Do I Wanna Know?

di Aliceisoverit
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Aftermath ***
Capitolo 2: *** The Flashback pt.1 ***
Capitolo 3: *** The Flashback pt.2 ***
Capitolo 4: *** The Encore ***



Capitolo 1
*** The Aftermath ***


Era buio pesto nella stanza quando la sveglia sul comodino segnò le tre del mattino.
Alexis però non dormiva quella notte: era seduta sul bordo del letto, una mano tra i capelli scompigliati ed il letto sfatto alle spalle. Quelle lenzuola sembravano raccontare una storia, una che Alexis non era disposta ad accettare né tanto meno ad ammettere a sé stessa: andava tutto bene, si ripeteva come un mantra consolatorio.
Era tutto okay, sussurrava al soffitto durante le notti insonni, stringendo forte il cuscino al petto, consumata da un calore improbabile a metà dicembre.
Quel letto scomposto era testimone di quanto nell’ultima settimana la ragazza fosse stata privata del sonno. Non le veniva facile e, quando accadeva, anche i suoi sogni erano occupati da un riff di chitarra familiare che si ripeteva in loop, quasi a volerla deridere.
Alexis si passò una mano su entrambe le guance, trovandole accaldate e rigate di lacrime che non ricordava di aver pianto.
La parte peggiore era che non erano dovute alla tristezza, oh no, tutt’altro: avevano origine da un fattore molto più impuro che le faceva stringere il copripiumino con intensità. Non a caso era stata svegliata di soprassalto da un sogno particolarmente vivido, il fantasma di un paio di labbra bollenti che pareva aleggiare ancora lungo il suo collo, come un marchio. Alexis si sfiorò la gola, tremando.
Era consapevole da un bel po’ di essere tremendamente attratta da Derek e poteva fare pace con quel tipo di sentimento: era puro e semplice desiderio carnale, non c’era niente di profondo in tutto ciò.
Poteva gestirlo e continuare la sua vita con rassicurante serenità, o quasi.
Eppure Alexis sapeva già da un po’ che le cose avevano superato lo status quo, evolvendosi in un modo quasi ingestibile. Non aveva più il controllo delle sue emozioni e i segreti urlavano per venire a galla. Lo sentiva ogni volta che beveva qualche bicchiere più del solito durante un sabato sera: le parole pretendevano di scorrere a briglia sciolta e mettere fine alle sue pene.
Alexis, dal canto suo, era fermamente convinta che quello sarebbe stato l’equivalente di gettarla giù da un dirupo più che una liberazione da quella sensazione di soffocamento che la prendeva alla sprovvista se pensava a lui nel momento e nel modo sbagliato. Ogni volta era cauta e attenta a costruire con meticolosità un muro di cinta attorno di sé.
Era stancante, era frustrante.
Era schiacciante.
Non era sicura del perché se la stesse prendendo così male: mai nella sua vita era rimasta paralizzata davanti ad una cotta.
Alexis si ritrovò a ridacchiare senza allegria, portandosi entrambe le mani a coprire la bocca: definirla cotta era un’offesa bella e buona alla sua intelligenza.
Non era mai stata “solo una cotta” con Derek.
I sentimenti che provava erano di natura profonda e non le lasciavano scampo, era una falena condannata ad essere attratta dalla luce in modo ineluttabile.
Si massaggiò gli occhi stanchi con i palmi delle mani, deridendo quel suo essere melodrammatica: era forse tornata ad essere la ragazzina spaventata del primo anno?
Così terrorizzata dal fatto di essersi innamorata di una persona inaspettata- del suo migliore amico? Paralizzata dalla paura di non essere ricambiata e di rovinare uno dei rapporti cardine della sua vita, andando a scatenare un effetto domino che l’avrebbe fatta tornare sola?
Oh, Leighton l’avrebbe presa verbalmente a calci nel sedere se avesse potuto sentire quei pensieri e a buona ragione. E che avrebbe detto della sua insonnia da una settimana a quella parte?
O di come fosse scappata dal locale con la coda tra le gambe dopo aver sentito Derek cantare quella canzone in particolare?
Che l’avesse fatto inconsapevolmente o meno, il ragazzo aveva colpito e fatto un centro perfetto su un nervo scoperto.
Ad essere onesta, Alexis sospettava- era quasi certa- che niente di quella sera fosse stato casuale, dalla scelta della serata a quella dei brani. La ragazza si mise le mani sul capo, lasciandole scivolare sui ricci resi crespi dall’umidità. Li appiattì con movimenti nervosi.
Alex Turner doveva essersi trovato in una bella situazione del cazzo per trovare l’ispirazione per quella dannatissima canzone. Oppure no, niente era sicuro.
Si tirò piano i capelli: stava sragionando. Era sicura che la mancanza di sonno perturbasse la sua lucidità e le facesse galoppare i pensieri a braccia aperte incontro all’incoerenza. Bevve un sorso d’acqua dalla bottiglia poggiata sul tappeto, lasciandosi scivolare a terra, la schiena poggiata al telaio del letto.
Sospirò, la testa contro il bordo del materasso, occhieggiando il soffitto, con la sconfitta nello sguardo. Era così presa ad insultarsi e a canticchiare “Do I Wanna Know?” degli Arctic Monkeys sottovoce che sussultò, impaurita dalla vibrazione del suo stesso cellulare.
Si portò una mano al petto per calmare il cuore impazzito mentre si allungò ad afferrare il telefono, borbottando un sonoro «Dannate notifiche».
Sbloccò lo schermo con noncuranza, convinta che fosse una qualche notifica di Instagram.
Non appena scorse verso il basso il menu a tendina le scivolò il cellulare dalle dita, finendo a terra con un tonfo sordo, attutito appena dal tappeto.
Il cuore aveva ripreso a galoppare impazzito, mentre la luce violacea lampeggiava come a schernirla, segnando l’arrivo di un nuovo messaggio.
Erano quasi le tre del mattino di un giovedì’, chi poteva essere così pazzo da essere in piedi, oltre a lei? Il cuore perse un battito, tamburellando ancora più forsennato per ricordarle che conosceva perfettamente la risposta. Aveva solo intravisto l’iniziale del nome del mittente e le era bastato per capire.
Picchiettò le dita sulle ginocchia ansiosa, fulminando il cellulare come se da un momento all’altro si fosse potuto avventare su di lei ed azzannarla.
L’aggeggio vibrò un’altra volta, prima che comparisse la schermata di chiamata. Durò qualche secondo appena e presto la stanza ripiombò nell’oscurità.
Con respiro tremante, agguantò il telefono come se fosse una bomba a mano.
C’erano due messaggi di Derek.
Il ragazzo aveva messo in chiaro che non aveva sbagliato mittente: il secondo recitava qualcosa come “So che sei ancora sveglia, Lexi, me lo sento. Possiamo parlare? A meno che non ti stia disturbando”. Difficile capire se fosse ubriaco o semplicemente uscito di senno.
Le arrivò un terzo messaggio mentre giocherellava senza sosta con la cover.
Ad Alexis si azzerò la salivazione.
Prima ancora di poterlo leggere, il cellulare prese a vibrare nuovamente, una chiamata in entrata proprio da parte di Derek. Ci furono diversi squilli a vuoto prima che Alexis riuscisse a premere con dito tremante il tasto verde.
«Hey, ciao» rispose la ragazza con tono esitante.
Si sentì un sospiro profondo dall’altra parte, seguito da una pausa carica di emozioni a malapena trattenute. Alexis non poté fare a meno di mordersi le labbra con ferocia, il fuoco dell’impazienza che minacciava di bruciarla viva.
«Non voglio suonare come un pervertito o uno stalker, anche se sarà inevitabile» iniziò a dire Derek con tono grave, quasi rassegnato, prima di fermarsi ancora. «Ma… Sono nel parcheggio vicino casa tua, ho due birre. Ti va di scendere?»
Fu il turno di Alexis di sospirare e sospettò che quel primo, fatidico sospiro sarebbe stato il primo di tanti quella notte. Il cuore riprese il suo ritmo forsennato con urgenza al solo pensiero di Derek, notte e sospiri nello stesso spazio. Alexis chiuse gli occhi, scuotendo il capo per castigarsi, le unghie premute con insistenza nel palmo della mano, cercando invano di scacciare dalla sua mente qualsiasi possibile scenario che quelle tre semplici parole potessero evocare.
I secondi si estesero pigri tra di loro, ma la mente di Alexis non riusciva a riprendere il controllo, le emozioni crude si facevano spazio nel suo petto reclamando a squarciagola la sua attenzione.
Un ricordo in particolare stava scorrendo come un film sotto le sue palpebre chiuse: il concerto della settimana scorsa al Cherry’s Beat.
Alexis non avrebbe creduto nemmeno nei suoi più vividi incubi che la serata sarebbe finita con una fuga da vigliacca dal locale, le sue difese assassinate e sanguinanti sul pavimento del loro pub preferito.
 




Footnotes:
Poteva venire fuori una OS corta ed invece, come al solito, il dono della sintesi non mi appartiene.
Questa dunque sarà la prima parte di tre, questa piccola follia mi girava in testa da luglio dello scorso anno, nonostante il fatto da cui prenda ispirazione sia avvenuto ancora prima.
Vi siete mai chiesti "E se...?" ripensando ad un fatto che, col senno di poi, aveva tutte le carte in regola per diventare qualcosa di meraviglioso? Questa piccola storia è per tutti voi.

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Capitolo 2
*** The Flashback pt.1 ***


Una settimana prima
 
 
 
Il Cherry’s Beat era un vecchio pub bazzicato da quasi tutta Rainbow Hill durante i noiosi weekend che la loro cittadina, sperduta nelle campagne di Sheffield, sapeva offrire. Era un pilastro della loro comunità, una quercia sopravvissuta a diversi cambi di gestione, un’anima antica testimone di un’epoca passata fatta di bagordi, rock’n’roll, con le pareti cariche di un’aura nostalgica quasi palpabile. Forse era proprio per quello che Alexis lo aveva sempre preferito a qualsiasi altro locale: quell’aria capace di farti credere nella magia la affascinava da sempre.
Non che ci fosse una folta varietà tra cui scegliere.
Nonostante ciò, il Cherry’s sembrava richiamare un particolare tipo di clientela, tutte quelle anime un po’ artiste ed un po’ perdute. Molti sostenevano che chi entrasse nel locale, lo facesse cercando qualcosa, inconsciamente o meno. Non a caso, era stato uno dei primi luoghi in cui Alexis era tornata dopo essere stata distante da Rainbow Hill per diversi anni.
Nel corso del tempo era diventato inevitabilmente il ritrovo prediletto della banda di disgraziati che definiva amorevolmente amici: quelle pareti erano state testimoni dei loro anni più strani e difficili, oltre che di studio disperato. Quanti segreti custodiva quel luogo, proprio lì, alla luce del sole.
Alexis sorseggiò il suo cocktail distratta mentre, al suo fianco, Allison e Blue chiacchieravano con fervore dei loro strambi professori d’università. Alexis mascherò un sorrisetto dietro al vetro del bicchiere: quasi le esplodeva il cuore a volte, ripensando alla fortuna di avere un gruppo così affiatato nonostante si fossero fisicamente separati dopo il liceo.
Tutti loro avevano scelto carriere ed università diverse, alcune anche distanti da casa, ma quando si trovavano di nuovo al Cherry’s Beat, il tempo sembrava fare un balzo nel passato.
I giorni di metà dicembre li avevano riportati tutti a Rainbow Hill, con le vacanze di Natale pronte a travolgerli con la loro atmosfera suggestiva.
Persa nei suoi pensieri, Alexis sussultò quando un paio di mani gelide le si depositarono all’improvviso sulla nuca, lasciata scoperta dallo scollo del vestito e la coda alta.
«OH MIO DIO! LEIGHTON!» quasi strillò Alexis, indecisa se abbracciare o strozzare una volta per tutte la sua migliore amica che ghignava soddisfatta mentre si toglieva il cappotto.
«Sei una stronza» le sussurrò Alexis all’orecchio, alzandosi ed abbracciandola stretta, accogliendo con sollievo il freddo della pelle di Leighton: un toccasana contro l’afa asfissiante del locale.
«E tu una figa pazzesca, vuoi far venire un attacco di panico a qualcuno con quelle gambe in bella vista?» replicò serafica Leighton, stringendola forte per poi darle uno schiaffetto sul sedere, causando un attacco di risate alla ragazza.
«Hey, giù le mani, l’ho adocchiata prima io» la accusò Blue con l’indice puntato a mo’ di avvertimento, avvicinandosi al duo con un sorriso radiante, avvolgendo Leighton in un abbraccio da orso. Allison, dietro di loro, incrociò lo sguardo di Alexis, scuotendo il capo rassegnata.
«Possiamo fare cinquanta e cinquanta, se ti va?» propose con un sorriso malizioso Leighton, stritolando Allison con calore.
«Anche se credo che tu-sai-chi avrebbe qualcosa da ridire» continuò la ragazza, facendo un occhiolino a Blue, che scoppiò a ridere di gusto.
Alexis roteò gli occhi scocciata, cercando di contenere un commento pungente e preferendo terminare il suo drink analcolico.
«A proposito di tu-sai-chi, ti sei divorata mio cugino come Hannibal Lecter o ti sei liberata del suo cadavere prima di arrivare al Cherry’s?» domandò Alexis, aggrottando le sopracciglia con finto fare perplesso mentre Blue ghignò malefica.
Leighton sembrò irrigidirsi in modo impercettibile ed un sorriso debole che non raggiungeva gli occhi si dipinse sul suo volto.
La rughetta sulla fronte di Alexis si fece più profonda, percependo un cambiamento d’umore in Leighton. Le ragazze si scambiarono uno sguardo carico di significato, interpretabile solo da loro due, prima che Leighton scrollasse le spalle, ricomponendosi.
«Mi ha accompagnata direttamente qui prima di proseguire verso casa, il tempo di salutare tua zia e lasciare giù i bagagli e dovrebbe raggiungerci» rispose Leighton con noncuranza, non lasciando trasparire niente dal suo tono di voce.
«A proposito, Nina dov’è? Non è dei nostri stasera?» ribatté Leighton, sviando argomento con fluidità sotto gli occhi indagatori di Alexis. La ragazza lasciò correre per il momento, ripromettendosi di parlarle con più tranquillità domani.
Blue negò con un cenno del capo. «I genitori hanno deciso di rapirmela fino alla vigilia di Natale praticamente» spiegò con un sospiro, sorridendo però con affetto: avrebbe mentito se avesse negato di adorare i genitori della sua ragazza alla follia.
Leighton sbuffò, mettendo un broncio adorabile che spesso le aveva conquistato molti favori.
«Questa me la lego al dito!» decretò con tono serio, mostrando indignata il mignolo, le unghie laccate di un bordeaux intenso. Alexis le diede un buffetto sulla spalla come per consolarla.
«Che mi dite dei ragazzi invece? E perché Derek non è qui a mangiarsi Alexis con gli occhi?» continuò con nonchalance Leighton, il castano degli occhi illuminato da una scintilla di malizia che non prometteva niente di buono.
Fortunatamente, Allison intervenne prima che Leighton e Blue monopolizzassero la conversazione su quell’argomento, mettendo in imbarazzo Alexis fino a Natale dell’anno successivo.
«Avete sete ragazze? Stavo pensando di fare rifornimento di alcool prima che la prossima band si esibisca» disse con tono pratico Allison, occhieggiando le sue amiche.
La prossima band non era altro che la restante parte dei loro scapestrati amici: avevano avuto quella brillante idea dopo qualche giro di birra. Allison non era molto sicura del tutto, ma non aveva obbiettato. Non osava però immaginare quanto era passato dall’ultima volta che avessero provato tutti insieme o addirittura esibirsi.
Leighton brillò all’idea di un drink.
«Un fottutissimo Long Island!» esclamò entusiasta, battendo le mani tra loro come una ragazzina.
Il sospetto che la ragazza avesse bevuto ancora prima di arrivare al locale iniziò a serpeggiare tra le amiche, ma nessuna fece domande. Era alquanto bizzarro però vedere Leighton così sciolta e gioiosa, rumorosa quasi. Non che solitamente la parlantina le mancasse, tutt’altro, ma sembrava quasi un’esagerazione, una farsa per mascherare il suo vero stato d’animo.
L’ipotesi che fosse accaduto qualcosa tra lei e Christophe durante il viaggio si concretizzò nella mente di Alexis: domani sarebbe venuta a capo della questione.
«Un Sex On the Beach per me, grazie» rispose Blue, accomodandosi al loro tavolino e controllando il cellulare, nel caso le fosse arrivato qualche messaggio di Nina.
«Ottimo. Lexi, vieni a darmi una mano con i drink?» domandò con casualità Allison, prendendo l’amica sotto braccio prima che Leighton avesse modo di protestare.
Le due ragazze serpeggiarono tra la folla sotto la guida sicura di Allison, trovandosi al bancone in men che non si dica.
Alexis sospirò, lanciando un’occhiata di gratitudine all’amica. Allison fece un gesto con la mano, indicando che non c’era bisogno di ringraziarla.
«Sa essere intensa» concordò Allison, lasciando che un sorriso dolce comparisse sulle sue labbra quando Andrew, uno degli ex colleghi di Allison, comparve al bancone.
«Cosa vi porto, dolcezze?» domandò con fare galante, facendo ridere entrambe. Allison scosse la testa.
«Un Long Island, due Sex on the beach e qualsiasi cosa analcolica ti venga in testa per questa signorina.» ordinò con tono allegro Allison, occhieggiando con curiosità il resto del loro gruppetto impegnato a giocare a freccette in un angolo del Cherry’s, diversi bicchieri vuoti abbandonati sui tavolini alti attorno a loro.
Alexis seguì lo sguardo dell’amica, spiando con perplessità e divertimento Seth che tentava con mano tremolante di prendere la mira, fallendo miseramente tra le risate di Derek e Paul, mentre Darren sperava invano che la terra lo divorasse vivo, le guance più rosse dei suoi capelli.
«Pensi che si ricordino che tra poco tocca a loro suonare?» chiese con la fronte aggrottata Allison, il gomito poggiato contro il bancone del bar ed una mano sotto il mento, mentre Alexis li osservò affascinata come se stesse guardando un documentario del National Geographic.
«Ne dubito» replicò l’altra ragazza, rivolgendosi poi ad Andrew con fare cospiratorio, «esattamente quanti giri di birra hanno fatto finora?»
Andrew fece un cenno di diniego col capo, le enormi spalle scosse da una risata sguaiata mentre riempiva con cura un bicchiere con della vodka alla pesca.
«Tesoro, ho perso il conto. Sono solo felice che il mio ragazzo sia sobrio per stracciarli» ribatté compiaciuto, facendo un occhiolino ad Alexis che ghignò suo malgrado. Presto le ragazze si ritrovarono a chiacchiere placidamente con Andrew mentre terminava di preparare i loro drink, la melodia lenta della band sul palco ad accompagnarli come un delicato sottofondo.
 
 
 
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Dall’angolo quasi opposto del locale, Derek se ne stava seduto sul suo sgabello osservando con discrezione Allison ed Alexis, ora che erano completamente distratte da Andrew. Svariate persone camminavano avanti indietro per il locale, facendo scomparire e riapparire la sagoma di Alexis come fosse un gioco di prestigio.
Il ragazzo cercò di distrarsi dalla figura alta di Alexis senza successo, stringendo la birra ghiacciata tra le mani mentre il suo sguardo traditore scorse con lenta pigrizia sulle curve della ragazza.
L’abbinamento del suo vestito nero e gli stivali alti al ginocchio dello stesso colore lo stavano facendo uscire di senno da inizio serata, mentre i capelli scuri e raccolti lasciavano in bella vista il collo pallido, ornato da una collana color argento. Era un vecchio regalo di compleanno che le aveva donato secoli fa, un ciondolo con una delicata chiave di violino come pendente ed era una delle preferite della ragazza. Derek lasciò uscire un respiro secco, incapace di svegliarsi da quello stato di trance.   
La consapevolezza di trovarsi nei guai si era fatta strada in lui nell’esatto momento in cui Alexis, dopo averlo salutato con un bacio sulla guancia, si era tolta il cappotto color borgogna che tanto amava. Sapeva con acuta certezza che quel dannato vestito era uno dei favoriti di Alexis e non gliene faceva una colpa: era anche il suo.
L’unico inconveniente era che il modo in cui le abbracciava con morbidezza ogni singola curva del suo corpo non gli permettesse di formulare pensieri coerenti.
O forse quella era colpa dell’alcool probabilmente.
Si passò una mano sul viso, bevendo un sorso di birra. Una pessima idea stava prendendo forma nella sua testa, ma, quella sera più che mai, si sentiva al limite.
«O la va o la spacca» mormorò a bassa voce, fissando distratto il pavimento e percependo ogni vibrazione del locale sotto le Vans consumate.
«Reynard, che cavolo stai mormorando da solo come un povero pazzo?» domandò Paul con grande chiasso, esultando quando Seth sbagliò il lancio, di nuovo: il ragazzo era ormai sconsolato.
Derek si passò la lingua sui denti, prima di decretare con tono lapidario «Stasera suoniamo “Do I Wanna Know?”».
Darren quasi si strozzò tra un sorso e l’altro. Paul allungò una mano per dargli uno schiaffo sulla schiena con delicatezza, l’espressione stralunata dopo l’uscita del ragazzo.
Seth scrutò con attenzione il suo migliore amico prima di iniziare a parlare.
«Derek…» lo ammonì Seth, ma il ragazzo lo interruppe con prontezza alzando la mano destra davanti al suo viso. I tre ragazzi studiarono Derek con titubanza e preoccupazione crescente mentre finì in un unico sorso la restante birra, lo sguardo perso nel vuoto.
Seth scosse la testa, sollevando le braccia al cielo in cenno di resa mentre Darren si lasciò sfuggire un fischio: il resto della serata si prospettava di fuoco.
 
 
 
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«Esattamente da quando Derek se la sta mangiando con gli occhi?» domandò con tono saccente Leighton mentre Blue se ne stava accanto all’amica, giocherellando distrattamente con il cellulare. Entrambe osservavano il gruppo dei ragazzi con interesse.
«Dall’esatto istante in cui si è tolta il cappotto. Credo che se fosse stata nuda la cosa sarebbe stata meno indecente» rispose Blue, facendo schioccare la lingua contro il palato. Leighton rise di cuore, gettando il capo all’indietro.
«Non lo biasimo, è il suo vestito migliore. Penso che ormai Derek sia arrivato al limite e che questa sera potrebbe tentarne una delle sue» commentò Blue, con una nota di simpatia per il ragazzo nella voce.
«Se solo Alexis lasciasse andare la sua paura…» mormorò Leighton sottovoce, tamburellando le dita sul ginocchio con fare distratto. «Fosse così facile, vero?»
Blue annuì col capo, capendo il tono amaro di Leighton.
«Hanno passato sfide immense insieme e la loro amicizia li ha sostenuti per tutto il tempo. Ho sempre sospettato che Alexis lo trovasse attraente, chi non lo farebbe? Ma…amarlo?».
Blue esitò, prendendo fiato. «La capisco, anche io avrei una paura fottuta di perdere un legame come il loro» sospirò Blue, appoggiando il capo sulla spalla di Leighton.
Esaminarono Derek in silenzio per qualche minuto: il ragazzo, a sua volta, era concentrato nello scrutare Alexis con un’espressione da cane bastonato in volto. Le ragazze scossero la testa quasi all’unisono.
Videro le labbra di Derek muoversi e le espressioni dei loro amici cambiarono all’improvviso, ma né Blue né Leighton riuscirono a capire cosa avesse causato quello scompiglio accompagnato da visi pensierosi.
«Credo che ci siamo appena perse qualcosa di grosso» borbottò Leighton in tono sommesso, rigirandosi un vistoso anello attorno all’indice. Blue fece per rispondere ma notò Allison ed Alexis avvicinarsi al loro tavolo e si cucì le labbra, lasciando morire la conversazione. Era abbastanza sicura che presto o tardi avrebbero scoperto il piano di Derek per quella serata.
Fa che non sia un disastro annunciato, pensò tra sé e sé Blue, accantonando il cellulare per prendere il drink che Allison le stava allungando.
Alexis posò davanti a Leighton il suo Long Island, da cui prese subito un generoso sorso, ringraziando l’amica con un sorriso da ventiquattro carati.
Le ragazze si sedettero sulle sedie libere accanto alle altre, andando a chiudere lo strano quadrato formato dalla disposizione dei divanetti. Non era l’ideale, ma il Cherry’s era particolarmente pieno quella notte ed erano state fortunate a riuscire a recuperare quell’angolo per loro, nonostante non fosse il loro prediletto.
Alexis si sentiva un po’ scoperta, con il loro tavolo quasi nel bel mezzo del locale, ma le luci soffuse e la penombra offrivano un’inaspettata intimità, mentre la melodia familiare di “Ophelia” dei The Lumineers riempiva il locale. Alexis non aveva idea di chi fosse la giovane band che stava cantando quella cover con grande delicatezza, rendendola quasi ultraterrena, ma si ripromise di chiedere ad Andrew il loro nome. Tutte loro fissarono il gruppo incantate per diversi istanti, con Blue ed Allison a canticchiare sottovoce, prima che il momento di quiete venisse interrotto da un rumore di vetri rotti ed imprecazioni colorite.
Alexis e Allison si guardarono alle spalle preoccupate, mentre Leighton scosse la testa, cercando di camuffare la risata nascente dietro il suo cocktail.
Seth stava aiutando una ragazza bionda, una delle cameriere dello Cherry’s, a raccogliere dei cocci dal pavimento mentre Derek si profuse in una sequela di scuse, ciondolando sui due piedi.
Darren le allungò con discrezione una mancia, mormorando qualche parola prima che lei si allontanasse scuotendo il capo, un sorrisetto a fior di labbra.
Seth si avvicinò alle ragazze per primo, salutando Leighton con un sorriso cordiale per poi accomodarsi senza grazia sul divanetto accanto a Blue, appoggiando un braccio sullo schienale e stropicciandosi gli occhi con l’altra mano.
«Non commento nemmeno» iniziò a dire Allison, lo sguardo rassegnato rivolto verso Seth.
«Te ne sarei davvero grato» ribatté Darren, salutando Leighton con un bacio sulla guancia. «Andrew ci ha chiesto se abbiamo intenzione di lasciargli qualche bicchiere integro prima della fine dell’anno» spiegò il ragazzo, facendo un cenno del capo al suo ragazzo, impegnato in un’acrobazia con uno shaker, un bicchiere e una bottiglia di vodka.
Leighton sogghignò, ricambiando con un bacio a sua volta, bisbigliando un «ciao zucchero».
Derek preferì stravaccarsi sul divanetto opposto, lasciando cadere l’avambraccio destro sugli occhi ed emettendo un debole saluto verso Leighton. La testa gli oscillò leggermente dal bracciolo, i capelli castani sparati in tutte le direzioni come elettrificati.
Alexis non resistette a scompigliarglieli ulteriormente, ottenendo in risposta un borbottio confuso che la fece sghignazzare sotto i baffi.
Si ritrovarono presto tutti a ridere quando Paul tentò di spostare le lunghe gambe di Derek per sedersi a sua volta, il tutto senza rovesciare il bicchiere mezzo pieno di birra che teneva nella mano sinistra.
«È bello rivederti Leighton» disse Paul sorridendo, una volta ottenuto un angolo libero. «Pensavo che Christophe fosse dei nostri stasera» aggiunse con sguardo confuso non vedendo l’amico, bagnandosi le labbra con un sorso.
«Quello era il piano, ma a metà viaggio siamo stati attaccati da un branco di coyote inferociti ed assetati di carne umana quindi ho dovuto compiere una scelta, ne andava della mia sopravvivenza» replicò con tono drammatico Leighton, gli occhi luccicanti di malvagità mentre si chinò in avanti verso Paul, le mani puntate ai lati delle cosce.
Blue, Seth e Allison scoppiarono a ridere, mentre Alexis fece spallucce, rigirando la cannuccia nel suo drink con noncuranza alla notizia.
«Credo di poter sopravvivere con un cugino in meno» commentò poi la ragazza con tono allegro, spiando alla sua sinistra: gli angoli della bocca di Derek si erano sollevati inevitabilmente verso l’alto. Era un vecchio scherzo tra loro che Derek le aveva sentito ripetere mille e mille volte quando Christophe le dava sui nervi.
Il gruppo si ritrovò a ridacchiare, un pizzico di nostalgia nelle loro voci ripensando ai tempi in cui uscite come quella sera erano all’ordine del giorno.
Presto presero a chiacchierare amabilmente con toni più pacati per non disturbare ulteriormente l’esibizione, aggiornandosi a vicenda sulle loro vite.
«Vi ricordate che dopo di loro tocca a voi vero?» chiese Blue con un sopracciglio alzato tra una chiacchiera e l’altra.
Sia Alexis che Allison ghignarono, mentre Paul inclinò il capo, fulminandole con un finto sguardo minaccioso.
«Ehi, ehi, ehi, cos’è tutta questa fiducia?» domandò Derek con tono difensivo, mentre Seth alzò le mani con espressione innocente.
«Non so, forse perché al momento avete in corpo una percentuale più alta di Corona che di acqua?» ribatté sardonica Alexis, indicando con un cenno del capo Derek, stravaccato scomposto sul divanetto come se fosse già ai postumi di una sbronza. Il ragazzo le fece il verso, alzando il dito medio, facendo arricciare il naso ad Alexis, divertita.
«Intanto, Heineken per favore!» si indignò Seth, alzando un dito accusatore. Allison prese un sorso di Sex on the Beach per non commentare l’adorabile scemo che era il suo ragazzo.
La replica di Leighton non si fece attendere e in men che non si dica si ritrovarono a lanciarsi frecciatine. Alexis rimase ad osservarli affascinata, perdendosi presto nelle note del nuovo pezzo della band, oscillando il capo perplessa: non riusciva a ricordare il titolo del brano.
Delle dita picchiettarono delicate sulla sua gamba sinistra, distraendola: Derek la stava fissando. La ragazza aggrottò le sopracciglia con un cenno interrogativo del capo.
Derek fece una linguaccia, per poi trasformare l’espressione in un broncio buffo. Alexis rise piano, dandogli un colpetto in mezzo alla fronte che fece solo corrucciare ancora di più il ragazzo.
«Non te la ricordi, vero?» la punzecchiò dopo qualche secondo. Alexis scosse il capo senza guardarlo, concentrata sulla cantante della band, girando distrattamente la cannuccia del suo drink.
«Stavo pensando a…Florence and The Machine forse?» rispose con una nota di insicurezza.
Derek schioccò la lingua contro il palato, facendo un cenno di diniego.
«Tre indizi: notte bianca, teatro scolastico e Londra.» ribatté il ragazzo, non potendo fare a meno di sorridere, lo sguardo che si immergeva nostalgico nei ricordi di quella notte di anni fa come se fossero proiettati sul soffitto dello Cherry’s.
Alexis si irrigidì in modo lieve, cercando di non sbarrare gli occhi. Le sembravano trascorsi secoli da quell’avventura surreale, eppure ancora oggi quel ricordo aveva il potere di farla rabbrividire come se avesse la vita stessa stretta tra le mani. Attese qualche secondo per essere sicura che la voce non le uscisse tremante prima di rispondere a Derek.
«I London Grammar! Dio che stupida, come ho fatto a dimenticarmene!» esclamò Alexis, ridacchiando incredula per nascondere il tremolio delle sue spalle.
Se Derek notò il suo comportamento bizzarro, fu abbastanza clemente da non commentare.
Quella notte, quella del concerto dei London Grammar al loro vecchio teatro del liceo, custodiva una serie di eventi oltremodo intimi per entrambi.
Per Alexis era stato un punto di svolta e per tanto tempo si era chiesta se per Derek fosse stato lo stesso, ma non aveva mai avuto il coraggio di chiederglielo.
Una sequela di applausi la distrasse dal suo rimuginare, trovando la mano di Derek ancora sulla sua gamba, intenta a disegnare forme astratte con i polpastrelli. Anche il ragazzo sembrò uscire da una qualche trance e i loro sguardi si incontrarono.
«Tocca a voi suppongo?» mormorò piano Alexis con un lieve sorriso in volto.
Derek non rispose subito, fissandola per qualche secondo senza una parola, per poi annuire col capo. Alexis gli scompigliò nuovamente i capelli, ma questa volta il ragazzo le prese la mano prima che potesse ritirarla, lasciandole un bacio delicato sul palmo, le palpebre abbassate.
La ragazza sgranò gli occhi, corrugando la fronte sorpresa prima di incrociare nuovamente l’intenso azzurro dello sguardo di Derek. Alexis pregò con tutta sé stessa che Derek non si accorgesse del leggero tremolio della sua mano quando la lasciò andare con lentezza, alzandosi dal divanetto ed annuendo con decisione, sigillando una promessa a sé stesso.
Sentì solo echi lontani delle voci dei ragazzi attorno a lei, tutta la sua concentrazione era volta alla schiena di Derek che si allontanava sempre più, sparendo tra la folla.
Solo in quel momento percepì la secchezza della sua gola: le risultava difficile deglutire tanto quanto il suo braccio sembrava incapace di smettere di tremare. Per grazia divina, le sue amiche non avevano fatto caso al loro scambio, entrambi protetti dalla bolla creata dalla luce soffusa del locale o almeno così Alexis si augurava.
Non si sentiva abbastanza in sé per rispondere ad eventuali domande scomode che sarebbero inevitabilmente scaturite, mentre una letale tempesta di confusione le si agitava nel petto.
Studiò con cura maniacale le sue mani per diversi secondi, cercando un impossibile cambiamento e non trovando nulla, se non un tremolio che tradiva i suoi nervi. Arricciò le dita, tenendo i pugni chiusi con fermezza, espirando lievemente per calmarsi.
Allison e Blue erano distratte da Paul e Seth che si erano attardati con loro, ma Leighton stava picchiettando l’indice contro il suo bicchiere, studiando con la coda dell’occhio Alexis e prestando attenzione agli altri solo a metà.
Anche i più piccoli cambiamenti della sua migliore amica ormai le erano familiari e per questo non si era persa la sua postura rigida e composta e la sottile tensione che trasudava da lei da quando Derek le aveva baciato la mano. Decise di non commentare, ripromettendosi di parlarle in un secondo momento in cui avrebbero avuto meno pubblico e più privacy: entrambe avevano un sacco di cose di cui parlarsi.
Anche Paul e Darren presto si avviarono verso il palco dove Derek sembrava essere più impaziente di minuto in minuto.
Quando infinte Leighton fissò direttamente Alexis, niente sembrava turbare il suo volto imperscrutabile. La ragazza batté la mano sul divanetto con fare suggestivo rivolta ad Allison che annuì, ricambiando con un occhiolino carico di malizia e accomodandosi accanto all’amica dopo che Blue ebbe lanciato con noncuranza un cappotto nell’altro divanetto, lasciando la sedia più vicina al divanetto ad Alexis. Avevano tutte una discreta visuale del palco, notarono soddisfatte.
Alexis scalò di posto, scuotendo il capo divertita e portando con sé il suo drink. Leighton terminò il suo con un sorso vigoroso e, con estrema nonchalance, appoggiò entrambe le braccia sullo schienale.
«Ah, le mie ragazze» sospirò contenta, poggiando il capo sulla spalla di Blue che si esibì in un’espressione a metà tra lo shock e il perplesso.
«Dimostrazioni d’affetto? Da Leighton?!» esclamò Allison, mentre Blue si portò una mano davanti la bocca in un mimo mal riuscito di una smorfia terrorizzata.
«L’apocalisse è vicina ragazze, meglio godersi questa ultima serata…Il domani è incerto» decretò Alexis con tono funesto e uno sguardo grave, sorseggiando il suo analcolico. Tuttavia l’atmosfera funesta non durò a lungo: non appena alzò gli occhi verso le sue amiche, le sfuggì una risata strozzata che le fece quasi andare di traverso il drink.
La risata squillante di Allison le riempì presto le orecchie e Alexis sentì un po’ di tensione abbandonare il suo corpo. Si asciugò una lacrima dovuta all’ilarità, pregando di non essersi rovinata il trucco, anche se in fin dei conti ne sarebbe stata grata.
La distanza che la separava dal suo gruppo di amici si palesava nel cuore della notte, senza preavviso, istigando in lei un forte desiderio di fuga, di tornare al suo lido felice dove sapeva di appartenere.
L’esperienza universitaria si stava rivelando stressante e il non avere costantemente attorno la sua seconda famiglia…alle volte le pesava sul cuore come un macigno.
Non stanotte.
Appoggiò il capo sulla spalla sinistra di Allison, gli angoli della bocca sollevati in un sorriso carico di silenziosa gratitudine. Cullata dal brusio familiare del Cherry’s Beat, restò lì a fissare incantata un punto del palco mentre i ragazzi sistemavano la strumentazione.
«Vi hanno detto quale sarebbe stata la loro scaletta?» indagò Leighton incuriosita, tamburellando il piede distrattamente al ritmo di una canzone semi sconosciuta proveniente dalla radio. Le ragazze scossero la testa all’unisono.
«Non sono proprio sicura che abbiano provato come ai vecchi tempi» rispose incerta Alexis.
«Il che potrebbe rivelarsi una pessima idea a mente fredda» aggiunse Blue, alzando le sopracciglia con preoccupazione quando sentì il fischio stridente del feedback acustico sovrastare ogni rumore del locale. Derek alzò le mani al cielo in un gesto di scuse, i capelli che sembravano aver deciso di prendere strade diverse dopo un’accesa discussione. Seth gli mollò uno scappellotto sulla nuca, mentre Paul se la rise con gusto seduto alla batteria.
«Dite che c’è qualche speranza con tutta la birra che hanno ingerito?» commentò rassegnata Allison con tono melodrammatico, appoggiando il capo contro quello di Alexis che ridacchiò, alzando il bicchiere in un brindisi alle parole della rossa.
«Forse è meglio così?» si interrogò Alexis, un dito posato sul mento con fare pensieroso.
«Così dici che saranno troppo intossicati dall’alcool per ricordarsi eventuali figure di merda?» ribatté divertita l’amica, osservando con una punta di orgoglio il suo ragazzo destreggiarsi con le corde della chitarra. Nonostante non fosse la sua, Seth non ne sembrava minimamente turbato.
Blue e Leighton risero di cuore alle parole taglienti della ragazza, più vivaci di prima dopo aver terminato i loro drink, le guance leggermente arrossate.
«Attenzione gente, Allison è carica di umorismo e battutine spietate stasera!» dichiarò Leighton a nessuno in particolare, alzando le braccia al cielo facendo sghignazzare Blue ancora di più.
Alcuni avventori le osservarono incuriositi dalla discreta confusione che il loro tavolo stava creando e quindi Blue fece cenno alle altre di fare silenzio, anche se fu poco credibile perché prese nuovamente a sbellicarsi dalle risate a metà «shh».
«Le abbiamo perse?» bisbigliò Alexis ad Allison con un’espressione sardonica dipinta in viso che ricordò vagamente all’amica lo Stregatto di “Alice nel paese delle meraviglie”. La rossa annuì, umettandosi le labbra con la lingua per nascondere un ghigno traditore.
«Totalmente perse!» affermò con complicità Allison.
Ogni protesta da parte delle altre fu interrotta dalla voce profonda di Derek che uscì calda ed invitante dalle casse dell’impianto stereo.
«Ma buonasera a tutti! Come procede la serata?!» chiese Derek con entusiasmo contagioso, ricevendo urla ed applausi dai vari gruppi di clienti radunati al Cherry’s Beat quella sera, mentre Paul lo accompagnò tamburellando le bacchette sui piatti della batteria.
Derek si morse il labbro inferiore prima di sorridere sornione, alzando i pugni in aria.
«E come potrebbe essere altrimenti con un pubblico così e uno staff superbo?» rimarcò il ragazzo, ottenendo un altro round di approvazione mentre la gente applaudì i camerieri.
Derek lanciò un occhiolino complice al proprietario che scosse il capo bonariamente, divertito dal carisma che i ragazzi ancora possedevano.
«Ora, è passato un po’ di tempo dall’ultima volta che la nostra presenza ha graziato questo palco, ma noi siamo i Ghost, riuniti in esclusiva per una serata ed una serata sola gente!» ribadì Derek, appoggiando entrambe le mani sul microfono.
Le ragazze emisero un coro di proteste all’unisono, mentre la folla echeggiò il loro dissenso.
Derek mostrò i palmi in cenno di resa prima di portarli al petto.
«Lo so, signori e signore, spezza il cuore anche a me» confessò con afflizione il ragazzo.
Seth e Darren scossero il capo, urlando qualcosa che suonò come «tutte palle» e Paul batté contro la grancassa della batteria in accordo con gli altri. Derek sospirò, alzando gli occhi al cielo con fare drammatico.
«Non è proprio la mia serata questa, eh gente?» osservò sconsolato il ragazzo, passandosi una mano tra i capelli e rendendoli ancora più scompigliati mentre il pubblico rise sguaiatamente.
Derek piantò entrambi le mani sui fianchi, nascondendo un sorrisetto soddisfatto: a quanto pare non aveva completamente perso il suo tocco con la folla. Guardò Seth, che gli restituì un cenno affermativo con la testa, il loro modo non verbale per dire quando vuoi, ti seguiamo.
«Ma basta cazzate e chiacchiere per stasera! Gente, questa è Victorious!»
Le voci congiunte di Seth e Paul risuonarono dalle casse, cantando “Tonight we are victorious, champing pouring over us…” in sincrono con i battiti di mani del pubblico e le ragazze si trovarono ad urlare di gioia, incitando i loro amici.
E presto, la musica riempì di nuovo il silenzio del locale.
 
 
 
 
 
Footnotes:
 
“Victorious” è una canzone dei miei amati Panic! At the Disco.
Perdonatemi la banalità del nome della band, è stato scelto secoli fa e sinceramente non me la sentivo di cambiarlo. Ad ogni modo, ho deciso di dividere quello che doveva essere un capitolo in due capitoli vista la mole esagerata che aveva raggiunto. Non mi sembrava una cosa carina presentare un prologo da circa 1500 parole ed un secondo capitolo da più di 8600.
Perdonate l’attesa dunque, il prossimo arriverà presto, se la smetto di schifare tutto quello che edito e correggo!
Un abbraccio

 


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Capitolo 3
*** The Flashback pt.2 ***


L’energia che permeava l’aria del Cherry’s dopo quattro esibizioni era contagiosa, un cocktail intrigante e carico di promesse: i sorrisi soddisfatti dei vari avventori ne erano la prova. Un’espressione simile era perennemente piantata da dieci minuti sul viso di Alexis che, insieme alle altre ragazze, aveva cantato a squarciagola ogni singola canzone.
I suoi amici le avevano riproposto una camminata nel viale dei ricordi, portando diversi brani che li avevano accompagnati negli ultimi due anni di liceo, andando a costruire il progetto più ambizioso che avessero mai messo in piedi per salvare il vecchio teatro.
Derek sembrava essere in egual modo assuefatto sia dall’alcool che dal passato evocato dalla musica. Tamburellava nervoso sulla cassa a cui era posato col braccio sinistro, una bottiglia d’acqua mezza terminata tra le mani e i pensieri che si affollavano senza sosta nella sua mente. Appoggiò la testa contro l’avambraccio, traendo un respiro profondo e pregando che il fuoco che continuava ad agitarsi nelle ossa gli desse tregua.
Nonostante le eterne suppliche sapeva però che niente di tutto ciò fosse possibile: lo vedeva con chiarezza davanti a sé, il capolinea. C’era una sottile finalità nell’aria e per quanto questo lo terrorizzasse, Derek era determinato a coglierla, nel bene o nel male.
Si sforzò di non soffermarcisi troppo, oppure la paura di perdere Alexis l’avrebbe inchiodato al suolo: il suo rapporto con Alexis era un fiore raro e prezioso, curato da entrambi con attenzione e profonda dedizione. C’era così tanto a rischio.
Eppure… erano ad un’impasse, lui ed Alexis: quello status quo lo stava logorando lentamente.
Respirò ed espirò, trovando conforto nel pensiero che un qualsiasi sviluppo sarebbe stato meglio dello stallo di quegli ultimi mesi.
Percepì una lieve pressione attorno al cuore, una tenaglia pronta a scattare al pensiero che le cose andassero per il peggio alla fine di tutto. Era già accaduto che i due si fossero allontanati e Derek rimpiangeva quegli anni persi come fosse ancora la prima volta.
L’ingiustizia della vita e delle decisioni altrui li avevano spinti così distanti l’uno dall’altra che tutti i pronostici erano stati contro di loro. A dispetto di tutto, ancora una volta quella stessa, strana vita sembrava però volerli riportare sullo stesso percorso, incrociando nuovamente le loro strade il giorno in cui Alexis tornò a Rainbow Hill dopo due anni di assenza.
Derek non osava chiamarlo destino per paura che tutto si rivelasse il frutto di un lungo sogno dal quale prima o poi si sarebbe svegliato. E lui forse stava per incasinare tutto di nuovo.
Il ragazzo scrollò con decisione il capo, cercando di cacciare fisicamente la negatività.
Spiò Alexis con la coda dell’occhio ed il suo sorriso appena accennato, nascosto nella morbida piega delle sue labbra, sembrò quietare la sua ansia. Con una volontà d’acciaio, il cuore pesante e forse un pizzico di disperazione ad accompagnare i suoi passi, si riavvicinò al microfono, incrociando lo sguardo di Seth.
I perforanti occhi chiari del suo migliore amico non lo avevano lasciato per un solo istante, in attesa del suo segnale. Non poteva nascondere niente al ragazzo, tantomeno dei sentimenti così forti e Seth era sempre rimasto silenziosamente al suo fianco, elargendo consigli solo quando e se richiesti, senza fargli mai mancare il suo supporto.
Paul e Darren ripresero rispettivamente i loro posti e fissarono Derek, forse percependo un cambiamento nell’aria, pronti ad offrire all’amico il loro sostegno incondizionato. Derek si morse l’interno delle guance, semplicemente annuendo.
Solo allora Darren gli passò una seconda chitarra che Derek imbracciò prontamente, controllando con scrupolo che fosse accordata e pronta per l’esibizione più importante.
Dalla folla del Cherry’s si levarono dei mormorii incuriositi.
Derek impugnò nuovamente il microfono con entrambe le mani prima di parlare, lo strumento a fargli da scudo con il suo peso rassicurante e familiare.
«Signori e signore, siamo arrivati alla nostra ultima esibizione per la serata» annunciò Derek con sottile dispiacere: gli era mancato da morire stare sul palco. Scrollò le spalle prima di proseguire.
«Vi vogliamo lasciare con una canzone in particolare. Sono sicuro che la conosciate tutti e in caso contrario, amici miei, vivete sotto un sasso!» commentò con finto rimprovero nella voce, ottenendo di far sghignazzare un po’ tutti.
«C’è sempre una persona associata ad un brano come questo, è inevitabile. Nel mio caso, si tratta di un punto di riferimento fondamentale, la stella polare sempre pronta ad indicarmi la via di casa» continuò Derek emozionato. Alcuni degli avventori annuirono con l’aria di chi la sa lunga.
«Cantate un po’ più forte insieme a me pensando a quella persona. Io di sicuro lo farò» concluse Derek con affetto infinito nella voce.
Alexis si bloccò a metà di un movimento sentendo quelle parole, distratta dalla strana inflazione della voce del ragazzo mentre Blue e Leighton si scambiarono un’occhiata preoccupata, un campanello d’allarme che tuonava nelle loro teste.
Qualcuno dal pubblico urlò mentre una sequela di timidi applausi echeggiò le parole di Derek, insicuri sul significato di quel discorso.
Un familiare riff di chitarra risuonò nell’aria, accompagnato dal ritmo lento della batteria e fece crollare ogni dubbio: i clienti del Cherry’s Beat si infervorarono, agitandosi come uno sciame di vespe.
Con Seth e Darren a completare il tutto, “Do I Wanna Know?” degli Arctic Monkeys prese vita.
Il ritmo incalzante della canzone penetrò subito le orecchie di Alexis, una melodia impossibile da confondere. La ragazza sentì una sensazione di agghiaccio totale percorrerle ogni osso del corpo, mentre il lieve tremolio alle mani si ripresentò con prepotenza, inspiegabile ed incontrollato.
Non vuol dire niente, non vuol dire niente.
Derek strimpellò quasi con distrazione, osservando le corde della chitarra ed eludendo il pubblico, consapevole di cosa ci fosse ad aspettarlo non appena avesse sollevato il capo: il volto che oramai ossessionava le sue notti insonni, che si presentava nell’ora più buia della notte quando cercava di reprimere quei sentimenti così peccaminosi e complicati.
Derek alzò il volto, avvicinandosi al microfono e iniziando a cantare. Gli occhi rimasero chiusi mentre le parole iniziarono a fluire dalle sue labbra, vere e crude più che mai in quel frangente.
 
Have you got colour in your cheeks?
Do you ever get that fear that you can't shift
The type that sticks around like summat in your teeth?


Alexis sentì entrambe le orecchie fischiare e la pelle d’oca farsi strada su ogni superficie scoperta del suo corpo, come se una bomba fosse stata detonata proprio di fronte a lei. Rapita da quella note morbide, fu certa che le sarebbe stato impossibile fuggire.
«I dreamt about you nearly every night this week» cantò Derek con ardore, aprendo infine gli occhi e facendoli sorvolare con pigrizia sulla folla. Evitò accuratamente lo sguardo di Alexis e del loro gruppo, ma tutti loro compresero il peso di quello che Derek stava facendo.
Quanti segreti puoi ancora tenere, Alexis? sembrò domandarle Derek con sfrontatezza.
Un groppo in gola le bloccò ogni parola; la mente aggrovigliata fu incapace di pensare con razionalità, troppo piena dell’immagine di lui che cantava.
«Cause there’s this tune I found that makes me think of you somehow» continuò il ragazzo, prendendosi il suo tempo per incrociare infine gli occhi di lei per non abbandonarla più fino all’inizio del pre-coro della canzone. Alexis non osò muovere un singolo muscolo, come un serpente incantato da un letale flauto.
Nessuno della nutrita folla di persone notò quel sottile cambiamento, proseguendo nel loro danzare languido. D’altro canto, il loro piccolo gruppo era in fermento nonostante la compostezza esteriore, estasiati all’idea che forse, finalmente, i loro due amici avrebbero lasciato scattare quella scintilla.
Derek abbassò infine lo sguardo sulla chitarra, aggrottando le sopracciglia e premendo le labbra tra di loro. A fatica cercò di non continuare a guardare fisso Alexis, mentre le parole ronzavano nell’aria come una carica elettrica, rendendo l’ambiente saturo.
 
(Do I wanna know?)
 
Le voci di Seth e Paul si unirono alla voce profonda di Derek con un leggero falsetto, quasi bisbigliando le parole nei loro microfoni.

If this feeling flows both ways?

 
Era una semplice richiesta, schietta, alla Derek. E Alexis non era sicura che la risposta che voleva dare sarebbe stata quella giusta. Ma infondo, c’erano davvero risposte giuste o sbagliate?

(Sad to see you go)
Was sort of hoping that you'd stay
(Baby, we both know)

 
Alexis si morse il labbro inferiore in attesa del verso successivo, torturando l’orlo del vestito.

That the nights were mainly made for saying things that you can't say tomorrow day


Alexis strinse inavvertitamente le gambe, fallendo miseramente nel domare i suoi nervi traditori.
Premette le cosce tra loro, resistendo all’impulso di accavallare le gambe, le dita attorcigliate su sé stesse contro le calze nere, mentre il respiro sembrò farsi più pesante, difficile quasi.
Sapeva che era tutta una reazione nel suo cervello, ma i suoi sensi andavano a fuoco, assuefatti dall’atmosfera che solo le canzoni degli Arctic Monkeys riuscivano a creare.
«Crawling back to you»
I due ragazzi si guardarono di nuovo con avidità perché c’era tanta verità in quel testo: era il loro ritratto degli ultimi mesi, senza imbrogli o inganni.
Derek non era completamente sicuro di cosa passasse per il cuore o la testa di Alexis, ma quelle parole, in quel momento, erano unicamente per lei. Perché era sempre e solo lei.
Quando l’alcool circolava in abbondanza in corpo, inibendo ogni limite, ogni difesa, ogni restrizione che si imponeva per paura di rovinare tutto… il pensiero volava sempre a lei.
Quei pensieri proibiti, che da sobrio riusciva a nascondere con grande minuziosità, cadevano come tasselli di un domino, ritrovandosi con il dito tentennante sul suo numero di cellulare.
Alla fine ci rinunciava sempre. Sarebbe stato così facile mettere fine a quella pena infinita.
Un attimo, il tempo di un bacio.
Ma le conseguenze di tale gesto sarebbero state altrettanto facili?
Nessuno dei due ragazzi conosceva la risposta a quel quesito che ronzava nelle loro teste da tempo, ma l’alternativa non era certo una soluzione migliore, perché avere una relazione con un’altra persona era impensabile, un insulto quasi.
 
Maybe I'm too busy being yours to fall for somebody new
Now I've thought it through


Derek percepì tutta la stanchezza emotiva dei mesi passati piombargli sulle spalle senza pietà: la scintilla ormai era divampata in un incendio che lo stava divorando dentro. E per quanto fosse una dolce tortura, quel rincorrersi sul filo del rasoio, il ragazzo era stremato da quella ricerca affannosa.
In ogni sillaba, in ogni nota, in ogni singolo verso stava lasciando scivolare tutto sé stesso, consapevole che l’interpretazione della canzone non avrebbe lasciato spazio a dubbi: era Alexis che voleva accanto, fin da quando il primo giorno di asilo avevano costruito insieme un castello di fango, fin da quando lei aveva intrecciato con fierezza una collana di margherite in uno dei loro eterni pomeriggi al parco. Fin da quando era tornata a Rainbow Hill e nella sua vita.
Era stata la melodia mancante che per anni lo aveva tormentato, il richiamo di una sirena lontana ed irraggiungibile o almeno così aveva creduto.
Lo sguardo di Derek di rado lasciò quello di Alexis per più di una manciata di secondi, insicuro ma risoluto. Non sperava di avere nemmeno un frammento del carisma di Alex Turner nel cantare quel pezzo, ma pregò che i suoi sentimenti genuini compissero una magia.
Nel frattempo che i due ragazzi erano impegnati in un’intensa lotta di caratteri, i loro amici si ritrovarono confusi, ma allo stesso tempo estasiati da quel nuovo risvolto: era da un’eternità che quei due idioti si morivano dietro in un modo così ingenuo e dolce da far venire il voltastomaco. Leighton si stava forzando di non ridacchiare sotto i baffi per l’emozione, a discapito di Alexis che ricordava un cerbiatto catturato dai fari abbaglianti di una macchina in corsa.
Blue ed Allison si scambiarono un’occhiata con discrezione, unite in una silenziosa preghiera che tutto funzionasse per il meglio.

So have you got the guts?
Been wondering if your heart's still open and if so I wanna know what time it shuts
Simmer down and pucker up
I'm sorry to interrupt. It's just I'm constantly on the cusp of trying to kiss you
I don't know if you feel the same as I do
But we could be together if you wanted to


Derek pose particolare enfasi su quell’ultima fase, gli occhi resi lucidi dall’alcool e la trepidazione ma ardenti e completamente focalizzati su quelli sgranati di Alexis. Non poté fare a meno di notare l’alzarsi ed abbassarsi più che evidente delle sue spalle: quasi gli parve di percepire il battito accelerato contro il collo pallido, lasciato scoperto dalla scollatura del vestito.
Alexis si sentiva in uno strano limbo, a metà tra l’eccitato, il terrorizzato e infiniti dubbi che si facevano strada con artigli dolorosi. E se questo? E se quello?
Ma una vocina discordante la incoraggiava, spronandola ad accettare finalmente la resa ai suoi sentimenti: che incertezze poteva avere di fronte ad un’esibizione così?
 
(Do I wanna know?)
If this feeling flows both ways?
(Sad to see you go)
Was sort of hoping that you'd stay
(Baby, we both know)
That the nights were mainly made for saying things that you can't say tomorrow day


La ragazza accavallò le gambe: il suo sistema nervoso vibrò come impazzito, mentre impulsi elettrici si fecero strada in ogni più intima cavità del suo corpo.
Era una sensazione peculiare, essere allo stesso tempo inchiodata al posto dallo sguardo di Derek, incapace di muoversi e pronta a scattare come una gazzella davanti ad un predatore feroce, pronta a macinare chilometri e chilometri tra lei e quel dannato del suo migliore amico.
Migliore amico.
Quelle parole furono come una doccia ghiacciata: era mai stata amicizia la loro? Solo amicizia?
 
Ever thought of calling when you've had a few? (you've had a few)
'Cause I always do ('cause I always do)

«Crawling back to you» intonò Derek con trasporto, le labbra appoggiate in modo seducente contro il microfono, desideroso sempre più di intrappolare quelle appena dischiuse di Alexis. Le sue mani formicolavo dal desiderio di lanciare via la chitarra e semplicemente correre da lei. 
Maybe I'm too (maybe I'm too busy) busy being yours to fall for somebody new
Now I've thought it through
L’esibizione proseguì con ritmo sempre più incalzante, la melodia sensuale che sembrava danzare peccaminosa nell’aria attorno al pubblico del Cherry’s Beat.
Alexis percepiva il suo corpo venire sempre più schiacciato dai suoi sentimenti inespressi di minuto in minuto ed era consapevole di non poter reggere quella pressione ulteriormente.
Non voleva reggerla ulteriormente, non lì né ora. Era troppo.
Dubbi, dubbi e dubbi le mordevano con insistenza il cuore che batteva furioso nel suo petto come per difendersi: Derek stava davvero aprendo il suo cuore così sfrontatamente davanti a lei oppure era tutto nella sua testa?
E perché la sua prima reazione era stata quella di eccitarsi, un calore liquido che si faceva strada al centro di sé? Era solo mero desiderio fisico per Derek oppure c’era davvero quel sentimento profondo a cui non sapeva-non voleva, non poteva- dare nome?
Sei proprio una piccola bugiarda, signorina Sylvaine.
Alexis si odiava perché conosceva la risposta a memoria, come una di quelle stupide filastrocche che le avevano insegnato da piccola e che non si sarebbe scordata per il resto della tua vita.
Non c’era mai stato un futuro senza Derek nella sua testa, nemmeno quando si trovava lontana da casa a trascorrere gli anni finora più bui della sua vita. Non c’era uno scenario in cui Derek non fosse al suo fianco. Come amico, come compagno di vita.
Tuttavia l’amicizia, nonostante i suoi drammi, non portava con sé le stesse complicanze di una relazione. Quel tipo di amore spesso mandava all’aria tutto, lasciando terra bruciata attorno a sé ed Alexis non era sicura di poter sostenere quella crudeltà.
L’amicizia era un percorso sicuro, una dolce coperta di linus che l’avrebbe protetta dalle brutture della vita. Perché voler complicare tutto allora?
Perché abbandonare i confini sicuri del loro rapporto per compiere uno spaventoso salto nel vuoto, senza alcuna garanzia di una rete ad attutire la caduta dall’altra parte?
La ragazza era corrotta da tutte le sue incertezze ed esitazioni. Lo era da un po’ ed ora Derek aveva riportato tutto a galla con una prepotenza inaudita.
 
(Do I wanna know?)
If this feeling flows both ways?
(Sad to see you go)
Was sort of hoping that you'd stay
(Baby, we both know)
That the nights were mainly made for saying things that you can't say tomorrow day


Derek sapeva che cantarle i suoi sentimenti in modo così inequivocabile, mettendola con le spalle al muro definitivamente, sarebbe stato un azzardo. Per quello non le aveva scollato gli occhi di dosso, osservando ogni sua micro reazione con uno zelo che da sobrio non avrebbe mai avuto.
L’alcool sembrava aver acuito i suoi sensi, rendendolo ancora più in sintonia con Alexis.
O forse era solo un’illusione data dall’intossicazione.
L’aveva accompagnata con lo sguardo attraverso ogni sillaba di “Do I Wanna Know?”, infondendo nella canzone quello che provava. Era l’unico mezzo che non lo aveva mai tradito: quando tutto il resto falliva, affidava le sue emozioni alla musica.
E mentre si avviarono verso il gran finale, il ragazzo quasi vide gli ingranaggi giganti con inciso sopra “DUBBI” iniziare a girare nella sua testolina.
Quegli occhi così espressivi non avevano più difese e gli mostrarono con chiarezza il terrore che si diffuse in lei come una piaga purulenta.
Non gliene faceva una colpa, perché quella paura era uno specchio della sua.
Alexis si scrollò le spalle cercando inutilmente di darsi un contegno ma era pienamente consapevole degli sguardi dei suoi amici. Doveva andarsene.
«No…» mormorò a fior di labbra, sentendo una spilla di panico insinuarsi sotto pelle.
La ragazza si alzò in piedi di scatto, iniziando a raccogliere i propri averi alla rinfusa e con una fretta quasi erratica, accampando senza sosta una scusa strampalata dopo l’altra. Riuscì a scappare prima che gli altri avessero il tempo di reagire o parlarle, farla ragionare forse.
Con la mascella chiusa in una morsa d’acciaio e scossa da un leggero spasmo, Alexis si ripeté che in quel momento non voleva le loro parole rincuoranti né tantomeno i loro occhi addosso.
Non quando si sentiva una ferita esposta a cui era appena stato gettato sopra del sale.
Con la schiena rivolta al palco, Alexis si perse il momento in cui gli occhi di Derek si chiusero vedendola andare via, una smorfia amara a deturpargli la bocca.
Una lacrima solitaria gli solcò la guancia accaldata.
 
(Do I wanna know?)
Too busy being yours to fall


La brama di seguirla era forte, una dolce tentazione che gli sussurrava parole di miele all’orecchio, ma un piccolo sprazzo di coscienza gli urlò che forse non era la più brillante delle idee con l’alcool che gli scorreva a fiumi nelle vene. La paura di mandare tutto a puttane gli attanagliò la bocca dello stomaco come una creatura vorace ben decisa a non lasciare la presa.
 
(Sad to see you go)
Ever thought of calling darling?
(Do I wanna know?)
Do you want me crawling back to you?

 
I versi finali della canzone erano ovunque. Giravano in circolo attorno a lei come a schernirla, a ridere dello spettro della ragazzina impaurita che era ricomparso quella sera. Sorda a qualsiasi richiamo, raggiunse l’uscita, scusandosi appena con la persona che urtò distratta.
Fu trattenuta con gentilezza da una mano poggiata sulla spalla e deglutì ansiosa, sicura di trovarsi Derek ad attenderla. Troppo presto, continuava a ripetersi con tono ossessivo e irrazionale.
«Alexis!»
La voce preoccupata di Christophe le arrivò finalmente alle orecchie, sorprendendola: era davanti a lei, il cappotto ancora indossato e le guance arrossate.
«Chris» bisbigliò Alexis mentre suo cugino poggiò entrambi i palmi sulle sue spalle.
«Hai la faccia sconvolta, che è successo?» le domandò allarmato, scrutandole con zelo il viso.
Alexis scosse il capo, spostando con delicatezza le mani di Christophe.
«Un imprevisto, nulla di grave. Riporti a casa le ragazze, per favore?» mormorò la ragazza proprio quando avvertì una voce femminile richiamare l’attenzione di Christophe.
Approfittando di quell’attimo di distrazione, Alexis sgusciò fuori dal locale, chiavi dell’auto già pronte nella mano destra. Sapeva di comportarsi da codarda, ne era pienamente consapevole, ma le pareti del Cherry’s Beat si stringevano sempre più attorno a lei per intrappolarla.
«Maledizione!» esclamò Allison, comparendo di fianco a Christophe in un baleno e uscendo con foga dall’entrata, solo per vedersi sfrecciare di fronte la vecchia Golf di Alexis.
«Maledizione» ripeté con enfasi Allison, frustrata.
Stringendosi le braccia attorno ai fianchi per il freddo, la ragazza rientrò con passo pesante, pronta a trovare l’apocalisse ad attenderla dall’altra parte, oltre che un mal di testa incombente. Forse un altro drink non sarebbe stata una cattiva idea.
 
 
 
********************
 
 
 
Christophe si era già ricongiunto al gruppetto delle ragazze, mentre Leighton e Blue cercavano di spiegargli con toni concitati cosa fosse successo, cercando a loro volta di dare un senso a quei minuti surreali appena trascorsi.
Allison si arrischiò ad adocchiare il palco, ma i ragazzi stavano ancora parlando con alcune persone. Se non altro, tutti tranne Derek che sembrava pronto a scattare come una molla, i capelli un disastro di nodi e lo sguardo stralunato che correva di continuo alla porta del Cherry’s.
Allison incrociò per un attimo lo sguardo di Seth, che le restituì un’espressione sconfitta, alzando le sopracciglia con un gesto rapido. Allison lo rassicurò con lo sguardo e un sorriso dolce, riaccendendo la speranza nel volto del suo ragazzo: sapeva che la questione era lungi dall’essere finita.
«Aveva bevuto?» sentì Christophe chiedere a Leighton che gli rifilò un’occhiata obliqua.
«Cazzo! Ti pare che me ne starei qui a non far niente se avesse bevuto?» ribatté quasi sibilando, il cellulare premuto all’orecchio che però continuò a suonare a vuoto per un altro minuto. Christophe premette indice e pollice appena sopra le sopracciglia, massaggiandosi la fronte e decidendo di non replicare al veleno di Leighton, la discussione avvenuta in auto ancora fresca nella sua memoria.
«Tranquillo Chris, non aveva toccato un goccio, doveva portarci a casa più tardi» s’intromise Allison, scambiandosi un’occhiata col ragazzo, facendogli implicitamente capire di lasciar perdere.
«Zero, nessuna risposta» mormorò Leighton abbattuta a nessuno in particolare.
Seth fu il primo della band a riavvicinarsi agli amici, stampando un bacio in fronte ad Allison che gli fece i complimenti per l’esibizione, anche se l’atmosfera era ancora tesa.
«Dov’è finita la mia migliore amica?» chiese con finta noncuranza Derek, umettandosi le labbra. Incapace di restare fermo sul posto, iniziò a dondolare sui talloni. Paul e Darren scambiarono un’eloquente occhiata con gli amici.
«Derek…» iniziò a dire Leighton, poggiandogli una mano sulla spalla, parlando senza la solita ironia che la contraddistingueva e senza rimarcare che fosse la sua migliore amica, cosa che fece preoccupare ulteriormente Derek.
Il ragazzo scosse il capo con decisione.
«Devo andare a cercarla» affermò risoluto.
Paul fu lesto nell’afferrarlo per l’avambraccio prima che scattasse verso l’entrata dello Cherry’s, trattenendolo nella sua presa di ferro.
Derek li osservò tutti, uno ad uno: non era tanto ingenuo da pensare che non avessero intuito cosa fosse successo quella sera.
«Vi prego. Ho bisogno di parlarle, sapere se sta bene, dirle che…» mormorò con tono di supplica e gli occhi lucidi di lacrime trattenute. Seth fece di no con vigore.
«Sei pieno di alcool in corpo, assolutamente no» si oppose con gentilezza.
Derek espirò frustrato. «E allora me ne andrò a piedi!»
Un coro di proteste si levò dal gruppo, creando un caos di voci che rimbombarono quasi con dolore nella testa di Derek, che fece una smorfia e si passò una mano sopra gli occhi stanchi.
Chistophe, l’unico rimasto in silenzio, lo fece accomodare piano su uno dei divanetti, cingendogli le spalle con decisione, mentre il ragazzo nascose il volto tra le mani.
«Lo so amico, lo so. Ci sono tante cose non dette che premono per uscire, ma quel momento non è ora. Alexis è confusa e spaventata dai suoi sentimenti».
A quelle parole, Derek alzò lo sguardo sull’amico con sorpresa. Christophe annuì con consapevolezza.
«È spaventata tanto quanto te all’idea di perderti, quel tanto lo so: è chiaro come il sole a mezzogiorno. Ma al momento non siete in grado di avere una discussione a riguardo e finireste solo per farvi del male l’un l’altra. Nessuno dei presenti vuole che questo accada. Lasciale del tempo, d’accordo? E soprattutto, lasciati del tempo per riuscire ad affrontare con chiarezza questo discorso con lei» concluse con gentilezza Christophe, dandogli un’ultima stretta d’incoraggiamento.
«Chris ha ragione Derek» gli fece eco Darren, battendogli una mano sulla spalla. «Niente è finito, d’accordo?». I suoi amici annuirono, condividendo le loro parole e rincuorando il ragazzo.
Derek si passò la lingua sui denti, affondando nel divanetto sempre più come svuotato. Eccole lì, le voci della ragione in mezzo a tutto quel casino.
Derek fece un cenno d’assenso, borbottando un «d’accordo» al resto delle facce raccolte attorno a lui con apprensione.
L’atmosfera sembrò distendersi lentamente e pian piano tutti si riaccomodarono, riprendendo i propri rispettivi posti. Ci furono parole di conforto per Derek, Allison in primis era convinta che quello fosse l’inizio di nuovo percorso per i due. Allison era però sempre stata il fiore di positività del gruppo e quindi Derek non riuscì a fare a meno d’incupirsi ulteriormente. Tuttavia la ragazza non lasciò che il resto della serata andasse perso e si impegnò a far rinascere un’atmosfera più gioiosa. Derek odiò non farne parte, ma il suo umore era nero.
«È stata una mossa coraggiosa la tua» gli disse a bassa voce Leighton mentre gli altri erano distratti dalla voce chiassosa di Paul, preso a raccontare una delle sue ultime, folli avventure universitarie. «Le cose presto si risolveranno per il meglio. Potrò conoscerla relativamente da poco rispetto a tutti voi, ma passare attraverso rovi spinati ti fa conoscere una persona in modi inaspettati» rivelò la ragazza con un occhiolino, stringendogli una mano con fare rassicurante prima di alzarsi in piedi e chiedere chi di loro avesse sete.
Derek incrociò le braccia sul petto, rimuginando su…tutto.
Voleva credere ai suoi amici, sapeva che avevano il suo interesse a cuore e non gli avrebbero mai dato falsa speranza invece di brutale onestà se non ce ne fosse stato motivo.
Nonostante ciò, il viso terrorizzato di Alexis lo accompagnò anche quando chiuse gli occhi, poggiando la testa contro lo schienale del divanetto, cullato dal mormorio del Cherry’s e dalle voci dei suoi amici. Lottò contro le lacrime, prevalendo, ma il mal di testa sembrò chiedere il prezzo di quella piccola vittoria. Desiderò di annullarsi in quel momento, di far sparire tutta quella tristezza, tutta quella serata, dentro un buco nero e ricominciare da capo.
Sempre più perso nei suoi pensieri, l’ultima cosa che ricordò furono un paio di occhi nocciola ricambiare il suo sguardo con intensità, prima che la stanchezza della serata lo trascinasse senza remore nell’oblio.
 
 
 
Footnotes:
 
La canzone inserita nel testo è “Do I Wanna Know?” degli Arctic Monkeys e non è stata usata a scopo di lucro.
Questa seconda parte mi ha tormentata, pensavo di non uscirne mai più. Spero che sia riuscita a trasmettervi quello che ho provato durante la stesura. Se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate!
Baci! x


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Capitolo 4
*** The Encore ***


Giovedì, ore tre del mattino circa
 
 
 
«Lexi?»
Il tono pacato di Derek riportò Alexis al presente, ricordandole del cellulare tra le sue mani e del ragazzo che la stava pazientemente aspettando dall’altra parte.
«Sì, scusa, mi ero… un attimo persa nei miei pensieri» si lasciò sfuggire Alexis prima di mordersi la lingua. Dannazione. La ragazza rimase taciturna per un altro minuto abbondante, torturandosi il labbro inferiore mentre rimuginava in preda all’indecisione.
«Per favore» bisbigliò Derek a fior di labbra, suonando quasi come una cauta, fragile supplica e la settimana di lontananza sembrò riversarsi sulle spalle di Alexis in un’unica volta: Derek le era mancato terribilmente. Il suo cuore traditore si sciolse senza alcun tipo di resistenza di fronte a quelle poche e semplici sillabe, non poteva non accettare.
«Due minuti e scendo, d’accordo?» rispose a bassa voce Alexis, non volendo frantumare la magia di quel momento surreale. Il ragazzo si lasciò scappare un respiro profondo.
«D’accordo, Lexi, ti aspetto giù» disse Derek prima di riattaccare, gettando nuovamente la stanza nel silenzio. Alexis si ritrovò a fissare un punto davanti a sé senza metterlo a fuoco, prendendo un abbondante sorso d’acqua dalla bottiglia. Questa volta non si scappava, pensò con amara ironia la ragazza, anche se il suo corpo fu percorso da un brivido di eccitazione.
Si alzò in piedi di scatto, castigando quei pensieri impuri, assicurando più volte a sé stessa che non sarebbe successo niente, dovevano solo parlare.
Alexis si rifugiò nel bagno adiacente alla sua camera da letto, tentando di sistemarsi alla bell’è meglio, anche se sarebbe stato impossibile nascondere i capelli sfatti e le occhiaie scure in quei pochi minuti. Con le mani appoggiate saldamente ai bordi del lavandino, dette un ultimo sguardo al suo riflesso e annuì con fermezza.
Dopo aver recuperato il cellulare dal letto, Alexis iniziò a scendere con passo quatto le scale del duplex. Nonostante il padre non si trovasse in casa quella sera, la ragazza aveva una paura immotivata di fare un qualche rumore brusco, un passo falso, come se il pericolo di infrangere quel momento così delicato e sospeso nel vuoto fosse dietro l’angolo.
Scosse la testa, quasi a cercare di sbarazzarsi di quell’assurdità con la sola forza del movimento e recuperò il cappotto dall’appendiabiti, le chiavi di casa e il primo paio di scarpe che le capitò sotto mano. Il risultato era abbastanza ridicolo, ma si trovavano già a metà dicembre e il gelo si nascondeva meschino dietro l’angolo, pronto ad entrarle nelle ossa.
E poi, erano le tre del mattino.
Attraversò con passo rapido il vialetto del suo condominio, gustandosi la quiete placida della notte, non un’anima all’orizzonte a deturpare quel ritratto idilliaco. D’altronde, Rainbow Hill era nota per la sua immobilità e pace, avvolta per lo più da campagna coltiva e natura rigogliosa che, curiosamente, la rendeva pittoresca ad occhi estranei.
Alexis era grata per quel piccolo angolo d’intimità.
Come promesso, Derek era lì ad aspettarla nella sua auto, posteggiata un po’ in disparte nel parcheggio pressoché deserto. Alexis rallentò esitante sui suoi passi, studiando il volto del ragazzo senza essere vista: le sembrava lo stesso Derek di sempre e allo stesso tempo un estraneo.
Come se avesse percepito il suo sguardo su di sé, Derek incrociò i suoi occhi nello specchietto retrovisore e un brivido che nulla aveva a che fare col freddo le percorse la schiena.
Sospirando agitata, la ragazza si avvicinò alla storica Ford del migliore amico, affrettandosi a entrare per ripararsi dall’aria gelida che le mordeva con ferocia le caviglie scoperte.
Derek si voltò verso di lei, occhieggiando dubbioso la sua mise. Ancora prima che riuscisse a mettersi comoda, il ragazzo aprì la bocca per rimproverarla.
«Siamo alle porte dell’inverno e sei uscita in pigiama? Vuoi prenderti un accidente?» le domandò Derek con tono severo.
Alexis roteò gli occhi contrariata, sentendo l’imbarazzo abbandonare il suo corpo per lasciare spazio alla stizza e gli puntò il dito contro, indispettita.
«Mettiamo le cose in chiaro, non sono stata io a chiederti di uscire di casa alle tre del mattino» ribatté lei con sarcasmo, poggiando poi entrambe le mani contro le ventole di areazione.
«E poi, sembra di stare ai Caraibi qui dentro» gli fece notare la ragazza, sfidandolo con lo sguardo a replicare qualcosa in merito. Sapeva meglio di tutti che Derek soffriva terribilmente il freddo e che la sua auto sarebbe stato l’ultimo luogo in cui sarebbe morta congelata, perfino i sedili erano ancora tiepidi. Si domandò perplessa da quanto tempo stesse girando a vuoto in macchina, incapace a sua volta di dormire.
A quelle parole, Derek alzò le mani in un chiaro segnale di “non sono qui per discutere” e si allungò verso il sedile posteriore per prendere qualcosa da una busta in plastica non ben identificata.
«Non ero sicuro di cosa avresti preferito quindi…» borbottò, lasciando la frase in sospeso e porgendole una confezione che emanava un profumo delizioso di cioccolato e cottura al forno, mentre nell’altra mano aveva due birre.
Le offrì la scatola misteriosa come gesto di pace e Alexis l’accettò in silenzio, umettandosi le labbra distrattamente. Non appena la aprì, il dolce profumo di waffles riempì l’abitacolo dell’auto.
Alexis si lasciò scappare un gridolino di felicità, riconoscendo il logo di una pasticceria non molto distante dalla loro vecchia scuola in cui erano soliti fare colazione insieme agli altri.
Come avesse avuto i waffles alle tre del mattino era al di là di ogni sua comprensione, ma di sicuro la ragazza non se ne sarebbe lamentata.
Derek ridacchiò osservandola prendere d’assalto un waffle innocente, un sorriso soddisfatto ad adornargli il volto mentre si stappava una bottiglia di Heineken.
Si rifocillarono in un chiacchierio confortante per diversi minuti, lo sguardo perso oltre il parabrezza dell’auto, avvolti dalla pace notturna come fosse una soffice coperta.
Nonostante quell’atmosfera di quiete e familiarità fosse incredibilmente piacevole, Alexis era consapevole di non poter lasciare entrambi in sospeso in quel limbo per molto ancora. Spiò Derek con la coda dell’occhio, dando un altro morso al waffle caldo.
Il viso leggermente in penombra del ragazzo era neutro e imperscrutabile: non sembrava essere minimamente preoccupato all’apparenza, cosa che fece leggermente agitare la ragazza, rendendola smaniosa di riempire quella distanza tra loro per calmare i suoi nervi a fior di pelle.
Prese fiato per parlare, ma Derek la precedette con una domanda diretta, a bruciapelo.
«Perché sei scappata via dal Cherry’s la settimana scorsa?»
Alexis sbuffò dal naso, colta di sorpresa.
«E io che pensavo di poter iniziare con una domanda più facile…» mormorò abbattuta, alzando gli occhi al cielo.
Derek annuì, passandosi la lingua sui denti distrattamente prima di bere un altro sorso e porle un’altra domanda.
«Avresti preferito che ti chiedessi com’è stato il sonno in questi ultimi giorni? Perché se t’interessa saperlo, il mio è stato pessimo e tutto grazie a qualcuno di nostra conoscenza» affermò con decisione Derek, lo sguardo che fluttuò per un attimo alla bottiglia di birra prima di tornare a fissare fuori. Alexis sospirò con fare irritato suo malgrado, girandosi verso di lui questa volta.
«Mi hai chiamata qui fuori per litigare? O per lanciarmi frecciatine criptiche?» ribatté sul piede di guerra. Si sentiva emotivamente con le spalle al muro, una bestia ferita pronta a scattare e difendersi alla minima provocazione.
«Oh tesoro» disse il ragazzo con pesante sarcasmo, «ho grande stima della tua intelligenza e quindi sono più che sicuro che tu abbia capito cos’è successo sabato scorso, non c’è niente di criptico qui se non la tua insistenza nel voler schivare una semplice domanda. Non mi avresti mai ignorato per una settimana altrimenti» concluse con tono lapidario, rifiutandosi ancora di guardarla.
Alexis, scocciata, posò la scatola del suo waffle sul cruscotto, girandosi completamente anche con il corpo verso di lui.
«E sentiamo, cosa sarebbe successo sabato scorso? Perché non mi pare di aver sentito parole uscire dalle tue labbra, ma solo una stupida canzone…» replicò veemente prima d’interrompersi un attimo, incerta su come continuare.
O se continuare proprio.
Non pensava niente di quello che stava dicendo, non per davvero: era la parte ferita di lei, la corazza che non voleva lasciare emergere quella più fragile che avrebbe saputo come affrontare la situazione al meglio, senza causare del male a Derek.
Derek gonfiò le guance con frustrazione, scrutando la bottiglia di birra come a cercare l’origine del cosmo.
«Solo una stupida canzone quindi?» chiese poi senza umorismo nella voce, mordendosi l’interno della guancia, nervoso e chiaramente ferito. La sua mascella ebbe uno spasmo involontario e Alexis non poté fare a meno di fissarla con rapimento, strofinando i polpastrelli della mano sinistra contro il pollice. C’era elettricità nell’aria.
«Forse ho davvero sopravvalutato la tua perspicacia dunque» mormorò Derek con tono sconfitto.
Alexis si alterò contro ogni buonsenso, fulminandolo con lo sguardo e incrociando le braccia al petto, notando solamente in quel momento di essersi completamente dimenticata il reggiseno.
«Derek, non voglio passare il resto della notte a sentire i tuoi insulti velati. Io… senti, sabato scorso ho fatto una cazzata, okay? Non avrei dovuto tagliarti fuori così, ma… ora, i hai chiamata nel cuore della notte con urgenza eppure siamo qui a non capire un cazzo di tutta questa situazione e a litigare come due bambini e…» la ragazza si fermò un secondo, la voce sul punto di spezzarsi.
Non voleva tutto questo, non doveva andare così.
Si stava comportando come la ragazzina spaurita che era stata mandata a vivere dall’altra parte del paese a soli quindici anni per un fatto che non aveva mai compiuto. Aveva giurato di non essere mai più quella persona, di essere coraggiosa e sé stessa, di non permettere mai più a nessuno di ferirla, ma Derek aveva abbassato le sue difese a suon di musica, ancora una volta, e questa volta era terrorizzata che non sarebbero mai tornate come prima, ordinate e compatte al loro posto. Di fronte a quell’improvvisa assenza però non sapeva come comportarsi: essere senza difese non le usciva facile, nemmeno di fronte a qualcuno che la conosceva da tutta la vita.
Voltò il capo verso il finestrino, cercando di ricomporsi.
Quello era il momento di essere fragili. Per quanto la spaventasse, per quanto quel miscuglio ingarbugliato di sentimenti la facesse sentire vulnerabile ed esposta ad un potenziale dolore.
Derek meritava una risposta, anche se il futuro che ne sarebbe scaturito era incerto, impervio, difficile. Un futuro che era stanca di negarsi.
La ragazza prese un lungo respiro prima di rigirarsi. Derek stava giocando distratto con la bottiglia di birra, in silenzio, le sopracciglia aggrottate in un cipiglio a metà tra il pensieroso e il triste.
Stay afraid, but do it anyway. Abbiate paura ma fatelo comunque.
«Puoi continuare ad essere spaventata, ma fallo lo stesso, continua a muoverti e usa quella paura come carburante. Sii come Leia» le ripeteva sempre sua madre quando era piccola.
Quello era il momento di essere Leia.
«E sono spaventata Derek, tanto. Sono terrorizzata»
Il ragazzo sembrò irrigidirsi a quelle parole, forse colto di sorpresa.
Alexis allungò una mano verso il viso di Derek, sfiorando la mascella con i polpastrelli contratta di lui, tastando appena la barbetta pungente dimenticata da qualche giorno. Con delicatezza, fece pressione sul lato sinistro del suo viso.
«Derek, per favore, guardarmi negli occhi. So che non me lo merito perché sono testarda anche di fronte all’evidenza, ma ti prego» lo supplicò Alexis, la rabbia completamente evaporata dal suo corpo.
Derek prese un respiro a sua volta, come per incoraggiarsi, il volto ora cedevole sotto il tocco attento di lei. Il ragazzo si voltò a guardare la sua migliore amica, il viso ora completamente illuminato dalla luce di un lampione poco distante. Occhiaie profonde e scure, gemelle delle sue, gli contornavano gli occhi, rendendo il loro azzurro ancora più vibrante ed espressivo; erano un chiaro sintomo innegabile di notti insonni.
I due ragazzi si fissarono senza una parola, ma Derek per primo interruppe quel momento, iniziando a ridacchiare, facendo aggrottare le sopracciglia ad Alexis, preoccupata. Era questo il momento in cui perdeva completamente la sua sanità mentale?
«Dio mio, sembra che tu abbia messo le dita in una presa di corrente» commentò con tono morbido il ragazzo, inclinando la guancia completamente contro la mano di lei. Alexis lo guardò scioccata, dandogli dei pugnetti sul bicipite indignata nonostante il fatto che un ghigno si stava facendo lentamente strada sul suo volto.
«Ma che razza di stronzo idiota che sei!» esclamò la ragazza, ridendo liberamente senza ritegno. Derek nemmeno provò a difendersi da quell’attacco, troppo preso a soffocare con le sue stesse risate. Alexis si ritrovò in ginocchio sul sedile del passeggero, cambiando strategia e ricorrendo ad una delle più grandi e segreti debolezze di Derek Reynard: il solletico.
Il ragazzo prese a dimenarsi come un pesce fuor d’acqua, cercando inutilmente di sfuggire alle dita malefiche in quello spazio ristretto. Dopo un’intensa lotta fatta di imprecazioni, urletti e lacrime, Derek riuscì a prenderle delicatamente una mano tra le sue, soffiandoci sopra e strofinandole tra loro per scaldarla.
«Hai le mani gelate» disse con semplicità per giustificare il gesto.
Alexis sghignazzò, facendogli una linguaccia. «Come se fosse una novità, sono sempre fredde. E poi se qualcuno si fosse degnato di accendere il riscaldamento…» lo punzecchiò la ragazza mentendo con spudoratezza, pungolandogli il petto con l’indice dell’altra mano.
Derek inarcò le sopracciglia alle sue parole, ghignando con soddisfazione sentendo il cambio d’umore nel tono scherzoso di Alexis.  
«E la benzina chi la paga poi?» domandò oltraggiato, prendendole anche l’altra mano quando lei tentò di tormentarlo una seconda volta. Alexis lo osservò con curiosità, scuotendo leggermente il capo, stranita dalla piega senza logica degli eventi che li avevano portati a quel momento.
Derek deglutì e il pomo di Adamo che sobbalzò sembrò ricordare ad Alexis che in realtà c’era una logica dietro a tutto quello: sentimenti inaspettati erano fioriti tra loro, rompendo ogni previsione.
Eppure nessuno dei due sembrava pronto ad esprimerlo ad alta voce, in modo chiaro e inequivocabile.
«E comunque ci sono altri metodi efficaci per riscaldarsi» le fece notare Derek con tono giocoso, massaggiandole il polso sinistro. O forse Derek non aveva alcun ritegno nell’esprimerlo.
Alexis lo scrutò dubbiosa. «Da non credere»
Derek si rilassò un po’ di più contro il sedile, pronto a non demordere, costringendo Alexis ad avvicinarsi di più a lui: stavano giocando con una situazione pericolosa, sempre su quel dannato filo del rasoio. Ora che l’iniziale incazzatura era passata, la ragazza percepì il desiderio ormai correre libero attraverso ogni cellulare del suo corpo.
«Giuro, scientificamente provati» ribatté Derek, fissando Alexis con uno sguardo peculiare: vulnerabile, speranzoso, sofferente e, allo stesso tempo, desideroso.
«Ah ah» lo incalzò Alexis, «a me sembrano un mucchio di cazzate. Scuse» rimarcò, scandendo bene le s con le labbra. Il ragazzo non poté fare a meno di fissare la sua bocca prima di tornare agli occhi della ragazza, sconfitto ma risoluto.
«Sinceramente, ormai ho esaurito le scuse tre scuse fa» affermò Derek, facendo aggrottare le sopracciglia ad Alexis di fronte a quell’improvvisa pioggia di sincerità. La ragazza si umettò le labbra, la gola d’improvviso fattasi più secca. Il gesto catturò senza pietà l’attenzione incondizionata di Derek come una calamita.
«Non ha il minimo senso, cos…a» mormorò Alexis, pronunciando a fatica l’ultima sillaba perché una mano del ragazzo era risalita lentamente lungo il suo collo, sorreggendole con tenerezza la guancia sinistra col palmo. La mano di Derek era incredibilmente calda e leggermente umida, un segno inequivocabile di un nervosismo condiviso.
Anche Alexis si sentiva tesa e la rigidità nelle sue spalle ne era una prova, ma come poteva non sciogliersi a quel contatto che da troppo tempo si negava? Si rese conto di essersi inconsapevolmente avvicinata al volto di lui solo quando ci fu un flebile respiro a separarli.
«Derek…» sussurrò sottovoce Alexis, come una preghiera. Il ragazzo incastrò i loro sguardi, fronte contro fronte, deglutendo alla ricerca del coraggio di sabato.
«Dio Lexi, sono così stanco di scappare da tutto questo».
E con quelle parole Derek annullò finalmente il vuoto tra le loro bocche.
Le labbra di Derek erano soffici e voraci contro le sue, il desiderio e la fame di amarsi a malapena trattenuti. Quello voleva essere un tentativo di condensare la frustrazione di mesi, anni, i sentimenti più profondi, tutte le parole che aveva soppresso nel suo io più recondito e mai detto. Riversò sé stesso in quel bacio, come aveva fatto sabato scorso cantando quella dannata canzone. Sapeva quanto fosse impossibile racchiudere così tanto in un gesto così piccolo, ma era determinato nel dare il massimo possibile.
Alexis s’incendiò sentendo il palmo di Derek contro la sua guancia ad accompagnare con delicatezza il bacio, quasi con timore reverenziale. Davanti a tutta quella dolcezza, Alexis cedette e crollò, travolta dall’amore innegabile che provava per lui: Derek si stava ponendo a nudo per lei e ciò era più di quanto avesse mai potuto sperare. Come tornare a respirare finalmente l’aria di casa dopo anni e anni di sofferta lontananza.
Derek però presto si staccò, con lentezza quasi calcolata, poggiando la fronte contro quella di lei, un respiro condiviso come a non volere lasciarla andare.
«Dovremmo parlare» fece notare la ragazza con tono lieve, cercando di recuperare fiato e un pizzico di ragione.
Percepì Derek annuire piano con il capo, ma non si allontanò.
«Possiamo farlo. Ora, dopo, domani, per i prossimi giorni, mesi, anni. Sono completamente nelle tue mani» le rispose Derek con voce roca, mormorando quelle parole come un segreto, sfiorandole la mandibola con le nocche della mano destra.
Alexis decise di mandare la ragione a quel paese una volta per tutte, perché quel semplice tocco aveva liberato l’elettricità dentro di lei, desiderio liquido sottopelle che pretendeva di più.
I due ragazzi aprirono gli occhi titubanti, curiosi. Alexis nemmeno ricordava di averli chiusi, totalmente persa in lui.
Si fissarono per un millisecondo, una domanda implicita nello sguardo di Derek che fu presto dimenticata quando Alexis iniziò un secondo bacio.
La ragazza si ritrovò ad assalire famelica la bocca di Derek senza riserbo, lasciando finalmente libero quell’innegabile bisogno di appartenersi.
Derek la tirò sempre più vicina a sé, approfondendo quel delizioso contatto e presto Alexis si trovò seduta in grembo al ragazzo, che senza perdere un colpo, le fece scivolare giù la zip del lungo cappotto invernale, con lentezza da tentatore. Alexis sospirò con approvazione contro le labbra di Derek, mordicchiandogli il labbro inferiore.
Un brivido le risalì lungo la spina dorsale quando i lembi infine si aprirono, lasciando intravedere il misero pigiama che indossava sotto, incapace di difenderla da quel freddo di metà dicembre.
Con un agile movimento, Derek circondò il corpo della ragazza all’altezza della vita, attirandola contro il suo petto.
Ad Alexis sfuggì un soffice gemito sentendo il contatto ruvido del maglione di Derek contro la t-shirt, così leggera da sembrare velina, i capezzoli inturgiditi dal contatto, dalla frizione, dal freddo, da tutto.
Derek fremette di piacere a sua volta a quella vista, la lingua che chiese il permesso di incrociarsi con la sua, gettando ulteriore benzina sul fuoco di quella passione.
Il ragazzo si puntò contro il sedile per cambiare posizione, tirandosi su a sedere, permettendo ad Alexis di appoggiarsi completamente contro di sé. Le mani di lui s’insinuarono sotto la maglietta, sospirando contro le labbra di Alexis, finalmente libero di sentire il calore della ragazza sotto i suoi palmi, iniziando ad esplorare ogni sua curva morbida.
Alexis accolse con piacere quel cambiamento, posando le mani ancora leggermente fredde ai lati del collo di Derek, gustando la lieve amarezza della birra sulla sua lingua mentre si esploravano reciprocamente.
Una mano di Derek si fermò poco sotto le scapole di lei, proprio al centro della sua schiena, cercando qualcosa che non avrebbe trovato. Il ragazzo sembrò rendersene presto conto perché la lieve erezione che Alexis sentiva premere lungo l’interno coscia sembrò farsi più prominente, strappandole un gemito.
Si staccarono quasi contemporaneamente l’una dall’altro per respirare ma non per pensare: quella era la parte più spaventosa. Alexis non si lasciò demordere dal germoglio del dubbio, iniziando a baciare il collo del ragazzo, leccandolo a tratti con una voracità che a malapena descriveva la voglia repressa, imprimendo un lieve marchio sopra la clavicola sinistra.
Dal canto suo, la mente di Derek era inebriata da Alexis, niente più esisteva all’infuori della sua pelle, del suo calore, del suo profumo. Ora sapeva con assoluta certezza di non poter tornare indietro, neanche volendo, non ora che aveva assaporato cosa volesse dire stare con lei così. Si sentì più che completo, rinato.
«Lexi» sospirò il ragazzo, nascondendo il naso nell’incavo del collo di lei e inspirando piano in estasi, prima di percorrere il profilo della sua gola con la punta del naso con tenerezza, facendo ridacchiare Alexis per il lieve solletico.
«Iris» affermò lui certo, depositando piccoli baci lungo il profilo della sua mascella. Alexis gettò il capo leggermente all’indietro, lasciando così la gola ben esposta agli assalti di Derek. Il ragazzo presto percepì la risata di Alexis riverberare contro le sue labbra.
«Lo sai quanto amo quel bagnoschiuma» si giustificò senza vergogna Alexis, guardando Derek di sottecchi, con gli occhi resi lievemente lucidi dalla passione.
«E crema corpo» disse lui, mordendole piano il punto di giuntura tra il collo e la spalla.
«Crema mani» continuò con voce roca di desiderio, mentre le sue mani, posizionate sulla parte bassa della schiena di Alexis, la intrappolarono contro di sé, prendendosi il loro tempo per esplorare i suoi fianchi e il fondoschiena pieno e invitante.
«Profumo» concluse sogghignando, risalendo a mordicchiarle il lobo destro. I palmi di Derek accompagnarono quel gesto, risalendo ad esplorarle il ventre e sfiorando con il pollice la rotondità del suo seno destro.
«Dannazione Lexi» mormorò Derek senza fiato quando la ragazza rispose con entusiasmo al suo tocco muovendo il bacino contro il suo, strappandogli un sonoro gemito.
La ragazza per poco non roteò gli occhi sentendo la sua voce profonda così vicino all’orecchio, accrescendo ulteriormente l’eccitazione che si riversava sempre più nel suo basso ventre di secondo in secondo.
Alexis riprese a baciarlo, rispondendo alla provocazione e zittendolo divertita. Una mano andò a scompigliargli i capelli, giocandoci distrattamente e lasciando che il cervello si perdesse ancora di più nel sapore della sua bocca.
Derek, nel frattempo, stava armeggiando con la leva del sedile, senza successo, nel tentativo di abbassarlo così da permettere ad entrambi di avere più spazio.
Alexis decise di aiutarlo, nonostante forse divertente vederlo frustrato nel non riuscire a compiere un gesto così mondano e le scappò un urletto smorzato contro la mascella di Derek quando, senza preavviso, si ritrovarono distesi. La ragazza ebbe la prontezza di spirito di poggiare i palmi dove poté per evitare di dargli una craniata, ridacchiando quando udì Derek bofonchiare qualche frase sconnessa a fior di labbra.
Alexis spostò i palmi dal petto di Derek ai lati della sua testa, tracciando con fascinazione il contorno delle labbra di lui, arrossate e gonfie. Solo quando Derek si agitò sotto di lei, Alexis si rese conto che, nello spostamento, il suo corpo era scivolato leggermente più in alto, facendo salire il maglione di Derek e scoprendo gli addominali bassi.
La ragazza risucchiò il fiato di botto, cercando di trattenere un gemito secco perché lo sfregamento involontario aveva attraversato gli strati di stoffa per arrivare dritto al centro del suo desiderio, incendiandola.
Derek percepì subito il cambiamento: il calore di lei ora era a contatto diretto con la sua pelle e non poté fare a meno di fremere, lasciandosi scappare un’imprecazione. «Merda»
Alexis non rispose. Come se una secchiata di acqua ghiacciata, la sua razionalità fece capolino per asserire cosa stava succedendo: il suo migliore amico, se tale si poteva ancora definire, si trovava sotto di lei, con un’erezione che le premeva contro le natiche. Merda.
Derek incrociò il suo guardo: i capelli senza controllo di Alexis le erano scivolano ai lati del viso, creando uno spazio intimo, un velo a dividerli da tutto ciò che non fosse loro due. Alexis non osò muoversi, la sua agitazione chiara nelle spigolosità assunte dal suo volto.
Derek le appoggiò una mano sulla guancia e l’altra sul polso destro, percependo il suo cuore galoppante sotto le dita.
«Lexi, stai tremando» disse con voce vellutata Derek, una grazia e delicatezza disarmante contornate da una nota di preoccupazione: non voleva assolutamente spaventarla, non quando si era finalmente aperta con lui. Era un bocciolo appena schiuso che andava preservato, protetto dalle intemperie per potergli permettere di crescere forte e robusto.
La ragazza schiuse le labbra per rispondere con qualche battuta sarcastica ma niente sembrò abbastanza, troppo persa in un vortice di sensazioni e sconvolta dalla vicinanza dei loro corpi che travalicava il puro e semplice contatto fisico: quella vicinanza era soprattutto emotiva.
Quanto aveva desiderato quel momento, solo per ritrovarsi paralizzata da una paura più grande di lei.
«Ehi, ehi, Lexi. Torna qui, va tutto bene» le disse Derek con tono dolce e rassicurante, disegnandole cerchi sulla guancia col pollice e sulla pelle delicata del polso, confortandola.
«È spaventoso, lo so. Lo sento anche io…»
Derek si bloccò, facendo un cenno del capo per indicare prima lei e poi lui.
«Questo momento, questa energia. Mi terrorizza, lo ammetto, Lexi. Sento che un passo falso potrebbe distruggere il nostro mondo, ma rinnegherei ogni capo saldo della mia vita se non ammettessi a me stesso e a te che le cose sono cambiate. Da tempo, ormai» le confessò con sincera vulnerabilità nella voce, dando forma a tutte quelle verità taciute.
Alexis deglutì, lo sguardo egoistica che voleva catturare tutti i dettagli di Derek come fosse l’ultima volta.
Sii come Leia.
Ma anche Leia aveva avuto paura.
Non riusciva ad esprimere il tumulto che le ribolliva nel petto, non riusciva ad afferrare un concetto o un pensiero abbastanza a lungo per tramutarlo in parole coerenti. La sua mente viaggiava a velocità della luce eppure tutto quello che riuscì a dire fu «Derek».
In quella parola c’era tutto, vi infuse tutto il suo essere, pregando le stelle che fosse abbastanza. Ogni emozione, nuda e cruda, era lì.
Derek, dolce croce e delizia della sua vita, il suo confidente, la sua fiamma nei momenti bui comprendeva davvero.
E per questo, piano piano e senza fretta, le sistemò la maglietta del pigiama prima di richiudere la zip del cappotto di Alexis, per poi baciare la pelle sottile di quel polso tremante.
La ragazza socchiuse gli occhi, poggiando ancora una volta la fronte contro quella di lui. Derek chiuse gli occhi, accarezzandole i capelli con gesti pieni d’amore.
«Scusami, scusami, scusami» sussurrò Alexis, il respiro che ad ogni parola sfiorava le labbra gonfie del ragazzo.
Derek scosse il capo piano, il cuore che pareva sul punto di esplodere.
«Shh, non piangere Lexi, così mi uccidi»
Alexis aggrottò le sopracciglia a quelle parole, sfiorandosi la guancia sinistra e scoprì che Derek non stava mentendo: scie salate le percorrevano la pelle. Le seguì con la punta dell’indice, quasi meravigliata, prima che una risata strozzata le montasse in gola.
Gli occhi azzurri e penetranti di Derek la fissarono mentre si prodigò ad asciugarle lacrime con il pollice.
Alexis scosse il capo, racchiudendo la sua mano bollente tra le sue, baciandogli il palmo.
«Scusami, ma sono incredibilmente felice e non so come reagire» si spiegò con un filo di voce Alexis, incapace di fermare quel suo pianto di gioia.
Derek annuì, un sorriso così luminoso da far impallidire il sole ad adornargli la bocca invitante, cingendo Alexis con il braccio libero.
La ragazza si sentiva travolta, un nervo scoperto troppo reattivo al minimo stimolo, incapace di riprendere il controllo delle sue azioni eppure era piena di gioia travolgente. Un calore nuovo si era riversato in lei e niente gliel’avrebbe strappato via questa volta.
Restarono abbracciati per minuti che parvero eterni, con il volto di Alexis nascosto nell’incavo del collo di Derek, mentre il peso rassicurante di lei lo ancorò alla realtà, ricordandogli che non era un sogno.
«Vuoi prendere una boccata d’aria?» domandò Derek, rompendo il silenzio confortante in cui si erano avvolti. Alexis annuì, dandogli un buffetto con la punta del naso.
Alexis scese con lentezza dal grembo di Derek, rimettendosi seduta sul sedile passeggero con gambe tremolanti, il suo centro che pulsava ostinato di desiderio, insoddisfatto. Notò come Derek strizzò gli occhi a quel movimento prima di borbottare sottovoce qualcosa che somigliava a «un minuto e arrivo, giuro, solo un minuto».
Alexis aprì la portiera dell’auto per prima, respirando con gratitudine l’aria fredda della notte a pieni polmoni che alleviò in parte la sensazione di smarrimento che albergava nella sua mente.
Si alzò in piedi con cautela, tenendo una mano saldamente poggiata alla carrozzeria nel caso in cui le ginocchia decidessero di tradirla e, quando fu sicura di essere sufficientemente stabile, chiuse la portiera dietro di sé.
Dal canto suo, Derek restò disteso sul sedile, sentendo il fantasma del calore di Alexis che andava scemando sempre più. Si passò una mano sul viso stanco, cercando di calmare l’erezione galoppante che non sembrava volerne sapere di placarsi. Eppure poco poteva farci, il suo cervello era andato in cortocircuito nel momento in cui aveva scoperto Alexis senza reggiseno.
I pantaloni sembrarono stringersi ulteriormente, assecondando quel pensiero.
«Ah, fanculo, terapia d’urto sia» borbottò contrariato, spiando Alexis con la coda dell’occhio: anche lei non si era mossa di molto. Solo osservando con discrezione il profilo del viso di lei, rivolto verso il cielo, gli azzerò la salivazione e riempì il cuore di pura gioia, ancora incredulo.
Si sfiorò la bocca un’ultima volta prima di scendere a sua volta, il sapore di Alexis un fresco ricordo sulle labbra a testimoniare che quei momenti precedenti erano accaduti davvero.
Il freddo fu un rimedio efficace contro qualsiasi bollore incontrollabile: la temperatura feroce gli tolse il fiato per un attimo prima che con movimenti lesti indossasse il giubbotto.
Circumnavigò la sua Ford a fatica, avvicinandosi ad Alexis con passo lento.
«Posso?» chiese dolcemente, allungando i palmi delle mani verso di lei. La ragazza lo sorprese quando lo trascinò accanto a sé con un sorriso timido: pareva più calma.
Derek non si fece pregare e l’abbracciò da dietro, incrociando le braccia appena sotto il suo seno mentre le sue mani si intrufolarono nelle tasche del cappotto pesante.
Il ragazzo non resistette all’attirarla a sé, nascondendo il volto contro i folti capelli di lei, più pazzi del solito dopo la loro intensa avventura di prima.
«Sono quasi le quattro del mattino» osservò distratta Alexis, appoggiando completamente il corpo contro Derek. Li separavano un’abbondante ventina di centimetri di altezza, quindi Alexis sospirò contenta tra le sue braccia, sentendosi avvolta e protetta.
«Dovremmo parlare» ribatté Derek, facendo eco alle parole della ragazza e, per quanto fosse vero, erano quasi le quattro meno un quarto del mattino e l’ultimo strascico di lucidità mentale se l’erano portato con sé le labbra di Alexis. Le depositò un bacio sulla tempia destra, inebriato.
Alexis piegò leggermente il capo contro quel piacevole contatto, lasciandosi scappare un sospiro poco casto.
Si voltò verso Derek con la rapidità di una gazzella e il ragazzo si trovò d’improvviso le dita morbide di lei premute contro la bocca arrossata. Rimase immobile, studiandola con genuina curiosità.
«È vero, dovremmo parlare, però… questa volta sento che tocca a me dire qualcosa» affermò con trasporto, inchiodandolo sul posto con quegli occhi cangianti che parevano sempre racchiudere un mondo nascosto. Alexis prese coraggio, tamburellando le dita contro il mento di Derek per dare ordine ai suoi pensieri. 
«Non voglio scappare, Derek. Ho corso per anni lontana da te perché la paura mi suggeriva che fosse la scelta più sensata, quando in realtà era solo quella più comoda» confessò la ragazza, deglutendo e rilassando le spalle, mentre con il pollice destro disegnò cerchi invisibili contro la pelle di Derek.
Il ragazzo inclinò il capo contro quel tocco gentile, annuendo: capiva fin troppo bene quello che Alexis stava dicendo perché era lo specchio dei suoi stessi pensieri.  
«Non voglio scappare mai più, Derek, non da te. Mi sento mancare l’aria al solo pensiero di passare anche solo un’altra notte insonne cercando di nascondere nell’angolo più buio tutto… questo» disse con enfasi, indicando con la mano libera prima sé stessa e poi Derek. Il ragazzo strinse le mani sui suoi fianchi in risposta, gli occhi lucidi ed emozionati.
«So che non ne ho il diritto perché ho continuato a scappare come una codarda, ma non dobbiamo per forza parlare stasera, decidere il nostro futuro insieme come un qualche tipo di ultimatum» continuò la ragazza, cingendo piano il volto di Derek con la mano destra.
«È una conversazione importante e credo che non le daremo giustizia qui ed ora, ci sarò domani e dopodomani ed il giorno dopo ancora perché c’è così tanto da dire ancora…ed è tutto fottutamente pauroso, lo so. Ed eccitante».
Sentire quella parola uscire dalle labbra di Alexis risvegliò un sentimento primordiale in Derek, ma il ragazzo si castigò in fretta: ci sarebbe stato tempo.
«Ed è forse la cosa più giusta che mi sia mai capitata nell’arco di questa stramba vita» concluse Alexis con tenerezza, cogliendo una lacrima del ragazzo come aveva fatto lui solo qualche minuto prima.
Derek deglutì, lasciando scappare una risata strozzata. Una sensazione inebriante gli attraversò le membra, l’adrenalina di sentirsi sul ciglio di un burrone, pronto a camminare su una fune per raggiungere l’estremità opposta. Tentò di parlare, di trovare le parole giuste per esprimere quanto tutto ciò detto da Alexis fosse un eco dei suoi stessi sentimenti, ma era muto e paralizzato dalla gioia.
Una lacrima gemella alla sua scivolò sulla guancia della ragazza, ma Alexis sorrise felice, lasciandogli un lieve bacio all’angolo della bocca e cingendogli il collo con entrambe le braccia.
Solo allora Derek sembrò riprendere vita sotto le sue mani. Avvolgendole i fianchi, strappò una risata ad Alexis quando sentì il terreno mancarle sotto le punte dei piedi e il mondo vorticò attorno a loro, persi in una giravolta scomposta con l’abbandono di due bambini.
Derek baciò via la lacrima di Alexis con amore, restituendole uno sguardo adorante che donò ad Alexis la sensazione di fluttuare verso il cielo, leggera come un palloncino.
«Domani» promise Derek con intensità nella voce profonda.
«E dopodomani» gli fece eco Alexis, suggellando la loro promessa con un bacio appassionato.
 
 
 
********************
 
 
 
Dopo aver riaccompagnato Alexis a casa e averle strappato almeno altri dieci baci, Derek tornò con passo baldanzoso verso la macchina, un sorriso malandrino ad illuminargli il viso.
Tirò su il sedile del guidatore, dimenticato reclinato, raccogliendo poi la birra ancora non finita, tentato di scolarsela in pochi rapidi sorsi. Desistette subito quando, passandosi la lingua sul labbro inferiore, un sapore di zucchero e cioccolato ed iris gli inondò il palato.
Poggiò il capo contro il poggia testa, mormorando tra sé e sé.
«Oh, dolce Lexi»
Poggiò la birra nel portabottiglie, utilizzando un fazzoletto a mo’ di tappo alla bell’è meglio. Sfortunatamente, i waffles non erano sopravvissuti alle mani avide di Alexis che li aveva prontamente sequestrati con la promessa di una colazione condivisa ad attenderli domani mattina.
Si sistemò la cintura di sicurezza, pronto a partire per tornare a casa e forse riuscire finalmente a rubare qualche ora di sonno. Armeggiò con la radio prima di mettere in moto, la voce dello speaker che prontamente inondò il veicolo, prima di far partire il pezzo successivo.
Il ragazzo strabuzzò gli occhi incredulo prima che una risata rauca ed incontrollata gli sfuggisse, cogliendolo di sorpresa.
Scosse la testa mentre inserì la retromarcia, ridacchiando dell’assurdità di quella lunga notte.
«Fottutissimo Alex Turner»
 
(Do I wanna know?)
Too busy being yours to fall
(Sad to see you go)
Ever thought of calling darling?
(Do I wanna know?)
Do you want me crawling back to you?

 

 
 
 
 
Footnotes:
 
Durante la riscrittura parziale di questo capitolo finale mi ha accompagnata “I Want to Know What Love Is” dei Foreigner e quindi il tutto si è trasformato in un mix di correzioni e karaoke. Chiedo scusa ai miei vicini.
Ad ogni modo, questa è la fine? No, non lo sarà.
Nonostante la situazione non lasci scampo a molti dubbi, ho già in mente un’altra, forse ultima, OS su Derek e Alexis: credo ci sia spazio per altro, ma non in questa mini-long che si è già allungata molto oltre le mie aspettative. 
Spero che questa breve avventura insieme vi sia piaciuta, grazie a tutt* voi per il supporto e per chiunque si sia pres* la briga di leggere e recensire, mi ha resa molto felice! Tanto amore e abbracci e buon San Valentino a chi di voi lo festeggerà, I guess?
Un ultimo grazie finale alla persona che ha ispirato (involontariamente) questa storia: alcune volte la tua mancanza si fa sentire.

 

 

 

 

 

 

 

 


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