Hogwarts' Stories

di GReina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Selezioni di Quidditch - pov. Hinata ***
Capitolo 2: *** Incontri e allenamenti - pov. Hinata | Iwaizumi ***
Capitolo 3: *** Ad ogni Grifondoro un Corvonero - pov. Daichi | Kenma | Akaashi ***
Capitolo 4: *** Paranoie - pov. Sakusa | Tsukishima | Oikawa ***
Capitolo 5: *** Corvonero vs. Grifondoro - pov. Daichi | Hinata | Suga | Kuroo ***
Capitolo 6: *** Tra incoraggiamenti e primi approcci - pov. Akaashi | Suga | Shimizu ***
Capitolo 7: *** Halloween e conseguenze - pov. Kenma | Shimizu | Daichi ***
Capitolo 8: *** Gita ad Hogsmeade - pov. Iwaizumi | Yamaguchi ***
Capitolo 9: *** Serpeverde vs. Tassorosso - pov. Iwaizumi | Akaashi ***
Capitolo 10: *** Tra fraintendimenti e scoperte - pov. Tsukishima | Daichi | Iwaizumi ***
Capitolo 11: *** Giorni (non troppo) tranquilli per i Corvonero - pov. Kenma | Sakusa | Kenma ***
Capitolo 12: *** Diversi tipi di appuntamenti - pov. Daichi | Kuroo | Daichi ***
Capitolo 13: *** Vacanze natalizie - pov. Hinata | Oikawa | Tanaka ***
Capitolo 14: *** Normale routine per i Miya - pov. Osamu | Atsumu ***
Capitolo 15: *** Corvonero vs. Tassorosso - pov. Tsukishima | Kuroo | Akaashi | Iwaizumi ***
Capitolo 16: *** Tutti amano Oikawa - pov. Atsumu | Iwaizumi | Daichi | Iwaizumi ***
Capitolo 17: *** San Valentino - pov. Daichi | Osamu | Tsukishima | Iwaizumi ***
Capitolo 18: *** Grifondoro vs. Serpeverde - pov. Oikawa | Hinata | Iwaizumi ***
Capitolo 19: *** Incomprensioni - pov. Daichi | Kenma | Akaashi ***
Capitolo 20: *** Stage sportivi e professionali - pov. Hinata | Oikawa | Daichi | Iwaizumi ***
Capitolo 21: *** Corvonero vs. Serpeverde - pov. Akaashi ***
Capitolo 22: *** Il disastro della Torre - pov. Kuroo | Atsumu | Kenma | Akaashi ***
Capitolo 23: *** Venendone a capo - pov. Suga | Sakusa ***
Capitolo 24: *** Tra lacrime e fusa - pov. Kenma | Kuroo ***
Capitolo 25: *** Più confusi che mai - pov. Sakusa | Atsumu ***
Capitolo 26: *** Fuori un dramma, dentro un altro! - pov. Oikawa | Hinata | Osamu | Iwaizumi ***
Capitolo 27: *** Grifondoro vs. Tassorosso - pov. Akaashi | Hinata | Atsumu ***
Capitolo 28: *** Festa e ricordi - pov. Suga | Iwaizumi ***
Capitolo 29: *** Tempo di esami - pov. Tsukishima | Akaashi | Kenma ***
Capitolo 30: *** Come in un sogno - pov. Iwaizumi | Oikawa | Hinata ***
Capitolo 31: *** Arrivederci Hogwarts! - pov. Iwaizumi | Yamaguchi ***
Capitolo 32: *** Epilogo - pov. Hinata ***



Capitolo 1
*** Selezioni di Quidditch - pov. Hinata ***


Hinata
Hinata non aveva capito di voler entrare in squadra fino alla scorsa estate ma, una volta innestata, nulla era riuscito a togliergli quell’idea dalla testa.
Sebbene avesse ormai iniziato e concluso ben quattro anni nella più grande scuola di Magia e Stregoneria in assoluto, la famiglia di Shoyo non era ancora pratica di quel mondo. Comprendere la magia risultava già quasi del tutto impossibile persino per lui, non si stupiva, quindi, che sua madre e sua sorella non avessero la minima idea di come comportarsi all’interno della sua nuova realtà.
A spiegargli che lui era un natobabbano era stato il professor Takeda; Shoyo non ci aveva creduto, si era invece messo a ridere, contento della nuova trovata di sua madre per far divertire lui e la sorellina. Il professore ci aveva messo un bel po’ per convincerlo che non era uno scherzo, e ancora più tempo gli era servito per convincere la signora Hinata. Da quel giorno, poi, per mesi il ragazzo aveva aspettato la propria lettera, e una volta arrivata non era più riuscito a stare fermo. Il professore – Shoyo lo ricordò con un pizzico di delusione – non si era assolutamente dilungato in spiegazioni, limitandosi a spiegare alla famiglia lo stretto indispensabile:
“Capirai meglio una volta arrivati ad Hogwarts.” aveva ripetuto alle insistenti domande dell’esaltato decenne. Takeda aveva spiegato loro dei gufi usati a mo’ di postini, del muro da attraversare per giungere all’Hogwarts Express, delle lezioni, del castello, delle Case… ma – ad esempio – aveva dimenticato di parlare del Quidditch! Hinata ne aveva scoperto la natura alla sua prima lezione di Volo e da allora ne era rimasto del tutto affascinato. Passava ore nella Sala dei Trofei a leggere targhe ed immaginare partite, e ancora di più ne passava sulle tribune ad ammirare i giocatori! Agli studenti del primo anno non era permesso entrare in squadra, quindi si limitava ad osservare ed ammirare da lontano il gioco. Tornato a casa, non aveva tardato: aveva raccontato alla madre ogni singola azione eseguita nell’ultima partita del Campionato delle Case e a gran voce aveva chiesto un manico di scopa! A fine agosto, quindi, Shoyo e la sua famiglia avevano varcato la soglia del negozio sportivo di Diagon Alley e – arrivati al bancone – il proprietario era riuscito a spiazzare il giovane mago:
“Che modello stai cercando?” l’uomo non aveva ottenuto risposta, solo un’espressione confusa, ma questa non aveva demoralizzato il commerciante “Vuoi un manico da corsa? Da passeggio? Sei alle prime armi o sai già volare?” alla fine, sua madre aveva basato la scelta sul costo, più che sulle qualità della scopa ed Hinata era uscito dal negozio felice della sua Scopalinda 15. Aveva avuto solo una settimana, poi, per allenarsi, ed ovviamente aveva fallito le selezioni. Il terzo anno non era stato diverso ed al quarto era ormai preparato per il rifiuto. Quello di cui aveva bisogno, lo sapeva bene, era allenamento! Un mentore, magari, che gli spiegasse le manovre più difficili. Tutto ciò che aveva, invece, era una mediocre scopa e tanta forza di volontà. Poi, era arrivato lo sprono di cui aveva bisogno: Kageyama era stato preso in squadra.
I due non avevano messo neanche piede a Hogwarts, durante il loro primo anno, che già erano diventati rivali. Per Hinata era tutto nuovo, e la partenza da Londra non poteva che renderlo euforico. Aveva quindi salutato felice la madre e la sorella ed era corso sul treno. Aveva presto trovato uno scompartimento in cui potersi sedere; all’interno, solo un ragazzo serio e silenzioso che guardava tranquillo e impassibile fuori dal finestrino. Shoyo aveva buttato di fretta lo zaino sul sedile per tornare a salutare la sua famiglia sporgendosi dal finestrino e non si era accorto del fastidio dell’altro – a cui aveva invaso lo spazio personale – fino a quando il treno non aveva svoltato, nascondendo alla vista dei ragazzi in partenza i familiari rimasti sulla banchina.
“Sei del primo anno anche tu??” Hinata sapeva ancora poche cose del mondo magico o di Hogwarts, ma non ci aveva messo molto a notare che il ragazzo del treno indossava la divisa scolastica ancora priva di stemmi. “Il professor Takeda mi ha spiegato delle quattro Case di Hogwarts! Le conosci? Sono Grifondoro, Serpeverde, Tassorosso e Corvonero!” l’altro non si decideva a rispondere, tutto ciò che Hinata aveva ottenuto erano stati sguardi truci, forse increduli, quindi aveva continuato “Io spero di finire in Grifondoro! Sembrano i più fighi, vero? Audacia, Fegato, Cavalleria! Culla dei cavalieri e dei puri di cuore!”
“Culla degli esaltati.” la sua risposta era stata poco più che un brontolio, ma tanto era bastato per far capire ad Hinata che non sarebbero mai potuti andare d’accordo. Kageyama, però, era anche il primo, vero mago e suo coetaneo che Shoyo incontrava! Iniziò quindi a tempestarlo di domande, fino a che quello che sarebbe stato il suo più grande nemico non aveva sbottato
“Ma insomma! Ti sembro forse un professore? Non è colpa mia se non sai niente! Che cosa hai fatto negli ultimi undici anni?” quell’ultima domanda aveva lasciato il natobabbano spiazzato: “Che cosa intende?” si era chiesto “Non sa che non avevo nessuno a cui fare tutte queste domande?”
“Guarda che io sono un natobabbano.” gli aveva quindi risposto come se quello spiegasse tutto, ma Kageyama si era solo arrabbiato di più, quindi Hinata aveva lasciato lo scompartimento, scocciato dal comportamento del compagno e speranzoso d’incontrare qualcuno più propenso ad assecondare le sue domande.
Tobio Kageyama, poi, era stato chiamato prima di lui ad indossare il Cappello Parlante, e ad Hinata non era sfuggito il suo sussurro “1 a 0 per me”. Non c’era stato bisogno di aggiungere altro per capire, il ghigno del moro parlava già chiaro, e fu da allora che iniziarono le sfide.
Chi riusciva a versare più estratto di asfodelo nella propria pozione prima che esplodesse, chi riusciva ad arrivare per primo a lezione partendo dalla Sala Grande, chi riusciva a far levitare più in alto la propria piuma o a trasfigurare per primo il proprio stuzzicadenti in ago. Kageyama era stato smistato in Serpeverde, mentre Hinata in Grifondoro: le sfide si sprecavano, ma era stato il Volo, alla fine, a far di loro i rivali per eccellenza. Durante tutto il primo anno, Hinata aveva diviso quella lezione con la classe di Tassorosso, ma era stato al suo secondo anno che dividerla con Kageyama aveva fatto venir fuori tutto il suo potenziale. Quel perfetto signorino purosangue era schifosamente eccezionale sulla scopa, Hinata non aveva neanche la pur minima possibilità di batterlo, ma ancor meno c’era la possibilità che si arrendesse all’evidenza! In breve tempo, le loro sfide erano diventati allenamenti; le lezioni di Volo un modo per farsi notare dal professor Ukai. Adesso, era pronto per le selezioni della squadra.
 
Si trovava al centro del campo con le protezioni addosso e la scopa sottobraccio. Aveva un buon presentimento! Il cielo era sereno ed il sole abbastanza alto da non dare fastidio agli occhi; aveva osservato, si era allentano, aveva imparato. Sapeva che non sarebbe stato subito il migliore, ma non aveva dubbi: un giorno anche lui avrebbe avuto il posto d’onore nella Sala dei Trofei come il cercatore di Grifondoro Udai Tenma e – soprattutto – avrebbe battuto Kageyama. Era stato il ruolo del rivale, più che quello del suo idolo della Sala dei Trofei, a spingerlo a fare il provino come cercatore. Kageyama, come al solito, era stato fortunato, ed un infortunio del cercatore Serpeverde, lo scorso anno, gli era valso un posto in squadra. A Hinata invece, tutto – in quel mondo – risultava più difficile, ed essere ancora lì, pronto a sfidare il compagno purosangue, la considerava una vittoria personale.
Era stato il primo ad arrivare, e adesso il Capitano – un ragazzo impostato che ricopriva anche la carica di Caposcuola – stava guardando l’orologio
“Direi che possiamo cominciare.” disse subito dopo. Esaminò con lo sguardo tutti i presenti indugiando appena un attimo di troppo su di lui. Hinata non se ne stupì: era il secondo anno che Sawamura Daichi passava da Capitano, ma già per ben tre anni aveva osservato Hinata provare (e miseramente fallire) le selezioni.
“Quest’anno sarà diverso!” Shoyo lo pensò, ma non lo disse. Non sapeva se la sua espressione stesse riflettendo la propria determinazione, ma se Daichi ritenne che esaminare anche lui fosse una perdita di tempo, non lo diede a vedere.
A differenza degli altri capitani, quello di Grifondoro ogni anno apriva le selezioni per ogni ruolo: a nessuno era garantito il posto, neanche se lo si aveva ricoperto l’anno prima. Hinata inforcò il proprio manico ed attese; quell’anno, il ruolo di cercatore se lo contendevano lui ed un ragazzo del suo stesso anno: Tsutomu Goshiki. L’aveva visto volare durante le lezioni del professor Ukai e la cosa lo spaventava; era un mezzosangue e in dormitorio non faceva altro che vantarsi di come casa sua fosse intrisa di ogni genere d’incantesimo anti-babbano solo per permettere a lui e ai suoi fratelli di giocare a Quidditch durante le vacanze. Stava ancora maledicendo la sua sfortuna quando il fischio del capitano e poi un bagliore di luce dorata catturarono tutta la sua attenzione: ogni distrazione era sparita e, ad un tratto, c’erano solo lui ed il boccino. Spostò il peso in avanti e iniziò a sfrecciare verso il bagliore, Goshiki – lo percepiva a malapena – gli era alle calcagna. La scopa del compagno di dormitorio era molto più veloce della sua, eppure la Nimbus 2009 di Tsutomu non poteva competere con la Firebolt 2.0 di Kageyama, ed Hinata era quest’ultima che aveva puntato di sconfiggere. Aveva studiato per due anni affinché le proprie manovre aree colmassero la differenza di velocità, e adesso quell’allenamento dava i suoi frutti. Goshiki l’aveva quasi raggiunto quando Hinata provò per la prima volta il Tackle Transilvano, il compagno credette alla sua finta e rallentò; Hinata sorrise: non si impegnava quasi per niente nello studio e avrebbero dovuto torturarlo per convincerlo ad aprire un libro di sua iniziativa, ma con il Quidditch era diverso! Aveva sfogliato ogni volume possibile della biblioteca per imparare più mosse possibili, e quando aveva letto del Tackle non si era potuto impedire di pensare a sé stesso e a Kageyama fianco a fianco sulle scope ad inseguire il boccino. Fingere di colpire il signorino Serpeverde era assolutamente nel loro stile.
L’improvvisa frenata di Goshiki ed il successo della finta diede maggiore carica a Shoyo che si appiattì sul proprio manico ed accelerò! Gli parve quasi di sfiorare il boccino quando un bolide lanciato con violenza nella sua direzione lo costrinse a frenare. Si voltò solo per vedere Ryunosuke Tanaka e Yu Nishinoya battersi il cinque. Quei due, era chiaro, sarebbero di nuovo stati confermati come battitori titolari. L’aspirante cercatore sbuffò e riportò lo sguardo di fronte a sé, luogo adesso totalmente vuoto. Decise quindi di sollevare la punta del proprio manico ed osservare il campo dall’alto in attesa che il boccino si palesasse per la seconda volta.
Tanaka e Nishinoya erano sicuramente al loro apice, ma Taketora Yamamoto, era chiaro, non aveva intenzione di rimanere in panchina come lo scorso anno e – come gli altri due – si dava da fare per mandare i bolidi che gli capitavano a tiro il più violentemente possibile verso gli avversari. Uno di questi riuscì un paio di volte a sbilanciare Hajime Iwaizumi che provava a riconfermarsi come cacciatore, mentre Kotaro Bokuto zigzagava tra le palle impazzite con una maestra tale da sembrare che fossero i bolidi ad evitarlo più che il contrario. Lev e Kindaichi, del suo stesso anno, invece, non sembravano riuscire a gestirli.
Hinata avrebbe voluto assistere a qualche parata di Tetsuro Kuroo, che ogni anno durante le selezioni sostituiva Daichi come portiere, ma un brilluccichio dorato, proprio accanto agli anelli, lo costrinse a distogliere l’attenzione dal cacciatore relegato in porta. Shoyo osò buttare uno sguardo fugace verso Goshiki prima di agire: il suo avversario si trovava tra lui e il boccino, e la sua scopa era di gran lunga più veloce della Scopalinda 15 di cui Hinata si doveva accontentare. Sorrise: era arrivato il momento di mostrare al capitano la sua mossa migliore. C’era voluto un anno intero per impararla, ma adesso era pronto: prese la rincorsa verso il rivale cercatore e, attirata la sua attenzione, si tuffò in picchiata. L’altro sicuramente non aspettò di vedere a sua volta il boccino e seguì Hinata in quell’assurda corsa verso il terreno. La Nimbus ci mise poco a raggiungerlo e quasi a superarlo, e fu proprio quando questo avvenne che Hinata interruppe la picchiata grazie a delle spirali che rallentarono la caduta: era la Finta Wronski.
Il fischio di Daichi, subito dopo che ebbe afferrato il boccino, parve ad Hinata il suono più bello che avesse mai sentito: “Vuol dire che il Capitano mi stava guardando!!”. Subito dopo, Daichi si ritirò negli spogliatoi e ne uscì solo dieci, interminabili minuti dopo
“Tanaka, Noya, riconfermati come battitori.” annunciò “Yamamoto, sei notevolmente migliorato. Ti alternerai con Ryu e Yu.” le urla di esultanza dei tre vennero subito quietate da un’occhiataccia di Iwaizumi, poi Daichi continuò:
“Bokuto, Kuroo e Iwaizumi, cacciatori.” nessuno se ne stupì “Aran, Koganegawa, voi sarete le riserve.” i due annuirono, ed Hinata ebbe come la sensazione che non puntassero ad altro. Infine, si voltò verso di lui
“Shoyo Hinata, cercatore.” sorrise “Benvenuto in squadra, finalmente.”

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n.a.
Ho ideato questa storia insieme a LorasWeasley. Ho scritto tutto io, ma le idee sono di entrambe. L'idea per il titolo me l'ha data proprio lei, infatti potrete trovare nel suo profilo una Percy Jackson!Hogwarts AU con lo stesso nome.
Per chi fosse spaventato all'idea di iniziare qualcosa di incompiuto, voglio precisare che la storia è già fatta e finita. Gli aggiornamenti saranno quindi costanti, ma le lunghezze dei capitoli no. Proprio per questo se mai dovessi essere costretta a postare un capitolo troppo corto rimedierò con un doppio appuntamento per quella settimana.
Spero che concordiate con me nello smistamento! Io devo dire di essere abbastanza soddisfatta di come li ho divisi. Fatemi sapere nelle recensioni!
A presto!


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Capitolo 2
*** Incontri e allenamenti - pov. Hinata | Iwaizumi ***


Hinata
Quella notte, i sogni di Hinata furono invasi da scope sfreccianti e coppe luccicanti. Shoyo era acclamato da tutta la squadra, in mano stringeva il boccino mentre i Grifondoro esultavano e Kageyama piangeva come un bambino. All’alba, il ragazzo non si dispiacque di essersi svegliato: il suo sogno poteva diventare realtà!
Scostò le coperte e – facendo attenzione a non svegliare i suoi compagni di dormitorio – si cambiò, lavò, afferrò il proprio manico di scopa con il kit di manutenzione e filò rapido verso la Sala Comune. Passò diversi minuti a curarsi della sua Scopalinda: la levigò, tagliò i rami in eccesso sulla coda, infine la lucidò. Una volta soddisfatto, poi, lasciò la Torre e si diresse verso la Sala Grande. Era ancora presto ed i tavoli erano deserti, ma bastò che si sedesse al tavolo dei figli di Godric perché dell’ottimo cibo comparisse davanti a lui. Mangiò quel tanto che gli serviva per non essere disturbato dai morsi della fame, poi si alzò e continuò la sua corsa euforica verso il Campo da Quidditch. Il campo, lo aveva imparato ormai da anni, era – in un modo o nell’altro – perennemente frequentato: chi si allenava per conto proprio, chi semplicemente aveva voglia di fare un giro sulla scopa, o ancora chi usava gli spalti per consumare la merenda, ritrovarsi con gli amici o persino studiare all’aperto. Ed era solo all’alba che Hinata poteva goderselo tutto per sé.
Aveva appena superato la capanna del guardacaccia, adesso poteva vedere il campo in lontananza; sorrise ed accelerò. Invece di seguire il sentiero, decise di tagliare per le serre e – con il senno di poi – quella decisione fu una benedizione: l’ultimo ciuffo arancione di Hinata era sparito dietro la serra numero tre quando un paio di voci lo fecero immobilizzare; le aveva riconosciute: erano Oikawa e Wakatoshi, di Serpeverde. Non aveva mai parlato con nessuno dei due, ma entrambi – specie la mole del secondo – lo intimorivano. Fu quindi inevitabile per lui tendere ogni nervo e sperare che non l’avessero visto. I toni che stavano usando, infatti, sembravano tutt’altro che amichevoli:
“Quindi ti sta bene che quel ragazzino mi abbia fregato il posto in squadra!?” sebbene lo soggiogasse, Tooru Oikawa gli era sempre apparso socievole e gioviale. Sentirlo urlare, quindi, ebbe l’effetto di impietrirlo.
“Hai ancora un posto in squadra.” la risposta di Ushiwaka era stata pacata, quasi apatica “L’importante è che tu sia nel mio team, Oikawa. Sei un bravissimo cacciatore.”
“Ti sbagli, io sono un bravissimo cercatore! Se l’anno scorso non mi fossi infortunato, quel marmocchio starebbe ancora sugli spalti a sognare! Non è giusto rimpiazzarmi così!”
“Kageyama si è dimostrato utile come cercatore.” la calma pragmaticità dell’altro sembrava star facendo infuriare Oikawa ancora di più “E tu sei un cacciatore migliore di Suguru. La nostra squadra adesso è più forte che mai.”
“Questo è il mio ultimo anno qui ad Hogwarts. Se non posso giocare da cercatore, forse è meglio che mi concentri sui M.A.G.O.” e senza aggiungere altro, stizzito, voltò le spalle all’ex compagno di squadra e sparì oltre la capanna del guardacaccia. Hinata osservò Wakatoshi fissare il punto in cui Oikawa era sparito, poi lo sentì sospirare e, tranquillo, come se uno dei membri più forti della sua squadra non avesse appena annunciato il suo ritiro dal Quidditch, tornò verso il Castello.
Una volta capito che nessuno dei due avrebbe più potuto vederlo, Hinata uscì dal proprio nascondiglio e riprese il suo percorso verso il campo d’allenamento. Non riusciva ancora a credere a quello che aveva sentito: Shoyo seguiva le partite di Quidditch sin dal suo primo anno, e sempre – eccetto il periodo in cui il bolide che l’aveva colpito al ginocchio l’aveva costretto a terra – Oikawa era stato in sella alla sua scopa da corsa, perennemente trionfante e spesso strafottente verso gli avversari, che questi fossero in svantaggio o meno. L’aveva osservato vincere diverse volte, e allo stesso modo l’aveva visto perdere: la sua superbia ed il suo orgoglio, pensò con ammirazione, non erano stati intaccati in nessuna occasione. Hinata non avrebbe mai creduto possibile mantenere in sconfitta un atteggiamento del genere, e ricordò di come avesse immediatamente pensato che – anche da perdente – Oikawa non potesse che lasciare il campo come fosse un vincitore. Quella, forse, era la parte di lui che più lo spaventava e meravigliava, e sebbene al centro dei suoi pensieri – come sempre – ci fosse Kageyama, l’idea di sfidare anche Oikawa, quando sarebbe arrivato il momento di disputare una partita contro i Serpeverde, lo eccitava come poche altre cose riuscivano a fare.
Immerso in quei pensieri, neanche si rese conto di essere arrivato a destinazione e, sicuro com’era di trovare il campo totalmente deserto, si stupì non poco di trovare quasi tutta la propria squadra già lì ad allenarsi.
“Hey, Hey, Heeey!” il primo ad intercettarlo fu Bokuto, che lo puntò e – non prima di aver eseguito un giro della morte – atterrò accanto a lui “Sei appena entrato in squadra e già non vedi l’ora di giocare??” gli chiese, ma prima che Hinata potesse rispondere, l’altro si era già girato verso i restanti compagni di squadra e aveva urlato: “Mi piace, questo ragazzo!”
Nishinoya, Tanaka, Yamamoto ed Iwaizumi li avevano appena raggiunti quando l’ultimo parlò:
“Sei qui perché sei nervoso o eccitato?”
“Eccitato!” Bokuto aveva risposto per lui, subito dopo gli diede una sonora pacca sulla spalla “Gli si legge in faccia!”
“Già!” si aggiunse a quel punto Noya “Non ha motivo di essere nervoso! Ha afferrato il boccino da vero maestro, alle selezioni!”
“Senza contare che la prima partita del Campionato sarà contro Corvonero!” fu il turno di Yamamoto “Non sono niente male, ma non sono i Serpeverde. Non so se mi spiego…” ghignò.
“Loro hanno Akaashi!” protestò Bokuto.
“Stai forse sminuendo Shimizu??” si scaldò anche Tanaka, ma fu superfluo, perché Yamamoto arretrò inorridito, come se il compagno gli avesse appena rivolto il più grave degli insulti.
“Come osi! Non potrei mai!!” la cacciatrice di Corvonero era assolutamente una degli studenti di Hogwarts più abili nel Volo.
“Che i Serpeverde siano i nostri avversari più tosti non lo si può negare.” del gruppo, Iwaizumi era sicuramente il più pacato.
“H-ho-” davanti a tutti quei compagni più grandi di lui, Hinata non poté impedirsi di iniziare la propria risposta in maniera balbettante. Si schiarì la gola e ricominciò: “Ho incontrato Oikawa e Wakatoshi, venendo qui. Li ho sentiti parlare,” continuò timido “e a quanto pare Oikawa lascerà la squadra.” quella frase parve scatenare un putiferio:
“Cosa??” chiesero praticamente tutti in coro;
“Perché?” fu un’altra domanda nel mucchio, quindi Shoyo raccontò la conversazione che gli era capitato di origliare. Stettero un paio di minuti a parlare di Oikawa e della sua squadra quando Bokuto disse quello che ognuno di loro aveva già pensato:
“Be’, senza Oikawa per noi sarà più facile batterli. Vero, Iwaizumi?” tutti i presenti si voltarono verso il punto in cui sapevano esserci il compagno solo per trovare il posto vuoto.
“Ma dov’è finito?” chiese Yamamoto.
“E quando se n’è andato?” pensò piuttosto Hinata. Alla fine, decisero di mettere da parte l’improvvisa sparizione del cacciatore per fare ciò per cui tutti loro erano lì: allenarsi.
 
***
Iwaizumi
Gli era bastato sentire Shoyo Hinata dire che Tooru avrebbe lasciato la squadra per capire cosa fosse successo. Rimase ad ascoltare il racconto del più piccolo fino alla fine, dopodiché voltò le spalle ai compagni di Casa ed uscì dallo stadio della scuola. Sapeva esattamente dove trovare quel testone serpeverde: la Foresta Proibita. Mentre camminava spedito verso la sua meta, ripensò al giorno in cui lui e Oikawa avevano scoperto quella radura. Era da mesi che cercavano un posto in cui poter stare tranquilli e al sicuro da sguardi indiscreti e poi, quasi per caso, una lezione di Cura delle Creature Magiche li aveva condotti lì. A quanto diceva il professore, quel luogo era pieno di thestral. Fortunatamente loro non li vedevano, ed anche se ogni tanto urtavano per caso qualcosa di invisibile, quello era diventato il luogo che in assoluto Iwaizumi preferiva. Gli alberi giganti, di solito talmente fitti da oscurare ogni singolo raggio di sole, in quel punto erano più radi e l’atmosfera che vi si creava, tra la luce che filtrava attraverso le foglie e i riflessi che del ruscello lì accanto, era definibile solo in una maniera: magica. Nessuno lì, in due anni, era mai riuscito a disturbarli e quella radura, ormai, era diventata per entrambi un luogo sicuro, inviolabile anche per i brutti pensieri.
Sospirò non appena, messo piede nella loro radura, vide Oikawa rannicchiato sull’erba: la schiena poggiata a un tronco e le ginocchia strette al petto. Il compagno non si accorse di lui finché non gli fu accanto; gli si accovacciò accanto, gli accarezzò i capelli e solo allora l’altro sollevò la testa che teneva nascosta tra le braccia e lo vide.
“Iwa-chan.” mormorò solo, Iwaizumi sorrise.
“Che cosa stai facendo?” Oikawa si limitò a scrollare le spalle, quindi il grifondoro sospirò, poi si sedette sull’erba accanto a lui e lo imitò poggiando la schiena al tronco dell’albero “La mia squadra di Quidditch ha una nuova recluta.” raccontò Hajime, Oikawa non rispose “Un cercatore niente male! Dovrete stare attenti quando ci scontreremo.” Iwaizumi fissò lo sguardo in quello di Oikawa, deciso a cogliere ogni singolo dettaglio di ciò che quelle parole avrebbero portato alla luce, e ciò che vide fu solo una grande amarezza, dispiacere, forse anche senso di colpa. Il serpeverde non rispose, invece abbassò lo sguardo, quasi volesse sfuggire a quello indagatore dell’altro.
“È venuto al Campo, stamattina.” continuò quindi a raccontare Iwaizumi “Dice di aver visto te e Wakatoshi mentre veniva giù.” a quel punto, Oikawa si galvanizzò, rizzò la schiena e spalancò leggermente gli occhi: aveva capito cosa l’altro ci facesse in quella radura.
“Iwa-chan…” provò a parlare, ma l’altro lo interruppe:
“Sapevo che eri un idiota.” Hajime Iwaizumi era l’unico in grado di dire una cosa del genere a Tooru Oikawa senza che quest’ultimo riuscisse a rispondergli per le rime. “Hai detto che avresti conquistato il mondo, ricordi? Tooru Oikawa, uno dei migliori giocatori di Quidditch della storia. E adesso che ne hai davvero l'opportunità hai intenzione di buttare via tutto?”
“Credi che io voglia questo??” gli rispose arrabbiato “Ho portato la squadra alla vittoria non so quante volte! Poi mi prendo un bolide al ginocchio e questo è il loro ringraziamento!?” Iwaizumi sospirò mentre si passava una mano tra i capelli. Oikawa era un ragazzo difficile da gestire, eppure non poteva fare a meno di lui. Sapeva perfettamente come si sentiva e avrebbe voluto dargli il mondo intero, avrebbe voluto andare da Ushiwaka e costringerlo a lasciare giocare Tooru nel ruolo che più preferiva. Quello che era in grado di fare, però, si limitava a stare vicino a lui; consolarlo, tirarlo su di morale, dargli una ragione per continuare a combattere.
“Hai idea di quante persone vorrebbero essere al tuo posto? Pensi che il cacciatore che hai sostituito sia felice della situazione?” la risposta non arrivò, quindi gli si avvicinò ancora, gli sistemò il ciuffo, poi continuò “Non ti rendi conto che tu sei già uno dei migliori cercatori che questa scuola abbia mai avuto? Hanno scelto Kageyama come cercatore facendoti diventare un cacciatore perché è una cosa che tu puoi fare, lui no. Ti conoscono già tutti come cercatore, conoscono il tuo valore e ti temono.” sorrise “Adesso hai la possibilità di farti temere come cacciatore, il tuo nome sarà collegato a due ruoli, non puoi sprecare un'opportunità del genere! Sei migliore di Kageyama. Adesso puoi dimostrare di essere anche migliore di Wakatoshi.” e finalmente, Oikawa sorrise.
“Lo dici solo per farmi stare meglio.” mise il broncio, Iwaizumi rise.
“Tu dici? Se solo i miei compagni di squadra lo sapessero! Senza di te in campo, per noi la vittoria sarebbe molto più facile!” eliminò il broncio dell’altro passandogli il pollice sulle labbra “Ma io non voglio che tu non sia in campo.”
“Perché ci tieni tanto?” Hajime scrollò le spalle prima di rispondere.
“Questo è il nostro ultimo anno. Te ne pentirai se non giochi.”
“Pensi?”
“Lo so.” Oikawa rise.
“Mi conosci bene.” sussurrò.
“Un po’ troppo bene.” sussurrò di rimando Iwaizumi, infine lo baciò. I brutti pensieri di Tooru divennero solo ricordo, ed Iwaizumi lo sapeva: nella prossima partita, il suo ragazzo sarebbe stato più forte che mai, e lui non sarebbe stato da meno.
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n.a.
avevo in mente di pubblicare un capitolo a settimana, quindi mancherebbero tre giorni, ma è Natale! Quindi buone feste!!
xxx
 

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Capitolo 3
*** Ad ogni Grifondoro un Corvonero - pov. Daichi | Kenma | Akaashi ***


Daichi
Sawamura Daichi era un ragazzo molto impegnato. Tra capitanare la squadra di Grifondoro, adempiere al ruolo di Caposcuola, mantenere una media di voti alta e ripassare i programmi degli anni passati in vista dei M.A.G.O. che avrebbe dovuto affrontare a fine anno, quella mattina fu assurdamente felice di non essersi dovuto svegliare a causa dei soliti schiamazzi del suo compagno di dormitorio più esaltato: Bokuto. Dividere la stanza per sei anni con quel cacciatore iperattivo non era stato e non era tutt’ora affatto semplice, e se poi a questo si aggiungeva il fatto che Bokuto era in grado di tirar fuori la parte più chiassosa di Kuroo, Daichi poteva affermare con sicurezza di essere stato fortunato a non aver avuto nemmeno un esaurimento nervoso da quando li conosceva.
Si sentì quasi in colpa quando, svegliatosi con tranquillità, ringraziò la propria buona stella per quell’assenza. Si vestì con calma, si lavò il volto, poi i denti. Infine, scese in Sala Grande per gustarsi una buona ed abbondante colazione. I quattro tavoli erano ingombri di cibo e di studenti che se ne abbuffavano. Il grifondoro ci mise poco ad individuare la bizzarra acconciatura del suo compagno di dormitorio e lo raggiunse. Kuroo stava leggendo la Gazzetta del Profeta, ma smise immediatamente quando vide l’amico avvicinarsi.
“Ti sei svegliato! Alla buon’ora!” in effetti era piuttosto tardi. Di solito – colpa le urla di Bokuto – era piuttosto mattiniero.
“Ogni tanto fa bene dormire un po’ di più.” si limitò a rispondere e, per quanto fosse curioso, decise di non chiedere al compagno se sapesse che fine avesse fatto il suo migliore amico in favore di ancora qualche minuto – prima delle lezioni – senza doversi preoccupare di quello scalmanato purosangue.
“Ieri sera il gatto è tornato!” con già la bocca piena di prelibatezze, Daichi ci mise un po’ per capire le parole del compagno di Casa. Poi sorrise: Kuroo non faceva altro che raccontare di un gatto che apparentemente si mostrava solo a lui. Quando l’amico gliel’aveva descritto per la prima volta, al Capitano sembrò di riconoscerlo. Un gatto bianco con diverse macchie marroni e nere, infatti, si aggirava – sebbene raramente – nei pressi del cortile della scuola. Ma quello, ed erano d’accordo tutti gli studenti di Hogwarts a tal riguardo, era il gatto più schivo e timido che potesse esistere nella faccia della Terra e non era assolutamente possibile che fosse lo stesso di cui raccontava Kuroo.
“Ero nel corridoio del quarto piano quando l’ho visto.” stava nel frattempo continuando questi “Mi ha seguito per una buona mezzora, fin quando non sono finito nel giardino anteriore, mi sono seduto sull’erba e lui mi si è accucciato sulle gambe! Quando ho provato ad alzarmi tendendolo in braccio però si è innervosito. Forse aveva capito che volevo portarlo in dormitorio.” a quel punto, la testa di Daichi era passata a pensare alle lezioni che avrebbe avuto quella mattina – prima tra tutte quella di Incantesimi che ci sarebbe stata da lì a poco – e le parole di Kuroo erano quindi per lo più buttate al vento “Riuscirò ad adottarlo un giorno, vedrai! Ho già in mente di comprare un collarino durante la prossima gita ad Hogsmeade.” Daichi annuì, più per fingere di aver ascoltato l’intero discorso che per vera convinzione, dopodiché i suoi occhi catturarono un movimento al tavolo di Corvonero e decise di alzarsi; ingoiò l’ultimo boccone e salutò il compagno:
“Ho una cosa da fare.” gli disse distrattamente “Ci vediamo in aula.” e si affrettò a raggiungere Sugawara che stava lasciando la Sala Grande: “Hey!” gli palesò la sua presenza. Il corvonero si voltò e gli sorrise.
“Caposcuola!” lo salutò.
“Stai andando ad Incantesimi?” l’altro annuì.
“Facciamo strada insieme?”. Parlare con Suga era sempre piacevole, e senza nostalgia Daichi si ritrovò a pensare ai primi tempi in cui avevano iniziato ad interagire: per quattro anni si erano incontrati in aula o per i corridoi e bellamente ignorati, fino al loro quinto anno, quando la spilla da prefetto di Daichi aveva spinto il suo collega corvonero ad andare da lui per lamentarsi di come Bokuto e Kuroo stanziassero perennemente davanti all’ingresso della Sala Comune di Corvonero facendo ogni volta un enorme trambusto mentre tentavano di superare l’indovinello che avrebbe permesso loro di raggiungere rispettivamente Keiji Akaashi e Kozume Kenma. In quelle occasioni, a Daichi non rimaneva che mostrarsi costernato ed andare fin sulla torre ovest per afferrare i due compagni per le orecchie e trascinarli via. Ma sebbene per quasi tutto l’anno Suga fosse andato da lui solo per urlargli contro, l’avvicinarsi dei G.U.F.O. aveva fatto capire ad entrambi quanto l’altro fosse un compagno di studi ideale ed era da lì che la loro amicizia era cominciata. Adesso, Daichi non riusciva a pensare alla sua vita ad Hogwarts senza l’altro e non si vergognava ad ammettere che lui era l’unica ragione per la quale stava ancora seguendo Artimanzia.
Erano quasi arrivati all’aula e Daichi aveva appena finito di raccontare all’altro la propria estate quando Sugawara rise sotto i baffi.
“Cosa c’è?” chiese l’altro; il corvonero indicò fuori dalla finestra: da lì si vedeva il Campo da Quidditch e distintamente delle piccole figure che vi volavano attorno. Era impossibile distinguere i volti, ma sicuramente bastava vedere il colore delle divise sportive per capire chi fossero.
“I tuoi bambini finiranno di nuovo per saltare le lezioni della mattina!” stavolta Suga rise apertamente. Daichi, invece, strinse i pugni.
“Stavolta mi sentono!”
“Ti tengo il posto.” rispose l’altro, divertito “Cerca di non metterci troppo!” e sparì oltre la porta dell’aula di Incantesimi. Il grifondoro sospirò e fece dietrofront per correre in cortile.
“Se hanno tanta voglia di volare,” pensò con stizza mentre correva “vorrà dire che decuplicherò la difficoltà degli allenamenti per chiunque sia in campo a quest’ora!!”.
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BONUS:
Iwaizumi entra in Sala Comune e scopre che Bokuto,
Noya, Tanaka, Yamamoto e Hinata sono stati puniti
per l’allenamento di quella mattina: “Che succede?”
– it’s Bugo style! –
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***
Kenma
Tutto ciò che Kozume Kenma cercava in quell’enorme castello era un po’ di sana tranquillità. Nel Mondo Magico non esistevano le prese elettriche, e già quel solo fatto gli rendeva l’esistenza un incubo ogni volta che era costretto ad intrufolarsi nell’aula di Babbanologia solo per ricaricare la propria PSP. Non sarebbe stato così tremendo, pensò però, se quella scuola non fosse stata tanto piena di studenti. Evitarli tutti gli risultava sempre più difficile, specie dal suo secondo anno, quando uno strano ragazzino dai capelli arancioni si era impuntato di voler diventare suo amico. Tutto ciò che Kenma aveva fatto per portare lo strano ragazzo ad avere quell’idea, era stato rispondere con fare annoiato a qualche sua domanda su Hogwarts durante il suo primo tragitto sul treno della scuola. Non che a Kenma Hinata dispiacesse, anzi. Del tutto inspiegabilmente si sentiva incredibilmente affine al grifondoro; forse – insieme a Kuroo – lui era l’unica persona di cui riusciva a sopportare la presenza. Ma Hinata, Kenma lo aveva capito sin dal loro primo incontro sul treno, era tutt’altro che tranquillo. Il solo fatto di essere accanto a lui attirava tutti gli sguardi di chi gli stava intorno e quello, inevitabilmente, gli aveva sottratto l’anonimato che da matricola aveva faticato – principalmente a causa di Kuroo – a costruirsi. A quel punto aveva avuto solo una scelta: “Devo trovare un modo per passare inosservato attraverso un luogo affollato.” era dall’inizio del suo terzo anno che non faceva altro che pensarci, e poi finalmente, durante una lezione di Difesa Contro le Arti Oscure del professor Washijo, aveva avuto l’illuminazione: “La differenza tra un lupo mannaro e un animago, è che quest’ultimo può scegliere quando trasformarsi e mantenere poi il controllo”. Non era stato semplice studiare animagia; si era dovuto impegnare parecchio, e non era da lui, ma ogni volta che era sul punto di mollare, si ripeteva che era per una buona causa. Infine, alla fine del suo quinto anno, era riuscito nell’impresa.
Non seppe in che animale si sarebbe trasformato fino all’ultimo, ma col senno di poi era ovvio che la sua forma animale sarebbe stata un gatto, e sotto quella forma era facile defilarsi da una folla o sparire tra i rami di un folto albero, fuori dalla portata di chiunque eccetto che per i propri pensieri.
Per quanto fosse schivo, però, non era – con suo sommo disappunto – totalmente apatico. Hinata era suo amico, ma era Kuroo quello che riusciva ad attrarlo come fosse un potente magnete.
Kenma si ritrovò a pensare a quando il grifondoro l’aveva visto per la prima volta da gatto. L’animago si era paralizzato e per un’istante aveva temuto che Kuroo l’avesse riconosciuto. Subito dopo si era dato del pazzo: c’erano piccoli, insignificanti dettagli che avrebbero permesso ai più attenti di associare un volto umano alla forma animale del mago, come la forma degli occhi, una voglia, un neo o – come nel caso del professor Nekomata – delle macchioline nel pelo di fianco agli occhi che ricordavano le rughe a zampa di gallina. Kuroo lo conosceva meglio di chiunque altro, e se c’era qualcuno che poteva capire che Kenma aveva infranto la Legge solo per poter stare per conto proprio a giocare con la PSP, quello era lui. Ma sarebbe stato strano, del tutto folle, credere che un sedicenne potesse essere diventato un animago senza l’aiuto di nessuno. Se solo avesse avuto quell’informazione, lo sapeva bene, Kuroo ci avrebbe messo meno di un secondo per collegare lui a quel gatto schivo che evitava tutti.
Evitava tutti, sì, ma non Kuroo. Perché Kuroo era diverso, perché Kuroo valeva il rischio.
“Ti dico che è così!” stava dicendo proprio questi. Si trovavano in riva al Lago Nero; Kenma aveva appena ricaricato la propria console e adesso stava tentando di eliminare il boss finale dell’ultimo livello. Per quanto gli piacesse, quindi, non aveva tempo di ascoltare Tetsuro.
“Come dici tu.” tagliò corto. Non aveva senso continuare a discutere su quell’argomento.
“L’ultima volta che ho provato a portarlo in dormitorio è stato meno aggressivo del solito! Piano piano lo sto convincendo! Me lo sento!” era già da qualche settimana che Kuroo parlava del fatto di voler addomesticare “il gatto fantasma che tutti vedevano apparire per poi perderlo di vista il secondo dopo” e Kenma si era ritrovato a ringraziare silenziosamente tutti e quattro i Fondatori perché Kuroo non avesse ancora deciso di dargli un nome stupido come Muffin, Chicco o Bubu. Scacciò quel pensiero raccapricciante dalla testa e tornò a concentrarsi sul gioco: il boss adesso era a poche mosse dall’essere sconfitto!
“Sto anche pensando di comprargli un collarino.” le parole del grifondoro, pronunciate con genuina spensieratezza, ebbero il potere di fargli dimenticare per un attimo il proprio videogioco.
“Cosa!?” scattò a guardare Kuroo, e quell’unica domanda gli costò il livello. “Accidenti!” esclamò mentre tornava all’ultimo salvataggio “Lascia perdere i collarini!” si rivolse invece all’altro.
“Perché? Magari al gatto piacerà.”
“Credimi, non gli piacerà.”
“E tu che ne sai? Neanche l’hai mai visto! È incredibile come appaia solo quando sono solo! Sembra che me lo faccia apposta, così quando racconto di averlo accarezzato tutti mi prendono per matto.”
“Sì, ma tu lascia stare il collarino!” Kuroo lo guardò dubbioso.
“Manca ancora tanto al primo finesettimana ad Hogsmeade. Vedrò…” Kenma sbuffò e decise di far cadere l’argomento, per ora.
“A proposito.” continuò l’altro “Ci vieni con me?”
“A comprare il collarino?”
“Ad Hogsmeade!” Kenma sbuffò fuori una risata.
“C’è bisogno di chiederlo?”
“È quello che normalmente si fa per gli appuntamenti.” l’animago continuò a guardare lo schermo della propria console, ma sorrise.
“Quindi le nostre uscite ad Hogsmeade sono sempre state degli appuntamenti?”
“Per definizione, un appuntamento sarebbe quando due persone escono per passare del tempo insieme.”
“Per definizione, un appuntamento sarebbe anche quando mandi un gufo a un medimago per decidere un giorno in cui farti visitare.” Kuroo sbuffò, ma non sembrava risentito, quindi Kenma continuò “Adesso siamo fuori e stiamo passando del tempo insieme. Vuol dire che è un appuntamento anche questo?” mise in pausa e sollevò lo sguardo sul più grande; Kuroo sorrise.
“Non lo so ancora. Agli appuntamenti non ci si limita solo a parlare.”
“Ah no?” il grifondoro scosse il capo mentre il sorriso gli si allargava. Dopodiché si avvicinò al più piccolo, gli sistemò i capelli dietro l’orecchio e lo baciò sulle labbra.
“Adesso è un vero appuntamento”.

 
***
Akaashi
“Quindi mi stai dicendo che sei andato via, subito dopo è spuntato il gatto, e lui non ha ancora capito che quel gatto sei tu?” lui e Kenma si trovavano nel dormitorio del sesto anno, all’interno della Torre di Corvonero, e l’animago si stava lamentando di come il suo ragazzo si fosse impuntato di voler comprare un collarino per il randagio che tanto gli piaceva.
“Se lo avesse fatto non mi comprerebbe certo un collarino!”
“Magari lo dice solo per farti fare un passo falso.” Kenma rise.
“Pensi troppo da Corvonero.” anche Akaashi sbuffò fuori una risata. Tutti credevano che gli opposti per eccellenza fossero Grifondoro e Serpeverde, ma non era affatto così. Se si è troppo simili è facile litigare, mentre al contrario – quella era una credenza comune – gli opposti si attraggono. Se c’era un opposto per i Serpeverde, furbi, ambiziosi e orgogliosi, quelli erano sicuramente i Tassorosso. Ed i Grifondoro? “Tutti muscoli, niente cervello.” era così che li chiamavano all’interno della torre di Corvonero.
“Forse hai ragione.” rispose quindi il prefetto al suo compagno di dormitorio. Kenma sbuffò e si buttò disteso sul proprio materasso.
“A volte mi chiedo come sia possibile che le due persone con cui vado più d’accordo siano Grifondoro.” Akaashi rise ancora pensando a Kuroo ma soprattutto ad Hinata. Infine, inevitabilmente, i suoi pensieri corsero al più esaltato ed apparentemente impulsivo di quella Casa: Bokuto.
Era solo il suo secondo anno quando lo aveva incontrato per la prima volta. Corse con la mente fino a quel momento e si ritrovò a sorridere: quel giorno Akaashi aveva nostalgia di casa, tanto da spingerlo a raggiungere la guferia per spedire una lettera ai genitori nonostante l’ora della posta fosse passata da un bel pezzo. Era lì che aveva trovato Bokuto. Non subito si era accorto della sua presenza; aveva chiamato il proprio gufo, e non ricevendo risposta aveva vagato per la stanza per cercarlo. L’aveva appena trovato che dormiva in un ripiano in basso, vicino alla porta, quando si era accorto del grifondoro: Kotaro era seduto per terra, seminascosto dalla porta d’ingresso aperta. Il corvonero si era incuriosito, più che spaventato, e l’aveva socchiusa affinché potesse avere una buona visuale della figura raggomitolata sul pavimento. Aveva le ginocchia strette al petto e le braccia alle ginocchia. Al movimento della porta, Bokuto aveva sollevato lo sguardo ed aveva incontrato quello di Akaashi. La sua espressione era pietosa e languida e subito Akaashi aveva pensato dovesse aver appena ricevuto via gufo delle pessime notizie. Si era quindi accovacciato in modo che il suo volto fosse alla stessa altezza di quello dell’altro e gli aveva poggiato incoraggiante una mano sul braccio.
Keiji non aveva mai parlato con Bokuto, prima. L’aveva visto per i corridoi, in Sala Grande e sul Campo da Quidditch. Notarlo non era difficile, ed era forse proprio per questo che il corvonero non aveva mai neanche pensato di avvicinarlo. Dire che i loro caratteri erano agli opposti era un eufemismo e se c’era una cosa di cui Akaashi era convinto – nell’immaturità dei suoi dodici anni –, quella era che non aveva bisogno di un esaltato come amico che gli complicasse la vita.
Vederlo così, tuttavia, lo aveva scosso. Il campione Kotaro Bokuto; l’asso di Quidditch che già a tredici anni competeva con i più abili giocatori dell’ultimo anno; l’animo della festa; il cruccio dei professori; l’incubo di chi era alla ricerca di un po’ di silenzio. Kotaro Bokuto, la persona più esaltata e festaiola del Castello, si trovava adesso su un pavimento freddo, in una stanza buia, da solo, e sembrava che il mondo gli fosse caduto addosso.
“Stai bene?” Akaashi conosceva già la risposta, ma aveva atteso comunque che Bokuto scuotesse la testa prima di porre la domanda successiva: “Che cos’è successo?” l’altro aveva tirato su col naso prima di parlare a sua volta.
“Dovevo mandare una lettera. Non ho un gufo mio, quindi ne avevo scelto uno della scuola.” a quel punto, aveva allungato il braccio destro e uno splendido gufo reale dal manto chiaro ed il petto bianco vi era planato sopra “È bellissimo, visto??” Bokuto aveva quasi urlato quella domanda mentre porgeva il braccio in avanti affinché Akaashi vedesse meglio il rapace.
“Molto bello.” aveva risposto quindi l’altro, interdetto.
“Ma poi!” continuò Bokuto tra un singhiozzo e una tirata in su col naso “Ho visto questo barbagianni!” a quelle parole, si era sporso in avanti ed aveva afferrato il secondo volatile: un barbagianni color nocciola, anche questo col petto bianco. Akaashi – ricordò questi con divertimento – aveva corrucciato gli occhi: non capiva il problema.
“Il barbagianni aveva un messaggio per te?” aveva provato ad indovinare, ma Bokuto gli aveva risposto di no scuotendo con impeto il capo.
“Quale devo usare?” aveva chiesto invece. La sua espressione era terrorizzata, tremendamente triste al pensiero di dover fare una scelta “Ho solo una lettera!” i suoi occhi si erano fatti lucidi “Ma ci sono due gufi, vedi?” aveva sollevato entrambe le braccia che continuavano ad ospitare i due animali, ma lo sguardo lo aveva tenuto, supplicante, fisso su quello di Akaashi. Il corvonero dovette trattenere una risata, o forse uno sbuffo infastidito, invece si impose di prendere il problema seriamente. Si era portato una mano al mento ed aveva iniziato a pensare.
“Facciamo così.” gli aveva infine risposto “Usa il gufo reale per mandare la tua lettera. È il primo che hai visto, giusto?” il grifondoro aveva annuito, ma per niente convinto, quindi Keiji si infilò una mano in tasca e ne estrasse penna e pergamena, le stesse che avrebbe usato per scrivere alla sua famiglia.
“Usa queste.” le aveva porse a Bokuto “E scrivimi una lettera. Manderai il barbagianni a consegnarmela. Mi chiamo Keiji Akaashi, di Corvonero.” gli aveva sorriso e in cambio aveva ottenuto di rimando il più grande e genuino sorriso che avesse mai visto. Bokuto gli era saltato addosso mentre gli uccelli volavano indispettiti poco distante.
“Akashi!!”
“È Akaashi.” lo aveva corretto, ma l’altro era sembrato non sentirlo.
“Grazie, Akashi!” si era alzato, poi aveva aiutato lui a fare lo stesso “Ora però devi andartene! O non avrà senso scriverti una lettera!” il corvonero si era morso la lingua per non rispondere che non aveva senso in ogni caso, invece sorrise, felice di riflesso per Bokuto e sicuro di aver appena trovato una persona speciale.
Quel giorno – continuò a ricordare – uscito dalla guferia aveva deciso di non tornare immediatamente alla Torre di Corvonero. Se l’era presa con calma, ed una volta superato l’indovinello postogli dall’aquila guardiana, i suoi compagni di Casa l’avevano assalito:
“Akaashi! Eccoti, finalmente!” il primo a raggiungerlo era stato Yaku.
“Ti cerchiamo da secoli!” il secondo Kita.
“Che succede?” il comportamento dei compagni l’aveva subito messo in allarme.
“È arrivato un gufo per te. Solo le lettere urgenti arrivano fuori orario!” ma subito dopo Akaashi li aveva tranquillizzati spiegando a tutti cos’era successo poco prima, quindi Konoha l’aveva guardato con commiserazione:
“Non eri costretto a dargli corda, lo sai.” Akaashi aveva scrollato le spalle mentre finiva di slegare la pergamena dalla zampa del barbagianni e iniziava a leggerla:

 
“Caro Akashi,
questo barbagianni è davvero bellissimo, non bello quanto te ma e io ti sto scrivendo una lettera, così lui può consegnartela!
Oggi ho avuto lezione di Pozioni e ho fatto esplodere il calderone di Kuroo. Daichi si è arrabbiato, quindi Kuroo ha fatto esplodere anche il suo! Tu hai mai fatto esplodere A te piace Pozioni? Sembri uno che riesce a non far esplodere niente. Io ci ho provato, ma poi è noioso! Il professore ha dato a me e Kuroo una settimana di punizione e ora non posso giocare a Quidditch fino a venerdì. Ti va di venire a vedere i miei allenamenti di domani lunedì? Dovresti giocare anche tu! Il Quidditch è forte, e lo sei anche tu!”
 
Ad Akaashi sarebbe bastato allungare la mano ed aprire l’ultimo cassetto del proprio comodino per ritrovare quella lettera. Quella era stata solo la prima delle tante crisi di Bokuto a cui lui aveva messo un freno, nessuno capiva come ci riuscisse e ancor meno perché lo facesse, ma il corvonero non aveva dubbi: quella di aiutare Bokuto, quel giorno in guferia, era stata la miglior decisione della sua vita.
“Forse, in fondo in fondo, i Grifondoro non sono tanto male.” disse a Kenma che però, come lui, sembrava con la testa distante anni luce.
“Già.” riuscì a rispondere comunque “Forse ci fa bene avere intorno gente che pensa col cuore, prima che con la testa.” ed Akaashi – per quanto non potesse negare che l’accoppiata Bokuto-Kuroo si portasse via grandissima parte della loro tranquillità – non poté essere più d’accordo.

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Capitolo 4
*** Paranoie - pov. Sakusa | Tsukishima | Oikawa ***


Sakusa
Se c’era una cosa che poteva dire di apprezzare nei suoi compagni di dormitorio, quella era che ognuno di loro bramava la tranquillità. In genere – lo aveva imparato a proprie spese – gli studenti di Hogwarts erano irruenti e troppo spesso invadevano lo spazio personale altrui, ma non nella camera maschile del sesto anno Corvonero. Lì – nonostante fossero il dormitorio più numeroso della scuola – Sakusa, Ennoshita, Kenma, Akaashi, Shirabu e Osamu potevano rimanere tranquilli, insieme ma in totale silenzio. Si contavano sulle dita di una mano le volte in cui in quella stanza si era urlato, almeno tra loro – e questo era motivo di vanto – le discussioni, se proprio dovevano essercene, avvenivano il più pacatamente possibile. Per cui, si disse Sakusa entrando in dormitorio, in cambio di tutta quella tranquillità poteva accettare quelle rare volte di baccano.
Sulle prime tentò di ignorare i suoi compagni di Casa; si diresse verso il proprio letto e tirò le tende del baldacchino. Solo allora rimosse l’incantesimo testa-bolla che l’accompagnava ovunque proteggendolo dai germi che veleggiavano invisibili nell’aria.
“Ti dico che è una grandissima scocciatura!” sentiva nel frattempo discutere gli altri “Non fa altro che seguirmi ovunque vada e poi quando finalmente mi ritiro in Sala Comune, lui rimane lì, con quello sguardo da cane bastonato davanti all’entrata perché non è in grado di superare l’indovinello dell’ingresso! Ci credo che poi Suga si infastidisca! E la colpa sarebbe mia?”
“E pensi che Kuroo sia meglio?” aveva risposto Kenma ad Akaashi. Non bisognava essere dei geni per capire di chi stessero parlando: i due scalmanati Grifondoro erano iperattivi tra i corridoi tanto quanto lo erano sul Campo di Quidditch, ed ancora una volta Sakusa si ritrovò a tirare un sospiro di sollievo al pensiero che non fossero nella sua stessa squadra.
“Non sta solo progettando di comprare un collarino! Sta costruendo una cuccia e preparando un piano per catturarmi attirandomi con dei biscotti per animali!” Sakusa sentì Osamu ridere alle parole di Kenma, poi ancora questi aggiunse: “Almeno nella nostra Torre possiamo avere un attimo di pausa dalle loro urla.” dopodiché fu Miya a sbuffare.
“Vorrei poter dire lo stesso di Tsumu. Detesto quello là!” a quel nome, Sakusa trattenne una smorfia.
“Ecco un altro giocatore con cui non vorrei mai stare in squadra!” si disse. Era il fratello gemello di Osamu ed in quanto suo coetaneo vi aveva speso molto tempo insieme durante le lezioni. Al loro primo anno, Corvonero e Serpeverde condividevano l’ora di Erbologia, e sebbene quella lezione non fosse stata la prima a passare insieme a lui, sicuramente era stata l’ultima in cui Sakusa poteva dirsi tranquillo con Atsumu nella stessa stanza, e se poi a questi si aggiungeva il suo fratello gemello nelle vicinanze, Sakusa iniziava a tremare. Stavano estraendo la linfapuzza dalla Mimbulus Mimbletonia, e già quello era bastato per far sbiancare l’undicenne Kiyoomi. Il corvonero ricordò con sgomento di come stesse cercando di fare i conti con il proprio compito senza svenire, ed era talmente tanto concentrato da non accorgersi – se ne rammaricò in seguito – del litigio dei due gemelli poco distanti da lui. Alla fine, Atsumu aveva provato a sommergere di linfapuzza suo fratello, Osamu aveva schivato il colpo ed il tutto era finito addosso a lui. Atsumu, da quei pochi ricordi confusi che Sakusa conservava degli eventi immediatamente successivi, aveva riso, ma subito dopo – forse sentendosi in colpa per lo stato asmatico del compagno di scuola, o più probabilmente per saltarsi il resto della lezione – aveva chiesto al professor Takeda di poterlo accompagnare in infermeria. Sakusa, però, si era rifiutato categoricamente, e da quel giorno non aveva fatto altro che evitare il più possibile il serpeverde.
“Riesce a risolvere tutti gli indovinelli dell’aquila.” si stava nel frattempo lamentando Osamu “Eh certo che voi potreste anche accorgervi che non sono io, quando si spaccia per me!” si lamentò con Kenma e Akaashi, ma Sakusa lo capiva e come quando c’era Atsumu in quella stanza. Osamu era tranquillo, principalmente pensava al cibo e si faceva i fatti suoi, mentre Atsumu – sebbene fosse più che abile nell’imitare il fratello, quando serviva – non riusciva a nascondere del tutto il proprio carattere provocatorio e sfacciato. I suoi erano impercettibili movimenti, rapidi sguardi ambigui, ma a Sakusa bastavano quelli. Il serpeverde aveva presto capito quanto Kiyoomi soffrisse nello stargli accanto; che la sua semplice compagnia gli provocava brividi e gli portava a galla incubi ad occhi aperti. Quindi, ovviamente, il suo unico obiettivo era diventato quello di perseguitarlo. Sakusa, lo sapeva bene, comportandosi in quel modo faceva solo il suo gioco, eppure non ne poteva fare a meno: tutti gli sguardi languidi, gli occhiolini lanciati di nascosto e le carezze apparentemente casuali quando passava vicino al suo banco, non facevano altro che riportare il corvonero al fatidico giorno, e se rabbrividiva non era – come ad Atsumu piaceva ripetere – perché era felice di vederlo. A quei ricordi, come troppo spesso gli succedeva, un brivido lo percorse da capo a piedi e s’impunto di riportare l’attenzione sui propri compagni per riuscire quanto meno a smettere di pensare al brutto ghigno di Atsumu Miya.
“Mi dispiace, Miya, ma siete identici! Aiuterebbe se non indossasse i colori Corvonero quando è qui…”
“Purtroppo, non è una cosa che gli si può impedire.” aggiunse Kenma “Solo al quarto anno era in grado di eseguire perfettamente la trasfigurazione umana. Credete che il colore di un bavero o di una cravatta possa fermarlo?” a quel punto Osamu rise.
“Ha imparato a trasfigurarsi i capelli solo per poter entrare indisturbato qui!” disse con stizza “Che ci troverà mai, poi, di tanto bello in questa Torre?” e Sakusa conosceva bene la risposta:
“In questa Torre ci sono io da tormentare”.
 
***
Tsukishima
Mancavano ormai solo venti minuti all’appuntamento che Tsukishima aveva con Yamaguchi al portone d’ingresso della scuola. Entrambi avevano finito i propri compiti e – in assenza di lezioni pomeridiane – avevano deciso di andare al Campo ad allenarsi insieme.
Tsukishima uscì dalla Sala Comune Serpeverde, ma decise di fermarsi ancora un momento nel bagno che si trovava nei sotterai per accertarsi di essere perfettamente in ordine. Lo imbarazzava pensare che lui, Kei Tsukishima, si preoccupasse dell’aspetto alla stregua della più imbarazzante delle ragazzine, ma la storia con Yamaguchi era iniziata solo da poche settimane e – sebbene si conoscessero ormai da anni – voleva fare colpo.
Mentre si guardava allo specchio, ripensò alla scorsa estate: Yamaguchi era un natobabbano, e nonostante fosse ormai da cinque anni a conoscenza del Mondo Magico, Tsukishima si divertiva ancora a fargli scoprire cose nuove. Mancavano solo tre giorni al loro ritorno a scuola, non avrebbero avuto altre occasioni d’uscire da soli e in totale tranquillità, quindi il serpeverde aveva deciso di portarlo in uno dei suoi posti preferiti: l’osservatorio di Macclesfield.
“Ci sono venuto la prima volta con mia madre.” aveva raccontato a Yamaguchi “Ci eravamo appena trasferiti ed io ero triste perché non saremmo più potuti andare al museo giurassico della mia vecchia città. Così lei mi ha portato qui.” il tassorosso gli aveva sorriso, poi era tornato a guardare il soffitto incantato. Quello, infatti, non era un semplice osservatorio babbano: tutto, lì, urlava “magia!” e l’atmosfera che se ne creava non poteva essere più adatta per rivelare finalmente a Yamaguchi cosa provava. Prima di farlo, però, Kei si era preso del tempo. Era rimasto minuti interi ad ammirare il ragazzo che a sua volta, rapito, fissava la volta stellata. A quella visione, Tsukishima aveva sorriso: Yamaguchi non era mai stato così bello, e fu solo quando questi tornò a guardarlo che l’incantesimo che teneva legato il serpeverde sembrò spezzarsi.
“È davvero bellissimo qui, Tsukki!” gli aveva detto, allora lui gli si era avvicinato.
“È bellissimo perché ci sei tu.” ricordò di come si fosse congratulato con sé stesso per essere riuscito a non arrossire ed anche di come avesse esultato internamente per aver fatto arrossire invece l’altro. Dopodiché, aveva raccolto tutto il proprio coraggio e si era dichiarato: “Mi piaci, Tadashi”.
Improvvisamente, fu riportato alla realtà dagli schiamazzi di un suo compagno di Casa:
“Tsukki-Tsukki!” Atsumu Miya aveva appena fatto il proprio ingresso in bagno “Ti fai bello per qualcuno?” Tsukishima sapeva bene quanto al compagno piacesse stuzzicare la gente, quindi lo ignorò.
“Indossi la divisa sbagliata.” gli disse invece, noncurante. Atsumu si guardò allo specchio e – visti i colori Corvonero – rise.
“Ops!” rispose “Scappatella alla torre ovest.” spiegò facendo l’occhiolino. Aveva appena alzato la bacchetta per colorare il bavero della propria toga di verde, quando una terza figura apparve sullo stipite della porta.
“Sempre a correre dietro a Omi-Omi, vedo.” ghignò Oikawa cercando chiaramente di infastidire l’altro usando quel nomignolo per il corvonero, Miya abbassò la bacchetta, completamente dimentico della propria divisa.
“Ho scoperto una nuova tattica per farlo impazzire.” Atsumu ignorò la provocazione e ghignò di rimando “Il povero ingenuo credeva di essere al sicuro dentro la Torre di Corvonero!” rise “Si credono tanto intelligenti e poi per entrare in Sala Comune mettono un semplice indovinello che chiunque potrebbe risolvere.” rise ancora, ma il ghigno sul volto di Oikawa fece capire a Tsukishima che molto presto avrebbe smesso.
“Non sarà che in realtà usi la scusa di infastidirlo solo per stargli sempre appiccicato? Non so tu, Tsukki, ma a me sembra tanto che il nostro caro Miya sia cotto.” Kei non aveva nessuna voglia di essere tirato in ballo, quindi iniziò a dirigersi verso la porta.
“E se anche fosse?” sentì Atsumu rispondere strafottente e derisorio mentre usciva “Almeno io non esco con un grifondoro”. Tsukishima non seppe mai quale fu la risposta di Oikawa; non sapeva se le accuse di Atsumu fossero vere e non gli interessava. Mancavano ormai solo dieci minuti all’appuntamento con Tadashi e tanto bastava per fargli dimenticare il resto.
 
Arrivò in anticipo all’appuntamento ma, scoprì immediatamente, non era stato il solo. Aveva appena varcato la porta d’ingresso quando il sorriso di Yamaguchi lo raggiunse.
“Tsukki! Sei in anticipo!” lui sorrise.
“Anche tu.” rispose, il tassorosso arrossì.
“Non potevo aspettare.” a quelle parole, Tsukishima distolse lo sguardo e sperò che nessuno l’avesse visto arrossire a sua volta.
“Andiamo?” chiese invece.
Parlarono molto, mentre camminavano verso il Campo. In particolare parlò Yamaguchi e Tsukishima – come sempre – lo ascoltava rapito. Sin da quando si conoscevano, Tadashi era sempre stato solare ed estroverso; era sempre lui a guidare la conversazione, tra i due, e a Tsukishima andava più che bene così. La maggior parte delle volte – ammise tuttavia a sé stesso – a Tsukishima non importava nulla dei pettegolezzi che gli riportava Yamaguchi che invece, al contrario, sembrava interessarsi di tutti.
“Aveva provato ad entrare in squadra anche l’anno scorso ed aveva fallito,” gli stava ad esempio dicendo riguardo la nuova cercatrice della sua squadra “ma al banchetto di inizio anno mi ha raccontato di aver passato tutta l’estate ad allenarsi con la ragazza che le piace, e quell’allenamento ha dato i suoi frutti!” la passione con cui lo vedeva parlare di Hitoka Yachi lo intenerì ed ammirò insieme. Poi vide i suoi occhi illuminarsi “Sai che aveva una cotta per la senpai Shimizu? Ma dice che le è passata subito quando ha incontrato la sua attuale ragazza! Si sono messe insieme proprio durante un allenamento!” sospirò sognante “Dev’essere proprio bello” disse “volare al tramonto accanto al proprio ragazzo.” Tsukishima sorrise di sbieco per rimanere poi interdetto quando lo sguardo di Yamaguchi sembrava voler dire che era serio.
“È quello che stiamo per fare noi due!” pensò, ma non lo disse. Fu allora che iniziò a pensare: “Possibile che Yamaguchi non se ne sia reso conto?” quel giorno, all’osservatorio, Tsukishima non l’aveva baciato. C’erano troppi turisti di mezzo e – sebbene l’atmosfera fosse letteralmente magica –, Kei non aveva sentito quel momento come veramente loro.
“Non ha importanza.” pensò tra sé e sé “Perché oggi gli toglierò ogni dubbio.” in quel momento, bello com’era, avrebbe voluto afferrarlo, fermarlo e poi baciarlo, ma si costrinse a non farlo. “Ho aspettato tanto.” si disse “Posso aspettare qualche altro minuto.” e con quel pensiero in testa, accelerò il passo. Avrebbero inforcato le proprie scope per volare liberi e spensierati; la brezza tra i capelli, il sole calante che tingeva le nuvole di rosa e d’oro. Sarebbe stato quello il loro momento, e Yamaguchi non avrebbe più invidiato gli appuntamenti della sua amica Yachi e della sua ragazza.
Arrivati al Campo di Quidditch, Tsukishima non poté impedirsi di sorridere mentre pregustava già le labbra del tassorosso.
“Yamaguchi!!” la voce di Shoyo Hinata lo raggelò “Tsukishima! Anche voi qui ad allenarvi?” l’esaltato grifondoro aveva coperto in poco tempo il tratto d’aria che lo separava dal centro del Campo a loro. “Alleniamoci insieme!” esclamò, e Bokuto, Kuroo, Tanaka, Noya e Yamamoto assentirono.
“Possibile che i Grifondoro non facciano altro che giocare a Quidditch??” si chiese mesto Tsukishima mentre decisamente irritato metteva da parte tutti i sogni ad occhi aperti sulle labbra del proprio ragazzo.
 
***
Oikawa
“Almeno io non esco con un grifondoro.” alle parole di Atsumu, gli occhi di Oikawa corsero a Tsukishima che stava lasciando il bagno. Questi non diede segno di aver sentito il compagno, quindi tornò a concentrarsi sull’altro.
“Non so di che cosa tu stia parlando.” rispose con l’atteggiamento più noncurante che riuscì a tirar fuori. Atsumu ghignò, ma non serviva quello per far capire ad Oikawa di non averlo convinto. Sentendo il suo tono di voce chiunque avrebbe capito che si trovava con le spalle al muro.
“Ah, no?” gli chiese infatti derisorio “Allora immagino non fossi tu quello che ho visto appartato con Hajime Iwaizumi nella Foresta.” Oikawa, se possibile, si irrigidì ancora di più. Era paralizzato, in trappola, senza possibilità di uscirne. Atsumu Miya sapeva; li aveva visti.
Gli ci vollero diversi attimi per riprendersi, il loro rifugio sicuro era stato violato, ma una volta capito che non c’era modo di negare, Oikawa riuscì a farsene una ragione, razionalizzare e cambiare strategia.
“Io esco con un grifondoro.” ammise, e nel farlo il suo cuore accelerò. Dirlo ad alta voce faceva un certo effetto: era gratificante e terrificante insieme “Il mio ragazzo si chiama Hajime Iwaizumi, e tu non dirai ad anima viva o morta di tutto questo.” Atsumu rise sprezzante.
“E perché non dovrei? Il donnaiolo Tooru Oikawa se la fa con un ragazzo Grifondoro.” canzonò “Fai tante prediche perché solo pensi che io vada dietro a Sakusa… che cosa direbbero i nostri compagni se sapessero?” Oikawa assottigliò lo sguardo, minaccioso, poi si impose di rimanere calmo e di continuare con la propria strategia. Ghignò.
“Sai, giocare come cacciatore non mi piace proprio.” disse, e Miya non riuscì a nascondere la propria confusione, ma prima che potesse chiedergli cosa c’entrasse adesso il suo ruolo in squadra, Oikawa continuò: “Ho detto a Wakatoshi che avrei lasciato la squadra e lui era così dispiaciuto.” raccontò “Ha insistito tanto per farmi rimanere. Al punto da concedermi diversi privilegi. Ci crederesti?” ghignò sprezzante. Atsumu dovette aver capito dove voleva andare a parare, perché ogni traccia di divertimento sul suo volto era sparita. Era Oikawa, adesso, ad avere il coltello dalla parte del manico.
“Se dicessi… non so… che non riesco a giocare- anzi! che non voglio giocare con te in squadra, chi pensi terrebbe Ushiwaka nel team?” l’espressione di Atsumu era a metà tra l’infuriato e l’atterrito il che fece ridere Oikawa “Con tutto quello che ha fatto per avermi!” continuò “In tutta sincerità: chi credi sia il miglior cacciatore, tra noi due?” gli chiese innocente, come se avesse davvero bisogno di sentire una risposta. Questa, ovviamente, non venne. Quindi Oikawa gli si avvicinò.
“Non dirai a nessuno della mia relazione con Iwaizumi. In cambio, conserverai il tuo posto in squadra.” non era un mistero che Wakatoshi considerasse nel gioco Oikawa più di chiunque altro, quindi quella non era del tutto una bugia. Sicuramente, visto l’atteggiamento del loro Capitano e le abilità di volo di Oikawa, la minaccia era più che credibile.
I due serpeverde rimasero alcuni secondi l’uno ad appena un palmo di distanza dall’altro, a studiarsi e a sfidarsi a vicenda, e fu solo quando Oikawa seppe per certo che Miya avrebbe mantenuto il segreto che si voltò e lasciò il bagno e poi i sotterranei.
 
Dovette arrivare fino al cortile per rendersi conto che si stava di nuovo inconsciamente dirigendo verso la radura nella Foresta. “Quello non è più il nostro posto sicuro.” si disse stringendo i pugni, e cambiò direzione. Alla fine, decise di sedersi in riva al Lago Nero e lì, lontano da tutti, pensò a quello che era appena successo.
Lui e Iwaizumi stavano insieme ormai da diversi anni; si conoscevano sin da bambini grazie al legame d’amicizia dei loro genitori e sin da quando avesse memoria Iwaizumi era l’unico che Oikawa ascoltasse. Persino sua madre e suo padre avevano meno influenza sul figlio rispetto ad Hajime; i due avevano da sempre un rapporto speciale, eppure mai nessuno dei due si era definito il migliore amico dell’altro, perché loro erano qualcosa di più.
Oikawa vagò con i ricordi fino al loro primo anno di scuola. Allora – ricordò con nostalgia – nessuno dei due si creava problemi a camminare apertamente per i corridoi in compagnia dell’altro, a studiare insieme, a giocare, ridere e scherzare. Erano inseparabili lì come a casa e Oikawa non poteva essere più felice. Poi, però, la rivalità tra le loro Case li aveva costretti ad una scelta.
I ragazzini, si sa, sanno essere molto crudeli, e Grifondoro e Serpeverde sicuramente esibivano tra le proprie fila i più tremendi ed infantili soggetti del Castello. Oikawa ed Iwaizumi iniziarono ad essere presi di mira: insulti, scherzi di cattivo gusto. Soprattutto, Oikawa veniva escluso da ogni attività collettiva Serpeverde allo stesso modo in cui Iwaizumi veniva escluso da quelle Grifondoro. Era la fine del loro primo anno quando un senpai di Oikawa aveva sentito una parte della loro conversazione.
“E credi davvero che il Capitano ti farà entrare in squadra?” aveva risposto derisorio ad Oikawa che aveva appena detto ad Iwaizumi di come fosse eccitato all’idea di fare le selezioni di Quidditch dopo l’estate “Fraternizzi con un Grifondoro.” aveva continuato il più grande con il tono più sprezzante che potesse esistere “Nessuno di voi due potrà mai giocare a Quidditch.”
Era stato allora, con la morte nel cuore, che entrambi avevano deciso di porre fine alla loro amicizia. Almeno alla luce del sole.
Tre anni più tardi, tutti coloro che li avevano minacciati e reclusi durante il loro primo anno si erano diplomati. Nel frattempo, Oikawa e Iwaizumi si erano messi insieme, ma anche con i bulli fuori dai piedi non osavano uscire allo scoperto.
“Se lo facessimo” pensò adesso come allora Oikawa “Iwaizumi passerebbe guai con i Grifondoro e i Serpeverde lo prenderebbero di mira a causa mia.” quella paura lo rendeva cieco e sordo a tutto il resto. Erano ormai studenti dell’ultimo anno, erano loro a dettare legge nel Castello, ma – si ripeté per l’ennesima volta – non poteva rischiare. “Sono disposto a vivere nella menzogna per sempre se questo solo servisse a rendergli la vita più facile, ma non sarà necessario.” pensò “Un anno.” era da quando aveva dodici anni che faceva quel conto alla rovescia e non avrebbe mollato adesso che mancavano solo pochi mesi “Un anno e poi potremo vivere la nostra relazione allo scoperto”

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Capitolo 5
*** Corvonero vs. Grifondoro - pov. Daichi | Hinata | Suga | Kuroo ***


n.a.
​ho dovuto decidere se postare un capitolo molto breve o uno più lungo del solito. Ho scelto di metterlo più lungo!
Spero che vi faccia piacere!
xxx
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Daichi
Ancora una volta, il grifondoro avrebbe dovuto studiare, eppure si ritrovò incantato a fissare Koshi Sugawara. Indossava – come al solito – la divisa di Corvonero nel più formale dei modi. Non una macchia, non una piega. I suoi capelli argentati riflettevano la luce delle candele che illuminavano i libri ed i suoi occhi, così capaci di rapire Daichi, erano chini su quello di Trasfigurazione Avanzata.
Si trovavano in biblioteca da quelli che potevano essere minuti, ma che più probabilmente erano ore. Sawamura era sempre stato in grado di bilanciare la sua parte da atleta con quella dello studioso, eppure da quando conosceva Suga era quest’ultima a farlo sentire più vivo. Il grifondoro sorrise tra sé e sé: fino al suo quarto anno non avrebbe mai creduto possibile che davanti ad una scelta del genere durante il suo tempo libero avrebbe preferito portarsi avanti con lo studio invece che inforcare il proprio manico di scopa. Ma studiare voleva dire stare con Suga, e sebbene sostare in biblioteca significasse anche rimanere in silenzio, a Daichi stava bene così: a lui bastava poter sedere al fianco di Koshi.
“Per quanto tempo?” si chiese però “Per quanto tempo ancora riuscirò a limitarmi a guardarlo e a desiderarlo in silenzio?”. Doveva chiedergli di uscire, ne andava della sua salute mentale, tuttavia il solo pensiero di un rifiuto lo uccideva.
Arrossì violentemente quando Suga sollevò lo sguardo e lo colse a fissarlo.
“Daichi.” lo chiamò, quindi lui balbettò una risposta.
“S-sì?” il corvonero sorrise teneramente e a Daichi non restò che sperare che quella dipinta sui suoi occhi non fosse pietà. Poi, un luccichio divertito sostituì tutto il resto.
“Tu non avevi gli allenamenti tipo…” guardò il proprio orologio “dieci minuti fa?” il Capitano si rizzò di scatto sulla sedia e – non possedendo un orologio – afferrò il polso dell’altro per guardare il quadrante.
“Accidenti!” esclamò alzandosi. La bibliotecaria non mancò di rimproverarlo per il chiasso, ma lui la notò appena “Devo andare!” disse a Suga, che rise.
“Immaginavo.” gli rispose mentre l’altro raccattava le proprie pergamene sparse “Vai.” lo esortò il corvonero “Raccolgo tutto io e poi te lo porto più tardi.” Daichi lo guardò riconoscente, poi corse via, diretto verso il Campo di Quidditch dove la sua squadra, lo sapeva, non gli avrebbe risparmiato nemmeno un insulto per il ritardo.
 
***
Hinata
Shoyo arrivò, come al solito, con una buona mezzora d’anticipo al Campo di Quidditch. Il professor Ukai, pur non assistendo agli esercizi della squadra, l’aveva spesso rimproverato a riguardo: “Sforzarsi troppo è l’opposto di un buon allenamento!”, ma Hinata non poteva farne a meno.
Man mano che l’orario si avvicinava a quello stabilito da Daichi, iniziò ad arrivare anche il resto della squadra: gli immancabili Noya, Tanaka, Yamamoto e Bokuto furono i primi; poi Kuroo, Iwaizumi e le riserve Aran e Koganegawa.
“Hey, Hey, Heyy!” Bokuto accolse l’ultimo gruppo con la solita energia “In sella!” esortò, impaziente almeno quanto lui di iniziare.
“Non aspettiamo il Capitano?” chiese però il cercatore, l’altro non sembrò sentire la sua domanda e fu Iwaizumi, quando già ormai Bokuto era lontano, a rispondergli:
“Che vuoi farci. Bokuto è fatto così.” gli disse “Iniziamo a riscaldarci. Sono sicuro che Daichi arriverà a momenti.”, poi seguì il compagno in campo come il resto della squadra, eccetto…
“Kuroo-san.” chiamò il più piccolo. Il cacciatore era evidentemente sottotono “Va tutto bene?” l’altro sospirò avvilito.
“Tutto bene.” rispose prendendo il volo, ma il suo tono di voce non poteva essere più falso.
Fu Bokuto a guidare la squadra nel riscaldamento ed anche – una volta finito quello – a creare le squadre per una partita d’allenamento: Iwaizumi, Noya e Aran erano capitanati da Kuroo che difendeva le porte, mentre Hinata, Koganegawa, Tanaka e Yamomoto seguivano Bokuto. Fu quando quest’ultimo segnò un ennesimo punto, tuttavia, che la sessione d’allenamento – cominciata da neanche venti minuti – iniziò ad andare a rotoli:
“Hey, Hey, Heyy!” tutti si aspettavano di sentire quell’esclamazione, eppure non venne. Si voltarono verso Bokuto e lo trovarono silenzioso e depresso. Hinata, spaventato, gli si avvicinò come il resto dei compagni.
“Che succede?” chiese. Il cacciatore lo guardò e Hinata notò che aveva gli occhi lucidi.
“Dopodomani giochiamo contro Corvonero.” rispose, ma il cercatore non capì.
“Certo.” disse “È per questo che il Capitano ha aggiunto un allenamento extra, questa settimana.”
“Ma in Corvonero c’è Akaashi!” Hinata aggrottò la fronte: sapeva che Bokuto era amico intimo del compagno di dormitorio di Kenma, eppure ancora non capiva il problema. Kuroo, invece, sembrava compatirlo o, se non era così, comunque certamente condivideva il suo stato d’animo. Fu allora che – probabilmente mandato dal cielo – il loro Capitano fece il suo ingresso in Campo:
“Scusate!” fu la prima cosa che disse “Scusate, sì, lo so! Mi dispiace!” continuò a prodigarsi in scuse.
“Imperdonabile!” non gliela diede vinta Nishinoya.
“Cosa ci farebbe fare se al posto suo ci fossimo noi?” chiese Tanaka al suo collega battitore; i due ghignarono.
“Trazioni sulla scopa?” propose Noya, poi guardò con sfida il Capitano.
“A due giorni dalla prima partita del Campionato!” infierì Yamamoto “Direi che il nostro Capitano non si può esimere.” rise, e a Daichi non restò che accettare l’inevitabile.
“E sia.” concesse “Me lo merito.” poi si voltò verso il resto della squadra e non ci mise molto ad accorgersi dello stato dei suoi cacciatori.
“E voi cosa avete?” si premurò.
“Dopodomani dovrò battere Akaashi.”
“E il collarino che ho comprato ieri ad Hogsmeade è misteriosamente scomparso.” risposero entrambi mesti. Hinata fissò la scena incredulo e – a due giorni dalla sua prima partita – terrorizzato. Non gli rimase quindi che sperare in un miracolo, perché l’inizio del Campionato si avvicinava e non sembrava esserci verso di far tornare in sé i loro migliori segna-punti.
*
Se credeva di doversi preoccupare per la squadra, due giorni dopo le prestazioni dei suoi compagni lo smentirono.
Nervoso come in vita sua non lo era mai stato, la mattina della partita Hinata si era svegliato e – dopo l’immancabile capatina in bagno – era sceso a fare colazione. Lo stomaco, non c’era da stupirsi, era sigillato, e i continui sguardi che Kageyama gli lanciava certo non lo aiutavano a rilassarsi. Aveva preceduto quasi tremante insieme alla squadra, alleata ed avversaria, il resto dei compagni di scuola al Campo di Quidditch e lì aveva indossato divisa e protezioni. Lui fu uno dei primi Grifondoro a essere pronto, il che gli diede modo di osservare i propri compagni: nella mischia, com’è ovvio, c’era chi come lui tremava d’ansia, ma per la maggior parte – notò Hinata con invidia – sembravano rilassati e se tremanti solo per l’eccitazione.
“Nervoso, Chibi-chan?” Kuroo gli sorrise “È normale alla prima partita.” cercò di tranquillizzarlo “Comportati come in allenamento ed andrà tutto bene.”
Ma quello non era un allenamento. Hinata aveva osservato spesso i Corvonero giocare, ma vederli dagli spalti era completamente diverso che affrontarli sul campo. Suga, Yaku e i loro bolidi sarebbero senza dubbio stati i suoi più grandi nemici; era a loro a cui doveva fare attenzione. E poi, naturalmente, c’era Akaashi. Lui, insieme a Oikawa e Kageyama, era tra i cercatori più formidabili che Hogwarts avesse visto negli ultimi dieci anni. Non si parlava solo di sfrecciare ed afferrare un boccino: Akaashi era intelligente, pragmatico; del tutto in sintonia con la propria squadra.
“E se prendessi il boccino troppo presto?” si disse tra sé e sé “Se lo afferrassi senza accorgermi che Corvonero gioca con più di centocinquanta punti di vantaggio?” e ancora “Se a causa mia finissimo in fondo al punteggio del Campionato?”. Fu la pacca sulla spalla di Daichi a tirarlo fuori dal pantano dei suoi pensieri.
“È solo la prima partita.” gli disse sorridendo, e ad un tratto Hinata capì perché il senpai si meritasse tanto il titolo di Capitano “Ogni tanto controlla il punteggio, dopodiché pensa solo ad afferrare il boccino.” il cercatore ebbe appena il tempo di sorridere, poi la porta dello spogliatoio si aprì ed i giocatori si schierarono. All’annuncio del commentatore, la squadra fece il proprio ingresso, poi l’arbitro fischiò e la partita ebbe inizio.
 
***
Sugawara
Koshi Sugawara era ben consapevole di non dover sottovalutare la squadra di Daichi. Bokuto, Kuroo e Iwaizumi erano dei cacciatori spettacolari; Nishinoya e Tanaka avevano un livello di sincronia tale da diventare micidiale se aggiunta alle loro mazze; infine, ovviamente, c’era il loro portiere. Il corvonero si stupì quindi non poco quando, all’inizio della partita, la squadra avversaria si fece trovare impreparata. I giocatori si disponevano ogni volta in formazioni perfette, ma poi in mezzo all’azione queste erano costrette a rompersi a causa di un bolide vagante o del loro cercatore che vi si trovava in mezzo per caso. La squadra Corvonero – capitanata da Sakusa – riuscì a portare a casa quattro punti ancor prima che i Grifondoro riuscissero solo ad organizzarsi.
“Noya! Tanaka!” Suga sentì Daichi urlare quei nomi per l’ennesima volta mentre proteggeva gli anelli “Smettetela di proteggere Shimizu dai bolidi e pensate alla nostra squadra!” e come se non bastasse, il giovane Hinata continuava a tagliare la traiettoria dei cacciatori che cercavano di segnare o di effettuare qualche assist. Visto l’andazzo della partita, Suga si dovette sforzare ben poco per mettere in difficoltà gli avversari che stavano facendo tutto da soli. Guardando il cercatore grifondoro Koshi provò quasi pietà: Shoyo Hinata era sicuramente più che nervoso e invece di capire di doversi sollevare in alto in modo da attendere il boccino senza intralciare i compagni, se ne stava lì, terrorizzato in mezzo al campo. Fu solo quando Bokuto gli si avvicinò che parve rilassarsi. Suga non seppe mai le magiche parole del cacciatore, eppure Hinata ne uscì tremendamente più rilassato. Dopodiché, ci volle solo un’altra maldestra ed involontaria interferenza perché capisse di doversi togliere di mezzo.
I Grifondoro, adesso, giocavano nel pieno delle loro forze. Suga dovette intensificare i propri sforzi; scattò e zigzagò, provò a prendere il posto di Hinata e a disturbare la formazione avversaria, ma – persino quasi totalmente senza l’aiuto dei loro due battitori – non ci fu più verso di mettere in difficoltà i cacciatori di Godric. Ad un ennesimo punto avversario, Suga ghignò irritato mentre si chiedeva se sarebbe stato più adatto maledirli o congratularsi con loro. Quindi non gli rimase che diventare ancora più spietato.
Grifondoro aveva raggiunto e superato Corvonero, ma la partita era ancora tutta da giocare: Suga intercettò e colpì tutti i bolidi che si ritrovò a portata di mazza lasciando perdere Bokuto – il quale sembrava avere occhi anche sulla nuca, tanto bene schivava le sfere impazzite – per concentrarsi su Kuroo e Iwaizumi. Fu in questo modo che, col passare dei minuti, Suga e Yaku riuscirono ad impedire che il distacco di punteggio aumentasse.
“Basterà mantenerci così.” rifletté il battitore “Akaashi penserà al resto afferrando il boccino.” poco importava che giocassero tutto il tempo in svantaggio se poi i centocinquanta punti finali li avrebbero portati alla vittoria. Poi, le sorti della partita cambiarono.
Seppur sempre al fianco di Shimizu, Tanaka rimaneva in grado di mirare al resto dei Corvonero, e in questo caso aveva spedito un bolide proprio in direzione di Shirabu che si accingeva a fare punto. Suga fu rapido e – controllando appena con la coda dell’occhio che alla sua destra non ci fossero alleati – deviò il potente bolide.
Prima ancora di vederlo cadere, Suga sentì l’intero pubblico trattenere inorridito il fiato, poi i Grifondoro impallidire e Tanaka urlare “Daichi!!” fu allora che Suga si voltò e, terrorizzato, vide il Caposcuola cadere svenuto dalla scopa.
 
***
Kuroo
Con una prontezza di riflessi pari a quella di un cercatore, Kuroo scattò ed afferrò il corpo esamine di Daichi prima che toccasse il terreno. Sgomento, lo accompagnò a terra e lo fece stendere sull’erba. L’intera squadra ed anche qualche membro di Corvonero li avevano raggiunti, e lo stesso fecero il professor Ukai e l’infermiera della scuola. Ci vollero parecchi, terrificanti secondi prima che il Capitano riaprisse gli occhi.
“Daichi!” chiamò Kuroo come molti altri componenti della squadra. L’infermiera, nel frattempo, aveva puntato la bacchetta illuminata sulle sue pupille e adesso stava chiedendo al ragazzo di seguire il proprio dito. Se non aveva colpito il suolo, infatti, aveva però preso un fortissimo bolide in testa e adesso dalla fronte gli colava parecchio sangue.
“Non sembra essere grave.” disse la donna quando il Capitano riuscì a dirle il proprio nome e contro chi stessero giocando. Tutti i presenti poterono tirare un sospiro di sollievo. “Per sicurezza lo porto in infermeria. Riesci ad alzarti?” Kuroo aiutò il capitano a farlo, ma quando provò a lasciarlo, questi vacillò e fu Sugawara ad impedire che cadesse di nuovo. Kuroo osservò l’avversario e sul suo volto poté leggere la stessa preoccupazione che era dipinta su quello del resto della squadra Grifondoro. Con molta probabilità, adesso l’amico si stava sentendo in colpa.
“Sono gli inconvenienti del Quidditch.” dovette averlo capito anche Daichi, perché dal modo in cui sussurrò quelle parole a Suga parve chiaro che il suo intento fosse quello di tranquillizzarlo.
“Sta’ tranquillo.” furono solo le parole di Kuroo ad interrompere il legame dei loro sguardi “Tu va’ in infermeria.” gli disse “Quando tornerai avremo stracciato i Corvi.” si voltò ghignante verso Suga “Niente di personale.” tutti, chi più, chi meno convinto, sorrisero.
“Difendi quegli anelli.” gli raccomandò il Capitano e Kuroo annuì.
La squadra guardò l’amico allontanarsi fluttuando insieme alla sua barella al fianco dell’infermiera, e fu solo quando sparirono oltre la porta degli spogliatoi che tornarono a pensare alla partita.
“Aran, prendi il mio posto. Ricordi le formazioni?” la riserva annuì e Kuroo finse di non vedere quanto in realtà fosse agitato. Poi, si voltò verso Bokuto ed insieme sorrisero: erano migliori amici ormai da anni ed entrambi sapevano di essere degli ottimi capitani protempore.
“Lascia i cacciatori a me.” gli disse l’albino e Kuroo subito annuì.
“Io penso alla difesa.” dopodiché si voltò verso Tanaka e Noya che subito scattarono con la schiena dritta. Erano entrambi ancora sgomenti e tremendamente mortificati, per cui bastò una sola occhiata del nuovo portiere per lanciargli un avvertimento. Infine, inforcarono tutti le proprie scope e tornarono a volare.
Se Grifondoro dopo il brutto inizio della partita era riuscito a mantenere il vantaggio su Corvonero, non fu facile continuare a farlo con la nuova formazione. Kuroo era sicuramente un portiere abbastanza abile da compensare l’assenza di Daichi, ma lo stesso non si poteva dire di Aran con lui. Come se ciò non bastasse, Noya e Tanaka – probabilmente saturi di sensi di colpa – non proteggevano più Shimizu ma neanche riuscivano ad infliggere abbastanza forza ai bolidi affinché li aiutassero contro i nemici.
Dall’alto dei suoi anelli, Kuroo tuttavia riuscì ad osservare qualche azione niente male: lui, Iwaizumi e Bokuto si erano allenati molto, ad esempio, per effettuare nel migliore dei modi la Parkin’s Pricer, ed Aran non era da meno. La riserva ed Iwaizumi si misero ai due fianchi di Shimizu che era in possesso palla mentre Bokuto le sfrecciava contro. Senza spazio di manovra a causa degli avversari accanto a lei, la cacciatrice fu quindi costretta a lasciar cadere la pluffa per afferrare il proprio manico e volare via prima che Bokuto le finisse addosso. Adesso il loro asso aveva la palla e ci mise poco – protetto da Tanaka e Noya – a segnare. Tutt’altra storia, certo, era la Thimblerig Shuffle. I tre cacciatori titolari erano dei veri portenti nell’eseguirla, ma quello non era sicuramente il caso della loro riserva. Al contrario, Kuroo si accorse con sgomento che gli avversari non avevano nessuna difficoltà a metterla in pratica: una volta tornati ad avere il possesso palla, Shimizu, Sakusa e Shirabu si disposero a triangolo e così continuarono a volare. La pluffa passava con una velocità incredibile da un giocatore all’altro e quando Iwaizumi, che li marcava, si accorse che non era Shirabu ad averla trattenuta per segnare, era ormai troppo tardi. Sakusa aveva seminato tutti i marcatori; adesso erano solo lui e Kuroo. Se Grifondoro aveva la propria stella in Bokuto, tuttavia, Corvonero aveva il proprio Capitano. Kuroo si tuffò a destra, ma riuscì appena a sfiorare la pluffa prima che questa superasse l’anello dando a Corvonero altri dieci punti.
“Va bene! Pensa alla prossima!” gli arrivò l’incitamento dai suoi compagni di squadra. Kuroo digrignò i denti, ma tornò subito in posizione.
Continuarono così per diversi minuti. Alla fine, Kuroo fu costretto a sostituire Tanaka:
“Capisco come tu ti senta.” gli aveva detto durante il timeout “Ma non puoi lasciare che un errore ti distragga.” non avrebbe addolcito la pillola negando che seguire Shimizu fosse stato un grandissimo e stupidissimo errore “Cerca di riprenderti mentre sei in panchina, e dimmi tu quando sarai pronto per tornare in campo.” con Yamamoto a proteggergli le spalle, la squadra migliorò appena, ma nessuno poteva fingere di non vedere lo svantaggio che l’assenza di Daichi aveva portato a Grifondoro, fisicamente e mentalmente. Corvonero conduceva il gioco centocinquanta a cento ed il distacco continuava ad aumentare. Ad ogni loro punto, gli avversari rispondevano facendone due. E fu solo quasi due estenuanti ore dopo che Kuroo ebbe la fortuna di vedere l’azione che li portò alla conclusione della partita: Akaashi aveva individuato il boccino e subito era scattato verso l’alto in modo da poterlo afferrare. Hinata gli si era lanciato alle calcagna, ma anche se Suga e Yaku non avessero cercato di rallentarlo come stavano facendo, i due erano a troppi metri di distanza perché il grifondoro anche solo sperasse di raggiungerlo. Quando Yamamoto spedì un bolide dritto su Akaashi, Kuroo ringraziò mille volte la caparbietà del loro cercatore che l’aveva spinto a non mollare. Akaashi fu costretto a rallentare ed Hinata lo raggiunse. Adesso, nessuno dei battitori poteva permettersi di agire per paura di colpire il proprio compagno: era una sfida tra cercatori. Il boccino zigzagò in mezzo ai cacciatori che nel proseguire con le loro azioni fecero di tutto per non ostacolare la corsa ai centocinquanta punti dorati. Poi, come gli piaceva sempre fare, la piccola sfera scattò verso il basso. La Scopalinda di Hinata aveva sicuramente molti difetti, ma fortunatamente tra questi non c’era la picchiata. L’intero stadio guardò l’azione con il fiato sospeso: prima uno, poi l’altro, Hinata ed Akaashi si alternavano nello sfiorare il boccino. Infine, Hinata afferrò la vittoria.
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n.a.
Non ho avuto modo di citarlo e mi dispiace molto, quindi sono costretta a dire qui che il portiere di Corvonero è Osamu.
Avrete in ogni caso modo di vederlo giocare in seguito!!
 

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Capitolo 6
*** Tra incoraggiamenti e primi approcci - pov. Akaashi | Suga | Shimizu ***


Akaashi
Akaashi era stato così vicino a prendere il boccino che la sconfitta gli pesò due volte sul cuore. La sua squadra era stata fenomenale, ed anche se sapeva bene che nessuno di loro gli avrebbe rinfacciato nulla, il cercatore non aveva nessuna voglia di tornare nella desolante Sala Comune di Corvonero a fingere di non vedere tutti gli sguardi amareggiati dei compagni di Casa. Dopo essersi preso la propria piccola dose di tranquillante guardando Bokuto esultare, quindi, smontò dalla scopa e lasciò lo stadio.
Per almeno un’ora vagò per il parco della scuola e quando si rese conto dell’orario l’ora di pranzo era già passata. Decise quindi d’ignorare i morsi della fame e salire alla torre ovest per sedersi accanto alla grande finestra dalla Sala Comune ed immergersi nella lettura del suo libro preferito. Fu nella pausa tra un capitolo e l’altro che la sua mente, traditrice, tornò alla partita. I Corvonero avevano giocato magnificamente e neanche lui aveva nulla di cui pentirsi. Hinata era davvero stato molto bravo ed il bolide del loro battitore micidiale. Continuava a dispiacergli molto per la conclusione che la partita aveva avuto ma, si disse, c’erano cose peggiori.
“Suga è ancora in infermeria con Daichi?” si informò con un suo compagno di Casa. Kita annuì.
“A quanto ho sentito non è grave, ma gli hanno dato qualcosa per farlo dormire. Non ne so molto.” anche Akaashi annuì, rasserenato nello scoprire che il Capitano di Grifondoro stesse bene. Si appuntò mentalmente di chiedere notizie a Bokuto il prima possibile, e parlando del diavolo…
“Akaashi.” si sentì chiamare da Ennoshita “C’è fuori un ragazzo che ti cerca.” l’interpellato aggrottò la fronte senza capire, ma non dovette domandarsi a lungo di chi si trattasse.
“Intendi il fulminato con i capelli bianchi e neri a pazzo?” chiese un ragazzo del terzo anno che in quel momento era seduto sul divano. Ennoshita rise e confermò:
“Proprio lui.”
“Il cacciatore Grifondoro?? L’ho visto anch’io!” tutti si voltarono verso Kunimi.
“Ma tu sei qui da più di un’ora!” disse sconvolto Akaashi. Dopodiché si alzò e raggiunse l’ingresso della Torre.
“Akaashi!!” fu subito accolto da Bokuto.
“Bokuto-san!” lo salutò di rimando “Credevo fossi a festeggiare con la tua squadra.” l’altro scrollò le spalle.
“Dopo la partita siamo andati a trovare Daichi, ma l’infermiera ci ha buttato fuori dicendo che eravamo in troppi e che Daichi doveva riposare.” mise il broncio “E non potevamo certo festeggiare senza di lui! Quindi abbiamo deciso di aspettare che esca dall’infermeria.” Akaashi sorrise e pensò che da lui non avrebbe potuto aspettarsi nulla di diverso.
 “Che cosa ci fai qui?” gli chiese allora. Akaashi ammirava tremendamente Bokuto; tutta la scuola continuava a dire che lui era quello che lo capiva meglio, eppure per Akaashi era tutto l’opposto perché davvero non capiva. Bokuto era un purosangue; rampollo ed unico erede di un’importantissima ed antica famiglia. Che avrebbe iniziato a frequentare per poi sposare una ragazza del suo stesso rango per Akaashi era scontato. Eppure, il grifondoro continuava a cercare Akaashi, e il suo interesse era più che evidente.
Alla sua domanda, Bokuto inclinò la testa: “Volevo vederti.” rispose tranquillo, quasi si chiedesse come Akaashi potesse non averlo capito. Il corvonero fu costretto a distogliere lo sguardo; Bokuto gli piaceva veramente tanto e si stava forzando anche troppo per riuscire a resistergli.
Sebbene lo studiasse da ormai più di cinque anni, il Mondo Magico era ancora per molti versi un gran mistero per lui. Aveva imparato la sua Storia e capito che l’Inghilterra aveva quasi del tutto superato gli stereotipi razzisti che vi regnavano solo trent’anni prima. Quasi. Un natobabbano come lui non poteva sperare di mettersi con una persona come Bokuto.
“Che ti va di fare?” gli chiese l’oggetto dei suoi pensieri. Akaashi strabuzzò gli occhi, poi scrollò le spalle.
“Un giro nel parco?” propose; Bokuto sorrise ed annuì.
“Mi spiace che abbiate perso…” ruppe il silenzio dopo un po’ il grifondoro. Akaashi sbuffò fuori una risata.
“Davvero? Ma se non avessimo perso l’avreste fatto voi.” Bokuto non rispose subito, ma dopo qualche secondo disse:
“Ed immagino che io al posto tuo sarei super depresso.” Akaashi si arrestò e non riuscì a nascondere la propria sorpresa.
“Allora se ne rende conto!” pensò, e prima che l’altro si accorgesse del suo stato, riprese a camminare.
“In quel caso ci sarei io a consolarti.” gli rispose sorridendo, e subito dopo capì: Bokuto era lì per consolare lui. L’altro stava forse per confermarglielo quando lo stomaco di Akaashi lo interruppe con un forte brontolio. Bokuto rise.
“Fame?” Akaashi arrossì.
“Ho saltato il pranzo.”
“Akaashi!!” l’impeto di Bokuto – sebbene fosse ormai qualcosa a cui doveva essere abituato – fece sobbalzare il corvonero “Non puoi saltare un pasto importante come il pranzo!” la genuina preoccupazione che gli si leggeva in volto fece intenerire Akaashi.
“Non posso farci niente.” fu costretto a rispondergli “Non posso certo far apparire il cibo dal nulla.” in risposta, Bokuto sorrise.
“Vieni con me.” gli afferrò la mano e cambiò direzione.
“Dove stiamo andando?” gli chiese dopo un po’ “Nei sotterrai?” continuò confuso. Bokuto scosse il capo.
“Nelle cantine.” rispose.
“Cosa c’è nelle cantine?” continuò il suo interrogatorio, perché dubitava che Bokuto lo stesse portando davanti l’ingresso della Sala Comune Tassorosso.
Il grifondoro continuò a fare il misterioso per tutto il tragitto. Poi, finalmente, arrestò la sua marcia davanti al quadro di una natura morta.
“Sta’ a guardare!” sfregò il dito sulla pera che vi era dipinta e questa – ridendo – si trasformò in una maniglia. Alla sua espressione sbalordita, Bokuto sorrise.
“Dopo di te!” gli fece cenno verso il buco nel muro che il quadro aveva rivelato. Akaashi guardò il passaggio con circospezione, ma si fidava ciecamente di Bokuto quindi non se lo fece ripetere, e quello che trovò oltre lo lasciò senza fiato.
“Questi sono…”
“Elfi domestici.” concluse per lui Bokuto “Chi pensavi ci cucinasse tutto il cibo?” Akaashi non rispose. Era troppo impegnato a guardarsi intorno. Ogni singola parte di quel Castello l’aveva affascinato, ed al suo sesto anno non smetteva di scoprire posti nuovi che continuavano a fargli lo stesso effetto.
“Incredibile…” non riusciva a smettere di sussurrare, e fu solo quando tornò con il suo piatto preferito tra le mani che Akaashi si rese conto che Bokuto aveva lasciato il suo fianco.
Gli elfi domestici gli avevano in poco tempo allestito una porzione di tavolo su cui sedersi, e qui Akaashi iniziò a gustarsi un fantastico pasticcio di rognone mentre Bokuto sgranocchiava stuzzichini.
“Come conosci questo posto?” gli chiese a un certo punto. L’altro rise.
“Al secondo anno io e Kuroo ci siamo messi in testa di voler catturare un elfo domestico.” iniziò a raccontare “Quelli che lavorano qui ad Hogwarts sono parecchio bravi e non si fanno quasi mai vedere, ma noi siamo riusciti a beccarne uno.” rise “Abbiamo sporcato un intero corridoio e aspettato per ore perché ci riuscissimo! L’abbiamo seguito, ma prima che potessimo catturarlo lui si è infilato qui dentro.” Akaashi ascoltò divertito, ed ancora una volta prese a chiedersi cosa Bokuto ci trovasse in lui. Akaashi non era come Kuroo, tantomeno non era come Bokuto. Lui andava all’avventura mentre il corvonero rimaneva in Sala Comune a leggere. Sospettava persino che non avrebbe mai neanche iniziato a giocare a Quidditch se non ci fosse stato Bokuto a suggerirglielo.
“Certo che è davvero fantastico poter venire qui ad ogni ora per poter mangiare!” disse Akaashi quando si accorse che il silenzio stava per diventare imbarazzante.
“Possiamo tornarci ogni volta che vuoi.” gli rispose l’altro con un sorriso. E lui – come sempre avveniva – fu trascinato da Bokuto nella medesima espressione.
“Mi piacerebbe.”
 
***
Sugawara
Aveva ormai perso il conto delle ore passate al capezzale di Sawamura Daichi in attesa che questo si svegliasse.
Dopo averlo colpito con il bolide, Suga era del tutto certo che non sarebbe stato capace di continuare a giocare. Erano state poi le parole della sua stessa vittima a far sì che ci riuscisse, ma l’ansia non se n’era andata. Aveva volato e colpito i bolidi con un enorme peso sul cuore, e quasi non gli era importato quando il fischio dell’arbitro aveva annunciato la loro sconfitta. Sicuramente, il posto della squadra nel Campionato era in fondo ai suoi pensieri. Aveva quindi mollato tutto e, senza curarsi di cambiarsi d’abito, aveva seguito i grifondoro in infermeria.
Daichi era privo di sensi ma, li tranquillizzò l’infermiera, il suo sonno era stato indotto in modo che potesse riposare.
“E a proposito!” aveva poi aggiunto la donna “Siete in troppi, e il signor Daichi ha bisogno di tranquillità.” li aveva squadrati tutti con cipiglio severo: “Fuori”. Suga si era quindi alzato dalla porzione di letto che aveva occupato in modo da tenere la mano del ragazzo incosciente ed aveva fatto per andarsene quando Tetsuro Kuroo l’aveva fermato afferrandogli una spalla. Il corvonero l’aveva guardato confuso, e l’altro gli aveva risposto con un semplice sorriso. Aveva fatto cenno al letto del suo Capitano, poi insieme agli altri aveva lasciato la stanza. Suga aveva sospirato ed era tornato a sedersi. Non avrebbe lasciato quel posto se prima Sawamura non si fosse svegliato.
 
***
Shimizu
Non c’era dubbio sul fatto che gli eventi avvenuti nel bel mezzo della partita avessero scosso tutti. Shimizu conosceva Daichi sin dal suo primo anno e sebbene fossero di Case diverse i due non avevano mai perso occasione per scambiare due chiacchiere. Quando, poi, all’inizio del loro settimo anno erano stati entrambi nominati Caposcuola, i due avevano iniziato a legare molto di più.
Era tardo pomeriggio; da lì a pochi minuti la porta principale del Castello sarebbe stata chiusa per la notte, ed uno dei suoi compiti da Caposcuola consisteva nel controllare che nessuno fosse ancora fuori. Di norma, quella ronda l’avrebbe fatta in compagnia di Daichi, ma questi era ancora in infermeria e Shimizu non riusciva a pensare ad altro se non di sbrigare in fretta i propri doveri per poter andare a visitare il proprio amico.
Stava per concludere il giro quando un’ombra accovacciata sul prato attirò la sua attenzione. Nel buio delle sette del pomeriggio di fine ottobre, Shimizu si avvicinò lentamente e con la punta della bacchetta illuminata. Quando fu abbastanza vicina, non ci fu bisogno che il ragazzo si girasse per capire di chi si trattasse. La corvonero sospirò e si sedette sul prato freddo accanto a Ryunosuke Tanaka che ancora indossava la divisa sportiva di quella mattina. Il grifondoro si voltò a guardarla, ma se normalmente si sarebbe messo a decantare moine su di lei e ad elencarle complimenti, questa volta tacque. La guardò con occhi tristi, poi tornò a fissare di fronte a sé.
“Non penso che ti ringrazierò per avermi protetta dai bolidi.” disse lei dopo un po’. Quelle parole ebbero il potere di risvegliare il ragazzo dallo stato di torpore nel quale sembrava trovarsi “So cavarmela benissimo anche da sola.” rispose con un sorriso sicuro al suo sguardo agghiacciato.
“L-Lo so!” si affrettò a rispondere l’altro “Sei fantastica sulla scopa! Non penso che ti serva protezione!” Shimizu non commentò, quindi il ragazzo continuò “Sei una giocatrice eccezionale ed una nemica tremenda. È solo che quando ti vedo-” si interruppe e Shimizu, alla fioca luce emanata dalla sua bacchetta, ebbe l’impressione che fosse arrossito “Pensare che quei bolidi possano colpirti… ecco…” anche questa volta non fu in grado di completare la frase, ed anche se Shimizu poteva benissimo immaginare il resto, preferì non pensarci.
“Capisco.” disse solo, poi sorrise “Quindi la vostra tattica non era quella di farci fare moltissimi punti, afferrare comunque la vittoria e mandare Serpeverde in fondo alla classifica del Campionato?” Tanaka la guardò divertito, forse anche riconoscente, ma non rispose, quindi la ragazza sospirò.
“Be’, seguire me per tutto il tempo senza provare a colpirmi è stata sicuramente una tattica non-convenzionale, e direi proprio che non ha portato benefici alla tua squadra.” lo sguardo poco prima tornato vivo del ragazzo riprese ad intristirsi “So a cosa puntavi, sai?” rise “Ma ci vuole ben altro per far arrabbiare il tuo Capitano! Chiedilo ai two-pains-in-the-ass. Non sei ancora ai loro livelli!!” Tanaka la guardò con occhi sgranati ed espressione sconvolta.
“Kuroo e Bokuto??” Shimizu rise.
“Chi altri sennò?” sebbene quello fosse un tentativo fiacco e del tutto maldestro di consolarlo, con quelle parole Shimizu riuscì a farlo ridere e a tranquillizzarlo. Quando capì di essere riuscita nel suo intento, la ragazza si alzò: “Stavo giusto andando a trovare Daichi. Vieni con me?” e certo Tanaka non se lo fece ripetere due volte.
Trascorsero tutto il tragitto a parlare di Quidditch. Tanaka fingeva di non essere nervoso, ma Shimizu lo conosceva troppo bene, ormai, per credere che non lo fosse. Lo stato del ragazzo, comunque, fece sì che, forse per la prima volta da quando si conoscevano, lui non facesse il cascamorto con lei. Potendo conoscere quindi finalmente per la prima volta il vero Tanaka, Shimizu si ritrovò a sorridere e a pensare che, in fondo, il grifondoro non fosse tanto male. Si ripromise di non darlo a vedere, o anche lasciando la scuola – come avrebbe fatto da lì a qualche mese – non se lo sarebbe più scrollato di torno.
Fu solo quando arrivarono davanti alle porte dell’infermeria che il ragazzo smise di chiacchierare. Shimizu si voltò verso di lui, e lo trovò pietrificato ad osservare i battenti chiusi. Sorrise.
“Non c’è bisogno di preoccuparsi tanto. Sta bene.” Tanaka la guardò di rimando ed annuì lentamente. Poi la seguì dentro.
Come sospettato, Daichi era sveglio. Era seduto sul letto e chiacchierava amabilmente con Suga. Probabilmente il battitore gli aveva già raccontato l’esito della partita ed ora insieme si stavano gustando i dolci che i compagni di squadra del ferito avevano lasciato all’infermiera per lui.
“Shimizu!” Suga fu il primo a notarli, Daichi si voltò verso di loro e – di nuovo – Tanaka s’immobilizzò. Parve passare un’eternità, poi il Capitano sorrise ed il più piccolo si rilassò.
“Come stai?” fu questi, timido, a chiedergli.
“Sto bene.” rispose l’altro tranquillo “Mi hanno raccontato della nostra vittoria!” il suo sorriso si allargò, ma Tanaka abbassò lo sguardo, imbarazzato.
“Io ho aiutato ben poco…” lo sguardo di Daichi si intenerì, poi gli fece cenno di avvicinarsi; gli mise una mano sulla spalla e gli sorrise.
“Ci sarà la prossima partita.”
“Non sei arrabbiato?” il Capitano rise.
“Oh sì! Lo sono perché tu e Noya non avete fatto altro che difendere il nemico!!” si voltò verso di lei “Niente di personale.” tutti risero, poi tornò a guardare Tanaka “Ma non sono arrabbiato per il bolide. Non è stata colpa tua… e neanche di Suga. Sono cose che succedono.” Tanaka annuì, ancora lo sguardo basso, quindi Daichi sospirò.
“Promettimi solo che alla prossima partita penserai solo alla tua squadra. A tutto il resto ci penseremo una volta scesi dalla scopa.” il battitore sollevò lo sguardo ed annuì deciso.
“Ho imparato la lezione…” concluse sincero e decisamente più tranquillo di quanto non lo fosse in cortile.

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Capitolo 7
*** Halloween e conseguenze - pov. Kenma | Shimizu | Daichi ***


Kenma
L’euforia per la vittoria di due giorni prima, aggiunta alla ritrovata salute del loro Capitano, aveva reso il tavolo di Grifondoro più rumoroso del solito. Se a questo ci si aggiungeva poi anche il fatto che erano tutti in trepida attesa che il banchetto di Halloween cominciasse, la faccenda si faceva più che seccante.
Entrato in Sala Grande, Kenma sospirò e – cercando d’ignorare gli schiamazzi – raggiunse il tavolo della propria Casa. Si sedette di fronte ad Akaashi, tra Osamu e Sakusa, e lì tirò fuori la propria PSP.
“Vorrei tanto sapere perché per le occasioni speciali dobbiamo aspettare che tutti siano entrati in Sala Grande prima di poter iniziare a mangiare.” sentì Osamu lamentarsi “Che rimangano senza cibo, se proprio non vogliono decidersi a venire!” in realtà, pensò Kenma, era ancora relativamente presto, ma il suo compagno di dormitorio smetteva di ragionare ogni volta che si parlava di cibo.
“Mancherà poco, ormai.” gli rispose Ennoshita, e fu allora che Kenma sollevò lo sguardo. Ennoshita guardava sorridente Osamu, Kunimi chiacchierava rumorosamente con Shirabu, mentre Akaashi si guardava in giro annoiato in attesa che il banchetto iniziasse.
“Non ti girare.” Kenma avvertì quest’ultimo quando vide Kotaro Bokuto varcare il portone d’ingresso della Sala. Quel ragazzo era sempre stato eccessivamente esuberante, ma quello superava tutto!
Akaashi lo guardò confuso e, spinto dalla curiosità, fece per voltarsi.
“Credimi!” gli aveva quasi urlato Kenma “Non farlo, o ti noterà.” Bokuto, infatti, stava chiaramente cercando d’intercettare Akaashi lungo il loro tavolo, ma fu lo sguardo di Kenma, invece, a trovare.
“Accidenti.” fu quindi la reazione dell’animago “Ci ha visti.” a quel punto, Akaashi si voltò e – come lui – poté rimanere stupefatto dall’outfit ‘pugno-in-un-occhio’ del loro amico grifondoro.
Alle spalle di Kenma si sentì una risata:
“Vi piace?” si girarono entrambi per vedere Kuroo che – ammirando da lontano il costume da gufo del suo amico – sorrideva. “Ha chiesto aiuto a me. Io ho scritto ai miei che l’hanno ordinato in un negozio babbano di costumi per Halloween!” disse fiero “Bello, vero?” Kenma pensò che fosse meglio non rispondere e, nel frattempo, Bokuto lo aveva raggiunti.
“Akaaashi!!” si era subito rivolto al prefetto del sesto anno “Guarda, Akaashi!” aprì le braccia e iniziò a sbatterle mentre bubolava nella chiara imitazione di un gufo. Kenma distolse lo sguardo mentre molti altri ne erano attirati nella loro direzione per l’atteggiamento del grifondoro.
Fu mille volte grato al preside per aver scelto quel momento per alzarsi in modo da andare al leggio per dare inizio al banchetto. Kuroo e Bokuto si affrettarono a tornare al proprio tavolo e Osamu anticipò tutti afferrando già forchetta e coltello.
E fu mentre il preside Furudate parlava che Kenma si rese conto per la prima volta dello stato di Sakusa:
“Tutto bene?” gli chiese. Il compagno sembrava tutt’altro che tranquillo, tanto che l’incantesimo testa-bolla che come sempre gli circondava la testa non faceva altro che appannarsi e spannarsi seguendo il respiro affannato del mago.
“Miya mi fa sempre uno scherzo prima che il banchetto cominci.” spiegò senza aver bisogno di specificare a quale gemello si riferisse. Kenma sospirò, poi guardò verso il tavolo serpeverde e verso quello dei professori
“Il preside ormai ha finito di parlare.” gli fece notare “Vedrai che per quest’anno ha deciso di non farlo. E devi rompere l’incantesimo per poter mangiare.” Sakusa ci mise un po’ a convincersi, ma alla fine lo fece, e mentre il preside augurava a tutti un buon Halloween e tornava a sedersi, un fortissimo scoppio fece voltare chi non lo era già più di nuovo verso il tavolo dei professori. Un quintale di glitter rossi ed oro prese a cadere dal soffitto e poi ad avanzare verso gli studenti. In poco tempo, tutta la Sala Grande fu piena dei colori di Grifondoro, e mentre Osamu piagnucolava guardando il cibo contaminato, Kenma si voltò sgomento verso Sakusa: il compagno di dormitorio aveva ancora la bacchetta sollevata perché l’aveva appena usata per rimuovere l’incantesimo testa-bolla. I suoi capelli, le spalle e le orecchie erano pieni di glitter mentre lo sguardo era impietrito e perso nel nulla.
Solo lo schiamazzare dei figli di Godric fece sì che l’animago distogliesse lo sguardo dal compagno: Tanaka e Nishinoya si erano alzati in piedi sulle panche e da lì si stavano prodigando in profondi inchini. Durarono poco: Daichi e Shimizu si alzarono e costrinsero i due a seguirli fuori dalla stanza.
 
***
Shimizu
Dal momento che – come amava dire Suga – si trattava dei “suoi bambini”, Shimizu lasciò che fosse Daichi a sgridare Tanaka e Nishinoya per lo scherzo che avevano appena compiuto. Mentre lei continuava quindi a scotolarsi via i glitter da toga e capelli, il suo collega sbraitava contro i propri compagni di Casa:
“PENSATE CHE IL CIBO SPUNTI PER MAGIA? AVETE IDEA DI QUANTI ELFI DOMESTICI ABBIANO LAVORATO PER PREPARARE QUESTO BANCHETTO?? E ORA SENTIAMO: CHI CREDETE CHE DEBBA PULIRE TUTTO QUESTO DISASTRO?” stizzito, aveva indicato l’ingresso della Sala Grande nella cui soglia piovevano ancora glitter “Tranquilli!” aveva aggiunto prima che loro potessero anche solo aprire bocca “Ve lo dico io chi: voi!” Tanaka e Noya si erano fatti piccoli davanti allo sguardo furente del senpai, e continuarono a tacere fin quando Daichi non disse: “Sarà anche meglio che facciate smettere di piovere coriandoli dalla porta!” a quel punto, i colpevoli si scambiarono un’occhiata preoccupata, poi Noya si schiarì la gola.
“E se noi… ecco… non sapessimo come fare?” lo sguardo di ghiaccio del Capitano bastò come risposta.
“Che vuol dire che non sapete come fare!?” chiese il più grande comunque.
“Abbiamo trovato le istruzioni per l’incantesimo in un libro in biblioteca…” si prese di coraggio anche Tanaka “ma non ricordiamo quale. Non abbiamo segnato il contro-incantesimo.” Shimizu cercò di rimanere seria per dare manforte al collega, eppure non poté fare a meno di essere felice di vedere che Tanaka era tornato in sé. Si voltò verso Daichi e lo vide sospirare prima di passarsi esasperato una mano sul volto.
“Prenderete scopa e paletta e pulirete tutta la Sala Grande senza magia.” ordinò “Poi andrete dal professor Irihata e lo aiuterete a trovare un contro-incantesimo.” concluse. Dopodiché fece apparire uno scudo dalla bacchetta e proteggendosi sotto quello varcò la porta per tornare in Sala Grande. La pioggia di glitter si arrestò, poi cambiò direzione iniziando a scorrere verso l’alto; il mucchio già a terra non fece eccezione: si sollevò ricoprendo Daichi ancora una volta di rosso e d’oro, inoltrandosi sotto la toga e bloccandosi sotto lo scudo invisibile. Non riuscendo a salire oltre, poi, i glitter tornarono giù per infine rimanere intrappolati tra i capelli del Caposcuola. Shimizu rise sotto i baffi, e mentre la risata di Suga sovrastava tutte le altre, la cacciatrice si voltò verso Tanaka e Noya che corsero via spaventati a prendere – la ragazza lo sperò per la loro incolumità – scope e palette.
 
***
Daichi
Ad una settimana da Halloween, la Sala Grande era più caotica che mai. Nonostante Daichi avesse costretto Noya e Tanaka a sfogliare i più svariati libri della biblioteca praticamente notte e giorno, non c’era ancora stato verso di trovare il contro-incantesimo per far cessare la pioggia di glitter che ancora cadeva sulla soglia della Sala Grande. Quando fu chiaro che usare l’ombrello fosse contro producente, gli studenti avevano iniziato ad adoperare le soluzioni più svariate. Le più frequenti, in generale, erano due: si imbottivano di vestiti coprendosi fino all’ultima cellula o – sotto esempio di Oikawa – entravano attraverso le finestre usando le scope. Le finestre, tuttavia, non concepite per aprirsi e chiudersi, dovevano essere rotte ogni volta per far sì che gli studenti entrassero in Sala. Il risultato fu che – da una settimana a questa parte – i tanti camini della Sala Grande non bastavano a scaldare l’aria gelida di novembre che tra un reparo e l’altro penetrava nel castello. E se il gelo era meno tollerante la sera, il problema maggiore della mattina era il traffico areo: erano già quattro i gufi ad essere stati investiti da uno studente maldestro, mentre le lettere iniziavano a perdersi o a finire al destinatario sbagliato.
“Vi conviene dirmi che avete trovato una soluzione.” disse Daichi ai due malfattori. Noya e Tanaka, intenti a fare colazione, si arrestarono e si voltarono verso di lui. Il Capitano si era appena tolto l’ultimo scialle dalle spalle, che dovette abbassarsi per non essere investito da uno studente sulla scopa.
“Quasi.” rispose Tanaka; in faccia un sorriso mortificato. “Insomma, abbiamo finito di leggere tutti i libri delle sezioni: «incantesimi per la fertilità dei campi»; «piogge miracolose» e «loop infiniti di scherzi».” spiegò meglio “Mi sento particolarmente fiducioso per quella che stiamo iniziando adesso.” Daichi continuò ad osservarlo, curioso di sentire quale sarebbe stata, e fu Noya a rispondere:
“«Aggiungi un pizzico di magia alla tua vita con il glitter».” il caposcuola spalancò gli occhi
“Ne esiste un’intera sezione?”
“È sicuramente più grande di «Ogni giorno è carnevale!»”.
“ATTENZIONE!” l’urlo d’avvertimento non bastò ad evitare il disastro: un tassorosso si abbatté con la scopa sopra il budino che Noya e Tanaka avevano davanti e tutti e tre furono investiti dai resti del dolce. I battitori si scambiarono un’occhiata, poi si voltarono terrorizzati verso Daichi che però decise di mantenere la calma. Chiuse gli occhi e sospirò.
“Non andrete ad Hogsmeade se prima non avrete letto ogni libro della sezione dei glitter.”
“Ma la gita è domani! Non riusciremo mai in tempo!” il Caposcuola non ebbe bisogno di aggiungere altro, perché il suo sguardo furente pose fine ad ogni altra protesta. Dopodiché, senza neanche curarsi di mettere qualcosa sotto i denti, fece dietrofront e tornò in dormitorio per lavarsi un’ennesima volta.

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Capitolo 8
*** Gita ad Hogsmeade - pov. Iwaizumi | Yamaguchi ***


Iwaizumi
Miracolosamente privo di glitter addosso, Iwaizumi seguì i suoi compagni fuori dal Castello e poi in direzione di Hogsmeade. Dopo aver discusso a lungo su come organizzarsi con gli altri, infatti, Bokuto, Kuroo e Daichi avevano infine deciso di scendere tutti insieme al villaggio per poi raggiungere gli amici di Corvonero ai Tre Manici di Scopa. Da parte sua, Iwaizumi non poté che mostrarsi felice di poter passare almeno l’inizio di quella gita con i propri amici, eppure una parte di lui non poteva non chiedersi se i compagni stessero pregiudicando il proprio divertimento unicamente per non lasciarlo solo.
Seguì quasi senza accorgersene tutto il gruppo fino al centro del villaggio, e solo una volta che si fermarono davanti alla vetrina del negozio “Every(rainbow)thing” si rese conto di dov’erano.
“Io entro un attimo.” dichiarò Kuroo “Ho perso un altro collarino e qui costano poco!” gli altri lo seguirono. Sebbene ad Iwaizumi non piacesse andare per negozi, non gli dispiacque dare un’occhiata a quello: vendeva di tutto con una sola condizione: ogni oggetto – animato o inanimato che fosse – doveva avere tutti i colori dell’arcobaleno. Il grifondoro vagò, seppur ammirato, con interesse indifferente tra le mensole, fin quando il reparto di biancheria intima non attirò la sua attenzione: al posto d’onore spiccavano un paio di boxer con la testa di un alieno stampata al centro che alternava tutti e sette i colori richiesti dal marketing. Iwaizumi si guardò in giro per controllare di essere solo, poi cercò la giusta misura e ne acciuffò un paio. Aspettò che Bokuto finisse di pagare un cappello che lanciava coriandoli colorati e che si allontanasse, infine chiese al commerciante di mettere il suo acquisto in un pacco regalo e lo pagò.
“Tu non compri niente, Iwaizumi?” gli chiese Daichi – l’unico a non essere entrato – quando il compagno uscì. Iwaizumi ringraziò mentalmente il destino che, nonostante la sua indecisione di quella mattina, l’aveva spinto a mettersi la toga più pesante e provvista di grandi tasche. In risposta all’amico, si limitò a scuotere il capo.
Quando anche tutti gli altri li raggiunsero per strada, il gruppo di grifondoro proseguì verso i Tre Manici di Scopa.
“Era proprio necessario comprare quel cappello?” Bokuto guardò confuso verso Daichi.
“Perché no?” gli chiese.
“Me lo stai davvero chiedendo?? Non abbiamo neanche risolto il problema dei glitter e tu compri un oggetto che spara coriandoli?” Bokuto mise il broncio, probabilmente offeso che il suo nuovo cappello non avesse riscosso successo.
“Mettiamola così:” s’intromise Kuroo “sicuramente Bokuto non potrà perdersi!” il gruppo seguì lo sguardo del moro fino a posarsi sulla scia di coriandoli che Bokuto aveva lasciato al suo passaggio. Il ragazzo incrociò le braccia ed accentuò il broncio.
“Vedrete che ad Akaashi piacerà!” ed Iwaizumi si augurò che fosse davvero così, altrimenti – lo sapeva bene – il suo amico si sarebbe depresso per almeno una settimana.
 
Arrivati ai Tre Manici di Scopa non ci misero molto ad adocchiare i propri amici di Corvonero. Il fatto che fossero arrivati prima loro – si ritrovò a pensare Iwaizumi – fu un vero colpo di fortuna, perché il pub era talmente ingombro che, non fosse stato per gli amici, avrebbero dovuto aspettare chissà quanto per trovare un tavolo libero.
Una volta che si furono tutti seduti, fu Iwaizumi stesso a proporsi di prendere al bancone le Birrobirre per quelli di loro appena arrivati. Non erano passati neanche due minuti e già lì – tra Kuroo e Kenma, Bokuto e Akaashi e Daichi e Suga – si sentiva come fosse il settimo incomodo. Ci mise molto ad ottenere i suoi quattro boccali, e la cosa non gli dispiacque. Tornato al tavolo, il ragazzo seguì con piacere i discorsi degli amici, ma non poté fare a meno di pensare a quanto desiderasse poter stare così tranquillamente in vista con Oikawa. Non importava quanto il grifondoro si divertisse con i suoi amici, la sua mente – alla fine – volgeva sempre e solo su Oikawa.
Sussultò quando i suoi occhi catturarono lo sguardo focoso proprio dell’oggetto dei suoi pensieri. Il suo ragazzo lo stava fissando dal fondo della sala; era seduto al tavolo all’angolo insieme ad alcuni membri della sua Casa, ma qualsiasi fosse l’argomento di cui stavano parlando, a Tooru non sembrava importare. Iwaizumi sorrise, poi si maledisse per averlo fatto, e sperando che nessuno avesse notato il suo ghigno si alzò e si diresse verso il bagno. Neanche due minuti dopo la porta si riaprì ed Iwaizumi non ebbe bisogno di voltarsi per sapere chi fosse appena entrato:
“Un ragazzo bello come te…” gli sussurrò Oikawa mentre ancora gli si avvicinava “tutto solo in mezzo a così tanti bei ragazzi.” lo afferrò per il colletto e ghignò “Dovrei essere geloso.” Iwaizumi ghignò di rimando e, afferrando a sua volta il serpeverde per il colletto, ribaltò le posizioni sbattendo il proprio ragazzo contro il muro.
“Potrei dire lo stesso.”
“Mmh…” mormorò Oikawa in risposta “In effetti sono parecchio irresistibile. Sarà meglio che tu mi convinca che sono solo tuo.” Iwaizumi accentuò il proprio ghigno e si ripromise di cancellare quello dell’altro a suon di baci. L’afferrò per i capelli e gli attaccò le labbra con le proprie. Lui e Oikawa erano vicini di casa da sempre ed il tempo non gli mancava durante le vacanze, ma ad Hogwarts ogni incontro era prezioso ed Iwaizumi non intendeva sprecare quell’occasione con pudiche maniere. Si appoggiò al suo ragazzo con maggiore energia gravandogli addosso eccessivamente con il proprio peso; la sua gamba tra quelle dell’altro fece sì che Oikawa mugolasse e che Iwaizumi impazzisse di piacere al solo suono. La sua mano destra era già a metà strada per insinuarsi sotto la toga del serpeverde quando il rumore della porta che si apriva fece scattare entrambi. Oikawa lo afferrò e lo guidò all’interno di un cubicolo. Erano appena riusciti a chiudere la porta della toletta quando lo scroscio dell’acqua li informò che qualcuno si stava lavando le mani.
“Omi-Omi!” neanche un minuto dopo sentirono entrare una seconda persona “Perché non mi stupisce trovarti qui a lavare le tue belle mani?” Iwaizumi non riuscì a capire se il tono di Miya fosse scherzoso o derisorio. Forse, si convinse il grifondoro alla fine, era entrambe le cose.
“Magari perché non hai fatto altro che fissarmi da quando sono entrato nel pub.” rispose tranquillamente Sakusa. L’altro rise.
“Ultimamente ti vedo poco spesso in Sala Grande.” continuò imperterrito Atsumu “Paura di qualche brillantino?” il corvonero ci mise un po’ a rispondere, ed Iwaizumi non faticò ad immaginarlo mentre guardava male il serpeverde.
“Mi aspettavo molto di peggio ad Halloween. Nella fattispecie un tuo scherzo. Quindi direi che posso resistere a qualche brillantino.” di nuovo, Atsumu buttò fuori una risata.
“Avrei potuto travestirmi da tuo fidanzato.” calò il silenzio ed Iwaizumi credette seriamente che Sakusa stesse valutando di mettersi con Miya, ma infine parlò:
“Hai ragione. Sarebbe stato terrificante.” Iwaizumi ed Oikawa dovettero trattenere le risate, poi sentirono un paio di passi uscire dal bagno ed un altro paio seguirli stizziti.
Una volta certi che la stanza fosse vuota, aprirono la porta del cubicolo e tornarono davanti ai lavandini. Risero entrambi.
“Ad un certo punto ero convinto si sarebbero messi a scopare.” confessò il grifondoro, e le risa dell’altro si trasformarono in un ghigno.
“Vogliamo farlo noi?” Iwaizumi lo spintonò divertito per dirigersi verso la porta provando a non pensare che avrebbe davvero voluto farlo nonostante tutte le persone là fuori e a discapito di ogni buon senso.
“Ci vediamo tra mezzora al solito posto?” gli chiese prima di uscire. Oikawa annuì, quindi lo baciò e lo precedette fuori dal bagno.
 
Tornato al tavolo, Iwaizumi trovò Bokuto che chiedeva ad Akaashi del suo cappello:
“…ma a te piace, vero?” stava dicendo. Il cercatore corvonero lo guardò intenerito, e dopo appena un attimo rispose:
“È molto da te, Bokuto-san.” il grifondoro non rispose, ma dal suo sguardo era chiaro che non sapesse come interpretare la risposta e che fosse spaventato all’idea che volesse dire che non gli piaceva. Quindi Akaashi si affrettò ad aggiungere “Mi piace molto.” al che fu impossibile recuperare Bokuto il quale, già di norma frenetico, divenne più che ipereccitato.
Hajime lasciò che passassero venti minuti, dopodiché annunciò che sarebbe tornato verso il Castello. Gli amici cercarono di fargli cambiare idea, ma lui non si fece convincere e i ragazzi non insistettero oltre. Presto – Iwaizumi lo sapeva bene – per una scusa o per un’altra tutti si sarebbero separati per stare solo con la persona che più interessava loro. E lui non faceva eccezione.
Arrivò quindi all’altezza della Stamberga Strillante e oltrepassò di qualche metro il cancello sempre aperto ma che nessuno osava superare. Lì accanto c’erano alcuni alberi e fu dietro ad uno di essi che trovo Oikawa.
“Sei in anticipo.” gli palesò la sua presenza.
“Come se avessi potuto aspettare!” fu la risposta. Iwaizumi sorrise soddisfatto della risposta e, dopo essersi assicurato che fossero soli, lo baciò. Oikawa tentò di approfondire il contatto, e sicuramente Hajime non aveva intenzione di fare il difficile, ma prima c’era una cosa che voleva fare:
“Ti ho fatto un regalo.” gli sussurrò con le labbra ancora a un paio di centimetri da quelle dell’altro. Oikawa sorrise.
“Quindi hai intenzione di darmi un grande pacco?” Iwaizumi ghignò e decise di stare al gioco; gli morse il labbro inferiore, lo baciò vorace e poi rispose:
“Sempre.” poi però si allontanò quel tanto necessario per uscire la busta dalla tasca interna della propria toga. Osservò Oikawa aprirla e sorrise del tutto incantato nel notare quanto gli occhi gli brillassero nell’operazione. Quando Oikawa riceveva un regalo si trasformava in un bambino eccitato per la mattina di Natale. Tolse l’ultimo pezzo di carta e vide l’intimo con la stampa dell’alieno. Iwaizumi notò i suoi occhi diventare ancora più luminosi, poi lo vide anche mascherare quella genuina felicità sotto una maschera di sarcasmo e provocazione.
“Se avessi voluto vedermi in mutande ti sarebbe bastato chiedere.” gli disse infatti. Iwaizumi rise, più per il fatto di essere riuscito ad anticiparlo che per la battuta in sé. Poi afferrò il proprio ragazzo e ricominciò da dove erano stati interrotti nel bagno dei Tre Manici di Scopa.
Ovviamente c’era un limite a quello che potevano fare lì fuori e così vicini alla strada che portava ad Hogwarts, eppure la libido riuscì presto a trascinarli in un mondo tutto loro. Fu solo – molti minuti dopo – il vociare di alcuni ragazzi a riportarli con i piedi per terra. Oikawa interruppe il bacio e poggiò afflitto la fronte su quella di Iwaizumi. Non serviva essere nella sua testa per sapere a cosa stesse pensando, perché i suoi pensieri erano sicuramente i medesimi del grifondoro.
“Sette mesi.” pensò “Ancora sette mesi e potremo uscire allo scoperto”.
Il suo ragazzo fece un paio di passi indietro lasciando che fosse solo Iwaizumi quello ad essere ancora nascosto dagli alberi. Probabilmente aveva riconosciuto le voci dei ragazzi che si stavano avvicinando, perché – rammaricato – li chiamò prima ancora di voltarsi verso di loro.
“Wakatoshi, aspettatemi.” il gruppo – formato da Ushiwaka, Tendou, Suna e Atsumu – si voltò verso Tooru
“Torni al Castello anche tu, Oikawa?” chiese il Capitano della loro squadra di Quidditch. L’altro si limitò ad annuire. Iwaizumi lo osservò allontanarsi insieme ai suoi compagni e – stizzito – prese a chiedersi in quanti di loro l’avrebbero ripudiato se solo avessero saputo della sua relazione con lui. Gli parve di vedere il proprio ragazzo guardare di sottecchi Miya prima che svoltassero l’angolo e sparissero dalla sua vista, ma – si disse – molto più probabilmente se l’era solo immaginato.
 
***
Yamaguchi
Come sempre quando era insieme a lui, Yamaguchi aveva trascorso una bellissima giornata ad Hogsmeade con Tsukishima. Non avevano trovato posto ai Tre Manici di Scopa, e dal momento che Yamaguchi sarebbe dovuto rientrare presto al Castello, invece di aspettare per un tavolo avevano deciso di rinunciare alla Burrobirra in favore di una passeggiata per il villaggio; avevano fatto scorte di dolciumi e Tsukishima gli aveva anche regalato una bellissima sciarpa che ricordava i colori di Tassorosso. Per l’intera giornata, Yamaguchi aveva sperato che nessuno li disturbasse, e mentre tornavano verso Hogwarts ancora non riusciva a credere che fosse stato davvero così. Sin da quando si conoscevano Yamaguchi si era sempre sentito a suo agio e protetto quando era al fianco dell’altro, e tutto ciò che desiderava, adesso, era poter trasformare la loro amicizia in qualcosa di più.
“Se solo fosse così anche per lui!” pensò allora come durante tutto l’ultimo anno.
Quando si arrestarono in mezzo al parco della scuola – al bivio che portava da un lato al Castello e dall’altro al Campo di Quidditch – Yamaguchi si ritrovò ad abbassare lo sguardo, afflitto. Non avrebbe mai voluto che quella gita finisse così in fretta, ma il Capitano della sua squadra aveva insistito, ed essendo ormai solo a pochi giorni dalla partita, nessun membro della squadra aveva potuto esimersi dal partecipare a quella riunione straordinaria sulle scope.
“È stato tutto stupendo, Tsukki!” disse sincero “Lo è sempre quando sono insieme a te…” continuò imbarazzato. Tsukishima – almeno così sembrò a Yamaguchi – arrossì, e passò appena un secondo prima che il biondo iniziasse ad avvicinarsi al moro. A quel movimento, Tadashi spalancò gli occhi.
“Sta per baciarmi!” pensò. Lui era troppo codardo per poter fare la prima mossa, così aveva sperato che fosse l’altro a farsi avanti “E finalmente sta succedendo! Sta succedendo!” non riusciva a crederci, eppure era così!
Erano ormai l’uno a un palmo dall’altro e la situazione si era fatta inequivocabile: Tsukishima lo avrebbe baciato; da lì a pochi decimi di secondi si sarebbero messi insieme! Ed esattamente il momento prima che ciò accadesse, un tassorosso finì addosso al compagno di Casa.
“Yamaguchi!!” chiamò Kai mentre gli dava pacche sulla spalla “Anche tu stai andando al Campo? Siamo in ritardo! Facciamo strada insieme.” Yamaguchi – rosso in viso al pensiero di ciò che Kai potesse aver o non aver visto – fu allontanato a forza da Tsukishima che da parte sua non aveva che sguardi di odio per il suo collega cacciatore. Lui potette solo sospirare e, osservando il compagno di Casa, stabilire che questi non aveva minimamente notato cosa aveva appena interrotto.
“Avrebbe potuto essere il momento più bello di tutta la mia vita.” si rammaricò tra sé e sé “Come chiudere la gita in bellezza.” continuò “Avrebbe potuto essere il coronare del mio più grande sogno”. Sospirò ancora, poi si impose di non pensarci e di concentrarsi invece sugli allenamenti. Immergere tutta la propria attenzione nel Quidditch (forse) avrebbe attenuato o quantomeno nascosto la sua delusione.
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n.a.
Chiaramente ho inventato il negozio Every(rainbow)thing.
D'altronde dagli eventi di HP sono passati anni e l'ambientazione è moderna... quindi ho immaginato che di poter mettere senza problemi una cosa del genere.
A presto!!
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Capitolo 9
*** Serpeverde vs. Tassorosso - pov. Iwaizumi | Akaashi ***


Iwaizumi
Dopo la gita di Hogsmeade, la partita di Quidditch Serpeverde-Tassorosso sembrò subito arrivare. Quella mattina, Iwaizumi non aveva fatto altro che cercare Oikawa con lo sguardo affinché potesse augurargli – accuratamente in privato – buona fortuna. Eppure, come sempre e a maggior ragione quel giorno, il cacciatore e la sua squadra erano al centro dell’attenzione. Non ci fu quindi modo di trovare un momento per loro.
In tarda mattinata Iwaizumi seguì i propri compagni grifondoro vero il Campo di Quidditch. Si erano appena seduti tra i membri della loro Casa quando un gran vociare attirò la loro attenzione:
“Daichi! Daichi!” tutto il gruppo si girò verso Suga, il quale stava agitando la mano per farsi notare “Siamo qui!” aggiunse in un chiaro invito. I figli di Godric, quindi, raggiunsero gli spalti colorati blu e nero, e come accadeva troppo spesso, ormai, Hajime si ritrovò tra Kenma e Kuroo, Suga e Daichi e Akaashi e Bokuto. Raramente la cosa, comunque, gli dava fastidio, e in quell’occasione, poi, dei suoi compagni di scuola non gl’importava nulla: Iwaizumi non aveva occhi che per Oikawa.
La squadra Serpeverde era stata la prima ad entrare in Campo, e come sempre l’aveva fatto in grande stile. Con Ushiwaka in testa e gli altri che seguivano in formazione, le serpi incutevano più timore che mai. Oikawa, poi, non si era potuto certo esimere dal mettersi in mostra! Si era messo in piedi sulla scopa e da quella posizione aveva continuato a volare. I suoi compagni avevano appena rotto la formazione per sistemarsi al centro, ma non lui! Tooru continuò a fare il giro del campo avvicinandosi agli spalti talmente tanto da poter battere il cinque ai suoi tifosi. Iwaizumi rise scuotendo la testa, e ancora una volta si domandò come fosse riuscito quel coglione a conquistarlo.
Poi toccò ai Tassorosso. La loro entrata fu meno intensa, ma sicuramente ottenne dal pubblico lo stesso entusiasmo dato agli avversari.
Come sempre, il professor Ukai ribadì le raccomandazioni perché fosse un gioco pulito; fischiò, e la partita ebbe inizio. Iwaizumi ebbe subito modo di sorridere soddisfatto: se fino ad allora non era stato sicuro del fatto che Oikawa fosse tornato in forma, già la prima azione gli tolse ogni dubbio. Tooru fu il primo ad afferrare la pluffa e – totalmente isolato tra gli avversari – riuscì a dribblare in maniera divina. Arrivato a metà strada tra il centro del campo e gli anelli, fece un rapido passaggio ad Ushiwaka che alla velocità della luce gli restituì la palla. Il portiere rimase spiazzato, e così i Serpeverde si aggiudicarono i primi dieci punti.
Aone certo non si fece più trovare così impreparato; era risaputo che quello di Tassorosso fosse il più abile portiere del momento, così Oikawa dovette sudare per poter portare a Casa il secondo punto. Con la protezione di Tendou, Suna e le loro mazze, Tooru era più aggressivo che mai.
“Si mette male!” Iwaizumi sentì parlare Daichi “Se Oikawa continua con questo ritmo i Serpeverde si fanno pericolosi!” era ancora solo la seconda partita del Campionato e capire chi per loro sarebbe stato meglio vincesse ai fini del Torneo era ancora impossibile, eppure Iwaizumi capiva bene il timore del proprio Capitano: Oikawa non sembrava essere mai stato così in forma. Segnava un punto dietro l’altro, e quando invece la strada gli si sbarrava davanti, era abbastanza intuitivo da capire a chi e come dover passare la pluffa per ottenere il massimo risultato. La squadra di Grifondoro era in testa alla Classifica, tuttavia i Corvonero seguivano poco distanti. Entrambe le squadre avevano segnato parecchi punti, ma Oikawa – in poco meno d’un’ora di partita – era già arrivato a segnare quasi la metà dei punti di Corvonero. Sarebbe bastato che li superasse perché Serpeverde arrivasse col fiato sul collo a Grifondoro.
“Sì!” all’ennesimo punto segnato dal suo ragazzo, Iwaizumi riuscì a malapena a trattenere il gesto e il grido di giubilo che gli vennero spontanei. Era perfettamente consapevole del pericolo che Tooru e la sua squadra costituivano per il Campionato, eppure vedere il proprio ragazzo così genuinamente felice di giocare non poteva che rendere lui felice allo stesso modo. Ripensò all’inizio dell’anno: a quando l’aveva trovato a nascondere le lacrime nella loro piccola zona protetta solo perché Wakatoshi gli aveva negato il ruolo che più gli piaceva. Lui si era maledetto mentalmente nella consapevolezza della sua inutilità, ed aveva fatto l’unica cosa che gli era venuta in mente per cercare di aiutarlo. Adesso, Tooru stava seguendo il suo consiglio: “Hai la possibilità di farti temere come cacciatore. Sei migliore di Kageyama. Dimostra di essere anche migliore di Wakatoshi.” e Oikawa lo stava facendo. Non aveva importanza quanti punti segnassero Ushiwaka e Miya; né quanti Asahi, Kai e Yamaguchi gliene restituissero. Il Campo era tutto per Oikawa! D’altronde, Tsukishima era uno splendido portiere, forse il secondo per capacità! Ma Aone era tutta un’altra storia, ed Oikawa aveva comunque condotto la propria squadra in vantaggio. Quando Kageyama sconfisse Yachi nell’afferrare il boccino, nessuno pensò di attribuire a lui la vittoria. Iwaizumi, al settimo cielo, sorrise e saltò eccitato. Incapace di trattenersi, batté le mani con entusiasmo. Agli occhi dei suoi compagni di scuola, certo, sarebbe potuto sembrare sospetto dal momento che Serpeverde adesso li aveva nettamente sorpassati in punteggio, eppure non doveva essere così strano per un appassionato di Quidditch come lui lasciarsi trasportare dalle magnifiche azioni dei giocatori. I suoi amici – Hajime ne era sicuro – potevano capirlo bene, quindi sperò fosse davvero così, perché da parte sua – pensò tra sé e sé – “È già tanto che non scendo in Campo a baciarlo davanti a tutti”.
 
***
Akaashi
Con l’attuale classifica del Campionato, Corvonero era sceso in quarta posizione. Akaashi non aveva pensato ad altro per tutto il giorno. Vincendo la prima partita, Grifondoro si era portato in testa con 300 punti, ma sebbene Akaashi avesse mancato di prendere il boccino, era abbastanza sereno perché a separarli dagli avversari c’erano soltanto 50 punti. La partita Serpeverde-Tassorosso, tuttavia, aveva ribaltato le carte in tavola e adesso sarebbe stato davvero difficile per loro rimontare. Tooru Oikawa aveva fatto faville e completamente da solo aveva totalizzato quasi duecento punti. Adesso, la sua squadra conduceva il gioco con 420 punti, Grifondoro seguiva con 300, poi Tassorosso con 260 e solo allora Corvonero con 250. La prossima partita l’avrebbero giocata contro i Tassorosso a gennaio, ed Akaashi sapeva bene che non potevano permettersi di perdere se avessero voluto avere qualche possibilità di vincere la Coppa.
Quando capì che – di nuovo – il Quidditch l’aveva distratto dallo studio, Akaashi scosse la testa e tornò a concentrarsi su Mille erbe e funghi magici, volume II. Era incredibilmente riuscito a leggere due frasi quando Bokuto parlò ancora:
“E poi hai visto quando ha fatto la Sloth Grip Roll per evitare quel bolide!?” Akaashi trattenne a stento uno sbuffo e pensò che tutto sommato non fosse poi così strano che la sua mente continuasse a tornare sul Quidditch.
“Sì, Oikawa è stato davvero un portento.”
“Hey! Anche io ne sono capace!” il corvonero corrucciò gli occhi senza capire perché Bokuto adesso se la stesse prendendo così tanto.
“Ma certo! Ti ho visto eseguire quella mossa mille volte.” Bokuto annuì soddisfatto.
“Rimanere appesi alla scopa a testa in giù per evitare un bolide è un classico.” anche Akaashi annuì.
“Adesso però dovremmo tornare a studiare.” e così fecero, fino a quanto…
“E anche quando non era in grado di segnare ha giocato benissimo! Non avrei saputo eseguire meglio la Manovra di Porskoff!” Akaashi sollevò ancora lo sguardo dal proprio libro e Bokuto continuò “Non hai pensato anche tu che stesse solo tentando di fuggire dal placcaggio? E invece ha passato la pluffa! Ti ricordi?”
“Mi ricordo, Bokuto-san.” e fortunatamente il suo tono di voce fece sì che il grifondoro tornasse a studiare, o quanto meno a cercare di farlo. Keiji, da parte sua, prese a far vagare lo sguardo per la stanza. Si trovavano in biblioteca, ed ancora non capiva come la bibliotecaria non li avesse già cacciati via. Guardò i propri compagni di scuola, e senza che potesse impedirselo si ritrovò ad invidiare i compagni di studio che si erano scelti. Bokuto era fantastico in moltissime cose, ma – Akaashi lo sapeva bene – lo studio in compagnia non era tra queste. Suga e Shimizu erano sicuramente stati più saggi di lui e adesso sedevano con Asahi e l’unico grifondoro – forse – in grado di studiare in tranquillità: Daichi. Poi c’erano Tsukishima, Yamaguchi e Yachi intenti – sebbene il primo lo facesse di cattivo umore – a divorare i libri con facilità. Infine, Kita e Yaku e Wakatoshi e Tendou.
Tornò a concentrarsi sul suo libro e tra sé e sé iniziò a pensare a chi poter proporre una sessione di studio per i giorni a venire, poi Bokuto parlò:
“Cosa vuol dire la parola «a-mé-na»?” gli chiese. Akaashi sollevò lo sguardo su di lui e rispose:
“Vuol dire «qualcosa di piacevole»; «in cui ti senti a tuo agio».” gli occhi di Bokuto si illuminarono.
“Ho capito!” si infervorò “Sono in amena compagnia.” fece un esempio “È come dire che sono insieme a te!” a quelle parole, il cuore di Akaashi accelerò e poi si sciolse.
“Come ho potuto anche solo pensare di essere pentito di passare del tempo con lui?” Bokuto avrebbe sicuramente rallentato il suo studio, ma con altrettanta sicurezza avrebbe arricchito ogni momento della sua vita.

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n.a.
Lo so, mi dispiace... questo capitolo è molto corto. Mi sento meno in colpa solo perché martedì scorso ne ho pubblucato uno extra. In ogni caso cercherò di farmi perdonare pubblicandone uno più lungo sabato prossimo!!
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Capitolo 10
*** Tra fraintendimenti e scoperte - pov. Tsukishima | Daichi | Iwaizumi ***


Tsukishima
Non gli aveva fatto piacere battere in maniera così decisiva la squadra di Yamaguchi a Quidditch. Sicuramente si era sentito in colpa ad ogni pluffa dal suo ragazzo che era riuscito a parare. Che sarebbero stati nemici sul campo di gioco, Tsukishima l’aveva messo in conto ancor prima di mettersi con Yamaguchi, ma non per questo il 10 novembre il serpeverde non si svegliò con l’obiettivo di farsi perdonare. Lui odiava festeggiare il proprio compleanno, ma tutt’altra storia era Tadashi! Per questo già da una settimana si stava preparando per quella giornata. Avrebbe raggiunto Yamaguchi in Sala Grande, ma invece di asciolvere lì come al solito, Tsukishima avrebbe afferrato cibo e succo per poi fare insieme un pic-nic nel cortile interno del Castello. Avrebbero avuto poco tempo, ma il bello sarebbe arrivato dopo le lezioni dell’intera giornata! Non era stato facile organizzarlo, ma Yamaguchi amava le stelle e Tsukishima aveva intenzione di ricreare il più possibile l’atmosfera del loro osservatorio. Aveva quindi chiesto aiuto al professore che più di ogni altro era incline ad assecondare le pazzie d’amore dei suoi studenti: Takeda. All’inizio l’insegnante era stato restio a concedergli il permesso per una festa nella Torre d’Astronomia oltre l’orario del coprifuoco, ma un rapido colloquio con il preside Furudate fece sì che Tsukishima avesse il permesso tra le mani in un paio d’ore. Non rimaneva che addobbare l’osservatorio della scuola e attendere che la fatidica sera arrivasse.
Di nuovo a causa di Yamaguchi alla stregua delle più ridicole ragazzine, Tsukishima si era cambiato d’abito già tre volte. Voleva essere elegante, ma non troppo; voleva apparire ben vestito, ma senza dare l’impressione che gl’importasse così tanto. A quel pensiero, rise tra sé e sé: “Eccome se m’importa così tanto!”.
Alla fine, scelse d’indossare abiti babbani. Lui era un purosangue, e – se non si considerava l’uniforme sportiva – non aveva mai provato i pantaloni se non prima che Yamaguchi gliene avesse parlato. Da allora li indossava ogni volta che poteva. Aveva quindi tirato fuori dal baule un completo blu scuro con gilet verde, abbinato il tutto con una cravatta, sistemato i capelli e lasciato il dormitorio.
Mentre si dirigeva verso le cantine per recuperare il suo ragazzo all’ingresso della Sala Comune Tassorosso, il cuore di Tsukishima prese a correre impazzito. Era da quando erano andati ad allenarsi al Campo per la prima volta quell’anno che se lo chiedeva: “Yamaguchi ha bisogno che io lo baci per capire che stiamo insieme?” eppure mai nessun momento gli era sembrato adatto. “Yachi, poi,” pensò con stizza il serpeverde “è sempre tra i piedi!” scosse la testa “Non questa volta!” disse tra sé e sé compiaciuto. Non credeva veramente che a Yamaguchi servisse una dimostrazione tanto palese quanto un bacio per capire che intenzioni avesse Tsukishima con lui “Ma,” pensò “tanto vale levarsi ogni dubbio e cogliere l’occasione per buttarsi una volta per tutte!”.
Il serpeverde era appena arrivato davanti l’ingresso della Sala Comune quando la porta a forma di grande coperchio di botte si aprì per lasciare uscire il suo ragazzo. Tsukishima sorrise; anche Yamaguchi aveva deciso di indossare abiti babbani: un largo maglione giallo lasciava intravedere la camicia bianca che indossava di sotto. Il colore esaltava i suoi occhi e – forse a causa della sua Casa d’appartenenza – urlava a gran voce: “Yamaguchi!”. Eppure, erano i pantaloni ad aver attirato tutta l’attenzione di Tsukishima: erano dei semplici jeans neri, ma abbastanza attillati da rendere uno spettacolo tutto ciò che fasciavano. Il tassorosso dovette schiarirsi la gola perché l’altro riuscisse a distogliere lo sguardo dalle sue cosce.
“Yamaguchi, sei stupendo!” disse non appena si ridestò. L’altro arrossì.
“Anche tu sei stupendo, Tsukki!” il serpeverde sorrise, poi iniziò a fargli strada su per le scale. Tsukishima aveva preferito tacergli tutta l’organizzazione in modo che una volta giunti a destinazione Yamaguchi si sarebbe ritrovato a sorpresa nel luogo del loro primo appuntamento. Mentre camminavano, la mente di Tsukishima iniziò ad immaginarsi tutte le possibili reazioni del suo ragazzo. Aveva fatto in modo di coprire le pareti con una magica coperta stellata e lo stesso aveva fatto con il pavimento; aveva lanciato un incantesimo in aria così che tante piccole fiaccole veleggiassero per tutta la stanza; ed infine, aveva chiesto ad un elfo domestico di portare alla Torre tutte le pietanze preferite di Yamaguchi per due persone. La stanza, adesso, era irriconoscibile, e lì – tra le stelle, le fiaccole incantate e i dolci – Tsukishima e Yamaguchi si sarebbero dati il loro primo bacio.
Arrivati all’ultima rampa di scale che li avrebbe portati in quel suggestivo ambiente, Tsukishima sospirò; poi guardò il tassorosso.
“Sei pronto?” l’eccitazione dipinta sul viso del ragazzo fece animare Kei, che gli afferrò la mano ed eliminò gli ultimi gradini che li separavano dalla loro meta.
“Sorpresaa!!” si erano appena lasciati le scale alle spalle quando di colpo la stanza s’illuminò rivelando la presenza di almeno una ventina di persone. Tra questi, con sgomento, Tsukishima riconobbe Hinata, Kunimi, Kai, Komi, Komori, Asahi e l’immancabile Yachi. E fu proprio quest’ultima che quando Yamaguchi fu inglobato dai compagni di squadra gli si avvicinò.
“Il professor Takeda ci ha detto della festa!” lo illuminò “Hai sistemato benissimo questo posto!!” si complimentò poi.
“Il cibo però era pochissimo!” s’intromise Kai “Tranquillo!” gli dette una forte pacca sulla spalla “Ci abbiamo pensato io e Komi a portarne altro!” Tsukishima li osservò paralizzato ed a stento riuscì a trattenersi dal saltargli addosso. Il professore – a questo punto era ovvio – aveva frainteso e detto a quella che sembrava essere tutta la Casa di Tassorosso di partecipare alla festa. Il serpeverde si costrinse a chiudere gli occhi e a sospirare profondamente affinché si calmasse. Poi si voltò verso la folla e dopo appena un paio di secondi individuò il festeggiato. Quella confusione non era sicuramente ciò a cui aveva pensato Tsukishima tutta la settimana, eppure Yamaguchi sembrava sinceramente contento di essere tra i propri amici, quindi Kei decise di prepararsi ad affrontare l’intera serata in compagnia dei rumorosi Tassi.
La prima ora Tsukishima la trascorse lontano da Yamaguchi. Aveva deciso di lasciare che si divertisse con i suoi amici per poi reclamarlo tutto per sé più tardi. Così aveva afferrato un piatto pieno di cibo e si era seduto al tavolo per due che aveva preparato per loro all’angolo della Torre, dove le stelle si vedevano meglio. Al posto che avrebbe dovuto occupare il suo ragazzo, trovò seduto Miya.
“Non credevo fossi amico di Yamaguchi.” gli disse.
“Il cacciatore di Tassorosso?” Tsukishima aggrottò gli occhi, poi il volto di Osamu s’illuminò di consapevolezza: “Oh!” esclamò “È suo il compleanno?” il serpeverde annuì e l’altro scrollò le spalle “Io sono qui soltanto per il cibo”. Stettero quindi in tranquillo silenzio finché Tsukishima non decise che ne aveva avuto abbastanza: nonostante avesse lavorato anima e corpo per rendere quel luogo perfetto, si disse che ogni posto di quel dannato Castello sarebbe potuto andare bene a patto che lui e Yamaguchi fossero stati soli.
“Della squadra mancano solo Aone e Futakuchi.” sentì dire al tassorosso quando gli fu vicino. Yachi annuì.
“Oggi è anche il compleanno di Futakuchi, ed Aone ha organizzato una serata solo per loro! Avresti mai creduto fosse così romantico??” Tsukishima, per l’ennesima volta in meno di un’ora, assottigliò gli occhi.
“Tadashi.” chiamò il proprio ragazzo prima che questi avesse la possibilità di rispondere all’amica “Ti va di andare a fare un giro con me?” Yamaguchi gli sorrise ed assentì, ma ebbero il tempo di fare appena un passo prima che un suo compagno di Casa li bloccasse:
“È il momento dei regali!!” così il festeggiato venne nuovamente trascinato in mezzo alla folla.
La seconda volta in cui provarono a fuggire, vennero intercettati sulle scale da Tanaka e Nishinoya: “Yamaguchi, auguri!!” urlarono in coro. I due grifondoro – insieme ad Hinata – si allenavano spesso insieme a Yamaguchi, quindi la loro presenza non fu poi una così grande sorpresa.
“Non dirmi che stai già andando via!” esclamò Noya “Il professor Washijo ci ha appena lasciati andare dalla punizione!” spiegò “Ti prego, dimmi che la festa non è già finita!!”
“N-no!” lo tranquillizzò il tassorosso “Sono ancora tutti di sopra.” Tanaka s’illuminò, poi passò il braccio intorno al collo del festeggiato e prese a salire le scale.
“Meno male!” e Tsukishima non ebbe altra scelta che seguirli.
La terza volta, il serpeverde neanche si degnò di chiedere al suo ragazzo se gli andasse di fuggire dalla Torre per stare un po’ da soli; si limitò ad afferrarlo per il gomito e a dirigersi a grandi passi verso l’uscita, ma non erano arrivati neanche a metà strada quando Terushima si mise tra loro, separandoli.
“Ti stai divertendo, Yama-chan?” a quel nomignolo, gli occhi di Tsukishima divennero due fessure “Sei davvero uno schianto stasera. Te l’hanno detto?” fu il colpo di grazia. Kei afferrò la toga elegante del compagno e lo allontanò da Yamaguchi. Terushima andò a sbattere su Nishinoya che finì addosso ad Asahi. In breve tempo, tutti gli occhi erano puntati su di loro.
“Non ci lasciate mai un momento da soli.” le parole iniziarono a lasciare la sua bocca senza che potesse fermale “Al Campo di Quidditch.” incenerì con lo sguardo Hinata, Tanaka e Noya; “In biblioteca.” si voltò verso Yachi; “Al parco!!” squadrò anche tutti gli altri. “Invadete anche la festa privata che gli avevo preparato per noi!!” continuò mettendo quante più accuse possibili nel tono e nello sguardo “E va bene così! Siete amici di Yamaguchi e se lui è felice a me sta bene.” poi si avvicinò a Terushima “Ma osa ancora provarci con il mio ragazzo, e ti assicuro che finisce male.” l’ultima frase la sussurrò, ma non ebbe alcun dubbio che tutti i presenti avessero sentito. Quindi ghignò: “Vediamo chi ha le palle di mettersi di nuovo in mezzo, da ora in poi.” pensò. Infine, afferrò di nuovo Yamaguchi ed insieme lasciarono la Torre.
Non fecero altro che camminare a passo svelto per diversi minuti. Tsukishima si fermò solo una volta che ebbero raggiunto il giardino della Torre dell’Orologio. Era ormai buio e l’aria era fredda, così il serpeverde evocò un fuoco fatuo che li riscaldasse mentre illuminava gran parte del cortile. Evocò anche delle coperte; ne stese una sull’erba e – una volta che si furono seduti – avvolse entrambi con l’altra. Fu solo allora che Yamaguchi parlò:
“Quindi sono il tuo ragazzo?” Tsukishima si irrigidì.
“Allora avevo ragione!” pensò “Per tutto questo tempo sono stato l’unico dei due a credere che stessimo insieme”. Non ebbe la forza di rispondere, ma Yamaguchi gli si fece più vicino e si accoccolò sul suo petto.
“Finalmente.” sussurrò, quindi Kei poté tornare a respirare.
“A Yamaguchi sta bene essere il mio ragazzo!” si disse al settimo cielo. Eppure, sapeva di non poter rimanere tranquillo, questa volta, senza prima aver messo le cose in chiaro. Raddrizzò meglio la schiena, afferrò il mento di Tadashi e gli sollevò il viso affinché potessero guardarsi. Poi, calò le labbra sulle sue e lo baciò.
“Sì.” gli sussurrò non appena si separarono “Sei il mio ragazzo.”
 
***
(più Dead che Dai)chi
Lì in biblioteca in compagnia di Suga, Daichi non avrebbe mai pensato che un giorno si sarebbe voluto sotterrare vivo per la vergogna. Nel corso della sua vita aveva preso pali per strada mentre camminava o colpito gli anelli delle porte mentre giocava; aveva salutato di rimando qualcuno che in realtà non stava salutando lui; era inciampato davanti a tutti; aveva confuso volti e nomi… eppure mai prima d’allora aveva desiderato tanto ardentemente chiudersi in camera propria per non uscirne mai più.
Come succedeva spesso, Suga e Daichi si erano dati appuntamento al loro solito tavolo di studio ed erano chini sui libri da neanche un’ora quando Suga aveva preso ad avvicinare il volto a quello del grifondoro. Vedendolo con la coda dell’occhio, Daichi era entrato in tilt, il suo cuore aveva iniziato a correre impazzito e il suo stomaco era sembrato compiere una capriola. La corsa del volto di Suga verso il suo continuava, la distanza tra le loro labbra si accorciava, quindi Daichi non ci pensò oltre ed assecondò il momento avvicinandosi a sua volta. Era arrivato quasi a sfiorare l’altro quando Suga si schiarì la gola:
“Mi era caduta la penna.” disse arrossendo mentre sollevava l’oggetto che aveva appena recuperato. Daichi si paralizzò e solo allora realizzò: Suga si era chinato per raccogliere la penna d’oca; lui aveva creduto volesse baciarlo ed avvicinandosi non aveva fatto altro che rendere palese cosa avesse frainteso. Il Caposcuola iniziò a pensare all’impazzata ad un modo in cui poter uscire da quella situazione, così fece l’unica cosa che gli venne in mente: trasformò il proprio movimento in una scusa per andarsene, come se sin dall’inizio il suo obiettivo fosse stato quello di sporgersi in avanti per alzarsi e non per altro.
“H-ho” balbettò una volta in piedi “ho ricordato di aver detto ai ragazzi che li avrei aiutati a studiare.” e senza aggiungere altro o aspettare che il corvonero lo salutasse di rimando, gli voltò le spalle e scappò via.
 
Mentre si dirigeva a grandi passi a nascondersi sotto le coperte, Daichi ripensò a tutti i momenti più belli che aveva trascorso insieme a Suga. “Godric!” supplicò tra sé e sé “Fa’ che non lo abbia perso!”.
Il loro primo incontro era avvenuto allo smistamento. Daichi era troppo eccitato dall’intera situazione per prestare molta attenzione ai suoi nuovi compagni di scuola, eppure ricordava bene come fosse rimasto ammaliato alla vista di quel ragazzino dai capelli d’argento. Successivamente, avevano interagito davvero poco a lezione. Eppure, Daichi l’aveva sempre ammirato da lontano. Quando – al loro quinto anno – entrambi si erano ritrovati nel vagone addetto ai Prefetti, Daichi aveva esultato internamente. Era stato allora che aveva capito di avere una cotta per lui.
“Ci avrai scambiato massimo tre frasi in quattro anni!” si era rimproverato da solo, eppure la sua attrazione era evidente. Da allora, aveva cercato ogni scusa per poter parlare con il corvonero; aveva fatto i salti mortali per far sì che almeno una ronda combaciasse con il turno di Suga. Tuttavia, i suoi sforzi non sembravano sortire risultati, e tutto ciò che con quel metodo aveva ottenuto da parte dell’altro erano state cordiali conversazioni di circostanza. Tutto, poi, era cambiato grazie a Kuroo e Bokuto. I due compagni erano la sua gioia e il suo dolore da già più di quattro anni; voleva bene ad entrambi, ma la maggior parte delle volte non negava di volerli fare fuori. Quando Suga per la prima volta si era appostato infuriato davanti al ritratto della Signora Grassa per aspettare che Daichi uscisse in modo da urlargli contro a causa loro, il Capitano non sapeva se picchiarli o abbracciarli. In poco tempo, le sfuriate di Suga a Daichi e di Daichi a Kuroo e Bokuto erano diventate la norma. Puntualmente, quindi, quando Sawamura usciva dalla Sala Comune e si ritrovava davanti il collega corvonero, iniziavano a fare strada insieme verso la torre ovest, e durante il tragitto entrambi iniziavano a lamentarsi degli ingrati compiti dei Prefetti. Daichi ricordava bene e con estremo piacere di quando – vedendo Suga aspettarlo al solito posto, vicino alla Signora Grassa – avesse iniziato inconsciamente a dirigersi verso la Torre di Corvonero. Era stato allora che Koshi l’aveva stupito:
“Non c’entrano niente i tuoi bambini, questa volta.” gli aveva detto arrossendo leggermente. Suga era lì perché alcuni suoi compagni di Casa – Miya e Sakusa – l’avevano fatto impazzire rincorrendosi ovunque e mettendo a soqquadro l’intera Sala Comune. Il prefetto, semplicemente, voleva qualcuno con cui sfogarsi e Daichi era stato il primo a cui aveva pensato. Da allora Kuroo e Bokuto non erano più stati l’unica ragione per cui i due prefetti s’incontravano, e presto avevano deciso di studiare insieme in vista dei G.U.F.O. di fine anno.
L’estate successiva, poi, non avevano fatto altro che scriversi, e una volta ritrovatisi al binario 9 ¾ non avevano avuto alcuna intenzione di separarsi se non – per forza di cosa – una volta arrivati in Sala Grande. La cotta di Daichi era con i giorni esponenzialmente cresciuta e adesso – si rese conto mentre continuava a camminare svelto verso il suo dormitorio – stava diventando quasi incontenibile.
“Devo chiedergli di uscire se non voglio che questa situazione mi faccia esplodere.” realizzò terrorizzato.  
 
***
Hajime “shit-shit-shit” Iwaizumi
Quando Iwaizumi entrò in dormitorio, non si stupì più di tanto nel vedere una figura raggomitolata a terra vicino alla finestra della stanza. Tutto ciò che gli venne in mente, guardando avvilito il fagotto piagnucolante di coperte, fu solo quanto fosse strano che Bokuto avesse preso il piumone di Daichi anziché il proprio. Sospirò sonoramente, e per un attimo pensò di chiamare Akaashi, farlo intrufolare nella Torre di Grifondoro, e lasciare a lui tutto il lavoro. Purtroppo o per fortuna, però, lui era un buon amico.
“Che cos’è successo?” chiese semplicemente mentre si buttava sul letto. Il fagotto di coperte sobbalzò, e lo stesso fece Iwaizumi quando si rese conto che non si trattava di Bokuto.
“Daichi!” esclamò sorpreso “Che cos’è successo?” ripeté, stavolta più preoccupato e curioso. I piccoli, enormi problemi di Bokuto erano un conto, quelli di Daichi tutt’altro.
“Aah!” fu la frustrata risposta del Caposcuola mentre si portava le mani ai capelli “Una tremenda, tremenda, figuraccia!” Iwaizumi non riuscì a trattenere un sorriso.
“Davvero?” chiese divertito. Daichi gli lanciò un’occhiataccia, quindi lui s’impegnò per togliersi il ghigno dalla faccia.
“Stavo studiando in biblioteca con Suga, e ho creduto volesse baciarmi,” raccontò; Iwaizumi annuì pensando non ci fosse nulla di strano “così mi sono avvicinato anche io per baciarlo!” l’altro s’illuminò.
“Ma dai!” esclamò “Allora state insieme!”
“No che non stiamo insieme!!” scattò il Caposcuola. Poi tornò a nascondersi sotto le coperte, e da lì gli arrivò – seppur attutita – la spiegazione.
“In realtà si stava solo chinando a prendere la penna. Non stava assolutamente per baciarmi!” Iwaizumi non resistette e rise. Non appena si riprese, si avvicinò all’amico sedendosi accanto a lui sul pavimento.
“Quindi che cosa hai fatto?” la testa di Daichi fece capolino dal suo rifugio e rispose.
“Ovvio. Sono scappato via!” Iwaizumi lo guardò con tenerezza e compassione, poi entrambi si persero a guardare oltre la finestra per qualche secondo finché il Capitano non parlò.
“Credo di piacergli, comunque.” visto il tono dubbioso dell’altro, Iwaizumi stava per scoppiare a ridere un’altra volta, ma s’impose di lasciare che l’amico continuasse.
“Però…” disse dopo un po’ “ci sono così tante cose che mi spaventano!” rivelò, poi tornò a guardare fuori dalla finestra mentre elencava: “E se avessi frainteso e non gli piacessi? Se la rivalità a Quidditch o semplicemente per la Coppa delle Case ci creasse problemi? E se una volta finita Hogwarts ci allontanassimo?” sospirò, poi tornò a guardare Iwaizumi, lo sguardo supplichevole.
“Tu e Oikawa come avete fatto?” quella domanda parve paralizzare ogni cosa. Lo sguardo di Iwaizumi si fece vitreo e ogni muscolo del suo corpo si contrasse. Le corde vocali sembrarono non voler più collaborare, così ci mise un po’ per riuscire a pronunciare le parole successive.
“Tu co-come fai a saperlo?” il Caposcuola inclinò la testa e gli sorrise intenerito. “Ci hai visti?” chiese ancora Iwaizumi. Daichi sospirò fuori una risata.
“In un certo senso.” rispose. “Ho visto la tua faccia quando l’anno scorso è caduto dalla scopa.” ed Iwaizumi, subito, corse a quel ricordo: a quando aveva assistito alla partita Serpeverde-Tassorosso insieme a Daichi; a quando un bolide aveva colpito Tooru al ginocchio; a quando il suo ragazzo aveva emesso il grido più agghiacciante di sempre, tanto da invadere da allora e per sempre i suoi incubi più spaventosi; a quando la ragione della sua vita era svenuta, caduta dalla scopa ed atterrata molti, troppi metri più in basso sul terreno duro con un tonfo assordante. Il campo visivo del grifondoro si era ristretto ad una sola persona, e tutte le precauzioni, tutte le intenzioni di mantenere la loro relazione segreta, erano scomparse come fumo al vento. Iwaizumi non ci aveva pensato due volte: aveva spintonato chiunque gli fosse tra i piedi e in men che non si dica era chino sul corpo inerme del ragazzo che amava. Solo una volta arrivati in infermeria si era reso conto di quello che aveva fatto. Aveva quindi sospirato ringraziando il fatto che nessuno studente li avesse seguiti per continuare a guardare la partita. Una volta finita quella, allontanarsi dal suo capezzale era stata la cosa più difficile che avesse mai fatto.
Il vedere l’espressione di Daichi, in quel momento, gli fece anche ricordare di come allora avesse pensato di uscire allo scoperto: “Tutti mi hanno visto correre da lui.” era riuscito a pensare in un attimo di lucidità “Nessuno ormai è talmente troglodita da pensare che un Grifondoro e un Serpeverde non possano stare insieme”. Quindi, al terzo giorno di ricovero di Oikawa, era partito spedito e in pieno giorno alla volta dell’infermeria. Aveva intenzione di dire al suo ragazzo che non aveva più alcuna intenzione di stargli lontano o di andare a trovarlo solo a notte fonda alla stregua di ladro. Poi, aveva sentito per caso parlare la squadra di Tooru:
“Dovremmo tenere Kageyama come cercatore titolare.” Iwaizumi aveva trattenuto il fiato, ed era potuto tornare a respirare solo dopo la risposta di Wakatoshi.
“Non butterò fuori dalla squadra Oikawa.” Iwaizumi quindi aveva sorriso: il Capitano riconosceva il valore del suo cercatore, e quanto successo in Campo non avrebbe cambiato le cose.
“Hai visto che cosa è successo!” gli era stato però risposto. Iwaizumi, di nuovo, si era irrigidito. La parte più razionale di lui sapeva che il serpeverde si riferiva alla caduta e, se non a quella, alle magnifiche prestazioni di Kageyama, ma l’annuire rassegnato di Ushiwaka e gli indugi che seguirono nei giorni successivi nel decidere cosa farne del posto in squadra del suo ragazzo, convinsero la parte più impulsiva ed emotiva del grifondoro che fosse colpa sua e della sua reazione. Successivamente, aveva fatto di tutto per nascondere le sue preoccupazioni ad Oikawa. Era andato a trovarlo in infermeria ogni notte, ed aveva tentato di convincerlo che la sua squadra l’avrebbe riaccolto non appena fosse riuscito di nuovo a volare. Eppure, in cuor suo i dubbi crescevano, e se la riconferma da titolare di Tooru era in dubbio, una cosa invece era tornata ad essere assolutamente certa: Iwaizumi ed Oikawa sarebbero rimasti nell’ombra.
“Smettila di guardarmi così.” la voce di Daichi lo riportò al presente “Ho mantenuto il segreto per un anno. Non cambierò adesso.” Iwaizumi annuì lentamente. Sapeva di potersi fidare del suo Capitano. “Hai qualche consiglio per me?” gli chiese “Quando vi siete messi insieme, come hai capito che era il momento giusto?” Iwaizumi rise ripensando al loro primo bacio.
“Forse un giorno ti racconterò di come io e quel cazzone siamo diventati una coppia. Ma intanto devi sapere che non esiste un momento perfetto. Non è come nei film: musica e atmosfera romantica. Devi cogliere l’attimo, o rischi di perderlo.”
“L’attimo o il ragazzo?” rise Daichi.
“Intendo il ragazzo, amico mio!” rise Iwaizumi di rimando. Poi sospirò. “Senti, non penso di essere il più adatto a darti consigli amorosi. La mia storia con Oikawa è parecchio complicata. Ma una cosa la so.” Daichi gli si fece più vicino. “Suga è stracotto di te come tu lo sei di lui!” l’amico spalancò gli occhi. “È inutile stare qui a nasconderti sotto le coperte. Questa è una cosa che farebbe Bokuto. Ma tu sei il nostro Capitano! Il nostro Caposcuola. Audacia, fegato, cavalleria. Giusto? Quindi va da Suga ed invitalo ad uscire. Poi accetta le conseguenze”. Una volta finito di parlare si alzò e si stiracchiò, soddisfatto del consiglio appena dato al compagno.
“So come sei fatto, quindi ti avverto:” continuò prima di lasciare la stanza “pensa pure per qualche giorno al modo migliore per chiedergli un appuntamento, ma non impiegarci troppo”. Infine, si diresse verso la porta. Era già con una mano sulla maniglia quando si voltò ancora verso Daichi.
“Grazie.” gli disse “Sai, per…” ma l’altro lo interruppe.
“Non serve dire niente. Sono decisioni vostre e le rispetto.” Iwaizumi gli sorrise grato.
“Non so quanto ti faccia piacere, ma è proprio vero che sei il nostro caro papà, Daichi.” lui rise.
“Dadchi. Prego.” lo corresse orgoglioso.

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Per questo capitolo tante note autrice!!
[Per il POV Tsukishima]:
Dal momento che si trova all’inizio del capitolo non so in quanti di voi a questo punto l’avranno già cercato, comunque vorrei chiarire il termine “asciolvere”. È una parola che non usa assolutamente nessuno, ma che sta a “fare colazione come “pranzare” sta a “fare pranzo”. Ero indecisa se metterla oppure no, perché in pochissime persone la conoscono. Poi però proprio per questo ho voluto inserirla! Il nostro ampissimo vocabolario italiano è meraviglioso e voglio sfruttarlo al massimo. Se poi posso fare imparare nuove parole ai miei lettori, ancora meglio!!!
Inoltre, vorrei specificare che la mia fanfic fa riferimento ai libri di Harry Potter e non ai film. Una differenza tra i due sta nel fatto che nei libri tra gli abiti dei maghi non esistono i pantaloni, solo le tuniche. Alcune famiglie purosangue conoscono ovviamente i pantaloni e li usano per mimetizzarsi alla stazione di Londra, per esempio… tipo i Weasley o il signor Crouch. Ma la maggior parte non usa abiti babbani e nella mia testa mi sono figurata la famiglia di Tsukki come una di queste.
[Per il POV Daichi]:
ovviamente il Miya di cui parla Suga che rincorre Sakusa indovinate chi è? Ma ovvio: Atsumu.

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Capitolo 11
*** Giorni (non troppo) tranquilli per i Corvonero - pov. Kenma | Sakusa | Kenma ***


Kenma
Quando aveva ideato quel piano, Kenma sapeva che presto o tardi si sarebbe pentito della sua idea. Certo, non pensava l’avrebbe fatto ancor prima di lasciare il Castello.
Da giorni, ormai, Kuroo era depresso, e con più precisione lo era da quando Kenma aveva fatto in modo che l’ennesimo collarino comprato dal suo ragazzo “scomparisse misteriosamente”. Per quanto non gli andasse, quindi, aveva deciso di riparare al danno fatto proponendo a Kuroo di andare a comprarne un altro e insieme festeggiare il suo compleanno. Per il 17 novembre non era prevista una gita al villaggio, ma se c’era una cosa in cui Kenma era diventato particolarmente bravo – specie da quando era diventato animago –, quella era trovare strade e passaggi segreti per svincolarsi dalla folla. Non aveva mai dovuto usare quello che da Hogwarts portava ad Hogsmeade, ma sapeva bene come entrarvici ed esattamente dove sbucava. Quindi, non gli era rimasto che rendere partecipe Kuroo del suo piano e dirgli di presentarsi nell’aula di Pozioni – la stanza vuota più vicina alla loro meta – subito dopo pranzo. Adesso, il festeggiato si stava divertendo nel trasfigurargli la faccia in modo che gli abitanti non potessero riconoscerli e in tal modo denunciarli al preside. Kenma era passato dall’avere i capelli rossi e ricci, a un mosso biondo slavato, fino ai rasta verde pisello. Alla fine, fortunatamente, era riuscito a convincere Kuroo a optare per un semplice nero liscio, ma aveva dovuto barattarlo in cambio di un paio di occhiali fucsia decisamente troppo appariscenti. Per il più grande era stato persino peggio. Grazie all’aiuto di uno specchio, il grifondoro si era dato alla pazza gioia: si era fatto crescere la barba, la pancia e persino il naso. Aveva i capelli biondi, crespi ed acconciati qua e là con qualche treccia. Nell’insieme, Kenma avrebbe potuto definirlo in un solo modo: rozzo vichingo.
Usciti dal passaggio segreto, aspettarono che per strada non ci fosse nessuno, poi lasciarono lo stretto vicoletto da cui erano sbucati e in pochi minuti erano in mezzo alla gente del luogo.
Camminando accanto a Kuroo, Kenma proprio non riusciva a smettere di sorridere. La tristezza che da qualche giorno a questa parte era parsa seguire ovunque il suo ragazzo era totalmente svanita; adesso, alle strane occhiate che gli abitanti rivolgevano alla stravagante coppia, Kuroo rispondeva con un sorriso mentre si accarezzava la pancia con fare materno.
Con grande piacere di Kenma, il festeggiato decise di non andare subito al negozio Every(rainbow)thing, ma di vagare, invece, nel centro storico del villaggio. Un paio di ore più tardi, il corvonero propose una Burrobirra e Kuroo assentì con piacere.
“Forestieri?” chiese la cameriera non appena si avvicinò al loro tavolo per prendere le ordinazioni. Hogsmeade era un villaggio abbastanza piccolo, e che la donna si accorgesse di non aver mai visto i due strani individui non lo stupì poi così tanto.
“Sì.” rispose Kuroo usando la voce più gutturale che le sue corde vocali furono in grado di offrirgli. “Siamo di passaggio!” continuò “Venuti ad assaggiare la più buona Burrobirra di questa parte d’Inghilterra!” Kenma quasi rise al pensiero che Kuroo – venendo ogni anno da Londra con l’Hogwarts Express – probabilmente aveva scelto l’espressione “questa parte d’Inghilterra” solo perché effettivamente non aveva idea di dove geograficamente si trovassero.
“Due Burrobirre, allora!” sorrise la cameriera prima di allontanarsi.
Stettero circa un’ora a chiacchierare ai Tre Manici di Scopa, ora durante la quale Kenma aveva dovuto convincere Kuroo a non fare scorta di Whisky Incendiario. Daichi – Kenma ne era sicuro – l’avrebbe sicuramente ringraziato, eppure il suo ragazzo era stranamente di malumore all’idea di non poter introdurre clandestinamente alcol all’interno della scuola. Quindi, sospirando, Kenma capì che era giunto il momento di giocarsi la sua carta vincente e di fare strada verso il negozio tanto amato dal suo ragazzo.
Prima di comprare il collarino, i due indugiarono tra gli scaffali. Quello era il giorno di Kuroo, quindi Kenma non si oppose quando questi lo pregò di provarsi alcuni vestiti che – testuali parole – “Su di te sarebbero sexy da morire!”. In mezzo a tutto il vestiario che Kuroo aveva insistito per comprargli, infine, il grifondoro mise il collarino e portò il tutto alla cassa. Come tutti, quel giorno, il commerciante vide gli strambi occhiali di Kenma, l’aspetto rude di Kuroo, e li guardò con occhi sbiechi. Iniziò a prendere uno per uno i capi messi sul bancone e arrivato al collarino si arrestò. Alternò lo sguardo prima su uno, poi sull’altro. Infine, si mise a fissare Kuroo.
“Sei quello studente di Hogwarts!” affermò sicuro, e se c’era anche una pur minima possibilità di negare il fatto, Kuroo la bruciò quando urlò di rimando:
“Come ha fatto a capirlo!?” si portò le mani alla barba, poi al naso ed infine alla pancia, ma il commerciante rese chiaro subito dopo che la sua intuizione non avesse avuto niente a che fare con l’aspetto fisico. Sollevò il collarino.
“Scegli sempre lo stesso.” disse “E ancora non capisco se hai molti gatti, o ti piace buttare collarini per animali domestici nel Lago Nero.” Kuroo abbassò lo sguardo, sconsolato.
“Li perdo di continuo.” ammise, poi s’intromise Kenma.
“E giusto per curiosità: quanti è che ne ha già comprati?” il commerciante fece mente locale, infine rispose.
“Oggi siamo in novembre,” rifletté “e l’ultima volta ne ha comprati due.”
“Per sicurezza!”
“Quindi con questo dovremmo essere a quattro.” Kenma tirò un silenzioso sospiro di sollievo: era riuscito ad intercettarli e nasconderli tutti.
“Questo non lo perderò!” Kuroo afferrò il sacchetto con gli acquisti e tirò fuori il portafogli. Il commerciate rise.
“Il collarino te lo regalo io, ragazzo!”, Kuroo si illuminò.
“Allora ho abbastanza soldi per prenderne un altro!” Kenma sospirò, l’uomo dietro il bancone rise ancora più forte, infine fornì il conto al ragazzo. Lungo la strada che li avrebbe riportati al passaggio segreto e poi a scuola, Kenma pensò seriamente di lasciare che Kuroo riuscisse a mettergli quel dannato collarino al collo, ma scartò subito l’idea.
“Come regalo di compleanno dovrà accontentarsi del nuovo e costosissimo kit di manutenzione per scope che gli ho già comprato”.

 
***
Kiyoomi “i-could-kill-someone-and-you-couldn’t-prove-anything” Sakusa
C’era qualcosa di maledettamente magnifico nello studio. Certo c’era una ragione se Sakusa era finito in Corvonero.
Sin da quando avesse memoria, Kiyoomi era sempre stato pessimo nel rapportarsi con gli altri, tanto che l’unico con cui avesse mai interagito nei primi undici anni della sua vita era stato suo cugino. Tuttavia, i due non potevano essere più diversi: se Komori si divertiva a giocare con i bambini del loro quartiere, Sakusa preferiva rimanere in un angolo in disparte con un buon libro tra le mani. Ancora meglio, quando i suoi genitori non lo costringevano ad uscire “per socializzare”, Sakusa rimaneva chiuso in camera propria e lì, solo con i propri libri, poteva stare certo che nessuno l’avrebbe causalmente toccato o che il vento alzandosi lo avrebbe riempito di terra.
Sì, c’era qualcosa di maledettamente magnifico nello studio, e quel qualcosa era la completa autonomia. Nessuno poteva biasimarlo se studiava da solo; nessuno poteva costringerlo ad andare al parco con i vicini se aveva dei compiti da fare. Che fosse in dormitorio, in biblioteca o in Sala Comune, nessuno lo disturbava quando studiava; non doveva tener conto di nessuno e nessuno teneva conto di lui. Nessuna sorpresa, quindi, che sentir assegnare dal professor Washijo un compito di gruppo lo avesse destabilizzato così tanto. Per lo meno – questo doveva riconoscerlo – Kenma, Osamu, Ennoshita ed Akaashi erano il male minore. Non erano loro il problema; non erano loro, quel giorno in biblioteca, a mettere alla prova i nervi e la sanità mentale di Sakusa.
“Akaashi!!” sentì urlare a qualche metro di distanza. Sakusa sollevò lo sguardo su Bokuto, poi lo spostò accusatorio su Akaashi. Questi guardò i compagni corvonero con aria rammaricata, poi chiese al grifondoro di abbassare la voce. Quello lo fece, ma non smise di parlare.
“È appena stata programmata una gita ad Hogsmeade per la settimana prossima! Ci vieni insieme a me?” Sakusa vide Akaashi sussultare, forse sorpreso per quell’invito così diretto, ma infine annuì rispondendo che gli avrebbe fatto molto piacere. Da parte sua, Sakusa davvero non capiva come il corvonero riuscisse a stare dietro a quell’esaltato, eppure Akaashi era l’unico che sembrava riuscire a calmarlo, e infatti poco dopo – nonostante sembrasse rammaricato dal doverlo fare – Bokuto aveva ubbidito all’amico ed era uscito dalla biblioteca.
Si rimisero a studiare, e neanche un’ora dopo fu il turno di Kuroo: “Kenma! Hai sentito? Finesettimana ad Hogsmeade tra dieci giorni! Se dovessero sparire i nuovi collarini saprei cosa fare!” ma anche lui fu liquidato in fretta e tornarono sui libri.
“Akaashi! Kuroo mi ha detto che esiste un negozio ad Hogsmeade che vende solo gufi!! È vero??” tutto il tavolo si girò verso il corvonero interpellato, che di nuovo si scusò con gli occhi.
“Sì, Bokuto-san. Ci sono passato davanti un paio di volte.”
“Allora potresti accompagnarmici? Voglio comprarmi un gufo!” Akaashi assentì, ma subito dopo ricordò all’amico che stavano studiando, e questi – di nuovo sconsolato – andò via.
“Il peggio dovrebbe essere passato.” sorrise Ennoshita, quindi tornarono ai propri compiti.
Quando, quindici minuti più tardi, Nishinoya e Tanaka entrarono a gran voce nella stanza, la bibliotecaria fu più rapida di Sakusa, e prima che questi potesse anche solo pensare ad un modo in cui poter uccidere entrambi senza finire ad Azkaban, la donna li aveva zittiti. Sembrava quasi che non si fossero accorti di loro, quando Tanaka diede una gomitata all’amico ed indicò Ennoshita.
“Enno!” lo salutarono “Sai per caso dov’è la sezione di Babbanologia? Ci tocca studiare la Prima Guerra Mondiale!” quella era probabilmente la prima volta che i due entravano in biblioteca senza l’intenzione di cercare nuovi stravaganti modi per fare uno scherzo; Ennoshita fu rapido a dargli indicazioni e la tranquillità tornò tra loro.
Dopo l’entrata in scena dei due battitori, tutto sembrava essersi calmato. I corvonero erano arrivati quasi alla fine del compito di gruppo e Sakusa finalmente riusciva ad intravedere la luce alla fine del tunnel. Stavano giusto per scrivere la conclusione quando…
“Hey, Samu, eccoti finalmente. Senti, dovevo chiederti-” Sakusa non seppe mai cosa Atsumu avesse da dire a suo fratello.
“ORA BASTA! IO NON CE LA FACCIO PIÙ. COME SI FA A STUDIARE CON TUTTI VOI ALTRI CHE CONTINUATE AD INTERROMPERCI PER OGNI MINIMA COSA!?” sbottò infuriato “Scrivete la conclusione senza di me!!” disse poi ai compagni “Io ho chiuso.” e mentre camminava svelto ed arrabbiato verso la porta della biblioteca, l’ultima cosa che sentì fu la voce mesta e confusa di Atsumu:
“Si può sapere che cos’ho fatto, stavolta?”.
 
***
Kyanma
Dopo la snervante esperienza dello studio di gruppo, Kenma era dovuto fuggire per ricaricare le batterie. Era quindi uscito in giardino e lì, nascosto dietro un albero, si era trasfigurato in gatto. In genere odiava fare attività fisica, e questo in qualsiasi forma fosse. Eppure, avrebbe mentito se avesse negato che a volte le sue lunghe e solitarie passeggiate a quattro zampe non fossero l’unica cosa in grado di farlo rilassare.
Aveva vagato per i tetti del Castello, in mezzo ai labirintici passaggi segreti presenti nei sotterranei, percorso tutto il perimetro esterno della scuola e si era persino insinuato per qualche metro all’interno della Foresta Proibita. Nel frattempo, il cielo si era scurito, e fu solo guardando quello che Kenma decise che era giunto il momento di trasfigurarsi nuovamente in forma umana e rientrare in Sala Grande dove – a giudicare dal vociare – era già iniziata la cena. Iniziò a pensare ad un posto in cui potersi trasformare senza che nessuno lo vedesse e quindi a dirigersi verso le serre dietro le quali, lo sapeva bene, a quell’ora non avrebbe trovato nessuno. Era appena tornato sui propri piedi quando si accorse che invece non era affatto così: due ragazzi – avvinghiati tra loro – nel vederlo si erano paralizzati ed ora tutti e tre si stavano fissando terrorizzati, consapevoli di un segreto che avrebbero fatto volentieri a meno di scoprire.
“Sentite,” disse Kenma dopo i lunghissimi secondi di silenzio che erano seguiti alle due incredibili rivelazioni del momento “io non ho visto voi, e voi non avete visto me.” Iwaizumi fu il primo a riprendersi.
“Per me va bene.” quindi Kenma guardò Oikawa che però, prima di andare ognuno per la propria strada, volle chiarire meglio:
“Noi non diremo a nessuno che tu sei un animago illegale, e tu non dirai a nessuno che io e Iwaizumi stiamo insieme. O che ci parliamo in generale.” Kenma davvero non capiva perché il serpeverde fosse tanto spaventato all’eventualità che la loro storia uscisse fuori. Certo non era paragonabile al fatto che lui rischiava di finire ad Akzaban per qualche mese.
“Non l’avrei detto a nessuno anche se non avessi a mia volta qualcosa da nascondere.” ripose “Sinceramente, non m’interessa nulla cosa fate.” ma l’altro continuò a fissarlo serio, quindi lo tranquillizzò: “Facciamo come se non fosse successo niente. Non dirò niente a nessuno.”
“E noi faremo lo stesso.” concluse Iwaizumi per tutti.

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n.a. [per il primo POV Kenma]:

nei libri canon non esiste nessun passaggio che sbuchi in un vicolo di Hogsmeade, ma nel settimo viene specificatamente detto che tutti i passaggi segreti di Hogwarts sono stati bloccati. Io mi sono fatta l’idea che questi passaggi “si creino da soli”, per così dire… in ogni caso sono passati parecchi anni dagli avvenimenti dei libri e non mi stupirei se qualche nuovo Malandrino li avesse scavati con la propria bacchetta! D’altronde, non dimentichiamoci che James Sirius Potter ha camminato per quei corridoi!!

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Capitolo 12
*** Diversi tipi di appuntamenti - pov. Daichi | Kuroo | Daichi ***


Daichi (e i suoi “speciali” amici)
Daichi era decisamente disperato. Sì, perché bisogna essere assolutamente e irrimediabilmente disperati per chiedere consigli amorosi all’interno della Sala Comune di Grifondoro.
“Davvero stai chiedendo a noi come proporre a Suga un appuntamento?” persino Tanaka riconosceva quanto quella fosse una pessima idea.
“A questo punto sentire altri pareri non può fare male, giusto?” e nel porre quella domanda, il Caposcuola avrebbe davvero voluto sentire una risposta positiva, ma gli sguardi sbiechi che i suoi compagni si scambiarono dissero tutt’altro.
“Perché non provi a proporgli una sfida?” si fece coraggio Hinata “E se perde, allora la penitenza sarà uscire con te!!” il cercatore sorrise, e sembrò genuinamente felice della sua trovata. Daichi credette persino che stesse pensando di prendere spunto dalla sua stessa idea, ma francamente il Capitano era anche del parere che quel metodo fosse davvero troppo poco lusinghiero nei suoi confronti.
“Quindi passare del tempo con me sarebbe una penitenza!”
“Ma una di quelle belle.” gli fece l’occhiolino Noya. Daichi sospirò.
“Altre idee?”
“Se avessi idea di come conquistare un Corvonero,” iniziò pacato Bokuto “A QUEST’ORA AVREI UN RAGAZZO!” e con quella frase lo persero definitivamente per il resto della serata, che passò in totale silenzio e depresso seduto sul davanzale della finestra.
“Mostra i muscoli!” suggerì Yamamoto;
“No,” dissentì Noya “meglio se ti fai vedere direttamente a torso nudo.”
“Ragazzi!” fu Aran a bloccare il loro impeto crescente “È di un Corvonero che stiamo parlando!” rise “Non lo si può certo sedurre con un bel corpo.” Daichi annuì soddisfatto, felice di vedere che finalmente qualcuno si stesse avvicinando a dargli una soluzione.
“Grazie, Aran!” disse, poi lo guardò speranzoso in attesa che proponesse la sua idea:
“Il cervello.” Daichi non capì “È con quello che devi sedurlo. Mostrati intelligente.”
“Ma non troppo!” lo avvertì ancora Noya “Oppure sembrerai un nerd.” con la coda dell’occhio, il Caposcuola notò Tanaka uscire un taccuino dalla borsa e con quello prendere appunti.
“Studio con lui quasi ogni giorno. Non penso che mostrarmi intelligente sia la giusta strada da seguire, ragazzi.” seguirono alcuni attimi di silenzio, rotti infine da Yamamoto:
“Sei sicuro di esserti mostrato in quel modo?” chiese scettico “Intelligente, intendo.” il Capitano assottigliò gli occhi.
“Stai insinuando che sono stupido?”
“Non stupido.” si affrettò a chiarire “Solo… meno nerd.” Noya diede una pacca sulla spalla a Yamamoto.
“Esatto!” allora Daichi – di nuovo – buttò fuori un sospiro.
“Avete una strana idea di cosa sia un nerd.
“Daichi, ci stai pensando troppo.” la voce femminile di Mika gli sembrò un canto angelico “Devi semplicemente chiederglielo!” si bloccò per un attimo, poi chiaramente visualizzò un’idea e i suoi occhi iniziarono a brillare “Dovresti fare qualcosa di romantico! Come portargli un mazzo di rose all’ingresso della Torre di Corvonero! Oppure potremmo tutti organizzare un flashmob in Sala Grande, alla fine del quale tu gli chiederai un appuntamento!!” Daichi storse il naso.
“Non è molto da Suga.” e quando tutte le sue speranze sembravano essere sparite, una risata derisoria giunse dalla poltrona più vicina al caminetto:
“Gente. Vi prego.” disse Kuroo con aria di chi la sa lunga “Vorrei ricordarvi che io sto con Kenma. Vuoi sapere come conquistare un Corvonero? Te lo dico io!” improvvisamente non solo Daichi, ma anche Bokuto e Tanaka erano tutti orecchi. I tre si avvicinarono all’amico che, non prima di aver creato la giusta atmosfera di suspense, rispose: “Per esasperazione.”
“Esaspecosa?” fu la domanda di Bokuto mentre Tanaka scriveva in gran fretta nel suo blocco e Daichi mostrava l’espressione più scettica del suo repertorio.
“Be’? Che c’è di così strano?” chiese Kuroo guardandolo confuso “Con me ha funzionato!!”
“Bene, ho capito.” Kuroo sorrise convinto:
“Seguirai il mio consiglio!” disse sicuro. Daichi lo guardò male:
“No.” gli fece mettere il broncio “Conosco Suga meglio di chiunque in questa stanza. Penso che la soluzione possa venire soltanto da me.” sospirò avvilito e adesso consapevole di due cose: uno, i suoi amici sarebbero rimasti single se non – come per Kuroo – per qualche strano miracolo o scherzo del destino; due, avrebbe dovuto capire come chiedere a Suga un appuntamento per conto proprio.
 
***
Kuroo
Kuroo davvero non capiva perché Daichi non volesse seguire il suo consiglio. A lui c’erano voluti anni per conquistare il suo ragazzo, certo: si era trasferito nella casa vicina a quella di Kenma da quando faceva le elementari, e solo parecchi anni dopo il più piccolo aveva ceduto e si erano messi finalmente insieme. Non per niente, come aveva detto agli amici, la sua tattica vincente era stata “prenderlo per esasperazione” e per definizione quello non poteva essere un approccio rapido. Tempo e sacrificio. Ecco di cosa ha bisogno un ragazzo per poter stare con la persona che gli piace. E quel tempo era stato decisamente ripagato.
A vederlo, nessuno dei suoi amici l’avrebbe mai detto, eppure da bambino Kuroo non era poi così espansivo ed estroverso. Trasferirsi di punto in bianco cambiando tutte le proprie abitudini certamente non era stato facile e se a questo, poi, ci si aggiungeva il fatto che circa a sette anni aveva iniziato ad eseguire magie involontarie senza saperlo, la situazione per Kuroo si faceva critica. I suoi genitori avevano praticamente costretto Tetsuro a passare del tempo con il suo vicino, e lo stesso avevano fatto i genitori di Kozume. Il più grande, con questi, si era aperto in poco tempo, eppure tra loro era sin da subito stata chiaramente percepibile una strana quanto persistente sensazione di lontananza, come se ci fosse stato qualcosa di sottile ma allo stesso tempo di vitale importanza a separarli. E quel qualcosa – Tetsuro lo scoprì in seguito – era il Mondo Magico.
Kuroo non era ammesso in casa Kenma, così i due erano costretti a giocare al parco del quartiere o in casa del natobabbano. Era stato in quel modo che Kenma era venuto a conoscenza del meraviglioso mondo dei videogame. In poche settimane, era stato in grado di iniziare e finire giochi che il proprietario non aveva degnato neanche di uno sguardo. Tetsuro ricordò di come da piccolo trovasse strano quel ragazzino a cui con piacere aveva regalato il proprio modello vecchio di PSP, ma che stranamente insisteva per caricarla sempre in casa di Kuroo anziché nella propria. Ricordò anche di come ad una sua magia involontaria Kenma avesse spalancato gli occhi e fosse corso a rifugiarsi dai propri genitori. Solo un anno più tardi Kuroo aveva scoperto che il purosangue era stato convinto di essere stato lui l’artefice di quella magia.
Kenma gli aveva aperto un mondo. L’intero Mondo Magico, per la precisione. Quando fu chiaro che anche Kuroo avesse il dono, casa Kenma non gli fu più preclusa, ed eliminata quella barriera di segreti i due divennero pressoché inseparabili.
Fu strano, poi, per il natobabbano andare ad Hogwarts senza il vicino. Kenma era stato la sua roccia, il suo punto fermo in un mondo altrimenti del tutto sconosciuto. E se i suoi coetanei erano più che entusiasti il primo settembre del 2005, tutto ciò che Kuroo avrebbe voluto fare era di attaccarsi al braccio di Kozume ed aspettare con lui ancora un anno prima di iniziare la scuola.
Separarsene, tuttavia, alla fine gli aveva fatto bene. Grazie ai suoi compagni di dormitorio Kuroo divenne presto un’altra persona: più aperta, spontanea, estroversa e sicura di sé. Nonostante questo, però, nessuno si era dimostrato in grado di sostituire Kenma; se durante le prime vacanze di Natale i suoi genitori si erano aspettati baci disperati e abbracci ferrei, si erano sbagliati: tutta la nostalgia Kuroo l’aveva riservata per Kenma, e quando finalmente anche lui fu ammesso ad Hogwarts, tutto per il grifondoro divenne perfetto. Fu solo due anni più tardi – all’alba del suo quarto anno di scuola – che il ragazzo iniziò a percepire uno stato d’insoddisfazione non bene definito, ed era poi stata pochi mesi più tardi una conversazione con l’ultima conquista della sua squadra di Quidditch ad avergli aperto gli occhi sul suo stato:
“Quindi stai ancora provando a metterti insieme a Shimizu?” chiese un giorno Kuroo a Tanaka mentre si cambiavano nello spogliatoio.
“Perché non dovrei? Ci proverò finché non riuscirò a convincerla!”
“Ma cosa ci trovi di tanto affascinante?” e allo sguardo di ghiaccio del compagno aveva aggiunto “È sicuramente una ragazza fantastica! Ma cos’ha di speciale rispetto alle altre?” Tanaka aveva sospirato con aria sognante e gli aveva spiegato il modo in cui Shimizu lo faceva sentire. Subito dopo, Kuroo si era dato dello stupido:
“Come ho potuto metterci tanto tempo per capire che Kenma mi piace?” e – affascinato dalla caparbietà e dalla forza di spirito del grifondoro più piccolo – Kuroo aveva deciso: non avrebbe mollato fin quando non avesse convinto Kenma ad innamorarsi di lui.
La sua prima mossa l’aveva fatta durante le vacanze di Natale. La sua famiglia aveva invitato Kenma ed i suoi genitori per la Vigilia, e Tetsuro aveva fatto in modo che un piccolo ramoscello di vischio calasse da quasi ogni angolo del salotto. Aveva tentato di trascinare Kenma sotto la piantina con ogni mezzo ma, quando finalmente riuscì ad attirarlo dove voleva con la promessa che gli avrebbe restituito la Nintendo Switch nuova di zecca appena scartata, Kuroo dovette accontentarsi di un bacio sulla guancia.
“Vuoi metterti insieme a me, Kenma?” gli aveva chiesto comunque per la prima volta.
“No.” l’altro non aveva avuto bisogno di sollevare neanche lo sguardo dalla sua console per rispondere, ma Kuroo non si era dato per vinto.
“Mi concedi un appuntamento?” gli aveva chiesto quindi due mesi più tardi in vista di San Valentino.
“No.”
“Vuoi essere il mio ragazzo?” ancora passeggiando nel parco del loro quartiere durante le vacanze estive.
“No.”
“Ci mettiamo insieme?” riprovò una volta tornati ad Hogwarts.
“No.”
“Quest’anno mi baci sotto il vischio?”
“No.”
“Stai cercando qualcuno da baciare a mezzanotte per il Capodanno?”
“No.”
“Avrei un piano per San Valentino! Io, te ed Hogsmeade.”
“No.”
Un anno e mezzo dopo che la sua corte a Kenma era iniziata, i due si erano ritrovati infine a passeggiare per il vasto parco della scuola.
“È stata programmata una gita ad Hogsmeade per il prossimo finesettimana.” Kuroo aveva informato l’altro. I due finivano sempre per andarci insieme come amici, ma non era mancata volta in cui Kuroo non avesse provato a proporgli di andarci come coppia. “Stavo pensando che sarebbe davvero fantastico poterci andare con il mio ragazzo. Peccato che non ne ho uno. Vuoi esserlo tu?” la risposta di Kenma non era tardata:
“Okay.” Kuroo aveva riso e continuato a camminare al passo con Kenma. Poi il suo cervello aveva elaborato l’informazione ed il suo corpo si era immobilizzato.
“Cos’hai detto??” fu costretto a chiedere.
“D’accordo.” rispose una seconda volta il più piccolo.
“Vuoi essere il mio ragazzo?” ancora Kuroo non poteva credere alle proprie orecchie.
“Sì, va bene.” il grifondoro conosceva Kenma meglio di chiunque altro, quindi gli fu facile capire che il tono pacato e inespressivo che stava cercando di mantenere era in realtà un modo per proteggersi. Il rossore era veramente lieve, ma ben visibile agli occhi innamorati e stupiti di Kuroo che da più di un anno non aspettavano di vedere altro.
“Cosa ti ha fatto cambiare idea??” ed ecco la conferma che il suo metodo avrebbe funzionato anche con Suga, se solo Daichi fosse stato disposto ad aspettare:
“Mi hai preso per esasperazione.” aveva sbuffato annoiato il corvonero “Tanto stiamo comunque tutto il tempo insieme. Cosa cambierà mai?”. Ma le cose cambiarono e come.
Kuroo aveva appena sedici anni quando finalmente era riuscito a conquistare Kenma. Aspettare, vista la tempesta ormonale in cui versava, certo non era ciò che voleva. Eppure, conosceva troppo bene il suo ragazzo per non capire che con lui ci sarebbe dovuto andare piano. Kuroo aveva quindi aspettato i suoi tempi fino a quando dai baci casti non erano passati a quelli approfonditi, dai baci approfonditi alle carezze curiose e infine dalle carezze a fare l’amore.
Kuroo non rimpiangeva niente: non di non aver fatto esperienza con altri prima di lui; non di averci messo così tanto a conquistarlo. Perché Kenma era diventato una parte fondamentale della sua vita sin da quando Kuroo aveva solo sette anni; era finito per diventare tutto il suo mondo da quando ne aveva quattordici e Kuroo non avrebbe potuto chiedere di meglio.
 
***
Daichi
Otto giorni erano passati, il finesettimana ad Hogsmeade era arrivato, e Daichi ancora era senza soluzione.
Quel sabato, demoralizzato, decise di alzarsi con calma. Quando mise piede in Sala Grande era talmente tardi che tutto il cibo era ormai quasi del tutto sparito. Afferrò in fretta una fetta di torta e si diresse svogliato verso l’uscita del Castello. Fu lì che trovò Iwaizumi; Daichi notò l’aria afflitta dell’amico, riflesso della propria, e sorrise mestamente.
“Anche tu ancora qui?” gli palesò la sua presenza. Iwaizumi gli rivolse un cenno di saluto, poi rispose:
“Sto aspettando Aran per andare al villaggio insieme a lui.” spiegò.
“Ma immagino che non sia Aran la persona con cui vorresti andarci.” l’altro sobbalzò e si guardò intorno; Daichi s’intenerì: l’amico non era decisamente abituato al fatto che qualcuno sapesse di lui e Oikawa. Una volta appurato che nessuno potesse sentirli, Iwaizumi gli rivolse un sorriso triste.
“Direi di no. Ma probabilmente mi vedrò con lui più tardi.” il Capitano annuì felice per lui.
“Come mai tu invece sei ancora qui?” cambiò argomento Iwaizumi “Avevo capito che volessi chiedere a Suga di uscire. Ti ha rifiutato?” Daichi si schiarì la gola e distolse lo sguardo.
“In realtà non gli ho chiesto nulla, alla fine.” sentì l’amico sospirare.
“Te lo ripeto: non aspettare troppo. Credere che l’altro non vada da nessuna parte è da idioti. Meglio mettere subito le cose in chiaro.” Daichi rise.
“È così che hai fatto tu con il tuo ragazzo?” Iwaizumi ghignò.
“Chiaro che sì. Se non avessi agito, probabilmente a quest’ora sarebbe ancora in giro a fare il galletto con ogni essere che respira.” il Capitano scosse la testa divertito.
“Dovrai raccontarmela prima o poi, questa storia!” e fu allora che arrivò Aran.
“Daichi!” lo chiamò questi, stupito di vederlo lì “Ancora single?” lo prese in giro. Il Caposcuola gli diede una gomitata fintamente offeso, poi tutti e tre si diressero verso Hogsmeade.
Arrivati al villaggio fecero un rapido giro per il centro, poi come sempre provarono a prendere un tavolo ai Tre Manici di Scopa. Ormai erano veterani di quel pub, e sapevano bene che a quell’ora sarebbe stato impossibile trovare posto. Eppure, si dissero che non gli sarebbe costato nulla tentare. Aprirono quindi la porta del locale e iniziarono a guardarsi intorno. Non avevano ancora trovato un tavolo che potesse andare bene quando una voce chiamò proprio lui: Suga si stava sbracciando per attirare la sua attenzione; al suo tavolo erano seduti Bokuto, Akaashi, Kuroo, Kenma, Osamu ed Ennoshita. I tre grifondoro si avvicinarono.
“Sicuri che ci sia posto anche per noi?” domandò subito Iwaizumi, scettico.
“Tanto io e Akaashi stavamo andando via!” si alzò eccitato Bokuto. “Dobbiamo ancora andare a prendere il mio gufo, vero Akaashi??” si voltò verso l’altro, poi guardò ancora il Capitano “Non vedo l’ora di comprarlo! Così durante le vacanze potrò scrivervi senza aspettare che il gufo di famiglia sia libero!” e nel dire l’ultima frase, fu chiaro a tutti che si stesse rivolgendo soprattutto ad Akaashi. Il corvonero imitò Bokuto e si alzò; Daichi dovette sforzarsi di non sorridere alla vista delle guance leggermente imporporate del più piccolo, li salutò e prese il posto che il suo compagno di Casa aveva lasciato libero. Aran e Iwaizumi, tuttavia, non lo imitarono.
“Poco fa ho intravisto Kita.” spiegò il primo “Magari vado un po’ da lui e dal suo gruppo.” salutò tutti e sparì in direzione dell’amico corvonero.
“Vado anche io.” fu la volta del secondo “Il pub è troppo affollato. Mi cerco un posto più tranquillo.” e Daichi non poté fare a meno di chiedersi se intendesse vedersi di nascosto con Oikawa. Si augurò che ci riuscissero e lo salutò con un sorriso mentre usciva dai Tre Manici di Scopa.
Dovette aspettare parecchio prima che la cameriera si avvicinasse per prendere la sua ordinazione, ma a Daichi non dispiacque. Lui ed il resto del tavolo parlarono amabilmente di tutto e di più e un’ora passò senza che neanche se ne accorgesse. Fu solo grazie ad Osamu che Daichi si rese conto che si era fatta ora di pranzo:
“Torno a mangiare ad Hogwarts.”
“Perché?” fu la domanda di Kuroo “Qui si mangia benissimo!”
“Perché pagare se ad Hogwarts puoi mangiare dell’ottimo cibo fino a scoppiare e senza spendere neanche uno zellino?”
“Esco con te.” si alzò anche Ennoshita “Ho detto a Noya e Tanaka che avrei mangiato con loro”. Rimasero quindi in quattro fino a quando la cameriera non tornò per chiedere cosa volessero mangiare. Kuroo aspettò che Suga e Daichi avessero ordinato, ma prima che potesse farlo anche Kenma si alzò e disse:
“Niente per noi due. Stiamo andando via.” si voltò verso Daichi e Suga, sorrise ed aggiunse: “Divertitevi, ragazzi”. Quella sera, Daichi si sarebbe dato dello stupido per non aver capito subito le intenzioni dell’amico. Passò invece il resto della giornata in compagnia di Suga come se nulla fosse: mangiarono insieme, vagarono per i negozi, Daichi prestò persino la sua sciarpa a Suga che – a inizio dicembre – aveva pensato bene di non portare la propria. Eppure, neanche per un secondo al Caposcuola era passata per la testa l’idea che quello fosse il corrispettivo di un appuntamento.
Tornarono verso la scuola solo quando l’orario impedì loro di fare altrimenti. Daichi accompagnò Suga fino all’ingresso della Torre di Corvonero, e fu lì che lui gli restituì la sua sciarpa.
“Grazie.” gli disse porgendogliela “Sei stato un vero cavaliere. Ma immagino non potessi aspettarmi niente di meno da un Grifondoro!” rise e Daichi con lui; si sentì riscaldare le guance, e sperò di non essere arrossito tanto quanto pensava.
“Mi sono divertito davvero molto, oggi.” continuò ancora il corvonero.
“Sì!” rispose in gran fretta l’altro “È stato davvero bello.” Suga sorrise ancora.
“Peccato sia finita… ora devo andare.” indicò l’aquila dietro di sé.
“Certo.” Daichi fece un passo indietro “Allora buonanotte.” ma Suga non si mosse. Continuò a sorridere, forse con una vena divertita nascosta dietro la tenerezza. Gli si avvicinò.
“Sai,” disse piano, tanto che Daichi fu costretto ad avvicinarsi a sua volta per sentirlo meglio “alla fine di un appuntamento, di solito il cavaliere dovrebbe baciare la damigella infreddolita che ha salvato con la sua sciarpa.” Daichi si immobilizzò, e questa volta non ebbe alcun dubbio di essere arrossito fino alle orecchie. Mentre Suga rideva sotto i baffi per la sua reazione, il Caposcuola urlava a tutto il suo corpo di muoversi, e quando finalmente, impacciato, lo fece, non perse tempo e lo baciò.
“Lo sto baciando! Lo sto baciando!” ebbe bisogno di ripetere a sé stesso per poterci credere. Poi il cervello si spense e Daichi non riuscì a pensare ad altro se non alle labbra di Suga: morbide e dolci. Sollevò una mano e con quella gli accarezzò la guancia fredda; Suga lo imitò e sollevò le proprie braccia per legargliele al collo. Il tempo si dilatò, ed i due non seppero mai quanto tempo rimasero ad assaggiarsi a vicenda. Quando infine si separarono, entrambi erano al settimo cielo.
“Allora buonanotte.” ripeté di nuovo Daichi, stavolta a pochi centimetri dal viso di Suga e in un sussurro roco.
“Buonanotte.” sospirò in risposta l’altro.
Tutto sommato, non aveva fatto male ad aspettare.
 

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Capitolo 13
*** Vacanze natalizie - pov. Hinata | Oikawa | Tanaka ***


Hinata
Come ogni anno, Hinata fu più che entusiasta di salire sull’Hogwarts Express per le vacanze di Natale. Usare la magia a suo piacimento e poter volare sulla scopa insieme ai suoi compagni, certo, aveva il suo fascino, ma d’altra parte Hogwarts voleva dire anche studio. Una volta messo piede a Londra non avrebbe potuto usare la bacchetta, ma avrebbe detto addio a libri e lezioni per molti giorni oltre che riabbracciato sua madre e sua sorella.
Non era il solo felice di tornare a casa. Praticamente tutti i suoi compagni di scuola erano al settimo cielo: Hinata vide Bokuto lottare per agganciare bene la gabbia del proprio gufo al carrello e poi letteralmente saltare addosso ai suoi genitori; vide Kuroo sorridente trascinare Kenma – che come al solito non aveva occhi che per la propria PSP – attraverso la folla fino a quattro adulti; Tanaka salutare con impeto Shimizu per poi correre da quella che aveva tutta l’aria di essere sua sorella maggiore; Noya abbracciare la madre; Yamamoto prendere per mano la sorellina e correre con lei dai genitori. Fu quindi stupito di vedere Daichi e Sugawara poco entusiasti di scendere dal treno.
“Ti scriverò ogni giorno!” disse l’uno all’altro.
“Mi mancherai così tanto!!” fu la risposta del secondo. Hinata li guardò sconcertato mentre dietro di loro Asahi sbuffava:
“Ragazzi, state bloccando la fila.” quando finalmente, seppur afflitti, si separarono, Hinata aiutò il cacciatore tassorosso a scendere il proprio baule dal treno.
“Sanno che si rivedranno di nuovo tra meno di un mese. Vero?” gli chiese continuando ad osservare come il proprio Capitano sembrasse depresso.
“Se proprio vuoi saperlo, io penso che stiano esagerando gli addii in modo sarcastico.” Hinata si voltò verso Asahi ed annuì, convinto che tutto sommato il loro Caposcuola non poteva essere davvero così smielato. “O almeno,” continuò però poi il tassorosso “spero davvero che sia così.” il grifondoro rabbrividì al pensiero che potesse sbagliarsi e, non appena ebbero finito di sistemare il baule sulla banchina, salutò il più grande e si allontanò con il proprio carrello.
Non c’era ancora traccia della sua famiglia, ma in realtà non erano le loro teste arancioni che il grifondoro stava cercando. Sorrise non appena trovò il ragazzo che voleva salutare.
“Allora ci vediamo il sei di gennaio, Kageyama.” il serpeverde si voltò verso di lui con aria svogliata.
“Sarò migliorato ancora nel Volo, per allora. E tu ti allenerai mentre sei a casa?” rise diabolico, ovviamente conosceva la risposta. Hinata assottigliò lo sguardo e non si fece intimidire.
“Avrai pure vinto tutte le nostre ultime sfide, Stupiyama. Ma presto ti batterò! E allora vedrai che penitenza avrò in mente per te!!” l’altro rise.
“Magari anche io durante le vacanze ne penserò qualcuna per te.” Hinata gli si avvicinò.
“Non vedo l’ora.” il suo cuore prese a battere più forte e dentro di sé sperò che il suo tono nascondesse meglio di come non stessero facendo i suoi battiti che in realtà diceva sul serio.
Vennero interrotti dai genitori di Kageyama che portarono via il serpeverde. Hinata trovò la propria famiglia e, dopo aver dato un’ultima occhiata al binario e ai compagni, sparì con loro oltre il pilastro di pietra che nascondeva il passaggio.
 
***
Merry Iwaoi
Quello si prospettava essere il miglior Natale della sua vita. Oikawa amava la propria famiglia e adorava passare le feste in compagnia di quella di Iwaizumi, ma trascorrere venti giorni totalmente da solo con il proprio ragazzo? Non c’era paragone.
Le loro famiglie avevano deciso tutto all’ultimo minuto: quell’anno sarebbero andate a sciare sulle Alpi italiane e a quel punto i quattro genitori avevano mandato una lettera a entrambi per chiedere loro se preferissero partire o rimanere al Castello. Oikawa non aveva avuto bisogno di consultare Iwaizumi per capire che avrebbero optato per restare. Durante le vacanze, infatti, Hogwarts si svuotava completamente; a scuola non rimanevano altro che gli elfi domestici e i pochi docenti che abitavano nel Castello.
Il treno era appena partito con tutti i loro fastidiosi compagni a bordo quando Oikawa rintracciò Iwaizumi in mezzo al corridoio e lo baciò con voracità.
In quei giorni non fecero altro che darsi alla pazza gioia: consumarono tutti i pasti insieme, giocarono a Quidditch nel Campo deserto ed innevato; esplorarono ogni anfratto dell’edificio per trovare un posto migliore rispetto alla radura nella Foresta. Soprattutto, però, l’uno poté entrare nel dormitorio dell’altro. Oikawa non aveva perso tempo, e già il primo giorno di vacanze aveva rivelato ad Iwaizumi dove si trovasse l’entrata segreta per la Sala Comune di Serpeverde. Per accedere a quella di Grifondoro era stato diverso: Iwaizumi – non prima di aver accuratamente insultato l’anonimo e poco sicuro muro finto che proteggeva l’ingresso della Sala di Salazar – gli spiegò che sicuramente la Signora Grassa si sarebbe fatta remore a farlo entrare nonostante la parola d’ordine. I quadri, infatti, avevano in qualche modo una coscienza tutta loro, per cui Iwaizumi era piuttosto sicuro che il ritratto avrebbe capito l’imbroglio. Oikawa si era quindi dovuto disilludere in modo tale da risultare quasi del tutto invisibile.
“Certo però, che noia fare ogni volta tutte queste scale dopo cena per tornare in dormitorio!” si lamentò una volta dentro la Torre di Grifondoro. Iwaizumi rise.
“Vorrà dire che domani dormiremo da te.” come succedeva già da una settimana a questa parte, il corpo di Oikawa venne attraversato da energiche scosse elettriche. Vivere Hogwarts come stavano facendo in quei giorni era quanto di più bello avesse sperimentato finora con Iwaizumi e smettere – ne era certo – sarebbe stato davvero difficile e doloroso.
In tutta sincerità, Oikawa non poteva dire che dormire in due in un letto a mezza piazza fosse comodo, tuttavia era forse proprio quella scomodità a rendere il tutto maledettamente perfetto: le gambe incastrate tra loro, il cuore di Iwaizumi che batteva a contatto con la sua schiena, il fiato del suo ragazzo caldo sulla nuca.
Gli rimanevano ancora quattro giorni da trascorrere in quel modo; si trovavano nel letto di Oikawa e qui si stavano coccolando a vicenda. I teneri baci e le morbide carezze, aggiunte all’immenso piacere provato subito prima, avevano presto trasportato il serpeverde in un’altra dimensione. Se avesse dovuto decidere adesso se uscire allo scoperto oppure no, Oikawa pensò con timore che con tutta probabilità non sarebbe riuscito a trattenersi e avrebbe urlato al mondo che quello era il suo ragazzo. Mentre ancora baciava e veniva baciato con tenerezza, quindi, dovette ripetere a sé stesso che se non lo faceva era solo per il bene della persona che amava.
“Cosa potrebbero farci?” si chiedeva a volte, ma la risposta arrivava violenta subito dopo: “Suguru ha perso il posto in squadra proprio quando si è messo con Mika.” pensava, e non forte abbastanza neanche per sperare che le due cose non fossero correlate, tanto bastava per farlo desistere. “Mika non giocava per i Grifondoro.” continuava quindi quella linea di pensiero “Se l’avesse fatto sicuramente le sarebbe stato riservato lo stesso trattamento del suo ragazzo.” Oikawa non poteva negare quanto il Quidditch significasse per lui, ma lo stesso valeva per Iwaizumi e lui certo non poteva decidere di rischiare per entrambi. Fu quindi immensamente grato ai suoi riflessi incondizionati che lo spinsero a buttare giù dal letto Iwaizumi non appena le sue orecchie captarono il rumore della porta del dormitorio che si apriva. Il suo ragazzo era ora totalmente nascosto agli occhi di chiunque stesse per entrare e, ignorando il lieve lamento di dolore che le labbra di Iwaizumi non riuscirono a trattenere, Oikawa afferrò le coperte e si coprì la nudità.
“Oh!” esclamò Tendou non appena lo vide. Oikawa lo salutò con un sorriso imbarazzato, e quando anche Ushiwaka entrò nella stanza l’altro non poté esimersi dal porgli la domanda che gli ronzava in testa:
“Che ci fate già qui?” Wakatoshi scrollò le spalle.
“La famiglia di Satori aveva degli impegni ed è dovuto tornare prima.” Oikawa notò come il Capitano si fosse esentato dallo spiegare perché anche lui fosse a scuola in anticipo, “Ma” pensò tra sé e sé “è facile lasciar intendere a tutti che stai con Tendou quando entrambi siete Serpeverde”. L’ex-cercatore si ritrovò ad assottigliare lo sguardo, geloso ed arrabbiato, e fu solo il commento del battitore a riportarlo con i piedi per terra:
“Ed io che credevo che avremmo avuto il dormitorio tutto per noi!”.
 
____________________________________________
BONUS:
Wakatoshi e Tendou che guardano Oikawa aspettando
che lasci loro il dormitorio libero. Oikawa:
“Quindiiii… andate bene le vacanze?”.

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***
Tanaka
Venti giorni e anche più gli erano serviti per pensare al perfetto regalo di compleanno per Shimizu. Il ritorno a scuola si avvicinava e con quello anche il grande giorno.
Molte cose potevano dirsi del grifondoro: che era impulsivo, frenetico, casinista… persino ingenuo. Sicuramente, però, non era stupido. Già da anni gli era chiaro che la ragazza che amava non ricambiava i suoi sentimenti, e chiaro era anche che nessuno a scuola sembrava prendere sul serio l’interesse di Tanaka verso di lei. La sua qualità migliore, tuttavia, era la caparbietà. Ryunosuke sapeva perfettamente che le sue possibilità con la corvonero erano quasi nulle, ma non per questo aveva intenzione di mollare.
Aveva dovuto pensare molto a cosa potesse piacere alla Caposcuola; che fosse un gesto carino, ma non presuntuoso; qualcosa che la ragazza si sentisse a suo agio ad accettare senza per questo dire a Tanaka che stava finalmente accettando la sua corte. Infine, ascoltando per caso la radio, gli venne l’illuminazione. Da lì fu tutto in discesa e una settimana dopo aveva per le mani il regalo perfetto.
Superato il passaggio tra i binari nove e dieci della stazione londinese, il ragazzo non perse tempo e iniziò a cercare Shimizu con lo sguardo. Fu deluso. Tra i carrelli ingombri di bagagli, gli studenti in partenza e le famiglie di questi sulla banchina, non ci fu verso di scorgere la ragazza. Salì quindi sul treno e lì fu raggiunto dai suoi amici. Shimizu era sicuramente nel vagone dei capiscuola e dei prefetti, quindi Tanaka neanche provò a cercarla. Si godette invece il viaggio con Noya, Yamamoto ed Ennoshita, e fu solo una volta giunti all’ingresso della scuola che trovò ed intercettò la festeggiata.
“Kiyoko!” la ragazza si voltò e Tanaka sorrise. Era bellissima come sempre, ma il grifondoro sapeva bene che se gliel’avesse detto probabilmente lei non avrebbe accettato il regalo, quindi si tenne il complimento per sé. “Buon compleanno!” disse invece. Shimizu sorrise e Tanaka notò come non fosse minimamente sorpresa che il ragazzo si ricordasse il giorno in cui era nata. “D’altronde,” pensò “le faccio gli auguri ogni anno”. Quando Tanaka si accorse di essersi imbambolato a fissarla, si riscosse schiarendosi la gola ed uscì di tasca i biglietti che le aveva preso:
“So che ti piacciono Le Parselmouths1. Così ho preso due biglietti per il loro prossimo concerto. Ho controllato, e capita durante le vacanze di Pasqua. Così non perderai giorni di scuola.” Tanaka poté vedere gli occhi di Shimizu illuminarsi e correre con voracità alle mani del grifondoro. Eppure, sembrava del tutto restia ad afferrare il dono che l’altro le stava porgendo. Ryunosuke intuì il motivo subito dopo e si affrettò a rimediare:
“Il secondo biglietto non è per me!” disse forse troppo forte. “Insomma,” continuò imbarazzato “sarei felicissimo di venire, ovvio! Ma pensavo che potresti andarci con una tua amica… o amico…” propose più riluttante “o magari con tuo fratello.” le porse con più decisione la busta, lei la afferrò titubante e Tanaka scappò via prima che potesse cambiare idea e restituirgliela.
Trascorse il banchetto di bentornato entusiasta di poter di nuovo stare con i propri amici e riprendere a giocare a Quidditch con loro, ma soprattutto a renderlo irrecuperabilmente contento fu il fatto che Shimizu avesse accettato i biglietti. Non credeva che le cose potessero andare meglio di così, ma si sbagliava. Alla fine della cena, Daichi e Shimizu avrebbero dovuto raggiungere i professori come ogni anno i capiscuola facevano, ma prima che ciò accadesse Tanaka si ritrovò la ragazza in piedi accanto a lui.
“Grazie per i biglietti.” poi gli diede un bacio sulla guancia ed andò via. Ryunosuke rimase paralizzato per quelli che poi i suoi amici in seguito avrebbero definito minuti interi. Da parte sua, Tanaka non pensava fossero più di un paio di secondi, ma la verità era che – visto lo stato in cui quel singolo bacio lo aveva lasciato – non era sicuro di nulla, e se i suoi amici affermavano che erano stati minuti, tutto ciò che poteva fare Tanaka era ringraziare il fatto che non fossero state ore.

 

Ho trovato il gruppo su internet: si tratta di due ragazze che suonano il wizard rock (o wrock), cioè musica ispirata al mondo di Harry Potter. Ho citato loro per il semplice fatto che le altre band avevano nomi troppo “scontati” per il fandom. Come Harry and The Potters, Draco and the Malfoys, The Remus Lupins, Wingardium Leviosa e così via.
 
n.a.
[POV Oikawa]
Giusto una breve nota autrice per specificare che ovviamente Suguru non è stato espulso dalla squadra a causa della sua relazione con Mika. Semplicemente Oikawa è sempre più vicino all’essere un complottista per quanto è paranoico.

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Capitolo 14
*** Normale routine per i Miya - pov. Osamu | Atsumu ***


Osamu “mio-fratello-è-un-uomo-morto” Miya
Osamu era stato contento di poter rivedere sua madre, ma non poteva negare che tornare a scuola fosse stata una liberazione. L’odio che provava verso suo fratello era fasullo. I due gemelli se ne dicevano di tutti i colori e non perdevano mai occasione per lanciarsi tiri mancini a vicenda, eppure quando uno dei due era in difficoltà l’altro – finisse il mondo – era sempre lì per lui. Non lo avrebbe mai ammesso davanti ad Atsumu, ma Osamu amava suo fratello e sapeva perfettamente che il serpeverde provava lo stesso per lui. Eppure, dividere la stanza come erano costretti a fare quando non erano ad Hogwarts era per Osamu ogni volta devastante. Il corvonero – lo aveva imparato ormai da tempo – aveva un certo limite di sopportazione, superato il quale si sfociava in disastri che, giusto a titolo d’esempio, potevano portare un compagno di classe a collassare nel bel mezzo di una lezione di Erbologia scatenando il panico generale.
Al suo rientro ad Hogwarts, quindi, Osamu era parecchio soddisfatto di sé: aveva trascorso venti giorni a stretto contatto con Atsumu giorno e notte ed era riuscito a non avere nessuna crisi di nervi. Erano passati già cinque giorni dalla ripresa delle lezioni e i due Miya incredibilmente continuavano a reggere. Se avessero resistito fino alla fine della settimana, avrebbero stabilito un nuovo record non litigando per un mese intero.
Il corvonero si trovava tranquillo nella propria Sala Comune quando Sakusa lo aveva raggiunto con aria furibonda:
“Eccoti finalmente! Sono felice di vedere che tu ti stia leggendo spensierato un buon libro dopo il pasticcio che hai fatto!!” il Capitano aveva persino rimosso l’incantesimo testa-bolla per poterlo sgridare meglio. Osamu era talmente scioccato che non riuscì a rispondere subito, quindi Sakusa continuò:
“CREDEVO CHE FOSSE ATSUMU L’IDIOTA DELLA FAMIGLIA! COME HAI POTUTO FARTI METTERE IN PUNIZIONE UNA SETTIMANA PRIMA DELLA PARTITA!?” fu allora che l’altro si riscosse.
“Ma di cosa stai parlando!” disse alzandosi.
“Pensavi di ricoprire il professor Washijo di polpa e poi farla franca?? Ti hanno dato dieci giorni di punizione!”
“Ti ripeto che non so di cosa tu stia parlando!” urlò di rimando Osamu “Non ho fatto proprio niente al professor Washijo!” i due si scrutarono inviperiti per qualche secondo, poi la consapevolezza colpì entrambi nello stesso momento: “Atsumu!”.
“Io vado nei sotterai.” si limitò a dire Osamu.
“Io lo cerco in Sala Grande.” fu la risposta di Sakusa.
 
***
Atsumu “sono-un-uomo-morto” Miya
Ancora scosso dopo il rimprovero del Direttore della sua Casa, Atsumu stava cercando di riprendersi nella propria Sala Comune. Inpanicato com’era, quasi non aveva sentito la punizione che il professore di Difesa gli aveva assegnato, e quando poi aveva capito che secondo il professore lui era Osamu, Atsumu non aveva saputo decidere se tirare un sospiro di sollievo o iniziare a programmare la sua fuga da Hogwarts. Con gambe tremanti, aveva lasciato il corridoio che portava alla torre di Corvonero ed era tornato nei sotterranei rimpiangendo quella che solo poche ore prima aveva definito “un’idea strepitosa”.
Erano giorni che non provocava Sakusa con qualche scherzo, ma quella mattina aveva avuto l’illuminazione! Sebbene nessuno ci credesse, Atsumu non era del tutto uno stronzo. Conosceva più che bene il disturbo del corvonero e – anche se questi non ci credeva – era stato sinceramente rammaricato quell’unica volta, al loro primo anno, in cui aveva per caso superato il limite. Non per questo il serpeverde poteva negare di divertirsi a stuzzicarlo. Era difficile trovare qualcosa che lo infastidisse ma che non lo facesse stare male, e quando appena sveglio aveva trovato la soluzione – pensò adesso a mente lucida – era stato forse troppo eccitato ed impaziente per assicurarsi che tutto andasse bene.
Finite le lezioni della mattina, Atsumu aveva controllato che non ci fosse nessuno nell’aula di Pozioni e da quella aveva raccolto tutti gli ingredienti necessari. Risaliva a due anni prima la lezione in cui il professor Kurosu aveva spiegato loro come preparare dello shampoo, ma era bastato recuperare un libro del quarto anno dalla dispensa per ripassare il procedimento. A quello, poi, aveva aggiunto qualche variante. Soddisfatto del risultato, aveva infine trasfigurato la propria toga ed i capelli e si era diretto verso la Torre di Corvonero. Mentre camminava non riusciva a smettere di ghignare al pensiero di come Sakusa avrebbe reagito ritrovandosi i capelli di un acceso rosa shocking, ma poi lo shampoo aveva iniziato a fumare. Atsumu aveva quindi iniziato a correre verso il primo bagno disponibile per limitare i danni, ma proprio immediatamente prima di potervici entrare, la pozione era esplosa ricoprendo da capo a piedi lui e, malauguratamente, il professor Washijo che passava di lì per caso.
Disteso ora sul divano della Sala Comune Serpeverde, Atsumu continuava a chiedersi se confessare o no la verità al professore. Osamu, altrimenti, si sarebbe arrabbiato molto, e sebbene ad Atsumu non dispiacesse affatto irritare suo fratello come faceva con Sakusa, riconosceva che Osamu – studente modello – non si meritava una punizione di quella durata.
“Sei fuori di testa?” diceva però una parte di sé “È di Washijo che stiamo parlando! Il Direttore di Serpeverde. Non puoi dirgli di esserti vestito da Corvonero ed aver colorato i tuoi capelli con il chiaro intento di entrare nella torre ovest!!” la vendetta che quasi sicuramente sarebbe arrivata da Osamu non poteva paragonarsi ai guai che avrebbe passato confessando la verità. Quindi – mettendo a tacere il senso di colpa e ignorando il timore che provava per la rappresaglia di suo fratello – sospirò, convinto che non potesse far altro che lasciare le cose come stavano.
Quella consapevolezza, forse, aveva fatto riprendere appena il serpeverde. L’espressione nera e le urla del professore certo sarebbero rimaste per sempre impresse nella sua memoria, ma “Tutto sommato,” pensò “mi è andata bene.” sorrise e si sistemò meglio sul divano. Avrebbe dovuto affrontare suo fratello prima o poi, ma almeno lì in Sala Comune poteva stare certo di essere al sicuro dalla furia di Osamu.
Si ricredette mezz’ora dopo quando l’ingresso della stanza si aprì ed un infuriato corvonero entrò nella Sala Comune. Atsumu si alzò, sconvolto:
“Samu! Come hai fatto ad entrare?”
“QUESTO È L’ULTIMO DEI TUOI PROBLEMI!” non rispose alla sua domanda, ma lo sguardo terrorizzato del ragazzino del primo anno che era entrato insieme a suo fratello svelò comunque il mistero.
“Samu…” Atsumu prese ad avvicinarsi all’altro, la voce già rammaricata, lo sguardo supplichevole e le mani sulla difensiva pronte a scattare alla bacchetta per parare eventuali schiantesimi.
“TI CONVIENE STARE ZITTO!” e Atsumu non se lo fece ripetere due volte.
“HAI IDEA DI CHE COSA HAI COMBINATO?? WASHIJO NON MI PERMETTE DI GIOCARE LA PROSSIMA PARTITA DI QUIDDITCH!!” Osamu non era mai stato così tanto fuori di sé “MA IMMAGINO TU SIA CONTENTO! CORVONERO ERA GIÀ CON UN PIEDE NELLA FOSSA, MA TU CI HAI SEPPELLITI!” il Quidditch era una delle poche cose che Atsumu prendeva seriamente e lo scoprire quali fossero realmente le conseguenze delle proprie azioni face sentire il serpeverde male come mai niente era ancora riuscito a fare. Nonostante questo, davvero non se la sentì di rispondere ad Osamu, decidendo invece di incassare la ramanzina che sapeva di meritarsi senza fiatare.
“MA ALLA FINE È COLPA MIA.” stava continuando a sbraitare l’altro “LO SAPEVO CHE AVREI DOVUTO MANGIARTI NEL GREMBO MATERNO!” Osamu gli si avvicinò e dal suo sguardo Atsumu iniziò a pensare che la sua precedente affermazione “l’ira di Osamu è preferibile a quella di Washijo” fosse in realtà abbastanza discutibile. Adesso erano a un passo l’uno dall’altro e la rabbia di suo fratello fece passare per la mente di Atsumu l’idea che volesse denunciarlo. Quell’eventualità lo atterrì, ma quando suo fratello parlò ancora, Atsumu seppe di essere stato meschino anche solo a pensarlo. Lui e Osamu c’erano sempre ed in ogni caso l’uno per l’altro.
“Non posso che prendermi la colpa, ma questa me la pagherai, Tsumu.” concluse con sguardo minaccioso premendogli un dito sul petto. Dopodiché voltò le spalle e lasciò la Sala Comune.
Passarono diversi secondi di totale silenzio. Atsumu prese solo allora di nuovo coscienza dei compagni intorno a lui e che con tutta probabilità si erano goduti divertiti la scena.
“Dannazione!” fu Suna il primo a parlare “Perché qui non funzionano i telefoni? Avrei ripreso tutto.”
“Siamo sicuri che il Cappello ci abbia dato il gemello giusto?” commentò Tendou e tutti risero. Miya, sicuramente, non aveva nulla per cui ridere, ma almeno poteva stare certo che suo fratello non l’avrebbe tradito.
“Mai più.” si disse “Mai più mi spaccerò per Samu.” ma un’altra parte di sé rise:
“Sono proprio curioso di vedere in quanto tempo romperai questa promessa.” e come poteva darsi torto?

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n.a.
Lo sooo mi dispiace! È cortissimo! Ma davvero non potevo mettere di più, perché quello che avviene dopo deve andare tutto insieme. Vi giuro che la settimana prossima mi farò perdonare eheheh ora arriva la mia parte di storia preferita!!

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Capitolo 15
*** Corvonero vs. Tassorosso - pov. Tsukishima | Kuroo | Akaashi | Iwaizumi ***


Tsukishima
Il fatidico giorno era arrivato. Dopo la schiacciante sconfitta contro i Serpeverde, Yamaguchi era stato in ansia tutto il mese, ma vedendolo giocare Tsukishima non poté far altro che sorridere e pensare a quanto esagerato fosse stato il suo ragazzo.
Quel giorno si disputava la partita Tassorosso-Corvonero. Tutta la scuola era su di giri perché anche se Serpeverde era in notevole vantaggio rispetto agli altri, Grifondoro poteva ancora essere raggiunto. Entrambe le squadre in campo, poi, erano reduci da una sconfitta e quindi più che pronte a riscattarsi agli occhi dei compagni sugli spalti. Futakuchi aveva già in passato programmato allenamenti extra che avevano portato la sua squadra allo sfinimento, ma si era superato per la partita di gennaio. Adesso, tutto l’odio che il Capitano aveva attirato su di sé da parte dei compagni di squadra (ed eventuali fidanzati) stava dando i suoi frutti: la squadra di Tassorosso non era mai stata in forma migliore. D’altro canto, i Corvonero non sembravano avere una bella cera. Tsukishima non era stato presente in Sala Comune quando Osamu Miya aveva “fatto visita” a suo fratello, ma la voce che gli fosse stato impedito di giocare e che con tutta probabilità fosse colpa di Atsumu si era presto sparsa in tutta la scuola. Agli anelli, la squadra nero-blu aveva messo un mezzosangue del quinto anno: Kunimi, ma non era un mistero che il ragazzo non fosse neanche una riserva ufficiale. Senza parlare, poi, del loro Capitano: in tre quarti d’ora di gioco Kiyoomi Sakusa non aveva segnato neanche un punto. In realtà a stento aveva fatto un assist. Il pettegolezzo di cosa gli fosse successo giunse a Tsukishima dalla destra degli spalti, direttamente dalla curva di tifosi Corvonero: “Un suo compagno di dormitorio si è svegliato con la febbre. A quanto pare Sakusa ha la fobia dei germi ed è convinto di esserseli presi”.
Nonostante fosse tutt’altro che una partita emozionante, Tsukishima continuò ad osservare rapito il gioco. Yamaguchi volava con una sicurezza che finora non gli aveva mai visto sfoggiare, Asahi infondeva una forza tale alla pluffa che questa arrivava quasi a sembrare un bolide, ed il loro portiere, poi, mancava un goal su dieci. Kei si ritrovò a fissare con gelosa ammirazione Aone non potendo far altro che ammettere di doversi accontentare del secondo posto come miglior portiere della scuola.
Neanche i Corvonero, comunque, se la stavano cavando tanto male. I loro schemi erano perfetti e coordinati; Sugawara e Yaku rendevano i bolidi micidiali come al solito, ma le azioni di Shirabu, Shimizu ed un distratto Sakusa non erano abbastanza per colmare il distacco che l’assenza di un buon portiere aveva creato. Quando i Tassorosso arrivarono ad avere duecento punti di distacco, Tsukishima non si stupì di vedere Akaashi lanciarsi in picchiata, zigzagare in complesse manovre attraverso gli altri giocatori e prendere il boccino prima che lo facesse Yachi. Normalmente con quel punteggio un cercatore non si sarebbe mai neanche sognato di porre fine alla partita, ma – per Tsukishima fu chiaro – in quell’occasione Akaashi non aveva avuto altra scelta. Il vantaggio dei Tassorosso continuava a salire ed i Corvonero non avrebbero mai potuto recuperare. Afferrare il boccino per finire il gioco con solo cinquanta punti di differenza era chiaramente stata l’opzione migliore.
Kei si unì ai boati di gioia dei tifosi Tassorosso per festeggiare la vittoria del suo ragazzo; lasciò gli spalti e – come i giallo-nero – invase il Campo da Quidditch. L’intera squadra era stata sommersa da ragazzi esultanti e adesso il Capitano stava venendo alzato da decina di mani. Tsukishima si mantenne in disparte ed ammirò Yamaguchi: che, sorridente e accaldato per l’esercizio fisico, era una visione per gli occhi come sempre. Guardandolo, il serpeverde non poté impedirsi di sorridere. La prima volta che aveva incontrato Yamaguchi questi era ben diverso da come appariva adesso. Tsukishima ricordò di quando era salito per la prima volta sull’Hogwarts Express; stava ancora cercando uno scompartimento libero in cui sedersi quando l’aveva visto: Yamaguchi era a terra circondato da dei ragazzi serpeverde decisamente più grandi di lui che lo insultavano e picchiavano. La visione aveva fatto inorridire Tsukishima che aveva deciso di intervenire, era entrato nello scompartimento e, con una calma che in realtà non possedeva, aveva posato i propri bagagli sulla panca imbottita prima di tornare a concentrarsi sul gruppo. Non era raro che i ragazzi più grandi se la prendessero con “quelli nuovi”. Kei l’aveva imparato cambiando città, così come aveva imparato a rispondere per le rime a certi individui. Gli erano bastate poche battute per far allontanare i bulli e da allora Yamaguchi non gli si era più allontanato. Sulle prime, Tsukishima aveva pensato fosse un ragazzo debole che senza il suo aiuto non sarebbe sopravvissuto alla prima settimana di scuola, ma presto aveva capito quanto si fosse sbagliato. Tadashi era quel tipo di persona in grado di attirare intorno a sé solo bella gente. I compagni più grandi, certo, lo intimorivano e non fu in grado di tenere loro testa se non prima del loro quarto anno. Eppure, guardandolo adesso, Tsukishima non avrebbe mai potuto definire quel tassorosso debole.
“Si confondono troppo spesso” pensò il serpeverde tra sé e sé “gentilezza e debolezza.” e sicuramente Yamaguchi non possedeva la seconda. Tsukishima ripensò a tutte le volte in cui – specie quell’anno – aveva tentato invano di rimanere un attimo da solo con lui e sorrise all’idea che se aveva dovuto penare tanto perché ciò accadesse era proprio perché Yamaguchi possedeva quel tipo di forza così rara tra i ragazzi della loro età.
“Esiste anche una sola goccia di egoismo, in lui?” Tsukishima si rispose di no “Anche se” ricordò con orgoglio e piacere “Ha dato di matto quando ha scoperto che Miya e Oikawa hanno iniziato a chiamarmi Tsukki.” sorrise. Fiero del suo più che altruista ragazzo, compiaciuto che fosse lui l’unico a portare a galla quella goccia d’egoismo che aveva dentro e felice di averlo come compagno di vita.
 
***
Kuroo
Mai prima di allora si era perso una partita. Che fosse in ottima salute o con un piede nella fossa, Kuroo era sempre stato uno dei primi a correre in campo o sugli spalti. Guardando Kenma malato e steso su un letto d’infermeria, però, proprio non riusciva a pensare al gioco. Sapeva che il suo ragazzo aveva una semplice febbre e che questa sarebbe presto passata, tuttavia anche la minima influenza aveva su Kenma un effetto devastante. La voce del commentatore arrivava dal Campo fino a lì, ma Kuroo notò appena come Corvonero si fosse aggiudicato il boccino ma avesse perso la partita. Kenma continuava a respirare affannosamente, le guance arrossate e gli occhi chiusi mentre la sua mano destra stringeva la sinistra di Kuroo fino allo spasmo. L’infermiera era dovuta andare al Campo di Quidditch nell’eventualità che qualche giocatore cadesse della scopa e l’assenza della donna non poteva che far agitare ancora di più il grifondoro già estremamente preoccupato. Fu un sollievo, per lui, sentire il fischio che sanciva la fine della partita. Ci avrebbero pensato i membri della sua squadra ad aggiornarlo sulla classifica del Campionato. Adesso Kuroo non aveva tempo per altri se non per il proprio ragazzo.
Rimase al suo capezzale tutto il giorno. Kenma iniziò a sentirsi meglio verso l’ora di pranzo, tanto che aveva potuto lasciare il proprio letto per mangiare la zuppa più comodamente seduto al tavolo che Kuroo si era premurato di far apparire accanto a loro. Yaku aveva persino portato a Kenma la sua PSP e da lì fu solo una ripresa graduale. Era sera quando l’infermiera costrinse infine Kuroo a tornare nella propria Sala Comune, assicurandogli comunque che Kenma sarebbe uscito in tempo per le lezioni della mattina seguente. Aveva appena messo piede nel corridoio del settimo piano che l’avrebbe portato alla propria Torre quando individuò Keiji Akaashi scendere le scale. Kuroo si fece istintivamente indietro; stava ancora riflettendo se andare a salutarlo o meno quando questi voltò l’angolo e sparì dalla sua vista.
“E cosa avrei dovuto dirgli, comunque?” si chiese tra sé e sé mentre la Signora Grassa lo lasciava passare “Complimenti per aver preso il boccino facendo perdere la tua squadra?” non aveva idea di come la partita fosse andata e Akaashi non sembrava assolutamente di buon’umore. Kuroo, soprattutto in quel momento, era la persona meno adatta per avvicinarlo.
“Bokuto.” chiamò il suo migliore amico non appena messo piede in dormitorio “Ho visto Akaashi scendere la rampa di scale di destra, poco fa.” col pollice indicò le proprie spalle “Sembrava giù di corda, forse dovresti andare a parlarci.” e l’altro, certo, non se lo fece ripetere due volte.
 
***
Akaashi
Quell’anno Akaashi aveva già sperimentato la sconfitta, eppure la seconda fu per lui molto più devastante della prima. Ripensando alla partita contro i Grifondoro, il cercatore sapeva di non doversi rimproverare niente: aveva rincorso il boccino ed era stato a un passo dal prenderlo, ma Hinata era stato più veloce. Contro i Tassorosso, tuttavia, era stato proprio Akaashi a porre fine al gioco. Stava guardando i suoi compagni perdere punti da troppo tempo, ormai, così aveva deciso di guadagnarne centocinquanta e porre fine alle sofferenze della sua Casa. Sapeva che i nero-blu non avrebbero mai potuto recuperare; sapeva che i Tassorosso avrebbero solo continuato a far crescere il proprio vantaggio; sapeva di non aver avuto altra scelta, tuttavia la consapevolezza di essere stato la causa di quella fine non riusciva a convincerlo del tutto di aver agito per il meglio.
La partita era finita poco prima di pranzo; i Corvonero avevano consumato il pasto parlando piano e mestamente mentre il tavolo accanto al loro festeggiava. In assenza di lezioni, poi, molti di loro erano tornati in Sala Comune, ma non Akaashi. Sapeva che lì in caso di vittoria ad aspettarli ci sarebbe stata una festa e non aveva nessuna voglia di vedere – per la seconda volta quell’anno – le espressioni deluse dei propri compagni. Era quindi salito fino al suo dormitorio giusto il tempo per recuperare la propria borsa, dopodiché era andato a studiare in biblioteca dove era rimasto fino a sera.
Finito di studiare, andò tardi a cenare, tanto che ormai la Sala Grande era quasi deserta, e solo a quel punto si convinse a tornare alla torre ovest. Era davanti all’aquila d’ingresso quando cambiò idea. Il coprifuoco sarebbe scattato tra pochi minuti, ma Akaashi sapeva bene che non sarebbe mai riuscito a dormire in quelle condizioni. Con ancora la borsa in spalla, quindi, fece dietrofront e si diresse verso la guferia. Sebbene il Castello fosse pieno di stanze comode e confortevoli, la torre dei gufi rimaneva il suo posto preferito. Andava lì ogni volta che era di malumore e quindi si sfogava scrivendo una lettera alla propria famiglia. Una volta finito, il malumore andava via e Akaashi lasciava la torre con meno peso sullo stomaco. Ormai per lui guferia era sinonimo di relax.
Aveva appena raggiunto la cima della torre quando un frenetico scalpiccio attirò la sua attenzione; si voltò e dalle scale vide apparire Bokuto.
“Akaaashi!! Finalmente ti ho raggiunto!”
“Bokuto-san!” lo salutò il corvonero.
“Ti cerco da tutto il giorno! Non ti ho visto a cena.” il grifondoro assottigliò gli occhi ed Akaashi ebbe come l’impressione che si stesse chiedendo se – come l’ultima volta – avesse saltato il pasto.
“Sono andato a mangiare tardi.” Bokuto si tranquillizzò. “Come facevi a sapere che ero qui?” gli chiese, Bokuto sorrise e varcò l’ingresso della guferia sul quale era rimasto fino ad allora.
“Kuroo ti ha visto passare davanti alla Signora Grassa e ho immaginato stessi venendo qui.” Akaashi si stupì di apprendere quanto Bokuto conoscesse le sue abitudini. Lo osservò affacciarsi alla finestra senza riuscire a rispondere. Quella notte la luna era piena e la sua luce brillante filtrava attraverso le tante grandi finestre perennemente aperte della stanza. Il vento scompigliò i capelli di Bokuto e questi rabbrividì. Solo allora Akaashi si rese conto quanto leggero fosse vestito il grifondoro.
“Ti raffredderai, Bokuto-san! Perché non rientriamo?” indicò l’interno del Castello, ma l’altro scosse la testa.
“Non ho freddo.” lo rassicurò. Akaashi stava per controbattere quando l’altro parlò ancora: “Stai pensando ancora alla partita di stamattina?” il corvonero non rispose, ma non ce ne fu bisogno. Bokuto lasciò la finestra e gli si avvicinò.
“Capisco come tu possa sentirti.” gli disse nel tono più serio che Keiji gli avesse mai sentito usare “Se fossi stato al tuo posto, a quest’ora sarei ancora raggomitolato in un angolino della mia stanza.” il corvonero lo sapeva bene, ma ancora una volta si stupì di vedere che Bokuto stesso se ne rendesse conto. “Ma tu non sei così, Akaashi.” continuò, ed Akaashi spalancò gli occhi “Tu sei molto più intelligente! Sai che dovevi per forza prendere quel boccino. Se non fosse stato per te a quest’ora i Tassorosso sarebbero stati irrecuperabili nel punteggio del Campionato.” Akaashi strabuzzò gli occhi, incapace di credere che erano bastati pochi secondi a Bokuto per tirarlo su di morale. Il suo discorso era vero e pragmatico e non pieno di vuote parole buttate fuori al fine di farlo sentire meglio. Akaashi aveva sempre visto Bokuto come un ragazzo d’oro, pronto a sorreggere i propri amici nel momento del bisogno e capace di guidarli se necessario. Da quando si conoscevano il grifondoro aveva fatto breccia sul suo cuore e lì era rimasto. Eppure, quel discorso ebbe il potere di farglielo piacere ancora di più. Per anni Keiji aveva lottato contro l’impulso di cedere ai suoi sentimenti, ma quello che era appena successo gli rese impossibile continuare. Bokuto era bellissimo; con un’espressione seria e preoccupata insieme in viso; le guance leggermente arrossate a causa della corsa che aveva fatto per raggiungerlo; l’abito leggero nonostante fossero in pieno gennaio perché era subito corso da lui. La luna lo illuminava con i suoi raggi bianchi ed i suoi occhi erano resi più brillanti grazie al suo riflesso. La mente di Akaashi – forse per la prima volta in vita sua – parve avere un blackout ed il suo corpo si mosse prima che il ragazzo potesse impedirlo: fece un passo avanti e gli diede un bacio. Un bacio, però, che non venne ricambiato. La mente di Akaashi riprese il controllo della situazione facendo fare al proprio corpo un balzo indietro. Bokuto era totalmente scioccato, immobile e dall’espressione spenta ed incredula insieme. Akaashi arrossì violentemente; gli occhi iniziarono a pizzicare, ma prima che Bokuto potesse vederlo crollare era già scappato via.
 
***
Iwaizumi
Quando Kuroo era rientrato dicendo a Bokuto di aver visto Akaashi giù di morale, il ragazzo era corso fuori senza pensarci un attimo e quando poi era tornato i grifondoro del settimo anno avevano temuto il peggio. Per quanto si sforzasse, Iwaizumi non riusciva a ricordare una volta in cui Bokuto fosse rimasto fermo per più di due minuti. Sicuramente, persino durante i suoi momenti depressi, non gli era mai sembrato più perso e pallido di quando era rientrato in dormitorio quella sera.
“Ma tu sei proprio sicuro che ti abbia baciato?” gli chiese Kuroo senza riuscire a nascondere la sua vena divertita.
“La sua bocca era sulla mia! Cos’altro potrebbe essere!?!?” chiese, ed Iwaizumi ebbe come la sensazione che non fosse una domanda retorica e che si aspettasse invece davvero una risposta.
“Non è che magari è inciampato e per caso le vostre labbra si sono toccate?” continuò il migliore amico senza perdere il sorriso.
“Ti dico di no! Ha fatto un passo in avanti, mi ha baciato alla francese e poi è scappato via!”
“Aah!” Aran si unì alla discussione “Allora è questo! Hai ricambiato male? Non è che ci hai messo troppa lingua?”
“Non ci ho messo la lingua!” fu la risposta stizzita di Bokuto “E nemmeno Akaashi. È stato veloce.” Iwaizumi rise.
“Ma allora non è stato un bacio alla francese!” Kuroo si unì alle sue risate.
“Magari allora avevi un alito cattivo.” ipotizzò Daichi senza crederci davvero.
“Non senti mica così tanto l’alito con un veloce bacio a stampo.” escluse l’opzione Iwaizumi.
“Non avrai per caso fatto la faccia a papera! Perché a quanto pare è poco sexy.” ancora Kuroo. Bokuto lo guardò male, forse chiedendosi cosa intendesse. Poi Iwaizumi parlò ancora:
“Vi siete dati un colpo di denti?” ottenne l’attenzione dei compagni “Magari ti ha colpito per sbaglio e dato che era il vostro primo bacio si è imbarazzato. Capita! Non c’è nulla di male.”
“Già.” concordò Kuroo “Io e Kenma abbiamo preso un sacco di botte.” Iwaizumi annuì.
“Ma aspetta un attimo.” il tono improvvisamente curioso di Kuroo lo mise in allerta e a ragion venuta. “Io ho Kenma, ma com’è che tu ne sai tanto di baci?” gli occhi di Iwaizumi corsero subito a Daichi che lo guardò con tenerezza e sembrò incitarlo ad aprirsi con gli amici. Hajime trattenne il fiato e vagò con gli occhi su ognuno di loro. Si fidava dei suoi compagni e sapeva bene che nessuno in quella stanza avrebbe mai pensato di far del male a lui o al suo ragazzo a causa della loro relazione “ma se se lo lasciassero sfuggire? Il pettegolezzo si spargerebbe, e allora…”
“L’estate scorsa ho avuto una storiella con un babbano del mio quartiere. Niente di che, ma ci siamo baciati parecchio.” notò di sfuggita Daichi abbassare la testa sconsolato e Kuroo invece farsi più interessato e pronto a porre altre mille domande. Fu Bokuto a salvarlo dall’interrogatorio dell’amico:
“Potremmo tornare a concentrarci sul mio problema?? Che devo fare!?” Daichi sospirò e focalizzò la propria attenzione su Bokuto:
“Magari Akaashi ha avuto un lapsus e quando si è reso conto di quello che stava facendo è scappato via.”
“Lapsus?”
“Vuol dire sbaglio. Daichi sta dicendo che potrebbe essersi pentito del bacio.” spiegò Iwaizumi e Bokuto abbassò lo sguardo evidentemente con il cuore a pezzi.
“Non sto dicendo che debba essere per forza così!” si affrettò a rimediare il Capitano.
“E invece sappiamo che è così, non è vero?” fu la mesta risposta di Bokuto. Poi rise sconsolato “Come potrebbe uno come Akaashi voler stare con uno come me?” gli altri si guardarono l’un l’altro, a disagio e spogli di parole. Kuroo fece per avvicinarsi al suo migliore amico: se non sapeva cosa dirgli, magari poteva semplicemente stargli accanto, ma Bokuto non gliene diede la possibilità.
“È tardi. Andiamo a letto.” e senza attendere risposta, salì sul proprio e tirò – per la prima volta in sette anni – le tende del suo baldacchino.

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n.a.

Se ve lo state chiedendo: sì. Gli stronzi serpeverde che hanno bullizzato Yamaguchi sono gli stessi stronzi serpeverde che hanno mandato in paranoia Iwaizumi e Oikawa.
Oltre a questo, so che nel manga/anime sono Bokuto, Kuroo, ecc a chiamare Tsukishima “Tsukki” e a provocare le ire (per quanto quel bambino possa provocare la sua ira) di Yamaguchi. Ma qui non hanno rapporti, e non me li vedo Atsumu e Oikawa chiamare Kei “Tsukishima” o in un qualsiasi altro modo diverso da “Tsukki”.

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Capitolo 16
*** Tutti amano Oikawa - pov. Atsumu | Iwaizumi | Daichi | Iwaizumi ***


Atsumu “ride-bene-chi-ride-ultimo” Miya
L’ultimo scherzo andato male aveva fatto sì che Atsumu si prendesse una pausa dai Corvonero. Aveva sicuramente fatto incazzare suo fratello come mai prima d’allora e, vista la disastrosa sconfitta inflitta alla sua squadra, Atsumu incredibilmente era restio ad incontrare persino il loro schizzinoso e suscettibile quanto affascinante Capitano. D’altronde, Sakusa si era già dimostrato in grado di assestargli un forte schiantesimo in petto quando l’aveva incontrato per la prima volta per i corridoi dopo la partita, e di certo il biondo non aveva fretta di ripetere l’esperienza.
Aveva quindi evitato di indossare ancora i panni di Osamu ed aveva cercato il più possibile di stare alla larga da entrambi durante le lezioni che avevano in comune. E questo gli aveva dato modo di pensare:
“Come posso occupare il mio tempo?” si era chiesto un giorno in cui – vista la pila di temi già finita e l’assenza di allenamenti di Quidditch – la noia aveva preso piede nella sua Sala Comune. La risposta era arrivata insieme all’ingresso di Oikawa nella stanza. Atsumu sorrise: era giunto il momento di sbarazzarsi della minaccia del cacciatore.
Miya non poteva negare che Oikawa fosse più abile di lui sulla scopa. Se c’era stato qualche dubbio, questo era del tutto scomparso a seguito della partita disputata contro i Tassorosso. Dubitava seriamente che Wakatoshi o qualsiasi altro membro della squadra avrebbe avuto qualcosa da ridire sulla sua relazione con Iwaizumi, ma una cosa era certa: grazie a quel pettegolezzo Oikawa avrebbe abbassato la cresta senza avere altra scelta che incassare gli insulti che un presunto donnaiolo come lui si meritava. Eppure, nonostante Atsumu trepidasse all’idea di vedere Oikawa imbarazzato e con le spalle al muro, non era quella la ragione principale che lo spingeva a trovare un modo perché la storia con il grifondoro venisse allo scoperto: Atsumu era stanco; stanco di farsi mettere i piedi in testa; stanco che il suo posto in squadra derivasse solo dal fatto che Oikawa gli permetteva misericordialmente di restare. Il più grande era stato chiaro: Atsumu non avrebbe mai dovuto dire a nessuno quello che aveva scoperto o Oikawa si sarebbe vendicato. Gli bastarono pochi minuti per mettere a punto un piano:
“Cosa potrebbe dirmi il caro Tooru se fosse Iwaizumi stesso a dichiarare il loro grande amore davanti a tutti?” sorrise, si alzò dal divano e corse nella sua stanza.
Il dormitorio del sesto anno era vuoto: “Meglio per me!” pensò, si inginocchiò davanti al proprio baule e iniziò a tirare fuori tutto ciò che vi era all’interno. Era sicuro che fosse lì, ma doveva essere finito molto in fondo dal momento che era passato piuttosto tempo da quando l’aveva riposto nel baule.
“Bingo!” Atsumu afferrò trionfante il filtro d’amore che aveva comprato un anno prima e ne baciò la boccetta. I suoi piani iniziali erano quelli di rifilarlo a Sakusa, ma poi si era detto che mai e in nessun caso il corvonero avrebbe mangiato caramelle o cioccolatini apparsi dal nulla sul proprio letto e la pozione era quindi rimasta dimenticata nel suo baule. Il serpeverde ricordò a tradimento anche lo strano e confuso stato d’animo in cui si era ritrovato quando aveva pensato di far ingerire il filtro d’amore a Sakusa, ma scacciò subito via quel pensiero e tornò a focalizzarsi su Oikawa. Secondo l’etichetta della boccetta il liquido al suo interno era scaduto da qualche mese. “Non è poi così tanto tempo.” pensò dopo aver letto la data “Non accadrà nulla di grave”. Ora non restava che prendere qualche capello di Oikawa, mettere la pozione dentro qualche dolce, farla arrivare nel dormitorio maschile del settimo anno di Grifondoro con un biglietto e godersi la scena.
 
***
Hajime “non-c’è-niente-da-ridere” Iwaizumi
Dopo una lunga e sfiancante sessione di studio in biblioteca, Iwaizumi era contento di poter infine riposare in tutta tranquillità sul proprio letto. Quando aprì la porta del dormitorio, però, tutto ciò che riuscì a pensare fu: “Avrei dovuto aspettarmelo”. Con Kuroo e Bokuto come compagni, raramente i ragazzi del settimo anno di Grifondoro avevano la possibilità di riposare, quindi Iwaizumi non fu del tutto sorpreso di vedere i due agitarsi per la stanza. Bastò un rapido sguardo, tuttavia, perché si rendesse conto che qualcosa non andasse. Per quanto eccentrici, i suoi colleghi cacciatori non avevano mai messo a soqquadro il dormitorio come quel pomeriggio, inoltre – apprese con orrore – i due migliori amici si stavano picchiando. Il suo primo pensiero fu quello di separarli, ma prima che potesse muovere anche un solo muscolo un pensiero più saggio attraversò la sua testa: “Mi servono rinforzi.” senza distogliere gli occhi dai compagni, quindi, fece un passo indietro e urlò in direzione della Sala Comune: “QUALCUNO CHIAMI I RAGAZZI DELL’ULTIMO ANNO!!” sperò che qualche grifondoro l’avesse sentito, dopodiché avanzò verso Kuroo e Bokuto.
“Si può sapere che vi ha preso??” i due si arrestarono di colpo, lo fissarono e poi – come galvanizzati – presero a correre verso di lui.
“Sono meglio io per lui, vero!?” Kuroo fu il primo a raggiungerlo e ad afferrarlo per le spalle.
“Sta’ zitto!” parlò subito dopo Bokuto “Io lo amo! È con me che deve stare!!” Iwaizumi non capiva: solo poche sere prima l’albino aveva deciso che non si sarebbe mai più avvicinato ad Akaashi mentre adesso urlava di amarlo.
“Ti sbagli! Starà con me, invece! Gli regalerò la mia scopa da corsa!” Kuroo confuse ancora di più Iwaizumi.
“La sua è più bella della tua! Lui è già perfetto così com’è quando vola.” continuò sognante l’altro “Non è vero, Iwaizumi??” entrambi lo fissarono in attesa che rispondesse.
“Sicuro…” disse incerto.
“Lui è perfetto in tutto!” affermò Kuroo immediatamente prima di voltarsi per scagliare un pugno contro il suo migliore amico. Hajime spalancò gli occhi e scattò in avanti per separarli, ma prima che ci riuscisse Kuroo aveva già smesso di menare fendenti “Perché non lo lasci a meee!” iniziò a piagnucolare accasciandosi addosso a Bokuto “Lui è così bello!” tirò su col naso “TI CREDEVO MIO AMICO!”
“NO!” fu la risposta dell’altro “È mio e me lo tengo!” ancora confuso, Iwaizumi decise di spostarsi per la stanza seguendo lo strano e caotico barcollare dei due in modo da poter intervenire immediatamente in caso di necessità, e fu solo quando arrivarono vicino al suo letto che si accorse del vassoio di cupcake mezzo mangiato che vi era sopra. Accanto era appoggiato un biglietto: “Per il mio Iwaizumi. Mi manchi.”
“Oikawa ama più me!” alle parole di Bokuto, Hajime fece scattare la testa in direzione dell’amico e spalancò gli occhi.
“NO! Ama più me!!” Kuroo smise di piangere per tornare a gridare e a picchiare l’altro. Fu allora che entrò Aran.
“Hey!!” esclamò e subito afferrò Bokuto che – impedito nei movimenti – iniziò a frignare come l’amico poco prima. Iwaizumi guardò meglio il vassoio di dolci e poi il biglietto.
“Possibile che…” iniziò a pensare, poi l’ingresso di Daichi attirò tutta la sua attenzione:
“Kuroo,” chiamò tranquillo e ignaro della situazione “c’è Kenma che ti aspetta davanti alla Signora Grassa.” l’interpellato osservò il Capitano per un paio di secondi con aria confusa, poi la sua espressione si distese e sospirò fuori un:
Aah, già! Kenma. Sarà meglio che gli dica che tra noi è finita.” dichiarò tranquillo. Aran stava ancora trattenendo Bokuto e Daichi era troppo sconvolto dalle parole dell’amico per intervenire, quindi toccò ad Iwaizumi lanciarsi su di lui per placcarlo urlando un disperato: “NO!”. Si rialzò a fatica da terra ignorando i gemiti dell’altro.
“Credo siano vittima di un filtro d’amore.” spiegò ai compagni lucidi “Dicono di amare Oikawa.” Iwaizumi strinse i pugni “Vado a parlare con quell’idiota. Voi teneteli occupati.” e senza aspettare che Aran o Daichi assentissero, Hajime lasciò la stanza. Uscendo dalla Sala Comune incontrò Kenma: “Kuroo è impegnato.” gli disse sbrigativo “Non credo ti convenga rimanere qui, ci vorrà un po’.” e senza nemmeno sentire il corvonero rispondere che avrebbe aspettato comunque, Iwaizumi prese a scendere le scale verso i sotterranei.
 
***
Sawamura “chi-me-lo-ha-fatto-fare” Daichi
I suoi amici continuavano a stupirlo giorno dopo giorno. Da quasi sette anni Daichi non faceva che ripetere a sé stesso che nulla avrebbe mai potuto superare la più grande crisi che lui si era ritrovato a dover risolvere per ultima, ma da altrettanto tempo continuava ad essere smentito. “La prendete ogni volta come una sfida?” chiese mentalmente ai compagni davanti a sé che alternavano i pugni alle lacrime “Semplicemente devo smettere di pensare di aver visto il vostro peggio.”
“Che cosa facciamo?” venne riportato alla realtà da Aran che – come lui – assisteva alla scena con occhi preoccupati.
“Immagino dovremo portarli dal professor Kurosu. Lui saprà preparare l’antidoto.”
“Ma hai detto che qui fuori c’è Kenma!!” rispose Aran preoccupato. Daichi non ci aveva pensato, si portò le mani ai fianchi e buttò fuori l’aria.
“Accidenti a tutta questa situazione!”
“Perché diavolo Oikawa avrebbe dato un filtro d’amore a quei due, poi?” chiese ancora l’altro guardando gli amici disperato. Daichi se lo chiese davvero. I dolci erano sul letto di Iwaizumi e che fossero destinati a lui o meno, non avrebbe comunque avuto senso.
“Perché somministrare un filtro d’amore a chi è già innamorato di te?” si chiese, ma poi guardò Aran e rispose:
“Sai quanto può essere egocentrico. Immagino volesse solo fare casino e porsi come al solito al centro della scena.” le sue parole sembrarono soddisfare il compagno che tornò a focalizzarsi su Kuroo e Bokuto.
“Idee su come farli uscire senza che Kenma veda lo stato del suo ragazzo?” Daichi scosse la testa.
“Io distraggo Kenma e tu li porti dal prof?” propose comunque.
“Sei pazzo? Come dovrei fare a gestirli da solo?” e mentre loro tentavano di trovare una soluzione al loro problema, Kuroo e Bokuto erano giunti a una conclusione:
“Bene, allora. Andiamo a chiedere direttamente ad Oikawa chi preferisce tra i due!!” Bokuto assentì con l’amico ed insieme presero a dirigersi verso la porta dove però – fortunatamente – si trovavano Daichi ed Aran. Tutti e quattro i Grifondoro erano ben impostati, tuttavia, forse alleata l’adrenalina, fu impossibile per i ragazzi lucidi trattenere gli altri. Dopo una combattuta e confusa lotta Kuroo e Bokuto riuscirono a superare la soglia del dormitorio e a riversarsi sulle scale. Spintonandosi e superandosi a vicenda, i due erano quasi arrivati in Sala Comune quando il Capitano decise di prendere in mano la situazione:
“Incarceramus!” delle possenti corde spuntarono dalla punta della sua bacchetta bloccando i due uno sull’altro e facendo sì che coprissero gli ultimi gradini cadendo rovinosamente fino allo spazio comune dei figli di Godric. In molti si voltarono verso di loro ma, visti i soggetti, si limitarono a qualche risata e tornarono alle proprie occupazioni.
“Bene.” Daichi si rivolse ad Aran “Vorrà dire che li imbavaglieremo e li porteremo da Kurosu in questo modo”. Due minuti dopo, quindi, stavano passando davanti a Kenma con le bacchette sollevate e i corpi immobilizzati dei due amici che fluttuavano davanti ad esse. Alla vista del corvonero Kuroo spalancò gli occhi e iniziò ad agitarsi.
“Affari da Grifondoro.” Daichi limitò a quello le spiegazioni “Se tutto va bene te lo restituiamo tra una mezzoretta.” continuò riferendosi a Kuroo. Kenma fissò la scena basito per qualche secondo, poi scrollò le spalle e rispose:
“Nessun problema, io aspetto qui.” estrasse la PSP dalla tasca della toga e si sedette sui gradini mentre lui ed Aran riprendevano a camminare.
“Un giorno ci ringrazierai, amico.” sussurrò la riserva a Kuroo che continuava ad agitarsi.
Arrivarono nell’ufficio del professore di Pozioni senza incontrare nessun altro. Dopo il primo shock, non fu difficile per l’uomo capire quale fosse il problema.
“Continuo a non capire come i filtri d’amore possano ancora essere ritenuti legali.” commentò scuotendo la testa mentre preparava l’antidoto. Daichi rimosse le corde ed Aran i bavagli. I due innamorati iniziarono a protestare e ad accusare il Caposcuola di rapimento, ma il professore fu scaltro e li convinse a bere “il tonico di bellezza” che aveva preparato.
“Immagino vogliate apparire al meglio per la vostra persona speciale”.
Non appena tutto il liquido fu sparito in gola agli amici, sia Daichi che Aran sospirarono di sollievo.
“Accidenti…” Kuroo fu il primo a dare segni di ripresa. Si portò una mano alla fronte e scosse la testa come a voler scacciare il torpore “ma cos’è successo?”
“Dimmi, Kuroo…” gli si rivolse il Capitano “c’è qualcuno che ti piace?” l’altro lo guardò confuso e quasi indignato.
“Ma che domande mi fai! Sono quasi tre anni che sto con Kenma! Questo non ti dice niente?” Daichi sorrise, ma poi l’espressione dell’altro si fece vacua, confusa “Kenma?” si chiese da solo “No, aspetta. A me piace Oikawa!!” sembrava quasi arrabbiato con sé stesso per aver dubitato dei suoi sentimenti per il serpeverde.
“No!” arrivò l’urlo di Bokuto “È a me che piace Oikawa!” Daichi ed Aran si voltarono all’unisono verso il professore che rispose loro con un’espressione sorpresa e rammaricata insieme. Tornò verso il proprio bancone di lavoro e iniziò a tirar fuori decine di ingredienti.
“Non capisco.” disse “Dev’esserci qualcosa di diverso in questo filtro d’amore.” e Daichi, intento com’era a bloccare gli amici già pronti a correre verso la Sala Comune di Serpeverde, sperò solo che l’uomo si sbrigasse a rimediare.
 
***
Hajime “io-volevo-solo-dormire” Iwaizumi
Iwaizumi non sapeva se Oikawa fosse effettivamente in Sala Comune e in ogni caso sebbene sapesse la Parola d’Ordine – per quanto arrabbiato – non poteva certo superare il muro d’ingresso come se niente fosse. Si diresse quindi con poca convinzione verso i sotterranei e una volta lì attese che qualche figlio di Salazar passasse affinché potesse usarlo come messaggero. Fu alla fine una ragazza che Iwaizumi fermò e pregò perché gli chiamasse “quel pezzo di merda di Oikawa”. Il suo ragazzo uscì un paio di minuti dopo. Non appena lo vide, Tooru si guardò intorno allarmato.
“Iwa-chan!” lo chiamò a bassa voce una volta appurato che non ci fosse nessuno nei paraggi “Che cosa ci fai qui?? È successo qualcosa?” Iwaizumi strinse i pugni e si morse la lingua per impedirsi di urlare. Si avvicinò all’altro e sussurrò con il suo tono più infastidito:
“Credevi non sarebbe successo niente mandandomi un filtro d’amore??” chiese. Oikawa non rispose, quindi Iwaizumi sollevò il biglietto che aveva trovato sul suo letto.
“Per il mio Iwaizumi. Mi manchi.” fece il verso “E nel frattempo imbottisci dei cupcake di amortenzia??” Oikawa si guardò ancora in giro, poi afferrò il grifondoro per il braccio e lo spinse dentro la stanza vuota più vicina.
“Si può sapere di che diamine stai parlando!?” gli chiese subito prima di strappargli il biglietto dalle mani. Lo lesse e sbiancò: “Questa è la mia scrittura.” disse in un sussurro.
“Lo so anch’io, grazie! La so riconoscere la scrittura del mio ragazzo!” Oikawa sollevò lo sguardo dal pezzo di carta e lo guardò male.
“Non l’ho scritto io, Iwa-chan.” entrambi si paralizzarono.
“Quando sono tornato in dormitorio ho trovato Kuroo e Bokuto pazzi d’amore per te con mezzo vassoio di cupcake mangiati sul mio letto con quello accanto.” indicò il biglietto. Oikawa tornò a guardare la scritta, poi di nuovo Iwaizumi. Sembrava star cadendo dalle nubi, poi il suo sguardo passò dal confuso all’arrabbiato.
“Come hai potuto credere che fossi stato io! Mi ritieni davvero così stupido e meschino? Credi che ti rifilerei mai una di quelle schifezze??” Iwaizumi avrebbe dovuto sentirsi in colpa solo per averlo pensato, ma la stanchezza accumulata dallo studio e la tensione che tutta quella situazione gli aveva provocato lo indussero a rispondere in un altro modo:
“Che cos’altro avrei mai potuto pensare? Tu ami stare al centro della scena! Stamattina ti ho detto che oggi avrei studiato tutto il giorno e allora tu-”
allora io cosa?? Ma ti senti quando parli!?” Iwaizumi osservò l’espressione di Oikawa passare da un’incredula tristezza a un’enorme quanto giustificata rabbia e viceversa, quindi fece un passo indietro. Il corvino sospirò, incapace di credere alle sue stesse parole, e si passò una mano sul volto stanco.
“Mi dispiace.” disse “Mi dispiace, Tooru.” l’espressione dell’altro non subì nessun cambiamento, quindi gli si avvicinò, disperato; gli mise una mano sul braccio mentre con l’altra gli accarezzava il volto “Ti prego, ti prego scusami. So che non lo faresti mai.”
“Eppure hai avuto tutto il tempo della strada dalla tua torre fino a qui per pensarci!” Iwaizumi sapeva di non avere scusanti.
“Sono solo molto stanco… e vedere Kuroo e Bokuto voler urlare a tutti quanto ti amano mi ha messo in agitazione. Non voglio che l’attenzione venga attirata su di noi.” Oikawa tacque per molti secondi, ma poi sospirò.
“Lo so.” sollevò le mani e le mise a coppa sul volto di Iwaizumi prima di baciarlo “Va tutto bene.” il grifondoro si aggrappò con fare disperato alla toga dell’altro.
“Scusa. Scusa.” ripeté. Oikawa rise.
“Guarda che ho capito, okay?” Iwaizumi annuì.
“Adesso devo andare.” sussurrò “Devo risolvere la questione di Kuroo e Bokuto.” fu il turno del serpeverde di annuire.
“Io cercherò di scoprire chi ha mandato quei dolci.”
“Sta’ attento.”
“Lo so.” Iwaizumi gli sorrise, stava per andarsene quando Oikawa parlò ancora.
“E comunque,” iniziò ghignando strafottente “sai bene che io non ho bisogno di nessun filtro d’amore per far cadere chiunque io voglia ai miei piedi.” Iwaizumi ghignò di rimando.
“Allora è così? E come mai Kuroo e Bokuto non hanno mai mostrato interesse per te prima di adesso?” Oikawa sbuffò divertito.
“Solo perché non sono nella mia lista.” Iwaizumi spalancò gli occhi.
“Hai una lista??” la sua espressione fece saltare Oikawa sul posto.
“Devi andare.” gli disse mettendogli le mani sulle spalle per voltarlo e spingerlo fuori dalla porta “Devi risolvere la questione di Kuroo e Bokuto!” gli fece eco. Poi corse via verso la propria Sala Comune.
 
Lasciati i sotterranei Iwaizumi fu spinto a non correre verso la Torre di Grifondoro solo in ragione delle infinite rampe di scale che avrebbe dovuto fare e, nonostante fosse salito con calma, quando infine arrivò davanti al ritratto della Signora Grassa aveva comunque il fiato corto.
“Kenma!” chiamò sorpreso guardò vide il corvonero seduto sulle scale “Non credevo di trovarti ancora qui. Al momento Kuroo non può venire. Non so quanto ci metteremo a risolvere la cosa.” volle rimanere sul vago; Kenma annuì.
“Sì, Daichi me l’ha già detto. Lui, Kuroo, Bokuto e Aran sono andati di sotto.” Iwaizumi si voltò per guardare le rampe di scale da cui era appena salito. “Probabilmente Daichi li ha portati dal professor Kurosu.” pensò. Poi tornò a focalizzarsi su Kenma:
“Quindi sai tutto?” l’altro rispose con un impercettibile movimento della testa che col senno di poi avrebbe potuto dire qualsiasi cosa. In quel momento, tuttavia, Iwaizumi lo aveva inteso come una risposta affermativa. Sospirò.
“Immagino che per te sia dura quanto lo sia per me.” disse. Gli sembrava ancora strano pensare che anche Kenma sapesse di lui e di Oikawa come – d’altra parte – lui sapeva che il corvonero fosse un animago. “Sentir dire al tuo ragazzo che ama il mio non è stato piacevole.” rise tirato e per niente divertito. Solo dopo qualche secondo si rese conto della postura rigida dell’altro.
“Cosa diceva Kuroo?” e fu allora che capì il proprio errore. Non gli rimase altra scelta che spiegare l’intera situazione a Kenma. D’altronde non era colpa di Kuroo se era stato incantato.
“Certo,” aggiunse però Iwaizumi “se lui e Bokuto si degnassero almeno di leggere i biglietti che accompagnano i dolci non destinati a loro…”.
Chiacchierando e principalmente insultando i due grifondoro, Iwaizumi e Kenma presero dunque a dirigersi verso i sotterranei dove sapevano esserci lo studio del professore di Pozioni. Passarono davanti allo sgabuzzino che lui e Oikawa avevano occupato poco prima e Hajime si ritrovò a pensare che era stato probabilmente mentre lui era lì dentro che i suoi compagni di dormitorio erano passati.
Arrivati a destinazione, dopo aver dato appena due colpi al legno, Iwaziumi afferrò la maniglia e spalancò la porta dello studio. Daichi tentava di tenere fermo Bokuto mentre Aran e Kurosu lottavano per fargli ingerire una pozione.
“Perché non possiamo pietrificarlo??” fu la disperata domanda del Caposcuola.
“Se lo pietrifichiamo non potrà muovere la gola per inghiottire.” la risposta dell’insegnante. Kuroo, nel frattempo, era a terra che abbracciava un cuscino del divano mentre farfugliava piangendo: “Kenma… Oikawa… no, Kenma… Oikawa!!”.
Armati di tanta, moltissima pazienza e grazie all’aiuto dei due nuovi arrivati, Bokuto e Kuroo furono infine costretti con la forza a bere l’antidoto. Una volta che si furono ripresi, il professor Kurosu passò a spiegare:
“Probabilmente il filtro d’amore era avariato. Per questo gli sbalzi d’umore e l’inefficacia del primo rimedio. Adesso dovrebbe essere tutto a posto, ma sarà meglio che li teniate d’occhio fino a domani.” si raccomandò, fissò i suoi studenti e prima che questi potessero andarsene aggiunse: “E teneteli lontani dai sotterranei.”
Daichi rise “Ci può scommettere”.
Arrivarono fino al piano terra prima di arrestarsi.
“Hai scoperto qualcosa da Oikawa, Iwaizumi?” chiese Aran, lui scosse la testa.
“Non è stato lui. Ha detto, e cito: io non ho bisogno di filtri d’amore per far cadere chiunque io voglia ai miei piedi.” lo imitò “E ha aggiunto anche che non siete nella sua lista o robe simili.” Kuroo e Bokuto si guardarono, poi entrambi sbuffarono:
“Non sa cosa si perde.” disse il corvino.
“Esatto!” aggiunse Bokuto “Tu saresti un perfetto fidanzato!”
“No, tu saresti un perfetto fidanzato!!” lo contraddisse Kuroo. Kenma si avvicinò ad Iwaizumi e – con gli occhi ridotti a due fessure – chiese:
“Si rende conto che io sono qui?” Kuroo voltò la testa di scatto.
“Kenmaaa!” tentò di abbracciarlo, ma l’animago fece un balzo indietro per evitare il suo ragazzo.
“Torna pure a deprimerti per il fatto che non sei nella lista di Oikawa!”
“Non ho detto che sono depresso, ma che a perderci è comunque lui!” lo corresse col solo scopo di far assottigliare ancora di più lo sguardo del corvonero.
“Vuoi vedere chi sarà quello a perdere qualcosa?” chiese subito prima di voltarsi per andarsene. Kuroo lo inseguì:
“Kenmaaaa ti prego perdonami!! Farò tutto quello che vuoi!”
“Fai già tutto quello che voglio.” fu l’ultima cosa che gli sentirono dire prima che entrambi sparissero oltre l’angolo. Iwaizumi rise e si voltò verso i compagni rimasti. Dopo lo scambio di battute con Kuroo Bokuto non aveva detto una parola.
“Adesso Akaashi penserà che mi piace Oikawa e mi odierà ancora di più!!” piagnucolò. Iwaizumi vide Aran buttare gli occhi al cielo prima di rispondergli:
“No che non ti odia! E poi gli unici a sapere di tutto questo siamo noi e il professore. Akaashi non lo verrà mai a sapere.” Iwaizumi si astenne dal fare notare che anche Oikawa ne era al corrente, in ogni caso dubitava che l’avrebbe raccontato ad anima viva o morta, quindi annuì.
“Si è fatta ora di cena.” notò guardando il cielo buio fuori dalla finestra “Andiamo a mangiare?” e mentre consumavano il loro pasto, stanchi e silenziosi, al tavolo di Grifondoro, Iwaizumi tornò a sognare di potersi rilassare sul proprio letto come troppo tempo fa, ormai, aveva avuto intenzione di fare.

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n.a.

Anche se non è effettivamente il tuo compleanno… BUON COMPLEANNO MUFFIN12! Sakusa che schianta Atsumu è tutto per te! Come potevo non accontentare una recensitrice tanto accanita e fantastica?? <3
Ad ogni modo sappiate che aggiungere questo piccolissimo particolare mi ha dato l’idea per un’intera One Shot! Perché, sì, una volta finiti i capitoli della long inizierò a pubblicare una raccolta di OS con scene inedite ambientate prima, dopo e durante la long! Quindi tenete a mente che Sakusa dopo la tremenda partita Corvonero/Tassorosso schianta Atsumu (che nella OS in questione verrà anche descritta meglio)! :’)
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Capitolo 17
*** San Valentino - pov. Daichi | Osamu | Tsukishima | Iwaizumi ***


Daichi
Senza che il Caposcuola avesse un attimo di pace, gennaio finì per lasciare il posto a febbraio, e con esso erano arrivate tutte le preoccupazioni di Daichi per San Valentino. Guardando, ora, Suga sorridere, il grifondoro seppe di aver fatto la scelta giusta.
“Che cosa si fa di solito per San Valentino???” aveva chiesto disperato ai suoi amici solo due settimane prima “Come ci si comporta in coppia!?” era andato nel panico più totale. Al pensiero di quel giorno, Daichi rise. I suoi compagni non avevano potuto far altro che tentare di calmarlo:
“Esci con Suga da due mesi e ci chiedi come ci si comporta in coppia adesso?” fu la risposta di Aran.
“Vi comportate da coppia da almeno un anno!” l’intervento di Noya.
“Ma per San Valentino è diverso! Si hanno delle aspettative, no?” continuò a chiedere lui disperato.
“E tu credi che Sugawara sia quel tipo di persona?” Kuroo rise “A Kenma non interessa che sia il 14 febbraio o qualsiasi altro giorno. Devi solo fare quello che fai sempre.”
“E cosa faccio sempre?” Daichi era talmente in ansia per l’evento da non ricordare nemmeno in che modo fino a quel momento si era potuto muovere senza imbarazzo ad un appuntamento. Kuroo sospirò.
“Senti, di solito io mi limito a stare accanto a Kenma mentre gioca alla PSP. Lo guido per strada mentre lui continua a giocare e poi lo costringo a mangiare.” sollevò le spalle “Che vuoi che ti dica? Fa’ qualcosa che piace a lui!” Daichi aveva quindi preso un ampio respiro. Sarebbe stato troppo patetico chiedere agli amici “E cosa piace al mio ragazzo?” quindi si era imposto di trovare da solo la soluzione. Fortunatamente, la gita ad Hogsmeade programmata per la giornata degli innamorati non precludeva il classico finesettimana al villaggio mensile. A soli cinque giorni dal grande evento, quindi, Daichi ed i suoi amici si erano ritrovati a lasciare la scuola per raggiungere Hogsmeade.
Lui e Tanaka si erano separati presto dagli amici. Insieme, avevano iniziato a cercare il posto perfetto per un appuntamento a San Valentino.
“Quindi Shimizu ti ha finalmente concesso un’uscita?” aveva chiesto Daichi al più piccolo, che però aveva scrollato le spalle.
“Io mi tengo sempre pronto”.
Il primo posto che visitarono fu La sala da thè di Madama Piediburro che a quanto pareva aveva molto successo tra le coppie. Era bastata una rapida occhiata, tuttavia, perché Daichi scartasse l’opzione. La carta da parati, la moquette rosa, i merletti e le porcellane esposte… era già di per sé tutto troppo esagerato “E sarà molto più addobbato per San Valentino, cari!” era stato loro spiegato dall’oste. Daichi ebbe l’orribile immagine di Suga che si guardava intorno e poi iniziava a ridergli in faccia.
“Cambiamo posto?” aveva quindi subito dopo detto a Tanaka, che tuttavia sembrava inspiegabilmente attratto dall’idea di portare lì Shimizu.
“Stai davvero pensando di venire qui con lei?” gli aveva chiesto Daichi incredulo “Shimizu. Qui.” Tanaka lo aveva guardato e dopo un paio di secondi scosso la testa:
“Nah, hai ragione”.
Avevano vagato per il villaggio senza meta e sempre più rassegnati quando finalmente la soluzione si era palesata davanti ai loro occhi: Mielandia! Prenota la tua giornata speciale per San Valentino.
La sola brochure – lasciata all’ingresso del negozio – era bastata a convincerlo. Daichi aveva quindi prenotato per due e pagato la somma. Tanaka aveva fatto lo stesso, quindi a Daichi non era rimasto che ammirare l’ottimismo dell’amico, sperare che Shimizu avrebbe ceduto per lui e aspettare che San Valentino arrivasse.
 
“Allora ti piace?” chiese a Suga mentre questi mescolava l’impasto con le mani.
“Scherzi? Lo adoro!” sorrise, e a Daichi a un tratto la stanza sembrò più luminosa “E quel che è meglio è che a fine giornata avremo un sacco di cioccolata come ricompensa!!” rise ancora genuinamente felice. Daichi rise di rimando e tornò al proprio impasto. Era negato in cucina. Dopo i primi fallimenti non aveva più provato ad accendere i fornelli. Dubitava che il suo cioccolato sarebbe stato commestibile a fine giornata, eppure s’impegnò al massimo affinché Suga potesse avere almeno un cioccolatino preparato da lui.
“Sto andando bene?” era sin da subito stato chiaro che Suga fosse più portato di lui. Il corvonero buttò uno sguardo alla sua porzione di tavolo e sorrise teneramente. Gli si avvicinò e gli mostrò meglio cosa fare. Le guance di Daichi si imporporarono e – mentre le loro mani erano intrecciate nell’impasto – si ritrovò a pensare che dopotutto la sua incapacità di cucinare gli era tornata utile.
Non era l’unico, comunque, ad aver bisogno dell’aiuto del proprio partner. Wakatoshi sembrava anche più negato di lui. Tendou non faceva altro che ridere, prendere il dolce del proprio ragazzo e trasformarlo in qualcosa di spettacolare.
“Ecco,” fu il commento sconsolato di Ushiwaka quando Tendou gli restituì l’ennesima splendida scultura di cioccolato “adesso è troppo bello per poterlo mangiare.” Daichi rise e tornò a guardare il proprio lavoro.
“Tu non avrai questi problemi, Suga! Penso che masticarli potrebbe solo migliorarli.” disse continuando a guardare i propri cioccolatini. Il corvonero rise ancora.
“Ammettilo che lo stai facendo apposta per non costringermi a staccare la testa di un bellissimo coniglietto di cioccolato!” Daichi si unì alle sue risate.
“Mi hai scoperto!”. Sì, aveva fatto proprio una bella scelta.
 
***
Osamu
Osamu trovò suo fratello ad aspettarlo come gli aveva chiesto all’ingresso della scuola. Aveva appena finito di fare colazione e già pregustava i dolci che avrebbe mangiato ad Hogsmeade da lì a poco.
Atsumu, si rese conto il corvonero, aveva tutta l’aria di cercare qualcuno e Osamu avrebbe potuto scommettere qualsiasi cosa che quella persona non fosse lui.
“Oi, Samu.” lo salutò non appena lo vide, e la sua espressione annoiata gli confermò che suo fratello stava cercando qualcun altro.
“Aspetti qualcuno?” gli domandò quindi. Atsumu, inaspettatamente, arrossì.
“Aspettavo te!” Osamu si chiese se il serpeverde si fosse reso conto di quanto il suo tono fosse risultato falso.
“Perché mi hai chiesto di andare ad Hogsmeade con te?” e si rispose di sì, dal momento che l’altro sembrava così impaziente di cambiare discorso.
“Hai sentito dell’evento di Mielandia?” Atsumu scosse la testa “È aperto alle coppiette. Ti lasciano preparare del cioccolato e poi puoi portare ciò che hai preparato via con te.” suo fratello corrucciò gli occhi.
“Se è per le coppiette come dovremmo fare noi ad entrare?” Osamu rise.
“Troveremo un modo.” disse semplicemente iniziando a dirigersi verso il villaggio. Sapeva di non dover pregare o ricattare suo fratello affinché lo seguisse. La punizione di Washijo e la conseguente sconfitta dei Corvonero bruciava ancora molto dentro di lui e far vestire Atsumu da ragazza per poter preparare del cioccolato non avrebbe certo placato la sua sete di vendetta, ma era già un inizio. Sapeva che suo fratello si sentiva in colpa. Il più abile legilimens avrebbe potuto vagare per ore nella mente deviata di Atsumu e capire comunque meno di quanto facesse Osamu con un solo sguardo. Osamu era sicuro che suo fratello avrebbe fatto di tutto per attenuare quel senso di colpa, e lui non vedeva l’ora di sfruttare la cosa.
Durante il tragitto, Atsumu non fece altro che far scattare la testa a destra e a sinistra.
“Sul serio,” riprovò Osamu “chi stai cercando?” Atsumu lo fissò irritato e tornò a guardare dritto davanti a sé.
“Adesso non posso più godermi il paesaggio?” certo il panorama era fenomenale. Hogwarts si trovava in una valle circondata da montagne. La neve era ancora ovunque e quel giorno il sole splendeva più radioso che mai. Peccato, però, che suo fratello non fosse mai stato tipo da “godersi il paesaggio”.
“Sta cercando qualcuno, ma non vuole dirmelo.” si disse tra sé e sé “È San Valentino, magari ha una cotta e vuole vedere se la trova mano nella mano con un’altra persona”. Adesso Atsumu stava facendo di tutto per mantenere lo sguardo fisso davanti a lui.
“Non vuole proprio che io capisca chi sia.” pensò ancora il corvonero. Poi, gli venne un’idea. Era azzardata e si basava praticamente su nulla, ma Osamu conosceva bene suo fratello e volle provare.
“Puoi anche dirmelo, sai? Tanto ho visto la cartolina.” Atsumu abboccò all’amo e si voltò verso di lui.
“Quale cartolina?” Osamu rise.
“La cartolina di San Valentino!” rispose “È apparsa stamattina sul suo letto, e ricorda che noi condividiamo il dormitorio. Era ovvio che l’avrei vista, no?” Atsumu iniziò ad assottigliare lo sguardo, ma Osamu non aveva ancora finito “Devo ammettere che sei migliorato a scrivere. Mi azzarderei anche a dire che hai fatto colpo, e Sakusa non è certo uno facile da accontentare!” lo scatto che Atsumu non riuscì ad impedirsi di fare confermò ad Osamu i suoi sospetti. Si trattenne dal ghignare e continuò: “Certo, secondo me mettere il sigillo dei Serpeverde per chiudere la busta è stato un po’ eccessivo. Però in effetti se l’avessi leccata Sakusa non l’avrebbe mai aperta! Quindi direi che hai fatto bene. Sakusa sicuramente l’ha apprezzato.” passarono giusto un paio di secondi, Atsumu era rosso in viso, ma Osamu non avrebbe saputo dire se per l’imbarazzo o per la rabbia.
“Non so di cosa tu stia parlando, non ho mandato nessuna lettera ad Omi-kun!”
“Ah, no?” chiese l’altro fingendosi sorpreso “Quindi non ti piace?” domandò con fare innocente. Atsumu distolse lo sguardo prima di rispondere ridacchiando:
“C-certo che no! Che ti viene in mente!!” Osamu sospirò fuori un:
“Ah, be’, meglio così, dato che c’è sicuramente qualcuno della tua Casa che gli fa la corte!” beandosi ancora dell’espressione arrabbiata, gelosa, imbarazza e spaventata di suo fratello, Osamu si disse che tutto sommato quella fosse una vendetta abbastanza soddisfacente, ma ancora non bastava.
“Siamo arrivati.” gli comunicò dopo un po’. Atsumu lo guardò confuso.
“Mielandia è dietro l’angolo.”
“Infatti.” fu la risposta di Osamu. “Fossimo quanto meno d’aspetto diverso potremmo far finta di stare insieme, ma così nessuno ci crederebbe!” Atsumu continuò a non capire, quindi Osamu ghignò e sollevò la bacchetta.
“Mi sento gentile, quindi ti lascerò scegliere il travestimento. La dimensione delle tette però la stabilisco io.” fu allora che a suo fratello fu tutto chiaro. Osamu lo vide lottare contro sé stesso, ma prima che potesse dire qualcosa lui aggiunse: “Credo che tu me lo deva, Tsumu.” l’altro strinse i pugni.
“Lo so! Guarda che lo so!” sospirò “E va bene!” poi Osamu iniziò a camuffarlo.
 
Arrivati all’ingresso del negozio, l’oste sorrise ad entrambi con calore.
“Buongiorno, cari! Siete interessati al nostro evento?” Osamu annuì.
“Sì, esatto.” disse “Io e il mio zuccherino amiamo cucinare insieme!” l’oste addolcì lo sguardo e sospirò uno smielato “Oowh!”
“Quanto viene l’iscrizione?” chiese ancora il corvonero.
“Cinque falci, caro.” Osamu si voltò verso Atsumu sorridendo ed attese. Lui lo guardò male, ma infine si arrese ed uscì il denaro.
Gli venne subito assegnata una buona postazione di lavoro. Gli ospiti avrebbero potuto prendere tutti gli ingredienti dalla dispensa comune e rifornirsi ogni volta che desideravano con la sola condizione – pena una mora – di non lasciare niente sul tavolo una volta finito e Osamu, certo, non aveva intenzione di sprecare neanche un ingrediente.
L’atmosfera lì dentro era calda e rilassante, satura di risate e sdolcinato affetto. A causa del riscaldamento Atsumu fu presto costretto a togliersi la mantella e Osamu non poté che godersi la scena:
“Ma come fanno le ragazze?? Lo zucchero mi finisce tra le tette!” si lamentò “Perché me le hai fatte così grosse??”
“Prima regola del camuffamento.” rispose Osamu “Distogliere l’attenzione dalla tua brutta faccia.”
“Guarda che abbiamo la stessa faccia!”
“Infatti, ma la mia è splendida. Tu la rovini con le tue espressioni raccapriccianti.”
“Lo dici solo perché sei invidioso.” e nel dire l’ultima frase voltò la testa con fare drammatico frustando l’altro con i propri capelli.
Cucinarono per diverso tempo. Le coppie arrivavano e se ne andavano. Osamu ebbe modo di notare diversi volti conosciuti: Daichi e Suga, Wakatoshi e Tendou, Suguru e Mika, Aone e Futakuchi. Arrivarono – a riprova del fatto che lui e Atsumu non fossero gli unici a fingersi una coppia per poter mangiare del cioccolato – persino Tanaka e Nishinoya che però vennero cacciati via poco tempo dopo per aver fatto esplodere due fornetti in pochi minuti.
“Abbiamo finito?” chiese dopo ore suo fratello. Osamu finì di raccogliere tutto il cibo pronto in un sacco e gli rispose annuendo.
“Io torno ad Hogwarts.” lo informò “Tu che vuoi fare?” come sempre quando era imbarazzato, il serpeverde distolse lo sguardo.
“Devo fare una cosa. Niente di che. Ci vediamo a scuola?” Osamu scrollò le spalle. Uscirono insieme da Mielandia e poi si separarono.
 
***
Tsukishima
Tsukishima non poteva essere più felice del fatto che avesse un fidanzato a cui non interessavano le stucchevoli quanto vomitevoli usanze di San Valentino. Quello per loro fu come un normale giovedì con la sola differenza che la scuola aveva permesso agli studenti di passare la giornata al villaggio.
Abborrando posti come Madama Piediburro, lui e Yamaguchi presero un tavolo al caro e vecchio Tre Manici di Scopa. La calca, come sempre, era enorme, ma bisognava quantomeno riconoscere che – forse nel tentativo di fare qualcosa di diverso almeno quel giorno – l’assenza di gran parte delle coppie innamorate aveva fatto sì che ci fosse meno confusione del solito. La cameriera, comunque, rimaneva tremendamente impegnata; il tassorosso, proprio in ragione di questo, si era portato dietro un gioco babbano che da tempo ormai voleva far provare a Tsukishima. Yamaguchi l’aveva per l’ennesima volta battuto quando il serpeverde decise di smettere di aspettare che la cameriera si avvicinasse e di andare direttamente al bancone.
“Affondato.” dichiarò. “Vado a dare le nostre ordinazioni al bancone. Prendi il solito?” Yamaguchi annuì mentre iniziava a conservare Battaglia Navale. Tsukishima ci mise un po’ per farsi notare e dettare quindi l’ordinazione, e quando finalmente poté tornare al proprio tavolo il suo posto era occupato da qualcun altro.
“…quindi potresti chiedere a suo cugino Komori se ne sa qualcosa!” stava dicendo una ragazza bionda a Yamaguchi. Il tassorosso, d’altra parte, non faceva che buttare lo sguardo ovunque eccetto che sulla sua interlocutrice. Tsukishima ne capì il motivo quando si avvicinò al suo ragazzo. Il serpeverde non aveva idea di chi fosse; aveva i capelli biondi chiaramente tinti, gli occhi dorati ed un seno talmente grande da mettere in imbarazzo Yamaguchi. Tsukishima non sapeva se ridere o cacciarla via. In ogni caso, era seduta al suo posto e stava monopolizzando il suo ragazzo, quindi non poteva restare.
“Si può sapere che cosa vuoi dal mio ragazzo?” la bionda si voltò verso di lui e sorrise.
“Tsukki! Convinci tu Yamaguchi ad aiutarmi??” il serpeverde assottigliò lo sguardo ed osservò meglio la ragazza. I colori erano sicuramente quelli… l’atteggiamento anche… e il suo tono di voce aggiunto al nomignolo con cui l’aveva chiamato gli diede l’improvvisa voglia di prenderla a sberle.
“Miya.” affermò sicuro “Non ho intenzione di chiederti perché ti sei trasfigurato in una ragazza, ma lascia in pace Yamaguchi o dovrai vedertela con me.” continuò calmo. Si avvicinò al compagno di Casa, mise una mano sullo schienale della sedia ed aspettò che Atsumu si alzasse. Questi lo fece con le guance imporporate.
“Suvvia, Tsukki!” disse non appena si riprese “Voglio solo scoprire chi ha mandato la cartolina di San Valentino a Omi-Omi!” Tsukishima ghignò.
“Perché ti interessa?”
“Dev’essere per forza un Serpeverde. Se scoprissi chi è tormentarlo sarà ancora più facile.” lo liquidò in fretta. Poi tornò a rivolgersi a Yamaguchi “Allora? Lo chiederai a Komori?”
“Ti ho detto di lasciarlo in pace.” insistette Kei “E poi sarà sicuramente stato qualcuno come Oikawa.” non credeva veramente fosse stato l’ex-cercatore, ma le sue parole riuscirono a far allontanare Miya, e tanto bastava.
“Il cibo arriva tra poco.” si rivolse finalmente a Yamaguchi.
“Quindi non commenteremo il fatto che Miya era travestito da donna?” rise Yamaguchi, Kei scrollò le spalle.
“Fa talmente tante cose strane!” rispose, l’altro sospirò.
“A volte penso di starmi perdendo troppe cose stando tra i Tassorosso!! Non accadono mica tanto spesso cose del genere nella mia Casa!” Tsukishima sorrise.
“E credi che sia un male?” Yamaguchi scrollò le spalle, ma sorrideva. “E poi ricordo che una volta mi hai raccontato di un guaio successo con Asahi…” cercò di ricordare “Cos’era successo?” Yamaguchi rise.
“L’anno scorso! Delle ragazze del primo anno volevano rimanere tutta la notte sveglie. Asahi le ha raggiunte in Sala Comune perché voleva bere e nel buio e con i capelli sciolti non l’hanno riconosciuto. Si sono spaventate così tanto che tutto il dormitorio si è svegliato per le loro urla!!” rise e Tsukishima con lui.
“Visto? Non è mai successo niente del genere tra i Serpeverde.”
“Questo perché è estremamente specifico! Ma che mi dici di Osamu che entra nella vostra Sala Comune per sgridare suo fratello?”
“Ma io non ero presente… chi te l’ha raccontato?” Yamaguchi sbuffò divertito.
“Lo sa tutta Hogwarts!”
“Be’, in ogni caso farei volentieri a meno di avere Miya come compagno di Casa.”
“Sei troppo duro, Tsukki!” gli sorrise l’altro. Kei lo guardò con tenerezza.
“E per fortuna tu mi accetti così.” lo fece arrossire.
Poco dopo arrivarono le loro ordinazioni; mangiarono con calma e – con altrettanta calma – decisero di fare due passi al villaggio. Tsukishima camminò felice accanto al suo ragazzo. Intorno a loro non c’erano altro che decorazioni per San Valentino o negozi che approfittavano di quella festa consumistica per guadagnare, ma Kei quasi non notò nulla di tutto ciò, perché ogni giorno passato al fianco di Yamaguchi per lui era il giorno degli innamorati.
 
***
Iwaizumi
Come sempre, anche quell’anno Iwaizumi ed Oikawa dovettero accontentarsi di un San Valentino discreto. Per Iwaizumi non sarebbe certo stata una tragedia se il suo ragazzo non fosse stato esagerato come ogni anno.
“Vuoi smetterla di fare la checca?” Hajime gli rise in faccia mentre Tooru continuava a frignare in maniera drammatica.
“Io mi aspettavo quantomeno una dozzina di rose!!” continuò però imperterrito l’altro “Sai quante persone potrei trovare disposte a viziarmi?” Iwaizumi ghignò cattivo.
“Ah sì? E allora che cosa ci fai ancora qui con me?”
“Iwa-chaaan!” fu la lamentosa risposta “Non mi merito almeno un cioccolatino?” Iwaizumi assottigliò lo sguardo e finse di essere il più severo possibile.
“Mi sento particolarmente clemente oggi e lascerò che sia tu a rispondere.”
“Un’autovalutazione, quindi?” Oikawa sorrise, poi finse di pensare attentamente a cosa dire: “Allora la risposta è sicuramente: ma sì, certo amore mio! Ti meriti tutto il cioccolato del mondo!” Iwaizumi rise, poi fece un passo in avanti e afferrò Oikawa per il bavero.
“Be’, sfortunatamente per te, non ho cioccolato con me.” il serpeverde fece le fusa.
“No? Allora dovrai darmi qualcos’altro.” Hajime ghignò ancora. Era incredibile come Oikawa riuscisse a fargli perdere ogni freno inibitore. Strinse più forte il bavero dell’altro e lo spinse contro il tronco dell’albero più vicino; poi lo baciò. Come ogni singolo loro bacio, non ci fu nulla di tenero in quell’effusione. Fu invece violento, impaziente, arrabbiato. Si separarono solo per riprendere fiato e fu allora che Iwaizumi li sentì:
“Quindi Kenma non ti ha detto niente?”
“Non è che di solito parliamo di Akaashi mentre siamo insieme, sai com’è. A maggior ragione nel giorno di San Valentino! È già tanto che Kenma mi abbia prestato attenzione…” erano le voci di Bokuto e Kuroo. “E poi credevo non volessi averci niente a che fare.”
“È lui che non vuole avere niente a che fare con me!”
“Si può sapere perché diavolo nei sei così sicuro?” si stavano avvicinando e lui ed Oikawa erano troppo esposti. Il serpeverde non sembrava averli sentiti e stava invece continuando ad avvicinarsi all’altro col chiaro intento di riprendere a baciarlo. Arrivati a quel punto, che ricambiasse o si tirasse semplicemente indietro, la situazione sarebbe comunque apparsa evidente agli occhi dei suoi compagni di Casa.
Fece quindi l’unica cosa che gli venne in mente: pentendosi già del dolore che avrebbe procurato ad Oikawa, tirò leggermente indietro la testa e poi la sbatté contro quella dell’altro. Tooru si portò entrambe le mani alla fronte lamentandosi per il dolore, ma prima che potesse aggiungere qualsiasi altra cosa vide Kuroo e Bokuto arrivare davanti a loro.
“D’accordo, allora.” disse quindi guardando Iwaizumi con sfida “Messaggio ricevuto. Risolveremo la cosa alla prossima partita!” e così dicendo se ne andò.
“Perché hai dato una testata ad Oikawa?” gli chiese dopo un po’ Bokuto. Iwaizumi scrollò le spalle.
“Perché si stava comportando da Oikawa! Ha iniziato ad affermare che ci batteranno senza il minino sforzo nella prossima partita di Quidditch.” subito, i due grifondoro si infervorarono e Iwaizumi poté tirare un sospiro di sollievo.
“Ah, sì?” chiese Kuroo “Allora gliela faremo vedere noi!”
“Sì!!” concordò Bokuto “Vedranno!!”.

__________________________________________________________________________
n.a.
[POV Osamu]:
ebbene sì, Tanaka ha ricevuto un altro bidone… ma continuiamo a tifare per lui!!!
[POV Tsukishima]:
giusto a titolo di cronaca: Atsumu arrossisce perché è talmente preso dal pensiero di trovare un Tassorosso a cui chiedere di parlare con Komori che si dimentica di togliersi il travestimento.

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Capitolo 18
*** Grifondoro vs. Serpeverde - pov. Oikawa | Hinata | Iwaizumi ***


Oikawa
Oikawa pensava ad Iwaizumi continuamente. Pensava a lui prima di addormentarsi, appena sveglio, durante le lezioni… mentre si faceva il bagno. Pensava a lui anche durante gli allenamenti di Quidditch. Oikawa stava volando pigramente a bordo campo quando si ritrovò a pensare alla sorpresa che gli aveva fatto quella mattina: una dozzina di rose arrivate via gufo in anonimo. Tooru aveva immediatamente guardato verso il tavolo di Grifondoro, ma si era imposto di distogliere lo sguardo prima ancora che potesse trovare il suo ragazzo. Sorrise. Iwaizumi faceva tanto il duro, ma alla fine era il primo a viziarlo e lui, d’altra parte, faceva tanto lo sfacciato ma in realtà era solo alla ricerca di tanto affetto. Ripensò al loro fugace appuntamento segreto di San Valentino; alla testata e a come Iwaizumi l’avesse cercato poche ore dopo probabilmente per scusarsi. Ripensò a come il proprio ragazzo l’avesse sorpreso a litigare con Miya e di come molto probabilmente avesse frainteso la situazione, perché le cose non potevano mai essere semplici per loro.
“Chi ha mandato il filtro d’amore ad Iwa-chan?” si chiese a tal proposito per l’ennesima volta. “Chi mai potrebbe volere che Iwa-chan urli a tutti che è innamorato di me?” l’aveva persino chiesto a Miya quando questi era andato da lui per accusarlo di aver mandato chissà quale cartolina a chissà chi. Oikawa aveva negato subito tutto, ma poi aveva colto la palla al balzo:
“E perché mai dovrei?” aveva chiesto “Ho una ragione particolare per dovermi vendicare? Tu c’entri qualcosa con la faccenda del filtro d’amore??” Atsumu si era detto ignaro di tutto ed Oikawa non era riuscito a stabilire se stesse dicendo la verità.
“E se poi Iwa-chan non avesse sentito Bokuto e Kuroo?” pensò ancora con ansia “Persino quel corvonero animago sa di noi.” le sue paranoie furono interrotte solo da Ushiwaka che lo rimproverava:
“La partita contro i Grifondoro è tra poco! Concentrati o sarò costretto a metterti in panchina!” e sicuramente Oikawa non aveva intenzione di dare quella soddisfazione a Kageyama o a Miya.
 
***
Hinata
Finalmente il grande giorno era arrivato. Da mesi… no, da anni aspettava quella partita. Grifondoro contro Serpeverde, Shoyo Hinata contro Tobio Kageyama. Da cinque anni ormai i due non facevano altro che sfidarsi a vicenda, ma nessuna di queste sfide era mai stata veramente ufficiale. Adesso, l’intera scuola sarebbe stata testimone del grande evento. La pressione, per Hinata, non era mai stata tanto forte. Non quando aveva scoperto di essere un mago, non quando era salito sull’Hogwarts Express al primo anno, non quando aveva disputato la sua prima partita di Quidditch. Eppure, l’eccitazione che gli scorreva violenta nelle vene ebbe il potere di sconfiggere ogni altra emozione. A Grifondoro servivano centotrenta punti di vantaggio per poter superare Serpeverde in classifica, ma Hinata ci pensava a malapena. Doveva solo prendere il boccino; prenderlo prima di Kageyama.
Lui ed il resto della squadra attesero che il commentatore li annunciasse, poi inforcarono le scope e volarono in campo. I Serpeverde erano già dentro; si disposero davanti a loro e lasciarono che il professor Ukai ripetesse le solite raccomandazioni.
“Mi raccomando,” lo sentì dire Hinata con tono autoritario “non voglio vedere tiri mancini.” Hinata annuì, ma pensò con orgoglio che in ogni caso quella raccomandazione era superflua: non uno dei giocatori presenti si sarebbe mai permesso di compiere qualche scorrettezza.
“Non si preoccupi, prof.” Oikawa attirò l’attenzione di tutti coloro abbastanza vicini da sentirlo “Almeno due dei miei avversari mi amano troppo per anche solo pensare di farmi del male.” Hinata rimase confuso, soprattutto quando il serpeverde concluse facendo un occhiolino e mandando un bacio verso la squadra di Grifondoro. Ad ogni modo smise presto di pensarci, solo una cosa era importante in quel momento: battere Kageyama. Guardò il proprio avversario con sfida e sorrise.
“Ecco la resa dei conti.” pensò, ed al fischio di Ukai scattò veloce come non aveva mai fatto prima.
 
***
Iwaizumi
Nel Quidditch non esistevano timeout, né la partita veniva mai interrotta; non c’erano limiti di volte in cui poter sostituire un giocatore e si andava avanti sempre e comunque finché il boccino non veniva preso. Hinata e Kageyama erano talmente tanto decisi a non lasciar prendere la sfera dorata all’altro che già entrambe le squadre erano state costrette ad effettuare innumerevoli cambi anche solo per permettere ai giocatori di sfamarsi. Erano le quattro del pomeriggio, la quinta ora di gioco, quando Iwaizumi effettuò un ennesimo goal. Segnare risultava sempre più complicato: Koganegawa e Aran avevano fatto in modo che a turno i cacciatori titolari si riposassero; Kuroo aveva sostituito Daichi agli anelli mentre il Capitano pranzava; Noya, Tanaka e Yamamoto sedevano in panchina a rotazione e persino Hinata era stato costretto a fermarsi per qualche minuto. Nonostante i cambi e la durata della partita, tuttavia, entrambe le squadre rimanevano infervorate come durante i primi minuti. Il vantaggio era sempre minimo e il ritmo oscillante; se Grifondoro si ritrovava a giocare una serie di azioni positive, Serpeverde era pronto a raggiungerlo subito dopo. Tendou e Suna erano micidiali con le loro mazze e non da meno era Kyotani che ogni tanto sostituiva uno dei due. I Capitani di entrambe le squadre giocavano per vincere e – in accordo con i compagni – lasciarono che fossero i titolari a giocare per la quasi totalità del tempo. La stanchezza si accumulava, la pluffa si appesantiva e schivare i bolidi – sebbene anche questi fossero lanciati con sempre minor forza – risultava sempre più difficile.
Iwaizumi stava considerando se farsi o no sostituire per qualche minuto quando Oikawa che intercettava il passaggio di Bokuto a Kuroo e prendeva la pluffa gli fece cambiare idea. Assottigliò gli occhi e digrignò i denti; era ancora furioso con lui per quello che era successo a San Valentino ed era più che deciso a fargliela pagare. Scattò e lo affiancò. Oikawa ghignò con sfida, ma Iwaizumi non ricambiò. Si sporse verso di lui e tentò di afferrare la palla; al secondo tentativo mancato decise di cambiare tattica, fingere di rallentare, passare dal lato opposto del serpeverde e provare di nuovo. Ci riuscì. Passò subito la pluffa a Kuroo e poi sbarrò la strada ad Oikawa in modo che rimanesse lontano dal compagno. Iwaizumi sentì il commentatore assegnare dieci punti a Grifondoro e strinse le mani sul manico, soddisfatto.
“Non ho ancora finito.” disse ad Oikawa, poi si allontanò.
Iwaizumi riuscì ad ostacolare il proprio ragazzo altre due volte nei successivi trenta minuti. Diede del filo da torcere anche a Miya e fu solo quando Daichi lo costrinse che si decise a lasciare il posto ad Aran per un po’.
Osservando il campo dalla panchina, la mente di Iwaizumi lasciò il gioco e vagò fino alla sera del 14 febbraio. Per tutta la giornata non aveva fatto altro che ripensare alla forte testata che aveva dovuto dare ad Oikawa; non avevano avuto modo di salutarsi come si deve ed Iwaizumi voleva quantomeno accertarsi che la botta non gli avesse fatto troppo male. Aveva quindi annunciato agli amici che avrebbe cenato presto ed era invece andato prima in guferia per mandare un ordine al fioraio perché consegnasse dodici rose rosse ad Oikawa quanto prima e poi a cercare Tooru. L’aveva trovato nel corridoio del secondo piano mentre stava parlando con Miya: Atsumu lo teneva stretto per il bavero per bloccarlo al muro, ma la cosa ad Oikawa non sembrava dispiacere. Invece, aveva quell’aria strafottente che usava sempre per stuzzicare Iwaizumi e far sì che lo baciasse o accarezzasse.
“Io posso mandare tutte le lettere d’amore che voglio, Tsum-Tsum.” aveva sussurrato roco, poi aveva allungato il collo per farglisi più vicino “Ho capito perché mi presti tante attenzioni, sai? Sei geloso?” accostò le labbra al suo orecchio e sussurrò in maniera ancora più profonda “Non ho mandato io quella lettera, ma potrei scriverne una per te.” Iwaizumi sapeva che molto spesso Oikawa stuzzicava per il puro gusto di farlo e la cosa – quando lo faceva con altri e non con lui – l’aveva sempre irritato. Quando si erano messi insieme gli aveva chiesto di smettere di flirtare con chiunque respirasse ed Oikawa aveva subito accettato. Gli aveva risposto che lo aveva sempre fatto solo per divertimento e che non aveva problemi a smettere se a lui dava fastidio. “In cambio” gli aveva detto “a te non darò tregua.” ed Iwaizumi non ne poteva essere più felice.
Il modo in cui aveva ghignato ad Atsumu, però; il tono che aveva usato; la maniera in cui aveva intrecciato le gambe a quelle dell’altro… tutto ciò che quella sera Oikawa aveva fatto con Miya era flirt e provocazione allo stato puro. A quella vista, Iwaizumi aveva fatto un passo indietro ed aveva urtato un’armatura; Oikawa aveva sollevato lo sguardo su di lui, ma prima che anche solo riuscisse a liberarsi dalla presa di Miya il grifondoro era già stato fagocitato dalla confusione della Sala Grande. Nei giorni successivi non aveva dato modo al serpeverde di spiegarsi: era troppo arrabbiato e non aveva intenzione di starlo a sentire. Fino a quel giorno aveva creduto che Oikawa avesse smesso di provarci in giro per lui, ma si era sbagliato. “No,” pensò a San Valentino come adesso guardando dalla panchina il serpeverde giocare al fianco di Miya “non ha mai smesso. Semplicemente, ha iniziato a farlo quando io non guardavo.”
Tornato in campo, come d’altronde durante tutte le prime cinque ore e mezza di partita, non si risparmiò. Oikawa era fenomenale; un’onda in piena come lo era stato ad ogni partita di quell’anno. Eppure, le soddisfazioni per Iwaizumi non mancarono. Quando sentì il commentatore affermare che Kageyama aveva afferrato il boccino si dispiacque più per il fatto che non avrebbe più potuto mettere i bastoni tra le ruote al suo ragazzo che per il fatto che avessero appena perso. In seguito, i suoi compagni di Casa gli raccontarono di come Kageyama avesse fatto una finta e di come Hinata ci avesse messo un secondo di troppo per capire l’inganno. Non si poteva certo negare che il serpeverde non avesse grandissime capacità e l’esperienza era almeno di un anno superiore a quella di Hinata. Tuttavia, era anche stata evidente la differenza di qualità delle due scope da corsa.
“Ho raccolto i soldi! L’anno prossimo avrò un modello più veloce, ve lo garantisco!!” aveva urlato il cercatore in Sala Comune. Il resto della squadra aveva sorriso. Tutti loro avevano creduto di dover consolare Hinata per far sì che non si deprimesse, ma questi stava invece già pensando alla prossima sfida. In quanto ad Oikawa, Iwaizumi non lo vide neanche quella sera o il giorno dopo. Avrebbero dovuto affrontare l’argomento, prima o poi, ma per il momento il grifondoro preferì non pensarci.
“La situazione non potrà risolversi senza un litigio.” riuscì solo a dirsi tra sé e sé.

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n.a.

chiaramente Oikawa quando dice che ci sono due avversari che lo amano troppo per fargli male si sta riferendo a Kuroo e Bokuto. Iwaizumi eccome se pensa di fargli del male. Ed Oikawa lo sa.
E COME SE LO SA.

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Capitolo 19
*** Incomprensioni - pov. Daichi | Kenma | Akaashi ***


Dadchi (e Sugamama + i piccoli problemi di cuore dei loro bambini)
Era passata una settimana dalla loro sconfitta e la squadra si era più o meno ripresa dalla delusione. Serpeverde aveva dominato il campo ad ogni partita giocata quell’anno e adesso il vantaggio che aveva su tutti gli altri non era poco, tuttavia Daichi sapeva di aver giocato bene e lo stesso valeva per i suoi compagni. Avevano volato per sei ore e mezza in quella che il Caposcuola poteva dichiarare con sicurezza essere stata la più soddisfacente partita che avesse mai giocato. Avrebbero dovuto impegnarsi molto di più per rimontare, ma per il momento il Capitano poteva dirsi soddisfatto del proprio gioco.
Al momento, Daichi si trovava nella Sala Grande quasi deserta; Suga era seduto accanto a lui e – mentre il corvonero finiva il tema di Artimanzia – Sawamura stava sistemando alcuni schemi di Quidditch.
“La partita del mese prossimo è Serpeverde contro Corvonero.” rifletté ad alta voce alzando lo sguardo su Suga. Lui annuì “Vi prego,” continuò Daichi “arrestate la loro corsa!!” il corvonero sorrise.
“Credimi, abbiamo tutta l’intenzione di farlo!” Daichi sapeva bene che quella non era stata una buona annata per la squadra di Suga, ma sorrise orgoglioso quando vide gli occhi del proprio ragazzo ardere ancora di sfida.
Koshi chiuse il libro da cui stava studiando e piegò la pergamena su cui stava scrivendo.
“Finito?” gli chiese Daichi e iniziò a riporre a sua volta gli schemi di gioco quando la risposta fu affermativa. Lasciarono la Sala Grande e si diressero su per le scale in direzione delle torri di Grifondoro e Corvonero.
“A proposito della partita,” disse a un certo punto Suga “sbaglio o prima che iniziasse Oikawa vi ha detto qualcosa? Era da un po’ che volevo chiedertelo. Bokuto e Kuroo sembravano totalmente sconvolti! Non sarà che…?” Daichi rise di gusto.
“Sì!” confermò “Ha menzionato il piccolo incidente col filtro d’amore che ti ho raccontato.” rise ancora. Ci vollero alcuni secondi perché si riprendesse.
“Poi ti ho più detto cos’è successo dopo?” chiese al corvonero.
“Intendi quella sera? No, non direi.”
“Be’, Kuroo è andato via con Kenma e noi abbiamo riportato Bokuto in dormitorio. Non appena ha messo piede dentro la stanza ha visto i cupcake e… indovina un po’? Stava per mangiarli un’altra volta!” Suga rise mentre Daichi continuava: “L’abbiamo dovuto allontanare con la forza e spiegargli che erano stati quelli la causa di tutto!” sospirò e passò dal divertito all’esasperato in un batter d’occhio “Come se già non avesse i suoi problemi.” mormorò. Odiava vedere Bokuto struggersi d’amore per Akaashi; avrebbe voluto fare qualcosa per lui, ma alla fine si ripeteva sempre che – per quanto fosse ingenuo in molte cose – Bokuto era sicuramente quello che tra loro conosceva il cercatore corvonero meglio. Se credeva di non piacergli chi era lui per dire il contrario? Senza contare, poi, che Akaashi stava facendo di tutto per evitare Bokuto.
“I tuoi bambini ti danno come sempre un gran da fare!” aveva nel frattempo commentato Suga. Daichi continuò a sorridere.
“Sì, okay, molto divertente. Sono il papà di tutti i Grifondoro, è vero. Tu allora però sei la mamma dei Corvonero!”
“E perché sarei la mamma e non il papà?” chiese fintamente offeso. Daichi sorrise e rispose:
“Intanto, perché Sugamama rende meglio di Sugadada.” fece ridere l’altro “E poi perché tu tendi più a minacciare ed insultare chiunque tocchi i tuoi bambini invece che mettere in punizione quelle pesti!”
“HEY! Nessuno dei miei bambini è una peste!!”
“Ed ecco la conferma!” risero entrambi, poi Daichi s’incupì: “Certo non posso darti torto… io ho i peggiori”. Pensò a Bokuto, Yamamoto e Nishinoya. Quando fu infine il volto di Tanaka a venirgli in mente, quasi sorrise: “Magari presto lui diventerà un problema di Shimizu.” si disse divertito. Stava facendo colazione insieme a Ryu quando la ragazza gli si era avvicinata per informarlo: “Il tre di marzo io e te faremo pranzo ad Hogsmeade. Ho già chiesto i permessi. Fatti trovare pronto per mezzogiorno all’ingresso del Castello.” Daichi aveva dovuto ripetergli mille volte che anche lui aveva sentito la Caposcuola dargli un appuntamento e che quindi non l’aveva sognato. Il compleanno di Tanaka – e di conseguenza anche il grande giorno – sarebbe stato l’indomani. Daichi si chiese come si sentisse l’amico in quel momento. Non dubitava che lui, Noya e Yamamoto stessero mettendo a soqquadro il dormitorio per trovare qualcosa di adatto da indossare per l’evento. “Fortunatamente il disordine del sesto anno non è affar mio.” si ritrovò a pensare, e fu spaesato quando Suga gli rivolse la parola:
“In tutte le Case esistono gli idioti, credimi. Hai presente quando sai che un tuo amico si sta comportando da vero idiota e tu fai di tutto per consigliarlo, ma lui non ti ascolta?” il grifondoro ci mise un po’ per ricordare di cosa stessero parlando, poi sospirò stanco.
“Fin troppo bene.” rispose. Suga annuì.
“Già.” si limitò a dire. Daichi si chiese a chi il corvonero si stesse riferendo, ma prima che potesse anche solo pensare di chiederglielo arrivarono davanti all’ingresso della torre ovest.
“Allora ci vediamo prima di cena?” gli disse invece. Koshi annuì.
“A dopo.” si sporse in avanti e gli diede un bacio veloce; gli sorrise e varcò l’ingresso della Sala Comune di Corvonero.
 
***
# I can’t believe that’s finally me and you and you and me, just us… and your friend Bokuto. #
La gita di marzo ad Hogsmeade era arrivata e – come ad ogni mese – era stato Kuroo a dover trascinare Kenma al villaggio. L’animago faceva tante storie e dichiarava sempre che se fosse stato per lui si sarebbe goduto il Castello meno ingombro di studenti, tuttavia sia lui che Kuroo sapevano che quella che tirava su ogni mese era per la maggior parte delle volte una farsa. Kenma amava trascorrere il tempo lì con Kuroo, ed anche quando l’ossessione per un nuovo videogioco gli impediva di staccare gli occhi dalla console, sapere di essere ad Hogsmeade con il proprio ragazzo – seppur in quei momenti intento a guidarlo in modo che non sbattesse contro pali o persone – aveva il potere di rilassarlo e farlo sentire felice.
“Capisco che sia il tuo migliore amico e tutto…” si ritrovò a dire a Kuroo, seduto al tavolo dei Tre Manici di Scopa con un boccale di Burrobirra tra le mani. Tetsuro lo guardò in attesa che continuasse “…ma si può sapere perché Bokuto è con noi al nostro appuntamento??” concluse esasperato. Erano settimane che l’albino non faceva altro che seguirli ovunque; troppo spesso era capitato che arrivasse nel bel mezzo di un loro appuntamento e si portasse via Kuroo. Almeno ad Hogsmeade aveva sperato potessero passare del tempo da soli!
In risposta alle sue parole Kuroo spalancò la bocca indignato e avvicinò la propria sedia a quella di Bokuto per poterlo abbracciare.
“Kenma! Un po’ di tatto.” fece mentre gli accarezzava la testa. Poi gli appoggiò le mani sulle orecchie ma talmente delicatamente da far risultare il gesto inutile. “Sta soffrendo pene d’amore!” sussurrò esagerando il labiale. Chiaramente, Bokuto lo sentì ugualmente e iniziò a deprimersi. Kenma roteò gli occhi.
“Che vuol dire che sta soffrendo pene d’amore?” non era esattamente interessato a saperlo veramente, ma credeva di aver capito a cosa si stessero riferendo e doveva averne conferma.
“Non mi va di parlarne!” mise il broncio Bokuto. Kuroo sospirò.
“Ha una cotta per Akaashi, ma lui lo ignora.” e mentre l’albino inveiva indignato contro il suo miglior amico per aver rivelato quello che doveva essere un segreto, Kenma si pietrificò all’istante con una sola domanda in mente: “Come possono essere tanto idioti?”
“Siete pazzi?” volle però essere gentile “È Akaashi quello con le pene d’amore!!” i due grifondoro interruppero il loro battibecco e fissarono Kenma con occhi spalancati. Sembravano incapaci di parlare, quindi il corvonero continuò: “Lui ti ha baciato, poi tu sei rimasto imbambolato come un idiota senza ricambiare il bacio. Come pensi che si sia sentito Akaashi?? Ha creduto di non piacerti ed è scappato via.” disse fissando Bokuto “È per questo che ti evita. Perché gli piaci e crede di non essere ricambiato.”
Kuroo fu il primo dei due a riprendersi e lo fece dando un pugno sulla spalla a Bokuto.
“Ahia!” si lamentò questi, ma Kuroo non gli diede modo di protestare oltre.
“È così che è andata??” chiese scioccato “Mi avevi detto di aver ricambiato il bacio!”
“E l’ho fatto!” fu la risposta “Le mie labbra erano sulle sue. Per forza ho ricambiato!!” sia Kuroo che Kenma continuarono a fissarlo, incapaci di parlare finché non videro Bokuto perdere sicurezza ed incurvare le spalle: “Non è così?” chiese. Gli altri scossero la testa all’unisono, al che – lentamente – Bokuto si alzò.
“Devo andare.” disse, e sparì di corsa fuori dal pub alla ricerca, almeno sperava Kenma, di quell’idiota del suo compagno di Casa.
 
***
Keiji “non-sembro-un-Corvonero” Akaashi
Erano già due mesi che Akaashi ignorava Bokuto; due mesi che sembravano due anni. Da troppo tempo ormai, seppur provasse spesso ad apparire di buon’umore, era fin troppo chiaro che il suo cuore non sarebbe guarito in fretta. “Ed è tutta colpa mia.” sapeva da anni che per lui e Bokuto non c’era futuro, ma il suo dannato corpo si era mosso da solo, e adesso l’aveva perso.
Suga, Yaku e Kita erano quelli che più di ogni altro all’interno della Torre di Corvonero sembravano soffrire per il suo stato e che – di conseguenza – si impegnavano di più per tirarlo su di morale. Avevano quindi deciso tutti e tre di passare la giornata con lui ad Hogsmeade con tutta l’intenzione di farlo distrarre e divertire. A loro, poi, si era aggiunto anche Osamu e adesso tutti e cinque si trovavano nella piazza del villaggio. Era stata una giornata piacevole ed Akaashi si stava giusto chiedendo come riuscire a convincere i tre senpai che fosse soddisfatto e felice e che quindi avrebbe anche potuto ritirarsi al Castello per conto proprio: “Almeno il resto della giornata posso lasciarli liberi di passarla con chi vogliono.” pensò, quando un volto fin troppo familiare saltò sopra il muretto del monumento della piazza ed iniziò a studiare la folla nel chiaro intento di trovare qualcuno. Vedere Bokuto scatenò in Akaashi i soliti sentimenti contrastanti che lo accompagnavano da quel maledetto giorno di gennaio: gioia, felicità, paura, tristezza. Quando i loro occhi s’incontrarono, il cuore di Akaashi mancò un battito e poi cominciò a correre impazzito.
“AKAASHI!” lo chiamò il grifondoro. Keiji si stupì di apprendere che la persona che Bokuto stesse cercando fosse proprio lui, ma era talmente terrorizzato che non riuscì a dare segni di vita. “Ho fatto proprio un casino!” riprese quindi l’altro continuando ad urlare dall’alto del suo muretto. “Credevo di avere capito una cosa, e invece no! Ora ho capito cosa ho sbagliato e prometto che la prossima volta ti bacerò meglio se anche tu vorrai riprovarci!!” Akaashi avvampò d’imbarazzo, si guardò intorno: Osamu stava sgranocchiando degli snack comprati poco prima e si stava godendo la scena con un sorriso divertito sulle labbra che non tentava di nascondere; Suga, Yaku e Kita fissarono prima il grifondoro, poi il corvonero, le braccia conserte o sui fianchi e gli sguardi severi; infine, Sakusa, che passava di lì per caso, commentò solo “Disgustoso.” e continuò per la sua strada. Akaashi tornò a guardare Bokuto che nel frattempo era andato avanti:
“E poi ho pensato!” urlò ancora “Io non potrei mai vivere senza di te! Ricordi quando volevo tornare a Londra sul vagone ristorante ma era già occupato dai Serpeverde e allora tu mi hai detto che gli scomparti più piccoli sono come una stanza esclusiva aperta solo alle persone più importanti? O quando a pranzo sono finite le uova e tu mi hai detto che il pollo è un uovo adulto e che quindi è ancora meglio!!” entrambi sapevano che la lista degli esempi era molto più lunga, ma Akaashi trattenne a stento un sospiro di sollievo nel costatare che si sarebbe fermato a due. “Kuroo ha detto che i Corvonero si conquistano per esasperazione, e io volevo farlo con te!” rivelò “MA IO NON SO CHE COSA SIGNIFICA PRENDERE PER ESASPERAZIONE!” a quel punto il corvonero iniziò a percepire qualche risata sommessa intorno a loro e la cosa lo fece infuriare: “Come osate ridere di lui?” pensò, quindi si avvicinò al monumento e sussurrò:
“Bokuto-san, che ne dici se ci spostiamo a parlare da qualche altra parte?” il grifondoro saltò giù dal muretto, poi seguì Akaashi fin fuori il villaggio, in un punto in cui nessuno li avrebbe disturbati. Percorsero la strada in totale silenzio, ed anche una volta giunti a destinazione nessuno dei due parlò per diversi secondi.
“Tu mi piaci, Akaashi.” fedele ai valori della sua Casa, fu Bokuto il primo a trovare il coraggio di farlo. Akaashi rimase senza parole. “Mi dispiace non avertelo dimostrato quando mi hai baciato, ma è così! Tu mi piaci, e anche tanto!” il corvonero dovette schiarirsi la gola per costringere le proprie corde vocali a collaborare.
“Non capisco…” disse “sì, forse ti piaccio, ma come farai con la tua famiglia?” Bokuto inclinò la testa.
“Cosa c’entra la mia famiglia?” Akaashi non credeva possibile dovergli spiegare anche quello, ma si impose di farlo.
“Sei l’unico erede maschio. La tua famiglia è tra le Sacre Ventotto! Senza una tua discendenza il cognome si estinguerà e io ho pensato…” arrossì “certo non sto dicendo che se ci mettessimo adesso insieme sarebbe per sempre, ma ormai questo è il tuo ultimo anno di scuola, così, ecco…” continuò il suo tentennante ed imbarazzante monologo buttando lo sguardo su ogni cosa pur di non puntarlo su quello dell’altro “credevo avresti iniziato a cercare una ragazza purosangue con cui costruire qualcosa.” tenne lo sguardo basso, e fu solo quando non ottenne alcuna risposta che lo sollevò per osservare Bokuto. Questi, si rese conto Akaashi con sorpresa ed imbarazzo, stava cercando di trattenere le risate.
“Perché credevi una cosa del genere?” gli chiese, Akaashi arrossì.
“Un sacco di libri parlano delle tradizioni dei maghi purosangue inglesi! E la tua famiglia è-”
“tremendamente infelice di trovarsi tra le Sacre Ventotto!” concluse Bokuto per lui. “Ci saranno sicuramente alcune famiglie fissate con la tradizione, ma sicuramente non la mia!” esclamò con orgoglio “Senza contare che esistono un sacco di Leggi per conservare il cognome dei purosangue e una qualsiasi delle mie sorelle se volesse potrebbe benissimo passarlo ai propri figli!” Akaashi continuò a fissarlo, incredulo e privo di parole.
“Possibile che mi sia fatto così tanti inutili problemi per anni?” si chiese.
“Sì, razza di coglione.” si rispose anche.
“Io non ho nessuna intenzione di sposarmi con una ragazza!” continuò Bokuto con espressione indignata. “Ed anche quando hai detto che se ci mettessimo insieme adesso non sarebbe per sempre…” continuò con le guance imporporate mentre gli si avvicinava “perché no?” chiese afferrandogli le mani con le sue.
“Mi piaci davvero, Akaashi. Quello che non capisco è solo come faccia io a piacere a te.” il corvonero spalancò gli occhi: “Sei gentile, altruista, spontaneo, divertente, bello, audace!” avrebbe voluto rispondergli. Di nuovo, tuttavia, il suo corpo prese il sopravvento sul cervello e questa volta Akaashi lasciò che si scatenasse. Fece un passo in avanti, allungò il collo e lo baciò. Come l’ultima volta, Bokuto rimase immobile. Fu solo dopo un paio di secondi che si ridestò e contraccambiò il bacio. Si separarono di appena pochi centimetri per poi tornare l’uno sull’altro con le labbra più aperte.
“Che stupido sono stato finora.” si disse da solo Akaashi “Assolutamente non degno di un Corvonero”.
 

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BONUS!
Quella stessa sera Daichi riceve un gufo in cui gli viene chiesto di dirigersi con urgenza nella deserta aula di Trasfigurazione.
Sulla lavagna: -corso su come baciare, lezione 1-
Aran guarda Daichi: “non so cosa io ci faccia qui.”
Kuroo: “siamo qui per aiutare un nostro amico a baciare meglio!”
Daichi: “mmh, no. Io mi chiamo decisamente fuori.”
Kuroo: “Suga ha già accettato di aiutarci.”
Daichi fa dietrofront.
Bokuto esce il blocco per gli appunti.
Fine serata: Suga soddisfatto, Daichi imbambolato con un sorriso ebete in faccia.
Plus: Kuroo ha chiesto a Suga solo dopo che Kenma ha minacciato di ucciderlo se gliel’avesse chiesto ancora.

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n.a.
per chi non lo sapesse, le Sacre Ventotto sono le ventotto famiglie purosangue ancora esistenti in Inghilterra secondo Pottermore.
Chiaramente non esiste nessuna famiglia Bokuto (ma dai!!) e con questa ho quindi superato il numero… ma la fanfic si adatta al mondo di HP e non alla sua storia/trama. Quindi fingete che le Sacre Ventotto siano famiglie che possiamo trovare in Haikyuu e non in HP come i Black o i Weasley, ma piuttosto come i Bokuto, i Sakusa, gli Ushijima, i Tsukishima, ecc.

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Capitolo 20
*** Stage sportivi e professionali - pov. Hinata | Oikawa | Daichi | Iwaizumi ***


ATTENZIONE! A questo capitolo ne seguirà un altro che pubblicherò domani (domenica 18). Non perdetevelo!
 
Hinata
Non poteva credere che Kageyama avesse ottenuto uno stage migliore del suo!! Hinata ci aveva pensato per tutto il tragitto da Hogwarts fino in Scozia, dove si sarebbe tenuto lo stage organizzato dal professor Washijo per coloro interessati a perseguire una carriera nel Quidditch in modo che trovassero appoggi per il futuro.
Il grifondoro non stava simpatico al professore di Difesa, questo non era un segreto. Quando aveva scoperto che lo stage era stato organizzato da lui, Hinata non si era potuto impedire di tremare dalla paura. La squadra che aveva invitato Kageyama era esclusiva e non c’era possibilità per lui di accedervi, quindi non gli rimaneva che l’opzione della Scozia. Era stato il professor Takeda a tranquillizzarlo: “Il professor Washijo non può certo impedire a uno studente di partecipare per mera antipatia!” quindi, tenendo anche bene a mente i racconti del quinto anno di Bokuto e del suo stage, si era fatto coraggio e aveva affrontato il professore. Con la divisa sportiva addosso e la scopa in spalla, adesso, non poteva che sentirsi soddisfatto della propria intraprendenza. Per giorni non aveva fatto altro che rammaricarsi ed insultare in silenzio Kageyama per la sua fortuna, ma una volta messo piede nel principale stadio d’allenamento del Paese, tutto fu dimenticato.
“Ci osserveranno squadre che giocano a livello Nazionale!!” sebbene lo sapesse da settimane, ebbe l’epifania solo in quel momento “Chi se ne importa di Stupiyama e del suo corso per giovani dotati?”, ma se aveva creduto d’incontrare subito dei giocatori professionisti, si era sbagliato. Prima di tutto i ragazzi di Hogwarts si unirono a quei pochi di Durmstrang che erano giunti fino a lì, dopodiché furono fatti riscaldare nella piccola ma ben allestita palestra del campo sportivo, e solo allora fu il turno di entrare nello stadio vero e proprio. A quella vista, subito, nella mente di Hinata riaffiorarono i ricordi dell’unica partita della Coppa del Mondo a cui aveva assistito: Meian e Tomas che colpivano i bolidi con le loro mazze, Barnes che proteggeva gli anelli, Romero che dribblava con incredibile facilità, Sokolov che segnava. Non avrebbe mai ringraziato abbastanza Kenma per averlo invitato a vedere quell’incontro con lui. Era ancora perso nel ricordo di quel giorno: al campeggio dei tifosi; alla passaporta che li aveva condotti lì; a Tanaka e Noya incontrati per caso tra gli spalti, e fu solo grazie a un ragazzo di Durmstrang che Hinata tornò alla realtà.
“È raro per me essere con i piedi per terra e poter guardare un avversario senza alzare lo sguardo!” il tono dello studente che Hinata si ritrovò davanti gli era sembrato scherzoso, ma al grifondoro era bastata un’occhiata per capire che se anche solo avesse provato a ridere della sua altezza l’avrebbe pagata cara, quindi tacque.
“E quindi anche tu giochi da cercatore?” gli chiese lo straniero. Shoyo lo guardò sorpreso, quindi l’altro indicò Goshiki “Me lo ha detto il tuo amico. Pare che saremo in molti a volerci fare notare con quel ruolo!” lo guardò con sfida.
“Mi chiamo Korai, comunque. Korai Hoshiumi.” tese la mano ed Hinata, dopo appena un attimo di esitazione, la strinse. “Sei titolare nella tua squadra?” continuò l’albino. Ancora incapace di parlare per la troppa tensione, Hinata annuì. “Sono curioso di vederti giocare…”
Ah! Shoyo Hinata!”
“…Hinata.” concluse l’altro. “Vediamo se sei davvero alla mia altezza.” rise per nulla divertito “Vediamo chi dei due è più adatto ad essere chiamato il Piccolo Gigante.” Hinata spalancò gli occhi.
“Ma quel soprannome-!?” pensò; come faceva un ragazzo di Durmstrang a conoscerlo? Il grifondoro non ebbe tempo di chiederglielo, perché i giocatori professionisti entrarono in campo.
 
Da anni Hinata non faceva altro che aspettare un’occasione del genere, e adesso che vi era totalmente immerso, non riusciva ancora a crederci! Per quanto appassionato, in vita sua era riuscito ad assistere ad una sola partita importante di Quidditch, accontentandosi per il resto di ascoltare le squadre giocare in radio. Non aveva idea di cosa aspettarsi, quindi, quando Washijo l’aveva informato – forse a malincuore – che anche lui era stato ammesso allo stage.
Il cuore gli batteva forte, il corpo gli tremava d’eccitazione, le sue labbra non riuscivano a smettere di sorridere e i suoi occhi di brillare. La Federazione Sportiva del Paese aveva invitato molti atleti importanti, ma i professori li avevano avvertiti: i fondi erano pochi e l’intervento dei giocatori professionisti praticamente non retribuito. In pochi si sarebbero scomodati per raggiungerli.
“Pochi??” si ritrovò a pensare Hinata guardandoli sfrecciare dentro il campo in sella alle proprie scope. Divise dei Black Jackals, dei Sendai Frogs, degli Schweiden Adlers, degli EJP Raijin e dei Red Falcons invasero lo stadio. Tutti i ragazzi li guardarono volare rapiti per molti minuti prima che si decidessero ad atterrare. Fu solo allora che tutti notarono una figura solitaria che stava attraversando il campo a piedi e fu lo stesso a prendere la parola una volta arrivato davanti al gruppo:
“Immagino che nessuno di voi mi conosca. Il mio nome e Fuki Hibarida, il mio lavoro è quello di trovare giovani talentuosi per poterli rendere perfetti giocatori di Quidditch, ed ecco perché voi siete qui.” il petto di Hinata si gonfiò d’orgoglio mentre l’uomo continuava “Questi sono tra gli uomini più capaci nel volo che io abbia mai visto.” indicò i professionisti che aveva accanto “Oggi giocherete con loro. Capisco che possiate essere emozionati, ma cercate di giocare come sempre! Mostrateci di che stoffa siete fatti.” tutta l’ansia di Shoyo sembrava ad un tratto essere svanita nel nulla, tutto ciò che era in grado di fare era saltare sul posto impaziente di cominciare. Hibarida lo vide e sorrise, poi fece cenno ai giocatori che si sparpagliarono per il campo.
I ragazzi furono divisi in gruppi e sfortunatamente Hinata non capitò in quello che avrebbe giocato per primo. Osservò quindi le azioni da bordo campo; i suoi occhi scattavano da un punto all’altro, indecisi su quale giocatore seguire, se i battitori dei Red Falcons che colpivano i bolidi con una velocità, forza e precisione micidiali o Romero che evitava con facilità le sfere impazzite; se i cacciatori dei Frogs che eseguivano una perfetta Thimblerig Shuffle o il portiere dei Black Jackals che rimaneva appeso alla scopa solo con una mano per poter arrivare alla pluffa con il piede destro ed evitare che gli avversari segnassero. Il primo gruppo dovette cedere il passo al secondo perché Hinata si rendesse conto di non aver prestato la minima attenzione a nessuno dei due cercatori in campo. Ancora costretto sugli spalti, il grifondoro scosse la testa con energia e si impose di focalizzarsi sui giocatori che ricoprivano il suo stesso ruolo.
“Certo che i cercatori giocano molte meno azioni rispetto agli altri!” l’aveva sempre saputo, e allora perché ci pensava soltanto adesso? Assistendo solo a partite a livello scolastico Hinata non aveva avuto modo di pensarci fino in fondo, ma in quel momento la domanda gli sorse spontanea: “Perché ho scelto di diventare un cercatore?” voleva seguire le orme del Piccolo Gigante, quello era ovvio “E volevo battere Kageyama.” concluse la propria risposta. Solo allora si rese conto di quanto poco significante fosse stata la sua scelta.
Si maledisse per quei pensieri: “Io amo giocare da cercatore!!”
“Ma non sono forse i giocatori che riescono a ricoprire diversi ruoli i più fighi?” controbatté un’altra parte di sé. “Se Kageyama è figo quanto può esserlo un Re, un giocatore come Oikawa allora è un Grande Re!” si ritrovò a sorridere per quegli strani nomignoli usciti fuori dal nulla sebbene azzeccati.
“Sì,” si convinse “io voglio provare anche altro!” osservò i battitori, i portieri, i cacciatori; osservò ogni ruolo.
“Prima, però…” puntò la propria attenzione sui cercatori “sarà meglio battere Kageyama al suo stesso gioco”.
 
***
Shittykawa
Oikawa era già di malumore senza che nessun allenamento straordinario si mettesse di mezzo. La partita contro i Corvonero sarebbe stata tra poco e sicuramente Oikawa non aveva intenzione di sottovalutare Sakusa e la sua squadra, ma organizzare un allenamento extra solo perché Tsukishima era mancato al precedente gli sembrava eccessivo.
“Siamo anche primi in graduatoria!” pensò con stizza “Certo che Ushiwaka avrebbe potuto lasciarci almeno il sabato mattina libero”.
Era a metà strada tra la scuola e il Campo di Quidditch quando la voce di Iwaizumi lo raggiunse. Una morsa si chiuse sullo stomaco del serpeverde. La tensione che c’era tra lui e il suo ragazzo era talmente densa da poterla tagliare con un coltello e se c’era un momento per Oikawa di parlare con Iwaizumi, sicuramente quello non era quando uno dei due – se non entrambi – era nervoso e di malumore come Oikawa lo era quella mattina.
Si costrinse comunque ad arrestarsi e a voltarsi verso il grifondoro.
“Finalmente ti trovo da solo!” gli disse quello non appena lo raggiunse. Il suo tono era arrabbiato, quasi accusatorio.
“Non mi sembra che io sia l’unico a stare evitando l’altro. O vuoi dirmi che non sparisci apposta in stanze affollate quando cerco di parlarti?” sapevano entrambi a quale episodio si stesse riferendo. Iwaizumi esitò, poi tornò all’attacco:
“Ti ho aspettato al nostro solito posto ad Hogsmeade. Non sei venuto.” Oikawa strinse i pugni: “No, non sono venuto.” pensò. Stava per farlo, ma poi qualcosa l’aveva trattenuto: “E se non trovassi lì Iwaizumi?” ricordò di aver pensato. Erano giorni che il suo ragazzo lo evitava e non voleva scoprire di essere stato lasciato solo.
“Quindi tu hai lasciato solo lui!!” si rimproverò mentalmente.
“Tendou e Wakatoshi erano nella strada maestra.” ricordò però a sé stesso “Avrebbero potuto seguirmi e scoprire tutto.”
“Avrebbero. Forse.” sottolineò l’altra voce nella sua testa.
“Sono mesi che ti rifiuti anche d’incontrarmi nella radura della Foresta.” in mancanza di una risposta Iwaizumi aveva continuato. Oikawa sollevò di scatto lo sguardo che poco prima aveva abbassato. Non aveva detto ad Iwaizumi che Miya li aveva visti ed era deciso ancora a non farlo: “Non lo farò diventare anche un suo problema”.
“Ti comporti così a causa di Atsumu?” a quelle parole, il cuore di Oikawa mancò un battito e una corrente gelata parve attraversargli tutto il corpo.
“C-che” balbettò “che cosa ti ha detto!” concluse più duro di quanto avesse voluto. Hajime assottigliò lo sguardo e strinse i pugni.
“Dovresti essere tu a dirmi cosa sta succedendo! Credi che non mi sia accorto di come ti comporti con lui??” Oikawa ripensò a quando Iwaizumi l’aveva sorpreso a provocare Miya in corridoio. Era stato allora che era fuggito in Sala Grande impedendogli di spiegare.
Imitando il grifondoro, anche Oikawa assottigliò lo sguardo.
“Adesso ti interessa?” pensò, invece guardò il proprio orologio e disse: “Adesso non ho tempo per queste cose. Farò tardi all’allenamento.”
“Queste cose??” lo fece a stento finire l’altro “È della nostra relazione che stiamo parlando! Ma il Quidditch è più importante, vero!?” e prima che Oikawa potesse rispondere, Iwaizumi gli voltò le spalle e andò via. Il serpeverde lanciò in aria un’imprecazione; guardò prima il campo d’allenamento, poi Iwaizumi.
“Fanculo.” disse arrabbiato “Non è il momento giusto per parlare di queste cose.” si sistemò meglio la scopa in spalla e proseguì verso il Campo di Quidditch.
 
***
(un sempre più esaurito e disperato) Daichi
Quella mattina Daichi aveva salutato Suga e aveva raggiunto il resto dei ragazzi del settimo anno ad Hogsmeade dove avrebbero preso l’espresso per andare a Londra. Durante il viaggio, Kuroo e Bokuto non fecero altro che insultarlo per quei saluti ed insinuare ad ogni sua espressione corrucciata che il caposcuola fosse depresso per l’assenza del corvonero.
“Sono depresso perché devo sorbirmi questo viaggio con voi!” rispondeva ogni volta per poi aggiungere solo per sé stesso “E anche perché Suga non è qui”.
Come aveva fatto ogni anno sin dal quinto, la scuola aveva organizzato loro uno stage in modo che potessero capire che tipo di lavoro avrebbero voluto fare una volta lasciata Hogwarts. Quello sarebbe stato il turno del Ministero della Magia. I professori avevano insistito per quello stage più che per qualsiasi altro, perché il Ministero aveva così tanti tipi differenti di impieghi da soddisfare le idee per il futuro di praticamente tutti gli studenti.
“Ma non di Suga.” si ripeté Daichi per l’ennesima volta. Il corvonero era più che deciso a diventare insegnante “E se non dovessi riuscirci” gli aveva detto solo pochi giorni prima “cercherei comunque un impiego simile. Nulla che il Ministero possa offrirmi.” il suo ragazzo era quindi stato uno dei pochi del loro anno a non unirsi alla gita. Si aggiungevano Oikawa, che aveva già ottenuto un invito ufficiale per la panchina di un’importantissima squadra di Quidditch; Asahi, che aveva semplicemente affermato “Il Ministero della Magia non fa per me”; e Aran, che avrebbe ereditato l’attività di famiglia.
Daichi si fingeva ovviamente più disperato di quanto in realtà non fosse senza Suga. Sarebbe stato via solo tre giorni scarsi e in compagnia dei suoi amici. Tuttavia, guardando i propri compagni davanti a sé, non poté impedirsi di pensare che quella gita prometteva essere peggio di quanto non avesse pensato solo il giorno prima: Kuroo e Bokuto erano naturalmente eccitati “Ma anche troppo.” pensò. Sarebbe stato difficile tenerli in riga in un posto serio come il Ministero. Shimizu aveva fatto strada con lui fino alla stazione di Hogmeade, ma poi l’aveva salutato e sembrava avere tutta l’intenzione di passare il resto della giornata con i compagni della sua Casa. Infine, Iwaizumi sembra triste più che mai; era taciturno, di malumore e suscettibile. Daichi, quindi, si ritrovò ancora una volta a sospirare e Bokuto e Kuroo non mancarono d’insultarlo per questo.
Era sera quando raggiunsero King’s Cross; i professori li guidarono per le strade di Londra fino al luogo in cui avrebbero alloggiato per la notte. Il caposcuola divise la camera con Iwaizumi e – mentre lentamente scivolava nel sonno – si ritrovò a pensare che tutto sommato poteva andargli peggio. Nonostante la stanza d’albergo mai vista prima e l’eccitazione che gli scorreva nelle vene al pensiero dello stage dell’indomani, Daichi riuscì presto e con tranquillità ad addormentarsi non rimpiangendo affatto la stanza accanto dove – avrebbe potuto scommetterci la vita – Bokuto non stava dando pace a Kuroo.
 
Ad accoglierli nell’atrio d’ingresso del Ministero fu un giovane impiegato di nome Tsukishima. Daichi non ci mise molto a collegare quel cognome al portiere serpeverde, eppure non avrebbe potuto affermare con certezza che fossero imparentati. L’uno sembrava l’opposto dell’altro: se Kei era duro, preciso e introverso, il giovane uomo che Daichi si ritrovò davanti era solare, amichevole e – ne ebbe conferma un’ora più tardi – distratto.
Avevano finito di visitare l’Ufficio per i Giochi e gli Sport Magici, quello per la Regolazione e il Controllo delle Creature Magiche, quello sull’Applicazione della Legge sulla Magia e per la Cooperazione Magica Internazionale. Si trovavano adesso in una strana stanza circolare pronti per visitare l’Ufficio Misteri quando all’improvviso Tsukishima si arrestò.
“Ho dimenticato i permessi speciali per accedere a questa parte del Ministero.” spiegò. Daichi non si stupì del fatto che nonostante il loro fosse un gruppo organizzato da Hogwarts avrebbero avuto bisogno di ogni genere di scartoffie per poter proseguire lì il loro giro. “Voi restate qui.” aveva continuato l’impiegato dopo appena un momento di esitazione. “Vado e torno in un baleno!” stava per lasciare la stanza quando si voltò per un ultimo avvertimento: “Dico sul serio, non muovetevi o potreste perdervi.” Daichi annuì e vide gran parte degli altri fare lo stesso. Stavano aspettando solo da pochi minuti quando a un tratto la stanza iniziò a ruotare. Gli studenti persero l’equilibrio e si ritrovarono a terra. Fu solo quando si fu rialzato che ebbe la capacità di chiedere cosa fosse successo. Nessuno dei suoi compagni fu in grado di rispondergli fino a che Kuroo non gli toccò la spalla con urgenza:
“Dov’è Bokuto?” il che spiegò il resto. Tutti presero a guardarsi intorno, ma non c’era traccia del grifondoro.
“Avrà varcato una delle porte.” fu l’ipotesi di Kita, l’unica che avesse senso. Daichi sospirò prima di passarsi una mano sul volto.
“Vado a cercarlo.” disse subito e con impeto Kuroo mentre raggiungeva a grandi passi la porta più vicina. Iwaizumi fu il più rapido e lo bloccò.
“Sei impazzito?” gli disse “Ti prederai anche tu.”
“E allora? È il mio migliore amico!”
“Non è che sia in pericolo o altro.” cercò di farlo ragionare Yaku “Non ci avrebbero lasciati qui da soli, altrimenti.” Kuroo parve irritarsi.
“Ah sì? Perché a te la nostra guida sembra affidabile su questo?”
“Sto solo dicendo che è meglio aspettare! Peggiorerai solo le cose.”
“Ha ragione.” si aggiunse Daichi prima che Kuroo potesse ribattere ancora, ed anche Komi, Wakatoshi e Shimizu furono d’accordo con lui. Il grifondoro era troppo impegnato a parlare con quest’ultima di quanto fosse impulsivo Bokuto perché potesse accorgersi di cosa stesse facendo Kuroo.
“Accidenti!!” sentì l’esclamazione di Iwaizumi “Daichi!!” lo chiamò disperato mentre Kuroo afferrava una maniglia e Iwaizumi la toga dell’amico. Il Caposcuola si precipitò da loro, ma era troppo tardi. Kuroo aveva già aperto la porta e tutti e tre furono spinti all’interno come attirati da un forte magnete. La porta si chiuse dietro di loro e poi scomparve.
 
***
Iwaizumi
La stanza che gli si parò davanti era fredda e totalmente vuota tranne che per il singolo oggetto che regnava al suo centro. Ci doveva per forza essere un’altra porta nei paraggi, ma tutti e tre i grifondoro non ebbero occhi che per quello che aveva tutta l’aria di essere uno specchio. Kuroo fu il primo a raggiungerlo e a specchiarcisi dentro. Iwaizumi poté vedere il suo volto diventare rosso fuoco e poi sbiancare improvvisamente. Si voltò verso gli altri due e aprì le braccia in modo tale che a Daichi e Iwaizumi fosse nascosto tutto ciò che lo specchio stava riflettendo.
“State indietro!” intimò l’amico “Distogliete gli occhi, non guardate! Solo io posso vedere Kenma vestito in questo modo!!” Iwaizumi corrucciò gli occhi senza capire. Tutto ciò che vedeva – nella porzione di specchio lasciata libera da Kuroo – erano solo loro tre all’interno della stanza vuota.
“Ma che stai dicendo.” disse nel frattempo Daichi. “Non può esserci Kenma riflesso là dentro.” continuò avanzando. Kuroo perse la testa all’idea che Daichi potesse vedere qualcosa, si lanciò addosso al capitano e insieme caddero per terra. Iwaizumi rimase solo davanti allo specchio e il riflesso cambiò. Il ragazzo spalancò gli occhi, poi si girò verso Daichi e Kuroo per assicurarsi che non stessero vedendo la scena che aveva davanti.
Non ci volle molto a Iwaizumi per capire che ognuno di loro vedesse qualcosa di diverso. Non per questo fu meno agitato mentre continuava ad osservare ammaliato quello che non dubitava essere il suo più grande sogno.
Erano in Sala Grande. Doveva essere un’occasione speciale, perché tutta la scuola sembrava essere riunita lì. Erano in corso dei festeggiamenti, o se non era così comunque tutti sembravano felici. Iwaizumi era attorniato dai propri amici, stavano scherzando e ridendo insieme quando a loro si era avvicinato anche Oikawa. La scena sembrava quotidiana, familiare, come se i suoi amici e l’intera scuola fossero abituati a vederli insieme. Oikawa gli sorrise e Iwaizumi – nello specchio e anche fuori – rispose con un sorriso altrettanto bello e felice. Poi si baciarono. In molti si voltarono verso di loro, altri non li notarono. In ogni caso nessuno sembrava farsi problemi riguardo alla loro relazione perché era normale, scontato che loro due si baciassero. Era giusto così.
“Sì,” pensò con tristezza mentre perdeva il sorriso che gli era sorto spontaneo “è sicuramente il mio più grande sogno.” ammise, poi pensò ad Oikawa e al suo atteggiamento degli ultimi giorni “Probabilmente però sono solo io”.
Trasalì quando Daichi e Kuroo tornarono al suo fianco. Il Caposcuola era finalmente riuscito a evadere il placcaggio di Kuroo e si era alzato. Subito, l’immagine riflessa sparì e all’interno dello specchio tornarono ad esserci solo loro tre. Iwaizumi sospirò silenziosamente e si allontanò prima che gli altri potessero vedere quanto il proprio umore fosse cambiato. Kuroo lo seguì immediatamente per interrogarlo su cosa avesse visto.
“Non c’era Kenma, ti dico!!” ripeté ancora “Ho solo visto…” ci mise un secondo di troppo per trovare qualcosa da dire: “la mia famiglia, i miei nonni. Cose così.”
“Credo che mostri qualcosa di diverso per ognuno di noi.” disse Daichi raggiungendoli. Kuroo sembrava stesse per chiedergli cosa avesse visto lui, ma il capitano lo anticipò parlando per primo:
“Forza. Lì c’è una porta, proviamo ad aprirla”.
Dovettero attraversare una stanza totalmente buia e apparentemente priva di oggetti al suo interno; una stanza tappezzata di quadri alle pareti, ma anche sul pavimento e sul soffitto senza che un solo spiraglio fosse lasciato tra una cornice e l’altra; una stanza piena di vasche con cervelli che vi galleggiavano dentro; un’altra in cui la gravità mancava e ancora una in cui si faticava a respirare. Solo allora riuscirono a tornare al punto di partenza. Tutti i loro compagni di scuola erano ancora lì apparentemente ad aspettare Tsukishima.
“Ragazzi, finalmente!” esclamò Bokuto. Stava tenendo un cervello in mano, i tentacoli argentei di questo gli si erano attorcigliati alle maniche della toga, ma lui non sembrava curarsene e lo accarezzava invece come fosse un tenero animaletto. “Ma dove siete stati?” chiese l’albino quasi volesse biasimarli per essersi allontanati. Iwaizumi ringhiò sommessamente, poi Akiteru Tsukishima fece il suo ingresso.
“Eccomi, ragazzi. Scusate se ci ho messo tanto.” Bokuto nascose subito il cervello dietro la schiena e Iwaizumi si ritrovò a pensare che se non altro l’amico aveva avuto la decenza di nascondere i propri pasticci.
Quindi rifecero – o per meglio dire – iniziarono il giro all’Ufficio Misteri. Videro tutte le stanze in cui erano già stati ed alcune che ancora invece non conoscevano; Kuroo convinse persino Bokuto a lasciare nella stanza giusta il cervello che teneva ancora nascosto sotto la tunica, infine giunsero allo Specchio.
“È meglio non indugiare troppo in questa stanza.” disse Tsukishima mantenendo il gruppo lontano dal centro. “Quello che vedete e lo Specchio Emarb, anche conosciuto come Specchio delle Brame. Mostra ad ognuno di noi ciò che il nostro cuore desidera di più. Può sembrare affascinante, ma in realtà è molto pericoloso. Molti uomini sono impazziti guardandoci dentro; può fare perdere noi stessi.” tutto il gruppo non poté che guardare l’impiegato con occhi spalancati finché questi non aggiunse: “Chi non vorrebbe vivere all’interno del proprio più grande desiderio?”. Spiegò anche loro che lo Specchio era stato ospitato ad Hogwarts per alcuni anni, ma che poi era stato trasferito lì, in un luogo che fosse più sicuro e lontano dagli occhi di tutti. Iwaizumi, Daichi e Kuroo stavano seguendo il gruppo in silenzio quando l’ultimo parlò:
“Fingiamo di non aver mai visto niente?”
“Assolutamente.”
“Sì, completamente d’accordo.” risposero insieme.
Lasciarono la stanza e nessuno di loro mai più parlò di quell’evento.

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n.a.
abbiate pazienza, scoprirete cosa hanno visto tutti in un modo o nell’altro!

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Capitolo 21
*** Corvonero vs. Serpeverde - pov. Akaashi ***


ATTENZIONE!! Voglio ribadirlo perché purtroppo in questo EFP pecca e non vorrei che qualcuno si saltasse il capitolo precedente: ieri ho postato il capitolo 20 e oggi questo, quindi doppio appuntamento! Leggete "Stage sportivi e professionali" se non l'avete ancora fatto!!
 
Akaashi
Poche ore e i Corvonero avrebbero dovuto affrontare i Serpeverde a Quidditch. Akaashi avrebbe dovuto sentirsi agitato, impaurito; si trattava di giocare contro la squadra migliore di quell’anno! Tuttavia, il cercatore era stranamente calmo. Esonerato in quanto giocatore dalle lezioni della mattina, si era alzato con calma e aveva messo qualcosa di leggero sotto i denti. Aveva salutato Bokuto e si era diretto insieme ai compagni di squadra agli spogliatoi. Quando fu pronto, chiuse gli occhi e prese un ampio respiro: ancora pochi minuti e avrebbe dovuto vedersela con il ragazzo prodigio Kageyama, ma non aveva paura. Ripensò alle partite che aveva già disputato e alle conseguenti sconfitte. Si era impegnato il doppio perché ciò non accadesse per la terza volta e così avevano fatto i suoi amici. Adesso era giunto il momento di farlo vedere a tutta la scuola.
Il commentatore li annunciò e la squadra entrò in campo seguita subito dopo dai Serpeverde. Si disposero in formazione e al segnale del professore la partita ebbe inizio. Kageyama non perse tempo: lui e i suoi dannati occhi di falco rintracciarono e presero immediatamente a seguire il boccino, ma Akaashi si fece trovare pronto e scattò a sua volta. I due cercatori si inseguirono l’un l’altro per interi minuti, zigzagando tra compagni e avversari ed evitando bolidi feroci. Infine, il boccino sparì. Akaashi sollevò il proprio manico di scopa e lasciò spazio libero ai cacciatori. Scrutò il campo alla ricerca di un bagliore dorato e nel frattempo controllò il punteggio. Era passato ancora poco tempo, ma i Corvonero quel giorno erano più agguerriti che mai! Akaashi non aveva idea di chi tra i suoi compagni avesse segnato, solo che per il momento la sua squadra era in vantaggio con trenta punti a zero. Sakusa stava per ottenerne altri dieci quando Atsumu riuscì a rubargli la pluffa. Compì delle azioni straordinarie, dribblò con facilità tra gli avversari ed evitò non uno, ma due bolidi. Si liberò di Shimizu fingendo di passare la pluffa ad Oikawa salvo poi tenerla per sé. Attraversò l’intero campo con le sue sole forze; Osamu era pronto in porta, ma troppo spostato verso destra per poter proteggere al meglio l’altro anello laterale. Atsumu se ne accorse e lanciò la pluffa a sinistra; sorrise e iniziò a esultare, ma troppo presto: Osamu arrivò con facilità all’anello scoperto e afferrò la palla. Fu lui a sorridere beffardo all’indirizzo di suo fratello, poi – senza distogliere lo sguardo da Atsumu – passò la palla a Sakusa che, qualche passaggio più tardi, segnò un altro punto per i nero-blu. Akaashi esultò e tornò a concentrarsi su Kageyama ed il boccino. Non c’era ancora nessuna traccia della piccola sfera, quindi pensò bene di tallonare il proprio avversario serpeverde. Quella decisione si rivelò corretta: fu Kageyama ad avvistare il boccino; Akaashi lo seguì. A differenza di quella di Yachi e di Hinata, la sua scopa era perfettamente in grado di competere con la Firebolt del serpeverde. Tuttavia, Kageyama aveva un paio di metri di vantaggio.
“Suga, Yaku!” chiamò. Non seppe chi dei due battitori lo sentì, ma un bolide accorse subito in suo aiuto tagliando la strada a Kageyama permettendo ad Akaashi di raggiungerlo. Adesso erano testa a testa, le braccia di entrambi tese per afferrare i centocinquanta punti, ma bastò un’occhiata al tabellone del punteggio perché Akaashi cambiasse idea: cinquanta a zero. I Corvonero erano in forma perfetta e Akaashi non aveva intenzione di far finire così presto la partita. Andò addosso a Kageyama deviando la traiettoria di entrambi e il boccino scomparve un’altra volta.
Il cercatore si chiese come mai i Serpeverde, così micidiali in tutte le altre partite, non stessero riuscendo a segnare neanche un punto, quindi osservò Oikawa che commetteva errori, mancava alcuni passaggi, non volava veloce come al solito; Atsumu che volava con incredibile destrezza solo per essere ogni volta bloccato da suo fratello o placcato da Sakusa; l’unico che sembrava giocare come al solito era Wakatoshi che però senza il supporto degli altri due poteva poco e niente contro l’impeto ritrovato dei troppo-volte-sconfitti Corvonero. Erano centoventi a quaranta quando le tensioni iniziarono a scoppiare tra i ranghi verde-argento.
“Cazzo!” fu l’esclamazione di Tendou ad un ennesimo goal mancato di Atsumu “Sembra che tutto il lavoro lo stiamo facendo io e Suna!” Akaashi pensò che non avesse tutti i torti “Hai intenzione di fare qualcosa a riguardo, Capitano?” chiese acido a Ushiwaka. Questi lo guardò di sbieco e gli intimò di non dirgli come fare il suo lavoro. La partita continuò: Akaashi continuò ad impedire a Kageyama di afferrare il boccino fino a quando il punteggio non fece sì che accadesse il contrario: se il boccino fosse stato preso in quel momento, infatti, che fosse Akaashi o Kageyama a farlo, Corvonero avrebbe vinto. Keiji continuò ad inseguire il boccino insieme al proprio avversario, ma non si rammaricò neanche una volta di averlo perso di vista: non aveva ancora intenzione di porre fine a quella magnifica partita.
Erano duecentocinquanta a centoventi quando Wakatoshi decise di effettuare una sostituzione. Alla fine, Oikawa era riuscito a segnare cinque volte, ma Atsumu era rimasto a quota zero. Miya andò con stizza in panchina insultando per nulla velatamente Osamu e le sue parate diaboliche. Al suo posto entrò Suguru. La partita ricominciò, Shimizu segnò altri dieci punti, ma subito dopo la pluffa venne afferrata da Ushiwaka, poi Suguru e di nuovo Ushiwaka. In due minuti Serpeverde segnò due goal. Fu allora che Akaashi decise di non rischiare oltre. Il ritmo della partita era cambiato, il vantaggio dei Corvonero non avrebbe potuto crescere più di così, quindi individuò il boccino e questa volta fu deciso ad afferrarlo. La battaglia fu serratissima; le sue intenzioni dovevano essere apparse chiare a tutti, perché non solo Kageyama, ma anche Suna e Tendou gli furono subito alle calcagna. Akaashi non si era mai sentito così in forma: evitò un bolide che finì per disturbare Kageyama, vide Oikawa con la coda dell’occhio venirgli incontro per tagliarli la strada ed evitò anche lui. Poi, i bolidi smisero di dargli fastidio. Akaashi sorrise: “Suga e Yaku.” pensò, e continuò a volare. Kageyama era nella sua scia, il boccino davanti a lui. Seguì la sua traiettoria, in alto, in basso e a zig-zag. Infine, nell’esclamazione generale, lo afferrò e pose fine alla partita.
 
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n.a.
So che è corto, ma penso sia la partita che ho scritto meglio! Non potevo metterla insieme a quello che verrà nel prossimo capitolo (che comunque, giusto per compensare, sarà più lungo del solito! E vi dico già che dà inizia alla mia parte preferita della storia!), senza contare che anche il capitolo precedente è stato lunghissimo, quindi insomma… perdonatemi! Ci vediamo la prossima settimana.
xxx

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Capitolo 22
*** Il disastro della Torre - pov. Kuroo | Atsumu | Kenma | Akaashi ***


Eccoci arrivati al mio arco preferito della storia!! 
Mi rendete felice se lasciate dei commentini <3 <3 
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Kuroo
Kuroo esultò insieme a gran parte della scuola. Quella partita era stata uno spettacolo e una sorpresa per tutti. Si trattava della squadra più quotata dell’anno contro quella messa peggio. Nessuno si sarebbe mai aspettato quel risultato, eppure i centocinquanta punti afferrati da Akaashi avevano fatto sì che la partita si concludesse quattrocentodieci a centoquaranta per i Corvonero. Persino Kenma, di solito poco incline ad interessarsi di sport, esultò accanto a lui. Kuroo lo vide con la coda dell’occhio e sorrise, ma quando si voltò verso di lui, il suo ragazzo era tornato serio e fintamente indifferente.
“Accidenti,” disse con fare annoiato “adesso la Sala Comune sarà rumorosissima per i festeggiamenti.” si lamentò, ma Kuroo non aveva alcun dubbio che in realtà fosse felice per la propria Casa. Decise comunque di stare al gioco.
“Che ne dici se vado a cambiarmi e poi ti passo a prendere per fare un giro?” non si poteva mai sapere quanto sarebbe durata una partita di Quidditch, quindi le lezioni del pomeriggio erano state annullate. Kenma ci pensò su, o almeno finse di farlo, ed infine annuì.
“D’accordo. Vorrei farmi una doccia, poi puoi passare a prendermi.” ed era esattamente quello che stava facendo due ore più tardi quando il corridoio che portava alla torre ovest fu invaso da una mandria di corvonero urlanti e spaventati che fuggivano dalla Sala Comune. Ignaro di cosa fosse successo, Kuroo si allarmò e prese a farsi largo a forza contro la corrente nero-blu che fuggiva nella direzione opposta. Era arrivato quasi all’ingresso della Sala Comune quando le condizioni di Kiyoomi Sakusa lo gettarono ancora più nel panico. Il Capitano Corvonero era bianco come un lenzuolo, aveva lo sguardo vuoto e tremava dalla testa ai piedi.
“Dov’è Kenma??” gli chiese agitato. Sakusa fu a stento in grado di indicare verso l’ingresso della torre.
“È rimasto bloccato in bagno.” arrancò le parole a fatica. Kuroo non perse tempo e corse all’interno della Sala Comune. Erano anni che insieme a Bokuto tentava di entrare in quel posto, e adesso che finalmente c’era riuscito notò a stento il luminoso e bellissimo salotto rovinato dalla melma e dalla puzza che portavano senza ombra di dubbio la firma di molte cacchebomba fatte esplodere. Se per i dormitori dei grifondoro si doveva salire, le scale che portavano a quelli corvonero scendevano a chiocciola verso il basso. Kuroo vi ci si precipitò ed iniziò a contare: primo anno, secondo anno, terzo anno. Arrivato alla porta del dormitorio del sesto anno afferrò la maniglia ed entrò. La stanza, eccetto che per i colori, non era troppo diversa da quella che abitava lui nella Torre di Grifondoro: i letti a baldacchino erano disposti a mezza luna, ai piedi di ognuno di essi un baule e accanto un comodino. Era proprio uno di questi che – rovesciato – bloccava la porta del bagno. Kenma era riuscito ad aprirne solo uno spiraglio e fu proprio attraverso quello spiraglio che Kuroo, paralizzato, vide il proprio ragazzo trasformarsi in gatto – in quel gatto – e uscire.
“Kenma…” fu solo in grado di sussurrare. Entrambi adesso erano come pietrificati e si fissavano. Fu solo dopo interminabili secondi che Kuroo riuscì a riscorrersi e a scappare via.
 
***
Atsumu
Atsumu stava ancora cercando di riprendersi dalla tremenda sconfitta contro i Corvonero quando si ritrovò nelle scale per raggiungere la torre ovest. Era stato il primo della squadra a finire di fare la doccia ed era quindi stato anche il primo a rientrare in Sala Comune dagli spogliatoi. Stava provando a distrarsi mezzo coricato sul divano quando l’arrivo del resto della squadra lo spinse ad uscire. Non uno di loro si era risparmiato e tutti avevano avuto qualcosa da ridire sul modo di volare dell’altro. Atsumu, poi, fu il più bersagliato di tutti dal momento che non era riuscito a segnare neanche un punto.
Ogni volta che chiudeva gli occhi, il brutto ghigno di suo fratello sembrava apparire davanti a lui per deriderlo. Atsumu non dubitava che tutta quella sete di sangue fosse stata accumulata sin dalla punizione di Washijo e gli faceva male pensare a come Osamu l’avesse sconfitto su tutta la linea. “Neanche un punto!!” pensò con stizza “Non mi ha lasciato segnare neanche un punto!”. Era stato allora che aveva deciso di dirigersi verso la torre ovest. Non era ancora sicuro di cosa avrebbe fatto, ma sicuramente il minimo era insultare suo fratello.
Aveva appena svoltato l’angolo quando decine di corvonero lo urtarono. Atsumu era confuso ma, visto lo stato dei nemici, non poté che sorridere. Individuò le spalle di Sakusa che si appoggiava al muro e il suo ghigno si accentuò. Sollevò una mano per toccargli la spalla e richiamare la sua attenzione:
“Omi! Ma che succede?” ebbe appena il tempo di finire la domanda che Sakusa si voltò di scatto e scansò con forza la sua mano.
“NON TOCCARMI!” urlò in un misto di rabbia cieca e cieca paura. “PER TE È IMPOSSIBILE ACCETTARE LA SCONFITTA, NON È COSÌ?” Atsumu si indignò.
“Si può sapere di che cosa stai parlando??” chiese arrabbiato.
“NON FINGERE DI NON SAPERE, MIYA!” continuò ad urlare l’altro “CREDI CHE NON SAPPIA CHE SEI STATO TU?” Atsumu continuava a non capire e Sakusa non sembrava incline alle spiegazioni, quindi si guardò intorno e gli bastò questo per unire i puntini. L’ingresso della Sala Comune era spalancato e da lì stava ancora uscendo la nube bruna e la puzza tipiche delle cacchebomba; Sakusa era misofobo e Atsumu lo sapeva bene. Lo osservò meglio e solo allora si accorse del suo stato: era pallido come un cadavere, stava sudando freddo e tremava come non mai. Non si sarebbe mai appoggiato al muro – si rese conto il serpeverde – se non gli fosse servito per non cadere a terra.
“Omi, non ho fatto niente!” il cuore di Atsumu si chiuse in una morsa all’idea che Sakusa pensasse davvero che ne sarebbe stato capace. Il serpeverde aveva capito dal suo primo anno quanto il disturbo del compagno di scuola fosse serio. Ci aveva messo un po’ per capire i limiti oltre i quali non avrebbe dovuto spingersi con i suoi scherzi, ma una volta delineati non aveva neanche mai pensato di superarli.
“CHI ALTRI, ALLORA??” non gli credette “SEI STATO SCONFITTO E TI VENDICHI COSÌ! MA QUANTO PUOI ESSERE MESCHINO!?” Astumu, colpito e ferito come non lo era mai stato, fece un passo indietro. Fu solo allora che si rese conto che Osamu li aveva raggiunti. Il volto di suo fratello era una maschera di delusione che tuttavia si inclinò quando incontrò lo sguardo di Atsumu.
“Samu…” sussurrò quasi fosse una supplica “non sono stato io…” il volto del corvonero si distese.
“Mi crede.” pensò Atsumu “Almeno Samu mi crede”. Sakusa si allontanò tremante, Osamu indugiò ancora qualche secondo a guardare suo fratello, poi seguì il compagno di squadra in modo da sorreggerlo qualora fosse svenuto.
 
***
#proteggiamoKenma #anzinoproteggiamoKuroo
Kenma aveva appena finito di prepararsi e stava uscendo dal bagno quando una forte puzza invase le sue narici. Aprendo la porta, si stava ancora chiedendo a cosa fosse dovuta quando riuscì a malapena a vedere una nube scura entrare dall’ingresso del dormitorio e Sakusa alzarsi come impazzito dal proprio letto. Nell’impeto, il compagno di Casa aveva rovesciato il comodino che a sua volta aveva fatto chiudere di scatto la porta del bagno. Kenma imprecò sommessamente e provò a riaprire. Facendo forza, riuscì infine a spostare il mobile fino al letto, ma tutto ciò che ottenne fu uno spiraglio. Sospirò. La puzza gli faceva lacrimare gli occhi e gli era pure venuta la nausea. Il passaggio era stretto, ma non per un gatto, quindi si trasformò.
“Kenma…” quella voce, quel sussurro, quel tono distrutto. Il corvonero sollevò lo sguardo solo per trovare Kuroo paralizzato che lo fissava con occhi vitrei. Corse via e Kenma – tornato umano – lo inseguì.
Non era fatto per l’attività fisica, questo non era un segreto. Di contro, il suo ragazzo era un atleta eccezionale. Lo chiamò disperato moltissime volte mentre quello a poco a poco lo seminava. Perse il conto di quanti corridoi superarono o di quante scale scesero. Seppe solo che alla fine, non sapeva come, lo aveva raggiunto. Kuroo doveva averlo aspettato, perché non appena fu a portata di braccio Kenma fu afferrato al gomito e spinto con forza all’interno di un’aula vuota. Il volto di Kuroo era una maschera di rabbia, estrasse la bacchetta e per un solo, fugace e stupido istante, Kenma pensò volesse usarla contro di lui. La puntò invece verso la porta chiusa e disse: “Muffliato”. Il corvonero conosceva quell’incantesimo: era stato messo in programma da pochi anni e permetteva di coprire una conversazione privata con un lieve brusio che sarebbe cresciuto a seconda dei toni. La vista di Kenma si annebbiò “È arrabbiato a morte con me, ma non vuole che nessuno senta che ho infranto la Legge.” si impose di ricacciare indietro le lacrime.
“Kuroo-” provò, ma l’altro lo interruppe.
“Me lo avresti mai detto?” Kenma si era aspettato urla e sbraiti, ma il tono di voce che venne usato fu persino peggio.
“Non lo so…” si ritrovò a rispondere in un sussurro “Forse.” lottò contro le lacrime, non poteva reggere la vista del suo volto devastato, quindi distolse gli occhi.
“Guardami!” si arrabbiò l’altro. Kenma sussultò e tornò a guardare Kuroo.
“Perché me lo hai nascosto!? Non ti fidi di me?” chiese, Kenma pensava che non potesse insinuare niente di peggio, ma si sbagliava: “O ti piaceva tanto vedermi mentre mi mettevo in ridicolo, eh!?” alzò il tono. “Ti divertiva, non è vero?? Sentirmi parlare di quel gatto e di quanto mi piacesse accarezzarlo! Mi lasciavi raccontare ai miei amici che la volta successiva l’avrei portato in dormitorio e poi ridevi alle mie spalle!”
“No!” urlò Kenma disperato “Non è vero!”
“Allora perché!? Perché me lo hai tenuto segreto!” urlò di rimando Kuroo.
“Non te lo stavo tenendo segreto… io-” si interruppe “ecco, l’ho solo omesso. Non avrei negato se lo avessi scoperto.” Kuroo digrignò i denti e, pur di non lasciare che parlasse, Kenma continuò: “Anche quando Akaashi e gli altri del mio dormitorio l’hanno capito mi sono solo limitato a non negare!” l’espressione di Kuroo si raggelò.
“Gli altri del mio dormitorio.” ripeté il grifondoro in un sussurro. Alcune lacrime rigarono il volto dell’animago mentre il più grande continuava alzando la voce: “TUTTO IL TUO DORMITORIO LO SA E NON HAI PENSATO DI DIRLO A ME!?”
“Kuroo! Mi dispiace, io-!” ma fu interrotto dalla porta che si apriva. Erano Yaku e Akaashi che – probabilmente sentendo il rumore generato dall’incantesimo muffliato – erano entrati per vedere cosa stesse succedendo.
“Kenma.” lo chiamò il più grande “Stai bene?” gli chiese con cipiglio quando notò le sue lacrime.
“Va tutto bene.” rispose con rabbia Kuroo per lui. Kenma lo vide guardare Akaashi e assottigliare lo sguardo. Poi si voltò verso Kenma:
“Allora ti lascio nelle fidate mani del tuo amico.” ed uscì dando una forte spallata ad Akaashi.
 
***
Akaashi
Keiji non dovette a lungo chiedersi il perché di quella spallata. Era la seconda notte che tutti i Corvonero passavano in brande improvvisate disposte in Sala Grande ed era anche la seconda notte in cui Akaashi sentiva Kenma piangere. Lui, Ennoshina, Osamu, Shirabu e persino Sakusa avevano provato a consolarlo, ma senza successo. I ragazzi del sesto anno erano gli unici a sapere del suo stato animago e anche gli unici a poter capire il motivo del litigio con Kuroo. Yaku, Kita e Suga sembravano devastati di riflesso per il compagno, ma per quanto ci avessero provato nessuno di loro aveva ancora capito come aiutare il più piccolo.
Il giorno dopo, Akaashi si presentò come promesso all’appuntamento con Bokuto nel giardino della torre dell’orologio, ma il grifondoro capì subito che qualcosa non andava.
“Kuroo ti ha detto qualcosa su Kenma?” gli disse Akaashi quando Bokuto gli chiese se andasse tutto bene. Il grifondoro inclinò la testa verso il basso e sospirò.
“Hanno litigato.” rispose mesto “Kuroo di solito mi dice sempre tutto, ma non su questo. Non vuole dirmi perché hanno discusso, né perché non vuole più rivolgergli la parola.” Akaashi annuì; se l’era aspettato.
“Ma come sta?” chiese. Bokuto rise amaro.
“Davvero male.” rispose “È intrattabile e sembra davvero a pezzi.” Akaashi non poté far altro che annuire di nuovo.
“Kenma?” fu la domanda di Bokuto, il corvonero sospirò.
“Uguale.” disse. Il grifondoro si portò le mani ai capelli e prese a sfregarle mentre lanciava in aria un’esclamazione.
“Ma perché!?” chiese forse a lui, forse a nessuno in particolare. “Sono così stupidi! Se stanno male entrambi dovrebbero parlarne!” Akaashi non rispose. Si biasimò per non aver consigliato a Kenma di confidarsi con il suo ragazzo, ma davvero non riusciva a biasimare Kuroo per essersela presa tanto. Sospirò. Forse per la prima volta in vita sua Keiji non aveva idea di come aiutare un amico.
“Sono cose loro.” capì “Per quanto io voglia bene a Kenma e per quanto Bokuto ne voglia a Kuroo, non possiamo fare altro che stargli vicino”.

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Capitolo 23
*** Venendone a capo - pov. Suga | Sakusa ***


 
Suga
Per la terza volta in tre giorni, tutti i prefetti corvonero e i capiscuola si riunirono per cercare di risolvere la situazione della Casa nero-blu. Quello scherzo – aveva assicurato il preside Furudate – non sarebbe stato lasciato impunito. Il problema, certo, era che non sapevano ancora chi ne fosse l’artefice. Erano già due giorni che i professori tentavano di scoprirlo. Avevano iniziato con le buone, ma presto – chi più chi meno – avevano iniziato a spazientirsi.
“Pretendo che il colpevole si faccia avanti adesso,” era ad esempio stata la tattica di Washijo “o i compiti triplicheranno per tutti”. Così adesso Suga non solo doveva risolvere la faccenda insieme agli altri prefetti e coordinare i propri compagni affinché lasciassero la Sala Grande prima che la colazione avesse inizio, ma aveva anche molti temi in più da svolgere.
“Almeno la vostra Casa ha finito le partite da giocare, per quest’anno!” si stava lamentando Daichi – l’unico grifondoro nella stanza – in quel momento “Dobbiamo allenarci moltissimo se vogliamo rimontare, ed i miei compagni di squadra non sono quelli che si potrebbero definire…” rifletté forse troppo a lungo sul termine da usare “be’, diciamo solo che non sono il tipo di persone in grado di studiare in fretta!” sospirò ed incurvò le spalle. “Avete almeno qualche sospetto su chi abbia lanciato quelle dannate cacchebomba?” Suga si guardò intorno: in mancanza di una Sala Comune si trovavano in un piccolo salotto gentilmente offerto dal professor Nekomata. I prefetti erano seduti chi in poltrona, chi sul divano o su sedie di legno fatte comparire per magia. Solo Shimizu e Daichi stavano occupando la scrivania.
“Su quale Casa sia responsabile non ci sono dubbi.” disse qualcuno, e Suga vide Daichi corrucciare gli occhi.
“Siete sicuri di questo?”
“È così, Daichi.” rispose lui. “Hanno firmato il colpo. Quando è scoppiato nel bel mezzo dei nostri festeggiamenti sono saltati fuori anche fuochi d’artificio verdi e argentati.”
“Magari i colpevoli l’hanno fatto di proposito per depistarci…” suggerì il Caposcuola senza crederci davvero. Suga lo conosceva e sapeva che se diceva così era solo perché non voleva escludere nessuna opzione, ma alcuni prefetti risero.
“E perché avrebbero dovuto?” chiese quella del quinto anno “I Serpeverde si sono vendicati! Lo sappiamo tutti!”
“Quindi i sospetti si riducono al 25% degli studenti.” intervenne Shimizu “Ma questo non ci aiuta. Da adesso ci sarà quasi impossibile ridurre il campo.”
“I Direttori delle Case si stavano già occupando di capire la posizione di ogni loro studente quella sera. Dirò al professor Washijo di torchiare di più i suoi.” disse Daichi. “Sembrerà eccessivo interrogare i nostri compagni, ma per quanto mi riguarda sono d’accordo con il preside: questo scherzo non rimarrà impunito.” tutti annuirono concordi.
“Avete notizie riguardo alle pulizie?”
“Be’, la Sala Comune è teoricamente pulita,” riportò Akaashi “ma la puzza è ancora insopportabile.”
“Non possiamo continuare a rimanere in Sala Grande!” si lamentò la sua collega del sesto anno “Siamo costretti a svegliarci tutti all’alba per lasciare il posto ai tavoli per la colazione. Dovete fare qualcosa.” supplicò i capiscuola. Daichi e Shimizu annuirono.
“Parleremo con i professori e cercheremo una stanza più adatta.” rispose la ragazza.
“Credo che per oggi non ci sia più nulla da aggiungere.” concluse Daichi. “Rimaniamo per domani sempre a quest’ora. Vi diremo se abbiamo trovato dove trasferirvi. In caso di cambiamenti ci aggiorniamo.” tutti assentirono di nuovo con il capo, poi presero ad alzarsi.
Daichi, Suga e Shimizu rimasero in coda per scambiare quattro chiacchiere:
“E così,” iniziò il prefetto guardando il proprio ragazzo “te la stai facendo sotto per l’ultima partita!” lo prese in giro. Daichi sorrise.
“Sono ancora più che deciso a vincere la Coppa di Quidditch, se vuoi saperlo! Hai idea di quanti punti ci servano per farlo??” in effetti non sarebbe stata una cosa facile: Tassorosso vantava il miglior portiere della scuola e Grifondoro aveva bisogno di molti punti per poter raggiungere Serpeverde in classifica.
“Per fortuna i tuoi bambini sono instancabili, e se aggiungerai qualche allenamento in più potranno solo essertene grati!!” risero tutti e tre.
“A proposito dei tuoi bambini…” fu il turno di Shimizu. I ragazzi si voltarono a guardarla e la trovarono leggermente arrossita “non fatevi strane idee, d’accordo?” volle premettere, il che fece venire strane idee a Suga “Tanaka mi ha regalato questi biglietti per il concerto de Le Parselmouths e io vorrei chiedere a lui di accompagnarmici.” il corvonero vide gli occhi di Daichi illuminarsi “Ma vorrei anche trovare un modo per invitarlo senza ucciderlo sul colpo!”
“Voglio essere sincero con te, Shimizu:” parlò il grifondoro “non credo che esista un modo in cui tu possa dirglielo senza ucciderlo sul colpo.” la ragazza si morse il labbro inferiore, preoccupata e sovrappensiero.
“Forse tu, Daichi, potresti prepararlo.” Suga attirò l’attenzione di entrambi. “Intendo buttando lì la possibilità che dato che è stato lui a regalarglieli, Shimizu potrebbe volere lui al suo fianco.” Daichi guardò Suga, poi si voltò verso Shimizu per sapere cosa ne pensasse lei. La caposcuola scrollò le spalle:
“Meglio così che di punto in bianco.”
“D’accordo, ci proverò.” assentì il grifondoro.
Tra una chiacchiera e l’altra, arrivarono in Sala Grande.
“Ci vediamo dopo pranzo per studiare insieme?” chiese Suga al suo ragazzo, che sorrise.
“Certo!” gli diede un rapido bacio sulle labbra, poi fece cenno a Shimizu “A più tardi.” li salutò entrambi, e raggiunse i propri amici al tavolo rosso-oro.
“Continua la luna di miele.” Suga sentì sussurrare Shimizu, poi entrambi si sedettero per il pranzo.
 
***
#proteggiamoSakusa
Sakusa era sul pavimento. Non sapeva da quanto, a stento sapeva dove. Solo poco prima o forse ore fa stava tranquillamente attraversando il corridoio del piano terra quando tre ragazzini l’avevano avvicinato. Sakusa non si era subito reso conto del pericolo; sapeva che quello della distanza di sicurezza era solo un suo problema e che spesso le persone non si rendevano conto di invadere il suo spazio personale, quindi semplicemente aveva compiuto qualche passo verso sinistra in modo da lasciarli passare, ma quelli l’avevano seguito e ora era bloccato con le spalle al muro.
Intrappolato in mezzo ai tre, la vista di Sakusa aveva presto iniziato ad annebbiarsi; le mani dei ragazzini erano sporche e protese verso di lui; aveva iniziato a respirare a fatica, ci vedeva doppio, a tratti non ci vedeva affatto. Sakusa non riusciva a capire nulla: non come respirare, non come difendersi. Capiva solo che lo stavano toccando, che lo stavano sporcando. Mai, in tutta la sua vita, Kiyoomi si era sentito peggio, perché loro volevano sporcarlo; volevano ferirlo. Sentiva solo le loro malefiche risate; il battito del proprio cuore sembrava pulsargli nelle orecchie. Sentiva caldo e freddo insieme, e tremava. Non aveva mai tremato tanto.
“HEY!”
“Questa voce.” pensò “Ho sempre odiato questa voce.” ogni volta che la sentiva i nervi di Sakusa si mettevano in allerta e lui poteva stare certo che qualcosa di terribile gli sarebbe successo, eppure perché adesso gli sembrava il suono più meraviglioso del mondo?
Sentì i passi rapidi ed agitati di Atsumu avvicinarsi e distintamente la sua voce intimare ai giovani serpeverde di sparire.
“Omi.” sentì quell’odioso nomignolo come se Miya lo stesse pronunciando a chilometri di distanza.
“Omi.” sentì ancora da quello che sembrava il fondo di un tunnel.
“Omi.” il tono che si faceva sempre più urgente. Infine cessò. Sakusa continuò ad iperventilare; aveva gli occhi chiusi o forse li aveva aperti e non era in grado di vedere.
“Evanesco.” riusciva ad afferrare solo qualche parola proveniente da lontano, chissà da dove.
“Aguamenti.”
“Tergeo.”
Erano gli incantesimi che Sakusa conosceva di più; quelli che usava ogni giorno.
“Gratta e Netta.”
“Testabolla.”
L’aria si fece più rarefatta, passarono i secondi, i minuti… per quanto ne sapeva Sakusa persino le ore. Infine, l’aria tornò abbondante nei suoi polmoni.
La vista gli si schiarì: Miya. Il serpeverde era inginocchiato accanto a lui; la bacchetta in mano e lo sguardo terrorizzato. Solo allora Sakusa si ricordò che il suo incantesimo testabolla era scoppiato per la troppa poca concentrazione. Osservò la mano armata di Atsumu e si rese conto che era stato lui a rimettergli la membrana protettiva in volto. Distolse gli occhi dal ragazzo e passò a concentrarsi sui propri abiti; la tensione crebbe.
“È tutto a posto.” dovette essersene accorto anche l’altro “Ti ho ripulito, non sei sporco.”, ma l’ansia del corvonero non si attenuò, così Miya prese a frugarsi nella borsa e ne uscì uno strano oggetto.
“Ecco.” glielo porse come se Kiyoomi avesse dovuto sapere che cosa fosse. Atsumu dovette intuire qualcosa dalla sua espressione, perché distese gli occhi e mormorò un “Oh.” poi spiegò: “È una cosa babbana. Sostituiscono il sapone, sono come dei fazzoletti ma imbevuti di igienizzante, così eliminano i germi.” sporse con più insistenza il pacchetto verso di lui, ma Sakusa continuò a fissarlo titubante. Atsumu sorrise leggermente prima di tornare a parlare:
“È colpa di Samu se ne tengo un pacco sempre in borsa.” spiegò “Nostra madre non ci lasciava mangiare nulla quando eravamo fuori con lei e non avevamo una di queste per pulirci le mani. Così Samu ha iniziato a portarsele ovunque e ha passato la sua abitudine anche a me.” se Sakusa non si fidava di Atsumu, si fidava però di Osamu, e di certo si fidava del rapporto che quest’ultimo aveva con il cibo. Non dubitava, quindi, che la storia fosse autentica, e se quegli strani fazzoletti funzionavano per i babbani, perché per lui non avrebbero dovuto?
Afferrò il panno umido che spuntava dal pacchetto e se lo passò sulle mani. Solo allora si rese conto di non avere i guanti; si guardò intorno e li trovò in grembo a Miya. Sollevò con astio lo sguardo su quello dell’altro, ma nei suoi occhi dorati – che suo malgrado aveva ormai imparato a conoscere – non trovò neanche una goccia di colpa.
“Erano sporchi e te li ho tolti.” gli disse il serpeverde quando capì perché Sakusa lo stesse guardando in quel modo. “Li ho puliti, però. Ora puoi rimetterteli.” Kiyoomi li afferrò, li pulì con Gratta e Netta e li indossò.
Con la coda dell’occhio, vide Miya accennare un movimento verso di lui, ma prima ancora che Sakusa potesse dire o fare alcunché, il serpeverde si era bloccato.
“Riesci ad alzarti?” la mente di Sakusa era ancora confusa e stressata a causa dell’attacco di panico, ma fu abbastanza lucida da capire che Miya stava per aiutarlo a lasciare il pavimento salvo poi ricordarsi che lui non voleva essere toccato. Insicuro ancora della propria voce, il corvonero si limitò ad annuire; si appoggiò al muro e si tirò su. Non appena fu sui propri piedi, le gambe iniziarono a cedere; Sakusa si aggrappò con forza al davanzale della finestra che aveva alle spalle ed alzò una mano in direzione di Miya per dirgli che non aveva bisogno d’aiuto. Il serpeverde fece due passi indietro ed attese che l’altro si ristabilizzasse. Quando avvenne, Sakusa prese a scrutarlo:
“Non è stato lui.” capì in quel momento “Non può essere stato lui a sporcare la Sala Comune.” gli era adesso talmente chiaro da non riuscire a credere di aver davvero pensato il contrario.
“Riesci a muoverti?” continuò a premurarsi Atsumu. Sakusa deglutì prima di rispondere:
“Mi serve ancora qualche minuto.” l’altro annuì e non fece niente per andarsene.
“Possibile che si voglia assicurare che io stia completamente bene?” si chiese, ma la risposta era ovvia.
Era confuso. Troppo confuso. I suoi nervi erano ancora allerta e tutto il suo corpo tremava; brividi gelidi attraversavano la sua spina dorsale ed i pensieri gli fuggivano via prima ancora di potersi radicare nella sua testa.
Non era sicuro di quanto tempo avessero passato in quelle esatte posizioni quando dei passi fecero voltare entrambi: era Sugawara.
“Cosa succede!?” Sakusa non seppe mai con certezza cosa fu a far agitare tanto il prefetto del settimo anno, ma pensò che probabilmente il suo stato fisico fosse sufficiente. Poteva solo immaginare quanto pallido e sudato fosse.
“Ha avuto un attacco di panico.” spiegò Miya, Suga lo guardò con rabbia ed accusa, quindi Sakusa volle subito chiarire:
“Tre ragazzini.” disse tremante “Erano di Serpeverde. Credo siano stati loro a far esplodere le cacchebomba in Sala Comune.” Atsumu annuì.
“Sono del terzo anno. Posso dirvi i loro nomi.” disse. Suga continuò ad osservarlo scettico, poi si voltò verso Sakusa.
“Ti fidi?” gli chiese, e lui rispose senza alcuna esitazione:
“Sì.” guardò Atsumu e Atsumu guardò lui.
“Bene.” sentirono entrambi a stento la voce di Suga “Dobbiamo cercare Daichi e il professor Washijo.” il serpeverde distolse lo sguardo dal suo e lo puntò su quello del prefetto.
“Tu accompagna Omi in infermeria, io cerco Washijo.” Sakusa sospirò ed inclinò la testa; si chiese come mai Atsumu avesse detto a Suga di accompagnarlo e non l’avesse fatto lui stesso come sempre insisteva per fare quando qualcosa del genere gli succedeva a lezione.
“Possibile che pensi che con Sugawara mi senta più a mio agio?” fu un pensiero passeggero, ma era troppo stanco, troppo confuso per ragionarci più a fondo. Si staccò dal muro e seguì il prefetto lungo il corridoio.
“Possibile che per tutto questo tempo mi sia sbagliato su Miya?” iniziò a chiedersi.

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Capitolo 24
*** Tra lacrime e fusa - pov. Kenma | Kuroo ***


Kenma
Piangeva. Piangeva di nuovo. Piangeva ancora. Kenma non era mai stato tanto male come in quel periodo. Era una settimana ormai che Kuroo lo ignorava; una settimana che gli sembrava di non riuscire a respirare.
I suoi compagni di dormitorio – distesi come ogni notte nella loro nuova stanza accanto a lui – avevano provato in tutti i modi di aiutarlo, ma senza successo.
“Non è qualcosa a cui loro possono porre rimedio.” pensava Kenma, ed era per questo che quella notte provò a piangere in silenzio.
Pensò a Kuroo. Pensava sempre a Kuroo: a quando si era trasferito nella casa accanto alla sua, a quando gli aveva mostrato i videogiochi per la prima volta, a quando aveva scoperto della magia, a quando aveva iniziato a fargli la corte.
Kenma non sapeva quando esattamente Kuroo avesse iniziato a piacergli; forse l’aveva sempre fatto. Era subito diventato il suo migliore amico e poi era salito di livello. Ricordò di com’era arrossito la prima volta che Kuroo gli aveva proposto un appuntamento e ricordò come il panico l’avesse invaso spingendolo a rifiutare. Kenma era stato un codardo allora e un egoista in seguito, perché davvero non capiva per quale ragione dovessero cambiare qualcosa di già così perfetto com’era il loro rapporto. Sapeva che per Kuroo mancava ancora qualcosa, ma non per lui. Cosa avrebbero mai potuto aggiungere alla loro relazione ufficializzando il fatto che stavano insieme? Baci e sesso, era la risposta, e Kenma non voleva; Kenma aveva paura. Poi, era stato egoista anche il motivo per cui aveva ceduto. “Mi hai preso per esasperazione.” gli aveva detto… ma non era affatto vero. Era il suo quarto anno, il quinto per Kuroo, ed il più grande aveva iniziato ad avere sempre più successo tra le ragazze. Lo invitavano ad uscire, gli chiedevano di studiare insieme, tifavano per lui a Quidditch, gli si sedevano accanto in Sala Grande quando Kenma non poteva. E Kuroo, solare com’era sempre stato, non si negava. Kenma aveva iniziato a sentirsi male ogni volta che lo vedeva con altri, e si sentiva ancora peggio quando capiva quanto fosse stupida ed egoista la propria gelosia. Eppure, contro ogni logica, ad ogni avance del grifondoro lui continuava a rifiutare.
“Mi piace davvero tanto, Kenma.” aveva detto poi un giorno Kuroo alla sua forma di gatto. Erano in cortile, da soli, e il corvonero si stava godendo le sue carezze all’insaputa del più grande. “Oggi gli ho chiesto di nuovo di uscire, ma ha rifiutato come sempre…” aveva continuato a confidarsi il corvino, poi aveva sospirato “Mi piace davvero tanto, ma non so fino a quando riuscirò ad illudermi che cambierà idea.” Kenma aveva spalancato gli occhi ed interrotto le fusa; si era voltato verso Kuroo solo per vedere il suo sguardo distrutto ed impaurito rivolto verso il basso. La volta successiva che gli aveva proposto di andare ad Hogsmeade come suo ragazzo, Kenma non aveva rifiutato.
“Cosa ti ha fatto cambiare idea?” gli aveva chiesto stupito e confuso Kuroo.
“Mi hai preso per esasperazione.” No, gli aveva invece fatto capire cosa mancasse al loro rapporto già secondo lui perfetto; gli aveva fatto capire che non poteva nemmeno sopportare l’idea che qualcuno si mettesse insieme a Kuroo se quel qualcuno non era lui.
E adesso l’aveva perso.
Kuroo aveva continuato a consultarsi con il gatto ogni volta che si sentiva in crisi con Kenma: “Vorrei fare l’amore con lui, ma preferisco aspettare i suoi tempi.” e Kenma si era rilassato; “Vorrei dirgli che lo amo, ma ho paura di spaventarlo.” e Kenma gli aveva fatto capire che non sarebbe stato così; “Vorrei dire alla mia famiglia di noi, ma non so se lui vuole fare coming out.” e Kenma gli aveva proposto di dirglielo per Natale.
“Stupido egoista!!” si rimproverò singhiozzando ancora in silenzio. Era notte fonda, ma ogni volta che provava a chiudere gli occhi non faceva che vedere il volto sconvolto e devastato di Kuroo: “Ti piaceva tanto vedermi mentre mi mettevo in ridicolo, eh!?” Kenma strizzò gli occhi e si mise le mani tra i capelli pur di togliersi quell’immagine dalla testa, ma nulla sembrava funzionare, così decise di alzarsi. Lasciò la Stanza delle Necessità ed andò fino alla Torre di Grifondoro. La Signora Grassa dormiva, ed anche se non lo avesse fatto Kenma non aveva comunque la Parola d’Ordine. Sapeva di non poter fare nulla, eppure quel punto gli era sembrato il più adatto per aspettare. Si sedette accanto al ritratto e cercò di appisolarsi, ma non ci riuscì.
“Devo fare qualcosa.” pensò, poi si trasformò in gatto. Scese le scale, attraversò corridoi e passaggi segreti; spuntò in cortile e da lì prese ad arrampicarsi tra i davanzali delle finestre e le nervature del castello. Dovette fare un giro notevolmente ampio, ma alla fine riuscì ad arrivare alla finestra del dormitorio di Kuroo. Il bordo era piccolo ed il rischio enorme, ma non farlo e vivere senza di lui sarebbe stato peggio: si trasformò in ragazzo ed usò la bacchetta per aprire la finestra, poi tornò gatto ed entrò silenzioso nella stanza. I suoi occhi felini trovarono subito il suo grifondoro dormire in un sonno agitato. Saltò agile e delicato sul suo letto e Kuroo si svegliò immediatamente. Lo fissò senza dire niente per diversi secondi; Kenma non avanzò, ma non poté impedirsi di appiattire il ventre alle coperte in una tacita richiesta di perdono e timoroso di non ottenerla. Quando Kuroo iniziò a sollevare la mano, Kenma si chiese se lo stesse facendo per accarezzarlo o cacciarlo via. Quando, poi, la adagiò leggera sulla sua piccola testa, le fusa di Kenma vennero fuori più forti che mai. A quella dimostrazione d’affetto e gratitudine, Kuroo non riuscì a trattenere un sorriso che però nascose subito dopo. Kenma decise di dover mettere fine ai suoi giorni da codardo, quindi avanzò raggiungendo il volto dell’altro; iniziò a fare la pasta[1] sul suo petto e a leccargli il mento. Dopo qualche secondo di esitazione, Kuroo sollevò le braccia e lo strinse contro di sé.
“Te l’avevo detto che sarei riuscito a portare il gatto in dormitorio.” sussurrò. Sebbene non riuscisse davvero a farlo da animale, Kenma sorrise, poi si acciambellò tra le braccia di Kuroo ed insieme – per la prima volta dopo una settimana – dormirono calmi e felici.
 
***
Kuroo
Kuroo era talmente arrabbiato con Kenma da arrivare a credere che lo sarebbe stato per sempre. Sicuramente non pensava che avrebbe ceduto solo dopo una settimana.
Stava dormendo agitato – come sempre negli ultimi giorni – quando una leggera pressione sulle coperte lo aveva svegliato. Quando capì cos’era stato, Kuroo si immobilizzò. Era arrabbiato: arrabbiato che Kenma non si fosse fidato di lui; arrabbiato che avesse deciso di non dirgli nulla; arrabbiato che dopo una settimana avesse deciso di presentarsi a notte fonda proprio sotto quella forma. Quando sollevò la mano, non sapeva neanche lui per cosa l’avrebbe usata, ma lo sguardo terrorizzato dell’animago gli schiarì le idee. Invece di cacciarlo via, quindi, Kuroo gli accarezzò la testa e la reazione fu immediata. Il grifondoro sorrise ma subito si costrinse a tornare serio, poi Kenma si avvicinò.
“È freddo.” si accorse coccolandolo meglio. Guardò verso la finestra ormai chiusa e si chiese per quanto tempo avesse provato ad arrivare proprio al suo dormitorio.
“L’ha fatto per me. Solo per me.” una parte di lui sapeva che non avrebbe dovuto perdonarlo così facilmente: “Non ha scusanti per non avermelo detto!”, ma tutto il resto di sé gridava a quella piccola parte di piantarla: “Kenma è qui! Kenma è con me.” diceva “E questo è tutto ciò che importa”.
Si addormentarono insieme e Kuroo fu felice di svegliarsi ogni volta che Kenma sistemava la propria posizione o iniziava a fare le fusa di punto in bianco. Quando infine si fece mattina, furono entrambi svegliati da delle risate sommesse. Kuroo aprì gli occhi e la prima cosa che vide fu Kenma – tornato umano – fare lo stesso. Poi sollevò lo sguardo e trovò Bokuto, Aran, Iwaizumi e Daichi fissarli stupefatti e divertiti.
“Ma buongiorno!” esclamò il suo migliore amico.
“Questo è il modo migliore per fare pace.” annuì convinto Aran.
“Sono felice per voi, quindi non toglierò punti a Kenma per aver dormito qui.” concesse il Caposcuola sorridendo. Anche Kuroo sorrise. I suoi compagni gli dissero – con aria anche troppo ammiccante – che si sarebbero sbrigati a cambiarsi, quindi Kuroo decise di trattenere le effusioni ancora per un po’. Sapeva quanto facessero sentire a disagio Kenma.
Una volta soli, il corvonero si mise seduto e prese a fissare il pavimento. Kuroo seguì il suo esempio e si rizzò a sua volta.
“Mi dispiace.” disse piano e con voce tremante il più piccolo. Kuroo sospirò e si passò una mano sul volto prima di poggiarla sulla schiena dell’altro.
“D’accordo.” gli rispose. Kenma si voltò a guardarlo e lui aggiunse: “Lo so, va bene.” gli occhi di Kenma si fecero lucidi e lui lo abbracciò “Ti perdono.” aggiunse continuando ad accarezzarlo sulla schiena o sui capelli finché il più piccolo non si fu calmato. Poi, a Kuroo venne un’idea e ghignò:
“Vuol dire che adesso ti lascerai mettere il collarino?” il corpo di Kenma si irrigidì e Kuroo rise di gusto. Si allontanò quel tanto per guardarlo in volto e lo trovò agitato; saettava lo sguardo a destra e sinistra ed apriva e chiudeva la bocca senza emettere suono. Kuroo capì che stava cercando qualcosa da dire, forse stava persino cercando di capire se Kuroo stesse scherzando o se davvero sarebbe stato costretto ad indossare il collare per rimediare al suo errore. Il grifondoro non resistette oltre e gli accarezzò delicatamente una guancia.
“Hey…” sussurrò con un sorriso sulle labbra “scherzavo, okay?” rise ancora “Va tutto bene.” infine lo baciò. Ripensò a tutte le giornate che aveva passato con Kenma e a quelle che aveva passato con il gatto; s’immaginò davvero Kenma con quei collarini e gli venne da ridere, poi ripensò a ciò che aveva visto nello Specchio delle Brame ed arrossì.
“No,” si disse “decisamente non me lo lascerò scappare solo per un litigio”.

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n.a.
[1] Per chi non lo sapesse: “fare la pasta” è quando i gatti premono le zampette in alternanza su una superficie. Solitamente lo fanno addosso al/alla padrone/a per dimostrare il loro affetto.
No, non dirò ancora cosa Kuroo ha visto nello Specchio… aspettate e vedrete!!

 

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Capitolo 25
*** Più confusi che mai - pov. Sakusa | Atsumu ***


Kiyoomi “sono-così-confuso” Sakusa
Dovettero passare quasi due settimane perché la Torre di Corvonero fosse nuovamente abitabile. Bloccato con il resto della sua Casa in Sala Grande, Sakusa non aveva aspettato altro per giorni. Tuttavia, adesso sarebbe stato difficile per lui abbandonare la Stanza delle Necessità dove un solo suo pensiero bastava perché quelle meravigliose salviette igienizzanti spuntassero sul suo comodino. Trasportò quindi i suoi pochi averi con riluttanza fino all’aquila guardiana, entrò in Sala Comune e poi nel proprio dormitorio. Sospirò; la stanza era esattamente come era sempre stata, eppure gli parve più pulita del solito. Pensò agli elfi domestici e a tutto il lavoro che dovevano aver fatto. Quella sicuramente non era la Stanza delle Necessità, ma almeno era ordinata e abitata da sole sei persone anziché settanta.
Era già tardi e Sakusa voleva evitare di rimanere alzato oltre la mezzanotte. Si fece quindi una doccia veloce e si stese chiudendo la tende del proprio baldacchino. L’indomani sarebbe stato il suo compleanno e tutto ciò che avrebbe voluto fare era rimanere tranquillo e per conto proprio tutto il giorno. Sapeva benissimo, tuttavia, che avrebbe dovuto combattere contro i suoi amici per ottenere quella tranquillità.
“Iniziamo con l’addormentarci prima che possano farmi gli auguri.” si disse tra sé e sé “Domani si vedrà”.
 
“Non si è ancora alzato il festeggiatoo??” si svegliò con le urla di Ennoshita al di là delle tende. Sakusa finse di non sentirlo.
“Ci sono i regali da scartare!” si unì Shirabu.
“E la torta.” aggiunse Osamu. Kiyoomi continuò ad ignorarli tutti. Dopo parecchi minuti, finalmente i compagni persero le speranze. Lasciarono il dormitorio e Sakusa poté uscire. Aprì le tende e come ogni anno trovò una pila di regali ai piedi del suo letto. Indossò i guanti e iniziò ad aprirli: per prima cosa gli occhi gli caddero sul pacco a forma di scopa. La sua era ormai abbastanza vecchia, ma rimaneva ancora uno dei modelli più belli e costosi sul mercato. Non riusciva a immaginare, quindi, chi mai avesse potuto permettersi di comprargliene una nuova:
“Al nostro Capitano con l’aiuto di tanti piccoli, grandi aiuti.
Continua così!!”
recitava il biglietto, ed era firmato dall’intera squadra di Corvonero ma anche da Ennoshita, Kenma, Komori ed i suoi genitori. Sorrise ed accarezzò il manico della sua nuova Firebolt 11 per diverso tempo prima di passare ad altro. Afferrò uno scatolo rettangolare parecchio pesante e incartato con attenzione e maestria. Il biglietto era assolutamente più schietto del primo e riportava solo il nome del mittente: “da Ushijima Wakatoshi.” Sakusa non si stupì di trovare un regalo da parte sua: sebbene a scuola si parlassero a stento, i due si conoscevano da parecchio tempo grazie allo stato di sangue delle loro famiglie. Inoltre, avevano stretto molto allo stage sportivo a cui avevano partecipato entrambi solo l’estate prima. Scartò il pacco con curiosità e vi trovò delle nuove protezioni per il volo. Erano di ottima qualità, semplici e senza inutili decorazioni che avrebbero potuto trattenere lo sporco. Le ammirò per qualche secondo e poi le mise da parte.
Passò ad un altro pacchetto, sempre rettangolare ma molto più piccolo e sottile. Il biglietto portava la firma di suo cugino:
“So che ti ho già preso parte della scopa (hai aperto quella per prima, vero?), ma non ho resistito!
Se non esponi questo regalo in bella vista mi offendo!!”
strappò la carta e trovò una fotografia incorniciata con lui e Komori come unici protagonisti. Entrambi erano venuti decisamente male e alla fine dello scatto la sua figura iniziava a fuggire lasciando il posto alla sorellina di Motoya sporca di fango.
“Bene,” pensò rileggendo il biglietto “questa andrà nel cassetto dei calzini”. Stava per alzarsi quando notò un ultimo, piccolo pacco regalo. Sakusa corrugò gli occhi: le persone che gli facevano i regali erano le stesse ogni anno e dubitava che qualcun altro oltre a Komori gli avesse preso più di una cosa. Prese il pacchetto e lesse il biglietto: “da Atsumu Miya.” Sakusa spalancò gli occhi ed afferrò il fiocco con due dita per scioglierlo, poi gli venne in mente il volto ghignante del serpeverde e ritrasse la mano cose se si fosse appena scottato.
“È di Miya che stiamo parlando!” si disse maledicendosi per la sua totale assenza di cautela. Ripensò a dieci giorni prima: a quando Atsumu gli era stato accanto durante il suo attacco di panico, a quando aveva atteso pazientemente che lui si riprendesse, a quando aveva detto a Sugawara di aiutarlo perché aveva capito che lui lo metteva in agitazione.
“Dopo quello che ha fatto non può esserci niente di pericoloso qui dentro.” si disse sicuro, ma – di nuovo – si rimproverò per aver abbassato la guardia e odiò Miya per averglielo fatto fare.
“L’ha predetto.” capì “Ha predetto che sarei stato meno attento e ha ideato uno dei suoi scherzi. Magari per sporcare il dormitorio che è appena stato ripulito!” lasciò il pacco appoggiato sul baule chiuso e fece due passi indietro; si guardò intorno e prese la sua decisione. Tre minuti più tardi Sakusa era imbottito dalla testa ai piedi in modo tale che – qualunque cosa quel pacchetto avesse contenuto – niente avrebbe potuto sporcarlo. Aveva foderato con lenzuoli impermeabili anche tutti i propri averi e adesso era pronto a scoprire cosa Miya si fosse inventato per il suo compleanno. Sciolse il nodo e aprì il coperchio. Kiyoomi guardò all’interno e rimase confuso: vi era solo uno strano e piccolo pezzo di stoffa nero con quelli che sembravano due anelli elastici sempre di stoffa ai due lati. Afferrò l’oggetto e se lo rigirò tra le mani per un po’ prima di notare un secondo biglietto:
               “Un’altra cosa babbana molto utile. Questa non scoppia quando sei agitato.”
Sakusa ci mise qualche secondo per capire: la sua testabolla era andata in frantumi quando quei tre ragazzini l’avevano attaccato. Guardò meglio la stoffa e capì che gli anelli dovevano andare dietro le orecchie affinché il resto potesse coprire naso e bocca. Era forse il regalo più bello che avesse mai ricevuto, quindi – com’è ovvio – si arrabbiò più che mai. Strinse i pugni e digrignò i denti: era furioso; furioso con sé stesso per aver pensato male di Atsumu un’ennesima volta; furioso con Atsumu per averlo confuso di nuovo. Abbandonò tutti gli inutili strati protettivi che aveva indossato e si diresse verso la porta. Fu lì che incontrò tutto il resto del dormitorio di ritorno dalla colazione.
“Odio la tua faccia!” urlò ad Osamu e corse via. Ebbe appena il tempo di sentire Akaashi dire al portiere:
“Non prenderla sul personale.” e l’altro rispondere tranquillo:
“Lo so, stava parlando di Tsumu.” prima di spuntare finalmente in Sala Comune e poi correre verso i sotterranei.
 
***
Atsumu “credimi-sono-più-confuso-io” Miya
Quella mattina si era svegliato di malumore e aveva quindi deciso di saltare la colazione. Aveva cercato di rilassarsi un po’ in Sala Comune sperando che la luna storta gli passasse in tempo per la prima lezione della giornata quando Ushiwaka e Tendou si erano uniti a lui. Tra i due c’era stata qualche tensione dopo l’ultima partita di Quidditch, ma a quanto pareva era tutto superato. Gli faceva sempre un certo effetto vederli in intimità, eppure quel giorno fu persino peggio. Atsumu lasciò quindi con stizza la poltrona che stava occupando e decise di allontanarsi il più possibile dalla scena uscendo dalla Sala Comune. Ci mise forse qualche minuto di troppo per capire il reale motivo del suo malessere, e quando ci riuscì rimpianse la sua ignoranza di poco prima: Kiyoomi. Quello era il giorno del suo compleanno e Atsumu non si era minimamente pentito di avergli mandato un regalo. Fino alla sera prima era rimasto indeciso se firmarlo oppure no. Sapeva che Sakusa non si trovava a proprio agio con qualsiasi cosa riguardasse lui; un regalo anonimo forse sarebbe stato più gradito di uno da parte sua, tuttavia Atsumu conosceva bene il corvonero: “Non oserebbe mai nemmeno toccare un pacco sospetto lasciato anonimo”. Aveva quindi deciso di firmarlo e lasciare che fosse il festeggiato a scegliere se accettarlo oppure no, ma non si faceva illusioni.
Sin da quando avesse memoria, Atsumu non aveva fatto altro che perseguitare Sakusa. I suoi erano perlopiù scherzi innocenti ai quali però l’altro reagiva in maniera esagerata facendolo divertire. Conosceva i limiti di Sakusa e non li aveva mai superati. Mai, in sei anni, aveva creduto di essersi spinto troppo oltre; mai si era sentito in colpa per qualcosa; mai in dovere di allontanarsi… ma adesso era diverso.
Quando si era accorto, Atsumu, di essere innamorato di Sakusa? Era iniziato tutto per puro divertimento. Tormentare quel ragazzino schizzinoso e suscettibile gli era sembrato allettante a undici anni e poi non era più riuscito a smettere. “Ma cosa è cambiato da allora?” si chiese “E soprattutto quando è cambiato?”. Gli faceva male stargli lontano; gli faceva male sapere cosa Sakusa pensasse di lui; gli faceva male immaginarlo con un altro. Eppure, sapeva che la distanza che Atsumu aveva imposto ad entrambi era quanto di meglio potessero avere “Perché lui non merita tutto il male che gli faccio”. Ripensò al suo volto terrorizzato e inorridito – inorridito da lui – quando era fuggito dalla sua Sala Comune appestata. Ripensò a come Sakusa avesse subito dato per scontato che fosse stato lui il fautore dello scherzo della Torre di Corvonero. Ripensò alla reazione spaventata del corpo di Kiyoomi ad un suo semplice tocco.
“È meglio così.” si ripeté ancora una volta “È meglio che mi stia alla larga prima che io lo distrugga.” pensò mentre svoltava l’angolo e finiva nel corridoio che l’avrebbe portato verso la Sala Grande.
Fu allora che lo vide: Sakusa, rigido nella postura come sempre, era fermo ai piedi delle uniche scale che permettevano di lasciare i sotterranei.
“Sta aspettando qualcuno.” capì subito “La stessa persona che gli ha mandato la cartolina di San Valentino.” ipotizzò.
“Quando è stato?” si chiese di nuovo “Quando mi sono innamorato di Sakusa?” ma la risposta non gli arrivò chiara, perché non ci si innamora di qualcuno da un giorno all’altro. Sono piccoli gesti, abitudini, dettagli che fanno sorridere e che diventano quotidiani. È iniziare a pensare all’altro continuamente senza rendersene conto; è capire di non essere completo senza di lui; è mettere la sua felicità davanti alla propria, davanti a tutto.
“Sta aspettando qualcuno, e va bene così.” Atsumu tenne lo sguardo basso e continuò ad avanzare verso le scale. Stava per superarlo quando una mano gli afferrò il braccio: ferrea e tremante. Il serpeverde si arrestò e guardò stupefatto verso il corvonero. Poco prima aveva deciso di superarlo rasente al muro proprio per non invadere il suo spazio personale e adesso erano a meno di un passo di distanza.
“Che cos’hai che non va?” gli chiese subito il corvino più arrabbiato che mai. Il cuore di Atsumu si strinse in una morsa. Doveva trattarsi del regalo: sicuramente Sakusa aveva letto il suo nome e – proprio come Atsumu aveva temuto – aveva subito pensato al peggio.
“Senti,” gli rispose fingendosi calmo e disinteressato “non sei costretto ad aprire quello stupido pacchetto! Brucialo, se ti fa stare meglio.” tentò di liberare il braccio dalla stretta dell’altro, ma questa si fece ancora più d’acciaio.
“Dimmi a che gioco stai giocando, Miya!” il serpeverde lo guardò confuso e sempre più ferito.
“Non ho sempre secondi fini, sai!?” iniziò ad irritarsi. La testabolla di Sakusa scoppiò insieme alla sua ira e in uno sprazzo di lucidità e divertimento Atsumu non poté che pensare a quanto veramente il suo regalo gli servisse.
“Ti conosco da sei anni, credi davvero che questa farsa funzionerà!?”
“Ma quale farsa!!” gli urlò di rimando.
“Mi stai sempre addosso. Ogni giorno qui ad Hogwarts da quando ho undici anni ho dovuto fare i conti con la tua brutta faccia e adesso sparisci di punto in bianco! E secondo te dovrei davvero credere che non c’è niente sotto!?” Atsumu raccolse tutta la propria forza e strattonò il braccio per allontanarsi. Rise, incredulo ed amaro.
“Ti lamenti se ti sto addosso. Ti lamenti se ti lascio in pace.” fece una pausa nella quale pensò ad ogni volta in cui Sakusa l’aveva guardato con disgusto; nella quale pensò a quando al primo anno l’aveva per errore ricoperto di linfapuzza e di come il corvonero avesse rifiutato il suo aiuto. Ripensò alla sua rabbia alla reazione del misofobo perché lui voleva solo aiutarlo! E poi, troppi anni più tardi, a quando alla fine aveva capito: “L’unico modo in cui posso aiutarlo è stargli lontano”.
“Se non te ne fossi accorto sto cercando di darti tregua! Mi chiedi qual è il mio problema!!?” digrignò i denti e fece un passo avanti. Sakusa ne fece uno indietro “Dovrei chiederlo io a te! Che cosa speravi di ottenere venendo qui, eh!?”
“IO NON LO SO!” la risposta arrivò subito dopo lasciando Atsumu confuso. Gli ci volle un attimo per assimilare le parole, poi scosse la testa ridendo.
“Certo che sei incredibile. Ti lamenti tanto sul come ti tratto e non ti rendi conto di come tu tratti me.” aveva detto anche troppo, quindi fece per andarsene ma di nuovo Sakusa lo afferrò, stavolta per il bavero. Venne sbattuto contro il muro e lì rimase a fissare Sakusa, più stupefatto che mai.
“Ogni giorno.” gli disse il corvonero “Ogni giorno, ogni giorno ho dovuto avere a che fare con la tua faccia.” Atsumu scoccò la lingua in un moto d’irritazione. “Ho capito.” pensò “L’hai già detto.” ma poi Kiyoomi continuò:
“E mai, nemmeno una volta è stato per piacere, ma solo per tormento.” Atsumu non lo poté negare, ed iniziò seriamente e sinceramente a temere di aver frainteso i limiti del compagno e di averli superati ogni volta.
“Allora spiegami!” esclamò ancora il corvino “Spiegami cosa volevi fare quando mi hai aiutato con l’attacco di panico! Spiegami perché hai iniziato ad ignorarmi! E soprattutto spiegami perché mi manchi così tanto, maledizione!!” Atsumu rimase sconvolto, pietrificato e senza parole. Sakusa era a pochi centimetri da lui; Atsumu dubitava fosse stato così tanto vicino a qualsiasi altro essere umano prima d’allora, ma si impose di nascondere quel pensiero in un angolo buio del proprio cervello. Stavano respirando entrambi a fatica, soprattutto Sakusa, e Atsumu iniziò a chiedersi cosa dovesse fare, cosa potesse rispondere.
“Sicuramente non devo baciarlo.” pensò, quindi si sporse in avanti e lo baciò. Le labbra di entrambi rimasero sigillate e il contatto durò per meno di un secondo, ma tanto era bastato. Sakusa mollò la presa sulla sua toga e barcollò all’indietro più bianco che mai. Atsumu spalancò occhi e bocca sorpreso dal suo stesso comportamento.
“Cazzo.” pensò, e ancora “Cazzo, cazzo, cazzo.” deglutì mentre la realtà dei fatti diventava più nitida nella sua testa confusa: “Ho vanificato tutto. Tutti gli sforzi che ho fatto per stargli lontano; tutti gli sforzi che ho fatto per farlo stare bene.”
“Omi…” sussurrò talmente piano che non fu nemmeno sicuro di essere stato sentito “scusami.” disse poco più forte “Ti prego, credimi, non volevo. Scusami. Stai bene?” furono solo le ultime due parole a scatenare una reazione da parte dell’altro. Ancora tremante, avanzò verso di lui.
“Ti sei lavato i denti?” Atsumu mise da parte la preoccupazione per il compagno e s’indignò.
“È mattina, ovvio che io mi sia-” ma venne interrotto dall’impeto dell’altro: Sakusa gli aveva afferrato di nuovo il bavero per attirare le sue labbra sulle proprie. Atsumu rimase ancora una volta impietrito; osservò Sakusa che teneva gli occhi sbarrati e sembrava trattenere il fiato, infine si separarono. Kiyoomi barcollò ancora all’indietro e Atsumu sollevò d’istinto un braccio per sorreggerlo che però venne rifiutato.
“Aspetta.” ansimò il misofobo “Dammi un attimo.” il ragazzo dovette compiere alcuni ampi passi per calmarsi, quando tornò su di lui esitò, poi gli accarezzò una guancia e Atsumu fece per sporgersi di nuovo verso la sua bocca.
“No.” lo bloccò il corvonero “Sta’ fermo.” Atsumu deglutì ed obbedì. Sakusa prese ad avvicinarglisi, stavolta con molta più calma. Sembrava dovesse raccogliere tutto il proprio coraggio ad ogni millimetro d’avvicinamento. Sembrava un animale selvatico pronto a fuggire al minimo rumore, quindi il serpeverde smise di respirare.
Le loro labbra si toccarono di nuovo, stavolta con più calma e dolcezza. Atsumu lasciò che fosse Sakusa a dettare i tempi; ogni suo muscolo era di pietra e così rimase finché Kiyoomi non si allontanò quel tanto per poterlo guardare negli occhi.
“Dovrei essere io quello immobilizzato dal terrore, sai?” disse con un accenno di divertimento. Atsumu sospirò una risata e si rilassò. Rimasero immobili per diversi secondi, la mano guantata di Sakusa era ancora ferma sulla sua guancia. Poi, Atsumu inclinò la testa andando incontro al suo palmo, il corvonero accettò il suggerimento e prese ad accarezzarlo. Infine, Atsumu si sporse lentamente verso l’altro. Sfiorò il naso di Kiyoomi con il proprio una, due volte. Voleva baciarlo ancora, ma anche lasciare che fosse lui a dettare il ritmo. Alla terza carezza naso contro naso, Sakusa lo accontentò e lo baciò.
“Io…” sussurrò questi “sono confuso.” Atsumu rise.
“Anch’io.” disse sincero. Sapeva di amare Sakusa ormai da giorni, ma non avrebbe mai neanche osato sognare che qualcosa tra loro potesse succedere davvero.
“È tutto nuovo per me.” rivelò ancora il corvino “Tutto.” sottolineo con urgenza. Dopo appena un attimo, l’espressione di Atsumu si distese di consapevolezza.
“Va bene, andremo piano. Seguiremo i tuoi tempi.” le spalle di Kiyoomi si rilassarono e così fece Atsumu.
“Sta succedendo davvero?” non poté fare a meno di chiedere. Il petto di Sakusa si sollevò ed un sospiro tremolante abbandonò le sue labbra.
“Voglio provarci.” rispose “Provare a stare con te.” disse, e il cuore di Atsumu si riempì di gioia “Anche se davvero non mi spiego perché, credimi.” il suo tono fece ridere il biondo “Però niente più aguati.” lo pregò. Il serpeverde rise.
“Niente più aguati.” concesse, e lo baciò ancora.

___________________________________________________________
n.a.

Essendo ambientata parecchi anni dopo le vicende di HP, sto praticamente inventando i nomi di tutte le scope. La Firebolt 2.0 di Kageyama è molto più vecchia del modello nuovo di Sakusa. La storia è ambientata nel 2012, quindi Firebolt 11 si riferisce al fatto che è stata fabbricata nel 2011.

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Capitolo 26
*** Fuori un dramma, dentro un altro! - pov. Oikawa | Hinata | Osamu | Iwaizumi ***


STUPIDOikawa
Mancavano pochi giorni a Pasqua quando gli arrivò una lettera dai propri genitori. Gli scrissero che sarebbero andati a trovare sua sorella con relativi marito e figlio per le festività ed offrivano a lui tre scelte: andare con loro, rimanere al Castello o passare la settimana di vacanza con la famiglia Iwaizumi. Oikawa capì subito che fino a qualche giorno fa avrebbe subito scelto la terza opzione, eppure adesso era quella che meno lo allettava. Rispose quindi che dopotutto anche lui aveva voglia di riabbracciare sua sorella e suo nipote e mandò indietro il gufo.
Dopo che Iwaizumi aveva provato ad avvicinarlo mentre si dirigeva agli allenamenti, lui e il suo ragazzo non avevano più avuto rapporti. Si stupì, quindi, di vederlo avanzare spedito verso di lui nel deserto corridoio del secondo piano.
“E così,” iniziò cercando – e fallendo – di apparire calmo “lasci il Castello per le vacanze.” il suo tono fece irritare Oikawa che sollevò il mento, altezzoso.
“Infatti.” confermò “Io e i miei andiamo a trovare mia sorella.”
“E non hai pensato di dirmelo.” appurò il grifondoro.
“Perché avrei dovuto? Si tratta della mia famiglia.” non sapeva perché le parole gli uscissero di bocca così acide, ma solo che era ancora irritato con Iwaizumi e non aveva intenzione di giustificarsi con lui.
“Quindi secondo te è normale che io scopra che parti attraverso i miei genitori?”
“Mi stai dicendo che avrei dovuto rimanere qui con te invece che riabbracciare mio nipote che non vedo da mesi?” iniziò ad irritarsi di più.
“Certo che no! Avrei solo voluto che mi avessi detto i tuoi piani.”
“E cosa sarebbe cambiato? Non sei comunque invitato.” Iwaizumi sospirò e distolse lo sguardo.
“Va bene. Errore mio.” disse solo, ed andò via. Quella ritirata fece inferocire Oikawa più di tutto il resto ma, come Hajime, era stanco di litigare. Quindi fece dietrofront e tornò ad oziare nella sua Sala Comune.
 
***
Hinata
Le vacanze di Pasqua iniziarono e finirono senza che Hinata se ne accorgesse. Rimesso piede ad Hogwarts, il grifondoro aveva deciso di passare la giornata con Aone, Kenma e Yaichi. Si stupì quindi non poco quando rientrò in Sala Comune e la trovò addobbata a festa.
“Wooh!” non poté fare a meno di esclamare. Ovunque nella stanza erano presenti festoni di congratulazioni e spara-coriandoli incantati. I suoi compagni – specie quelli del sesto anno – erano più esaltati che mai.
“Hinata!!” venne chiamato da Nishinoya “Abbiamo la Burrobirra!” il cercatore non se lo fece ripetere due volte e raggiunse il tavolo delle bibite.
“Cosa si festeggia?” chiese curioso ed eccitato. Noya si aprì in una sorta di sorriso misto a ghigno.
“Tanaka ha avuto il suo primo appuntamento ufficiale con Kiyoko.” Hinata spalancò gli occhi.
“Intendi Shimizu?? La Caposcuola Shimizu?” prese a guardarsi freneticamente attorno in cerca dell’eroe del giorno e lo trovò vicino al camino mentre gran parte della squadra gli batteva commosso delle pacche sulle spalle.
“Tanaka-san! Congratulazioni!!” rosso in volto ed incapace di smettere di sorridere, il battitore gli rispose annuendo felice.
“Ti sei perso il racconto, Hinata!” gli disse Yamamoto, poi cambiò completamente espressione: “Non posso ancora credere che ti abbia baciato.” disse a un passo dalle lacrime. Raggiunse Tanaka e lo colpì alle costole:
“Non so se essere fiero o invidioso, maledetto!!” Hinata rise. Tanaka era uno di quelli che più frequentava della squadra. Si ritrovavano quasi ogni giorno al Campo per degli allenamenti extra e clandestini, quindi aveva avuto tutto il tempo di capire quanto il battitore tenesse alla corvonero.
“Sia benedetto quel concerto!” Shoyo sentì sussurrare al protagonista della festa con commozione. Si guardò di nuovo intorno: i festoni, i coriandoli, le bibite e tutti i loro compagni che festeggiavano come se avessero appena vinto la Coppa delle Case. L’intraprendenza e l’audacia di Tanaka si meritavano tutto quello. Solo Daichi – sebbene Hinata sospettasse l’avesse fatto forse per la prima volta a malincuore – fu in grado di convincere i compagni ad andare a letto quando si fece tardi.
“Intraprendenza e audacia.” si ripeté il cercatore una volta a letto “Io non sarò da meno”.
 
***
Osamu “adesso-ho-davvero-visto-tutto” Miya
Erano appena rientrati dalle vacanze di Pasqua e – a differenza di suo fratello – Osamu aveva finito per tempo tutti i pochi compiti che gli erano stati assegnati per quella settimana. Miya era quindi sceso del treno per dirigersi immediatamente nelle cucine in modo da rifornire la scorta di merendine che usava tenere in dormitorio, ed era proprio al solito posto che le stava conservando quando le risatine che i suoi compagni di Casa avevano iniziato a rivolgergli non appena aveva messo piede nella stanza smisero definitivamente di essere trascurabili.
“Cosa c’è?” non resistette più e chiese a tutti e a nessuno in particolare. Fu Akaashi a rispondere:
“Nulla. Stavamo solo pensando che tu e Sakusa avreste anche potuto dircelo.” ghignò, ma Osamu non capì; si voltò verso il Capitano che, però, inespressivo come al solito – e stavolta anche con mezzo volto coperto da una mascherina – non gli diede nessuna risposta.
“Inutile che facciate i finti tonti!” si aggiunse Ennoshita “Vi abbiamo visto tutti all’ingresso della scuola mentre vi baciavate! E dire che non vi vedevate da solo una settimana!” Osamu guardò sconvolto verso Chikara e iniziò a chiedersi come fosse possibile che tutti loro avessero preso un abbaio simile quando – lentamente e inesorabilmente – la risposta gli fu chiara. Si girò quindi con assoluta lentezza verso Sakusa, incapace di credere che fosse vero; incapace di capire come fosse possibile.
“Non dirmelo…” riuscì solo a sussurrare al suo indirizzo. Con la mascherina indosso fu impossibile capire se il Capitano fosse arrossito o meno; sicuramente i suoi occhi erano vacui e rassegnati all’idea che presto tutta la scuola avrebbe saputo quello che Osamu aveva appena scoperto.
“TI SEI PER CASO RINCOGLIONITO?” non riuscì più a trattenersi, Sakusa si irrigidì mentre i volti dei compagni si facevano confusi “COME HAI POTUTO METTERTI CON QUEL COGLIONE! MA CHE COS’HAI NELLA TESTA!!” fu allora che la situazione fu evidente a tutti e le urla di sorpresa dilagarono per tutta la stanza.
“Mi stai dicendo che abbiamo visto il Miya sbagliato???” chiese incredulo Ennoshita;
“Atsumu???” non riusciva a capacitarsene Kenma;
“Ma non è lui che ti perseguita da anni??” fu il turno di Shirabu. Gli occhi di Sakusa divennero due ombre e Osamu fu certo che l’amico non volesse altro che sparire in modo tale da non dover rispondere alle domande.
“Che cazzo!” esclamò ancora lui, incapace di credere che suo fratello stesse effettivamente insieme a Kiyoomi Sakusa! “Dev’essere uno scherzo!” disse più a sé stesso che ad altri; si passò una mano sul volto, poi spalancò gli occhi: “Allora è per questo che durante le vacanze si comportava in maniera così strana!” capì immediatamente. Sakusa ebbe un sussulto e si sporse verso di lui:
“Che vuol dire? Come in maniera strana?” Osamu scoccò la lingua e pronunciò la successiva risposta con il massimo disprezzo:
“Sorrideva.” disse. Stavolta il portiere poté chiaramente vedere Sakusa arrossire perché lo fece fino alle orecchie.
“Ma come ha fatto a conquistarti?” gli chiese Akaashi ancora stupito come tutti gli altri. Il Capitano sbuffò e si sistemò meglio sul letto.
“Mi ha preso per esasperazione.” disse un attimo prima di tirare le tende del baldacchino nascondendosi alla vista di chiunque.
“Possibile che tutti i Corvonero vengano conquistati per esasperazione?” chiese piano Akaashi. Infine, arrivarono le ultime parole di Sakusa sebbene attutite dalle spesse tende:
“E comunque non ho mai detto di avere buon gusto”.
 
***
Iwaizumi
Iwaizumi era stato troppo nervoso per riuscire a prendere il treno e tornare a casa per le vacanze. I suoi genitori non erano ovviamente riusciti a capire i suoi motivi, ma Hajime aveva avuto davvero bisogno di rimanere un po’ solo, quindi aveva insistito.
La settimana di vacanza era infine passata ed una settimana ancora da quando Oikawa era tornato al Castello. Sette giorni erano trascorsi e ancora Iwaizumi non aveva avuto modo di parlare con il suo ragazzo. Sulle prime, aveva creduto che nulla – se non le scuse dirette di Tooru – avrebbe potuto farlo calmare, ma si era sbagliato. Passare le vacanze per conto proprio gli era servito per pensare e capire: quello che piano ma inesorabilmente stava inclinando sempre di più il loro rapporto era lo stress; l’ansia dell’essere scoperti che li faceva sentire sempre più oppressi e stretti nel cappio invisibile in cui le circostanze li aveva costretti.
Iwaizumi aveva quindi passato tutti quei giorni a cercare un posto adatto a loro fino a quando ripensare al disastro della Torre di Corvonero non gli aveva dato un’idea.
Dopo una settimana dal rientro dei suoi compagni, finalmente, il grifondoro riuscì a rintracciare il proprio ragazzo. Mai prima di allora gli era risultato tanto difficile trovarlo da solo e la ragione era evidente: Oikawa lo stava evitando.
“Non mi scappi più.” pensò quando finalmente riuscì a bloccarlo in uno sgabuzzino prima che rientrasse in Sala Grande. Alla vista di chi l’aveva afferrato, l’espressione del serpeverde si fece subito astiosa. A quella visione il cuore di Iwaizumi ebbe un colpo, ma si impose di resistere: “Rimedierò.” pensò, ed ignorando la riluttanza dell’altro sollevò una mano e lo accarezzò sul viso. Oikawa sembrò sorpreso da quel gesto così pacifico dopo mesi di litigi, ed ancora di più quando – piano – Iwaizumi poggiò la propria fronte sulla sua.
“Scusami.” gli disse “Io ti amo, siamo stati entrambi degli stupidi.” tenne gli occhi chiusi mentre il suo battito accelerava in attesa di una risposta. Oikawa sospirò e si rilassò, poi lo baciò nel modo più tenero che avessero mai sperimentato.
“Mi sei mancato.” gli disse, ed Iwaizumi sorrise finalmente felice dopo tanti giorni.
“Tutta questa pressione non ci fa bene.” dichiarò “Ho passato tutte le vacanze a cercare un posto in cui poter stare tranquilli, solo io e te.” lo sguardo di Oikawa si illuminò.
“L’hai trovato?” Iwaizumi sorrise.
“L’ho trovato.” confermò “È la Stanza delle Necessità.” il serpeverde ebbe un sussulto e fece un passo indietro mentre rivolgeva lo sguardo al pavimento.
“Ormai la conoscono tutti.” enunciò le sue paure “Dopo lo scherzo fatto ai Corvonero tutti sanno della sua esistenza. Chissà in quanti la useranno.” ma l’altro scosse la testa.
“Ho fatto mille ricerche, Tooru!” spiegò “La Stanza funziona in modo tale che se c’è già qualcuno dentro che la sta usando per altre ragioni, a noi non si aprirà. E se non lo farà capiremo il perché e andremo via prima che ci vedano. Una volta che saremo dentro invece nessuno potrà entrare.” dai suoi occhi, Iwaizumi capì che Oikawa non era ancora del tutto convinto.
“Dobbiamo solo andare al settimo piano e pensare a un luogo in cui poter stare al sicuro da occhi indiscreti. Funzionerà!” sorrise cercando di infondere nella propria espressione almeno un poco della propria positività. Voleva davvero che le cose tra lui e Oikawa funzionassero e la Stanza delle Necessità era perfetta per far sì che ciò accadesse.
“Va bene.” concesse alla fine Tooru “Ci andiamo adesso?” chiese subito dopo. Iwaizumi ghignò: gran parte della scuola al momento era riunita in Sala Grande per la cena e, d’altra parte, lui e Oikawa avevano molte cose per cui fare la pace e quale modo migliore di farla se non…
“Andiamo.” gli rispose sorridendo. Due minuti dopo erano di fronte all’arazzo di Barnaba il Babbeo.
“Pronto?” chiese il grifondoro all’altro che annuì, poi entrambi pensarono a ciò di cui avevano bisogno. Il muro iniziò a cambiare e una porta massiccia a spuntare al posto della pietra. Entrambi sorrisero e, insieme mano nella mano, spalancarono i battenti. Ci volle a tutti un minuto per rendersi conto della situazione: Daichi e Suga erano immobili e li fissavano semi-stesi su un letto matrimoniale ancora intatto; Iwaizumi ed Oikawa stavano ancora tenendo le porte aperte incapaci di muovere un muscolo. Quando finalmente tornò padrone di sé stesso, il serpeverde fece un passo verso destra e scansò con forza la mano da quella del suo ragazzo. Fu Suga, tuttavia, il primo a riuscire a parlare. Guardò il letto, Daichi ed infine verso di loro:
“È imbarazzante.” disse; Sawamura provò ad alleggerire la tensione sorridendo.
“Abbastanza imbarazzante, sì.” confermò, poi si alzò dal materasso e si diresse verso di loro “Ma sono felice che voi abbiate risolto, Iwaizumi. Avevo capito che qualcosa non andava, ma adesso non sembra più così!” ad Iwaizumi mancò il fiato, eppure capì solo grazie all’espressione di Oikawa perché il suo corpo avesse avuto quella reazione. Tooru barcollò indietro, bianco in volto e con gli occhi sgranati.
“Gliel’hai detto…” sussurrò incredulo al suo indirizzo.
“No!” provò a dire Hajime, ma l’altro sembrò non sentirlo.
“Io mi faccio in quattro per nascondere di noi a tutti e tu vai a dirlo in giro!?” alzò la voce.
“Credi davvero che avrei potuto farlo!!?” si alterò anche Iwaizumi “Hai idea di quanti sacrifici io abbia fatto per noi?” gli uscì di bocca e subito se ne pentì: “No, non sono sacrifici.” pensò, ma non ebbe il tempo di dirlo che l’altro rispose:
“Sacrifici, tu?? Tu, che vivi nella felice e spensierata Torre di Grifondoro pensi di aver fatto dei sacrifici? E allora i miei che cosa dovrebbero essere!?” Iwaizumi spalancò gli occhi, incapace di credere alle proprie orecchie. Una parte di sé supplicò il resto di dare una seconda possibilità ad Oikawa; di non credere a quelle parole perché – come le sue subito prima – potevano benissimo essere state dettate dalla rabbia. Poi, pensò al flirt con Miya, alla discussione nel parco e a come Tooru avesse preferito andare ad allenarsi piuttosto che chiarire con lui. Pensò all’espressione che il serpeverde aveva fatto solo pochi minuti prima nello sgabuzzino quando aveva visto chi era stato ad afferrarlo e a trascinarlo là dentro.
“Sono solo io.” capì “Sono solo io che provo a sistemare le cose; solo io che provo a rimettere in piedi i pezzi.”
“Non ti ho mai chiesto di farlo, se è per questo!”
“Allora forse dovrei smettere!” la morsa sul cuore di Iwaizumi non faceva altro che stringersi, stringersi e stringersi ancora di più.
“Ragazzi, vi prego, calmatevi…” intervenne la voce di Daichi. “Oikawa, Iwaizumi non mi ha detto proprio nulla!” spiegò “L’ho capito da solo l’anno scorso, quando sei caduto dalla scopa.” Oikawa sembrò non capire immediatamente, ma poi Suga aggiunse:
“Giusto! La reazione di Iwaizumi. Devo dire che anche io avevo sospettato qualcosa… il modo in cui ti sei precipitato da lui non poteva che dire che lo ami.” Iwaizumi si ritrovò a fissare entrambi senza parole e solo l’improvviso silenzio della stanza gli fece rendere conto di quanto fosse grosso il proprio fiato.
“Che cazzo hai fatto, Iwaizumi.” il grifondoro tornò a guardare il proprio ragazzo. Neanche ricordava l’ultima volta in cui questi non lo avesse chiamato con il nomignolo che tanto gli piaceva. Hajime strinse i pugni prima di rispondere.
“Che cazzo avrei dovuto fare, eh!? Sei caduto da sei metri d’altezza! Vuoi dirmi che non sarei dovuto correre da te?”
“No, cazzo!” fu la violenta risposta “Secondo te ci siamo nascosti per anni solo per mandare tutto a puttane per una caduta??” fu quello a far infuriare Iwaizumi definitivamente: fece tre passi in avanti ed afferrò con forza il bavero della toga di Oikawa
“Per una caduta??” gli fece eco “Hai idea di come mi sia sentito!? Hai urlato, Tooru! Hai urlato come non avevi mai fatto prima e come non hai mai più fatto dopo! Il tuo urlo perseguita ancora i miei incubi e tu davvero mi stai biasimando per essere corso da te?? L’ho fatto perché ti amo, brutto stronzo! Non osare mai più dirmi ‘No, cazzo’ in quel modo!” avevano entrambi il fiatone; gli occhi ridotti a due fessure. Le nocche delle mani di Iwaizumi erano bianche tanto forte stava tenendo la toga dell’altro, mentre le braccia di Oikawa tremavano nel vano tentativo di liberarsi dalla sua stretta.
“Non venire a piangere da me, allora, se poi abbiamo tutti questi problemi.” Iwaizumi lo guardò esterrefatto e la presa gli venne meno. Barcollò all’indietro e non riuscì più a parlare.
“Mi sta davvero dando la colpa di tutto? Sta davvero dicendo che tutti i nostri recenti problemi sono partiti da quello?” Iwaizumi aveva paura di conoscere la risposta.
“Non intendeva dire davvero, Iwaizumi!” furono le parole di Daichi “Lo sai!” cercò di difendere il serpeverde, ma questi non fece nulla per fargli capire che il Caposcuola avesse ragione.
“Infatti!” concordò con lui solo Suga “Nessuno a parte noi sa di voi, giusto?” Daichi annuì “E non saremo certo noi a dire qualcosa in giro su di voi!” cercò di rassicurarli.
“Non sarà difficile, dato che non c’è più nulla da dire su di noi.” rispose Oikawa mantenendo lo sguardo fisso su Iwaizumi “Non stiamo più insieme. È finita.” concluse e se ne andò. Hajime rimase immobile e senza fiato. Incapace di muoversi, parlare, respirare o persino pensare.
“Vai!” quasi gli urlò Daichi “Inseguilo, che stai aspettando!?” Iwaizumi si voltò verso il proprio Capitano con la morte nel cuore.
“Sono stanco.” gli disse “Io ci ho provato in tutti i modi. Se lui non collabora sono problemi suoi.” si voltò e sparì nel corridoio opposto a quello che aveva inforcato Oikawa.
Era finita.
 
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n.a.
Eh già! Si risolve il dramma kuroken/sakuatsu e (ri)comincia quello iwaoi… E CHE DRAMMA! Quindi innanzitutto chiedo scusa per l’angst a tutti/e voi! E dire che la iwaoi è una delle mie OTP supreme di Haikyuu…
adesso passiamo alle vere n/a:
come ho già scritto parecchie note fa (in un POV Tsukishima, mi sembra) la fanfic si rifà ai libri e non ai film. L’arazzo di Barnaba il Babbeo è un arazzo appeso alla parete di fronte a quella della Stanza delle Necessità.
Inoltre (credo che questo sia chiaro anche per chi non ha mai letto i libri, ma io lo specifico lo stesso): la Stanza delle Necessità funziona che se c’è già qualcuno dentro che la sta usando per il tuo stesso scopo ti si apre (es. quando la usano per allenarsi nel quinto o come rifugio nel settimo), mentre se a te serve per una cosa, ma c’è già qualcuno dentro che la sta usando per altro scopo non si apre (es. nel settimo Harry è costretto a far uscire Ginny dalla Camera usata come rifugio per cercare il diadema dove tutto viene nascosto).
Iwaizumi e Oikawa pensano a “un posto per poter stare con il mio ragazzo”, cosa a cui avevano pensato anche Suga e Daichi. Anche mettendo che Oikawa avesse pensato qualcosa come “un luogo al sicuro da occhi indiscreti”, sicuramente Suga e Daichi sono invece discreti… ecco quindi spiegato il misfatto.

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Capitolo 27
*** Grifondoro vs. Tassorosso - pov. Akaashi | Hinata | Atsumu ***


Keiji “cosa-mai-ci-troveremo-nei-Grifondoro” Akaashi
Akaashi guardò l’orologio e decise che per quel giorno sarebbe potuto bastare con lo studio. Chiuse il libro e si rivolse ai propri compagni di dormitorio e studio:
“Io vado al Campo di Quidditch per vedere gli allenamenti di Bokuto. Venite con me?”
“Per vedere Bokuto?” scherzò Ennoshita, poi rise “No, io passo. Sono un po’ indietro con Trasfigurazione.”
“In effetti a Kuroo farebbe piacere se lo andassi a vedere.” fu il turno di Kenma.
“Solo a lui farebbe piacere?” pensò Akaashi, ma si limitò ad annuire, felice di avere compagnia.
“Vengo anche io.” si aggiunse a sorpresa Osamu “Se i Grifondoro giocassero bene potrebbero vincere la Coppa di Quidditch soffiandola ai Serpeverde, e io muoio dalla voglia di vedere Tsumu perdere! Meglio vedere i progressi del cavallo su cui ho puntato.”
“In effetti sarebbe divertente vedere perdere quell’idiota proprio all’ultimo.” rise Sakusa parlando del suo ragazzo.
“E poi non ho ancora finito di vendicarmi per la punizione di Washijo.” aggiunse ancora Osamu. Akaashi non seppe se ridere o rabbrividire per (il povero?) Atsumu. Ad ogni modo prese a dirigersi verso l’uscita del Castello e gli altri lo seguirono.
Sugli spalti del Campo trovarono Shimizu e Suga.
“I Corvonero dovrebbero smetterla di accoppiarsi con i Grifondoro!” commentò quest’ultimo non appena li vide “O rischiamo di ritrovarci con tutta la Casa sugli spalti!”
Assistettero agli allenamenti relativamente in silenzio per un po’ fin quando Osamu non riprese il discorso che ormai da troppi giorni a questa parte non faceva che ripetere a Sakusa:
“Ti ha incantato o stregato?”
“Non ha fatto nulla del genere.” rispose il Capitano senza neanche avere bisogno di chiedere a chi si riferisse.
“Sta tenendo in ostaggio la tua famiglia?” Sakusa gli rispose con uno sguardo truce al quale Osamu rispose trattenendo il fiato:
“È così, non è vero? Se non puoi parlarne basta che tu batta le palpebre due volte e io saprò cosa fare.” Kiyoomi sospirò e così fece il portiere.
“D’accordo, non ha preso in ostaggio nessuno.” concesse “Ma che mi dici dei cupcake? Ne hai mangiato qualcuno sospetto di recente? Gira voce che qualcuno abbia sparso dolcetti ripieni di filtro d’amore per il Castello.” con la coda dell’occhio Akaashi vide Kenma irrigidirsi e purtroppo sapeva esattamente il perché.
“Chi mai può essere tanto stupido da mangiare dei dolci trovati a caso fuori dalla Sala Grande??” chiese esasperato il misofobo e Kenma si strozzò con la bibita che stava sorseggiando. Akaashi soppresse una risata e passò a concentrarsi su Bokuto. Sentì a malapena, quindi, Osamu rispondere:
“Forse tu non saresti il tipo da mangiare cupcake sospetti, ma sicuramente Tsumu è il tipo da spargere filtri d’amore in giro solo per il puro gusto di fare casino.”
Nel frattempo, in campo Bokuto aveva segnato un ennesimo punto per la squadra A e Kuroo – portiere della squadra B – non gli stava risparmiando nessun insulto. A quell’azione, i due erano stati raggiunti dal Capitano e presto anche da tutto il resto della squadra.
“Vi vedo tutti molto carichi, ragazzi! Gli allenamenti programmati per mercoledì e venerdì restano, ma direi che siamo più che pronti per l’ultima partita.”
“Sì!!” si infervorarono subito Noya, Tanaka, Yamamoto, Bokuto e Hinata.
“Vedrete, prenderò subito quel boccino!!” urlò l’ultimo eccitato. Akaashi rise e pensò quello che – con tutta probabilità – stavano pensando anche i suoi compagni di Casa seduti accanto a lui:
“Se lo prendesse subito vincerebbero la partita, ma perderebbero il Campionato. Sicuramente qualcuno glielo farà presente.” ma non successe.
“Sì!” rispose Noya.
“Esatto!” Tanaka.
“Sei il migliore!!” Yamamoto.
“Vai così, Hinata!” si unì anche Bokuto “Sono sicuro che lo afferrerai prima dei cinque minuti!”
“Qui ci vuole un intervento.” arrivarono le parole di Suga. Akaashi si voltò solo per vedere tutti i suoi compagni guardare confusi e forse imbarazzati verso il Campo.
“Decisamente sì.” si aggiunse Osamu.
“Meglio spiegargli bene come battere quella merda del mio ragazzo.” concluse Sakusa. Infine, tutti si alzarono a raggiunsero il Campo.
Una settimana più tardi Grifondoro era pronto a giocare per vincere, e non solo una partita.
 
***
Hinata
E dopo tanti sforzi e allenamenti, finalmente l’ultima partita dell’anno era arrivata.
In sella alla propria scopa, già pronto in aria e in attesa del fischio del professor Ukai, Hinata ripensò alla settimana precedente, quando la maggior parte della squadra di Corvonero aveva raggiunto quella di Grifondoro in campo per aiutarli con gli allenamenti:
“Ricorda,” gli aveva detto Suga almeno tre volte “Serpeverde è primo in classifica con mille punti. A voi ne servono esattamente quattrocento per vincere la Coppa di Quidditch. Il che vuol dire che non devi afferrare il boccino prima dei duecentocinquanta. Intesi?” Hinata se lo ripeté mille e mille volte mentre combatteva contro Yachi per il boccino. Furono entrambi diverse volte vicini ad afferrare la piccola sfera, ma sempre il grifondoro fece in modo che la perdessero di vista.
“Sarà meglio aiutarvi con delle amichevoli, o rischiamo di dare la Coppa ai Serpeverde.” aveva detto la settimana prima anche Sakusa.
“Ma non capisco,” Hinata ricordò la risposta di Daichi “perché tu vuoi aiutarci? Il tuo ragazzo non gioca per i Serpeverde?”
“Proprio per questo dovete distruggerli.” al che Kuroo aveva commentato:
“Cavolo… certo che i Corvonero non hanno sentimenti.” Hinata aveva riso.
“Kuroo-san! Anche il tuo ragazzo è un corvonero!” il cacciatore si era voltato verso Kenma che – serio e annoiato – stava prestando poca attenzione ai presenti; Kuroo lo aveva indicato e aveva detto:
“Sì, appunto. Non si vede?” a quel pensiero Hinata rise. Nonostante le parole del suo ragazzo, tuttavia, Kenma alla fine li aveva aiutati parecchio con le tattiche di gioco, e quando tutti avevano iniziato a guardarlo sconvolto, la sua risposta era stata:
“Purtroppo, riesco a fare due cose contemporaneamente, quindi anche se gioco alla PSP finisco sempre per ascoltare gli sproloqui di Kuroo e qualcosa l'ho imparata.” aveva fatto una pausa e poi aggiunto: “E poi l’ho migliorata.”
Di nuovo, Hinata fece in modo che Yachi perdesse il boccino.
Centoventi a centocinquanta. Non era ancora giunto il momento di porre fine alla partita.
Pensò ad Osamu che si metteva in porta, a Sakusa che provava a segnare contro Daichi, a Suga che disturbava tutti con i suoi bolidi e ad Akaashi che gli insegnava qualche trucco da cercatore.
Duecento a centonovanta.
Duecentoquaranta a duecentottanta.
Duecentocinquanta.
“Finalmente!” pensò il cercatore e partì all’attacco. Adesso che lo voleva, il boccino esitava a mostrarsi. Fu grazie ai movimenti di Yachi che lo trovò. Tassorosso – lo seppe grazie al boato che eruppe dagli spalti prima ancora che dalla voce del commentatore – aveva appena raggiunto i trecento punti. Grifondoro era in svantaggio di cinquanta punti, ma non importava!
Hinata scattò, zigzagò, s’impennò. Allungò la mano ed afferrò la Coppa!
 
***
Atsumu “mi-sento-così-tradito” Miya
Quel giorno Atsumu si era alzato dal letto felice e spensierato. Aveva fatto colazione come sempre seduto di fianco a Suna e Ginjima, trascorso un po’ di tempo con il proprio ragazzo, seguito le prime due ore di lezione della giornata ed infine raggiunto insieme a Sakusa il Campo di Quidditch per l’ultima partita dell’anno.
Sebbene – vista la minaccia dei Grifondoro – avrebbe dovuto esserlo, Atsumu non era minimamente in ansia mentre osservava i giocatori entrare in campo e mettersi in formazione in attesa che il professor Ukai desse il via alla partita. A Grifondoro sarebbero serviti ben quattrocento punti per superare Serpeverde in classifica, ma se le mediocri prestazioni sportive di Yachi erano una condanna per i Tassorosso, si ritrovavano adesso ad essere una benedizione per i Serpeverde: Hinata – pensò Atsumu con rispetto – avrebbe in fretta sconfitto la ragazza portando sì Grifondoro a vincere la battaglia, ma anche Serpeverde a vincere la guerra.
Osservò quindi con serenità la partita godendosi al massimo la vista del gioco che amava. Aone, con le sue micidiali parate, non smetteva mai di stupirlo e Daichi non era da meno. Gli stratagemmi che cacciatori e battitori di entrambe le parti dovettero inventarsi per aggirare l’assurda difesa dei due fece brillare gli occhi e accelerare il cuore di Atsumu. Ammirò le cannonate lanciate da Asahi verso gli anelli e soprattutto quelle di Bokuto; osservò Tanaka e Nishinoya colpire i bolidi con estrema precisione e Futakuchi e Komori fare lo stesso.
“Tuo cugino è in forma!” commentò rivolto a Sakusa quando un bolide spedito dal suddetto tassorosso impedì a Kuroo di segnare.
Le azioni di tutti i giocatori erano talmente belle ed ipnotizzanti che Atsumu quasi si dimenticò di osservare il gioco di Hinata. Sebbene sottovalutato dalla maggior parte della scuola, a Miya era bastata una partita per capire il valore e le potenzialità del cercatore grifondoro. Si stupì, quindi, quando si accorse che arrivati a due ore di gioco il boccino non era ancora stato catturato.
“Maledetti bastardi!” ebbe l’epifania solo in quel momento “Vogliono raggiungere i quattrocento punti!” esclamò indignato. Certo, non poteva biasimarli. Era esattamente quello che avrebbero fatto lui e la sua squadra a situazioni invertite, eppure non poté evitare alla propria frustrazione di usare la sua voce:
“I Grifondoro tutti-muscoli-niente-cervello iniziano proprio oggi ad usare la testa!?” sclerò ancora voltandosi verso Sakusa cercando da questi un po’ di sostegno.
“Ah, sì?” fu l’apatica risposta, però, del suo ragazzo “Non me n’ero accorto.” subito dopo li raggiunse Osamu:
“Ho finito tutti gli snack.” annunciò sedendosi al suo fianco “Tu cos’hai?” gli chiese e – senza attendere risposta – afferrò la sua borsa e iniziò a rovistarci dentro solo per uscirne tutte le cioccorane e le apifrizzole che gli erano rimaste.
“Però!” esclamò dopo un po’ tra una caramella e l’altra “Non pensavo avrebbero seguito così attentamente i nostri consigli per vincere!” disse, e Atsumu iniziò a capire.
“Hai fatto bene a suggerire di aiutarli con delle amichevoli, Sakusa.” i due corvonero si diedero il cinque e il serpeverde si indignò definitivamente. Scattò in piedi e guardò con accusa il proprio ragazzo:
“Insomma, tu avresti collaborato per questo??” indicò il campo da gioco “Se te lo fossi dimenticato, io sarei il tuo ragazzo! È per me che dovresti tifare!!”
“Impossibile dimenticare che tu sei il mio ragazzo, Atsumu.” Atsumu non seppe se prenderlo come un complimento o un insulto, ma Sakusa – il serpeverde lo sapeva con sicurezza nonostante la mascherina che gli aveva regalato gli coprisse metà del viso – stava sorridendo, quindi decise che non poteva essere qualcosa di negativo.
“E SOPRATTUTTO!” si finse più indignato di quanto in realtà non fosse “SI PUÒ SAPERE PERCHÉ A SAMU BATTI IL CINQUE SENZA FARGLI DISINFETTARE LE MANI E A ME NO??” Atsumu conosceva la risosta: suo fratello si puliva sempre con delle salviettine igienizzanti prima di mangiare, e Sakusa lo sapeva. Eppure, non si stupì della sarcastica risposta del suo ragazzo:
“Perché ho già toccato te, Atsumu, e tuo fratello non può essere più sporco di così.” il serpeverde stette al gioco e rispose con tono offeso:
“Ma se i miei compagni di dormitorio mi insultano continuamente perché da quando sto con te la nostra stanza odora solo di disinfettante e detersivo!”
“Immagino che la pulizia sia una novità per tutti voi, non è vero?” ma la risposta di Atsumu venne interrotta dal boato dei tifosi. Solo allora il serpeverde si rese conto di essersi perso le ultime azioni. Hinata aveva afferrato il boccino. Gli occhi di Atsumu corsero subito al tabellone segnapunti e – mentre Kiyoomi e Osamu esultavano – lui non poté che unirsi ai lamenti dei propri compagni di Casa.
“Su col morale, Tsumu!” suo fratello gli diede delle pacche sulla spalla “Se ti può fare sentire meglio, ti perdono definitivamente per la punizione di Washijo che ho dovuto scontare al posto tuo”.
Era magra, sì, ma almeno quella era una consolazione.

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n.a.
nei libri la Coppa di Quidditch viene assegnata alla Casa vincitrice subito dopo l’ultima partita dell’anno, ma per questioni di trama e rendere le cose più semplici ho preferito rimandare la premiazione al Banchetto dell’ultimo giorno insieme alla Coppa delle Case.

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Capitolo 28
*** Festa e ricordi - pov. Suga | Iwaizumi ***


Suga
Suga diede giusto due ore di tempo a Daichi per festeggiare con i suoi compagni di Casa. Dopodiché, come programmato con il suo ragazzo, si diresse verso il ritratto della Signora Grassa e fu proprio lì davanti che trovò Kenma e Akaashi. Per la sorpresa, Suga arrestò il passo, poi ricordò quello che Daichi aveva detto su di lui e sul fatto che fosse la mamma dei Corvonero e sorrise; mise le mani a pugno sui fianchi e finse un cipiglio:
“Non dovreste essere a letto, voi due?” chiese in modo chiaramente sarcastico. I due smisero di chiacchierare tra loro e finalmente lo videro. Fu Akaashi, con un sorriso, a rispondergli:
“Abbiamo pensato che per una volta avremmo potuto essere noi quelli ad aspettare Bokuto e Kuroo fuori da una Sala Comune nella quale non possiamo entrare.” Suga rise ricordando tutte le volte in cui i due grifondoro gli avevano fatto saltare i nervi rimanendo piantati all’ingresso della torre ovest.
“Benedetti ragazzi.” pensò però “È praticamente grazie a loro se oggi sto con Daichi.” e fu proprio in quel momento che il Caposcuola uscì in corridoio. Sorrise.
“Koshi! Eccomi.” poi si accorse degli altri “Volete che vi chiami Kuroo e Bokuto?” e così fece. Cinque minuti dopo erano tutti e sei diretti giù per le scale.
“Qualche idea su dove andare a festeggiare?” domandò Suga.
“Io credevo che stessimo già andando verso le cucine!!” fu la risposta di Bokuto.
“In effetti non c’è modo migliore per festeggiare! Ho proprio voglia di sfondarmi di dolci e burrobirra!” si trovò d’accordo il suo migliore amico e presto anche tutti gli altri.
Superarono le grandi botti di vino finte che segnavano l’ingresso della Tana dei Tassorosso e arrivarono infine al quadro di una natura morta. Né Suga né tantomeno Daichi erano mai stati lì, quindi rimasero incantati entrambi dal modo in cui Bokuto fece spuntare la maniglia della porta al posto della pera. Una volta che il quadro venne spostato, il volto di Osamu spuntò loro davanti: stava lasciando le cucine.
“Insomma, si direbbe che solo il Caposcuola non frequenta le cucine!”
“Hey!” si lamentò Kuroo “Non c’è scritto da nessuna parte che è vietato!” Suga non ne era così tanto sicuro, ma certamente non avrebbe letto il regolamento della scuola solo per smentire il grifondoro.
“Questo posto è fantastico!” esclamò il battitore corvonero guardandosi in giro, e lo stesso fece il capitano grifondoro.
“Sapevamo che quello in dormitorio con Sakusa non potevi essere tu.” stava nel frattempo dicendo Akaashi rivolto ad Osamu parlando anche a nome di Kenma.
“Visto?” si aggiunse il più basso “Stiamo migliorando nel riconoscervi.”
“Facile!” esclamò però in risposta Miya “Quando Tsumu infila la lingua in bocca a Sakusa.” sospirò avvilito e aggiunse: “Ditemi solo che non erano sul mio letto.”
“Erano su quello di Sakusa.” rispose tranquillo Akaashi.
“Ma io non tornerei comunque in dormitorio, se fossi in te.” lo avvertì Kenma. Osamu rispose con uno sbuffo.
“Bene,” disse mentre faceva dietrofront e andava a sedersi sul primo tavolo disponibile “fate come se non ci fossi.” e riprese a mangiare.
“Pozzo senza fondo.” pensò Suga con divertimento, e seguì gli altri allo stesso tavolo del loro portiere.
“Come ci si sente ad aver vinto la Coppa di Quidditch, Capitano?” chiese Koshi al proprio ragazzo. Quello sorrise.
“Alla grande! Speravo davvero di riuscire a chiudere in bellezza il mio ultimo anno!”
“Capitano vittorioso, Caposcuola, migliore della classe di Difesa.” elencò il corvonero “Direi che hai davvero concluso in bellezza.”
“Già,” concordò il corvino “e in più sono anche riuscito a conquistarti! Tutto nell’arco di quest’anno.” Kuroo non riuscì a trattenersi e rise.
“Ma se ne sei quasi uscito pazzo per capire come chiedergli un appuntamento!”
“E alla fine non è stato Suga a fare la prima mossa?” chiese Bokuto conoscendo bene la risposta. Suga trattenne a stento le risate e vide Daichi assottigliare lo sguardo mentre si preparava a rispondere per le rime:
“Disse quello che è rimasto imbambolato al primo bacio!” prese in giro Bokuto “Ma come hai fatto a credere di non piacergli dopo quello??” gli chiese incredulo “E come ho fatto io a lasciarti credere di non piacergli!?” si chiese ancora più incredulo. Tutti risero, Akaashi imbarazzato, gli altri di gusto mentre Bokuto metteva il broncio.
Continuarono a chiacchierare del più e del meno per diverso tempo toccando i più svariati argomenti: dallo studio al Quidditch agli stage per la carriera organizzati dalla scuola, finché Osamu non li interruppe alzandosi dal tavolo salutando tutti e congedandosi. I sei rimanenti lo osservarono uscire dalle cucine e chiudersi la porta dietro, e fu solo quando ciò avvenne che arrivò il commento di Bokuto:
“Certo che dev’essere proprio fantastico avere un gemello!” Suga non poteva dire con sicurezza che Osamu avrebbe concordato.
“Sicuro che ne vorresti uno?” chiese Kuroo al suo migliore amico “E se poi fosse malvagio?” ghignò, Bokuto ebbe un sussulto, poi intervenne Kenma:
“Chissà da dove è nata questa diceria…” si chiese ad alta voce “in ogni caso non è vero che tra gemelli ce n’è uno buono e uno malvagio.”
“Non uccidere le mie fantasie, Kenma!” lo rimproverò il suo ragazzo.
“E sentiamo, secondo te chi sarebbe il malvagio tra i Miya?” la risposta venne contemporaneamente da parte di tutti appena due secondi più tardi:
“Atsumu.” risposero i corvonero;
“Osamu.” i grifondoro. Si guardarono l’un l’altro con espressione incredula e confusa finché Suga non scoppiò e chiese:
“Scherzate, vero?? È chiaramente Atsumu!” fu Daichi a rispondergli:
“Cosa?? Capisco che siate stati più concentrati sugli avversari, ma non avete visto lo sguardo di Osamu durante la vostra ultima partita? È chiaramente da brividi!” i suoi compagni di Casa annuirono mentre Akaashi e Kenma scoppiavano a ridere.
“Be’, quando si tratta di andare contro suo fratello in effetti fa davvero paura.” concesse il cercatore.
Trascorsero così almeno un’altra ora, poi tutti lasciarono le cantine concludendo con: “Alla prossima uscita a coppie dovremmo invitare anche Shimizu e Tanaka!”. Infine, si separarono per dirigersi chi in cortile, chi in Sala Grande, chi verso le due torri.
“Senti,” Suga si rivolse dopo un po’ al proprio ragazzo diventando immediatamente serio mentre salivano le scale “ci sono stati risvolti con Iwaizumi?” Daichi sospirò.
“Nessuno.” rispose.
“Accidenti!” fu l’esclamazione del corvonero “Sono così idioti!” disse “Non possono rovinarsi il loro ultimo anno!” si arrestò e strinse i pugni “Adesso vado da Oikawa e gliene dico quattro!!” decise, pronto a fare dietrofront per dirigersi verso i sotterranei. Daichi accennò un sorriso e gli prese le mani.
“Tesoro, ci sono così tante cose sbagliate in questo piano a partire dal fatto che Oikawa non è uno dei tuoi bambini e per finire che non sai nemmeno dove sia la Sala Comune di Serpeverde.”
“Ma dobbiamo fare qualcosa! Tu non ti senti almeno in parte responsabile?” Daichi sospirò afflitto e Suga intuì la risposta ancor prima che venisse pronunciata.
“Sì.” ammise “Se mi fossi stato zitto forse non si sarebbero lasciati.”
“Che cosa facciamo, allora?” chiese l’altro.
“Parlerò con Iwaizumi.” Suga annuì.
“Be’?” chiese “Allora cosa ci fai ancora qui?” Daichi sorrise e riprese a salire verso la Torre di Grifondoro.
 
***
#proteggiamoIwaizumi
Aveva resistito circa cinquanta minuti in Sala Comune con tutto il resto della sua Casa per festeggiare la vittoria, ma la rottura con l’amore della sua vita era ancora troppo fresca per far sì che rimanesse di buon’umore e senza brutti pensieri per più di un’ora. Era quindi salito in dormitorio e lì era rimasto a piangersi addosso per un tempo indefinito finché Daichi non fece il suo ingresso.
“Ero sicuro di trovarti qui.” disse con tono sconsolato raggiungendo il suo letto. Iwaizumi rimase steso ed evitò di guardarlo negli occhi. Era talmente distrutto da vergognarsene.
“Come procedono i festeggiamenti?” chiese al Capitano giusto per ritardare il discorso che era sicuro quello morisse dalla voglia di fargli.
“Sono scatenati come sempre.” fu la sbrigativa risposta. “Inutile che ti chieda come stai, non è vero?” passò subito dritto al punto. Iwaizumi sospirò:
“Sì,” rispose “inutile.” Daichi si accomodò meglio sul letto dell’amico che gli fece spazio per far sì che come lui si appoggiasse alla testata.
“Ti va di parlarne?” il cacciatore rispose con un’alzata di spalle perché la voce gli venne meno. Era fortemente indeciso: per ore avrebbe voluto parlare di Oikawa, eppure voleva anche fare di tutto per non pensare a lui.
“Tanto è inutile.” si disse tra sé e sé “Tu pensi sempre a Tooru”. Sospirò.
“Ricordi quando mi hai chiesto come ci siamo messi insieme?” Daichi annuì “Ci conosciamo da sempre. Siamo nati a pochi mesi di distanza e i nostri genitori erano amici. Abitiamo nello stesso quartiere, quindi praticamente siamo stati cresciuti come fossimo fratelli, tranne che” rise “non lo eravamo di certo. Abbiamo sempre fatto tutto insieme, era strano per me andare in giro senza di lui.” sospirò “E poi ho iniziato a capire che non volevo andare in giro senza di lui. Avevo circa dieci anni.” fece una pausa nella quale ripensò a quei bei giorni. Lui non era l’unico a stare addosso all’altro: Iwaizumi si ritrovava Oikawa dietro la porta di casa ogni tre per due, ed entrambi non avrebbero potuto esserne più contenti.
“Poi abbiamo iniziato a crescere. Alla fine del nostro primo anno degli odiosi senpai hanno avvertito entrambi che non saremmo mai potuti entrare a far parte delle nostre rispettive squadre di Quidditch a causa della nostra amicizia, e noi gli abbiamo creduto. Abbiamo provato ad allontanarci, ma è stato del tutto inutile.” raccontò “Avremo resistito massimo tre, quattro giorni.” rise al pensiero di quanto poco forte fosse stato il loro impegno “Così abbiamo iniziato a vederci di nascosto.” Daichi continuava ad ascoltare paziente e – almeno in apparenza – interessato.
“Poi, durante l’estate tra quarto e quinto anno, Oikawa ha iniziato a fare l’idiota con le ragazze del quartiere. È sempre stato bello, ma in quel periodo lo era diventato ancora di più! I suoi lineamenti erano migliorati tantissimo e gli ormoni di tutte le ragazze che conoscevamo sembravano essere impazziti.” rise divertito e sconsolato insieme “Be’, lo erano anche i miei, ma tentavo di nasconderlo.
“Un giorno era attorniato da due, forse tre ragazze. Facevano le civette e lui si crogiolava negli allori non diversamente da come faceva di solito.” ricordò “Non so cosa mi fece scattare, in effetti.” ammise “Forse il modo in cui Oikawa mi guardò, o forse il modo in cui lo fecero le ragazze. In ogni caso è stato allora che l’ho baciato per la prima volta. L’ho preso per il bavero e ho messo le cose in chiaro per tutti.” sorrise al pensiero delle espressioni di quelle ragazze e soprattutto a quella di Oikawa. Non disse a Daichi che le parole che aveva rivolto al serpeverde subito dopo erano state: “Non provare mai più a fare la troia con altri”.
“Da allora è sempre stato così. È stata dura nasconderci, ma abbiamo sempre superato tutto, perché io lo amo da quando ho dieci anni, Daichi, e per me nulla contava più di lui.” si girò verso il Capitano con sguardo disperato “Come si fa a disinnamorarsi di qualcuno quando questo non ricambia più i tuoi sentimenti?” si mise le mani tra i capelli, Daichi gli poggiò una mano sulla schiena.
“Non so risponderti, Iwaizumi.” disse sincero “L’ultima cosa che voglio è illuderti,” aggiunse poi dopo una pausa “ma tu sei assolutamente certo che lui abbia smesso di amarti?” il cacciatore sollevò la testa e guardò verso l’amico che continuò: “Eravate entrambi arrabbiati e spaventati; sorpresi di aver trovato me e Suga. Io non conosco Oikawa bene quanto te, ma non è difficile capire quanto sia impulsivo. Magari è stato trasportato dal momento. Non vale la pena tentare di scoprire se è così?” Iwaizumi si prese qualche istante prima di rispondere.
“Non si tratta solo di quel litigio, Daichi.” disse infine “Sono mesi che non facciamo altro che litigare! E mai, nemmeno una volta è stato lui a provare a fare un passo indietro. Sono sempre io. Sempre e solo io.” sospirò afflitto.
“Sai cosa ho visto nello Specchio delle Brame quando eravamo al Ministero?” Daichi si fece attento “Ho visto me e Tooru che ci baciavamo davanti a tutti in Sala Grande.” ammise “E la cosa che mi ha fatto più male non è stata tanto il fatto che non fosse reale, quanto piuttosto che so che non lo sarà mai.” scosse la testa.
“No,” continuò “io ci ho provato, ma non ho intenzione di continuare a farmi del male provando a riparare qualcosa di ormai rotto da tempo. Se ci fosse qualcosa…” disse “qualsiasi cosa che mi facesse pensare che anche lui ha intenzione di fare qualche sforzo per noi…” lasciò la frase a metà “ma non c’è!” concluse e – di nuovo come sempre negli ultimi giorni – pensò ad Oikawa che andava, freddo ed insensibile, ad allenarsi; ad Oikawa che partiva per le vacanze di Pasqua senza dirgli niente; ad Oikawa che lo guardava con rabbia dopo due settimane che non si parlavano.
“No.” ripeté rigirandosi nel letto e dando le spalle a Sawamura “Non c’è niente che mi faccia pensare che a lui importi”.

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Capitolo 29
*** Tempo di esami - pov. Tsukishima | Akaashi | Kenma ***


Tsukishima
Sebbene sia lui che Yamaguchi non fossero mai rimasti indietro con lo studio, l’ultima settimana prima degli esami fu piena di ansia e disperazione. Dopo notti insonni e giorni di ripasso disperato, infine, il grande giorno era arrivato.
Il loro primo esame era stato lo scritto di Trasfigurazione, dopodiché Tsukishima era andato a svolgere quello di Artimanzia e Yamaguchi di Babbanologia. Nel pomeriggio, poi, avrebbero avuto la pratica di entrambi. Avevano appena finito di pranzare quando finalmente ebbero un attimo per discutere delle risposte date al primo esame:
“Sono entrato un attimo nel panico quando ho letto la domanda sullo Scambio.”
“Scherzi?” fu la risposta di Tsukishima “Era una delle più facili!”
“Ero nervoso, Tsukki!” si difese subito l’altro “E comunque alla fine ho scritto entrambi i motivi per cui si differenzia da una trasfigurazione comune.”
“Entrambi???” arrivò il commento di Hinata che passava di lì “Quindi erano solo due? Credevo fossero dieci!”
“Cosa diamine hai scritto per farli arrivare a dieci?” chiese curioso quanto derisorio Tsukishima.
“Non ci sono mica arrivato a dieci!!” fu allora che arrivò anche Kageyama che – sentendo il rivale grifondoro – ghignò divertito.
“Hinata boke.” lo insultò come al solito “State parlando della domanda sull’Evanescenza, vero? Io sono riuscito ad elencarli tutti quanti!” affermò con aria di chi la sa lunga. Kei lo guardò con aria stralunata, incapace di credere che un suo compagno di Casa potesse fare così tanta pena nello studio.
“La domanda sull’Evanescenza chiedeva solo di spiegarne il meccanismo! Che razza di lista hai fatto?” Kageyama sembrò cadere dalle nubi mentre Hinata scoppiava a ridere. I due ci misero poco a iniziare a rincorrersi a vicenda e Tsukishima sospirò.
“Adesso mi sento già meglio!” commentò Yamaguchi e il serpeverde non poté far altro che ridere.
 
***
Akaashi
Akaashi non invidiava assolutamente i suoi compagni di quinto e settimo anno impegnati con gli esami. Certo anche tutto il resto di Hogwarts aveva svolto delle verifiche di fine anno, ma nulla a che vedere con i G.U.F.O. e i M.A.G.O.!
Quella mattina aveva quindi augurato in bocca al lupo a Bokuto prima di lasciarlo in Sala Grande dove per le successive due ore avrebbe svolto lo scritto di Difesa contro le Arti Oscure. A sentire il suo ragazzo non era andato affatto male, e aveva affermato:
“Potrei persino riuscire a prendere una A!” peccato che A stava per ‘Accettabile’ ed era il minimo per poter ottenere il M.A.G.O. della materia. I guai, tuttavia, sorsero con il secondo esame della giornata.
“Com’è andata, Bokuto-san?” gli chiese Akaashi quando il settimo anno iniziò a lasciare la Sala Grande. Viste le spalle ingobbite e i capelli afflosciati del suo ragazzo, il corvonero capì qual era la risposta ancor prima che l’altro aprisse bocca.
“Ecco, stavo proprio per rispondere alla prima domanda,” raccontò “quando ho notato che il ragazzo seduto proprio davanti a me aveva i capelli strani!” iniziò a tornare eccitato e con lo sguardo vispo; Akaashi corrucciò gli occhi.
“Che vuoi dire?” dovette chiedere.
“Sembravano verdi, ma forse no! Proprio non riesco a capire se siano neri o colorati! E dire che ci ho provato per due ore!!” Akaashi ci mise un po’ per capire cosa quelle parole volessero dire:
“Mi stai dicendo che hai consegnato in bianco?”
“Il tempo è finito prima ancora che me ne accorgessi, Akaashi!!” si lamentò. Fu allora che Suguru – che Keiji conosceva come la riserva serpeverde – uscì dalla Sala Grande insieme alla sua ragazza.
“Visto!?” lo indicò spasmodicamente il grifondoro “Non si capisce! Sono naturali? Sono tinti?? E perché mai una persona dovrebbe tingersi i capelli con un tono così scuro? Lo farebbe più evidente, giusto??” il corvonero non riuscì a rispondere immediatamente e nel frattempo Bokuto prese una decisione delle sue:
“Adesso vado da Mika e glielo chiedo.” avvisò. Akaashi riuscì ad afferrarlo prima che riuscisse a fare più di due passi.
“Non puoi andare da una ragazza a chiedere come se niente fosse se la persona con cui sta ha i capelli tinti!”
“Perché no?” chiese sinceramente e genuinamente curioso l’altro “Se dovessero chiederlo a te puoi rispondere tranquillamente, Akaashi!” il corvonero lo guardò incredulo, ma poi s’intenerì e sorrise.
“Sai, preferisco essere l’unico a sapere la verità. Lascia che gli altri si chiedano pure se sono naturali o tinti!” gli disse passandogli una mano tra i capelli “Magari anche Mika la pensa come me e quindi non vorrebbe che tu gli chiedessi di Suguru.” l’espressione di Bokuto si distese in un “Oh.”, poi sorrise felice:
“Tu sai sempre tutto, Akaashi!” gli diede un forte bacio sulla guancia e il corvonero rise.
“Qual è il prossimo esame che hai?” si informò.
“Nient’altro fino a dopo pranzo.” fu la risposta. Keiji valutò seriamente di proporgli di esercitarsi con lui nella pratica di Incantesimi, ma poi pensò alle parole di Bokuto:
“Ho già ricevuto tre inviti per la panchina di alcune squadre professioniste! Non mi servono i M.A.G.O.!”
“Senza contare,” si disse tra sé e sé “che se ha consegnato in bianco neanche un miracolo potrebbe fargli ottenere la sufficienza.”
“Andiamo a fare due passi in giardino?” suggerì quindi, e Bokuto assentì con energia.
 
***
Kenma
Kuroo non si era mai dovuto impegnare nello studio per prendere ottimi voti. Gli bastava stare attento in classe – almeno quel tanto che Bokuto gli permetteva di fare – e leggere giusto una volta il capitolo assegnato per non rimanere indietro. Kenma era sicuro, quindi, che il proprio ragazzo non avrebbe avuto problemi per gli esami. Certo, non aveva considerato che esisteva anche la pratica.
Da circa quaranta minuti Kuroo aveva iniziato il percorso di Difesa Contro le Arti Oscure. Bokuto – venuto subito prima di lui – era fino a quel momento stato il più lento e l’aveva terminato in trenta minuti. Il corvonero aveva iniziato a preoccuparsi quando, finalmente, Kuroo venne fuori urlando e correndo a più non posso. Aveva la toga a brandelli e i capelli flosci e bagnati. La ragione era chiara grazie ai vestiti bruciacchiati e ancora fumanti che aveva indosso.
“Perlomeno,” pensò Kenma positivo “non sembra ferito.” aprì la bocca per chiedergli come fosse andata, ma Kuroo lo precedette:
“Non ne voglio parlare.” disse e Kenma scrollò le spalle.
“Okay.” concesse, poi Kuroo iniziò a raccontare.
“BOKUTO ERA PROPRIO PRIMA DI ME E HA COMBINATO MILLE CASINI!!” si lamentò “Ha ingigantito un Berretto Rosso e poi l’ha lasciato così! Hai idea di quanto siano pericolosi??? Cercano il sangue umano, quelli!!” prese fiato e continuò: “Sono comunque riuscito a superarlo e mi sono ritrovato davanti uno stormo di Doxy infuriati perché Bokuto ha provato a usare il fuoco per disperderli!” sollevò le braccia come a dire “Riesci a crederci??” e eccome se Kenma ci riusciva! “Sono stati loro a strapparmi tutta la toga, visto??” afferrò la stoffa della propria divisa distrutta.
“E perché stai fumando?” chiese Kenma curioso.
“PERCHÉ C’ERA UNO STRAMALEDETTO SCHIOPODO SPARACODA ALLA FINE DEL PERCORSO!” urlò, poi sembrò annaspare e aggiunse “Ah, ma in realtà non era la fine! Sono andato avanti, ed ero convinto che fosse finita, no?” in mancanza di altre idee, Kenma annuì “E INVECE NO!” rispose Kuroo “Perché era un dannato Molliccio!! Credevo che fossi tu, mi hai visto per metà in fiamme e non hai fatto niente! E poi hai commentato che comunque preferivi i videogiochi a me.” indicò sé stesso “I videogiochi, Kenma!” volle sottolineare “Ma tanto non è vero, giusto?” chiese con un sorriso poco convinto in volto “Tu preferisci me!” iniziò ad annuire come a voler suggerire la risposta al corvonero che, tuttavia, ci mise un secondo di troppo a rispondere:
“Sì, certo, senza alcun dubbio.”
“Cos’era quella pausa?” Kenma finse ignoranza.
“Quale pausa?”
“Hai fatto una pausa! KENMA, COS’ERA QUELLA PAUSA?” l’animago lo guardò intenerito e iniziò a ridere.
“Dio, quanto lo amo.” pensò.
“Non ho fatto nessuna pausa!” continuò a negare “Preferisco te ai videogiochi!” ma Kuroo non sembrava ancora convinto, quindi Kenma gli si avvicinò.
“D’accordo, allora… cosa posso fare per dimostrarti che preferisco te? Qualche richiesta speciale?” da furioso, esasperato, stanco e sospettoso, Kuroo divenne trasognato: le braccia gli ricaddero lungo il corpo e gli occhi si spalancarono. Rimase in quello stato per alcuni secondi, poi arrossì, si guardò attorno e – appurato che nessuno li avrebbe sentiti – disse:
“Ecco, è un po’ imbarazzante.” c’erano ben poche cose che potevano far imbarazzare Tetsuro Kuroo, quindi Kenma gli si avvicinò curioso “C’era questo Specchio all’Ufficio Misteri che mostra il desiderio più grande di chi ci guarda dentro.” spiegò “E si dia il caso che tu sia l’unica persona che può esaudire il mio desiderio.” lo sguardo del grifondoro ardeva di passione e aspettativa; Kenma deglutì.
“Sentiamo.” disse.
“Ti vestiresti da gattino sexy per me?” Kuroo sorrise aprendosi in un’espressione molto vicina a sembrare psicopatica. Kenma arrossì e iniziò a farfugliare.
“Insomma, ecco… sì, immagino che io-” ma non riuscì a finire che Kuroo lo afferrò per le ginocchia per metterselo in spalla e trascinarlo verso il Castello.
“Ah, quindi adesso?” pensò da lassù. Poi sorrise: sì, amava davvero tanto il suo ragazzo.

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Capitolo 30
*** Come in un sogno - pov. Iwaizumi | Oikawa | Hinata ***


Iwaizumi
Era passato più di un mese da quando aveva rotto con Oikawa e nel mezzo c’erano stati la loro ultima partita di Quidditch e i M.A.G.O. di fine anno. Pochi giorni e sarebbe arrivata l’estate; un paio di mesi e avrebbe iniziato il suo addestramento da Indicibile presso il Ministero della Magia. Tutto sommato Iwaizumi si disse che – per quanto arduo – sarebbe riuscito a lasciarsi tutta la tristezza dell’ultimo periodo alle spalle.
L’ultimo giorno di scuola era infine arrivato. I suoi amici lo avevano preceduto e – finendo al contrario di lui di fare i bagagli per tempo – erano già scesi in Sala Grande per il loro ultimo banchetto di Hogwarts. Hajime se la prese con calma. La cena non sarebbe iniziata se non alle 19:30, il che gli aveva dato tutto il tempo per salutare con calma il proprio dormitorio. Pensò ai litigi scoppiati a causa di tutto il chiasso di Kuroo e Bokuto, alle notti insonni per lo studio, alle feste clandestine per i compleanni degli amici, a quando durante le vacanze natalizie aveva passato lì il tempo con Oikawa. Si lasciò tutto alle spalle. Avrebbe conservato per sempre quei bei momenti nel cuore, “Ma adesso” – si disse – “è giunto il momento di andare avanti”.
Finì di piegare i vestiti e di riporre i propri averi nel baule; lasciò fuori pigiama, spazzolino e vestiti per l’indomani, infine si diresse verso la Sala Grande.
Ormai mancavano davvero pochi minuti; probabilmente tutta la scuola era già riunita ai tavoli. Aveva appena svoltato l’ultimo angolo quando immediatamente si paralizzò. Davanti ai suoi occhi Kiyoomi Sakusa e Atsumu Miya si stavano baciando. Il serpeverde era appoggiato al muro e teneva l’altro stretto in un abbraccio. Iwaizumi non si accorse di essere rimasto a fissarli finché il biondo non lo guardò storto chiedendogli con aria infastidita:
“Che hai da guardare?” Iwaizumi strabuzzò gli occhi ancora intontito.
“Credevo che solo fino a qualche mese fa ci stessi provando con Oikawa…” riuscì a dire e Miya rise beffardo.
“Non ci proverei mai con quello stronzo del tuo ragazzo.” quelle parole ebbero il potere di gelare e stupire Iwaizumi ancora di più.
“il tuo ragazzo.” sentì l’eco delle sue parole rimbombargli in testa, e fu allora che capì: “Miya ha scoperto di noi. In qualche modo, Miya sapeva di noi.” adesso era così ovvio! “E Tooru si è difeso con l’unica tattica che conosce: la provocazione”. Ed eccolo lì, quel qualcosa che stava cercando; quel qualcosa che gli fece capire che anche Oikawa aveva provato a lottare per loro.
“Cos’altro ho frainteso?” si chiese “Quante altre volte si è fatto in quattro per tenere insieme la nostra relazione?” non aveva tempo per darsi una risposta. Fece un passo indietro, poi iniziò a correre verso la Sala Grande.
“Tutta la scuola è riunita qui.” pensò mentre varcava la soglia “Ma al diavolo!” esclamò cercando il suo ragazzo tra la folla.
“Bene. Bene!” si alzò però il preside parlando con l’incantesimo Sonorus. “Ancora pochi minuti e daremo il via al Banchetto, ma prima di pensare al cibo, ci sono alcuni premi da dover consegnare, mi sembra.” disse con la sua solita aria divertita. Iwaizumi non poté quindi far altro che raggiungere i propri amici e sedersi al tavolo dei figli di Godric.
“Starete tutti aspettando la Coppa di Quidditch e quella delle Case.” continuò, e le esclamazioni che si alzarono lungo tutti e quattro i tavoli confermarono all’uomo che aveva ragione.
“Ma prima di questo,” commentò “ci sono alcune riconoscenze da dover consegnare.” da quel momento in poi Iwaizumi si esternò quasi del tutto dagli eventi della Sala Grande. Non riusciva a pensare ad altro che ad Oikawa e a tutte le volte che poteva, forse, aver frainteso. Iniziò a chiedersi che genere di peso potesse aver tenuto totalmente da solo sulle spalle, in che modo Miya avesse scoperto la verità e che conseguenze avesse portato la sua minaccia sulla serenità di Oikawa. Non seppe mai, quindi, a chi venne consegnata la Medaglia al Merito Magico, anche se sospettava fosse Daichi perché a un certo punto il tavolo di Grifondoro scoppiò in un grandissimo applauso e poco dopo il Caposcuola era seduto tra Iwaizumi e Kuroo che poco prima erano vicini. Non seppe neanche chi fu a ricevere i complimenti dal direttore di Trasfigurazione Oggi in persona per il saggio scolastico più innovativo dell’anno. Invece, seppe con certezza a chi andò il Premio come miglior giocatore di Quidditch.
“E per le sue straordinarie capacità agonistiche; con il merito di aver segnato più punti di chiunque altro…” stava dicendo il preside Furudate “sono orgoglioso di assegnare questa targa al signor Tooru Oikawa!” il tavolo Serpeverde esplose in un boato di gioia e così fecero molti altri seduti a tavoli differenti. Iwaizumi batté forte le mani, fiero e soddisfatto. Ricordò quello che gli aveva detto all’inizio dell’anno nella loro radura e sorrise:
“Dimostra di essere il miglior cacciatore.” e Tooru l’aveva fatto. Lo osservò con orgoglio alzarsi dal tavolo e raggiungere il preside per afferrare la targa; il cuore gli batteva forte e contemporaneamente si stringeva in una morsa al pensiero di non poter andare da lui e baciarlo.
“Ancora per poco.” si disse “Ancora qualche minuto e – se lui lo vorrà – potrò farlo.”
 
***
Oikawa
Oikawa era infelice. Era infelice da troppi giorni, da troppe settimane, da troppi mesi. Litigare con Iwaizumi non aveva fatto altro che ucciderlo lentamente e poi lui si era seppellito da solo rompendo la loro relazione.
Per quanto avesse voluto vincere la Coppa di Quidditch, alla fine della partita Grifondoro-Tassorosso non aveva potuto impedirsi di sentirsi felice per il suo ex ragazzo; durante gli esami aveva provato a non pensare a lui per concentrarsi, ma era stato tutto inutile. Stanco di quella situazione, quindi, aveva iniziato a pensare:
“Come faccio a riconquistarlo?” e la risposta gli era arrivata poco tempo dopo: un gesto plateale. Oikawa avrebbe mostrato ad Iwaizumi quanto lo amava nel modo più chiaro e meno equivocabile possibile. Rimaneva solo di aspettare l’occasione giusta. E l’occasione arrivò con le premiazioni di fine anno.
Quando il suo nome venne chiamato, Oikawa si ritrovò a camminare quasi in trance verso il preside. In normali occasioni non avrebbe pensato ad altro che al premio che stava per ricevere. Ricordò in fretta l’inizio di quell’anno e di come fosse stato maledettamente vicino a lasciare il Quidditch per mero capriccio:
“Sei migliore di Kageyama. Adesso puoi dimostrare di essere anche migliore di Wakatoshi.” se solo quattro mesi prima gli avessero detto che avrebbe ricevuto la targa come miglior giocatore dell’anno, Oikawa avrebbe potuto affermare con sicurezza esattamente quello che avrebbe fatto nel ritirarla: sorridere, sorridere di cuore; rinfacciare a Wakatoshi di essere stato superato e soprattutto a Kageyama di aver fatto meno punti di lui nonostante la pluffa ne valesse dieci ed il boccino centocinquanta.
Eppure, adesso Oikawa stava afferrando il premio senza vederlo; stava annuendo al preside che lo incoraggiava a dire due parole senza pensare minimamente di vantarsi. Applicò l’incantesimo sonorus alla propria gola e iniziò a parlare con voce amplificata. Osservò ancora la targa, poi decise cosa dire:
“Credevo che vincere questo premio sarebbe stato il coronamento della mia vita scolastica.” ammise “Ma adesso che lo guardo, il mio nome sembra sbagliato scritto qui sopra.” osservò i caratteri del suo nome inciso, poi iniziò a cercare Iwaizumi con lo sguardo, ma i Grifondoro erano settanta e non fu facile “Perché non è giusto che ci sia scritto solo il mio nome; perché il mio nome non dovrebbe mai andare scritto senza accanto quello di qualcun altro.” fece una pausa per raccogliere il coraggio. Per anni si era nascosto; la sola idea di rivelare quanto stava per fare anche ad una sola persona fidata lo agitava, eppure stava per farlo davanti all’intera scuola.
“Non sarei mai riuscito ad arrivare fino a questo punto senza una persona speciale al mio fianco. Una persona che ha sempre messo da parte sé stessa per il mio bene senza sapere che io stavo facendo altrettanto per lei. Una persona senza la quale non riesco a respirare… una persona senza la quale non posso pensare di vivere.” i suoi compagni di Casa iniziarono a ridacchiare. Oikawa non lo prese come un insulto. Semplicemente, i Serpeverde erano quelli che lo conoscevano più di tutti e quindi anche quelli più inclini di chiunque altro a pensare che stesse scherzando. Bastò una sua singola occhiata per far dubitare tutti loro di quella sicurezza. Tornò a focalizzarsi sui Grifondoro e finalmente trovò chi stava cercando grazie al suo Capitano che si agitava accanto a lui sorridendo e gomitandolo.
“Una persona” continuò iniziando ad avanzare verso quel punto “che, come me, non ha avuto altra scelta che nascondersi. Una persona che come me ha iniziato ad esaurirsi.” finalmente lo raggiunse. Iwaizumi, spinto da un tanto confuso Bokuto e da un più che entusiasta Daichi, si era alzato “Perché il nostro amore è troppo grande, Iwa-chan, per essere tenuto segreto.” Oikawa sorrise; il cuore non gli era mai battuto tanto forte! La targa era sparita, non sapeva neanche lui a chi l’avesse data per liberarsi le mani mentre camminava. Sollevò le braccia e mise le mani a coppa sul viso di Hajime.
“Quindi non facciamolo più.” disse “Ti prego, Iwa-chan: non facciamolo più.” prese ampie boccate d’aria cercando di calmare il proprio tumulto interiore “Ti amo.” disse e le sue parole riecheggiarono forti e chiare in tutta la stanza. Gli occhi di Iwaizumi si fecero lucidi ed una lacrima gli sfuggì traditrice. Oikawa seppe che anche lui stava piangendo; usò i pollici per asciugare le guance del grifondoro, poi non ci fu spazio per nient’altro se non per i baci.
Tutta la Sala Grande esplose in plausi ed esclamazioni. Iwaizumi ed Oikawa sentirono a stento tutto quello. Il serpeverde non seppe mai quanto tempo passarono a baciarsi, solo che ancora tutta la scuola stava applaudendo quando lui si voltò verso il tavolo della sua Casa guardando Kageyama e pensando: “Premio per il miglior giocatore; Iwaizumi e applausi da parte di tutta la scuola. Vediamo se riesci a fare di meglio.” furono solo le parole di Kuroo a riportare la sua attenzione al tavolo di Grifondoro:
“Hai rotto Iwaizumi.” disse. Oikawa guardò verso il suo ragazzo: rosso in volto come non lo era mai stato e apparentemente incapace di muovere un singolo muscolo. Tooru rise, poi lo baciò ancora.
 
***
Hinata
Sebbene non conoscesse affatto Oikawa e frequentasse poco e solo grazie al Quidditch Iwaizumi, Hinata assistette al loro bacio con genuina felicità.
Arrivato circa a metà strada, il serpeverde aveva abbandonato la propria targa porgendola apparentemente senza accorgersene al primo che gli era capitato a tiro. Da lì, poi, il premio era passato di mano in mano per raggiungere il suo proprietario fino a Shoyo. Il cercatore la osservò ammaliato: “Al miglior giocatore dell’anno: 350 pt. – Tooru Oikawa, Serpeverde.” pur afferrando due volte il boccino, né lui né Kageyama né Akaashi erano riusciti a totalizzare tanti punti, ma il premio non si limitava a questo. Hinata ripensò alle azioni del serpeverde ed i suoi occhi brillarono d’eccitazione.
“Io voglio segnare!” ebbe l’epifania come l’aveva avuta durante lo stage in Scozia “E voglio segnare adesso, non dopo che mi sarò diplomato!” aggiunse. Si era detto che avrebbe battuto Kageyama al suo stesso gioco, ma Oikawa gli aveva appena mostrato come farlo pur giocando in un altro ruolo.
Si accorse di aver tenuto troppo a lungo la targa tra le mani solo quando le urla e gli applausi iniziarono a placarsi, tutto grazie al preside che – alzando le mani – aveva chiesto il silenzio. Shoyo passò la targa a Lev che la passò a Kindaichi che la passò al compagno accanto fin quando non arrivò a Daichi che era seduto vicino ad Iwaizumi. Poi, l’attenzione tornò sul preside:
“Bene, se vogliamo proseguire…” provò a dire, ma tutto poteva dirsi tranne che fosse infastidito. Sorrideva e gli occhi gli brillavano. Nessuno, che fosse più o meno attaccato ai due innamorati, poteva in quel momento essere in grado di nascondere almeno un pizzico di felicità, ed il preside sembrava non provarci nemmeno.
“…signor Oikawa, se vuole tornare al suo posto…” incoraggiò, ma l’interpellato non si mosse, quindi il sorriso dell’uomo crebbe “o se magari si vuole sedere vicino al signor Iwaizumi…” riprovò ottenendo stavolta il consenso dello studente. In molti risero, poi il silenzio calò di nuovo nella stanza e Furudate riprese: “mi sembra che fossimo rimasti alla Coppa di Quidditch!” tanti bisbigli eccitati si diffusero di nuovo per tutta la Sala. Il punteggio era già noto a tutti ed i Grifondoro si prepararono già a festeggiare.
“Ultimo, con ottocentocinquanta punti: Tassorosso!” applausi “Terzo, con novecento punti: Corvonero!” altri applausi “Secondo, con mille punti: Serpeverde!” le acclamazioni si fecero più forti. Nonostante fossero arrivati secondi, nessuno avrebbe mai potuto negare che fossero stati loro la squadra più forte dell’anno. “Infine,” il preside creò una suspence che in realtà non esisteva “primo, con mille e dieci punti: Grifondoro!!” l’intero tavolo rosso-oro esplose nel boato d’esclamazione e gioia che già da troppi secondi – almeno per i suoi standard – stava trattenendo. Hinata si alzò dalla panca e iniziò a compiere ampi ed eccitati salti; Noya, seduto proprio davanti a lui, lo imitò. Pacche sulle spalle, congratulazioni e complimenti gli arrivarono da ogni direzione mentre il Capitano, orgoglioso e soddisfatto, percorreva la stanza fino al banco dei professori per la seconda volta. La squadra si riunì intorno alla Coppa e festeggiò lì per diversi minuti prima che il preside, di nuovo, chiamasse l’ordine.
La Coppa delle Case andò invece ai Corvonero. Esclamarono e festeggiarono anche loro, ed Hinata d’altra parte non poté che essere felice per la Casa del suo amico Kenma. Il grifondoro ripensò alla partita che avevano dovuto giocare al minimo delle loro forze con Osamu in punizione ed il Capitano apparentemente malato; ripensò anche al disastro della Torre di Corvonero e al modo in cui erano stati costretti a dormire scomodi in Sala Grande per tanti giorni. Non gli rimase altro, quindi, che riconoscere il fatto che nessun altro poteva meritarsi quella vittoria più di loro.
Un altro anno era finito. La sua prima Coppa di Quidditch era stata vinta. Si voltò verso Kageyama che venne sorpreso a fissarlo. Vide la sua espressione arrabbiata e ghignò.
“Ho vinto.” gli disse con lo sguardo. “Adesso dovrai accettare la penitenza che ho in mente per te.” trasformò il ghigno in un sorriso. Si chiese se avesse visto davvero Kageyama arrossire o se fosse stato solo un gioco di luci, poi il Banchetto ebbe inizio ed Hinata lasciò tutto il resto da parte.
“Almeno fino alla fine della cena”.
 
_____________________________________________________________
n.a.
Ciao a tutti! Ecco alcune note:
La Medaglia al Merito Magico la ricevono gli studenti per eccellenza. La ricevette Tom Riddle durante il suo periodo scolastico.
Trasfigurazione Oggi è una rivista del mondo di HP. Un saggio scolastico della McGranitt è stato pubblicato mentre lei andava a scuola, quindi ho pensato che anche altri studenti possano averlo fatto.
Il premio per lo sport non so se si chiami effettivamente così, ma comunque di trofei ne esistono diversi tipi nella saga canon. Uno per il Quidditch mi sembra che lo abbia vinto James Potter e uno anche la McGranitt ai suoi tempi.
Poi, riguardo al POV di Hinata, come si sarà capito, per i prossimi due anni (e oltre…) Hinata giocherà da cacciatore, mentre finalmente quel cucciolo di Goshiki entrerà in squadra come cercatore!
Ultima cosa: sappiate che per il capitolo della settimana prossima dovrò fare i salti mortali per pubblicare come da programma perché sarò fuori città, ma vi prometto che farò del mio meglio! Nel peggiore dei casi pubblicherò martedì mattina, ma ripeto: farò di tutto per riuscire ad essere puntuale con l'appuntamento del sabato!
Alla prossima ;D

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Capitolo 31
*** Arrivederci Hogwarts! - pov. Iwaizumi | Yamaguchi ***


Iwaizumi
Era successo. Il suo più grande desiderio era diventato realtà. Persino dormendoci sopra, Iwaizumi ancora non riusciva a credere che tutto il Castello sapesse e che persino applaudisse per la sua relazione con Oikawa. Se prima di cena aveva pensato che l’idea della partenza del giorno dopo non l’avrebbe lasciato dormire, gli eventi del Banchetto invece avevano fatto sì che trascorresse la sua ultima notte ad Hogwarts con un sorriso sulle labbra. La mattina seguente, poi, non gli fu assolutamente difficile mettere nel baule le ultime cose e lasciarsi alle spalle il dormitorio.
Seguito dalla sua valigia che fluttuava Iwaizumi raggiunse l’ingresso dove i bagagli di duecentottanta studenti aspettavano di essere caricati sull’Hogwarts Express. Venne raggiunto presto da Tooru che, vedendolo, sorrise ed affrettò il passo.
“Buongiorno, Iwa-chan!” lo salutò.
“Buongiorno!” sorrise lui di rimando, poi si baciarono. Il cuore gli batté forte.
“È ancora strano, vero?” chiese ad Oikawa che annuì.
“Strano e bellissimo.” rispose, e lui non poté che essere d’accordo.
Fecero strada insieme fino al luogo in cui solitamente si tenevano le lezioni di Cura delle Creature Magiche e che adesso segnava il posto da cui partivano le carrozze per la stazione di Hogsmeade.
Fu mentre aspettavano il loro turno che a Iwaizumi venne un’idea:
“Ti va se aspettiamo i miei amici?” chiese ad Oikawa “So che li conosci già tutti, ma vorrei presentarteli ufficialmente, come si deve.” sapeva che era una cosa stupida e che aveva poco senso, ma l’idea di presentare Tooru una volta per tutte come proprio ragazzo lo emozionava troppo per non proporre una cosa del genere. L’ex-serpeverde sorrise ed annuì, dopodiché ci volle solo qualche minuto perché Daichi con Suga, Bokuto con Akaashi e Kuroo con Kenma arrivassero. Fortunatamente non c’era nulla in quella scuola che non fosse incantato, così non ebbero nessun problema a salire tutti e otto sulla stessa carrozza.
“E così,” disse Kuroo una volta sistemati “state insieme!” Iwaizumi sorrise di cuore e si voltò verso Oikawa.
“Sì,” rispose continuando a guardarlo “è il mio ragazzo.” risero entrambi; Hajime si sentiva tornato un ragazzino in piena tempesta ormonale.
“Ma che dico!” si ritrovò però a pensare “Neanche da ragazzino ero così melenso.”
“Godetevela, ragazzi!” Daichi sembrò leggergli nel pensiero “Dopo tanti anni ve lo meritate. Dovete recuperare tutte le effusioni che avete dovuto trattenere.”
“Anni??” parlò ancora Kuroo “E non ci hai mai detto niente!” mise il broncio. Iwaizumi si voltò verso Oikawa e ghignò.
“Visto che non avevo detto niente?” gli disse con lo sguardo. Tooru mise il broncio ed incrociò le braccia.
“Non rinfacciarmelo.” farfugliò.
“Non lo stavo facendo.” fu la sua risposta, poi lo accarezzò sulla guancia e gli eliminò il broncio con un bacio.
“In realtà, io lo sapevo.” Daichi rispose a Kuroo “E anche Suga da un paio di mesi.” continuò avvolgendo con un braccio le spalle del suo ragazzo. Kuroo si aprì in un’espressione indignata:
“Nessuno mi dice mai niente!”
“Anche io lo sapevo.” non resistette Kenma. L’ex-grifondoro si voltò verso di lui spalancando gli occhi.
“Come diavolo facevi a saperlo anche tu?” il più piccolo scrollò le spalle mentre rideva della reazione del suo ragazzo.
“Li ho visti dietro le serre un sacco di mesi fa.”
“E noi abbiamo visto te trasformato in gatto.” pensò Iwaizumi non riuscendo ancora a credere alle fenomenali capacità di trasfigurazione del compagno. Se glielo avessero raccontato, probabilmente non ci avrebbe creduto.
“Insomma, metà carrozza sapeva già tutto!” esclamò il corvino.
“Più della metà, veramente.” tutti si voltarono esterrefatti verso Akaashi che aveva appena sussurrato quelle parole. Agli sguardi confusi e sorpresi dei compagni, il corvonero rispose scrollando le spalle:
“Vi ho visti due anni fa nella strada per Hogsmeade.” spiegò. Sia lui che Oikawa rimasero senza parole ed entrambi non poterono fare a meno di chiedersi quante altre persone, in realtà, avessero scoperto di loro.
“Quindi io e Kuroo eravamo gli unici a non saperne niente??” parlò per la prima volta Bokuto.
“Lo avreste capito anche voi se solo vi foste fermati a chiedervi perché mai Iwa-chan dovrebbe darmi una testata!” rispose Oikawa ridendo, e così fece Iwaizumi al ricordo di ciò che aveva dovuto fare per impedire ai due amici di vedere un loro bacio.
“O se magari leggeste i biglietti che accompagnano i dolci che decidete di mangiare nonostante siano sul mio letto.” aggiunse Iwaizumi. Tutti risero mentre Kuroo e Bokuto arrossivano e abbassavano lo sguardo.
Quel tratto di strada in carrozza finì troppo presto, così continuarono il viaggio insieme fino a Londra. Lo scompartimento – studiato per sei persone – non sembrava augurare un comodo viaggio. Fortunatamente, però, nessuno di loro sembrava avere problemi a stare stretti. In poco tempo Kenma era seduto sulle ginocchia di Kuroo, Akaashi attaccato al petto di Bokuto, Daichi con un braccio sulle spalle di Suga ed Iwaizumi con le gambe di Oikawa sulle proprie.
I suoi amici passarono ore a raccontare all’ex-serpeverde aneddoti a dir loro “divertenti” riguardo ad Iwaizumi, quindi lui si vendicò delle risate del suo ragazzo raccontando a sua volta aneddoti su Oikawa.
“Durante le vacanze di Natale abbiamo provato tutti i vostri letti!!” esclamò Tooru come un bimbo capriccioso quando i presenti iniziarono a ridere di lui. L’intero scompartimento si ammutolì, poi furono solo i corvonero a continuare a ridere mentre Iwaizumi si giustificava:
“Gli Elfi Domestici hanno pulito tutto, dopo!!”. Fu quasi impossibile, dopo quello, far togliere il broncio ai suoi ex-compagni di Casa, ma l’arrivo del carrello dei dolci risolse tutto.
“D’accordo!” sbuffò Iwaizumi quando decifrò lo sguardo di Kuroo e Bokuto “Quanto mi costerà?” …non avrebbe mai dovuto chiederlo. Daichi si unì agli amici e tutti e tre si sbizzarrirono chiedendo alla donna quanti più dolci possibili.
“Il conto va ai due conigli.” fu il commento di Kuroo mentre Iwaizumi iniziava ad uscire i soldi.
“Dobbiamo prendere le veci anche di Aran!” esclamò Bokuto.
Una volta arrivati a destinazione, tutti gli ex-grifondoro erano ancora pieni di dolci tra le mani.
“Vado a darne qualcuno ad Aran, allora!” rise Daichi. Iwaizumi sapeva che scherzava, ma decise di allontanarsi prima che Ojiro scoprisse cosa avevano fatto nel suo letto. Salutò gli amici con parole e abbracci strappalacrime e la promessa di rivedersi presto.
“Anche perché sareste persi senza di me, vero Bokkun e Kuroo-kun?” Oikawa ammiccò al loro indirizzo facendoli definitivamente scappare. Iwaizumi rise, poi intravide i suoi genitori accanto a quelli di Oikawa. Sospirò e afferrò la mano del suo ragazzo.
“Pronto?”
“Per confermare ai miei genitori che sono assolutamente e irrimediabilmente gay per te? Decisamente sì.” Hajime sbuffò una risata.
“Solo per me?” Oikawa mise il broncio.
“Si fa per dire! Tentavo di sembrare figo!!” continuò a lamentarsi mentre avanzavano.
“Ma tu sei sempre figo.” fu la risposta e gli occhi dell’altro s’illuminarono.
“Iwa-chaaan!” esclamò “L’hai detto e non puoi rimangiartelo!” l’ex-grifondoro rise: non aveva intenzione di farlo. Si baciarono e i loro genitori rimasero a bocca aperta, ma non troppo.
“Eravamo davvero così evidenti?” pensò una volta vista quella reazione; la risposta era ben scritta sui loro volti.
 
***
Yamaguchi
Aveva trascorso uno splendido viaggio in compagnia di Yachi e dei loro compagni di Casa, ma adesso era giunto il momento di dedicarsi del tutto al suo ragazzo. Raggiunse Tsukishima sulla banchina della stazione e gli sorrise mentre con gli occhi iniziavano entrambi a cercare i loro genitori. Yamaguchi aveva raccontato ai suoi della loro relazione durante le vacanze di Natale, per cui i babbani non avevano perso tempo e subito proposto al figlio di invitare il suo ragazzo durante l’estate per poterlo conoscere. Tornato a scuola, Yamaguchi aveva dovuto raccogliere tutto il proprio coraggio per confessare il desiderio dei suoi genitori a Kei ed era rimasto esterrefatto quando aveva appreso che anche i signori Tsukishima avevano chiesto lo stesso riguardo a lui. Abitando lontano e non disponendo – almeno da parte sua – di un camino collegato alla Metro-Polvere, avevano quindi deciso di organizzare una cena lo stesso giorno dell’arrivo dell’Hogwarts Express. Durante tutto il tragitto dalla scuola fino a Londra Yamaguchi aveva provato a distrarsi e a rilassarsi, ma adesso la tensione sembrava essere tornata mille volte più di prima. Kei gli passò un braccio sulle spalle e subito Tadashi poté rilassarle. Gli sorrise, poi tornò a cercare la sua famiglia con lo sguardo.
La banchina era gremita di gente, e gli animali – chiusi nelle gabbie o meno – rendevano il tutto ancora più caotico. Yamaguchi vide Bokuto lottare per tenere in equilibrio sul carello bagagli, gufo, scopa e quella che sembrava essere una montagna di caramelle; vide Kuroo – poco distante dall’amico – trascinare il suo ragazzo ed i bauli di entrambi lontano dal treno e vide Daichi, anche lui con un bel malloppo di dolci in mano, salutare Sugawara, Asahi e Shimizu che era tenuta sottobraccio da Tanaka. Vide anche Aone raggiungere i suoi genitori; Yachi abbracciare la madre ed Hinata correre felice verso Kageyama:
“Allora hai il mio indirizzo?” chiese il più basso al serpeverde. Kageyama arrossì ed annuì.
“E tu il mio?” Hinata sollevò rapido un braccio al cielo, nella mano teneva stretto un biglietto.
“Scritto e memorizzato!” esclamò ancora a gran voce indicandosi la testa “Scrivimi, d’accordo??” Kageyama annuì ancora.
“Ti faccio sapere quando poi venire da me. Ti passo a prendere a casa, se ti va…” fece una pausa “ti faccio provare la mia Firebolt.” e dopo quello, Hinata fu irrecuperabile. Yamaguchi osservò la coppia stupito e ancora leggermente incapace di credere che le cose tra loro fossero progredite tanto in fretta. Li aveva visti parlare dopo il Banchetto di fine anno in maniera – a modo loro – dolce, e poi li aveva sorpresi a cercare uno scompartimento vuoto e tutto per loro per trascorrere insieme il viaggio da Hogwarts fino a Londra. Yamaguchi li aveva frequentati troppo poco per poter esprimere un proprio giudizio sulla loro relazione, tuttavia non poté fare a meno di pensare: “Buon per loro, se li rende felice.” e fu solo lo sbuffo divertito di Tsukishima a fargli distogliere l’attenzione da quella strana, nuova coppia. Il tassorosso si voltò verso il proprio ragazzo e gli bastò vedere il suo ghigno poco rassicurante per pensare: “Oh-oh. Niente di buono.” non fece in tempo a finire quel pensiero che l’altro prese ad avvicinarsi a Kiyoomi Sakusa ed i gemelli Miya.
“Oh?” palesò a questi la propria presenza. Fece cenno alle mani intrecciate di Atsumu e Sakusa “Quindi alla fine hai scoperto chi gli ha mandato quella cartolina d’amore per San Valentino.” Atsumu s’irrigidì e scattò con lo sguardo a Sakusa, poi tornò a guardare Tsukishima e sussurrò – come se il corvonero non potesse sentirlo – al suo indirizzo:
“Zitto! Non ricordargli queste cose!” poi continuò più forte, come se volesse mettere le cose in chiaro per tutti “Adesso Omi sta con me!!”
“Ma di cosa stai parlando?” arrivò la domanda confusa del corvino attraverso la mascherina nera che indossava “Non mi è arrivata nessuna lettera per San Valentino.” i due si guardarono per qualche secondo, poi entrambi presero a voltarsi verso Osamu. Il gemello corvonero, a sua volta, fissò gli altri due per un attimo, poi Atsumu lasciò la mano di Sakusa e prese a rincorrere urlando ed insultando suo fratello. Yamaguchi non resistette e rise così come fece Tsukishima, Sakusa sospirò e Suna si avvicinò con il proprio cellulare acceso e puntato sulla videocamera.
“Dovremmo fermarli?” tutto il gruppo si voltò verso Shimizu che aveva parlato.
“Nah!” rispose Tanaka che era di fianco a lei. Le mise un braccio sulle spalle e aggiunse: “Hai finito di essere una Caposcuola! Non sono più di tua competenza.” la ragazza non sembrava del tutto convinta della cosa, ma poi intervenne Sakusa:
“Non preoccuparti.” disse alla ex-compagna di Casa “Fanno sempre così; è tutto nella norma.” quindi lei scrollò le spalle e si allontanò con il proprio ragazzo.
“Tanaka sta avendo una cattiva influenza su di lei.” mormorò Yamaguchi. Dopodiché, il tassorosso ebbe appena il tempo di sentire Suna chiedere a Sakusa di riprendere i gemelli che si picchiavano per lui durante l’estate per poi passargli tutti i video nel cellulare quando la voce dei suoi genitori attirò tutta la sua attenzione. Il cuore riprese a palpitargli forte nel petto e le guance gli si imporporarono. I due ragazzi raggiunsero gli adulti, Tadashi li salutò con un abbraccio e poi si voltò verso il serpeverde.
“Mamma, papà,” disse “lui è Tsukki. Il mio ragazzo.”

 
BONUS
Sakusa: “che cos’è un cellulare?”


n.a.
[POV Iwaizumi]:

Devo dire che ho faticato per questo capitolo. Iwaizumi mi sembrava sempre troppo OOC ed ero con le mani nei capelli per la disperazione!! Però davvero non sono riuscita a farlo agire in altro modo. Lui e Oikawa stanno insieme da anni, ma da San Valentino non hanno fatto altro che litigare e si sono addirittura lasciati. Adesso, so che nel manga/anime Iwaizumi appare sempre incazzato e risponde sempre malissimo ad Oikawa, ma dopo tutto quello che hanno passato proprio non me lo vedo ad agire così. Magari sarà solo una cosa momentanea e tornerà a urlargli contro dopo qualche giorno… ma non ancora.
Inoltre, SEMI-SPOILER DEL MANGA, quindi non leggete oltre se non volete!!
-
-
quando si vede il time-skip il suo carattere è decisamente più calmo e tranquillo. Magari questo può essere l’inizio di quel cambiamento.
Fatemi sapere che ne pensate!

[POV Yamaguchi]:
Abbiamo praticamente finito. Manca solo l’epilogo che però sarà mooolto corto. Quindi ho deciso di non tenervi sulle spine per una settimana e pubblicare prima! Quindi a martedì!!
xxx

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Capitolo 32
*** Epilogo - pov. Hinata ***


ATTENZIONE: seguono SPOILER del manga.
Se non volete leggere potete anche farne a meno e accontentarvi della fine dello scorso capitolo. Se deciderete di non leggere l’epilogo, anche se lo specificherò anche in seguito, sappiate che ho intenzione di pubblicare diverse OS collegate a questa long, quindi tenete d’occhio il mio profilo!

 

 
Hinata
Erano passati sei anni da quando aveva preso la decisione di diventare un cacciatore e Hinata non aveva mai rimpianto quella scelta.
Dopo aver finito la scuola e aver passato un paio di anni all’estero, Shoyo era infine tornato in patria per entrare in una delle squadre più forti e rinomate della Nazione: i Black Jackals. Molto del suo successo, Hinata lo sapeva bene, lo doveva a Kuroo e Kenma e al loro sponsoring. Era per questo che biglietti e badge per il backstage erano a entrambi garantiti ad ogni sua partita.
“Emozionato?” gli chiese Kuroo quando Hinata ebbe finito di prepararsi.
“Come sempre!” rispose “Ma non è più come a scuola quando dovevo sempre scappare in-” si interruppe e sorrise imbarazzato “be’…” continuò “adesso riesco a gestirlo meglio!”
“Non perdere, Shoyo!” si unì Kenma “Ho puntato su di te.” Hinata lo sapeva e gli sorrise.
“Qualcosa mi dice che non ti stai riferendo solo a qualche piccola scommessa, vero?”
“Sono il tuo sponsor, dopotutto!” fu l’unica risposta che ottenne dall’amico.
“Hey, Hey, Heeey!” i tre sentirono Bokuto ancor prima di vederlo “Kuroo!!” chiamò il suo miglior amico, poi i due si salutarono battendosi il cinque.
“Abbiamo incontrato Akaashi, venendo qui!” gli disse il corvino “Stava andando in tribuna d’onore?” chiese a Bokuto che annuì.
“Anche voi avete i pass per quella tribuna, giusto?”
“Sì,” rispose ancora Kuroo “ma raggiungeremo Daichi e Suga nella curva est.” spiegò. “Sapevate che stanno pensando di adottare due gemelli?” Hinata spalancò gli occhi.
“Ma così salirebbero a quota quattro!!”
“Devono avere un gran bel coraggio…” mormorò Kenma mentre impallidiva. Poi si voltò verso Kuroo “Promettimi che non arriveremo mai a questi numeri.” il corvino arrossì e così fece Hinata: Kenma non stava escludendo l’idea di diventare padre e il cacciatore tentò con tutte le proprie forze di trattenere l’entusiasmo all’idea di diventare lo zio Shoyo.
“Abbiamo già doppiato quel numero con i gatti, amore.” fu la risposta di Tetsuro “I bambini possono aspettare per ora.”
“A proposito di coraggio.” richiamò l’attenzione Bokuto “Ho intenzione di farlo oggi.” tutti i presenti lo fissarono con curiosità; lui sospirò e si spiegò meglio: “Se vinciamo chiederò ad Akaashi di sposarmi!” Hinata non aveva mai visto l’amico tanto deciso ed eccitato all’idea di fare qualcosa, il che era tutto dire!
“Capito, Sho-kun??” il suo collega gli si avvicinò e gli passò un braccio sulle spalle “Fai molti punti, capito??” Hinata sorrise ed annuì.
“Puoi contarci!! E Tsum-Tsum afferrerà il boccino!” passare da cercatore a cacciatore era stato per lui la rivelazione più grande come il contrario lo era stato per Miya. Anche Kenma e Kuroo si congratularono con Bokuto e questi buttò fuori un sospiro tremolante.
“Ho così tanta paura che qualcosa vada storto!” Kenma rise.
“Be’, sicuramente non potrà andare peggio della proposta che Kuroo ha fatto a me.”
“Cioè??” chiesero Hinata e Bokuto all’unisono. Fu Kuroo a rispondere mentre Kenma rideva:
“Questa è una storia che non racconteremo mai.” Kotaro mise il broncio, poi Sakusa ed Atsumu uscirono dallo spogliatoio dando a Kuroo la scusa perfetta per eludere il discorso.
“Fanno sempre così?” chiese guardando la coppia che battibeccava.
“Sempre.” confermarono i giocatori.
“Anche se ormai crediamo che lo facciano apposta. Non dicono mai sul serio.” specificò Hinata mentre si sentiva poco distante Kiyoomi dire:
“Bene, allora stanotte dormi sul divano.”
“Se io dormissi sul divano tu verresti con me e poi finiremmo per fare sesso lì. E non vogliamo che Osamu ci sorprenda un’altra volta in quella situazione spuntando dal camino con la sua brutta faccia, vero?”
“È la tua stessa faccia, Atsumu.”
“STAI DICENDO CHE TI PIACE ANCHE MIO FRATELLO?”
“Forse sto dicendo che non mi piaci tu.” poi le loro voci si andarono spegnendo a causa della lontananza.
“Tutto nella norma.” confermò ancora Hinata. Kuroo e Kenma ebbero appena il tempo di sorridere che la voce del commentatore fece ammutolire il vociare dei tifosi. Nello stesso momento, Meian ed il resto della squadra uscirono dagli spogliatoi.
“Dobbiamo schierarci, ragazzi.” disse loro il Capitano, quindi salutarono gli amici e raggiunsero i compagni.
“Hai già pronto l’anello, Bokkun?” gli chiese Atsumu quando li ebbero raggiunti. Il cacciatore sorrise.
“Puoi scommetterci che ce l’ho!”
“Allora andiamo a vincere questa partita!” si unì Shoyo. Attesero che il commentatore li annunciasse, poi inforcarono le scope e volarono in campo con i fuochi d’artificio a forma di sciacalli che li seguivano. Si disposero in formazione e non appena anche gli Adlers ebbero fatto lo stesso Hinata sollevò lo sguardo e lo intrecciò con quello del cercatore nemico: Kageyama. Ghignò, pronto per una nuova sfida.
“Qui è esattamente dove dovrei essere.” pensò. Poi l’arbitro fischio e la partita ebbe inizio.
 
n.a.
eccoci qui! Siamo alla fine della storia… più o meno.
Sì, non si è ancora scoperto cosa Daichi ha visto nello Specchio. E no, non vi lascerò in sospeso per la proposta di Kuroo a Kenma. Ho intenzione di pubblicare taaaante piccole one-shot su ognuno di loro. Così vedrete anche che fine hanno fatto gli altri che in questo capitolo non si vedono!!
Le OS saranno pubblicate separatamente e non come capitoli aggiuntivi. Le raccoglierò in due raccolte OS: un gruppo ancora ambientate ad Hogwarts e un gruppo ambientate nel futuro, quindi tenete d’occhio il mio profilo! (Non so ancora con che titoli le pubblicherò, ma nella descrizione metterò immediatamente tra parentesi quadre che si tratta di queste OS).
 
Detto questo, come ho già fatto nelle note del primo capitolo vorrei ringraziare LorasWeasley con cui ho ideato la storia!! Ripeto come allora che sebbene l’abbia alla fine scritta io (tra le due sono la più Potterhead, mi toccava!) questa storia è mia quanto sua!
Ovviamente, poi, ringrazio di cuore tutte le persone che mi hanno seguito e soprattutto quelle che hanno trovato il tempo per recensire/commentare la storia! Vi adoro! Le vostre visualizzazioni e i vostri pareri mi hanno sempre fatto sorridere e mi mancheranno tanto! Mi consolo sperando di rivedervi per le OS!
A presto!! Un bacio!
xoxoxo

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