A New Year's carol - Be careful what you wish for

di inzaghina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Preludio di un'amicizia inaspettata ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 – Confessioni e progetti ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 – La rilevanza dei ricordi ***



Capitolo 1
*** Preludio di un'amicizia inaspettata ***


Qualche settimana fa mi sono iscritta al Gioco di scrittura sul gruppo facebook “Caffè e Calderotti” che prevedeva di scegliere 10 personaggi che sarebbero poi stati abbinati casualmente a una serie di prompt. La scadenza per pubblicare la storia che vi partecipa è oggi e, per non smentirmi, arrivo proprio oggi con il primo capitolo di una mini-long che cercherà di sfruttare il più alto numero possibile di prompt.
 
Ecco qui i personaggi che ho scelto:
1- Alexandra Ashworth (OC)
2- Alistair Ashworth (OC)
3- Roger Davies
4- Fleur Delacour
5- Angelina Johnson
6- Hestia Jones
7- Audrey Lavall
8- Bill Weasley
9- George Weasley
10- Percy Weasley
 
In questo prologo mi concentrerò sul primo prompt: 1. First time Fleur Delacour (4) e Hestia Jones (6) — dandomi l’occasione di far interagire due personaggi che adoro, ma che non ho mai sfruttato molto insieme.
 


 
 
Preludio di un'amicizia inaspettata
 
 

Era un soleggiato pomeriggio di settembre, quando la pergamena incriminata, che recava orgogliosamente il sigillo di Hogwarts, fece la sua comparsa negli uffici ministeriali e nelle case, tra i dipendenti della Gringott e quelli della Gazzetta del Profeta, raggiunse studenti appena diplomati e altri che ricordavano con affetto le loro giornate nella scuola scozzese.
Harry, Ron e il resto delle reclute Auror la trovarono nei propri armadietti al termine della lezione pomeridiana con Alexandra Ashworth e la aprirono con curiosità, trovandovi l’invito per un ballo che si sarebbe tenuto la sera del prossimo 31 dicembre.
“Di certo ce lo stanno dicendo per tempo,” ridacchiò Roger Davies.
“E stavolta Ron non aspetterà l’ultimo momento per invitare la sua dama,” aggiunse Dean, beccandosi un gestaccio dall’amico chiamato in causa.
“Perché hai intenzione di chiedere a Hermione di accompagnarti, vero?” insisté l’altro, recuperando i jeans di ricambio dall’armadietto.
“Certo! A chi altro dovrei chiederlo?” bofonchiò il sestogenito di casa Weasley.
“Non si sa mai…” rise piano Harry, coinvolgendo gli altri due.
Ron sbuffò, “come se tu al quarto anno sei riuscito a invitare chi volevi al ballo…”
“Tecnicamente l’ho invitata, anche se… beh, ecco…” nonostante fossero passati quasi quattro anni faceva male ripensare a quel periodo, al Ballo del Ceppo e alla sua cotta per Cho — e a Cedric ovviamente.
“Scusa, sono il solito insensibile,” mormorò Ron.
“Non ti riconoscerei se non lo fossi,” ribattè svelto Harry, assestandogli una pacca sulla spalla.
Lexie li vide sorridere mentre uscivano dagli spogliatoi e la salutavano, dandole appuntamento al giorno successivo, felice di vedere come si stessero cementando alcune nuove amicizie — insieme ad altre che parevano essere già solidissime. Rilesse l’invito e si ritrovò a pensare che sarebbe stato sicuramente strano tornare a Hogwarts dopo tutti quegli anni, eppure aveva voglia di rivedere quel luogo in cui aveva conosciuto la vera felicità e vissuto alcuni dei suoi momenti più belli.

 
*
 

Hestia Jones, di ritorno da una missione, lanciò un’occhiata distratta alla lettera color avorio, prima di afferrarla e scorrerla velocemente, concludendone la lettura con un lungo sospiro. Credeva davvero di essersi lasciata alle spalle situazioni di questo genere, ma il destino sapeva dimostrarsi beffardo e, a trentasei anni compiuti, sembrava averla fatta precipitare indietro nel tempo.
“Cosa diamine aveva in mente la Preside McGranitt quando ha organizzato tutto questo?” si lamentò, incenerendo con lo sguardo il messaggio che ogni Auror sembrava aver trovato sulla propria scrivania.
Visto che il suo turno era concluso, la donna s’incamminò verso lo spogliatoio per cambiarsi, sperando di avere il tempo di schiarirsi le idee prima di fare ritorno a casa.
 
Stava passeggiando per Diagon Alley gustando un gelato da passeggio, quando qualcuno la salutò.
“Hey, Jones! Stavo cominciando a credere che mi stessi evitando…” Le iridi cerulee di Alistair Ashworth, attraversate da una sfumatura divertita, incontrarono quelle altrettanto azzurre di Hestia e divennero ancora più luminose quando il Cacciatore sorrise.
“Che motivo avrei per evitarti, scusa?”
“Beh, non lo so con sicurezza, ma potrei avere qualche idea…”
“Del tipo?” borbottò l’Auror, inarcando dubbiosa le sopracciglia.
“Magari ti sei divertita troppo quando siamo usciti l’ultima volta e ti è venuta paura…”
L’unica,” precisò Hestia.
“Cosa?”
“L’ultima volta che siamo usciti è stata anche l’unica…”
“Per ora,” ribattè Alistair, sollevando gli angoli della bocca in un sorriso impertinente.
“Sei impossibile!”
“Ma tu mi adori,” ghignò l’uomo.
Hestia sostenne in suo sguardo, spronandolo a continuare.
“Chi tace acconsente, giusto?”
Hestia continuò a rimanere in ostinato silenzio.
“Che ne dici di uscire a cena questo weekend?”
“Sabato o domenica?”
“Quando preferisci… giochiamo domenica pomeriggio.”
“Allora facciamo sabato e, se ci fosse bel tempo, magari potrei venire a fare il tifo per te con Aiden domenica…”
“Mhmm, prospettiva interessante… potrebbe non essere così difficile convincerti a scegliermi come cavaliere per accompagnarti al Ballo organizzato a Hogwarts.”
“Hai ricevuto l’invito anche tu?” si stupì Hestia.
“Lo hanno ricevuto tutti coloro che hanno preso parte alle Guerre Magiche.”
“Avrei dovuto immaginarlo…”
“Ho circa tre mesi per convincerti e puoi star certa che sfodererò le mie armi migliori.”
“Chissà perché non avevo dubbi,” celiò Hestia, sorridendogli sinceramente.
“Va bene se passo a prenderti alle sette sabato?”
“Certo,” rispose la donna, “te ne vai già?”
“Non vorrei abusare della tua affabilità,” ridacchiò Alistair, schivando un colpo.
 
 
Hestia continuò a camminare senza meta tra le vie della Londra magica, fino a che non s’imbatté in Fleur Delacour — che aveva iniziato a frequentare abbastanza spesso negli ultimi tempi, ma con cui non si considerava ancora in confidenza.
“Bonjour Hestia, tutto bene?”
“Sì, grazie. E tu?”
La francese annuì, “sono uscita prima dall’ufficio per godermi un peu il sole…”
“Ti capisco, è un’occorrenza piuttosto rara nell’autunno inglese.”
“E tu?”
“Il turno è finito e mi sto godendo anche io questo pomeriggio, tra l’altro poi ho appena avuto un incontro inaspettato…”
“Ah, oui? E chi, se posso chiederlo?”
“Alistair…” borbottò Hestia.
“Lui è très charmant,” annuì Fleur.
“Anche troppo…”
“C’è qualcosa che non va?”
“Mi ha invitata a uscire sabato.”
“È una buona notizia, non?” insistette Fleur.
“Immagino di sì, a parte il fatto che non credo di aver nulla di adatto da mettere e che mi ha già anticipato che farà di tutto per essere il mio cavaliere al Ballo di Hogwarts…”
“Ah oui, abbiamo ricevuto l’invito anche io e Bill proprio oggi.”
“Secondo Alistair è arrivato a tutti quelli che hanno combattuto a fianco dell’Ordine.”
“È quello che dice anche Bill e credo che potrebbe essere una bella occasione per ritornare là dove tutto si è compiuto.”
“Sarà difficile per molti di noi.”
“Ma ci faremo forza a vicenda.”
“Già…”
“E credo che tu potrai contare su Alistair, se lo vorrai.”
“Immagino di non essere più abituata a fare affidamento su qualcuno che non sia la mia famiglia e mi fa un po’ paura.”
“È normale, suscede con tutte le cose belle, perché sono quelle che potenzialmente ci possono fare più male… ma la domanda importante è una sola: lui ti piace?”
Hestia rimase sbigottita per qualche istante, per poi annuire.
“E allora dovresti dargli una chance, non credi?”
“Quanti anni avresti, scusa?”
“Ventidue,” rispose Fleur con tranquillità.
“Avrei voluto avere la maturità a ventidue anni… forse non sarei in questa situazione.”
“Quale situazione?”
“Con un figlio il cui padre se n’è andato senza nemmeno aspettare di incontrarlo.”
“Evidentemente era un codardo che non vi meritava.”
“Forse ho sbagliato io…”
“Per quel poco che ti conosco, ne dubito.”
“Grazie davvero per la fiducia, sono un po’ arrugginita… sai che intendo?”
Fleur annuì, “immagino che non sia fascile fare la mamma single e avere una vita sociale.”
“Oh, invece è facilissimo!” commentò Hestia.
“Ah sì?” Fleur non riuscì a nascondere il dubbio dai suoi occhi.
“Beh, io praticamente non la ho più una vita sociale… ecco un altro motivo per cui stavo cercando di tenere alla larga Alistair…”
“Credo che sia normale avere un po’ di paura.”
“Oltre a quello temo di essermi abituata alla solitudine…”
“E allora dovrai riabituarti alla compagnia.”
“La fai facile,” rise Hestia, apprezzando l’onestà dell’altra.
“Credo che tu debba fare un passo alla volta, se ti va, potremmo andare a fare shopping per trovare l’abito adatto per sabato…”
“Mi piacerebbe, non mi ricordo nemmeno quando è stata l’ultima volta che sono andata a fare shopping.”
“Io non l’ho mai fatto qui in Angleterre, lo faccio sempre quando sono a casa con maman e ma soeur.”
“Sarei onorata di accompagnarti per la tua prima spedizione di shopping in Inghilterra.”
“E vedrai che con l’abito adatto ti sentirai pronta a conquistare il mondo, non solo Alistair Ashworth!” Fleur le strizzò l’occhio.
“Spero che tu abbia ragione… è da più di un anno e mezzo che non penso nemmeno al sesso.”
“Dai tempo al tempo, accadrà in modo naturel,” la rassicurò Fleur.
“Vorrei avere la tua sicurezza in questo campo.”
“Ho dovuto fare in modo di trovarla o non sarei sopravvissuta in mezzo ad una marea di adolescenti in balìa degli ormoni,” spiegò Fleur, rammentando i suoi anni a Beauxbaton e l’esperienza a Hogwarts.
“Potrei avere la necessità di vederti più spesso…” ribattè Hestia, con un sorriso timido.
“Che ne dici di iniziare con samedi matin?”
“Credo che mia madre non dovrebbe avere problemi a occuparsi di Aiden…”
“Benissimo!”
“Inizieremo dalla Londra babbana, che ne pensi?”
Fleur annuì, “mi sembra una fantastica idea.”
“Ci vediamo al Paiolo Magico per le 10?
“Benissimo,” sorrise la francese, “è stata proprio una fortunata coincidenza incontrarsi oggi.”
“Decisamente… buona serata!”
“A sabato.”
 

E fu così che l’ultimo sabato di settembre Hestia e Fleur si incontrarono per la prima di numerose sessioni di shopping terapeutico e risate tra donne di cui non si erano nemmeno rese conto di avere un estremo bisogno.



 

 

 
Nota dell’autrice:
Avevo bisogno di iniziare una nuova long? Ovviamente no!
Potevo resistere? Ovviamente no.
Prometto che saprò trattenermi e non ci saranno più di sette-dieci capitoli, anche perché ho già ben chiara la struttura e, anche se la sto scrivendo, dovrei riuscire a concluderla in un periodo piuttosto breve.
L’idea di un ballo per celebrare la guerra conclusa e per dare l’occasione a tanti di tornare in un luogo in cui hanno vissuto momenti stupendi, ma anche terribili, aiuterà i nostri eroi a venire a patti con quanto è accaduto durante la guerra.
Spero che vorrete imbarcarvi in questa avventura un po’ bizzarra e che vi divertirete come Hestia e Fleur a fare shopping.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 – Confessioni e progetti ***


In questo capitolo il focus sarà sul seguente prompt: 20. Fluff Alexandra Ashworth (1) e Alistair Ashworth (2).
 
 


 
Capitolo 1 – Confessioni e progetti
 
 
L’alba dell’ultimo sabato del settembre 1998 trovò Alistair Ashworth al risveglio dopo una notte agitata e quasi insonne come non gli capitava da anni. Quando fu evidente che non avrebbe dormito un minuto di più, Alistair si alzò e indossò una tuta, decidendo di provare a esorcizzare l’insonnia con una bella corsa ritemprante. L’aria fresca del mattino era un toccasana per il Cacciatore, che immaginava quella in corso come l’ultima delle sue stagioni da professionista: era ormai tempo di lasciare spazio a nuovi giocatori, più giovani e più affamati di vittorie di lui — giocatori come Oliver Baston, ad esempio. Il Quidditch gli sarebbe sicuramente mancato, dopo essere stato una parte così fondamentale per l’intera durata della sua vita adulta, ma con la fine della guerra e il ritorno di sua sorella nuovi scenari si aprivano davanti a lui, donandogli un futuro tutto da scrivere. Sarebbe finalmente arrivato il momento di mettere a frutto il corso di Spezzaincantesimi che aveva portato a termine dopo il diploma e dimostrare al mondo che in lui c’era di più, oltre alla buona mira e alla capacità di volare. E, a trentasei anni compiuti, era inutile negare che sentisse la voglia di condividere la propria vita con un’altra persona, metter su famiglia e riempire le sue giornate di momenti che non si era mai concesso di vivere prima.
L’appuntamento di quella sera con Hestia Jones lo rendeva molto più nervoso di quanto non volesse ammettere — non con la diretta interessata, per lo meno. Era come se averla incontrata nuovamente, a poche ore dall’improvviso risveglio dal coma di sua sorella, fosse stato un segno del destino: un segnale volto a indicargli la giusta direzione, la strada da percorrere per raggiungere la stabilità e, sperava lui, la felicità. Era un inguaribile romantico, anche se tentava di nascondere questo lato del proprio carattere dietro l’ostentata sicurezza, ma aveva da sempre sognato una famiglia come quella in cui era cresciuto, con due genitori innamorati e uniti, un paio di figli scatenati e una casetta che fosse un rifugio e non semplicemente quattro mura che la delimitavano dalla proprietà dei vicini. Negli anni aveva avuto qualche storia, anche se mai nulla di particolarmente serio, ed era stato con parecchie donne, eppure quella che provava nei confronti di Hestia era un’attrazione inspiegabile e percepiva concretamente la possibilità di costruire qualcosa di davvero speciale al suo fianco. La presenza di Aiden non costituiva affatto un problema per lui, tutt’altro, era solo incerto su quale fosse il modo migliore per farlo capire al suo recalcitrante oggetto dei desideri…
Con la testa affollata di questi pensieri, ma il corpo decisamente più rilassato rispetto a quando si era alzato dal letto, circa un’ora prima, Alistair fece ritorno verso casa dove trovò la sorella affaccendata ai fornelli.
“Hey, credevo fossi ancora a letto…” lo salutò Lexie.
“Non riuscivo a dormire,” confessò, avvicinandosi e curiosando l’impasto che lei stava rimestando nella ciotola.
“Tutto a posto?”
“Mhmm,” mormorò in risposta, stringendosi nelle spalle.
“Ne parliamo davanti a una pila di pancake?” propose Lexie.
“Dammi il tempo di una doccia veloce,” rispose Al, sparendo al piano superiore.
 
Meno di mezz’ora dopo i fratelli Ashworth erano seduti nella luminosa cucina della casa di Alistair, nella quale Lexie era ospite in attesa di trovare una casa propria.
“Sono fenomenali, Lex,” si complimentò Alistair, dopo aver assaggiato la prima forchettata.
“Ho usato la ricetta di mamma,” rispose lei, riportandogli alla mente le colazioni della domenica durante la loro infanzia: momenti in cui la casa profumava di vaniglia e sciroppo d’acero, del caffè che loro padre Edward gli faceva assaggiare per via dell’occasione speciale e delle gocce di cioccolato che la madre usava per disegnare facce buffe sui loro pancake.
“Adesso mi vuoi raccontare che ti passa per la testa, Al?”
“Non è niente,” si schermì lui.
“Alistair!”
Il Cacciatore sollevò le iridi cerulee dal proprio piatto per incontrare lo sguardo assottigliato, e un po’ preoccupato, che la sorella gli stava rivolgendo, “è solo che sono un po’ in ansia per questa sera,” ammise poi.
“Parli dell’appuntamento?” insistette Lexie, piegando le labbra in un sorriso sornione.
“Di che altro?” sbuffò Al.
“Partiamo dal presupposto che Hestia non avrebbe mai accettato se non fosse stata interessata, questo lo sai, vero?”
Alistair si passò una mano tra i capelli bagnati, arruffandoli, “immagino di sì.”
“E allora di cosa ti preoccupi?”
“Beh, diciamo che potrei aver detto a Hestia che riuscirò a convincerla a scegliermi come suo cavaliere al Ballo di Capodanno che si terrà a Hogwarts.”
“Mi sembra un’ottima idea,” annuì Lexie, sorseggiando il proprio caffè.
“Il punto è cosa ne pensa lei, non vorrei che mi considerasse un pallone gonfiato che mira solo a conquistarla per dimostrare a se stesso di esserne in grado, perché non è questo il motivo per cui la voglio accompagnare al ballo…”
“Ah no? E quale sarebbe la ragione?”
“È solo che vorrei iniziare l’anno nuovo al suo fianco, penso che il prossimo possa essere il vero anno della rinascita e mi piacerebbe cominciarlo accanto alla persona di cui desidererei essere degno,” ammise Al.
“E quando hai intenzione di confessarglielo, scusa?”
“Confessarle cosa?”
“Che ti stai innamorando di lei, ovviamente…” ghignò la sorella, roteando gli occhi vistosamente.
“Non vorrei spaventarla,” mormorò Al, “dopo tutto quello che ha passato con il padre di Aiden.”
“Giusto, ma tu non sei affatto simile a quell’individuo.”
“Certo che no, però lei ancora non ne può essere certa e io non voglio forzarla o impormi.”
“Sarebbe il caso che tu mettessi le carte in tavola, Al, da quel poco che conosco Hestia sono certa che preferisca l’onestà.”
“E se dovessi spaventarla?”
“Hai per caso intenzione di chiederle di sposarti?”
Il Cacciatore scosse la testa, “no, certo che no!”
“E allora direi che sei al sicuro,” lo rassicurò Lexie.
“Mhmm, spero che tu non ti stia sbagliando,” mormorò in tono estremamente serio.
Alexandra posò la tazza, allungando la mano per afferrare e stringere quella del fratello, “quindi ci stai pensando? Riesci a immaginare davvero un futuro al suo fianco, non è vero?”
“In realtà ci spero, lo vorrei tanto... ma mi sembra un po’ prematuro, almeno per ora…”
“Non hai risposto alla domanda, Al.”
“Tu come hai capito di amare Fabian?” chiese a bruciapelo Alistair.
Lexie deglutì, prima di sospirare e cercare di riordinare le idee.
“Scusa, non avrei dovuto chiedertelo sono stato insensibile…”
“Non ti scusare, è normale voler parlare di lui, è solo che mi manca immensamente… sono passati diciassette anni, ma per me è come se ne fossero passati poco più di due, considerato tutto il tempo che sono rimasta in coma e tutto quello che ho scoperto quando mi sono risvegliata, non ci ho riflettuto molto…”
“Non scusarti nemmeno tu, Lex, avrei dovuto pensare prima di aprire bocca e se non vuoi parlarne non c’è nessun problema,” la tranquillizzò il fratello, “davvero.”
“E invece è un problema per me, perché non voglio dimenticarmi di lui, né voglio evitare di ripensare a ciò che abbiamo condiviso insieme, perché ci siamo amati tanto e Fabian merita di essere ricordato,” dichiarò Lexie, “ero sicura che sarebbe durata per sempre, sai?”
“Credo che tutti lo pensino quando sono innamorati…”
Lexie sorrise nostalgicamente, accarezzando le fedi che portava al collo anche dopo tutti quegli anni, “già…”
“Cosa mi avevi chiesto?” domandò la donna, dopo una pausa che si era dilatata per svariati secondi.
“Come avessi capito di amarlo,” mormorò Alistair.
“Dai piccoli dettagli, come il fatto che mi aspettasse per andare insieme agli allenamenti di Quidditch, e poi anche a tornare, come mi conservasse almeno uno dei miei biscotti preferiti se arrivavo in ritardo a colazione, dai sorrisi che mi faceva quando James si rendeva ridicolo con Lily in sala comune…”
“E quando hai deciso di dirglielo?”
“Appena l’ho capito, Al.”
“Davvero?”
“Se c’è una cosa che ho imparato dalla vita è che se ami qualcuno devi dirglielo, anche se hai paura che non sia la cosa giusta, anche se hai paura che possa portare qualche problema… anche se hai paura che rovini completamente la tua vita.” ¹
“Detto così sembra impossibile che io non finisca con il distruggere tutto con Hestia, ancora prima di iniziare qualcosa con lei,” borbottò Al.
“Quanto sei melodrammatico, invece io sono convinta che andrà molto bene!”
“Dici?”
“Ma certo, basta che tu sia te stesso.”
“Affascinante, carismatico e bellissimo intendi?”
“Perché non lo dici a lei e ti fai affatturare?” ridacchiò Lexie, riscaldando i pancake di entrambi con la bacchetta.
“Tengo troppo al mio bel faccino per compiere una simile avventatezza.”
Lexie roteò gli occhi, “sei fortunato che sei mio fratello e ti voglio bene!”
 
*
 
Villa Conchiglia si stagliava splendente nella calda luce del pomeriggio e Fleur compì i pochi passi che la separavano dalla sua casa in una corsa leggera, ansiosa di riabbracciare il marito — nonostante di fossero salutati soltanto poche ore prima.
“Sono a casa, William!”
“In cucina…”
Lo raggiunse nella stanza che preferiva in assoluto e lo trovò intento ad armeggiare con le padelle.
“Che combini?”
“Ho pensato di sorprenderti con la cena, dopo la tua giornata fuori…”
“Ah oui?!”
Bill annuì, attirandola a sé per un abbraccio sporco di farina e un bacio sulla punta del naso all’insù che adorava.
“Mi sei mancata…”
“Anche tu, però Hestia è très sympa e mi sono proprio divertita.”
“Mi fa piacere, mi avevi detto che sentivi la mancanza di tua madre e tua sorella…”
“Non ho mai avuto un buon rapporto con mes amies… ma forse con Hestia sarà différent…”
“Sono sicuro di sì, credo che Hestia abbia capito quanto sei speciale.”
“Sei troppo di parte con me, William…” lo riprese Fleur, sorridendogli grata.
“Dico la verità su mia moglie.”
“Je t’aime,” ribattè Fleur, baciandolo con lentezza.
“Moi aussi,” ribattè Bill con un pessimo accento, dopo aver liberato le sue labbra.
“Che ne dici di invitare qui Hestia e Alistair uno dei prossimi weekend?” propose Fleur.
“Mi sembra un’ottima idea… stasera si vedono, quindi?”
Fleur annuì, “Hestia non lo vuole ammettere, ma lui le piasce…”
“Sono felice per loro.”
“Mhmm, anche io… lui è très charmant.”
“Ah sì? Devo essere geloso?”
“Certo che non… tu sei perfetto pour moi, William!”
“E tu lo sei per me Fleur,” mormorò Bill contro il suo soriso, prima di sollevarla sul bancone della cucina e baciarla lentamente sulle labbra, poi sul collo e sulle spalle, inebirato dal suo profumo di lavanda e vaniglia. La fece stendere sul ripiano infarinato e la trovò ancora più bella, imbiancata dalla polvere impalpabile, si accarezzarono guidati dal desiderio e si spigliarono ansiosamente — bramosi di lasciar entrare in contatto i loro corpi. Quando furono finalmente pelle contro pelle, Fleur lasciò scorrere le proprie dita lungo la schiena di Bill, insinuandosi tra i suoi capelli tagliati di recente, mentre l’uomo le lambiva l’incavo tra i seni che si alzavano e abbassavano affannosamente, a ritmo del respiro di Fleur.
La cena poteva decisamente attendere.
 

 

 


¹ Citazione tratta da Grey’s anatomy e più precisamente da una frase che Mark Sloane ha detto a Jackson Avery.
 
Nota dell’autrice:
Rieccomi qui, ad aggiornare questa storia un po’ sciocchina, eppure necessaria per riempirmi di gioia e tirarmi su in questo periodo difficile con l’incombenza di una possibile nuova zona rossa dove abito. Spero che le confessioni tra i fratelli Ashworth e i piani dei miei adorati Bill e Fleur siano stati di vostro gradimento e che la storia possa continuare a interessarvi. Vi anticipo che nel prossimo capitolo ci sarà un salto temporale che ci permetterà di avvicinarci al fatidico Ballo e rivedere Hogwarts.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 – La rilevanza dei ricordi ***


Questo capitolo sarà dedicato per la maggior parte al seguente prompt: 8. Kidfic Angelina Johnson (5) e George Weasley (9).
 


 
 
Capitolo 2 – La rilevanza dei ricordi
 
 
 
George osservò l’oggetto ancora da impacchettare che troneggiava sul tavolo della cucina, era sabato 17 ottobre e quella sera era stato invitato alla festa per il ventunesimo compleanno di Angelina, visto che il weekend precedente la ragazza era stata prima in ritiro e poi in trasferta con la squadra. L’idea di incontrarsi in gruppi numerosi lo metteva a disagio: proprio lui, che una volta era stato l’anima di ogni festa, non si sentiva più in grado di ricoprire quel ruolo — non da quando Fred lo aveva lasciato solo, rendendolo definitivamente incompleto. Nonostante questo però, aveva giurato ad Angelina che ci sarebbe stato, e non aveva alcuna intenzione di infrangere la propria promessa.
“È così difficile, Freddie,” mormorò tra sé e sé, osservando una vecchia foto che aveva recuperato sistemando la camera del proprio gemello insieme a Harry e Ginny e che gli aveva fornito l’idea per il regalo della festeggiata. Aveva infatti deciso di regalarle un album di foto magico, che aveva iniziato a riempire con l’aiuto di Alicia, Katie e Lee, era incantato in modo che si sarebbero aggiunte nuove pagine non appena quelle presenti fossero state riempite e aveva contattato gli amici più cari della ragazza per far scrivere loro una dedica in ognuna delle prime pagine. Sollevò la copertina in pelle e osservò la prima foto prescelta, fornitagli da Alicia, che ritraeva le tre ex compagne di squadra, con indosso la divisa da Quidditch rossa e oro, nel giorno della prima partita che le tre avevano giocato insieme al secondo anno di Katie. Nell’istantanea successiva era presente tutta la squadra al completo, dopo che Harry era stato scelto come Cercatore, lui e Fred erano abbracciati e facevano le smorfie che erano soliti fare ogni qualvolta si ritrovavano costretti, loro malgrado, a mettersi composti per scattare una fotografia. Finite le pagine dedicate al Quidditch, aveva inserito una selezione di foto scattate nei momenti liberi a scuola e, tra queste, spiccava uno scatto trovato tra le cose di Fred che aveva duplicato appositamente per lei e che ritraeva lui, Fred e Angelina nell’estate precedente a quella della loro prima partenza per Hogwarts. In quel giorno di luglio, i futuri compagni di Grifondoro si erano incontrati per la prima volta per le strade di Diagon Alley davanti alla vetrina di uno dei loro negozi preferiti in assoluto.
 
“Guarda, George! La nuova Nimbus 1990 ¹… non è stupenda?” la voce di Fred era entusiasta, mentre i due bambini osservavano il manico di scopa in bella mostra nella vetrina di Accessori di prima qualità per il Quidditch.
“Sarebbe un sogno poterla cavalcare…” ribattè l’altro in un tono che eguagliava quello del gemello.
“Se entrassimo nella squadra di Grifondoro magari potremmo convincere mamma e papà a regalarcele…”
“Già ci vedo, sfrecciare nel cielo di Hogwarts con la divisa di Grifondoro sulle spalle!”
“Fate parte della squadra di Grifondoro?” chiese una ragazzina, che si era piazzata alle loro spalle e osservava bramosa il manico di scopa in esposizione.
“Ci piacerebbe, ma… in realtà il prossimo sarà il nostro primo anno a Hogwarts,” ammise George.
“Ma non ci sono dubbi sul fatto che ovviamente finiremo a Grifondoro! È una tradizione ben radicata nella nostra famiglia,” spiegò Fred, piegando gli angoli della sua bocca in un sorriso orgoglioso.
“Ah, sì?”
I due annuirono, “senza dubbio!”
“E sapete anche che sarete parte della squadra?”
“Ovviamente, proprio come i nostri fratelli prima di noi, Charlie era anche il capitano della squadra, sai?!” 
“Charlie… volete forse dirmi che vostro fratello è il famoso Charlie Weasley? Il leggendario imbattibile Cercatore di Grifondoro?!” s’entusiasmò la ragazzina, saltellando e facendo sobbalzare le sue treccine.
“Ebbene sì,” confermo Fred, incrociando le braccia e annuendo.
“Mio fratello mi ha parlato di lui,” continuò la ragazza sorridendo, “io sono Angelina Johnson, piacere.”
“Noi siamo Fred…”
“… e George Weasley,” risposero i due gemelli, ricambiando il sorriso.
“Stavate ammirando anche voi la nuova Nimbus 1990?!” s’informò la ragazzina.
“Eh già, un vero sogno…” ribattè Fred.
“Forse, se venissi ammessa in squadra l’anno prossimo, potrei chiederla come regalo ai miei genitori.”
“Giochi anche tu?” domandò George.
“Ovviamente, sarò una giocatrice professionista in futuro!” esclamò Angelina in tono risoluto.
“E quale ruolo hai?” chiese Fred, alternando occhiate tra il manico di scopa e la nuova amica appena incontrata.
“Cacciatrice, mi sono sempre allenata con mio fratello,” chiarì lei.
“Noi non abbiamo mai fatto giocare la nostra sorellina con noi,” ribattè Fred.
“E perché mai?” s’infiammò Angelina.
“Beh, perché ha solo otto anni,” spiegò George.
“E quindi?”
“È troppo piccola!” dichiarò Fred.
“Invece no, io mi alleno da quando ho ricevuto il mio primo manico di scopa e di anni ne avevo cinque.”
“Avevi una tua scopa tua già da così piccola?” si stupì Fred, mentre lei annuiva.
“Wow, che invidia!” aggiunse Fred, occhieggiando ancora la scopa esposta.
“Sei proprio forte, sai?” commentò George.
“Grazie,” sorrise lei, “anche voi lo siete, ma dovreste far giocare vostra sorella con voi…”
“E chi ti dice che lo voglia, scusa?” la sfidò Fred.
Angelina scrollò le spalle, “sinceramente essendo vostra sorella non me la immagino come una che gioca con le bambole… avete detto che anche l’altro vostro fratello giocava, no?”
I due annuirono e lei continuò: “deve avere il gioco nel sangue.”
“Beh, in realtà abbiamo un altro fratello maggiore, ma lui ha sempre la testa infilata nelle pagine di un libro… quindi, magari Ginny potrebbe aver preso da lui, chi lo sa?!” borbottò Fred, scrollando la testa.
“Credo che lo scoprireste se glielo chiedeste, di certo non lo posso sapere io…”
“Mhmm, potresti avere ragione,” le concesse Fred, grattandosi il mento.
“Magari lo faremo,” annuì George.
“E voi in che ruolo vorreste giocare?”
“Oh, il nostro sogno è diventare battitori,” chiarì Fred, mentre George annuiva al suo fianco.
“Credo che potreste essere l’incubo di tutti gli avversari in effetti… siete assolutamente identici!”
“In realtà qualche differenza c’è,” iniziò a dirle George.
“Già, ovviamente io sono il più bello,” chiarì Fred, inarcando beffardamente le sopracciglia e ottenendo in risposta una risata divertita da Angelina e una gomitata dal gemello.
“Il più bello casomai sono io… e anche il più intelligente,” ribattè George, strizzando l’occhio alla nuova amica.
“Eccoti qui, Angie!” esclamò un ragazzo alto dalla pelle color caffelatte, che stringeva tra le mani una fotocamera magica.
“Sono venuta a vedere la nuova Nimbus,” rispose la ragazzina, “dici che, se entro in squadra l’anno prossimo, mamma e papà me la regaleranno per il compleanno?”
“Facciamo che prima dovrai entrare in squadra e poi attenderai il 5 ottobre per scoprirlo, che ne pensi?”
Angelina ridacchiò, “posso contare sul fatto che tu gli dirai quanto la desidero?”
“Certo, già lo sai che farei di tutto per te… sei pur sempre la mia sorellina! E loro chi sono?” domandò il ragazzo, indicando i gemelli, che erano rimasti in silenzio ad assistere allo scambio tra i fratelli Johnson.
“Lui è mio fratello Andrew e loro invece sono i miei nuovi amici George e Fred Weasley,” rispose Angelina, indicando prima l’uno e poi l’altro, riuscendo a riconoscerli senza problemi.
“Hey, ma come hai fatto a non scambiarci?” le domandò George, ammirato.
“Mhmm, non siete poi così identici in realtà…”
“Nessuno ci riconosce così facilmente, tranne la mamma,” si rabbuiò lievemente Fred.
“Vi dispiace così tanto che io ci riesca?”
George scosse la testa, “certo che no!”
“È solo che stavamo già pianificando degli scherzi in cui avremmo indossato l’uno i panni dell’altro,” spiegò Fred, “se però tu ci riconosci, chi ci assicura che non lo farà anche qualcun altro?”
“State tranquilli, io sono un’osservatrice molto attenta, ma il vostro segreto è al sicuro con me,” promise Angelina.
“Davvero?” s’entusiasmarono i due.
“Ma certo!”
“Hey, che ne dite di una foto insieme?” propose Andrew, “per immortalare il momento esatto del vostro primo incontro?”
“Perché no?!” i tra bambini si posizionarono di fronte alla vetrina, con Angelina a fianco di George, al centro dell’istantanea.
“Vi farò avere le copie quando ci vedremo a scuola,” promise la ragazza prima di salutarli.
“Tanto ci vedremo a Grifondoro!” esclamò George.
“Una giusta come te non potrebbe essere smistata in nessun’altra casa,” concluse Fred, indirizzandole un sorriso compiaciuto.
La risata di Angelina risuonò nella via, mentre si allontanava stringendo la mano del fratello.
 
George non avrebbe mai potuto immaginare il legame che si sarebbe instaurato con Angelina, anche se già dopo quel primo incontro era rimasto colpito dal suo sorriso e dalla sua forza d’animo, oltre che dalla fiducia nei propri mezzi. Ciò che preferiva del loro rapporto, soprattutto in un momento difficile come quello che stava vivendo, era la naturalezza con cui riusciva a parlare con lei di ogni cosa — incluso Fred, che tante persone avevano timore di nominare. Angelina era un’amica preziosa, non si era arresa quando in certi momenti chiunque lo avrebbe fatto ed era riuscita a rimanergli accanto e a convincerlo a uscire dal bozzolo in cui si era richiuso, quasi fosse un bruco timoroso all’idea di trasformarsi in farfalla. Tentò di replicare l’incantesimo che sua madre faceva per impacchettare i regali e osservò lievemente deluso il risultato, era certo che Angelina avrebbe apprezzato il contenuto, nonostante l’aspetto esteriore non fosse particolarmente accattivante.

 
*
 

Quando Bill scese al piano inferiore dopo la doccia, il profumo dolce e caramellato di mele e vaniglia permeava l’aria della cucina e Fleur canticchiava tra sé una melodia francese che ultimamente aveva imparato a conoscere.
“Mhmm, che profumino delizioso,” mormorò avvicinandosi di soppiatto e abbracciandola da dietro, inalando l’aroma floreale del suo shampoo alla lavanda mischiato a quello della salsedine che ormai caratterizzava l’aroma di entrambi.
La donna si appoggiò contro il petto del marito e sorrise nell’incavo tra la spalla e il collo, sfiorando la barba che da qualche settimana adornava il volto dell’uomo, rendendolo ancora più affascinante, “credi che la tarte tatin gli piascerà?”
“Sono sicuro di sì, sai bene che tutti s’innamorano dei tuoi dolci francesi,” le ricordò Bill, baciandola sulla punta del naso.
“Tua madre all’inizio non era tonto convonta…” mormorò Fleur.
“È difficile smuovere mia madre dalle sue idee, ma dopo che l’ha assaggiata te la chiede quasi ogni volta che ci vediamo,” le fece notare Bill, scrutandola intensamente, “e comunque ho idea che Hestia e Alistair non siano dei critici così difficili da accontentare, non credi anche tu?”
La risata musicale di Fleur risuonò nella stanza, mentre gli occhi cerulei della ragazza venivano riempiti da una luce divertita e Bill si ritrovò irrimediabilmente attratto da quelle labbra morbide piegate in un sorriso affascinante. S’abbassò, sfiorando la pelle delicata del suo collo, per poi lambirne l’orecchio decorato da un semplice paio di cerchi argentati, le sue labbra bramose si schiusero finalmente su quelle di Fleur, ingoiandone i gemiti di piacere che l’assalto alla sua pelle nivea avevano scatenato. La donna si voltò nell’abbraccio del marito, per riuscire a ricambiare al meglio quel bacio tanto agognato, mordicchiò il labbro inferiore di Bill, reclamando l’accesso alla sua bocca e lasciando che le proprie mani s’insinuassero nei suoi capelli, mentre quelle grandi di lui accarezzavano la sua pelle coperta da un semplice vestito color acquamarina — infiammandone ogni centimetro. Le dita lievemente callose di Bill sfioravano il corpo sinuoso della moglie, toccando i punti che sapeva essere più sensibili alle sue carezze, sfruttando la mappa mentale costruita momento dopo momento, scoprendo ogni volta nuovi metodi per farla fremere di piacere tra le sue braccia e sentirla pregare per averne di più. Fleur inarcò il proprio corpo, mordendo con più forza il labbro inferiore di Bill e ottenendo un gemito gutturale in risposta, prima di toccare con esigenza i pettorali coperti dalla camicia verde bosto, percependo il battito erratico del cuore del marito..
“Je t’aime,” le rammentò Bill, prima di reclamare nuovamente le labbra di Fleur per un altro bacio.
“Moi aussi,” sorrise lei, contro la sua bocca, tentando di riprendere fiato, “temo che però dovremo rimandare tutto questo a plus tard…”
“Hai ragione, del resto abbiamo tutta la notte, no?” ribattè Bill, baciandola un’ultima volta.
E tutta la vita,” aggiunse Fleur, mostrandogli ancora una volta tutta la sua forza.
Fu con il sorriso sulle labbra, che Bill andò ad aprire la porta a Hestia e Alistair che avevano invitato per la prima volta a cena da loro.
“Avete una casa stupenda,” li salutò l’Auror, abbracciando la padrona di casa.
“Questa baia è un incanto,” aggiunse Alistair, porgendo due bottiglie di vino elfico.
“Oui, sce ne siamo innamorati subito,” rispose Fleur, osservando il panorama mozzafiato che si stagliava di fronte alla loro cucina; la guerra appena conclusa non aveva fatto altro che rinnovare in lei necessità di circondarsi di quanto c’era di bello nel mondo. La spiaggia selvaggia presso la quale si trovava Villa Conchiglia era l’oasi perfetta per lei e Bill: il posto in cui potevano scordare le mostruosità del passato e tentare di rimpiazzare i ricordi tragici con momenti felici insieme; non avrebbero mai scordato le persone perdute, o le macerie lasciate dalla battaglia, ma avrebbero iniziato a costruire insieme il futuro che si meritavano.
“Posso capirne il motivo,” annuì Hestia, seguendo lo sguardo dell’amica.
“Avete detto che vi piace il pesce, vero?” domandò Bill.
“Sì, lo adoro,” lo rassicurò Hestia.
“Io mangio tutto!” ridacchiò Alistair, stemperando l’ultimo velo di tensione che poteva esserci tra i quattro.

 
*
 

Lee stava improvvisato una serie di cocktail sempre più improbabili, assistito da un esilarato Cormac e da una spazientita Katie. Harry, Ron, Dean e Alicia invece ridacchiavano insieme a Percy e Audrey, che avevano accettato entusiasticamente l’invito, mentre Oliver stava ovviamente conversando di Quidditch con alcune compagne di squadra della festeggiata.
“Dici che ne parla anche di notte?” domandò Angelina, mentre George la aiutava con la torta.
“Chi?” ribattè lui distrattamente.
“Oliver!”
“Di Quidditch dici?”
La Cacciatrice annuì.
“Probabilmente sì, povera Katie…”
“Però è palese quanto quei due si amino, non trovi?”
“Ma certo che lo è…” sorrise George, “va avanti sin dal primo momento in cui l’ha vista giocare e l’ha voluta in squadra, secondo me.”
“Anche io e Alicia ne siamo certe.”
“Fred lo prendeva in giro continuamente,” sussurrò George.
Tirare fuori il nome del gemello gli veniva naturale quando si trovava con lei, che non insisteva, non lo metteva a disagio e sapeva semplicemente ascoltarlo, oppure ridere insieme a lui per i ricordi più assurdi. Certi giorni gli sembrava di starsi dimenticando di lui, ma quando era con Angelina era certo che non fosse affatto così e che il fratello sarebbe sempre stato una parte importante nella sua vita — anzi, fondamentale.
“Era una delle sue caratteristiche principali, in effetti…” concesse Angelina.
“Già, sapeva essere un tale rompiscatole!”
“Ma il bello era proprio questo.”
“Certi giorni mi manca così tanto, che non sono sicuro di riuscire ad arrivare alla fine della giornata,” ammise in un sussurro.
“Sai che puoi contare su di me, vero?”
George annuì, ricambiando la stretta delle dita di Angelina.
“E anche su tutti i presenti… forse non capiamo l’entità del tuo dolore, ma faremo del nostro meglio per starti vicini, George.”
“Lo so, Angie…”
“Hey, mi pareva di averti detto che odio essere chiamata così,” lo rimbeccò.
“Nemmeno se sto soffrendo?” ribattè, osservandola di sottecchi.
“Te lo concedo, ma solo se stai soffrendo,” sbuffò lei, sorridendogli.
“Allora è deciso…” ricambiò il suo sorriso con uno che era sincero, ma non arrivava ai suoi occhi e non coinvolgeva il resto del viso — tutto quello che poteva offrirle in quel momento.
“Spero non ne abuserai…” roteò gli occhi la festeggiata.
“Io? Per chi mi hai preso?”
“Mhmm, e chi lo sa?” ridacchiò lei, passandogli i piattini.
“Buon compleanno,” le sussurrò, sfiorandole la guancia con un bacio.
“Grazie, George.”



 

 
 
¹ Ho inventato io il nome del manico di scopa in questione, che immagino come il modello precedente alla Nimbus 2000 che ha cavalcato Harry nei primi anni a Hogwarts.
 
Nota dell’autrice:
Allora, in realtà ci sarebbero dovuti essere solo George e Angelina qui, ma Bill e Fleur sanno essere molto insistenti e io non so dirgli di no, perché li adoro troppo…
Spero di essermela cavata con la kid!fic, visto che era il tema preponderante del capitolo.
Ci tenevo però anche a mostrare la prima serata a quattro tra Bill e Fleur e Hestia e Alistair, che mi piacciono proprio tanto insieme e sicuramente riproporrò.
I ricordi a cui alludo nel titolo sono quelli catturati dalle foto dell’album, ma anche quelli che i nostri personaggi stanno creando in questo momento, che rivivranno in futuro.

Ci vediamo presto con un capitolo incentrato su Percy.

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