Non lasciarmi

di Magica Emy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


-Ehi dormiglione, è ora di alzarsi. 

Gli sussurro all'orecchio, sporgendomi verso di lui per spegnere la sveglia che sul suo comodino trilla festosa già da un po' l'inizio di un nuovo giorno, e che sta  palesemente fingendo di non sentire. Già, siamo alle solite. 

-Devo proprio? 

Lo sento bofonchiare con voce impastata mentre prova a nascondersi sotto le coperte, facendomi sorridere divertita. Lo scopro lentamente, posandogli un bacio leggero sulla spalla. 

-Ti tocca. La mattina a te, il pomeriggio a me. Ricordi? 

-Che strazio. 

Mormora contro il cuscino e io sbuffo, alzando gli occhi al cielo. Tutti i giorni la stessa storia. Sono passati sei mesi da quando ci siamo sposati e la palestra è passata definitivamente nelle nostre mani. Tendo-Saotome si legge all'entrata e sì, mi fa ancora uno strano effetto. Il tempo dei giochi è finito, ora si fa sul serio. Ammetto che all'inizio abbiamo avuto qualche difficoltà di gestione, ma le numerose iscrizioni ci hanno permesso di dividere equamente il lavoro. Così io mi occupo di insegnare ai bambini le arti marziali, mentre Ranma segue il corso degli adulti al mattino. Ed è già decisamente in ritardo. 

-Su, piantala di lamentarti e muoviti. 

Lo riprendo e faccio per rialzarmi dal letto, quando la sua voce cattura la mia attenzione. 

 

-Lo sai, la tua vita larga si nota anche da questa angolazione. 

Mi canzona e so che, d'un tratto, è già completamente sveglio. 

-Ah, sì? In certi momenti però sembra che ti piaccia parecchio, questa vita larga. 

Mi volto verso di lui con una smorfia e lo scopro a guardarmi così intensamente da farmi arrossire. Con i capelli scompigliati, l'aria trasognata e quel petto ampio e scolpito avvolto dalle lenzuola, è così dannatamente sexy che quasi non riesco a resistergli. Ma devo. Accidenti a lui. Non è proprio il momento. 

-Mi piace sempre e se vieni più vicina te ne do subito una dimostrazione. 

Risponde invitante. Farabutto, che cosa crede di fare? Scuoto la testa, chiamando a raccolta ogni goccia di autocontrollo rimastami prima di sentirlo afferrarmi il polso per catapultarmi sul letto, in un rapido movimento che mi coglie di sorpresa. 

-Ehi! 

Protesto, ma lui non sembra intenzionato a mollare la presa. Si sposta anzi su di me, aderendo completamente al mio corpo e schiacciandomi contro il materasso. 

-Scusami ma, sai, la colpa è di questa camicia da notte. Ogni volta che la metti mi viene una voglia matta di strappartela di dosso. 

Le sue dita si insinuano sotto la stoffa leggera, sfiorando e accarezzando la mia pelle con movimenti febbrili quando si avventa sul mio collo, percorrendolo con una scia di baci infuocati che mi fanno rabbrividire di piacere. 

-Ranma… Che stai facendo? 

È tutto ciò che riesco a dire, gemendo piano quando la sua lenta esplorazione del mio corpo si fa più intensa. 

-C'è davvero bisogno che te lo spieghi? 

Sussurra col viso affondato nell'incavo della mia spalla. Lo so, so benissimo che dovrei fermarlo prima che sia troppo tardi, ma le sue labbra sono talmente morbide e le sue mani così calde che non riesco a ragionare lucidamente. I miei fianchi si muovono impazienti sotto i suoi palmi bollenti che mi infiammano di desiderio di lì a poco, ma quando sento le dita scivolare piano sotto l'elastico degli slip mi irrigidisco di colpo, puntandogli le mani sul petto. 

 

-Amore, ascolta…è meglio se ci fermiamo. Non è proprio il momento, finirai per fare tardi. 

-Perché stai ancora parlando? 

-Ranma, dico sul serio. Guarda l'orologio. 

Sbuffa. 

-Perché dovrei, quando posso guardare qualcosa di molto più… 

-Sono le otto e mezzo! 

Lo incalzo, risoluta, e lui fa un balzo indietro. Tiro un sospiro di sollievo e lo osservo precipitarsi giù dal letto in un nanosecondo. 

-Cazzo, ma è tardissimo! Si può sapere perché non lo hai detto subito? 

Esclama lanciandomi un'occhiataccia che mi affretto a restituirgli. 

-Come sarebbe a dire, se non ho fatto altro da quando ti ho svegliato! Sei davvero impossibile! 

-Guarda che la colpa è tua, mi fai sempre perdere tempo! 

-Che cosa? Ma di che diavolo parli, ti ricordo che sei stato tu a saltarmi addosso! Stupido! 

-Cretina! Vado a fare una doccia. E non provare a seguirmi. 

Mi intima puntandomi contro l'indice, poi si richiude la porta alle spalle. 

-Non ci penso nemmeno! 

Gli urlo dietro, anche se non può più sentirmi. Ha appena aperto l'acqua della doccia. Idiota. Per quale motivo dovrebbe venirmi in mente di seguirlo a quest'ora? A volte mi tratta come se fossi una specie di maniaca del sesso, quando invece è esattamente il contrario. Insomma, per lui ogni occasione è buona per provare a mettermi le mani addosso. Anche se il tempo a disposizione non glielo consente. Torna qualche minuto dopo con l'asciugamano avvolto intorno ai fianchi, correndomi subito incontro per afferrarmi al volo quando si accorge che, una volta in piedi, le mie ginocchia cedono di colpo minacciando di farmi perdere l'equilibrio. Accidenti. All'improvviso mi sento così stordita. 

-Akane, ehi, che succede? Tutto bene? 

Provo a respirare profondamente per qualche secondo, aggrappandomi alle sue spalle. La sua pelle è ancora umida e calda sotto le mie dita. E va bene, la tentazione di seguirlo sotto la doccia mi è venuta eccome, ciò non toglie che non gli darò mai la soddisfazione di ammetterlo. Specie dopo che mi ha dato della cretina. Anche se sono stata la prima a cominciare a insultarlo. 

-Sì - lo rassicuro - è stato solo un capogiro, ma è già passato. 

Mi fruga in viso, indeciso se fidarsi della mia risposta. 

-Sicura? 

 

Annuisco, sforzandomi di sorridere. A dire la verità non mi sento troppo bene, ma se glielo dicessi si preoccuperebbe più del dovuto e non voglio certo distrarlo dai suoi doveri quotidiani. 

-Sto bene. Mi sarò alzata troppo velocemente, tutto qui. 

Mi bacia con trasporto e il suo profumo muschiato mi avvolge, facendomi desiderare di rimanere fra le sue braccia per sempre. 

-Allora, pronta per la colazione? 

Dice poi, scostandomi gentilmente da sé per cominciare a vestirsi. 

Colazione? In realtà ho lo stomaco talmente chiuso che non riuscirei a mandar giù neppure uno spillo, ma dopo una veloce rinfrescata mi avvio comunque insieme a lui verso il piano di sotto, dove ci attendono gli altri. Dopo le nozze ci siamo trasferiti nella piccola casa al primo piano che abbiamo fatto costruire apposta per noi. Era l'unico modo per avere un po' di privacy, anche se praticamente con la scusa della palestra passiamo gran parte della giornata nel luogo in cui sono cresciuta. Non che la cosa mi dispiaccia, tuttavia sentivamo entrambi il bisogno di avere un nido tutto nostro, una piccola gabbia dorata dove rifugiarci per stare un po' da soli. 

-Buongiorno a tutti. 

Saluto la mia famiglia con un sorriso, prendendo posto a tavola mentre Ranma comincia subito a discutere con suo padre perché, a quanto pare, ha mangiato anche la sua porzione di riso. 

-Dannato d'un genitore, come ti sei permesso di sbafarti anche la mia colazione? Vergognati, sei proprio un pozzo senza fondo! 

-Figlio ingrato, lo faccio per il tuo bene. La regola dice che saltare i pasti aiuta a tenersi in forma, non lo sapevi? 

- Questa regola non esiste, te la sei appena inventata! Maledetto, lascia solo che ti metta le mani addosso e vedrai! 

Si rincorrono per la sala da pranzo, picchiandosi senza ritegno sotto i nostri occhi, anche se facciamo del nostro meglio per ignorarli ma, cavolo, mi hanno già fatto venire un gran mal di testa. Quei due sono davvero senza speranza. 

-Ecco a te, Akane. 

 

Kasumi mi porge una ciotola ricolma di riso che, non so perché ma mi scatena subito un attacco di nausea, tanto da costringermi a rifiutarla. 

-Grazie, ma credo che passerò. Oggi non ho molto appetito. 

Rispondo, incrociando il suo sguardo preoccupato. 

-Dici davvero? Non è la prima volta che ti succede però, e non mi sembra affatto normale. Credo che dovresti cominciare a considerare l'idea di farti vedere da un medico. 

-Ha ragione, sorellina - le fa eco Nabiki - non hai una bella cera. 

-Perché non vieni con me dal dottor Tofu, domani? Devo comunque passare da lui per restituirgli un libro che mi ha prestato, potremmo approfittarne per chiedergli di farti qualche esame. Così, per stare più tranquilli. Vuoi? 

Continua Kasumi, e non appena pronuncia quel nome i suoi occhi sembrano accendersi di luce nuova. Una luce che di colpo illumina il suo bel viso ridente, facendolo risplendere. 

Un momento. 

Quel modo così casuale in cui lo ha detto… 

Ora che ci penso, mia sorella esce spesso ultimamente e per i motivi più futili. 

E se, lei e il dottor Tofu… 

-Mi hai convinta, verrò con te. 

Rispondo dopo un attimo di esitazione, stringendo le mani che, grata, mi offre. Qualunque cosa ci sia sotto, sono certa che la scoprirò molto presto. L'improvviso suono del campanello interrompe di colpo il flusso dei miei pensieri, facendomi trasalire. 

-Vado io, saranno gli allievi di Ranma che iniziano ad arrivare. 

Dico, alzandomi da tavola per andare ad aprire. 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Il campanello? Accidenti, è più tardi di quanto credessi. Saranno già arrivati. Stringo la cintura, sistemandomi il kimono come meglio posso. 

-Adesso devo lavorare, perciò noi due faremo i conti dopo! 

Esclamo rivolto a mio padre, anche se dubito che abbia sentito ciò che ho detto, impegnato com'è a correre verso la piscina in giardino. So benissimo cos'ha in mente, ma è del tutto inutile. Diventare un panda non lo salverà di certo dalla mia vendetta. Cavolo, come mi brontola lo stomaco. Sto morendo di fame, ma ormai non c'è più tempo per mangiare. Meglio affrettarsi. Man mano che mi avvicino all'ingresso, però, sento una voce che non riconosco. Mi accorgo poi di Akane, che ferma sulla soglia sembra conversare amabilmente con… Ehi, un momento, chi è quello? Non credo di averlo mai visto prima. E poi, cosa sta facendo? Arrivo appena in tempo per afferrare la piccola scatola colorata che lo sconosciuto le sta porgendo, scrutandola curioso. Dolci. Perché questo bellimbusto dall'aria imbambolata dovrebbe prendersi la briga di portarci dei dolci? Sollevo il viso per incrociare il suo sguardo, catturandolo in una morsa invisibile che pare metterlo subito in allarme. 

-Mi dispiace, ma mia moglie è allergica a questa roba. Credo sia meglio che se la riprenda. 

Puntualizzo, restituendogli la scatola e calcando apposta sulla parola "moglie" mentre la attiro a me con decisione, cingendole la vita con un braccio in un gesto di eloquente possesso. La sento irrigidirsi di colpo, incenerendomi con un'occhiataccia che fingo di non cogliere. 

 

-Oh, sul serio? Mi dispiace molto Akane, non ne avevo idea. 

Si scusa lo sconosciuto, e la sua espressione si fa talmente patetica che all'improvviso vengo colto da una voglia irrefrenabile di mollargli un pugno sul naso. Chi diavolo è questo tizio e per quale motivo si rivolge a lei in modo tanto confidenziale, come se la conoscesse da sempre? 

-Ma no - si affretta intanto a dire Akane, e mi accorgo che la sua voce tradisce un lieve imbarazzo -in realtà non è assolutamente… 

- A proposito - la interrompe lui, rivolgendosi a me - noi due non ci conosciamo. Io sono… 

-C'è un motivo per cui non ci conosciamo - lo incalzo, cupo, abbandonando completamente le buone maniere - adesso se vuole scusarci, abbiamo da fare. 

E senza neppure dargli il tempo di replicare gli sbatto praticamente la porta in faccia, ignorando l'espressione ostile di mia moglie che, con le braccia incrociate al petto e il corpo in tensione, mi fissa ora come se fosse sul piede di guerra. 

-Si può sapere che ti è preso, ti sembra il modo di comportarti? E poi… Cos'era quello? 

-Non so a cosa ti riferisci. 

Rispondo indifferente. 

-Lo sai benissimo, invece. Sembravi un cane che marca il suo territorio. 

Sollevo le sopracciglia, sconcertato. 

-Mi stai forse dando del cane? 

-Ti sto dando del maleducato! Quei dolcetti erano un regalo per me, come ti sei permesso di rifiutarli senza neppure consultarmi? Perdipiù inventando quella storia assurda dell'allergia! 

Mi aggredisce, furiosa, mordendosi le labbra come se volesse trattenersi dal picchiarmi. Che provi pure a farlo se ne ha il coraggio, crede che abbia paura delle sue reazioni spropositate? Purtroppo per lei ci sono abituato e se ciò che vuole è costringermi a scusarmi per quello che ho appena fatto, sta solo perdendo tempo. 

-Ah, perché adesso ci mettiamo anche ad accettare regali dagli sconosciuti, vero? 

Replico, punto sul vivo. 

 

-Aki non è uno sconosciuto. È il papà di uno dei bambini che frequentano i miei corsi ed è molto gentile e rispettoso, a differenza di qualcuno di mia conoscenza. 

Aki? Ok, è veramente troppo. 

-Che cosa vorresti dire con questo? 

Sbotto, alzando la voce più di quanto intendessi fare, ma non mi importa. Tanto ormai sembra essere diventata una gara a chi urla più forte. 

-Esattamente quello che ho detto, idiota! Non hai alcun diritto di farmi una simile scenata, ti ho forse mai dato modo di dubitare di me fino a ora? No, no non mi risulta. E poi, se la metti su questo piano sono io che dovrei essere gelosa, con tutte le belle ragazze che ti ronzano intorno durante le lezioni. Eppure sono tranquilla, e vuoi sapere perché? Semplicemente perché mi fido di te! 

-Che c'entra questo? Anch'io mi fido di te, è dei tipi come quello che non mi fido per niente e tu dovresti smettere di dargli tanta confidenza! Aki, eh? Pensi forse che non mi sia accorto di come ti guardava? La prossima volta che lo vedo prendersi certe libertà con te, gli spacco la faccia senza pensarci due volte! 

Grido, esasperato. Ecco, l'ho detto. E poi non sono affatto geloso, è solo che non sopporto che certi soggetti con una faccia da schiaffi come quella si presentino alla mia porta.

 Geloso. Figuriamoci. Non so neppure cosa sia la gelosia, io. 

-Adesso stai esagerando, Ranma - replica stizzita - non ha fatto nulla di male. Voleva soltanto donarmi dei dolci per ringraziarmi delle lezioni che do a suo figlio. 

Certo, come no. Lei non ha nessuna idea di cosa stia succedendo qui. Nessuna. Possibile che sia davvero così ingenua da non arrivarci? 

-Come se lo facessi gratis - rispondo, battendo un violento pugno sul tavolo che la fa trasalire - ti paga per fare il tuo lavoro esattamente come tutti gli altri! Quindi mi spieghi per quale strano motivo dovrebbe prendersi la briga di farti dei regali, se non avesse un secondo fine? 

Akane mi guarda a bocca aperta. 

-Stai dicendo che… 

-Sto dicendo che stava flirtando con te, lo hai capito adesso? 

Ebbene sì, sono geloso. Geloso marcio. Qualche problema? 

Scuote la testa come se volesse cancellare le mie parole, l'aria a dir poco inorridita mentre mi urla addosso : -Ma che cavolo stai dicendo, ti sei bevuto il cervello? Sei solo un visionario oltre che un patetico, rozzo, insensibile deficiente senza cervello! 

 

C… Cosa? 

-Te lo ripeto - l'avverto, cercando di placare la voglia improvvisa che ho di prenderla a schiaffi - se prova ad avvicinarsi di nuovo giuro che lo faccio a pezzi! 

-Vattene al diavolo! 

La vedo stringere i pugni fino a farsi sbiancare le nocche. Ha le guance paonazze, il respiro corto e ho la sensazione che voglia aggiungere qualcosa a quella tremenda carrellata di insulti che mi ha appena rivolto, ma non lo fa. Si affretta anzi a voltarmi le spalle, allontanandosi velocemente. È allora che mi accorgo che per tutto il tempo non eravamo soli e gli occhi dei presenti sono ora puntati su di me in una tacita, insopportabile accusa che mi fa sentire ancora più frustrato di quanto non lo sia già. 

-Beh? Che diavolo avete da guardare? 

Esplodo senza riuscire a trattenermi, correndo poi verso la palestra. 

 

Per tutto il giorno io e Akane evitiamo accuratamente di rivolgerci la parola ma, verso sera, la sua espressione addolorata e colpevole mi provoca una piccola stretta al cuore che faccio fatica a ignorare. La verità è che la rabbia è già sbollita e io non sopporto di vederla così. Consumo la cena in religioso silenzio solo perché non so proprio cosa dire, inoltre sono sicuro che se aprissi bocca rovinerei tutto un'altra volta. Credo di aver esagerato con lei. È ciò che continuo a ripetermi anche quando, esausto e pieno di sensi di colpa raggiungo la mia camera per mettermi a letto, cercando invano di addormentarmi. 

La sento arrivare poco dopo ma scelgo di non voltarmi quando mi si sdraia vicino, in un morbido fruscio di lenzuola che mi riportano il suo profumo. 

-Dormi? 

Sussurra, abbracciandomi da dietro mentre poggia la fronte contro la mia spalla e le sue mani cercano timidamente le mie. 

-Non mi importa nulla di come mi guardano gli altri - continua, senza aspettare una risposta - mi importa solo di come mi guardi tu, perché sei l'unico che conta per me e non voglio che litighiamo mai più così. Ti amo Ranma, ti amo come mai avrei potuto immaginare di amare qualcuno, perciò non hai alcun motivo di essere geloso. È te che ho sposato, è solo te che voglio. Per sempre. 

Mi stringe più forte e tutte le mie difese crollano miseramente come un debole castello di carte. Come posso resisterle se mi parla in questo modo? A differenza di me, Akane riesce a esprimere i propri sentimenti in maniera tanto limpida e sincera da spiazzarmi completamente ogni volta, ed è anche per questo che sono pazzo di lei. Mi volto per incontrare il dolce color cioccolato dei suoi occhi, che ora si specchiano speranzosi nei miei. 

-Mi dispiace di essere un completo idiota. Non avrei dovuto alzare la voce, aggredendoti a quel modo. 

Mormoro, sfiorandole le labbra con un bacio. Sorride, accoccolandosi sul mio petto e intrecciando le dita alle mie. 

-Non importa, l'ho fatto anch'io. Non parliamone più però, ti prego. 

-Parlare di cosa? 

Ride. 

-Scemo! Su, dormiamo adesso. Muoio di sonno. 

Mi scocca un bacio sulla guancia e qualche minuto dopo, accarezzato dal suo respiro lento e regolare, mi lascio scivolare pian piano in un lungo sonno ristoratore. 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


 

-Ho deciso, dobbiamo assolutamente festeggiare. Una notizia del genere merita una cenetta coi fiocchi, non credi anche tu? Chissà che faccia faranno gli altri non appena lo sapranno! 

Sta dicendo Kasumi, sorridendo come se avesse appena vinto alla lotteria mentre mi cammina a fianco. Quanto vorrei avere anch'io le idee così chiare, ma non riesco neppure a capire come mi sento. Da quando ho lasciato l'ambulatorio ho come la sensazione che un intero nido di vespe mi ronzi dentro la testa, impedendomi di essere lucida. Sarà davvero il momento giusto? Insomma, non mi aspettavo certo che sarebbe accaduto tanto presto. A dire la verità non ci stavo neppure pensando. Mi chiedo come la prenderà Ranma. Finora non abbiamo mai affrontato l'argomento, e poi… 

-Akane, mi stai ascoltando? 

La voce di mia sorella mi riporta bruscamente alla realtà, facendomi sussultare. 

-Scusa, dicevi? 

Rispondo in tutta fretta e quando mi fruga in viso la sua espressione cambia lentamente, facendosi più seria. 

-Ti senti bene? Sei così silenziosa. 

-Sono solo confusa - ammetto - penso di aver bisogno di un po' di tempo per abituarmi all'idea. Ma parliamo di te, piuttosto. Tu e il dottor Tofu? Non riesco a credere che stiate uscendo insieme da un mese, avresti anche potuto dirmelo. 

Arrossisce, fermandosi di colpo. Una brezza leggera le scompiglia i lunghi capelli castani, rendendola ancora più bella. Sono davvero felice che si sia finalmente accorta dei sentimenti che il dottore ha sempre nutrito per lei, ricambiandoli ora con tanto entusiasmo. Trovo che insieme formino davvero una splendida coppia. Durante il tragitto verso casa non fa che parlarmi di lui e dei suoi modi gentili e garbati, dipingendolo quasi come un dio. Ascoltandola non posso fare a meno di tornare con la mente a quei giorni lontani in cui, in silenziosa competizione con lei, cercavo in tutti i modi di conquistare il cuore del nostro buon dottore. Eh sì, mi ero presa proprio una bella cotta. Poi però è arrivato Ranma, e la mia vita ha preso una piega completamente diversa. Mi sono innamorata di lui senza neppure accorgermene e quando l'ho capito era già troppo tardi. C'ero dentro fino al collo, anche se facevo di tutto per convincermi del contrario. Quante cose sono cambiate da allora, e quante ne cambieranno ancora. Sospiro, rigirandomi distrattamente tra le dita una ciocca di capelli. Sì, deve saperlo stasera. È in quel momento che mi accorgo di lui. Se ne sta lì, ritto davanti a casa nostra con aria assorta, spostando il peso da un piede all'altro, ma quando mi vede il suo volto si illumina. 

 

-Aki, che sorpresa! Vai pure avanti Kasumi, ti raggiungo subito. 

Avviso mia sorella, fermandomi un po' in sua compagnia. 

-Che piacere vederti, cosa ci fai da queste parti? 

Domando, rivolgendogli un breve sorriso. Si sistema gli occhiali sul naso, ravviandosi i folti capelli chiari in un gesto che tradisce enorme disagio. È un ragazzo timido e riservato ma davvero di buon cuore, i suoi occhi malinconici rivelano profonde cicatrici che sembrano pesargli addosso come enormi macigni. La vita non è stata facile per lui. Rimasto vedovo troppo presto si è occupato da solo dell'educazione del suo unico figlio, impegnandosi a crescerlo nel migliore dei modi e, a giudicare dai risultati, ha davvero fatto un buon lavoro. Jotaro è un bambino adorabile, tranquillo e intelligente, ama le arti marziali come nient'altro al mondo e impara in fretta ciò che gli insegno, dimostrandosi attento e scrupoloso in tutto. Impossibile non affezionarsi a lui. 

-Ho portato Jotaro a scuola e, visto che mi era di strada, ho pensato di passare per un saluto. In realtà desideravo scusarmi per ieri, se solo avessi saputo del tuo problema non mi sarei mai permesso di regalarti quei dolci. 

Il mio problema? Ma cosa… 

Ah, credo si stia riferendo alla storia dell'allergia. Accidenti a Ranma e alle stupidaggini che si inventa, deve sempre mettermi in difficoltà. 

-Sono io che devo scusarmi con te - mi affretto a dire - il comportamento di mio marito è stato a dir poco inqualificabile. Ti prego di perdonarlo però, sai, non è cattivo, forse solo un po' scontro… 

-Una ragazza così dolce e gentile come te merita sicuramente di meglio di uno come lui. 

Mi interrompe cogliendomi alla sprovvista, annullando in breve tempo la distanza che ci separa per sistemarmi una ciocca di capelli dietro l'orecchio, fissandomi intensamente. 

Beh, sta diventando imbarazzante. Cerco di scostarmi da lui ma le sue labbra si posano sulle mie prima ancora che riesca a impedirglielo, e a quel punto accade tutto in un attimo. Ranma compare improvvisamente dal nulla, colpendolo con un violento pugno sul viso che gli fa perdere l'equilibrio, facendolo stramazzare al suolo. 

-Che diavolo stavi facendo con mia moglie, dannato bastardo! 

Grida, il viso trasfigurato dalla rabbia mentre non contento si avventa nuovamente su di lui afferrandolo per il bavero, pronto a sferrargli il colpo di grazia. 

-Ranma, fermati! Sei impazzito? 

 

Esclamo disperata, ma non mi dà retta. Sembra che non mi ascolti nemmeno. Intorno a noi una piccola folla di curiosi si raduna intanto pian piano, facendomi desiderare di colpo di sprofondare sotto terra per un tempo abbastanza vicino a "per sempre." Anche Kasumi e gli altri accorrono ben presto richiamati dal trambusto, ma Ranma non si ferma neppure quando mio padre e il suo cercano di trattenerlo. A quel punto decido di mettermi in mezzo, riparando Aki con il mio corpo e costringendolo così a bloccarsi. 

-Togliti immediatamente. 

Tuona con accento grave, raggelandomi con un'occhiata sinistra che mi fa paura. È talmente sconvolto che quasi non lo riconosco, non credo di averlo mai visto in questo stato. Decido tuttavia di tenergli testa quando intimo ad Aki di andarsene, di tornare a casa il più in fretta possibile prima che la situazione degeneri. E lui non se lo fa ripetere due volte. Sospiro di sollievo quando sento i suoi passi pesanti echeggiare sul terreno, sempre più lontani. 

-Sì, scappa pure via! Sei un vigliacco! 

Gli urla dietro Ranma e devo trattenerlo con tutte le mie forze per impedire che gli corra dietro. So che in questo momento sarebbe capace di farlo. Mi impongo poi di ignorare gli sguardi sconcertati di mio padre e delle mie sorelle mentre lo trascino dentro, richiudendomi la porta alle spalle. Ci mancano solo loro, adesso. Come se la situazione non fosse già abbastanza difficile così. 

-Come ti è saltato in mente di fare una cosa del genere, ti rende tanto orgoglioso prendertela con i più deboli? 

Lo incalzo, una volta soli. 

-Che fai, adesso lo difendi anche? 

Replica con un sorrisetto sprezzante che è come carta vetrata sui miei nervi già provati. 

-Non si tratta di questo - insisto con decisione - a differenza sua tu pratichi le arti marziali, ti sembra un comportamento etico? Un altro po' e avresti potuto ammazzarlo, santo cielo, te ne rendi conto? 

-Ah, certo. Che stupido. Sarei dovuto andare a stringergli la mano e lasciare che continuaste a sbaciucchiarvi indisturbati in mezzo alla strada, giusto? Questo sì che sarebbe stato etico! 

Accidenti, quando fa così mi viene solo voglia di prenderlo a cazzotti. 

-Tanto per cominciare io non l'ho affatto baciato. Semmai è stato lui a baciare me. 

Lo vedo serrare la mascella, fissandomi come se non credesse a una parola. 

-Ma guarda - dice infatti - e tu hai lasciato che lo facesse senza neppure provare a fermarlo? 

 

-Non ne ho avuto il tempo - spiego, sulla difensiva - e poi tu sei comparso all'improvviso. Senti, ha sbagliato, è vero. Non doveva farlo, ma è stato un bacio rubato, una cosa senza importanza. Per quale motivo dobbiamo dar peso a un simile malinteso! 

-Un malinteso? Quel bastardo stava baciando mia moglie sulla porta di casa, fregandosene completamente che fosse una donna sposata e tu lo definisci "un malinteso?" Avrei dovuto farlo fuori già ieri quel maledetto porco, e infilargli quella stupida scatola su per il… 

-Calmati Ranma, devi calmarti adesso. Per favore. Non posso parlarti se sei in queste condizioni. 

Lo interrompo, andandogli vicino. Provo a prendergli la mano ma lui si libera con uno strattone che mi fa sussultare, lasciandomi sgomenta. Distoglie lo sguardo e la rabbia torna a distorcere i suoi lineamenti mentre si allontana di qualche passo. Mi sta evitando. 

-Perché dovrei avere ancora voglia di starti a sentire dopo che non hai fatto altro che prendere le sue difese, comportandoti come se lui contasse qualcosa per te. 

Ecco, ci risiamo. 

-Che fai, ricominci? Credo ci siano cose ben più importanti su cui dovremmo concentrarci in questo momento! 

Gli faccio notare. 

-Davvero? Ad esempio? 

-Ad esempio che sono incinta! 

Mi lascio sfuggire, ormai esasperata dal suo comportamento assurdo. 

I suoi occhi inquieti tornano a incrociare i miei e stavolta sono io ad abbassare lo sguardo, sospirando profondamente come se questo potesse infondermi la forza necessaria per raccogliere le idee. E finalmente proseguire. 

-Che… Che hai detto? 

Balbetta, totalmente spiazzato. 

-Che aspettiamo un figlio - riprendo, più calma - avrei voluto parlartene questa sera a cena, ma visto ciò che è successo ero talmente agitata che mi è sfuggito senza volere. So che non era nei nostri piani, non ancora almeno e io stessa fatico a crederci. Insomma, mi sembra tutto così strano. Ma è comunque una bellissima notizia, vero? Ranma, ti prego di' qualcosa, il tuo silenzio mi… 

La mia voce si incrina, impedendomi di continuare a parlare. Mi sento così sopraffatta dalle emozioni da non riuscire quasi a respirare, ma quando osservo il suo volto duro e impenetrabile mi accorgo con rammarico di non trovarvi nulla di ciò che avevo sperato. 

 

-Da quanto tempo va avanti questa storia? 

Dice cupo e per un attimo credo di non aver sentito bene. 

-Di cosa stai parlando? 

-Da quanto tempo te la spassi con lui alle mie spalle, si può sapere? È successo prima del matrimonio, o forse dopo? 

Quelle parole taglienti mi investono come una doccia gelata, facendomi un male insopportabile. 

-Non capisco che stai… 

-Ti sei divertita almeno? - continua con accento mellifluo - Beh, certo, adesso le cose ti sono sfuggite di mano e hai pensato bene di incastrarmi in questa squallida vicenda. O pensi davvero che sia così stupido da credere che quel bambino sia mio? 

Lo colpisco con un violento schiaffo in pieno viso che dimostra di incassare senza battere ciglio, tuttavia la sua espressione rimane immutata e di colpo mi sento come se mi avesse pugnalata con una lama sottile e affilata, strappandomi via il cuore dal petto. 

-Come osi mancarmi di rispetto in questo modo, mi hai preso forse per una donnaccia? Sai benissimo di essere stato il primo e unico uomo della mia vita, con che coraggio mi accusi di una cosa tanto vile? 

Grido con quanto fiato ho in corpo. Sento le lacrime salire a pungermi le palpebre e non mi preoccupo nemmeno di asciugarle quando scivolano veloci sulle mie guance accaldate, annebbiandomi la vista. 

-Ho notato come ti sei messa tra noi per proteggerlo - torna a inveire senza pietà, come se non mi avesse neppure sentito - ammettilo Akane, tu provi qualcosa per lui! 

-Non c'è niente tra noi, Ranma, sono pronta a giurartelo sulla mia vita! Come puoi solo pensarla una cosa del genere, come puoi pensare che ti abbia tradito? E poi, quello che hai detto… 

Mi blocco, disgustata. Non riesco neppure a ripeterlo. D'un tratto non sopporto più la sua ingombrante presenza, voglio solo andarmene da qui. E non rivederlo mai più. L'uomo che ho sposato si è improvvisamente trasformato in una specie di mostro. Un mostro per cui ormai non riesco a provare altro che orrore. 

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


 

Ho trascorso l'intero pomeriggio a farmi fare una bella lavata di capo da Soun. A dire il vero stava quasi per uccidermi senza tante cerimonie, e sono sicuro che ci sarebbe riuscito se mio padre non fosse intervenuto per difendermi. Anche se, dopo tutte le cose terribili che ho detto, sono praticamente indifendibile. Sapevano già tutto, hanno detto che urlavamo talmente forte che probabilmente ci avranno sentito fino in Cina. Non vado certo orgoglioso di quello che ho fatto, anzi, mi sento un verme, ma non può finire così. Devo assolutamente provare a scusarmi con Akane, anche se so che non sarà facile. Stavolta ho passato il limite e non potrò certo biasimarla se non vorrà più parlarmi, ma non posso arrendermi con lei. È mia moglie, dovrà almeno ascoltarmi. Per questo adesso sono qui sul tetto, nell'unico posto dove corre a rifugiarsi ogni volta che c'è qualcosa che non va. E infatti eccola lì, rannicchiata su se stessa a contemplare il cielo stellato con aria assorta, gli occhi e le guance arrossate dal pianto. Sono proprio uno stronzo, ma deve sapere che non ho mai dubitato di lei. Anche se le ho urlato in faccia l'esatto contrario,offendendola pesantemente. Come ho potuto accusarla di portare in grembo il figlio di un altro, quando so benissimo che non mi avrebbe mai tradito? L'ho ferita di proposito e non mi perdonerò mai per questo, quindi perché dovrebbe farlo lei? 

Ok, basta così. Devo farmi coraggio. 

 

-Sapevo che ti avrei trovata qui. 

Esordisco, muovendo qualche passo per sederle timidamente vicino ma lei non sembra avere nessuna reazione. Si limita a fissare il vuoto, ignorandomi completamente, ma va bene così. Non mi aspettavo nulla di diverso. 

-Ho portato qualcosa da mangiare. 

Aggiungo, provando a porgerle una porzione abbondante di riso al curry che Kasumi ha cucinato apposta per lei, convinta che servirle il suo piatto preferito avrebbe forse potuto smuoverla dall'ostinato silenzio in cui si è chiusa. Anche se, a giudicare dalla sua faccia, non credo proprio che stia funzionando. 

-Non ti fa bene saltare la cena, specialmente nel tuo stato. Una volta ho letto da qualche parte che le donne incinte dovrebbero mangiare per due, o… Forse no. Beh, diciamo che non me lo ricordo. Non me ne intendo molto di queste cose e non sono bravo neppure con le parole ma, Akane, quello che sto cercando di dirti è che mi dispiace tantissimo per come ti ho trattata. 

Mi fermo un attimo per riprendere fiato, spiando cauto il suo viso alla ricerca di qualcosa, qualunque cosa che possa farmi luce sui suoi pensieri. Ancora una volta però non ha alcuna reazione. Le sue labbra restano serrate in una linea dura e ostile. Sospiro, frustrato, cercando di tenere a bada i battiti impazziti del mio cuore. 

-Non pensavo una parola delle cose che ho detto - riprendo - ero solo molto arrabbiato. Vedere quel tipo prendersi certe libertà mi ha fatto perdere la testa, ma voglio tu sappia che non ho mai avuto alcun dubbio su di te e desidero davvero lasciarmi alle spalle questa spiacevole storia. Voglio concentrarmi sul nostro futuro, amarti come meriti e imparare a essere un buon padre per mio figlio. 

Quando smetto di parlare mi sento totalmente svuotato, ma di certo più calmo. Per tutto il tempo non ho smesso un attimo di cercare il suo sguardo, senza alcun risultato. I suoi occhi continuano a puntare dritti davanti a sé, come se non mi vedessero neppure. Come se all'improvviso fossi trasparente e, per un attimo, ho l'amara sensazione che sia davvero così. 

-Tuo figlio? - dice d'un tratto, riscuotendosi dal suo torpore - Adesso è diventato improvvisamente tuo figlio? Sai, avrei davvero voluto che il padre di questo bambino fosse Aki. Almeno avrebbe avuto un genitore gentile e protettivo che, soprattutto, non lo avrebbe mai rinnegato come invece hai fatto tu. 

La sua voce è bassa e controllata mentre parla, ma una piccola ruga poco profonda solca ben presto la sua fronte alta, dove la frangia spettinata ondeggia mossa da un leggero vento fresco che pizzica le mie braccia scoperte, facendomi rabbrividire. Ho imparato già da tempo a conoscere quella ruga, e so che non ha mai portato nulla di buono. 

 

-Akane, ti scongiuro, non dire queste cose. 

Mormoro affranto, sfiorandole una spalla per richiamare la sua attenzione. Si irrigidisce, allontanandosi di scatto e fissandomi ora con occhi pieni di livore, come se fossi un rivoltante insetto da schiacciare. 

-Non provare a toccarmi. Mi fai schifo. Ti aspetti che le patetiche scuse che mi hai rifilato possano cancellare così facilmente il male che mi hai fatto? Mi hai umiliata, ferita, delusa. E questo non potrà mai essere cancellato. Non posso stare con una persona che non mi rispetta, perciò tra noi è finita, Ranma. È finita per sempre. 

La fiera determinazione nelle sue parole mi colpisce come uno schiaffo, facendomi capitolare. Scuoto la testa più volte, mentre sento che gli occhi mi si inumidiscono. 

-Mi… Stai lasciando, è questo che stai facendo? 

Balbetto con un filo di voce. 

-Voglio il divorzio. 

Riprende, lapidaria. 

-Non puoi dire sul serio. Per favore, cerca di ragionare. Parliamone con calma e… 

-Ti ho detto che non devi toccarmi - esplode quando cerco di sfiorarla di nuovo, rialzandosi in piedi per scostarsi velocemente, indietreggiando di qualche passo - se osi avvicinarti a me un'altra volta ti ammazzo, capito? Non ho nessuna intenzione di continuare a sprecare fiato con un verme schifoso come te, sei l'essere più meschino e rivoltante che abbia mai conosciuto. Non vali niente e vorrei solo che la terra ti inghiottisse in questo istante, per non essere costretta a rivedere mai più la tua orribile faccia! Ti odio, ti detesto con tutta me stessa. Sposarti è stato l'errore più grosso della mia vita e, a proposito, questo puoi anche riprendertelo! 

Si sfila via dal dito la fede nuziale, lanciandomela addosso con rabbia. La afferro al volo, contemplandola per qualche secondo sul palmo della mia mano, come se la mia vita dipendesse da quel piccolo cerchio dorato che ormai per lei ha perso ogni valore. D'un tratto ho male dappertutto. Occhi, testa, gambe. 

-Adesso vattene, sparisci immediatamente dalla mia vista! 

Rincara la dose e le sue urla mi stordiscono, rendendomi incapace di replicare ai suoi insulti. Ha ragione lei, non valgo nulla. Non la merito. Non ho neppure il coraggio di guardarla in faccia mentre, col cuore a pezzi, le volto lentamente le spalle. Mi allontano come un automa e i piedi incespicano più volte sul terreno prima che riesca a raggiungere la mia auto. Apro la portiera, mi siedo e metto in moto in un susseguirsi di gesti meccanici senza importanza. La mia testa è un ammasso infeltrito di pensieri e parole scomposte che sfociano in una sola: È finita. 

Akane mi ha lasciato. L'ho persa per sempre ed è solo colpa mia. 

È finita. Ho rovinato tutto. 

È finita. E io mi sento morire. 

 

Sfreccio velocemente per le vie ormai buie e silenziose della città. Non ho una meta. Non ho uno scopo. Fa male. Fa male come mai avrei creduto possibile. 

"Vorrei che la terra ti inghiottisse in questo istante!" 

"Ti detesto!" 

"Sposarti è stato l'errore più grosso della mia vita!" 

Frammenti delle sue sprezzanti parole continuano a risuonarmi nella mente, torturandomi come un bisturi su una ferita, finché non mi viene voglia di strapparmi il cuore per non doverle mai più sentire. Anche se non servirebbe a niente. Da quel momento, tutto accade così in fretta da sembrare quasi irreale. I fari accecanti di un'auto che sbuca fuori dal nulla, io che cerco disperatamente di schivarla, perdendo il controllo della macchina… E quel rumore, il terribile rumore dello schianto quando finisco fuori strada. Ricordo solo che la mia testa comincia a pulsare dolorosamente e tutto sembra diventare scuro intorno a me, allora stringo forte in una mano il suo minuscolo anello, per sentirla più vicina. 

"Akane, Akane dove sei? Ti prego, non lasciarmi. È troppo buio qui… Non lasciarmi." 

Il mio petto si stringe in una morsa che mi blocca il respiro… 

Poi, più nulla. 

 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***



Non riesco a prendere sonno, è tutto inutile. Un avvilente senso di inquietudine mi accompagna già da qualche ora, impedendo al mio corpo di rilassarsi. Dio, ho il cuore in gola e un serpente attorcigliato al posto dello stomaco ma, quel che è peggio, più passano i minuti più il malessere sembra aumentare. Mi trascino giù dal letto, passandomi stancamente una mano sugli occhi. Sono quasi le tre del mattino e la casa sembra così vuota e silenziosa. Fin troppo, forse. Mi avvicino alla finestra stringendomi nelle spalle, osservando rapita la luna che proprio di fronte a me si riflette sulla superficie del vetro, creando uno strano gioco di luci e colori che continuo a fissare, senza vederli veramente. Non so come sentirmi, né cosa provo. È tutto talmente surreale che faccio fatica a crederci, a viverlo. Ranma non è tornato, e l'unica cosa a cui riesco a pensare è che spero con tutto il cuore che lui non faccia più ritorno. All'improvviso sento il bisogno di lasciare la stanza, di cambiare aria. Mi dirigo al piano di sotto dopo aver indossato una vestaglia leggera, raggiungendo in fretta la cucina dove mio padre, malinconico e scarmigliato, sta sorseggiando una tazza fumante di tè. 

-Akane, figliola, cosa ci fai qui a quest'ora? 

Mi chiede in evidente apprensione, non appena si accorge di me. Faccio spallucce. 

-Non riuscivo a dormire, così ho pensato di venire a scaldarmi del latte. E la tua scusa qual è? 

-Cosa vuoi che ti dica - risponde dopo un breve momento di silenzio - ultimamente mi capita di soffrire di insonnia. Ho visto che l'auto di Ranma non è nel vialetto, immagino significhi che voi due non siete ancora riusciti a chiarirvi. Dove può essere? È notte fonda. 

Gli siedo vicino, cercando di far entrare nei polmoni quanta più aria possibile per contrastare l'improvviso attacco di nausea che il solo sentir pronunciare quel nome ha scatenato. 

-Non lo so e non mi interessa, ma spero tanto che sia andato all'inferno. Non voglio vederlo mai più. 

Replico con una smorfia infastidita. Lo vedo scuotere tristemente la testa mentre cerca il mio sguardo sfuggente. 

 

-Non dire così, cara. Ricordati che stai aspettando un bambino e lui avrà bisogno anche di suo padre. Voi due dovrete impegnarvi a crescerlo insieme nel miglior modo possibile finché un giorno, lo sai, tutto questo non sarà suo. 

Fa un ampio gesto con la mano guardandosi intorno, fiero di ciò che ci circonda e che negli anni ha portato avanti con tanti sacrifici, prima che noi ne prendessimo le redini. Mi sfioro la pancia ancora poco pronunciata, sospirando pensosa. 

-Voglio che mio figlio sia libero di fare le sue scelte, papà. Quando sarà grande troverà da solo la sua strada e si innamorerà di chi vuole, senza alcuna costrizione. Solo così potrà essere davvero felice. 

Nei suoi occhi passa un lampo di tristezza che cerca subito di mitigare con un sorriso. 

-Stai dicendo che non sei felice, Akane? Il vostro era un matrimonio combinato, è vero, ma tu e Ranma vi amavate e so che, nonostante tutto, vi amate ancora adesso. 

-Non è così, io non provo più niente per lui se non un odio profondo. 

Ribatto, quasi offesa da quelle parole. Lo stomaco mi si chiude di nuovo e per un attimo ho come la sensazione di annegare in un profondo vortice scuro e senza fine. Cavolo, non so proprio cosa mi prenda stasera. Dev'essere colpa di tutti questi discorsi se mi sento così agitata. 

-Adesso dici così perché sei arrabbiata ma, figliola mia, voi due siete ancora giovani e avete molta strada da fare, ma presto capirai tante cose. Vedi, perché un matrimonio funzioni è necessario imparare ad amare e accettare i difetti dell'altro e, alle volte, scendere a compromessi. So che Ranma ti ha ferita, ma ti ha anche chiesto di perdonarlo per questo. Adesso dipende da te, dovrai guardarti dentro e trovare la forza di farlo. 

No, non ci riuscirei neanche volendo. Dimenticare le sue orribili parole per me è impossibile. 

-Non ho bisogno di lui nella mia vita, posso benissimo cavarmela. Sarò perfettamente in grado di crescere questo bambino e occuparmi della palestra anche da sola. 

A quel punto il suono insistente del telefono riempie ben presto la stanza, facendoci trasalire. Lancio un'occhiata all'orologio. Alle tre e mezzo del mattino non è affatto normale ricevere una chiamata. Probabilmente avranno sbagliato numero. 

-Vado io. 

Dice, visibilmente preoccupato prima di sparire in corridoio. Lo vedo tornare qualche istante dopo, bianco come un lenzuolo. 

-Akane, era il dottor Tofu. Ascolta, non spaventarti ma dobbiamo subito correre in ospedale. Ranma ha avuto un incidente. 


-Quando l'ho visto non potevo crederci, per fortuna ero di turno così mi sono occupato personalmente di lui. 

Ci spiega il dottor Tofu quando raggiungiamo l'ospedale in tutta fretta e in trepida attesa di notizie concrete. 

-Come sta, dottore? 

Taglio corto, supplicandolo con lo sguardo. Ho bisogno di sapere altrimenti finirò per impazzire. Lo vedo sospirare, affranto. 

-Non voglio mentirti Akane, le sue condizioni non sono buone. Ha una frattura al braccio destro e qualche costola incrinata, ma questa non è la parte peggiore. Purtroppo ha battuto la testa, l'urto è stato molto forte e ora… 

Esita, come se stesse cercando le parole giuste da usare. 

-Cosa? Parli per favore, non ci tenga sulle spine in questo modo! 

Esclama a quel punto il signor Ghenma, angosciato, dando così voce anche ai miei pensieri. 

-È in coma. Mi dispiace molto. Alla luce di questo non possiamo far altro che aspettare. Non sappiamo quando e se si risveglierà, ma voglio essere fiducioso. Ranma è un ragazzo forte, sono certo che se la caverà… 

Il dottor Tofu continua a parlare ma io non l'ascolto più poiché una parola, una sola parola, la più temibile ha catturato di colpo la mia attenzione. Mi colpisce dritta allo stomaco così ferocemente da farmi sentire il bisogno di ripiegarmi su me stessa, e urlare tutta la mia frustrazione. Urlare. Fino a lacerarmi i polmoni. 

"È in coma. Ranma è in coma." 

Non è possibile, non può essere vero. 

-Io… Ho bisogno di vederlo. 

Farfuglio e la mia voce si incrina pericolosamente, mentre sento il cuore andare a fondo come una pietra. Mi accorgo che le mie mani tremano e la testa sembra sul punto di esplodere. Sto perdendo il controllo, ma non posso permettermelo. Non ora. Devo… Devo sforzarmi di rimanere lucida. 

-Certo, vi accompagno da lui. Ah, Akane? Quasi dimenticavo. Stava stringendo questo quando l'ambulanza lo ha portato qui. Lo riconosci? 

Mi mostra un piccolo anello dorato dall'aria familiare. 

-Sì, è la mia fede nuziale. 

La mia mente torna al momento in cui gliel'ho scaraventata addosso, gridandogli di andarsene per non tornare mai più. L'ha portata con sé. La rigiro tra le dita, facendo uno sforzo tremendo per trattenere le lacrime. 

 

La camera è immersa nella penombra a eccezione di un piccolo cono di luce, che insinuandosi tra le tende pesanti illumina il suo volto pallido e coperto da graffi ed escoriazioni, mettendo in evidenza la spessa benda bianca che gli ricopre la testa. Ha un braccio ingessato e grossi lividi violacei praticamente dappertutto, che lo rendono quasi irriconoscibile ai miei occhi. Mi avvicino timorosa al letto, chinandomi su di lui per sfiorare i suoi capelli ed è allora che crollo in ginocchio, singhiozzando disperatamente prima che Kasumi mi cinga la vita con delicatezza, accompagnandomi fuori dalla stanza. Mi aiuta a sedermi, stringendo le mie mani gelide fra le sue per provare a scaldarle. 

-Akane, respira a fondo, ti farà sentire meglio. Vuoi che ti porti un bicchier d'acqua? Sottoporti a tutto questo stress non fa bene al bambino. Devi cercare di riguardarti, lo sai. 

-Sto bene, ho solo bisogno di un momento. Io… 

"L'ho visto in quelle condizioni e di colpo non ho più avuto la forza di reggermi in piedi." 

Vorrei spiegare, ma un nodo alla gola mi impedisce di esprimermi chiaramente. Non posso credere che tutto questo stia accadendo davvero. 

-Akane! Sono venuta non appena ho saputo. 

La vedo corrermi incontro all'improvviso, i lunghi capelli neri a incorniciare il suo volto preoccupato ma, nello stato confusionale in cui mi trovo, riesco a riconoscerla solo quando si trova a un passo da me. 

-Ukyo, sei tu? 

Mormoro, informandola subito sulle condizioni di Ranma. Mi spiega di aver dato l'indirizzo dell'ospedale a Ryoga ma di lui non c'è ancora traccia, evidentemente il suo pessimo senso dell'orientamento lo ha fatto perdere di nuovo. Compare poco dopo rompendo la parete proprio di fronte a noi, facendoci trasalire tutti. 

-Akane, Ukyo, siete qui? Significa che mi trovo nel posto giusto, allora! 

Esclama, senza curarsi minimamente dei danni che ha appena provocato. Già, tipico di lui. A noi si uniscono ben presto anche Shampoo e Mousse e tutti sembrano così gentili e disponibili che non posso fare a meno di sentirmi rincuorata. Noto poi che il signor Ghenma sta uscendo dalla camera di Ranma, richiudendosi lentamente la porta alle spalle. Ha il viso disfatto dal pianto e i suoi passi pesanti riecheggiano sul pavimento lucido quando si accascia su una delle sedie cigolanti della sala d'aspetto, prendendosi la testa fra le mani. Lo so, è difficile anche per lui. Mi stacco dal gruppo per avvicinarmi con cautela, posandogli una mano sulla spalla in un debole tentativo di conforto. 

-So che si è comportato male con te - dice con un filo di voce, rialzando lo sguardo per incrociare il mio - ma è il mio unico figlio e vederlo in quelle condizioni mi spezza il cuore. Oh Akane, ho paura di non essere stato un buon padre per lui. 

-Non dica così, la prego. 

-È la verità. L'ho portato via di casa quando era ancora in fasce, strappandolo all'affetto di sua madre senza troppe cerimonie. Gli ho reso la vita un inferno, costringendolo a viaggiare in lungo e in largo senza un attimo di tregua per insegnargli le arti marziali, trattandolo fin da subito come un adulto quando invece era soltanto un bambino. Credi che mi perdonerà mai per tutto quello che gli ho fatto passare? 

Scuoto la testa, sedendogli vicino. 

 

-Non deve rimproverarsi, signor Ghenma - dico - grazie a lei è cresciuto sano e forte, divenendo un grande maestro di arti marziali e questo dovrebbe bastare a renderla orgoglioso. E poi sono sicura che Ranma le vuole molto bene, anche se non lo dimostra come dovrebbe. Ora torni a casa a riposare, resterò qui io. 

Sospira, aggrottando le sopracciglia con aria contrita. 

-Veramente, figliola mia, sei tu che dovresti andare. Nelle tue condizioni devi stare attenta a non stancarti troppo. 

-Ha ragione - gli fa eco Kasumi - nessuno può fare nulla per lui, adesso. Se ci sono novità verremo avvisati. In ogni caso è meglio tornare domani. 

-No - replico risoluta - non lo lascerò solo. Se dovesse svegliarsi e non trovare nessuno potrebbe spaventarsi, e questo non gioverebbe certo alla sua salute. Devo esserci quando riaprirà gli occhi. Sono sua moglie, il mio posto è al suo fianco. 

Pian piano, uno alla volta, sono andati via tutti. Hanno capito che non avrei cambiato idea tanto facilmente, così non è rimasto loro altro da fare che arrendersi. 

Mi avvicino al suo letto, rendendomi conto ancora una volta di quanto sembri diverso e vulnerabile in questo momento. Non credo di averlo mai visto così immobile, neppure mentre dormiva. Le sue labbra sono serrate in una linea dura, l'espressione è una maschera di dolore e tutto questo è così maledettamente assurdo da farmi quasi sperare che si tratti di un incubo. Un terribile incubo dal quale mi risvegliero' presto, solo per vederlo tornare a sorridermi. Ma i suoi occhi sono chiusi adesso e non c'è niente che io possa fare per cambiare questa cosa. Per risvegliarlo da questo stato di torpore in cui è improvvisamente caduto, che pare allontanarlo da me ogni minuto che passa. L'incubo è realtà e io mi sento morire. 

-Non ti azzardare a lasciarmi o te ne farò pentire, hai capito? Ranma, dimmi che puoi sentirmi, ti prego. Devi svegliarti, non puoi lasciarmi sola. Il nostro bambino ha bisogno di te. Di noi due insieme. Io ho bisogno di te. È tutta colpa mia, ti ho detto delle cose tremende costringendoti ad andartene. Dovevi essere sconvolto quando hai preso la macchina, e… Perdonami amore mio, mi dispiace così tanto. Non volevo che finisse così. 

Mormoro con voce rotta, coprendogli una mano con la mia e risalendo piano ad accarezzargli il braccio libero dal gesso, senza mai staccare gli occhi dal suo viso alla ricerca anche solo di un piccolo segno che mi faccia capire che mi sta ascoltando. Che c'è ancora. Ma il suo corpo non ha alcuna reazione e di nuovo l'amara verità mi colpisce, forte e inesorabile come un pugno nello stomaco. Gli occhi mi si riempiono di lacrime cocenti quando mi chino per lasciargli un bacio sulle labbra. Sfioro ancora la sua pelle con le dita, accorgendomi soltanto allora di aver trattenuto il respiro fino a quel momento e cercando a fatica di riprendere fiato, mentre torno a stringere la sua mano inerme fra le mie. 

 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***



Sono passati tre mesi dalla notte dell'incidente e Ranma non ha ancora ripreso conoscenza. Continua a dormire profondamente in un triste letto d'ospedale, avvolto da lenzuola che non sono le sue e che odorano di alcool e disinfettante, come tutto lì dentro. Quel posto ormai è diventato la mia seconda casa, poiché trascorro nella sua stanza praticamente tutte le mattine e a volte anche alcune notti, pur di non lasciarlo solo. Le sue condizioni non sono cambiate ma io ho deciso di non farmi prendere dallo sconforto, così continuo a sperare. Non posso mollare proprio adesso, devo essere forte. Lo devo a Ranma e al nostro bambino. La gravidanza procede bene e la mia pancia cresce ogni giorno che passa, tanto che tra poco, sono sicura, non riuscirò più a vedermi i piedi. Non vedo l'ora che questo piccolino venga al mondo, anche se so che la mia felicità non potrà essere completa se mio marito non è accanto a me. A volte la tristezza mi assale all'improvviso, ma grazie all'affetto e al sostegno di coloro che mi vogliono bene riesco sempre a risollevarmi il morale. Sono tutti molto gentili con me. Shampoo si alterna con Ukyo per portarmi la cena in ospedale, e anche se noi due non siamo mai state amiche per via della sua ossessione per Ranma e di ciò che è successo in passato, ci siamo avvicinate molto in questo periodo. A proposito, sono davvero felice che si sia finalmente decisa ad accettare la corte di Mousse, così adesso sono ufficialmente fidanzati e talmente carini insieme che ogni volta che li guardo non posso fare a meno di sentire un tuffo al cuore. La persona che devo ringraziare di più però è Ryoga. Senza di lui, infatti, non sarei mai riuscita a gestire i corsi mattutini in palestra. Ha dimostrato di essere davvero un degno sostituto di Ranma, anche se c'è stata quella volta in cui ha deciso di spostare le lezioni in montagna, perdendosi per un'intera settimana insieme a tutto il suo seguito. Voleva insegnare agli allievi la famosa tecnica dell'esplosione di cui va tanto fiero, ma come al solito ha smarrito la strada di casa, trasformando quella che doveva essere una breve gita fuori porta in una "stupenda avventura alla Indiana Jones" come mi hanno riferito i ragazzi. Col risultato che per loro ormai è diventato una specie di mito da venerare. Capito? Io ero qui a rodermi il fegato dalla preoccupazione e loro intanto se la spassavano senza pensieri. Roba da matti. Lo racconto a Ranma, perché metterlo al corrente di ciò che succede nelle nostre vite mi aiuta a sentirlo più vicino, donandomi una strana serenità a cui non voglio e non posso rinunciare. Continuerò sempre a parlargli, desidero che la mia voce gli dia la forza per non arrendersi e ritrovare la strada per tornare da me. Ovunque sia in questo momento. 

 

-Kasumi ha fatto lo stufato anche oggi - aggiungo - non fa che rimpinzarmi di cibo tutti i santi giorni e pretende sempre che non ne lasci mai neppure una briciola. Se continua così tra poco mi trasformerò in una mongolfiera e comincerò a volare. Sai, oggi ti porto una bellissima notizia : avremo un maschietto, l'ho appena scoperto. Un maschio, ci pensi? Spero non erediti il tuo caratteraccio però, altrimenti mi farà impazzire. Insomma, chi lo regge un altro come te? Credo comunque che sia già pronto a diventare un degno erede della nostra scuola, considerando i calci che tira. 

Prendo la sua mano, portandola sulla pancia nella flebile speranza che il gesto possa strapparlo a quel lungo sonno tanto simile alla morte, per ricominciare finalmente a vivere. 

-Ecco, lo senti? Tuo figlio si sta muovendo proprio in questo momento. 

E poi, accade. Lo sento sfiorare piano il mio vestito, ma il movimento è così impercettibile che per un attimo credo di essermelo solo immaginato. 

Possibile che… 

-Ranma? 

Pronuncio più volte il suo nome, cercando di attirarne l'attenzione e pregando con tutte le forze che ciò che ho appena sentito non sia solo frutto della mia immaginazione. Accarezzo il viso ormai scarno e sempre più pallido, liberandogli la fronte dai capelli che in ciocche disordinate scendono a coprire le lunghe ciglia delle sue palpebre chiuse. Non gliel'ho mai detto, ma adoro i suoi capelli. Amo provare a spettinarlo quando meno se lo aspetta, solo per lasciarli scorrere liberamente tra le dita. Mentre lo guardo, l'unica cosa a cui riesco a pensare è che voglio che tutto torni com'era. 

-Per favore - sussurro, stringendo la sua mano nella mia - dimmi che riesci a farlo ancora. Dimmi che riesci di nuovo a muovere la mano come hai appena fatto, perché è successo. Non posso sbagliarmi, vero? 

Gli tocco il braccio e, quasi in risposta al mio gesto, lo sento stringere le mie dita con forza crescente. A quel punto l'emozione è così forte che il cuore prende a battermi furiosamente nel petto, togliendomi il respiro. 

-Lo sapevo. Sei bravissimo amore, continua così. Non smettere. Ti amo così tanto! 

Esclamo, pazza di gioia mentre i suoi occhi si riaprono lentamente, muovendosi in tutte le direzioni fino a incontrare i miei. 

-Ehi, ciao. Dottor Tofu, corra, presto! Ranma si è svegliato. 

 

Da quando è stato dimesso Ranma si comporta in modo strano. Ha dei continui vuoti di memoria e ieri ha persino scordato l'indirizzo di casa. Il dottor Tofu dice che è perfettamente normale considerando ciò che ha passato, comunque sia non è certo questo che mi preoccupa. Il fatto è che sembra sempre così serio e taciturno. Non reagisce neppure alle giocose provocazioni di suo padre e Nabiki, che cercano in qualche modo di smuoverlo e si esprime a monosillabi, specialmente con me. Ho provato a far finta di niente in questi giorni, lasciandogli i suoi spazi per dargli il tempo di riprendersi, ma ora non posso più tacere. Per questo nel tardo pomeriggio lo raggiungo in camera nostra dove so che sta riposando, ma prima di stendermi vicino a lui mi accerto che sia sveglio. Naturalmente finge di dormire nella vana speranza che me la beva, ma io lo conosco bene e so che, ancora una volta, per qualche motivo, vuole tenermi a debita distanza. 

-Guarda che mi sono accorta che non stai affatto dormendo, mi hai preso forse per una stupida? 

Per tutta risposta sbuffa sonoramente, girandosi su un fianco e voltandomi le spalle mentre, per niente impressionata dal suo atteggiamento ostile, torno alla carica. 

-Ascolta, lo so bene che il braccio ti fa ancora male e non sei tornato perfettamente in forma, ma non devi demoralizzarti. È solo un problema temporaneo, la fisioterapia ti aiuterà pian piano a riacquistare le forze e potrai riprendere a lavorare come desideri. 

Gli sfioro una spalla ma lo vedo ritrarsi, come se il mio tocco lo avesse infastidito. 

-Non sono preoccupato per questo. 

Dice cupo. Sospiro. 

-Allora cosa c'è che non va? Ranma, non posso aiutarti se non mi dici qual è il problema. Ce l'hai con me, per caso? Sei così freddo e distante, quasi non mi rivolgi la parola e questo non mi fa stare bene. Ti sei finalmente risvegliato e stiamo per avere un figlio, questi dovrebbero essere i momenti più felici della nostra vita. Invece… Invece sembra che non ti importi neanche. 

Si volta di colpo, sfiorando il mio ventre gonfio con una carezza leggera. 

-Certo che mi importa - dice senza guardarmi - e non si tratta del bambino, è solo che… 

Si interrompe bruscamente e i suoi occhi chiari si velano di tristezza. Non posso vederlo così. 

-Di qualunque cosa si tratti, puoi parlarmene. Sono tua moglie ma anche la tua migliore amica. Ne abbiamo passate tante insieme, perciò puoi dirmi tutto. 

Lo rassicuro, accarezzandogli delicatamente il viso che ormai ha ripreso colore, ma stavolta anziché scostarsi mi lascia fare. Forse sono sulla strada giusta. 

 

-È difficile per me. 

Mormora dopo un lungo momento di silenzio, incrociando per la prima volta il mio sguardo. Si sistema il cuscino dietro la testa, poi comincia a parlare. Lo fa molto lentamente e con voce incerta, scandendo bene le parole quasi avesse paura di non farsi comprendere. 

-Camminavo in un tunnel e tutto era buio e freddo intorno a me, ma non avevo timore, perché sapevo che eri al mio fianco e mi stringevi la mano. Poi però hai smesso di farlo all'improvviso e ti sei allontanata, lasciandomi solo nell'oscurità. Ho provato a chiamarti, scongiurandoti di tornare indietro e di portarmi con te, ma non c'eri più e io mi sono sentito abbandonato a me stesso. Questo è ciò che ricordo di aver provato per tutto il tempo in cui sono rimasto incosciente. 

Dice, rilassando le spalle e lasciando che le parole fluiscano ora quiete e ordinate. 

-Per me non c'era altro che una spirale senza tempo, un abisso sconfinato di buio e solitudine. Un dolore totalizzante, che si è divertito a tormentarmi senza pietà. Fino a farmi desiderare di morire. 

Cerco la sua mano ma lo vedo allontanarsi di scatto, e di colpo è nuovamente distante. 

-Una volta sveglio - prosegue - non sono più riuscito a scrollarmi di dosso quella sgradevole sensazione. Il dolore, la paura, l'abbandono. Li sento ancora sulla mia pelle e mi annebbiano la mente, impedendomi di pensare lucidamente. Le parole che hai detto quando abbiamo litigato, prima dell'incidente, continuano a girarmi in testa come un disco rotto, e più cerco di dimenticarle più diventano insistenti. So che sei qui con me adesso, che mi stai ascoltando, ma qualcosa dentro di me tenta di convincermi che presto potrei perderti di nuovo. E non voglio mai più soffrire così. Perciò ho provato a evitarti in ogni modo, cercavo di proteggermi. Io… Ho paura che tutto questo non sia reale. Che tu possa svanire da un momento all'altro, lasciandomi di nuovo solo… 

A quel punto la sua voce si incrina e un singhiozzo convulso si sostituisce presto alle sue parole, facendolo crollare di colpo mentre mi sporgo verso di lui per abbracciarlo forte, incapace ormai di tenere a freno le lacrime che già da un po' mi offuscano la vista. 

-Mi dispiace tesoro mio, mi dispiace tanto per tutto questo. Non devi continuare se non te la senti, voglio soltanto che ti calmi adesso. Non pensare più al passato né alle mie parole, perché tu non mi perderai mai. Guardami, io sono qui e ci sarò sempre, non ti lascerò mai più. L'unica cosa che desidero è vivere il presente insieme a te. Niente ha più importanza. 

 

Asciugo i suoi occhi bagnati di pianto, prendendogli il viso tra le mani per baciarlo con dolcezza. Non sapevo, non avevo capito che stesse così male e forse la colpa è anche mia. Da quando è tornato a casa non abbiamo mai parlato della furiosa lite che abbiamo avuto prima del suo terribile incidente. Per me non c'era nulla di più importante che vederlo stare di nuovo bene, il resto era passato in secondo piano. Io avevo cancellato tutto, azzerandolo completamente, ma lui no. Questa cosa lo ha tormentato per tutto il tempo anche mentre non era cosciente, probabilmente perché è stato il suo ultimo ricordo prima che tutto precipitasse. Come ho fatto a non rendermene conto, come ho potuto essere così cieca? Mi stringe a sé e le sue mani scendono di nuovo ad accarezzare la mia pancia. 

-Ti amo. Scusa per il mio comportamento, io non… 

-Shhh. Va tutto bene. Ti amo anch'io. 

Sussurro mentre le sue labbra mi percorrono delicatamente la mascella e le dita si insinuano piano sotto i vestiti, facendomi gemere e trasformando ben presto la tenerezza in passione. A quel punto le parole non servono più e lo sappiamo entrambi. Come sappiamo di non poter più aspettare. Sento il cuore accelerare i battiti quando mi accorgo che il mio vestito sta scivolando giù e le sue mani sapienti si fanno strada su di me. Prende ad accarezzarmi con studiata lentezza, modellando il mio corpo contro i suoi palmi morbidi e infiammando ogni centimetro della mia pelle nuda. Ho quasi l'impressione di poter esplodere dall'emozione e affondando le dita tra i suoi capelli corvini lo attiro a me con decisione, catturandogli le labbra in un bacio carico di passione che sembra coglierlo di sorpresa. Quel semplice gesto lo porta ad avvicinarsi ancora di più, premendo il bacino contro il mio e facendomi chiaramente sentire quanto mi desideri. Ho un piccolo sussulto che sfocia in un vero e proprio mugolio quando abbandona la mia bocca per dedicarsi ai seni. Li tormenta a lungo, stuzzicandoli piano fino a farmi contorcere per poi scendere a percorrermi la curva morbida della pancia e i fianchi con una scia di piccoli baci infuocati che mi fanno impazzire di desiderio. Lo voglio, lo desidero così disperatamente da non riuscire a ragionare e quando sento che le sue labbra premono contro il mio punto più sensibile, strappandomi un intenso gremito di piacere che mi porta a fremere contro quel corpo scultoreo, capisco di non poter resistere oltre. Lo afferro allora per le spalle, invitandolo a tornare su e liberandolo della camicia con gesti nervosi, strappandogliela quasi di dosso tanta è la voglia di toccarlo, di sfiorare finalmente con le dita la sua pelle meravigliosa. Quanto mi è mancato tutto questo. 

 

-Ti voglio da morire. Subito. 

-Che sfacciata… 

Sorride sornione, piacevolmente colpito dall' impazienza che legge nel mio sguardo implorante quando lo libero degli ultimi indumenti rimasti, avvolgendo le gambe attorno ai suoi fianchi. Voglio sentirlo più vicino, provare a placare quel fuoco che sento bruciarmi dentro come lava bollente, scuotendomi nel profondo. Allora, perdendo ogni inibizione mi inarco contro di lui e i nostri occhi si incontrano di nuovo, ardendo gli uni negli altri mentre Ranma affonda dolcemente in me, riprendendo a baciarmi con trasporto. Le nostre dita si intrecciano, i nostri corpi si scontrano, perdendosi l'uno nell'altro e fondendosi in uno solo. I movimenti divengono sincronizzati, uniti in una danza che sento via via travolgermi come un fiume in piena, trascinandoci in un vortice infinito di crescente passione. 

 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***



-Però! Il tuo gancio destro è migliorato parecchio, ma so che puoi fare di meglio. 

Osserva Ryoga alla fine del nostro quotidiano allenamento, ansante e sudato come me. Ecco perché mi piace allenarmi con lui, entrambi diamo sempre il meglio di noi stessi. Combattere contro il mio antico rivale è stata la miglior fisioterapia che potessi fare in questi mesi. Gli stringo la mano, battendogli un'affettuosa pacca sulla spalla. 

-Grazie amico, senza di te non avrei mai potuto riacquistare le forze in così breve tempo. 

-Piantala con le lusinghe, Ranma - replica con una smorfia - o potrei cominciare a crederci. Domani si replica, eh? 

-Puoi scommetterci! 

Esclamo annuendo con convinzione. In quel momento mi accorgo di Akane, che ferma sulla soglia della palestra ci osserva con un largo sorriso dipinto sulle labbra che la fa sembrare più bella e solare del solito. Non manca molto, ormai. Il bambino nascerà tra due settimane e in questi ultimi giorni appare così raggiante e rilassata che a volte fatico veramente a staccarle gli occhi di dosso. Come adesso, per esempio. La gravidanza le dona parecchio. Muovo qualche passo verso di lei, appoggiando entrambe le mani sulla dolce curva di quel ventre ormai voluminoso dove mio figlio continua a scalciare come un matto. Accidenti, ne ha di energia questo giovanotto. Adoro ascoltarlo muoversi, è una sensazione così intensa e coinvolgente da emozionarmi ogni volta. 

-Allora, come sta il mio piccolo Ichiro? 

Akane sussulta, lanciandomi un'occhiataccia. 

-Stai scherzando - ribatte piccata - non chiamerò mai mio figlio a quel modo! Il suo nome sarà Keishi, ho già deciso. 

La guardo come se fosse di colpo impazzita. 

-Non puoi decidere senza consultarmi, è anche mio figlio. 

-Non mi importa, non ti lascerò mai scegliere. Hai dei gusti orribili in fatto di nomi e il bambino finirebbe per odiarti. 

Questa, poi! 

-Ma cosa stai dicendo? Beh, lasciamo perdere, tanto sarebbe una battaglia persa in partenza. Piuttosto, avrei voglia di fare una certa cosa con te, adesso… 

Sussurro al suo orecchio con voce suadente, ma per tutta risposta mi allontana con un gesto brusco che mi lascia sorpreso. 

-Niente da fare, Casanova. Tieni a freno i bollori, la mia lezione comincia tra poco. 

La scruto, perplesso. E poi sarei io ad avere sempre un chiodo fisso? 

-Ma che hai capito, guarda che sei fuori strada. Non intendevo certo quello che stai pensando. Ascolta, lascia che dei bambini si occupi Ryoga per oggi, sono certo che non gli dispiacerà. Vero? 

Mi volto verso di lui e lo vedo annuire un paio di volte, l'aria compiaciuta. 

-No, affatto. Anzi, ne sarei felice. 

Dice. È stato così bravo con i miei allievi che sono certo possa fare un buon lavoro anche con quelli di Akane. Tanto più che lei dovrebbe smettere di lavorare e prendere un po' di tempo per sé, visto che siamo così vicini al parto, ma come al solito preferisce fare di testa sua. Se continua così finirà per partorire in palestra, nel bel mezzo delle sue lezioni. Non faccio che ripeterglielo. 

-Sentito? Dai, hai bisogno di staccare un po' ogni tanto. Prenditi il pomeriggio libero ed esci con me. 

Sembra pensarci su ma poi annuisce con un sorriso, e capisco che questa volta l'ho finalmente convinta. 

 

-Quando ho accettato di uscire con te non immaginavo certo che mi avresti portato in un posto del genere. E poi sono io che dovrei avere le voglie, non certo tu! 

Esclama mentre, seduti nella pasticceria all'angolo della strada, mi guarda affondare il cucchiaino in un'enorme coppa di gelato al cioccolato. Quanto l'ho desiderato. 

-Andiamo, di che ti lamenti. Tanto pago io. Non è mica un crimine aver voglia di mangiare un gelato, ogni tanto. 

Ribatto con la bocca piena. Scuote la testa con aria di mesta rassegnazione. 

-Quello che non capisco è perché tu debba per forza diventare una donna, per farlo. 

-Lo sai bene che non entrerei mai in un posto così da uomo, sarebbe troppo imbarazzante per me. Essere donna a volte ha i suoi vantaggi. 

Replico, ma quando abbasso gli occhi sulla mia coppa noto che è già tristemente vuota. Caspita, come può essere finito così in fretta? Dovrò ordinarne un altro. 

-Si, come ottenere qualche pallina di gelato in più solo perché fai la svenevole col proprietario, vero? Il tuo comportamento è vergognoso persino per una ragazza, lo sai? 

Sta dicendo Akane, ma non l'ascolto quasi. È sempre la solita esagerata. 

-Quante storie! A proposito, lo mangi quello? 

Indico la piccola coppa di fronte a lei, dove lo squisito gelato alla fragola che ha ordinato si sta ormai miseramente sciogliendo senza che neppure lo abbia toccato. Non posso lasciarlo lì a morire, sarebbe un sacrilegio. Allungo una mano per prenderlo ma lei mi fulmina con un'occhiata indispettita che blocca le mie dita a mezz'aria. 

-Stai veramente cercando di rubare del cibo a una donna incinta? 

-Beh, visto che si sta squagliando… 

-Sei incorreggibile! 

-Ciao, è da un po' che non ti si vede da queste parti. Ma che bello, aspetti un bambino! Non sapevo ti fossi sposata. 

Sollevo lo sguardo verso la cameriera di turno, che sta ora osservando Akane con rinnovato interesse. 

-Sì, io sono suo marito. 

Mi intrometto e d'un tratto mi fissa come se fossi una specie di creatura aliena. 

-Forse volevi dire moglie, mia cara - afferma convinta - che coincidenza, io sono una simpatizzante del movimento per i diritti dei gay. Immagino sia stato difficile fare l'inseminazione artificiale. 

Inseminazione artificiale? Questa tizia e tutte le sue ridicole domande cominciano a darmi sui nervi. 

-Perché dovrebbe averne bisogno? Non siamo una coppia gay, ho detto che sono suo marito e fino a prova contraria funziono benissimo! 

Akane mi molla un calcio sotto al tavolo, facendomi imprecare. 

-Hai finito di dare spettacolo? - sibila a denti stretti - Il conto, per favore! 

 

-Si può sapere che c'è? Ho detto solo la verità. E poi non ho mai conosciuto una persona più invadente di quella. 

Mi lamento dopo che mia moglie mi ha praticamente trascinato fuori dal locale a forza, impedendomi così di ordinare un'altra coppa. Che disdetta, avrei tanto voluto assaggiare anche la vaniglia. 

-Sei un cretino.

Commenta senza guardarmi. 

-E tu non sei affatto carina! 

-Se continui ti farò vedere anche quanto sono violenta. 

Sbuffo, camminandole vicino quando ci avviamo verso casa. Ritiro quello che ho detto. La gravidanza non le dona affatto, anzi, la rende più suscettibile del solito. E a farne le spese sono sempre io. Lancio un'occhiata nervosa in direzione della sua pancia, d'un tratto colto da uno strano senso di inquietudine che non riesco a spiegarmi. A dirla tutta, non so perché mi sia venuto in mente proprio adesso. 

-Ehi Akane, senti. Stavo pensando, e se la maledizione fosse… 

-Ereditaria? 

Finisce la frase per me, lasciandomi basito. Come fa a sapere sempre ciò che mi passa per la testa? E poi, ora che lo ha detto ad alta voce, quell' eventualità sembra ancora più reale. 

-Hai paura di trasmetterla al bambino? Non preoccuparti di queste cose, Ranma. La tua non è mica una malattia, la genetica qui non c'entra proprio niente. 

Dice, fermandosi di colpo. 

-Ma se, per puro caso c'entrasse? - insisto - Se il piccolo si bagnasse con acqua fredda e scoprissimo che… 

-In quel caso lo getteremmo via. 

Mi incalza, asciutta. La fisso esterrefatto e lei scoppia a ridere, colpendomi giocosamente sul braccio. 

-Ma dai, scemo, sto scherzando! È ovvio che lo amerei incondizionatamente, proprio come amo suo padre. Uomo o donna non fa differenza per me, sei sempre tu e mi piaci così come sei. Non cambierei nulla di te, e anche se non dovessi mai liberarti di questa maledizione non mi importerebbe, perché resteresti sempre l'uomo di cui mi sono innamorata. Su, non pensare a queste cose. Stai tranquillo, il nostro bambino starà benissimo. 

Mi prende per mano, intrecciando le dita alle mie. Come posso evitare di sciogliermi come neve al sole quando mi fa queste improvvise dichiarazioni d'amore? D'un tratto, vedo le sue labbra piegarsi in una smorfia di dolore. 

-Che succede? 

Esclamo allarmato. 

-Niente - risponde - ho avuto una fitta ma è passata. 

-Dovresti riposare, adesso. Su, torniamo a casa. 

Dico, cingendole le spalle con un braccio. Una volta rientrati la invito a stendersi sul divano mentre faccio un bagno caldo, ma al mio ritorno non mi sembra si sia ancora ripresa. 

 

-Ranma - geme, facendo dei respiri profondi - credo di avere le doglie. 

Per un attimo ho come l'impressione di non aver capito bene. 

-Che cosa? Non è possibile, la scadenza è tra due settimane! 

È tutto ciò che riesco a dire, imprecando dal dolore quando la sento stringermi la mano talmente forte da rischiare quasi di stritolarmela. 

-Stai zitto e portami subito in ospedale, stupido! Ti ho detto che è il momento! 

Urla. Gli istanti che seguono sono solo una confusa baraonda di emozioni contrastanti che, sei ore dopo, mi portano a percorrere il lungo corridoio dell'ospedale più velocemente che posso. Mi affretto col cuore in gola ad aprire la porta bianca di fronte a me, cercando di far meno rumore possibile quando entro nella stanza intrisa di luce. Ed eccola lì, distesa sul letto e avvolta da candide lenzuola, l'aria stanca e spossata mentre riapre lentamente gli occhi per incontrare i miei, che in preda a una crescente euforia saettano da lei alla piccola culla che ha vicino. 

-Mi hanno detto che potevo entrare. 

Sussurro con voce incerta, raggiungendola lentamente, un passo dopo l'altro per sentirmi subito avvolgere in un caldo abbraccio. Akane affonda la testa nell'incavo della mia spalla mentre la stringo forte, scostandola poi da me quanto basta per tornare a specchiarmi nei suoi occhi penetranti. Sfioro il suo viso con dolcezza e le mie mani scendono ad accarezzarle ritmicamente le spalle. È in quel momento che un improvviso, flebile vagito cattura la mia attenzione, spingendomi ad allontanarmi da mia moglie solo per chinarmi sulla culla, senza riuscire a contenere l'emozione. 

-Qualcuno è ansioso di conoscerti. 

Mormora Akane con un sorriso mentre mi guarda prendere il bambino tra le braccia con gesti impacciati e, senza preavviso, i miei occhi si inumidiscono. Batto più volte le palpebre nel vano tentativo di scacciare via le lacrime che offuscano il visetto paffuto del piccolo, che adesso si muove dolcemente contro il mio petto. Lo bacio sulla fronte, sfiorando con un dito la pelle delicata delle sue manine strette a pugno prima di sedermi sul letto con cautela, senza poter staccare gli occhi da lui. 

-È… così perfetto, così meraviglioso. 

 

È tutto ciò che mi riesce di dire, sollevando finalmente lo sguardo per incontrare di nuovo quello di Akane, che mi accorgo osservarci ora con un' adorabile euforia distante dipinta sul viso. 

-Lui aveva tanta fretta di venire al mondo - dice, accarezzandolo con gesti gentili - vero? 

Noto una strana apprensione nella sua voce, come se improvvisamente si stesse sforzando di non piangere e mi sporgo verso di lei per baciarla. Per un po' ce ne stiamo in silenzio, intenti a osservare rapiti il respiro lento e regolare di nostro figlio che adesso si è pacificamente addormentato fra le mie braccia. C'è un nome che continua a ronzarmi in testa ogni volta che lo guardo, quasi fosse lui stesso a suggerirmelo e non faccio in tempo a pensarci che mi ritrovo a pronunciarlo ad alta voce, senza rendermene conto. 

-Eisen. 

Mormoro cullandolo dolcemente e Akane mi interroga a lungo con lo sguardo prima che mi decida a rispondere. 

-Beh, so che dici sempre che sono un disastro coi nomi e che tu ne avevi già scelto uno, ma non so per quale motivo questo mi sembra proprio adatto a lui. Così pensavo che… 

Esito, palesemente a disagio mentre la sua espressione si fa via via più seria, come se stesse per dire qualcosa di importante prima di rispondere : -È assolutamente… 

Fa una breve pausa, durante la quale comincio a pensare a parole come "inaccettabile" o "fuori luogo" per completare la sua frase, ma i suoi lineamenti si distendono in un sorriso rassicurante che finisce così per fugare ogni mio dubbio. 

- Perfetto - prosegue, accarezzandomi una guancia e catturando le mie labbra in un bacio dolcissimo - Eisen mi pare proprio il nome giusto per lui. Ogni tanto mi sorprendi, amore mio. 

Sorrido a mia volta, abbassando lo sguardo sul bambino ancora profondamente addormentato, accarezzando la sua pelle morbida come velluto e chinandomi a baciarlo di nuovo. È così piccolo e indifeso. È mio figlio, e sono già pazzo di lui. 

 

Fine. 





 

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