Second Choice

di MalfoyAmalia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Second Choise ***
Capitolo 2: *** La festa ***
Capitolo 3: *** Casella 1: la mancanza di Harry Potter (1° parte) ***
Capitolo 4: *** Casella 1 : la mancanza di Harry Potter (2° parte) ***
Capitolo 5: *** Casella 3 : la famiglia di Blaise Zabini ***
Capitolo 6: *** Casella 5 : il mondo di Pansy ***



Capitolo 1
*** Second Choise ***


CAPIITOLO 1: SECOND CHOICE
Hermione, stretta nel suo grande cappotto rosa cipria, camminava per le strade di Londra osservando i bambini che giocavano con le palle di neve o che pattinavano sulla pista di pattinaggio posizionata apposta all'interno di Square Park per permettere di giocarci e imparare questo sport invernale senza la paura che il ghiaccio si crepi e li faccia cadere nell'acqua gelata. I più spericolati, infatti, li si vedeva sul laghetto al centro del parco e sebbene il ghiaccio creato fosse ben resistente, considerata la bassa temperatura, il timore che si rompesse era sempre al massimo. I bambini le ricordavano un po' lei, quando giocava ad undici anni con Harry e Ron mentre facevano la guerra a chi veniva colpito di meno, sempre disturbati, a metà, dal trio delle serpi che negli anni era un po' cambiato. Difatti se fino al settimo anno Draco Malfoy passava le sue giornate prettamente con Tiger e Goyle, pur avendo altri amici con cui dialogare, dopo la morte di quest'ultimo, Tiger si era ritirato in sé stesso e Draco aveva cominciato essere visto più spesso in compagnia di Pansy Parkinson e Blaise Zabini.
 
Riscuotendosi dai suoi pensieri Hermione si accorse di essersi fermata un attimo di troppo e riprese a camminare per le strade della città. L'obbiettivo che si era posta era quello di comprare dei regali per i suoi genitori, i suoi amici e il suo ragazzo: Ron. Dopo la guerra, infatti, avevano discusso riguardo il bacio che si erano scambiati nella stanza delle necessità e non solo: avevano deciso di provare a mettersi insieme. Erano già al settimo mese di relazione e tutto procedeva a gonfie vele. Quello che avrebbe voluto prendergli in occasione di Natale era un semplice cappotto nero. Aveva notato, infatti, che quando uscivano lui indossava sempre lo stesso. Non perché non ne avesse altri, lei li aveva anche visti quando aveva frugato nel suo armadio in cerca di un maglioncino da indossare per dormire con lui nella sua stanza da prefetto, ma perché era il suo preferito, nonostante fosse molto usurato. Aveva dunque optato per quello, sperando che il suo pensiero gli fosse gradito. Mentre girava per le varie stradine si imbatté in un negozio che non aveva mai visto prima. Anche il nome era abbastanza strano, nonostante le dicesse qualcosa. Il nome "Sisto Fato" era infatti latino e significava "controlla il destino". Lo sapeva poiché, quando incominciò a studiare Antiche Rune, si riscoprì un'amante delle lingue antiche e durante le estati si dilettava nell'imparare qualcosa anche di Latino e Greco, ritenendo che fosse indispensabile la loro conoscenza nella vita degli uomini e in quel momento ebbe la prova che la sua voglia di sapere non era vana, anzi, era stata riutilizzata senza neanche troppe difficoltà. E non era neppure la prima volta che leggeva in giro frasi nell'una o nell'altra lingua, ma in quel preciso momento poco importava. Hermione rimase abbastanza colpita da quel nome e la curiosità fece il resto, spingendola ad entrare nel negozio per comprendere cosa offrisse e se le sarebbe potuto ritornare utile in qualche modo. 
 
'Sempre per fare dei regali' si disse tra sé e sé prima di mettere la mano sulla maniglia e spingere.
 
Come aprì la porta, un campanellino posto al di sopra di essa annunciò il suo ingresso e subito il commesso andò dietro la cassa rivolgendole un dolce sorriso.
 
«Buongiorno signorina, e benvenuta da "Sisto Fato", posso esserle utile in qualche modo?» la voce era quanto di più melodioso avesse mai udito, sebbene l'impostazione rigida e il tono di voce ugualmente mascolino. L'aspetto era abbastanza curioso, ma su due piedi non ci prestò molta attenzione, molto presa a darsi uno sguardo intorno.
 
«Per ora sto dando un'occhiata, forse dopo» rispose Hermione gentile notando come il negozio fosse ben fornito di vari giochi da tavolo delle più svariate specie. «Ah, però» si ritrovò a sussurrare incantata. Riconobbe qualche gioco come scarabeo, scacchi, giochi di carte come "Uno" , l'ultima edizione di Risiko uscita nel 1977 e altri giochi del tutto a lei sconosciuti come D&D, uscito nove anni prima, ma che lei, studiando nel mondo magico, non aveva mai visto o sentito. Si avvicinò, incuriosita dalla scatola e cominciò a leggere la descrizione che vi era scritta sul retro.
 
"Daungeons & Dragons è un gioco fantasy da tavola. La tipologia appartiene al GdR, abbreviazione di 'Gioco di Ruolo' e i partecipanti devono essere almeno 3, sebbene sia più divertente con un numero maggiore di giocatori"
 
Hermione corrucciò lo sguardo chiedendosi cosa fosse un gioco di ruolo. Il commesso, vedendo lo sguardo della ragazza, le si avvicinò. 
 
Aveva una carnagione molto chiara e dei capelli biondo miele, gli occhi erano nascosti da un ciuffo dei capelli lisci e quando li scostò Hermione potette notare che erano grigi, come il colore delle nuvole prima di una tempesta. Aveva anche qualche occhiaia, che tuttavia non disturbava nell'insieme generale, anzi, li davano qualche caratteristica in più. Era oggettivamente un bel ragazzo, dai tratti quasi aristocratici, il che le diede una sensazione di deja-vu che non si riusciva a spiegare non avendo effettivamente mai visto il ragazzo, che poteva comunque avere giusto un paio d'anni in più di lei.
 
«Hai qualche perplessità?» le chiese cordiale una volta che le fu totalmente affianco e notando il gioco che Hermione aveva fra le proprie mani. «Davvero un bel gioco, se lo lasci dire» aggiunse successivamente, mentre aspettava una risposta che gli giunse poco dopo. 
 
Difatti Hermione non riusciva ad aspettare di tornare a casa per poter essere illuminata dai suoi genitori, e sebbene sarebbe potuta risultare ignorante – cosa che in effetti era in quel campo – non ci pensò due volte a porre la sua domanda. «Cos'è un gioco di ruolo?» la semplicità con cui pose quella domanda stupì il commesso che corrucciò lo sguardo. Fra i giovani se ne parlava e tanto. Erano difatti una moda giochi di ruolo come quello e trovare una persona che ne era all'oscuro era una cosa rara se non impossibile, soprattutto da una ragazza che mostrava chiaramente sui 18 anni circa. «Un gioco di ruolo è un gioco in cui ognuno interpreta un personaggio e la storia si sviluppa tramite le farsi e le azioni che vengono compiute da ogni giocatore» spiegò il commesso e qualcosa nel suo sguardo era cambiato. Gli occhi non erano più grigi, ma più tendenti al nero, cosa a cui Hermione, però, non fece assolutamente caso.
 
«E questo di che parla?» chiese affascinata, rigirandosi la scatola tra le mani «Il DM o Daungeons Master è uno di voi che ha le redini del gioco e allo stesso tempo vi guida nell'avventura senza effettivamente giocare. In genere viene inventata ogni volta la storia, quella più diffusa però narra di un cattivo che vuole conquistare il regno tramite i suoi antefatti e voi siete gli avventurieri che devono fermarlo» spiegò pazientemente il ragazzo biondo, il cui nome era ancora ignoto ad Hermione. 
 
Detto ciò, il commesso lo prese dalle mani di Hermione e lo mise nuovamente al posto « È per lei o è un regalo?» chiese successivamente, tastando il terreno su cui si poteva muovere per vendere qualche pezzo "particolare e forte" a detta dello stesso ragazzo. «In verità stavo pensando di prenderlo per il mio ragazzo. Sa, tra qualche mese compie diciotto anni, e non venendo mai qui, stavo pensando di prendere qualcosa, e che gli potesse far piacere un gioco bab- ehm, londinese» stava per dire "babbano", ma si era corretta giusto in tempo. Ciò non sfuggì al giovane commerciante che sorrise divertito.
 
«Io ti consiglierei un altro gioco, diciamo che è sempre di ruolo, anche se un po' se ne discosta. È uscito da poco, infatti ho solo una copia quindi nel caso si deve affrettare. Si chiama "Second Choice"» parlò il biondo con astuzia facendo abboccare al suo amo Hermione che risultò ancora più allettata. Il nome, traducibile con "Seconda scelta" o più banalmente "seconda opportunità" l'intrigava molto più del Gioco di Ruolo che le era stato proposto precedentemente e l'allettava al punto che, forse, avrebbe fatto il passo più lungo della gamba, ma senza chiedere di cosa trattasse chiese direttamente il costo del suddetto gioco che avrebbe poi regalato a marzo a Ron. Perché si, il gioco la convinceva così tanto che, consapevole di non poter tornare per il compleanno di lui a prenderlo, l'avrebbe acquistato lì e in quel momento.
 
«Sarebbero 12.32£, ma lei mi è simpatica, se lo prende oggi lo pagherà 10.00£» Hermione a quel punto, già tentata, a quell'offerta non riuscì a resistere e l'unica risposta che poté dare fu' una domanda «Me lo potrebbe incartare? Sa, non voglio che possa per sbaglio vederlo prima del dovuto» al ragazzo, che Hermione solo in quel momento scoprì chiamarsi Elija, nome riportato sul cartellino sotto il ruolo "commesso" scritto in rosso.
 
Dopo aver pagato l'acquisto uscì soddisfatta e lasciò quelle stradine mai esplorate per percorrerne altre più conosciute, e pensando alla faccia del suo ragazzo quando gli avrebbe dato quel gioco. Lui amava gli scacchi, che sono un gioco da tavolo, e anche gobbiglie. Uno babbano sarebbe potuto risultargli quantomeno interessante, chissà. Anche se ne era certa che comunque si sarebbero divertiti alla festa per cui si stavano già organizzando. Difatti lei, insieme ad Harry, stavano già progettando dove tenere la festa visto che sarebbero stati ad Hogwarts e su chi invitare. Dopo tante discussioni fra i due, ad avere la meglio era stata Hermione. Si era intestardita che dovevano invitare tutti quelli del loro anno, almeno per educazione, che poi si fossero presentati o meno a loro non doveva interessare. Harry non avrebbe invitato certamente le serpi, ma Hermione era stata molto risoluta. 
 
«Giacché vuoi invitare anche studenti dei tassorosso e dei corvonero che Ronald non conosce, dobbiamo invitare anche le serpi, per quanto gran parte non ci vadano a genio. Noi dobbiamo essere superiori Harry! E poi, ti ricordo che Blaise Zabini ci aveva invitato alla sua festa di compleanno qualche settimana fa e noi ci siamo anche presentati quindi il discorso è chiuso» argomentò così la sua tesi Hermione, facendo finalmente azzittire il suo amico che l'assecondò segnando anche i nomi degli studenti di quella casata all'interno della lista, magicamente allungata.
 
Eliminò quel ricordo dalla mente tornando a vedere le vetrine ricche di vestiti invernali. Entrò in un negozio per acquistare il cappotto nero e mentre lo prendeva notò un vestito che sarebbe stato perfetto per sua madre. Con lei aveva un ottimo rapporto, le confidava tutto: paure, dubbi. Era lei che la consolava quando aveva delle crisi con Ron ed era sempre lei che la faceva calmare, che le consigliava sempre la cosa giusta da fare, anche se spesso non mancavano, alla fine dei suoi discorsi i classici "però devi seguire il tuo cuore" e "non essere sempre così razionale nell'amore, perché di ragione ce n'é ben poca".
 
Quando, all'inizio, aveva paura di aver confuso l'amicizia per amore non era corsa da Ginny, la sua migliore amica, ma da sua madre che l'aveva abbracciata, le aveva preparato una cioccolata calda, sebbene fosse ancora piena estate, e accarezzandole i capelli le disse che quella stessa paura l'aveva avuta anche lei con suo padre, Mike Granger, e poi erano finiti all'altare. Solo il tempo, dunque, avrebbe potuto dire se era amore o meno. E l'amortentia, per quanto riguardava i maghi. Anche sentire l'odore di quella pozione avrebbe aiutato a schiarire i dubbi, ma lei non aveva avuto ancora l'occasione di sentirla e l'ultima volta che l'aveva fatto, al sesto anno, aveva sentito l'odore di erba appena tagliata e ricca di brina, pasta dentifricia, pergamena nuova e shampoo alla menta, odori che lei aveva associato a Ron, ma alcune volte temeva di essere caduta in errore con quella associazione e allora si rivolgeva a lei, Jane Charlotte Miller in Granger, sua mamma, la persona che meglio la conosceva. A cosa serve un diario segreto, infondo, quando hai lei?
 
Questo fu un altro acquisto che fece senza battere ciglio. Il vestito di lana rosso, mischiato a qualche filigrana in oro e lungo probabilmente fino al ginocchio sarebbe stato perfetto sul corpo snello di sua madre il giorno del cenone dell'ultimo dell'anno in famiglia. Già che era lì decise di comprare anche a suo padre un regalo: dei gemelli molto semplici con la fantasia dell'orologio, dal momento in cui suo padre era un appassionato di tali oggetti. Adorava quelli da polso con il cinturino in cuoio sintetico, ma non disdegnava minimamente gli orologi da taschino abbinati a degli smoking o nelle occasioni importanti e in cui doveva avere un certo stile. Adorava anche aggiustare vecchi orologi a pendolo e a cucù e se non avesse intrapreso la carriera dentistica quasi sicuramente il suo lavoro sarebbe stato quello dell'orologiaio, per questo Hermione riteneva che erano più che adatti a lui. 
 
Arrivata a quel punto, mancavano unicamente due regali: quello per Ginny e quello per Harry. Per la prima si fermò in una libreria. Sebbene non lo ammettesse davanti a molti, lei era un appassionata della lettura, dal genere giallo all'horror, passando anche per il romantico e il comico. Fu difficile sceglierne uno, essendo lei stessa un'amante dei libri, quindi ci impiegò quasi mezz'ora per trovarne uno che la convincesse più degli altri. Alla fine scelse "Amsterdam" di Ian McEwan uscito qualche mese prima e che sicuramente si sarebbe poi essa stessa fatta prestare poiché la trama era davvero avvincente e girava intorno a due interrogativi che lei stessa si era ritrovata a porsi nel corso dei suoi anni ad Hogwarts e sebbene lei avesse una sua personale opinione, era curiosa di leggere quella che evinceva dal libro e soprattutto quella di Ginevra. 
 
I due interrogativi erano " è eticamente giusto sfruttare un segreto intimo di una persona, per quanto spregevole essa possa essere, per rovinargli completamente la carriera e la vita? E si può scusare un uomo che antepone il proprio compito, antepone sé stesso alla salvezza di una vita?" sulla prima lei non aveva dubbi che è sbagliato, non si può rovinare una vita altrui per mero egoismo e per vendetta, nonostante la persona che si ha davanti sia cattiva fino al midollo, o almeno così si mostra al mondo, ma sulla seconda? Là dipende dal compito, se il tuo compito ne fa morire una, ma ne salva due, allora davvero è così sbagliato? Certo, se c'è da scegliere tra salvare e non salvare una vita, ma senza impicci e pensieri esterni, allora lì è errato non aiutare, ma fino a che punto si è liberi e fino a quanto l'esterno, gli altri, influiscono su di noi, sulle nostre scelte? 
 
Hermione si pose tutti quegli interrogativi nel mentre che si stava dirigendo a pagare, dopo di che uscì recandosi a Diagon Alley, luogo ultimo in cui fare il suo acquisto per Harry. Su di lui era molto, ma molto indecisa, non aveva idee, zero. Sperava che qualcosa la illuminasse e così fu. Da lontano intravide un ragazzo tanto conosciuto quando mal sopportato, Draco Malfoy, che entrava insieme a Blaise Zabini nel negozio dei fratelli Weasley. 
 
Si vedeva lontano un miglio che c'era leggerezza nel loro rapporto, che c'era armonia e che il ragazzo, almeno con lui, fosse del tutto diverso da come si mostrava normalmente a scuola e al resto del mondo. Con Blaise Zabini lui aveva la libertà di essere semplicemente Draco, un ragazzo di 18 anni, cresciuto forse troppo in fretta a causa della sua famiglia,della guerra.
 
«Forse lì potrò trovare qualcosa» si disse Hermione, per poi seguirli a ruota. L'atmosfera all'interno era pura allegria, con ragazzini che provavano qualche gioco di qua e ragazze che si avvicinavano ad alcune pozioni simili all'amortentia di là. L'assenza di Fred Weasley, per chi lo conosceva, si sentiva eccome, sebbene George cercasse di vivere al massimo per entrambi. Ma quando arrivava la sera, Hermione lo sapeva benissimo, lui si lasciava andare. Una volta l'aveva addirittura visto piangere quando era alla tana e lui aveva dimenticato la porta socchiusa. Le dispiaceva un modo e seppur sapeva che nulla l'avrebbe fatto superare il dolore della perdita, forse il piccolo Fred Jr che era in arrivo l'avrebbe aiutato. Difatti Angelina, la moglie di George, era rimasta incinta ed era già al sesto mese quindi sapevano il sesso. Scoprendo che sarebbe stato maschio era stata proprio Angelina a proporre il nome. Era, anzi, è una grande donna. Pur non avendo tantissime occasioni per parlarsi, quelle poche gliel'avevano fatta inquadrare ed era adatta a sopportare e supportare quel burlone, ma allo stesso tempo fragile marito che amava alla follia.
 
Hermione si guardò bene intorno e per quanto gli articoli proposti fossero belli e per quanto sarebbero sicuramente stati apprezzati dal suo migliore amico, forse non erano effettivamente la scelta più appropriata e decide dunque di optare per qualcos'altro, sicuramente un articolo sportivo, sebbene non ci capisse granché a riguardo. Sapeva che aveva già dei manuali sul Quidditch e un abbonamento settimanale per "Tutto sport" quindi era molto più complesso del dovuto. Forse, già che si trovava lì, si sarebbe potuta rivolgere a George per un consiglio, oltre che per parlare un po' e acquistare un paio di caramelle sogno-lucido che ad Harry sarebbero potute servire durante le lunghe lezioni del professor Ruf durante le quali il giovane mago, ormai adulto, cercava sempre qualche nuovo modo per estraniarsi, velocizzando anche il tempo in cui doveva sopportare quel noioso professore, seppur sapesse che in realtà il tempo non si velocizzasse davvero, ma era unicamente una sua illusione.
 
Arrivò per l'ennesima volta nella giornata alla cassa e dopo aver pagato il suo acquisto si soffermò a chiacchierare del più e del meno con George. Gli chiese come procedeva la gravidanza di Angelina e come andava la costruzione della loro nuova casa, non troppo distante dalla Tana, in modo che non sarebbe stato difficile portare il bambino e che i messaggi arrivassero in brevissimo tempo.
 
«Prima che mi passi di mente, sono in crisi sul regalo da fare ad Harry, sai volevo prendergli un articolo sportivo, ma mi sembra abbia già parecchie cose» buttò lì quella frase, consapevole che George sarebbe stato ben disposto a darle un suo parere, a dirle se era una buona idea e nel caso le avrebbe detto anche che articolo concretamente prendere ad Harry.
 
«Effettivamente, Hermione, Harry ha già tantissime cose sul quidditch, ma so che vorrebbe imparare qualcosa sul Terris, o Tellis, non ricordo bene il nome di quello sport. È babbano comunque. Potresti prendergli un attrezzo di quello sport, lui non ha ancora acquistato nulla quindi hai campo libero» rispose tranquillamente George ed Hermione di slancio lo abbracciò ringraziandolo più e più volte per l'aiuto che le aveva dato.
 
Qualche minuto dopo era già fuori e si smaterializzò in un vicolo buio vicino al centro commerciale. Si diresse a passo spedito all'interno e si avviò subito verso il negozio di articoli sportivi. Non ci voleva mettere molto dato che era già tardi e in serata i pacchi dovevano già essere pronti dato che le compere le stava facendo alla vigilia di Natale e se non avesse messo a tutte un cartellino entro mezzanotte i regali non sarebbero giunti e li avrebbe poi dovuti portare lei personalmente. 
 
Per quanto era curiosa di vedere le loro facce davanti ai pensieri che aveva preso per loro, era pur vero che non li avrebbe rincontrati fino al 3 Gennaio e voleva che invece loro li avessero subito, a dimostrazione del fatto che Hermione teneva a loro, alla loro amicizia e che non aveva voluto per loro se non il meglio dimostrando anche che, pur non passando le vacanze con loro, li era in qualche maniera vicina, mostrando quanto li avesse pensati in quei giorni. Cosa del tutto vera, poiché se si era ridotta all'ultimo per i regali era solo perché aveva riflettuto nei minimi dettagli sugli acquisti da fare. Solo su Harry Potter era abbastanza indecisa, ma alla fine ce l'aveva fatta. 
 
Arrivata all'interno del negozio si soffermò sulle varie strumentazioni e alla fine decise di acquistare una racchetta da Tennis color nero e rosso con l'immagine di una fiammetta disegnata sull'impugnatura in gomma. Soddisfatta di tutto ciò che aveva preso tornò nel vicoletto nel quale si era smaterializzata la prima volta e si smaterializzò nuovamente, questa volta dentro casa dove cominciò a confezionare i regali per ognuno da spedire poi la notte, accertandosi di mettere il regalo del compleanno di già all'interno della valigia che si era portata dalla scuola.
 
L'accortezza che ci mise per fare i regali fu qualcosa di allucinante. Li fece ad uno ad uno e sebbene utilizzasse la magia, allo stesso tempo se ne occupava, in alcuni dettagli, lei personalmente. Tipo per Ron creò un pacchetto rettangolare non troppo grande di colore rosso. La carta era in velluto con qualche dettaglio in azzurro, per richiamare il colore degli occhi del suo ragazzo. Il nastrino che andava a chiudere la scatola era di un nero pece, come il cappotto che si trovava al suo interno. Al tutto allegò un bigliettino sui toni dell'oro, il colore preferito di Ronald e l'inchiostro era nero, ancora una volta un richiamo al regalo.
 
"Caro Ron, pensare ad un dono per te non è stato difficile poiché ti conosco, so cosa ti piace e spero che utilizzerai con orgoglio questo regalo. Ho notato che ne avevi uno simile, ma essendo rovinato ho pensato di prendertene uno nuovo. Spero di non aver fatto un errore con questo acquisto. Ti amo tanto. Buon Natale, Hermione" e il primo regalo era stato confezionato. 
 
Passò a quello per la sorella di Ron, nonché sua grande amica. Per lei utilizzò una scatola verde smeraldo, il colore preferito ed un nastrino verde chiaro e arancio, colore dei suoi occhi e dei capelli. Per il bigliettino ne aveva preso uno bianco sporco, colore delle nuvole tra le quali lei amava svolazzare con la scopa. Anche il bigliettino era tagliato a forma di nuvola e la scritta azzurra come il cielo.
 
Per lei scrisse poche righe, ma essenziali. "Sei la sorella che ho sempre desiderato. Spero che ti piaccia e dopo dovrai assolutamente dirmi che ne pensi – oltre che prestarmelo, ovvio. Ti voglio bene Ginny. Buon Natale, Hermione". 
 
Passò direttamente al regalo per Harry. Voleva finire prima di tutto i suoi amici, così era sicura di fare in tempo. Per il regalo di lui Hermione scelse di non utilizzare una scatola, ma incartarlo come meglio poteva con carta verde oliva, il colore che non si erano mai stancati di ricordargli che era lo stesso degli occhi di sua madre, oltre che dei suoi. Scelse poi uno spago nero per chiudere il tutto. L'imballaggio era un chiaro riferimento alla Nimbus 2001 che Sirius gli aveva regalato durante il terzo anno scolastico, anche quella era stata impacchettata alla bell' e meglio ed essendo entrambi oggetti utilizzati nello sport, Hermione pensò fosse un pensiero carino quello di cercare di riprodurre la sorpresa. A parte mise in un sacchetto rosso e chiuso da uno spago dorato, in riferimento ai colori della loro casata, le caramelle sogno-lucido che gli aveva acquistato.
 
Il bigliettino color ocra richiamava le classiche palline da tennis, l'inchiostro era rosso, come l'acciaio della racchetta. "Harry, ci conosciamo dall'età di 11 anni e ti considero mio fratello. Il sangue non ha alcuna importanza quando il legame tra di noi è così forte. Ti meriti di vivere finalmente un anno sereno come quello che sta trascorrendo, finalmente direi. Ora che abbiamo sconfitto Voldemort, prenditi tutto il bene che la vita ti concede e non far penare troppo Ginevra, te lo dico come amica, ma anche come amica sua. Lei ti ama, ma non può aspettarti per sempre quindi datti una mossa! Quando torniamo a scuola voglio sentire la notizia, mi raccomando. Buon Natale, Hermione"
 
Pensandoci aveva scritto più per Harry che per il suo ragazzo, ma Hermione aveva davvero bisogno di dargli una bella strigliata e non era riuscita a trattenersi. Per quanto gli volesse bene, doveva darsi una mossa o avrebbe perso la sua occasione con Ginny. Sorrise pensando alla coppia che sperava si sarebbe formata a breve e pensò a incartare velocemente anche i regali per i suoi genitori.
 
Sarebbero state sicuramente delle lunghe feste quelle, sperava solo finissero velocemente dato che, seppur li avesse salutati un paio di giorni prima, i suoi amici le mancavano molto e non vedeva l'ora di abbracciarli ancora.

Note dell'Autrice:
Buona sera, buon pomeriggio o buon inizio di giornata, in base a quando leggerete. Ho deciso di cominciare a pubblicare questa fanfiction, dramione dal momento in cui sono parecchio legata a quella coppia fanon. Il primo capitolo è parecchio introduttivo e punta semplicemente a introdurre il rapporto di Hermione con i vari personaggi e, soprattutto Second Choice che si è rivelato essere nientemeno che un gioco babbano.
Penso non ci sia tanto da dire in verità se non che gli aggiormanenti non saranno regolarissimi, essendo parecchio presa dal mio primo anno universitario oltre che dalla scrittura dell'altra fanfiction che, invece, mi sono imposta avere scadenza settimanale, ma il mio obbiettivo  è certamente quello di far passare esagernado un mese al massimo, anche se non mi dispiacerebbe non aggiornare ogni volta dopo un'eternità.Avvisatemi dell'eventuale presenza di errori (o meglio orrori) grammaticali / di battitura e così via e cercherò di porvi rimedio il prima possibile. Ditemi cosa ne pensate di questo primo capitolo e cosa ne pensate in particolare di Elija, sarei davvero molto curiosa a riguardo. Alla prossima, un bacio, Amalia

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Capitolo 2
*** La festa ***


CAPITOLO 2 : LA FESTA

Erano passati giorni dal Natale, i giorni erano divenuti settimane ed era finalmente giunto Marzo. Per la precisione mancavano poche ore alla festa di compleanno di Ron.

Hermione ed Harry avevano inizialmente pensato di fingere di dimenticarsi del compleanno del loro amico di una vita e fargli la sorpresa solo alla sera, ma in quel modo sarebbe stato difficile trovare una valida motivazione per farlo vestire bene. Inoltre, conoscendolo, ci sarebbe rimasto troppo male e a quel punto smuoverlo dalla stanza sarebbe stata davvero un impresa da titani. Preferirono dunque tagliare la testa al toro e optare per fargli gli auguri già dal primo mattino. I regali, tuttavia, sarebbero stati rimandati alla sera. In quell'esatto momento Hermione si trovava in camera sua e stava cercando di capire cosa mettere per la festa che sarebbe iniziata tra meno di un ora. La doccia e i capelli li aveva già fatti, quindi nel concreto le mancava vestirsi e poi dedicare qualche minuto anche al trucco per impreziosire un po' il volto come faceva da quando la guerra era finita. Si concedeva un po' di sana vanità femminile, ne aveva davvero bisogno. Non le era risultato per nulla facile all'inizio, complici la mancanza di abitudine oltre che di abilità in quel campo, ma i vari consigli in primis della sua migliore amica Ginny oltre a quelli di sua madre l'avevano fatta migliorare in poco tempo. Inoltre, anche se sembrava quasi che Ron non se ne accorgesse, Hermione era consapevole che quando si metteva l'ombretto color oro e il rossetto nude scuro lo faceva impazzire perché metteva in risalto quei dettagli che davano più vita al suo viso.

Quello era il trucco che si era appena fatta per quella serata, impreziosito anche con un tocco di eyeliner e mascara, reputando più veloce truccarsi che scegliere qualcosa da mettere. Proprio mentre stava per andare in crisi, Hermione notò nel suo armadio un vestito a sfondo nero con una stampa floreale che le arrivava a poco sotto il ginocchio, con un piccolo spacco sulla gamba destra e con una scollatura a cuore.

Era stato il regalo che le aveva fatto sua madre l'inverno prima, ma che non aveva mai utilizzato e quella sarebbe stata l'occasione perfetta.

Finì di prepararsi con un paio di decolté nere e una spessa cintura in pelle con una rosa rossa a chiusura, un attimo prima che qualcuno bussasse alla sua porta.

Quando andò ad aprire si ritrovò davanti il suo migliore amico.

"Sei pronta?" le chiese entrando nella stanza e guardandola "Stai davvero bene 'Mione" le disse sorridendole per poi porgerle il braccio.

 "Si, possiamo andare" disse arrossendo la ragazza. Per lei il suo parere era davvero importante, erano come fratelli e sapere che a lui piaceva come era vestita la rincuorava non poco.

"Si occuperà Ginny di farlo arrivare alla festa, giusto?" gli chiese mentre stavano già scendendo le scale del dormitorio arrivando verso la sala comune.

"Sisi. A quest'ora penso sia già in camera nostra a motivarlo a vestirsi" della festa, infatti, Ron non ne sapeva nulla. Sapeva solo che, nonostante fosse il suo compleanno, Hermione doveva fare delle ricerche per il suo compito di pozioni e quando Ron si era offerto per aiutarla la sua risposta era stata "Ma è il tuo compleanno, esigo che tu faccia altro, che ti diverta" , che Harry doveva pensare a degli schemi per la prossima partita di Quidditch e che quello era l'unico giorno in cui avrebbe potuto farlo dato che il giorno seguente sarebbero riprese le lezioni con l'inizio della nuova settimana. Anche lui aveva trovato una sua scusa per non farsi aiutare "Mi dispiace davvero Ron" aveva detto il corvino "ma voglio parlarne quando saremo tutti insieme. Anche se sei il mio migliore amico non è giusto tu lo sappia prima". Non aveva potuto far altro, quindi, che rinchiudersi in camera tutto il giorno. Aveva provato a chiedere anche a sua sorella, a Neville, Dean, Seamus, Luna, ma nulla. Quel giorno sembravano tutti avere qualcosa di meglio da fare che passare il giorno del suo compleanno con lui. Si era quindi rinchiuso nella sua stanza e non era uscito neppure per cena, cosa abbastanza grave visto il soggetto del discorso. "Ron" e "cibo" non potevano coesistere nella stessa frase quando di mezzo vi era una negazione.

Erano orami arrivati alla Stanza delle Necessità e controllando che nessun professore fosse nei paraggi, Harry fece tre volte aventi e indietro pensando alla frase "La stanza della festa di Ron" e finalmente comparve una porta dorata e con il pomello rosso.

Hermione sorrise a quella visione e aspettò che il suo amico l'aprisse permettendole di passare per prima. Dentro era ancora tutto come lo avevano sistemato in quella settimana. Appena si entrava si veniva sicuramente catturati dall'enorme striscione rosso scuro che andava da una parte all'altra della grande sala e aveva in loop la scritta in oro "Auguri Ron" intervallata o dall'immagine di un leone che ruggiva o dell'immagine delle quattro case di Hogwarts, i cui animali si muovevano nel loro riquadro come più gli gradiva.

A destra, accanto all'entrata, c'era una libreria in mogano dove sarebbero sati posizionati i regali degli invitati. Ne stavano già due: quello di Hermione e quello di Harry. Non le aveva voluto rivelare il contenuto, era stato categorico. Per ripicca anche lei si era tenuto per sé il suo.

Sulla sinistra, invece, c'era una lunga tavolata con pizzette, dolci magici e alcuni babbani fatti a mano da Hermione quello stesso pomeriggio, fra questi il tiramisù che era tra i suoi dolci preferiti, di origini italiane, ed il profiterole di origine francese. scoperti durante le vacanze che aveva fatto con i suoi, in cui i suoi genitori allentavano un po' la mano permettendole la degustazione di certe squisitezze. Inglesi non ne conosceva molti dato che i suoi genitori, entrambi dentisti, avevano fatto si che non ne mangiasse per non rovinarsi i denti e non farsi venire carie per il troppo zucchero. Le ricette le aveva cercate sul suo computer durante le feste natalizie e le aveva trascritte su un foglio di carta preso da un'agenda con la biro.

Il resto della stanza era composto da divanetti di un colore neutro, in modo che nessuna casata si sentisse offesa dal troppo grifondoro, dato che già le pareti erano dorate,  colore dei grifoni insieme al rosso. Sparsi per l'intera stanza c'erano poi affissi dei poster dei giocatori di Quidditch che Ron preferiva e tra questi Viktor Krum. Per quanto poco gli andasse ormai a genio, considerati gli eventi del quarto anno e del matrimonio di Bill e Fleur, considerandolo sul campo era uno dei migliori e Ron non lo avrebbe mai più ammesso, ma si incantava a guardarlo giocare.

Oltre ai poster, la camera si caratterizzava dalla presenza di cornici in mogano con all'interno le foto di Ron con la sua famiglia, per quella in Egitto non potevano non mettere il pezzo di giornale che durante il loro terzo anno aveva mostrato letteralmente a tutti. C'erano poi foto che ritraevano tutti e tre ai Tre Manici, nel giardino del castello a chiacchierare e giocare, in sala comune a scherzare, al campo di Quidditch mentre osservavano una partita (Harry e Ron, lei si limitava a leggere un libro) , alcune lo ritraevano mentre giocava lui in prima persona in quello sport insieme ad Harry. Ne stavano infine alcune particolari di cui non sapevano l'esistenza fino ad un paio di settimane prima. Chiedendo a Dennis Canon se avesse delle foto sue o di suo fratello di quegli anni trovarono due che lo vedevano con Lavanda Brown: una mentre si baciavano, o era meglio dire si mettevano la lingua in gola, e una mentre lei teneva la testa sulla sua spalla e si stringevano la mano. Vederle aveva fatto stringere i pugni ad Hermione, ma era il passato ed era giusto mettere anche quelle. 

Ne stavano poi altre tre che sorpresero i due ragazzi e che erano indecisi se inserire: la prima ritraeva i tre al secondo anno, insieme alla squadra di Quidditch di grifondoro che si lanciavano sguardi di fuoco con i componenti della squadra di serpeverde e si vedevano bene sia loro che Draco Malfoy: era sicuramente di Colin quella foto, dato che Dennis ancora non frequentava la loro scuola. La seconda era stata scattata durante il quarto anno, precisamente al Ballo del Ceppo. C'era Hermione che piangendo urlava contro Harry e Ron ed in lontananza si vedevano, ancora una volta, Draco Malfoy che li osservava con un sorriso e con lui Pansy Parkinson, Tiger e Goyle che se la ridevano. L'ultima era di due anni prima, c'erano sempre loro tre ritratti lateralmente, stavano camminando sulla strada di ritorno da Hogsmade. Si vedevano le loro facce un attimo prima sorridenti e quello dopo in panico. Era il momento in cui Ketie Bell aveva toccato la collana, ne era certa Hermione, come ne era sicuro Harry.

Era ormai arrivata l'ora e distolsero lo sguardo dalla stanza proprio nel momento in cui la porta si apriva, facendo entrare i primi invitati con un pacchettino per uno in mano. Erano Neville, Dean e Seamus. Non poteva essere altrimenti. Erano estasiati per quella festa, anche se erano contrariati dalla presenza delle serpi, era più forte di loro. Ma ancora non era arrivato nessuno, quindi almeno per il momento potevano essere felici.

"Avete fatto davvero un ottimo lavoro. Potevate chiederci una mano, lo sapevate" si, lo sapevano, ma era una cosa che volevano e dovevano organizzare loro. A parlare era stato Neville che in quell'esatto momento stava lasciando il suo pacco nella libreria "gli ho preso una scacchiera magica personalizzata. So che non ne ha una sua" disse indicando con la testa il suo regalo.

"Grazie Neville." Disse sorridendo per il complimento Hermione "E il mio è una sorpresa" aggiunse voltando il capo verso Harry, perché era verso di lui la stoccata, non verso i loro amici.

"È qui la festa?" dissero alcuni studenti di tassorosso entrando. Dopo di loro la stanza cominciò a riempirsi velocemente ed Hermione ed Harry erano all'ingresso ad accogliere tutti. Non sapevano quante persone mancavano, ma una cosa certa era che erano passati già dieci minuti dall'orario sul biglietto incantato e mancavano tre serpi particolari. La loro assenza si sentiva, ma a loro non dispiaceva minimamente.

"Almeno noi ci abbiamo provato" pensò Hermione mentre la porta si apriva rivelando la figura di due persone dai capelli rossi.

"Sorpresaaa!" esclamarono tutti insieme facendo sorridere il festeggiato. Il primo ad avvicinarsi a lui fu Harry che gli strinse la mano e si diedero una pacca sulla spalla a vicenda e il corvino gli fece i suoi auguri. Poi si avvicinò Hermione che, mettendosi in punta di piedi e allacciando le mani dietro il collo del rosso che a sua volta posizionò le mani sulla vita della sua ragazza, si accingeva a fare i suoi auguri.

"Auguri amore mio" disse per poi dargli un casto bacio sulle labbra. Si sentiva finalmente in pace. Tutto era andato esattamente come doveva andare.

Quando si staccò una voce interruppe il momento romantico che si erano ricavati, facendo ammutolire tutti quelli che stavano nella stanza e avevano cominciato a chiacchierare tra di loro.

"Potrei vomitare per tanto diabete" la voce fredda aveva un unico proprietario: Draco Malfoy. Ronald si girò di scatto verso la figura bionda per poi prendere la sua ragazza per mano.

"E questo chi Godric lo ha invitato?" disse acido il rosso facendo di conseguenza intromettere Hermione nel loro gioco di sguardi d'odio che si stavano lanciando.

"Sono stata io ad insistere Ron. Era la cosa più giusta da fare" disse tranquilla. Lo sguardo infuocato di Ron si posò su di lei, mentre il biondo la guardava con uno sguardo curioso. Non se lo aspettava fosse stata proprio lei sicuramente. Ma chi altro sarebbe potuto essere? Lei ed Harry avevano pensato a tutto quindi o Harry era impazzito tutto in una botta, oppure era la più razionale di quel duo di organizzatori ad aver imposto la presenza di quella casata.

A rompere i loro sguardi ci pensò Blaise Zabini che diede una gomitata ben assestata sul fianco del suo amico, facendogli arricciare il naso e alzare gli occhi al cielo.

"Auguri Weasel" disse sprezzante guardando il suo interlocutore dall'alto in basso. Vedendo che il rosso non accennava a rispondere all'augurio Hermione lo guardò male. Draco aveva fatto il suo gesto, adesso toccava a Ronald che sbuffando rispose.

"Grazie furetto" rispose quindi a denti stretti: non voleva rischiare che per una cavolata del genere Hermione decidesse di lasciarlo andare in banco per qualche giorno. Amava la sua ragazza, ogni volta che era con lei sentiva il fuoco ardere nel suo cuore e le farfalle gironzolare nello stomaco. Ancora gli sembrava di camminare tre metri sopra il cielo, seppur fossero fidanzati da mesi. Altri due e avrebbero finalmente festeggiato il loro primo anno insieme e lui aveva già pensato di chiederle di sposarlo. Forse era presto, lo era sicuramente, ma sapeva di voler passare tutta la sua vita insieme a lei.

Dopo quel momento anche Blaise Zabini e la Parkinson fecero i loro auguri, per poi disperdersi nella folla di studenti del loro anno, non prima che Zabini lasciasse un singolo pacchetto, probabilmente era stato l'unico a pensarci, oppure lo avevano fatto insieme. Lo avrebbero scoperto alla fine.

Per il resto, le ore passarono velocemente, tra cibo, bevande e chiacchiere.

In sottofondo c'era della musica suonata da un giradischi. Solo dopo che già un ora era passata, il repertorio musicale cambiò divenendo più movimentato permettendo a tutti di scendere sulla pista creata nello spazio tra i vari divani per ballare senza alcun pensiero.

Andò avanti fino alle due di notte, e poco a poco gli studenti andavano a salutare il festeggiato, rinnovandogli gli auguri e lasciando la stanza. Avevano pur sempre lezione il giorno seguente e si sarebbero quindi dovuti svegliare di buon ora.

Solo verso le 3:00 la Stanza delle Necessità si svuotò quasi totalmente, ospitando all'interno solo poche persone. Sette persone.

"Se proprio ti faceva schifo potevi andartene prima. Ma poi, perché sei ancora in mezzo alle pluffe?" chiese Harry in direzione della faccia schifata di Malfoy, buttandosi a peso morto sul divano.

"Non abbandono mio fratello in questo posto" disse il biondo, continuando a guardarsi intorno e notando poco lontano la foto che ritraeva anche lui, quella del ballo. Si alzò e la prese.

"Cosa credi di fare?" domandò Hermione alzandosi e avvicinandosi a lui per riprenderla.

"Ci sono io. Me la prendo" disse infilandola in una tasca interna del suo smoking "Mi sono vestito troppo elegante per questo posto" aggiunse avvicinandosi nuovamente alla poltrona.

"Non è tua Malfoy, dammi la foto" disse Hermione piazzandosi davanti al biondo con una mano protesa in avanti ed una sul proprio fianco.

"Ed io che ci guadagnerei?" disse Draco Malfoy alzando un sopracciglio. Un ghigno li curvava le labbra.

"Come che ci... Malfoy, è nostra! Se la vuoi vai da Dennis, dagli i 3 falci che vuole e prenditela" disse con ancora la mano protesa.

"E spendere i miei preziosi soldi!? Te lo sogni Mezzosangue!" disse ridendo, una risata bassa, di scherno.

"Perché non ci lasciate anche voi, così Ron apre i regali e ce ne andiamo anche noi?" a spezzare quel momento fu la tempestiva domanda di Ginny che senza saperlo aveva frenato la sua amica dal prendere la bacchetta e schiantare il biondo.

"Non finisce qui" disse la mora allontanandosi per andare a sedersi.

"Vogliamo vedere i regali" disse la Parkinson con un alzata di spalle rispondendo anche per i suoi amici.

"Parla per voi. Io rimango per non tornarmene da solo in dormitorio. Almeno se ci beccano per aver partecipato a questa stupida festa di compleanno non sono l'unico a finire in punizione" disse semplicemente. Non era neppure stato cattivo nel suo tono di voce, non aveva neppure mostrato il disprezzo per la festa che il suo volto aveva manifestato per tutta la serata. Era solo una constatazione quella che aveva fatto. Per lo meno, la sua constatazione.

"OK!" sbuffò il rosso chiudendo gli occhi e coprendoli con la mano sinistra. "Basta che vi state zitti. Sarà più facile fingere che non esistiate" e così fecero per tutto il tempo. Passarono quasi venti minuti a vedere tutti i regali che erano stati portati. A quel punto ne mancavano solo 3: quello delle serpi, che si rivelò essere una piuma auto-scrivente "Forse almeno riuscirai a capire qualcosa delle lezioni dato che dovrai solo imparare a memoria le parole dei professori" disse Malfoy ridendo. A sorprendere Hermione fu che la risata non era qualcosa di cattivo, tutt'altro. Ma solo lei se ne accorse a quanto pareva, perché gli altri grifoni, sentendo le sue parole lo guardarono male, gesto che fece ridere ancora di più la serpe.

"Merlino, basta Draco" disse il ragazzo mulatto guardando serio l'amico, che con un po' di difficoltà riuscì a ricomporsi.

Fu il turno del regalo di Harry e Ginny. Appena lo aprì, subito si apprestò a richiuderlo, mentre le orecchie gli diventavano rosse.

"Dai, cos'è Ron?" chiese Hermione sporgendosi e cercando di farselo passare per vedere.

Ron si avvicinò maggiormente alla sua ragazza, aprendo uno spiraglio per farle vedere il contenuto che fece arrossare anche le guance di Hermione.

"Collotheca*" si affrettò a dire Hermione mentre Malfoy stava pronunciando l'incantesimo d'appello. La guerra l'aveva resa, tra le altre cose, velocissima nel pronunciare incantesimi.

Quando arrivò nelle mani del biondo era ormai inapribile e anche provare con qualche incantesimo sarebbe stato inefficace: solo chi lo lanciava, in quel caso la grifona dai capelli castani, avrebbe potuto nuovamente aprirlo.

Il biondo lo lanciò per terra senza cura alcuna e aspettarono l'apertura dell'ultimo pacco: il regalo di Hermione.

"L'ho preso nella Londra babbana. Non so cosa sia effettivamente. Mi è stato detto un... Com'è che era? Ah, sì! Gioco di ruolo" spiegò dopo che tutti i presenti guardavano incuriositi la scatola che il rosso si rigirava tra le mani.

"Babbano? Allora sarà una noia mortale" disse Malfoy alzandosi e iniziando ad avviarsi verso la via d'uscita. Ormai avevano visto tutti i regali, dai più accettabili a quelli più inutili e orrendi, quello di Hermione per lui era sicuramente tra quelli.

Si fermò quando si rese conto che i suoi amici erano ancora seduti al loro posto.

"Perché non lo proviamo? Penso che sarebbe divertente prendersi gioco di questo coso" disse Pansy indicando la scatola con un dito.

"Io con quella cosa non ci gioco"

"Io non ci gioco con delle serpi"

"Scherzi Parkinson?"

"Fossi matto"

"È una bella idea, anche se voi non mi piacete potrebbe essere divertente"

Queste erano le frasi che si susseguirono nel giro di un secondo e a vincere la discussione furono Ginevra e Pansy, che erano riuscite a plagiare i loro amici. Certo, non andavano d'accordo e fuori di lì sarebbero tornati ad odiarsi. Ma ormai c'erano, quindi perché no? E sarebbe restato in quella stanza tutto quanto.

Si sedettero a cerchio e mentre Hermione prendeva il libricino delle istruzioni, Ron usciva il materiale di gioco: un tappetino con all'interno 13 caselle più il disegno di un rettangolo a scacchi neri e bianchi con su scritto 'Start'.

"Allora?" chiese Harry impaziente: era stato sempre una persona curiosa, che voleva scoprire tutto e subito, quindi non aveva resistito dal porre la domanda.

"Qui dice che il gioco è composto da alcune pedine, all'interno ce ne sono 12, due dadi: uno a sei facce, l'altro da sette, di cui una vuota a simboleggiare lo zero." Iniziò a leggere lentamente. Dalla sua faccia si vedeva chiaramente che qualcosa non le tornava. Alzava lo sguardo dal foglio per puntarlo sul piano di gioco, per poi riabbassarlo sul libretto e di nuovo puntarlo sul gioco.

"Poi? Cosa si dovrebbe fare Granger? Non abbiamo tutta la notte. Ti ricordo che domani abbiamo lezione e sono" si fermò per guardare l'ora sul suo orologio da taschino "le 3:28"

"Sembra tutto troppo facile Malfoy. Sta scritto che l'obbiettivo è raggiungere la casella numero 13. Prima di iniziare, però, su un foglietto a parte dobbiamo scrivere per ogni numero una nostra paura o esperienza dolorosa, che possa essere collegata al numero in questione o meno. Infine si lancia il dado e il primo a muoversi è quello che ha totalizzato il punteggio più basso. Ognuno si muove del numero che i dadi hanno fatto uscire: se quello che ha fatto il numero più basso ha avuto due , si muoverà di due caselle. L'altro, ad esempio di 3 e così via." Spiegò con voce fin troppo calma.

"Quanto facile! I dadi arrivano a 12, bisogna arrivare a 13. Almeno possiamo tornare a letto nel giro di cinque minuti" disse Draco sbuffando.

"E con quello che scriviamo? Che si fa?" chiese a quel punto Blaise, reticente a scrivere su un foglio i suoi tormenti.

"Non è specificato, ma sta raccomandato che siano eventi già vissuti. E' obbligatorio, in effetti. C'è anche una frase scritta in stampatello in rosso: "Lo spettacolo deve continuare" che idiozia. Perché ho speso i miei soldi per questa fregatura? Sapevo non mi sarei dovuta fidare" disse riponendo il foglietto nella scatola.

Hermione appellò 7 fogli di pergamena e 7 penne, distribuendoli ad ogni giocatore.

"Dai Hermione, sarà una cosa simpatica. Potremmo fare che bisogna dire ad alta voce l'esperienza e chi non vuole beve un bicchiere di Whisky incendiario" disse Ginny appellandolo. Nel frattempo Hermione era giunta a dare l'occorrente a Draco Malfoy.

"Io mi tiro fuori" stava dicendo Malfoy, quando Ronald lo provocò.

"Troppa paura di un gioco babbano Malfoy? Temi di perdere o di dover piangere dicendo le tue paure andandoti a nascondere sotto la gonnella della mamma?" la voce era studiata, ironica e Draco non poté che cogliere la sfida.

"Ti piacerebbe donnola" il biondo afferrò la penna e la pergamena che gli erano poste dalla Granger.

"E l'inchiostro?" chiese il mulatto osservando l'oggetto che gli era stato posto insieme alla pergamena.

"Non serve Zabini, piuma e calamaio nel mondo babbano sono passati di moda da un po'. Babbanologia per i maghi è obbligatoria quest'anno, dovresti saperlo" a rispondere era stata la più piccola dei Weasley, mentre scriveva i 13 numeri e rifletteva su che esperienze associare. Ci vollero circa 4-5 minuti prima di cominciare a lanciare i dadi.

Il primo a lanciarli fu il festeggiato, che ironia della sorte ebbe il numero 7; poi fu il turno di Hermione che totalizzò il numero più alto raggiungibile: il 12.

Seguì Pansy Parkinson, che ebbe il numero 5 e poi Harry Potter a cui uscì il numero 1. Harry passò poi i dadi appena lanciati alla sua ragazza che li lanciò a sua volta avendo come somma il 9, li diede a Blaise a cui uscì il 3. L'ultimo a tirare fu Draco Malfoy che si guadagnò la casella numero 11.

"E ora che si fa?" chiese Blaise osservando il gioco. Per un attimo parve che il tempo si fosse sospeso, poi Harry parlò, mentre l'orologio che era appeso alle sue spalle scoccava le 3: 36. "Si gioca. E dovrei partire io" e così, uno per volta, fecero muovere le loro pedine sul piano da gioco. Quando anche Hermione aveva messo la sua Harry Potter stava per parlare, ma non fece in tempo. Sentirono tutti come uno strappo all'ombelico, quasi come una smaterializzazione, poi il buio.

Note dell'Autrice:

*Collotheca è un incantesimo che ho inventato io dato che non esisteva un incanto che sigillasse delle scatole e usare quello della porta o della pergamena non mi soddisfaceva.

Innanzitutto buona Vigilia e buon Natale 💘. Ho provato a farlo un po' più corto il capitolo, ma non so se sono effettivamente riuscita nel mio intento, anche se qualcosa mi dice di no, ma spero non vi dispiaccia. Ecco a voi il secondo capitolo di Second Choice. Non abituatevi al fatto che sia uscito così velocemente perché è l'unico che avevo già pronto insieme al primo, per gli altri mi sa che non sarò così celere.  Adesso abbiamo le "regole" eppure qualcosa ancora manca dato che qualche cosa è palesemente andata storta, ma cosa? Bisogna continuare a leggere per scoprire cosa effettivamente sta accadendo. Che ne pensate? Toppo forzata la scelta delle serpi di restare? Draco lo sta facendo solo per i suoi amici, ci tengo a precisarlo, è leale nei loro confronti quindi non li lascerebbe lì da soli con tanta facilità. Spero vi abbia incuriosito anche questo capitolo perché dal prossimo i giochi cominceranno a farsi seri, o almeno non così facili e/o felici, anche se i momenti leggeri non mancheranno, è pur sempre una dramione quindi qualcosa dovrà accadere. Fatemi sapere se vi piace con un commento, sarei davvero felice di sapere il vostro parere. Alla prossima, che spero non sia tra un mese, un bacio Amalia

 

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Capitolo 3
*** Casella 1: la mancanza di Harry Potter (1° parte) ***


Capitolo 3 - Casella 1 : La mancanza di Harry Potter - prima parte

 

Quando Hermione riaprì gli occhi che non si era neppure accorta di aver chiuso, comprese che qualcosa era cambiato. Più di qualcosa in effetti. La prima cosa che notò era che non si trovavano più nella stanza delle necessità o ad Hogwarts in generale, seppur non sapesse dire effettivamente dove fosse capitata. E non capiva. Non comprendeva come ci fossero finiti. Sapeva che erano presenti anche gli altri che stavano ancora nella stanza con lei, ma non ci aveva ancora prestato attenzione, troppo presa ad osservare i dettagli di quella camera che le trasmetteva unicamente freddezza. Eppure era una semplice cameretta, ma paragonata alla sua sentiva che non c'era "vita".

Lei era vicina ad un armadio con un anta chiusa e l'altra aperta appena. Dallo spiraglio si poteva notare qualche maglione extralarge, un maglione rosso di media grandezza e dei pantaloni beige. Il primo istinto fu quindi quello di abbassare gli occhi sui suoi vestiti e si gelò sul posto notando che non indossava più il vestito nero a fiori, ma un pantaloncino blu a vita alta con dei bottoni dorati ed una maglietta a mezze maniche bianca con la stampa di Charlie Chaplin in grigio chiaro e nero. Come aveva fatto a non accorgersi di indossare qualcosa di diverso? Fece un respiro profondo imponendosi la calma per poi rialzare lo sguardo. Si accorse che nessuno fiatava quindi spostò lo sguardo sulle sei persone che la circondavano e se non urlò di paura lo doveva solamente al suo sangue freddo che aveva sviluppato durante la guerra.

'Deve esserci una spiegazione' si ripeteva nella mente cominciando a ragionare, ma nulla le spiegava come avesse fatto a finire in quella stanza, che non aveva mai visto, così come con uno schiocco di dita.

Si guardò le mani e mandò giù il fatto che non era stata risparmiata. Anche lei era stata ringiovanita come tutti loro. Dimostravano 13 anni e non era possibile.

"Dove ci troviamo?" ad esporre la prima domanda, quella la cui risposta era forse la più facile da trovare, e che aggirava nelle teste di quasi tutti i componenti dello strambo gruppo, fu Ginny.

"Benvenuti a..." iniziò Harry monotono "Privet Drive numero 4" a concludere, insieme ad Harry, era stato Ron. Lui c'era già stato in quella casa, seppur di sfuggita, quindi aveva riconosciuto benissimo il posto.

"E perché siamo tornati dei mocciosi?" prese parola Pansy stringendo la mano di Blaise. Da lui prendeva forza, sempre.

Harry scosse la testa, non ne aveva idea. Non capiva. Poi, quando sentì suo zio chiamarlo dal piano inferiore, comprese.

"Arrivo zio Vernon" urlò, poi si rivolse agli altri. "Non possiamo assolutamente rischiare che vi vedano. Appena vado giù aspettate due minuti e poi uscite. Alla fine del corridoio c'è una botola : porta in soffitta. Nessuno ci va mai quindi sarete al sicuro. Quando ho finito vengo io da voi. Mi raccomando..." stava parlando in silenzio, a raffica.

"Harry Potter!" tuonò ancora la voce potente di zio Vernon, i cui passi iniziavano a sentirsi sempre più forti: stava salendo le scale.

"Fate silenzio" concluse lapidario uscendo velocemente dalla porta. "Eccomi zio Vernon" disse Harry, abbastanza forte perché lo sentissero sia suo zio che i suoi amici e nemici dentro la sua camera. Non ci voleva. Quando i passi si erano ormai fatti ovattati a prendere parola fu Hermione.

"Penso che non possiamo far altro che ascoltarlo,è casa sua, sa quello che dice. Avete tutti le bacchette?" chiese mentre recuperava la sua che aveva notato essere nella tasca posteriore del pantaloncino. Quando ebbe un cenno affermativo da tutti i presenti espose la sua idea.

"C'è ancora troppa luce, dovremmo disilluderci. È l'unico modo per essere sicuri di non farci beccare" parlava a bassa voce, era meglio non rischiare.

"Per quanto mi duole ammetterlo, la Granger ha ragione: non sappiamo cosa stia succedendo e farci trovare da dei babbani non mi pare la scelta più saggia da compiere" annuì Draco, sostenendo le parole della riccia grifondoro.

Si trovarono quindi due minuti più tardi, come da programma, fuori dalla stanza ed invisibili agli occhi degli altri. Cercarono di camminare nel modo più silenzioso possibile, ma erano comunque sei persone, il che complicava la questione. Hermione abbassò la botola ed iniziarono a salire, quando sei lettere rosse apparvero cominciando a gridare tutte insieme, creando un fracasso colossale che attirò l'attenzione delle persone al piano di sotto. Si sentirono dei passi affrettati, così anche loro salirono i pochi gradini il più velocemente possibile in quanto loro non sarebbero stati visti, ma la botola aperta sì. Quando Vernon, seguito subito dopo da Petunia abbracciata al figlio Dudley, arrivarono di sopra videro solamente tanti pezzi di carta stracciata rossa per terra: la botola era stata chiusa appena un attimo prima.

Non ci misero tantissimo per ricollegare le urla ed il colore della carta alla strillettera che loro nipote aveva ricevuto appena un anno prima, ma i fogli erano tanti e, cosa più importante, Harry Potter era di sotto con loro e non stava assolutamente utilizzando la bacchetta. Stavano ripetendo come comportarsi con zia Marge, la sorella di zio Vernon, e quest'ultimo stava giusto dicendo il nome dell'istituto che Harry frequentava – per lo meno quello finto – quando avevano sentito i rumori. Era arrivato anche Harry di sopra, che guardava il corridoio muovendo gli occhi a destra e sinistra con la paura che si fossero fatti trovare, invece era vuoto. Si fece dunque più avanti con la testa alta e notò le lettere strappate che avevano attirato l'attenzione: la traccia! Avevano ancora la traccia. Quello era un serio problema.

"Pulisco io zio Vernon" tentò Harry, subito frenato dall'odio dello zio. Non era più abituato a quei rapporti. Dopo la guerra erano riusciti a chiarirsi e il legame, seppur non dei migliori, era pacifico e civile, totalmente diverso da quello.

"Cosa significa questo?" tuonò in risposta indicando il pavimento con un dito robusto. "è una cosa del tuo mondo di strampalati, non credere che mi sia scordato di quando facesti volare" sputò l'ultima parola con disgusto "la torta che fece tua zia sulla testa della signora Mason"

"Non lo so zio, io ero con voi" disse prontamente, eppure qualcosa lo tradì sicuramente.

"Pulisci e torna di sotto, dobbiamo parlare" disse deciso. Solo quando ci fu silenzio in soffitta si tirò un sospiro di sollievo.

"Ma cos' hanno quei tizi contro la magia?" disse stizzito Malfoy "Si dovrebbero sentire onorati di avere un nipote in grado di fare incantesimi. E badate: non lo sto dicendo perché credo ancora in quegli ideali, ma vedere questa loro repulsione mi mette i brividi. Non lo credevo" disse sincero.

"Quella parola, 'magia' , qui è praticamente bandita. La vedono come una mostruosità, uno scherzo della natura che non dovrebbe esistere, che andrebbe estirpato. Ti ricorda nulla furetto?" a parlare era stato il ragazzo rosso che aveva fatto stringere i pugni al biondo.

"Abbiamo la traccia" pensò ad alta voce Hermione attirando gli sguardi su di sé "Abbiamo ancora la traccia. Siamo a tutti gli effetti minorenni" disse ancora passandosi una mano tra i suoi capelli crespi. Durante gli ultimi mesi era riuscita quantomeno a domarli e ripassarla in quella massa crespa e secca era strano, aveva perso l'abitudine. "Abbiamo ancora la traccia e abbiamo già fatto una magia. Un'altra e ci espellono da Hogwarts. Calma Hermione, stai calma" parlava con sé stessa, ma non riusciva a rilassarsi.

Una mano le si posò sulla spalla sinistra per poi tirarla in un abbraccio. "Non ci pensare Hermione, andrà tutto bene. Potremo spiegare" Ginny sussurrava delle parole calme riuscendo a trasmettere ad Hermione una tranquillità che non aveva.

"Penso tu debba ancora rivedere le tue priorità Hermione" disse Ron ridendo e avvicinandosi a lei, dandole un bacio sulla fronte, facendo sorridere la ragazza.

"Hai ragione, in sette anni ancora non ci sono riuscita a mettere la scuola in secondo piano" disse facendo una piccola risatina

"Penso proprio che non sia l'unica persona in questa stanza Weasley" disse la mora serpeverde ammiccando nella direzione di un suo compagno di casa.

"Non credo sia sbagliato" s'intromise Draco a quel punto, punto sul vivo da Pansy, entrando in quel discorso che era solo il loro, che con le serpi non aveva nulla a che spartire "che metta l'istruzione al primo posto, Weasel. Io la penso come la mezzosangue: dobbiamo cercare di non farci espellere" si sentiva in dovere di dire qualcosa, non parlava da appena tre minuti ed era troppo per la sua persona non essere udito. Sentiva, inoltre, di dover difendere in qualche modo l'onore di quella ragazza. Sgranò gli occhi, tastandosi freneticamente la giacca e il pantalone che aveva indosso: non la trovava.

"Salazar!" esclamò passandosi una mano tra i suoi capelli perfettamente tirati all'indietro con il troppo gel. Aveva imparato a lasciarli liberi e risentire la "leccata di mucca" era inusuale.

"Che è successo Draco?"domandò Pansy, mentre si avvicinava insieme a Blaise a Draco. Quest'ultimo scosse la testa. "Niente di grave, tranquilli" ma le sue parole non li rassicurarono totalmente. Non ottennero altro, però. Non poteva certamente rivelare fosse per quella foto. Ad occhio esterno poteva essere bizzarro che l'avesse presa quando, letteralmente accanto, c'era un'altra foto che lo mostrava in primo piano. Ma la realtà dei fatti era quello che la foto mostrava e che lui sperava non fosse stato notato dai tre grifoni più uno o da chiunque, entrato alla festa, l'avesse notata. Non sarebbe stato facile spiegare e lui non era neppure tanto in vena di doversi giustificare con qualcuno, render conto a chiunque era al di fuori della sua persona.

Il tempo passava ed il silenzio era tornato ad incombere sulle sei persone che non riuscivano a stare a loro agio, con quello spesso strato di inadeguatezza che si poteva quasi tagliare con il coltello. La noia è quello che percepivo.

"Adesso basta!" a prendere parola era stata Ginevra, stanca di quella situazione e creando qualcosa di quanto più vicino al dinamico. "Non sappiamo che ore siano esattamente, ma fuori è buio da diversi minuti ed io non riesco a stare un secondo di più qui in queste condizioni" Con uno scatto si alzò in piedi facendo ondeggiare i lunghi capelli rossicci per il movimento brusco.

"In casa c'è uno strano silenzio e Harry non accenna a tornare. Voi restate pure qui, ma io vado a cercare quello stupido del mio ragazzo" si incamminò velocemente, per quello che le gambe di una bambina dodicenne potevano permettere, alla botola che l'avrebbe condotta nuovamente giù.

"È pericoloso Ginny" intervenne suo fratello prendendola per un polso. "Lasciami stare" Ginny iniziò a tirare per liberarsi.

"Fate silenzio! Volete per caso che ci trovino quei pazzi che abitano giù?" era la prima volta da quando quel casino era iniziato che Blaise prendeva parola. Neppure quando Draco o Pansy gli avevano chiesto se stesse bene, dato il suo silenzio innaturale, si era arrischiato a parlare. Troppo riflessivo in quel frangente. Ed invece eccolo lì, che interveniva facendo le veci della persona razionale che in quel momento ci voleva e che la Granger non riusciva ancora ad essere, che non riusciva a recuperare.

I due fratelli si fermarono di scatto osservando il ragazzo dagli occhi neri come il catrame e, loro malgrado, si erano ritrovati a dargli ragione. Non era il momento di dare di matto.

"Non possiamo neppure rimanere qui. Io voglio capire che sta succedendo" rispose Ginny quasi come se fosse una bambina capricciosa. Infondo, vista dall'esterno, appariva proprio così, quando quelle due parole decisamente non la caratterizzavano, primo perché era ormai un'adulta per la legge magica, secondo perché avendo convissuto con 6 fratelli maschi i capricci letteralmente non gli aveva mai fatti, era stata educata all'adattamento e al sottostare al ciò che le veniva detto inghiottendo un grosso boccone amaro dato che era di natura testarda ed orgogliosa : dover ascoltare le parole di chi è più grande le era sempre difficile, ma aveva imparato a farlo senza discuterci troppo.

"Ha ragione la Weasley piccola, dopo la discussione che hanno avuto può essere successo qualsiasi cosa, e non possiamo aspettare tranquilli tranquilli qua, mentre di sotto può essere successo il finimondo. Abbiamo bisogno di San Potter per capire. Questa è o non è casa sua infondo?" la domanda retorica era stata posta da Pansy mentre, senza guardare nessuno, si attorcigliava una ciocca di capelli con le dita.

"Lei è disposta ad andare, io sono d'accordo che sia lei" disse infine guardando la diretta interessata negli occhi che le sorrise grata in risposta.

"Io no. Miseriaccia è mia sorella! Non voglio che corra certi rischi"

"Non sono più una bambina Ronald" Ginny si risentì delle parole del fratello e si mise con le mani sul fianco, in una posizione che la faceva rassomigliare tanto alla madre quando doveva fare una ramanzina ai figli che avevano commesso l'ennesima marachella.

"Non mi interessa, tu non ci vai" ribatté ancora il rosso, facendo infuriare maggiormente la sorella.

"Hermione!" si rivolse quindi alla sua migliore amica "Fallo ragionare tu, ti prego. È il tuo ragazzo e dalla guerra sembra assecondarti di più" era la sua ultima risorsa. Dopo sarebbe andata comunque, con o senza il permesso.

"No, dille che dovrebbe rimanere qui e che dovremmo andare tu ed io come sempre" disse di risposta Ronald.

"Ron ha ragione" cominciò la riccia. Quando Ginevra stava aprendo la bocca la bloccò con un gesto della mano. "Fammi parlare. Ron ha ragione, andare non è privo di pericoli, anche se sono solo dei babbani. Anche io non voglio che tu corra dei rischi e preferirei stessi qui, ma se vuoi andare tu hai il mio appoggio. Se andassimo io e Ron, come ha proposto lui, faremmo solo il doppio del casino." concluse infine alzandosi ed abbracciandola. All'orecchio non si trattenne dal sussurrare "Fai solo attenzione Gin" poi si staccò avvicinandosi al rosso per prendergli la mano e impedirgli di dare ancora di matto, non era il momento. Gli altri si erano limitati a guardare quella micro discussione. Speravano solo che le conseguenze non ricadessero su di loro. Neppure volevano finirci a Privet Drive, in quella via della Londra babbana.

"Sai, sei stata avventata ad assecondarla, ed io uno stupido a capitolare ogni volta" esordì il rosso dopo che sua sorella se ne era già andata, prendendole le mani non considerando che, in realtà, Hermione ci aveva riflettuto bene prima di parlare. "Comunque, anche se non lo ammettevo neppure a me stesso, ti volevo anche allora. Ti amo" disse Ron guardandola negli occhi e riferendosi ai tredici anni che la ragazza mostrava, dimenticandosi per un attimo della presenza delle serpi. La riccia non gli rispose perché sentiva distintamente gli sguardi delle tre persone presenti in quella stanza insieme su di loro e se si trattenne dal trattenere dall'arrossire fu solo perché si era allenata a mostrarsi forte ed indifferente ai sentimenti. Come direbbero i babbani, aveva indossato una faccia da poker. Tornarono a sedersi vicino agli altri compagni.

"Quando questo sarà finito secondo voi cosa ci aspetta?" chiese Pansy guardandosi intorno intimorita, seppur cercasse di non darlo a vedere. Infondo era pur sempre una serpe, l'arte della finzione la riguardava.

"Se questo fa parte di quel gioco che di babbano ha ben poco" esordì Blaise stringendo la mano di quella ragazza che ormai amava già da qualche anno e a cui non era mai riuscito a confessarsi seppure con i gesti lo dimostrasse in ogni secondo "ed io penso di sì" continuò "allora il prossimo sono io. Forse è meglio che vi prepari a quello che ho scritto sul foglietto." Decise infine.

Mentre in soffitta avvenivano quei discorsi tesi, di sotto l'atmosfera era molto più silenziosa. Troppo. Tutte le stanze avevano luci spente e porte chiuse, eppure si capiva fin da subito che qualcosa non andava o Harry li avrebbe già raggiunti. Si avvicinò alla porta che le sembrava di aver lasciato molto meno di un ora prima. In quel istante le parve invece fossero passate ore da quando erano saliti in soffitta. Ginevra camminava piano, per non rischiare che anche i suoi passi felpati potessero incrinare quel vuoto che la circondava, spaventata, per la prima volta da quando aveva avuto quell'idea di andare a vedere cosa stesse accadendo, da quanto sarebbe potuto accadere al primo passo falso. Provò ad aprire la porta, ma nulla, non era possibile accedere. Ci provò di nuovo. Ancora nulla.

"Chi sei?" sentì la voce di Harry dall'altra parte della porta. Bisbigliava. Fece lo stesso.

"Sono io, Ginny" mise la mano destra sulla porta, dove vi poggiò un secondo poco anche la fronte, non sapendo che dall'altra parte il suo ragazzo aveva fatto esattamente la stessa cosa tirando un sospiro di sollievo.

"Non dovevi venire" le disse, ma la ragazza non lo ascoltò. "Cosa ti è successo?" chiese quindi, a voce sempre più bassa con la costante paura che una delle altre porte si spalancasse e la vedesse. Non avrebbe avuto neppure il modo di difendersi senza rischiare l'espulsione, ed avevano concordato che non avrebbero rischiato tanto. "Mi hanno chiuso qui senza bacchetta. Come se la potessi usare!" imprecò a voce bassissima il bambino sopravvissuto "Mi aprono domani che viene mia zia Marge" concluse la breve frase il corvino, girandosi di spalle alla porta e facendosi scivolare a terra. "Ti tirerò fuori di qui!" e senza attendere oltre cominciò a camminare per il corridoio. Ritenne scontato credere che la chiave della porta l'avesse lo zio con sé, il punto era comprendere in che stanza si trovava. Senza contare che anche trovare effettivamente la chiave nella stanza senza farsi vedere non sarebbe stato facile, ma ci sarebbe riuscita, doveva farcela. Arrivata alla porta accanto a quella di Harry si accostò, notando che non era totalmente chiusa. Sbirciò, facendo attenzione a non commettere passi falsi e notò la presenza di un letto a due piazze, ma alla luce della luna si intravedeva la presenza di un solo soggetto. Le ipotesi erano due: o era la camera dei genitori e ne mancava uno, oppure era quella di Dudley. Si acquattò lungo il muro e nascosta dal buio del corridoio iniziò ad entrare piano nella stanza. L'unico modo per comprendere era controllare e non poteva avere tentennamenti. Percorse nella camera circa cinque passi prima di fermarsi. Era ancora abbastanza vicina alla porta, quindi sarebbe stato facile uscire, ma ora che era più vicina anche al letto riconobbe la figura di un bambino poco più grande di lei. Così come era entrata, la rossa uscì e socchiuse nuovamente la porta mentre tirava un sospiro di sollievo e si rialzava in piedi.

Mancavano due porte, una avente sicuramente la camera da letto. La rossa si fermò un attimo prima di aprire la porta di fronte chiedendosi se forse la soluzione era un'altra.

'Se io fossi in lui la vorrei in un posto che non da sospetti,averla con me non avrebbe senso' fu il pensiero che le passò per la mente. Fece un passo indietro e si diresse alle scale. Adesso sapeva dove cercare. Scese in silenzio le scale arrivando al piano terra senza creare scompiglio. Mosse freneticamente lo sguardo a destra e a sinistra prima di puntarlo sulla porta sotto le scale a cui si avvicinò e senza pensarci troppo l'aprì. Tirò una cordicina, accendendo l'unica lampadina che rischiarava quel luogo altrimenti cupo ed iniziò a cercare. Dai racconti del suo ragazzo, lì dove una volta c'era il letto in cui dormiva erano state messe delle mensole ed un piccolo banco dove poggiare gli attrezzi. Ginevra incominciò ad aprire tutti gli sportelli fino a trovare uno con tante chiavi. Non sapeva quale prendere, erano troppe. Perché non ci aveva pensato prima? Iniziò ad analizzarle prendendole una ad una in mano. Ad alcune c'era attaccato un cartellino ed almeno quelle le avrebbe potute scartare. Quella che aveva in mano in quel momento era molto arrugginita ed ipotizzò che non potesse essere quella, la rimise al suo posto, passando alla successiva. Aveva un'impugnatura in plastica gialla da cui usciva la parte di metallo che finiva formando una punta triangolare. Da un lato era liscia, con una fresatura,dall'altro aveva un fermo di corsa e una cifratura parecchio marcata. Era certa che non fosse quella, seppur non ne conoscesse l'origine di tale sicurezza. Ne prese ancora un paio, poi ne vide una dorata. Si ricordava che quando stava richiudendo la porta della camera del cugino del suo ragazzo aveva visto una chiave simile. Aveva una testa che ricordava l'albero della vita ed un pomolo da cui scaturiva un fusto abbastanza lungo che chiudeva con un foro, accanto, alla base della chiave stessa, presentava una piccola sezione rettangolare con una mappa ed un segreto a forma di elle. 'È questa' si era detta, mettendosela in tasca ed uscendo, non prima di aver fatto tornare il luogo all'oscurità d'origine. Quando risalì le scale il cuore le batteva a mille. Qualcosa sarebbe andato storto per forza, se lo sentiva. Inserì la chiave nella serratura e lentamente girò. Si sentì un suono e poi la porta fu aperta. Harry, che per tutto quel tempo stava invocando Merlino, Morgana e tutti quanti affinché Ginevra non fosse scoperta, cadde all'indietro quando inaspettatamente fu liberato. Si alzò velocemente e baciò la sua ragazza che, per quanto non fosse né il luogo né il momento opportuno, non poté non pensare che quel bacio le aveva fatto soddisfare il sogno che aveva da bambina di baciarlo anche allora. "Non rischiare più così tanto" le sussurrò, carezzandole una guancia. Chiusero la porta senza bloccarla, Harry ci sarebbe dovuto ritornare e lo sapevano entrambi. Ciò che era più importante in quel momento, però, era tornare dagli altri e mettere un punto a quella faccenda. "Andiamo di sopra" Harry stava iniziando a capire perché fosse finito lì in quel giorno,di sopra avevano ipotizzato cosa gli avesse portati a quel punto e solo mettendo le carte in tavola potevano ragionare su come muoversi e chiudere il cerchio di quel mistero.

Quando chiusero la botola si accese la luce nella camera di Dudley, si era svegliato. Ci erano riusciti per un soffio. Come da programma.

"È arrivato il momento di parlare" disse Harry quando si ricongiunse con gli altri. Vide che non si erano ancora ammazzati tra di loro e che anzi, stavano parlando fitto in una serie di botta e risposta che poco avevano a che vedere con i soliti litigi. Gli altri annuirono. Era giunta davvero l'ora di fare un quadro della situazione.

Note dell'autrice :

Buon pomeriggio, buona sera o buon giorno, in base a quando mi leggerete. Pubblico finalmente il terzo capitolo, che ho finito letteralmente qualche minuto fa, il tempo di rileggerlo (sperando di non aver accidentalmente saltato degli orrori / errori di battitura o di grammatica, nel caso fatemeli notare e rimedio in fretta 😉) . Questo è il primo di una lunga serie di capitoli belli densi di informazioni. Sono stati riportati all'età di 12-13 anni circa, come si è potuto vedere,  in particolare è l'estate che precede il terzo anno ad Hogwarts e quindi Sirius Black. Ancora non lo sanno in soffitta, sebbene forse, ma proprio forse  Blaise non ci ha visto così male ed Hermione facendo un rapido calcolo potrebbe arrivarci. Dobbiamo attendere (sì, sia voi che io) il prossimo capitolo per vedere quanto i protagonisti capiranno effettivamente di "Second Choice" e vedere come si svilupperà la sfida di Harry che qui è appena all'inizio, con le giuse modifiche dettate dal cambiamento. Fatemi sapere che ne pensate, per il momento non mi resta che salutarvi. Alla prossima, un bacio,Amalia💚

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Capitolo 4
*** Casella 1 : la mancanza di Harry Potter (2° parte) ***


Capitolo 4 – Casella 1 : la mancanza di Harry Potter (2° parte)

Si erano seduti in cerchio quando finalmente Harry cominciò a parlare.
“Credo sia chiaro a tutti quello che sta accadendo” esordì prendendo gli occhiali in mano per pulire con il maglione una macchia inesistente: sentiva il bisogno di tenere le mani impegnate mentre parlava.  “Ma è sempre meglio mettere le carte in tavola” usò un detto babbano che le serpi non conoscevano, ma non fu difficile intuire il significato dato che i giochi di carte erano una loro specialità. “Sul foglio più che una paura ho scritto un momento di sofferenza,  un momento ben preciso ovvero il primo incontro con Sirius. Non so perché, però – e a questo punto Harry si rimise gli occhiali per poter guardare gli interlocutori – ci abbia portato ad ora. Forse c’è qualcosa in questo momento che io davvero non capisco”
Se per Harry e i Grifondoro in generale nominare Sirius era qualcosa di normale, non lo era per le Serpi che di lui conoscevano solo i grandi racconti spaventosi.
“Sirius? Sirius Black?” chiese conferma Pansy alzando lo sguardo dalle sue unghie coperte da un semplice smalto trasparente per renderle più lucide e darle un tocco di cura in più, seppure alla vista poco di fatto cambiava. Ad un cenno affermativo da parte di Harry Potter, Pansy ripeté nuovamente “Lo stesso Sirius Black che è scappato da Azkaban e che è penetrato nella nostra scuola al terzo anno?”
“Sì Parkinson, lui. È… Era il mio padrino, e la prima volta l’ho incontrato quando sono scappato da qua. Per questo non capisco la ragione per la quale mi abbia portato a questa data. Mia zia Marge verrà domani”  spiegò brevemente Harry.
“Forse” provò ad intervenire Blaise “oggi avviene qualcosa che il gioco vuole che tu cambi” si portò pollice ed indice alla base del naso ed iniziò a riflettere. Il prossimo sarebbe stato lui e sebbene non era pronto minimamente a quello che lo attendeva, doveva comprenderne almeno la logica per poter essere un minimo preparato.
“Ne dubito Zabini – gli rispose quindi Harry con tono rassegnato – l’unica cosa interessante era la preparazione per domani, che, tra l’altro, domani ripeteremo. No, non capisco prorprio cosa ci sia sotto”
“Quando capirai qualcosa tu Potter, Dorian invecchierà” fu la stoccata di Draco. Se Harry se la prese, non lo diede a vedere. Dal suo tono aveva compreso che le parole di Malfoy non erano un complimento, tutt’altro, ma non capiva chi fosse la persona citata e, Voldemort a parte, tutti invecchiavano e poi perivano. Hermione, dal canto suo, conosceva il personaggio di Wilde e la storia in generale e rimase stupita da un insulto tanto sottile. Non riuscì a trattenersi.
“Conosci Oscar Wilde?” proprio non riusciva a capire come fosse possibile che vantasse come nulla fosse la conoscenza di un autore babbano risalente alla seconda metà dell’Ottocento. “Non credo sia il momento opportuno per parlare di questo” disse Harry cercando di riacquistare l’attenzione del gruppo con scarsi risultati.
“Al Manor ho una biblioteca abbastanza fornita – rispose infatti Draco con noncuranza, ignorando il ragazzo sopravvissuto – ed i miei antenati si sono ritrovati più volte ad apprezzare anche letteratura non magica”
“Possiamo tornare al punto centrale? – domandò Ginny con un tono abbastanza alto, ma non troppo per far si di non essere beccati dagli coinquilini del piano inferiore – O desiderate, che ne so? Un tè e dei biscotti?” la sua era ovviamente una domanda ironica a cui, altrettanto ironicamente rispose il biondo “A me con latte ed un cucchiaio di miele piattola” facendo alzare gli occhi al cielo alla rossa, la quale non trattenne anche uno sbuffo. “Vai Harry” concesse al suo ragazzo.
“Penso che adesso la cosa più sana sarebbe riposarci e poi domani sera capiremo che fare” aveva quindi detto il corvino. Ron si alzò dal suo posto con le sopracciglia aggrottate, dirigendosi verso l’oblò per guardare fuori.“Tu intendi improvvisare? – chiese Hermione incrociando le braccia sotto al seno – Dovremmo pensare a qualcosa Harry. Più o meno sappiamo qual è la tua sfida quindi non sarà difficile capire che fare. Come hai agito l’ultima volta?”
“Sono scappato di casa dopo aver gonfiato mia zia, ho visto Sirius, sono caduto chiamando per sbaglio Stean Picchetto e me ne sono andato con lui” disse coinciso, riassumendo in una frase la serata che aveva passato ormai cinque anni prima e che avrebbe ripetuto il giorno seguente.
“Penso sia già qua fuori – cominciò cauto il rosso dalla sua nuova posizione – c’è un cane vicino al cartello che sembra studiare la casa” Harry si alzò di scatto raggiungendo il suo migliore amico e facendosi spazio per osservare anche lui. Questo non lo sapeva. Non credeva lo avesse trovato prima. Era convinto che Sirius non lo avesse ancora trovato. Adesso aveva leggermente più senso. Anche se qualcosa ancora non tornava. Originariamente lui non lo sapeva e solo grazie a Ron aveva scoperto questa nuova informazione. Si voltò dirigendosi verso la botola, ma venne fermato dalle parole di Hermione. “Non puoi andare – ora che aveva cominciato a ragionare di nuovo con la piena lucidità, poteva certamente sostenere Blaise come bocca della ragione smorzando tutto il divertimento – tu dovresti essere chiuso nella tua stanza. Se lo raggiungi e tuo zio ti becca…” lasciò la frase in sospeso facendo cogliere a lui le fila del suo discorso.
“Hai ragione Hermione” aveva cominciato a parlare Harry “Ma non posso non andare, è il mio padrino” non si arrendeva, non era nella sua indole di coraggioso, impulsivo e spericolato Grifondoro farlo e quindi eccolo là che tentava ancora una volta di scendere le scale.
“Se vuoi farti uccidere – esordì Draco Malfoy verso il ragazzo sopravvissuto – non sarei contrario. Ci libereremmo di te per una volta” il suo incipit  suscitò occhiatacce nella sua direzione, ma lui non vi diede alcun peso continuando “Ma non puoi mettere nei casini anche noi. È scappato da Azkaban e, seppur disarmato, è evaso anche da una torre di Hogwarts, luogo in cui, per inciso, era venuto ad ammazzarti” si alzò in piedi, togliendosi dal pantalone un po’ di polvere dovuta alla scarsa frequentazione e di conseguenza pulizia del luogo.
“Non parlare di lui Malfoy, tu non sai nulla.” s’irrigidì Harry per poi sfoderare la bacchetta e puntarla nella direzione della sua nemesi di sempre. “Lui è il mio padrino” disse nuovamente, come se quella frase potesse mettere a tacere qualsivoglia tipo di dubbio.
“E con ciò?” domandò il biondo irritato, non degnandosi neppure di prendere la sua arma per difendersi. “È comunque un assassino. E metti giù la bacchetta, cosa credi di ottenere sfregiato?”
A malincuore Harry dovette dargli atto che usarla non aveva risvolti positivi se non la soddisfazione di mettere a tacere Malfoy. Ma ancora non riusciva ad arrendersi e i rumori di passi pesanti che percorrevano il corridoio lo fecero scattare verso la botola, deciso più che mai a correre giù.
“State fermi e fate silenzio” sussurrò Blaise mentre Ron ed Hermione cercavano di fermare Harry e costringerlo a ragionare.
“Va via cane pulcioso” anche dalla soffitta si riusciva a sentire distintamente la voce possente di Dudley Dursley che, sceso in cucina, era stato attirato dalla sua figura.
Qualche minuto prima, infatti, quando Harry e Ginny erano saliti in soffitta, Dudley Dursley si era svegliato e non riuscendo a riprendere il sonno, aveva acceso la luce nella sua camera. Nelle orecchie sentiva ancora un leggero rumore di passi, ma controllò l’ora e con i suoi genitori a dormire e Harry Potter rinchiuso nella sua camera non era possibile una simile eventualità. Certo, sapeva che il cugino avrebbe potuto utilizzare la magia, ma lo credeva abbastanza intelligente da non farsi espellere dalla sua scuola solo per fare un giro della casa. Facendosi coraggio lasciò la stanza, ritrovandosi nel corridoio del secondo piano. Non si fermò nemmeno a verificare la sua ipotesi, convinto di essere nel giusto, optando per scendere in cucina e bere un bicchiere d’acqua prima di tornare a dormire.
Arrivato di sotto e riempitosi il bicchiere, lo bevve con calma mentre lasciava andare via tutti i pensieri negativi. I passi, si auto-convinse, erano stati frutto dell’incubo da cui si era risvegliato di soprassalto. Lasciò il bicchiere nel lavello e si diresse verso le scale per tornare di sopra quando un ombra non troppo lontana attirò la sua attenzione oltre il vetro del salotto.
Andò quindi alla finestra per osservare meglio e quell’ombra indistinta rassomigliò sempre più ad un grande cane nero che, immobile nella sua posizione, osservava la casa sembrando quasi fin troppo intelligente per essere un banale animale.  L’insieme trasmise a Dudley un insieme di inquietudine. Doveva cacciarlo. Sapeva di doversi liberare di quel cane. Corse di sopra per infilarsi almeno un paio di ciabatte prima di uscire fuori di casa. Tornato di sotto, prima di aprire la porta principale trasse un respiro profondo. Poi la spalancò ed uscì fuori a passo spedito.
“Vai via cane pulcioso” disse deciso, con un tono di voce abbastanza alto, e muovendo le mani per cercare di scacciarlo. “Mi hai sentito? Vattene!”esclamò ancora. Una strana sensazione che gli attorcigliava le interiora e lo spaventava fino alle ossa. Lentamente, ma con una sicurezza che non gli apparteneva, si avvicinava sempre di più a quel cane che, quasi a farsi beffe di lui, lo arginava per andare più vicino alla porta d’ingresso per poi tornare indietro e ringhiare verso Dudley.
“Sembra che la tua famiglia abbia il vizio di non tenerci alla pelle” disse in soffitta Malfoy mentre vedeva dalla finestra ad oblò quello che avveniva un piano sotto.
“Lasciatemi, devo andare almeno a dare una mano da Dudley” tirando con più forza riuscì a contrastare Hermione, benché la stretta di quest’ultima non fosse eccessiva per lui, e con l’utilizzo di entrambe le mani anche liberarsi di Ron non fu tremendamente complicato, nonostante la differenza d’altezza e muscolatura. Senza aspettarsi di essere seguito o dare altre risposte corse alla botola, l’aprì e se la chiuse alle spalle per guadagnare quanto più tempo. Scese le scale in fretta e uscito fuori chiuse la porta alle sue spalle.
 “Sirius” udendo la voce di Harry, il cane si allontanò di un passo da Dudley guaendo. Non si aspettava di essere riconosciuto “Fermati, va tutto bene” sembrava un folle mentre parlava e il soggiungere di Ron non aiutava. Sirius iniziò a girare attorno al  rosso, mentre Dudley prendeva Harry parandoselo davanti. “Non dovresti esser qui, ma meglio tu che io. Hai la magia, caccialo!” le parole del ragazzo fecero aumentare la bile di Sirius Black che iniziò ad avventarsi verso il cugino di Harry Potter per morderlo ad una gamba e farlo pentire delle sue parole, ma lo spirito di sacrificio di Harry ebbe la meglio non osando spostarsi dalla posizione di difesa che aveva assunto.
“Fa qualcosa, quel cane rognoso non ha il diritto di stare qui!”
“Sei davvero così idiota da rischiare di essere morso pur di non farlo restare?” domandò con un briciolo di amarezza mentre si parava meglio davanti al cugino, evitando per un pelo che Sirius, balzando da un lato gli ferisse il fianco.
“Mi mette inquietudine. Nessuno dei vicini ha un cane così ed è aggressivo. Mostra di essere utile a qualcosa” esclamò Dudley prendendo Harry per le spalle e nascondendosi meglio dietro la sua figura.
L’intento di Sirius Black era di mettere così tanta paura in Dudley al punto da farlo correre dentro casa : quel ragazzo viziato era solo un ostacolo. Sapeva bene che il ragazzo rosso che cercava di braccarlo da dietro e fermarlo era un mago, sentiva l’aura di energia che lo avvolgeva e se quello non fosse bastato in compenso aveva letto i giornali che venivano abbandonati e lo aveva visto in un articolo che lo mostrava in Egitto con la famiglia. Davanti ad un amico di Harry avrebbe pure potuto correre il rischio di trasformarsi, ma non di fronte ad un babbano. Saltò un’ultima volta per infliggere il morso, ma non aveva calcolato la forza nelle zampe e mentre Harry apriva le braccia qualcuno in soffitta imprecava con un “Cazzo!” , coprendo con una mano gli occhi di Hermione – che era stata trattenuta di sopra – stringendosela con la schiena al proprio petto, per evitare che potesse guardare in toto la scena cruda che si stava svolgendo. Hermione crollò a terra e il ragazzo di conseguenza pur di continuare a trasmetterle la vicinanza di cui lei aveva bisogno. Ginevra guardava e solo una lacrima solcava il suo volto mentre la mano di Pansy Parkinson le si poggiava sulla spalla.  Non sapeva cosa voleva dire perdere un ragazzo, addirittura due volte in neanche un anno, ma se avesse perso Blaise o Draco era certa avrebbe reagito come lei, troppo fiera per crollare come Hermione, ma troppo vicina ai sentimenti per restare impassibile in simili circostanze. Blaise si voltò di spalle a quella scena non riuscendo a sostenerla ; Ron, giù in giardino, si bloccò, così come Sirius Black.
E mentre Harry crollava allo stremo delle forze tra le braccia di suo cugino, il quale era tremante per ciò che era appena accaduto, sorridevo notando l’ironia della situazione. Sirius Black, adesso nero anche nell’anima, macchiato come il suo cognome pretendeva. Sirius Black, che non aveva mai commesso nulla di male – o almeno nessun reato per cui valesse la pena condannarlo – adesso aveva ucciso l’unica persona così fortunata che neppure il Signore Oscuro era mai davvero riuscito a fare fuori. Il padrino che in un'altra situazione aveva volontariamente dato la propria vita per proteggere il suo protetto, adesso gliela toglieva per sbaglio, solo perché era stato troppo impulsivo e si era fatto governare dall’irrazionalità tipica di un Grifondoro cresciuto con James Potter, nonostante la razionalità di Remus Lupin che aveva sempre cercato di farli ragionare.
Il cielo si illuminò di viola scuro con dei lampi rossi. Un attimo dopo i sei ragazzi sentirono per la seconda volta uno strappo all’ombelico e il mondo intorno a loro cominciò a girare, ma a loro non importava niente. Quando atterrarono erano ancora tutti fermi nella loro ultima posizione.

Note:
Buongiorno, buonasera o buon pomeriggio in base a quando mi leggerete. Passo direttamente al capitolo in sé, che dir la verità non è neppure minimamente come era originariamente pensato, ma più scrivevo, più tutto andava in quella direzione. Tutto è iniziato a precipitare nel momento in cui Ron si alza per andare alla finestra della soffitta : appare evidente che Harry è la prima persona che ha abbandonato il gioco solo che, beh, diciamo che non doveva esattamente andare così, anzi,lui doveva incontrare zia Marge, litigarci come la prima volta e scegliere di non scappare perché i suoi amici erano in quella casa e non poteva lasciarli. Lui era uno di quelli che rimaneva fino alla fine, ed invece mentre scrivevo le cose mi sono sfuggite leggermente di mano e quindi ecco che il morso involontario di Sirius ha portato alla morte del suo protetto Signore e signori, laddove Voldemort ha fallito più e più volte, ci ha pensato Sirius Black. Visto dove stavo andando a parare ho cercato di sì descrivere la scena ed esprimente le reazioni di ognuno, ma anche di non scendere troppo nel dettaglio. Adesso dovrò rimescolare le carte, ma ho già in mente qualcosa, infondo “The show must go on”. Non voglio dilungarmi troppo, dato che ormai ho decisamente sforato, ma specifico che la prima persona che ogni tanto si trova all’interno del capitolo o i pareri troppo diretti sugli eventi non sono delle sviste o errori, tutto ha un suo senso. Mi scuso se è un capitolo più corto del solito e spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, nonostante sia finito in tragedia, fatemelo sapere con un commento e, come al solito, se doveste notare errori / orrori di battitura o altro non esitate a farmelo sapere e provvederò a correggerli appena possibile. Alla prossima, un bacio, Amalia❤️

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Capitolo 5
*** Casella 3 : la famiglia di Blaise Zabini ***


Capitolo 5 – Casella 3 : la famiglia di Blaise Zabini
Ron e Blaise furono i primi a muoversi, il primo per avvicinarsi a Malfoy e rompere il suo contatto con Hermione per prendere il suo posto, cosa che il biondo non permise perché “Donnola, non è il momento di fare la persona gelosa, Hermione ha bisogno una persona non distrutta al suo fianco in questo momento, che la sostenga fisicamente ed emotivamente – disse con voce bassa, togliendole la mano dagli occhi per carezzarle i capelli e farla rilassare contro il suo addome – e tu sei troppo coinvolto per poterlo fare” era stato secco e risoluto. Blaise, invece, cominciò a guardarsi intorno. Erano nel suo salotto. Glielo dicevano le spesse tende di un viola scuro che non permettevano alla luce di entrare dalle finestre. Lo diceva il camino in pietra con decorazioni gotiche, acceso per riscaldare e rischiarare l’ambiente. Lo dicevano le urla che aveva sempre fatto finta di non sentire e che provenivano dal piano superiore. Stavano litigando ancora. Blaise ricordava bene quel matrimonio. Era il secondo marito dopo suo padre, il terzo in generale. I famosi sette uomini di sua madre – che nella vita vera erano ormai diventati otto deceduti ed uno appena sposato – li aveva conosciuti nel bene e nel male e quello era il peggiore in assoluto. Non era un caso che lo avesse associato al numero tre categorizzandolo come suo peggior momento vissuto. Ci sarebbero stati sicuramente altri momenti che avrebbe potuto scrivere, ma tutti gli erano sembrati inadatti a soddisfare l’unica richiesta del gioco. Già durante la prova di Harry Potter se ne era pentito, e sapeva che non gli sarebbe successo nulla, ma gli faceva male. Ormai tutti tranne Ginevra sapevano che aspettarsi. Quando erano nella soffitta dei Dursley gli era subito parso chiaro che se avesse parlato avrebbe evitato incomprensioni e, soprattutto, avrebbero davvero potuto aiutarlo. Avevano scelto di affrontare un problema alla volta non sapendo come sarebbe potuta cambiare la vicenda, come il gioco l’avrebbe loro riproposta. E le urla dal piano superiore gli dicevano che non sapevano della sua presenza in casa. Era sempre così. Sua madre arrivava a litigare solo quando non c’erano testimoni, quando non poteva ferirlo. E proprio per non ferirlo, nonostante il compito che gli avevano malauguratamente assegnato all’età di 8 anni, non gli aveva mai detto il motivo che aveva portato a tanto. Camminò verso la porta del salotto, poi verso la base delle scale per cercare di acquisire più informazioni possibili. Poteva anche essere all’interno di un gioco, ma gli era tutto così vero che – credeva – di poter finalmente mettere un punto a tutta quella questione.
“Tu non toccherai neppure un capello a Blaise, lui resterà qui” urlò sua madre in quel momento sbattendo la porta della camera, che fu subito riaperta. “Dimentichi che ho ottenuto la sua potestà e che, per la nostra legge, ho il potere di farlo” disse tranquillo l’uomo che si era sempre rifiutato di chiamare padre. Mai gli era piaciuto a Blaise. Anche quando era solo il fidanzato di sua madre. E aveva provato a dissuaderla, ma non c’era stato verso. “Prima ancora che tu possa pensare ad una soluzione lui sarà fuori da questa casa” stava continuando l’uomo, gelando il ragazzo sul posto. “Dato che lo ami tanto, giochiamocela alla cena di domani. Diamo la sua sorte nelle sue mani” proseguì ancora, mentre il bambino scuoteva la testa con ribrezzo. Una mano delicata si poggiò sulla spalla di Blaise, mentre le ultime parole venivano pronunciate. “E sia. Domani sputeremo il nostro veleno e vedremo chi resisterà” una lacrima rigava la guancia di Blaise e, per quanto io possa essere sadico, una presenza concreta e astratta assieme, vedere il male rivolto a dei bambini innocenti mi fa ribrezzo. Ma quelli che stanno giocando non sono più dei bambini da molto tempo, la guerra li ha temprati ancora di più, e quindi, seppur non poteva essere visto da nessuno se non da sé stesso, io lo dico ugualmente a voi, perché sappiate che l’uomo, alle parole della donna, chiusa la porta si ritrovò a ghignare in quanto aveva ancora tanti assi nella manica da giocare e che l’avrebbero aiutato.
“Torna di lì Blaise, tra poco tua madre scenderà sicuramente, è meglio se ti trova di lì e non impaurito alla base delle scale no?” chiese stringendo la presa, cercando di smuovere in lui qualsiasi reazione. “Mi dispiace per quello che hai sentito, ma infondo sai che prenderai il biscotto giusto”
“ E se non lo facessi? E se sbagliassi? Ho solo il 50% di possibilità” disse flebile, assecondando però la ragazza, entrando nel salotto proprio mentre sua madre stava scendendo le scale. La scena che si ritrovò non era delle migliori. Ginevra che si stringeva al fratello. Draco ed Hermione che si erano alzati in piedi, ma Malfoy ancora non accennava a staccarsi. Da bambini facevano quasi tenerezza, ancora puri da declino che sarebbe successo di lì a neppure 4 anni.
“Vedrai che sta bene Granger. Non l’ha seccato il Signore Oscuro, sarà sopravvissuto anche a questo” stava sussurrando Draco alla bambina poco più grande di lui e che tirava su con il naso. Le lacrime erano ormai terminate per lei. “Grazie” disse la bruna staccandosi e rivolgendogli un sorriso. “Non eri obbligato a farlo, quindi grazie Malfoy” disse ancora, ricevendo un borbottio in risposta.
“Oh, sei tornato Blaise, e ci sono anche Draco e Pansy e… Chi sono i vostri nuovi amici?” disse la madre di Blaise entrando nel salotto e facendo un gesto inaspettato: abbracciò il figlio davanti a tutti. Non erano soliti alle dimostrazioni d’affetto, ma quella era un’occasione piuttosto particolare.
“Loro non sono miei... Voglio dire. Mamma, loro due – e con la mano fece un gesto indicando i due rossi – sono Ron e Ginevra Weasley, ma preferisce Ginny – si affrettò ad aggiungere dopo un’occhiataccia dalla ragazza – e la ragazza vicino a Draco è Hermione Granger – disse mentre abbassava la mano – , è una nata babbana – si ritrovò a precisare”
“È un piacere potervi conoscere. Oh, vi prego, non fate quella faccia, a me la questione del sangue non è mai importata” disse la donna, forzando una risata. “Mi piacerebbe trattenermi di più Blaise – disse la donna voltandosi verso suo figlio – ma ho delle commissioni da fare. Domani sera ci sarà una festa e siete tutti invitati, anche le vostre famiglie possono venire”
“Loro oggi dormono qui, già lo sanno i loro genitori. Però possiamo invitare la famiglia di Draco e Pansy” quella sera c’erano anche loro infatti, seppur avessero conosciuto gran parte della storia solo la sera prima e il resto Pansy e Blaise l’avevano ascoltato appena pochi minuti prima.
“Non c’è problema, provvederò agli inviti, voi fate come se foste a casa vostra”  rispose la donna, e dopo gli ultimi saluti, utilizzò la metro polvere per spostarsi. Il gruppetto rimase un attimo fermo, vedendo il punto dove era sparita la madre di Blaise, poi quest’ultimo trovò parola. “Forse è meglio andare in camera mia per parlare” e piano d’incamminarono al primo piano, passando davanti alla camera ancora chiusa del patrigno arrivando alla stanza affianco. “Accomodatevi” disse ancora Blaise, aprendo la porta e spostandosi per far entrare prima gli altri. “È molto grande!” Ronald non era riuscito a trattenere la sua esclamazione di stupore, scatenando le risa di Malfoy. “Se questa è grande non hai visto davvero nulla Weasel” ghignava mentre pronunciava quelle parole, andando verso la scrivania per prendere la sedia minuscola – a prova di bambino – e sedersi. “Me la ricordavo più comoda Zab” disse, non accennando però a rialzarsi. “Piccolo regalo del mio, ancora per poco, patrigno. Tra qualche giorno, anche se non lo vivremo, mia madre la cambierà” disse con un’alzata di spalle, stendendosi poi sul letto e chiudendo gli occhi. Quando li riaprì vide ancora i tre grifondoro in piedi, mentre Pansy si era seduta ai piedi del letto. “Vedete che potete sedervi dove volete” disse con ovvietà. “Non ci sono abbastanza sedie” fu la risposta altrettanto ovvia che Blaise ricevette. L’unica presente, infatti,  era occupata da Draco. “Un po’ di immaginazione Granger. E no, ragazzo Weasley, non mi riferisco ad usare la magia” disse Pansy alzando gli occhi al cielo. Ginny si stava quindi avvicinando al letto “Fammi un po’ di spazio Pansy. Non guardarmi con quella faccia, credo che sia il minimo, almeno in questa situazione, lasciar perdere i cognomi” disse mentre si sedeva vicino alla ragazza. Ron aveva preso il polso di Hermione, per sedersi con lei vicino alla sorella, ma Hermione strattonò il polso. Poi guardò Pansy, con un’occhiata di sfida, che sembrava chiedere Immaginazione,eh? Ron, invece, la guardava interrogativo. “Non ci entriamo tutti su quel letto Ron, ed io non voglio stare scomoda” e con quelle parole, si voltò per andare a sedersi sulla piccola scrivania, non prima di aver spostato pergamene e calamaio in un angolo della superficie. Blaise e Pansy si guardarono ghignanti, prima di tornare seri.
“Non... Non puoi sederti lì, sei troppo vicina al furetto” s’impuntò Ron, divenendo rosso come i capelli. “E allora?” disse senza dargli troppa importanza. Ron tornò indietro e rimase in piedi, tra Malfoy e la sua ragazza, facendo alzare gli occhi al cielo a quest’ultima.
“Ma l’avete tirato fuori dai cracker magici?” chiese Pansy, un dito puntato verso i lui, le sopracciglia alzate, la sua attenzione totalmente rivolta ad Hermione e Ginny. “Ehi Parkinson, cosa osi...” incominciò arrabbiato il rosso, sovrastato dalla tono leggero della sorella  “Purtroppo, alle volte credo proprio di sì, Pansy” per poi ridere.
“Comunque” s’inserì Hermione nel discorso “stavo pensando alla situazione di Blaise. – si fermò, un secondo, poi aggrottò le sopracciglia. – Qui siamo in una casa di maghi, fare magie è consentito, soprattutto se non siamo ancora in età da scuola giusto? Muffliato – con un veloce movimento di bacchetta silenziò la stanza. Aspettò ancora qualche secondo, ma la lettera scarlatta, come si aspettava, non arrivò. Sorrise. – Dicevo. Ho pensato alla prova di Blaise e, ovviamente, ci deve essere il margine di errore pari a zero, il che significa che il piano dei biscotti è da scartare, a meno che non sappiamo perfettamente quale è velenoso e quale no” disse, con un tono di voce normale, consapevole che solo i presenti nella stanza l’avrebbero sentita.
“L’idea di fare due biscotti diversi accarezzava anche me, ma se Cygnus ne richiedesse due uguali per essere sicuro che non ci siano trabocchetti?” chiese Blaise “No, non possiamo affidarci ai biscotti, il veleno deve essere in altro” tutti rimasero in silenzio  per un po’ fermi a riflettere, poi Ron si voltò di scatto verso Hermione, un sorriso a 32 denti sul volto “Il ghiaccio!”
“Il ghiaccio?” chiese confusa la bruna accanto a lui e Ron si ritrovò a scuotere energicamente la testa. “Sì, il ghiaccio” ripeté con più decisione. “E, di grazia, ti vorresti spiegare meglio donnola?”  sbuffò Malfoy, esplicitando la domanda di tutti i presenti.
“Hermione, al matrimonio di Bill e Fleur mi dicesti che a Tu-Sai-Chi sarebbe bastato mettere del veleno nel ghiaccio che si mette nelle bevande per uccidere Harry, ricordi? Nessuno controlla mai il ghiaccio!” era l’unico euforico, nessuno sembrava convinto. “Sì, Ron, ma rischiamo di uccidere praticamente tutti i presenti” gli fece notare la sorella, ma Ron negò con il capo. “Ovviamente, il ghiaccio avvelenato lo mettiamo solo nel suo bicchiere. E facciamo in modo che si sciolga almeno una parte, prima che lo beva del tutto” Hermione lo abbracciò di slancio “Bravo Ron, sei un genio!” gli sorrise staccandosi “Oh, io non ho fatto nulla di che” disse grattandosi la nuca, rosso in faccia.
“A questo punto direi di occuparcene domani, si è fatto tardi. Dove possiamo andare a cambiarci Blaise?”  chiese Ginny, alzandosi dal letto e preparando la sua bacchetta per cambiarsi d’abito. “Il bagno degli ospiti è sulla parete difonte, dopo la camera di Cygnus” disse,rimanendo steso a letto. “Draco, quello in camera lo usi tu per primo?” dalla faccia che fece, Ginny sembrava voler ribattere, ma rimase in silenzio e lasciò la stanza. Draco annuì all’amico e si alzò dalla sedia, sulla quale subito si sedette Ron, stanco per essere stato in piedi tutto quel tempo, e si avviò anche lui verso il bagno. Quando ne uscì, la rossa non era ancora tornata, ma non ci fecero caso. Fu quindi il turno di Blaise ad usare il bagno, ed anche lui uscì prima che la rossa tornasse in camera. “è fuori da troppo tempo, ma che sta facendo in bagno?” chiese Ron preoccupato. “Avrà avuto un piccolo imprevisto, starà rientrando sicuramente” lo tranquillizzò Hermione, ma anche lei non capiva perché ci stesse mettendo così tanto.
 “Weasley, se vuoi puoi usare il mio bagno personale” offrì Blaise, facendo indignare Pansy “Aspetta, aspetta, aspetta. Lui – disse indicando con l’indice il ragazzo nominato – può usarlo, ed io che ti sono amica da anni – disse, indicando questa volta sé stessa con il pollice – no?” le guancie le si erano chiazzate di rosso. “Per le ragazze è off-limits quel bagno”
“Grazie Blaise” ed il rosso entrò in bagno.
“Polly” disse Blaise ad alta voce e subito un elfo domestica si smaterializzò nella camera. “Padroncino ha chiamato Polly?” chiese con un inchino. Hermione strinse i pugni, ma non parlò. “Sì, Polly. Per favore ci porteresti da mangiare?” e l’elfo si protese di nuovo “Polly torna subito” e così come era apparsa, scomparve.
Se ne era appena andata, quando Ginny tornò in camera con occhi sgranati. “Ce ne hai messo di tempo rossa. Non ti sei cambiata? E che è quella faccia?” chiese Draco guardandola. “Io... Ragazzi, non funzionerà.” L’elfo si smaterializzò con il cibo e lo lasciò sulla scrivania vicino a Hermione, ma nessuno ci fece caso. Dopo essersi proteso nuovamente lasciò la camera. “Muffliato – Ginny ripeté l’incantesimo di Hermione, per essere sicura di non si fosse spezzato nel momento in cui la porta era stata aperta da lei diversi minuti prima – La sua porta aveva uno spiraglio aperto. Lui... non credo mi abbia vista. Stava bevendo una boccetta, l’ha bevuta tutta. Si stava dirigendo verso il suo bagno e si è chiuso dentro. Ne ho approfittato e ho fatto un incantesimo di disillusione su me stessa. Volevo capire cosa fosse.” Si fermò solo in quel momento per prendere fiato, dato che era andata fin troppo spedita. Riprese. “Non so dirvi di preciso qual’era , ma ne ho sentito l’odore dalla boccetta vuota. Sono certa si trattasse di veleno. E l’ha bevuto tutto. E so che è ancora vivo perché ho lasciato la sua camera poco e pochi minuti dopo lui è uscito prima dal bagno e poi dalla stanza. Ho aspettato che se ne andasse del tutto prima di disilludermi e tornare qui” ed ecco cosa avevo cambiato. Non era previsto lo beccassero, credevo che non avrebbero lasciato la camera del ragazzo, ma non mi dispiace. Ora si gioca ad armi pari, quindi con più divertimento.
Uno spesso strato di tensione, tale da poter essere tagliato con un coltello, si respirava nella stanza. “Cosa sono quei musi lunghi? “ chiese Ron uscendo dal bagno “Ah Ginny, sei tornata! Ma ancora così? Non starai scomoda?” la rossa sbuffò. “Spiegalo tu Herm, io vado velocemente al bagno e torno” disse, lasciando per la seconda volta la camera. “Cygnus è immune al veleno” riassunse Pansy con una frase. Fredda.
Hermione, dal canto suo, si mordeva un unghia. Rifletteva. Si vedeva che cercava di afferrare un concetto che proprio non si voleva fermare nella sua mente. “Ed ora che ci inventiamo? Se non muore con i veleni, dovremmo ricorrere alle maledizioni, ma saremmo tracciabili” disse Blaise con disperazione. Aveva raggiunto e superato il limite. Era troppo coinvolto per avere la mente fredda che lo caratterizzava. “Non può essere immune ad ogni singolo veleno, è impossibile!” disse Draco con convinzione. “E cosa vorresti fare? Non abbiamo tempo per inventare da zero un veleno mortale che sia efficiente” sbuffò il ragazzo, mettendosi finalmente seduto. Improvvisamente il letto gli era sembrato troppo duro per continuare a stare tranquillamente stesi. Ginny rientrò e ad abbandonare la camera fu Pansy. Hermione sarebbe stata l’ultima. “Mi ricorda qualcosa, eppure” disse a bassissima voce, al punto che solo Ron la sentì limpidamente, e Draco riuscì a comprenderla con un piccolo sforzo, sebbene la distanza tra i due non fosse elevata. Giusto una persona di distanza. “Certo, Mitridate!” continuò a borbottare a voce bassa, questa volta illuminandosi avendo finalmente afferrato l’idea come un cercatore, dopo una lunga partita, riesce ad afferrare il boccino d’oro facendo vincere la sua squadra.
“Chi è Mitridate?” chiese Ron ad alta voce, coinvolgendo anche Blaise e Ginny che, sul letto, erano esclusi dalle elucubrazioni di Hermione. “Non è importante Ron” gli stava giusto rispondendo, ma a metà frase la sua voce fu sovrastata da un timbro più maschile. “Un sovrano babbano immune ai veleni vissuto nel regno di Ponto nel 1° secolo ac, che poi: cosa significa ac?” Hermione gli sorrise per la domanda, per lei banale, poi sul suo viso rimase la sorpresa, ripetendo nella propria mente le sue parole. “Come lo sai?” chiese sospetta. Se lui sapeva quello, forse conosceva pure l’altro soggetto. Forse conosceva il veleno a cui aveva pensato. Forse lo conosceva anche Cygnus se certe nozioni erano giunte fino al mondo magico. “Ti sorprendi per così poco? Era scritto nella prefazione al libro del sesto anno, quando introduceva l’argomento dei veleni, dovresti saperlo.” Sorrideva mentre lo diceva, ricordando i primi giorni del sesto anno, prima che iniziasse a concentrarsi davvero sul suo “lavoro”.
“Io non ho mai letto le preazioni Malfoy. Le ho sempre trovate un mero riassunto di ciò che veniva spiegato nelle pagine successive. – questa volta, ad essere sorpreso, era proprio Draco – ti sorprendi per così poco?” ripeté la sua domanda ridendo.
“Sarebbe stato utile saperlo prima, eh Draco?” disse Blaise ridendo a sua volta, fermando Hermione che non capiva a cosa si riferisse. Perché sapere che lei non studiava le prefazioni sarebbe stato utile in qualche modo? “Stai zitto Zabini” borbottò il biondo, facendo prolungare la risata del ragazzo “È probabile abbia preso ispirazione da lui,ma sono convinto ci sia uno spiraglio su cui agire, un punto debole da sfruttare” in quel momento entrò Pansy e con sguardo curioso guardò Blaise che si asciugava una lacrima. “Perché Blaise ride come un’idiota?” e Zabini sorrise nuovamente radioso, seppure non fosse nelle condizioni vista la situazione critica. “Ho detto che non leggo le introduzioni ai libri di testo, ma parto dai capitoli e lui si è ridotto così” Pansy la fissò per un secondo, poi sorrise anche lei ilare. “Oh, ci rinuncio” aveva detto Hermione alzandosi dal suo posto, per andare ad usare il bagno e a trasfigurarsi in pigiama i vestiti che indossava. Quando rientrò, l’atmosfera nella camera era molto più tranquilla, solo Ron guardava le serpi in cagnesco, ma conoscendo la sua avversione verso quella casata, per Hermione fu normale, soprattutto vedendo Ginny sorridere.
“Mangiamo?” chiese brusco il rosso prendendo il cibo dalla scrivania e mettendolo sul tappeto, per poi sedersi accanto, seguito da Hermione e Ginny. “Di nuovo per terra?” chiese Pansy scandalizzata, ma dopo un respiro profondo si adeguò a loro “proprio non vi piace evocare delle sedie” disse scuotendo il capo, rassegnata. Avevano formato un cerchio attorno al vassoio e alle bevande. Era bello pieno. Hermione si prese un tramezzino con uovo sodo e maionese, e dopo aver mangiato un boccone, interruppe le chiacchiere che già si stavano creando, per tornare al punto principale. “Pensavo... Malfoy, conosci Seneca? O tu Zabini? Lo avete mai sentito nominare Pansy?” si era rivolta a loro poiché quelli più legati al mondo purosangue. Tutti e tre scossero la testa “Dovremmo?” chiese Blaise per tutti. “No, non dovreste” “E perché lo chiedi allora?” domandarono Blaise e Draco insieme.
“E cosa sapete della cicuta?” nessuno la seguiva. “Granger, taglia corto” disse Draco sbuffando, ma non staccando lo sguardo dalla ragazza.  “Può essere che si sia concentrato solo su veleni magici. Certo, è solo una possibilità, ma potremmo provare a creare della cicuta e metterla nel ghiaccio come ha detto Ron. È un veleno babbano , tra l’altro poco conosciuto dato che era usato soprattutto nei primi secoli dopo Cristo.” Concluse, pronunciando le ultime due parole rivolgendo a Draco uno sguardo penetrante.
“Potrebbe funzionare, non ha mai dato importanza ai babbani, non credo si aspetti di essere ucciso con un loro veleno. Cosa serve e quanto ci vuole a prepararla?” chiese Blaise, sporgendosi verso di lei, il panino mangiato per metà, ormai dimenticato in mano. “Non più di mezz’ora. L’ingrediente principale è la Conium maculatum” gli rispose Hermione, finendo di mangiare il panino.
“Torno subito” e senza dare tempo a nessuno di interromperlo, si alzò di scatto e, per quanto un corpo di otto anni può farlo, lasciò in corsa la stanza. Rientrò mezz’ora dopo con un sorriso soddisfatto ed una bottiglia di succo di zucca.
“Ora ci vuoi dire che è successo?” chiese Draco, senza neppure prendersi la briga di alzarsi e raggiungerlo. “Ho mandato una lettera, domani dovremo avere tutto. Per svagarci ho preso questa. Non avendo lo stomaco per bere alcolici ho optato per qualcosa di soft” disse sedendosi nuovamente al suo posto. Lo faceva soprattutto per sé stesso, doveva distrarsi. Se solo qualcosa fosse andato storto nel loro piano avrebbe perso la madre.
Riempì sei shot con il succo e ne mise uno davanti ad ogni persona presente. “Obbligo, verità o bevi” spiegò in breve il ragazzo, prima di voltarsi verso Hermione “Obbligo o verità?”
“Verità” rispose decisa  “La tua prima cotta?” le chiese Blaise, curioso. “Penso lo sappiano tutti in questa stanza, Ron” disse con ovvietà “Scontato” la sbeffeggiò Draco a bassa voce, ma lei lo sentì comunque, guardandolo male. “Da quando?” chiese ancora. “Una sola domanda a giro. Ginny” disse veloce, spostando l’attenzione da un rosso all’altro “Obbligo” rispose spostandosi una ciocca “Trasfigura la tua camicia da notte con il pigiama più imbarazzante che hai a casa” le disse con un sorriso genuino. “Questa me la paghi” disse, non prima di aver trasformato la bianca camicia da notte in un pantalone celeste con le paperelle e una maglia peluche gialla con due occhi azzurri ed un becco, e dietro la scritta ‘Quack Quack’ “Oh, lo odiavi da bambina” rise Ron senza provare neppure a mettersi un freno “Non ridere tanto Ron, che ora tocca a te” gli disse lei. “Verità” “Quanto coraggio grifondoro, Weasel” non si trattenne dal commentare Draco “Anzi, obbligo Ginny” ritrattò il rosso, per dimostrare di avere quel coraggio che Draco non voleva ammettere lui avesse. Ginny sorrise maliziosamente, alternando lo sguardo dal fratello alla migliore amica. “Scusaa – disse verso la bruna con tono finto implorante, poi rivolse la sua totale attenzione al ragazzo – bacia Pansy” “Ma questo è un obbligo per me non per lui!” esclamò la diretta interessata. “Ginny!” disse offesa Hermione “I-io... la Parkinson?” “È solo un obbligo” disse con innocenza. Hermione era abbastanza tranquilla. Si vedeva fosse convinta che non l’avrebbe fatto. Poteva bere del succo di zucca, non era obbligato. Non rischiava neppure nulla a bere succo di zucca. Credeva che in quel momento si sarebbe sporto, avrebbe preso il bicchiere. Ron si alzò e a passo di marcia si avvicinò a Pansy. “Ron!” disse con voce flebile la sua ragazza, mentre il rosso si chinava a baciare la serpeverde. Fu un semplice bacio a stampo, ma era fin troppo. Hermione voleva andarsene, ma non riusciva a muoversi. Una volta acquisita un po’ di lucidità cercò di farsi forza sulle mani, ma un tocco gelido si posò sul polso. “Resta” sussurrò Draco dal suo fianco. Stavano raggiungendo in poche ore un rapporto che mai, in 8 anni avevano neppure pensato - sperato - di creare. Ron tornò al posto, guardando male Draco una volta vista la stretta, ma il biondo se ne fregò totalmente.
“Furetto?” scelse lui, sicuramente deciso ad interrompere il tocco dato che tutti gli sguardi, ora, erano puntati sulla loro stretta, ma non avvenne. “Obbligo donnola” gli rispose, guardandolo con sfida. “Lascia il polso di Hermione” era stato impulsivo, avrebbe potuto dire di lasciare stare Hermione e basta, ed invece solo il polso. Il biondo ghignò apertamente. Lasciò il polso della ragazza, poggiando la mano sul ginocchio di lei, coperto dal pantalone rosa del leggero pigiama estivo. Le guancie di Hermione si arrossarono, così come le orecchie del rosso che parevano quasi fumare. “Malfoy” iniziò Hermione, interrotta dal biondo “Non ti intromettere Granger” lo sguardo non si staccava dal rosso. “Ma…” “Ho detto di lasciarla” la lingua del biondo schioccò nell’incontro con denti e palato. “Non è corretto. Hai detto di lasciarle il polso, mi pare di averlo fatto” disse accennando alla parte incriminata con un cenno della testa, continuando a guardarlo  con sfida e ilarità allo stesso tempo. “Continuerete così per molto? Vai Draco” s’intromise Ginny, sforzandosi più del necessario per chiamare anche lui per nome. Fissò Pansy con lo sguardo e con un gesto della mano le fece segno di scegliere la sua sorte. “Pensavo non arrivasse più il mio turno, verità” disse con un sorriso, ma vide Draco farsi serio. “Hai scritto quello che hai saputo a maggio, non è così?” e la ragazza si limitò ad annuire. “Ginny” disse con un groppo in gola, doveva alleggerire il buco che si era formato al centro del suo petto. “Verità” disse con sicurezza “Il pigiama mi è bastato” spiegò brevemente a nessuno in particolare. “Ti è mai interessato qualcuno in questa stanza?” qualcuno, cioè, tra Draco e Blaise. Ginny fu la prima persona che bevve da quando era iniziato il loro gioco. “Quando usciremo da qui voglio sapere chi era Ginny” le disse interessata Hermione “Draco” “Obbligo” disse ancora una volta. Ginny si avvicinò all’orecchio di Blaise, parlarono a bassa voce per qualche secondo. “Vai nella stanza di fronte per dieci minuti” il biondo non capiva, ma non accennò a muoversi. “è il mio turno, dopo questo vado. Zabini...” e nella frase in sospeso, nel suo soffermarsi sul cognome, c’erano molti sottointesi che le serpi colsero. “Verità” il biondo gli si avvicinò per sussurrargli la domanda nell’orecchio. Quando si allontanò la risposta fu immediata. “Daphne Greengrass” Pansy li guardò entrambi male. Il biondo lasciò la camera. “Verità” disse Ron dopo aver avuto parola dall’altro ragazzo “Cosa pensavi della tua ragazza quando l’hai conosciuta?” eccetto Ginny, a cui avevano preferito non dire nulla, tutti i presenti sapevano cosa era successo al primo anno. “Non posso” disse, scusandosi con Hermione con gli occhi. Bevve il succo. Se già Hermione era nervosa per il bacio tra il rosso e la Parkinson, ricordarsi le parole che le erano state rivolte le faceva male. E se aveva bevuto poteva significare solo che ciò che Ron aveva detto a voce più alta e che Hermione aveva sentito erano solo la punta dell’iceberg. “Zabini” “Verità” “Qual’era la domanda?” voleva rendere pan per focaccia. Zabini sorrise a Pansy poi bevve. “Obbligo” disse Hermione stringendo i pugni. Sperava che Zabini facesse qualcosa di utile, non sopportava più quell’aria. “Raggiungi Draco per gli ultimi minuti che rimangono” ultimi si faceva per dire dato che ne erano passati appena tre da quando il biondo aveva lasciato la stanza. “Bene” rispose la castana alzandosi e avviandosi a grandi passi verso la porta “Hermione!” Ron appariva scandalizzato, non capiva. “Sarebbe il tuo turno Hermione” disse invece Pansy, guardandosi le unghie. “Lo passo volentieri a te” e senza aggiungere altro lasciò la camera.
Ora, conoscendo cosa accadde contemporaneamente in entrambe le camere ve le potrei illustrare entrambe, ma verrebbe un racconto fin troppo lungo e, mi tocca ammetterlo, anche un po’ noioso perché nella camera appena lasciata da Hermione, oltre alla reazione gelosa di Ron e ad alcune verità che si erano posti, poco ci sarebbe da dire a riguardo. Avrei potuto saltare il gioco in generale, e fare un salto in avanti mostrando già la festa, ma perché goderne solo io. Infondo anche questo è una loro scelta, fa parte del gioco, influisce su di loro. E se solo lo avessi saltato, non si capirebbe la complicità che piano piano si sta creando tra di loro, che proprio questo bambinesco gioco, così come bambini erano loro in quel momento, seppur con la mentalità di quasi ventenni. Mi limiterò, quindi, a finire il loro gioco con l’obbligo di Hermione. Perché lei, come Blaise gli aveva detto, aveva raggiunto Draco.
“Che mi sono perso nell’altra stanza?” chiese Draco senza voltarsi. Era alla finestra e guardava il giardino, per quello che dalla sua altezza poteva vedere. “Non sei sorpreso?” chiese Hermione, sedendosi invece sul divano al centro della stanza. “Dovrei?” chiese il bambino decidendo di raggiungerla. “Verità o verità?” le chiese. “Quanta scelta! Fai la domanda” disse. Voleva togliersi Ron dalla testa. “Cosa hai sentito nell’amortentia?” le chiese visivamente curioso “Non hai mai finito di dirlo” quasi si giustificò. Hermione arrossì. “L’ho associata a Ron” cercò di sviare, ma non bastava. “Non ho chiesto a chi l’associavi, ma che odore gli associavi” insistette il biondo “Erba tagliata, che mi ricordava le mie origini, per esempio mio padre che ogni domenica mattina tagliava l’erba e spesso mi chiedeva di farlo con lui; pergamena nuova, il mio presente. Così diverso dall’odore di semplice carta babbana. E infine: pasta dentifricia alla menta e manico di scopa, la seconda che ha avuto, la Nimbus 2001. Ti tormentava proprio saperlo eh?” gli chiese Hermione “Già” rispose “Perché hai preso la foto del quarto anno e non del secondo?” voleva ripagarlo con la stessa spinosità. “Domanda di riserva?” Hermione scosse la testa “Ero felice. Quella sera ero felice e nella foto si vede troppo." una mezza verità, ciò che poteva darle "Ti fideresti mai di me?” “Malfoy...” disse Hermione dispiaciuta, senza mai concludere la frase.
Passati gli ultimi minuti in quella stanza tornarono in quella di Blaise, la luce che si spegneva alle loro spalle. Da lì, passò poco prima che decidessero di far apparire alcuni futon per la notte.
La mattina vennero svegliati da un picchiettare alla finestra. Il gufo che stavano aspettando era arrivato di mattina presto. Non persero tempo. Blaise, Draco ed Hermione si diressero nel laboratorio di famiglia e un ora dopo erano già fuori con il veleno nelle formine per fare i cubetti in ghiaccio. “Devono stare separati dagli altri, quindi propongo di lasciarli congelare in camera mia in un armadio” disse, mentre tornavano nella stanza del ragazzo.
La giornata passò relativamente in fretta, e si erano anche incontrati tutti e otto i presenti in quella casa, ma vedendoli nessuno avrebbe potuto prevedere ciò che si sarebbe scatenato la sera. Quando l’ora in cui la festa si sarebbe tenuta arrivò, si erano tutti vestiti in modo elegante. Le ragazze con dei vestiti a balze, i ragazzi con degli smoking. Ron dovette farselo prestare dal padrone di casa, non ne aveva uno che poteva mettere. La prima ora passò con Draco e Pansy che cercarono di evitare le loro famiglie il più possibile, senza successo. I loro genitori li trovarono e li obbligarono a girare con loro per la sala. Erano quindi bloccati entrambi, ma andava bene comunque, il piano sarebbe continuato. Infondo era piuttosto semplice: tutti avrebbero visto un elfo avvicinarsi a Blaise con due calici, il bambino che li prendeva e li offriva. Da lì, si sarebbe ricollegato alla realtà: l’elfo, con grande sdegno di Hermione che purtroppo non avrebbe avuto voce in capitolo, si sarebbe assunto la totale colpa, prima di bere lo stesso veleno per punirsi del gesto di alto tradimento alla famiglia.
Blaise prese un respiro, poi, come da programma, si avvicinò al patrigno e solo quando fu a pochi passi da lui fece un cenno verso l’elfo domestico della sera prima,che si smaterializzò poco distante con il vassoio avente sopra due calici. Uno con ghiaccio normale, l’altro con il ghiaccio avvelenato. Solo chi sapeva che il ghiaccio era avvelenato ci avrebbe prestato più attenzione, come aveva fatto Blaise. La differenza era al centro dello stesso cubetto, si presentava molto più opaco e bluastro, ma era una differenza talmente piccola che, appunto, lo si notava ben poco.  E Cygnus commise il grave errore di non badarci. “Madre, Cygnus, perché non fate un brindisi di benvenuto?” chiese, passando a sua madre il calice buono, e al patrigno quello avvelenato. “Grazie Blaise. Perché non vai tu sul piccolo palchetto caro? Io rimarrò con gli ospiti” disse falsamente la madre di Blaise. Mentre parlavano, Hermione fece un veloce movimento di bacchetta ed il ghiaccio nel bicchiere dell’uomo cominciò a sciogliersi più velocemente del normale. “Ma sei tu la padrona di casa, cara” ribatté l’uomo “Insisto, sei meglio di me con le parole dopotutto” lo costrinse, sottolineando come fu proprio a parole che l’aveva irretita in quel matrimonio malsano e iniziato da neppure un mese. “Dato che insisti” le disse, lasciandole un veloce bacio a fior di labbra. Il loro era comunque un evento pubblico, non potevano sfigurare.
Mentre parlava, il ghiaccio continuava a sciogliersi, alcuni cubetti si erano totalmente liquefatti. Il veleno si mescolava alla bevanda. I sei ragazzi dovevano solo sperare funzionasse e seppur separati, tutti e sei incrociarono le dita.
“E per questo, vi chiedo di brindare a me e la mia famiglia, ma di brindare anche a voi. Che questo sia un nuovo inizio, ricco di nuovi e vecchi legami. A noi” e con quelle parole alzò il calice davanti a tutti e bevve tutto il contenuto. Inizialmente non successe nulla. Poi l’uomo cominciò a tossire. Un medimago presente in sala provò ad avvicinarsi in corsa e ad aiutarlo, ma fu inutile. Fece un sonorus sulla propria voce. “È morto, ma sarebbe necessario fare qualche approfondimento per determinarne l’effettiva causa” disse il mago. Subito le persone iniziarono a parlare. La donna non capiva. Non doveva andare esattamente così. Erano pronti dei biscotti con all’interno del Distillato di morte potenziato. Blaise le strinse la mano. “Andrà tutto bene mamma” le disse il bambino. “Dovrei essere io a dirlo a te bambino mio”.
La luce nella stanza cambiò colore. Questa volta divenne arancione e non viola. E al posto dei fulmini rossi, comparvero delle nuvole del salone del ricevimento, sempre di colore rosso, che si unirono a formare un grande cerchio sul soffitto. Non passarono che un paio di secondi che l’ormai abituale strappo all’ombelico si facesse sentire, tutto girò confusamente e la stanza mutò. Si trovarono sempre in un salone, ma differente. La casa in cui si trovavano era differente. Se avevano superato la sfida di Blaise, non vedevo l’ora guardare il momento che aveva scelto Pansy Parkinson.

Note:
Buonasera, buongiorno o buon pomeriggio in base a quando mi leggerete. Mi rendo conto che è passato parecchio tempo dallo scorso capitolo e no, non la lascio a metà (anche se essendo il quinto capitolo e se consideriamo che il 3° ed il 4° erano una prima e seconda parte non è esattamente metà, ma dettagli), solo che all'inizio e fino a pochi giorni fa il pensiero di metterla in stand-by per un po' mi allettava parecchio, ma non era giusto e seppur sono passate più di tre settimane, almeno la mia idea di riuscire a pubblicare almeno una volta per mese è stata rispettata. Certo, siamo proprio alle ultime ore di marzo,  ma va bene, no? Ma passo velocemente al capitolo prima di andare a nascondermi per aver fatto passare due mesi domani. Ho cercato di trattare l'argomento di Blaise alleggerendolo il più possibile, non a caso ho ritenuto giusto mettere un must delle storie, "l'obbligo o verità", che ha aiutato sicuramente a scacciare i brutti pensieri di alcuni a Blaise la lite tra madre e patrigno, a Ginny ha aiutato a distrarsi dall'apparente morte di Harry. E poi, ha creato sicuramente tensioni, vedi la richiesta del bacio. Spero, poi, che le piccole dimostrazioni di conoscenza di Draco non vi dispiacciano. Avrei, proprio a tal proposito, voluto fargli quella domanda, soprattutto dopo tutto il discorso sulle prefazioni, ma banalmente Draco non era pronto ad affrontare Hermione. Eppure, proprio in questo capitolo, qualcosa inizia a cambiare tra loro. Rispetto a tutta la narrazione la parte finale è quella che mi piace meno, forse perché la vedo troppo veloce, banalmente perché mi sono concentrata sul punto saliente della serata. Come ultimo, cosa ne pensate del narratore alle volte fin troppo presente? Ringrazio a chi ha inserito (o deciderà di inserirà) la storia tra le seguite / ricordate, e chi sta commentando o lasciando un commento in privato se più timido. Se doveste notare errori / orrori di battitura o altro non esitate a farmelo sapere e provvederò a correggerli appena possibile. Alla prossima, un bacio, Amalia ❤

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Capitolo 6
*** Casella 5 : il mondo di Pansy ***


Capitolo 6 – Casella 5 : il mondo di Pansy
I sei ragazzi, che si erano ritrovati nel loro corpo da maggiorenni, erano sparpagliati per la stanza. Ron, Hermione e Ginny si trovavano al centro del salone vuoto. Poco più avanti c’era Blaise, la mano sinistra protesa lateralmente come se ne stesse stringendo un’altra. Alle spalle dei tre amici Draco sul lato destro, Pansy in quello opposto. Si guardarono e si riunirono.
“È parecchio recente Pan, che è successo?” chiese Blaise mettendole una mano sulla spalla e guardandola negli occhi cercando in qualche modo di trasmetterle tutta la sua vicinanza. Non sapeva cosa stesse per succedere, Draco era l’unico ad esserne a conoscenza, ma Pansy non parlava.
“Dai, non ce lo potrai nascondere Parkinson! Lo vedremo lo stesso” disse Ron, acido poiché arrabbiato con quasi tutti per gli avvenimenti della sera prima. Se Malfoy non lo avesse provocato, lui non avrebbe chiesto l’obbligo e non avrebbe baciato la Parkinson scatenando gelosia in Hermione che non ci aveva pensato due volte a scappare della stanza quando Zabini le aveva offerto la possibilità andandosi a rinchiudere in una stanza con il furetto quando avrebbe potuto bere del succo di zucca. Non si dava la minima colpa di quello che era successo, non pensava che al suo turno avrebbe potuto fare lui ciò di cui aveva accusato Hermione, no. La colpa era solo di Malfoy e Ginny, il problema era alla base.
Hermione,invece, ora che avevano risolto un problema, aspettando di scoprire il prossimo passava lo sguardo da Blaise e Ron e rifletteva. Ogni tanto il suo sguardo si posava su Draco, concentrato come il suo amico e Ginny su Pansy. Si vedeva che Ginny stava cercando in tutti i modi di sotterrare l’ascia che per anni avevano brandito e si preoccupava per quella ragazza poco più grande di lei. Si avvicinò anche Hermione. L’unico a restare separato era il rosso, che ricevette un’occhiataccia da Draco per la sua uscita.
“No, non lo vedremo” disse risoluto, per poi riposare lo sguardo sulla sua amica. “Sicura di voler affrontare tutto da sola?” le sussurrò e Pansy annuì.
“Non potreste fare nulla comunque, a questo punto non voglio che lo sappia...” rispose a voce alta, in modo che sentissero tutti,e lasciando un vuoto che solo Draco comprese. Quest’ultimo si voltò verso Blaise e gli offrì una mezza risposta al posto della Parkinson.
“Hai ragione, è recente. Oggi, ora, il giorno che stiamo rivivendo – definitelo come volete – è il 5 Maggio. Tre giorni fa è finita la guerra.” Cercava di mostrare freddezza, ma sapeva quanto Pansy non fosse pronta, come nessuno fosse pronto davvero a sentire parlare nuovamente di quanto accaduto pochi mesi prima.
Quanto riguardava la Parkinson non era qualcosa che potevo manipolare, infondo non c’era neppure bisogno lo facessi. Avrei potuto cercare di far avvenire il discorso davanti a tutti, ma non ero certo di riuscirci e, comunque, non era scontato che quei ragazzi rimanessero nella stanza. Ci avrei provato.
“Non sono d’accordo!” se ne uscì Ron, guadagnandosi altre occhiate a cui non diede peso “Tutti ci stiamo smascherando, perché lei non dovrebbe?!” senza volerlo, mi dava una mano. L’avrei dovuto ringraziare, ma non mi sarei risparmiato comunque. “Ronald, non è un obbligo: se può affrontarlo da sola lasciamoglielo fare” s’intromise Hermione, ma Ron continuava a non essere d’accordo. Hermione si mise la mani nei capelli e pensava, alternava lo sguardo tra Ron che infuriava contro Pansy, Blaise che le era da sostegno e Draco che aveva cominciato a guardare Hermione con preoccupazione, ma non si trattenne comunque dal parlare contro Ron.
“Donnola, lascia stare Pansy. Se la vedrà da sola, noi non ci intrometteremo nella sua scelta” disse freddo, non voleva litigare. Non era il momento. “Sono preoccupato anche io...” disse Blaise guardando alternativamente Pansy e Draco “So che sei forte Pan, ma non voglio lasciarti da sola” strinse la presa sulla sua spalla cercando di mostrare quanto fosse convinto della sua decisione “Non so neppure a cosa vai incontro, non puoi chiedermi di starne fuori” ribadì, convincendo anche Ginny con le sue parole “Per quanto non condivida appieno le parole di Ron, anche io non me la sento di lasciarti sola Pansy: siamo finiti in questo casino insieme e uniti lo affronteremo” Pansy iniziò ad allarmarsi e lanciò uno sguardo supplichevole verso il biondo.
“Se era una cosa che non poteva affrontare lo avrebbe detto” disse il biondo stringendo il braccio alla ragazza e guardando Blaise “e poi non ha senso che ti interessi a lei proprio ora piattola, se vuoi farle un favore lasciala libera” continuò puntando lo sguardo sulla rossa, per poi volgere lo sguardo da un a chioma rossa all’altra “E vorrei sottolineare che anche Potter non ci voleva: solo perché voi vi siete voluti intromettere e avevamo una finestra che ci mostrava le sue azioni non significa che dobbiamo scoprirci tutti se lo si può evitare. E Pansy può farlo” la sua frase sottolineava quanto fosse definitiva la scelta, ma gli altri sembrava non la pensassero così.
“Lurida serpe, non tirare in mezzo Harry” disse Ron, sovrastato dalle parole della rossa “Ma sei senza sentimenti? Una tua amica sta per affrontare qualcosa che la ferirà e tu la lasci da sola? Non ti vergogni? Sono certa che essere sola sia l’ultima cosa che voglia” a quelle parole Draco strinse i pugni e stava per risponderle male, quando a prendere parola fu Hermione.
“Adesso basta!” esclamò, guardando prima Ron, poi Blaise. Ne stava uscendo matta, si vedeva. Le mani avevano arruffato i capelli più del solito. Non ero certo se con quelle parole stesse mettendo un freno a quella discussione o ai pensieri nella sua mente che la stavano logorando.
C’era qualcosa d’importante avvenuta la sera prima e che in un primo momento mi era sembrato irrilevante raccontare. Era una frase, pronunciata da Draco in quegli otto minuti che erano rimasti da soli lui ed Hermione in una stanza dello Zabini’ Manor. Hermione gli aveva chiesto di dire una frase che avrebbe voluto dire ad una persona nell’altra stanza, ma che non aveva mai pronunciato e Draco ci mise un po’ a rispondere. Rifletteva sulle parole giuste da usare ed alla fine parlò. “Smettila di stare con una persona che non ti merita. A Zabini” eppure, per quanto Hermione sapesse a chi la frase era riferita, non riusciva a fare a meno di pensare che dietro c’era molto di più. Si sentiva personalmente toccata da quelle parole, ma gli eventi della giornata le avevano occupato pienamente la mente. In quel momento, invece, le parole che Draco aveva pronunciato la stavano tormentando.
“Mi sono davvero stancata di tutte le vostre parole” disse un attimo dopo, quando fu certa di avere l’attenzione di tutti. Fu in quel momento che decisi di agire, prima che tutti cambiassero la loro idea. Si sentì un bussare alla porta, che fino ad allora era stata chiusa, e senza aspettare risposta due persone entrarono nella stanza: i genitori di Pansy.
“Pansy cara, dobbiamo parlare. Sedetevi anche voi” disse la donna sulla quarantina d’anni, avvicinandosi al divano verde smeraldo.
“Non si preoccupi, preferiamo lasciarvi la vostra privacy” disse Draco, prendendo il braccio di Blaise per convincerlo a muoversi. “Parla per te Malfoy, in realtà...” cominciò Ron, ma venne prontamente interrotto dalle parole della sua ragazza “Noi andremmo, ti aspettiamo fuori… Pansy” si convinse ad usare il nome della ragazza e notò come non fosse difficile come pensava. “Hermione!” disse Ron stupito, ma allo sguardo furioso della sua ragazza, si limitò ad abbassare il capo e a seguire il gruppo. A chiudere la fila c’era Ginny che, unica ad essere libera di rimanere, alla fine non se la sentì e preferì seguire gli altri dando ascolto alla sua migliore amica.
Chiusa la porta alle loro spalle, Ron si voltò verso la propria ragazza e le mise le mani sulle guancie per guardarla bene negli occhi. “Hermione che ti prende? Da quando è iniziato tutto questo sei strana!” le fece notare,ma Hermione gli sorrise forzatamente “Sto bene Ron” e come a volerlo confermare gli diede un veloce bacio sulle labbra sorridendogli poi con meno fatica, un sorriso più vero ma rassegnato. “Sono solo stanca” gli disse, prima di fare un passo indietro e sciogliere la presa.
“Eravamo tutti certi di voler rimanere lì,che ti è preso Hermione? Perché hai dato ascolto ad una persona senza cuore come Mal- Draco?” seppur gli ultimi minuti l’avessero indispettita non poco, Ginny si costrinse ad usare comunque il nome del ragazzo, volendo mantener fede alla promessa che si era fatta. ‘Solo qualche altra sfida’ era sicuramente ciò che pensava per darsi la forza di andare avanti. Hermione non si fece toccare dalle sue parole, aveva già altro a cui pensare per poter dare una spiegazione troppo lunga alle sue scelte. “Ginny, il modo migliore per scoprire se ci si può fidare di qualcuno” “è di dargli fiducia”* finì al suo posto Draco facendo alzare un sopracciglio sorpreso alla rossa e al proprio migliore amico nonché suscitando rabbia nel rosso. In quell’istante si sentì la voce alterata di Pansy provenire dal salotto, ma non ebbero neppure il tempo di voltarsi verso la porta che anche Ron cominciò a parlare.
“Mi avete stancato: prima parlate di cose che sapete solo voi, poi Malfoy ti consola e ti tocca senza che tu gli dica nulla, passate del tempo soli in una stanza e tornate quasi ridendo; ora vi completate anche le frasi, mi avete stancato. Malfoy stalle lontano, lei è la mia ragazza!” e dette quelle parole, non premurandosi neppure di mantenere un tono pacato, si gettò verso Malfoy cercando di dargli un pugno trovando nell’atto una sensazione più soddisfacente del lanciargli un qualche incantesimo. La sua mano venne però prontamente fermata da quella del biondo che con la prontezza che solo un cercatore poteva aver sviluppato, aveva intercettato la mano in un attimo e quello dopo l’aveva già bloccata.
“Ron, ma che fai?” gli chiese Hermione arrabbiata, ma vedendo che il rosso non si fermava ed il biondo non reagiva se non placcando gli attacchi, tirò fuori la propria bacchetta bloccando il suo ragazzo “Pietrificus!” ed il rosso si fermò immobile, riuscendo solo a spostare le pupille per guardare Hermione, sperando lo liberasse alla svelta per poter continuare. “Lasciateci soli!” disse agli altri, e attese che tutti lasciassero il corridoio battendo impaziente il piede a terra in attesa di restare con Ron.
Mentre questo avveniva fuori dal salotto, all’interno si stava svolgendo il discorso più doloroso e assurdo che Pansy aveva mai avuto nella sua vita. Di nuovo.
“Pansy Parkinson, come hai solo potuto pensare di voler consegnare il nostro salvatore a Tu-Sai-Chi?” a porre la domanda era stato il padre che fissava la figlia con astio. Pansy, consapevole di quello che le avrebbero detto, si limitò a restare a capo chino. Non provò neppure a ribattere come aveva fatto la prima volta che tutte le informazioni che di lì a poco le avrebbero ridetto la travolgessero.
Ma non volevo si comportasse da agnellino, sarebbe stato tutto troppo semplice e veloce.
“Allora? Non dici nulla Pansy? Sai chi è la persona che volevi lasciar morire?” disse ancora il padre lasciando trasparire tutta la sua rabbia. Era deciso a far parlare la figlia, così come volevo facesse.
“Scusate” sussurrò la ragazza, stringendo le mani sulle ginocchia fino a far diventare bianche le nocche.
“Non bastano delle semplici scuse Pan” disse la madre con un tono più tranquillo, troppo. Si sentiva la delusione che provava verso la sua unica figlia. “Hai la minima idea di cosa ha fatto per noi quel ragazzo? Ed ora ti presenti addirittura qui con la sua ragazza, e i suoi migliori amici?!” disse ancora la madre, sottolineando l’assurdità di quanto stava succedendo: nel giro di tre giorni sua figlia non solo aveva ‘stretto amicizia’ con quelli che, fino a poco prima , considerava nemici, ma li trattava quasi da pari avendogli dato accesso alla casa, cosa che raramente Pansy faceva. Negli anni le uniche persone che Pansy aveva accolto tra quelle mura erano solo le due serpi che poco prima avevano lasciato la stanza. Neppure altre sue amiche come Astoria, Daphne Greengrass o Millicent Bulstrode avevano avuto quel privilegio, eppure aveva portato tre grifoni nella tana delle serpi.
“Sì, so chi è” disse Pansy freddamente, guardando per terra, prima di alzare gli occhi verso i genitori e con essi la voce “Non c’è bisogno che perdiate tempo, tagliate corto. Ditemi che dovete dirmi e fatela finita” voleva concludere in fretta, ma aveva sbagliato certamente modalità.
“Come ti permetti ad alzare la voce con noi? Pansy Dorotea Parkinson, osa ancora rivolgerti così a noi e finirai in punizione per tutta l’estate” Pansy fece un respiro profondo, ma non disse nulla per non aggravare la situazione. Non osava pensare a cosa sarebbe successo: ‘sarebbe rimasta bloccata lì o avrebbe comunque continuato il gioco?’ Era ciò che si chiedeva e non voleva saperlo.
“Cosa c’entra ora Harry Potter? La guerra è finita” disse con il tono di voce più tranquillo che riuscì a reperire. “Harry Potter è stata la luce per noi. Non te ne abbiamo mai parlato, ma siamo stati in pericolo per lungo tempo.” Iniziò suo padre, iniziando il suo discorso verso l’argomento centrale , che sapeva avrebbe destabilizzato la sua bambina “Se lo scorso anno sei riuscita a continuare i tuoi studi è stato solo grazie all’amicizia che abbiamo con i Malfoy e con Severus” iniziò a spiegare l’uomo “Eppure non è bastato” continuò per poi slacciarsi il bottone della manica sinistra della camicia incominciando ad alzarla rivelando il marchio nero che era impresso sulla pelle e che Pansy già sapeva avrebbe trovato.
“Sono diventato mangiamorte quasi un anno fa, poco dopo la lotta tra il Signore Oscuro” stava dicendo, quando la moglie, mettendogli una mano sull’avambraccio macchiato prendendo ad accarezzarlo mentre lo interrompeva. “Amore, chiamalo con il suo nome quel bastardo.” Disse, facendo annuire il marito che, dopo aver ingoiato a vuoto, riprese a parlare. “Dopo lo scontro nell’ufficio misteri tra Tom Riddle e Harry Potter, ho cercato di fare il possibile per salvarvi. Non ero certo che un ragazzino potesse davvero vincere e ho cercato di ricavare una posizione neutrale, legando comunque delle strette trattative con alcuni mangiamorte. Dopo la morte di Silente, però, sentivo che non c’era altro da fare se non arruolarmi anche io. Era l’unico modo.”
“Ma cosa stai dicendo? Non era l’unico modo! Potevate parlarmene, avremmo trovato una soluzione insieme, come una famiglia!” disse Pansy, le lacrime che le stavano risalendo agli occhi. Pensava che, avendolo già affrontato, sarebbe stato più facile inghiottire il groppo che le si stava formando in gola ed il senso di vuoto al petto. Stava perdendo tutto ancora una volta. Era però contenta che i suoi amici non fossero in quella stanza con lei, lo si capiva dai suoi occhi lucidi. Non avrebbe accettato di farsi vedere così fragile e non voleva sapessero quello che le avrebbero detto. Ne aveva fatto parola solo con Draco settimane prima, e lui si era limitato ad abbracciarla – gesto piuttosto insolito per il ragazzo – ed a rassicurarla ripetendole che non sarebbe andato da nessuna parte, che lui sarebbe rimasto. E lo aveva fatto davvero: non l’aveva trattata diversamente dopo la scoperta. “Sei sempre la sola ed unica Pansy Parkinson” le aveva detto il biondo dopo che lei si fu sfogata. L’unica persona al di fuori della sua famiglia a cui lei aveva concesso di vederla crollare. Neppure Blaise aveva potuto vedere una Pansy la cui corazza era stata distrutta, nonostante la loro amicizia durasse forse da più tempo di quella che la ragazza aveva con Malfoy, ma erano su due piani differenti, due relazioni differenti. Sentimenti differenti.
“Lo fai per lui, vero?” si sentì la voce di Ron urlare da fuori e i tre all’interno della stanza si voltarono verso la porta in legno.
Fuori la discussione verteva sulla loro relazione. Dopo che tutti ebbero lasciato il corridoio, Hermione l’aveva condotto a due sedie poco lontano dalla porta e si sedettero uno difronte all’altra.
“Ron, penso che dobbiamo parlare.” aveva esordito la bruna, dopo un minuto passato in silenzio, con un tono che aveva preoccupato Ron, seppur cercasse di non mostrarlo. Aveva cercatole parole adatte, poi, alla fine, aveva deciso che parlare in modo schietto era la cosa migliore in quei casi: sarebbe stato come dover togliere un cerotto, se lo facevi in fretta il dolore era minore. “Indorare la pillola non serve a molto: penso che dovremmo lasciarci” disse poi senza giri di parole.
“Ma- Hermione! Come? Perché?” disse il rosso stupito. Solo poco prima che tutta quella situazione iniziasse le cose fra loro andavano a meraviglia, ed ora erano giunti alla rottura. Il ragazzo non riusciva a comprendere il filo rosso, seppure aveva la netta sensazione che Malfoy, in quel cambiamento radicale di rotta, c’entrasse qualcosa. E non potevo certo dire che avesse torto perché il tutto era iniziato solo dopo che Hermione aveva provato stupore ed ammirazione nei confronti del ragazzo. “Se è perché ho mostrato troppa gelosia e ti sei sentita ferita ti giuro che...” incominciò ad arrampicarsi sugli specchi il ragazzo, ma Hermione scosse la testa e lui non proseguì, aspettando che la sua ragazza si spiegasse meglio.
“No, Ron, non è per quello, non solo almeno. Quella scenata di prima è stata solo la goccia. Io ti voglio bene Ron, davvero e pensavo anche di stare bene in questa relazione: finalmente potevo stare con il ragazzo che mi piace, condividere con te le mie giornate, avere un po’ della tranquillità che in questi anni mi è mancata, soprattutto da quando è iniziata la guerra e…”
“Lo fai per lui, vero?” urlò il rosso alzandosi dalla sedia e avvicinandosi ad Hermione, costringendola a dover alzare la testa per guardarlo. “Lui? E abbassa la voce, a pochi passi da noi Pansy sta parlando con i suoi genitori” era chiaramente irritata, ma chiamare la ragazza per nome le era venuto spontaneo.
“Che ti urli donnola?” si affacciò Draco a controllare “Oh, fantastico!” sbuffò Ron ironico, tornando sulla sua sedia e incrociando le braccia al petto dando le spalle al biondo “Ci mancava solo lui!” borbottò mentre Hermione rassicurava il ragazzo “Va tutto bene Malfoy, puoi tornare da Ginny e Blaise” gli disse, senza staccare gli occhi dal suo quasi ex-ragazzo. Quando il biondo li lasciò nuovamente soli, Hermione riprese a parlare. “No,non è per lui. In queste ore ho riflettuto parecchio e, davvero mi dispiace Ron. Non è neppure il contesto più adatto, ma non riesco a continuare.” ed il rosso si limitò ad annuire “Ti sono servite poche ore per buttare al vento mesi di relazione eh!” disse il ragazzo alzandosi dalla sedia. “Ron!” disse Hermione allungando la mano verso di lui che si limitò a scostarsi. “Non ora. Ripensaci Hermione, ne parliamo quando non saremo bloccati in questo stupido gioco e avremo un po’ di tranquillità.” Disse sicuro il rosso. “Non abbiamo mai avuto davvero un momento di tranquillità” sussurrò la ragazza, poi, in silenzio, raggiunsero insieme gli altri ed entrambi si misero un sorriso in volto. Era come non fosse accaduto nulla, non rivelarono cosa si erano detti tra loro, ma Hermione, nonostante tutte le persone che la circondavano, si sentiva svuotata. Una solitudine raggiunta con le proprie mani.
“Chissà di cosa discutono due dei tre membri del golden trio” disse la madre di Pansy con voce bassa, distratta dall’urlo del rosso, ma poi scosse la testa “Fa nulla, non è il momento, continuo io tesoro?” chiese al marito che negò dapprima con un cenno del capo poi a parole “No no, ce la faccio” disse “Vedi Pansy, diversamente da quello che ti abbiamo fatto credere, tu non sei una purosangue” continuò e a Pansy cadde per la seconda volta il mondo addosso. Stille calde che non riusciva a controllare iniziarono a scenderle sulle guancie, ma si affrettò a scacciarle ed alzò il viso impedendo alle altre di fuoriuscire dai suoi occhi marroni.
“Perché non me ne avete mai fatto parola? Avrei agito diversamente!” esclamò la ragazza, puntando lo sguardo sulle piastrelle a scacchi della stanza. “Lo abbiamo fatto solo per proteggerti tesoro. Se tu lo avessi detto in giro ne avrebbero rimesso la tua reputazione, il tuo trattamento a scuola e anche noi avremmo potuto avere delle ripercussioni.” Spiegò la donna alzandosi dal divano per andarsi a sedere accanto alla figlia e nonostante i canoni che imponevano freddezza e compostezza alle mogli purosangue, abbracciò la figlia come non faceva da anni, da quando la sua bambina era davvero una bimba che guardava il mondo e tutte le bellezze che aveva, una bambina innocente che non conosceva il male e la malizia della gente. Quando ancora si lasciava prendere per mano camminando per le strade di Diagon Alley o Godric’s Hollow.
“Tuo padre s’innamorò di me quando andavamo ancora a scuola, frequentavamo lo stesso anno. Io sono figlia di un purosangue ed una nata babbana,ma per quanto siano entrambi maghi mi hanno sempre detto che non sempre sarebbe stata accettata la mia condizione di sangue, non tutti mi avrebbero riconosciuta come purosangue, anzi e mi consigliarono di non fare amicizia con figli di purosangue. La linea, secondo molti, era stata contaminata ed io ero una mezzosangue. Ma a tuo padre non importava.” Cominciò la donna, carezzando la nuca della figlia. “È per questo che mi ha chiesto di sposarlo” disse. “Ma non ti avevano detto di stargli alla larga?” chiese visibilmente confusa Pansy. Solo in quel momento si accorse che qualcosa non andava. Quando lo avevano detto la prima volta aveva dato le loro parole per buone, ma in quel momento, con quel pizzico di lucidità in più, si accorse che le mancava una parte.
“Sì, lo avevano fatto. Ma ero un’adolescente ed anche ribelle quindi quando conobbi tuo padre decisi di stringere amicizia con lui. Al quarto anno mi chiese di metterci insieme e fu in quel momento che gli dissi chi erano i miei genitori.”
“Le dissi che io non volevo i suoi genitori, perché mi ero innamorato di lei, della mia migliore amica e che, per pignoleria contro chiunque avrebbe avuto da ridire, era figlia di una strega – seppur nata babbana – ed un purosangue – anche se senza poteri – dunque definibile una sangue puro. Dovevi vedere la faccia di tua nonna quando le chiesi l’anello di famiglia per sposare lei. Ti ricordi amore?” disse l’uomo ridendo perdendosi in ricordi che Pansy non poteva conoscere “Sì, cercò di impedire in ogni modo il matrimonio, con ogni scusa, ma non aveva fatto i conti con la mia caparbietà e il nostro legame. Alla fine non ha potuto far altro che cedere e lasciarci sposare. O almeno, sarebbe stato meglio se lo avesse fatto con tanta facilità” disse la madre di Pansy, persa in altri pensieri, ed io maledissi che ciò che Pansy aveva scritto era qualcosa che non potevo cambiare o peggiorare in qualche modo.
“Ma non ti abbiamo isolata dai tuoi amici per parlarti della nostra storia Pansy. Tu non avresti dovuto cercare di consegnare Harry Potter” tornò seria la donna, interrompendo il loro abbraccio.
“Ora che so tutto, tornassi indietro non lo farei” disse Pansy a testa bassa “Si è battuto anche per noi, per me, ed io lo volevo portare al patibolo” continuò il suo discorso. “Quindi, per molti sono solo una mezzosangue eh?! Anni a vantarmi di essere superiore solo per il sangue che circolava nelle mie vene, ed invece neppure per quello sono superiore a qualcuno” disse con sconforto la ragazza, la testa che non accennava ad alzarsi.
“Cos’è quella faccia?! Non dire più così Pansy. Tu sei comunque una Parkinson: indipendentemente dal tuo stato di sangue tu puoi e devi sempre camminare a testa alta”la riprese il padre, confortandola come poteva, ma senza sbilanciarsi a manifestazioni d’affetto, preferendo lasciare quei gesti alla moglie.
Era ormai inutile continuare: Pansy aveva riaffrontato ciò che definiva dolore, il crollo del suo mondo uscendone a testa alta, più sicura della prima volta con la consapevolezza,questa volta, che non sarebbe stata sola perché almeno una persona le sarebbe sempre stata accanto, ma non era pronto ad urlarlo al mondo magico. Le sue origini, per quel momento, le teneva per sé.
Poche stanze più in là, due persone erano distrutte eppure continuavano a sorridere perché un sorriso rassicurava gli altri, infondeva gioia e calore, eppure dentro di loro quelle due caratteristiche non erano presenti e gli altri se ne erano accorti, ma preferirono non fiatare, perché era più facile. Ginny si limitò a guardare interrogativa Hermione, per poi avvicinarsi al fratello, che si tenne per sé il motivo per cui in quel momento, nonostante lo stomaco di tutti iniziasse a brontolare, a lui era passata la fame.
Blaise e Draco si limitarono a guardare quel trio ormai rotto perché si era rotto. L’ombra di Harry Potter alleggiava tra di loro, la sua mancanza si faceva pesante nel cuore di Ginny ed Hermione, che sperava solo in un suo abbraccio per permettere alle lacrime che si era procurata di poter scorrere, nascoste dalla spalla di quello che considerava un fratello e facendo sì che l’unica dimostrazione di quanto avvenuto fosse la macchia umida di gocce salate che si sarebbe formata sulla maglia dell’altro. Ma l’altro non c’era ed Hermione non aveva con chi sfogarsi. Ormai si era rotta, ma infondo, leggendo nel suo animo, credeva fosse la cosa giusta da fare e per quanto soffrisse, interiormente ne era anche contenta perché si poteva dare una possibilità, la possibilità di ricominciare. Si stropicciò gli occhi con le mani e poi alzò la testa verso l’alto per cacciare indietro la lucidità degli occhi e con essa la tristezza ed il brutto che l’opprimeva.
Ginevra si sentiva rotta, dovendo scegliere se consolare suo fratello o la sua migliore amica. Anche lei sentiva la mancanza del suo ragazzo che l’avrebbe aiutata a gestire la situazione perché due serpi, ne era certa, non avrebbero potuto aiutare in alcun modo in quel momento. E decise di fare un passo verso Hermione, per poi guardare il fratello, volgere lo sguardo ancora una volta alla ragazza e dopo averle chiesto con lo sguardo cosa stesse succedendo, fece un passo indietro e scusandosi con gli occhi – cosa che Hermione non colse – si avvicinò al fratello senza sapere se era giusto o meno farlo perché mancavano le basi. Aveva intuito dall’urlo del fratello cosa fosse successo quando Hermione li aveva cacciati, eppure mancavano i motivi: tutto andava a meraviglia tra loro. Eppure scelse il fratello perché tra i due era il più fragile della coppia, con un temperamento che se non fosse stato sedato, sarebbe stato capace di mandare tutto a rotoli, di rendere ancora più pesanti le situazioni che mancavano da affrontare.
Eppure Hermione non rimase sola perché, diversamente dai pensieri di Ginny e della stessa Hermione, Blaise le si avvicinò, le poggiò una mano sulla spalla e l’avvicinò al suo petto. “Urla e sfogati se è necessario, ma se vuoi tenerti tutto dentro è ok, solo sii decisa perché il tempo che ci rimane è sicuramente agli sgoccioli e devi tornare forte per te stessa e per... noi. Devi farlo anche per noi” le ultime parole erano dette in fretta, stava mentendo in qualche modo, eppure Hermione non capiva cosa ci fosse di sbagliato in quella frase, ma non ci pensò due volte e diede un pugno sul petto del ragazzo, poi un secondo ed un terzo e poggiò gli occhi sulla spalla dell’altro, ma non erano le braccia che riuscivano ogni volta a rassicurarla, a darle speranza e protezione. Non versò una lacrima Hermione, si limitò a chiudere gli occhi e farsi avvoglere dall’unica cosa che quelle braccia le trasmettevano: vicinanza.
Blaise più degli altri poteva sentire cosa Hermione stava provando, perché era ciò che sapeva avrebbe affrontato anche lui, perché sapeva come ci si sentiva a correre per anni dietro ad una persona che credi di amare e vederla dare attenzioni a tutti e non a te. Sapeva cosa si provava a raggiungere quella persona, la felicità e la tranquillità che ti trasmetteva starci insieme, il senso di serenità e appagamento che quella persona poteva darti. E sapeva anche come fosse orrendo svegliarsi da un brutto sogno e non trovare la persona accanto a sé oppure non trovarla sveglia, indifferente alle tue angosce ed ai tuoi timori. Paure. La paura di perdere l’altro da un momento all’altro, la sensazione di essere l’unico a camminare. Scoprire che della persona che amavi c’è poco o nulla, e oltre il bene non c’è altro perché non è quella la persona che ti fa stare realmente bene, che ti fa battere il cuore e sentire le famose farfalle che impazzite ti fanno detestare l’amore e poi pentire dei tuoi stessi pensieri perché l’amore gli donava anche la leggerezza, il sorriso, e Blaise avrebbe dovuto capirlo prima che non era compatibile con lei. Doveva comprenderlo che non era lei a fargli scatenare tutte quelle reazioni, Draco, infondo, seppur non lo avesse mai detto, lo aveva fatto capire con i suoi gesti, con il suo tenerlo lontano per cercare di farlo riflettere davvero su ciò che provava e solo in quel momento scopriva quanto il suo migliore amico avesse già compreso tutto, avesse visto avanti. E ciò che stava vivendo Hermione lui lo sentiva sottopelle e vedendo la sua distruzione aveva individuato anche la causa e non poté far altro che stringerla a sé, farle capire che nonostante fossero sempre stati su poli opporti, lui in quel momento la capiva le era accanto. Blaise, a quella visione, aveva aperto gli occhi e in pochi attimi, stringendo la ragazza a sé, aveva riflettuto sulla sua storia con Daphne nell’ultimo anno e che lei si era ostinata a voler mantenere segreta. E Blaise lo aveva accordato, parlandone però con il suo migliore amico e trovando in lui sostengo perché Draco non era un insensibile come lo descrivevano, un cuore lo aveva e sapeva per chi batteva silenzioso.
Quando Pansy raggiunse i suoi amici nella stanza circolare dove si erano ritirati, tutto si illuminò di arancione, le finestre, invece, presero un colore rossastro così come la porta, i quadri e gli specchi appesi sulle pareti, formando così un cerchio color rubino.
Avevano vinto contro di me per la seconda volta, anche se questa era una vittoria a mani basse: io avevo le mie legate dietro la schiena, nulla potevo fare per cambiare quel corso di eventi. Schioccai le dita e li feci smaterializzare ancora una volta, convinto che questa volta avrei avuto più possibilità di vittoria. 


Note:
Buonasera, buon pomeriggio o buongiorno in base a quando mi leggerete. Che ne pensate di questo capitolo? No, non me ne sono uscita di testa con una Pansy mezzosangue: per lei avevo parecchie idee, ma dopo Harry e Blaise e dopo, dunque, due morti, stavo entrando in crisi ed ho iniziato a fare ricerche su ricerche per scoprire qualcosa in più su di lei da sfruttare per la storia e sono finita su "Harry Potter Wiki fandom" e allo stato di sangue era indicato sia purosangue che mezzosangue e mi sono letteralmente illuminata facendo uscire... beh, questo. Spero che i continui avanti e dietro tra Pansy e gli altri non vi siano dispiaciuti o comunque non siano stati troppo fastidiosi da leggere. Se doveste trovare errori / orrori di battitura o altro non esitate a farmelo notare e correggerò il prima possibile. Che dire di più? Ringrazio chi sta leggendo la storia. Oh, stavo dimenticando la frase a cui ho messo l'asterisco: è una frase dello scrittore statunitense Ernest Hemingway. La tentazione di fare riferimenti più recenti è tanta, ma se riesco voglio provare a mantenere una coerenza temporale. Ok, ora penso di aver detto proprio tutto quindi tolgo il disturbo, alla prossima, un bacio, Amalia ❤

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