Snow fairy

di Funlove96
(/viewuser.php?uid=1109344)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo due ***
Capitolo 3: *** Capitolo tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo quattro ***
Capitolo 5: *** Capitolo cinque ***
Capitolo 6: *** Capitolo sei ***
Capitolo 7: *** Capitolo sette ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno ***



Fanfiction partecipante al Christmas Lockdown, indetto dal forum FairyPiece-Fanfiction&Images.

Stanza: Cucina.
Prompt: Gelosia.



Spense il gas e la fiamma sparì dal fornello sotto la moka, ormai borbottante per via del caffè che l'aveva appena riempita col proprio caldo e scuro liquido, mentre afferrava, aiutandosi con uno straccio in una mano, il manico per posizionare l'oggetto sul tavolo, dove la presina lo attendeva per attutire il calore che ne scaturiva. Il profumo del caffè si spandeva per l'intera cucina dai toni chiari tra pareti e arredamento, dando col suo aroma quel tocco rilassante al calore che, grazie al termosifone posto sotto la finestra, avvolgeva la stanza in quella fredda mattina dicembrina.
Aveva appena preparato tutto per la colazione, assicurandosi che non mancassero all'appello lo yogurt e le pesche, che sapeva bene la sua Luce adorava mangiare. Li divorava e a lui piaceva da morire guardarla mentre le guance le si riempivano nel mangiarne -non senza approfittare della loro dolcezza, saggiandone le note di sapore posate sulle labbra rosee della bionda, con conseguente imbarazzo di quest'ultima, nonostante stessero insieme già da mesi, e si fossero spinti ben oltre i baci- e gli occhi smeraldini si riempivano di quella visione di cui, il rosato era certo, mai sarebbero stati sazi.
Ma quella mattina la combine yogurt e pesche, unita al caffè che, soprattutto nell'ultimo periodo -causa la maggiore difficoltà nello studio e gli ultimi esami ormai alle porte- era diventato come linfa vitale per la ragazza, era fondamentale se voleva farsi perdonare il torto fatto alla ormai compagna...

Quella volta l'aveva fatta proprio grossa, lo ammetteva, e la ragazza non gli parlava dalla sera prima, quando, dopo lo scatto di gelosia con cui aveva chiuso, stizzito e senza troppe spiegazioni, la videochiamata coi genitori di lei, aveva deciso di andarsene a dormire, quelle poche ore che ci riusciva tra Shakespeare, Hemingway e Dickens, sul divano-letto della casa che li vedeva conviventi ormai da cinque anni, lasciando a lui il letto, dove più volte si era rigirato quella notte, in preda ai sensi di colpa per la scena pietosa che aveva fatto di fronte a quelli che sarebbero stati i suoi suoceri effettivi, non appena tutto quello che il mondo stava vivendo da mesi gli avesse concesso la possibilità di raggiungerli, così da parlare apertamente con loro del sentimento che legava lui e la bionda da diversi mesi, ben prima che il pianeta fosse scosso dalla serie di eventi che si erano susseguiti nell'ultimo anno.

Cresciuti entrambi a Magnolia, avevano lasciato la casa natale, lui da circa sette anni, seguito da lei due anni dopo, per frequentare l'università più famosa della capitale, andando a dividere un appartamento in affitto con altri ragazzi. Nessuno dei due si era mai accorto del sentimento che li legava, e che andava ben oltre l'amicizia che li aveva accompagnati sin dai primi anni di vita. E si che anche quel ghiacciolo del loro coinquilino Gray si era accorto che tra i due ci fosse qualcosa di forte, e lui non era molto sveglio sul quel fronte, soprattutto considerando che la povera Juvia ancora gli moriva dietro senza che lui ammettesse l'interesse, fin troppo palese anche nel suo caso, che aveva per la bella vicina.

Insomma, gli era servito il non poter più vivere come prima, costretti a passare molte più ore in casa, per accorgersi di ciò che stava accadendo realmente: Che il dormire nello stesso letto, nonostante lui condividesse, teoricamente, la stanza con gli altri due, non era dovuto al numero delle camere -erano tre escludendo la cucina e i due bagni- di cui quell'appartamento, in quel condominio abitato quasi esclusivamente da studenti universitari essendo vicino al complesso, era composto, o che la gelosia del rosato non era quella di un semplice amico...

Stavolta però aveva davvero passato il limite!

"Buongiorno!" il moro, a torso nudo e in mutande -si domandava come facesse a stare così col freddo che faceva- si presentò in cucina, strappando, oltre a qualche fetta biscottata rubacchiata dalla colazione che aveva appena preparato, Natsu ai propri pensieri. "Ehi! Quelle non sono per te, e mettiti qualcosa addosso pervertito!" ringhiò il ragazzo frapponendosi tra il moro e il tavolo. "Calma cervello bruciato! No te la rovino la tua opera d'arte!" rispose l'altro indicando col mento la tavola. "Ma in questa casa siamo in sei e, se non lo avessi ancora notato, questo spazio è di tutti!" concluse uscendo dalla cucina, non prima di essersi allungato ad afferrare una pesca, per poi correre via: Aveva un bel po' di cose da fare quella mattina. Il bucato chiamava, e poi non voleva trovarsi nelle vicinanze quando il rosato avrebbe dovuto schivare qualche piatto, o peggio, quando lui stesso avrebbe rischiato di essere l'ascoltatore di una riappacificazione un po' troppo rumorosa...

"Nudista del cavolo..." borbottava intanto l'altro mentre controllava i danni lasciati dal moro.
Ma il rumore di passi che sentì alle sue spalle lo fece fermare solo per voltarsi e urlare a Gray di andarsene, bloccandosi quando si ritrovò una Lucy ancora assonnata -e con il suo pigiama rosa che, sebbene scendesse morbido sulle curve, rendeva poca giustizia alla bellezza disarmante della bionda- davanti, zittendosi e ingoiando gli insulti che stava per dedicare al moro.
"B-Buongiorno Luce..." sorrise più per perché impossibilitato a fare altro di fronte a quel cruccio che le adornava i lineamenti. Era ancora arrabbiata senza dubbio...
"Ho preparato... ho preparato la colazione... c'è tutto ciò che ti piace..." le indicò il tavolo, che lei guardò solo per qualche secondo prima di avvicinarsi al frigorifero sorpassando così il rosato, prendendo un paio di uova e qualche striscia di bacon, e avvicinandosi al fornello, accendendolo dopo avervi adagiato la padella appena presa dal mobiletto marroncino chiaro sottostante. Non era arrabbiata... era furiosa!

"A-Amore?" riprovò, consapevole che non fosse una buona idea quella di farla innervosire più del dovuto mentre aveva tra le mani qualcosa che poteva essere lanciato e, se non si fosse scansato in tempo, avrebbe potuto fargli molto male, ma da qualche parte doveva pur cominciare per mettere in mezzo il discorso che si era preparato più volte mentalmente. "Perché non ti siedi?" provò ancora scostandole la sedia, che lei rifiutò sedendosi su un'altra, esattamente dalla parte opposta del tavolo, facendolo sospirare ormai rassegnato. Sarebbe stata dura, ma non sarebbe stato Natsu Dragneel se si fosse arreso così facilmente.

"Senti... so che mi sono comportato male, e chiederò scusa ai tuoi il prima possibile... ma davvero, quel tizio mi ha montato una rabbia... volevo che la smettesse e ho fatto la prima cosa che mi è venuta in mente..." sembrava non lo scoltasse, impegnata nello scrollare le notizie sul cellulare, mentre le uova finivano di cuocere.
Sapeva che la ragazza lo stava ascoltando e che quella era solo una scusa per non guardarlo, facendogli sentire il peso del senso di colpa -come se non lo sentisse già abbastanza...- e per questo continuò il discorso, sperando non afferrasse la moka per lanciargliela. "Lu lo so che ho sbagliato, mi puoi perdonare? Farò qualunque cosa..." e lo avrebbe fatto!
Lui non parlava mai a vanvera, se poi era per farsi perdonare da lei per una delle sue cavolate, allora nulla lo fermava, soprattutto ora che aveva realizzato quel sentimento senza il quale, era sicuro, non sarebbe vissuto. Quando ancora erano rinchiusi nell'illusione dell'amicizia, non esitava quelle volte che, triste per l'ennesima delusione d'amore, la bionda aveva urgentemente bisogno del suo MC consolatore -sfortunatamente, il primo era a diversi kilometri di distanza- partiva in auto, lui, Natsu Dragneel, in un'auto, per portarle il suo Happy Meal e vederla di nuovo sorridere con le sorprese che uscivano da lì. Aveva un'intera mensola colma di piccoli gattini dai vari colori, che avevano la buffa particolarità di essere corredati di due ali bianche sulla schiena. Erano piccoli, così tanto da stare tra due dita, ma ammetteva che anche lui un po' li trovava carini...

Agli occhi color cioccolato le varie news sembravano quasi non esistere, causa la fatica di restare impassibile a quel tono pentito. E lo sapeva Lucy che a Natsu non erano mai andati giù quei ragazzi che le stavano costantemente dietro, già quando, ancora ciechi e incoscienti sul loro amore reciproco, erano amici. Se poi ci si mettevano anche Loki e il suo amico Dan a darle noia la situazione diveniva ancora più snervante.
Nonostante quasi tutta l'università sapesse della loro relazione -il rosato aveva messo le cose in chiaro fin da subito, soprattutto a quei due, con quel bacio nel cortile dell'istituto con cui tutti gli occhi si erano posati su di loro, chi stupito e chi felice per gli amici, mandando un messaggio che definire cristallino sarebbe stato fin troppo riduttivo- nel gruppo di studio allestito in DAD quei due non la piantavano di regalarle commenti non richiesti, costringendo il ragazzo a passare le ore in giro per casa, tentando di distrarsi in cucina. Una nota positiva era che era diventato abbastanza bravo in cucina, e almeno adesso poteva cuocere un uovo senza bruciarlo...
Quel pensiero ridestò la bionda, che si alzò di scatto andando al fornello, dove uova e bacon si mostravano ben cotti, pronti per essere messi nel piattino bianco che Lucy aveva preso e portati a tavola. Natsu non fiatava, sulle spine aspettava che lei proferisse parola, una soltanto. Anche un'offesa, uno sbuffo o un sospiro... qualunque cosa sarebbe stata meglio di quel silenzio così pesante.
Aveva smesso di nevicare, notò la bionda, guardando oltre il vetro, leggermente opaco per via dell'aria fredda -nonostante il sole facesse già capolino da dietro le nuvole l'aria restava fredda, in linea con il clima natalizio in cui erano- e nel vedere la strada vuota, tranne per quelle poche persone che passeggiavano nella solitudine di quella gelida mattina, un nodo le strinse lo stomaco nel mandare giù l'ultimo boccone della propria colazione, magiucchiata in fretta per andarsene via il prima possibile da lì...
Sarebbe andata in salotto, ma sapeva sarebbe stato occupato, e non poteva privare i suoi amici della giusta intimità. Magari nella loro camera, ma Natsu l'avrebbe seguita di certo, in silenzio, attendendo una risposta che lei, diabolica, continuava a negargli. E no, per quanto potesse comportarsi come la ragazzina bionda che era stata anni addietro, quando le sue uniche preoccupazioni erano le forcine per capelli alle elementari o il vestito da indossare per uscire con un ragazzo quando era poi cresciuta, nemmeno lei sarebbe riuscita a stare a lungo nella stessa camera con un Natsu così... così poco Natsu... si, era proprio così...
Il drago pentito e silenzioso non era minimamente paragonabile a quello spontaneo, talvolta pasticcione, ma dal grande cuore e pronto a difendere la propria principessa da tutto, anche quando la minaccia era inesistente, che l'aveva fatta innamorare non era quello che ora, a capo chino, lo sguardo incapace di alzarsi e affrontare il suo colore cioccolato, se ne stava lì ad aspettare come un condannato a morte in attesa della grazia che gli poteva evitare la forca...
No, andarsene non sarebbe stata la soluzione, meglio togliersi quel peso dal cuore che, come un dannato, anche lui chiedeva pietà per bel drago dagli occhi verdi come la speranza di cui il muscolo al centro del petto era ricolmo.

Avrebbe volentieri mandato al diavolo la sera prima, certa che sarebbe bastata una semplice spiegazione a cuore aperto per aggiustare tutto. I suoi adoravano Natsu, e suo padre, uomo all'antica, aveva accettato -non subito, era servito l'intervento di Layla per convincerlo a lasciar andare la loro bambina- la convivenza di sua figlia col ragazzo solo perché i due erano amici fin da piccoli, e che egli fosse, oltre a Sting, l'unica persona di cui si fidava per stare vicino a Lucy. Soprattutto in una casa con altri ragazzi, seppure impegnati. Lo sapeva lui, lo ripeteva sempre, come si comportavano i ragazzi a quell'età.
Ma era orgogliosa la bionda e, complice il nervosismo dovuto alla situazione, non riusciva proprio a farsela passare. Per quanto anche la sua coscienza le ribadiva quanto fosse stupida...

"Giorno!" entrò in quel momento il moro, col sorriso sornione di chi si stava bellamente prendendo gioco dell'amico stampato sul volto da demone tentatore che si portava appresso, il quale posò il suo sguardo assassino su di lui, che veloce prese una vaschetta di yogurt sul tavolo -tanto la bionda non lo avrebbe mangiato quella mattina- e un cucchiaino, voltandosi poi per andarsene in salotto. Quei due dovevano chiarire, e lui aveva qualcuno che lo attendeva...
"Shiki..." quel dannato si stava prendendo gioco di lui pur sapendo della propria missione impossibile, e no, non gli stava facilitando le cose, almeno, a giudicare dallo sbuffo che il suo udito attento catturò, appena uscito dalle labbra rosee della bionda. La ragazza intanto si era alzata mettendosi a lavare le stoviglie. Lo notava quanto quel testone si stesse impegnando per fare ammenda, eppure lei non gli aveva ancora concesso uno squarcio in cui intravedere il perdono che tanto il suo cuore voleva concedergli. Era ancora furiosa, bambinescamente ottusa, come lo era ogni volta che finiva per arrabbiarsi, soprattutto con lui. E la cosa non migliorava se pensava anche lei stessa a quanto fosse stupido comportarsi così.
L'unica cosa che poteva fare era ciò che il cuore le suggeriva da quando, entrando, lo aveva visto di spalle, con quel pigiama che tanto adorava addosso -la stampa rappresentava un drago dalle scaglie rosse nell'atto di sputare fuoco, e le fiamme si spandevano lungo tutta la parte inferiore della maglia, proseguendo sui lunghi pantaloni. Lo aveva sempre pensato che quello era ciò che meglio rappresentava il suo ormai fidanzato, e non negava che quella fosse l'immagine che più preferiva del suo drago- e intento a sistemare la colazione che aveva preparato. Lo sapeva, e non poté che arrendersi al fatto che non poteva avercela per una cosa che, alla fine, era più stupida di quanto le sembrasse. In fondo non aveva fatto nulla oltre interrompere bruscamente la piccola riunione di famiglia -non per lei, che lo aveva capito subito quale, o meglio chi, fosse il problema del rosato- e sarebbe bastato parlarne apertamente coi suoi. Tanto aveva già deciso di fare le... poteva definirle "presentazioni"?
Per questo aveva insistito per farlo essere presente, voleva che sapessero finalmente della loro relazione. Avrebbe voluto organizzare una cena, come, sapeva bene, anche suo padre avrebbe preferito, e sarebbe stato più avvezzo all'accettare quella novità, ma c'erano state tante cose a impedirle di poterlo fare. L'università, il lavoro alla biblioteca dell'ateneo, e infine l'emergenza che aveva coinvolto l'intero globo...
Aveva optato per rivelarlo a Layla e Jude proprio quella sera, dopo una lunga riflessione che l'aveva condotta alla conclusione che non poteva tergiversare ancora a lungo. Sperava solo che suo padre non si opponesse, motivo per il quale aveva temuto di più. Con sua madre sarebbe andata bene, lo sentiva. Le bastava guardarla negli occhi per capire il suo stato d'animo, e anche attraverso uno schermo avrebbe visto la felicità che riempiva l'animo della figlia. Ma suo padre, così protettivo e all'antica, come avrebbe preso la notizia che il ragazzo di cui si era fidato per lasciar andare sua figlia in un'altra città, addirittura a vivere con dei ragazzi, convinto che avrebbe badato a lei -lo sapeva che uno dei motivi che lo avevano convinto era stata la promessa di Natsu di vegliare su di lei da bravo amico- era lo stesso che le aveva rubato il cuore?
Andata a studiare a Crocus, si ritrovava convivente col proprio ragazzo. Che non era chissà cosa, ma a venticinque anni e ancora una carriera universitaria da concludere, era ancora troppo presto per sposarsi, e per come la pensava suo padre, una unione non consacrata era inammissibile! L'avrebbe presa male, non era stupido, sapeva che quasi più nessuno aspettava il matrimonio per certe cose, ma non avrebbe ammesso quella vita per sua figlia. Su questo era stato chiaro quando aveva acconsentito alla sua partenza dove, credendo di non essere visto da Lucy, si era lasciato scappare una smorfia di tristezza sul volto sempre serioso...

Avrebbe voluto che continuasse per lui l'attività di famiglia, credeva nelle sue capacità, e sapeva che avrebbe portato avanti il nome degli Heartphilia, catena di alberghi famosa in tutta Fiore, con l'ardore che l'aveva sempre caratterizzata, ma si era dovuto alla fine arrendere al fatto che non fosse la vita che sua figlia desiderava. Layla aveva faticato non poco a fargli capire che doveva seguire quelli che erano i suoi sogni, anche lui era stato giovane in fondo, e aveva capito -dopo un po' certo, la testardaggine era una delle cose che più lo accomunava a sua figlia, che dalla madre aveva preso invece la bellezza, oltre alla pazienza, messa più volte a dura prova proprio da lui in quasi trentadue anni di matrimonio- che non poteva tarparle le ali, non permettendole di andare a costruire il proprio futuro...

L'avrebbe presa malissimo...

Era già agitata di suo, e Natsu non aveva affatto aiutato, anche se, alla fine, non era successo chissà cosa. Il punto era che lei stessa era nervosa all'idea di come avrebbe reagito Jude nell'apprendere la notizia, e tra gli esami, le varie difficoltà durante le lezioni, interrotte di continuo da problemi tecnici e vari buontemponi intenti a giochicchiare, il suo stato d'animo era già alterato. In fondo lo sapeva che tutto ciò era dovuto al suo carattere, e lei stessa si era data più volte della stupida quando, rigirandosi più volte sul divano, si era trattenuta dall'alzarsi e buttarsi nel loro letto, facendosi avvolgere dalle calde braccia del compagno, in cui di solito ansia e timori si disperdevano all'istante...

Ma stavolta non era agitata per un esame -impazziva per quello, Natsu ne aveva avuto prova l'ultima volta, circa dieci mesi prima, quando, causa un sospetto contagio di uno dei professori, avevano annullato tutte le sessioni, rispedendo a casa gli esaminandi, e lei era tornata inviperita, facendogli pagare con l'astinenza per tre interi giorni una colpa non sua- era agitata per tutto ciò che la circondava, e il presentare a suo padre il suo nuovo fidanzato, senza neanche poterlo fare di persona, la faceva sentire a disagio.
Forse reagiva male a tutto ciò che stava succedendo, ed esagerava -glielo aveva ripetuto Levy giusto la sera prima, e anche se dentro di sé le dava ragione, non era riuscita a farsela passare. Magari hai solo bisogno di dormirci su, le aveva detto l'azzurra poco prima di tornare nella propria camera- finendo per farla pagare anche al ragazzo.

Ripose le stoviglie pulite e asciugate e, dopo un respiro profondo -sua madre le aveva detto che l'amore non è tutto rose e fiori, e probabilmente avrebbe avuto accanto una persona che spesso l'avrebbe fatta arrabbiare, eppure, ricordava perfettamente, altrettante volte, se non di più, l'amore che provavano avrebbe saputo darle la pazienza necessaria per andare avanti. O, nel suo caso, per non commettere un omicidio...- si voltò per guardarlo.
E si, vedendolo a capo chino, così diverso dal drago che amava, lo capì. Levy aveva ragione, e anche sua madre, su tutto...

"Natsu..." era la prima cosa che diceva quella mattina, e il tono faceva ben sperare il ragazzo, che si affrettò ad alzare la testa, facendo incontrare lo smeraldo e il cioccolato. Attese, impaziente e spaventato, che la bionda continuasse, senza proferire parola, ma pronto ad ascoltare qualsiasi cosa sarebbe uscita dalle sue labbra. Intanto la bionda lo guardava, e mentre egli resisteva alla voglia di stringerla tra le proprie braccia e baciarla -quegli occhi avevano uno strano potere su di lui, uno strano e piacevole potere- cominciò a parlargli, col cuore stavolta, di ciò che avrebbe voluto -e dovuto- dirgli la sera prima.
"Il punto non è come hai reagito tu, ma come sto reagendo io..." la voce le tremava appena, quasi impercettibilmente. Quasi, perché nulla sfuggiva al rosato, soprattutto se si trattava di lei. "È che avrei voluto andasse diversamente... non mi aspettavo che Loke mi telefonasse in quel momento... e nemmeno che finissi per dirlo a quel modo..." si poggiò al lavandino ricordando la sera prima, quando finalmente si era decisa, portata anche dalla situazione, ad annunciare la cosa ai suoi.

Mentre parlavano del più e del meno, l'aranciato l'aveva chiamata con la scusa dello studio, e prima che lei potesse dirgli che era impegnata, aveva cominciato con le solite frasi sul come fosse carina o quanto fosse lui fortunato ad essere suo amico col tono smielato di sempre. Ma quella espressione costernata che la bionda aveva sfoggiato di fronte ai suoi per scusarsi dell'interruzione non era passata inosservata a Natsu, che già di suo anche lui era non poco nervoso di ufficializzare ulteriormente la cosa con loro.
Lei aveva provato a chiudere la chiamata, ma il ragazzo continuava a interrompere i suoi tentativi di salutarlo, facendo imbestialire Natsu, che già non nutriva simpatia per i modi che aveva con la sua ragazza.

Esasperato, aveva strappato lo smartphone a Lucy, urlando al ragazzo di smetterla di infastidire la sua ragazza. E lì era scoppiato il delirio, Lucy non aveva idea di cosa avesse risposto Loke, ma di certo aveva fatto arrabbiare ancora di più il rosato, che si era recato in cucina a continuare lo sproloquio con l'aranciato, lasciandola sola, e con un po' di spiegazioni da dare, coi suoi genitori, che a quel punto avevano saputo dei due, e non nel modo in cui avrebbe sperato. No, non era andata come sperava, e la connessione aveva deciso di dare il proprio contributo, saltando proprio mentre suo padre le chiedeva spiegazioni.

Jude non lo avrebbe mai detto a nessuno, ma se c'era una cosa che sperava per sua figlia, era che si mettesse con un ragazzo come Natsu, sempre attento e protettivo nei suoi confronti. Fin da quando erano piccoli era sempre stato la spalla pronta ad accogliere Lucy, nel bene e nel male. E lei era sempre stata molto legata a quel ragazzino dagli strani capelli rosa che abitava nel loro stesso quartiere.
Anche lui e sua moglie si erano affezionati al ragazzo e alla sua famiglia, composta solo da lui, suo fratello maggiore Zeref, e il loro padre Igneel. Sua moglie era morta in un incidente quando il rosato aveva pochi mesi, e Igneel si era trasferito coi suoi figli per lavoro poco meno di un anno dopo.

Nella vita l'uomo mai avrebbe pensato di trovare un amico come Igneel, lo stesso uomo che lo aveva colpito per l'insolito colore roseo della capigliatura, eppure erano ancora lì, dopo vent'anni a fare grigliate in giardino, o a mangiare tutti insieme a tavola quando i ragazzi tornavano per le vacanze che, quell'anno, avrebbero dovuto passare lontani.
Non era felice del modo in cui era avvenuta quella rivelazione, in cuor suo sempre sperata, e del non poter parlare di persona col ragazzo, e fargli il classico discorsetto sul non spezzare mai il cuore a sua figlia, passando il testimone a suo nipote Sting, per poi gustare una cena in famiglia per celebrare l'evento. Rimaneva un uomo d'altri tempi, e voleva che le cose si facessero per bene.
Ma quell'anno lo aveva costretto a cambiare la propria visione delle cose, così come le care e vecchie abitudini a cui era tanto legato. Ci aveva messo un po' ad abituarsi a quel nuovo modo di interagire con sua figlia, lui al massimo aveva avuto a che fare con qualche videoconferenza, a cui però, almeno per la parte tecnica, era totalmente nelle mani di qualche segretaria. E ora veniva a sapere che sua figlia si era fidanzata attraverso un computer, e con un ragazzo che stava dando di matto nell'altra stanza.
Non poteva dargli torto, ma doveva mostrarsi serio in quel momento, voleva comunque incutere un certo timore nel ragazzo, fargli capire che doveva comportarsi bene, anche se non aveva dubbi che già lo facesse. Sapeva bene però come fosse essere innamorati.
Lui con Layla si sarebbe sentito -e si sentiva ancora, sua moglie era una bellissima donna, e lui si era scoperto sempre più innamorato di lei- allo stesso modo. Lui non era tanto differente da quel ragazzo caotico che fino a poco prima aveva visto, forse per la prima volta in vita sua, indeciso e, forse, timoroso, seduto su quel divano bordeaux.

Alla fine avevano dovuto rimandare le spiegazioni per via della connessione saltata a casa di Lucy, ennesimo imprevisto che lo infastidiva non poco, ma Layla era stata capace, come tante altre volte in tutti quegli anni, di calmarlo, ricordandogli che, per l'intera situazione, forse era meglio che fosse andata così. Magari avrebbero potuto parlarne quando Natsu si fosse calmato, e lui avrebbe atteso il momento in cui avrebbero potuto vedersi di nuovo di persona per festeggiare come si doveva.
Per prima cosa avrebbe atteso di poterlo dire ad Igneel, magari farlo stare in chiamata -se non ricordava male si poteva fare anche quello- e godersi la sua reazione...
Sarebbe impazzito di gioia!

Si, dovevano solo aspettare, entrambi, in parte, anche tranquillizzati nel sapere Natsu ufficialmente loro genero, oltre che almeno loro due non sarebbero rimasti divisi quell'anno...

"Forse ho esagerato, e so che basterà spiegare le cose con calma ai miei... ma non volevo andasse così ecco... non volevo che andasse male... l'unica cosa che non finisse male in quest'anno del cavolo!" ormai i singhiozzi erano evidenti, e quasi le impedivano di parlare. Natsu lo sapeva che a volte finiva per esagerare -non con lui, che le dava sempre motivo di farlo. Che le facesse il solletico o la prendesse in giro, bonariamente, per i fianchi più tondeggianti, che mai si sarebbe stancato di stringere tra le mani callose a causa del lavoro in officina che gli aveva permesso di conoscere gli altri idioti del gruppo, finiva sempre per farla impazzire. E si, ne andava anche fiero, soprattutto se c'entrava anche il letto...- ma mai si sarebbe aspettato che la situazione fosse così destabilizzante per Lucy.
La bionda si ritrovò col volto infossato nella muscolosa spalla del ragazzo che, mandando al diavolo i sensi di colpa, l'aveva stretta forte a sé, lasciando che le lacrime scendessero copiose a bagnargli prima la stoffa del pigiama e poi la spalla.

Non voleva nemmeno sapere perché non gliene avesse semplicemente parlato, sapendo che poteva dirgli sempre tutto. Era troppo preso a rimproverarsi per non aver fatto più attenzione a ciò che provava lei, limitandosi a sfogare la frustrazione del momento da un'altra parte, su quegli stessi fornelli che adesso, guardandoli, iniziava a detestare.

Solo adesso si rendeva conto di aver pensato solo a sé stesso, a come sia la facoltà di ingegneria, sia il lavoro, andato a farsi bellamente benedire, che anche suo padre da solo.
Zeref era andato a vivere lontano da Magnolia insieme alla compagna. Partito subito dopo le ultime vacanze natalizie, quelle di nemmeno dodici mesi prima, quando avevano finalmente conosciuto la biondina dagli occhi smeraldo che gli aveva rubato il cuore. A lui, che certe volte nemmeno sembrava avercelo, e solo pochi eletti, tra cui lui, il loro padre, e gli Heartphilia, sapevano in realtà quanto potesse essere buono sotto quella maschera di apparente menefreghismo che poteva dare l'impressione di avere.
Erano dovuti crescere senza madre, e il moro aveva fatto di tutto per aiutare il padre, facendo di fatto le veci della bellissima donna dagli scuri capelli che era stata la loro genitrice, occupandosi di quel fratellino che amava alla follia.
Aveva trovato la sua strada, l'avvocato Zeref Dragneel, e non importava dove fosse, se vicino o lontano dalla propria famiglia, quello che contava era che quella strada sarebbe stata con la donna che gli aveva stretto il cuore nella rete più bella che esista, quella dell'amore, che adesso anche lui aveva scoperto essere il posto più bello del mondo...

Guardava la neve appena caduta attraverso i vetri della finestra, ed era un vero spettacolo. Non bello, non brutto, semplicemente uno spettacolo. Uno di quelli da godersi al caldo, sotto le coperte, pensando ai brividi che da il solo guardare i fiocchi freschi adagiati sulla strada, sentendoli appena e rannicchiandosi nel letto in cerca di calore...
"Senti... oggi non ci sono le lezioni. Che ne dici di meterci a letto finché ci va?" non aveva menzionato le solite coccole, che tanto le mandavano il volto in fiamme. Adorava vederla arrossire con le premesse di passione che regolarmente superavano le aspettative annunciate con quella voce roca per il fuoco che si accendeva nel ventre, per bruciare tra le calde lenzuola. Non erano quelle le sue intenzioni, voleva solo che lei stesse bene. Aveva il volto stanco, per il pianto, ormai scemato nonostante i rari singulti ancora presenti, e per la nottataccia, passata sicuramente in gran parte a messaggiare con le amiche e rigirarsi su quel divano comunque scomodo. "Tanto non avremmo nulla da fare comunque, meglio starsene a letto a scaldarsi, magari guardare quel film che tanto ti piace, com'era?" avevano deciso di guardarlo la sera, ma tanto valeva farlo subito, al massimo lo avrebbero rivisto...
Non alzava il volto dal petto caldo del rosato Lucy, ancora troppo imbarazzata per il suo stesso comportamento. Certe volte era una ragazzina e come tale piagnucolava, facendosi consolare dal ragazzo, che ancora se lo chiedeva come facesse a stare con una lei. Non era disinibita come tante sue compagne, e non sempre parlava delle esperienze intime, anche col suo ragazzo, con così tanta disinvoltura. Arrossiva anche solo nel buio della loro camera, se la prendeva per cose futili -anche il suo modo di gonfiare le guance indispettita per una qualsiasi sciocchezza mostrava quanto ragazzina sapeva essere- ed era capace di non rivolgere la parola a chi le faceva qualsiasi torto per tempi anche piuttosto lunghi. Se contava anche la testardaggine, erano tanti i difetti che la caratterizzavano, e si domandava perché Natsu, così malizioso e sfacciato, stesse ancora con lei.
Non immaginava che lui non l'avrebbe cambiata per nessun'altra persona al mondo. Avere una pantera a letto non era nemmeno paragonabile alla sensazione delle guance rosse e calde di vergogna della sua Lucy che, come una cavallerizza, lentamente dondolava su di lui, beandolo della dolce visione di quella eterea bellezza.
No, Natsu non avrebbe mai cambiato quei momenti in cui, come quello, le carezzava lentamente la schiena, calmandola, per poi prenderla a mo di sposa e portarla in camera, stenderla sul letto e fare lo stesso poco dopo, solo per abbracciarla e restare così.
Solo un pazzo avrebbe rinunciato a tutto ciò. E solo un pazzo poteva preoccuparsi del resto, del bello e del brutto di quel mondo così scombussolato, quando aveva il suo, di mondo, proprio lì accanto...

Avrebbero pensato al resto una volta che ne avrebbero avuto la voglia. Una cosa positiva era che non dovevano sentirsi degli sfaticati nel restare a letto un po' di più. E in quel momento, meglio prendersi tutto ciò che di positivo poteva portare il restare dentro casa. Una quotidianità troppo sottovalutata, riscoperta ormai da mesi, di cui avrebbero potuto e voluto godere al massimo.
Domani è un altro giorno, dicevano in un famoso film, ma perché non godersi anche l'oggi, dato che se ne ha l'opportunità?



[5164 parole]



Angolo autrice.
E comincia un'altra avventura (giuro che non mi sono dimenticata delle altre storie, ma ho un po' un blocco su quelle al momento, sorry🥺💔) stavolta dedicata a queste feste e il momento delicato che stiamo vivendo. Così diamo una piccola sbirciatina nelle vite dei nostri personaggi preferiti.
Ringrazio le admin del FairyPiece forum per aver organizzato questo evento in cui già mi sto divertendo un mondo.
Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto. Grazie per aver letto e, se volete, a domani!
Ciao❤️

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo due ***



Fanfiction partecipante al Christmas Lockdown, indetto dal forum FairyPiece-Fanfiction&Images.

Stanza: Camera da Letto.
Prompt: Boxer.



Il sottile fascio di luce filtrava attraverso le tende color crema, andando a farsi largo nella camera da letto, illuminando una delle pareti dai toni bordeaux, e andando ad adagiarsi, tanto placido quanto spietato, sul piumone verde chiaro, facendo brontolare l'omone, ormai brutalmente strappato dalle braccia di Morfeo.

Un'altra giornata, l'ennesima, era appena iniziata...

"Accidenti!" grugnendo il ragazzone dai capelli neri tirò più su le coperte, nella speranza che quegli strati di stoffa potessero schermarlo dai raggi solari -i quali avevano preso il sopravvento sulla neve già caduta, illuminando le montagnole bianche che si erano adagiate sui davanzali- che non avevano intenzione di farsi frenare dalle palpebre strette con forza e stizza. Erano in pieno inverno ma quel sole che compariva, dopo due interi giorni di neve e freddo, rompeva le scatole pure sotto Natale...

Un Natale dal gusto amaro, come lo erano stati quegli ultimi mesi del resto, che si avvicinava giorno dopo giorno, inarrestabile, come da tempo sembrava esserlo quella situazione, nonostante la speranza, come si suol dire, fosse l'ultima a morire, e si guardasse ad ogni più piccolo passo avanti con gli occhi ricolmi di essa.
"E non prenderti tutte le coperte scimmione!" Lo redarguì la ragazza dai capelli azzurri, svegliata più che dalla luce dalle proteste del proprio compagno. Stavano insieme da ben sette anni, eppure ancora si stupiva della poca creanza di Gajeel, così come lui si stupiva dell'incredibile bellezza della sua compagna, anche di prima mattina, senza trucco -non che si truccasse spesso- mezza addormentata e anche irritata.
Lanciò un'occhiata all'orologio sulla parete di fronte, scrutando i numeri neri tra le palpebre semi aperte, grugnendo ancora qualcosa, forse incomprensibile anche per lui, notando quanto fosse troppo presto per i suoi gusti.
Appena le sette e qualche minuto...

"Dormi gamberetto, sono le sette..." cingendole con un braccio la vita, la strinse a sé, impedendole di alzarsi, come stava provando a fare, e mettendo fine, almeno momentaneamente, alla discussione. Non gli andava di sorbirsi le ramanzine di prima mattina, soprattutto col clima che tirava negli ultimi tempi, che lo rendeva già nervoso di suo. Almeno nell'intimità della loro camera voleva stare tranquillo, e voleva lo stesso anche per lei. Lì tutte le tristezze e i problemi quotidiani dovevano essere spazzati via, gettati in un angolo scuro finché non avessero deciso di tornare a pensarci. Il lavoro, lo studio, i vari crucci, tutti fuori da quella porta...

L'ultimo esame di ingegneria meccanica, tenutosi online a causa della situazione in cui versavano, era andato male, e sebbene non fosse responsabilità di nessuno se non della rete internet -giunti alla fine la linea era saltata, e quei pochi minuti che ci aveva impiegato per rimettersi a posto avevano causato la cancellazione della registrazione di quella sessione- erano stati costretti a decretare un'altra data, che il moro ancora non conosceva, e questo lo rendeva ancora più antipatico di quanto potesse risultare di solito, soprattutto nei confronti dei coinquilini...
Ma non quella mattina!
Le vacanze invernali si avvicinavano, e lui aveva deciso di non appesantire ulteriormente la situazione. D'altra parte, tolta l'università e il lavoro che momentaneamente mancava, non poteva rischiare di perdere anche la pace -sempre se quella che regnava in quell'appartamento abitato da sei persone si poteva definire tale- che aveva almeno in casa, con la sua ragazza e quegli amici che si era fatto anni addietro, proprio grazie a lei.

"Ho detto dormi... non vorrai assistere a Salamander che cerca di non farsi ammazzare?" la frenò dall'alzarsi, una cosa positiva di tutto ciò era che potevano restare a letto di più e nessuno gli avrebbe rotto le scatole. "O peggio..." le sussurrò sporgendosi per parlare all'orecchio. "Mentre cerca di farsi perdonare dalla bunny girl a modo suo?" ghignò malandrino, ricordando perfettamente pochi mesi prima, quando erano tornati a casa e li avevano trovati sul divano, distesi abbracciati e sudati, oltre che coperti solo da un lenzuolo beige, in una scena che nulla lasciava all'immaginazione, soprattutto sul confine tra amicizia e amore che, per i due, si era appena sgretolato, lasciandoli attraversare tranquillamente il punto di non ritorno. E doveva averlo ricordato anche Levy, perché si girò accoccolandosi al ragazzo e coprendosi con le mani il volto, ormai arrossato a causa dell'imbarazzo che le provocava il rievocare la scena. Quelle successive erano state le primissime settimane di quella relazione tanto sperata da tutti -le ultime spensierate, prima che il mondo intero venisse scosso- e oltre qualche premura di più, i litigi causati dalla gelosia di entrambi, per lo più per qualche ragazzo che ronzava troppo intorno a Lucy, o qualcuna che non si faceva scrupoli a fare la gatta morta col rosato, erano quasi all'ordine del giorno. Avevano poi trovato poi la pace, ma le scenate capitavano ancora spesso. E beh, anche le riappacificazioni...
Ma non voleva pensarci, non quando aveva il suo compagno vicino e una giornata piena di nessun'altro impegno se non rimanere a letto per ore, alzandosi magari solo per sgranocchiare qualcosa. Si strinse sentendo sulla pelle quanto anche Gajeel preferisse stare tra quelle lenzuola calde di loro, che la sera prima non erano stati dei santi. Ghignò ancora il ragazzone, ricordando come la ragazza aveva provato a trattenere tutti i suoni che potessero uscire dalla propria bocca, fallendo a tratti, riuscendo solo nel trovare, tra le labbra del compagno, la via d'uscita di quelle piccole indecenze che solo lui riusciva a farle dire.

A lui quei piani di quella mattina non dispiacevano, e di certo era meglio quelli che sentir brontolare il rosato per aver ignorato l'avvertimento della sera prima: Domattina la cucina mi serve, che nessuno rompa! aveva scandito bene ai tre mori, e lui non aveva nulla in contrario, non è che avesse da fare chissà cosa in quel periodo se non girovagare per casa inebetito, entrando in stanze a caso solo per non ricordarsi cosa doveva fare, e a tratti fare qualche maratona su Netflix. Avrebbe scoperto più tardi se avrebbe dovuto smaltire la spazzatura oppure un cadavere. Per il momento aveva altri piani: Un certo bisogno mattutino si faceva sentire, i boxer faticavano a contenerlo e non aiutava affatto l'avere il corpo della sua nanetta così stretto al proprio...
Lento e silenzioso come il nero felino che ancora dormicchiava sul davanzale fregandosene altamente del sole, si addentrò al di sotto delle coperte, iniziando a stuzzicare la sua donna, che si irrigidì sentendo già il calore al basso ventre, in una non tanto muta richiesta di togliere finalmente quei dannati vestiti, divenuti ormai di troppo per gli invitanti piani che li attendevano...

"S-Smettila... c-ci... ci sentira-an-no..." parlare era sempre difficile quando il suo uomo iniziava a maneggiare i suoi punti deboli, ormai esperto di ciò che le piaceva, così come lei, che dopo ancora qualche gemito maltrattenuto aveva deciso di non essere da meno. Come si dice, nella botte piccola c'è il vino buono, e Levy era il vino di cui Gajeel si sarebbe ubriacato per il resto della vita, diventata magnifica nel momento in cui aveva realizzato che anche lui, cresciuto con la zia dopo la morte dei genitori -suo padre era un soldato, morto a causa di una mina non rilevata dal metal detector, forse malfunzionante, mentre scandagliava quella che era stata una zona di guerra, durante le operazioni di bonifica dell'area. Sua madre invece, già malata da tempo, aveva raggiunto suo marito nemmeno tre anni dopo, lasciandolo alle cure della sorella- quando aveva appena sette anni, poteva e sapeva amare.

Da bulletto del liceo era divenuto un ragazzo responsabile, per la felicità di Metallicana, che aveva trovando quasi una figlia nel topo da biblioteca, come proprio lui aveva soprannominato Levy al primo anno per farsi grande davanti ai compagni, che aveva saputo far mettere giudizio al nipote.
Il carattere a tratti scontroso era rimasto, eppure restare chiuso nello sgabuzzino delle scope con la bluetta -ancora oggi si domandava perché, alla festa di Shiki, lei ci fosse andata, e avesse addirittura accettato quello strambo gioco della bottiglia, proposto da una Rebecca troppo ubriaca per ragionare- aveva decretato il punto di svolta nel suo stesso modo di fare, cambiandolo drasticamente senza che neanche lui se ne accorgesse. Ma poteva dire per certo che quel cambiamento non gli dispiacesse...

"Dimmi un po''..." ridacchiò maliziosa. "Quali sarebbero i tuoi piani per passare il tempo?" guardò in basso lui, dove proveniva la voce della sua adorabile nanetta, e laddove trovò il volto della ragazza... posizionato proprio accanto all'inguine...
Si era fermata dallo spogliarlo del pigiama grigio, iniziando a tirare l'elastico dell'intimo con pollice e indice, pizzicando la stoffa scura, che poco più tardi scivolò a terra -mentre gli occhi scuri erano incastrati in quelli blu, troppo vicini a quelle labbra invitanti, ma troppo belli per ignorarli, pure con quei pensieri indecenti su dove le avrebbe posate- raggiungendo vestaglia e slip azzurri di lei, e no, Gajeel lo sapeva bene, non si sarebbe certo fermata.
Poteva sembrare piccola e innocente, e si, era stata la prima impressione -giusta tra l'altro- che aveva avuto di lei la prima volta che l'aveva vista, eppure a letto sapeva accendersi e accendere lui di una passione inimmaginabile. L'orgoglio maschile innalzava la coppa dell'essere l'artefice del cambiamento del suo gamberetto, il creatore della Levy sexy e maliziosa, pronta a passare dal dolce agnellino all'indomabile tigre che ora si rispecchiava negli suoi occhi scuri.
Ghignò il moro, e Levy sentì l'ennesimo scompenso -al cuore e al ventre- nel vedere la fila di denti bianchissimi, ambasciatori di un risveglio certamente piacevole per entrambi...

Mai si era sentita a quel modo, non aveva avuto chissà quante storie, ma nemmeno era impreparata. Lo sapeva cosa succedeva tra due persone che si amano, ma mai aveva pensato che sarebbe stata travolta così tanto da quel sentimento che sua madre le aveva tanto decantato. Non era un'appassionata di romanzi d'amore, e aveva preso a leggerli solo da quando aveva conosciuto, appena cinque anni prima, Lucy, venuta a cercare lavoro nella biblioteca del campus, dove già lavorava lei, e anche se non erano le sue storie preferite -impazziva per il fantasy, se c'erano draghi, ninfe, magia e avventura allora Levy McGarden lo aveva di sicuro letto, ricordando ogni frase che ci fosse scritta- aveva imparato ad apprezzarle molto, comprendendo meglio anche la cura che la bionda, appassionata di lettura come lei, importava per maneggiare i tomi.
Certo, il più bel romanzo, il suo preferito, non lo aveva letto, lo stava vivendo, e per quello che la riguardava, l'autore migliore del mondo era quello che le stava marchiando la pelle a suon di baci e carezze, con lei che si mordeva le labbra per non fare troppi rumori...

In quei momenti non esistevano quegli altri rompiscatole dei loro coinquilini, tanto rumorosi -nei limiti, la padrona di casa era stata chiara su feste e rumori che potevano disturbare gli altri condomini- quanto impossibili da non amare. Esistevano solo loro due, una relazione su cui nessuno avrebbe scommesso nulla, troppo diversi, eppure perfetti l'uno per l'altra. Lei il giorno, il suo sole. Quello che sa essere afoso. Lui la notte, la sua, non quella fredda e scura, quella calda, piacevole. Quella che passi tra le coperte con una bevanda calda a scaldarti la pancia appena la ingerisci, sentendo i muscoli rilassarsi al dolce tepore. Non esisteva, per quei pochi momenti di intimità, il mondo scombussolato di quegli ultimi mesi.
Dopo... si sarebbero preoccupati dopo di tutto.
Dell'iniziare la giornata, dei loro coinquilini, degli affetti lontani e il senso di solitudine -strano come ci si possa sentire soli anche con tutte le persone che ci circondano- delle videochiamate a parenti e amici per gli auguri di una festività, mai come quell'anno, diversa dal solito...
Dopo...

Avrebbero pensato a tutto dopo...



[1949 parole]



Angolo autrice.
Ed eccoci al secondo capitolo! E si, avevo dimenticato di mettere il banner ieri😅 ma per fortuna ho rimediato.
Una bella GaLe stavolta, che ha deciso di passare una mattinata movimentata... a letto😏
Chissà chi vedremo domani. Ovviamente solo se volete.
Grazie per aver letto, a domani.
Ciao❤️

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo tre ***



Fanfiction partecipante al Christmas Lockdown, indetto dal forum FairyPiece-Fanfiction&Images.

Stanza: Bagno.
Prompt: Rasoio.

Guardò attentamente il proprio riflesso nello specchio, cercando il più piccolo pelo che poteva essere sfuggito alla furia del rasoio e ghignando soddisfatto del risultato che vedeva, e passandosi una mano sulle guance, finendo poi sul mento, anche quello ormai liscio e vellutato, come la pelle che, se non fosse stata per quel tatuaggio sull'occhio destro che si portava dietro da anni, si sarebbe potuta paragonare a quella di un bambino.
Sorrise al se stesso che lo guardava dalla superficie riflettente, pronto ad affrontare un'altra giornata di... film e serie tv stravaccato sul divano.
Non è che potesse fare altro, preoccuparsi degli ultimi esami prima della pausa natalizia in genere era una priorità, soprattutto con tutti i problemi che accompagnavano le sessioni in quel periodo, ma la nevicata della sera prima aveva apportato vari danni alle antenne WiFi, e molti operatori erano al lavoro per ripristinare le reti danneggiate di mezza Fiore. Non aveva lezione in altre parole, e Gerard aveva preso piuttosto bene la cosa, non che non amasse il proprio lavoro, aveva faticato tanto e ora insegnava nell'ateneo più vasto e conosciuto di tutta Fiore, che aveva sede nella capitale di Crocus, e che vantava diverse facoltà oltre che insegnanti di un certo livello. Ma aveva bisogno di una pausa, non dall'insegnamento, ma dalla situazione che lo rendeva assai più difficile del solito...
Alla sua giovane età, appena trentaquattro anni, poteva già vantare di preparare le giovani menti alla conoscenza dell'universo, ma anche le emicranie di fine lezione e il dover tenere a bada un gran numero di studenti che, forse per l'età, tendevano a non prenderlo troppo sul serio. Se poi si aggiungeva che di tempo in aula non ne aveva passato molto, finendo dopo poco ad insegnare in DAD, la situazione non era delle più rosee.

Ma era fiero di se stesso, e sentiva che la propria vita non poteva essere migliore di così.
Almeno, lo aveva pensato fino a poco tempo prima...

Era arrivato, come ogni anno, Settembre, e con esso le orde di studenti che invadevano la piazzetta di fronte all'ateneo, pronti a quello che, per molti, era l'inizio degli incubi peggiori che potessero esistere, almeno per degli studenti universitari: Lo studio e i vari esami da affrontare.
Era il suo primo anno da professore, aveva appena ottenuto la cattedra di astrologia della GMG University. Era agitato come uno scolaretto il primo giorno di scuola, impaurito di lasciare la mano materna per dirigersi in quel posto nuovo, ma al contempo osservava tutto, curioso bimbo smanioso di esplorare una nuova quotidianità.
Si era vestito elegante, non che di solito non lo fosse, amava in particolar modo i dolcevita smanicati, sui quali usava indossare giacche o giubbotti tenuti aperti, completando il proprio outfit con dei pantaloni larghi. Non era molto elegante, ma nemmeno così trasandato alla fine. Quel giorno però aveva optato per un completo blu gessato, non rinunciando però alla giacca aperta, lasciando intravedere la cantina camicia. Aveva acquistato una ventiquattrore per riporre tutti i documenti e qualsiasi cosa gli fosse servita per l'università, oltre che per darsi un tono. Aveva deciso di essere severo ma non troppo, voleva che i suoi studenti non lo vedessero come un tiranno, ma che gli dessero anche ascolto.
Aveva preso un piccolo appartamento in affitto poco lontano dal complesso, in un piccolo condominio affiancato a un altro che, aveva saputo, era abitato per la maggior parte dagli stessi studenti che gli scorrazzavano davanti, intenti a giocherellare con non troppa voglia di entrare nell'istituto. Non vi badò, anche perché non avrebbe certo potuto dar loro torto per volersi godere fino all'ultimo la libertà prima di affrontare un altro anno...

Sorrise al clone che lo guardava nella superficie riflettente. Quasi non poteva crederci...

Era appena entrato nell'enorme complesso e vagava per gli ampi corridoi ricolmi di studenti di pochi anni più piccoli di lui, che appena trentatreenne più volte era stato scambiato per un qualche studente fuori corso. Chi ci credeva che un ragazzo della sua età era arrivato tanto lontano e tanto in fretta?
Ma in parte era ancora un ragazzino si, e come tale si era sentito quando, entrando in una delle aule che credeva sarebbe stata la sua, si era ritrovato di fronte ad una ragazza dai capelli scarlatti che, nell'enorme aula ricolma di studenti, armeggiava con alcuni fogli alla cattedra.
Si era voltata solo per un momento, incrociando gli occhi castano chiaro con quello blu di lui, scrutandolo attraverso gli occhiali.

"È questa l'ora di arrivare? Capisco che sia il primo giorno, ma un po' più di interesse anche per la puntualità non guasterebbe. Almeno i primi tempi..." lo guardò meglio per qualche secondo. "Comunque, non c'è bisogno di essere tanto seri..." indicò il suo vestiario sistemandosi le lenti. "Tanto non attacca, se non ti impegni non ti servirà fare bella figura... adesso va a sederti!" gli si era rivolta tutto il tempo con lo sguardo severo, e doveva ammettere che metteva una certa inquietudine. Aveva anche temuto che potesse ucciderlo, non sapeva perché, ma quella donna era tanto bella quanto spaventosa.
"I-Io..." era un professore anche lui, e quella che gli stava davanti non sembrava essere più grande, eppure si sentiva uno studente appena rimproverato dall'insegnante...
"S-Sono il... il nuovo professore di... a-astrologia..." perché adesso balbettava? Quella donna faceva paura!

Lei spalancò gli occhi nel sentirlo, fissandolo stupita. Che forse non credeva di non essere più l'unica a far parte del corpo docenti alla sua giovane età?

"Gerard Fernandez, molto piacere!" si era ripreso notando in lei l'esitazione, e sentendosi decisamente meglio, mentre le porgeva la mano, tra le risatine degli studenti. Era incredibile quanto poco ci avesse messo per passare dall'essere intimorito al rilassato. E si, forse la prima impressione aveva ingannato lui allo stesso modo che aveva fatto con lei.

Sorrise ancora al gemello creato dallo specchio ripensando a come poi si era evoluto il tutto. Dalla scoperta che la professoressa Scarlett abitasse sul suo stesso pianerottolo -proprio quella sera, tornando a casa l'aveva rivista, avvolta nel giaccone beige e alle prese con una pila di scartoffie tra le mani, mentre armeggiava con la borsa in cerca delle chiavi, cercando di evitare che tutti quei fogli cadessero. Aveva pensato di darle una mano, scoprendo un lato molto interessante della donna. La sua attitudine ad arrossire appena ogni volta che si parlavano- e iniziando a frequentarla anche come vicina...

Quella situazione poi li aveva travolti assieme al resto del mondo, e molte erano le volte che si ritrovava a sentirla urlare spazientita per il comportamento di qualche studente.
Quei due, non ricordava i nomi, ma i cognomi si, urlati dalla donna ogni due per tre. Granbell e Stenier se non sbagliava. Per quello che aveva capito, il primo -ricordava che oltre alle scienze umanistiche, che la collega insegnava, era anche suo studente, e con ottimi risultati- fosse molto amico del secondo, che non perdeva occasione di coinvolgerlo nelle frequenti interruzioni.
Una coppia affiatata quanto improbabile, che però lo faceva sorridere per quanto fossero legati quei ragazzi...

Passò il dopobarba dal profumo mentolato sul mento, sgridandosi mentalmente per essere rimasto imbambolato lì per tutto quel tempo. Ricordò di essere entrato un bel po' di minuti prima, quando si era alzato, circa qualche minuto prima delle sette, era andato subito a farsi la barba. Non amava particolarmente averla, e si, un po' era vanitoso su quello, gli piaceva vedersi senza nessun pelo sul volto...

Si stava di nuovo perdendo nei propri pensieri e doveva sbrigarsi se voleva starsene spaparanzato sul divano per le successive quattro ore!
Si diede un'ultima sistemata -come se qualcuno avesse fatto caso ai capelli fiori posto o la barba appena fatta anziché al fatto che indossasse ancora il pigiama blu scuro. Che poi abitava pure da solo...- e si recò in cucina per prendere snacks e bibite necessari per l'intera prima stagione di Sherlock, sua serie preferita in quel periodo che l'aveva scoperta, proprio avendo più tempo da occupare, e ne era praticamente diventato dipendente. Quell'ennesima mattina di dolce far niente era solo all'inizio e lui se la sarebbe goduta, soprattutto perché non poteva fare altro, dato che doveva aspettare che riparassero alcune linee perché la sua famiglia potesse rispondere. Sua sorella Meldy e i loro genitori erano ancora senza connessione, e sperava che prima di Natale -sarebbe giunto tra pochi giorni- si ristabilisse in tempo, almeno per scambiarsi gli auguri di quelle particolari festività...

Passò di fronte alla finestra del salotto scrutando il paesaggio innevato, e si, in tutto quello una cosa positiva c'era. Il sole che si affacciava, illuminando la neve ancora fresca sul davanzale, sembrava annunciare una serenità che tutti speravano di trovare al più presto. Nella più grande delle sue amate stelle, l'azzurro trovò un ulteriore spunto per sorridere, certo che sarebbero arrivati tempi migliori.

Per ora però, telecomando, pop-corn e Benedict Cumberbatch lo aspettavano...



[1477 parole]



Angolo autrice.
Ed eccoci con la terza fic! Stavolta con un bel Gerard mattutino e fresco di barba appena fatta. Casomai dovesse suonare la vicina che ha finito lo zucchero👀
Beh, questo è il terzo capitolo, spero vi sia piaciuto. Grazie infinite per le letture, grazie per aver letto anche questa fanfic, e se volete, a domani!
Ciao❤️

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo quattro ***



Fanfiction partecipante al Christmas Lockdown, indetto dal forum FairyPiece-Fanfiction&Images.

Stanza: Lavanderia.
Prompt: Fratello minore.



Chiuse la porta, ancora sghignazzando per la faccia di quel fiammifero spento, mentre continuava a gustarsi la succosa pesca che era riuscito a sgraffignare. Si recò in salotto salutando con un sorriso l'amica appena alzatasi, augurandosi di non dover raccogliere il rosato col cucchiaino una volta tornato. Il tempo di prendere il telefono e infilarsi qualcosa, giusto una maglia blu scuro e dei pantaloni grigio-neri -ora capiva perché Lucy fosse arrossita, distogliendo subito lo sguardo- e si recò all'ingresso, pronto per le proprie, solite, noiose, faccende...

Afferrò la cesta, traboccante della biancheria da lavare, poggiata accanto alla porta e la posò tra il fianco e il braccio. Scendere alle sette di mattina per fare il bucato non lo entusiasmava molto, ma non è che potesse fare altro in quel periodo...
Sarebbe volentieri andato a correre nonostante il freddo mattutino, c'era abituato alle basse temperature, le preferiva quasi all'afa estiva -non c'era da stupirsi se lui e il fiammifero erano come il giorno e la notte, Natsu adorava il caldo, gioendo dei primi giorni estivi che si presentavano ogni anno, lui al contrario preferiva il freddo e si, quasi l'amava la neve- non rinunciando mai a una corsetta tutte le mattine, poco prima di doversi recare nell'officina in cui lavorava insieme agli altri due.

Ma in quel periodo di chiusure forzate per molti, la Phantom era stata tra le prime ad abbassare le serrande, e i loro si erano ritrovati a casa. José gli aveva garantito che, non appena fosse stato possibile tornare a lavoro, li avrebbe richiamati subito -erano o non erano i migliori lavoratori che aveva? E poi si, tante ragazze arrivavano millantando problemi inesistenti, solo per starsene a guardare quei gran gnocchi al lavoro, disposte a pagare un servizio di cui non necessitavano. Sarebbe stato un matto a rinunciarvi!- ma lui, ed era certo anche gli altri, non si sentiva tranquillo, e la cosa lo faceva innervosire!
Stare lì senza poter fare nulla se non stare a casa, era risultato anche -in un certo senso- divertente, almeno all'inizio.
Ma i giorni passavano e i notiziari erano ormai diventati una continua conta di morti, e più volte il giovane si era ritrovato a domandarsi della propria famiglia, troppo lontana per pensare di raggiungerla col rischio di far loro più male che bene. Li sentiva spesso, ed era finito a chattare quasi ogni giorno con sua madre.
Ur aveva preso l'abitudine di scrivergli tutte le sere per sapere come stesse andando, e lei, a differenza di Silver, era stata la prima a sforzarsi di non tartassare il figlio quando il secondogenito dei fullbuster era andato a Crocus, circa tre anni prima, per frequentare la facoltà di scienze della comunicazione. Eppure quella situazione era arrivata talmente pesantemente nelle loro vite, che non avevano avuto il tempo -o molte scelte in merito- di prepararsi a dovere...

Non era preoccupato, di più!
Non lo dava a vedere, ma era legatissimo sia ai suoi genitori che a Ultear, nonostante fosse stato il primo, appena dodicenne, a non farsi andare giù quel secondo matrimonio di suo padre con quella che, alla fine, era stata molto più di una madre per lui, non facendo mai differenze tra lui e quella figlia avuta dal primo matrimonio. Ultear era diventata in tutto e per tutto una vera e propria sorella per Gray, e nonostante i disaccordi iniziali -quelli erano rimasti in realtà, per quanto fossero simili, anzi, forse proprio perché lo erano troppo- avevano imparato a volersi bene.
Era più grande di tre anni Ultear, e aveva trattato Gray come se fosse davvero un fratello minore di cui aveva atteso la nascita per nove mesi.

Aveva intanto mangiucchiato l'intera pesca, sentendo tra le dita il nocciolo appiccicaticcio, maturando l'idea di gettarlo nel cestino una volta raggiunto.
Aveva alle spalle le scale e di fronte la porta socchiusa della lavanderia del condominio, che aprì entrando e trovandosi davanti uno spettacolo che lo lasciò interdetto, più che altro per l'ultima persona che avrebbe voluto vedere in quello stato...

Appoggiata ad una delle lavatrici -erano cinque e lei era proprio di fronte a quella centrale, nell'ampia stanza composta per lo più da quegli elettrodomestici, un paio di mensole con qualche flacone di detersivo, e l'unica finestrella su una delle pareti grigiastre, posta proprio di fronte alla porta- con ai piedi la cesta mezza piena degli abiti appena lavati, l'azzurra singhiozzava, facendo tremare le spalle che dava al giovane. Non si era accorta di essere da sola, almeno finché non sentì il rumore della busta nel cestino, colpita da qualcosa che il ragazzo vi aveva appena gettato.
Sussultò cercando di rendersi un po' più presentabile -e smuovendo il mare azzurro dei capelli, trattenuti da una scomposta crocchia- prima di voltarsi appena accennando un sorriso, non voleva certo che la vedesse così...
Gray non sapeva che fare, non si era mai ritrovato in una situazione come quella, e di certo fare il distaccato non lo avrebbe aiutato.
Cercava di tenersi il più lontano possibile dalla ragazza, non perché gli stesse antipatica, ma era sempre un po' spiazzato quando la vedeva. E gli era sempre successo, fin da quando si era ritrovato con quella vicina così... poteva dire strana?

Parlava spesso in terza persona, e da quando si erano conosciuti lei gli aveva affibbiato quel suffisso che si, lo imbarazzava e non poco. Non era esperto in lingue, ma da Rebecca aveva saputo che il sama si usava con le persone che si ammirano molto e si considerano superiori a se stessi.
Lo infastidiva quel modo di chiamarlo, non si sentiva superiore a nessuno -se non a Lyon, quel suo vecchio amico d'infanzia, con cui si divertiva a gareggiare praticamente su tutto- e meno ancora a lei, che si, almeno a se stesso lo ammetteva, era bellissima. Non solo per il corpo mozzafiato ma per quel suo intero essere.
Quante con la sua bellezza se la sarebbero tirata? Manco l'avessero avuto solo loro un bel corpo.
Eppure quella ragazza era diversa. Erano state Lucy e Levy ad avvicinarsi a lei, mentre quel buzzurro di Gajeel l'aveva presa sotto la propria ala protettrice, stupendo tutti per come si era posto dal primo momento con la ragazza. Quanto era passato? Due anni circa, da quando la Lockster aveva preso in affitto l'appartamentino sfitto poche porte più in la, sul loro stesso pianerottolo.

Timida e impacciata, arrossiva ogni volta che si incrociavano sulle scale, salutandolo con quel Gray-Sama che lui, per vergogna, faceva finta di sentire a malapena, rispondendo con un cenno del capo, e fingendo di non notare i vestiti con cui di solito usciva, che davvero lo mandavano ai matti.
Ogni giorno la vedeva uscire con una giacca o un giubbotto -a seconda della stagione- che le copriva la divisa da lavoro. Se non sbagliava, lavorava all'8-Island, quel ristorante di poco lontano dal complesso di condomini di cui il loro faceva parte, e di cui più volte gli avevano parlato bene, anche se non c'era mai stato di persona. Meglio così forse, avrebbe evitato una strage. Già pensava a tutti quei maniaci intenti a guardare troppo insistentemente la ragazza, e già solo immaginando cosa avrebbero potuto pensare aveva voglia di uccidere chiunque avesse pensato una cosa del genere: Un abito arancione -sempre se quello si poteva definire abito- senza spalline, una gonna cortissima e un grembiule bianco. Tutto completato dal nome del ristorante proprio sul petto, laddove immaginava già quanti occhi sarebbero caduti...

"C'è... C'è qualcosa che non va?" domanda più stupida non poteva proprio fare, ma stava cominciando a pensare troppo -e arrabbiarsi troppo- a quella mise, così diversa da quello che indossava adesso: Un maglione blu di lana e pantaloni lunghi in pendant, con due babbucce a forma di... cosa diavolo era? Una specie di pupazzo di neve? Era inquietante con quei due puntini neri, posti proprio in mezzo al candore di quelle buffe pantofole che lo guardavano, mentre quella roba arancione -che fosse una specie di naso?- sembrava puntarglisi contro...
Ed erano pure due!

Era così bella... di sicuro più di quanto lo sarebbe stata con qualsiasi abito anche solo un po' più succinto...
Non lo avrebbe ammesso facilmente ad alta voce, e solo per quella dannata vergogna che lui, nei suoi ventisei anni di vita, non aveva mai provato, se non, forse, pochissime volte, di cui però non aveva memoria.

"Nulla che Juvia non possa risolvere... S-Scuami Gray... Juvia finisce subito..." detto questo si affrettò a tirare fuori dall'elettrodomestico il restante bucato, e con l'intenzione di andarsene il più in fretta possibile da lì.
Non voleva che la vedesse così, on lui. In quello che altro non era che uno dei tanti momenti in cui si sentiva sola, forse di più rispetto a quando, da bambina, nessuno voleva giocare con lei, costringendo suo fratello a farlo...
Un pensiero agrodolce quello. Chissà come se la passava Laguna, andato a vivere in un altro continente, prima per lavoro -ad Alvarez c'era la scuola di teatro più prestigiosa di tutte, la Red Cave Academy, famosa per aver sfornato attori ormai conosciuti in tutto il mondo, e lui aveva avuto l'incredibile privilegio di insegnare lì- rimastovi poi per amore, trovando in quel posto così lontano dalla casa natale l'uomo che, da ormai due anni e mezzo, condivideva la vita quotidiana con lui.

Era simpatico Jinn, Juvia lo aveva conosciuto di persona una volta che lui e Laguna erano tornati a Magnolia per le dovute presentazioni. I fratelli erano molto legati, cresciuti con solo la madre -il padre era morto in un incidente stradale quando l'azzurro aveva poco più di nove anni e lei appena quattro- che a sua volta era morta qualche mesi prima a causa di un attacco cardiaco, poco prima di quel...
"Non mentire!" aveva interrotto il filo dei suoi pensieri Gray, ancora stupito di aver sentito dalle labbra rosee della bluetta il suo nome senza quel suffisso.
Non sapeva di preciso cosa l'attanagliasse, solo che non voleva vederla triste...

Forse lo aveva intuito, ma non voleva azzardare quella domanda. Aveva saputo del suo recente lutto e dell'impossibilità di dare l'ultimo saluto alla madre a causa delle restrizioni. Sapeva avesse anche un fratello, e provava tanta tristezza per i due. Lui almeno una madre da poter chiamare la sera ce l'aveva. Si sentì, in quel momento, incredibilmente fortunato, e si ripromise di non lamentarsi più per la solita telefonata materna, giurando a se stesso di dire più spesso ai propri cari quanto li amava...
"Ecco..." aveva abbassato lo sguardo nel rispondergli lei, e il moro capì che non poteva costringerla a parlare di ciò che l'addolorava, ma voleva comunque provare a fare qualcosa. Non era il pezzo di ghiaccio che tutti credevano. Non sempre almeno...

"Posso chiederti il numero?" no... non gli era uscita bene...
Accidenti a lui!

"Volevo dire... nel senso... ti va di scambiarci i numeri?" perché ogni cosa che diceva adesso era come se stesse flirtando?
"Intendo..." riprovò, stavolta doveva farcela! "Se ti va di scambiarci i numeri, così da poter parlare ogni volta che ti va..." abitavano sullo stesso pianerottolo, era vero, ma Gray Fullbuster non avrebbe mai osato chiedere a qualcuno di vedersi, anche con una qualsiasi scusa. E soprattutto non lo avrebbe fatto con lei in quello stato.

"Voglio dire, se senti il bisogno di sfogarti, puoi chiamarmi, a qualsiasi ora. Tanto fatico sempre un po' a prendere sonno..." era vero, non mentiva. Almeno, non del tutto.
Ultimamente faticava non poco a dormire, finendo col ronfare sempre dopo un po', ma non poteva certo dirle che avrebbe risposto a qualsiasi ora se era lei.
"Grazie Gray-Sa... Gray. Grazie mille Gray, davvero." sorrise un po' più serena, divenendo ancora più bella con quel rossore che ancora le colorava le gote. Anzi, era bella pure con gli occhi color cielo -o color mare, come quello che lei amava tanto, e che l'aveva spinta ad iscriversi alla facoltà di oceanografia- ancora arrossati dal pianto...

Sveglia Gray!
La ragazza aveva preso il telefono dalla tasca e ora attendeva che lui le dettasse il numero, doveva darsi una bella calmata o chissà che avrebbe pensato lei.
Si scambiarono i numeri e lei si apprestò a recuperare la cesta raggiungendo la porta, laddove il ragazzo restò a fissarla anche dopo che se ne era andata. Era rimasto solo e con la stessa voglia di prima di fare quel dannato bucato, stavolta solo perché voleva correre dietro la bluetta e... abbracciarla!
Semplicemente abbracciarla. Lui che il contatto fisico lo evitava il più possibile, e che stavolta doveva tenersi quella voglia improvvisa per un altro momento, non solo perché non voleva essere scambiato per un maniaco, ma anche perché, quel semplice gesto, ora come ora era una delle cose che proprio non potevano permettersi...

Doveva lasciarla andare, stavolta non perché fosse troppo nervoso di trovarsi vicino a lei, ma sperava nel profondo di sentire il proprio cellulare squillare mentre guardava la piccola finestrella della stanza, illuminata dal sole mattutino e dai vetri appannati a causa dell'aria fredda.
Non poteva fare molto certo, ma poteva darle una spalla su cui piangere, anche attraverso quella tecnologia, divenuta quasi fondamentale per parlarsi in quel periodo. Periodo in cui alcuni soffrivano la mancanza dei propri affetti, e addirittura la perdita di questi, e in cui non si poteva far altro che attenzione, sperando passasse in fretta.

Altra cosa da fare una volta finito tutto -possibilmente lontano dagli occhi di quegli scacalli dei propri amici, che altro non avrebbero fatto che prenderlo bonariamente in giro- era abbracciare Juvia, e forse poteva sforzarlo un buongiorno incrociandola per le scale...



[2258 parole]



Angolo autrice.
Beh, che dire? Una Gruvia un po' triste?🥺
Forse l'ho fatta soffrire un po' troppo Juvietta, ma che ne dite? Saremo riusciti a mettere un po' di sale in zucca a Gray?
Vabbè, ecco il quarto capitolo, spero vi sia piaciuto. Grazie per aver letto e, se volete, a domani!
Ciao❤️

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo cinque ***



Fanfiction partecipante al Christmas Lockdown, indetto dal forum FairyPiece-Fanfiction&Images.

Stanza: Salotto.
Prompt: Nonno/a.



Corse a una velocità spaventosa, uscendo come in fulmine dalla propria stanza, lasciando dietro di sé il letto sfatto -ci avrebbe pensato dopo, adesso aveva un'appuntamento importante, ed era già in ritardo perché, come al solito, non aveva sentito la sua fedele sveglia, quella blu a forma di gatto comprata nemmeno l'anno prima, e si era ritrovava a correre verso la cucina per prendere la prima cosa che le capitava di afferrare dal frigo, tra le lamentele di un indaffarato Weisz e il rischio di scivolare sul pavimento nonostante i calzini- e arrivando finalmente al divano color crema del salotto. Fece appena in tempo ad accedere lo schermo del pc, trovandosi davanti il volto del moro che, con un'espressione d'impazienza, la guardava ridacchiando.
"Potresti svegliarti un po' prima, che ne dici?" la rimproverò bonariamente, ridacchiando per le guance gonfie e lo sbuffo che fece l'altra in risposta. Era sempre la solita...
Sicuramente era rimasta alzata per metà della nottata a chattare con Lucy a causa del disastro della sera prima, ed era finita per addormentarsi tardi, svegliandosi probabilmente solo per il frastuono che Weisz era solito fare quando si atteggiava a grande chef.

Era una passione che aveva scoperto negli ultimi mesi, ed era felice per lui, che almeno aveva trovato, nel far impazzire sua sorella tutto il giorno, una buona valvola di sfogo per accantonare momentaneamente la sensazione sgradevole che la lontananza causava.
Se pensava che fino a poco tempo prima, ogni volta che aveva un po' di tempo, non si faceva problemi a prendere l'auto e andare a trovare suo nonno e Rebecca, mentre ora doveva frenarsi dal farlo per non mettere in pericolo nessuno, ci stava davvero male. Era il tipo che aveva bisogno di stare in mezzo alla gente, fare nuove conoscenze, vedersi con le persone che gli erano più care, e quella situazione lo stava rattristando più di quanto avesse pensato all'inizio. I giorni passavano e, sebbene qualche buona notizia arrivava qualche volta, quelle brutte erano sempre dietro l'angolo, prima fra tutte la conta delle vittime che, ogni singolo giorno, faceva parlare di sé. Non era sicuro, soprattutto per l'anziano uomo, che tornasse a Magnolia, ed era grato di vero cuore ai due per prendersi cura dell'uomo che, alla fine, nonostante l'età avanzata, era in salute per la gran parte. Erano soliti chiamarsi ogni sera -con tanto di Ziggy in versione Cupido che cercava di farlo mettere con Rebecca- parlando anche per diverso tempo, e il ragazzo era meno teso rispetto ai primi tempi per come stava procedendo la situazione.

"E tu potresti evitare di perdere tempo a rimproverarmi! Non è che tu sia sempre così puntuale sai?" gli rinfacciò indispettita la bionda, ricordandogli quante volte aveva dovuto aspettarlo lei, ed effettivamente aveva ragione.
Non era sempre stato molto attento agli orari, soprattutto in quel periodo in cui, paradossalmente, aveva anche meno da fare. Ma aveva l'opportunità di farla lui la ramanzina a qualcuno una volta tanto, quindi perché non approfittarne?
Era stato tutta la mattina a prepararsi -non molto, dato che era ancora col pigiama rosso e nero addosso- per l'appuntamento che aspettava da una settimana intera, felice di non vedere la cesta coi vestiti da lavare accanto alla porta, che altrimenti avrebbe dovuto nascondere da qualche parte se non voleva doverlo fare lui il bucato di quella giornata. Voleva godersi quella mattinata di videogames insieme a Rebecca che, era certo, avrebbe battuto una volta per tutte. Si era allenato a The Last Of Us per tanto tempo in vista di quella sfida, e no, non aveva intenzione di perdere, non stavolta.
Sperava vivamente che Natsu non si facesse ammazzare, dato che non aveva intenzione di staccarsi dallo schermo per ripulire tutto dal sangue. Non se stava vincendo almeno...

"Shiki!" lo risvegliò ancora la ragazza. "Vogliamo iniziare o no?" spazientita, e giustamente anche, attendeva, col controller tra le mani, che lui avviasse la sua partita.
Avevano deciso di sfidarsi a chi finiva il gioco prima, e si erano accordati per essere in chiamata mentre lo facevano. Uno dei tanti modi per distrarsi e divertirsi insieme.
Aveva temuto, il moro, che i problemi della giornata precedente potessero perdurare, costringendoli a rimandare la partita, e anche il vedersi che, pure con quella scusa, era diventato uno dei tanti modi per affievolire, almeno per poco tempo, il senso di solitudine...
Con affianco gli snack che aveva preparato per la giornata -se li era portati in camera per evitare che qualcuno li facesse fuori, e anche per non disturbare i piccioncini con la colazione di scuse preparata dal rosato, anche se poi non aveva resistito ad andare a prenderlo un po' in giro alla fine- accese la playstation e armeggiò con le impostazioni, dando l'ok peer cominciare all'amica...

Completò la sua opera con qualche ghirigoro qua e la, posando poi la sac-a-poche con cui aveva decorato la torta. Auguri, questa la scritta che troneggiava sulla millefoglie al cioccolato finalmente finita. Si era svegliato alle cinque per preparare tutto, e ora aspettava solo di poterla portare a tavola. Sarebbero stati solo lui, Rebecca e Ziggy, unico ospite dei fratelli per quelle feste.

Non erano nemmeno fratelli di sangue in verità, ma erano cresciuti come tali, dai tempi in cui di loro si prendevano cura le suore, in quel piccolo convento a Norma. Adottati da famiglie differenti quando lui aveva poco più di dieci anni e lei otto, si erano persi di vista, ricongiungendosi solo dopo qualche anno, quando Weisz e Shiki si erano conosciuti durante la prima liceo, e Rebecca, amica del moro da quando era andata ad abitare nel suo quartiere coi Bluegarden quando l'avevano adottata, si era ritrovata di fronte quel fratellone di cui poco ricordava, ma che sapeva di amato molto.
Alla fine, avevano creato una bella combriccola, separatasi per lo studio -Rebecca era rimasta a Magnolia per frequentare la facoltà di belle arti nella piccola università locale, mentre Shiki e Weisz erano partiti alla volta di Crocus- lasciando alle cure della bionda il nonno del moro, Ziggy, ora vicino di casa della ragazza, i cui genitori erano andati fuori città per lavoro, poco prima che cominciasse tutto, rimanendo bloccati e impossibilitati a tornare al momento. Il biondo era andato a trovarla diversi mesi prima, con l'intenzione di tornare nel piccolo appartamentino preso in affitto poco lontano dal complesso universitario, ma era poi rimasto lì a causa delle restrizioni, restando insieme alla sorella a prendersi cura dell'unico parente rimasto in vita a Shiki, e per questo tranquillizzando molto il ragazzo durante quel periodo.

Pose la torta in frigo, sperando che a sua sorella bastassero le strisce di bacon prese poco prima -proprio non aveva voglia di rifare tutto solo perché quell'ingorda non sapeva aspettare l'ora di mangiare!- e raggiunse la ragazza in salotto, sedendosi sulla poltrona beige in pendant col divano dove, avvolta nel suo pigiama viola, seduta a gambe incrociate e concentrata al massimo sulla partita, Rebecca a malapena si accorse della sua presenza, salutandolo con un mugugno incomprensibile, forse sputacchiando qualche pezzo del bacon che stava masticando. Salutò il moro, concentrato anche lui, ma che gli dedicò un enorme sorriso che andava da destra a sinistra, laddove era posato il candido cerotto, mostrandogli quanto fosse contento di vederlo. Era sempre stato un tipo estroverso, e ricordava con che insistenza avesse voluto diventare suo amico anni addietro. E, a distanza di tutto quel tempo, ringraziava il cielo di essersi arreso a quel ragazzo testardo, grazie al quale aveva ritrovato la sua sorellina...
Prese il telefono -tanto alla tv avrebbero dato solo il notiziario a quell'ora, e lui non voleva sentire brutte notizie per un po'- e cominciò a controllare Twitter, dove trovò i soliti spoiler dei manga che a lui e sua sorella piacevano tanto. Sorrise nel pensare a quando li avrebbe visti lei. Oh sarebbe impazzita!
A giudicare da ciò che vedeva, e conoscendola, sarebbe corsa per casa urlando a squarciagola la canonicità della sua ship...
Onestamente però era felice che fosse così attiva in quel periodo, e sperava vivamente che quelle ore di svago l'aiutassero a non sentire troppo la mancanza di Lucy, alla quale tempo prima si era legata molto.
Non aveva dimenticato quanto lo avesse ammorbato con la storia di lei e Natsu insieme, non potendo farlo con la diretta interessata, e sperava che quel periodo passasse anche per questo. Aveva passato metà delle ore notturne a chattare con l'altra per farsi dire tutto ciò che aveva combinato il rosato -non è che ci avesse capito molto, ma neanche gli interessava dato che quasi sicuramente si sarebbe risolto tutto. Quei due erano troppo innamorati per mollarsi, soprattutto per quella che, quasi certamente, era una scemenza- addormentandosi sul tardi, e almeno così si distreva dal pensare ai genitori lontani, non come lui che più volte aveva ripensato agli Steiner, preoccupato maggiormente per la madre, già cagionevole di salute.

Quando aveva trovato quella famiglia era stato sia felice che triste. Felice perché qualcuno aveva scelto di amarlo come un figlio, e triste perché doveva lasciare Sister e Nadia, le anziane monache a cui era stato più legato, e Rebecca, anche se sapeva che non avrebbe fatto fatica a trovare una famiglia. Era una bimba dolce, ma da non far arrabbiare, e lui ne aveva avuta la prova più volte...
Era passato davvero tanto tempo...

Il tempo passava intanto che il ragazzo ripensava che doveva proprio far visita a quella pazza scatenata di Sister, con cui Rebecca si scriveva ancora. Una monaca fuori dal comune davvero, ma impossibile da non amare, e assolutamente da non far arrabbiare. E chissà come stavano andando le cose a Norma, sperava bene, e in quel momento la speranza era l'unica cosa su cui si poteva contare...

"Ho vinto!" la bionda richiamò la sua attenzione festeggiando quella che lui dedusse essere l'ennesima vittoria. "Non vale, hai barato!" si lamentava dallo schermo del pc il moro, scoraggiato di aver perso... quante partite?
"Non ho barato! Sono solo più veloce io!" saltellò sul divano addentando un altro morso di bacon. Non sarebbe mai cambiata...

Sorrise a quel pensiero, decidendo di posare il cellulare e alzandosi a prendere il controller rimasto incustodito dalla bionda sul tavolino al centro della stanza, dopodiché, impostando un'altra partita si rivolse al ragazzo. "Che ne dici di sfidare me?" ghignò sorprendendo Rebecca, che si preparò ad assistere, e facendo ridere l'altro, che invece accettò molto volentieri.

Un'altra giornata di freddo e pigrizia iniziava, e chi erano loro per dire di no?



[1744 parole]



Angolo autrice.
Ed eccoci al quinto capitolo! Una sana(?) mattinata passata ai videogiochi per i nostri protagonisti!
Beh, non è che possano fare altro eh, e Rebecca è imbattibile. Ricordatemi di non sfidarla mai😳
Vabbè, ora vado. Grazie per aver letto anche questa fic e, se volete, a domani!
Ciao❤️

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo sei ***



Fanfiction partecipante al Christmas Lockdown, indetto dal forum FairyPiece-Fanfiction&Images.

Stanza: Sgabuzzino.
Prompt: Calzini spaiati.



Era incredibile come fosse finita a guardare quel vecchio album di foto semplicemente mettendo in ordine...

Si era ripromessa così tante volte di risistemare quello sgabuzzino di appena due metri per tre che ormai aveva perso il conto, ma aveva deciso di approfittare di quella pausa forzata per realizzare il progetto messo da parte troppe volte. Di solito ci metteva le cose che proprio non poteva tenere in mezzo ma a cui non poteva trovare un posto migliore al momento, dimenticando poi però di riporle correttamente.
Non era un tipo disordinato e nemmeno una procrastinatrice seriale, solo certe volte proprio non ce la faceva -per stanchezza o dimenticanza- a pensare anche a ciò che aveva posato lì chissà quanto tempo prima.

Il lavoro all'università era già stancante di solito, e con la DAD non era migliorato, anzi. Doveva far fronte ai tanti problemi, che ormai non consistevano più solo in studenti svogliati o semplicemente disattenti, ma soprattutto in continue interruzioni, totalmente indipendenti dalla volontà sua o degli allievi, spesso dovute proprio al clima del periodo. Non ultima c'era stata la nevicata della sera precedente, la quale aveva danneggiato molte linee, e anche se la sua sembrava essere ripristinata, non era certa che quella di molti studenti lo fosse, forse solo quella di qualcuno, ma quel qualcuno non sarebbe stato sufficiente per fare lezione. Non che non amasse il proprio lavoro, anzi, si era dedicata per tanti anni alle scienze umanistiche, realizzando finalmente il sogno di una vita, finendo a insegnarle lei stessa.
Elsa Scarlett non era stata sempre una studentessa modello, e sapeva che molte cose erano pesanti, per cui tanti ragazzi li capiva, ed era la prima a sapere che la svogliatezza di alcuni dei suoi ragazzi, spesso, era portata dal non riuscire a comprendere bene un argomento, in mezzo al mare d'informazioni che una materia come quella aveva il compito di dare. Cercava sempre di venire incontro agli studenti, d'altra parte non era passato chissà quanto tempo da quando era stata lei stessa una studentessa, ma certi ne approfittavano non poco della sua benevolenza, costringendola ad essere severa in certi momenti. Non era una persona da temere, sempre se non la si faceva arrabbiare...

Aveva il suo modo di fare, ed era già messo a dura prova da alcuni ragazzi, facendo si che la didattica a distanza peggiorasse solo le cose. Ogni volta era un continuo accendere e spegnere i microfoni, chi non si vedeva, chi si era mutato per non fronteggiare l'interrogazione, chi aveva il gatto in camera che gironzolava, o chi giocava col cellulare, certo di non essere visto -salvo poi sbiancare notando come la rossa lo guardasse con disappunto perché no, non aveva cliccato sull'icona giusta- o chi aveva i parenti o coinquilini che non smettevano d'interrompere perché, si sa, in una casa con più abitanti è sempre difficile trovare un momento per stare tranquilli, soprattutto se si e costretti a starci senza poter uscire a prendere un po' d'aria. In quel momento così critico mai scelta sarebbe stata più pericolosa che benefica per la salute...
No, non era un periodo roseo per tante ragioni, il mondo sembrava faticare a rialzarsi e nessuno sapeva di preciso cosa avrebbe portato il domani, solo la speranza era lì, unico capo saldo di molti. Lei non sentiva il peso della lontananza, e non perché fosse una persona insensibile, ma perché non aveva nessuno da cui era lontana. I genitori, morti entrambi in giovane età, quando lei era poco più di una bimba di pochi mesi, non avevano altri parenti, se non una vecchia sorella di sua madre, deceduta però anni addietro, poco prima che la rossa si laureasse. Aveva scelto quella facoltà perché, in un primo momento, era indecisa su quale strada intraprendere di preciso, finendo per appassionarsi alle varie sfumature di quella materia.

Non poteva dire lo stesso di alcuni dei suoi studenti, come quel Steiner, che non perdeva occasione per distrarre i compagni, soprattutto Granbell, che invece nella sua materia non eccelleva certo, ma andava abbastanza bene e sembrava molto interessato, forse più ai crediti extra.
Era anche felice che tanti avessero scelto i suoi corsi non solo per i crediti, come la Heartphilia e la McGarden.

E ora si ritrovava lì, seduta in mezzo a scope, secchi e stracci di vari colori, perdendosi nei ricordi impressi in quelle foto. Ricordi che andavano dal matrimonio dei suoi genitori -era incredibile come somigliasse a sua madre, stupenda nel candido abito a sirena, accanto a quel modo, perfetto nello smoking semplice, che ne slanciava, se possibile, la già alta figura- fino ad arrivare alla laurea, dove si soffermò a guardare i sorrisi di tutti i compagni di corso, felici del traguardo appena raggiunto, il primo di una lunga serie che li attendeva lì, insieme alla vita, ultimamente più scombussolata del solito.
In quel momento pensò che doveva proprio farla qualche telefonata ai suoi vecchi amici, prime fra tutte Mira e Kagura, stupende nei loro abiti tradizionalmente rossi, abbracciate a lei che, sorridente ventiquattrenne -forse sembrava più grande con quello chignon a raccoglierle l'acconciatura scarlatta e quell'abito cremisi lungo fin poco sotto le ginocchia- guardava già alla vita che voleva costruirsi.

Guardò attentamente la mise che aveva quella mattina, certo era molto differente da quella in foto, e no, forse la maglia larga verde scuro con cucita una fetta di torta sul petto, la tuta grigia, sicuramente appartenente a un altro pigiama, mezza scolorita e i calzini spaiati -uno rosso e l'altro bianco a pois azzurri- non erano il massimo dell'eleganza, e lo chignon malfatto, dal quale le ciocche color fuoco sembravano voler scappare in cerca di libertà, non era minimamente paragonabile a quello di quel lontano giorno di ormai quattro anni prima, in cui una Mira agitata l'aveva costretta a stare ferma per ben un'ora mentre finiva l'opera, maneggiando spazzola e lacca come un pittore che muove i suoi pennelli sulla bianca tela...

Certo, non era così che si presentava in facoltà, ci teneva a vestirsi bene, ma in quegli ultimi mesi non aveva molti motivi per mostrarsi presentabile, se non per andare al supermercato.
Tutto quello che poteva fare era rimettere in ordine, fare maratone di serie tv, e collegarsi per le solite lezioni, e se si considerava che aveva appena finito tre serie da almeno cinque stagioni l'una solo la sera prima, quella era l'ultima parte della casa che le restava da pulire, e togliendo le lezioni per ovvie ragioni -oltre a quel problema, tra qualche giorno sarebbero arrivate le vacanze di Natale- non restava granché, al massimo altre maratone tv, ma si sarebbe annoiata ancora...
Si alzò rimettendo a posto l'album, sull'ultima mensola, così da tenerlo lontano dai vari detersivi e qualsiasi altra cosa che potesse rovinarlo.
Non era ancora certa di dove avesse intenzione di metterlo, ma ci avrebbe pensato -stavolta davvero- più tardi. Per il momento ci voleva un'altra maratona, magari Orange is the new black oppure Sherlock, di cui ricordava gliene avessero parlato bene -chinera stato a consigliargliela?- le avrebbero fatto compagnia fin quando non avesse ritrovato la voglia di sgobbare per togliere la polvere che, sicuramente, sarebbe tornata a tempo record...



[1190 parole]



Angolo autrice.
Eccoci alla penultima fic! La challenge sta per finire, e domani, se volete, ci vediamo qui con l'ultimo capitolo di questo crossover in cui, spero, di essere riuscita a fare qualcosa di decente😅
Grazie per aver letto anche questo capitolo, e a domani!
Ciao❤️

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo sette ***



Fanfiction partecipante al Christmas Lockdown, indetto dal forum FairyPiece-Fanfiction&Images.

Stanza: Cabina Armadio.
Prompt: Cappello.



Si stiracchiò per bene, respirando a fondo mentre portava le braccia a stendersi oltre il capo, e le gambe a fare lo stesso, allungandosi sotto le coperte. Sbadigliò, poco intenzionata ad alzarsi dal letto, e molto a rannicchiarsi ancora sotto le calde coperte color cremisi. Non poteva farlo però, avendo da risistemare casa, e accorgendosi di quanto pigra fosse diventata -non per causa sua- in quegli ultimi mesi.
Si voltò a guardare il moro ancora addormentato, sbuffando per i programmi di quella mattina.
Si carezzò la pancia appena rigonfia attraverso la stoffa rosa del pigiama, cercando di non pensare troppo a quanto le mancasse la propria routine mattutina in quegli ultimi tempi.

Pensava e ripensava a quanto le mancassero i suoi adorati bambini, mentre, proprio in quel momento così particolare per il mondo, ne stava arrivando un altro nella sua vita già scombussolata...
Baciò sulla fronte il compagno, che mugugnò qualcosa di incomprensibile tirando le coperte fin sopra la zazzera scura, mentre la bionda si infilava le babbucce -cosa strana per lei, che preferiva sempre stare scalza in casa, ma doveva riguardarsi nel suo stato- e dirigendosi verso la cabina-armadio della camera dai toni color caffè.
Aprì la porta scorrevole osservando l'ordine quasi perfetto degli abiti all'interno. Il suo compagno aveva fatto un ottimo lavoro, e pensò che se quello era il risultato -negli ultimi tre mesi si era addossato tutte le faccende che di solito condividevano, e appena saputa la lieta novella lei aveva semplicemente smesso di occuparsi della casa. Anche perché ogni volta che alzava un solo bicchiere lui correva a toglierglielo di mano nemmeno fosse stata una pericolosa arma- sarebbe dovuta rimanere incinta più spesso...

O forse no... pensò nel momento in cui, cercando con lo sguardo la sua vestaglia fucsia, quella coi pulcini, la sua preferita, non ne trovò la minima traccia. Ce ne erano altre, che non si faceva problemi ad usare e anche spesso, ma quella mattina si era intestardita con quella.
Forse era la gravidanza, poiché non era il tipo da farsi quei problemi così stupidi, ma aveva deciso che non si sarebbe mossa finché non l'avesse trovata!

Un altro mugugno del bello addormentato le arrivò alle orecchie, facendola sbuffare svogliata, sapendo di doversi arrangiare da sola se non voleva svegliare il moro, che se ne stava ancora ad occhi chiusi tra le braccia di Morfeo, sonnecchiando tranquillo. Non che non fosse mattiniero di solito, solo che la sera prima era rimasto sveglio fino a tardi per sbrigare alcune pratiche prima di Natale, ed era andato a letto quando lei si era già addormentata.
Con l'avvento della pandemia l'utilizzo di internet era divenuto quasi indispensabile: Dagli studenti in DAD, alle conferenze a distanza, fino alle -ebbene si- pratiche di divorzio on-line, tutto era cambiato, dipendendo in gran parte da una buona, o quantomeno veloce, connessione internet.
Era rimasto alzato fino a tarda notte per recuperare il lavoro perso il giorno prima, in cui la linea si era fatta desiderare e non poco, riuscendo però nel suo intento. D'altra parte quando si metteva qualcosa in testa non era facile farlo demordere, era una cosa che aveva nel sangue. E per fortuna, pensò la donna, dato che le nevicate non erano cessate, finendo per interrompere -da qualche parte anche danneggiare, e loro erano tra i pochi fortunati a cui l'avevano aggiustata quasi subito- di nuovo le linee...

Entrò nell'enorme cabina dai toni più chiari rispetto al resto dell'arredo, almeno al suo interno, dove il bianco era colore predominante, e cercò tra varie giacche e cravatte, scostando piano gli abiti riposti con cura. Diversi vestiti le passarono davanti, differenti colori e stoffe che però non erano quello che cercava. Stava per lanciare l'ennesimo accidenti sbuffato sottovoce, quando tra le mani si ritrovò, tastando uno strambo cappello rosso, sembrava una bombetta, elegante ma non del tutto alla moda, almeno al momento, trovandovi sotto una scatola quadrata di plastica verde col coperchio bianco, una di quelle che usava per conservare gli avanzi, riconoscendo in essa quella sparita qualche giorno prima dal mobiletto dove era posta insieme alle altre quattro, gemelle ma di grandezze differenti e di cui quella che aveva tra le mani era la più piccola, che aveva acquistato mesi prima attraverso una televendita.
Il come o il perché fosse finita in mezzo agli abiti erano un mistero, così come il contenuto che dedusse avere dal peso dell'oggetto. Di certo non l'aveva riposta lei lì, e a meno che Plue, il loro cucciolone che dormicchiava ancora, accoccolato ai piedi del letto, sul suo bel cuscino con la sua coperta per farlo stare al caldo -era un po' viziato forse, ma di farlo dormire altrove non se ne parlava. Era stato uno dei primi punti che avevano deciso quando avevano portato a casa il bellissimo Boerboel dal pelo scuro dal canile comunale- non avesse imparato a spostare gli oggetti, l'unico che poteva averla messa lì era indubbiamente Zeref. Il motivo le era ancora sconosciuto, ma lo avrebbe scoperto presto, armeggiando col candido coperchio e facendo scattare piano le quattro clippette ai lati. Guardò il compagno, fortunatamente ancora addormentato, e tornò a dedicarsi al contenitore ormai aperto, sbirciandone l'interno.

Una scatoletta giallognola con sopra stampato in rosso il nome di una delle gioiellerie più famose che ci fossero nel continente faceva bella mostra di sé all'interno della plastica verde. La Tartaros era si una piccola gioielleria, famosa però per realizzare gioielli dalla manifattura pregiata -non era un caso che Norma fosse famosa, tra le tante cose, anche proprio per le opere d'artigianato, prima fra tutte proprio la realizzazione di gioielli di grande prestigio- ma al contempo costosa.
Certo, erano entrambi in una situazione molto agiata, Zeref Dragneel era uno dei migliori avvocati con cui lo studio Etherias potesse collaborare, e il moro aveva contribuito non poco alla sua crescita nonostante i mesi difficili. Lei poi insegnava in una delle scuole più famose di tutta Alvarez, realizzando il suo sogno.
Aveva sempre voluto lavorare a contatto coi bambini, e quando aveva avuto l'opportunità di lavorare alla Mard Elementary School l'aveva afferrata subito...

Il suo ormai compagno -stavano insieme da pochi mesi all'epoca- l'aveva seguita senza pensarci, trovando nella propria famiglia l'appoggio di cui poteva necessitare, e, in seguito, lavoro in quella cittadina anche lui. Se gli avessero chiesto se si era pentito di quella scelta: Lasciare tutto per seguire dei sogni che non erano suoi, avrebbe riso in faccia a chiunque avesse azzardato una baggianata del genere.
Era bravo lui, sicuro di sé, ma quella di cui era più orgoglioso era la sua compagna. Se avesse lasciato che partisse da sola, beh, quella sarebbe stata senza dubbio la scelta più stupida che avrebbe mai potuto fare. Glielo aveva detto anche Igneel, un anno prima, che lo avrebbe disconosciuto se si fosse fatto scappare la donna della sua vita così. Non poteva definirsi un Dragneel, e poi, lui era quello sveglio -parole del rosato genitore- non come Natsu, che lo faceva penare ad abitare con quella che era evidentemente l'unica donna che poteva sopportarlo, senza però fare passi avanti. Sperava vivamente Zeref che il fratellino si svegliasse al più presto, perché Lucy era intelligente e non avrebbe certo aspettato che lui si accorgesse quello che avevano capito tutti, e da tempo.
Si alzò risistemandosi il pigiama nero e il più silenziosamente possibile raggiunse sua moglie, assorta in chissà quali pensieri e con in mano... il suo regalo!

Aveva preparato tutto perché non avesse bisogno di andare a vedere proprio lì. La sua vestaglia preferita, quella coi pulcini, lavata e asciugata, era posata sulla sedia di fronte al letto, proprio accanto alla cabina armadio dove la donna era imbambolata. Sapeva quanto le piaceva, e quante voglie strane le venivano in quel periodo -uno dei più belli della sua vita, e che avrebbe voluto durasse per sempre, anche se non era certo che Mavis fosse d'accordo. Ricordava le ultime nausee mattutine a cosa avevano portato. Una crisi di pianto per il peso acquisito e i vari malesseri, a cui era seguita la fase coccole, con una donna che, se prima lo avrebbe volentieri ucciso perché colpevole della situazione, era poi diventata coccolosa a non finire, scoppiando quasi a piangere perché non si sbrigava a raggiungerla a letto, forse, a detta sua, perché ora che era una balena non gli piaceva più. Mai cosa sarebbe stata più lontana dalla realtà!- e così si era premonito, ma non aveva funzionato dato che aveva appena aperto la scatoletta e ora maneggiava la catenina dorata con quelle tre piccole pietruzze -un Onice nero, un Topazio giallo e in mezzo a loro una Calcite bianca- incastonate, che aveva tenuto gelosamente nascosta per tirarla fuori solo tra qualche giorno, a Natale...

L'abbracciò da dietro, posando le mani sul leggero gonfiore dove cresceva, al sicuro da tutto, il frutto del loro amore, facendo sussultare appena la bionda, che posò una mano sulla sua, incapace di fare altro.
Che fossero per gli ormoni o per la consapevolezza di aver rovinato la sorpresa che il compagno le aveva preparato, calde lacrime scesero dagli occhi verdi, bagnando le mani, ormai intrecciate, dei due. "Mavis che succede?" si allarmò. Doveva andarci piano, doveva avvertirla... l'aveva spaventata, e non se lo sarebbe perdonato se fosse successo qualcosa a lei o al bambino...

Il medico era stato chiaro.
Per via di alcuni problemi di salute della donna, insorti qualche tempo prima, i primi mesi erano i più delicati -lo erano sempre, ma nel suo caso di più- e benché la bionda sembrava stare bene lui era fortemente preoccupato. Era già difficile prenotare una qualsiasi visita perché, per evitare complicazioni al sistema sanitario, già in forte crisi, era consigliato non correre al pronto soccorso al primo problema, aumentando l'ansia del ragazzo, che cercava di non darlo a vedere alla compagna sempre per evitarle fatiche e preoccupazioni che avrebbero potuto farle male.
"Niente tesoro... solo, non volevo rovinare tutto quello che hai fatto... e invece, per uno stupido capriccio, ho mandato all'aria tutto..." i singhiozzi erano sempre più forti, e il ragazzo non poté fare altro che staccarsi a malincuore dall'abbraccio, ponendosi di fronte a lei, e prendendo delicatamente il contenitore, poggiandolo su una delle mensole della cabina armadio, e aprendo il gancetto della collana. Sorrideva comprensivo il moro, mentre le prendeva la mano ancora poggiata sul ventre e baciandone il dorso.

"Sai perché ho scelto queste pietre?" iniziò calmo, scacciando le lacrime col pollice della mano, prima di rimettersi dietro di lei, facendole scivolare la catenina sul collo e chiudendo il gancio, per poi indicarle il loro riflesso nello specchio sulla parete opposta, avvicinandosi poi entrambi per guardarsi meglio, e fu lì che il moro svelò la sua sorpresa, quella vera...

"L'Onice rappresenta me..." le disse posando la mano sulla pietra, carezzando con le dita sia la pelle diafana della ragazza, scoperta dai primi due bottoni del pigiama lasciati sbottonati. "Il Topazio invece rappresenta te amore..." continuò spostando la mano sulla pietra gialla nel mentre che le labbra si posavano sulla chioma dorata che tanto amava. "E questo..." si spostò ancora, sfiorando stavolta la Calcite. "È per lui o lei, e non solo..." finì, mentre col braccio sinistro le cingeva dolcemente la vita carezzandole il ventre. "Mavis..." incastrò gli occhi color pece in quelli ossidiana di lei, che aveva smesso di piangere, e lo guardava in attesa nemmeno lei sapeva di cosa...

Intanto le labbra del moro si spostarono accanto all'orecchio di lei, che sentì tutto il calore del respiro caldo e rilassato infrangersi sulla guancia sinistra. "Mi vuoi sposare?" non aveva distaccato lo sguardo un solo momento, godendosi lo spettacolo di lei che spalancava gli occhi e sorrideva con quelle pozze color prato di nuovo inumidite, stavolta di felicità.
"Si!" si voltò verso di lui abbracciandolo. "Mille volte si!" farfugliava tra un bacio e l'altro. "Ti sposo, Zeref Dragneel! Ti sposo!"
Gli saltò letteralmente addosso e lui, prontamente, l'afferrò reggendola per i glutei mentre lei gli avvolgeva le gambe attorno alla vita. Indietreggiò il moro, sbirciando il riflesso nello specchio per dirigersi verso il letto alle sue spalle, intanto che Plue si scostava scodinzolando, quasi avesse capito -anzi, sicuramente aveva capito, e ora festeggiava assieme alla sua famiglia- per lasciar passare l'uomo che, appena sedutosi sul morbido materasso prese a torturare l'incavo del collo della compagnia, tastando il corpo morbido e formoso. Non lo era molto in realtà, era abbastanza minuta per i suoi ventinove anni d'età, ma era perfetta per lui, che nelle sue storie precedenti, anche se poche, non aveva mai avuto quelle reazioni. Le stesse che ora gli stringevano il pigiama in un certo punto, e non avrebbe resistito a lungo, ma sapeva di doverci andare piano, non voleva farla affaticare ed era disposto anche a rinunciare al proprio piacere pur di farla stare bene. Ma ricambiava Mavis, ricambiava ogni singola, piacevole, tortura, con tutto l'ardore e la passione che possedeva, facendogli capire che il suo desiderio era gemello di quello che bruciava sempre di più nell'intimo...
Si, la gravidanza le accendeva anche quello, non che il compagno non fosse mai riuscito a farla infiammare con facilità. Era incredibile come, anche alle... che ore erano?
Poco prima, se non ricordava male, aveva intravisto, sulla sveglietta posta sul comò, che erano circa le sette del mattino, erano capaci di amarsi, piano, lentamente, senza fretta, ma non senza desiderio, si assaggiavano, si bravamano, e divenivano un tutt'uno in modo così naturale che sembrava quasi finto, neanche fossero stati i personaggi inventati di una storia fittizia, usciti dalla penna e dalla testa di qualcuno che aveva descritto l'amore perfetto...

Avrebbero festeggiato prima loro, in privato -con Plue che era andato in cucina a mangiare la sua bella scodella di croccantini, lasciando ai due il loro momento- e poi magari, proprio in quelle feste avrebbero dato le, ormai due, liete novelle a tutti.

Ora però, esistevano solo loro, fuori le preoccupazioni, fuori il mondo a soqquadro, fuori tutto e tutti.

Solo loro, due corpi, due anime, due amanti...



[2331 parole]



Angolo autrice.
E siamo arrivati alla fine anche di questa avventura natalizia un po' speciale!
Devo dire che sono soddisfatta di aver portato a termine questa idea, anche se alcune fic erano venute meglio nella mia testa, ma si, sono soddisfatta!
Grazie ancora al FairyPiece forum per aver organizzato questa challenge a cui, anche quest'anno, sono stata lieta di partecipare.
Non mi resta che ringraziare chiunque leggerà questa storia oltre che chi lo ha già fatto e lo sta facendo. Vi lascio augurandovi buon Natale, e spero di poter pubblicare qualcosa anche prima della fine di quest'anno così particolare. Ma nel caso non dovessimo rivederci in questi ultimi giorni di 2020, vi auguro un buon Capodanno e un felice anno nuovo❤️
Grazie ancora.
Ciao❤️

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3952306