The Ghost and the Reaper

di Abby_da_Edoras
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima parte ***
Capitolo 2: *** Seconda parte ***
Capitolo 3: *** Terza parte ***



Capitolo 1
*** Prima parte ***


The Ghost and the Reaper (prima parte)

 

Lifeless in my arms
Fallen for my charms

Dark tale of a dark love
Poetry of poison
The Ghost and the Reaper

Grim verse from a grim soul
History of heartless
The dream and the dreamer

Sour words from a sour heart
Hollow and so hopeless
The scream and the screamer…

(“The Ghost and the Reaper” – The Dark Element)

 

Le navi vichinghe si stavano dirigendo verso Kattegat, era finalmente giunto il momento della verità e i norreni erano molto soddisfatti, certi che l’armata che avevano riunito avrebbe spazzato via Ivar e i suoi senza alcun problema.

Bjorn e Lagertha si trovavano sulla nave che guidava la flotta, insieme ai loro uomini e all’esercito di Re Harald; Ubbe e Torvi erano su un’altra nave insieme a Hvitserk, Aethelred e il contingente delle truppe danesi che avevano scelto di accompagnarli. Seguivano le altre navi su cui erano imbarcati i soldati Sassoni e altri vichinghi che erano stati ben lieti di seguire Bjorn La Corazza nella sua nuova impresa. In totale si trattava di una flotta di più di venti navi che incuteva timore già solo a vederla passare…

Hvitserk aveva voluto che Aethelred viaggiasse con lui invece che con il suo esercito, che era stato affidato al comando di un altro capitano dell’esercito sassone. Il viaggio, tuttavia, perlomeno nelle sue prime fasi divenne un incubo per il povero Principe che non era mai salito su una nave in tutta la sua vita e trascorse i primi due giorni in preda a un terrificante mal di mare. La cosa più atroce era che, comunque, non poteva scendere e quindi il malessere continuava a tormentarlo, giorno e notte, ora dopo ora, senza dargli tregua, tanto da fargli pensare che si sarebbe volentieri gettato in mare e avrebbe cercato di raggiungere Kattegat a nuoto. Non aveva sofferto così tanto nemmeno quando era stato avvelenato! E pensare che il mare non era nemmeno troppo agitato, visto che si era in primavera e i vichinghi avevano avuto la fortuna di non imbattersi in qualche tempesta…

Ma per Aethelred era comunque un lungo incubo nero!

Il terzo giorno, fortunatamente, il malessere iniziò a passare e il povero giovane riuscì a rendersi conto di dove si trovasse, come e perché. Hvitserk gli era stato sempre accanto e aveva rimproverato con decisione chiunque si fosse permesso di ridere del mal di mare del suo Aethelred. Il Principe, tuttavia, pur nel suo obnubilamento, si era reso conto del fatto che stava facendo una figura ben poco eroica e che questo lo avrebbe fatto apparire ancor meno degno di stare accanto a un figlio di Ragnar. Anche dopo che la nausea passò, Aethelred era comunque molto debole e non riusciva a reggersi in piedi.

“Sono solo un peso per voi, altro che aiutarvi a riconquistare Kattegat” si lamentò con Hvitserk, non appena riuscì a trovare la forza di mettere due parole in fila. “Dopo avermi visto così chi mai sarà disposto a seguirmi in battaglia? Altro che guerriero, sono inutile e ti ho costretto a occuparti di me, mi dispiace…”

“Oh, beh, tanto non è che avessi chissà cosa da fare!” scherzò il vichingo. “Il viaggio durerà ancora tre giorni, forse meno se i venti saranno favorevoli, ma finché non saremo giunti presso Kattegat non ci sono molti posti dove andare né cose da fare, siamo su una nave, punto. E il fatto che ti sia sentito male non significa che tu non sia comunque un grande guerriero, vuol dire solo che non avevi mai viaggiato per mare. Credi che non sia capitato anche ad altri vichinghi?”

“Cerchi solo di farmi sentire meglio” replicò Aethelred. “I vichinghi non soffrono il mal di mare, sarebbe ridicolo!”

“Guarda che non è che nasciamo su una nave! E’ vero, iniziamo a viaggiare per mare quando siamo ancora dei ragazzini e quindi ci abituiamo subito, ma il primo viaggio è difficile per tutti, cosa credi? Qualcuno è più fortunato, qualcuno meno… ma ti posso assicurare che anche molti dei guerrieri che vedi qui hanno vomitato le budella il primo giorno di mare aperto. Ora fanno i gradassi e fanno finta di non ricordarlo!” rise Hvitserk.

Aethelred non sembrava molto convinto, ma poi si accorse che, effettivamente, gli altri vichinghi non lo trattavano con disprezzo come lui temeva. E’ vero, qualcuno aveva riso i primi due giorni vedendolo in quelle condizioni ma, ora che si era ripreso, era come se avesse superato una prova importante e questo li spingeva a considerarlo ancora di più uno di loro.

Intanto la flotta era sempre più vicina a Kattegat e questo iniziò a provocare delle discussioni tra i fratelli, che non erano d’accordo su come affrontare Ivar e i suoi. Quando Kattegat era a poco più di un giorno di navigazione, i figli di Ragnar si riunirono per discutere della strategia da adottare.

“Non abbiamo bisogno di alcuna strategia” tagliò corto Bjorn, che aveva già deciso per tutti senza consultarsi con nessuno. “La nostra flotta è potentissima e abbiamo un’armata formata da ben quattro eserciti diversi. Ivar non ha nessuna possibilità contro di noi, sbarcheremo e attaccheremo.”

Ubbe, sempre prudente, non era d’accordo.

“Ivar sarà pure impazzito, ma non è uno sciocco ed è sempre stato il miglior stratega tra tutti noi” obiettò. “Credi forse che non abbia messo alcuni suoi uomini di guardia per avvistare le navi nemiche? Se ci dirigiamo direttamente contro Kattegat, daremo a Ivar il tempo di allestire le sue difese, perché lui saprà che stiamo arrivando con almeno mezza giornata di anticipo. E magari, chissà, potrebbe aver già messo in conto il nostro attacco e aver pensato a un piano di difesa fin dallo scorso inverno.”

“No, questo non lo credo” intervenne Hvitserk. “Lo scorso inverno, quando io sono partito da Kattegat, Ivar parlava di trovare degli alleati per poi invadere e razziare in Inghilterra. Non pensava a difendersi, bensì ad attaccare.”

“Un motivo in più per essere prudenti” ribadì Ubbe. “Ivar potrebbe aver già trovato gli alleati che cercava e avere un esercito grande quanto il nostro. Dovremmo sbarcare in una rada prima di Kattegat e proseguire a piedi con gli eserciti, così le spie di Ivar non potranno sapere niente delle nostre navi e non sapranno che stiamo arrivando finché non piomberemo loro addosso.”

“Se la pensi così, Ubbe, nessuno ti impedisce di fare quello che vuoi” ribatté secco Bjorn. “Ferma la tua nave nella prima insenatura che trovi e raggiungici con i tuoi quando noi avremo già conquistato Kattegat!”

“Non mi sembra il caso di dividerci proprio adesso, non vi pare?” riprese Hvitserk, cercando di mettere pace. Aveva già vissuto una situazione simile tempo prima e non voleva ripeterla. Se si fossero divisi, lui avrebbe dovuto ancora una volta decidere quale fratello seguire… “Ubbe ha ragione, forse sarebbe meglio essere prudenti, con Ivar non possiamo mai sapere. Ma ha ragione anche Bjorn, perché non abbiamo mai avuto un esercito così immenso. Se anche Ivar allestisse una difesa, non avrebbe scampo contro di noi.”

“Dunque proseguiamo come ho detto io? Sei d’accordo, Ubbe?” domandò Bjorn.

Ubbe probabilmente non era del tutto d’accordo, ma neanche a lui piaceva l’idea di separarsi dagli altri, era meglio avere l’armata al completo per affrontare Ivar, che fosse arrivando via mare o via terra.

“Sì, andiamo avanti come vuoi tu, Bjorn” concesse il vichingo.

E così fecero. La flotta proseguì la navigazione e nel pomeriggio del giorno seguente approdò in un’insenatura vicina alla baia di Kattegat, separata dalla cittadina solo da un versante collinare.

Ubbe, tuttavia, non aveva avuto tutti i torti a pensare che Ivar, paranoico com’era, avesse messo delle guardie a presidiare i confini della cittadina. Un gruppo di uomini e shieldmaiden vide lo sbarco della flotta e si affrettò ad andare a comunicare al sovrano che i nemici erano appena arrivati.

“Si tratta di un esercito molto grande, sono uomini di Bjorn e Lagertha, ma c’è anche un esercito straniero, credo formato da Sassoni” disse una delle spie. “Ho visto anche Ubbe e Torvi e un comandante che non conosco, dev’essere lui il sassone che guida l’esercito.”

“E non è una bella notizia, questa?” replicò Ivar, che sembrava più compiaciuto che preoccupato per l’arrivo dei suoi avversari. “I Sassoni mi temono così tanto che hanno voluto precedermi e si sono alleati con i miei fratelli per combattermi prima che sia io ad invadere le loro terre. Anche in Inghilterra conoscono la mia potenza e la forza del mio esercito!”

Le guardie di Ivar parevano non condividere l’entusiasmo del loro Re. Si guardarono perplesse prima di continuare a riferire ciò che avevano visto.

“Mio signore, si tratta di un’armata davvero molto grande” ribadì un soldato. “Come ho già detto ci sono più eserciti riuniti insieme, gli uomini di Bjorn, Lagertha e Ubbe sono riusciti ad allearsi con l’esercito di Re Harald, c’è anche lui. Poi c’è il contingente sassone e anche delle truppe di Danesi e… ho visto anche tuo fratello tra i nemici.”

“Quale fratello? Ne hai già nominati due” fece Ivar, con un sorriso soddisfatto che faceva capire quanto bene avesse già compreso la situazione. “Hvitserk, vero? Non è una sorpresa per me, me lo sono aspettato dal giorno stesso in cui è scappato da qui. Sapevo che mi aveva tradito, che era tornato strisciando a chiedere perdono a Ubbe e Bjorn e che, prima o poi, sarebbe tornato per combattermi. No, non è una sorpresa per me, ma la sorpresa la farò io a loro!”

Gli occhi di Ivar scintillavano. Le sue guardie pensarono, non per la prima volta, che il loro Re non ci stesse proprio tutto con la testa…

“Mio signore, so che le difese di Kattegat sono formidabili e che tu hai sicuramente un piano strategico per intrappolare i nemici, ma… ecco, tu non hai visto quant’è grande questa armata. Come ho detto, si tratta di almeno quattro eserciti diversi che si sono uniti per conquistare la città…”

“Va bene, ho capito benissimo” Ivar interruppe la shieldmaiden che aveva parlato e le sorrise, parlando in tono mellifluo e condiscendente. “Una grande armata, un’armata immensa, ci sta minacciando. I miei fratelli hanno trovato il modo di mettersi d’accordo pur di combattermi, sto per incontrare il mio fato, finalmente! Ma anche loro stanno per incontrare il proprio. Un’armata è grande e imbattibile se resta unita, ma cosa succederebbe se riuscissimo a dividerla?”

Ancora una volta gli informatori di Ivar si scambiarono sguardi perplessi.

“Oh, i miei fratelli non si aspettano neanche lontanamente quali sorprese io abbia in serbo per loro… per quel traditore di Hvitserk, principalmente, ma anche per tutti gli altri!” rise Ivar, molto sicuro di sé e per nulla impensierito dalle notizie che le sue spie gli avevano portato. Sembrava, anzi, che fosse felice di poter finalmente dare una lezione ai fratelli che lo avevano sempre disprezzato. Adesso avrebbero capito quanto valeva, avrebbero capito che lui era un dio e che loro erano folli a cercare di contrastarlo!

Già, erano loro ad essere folli, certo…

Intanto Bjorn e gli altri avevano lasciato i soldati ad allestire l’accampamento e a preparare le tende e avevano risalito il pendio dal quale potevano avere una perfetta visuale di Kattegat, delle sue fortificazioni, delle difese approntate da Ivar.

“La città è ben difesa, saprà sostenere un assedio” commentò Ubbe. Non voleva dire a Bjorn Te l’avevo detto ma, insomma, lui in effetti glielo aveva detto! “Sono sicuro che Ivar abbia saputo in tempo che stavamo arrivando e che stia approntando anche delle trappole.”

“Faccia pure, non ci spaventa” ribatté Bjorn, la cui sicumera rivaleggiava con quella di Ivar. “Abbiamo moltissimi soldati, accerchieremo Kattegat da ogni parte e, una volta penetrati in città, Ivar non avrà scampo.”

“Ubbe, tu dovrai restare a riposo, non sei ancora in condizioni di combattere” disse Torvi al marito. “Io e Lagertha resteremo con te nell’accampamento e, del resto, qualcuno dovrà rimanere a proteggere i nostri figli.”

“Non preoccuparti, Ubbe, ce la caveremo anche senza di te” scherzò Hvitserk, cercando di tirare su il morale al fratello che continuava ad essere preoccupato per ciò che Ivar avrebbe potuto fare e dispiaciuto di non poter dare il suo aiuto.

Stava scendendo la sera. Bjorn diede ordine ad alcuni soldati di restare di guardia in cima al pendio collinoso per accertarsi che ad Ivar non saltasse in mente di ordinare a qualche suo fedele di sgattaiolare nell’accampamento per uccidere i suoi fratelli… sarebbe stato perfettamente nel suo stile. Poi i figli di Ragnar e i loro alleati fecero ritorno alle loro tende per mangiare, riposare e pianificare la strategia da adottare il giorno dopo.

“Attaccheremo all’alba” disse Bjorn mentre cenavano. “L’esercito guidato da me si unirà a quello dei Danesi e cercheremo di buttare giù il portone principale di Kattegat per penetrare all’interno ma, al contempo, Hvitserk, Re Harald e i Sassoni attaccheranno da dietro, da dove Ivar non si aspetta. Quando tutti saremo dentro, inizierà la vera battaglia.”

“Sei così sicuro che Ivar non si aspetti un attacco su due fronti?” obiettò Ubbe. “Abbiamo già capito che sa tutto di noi e che si sta preparando a un assedio.”

“Cosa importa se Ivar se lo aspetta?” ribatté Bjorn. “Noi abbiamo un’armata immensa e, per quanto Ivar possa difendersi bene, il nostro esercito è almeno quattro volte il suo. Lo schiacceremo!”

Bjorn continuava a parlare tutto entusiasta della battaglia imminente, a descrivere come avrebbero distrutto il portone, a come si sarebbero dovuti pitturare il volto di bianco e blu per distinguersi rispetto ai fedeli di Ivar e così via. Ubbe lasciò la compagnia e tornò alla sua tenda con Torvi. Non era soltanto il fatto di non poter dare il suo contributo nel combattimento, aveva un brutto presentimento ma non sapeva dargli un nome.

Anche Aethelred, tuttavia, non condivideva l’ottimismo sfrenato di Bjorn. Ciò che aveva detto Ubbe lo aveva colpito, lui non conosceva Ivar ma dai discorsi che aveva udito aveva compreso che ci si poteva veramente aspettare di tutto. Chissà, forse sfondare le porte della fortificazione sarebbe stato facile… solo per scoprire che, all’interno, Ivar aveva preparato delle trappole che avrebbero straziato i soldati. Aethelred non aveva paura di morire, il suo terrore più grande era che potesse accadere qualcosa a Hvitserk.

“Dovremmo andare a dormire anche noi” disse il Principe al giovane vichingo. “Domattina ci aspetta una dura battaglia e dovremo essere al massimo delle nostre potenzialità.”

“Sì, credo che tu abbia ragione” concordò Hvitserk. “Nonostante l’entusiasmo di Bjorn, anch’io temo che Ivar possa aver fortificato Kattegat in modi che noi non ci immaginiamo neppure. Del resto, è stato lui ad avere l’idea di farsi costruire quella specie di imbracatura di ferro per riuscire a camminare… Dovremo essere pronti a tutto.”

Mentre si avviavano verso la loro tenda, Aethelred afferrò il braccio di Hvitserk.

“Senti… sei sempre dell’idea che tocchi a te uccidere Ivar?” gli domandò.

“Su questo non ho dubbi: è il mio fato e la mia espiazione” rispose il giovane.

“Va bene, però almeno promettimi che resteremo insieme” insisté Aethelred, oppresso da un’angoscia oscura. “Combatteremo fianco a fianco, ci sposteremo e lotteremo insieme qualsiasi cosa accada e, quando sarà il momento, ti aiuterò a uccidere Ivar. Promettimelo.”

Hvitserk sorrise, intenerito.

“Va bene, te lo prometto” rispose. Lo baciò dolcemente e, stringendolo a sé, riprese con lui il sentiero verso la loro tenda. Dovevano riposare perché il mattino seguente si sarebbero destati prima che il sole sorgesse per dare battaglia alle prime luci.

Non andò così.

Mancava ancora un’ora al sorgere del sole quando i vichinghi furono svegliati all’improvviso da urla, imprecazioni e grida atterrite che provenivano da Kattegat… e numerosi fuochi accesi rischiaravano le tenebre, sebbene l’alba fosse ancora lontana.

Bjorn e gli altri si prepararono in tutta fretta, cercando di riordinare gli eserciti alla bell’e meglio, convinti che Ivar li avesse anticipati e stesse attaccando il loro accampamento. Invece, quando giunsero in cima al pendio, non videro i soldati di Kattegat dirigersi contro di loro, bensì qualcosa di molto più terribile, atroce e malvagio…

Fine prima parte

 

 

 

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Capitolo 2
*** Seconda parte ***


Seconda parte

 

We are the Eden's curse
For better and for worse
For you left for your ghost
And I am the reaper of souls

The pyres burning bright
Flames reaching for the sky
Now you are gone but
I'll write the eulogy for you

Cold is stream
Colder my blood and
Cold is the night colder your heart…

 (“The Ghost and the Reaper” – The Dark Element)

 

Davanti allo sguardo sgomento di Bjorn, Ubbe, Lagertha e tutti gli altri si presentò uno spettacolo atroce, al quale forse non erano preparati, nonostante conoscessero bene la perversione di Ivar e la sua completa insensibilità nei confronti del prossimo. Non che i vichinghi, generalmente, fossero dei santi, certo, ma una cosa del genere superava anche le razzie e i massacri compiuti da loro.

Non era ancora l’aurora, ma la scena era chiarissima per via delle torce infuocate che i soldati di Ivar tenevano in mano. Le guardie avevano fatto uscire dalla cittadina intere famiglie di Kattegat, anziani, donne, ragazzine, bambini, e li conducevano verso una radura poco distante, spintonandoli e prendendoli a calci e pugni se solo osavano fermarsi. Quando qualcuno di loro cadeva a terra, un soldato immediatamente dava fuoco al poveretto e lo lasciava bruciare vivo senza batter ciglio. Le persone si stringevano le une alle altre, urlavano, piangevano, imploravano pietà, ma le guardie di Ivar non si lasciavano commuovere.

“Ma che sta facendo quel disgraziato?” esclamò Ubbe. Nonostante le sue ferite, avrebbe voluto slanciarsi giù dal pendio, colpire i soldati, insomma, qualsiasi cosa piuttosto che stare lì ad assistere a quello spettacolo tremendo.

“Quella è la sua gente, sono i suoi sudditi… come può fare una cosa del genere? Non è solo pazzo, quell’Ivar è un mostro” mormorò Aethelred, impietrito.

Accanto a lui, invece, Hvitserk era fin troppo agitato.

“Sono suoi sudditi, ma in realtà sono suoi prigionieri! Molti fra la gente di Kattegat non accettano Ivar come sovrano e tanto meno come dio, ci sono stati dei tentativi di rovesciarlo e… quella è Thora, con la sua famiglia, i suoi fratellini, i suoi genitori, e quegli altri ragazzi avevano parlato con Thora e me quando ancora cercavamo di cospirare contro Ivar dall’interno! Non possiamo lasciarli morire, dobbiamo andare subito…” gridò il giovane vichingo, fuori di sé come Aethelred non lo aveva mai visto.

Fu la voce di Ivar a interromperlo. Era sui bastioni e si rivolgeva ai fratelli con scherno, ridendo.

“Ebbene, cosa farete adesso?” esclamò. “Bjorn, manderai il tuo intero esercito ad attaccare Kattegat lasciando morire i tuoi stessi concittadini? E tu, Hvitserk, guarderai la tua amante Thora bruciare viva insieme alla sua famiglia? O magari sceglierete di salvare la gente, ma allora dovrete dividere la vostra armata e i miei soldati schiacceranno i vostri eserciti… Cosa scegliete, miei cari fratelli?”

“Non possiamo lasciar morire tutte quelle persone” disse Torvi.

“Ma non possiamo nemmeno dividere gli eserciti” commentò Lagertha, fissando Ivar con odio.

“Voi state pure qui a discutere, ma io vado a salvare Thora e la sua famiglia!” esclamò Hvitserk.

Aethelred non disse e non fece niente, tanto era rimasto orripilato dalla fredda malvagità di Ivar e straziato dalla notizia che, a quanto pareva, Hvitserk aveva qualcuno di molto caro a Kattegat, qualcuno di cui non gli aveva mai parlato, qualcuno per cui era disposto a morire, qualcuno… che non era lui.

Per fortuna ci pensarono Ubbe, Torvi e Lagertha a fermare Hvitserk che, altrimenti, si sarebbe slanciato da solo contro decine di guardie armate, finendo ucciso prima ancora di potersi avvicinare a Thora.

“Allora, cosa facciamo, Bjorn, attacchiamo Kattegat?” domandò Re Harald. “Forse, se l’intera armata si scatenerà contro la cittadina, Ivar sarà costretto a richiamare anche i soldati che stanno portando la gente al massacro.”

“Sì, credo che questa sia la soluzione giusta” concordò Bjorn. “Avete già preparato l’ariete per sfondare il portone? I soldati sono pronti?”

“Sei impazzito anche tu, Bjorn? Non lascerai davvero morire tutta quella gente?” reagì Hvitserk, infuriato. “Dobbiamo andare a salvare i cittadini di Kattegat!”

“Tu vuoi salvare Thora, Hvitserk, e le tue questioni personali non mi impediranno di fare quello che devo” lo rimbeccò Bjorn senza tanti complimenti. “Se vuoi correre in soccorso della tua bella fai pure, nessuno ti fermerà se hai deciso di morire, ma io non dividerò gli eserciti.”

“Sei diventato così insensibile, dunque? Allora che differenza c’è tra te e Ivar? Perché mai dovremmo mettere te sul trono di Kattegat, se sei come lui?” lo sfidò Hvitserk. Ivar lo conosceva bene e lo aveva colpito proprio nel suo punto debole, adesso i due fratelli erano di nuovo divisi.

“Se divideremo gli eserciti faremo proprio quello che vuole Ivar, lo capisci oppure sei troppo coinvolto?” gli urlò contro Bjorn. “Perché, in questo caso, non ci servi a niente! Cambia pure schieramento un’altra volta, tanto ormai ci sei abituato, no?”

Aethelred era rimasto immobile come una scultura di ghiaccio, travolto da mille sentimenti contrastanti, ma in quel momento si riscosse e si mise in mezzo ai due fratelli, con uno sguardo duro e severo e parlando loro con il tono autorevole di un vero Re.

“State già facendo quello che vuole Ivar e non ve ne rendete nemmeno conto” li rimproverò. “Lui non vuole tanto dividere i vostri eserciti, quanto spezzare le vostre alleanze, e ci sta riuscendo in pieno.”

“E tu cosa proporresti di fare, cristiano? Anche tu vuoi salvare gli innocenti, tra cui anche l’amante del tuo… beh, ex-compagno, a questo punto, potrei dire?” lo schernì Bjorn, sprezzante.

“Invece tu cosa vuoi fare, Bjorn La Corazza? Vuoi lasciare che buona parte della popolazione di Kattegat venga uccisa in modo atroce solo per toglierti la soddisfazione di sconfiggere Ivar? E poi cosa farai, regnerai su un cumulo di morti?” replicò a tono Aethelred. Era lacerato dentro, si sentiva come se le fiamme che minacciavano la gente di Kattegat fossero state accese anche dentro di lui e lo consumassero dall’interno, ma in quel momento era l’unico che sapesse quello che andava veramente fatto, senza lasciarsi distrarre da sentimenti personali.

“E quale sarebbe la tua proposta, allora?” chiese Bjorn, incuriosito. Quel Principe sassone aveva il coraggio di tenergli testa, di opporsi a lui proprio nella sua terra e nella sua città? La cosa lo faceva infuriare ma, al tempo stesso, non poteva fare a meno di ammirare l’audacia e la temerarietà del giovane.

“Io, Hvitserk e Torvi con una parte del contingente dei Sassoni ci occuperemo degli abitanti di Kattegat” rispose Aethelred, deciso. “Il resto dei soldati attaccherà come avevi progettato tu, Bjorn. Non appena avremo messo in salvo le persone, anche noi ci uniremo all’assalto.”

La soluzione sembrava più semplice e logica del previsto e Bjorn si stupì per non averci pensato prima… ma Bjorn era quel tipo che prima ti taglia la testa e poi ti chiede chi sei.

“E va bene, andate allora e sbrigatevi, avremo bisogno di tutte le nostre forze per superare quelle maledette fortificazioni! Harald, tu e il tuo esercito, insieme a quello che resta del contingente dei Sassoni, attaccherete da dietro, dove Ivar non si aspetta di essere assalito” ordinò. “Io con i miei uomini e i soldati Danesi sfonderemo il portone principale e invaderemo Kattegat!”

Gli eserciti erano pronti ai comandi di Bjorn. Il vichingo, prima di partire all’assalto con i suoi, si voltò verso Aethelred e questa volta il suo sguardo era ammirato.

“Hai avuto il fegato di sfidarmi davanti ai miei uomini e hai trovato una strategia giusta, ragazzo” gli disse. “Sei veramente degno di combattere al fianco dei figli di Ragnar Lothbrok.”

Aethelred annuì, senza altre parole, poi iniziò a scendere di corsa il pendio che lo avrebbe portato in soccorso degli innocenti cittadini di Kattegat. Hvitserk, Torvi e un gruppo di soldati sassoni lo seguirono, sfoderando le spade per attaccare le guardie di Ivar e liberare i prigionieri.

Ivar, sui bastioni, rimase parecchio male quando si vide assalire dall’esercito di Bjorn unito a quello dei Danesi!

Un gruppo di soldati, tra cui lo stesso Bjorn, spingeva un enorme ariete per abbattere il portone principale della fortificazione che proteggeva Kattegat, un portone molto solido e robusto che sembrava non avere alcuna intenzione di lasciarsi penetrare.

“Il diversivo non ha funzionato” mormorò tra sé Ivar, livido di rabbia. “Dovevo aspettarmelo, Bjorn è gelido e senza cuore e non si sarebbe mai lasciato impietosire dalla morte di donne, bambini e anziani. Non importa, le nostre difese sono comunque più forti e resisteranno a qualsiasi offensiva. Arcieri, mirate agli uomini che spingono l’ariete! Bjorn, sei pronto a morire? Vergognati, finirai dritto in Hel per aver lasciato uccidere quegli innocenti…”

“Allora ci ritroveremo laggiù, visto che sei stato tu a ordinare la loro esecuzione” ribatté il vichingo, seccamente. “Muro di scudi! Ripariamoci e continuiamo a spingere, uno, due, tre, colpite! Ancora, colpite!”

Tuttavia il portone resisteva, nonostante gli sforzi di Bjorn e dei suoi. Anzi, la loro posizione era particolarmente svantaggiata, infatti gli arcieri di Ivar colpivano e uccidevano molti uomini tra le fila dei vichinghi. Alcuni soldati sistemarono delle scale per tentare di superare le fortificazioni, ma le frecce continuavano a colpire sistematicamente chiunque osasse cimentarsi nella scalata.

“Ora ci divertiremo ancora di più, sei contento, fratello?” lo provocò di nuovo Ivar. “Rovesciate la pece e lanciate le frecce infuocate!”

Altri guerrieri morirono in mezzo alle fiamme, mentre Bjorn e alcuni dei suoi continuavano strenuamente a colpire il portone con l’ariete, ma senza risultati.

“Ma… dove sono Ubbe e Hvitserk?” si domandò ad un certo punto Ivar, mentre contemplava soddisfatto la sua vittoria. Non riusciva a scorgerli tra coloro che erano morti sul campo e nemmeno tra gli uomini che, insieme a Bjorn, tentavano ancora e ancora di forzare il portone. “Non vedo nemmeno Harald e i suoi. Comandante, manda subito altri soldati a presidiare le porte posteriori, saranno di sicuro là!”

Nel frattempo, Aethelred, Hvitserk e Torvi, insieme ai soldati sassoni, erano riusciti a raggiungere le guardie di Ivar in tempo per salvare più persone possibili. Le guardie erano poche decine e per i guerrieri e la shieldmaiden non fu troppo impegnativo sbarazzarsi di loro e soccorrere gli infelici che Ivar aveva condannato senza pietà. Purtroppo, due uomini anziani, un ragazzino e una delle sorelle di Thora erano già morti quando Aethelred e gli altri giunsero nella radura, ma tutte le altre persone furono portate in salvo, scosse e sotto shock, ma vive.

“Torvi, prendi con te un gruppetto di uomini e scortate questa gente al nostro accampamento” disse Aethelred, guardandosi attorno e notando soddisfatto che tutte le guardie di Ivar erano state uccise. Poi si rivolse a Hvitserk che stava rincuorando Thora e la sua famiglia. La ragazza si stringeva al giovane vichingo piangendo disperatamente e i suoi genitori si abbracciavano e tenevano stretti i figlioletti sopravvissuti. “Tu cosa vuoi fare, Hvitserk? A quanto pare conosci molto bene questa famiglia, forse dovresti accompagnarla all’accampamento insieme a Torvi. Io e i miei uomini andremo a riunirci all’esercito di Re Harald per attaccare le porte posteriori della città.”

Ora che tutto era finito bene per gli abitanti di Kattegat, Hvitserk iniziava a rendersi conto di trovarsi in una posizione tutt’altro che facile. Thora non voleva risolversi a lasciarlo, traumatizzata da ciò che era accaduto e dalla perdita della sorella… però Aethelred lo aveva guardato con tanta malinconia, camuffata da sangue freddo e determinazione e lui si rendeva conto di aver sbagliato su tutta la linea a non parlargli mai della ragazza e della storia che aveva avuto con lei prima di fuggire da Kattegat.

Certo, non l’aveva fatto perché non la riteneva così importante. Thora gli era stata vicina quando Ivar aveva dato il peggio di sé e lo aveva umiliato e ferito, quando aveva fatto uccidere Margrethe, e aveva appoggiato la sua decisione di scappare. Erano stati insieme per un breve periodo e lui le voleva molto bene, le era legato e provava molta gratitudine per lei. Chissà, forse sarebbero stati ancora insieme se lui non avesse preso la decisione di andarsene da Kattegat… ma lui era scappato, poi aveva conosciuto Aethelred e il pensiero di Thora era svanito dalla sua mente.

Chiaramente, però, Aethelred vedeva le cose in un altro modo.

“Vengo anch’io a combattere, naturalmente, e voglio tagliare la gola a Ivar con le mie mani!” rispose, un lampo negli occhi. “Thora, non devi più temere niente, Torvi ti accompagnerà al nostro accampamento e sarete tutti al sicuro. E Ivar pagherà per ciò che ha fatto, te lo giuro!”

Il giuramento di Hvitserk parve avere effetto su Thora, che si staccò da lui e si avvicinò ai genitori e ai fratellini. La famiglia si strinse per cercare un po’ di calore e di conforto e poi, insieme agli altri cittadini di Kattegat, seguì Torvi e il gruppetto di Sassoni che li scortarono fino all’accampamento vichingo.

“Senti, Aethelred, io… credo che dovremo parlare di questa cosa e…” cominciò Hvitserk, ma uno sguardo imperioso del Principe gli soffocò le parole in gola.

“Non mi sembra proprio che questo sia il momento di mettersi a chiacchierare” replicò seccamente. “C’è una battaglia in corso e Bjorn, Harald e gli altri hanno bisogno del nostro aiuto.”

Tuttavia la presenza dei due guerrieri e del gruppo di soldati sassoni non mutò le sorti del combattimento. Kattegat era molto ben difesa e, nonostante il valore e anche una certa dose di incoscienza, né Bjorn né Harald erano riusciti a penetrare nella cittadina. Dopo molte perdite, Bjorn si vide costretto a dare l’ordine di ritirarsi e i sopravvissuti rientrarono mestamente all’accampamento.

Non erano caduti nella trappola di Ivar, ma la prima battaglia era stata vinta da lui e si prospettava un assedio molto difficile.

Fine seconda parte

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Terza parte ***


Terza parte

 

A dark emporium of even darker dreams
Where nothing's what it seems
But the shadows they call you

Cold is stream colder my blood and
Cold is the night colder your heart

Lifeless in my arms
Fallen for my charms

Dark tale of a dark love
Poetry of poison
The Ghost and the Reaper…

(“The Ghost and the Reaper – The Dark Element)

 

Il morale nell’accampamento dei vichinghi era molto basso dopo che Ivar li aveva respinti con tanta efficacia. In una tenda erano stati alloggiati i cittadini di Kattegat sopravvissuti all’eccidio ordinato dal folle sovrano, tra i quali c’erano Thora e la sua famiglia, e di questo gruppo si occupavano Torvi, Lagertha e Ubbe che, comunque, non era ancora in condizioni di combattere.

Mentre Bjorn e gli altri, in un’altra tenda, discutevano su come fosse possibile penetrare le difese di Ivar, una donna avvolta in un mantello scuro fu accompagnata presso di loro da un soldato e, non appena la vide, Hvitserk si lasciò sfuggire un esclamazione di sorpresa.

“Freydis? Cosa ci fai qui?”

La giovane, che era appunto la moglie di Ivar, si liberò del cappuccio e tutti poterono vederla. Era molto pallida, spaventata e si guardava di continuo alle spalle.

“Sono venuta per aiutarvi, voi dovete sconfiggere Ivar” disse in fretta. “Avete visto cosa ha fatto, no? Ha ordinato che i suoi stessi sudditi venissero massacrati per rallentarvi e non solo… ha ucciso il nostro bambino, suo figlio, appena nato! Lo ha abbandonato nei boschi a morire di freddo e ad essere divorato dalle belve feroci. Ivar è un mostro e voi dovete ucciderlo!”

Sì, sul fatto che Ivar fosse completamente impazzito non c’erano dubbi. Freydis, ovviamente, sorvolò sul fatto che il bambino era deforme e che Ivar lo aveva lasciato a morire perché non avesse un destino di sofferenza come era toccato a lui e non disse nemmeno che, in effetti, il piccolo non era affatto figlio di Ivar perché lei si era fatta mettere incinta dal primo che passava per poi raccontare al marito che era il figlio degli dei… Ma, sinceramente, di tutto ciò ai vichinghi adesso non fregava un beneamato e molto più interessante era invece la proposta della donna di aiutarli a sconfiggere Ivar!

“C’è un passaggio segreto per entrare nella città e io ve lo mostrerò, ma voi in cambio dovete promettermi che libererete Kattegat da quel folle” continuò Freydis.

“E’ quello che vogliamo anche noi!” dichiarò Hvitserk.

“Vi aspetterò davanti alle porte della città e vi farò passare per il passaggio segreto domattina, prima che spunti il sole, così voi sarete già dentro e potrete prendere di sorpresa Ivar e i suoi” disse Freydis.

“Senti un po’, chi ci dice che non sia una trappola?” obiettò Re Harald, scettico.

“Ivar ha ucciso il nostro bambino” replicò Freydis fissandolo negli occhi. “Nessuno può volerlo morto più di me.”

Poche ore dopo, dunque, Bjorn, Harald, Hvitserk e Aethelred si incontrarono con Freydis e la seguirono nel passaggio segreto che li condusse all’interno di Kattegat mentre Ivar e i suoi soldati dormivano ancora. Le poche sentinelle furono aggirate e uccise dai soldati che Bjorn fece entrare dopo aver aperto le porte della città.

“Aspetta un momento” disse Aethelred alla ragazza. “Tu dove andrai adesso?”

“Il mio posto è comunque accanto a Ivar” rispose lei.

“Ma… potrebbe farti del male se scopre che sei stata tu. Perché non raggiungi il nostro accampamento? Là sarai al sicuro, ci sono anche le persone di Kattegat che siamo riusciti a salvare.”

Freydis scosse il capo.

“Tu sei il Principe sassone, vero? Sei gentile, un vichingo non si sarebbe preoccupato per me. Ma ciò che Ivar ha fatto finora è stato anche per colpa mia e devo affrontare il mio destino.”

A Aethelred tutta questa gente che, in nome di un destino non meglio specificato andava allegramente incontro alla morte cominciava a seccare, tuttavia non poteva certo sequestrare Freydis! Si limitò dunque a ringraziarla e a lasciarla andare.

Quando uno dei soldati di Ivar si accorse di cosa stava accadendo e diede l’allarme era già tardi: Bjorn aveva spalancato le porte e tutti gli eserciti avevano invaso Kattegat. Sarebbe potuto essere un massacro, ma non era questo che Bjorn voleva.

“Amici, compagni, cittadini di Kattegat!” esclamò. “Io non voglio farvi del male, voglio liberarvi da un tiranno. Non voglio che ci uccidiamo a vicenda. Siamo cresciuti insieme, abbiamo giocato da bambini, non facciamoci la guerra, il vero nemico è solo uno, è Ivar!”

Queste parole di Bjorn, insolitamente sagge per venire da lui, colpirono molto i soldati di Ivar. Era vero, tanti di loro erano amici dei figli di Ragnar e non volevano davvero combattere. A quanto pareva, quello che Aethelred aveva detto a Bjorn (Vuoi forse regnare su un cumulo di morti?) aveva avuto effetto sul guerriero vichingo che adesso esitava a fare una carneficina nella sua stessa città.

La maggior parte dei soldati, dunque, depose le armi senza combattere. Solo poche decine di fedelissimi di Ivar si slanciarono contro Bjorn e i suoi ma vennero ben presto sopraffatti, uccisi o fatti prigionieri.

La battaglia per la riconquista di Kattegat era finita molto velocemente, grazie a Freydis.

Bjorn, Harald, Hvitserk e Aethelred entrarono da vincitori nella dimora del Re, sperando di catturare Ivar… ma lui non c’era. Come aveva previsto Aethelred, il giovane aveva capito subito che era stata la moglie a tradirlo e l’aveva strangolata. La grande dimora era vuota, a parte il corpo senza vita di Freydis sul letto nuziale accanto alle piccole ossa del suo bambino…

Ivar era riuscito a fuggire, come e grazie a chi nessuno lo sapeva. E chi lo sapeva non disse niente.

Il sole era sorto e illuminava una Kattegat finalmente libera. Dalle porte ormai aperte entrarono anche Ubbe, Torvi e Lagertha. La donna portava con sé una spada appartenuta a Ragnar e la consegnò al figlio, con gli occhi pieni di emozione e orgoglio.

“Onore a Bjorn, Re di Kattegat!” esclamò Lagertha, mentre Bjorn sollevava la spada verso il cielo. E quel grido venne ripetuto da tutti, con gioia, entusiasmo e senso di liberazione.

La pace era dunque finalmente ritornata a Kattegat, Bjorn era stato incoronato Re e la gente festeggiava nelle case e nelle strade, felice di essersi liberata di un sovrano pazzo che pretendeva di essere venerato come un dio e che, per capriccio, poteva far morire chiunque nei modi più atroci. Quella sera ci sarebbe stata una grande festa nella Sala del Trono per celebrare solennemente l’incoronazione di Bjorn e tutti avrebbero potuto partecipare.

Era vero, Ivar non era morto, era riuscito in qualche modo a fuggire e avrebbe anche potuto tornare. Chissà, forse aveva degli alleati da qualche parte e avrebbe rimesso in piedi un esercito per cercare di riprendersi Kattegat… ma quello non era il momento di pensare a future battaglie, quello era il momento della gioia, dei festeggiamenti e dei progetti di vita.

Trascorsero pochi giorni e si vide subito che non tutto andava per il verso giusto…

I soldati sassoni, com’era ovvio, dopo aver adempiuto il loro dovere erano pronti per tornare nel Wessex. Bjorn aveva detto loro che potevano restare finché lo avessero desiderato, ma tutti avevano scelto di tornare a casa. Molti avevano moglie e figli in Wessex, amici, genitori e fratelli e la loro vita non era a Kattegat. Sarebbero partiti entro pochi giorni e anche un buon numero di Danesi si sarebbe unito a loro per andare a vivere nelle terre che Re Alfred aveva concesso nell’Anglia Orientale.

Aethelred guardava i suoi soldati e i Danesi impegnati nei preparativi per la partenza e si chiedeva se, forse, non sarebbe dovuto tornare anche lui nel Wessex. Cosa restava a fare a Kattegat? Anche lui aveva svolto il suo compito, aveva aiutato gli amici vichinghi a riprendersi la loro città e adesso era libero di andarsene. Certo, non era quello che si aspettava quando era partito, ma da allora le cose erano molto cambiate. Allora non sapeva che Hvitserk aveva una donna a Kattegat e si era illuso di poter restare tra i vichinghi come suo compagno, era quello che Hvitserk gli ripeteva sempre… ma non gli aveva mai parlato di Thora.

Il giovane Principe ritenne che una bella passeggiata lo avrebbe aiutato a capire meglio la situazione in cui si trovava e a decidere cosa fare del suo futuro. Da ogni punto dei sentieri che si snodavano verso l’alto e verso i boschi si poteva ammirare la bellissima baia di Kattegat, quel giorno particolarmente splendente sotto il sole. Sembrava che anche la città e la natura festeggiassero la vittoria dei figli di Ragnar e, chissà? Forse era proprio così. Chi poteva dirlo in quelle terre selvagge dove uomini e natura avevano un legame più stretto?

Aethelred non era in collera o deluso da Hvitserk per via di Thora: il vichingo si era legato a lei prima di fuggire da Kattegat e, probabilmente, non ci aveva più pensato perché temeva che non l’avrebbe più rivista. Non era così scontato, infatti, che Ivar potesse essere sconfitto. Quando l’aveva ritrovata, però, si era capito subito quanto tenesse a lei. Aethelred ricordava bene che, se non l’avessero trattenuto, Hvitserk si sarebbe slanciato contro le guardie armate di Ivar pur di salvarla, andando incontro a morte certa. Thora era la donna che Hvitserk amava, quella con cui si sarebbe sposato e avrebbe avuto dei figli. Lui era stato solo una compagnia, un rifugio in un Paese straniero, un conforto nel periodo della fuga. Adesso Hvitserk era a casa e voleva la vita che aveva progettato per sé.

E, agli occhi di Aethelred, era giusto così. Del resto lui non aveva mai creduto che Hvitserk gli sarebbe rimasto accanto. Perché avrebbe dovuto farlo? Era un figlio di Ragnar, avrebbe dovuto sposarsi e avere dei figli e poi… beh, Aethelred era abituato da tutta la vita a venire sempre per secondo, a doversi accontentare, a lasciare che fossero gli altri a prendersi ciò che avrebbe desiderato lui.

Questa non era altro che una conferma di quanto poco valesse… non era certo colpa di Hvitserk o di Thora. Tuttavia il Principe sentiva che ciò che realmente desiderava era rimanere comunque tra i vichinghi e vivere una vita libera, senza doveri, senza sentirsi continuamente represso, in un mondo in cui le doti che suo padre aveva coltivato in lui, il coraggio, la capacità di combattere, l’audacia, le abilità strategiche, erano tenute in gran conto. I vichinghi ammiravano il suo valore e il suo ruolo di guerriero e sarebbero stati felici di ospitarlo nelle loro terre. Avrebbe combattuto con loro, magari se Ivar si fosse rifatto vivo, e in tempo di pace avrebbe viaggiato, visitando luoghi che non aveva mai nemmeno immaginato.

Come Principe del Wessex non era stato mandato nemmeno a Roma, come alleato dei vichinghi avrebbe potuto addirittura giungere ai confini del Mediterraneo!

Ammirando quei panorami straordinari, Aethelred sentiva scendere una pace e un senso di libertà nel suo cuore che non aveva mai provato in tutti gli anni della sua vita e si sentì comunque grato e felice di essere lì, comunque fosse andata a finire.

“Finalmente ti ho trovato, ma dove ti eri andato a cacciare?” lo riscosse la voce di Hvitserk alle sue spalle. “Ti ho cercato dappertutto… comunque sono contento che tu sia qui, volevo parlarti da solo e almeno adesso ne avremo l’occasione.”

“Hai ragione, penso anch’io che ci sia bisogno di parlare” concordò Aethelred con un tono malinconico.

Hvitserk si sedette accanto a lui e iniziò a spiegare con foga.

“Non mi hai dato il tempo di chiarirti quello che è successo, lo so che non ti avevo mai parlato di Thora, ma ti giuro che ho avuto tutt’altro per la testa quando sono arrivato in Wessex” disse. “All’inizio temevo che i miei fratelli mi avrebbero cacciato, che non sarei stato perdonato per aver seguito Ivar, poi ho scoperto il loro piano per riconquistare Kattegat, e c’eri tu, e l’alleanza con i Sassoni, poi abbiamo dovuto combattere contro Re Harald e i suoi, c’è stato l’episodio di tua madre… Insomma, ogni giorno era pieno di avvenimenti e io non ero neanche più sicuro che ce l’avremmo fatta a tornare a Kattegat, figuriamoci se potevo pensare a Thora!”

“Questo avresti dovuto dirlo a lei, non a me” replicò tranquillo Aethelred.

“Ma l’ho fatto! Ho parlato con lei prima di venire a cercarti, visto che non riuscivo a trovarti da nessuna parte. Ho saputo, anzi, che lei e la sua famiglia partiranno insieme ai Danesi per stabilirsi nelle terre dell’Anglia Orientale donate da tuo fratello” spiegò ancora Hvitserk. “Quello che è accaduto è stato troppo per loro, la perdita di Grethe, il fatto che Ivar sia riuscito a scappare… Kattegat è un luogo pieno di ricordi dolorosi per Thora e la sua famiglia e tutti loro desiderano ricominciare una nuova vita in un posto diverso, lontano, dove la gente possa vivere in pace.”

“Molto bene, mi fa piacere per loro” commentò il Principe, “spero davvero che in quelle terre possano trovare la pace che cercano, è quello il desiderio di mio fratello e so che Alfred farà tutto il possibile perché possa avverarsi. Ovviamente, quindi, anche tu andrai con loro…”

Hvitserk lo guardò come se avesse dichiarato che Odino era un troll.

“E perché mai dovrei farlo?” esclamò, sbigottito. “Dopo tutto quello che ho fatto per ritornare a Kattegat, a casa mia, perché dovrei tornare in Inghilterra?”

“Beh, per Thora, no? Hai appena detto che lei partirà con la sua famiglia… so che dovevate sposarvi, che lei aspettava il tuo ritorno, perciò mi è sembrato logico che tu partissi con lei” ribatté Aethelred.

“No, no, no, ma allora non hai proprio capito, Aethelred, il problema è che tu non mi ascolti” fece il vichingo, avvicinandosi al giovane Principe. “Ti ho già detto che ho parlato con Thora e ci siamo spiegati: eravamo innamorati, è vero, o almeno io lo credevo. Lei era l’unica che mi stesse vicina in quell’inferno che era Kattegat governata da Ivar, mi dava forza, mi dava affetto e calore, ci sostenevamo a vicenda. Ma anche quando stavo con lei non ho mai pensato a sposarmi o ad avere figli, era lei che lo desiderava e io non potevo dirle di no, però sapevo che non era ciò che avrei voluto. In quei giorni pieni di terrore e di pericoli non c’era motivo di mettersi a parlare del futuro, non sapevamo nemmeno se ci sarebbe stato, un futuro per noi. Quando lei parlava di matrimonio e bambini io cambiavo discorso, tutto qui.”

Aethelred lo fissava senza dire niente, con un’ombra di malinconia nei grandi occhi chiari.

“Senti, lo so che non sto facendo una gran figura, ma nella nostra società è così. Due si piacciono, si mettono insieme per un po’, poi magari uno dei due cambia idea e se ne va” era difficile per Hvitserk spiegare le consuetudini vichinghe a un Principe cristiano che non si era mai mosso dal Wessex! “Io amavo Thora e volevo stare con lei, ma non volevo sposarla perché non volevo farmi una famiglia. Non desidero fare il marito e il padre, te l’avevo già detto, voglio essere libero, viaggiare, vedere tanti posti nuovi. Avrei potuto sposare comunque Thora e poi lasciarla sola con i figli, come fanno tanti di noi, ma io non sono così. E’ giusto che Thora abbia la famiglia che vuole e una vita tranquilla, se lo merita dopo tutto ciò che ha passato, e io non potrò mai darle ciò di cui ha bisogno. Proprio perché le voglio bene non ho intenzione di rovinarle la vita, sono sicuro che in Inghilterra troverà un uomo che la amerà e che le regalerà tutto ciò che desidera, un uomo che abbia voglia di vivere in pace, di fare il contadino, di crescere i figli in tranquillità… io non sono quell’uomo. Il mio destino non è fare il marito, il padre e il contadino, è scoprire dove Ivar si nasconde e ucciderlo!”

“Forse, invece, stai sbagliando tutto” lo contraddisse il Principe. “Hai ammesso tu stesso di amare Thora, non hai idea di quante cose si possono fare per amore, anche cambiare tutta la propria vita. Credo che dovresti partire con lei, sposarla e avere una famiglia, vivere tranquillo senza più questa sciocca idea che il tuo fato sia uccidere Ivar. Penso anche che tu ti trattenga per paura di ferirmi, ma ti assicuro che non mi devi niente, Hvitserk. Tu hai già fatto tantissimo per me. Mi hai salvato la vita, ma non solo perché hai impedito che mia madre mi uccidesse: mi hai salvato perché mi hai portato via da un luogo in cui vivevo oppresso e insoddisfatto, mi hai dato la possibilità di essere libero, di decidere come vivere senza rendere conto a nessuno, di stare con persone che apprezzano quello che sono invece di rimproverarmi per ciò che non sono. Mi hai regalato una nuova vita e la libertà, Hvitserk, e per questo ti sarò sempre grato. Ora tocca a me lasciarti libero e darti la possibilità di scegliere una vita serena e tranquilla. Del resto avevo sempre immaginato che sarebbe finita così, l’ho sempre saputo, io sono stato per tutta la vita la seconda scelta, quello inadatto e inadeguato, era solo questione di tempo…”

Hvitserk era sgomento, ma questa volta per un motivo diverso. Aveva improvvisamente capito l’immensità dell’amore incondizionato di Aethelred per lui. Il giovane Principe aveva il cuore spezzato ma non lo dava a vedere perché tutto ciò che voleva era che lui scegliesse liberamente, che fosse soddisfatto, che avesse quello che desiderava dalla vita. Aethelred era pronto a rinunciare a lui pur di vederlo felice, era disposto a sacrificare senza esitare la propria felicità per la sua e lo ringraziava pure, non voleva farlo sentire in colpa!

Nessuno lo aveva mai amato così totalmente e senza riserve… e nessuno mai lo avrebbe amato così.

E si sentiva addirittura sbagliato e inadeguato… Chi altri avrebbe fatto una cosa simile per lui? Al contrario, Aethelred era la cosa più bella e preziosa che potesse capitargli nella vita, era un ragazzo splendido, generoso e innamorato e lui poteva solo ringraziare gli dei per averlo incontrato. Era proprio il contrario di ciò che Aethelred credeva: era lui a non essere degno del suo amore, lui che non aveva fatto niente di buono nella sua vita, che non era nemmeno riuscito a vendicarsi di Ivar.

Sarebbero stati insieme, certo, avrebbero viaggiato insieme, scoperto nuove terre, sarebbero stati felici… ma, prima di tutto questo, Hvitserk doveva rendersi degno di lui, doveva vendicarsi di Ivar. Era quello il suo destino, anche se Aethelred non voleva capirlo.

Al momento, tuttavia, il Principe aveva bisogno di essere rassicurato, così il giovane vichingo lo prese tra le braccia e lo strinse a sé.

“Allora non vuoi proprio capire” gli disse con dolcezza. “Ho già spiegato tutto a Thora e lei è d’accordo, avrebbe voluto stare con me, ma ancora di più desidera avere una famiglia, dei figli, e vivere in pace lontano da qui. Sa che è la cosa migliore per entrambi. E tu invece non vuoi metterti in testa che io ti amo, che sono innamorato di te e che voglio stare con te, che sei solo tu a farmi sentire importante anche quando non me lo merito e a rendermi felice come non ho mai immaginato di poter essere. E proprio perché voglio meritarmi tutto questo devo prima uccidere Ivar e compiere il volere degli dei, poi potremo stare sempre insieme e avere la vita che desideriamo!”

Hvitserk baciò il suo Principe in modo intimo e profondo, unendo il respiro al suo, affondando le dita tra i suoi capelli arruffati, accarezzando il suo corpo morbido e perdendosi nel suo sapore e nel suo dolce tepore. Aethelred si abbandonò a lui, ma un’ombra aveva appesantito il suo cuore e le parole del giovane vichingo lo avevano preoccupato invece di rassicurarlo. Era addirittura quasi giunto al punto di sperare che Hvitserk partisse con Thora perché voleva saperlo al sicuro, lontano da Ivar e dall’idea di essere predestinato a ucciderlo, avrebbe preferito saperlo con un’altra pur di tenerlo protetto… ma Hvitserk aveva scelto lui. Per meritarsi tanta fortuna, il Principe giurò che avrebbe fatto qualunque cosa pur di proteggerlo e difenderlo e donargli gioia e pace.

Non immaginava neanche quanto quel giuramento gli sarebbe costato sofferenze, delusioni e fatiche e quanto fosse oscuro e doloroso il futuro che lo attendeva…

 

FINE

 

 

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