Fly

di Schmetterlinge
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dannata Polvere ***
Capitolo 2: *** Liar ***
Capitolo 3: *** Schemi ***
Capitolo 4: *** I'm never losing to you ***
Capitolo 5: *** Difesa ***
Capitolo 6: *** Dietro di voi ***
Capitolo 7: *** Someone stronger than you ***
Capitolo 8: *** Not Yet ***
Capitolo 9: *** Together Again ***
Capitolo 10: *** The Five of Us ***
Capitolo 11: *** Lost without you ***
Capitolo 12: *** Geloso? ***
Capitolo 13: *** Broken ***
Capitolo 14: *** Third Year ***
Capitolo 15: *** Separazioni ***
Capitolo 16: *** Tempo al tempo ***
Capitolo 17: *** Talk to me ***
Capitolo 18: *** Shining ***
Capitolo 19: *** Io odio la sabbia ***
Capitolo 20: *** Always ***



Capitolo 1
*** Dannata Polvere ***


Shoyo se ne stava seduto in un angolo, le ginocchia al petto, il pallone poco distante.

 

Le spalle si alzano e si abbassano con cadenza regolare, come in una danza; lo sguardo è serio, apparentemente vitreo.

 

“Hinata …”

 

Solleva il volto, il ragazzino dalla fluente chioma rossastra, incontrando due iridi color petrolio.

 

“Hai intenzione di piangerti addosso per il resto dei tuoi giorni?”

 

Si fissano, i due compagni di team, gli eterni amici-rivali, un silenzio che vale più di mille parole.

 

“Senti chi parla.”

 

“Femminuccia.”

 

“Vuoi fare a botte?”

 

“Una volta basta e avanza.”

 

Sorride Shoyo, passandosi maldestramente una mano sulla guancia.

 

“Mi dispiace, Kageyama.”

 

Il corvino sgrana gli occhi, quasi ad assicurarsi di aver compreso bene.

 

 

 

 

Hinata si stava scusando?

 

Con lui?

 

 

 

 

“Quel muro …”

 

Trattiene il fiato - Tobio - nel ricordare la sconfitta contro Oikawa.

 

“Non l’ho visto.”

 

Era stato tutto così veloce.

 

Era stato tutto così perfetto.

 

 

 

 

Apparentemente, almeno.

 

 

 

 

“Nemmeno io.”

 

Hinata deve soffocare un rantolo al suono di quelle parole.

 

Che Kageyama stesse mettendo da parte il proprio orgoglio?

 

 

 

 

 

Come lui del resto?

 

 

 

 

 

“Spiace anche a me.”

 

Sorride incredulo il ragazzo dal carattere allegro, pensando a quanto - entrambi - fossero maturati e cambiati nel tempo.

 

“Non lo ripeterò una seconda volta, perciò smettila di fissarmi con quell’espressione da ebete in volto.”

 

Tobio era sempre stato un carattere introverso, il più delle volte freddo e insensibile, per certi versi un egoista.

 

E invece eccolo lì, rammaricato e in procinto di scoppiare in un pianto rovinoso per non essere stato in grado di proteggere la propria squadra, quel gruppo di ragazzi di cui non avrebbe più potuto fare a meno.

 

“Allora è deciso.”

 

Hinata gli si affianca, porgendogli il pallone.

 

“Ricominciamo?”

 

Kageyama lo fissa serioso per poi abbassare il mento, un sorriso compiaciuto sulle labbra.

 

“Ci andrò pesante, sappilo.”

 

“Non chiedo altro.”

 

Sorride il piccolo gigante, dandogli le spalle e avviandosi con andatura rilassata a centro campo.

 

“Io ci sono.”

 

Da quando l’aveva conosciuto, Hinata non aveva fatto altro che ripetergli quella frase, quasi a volerlo rassicurare.

 

L’avrebbe aspettato, sempre e comunque, non l’avrebbe mai lasciato solo, in campo come nella vita.

 

“Ci sarò sempre per le tue alzate.”

 

“Vorrei vedere, testa vuota.”

 

Sorride Kageyama, gli occhi più lucidi del consueto. 

 

Dannata polvere.

 

 

 

 

Polvere eh?

 

 

 

 

 

“Tu pensa a volare.”

 

Rilassa le spalle - Shoyo - preparandosi a toccare il cielo, febbricitante.

 

 

 

 

Io sarò lì con te

 

 

 

I muscoli si contraggono.

 

 

 

 

Al tuo fianco

 

 

 

 

 

I piedi affondano nel pavimento, pronti per la spinta.

 

 

 

 

 

Farò di tutto

 

 

 

Le braccia si alzano.

 

 

 

 

 

Lo prometto

 

 

 

La schiena si flette.

 

 

 

 

 

Per innalzarti sempre più su

 

 

 

 

 

Il respiro si mozza, anche se per poco.

 

 

 

 

Continua a volare, 

 

Hinata

 

 

 

 

“Kageyama!”

 

 

 

 

Io sarò lì per te

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




 

Ho scoperto da poco questo manga, avrei voluto adocchiarlo prima, e me ne sono innamorata - Galeotto fu la pallavolo (inutile dire che sono andata in visibilio anche per l’anime).

Sono stata tanto “malata” da essermi letta in una notte i capitoli del manga dal numero 300 al 402 - cosa mai fatta prima per un manga - e non mi vergogno a dire che mi è anche scappata qualche lacrima.

Tra l’altro, si è appena conclusa la 4° Stagione dell’anime e già non vedo l’ora della 5° (insaziabile, come sempre): speriamo in questa gioia nel 2021.

Tornando a noi, questa vorrebbe essere - senza grandi pretese - una raccolta (ed anche una rivisitazione) di alcuni dei momenti che mi sono rimasti maggiormente impressi della serie.

E’ dunque la prima volta che scrivo di Haikyuu, spero che la lettura possa essere piacevole e scorrevole e -  perché no - magari strappare qualche piccolo sorriso (per me sarebbe già molto).

Mi piacerebbe sentire un vostro parere a riguardo, nel mentre ringrazio già chiunque vorrà soffermarsi su questa raccolta di stories.

 

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Capitolo 2
*** Liar ***


Hinata si era lasciato cadere a terra.

 

La testa girava vorticosamente, fin troppo per i suoi gusti, mentre i muscoli dolevano.

 

 

 

 

 

Faceva male

 

 

 

 

 

Respira con foga mentre tenta di riprendere fiato, fissando in stato catatonico le dita della mano destra, più rossastre del consueto.

 

 

Il dolore e la stanchezza parevano non volerlo abbandonare, rendendolo fastidiosamente debole, come non lo era mai stato.

 

 

 

“Shoyo …”

 

 

 

 

Lui che non aveva mai preso un raffreddore

 

 

 

 

 

“Posso continuare a giocare, Mister.”

 

“No, Hinata …”

 

“Mancano solo un paio di punti!”

 

Il ragazzo dal carattere allegro aveva iniziato a tremare.

 

“E’ l’ultimo set!”

 

“No …”

 

“Ma…!”

 

“Hai la febbre alta, non posso lasciarti in campo un minuto di più.”

 

“Per favore …”

 

Hinata aveva iniziato a piangere dalla disperazione.

 

“La prego, Mister.”

 

“Mi dispiace, Shoyo.”

 

Quelle parole furono dure, una pugnalata al petto, così devastanti da mozzargli il fiato.

 

“…”

 

Rilassa le spalle, il piccolo gigante, non appena percepisce qualcosa carezzargli le dita della mano destra.

 

Anche Yachi è piuttosto pallida.

 

“Hinata …”

 

Il ragazzo non risponde, ricambiando quello sguardo tanto serio e angustiato.

 

 

 

 

Non poteva essere vero.

 

 

 

 

Aveva la sensazione di trovarsi in un incubo senza sapere come uscirne.

 

 

 

 

 

Non poteva finire così, non dopo tutti i sacrifici e le lacrime versate.

 

 

 

 

 

Daichi si avvicina, seguito da Suga e Nishinoya.

 

“Andrà tutto bene, Hinata.”

 

I ragazzi si stavano sforzando di mostrare una sicurezza non propria, nascondendosi dietro a finti sorrisi e false rassicurazioni.

 

“Lascia fare a noi, d’accordo?”

 

“Un po’ di riposo, del cibo caldo e sono sicuro che tornerai la testa vuota di sempre.”

 

Persino Tsukishima si stava sforzando di fare dell’ironia in una situazione a dir poco disperata.

 

La domanda che stava tormentando tutti era,

 

 

 

 

 

Come avevano fatto a non accorgersene?

 

 

 

 

 

Hinata stava male già da tempo eppure aveva continuato a giocare, tenace e caparbio, superando ogni limite.

 

 

 

 

 

Fino a collassare

 

 

 

 

 

Dopo tanta fatica, impegno e costanza, avevano finalmente vinto gli Aoba Jousai.

 

Avevano superato gli Shiratorizawa.

 

Avevano sconfitto gli Inarizaki e schiacciato i Nekoma, tra i rivali di sempre.

 

Ed ora, ad un passo dalla vittoria contro la famigerata Kamomedai, era bastata una banale febbre per rischiare di mandare tutto all’aria.

 

“Hinata, dobbiamo andare.”

 

Yachi aveva le lacrime agli occhi, come tutti del resto, ma fece uno sforzo sovrumano per mostrarsi sorridente.

 

La partita non era ancora finita ma sapere di non poter più contare su Hinata per le battute finali faceva male.

 

Nonostante Kageyama fosse un genio della pallavolo, nonostante l’incrollabile difesa di Nishinoya e il grande talento di Tsukishima e Tanaka, sarebbe stata dura portare a casa il match.

 

L’unico che non aveva ancora fiatato era stato proprio il rivale di sempre, Kageyama.

 

Si era limitato a osservare la scena in silenzio, apparentemente impassibile.

 

Non l’avrebbe mai ammesso, tanto meno in presenza di Shoyo, ma senza quella testa vuota non sarebbe stato lo stesso.

 

Avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per portare la squadra alla vittoria ma sapeva che lo sforzo richiesto sarebbe stato sovrumano.

 

E’ vero, alla fine aveva vinto sul suo eterno rivale.

 

 

 

 

 

Era rimasto in campo fino alla fine.

 

 

 

 

Il Tobio di qualche messe addietro ne sarebbe stato felice mentre quello attuale no.

 

 

 

 

Hinata aveva infranto la parola data.

 

 

 

 

Aveva promesso che ci sarebbe sempre stato e invece …

 

Stringe i pugni, il genio della pallavolo, nel scorgere il suo eterno rivale allontanarsi in lacrime in compagnia di Yachi quando un urlo squarcia il silenzio.

 

“Ti aspetterò, Hinata Shoyo!”

 

Il piccolo gigante bianco, il mostro della pallavolo della Kamomedai - Kourai - alzò la mano in segno di saluto.

 

“Ti aspetterò!”

 

“…”

 

Il ragazzo dalla chioma rossastra soffocò il magone, rivolgendo un inchino a quel rivale tanto forte, che aveva sognato di affrontare da tempo immemore.

 

“Quindi cerca di non sparire!”

 

Quando sollevò il mento, Shoyo rivolse a Tobio un’occhiata fuggevole, tanto triste quanto disperatamente arrendevole.

 

“Comunque vada, vola anche per me.”

 

 

 

 

Vola, 

Kageyama

 

 

 

 

Si allontana Hinata, lasciandosi alle spalle - in compagnia di Yachi - quella sofferenza.

 

 

 

 

Perché lo era

 

 

 

 

Tobio non risponde, limitandosi a stringere il pallone quasi a stritolarlo.

 

 

 

 

 

 

Avevi promesso

 

 

 

 

 

Abbassa lo sguardo, il genio della pallavolo.

 

 

 

 

 

 

Avevi promesso che ci saresti stato

 

 

 

 

 

Sente che il cuore potrebbe esplodergli in petto da un momento all’altro.

 

 

 

 

E invece ci hai abbandonati

 

Lasciandomi solo

 

 

 

 

Rallenta il respiro, corto e irregolare.

 

 

 

 

Bugiardo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
















 

Mi si è letteralmente mozzato il fiato appena ho letto quel capitolo del manga.

 

Tanti sacrifici, rinunce e lacrime per arrivare fin lì e poi …

 

Non mi dilungo oltre, spero che il capitolo vi sia piaciuto, alla prossima!

 

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Capitolo 3
*** Schemi ***


 

L’idea di iscriversi in qualche club non l’aveva mai sfiorata, neanche lontanamente, almeno fino a quando non aveva incontrato Shimizu.

 

Lei e la pallavolo erano sempre stati due mondi a sé e temeva non sarebbe stata all’altezza della situazione.

 

Quello era uno sport di squadra mentre lei un lupo solitario.

 

Timida e introversa, paurosa e insicura.

 

 

In sintesi, il ritratto dell’intraprendenza e della spavalderia.

 

 

La domanda che la tormentava ormai da mesi era semplice quanto angustiante.

 

 

Sarebbe riuscita a dare un apporto a quella squadra tanto promettente?

 

 

Shimizu si era rivelata una guida, un punto di riferimento, un faro in mezzo al mare e lei sperava di poter fare lo stesso.

 

Peccato non sapesse ancora bene da dove iniziare e il momento si avvicinava sempre più, lentamente e inesorabilmente.

 

Mancavano pochi mesi al diploma e presto gli insostituibili ragazzi del terzo anno sarebbero diventati un ricordo lontano.

 

 

Un ricordo tanto dolce quanto amaro allo stesso tempo

 

 

Avrebbe avuto tremenda nostalgia delle rassicurazioni di Daichi, della dolcezza di Suga e Asahi per non parlare delle premure di Shimizu.

 

L’avevano presa sotto la propria ala, tenendola per mano e accompagnandola in quello straordinario percorso che aveva aveva avuto la capacità di cambiare chiunque.

 

Bastava guardare Kageyama o Tsukishima per averne la prova.

 

 

 

Freddo, egoista e introverso il primo.

 

 

Cinico, apatico e menefreghista il secondo.

 

 

 

 

E adesso eccoli lì, disposti a fare di tutto per i propri compagni di squadra, per i propri amici.

 

 

Per la propria famiglia 

 

 

Perché questo era diventata la Karasuno, una famiglia.

 

 

 

Qualcuno da proteggere a ogni costo

 

 

 

Avrebbero potuto dividersi, separarsi, perdersi ma in un modo o nell’altro si sarebbero ritrovati.

 

 

 

Sempre

 

 

 

Era curioso notare quanto questo legame profondo e indissolubile fosse andato a delinearsi anche con Bokuto, Tetsuro, Kenma, Atsumu e tutti gli altri ragazzi incontrati lungo il cammino.

 

Ognuno di loro era stato un’incredibile fonte di ispirazione, non solo sul campo ma anche nella quotidianità.

 

 

Da nemici a rivali.

 

Da rivali a inseparabili compagni di vita.

 

 

Chiude gli occhi Yachi, incastonando la mano nel mento, una malcapitata matita verde oliva tra i capelli.

 

Sentiva la testa esplodere per non parlare del senso di spossatezza che la accompagnava ormai da settimane.

 

Prende un respiro profondo mentre persevera nel disegnare schemi su schemi.

 

Non rimaneva molto tempo.

 

 

Il tempo

 

 

 

Non era mai stato a suo favore, il tempo, specie in quell’occasione.

 

Doveva studiare, studiare e studiare ancora.

 

Vedeva di continuo i volti dei ragazzi davanti a sé, accompagnata dal terrore di deluderli.

 

 

Hinata

 

 

Kageyama

 

Tsukishima e Tadashi

 

 

Nishinoya e Tanaka

 

e tutti gli altri

 

 

 

Passa una mano sul viso, asciugandosi le labbra con le dita, mentre cerca di ignorare l’incarnato pallido e il respiro affannoso.

 

“Jachi …”

 

“Ragazzi …”

 

Sorride la futura manager della Karasuno.

 

“Avete già finito?”

 

Solleva il polso, notando solo in quel frangente quanto sia tardi.

 

 

 

Mancava poco alla mezzanotte.

 

 

 

“Avreste dovuto avvisarmi, tra qualche settimana ricomincerà il torneo, dovete riposare.”

 

“Jachi …”

 

Hinata sembrava preoccupato.

 

“Sicura di star bene?”

 

La studentessa inarca un sopracciglio, colta di sorpresa; Kageyama e Tsukishima la osservavano poco distanti, seriosi e apparentemente impassibili.

 

“E’ giorni che non tocchi cibo.”

 

Tadashi la scrutava impensierito, i muscoli del volto tesi.

 

“E lavori fino a tardi.”

 

“Sto benissimo, cosa vi salta in mente?”

 

Sorride la graziosa biondina mentre prega di non collassare.

 

 

 

Non con loro

 

 

 

Era a pezzi e il dolore non faceva che ricordarglielo.

 

Avrebbe dovuto resistere almeno fino all’inizio del torneo.

 

 

 Non poteva,

non doveva

demordere

 

 

 

 

La squadra aveva bisogno di lei, ora che più che mai.

 

“E adesso tutti a casa, di corsa.”

 

“Facciamo la strada assieme?”

 

“Non è necessario, davvero, sarebbe un viaggio inutile.”

 

“Ma Jachi …”

 

“Tutti a letto, subito!”

 

Aveva rivolto loro un flebile sorriso prima di congedarsi, scomparendo nell’oscurità della notte, veloce e silenziosa.

 

Rilassa le spalle Kageyama - ancora serio in volto - mentre rivolge un paio di sguardi fuggevoli ai ragazzi, specialmente a Tsukishima.

 

Neanche Hinata e Tadashi avevano fiatato, limitandosi a stringere i pugni.

 

“Sono sicuro che non è nulla.”

 

Nishinoya aveva sfoggiato uno dei suoi disarmanti sorrisi nel tentativo di stemperare la tensione.

 

“Perciò niente musi lunghi, intesi?”

 

Hinata non risponde, incastonando i suoi occhioni ramati in quelli di Kageyama.

 

Se quelle parole fossero state pronunciate da chiunque eccetto Nishinoya, forse il piccolo gigante avrebbe anche potuto tornare a casa sollevato.

 

Peccato solo che il libero della Karasuno non fosse mai stato bravo a mentire.

 

 

 

 

 

//

 

 

 

 

 

 

Un nuovo sole era sorto sulla città, dando inizio alla giornata.

 

Jachi sedeva a terra, sommersa da un’innumerevole quantità di schizzi e appunti tale da far concorrenza a una biblioteca.

 

Sembrava ancor più piccola e gracile tra quella infinita mole di conoscenza.

 

“Palla!”

 

Solleva lo sguardo, ritrovandosi a sorridere non appena adocchia qualcosa schizzare fuori dalla palestra a velocità incontrollata.

 

 

 

 I soliti esagerati

 

 

“Vado io!”

 

Si alza di scatto - forse troppo - lasciando ciondolare le bracca lungo i fianchi quando una morsa le mozza il respiro.

 

Spalanca la bocca senza - tuttavia - riuscire a emettere alcun suono; faceva male, neanche avesse ricevuto un pugno in pieno volto.

 

“Cosa …”

 

Ogni rumore diventa distante per non parlare della luce del sole, sempre più fioca.

 

Che stesse assistendo alla fine del mondo, a qualche apocalisse?

 

Strano, non le pareva ne avessero parlato in tv.

 

 

E allora perché tutto aveva iniziato a girare?

 

Perché la vista si era fatta tanto appannata?

 

 

 

“Jachi!”

 

 

Un urlo risonante

 

 

 

Stava capitolando a terra e non aveva la benché minima idea di come arginare la cosa.

 

Chiude gli occhi, pronta a sfracellarsi al suolo, quando qualcuno la afferra per la vita.

 

 

Quelle voci

 

 

 

Rallenta i respiri mentre avverte qualcosa solleticarle la fronte, un tocco gentile.

 

 

 

Come dimenticarle

 

 

 

 

Kageyama aveva appena fatto in tempo ad afferrarla; si era inginocchiato tenendola per vita, la schiena di Jachi contro il suo petto.

 

“Ragazzi …”

 

Hinata le era corso accanto - così come Tadashi - mentre Tsukki le aveva tastato il polso, dalla parte opposta.

 

 

Si era spinta troppo oltre

 

 

Reclina il capo, visibilmente provata.

 

 

 

Esattamente come Hinata qualche mese addietro

 

 

 

“Grazie, Kageyama…”

 

“E’ pallida …”

 

La ragazza avverte la mano di lui aderire contro la fronte.

 

“Niente febbre…”

 

Hinata e Tadashi si erano scambiati un’occhiata eloquente.

 

“Deve risposare.”

 

“Non parlate come se non ci fossi …”

 

Si stavano preoccupando inutilmente, non vi era motivo di angustiarsi tanto per un mancamento.

 

“Per oggi basta così, Jachi.”

 

La graziosa biondina scuote il volto, decisa a non demordere.

 

“E’ solo stanchezza, non è niente.”

 

Tobio la tiene stretta, obbligandola seduta a terra.

 

“No.”

 

Anche Hinata si era fatto scuro in volto, così come Tadashi.

 

 

 

E loro solitamente erano l’allegria fatta persona

 

 

“Gli schemi …”

 

La ragazza aveva ripreso ad ansimare.

 

“Dobbiamo continuare con gli schemi…”

 

“Jachi …”

 

“Gli schemi di gioco…”

 

 

Pareva in preda al delirio.

 

 

 

“Vanno perfezionati, non sono ancora pronti…”

 

Le lacrime avevano iniziato a scorrere copiose.

 

“Non c’è tempo …”

 

Schiude le labbra quando avverte qualcosa stringerle le mani.

 

 

Quanto erano fredde.

 

 

Hinata e Tadashi le avevano stretto le dita tra le proprie, guardandola con occhi lucidi.

 

“Andrà bene, Jachi.”

 

La graziosa biondina non risponde, arrendendosi di fronte a quei volti tanto impensieriti.

 

“Non possiamo giocare sapendoti in queste condizioni.”

 

Tobio digrigna i denti.

 

 

 

Quella ragazza

 

 

“Nessuno di noi potrebbe.”

 

 

 

Fin dove si stava spingendo per loro?

 

 

 

Persino Tsukki le si era avvicinato, lo sguardo basso, sfiorandole il braccio come a richiamarne l’attenzione.

 

“Così non va, Jachi.”

 

 

 

Perché era crollata proprio adesso?

 

Bastava poco, non pensava di chiedere tanto.

 

 

 

“Devi riposare.”

 

Rilassa le spalle, socchiudendo gli occhi, sconfitta.

 

“Mi dispiace …”

 

“Va tutto bene.”

 

Nessuno parlò più, facendo calare un silenzio di tomba.

 

“Abbiamo bisogno di te, Jachi.”

 

 

 

Ne avevano davvero?

 

Lei non era molto convinta

 

 

 

“Perciò adesso rallenta, d’accordo?”

 

 

 

Non che le avessero dato altre alternative

 

 

 

“Posso contrattare?”

 

“No.”

 

“Neanche un po’?”

 

“No.”

 

Sbuffa la graziosa biondina dal sorriso dolce.

 

“Va bene.…”

 

Sospirano i ragazzi, felici si sia convinta a darsi un freno.

 

“Dopotutto siamo noi, andrà bene!”

 

“Non è rassicurante, testa vuota!”

 

“Non chiamarmi testa vuota, Tobio!”

 

 

 

I soliti attaccabrighe

 

 

 

Però erano riusciti a strapparle un sorriso.

 

Presto avrebbero dovuto dire addio a Daichi, Suga e Asahi, per non parlare di Shimizu.

 

 

Non potevano perdere anche lei

 

Non così poi

 

 

Perciò non le avrebbero permesso di autodistruggersi.

 

 

Nessuno di loro l’avrebbe fatto

 

 

Questo era essere una famiglia.

 

Prendersi cura l’uno dell’altro e proteggersi a vicenda.

 

 

 

 Anche da se stessi se necessario

 

 

 

Jachi solleva il mento, le tempie ancora imperniate di sudore, specchiandosi negli occhi di Hinata e Tadashi per poi fare lo stesso con Tsukki e Tobio.

 

“Grazie.”

 

Sorride Hinata, pensando a quanto sia lontana dalla realtà.

 

 

 

Erano loro a dover ringraziare lei

 

Ed era fermamente convinto che non ne avrebbero mai avuto abbastanza 

 

 

 

 

Sospira - Jachi - quando realizza di essere ancora appoggiata contro Kageyama; riusciva a sentirne gli addominali scolpiti, i muscoli tesi.

 

 

Ad essere onesta tutti i ragazzi avevano dei corpi deliziosamente marmorei.

 

 

Trattiene il fiato non appena realizza la piega che hanno preso i suoi pensieri.

 

 

 

Dopotutto, era pur sempre una ragazza di sedici anni

 

 

 

 

“Sicura di non avere la febbre, Jachi?”

 

Conoscendosi, doveva essere arrossita e molto anche.

 

“Sei paonazza, sarebbe meglio andare in infermeria.”

 

“Sto benissimo, davvero!”

 

“Questa l’abbiamo già sentita.”

 

“Veramente, non è necessario.”

 

Fa per muoversi quando intravede i volti di Hinata e Tobio avvicinarsi al proprio.

 

Erano vicini.

 

Molto vicini.

 

Pericolosamente vicini.

 

Troppo vicini.

 

 

 

 

 

E lei non aveva mai avuto un incontro così ravvicinato con un esemplare del sesso opposto.

 

 

 

 

Un sorrisino forzato per poi crollare di nuovo tra le braccia di Kageyama col volto in fiamme.

 

“Jachi?!”

 

 

 

 

Beata gioventù

 

 














 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spero di non aver fatto disastri con i nomi!

Il personaggio di Jachi mi è piaciuto fin dall’inizio, facendomi provare una tenerezza incredibile.

La sua timidezza e le sue insicurezze la portano spesso e inevitabilmente a momenti comici dove è difficile non abbandonarsi a un sorriso.

Tuttavia è ammirevole vedere come desideri migliorarsi ed essere d’aiuto alla propria squadra, specialmente quando Shimizu dovrà passarle il testimone.

Voi che ne pensate?

Non sarà l’ultima volta che scriverò qualcosa su di lei ma, nel mentre, spero davvero che la story vi sia piaciuta!

Ne approfitto per fare a tutti i miei più sinceri auguri di (si spera) un felice anno nuovo!

Schmetterlinge 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** I'm never losing to you ***


Tsukishima era rimasto incuriosito da Hinata fin dal loro primo incontro.

 

Gracile, minuto, uno scricciolo in sintesi, tanto da chiedersi come potesse un ragazzino tanto basso giocare a pallavolo.

 

Peccato solo che Shoyo fosse al di fuori del comune, una rivelazione, un talento nascosto.

 

Era agile, veloce, aveva intuito e se solo avesse continuato ad allenarsi duramente, con le giuste dritte, avrebbe potuto persino superare Kageyama, da sempre considerato il genio della pallavolo.

 

 

 

Il Re del campo

 

 

 

Un infinito potenziale che il quattrocchi della Karasuno non aveva digerito.

 

Non l’avrebbe mai ammesso, tantomeno in presenza di Tadashi, ma ammirava profondamente Hinata per la sua incrollabile forza di volontà a migliorarsi, per tutte quelle qualità fisiche e caratteriali che lui non possedeva e questo lo mandava in bestia.

 

 

 

Lo stimava e lo detestava allo stesso tempo

 

 

 

Tuttavia, nonostante quella pulce - ultimamente si divertiva ad apostrofarlo così - fosse cresciuto nel tempo, non era ancora diventato sufficientemente forte per potersi considerare un giocatore tutto fare, che sapesse battere, alzare e ricevere, oltre a schiacciare.

 

Stringe i denti, il quattrocchi della Karasuno, mentre scruta - rapido - Wakatoshi spiccare il volo, intenzionato a colpire il piccolo gigante con una delle sue devastanti schiacciate.

 

Se Hinata avesse preso - nuovamente - una di quelle pallonate in volto, questa volta avrebbero dovuto dire addio alla loro unica speranza di vincere il match.

 

 

 

E lui non l’avrebbe permesso finché le gambe avessero retto

 

 

 

Perciò si muove rapido, il gigante della Karasuno, affondando nel terreno fino a ergersi in aria, le braccia tese, gli occhi sbarrati, smanioso di bloccare quella dannata palla.

 

 

 

Doveva murare a qualunque costo

 

 

 

Sorride, Ushijima, convinto di avere il punto in tasca, schiacciando violento come non lo era mai stato, quando un boato rimbomba per il palazzetto.

 

 

 

In un modo o nell’altro avrebbe bloccato quel pallone

 

 

 

L’aria si smuove, scompigliando i capelli di Wakatoshi mentre il ragazzo osserva pietrificato la palla capitolare al suo fianco.

 

 

 

Perché la verità era 

 

 

 

Torna a terra, Tsukishima, la mano tremula e rossastra.

 

 

 

Che lui non sarebbe mai stato meno di Shoyo Hinata

 

 

 

Respira, il biondino della Karasuno, mentre urla compiaciuto e con lui il resto della folla, incredula per quanto appena accaduto.

 

“Sei grande Tsukishima!”

 

E’ proprio la pulce il primo a complimentarsi e questo non può che riempirlo di orgoglio, nonostante si sforzi di non darlo a vedere.

 

“Non ringraziarmi per la pallonata che ti ho appena risparmiato.”

 

 

 

Il solito simpatico

 

 

 

Mette il broncio, il rosso della Karasuno.

 

“Non guardarmi con quel sorrisetto strafottente, Tsukishima”

 

Ride, il biondino.

 

 

 

Era sempre esilarante stuzzicarlo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

//

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quel match era stato sofferto ma alla fine erano riusciti a portare a casa il risultato, qualificandosi per Tokyo.

 

Tsukishima sorride nel vedere i propri compagni parlare entusiasti del suo muro contro Wakatoshi quando scorge il piccolo gigante afferrare un vassoio strabordante di hamburger.

 

“Mi sono sempre chiesto come tu riesca a digerire quel cibo spazzatura.”

 

“Ed io mi sono sempre domandato come tu riesca a stare in piedi mangiando solo riso.”

 

 

 

 

Silenzio

 

 

 

 

Conoscendolo, Tsukki avrebbe potuto strozzare Shoyo da un momento all’altro.

 

 

 

 

Ma non fu così

 

 

 

 

“Il riso è sicuramente più salutare.”

 

“De gustibus.”

 

Il quattrocchi della Karasuno squadra il compagno, incerto.

 

Se Shoyo era in grado di mangiare quella roba non vedeva perché non avrebbe potuto farlo anche lui.

 

Dopotutto erano pur sempre dei panini e - ad essere sinceri - erano davvero di bell’aspetto.

 

 

 

E lui non sarebbe mai stato meno di Shoyo Hinata, 

 

in campo come nella vita

 

 

 

“Dammi qua.”

 

“No, aspetta Tsukishima!”

 

Il piccolo gigante scruta il biondino afferrare un hamburger e ingurgitarlo tutto d’un fiato.

 

Fa per parlare quando osserva il compagno di squadra cambiare progressivamente colore, alzarsi e correre alla toilette più veloce di un fulmine sotto gli sguardi impensieriti dei presenti.

 

“Ma cosa …”

 

Sospira sconsolato Hinata, lasciandosi cadere malamente sui gomiti, un espressione di chi la sa lunga.

 

“Se solo mi avesse dato il tempo di dirgli che ha scelto quello con la salsa piccante."

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Credo che Tsukishima abbia avuto un percorso di crescita incredibile, al pari di Kageyama.

Ammira Hinata, nonostante faccia di tutto per non darlo a vedere tanto è orgoglioso, ma allo stesso tempo ne è profondamente geloso.

Non vuole essere da meno, proprio come Shoyo con lo stesso Tobio e viceversa, e questo non può che spingerlo a migliorarsi sempre più (a volte forse anche troppo ^.^)

Spero di avervi strappato un piccolo sorriso, nel mentre grazie a chiunque deciderà di soffermarsi su questa fic!

Alla prossima!

 

 

 

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Capitolo 5
*** Difesa ***


“Ancora una volta!”

 

“Sei stremato Hinata, finiresti solo per farti del male.”

 

Il piccolo gigante guardava Nishinoya con sguardo supplice.

 

“Per favore…”

 

Sbuffa sconsolato il libero della Karasuno.

 

 

 

Quel ragazzo era insaziabile

 

 

 

“Se mi guardi con quegli occhioni, però …”

 

Batte le mani, il rosso, entusiasta all’idea di riprendere gli allenamenti quando una voce ne richiama l’attenzione.

 

“Ehi, bella gente!”

 

Bokuto li fissava poco distante, la mani ai fianchi, un sorrisetto furbo in volto.

 

“Hai bisogno di qualcuno che ti massacri se vuoi davvero imparare a ricevere.”

 

Shoyo aveva già cambiato colore al suono della parola “massacri.”

 

“In questo caso mi unisco volentieri.”

 

Tetsuro si era avvicinato, schioccando le dita, accompagnato da Kanji.

 

“Ma quanta generosità, ragazzi.”

 

Hinata pareva aver perso l’entusiasmo che l’aveva pervaso fino a quel momento.

 

“Per gli amici questo ed altro, giusto?”

 

Le ore divennero giorni, i giorni settimane e le settimane mesi, fino al sopraggiungere della fine dell’estate.

 

Aveva perfezionato la ricezione, sperimentato cosa significasse fare un pallonetto e tante altre piccole malizie che gli sarebbero indiscutibilmente tornate utili a Tokyo.

 

Certo, quello non era che l’inizio di un percorso lungo e faticoso che - questo Shoyo non poteva ancora saperlo - l’avrebbe condotto in Brasile e poi di nuovo in Giappone, ma sotto una luce differente.

 

 

 

Una luce ancor più radiosa

Accecante al punto tale da 

oscurare chiunque 

 





 

//






 

Espira, il piccolo gigante, mentre scorge la palla dirigersi nella sua direzione a grande velocità tanta è la forza impressa da Atsumu.

 

 

 

I gemelli Miya sapevano essere davvero terrificanti 

 

 

 

Unisce le braccia, le gambe flesse, ancorato - saldo - al terreno quando riceve il pallone con una maestria che nessuno gli avrebbe mai attribuito.

 

Sorride Shoyo di fronte a quel tocco tanto deciso quanto delicato, un’espressione più che soddisfatta in volto, quando si appresta a correre, pronto a spiccare il volo per portare a casa il punto, fiducioso che Tobio sceglierà lui per l’alzata.

 

Salta, il piccolo gigante, pronto a schiacciare il pallone oltre la metà campo quando, ancora una volta, sorprende tutti, limitandosi a fare un pallonetto.

 

 

 

 

Hinata che fa un pallonetto?

 

 

 

 

La folla esplode in un boato fragoroso, così come i ragazzi della Karasuno, di fronte a un’azione tanto spettacolare.

 

Persino Kageyama è rimasto senza parole, troppo basito per replicare.

 

Mai avrebbe pensato di dirgli,

 

 

 

Nice receive

 

 

 

 

Eppure era giunto anche quel giorno, inaspettato e improvviso.

 

Esulta Hinata, tanta è la contentezza mentre rivolge un caloroso saluto a Bokuto e Tetsuro, poco distanti, venuti ad assistere al match.

 

Peccato che i due ragazzi paiano un tantino sconvolti, specialmente il primo.

 

“Hai visto cosa ha fatto?”

 

“Già.”

 

Tetsuro abbassa il mento, nascondendo un sorriso pronunciato.

 

“Guarda che sei stato tu a insegnarglielo, Bokuto.”

 

“…”

 

L’asso della Fukurodani non risponde, mostrando un’espressione sconcertata.

 

“Eh?”

 

“Complimenti, hai creato un mostro.”

 

Hinata persevera nel salutarli con foga mentre ripercorre con la mente i lividi, le pallonate in faccia, gli strappi e le notti insonni per via del dolore, non potendo fare a meno di pensare

 

 

 

 

Senza difesa 

 

non può esserci 

 

attacco

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Dietro di voi ***


Jachi era seduta in compagnia di Shimizu a godersi la tranquillità del momento; la tiepida brezza  estiva di fine luglio, il dolce cinguettio degli uccellini a fare da sottofondo, la calda luce del sole mattutino.

 

Accanto a loro, poco distanti, vi erano Kaori e Yukie della Fukurodani intente a bisticciare per una bistecca ai ferri, Eri della Ubugawa e Mako della Shinzen Academy.

 

I ragazzi si erano ritrovati al campo estivo per gli allenamenti perciò quale occasione migliore per passare una giornata con le amiche?

 

Nishinoya e Tanaka scrutavano guardinghi le loro adorate manager, chiedendosi come avessero fatto a procurarsi quei lividi tanto disturbanti.

 

 

 

Lividi che andavano a stonare con le loro pelli delicate

 

 

 

Ne erano ricoperte da tempo e la cosa aveva non poco angustiato i ragazzi della Karasuno.

 

 

 

E non solo loro

 

 

 

Bokuto e gli altri parevano infatti arrovellarsi sullo stesso quesito.

 

 

 

Perché anche le loro adorate ragazze presentavano lo stesso problema

 

 

 

Persino Daichi e Suga, solitamente tranquilli, le osservavano seriosi.

 

“Vado io.”

 

“Ti accompagno.”

 

Jachi e Shimizu stavano conversando del più e del meno, ignare delle preoccupazioni dei propri compagni di team che, nel mentre, le avevano raggiunte.

 

“Schimizu, Jachi …”

 

Un’espressione angosciata.

 

“Ragazzi tutto bene? Perché quei musi lunghi?”

 

Tanaka e Nishinoya avevano abbassato lo sguardo, incerti sul da dirsi, lasciando l’ingrato compito di indagare ai veterani della squadra.

 

Curioso notare come anche Bokuto e gli altri giocatori stessero facendo lo stesso con le proprie manager.

 

“Se vi fosse qualcosa ce lo direste, vero?”

 

Schimizu aveva schiuso le labbra, un sopracciglio inarcato, sorpresa quanto Jachi.

 

 

 

Al pari di Kaori, Yukie, Eri e Mako, poco distanti.

 

 

 

“Quelli …”

 

Asahi aveva indicato i lividi e le bruciature, restando in attesa.

 

“Ah, questi …”

 

“Già …”

 

Jachi aveva sorriso, carezzandosi il polso.

 

“Ormai è da tanto che li abbiamo da non farci più caso.”

 

 

 

 

Li avevano da tanto?

 

 

 

 

Hinata e Kageyama erano sbiancati.

 

“Certe cose purtroppo non si possono evitare.”

 

Schimizu aveva sorriso, dolce.

 

“Per fortuna il tempo aiuta a lenire il dolore.”

 

Per poco Daichi non capitolò a terra, seguito da Suga, Tanaka e Nishinoya.

 

“Bisogna sopportare in silenzio e andare avanti.”

 

Tadashi aveva smesso di respirare, al pari di Asahi.

 

“Bene, ci vediamo tra qualche ora, ci reclamano.”

 

“Ma …”

 

“Date il massimo, mi raccomando.”

 

Jachi aveva alzato la mano in segno di saluto, affiancandosi alla propria mentore e seguendo le ragazze.

 

Bokuto nel mentre si era avvicinato, gli occhi sgranati e due occhioni smarriti.

 

“Kaori e Yukie …”

 

“Tutte quante, nessuna esclusa.”

 

“E’ peggio di quanto pensassi.”

 

“Non so cosa dire, non ci siamo mai accorti di nulla.”

 

“Nemmeno noi.”

 

“Ma se così fosse …”

 

“No, non può essere.”

 

Sugawara aveva portato una mano alla bocca.

 

“Ci deve essere una spiegazione, non posso credere che le ragazze siano state …”

 

“Non dirlo nemmeno.”

 

Hinata e Kageyama scrutavano allibiti i propri veterani, pensando a Schimizu e alla piccola Jachi, così dolce e timida.

 

“Voglio sapere chi è quel farabutto!”

 

“Tanaka, calmati.”

 

“Non ti basta quello che hanno detto poco fa?”

 

 

 

Tutte avevano parlato allo stesso modo

 

 

Schimizu

 

Jachi

 

Kaori

Yukie

 

Eri

 

 

Mako

 

 

 

Daichi aveva rilassato le spalle, portando le mani ai fianchi.

 

“Riprendiamo gli allenamenti come se nulla fosse, poi parleremo nuovamente con le ragazze.”

 

Silenzio.

 

“Tutti, nessuno escluso.”

 

Seppur riluttanti i ragazzi annuirono, dirigendosi in palestra con gli animi in subbuglio.

 

Inutile dire che le gare pomeridiane si rivelarono un disastro.

 

“Ragazzi si può sapere che succede?”

 

Era evidente che qualcosa li stava tormentando.

 

 

 

Nessuno escluso 

 

 

 

“Le nostre manager …”

 

Bokuto era stato il primo a parlare.

 

“Presentano bruciature e lividi in tutto il corpo e - a quanto pare - la cosa va avanti da parecchio tempo.”

 

I coach li fissarono sconsolati.

 

“E’ normale, non c’è da meravigliarsi dato quello che hanno sopportato in questi mesi.”

 

Per poco Daichi e gli altri non capitolarono a terra.

 

“Come?”

 

“Non volevano farvi preoccupare, ci hanno chiesto di non dire nulla.”

 

Nessuno ebbe più il coraggio di ribattere.

 

“E’ stata dura anche per noi, davvero.”

 

“Come avete potuto tenerci nascosto una cosa del genere?”

 

I coach si guardarono perplessi.

 

“Non sarebbe la prima volta, dopotutto.”

 

Tanaka e Bokuto dovettero inspirare profondamente.

 

“Dobbiamo vederle, scusateci.”

 

“Non credo sia il caso, non ora quanto meno, dobbiamo terminare gli allenamenti.”

 

Inutile furono di tentativi di fermarli; quando i ragazzi si mettevano in testa un’idea era impensabile convincerli del contrario.

 

Avanzarono con passo felpato, uno dietro l’altro, decisi ad andare fino in fondo.

 

“Non posso credere che Jachi …”

 

“Nemmeno io, Tobio.”

 

Hinata camminava fremente e impaziente, sconvolto quanto gli altri.

 

Quando raggiunsero la palestra e spalancarono l’ingresso quello che videro ebbe la capacità di lasciarli senza parole.

 

Non tanto per l’innumerevole mole di schemi di gioco appesi alle pareti quanto per le ragazze, intente a scontrarsi in un vero e proprio match.

 

 

 

Il tutto sotto la supervisione dell’inflessibile coach Washijo della Shiratorizawa

 

 

 

I ragazzi della Karasuno dovettero soffocare un gemito nel vedere Jachi ricevere una schiacciata da Kaori, sbattendo violentemente a terra con i gomiti.

 

Sorride la biondina nel scorgere Schimizu spiccare il volo così da poter alzare la palla a Mako, pronta a segnare.

 

La mano sfiora la superficie, deformandola e costringendo il pallone a schiantarsi brutalmente contro le dita di Eri e Yukie.

 

 

 

Quindi

 

 

“Non passerà!”

 

 

A questo erano dovuti 

i lividi

 

 

 

La palla continuò a roteare fino a sfuggire a quella presa tanto soffocante, finendo fuori campo.

 

 

 

 

e le bruciature

 

 

 

 

E loro che si erano immaginati chissà quale film.

 

“Non ci credo…”

 

Nessuno dei ragazzi fiatò, continuando ad ammirare le proprie manager cadere e rialzarsi, schiacciare, ricevere, alzare e finire nuovamente a terra.

 

“Ancora una volta, in questo modo consolideremo gli schemi per le vostre squadre!”

 

 

 

Non doveva essere facile avere Washijo come coach.

 

Quel giorno toccava a lui fare da mentore

 

 

 

“Ma quando …”

 

Hinata e Tobio videro Jachi spiccare il volto e deformare il pallone.

 

 

 

 

Quella era la stessa ragazzina timida e insicura di qualche mese addietro?

 

 

 

 

Rideva entusiasta.

 

 

 

 

Erano davvero le loro manager?

 

 

 

 

“Ma quando …?”

 

“Giocare consente anche a loro di aiutarvi a mettere meglio in atto i possibili schemi di gioco.”

 

 

 

Erano brave

 

 

 

“Come hanno…?”

 

“Sono solite guardarvi le spalle.”

 

Daichi aveva schiuso le labbra, incapace di continuare, al pari di Suga e di tutti gli altri.

 

Bokuto, Tanaka e Nishinoya invece si erano messi a piangere.

 

 

 

Erano maledettamente brave

 

 

 

“Non è stato poi così difficile.”

 

Sorride - il coach della Karasuno - quando scorge le rispettive manager salutare con un flebile cenno del capo.

 

“Sono sempre dietro di voi.”

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Capitolo 7
*** Someone stronger than you ***


Per Kageyama la pallavolo non era mai stata solo un hobby ma una vera e propria ragione di vita.

 

Ricordava ancora come fosse ieri quando, da piccolo, si allenava con la sorella e il nonno.

 

Diceva sempre di voler fare l’alzatore perché era convinto fosse il perno della squadra, destinato a toccare di continuo la palla.

 

Poi, un giorno, sua sorella aveva deciso di abbandonarlo e optare per strade differenti.

 

Per fortuna gli era rimasto il nonno che, ad essere sinceri, gli aveva fatto da padre.

 

L’aveva allenato senza sosta, spronandolo a migliorarsi e a non demordere mai, nonostante tutto.

 

 

 

 

 

 

“A scuola non c’è nessuno con cui confrontarmi.”

 

Un Tobio di circa dieci anni aveva messo il broncio.

 

“Un giorno arriverà qualcuno più forte di te contro il quale vorrai sempre misurarti.”

 

“Tu dici?”

 

“Abbi fede.”

 

 

 

 

 

E Tobio aveva avuto fede, anche dopo la morte del nonno.

 

 

 

 

Un colpo al cuore

 

 

 

 

Alla fine era rimasto solo, non aveva più nessuno con cui giocare.

 

Sua sorella era diventata inesistente, i compagni di scuola erano troppo pigri o lo evitavano con scuse inverosimili.

 

Così col tempo si era indurito, chiuso in se stesso, facendosi freddo e insensibile.

 

 

 

 

 

Un asociale

 

 

 

 

Poi un giorno - contro ogni aspettativa - aveva conosciuto un ragazzino dalla chioma rossastra e dai grandi occhi ramati in grado di spiccare il volo, librandosi alto nel cielo.

 

Agile, svelto e potente rappresentava un talento fuori dal comune.

 

 

 

 

Che fosse lui?

 

 

 

 

Sorride Tobio nel scorgere l’oggetto dei suoi pensieri venirgli incontro e fermarsi dall’altra parte della rete.

 

 

 

Colui che aveva atteso per così tanto tempo?

 

 

 

Erano passati due anni dall’ultima volta che l’aveva visto, dopo il diploma.

 

 

 

 

Due lunghi anni 

 

dove non aveva mai mancato di chiedersi cosa stesse facendo

 

 

 

 

Si era irrobustito e alzato; nonostante non fosse più l’adolescente che aveva conosciuto, rimaneva l'eterno rivale - amico di sempre.

 

“Tornato dal Brasile?”

 

Hinata aveva abbassato il mento per poi sorridergli.

 

“Così sembra.”

 

“Non sono più quello di un tempo, Shoyo.”

 

“Stesso per me.”

 

Si avvicinano, stringendosi la mano.

 

 

 

Quanto avevano atteso quel momento

 

 

 

“Ce ne hai messo di tempo.”

 

Kageyama era rimasto lo stesso attaccabrighe di sempre.

 

“Ti sono mancato?”

 

Anche Shoyo.

 

“Non importunare il mio schiacciatore, Kageyama.”

 

Atsumu si era affiancato a Hinata, rivolgendo un caloroso sorriso a Tobio.

 

“Pronti a perdere?”

 

“Stavo per chiederti la stessa cosa.”

 

Ridono i ragazzi, prendendo posto per dare inizio al match.

 

 

 

Schweiden Adlers 

 

versus 

 

Black Jackal

 

 

 

Rallenta il respiro Kageyama, pronto alla battuta, pensando che non potrebbe essere più felice di così.

 

 

 

Aveva avuto fede, 

aveva atteso paziente 

fino a quando le parole di suo nonno erano diventate realtà 

 

 

 

Schiaccia con tutta la forza di cui è capace, puntando a Hinata che riceve senza problemi, spiccando il volo.

 

 

 

 

Librandosi alto nel cielo

 

 

 

 

E’ talmente veloce da non riuscire a seguirlo.

 

 

 

 

Vola

 

il ragazzo dalla chioma rossastra

 

 

 

 

 

E’ talmente veloce da non accorgersi della palla che sbatte con violenza contro il suolo, facendo aggiudicare il primo punto ai Balck Jackal.

 

 

 

 

 

Molto più di quanto non abbia mai fatto in passato

 

 

 

 

 

La folla va in visibilio, esplodendo in un fragoroso boato.

 

 

 

 

Avevi ragione, nonno

 

Alla fine l’ho trovato

 

 

 

 

Sorride Kageyama, occhi negli occhi col suo migliore amico che lo scruta soddisfatto dall’altra parte del campo.

 

 

 

 

 

Bentornato a casa

 Hinata

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quel capitolo del manga mi ha fatto esultare di gioia; quanto sono cresciuti Hinata e Kageyama?

Bellissimo rivederli uno di fronte all’altro, pronti a battersi fino alla fine pur di vincere sull’eterno amico-rivale.

Toccante, invece, il flashback sul passato di Tobio e sulle ragioni che l’hanno spinto a chiudersi in se stesso e a diventare l’adolescente dai modi un po’ bruschi che abbiamo conosciuto agli inizi della storia.

Nonostante rimanga pur sempre un carattere un po’ introverso, è bello notare come sia cambiato in meglio, maturando e aprendosi agli altri.

Alla prossima!

Schmetterlinge

 

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Capitolo 8
*** Not Yet ***


“Mi spieghi che ti prende?”

 

Hinata fissava Tobio camminare avanti e indietro, furiosamente inquieto e imbestialito.

 

“Dovrei essere io a chiedertelo.”

 

Il rosso sgrana gli occhi, come a non capire.

 

“Di cosa stai parlando?”

 

“Non funziona!”

 

Kageyama aveva alzato la voce, stringendo i pugni fino a far sbiancare le nocche.

 

“Non hai preso nemmeno una della mie alzate!”

 

 

 

 

Come potevano sperare di vincere 

 

in quelle condizioni?

 

 

 

 

Shoyo dovette fare uno sforzo immane per non mettergli le mani addosso.

 

“Perché sono troppo alte o troppo decentrate.”

 

 

 

 

Non l’avesse mai detto 

 

 

 

 

“Stai scherzando o fai sul serio?”

 

“E’ un minus tempo, non si impara in un giorno, Tobio.”

 

Il moro dovette fare appello al proprio autocontrollo - già di per sé carente - per non sbatterlo a terra.

 

“Ragazzi…”

 

Jachi - che stava assistendo all’intero teatrino - aveva contratto i muscoli del volto, facendosi seria; non li aveva mai visti tanto inferociti, sembrava fossero sul punto di sbranarsi l’un con l’altro.

 

 

 

 

 

E aveva paura

 

 

 

 

 

 

“Il problema non sono io.”

 

“Non ne sarei tanto sicuro.”

 

“Sei tu a non saltare più.”

 

Hinata soffocò un rantolo, squadrandolo in cagnesco.

 

“Questo non toglie che le tue alzate non siano più quelle di prima.”

 

Kageyama non seppe resistere tanto da afferrare Hinata per il colletto della maglia.

 

“Prova a ripeterlo!”

 

Si azzuffarono per una decina di secondi per poi lasciarsi cadere a terra ansimanti e col fiato corto.

 

“Adesso ti senti meglio?”

 

“Tu, testa vuota?”

 

Così non poteva funzionare.

 

 

 

 

 Avrebbero dovuto aiutarsi l’un l’altra

 

 Non ammazzarsi a vicenda

 

 

 

 

 

E’ Hinata il primo a rompere il silenzio.

 

“Non ancora.”

 

Erano stesi a terra, col volto rivolto al soffitto.

 

“Scusa?”

 

“E’ troppo presto per darsi per vinti.”

 

 

 

Non ancora

 

 

 

Preme sui gomiti Shoyo, sollevandosi.

 

“Sara’ dura reimpostare il lavoro di tutti questi mesi.”

 

Kageyama ricambia quello sguardo carico di determinazione.

 

“Dopotutto, è pur sempre un minus tempo.”

 

Il moro non rispose - non subito almeno - rimettendosi in piedi accanto al compagno.

 

“Non ancora.”

 

Sorride Hinata, fissandolo dritto in quegli occhi color petrolio.

 

“Allora siamo d’accordo?”

 

“Almeno su questo.”

 

Jachi - che nel frattempo aveva smesso di respirare - li osservava appoggiata alla parete, bianca in viso.

 

“Avete finito?”

 

Se avesse potuto li avrebbe pestati, tutti e due.

 

 

 

 

 

 Le tremavano ancora le gambe

 

 

 

 

“Scusaci Jachi, davvero.”

 

I ragazzi abbassarono il capo, profondamente dispiaciuti.

 

“Vi scuserò quando vi sarete qualificati per Tokyo.”

 

Prese un respiro profondo, la futura manager della Karasuno, stringendo la palla al petto.

 

“Jachi …”

 

“Va bene così.”

 

Tobio e Hinata la scrutarono impensieriti per poi sgranare gli occhi di fronte allo sguardo deciso di lei.

 

“Non ancora, eh?”

 

Abbassa il mento la dolce biondina, riprendendo il proprio posto mentre scruta Hinata e Kageyama scambiarsi un’occhiata eloquente, un sorriso sulle labbra.

 

“Ricominciamo, testa vuota?”

 

“Quando vuoi.”

 

 

 

 

 

 

 

Perché il duo della Karasuno

 

quella coppia d’oro che aveva fatto sognare chiunque

 

non avrebbe mai potuto esistere 

 

all’infuori di loro due

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** Together Again ***


“Batteremo l’Argentina.”

 

Bokuto era il solito ottimista.

 

“Non dirlo a voce alta o potrebbe non avverarsi.”

 

Atsumu gli aveva rivolto un’occhiata fuggevole, un sorriso compiaciuto.

 

“Dopotutto oggi abbiamo questa fantastica new entry.”

 

Hinata era al fianco di Kageyama, carico come mai.

 

 

 

 

Finalmente avrebbe partecipato alle Olimpiadi 

 

 

 

 

“Passami quante più alzate, Tobio.”

 

 

 

Accanto al suo migliore amico 

 

 

 

Il moro lo scruta assorto, ripensando a quanto vissuto negli ultimi anni al fianco di quella testa quadra.

 

 

 

 

“Passami la palla, Kageyama!”

 

 

 

“Io sono qui!”

 

 

 

“Ancora una volta!”

 

 

 

“Più alta, Tobio!”

 

 

 

“Continua ad alzarla!”

 

 

 

 

Soffoca un gemito, il genio della Pallavolo, nell’incontrare le iridi ramate dell’amico.

 

 

 

 

 

Hinata sapeva essere davvero disarmante

 

 

 

 

 

“Ti passerò la palla solo se farai delle ricezioni degne di questo nome, intesi?”

 

In realtà sapevano entrambi che non sarebbe stato così malevolo.

 

 

 

 

 

 

Dopotutto non erano più al liceo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

//

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La partita ha inizio e Kageyama non può non sorridere nel scorgere il suo eterno rivale frantumare la palla oltre la metà campo a seguito di una delle sue alzate, degne di un giocatore della nazionale.

 

Torna a terra, il piccolo gigante, incastonando lo sguardo in quello di Tobio mentre rimembra gli anni dell’adolescenza, degli allenamenti serali, dei tornei primaverili e delle prime gare nazionali.

 

 

 

 

 

 

Anni di cui aveva una tremenda nostalgia

 

 

 

 

 

 

Si avvicinano, occhi negli occhi, lasciando combaciare i pugni in un gesto che non ha bisogno di parole perché ne vale mille.

 

 

 

 

Erano tornati 

 

 

Erano insieme

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** The Five of Us ***


Con grande dispiacere di tutti gli spettatori - nessuno escluso - l’avvincente match tra Schweiden Adlers e Black Jackal era giunto al termine, segnando la vittoria di Hinata contro il suo migliore amico.

 

Una partita ricca di colpi di scena, avvincente e mozzafiato, una di quelle a cui non si assiste molto spesso.

 

Sorride Jachi nel salutare Shimizu, Daichi e tutti i vecchi compagni di scuola che tanto avevano arricchito le sue giornate da adolescente.

 

Nonostante ognuno di loro avesse intrapreso strade differenti, nonostante si fossero separati l’uno dall’altra erano sempre rimasti in contatto.

 

E le partite di Tobio e Shoyo altro non erano che un pretesto - un gradevole pretesto - per riunirsi tutti assieme.

 

 

 

Come da ragazzi

 

 

 

Jachi scruta la folla, domandandosi dove si siano cacciati Tadashi e Tsukishima.

 

 

 

 

Strano

 

 

 

 

“Credo siano già con loro.”

 

 

 

Le erano stati accanto fino a qualche minuto prima

 

 

 

 

Shimizu e Sugawara la osservavano dolci.

 

“Vai pure, noi arriviamo subito.”

 

Aveva stretto loro le mani, rivolgendo un sorriso ad Asahi e agli altri, per poi voltarsi e iniziare a correre verso il campo da gioco.

 

 

 

Due anni

 

 

 

Afferra il corrimano, scendendo gli scalini pericolosamente ripidi mentre sente il cuore esploderle in petto.

 

 

 

Erano due anni che non vedeva Hinata

 

 

 

 

Certo, il piccolo gigante era stato così cortese da inviarle foto e scriverle dei suoi progressi ma nulla avrebbe retto il confronto con un incontro in carne ed ossa.

 

 

 

 

Anche Kageyama era stato spesso assente

 

 

 

 

Corre senza sosta, stando attenta a non travolgere qualcuno, il fiatone in gola, gli occhi lucidi.

 

 

 

 

Per via dei continui impegni di lui

 

 

 

 

Per fortuna aveva potuto contare su Tadashi e Tsukishima che, nonostante giocasse in seconda divisione, era ancora abbastanza reperibile per un’uscita domenicale.

 

 

 

 

Non voleva essere lasciata indietro

 

 

 

Corre, Jachi.

 

 

 

Non voleva perderli

 

 

 

 

Sbatte contro la porta, arrestandosi sulla soglia di ingresso, a inizio campo.

 

 

 

Voleva rivederli tutti e quattro

 

Come ai vecchi tempi

 

 

 

Trattiene il magone nel ripensare alla fotografia che avevano scattato poco prima del diploma.

 

 

 

Lei al centro, in ginocchio, 

 

Hinata sdraiato davanti, allegro e sorridente

 

Alla sua destra Tobio e dalla parte opposta Tsukki

 

Tadashi alle sue spalle

 

 

 

 

Portava quella foto ovunque, non se ne separava mai.

 

 

 

 

 

Non poteva sapere che Hinata faceva lo stesso

 

Anche Tobio

 

Anche Tadashi

 

Persino Tsukishima, anche se non l’avrebbe mai ammesso

 

 

 

 

 

Ansima nel vederli a centro campo ridere e scherzare come se nulla fosse.

 

 

 

 

 

Erano cresciuti ma, caratterialmente, rimanevano gli eterni fanciulli di qualche anno addietro

 

 

 

 

 

Fa qualche passo in avanti mentre scansa un paio di giornalisti, non potendo fare a meno di pensare a quanto siano belli.

 

 

 

 

Alti

 

 Prestanti

 

Sicuri di sé

 

 

 

 

Abbassa il mento quando qualcosa la induce ad alzarlo di nuovo.

 

 

 

 

Si sente osservata

 

 

 

 

Rilassa le spalle nel scorgere Hinata e Kageyama scrutarla poco distanti, accanto a Tsukki e Tadashi.

 

 

 

 

Li ha proprio davanti a sé

 

 

 

 

Si era ripromessa di non piangere e lo sforzo per trattenersi è notevole, specialmente quando  Tobio le sorride e Hinata spalanca le braccia invitandola a raggiungerli.

 

 

 

 

 

Aspettavano lei

 

 

 

 

 

Riprende a correre, nonostante le gambe tremule e la vista appannata.

 

 

 

 

 

Solo lei

 

 

 

 

 

Corre veloce mentre sente l’aria scompigliarle i capelli color del grano.

 

Corre Jachi, per poi spiccare il volo.

 

 

 

 

 

 

Librandosi leggera

 

come era solito fare qualcuno di sua conoscenza 

 

 

 

 

 

 

Sorride non appena avverte due braccia afferrarla per la vita.

 

E’ ancora sospesa mentre si nasconde tra i volti di Hinata e Kageyama che la tengono stretta.

 

 

 

 

Quanto le erano mancati

 

 

 

 

 

Vorrebbe parlare ma teme rovinerebbe tutto per cui persevera nel tacere, lasciandosi cullare dai vecchi compagni di team che paiono non volerla lasciare.

 

Inspira Jachi, sbirciando con la coda dell’occhio Tadashi e Tsukki, altrettanto sorridenti e lieti di quella rimpatriata attesa a lungo, quando è Hinata a rompere la quiete.

 

“Sei ancora più leggera di quanto ricordassi, Jachi.”

 

Shoyo sarebbe rimasto l’eterno Peter Pan del gruppo, senza ombra di dubbio.

 

Scoppiano a ridere, gli ex giocatori della Karasuno, consci che - nonostante lo scorrere del tempo - certe cose non sarebbero mai cambiate.

 

 

 

Loro

 
 
 
 
 

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Capitolo 11
*** Lost without you ***


Un’altra mattinata era trascorsa tra schiacciate, alzate e ricezioni e le Olimpiadi incombevano inesorabili.

 

Chi l’avrebbe detto che si sarebbe ritrovato a giocare in nazionale, e non solo con qualche vecchia conoscenza come Atsumu, Bokuto e Kourai ma anche, e soprattutto, col suo inseparabile rivale che tanto aveva atteso quel momento.

 

 

 

Forse più di tutti

 

 

 

I dubbi e gli interrogativi sulla buona uscita del torneo erano molti ma si era imposto di essere ottimista, impegnandosi a dare il massimo.

 

 

 

Come sempre

 

 

 

Stava allacciandosi le scarpe quando la suoneria lo distolse da quel turbinio continuo di pensieri, portandolo a inarcare un sopracciglio.

 

“Tadashi?”

 

Quella telefonata era decisamente inattesa.

 

“Tutto bene?”

 

“Si tratta di Hinata.”

 

Non seppe spiegarsi il motivo - l’avrebbe compreso poco dopo - ma si sentì male.

 

 

 

Qualcosa non andava

 

 

 

“E’ in ospedale, ci vediamo lì.”

 

Avrebbe voluto domandargli di più ma non gli diede modo di replicare.

 

Di una cosa tuttavia era certo.

 

 

 

 

La voce dell’amico non era mai stata tanto tremula

 

E questo non era un buon segno

 

 

 

Afferra il borsone, dirigendosi all’uscita; Shoyo era peggio di un bambino, riusciva sempre a cacciarsi nei guai e a impensierirlo.

 

 

 

Aveva un nervoso addosso

 

 

 

 

Probabilmente non era nulla di cui preoccuparsi, Tadashi dopotutto era il solito ansioso.

 

 

 

 

Ingigantiva sempre tutto

 

 

 

Già immaginava la scena.

 

 

 Hinata che gli sorrideva impacciato, 

scusandosi per il trambusto causato

 

 

 

Oltrepassa la soglia d’ingresso mentre corre col fiatone in gola.

 

 

 

 

Si, sarebbe andata proprio così

 

 

 

 

Raggiunge la sala d’attesa, chiedendo alla prima signorina di passaggio.

 

“Ultima stanza, in fondo a destra.”

 

“Grazie.”

 

 

 

 

Iniziò a preoccuparsi, specialmente di fronte allo sguardo impensierito di lei

 

 

 

 

Si guarda attorno interrogativo, prestando attenzione a proseguire lungo il corridoio, quando si trova a soffocare un gemito.

 

 

 

 

Non poteva essere

 

 

 

Accosta le mani al vetro mentre sente il respiro venirgli meno.

 

 

 

Non poteva essere vero

 

 

 

Oltre la lastra cristallina - in un misero lettino - giaceva un ragazzo dal volto fasciato, legato a fili e macchinari che parevano volerlo tenere stretto a questo ingiusto mondo.

 

Non riusciva a vederne i lineamenti, non riusciva a scorgerne la chioma rossiccia che l’aveva da sempre contraddistinto.

 

 

 

Solo un paio di palpebre

 

chiuse 

 

in un sonno profondo

 

 

 

Abbassa il mento mentre sente la rabbia crescergli in corpo.

 

 

 

Doveva trovarsi in un incubo

 

 

 

Improvvisamente vide le Olimpiadi e i sogni futuri andare in frantumi, tutto il lavoro degli ultimi anni dissolversi come fumo al vento.

 

 

 

Cosa avrebbe fatto?

 

 

 

Stringe i pugni mentre tenta di ignorare gli occhi lucidi e la schiena scossa.

 

 

 

Cosa avrebbe fatto senza di lui?

 

 

 

Ancora una volta era stato lasciato solo.

 

“Non ti azzardare …”

 

Il suo era stato poco più di un sussurro.

 

 

 

Sarebbe stato perso

 

 

 

“Sei il solito combina guai.”

 

Adesso aveva alzato la voce; al diavolo i medici e i dottori che lo osservavano straniti.

 

“Non ti azzardare a lasciarmi solo o non te lo perdonerò mai.”

 

Ancora non riusciva a crederci.

 

“Abbiamo un Olimpiade, non vorrai abbandonarmi proprio adesso?”

 

Scuote la testa il genio della Pallavolo.

 

“So di non essere stato molto amichevole in tutti questi anni.”

 

Mai avrebbe pensato di dirgli certe cose.

 

“Non volevo essere da meno, non l’avrei sopportato.”

 

Ed era la verità.

 

“Sei sempre stato il mio punto di riferimento, uno stimolo per non demordere, nonostante litigassimo dalla mattina alla sera.”

 

La vista si faceva sempre più annebbiata.

 

“Non lo ripeterò una seconda volta perciò ascoltami bene.”

 

 

 

Quello era davvero Kageyama?

 

 

 

“Ho bisogno di te, io come il resto della squadra e tutti gli altri.”

 

Stringe i pugni, soffocando un rantolo.

 

“Perciò, non azzardarti …”

 

 

 

 

Non ci provare Hinata

 

 

 

 

Asciuga le guance quando si sente chiamare.

 

“Tobio?”

 

 

Quella voce

 

 

 

Sgrana gli occhi, un colpo al cuore, voltandosi lentamente.

 

“Mi spieghi che stai facendo?”

 

Shoyo lo scrutava interrogativo dalla porta accanto; aveva una fasciatura alla mano sinistra, qualche sbucciatura qua e là ma sembrava tutto intero.

 

Alza lo sguardo, il re del campo, rendendosi conto che l’ultima stanza era nascosta in fondo, subito dopo una rientranza, difficilmente visibile a occhio nudo.

“Non avresti dovuto interrompere gli allenamenti, Tadashi è il solito ansioso.”

 

 

 

Almeno su questo erano d’accordo 

 

 

 

Kageyama d’altro canto non aveva ancora aperto bocca tanto era basito.

 

“Sono caduto in bicicletta ma nulla di cui preoccuparsi.”

 

Sorride, il piccolo gigante.

 

“Un paio di giorni e la mano sinistra sarà come nuova.”

 

Lascia ricadere i polsi lungo i fianchi mentre si appresta a raggiungere gli altri, in camera.

 

“Comunque non vado da nessuna parte, non temere.”

 

Evidentemente Hinata doveva aver sentito tutto.

 

 

 

 

E non solo lui

 

 

 

 

“Vieni? I ragazzi ci stanno aspettando.”

 

Il genio della pallavolo lo fissa rosso in volto, furiosamente imbarazzato e Shoyo pare averlo capito.

 

“Dovevo finire in ospedale per sentirti dire certe cose.”

 

Ecco che ricominciava a stuzzicarlo.

 

“Non una parola, stupido.”

 

Abbassa il mento il piccolo gigante, per poi specchiarsi negli occhi dell’amico.

 

“Grazie.”

 

Sorride Hinata, con tutta la genuinità e la spensieratezza che lo contraddistinguono, mentre gli dà le spalle.

 

E Kageyama lo segue, come era sempre stato solito fare.

 

Perché era così tra loro.

 

 

Fianco a fianco

 

A guardarsi le spalle 

 

 

 

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Capitolo 12
*** Geloso? ***


Shoyo stava provando qualche ricezione quando una voce squillante ne catturò l’interesse, portandolo a volgere lo sguardo a bordo campo dove un Bokuto più euforico del consueto si stava sbracciando come mai pur di richiamarne l’attenzione.

 

“Avanti così, Hinata!”

 

Sorrise di gusto il rossiccio, sollevando il pollice verso l’alto.

 

“Preparati perché quando ci affronteremo ti schiaccerò come un moscerino!”

 

 

 

Il solito simpaticone 

 

 

 

Il piccolo gigante abbassò il mento, passandosi una mano tra i capelli, quando si sentì chiamare.

 

 

 

Di nuovo

 

 

 

“Mettiti in coda Bokuto, tocca a me dargli una lezione come si deve.”

 

Kuroo aveva schioccato le dita, fulminando con lo sguardo l’asso della Fukurodani.

 

“Veramente ci saremmo anche noi.”

 

Hinata aveva inarcato un sopracciglio, impensierito nel scorgere Aone e Kanji della Date High School fissarlo sorridenti.

 

 

 

 

Quegli sguardi non facevano presagire nulla di buono

 

 

 

 

“Non se ne parla, prima noi.”

 

Oikawa, Tsutomu e Wakatoshi avevano lo sguardo di chi la sa lunga e Hinata iniziava a sentire  caldo.

 

 

 

 

Strano, eppure era inverno

 

 

 

 

Nonostante fosse elettrizzato all’idea di riaffrontare i suoi rivali/amici di vecchia data, l’elenco si stava allungando un po’ troppo per i suoi gusti.

 

“Lo stesso vale anche per me, Shoyo-kun!”

 

Il prodigio della Karasuno scorse Atsumu fissarlo compiaciuto.

 

 

 

 

Non stava nella pelle

 

 

 

 

“Un giorno sarò il tuo alzatore, promesso.”

 

Hinata parve non capire - non del tutto almeno - il significato di quelle parole, non sapendo che l’avrebbe meglio compreso qualche anno a venire.

 

“Ma prima di allora …”

 

Atsumu aveva sgranato gli occhi, fissando il pavimento.

 

 

 

 

Quel ragazzo sapeva essere inquietante quando ci si metteva

 

 

 

 

“Ti ridurrò a pezzi.”

 

 

 

Che tesoro

 

 

 

 

Shoyo aveva rilassato le spalle, iniziando a mordicchiarsi il labbro, un’espressione contrariata in volto quando percepì una sensazione sinistra.

 

Si voltò lentamente, rivolgendo l’attenzione al suo rivale di sempre - Kageyama - che era rimasto in silenzio a godersi la scena.

 

 

 

 

Quella faccia

 

 

 

 

Le fessure degli occhi si erano assottigliate, per non parlare delle labbra - piccole all’inverosimile - e del colorito piuttosto roseo.

 

“Che hai?”

 

Tobio non rispose, lanciandogli una pallonata e incamminandosi a passo spedito verso la banchina.

 

“Non sarai geloso?”

 

Hinata sapeva di aver indovinato, motivo in più per stuzzicarlo.

 

“Cosa posso farci se tutti mi cercano e mi vogliono?”

 

Si cambiò la maglia, ignorando gli occhi infuocati dell’amico, sul punto di strozzarlo da un momento all’altro.

 

“Mi cercano proprio tutti.”

 

Tobio perse la pazienza e fece per ribattere ma Hinata non gliene diede tempo, voltandogli le spalle e ritornando con un sorrisetto compiaciuto in campo.

 

 

 

 

Per molti anni avrebbe ricordato l’espressione di Kageyama

 

 

 

Impagabile

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 13
*** Broken ***


Yachi stava camminando lungo il marciapiede - il cellulare in mano e un paio di borse strabordanti - elettrizzata al pensiero di assistere alla partita che si sarebbe tenuta in Italia, nella capitale, tra l’Ali Roma e gli Asas Sau Paolo.

 

Aveva prenotato il volo già da tempo ed era felicemente contenta di viaggiare in compagnia dei suoi vecchi compagni di liceo, in primis Tadashi e Tsukishima.

 

Inutile dire che Tobio e Hinata erano già atterrati nel “Bel Paese” da parecchie settimane, sottoposti ad allenamenti continui e spesso massacranti.

 

Nonostante ne fosse passato di tempo, certe cose non sarebbe mai cambiate e questo non poteva che scaldarle il cuore.

 

 

Lontani ma vicini allo stesso tempo

 

Sempre

 

 

Attraversò la strada con passo spedito, persa nei meandri dei suoi pensieri, quando delle urla ne richiamarono l’attenzione, portandola ad alzare gli occhi.

 

Due fari sfolgoranti.

 

Poi il buio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

//

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sentiva qualcosa di morbido solleticarle il collo ma ancora non riusciva a capire cosa potesse essere.

 

 

 

Era indubbiamente morbido 

 

 

 

Inspirò, schiudendo le palpebre, ma si sentì mozzare il fiato dal dolore non appena cercò di sollevarsi.

 

“Ma dove …”

 

Inumidì le labbra, screpolate all’inverosimile, osservando il soffitto alto e bianco, per non parlare dei macchinari alla sua destra, animati da flebili rumori di sottofondo, quando un’ombra ne catturò l’interesse, inducendola a volgere lo sguardo alla finestra accanto.

 

“Ehi …”

 

Tadashi la fissava impensierito, profondamente assorto, accanto a Tsukki.

 

“Come ti senti Yachi?”

 

Schiuse le labbra, perplessa.

 

“Come se mi avesse investita un tir.”

 

L’amico sorrise, gli occhi lucidi.

 

“…”

 

 

Adesso iniziava a ricordare

 

 

 

Portò una mano alla fronte, nascondendovi il volto.

 

“Ma come diavolo …”

 

“Adesso pensa a rimetterti, d’accordo?”

 

La ragazza inarcò un sopracciglio.

 

 

 

 

Il suo primo pensiero andò a quello

 

 

 

 

“Sarò in forma per la partita dei ragazzi, vero?”

 

Nessuno ebbe il coraggio di rispondere, facendola sprofondare nel cuscino, in lacrime.

 

“Dannazione …”

 

“Yachi …”

 

Erano mesi che aspettava quel momento.

 

 

 

 

Ed era riuscita a rovinare tutto

 

 

 

“Non posso perdermela.”

 

Fece per alzarsi quando percepì due braccia afferrarla per le spalle, aiutandola a sedersi, nonostante il dolore.

 

“Yachi …”

 

Schiuse le labbra, piacevolmente incredula, specchiandosi negli occhi di Hinata.

 

“Ma come…?”

 

Tobio era poco più dietro, sulla destra, lo sguardo serio.

 

“Cosa ci fate qui?”

 

Il rossiccio sorrise, rilassando le spalle.

 

“Non potevamo non esserci, non credi?”

 

“Ma la partita …”

 

“Torneremo a Roma questa sera, abbiamo il volo alle nove.”

 

La biondina abbassò il mento, iniziando a contare.

 

“Quando mi hanno investita di preciso?”

 

“Tre giorni fa.”

 

“Ed io avrei …”

 

“Ti hanno operata e hai dormito per quasi quattro giorni.”

 

Non poteva essere.

 

 

 

 

Non poteva essere vero

 

 

 

 

Per quanto la loro presenza l’avesse commossa, non potevano trovarsicon lei a due giorni dalla finale dei mondiali.

 

 

 

A meno che …

 

 

 

“Ragazzi, per caso …”

 

Shoyo le strinse la mano.

 

“Sto morendo?”

 

Quella domanda ebbe la capacità di mozzare il fiato a chiunque, persino a Tsukishima.

 

 

 

 

 

Un evento piuttosto unico

 

 

 

 

“Direi proprio di no, Yachi.”

 

Tobio aveva alzato la voce, squadrandola serio.

 

Poteva sforzarsi di non darlo a vedere ma uno sguardo di gran lunga più capace avrebbe colto la preoccupazione nelle linee del suo volto angelico.

 

“E allora perchè siete qui?”

 

La ragazza aveva iniziato a gesticolare in maniera convulsa mentre Shoyo cercava di tenerla ferma.

 

“Avete la finale tra meno di due giorni, non dovreste essere qui!”

 

Portò una mano alla bocca, stringendo i denti dal male.

 

“Gli allenamenti …”

 

Probabilmente avrebbe continuato senza sosta ma dovette zittirsi non appena si sentì avvolgere da delle braccia forti e robuste.

 

 

 

 

Più marmoree di quanto ricordasse

 

 

 

 

Affondò il volto nelle maglie dei ragazzi - stanca - lasciandosi cullare dalla loro stretta rassicurante, fin quando il silenzio tornò a fare da padrone in quelle mura tristi e spoglie.

 

“Ci saranno altre partite, Yachi.”

 

Lo sapeva ma lei avrebbe voluto tanto assistere a questa.

 

“Prima del fischio d’inizio guarda bene lo schermo, d’accordo?”

 

Hinata rivolse uno sguardo d’intesa a Tobio.

 

 

 

 

Evidentemente stavano architettando qualcosa

 

 

 

 

Sbuffò - furiosamente sconfitta - godendosi quel piacevole tepore che aveva il potere di farla sentire a casa.

 

“Va bene.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

//

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ancora riso cotto e minestrina; di questo passo avrebbe perso una decina di chili, altro che mettere su peso.

 

Carezzò il bicchiere colmo d’acqua, fissando la televisione appesa al muro con occhi sgranati; si fidava di Hinata ma non riusciva a capire cosa dovesse guardare esattamente.

 

La partita avrebbe avuto inizio minuti e non era successo nulla che potesse farle palpitare il cuore.

 

 

 

 

Perciò avrebbe continuato ad attendere paziente 

 

 

 

 

Si passò una mano sul volto, ammirando Shoyo e Tobio salutarsi con una stretta di mano, separati dalla sola rete di gioco.

 

 

 

 

Era sempre emozionante vederli in tv

 

 

 

 

 

Schiuse le labbra quando si ritrovò a trattenere un gemito; la telecamera inquadrò le mani dei ragazzi che mostrarono i dorsi, lasciando intravedere una scritta inequivocabile

 

 

 

 

 

Per Yachi

 

 

 

 

“…”

 

Abbassò il mento, le lacrime agli occhi, scoppiando a ridere.

 

Nessuno aveva mai fatto qualcosa di tanto carino per lei.

 

Nessuno a parte loro.

 

Ma dopotutto …

 

 

 

 

Era di Hinata e Tobio che stavamo parlando

 

 

 

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Capitolo 14
*** Third Year ***


Shimizu e Suga erano poggiati al corrimano lì vicino, in attesa di Daichi e Asahi, i soliti ritardatari, un sorriso amaro e un’indefinibile malinconia in volto.

 

“Ormai ci siamo.”

 

“Già.”

 

Nessuno di loro si sarebbe aspettato di dover affrontare quel momento tanto presto; era trascorso più di anno eppure sembrava fossero passate poche settimane da quando avevano conosciuto Tobio e Hinata, dando vita ad una delle squadre più forti degli ultimi anni.

 

“Non preoccuparti, Suga.”

 

Le dita di Shimizu erano andate a intrecciarsi a quelle dell’amico, provocandogli un acceso rossore sulle gote; ne era passato di tempo dall’ultima volta che il ragazzo aveva avuto il piacere di tenere quelle mani tra le proprie.

 

Kiyoko sapeva essere spaventosamente calma e pacata, persino nelle situazioni più impensabili, riuscendo a tranquillizzare il più inquieto degli animi in tempesta.

 

“La squadra è in buone mani, non credi?”

 

Suga ricambiò quella stretta così dolce, sorridendo non appena la vide carezzargli la spalla con il mento.

 

“Hai ragione.”

 

“Lo so.”

 

Rise Shimizu, lasciandosi scompigliare la testolina folta quando scorse un paio di ombre poco distanti.

 

“No ma continuate pure, tranquilli.”

 

“Gelosi?”

 

Daichi e Asahi li fissarono lieti e tristi allo stesso tempo, gli occhi lucidi e lo sguardo stanco.

 

“Andiamo?”

 

La cerimonia di diploma sarebbe iniziata a breve, avrebbero dovuto affrettarsi o sarebbero stati guai ma la verità era che nessuno di loro aveva voglia di crescere.

Se avessero potuto, sarebbero scappati lontano da tutto e da tutti; non pensavano di chiedere molto se non rimanere coi propri compagni di squadra ma quella era un’utopia.

 

Nolenti o volenti quel giorno avrebbero lasciato la Karasuno, proseguendo ognuno per la propria strada, sulla via dei sogni.

 

Shimizu arrestò il passo non appena si ritrovò a scrutare le spalle dei ragazzi; camminavano con andatura lenta e cadenzata, la schiena curva.

 

“…”

 

Quei tre erano inseparabili, come fratelli, e lei aveva avuto la fortuna di poter stare loro accanto.

 

“Qualunque cosa accada …”

 

Daichi si fermò, guardandola negli occhi.

 

“Resteremo sempre connessi l’uno all’altra.”

 

Asahi e Suga assottigliarono le iridi, serrando le labbra, sul punto di prorompere in un pianto rovinoso; Shimizu era tutto o niente, dolce e imprevedibile, piuttosto timida ma quando necessario diretta ed incisiva.

 

Sorrise la manager della Karasuno, i polsi lungo i fianchi e le gote arrossate, il respiro corto e il cuore martellante, quando spalancò le braccia, invitandoli a raggiungerla.

 

Nessuno di loro si sarebbe aspettato una simile dichiarazione ma mai come in quel momento furono lieti di essersi sbagliati.

 

“Shimizu …”

 

Chiuse gli occhi, Kiyoko, non appena sentì il profumo dei ragazzi inondarle il viso; si ritrovò tra le loro braccia forti e robuste, così piccola e gracile ma mai tanto al sicuro.

 

“Qualunque cosa accada …”

 

Si sentì stringere, affondando nelle loro giacche eleganti, le guance umide e i capelli scompigliati, aggrappandovisi come se non vi fosse un domani.

 

“Saremo sempre noi.”

 

 

 

 

I ragazzi del Terzo Anno

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 15
*** Separazioni ***


Due anni fa aveva dovuto salutare Shimizu e gli insostituibili ragazzi del terzo, imponendosi di non pensare a quando sarebbe stato il suo turno.

 

E adesso eccola lì, sola soletta nella palestra della scuola a rimurginare sul passato, sugli anni di gloria, come era solita chiamarli lei.

 

Alla fine, seppur nolente, si era diplomata e con lei Hinata, Tobio e tutti i ragazzi della squadra e questo proprio non riusciva ad accettarlo.

 

 

Non ancora, almeno

 

 

Per la prima volta dopo molto tempo desiderò soltanto rimanere immobile, ferma.

 

“Che stupida …”

 

Strinse i pugni non appena realizzò di essersi messa a piangere, maledicendosi per essere così debole e infantile.

 

 

La solita frignona

 

 

 

“Hai intenzione di fissare il muro fino a consumarlo?”

 

In quell’istante sentì il sangue ghiacciarsi nelle vene; aveva sperato di non incontrare nessuno, specialmente lui, ma a quanto pare le sue preghiere non solo erano state ignorate ma fortemente disattese.

 

“Cosa fai qui?”

 

“Potrei chiederti la stessa cosa.”

 

Negli ultimi due anni Hinata era cresciuto notevolmente, sbocciando in un bellissimo ragazzo dai lineamenti raffinati e signorili, tanto da far capitolare buona parte delle studentesse del primo.

 

 

Chi l’avrebbe mai detto?

 

 

“Avevo bisogno di restare sola.”

 

Yachi abbassò lo sguardo, la vista annebbiata e le labbra tremule; si impose di non guardarlo o non sarebbe più stata in grado di controllarsi.

 

“Hai intenzione di evitarmi ancora per molto?”

 

“Non ti sto evitando.”

 

“Sicura?”

 

“Già.”

 

“Allora guardami negli occhi.”

 

Rise Yachi, dandogli le spalle, una mano alla bocca, quasi a impedirsi di dare di stomaco; avrebbe voluto nascondersi tanto era paonazza ma sapeva essere troppo tardi per farlo.

 

“Hinata, ti prego…”

 

Fece per voltarsi quando si sentì afferrare e sbattere contro il muro lì vicino; Shoyo la teneva stretta per la vita, una mano sul fianco, l’altra contro la parete fredda e spoglia.

 

“Cosa…?”

 

Si sentì mancare non appena si specchiò in quelle iridi ramate che tanto avevano la capacità di stregare chiunque; rilassò le spalle, imponendosi di controllare i battiti e rallentare i respiri e, soprattutto, di ritrovare lucidità.

 

“Guardami Yachi.”

 

La ragazza non rispose, limitandosi a scrutarne i lineamenti dolci e delicati, le labbra carnose e i muscoli scolpiti, carezzandogli un fianco con fare arrendevole quando si ritrovò a soffocare un gemito nel percepire le dita di lui sfiorarle il mento.

 

“Vedi di farti sentire quando sarai in Brasile.”

 

Già faticava ad accettare la storia del diploma, figuriamoci la partenza del suo migliore amico per andare dall’altra parte del globo.

 

“E’ per questo che mi eviti?”

 

“…”

 

Yachi non rispose, non subito, inumidendo le labbra.

 

“Egoisticamente vorrei dirti di restare ma sappiamo entrambi che non sarebbe giusto.”

 

Non voleva perderlo, come nessuno dei ragazzi, ma Hinata era deciso a migliorarsi e quella - al momento - sembrava essere l’unica strada percorribile.

 

“Ti scriverò tutti i giorni.”

 

“Non fare promesse che non puoi mantenere.”

 

Chiuse gli occhi - stanca - inebriandosi di quel profumo agrodolce che aveva la capacità di mandarla in estasi quando si sentì mozzare il fiato nel percepire la mano di lui incastonarsi sotto l’attaccatura dei capelli e stringerla a sé.

 

“…”

 

Fu poco più di un sussurro ma abbastanza efficace da procurarle un violento brivido lungo la schiena.

 

“Io ci sarò sempre Yachi, in un modo o nell’altro.”

 

Sorrise la manager della Karasuno, la testa pesante e l’animo in subbuglio.

 

“Non metterci tanto.”

 

“Ci proverò.”

 

Lei e Shoyo erano sempre stati complici, molto più che amici ma non abbastanza per essere paragonati ad una coppia di fidanzatini.

 

 

Un duo inspiegabile e particolare, incomprensibile ai più.

 

 

Sospirò lieta quando le labbra di lui andarono a solleticarle la fronte, un gesto scaramantico che era solito fare alla vigilia di ogni partita.

 

“Torniamo dagli altri?”

 

“D’accordo …”

 

Si aggrappò a quelle spalle marmoree per un’ultima volta, consapevole di quanto le sarebbero mancate, quando sorrise nel vedere Shoyo prenderla per mano e trascinarla fuori dalla palestra con la spensieratezza e l’allegria di un bambino a cui hanno appena regalato le caramelle.

 

“Fidati di me, Yachi.”

 

Rise, la graziosa biondina, scuotendo il volto.

 

“Sempre.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sprofondo sempre più nell’angst, mannaggia (spero di non aver fatto confusione con i nomi ^.^)

 

E niente, malinconia portami via ;-)

 

Alla prossima!

 

Schmetterlinge

 

 

 

 

 

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Capitolo 16
*** Tempo al tempo ***


“Come credi siano riusciti a battere gli Shiratorizawa?”

 

“Ancora non me lo spiego.”

 

“E’ assurdo, dopotutto parliamo di Wakatoshi.”

 

“La fortuna dei principianti.”

 

Era da una ventina di minuti che quei tre avevano deciso di aprir bocca solo per sputare sentenze velenose sulla Karasuno e parevano intenzionati a proseguire.

 

Yachi …”

 

Inutile dire che lo sforzo per trattenersi dall’urlargli contro e prenderli a sberle era notevole.

 

“Calma…”

 

Shimizu sapeva essere meravigliosamente diplomatica, riflessiva e lei avrebbe voluto saper fare altrettanto ma …

 

“Adesso basta.”

 

Fece per allontanarsi ma si sentì afferrare per il polso.

 

“Tempo al tempo, Yachi.”

 

“Non ho mai sopportato questo parlare a sproposito.”

 

“Fidati di me, tempo al tempo.”

 

Kiyoko sorrise, lo sguardo di chi la sa lunga, per poi dirigersi in panchina, lasciandola sola.

 

 

 

 

Tempo al tempo eh?

 

 

 

“Yachi!”

 

Non rispose, lo sguardo a terra, le gote rosse e i pugni schiusi quando si specchiò nelle iridi di Hinata.

 

“Tutto bene?”

 

Un sorriso forzato, un flebile sussurro.

 

“Si …”

 

Shoyo le si avvicinò, cingendole le spalle, Tobio e Nishinoya poco distanti.

 

“Dobbiamo preoccuparci?”

 

 “Sono solo stanca, davvero.”

 

Sospirò, carezzandogli la spalla con il mento, quando dovette trattenere un gemito nel scorgere i ragazzi di prima entrare in campo.

 

 

 

Tempo al tempo eh?

 

 

 

Iniziò a mordicchiarsi le labbra, ritrovando un certo entusiasmo di fronte a quella piacevolissima scoperta.

 

“Ragazzi …”

 

Si voltò di scatto, lo sguardo furbo.

 

“Sono loro i vostri prossimi avversari?”

 

“Già.”

 

“Mi fareste un favore?”

 

Hinata le si avvicinò, rivolgendo uno sguardo fuggevole a Tobio, non capendo cosa avesse in mente.

 

“So che è una competizione amichevole ma …”

 

Assottigliò gli occhi.

 

“Massacrateli.”


Sorrise, scandendo con lentezza disarmante quelle parole che tanto sapevano di vendetta; peccato solo che nessuno dei ragazzi della Karasuno sapesse spiegarsi il motivo di questo accanimento - per degli sconosciuti poi - ma non era importante che capissero, non subito almeno.

 

Kageyama e Hinata la scrutarono a lungo, iniziando ad intuire la ragione di quel comportamento tanto anomalo, quando Yachi decise di dar loro le spalle, avviandosi agli spalti.

 

 

 

Tempo al tempo eh?

 

 

 

Rise soddisfatta, impaziente di godersi lo spettacolo, quando si sentì chiamare.

 

“Yachi!”

 

Nell’istante in cui si voltò il suo cuore perse un battito, non potendo fare a meno di arrossire, come tutte le volte in cui - alla vigilia di una partita - Hinata e Tobio allungavano il braccio nella sua direzione, mostrandole i pugni in nome di una promessa che - ne era certa - avrebbero fatto di tutto per mantenere.

 

“…”

 

La graziosa biondina non se lo fece ripetere due volte e ricambiò quel gesto dagli innumerevoli significati, incomprensibile ai più ma non a loro.

 

“Ci vediamo dopo.”

 

“A dopo.”

 

Avrebbe ricordato quel momento per molto, molto tempo, specialmente le facce di quei tre boriosi senza cervello a fine partita, fatti a pezzi per tre set consecutivi.
 

 

 

 

 

 

Che avessero finalmente compreso chi aveva battuto Wakatoshi?















 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nell’anime vi era una scena simile (non riesco a ricordare quale episodio fosse esattamente) e ho deciso di scriverci qualcosa, rivisitandola ;-)

Spero vi sia piaciuta, nel mentre ringrazio già chiunque deciderà di soffermarsi su questa raccolta e coloro che l’hanno già fatto ;-)

Alla prossima!

Schmetterlinge 

 

 

 

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Capitolo 17
*** Talk to me ***


Quei due avevano litigato.

 

 

 

Ancora

 

 

 

Yachi bussò alla porta con foga, restando in attesa, quando scorse un Hinata malaticcio e febbricitante scrutarla da dietro lo stipite.

 

 

 

 

 

E ancora non si parlavano

 

 

 

“Posso?”

 

“Potrei attaccarti il raffreddore.”

 

“Correrò il rischio.”

 

Lo superò con finta indifferenza, conscia di avere il suo sguardo addosso.

 

“Avete intenzione di tenervi il broncio per molto?”

 

Shoyo sorrise - preso in contropiede - invitandola a sedersi.

 

“Sai come siamo fatti.”

 

“Come cane e gatto?”

 

“Qualcosa del genere.”

 

Yachi lo scrutò a lungo, osservandone il volto stanco e sciupato, gli occhi solcati e le membra tese.

 

“Avete le olimpiadi tra meno di due mesi.”

 

 

 

 

Silenzio

 

 

 

 

“Non sarebbe il caso di fare pace per quella data?”

 

Shoyo scoppiò a ridere, guardandola dolce.

 

“Dimmi, sei stata anche a casa sua?”

 

“Passavo per caso…”

 

Per caso?”

 

“Già.”

 

Si osservarono per interminabili secondi - consapevoli - quando Hinata si passò una mano sul volto.

 

“Non devi preoccuparti, vedrai che si risolverà.”

 

“Non mi piace vedervi così.

 

Shoyo le scompigliò la frangia, regalandole un buffetto sulla guancia, quando sentì la terra mancare sotto i piedi.

 

“Hinata!”

 

Yachi lo prese per la vita, facendo leva sulle spalle e capitolando a terra; le ci volle qualche secondo per registrare quanto accaduto.

 

“Hinata!?”

 

“E’ stato solo un giramento.”

 

“Hai la febbre alta.”

 

 

 

 

Scottava 

 

 

 

 

“A quanto pare sono recidivo.”

 

Lei non rispose, carezzandogli la fronte con le dita.

 

“Ho bisogno di una doccia fredda.”

 

“Sicuro?”

 

“Devo abbassare la temperatura.”

 

Yachi dovette soffocare un rantolo nel vederlo togliersi la maglietta e restare a dorso nudo.

 

 

 

 

Uno spettacolo indubbiamente gradevole agli occhi

 

 

 

 

“Appoggiati a me.”

 

 

 

 

Ma questo lo sapeva già 

 

 

 

 

“Yachi …”

 

“Non ti reggi in piedi.”

 

Quando sentì il corpo dell’amico aderire al proprio fu certa di essere arrossita e molto anche; non si sarebbe mai abituata a certe cose.

 

“Ci siamo quasi …”

 

Fece per allontanarsi quando si sentì stringere la vita; Hinata la osservava sorridente.

 

“Grazie.”

 

Si specchiò nelle sue iridi ramate, sfiorandogli il mento con le dita.

 

“Di nulla.”

 

“Quindi parti per l’Europa?”

 

“Per il fine settimana sarò già di ritorno, Hinata.”

 

Lui la fissò serio, imbarazzandola furiosamente.

 

“Allora sabato potremmo organizzare una rimpatriata.”

 

“Sarebbe perfetto.”

 

Schiuse le labbra quando avvertì quelle di Hinata affondare contro la sua guancia.

 

 

 

 

Iniziava a sentire caldo

 

 

 

 

 

“Si vede che hai la febbre, casanova.”

 

“Dici?"

 

Risero, scambiandosi uno sguardo eloquente.

 

“Fila in doccia e rivestiti per favore.”

 

“Imbarazzata?”

 

“Muoviti.”

 

Gli lanciò l’asciugamano prima di dargli le spalle e scomparire oltre la porta, il volto in fiamme e un sorriso malizioso.

 

“Ti aspetto di là.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

//

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Hinata fu certo di aver smesso di respirare; fissò la televisione con apparente apatia per poi precipitarsi alla porta dove incappò in un Kageyama altrettanto sconvolto.

 

“Tobio…”

 

“Gli altri ci stanno aspettando.”

 

Si scambiarono uno sguardo d’intesa per poi iniziare a correre come se la loro vita dipendesse da questo; quando arrivarono alla Karasuno, si diressero alla palestra della scuola dove trovarono la squadra al completo.

 

“Ragazzi…”

 

Tadashi andò loro incontro, le lacrime agli occhi.

 

“Non sappiamo ancora nulla.”

 

Schimizu aveva portato una mano alla bocca - quasi a impedirsi di urlare - mentre Tanaka tentava di calmarla.

 

“Sua madre?”

 

“L’abbiamo sentita poco fa.”

 

Daichi e Asahi avevano le iridi arrossate, lo sguardo impietrito al pari di Suga, Nishinoya e tutti gli altri.

 

“Come diavolo ….?”

 

Hinata non riuscì a continuare.

 

“Pare sia precipitato dopo il decollo, nessuno sa cosa sia successo.”

 

“Siamo sicuri fosse sul quel volo?”

 

“…"

 

Tobio aveva abbassato lo sguardo, appoggiandosi al muro lì vicino; anche Tsukki aveva serrato le labbra, un’espressione sofferente in volto.

 

“Avremmo dovuto vederci domani.”

 

Shoyo sorrise - un sorriso amaro -  specchiandosi negli occhi del rivale di sempre.

 

“Voleva tornassimo a parlarci.”

 

Scosse il volto, visibilmente infuriato.

 

“Hinata …”

 

“…”

 

Kageyama fece per avvicinarsi ma l’amico si allontanò, dandogli le spalle.

 

“Non può essere.”

 

“…”

 

“Non può...”

 

Suga e Daichi non ebbero il coraggio di replicare e Shoyo, in cuor suo, pregò non lo facessero.

 

 

 

 

E pensare che si erano sentiti il giorno prima

 

 

 

 

Schimizu fece per alzarsi quando sentì il telefono squillare.

 

“E’ sua madre…”

 

Quella frase fu sufficiente a far ammutolire tutti; la ragazza smise di respirare, cambiando colore, quando dei passi rapidi e leggeri richiamarono l’attenzione dei presenti, inducendoli a volgere lo sguardo all’ingresso.

 

“Non …”

 

Hinata assottigliò le iridi - restando in attesa - quando scorse Yachi sbattere contro lo stipite, pallida e smorta.

 

“Mi dispiace…”

 

Abbassò il mento, sul punto di collassare.

 

“Ho preso il volo prima, volevo farvi una sorpresa.”

 

Portò una mano al petto, stremata.

 

“Ho saputo dell’incidente solo adesso, avevo il cellulare scarico e non …”

 

Avrebbe voluto terminare la frase ma venne travolta da Hinata e dai ragazzi, capitolando a terra.

 

“Non ti azzardare più, dannazione!”

 

Hinata e Tobio la strinsero a sé e lei non potè fare altro che sorridere nel vederli gli stessi di sempre.

 

“Siete tornati a parlarvi.”

 

I due non risposero, soffocando un sorriso.

 

“Era ora.”

 

 

 

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Capitolo 18
*** Shining ***


Yachi prese un respiro profondo, riservando un paio di occhiate fuggevoli al suo più caro compagno di avventure.

 

“Ti dolora?”

 

“Non molto.”

 

Sorrise nel carezzargli la mano, fasciandogliela con dolcezza.

 

“Sei il solito combina guai.”

 

“…”

 

Negli ultimi mesi Hinata era riuscito a guadagnarsi una frattura, una distorsione e un paio di lussature.

 

“Dovresti prestare più attenzione, abbiamo bisogno di te.”

 

Abbassò lo sguardo quando sentì qualcosa solleticarle il mento, ritrovandosi pericolosamente vicina al volto di lui, a quei bellissimi occhioni ramati che l’avevano stregata fin dal loro primo incontro.

 

“Non voglio che ti preoccupi per me, Yachi.”

 

“Fosse semplice.”

 

“…”

 

Se Shoyo non fosse stato tanto esuberante e sconsiderato avrebbe potuto non impensierirsi ma tra lui e Tobio non sapeva chi fosse il più irrecuperabile.

 

“Come andiamo qui?”

 

“Arriviamo Kageyama.”

 

Sorrise la graziosa biondina, i capelli dorati - ora spaventosamente lunghi - sciolti lungo le spalle ampie, l’incarnato roseo, lo sguardo vispo e acceso.

 

“Vai pure avanti.”

 

“Inizio ad attraversare.”

 

Non seppe spiegarsi il motivo ma sentì un brivido correrle lungo la schiena, mozzandole il fiato; rivolse una rapida occhiata a Hinata, intento ad allacciarsi la felpa, per poi posare lo sguardo su Tobio, già dall’altra parte della strada, seguito da Shimizu e dai ragazzi.

 

“Yachi, tutto bene?”

 

“…”

 

Avrebbe voluto rispondere ma il terrore glielo impedì, portandola a stritolare il pallone che teneva tra le mani; a pensarci bene era sempre stata timida e insicura, brava a scuola ma non abbastanza da eccellere sugli altri, sportiva ma non sufficientemente talentosa da spiccare.

 

Per quanto si fosse sforzata di trovare un modo per brillare sentiva di aver fallito, almeno fin quando non aveva conosciuto i ragazzi della Karasuno.

 

“Yachi?”

 

Da quel momento tutto era cambiato, lei era cambiata, diventando una persona decisamente migliore.

 

 

 

 In tutti i sensi

 

 

“Non c’è tempo.”

 

Hinata stava ancora massaggiandosi la mano - la stessa che lei gli aveva fasciato poco prima - quando capì, smettendo di respirare insieme a Tobio, Schimizu e a tutti gli altri.

 

“Forse…”

 

Strinse i denti nell’osservare un bambino in mezzo alla strada, le ginocchia sbucciate e due occhioni gonfi di lacrime, in procinto di essere travolto da una macchina fuori controllo.

 

“Schimizu!”

 

Fu un urlo acuto e stridulo, così potente che per un momento temette di aver perso un polmone; Hinata non era in condizioni perciò …

 

“Ora!”

 

 

 

 

Ti prego

 

 

 

 

 

Smise di respirare nell’istante i cui affondò i piedi nel terreno librandosi alta nel cielo, pregando che il suo istinto e la sua caparbietà fossero abbastanza.

 

 

Lei

 

che non era mai stata impulsiva ma razionale e calcolatrice, 

 

metodica e maniaca del controllo

 

 

 

 

 

Strinse i denti non appena schiaffeggiò il pallone con tutta la forza di cui era capace, deformandolo quasi a volerlo frantumare, smaniosa di indirizzarla a quel bambino dallo sguardo dolce e spaventato.

 

 

 

 

 

Ti prego

 

 

 

 

 

Doveva funzionare, in un modo o nell’altro avrebbe funzionato e non avrebbe contemplato nulla di diverso.

 

“Adesso!”

 

Abbassò il mento, sgranando gli occhi, i muscoli del volto contratti in una smorfia, la folta chioma dorata lungo le spalle, non appena vide il pallone travolgere il piccolo e scaraventarlo tra le braccia di Schimizu.

 

“Kiyoko!”

 

Sorrise non appena vide la sua mentore, nonché sua più cara amica, attutire il colpo e capitolare poco distante dal marciapiede, le ginocchia flesse, la schiena ingobbita e le spalle curve.

 

 

 

 

E il piccolo ancora tra le braccia

 

 

 

 

 

Fu uno sguardo il loro, intenso e complice, carico di significato; non seppe spiegarsi come vi fosse riuscita ma andava bene così.

 

Aveva deciso di rischiare, ricorrendo all’impensabile, e per una volta aveva avuto ragione.

 

“Yachi!”

 

Sentì Hinata afferrarla per la vita prima che potesse sfracellarsi al suolo, finalmente al sicuro.

 

“Sto bene…”

 

“Guardami.”

 

Era spaventato e atterrito, esattamente come lei, ma soprattutto incredulo.

 

“Come hai …?”

 

“Fatto?”

 

Rilassò le spalle nell’osservare il piccolo tra le braccia di Schimizu e di quella che - con molta probabilità - doveva essere la madre; piangeva come se gli avessero rubato le caramelle ma era sano e salvo e questo era tutto ciò che contava.

 

“L’abbiamo visto in un film.”

 

Tremò al solo pensiero di aver fatto qualcosa di tanto sconsiderato - non era da lei - ma la paura sembrò diminuire non appena scorse Shoyo accostarsi alla sua fronte, la mano sotto l’attaccatura dei capelli.

 

“Sei …”

 

“Pazza?”

 

“Incredibile.”

 

“Ho due grandi maestri.”

 

Rilassò le spalle, mischiando il suo respiro con quello dell’amico, quando incontrò gli sguardi dei ragazzi dall’altra parte della strada.

 

“…”

 

Tobio le sorrise, mordendosi il labbro, incredulo ma mai tanto orgoglioso, al pari di Tsukki e tutti gli altri.

 

“Ottima battuta, Yachi.”

 

Le due manager si scambiarono uno sguardo eloquente.

 

“Bella presa, Schimizu.”

 

“Siete …”

 

Daichi e Suga le osservarono sconvolti.

 

“Due matte?”

 

Dopotutto, in una squadra come la loro ci si sarebbe potuto aspettare qualcosa di diverso?

 

“Può essere.”

 

Scoppiò a ridere Yachi, ancora accanto a Hinata, pensando che forse quel momento che aveva atteso per così tanto tempo era giunto contro ogni previsione, illuminandola come mai nella sua vita.

 

 

 

Anche lei 

finalmente

era riuscita a brillare

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Capitolo 19
*** Io odio la sabbia ***


Tobio sbuffò pesantemente, le labbra corrucciate e un’espressione piccata.

 

 

 Al pari di quella di Wakatoshi

 

 

Era già caduto un paio di volte e, cosa ancor più fastidiosa, aveva sabbia ovunque.

 

Nei capelli.

 

Nelle bermuda e persino in bocca.

 

 

In sintesi, un disastro su tutta la linea

 

 

“Allora, come andiamo?”

 

Hinata li fissava con un gran sorrisone sulle labbra.

 

“Che domande, se la stanno cavando benissimo Shoyo.”

 

Aoba aveva poggiato le mani ai fianchi, altrettanto compiaciuto e sul punto di prorompere in uno sghignazzo indelicato.

 

“Siamo solo al primo set, non vorrete fare una pausa?”

 

Kageyama rilassò le spalle, sul punto di precipitare in una crisi di isteria.

 

“Chi ha parlato di pausa?”

 

Anche Wakatoshi pareva un tantino fuori fase.

 

“Dopotutto è soltanto sabbia, vero Tobio?”

 

Fu esilarante l’occhiata che si scambiarono Hinata e Aoba, eterni complici.

 

“Possiamo continuare, nessun problema.”

 

“Non aspettiamo altro.”

 

Aoba si affiancò al rossiccio, fingendo di sistemarsi il berretto.

 

“Che dici, li strapazziamo ancora un po’?

 

Il piccolo gigante sgranò gli occhi.

 

“Certo, e me lo chiedi anche?”

 

Una risatina appena accennata.

 

“Sei tremendo.”

 

“Anche tu.”

 

Il ragazzo dalla folta chioma ramata schioccò le dita con decisione, specchiandosi negli occhi dell’eterno rivale di sempre.

 

 

 

Tobio pareva davvero sconvolto

 

 

“Pronti ragazzi?”

 

“Quando volete.”

 

Wakatoshi si mise in posizione, pronto a riprendere quella sofferenza.

 

“Io odio la sabbia.”

 

Silenzio, almeno fin quando Kageyama non lo fulminò con lo sguardo.

 

“Non una parola.”

 

 

 

Quanto mai 

avevano proposto a quei due una sfida a Beach Volley 

 

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Capitolo 20
*** Always ***


Il tempo scorreva lento e inesorabile e - nonostante sperasse nel contrario - sapeva di non poter fare nulla per arrestarne la corsa.

 

Aveva raggiunto la soglia dei ventotto anni eppure le sembrava di essere ancora una ragazzina, la stessa ai tempi del liceo Karasuno, gli anni degli allenamenti sfibranti, dei tornei serali e delle gare nazionali, gli anni in cui tutto aveva avuto inizio.

 

 

 

Quanto avrebbe voluto tornare indietro

 

Un’utopia

 

 

Yachi se ne stava seduta - assorta - in canotta e pantaloncini, i capelli color del grano - un tempo a caschetto - a fare da cornice al bel visino tondo, una matita dietro l’orecchio e un paio di quaderni sparsi sul letto.

 

Era talmente persa nei meandri sei suoi pensieri da non essersi accorta della presenza di qualcuno oltre la porta della sua camera d’albergo, qualcuno che doveva fremere d’impazienza a giudicare dalla foga con cui aveva iniziato a bussare.

 

“Cosa …?”

 

Dovette soffocare un rantolo alla vista di Hinata in maglietta e bermuda, il volto impensierito, gli occhi stanchi e solcati, un flebile sorriso sulle labbra.

 

“Posso?”

 

Si scrutarono per interminabili secondi quando la ragazza gli fece cenno col capo.

 

“Fammi indovinare, non riesci a prendere sonno?”

 

“Tu?”

 

“Dovresti riposare, domani …”

 

“Abbiamo la finale, lo so.”

 

Hinata era sempre stato intrepido e spavaldo, per certi versi un vero incosciente; con il passare degli anni, invece, aveva finito col maturare, diventando più razionale, più responsabile ma decisamente più ansioso.

 

“Vuoi stenderti un attimo?”

 

“…”

 

Fortunatamente bastava entrare in campo per dimenticare ogni forma di incertezza ma mancava ancora qualche ora al match e la vera sfida sarebbe stata cercare di rassicurarlo e fargli prendere sonno.

 

“Kageyama?”

 

“L’ho visto aggirarsi nella hall …”

 

Evidentemente anche il Re della Pallavolo non era immune da preoccupazioni o paranoie.

 

 

 

Buono a sapersi, allora era umano anche lui.

 

 

 

“Dovresti riposare …”

 

“Avevo bisogno di vedere un volto amico.”

 

“Tobio?”

 

Hinata sbuffò sonoramente, soffocando una risata.

 

“Qualcun altro che non fosse Kageyama, Bokuto o i ragazzi della squadra.”

 

Yachi sorrise, sdraiata sul fianco e a pochi centimetri dal volto del rossiccio; il loro rapporto era sempre stato qualcosa di indefinibile, unico nel suo genere, incomprensibile ai più ma poco importava.

 

 

Molto più che amici ma non abbastanza da volersi definire una coppia.

 

Eppure…

 

 

“Hinata …”

 

 

 

 

Non era importante che gli altri capissero ma andava bene così

 

 

 

 

“Quando ti vedranno uscire dalla mia camera penseranno che …”

 

“Non voglio metterti in difficoltà.”

 

“Non l’hai mai fatto.”

 

 

 

Si erano sempre protetti a vicenda 

 

 

 

“Yachi …”

 

Shoyo si specchiò in quelle iridi ramate che aveva amato fin dal loro primo incontro, restando in attesa, pendendo dalle labbra di lei, le uniche in grado di tranquillizzarlo.

 

“Cerca di riposare.”

 

“Troppa adrenalina.”

 

“Adrenalina o paura?”

 

“E’ una finale importante, lo sai.”

 

“…”

 

Quel ragazzo era incorreggibile.

 

“Non puoi permetterti di arrivare stanco o non sarai di aiuto a nessuno.”

 

Kageyama aveva bisogno di lui, Bokuto e tutti gli altri avevano bisogno di lui e non poteva permettersi di fare passi falsi, non alla vigilia della finale olimpionica.

 

“Hai provato con della camomilla?”

 

“Alle terza mi sono arreso.”

 

Avrebbe voluto trattenersi dallo scoppiare a ridergli in faccia ma fu inutile.

 

“Non ridere.”

 

“E’ un po’ difficile, non credi?”

 

Di questo passo sarebbero rimasti svegli fino all’alba.

 

“Hinata …”

 

Sollevò le dita della mano sinistra, iniziando a carezzargli il volto mentre il rossiccio perseverava nell’osservarla quasi volesse leggerle dentro.

 

“Chiudi gli occhi.”

 

“Devo preoccuparmi?”

 

“…”

 

Lei non rispose, accennando un flebile sorriso non appena scorse l’amico socchiudere le palpebre.

 

“Domani …”

 

 

Fu poco più che un sussurro

 

 

 

Fece leva sui gomiti, sporgendosi quel tanto che bastava per avvertire il respiro di Shoyo mischiarsi al proprio.

 

“Gioca anche per me.”

 

“…"

 

Sfiorò le labbra di lui, così morbide e carnose, regalandogli un bacio che parve durare un’eternità.

 

“…”

 

Quando si staccò, avvertì Shoyo intrappolarla e ricambiare quel contatto tanto dolce.

 

“…”

 

“…”

 

Il petto di Hinata contro il proprio, le braccia di lui attorno ai fianchi, fronte contro fronte; non avrebbe potuto sentirsi più al sicuro.

 

“Te lo prometto.”

 

“…”

 

Era un tono di voce sommesso, tanto che Yachi si ritrovò a soffocare un sorriso non appena vide il rossiccio abbandonarsi tra le braccia di Morfeo.

 

“A domani, allora.”

 

“…”

 

Si avvicinò, accostando la fronte al mento di lui, mentre la testa si faceva sempre più pesante, le palpebre calanti e il respiro ipnotico; tentò di resistere pur di godersi quel momento che, ne era certa, avrebbe custodito per molto tempo quando tutto si fece tremendamente buio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

//

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Si svegliò di soprassalto, timorosa di essere rimasta a letto, ma scoprì - con grande piacere - di essere in perfetto orario; diede una rapida occhiata alla sveglia.

 

 

 

Hinata se ne era già andato

 

 

 

 

 

Sorrise nell’intravedere un biglietto sul comodino, accompagnato da quella che aveva tutta l’aria di essere una colazione.

 

 

 

 

Il solito galante

 

 

 

 

Dovette soffocare una risata, le lacrime agli occhi dalla contentezza, nel leggere:

 

 

 

Grazie per questa notte.

 

Ci vediamo tra un paio d’ore, goditi la colazione.

 

Hinata

 

 

 

 

Inutile dire che, quando fu certa di essersi resa presentabile, si precipitò alla porta dove ebbe il piacere di imbattersi in quella che si era sempre divertita a definire “l’altra faccia della medaglia.”

 

“Tobio…”

 

Il moro la scrutò dolce.

 

“E’ di buon umore oggi, più carico del solito.”

 

“Davvero?”

 

“Ne sai qualcosa?”

 

Kageyama sapeva leggerle dentro come nessun altro.

 

“No, perchè?”

 

Si scrutarono per interminabili secondi, quando il Re del Campo la prese per la vita.

 

“Andiamo, o faremo tardi.”

 

“Posso camminare anche sulle mie gambe.”

 

“Così facciamo prima.”

 

Risero, il tutto sotto gli sguardi incuriositi dei presenti, quando raggiunsero la hall.

 

“Ci vediamo al palazzetto?”

 

“Contaci.”

 

Quando lo vide allontanarsi sentì una morsa allo stomaco, una malinconia indescrivibile; quei ragazzi avevano grandi responsabilità, non solo verso se stessi ma verso una Nazione intera.

 

 

 

 

Così giovani 

 

 

 

 

“Kageyama!”

 

Lo rincorse, affiancandoglisi.

 

“Mi raccomando …”

 

Non vi fu bisogno di altre parole, tra loro era sempre stato semplice.

 

“Stai tranquilla.”

 

“Ma…”

 

“Non voglio che ti preoccupi, d’accordo?”

 

Chiuse gli occhi non appena avvertì la mano di lui carezzarle la testolina folta e darle le spalle per raggiungere gli altri; Hinata li osservava poco distante.

 

 

 

 

Quanto avrebbe voluto farsi carico di quella responsabilità 

se avesse significato dar loro del sollievo

 

 

 

 

Sollevò le dita della mano destra in segno di saluto non appena li vide scomparire, il volto impensierito e il cuore a mille, pregando che la loro caparbietà e il loro talento fossero abbastanza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

//

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Era riuscita a sedere in prima fila tanto da cogliere anche il più piccolo dettaglio, invisibile ai più.

 

 

 

 

 

La coppia d’oro

 

 

 

 

Quando li vide entrare in campo alti e prestanti, le spalle ampie e i muscoli tesi, fu certa di aver perso un battito.

 

“Ti senti bene, Yachi?”

 

Schimizu la fissava dolce.

 

“Suppongo di si.”

 

Credette di svenire non appena scorse il piccolo gigante ringraziarla con un cenno di saluto, dedicandole quel match tanto temuto quanto atteso, il tutto sotto lo sguardo vigile e complice di Tobio.

 

“Andrà bene.”

 

“…”

 

Sorrise nel scorgere i ragazzi della Karasuno fare il tifo con quanto più fiato, proprio come al liceo.

 

 

 

Nonostante lo scorrere del tempo, 

 

certe cose non avrebbero mai avuto fine.

 

 

 

 

Finché Hinata e Tobio avessero lottato, giocando al meglio delle loro possibilità, lei avrebbe resistito.

 

 

 

 

Insieme a loro 

 

 

 

 

Finché la coppia d’oro avesse continuato a vivere e a far sognare, la sua vita avrebbe avuto un senso.

 

 

 

I ragazzi della Karasuno

 

 

 

 

Avrebbe continuato a incoraggiarli dagli spalti e loro a guardarla come se non avessero mai visto nulla di più bello.

 

 

 

 

Semplicemente loro

 

 

 

 

 

Hinata, loquace ed espansivo, bisognoso di rassicurazioni.

 

Tobio, silenzioso, apparentemente freddo ma sempre presente.

 

 

 

 

 

 

Always

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E’ finita!!

Anche questa raccolta è giunta al termine (spero di non aver fatto disastri con i nomi ^.^)!

Tengo a ringraziare tutti coloro che si sono soffermati e che hanno perseverato nel seguire capitolo dopo capitolo, grazie mille di cuore per la fiducia e la costanza!

Certa che vi saranno altre occasioni per scrivere di questo incredibile manga - scoperto troppo tardi - non mi resta che dire: alla prossima avventura!

Schmetterlinge 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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