Into the unknown ~ Back to the known di uchiha_girl e bloodnyar (/viewuser.php?uid=78641)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Gusto (39) ***
Capitolo 2: *** Oscurità (74) ***
Capitolo 3: *** Ombra (75) ***
Capitolo 4: *** Luce (73) ***
Capitolo 1 *** Gusto (39) ***
Generi: Nonsense,
Sovrannaturale.
Rating: Giallo.
Avvertimenti: Flashfic, What if? (E
se...), shonen-ai.
Conteggio parole: 141.
Pairing: M/M.
Inizialmente doveva adattarsi al prompt estate, ho poi cambiato a
flashfic conclusa perché... Be', è chiaro XD.
La storia però non ha fottutamente
senso! Potete scappare se
volete. Ripensamenti dell'ultima ora. Probabilmente potrei inserire un seguito, stavolta un capitolo unico però lungo alla come si deve, che spieghi meglio il rapporto fra Matt e Mello, il come, il perché... Insomma, togliere quest'aura da Nonsense probabilmente con una science-fiction ancora più confusa XD. *Questo intermezzo vi è stato offerto da... Uchi e le sue seghe mentali esagerate.*
39 ~ Gusto.
Cioccolato al mattino,
a mezzogiorno, durante il pomeriggio, alla sera.
Zuccheri in corpo pericolosamente
alti, nulla però importa se ci si può immergere
per qualche minuto in un
paradiso meravigliosamente
artificiale.
Sangue disgustosamente dolce che,
nella calura estiva, attira zanzare sulla pelle deliziosamente candida, orridamente
profumata.
Labbra sulla spalla
immacolata, toccate prima da sale e ora da ferro. È
così
facile non rendersi conto di quel che succede, fra i gemiti di Mello e
la sete
di Matt, fra il buon odore di Mello e lo sguardo estatico di Matt.
In estate, il sangue
dolce di Keehl – lo stesso sangue che ora macchia il mento
del compagno – attira le zanzare. Entrambi sono certi che, se
non riescono a
fare a meno di questi sporadici momenti, se non riescono a fare a meno
di
questo bacio proibito, il motivo
è
un altro.
Note: con bacio si
intende il bacio del vampiro, ossia l'atto del cibarsi; questa
è infatti una delle possibili interpretazioni della fanfic.
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Capitolo 2 *** Oscurità (74) ***
Capitolo uno.
Beneee,
le cose stanno così. Questa è casualmente
diventata una longfic.
Prima volevo terminare i prompt sui cinque sensi, poi mi sono detta che
il
primo capitolo si adattava meglio a Oscurità, e il secondo a
Ombra, poi Luce e
poi i restanti sensi per lo sviluppo della ship. Direi che, contando
questo, i
capitoli totali saranno sette con un epilogo random
XD.
Riuscirò sicuramente a finirla e l’aggiornamento
non penso sarà semestrale,
anzi.
Ringrazio le persone che hanno recensito, ossia BloodNyar
(È un sogno comune... come quello del Matt/Mello XD!), _pEaCh_ (Ave a lei, oh donna la cui
recensione è sempre accetta
*O* Questo primo capitolo lo definirei, più che macabro, spiazzante, perché io me lo
vedo davvero così Matt ed è uno
scandalo XD) e _S_t_a_r_
(Onore a chi lascia un segno del suo passaggio *O*!); una menzione speciale per Lady_Ginny
che
ha aggiunto la storia fra i preferiti ^^. Arigatou!
Mi sono impegnata a rendere il linguaggio abbastanza infantile, ho
però a tiro
sempre bambini in età da asilo e non so se qualcuno di otto
anni parlerebbe
così ^^’. Ricordo ad esempio che mi rimproveravano
alle elementari l’uso del cosa
per riferirsi a tutto, e dai temini
che ripetevo spesso i nomi, non so se si tratti di un tratto comune o
altro XD.
Vedremo. Buona lettura!
Capitolo
uno.
74
~ Oscurità.
Mail non è mai stato un amante del buio.
È una cosa che detesta da quando era bambino, e anche adesso
che finalmente è grande
non può sopportare a
lungo di restare in una stanza senza alcuna fonte di luce o una
compagnia.
Anche se non si chiama più Mail – glielo ha detto
Roger, il timore rimane.
No, non è paura. È grande, Matt. Ha compiuto da
una settimana gli otto anni,
nessuno può imporgli nulla, né gli è
più permesso di avere paura.
È il più grande e il (secondo)
più
forte nel piccolo orfanotrofio, da quando L è partito.
L era un mito: lui restava sempre al buio e non aveva mai paura. L
sapeva tutto
riguardo tutto e su tutti; un giorno provò a spiegargli
perché quando le luci
si spengono a Mail, pardon, a Matt
sembra quasi di non poter più respirare, però era
tutto troppo complicato. Si
concentrò allora sul suono delle parole,
sull’inflessione, sulle sue labbra che
si muovevano, cercando di imparare a parlare come lui.
Resta che L era un genio. Un po’ gli manca, ma ora ha Mello.
È arrivato quasi un mese dopo la partenza di L.
Oh, anche Mello è intelligentissimo: però, a
differenza di L, il suo nuovo
amico passa molto tempo sui libri per imparare le cose.
Non gli basta leggerle una volta, però non sembra
dispiacersene. È felice di
poter passare i pomeriggi sui libri e poi uscire a giocare con gli
altri, è
felice di poter studiare tutte quello che L già sa e tanto,
tanto di più.
Anche a Mello dispiace il buio. Dice che gli ricorda troppo il
precedente
orfanotrofio – non gli piaceva quel posto, nonostante gli
dessero da mangiare
tante cose buone e lo curassero, a volte trattandolo come fosse una
bambola.
Mello però è forte: da quando è
arrivato Matt lo ha visto piangere solo una
volta.
Mica come quella lagna di Shane, che a volte si addormenta male e urla
per
tutta la notte di ridargli la sua mamma.
Oggi Mail ha preso una decisione.
Se Mello ha paura del buio, non dovrà più starci.
È un suo amico, l’amico
più amico che potesse desiderare,
non può permettere che soffra.
Preso il giochino elettronico che L gli ha regalato per Natale e tutta
la buona
volontà di cui dispone, sguscia furtivo fuori dalla camera
che condivide con
altri cinque compagni. Non prima di aver dato il bacio della buonanotte
a
Mello, ovvio.
E un calcio alla giacca di Kevin. Così impara a tirargli la
palla storta.
Una volta fuori, però, tutto quel che trova è altro buio.
E l’orfanotrofio è sempre più piccolo,
sempre più lontano... Che si sia fatto
coraggio? Sta davvero camminando nel buio senza aver paura?
Orgoglioso di sé continua con la passeggiata notturna,
accorgendosi di non
avere una meta ben precisa.
Dove può trovare una luce per Mello?
E pensa che sarebbe meglio tornare indietro, adesso. Sarebbe meglio
tornare a
casa.
Decisamente, questo buio è diverso da quello della stanza.
Questo buio è cattivo,
quello all’orfanotrofio era
soltanto vuoto.
Ma forse ha trovato una risposta.
Quella signora gli sorride, quella signora sembra buona...
È bella, tanto bella che potrebbe essere la sua mamma
– Roger dice sempre che
tutte le mamme sono belle, e buone, e gentili, e che non è
colpa loro se si
trovano all’istituto.
La signora ha i capelli biondi, e quella pelle bianchissima fa paura.
Però è bella,
e in quel sorriso vede qualcosa di rassicurante.
Le si avvicina senza remore, sebbene ogni cosa gli urli di fermarsi.
«Mail, fermati!»
implora ogni cellula
del suo corpo. Ma lui non si chiama più Mail, adesso
è Matt.
Si avvicina alla bella signora, prende la mano che lei gli
porge. Il buio
sembra più chiaro, adesso che c’è lei
– eppure non lo vede, il sangue che cola
dalle dita affusolate strette alle sue.
Gli occhi della signora brillano
nel
buio. Rossi, certo, sono un po’ inquietanti, però
con lei non c’è più il buio.
Con lei sa di essere al sicuro.
«Io mi chiamo Matt» le sorride.
La bella signora si china su di lui, sui suoi capelli, respira con
un’espressione squisita sul volto.
«Ciao, Matt».
[700 parole.]
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Capitolo 3 *** Ombra (75) ***
75 ~ Ombra.
Conteggio
parole:
1158.
Questo
capitolo è decisamente più lungo del
precedente... Pazienza, anzi, meglio così ^^’.
Diamo un nome alla signora – all’inizio doveva
essere un personaggio originale,
però poi si è rivelata abbastanza influente e
quindi ho deciso di assegnare la
sua parte a qualcuno della serie originale. Se vi trovate di fronte a
dettagli
che non vi spiegate o simili, provate a ragionare sulla scelta delle
parole
oppure seguite a leggere: amo alla follia i riferimenti e tutto quel
che scrivo
ha uno scopo :D
Grazie a BloodNyar per la recensione *O*, questo capitolo è
dedicato alle due
piccole pesti depravate Sayuki e Hateru,
senza le quali
avrei sicuramente finito molto prima.
Vi amo, miei piccoli demoni!, e ricordate: Near è una
gazzella. [Cit.]
L’orda di formiche che mi molesta (!) da quando ho messo
piede nel campeggio vi
augura buona lettura ^^.
- Ehi, questo capitolo è
fottutamente fluffoso! Nel terzo
torna alla ribalta Matt versione nerd menefreghista e Mellow Yellow
alla come-Light-comanda,
spero di non giocarmi tutti i lettori con questa seconda parte della
storia
[muppa-]
Capitolo due.
75 ~ Ombra.
La
signora, pur di non lasciargli la mano, cammina un
po’ curva.
Ogni volta che si gira a guardarlo, Matt sente quegli occhi pungenti
sulla sua
testa – forse anche lei vuole fare qualche battutina cattiva
sui rossi che
portano sfortuna come quella bestia di Kevin.
Lei però allunga il braccio e lo accarezza.
Oh, che bella cosa le coccole!
In quel piccolo gesto trova tutta la dolcezza e l’affetto del
mondo, si
avvicina di più alle gambe bianche della signora e le
abbraccia. La sente
trasalire al contatto, però non può impedirsi di
strusciare un po’ la guancia
sul fianco di lei.
«Matt, per favore».
Con il magone lui si separa, riprendendo a camminare con più
mestizia.
«Allora... Cosa ci fai a spasso a
quest’ora?» gli chiede. È un
po’ imbarazzata,
però questo nulla toglie al fascino di quella voce da
bambina.
Un nuovo sorriso nasce sulle labbra del piccolo, che alza il viso e
risponde,
raggiante: «Devo trovare la luce per Mello!»
La signora ride, e il divertimento sul suo viso la fa sembrare ancora
più
bella.
Troppo preso dall’ammirarla, un’infatuazione che lo
rende cieco a tutto, non
nota i vicoli sconosciuti e le occhiate sospette degli abitanti di
quella notte
sporca. Quasi non si accorge di essere stato accompagnato oltre un
portone.
Qui è caldo e asciutto, e una lampada a olio rischiara il
cupo atrio.
«Dove sono gli interruttori?» borbotta Matt,
trascinando la signora a ridosso
del muro e mettendosi a cercare i bottoncini per la luce elettrica.
Con un sorriso frettoloso lei lo sospinge in una porticina laterale.
Trovarsi
d’improvviso in un armadio a muro, per di più al
buio, per di più per
mano di quella signora tanto buona,
è un vero e proprio trauma:
eppure, il dialogo acceso che la sua ospite sta avendo con un uomo
sconosciuto
lo convince a non chiedere aiuto.
Si sedie, abbastanza vicino all’entrata per poter sgusciare
via il prima
possibile, tira fuori il giochino elettronico e lo accende. L aveva
promesso
che per il suo prossimo compleanno gliene avrebbe regalati almeno tre
se fosse
riuscito a restare con naturalezza al buio senza avere paura.
«Ci sono riuscito, L!» bisbiglia, tornando poi sul
videogame.
Ancora qualche minuto, giusto il tempo di arrivare a un punto critico
del terzo
livello, quando la porta dell’armadio si apre.
È la signora: gli sorride dolcemente e gli porge la mano.
Senza scollare gli
occhi dal gioco lui la raggiunge.
Sente l’uomo allontanarsi, sta borbottando qualcosa come «Un
animaletto!...»
Ma a Matt non importa, ha il suo gioco e ha la signora anti-buio. Ora
deve
portarla a Mello.
Però lei non sembra disposta ad ascoltare. Lo trascina
velocemente per lugubri
corridoi, accelera il passo quando spunta qualcuno da dietro gli
angoli, se lo
stringe addosso.
Sente, da dietro una porta, una donna che chiede, austera: «Un
bambino? Chi
è l’anima pia che ha portato un
bambino?»
«Nessuno, ora torna a dormire, brutta strega»
ringhia a bassa voce la signora,
svoltando nuovamente.
Non
riesce a ricordare quante volte abbiano girato e
se ne rammarica: se lei non fosse disposta a venire
all’orfanotrofio l’unica
soluzione sarebbe scappare e cercare qualcun altro – i qualcos’altro.
Arrivano di fronte a una porta, interamente bianca. La cornice, la
maniglia,
tutto di un candore che acceca in contrasto con le pareti e il
pavimento
anneriti dal tempo.
Si aspetta quasi il metallo del pomello lo scotti e per un attimo
sembra così;
si accorge poi che è solo fredda, almeno quando la mano
della signora che lo
sospinge dentro, sfiorandogli la parte alta della schiena.
«Allora,» gli sorride, materna, indicando il grande
letto a baldacchino «di
cosa vuoi parlare, piccolo?»
Lui però continua a guardarla con sospetto, e un
po’ sembra spaventato quando
la donna toglie il lungo cappotto scuro; sotto, un abitino di pizzi
neri che
tanto la fanno somigliare alla bambola che L ha regalato a Linda,
quando la
piccola Joey tinse i capelli del precedente giocattolo di un
improbabile verde
pistacchio.
Sì, Matt trova che la signora assomigli molto a quella
bambola di porcellana,
ancora più di Mello. Però a lei potrà
dirlo senza guadagnarsi un doloroso
pizzicotto, spera.
Anche la signora ha la pelle bianca e apparentemente fredda come quella
del
prezioso dono; anche la signora ha bei capelli biondi, sebbene quelli
della
bambola fossero acconciati in tanti piccoli boccoli, mentre la signora
li tiene
lisci e sciolti sulle spalle.
Un’altra differenza sta negli occhi: il gioco aveva gli occhi
di vetro, piccole
perle che brillavano d’azzurro. Uno sguardo di cielo
promettente tempesta – la
stessa tonalità starebbe bene, benissimo sul viso della
signora, pensa, al
posto di quegli iracondi rubini in cerca della sua approvazione.
«Oh, io...» si ridesta da quei pensieri confusi,
guardandosi intorno. La stanza
è così cupa e buia che a malapena riesce a vedere
le proprie mani. «Io volevo
chiederti di aiutare Mello» dice, serio, ricordando il suo
proposito.
«Cosa dovrei fare per il tuo amico Mello?»
«Il mio migliore amico!»
«Oh,» gli sorride, sedendosi sul grande letto a
baldacchino vestito di blu. «il
tuo migliore amico? E com’è?»
Matt si fa prendere dall’emozione, mentre racconta delle
gesta del compagno
d’istituto. Gesticola, alza la voce, a volte ride, altre
è sull’orlo del
pianto. E, senza capire come, si trova d’improvviso sotto le
calde coperte,
piacevolmente fra le braccia della signora.
«Non dovete avere paura del buio,» sussurra lei al
suo orecchio «è solo l’ombra
del giorno».
Sembra così malinconica che per un secondo il bambino resta
stregato dalle
emozioni nascoste in quella voce. Poi elabora la frase.
«Ombra?» scatta a sedere, cercando di allontanarsi
dal caldo e morbido
giaciglio. «Devo tornare alla Wammy’s
House!» esclama.
«Perché?» domanda la signora, un poco
spaventata da quella decisione
improvvisa.
«Se è solo ombra, basterà
spostarsi!»
E lei ride, sorpresa dall’innocente ingenuità del
bambino. Con dolcezza lo
stringe al petto, lo culla fino a quando non lo sente smettere di
agitarsi.
«Domani, piccolo Matt, domani. Questa notte fai compagnia
alla povera Misa, che
si sente tanto sola senza il suo Light...»
Qualcosa nello sguardo della signora lo convince. Per quanto gli bruci
– sembra
quasi un tradimento, sa che entro poche ore
farà giorno; allora potrà
raggiungere Mello con la signora, e il suo amico sarà libero
per sempre da quel
senso di oppressione che gli danno le luci spente, la camera vuota, il
silenzio
della notte.
Scivola fra le braccia di Morfeo ancora perso fra i suoi progetti, e la
mano affusolata
della donna si poggia sui suoi occhi chiusi.
«Piccolo Matt, mi permetterai di essere la tua
mamma?»
~
Mello si sveglia improvvisamente, tirandosi a sedere nel letto sfatto.
Passa il
polso sulla fronte sudata, cercando di ricordare il sogno che sembra
averlo
sconvolto tanto da costringerlo a svegliarsi.
Sente uno strano vuoto all’altezza del petto, come se
qualcosa gli fosse appena
stato portato via.
Incapace di descrivere quella sensazione, si guarda attorno, notando le
coperte
sistemate alla meno peggio del suo amico.
«Matt?»
|
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Capitolo 4 *** Luce (73) ***
Capitolo tre.
Parole: 1085
Salve
cari :D
Capitolo tre giunto, la prima parte l’ho scritta tutta
d’un fiato però la
seconda ho dovuto elaborarla più volte... Quel
tizio è il mio
personaggio preferito di penso tutti i tempi, per apprezzarlo a dovere
ho attraversato
un processo irreversibile +__+
Comunque XD, grazie a BloodNyar per la recensione, è sempre
così cara... (LL) Thanks to Mote_Ely per aver inserito fra i
preferiti la storia e per il commento… Sempre piacere,
sempre piacere, hai ragione al ciiinquanta percento XD! Spero anche
questo capitolo possa piacerti ^^
Colgo l’occasione (?) per offrire da bere a tutti coloro che
leggono e
commentano le fan fiction postate in questo account condiviso, siete il
nostro saaangue! *Condizionata*
Bene, vi lascio al nostro ritrovato Matt ^^, potreeebbe
fare la sua comparsa un Wammy a caso, non si sa mai :P
Buona lettura ^^!
Capitolo tre.
73
~ Luce.
Misa
si risveglia poco a poco. La pesantezza del sonno
l’abbandona lentamente, e con la stessa calma la mente
riacquista lucidità.
Quando apre gli occhi fatica un poco a mettere a fuoco la stanza;
presto, al
sospetto si sostituisce la delusione bruciante.
Allunga il braccio nella parte di letto vuota, poi solleva la testa.
«Matt?» chiama. Il pacchetto di sigarette vuoto sul
comodino sprigiona un
profumo leggero che colpisce l’olfatto sviluppato della
donna, costringendola a
una smorfia disgustata.
«Qui» è la risposta, nulla
più di un mugugno appena comprensibile.
Seduto a gambe larghe sul piccolo divano di pelle nera, chino sulla
PSP, le
cuffie nelle orecchie e un mozzicone spento fra le labbra: una visione
alla
quale Amane è ormai abituata.
Lui alza lo sguardo dal gioco con fare annoiato, incontrando una signora
insolitamente seria.
Non più un bambino, quel ragazzo è una ventata
d’aria fresca, sebbene
l’atmosfera stantia sia impossibile da eliminare del tutto.
Costretto in un seminterrato, circondato da gesti ostili e sguardi
avidi,
quella madre adottiva piuttosto particolare gli aveva offerto la prima
sigaretta da appena dodicenne nel tentativo di donargli un odore meno
invitante
per la famiglia.
Ma
anche fra i vampiri ci sono degli ex-fumatori.
A dire il vero, a Matt non è mai stato detto chiaramente con
chi stesse
avendo a che fare, però non è uno stupido:
abituato alla preghiera serale, non
scorderà mai la bella signora che urlava come
un’ossessa di «non dire le
parolacce di fronte a lei».
Preso da un attimo di confusione, si era dato da fare per spiegarle che
non
ricordava di aver mai detto una sola parola brutta in tutta la sua
vita, però
era difficile: non c’era una vita precedente da analizzare.
Una mattinata
dedita alla paura e ai brutti incontri: Misa che lo inseguiva
dicendogli di
essere la sua nuova mamma e ridendo di quel gioco, il signor Light che
lo
guardava serio e gli intimava di far poco rumore, la risata inquietante
dello
zio B mentre indicava qualcosa sopra alla sua testa.
«Mail? Che nome... strano» aveva
commentato assottigliando gli occhi
rossi, per poi scoppiare nuovamente.
«Sono le sei, dormi ancora un po’».
«Voglio il mio Matt!» piagnucola lei, sventolando
le braccia e tornando col
capo sul cuscino. «Ah, se avessi il mio bellissimo piccolo
Matt fra le mani...
Me lo mangerei di baci! Dov’è il mio
Matt?».
«È
occupato» sbuffa, tornando sul
videogame.
Sente la voce stridula della madre che urla per sovrastare la colonna
sonora
del gioco.
«Devo insegnarti come comportarsi con una donna, vieni
qui» ordina, liberando
dalle coperte la porzione di letto dell’altro.
«Mh, la settimana prossima» rimanda, lasciandosi
sfuggire un’imprecazione
diretta alla play.
L’ibrido accarezza con nostalgia il
coprimaterasso scuro, ogni tanto
lasciandosi sfuggire un sospiro sofferente. Guarda di sottecchi il
figlioccio, ricambiata
con rassegnazione crescente.
Jeevas si alza pesantemente, abbandonando senza troppo riguardo
l’apparecchio
sul divano. Aggira il letto, sistemando il piumone invernale alla
meglio e
buttandocisi sopra.
«Ciao Matt!» cinguetta Misa, gettandogli le braccia
al collo. «Mi sei mancato~
Non mi spiego come faccia tu ad essere così mattutino...».
Scandisce la parola, impegnandosi ad imprimere tutta la sua avversione
verso la
luce in quelle poche sillabe.
«Sono le sei del pomeriggio» si corregge il
ragazzo, alzando il capo e
permettendo alla madre di stringersi meglio a lui. «e non
sono interessato a
trasformarmi un una bestia notturna, grazie».
Di fronte all’espressione cupa, il giovane specifica di
riferirsi agli orari
del sonno.
Malinconica, lei appoggia la fronte sul petto dell’altro; si
adegua al ritmo
cardiaco di lui, rallentando il ritmo delle carezze fra i capelli
rossi,
intonando una ninnananna a bocca chiusa. Fa per parlare un paio di
volte, si
ferma però prima di cominciare.
E la voce solitamente così stridula, a tratti irritante,
diventa una lenta
nenia che concilia il sonno, lo getta contro la sua volontà
in quell’oblio
che profuma di prato tagliato di fresco, tra una pallina di carta
stagnola
lanciata nel tentativo di fare canestro nel cappuccio delle ragazzine e
sorrisi
che non ricorda di aver mai visto.
Rumori intorno a lui.
Un urlo, poi qualcuno che chiama il suo nome. Forse la mamma.
La risata
lugubre di B, poco lontana.
«Il tuo tempo scade oggi»
sorride sulla sua fronte, dove poggia poi un
bacio leggero. «Il bacio della buon
sonno...» spiega, tradendo un
sorriso. «Sono proprio curioso di vedere come
morirai».
Vorrebbe rispondere. Vorrebbe alzarsi e mandare a cagare quel vecchio
pazzo,
vorrebbe raggiungere Misa e chiederle cosa succede, vorrebbe sapere chi
ha
urlato.
Sente qualcosa sul collo, uno spiffero ritmato. Un respiro. Una puntura.
Meno di un istante, meno di uno spillo.
Poi, il buio.
~
Apre gli occhi di scatto, tirandosi a sedere.
Si guarda intorno, spaesato: pareti candide, pavimento di freddo marmo,
una
sola finestra a dare sul cielo bianco di neve.
In qualche istante prende coscienza del proprio corpo, riconoscendosi
s’un
letto tiepido, coperto fino alle gambe da un lenzuolo che carezza la
pelle
nuda.
Unico «arredamento» della stanza, oltre alla branda
con impalcatura di ferro,
sono un comodino dello stesso materiale sul quale sono posati i suoi
abiti
accuratamente piegati e un lavandino che continua l’aspetto
austero e distante
del locale.
Con indosso solo l’intimo si tuffa verso il lavello,
sciacquando viso, bocca e
braccia quasi con furia. Sente una strana sensazione, come un
leggerissimo
foglio di pellicola sottopelle che gli impedisce di avere totale
controllo di
sé stesso.
I muscoli accusano ogni movimento, anche il più
involontario. Ma non è doloroso:
sembrano solo dire «Ci siamo anche noi»,
facendosi sentire appena
possibile.
Fa attenzione quando cammina, controllando come alza i piedi e come
questi
incontrano la fredda pavimentazione, la reazione delle braccia
all’atto del
sedersi nuovamente sul lato del letto.
I ricordi di quel che è successo a casa
sono appena dietro le palpebre,
però non lo tormentano.
Matt non sobbalza, sentendo nuovamente la voce di Beyond su di
sé, non si
angoscia per l’urlo di Misa, non chiede il perché
di quel pizzico sul collo.
Prende la maglia, deciso ad uscire dalla porta metallica ad ogni costo
e capire
dove si trova; solo adesso nota che il colletto è macchiato.
Lo annusa, cercando di capire di cosa si tratti. Nessuna risposta.
Non ha il tempo di chiedersi altro: qualcuno ha varcato la soglia che
non ha
notato aprirsi.
È faticoso distinguere i lineamenti, la luce catturata dai
capelli chiari
simile a una corona intorno al viso non del tutto sconosciuto. In
quegli occhi,
puntati dritti nei suoi, Mail vede il mondo.
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