La Terra del Sole

di Kifuru
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un precario equilibrio ***
Capitolo 2: *** I Guardiani di Sandor ***
Capitolo 3: *** Il viaggio di Myra ***
Capitolo 4: *** La sorella adottiva ***
Capitolo 5: *** Le rapide del fiume Samos ***



Capitolo 1
*** Un precario equilibrio ***


CAPITOLO 1

 
UN PRECARIO EQUILIBRIO

 
Kingswork. Una città bellissima, maestosa. Era l’orgoglio di tutti i Litanesi, persino di coloro che non l’avevano mai vista. Secondo gli storici, niente al mondo poteva eguagliare la bellezza e la grandezza di questa città immensa, capitale di una delle nazioni più potenti e fondatrici della Terra del Sole. La nazione della luce imperiale, conosciuta fin dai tempi più antichi come Lithium.

Ogni volta che si voleva trovare un qualsiasi motivo, che potesse manifestare l’assoluta superiorità della razza Litanese su ogni altra, il primo riferimento era proprio alla capitale, alla maestosità delle tante bellezze architettoniche e alla potenza delle massime istituzioni della nazione.

Kingswork era, infatti, il centro operativo dell’Ordine Imperiale, la massima istituzione governativa, composta dai dieci aristocratici più importanti a livello dinastico. Solo i discendenti degli antenati fondatori di Lithium potevano ricoprire la carica di Consigliere Imperiale, entrando di diritto nelle sale immense e dorate del Palazzo Bianco, un’immensa fortezza costruita unicamente per i membri dell’Ordine Imperiale. Per tale ragione, il palazzo era anche conosciuto come Dimora degli Dei.

Durante l’età antica, le dieci famiglie Litanesi più potenti avevano fondato un Consiglio, dotato di massimi poteri governativi e composto da soli dieci membri, i quali approvarono la legge della successione imperiale. Solo i discendenti degli antichi fondatori potevano entrare di diritto nell’Ordine Imperiale, elevandosi al di sopra di ogni altra carica militare e politica.

Nelle ere successive, l’Ordine Imperiale divenne sempre più potente, rafforzando l’importanza della tradizione aristocratica a Lithium. Nessuno poteva opporsi alle decisioni prese dai Consiglieri Imperiali, nemmeno l’Inquisizione Imperiale, la massima istituzione militare dell’intera nazione. Gli Inquisitori Imperiali, conosciuti anche come Guardie Rosse, servivano per garantire l’autorità e la forza suprema dell’Ordine, sebbene fossero anche molto attivi nell’amministrazione del paese.

L’Inquisizione Imperiale era organizzata in un sistema rigorosamente gerarchico, dal quale si partiva come semplice recluta, fino alla possibilità di raggiungere la carica di Inquisitore, il guerriero rosso a difesa della nazione, legittimato a uccidere in nome della gloria imperiale. Anche se la guerra con Sandor era finita da molti secoli, era sempre prioritario a Lithium la difesa della gloria e della superiorità razziale Litanese.
 
Myra Costis si aggirava sicura tra i lunghi e raffinati corridoi del Palazzo Rosso. Come sempre indossava l’uniforme rossa delle Reclute Imperiali. Faceva parte di una famiglia importante ed illustre, conosciuta e stimata soprattutto per meriti militari.

 La famiglia di Myra non era di certo importante al pari di quelle fondatrici, ma le avrebbe comunque garantito la scalata nella piramide dell’Inquisizione Imperiale. In realtà, la giovane era ben felice di non discendere dagli illustri fondatori dell’Ordine Imperiale. Il dovere per ogni Litanese stava nella tradizione della propria famiglia e per Myra Costis quel dovere era rappresentato unicamente dalla carriera militare.

Difendere la gloria e la potenza smisurata della sua Nazione. Era da sempre il suo sogno, quello di diventare un vero Inquisitore Imperiale, una Guardia Rossa temuta e rispettata.

Le reclute potevano essere nominate Guardie Rosse solo dopo un lungo periodo di addestramento, da affrontare con severità all’Accademia Militare Imperiale. Myra era stata cresciuta secondo una filosofia militare ferrea e implacabile. Un Inquisitore Imperiale doveva essere pronto a tutto, anche a distruggere per sempre la propria morale e coscienza. Ogni azione, compiuta nel nome dell’Ordine Imperiale, era legittima.

La giovane dai capelli lunghi e neri, perennemente raccolti in un’ordinata coda, raggiunse una delle stanze private del Palazzo Rosso. Normalmente una semplice recluta non avrebbe mai potuto ottenere il permesso di entrare nella principale costruzione degli Inquisitori, seconda come importanza soltanto al Palazzo Bianco.
Anche il Palazzo Rosso costituiva una vera bellezza architettonica, costruita con un’enorme quantità di materiali grazie al sacrificio di numerosi schiavi raccolti dai Litanesi durante le guerre passate. Fin da bambina, Myra aveva il permesso di girovagare liberamente tra le immense ed eleganti sale del Palazzo Rosso, in quanto figlia di uno dei più importanti Inquisitori Imperiali dell’intera nazione.

Il padre di Myra era il leggendario Generale Hernest Costis, il cui grado era inferiore soltanto al Gran Maestro Mormont, capo indiscusso dell’Inquisizione Imperiale di quel periodo. C’erano altri due generali, che completavano la semplice piramide dell’Inquisizione Imperiale. Essi ricoprivano lo stesso grado di suo padre, ma Myra era sempre stata ben consapevole della grandezza smisurata del proprio genitore, sebbene non avesse mai dimostrato nei suoi confronti o dei suoi fratelli il più flebile segno di affetto. Ma Myra non si lamentava, decisa e determinata a portare avanti le proprie ambizioni.

Myra aveva due fratelli. Il fratello maggiore, Rafe, era stato nominato Inquisitore Imperiale qualche anno prima e in breve tempo era diventato uno dei più temuti e rispettati, nonostante la sua giovane età. Non aveva ancora compiuto i trent’anni, ma aveva già portato a termine ogni missione assegnata con freddezza e disciplina, senza alcun impedimento morale. Myra voleva essere orgogliosa di lui, ma allo stesso tempo si chiedeva spesso se anche lei fosse in grado di compiere certe azioni senza alcun rimorso.

Fin da piccola, oltre ad un’abilità ed intelligenza fuori dal comune, aveva sempre dimostrato una certa gentilezza e una propensione ad aiutare il prossimo. Delle qualità molto spesso criticate e punite tra gli Inquisitori Imperiali.

Il fratello minore, Dan, era ancora una ferita profonda nell’animo della giovane. Era l’unica persona con cui Myra avesse veramente instaurato un rapporto vero e sincero. Sapevano entrambi quanto fosse disonorevole lasciarsi trasportare dai sentimenti a Lithium, eppure per anni fratello e sorella hanno goduto di un affetto reciproco, fino alla tragica morte di Dana, avvenuta l’anno precedente in occasione della prima vera missione affidatagli. Era un ragazzo allegro e gentile, poco adatto alla vita militare, ma nessuno di loro aveva mai avuto molta scelta. Il destino di ogni Litanese era stabilito fin dalla nascita.

Era stata la prima e ultima missione per suo fratello. Un viaggio, dettato da apparenti scopi diplomatici, fino a superare il confine. L’inquietante e terribile Muro aveva portato alla morte una giovane Recluta Imperiale. Tutti, a Lithium, conoscevano la brutalità e la malvagità dei Sandoriani. Le missioni oltre il Muro erano sempre quelle più pericolose e Myra non riusciva a spiegare per quale motivo fosse stata assegnata ad una semplice recluta.

La spedizione era composta da quattro membri, fra i quali c’era anche il fratello maggiore Rafe, per il quale si trattava della prima missione ufficiale come Inquisitore Imperiale. Erano partiti in quattro, ma erano tornati in tre e mai Myra aveva provato un dolore così grande, nemmeno quando da bambina perse la madre, anche lei un tempo Inquisitore dell’Impero. Morì durante una battaglia contro le popolazioni barbariche.

Rafe raccontò del loro viaggio fino al misterioso Muro, l’immensa muraglia protetta da una magia così antica e potente da renderla assolutamente indistruttibile. Da secoli il Muro garantiva un precario equilibrio nella sconfinata Terra del Sole.

Era stato costruito molti secoli prima, allo scopo di porre fine alla sanguinosa guerra scatenata tra le due Nazioni più potenti del mondo conosciuto: Lithium e Sandor. Le mura erano fredde, prive di bastioni, torri o raffigurazioni. Si estendeva per centinaia di miglia fino al Grande Mare, tagliando effettivamente un intero continente in due parti.
Il Muro possedeva un unico passaggio. Uno stretto e ben costruito portone, attraversabile da massimo due persone alla volta. Dalla fine della guerra, il Portone rappresentava l’unica vera possibilità di contatto fra i due popoli.

Nonostante fossero molto frequenti i contatti fra Sandoriani e Litanesi per ragioni strettamente economiche o commerciali, l’odio fra i due popoli era ancora forte e continuava a causare vittime innocenti. Solo l’immensa e indistruttibile muraglia impediva lo scatenarsi di una nuova terribile guerra secolare.

Nelle epoche passate, Litanesi e Sandoriani avevano provato più volte a distruggerlo, ma il Muro era stato costruito con il supporto di un antico e potente artefatto magico, che aveva reso ogni singola pietra indistruttibile per qualsiasi mezzo creato dall’uomo. In questo modo, la Terra del Sole fu dominata da un lungo periodo di pace ingannevole, che molti avevano tentato di interrompere bruscamente.

Dal rapporto di Rafe, la spedizione diplomatica imperiale era stata attaccata da un gruppo di Guardiani, i migliori guerrieri Sandoriani. Gli Inquisitori erano abili combattenti, ma Dan era soltanto una recluta, ancora impegnato nel lungo addestramento all’Accademia Militare. Fu ucciso barbaramente da uomini senza onore.

L’ira di Myra non si sarebbe placata, almeno fino quando non fosse riuscita a punire gli assassini dell’unica vera persona cara della sua giovane vita. In seguito, si era dedicata completamente all’addestramento, diventando sempre più forte e abile, tra le più promettenti della sua generazione.

Tanti pensieri tormentavano la giovane, mentre attraversava le numerose aree del Palazzo Rosso. La stanza privata del Generale suo padre si trovava nella parte più alta e raffinata del palazzo. Le raffigurazioni, nelle pareti dei molti corridoi che percorreva, testimoniavano la leggendaria tradizione delle Guardie Rosse. Fin da piccola Myra si era trattenuta in quelle sale fino al tramonto per studiarle dettagliatamente, immaginando di poter essere anche lei inserita un giorno fra gli eroi leggendari del suo popolo.
Raggiunse la stanza di suo padre, provando un certo nervosismo. Si era preparata un lungo discorso, ma a prescindere da tutto, avrebbe lottato duramente, anche con suo padre, per ottenere ciò che voleva.
 
Bussò due volte, senza insistenza. Aspettò pazientemente il permesso per entrare. Probabilmente il Generale suo padre era ancora immerso nel proprio lavoro. La sua carica era estremamente importante e tanti erano gli impegni politici che doveva rispettare continuamente e con urgenza.

La voce forte e severa di suo padre la invitò ad entrare. Era una stanza di lavoro, adornata con eleganti vasi e sculture antiche, tutte di assoluta provenienza Litanese. Il Generale Hernest Costis era seduto nella sua larga scrivania, immerso da numerosi rapporti scritti. Alle sue spalle era sempre ben visibile l’appariscente dipinto dell’antenato fondatore della famiglia Costis, il leggendario Inquisitore Imperiale Marcus Costis.

Il Generale Costis era un uomo sulla sessantina forte e severo, dal portamento tipico di un aristocratico Litanese. Nonostante la sua posizione di enorme potere e prestigio, che ricopriva da diversi anni, egli possedeva ancora la prestanza di un vero soldato, abituato alla battaglia. Per anni aveva combattuto contro le popolazioni barbare del Nord, divenendo con il tempo uno dei leader più carismatici della storia. Di certo, il Generale suo padre si era guadagnato il diritto di essere inserito nelle raffigurazioni del Palazzo Rosso.

I suoi occhi grigi non emanavano alcun calore o segno contentezza di fronte alla figlia. Nemmeno quando aveva saputo della morte di Dan si era scomposto più di tanto. Aveva sempre considerato il figlio più giovane come un debole senza speranza e indegno dell’uniforme che indossava. Per tale ragione, Myra si era sempre impegnare ad evitare categoricamente l’argomento. Non era per niente sicura di poter controllare la propria rabbia, anche di fronte al Generale suo padre.

Abituata e preparata alla formalità e immancabile freddezza del proprio genitore, Myra si fermò a diversi metri dalla sua postazione di lavoro, sbattendo il pugno contro il petto, come imponeva il saluto militare.

< < Generale > > esordì la giovane, cercando di mantenere ferma la propria voce.

< < Non dovresti abusare dei tuoi privilegi, figlia > > rispose l’uomo con freddezza, guardandola solo per un attimo prima di tornare al proprio lavoro < < Anche se hai il mio sangue, rimani pur sempre una recluta dell’Accademia Militare Imperiale e nessuna recluta normalmente avrebbe il diritto di girovagare fra queste stanze sacre > >.

< < Perdonami, Generale > > si scusò umilmente Myra, abbassando leggermente il capo in segno di rispetto < < Avevo bisogno di parlarti con urgenza > >.

< < Se si tratta di una richiesta ufficiale, come temo, avresti dovuto chiedere udienza all’Ufficio Imperiale > > replicò il militare, guardando la figlia con più attenzione.

< < Proprio perché non si tratta di una richiesta ufficiale, avevo assoluto bisogno di parlarti, Generale > > rispose con prontezza la giovane < < So bene che le nostre tradizioni sono importanti e richiedono il massimo rispetto da parte nostra, ma…. > >.

< < Cosa vuoi chiedermi, Myra? Vuoi forse chiedere un qualche tipo di favore per la tua candidatura ad Inquisitore Imperiale? > > domandò l’uomo, mostrando un sorriso ambiguo alla giovane.

Quest’ultima arrossì leggermente per la provocazione e fece molta fatica a non rispondere per le rime. Si era sempre impegnata al massimo come Recluta Imperiale, soprattutto dopo la morte di Dan. Pochi suoi compagni potevano sperare di poterla sconfiggere in combattimento in qualsiasi disciplina: spada, arco o lancia. Eppure il Generale suo padre non riconosceva mai le sue abilità e i suoi miglioramenti, provocandola spesso senza apparenti ragioni.

< < Mai mi permetterò di chiedere favoreggiamenti o scorciatoie per la mia carriera militare, Generale > > esclamò prontamente Myra, senza alzare troppo la voce.

< < In realtà > > proseguì la ragazza, senza dare al padre il tempo di interromperla < < la mia richiesta è tutt’altro che vantaggiosa. Forse potrà persino determinare la mia morte > >.

< < Ora mi incuriosisci > > disse il padre, continuando a sorridere malignamente.

< < Ho sempre rispettato le tradizioni militari e i regolamenti, padre. Lo sai bene questo > >.

Non disse niente del fatto di non averlo chiamato con il titolo che ricopriva. Evidentemente Hernest Costis era d’accordo a proseguire quella strana conversazione con toni diversi, meno formali.

< < Anche se i nostri regolamenti sono decisamente importanti per il nostro destino e per la nostra vita > > continuò Myra leggermente rincuorata < < nella tradizione del nostro popolo esiste anche l’onore, il coraggio e lo spirito d’iniziativa tipico di soldati e combattenti leggendari > >.

< < Belle parole > > ridacchiò il militare, apparentemente divertito.

< < Padre > > sbottò la giovane donna, facendo un passo in avanti < < Io chiedo esclusivamente a te il permesso di partire. Mi dirigerò verso il confine. Attraverserò il Muro ed entrerò a Sandor > >.

< < Ciò che chiedi è pura follia, figlia > > sbottò il padre, senza però dare una vera risposta negativa. Anche se non lo dava a vedere, era colpito dal coraggio della figlia.

< < Conosco i tuoi obiettivi, Myra > > disse l’uomo, con voce glaciale < < Tuo fratello Dan era debole, ma con la sua morte, sebbene prematura, ha potuto proteggere l’onore della nostra famiglia > >.

Myra strinse i pugni, non sapendo bene a chi rivolgere la propria furia in quel momento così delicato.

< < Io devo trovare i suoi assassini, padre > > sibilò con la voce carica di rabbia < < I Sandoriani sono dei selvaggi, inferiori rispetto a noi. La giustizia deve prevalere, padre. La nostra giustizia > >.

Il vecchio soldato incrociò le braccia, guardandola intensamente, immerso in chissà quali pensieri. Ora era davvero tentato di concedere alla figlia l’occasione per vendicarsi. Myra aveva talento e un viaggio del genere avrebbe potuto prepararla meglio di qualsiasi addestramento.

< < Sandor è una terra selvaggia e oscura, Myra > > cominciò, parlando con estrema calma < < Per secoli il nostro popolo si è scontrato con loro e sempre per loro colpa è stato costruito quel terribile muro. Senza di esso, la nostra grandezza avrebbe potuto spingersi fino alla fine del mondo. Per colpa di quella muraglia, i Litanesi non sono diventati gli unici veri padroni della Terra del Sole, come era giusto che fosse. Come era scritto fin dai tempi più antichi > >.

< < Gli storici narrano di una perdita incalcolabile di vite, padre. Il Muro è stato necessario per impedire lo scorrere di altro sangue > >.

< < Ma ha anche impedito la nostra vittoria, figlia. Il sangue continua a scorrere, sebbene non in un vero e proprio conflitto armato e questo perché non siamo riusciti a sterminare i crudeli Sandoriani. Noi saremo sempre in guerra con i Sandoriani. La morte di tuo fratello minore dimostra chiaramente questo fatto > >.

< < Dove vuoi arrivare? > > domandò la giovane, che stava cominciando a spazientirsi.

Il Generale Costis ignorò il tono irrispettoso della figlia, date le circostanze < < Se dovessi lasciarti partire, non potrai entrare a Sandor come Recluta Imperiale. Qualsiasi cosa tu abbia in mente di fare, sarai sola e senza alcun appoggio imperiale laggiù > >.

La giovane donna sentì lo stomaco contrarsi per l’emozione. Il Generale suo padre stava forse per concederle la sua occasione per vendicarsi, l’occasione per trovare e punire finalmente gli assassini del suo amato fratello minore.

< < I nostri rapporti con Sandor sono dominati, almeno ufficialmente, dalla più assoluta indifferenza. Il Portone, come sai, è l’unico contatto che rimane ancora fra la nostra nazione e la loro. Il loro modo di vivere non è cambiato nel corso degli anni. Si ostinano a vivere seguendo la loro primitiva democrazia, sotto la protezione dei barbari Guardiani > >.

< < I Guardiani > > ripeté Myra con rabbia < < Sono loro che hanno attaccato la spedizione di Rafe, causando la morte di Dan > >.

< < Saranno anche dei selvaggi assassini, Myra > > disse il militare < < Ma hanno fama di essere guerrieri formidabili, abituati allo scontro. Ovviamente non si tratterà di una missione ufficiale, per cui non avrai ordini precisi. Preferirei che evitassi di prendere iniziative dirette. Cerca di scoprire ogni dettaglio sul gruppo di Guardiani, che ha attaccato la nostra spedizione. Non erano più di cinque secondo il rapporto presentato da tuo fratello. Una volta scoperti i colpevoli, potremo agire di conseguenza > >.

< < Indagherò a fondo, padre. Te lo garantisco > > rispose la ragazza, cercando di mostrarsi il più convincente possibile. Se si fosse realmente trovata di fronte gli assassini del fratello, difficilmente si sarebbe limitata ad indagare.

< < Vorrei che con te venisse anche Rafe, ma mi rendo conto che è impossibile > >.

Myra ne fu sollevata. Voleva andare da sola e agire senza l’interferenza di nessuno, men che meno avrebbe sopportato quella di suo fratello Rafe.

< < Allora quando potrò partire, padre? > > chiese la ragazza, sperando di non essersi illusa.

< < Fra tre giorni > > rispose seccamente l’uomo < < Il tempo di informare l’Ordine Imperiale. Anche se si tratta di una missione non ufficiale, non possiamo agire alle spalle dei Dieci. Naturalmente non potrai viaggiare con la tua uniforme rossa. Dovrai sembrare una semplice viandante abituata a passare il confine frequentemente. Potresti raccontare di essere una commerciante. Molti mercanti concludono i loro affari sia a Lithium che a Sandor > >.

< < Riuscirò a trovare la copertura adatta, padre > > esclamò Myra, eccitata e impaziente di intraprendere un viaggio, che forse avrebbe potuto cambiarla per sempre.

< < Una volta attraversato il Portone, ti suggerisco di iniziare la tua ricerca da Bila, una cittadina Sandoriana di confine, situata a poche miglia dal Bosco Atros. E’ un luogo di continuo peregrinaggio, dove la gente parla parecchio. Non farai fatica a conoscere i tanti eventi che accadono in quelle terre, soprattutto se coinvolgono noi Litanesi > >.

< < Durante l’attacco > > intervenne Myra < < Rafe e i suoi compagni superstiti non sono riusciti a scoprire le generalità degli assalitori, ma secondo lui alcuni di loro potrebbero provenire persino da Gista > >.

< < In quel caso il tuo viaggio si allungherebbe di molto, ragazza > > replicò severamente il vecchio soldato < < La capitale Sandoriana si trova nel cuore della loro terra. Avrai modo di vedere con i tuoi occhi il loro modo di vivere e a che cosa porta la loro barbara democrazia > >.

< < Non mi fermerò fino a quando non avrò trovato le risposte che cerco, padre > > disse Myra, rispondendo fermamente allo sguardo indagatore del proprio genitore.

< < Molto bene > > concluse il Generale Costis < < Fra tre giorni partirai con il favore delle tenebre. Fino ad allora, non parlare con nessuno del tuo viaggio. Prepara un equipaggiamento adeguato, ma stai molto attenta a non portare di nulla di appariscente. Nessuno dovrà minimamente sospettare la tua vera identità > >.

< < Farò come dici, Generale > >.

Myra uscì dalla stanza con una nuova sicurezza. Non si sarebbe fermata di fronte a niente e finalmente avrebbe ottenuto giustizia per l’amato fratello Dan.
     
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I Sandoriani. Un popolo di selvaggi barbari. Myra Costis aveva trascorso la sua infanzia sentendo innumerevoli storie sulla loro malvagità e ferocia. I racconti scritti dei più importanti storici Litanesi ricordavano fedelmente le nefandezze di un popolo da sempre considerato inferiore a Lithium, nella cultura e soprattutto nella tradizione politica e militare.

Il sistema democratico Sandoriano era stato dipinto in tutta la nazione come il male supremo della Terra del Sole, come la sconfitta di ogni tradizione sociale degna di questo nome.

La cultura Sandoriana era rigorosamente studiata in tutte le città Litanesi, al preciso scopo di trovare sempre più motivi per criticare e soprattutto odiare Sandor e tutto ciò che rappresentava.

Nei tre giorni successivi, Myra si era dedicata al suo equipaggiamento. Per prepararsi al meglio, aveva lasciato la sua stanza all’Accademia Militare, tornando nella vecchia e ricca villa di famiglia, dove aveva vissuto serenamente prima di arruolarsi come Recluta Imperiale.

Come le era stato ordinato, non prese nulla del suo normale equipaggiamento militare, ma di certo non poteva partire disarmata. Oltre ad un semplice arco, di cui era maestra, aveva deciso di portare una spada corta, non troppo appariscente. Molti mercanti gestivano i loro affari armati, di fronte alla costante minaccia rappresentata dalle numerose bande di briganti e assassini, che operavano in entrambe le parti del confine. D’altro canto, Myra era sicura della pericolosità del territorio Sandoriano, senza contare che avrebbe dovuto presto affrontare gli assassini di suo fratello.

Il giorno prima della partenza, Myra era pronta e determinata a fare ciò che doveva. In attesa della notte e del via libera di suo padre, la ragazza passò la giornata in uno stato di profonda eccitazione. L’attesa era snervante e più di una volta fu costretta a soffocare il fortissimo desiderio di partire subito senza permesso.
Camminava nervosamente tra le familiari stanze della villa in cui era cresciuta, quando all’improvviso si ritrovò, quasi senza rendersene conto, davanti il vecchio laboratorio del padre. Quest’ultimo l’aveva fatto costruire diversi anni prima e più che un laboratorio si trattava di un grande magazzino, dove il Generale nascondeva molte invenzioni, di varia natura, costruite direttamente dagli alchimisti Litanesi.

Per la maggior parte si trattava di potenti invenzioni militari, create con l’ausilio di pietre e sostanze sconosciute, delle quali era estremamente difficile comprenderne proprietà ed effetti una volta utilizzate.

Myra non era una sciocca ed era ben consapevole del pericolo rappresentato da certe sostanze. Gli Inquisitori Imperiali avevano il diritto di sfruttare liberamente la maggior parte di quelle armi, ma lei era una semplice recluta. Non aveva nemmeno il permesso di entrare in quel posto così pericoloso. Inoltre sapeva anche di non possedere l’esperienza necessaria per l’utilizzo di certe armi in una vera missione e mai avrebbe rischiato la vita di innocenti nella sua battaglia per la giustizia e la vendetta.

Tuttavia, il caso volle che in quel magazzino si trovasse anche una certa sostanza, non propriamente una sostanza utile in battaglia, ma per la sua particolare missione si sarebbe potuto rivelare molto utile. Myra aveva studiato a fondo le sue proprietà e conosceva il modo per sfruttarle al meglio.
Fu tentata di lasciar perdere, ma l’importanza del suo obiettivo la spinse verso il primo atto di disobbedienza della sua vita. Un atto che poteva anche costarle la pena capitale. L’unica speranza era quella di non essere scoperta troppo presto.
 
A notte fonda finalmente il Generale Costis tornò alla villa. Myra era già pronta all’ingresso. La bisaccia delle provviste nascondeva tutto il necessario per la sua missione. Fortunatamente il padre non fece domande e non controllò il contenuto.

< < Viaggerai a piedi > > disse freddamente l’uomo < < Percorri la Strada Alba fino alla città di Tautros. Non entrare in città, ti basterà tagliare per le colline fino al fiume Samos. Trova un guado per attraversarlo e in pochi giorni sarai al confine > >.

< < Conosco la strada, padre. Sarò veloce e prudente > > rispose la giovane, cercando di non trapelare la forte agitazione che provava.

< < Che gli spiriti dei nostri antenati ti proteggano, figlia > > sussurrò il padre.

Myra lo guardò sorpresa. Non aveva mai udito un qualcosa di così delicato, quasi dolce, da quell’uomo sempre così duro e severo.

< < Adesso va > > ordinò seccamente Costis, incapace di sostenere ancora lo sguardo appassionato della figlia < < Che la tua missione abbia successo, così che la giustizia imperiale possa prevalere ancora una volta su tutto > >.

< < Così sarà, padre > > concluse Myra Costis, prima di incamminarsi nel buio profondo della notte < < Lo giuro sulla mia stessa vita > >.
 
 
FINE DEL CAPITOLO

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Capitolo 2
*** I Guardiani di Sandor ***


CAPITOLO 2
 
 
I GUARDIANI DI SANDOR
 
 
Cal Dreys si muoveva agile e silenzioso nella fitta boscaglia, seguito dai suoi due compagni di pattuglia. Il giovane Guardiano sapeva di essere ormai vicino all’obiettivo e in un momento così delicato era ben consapevole della pericolosità di ogni minimo errore. Non potevano rivelare la loro presenza prima dell’attacco, ne andava della vita delle ragazze prigioniere. Erano addestrati anche per gli inseguimenti da condurre silenziosamente e quella caccia durava ormai da quasi due settimane.

I Guardiani erano soldati non soltanto forti ed abili con le armi, ma anche veloci nel viaggiare ed estremamente preparati nella ricerca delle tracce del nemico. Le loro armature erano leggere e robuste al tempo stesso, fabbricate in modo da non appesantire i soldati molto spesso costretti a lunghi viaggi per le loro missioni. Anche in combattimento si rivelavano estremamente utili, per la robustezza e per non limitare la libertà di movimento di chi le indossava. Nei pettorali delle armature dei Guardiani era raffigurato l’emblema del Grande Lupo, la creatura leggendaria venerata in tutte le città Sandoriane.

Doveva essere quasi l’alba, ma non era mai facile stabilire l’esatto orario del giorno o della notte nei famigerati Boschi Notturni. In tutta Sandor era molto frequente sentire storie inquietanti riguardo quel posto. Racconti di spiriti maligni e di vecchie maledizioni.

Si trattava di una fitta rete di grandi alberi, vecchi e marci, circondati da una vegetazione rigogliosa e strana al tempo stesso, come se fosse afflitta da una qualche malattia. Non cresceva nulla di veramente bello e la fitta vegetazione, cresciuta a dismisura, aveva reso l’aria di quel posto sgradevole, marcia come ogni cosa che nasceva tra quegli alberi. Inoltre, il verde della foresta copriva veramente ogni cosa, impedendo la filtrazione anche del più flebile bagliore di luce.

Nel cuore della boscaglia c’era sempre un buio spettrale, alimentando sempre di più nel corso dei secoli la paura di quel posto e infatti erano decisamente pochi i viaggiatori che decidevano di intraprendere quel percorso. Solitamente gente con la coscienza sporca.

Il giovane Cal Dreys non aveva mai creduto a certe storie, probabilmente perché era stato cresciuto sotto la dolce ma sapiente guida di sua sorella maggiore Keila. Era convinto che ci fosse sempre una spiegazione logica e ciò valeva anche per la strana malattia che da secoli affliggeva quei boschi, ma quel giorno era un’altra la priorità. Forse, per quella missione così importante, l’oscurità inquietante dei Boschi Notturni poteva addirittura determinare la buona riuscita del piano.

< < Tra poco dovremo esserci > > sussurrò Cal ai suoi compagni < < Facciamo ancora più attenzione > >.

< < D’accordo > > rispose il giovane Jake Middle, il quale si spostava silenziosamente al pari dei suoi compagni. Era il migliore amico di Cal e nonostante la sua giovane età, era già famoso, tra i Guardiani, per la sua incredibile abilità con l’arco. Veniva anche preso scherzosamente in giro dai suoi compagni per la sua ferrea e incrollabile volontà di tenere lunghi i propri capelli neri, raccolti in una strana e lavorata coda.

L’altro ragazzo si chiamava Fero e per lui si trattava della prima vera missione come Guardiano. La loro perlustrazione, nell’oscurità del bosco, era durata ore e ore. L’ordine era di trovare l’esatta posizione dell’accampamento degli schiavisti. Questi ultimi avevano deciso di prendere la strada dei Boschi Notturni, sicuramente allo scopo di far perdere le loro tracce più facilmente.

I tre giovani Guardiani, muniti di piccole torce di cristallo blu, raggiunsero un piccolo bivio lungo il sentiero principale del bosco. I cristalli blu venivano fabbricati e lavorati in varie parti della Terra del Sole ed erano l’oggetto principale di importanti e remunerative attività commerciali. Erano, infatti, numerose le proprietà di queste particolari pietre lavorate e tra i tanti modi, i cristalli blu potevano essere utilizzati come deboli torce. Incastonati in bastoni o qualsiasi altra cosa erano in grado di trasmettere una pallida luce blu, idonea, però, ad illuminare sufficientemente il cammino nell’oscurità. L'ideale per chi non voleva manifestare la propria presenza.

Le tracce conducevano verso la fine della foresta. Le voci degli uomini in fuga iniziarono ad essere udibili, sempre più forti ad ogni passo. Voci troppo sguaiate e allegre. Era evidente che gli schiavisti si sentivano al sicuro, lontani da ogni inseguitore a poche miglia dal Passo delle Ombre, che li avrebbe condotti verso i Regni di Frontiera.

Cal era calmo, pronto all’imminente primo vero contatto con i fuggitivi. Tra i tanti nemici dei Guardiani, gli schiavisti erano quelli che Cal odiava di più. Uomini di diversa provenienza, alcuni persino Litanesi, che si spostavano in gruppo, attaccando velocemente isolati villaggi, rapendo le ragazze più giovani, molto spesso persino le bambine. Anche in quell’occasione erano numerose le vittime innocenti, che quei bastardi si erano lasciati alle spalle. Per il perseguimento dei loro scopi, gli schiavisti avevano ucciso molte persone innocenti durante il loro cammino e la loro lunga fuga fino ai boschi.

Rapivano giovani ragazze da vendere fuori dai confini della Terra del Sole, nei famigerati Regni di Frontiera: terre senza legge, dove erano ammessi i peggiori traffici creati dall’avidità dell’uomo. Per il loro profitto quegli uomini non esitavano a condurre le povere sventurate verso un destino di schiavitù e sofferenza. Per tale ragione, un piccolo reparto di Guardiani di Portland si era subito mobilitato per dar loro la caccia.

Con il favore dell’oscurità della foresta, i tre Guardiani raggiunsero indisturbati la cima di una collina che si affacciava su una distesa pianeggiante, situata fuori dai Boschi Notturni, dove gli schiavisti avevano allestito il loro accampamento.

Protetti dalla fitta vegetazione, i tre Guardiani trovarono un buon punto di osservazione. Avevano percorso l’intero sentiero boscoso immersi nell’oscurità e ora finalmente la preda era a portata di mano.

Gli schiavisti avevano deciso di attraversare in fretta i Boschi Notturni, prima di fermarsi per la notte. Era già l’alba e il timore più grande dei tre esploratori era quello di non poterli attaccare subito, prima della loro possibile partenza. In quel caso sarebbero stati costretti ad un nuovo e lungo inseguimento.

< < Finalmente li abbiamo trovati. Ci sono volute due settimane di caccia ferrata > > mormorò Jake, osservando il campo nemico.

< < Come ci era stato detto da quei contadini, saranno più di venti uomini in quel campo > > disse Cal, il quale si stava sforzando di individuare l'esatta posizione della tenda delle prigioniere.

< < E’ già l’alba > > intervenne Fero < < Mi sembra strano che non si stiano preparando a partire > >.

< < Forse sono convinti di aver fatto perdere le loro tracce. Dopo aver attraversato così tante miglia senza cavalli, avranno deciso di riposare almeno per una giornata intera > > replicò Cal, arruffandosi i suoi ricci capelli bruni. Era una sua vecchia abitudine nei momenti di trepidante attesa.

< < Cal > > lo chiamò Jake all’improvviso. Indicò la zona centrale dell’accampamento. In particolare lo esortò ad osservare la voluminosa tenda sorvegliata da ben quattro uomini armati.

< < La tenda delle ragazze si trova nel cuore del loro campo. Non abbiamo alcuna possibilità di liberarle silenziosamente > > osservò Cal.

I tre continuarono ad osservare l’accampamento schiavista per un’ora intera, analizzando attentamente i movimenti degli uomini impegnati a festeggiare. Molti di loro erano già ubriachi fradici, cosa che avrebbe dato ai Guardiani un enorme vantaggio al momento dello scontro.

Ad un certo punto la loro attenzione venne catturata dagli spostamenti di un uomo massiccio, il più robusto della compagnia. Aveva lunghi capelli grigi e una folta barba nera, ma ciò che preoccupava di più era la sua ascia legata alla schiena. Cal aveva già visto armi di questo ed erano tristemente conosciute come spose della morte. Fronteggiare un uomo robusto, abile nel maneggiare un'arma di quel tipo, significava sfidare direttamente la morte.

< < Un’arma micidiale > > disse Cal più a sè stesso che ai compagni < < Con un solo colpo di quell’ascia quel tipo potrebbe fare a pezzi un uomo adulto. Le chiamano spose della morte > >.

< < Hai forse paura, Cal? > > chiese Fero sprezzante.

< < Soltanto un idiota non ne avrebbe > > ribattè il giovane, fissandolo dritto negli occhi.

Era evidente che tra i due non scorresse buon sangue e come al solito era Jake colui cercava di calmare gli animi, anche se egli stesso non provava alcuna simpatia per il novellino, il quale più di una volta durante quel viaggio si era dimostrato troppo presuntuoso, soprattutto considerando il fatto di trovarsi alla sua prima vera missione come Guardiano.

< < D’accordo calmiamoci > > disse a voce bassa Jake < < Paura o no, non possiamo sgominare l’intera banda da soli. Dobbiamo tornare a fare rapporto al Sergente Carter > >.

< < Cosa? > > chiese Fero, per nulla convinto < < Ma noi siamo Guardiani. Dobbiamo combattere > >.

< < Venti contro tre > > osservò beffardo Cal < < Sopravvaluti le tue abilità, Fero > >.

< < Abbiamo l’ordine di tornare a fare rapporto, Fero > > esclamò Jake, troncando la discussione < < Non preoccuparti, lo scontro è rimandato di qualche ora, ma combatteremo presto. La cosa più importante adesso è che gli schiavisti si sentano al sicuro, fuori da qualsiasi inseguimento > >.

< < Abbiamo tempo, ma dobbiamo stare attenti. Non possiamo permettere che partano. Il Passo delle Ombre è molto vicino > > intervenne Cal < < Potremo attaccarli con gli altri al calar della sera. Non scordate che la nostra priorità è la salvezza di tutte le ragazze > >.

< < Bene > > convenne Jake, cominciandosi ad allontanare dalla propria postazione < < Andiamo, non abbiamo più niente da fare qui > >.

Cal Dreys stava per seguire l’amico, quando nuovamente si ritrovò ad osservare le mosse dell’uomo con l’ascia. Mentre scherzosamente si scambiava insulti e bestemmie con i compagni, lo schiavista a torso nudo si avvicinò alla grande tenda, sotto i commenti divertiti delle guardie all’entrata. Cal si sentì quasi sopraffatto dall’orrore, mentre la mano impugnò automaticamente l’elsa della spada. Anche Fero aveva visto la scena e per la prima volta sembrava profondamente turbato.

< < Maledetto > > sibilò Cal, accecato da un'improvvisa furia omicida. Nonostante provasse solo disgusto e orrore nell’atto di uccidere, in quel momento egli desiderava realmente la morte di quello schiavista. Le ragazze rapite erano troppo giovani, nel pieno della loro innocenza. Stavano per subire una terribile esperienza e i tre giovani Guardiani non potevano impedirlo.

Fu determinante l’intervento silenzioso di Jake. Posò una mano sulla schiena dell’amico. Quest’ultimo tremava letteralmente per la rabbia.

< < Non possiamo fare niente amico mio. Almeno non adesso > > gli disse con calma Jake, sperando di convincerlo < < Oltre ad essere uccisi, causeremmo anche la morte di quelle sventurate. Non le farà del male, quei bastardi tengono troppo al loro profitto > >.

< < Andiamo > > ringhiò infine Cal, il quale aveva già deciso chi avrebbe cercato durante il futuro ed inevitabile scontro.


I tre giovani Guardiani si immersero nuovamente nell’oscurità della foresta senza proferire parola, allontanandosi sempre di più dal campo nemico. Si incamminarono velocemente in direzione del punto di raccolta. Fortunatamente trovarono in breve tempo il sentiero principale del bosco, dal quale iniziarono una rapida corsa, illuminando il cammino con i loro cristalli. Cal, in particolare, rischiò più di una volta di distanziare eccessivamente i propri compagni.

Dopo ben due ore di cammino, finalmente raggiunsero una piccola radura nel folto bosco. C’era una grossa roccia, completamente invasa da muschio e piante di diverso tipo cresciute a dismisura. La compagnia degli otto Guardiani, in attesa dei tre giovani esploratori, aveva acceso un piccolo fuoco sotto una piccola rientranza del grosso macigno. Il vento era a loro favore e non c’era il rischio che l’odore potesse rivelare agli schiavisti la loro presenza in quei boschi.

Il Sergente Timothy Carter attendeva i suoi giovani esploratori seduto sui resti di un vecchio tronco, mentre fumava la sua solita pipa. Era un uomo di mezz’età, uno dei veterani dei Guardiani Sandoriani, rispettato come un uomo forte, leale e sincero. La sua filosofia di comando in ogni missione era sempre la stessa: combattere sempre insieme ai propri uomini. Nessuno veniva mai lasciato indietro con lui al comando.

In realtà, proprio questa sua attitudine a difendere sempre i propri sottoposti era stata probabilmente la principale causa che gli aveva impedito una rapida scalata nella gerarchia militare dei Guardiani. Ma egli non aveva mai avuto pretese di quel tipo e per questo veniva rispettato e stimato, soprattutto da giovani come Cal o Jake.

Il Sergente Carter aveva perso un occhio durante le guerre contro i popoli del Grande Mare, ma era rimasto ugualmente un abile combattente, maestro con la spada e con il pesante scudo raffigurante l’immagine del Grande Lupo.

< < Finalmente siete tornati > > li salutò il sergente Carter, con il suo solito tono di voce burbero < < Eravamo stufi di aspettarvi > >.

< < Forse i cuccioli si sono smarriti nella foresta > > ridacchiò un altro Guardiano, suscitando altre risate da parte degli altri compagni.

< < A differenza vostra ci siamo dati da fare questa notte, specie di pagliacci > > scherzò Cal, mentre insieme agli altri due ragazzi si sedette sull’erba insieme al resto della truppa.

< < Piantatela > > ruggì Carter, anche se era divertito < < Non vedo l’ora di andarmene da questa orrida foresta. Che notizie portate, mocciosi? > >.

< < La tua previsione era corretta, Sergente > > rispose Cal, tornando serio. Era arrivato il momento dello scontro.  Adesso tutta la compagnia era ben attenta al resoconto dell’esplorazione dei tre ragazzi.

< < Gli schiavisti si sono accampati poco fuori dai confini di questi boschi > > intervenne Jake, il quale si stava servendo con una tazza di caffè fumante.

< < Saranno almeno una ventina di uomini armati, sergente > > aggiunse Cal < < Tengono le ragazze nel cuore dell’accampamento, nella tenda più grande costantemente sorvegliata. Non c’è modo di liberarle senza farci scoprire. Dovremo combattere > >.

< < Si sentono molto sicuri di loro se hanno deciso di non proseguire oggi la loro fuga. Adesso abbiamo la concreta possibilità di sorprenderli e liberare quelle poverette > > osservò Carter, dopo una forte tirata dalla sua pipa.

< < I rapimenti sono avvenuti in villaggi poco lontani dalla città di Merovia, Sergente > > disse Cal, mentre ripensava nuovamente all’uomo con l’ascia < < Per centinaia di miglia sono fuggiti lungo le pianure verso il fiume Niur. Sono stanchi e sicuri di avercela fatta > >.

< < Se non avessero distrutto il ponte, li avremmo raggiunti anche prima. Abbiamo perso troppo tempo a cercare un guado sicuro > > aggiunse Carter, quasi ringhiando.

< < Maledetti schiavisti > > sibilò uno dei Guardiani seduti intorno al fuoco.

< < Tuttavia > > continuò il Sergente < < Si sono illusi di aver fatto perdere le loro tracce inoltrandosi tra i Boschi Notturni. Il loro più grande errore è stato proprio quello di non aver proseguito la fuga > >.

< < Purtroppo non è solamente per la stanchezza che si sono fermati, Sergente > > aggiunse Cal lanciandogli un’occhiata emblematica. Provava un profondo senso di disgusto e orrore al pensiero delle giovani ragazze in balia di quelle belve.

< < La pagheranno, ragazzo. Te lo posso assicurare > >.

< < Allora è meglio muoverci subito, Sergente > > intervenne Filius, il Guardiano secondo in comando. Aveva il grado di caporale ed era molto abile nell’utilizzo della lancia.

< < Partiremo tra qualche ora. Abbiamo bisogno di riposo per combattere al meglio e questo vale soprattutto per voi tre > > esclamò il Sergente Carter, spiazzando tutti, primo fra tutti lo stesso Cal, impaziente di andare a liberare le prigioniere.

< < Siamo inferiori di numero, Cal > > disse con calma, notando l’agitazione del ragazzo < < Abbiamo bisogno di voi al massimo della vostra forza. Avete passato tutta la notte in bianco cercando le tracce di quelle carogne. Voi tre riposerete tre ore e non ammetto repliche in proposito > >.

Jake non si sognava certo di protestare. Era sempre stato più disciplinato di Cal e inoltre non si poteva discutere la logica del loro comandante. Quando si trattava di combattere, il riposo costituiva una parte importante, forse quella determinante per la sopravvivenza in battaglia. Dall’altro lato, Fero non aveva minimamente partecipato alla discussione, probabilmente per il timore che si venisse a sapere il suo tentativo di coprirsi di gloria, anche a costo di sacrificare la vita delle ragazze.

Come ordinato dal sergente, i Guardiani lasciarono ai loro giovani compagni il tempo per riposare dopo le fatiche della scorsa notte. Jake e Fero si addormentarono quasi subito. Cal, invece, che non aveva nemmeno toccato cibo, stava disteso ad osservare gli alberi opprimenti dei Boschi Notturni, incapace di dormire in attesa della partenza. Nonostante la fatica per la caccia della notte scorsa, l’animo del giovane era troppo tormentato e niente in quel momento avrebbe potuto conciliargli il sonno.

Fu un’attesa interminabile per Cal. Con la spada abbandonata al suo fianco, sentiva i preparativi degli altri Guardiani, tutti ormai pronti allo scontro. Ad un certo punto decise di alzarsi. I suoi compagni di esplorazione dormivano ancora, anche se non propriamente in modo sereno. In particolare Fero sembrava agitarsi molto nel sonno.

< < Sei proprio impaziente, ragazzo > > sbottò Carter, vedendolo in piedi < < Ti ho osservato. Non hai mangiato nulla da quando sei tornato. Mi aspetto che tu provveda al più presto > >.
< < Lo farò, sergente > > replicò Cal, mentre si servì con alcune gallette di riso. Ne mangiò a mala pena una.

< < Il tramonto è vicino > > disse il comandante < < Siamo pronti a partire. Quanto impiegheremo per arrivare al loro campo, Cal? > >.

< < Con un buon passo, dovremmo raggiungerli in meno di due ore, Sergente. Possiamo iniziare l’attacco dalla collina che abbiamo usato come punto di osservazione > >.

< < Mi sembra una buona idea > > convenne il militare, mentre svegliava con deboli calci i due Guardiani distesi.

< < Ascoltate tutti > > ordinò il sergente, quando tutti i suoi uomini erano ormai pronti a partire < < L’attacco inizierà al mio comando. Ricordate che dobbiamo assolutamente salvare quelle poverette. Nessuna di loro dovrà morire durante lo scontro. Per tale ragione, i nostri tre arcieri resteranno al coperto, almeno all’inizio. Le prime frecce saranno quelle determinanti. Dovrete colpire gli uomini di guardia alla tenda delle prigioniere. In seguito dovremo creare un perimetro intorno alla tenda per mettere in sicurezza le ragazze > >.

< < Non mancheremo i bersagli, signore > > disse Jake, mettendosi a tracolla la sua infallibile e micidiale arma.

< < Se riusciremo a mettere in sicurezza il perimetro della tenda, potremo combattere molto meglio. Ricordate che oltre ad essere dei bastardi rapitori di ragazze, sono anche spietati assassini > > aggiunse il Sergente.

< < Sono almeno quindici le vittime che hanno seminato durante le loro scorrerie > > ricordò Cal, mentre si allacciava intorno alla vita il cinturone con la spada. Accanto a lui, Fero sembrava sul punto di voler rimettere tutto quanto aveva appena mangiato.

< < Combatteremo per uccidere > > esclamò il Sergente Carter, osservando con assoluta serietà i volti dei suoi uomini < < Ma chiunque si arrenda dovrà essere risparmiato. Eventuali prigionieri li porteremo con noi fino a Merovia, dove verranno processati. Mi sono spiegato? > >.

Cal non poteva essere più d’accordo. Non avrebbe mai potuto uccidere un uomo disarmato. Durante gli ultimi due anni, i suoi primi come Guardiano Sandoriano, il giovane dai capelli ricci e bruni aveva tolto la vita solo in combattimento, rispettando sempre il proprio compito di difesa della pace e del più debole. Un Guardiano combatte solo quando è strettamente necessario. Per difendere, mai per offendere.

Il gruppo di undici Guardiani si incamminò lungo il sentiero principale dei Boschi Notturni. Procedevano uno dietro l’altro, silenziosi come ombre. Nel buio perenne e totale di quella foresta, sembravano inquietanti spettri portatori di morte. Logicamente i capifila erano i tre giovani esploratori, i quali, sicuri della strada da prendere, guidarono il resto della truppa lontano dal sentiero, una volta giunti al bivio. Si inoltrarono sempre di più nella fittissima vegetazione del bosco, salendo in cima alla collina.

Persero un po’ più tempo del previsto a causa dei tanti ostacoli della natura, ma alla fine, verso le prime ore della sera i Guardiani Sandoriani raggiunsero il punto di osservazione scelto dai tre ragazzi. Gli schiavisti avevano già acceso diversi fuochi da campo e la grande tenda al centro dell’accampamento era sempre sorvegliata da quattro uomini disposti su tutti i lati di essa.

< < Sergente > > sussurrò Jake, avvicinandosi silenziosamente a lui. Gli indicò un piccolo passaggio alla loro sinistra tra la vegetazione. Sembrava discendere la collina, fino a condurre fuori dal fitto bosco a pochi metri dal campo schiavista.

< < Possiamo passare da lì > >.

Carter annuì, scambiando dei gesti di comprensione con tutti i suoi compagni.

< < Ricordate > > disse piano, rivolgendosi direttamente a Jake e agli altri due arcieri < < Togliete subito di mezzo gli uomini di guardia alla tenda. Aspettate il mio comando > >.
Tutti i Guardiani restarono abbassati coperti da cespugli e alberi.

Cal combatte con la propria paura. Era forte, come in ogni battaglia alla quale era stato costretto a partecipare, ma aveva il grande vantaggio di mantenerlo vigile. Pensò a Keila, al suo desiderio di riabbracciarla e alle ragazze che meritavano di tornare dai propri cari. Impugnò con forza l’elsa della sua spada.

Carter lanciò una rapida occhiata a Jake, il quale rispose incoccando una freccia nel proprio arco con movimenti lenti e silenziosi. Il ragazzo trovò un piccolo spiraglio tra le foglie e con estrema calma prese la mira, aspettando pazientemente l’ordine del proprio comandante. Il bersaglio era lo schiavista di guardia all’entrata della tenda. Era affiancato da un altro uomo, il quale sarebbe diventato immediatamente il secondo bersaglio.

L’arco era teso al massimo, la freccia pronta ad essere scagliata e Jake era calmo, concentrato in una fredda determinazione.

< < ORA > >.

La freccia partì in un mortale viaggio quasi contemporaneamente all’urlo del Sergente Carter. Il dardo sibilò per pochi attimi fino a trapassare la gola della prima guardia. L’uomo emise un terribile rantolo, prima di cadere a terra soffocato dal proprio sangue. Gli schiavisti ci misero alcuni secondi a capire cosa fosse successo.

 Nel frattempo gli altri due Guardiani arcieri ebbero il tempo di uccidere altri due uomini di guardia. Il quarto si gettò a terra in preda al panico.

< < ALLE ARMI, UOMINI > > gridò l’uomo con l’ascia. Cal comprese che era proprio lui il capo della compagnia di schiavisti.

< < Guardiani Sandoriani > > tuonò il sergente Timothy Carter < < CARICA > >.

Urlando ferocemente, i Guardiani invasero il campo schiavista compatti e agguerriti. Solo alcuni degli schiavisti ebbe il tempo di armarsi, limitando la loro forza numerica.

Cal si gettò nello scontro dimenticando ogni paura. Si lanciò contro un uomo armato di un pesante spadone che impugnava a due mani. Lo schiavista provò a tagliarlo letteralmente in due. La spada di Cal, sebbene ben bilanciata, non avrebbe potuto bloccare quel fendente.

Di conseguenza, il giovane Guardiano fece l’unica cosa possibile: nello slancio della corsa si gettò a terra, facendo una piccola capriola per poter poi attaccare immediatamente il nemico. Il fendente di quest’ultimo andò a vuoto nell’aria, mentre contemporaneamente Cal gli mozzò una gamba con la spada. L’uomo crollò urlando a terra, mentre il sangue macchiò l’erba fresca della sera.

Cal non ebbe il tempo di finire il nemico agonizzante. Un altro schiavista lo caricò con furia. Questa volta il nemico era munito di una mazza chiodata che agitava con estrema velocità. Il giovane usò la spada per difendersi, duellando furiosamente con l’avversario. Entrambi urlavano selvaggiamente nella foga del duello.

Intorno a loro la battaglia infuriava. Il sergente Carter aveva già scudo e spada completamente insanguinati. Con un terribile colpo di scudo aprì una terribile ferita sulla tempia di nemico. Grazie a ciò, Carter poté violare facilmente la difesa dell’avversario, trapassandogli il torso nudo con la spada. Nessuno degli schiavisti aveva potuto indossare un’armatura. Molti di loro mordevano già il terreno, uccisi o feriti gravemente da orrente ferite.

L’uomo con l’ascia, però, si stava rivelando il più pericoloso. Con un colpo della sua terribile arma, aveva spaccato il cuore di un Guardiano, uccidendolo all’istante. L’ascia aveva trapassato facilmente l’armatura del soldato.

Nel frattempo Cal continuava il suo duello. Le sue abilità di spadaccino erano notevoli e dopo numerosi scambi finalmente riuscì ad avere ragione del proprio nemico. Con un micidiale fendente a sventaglio tagliò mortalmente la gola dello schiavista.

Il giovane Guardiano ebbe il tempo di osservare il campo di battaglia. Con sollievo vide ben quattro Guardiani a difesa della tenda delle prigioniere. Gli schiavisti non avrebbero potuto utilizzarle come ostaggio o peggio non avrebbero potuto vendicarsi su di loro. Lo scontro stava per finire in favore dei Guardiani. Cal si aggirò tra i resti del campo schiavista semi distrutto e fu allora che Cal lo vide.

Il capo degli schiavisti ebbe il tempo di uccidere un altro Guardiano, prima che Cal si gettasse coraggiosamente su di lui. Il giovane soldato provò a sorprendere subito l’avversario, ma il suo colpo di spada si infranse sul manico di metallo dell’ascia, che l’uomo dimostrò di saper maneggiare alla perfezione anche in difesa. Quest’ultimo passò all’attacco immediatamente, facendo sibilare pericolosamente l’ascia sporca di sangue. Cal deviò l’attacco con la spada, ma fu costretto a scoprirsi e infatti non riuscì a evitare il terribile pugno che lo fece letteralmente volare all’indietro per un paio di metri.

Perse la propria spada mentre cadeva pesantemente a terra. Il ragazzo sentì un liquido caldo scorrergli lungo la guancia destra. La vista era annebbiata, al punto da non poter vedere la prossima mossa dell’avversario. Fu solo il suo istinto di sopravvivenza a salvarlo.

Nonostante lo stordimento, Cal si gettò di lato e lo fece un attimo prima del mortale colpo d’ascia che si infranse sul terreno. Lo schiavista impiegò qualche secondo a estrarre l’arma dall’erba e il giovane guerriero ne approfittò. Vincendo il dolore per il terribile pugno di prima, Cal sguainò il coltello e come una furia si gettò addosso allo schiavista. Ne seguì una terribile lotta fisica, che il giovane non avrebbe potuto reggere a lungo. La forza bruta del nemico era veramente eccessiva per lui.

Disperatamente Cal si districò dalle braccia dello schiavista, le quali per poco non gli spezzarono la schiena. Sfruttando la temporanea libertà di movimento, Cal lo accoltellò ferocemente all’addome. Tirò fuori il coltello e immediatamente lo colpì una seconda volta. Restando incredibilmente in piedi, l’uomo gli afferrò il polso con entrambe le mani insanguinate. Mani che sembravano tenaglie.

< < Maledetto moccioso > > ringhiò a pochi passi dal viso di Cal < < Ci avete massacrati per quelle luride cagne. Ma tu morirai prima di me > >.

< < Siete soltanto dei maledetti assassini > > sibilò il ragazzo, intrappolato nella presa dello schiavista.

Cal provò a liberarsi, mentre l’uomo stringeva pericolosamente il suo polso. Il giovane provò a colpirlo ripetutamente con la mano libera, ma lo schiavista era ormai preda di una furia implacabile. Desiderava soltanto uccidere il giovane Guardiano prima di morire.

Ruggendo come una belva il capo dei rapitori scagliò nuovamente all’indietro il ragazzo con un altro pugno anche se molto più debole. Rimase miracolosamente in piedi con il coltello ancora conficcato nell’addome.

Il giovane Guardiano si trovò di nuovo steso sull’erba fresca a pochi passi da uno dei fuochi da campo. Davanti a lui il capo degli schiavisti si strappò con forza il coltello, gettandolo a terra. Si avvicinò al ragazzo, dimenticandosi dell’ascia piantata sull’erba, mentre continuava a perdere sangue dalle ferite inferte dal ragazzo.

Senza avere il tempo di reagire, Cal si ritrovò schiacciato a terra dal nemico, il quale questa volta lo afferrò per la gola con tutta la forza che aveva in corpo. Strinse sempre di più e il giovane Guardiano si sentì prossimo alla morte.

< < Car..o.gna > > rantolò il ragazzo, prima di iniziare a perdere conoscenza.

Il suo ultimo pensiero prima di svenire fu per l’amata sorella.
 
 
                                                                                                                       -------------------------------------


 
Quando Cal riprese parzialmente i sensi, vide soltanto il cielo stellato della notte. Per alcuni secondi fece fatica a ricordare gli ultimi eventi. Vagamente sentiva delle voci intorno a lui, ma ancora erano lontane, troppo lontane per udirle.

< < Cal…….. mi senti? > >.

Qualcuno lo sollevò delicatamente mettendolo a sedere. Gradualmente il ragazzo riprese a respirare regolarmente, tossendo e sputando persino del sangue. Dopo qualche minuto riuscì a mettere a fuoco la realtà intorno a sé. Accanto a lui c’era Jake con una mano poggiata amichevolmente sulla sua spalla.

< < Questa volta ci sei andato vicino, Cal > > disse il giovane arciere < < Quel pazzo ti ha quasi strangolato > >.

< < Che diavolo > > esclamò Cal, mentre l’amico l’aiutava a rialzarsi.

A pochi passi da lui c’era il cadavere a faccia in giù del capo schiavista. Era ben visibile la freccia che gli aveva trapassato la faccia all’altezza della nuca.

< < Ancora una volta ti ho salvato le chiappe, amico mio > > disse Jake, dando all’amico una leggera pacca sulla schiena.

< < E ancora una volta ti ringrazio, Jake. Quel bestione era incrollabile > > rispose Cal, facendo un debole sorriso.

< < Tua sorella mi avrebbe letteralmente fatto a pezzi se ti avesse ucciso. Ti ho salvato anche nel mio interesse > >.

< < Meglio così > > sbottò lui, prima di tornare improvvisamente serio.

 < < Le ragazze? > >.

< < Sono libere, puoi stare tranquillo. Sono sconvolte, come è normale che sia, ma stanno tutte bene > > lo tranquillizzò l’amico.

Finalmente Cal poté tirare un grosso sospiro di sollievo. La loro missione era compiuta, presto avrebbero riportato quelle ragazze alle loro case. I due ragazzi si aggirarono tra i resti del campo schiavista in cerca del Sergente Carter. Cal recuperò la spada sporca di sangue che aveva perduto durante la terribile lotta.

Lo trovarono subito insieme agli altri compagni. Il comandante del reparto stava aiutando i suoi uomini a disporre tre corpi uno accanto all’altro. Quando li vide, un pallido sorriso si fece largo sul suo volto stanco, sporco di sangue e visibilmente addolorato per la perdita di tre uomini coraggiosi.

< < Sono felice che stiate bene, ragazzi > > disse Carter, osservando attentamente le loro condizioni.

< < Il capo schiavista è morto, Sergente > > annunciò Jake.

< < La vittoria ci è costata cara. Prima di morire, quel bastardo ha ucciso tre dei nostri > > commentò cupamente Cal.

Carter annuì pensieroso. Sul campo di battaglia erano rimasti uccisi più di venti schiavisti.

< < Dove sono le ragazze, Sergente? > > chiese Cal.

< < Ho ordinato ad un paio di uomini di allontanarle da qui. Hanno sofferto abbastanza e ho voluto risparmiare loro la vista di così tanti morti. Solo tre schiavisti hanno optato per la fuga. Si sono diretti verso il Passo delle Ombre, ma non ho alcuna intenzione di inseguirli > >.

< < Abbiamo perso tre valorosi Guardiani > > aggiunse il Sergente, non mascherando minimamente il proprio dolore. Ogni volta che perdeva un uomo soffriva terribilmente, arrivando a dubitare persino delle proprie capacità come comandante di un reparto di Guardiani Sandoriani.

< < Non è colpa vostra, Sergente > > esclamò Cal, guardandolo negli occhi < < Noi combattiamo per una causa giusta. I nostri compagni sono morti per difendere delle ragazze innocenti. Non esiste una causa migliore di questa > >.

< < Hai ragione, Cal > > convenne il militare, poggiando una mano sulla spalla del ragazzo. Era felice nel vedere quanto fosse maturato quel giovane soldato e ne fu orgoglioso, perché anch’egli aveva partecipato attivamente al suo addestramento.

< < Seppelliamo i morti, ragazzi. Non vedo l’ora di tornare a Portland > > ordinò il Sergente Carter.

< < Ma Sergente > > intervenne Fero con vigore < < Non vorrete permettere che i nostri morti vengano seppelliti insieme a quelli degli schiavisti > >.

< < Falla finita, Fero > > sbottò Carter < < Non possiamo fare altrimenti e ricordati che tutti i morti meritano rispetto > >.

Il giovane Guardiano arrossì risentito. Durante il combattimento si era improvvisamente bloccato. La paura gli impedì qualsiasi movimento e solo grazie all’intervento di un suo compagno non era rimasto ucciso.

Per oltre un’ora i Guardiani rimasti si affrettarono a dare degna sepoltura alle tante vittime della battaglia. Si raccolsero in preghiera di fronte alle tombe dei tre compagni caduti, scavate sull’erba fresca in un luogo tranquillo di fronte all’entrata per i Boschi Notturni. Tutti i Guardiani della missione erano partiti dal comando di Portland e una volta tornati in città si sarebbero tenute le cerimonie e i rituali in onore delle vittime. Inoltre, era previsto un forte riconoscimento in denaro per le famiglie dei caduti.

I Guardiani cominciarono il loro ritorno, entrando nuovamente nell’oscurità dei Boschi Notturni. Raggiunsero in breve i due guerrieri che avevano scortato le ragazze liberate lontano dal loro campo di prigionia. Le prigioniere liberate stavano sedute poggiate sui vecchi tronchi del bosco. Alcune di loro sembravano morte dentro, altre incredule di essere state salvate da un destino terribile.
Una ragazzina era letteralmente paralizzata dall’orrore. Si era stretta le ginocchia tra le braccia nel tentativo di smettere di tremare. Cal non osava immaginare quali pene avesse subito. Poteva avere al massimo una decina d’anni e tra le ragazze che erano state rapite era sicuramente la più giovane.

Il Guardiano si avvicinò cauto senza spaventarla. Lei lo guardò terrorizzata, incapace in quel momento di fidarsi di un altro essere umano. Le accarezzò piano una guancia, asciugando una lacrima solitaria.

< < Non avere paura > > sussurrò lui sperando di tranquillizzarla < < Ti riporterò a casa. E’ tutto finito, te lo giuro > >.

< < Quegli uomini hanno ucciso i miei genitori e……… l-loro mi hanno….. > > disse piano la ragazzina.

< < Come ti chiami? > > domandò Cal con voce dolce.

< < Mi chiamo Pauline > > rispose la bambina tremando.

< < Presto tornerai a vivere Pauline. Nessuno ti farà più del male. E’ una promessa > >.

La ragazza sembrò ancora combattuta, ma alla fine accettò la mano del ragazzo. Cal l’aiutò ad alzarsi.

Dopo averla coperta con il proprio mantello, la circondò con un braccio in modo protettivo e rassicurante. La ragazza si appoggiò quasi involontariamente a quel caldo abbraccio.
Insieme al resto della truppa si incamminarono verso casa. Lontano il più possibile dalla tragedia che si era appena consumata.
 
 
FINE DEL CAPITOLO
 
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** Il viaggio di Myra ***


CAPITOLO 3


 
IL VIAGGIO DI MYRA


 
Durante le ore del giorno fino al tramonto, la Strada Alba era indubbiamente la più trafficata in tutta Lithium. Nella sua magnificenza, questa larga strada sterrata attraversava da nord a sud l’intera nazione fino a giungere nei pressi della misteriosa porta del Muro, il confine delle due grandi nazioni della Terra del Sole.

Nel corso degli anni la Strada Alba era stata costantemente rimodernata. La superficie della strada sterrata veniva lavorata ogni notte, un gran numero di lavoranti si impegnava a rimodellare la terra con appositi carri muniti di sofisticate spazzole di grandi dimensioni, in modo da consentire il pieno transito già a partire dall’alba.

Era abbastanza larga da consentire facilmente anche il passaggio di un carro per lato. Collegava le più importanti città della nazione e infatti aveva contribuito fortemente a garantire il costante sviluppo economico e commerciale Litanese degli ultimi anni. Commercianti, uomini d’affari, militari: tutti potevano svolgere le proprie attività senza alcun ostacolo di spostamento grazie a quella via così sicura.

Da nord la Strada Alba partiva da Fort Costis, l’ultimo grande avamposto Imperiale, che si affacciava direttamente nel ghiacciato e pericoloso Mare del Nord. Si trattava di un’imponente fortezza militare, circondata da una piccola cittadina, come di consueto accadeva nella tradizione Litanese. Era stata costruita in onore di Marcus Costis, un Inquisitore Imperiale leggendario, protagonista di straordinarie imprese militari.

A circa cento miglia da Fort Costis si trovava Kingswork, la millenaria capitale dell’impero Litanese. Proprio da questa straordinaria città, la giovane Recluta Imperiale Myra Costis aveva iniziato il suo lungo viaggio verso terre a lei sconosciute. Un viaggio verso l’ignoto, che avrebbe potuto segnare il suo destino per sempre. Forse avrebbe dovuto pagare dei costi durante il cammino, forse quel viaggio poteva anche esigere la sua stessa vita come prezzo finale. Ma lei perseguiva uno scopo troppo importante e per questo non avrebbe mai potuto tirarsi indietro.

Seguendo i consigli del padre, Myra aveva percorso soltanto un breve tratto lungo la Strada Alba. Per tre giorni aveva camminato confondendosi tra i tanti mercanti in viaggio verso sud, dormendo sempre all’aperto vicino il grande sentiero e sempre al riparo da qualsiasi altro viaggiatore.

In quei primi giorni di viaggio la ragazza fu accompagnata dalla rassicurante sicurezza della Strada Alba, come un raggio di luce in un mondo tenebroso. L’aveva già percorsa altre volte e come sempre Myra non poté che restare incantata per la bellezza straordinaria dell’architettura Litanese. La Strada Alba era delimitata in entrambi lati da innumerevoli statue e monumenti di vario genere.

Queste magnifiche opere onoravano gli eroi del passato, coloro che avevano forgiato il potente Impero Litanese sotto lo stendardo dell’Inquisizione Imperiale, coloro che avevano animato i gloriosi sogni di una bambina fiera del suo popolo. Per Myra si rivelò estremamente spiacevole abbandonare quella strada per tagliare dalle campagne. Aveva percorso quel tratto di strada per necessità, ma una volta fuori dai confini della capitale si affrettò ad abbandonare un percorso troppo trafficato per i suoi piani. Era troppo conosciuta in quelle terre per via della sua famiglia e delle tante missioni compiute in qualità di Recluta Imperiale.

Sebbene si fosse travestita con abiti maschili ordinari simili a quelli di un comune mercante, qualcuno avrebbe anche potuto riconoscerla sotto il cappuccio che teneva sempre sopra la testa durante le ore del giorno.

Proseguì il suo viaggio nella natura più profonda, lasciandosi alle spalle la strada costruita dai suoi antenati. Per diverso tempo si sentì sperduta, come se avesse perso la propria guida nel suo viaggio verso l’ignoto.

Viaggiava leggera come le era stato suggerito. Le armi che portava erano poco appariscenti ma ugualmente letali: una corta spada tenuta attaccata alla cintura e un semplice arco che portava a tracolla insieme alla faretra delle frecce. In realtà era armata anche di due pugnali, che portava di nascosto per ogni evenienza.

Un’arma nascosta era molto più pericolosa di una mostrata a bella vista, soprattutto se si era anche abili nel maneggiarla e lei lo era. Ne aveva nascosto uno dentro lo stivale destro, mentre l’altro era ben legato nel lungo bracciale militare sapientemente nascosto sotto la semplice maglia che indossava.

Tuttavia, l’arma più pericolosa che trasportava si trovava nella bisaccia insieme alle provviste per il viaggio. All’interno della borsa Myra aveva nascosto le dieci fiale della pericolosa sostanza che aveva rubato direttamente dal laboratorio di suo padre. Sperava che il furto passasse inosservato, dato che aveva rubato solo una minima parte della quantità che suo padre era riuscito a fabbricare e raccogliere negli ultimi anni.

Allo stesso tempo Myra nutriva il timore che il numero delle fiale rubate potesse essere non sufficiente per la sua lunga missione, per ciò che si era promessa di fare. Le fiale contenevano una pericolosa sostanza, conosciuta in tutta la Terra del Sole come Salium. Il commercio di questo liquido rossastro, ricavato dal miscuglio del sangue di innumerevoli animali, era severamente vietato dall’impero. Solo l’Inquisizione Imperiale la produceva, per scopi esclusivamente militari e solo un vero Inquisitore Imperiale era realmente legittimato ad utilizzarla in una vera missione. Studiando a lungo nella grande biblioteca di Kingswork la ragazza aveva avuto modo di studiare a fondo le proprietà delle sostanze proibite e per quello che aveva in mente di fare, il Salium si sarebbe probabilmente rivelato essenziale.

Le dieci dosi di Salium erano ben nascoste nella bisaccia delle provviste, al punto che talvolta la ragazza dimenticava il fatto di viaggiare con un carico così pericoloso. Myra tremava al pensiero di poter utilizzare una di quelle fiale su un essere umano, ma l’avrebbe fatto per portare a termine la sua missione di vendetta. Tuttavia, anche se si era documentata a fondo, non poteva ancora conoscere alla perfezione i reali effetti quella sostanza sul corpo umano.

Per dieci giorni Myra proseguì il proprio cammino verso sud, tra campagne, pianure e sentieri boscosi. Si riforniva in locande o posti di ristoro sperduti lontano dai centri abitati. I primi giorni furono difficili, ma dopo un po' si abituò a dormire all’aperto sotto le stelle tra le voci misteriose e inquietanti del mondo notturno.

Giunse nei pressi dei sentieri rocciosi della Montagna Vecchia. Tra le pendici della montagna c’era Rewart, un’altra grande città dell’impero.

Al calar della sera, Myra si accampò sotto una grande quercia fuori dai sentieri battuti. Da lontano poteva ammirare la grande montagna illuminata dalle moltissime luci della città costruita alla base di essa. Si sedette contro il grosso tronco, consumando una cena frugale, prima di concedersi alcune ore di riposo. La notte era il momento peggiore della sua giornata, il momento in cui la solitudine e la paura diventavano così forti da lasciarla senza fiato.

Myra era arrivata al punto di dimenticare la sensazione di riposo e serenità che si prova nel sonno. Nel suo inconscio vedeva soltanto scene di violenza e morte, sempre legato al suo amato fratello perduto. I suoi sogni si concludevano sempre con la morte violenta di Dan, il cui sangue macchiava l’armatura da Recluta Imperiale, che lei stessa gli aveva preparato prima della sua prima e ultima missione. Era costretta a vedere ogni notte quella che probabilmente era stata la morte di suo fratello e ogni volta accanto al suo corpo martoriato vedeva la sagoma del suo assassino. Un maledetto Guardiano che le aveva strappato la persona che più amava.

Anche quella notte Myra si svegliò di scatto ricoperta di sudore. Respirava affannosamente e probabilmente aveva persino urlato. Per alcuni secondi fece fatica ad inquadrare la realtà intorno a lei.

Si accorse che era ancora notte, ma la ragazza non aveva alcuna intenzione di tornare a dormire. Si sciacquò la faccia con l’acqua fresca e pura di un torrente che scorreva lì vicino e gradualmente il suo respiro tornò regolare. Era consapevole che la sua sete di giustizia e vendetta si stava trasformando sempre di più in un’ossessione profonda, in un odio sempre più grande, ma non riusciva ad impedirlo. Gli Inquisitori Imperiali erano conosciuti come i più grandi soldati mai esistiti nella Terra del Sole e questo non soltanto per motivi duramente bellici, ma anche per la loro capacità di saper soffocare anche le emozioni più forti.

L’animo tormentato della giovane recluta non faceva altro che allontanarla fortemente da quel traguardo. Dopo la morte di Dan, Myra non fu più in grado di soffocare le proprie emozioni. L’odio per i maledetti Guardiani Sandoriani. Era questo che tormentava continuamente il suo animo.

Raccolse in fretta la sua roba, desiderosa di ripartire immediatamente verso sud. Passando attraverso boschi e colline, Myra si lasciò alle spalle Rewart e la Montagna Vecchia. La prossima tappa del suo viaggio era il fiume Samos, il più grande di tutta la Terra del Sole. Non era chiaro dove si trovasse il luogo di nascita di questo grande fiume. Molto probabilmente si trovava a migliaia chilometri a est lungo territori lontani, verso le Terre Nere, dalle quali ben pochi avevano fatto ritorno.

Da ovest, invece, il fiume Samos scorreva fino allo sconfinato Grande Mare, mai conquistato o esplorato del tutto, nemmeno dalla potenza Litanese.

Myra continuò il suo cammino, concedendosi soltanto le soste necessarie per bere e mangiare. Tagliò in fretta dalla Strada Occidentale, facendo attenzione a non farsi vedere troppo. Il clima primaverile l’aiutò a proseguire la marcia per un altro tratto. Fortunatamente incontrò pochi mercanti o cacciatori di pellicce. Nessuno mostrò la minima attenzione a lei, né si accorsero del fatto che si trattava di una ragazza sola in lande così desolate. Nel suo travestimento appariva come un semplice viaggiatore, uno dei tanti alla ricerca di di chissà quali fortune.

A fine giornata, stremata per la stanchezza, Myra raggiunse finalmente le rive del fiume Samos. Quella era probabilmente la prima vera prova del suo viaggio. In passato aveva spesso attraversato quel fiume, ma l’aveva sempre fatto dalla Strada Alba, passando per il ponte Samos. Ora era diverso, una sfida per nulla da sottovalutare.

La corrente era troppo forte in quel periodo dell’anno, al punto da rendere impossibile una traversata a cavallo o a piedi. Eppure Myra si era preparata una soluzione, probabilmente l’unica possibile in quella circostanza per difendere la segretezza del suo viaggio. Sicuramente a Sandor si sarebbe potuta muovere più facilmente, ma a Lithium era troppo conosciuta.

Alcuni anni prima, Myra era stata mandata, insieme ad altre reclute sotto il comando di un esperto Inquisitore Imperiale, proprio in quella zona così vicina al confine. L’ordine era di sgominare, anche con la forza, un traffico illegale di armi e droghe particolari condotto da alcuni battellieri. Questi ultimi offrivano, per incrementare i loro guadagni, offrivano segretamente ai criminali in fuga il passaggio tra una riva e l’altra del fiume dietro il pagamento di una cospicua parte dei loro bottini. L’impero vietava categoricamente l’attraversamento del fiume, in mancanza ovviamente di valide autorizzazioni. La lotta contro i battellieri clandestini si era fatta sempre più dura e Myra aveva affrontato le sue prime missioni di recluta proprio per smantellare un traffico diventato troppo fiorente in quelle terre.

Proprio nella parte del fiume Samos che ora stava attraversando, Myra aveva partecipato a un duro scontro, arrivando a ferire un paio di scagnozzi troppo sicuri del fatto di trovarsi di fronte una ragazza come avversario. Entrambi erano stati fortunati. Il suo superiore aveva ucciso da solo una decina di criminali. Una scena che la giovane non aveva mai dimenticato. Tuttavia, anche se in quell’occasione riuscirono a distruggere un’intera banda di battellieri clandestini, restava ugualmente troppo potente e diffuso il traffico criminale condotto lungo le rive del fiume Samos.

La giovane recluta, cresciuta secondo ideali forti e severi, aveva sempre condannato la criminalità in tutte le sue forme, ma in quella situazione un battelliere clandestino poteva rappresentare il miglior modo per attraversare in segreto il fiume. Era soltanto una questione di prezzo e lei di certo non aveva problemi di denaro.

In realtà il vero pericolo poteva nascere proprio dalla borsetta piena di denaro. Doveva agire con cautela e scegliere con cura la persona con cui trattare. Era pronta a difendersi contro chiunque, ma preferiva ardentemente evitare inutili scontri e spargimenti di sangue.

Si accampò in una piccola radura lungo le rive del fiume, stremata dopo l’interminabile giornata di marcia. L’aria fresca della sera l’aiutò a riprendere fiato, mentre i rumori della corrente incessante del fiume ebbero il potere di calmarla dai molti dubbi che la tormentavano. A circa una quindicina di miglia da lì doveva trovarsi una celebre locanda malfamata. Myra ne aveva sentito parlare durante la sua vecchia missione in quelle terre ed era proprio il genere di posto dove avrebbe sicuramente trovato la persona giusta per i suoi piani.

Anche se con un certo timore, la ragazza, cedette immediatamente alla fatica e alla stanchezza. Non mangiò nulla e si addormentò quasi subito. Puntualmente i suoi sogni furono dominati dai crudeli fantasmi del fratello perduto. Forse la stanchezza per le lunghe marce che stava affrontando l’aiutò a dormire un po' di più rispetto alle altre volte, ma per lei il sonno non era mai sereno e riposante come dovrebbe essere.

All’alba consumò un’abbondante colazione, desiderosa di essere al massimo delle forze. Mangiò pane e formaggio in buona quantità, per poi terminare il pasto con della frutta fresca che aveva raccolto in precedenza. Il sole era già alto quando fu pronta a rimettersi in viaggio.

Si allontanò per diverse miglia dalla riva del fiume, dirigendosi verso ovest. Era la prima volta che deviava dal suo cammino principale. La sua strada era rigorosamente rivolta a sud e infatti quella leggera deviazione le procurò una sgradevole sensazione di fastidio mista a impazienza. La locanda doveva trovarsi in uno dei tanti sentieri boscosi situati vicino le rive del fiume. Non c’erano città nelle vicinanze; anche si trovava in pieno territorio imperiale, Myra non aveva alcun dubbio di trovarsi in una zona pericolosa, controllata esclusivamente dalla criminalità organizzata. Dopo alcune ore di cammino, Myra sembrò intraprendere la giusta strada, grazie all’indicazione di un vecchio cacciatore.

Attraversò una breve distesa di erba e fango, che la condusse nei pressi di un piccolo boschetto. Non c’erano sentieri o indicazioni della locanda, ma la ragazza fu guidata dall’odore di alcol e di carne arrostita. Giunse in vista di un edificio a due piani, costruito all’ombra di piante e alberi. Non c’era alcuna strada sterrata nelle vicinanze, segno che si trattava del posto giusto.

Una locanda situata nel bel mezzo della natura e lontana dalle strade ufficiali dell’impero. Era ben nascosta dalle colline, oltre che dal bosco, ma Myra non riusciva a capire per quale motivo nessun Inquisitore Imperiale si fosse mai mosso per bruciare un covo di ladri e assassini in una zona così vicina al fiume e alla Strada Occidentale.

Nell’insegna della locanda c’era scritto Tana del Cacciatore, un nome suggestivo che fece sorridere la ragazza. Di sicuro, all’interno di quello squallido posto c’erano ottime probabilità di incontrare uno dei tanti battellieri clandestini. Sistemò uno dei due affilati pugnali che aveva portato nella parte posteriore della cintura. In questo modo, in spazi ristretti, avrebbe avuto più libertà di movimento. A giudicare dal genere di voci provenienti dalla locanda, l’entrata di una giovane donna non sarebbe sicuramente passata inosservata.

< < Vada come vada > > pensò Myra, facendo un lungo respiro < < Chiunque mi toccherà dovrà pagarne il prezzo > >.

Myra entrò senza esitare. Il tanfo di alcol scadente, accompagnato dall’inconfondibile fetore del vomito, si rivelò peggio delle sue previsioni. L’interno del locale era ancora più squallido della facciata dell’edificio. C’erano una decina di tavoli nella sala principale non troppo vasta. Il fumo delle pipe era ovunque nell’aria, rendendo l’aria quasi irrespirabile. Il pavimento era sporco e sudicio, probabilmente non veniva lavato da settimane.

Come si era aspettata, l’entrata di una ragazza aveva richiamato l’attenzione di tutti i clienti. Era entrata con il cappuccio abbassato e nessuno aveva fatto fatica capire che si trattava di una donna nonostante gli abiti che indossava. Il gran vociare, tra schiamazzi, urla e risate, si spense bruscamente quando sulla soglia del locale apparve la figura di una giovane donna, bella e prestante, sebbene dallo sguardo glaciale.

Myra restò impassibile. Dopo un breve momento di sorpresa, alcuni iniziarono a guardarla con un’espressione beffarda, squadrandola come se fosse una strana creatura venuta in quel lurido posto esclusivamente per il loro divertimento. Altri, invece, la fissavano affamati nei loro volti barbuti, come se non vedessero una ragazza da chissà quanto tempo. La donna raggiunse il bancone della locanda con passo deciso, ignorando ogni sguardo o commento rivolto a lei.

< < Ti sei persa, tesoro? > >.

< < Forse posso aiutarti a ritrovare la strada di casa > >.

< < Ehi splendore, a che ti serve quell’artiglio che tieni alla cintura > > disse un altro uomo, indicando la corta spada appesa alla cintura.
 
Myra mantenne un’espressione fredda e impassibile. Si sedette su uno degli sgabelli del bancone accanto ad un uomo calvo e alto, dalla corporatura robusta e atletica. Il vistoso tatuaggio sulla parte destra del viso simboleggiava un serpente piumato, un segno che Myra aveva già visto altre volte. Si trattava di un mercenario, membro della celebre setta dei Serpenti Neri. Assassini a pagamento, tra i peggiori in tutta la nazione. L’uomo la fissava intensamente con desiderio mostrando denti lunghi e affilati.

La giovane recluta lo ignorò completamente, ma era pronta ad agire in qualsiasi istante. Un uomo grassoccio si avvicinò a lei, mentre si puliva le mani unte con uno straccio sporco. Al contrario dei clienti, non fece alcun commento su di lei. Per lui non esisteva distinzione fra clienti.

< < Cosa ti servo, ragazza? > > chiese l’oste della locanda.

< < Un boccale di birra fresca, mastro oste > > rispose la ragazza tranquilla, consapevole del pericolo rappresentato dall’uomo seduto a fianco.

Nonostante la sua voce fosse ferma e decisa, essa non mancò di suscitare altri commenti ironici e volgari dai tanti uomini alle sue spalle. L’uomo tatuato accanto a lei non aveva ancora aperto bocca, pur continuando a fissarla con occhi pieni di un desiderio sfrenato. Era il genere di uomo abituato a possedere qualsiasi donna gli capitasse a tiro.

Myra attese pazientemente la birra. C’era uno specchio davanti a lei, l’ideale per non essere sorpresa alle spalle.

< < Ecco la tua birra, ragazza e se posso darti un consiglio, bevila in fretta > > disse l’oste a voce bassa, dopo aver accettato la moneta della giovane. A Lithium era in vigore la moneta imperiale, nota anche come Corona. Myra ne aveva una sacca piena, ma era stata ben attenta a nasconderla nella bisaccia che teneva sempre con sé.

< < Sono disposta a offrirti un’altra Corona in cambio di un’informazione > > esclamò la giovane con calma, poggiando un’altra moneta dorata sul banco avvicinandola con due dita all’oste.

Quest’ultimo fissò preoccupato la moneta, non sapendo come comportarsi. Con la coda dell’occhio vide che lo sguardo dell’uomo tatuato era adesso rivolto a lui. Ciò bastò a farlo sbiancare per la paura.

Myra sorseggiò con calma la birra, sopprimendo la forte sensazione di disgusto che provò fin dal primo sorso. Era una brodaglia ripugnante, soprattutto per una come lei abituata alla saporita e lavorata birra di Kingswork, famosa in tutta la nazione.

< < Che genere di informazioni? > > domandò l’oste, sospettoso. La voce dell’uomo tremava letteralmente.

< < Informazioni semplici, buon uomo > > rispose la mora con un sorriso furbo < < Utili per gli affari di un’onesta mercante. Devo attraversare in fretta la regione. Forse qualcuno dei tuoi clienti può aiutarmi. Sono disposta a pagare bene > >.

< < Se posso chiederlo, ragazza > > replicò l’uomo per nulla convinto < < A quali genere di affari siete interessata? > >.

Myra si appoggiò con entrambi i gomiti al banco, avvicinandosi di più all’uomo grassoccio.

< < Il genere di affari da tenere lontano dal naso troppo lungo dell’Inquisizione Imperiale > > ribadì lei a voce bassa < < Come molti altri conduco diversi affari lungo le rive di questo fiume. Purtroppo sono per così dire attività non troppo apprezzate dall’Inquisizione Imperiale, ragion per cui sono costretta ad evitare il Ponte Samos come la peste. Sono certa che mi potete capire, buon uomo > >.

L’uomo sembrò più tranquillo dalla risposta, anche se l’aspetto della giovane non era proprio l’esempio del genere di criminali abituati a frequentare il suo locale. Tuttavia, il suo denaro bastò come argomento sufficiente a convincerlo. Stava quasi per accettare la moneta offerta dalla ragazza. Probabilmente, almeno per un breve momento, l’avidità ebbe la meglio sulla paura, ma proprio in quel momento l’uomo tatuato si  fece avanti, appoggiandosi sul banco a pochi centimetri dalla ragazza. Immediatamente l’oste si allontanò dai due, lasciando la moneta offerta dalla giovane cliente.

< < Gli affari delle belle donne mi hanno sempre intrigato molto, soprattutto se giovani come te > > esordì l’uomo tatuato. Myra lo sentiva troppo vicino e fu costretta a sopportare il tanfo del suo alito.

< < Davvero? > > disse lei in tono ironico, senza girarsi o scomporsi < < Non riesco proprio ad immaginare che genere di rapporti possano essere. > >.

< < Chissà che non possa esserti utile io stesso, tesoro > > ghignò il mercenario, sfiorando con due dita alcune ciocche dei capelli neri di lei < < Puoi chiamarmi Snakes, bella puledra. Magari il mio nome l’hai già sentito da queste parti. Sono molto conosciuto e posso assicurarti che sono bravo in molti campi > >.

Le dita dell’uomo continuavano a sfiorare la guancia della ragazza, la quale restava dritta seduta sullo sgabello del bancone. Gli occhi neri della donna erano fissi sullo specchio davanti a sé. Il mercenario chiamato Snakes non vide alcun pericolo in lei, soltanto un’altra preda da possedere.

< < Non dovresti tenere i capelli così raccolti. In questo modo non fai altro che oscurare la tua bellezza > >.

< < Non è giusto > > commentò un uomo seduto insieme ad altri tre in uno dei tavoli situati nella sala principale < < Tutte le gattine migliori vanno sempre di diritto al capo. Peccato, avrei voluto spassarmela anch’io con questa giovane puttana > >.

< < Forse ci permetterà di fare un giro a turno, quando avrà finito > > ribadì un altro mercenario dello stesso tavolo.

Gli uomini seduti con lui risero sguaiatamente, sputando e ruttando rumorosamente. Pur senza voltarsi, Myra aveva già individuato gli scagnozzi dell’uomo tatuato.

< < Non dare retta a quegli stupidi animali, tesoro. Ho già deciso di offrirti le tue preziose informazioni > > riprese l’uomo tatuato, avvicinandosi ancora e annusandola avidamente < < Però preferirei dartele in un luogo più appartato, dove ti potrò illustrare anche alcuni dei miei bisogni più urgenti > >.

Le risate di sottofondo dell’intera locanda accompagnarono le parole del mercenario. Myra continuò a non scomporsi, attendendo pazientemente il momento esatto per agire. Non sapeva quanti uomini avrebbe dovuto affrontare oltre ai quattro già individuati. La strategia di un Inquisitore Imperiale era molto chiara in situazioni del genere e lei sapeva con esattezza cosa doveva fare. Per prima cosa era essenziale aggredire l’autorità del capo branco e lo avrebbe fatto alla prima mossa.

< < Senti buon uomo > > rispose alla fine lei con calma, girandosi finalmente a guardarlo freddamente < < Ho affrontato molti giorni di viaggio con gli Inquisitori Imperiali sempre sulle mie tracce. Ho solo bisogno di finire quest’ottima birra fresca. Come avrai notato, stavo per condurre una buona trattativa con il nostro simpatico oste. Dunque ti ringrazio della generosa proposta, ma sono costretta a rifiutarla. Per farmi perdonare potrei offrirti da bere. Tutto quello che vuoi > >.

< < AH capisco, tu rifiuti la mia offerta. Però hai detto bene, dolcezza. Prendo quello che voglio. E’ una mia vecchia abitudine e lo farò anche in questa circostanza, puoi starne certa > > ridacchiò l’individuo, continuando ad assaporare l’odore dei capelli della giovane.

< < Per l’inferno > > esclamò lui, con la voce tremante per eccitazione e impazienza < < Profumi di buono. Direi che è arrivato il momento di spostarci in un posto più appartato e confortevole > >.
La mano del mercenario si posò su quella della ragazza poggiata sul bancone. Myra si mosse fulminea senza esitare. Sguainò il coltello con la mano sinistra e con forza lo calò su quella dell’uomo poggiata sul banco. La punta affilata dell’arma attraversò carne e ossa, piantandosi di netto nella struttura in legno del bancone.

Dopo pochi istanti di puro sbigottimento, l’uomo tatuato urlò selvaggiamente per il dolore, mentre il sangue cominciava a circolare lungo il banco fino al pavimento.  Tutto il locale ammutolì e improvvisamente nessuno sembrò più aver intenzione di ridere o scherzare. All’improvviso un pericolo reale si era presentato dinnanzi a loro.

< < MALEDETTA PUTTANA > > le urlò contro selvaggiamente il mercenario sputando saliva.

Prima ancora di provare a tirare fuori il pugnale dalla ferita, il mercenario provò a colpire la mora, ma quest’ultima lo anticipò. Ancora una volta si mosse con sorprendente rapidità, scioccando tutti i presenti. Il suo calcio rotante faceva parte della terribile danza da combattimento tramandata dai più importanti maestri d’arme dell’Inquisizione Imperiale. Il combattimento corpo a corpo veniva perfezionato fin dalle prime fasi nella formazione di una Recluta Imperiale e Myra Costis, fedele alla tradizione della sua famiglia, aveva sempre dimostrato di essere tra i migliori nel suo corso, capace di abbattere anche un uomo alto e robusto con i suoi colpi micidiali.

Il calcio mirato della ragazza centrò in pieno la mascella completamente scoperta dell’uomo tatuato, dalla cui bocca fuoriuscirono denti e sangue in un unico e violento rigetto. Con il coltello ancora piantato sulla ferita, quella mossa così violenta costrinse il mercenario ad una paurosa torsione. Se Myra avesse colpito con più forza, gli avrebbe sicuramente spezzato il collo.

L’uomo chiamato Snakes si appoggiò di schiena contro il bancone, accasciandosi lentamente e non potendo cadere liberamente a terra per via del pugnale piantato sulla mano orribilmente mezz’aperta e sanguinante.   La giovane recluta estrasse l’arma con un unico movimento di polso, liberando la mano del mercenario. Il corpo di quest’ultimo si abbatté finalmente sul pavimento con tonfo sordo. La mano insanguinata creò una grottesca scia rossa, che partiva dal banco di legno fino alle mattonelle di pietra nera del pavimento della locanda. La scena si era svolta in pochi secondi.

I clienti del locale guardavano allibiti la giovane donna che puliva tranquillamente la lama del pugnale con una pezza. Soltanto quattro uomini si alzarono.

< < L’hai fatta grossa, stupida cagna > > ringhiò uno di loro facendosi avanti.

< < Ti faremo a pezzi, puttana > >.
 
Myra li squadrò con espressione glaciale, girandosi verso di loro con il coltello sporco di sangue in pugno. Sorprese nuovamente i presenti, quando rinfoderò il coltello. Per un attimo gli uomini esitarono, ma nel secondo successivo caricarono a mani nude come belve selvatiche. Era chiaro che il loro intento fosse quello di violentarla, per poi farla a pezzi.
Il primo uomo si lanciò rabbiosamente su di lei abbassando la testa nella sua folle corsa. Myra si spostò di lato all’ultimo momento, accompagnando contemporaneamente lo slanciò del malvivente con una forte spinta alla schiena. L’uomo volò oltre il bancone schiantandosi contro le mensole piene di calici e bottiglie di birra.

Gli altri tre la afferrarono con violenza. Uno di loro la prese alle spalle cercando di bloccarle le braccia. Myra non poté evitare un doloroso pugno allo stomaco, ma non diede loro il tempo di continuare il pestaggio. Afferrando le braccia dell’uomo che la teneva da dietro, la guerriera si diede lo slancio verso l’avversario più vicino. Il doppio calcio della ragazza fu devastante. Lo stesso nemico che l’aveva colpita in precedenza voltò paurosamente all’indietro, spaccando in due un tavolo alla fine della caduta. Molto probabilmente gli aveva rotto il setto nasale.

Ne restavano due, ma la giovane restava intrappolata nella forte presa di uno loro. Non riuscendo a liberarsi il malvivente di fronte a sè ne approfittò per attaccare. La situazione cominciava a diventare pericolosa. Cercando di evitare l’errore del compagno, l’uomo si mantenne a distanza di sicurezza, dove la ragazza non poteva colpirlo coi piedi. Vigliaccamente l’avversario cominciò a colpirla selvaggiamente al volto. Non era un uomo particolarmente robusto, ma colpiva con rabbia al solo scopo di trasformare il bel volto della ragazza in una orribile maschera di sangue.

Suo malgrado Myra non poté che accusare la vile strategia dei due malviventi. Il pestaggio continuava e presto non avrebbe più avuto la forza di reagire.

< < Maledetta cagna > > ringhiò l’autore del pestaggio, mentre riprendeva fiato < < Ti giuro che prima di ucciderti ti faremo passare le pene dell’inferno > >.

< < Sbrigati maledizione > > sbottò l’uomo che la teneva ferma < < Questa cagna cerca ancora di liberarsi > >.

Sul volto butterato del mercenario, autore del pestaggio, si dipinse un crudele sorriso < < Vediamo se questa cagnetta avrà ancora voglia di scherzare con noi, soprattutto dopo che le avrò tagliato questo bel visetto > >.

Con le braccia bloccate, Myra fu impotente mentre l’uomo sguainò il suo stesso pugnale dalla cintura. Sempre sorridendo malignamente lo avvicinò pericolosamente al volto della giovane.

< < Non vedo l’ora di sentire le tue urla, tesoro. Non mi deludere. Il capo parteciperà volentieri quando si sarà ripreso > >.

Myra aprì leggermente gli occhi. Era ancora fortemente stordita ed era ben consapevole delle diverse lacrime di sangue che percorrevano il suo giovane volto. Probabilmente il bastardo gli aveva aperto una ferita profonda sotto l’occhio destro. La rabbia era pericolosa, poteva spingerla a commettere un errore fatale. Fortunatamente lei era addestrata proprio per situazioni del genere ed era ben consapevole dell’importanza di saper controllare le proprie emozioni in battaglia. Soprattutto emozioni come odio e rabbia.

Lo squallido individuo, nella sua eccessiva sicurezza, si era avvicinato troppo. La vana illusione di aver vinto si rivelò essere l’occasione che Myra aveva pazientemente atteso, pur avendo dovuto subire un duro pestaggio prima di ottenerla. Mentre l’uomo si avvicinava con il coltello in pugno, la giovane ne approfittò nell’unico modo possibile.

Raccolse in bocca una grossa quantità di sangue. Non fu difficile considerando i tanti colpi ricevuti alla mascella. Stando bene attenta alla mira, sputò una grossa quantità di liquido rosso in faccia all’uomo armato. Il sangue gli finì proprio in mezzo agli occhi accecandolo per un breve momento, facendolo urlare come un dannato.

L’uomo che la teneva per le braccia guardò la scena allibito, allentando senza volere la presa sulla ragazza. La sua distrazione gli fu fatale. Myra gli diede una testata in pieno volto con tutte le sue forze e finalmente fu libera. Il mercenario, stordito, si portò entrambe le mani sul viso e così non vide i fulminei movimenti della ragazza, la quale aveva già afferrato una pesante bottiglia dal bancone. Myra la abbatté con forza sulla nuca dell’avversario, aprendogli un solco rosso sulla testa. L’uomo cadde a terra senza un gemito.

La giovane si appoggiò sul bancone per riprendere fiato. Di certo quella mattina non avrebbe mai potuto immaginare di dover affrontare una lotta così violenta. Ma ora era quasi alla fine. Rimaneva un ultimo avversario, proprio colui che l’aveva così malamente pestata in precedenza.

< < Vediamo come te la cavi con un avversario libero di difendersi, bastardo > > ringhiò sprezzante la mora, alzando le braccia in una posizione di combattimento.

Con la maglia logora l’uomo si pulì il viso a fatica. La guardò tremante di collera e odio con la vista ancora parzialmente annebbiata.

< < Maledetta puttana > > urlò l’uomo, completamente fuori di sé < < Ti ammazzerò, fosse l’ultima cosa che faccio. Ti farò a pezzi > >.

Il mercenario si scagliò come una belva ferita sulla giovane, ma questa volta lei era pronta e libera di muoversi. Myra schivò facilmente i goffi pugni dell’avversario, per poi rifilargli una poderosa ginocchiata all’altezza dell’inguine, facendolo piegare in due per il dolore.

< < Direi che la nostra discussione termina qui. Sogni d’oro, bastardo > > disse freddamente la ragazza, prima di colpirlo con le mani unite all’altezza del collo facendogli perdere immediatamente i sensi.

Il silenzio tornò a dominare l’intero locale. Tutti i presenti fissavano attoniti la ragazza in piedi davanti al bancone. Una giovane guerriera aveva appena sconfitto cinque temibili mercenari, per giunta senza ucciderli. Nella loro elementare e ristretta visione della vita, uomini del genere non erano certo abituati a scene del genere.

Con calma Myra raccolse il pugnale da terra, cercando di ignorare ad ogni movimento il dolore per le tante contusioni subite durante la violenta rissa. Sotto gli occhi allibiti dei presenti seduti nei tavoli della locanda, si rivolse all’intera sala con voce dura e decisa. Prima di iniziare il suo discorso, Myra mise mano alla spada corta appesa alla cintura. Lo fece lentamente, stando bene attenta che tutti la vedessero. La tensione divenne ancora più pesante nella sala.

< < Sono venuta in questo lurido posto solo per concludere certi affari. Se qualcuno di voi è contrario non ha che da farsi avanti, ma questa volta dovrà farlo con una spada in pugno. Questi cinque idioti sono soltanto feriti e svenuti, ma non perderò altro tempo con nessuno di voi imbecilli. Chiunque voglia attaccarmi lo farà a rischio della propria pelle > >.

Un altro prolungato silenzio seguì le dure parole della giovane. Nessuno osò muoversi, mentre la ragazza restava immobile con la mano stretta sull’elsa della spada corta, come ad attendere la mossa di chiunque avesse voluto continuare la lotta. Le sarebbe bastato un semplice movimento per sguainarla. Tutti avevano visto la sua abilità con il coltello e nel corpo a corpo e infatti nessuno dei clienti rispose alle provocazioni della mora.

Nella tensione che si era creata nella sala del locale, Myra ruppe nuovamente il pesante silenzio, desiderosa a riprendere il viaggio al più presto.

< < Sto cercando un battelliere > > affermò sempre con voce decisa < < Devo attraversare il fiume entro il tramonto. Di certo molti di voi sono abituati ad attraversarlo in segreto, lontano dagli occhi del Ponte Samos. Vi assicuro che anch’io ho un motivo valido per tenermi alla larga dalle strade imperiali. I miei affari sono poco puliti, come probabilmente lo sono i vostri. Chiunque possa darmi informazioni in merito si faccia avanti. Sono disposta a pagare bene chiunque riuscirà ad aiutarmi a guadare il fiume entro il tramonto, ma allo stesso tempo ucciderò anche chiunque tenterà di fregarmi > >.

Di nuovo il locale sprofondò in un innaturale mutismo per il genere di posto. Senza volerlo, Myra era riuscita a trovare il metodo migliore per farsi ascoltare. La rissa aveva seminato una paura inaspettata, che sembrò aver spento l’arroganza di uomini abituati a combattere soltanto contro chi era più debole di loro.

Myra squadrò attentamente i vari individui tra i tavoli della sala. Per alcuni minuti nessuno si degnò di rispondere, molti continuavano a fissare attoniti i cinque uomini incoscienti, come se ancora facessero fatica a credere che una sola ragazza fosse stata in grado di compiere un simile macello.

Finalmente dal fondo della sala, un uomo le fece un debole segno con la mano, invitandola ad avvicinarsi. Era un uomo sulla cinquantina, dalla folta capigliatura. Era vestito con abiti logori, strappati in più punti. Sembrava l’esatta immagine di un uomo abituati alla natura, alla vita selvaggia lontana dal severo controllo imperiale. Era seduto da solo in uno dei tavoli in fondo alla sala.

La ragazza lo fissò freddamente per alcuni secondi, prima di girarsi verso il bancone. Prese uno straccio non troppo pulito, con il quale si pulì il viso dal sangue per quanto possibile. Ignorando tutti gli altri, incluso l’oste ancora visibilmente sconvolto, si avvicinò all’uomo sperando ardentemente di aver trovato la persona giusta. Non vedeva l’ora di uscire da quel lurido posto per respirare aria fresca.

L’individuo beveva da un grosso calice di birra con entrambi i gomiti poggiati comodamente sul legno del tavolo. La giovane donna vide l’inconfondibile sete di ricchezza negli occhi grigi di quell’uomo. Si sedette di fronte a lui, mentre gli altri clienti ricominciarono debolmente a parlottare fra di loro. Nessuno si alzò a soccorrere i cinque uomini stesi a terra.

< < Per tutti gli dei > > esordì l’uomo abbozzando un sorriso. Senza rendersene conto, Myra si sentiva già irritata dall’atteggiamento del suo interlocutore < < Non avevo mai visto una scena simile. Quei tizi sono tra i più pericolosi e temuti dell’intera regione > >.

< < Evidentemente io sono più pericolosa di loro. Credevano di spassarsela con una dolce fanciulla, ma nessuna dolce fanciulla entrerebbe mai in un posto come questo > > replicò Myra con freddezza.

< < Non posso darvi torto, lady guerriera. Voi siete certamente una persona da non provocare o irritare. Spero vogliate credermi quando dico che l’avevo capito fin dall’inizio, senza bisogno di vedervi direttamente in azione > > disse lui, cercando di mostrare rispetto.

< < Allora forse avete più cervello della maggior parte dei clienti di questo lurido locale. Parliamo di affari adesso, buon uomo. Come vi chiamate? > > domandò la ragazza, mentre fece un cenno al padrone del locale, il quale si avvicinò immediatamente, scavalcando i corpi stesi a terra. Il suo volto era bianco come il latte.

< < Portaci due birre, mastro oste. Che siano fresche possibilmente e portami anche del ghiaccio > > ordinò la mora con durezza. Era necessario mantenere la propria autorità per evitare altri incidenti. Aveva perso fin troppo tempo.

L’uomo grassoccio fece un piccolo inchino con il capo, prima di affrettarsi verso il retro del locale, forse per recuperare del ghiaccio. Myra tornò a fissare con freddezza l’altro occupante del tavolo.

< < Mi chiamo Chester, lady guerriera > > rispose quest’ultimo con cautela < < In effetti credo che voi siate stata molto fortunata ad incontrarmi. Tra le tante attività che conduco, mi occupo anche di fornire passaggi per così dire tranquilli da una sponda. Conosco il fiume Samos come le mie tasche, posso condurvi dove volete lungo queste rive e ovviamente con il massimo della riservatezza > >.

< < Possedete una chiatta? > > chiese la mora senza scomporsi.

< < Certamente, mia signora. E’ abbastanza spaziosa. Può ospitare anche il vostro cavallo > >.

< < Viaggio a piedi > > rispose lei seccamente.

Mentre parlavano l’oste portò le birre e un po’ di ghiaccio, che la ragazza avvolse in una pezza, poggiandola poi sulla guancia contusa.

< < Non ci sono problemi, mia signora. Possiamo raggiungere la chiatta in poche ore. Tengo la mia chiatta a una cinquantina di miglia da qui. E’ un posto isolato nei pressi di una radura quasi mai trafficata > >.

< < Quanto impiegheremo per arrivare dall’altra parte > > domandò Myra, mentre sorseggiava la birra in effetti leggermente più fresca rispetto a quella precedente.

< < Dipende dalla forza della corrente, mia signora. Negli ultimi giorni il fiume è rimasto piuttosto calmo, per cui direi che il nostro attraversamento non durerà più di tre ore > >.

< < Vi pagherò due Corone in più rispetto alle vostre solite tariffe, se riuscirete a portarmi nell’altra sponda in non più di due ore. Con questa spinta, sono sicura che sarai più motivato ad aiutarmi, mastro battelliere > >.

L’uomo fissò la donna, mentre si lisciava nervosamente la barba. Forse nella sua mente sorse per un attimo il pensiero di tentare di truffarla. Myra, con la sua vista attenta, l’aveva già sorpreso più di una volta in quei pochi minuti di conversazione a fissare troppo avidamente la sua borsetta piena di Corone imperiali.

Anche se abile ed estremamente pericolosa, restava comunque una ragazza, probabilmente non abituata a certi tipi di trattative. Tuttavia, l’idea parve scomparire immediatamente dalla mente di Chester, forse quando i suoi occhi si posarono nuovamente sui cinque uomini stesi alle spalle della giovane.

< < Non intendo offendervi, mia signora > > sbottò il battelliere, sforzandosi di mantenere un tono di voce rispettoso < < La corrente del fiume non è stata così leggera ultimamente, forse rischiamo di ribaltarci aumentando la velocità della chiatta > >.

< < Come vi ho già spiegato, viaggio a piedi. Non possiedo un cavallo e ho un bagaglio assolutamente leggero. Ho affari piuttosto importanti da portare a termine e vi assicuro che non correremo rischi durante la traversata. Sono disposta a pagarvi in tutto dieci Corone > > spiegò Myra, fulminandolo con un’occhiata, quasi avesse intuito le intenzioni del battelliere < < Mi sembra un prezzo equo. Sono sicura che da tempo non ricevete una somma simile > >.

< < Soprattutto considerando che si tratta di un semplice passaggio. Non mi sembra un compito troppo difficile > > aggiunse la mora con un sorrisetto.

Chester non rispose distogliendo lo sguardo, immerso in chissà quali riflessioni. Leggendo l’espressione incerta sul suo viso trasandato, Myra ebbe l’impressione di essere riuscita a convincerlo. L’avidità di quell’uomo era troppo forte.

< < Affare fatto, mia signora. Abbiamo un accordo > > dichiarò l’uomo con un avido sorriso, allungando una mano sporca verso di lei. Quest’ultima, anche se riluttante, la strinse con vigore.
< < Potrei avere il mio compenso in anticipo, mia lady? > > chiese Chester, con una vena di timore nella propria voce.

Myra rise sonoramente per la faccia tosta del battelliere, ma sotto gli occhi sorpresi dell’uomo prese comunque la borsetta del denaro.

< < Qui ci sono cinque Corone, mastro battelliere. Portate a termine il vostro compito nei tempi previsti e avrete molto presto le altre cinque > >.

Vedendolo ancora leggermente titubante, il bel volto della giovane si indurì nuovamente, diventando freddo e impassibile come durante la rissa.

< < Tuttavia, mi sento sempre in dovere di avvertirvi che risponderò a qualsiasi forma di tradimento da parte vostra esclusivamente con il sangue. Il vostro sangue > >.

L’uomo impallidì di fronte all’espressione glaciale della ragazza. Trovava sconcertante il fatto che una donna così giovane potesse terrorizzare così tanto un uomo adulto come lui, per di più abituato ad ogni genere di affare criminale. Evitando di fissarla negli occhi, il battelliere clandestino si affrettò ad accettare il pagamento parziale della sua nuova cliente.

< < Come voi ordinate, mia signora > >.

< < Abbiamo perso fin troppo tempo, mastro battelliere > > affermò Myra con durezza < < Ho molta fretta di riprendere il viaggio > >.

< < Non preferireste partire con la pancia piena, mia signora? > > chiese l’uomo debolmente < < Per raggiungere la mia chiatta dovremmo camminare per buona parte del pomeriggio. Sarà meglio farlo con il pieno delle forze, non credete? > >.

< < Mangeremo durante il viaggio, mastro battelliere. Ho già perso fin troppo tempo in questa bettola > > rispose seccamente lei, prima di alzarsi. Non aspettò alcuna risposta. Lasciò un’altra Corona sul tavolo, per poi incamminarsi verso l’uscita. Tutti i presenti la guardarono sollevati uscire dalla locanda.

Myra ignorò ogni sguardo o commento sotto voce, scavalcando con indifferenza i corpi incoscienti dei cinque mercenari stesi vicino il bancone.

Dopo l’uscita della donna, il battelliere Chester restò ancora seduto per qualche secondo, non del tutto convinto di aver concluso un buon affare. La paga era sicuramente buona, ma quella giovane scalmanata era una vera portatrice di guai.

Sospirando rumorosamente, l’uomo si affrettò a seguire la sua nuova e inaspettata cliente. Prima di farlo, maledisse mentalmente la propria avidità.

< < Forse un giorno sarà la causa della mia morte > >.
  
 
FINE DEL CAPITOLO

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Capitolo 4
*** La sorella adottiva ***


CAPITOLO 4
 
La sorella adottiva
 
 
Il piccolo contingente di Guardiani procedeva la marcia a ritmi lenti e costanti, controllando scrupolosamente le condizioni delle ragazze liberate. Il comandante della truppa interrompeva spesso l’andamento della marcia con piccole soste, in modo che le ragazze potessero recuperare più facilmente il fiato. Molte di loro erano ancora fortemente debilitate fisicamente a causa dei lunghi giorni di prigionia e malnutrizione.

Una volta giunti al di fuori dai Boschi Notturni, il Sergente Timothy Carter aveva condotto il gruppo lungo le grandi pianure dell’ovest sandariano, conosciute anche come le Pianure di Maastrix. Si trattava di un’immensa distesa verdeggiante, priva di ostacoli o pericoli degni di nota, che dai Boschi Notturni proseguiva per molte miglia fino al Fiume Niur.

Durante i primi giorni di viaggio, le ragazze fecero molta fatica a fidarsi dei loro liberatori, al contrario tremavano visibilmente di fronte a loro, probabilmente pensando al fatto che anche loro, nonostante le loro intenzioni, restavano pur sempre uomini abituati a uccidere.

Alcune ragazze avevano sofferto terribilmente a causa della loro bellezza e della loro giovinezza. Gli schiavisti, anche se erano soliti mantenere integra il più possibile la bellezza delle sventurate che rapivano, non riuscivano molto spesso a contenere la loro brutalità durante i lunghi viaggi verso i Territori del Sud. La più giovane del gruppo, una bambina di nome Pauline, non aveva aperto bocca, se non in un brevissimo scambio di parole con il Guardiano Cal Dreys, avvenuto subito dopo lo scontro con gli schiavisti.

Quest’ultimo scoprì da una delle prigioniere che la bambina dai bellissimi capelli biondi fortunatamente non era stata toccata dagli schiavisti, forse perchè troppo piccola o forse perchè semplicemente non fecero in tempo a godersi anche quella parte del terribile bottino.

Ciò nonostante, il viso candido e innocente della ragazzina era visibilmente distrutto. La piccola vagava come sperduta in un mondo crudele, all’interno del quale si era ritrovata improvvisamente sola. Aveva perso entrambi i genitori, mentre la casa, dove era nata e cresciuta, era stata data alle fiamme per motivi che non riusciva a capire. Cal vide la paura di chi non ha più speranze, orribilmente scolpita negli occhi azzurri della piccola.

Nel suo mutismo, Pauline mangiava pochissimo e si teneva in disparte persino dalle sue stesse compagne di prigionia, le quali più volte avevano tentato di avvicinarsi a lei, anche solo semplicemente per confortarla. Ogni tentativo si rivelò inutile.
La notte era il momento peggiore. La piccola nel suo giaciglio tremava senza controllo e inutili furono i tentativi dei Guardiani di calmarla o confortarla. Durante la lunga marcia lungo le sconfinate Pianure di Maastrix, molte delle sventurate ragazze liberate, anche se lentamente e a piccoli passi, iniziarono ad avvicinarsi ai salvatori, i quali si mostrarono sempre gentili e vicini ai loro bisogni. Con calma i Guardiani riuscirono a trasmettere le loro buone intenzioni, così facendo le giornate di marcia divennero più distese e facili da affrontare. Alla fine le ragazze si convinsero di essere state realmente salvate.

La piccola Pauline rimase l’unica del gruppo apparentemente incapace di superare il peso delle perdite e delle sofferenze subite. Anche Cal aveva provato ad avvicinarsi a lei, ma ogni volta la bambina si era allontanata velocemente in preda al panico, urlandogli di lasciarla in pace. Il giovane provava una tristezza infinita di fronte alle lacrime infinite della piccola, si sentiva frustrato e impotente. Più proseguiva il cammino lungo le pianure, maggiore divenne il suo desiderio di aiutarla, di proteggerla e di condurla verso una vita felice.
Per più di dieci giorni la compagnia dei Guardiani sopravvissuti al sanguinoso scontro con gli schiavisti condusse il gruppo delle ragazze liberate lungo i bellissimi paesaggi delle grandi Pianure di Maastrix. Il Sergente Carter aveva già scelto il punto ideale per attraversare il fiume Niur in totale sicurezza, in modo da poter poi prendere la via più breve per Merovia. I rapimenti erano avvenuti per la maggior parte in villaggi poco sorvegliati e difesi, situati proprio a poche miglia da quella città, famosa in tutta la nazione per via delle tante attività commerciali e artigianali estremamente fiorenti.

Le miglia da percorrere erano ancora parecchie, considerando che da Merovia il piccolo gruppo di Guardiani avrebbe dovuto poi proseguire verso est in direzione di Portland, città natale della maggior parte di loro e dalla quale era partita quella lunga missione di salvataggio.
La nostalgia verso casa era forte ed evidente soprattutto nei volti dei più giovani Guardiani. Dopo il sanguinoso combattimento che aveva dovuto affrontare, Cal non desiderava altro che poter riabbracciare la sua amata sorella maggiore. Desiderava ardentemente il suo abbraccio, le sue dolci parole di conforto.
Per lui Keila era stata più una madre che una sorella maggiore, una guida saggia, gentile e amorevole. Tutto ciò che era lo doveva unicamente a lei, che si era presa cura di lui con tutto l’amore possibile dopo la morte dei loro genitori.

Cal era soltanto un neonato quando la città di Portland venne attaccata improvvisamente da alcune tribù del sud. A quel tempo le scorrerie di numerose bande di selvaggi predoni del sud avevano portato morte e distruzione in molte città Sandariane. Guerrieri brutali, in cerca di oro e donne da poter vendere poi negli innumerevoli regni senza legge del sud.
Keila aveva solo dieci anni e fu costretta a scappare con il fratellino in fasce, mentre dietro di lei i suoi genitori morivano nella brutalità implacabile della scorreria. Era stata sua madre a costringerla a fuggire, raccomandandole di proteggere sé stessa e il fratellino in fasce.

Il pensiero dell’amata sorella, adesso impegnata costantemente nell’attività politica e sociale della loro città natale, fece sorridere il giovane Guardiano, il quale vigilava, immerso nei suoi pensieri e nelle sue emozioni, sull’accampamento nel profondo buio della notte. Era rimasto un piccolo fuoco a ravvivare l’immagine dei viaggiatori addormentati, coperti in spessi e caldi sacchi a pelo, stremati dalle lunghe ore di marcia.

Cal si sedette contro un grosso albero in un punto che offriva una totale visibilità sull'ampia radura, dove il Sergente aveva ordinato di fermarsi quella notte. Era poco probabile un attacco, dato che la banda di schiavisti era stata quasi completamente distrutta.
Probabilmente i pochi sopravvissuti dovevano essere ormai in fuga ben lontano dai territori controllati dai Guardiani Sandoriani. Tuttavia il Sergente Carter non lasciava mai nulla al caso, soprattutto quando si trattava della vita dei suoi uomini.

Quella notte Cal Dreys era stato inserito nella lista dei tre turni di guardia notturni. Un suo commilitone aveva già completato il primo e a lui era toccato il secondo, per cui avrebbe dovuto rimanere sveglio per buona parte della notte prima dell’inizio del terzo e ultimo turno, che precedeva l’alba e una nuova giornata di marcia. Il ragazzo osservava attentamente il campo dominato dal silenzio, quando ad un tratto i suoi penetranti occhi grigi si posarono sulla figura della piccola Pauline, tremante nel suo sonno costantemente popolato da incubi.

Cal non riuscì a distogliere lo sguardo da quella visione. Il tormento della bambina lo faceva sentire impotente, dilaniato nell'animo da un’opprimente sensazione di dolore. Desiderava ardentemente poterla aiutare, aiutarla a riscoprire la bellissima sensazione di vivere, la confortante consapevolezza di essere al sicuro, protetta da qualsiasi pericolo. In quel momento, osservando la bambina preda di chissà quali orrendi incubi, Cal giurò a sé stesso che l’avrebbe fatto o almeno ci avrebbe provato. Quella bambina aveva sofferto abbastanza, aveva visto parte di quelle crudeltà che troppo spesso l’uomo è capace di compiere. Ora stava a lui farle scoprire un'altra parte del mondo.

Con una nuova determinazione in corpo, il giovane Guardiano si alzò, dimenticando completamente i propri doveri di sentinella. Attraversò il campo, facendo attenzione a non svegliare nessuno e si avvicinò silenziosamente alla bambina stesa nel suo sacco a pelo.

Quest’ultima si lamentava nel sonno, il suo viso angelico pieno di lacrime.

< < Vi prego……….Non fatemi del male…….Aiutatemi > >.

Cal la guardò in silenzio e di nuovo provò una rabbia cieca verso gli uomini che aveva già combattuto. Si sedette vicino a lei, sperando con tutto il cuore di non spaventarla. Allungò una mano e con tutta la tenerezza possibile accarezzò i capelli biondi della bambina ancora immersa nei suoi incubi peggiori. Pauline si svegliò di soprassalto, sbarrando gli occhi azzurri in un’espressione di puro terrore.

Quando la bambina si accorse di lui, provò subito ad allontanarsi, ma i suoi movimenti venivano limitati dal grosso sacco a pelo. Tentò di urlare, ma Cal riuscì ad anticiparla. La prese tra le braccia, abbracciandola con tutta la dolcezza di cui era capace. Ricordava da bambino i caldi abbracci di Keila, così simili a quelli di una madre e sperò davvero di essere capace di trasmettere la stessa sicurezza che aveva provato lui durante tutta la sua infanzia.

Per alcuni secondi la bambina rimase ferma e rigida tra le braccia del giovane. Persino i suoi pianti cessarono.

< < Io ti giuro su ogni divinità conosciuta e sulla mia stessa vita > > sussurrò Cal all’orecchio della piccola < < che ti proteggerò sempre. So bene che non ti sarà facile dimenticare ciò che hai passato, ma io ti giuro che nessuno ti farà più del male. Se tu lo vorrai e se me lo permetterai, mi sforzerò al massimo per donarti la vita che meriti, una vita serena e felice, dove sarai sempre protetta e amata. Ti senti sperduta e distrutta, perché pensi di non avere più nessuno in questo mondo, ma non è così. Se lo desideri, potrai venire con me a casa mia. Non voglio prendere il posto dei tuoi genitori o dei cari che hai perso, ma io ti amerò come un fratello e lo farà anche mia sorella Keila. Starai bene con noi, vivrai una vita tranquilla e serena e prometto che molto presto tornerai a sorridere. Farai parte della nostra famiglia > >.

La piccola Pauline restava rigida e immobile nel caldo abbraccio del giovane. Per un attimo, Cal provò la terribile sensazione di stringere tra le braccia un corpo vuoto e seriamente iniziò a temere che l’anima della bambina fosse già irrimediabilmente perduta. Un’ondata di dolorosa impotenza minacciò di spezzare la determinazione del giovane Guardiano, il quale, però, continuava a tenere la bambina stretta tra le sue braccia, consapevole di non poter far altro per lei.

All’improvviso, finalmente il piccolo corpo della ragazzina si mosse tra le braccia del guerriero. Cal temette di averla terrorizzata ulteriormente e che avrebbe urlato di lasciarla andare. Invece la bambina si sistemò meglio tra le sue braccia, trovando la posizione più comoda. Dopo alcuni minuti di rilassato silenzio, Pauline parlò con un tono di voce basso e timoroso, colmo di tristezza e stanchezza.

< < Hanno ucciso i miei genitori > >.

< < Mi dispiace, Pauline > > rispose lui, mentre le accarezzava dolcemente i capelli.

< < Quando quegli uomini sono arrivati al nostro villaggio, i miei genitori hanno cercato di fuggire. Ho visto morire molte persone che conoscevo > >.

La bambina, pur tremando come una foglia, finalmente si abbandonò al quell’abbraccio caldo e così protettivo. Provò una sensazione di benessere completamente nuova per lei. Nessuno l’aveva mai abbracciata così, i suoi genitori le avevano sempre detto che lei non meritava il loro affetto, perché non era mai stata parte dei loro desideri. Loro avevano chiesto agli spiriti antenati un maschio e invece avevano avuto soltanto lei.

Col tempo Pauline aveva cominciato a sentirsi in colpa per la sua stessa esistenza, per il fatto di non aver regalato l’estrema felicità ai propri genitori. Di nuovo il pianto della ragazzina si aggiunse ai rumori della notte. Cal la strinse ancora di più, facendole poggiare la testa sulla propria spalla.

< < Mi hanno lasciata indietro > > balbettò tra le lacrime la bambina < < Sono inciampata durante la fuga. Non sono riuscita a tenere il passo, mentre loro hanno continuato a correre per uscire dal villaggio in fiamme. Sono stati sorpresi da quegli uomini e li hanno uccisi davanti ai miei occhi. Non ho potuto fare niente, è stata colpa mia > >.

Questa volta fu Cal a rimanere paralizzato. Faceva fatica ad accettare una cosa del genere, il rifiuto totale di una madre e di un padre verso la propria stessa figlia. Lasciarla indietro nel bel mezzo di un attacco di assassini. Come potevano accadere fatti simili a Sandor, la nazione che lui aveva giurato di proteggere con la vita, la terra dove Keila l’aveva cresciuto con lo stesso amore di una madre. Il giovane guerriero comprese che le sofferenze della bambina avevano radici molto più profonde.

Probabilmente l’ultima terribile esperienza era stata soltanto l’ennesima crudele prova nella vita di quella bambina. Di colpo Cal perse leggermente la propria sicurezza, riuscire nell’impresa di guarire un cuore così profondamente ferito poteva rivelarsi estremamente difficile, se non impossibile.

Tuttavia, egli non aveva perso la forte volontà di impegnarsi al massimo pur di aiutarla. Era determinato a proteggerla e sicuramente sua sorella Keila l’avrebbe supportato come sempre, anzi era certo che proprio lei poteva essere in grado di regalare a quella bambina un po' di quell’amore materno che le era stato negato dalla vera madre.

Sempre tenendola al sicuro tra le braccia, Cal girò delicatamente il corpo impaurito della piccola, in modo da poter incontrare direttamente i suoi bellissimi occhi azzurri coperti di lacrime.
< < Niente di ciò che è accaduto è colpa tua. Pauline, tu sei una bambina coraggiosa e gentile, questo lo posso vedere chiaramente. Hai vissuto terribili esperienze, ma queste non segneranno la tua vita. Avrai una casa se lo vorrai. La mia casa diventerà la tua e soprattutto avrai una famiglia vera. Io e mia sorella ci prenderemo cura di te, avrai degli amici e vivrai come desideri in una città tranquilla e sicura > >.

La bambina continuava a piangere in silenzio tra le braccia possenti di Cal. A piccoli passi il corpo della ragazzina si rilassò sempre di più nel caldo abbraccio del giovane uomo. Anche se conosceva poco il suo salvatore, Pauline giunse alla conclusione di potersi fidare ciecamente, di aver finalmente trovato un posto in quel mondo che le era sempre sembrato così freddo e meschino. Si trattava di una sensazione completamente nuova per lei, una sensazione di calore, che nessuno le aveva mai donato prima, nemmeno suo padre.

Al pari delle altre ragazze liberate, Pauline si rese conto di sentirsi finalmente al sicuro, protetta da ogni pericolo. Poggiò la testa sulla spalla del suo salvatore e pianse tutte le sue lacrime, lacrime di dolore per il passato, ma anche di speranza per il futuro. Il giovane guerriero non smise mai di stringerla ed accarezzarle la schiena, accompagnando delicatamente il suo pianto.

< < E’ tutto a posto, Pauline. Andrà tutto bene > > le sussurrò Cal dolcemente. La mano libera del ragazzo si muoveva teneramente tra i lunghi capelli biondi e disordinati della bambina.
< < Ti prego > > disse Pauline con la voce inclinata dalla paura e dalla stanchezza < < Non lasciarmi da sola. Ti prego > >.

< < Non lo farò mai > > rispose prontamente il Guardiano, sistemando meglio il corpo tremante della ragazzina tra le sue braccia < < Fai già parte della mia famiglia. Sarai la nostra sorellina > >.

Nelle ore successive della notte, Cal continuò a parlare con la bambina, che nel frattempo non volle assolutamente abbandonare il suo posto tra le calde e confortanti braccia del giovane.
Cal le raccontò della sua città, dei tanti verdeggianti giardini di Portland appositamente costruiti per i bambini. Le parlò dei cibi più squisiti e delle maestose biblioteche, che erano il principale vanto della sua città natale. Pauline lo ascoltò per ore, incapace di riprendere sonno, rapita dalla sua voce calda e dolce, conoscendo finalmente la sicurezza e il calore che solo una persona realmente fidata poteva dare.
Era vero che l’aveva conosciuto solo pochi giorni prima, ma la gentilezza dell’uomo riuscì a sciogliere il suo cuore ferito e ora Pauline desiderava soltanto restare al suo fianco.
La voce delicata di Cal continuò a cullare l’animo della bambina, la quale si sentiva sempre più comoda e rilassata tra le sue braccia. Alla fine, senza rendersene conto, Pauline si addormentò pacificamente nel dolce abbraccio del suo salvatore. La sua nuova famiglia. Suo fratello.
 
 
                                                                                                             ----------------------------------------------------

 
La mattina seguente, il gruppo riprese la marcia con rinnovata energia dopo la lunga nottata di riposo. Tutto il gruppo rimase sorpreso nel trovare la piccola Pauline dormire pacificamente fra le braccia di Cal.
Durante il corso della notte, era stato Jake Middle a dargli il cambio in pieno turno di guardia. Inizialmente il giovane arciere dai capelli lunghi e neri si era allarmato fortemente a non vederlo nella sua postazione di sentinella, ma quando lo vide nel bel mezzo del campo ben sveglio a prendersi cura della bambina, sorrise iniziando serenamente il proprio turno.
Anche le stesse compagne di prigionia di Pauline poterono ammirare lo straordinario cambiamento della bambina. Dopo ciò che aveva visto e vissuto, Pauline non si era mai fatta avvicinare da nessuno, nemmeno dalle stesse ragazze che avevano condiviso la medesima e terribile esperienza.

Il cambiamento della piccola fu incredibile. Quando si svegliò, un bellissimo e timido sorriso illuminava il volto finalmente riposato di Pauline e sebbene ella restasse sempre un po’ chiusa e riservata, cercò nei giorni successivi di non allontanarsi mai da Cal, restando al suo fianco durante le ore di marcia e soprattutto nel corso delle fredde nottate. Persino durante i turni di guardia del giovane Guardiano, la bambina preferiva rimanere sveglia con lui, in attesa di potersi poi addormentare con lui nel suo caldo e protettivo abbraccio.

Senza incidenti o spiacevoli incontri, il gruppo guidato dal Sergente Carter raggiunse il burrascoso fiume chiamato Niur, situato nel pieno del selvaggio sud Sandoriano. Era stato chiamato così in onore di un celebre Consigliere del passato, autore di molte riforme che avevano migliorato fortemente il tenore di vita di molte città della zona e in generale l’intero sistema della democrazia Sandoriana. Le rapide tempestose del fiume attraversavano le Pianure di Maastrix, proseguendo oltre il confine sud-ovest di Sandor verso le famigerate Terre Nere.

L’unico ponte, che avrebbe consentito un facile passaggio, era stato distrutto dagli schiavisti durante la loro fuga in quelle terre. Ciò non impedì ai Guardiani il proseguimento della caccia implacabile, che aveva portato alla distruzione dell’intera banda.

Il Sergente Carter conosceva bene il territorio e anche se furono necessari alcuni giorni di ricerca, alla fine i Guardiani sotto la sua guida avevano trovato il punto ottimale per attraversare il fiume. Ora la stessa impresa doveva essere compiuta con le ragazze al seguito.

Osservando le rapide implacabili e i resti del ponte distrutto, Pauline si strinse di più al fianco di Cal, il quale la circondò con un braccio intorno alle spalle per tranquillizzarla.
< < Come faremo a passare? > > gli chiese la bambina con voce tremante.

< < Tranquilla, Pauline, le acque del fiume tendono a calmarsi in alcuni momenti della giornata. Non guaderemo il fiume con queste rapide > > rispose lui rassicurante < < Attenderemo il momento propizio e potremo attraversarlo in sicurezza. Il Sergente Carter conosce bene queste terre e ci aiuterà a trovare un guado sicuro. Lo abbiamo già fatto quando siamo venuti a cercarvi > >.

Pauline continuò ad osservare lo scorrere tempestoso del fiume con un’espressione più serena sul suo viso.
Era una mattina calda e torrida. Le ragazze liberate avevano marciato stoicamente sotto il sole, ma accolsero con gioia l’interruzione della marcia nei pressi della riva del fiume. La maggior parte delle giovani erano ormai pienamente inserite nel gruppo e alcune avevano addirittura legato parecchio con i loro salvatori, segno che finalmente si sentivano realmente al sicuro.

Mentre il Sergente Carter studiava la strada più sicura, il gruppo poté rinfrescarsi con le gelide acque del fiume Niur. Jake Middle era rimasto sulla retroguardia insieme ad altri due abili arcieri. La prudenza era un elemento fondamentale nella sopravvivenza di un gruppo e il Sergente Carter non aveva alcuna intenzione di farsi sorprendere alle spalle da nemici sconosciuti.

 < < Cal > > chiamò debolmente Pauline, aggrappandosi al braccio muscoloso del giovane Guardiano < < Come fai a restare sempre così calmo? > >.

Il giovane la fissò confuso < < Che vuoi dire, Pauline? > > le chiese con calma.

La bambina si mostrò titubante nella ricerca delle parole giuste, impaurita che Cal potesse considerarla una codarda. Alla fine, però, decise di liberarsi completamente.

< < Sono sempre così terrorizzata. Potrei mentirti, dicendoti che provo questa sensazione a causa di quanto accaduto al mio villaggio e ai miei genitori, ma non è così. Fin da piccola ho sempre provato una paura orribile e opprimente, che mi impedisce di pensare o agire. Una paura che non riesco a spiegare. Io non voglio che tu mi consideri una vigliacca. Vorrei tanto essere come te: coraggiosa e senza paura > >.

Ancora una volta il cuore di Cal si gonfiò di affetto per la ragazzina stretta al suo fianco. Una bambina che aveva conosciuto solo da poche settimane, eppure sapeva di avere già un legame forte e sincero con lei. L’avrebbe protetta con tutte le sue forze ed era pronto a fare del suo meglio per cercare di guarire il suo cuore sofferente. Una sofferenza che andava ben oltre l’esperienza terribile appena vissuta.

Cal la strinse di più a sé, carezzando la disordinata chioma di capelli dorati della bambina. Quest’ultima continuava a fissare impaurita la forza inarrestabile delle rapide, come se da un momento all’altro le acque burrascose del fiume Niur potessero inghiottirla per sempre.
< < Spesso ho molta paura anch’io, Pauline > > le disse il giovane guerriero con voce dolce.

Pauline alzò di scatto lo sguardo su di lui. Lo osservò sorpresa, cercando di capire se parlasse sul serio. Gli occhi grigi e accesi dell’uomo le mostrarono quanto fossero vere le sue parole.
< < Ma tu sei stato in battaglia. Hai affrontato molti pericoli. Come fai a combattere se hai paura > > esclamò la ragazza sempre più confusa.

Il Guardiano Cal Dreys si inginocchiò accanto a lei per poterla guardare meglio. Mise le mani sulle spalle della ragazza con fare protettivo, ma anche per cercare di spingerla verso una nuova consapevolezza, verso una verità non facile da comprendere.
Ragionò a fondo sulle parole giuste. Era una lezione importante, che lui aveva imparato molti anni prima grazie alla sapiente guida di sua sorella. Ora spettava a lui lo stesso arduo compito di Keila. Doveva dimostrare una verità chiara e semplice, eppure così difficile da comprendere per la maggior parte degli esseri umani.

< < Ho sempre avuto paura, Pauline > > esordì Cal sempre con dolcezza, ma anche con una certa risolutezza che sorprese la bambina, la quale pendeva completamente dalle labbra del suo nuovo fratello maggiore < < Soprattutto in battaglia o quando devo affrontare un pericolo che mette a rischio la mia vita o quella dei miei cari > >.

< < Ogni volta che sono costretto a combattere, a mettere in gioco la mia vita, la paura diventa sempre più forte. Ho paura di fallire, paura di non poter difendere un innocente, paura di perdere una persona cara e ovviamente anche paura di perdere la vita. Pauline, la paura fa parte dell’animo umano, ci ricorda che non siamo invincibili, che dobbiamo affrontare la vita con prudenza. Possediamo una sola vita, meravigliosa e degna di essere vissuta. Spetta a noi proteggerla con tutto ciò che siamo in grado di offrire. Chiunque affermi di essere immune da ogni paura mente soltanto a sé stesso, Pauline > >.

< < Come fai a superarla? > > chiese debolmente la ragazzina < < Voglio dire……. Come riesci a fare quello che fai pur avendo paura? > >.

< < Non è sempre facile, Pauline > > rispose il giovane, posandole una mano su una guancia arrossata. Con il pollice le asciugò una lacrima solitaria.

< < Il vero coraggio sta nel saper controllare la paura che proviamo. Il modo attraverso cui si può raggiungere questo importante traguardo può essere diverso da persona a persona. Molti riescono a trovare la forza necessaria nella rabbia, nell’odio o nella vendetta > >.

Cal si fermò un attimo, osservando le reazioni confuse e ancore colme di timore della ragazzina.

< < Io, invece, > > continuò il Guardiano sorridendo leggermente, sperando di confortarla < < ho preferito trovarla in tutt’altra direzione. Nella bellezza che offre questa vita. Mia sorella Keila mi ha cresciuto con amore e questo mi ha portato ad amare la vita con tutto me stesso. Per questa unica ragione sono disposto ad impugnare un’arma quando è necessario difendere la vita. Ogni vita è sacra ed è per questo che posso anche arrivare a uccidere, pur di proteggerla. Ti potrà sembrare una contraddizione, ma anche un uomo giusto può essere costretto a compiere l’atto più brutale che possa esistere, ma per quanto mi riguarda combatterò sempre al solo scopo di proteggere i miei cari e chiunque meriti di essere protetto > >.

< < Proteggere la vita da chi invece tende a proteggere la morte > >.

Pauline si accoccolò meglio sulla spalla possente del guerriero, riflettendo attentamente su quanto aveva appena sentito. Nessuno le aveva mai parlato in quel modo. L’avevano sempre trattata come una bambina incapace di comprendere, incapace di interagire con il mondo. Ancora una volta la ragazzina si sentì sicura, pronta ad andare avanti. All’improvviso si convinse seriamente di poter cambiare, di poter superare le sue paure accanto al suo nuovo fratello e alla nuova famiglia che presto avrebbe conosciuto.

In quel momento, stretta nell’abbraccio caldo e forte di Cal, Pauline iniziò ad osservare con occhi differenti l’impetuoso scorrere delle acque del fiume Niur. Non provò più alcuna paura, anzi sentì di essere finalmente libera di vivere una vita vera.

La sua vita.
 
FINE DEL CAPITOLO
 
 

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Capitolo 5
*** Le rapide del fiume Samos ***


CAPITOLO 5

 
LE RAPIDE DEL FIUME SAMOS
 

Il battelliere clandestino Chester si stava impegnando con tutte le sue forze in quella che si stava senza dubbio rivelando la peggiore traversata della sua carriera. Durante quel periodo di stagione, il fiume Samos era pericoloso, quasi sempre in tempesta. La corrente diventava troppo forte, creando rapide e mulinelli tristemente famosi in tutta la nazione. Solo alcune imbarcazioni potevano sperare di sfidare l’ira del più grande fiume di Lithium, che si estendeva per centinaia di chilometri fino ai confini orientali.

Ogni ondata poteva essere quella fatale, quella che avrebbe potuto trasportare lui e la sua giovane cliente direttamente nel regno dei morti. Bastava il più piccolo errore, un attimo di esitazione o disattenzione nella manovra e il battello si sarebbe capovolto. In quel caso, c’erano ben poche possibilità di salvezza: nuotare tra le rapide inarrestabili del fiume Samos in piena notte. Pochi potevano dire di aver affrontato con successo un’impresa del genere.

Nel bel mezzo della furia delle rapide, l’uomo manovrava il proprio battello con la forza della disperazione, appellandosi a tutta la sua esperienza.
Alla fine, nonostante tutte le sue proteste, la giovane guerriera l’aveva costretto a partire immediatamente, ignorando i disperati tentativi del battelliere di posticipare la partenza almeno fino all’alba, con la speranza che nel frattempo si sarebbe potuta placare la furia terribile del fiume.

Al tramonto del giorno prima, i due erano partiti dalla locanda e da lì avevano proseguito fino ad una piccola riva nel cuore della foresta, dove Chester aveva nascosto il proprio battello mai registrato negli archivi ufficiali imperiali.

Da molti anni Chester esercitava questo mestiere così pericoloso e incerto. Per poter sopravvivere, aveva imparato a muoversi con estrema cautela, scegliendo anche la clientela giusta e stando attento a memorizzare con esattezza le zone maggiormente controllate dagli Inquisitori Imperiali.
Tante volte il passaggio del fiume Samos aveva preteso un forte tributo di sangue, molti suoi colleghi erano morti annegati, a testimonianza dell’estrema importanza di ogni misura di sicurezza, anche delle più basilari. Chester lo sapeva, aveva visto troppo spesso la terribile e implacabile distruzione scatenata dalla natura. In quella notte gelida e tempestosa, i due viaggiatori stavano giocando letteralmente con la morte.

Il battelliere Chester non aveva avuto scelta. Dopo lo scontro alla locanda, la giovane mora aveva ampiamente dimostrato la propria pericolosità e in un attimo l’aveva costretto a violare tutte le sue regole. Anche se fisicamente incantevole e piena di fascino, si trattava di una guerriera letale, addestrata ad uccidere in chissà quanti modi. Durante il viaggio per raggiungere la zattera, l’uomo si era chiesto più volte come mai la donna, con le sue capacità, non avesse ucciso i propri assalitori alla locanda.

Così nel buio della notte lungo il fiume più grande e pericoloso dell’intera Terra del Sole, Chester fu costretto ad affrontare il guado indubbiamente più terrificante della propria carriera di battelliere clandestino. L’uomo si sentiva già nelle fredde braccia della morte, mentre tentava di gestire il proprio battello nel pieno delle rapide assassine.

In realtà, però, era un altro il vero pericolo, la causa che aveva distrutto in quello stesso tratto di fiume molte imbarcazioni e molte vite: i giganteschi tronchi che navigavano pericolosamente sulle acque del fiume.

Lunghi e robusti tronchi, veri e propri cadaveri di vecchi e antichi alberi, i quali, mossi dalla terribile corrente, si muovevano con spaventosa velocità nella tempesta implacabile, distruggendo ogni cosa al loro passaggio. Sarebbe bastato un unico impatto per spezzare in due il battello.

Per affrontare al meglio la traversata, Chester era saldamente appostato al timone sulla poppa, manovrando disperatamente l’imbarcazione verso la riva opposta, ma la forza della tempesta limitava fortemente la visibilità. Egli non poteva distogliere lo sguardo dall’orizzonte neppure per un istante.

Ciò gli impediva di controllare il lato destro del battello, costantemente aggredito dai mortali tronchi, che sbucavano dal buio della notte come inquietanti creature pronte ad attaccare e distruggere.

< < NE ARRIVA UN ALTRO > > urlò Myra Costis, cercando di superare il frastuono impetuoso del vento < < CI VIENE ADDOSSO > >.

< < DANNAZIONE > > ringhiò con forza il battelliere < < Non farci colpire, ragazza o finiremo in pasto ai pesci di questo maledettissimo fiume > >.

Mentre l’uomo conduceva lentamente il battello verso la riva opposta, la ragazza si era assunta l’incarico di controllare il lato destro della barca. Su indicazione del battelliere, si era armata con una lunga e robusta asta di metallo. I lunghi anni di addestramento all’Accademia Imperiale avevano fortificato il suo corpo, rendendola capace di affrontare fatiche impossibili per normali ragazze della sua età.

Myra Costis colpiva con la punta dell’asta i grossi tronchi che si avvicinavano pericolosamente alla barca. Si appellava a tutta la sua forza, riuscendo a spostarli quel tanto che bastava per la sicurezza della piccola imbarcazione. La traversata era iniziata più di tre ore prima e secondo le previsioni del battelliere erano appena entrati nella fase più critica della tempesta.

Era una notte gelida. Una pioggia fitta aveva iniziato a battere incessantemente già da diverso tempo. Oltre al freddo, i viaggiatori erano costretti a proseguire la traversata con una pessima visibilità. Il battelliere non avrebbe mai pensato di trovarsi in una situazione del genere.

< < Resta concentrata, ragazza > > urlò Chester, il quale continuava a lottare contro la corrente, cercando disperatamente di ignorare i lancinanti dolori alle braccia.

< < Abbiamo ancora molta strada da fare. Non possiamo distrarci nemmeno per un istante. Conosco questo tratto di fiume. L’alta marea ci consentirà di proseguire e non c’è pericolo di finire sopra qualche roccia, almeno in questo tratto. L’unico problema sono quei dannati alberi, perciò stai sempre all’erta > >.

< < Sembrano non finire mai questi maledetti tronchi > > ringhiò la ragazza, mentre assestava un’energica stoccata con l’asta di metallo.

< < Negli ultimi giorni i venti del nord sono stati violenti e impetuosi > > ribatté l’uomo con impazienza < < Questo tratto del fiume è nascosto da fitti boschi, per questo noi battellieri clandestini lo preferiamo ad altri possibili guadi, ma di certo non quando si è costretti ad attraversarlo in certe condizioni. Non siamo dei tipi normali o equilibrati, ma nemmeno siamo così inclini al suicidio > > c’era del sarcasmo nel tono dell’uomo. Più volte egli aveva tentato di far ragionare la giovane, ma niente sembrava poterla fermare nel suo cammino verso chissà quali obiettivi.

< < Da questa storia non uscirà niente di buono o sensato > > pensò il battelliere, ormai bagnato fradicio come la sua giovane compagna di viaggio.

Myra non aveva il tempo di rispondere alle provocazioni del compagno di viaggio. La fatica iniziava seriamente a farsi sentire e la riva era ancora lontana. Nella violenza della tempesta, il battello non dava nemmeno l’impressione di guadagnare terreno verso la terra ferma.

La giovane recluta era ben consapevole di aver agito in modo imprudente, sottovalutando il pericolo rappresentato dal fiume Samos. Fin da piccola lo aveva sempre attraversato in assoluta sicurezza, passando per la maestosa via della Strada Alba, lungo lo splendente e bellissimo Ponte Samos.

Tuttavia, non era pentita di aver insistito tanto. Non poteva trattenersi molto in un singolo posto, mentre fingeva di essere una criminale. Il rischio era troppo grande: avrebbe potuto essere arrestata dagli stessi Inquisitori e in quel caso sarebbe stata costretta ad appellarsi all’influenza di suo padre. Non poteva essere scoperta o l’intera missione sarebbe fallita prima di cominciare. Doveva raggiungere Sandor ad ogni costo.

< < Questo maledetto battello procede troppo lentamente > > urlò la ragazza. All’improvviso l’asta di metallo era diventata molto più pesante. Le braccia erano affaticate e doloranti.

< < Continua a proteggere il lato destro, ragazza. Ti assicuro che è la nostra unica possibilità di salvezza. Con una tempesta del genere, il battello non può procedere più velocemente di così > > rispose energicamente il battelliere, non smettendo mai di manovrare.

Anche se non poteva osservarlo con attenzione, Myra dovette riconoscere l’estrema abilità dell’uomo. Era certa che con altri navigatori non avrebbe avuto alcuna speranza in quell’impresa.

Passarono altre due ore, durante le quali i due viaggiatori affrontarono con coraggio i rispettivi compiti. Myra ebbe pochi momenti per poter riprendere fiato e la pesante asta di metallo divenne ancora più difficile da maneggiare. Finalmente, però, fu in grado di vedere chiaramente i tipici tratti della foresta, segno che la riva era veramente vicina.

Questo semplice pensiero motivò la giovane Litanese a tener duro. Ringhiò con forza ad alta voce, come se volesse sfidare il pericolo con le sue sole energie, ma una nuova ondata di tronchi mortali si avvicinò nuovamente con spaventosa velocità. Alcuni erano fuori dalla rotta del battello, ma due di grosse dimensioni aggredirono quasi allo stesso momento la disperata difesa della ragazza.

Ella riuscì a deviarne uno con un colpo energico, ma per l’altro non fu così fortunata. Con la forza della disperazione, Myra, affaticata e infreddolita, agitò la punta dell’asta come una lancia, ma poté soltanto deviare il secondo tronco. Non fu abbastanza.
L’albero morto colpì, anche se di striscio, la fiancata della barca. L’impatto fu violento, ma il colpo di bastone della giovane fu ugualmente provvidenziale, perché impedì al battello di rovesciarsi. A causa degli enormi sforzi, però, Myra, già in precario equilibrio, precipitò oltre il parapetto del battello nelle gelide acque tempestose del fiume Samos.

Oltre al freddo paralizzante, la giovane guerriera provò la sconvolgente sensazione di essere travolta da una forza inarrestabile, che sballottolò il suo corpo in ogni direzione. Solo la cima di sicurezza legata intorno alla vita le impedì di venire completamente risucchiata nei vortici della tempesta. Il battelliere Chester adottava sempre quella misura di sicurezza, in ogni attraversata e a prescindere dal clima. Quel giorno Myra venne salvata da quella semplice misura di sicurezza.
Per alcuni secondi, la giovane rimase sott’acqua in balia della corrente, perdendo quasi del tutto i sensi. Probabilmente la forza della disperazione o un ardente spirito di sopravvivenza la spinse a lottare e a ritornare in superficie. Si aggrappò alla cima con tutte le sue forze, mentre la barca procedeva la lenta navigazione verso la riva. Era rimasto l’ultimo tratto.

< < TIENITI FORTE RAGAZZA > > urlò il battelliere, non perdendo mai di vista l’orizzonte. La riva era sempre più vicina < < Siamo quasi sulla terra ferma, cerca di restare in superficie. Tra poco i vortici diminuiranno > >.

Chester non sapeva se la sua voce fosse udibile dalla ragazza. Nella sua posizione di timoniere non poteva fare altro, se non pregare che la cima resistesse alla corrente.

Senza Myra a proteggere il fianco, l’imbarcazione proseguiva la rotta completamente allo scoperto. Tanti pezzi di alberi caduti nelle acque del fiume colpirono più volte la fiancata del battello. Fortunatamente nessuno di essi era di dimensioni tali da sfondare in modo irreparabile il legno lavorato dell’imbarcazione, la quale ormai era prossima a toccare la terraferma.

Nel frattempo, la giovane guerriera lottò con tutte le sue forze per non perdere i sensi, facendosi trascinare dalla corda legata alla vita. Era esausta e aveva le mani insanguinate dato che non aveva mai lasciato la presa sulla cima, ma era anche consapevole di essere molto vicina alla riva.
Quando aveva iniziato il viaggio, Myra era certa che avrebbe dovuto superare molte difficoltà e pericoli mortali, ma non si sarebbe mai aspettata di dover rischiare la vita anche nel territorio della sua stessa nazione.

< < Lo faccio per Dan > > pensò disperatamente, mentre continuava ad essere trascinata dalla barca verso la riva < < Era mio fratello minore e merita giustizia per quello che gli hanno fatto i cani Sandoriani > >.

Finalmente il battello raggiunse il terreno della riva reso fangoso dalla fitta pioggia. L’ultimo tratto era stato più facile da affrontare. La forza delle correnti era andata a diminuire soprattutto nell’ultimo tratto della traversata.

La prua del battello era munita di un pesante sperone che facilitò notevolmente la manovra di attracco. Esso affondò perfettamente nel terreno fangoso, accompagnando l’imbarcazione quasi completamente fuori dalle acque del fiume. Di norma, i battelli, battenti la bandiera imperiale, potevano sfruttare i tanti moli costruiti in tutto del corso del fiume Samos, ma per un battelliere clandestino lo sperone era essenziale per la manovra di attracco. Ogni imbarcazione non registrata ne possedeva uno.

Chester poté finalmente lasciare il timone. Gli sembrava che ogni muscolo del suo corpo urlasse dal dolore. Si girò, non sapendo nemmeno se la cima di sicurezza avesse resistito alla forza delle rapide.

Con sua grande sorpresa era così. La corda, ancora legata saldamente alla barca, aveva salvato la vita della ragazza. Quest’ultima, con chissà quale forza di volontà, aveva mantenuto la presa sulla cima di sicurezza e a fatica aveva strisciato fuori dal fiume, aiutandosi con la corda. Quando raggiunse anche lei il terreno fangoso del boschetto, restò a terra priva di forze.

< < Stai bene, ragazza? > > chiese il battelliere, affrettandosi ad aiutarla. Trovava incredibile la forza che la ragazza aveva dimostrato durante la traversata. Tanti uomini esperti avevano trovato la morte in condizioni simili.
 
Senza rispondere, Myra tossì violentemente un’incredibile quantità d’acqua. L’uomo le colpì energicamente la schiena per aiutarla.

< < Respira, ragazza. Respira. Ormai sei in salvo > >.

Dopo qualche minuto, la guerriera Litanese riprese a respirare con maggiore facilità, ma gli sforzi per sopravvivere alla traversata l’avevano svuotata di ogni energia. Con l’aiuto del battelliere si rialzò e fu certa del fatto di non aver mai provato un dolore simile in tutta la sua vita. La lotta contro i tronchi, la caduta dalla barca e la terribile corrente del fiume. Ognuna di esse aveva messo a dura prova la resistenza del suo corpo allenato.

Mentre cercava di recuperare il fiato, Myra osservò alle sue spalle il fiume in tempesta e quasi cadde di nuovo in ginocchio, ripensando al fatto di essersi trovata in quell’inferno fino a qualche secondo prima.

Una pioggia fredda e fitta continuava a cadere incessantemente. Un brivido di freddo ricordò a Myra di essere bagnata fradicia nel gelo della notte. Durante la lotta contro la morte non ci aveva nemmeno fatto caso.

Dopo essersi assicurato sulle condizioni della giovane cliente, Chester controllò velocemente le condizioni della barca e immediatamente sentenziò che il suo amato battello non avrebbe più potuto navigare per diverso tempo. I danni erano stati pesanti e numerosi. Addirittura non era nemmeno tanto sicuro di poterli riparare.

Tuttavia, non era certo un problema da affrontare in quel momento; il freddo iniziava ad essere pesante anche per lui. < < Sarà meglio andarsene da qui. Conosco una vecchia baracca, dove potremmo ripararci. E’ stata costruita da alcuni contrabbandieri diversi anni fa. Sarà un ottimo riparo in questa nottata infernale > >.

< < Cosa faremo con la barca? > > chiese la ragazza, tremando in modo incontrollabile.

< < E’ inutile tentare adesso di nasconderla. Rischiamo di morire di freddo ed entrambi siamo troppo esausti per uno sforzo del genere. Senza contare che già questo potrebbe rivelarsi un buon nascondiglio, la riva è nascosta dalla più fitta vegetazione. Questa zona è ancora piuttosto isolata e difficilmente correremo il rischio di incontrare pattuglie imperiali. L’altra riva è molto più controllata per essere così vicina alla Strada Occidentale > >.

< < D’accordo > > convenne lei, cercando di mantenere la voce ferma < < Fai strada > > non vedeva l’ora di iniziare a camminare per poter contrastare il freddo sempre più opprimente.

I due recuperano le provviste dal battello. Myra si affrettò a riprendere possesso delle armi e soprattutto dello zaino con le provviste. Oltre al cibo, c’era qualcosa di troppo prezioso in quella borsa, qualcosa di pericoloso, ma che sarebbe stato essenziale per la sua missione.

Chester si assicurò che la barca fosse al sicuro. Lo spostò con la cima soltanto di qualche centimetro, per nasconderlo meglio nella fitta vegetazione e a distanza di sicurezza dall’acque del fiume.

Si avviarono nel buio della notte verso ovest. Il bosco divenne più fitto, proteggendo i viaggiatori dalla pioggia che continuava a cadere incessantemente.
Nonostante la stanchezza, Myra era profondamente grata di potersi muovere. Con le mani cercava di scaldare le braccia infreddolite e così si accorse di essersi ferita anche il braccio sinistro all’altezza del gomito. Forse nella caduta aveva sbattuto contro la fiancata della barca. Non era un taglio profondo, ma durante quel breve cammino iniziò a pulsare dolorosamente. Seguì il battelliere per un’ora intera nel più totale silenzio, impegnata a resistere a dolore, freddo e fatica.

Finalmente arrivarono a destinazione. La baracca era abbandonata, ma ancora intatta. Era stata costruita in una piccola radura circondata dalla boscaglia.

< < L’ideale nascondiglio per dei criminali in fuga > > pensò lei, avvicinandosi alla porta d’ingresso insieme al battelliere.

Durante il lungo addestramento presso l’Accademia Imperiale, Myra aveva studiato molto: la storia del suo paese, i rapporti costantemente travagliati con Sandor e anche le innumerevoli iniziative degli Inquisitori Imperiali contro criminali e traditori. La giustizia del suo popolo imponeva una certa spietatezza, che lei doveva essere in grado di applicare sul campo. Quel viaggio era anche la sua occasione per poter diventare un vero Inquisitore Imperiale a servizio del Lord suo padre.

L’interno della baracca era pieno di sporco e sudiciume, ma il soffitto era ancora intatto. C’era una piccola branda di legno attaccata al muro, ma era così malandata che i due la scartarono subito, scegliendo di sedersi sul pavimento in legno. C’era anche un modesto camino sulla parete con l’aria abbandonata da chissà quanto tempo.

Myra si appoggiò al muro completamente esausta. La sua vera preoccupazione era per i suoi abiti: così fradicia rischiava seriamente una brutta febbre che avrebbe potuto debilitarla ulteriormente e lei non poteva permettersi alcun ritardo.

Quasi a leggerla nel pensiero, Chester si alzò muovendosi di nuovo verso l’ingresso.

< < Dove vai? > > chiese Myra, con la voce tremante.

< < Le notti Litanesi sono fredde, ragazza. Dovresti saperlo. > > rispose l’uomo, con un leggero sorriso < < Non farò fatica a trovare il necessario per un piccolo fuoco per scaldarci. Tu puoi restare qui a riposare. Ti consiglio di toglierti immediatamente quegli abiti zuppi > >.

Lo sguardo benevolo dell’uomo sorprese notevolmente la giovane recluta. Mentre lo osservava uscire dalla porta della baracca, Myra provò per un attimo il desiderio di ringraziarlo, ma purtroppo la sua mente razionale la tratteneva, le ricordava bruscamente il fatto che il battelliere restasse sempre un criminale, un nemico dell’Inquisizione Imperiale e lei, da recluta e aspirante alla carica di Inquisitore, non poteva permettersi di provare simpatia per un individuo del genere. Suo padre avrebbe senza dubbio approvato questo tipo di ragionamento, ma stranamente era lei che provava vergogna per aver pensato male di un uomo che comunque le aveva salvato la vita.

Si tolse giubba e pantaloni fradici. Si era portata un solo cambio di vestiti, adatto per i viaggi ed estremamente utile nei combattimenti improvvisi dove era richiesta una certa velocità di movimento. Si trattava di una camicia di seta di un color grigiastro, che molto spesso lei aveva utilizzato durante le esercitazioni con la spada all’Accademia Imperiale.

In realtà, normalmente sopra di essa avrebbe indossato anche la propria armatura forgiata per la superba stirpe dei Costis, ma non potendolo fare si era accontentata di un caldo mantello con pelliccia di lupo munito di cappuccio. Tremava ancora per il freddo, ma almeno adesso indossava abiti asciutti. Durante la traversata il suo zaino era rimasto al sicuro dentro l’unica cabina della piccola imbarcazione.

Controllò accuratamente il contenuto della bisaccia. Le fiale di Salium erano al sicuro sul fondo, nascoste e ben protette in un contenitore di metallo creato dai migliori alchimisti di Kingswork.

Il temporale proseguiva senza sosta in quella notte gelida e ciò non fece altro che incrementare il malessere della giovane. Era consapevole di aver agito in modo imprudente ed egoista, rischiando non soltanto la sua vita, ma anche quella del battelliere Chester. Le era stato sempre insegnato, fin dalla più tenera età, a comportarsi secondo logica e razionalità, a controllare sempre le emozioni, anche nelle situazioni più disperate. Era questo a rendere la razza Litanese superiore ad ogni altra.

Tuttavia, Myra aveva ampiamente violato tali insegnamenti. Il desiderio di giustizia per suo fratello Dan superava ogni controllo o dogma. Ma si trattava realmente di giustizia? Gli Inquisitori Imperiali avevano sempre condannato la vendetta. Ogni azione doveva essere compiuta per la gloria eterna dell’impero Litanese.
Il battelliere Chester tornò alcuni minuti dopo con la legna sufficiente per accendere un piccolo fuoco nel camino abbandonato della baracca. Nonostante le condizioni precarie, l’uomo riuscì a farlo, sfruttando un liquido infiammabile che versò sulla legna che aveva raccolto.

Finalmente i due viaggiatori ebbero la possibilità di scaldarsi. Myra provò una sensazione di estremo benessere nel sentire dopo diverse ore un rassicurante calore tornare nel proprio corpo infreddolito.

Per diversi minuti restarono in silenzio ad osservare le fiamme del piccolo cammino, che si mostravano così confortanti dopo quanto avevano passato. La fredda poiggia di autunno continuava a battere sulla baracca.

Alla fine, fu Chester a rompere il silenzio < < Ancora non sono riuscito a capirti, ragazza. Non riesco proprio ad immaginare cosa possa spingere una persona a rischiare la vita in questo modo, specie se si tratti di una giovane donna > >.

Myra non sapeva come ribattere, ma le parole dell’uomo la colpirono con forza. Fino a che punto avrebbe dovuto spingersi.

< < Fino alla fine > > pensò lei con ferocia, sempre osservando il rassicurante fuoco sul camino.

< < Ho conosciuto tanti tipi di persone in questa nazione. Ho visto uomini prudenti, ho visto uomini codardi e anche uomini coraggiosi e stupidi. Si può rischiare la vita per diversi motivi. Io stesso l’ho fatto tante volte per il denaro e il desiderio di una vita migliore > >.

< < Ma la tua vita non si può certo definire retta e onesta > > commentò lei, con risentimento, quasi dimenticando di essersi mascherata come una trafficante ricercata dalla legge.

< < E’ vero, ma mi sono sempre considerato un uomo giusto. Non ho mai fregato un cliente che non lo meritasse. Per di più mi considero un uomo realista e pragmatico. Ho imparato molti anni fa a sopravvivere e ciò che ho fatto oggi va contro tutto quello che sono. La mia vita è preziosa, come ritengo che sia la tua, insieme a quella di qualsiasi essere umano > >.

< < Esiste anche l’onore nella nostra vita, mastro battelliere > > ribatté la giovane, sempre più risentita < < Ci sono volte in cui è necessario mettere la prudenza da parte, altrimenti non saremmo così diversi dai barbari Sandoriani. Possono esistere ragioni superiori che spingono a rischiare la vita, ragioni che superano il denaro o il desiderio di potere > >.

< < Non voglio rifilare giudizi sui tuoi obiettivi o sui tuoi modi di affrontare la vita. Non conosco le tue ragioni e non voglio nemmeno saperle. Ciò che hai voluto fare oggi è stato stupido e imprudente e soprattutto ha messo in pericolo anche la mia vita, oltre al lavoro di tutta la mia vita > >.

Myra sentiva la rabbia iniziare a salire pericolosamente < < Dici di non voler giudicare, ma non sembra che tu ci riesca bene > >.

< < Non ho giudicato i tuoi obiettivi o le tue scelte di vita, ragazza > > replicò l’uomo, con calma. Sembrava aver dimenticato le abilità della giovane donna nel combattimento corpo a corpo < < Mi soffermo soltanto sulla nottata d’inferno che abbiamo appena affrontato e che per poco non ci costava la vita. Bada bene, anche la mia vita > >.

< < Ti aspetti forse delle scuse > > sbottò la giovane, alzando pericolosamente la voce < < Ti ho offerto un adeguato pagamento per i tuoi servigi e non ho molta voglia di ascoltare prediche inutili, specie se riguardano la mia vita e i miei affari > >.

< < Sto solamente dicendo che attraversare le rapide del fiume Samos con questo clima significa giocare con la morte > > replicò Chester, senza scomporsi < < Forse non sarai d’accordo, ma questo tipo di comportamento si potrebbe considerare oltremodo stupido, almeno nel mio modo di vedere il mondo > >.

< < Dove diavolo vuoi arrivare, buon uomo? > > chiese rabbiosamente Myra < < Che cosa stai criticando esattamente? > >.

< < Ti sbagli, ragazza. Non stavo nemmeno criticando. Volevo soltanto farti una domanda se mi è possibile. Potrai anche non rispondere se vuoi, ma dato che ti ho salvato la vita una risposta potrebbe essere assai gradita per me > >.

Myra non si sarebbe mai aspettata una discussione del genere. Negli ultimi due giorni aveva creduto che l’uomo fosse troppo spaventato da lei, soprattutto dopo quello che aveva visto alla locanda, ma in quel momento con poche parole era riuscito a scuoterla nel profondo. Non si sarebbe mai aspettata certi ragionamenti da un uomo del genere, abituato a vivere nel più basso degrado della società Litanese.

< < A questo punto non mi sognerei certo di interromperti, mastro battelliere Chester > > sibilò Myra con voce velenosa < < Pur non avendo alcun debito nei tuoi confronti, devo ammettere che mi hai incuriosita. Termina questo bel discorsetto e poni questa domanda che tanto ti tormenta > >.

< < La domanda è semplice, ragazza > > disse il battelliere con calma, fissandola dritta negli occhi.

La seria determinazione dell’uomo costrinse la ragazza a distogliere lo sguardo. Non voleva apparire sulla difensiva, ma quella notte aveva messo a nudo molte delle sue debolezze. Il pensiero di Dan continuava a tormentarla.

< < Ne è valsa la pena, ragazza? Senti che oggi hai rischiato la vita per un valido motivo? > >

Di colpo la furia della giovane si affievolì, fino a scomparire del tutto. Nonostante fosse stata colpita duramente su un punto di estrema delicatezza, Myra non poté che apprezzare l’inaspettata sfrontatezza dell’uomo, le cui capacità e competenze le avevano realmente salvato la vita quella notte. Sorrise amaramente, mentre il ricordo dell’amato fratello scomparso aggrediva il suo cuore come una malattia incurabile e terribilmente dolorosa.

< < Sono diretta al Muro > > mormorò alla fine la ragazza, stupendosi della facilità con cui l’aveva detto. Nonostante la situazione e il rango che ricopriva, Myra non poté negare di trovarsi a suo agio in compagnia di un uomo così sincero e schietto.

< < Passerai il confine? > > chiese stupito Chester, alzando la voce < < Hai intenzione di recarti a Sandor? > >.

Myra riprese ad osservare le fiamme, chiedendosi se non fosse stata troppo imprudente. Incredibilmente, era arrivata al punto da ignorare tutta la prudenza richiesta per la sua missione.

Il battelliere Chester la fissò, forse cercando di capire quali potessero essere le responsabilità di una donna così giovane. Non erano molti quelli che si avventuravano in viaggi del genere. Attraversare il confine ed entrare nella nazione da sempre in guerra con Lithium.

< < Sono stato al di là del Muro solo una volta > > continuò lui, dopo riacquistato una certa calma.

< < Sei stato a Sandor? > > domandò la giovane sorpresa.

< < E’ successo molti anni fa. Seguivo certi affari che mi costrinsero a recarmi a Sandor. Fortunatamente non mi sono dovuto addentrare troppo nel loro territorio. Noi Litanesi non siamo ben visti da quelle parti, ma almeno ci sono ancora diverse persone con cui poter trattare. Gli affari promettevano bene, così ho attraversato il confine, recandomi a Bila, una città di confine non molto distante dal Portone > >.

< < Posso ben immaginare il genere di affari che ti ha condotto laggiù > > esclamò Myra con tono ironico.

Chester rise divertito < < Beh, ognuno cerca di guadagnarsi il pane come può. Per fartela breve, il mio carico di merci richiedeva una certa cautela. I Guardiani hanno sempre combattuto con spietato accanimento i nostri traffici, perciò io e i mei compagni rischiammo più di una volta la testa mentre ci addentravamo a Sandor > >.

< < Guardiani > > sussurrò Myra, fissando il vuoto delle fiamme con un’espressione di puro odio che non sfuggì al battelliere.

< < Barbari assassini > > ringhiò ancora la ragazza a bassa voce.

Di colpo Myra si accorse dello sguardo fisso dell’uomo. Arrossì visibilmente, maledicendo la propria incapacità di tenere a freno le emozioni.

< < Oggi Litanesi e Sandoriani mantengono numerose e forti relazioni commerciali ed economiche > > intervenne lei, sperando di sviare l’attenzione dell’uomo. Adesso, però, era anche molto interessata alle informazioni del battelliere così abituato a frequentare le zone di confine da una vita intera.

< < E’ solo apparenza, ragazza > > ribatté l’uomo, alzando una mano come per ribadire un concetto troppo semplice. Myra iniziò seriamente a odiare il modo in cui la chiamava. Troppo spesso quell’uomo dimenticava che avrebbe potuto ferirlo o ucciderlo con estrema facilità. D’altronde, lei non si era presentata con nessun nome e fortunatamente l’uomo non aveva insistito.

 < < Anche se hai dimostrato di essere in gamba, sei ancora giovane > > continuò Chester, ignorando ancora una volta la rabbia della ragazza. < < Probabilmente non hai mai ancora avuto modo di approcciarti a diverse realtà. Il mondo è così grande e vario. Sandor possiede una cultura profondamente diversa dalla nostra e i tanti anni di guerra e massacri hanno creato un odio tanto forte che non so se sarà mai possibile cancellarlo. Certo, il Muro ha impedito il prolungarsi dei massacri, ma l’odio è rimasto immutato, come una valanga inarrestabile. Un odio terribile senza confini, del quale non si conoscono neppure le origini > >.

< < Noi Litanesi apparteniamo ad una razza superiore > > sentenziò Myra con forza < < Noi andiamo oltre il semplice odio verso un nemico > >.

< < Non parlare come un triste e meschino Inquisitore Imperiale, convinto che il mondo ruoti intorno ad un ottuso concetto raziale. Sei meglio di così, ragazza. L’ho visto con i miei occhi mentre combattevi contro quel maledetto fiume > > ribatté tranquillamente il battelliere.

< < C-come osi? > > balbettò lei con rabbia.

< < Su ragazza, non agitarti > > disse Chester, alzando le braccia in segno di pace < < Hai bisogno di qualche informazione, se hai davvero intenzione di recarti a Sandor. Come ti ho già detto, l’odio tra le due nazioni è forte e oserei dire persino irrazionale. Tuttavia, c’è sempre una cosa che garantisce un continuo ed inevitabile contatto tra questi due popoli così diversi tra loro e questa cosa è il denaro. L’unico vero dio della Terra del Sole > >.

< < La tua è una visione troppo cinica > > commentò Myra.

< < Il denaro muove ogni cosa, ragazza. Supera ogni differenza, persino un odio secolare e profondo come quello tra Litanesi e Sandoriani. Presto anche tu potrai accorgerti di quanto sia vero > > ribadì Chester, ricambiando lo sguardo appassionato della guerriera con ferma convinzione.
 
< < Con questo che cosa vorresti dire? > > chiese la giovane, ancora più irritata < < Mi stai per caso consigliando di rinunciare? Dovrei restare tra i confini che conosco per non dover conoscere una realtà che potrebbe sconvolgermi? > >.

Di nuovo, il battelliere rise di fronte l’impazienza incontrollabile della sua cliente < < Al contrario, ragazza mia. Forse questo viaggio si rivelerà per te l’esperienza più incredibile della tua vita. Capirai e imparerai tante cose, se ovviamente avrai la forza e la pazienza di farlo. Io sono sicuro che lo farai. A parte il tuo sangue caldo e il saper combattere, mi sembri una persona sveglia e determinata. Troverai ciò che cerchi > >.

Le parole dell’uomo erano strane, almeno per una ragazza cresciuta con certi insegnamenti. In realtà, il battelliere clandestino Chester aveva appena denigrato la più antica filosofia degli Inquisitori Imperiali, lo stile di vita della sua famiglia, l’unico che Myra avesse mai conosciuto o desiderato.

Ma quello stesso stile di vita aveva brutalmente condannato il carattere gentile di suo fratello, conducendolo dritto verso la morte. Era un pensiero tormentato, che Myra avrebbe tanto voluto schiacciare o ignorare, ma proprio non riusciva a farlo. Non sapeva come ribattere.

Che cosa avrebbe potuto imparare da un popolo inferiore? Da una razza di barbari e assassini, gli stessi che le avevano strappato l’unica persona con cui era riuscita ad instaurare un legame di vero affetto. Il suo amato fratello Dan.

Di colpo, il peso enorme, che aveva deciso di portare in questo viaggio così incerto, si aggravò ancora di più.
Nonostante tutti i suoi dubbi, però, Myra sapeva con esattezza cosa avrebbe trovato a Sandor. L’assassino di suo fratello si trovava in quella nazione di barbari e lei era pronta. La caccia sarebbe cominciata presto.

< < Ciò che mi spinge è l’unica cosa che conta nella mia vita, mastro battelliere Chester > > rispose finalmente alla domanda del battelliere, cercando di manifestare tutta la sua determinazione.

Myra Costis parlò con un tono di voce gelido e finalmente l’uomo non trovò nulla da ribattere.
 

FINE DEL CAPITOLO

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