Into the unknown ~ Back to the known

di uchiha_girl e bloodnyar
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Gusto (39) ***
Capitolo 2: *** Oscurità (74) ***
Capitolo 3: *** Ombra (75) ***
Capitolo 4: *** Luce (73) ***



Capitolo 1
*** Gusto (39) ***


Generi: Nonsense, Sovrannaturale.
Rating: Giallo.
Avvertimenti: Flashfic, What if? (E se...), shonen-ai.
Conteggio parole: 141.
Pairing: M/M.
Inizialmente doveva adattarsi al prompt estate, ho poi cambiato a flashfic conclusa perché... Be', è chiaro XD.
La storia però non ha fottutamente senso! Potete scappare se volete.
Ripensamenti dell'ultima ora. Probabilmente potrei inserire un seguito, stavolta un capitolo unico però lungo alla come si deve, che spieghi meglio il rapporto fra Matt e Mello, il come, il perché... Insomma, togliere quest'aura da Nonsense probabilmente con una science-fiction ancora più confusa XD.
*Questo intermezzo vi è stato offerto da... Uchi e le sue seghe mentali esagerate.*



39 ~ Gusto.

Cioccolato al mattino, a mezzogiorno, durante il pomeriggio, alla sera.
Zuccheri in corpo pericolosamente alti, nulla però importa se ci si può immergere per qualche minuto in un paradiso meravigliosamente artificiale.

Sangue disgustosamente dolce che, nella calura estiva, attira zanzare sulla pelle deliziosamente candida, orridamente profumata.
Labbra sulla spalla immacolata, toccate prima da sale e ora da ferro. È così facile non rendersi conto di quel che succede, fra i gemiti di Mello e la sete di Matt, fra il buon odore di Mello e lo sguardo estatico di Matt.

In estate, il sangue dolce di Keehl – lo stesso sangue che ora macchia il mento del compagno – attira le zanzare. Entrambi sono certi che, se non riescono a fare a meno di questi sporadici momenti, se non riescono a fare a meno di questo bacio proibito, il motivo è un altro.








Note: con bacio si intende il bacio del vampiro, ossia l'atto del cibarsi; questa è infatti una delle possibili interpretazioni della fanfic.

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Capitolo 2
*** Oscurità (74) ***


Capitolo uno.

Beneee, le cose stanno così. Questa è casualmente diventata una longfic.
Prima volevo terminare i prompt sui cinque sensi, poi mi sono detta che il primo capitolo si adattava meglio a Oscurità, e il secondo a Ombra, poi Luce e poi i restanti sensi per lo sviluppo della ship. Direi che, contando questo, i capitoli totali saranno sette con un epilogo random XD.
Riuscirò sicuramente a finirla e l’aggiornamento non penso sarà semestrale, anzi.
Ringrazio le persone che hanno recensito, ossia BloodNyar (È un sogno comune... come quello del Matt/Mello XD!), _pEaCh_ (Ave a lei, oh donna la cui recensione è sempre accetta *O* Questo primo capitolo lo definirei, più che macabro, spiazzante, perché io me lo vedo davvero così Matt ed è uno scandalo XD) e _S_t_a_r_ (Onore a chi lascia un segno del suo passaggio *O*!); una menzione speciale per Lady_Ginny che ha aggiunto la storia fra i preferiti ^^. Arigatou!

Mi sono impegnata a rendere il linguaggio abbastanza infantile, ho però a tiro sempre bambini in età da asilo e non so se qualcuno di otto anni parlerebbe così ^^’. Ricordo ad esempio che mi rimproveravano alle elementari l’uso del cosa per riferirsi a tutto, e dai temini che ripetevo spesso i nomi, non so se si tratti di un tratto comune o altro XD.
Vedremo. Buona lettura!



Capitolo uno.
74 ~ Oscurità.


Mail non è mai stato un amante del buio.
È una cosa che detesta da quando era bambino, e anche adesso che finalmente è grande non può sopportare a lungo di restare in una stanza senza alcuna fonte di luce o una compagnia.

Anche se non si chiama più Mail – glielo ha detto Roger, il timore rimane.
No, non è paura. È grande, Matt. Ha compiuto da una settimana gli otto anni, nessuno può imporgli nulla, né gli è più permesso di avere paura.
È il più grande e il (secondo) più forte nel piccolo orfanotrofio, da quando L è partito.

L era un mito: lui restava sempre al buio e non aveva mai paura. L sapeva tutto riguardo tutto e su tutti; un giorno provò a spiegargli perché quando le luci si spengono a Mail, pardon, a Matt sembra quasi di non poter più respirare, però era tutto troppo complicato. Si concentrò allora sul suono delle parole, sull’inflessione, sulle sue labbra che si muovevano, cercando di imparare a parlare come lui.

Resta che L era un genio. Un po’ gli manca, ma ora ha Mello.

È arrivato quasi un mese dopo la partenza di L.
Oh, anche Mello è intelligentissimo: però, a differenza di L, il suo nuovo amico passa molto tempo sui libri per imparare le cose.
Non gli basta leggerle una volta, però non sembra dispiacersene. È felice di poter passare i pomeriggi sui libri e poi uscire a giocare con gli altri, è felice di poter studiare tutte quello che L già sa e tanto, tanto di più.

Anche a Mello dispiace il buio. Dice che gli ricorda troppo il precedente orfanotrofio – non gli piaceva quel posto, nonostante gli dessero da mangiare tante cose buone e lo curassero, a volte trattandolo come fosse una bambola.
Mello però è forte: da quando è arrivato Matt lo ha visto piangere solo una volta.
Mica come quella lagna di Shane, che a volte si addormenta male e urla per tutta la notte di ridargli la sua mamma.

Oggi Mail ha preso una decisione.
Se Mello ha paura del buio, non dovrà più starci. È un suo amico, l’amico più amico che potesse desiderare, non può permettere che soffra.

Preso il giochino elettronico che L gli ha regalato per Natale e tutta la buona volontà di cui dispone, sguscia furtivo fuori dalla camera che condivide con altri cinque compagni. Non prima di aver dato il bacio della buonanotte a Mello, ovvio.
E un calcio alla giacca di Kevin. Così impara a tirargli la palla storta.


Una volta fuori, però, tutto quel che trova è altro buio.
E l’orfanotrofio è sempre più piccolo, sempre più lontano... Che si sia fatto coraggio? Sta davvero camminando nel buio senza aver paura?
Orgoglioso di sé continua con la passeggiata notturna, accorgendosi di non avere una meta ben precisa.
Dove può trovare una luce per Mello?

E pensa che sarebbe meglio tornare indietro, adesso. Sarebbe meglio tornare a casa.
Decisamente, questo buio è diverso da quello della stanza. Questo buio è cattivo, quello all’orfanotrofio era soltanto vuoto.

Ma forse ha trovato una risposta.
Quella signora gli sorride, quella signora sembra buona...

È bella, tanto bella che potrebbe essere la sua mamma – Roger dice sempre che tutte le mamme sono belle, e buone, e gentili, e che non è colpa loro se si trovano all’istituto.
La signora ha i capelli biondi, e quella pelle bianchissima fa paura. Però è bella, e in quel sorriso vede qualcosa di rassicurante.

Le si avvicina senza remore, sebbene ogni cosa gli urli di fermarsi.
«Mail, fermati!» implora ogni cellula del suo corpo. Ma lui non si chiama più Mail, adesso è Matt.

Si avvicina alla bella signora, prende la mano che lei gli porge. Il buio sembra più chiaro, adesso che c’è lei – eppure non lo vede, il sangue che cola dalle dita affusolate strette alle sue.

Gli occhi della signora  brillano nel buio. Rossi, certo, sono un po’ inquietanti, però con lei non c’è più il buio.
Con lei sa di essere al sicuro.

«Io mi chiamo Matt» le sorride.
La bella signora si china su di lui, sui suoi capelli, respira con un’espressione squisita sul volto.
«Ciao, Matt».



[700 parole.]

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Capitolo 3
*** Ombra (75) ***


75 ~ Ombra.

Conteggio parole: 1158.

Questo capitolo è decisamente più lungo del precedente... Pazienza, anzi, meglio così ^^’.
Diamo un nome alla signora – all’inizio doveva essere un personaggio originale, però poi si è rivelata abbastanza influente e quindi ho deciso di assegnare la sua parte a qualcuno della serie originale. Se vi trovate di fronte a dettagli che non vi spiegate o simili, provate a ragionare sulla scelta delle parole oppure seguite a leggere: amo alla follia i riferimenti e tutto quel che scrivo ha uno scopo :D
Grazie a BloodNyar per la recensione *O*, questo capitolo è dedicato alle due piccole pesti depravate Sayuki e Hateru, senza le quali avrei sicuramente finito molto prima.
Vi amo, miei piccoli demoni!, e ricordate: Near è una gazzella. [Cit.]

L’orda di formiche che mi molesta (!) da quando ho messo piede nel campeggio vi augura buona lettura ^^.
- Ehi, questo capitolo è fottutamente fluffoso! Nel terzo torna alla ribalta Matt versione nerd menefreghista e Mellow Yellow alla come-Light-comanda, spero di non giocarmi tutti i lettori con questa seconda parte della storia [muppa-]



Capitolo due.
75 ~ Ombra.

La signora, pur di non lasciargli la mano, cammina un po’ curva.
Ogni volta che si gira a guardarlo, Matt sente quegli occhi pungenti sulla sua testa – forse anche lei vuole fare qualche battutina cattiva sui rossi che portano sfortuna come quella bestia di Kevin.
Lei però allunga il braccio e lo accarezza.

Oh, che bella cosa le coccole!
In quel piccolo gesto trova tutta la dolcezza e l’affetto del mondo, si avvicina di più alle gambe bianche della signora e le abbraccia. La sente trasalire al contatto, però non può impedirsi di strusciare un po’ la guancia sul fianco di lei.

«Matt, per favore».
Con il magone lui si separa, riprendendo a camminare con più mestizia.

«Allora... Cosa ci fai a spasso a quest’ora?» gli chiede. È un po’ imbarazzata, però questo nulla toglie al fascino di quella voce da bambina.
Un nuovo sorriso nasce sulle labbra del piccolo, che alza il viso e risponde, raggiante: «Devo trovare la luce per Mello!»

La signora ride, e il divertimento sul suo viso la fa sembrare ancora più bella.
Troppo preso dall’ammirarla, un’infatuazione che lo rende cieco a tutto, non nota i vicoli sconosciuti e le occhiate sospette degli abitanti di quella notte sporca. Quasi non si accorge di essere stato accompagnato oltre un portone.
Qui è caldo e asciutto, e una lampada a olio rischiara il cupo atrio.

«Dove sono gli interruttori?» borbotta Matt, trascinando la signora a ridosso del muro e mettendosi a cercare i bottoncini per la luce elettrica.
Con un sorriso frettoloso lei lo sospinge in una porticina laterale. Trovarsi d’improvviso in un armadio a muro, per di più al buio, per di più per mano di quella signora tanto buona, è un vero e proprio trauma: eppure, il dialogo acceso che la sua ospite sta avendo con un uomo sconosciuto lo convince a non chiedere aiuto.
Si sedie, abbastanza vicino all’entrata per poter sgusciare via il prima possibile, tira fuori il giochino elettronico e lo accende. L aveva promesso che per il suo prossimo compleanno gliene avrebbe regalati almeno tre se fosse riuscito a restare con naturalezza al buio senza avere paura.

«Ci sono riuscito, L!» bisbiglia, tornando poi sul videogame.

Ancora qualche minuto, giusto il tempo di arrivare a un punto critico del terzo livello, quando la porta dell’armadio si apre.
È la signora: gli sorride dolcemente e gli porge la mano. Senza scollare gli occhi dal gioco lui la raggiunge.

Sente l’uomo allontanarsi, sta borbottando qualcosa come «Un animaletto!...»

Ma a Matt non importa, ha il suo gioco e ha la signora anti-buio. Ora deve portarla a Mello.
Però lei non sembra disposta ad ascoltare. Lo trascina velocemente per lugubri corridoi, accelera il passo quando spunta qualcuno da dietro gli angoli, se lo stringe addosso.

Sente, da dietro una porta, una donna che chiede, austera: «Un bambino? Chi è l’anima pia che ha portato un bambino?»
«Nessuno, ora torna a dormire, brutta strega» ringhia a bassa voce la signora, svoltando nuovamente.

Non riesce a ricordare quante volte abbiano girato e se ne rammarica: se lei non fosse disposta a venire all’orfanotrofio l’unica soluzione sarebbe scappare e cercare qualcun altro – i qualcos’altro.

Arrivano di fronte a una porta, interamente bianca. La cornice, la maniglia, tutto di un candore che acceca in contrasto con le pareti e il pavimento anneriti dal tempo.
Si aspetta quasi il metallo del pomello lo scotti e per un attimo sembra così; si accorge poi che è solo fredda, almeno quando la mano della signora che lo sospinge dentro, sfiorandogli la parte alta della schiena.

«Allora,» gli sorride, materna, indicando il grande letto a baldacchino «di cosa vuoi parlare, piccolo?»
Lui però continua a guardarla con sospetto, e un po’ sembra spaventato quando la donna toglie il lungo cappotto scuro; sotto, un abitino di pizzi neri che tanto la fanno somigliare alla bambola che L ha regalato a Linda, quando la piccola Joey tinse i capelli del precedente giocattolo di un improbabile verde pistacchio.

Sì, Matt trova che la signora assomigli molto a quella bambola di porcellana, ancora più di Mello. Però a lei potrà dirlo senza guadagnarsi un doloroso pizzicotto, spera.
Anche la signora ha la pelle bianca e apparentemente fredda come quella del prezioso dono; anche la signora ha bei capelli biondi, sebbene quelli della bambola fossero acconciati in tanti piccoli boccoli, mentre la signora li tiene lisci e sciolti sulle spalle.
Un’altra differenza sta negli occhi: il gioco aveva gli occhi di vetro, piccole perle che brillavano d’azzurro. Uno sguardo di cielo promettente tempesta – la stessa tonalità starebbe bene, benissimo sul viso della signora, pensa, al posto di quegli iracondi rubini in cerca della sua approvazione.

«Oh, io...» si ridesta da quei pensieri confusi, guardandosi intorno. La stanza è così cupa e buia che a malapena riesce a vedere le proprie mani. «Io volevo chiederti di aiutare Mello» dice, serio, ricordando il suo proposito.
«Cosa dovrei fare per il tuo amico Mello?»
«Il mio migliore amico!»

«Oh,» gli sorride, sedendosi sul grande letto a baldacchino vestito di blu. «il tuo migliore amico? E com’è?»
Matt si fa prendere dall’emozione, mentre racconta delle gesta del compagno d’istituto. Gesticola, alza la voce, a volte ride, altre è sull’orlo del pianto. E, senza capire come, si trova d’improvviso sotto le calde coperte, piacevolmente fra le braccia della signora.

«Non dovete avere paura del buio,» sussurra lei al suo orecchio «è solo l’ombra del giorno».
Sembra così malinconica che per un secondo il bambino resta stregato dalle emozioni nascoste in quella voce. Poi elabora la frase.
«Ombra?» scatta a sedere, cercando di allontanarsi dal caldo e morbido giaciglio. «Devo tornare alla Wammy’s House!» esclama.
«Perché?» domanda la signora, un poco spaventata da quella decisione improvvisa.
«Se è solo ombra, basterà spostarsi!»

E lei ride, sorpresa dall’innocente ingenuità del bambino. Con dolcezza lo stringe al petto, lo culla fino a quando non lo sente smettere di agitarsi.
«Domani, piccolo Matt, domani. Questa notte fai compagnia alla povera Misa, che si sente tanto sola senza il suo Light...»

Qualcosa nello sguardo della signora lo convince. Per quanto gli bruci – sembra quasi un tradimento, sa che entro poche ore farà giorno; allora potrà raggiungere Mello con la signora, e il suo amico sarà libero per sempre da quel senso di oppressione che gli danno le luci spente, la camera vuota, il silenzio della notte.

Scivola fra le braccia di Morfeo ancora perso fra i suoi progetti, e la mano affusolata della donna si poggia sui suoi occhi chiusi.
«Piccolo Matt, mi permetterai di essere la tua mamma?»

~

Mello si sveglia improvvisamente, tirandosi a sedere nel letto sfatto. Passa il polso sulla fronte sudata, cercando di ricordare il sogno che sembra averlo sconvolto tanto da costringerlo a svegliarsi.
Sente uno strano vuoto all’altezza del petto, come se qualcosa gli fosse appena stato portato via.

Incapace di descrivere quella sensazione, si guarda attorno, notando le coperte sistemate alla meno peggio del suo amico.

«Matt?»

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Capitolo 4
*** Luce (73) ***


Capitolo tre.

Parole: 1085

Salve cari :D
Capitolo tre giunto, la prima parte l’ho scritta tutta d’un fiato però la seconda ho dovuto elaborarla più volte... Quel tizio è il mio personaggio preferito di penso tutti i tempi, per apprezzarlo a dovere ho attraversato un processo irreversibile +__+
Comunque XD, grazie a BloodNyar per la recensione, è sempre così cara... (LL) Thanks to Mote_Ely per aver inserito fra i preferiti la storia e per il commento… Sempre piacere, sempre piacere, hai ragione al ciiinquanta percento XD! Spero anche questo capitolo possa piacerti ^^
Colgo l’occasione (?) per offrire da bere a tutti coloro che leggono e commentano le fan fiction postate in questo account condiviso, siete il nostro saaangue! *Condizionata*

Bene, vi lascio al nostro ritrovato Matt ^^, potreeebbe fare la sua comparsa un Wammy a caso, non si sa mai :P
Buona lettura ^^!


Capitolo tre.
73 ~ Luce.

Misa si risveglia poco a poco. La pesantezza del sonno l’abbandona lentamente, e con la stessa calma la mente riacquista lucidità.
Quando apre gli occhi fatica un poco a mettere a fuoco la stanza; presto, al sospetto si sostituisce la delusione bruciante.

Allunga il braccio nella parte di letto vuota, poi solleva la testa.
«Matt?» chiama. Il pacchetto di sigarette vuoto sul comodino sprigiona un profumo leggero che colpisce l’olfatto sviluppato della donna, costringendola a una smorfia disgustata.

«Qui» è la risposta, nulla più di un mugugno appena comprensibile.
Seduto a gambe larghe sul piccolo divano di pelle nera, chino sulla PSP, le cuffie nelle orecchie e un mozzicone spento fra le labbra: una visione alla quale Amane è ormai abituata.
Lui alza lo sguardo dal gioco con fare annoiato, incontrando una signora insolitamente seria.

Non più un bambino, quel ragazzo è una ventata d’aria fresca, sebbene l’atmosfera stantia sia impossibile da eliminare del tutto.
Costretto in un seminterrato, circondato da gesti ostili e sguardi avidi, quella madre adottiva piuttosto particolare gli aveva offerto la prima sigaretta da appena dodicenne nel tentativo di donargli un odore meno invitante per la famiglia.

Ma anche fra i vampiri ci sono degli ex-fumatori.


A dire il vero, a Matt non è mai stato detto chiaramente con chi stesse avendo a che fare, però non è uno stupido: abituato alla preghiera serale, non scorderà mai la bella signora che urlava come un’ossessa di «non dire le parolacce di fronte a lei».
Preso da un attimo di confusione, si era dato da fare per spiegarle che non ricordava di aver mai detto una sola parola brutta in tutta la sua vita, però era difficile: non c’era una vita precedente da analizzare. Una mattinata dedita alla paura e ai brutti incontri: Misa che lo inseguiva dicendogli di essere la sua nuova mamma e ridendo di quel gioco, il signor Light che lo guardava serio e gli intimava di far poco rumore, la risata inquietante dello zio B mentre indicava qualcosa sopra alla sua testa.
«Mail? Che nome... strano» aveva commentato assottigliando gli occhi rossi, per poi scoppiare nuovamente.

«Sono le sei, dormi ancora un po’».
«Voglio il mio Matt!» piagnucola lei, sventolando le braccia e tornando col capo sul cuscino. «Ah, se avessi il mio bellissimo piccolo Matt fra le mani... Me lo mangerei di baci! Dov’è il mio Matt?».

«È occupato» sbuffa, tornando sul videogame.

Sente la voce stridula della madre che urla per sovrastare la colonna sonora del gioco.
«Devo insegnarti come comportarsi con una donna, vieni qui» ordina, liberando dalle coperte la porzione di letto dell’altro.
«Mh, la settimana prossima» rimanda, lasciandosi sfuggire un’imprecazione diretta alla play.

L’ibrido accarezza con nostalgia il coprimaterasso scuro, ogni tanto lasciandosi sfuggire un sospiro sofferente. Guarda di sottecchi il figlioccio, ricambiata con rassegnazione crescente.
Jeevas si alza pesantemente, abbandonando senza troppo riguardo l’apparecchio sul divano. Aggira il letto, sistemando il piumone invernale alla meglio e buttandocisi sopra.
«Ciao Matt!» cinguetta Misa, gettandogli le braccia al collo. «Mi sei mancato~ Non mi spiego come faccia tu ad essere così mattutino...».

Scandisce la parola, impegnandosi ad imprimere tutta la sua avversione verso la luce in quelle poche sillabe.
«Sono le sei del pomeriggio» si corregge il ragazzo, alzando il capo e permettendo alla madre di stringersi meglio a lui. «e non sono interessato a trasformarmi un una bestia notturna, grazie».

Di fronte all’espressione cupa, il giovane specifica di riferirsi agli orari del sonno.
Malinconica, lei appoggia la fronte sul petto dell’altro; si adegua al ritmo cardiaco di lui, rallentando il ritmo delle carezze fra i capelli rossi, intonando una ninnananna a bocca chiusa. Fa per parlare un paio di volte, si ferma però prima di cominciare.

E la voce solitamente così stridula, a tratti irritante, diventa una lenta nenia che concilia il sonno, lo getta contro la sua volontà in quell’oblio che profuma di prato tagliato di fresco, tra una pallina di carta stagnola lanciata nel tentativo di fare canestro nel cappuccio delle ragazzine e sorrisi che non ricorda di aver mai visto.

Rumori intorno a lui.
Un urlo, poi qualcuno che chiama il suo nome. Forse la mamma. La risata lugubre di B, poco lontana.

«Il tuo tempo scade oggi» sorride sulla sua fronte, dove poggia poi un bacio leggero. «Il bacio della buon sonno...» spiega, tradendo un sorriso. «Sono proprio curioso di vedere come morirai».

Vorrebbe rispondere. Vorrebbe alzarsi e mandare a cagare quel vecchio pazzo, vorrebbe raggiungere Misa e chiederle cosa succede, vorrebbe sapere chi ha urlato.
Sente qualcosa sul collo, uno spiffero ritmato. Un respiro. Una puntura.

Meno di un istante, meno di uno spillo.

Poi, il buio.

~

Apre gli occhi di scatto, tirandosi a sedere.
Si guarda intorno, spaesato: pareti candide, pavimento di freddo marmo, una sola finestra a dare sul cielo bianco di neve.

In qualche istante prende coscienza del proprio corpo, riconoscendosi s’un letto tiepido, coperto fino alle gambe da un lenzuolo che carezza la pelle nuda.
Unico «arredamento» della stanza, oltre alla branda con impalcatura di ferro, sono un comodino dello stesso materiale sul quale sono posati i suoi abiti accuratamente piegati e un lavandino che continua l’aspetto austero e distante del locale.

Con indosso solo l’intimo si tuffa verso il lavello, sciacquando viso, bocca e braccia quasi con furia. Sente una strana sensazione, come un leggerissimo foglio di pellicola sottopelle che gli impedisce di avere totale controllo di sé stesso.
I muscoli accusano ogni movimento, anche il più involontario. Ma non è doloroso: sembrano solo dire «Ci siamo anche noi», facendosi sentire appena possibile.
Fa attenzione quando cammina, controllando come alza i piedi e come questi incontrano la fredda pavimentazione, la reazione delle braccia all’atto del sedersi nuovamente sul lato del letto.

I ricordi di quel che è successo a casa sono appena dietro le palpebre, però non lo tormentano.
Matt non sobbalza, sentendo nuovamente la voce di Beyond su di sé, non si angoscia per l’urlo di Misa, non chiede il perché di quel pizzico sul collo.

Prende la maglia, deciso ad uscire dalla porta metallica ad ogni costo e capire dove si trova; solo adesso nota che il colletto è macchiato.
Lo annusa, cercando di capire di cosa si tratti. Nessuna risposta.

Non ha il tempo di chiedersi altro: qualcuno ha varcato la soglia che non ha notato aprirsi.
È faticoso distinguere i lineamenti, la luce catturata dai capelli chiari simile a una corona intorno al viso non del tutto sconosciuto. In quegli occhi, puntati dritti nei suoi, Mail vede il mondo.

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