite e dei suoi allenamenti, e dandogli le sue impressioni sui loro compagni di nazionale.
Se non voleva parlarne, allora lui non lo avrebbe costretto… anche se moriva dalla voglia di sapere.

“Mamma mi ha mandato giusto l’altro giorno un suo video, dovresti proprio vederlo, è bravissimo! Continua a migliorare ogni volta e senza nessun mentore, è semplicemente straordinario! Sono sicuro che lo aspetterà una grande carriera una volta che sarà grande, anzi non mi stupirei se un giorno venisse convocato in nazionale e-“
“Ehi frena, frena, sta ancora andando alle elementari”
Davanti a quella ripresa bonaria, Tsubasa si ritrovò ad arrossire e Genzo a ridere, scompigliandogli i capelli umidi per via della doccia che Ozora aveva fatto poco prima.
Siccome avevano la serata libera da impegni, e per impegni il portiere intendeva Shuzo e Hanabi, ovviamente, subito dopo cena avevano avuto tutta la tranquillità e la calma del mondo per poter fare la doccia a turno e decidere cosa fare prima di andare a letto, ma, prima che potessero accendere la tv per vedere se ci fosse qualche partita – dubitava, Genzo, di poter riuscire a seguire un programma in spagnolo -, era arrivata la chiamata di Daichi, e Wakabayashi aveva visto l’amico andare letteralmente in brodo di giuggole mentre vestiva i panni di fratello maggiore con il più piccolo di casa Ozora.
Aveva continuato perfino finita la chiamata, facendogli nascere l’ilarità nel petto.
“Scusa, è che… è il mio orgoglio”
Si vantò il centrocampista, sorridendo dolcemente nel pensare al fratellino che lo aveva preso come suo esempio.
“E tu sei il suo”
Gli disse sicuro, il portiere, accarezzandogli ancora i capelli.
“Non vedo l’ora che- oh…”
“Cosa?”
Domandò Genzo, non capendo perché l’espressione dell’amico si fosse scurita all’improvviso.
“Gli avevo promesso che sarei andato a trovarlo durante le vacanze estive, ma tornare in Giappone…”
“Significherebbe avere a che fare con i miei”
Mormorò Wakabayashi, togliendogli piano la mano dai fili neri, rabbuiandosi anche lui.
Ma c’era dell’altro in aggiunta, non solo avrebbe dovuto gestire la farsa con Hanabi e Shuzo senza Genzo, ma avrebbe dovuto farlo anche con Natsuko, Daichi e forse anche Kodai, per non parlare dei loro amici, sempre se non avesse voluto raccontare loro la verità e chiedere a tutti di reggere loro il gioco, però non era da Tsubasa chiedere un tale favore e il portiere si sentì nuovamente pessimo nei suoi confronti.
“Scusami, ti sto rovinando tutto”
Gli bisbigliò, abbassando lo sguardo verde colpevole.
“Non è un grosso problema, posso sempre farlo venire qua a Barcellona, anzi forse si divertirebbe di più e potrebbe anche fare amicizia e giocare con Pinto, vedi? Già risolto”
“Per questa volta, non so se sarà così facile per le prossime”
“Ehi, sei tu che mi hai chiesto aiuto, adesso non stare lì a pentirtene e a cambiare idea da solo, mi è già capitato una volta e non ci tengo a ripetere l’esperienza, grazie”
“Non gliel’hai ancora perdonata a Roberto?”
“Ovviamente no, glielo rinfaccerò fino alla morte!”
Il modo scandalizzato ed ironico in cui gli rispose,riuscì a farlo ridere di gusto e fargli mettere da parte il senso di colpa.
“Non so cosa farei senza di te”
Disse Genzo, una volta placate le risate.
Era sincero, senza l’aiuto che gli stava dando Tsubasa sarebbe stato perso e ancora in lotta con i suoi genitori, e probabilmente con una nuova pretendente tra le scatole, Ozora lo stava praticamente salvando da tutto quello e gliene era più che grato.
Il centrocampista gli sorrise con lo sguardo però divertito, e andò a pizzicargli una gota con una mano come per ammonirlo dal pensare ancora a tutto quello, ormai erano in ballo e tanto valeva continuare a ballare.
Il SGGK recepì il messaggio e alzò la mano per andare togliere quella dell’amico che ancora persisteva a pizzicargli la guancia… ma si bloccò quando il centrocampista passò da quello ad accarezzargliela…
Fosse stato quello il vero problema, no, il vero problema era che Tsubasa stava accarezzando un punto decisamente molto vicino alle sue labbra e lo stava pure facendo di proposito, visto lo sguardo ossidiana ancora divertito e il ghigno malizioso.
“Lo stai facendo di nuovo”
Lo riprese il portiere, divertito.
Se sperava di farlo rimanere ancora spiazzato com’era successo durante la mattinata, allora sperava davvero male.
Potevi fregarlo una volta il SGGK, non due.
“Cosa?”
Domandò con tono innocente, Ozora, facendo lo gnorri in modo più che palese.
Ma guarda tu che sorprendente faccia da schiaffi.
“Lo sai”
“Non so davvero di cosa tu stia parlando”
“Credi di potermi riuscire ad intortare così facilmente Ozora?”
“Finché non ci si prova, non si sa”
“Ma per favore, sai con chi stai parlando?”
“Naturalmente con il portiere che possiede il più grande ego del mondo, ecco con chi sto parlando”
“Ehi!”
Il centrocampista rise e Genzo l’osservò, decidendo di mettere da parte il divertimento e il gioco.
“Perché?”
Gli chiese, desideroso di sapere.
Tsubasa alzò le spalle, lasciando sfumare le risate in un sorriso tranquillo, non accennò neanche per un secondo a voler abbassare la mano, la fermò solamente vicino alle labbra, arrivando a sfiorargliele con un dito.
“Perché mi piace giocare… perché è divertente… perché se dobbiamo fingere, tanto vale approfittare dei lati positivi”
“I lati positivi…”
“Sì, ci sono… non ci sono solo cose brutte in questa recita, ci sono anche cose belle, basta concentrarsi su quest’ultime e giocarci sopra”
“I baci rientrano nelle cose belle?”
“I baci sono sempre belli, se dati dalla persona giusta”
“E… i morsi?”
Bisbigliò Genzo, mordendogli delicatamente un dito.
“Dipende dai morsi”
Ridacchiò piano, Tsubasa.
Il tono della loro voce si era abbassato man mano che la conversazione era andata avanti, e nello stesso modo anche i loro corpi e i loro volti si erano avvicinati, riducendo lentamente lo spazio tra di loro sul divano.
“Tsubasa?”
“Sì?”
“Mi è venuta voglia di giocare un po’…”
Non seppe dire con precisione, il portiere, chi fu esattamente dei due a scattare per primo dopo quel bisbiglio, percepì solo il peso del corpo del centrocampista sopra al suo e le sue labbra che prendevano il posto delle dita sulle sue.
Si baciarono con le labbra, si morsero con i denti, si rincorsero con la lingua, tutto senza darsi alcuna tregua, continuando anche quando il respiro iniziò a venire meno, ma questo non importava a nessuno dei due.
Non a Tsubasa, seduto a cavalcioni sul bacino dell’amico, troppo preso a scompigliargli il più possibile i corti capelli neri sentendo quasi la mancanza  del famigliare cappellino, e a godersi le carezze che quelle grandi mani gli stavano regalando sulla vita sopra la maglia.
Non a Genzo, che stringeva con impazienza quel corpo allenato contro il suo, accarezzandolo, cercando sempre più contatto tra di loro.
Eressero una specie di bolla intorno a loro due, dove persero la percezione del tempo e il contatto con il resto del mondo, avrebbero potuto continuare per tutta la notte senza mai fermarsi, senza mai distrarsi, totalmente persi in quei baci infiniti.
I momenti belli però, si sa, durano sempre poco.
A mettere fine a quello ci pensò il campanello d’ingresso prendendo a suonare, facendo scoppiare la bolla con lo stesso schiocco che fecero le loro labbra nel separarsi.
“Giuro che li uccido”
Sbottò Wakabayashi ansimando, convinto che fossero i suoi genitori.
Solo loro potevano presentarsi a quell’ora di sera, e solo per disturbarli, ne era sicuro.
La sua sicurezza vacillò quando, aperta la porta, invece delle figure famigliari di Hanabi e Shuzo si ritrovò davanti quella di Carlos Santana, campione del Valencia e della nazionale brasiliana.
Sgranarono entrambi gli occhi, fissandosi sorpresi, ma prima che il portiere potesse domandargli cosa diamine ci facesse sulla porta dell’appartamento di Tsubasa, quest’ultimo gli comparì alle spalle, curioso anche lui di scoprire chi fosse a quell’ora di sera.
“Carlos…”
Mormorò pure lui con tono sorpreso.
“Cosa…?”
“Scusa io… non credevo avessi compagnia e…”
Tentò di giustificare la sua visita, il brasiliano, bloccandosi però a metà.
Ozora gli fece cenno con la testa di aver capito cosa volesse continuare a dire, e si rivolse poi a Wakabayashi.
“Puoi tornare di là per favore? Dovrei parlare con Carlos da solo”
“Sì certo… va bene”
Mormorò il SGGK, reprimendo un leggero sentimento di stizza, ma facendo come gli era stato chiesto e tornando in sala sul divano.
Non era stizzito solo perché erano stati interrotti, lo era anche perché il giocatore del Valencia era stato chiamato con il suo nome.
Carlos.
Non Santana.
Da quando erano entrati in confidenza?
Perché lui, invece, veniva chiamato ancora per cognome – recita a parte -, anche se conosceva il centrocampista da più tempo e più intimamente?
… Forse non era proprio così, a giudicare dal modo in cui il brasiliano lasciò una carezza sul collo del giapponese…
Dopo quello, Genzo distolse lo sguardo verde che aveva posato su di loro sporgendosi dal mobile  ed incrociò le braccia sul petto, aspettando leggermente irrigidito il ritorno dell’amico.
Non appena successe dopo l’uscita di Santana, non riuscì ad evitare di notare che anche Tsubasa si fosse irrigidito e che si fosse seduto abbastanza lontano da lui.
Una situazione completamente opposta a quella di prima… e decisamente imbarazzante.
“Potevi dirmelo se eri fidanzato, non ti avrei chiesto niente e avrei rimediato da solo con i miei”
Fu il portiere a decidere di mettere fine al silenzio creatosi tra loro, ma l’imbarazzo non scese, anzi aumentò da parte del centrocampista, che prese a giocare con un filo che spuntava dal divano, rifiutando il contatto tra i loro sguardi.
“Carlos non è il mio fidanzato…”
“Io ho visto una cosa diversa”
“Era solo una carezza…”
“Come quelle che hai dato a me?”
Ozora sussultò, preso in pieno da quella frecciatina, e Wakabayashi sospirò.
“Senti… mi dispiace, non mi devi nessuna spiega-“
“Qualche volta succede”
“…Eh?”
“Lui viene da me o io vado lui… e succede…”
Confessò a voce bassa Tsubasa, guardandolo di soppiatto per sbirciare la sua reazione.
Genzo boccheggiò qualche secondo.
Se aveva intenzione di scioccarlo peggio di quella mattina, allora ci era riuscito eccome, dato che era impossibile non capire a cosa alludesse con quel ‘succede’.
Tsubasa Ozora faceva del sesso occasionale.
Tsubasa Ozora faceva del sesso occasionale con Carlos Santana.
Quel Carlos Santana.
“… Bene! Buon per te… insomma… non me lo sarei mai aspettato ma bene! Non sei né il primo né l’ultimo che lo fa, non c’è niente di male e non devi mica vergognarti, fai… bene!”
Esclamò il SGGK, con un sorriso abbastanza… decisamente tirato.
Il centrocampista pensò se farglielo notare o meno, insieme al fatto che continuasse a dire che i suoi incontri con il brasiliano fossero un ‘bene!’, ma per quella sera decise di lasciar perdere e accese la tv, cominciando a fare zapping per cercare una partita di calcio.

E dire Rivaul si era pure raccomandato…


*
Il 'bene' di Genzo è da pronunciare allo stesso modo di Leonardo Pieraccioni, sappiatelo. xD

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Perchè? ***


Angolino della Robh: Buon pomeriggio a tutt*, ma soprattutto Buon 2021! ♥
Sappiate che, molto probabilmente, passerò anche quest'anno a rompervi i palloni da calcio, vi avverto subito così almeno siete preparati. xD
Comunque, passando a delle cose un po' più serie... dunque, perchè non ho aggiornato mercoledì scorso per farvi gli auguri di fine anno, dato che la fict è già conclusa? Molto semplice... in questo periodo non sto bene, non sto bene mentalmente per la precisione... è da un po' di giorni che sto così per vari motivi che sono solo nella mia testa ma che purtroppo non riesco a mandare via, so che vi ho sempre abituati alla Robh allegra, scherzosa e divertente... ma anch'io ho dei periodi così purtroppo... quindi scusate se risponderò tardi alla recensioni, o se magari ancora salterò qualche aggiornamento, sto cercando di rimettermi in sesto, tutto qui, ma prometto che ogni storia che pubblicherò, continuerò a portarla avanti fino alla fine. ^^
Passando ora a cose un po' più spensierate ed allegre, ovvero al capitolo, qui succederanno un bel po' di cose ve lo dico, alcune più inaspettate delle altre, mi raccomando ditemi se qualcuna ve l'aspettavate o meno! xD
Buona lettura! ♥


Ps: E' quasi un anno che pubblico in questo fandom, la cosa mi fa tenerezza e mi rende anche un po' orgogliosa lo ammetto ♥



 

“Senti…  sicuro che non ci sia niente che non va? Posso chiamare e dire che tarderò un po’ nel caso…”
“Figurati, tranquillo! Non c’è assolutamente niente che non va, io sto bene, tu stai bene, noi stiamo bene, va tutto bene, no?!”
Genzo Wakabayashi avrebbe potuto essere decisamente più convincente… se quella non fosse stata la millesima volta che ripeteva la parola ‘bene’… e se non ci fossero state due enormi occhiaie bluastre a segnargli il viso sotto agli occhi, cupe testimoni della nottata passata in bianco dal portiere.
Ad aver saputo che non sarebbe riuscito a dormire di conseguenza, Tsubasa avrebbe continuato il discorso sulla sua relazione con Santana subito la sera prima, almeno avrebbe avuto più tempo da dedicargli senza allenamenti incombenti.
Adesso, invece, doveva lasciarlo solo… anche se non era molto convinto di lasciarlo in appartamento in quelle condizioni…
“Non credo che-“
“Tsubasa tranquillo, va tutto be-“
“Non osare dillo di nuovo, ti prego… mi sta venendo la nausea a sentirlo”
Preso in contropiede, il SGGK restò qualche istante sorpreso, a lui non sembrava di averlo detto chissà quante volte… ma alla fine gli annuì, accennandogli un sorriso mentre gli passava una mano tra i capelli neri.
“Vai pure agli allenamenti senza preoccuparti per me, tranquillo, sono solo ancora un po’ sorpreso e devo ancora abituarmi all’idea che tu possa… possa avere una relazione del genere… ma te l’ho detto, no? Non c’è niente di male in quello che fai e, soprattutto, ricordati che non ti potrei mai giudicare per una cosa del genere”

“Lo stai palesemente giudicando”
Lo contraddì Schneider al cellulare, dopo essere stato pazientemente ad ascoltare tutta la storia.
“No, io non sto giudicando Tsubasa, io sto giudicando Santana”
Chiarì Wakabayashi, facendo l’ennesimo giro intorno al divano.
Era dalla rivelazione della sera prima che una strana e nuova irritazione mista ad agitazione aveva iniziato a nascergli sotto pelle, man mano si era fatta largo in tutto il corpo, arrivando allo stomaco che aveva iniziato a dolergli per i crampi, al cuore che aveva aumentato i battiti in modo preoccupante – forse sarebbe servita una chiamata anche a Misugi, dopo quella con il Kaiser -, al cervello che aveva preso a far nascere scenari a cui avrebbe fatto decisamente volentieri a meno di pensare, ma che lo avevano tenuto sveglio per tutta la notte senza che potesse farci niente.
Tutto perché Tsubasa andava a letto con Santana.
Aveva dovuto per forza chiamare Karl e sfogarsi, altrimenti sarebbe impazzito prima del ritorno del centrocampista per pranzo, menomale che quello era il giorno libero dagli allenamenti dei giocatori del Bayern, sembrava quasi fatto a posta.
“E’ uguale, giudicando uno, giudichi anche l’altro”
“Come potrei mai giudicarlo quando è stato palesemente irretito da quell’attaccante brasiliano da strapazzo?!”
“Irre-?!... Genzo, vorrei ricordarti che Tsubasa è grande e vaccinato, consapevole delle sue scelte e-“
“Ed è qui che ti sbagli! Tsubasa è ancora un piccolo angelo puro ed inge-“
“Puro un accidenti! Gli hai infilato la lingua in gola a malapena mezz’ora fa!”
Il portiere sussultò, fermandosi davanti a un mobile pieno di foto, incapace di controbattere e con le gote che iniziarono ad arrossarsi al pensiero dello slancio che aveva avuto poco prima che Ozora uscisse di casa.
Aveva appena finito di rassicurarlo e lo aveva accompagnato alla porta per salutarlo, Tsubasa lo aveva guardato ancora insicuro e la sua mano aveva tremato appoggiata sulla maniglia, si era sporto per dirgli qualcosa… ma all’ultimo aveva preferito rinunciare, dandogli le spalle per uscire.
Quel gesto aveva fatto parecchio male a Genzo, anche se non riusciva bene a spiegarsi il motivo, e lo aveva fatto agire senza pensare.
Lo aveva bloccato che aveva ormai oltrepassato la porta per metà, lo aveva fatto rientrare, aveva richiuso la porta facendola sbattere e ce lo aveva poggiato contro, spingendosi immediatamente contro di lui e facendo unire le loro labbra in un bacio identico a quelli della sera prima.
Vederlo correre via con il viso in fiamme ed imbarazzato gli aveva fatto provare un leggero quanto effimero senso di benessere.
“Era un saluto!”
Provò a difendersi, Wakabayashi, mettendosi ad osservare le foto del mobile.
Almeno avrebbe smesso di girovagare a vuoto per l’appartamento.
“Ah, adesso si chiama così slinguazzarsi qualcuno?!”
“Karl Heinz! Cos’è questo linguaggio?!”
Esclamò il SGGK, cercando di prendere in giro l’amico per farlo ridere e quindi ‘rabbonirlo’.
Era raro sentir sbottare in quel modo il Kaiser sempre composto, e quello significava solo due cose: o era ubriaco, o si stava per arrabbiare sul serio… il portiere si ritrovò a pregare che fosse la prima, nonostante l’alta improbabilità data l’ora del mattino.
“… Ti avviso, sono a tanto così dal chiudere la chiamata e tornarmene a dormire”
Mai una volta che il karma gli desse qualche gioia…
“Va bene, va bene, io ci sono andato giù pesante di lingua e Tsubasa non è quell’angelo puro che ho sempre pensato che fosse… ma dai, addirittura una relazione di solo sesso?! Non è da lui, Santana deve essersi imposto in qualche modo, ne sono sicuro!”
“Come ti stavo dicendo prima che m’interrompessi… Tsubasa è maggiorenne, vaccinato e consapevole di quello che fa, se ha scelto di intraprendere una relazione del genere allora era consenziente ad essa, anzi, chi ti dice che la cosa non sia partita proprio da lui?”
“Impossibile! Lo conosco e-“
“Genzo, tu la vita privata di Tsubasa non la conosci più da anni”
Quella frase così dannatamente dura e fredda quanto vera fu peggio di una coltellata in pieno petto per Wakabayashi.
“Non è vero!“
“Non mentire a te stesso inutilmente, sai che ho ragione, vi siete incontrati da bambini e poco dopo vi siete separati, vi siete ricongiunti da ragazzi per pochi giorni e dopo vi siete separati di nuovo, stessa cosa è successa la volta dopo e adesso che siete adulti non è differente, vi vedete per le partite tra il Bayern e il Barcellona, per i ritiri e le amichevoli della nazionale, ma poi ognuno di nuovo per la propria strada, non puoi dire di conoscere davvero una persona in questo modo”
“Anche se lontani ci siamo sempre tenuti in contatto!”
“Una persona la conosci vivendola ogni giorno, voi per quanto vi sentite? Pochi minuti al telefono? Per e-mail, lettere? Sai cos’ha fatto o cos’ha vissuto quando era in Brasile? O chi sono i suoi amici lì a Barcellona?”
“Lui… lui si allenava…”
Provò a rispondere, il portiere, almeno a una di quelle domande.
“Non si vive solo pensando al calcio, lo sai meglio di chiunque altro e Tsubasa non è un’eccezione, per quanto questo possa non piacerti, ha una vita all’infuori di questo, una vita di cui tu conosci molto poco, se non quasi niente”
Al portiere tremò la mano per la prima volta in vita sua, mentre afferrava una foto in particolare dal mobile e se la portava davanti al viso.
Ritraeva la squadra della Nankatsu dopo la vittoria contro il Meiwa al loro ultimo anno di elementari, erano riusciti a scattarla prima che Tsubasa iniziasse a preoccuparsi per l’assenza di Roberto e che corresse all’aeroporto per tentare di raggiungerlo, infatti il suo viso era sorridente e pieno di gioia mentre sventola la bandiera.
Wakabayashi era vicino a lui, e gli teneva una mano sulla spalla.
“Perché dovrebbe essere così diverso?”
Si ritrovò a domandare.
“Perché crescendo si cambia, Genzo”


“Va tutto bene tesoro?”
Domandò preoccupata Hanabi, sporgendosi per prendere la mano libera del figlio nella sua.
Il figlio smise di far roteare l’acqua nel suo bicchiere giusto pochissimi secondi, il tempo di darle una leggere occhiata ed annuire, poi tornò all’azione che aveva iniziato a compiere non appena si era versato da bere.
Una bugia del genere la donna l’avrebbe capita anche se non fosse stata sua madre.
Era palese che andasse tutto tranne che bene, e la signora Wakabayashi chiese aiuto al marito con lo sguardo per cercare di capire cosa fosse capitato al loro terzogenito.
“Non c’è niente che ti preoccupa… o che vuoi dirci?”
“Non sono mai venuto a confidarmi con te, papà, cosa ti fa credere che inizierò a farlo proprio adesso?”
Shuzo guardò la moglie, non sapendo più improvvisamente cosa fare visto che Genzo aveva ragione, ma quella lo incitò ad insistere con gli occhi.
“Ehm… Tsubasa? Come mai non è venuto con te?”
Chiese Wakabayashi senior, allora, non riuscendo a trovare niente di meglio.
“E’ sorto un impegno urgente e si è trattenuto al campo”
Mormorò Genzo, accigliandosi.
Non gli aveva detto che tipo d’impegno fosse, se fosse un allenamento extra o un incontro con l’allenatore, no, durante la chiamata Ozora gli aveva solo detto che non poteva presentarsi al pranzo al ristorante con i suoi, e lui era rimasto senza sapere praticamente niente.
Non una novità, a quanto pareva.
“Peccato, avrei tanto voluto salutarlo… sai, Genzo, sono proprio felice che tu ti sia fidanzato con lui”
“Perché?”
“Perché lui ti ha cambiato”
Quella frase detta dalla madre, riuscì a fargli distogliere l’attenzione dal bicchiere e a portarla su di lei e sul padre.
“Che vuoi dire?”
“Beh, figliolo, non puoi negare che da bambino tu abbia avuto un periodo di massimo egocentrismo e un pessimo caratteraccio”
Gli rispose Shuzo, e stavolta toccò al figlio dargli ragione.
Da bambino era stato un marmocchio parecchio presuntuoso ed irascibile.
“Non sapevamo più cosa fare con te, l’unico che sembrava parlare la tua stessa lingua era il signor Mikami… poi è arrivato Tsubasa e tutto è cambiato, tu sei cambiato ed in meglio, per fortuna”
Rise Hanabi, dando un’ultima stretta alla mano del figlio prima di lasciargliela.
Anche il SGGK si ritrovò a sorridere, nel ripensare al primo incontro avuto con il centrocampista e alla loro prima sfida.
“Avevo finalmente trovato qualcuno alla mia altezza…”
“Vedo che l’egocentrismo fa ancora parte del tuo carattere”
“E’ un tratto di famiglia, dopotutto”
Il padre alzò brevemente gli occhi al cielo e la madre rise ancora, prima di tornare a guardare teneramente il figlio.
“Sapere che c’è lui al tuo fianco mi rassicura su molte cose, posso dirti che tornerò in Giappone molto più tranquilla di quanto non fossi alla partenza”
“Non sarà propriamente al mio fianco… saremo lontani, lui qui, io a Monaco… non potremo viverci ogni giorno…”
“Vi sentirete lo stesso, no?”
“Sì, ovvio, ma… è diverso… potrei finire per non conoscerlo più, un giorno, a causa della lontananza”
I due coniugi si guardarono, sorpresi.
Era questa paura, dunque, ad attanagliare i pensieri del loro Genzo?
Si sorrisero, e tornarono a guardarlo, pronti a dirgli una importante verità.
“Finché sei in vita, Genzo, puoi sempre imparare a conoscerlo di nuovo”

‘Crescendo si cambia’
‘Puoi sempre imparare a conoscerlo di nuovo’
Quelle due frasi avevano colpito Genzo in modo totalmente diverso.
La prima lo aveva fatto intristire non poco e, per quanto non volesse farlo, alla fine aveva dovuto dar ragione a Karl.
La vita privata di Tsubasa, per lui, era un mistero.
Si tenevano in contatto, si telefonavano, si scrivevano, ma parlavano sempre di calcio, la cosa che li legava in modo indissolubile fin da quando erano bambini, non erano mai andati oltre, ed era successo anche la sera prima a cena, se ci pensava bene.
Avevano parlato dei rispettivi impegni calcistici, di quelli dei loro amici… ma niente sulle loro vite.
Se Daichi non avesse telefonato, non avrebbe scoperto del suo ritorno in Giappone quell’estate, che poi si era trasformato in un far andare a Barcellona il piccolo Ozora.
Se non fosse andato a comprare con lui una camicia, non avrebbe mai scoperto che per gli incontri importanti prendeva sempre quelle del padre perché erano più larghe e gli davano meno la sensazione di soffocamento.
Se Schneider non gli avesse aperto gli occhi, Wakabayashi avrebbe continuato in quel modo anche nell’avvenire, perché ne era sempre stato sicuro.
Tsubasa Ozora è così. Punto.
Non poteva cambiare, non lui.
… Invece, poteva eccome, ed il portiere ci aveva dovuto sbattere la testa contro per capirlo, ma era lì che entrava in gioco la frase detta dei suoi.
Poteva sempre imparare a conoscerlo di nuovo.
Una verità importantissima, quanto semplice, e si stupì di non averla pensata lui stesso.
Poteva chiedergli cos’avesse fatto, visto, vissuto quando era stato a San Paolo con Roberto.
Poteva scoprire cosa facesse a Barcellona oltre ad allenarsi, con chi uscisse, se avesse fatto qualche amicizia in particolare, se avesse sviluppato qualche abitudine.
Insomma, poteva chiedergli di tutto e di tutti, ne aveva il tempo grazie alla situazione con i suoi che lo aveva portato fino alla capitale della Catalogna, e se questo non fosse stato abbastanza allora ne avrebbe trovato dell’altro.
Voleva riscoprire, passo dopo passo, quella persona che era diventata Tsubasa Ozora.
Poteva farlo partendo anche vantaggiato, sfruttando quella cosa che negli anni non sarebbe mai e poi mai cambiata.
“Posso unirmi a voi per un allenamento?”
Domandò, con un grosso sorriso stampato sul volto, ai giocatori e all’allenatore del Barcellona.
Subito dopo aver finito il pranzo con i suoi, era corso al loro campo per poter iniziare quello che si era prefissato in mente.
Come non cominciare con la cosa che Ozora amava di più, escludendo i famosi biscotti al cioccolato e suo fratello minore?
“Vuoi davvero giocare con noi?”
Gli chiese proprio il centrocampista, avvicinandosi preoccupato.
Bacio a parte, non lo aveva lasciato bene quella mattina e il pensiero di come stesse lo aveva tormentato per tutta la mattinata.
“Perché no? E’ da un paio di giorni che sono fermo e ho voglia di sgranchirmi un po’ le mani”
“Ma… è successo qualcosa con i tuoi geni-“
“Tsubasa”
Lo fermò, mettendogli le mani sulle spalle e guardandolo dritto negli occhi.
“Voglio allenarmi con te”
Gli disse in modo semplice e diretto, sorridendo.
Ozora non poté non sorridere di rimando, rincuorato, e dopo si voltò speranzoso verso il proprio allenatore che stava ancora riflettendo sul da farsi.
“Può allenarsi con noi? Sarebbe una grande occasione, no?!”
“Potrebbe esserci un conflitto d’interessi”
Fu Rivaul ad andare a smorzare l’entusiasmo che aveva preso ad animare il compagno di squadra, guardandolo duramente.
Genzo aggrottò la fronte.
“Non vedo perché dovrebbe”
“E il Bayern Monaco cosa direbbe, sapendo che vuoi allenarti con noi?”
“Niente, perché sanno che mi piace giocare con Tsubasa, che tra l’altro è anche il mio capitano in nazionale, tutto qui”
Il brasiliano aprì la bocca per controbattere, ma fu anticipato dall’altra metà della golden combi del Barcellona.
“Rivaul, per favore… è solo un allenamento…”
Davanti a quel mormorio e a quegli occhi ossidiana quasi imploranti, il Falco si ritrovò a sospirare.
Non era solo un allenamento…
“Deciderà il mister”
Quando questo, preso dall’entusiasmo dei suoi giocatori contagiati tutti quanti da Tsubasa, cedette e lasciò che il SGGK si allenasse con loro, Rivaul fu l’unico a non sorridere.


“Durante le partite mi sembrava più simpatico”
Commentò ancora Genzo, appoggiato con il bacino alla spalliera del divano.
“Sembra avercela in qualche modo con noi due…”
“Non potresti essere più lontano”
Rispose Tsubasa, arrivandogli davanti mentre si strofinava i capelli bagnati con un asciugamano.
“Se si comporta in quel modo è solo per un motivo, e ti posso assicurare che non è quello che immagini tu”
“Ne sembri sicuro”
“Lo sono”
Forse perché conosceva quel fantomatico motivo… oh beh, non era quello, quello che importava al portiere al momento.
“Siete molto amici, eh…”
“E’ naturale esserlo, dopo essere compagni di squadra”
“Già… vi frequentate molto?”
“Abbastanza, qualche volta sua moglie m’invita a cenare da loro, perché?”
“Così… chiamala curiosità…”
Ozora lo sbirciò da sotto l’asciugamano.
“Aspetta, non starai mica pensando che io- con Rivaul-?!”
“Oh mio- no! Per carità, no!... O mi vuoi dire che-“
“E’ sposato e ha due figli!”
“Va bene, va bene, non ti arrabbiare, ho capito, mi cucio la bocca adesso”
Rise Wakabayashi nel vedere l’amico agitarsi e calare l’asciugamano sulle spalle, lasciando scoperti i capelli neri completamente sparati per aria.
Come detto, rimase in silenzio… e lo guardò.
Iniziò ad osservarlo mentre tentava di pettinarsi utilizzando le mani, passandole più volte tra i fili neri per dargli almeno una parvenza decente, completamente concentrato in quell’operazione a quanto pareva molto ostica.
Era buffo… e carino.
Si ritrovò stupito del suo stesso pensiero, ma non riuscì né a negare di averlo fatto, né a dire il contrario, perché lo pensò di nuovo dopo pochi secondi.
Tsubasa era davvero molto carino.
“Non guardarmi così, tanto lo sai anche tu che non stanno a posto!”
Sbuffò quest’ultimo, rinunciando alla sua impresa.
Il SGGK alzò le spalle, sorridendogli piano e continuando a tenere i suoi occhi verdi fissi su di lui.
Il centrocampista iniziò a sentirsi leggermente in imbarazzo nel venir fissato così intensamente, non era una cosa che succedeva spesso, soprattutto da parte del portiere, ma in quel momento… era come se gli stesse scandagliando l’intero corpo, centimetro dopo centimetro…
“Wakabayashi…?”
Richiamò, sperando che distogliesse lo sguardo, ma così non fu ed Ozora si ritrovò ad arrossire.
Ancora più carino, pensò Genzo, staccandosi dalla spalliera per raggiungerlo.
Gli tastò delicatamente una guancia e sorrise ancora nel sentirla bollente.
Il centrocampista schiuse le labbra per dirgli che quella sera lo trovava strano, ma prima che potesse farlo, il portiere si abbassò e le chiuse con le sue, sfiorandole prima in modo lento e delicato come piccole carezze, poi sempre più pressando, iniziando a morderle e ad invaderle.
Lui voleva conoscere Tsubasa, ma poteva farlo anche in modo intimo?
Non vedeva perché no, visto che Santana lo faceva.
Il solo pensiero che il brasiliano conoscesse già quel lato di Tsubasa e lui no, lo spinse a portargli le mani sotto la maglia ed ad accarezzargli la pelle nuda.
Non ancora soddisfatto si staccò dalle sue labbra per sfilargliela… ma non riuscì a riprendere il contatto, perché Ozora voltò la testa, pressandogli le mani sul petto per spingerlo via da sé.
“No”
Disse anche, per chiarire meglio il fatto che non voleva andare oltre.
“Perché?”
“Perché non faccio queste cose con gli amici”
“Con gli amici no, ma con gli avversari sì”
Il centrocampista sussultò, guardandolo con occhi sgranati e Genzo si pentì di aver appena pronunciato quelle parole.
“Tsubasa…”
Sussurrò colpevole, guardandolo allontanarsi e dargli le spalle.
“Non abbiamo mai lasciato che il sesso tra di noi potesse intralciare le partite, se proprio ci tieni a saperlo”
Glielo comunicò con voce fredda e il portiere sapeva di meritarsela.
Sospirò, riaccorciando le distanze tra loro e mettendogli una mano tra i capelli, iniziò ad accarezzarglieli per tentare di placare l’ira e lo sdegno che le sue parole avevano provocato.
“Mi dispiace… non era questo quello che intendevo, credimi… è solo che non capisco, perché con Santana sì, e con me no? Perché preferisci lui?”
Pensava di essere più importante dell’attaccante brasiliano…
“Perché sì”
“Ne sei innamorato?”
“No!”
“Allora perché? Perché a lui permetti di toccarti, mentre a me no?”
‘Perché lui può conoscerti in quel modo, ed io no?’
Questa domanda, però, restò solo nella testa di Wakabayashi.
“Senti… è così e basta, non cambierò idea”
“Dammi una risposta valida alla mia domanda almeno, altrimenti non riuscirò a mettermi l’animo in pace”
Ozora si rinchiuse nel silenzio, come a dire che il discorso era chiuso, ma per Genzo non lo era.
“Tsubasa…”
Il centrocampista tentò di allontanarsi in camera, ma il portiere lo fermò, spostandogli la mano dai capelli alla spalla, impedendogli di compiere alcun passo.
“Tsubasa”
Questo prese a tremare.
“Tsubasa!”
“Perché con te non sarebbe solo sesso!”
Quell’urlo ebbe il potere di far saltare un battito al SGGK.
Se non sarebbe stato solo sesso allora…
Sfruttò la mano sulla spalla, e riuscì a far girare Ozora verso di sé, si sentì morire dentro nel vedere i suoi occhi neri pieni di lacrime pronte ad uscire e di rancore nei suoi confronti, rancore per averlo portato a confessare quello che non voleva.
“Tsu-“
Tsubasa si liberò con uno strattone e lo superò, correndo verso la porta di casa.
Seppur sconvolto, Genzo riuscì comunque a non perdere tempo e ad andargli dietro, fermandolo giusto prima che riuscisse ad aprirla.
“Aspetta! Aspetta, ti prego, rima-“
Quella richiesta si perse nel bacio disperato e bagnato – ma non per il solito motivo – che Ozora gli diede per riuscire a distrarlo abbastanza da riaprire la porta, e scappare via subito dopo.
Wakabayashi si ritrovò ad osservarlo correre via esattamente com’era successo quella mattina.
Ma, al contrario di questa, stavolta non stava correndo per sbrigarsi agli allenamenti… stava correndo per allontanarsi da lui.

Che cosa aveva combinato?

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Se Vuoi Fare l'Egoista, Fallo per Davvero ***


Angolino della Robh: Buonasera a tutt*! ♥
Dunque, piccolo aggiornamento su come sta la vostra Robh... non sto ancora bene, ma sto cercando di tirarmi sù il più possibile, chiedendo anche aiuto a chi di dovere, quindi spero che questo periodo nero finisca presto perchè, francamente, non ce la faccio davvero più... ho scritto per un anno intero e in questi giorni non mi viene da fare neanche quello... ma voi state tranquilli perchè, come ho detto, sto cercando di fare di tutto per uscirne e spero presto di ritornare ad essere la solita Robh a cui siete, ed ero, abituata. ^^
Passiamo ora al capitolo... bene bene, a sorpresa vostra... questo è l'ultimo capitolo! xD 
Sì, non sto assolutamente scherzando, questo è l'ultimo capitolo effettivo di questa storia, il prossimo sarà solo un piccolo epilogo che chiuderà il cerchio, la storia vera e propria si chiude con questo, come vi immaginate il chiarimento tra Winnie-Gen e TsuTsu? Se avete imparato a conoscermi, allora sapete già come sarà il finale ma spero possiate apprezzarlo lo stesso. XD ♥
Buona lettura! ♥



Ps: Questo capitolo lo dedico a a Brown Fox. ♥
Tu, dolcissima e gentilissima ragazza, questo capitolo lo dedico a te che ti sei preoccupata per me nonostante quello che stai passando anche tu, ti dico solo grazie, davvero grazie mille, sia per questo, sia per avermi dedicato quella shot (l'ho letta tranquilla, presto la recensirò pure ;) ♥), sia per avermi mandato un messaggio per chiedermi come stavo, sei un vero amore. ♥



 

Genzo mugugnò di dolore, girandosi supino per mettersi a guardare il soffitto bianco sopra di lui.
Dormire sul divano si era rivelata davvero una pessima idea, ma non se l’era sentita di andare in camera da letto senza Tsubasa… perché sì, Tsubasa la sera prima era scappato da casa sua e non era tornato per la notte… tutto dopo essere stato più o meno costretto a rivelargli i suoi veri sentimenti nei suoi confronti…
Il solo ripensarci faceva partire un nuovo mal di testa al portiere, che si passò una mano sugli occhi verdi stanchi.

Panico.
Puro e semplice panico.
Gli era scoppiato nel petto come una bomba dopo che era rimasto a fissare la porta sconvolto per alcuni minuti buoni, ed in pochi secondi gli aveva offuscato completamente la mente facendolo correre dietro al centrocampista fuori dall’appartamento, in strada, ma una volta giunto lì si era reso conto che era troppo tardi.
Di Tsubasa non c’era più traccia… e lui non conosceva abbastanza Barcellona per poterlo andare a cercare da solo.
Allora era tornato in casa e si era messo a fare avanti ed indietro per essa, con la testa che si stava riempiendo sempre più di domande.
Dov’era andato? Stava bene? Domanda idiota, ovvio che non stava bene! Sarebbe tornato? Sperava di sì. Doveva andare a provare a cercarlo comunque? Era meglio aspettare che le acque si calmassero… ma si sarebbero calmate? Perché non si era portato dietro il cellulare?
Perché non gli aveva mai detto la verità?
Perché?
Aveva provato a chiamare Misaki, nella speranza che Ozora, dovunque fosse andato, fosse in qualche modo riuscito a mettersi in contatto con lui per sfogarsi della situazione, ma Taro non aveva saputo dirgli assolutamente nulla se non un ‘è da tutta la vita che se li stava tenendo dentro’ che, detto sinceramente, lo aveva fatto stare solamente peggio.
Dopo aver promesso all’artista di aggiornarlo non appena avesse saputo che fine avesse fatto il loro amico – ma poteva chiamarlo ancora così? -, aveva chiamato Karl.
Karl che gli aveva risposto urlandogli contro perché era appena andato a dormire, e che aveva ripreso subito la calma dopo avergli spiegato quanto successo, sfortunatamente, però, il Kaiser non riuscì a fargliela recuperare anche a lui, la calma, nonostante Genzo ci avesse sperato e, a fine chiamata, il portiere era esattamente nelle stesse condizioni di prima.
Panico in circolo come la peggiore delle droghe e battito a mille come se stesse per avere un infarto da un momento all’altro.
Sensazioni orribili.
Aveva pensato a dove sarebbe potuto andare – da un amico? Un compagno di squadra? Dai suoi genitori? -, a cosa stesse pensando, se sarebbe mai potuto ritornare tutto come prima e alla fine era crollato sul divano, dove iniziò ad assimilare per davvero cos’aveva gli aveva confessato il centrocampista.
Tsubasa provava dei sentimenti per lui.
Provava amore, lo amava?
Nonostante fosse sconvolto dal modo in cui ne era venuto a conoscenza e dalla fuga di Ozora, Wakabayashi si rese sorprendentemente conto di non esserlo da quello che Tsubasa provava per lui.
Piuttosto era… non riusciva neanche lui a spiegare cosa sentisse, perché era un misto tra sorpresa, imbarazzo, gratitudine, tenerezza e… e un’ultima cosa a cui non sapeva dare un nome, al momento.
Sapeva solo di voler vedere Tsubasa tornare a casa.

Ma così non fu.
E il SGGK dormì poco e male, risvegliandosi pure in modo peggiore.
Sospirò, poggiandosi un braccio sul volto.
“Tsubasa…”
Bisbigliò, chiedendosi per l’ennesima volta dove fosse.
Mentre si stava ponendo quella domanda, s’iniziarono a sentire dei rumori nella zona d’ingresso che attirarono all’istante la sua attenzione.
Quando la porta di casa si aprì, lui si scapicollò giù dal divano, sbattendo le ginocchia contro il pavimento.
“Tsubasa!”
Urlò, ignorando il dolore e correndo davanti alla porta… ma non trovò Ozora, arrivato lì.
Trovò Rivaul.
“Cos-?”
Mormorò Genzo, non capendo il motivo della sua comparsa lì.
“Sono venuto a prendergli la tuta e il borsone per gli allenamenti”
Gli rispose Rivaul e Wakabayashi sgranò gli occhi.
Doveva essere stato il centrocampista a chiedergli il favore di andare a prendergli lui l’occorrente per gli allenamenti, non poteva essere altrimenti.
“Sta bene”
Gli disse il brasiliano, anticipando la sua domanda, superandolo per dirigersi in camera.
“Davvero?! Dov’è adesso?!”
Chiese il portiere, seguendolo passo passo.
“Davvero, è a casa mia con mia moglie adesso, ieri sera era abbastanza sconvolto ma siamo riusciti a calmarlo, ha dormito da noi”
Da loro… era andato da Rivaul, era rimasto a dormire da loro… come aveva fatto a non pensarci? Proprio la sera prima avevano parlato del Falco, e Ozora gli aveva anche detto che qualche volta cenava da loro!
Che cretino!
Il SGGK si appoggiò ad una parete, improvvisamente privo di forze e svuotato di tutto, lasciandosi scivolare lentamente contro di essa fino ad arrivare seduto a terra, passandosi più volte le mani sul viso distrutto.
Aveva passato la peggiore notte della sua vita perché non aveva pensato.
Che cretino…
L’asso del Barcellona lo guardò, issandosi in spalla il borsone del compagno di squadra, e sospirò, andandogli a battere piano una mano sulla spalla.
Sapeva che sarebbe finita in quel modo, per questo aveva detto a Tsubasa che quella farsa di fingersi il fidanzato del portiere con i genitori era una pessima idea… ma lui non lo aveva ascoltato, e non aveva ascoltato neanche i suoi avvertimenti, aveva voluto fare di testa sua per l’ennesima volta e guarda un po’? Era finita coma aveva immaginato Rivaul, con Tsubasa che era corso a casa sua trattenendo a malapena le lacrime e con Genzo a pezzi dalla preoccupazione.
Perché in campo seguiva sempre quello che gli diceva mentre nella vita mai?
Magari, in quel modo, la prossima volta l’altra metà della golden combi del Barcellona l’avrebbe ascoltato… ci sperava, almeno…
“Io adesso devo andare… quando parlerete per chiarirvi, state attenti a non ferirvi, ok? Tsubasa lo fa già abbastanza da solo, e Santana con lui”
Si raccomandò, dandogli un’ultima pacca, poi si allontanò per uscire dalla stanza.
“Quindi tornerà? Ti ha detto quando lo farà?”
Gli chiese il SGGK, prima che lasciasse la stanza.
“No, non me l’ha detto, ma credo che lo farà presto, forse anche oggi stesso… tu dagli solo un po’ di tempo”

Se fosse stato per Genzo, adesso che sapeva che stesse bene, gli avrebbe dato tutto il tempo del mondo.
Se fosse stato solo per lui.

“Dov’è Tsubasa?”
Chiese Hanabi al figlio, sorridendogli mentre si sedeva davanti a lei e sbirciando dietro di lui per vedere la figura famigliare del calciatore.
Già, dov’era Tsubasa?
Sicuramente non con lui, e Genzo era altrettanto sicuro che non li avrebbe raggiunti, perché avrebbe dovuto farlo, d’altronde, dopo tutto quello che era successo? Per continuare a fingere e a stare male, sapendo appunto che era tutta finzione?
Impossibile che lo facesse, che fosse così masochista.
E il portiere aveva già deciso, prima di recarsi al ristorante, di mettere fine a tutto, di dire la verità e smetterla con quella sceneggiata, perché era giusto che lo facesse, perché glielo doveva dopo quanto gli aveva fatto la sera prima.
Avrebbe perso la sua libertà e anche la fiducia dei suoi, ma avrebbe ridato la sua al centrocampista com’era giusto che fosse.
Gli andava più che bene che finisse tutto in quel modo.
“A proposito di lui, vi devo dire una co-“
“Eccomi, scusate il ritardo!”
“Tsubasa!”
Trillò allegra Hanabi, alzandosi in piedi per andare a dargli un breve abbraccio.
“Scusate davvero, sono dovuto rimanere qualche minuto in più agli allenamenti”
Si scusò ancora Ozora, ricambiando la stretta della donna e facendo sorridere Shuzo, che annuì e si rivolse al figlio, che aveva dipinta sul viso un’espressione stupita.
“E’ questo che volevi dirci, figliolo?”
…No, doveva dirgli che, a quanto pareva, Tsubasa era masochista.
Un grande masochista, visto che gli diede pure un bacio sulla guancia per salutarlo, prima di sedersi a tavola accanto a lui.
“Ciao”
Gli bisbigliò a bassa voce il centrocampista, mostrandogli un piccolo sorriso.
Il portiere non ricambiò, lanciò una breve occhiata ai genitori e, vedendoli presi a decidere cosa ordinare quel giorno, ne approfittò per sporgersi verso di lui, così da poter bisbigliare senza essere sentiti.
“Perché sei qui? Non dovevi venire, non dopo ieri sera cavolo!”
“Non potevo lasciarti nei guai proprio adesso”
“Potevi e dovevi”
“Non sono quel tipo di persona che fa cose per ripicca”
“Beh, dovresti proprio iniziare a diventarlo”
“Non ci tengo, grazie”
“Testone”
“Ingrato”
Il SGGK si morse la lingua per non replicare con un una nuova nomea e lo guardò seriamente negli occhi ossidiana.
“Adesso, tu inventi una scusa e te ne vai, io invece resto qui e confesso tutto quanto, va bene?”
“No”
Il tono tanto deciso quanto infantile con cui Ozora rispose, portò Wakabayashi vicino ad imprecare.
“Di grazia, perché no?”
“Perché sono un grande egoista”
Mormorò Tsubasa con un sorriso tremulo.
Quel sorriso così tremante fu l’ennesimo colpo al cuore per Genzo, che si sporse di più, preoccupato che potesse avere un crollo da un momento all’altro.
“Tu non-“
“Tutto bene voi due?”
La domanda di Hanabi fece sussultare entrambi, ma fu Ozora a riprendersi per primo e a rispondere, indossando… o meglio, cercando, visto che gli continuava a tremare, un sorriso più largo.
“Sì certo, sono solo un po’ stanco, scusate”
I due coniugi non rimasero molto convinti, ed il portiere non si stupì di vedere suo padre gettargli un’occhiata per capire se le parole del centrocampista fossero davvero vere.
Lui guardò un attimo il volto di Tsubasa, e alla fine sospirò.
“Siamo quasi alla fine della stagione, gli allenamenti si fanno più duri in questo periodo”
A quelle parole, sia Shuzo che Hanabi si rilassarono e tornarono tranquilli ai loro menù, mentre Genzo sospirò per l’ennesima volta ed allungò un braccio per circondare le spalle di Ozora, stringendoselo poi forte contro.
“Non sei egoista, sei solo un grande idiota”
Gli mormorò all’orecchio, sentendolo ricambiare la stretta con forza.

“Dobbiamo parlare”
Disse serio Wakabayashi, afferrando il polso di Ozora prima che si mettesse a correre.
Grazie alla bugia che fosse stanco, marito e moglie non avevano prolungato di troppo il pranzo e li avevano lasciati andare intanto che loro finivano ancora il dolce.
Tsubasa ne avrebbe voluto approfittare per defilarsi velocemente, ma una volta fuori dal ristorante, il SGGK lo aveva anticipato.
“Dobbiamo proprio adesso? Gli alle-“
“Se li salti per una volta non cade il mondo”
No, ma erano un’ottima scusa per rimandare il momento dei chiarimenti, pensò il centrocampista, abbassando lo sguardo sulla mano stretta al suo polso.
“Le cose potrebbero rovinarsi del tutto, lo sai, vero?”
“Sì… ma sono pronto a correre il rischio, se questo vuol dire non vederti più scappare via”
“… Fammi avvisare Rivaul”
Dopo la breve chiamata dove Tsubasa informò il compagno di squadra che non avrebbe partecipato agli allenamenti pomeridiani e sospettava, il portiere, che il brasiliano si fosse raccomandato anche quella volta, il centrocampista lo portò in un luogo tranquillo, lo stesso dove tempo prima si era recato per sfogarsi dell’esser stato inserito nella seconda squadra.
Si sedette a cavalcioni sul parapetto in pietra, osservando il bellissimo panorama che quel punto offriva su Barcellona, mentre Genzo preferì dare le spalle a questo per potergli rivolgere tutta la sua attenzione.
“Metti anche questo”
Gli disse Wakabayashi, togliendosi il fidato cappellino per metterlo a lui, che si era tolto la felpa della tuta per non essere riconosciuto dai passanti.
Il centrocampista sorrise, calandoselo bene in testa anche per non far vedere il leggero rossore che prese a colorargli le gote di una prima sfumatura di rosso.
Il SGGK riuscì a notarlo comunque, perché lo stava osservando attentamente, con scrupolosità, come se lo avesse davanti per la prima volta, come se volesse analizzarlo prima di iniziare a parlare per capire quali risposte gli avrebbe dato.
A giudicare dall’ennesimo sospiro che rilasciò, non riuscì nel suo intento.
“Perché hai accettato di fingere con i miei?”
“Perché ti amo e volevo sfruttare l’occasione a mio vantaggio facendoti stare vicino a me, te l’ho detto che sono egoista, no?”
Genzo fece finta di non sentire la seconda parte della risposta, e continuò a fargli altre domande.
“Da quanto?”
Tsubasa alzò le spalle, girandosi a guardare nuovamente la città sotto di loro.
“Dalla partita Nankatsu contro Shutetsu? Non lo so, me ne sono reso conto solo alle medie”
“E perché non me lo hai mai detto?”
“Perché tempo fa ho capito di non voler giocare questa partita persa in partenza”
Wakabayashi gli rivolse un’occhiata interrogativa, ed Ozora sorrise amaramente, tornando a guardarlo.
“Non ho mai avuto possibilità fin dall’inizio, sia perché tu non mi hai mai voluto prendere in considerazione, sia perché io ti ho impedito di farlo per mia scelta… ti sentivo parlare delle tue conquiste e stavo male, ma allo stesso tempo mi dicevo ‘è felice, perché devo rovinargli tutto confessandogli i miei sentimenti? E’ un problema mio, non suo’, così stavo zitto e andavo avanti, continuando ad essere solo lo Tsubasa calciatore, il tuo rivale, il tuo amico e basta”
“E… Santana…”
Genzo lo vide abbassare lo sguardo, intristito.
“Con Carlos è iniziata per caso qui in Spagna, io mi sentivo solo perché tu avevi appena trovato qualcuno, lui si sentiva solo perché Leo si trova in Giappone… ed è iniziata… sappiamo entrambi che è uno sbaglio, e Rivaul ci ha ripreso parecchie volte, ma a volte fa tutto semplicemente troppo male e quindi non vogliamo stare da soli…”
“Rivaul lo sapeva?”
Tsubasa annuì.
“Ha fatto due più due dopo averlo visto più volte qua a Barcellona senza che il Valencia fosse in trasferta”
“E sapeva anche di me”
“Lo ha capito dopo la nostra prima partita da avversari, Taro me lo aveva detto che mi si leggeva in faccia quando giochiamo insieme, ma non avevo voluto credergli”
Il centrocampista accennò una risata per smorzare la tensione, ma quella rimase, pesante, come il silenzio che calò come una spessa cortina di nebbia tra loro.
Fu Tsubasa a romperlo, dopo alcuni minuti, non riuscendo più a sopportarlo.
“Non devi sentirti in colpa, né pensare di aver sbagliato qualcosa o altro… ho fatto tutto io, ho sbagliato io ad accettare di aiutarti sapendo che ci sarebbero potute essere delle conseguenze, io ti ho stuzzicato per poterti avere almeno una volta… tu non c’entri niente, è tutta colpa mia, quindi puoi far finta che non sia successo nulla, puoi andare avanti e-“
“E se io non volessi farlo?”
Lo interruppe il SGGK, facendogli rialzare lo sguardo, ora sorpreso e sgranato.
“Se io volessi smettere di pensare a te come ‘Tsubasa il calciatore’ e cominciare a guardarti come ‘Tsubasa il ragazzo che prova dei sentimenti per me’?”
“Perché dovresti farlo?”
“Perché non dovrei, piuttosto”
Ozora scosse la testa, corrucciandosi.
“Sei solo influenzato da questi giorni e da quello che ti ho appena detto”
“Anche se fosse? Perché non approfittare della situazione, perché non provarci per davvero?”
Ci aveva pensato in quei minuti di silenzio, Genzo, ci aveva pensato per davvero a come sarebbe potuto essere avere Tsubasa accanto per qualcosa diverso dal calcio, a come sarebbe stato conoscere ogni suo lato giorno dopo giorno in una probabile relazione, e se questa sarebbe potuta essere simile a quella che avevano finto davanti ai suoi genitori.
A questi pensieri, aveva aggiunto anche i pensieri fatti quella notte ed era arrivato alla conclusione di volerci provare, era arrivato alla conclusione di non trovare Tsubasa poi così indifferente.
Era arrivato alla conclusione che una loro vera relazione sarebbe potuta anche essere migliore di quella finta.
“Perché dopo tutto quello che è successo-“
“Tutto quello che è successo potrebbe portarci alla cosa più bella della nostra vita”
“O alla peggiore”
“Finché non ci proveremo, non lo sapremo, perché sei così restio se sei tu quello ad amarmi?”
“Perché… mi sembra di costringerti o raggirarti in qualche modo…”
“Ma fammi il favore!”
Scoppiò a ridere il portiere, facendo imbronciare il centrocampista.
“Ehi, guarda che mi sto preoccupando per te!”
“E’ questo il tuo problema, se vuoi fare l’egoista, allora fallo per bene e fino in fondo”
“Ma-“
“Niente più ma”
Wakabayashi si staccò dal parapetto e si avvicinò ad Ozora fino ad arrivargli a pochi millimetri dal volto, gli tolse il cappellino con un movimento veloce e, prima che potesse aggiungere altro, gli diede un bacio leggero e a schiocco sulle labbra, nascondendolo agli occhi di tutti con il suo fidato cappello.
“Tsubasa”
Gli sorrise teneramente, mentre lo vedeva prendere sempre più colore in viso.
“Proviamoci per davvero”

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Che Dici, Tentiamo una Seconda Volta? ***


Come sempre per l'ultimo capitolo, l'angolino è in fondo, buona lettura! ♥


“A dire il vero… io e Genzo abbiamo una cosa da dirvi”

Ci aveva provato, il SGGK, a far cambiare idea al suo ragazzo, davvero, e disperatamente anche.
Ci aveva provato quando avevano ricevuto entrambi la convocazione per la nazionale e a Tsubasa era arrivata l’idea.
Ci aveva provato quando era andato da lui a Barcellona per incontrarlo, e quando Ozora era andato a Monaco per fare lo stesso.
Ci aveva provato ad ogni singola chiamata che si erano scambiati.
Ci aveva provato quando si erano incontrati per affrontare il viaggio di ritorno in Giappone insieme, per non parlare dei tentativi fatti sull’aereo.
Ci aveva provato quando erano atterrati, quando avevano preso il treno per Nankatsu, quando erano arrivati a casa Wakabayashi, ma niente.
Il centrocampista aveva preso una decisione e voleva portarla fino in fondo, approfittando della domanda che gli era stata fatta da Hanabi – un semplice ‘qualche novità ragazzi?’ – ed ignorando i cenni negativi da parte del portiere.

Niente, voleva sganciare la bomba.

“Che tono serio Tsubasa, dobbiamo forse preoccuparci?”
Chiese Natsuko, poggiando una mano sul braccio del figlio.
“Ma no mamma, figurati, in verità è una cosa bella”
“Una cosa bella?”
“Sì, molto bella”
“Allora cosa aspettate a dirla, Genzo parlo anche con te!”
Borbottò Hanabi, pungolando il terzogenito che sospirò, guardando male il fidanzato.
Tsubasa, invece, gli sorrise e si portò una mano al collo della maglia, Genzo fece lo stesso, ed entrambi fecero uscire da sotto l’indumento una catenina con dentro infilato un anello molto particolare.

Una fede nuziale.

Ci fu qualche secondo di silenzio generale, gli occhi delle due famiglie erano completamente sgranati e quasi fuori dalle orbite tanto era lo stupore, alla fine fu Daichi il primo a reagire e a correre dal fratello maggiore urlando ‘congratulazioni!’, gli seguirono Shuichi ed Eiji che andarono da Genzo a scompigliargli i capelli, mentre Shuzo incrociava le braccia al petto ed annuiva con un cenno leggero della testa, soddisfatto.
Le uniche a non prenderla bene, furono ovviamente Hanabi e Natsuko.
“Ti sei sposato senza dirmi niente?!”
Urlarono ognuna al proprio figlio, la seconda chiese anche come avrebbe fatto a dirlo a Kodai, in quel momento assente perché ancora per mare.
Il portiere alzò gli occhi al cielo, cercando d’ignorare la madre, mentre il centrocampista cercò di rabbonire la sua spiegandole cautamente di come avessero voluto fare una piccola cerimonia intima, solo con i loro testimoni ovvero i cari Taro e Karl.

Ma non era quello il motivo per cui il SGGK non voleva rivelare niente…

“Allora, figliolo, quando hai intenzione di farmi diventare nonno?”

… eccolo, il vero motivo.

Sapeva che suo padre – o sua madre, se non i suoi fratelli – gli avrebbe fatto quella domanda, lo sapeva, non poteva aspettarsi altrimenti conoscendolo… ma gli caddero comunque le braccia, mentre un’orribile sensazione di dejavu lo prese.
E adesso? Come ne veniva fuori, senza che iniziassero a parlare di adozione e altro?
Doveva inventarsi di nuovo qualcosa?
Beh… vista com’era finita l’ultima volta, pensò guardando quello che negli anni era passato da quasi sconosciuto a suo marito, magari anche quella seconda finzione gli avrebbe portato qualcosa di buono.




 

Angolino della Robh: Buon pomeriggio a tutt*! ♥
E così siamo giunt* alla fine anche di questa storia, mi è piaciuto molto scriverla dato che è sui miei due pargoli prediletti e speravo che quella sensazione di felicità durasse anche durante la pubblicazione... oh beh, non si può chiedere tutto dalla vita suppongo. xD
Scherzi un po' a parte, ovviamente sono contenta di essere riuscita a finire di pubblicarla anche con il mio attuale stato e sono strafelice anche che sia piaciuta, vi dico la verità, non credevo ed invece ne sono rimasta piacevolmente sorpresa, quindi davvero un grosso grazie a chi ha continuato a seguirmi silenziosamente, a chi ha commentato (preoccupandosi anche per me, siete degli amori! ç.ç ♥), e a chi ha messo la storia nelle preferite/seguite/ricordate, davvero, grazie di cuore a tutti! ♥
E quindi è finita così... chi se lo aspettava? Spero di essere riusciuta a sorprendere almeno qualcuno con questo matrimonio, dai, è un bel colpo di scena anche se si poteva immaginare, no? xD Il finale è volutamente un po' aperto, come sapete io ho una OC per la dolce figlioletta ovvero la mia piccola Hime, ma dato che non volevo che la fict durasse troppo e non ho intenzione di fare un seguito, ho deciso di farlo così... quindi immaginate voi, vi lascio completa libertà. u.u  Ah, per il matrimonio immaginatevi una scena alla Victuuri di Yuri on Ice, io ho fatto così e sono scoppiata a piangere per i miei pargoli, cercherò di farmi fare un disegno così da Serè anche se la vedo dura. >.>
Cos'altro dire... grazie ancora per tutto, davvero, ci vediamo alla prossima storia! ♥


Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3950685