Nirihs'Oūm

di Altair13Sirio
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Libera, finalmente ***
Capitolo 2: *** Un fantasma dal passato ***
Capitolo 3: *** La regina in catene ***
Capitolo 4: *** La terra dei miei antenati ***
Capitolo 5: *** Viaggio interiore ***
Capitolo 6: *** Le fondamenta di questo impero ***
Capitolo 7: *** Missione suicida ***
Capitolo 8: *** Là fuori, nell'universo ***
Capitolo 9: *** Il coraggio di fare una scelta ***
Capitolo 10: *** Per sempre al tuo fianco ***
Capitolo 11: *** Quel che resta da fare ***



Capitolo 1
*** Libera, finalmente ***


Un botto, un rumore, una luce accecante. Il pianto di una bambina e i lamenti di milioni di persone che non avevano alcuna colpa, se non quella di essere nati su di un pianeta condannato. Il fuoco di un inferno brutale che consumava gli ultimi segni di vita di un mondo finito e quella stessa immagine che si faceva sempre più piccola e lontana.
Questi erano i ricordi più lontani, ma anche i più vividi nella mente di Nirihs'Oūm da quando era cresciuta. Tutto prima di allora era come caduto nell'oblio, dimenticato. Il trauma di vedere distrutto tutto quello che era stato parte della sua vita aveva cancellato ogni cosa: la vista ammaliante di un'alba, la gentilezza di sconosciuti, il calore di un abbraccio materno… La ragazza aveva conservato solo le ombre di quei ricordi, quelle sensazione che mai più avrebbe trovato, e anno dopo anno si erano fatte sempre più flebili e remote, facendole credere alle volte di non averle nemmeno mai provate.
Oggi quella bambina dagli occhi pieni di speranza era solo l'ombra di un passato che sembrava non esserci mai stato; al suo posto c'era una giovane donna forte, coraggiosa, il cui cuore si era inasprito col tempo, e adesso era finalmente esploso.
Esploso per tutto l'odio e la rabbia che aveva covato; ma lo aveva fatto in modo impercettibile, accumulando lievemente ogni singolo granello di emozioni che non aveva potuto sfogare, senza che nessuno notasse niente. E adesso che era a pochi passi dalla sua libertà, dal compimento di un desiderio espresso da anni, riusciva a malapena a contenere la sua malsana eccitazione.
L'enorme porta si aprì di fronte a lei dopo che ebbe mostrato il simbolo imperiale che portava sul guanto, e gli sfarzosi interni della sala del trono si mostrarono davanti ai suoi occhi: il colore rosso regnava su tutto, dalle pareti tappezzate di trofei di guerra e ritratti dell'imperatrice, ai piccoli oggetti ornamentali che si esibivano lungo le interminabili mensole dorate che si stagliavano fino al fondo della sala; drappi d'oro pendevano dal soffitto, contornando le finestre da cui filtrava una luce insufficiente a vedere bene nella sala, compensata dagli immensi lampadari che pendevano sopra le teste dei visitatori, su cui ardevano delle inestinguibili fiamme di color magenta. Sul pavimento su cui camminava la ragazza erano raffigurate battaglie con protagonista la monarca, in ogni scena inesorabilmente vittoriosa, e le mattonelle rosso sangue si alternavano a quelle nere, su cui ci si riusciva a specchiare lungo la strada. Il tutto fino al trono, dove sedeva la donna che aveva reso possibile tutto quello: un grande trono dorato che si alzava fino al soffitto in una miriade di tubi e spade che si intrecciavano e si fondevano alla parete, espandendosi sempre di più quasi come se da lì partisse tutta l'energia che faceva muovere l'impero. Lì sedeva la donna che governava tutto quello, la donna che l'aveva cresciuta come una figlia, la donna che aveva distrutto la sua vita e reso ogni momento passato a sopravvivere un inferno: Komand'r.
Se ne stava con aria sognante su quel suo trono dorato e guardava di fronte a sé con gli occhi di chi sapeva cosa sarebbe successo. Era lo sguardo di un'imperatrice, che tutto sa e tutto vede, e attende con pazienza le richieste di coloro a cui concede udienza; Nirihs'Oūm era sempre stata ammessa in quella sala sin dal suo arrivo lì, ma aveva sempre odiato metterci piede.
Si inginocchiò come aveva imparato a fare per mostrare il giusto rispetto all'imperatrice, in modo da non farla infuriare non appena apriva bocca, e parlò:<< Mia signora. >>
La donna sorrise e alzò la testa come se si stesse destando da un sonno rilassante. La guardò fingendo di averla vista solo in quel momento e rispose con volte ferma:<< Alzati, Nirihs'Oūm. Non ti si addice chinarti tanto per me, e mi duole vederti per terra. >>
La giovane tamaraniana si rialzò quasi istantaneamente al comando della donna. Era lì per un motivo particolare e non aveva intenzione di perdere altro tempo; aveva l'impressione che anche l'imperatrice fosse della sua stessa idea. << Vengo a farti visita nella tua sala per farti una richiesta, madre. >> Disse mantenendo un atteggiamento ossequioso nei confronti dell'altra.
Quella annuì e la scrutò a lungo, quasi come se volesse leggerle nella mente. << Immagino che abbia a che fare con l'imminente compimento dei tuoi diciassette anni, mia cara. >>
Nirihs'Oūm non disse nulla, sentendo una morsa allo stomaco che le bloccò il fiato, assieme a un forte bruciore che si accese all'istante sulla sua guancia sinistra. Diciassette anni e più della metà passati in quel palazzo, lontana da tutti e bistrattata come la peggiore delle sguattere; se c'era qualcosa che la sua matrigna aveva fatto bene, era stato fingere che andasse tutto bene per lei.
<< Non devi preoccuparti, sai già che per te sono disposta a qualunque spesa. >> Disse la donna sporgendosi per afferrare un calice posto su di un ripiano accanto al suo trono. << Ho già organizzato dei festeggiamenti degni di te che credo saranno di tuo gusto, ma sono ugualmente curiosa di conoscere i tuoi desideri. Quindi parla pure, dimmi che cosa renderebbe felice questo tuo compleanno. >>
Il fuoco si spense. Non ancora. Il bruciore alla cicatrice svanì come era arrivato, ma rimase vivida per diversi minuti la sensazione insopportabile di avere qualcosa sotto alla guancia.
Riacquistato il sangue freddo, Nirihs'Oūm riuscì finalmente a parlare contrastando la presenza pesantissima della matrigna. << Come ben sai, ho già raggiunto la maturità da quasi un anno e tu stessa mi hai addestrato per anni nell'arte del combattimento, affinando la mia tecnica e sviluppando la mia forza giorno dopo giorno. Non c'è nulla che potrei desiderare, vivendo con te in questo luogo meraviglioso, ma come puoi immaginare conoscendo la mia indole avventurosa, le mura di un palazzo mi diventano strette con il passare degli anni… Ed è per questo che vorrei che, per quest'anno, tu mi concedessi la possibilità di partire alla volta di nuovi mondi per conoscere meglio l'impero su cui tu regni con tanta saggezza e sapienza. >>
Forse era stata troppo diretta. Il silenzio di Komand'r le fece temere di aver rovinato l'unica chance che aveva, ma in breve sul suo volto si formò un sorriso accondiscendente e la donna rispose:<< Ma certo! Come era ovvio che accadesse, tutti i pulcini hanno bisogno di spiegare le ali un giorno. Tu non fai eccezione, anche se avrei sperato che questo giorno arrivasse il più tardi possibile… >>
Komand'r si alzò dal suo trono e il lungo mantello di seta semitrasparente che le pendeva dalle spalle si distese un poco mentre lei esaminava il calice da cui aveva appena bevuto prima di riporlo sul suo ripiano. Sospirò. << Hai ragione: conosco bene la tua indole di fuoco. Proprio come me alla tua giovane età, non ti si può costringere in una gabbia; hai bisogno di aria, di libertà! Il tuo animo da guerriera ti fa desiderare la battaglia, e questa è una cosa che la vita da palazzo non può certo darti. Immagino che dover governare un simile impero abbia fatto assopire il mio di istinto da guerriera e mi abbia distratta dal mio ruolo di madre, perché non ho mai pensato che tutto questo potesse farti sentire in trappola… Ma sono pronta a donarti la libertà, per la tua felicità. >>
La donna scese gli scalini che la dividevano dalla ragazza e le sorrise benevola. Dopo averle posato le mani sulle spalle, le disse che aveva tutta la libertà per andare dove volesse. Nirihs'Oūm abbassò lo sguardo imbarazzata.
<< Grazie, madre. >> Mormorò sorridendo. << Sfrutterò al meglio questo viaggio! >>
Komand'r annuì soddisfatta. << Ricorda solo che la tua casa sarà sempre qua, e io sarò sempre pronta ad accoglierti. >>
La ragazza sorrise di nuovo e alzò lo sguardo per incontrare quello della donna che l'aveva cresciuta in tutti quegli anni. Provava un misto di emozioni contrastanti nei suoi confronti in quel momento: lei era lì, di fronte a lei, non si comportava come una sovrana superiore a tutti, più come una madre benevola che comprendeva i bisogni della figlia e li assecondava. Nirihs'Oūm provò quasi dispiacere per tutto l'odio che provava nei suoi confronti, ma si rese conto che quella fosse solo una reazione momentanea dovuta al senso di colpa e che sotto quegli sguardi rassicuranti c'era sempre il mostro che l'aveva strappata ai suoi genitori.
Era solo una recita. Le piaceva ancora giocare con i suoi sentimenti.
Con un gesto rapido, Komand'r abbassò le mani e si voltò per tornare al proprio posto, come se volesse allontanarsi il più presto possibile dalla figlioccia; riacquistò quell'aria spavalda che l'aveva sempre caratterizzata e tornò a sedere sul suo trono dorato. Nirihs'Oūm guardò il suo mantello strisciare lentamente e dirle addio come se tra lei e la madre non ci fosse più niente da dire, ma quando Komand'r si rimise a sedere lei era ancora là.
<< C'è qualcosa che non va? >> Chiese facendo rimbombare la propria voce nella sala vuota.
Nirihs'Oūm mantenne lo sguardo basso e parlò con cautela, incerta su cosa dire per mandare avanti quella conversazione. << E' che… Mi dispiace mandare all'aria tutto quello che avevi organizzato per me. >>
Komand'r fu piacevolmente sorpresa. Non pensava che Nirihs'Oūm sarebbe stata tanto dispiaciuta a vedere annullati i festeggiamenti che lei aveva preparato per il suo compleanno. << Mia cara… >> Mormorò intenerita. << Non devi preoccuparti per quello. Si tratta del tuo desiderio, in fondo! Devi vivere sempre al massimo, e non lasciarti trattenere da simili sentimenti. >>
<< Potrai mai perdonarmi per essermi sottratta così ai festeggiamenti? >> Chiese la ragazza con voce spezzata dal dispiacere.
Komand'r sorrise divertita. << Non c'è niente da perdonare. Vai e sii felice! >> Con un gesto del braccio, l'imperatrice congedò la ragazza lasciando intendere che non ci fosse niente da temere.
Nirihs'Oūm sorrise, quasi troppo per aver appena detto di essere dispiaciuta, quindi avanzò verso il trono. << Ti ringrazio, madre… >> Mormorò unendo le mani con nervosismo. << Sarai fiera di me! >>
<< Lo sono già. >>
Poi Nirihs'Oūm si sporse in avanti per dare un bacio sulla fronte alla madre e questa la lasciò fare. Un bacio; era la prima volta in assoluto che la bambina, ormai diventata grande, faceva un gesto tanto amorevole di propria volontà. Komand'r era quasi commossa. Sentì un tiepido calore in fondo al petto mentre riceveva l'affetto di Nirihs'Oūm; poi il calore aumentò tanto da farle provare dolore, come se le stessero venendo conficcate decine di lame tutte assieme, e quando la principessa staccò le labbra dalla sua fronte, le mostrò uno sguardo diverso.
Quello non era un sorriso di riconoscenza, ma un ghigno compiaciuto di chi aveva appena portato a termine il proprio piano. Komand'r provò a parlare, ma scoprì di non riuscire a respirare o muoversi; il suo corpo era immobilizzato, fissato a quel trono su cui era stato buttato per tanto tempo, e i suoi polmoni erano stati svuotati di aria. Più di quello però era la sensazione di calore che si irradiava nel suo corpo a spaventarla; il suo corpo intero aveva cominciato a pulsare all'unisono mentre il suo cuore, inspiegabilmente, accelerava i battiti. Poi quando abbassò lo sguardo capì cosa stesse succedendo: la mano che Nirihs'Oūm aveva poggiato sul suo petto si era fatta strada nella sua carne e tra le sue ossa, bruciando i tessuti e fondendo la sua armatura regale, fino a toccare il cuore. Il cuore, che adesso Nirihs'Oūm stringeva con forza, bruciandolo con i suoi poteri che lei le aveva insegnato a usare.
Un gemito incredulo uscì dalla bocca dell'imperatrice mentre la ragazza guardava la vita abbandonare i suoi occhi. I suoi muscoli si irrigidirono nel tentativo di reagire a quel pericolo, ma l'attacco era stato così silenzioso che quando lei si era accorta di quello che stava succedendo, le forze avevano già abbandonato completamente il suo corpo.
Quando Komand'r ebbe smesso di muoversi, Nirihs'Oūm estrasse la mano dal petto della matrigna. Era ricoperta di sangue, ma dalla ferita che aveva aperto con le dita non ne era colato neanche un po'; l'energia irradiata dalla sua mano aveva fatto sciogliere e ustionare la sua carne all'istante. Adesso l'imperatrice era di fronte alla persona che più l'aveva odiata, priva di vita, e la sua preziosa gemma di Charta non le era servita a niente.
La teneva incastonata nel suo trono, come un monito per chiunque osasse sfidarla, ma quando combatteva la ingoiava per sfruttarne tutta la potenza. Nirihs'Oūm ricordava bene quel potere terribile, eppure negli anni aveva smesso di averne paura; sarà stata anche una fonte inesauribile di energie, ma non era niente di fronte alla forza impetuosa e ribollente del suo odio. I suoi poteri venivano alimentati dalle emozioni forti, e lei ne era carica dopo tutte le torture e le umiliazioni subite in quegli anni.
Komand'r l'aveva addestrata fino allo sfinimento e ne aveva fatto una guerriera formidabile in quei dieci anni di prigionia, ma non aveva mai assaggiato il vero potenziale della ragazza; non le aveva mai nemmeno dato una di quelle pietre che aveva invece distribuito tanto ampiamente alla sua guardia personale. Forse non lo aveva mai voluto fare per paura che Nirihs'Oūm diventasse troppo forte per poter essere controllata, ma aveva fatto male i conti: lei era già più forte.
Nirihs'Oūm non era mai stata niente per lei. Anche quando l'aveva strappata alla sua famiglia, lo aveva fatto solo per sprezzo; Komand'r non aveva alcun bisogno di una erede a cui affidare il suo impero, aveva già tutta la forza necessaria per governarlo e continuare a farlo anche dopo la morte; tutto quello che aveva fatto era stato fatto con l'intenzione di rovinare la felicità della sorella. Nirihs'Oūm probabilmente era una seccatura che non vedeva l'ora di togliersi dai piedi, eppure aveva sopportato tutto quanto grazie al suo immenso odio e alla sua superbia; probabilmente odiava anche lei. Di sicuro non le importava che fosse felice, per quanto fingesse di tenerci.
E nonostante ciò aveva attraversato tutte le seccature che comportava crescere una bambina, fomentando inavvertitamente il suo odio e portando alla sua stessa rovina. Proprio come lei aveva visto.
Era un nuovo potere che Nirihs'Oūm aveva scoperto diversi anni prima e che aveva sempre tenuto nascosto alla matrigna; da quando aveva cominciato a vivere con Komand'r, era stata tormentata da visioni e immagini senza senso che le mostravano le sofferenze delle persone che toccava. Non si trattava di qualcosa che poteva controllare, era una casualità che poteva accadere quando conosceva una nuova persona, ma non ne era stata cosciente fino a quando non aveva incontrato un ambasciatore di un pianeta lontano, alcuni anni prima: appena stretta la mano di quell'uomo, Nirihs'Oūm aveva avuto una visione, un lampo durato un solo istante, che le aveva mostrato il corpo senza vita di quello sconosciuto, schiacciato da un'astronave che aveva perso il controllo ed era precipitata nel centro della città mentre l'ambasciatore stava facendo una passeggiata con la sua scorta. Assieme a lui erano morte altre sette persone e molte voci sul fatto che quell'incidente non fosse stato un caso avevano cominciato a diffondersi in città, nell'impero e persino a palazzo, ma a Nirihs'Oūm non avrebbe potuto importare niente di tutte quelle inutili chiacchiere; lei aveva finalmente capito cosa significassero quelle visioni, quegli incubi che l'avevano tormentata per anni, e così aveva cominciato a concentrarsi per imparare a controllarli, o almeno limitarli.
Il fatto di poter vedere le sofferenze future delle persone non era di per sé ciò che aveva scioccato la giovane principessa, ma quello di poter finalmente sapere cosa sarebbe successo alla sua odiata matrigna. E un giorno, in un loro allenamento, Nirihs'Oūm aveva avuto finalmente la risposta che cercava, e ne era stata veramente soddisfatta.
Aveva avuto molta pazienza nell'attendere che quella visione si avverasse, che lei portasse a compimento il destino tragico della donna che aveva rovinato la sua vita. Ora era di fronte al suo corpo senza vita e sentiva di poter finalmente andare dove voleva. Pensava che finalmente avesse avuto quello che si meritava; se c'era qualcosa che Komand'r le aveva veramente insegnato, era il fatto di non provare alcuna vergogna per i sentimenti egoistici. Non aveva avuto paura di ucciderla, e doveva tutto quello proprio a lei. E ora che non aveva più catene a trattenerla, avrebbe recuperato tutto il tempo perso negli anni di prigionia; sarebbe andata dove voleva, padrona del proprio destino.
Era libera, finalmente.

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Capitolo 2
*** Un fantasma dal passato ***


Nirihs'Oūm non aveva mai avuto l'occasione di entrare in una locanda di un qualsiasi porto dell'impero, ma appena messo piede nel locale che puzzava di chiuso e alcol, si rese conto che era esattamente come l'aveva sognato: la locanda era piena di vita, con tutti i viaggiatori che andavano e venivano, in attesa di imbarcarsi per una nave che li avrebbe portati a scoprire chissà quali mondi, mentre gli avventori abituali si potevano riconoscere per il loro comportamento più sguaiato e amichevole nei confronti dei camerieri. In generale, l'intero locale era avvolto da una atmosfera di allegria e anche per questo nessuno si accorse dell'entrata della ragazza, che si era travestita per non farsi riconoscere.
In realtà il suo travestimento consisteva in una semplice tunica grigia e il cappuccio tirato sul viso per nasconderla da sguardi troppo insistenti, ma per sua fortuna sembrava che molti viaggiatori utilizzassero quello stesso abbigliamento, quindi nessuno fu troppo insospettito dal vederla aggirarsi per le vie del porto conciata in quel modo.
Aveva fatto già molta strada, ma non era nulla per lei, che desiderava conoscere l'intero universo. Il regno di Komand'r era immenso: si estendeva per diverse centinaia di sistemi solari e aveva soggiogato altrettante razze aliene, e negli anni in cui Nirihs'Oūm era stata allevata da lei, questo non aveva fatto altro che espandersi. Il suo desiderio finale sarebbe stato quello di andarsene da quel posto, uscire dai confini dell'impero e iniziare a vivere senza più alcun legame con tutto quello, ma anche per lei, così giovane e piena di sogni, sembrava un obiettivo irrealizzabile; per questo avrebbe proceduto un passo alla volta, e in quel momento il suo primo intento sarebbe stato quello di lasciare Kurand'r, il pianeta capitale dell'impero. Era stata tentata dall'imbarcarsi sulla prima nave diretta fuori dal sistema solare, ma il desiderio di conoscere quei luoghi così diversi dalla vita di palazzo l'aveva trattenuta ancora un po' a girovagare tra le banchine, e alla fine era entrata in quella locanda dall'aspetto losco, ma assai intrigante.
Era una fortuna che nessuno avesse fatto caso a lei; l'impero era pieno di sovversivi e ribelli che non vedevano di buon occhio la figura di Komand'r e di conseguenza lei, che era la principessa. Era sicura che in pochi sarebbero stati addolorati dalla notizia della morte della sua matrigna, una volta che si sarebbe diffusa tra la popolazione, e a quel punto l'impero avrebbe cominciato a sfaldarsi lentamente; ma Nirihs'Oūm doveva comunque guardarsi le spalle per assicurarsi che nessuno provasse ad approfittarsi di lei. La ragazza non aveva nessuno che potesse tenere a lei a palazzo, ma sapeva benissimo che ai ribelli quello non avrebbe importato e avrebbero tentato di usarla in qualsiasi modo per raggiungere i loro scopi.
Non diede molta confidenza al cameriere che le si presentò: un alieno con due corna spezzate e dall'aspetto burbero, che però sembrò abbastanza accogliente con lei. Forse fu per l'aria di smarrimento che dava la ragazza in quel contesto tutto nuovo per lei, che l'alieno provò un po' di pietà nei suoi confronti, oppure perché quel suo bel faccino lo aveva colpito e sperava di riuscire a mettere a segno qualche avance al suo ritorno con la sua ordinazione. Nirihs'Oūm non si era mai concentrata sulla propria bellezza; non che non le interessasse, ma crescere in un contesto dove chiunque incontrasse le diceva le più melense blandizie solo per ingraziarsela un poco l'aveva resa insofferente a tutte quelle faccende. L'unica cosa del proprio aspetto su cui non aveva mai transatto erano i suoi capelli: sin da subito la sua matrigna le aveva fatto notare la grande somiglianza che c'era tra loro due, soprattutto grazie a quei capelli neri che aveva ereditato da suo padre; disgustata dall'idea di somigliare in qualche modo a quella donna, Nirihs'Oūm aveva deciso di tenerli sempre corti in modo da apparire più diversa possibile da Komand'r, che invece li portava molto lunghi.
Non era comunque nella natura della sua gente, desiderare di apparire graziosa agli altri; come Komand'r, anche lei era infiammata dalle battaglie, ma possedeva una capacità di giudizio molto più estesa grazie al fatto di essere tamaraniana solo per metà…
Mentre attendeva che il cameriere le portasse il cibo che aveva ordinato – non aveva idea di cosa avrebbe usato per pagare, visto che nella fretta di scappare da palazzo non aveva portato con sé soldi – Nirihs'Oūm diede un'occhiata più attenta alla locanda e ai suoi avventori: c'erano specie di tutti i tipi, alcuni di loro li conosceva grazie ai rapporti che aveva intrattenuto Komand'r con altri popoli, ai quali Nirihs'Oūm aveva occasionalmente preso parte, e altri somigliavano ai numerosi servi presenti a palazzo, maggiordomi e camerieri, e anche le guardie. Sembrava che l'imperatrice avesse preso da diversi mondi i suoi inservienti, ma Nirihs'Oūm non poteva fare a meno di chiedersi quanti tra quegli alieni che lavoravano a palazzo fossero veramente grati di obbedire agli ordini di una despota come lei. Per quel che ne sapeva, era probabile che qualcuno stesse già mettendo a punto un piano per avvelenare l'imperatrice, o magari architettare un incidente mortale che l'avrebbe tolta di mezzo… In quel caso, la giovane principessa aveva finito solamente per fare un favore a tutta quella gente; nessuno avrebbe pianto realmente la morte di Komand'r.
Nonostante il trambusto, era piacevole vedere come si svolgeva la vita all'interno di una locanda qualsiasi. Nirihs'Oūm non aveva mai avuto l'occasione di vedere da vicino la gente su cui la sua matrigna governava, per via del disinteresse di quest'ultima; forse quello era uno dei motivi per cui fossero tutti così infelici… Le persone che andavano in quella locanda erano prevalentemente viaggiatori di passaggio nel porto, ma c'era un gruppo di uomini che avevano l'aria di essere acclimatati a quel posto e che si comportavano addirittura come se ne fossero i padroni.
Dal loro tavolo contornato da sedili spaziosi e uniti, tre alieni dall'aspetto duro continuavano a sbraitare e ridere tra loro, mentre le loro pance si riempivano di bevande alcoliche ordine dopo ordine; Nirihs'Oūm aveva notato una cameriera dall'aria decisamente stressata andarsene da quel tavolo portando via boccali vuoti e tornare pochi istanti dopo con altri boccali, riempiti di una bevanda verde e torbida che fece venire la nausea alla giovane tamaraniana solo alla vista.
La cameriera, che doveva essere un'abitante di un pianeta di cui Nirihs'Oūm non aveva mai sentito parlare vista la sua pelle squamata e i suoi occhi dorati, si sbrigò a lasciare l'ennesimo vassoio con i boccali pieni di quella mistura verde ai suoi rumorosi clienti e si defilò tra gli schiamazzi, senza riuscire però ad evitare di ricevere una sonora pacca sul fondoschiena da uno di quei maleducati. Nirihs'Oūm la vide rientrare nella cucina mentre sembrava a stento trattenere le lacrime, quindi abbassò lo sguardo e mormorò:<< Anche gli alieni hanno dei sentimenti, in fondo… >>
La cameriera non era l'unica ad aver subito le angherie di quei clienti; i loro vicini di tavolo continuavano a lanciargli occhiatacce e molti si erano già alzati per non dover continuare a sentire le loro urla. L'attenzione di Nirihs'Oūm andò a un tavolo in un angolo della sala, dove uno sconosciuto con una tunica simile alla sua mangiava il suo pasto in silenzio e con il cappuccio a nascondergli il viso. Avrebbe potuto provenire da qualsiasi angolo della galassia, ma il modo in cui mangiava e il fatto che se ne stesse completamente solo la fece sentire in qualche modo simile a lui.
Dopo che ebbe finito di mangiare, l'incappucciato si alzò rapidamente e si diresse verso il bancone per pagare il proprio pranzo, ma per farlo dovette passare accanto al tavolo dei disturbatori, e fu in quel momento che successe qualcosa di sfortunato.
Lo sconosciuto urtò il braccio di uno dei bruti al tavolo, che aveva improvvisamente allargato senza curarsi di chi potesse passare accanto a lui, e in questo modo lo spinse facendogli versare il suo boccale sui pantaloni.
<< E stai attento! >> Esclamò quello con fare scontroso.
<< Chiedo scusa. Non l'avevo vista… >> Rispose istintivamente lo sconosciuto, che però non fu capito dal suo interlocutore. Nessuno lo capì in quella locanda, a parte Nirihs'Oūm, che sentì improvvisamente una strana sensazione pervaderle lo stomaco.
L'alieno si alzò dal proprio tavolo e squadrò con disgusto lo sconosciuto; nonostante questi non fosse assolutamente di aspetto gracile, la sua stazza sembrava nulla a confronto con il bruto che aveva davanti, alto quasi il doppio di lui e con le spalle assai più larghe. E, non c'era bisogno di dirlo, l'alieno era molto più minaccioso di lui.
<< Non ti ho capito. Parla una lingua che esista, selvaggio! >> Disse mettendogli una mano sulla spalla e tirandogli via il cappuccio con l'altra.
<< Mi dispiace! Non conosco la vostra lingua… Vengo da lontano, e… >> All'alieno non importarono le scuse dello sconosciuto; quando scoprì il suo volto, Nirihs'Oūm riconobbe in lui una fisionomia che da troppo tempo non aveva più incontrato. Era vero che ci fossero molti alieni umanoidi dalle sembianze simili alle sue, la sua stessa specie non sembrava molto diversa da lei, ma la ragazza era sicura che quello che era entrato in quella locanda quel giorno non era un comune alieno dell'impero: la sua pelle troppo chiara per appartenere a un popolo della regione calda del sistema solare, il suo fisico troppo esile per essere come gli avventori abituali della locanda, ma allo stesso tempo possente a denotare un corpo ben allenato, e infine la sua voce pulita, la sua lingua, che nessuno comprendeva eccetto lei. Nirihs'Oūm era sicura che non fosse possibile, ma si convinse di avere di fronte un terrestre.
<< Guarda qua! >> Si lamentò il bruto mostrando la casacca sporca. << Mi hai rovinato tutti i vestiti e non avevo neanche ancora bevuto da quel boccale! Lo sai quanto costa questa roba? >>
Da semplici spintoni, l'alieno cominciò a strattonare lo sconosciuto, che sembrava non avere intenzione di reagire alle sue provocazioni; normalmente Nirihs'Oūm sarebbe rimasta in disparte ad assistere a quella baruffa da lontano, magari commentando come lo sconosciuto avrebbe dovuto difendersi invece che restare a subire in quel modo, ma il suo corpo si mosse prima che potesse decidere e in un istante si ritrovò in mezzo alla discussione.
<< Lasciatelo stare! Pagherò io per voi. >> Disse spingendo via le braccia dell'alieno per fargli mollare la presa sullo sconosciuto. Nonostante il suo tono autoritario, il tizio che aveva di fronte non sembrò minimamente intimorito e liberò una risata sguaiata quando se la vide di fronte.
<< Togliti di mezzo, piccoletta! >> Disse agitando il braccio spazientito. Se lui era alto il doppio dello sconosciuto, allora era almeno tre volte più grosso di Nirihs'Oūm; aveva tutto il diritto di chiamarla "piccoletta", questo era certo… Ma non significava che la ragazza non ne sarebbe stata infastidita. << Non mi interessano i tuoi soldi, quello che voglio ora è dare una lezione a questo idiota. >>
Trattenendosi dall'assestargli subito un pugno in faccia, Nirihs'Oūm ignorò la mancanza di rispetto con cui le si era rivolto quello e disse:<< I suoi vestiti non sembrano più costosi di quelli di un qualsiasi bracciante di questo lurido quartiere. Dubito che il danno arrecato da quest'uomo sia tanto costoso. >>
Quello per tutta risposta le ghignò in faccia e sibilò a denti stretti:<< E' esattamente per questo che non mi interessano i soldi; voglio solo spaccare la faccia a questo pezzente! >>
<< Mi sembra alquanto irrazionale e stupido, non conoscendo la forza del suo avversario. >> Rispose prontamente Nirihs'Oūm che, anche se non lo avrebbe ammesso, si stava divertendo a rispondere a tono a quel buzzurro. Doveva solo cercare di non perdere le staffe per evitare di attirare troppo l'attenzione; un problema, visto che l'intera locanda stava già seguendo con attenzione la disputa in corso.
<< Oh, non ce n'è bisogno. >> Rispose quello con una punta di acidità nella voce. << Nessuno può essere più forte di me, qui! >>
<< Di questo ne dubito! >> Alla risposta di Nirihs'Oūm, nel locale si levarono alcune voci divertite. Quella discussione stava diventando rapidamente uno spettacolo per gli avventori, che forse non assistevano a una rissa da parecchio tempo; ma la ragazza avrebbe voluto evitare di arrivare a tanto…
L'alieno si guardò intorno e le voci cessarono. Sembrò infastidito dal tono della ragazza e per un momento la squadrò come se stesse pensando di rinunciare a quella discussione, ma sembrava che il suo desiderio di fare a botte fosse stato già stuzzicato e ormai nulla potesse fargli rinunciare a quello scontro, perché tentò di spingere via Nirihs'Oūm e afferrare lo sconosciuto.
La ragazza alzò istintivamente una mano quando vide il braccio dell'alieno mirare alla sua spalla, e gli afferrò il polso stringendolo con forza, ma trattenendosi dal fargli del male. Ci furono delle esclamazioni di sorpresa nella sala e lo stesso alieno si mostrò turbato dalla reazione fulminea di Nirihs'Oūm.
<< Ti consiglio di fare un passo indietro, bestione! >>
Nella taverna si levarono delle esclamazioni di scherno e qualcuno fischiò, ma l'alieno che stava di fronte a Nirihs'Oūm mantenne il sangue freddo; tirò indietro il braccio come se volesse allontanarsi da lei e questa volta la fissò direttamente, mandandole un'occhiata minacciosa. << Attenta, ragazzina. >> Disse con tono serio. << Rischi di farmi arrabbiare. >>
<< Ah, sì? >> Fece lei per tutta risposta. Piegò le labbra in un sorrisetto beffardo e disse:<< Pensavo che te la saresti fatta sotto dalla paura! >>
Gli occhi dell'alieno cambiarono radicalmente: da un cipiglio perplesso, quasi spaventato, il suo sguardo divenne pieno di rabbia e l'alieno decise di passare direttamente ai fatti alzando di scatto il pugno per cercare di colpirla dal basso. Nirihs'Oūm gli afferrò nuovamente il polso e allontanò un poco la testa per non farsi colpire, poi cominciò a schiacciargli le nocche contro il palmo della mano, piegandole sempre più in modo innaturale. Nel locale si alzarono sempre più le voci di disappunto di alcuni clienti e i fischi di scherno degli altri che prendevano in giro l'alieno, che era stato neutralizzato all'istante, ma su tutti questi suoni prevalse il violento schiocco che segnalò lo spezzarsi delle ossa dell'alieno, seguito dal suo grido di dolore mentre si accasciava ai piedi della Tamaraniana e cercava di farle allentare la presa.
<< Chiedi scusa a quest'uomo. >> Ordinò lei con tono pacato, mantenendo la stretta sulla mano dell'alieno.
Quello non se lo fece ripetere due volte; incominciò a piagnucolare e a chiedere scusa tra un grido e l'altro, ma Nirihs'Oūm non smise di fare pressione sulle sue nocche finché non lo ebbe sentito chiaramente chiedere scusa per aver importunato lo sconosciuto. Non era sua intenzione torturarlo, ma sentire i suoi stilli in agonia mentre pochi attimi prima stava facendo la voce grossa la divertì non poco.
<< Non ti può capire, stupido mentecatto! >> Esclamò con forza, aumentando la pressione sulla mano dell'alieno. Quello gridò ancora di più, ma Nirihs'Oūm gli intimò di ascoltarlo e disse:<< Ripeti quello che dico io: mi… >>
Quello ripeté balbettando, senza sapere cosa gli stesse facendo dire:<< M-mi… >>
<< Dispiace. >>
<< Dispiace… Dispiace! >>
Nirihs'Oūm sorrise, poi continuò. << Adesso dici: per averti infastidito. >>
<< Pe-per averti infastidito! >>
<< Bene. >> Disse la ragazza. << Ora dillo tutto: "mi dispiace per averti infastidito"! >>
L'alieno ripeté senza esitare. << Mi dispiace per averti infastidito! Mi dispiace per averti infastidito! >> Era così strano sentire qualcun altro parlare in quella lingua che non sentiva da così tanto tempo, senza nemmeno sapere cosa stesse dicendo realmente. Era interessante sapere come anche i peggiori mascalzoni potessero diventare dei docili agnellini quando venivano messi all'angolo.
Alla fine Nirihs'Oūm lo lasciò cadere a terra spingendo senza troppa cura la mano verso il basso, che quando sbatté al pavimento provocò un'altra fitta lancinante all'alieno. Nirihs'Oūm si voltò verso l'uomo e gli sorrise, ma colse con la coda dell'occhio i due compari dell'alieno a cui aveva spezzato le dita, alzarsi dal proprio tavolo e dirigersi verso di lei. Uno aveva una lama nascosta sotto il mantello, l'altro indossava dei guanti con fissate alle estremità delle dita delle punte metalliche simili ad artigli. Entrambi portavano guai.
<< Scusa per la confusione, ma devo finire di occuparmi di questi gaglioffi! >> Esclamò in tono solare, prima di voltarsi e scagliare una sfera di energia contro quello che nascondeva il coltello.
L'alieno fu colto alla sprovvista e ricevette il colpo in pieno viso, volando contro al banco alle sue spalle. Il suo compagno si spostò di lato e dopo aver visto cos'era successo si lanciò urlando contro la ragazza. Era sicuro che non sarebbe riuscita a colpirlo in tempo se fosse stato veloce, e l'impeto con cui si era lanciato le avrebbe reso impossibile fermarlo, ma sottovalutò la forza della sua avversaria; prima Nirihs'Oūm diede una gomitata sullo sterno dell'alieno, che si fermò a mezz'aria ed emise un verso stridente, poi prima che cadesse a terra fece una piroetta in aria e gli assestò un calcio dietro il collo mandandolo a terra privo di sensi.
Qualcuno urlò. La gente nel locale si era disposta a cerchio attorno a lei, mentre molti altri clienti e gli inservienti si mettevano al riparo; i tavoli erano stati spostati, creando una sorta di ring per lo scontro. C'era aria di rissa, odore di violenza; le persone in quel bar erano inebriate dall'alcol e speravano di poter fare un po' di confusione, e Nirihs'Oūm non aveva fatto altro che dar loro un pretesto. Ma quella più esaltata da quella situazione era decisamente la principessa, che non vedeva l'ora di spezzare qualche osso.
Si mosse arretrando un poco, ma ignorò le persone che si erano radunate alle sue spalle e qualcuno tentò di afferrarla e bloccarle la testa. Lei rispose con una testata alla cieca che fece vedere le stelle al suo aggressore, che si accasciò per terra premendosi le mani sul naso. La ragazza si voltò all'istante per vedere un paio di esseri pallidi e ricoperti di cicatrici saltarle addosso, seguiti da altri avventori del locale. All'improvviso sembrava che tutti quanti volessero mandarla a terra, eppure nessuno di loro avrebbe meritato anche solo di sfiorarla con un'unghia, per il modo pietoso in cui combattevano.
Si fece un poco indietro per evitare il braccio di uno degli esseri pallidi, poi alzò il braccio destro mentre con l'altra mano tendeva il braccio dell'avversario e gli lussò la spalla con un colpo netto. Si voltò, attirata dal trambusto sollevatosi alle sue spalle e scoprì che un ometto basso e dalla pelle giallastra era saltato su un tavolo brandendo una bottiglia di vetro ancora intatta; gliela frantumò sulla testa e Nirihs'Oūm chinò il capo per non farsi andare i vetri negli occhi, poi afferrò il suo assalitore dal collo e alzando lo sguardo gli rivolse un'occhiata truce, ma compiaciuta, prima di scaraventarlo contro a un altro gruppo di alieni come se fosse un proiettile, facendoli carambolare tutti assieme.
Con ancora schegge di vetro impigliate tra i capelli, Nirihs'Oūm si voltò per lanciarsi addosso all'altro essere pallido, ma una mano la afferrò dal mantello e la tirò con forza fino a sfilarle di dosso la tunica. Infastidita da quell'intromissione, Nirihs'Oūm si girò sparando una sfera di energia smeraldo che esplose contro l'alieno che aveva cercato di afferrarla, spedendolo contro a un mucchio di sedie accatastate. Senza più il suo travestimento, Nirihs'Oūm rischiava di venire riconosciuta; decise di riprendere da dove era rimasta con l'intenzione di chiudere quella storia più in fretta possibile e tornò ad occuparsi dell'essere pallido, che si era fermato intimorito dopo aver visto cosa era successo al suo simile e gli piantò un pugno in faccia, mandandolo al tappeto prima di fare letteralmente un bagno di folla, incominciando a menare pugni a destra e a manca contro la gente della locanda.
Era la prima volta che si lanciava in una rissa da bar; Nirihs'Oūm era estatica! Con il suo carattere mite non si sarebbe mai aspettata di finire in una situazione del genere, eppure adesso il sangue le ribolliva e il cuore scalpitava nel suo petto, desideroso di forti emozioni. Era quello l'istinto da guerriera che aveva ereditato da Tamaran? Quella parte di lei che era rimasta nascosta fino ad allora?
Tutto a un tratto la vista le si appannò; tutto diventò fumoso e un punto bianco al centro del suo campo visivo si cominciò a crescere sempre di più. Si fermò, mentre il mondo attorno a lei continuava con il suo grandioso caos.
La bambina di un tempo non si sarebbe mai trovata in quella situazione. Ma lei non era più la stessa di allora, quella persona era ormai scomparsa nel vuoto, spazzata via dall'esplosione di quel pianeta azzurro che era la sua casa.
Era veramente sempre la stessa? Se non fosse cambiata, si sarebbe divertita in quella lotta, oppure Komand'r l'aveva traviata a tal punto da farla diventare una sadica assetata di sangue e che non si appaga con nient'altro?
Un guanto rinforzato la colpì in pieno alla mandibola e Nirihs'Oūm finì in terra. Il dolore la fece tornare alla realtà, ma non riuscì a rialzarsi in tempo per parare la mossa seguente dell'alieno che l'aveva colpita. Fu in quel momento che, mentre alzava goffamente le mani per difendersi, lo sconosciuto con il mantello saltò addosso all'alieno e gli diede una ginocchiata sulla tempia. Nirihs'Oūm lo vide mandarlo a terra e rialzarsi subito dopo per guardarsi attorno, respingendo con dei laser rossi emessi dalle mani altri due grossi alieni che tentarono di chiuderlo dai lati.
La ragazza vide lo sguardo affaticato dell'uomo e capì di non poter restare lì a terra a guardare, così si rialzò e si buttò addosso a un piccoletto che stava cercando di attaccare a tradimento lo sconosciuto. Quello si voltò per un momento e incrociò lo sguardo della giovane tamaraniana, che gli fece un cenno deciso prima di raggiungerlo e poggiare le proprie spalle alle sue.
Affrontarono il resto dei clienti della locanda assieme, combattendo con una coordinazione che nessuno dei due avrebbe creduto possibile, spalleggiandosi nei momenti di bisogno e quando furono gli ultimi a rimanere in piedi nella locanda, lasciarono il locale alla svelta per non incappare nelle guardie che sarebbero arrivate di lì a breve.
Mentre scappavano di corsa dalla locanda, l'uomo afferrò Nirihs'Oūm per una mano e le disse:<< Di qua! >> E la portò dentro a un vicolo.
Quando toccò la sua mano, Nirihs'Oūm ebbe una visione: lo sconosciuto giaceva per terra, senza vita, il collo reclinato su un lato e le braccia aperte; del sangue bagnava le mattonelle di quella che sembrava una strada poco trafficata. Non lo aveva ancora conosciuto e già sapeva che sarebbe morto.
Nirihs'Oūm perse qualche colpo durante la corsa e rischiò di inciampare, ma dovette continuare a correre per tenere il passo con lo sconosciuto che la stava trascinando attraverso il vicolo, e mentre lei cercava di parlargli per farlo fermare questo continuava a cambiare strada e a imboccare vie differenti. Finalmente, quando si furono allontanati dalla via principale, distanti un paio di isolati dalla locanda, l'uomo incappucciato smise di correre e lasciò andare la mano di Nirihs'Oūm.
Quello si accasciò per terra a respirare mentre la Tamaraniana si fermava bruscamente e cercava di orientarsi; non riuscì a parlare, anche lei a corto di fiato. Passarono diversi minuti durante i quali i due non si dissero niente; rimasero alla disperata ricerca di ossigeno, dopo la loro lunga corsa e la battaglia appena conclusa nella taverna, e intanto la ragazza studiava in silenzio lo sconosciuto, cercando di carpire i suoi segreti con lo sguardo. Poi l'uomo si lasciò sfuggire una risata e guardò verso Nirihs'Oūm, che credette di averlo infastidito con il suo osservare insistente; poi però capì che non fosse riferita a lei quella risata, e così fu contagiata dalla sua insolita euforia e passarono un altro minuto a ridere senza alcuna preoccupazione.
<< Gli abbiamo dato una bella lezione, eh? >> Disse l'uomo rimanendo seduto e alzando lo sguardo al cielo rossastro di Kurand'r.
<< Sì, li abbiamo presi a calci come si deve! >> Rispose la ragazza senza pensarci, continuando a parlare nella lingua dello sconosciuto. Poi si rese conto della situazione assurda in cui si trovava e smise di ridere. Senza dire niente, si spinse in avanti posizionandosi proprio di fronte allo sconosciuto; i suoi occhi si fissarono sul suo volto, e questa volta non provò nemmeno a non farsi notare.
Era un uomo adulto, di età compresa tra i trenta e i quaranta anni, forse di più; la sua carnagione pallida denotava le sue origini in un luogo freddo e poco assolato, mentre era più difficile capire da dove avesse ereditato quegli occhi così bianchi, quasi privi di pupille. Aveva una folta barba rossa e i capelli raccolti in una coda si nascondevano dietro le sue spalle, nella tunica che indossava solitamente con il cappuccio alzato. Le sue sole apparenze non sarebbero bastate a far scattare quel qualcosa in Nirihs'Oūm, che avrebbe potuto scambiarlo per qualsiasi altro alieno dalle fattezze umane, ma quella lingua inconfondibile che non sentiva da tanto tempo non poteva arrivare da nessun altro posto se non dalla Terra.
Aveva davanti un terrestre. Era un'ipotesi impossibile, ma non vedeva altre spiegazioni.
<< Tu non sei di qua, vero? >> Chiese senza lasciarsi prendere dalla fretta. Bastava solo una parola di troppo e quell'uomo avrebbe potuto spaventarsi.
Ma lo sconosciuto sembrò invece molto calmo. << Perché, tu sì? >> Le chiese con un sorrisetto prima di rialzarsi. << Non incontro una persona che mi capisca da tantissimo tempo… E continuando a spostarmi, non sono mai riuscito a imparare nessuna di queste lingue aliene… >>
Nirihs'Oūm deglutì pesantemente, pensando a come ogni secondo che passava i suoi dubbi venivano fugati sempre più in profondità. Non voleva convincersi di quello che aveva pensato; se si fosse illusa e la verità fosse venuta a galla, si sarebbe sentita una stupida. Aveva giurato che i sentimenti non le sarebbero più stati di intralcio, non avrebbe rovinato tutto quanto per un semplice dubbio.
<< Tu vieni dalla Terra, non è vero? >> Prima ancora che potesse finire di pensare quelle cose, l'uomo le fece cadere sulla testa quel macigno di parole che quasi la fece svenire. Senza ancora aver completamente inteso la frase, la ragazzina spalancò gli occhi incredula e balbettò qualcosa.
Non era possibile. Non aveva alcun senso che quella cosa stesse accadendo. Eppure adesso non c'era più nessun dubbio e Nirihs'Oūm poteva abbandonarsi completamente a quella nostalgia che ogni parola dello sconosciuto le trasmetteva; ma così come sentiva qualcosa di piacevole venire a galla dentro di lei, una forte ansia crebbe sempre di più in lei. Aveva passato tutto quel tempo a meditare vendetta, a sperare di scappare dal passato, mentre forse, da qualche parte nella galassia, c'era una speranza di tornare indietro; forse esisteva ancora una colonia di terrestri da qualche parte, terrestri che erano scampati all'esplosione del pianeta, e quell'uomo lì poteva aiutarla.
Nirihs'Oūm cercò un appoggio con una mano, ma finì per cadere pesantemente a terra e si accasciò con la schiena a un muro. L'uomo si spaventò a vederla ansimante e improvvisamente senza forze, ma la ragazza aveva solo bisogno di riprendersi un attimo. Lo shock era stato troppo forte; a dire il vero, non capiva come facesse quell'uomo ad essere così calmo, dopo una scoperta del genere.
<< Ho detto qualcosa di sbagliato? >> Chiese preoccupato, mettendosi accanto alla ragazza e attendendo un cenno da parte sua. Ma Nirihs'Oūm non disse nulla per un po'; anche se avesse voluto, la sua mente ci avrebbe messo troppo tempo a trovare delle parole sensate da farle dire in quell'occasione.
Alla fine, dopo un lungo respiro che la aiutò a calmarsi, la ragazza trovò il coraggio di guardare lo sconosciuto dritto negli occhi e disse finalmente:<< Mi dispiace, ma… E' che credevo che non ci fosse più nessun terrestre ormai… >>
L'uomo assunse un'espressione addolorata. Annuì debolmente. << Anche io. >>
<< In fondo nessuno avrebbe potuto sopravvivere a quel cataclisma… >> Disse la ragazza scuotendo la testa. << Non c'era alcuna possibilità… >>
<< Eppure… >> Disse l'uomo, e questa volta mostrò un leggero sorriso. << Qualcuno c'è sempre. >>
Nirihs'Oūm lo guardò. In un attimo capì cosa dovesse significare quella cosa per quell'uomo; incontrare qualcuno che condivideva il suo passato dopo tanto tempo, non sentirsi più solo in un universo freddo e ostile, qualcuno che potesse capire cosa doveva aver passato in quegli anni: l'unico motivo per cui non stava delirando come lei, era perché era troppo felice per quella cosa.
La ragazza sorrise istintivamente e annuì. Quando lo vide sorridere più ampiamente in sua risposta, si sentì molto più tranquilla; era come se non importasse chi fossero, sembravano conoscersi da sempre. Una scazzottata, qualche parola e pochi sguardi erano bastati a fargli creare un legame più forte di qualunque altro, aiutati dalle loro origini comuni. Nirihs'Oūm voleva sapere tutto di quell'uomo misterioso, come avesse fatto a sopravvivere alla distruzione del pianeta, dove fosse stato in tutti questi anni… A partire dal suo nome.
<< Mi chiamo Leonid Constantinovitch Kovar. Dalle mie parti ero conosciuto anche come Red Star, ma quel nome non significa più niente ormai. >> Si presentò, non senza una punta di amarezza nella voce.
Nirihs'Oūm ascoltò le sue parole con aria incantata. Dal nome sembrava arrivare dall'est, molto lontano dalla sua città di nascita, ma in quella situazione chiunque proveniente dalla terra sarebbe stato considerato come un fratello per lei.
Nirihs'Oūm era ancora imbambolata a pensare a tutte le cose che avrebbero potuto dirsi, quando si accorse dello sguardo dell'uomo che sembrava aspettare qualcosa. Imbarazzata, si scusò e iniziò a presentarsi a sua volta.
<< Il mio nome è Nirihs'Oūm. >> Le fu quasi difficile pronunciare quelle parole in quella lingua che non usava da tantissimo tempo, ma che non aveva mai dimenticato. Ma quando disse il proprio nome, l'uomo sembrò perplesso.
<< Non sembra il nome di una terrestre. >> Disse.
La ragazza sorrise imbarazzata e annuì portandosi una mano sul petto. << E' vero. Il mio nome è stato scelto nella lingua di Tamaran, il pianeta di origine di mia madre. >>
<< Quindi sei terrestre solo per metà? >> Disse Kovar incuriosito.
<< Sì. Vede, signor Kovar… >>
<< Puoi chiamarmi Leonid. >>
<< Leonid. >> Tentennò lei. << Mia madre era una Tamaraniana, mentre mio padre era un terrestre. Sono morti entrambi dieci anni fa, quando mia zia, l'imperatrice Komand'r, venne a darmi la caccia per strapparmi a loro. >>
Il sorriso di Kovar sparì. << E' una storia molto triste… >> Commentò a voce bassa. << Perché ha fatto una cosa simile? >>
Nirihs'Oūm non sapeva come rispondere. Non ne era sicura neanche lei, in fondo Komand'r non le aveva mai raccontato il vero motivo del suo arrivo sulla terra. Tuttavia poteva immaginarlo:<< Mia zia odiava sua sorella. Rapendo me, pensava di riuscire a ferire lei. Ma a lei non bastò semplicemente strapparmi alla mia famiglia; li umiliò, li distrusse nel corpo e nello spirito, e alla fine fece esplodere il pianeta per fare in modo che non potessero seguirci. >>
Kovar era senza parole. Non si aspettava un racconto simile, ma in qualche modo avrebbe dovuto aspettarselo; qualcuno o qualcosa doveva aver per forza distrutto il suo pianeta, in fondo. E quella spiegazione, più ci pensava, più aveva senso; nei suoi viaggi nella galassia aveva conosciuto molti alieni dalle capacità straordinarie, non sarebbe stato difficile immaginare che ce ne fosse qualcuno capace di distruggere un pianeta intero.
<< Ma è orribile! >> Commentò portandosi una mano davanti al viso, tremando dalla paura al pensiero di qualcosa di così potente da spazzare via dall'esistenza un pianeta e tutte le specie viventi che portava con sé. << Chi sarebbe capace di fare una cosa tanto atroce? >>
<< Mia zia. >> Disse mestamente Nirihs'Oūm, per niente fiera di ciò. Sospirò. << E' anche la donna che governa un impero intergalattico apparentemente senza confini. Ma senza la forza che le ha permesso di distruggere la terra, non sarebbe riuscita a fare nulla di tutto questo. >>
Nirihs'Oūm vide la rabbia montare su Kovar. Lo vide alzare un pugno e stringerlo con forza, mentre le parole che pronunciava uscivano a fatica dalla sua bocca. << Che mostro! Io… Io la devo trovare! >>
A questo punto Nirihs'Oūm gli mandò uno sguardo gelido, scarico di tutta l'umanità che potesse dimostrare, e disse senza battere ciglio:<< Lei non c'è più. Ci ho già pensato io. >>
La rabbia di Kovar si spense all'istante e al suo posto vi rimase solo sconcerto. Rimase a guardarla a bocca aperta; quanti anni poteva avere quella ragazzina? E quel "ci ho già pensato io" significava veramente quello che pensava lui? Aveva avuto veramente la forza e la freddezza per fare una cosa simile?
<< Davvero…? >> Balbettò lui. << L'hai… Uccisa? >>
Nirihs'Oūm annuì, e non senza un certo orgoglio in ciò. << Oggi stesso. Ho atteso a lungo questo momento, lasciandole credere di avermi dominata. Ho sopportato anni di torture e umiliazioni da parte sua, diventando segretamente più forte di lei, e quando se n'è presentata l'occasione ho colpito senza esitazione. Ho vendicato la mia famiglia, la mia terra… E ora non ho più niente che mi leghi a lei o a questo impero, che vorrei solo vedere bruciare. >>
La freddezza con cui Nirihs'Oūm disse quelle cose scemò lentamente e non senza sorpresa si ritrovò ad asciugare una lacrima che le sfuggì dalle palpebre. << E adesso scopro di non essere da sola, che c'è un altro come me che desiderava la vendetta… Questo deve essere il giorno più felice della mia vita! >>
Ma mentre pensava queste cose, si ricordò della visione che aveva avuto e di come la scena in essa somigliasse molto al luogo dove si trovavano loro due in quel momento. Incominciò improvvisamente a pensare che quella felicità non avrebbe potuto continuare, se non avesse fatto qualcosa per impedirlo.
<< Un momento, questo non è il posto per parlare… Dobbiamo spostarci ancora per… >> Ma la voce del signor Kovar la interruppe.
<< Tua zia era l'imperatrice di… Tutto questo? E hai detto che tua madre era una Tamaraniana? >> Chiese pensieroso. << Perché questo nome mi suona familiare…? Come si chiamava? >>
Nirihs'Oūm rispose in modo frettoloso e cercò di tornare al suo discorso di prima:<< Koriand'r, ma possiamo parlarne anche do… >>
<< Koriand'r? No, non è lei… Ma è possibile che… >>
<< Quello era il suo nome di nascita, ma si faceva chiamare Stella Rubia sulla Terra. Comunque ora dovremmo… >> Ma non appena Nirihs'Oūm ebbe pronunciato quel nome, il volto di Leonid Kovar si illuminò di colpo e non ci fu più verso di cambiare argomento.
<< Stella Rubia? Ma certo! Ma certo, è ovvio! >> Con uno scatto quasi disumano, il signor Kovar si avvicinò a Nirihs'Oūm e la prese dalle braccia guardandola meglio in faccia. << Come ho fatto a non accorgermene! Tu sei sua figlia! Il tuo viso è il ritratto esatto del suo! >>
Nirihs'Oūm si fermò. << Conosci mia madre? >> Chiese inarcando un sopracciglio, pensando che fosse una cosa troppo assurda, anche per la situazione in cui erano.
<< Tua madre è la ragione per cui non sono morto più di venti anni fa, abbandonato e odiato da tutti! >> Non riuscì a trattenere una risata incredula. << Ora che ci penso, ricordo che lei e Robin avevano avuto una figlia tanti anni fa… Allora devi essere tu! Sei sopravvissuta! >>
Sentire i nomi dei suoi genitori attraverso le parole di un'altra persona fece sentire Nirihs'Oūm come se non avesse mai lasciato la Terra. Smise di pensare, l'unica cosa su cui riusciva a concentrarsi era la sua famiglia, e come facesse quell'uomo a conoscere i loro nomi.
<< Che cosa sai di loro? >> Chiese confusa, intrigata dall'idea di conoscere i suoi genitori attraverso la prospettiva di qualcun altro. << Come li hai conosciuti? >>
Il signor Kovar mise a freno l'entusiasmo e la fissò pensieroso. << E' passato tanto tempo… Li conobbi in Siberia, la mia patria. Allora vivevo isolato dalla mia gente, incapace di controllare i miei poteri. Fu proprio Stella Rubia a convincermi di poter usare quegli stessi poteri a fin di bene. Grazie a lei sono riuscito a capire quanto sia importante avere qualcuno pronto a credere in te. >>
Nirihs'Oūm era più confusa che mai. Gli chiese di fermarsi. << Quali poteri? Perché tu, un terrestre, hai dei poteri simili? E cosa ci facevano i miei genitori in Siberia? Che cosa… >> Si fermò portandosi una mano sulla fronte, esasperata. << Perché non mi hanno mai raccontato questa storia? >>
Paura. Una paura che non provava da tempo tornò a galla; si trattava di un'emozione diversa da quella della paura per sé, era la paura di aver perso qualcosa in passato. Qualcosa di importante che non sarebbe potuto più essere recuperato; i racconti dei suoi genitori erano qualcosa del genere, racconti che non aveva quasi mai sentito, se non per alcune rare eccezioni. Non lo aveva mai detto, non lo avrebbe mai ammesso, ma il fatto di sapere così poco del passato dei suoi genitori le faceva pensare di non aver vissuto a pieno i momenti in cui loro erano ancora in vita; ma ancora più forte, questa sensazione faceva nascere in lei un altro pensiero, molto più opprimente: il pensiero di non essere mai stata amata abbastanza da essere ritenuta degna di ascoltare quei racconti.
A Kovar bastò uno sguardo per leggere la confusione negli occhi di Nirihs'Oūm. La ragazza aveva completamente dimenticato quello che stava dicendo prima e si era portata le mani alla testa con fare disperato. << Forse perché pensavano che fosse una storia troppo difficile da raccontare a una bambina… O forse volevano farlo, ma non ne hanno avuto il tempo. >>
Nirihs'Oūm alzò lo sguardo verso di lui. << Ma io non sono più una bambina… Questo non mi permetterà comunque di conoscere le loro storie. >> Sbottò quasi infuriata.
Kovar abbassò lo sguardo pensieroso prima di rispondere nuovamente. << Questo è vero, ma potrei raccontarti io ciò che so di loro. >>
Con gli occhi lucidi, Nirihs'Oūm sembrò voler dire qualcosa, ma non ci riuscì. Leonid sospirò e si mosse lentamente fino a raggiungere la parete, dove si sedette per terra. A quel punto le fece segno di avvicinarsi e continuò a sorridere.
<< Posso raccontarti tutto quello che so, e tu puoi raccontarmi quello che è successo sulla Terra. >> Disse. E rimase lì, in attesa che Nirihs'Oūm decidesse cosa fare.
La ragazza era combattuta all'idea di poter scoprire qualcosa di più sui suoi genitori; da un lato, il desiderio di conoscere le loro storie era forte, ma dall'altro pensava di aver già lasciato dietro di sé il passato e non voleva rischiare di ricaderci dentro. Inoltre, che cosa avrebbe potuto offrire al signor Kovar? La sua memoria faceva fatica a rammentare quegli eventi così lontani, in cui lei era solo una bambina; non era sicura nemmeno lei di cosa fosse successo sulla Terra, quel giorno di dieci anni fa.
Nonostante i dubbi, i freni e le paure, Nirihs'Oūm avanzò e andò a sedersi accanto a lui. Il terrestre sorrise, quindi si mise in una posizione più comoda e iniziò a raccontare.
<< Come ti ho già detto, conobbi Stella Rubia una notte di tanti anni fa, durante una bufera di neve. Lei si era persa dopo uno scontro con un mostro radioattivo e aveva esaurito le energie; la portai al caldo, nel mio rifugio, e lì la conobbi meglio. Il modo in cui riusciva a vivere spensierata, pur detenendo un potere tanto grande mi fece credere che anche io… Che anche io avrei potuto fare qualcosa per superare la mia difficoltà. >>
<< Qual era il tuo problema? >> Chiese Nirihs'Oūm perplessa. Non le sembrava che l'uomo avesse alcuna difficoltà a controllare qualsiasi cosa fosse dentro di sé: durante lo scontro nella locanda lo aveva visto chiaramente lanciare dei raggi energetici e il modo in cui combatteva ricordava un guerriero capace ed esperto.
Kovar si fece cupo per un istante. << Immagino che tu lo sappia ma sulla Terra, come in tutti i pianeti che ho visitato, non sempre i popoli riescono a convivere pacificamente. Io facevo parte di un esercito, molto tempo fa, ed entrai a far parte di un programma segreto e sperimentale con l'obiettivo di creare dei superuomini da poter poi impiegare in battaglia. Rinforzare il corpo tramite le radiazioni, donandogli forza e resistenza sovrumane, assieme a poteri inimmaginabili: questo è ciò che gli scienziati volevano ottenere, e ci riuscirono in un primo momento… >> I suoi occhi si fissarono davanti a sé e Kovar assunse un tono quasi nostalgico, ma con una punta di amarezza nella voce. << Gli esperimenti mi permisero di ottenere una forza incredibile, ma più testavo questo nuovo potere che mi era stato dato e più cresceva dentro di me una sorta di effetto rinculo. Gli scienziati non lo avevano previsto: il mio corpo non era capace di smaltire le energie che incanalava ogni volta, e quando raggiungeva il limite l'energia diventava incontenibile e provocava una reazione esplosiva devastante. Purtroppo ce ne accorgemmo troppo tardi, e questo costò la vita di molte persone. >>
Nella breve pausa di Kovar, Nirihs'Oūm sospirò sconvolta, pensando al dolore e alla distruzione che un incidente simile avrebbe potuto causare sulla Terra. Si chiese cosa passasse per la mente dell'uomo, mentre ascoltava i suoni del porto in lontananza, ma pensò che fosse estremamente scortese rimanersene a fissarlo a quel modo, e quindi distolse lo sguardo mentre Kovar riprendeva il racconto.
<< Il progetto fu abbandonato, ma io continuai a vivere e fui allontanato dai miei compagni. Non li biasimo; ero un mostro instabile e pericoloso, e loro non avevano alcuna idea di come controllarmi. Così mi costruii una fortezza dove le radiazioni non sarebbero state un pericolo per gli altri e continuai a vivere in isolamento; ma nella mia regione la distruzione non si fermò. Fu a causa di un mostro che i miei stessi poteri avevano generato che i tuoi genitori – i Titans – si fermarono in Siberia. Devi sapere che in quel periodo, loro stavano conducendo una lunga battaglia con una organizzazione chiamata "La fratellanza del male" e stavano viaggiando per il mondo alla ricerca di alleati.
<< Tornando a tua madre, fu lei a convincermi a sfruttare la mia forza per il bene degli altri. Insieme affrontammo la creatura che terrorizzava la mia gente e io riuscii finalmente a domare i miei poteri, ma le nostre strade non si erano ancora separate. Non molto tempo dopo, incontrai nuovamente Stella Rubia dopo essere stata separata dai suoi amici; era ferita e sola, e mi raccontò di essere stata vittima di un'imboscata. I Titans di tutto il mondo erano in pericolo e noi eravamo forse gli unici che potevano fare qualcosa; insieme riunimmo un piccolo gruppo di sopravvissuti per attaccare la base della Fratellanza del Male, e lì incontrammo altri Titans che erano riusciti a sfuggire alla cattura da parte della Fratellanza del Male. Insieme riuscimmo a porre fine alla crisi che quel gruppo malvagio stava causando da troppo tempo. >>
Quando Kovar smise di parlare, a Nirihs'Oūm sembrò di essere stata ad ascoltare per ore. Era un racconto, forse troppo breve per poter appagare la sua sete di conoscenza, ma era qualcosa che non aveva mai sentito sulla sua famiglia e la riempiva di orgoglio e meraviglia sapere che avevano sventato una crisi come quella in passato. Sicuramente non era nulla di nuovo, aveva sempre saputo che fossero dei veri eroi, ma sentirlo raccontare da qualcun altro rincuorò Nirihs'Oūm e le confermò che ciò che pensava lei non fosse semplicemente frutto di una memoria di bambina troppo alterata.
<< Woah… >> Mormorò strabiliata, girando la testa lentamente. Non aveva altre parole perché non sapeva come reagire a un racconto come quello. << Significa che tu sei uno dei Titans onorari? >>
Il signor Kovar sorrise come se avesse capito perfettamente di cosa parlava la ragazza, quindi frugò in una tasca della sua tunica con una mano e quando la ritirò mostrò con orgoglio un piccolo congegno elettronico dall'aria un po' datata: era rotondo con una grossa "T" bianca disegnata sopra; aveva dei pulsanti lungo il contorno e una piccola antenna proprio sopra alla lettera. Nirihs'Oūm riconobbe quasi subito il simbolo dei Titans, e senza contenere la propria emozione allungò le mani e lo prese per portarselo vicino al volto e strofinarlo come se fosse un cucciolo da riempire di coccole. Sentì quasi il bisogno di piangere davanti a quell'oggetto all'apparenza privo di alcun valore, ma si trattenne vista la presenza del signor Kovar.
<< E' il trasmettitore che mi donarono quando ci incontrammo. Con questo potevamo comunicare ovunque ci trovassimo per chiedere aiuto, ma anche conversare normalmente… >> Disse Kovar, il cui sguardo sembrava voler dire a Nirihs'Oūm di esprimere le proprie emozioni senza alcun freno. << E' tramite questo che ricevetti la notizia della tua nascita. >>
Nirihs'Oūm allontanò il trasmettitore dal proprio viso e rimase a guardarlo con gli occhi lucidi, perplessa. Pensò a quei momenti come non aveva mai pensato prima: un giorno come tanti che diventava improvvisamente speciale, e subito tantissime persone venivano a conoscenza di quell'evento gioioso tramite un minuscolo accessorio creato da suo padre. Non che avesse importanza ormai, ma era incredibile come i Titans potessero contare su una rete di relazioni tanto vasta da sentirsi parte di una grande famiglia come quella… E lei era stata parte di quella famiglia a sua volta, o almeno avrebbe dovuto.
Si trattava di una vita che non aveva mai avuto il diritto di conoscere, qualcosa che apparteneva al passato della sua famiglia e che la loro morte aveva portato con sé. Se Nirihs'Oūm non aveva mai sentito quelle storie, forse c'era un motivo; ma perché qualcosa di così bello avrebbe dovuto rimanere sepolto nel passato? Quello che era successo era incredibile, un avvenimento estremamente raro che non avrebbe nemmeno creduto possibile, e adesso quella malinconia le faceva desiderare che non fosse mai accaduto?
<< C'è qualcosa che non va? >> Chiese Kovar.
Nirihs'Oūm abbassò lo sguardo stringendo il comunicatore tra le mani e si sentì improvvisamente minuscola. << Stavo solo pensando che… Ho perso tutto questo. Ho perso una vita felice, circondata da gente che mi avrebbe mostrato tanto affetto, per scoprire che in realtà nessuno mi amerà mai. >> Gradualmente, alla tristezza e alla sensazione di impotenza, si sostituì una profonda rabbia. << A che mi serve ora, tutto questo? Sarebbe stato meglio se i miei genitori non mi avessero mai amato, anzi probabilmente era così, altrimenti non sarebbero morti! >>
<< Nirihs'Oūm… >> Mormorò apprensivo Kovar, ma la ragazza non lo ascoltò.
<< Perché sono morti? Perché non hanno combattuto abbastanza? Il loro amore per me era più debole dell'odio di Komand'r. A che serve un amore esiguo come quello? >> Esclamò mentre la sua voce si faceva più alta e i suoi occhi arrossati mostravano un cipiglio rabbioso. << Non gli importava niente di me, ecco perché sono morti! Queste cose non significano niente! >>
Piena di rabbia, lanciò il trasmettitore contro la parete opposta e questo rimbalzò indietro prima di finire a terra, aprendosi per mostrare lo schermo, ancora intatto dopo tutti quegli anni. La ragazza si portò le mani alla testa e curvò la schiena, desiderando di sparire; aveva ceduto ai sentimenti nonostante non ci fosse più nulla per cui disperarsi, si era arrabbiata e adesso le rimaneva il vuoto lasciato da quella rabbia. Perché sentiva quel vortice di emozioni dentro di sé? Per quale motivo era così arrabbiata, e con chi?
Kovar si alzò e con calma andò a raccogliere il trasmettitore dei Titans. Dopo avergli dato una spolverata ed aver controllato che non si fosse rotto, tornò da Nirihs'Oūm e le offrì la mano per rialzarsi. Lei lo guardò perplessa.
<< Perché sono qui? Che senso ha tutto questo? Di chi è la colpa di questa miseria? >> La sua voce suonò quasi robotica nel silenzio del vicolo dove si erano riparati. Nirihs'Oūm ancora non capì cosa stesse dicendo e rimase a terra.
Lo sguardo di Kovar si concentrò sugli occhi smeraldo di lei e continuò:<< Continuavo a ripetermi queste domande, quando vivevo isolato in Siberia. Dopo aver incontrato i tuoi genitori, però, ho capito che non poteva essere tutto negativo. >>
La ragazza lo guardò come per chiedergli cosa volesse dire, ma lo sguardo di lui rimase fisso e non lasciò trasparire alcuna emozione. Fu solo alla fine del suo discorso che mostrò un lieve sorriso.
<< A volte non riusciamo a guardare avanti, al di là del presente, e pensiamo che tutto quello che ci succeda sia solo una perdita di tempo. Quando cerchiamo incessantemente qualcuno a cui attribuire la colpa, finiamo per distruggere noi stessi, incapaci di accettare qualcosa che non riusciamo a comprendere; e a volte finiamo per attribuire quella colpa a noi stessi. Siamo noi che vediamo tutto quanto con pessimismo, ma non significa che non ci sia niente di cui gioire nelle nostre vite. E non significa che ci debba essere per forza qualcuno a cui dare la colpa. I tuoi genitori ti amavano, Nirihs'Oūm. Di questo non devi avere alcun dubbio. >>
<< E allora perché mi hanno abbandonata? >> Chiese imbronciata, rifiutando ancora la mano dell'uomo.
Lui continuò a sorriderle, mostrandole la mano senza mai arrendersi. << Pensaci: cosa ricordi di quel giorno? >>
A quella domanda Nirihs'Oūm non fu sicura della risposta. Rimase in silenzio a guardare il vuoto, nel tentativo di rammentare più particolari possibili del giorno in cui tutto era finito.
Respirando piano, aprì la bocca facendo uscire con cautela le parole, quasi come se avesse paura di farsele scappare:<< Loro… Mi affidarono a un gruppo di supereroi che conoscevano… Dovevano occuparsi di qualcosa e io non potevo andare con loro, ma mi promisero che avrei potuto assistere alla prossima missione. Solo che, mentre loro andavano a combattere, dall'altra parte arrivò mia zia, Komand'r. Lei sconfisse facilmente gli altri eroi e mi portò via. Ho visto i miei genitori combattere con tutte le loro forze, i miei zii mettere le proprie vite in ballo per difendermi, persino tante altre persone che non avevano alcun motivo per farlo cercarono di proteggermi… Ma… Quando arrivò la resa dei conti, loro non riuscirono più a combattere. E allora io, che avevo appena scoperto i miei poteri… Io non riuscii a muovere un dito. >>
Il sorriso di Kovar sparì mentre le lacrime di Nirihs'Oūm cominciavano a scorrere copiose sul suo viso. Abbassò finalmente la mano e lasciò che la ragazza continuasse il suo racconto, nonostante non volesse farlo.
<< Avevo troppa paura per fare qualcosa, ero solo una bambina… Eppure avrei dovuto agire. >> Disse scuotendo la testa. << Avrei dovuto muovermi, fare qualcosa… Qualsiasi cosa! E invece ho lasciato che la città venisse distrutta. Komand'r fu talmente veloce che ancora non so bene come abbia fatto. Lei… Lei mi afferrò e mi portò lontano, superando l'atmosfera. Quindi sparò al pianeta, e questo fu l'ultimo colpo che ricevette prima di esplodere. >>
Nirihs'Oūm si fermò. Non se la sentiva di continuare a parlare, eppure pensava che avrebbe dovuto farlo. Aveva raccontato quello che era successo sulla Terra dieci anni prima; era la prima volta che parlava di quegli eventi apertamente, e solo ora si rendeva conto di quanto fosse doloroso farlo. Eppure, allo stesso tempo, più parlava e più il suo cuore si alleggeriva.
<< Non ho potuto nemmeno dirgli addio. >> Mormorò sforzandosi di alzare lo sguardo. << I miei genitori sono morti mentre vedevano la loro figlia allontanarsi per sempre dal loro pianeta. Io avrei potuto fare qualcosa, eppure rimasi immobile e lasciai che la città venisse rasa al suolo. Come faccio a dire che non è stata colpa mia? >>
Il signor Kovar si sentì nuovamente addosso lo sguardo focoso della ragazza. Si portava dietro un grande dolore e una tristezza pesantissima, ma più di tutto quella giovane ragazza aveva una rabbia indomabile dentro che era cresciuta di giorno in giorno dopo la morte dei genitori. E per tutto quel tempo l'aveva indirizzata tutta quanta a sé stessa.
L'uomo sospirò e si sedette nuovamente accanto a Nirihs'Oūm. << Sai, certe volte dobbiamo scendere a patti con noi stessi. >> Disse con tono stanco. << Ripensando al passato, qualunque scelta avrebbe potuto cambiare il nostro percorso. Quando il risultato non ci piace, continuare a pensare a ciò che non siamo riusciti a fare serve solo a darci più rabbia. Invece, sarebbe meglio concentrarsi su ciò che abbiamo potuto salvare; si potrebbe dire che ci si accontenta di poco, ma si tratta di qualcosa di più ampio, un valore più grande che non si riesce a vedere subito. >>
<< Di che parli? >> Chiese la ragazza asciugandosi le lacrime con una manica della tunica. Il tessuto era ruvido e le pizzicò le guance.
Finalmente sembrava essere di nuovo capace di parlare senza scoppiare a piangere, quindi Kovar le rivolse un timido sorriso. << Da quel giorno sei diventata un'altra persona; sei diventata la figlia di Komand'r, principessa dell'impero. Ma hai vissuto tutto il tempo nel dolore, nella perdita, pensando sempre a quello che avresti potuto vivere se dieci anni fa non fossi rimasta immobile? >>
Nirihs'Oūm annuì senza capire dove volesse andare a parare il discorso di Kovar.
<< E avresti mai pensato che un giorno ti saresti liberata della stessa persona che aveva cambiato per sempre la tua vita? >> Chiese poco dopo Kovar, mantenendo la stessa espressione incoraggiante di prima.
Questa volta Nirihs'Oūm ci mise un attimo per annuire. Lei non lo sapeva. Non aveva mai saputo bene cosa fare della sua vita, se non che non si sarebbe mai piegata a Komand'r.
<< Bene. >> Disse Kovar. << Non è stato sicuramente il risultato migliore, ma nonostante tutta la sofferenza, dopo tutti questi anni, tu sei riuscita a liberarti! Adesso puoi andare dove desideri, puoi fare qualsiasi cosa… E questo è stato perché hai continuato a andare avanti, pur senza accorgertene! Hai ottenuto qualcosa per cui valeva la pena continuare a vivere, nonostante tutto quello che hai perso. >>
L'uomo si alzò. Si diede una spinta energica per tornare in piedi e allora rivolse a Nirihs'Oūm un largo sorriso. Era molto diverso da quando lo aveva visto la prima volta, tetro e perso nei propri pensieri; parlare del passato sembrava averlo rincuorato.
<< Sono sicuro che anche i tuoi genitori hanno pensato a questo, prima di morire: avrebbero tanto voluto continuare a vivere con te, ma credo che se ne siano andati con un po' di serenità in più, sapendo che tu avresti continuato a vivere. >> Le porse di nuovo la mano dicendo questo. << Non sono riusciti a salvarti da Komand'r, ma sono riusciti a evitare che morissi! Così hai avuto una seconda possibilità. Non ripudiare così l'eredità che ti hanno lasciato! >>
Nirihs'Oūm abbassò lo sguardo titubante. Capiva il senso del discorso di Kovar adesso, ma non vedeva comunque il motivo per cui avrebbe dovuto sorridere nella sua condizione. << Ma adesso che dovrei fare? >> Mormorò.
<< Continuare a vivere, a qualsiasi costo. >> Rispose Kovar. << Solo così troverai la tua strada, un giorno. >>
Nirihs'Oūm alzò nuovamente lo sguardo e sorrise al signor Kovar. Era contenta di averlo incontrato, sentiva di avere una forte connessione con lui e le sue parole l'avevano rincuorata in un momento di sconforto. Non odiava veramente i suoi genitori, ma il dolore della perdita era troppo forte da sopportare, nonostante avesse creduto per anni di poterlo ignorare. Ma adesso sentiva una nuova determinazione crescere i lei; ora si spalancavano davanti a lei le porte di una nuova vita, una dove avrebbe fatto veramente tutto quello che avrebbe voluto, rendendo orgogliosa la memoria dei suoi genitori! E magari avrebbe avuto accanto a sé il signor Kovar, a guidarla e mostrarle la via… In fondo erano gli ultimi sopravvissuti di una specie estinta, dovevano restare assieme e supportarsi a vicenda!
Nirihs'Oūm strinse la mano di Kovar e questo la tirò verso di sé facendola rialzare, quindi rimasero qualche istante a guardarsi sorridenti.
<< Mi dispiace di aver lanciato il comunicatore. >> Mormorò lei abbassando lo sguardo. Quello scosse la testa.
<< Non fa niente. Dovresti tenerlo tu, però. >> Disse porgendoglielo di nuovo.
Questa volta la ragazza fu quasi spaventata da quell'oggetto; avrebbe tanto voluto prenderlo, ma temeva che non sarebbe stato nelle mani giuste, non sentiva di esserne la legittima proprietaria.
<< Prendilo! >> Disse incoraggiante l'uomo, facendo un rapido movimento in avanti con la testa. Quando sorrideva gli si formavano delle piccole rughe agli angoli degli occhi, e questo lo faceva sembrare ancora più sincero. << E' giusto che lo abbia tu. >>
La ragazza rimase immobile per un secondo prima di allungare la mano e afferrare il trasmettitore per l'ultima volta. Si mosse rapidamente, come se avesse paura di perdere quell'occasione; quindi, quando si fu assicurata che fosse ben saldo nella sua mano, alzò lo sguardo e sorrise. << Grazie, signor Kovar. >>
<< Ti ho già detto di chiamarmi Leo… >> Kovar non fece in tempo a finire la sua frase. Un laser cremisi attraversò l'aria nel vicolo e andò a colpire dritto sul petto del terrestre, mandandolo a terra in un attimo.
Nirihs'Oūm gridò, ma non appena provò ad abbassarsi per aiutare l'uomo sentì qualcosa afferrarla dalle spalle e tirarla con forza.
<< Abbiamo trovato la principessa Nirihs'Oūm! >> Disse una voce mentre una figura imponente in armatura avanzava verso un Kovar ferito e incapace di muoversi.
<< Questo individuo l'aveva rapita. Deve essere lui ad aver ucciso l'imperatrice! >> Disse quello che dava le spalle a Nirihs'Oūm. La ragazza riconobbe le armature dorate del palazzo reale e capì quello che stava succedendo: la sua fuga doveva essere stata scoperta, e allertati dalla rissa causata nella locanda del porto i soldati dovevano essersi diramati per quelle strade alla sua ricerca. Ma era tutto sbagliato!
Nirihs'Oūm riuscì a divincolarsi e urlò:<< Non è stato lui a uccidere mia madre! >> In un attimo si mise davanti alla guardia che lo aveva raggiunto e gli lanciò uno sguardo di rimprovero. << Di cosa state parlando? Siete impazziti? >>
<< Principessa… >> Disse quello masticando le parole in modo meccanico; era alto il doppio di lei e l'armatura lo faceva sembrare più grosso di quanto non fosse, e il suo modo di parlare lo rendeva ancora più apatico. << Abbiamo trovato il corpo di sua maestà, l'imperatrice Komand'r, privo di vita nella sua sala del trono. E' stata assassinata. Voi eravate sparita e abbiamo diversi testimoni che affermano di aver visto una persona incappucciata che si allontanava dal palazzo reale, vestita proprio come quell'uomo. So che è sotto shock, ma adesso non deve più temere nulla… >>
Nirihs'Oūm dovette far finta di non sapere niente di quella storia, per non destare sospetti; ma la sua espressione sconvolta fu ugualmente genuina, visto che non riusciva a credere di come il caso avesse architettato tutta quella serie di eventi, con un risvolto talmente tragico. Il suo travestimento aveva dato nell'occhio nonostante le precauzioni prese, e il caso aveva voluto che lei e Kovar fossero vestiti in modo troppo simile; se solo non avesse perso la sua tunica nella locanda…
<< C'è un errore! Quest'uomo non c'entra niente con mia madre… >> Nirihs'Oūm provò a spiegare qualcosa, ma non poteva ammettere di avere ucciso l'imperatrice. Nonostante i suoi tentativi di rimediare, la voce smorzata di Leonid Kovar la raggiunse da dietro e lei si voltò di scatto, preoccupata.
<< Va tutto bene, Nirihs'Oūm. >> Disse alzando debolmente un braccio, mostrando una grossa ferita al petto. Il laser aveva aperto un buco proprio sopra lo sterno e aveva bruciato i tessuti attorno, ma la ferita aveva continuato a sanguinare e ora tutto il pavimento era diventato rosso.
Rosso, come nella visione di Nirihs'Oūm. Se n'era completamente dimenticata dopo aver scoperto che Kovar conosceva i suoi genitori, ma invece avrebbe dovuto concentrarsi per evitare che quella visione si avverasse.
<< Signor Kovar! >> Esclamò Nirihs'Oūm inginocchiandosi accanto a lui, ignorando gli avvertimenti della guardia. << Resista! Adesso la porto in un luogo sicuro. >>
<< Lascia perdere… >> Mormorò lui. Nella sua voce c'era una grande fatica, ma anche serenità. << Ho vissuto a lungo in ogni caso… Lascia che mi prenda la colpa di qualsiasi cosa sia accusato, così potrai continuare a vivere libera. >>
Nirihs'Oūm fu inorridita da quella proposta. << NO! >> Esclamò. << Non posso lasciare che muoia! Lei non merita tutto questo! >>
Kovar si sforzò di sorridere in quelle condizioni. Le sue rughette agli angoli degli occhi riaffiorarono di nuovo, più tenui di prima. << Nirihs'Oūm, è colpa mia; avrei dovuto fare più attenzione… Ma ormai non ci possiamo fare più niente. Devi fare buon viso a cattivo gioco e andare avanti. >>
<< No… Per favore! >> Pianse la ragazza, che in quel momento si sentì di nuovo piccola e impotente, proprio come dieci anni prima. << Non posso restare ancora da sola! >>
Kovar tossì e sputò del sangue che andò a imbrattare l'armatura di Nirihs'Oūm. La ragazza non ci fece caso e cercò piuttosto di pulire il sangue rimasto sul viso dell'uomo, ma questo rimase a guardarla con aria sognante. << Forse sarai sola, ma sarai anche libera. Devi ricordare quello che ti ho detto, e un giorno troverai anche tu la tua strada. Per me è tardi, ormai… Ma sono contento di essere riuscito a sopravvivere per tutti questi anni, solo per sapere che tu eri ancora viva. Conoscerti mi ha ridato la felicità, più di quanto una vita intera avrebbe potuto fare. >>
Nirihs'Oūm non riuscì più a trattenere le lacrime e strinse con forza le mani del signor Kovar. Lui lasciò che gliene tenesse e chiuse gli occhi con beatitudine; cadendo, il laccio che gli teneva legati i capelli si era rotto e questi si erano sparsi per terra, dove si erano bagnati dello stesso sangue di Leonid Kovar. Lui adesso sembrava in pace, libero come avrebbe voluto essere anche Nirihs'Oūm; ma se per lui era arrivato il momento di lasciare finalmente quella vita piena di sofferenze, lei doveva ancora restare lì e patire quella che sembrava quasi una punizione divina.
Tutti quelli a cui si affezionava se ne andavano.
<< E' morto. >> Dichiarò la guardia dietro di lei con fare sbrigativo, quindi allungò una mano per aiutarla a rialzarsi. << Principessa, la prego… Questo non è un posto adatto a lei. >>
<< Sì. >> Rispose in ritardo Nirihs'Oūm. << Lo so. >>
Le sue parole sembrarono riferirsi all'ultima affermazione della guardia, ma in realtà lei aveva ancora quell'uomo nella testa e solo lui. La sua era una risposta stizzita che voleva trasmettere il suo desiderio di essere lasciata in pace, ma il messaggio non arrivò alle guardie. Allora si dovette alzare e, incapace di trattenere le lacrime, dovette fingere; finse di essere addolorata per la donna che aveva distrutto la sua vita, mentre avrebbe tanto voluto uccidere quelle due guardie come aveva ucciso lei. Avrebbe voluto fargli gridare il nome dell'uomo che avevano ucciso, mentre gli guardava soffrire, in attesa di ricevere il colpo di grazia; avrebbe voluto farli a pezzi e bruciare i loro resti, ma invece avrebbe dovuto continuare a fingere e nascondere i propri sentimenti.
Quando si voltò sembrava una bambina lagnosa. Dovette fare appello a tutte le sue forze per continuare a parlare. << Mia madre… E' morta? >>
Le guardie assunsero un tono più mesto e facendo dei profondi inchini, dissero:<< Sì, principessa. >>
Nirihs'Oūm rimase ancora in silenzio. Guardò in avanti, nel vuoto che a mano a mano riempiva i suoi occhi e le annebbiava la mente, e pensò che se solo non si fosse distratta, tutto quello non sarebbe mai successo.
<< Voglio vederla. >> Mormorò con voce spezzata dal pianto.
Le guardie si inchinarono ancora una volta, prima di rialzarsi e scortarla fuori da quel vicolo. Nirihs'Oūm tornò a palazzo senza mai voltarsi a guardare indietro, lasciando dietro di sé il corpo senza vita dell'ultimo terrestre sopravvissuto.

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Capitolo 3
*** La regina in catene ***


Komand'r non aveva avuto alcuna pietà con i terrestri. In un attimo aveva spazzato via un intero pianeta, assieme a tutti gli esseri viventi che lo popolavano. Il popolo di Nirihs'Oūm era morto due volte: quel giorno di dieci anni fa, e adesso, con l'ultimo sopravvissuto che perdeva la vita per mano di una guardia dal grilletto facile.
Non sarebbe stata come sua zia; lei avrebbe mostrato rispetto, avrebbe dato a Leonid una sepoltura degna. Non avrebbe potuto ripagare tutto quello che Komand'r gli aveva sottratto, ma in qualche modo avrebbe potuto fare ammenda per non essere riuscita a salvarlo.
Sul momento non si poté fare niente; le guardie la riportarono a palazzo come lei stessa aveva chiesto e lasciarono il corpo del terrestre in mezzo al vicolo in attesa che qualcuno se ne occupasse. Sarebbe stato portato via e seppellito in una tomba senza nome, se una volta ristabilita la situazione, la principessa non avesse fatto valere la propria autorità, ordinando a tutti gli uomini disponibili di ritrovare il corpo di Leonid per organizzare una sepoltura adatta. Molti non capirono il motivo di tanta fedeltà a quell'uomo sconosciuto, ma a lei non importava: lo aveva conosciuto per pochi minuti, eppure sentiva di dovergli molto per averle ricordato la Terra, la sua famiglia e ciò che lei era veramente.
Nirihs'Oūm dovette andare a fare visita alle spoglie di sua zia, dopo il suo ritorno a palazzo. Ne avrebbe fatto volentieri a meno, ma in parte era intrigata dall'idea di vedere il risultato della sua opera; almeno avrebbe potuto godere di quella vista così soddisfacente, prima di tornare nella sua gabbia dorata che – come avrebbe scoperto di lì a breve – Komand'r sembrava aver preparato con minuzia anche dopo della sua morte.
La giovane principessa lasciò che si occupassero i consiglieri di Komand'r della sua cerimonia funebre; lei non aveva né le forze né la volontà di organizzare un evento inutile come quello. Fu dichiarato lutto universale per l'impero, ma Nirihs'Oūm aveva il sospetto che in pochi lo avrebbero osservato. Aumentarono le pattuglie nelle strade e furono mandati subito rinforzi alle regioni più remote dell'impero; i consiglieri di Komand'r non erano stupidi, sapevano che la dipartita della loro amata imperatrice avrebbe spinto molti gruppi separatisti ad agire e quello era il momento di debolezza più evidente per l'impero, che anche se perfettamente in grado di resistere a una rivolta, senza la sua guida non sarebbe riuscito a rispondere prontamente. Fu anche chiesto alla principessa di collaborare, emanando un comunicato in cui parlava a popoli sotto il suo potere e chiedergli di restare uniti in un momento così triste per tutti loro.
Lei rifiutò.
Presenziò comunque al funerale di Komand'r; era ovvio. Dovette mostrarsi un po' triste, addolorata sarebbe stato il termine più adatto, ma non pianse; si era promessa che non avrebbe più versato lacrime per quella donna, né lo avrebbe fatto credere ad altre persone. Il suo dolore era reale, ma indirizzato a un'altra persona: all'uomo che le aveva dato il coraggio che le mancava per continuare a vivere, la persona che l'aveva fatta sentire a casa nonostante questa non esistesse più.
Komand'r fu cremata su di una pira allestita nella sala delle cerimonie e le sue ceneri furono raccolte in un vaso di cristallo, come chiedeva nel suo testamento. Nirihs'Oūm non sapeva se si trattasse di una tradizione Tamaraniana, per quanto ne sapeva la sua matrigna aveva tagliato totalmente i ponti con il suo pianeta di origine, ma si assicurò che lo stesso trattamento fosse riservato a Leonid Constantinovitch Kovar; in fondo non poteva certo preparare una tomba d'oro e far cospargere il suo corpo di oli profumati in una cerimonia a cui avrebbero potuto partecipare tutti. No, il funerale di Kovar si tenne in una località segreta con solo Nirihs'Oūm e pochi servi ad assistere, assieme a un paio di guardie a cui era stato ordinato di restare notte e giorno al seguito della principessa. La ragazza fece giurare a quelle persone che non avrebbero aperto bocca con nessuno di quella storia, pena la morte; era seria quando diceva che li avrebbe uccisi con le sue stesse mani, non aveva più niente da perdere in fondo e se si fosse saputo che la principessa aveva presenziato a una cerimonia funebre segreta di uno sconosciuto qualsiasi ci sarebbero stati molti sospetti, e tutto questo avrebbe potuto raggiungere le orecchie dei consiglieri di Komand'r. Ovviamente nessuno parlò mai di quella storia.
Infine, quando fu rimasta da sola, Nirihs'Oūm sparse al vento le ceneri di Leonid Kovar dal balcone della propria stanza. Non poteva tenere quei resti con sé, era troppo rischioso, ma nel suo cuore sarebbe sempre rimasto un post per quell'uomo che le aveva dato tanto.
La più grossa sorpresa per Nirihs'Oūm arrivò pochi giorni dopo della cerimonia, quando fu convocata nell'ufficio di un notaio che le sventolò davanti il testamento di Komand'r. Questo le svelò che l'imperatrice l'aveva designata come legittima erede al trono imperiale.
Fu uno shock. La ragazza non se lo sarebbe mai aspettato e nemmeno lo avrebbe voluto: dentro di lei era ancora viva l'idea di fuggire quando si sarebbero calmate le acque e andare il più lontano possibile da lì; ereditare l'impero sarebbe stato come legarsi una corda al collo e restare in bilico sopra uno sgabello per anni, in attesa che i piedi dello sgabello si rompessero.
<< Mi sembra sorpresa, principessa. >> Disse il notaio scrutandola con i suoi occhi piccoli, pronto a notare il minimo particolare inusuale.
Lei rispose alzando la voce non appena si fu ripresa dal colpo. << Mi sembra ovvio! >> Disse. << Io non ho mai imparato come si governa un impero, l'idea di diventare imperatrice non ha mai minimamente sfiorato la mia mente, e dubito che mia zia abbia fatto questa scelta di sua spontanea volontà! >>
<< Eppure, nel suo testamento, la signora Komand'r parla di lei come "l'unica degna di ereditare tutto ciò che ho raccolto", oltre che definirla "la mia amata figliola." >> Puntualizzò quello posando i suoi occhialetti tondi sul naso e rileggendo alcune righe dal foglio che teneva con la mano libera.
Nirihs'Oūm si sforzò di trattenere una risata e finì per emettere degli strani colpi di tosse che spinsero il notaio ad offrirle un bicchiere d'acqua. << Lei non avrebbe mai scritto una cosa del genere. >> Disse dopo aver bevuto un sorso, sorridendo come se sapesse esattamente di quello che stava parlando.
L'uomo si schiarì la voce e con calma le porse il testamento. << Eppure questo era il suo volere. può controllare lei stessa: è stata lei a dettarmi queste parole mentre io scrivevo, meno di un anno fa, e la firma in fondo al documento è indubbiamente la sua. >>
<< Non posso credere che mia zia abbia lasciato la guida dell'impero unicamente a me! >> Sbottò spazientita la ragazza, rendendosi conto che le sue parole non stessero arrivando al suo interlocutore. << Il nostro rapporto non è mai stato tanto profondo da implicare una tale fiducia. Mi aspettavo che mi cacciasse da palazzo una volta raggiunta la maggiore età… E invece lei mi dice che ha voluto assicurarsi che tutto questo andasse a me? >> Fece un gesto ampio con le braccia per indicare tutto ciò che la circondava.
<< A quanto pare, non conosciamo veramente le persone che ci stanno vicino finché non ci sono più. >> Rispose con tono enigmatico il notaio, poggiandosi allo schienale della propria sedia e unendo le mani davanti al mento. << Per la precisione, dal giorno del suo undicesimo compleanno l'imperatrice ha deciso di registrare il suo testamento, venendo da me di anno in anno per riconfermarlo. In ogni sua dettatura, non ha mai mancato di parlare di lei e designarla come sua unica erede. >>
<< Quello che dice non ha senso. >> Ribatté sbrigativa Nirihs'Oūm, sentendosi insultata dalle parole del notaio. Questo però non si stava prendendo gioco di lei, con tranquillità si riprese il testamento e lo ripose in un raccoglitore che andò ad archiviare con cura in un cassetto metallico chiuso con una combinazione.
<< Può pensare quello che vuole. In ogni caso non c'è bisogno che si metta fretta; per la legge, non potrà ottenere i pieni poteri di imperatrice fino al suo compimento della maggiore età. Quindi dovrà aspettare ancora poche settimane… Allora potrà anche rifiutare l'eredità, ma… >> Il notaio fu impeccabile fino alla fine del suo discorso, quando il suo sguardo vacillò per un attimo.
<< Ma? >> Nirihs'Oūm era impaziente di sapere per quale motivo non potesse scegliere la propria strada.
Il notaio sospirò come se sapesse già che quello avrebbe fatto arrabbiare la principessa. << L'imperatrice Komand'r ha espresso il desiderio che il trono non andasse a nessun altro che a lei. Mi spiego meglio: lei non ha semplicemente lasciato la guida dell'impero a lei, principessa; ha anche vietato a chiunque altro di prenderne le redini, qualora lei non lo avesse ancora fatto. >>
Ancora confusa, Nirihs'Oūm non capiva per quale motivo non avrebbe potuto rifiutare. << E quindi? Cosa succederebbe se non volessi accettare l'eredità? >>
Il notaio sembrò cercare tra delle carte che aveva sulla scrivania, ma poi ci rinunciò. << Bé, nel caso non fosse disposta a diventare imperatrice, Komand'r ha lasciato l'ordine di farla confinare nei locali del palazzo fino a suo ravvedimento. >> Disse con calma, studiando attentamente le reazioni della ragazza.
Gli occhi di Nirihs'Oūm si riempirono gradualmente di rabbia. Normalmente avrebbe cominciato a urlare, facendo a pezzi lo studio del notaio, ma preferì mantenere un contegno, sapendo di non poter fare molto per cambiare quella situazione. << Insomma sono prigioniera dell'impero? >> Chiese incrociando le braccia e guardandosi intorno come se ogni singolo elemento della stanza fosse ora suo nemico.
Il notaio sorrise tranquillamente. << Lei non è prigioniera di nessuno. Nel suo testamento, Komand'r le lascia piena libertà per fare tutto ciò che desidera; solo, le chiede prima di prendere la corona. E, francamente, non capisco perché la stia facendo tanto difficile. Non è quello che ha sempre sognato? >>
<< Francamente, signore, non sono fatti che la riguardano. >> Rispose acida Nirihs'Oūm prima di alzarsi dalla propria sedia e dirigersi verso l'uscita. Ma quando fu a pochi passi dalla porta, la voce del notaio la fece voltare di nuovo.
<< Un'ultima cosa. >> Disse tenendo una mano alzata, mentre l'altra frugava in un cassetto della sua scrivania. << Mi è stato anche chiesto – e questo in maniera confidenziale – di consegnarle questa lettera. La richiesta di Komand'r era che lei la leggesse quando si sarebbe sentita pronta. >>
Nirihs'Oūm guardò con disgusto la lettera che il notaio teneva tra le mani. Un altro tentativo di tenerla incatenata, un modo per riversarle tutto il suo odio che per anni aveva finto di aver soppresso, o uno squallido tentativo di farle credere di essere stata amata.
Pensò di non prenderla per un momento, ma poi vide con quanta insistenza quell'uomo la stesse fissando e sapeva che non l'avrebbe lasciata andare se non lo avesse fatto, quindi gliela strappò dalle mani con stizza e pregò di poter finalmente lasciare quella stanza.
Nirihs'Oūm ne aveva abbastanza dei servi, degli orari, delle formalità, delle parate… Lei non aveva mai desiderato tutto quello, avrebbe semplicemente voluto continuare a vivere con la sua famiglia sul proprio pianeta. Ma Komand'r sapeva bene quello che stava facendo, attaccando la Terra; non si trattava solo di far provare un immenso dolore alla sorella che odiava, ma di rovinare totalmente l'infanzia della sua bambina, solamente perché aveva avuto la sfortuna di avere il suo stesso sangue. E adesso stava cercando di recarle altro dolore, anche dal mondo dei morti; Nirihs'Oūm ne era certa.
Non sapeva quando avrebbe aperto quella lettera, ma da quanto aveva capito avrebbe potuto ritardare l'incoronazione il più possibile, e aveva intenzione di fare esattamente così; in questo modo avrebbe potuto quantomeno vivere come desiderava lei, anche se per poco. Si rese conto che, non dovendo più rispondere a Komand'r di ciò che faceva, fosse l'occasione perfetta per studiare senza alcun controllo sulle materie che desiderava: Nirihs'Oūm non poteva viaggiare e scoprire nuovi mondi attraverso l'esperienza diretta, ma poteva farlo dai libri e imparare nuove lingue e scoprire le culture degli altri popoli. Il palazzo era fornito di una grande biblioteca, una delle più grandi di tutto l'impero, e Nirihs'Oūm sapeva per certo che anche Komand'r ne aveva usufruito spesso, anche se non aveva idea per cosa lo avesse fatto.
Pur essendo una guerrafondaia, Komand'r si era informata in modo approfondito di molte cose riguardanti i popoli che intendeva sottomettere, la tecnologia che di anno in anno si aggiornava, ma soprattutto una ricerca che l'aveva sempre ossessionata: la gemma di Charta.
Komand'r aveva scoperto un giacimento dove venivano prodotti quegli amuleti portentosi, ma dopo essersene impossessata si era assicurata che nessuno a parte lei potesse ottenere quella potenza illimitata che aveva liberato sulla Terra, per questo aveva fatto forgiare una gemma speciale per sé, e ai suoi altri collaboratori aveva concesso l'utilizzo di gemme meno pregiate, di una fattura inferiore, per non lasciargli troppo potere; i laser che avevano ucciso Leonid Kovar erano stati lanciati sicuramente da quelle gemme.
Il tempo diventava un fattore insignificante, quando bisognava lasciare che passasse e per questo Nirihs'Oūm ebbe la possibilità di studiare a volontà, scoprendo le storie della nascita dell'impero e delle avventure di sua zia prima che diventasse imperatrice; non tutti questi racconti la ritraevano vittoriosa, con sua grande sorpresa, ma riuscivano sempre a rappresentarla come la vera eroina della storia, mentre i malvagi erano tutti quelli che cercavano di fermarla. Ovviamente la verità non sarebbe mai stata raccontata in quei libri, e pur non avendo vissuto quelle storie Nirihs'Oūm poteva benissimo immaginare come si fossero veramente svolte.
Non fu sorpresa quando scoprì che non c'era il minimo accenno alla sua famiglia o al pianeta di origine di Komand'r, Tamaran. Era come se qualunque racconto che li vedesse protagonisti fosse incompleto, abbozzato per lo più; Nirihs'Oūm riuscì tuttavia a trovare una storia avvenuta diversi anni prima della formazione dell'impero, riguardante un bizzarro matrimonio con una creatura descritta come "la più ripugnante che avesse mai messo piede nella galassia", in cui per la prima volta veniva menzionata la gemma di Charta. Qui fu fatto un cenno a un gruppo di criminali che costrinsero l'imperatrice alla fuga dal suo pianeta natale; quelli dovevano essere per forza i Titans! La storia non era come veniva raccontata: Komand'r si era sicuramente sporcata delle peggiori nefandezze e aveva commesso crimini impensabili in tutti quegli anni, e le volte che qualcuno aveva provato ad affrontarla erano state descritte come "attentati alla pace e all'ordine universali."
Persino quando andò sulla Terra per rapire Nirihs'Oūm, i Titans non furono mai nominati: l'intera vicenda era descritta nei libri come "un viaggio intrapreso dall'imperatrice per recuperare la sua erede, strappatale ingiustamente quando era ancora una bambina." Per il popolo lei era effettivamente la figlia biologica dell'imperatrice, anche se mai nessuno aveva provato a convincere veramente la gente di questo; non esisteva memoria di eventuali partner di Komand'r da quando aveva fondato l'impero, in fondo, e la stessa Nirihs'Oūm  ci teneva a sottolineare il fatto di non essere realmente la figlia di Komand'r, anche se l'imperatrice aveva sempre odiato sentirsi chiamare zia dalla ragazza. Se le emozioni che provò quel giorno non fossero state ancora così vivide nella sua memoria, Nirihs'Oūm avrebbe potuto anche finire per credere alle menzogne scritte in quei libri.
Al terzo giorno di studio, dopo aver letto l'ennesimo racconto della conquistatrice Komand'r, la ragazza cominciò ad avere i brividi e lasciò cadere il tomo che stava consultando, sentendo il bisogno di estraniarsi da tutto quello. Affondò la schiena sul cuscino della sedia e rimase incurvata in quella posizione scomoda per qualche istante a riflettere sulle storie che aveva letto fino a quel momento; tutti quei racconti su Komand'r e i suoi viaggi nello spazio le avevano dato da pensare, e più andava avanti, più Nirihs'Oūm si rendeva conto di sapere veramente poco di Tamaran.
Provò a consultare altri libri tra quelli che aveva preso dagli scaffali della biblioteca, che ormai era diventata la sua stanza personale, ma nessuno sembrava riservare al pianeta di sua zia più di qualche riga, e in quei casi non erano certo parole lusinghiere; sembrava che Komand'r disprezzasse le sue origini a tal punto da cancellare quasi ogni traccia del popolo di Tamaran dal suo passato. Ma quel pianeta doveva ancora esistere da qualche parte, altrimenti la sua distruzione – come quella della Terra – sarebbe stata documentata ampiamente su quelle pagine.
Ma qualcosa doveva essere rimasto. Nirihs'Oūm cominciò a sentire crescere dentro di sé un forte interesse verso quel popolo che sentiva molto vicino a sé e spinta dal desiderio di conoscerlo meglio, iniziò a documentarsi il più possibile sui Tamaraniani; cercò informazioni ovunque, spulciando i libri di biologia aliena e geografia stellare, consultando vari dizionari Tamaraniani rimasti sepolti negli archivi imperiali per svecchiare la sua conoscenza della lingua, e studiando la storia del popolo Tamaraniano. Ma le informazioni che trovò furono sempre incomplete: sebbene potessero rispondere a molti quesiti della ragazza riguardanti un passato più remoto, la storia recente e contemporanea di Tamaran era semplicemente inesistente. Anche questa doveva essere opera di Komand'r; il suo odio per la sua stessa specie aveva raggiunto livelli tali da farle cancellare ogni traccia di loro. Ma se dopo giorni di studio le domande di Nirihs'Oūm non avevano fatto che aumentare, la giovane principessa decise che forse avrebbe fatto meglio a chiedere direttamente a qualcuno che Komand'r l'aveva conosciuta per molto tempo: Uktar, gran consigliere dell'imperatrice, e ora il suo.
Nirihs'Oūm era ancora incredula di aver ereditato l'impero da Komand'r; pensava che la zia avrebbe preferito pensarla a rodere dalla rabbia mentre altri prendevano i frutti di quello che lei aveva creato, mandando a monte anche quel poco di legame familiare che era rimasto tra loro. Non che a lei interessasse nulla di tutto quello, anzi avrebbe preferito venire trattata alla stregua dei peggiori rifiuti e abbandonata, piuttosto che prendere il posto di Komand'r. Ma forse era proprio per quello che l'aveva designata come sua unica erede: per tenerla rinchiusa in una gabbia d'oro per sempre. Tuttavia, se doveva essere rinchiusa lì, avrebbe fatto meglio a sfruttare la situazione a proprio favore.
Anche se non aveva ancora preso in mano lo scettro del potere, Nirihs'Oūm aveva a disposizione i servigi di tutte le persone che per anni avevano servito sua zia, e tra questi il più importante di loro era proprio Uktar, un uomo dalla pelle scura e la testa pelata, perennemente lucida per tutti gli unguenti con cui si curava, sempre vestito con abiti sfarzosi e dai modi estremamente servili, un comportamento a dir poco irritante; dopo la morte di Komand'r Nirihs'Oūm si era ritrovata ad essere circondata da personaggi insopportabili e meschini come lui. Non sopportava il modo in cui si atteggiava, credendosi migliore di tutti mentre scrutava gli altri con invidia malcelata dietro a quei languidi sorrisi e alle sue riverenze; era un verme che non aveva mai esitato a baciare gli stivali dell'imperatrice per avere ciò che desiderava, e adesso ronzava attorno a lei continuamente allo stesso modo.
Era odioso e Nirihs'Oūm avrebbe preferito levarselo dai piedi il più presto possibile, ma almeno era una buona fonte di informazioni e poteva avere una risposta a tutte le sue domande.
Quando la raggiunse nella biblioteca, stava ancora consultando uno dei libri di geografia stellare che aveva preso, nella speranza di trovare qualcosa che le fosse sfuggito in precedenza.
Con un profondo inchino, Uktar si annunciò a lei e chiese:<< Aveva chiesto di me, principessa? >>
Nirihs'Oūm fece un rapido cenno e richiuse il libro, sollevando un po' della polvere rimasta tra le pagine. << Sì. Avevo alcune curiosità sul passato di questo impero e di mia zia, ma non sono riuscita a soddisfarle in questi libri. Tu lavoravi per mia zia da molto tempo, vero? >>
Con un altro inchino, Uktar annuì. << Ero al suo fianco quando ha posato le basi per creare questo magnifico impero, e l'ho servita sin dal nostro primo incontro, sul mio pianeta natale. Ricordo tutto quello che è successo da allora alla perfezione: come posso aiutarla, mia signora? >>
Nirihs'Oūm rimase in silenzio a pensare per qualche istante, soffermandosi su quel "mia signora" e su quanto ne odiasse il suono, quindi cominciò a far girare una mano con un dito puntato verso l'alto e disse pensierosa:<< Mia zia odiava il suo pianeta di nascita, vero? >>
Uktar sembrò perplesso e sembrò seguire i movimento della mano di Nirihs'Oūm con attenzione. << Non direi che lo odiasse, ma c'era di sicuro un profondo risentimento nei confronti del suo popolo. Non sono mai riusciti a capire il suo genio… >>
<< Immagino… >> Rispose sarcastica Nirihs'Oūm voltandosi a guardare alcuni degli scaffali da cui aveva estratto i libri. << Ma nei testi che ho consultato io non c'è alcuna traccia di Tamaran e dei suoi abitanti. Eppure mi sembra strano che mia zia, con tutto il potere che detenesse, non abbia mai deciso di tornare là. >>
L'uomo esitò un momento, ma annuì. << In effetti, l'imperatrice non ha più visitato la sua terra dopo la sua annessione all'impero. Questo risale a più di quindici anni fa… >>
<< Quindi Tamaran fa veramente parte dell'impero. >> Disse interessata la ragazza. << Però non sono riuscita a trovarne la posizione nelle carte stellari, e a quanto sembra non è in corso alcun commercio con quel pianeta. Non esistono bollettini notiziari provenienti da là, per non parlare del fatto che non abbia mai visto un Tamaraniano qui a palazzo, eppure mia zia riceveva regolarmente ambasciatori da ogni angolo della galassia. >>
Uktar sospirò e mandò un sorriso ripugnante a Nirihs'Oūm, che preferì distogliere lo sguardo. << E' così, ma le politiche prese nei confronti dei traditori di Tamaran sono state molto restrittive. Vede, Komand'r voleva… >>
<< "Traditori?" >> Chiese incredula Nirihs'Oūm. << Erano il suo popolo. In che modo avrebbero potuto tradirla? >>
Uktar tacque. Sembrò desolato per aver utilizzato quelle parole, ma non nei confronti di Nirihs'Oūm, bensì verso sé stesso.
<< Potresti spiegarmi perché il legame tra mia zia e il suo popolo è sempre stato così freddo? >> La ragazza si alzò dal suo posto dall'altro lato del tavolo che la divideva dal consigliere e prese un respiro profondo rimanendo qualche secondo con le mani poggiate sui libri che aveva davanti.
Uktar era riluttante a parlare. << Si tratta di una questione delicata. Vede, principessa: l'imperatrice Komand'r è sempre stata la legittima sovrana di Tamaran, ma dopo che ebbe deciso di prendere le redini del suo regno il popolo la cacciò ingiustamente con la forza. E' per questo che, dopo la formazione dell'impero, Komand'r ha voluto riconquistare Tamaran per far pagare al popolo ingrato la giusta pena per la loro ingratitudine. >>
Nirihs'Oūm fece una smorfia. << Ingratitudine per cosa? >> Chiese senza pensarci, ma avrebbe preferito non farlo per non innescare una reazione negativa da parte di Uktar.
<< Per aver cacciato una sovrana che li amava e che non li avrebbe mai traditi, è ovvio! >> Rispose subito Uktar oltraggiato.
Una sovrana che amava il suo popolo e che non lo avrebbe mai tradito, riferito a Komand'r sembrava una barzelletta; ma a Nirihs'Oūm non faceva ridere neanche un po'. Sembrava che la storia combaciasse con quello che era scritto nei libri, ma la giovane erede al trono non riusciva a crederci, anche perché sin da quando aveva aperto quei libri polverosi che rimanevano in bella vista nella biblioteca, aveva sentito odore di marcio; niente in quelle pagine era ciò che sembrava, ma Uktar non glielo avrebbe mai confermato. Quello di cui aveva bisogno lei era qualcuno che conoscesse la storia di persona e che non avesse un filtro davanti agli occhi e alla bocca che trasformasse qualunque pensiero anti-Komand'r in stucchevolezze incoerenti. Lei aveva bisogno di un Tamaraniano!
<< Un'altra domanda. >> Disse distrattamente la ragazza muovendosi attorno al tavolo, dopo aver raccolto l'atlante che aveva richiuso e lasciato sul tavolo, e guardando Uktar dritto negli occhi. Questo sembrò quasi a disagio nel sentirsi gli occhi della principessa addosso, ma continuò a sorridere. Prima ancora che lui rispondesse, Nirihs'Oūm riprese:<< Non sono riuscita a trovare in nessuna mappa l'ubicazione del pianeta, ma da quello che ha detto lei stesso Tamaran esiste ancora. >>
<< E' così. >> Disse Uktar. Nirihs'Oūm lo aveva raggiunto e si era fermata di fronte a lui, sorridendogli quasi nello stesso, melenso modo che lui le aveva rivolto per tutto il tempo. << Ma visti i crimini di cui si sono macchiati i suoi abitanti, l'imperatrice ha deciso di tagliare Tamaran da ogni rotta commerciale e togliergli ogni diritto all'interno dell'impero. Ad oggi, Tamaran è un deserto dove nulla può crescere, i suoi abitanti pagano giustamente i torti che recarono alla loro regina e sono costantemente controllati da un contingente di guardie imperiali. E' come se il pianeta non esistesse più, in pratica. >>
Significa che vengono vessati ingiustamente da anni e senza motivo, e nessuno può farci niente perché sono isolati da tutti. Pensò la ragazza, che si costrinse a mantenere la calma per non aggredire il consigliere.
<< E… La sua posizione? Nessuno sa dove si trovi? >> Chiese Nirihs'Oūm  con più insistenza.
Uktar sorrise imbarazzato rendendosi conto di aver divagato sull'argomento. << Ovviamente la sua posizione è segnata nelle vecchie mappe ormai inutilizzate, custodite negli archivi proibiti; io però ricordo alla perfezione quel pianeta, e sono sicuro che altri consiglieri possano fare lo stesso. Inoltre, è probabile che qualche capitano di navi spaziali un po' più attempato conosca la rotta per raggiungerlo… >>
Uktar sembrò molto fiero di essere riuscito a soddisfare la curiosità della principessa, lei stessa si mostrò particolarmente interessata e continuò a mandargli sorrisi e a sbattere le ciglia come una innocente e curiosa scolaretta. << Pensavo che la biblioteca imperiale contenesse qualunque informazione presente nell'impero. Non sapevo niente di questi archivi… >> Mormorò.
L'uomo sorrise con fierezza. << Mia signora, se sono chiamati "proibiti" ci sarà un motivo… Io e Komand'r eravamo due dei pochi a cui era permesso consultarli. >>
Nirihs'Oūm rise falsamente alla battuta del consigliere, tanto che si chiese come facesse Uktar a non accorgersi di quella sua pietosa recita. Comunque non sarebbe stato più un problema perché aveva ottenuto quasi tutto quello che voleva. << E non sarebbe possibile consultare questi archivi? >>
<< A quale pro, mia signora? >>
Lo sguardo di Nirihs'Oūm si fece improvvisamente freddo. << Per raggiungere Tamaran il prima possibile. Mia zia potrà anche avere odiato il suo popolo, ma io sono molto curiosa di conoscerlo. In fondo si tratta anche della mia gente… >> Decise di andare dritta al punto, lasciando perdere i sorrisi e le moine. << Se allestissimo una nave nei prossimi giorni, in quanto tempo sarebbe possibile raggiungere Tamaran? >> Chiese con aria titubante. Uktar fu sconcertato dalla sua richiesta.
<< E'… Una richiesta particolare… Non ci vorrebbe molto, ma visitare Tamaran… E' qualcosa che è stato proibito per molto tempo. >> Rispose balbettando l'uomo. << Andrebbe contro al volere di sua madre… >>
<< Mia zia… >> Disse Nirihs'Oūm con tono improvvisamente minaccioso, ma trattenendosi all'ultimo istante. << Non è più tra noi. E se devo ereditare il trono, sarà meglio che io sappia tutto quello che c'è da sapere sulla gente su cui dovrò regnare. >> La ragazza cambiò espressione di colpo e tornò ad esprimersi come se non fosse successo nulla. << Lei era il primo consigliere di Komand'r, vero Uktar? >>
Rosso dal nervosismo e pieno di sudore, Uktar rispose affermativamente, balbettando qualcosa di insensato.
<< E allora si limiti a dare consigli, che alle decisioni ci penso io! >> Con un sorriso tronfio, Nirihs'Oūm gli sbatté sulle mani l'atlante che aveva consultato e cominciò a camminare per uscire dalla stanza. Poi si fermò e girò la testa un'ultima volta verso di lui. << Mi aspetto di trovare una navetta pronta per raggiungere Tamaran domani mattina presto. Ah, avrò bisogno di poter consultare liberamente gli archivi proibiti; chissà che non ci sia qualcosa di importante da leggere lì. >> Quindi, compiaciuta della propria fermezza, uscì definitivamente dalla biblioteca, lasciando Uktar ad occuparsi dei suoi ordini.

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Capitolo 4
*** La terra dei miei antenati ***


La navetta si avvicinò al suolo e cominciò a sollevare la polvere sulla pista di atterraggio, che era rimasta inutilizzata per anni. Non arrivavano più merci dagli altri pianeti, non arrivavano delegazioni… Tamaran era stato trasformato in un cimitero, una fossa dove venivano lasciati morire i reietti. C'era da dire che non fosse poi così male, almeno non dovevano vivere con la costante presenza di una regina non voluta, ma i suoi uomini erano sempre pronti ad abusare della loro autorità per divertirsi un po' con il popolo inerme.
Galfore guardò con rancore la navetta decorata con oro di Tamaran mentre spegneva i motori; improvvisamente l'elmo regale che portava in testa divenne più pesante, insopportabile da indossare. Komand'r glielo aveva lasciato per schernirlo; era pur sempre il re di Tamaran, ma un re privo di alcun potere era solo un fantoccio. Komand'r non aveva toccato il suo regno, quasi disgustata da tutto ciò che un tempo era stato parte della sua vita: aveva gettato Tamaran e la sua gente nell'oblio e se ne era lavata le mani. Non visitava il suo pianeta natale da quasi vent'anni, mai un messaggio, e adesso questa visita improvvisa senza alcuna motivazione chiara. Ad essere sincero, era una gran seccatura dover sottostare ai suoi ordini; avrebbe voluto schiacciare quell'ingrata che aveva cresciuto dopo la morte dei suoi genitori, ma sapeva che sarebbe stato disintegrato pochi secondi dopo il suo primo attacco.
Il portellone della navetta si aprì e ne uscirono due guardie in armature bianche. Non erano pesantemente armati, apparentemente, ma gli alti vessilli che sbandieravano in cima a delle picche presentavano delle gemme rosse che Galfore conosceva troppo bene; quelle erano le gemme di Charta con cui Komand'r aveva riconquistato Tamaran. Anche il più gracile dei guerrieri diventava una macchina da guerra inarrestabile, con una di quelle pietre.
Le due guardie si fermarono ai lati della scala e rimasero in attesa. Solo due guardie del corpo; l'imperatrice doveva sentirsi molto sicura di sé, oppure aveva capito che ormai i Tamaraniani non erano più una minaccia. Però quell'arrivo non era da lei, così sobrio e privo di pomposità; non c'era la sua classica ostentazione, non c'erano le parate che lui e i suoi ambasciatori avevano dovuto sopportare l'ultima volta che Komand'r aveva visitato il pianeta.
Ed ecco finalmente l'imperatrice fare la sua comparsa in cima alle scale della sua navetta personale. La sua sola vista riempì Galfore di odio, ma nonostante ciò fu sorpreso di vederla: Komand'r non indossava i suoi soliti abiti sfarzosi, tempestati da pietre preziose e con un mantello della stoffa più pregiata; non portava la corona che si era fatta forgiare su Tamaran stesso, a sprezzo del proprio popolo; non aveva nemmeno quel portamento sprezzante che l'aveva sempre caratterizzata. Non aveva nulla dell'imperatrice che aveva terrorizzato la galassia e ora che la guardava meglio, era anche molto diversa da lei.
Quella donna era più piccola e sembrava essere molto più giovane dell'imperatrice, e i suoi capelli corti e mossi avevano uno stile molto diverso da quello preferito da Komand'r. Ma soprattutto, i suoi occhi di smeraldo erano molto diversi: quelli dell'imperatrice Tamaraniana erano duri e pieni di odio; la ragazza che ormai era di fronte a Galfore, invece, mostrava uno sguardo dolce e timido.
<< Salute a te, nobile condottiero. Sei tu la guida di questo pianeta? >> Disse in perfetto Tamaraniano, mimando un piccolo inchino. Galfore rimase allibito da quel saluto, così lontano dai costumi aggressivi del suo popolo. Chiunque fosse quella ragazza, non conosceva nulla degli usi di Tamaran, ma sembrava far parte del suo popolo tanto quanto lui.
In fondo, quegli occhi, il colore della sua pelle, il suo accento perfetto… Quei dettagli non mentivano sulle sue origini: anche se diversa da lui, quella ragazzina doveva essere una Tamaraniana.
Galfore si fece un po' più docile, capendo di non dover avere a che fare con Komand'r in persona. Preferì non salutare nel modo abituale della sua gente per non spaventare la sua ospite, e assunse una posa di sottomissione nonostante il suo inchino lo facesse sembrare comunque molto più grosso della giovane. << Salute a te. Io sono Galfore, il re di questo umile pianeta, ma… Tu sembri conoscermi già, mentre io non conosco te. >>
<< Non ci conosciamo, Galfore, però ho letto tutto quello che sono riuscita a trovare sul tuo conto negli archivi dell'impero. So che sei stato il tutore di mia madre, dopo la morte dei suoi genitori. >>
Ah! La figlia di Komand'r. Non pensavo che avrebbe mai avuto dei discendenti. Ecco il perché del suo aspetto così inusuale, nonostante sia una Tamaraniana.
<< Sì. >> Annuì approfondendo il suo inchino. Il suo risentimento nei confronti di quella ragazza crebbe di nuovo, ma non riuscì a odiarla quanto la madre solo per il fatto che non sembrava aver preso nulla da lei. Infatti, somigliava molto di più alla sua prediletta Koriand'r. << Sua madre Komand'r è sempre stata dal carattere difficile, ma ho cercato di eseguire il mio compito al meglio. Mi addolora il fatto che sia mancata a questa visita. >>
Ma la ragazza allungò le braccia in avanti e scosse la testa con fare frenetico. << Oh, no, no! Io non sono la figlia di Komand'r! Lei mi ha adottata e cresciuta per tutti questi anni, ma mia madre era la principessa Koriand'r. >>
Nella testa di Galfore scattò qualcosa, come se avesse ricevuto una mazzata in combattimento. Alzò lo sguardo con stupore e studiò più attentamente quel volto imbarazzato: quegli occhi! Come poteva non averli riconosciuti! Era come rivedere la sua cara Kori in una foto.
<< La figlia di Koriand'r…? >> Mormorò incredulo. Lei annuì, quasi commossa. Galfore si rialzò ed ebbe l'impulso di stringere forte la ragazzina, che si lasciò sollevare e strapazzare da quelle possenti braccia. << Per X'hal, sei davvero sua figlia! E' incredibile! E' meraviglioso! E'… Bisogna festeggiare! >>
Lei rise mentre Galfore la faceva roteare forte, e per un momento la ragazzina sentì una forte nostalgia per quell'abbraccio.
Quel momento fu però interrotto dalle due guardie che avevano accompagnato la ragazza, che alzarono le loro picche e ordinarono a Galfore di lasciar andare la principessa. Lui si scusò umilmente e fece tornare a terra la ragazzina, che però non sembrò infastidita dal suo scatto emotivo. Poi Galfore le chiese quale fosse il suo nome.
<< Mi chiamo Nirihs'Oūm. >>
<< Un bellissimo nome, come mi sarei aspettato da Koriand'r. >> Rispose lui sorridendo. Aveva tante cose da chiederle, ma se avesse cominciato a fare domande non si sarebbero più mossi da lì quindi le disse di seguirlo a palazzo, dove avrebbero avuto tutto il tempo per parlare.
Mentre camminavano verso la carrozza che li avrebbe portati al palazzo reale, scortati dalle guardie di Galfore e controllati da quelle che erano venute con Nirihs'Oūm, la ragazza non poté trattenersi dal fare una domanda:<< Tu hai conosciuto i Titans, vero? >> Così come Galfore, anche lei aveva un milione di domande e una curiosità insaziabile; non era sicura di chi dei due avrebbe finito per rispondere all'altro.
Quando sentì quella domanda, sul volto solcato dalle rughe del vecchio condottiero si formò un sorriso nostalgico. << Ah, gli amici della mia piccola Kori… Dei bravi ragazzi… >> Mormorò. << Sono passati tantissimi anni dall'ultima volta che li ho visti… Non sapevo nemmeno che Koriand'r avesse avuto una figlia. >>
Nirihs'Oūm annuì un po' imbarazzata e si spostò un ciuffo di capelli dalla fronte. << Con Robin… Ehm… >> Non seppe bene come spiegarsi, ma poi riprese fiato e disse:<< E' con Robin che ha avuto… Me. >>
A quella notizia il sorriso di Galfore sembrò farsi ancora più ampio. << Veramente? Allora quel ragazzo è riuscito a farsi avanti, alla fine! Si vedeva lontano un plinthorg che ci teneva a lei… Ma… Come mai non ho più ricevuto notizie da loro? >>
A quella domanda, lo sguardo di Nirihs'Oūm si fece cupo. La ragazza esitò a rispondere alla domanda e questo non fece che aumentare l'apprensione del vecchio re, che si fermò e si voltò completamente verso di lei.
<< Ci sono molte cose che devo raccontarti. >> Confessò alla fine, costretta a dire qualcosa di fronte agli occhi preoccupati di Galfore. Nirihs'Oūm lottò con tutte le sue forze per mantenere la calma, ma temette di lasciarsi sfuggire un singhiozzo che avrebbe liberato poi le sue lacrime; normalmente non piangeva ripensando ai suoi genitori, ma l'espressione di genuina apprensione che aveva causato in Galfore aveva distrutto ogni sua difesa emotiva. Alla fine distolse lo sguardo e disse con tono leggermente più duro:<< Questo non è il luogo adatto a parlarne. Vorrei raccontarti tutto, ma in un posto dove nessun altro potrà ascoltarci. >>
Allibito, Galfore seguì con lo sguardo la ragazzina e balbettò un "sì" quasi impercettibile prima di riprendere a camminare. Dalle parole che utilizzava, alla dolcezza del suo sguardo innocente Nirihs'Oūm ricordava molto sua madre Koriand'r, uno degli esseri più gentili che la galassia avesse mai conosciuto; ma allora perché sembrava esserci costantemente qualcosa che la faceva somigliare all'altra sorella, Komand'r? Non poteva esserci niente che potesse aver preso da lei, eppure Galfore aveva una strana sensazione, come se dentro quella ragazzina vivesse una parte dell'imperatrice spaziale. Non era niente di visibile, ma si poteva sentire per brevi, intensissimi momenti, l'essenza di quella donna così diversa dalla sorella.
E Galfore non sapeva che pensare di quella cosa.
 
*
 
Il carro che portò Nirihs'Oūm e Galfore al palazzo reale era un modello molto vecchio; la ragazza non credeva di averne mai visto uno simile nell'impero, e aveva ancora perfettamente impressa nella memoria la navetta personale di Komand'r, con cui l'imperatrice si spostava per la città ogni qualvolta che lo volesse. Ovviamente per l'imperatrice c'era sempre il meglio a disposizione, i modelli più nuovi e performanti, personalizzati secondo i difficili gusti di Komand'r; quello invece non aveva neanche un motore a propulsione, anzi sembrava quasi un miracolo che non dovesse essere trainato da animali: si muoveva su terra in modo autonomo, ma il motore emetteva spesso degli sbuffi poco rassicuranti, e dai graffi presenti sulle ruote e sulle portiere si poteva dedurre che fosse stato utilizzato per molto tempo. Ma Nirihs'Oūm non fu colpita particolarmente dallo stato in cui sembrava versare il regnante di quel pianeta, ma la sua gente.
Guardando fuori dal carro, le strade erano piene di persone dall'aspetto triste e stanco; i loro occhi spenti seguivano con rassegnazione il carro reale, chiedendosi forse dove fosse diretto. Alcuni più curiosi si sporgevano per guardare al suo interno, ma solo per ritirarsi timorosi una volta che i loro sguardi avevano incrociato quello di Nirihs'Oūm, principessa a loro sconosciuta e che forse avevano scambiato per Komand'r.
Era un popolo sconfitto, debole, molto lontano da quell'immagine fiera che Nirihs'Oūm si era fatta nella propria mente; anche questo era dovuto alle azioni di Komand'r, non aveva dubbi di ciò.
Non chiese nulla al riguardo a Galfore, sapendo che molto probabilmente avrebbe finito per ripetersi quando gli avrebbe chiesto di raccontarle cosa era successo a Tamaran dopo l'arrivo di Komand'r.
La città, quando vi si inoltrarono più in profondità, divenne un intricato disegno di strade leggermente affollate, piena di torri e palazzi dall'aspetto tecnologico, ma ormai decrepiti. Sempre più persone passavano parallele al carro, ma più nessuna si fermava, e quando Nirihs'Oūm avvistò il palazzo reale non rimase più nessuno nei dintorni e quello che poté vedere fu un enorme spiazzo vuoto ad accogliere i visitatori, con una cancellata metallica a contornare una grande costruzione di un materiale nero e lucido le cui finestre scintillavano alla luce del sole calante. Nonostante l'imponenza dell'edificio, nemmeno questo era stato risparmiato dal tempo e dall'incuria; era come se l'intero pianeta fosse stato lasciato a marcire e nessuno potesse farci niente.
Gli interni del palazzo reale erano molto diversi da quelli a cui era abituata Nirihs'Oūm: qui era messo in mostra un tipo diverso di ricchezza, una ricchezza di spirito; nelle sale di ricevimento non c'erano ritratti minacciosi del monarca come nel palazzo di Kurand'r ma immagini che raccontavano la storia di Tamaran e del suo popolo, delle loro grandi vittorie e dei nemici che avevano affrontato, mentre nei corridoi non veniva ostentata la potenza del pianeta ma la sua cultura, mettendo in mostra immense librerie che presentavano i testi più antichi e ricercati del pianeta. Strano, pensò Nirihs'Oūm, per un popolo guerriero; la risposta che si diede mentre attraversava quei corridoi impaziente di sfogliare quei volumi, fu che dopo la conquista da parte di Komand'r e l'inizio della decadenza del pianeta i Tamaraniani dovevano essersi resi conto che le battaglie non fossero tutto nella vita.
Alla fine Galfore portò Nirihs'Oūm in una sala con un tavolino di vetro; si riuscivano a vedere le sue gambe dall'alto, andavano a unirsi al centro del tavolo per formare un corpo robusto su cui poggiare, ma ognuna andava per la sua strada a mano a mano che si avvicinavano al terreno.  Davanti al tavolino c'era una grande finestra panoramica che si affacciava su una distesa rocciosa, una vista quasi deprimente; Tamaran era così, un pianeta arido dalle condizioni difficili i cui abitanti avevano dovuto diventare imparare a superare per potervi sopravvivere.
Il re di Tamaran la pregò di sedersi e la ragazza prese posto a una delle sedie vicino al tavolino, guardando con malinconia quel paesaggio che si stagliava davanti ai suoi occhi, ma poi fu attirata dal suono dei passi di Galfore, che era andato a parlare con un servitore vicino alla porta, e voltandosi avvistò un grande dipinto appeso alla parete opposta della finestra. Soggetto della tela era la famiglia reale – o almeno Nirihs'Oūm immaginò che fosse così – formata da quattro persone: il capofamiglia, un uomo dall'aspetto fiero, con due baffi rossi sotto il naso e l'elmo reale di Tamaran sulla testa, lo stesso che indossava Galfore, la sua consorte, un donna dallo sguardo gentile che portava i lunghi capelli neri raccolti in una coda alta e soffice, e le due figlie che sorridevano innocentemente mentre i loro volti venivano impressi per l'eternità su quella tela, ignare del destino che le avrebbe portate a scontrarsi.
Per poco non le venne un colpo quando vide il volto della ragazzina sulla sinistra, la principessa Koriand'r, ancora dodicenne e più splendente di come Nirihs'Oūm potesse mai ricordarla. Si alzò di scatto e corse verso il dipinto, attirando l'attenzione e la curiosità di Galfore e del servo a cui stava parlando, e fermatasi davanti al ritratto di sua madre da giovane fu colta dall'impulso di alzare una mano e sfiorare il suo viso. Sentiva che sarebbe riuscita a sentirne il calore come un tempo, anche se si trattava solo di pittura su di una tela molto vecchia; forse se vi avesse avvicinato il viso, sarebbe riuscita a sentire il suo odore; chiudendo gli occhi avrebbe creduto di sentire la sua voce melodiosa che la rassicurava, e aprendo il suo cuore sarebbe riuscita a far entrare un po' dell'amore che le era stato negato per anni…
Nirihs'Oūm aprì gli occhi di scatto e si trovò davanti il volto confuso di Galfore. Si rese conto di essersi lasciata andare e di aver quasi completamente abbracciato il ritratto; se ne allontanò in fretta, chiedendo scusa per il suo comportamento strano, ma Galfore non sembrò per nulla infastidito. Sul suo viso temprato dagli anni si formò un sorriso nostalgico che durò anche dopo che questo ebbe distolto lo sguardo per dare le ultime indicazioni al servo. Alla fine, Galfore tornò da Nirihs'Oūm e la prese per le spalle dicendole:<< Andiamo a sederci, cara. >>
Lei lo seguì senza dire nulla, imbarazzata. Quando si fu nuovamente seduta, rimase ferma ma si posizionò in modo da avere sempre sott'occhio quel quadro di sua madre con la sua famiglia.
<< Ti va dello sprat'z? >> Chiese Galfore con un sorriso accogliente, mentre nella stanza rientrava il servo con cui aveva parlato poco prima portando un vassoio con delle tazze di porcellana con sopra disegnato in piccoli filamenti dorati lo stemma del regno di Tamaran. Al centro del vassoio c'era un grande recipiente con un beccuccio acuto da cui usciva un filo di vapore. << So che non è il massimo per un'ospite così importante, ma… >>
<< Va benissimo. >> Disse lei sorridendo. << Non vedo l'ora di assaggiarlo. >>
Lo sprat'z era un liquido denso e giallo che a Nirihs'Oūm ricordò molto una bevanda molto comune sulla Terra, ma dal sapore molto più dolce. Quando lo bevve, il suo calore riempì il corpo della ragazza facendola rilassare all'istante.
<< Avevo paura di aver dimenticato il suo volto. >>
Galfore alzò lo sguardo curioso trovando davanti a sé il viso distratto e completamente rapito della giovane principessa, che era tornata a guardare verso il ritratto in fondo alla sala, e le chiese:<< Di chi? >>
Lei si girò nuovamente in modo meno brusco di prima e alzò la sua tazza per prendere un altro sorso di sprat'z. << Di mia madre. >>
Bastarono poche parole per far capire a Galfore che quella che Nirihs'Oūm era andata a raccontargli non sarebbe stata una storia felice. L'omone non volle cambiare argomento, ma cercò di renderlo meno doloroso da affrontare. << Anche io a volte ho questo timore. >> Disse posando la propria tazza di sprat'z sul vassoio lucido rimasto sul tavolino. << Ma per fortuna ho ritratti come quello che mi ricordano ogni giorno il suo aspetto, e assieme a questo mi tornano alla mente il suo coraggio, la sua forza, la sua dolcezza… Ma se hai reagito a quel modo, immagino che lei non sia più tra noi. >>
Nirihs'Oūm sentì una fitta trafiggerle il petto mentre Galfore pronunciava quelle parole. Non lo aveva mai sentito dire da qualcun altro, nessuno le aveva mai ricordato che quella cosa – la morte dei suoi genitori – fosse in realtà permanente, nonostante lo sapesse già.
Respirò profondamente per riacquistare il controllo di sé e posò la tazza sul tavolino, mancando il vassoio di argento senza curarsene troppo. << Galfore, da quanto tempo non hai notizie di mia madre? >>
Il tamaraniano guardò la propria tazza di sprat'z aggrottando la fronte e rimase in silenzio per qualche secondo. << Almeno una ventina di anni… Dopo che lei e i suoi amici cacciarono Komand'r non c'era più motivo per lei di restare. Certo, speravo che venisse a salutare di tanto in tanto, ma un viaggio interstellare non è facile da sopportare, e sono comunque felice che nel frattempo si sia fatta una famiglia… >>
Nirihs'Oūm distolse lo sguardo. Almeno venti anni; lei ne aveva diciassette, e sembrava già un'eternità. Per venti anni quell'uomo non aveva fatto altro che sperare che la sua protetta fosse felice; per la metà di quel tempo aveva sperato in un suo ritorno per aiutarli a liberarsi dalla tirannia di Komand'r, ma accettando il fatto che forse non sarebbe tornata mai più. Galfore amava senz'altro Koriand'r nonostante non fosse sua figlia; ma il legame di un K'Norfka era molto più profondo di quanto potesse sembrare, e una persona che non era cresciuta con la cultura Tamaraniana probabilmente non lo avrebbe compreso appieno.
Nirihs'Oūm sospirò. << Io non so come farò a dirtelo… >> Mormorò, ma in verità tutto quello le fu estremamente facile: dovette continuare a parlare, senza mai fermarsi. In quel modo riuscì ad evitare di interrompersi e scoppiare a piangere. << Mia madre è morta dieci anni fa per mano di sua sorella. Komand'r è venuta sulla Terra per rapire me e far soffrire mia madre, distruggendo tutto ciò che rappresentava la sua felicità. Il mio pianeta è stato distrutto e tutti i suoi abitanti sono morti senza avere alcuna colpa; da allora ho vissuto alla corte di Komand'r come sua figlia, ma ogni giorno della mia vita ho desiderato poter vedere quella donna pagare per ciò che aveva fatto… E ora mi ritrovo orfana per la seconda volta. >>
Galfore non disse niente. Sbatté le palpebre un paio di volte prima di abbandonarsi allo schienale della sua sedia, che scricchiolò quando dovette sorreggere il suo peso. L'espressione che aveva sul volto non era tanto lontana da quella che si era aspettata Nirihs'Oūm, ma in questa c'era più dolore che incredulità; il racconto della ragazza era stato molto breve, ma aveva scaricato su di lui una quantità di notizie mastodontica che avrebbe lasciato disorientato chiunque.
<< Non dirò che non mi sarei aspettato qualcosa del genere da Komand'r… >> Iniziò guardando in basso, parlando molto debolmente. << Ma avrei sperato che abbandonasse questa faida che la divideva da sua sorella. Koriand'r… Lei ha fatto di tutto in cuor suo per tenere la famiglia unita, anche dopo il tradimento di Komand'r e gli innumerevoli torti subiti dopo la morte dei loro genitori. Ma alla fine il suo amore incondizionato non è bastato a cambiare quella donna. >>
Nirihs'Oūm poté sentire il dolore nelle parole del vecchio re, che non avrebbe mai pensato di vivere più a lungo delle due ragazze che aveva cresciuto e amato come delle figlie. Provò un enorme dispiacere per lui, pensando a come non avesse nemmeno avuto l'opportunità di vederle un'ultima volta.
<< Mi dispiace che tu abbia dovuto passare tutto questo per causa sua. >> Disse poi alzando lo sguardo verso Nirihs'Oūm. Il suo cipiglio aggrottato si rilassò un poco, ma rimase mesto. << Deve essere stato difficile assistere a tutta quella distruzione… >>
La ragazza fissò il vuoto ignorando lo sguardo di Galfore e disse con voce gelida:<< Preferisco non pensarci. >>
Galfore si intristì di nuovo e sospirò. Rimasero in silenzio per alcuni secondi, Nirihs'Oūm incapace di uscire da quella condizione in cui era entrata e Galfore, addolorato dai ricordi di un tempo lontano che ormai non esisteva più. Poi però il re Tamaraniano si costrinse a dire qualcosa per non far intristire ancora di più la sua ospite, e le chiese:<< Dunque, per tutti questi anni hai vissuto con tua zia… Ma lei non ti ha mai parlato di noi? >>
Nirihs'Oūm tornò finalmente in sé e scosse la testa. << Da quello che ho scoperto, ha cercato in ogni modo di nascondere l'esistenza di Tamaran e del suo popolo, quasi come se non fossero mai esistiti. >>
<< E' quello che mi disse l'ultima volta che ci siamo incontrati. >> Mormorò lui annuendo pensieroso. Poi alzò lo sguardo e con fare distratto citò:<< "Non so che farmene di questa inutile roccia. Non vi farò nulla, ma Tamaran perderà ogni suo diritto e il suo nome sarà solo un ricordo." E' anche per questo che detengo ancora la carica di Gran Sovrano, nonostante lei mi abbia umiliato a duello. >> Si toccò la fronte, dove giaceva il simbolo del re.
<< Ma non ne aveva alcun diritto! >> Sbottò indignata la ragazza, che non riusciva a credere a quanto fosse remissivo quell'uomo.
Ma Galfore non sembrò della sua stessa opinione. << La legge dice che il più forte di noi ha il diritto di detenere il potere. Komand'r mi ha battuto a duello e mi ha tolto ogni tipo di potere effettivo, pur lasciandomi il governo di Tamaran. In più, il suo disprezzo per la propria terra ha giustificato pienamente le sue scelte; nessuno vuole essere associato a un popolo di troq. >>
<< Ma così facendo ha privato voi di un vostro diritto! Ha tolto a me il diritto di poter avere una famiglia, qualcuno che avrebbe potuto farmi sentire meno sola! Il fatto che una persona sia legittimata a compiere un'azione sbagliata non la rende automaticamente giusta! >> Questa volta Nirihs'Oūm si alzò dalla sua sedia e per poco non colpì il tavolino che aveva davanti, mandandolo in frantumi.
Galfore la guardò intimidito e rimase in silenzio mentre la ragazza riprendeva posto sulla sedia e chiedeva scusa per aver alzato la voce. Alla fine Nirihs'Oūm sospirò e abbassò la testa con aria costernata, come se tutto quello fosse colpa sua e dovesse pagare in qualche modo.
<< Hai detto che anche lei è morta? >> Chiese a un certo punto, cambiando argomento per non far intristire ancora la sua giovane ospite. << Come è successo? >>
Nirihs'Oūm lo guardò quasi seccata. Sapeva che a un certo punto le avrebbe rivolto quella domanda, e lei avrebbe dovuto rispondere con scioltezza. << Si è ammalata. Improvvisamente. E' successo pochi giorni fa, nessuno di noi se lo aspettava. >>
<< Pensi che fosse felice? >>
Quella domanda lasciò Nirihs'Oūm completamente spiazzata. Non si aspettava che qualcuno potesse provare riguardo per un argomento come quello, proprio quando si parlava di Komand'r. La sua risposta fu secca:<< Non penso che potesse provare alcun sentimento. >>
Le labbra di Galfore mostrarono un debole sorriso ironico. << Non è stato facile vivere con lei, vero? >>
Lui lo sapeva, riusciva a sentire tutto il risentimento della ragazza nei confronti della sua matrigna e il dolore per il vuoto lasciato dalla sua famiglia. Come lei, anche lui aveva dovuto soffrire a causa di Komand'r, e allora perché non festeggiava alla notizia della sua morte? Perché continuava a mostrarsi così dispiaciuto e perché voleva informarsi della felicità dell'imperatrice? Era perché doveva mantenere una facciata in quanto figura pubblica e "suddito" dell'impero? Ma lui sapeva quanto Nirihs'Oūm odiasse Komand'r, non aveva bisogno di fingere davanti a lei…
<< La mia vita non è mai stata facile. >> Rispose alla fine Nirihs'Oūm, pensando che fosse più semplice cambiare argomento.
O quasi. Fu l'aggiunta che diede nella propria mente a quella affermazione. Quando tutto era più semplice, quando non esistevano alieni assassini e cospirazioni di corte; se solo avesse saputo, allora, a cosa sarebbe andata incontro…
Galfore non disse nulla. Le parole di Nirihs'Oūm sembrarono fargli del male; nonostante tutto lui era stato comprensivo e accogliente con lei, trattandola alla pari e ascoltando il suo racconto con molto interesse. Non sembrò voler continuare a farle altre domande, avvertì subito il suo turbamento e allora trangugiò il suo sprat'z e si alzò.
<< Avremo tanto tempo per parlare. Immagino che vorrai riposare, dopo un viaggio tanto lungo… Ho già fatto allestire una camera per te qui a palazzo e, se vuoi, sarò lieto di disporre un banchetto in tuo onore, questa sera. >>
Nirihs'Oūm guardò perplessa quell'omone che sembrava tanto contento di averla come ospite nella sua reggia. Eppure lei rappresentava ogni cosa che odiava e lo opprimeva; come poteva essere così accogliente con lei? Ma forse, oltre all'impero che rappresentava in quel momento, il vecchio Galfore doveva aver visto qualcosa della sua piccola Kori in lei, la parte migliore di lei, e quel qualcosa doveva avere avuto la meglio sul suo cuore.
<< Io… Sarei lieta di fermarmi qualche giorno qui con voi… Ma non vorrei essere di disturbo. >> Rispose timidamente.
<< Nessun disturbo. >> Disse prontamente Galfore. << Il nostro pianeta non riceveva visite così importanti da decenni, e sono sicuro che la voce del tuo arrivo si sia già sparsa in città… >> Aggiunse l'ultima parte del suo discorso con un tono più scherzoso.
Nirihs'Oūm sorrise imbarazzata. << Grazie mille… Ma se per te va bene, questa sera preferirei non presenziare a nessun banchetto. >>
<< Ma certo, come preferisci. >> E fece un leggero inchino. Dopo disse con fare distratto:<< Allora ti accompagno ai tuoi alloggi? >>
Nirihs'Oūm guardò un'ultima volta verso il quadro della famiglia reale e sembrò quasi chiedere al ritratto di sua madre che cosa sarebbe stato meglio fare, quindi finì di bere la propria tazza di sprat'z e si alzò per seguire Galfore.
 
*
 
Galfore era una persona squisita. Era davvero contento di ricevere una visita dopo tanto tempo e faceva di tutto per far sentire Nirihs'Oūm a proprio agio. Questo lo rendeva un po' troppo eccessivo alle volte, ma alla ragazza faceva piacere ricevere tutte quelle attenzioni – nonostante non ci fosse abituata – perché sentiva che ci fosse qualcuno che teneva genuinamente a lei.
E non solo lui. Il popolo di Tamaran, incuriosito dall'arrivo improvviso della sua navetta, era stato presto informato della visita della principessa Nirihs'Oūm – principessa di Tamaran o dell'impero? – e subito a palazzo si erano presentate decine e decine di persone desiderose di fare un regalo a quella giovane di cui non sapevano praticamente niente. Era il nome di sua madre Koriand'r che parlava per lei e la presentava come ciò che forse neanche era; l'idea di non riuscire a dimostrare ciò che tutta quella gente si aspettava era incredibilmente snervante, ma Nirihs'Oūm cercò di ignorarla il più possibile.
Il giorno seguente al suo arrivo su Tamaran, Galfore la portò a visitare i luoghi più caratteristici della città: non esistevano fabbriche come quelle di Kurand'r, dove il lavoro non si fermava mai; lì i lavori erano rallentati e la maggior parte della produzione veniva affidata a piccole imprese e artigiani; in fondo, il popolo di Tamaran era molto attaccato alle tradizioni, il tempo sembrava quasi essersi fermato lì. Nonostante fosse un pianeta vasto, la sua comunità era molto piccola e unita e per questo le difficoltà della vita a cui Komand'r li aveva costretti non sembravano pesare sul popolo più di tanto; ma ovviamente, la questione era più complessa di così, e bastava poco per guardare oltre quel velo di cordialità di quella gente, che viveva nella miseria da anni.
Non c'era molto di cui essere felici, ma le persone non sembravano mai perdere il sorriso per Nirihs'Oūm; lei stessa si chiese quale fosse il motivo di tanta gentilezza, se volessero mostrarsi felici perché lei era lì oppure se si trattasse della tipica cordialità di quel popolo. Ovunque si girasse, vedeva persone che volevano offrirle doni e stringerle la mano; tutti stremati dalla fatica, ma instancabilmente entusiasti di conoscerla. Di fronte a tanti ossequi, Nirihs'Oūm si chiese più e più volte se la paura per Komand'r non avesse piegato la volontà di quel popolo.
Durante tutta la mattinata Galfore mostrò la città a Nirihs'Oūm e la ragazza continuò a ricevere così tanti doni che si ritrovò costretta a consegnare ad alcuni servi chiamati appositamente da palazzo per permetterle di proseguire liberamente; i servi avrebbero portato tutti quegli oggetti nelle sue stanze, dove avrebbe potuto controllarli e ammirarli con calma. Al pomeriggio, dopo essere tornati a palazzo per il pranzo – in cui Nirihs'Oūm scoprì che l'etichetta di Tamaran era completamente diversa da quello a cui era abituata lei – Galfore portò la ragazza nuovamente in città, questa volta per assistere a uno spettacolo molto popolare dove una serie di guerrieri e guerriere del luogo si sfidavano in diverse prove di forza, agilità, velocità e lotta.
Dopo dello spettacolo, Nirihs'Oūm chiese di poter tornare al proprio alloggio per riposare un po', ma promise che avrebbe presenziato al banchetto in suo onore che si sarebbe tenuto quella sera. Non sapeva ancora come reagire di fronte a tante attenzioni; in tutta la sua vita, Nirihs'Oūm aveva sentito di essere qualcosa da ignorare, un peso che veniva sbandierato come tale e che la faceva sentire più inutile di quanto fosse in realtà. Ricordava ancora il trattamento da reietta che le veniva riservato agli incontri con i vari ambasciatori dell'impero, e mentre Komand'r si intratteneva con i suoi ospiti nello sfarzo più assoluto, lei veniva costretta ad assistere a tutto quello restando in disparte, esposta come un trofeo di guerra senza poter dire nulla.
Alla fine della giornata lei era esausta, scaricata di ogni energia da tutte quelle persone che l'avevano fermata per parlare con lei; non era colpa loro, era contenta di parlare e rispondere a tutte le domande possibili. Ma era come se ogni volta che veniva messa al centro dell'attenzione, le sue energie venissero succhiate via dal suo corpo. Ma quella sera avrebbe mostrato un grande sorriso e si sarebbe presentata al banchetto ignorando quella stanchezza; glielo doveva, a Galfore e a tutti i Tamaraniani che erano venuti per vederla.
Fu così che quando arrivò un servo a bussare alla sua porta, Nirihs'Oūm si diede una rinfrescata e uscì dalla propria stanza per andare a incontrare gli invitati. Quando arrivò, la gente era in piedi nella sala, riunita a gruppetti rumoreggianti e in attesa della sua comparsa: appena la videro, calò un silenzio innaturale nella sala dei banchetti, arredata con un lungo tavolo ovale e altri più piccoli circolari che vi gravitavano attorno, mentre alle pareti si alternavano mensole con le vettovaglie pronte per essere distribuite e dipinti e sculture che addobbavano la sala.
Se durante la giornata Nirihs'Oūm si era sentita al centro dell'attenzione e ne era stata pesantemente affetta, adesso tutta quella pressione sembrò moltiplicarsi per centinaia di volte. Nirihs'Oūm credette di aver fatto qualcosa di sbagliato: gli occhi di smeraldo degli invitati erano fermi su di lei, la studiavano curiosi e si chiedevano forse se avrebbe fatto qualcosa per presentarsi. Ma poi la ragazza capì cosa fosse a rendere così insistenti quegli sguardi: in quella sala, tutti gli invitati si somigliavano. Non c'era una persona che non avesse gli occhi verdi o i capelli rossi come un vero Tamaraniano, eccetto lei.
Lei prendeva il colore dei capelli da suo padre e anche la sua carnagione non era dorata come quella della madre, ma presentava un colore più spento e innaturale per una persona di quel pianeta. E non si trattava solo del suo aspetto: a prima vista i suoi abiti non sembravano avere niente di strano, ma il simbolo imperiale che ormai portava sui guanti quasi inconsapevolmente mostrava la sua appartenenza a quell'impero che molti lì odiavano. Tutto quello, dal suo aspetto, alla lingua raffinata che parlava, fino ai vestiti che indossava inconsapevolmente, la faceva apparire come la perfetta erede di Komand'r.
La ragazza esitò a scendere dalle scale che portavano al centro della sala; quegli sguardi fissi su di lei erano più forti di qualsiasi altro deterrente. Si ritrovò a stringersi le mani facendo incrociare le dita con fare ossessivo, in preda al panico; sentì quasi di essere in pericolo, come se fosse stata gettata in una fossa piena di belve feroci che di lì a poco si sarebbero avventate su di lei. Avanzò piano facendo girare lo sguardo da una parte all'altra e tenendo sotto controllo tutti i presenti in sala.
Ebbe quasi l'impulso di scappare dal banchetto, ma la voce possente di Galfore richiamò l'attenzione e in pochi istanti il grosso Tamaraniano si accostò al suo fianco.
<< Amici! Sono immensamente felice di presentarvi la principessa Nirihs'Oūm, figlia della principessa Koriand'r. >> Disse l'omone alzando le braccia e sorridendo a tutti i presenti. << A causa di una serie di tragici eventi, è stata presa in custodia e cresciuta fino a oggi da sua zia Komand'r. E' stata lei stessa a informarmi, ieri dopo del suo arrivo, della dipartita dell'imperatrice. Nirihs'Oūm, un volta libera dalla tutela e dal controllo di Komand'r, ha voluto venire su Tamaran per conoscerci e ricordare le origini del suo popolo. E' un'ospite del nostro pianeta, ma prima di tutto un'amica e l'ultima discendente della famiglia reale. >>
Gli invitati al banchetto rimasero in silenzio ancora a lungo, a Nirihs'Oūm sembrò che quegli istanti non passassero mai. Era sottoposta al loro giudizio, ognuno poteva studiarla come più preferiva perché lei non era altro che un esemplare da studiare in quel momento: la sua esistenza era un modo per appagare la curiosità di quelli che si chiedevano che aspetto potesse avere un ibrido tra una Tamaraniana e un altro essere alieno, ma anche per scoprire come un ambiente diverso potesse influire sulla crescita di una appartenente al loro popolo. Sempre che lei appartenesse veramente al loro popolo.
Nonostante l'incertezza iniziale, però, i presenti al banchetto iniziarono a battere i piedi con insistenza, mostrando quantomeno di aver riconosciuto la sua presenza. Ma la ragazza non capì cosa significasse quel crescendo di stivali che rimbombava nella sala; solo quando Galfore si piegò verso di lei per spiegarle che quello era un modo per acclamarla, Nirihs'Oūm riuscì a tranquillizzarsi.
<< Significa che ti riconoscono come una di noi! >> Disse emozionato il re, nascondendo un sorrisetto sotto ai baffi.
Rincuorata da quelle parole, ancora un po' troppo timida per alzare la voce sopra a quel concerto così rumoroso, Nirihs'Oūm alzò le mani in segno di pace e si fece avanti nella sala, avvicinandosi un po' di più alla folla. Il rumore degli stivali andò a calare gradualmente finché non si fu fermato del tutto; fu allora che la principessa parlò.
<< So di essere una completa estranea per voi, e solo il nome di mia madre mi permette di poter stare in vostra compagnia oggi. Ho vissuto per anni con mia zia senza sapere nulla di questo pianeta e della sua gente che mi ha mostrato tanta gentilezza in questi giorni; ma ora voglio conoscervi! >> Lasciandosi trasportare un poco dalle emozioni, Nirihs'Oūm alzò la voce e fece un altro passo verso la folla. << Voglio conoscere il mio popolo, le mie origini. Voglio sapere perché Komand'r è stata così dura con tutti voi e voglio conoscere il motivo per cui mia madre fosse sempre così felice ripensando alla sua terra. Insomma, so che è una richiesta irragionevole… Ma vorrei tanto diventare parte di voi, se me lo concederete. >>
Silenzio. Nirihs'Oūm non sapeva se le sue parole fossero riuscite a raggiungere i cuori dei Tamaraniani, non era nemmeno sicura che la sua pronuncia fosse stata esatta visto che per anni le era stato impedito di parlare le uniche lingue che avesse mai conosciuto. Gli occhi verdi dei Tamaraniani la fissavano ancora curiosi, ma questa volta più sorpresi; che fosse stata la sua eccessiva gentilezza nel parlare, o le sue motivazioni ad essere sembrate genuine, pian piano il battere di stivali riprese e questa volta fu assordante.
Mentre Nirihs'Oūm ascoltava ancora una volta quel frastuono che su quel pianeta significava grande approvazione, si commosse pensando a come tutta quella gente fosse pronta a crederle, a farla sentire parte di qualcosa. E sperava tanto di non deluderli.
 
*
 
Il resto del banchetto andò avanti senza troppi scossoni; l'unico momento in cui Nirihs'Oūm si sentì a disagio fu quando cominciò il desinare. Su Tamaran le buone maniere erano molto diverse da come le aveva sempre intese la ragazza, che si ritrovò a dover lottare per accaparrarsi un po' di cibo. Eppure, nonostante la stranezza della situazione, Nirihs'Oūm si divertì con quelle bizzarre usanze.
Apparentemente, un banchetto tamaraniano si svolgeva come una lotta continua: i commensali venivano messi di fronte alle diverse pietanze e a quel punto dovevano farsi valere per ottenere i cibi migliori; anche il modo in cui veniva consumato il cibo era davvero singolare, nel modo più disgustoso possibile. Nirihs'Oūm non riuscì a eguagliare la ferocia degli altri Tamaraniani durante il pasto, ma riuscì a distinguersi nella lotta per la conquista del cibo.
Alla fine del banchetto la ragazza si ritirò nelle sue stanze per riposare, stanca e sazia, felice di essere riuscita a fare una buona impressione sui suoi compagni Tamaraniani, ma consapevole di dover ancora mostrare molto a quella gente che sicuramente non sarebbe rimasta ad attendere per avere la prova di valere il loro apprezzamento. I Tamaraniani erano gente esausta, provata dalla vita dura a cui erano stati costretti, e se lei avrebbe provato semplicemente a infilarsi nelle loro vite avrebbero potuto respingerla.
In qualunque modo la guardasse, lei era sola in mezzo a tutta quella gente, o per lo meno si sentiva tale. Non aveva nessuno a cui veramente appoggiarsi, e sembrava che ogni volta che riuscisse a trovare qualcuno che potesse comprenderla, questo spariva dalla circolazione.
Perché si sentiva così sola? Restava in quelle lenzuola regali, circondata dai doni che il suo popolo le aveva fatto, eppure non riusciva a sentirsi ancora a casa. Loro la vedevano come una regina, e non come una loro pari; l'affetto di Galfore era sicuramente genuino, ma Nirihs'Oūm non si sentiva comunque parte di qualcosa, ancora. Le sembrava che, al contrario, tutte quelle cerimonie e quei doni non facessero che sottolineare la differenza tra lei e i Tamaraniani.
Aveva visto i loro sguardi perplessi quando avevano notato quanto somigliasse a sua zia Komand'r, aveva notato come facessero fatica a credere che lei fosse la figlia della buona Koriand'r e come ancora adesso che era loro ospite c'erano esitazione nel trattala con genuino rispetto, nonostante l'accoglienza che le era stata data. Cos'era lei per loro? Una regina, una monarca da servire a prescindere, o una amica da accogliere indipendentemente dalle sue origini?
Era nel suo aspetto, o nel fatto che fosse stata allevata dalla imperatrice che tutti odiavano? Ma, tecnicamente, lei si era opposta alla sua dottrina. Aveva protestato ogni giorno per anni fino a che non l'aveva convinta di essersi lasciata piegare, e ancora aveva continuato a lottare per mantenere vivo il ricordo dei genitori che aveva perso per mano sua.
Eppure, ora che era libera di ricordare i loro volti, ora che poteva finalmente andare dove voleva, sentiva le memorie sbiadirsi e il desiderio di avventura farsi sempre più flebile, perché la paura di essere accostata a Komand'r era molto più forte.
Ospite di un mondo che non la riconosceva, regina di un impero che avrebbe voluto vedere smantellato, e figlia della donna che odiava di più: questo era per tutti. Nirihs'Oūm non riusciva più a capire quanto di lei fosse rimasto, e anzi, giorno dopo giorno, ogni volta che si adagiava sul letto e fissava inespressiva il soffitto della sua camera, si faceva strada sempre di più il pensiero che, pian piano, stesse riuscendo a comprendere, almeno un poco, Komand'r. E questo le faceva temere di star diventando sempre più simile a lei.

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Capitolo 5
*** Viaggio interiore ***


Il soggiorno su Tamaran si stava rivelando più piacevole di quanto Nirihs'Oūm avrebbe immaginato. La compagnia di Galfore era davvero un toccasana per quando veniva colta dai dubbi che le facevano credere di non valere abbastanza per quel popolo; lo stesso Galfore, sembrava più felice grazie alla presenza della principessa, anche se lei non aveva modo di provare ciò.
Passavano le giornate a raccontarsi storie; Galfore le parlava di Koriand'r e Nirihs'Oūm raccontava della vita con Komand'r. Non ricordava molto della sua vita prima di essere portata via dalla Terra purtroppo, quindi non poté soddisfare la curiosità del vecchio re di conoscere qualcosa di più sulla quotidianità della sua protetta. In conclusione, fu lui a parlare di più di Koriand'r e dei suoi amici terrestri e Nirihs'Oūm fu lieta di ascoltare.
Galfore le raccontò alcune storie spassose sull'infanzia della madre, tra cui un episodio in cui Komand'r cercò di farla sposare con un alieno disgustoso e finì per vedere il proprio piano ritorcersi contro dopo essere arrivata allo scontro con Koriand'r. Quella fu l'ultima volta che Galfore vide le due sorelle insieme. Allora non avrebbe mai pensato che la sorella maggiore avrebbe ucciso la minore e rapito la sua bambina; sembrava incapace di pensare che Komand'r potesse fare qualcosa di così malvagio, eppure la sua vita era piena di esempi.
<< Non era così che immaginavo il nostro incontro… >> Le confidò Galfore un pomeriggio, mentre se ne stavano affacciati alla terrazza dove stavano chiacchierando.
Nirihs'Oūm avrebbe voluto dire lo stesso, ma non era così perché non riusciva a ricordare nulla di quando era una bambina; non sapeva se allora lei fosse al corrente dell'esistenza di Galfore, né se avrebbe mai immaginato di incontrarlo. Ma non importava adesso, perché finalmente lo aveva conosciuto e lui l'aveva accolta come una figlia nel suo regno, e finalmente per una volta la vita di Nirihs'Oūm sembrava portarle un po' di gioia.
Ma tutto quello non poteva durare. Vista la delicata situazione per l'eredità dell'impero, Nirihs'Oūm non poteva restare troppo a lungo su Tamaran; il notaio le aveva detto che avrebbe dovuto scegliere presto, ma lei non aveva alcuna intenzione di prendere il posto di Komand'r, eppure non poteva rendere pubblica la sua scelta prima di aver compiuto diciassette anni.
E nonostante il tempo passasse e il momento di lasciare il pianeta si avvicinasse, Nirihs'Oūm preferiva continuare a stare insieme a Galfore e conoscere meglio quel luogo. Non avrebbe lasciato alla fretta e all'ansia di rovinare il suo soggiorno su quel pianeta. Una delle cose che volle assolutamente fare fu allenarsi a combattere con Galfore, desiderosa di sapere come combatteva il re di Tamaran: fu uno scontro breve e nessuno dei due si spinse troppo in là, ma Nirihs'Oūm poté imparare molto dall'esperienza del suo avversario, che fu sorpreso dalla tecnica della giovane: lo stile di combattimento di Nirihs'Oūm somigliava molto a quello di Komand'r, già personalissimo di sé, ma con alcune influenze che non riuscì a riconoscere né nella lotta tradizionale tamaraniana, né nello stile di combattimento della principessa Koriand'r.
Galfore fu inoltre molto sorpreso dall'incapacità di volare della giovane Tamaraniana: la ragazza aveva pienamente il controllo dei suoi poteri, per lo meno riguardo alle abilità offensive, ma era molto più inesperta nel volo e non possedeva le capacità rigenerative della sua specie. Preoccupato da questa sua condizione, Galfore si offrì di insegnarle a volare, ma non ci fu il tempo per ottenere risultati soddisfacenti e Nirihs'Oūm non sembrò riuscire a mettere a frutto i suoi consigli.
Quando arrivò il momento di partire, Nirihs'Oūm si assicurò di promettere al suo nuovo amico che sarebbe tornata presto.
<< Le cose stanno cambiando, Galfore. Ora che Komand'r è finalmente morta, il suo regno di terrore giungerà gradualmente al termine. Forse, un giorno, sarete liberi, e io potrò restare qui per quanto vorrò… >> Disse senza preoccuparsi troppo di sembrare dispiaciuta, mentre parlava della zia.
Galfore però non sembrò sollevato da quelle parole; la freddezza con cui disse tutto quello lo fece preoccupare. Erano di fronte alla navetta personale della principessa e le guardie pressavano perché Nirihs'Oūm salisse a bordo, ma sia la ragazza che il vecchio re cercavano in ogni modo di ritardare la partenza, soprattutto ora che Galfore aveva sentito quelle cose.
Con aria combattuta, l'omone posò le sue grandi mani sulle spalle della principessa e le mandò un sorriso benevolo. << Sai, quello che ho detto su Komand'r era vero. >> Mormorò muovendo i suoi baffi con incertezza.
Nirihs'Oūm non capì. Alzò la testa e chiese con aria stordita:<< Cioè? >>
Lui sorrise un poco e continuò a parlare. << Lei è sempre stata una ragazza problematica, ma non è mai stata del tutto colpa sua. Quella bambina crebbe in un mondo ostile, prima cercando ossessivamente di compiacere i suoi genitori e poi caricandosi di tutte le responsabilità di un regno che non riusciva a farla sentire a casa, finché non arrivò a pensare di non avere bisogno di niente a parte sé stessa; non ha imparato ad amare perché non ne ha avuto l'opportunità, e ha pensato di poter abbassare tutti quanti al proprio livello facendogli del male. Quello che voglio dire, Nirihs'Oūm, è che non dovresti odiare ciò che è stata. Komand'r ha sicuramente fatto tante cose sbagliate nella sua vita, compreso quello che ha fatto a te quando eri una bambina… Ma, per una volta, vorrei che pensassi a lei non come una bestia priva di amore, ma come un animo ferito che non ha saputo trovare altro modo per riempire il suo cuore se non causando dolore agli altri. Non chiuderti nel tuo dolore come fece lei, e lascia andare l'odio poiché non è un sentimento che può portare alla vita. >>
Nirihs'Oūm non capì il motivo di quelle parole. Da quello che aveva capito, Komand'r aveva fatto un gran male anche a Galfore e per questo pensava che gli sarebbe stato facile odiarla come lei la odiava; pensava di potersi esprimere liberamente in quel posto, ma allora perché Galfore sembrava voler essere così rispettoso nei confronti di Komand'r? Era morta! Che importava se esprimesse il suo odio verso di lei o meno?
Alla fine il vecchio re di Tamaran sospirò notando l'espressione perplessa della principessa, e disse:<< Un giorno capirai meglio di cosa sto parlando; nel frattempo, non preoccupartene. Tu sarai sempre la benvenuta, qui da noi. >> E le passò una delle sue mani giganti sulla testa, scompigliandole i capelli con fare affettuoso.
Nirihs'Oūm si ricompose e sorrise imbarazzata a Galfore prima di venire attirata per l'ennesima volta dalla voce di una delle guardie che la attendevano davanti alla rampa che conduceva all'interno della sua navetta. Si voltò nuovamente verso Galfore e sorrise in modo più rilassato, lasciando andare un lungo sospiro.
<< Galfore. >> Disse. << Per ora ci salutiamo, ma non si tratta di un addio. >>
<< Ne sono certo. >> Rispose lui facendo un leggero inchino. Ma la ragazza voleva qualcos'altro; allargò le braccia con aria accogliente e attese che l'altro accettasse la sua richiesta: un abbraccio.
Galfore si tese in avanti per stringere la principessa; era così alto che dovette incurvare la schiena e quando si unirono assunsero le sembianze di qualcosa di gonfio e informe. Avrebbe dovuto essere un momento dolce, da riscaldare il cuore, ma quando Galfore toccò le braccia della ragazza e posò il mento sulla sua spalla, Nirihs'Oūm ebbe una visione.
Il cielo rossastro di Tamaran sparì e fu sostituito dagli interni bui e un po' tetri di una sala addobbata a festa; Galfore rimase nel suo campo visivo, ma era sofferente, urlava con una mano mozzata e il sangue che schizzava dalla ferita senza fermarsi.
Nirihs'Oūm lasciò andare l'abbraccio e rimase a fissare il vuoto, sconvolta. Non era rimasto niente di quel saluto, l'abbraccio non lo aveva neanche sentito… Tutta la felicità di quel momento era stata spazzata via dal monito che aveva ricevuto, la sua maledizione aveva voluto ricordarle ancora una volta quale fosse il suo destino: soffrire e assistere alla sofferenza di altri.
Non disse niente al vecchio re, che notò il suo sconcerto dopo del loro abbraccio e cercò di chiederle cosa fosse successo; ma Nirihs'Oūm si rifiutò di parlare. Lasciò il pianeta con il cuore più pesante, pensando a come avrebbe potuto reagire Galfore all'idea di essere destinato a perdere una mano in un modo tanto orribile.
Sarebbe stato un soggiorno totalmente piacevole se non avesse ricevuto quella notizia che un giorno – che fosse presto o tardi era difficile da determinare – il suo amico Galfore l'avrebbe lasciata violentemente, come era successo a tutti gli altri che aveva accolto nella propria vita. Era bizzarro come, ogni volta che le cose cominciavano ad andare bene per Nirihs'Oūm, qualcosa si intrometteva tra lei e la sua spensieratezza per ricordarle quanto doveva ancora soffrire; non erano solo le sue mani ad essere ricoperte di sangue: il sentiero su cui camminava ne era zuppo e chissà per quanta strada ancora. Al suo ritorno su Kurand'r volle chiudersi in sé stessa e ignorò del tutto le assillanti domande di Uktar, che le chiedeva come fosse andato il viaggio, lasciando che le sue guardie del corpo si occupassero di portare nelle sue stanze i regali che aveva ricevuto dai Tamaraniani.
Una volta tornata nella capitale dell'impero Nirihs'Oūm si ricordò di quanto fosse grigia la vita da dietro le finestre decorate del palazzo e quanto fosse stata felice in quei pochi giorni di visita su Tamaran. Fu questo a convincerla a lasciar perdere – almeno per il momento – la visione che l'aveva fatta rabbuiare tanto; invece di restare a compiangersi, decise di tornare a studiare, così come aveva fatto dopo la morte di Kovar. Soffocò i suoi sentimenti sotto ai pesanti libri degli archivi proibiti.
Infatti, finalmente Nirihs'Oūm  aveva ottenuto la possibilità di consultare tutti i libri che volesse senza incontrare divieti di alcun tipo; inoltre, durante il suo soggiorno a Tamaran, era riuscita a farsi prestare da Galfore un gran numero di testi dalla biblioteca di palazzo per conoscere meglio la biologia, la storia e la geografia tamaraniane. Lì non c'era nessuna "correzione" pro-Komand'r che potesse mettere in cattiva luce l'imperatrice, e decisamente non mancavano interi pezzi di storia come invece succedeva nei libri destinati al pubblico su Kurand'r.
Nirihs'Oūm si chiedeva come avesse potuto fare una follia del genere, sua zia: impedire una libera informazione e rimodellare la storia a proprio piacimento, assieme alla schiavizzazione dell'intero popolo tamaraniano. Eppure, ripensandoci, quelle non erano di certo le azioni più folli che aveva commesso la sua adorata matrigna.
Se fossi io l'imperatrice, farei in modo di divulgare l'informazione corretta e integrale… La gente merita di sapere la verità sull'impero. Pensava mentre sfogliava i grandi tomi pieni di polvere, sulla spaziosa scrivania che aveva scelto dopo aver preso alcuni libri dagli scaffali degli archivi. Si ritrovò subito a ridere dei suoi stessi pensieri, rendendosi conto della scemenza che aveva pensato: lei imperatrice? Non sarebbe successo mai. Lei non lo avrebbe mai permesso.
Nei suoi studi sulla biologia tamaraniana, Nirihs'Oūm scoprì come facevano le persone del suo popolo a manifestare i propri poteri: sembrava che i Tamaraniani fossero in grado di convertire le radiazioni solari in energia concentrata che veniva quindi rilasciata direttamente. Non ci aveva mai pensato, ma effettivamente da qualche parte avrebbero dovuto arrivare i suoi poteri; Komand'r non glielo aveva mai detto, ma la ragazza aveva notato di sentirsi più rinvigorita quando passava del tempo esponendo il proprio corpo alla luce solare. Ed essendo catalizzati dalle emozioni come la rabbia, Nirihs'Oūm poteva facilmente spiegarsi del perché fosse così potente – ma questa non era una notizia per lei, che aveva avuto modo di sperimentare quell'ipotesi molto tempo fa.
Questione diversa erano invece le capacità di volo che lei non era mai stata in grado di padroneggiare: dai libri che consultò, Nirihs'Oūm scoprì che a permettere ai Tamaraniani di volare erano i pensieri felici. Troppi pochi motivi per averne, perché la ragazza potesse effettivamente volare con sicurezza… Questa scoperta la distrusse dentro.
Ricordava vagamente la sensazione di libertà che la invadeva quando sua madre la portava in volo con sé, tra i cieli della loro città. Non riusciva a credere che Komand'r le avesse indirettamente portato via anche quello.
Ma se aveva perso qualcosa che sarebbe stato indubbiamente parte del suo essere, in quegli anni aveva ricevuto un dono misterioso che sicuramente non avrebbe compensato per ciò che le era stato tolto, ma forse poteva essere imbrigliato e sfruttato al meglio; si trattava della sua capacità di vedere nel futuro.
Tra tutti i libri che aveva consultato, nessuno parlava mai di una capacità simile dei Tamaraniani; a meno di utilizzare una tecnologia di cui il pianeta di sua madre non disponeva per provare a modificare geneticamente un soggetto come era successo al signor Kovar, non era possibile ottenere dei simili poteri. Ma Nirihs'Oūm non era una Tamaraniana comune: oltre ad essere la figlia di una delle guerriere più potenti del pianeta, lei era per metà terrestre. Se i terrestri avessero avuto delle capacità straordinarie, avrebbe potuto facilmente ereditare alcune di queste capacità; ma nonostante la sua famiglia fosse una molto particolare sulla Terra, suo padre era proprio uno dei pochi Titans terrestri a non avere alcun potere.
Quindi perché possedeva quel potere?
La preveggenza, chiaroveggenza o divinazione, era una pratica che consisteva nel leggere il futuro delle persone. I libri che consultò Nirihs'Oūm dicevano che poche specie aliene fossero capaci di padroneggiare una simile abilità, ed erano pochissimi quelli che non l'avevano ottenuta alla nascita, ma avevano imparato a padroneggiarla attraverso studi mirati e complessi.
E allora perché proprio lei aveva quelle visioni? Si trattava di una punizione? Era uno "strumento divino" con qualche oscuro fine da compiere? Ed era veramente possibile che potesse controllarlo, oppure sarebbe sempre stato indipendente dalla sua volontà?
In fondo Nirihs'Oūm non aveva mai studiato materie simili; Komand'r non si era mai interessata molto della sua crescita intellettuale e per questo le aveva riservato un corso di studi di livello standard, la norma su Kurand'r. Lei non aveva mai potuto decidere che cosa studiare ovviamente, e materie come quella erano sempre state attentamente evitate; eppure sembrava che Nirihs'Oūm avesse un dono naturale, non era necessario alcuno sforzo perché provasse quelle visioni. Certo, tutte le volte che accadeva si trattava di esperienze casuali, ma sembrava estremamente facile per la ragazza vedere il futuro della gente.
Sempre più frustrata dall'infruttuosità delle sue ricerche, Nirihs'Oūm decise di muoversi in un'altra direzione per trovare informazioni e incominciò a cercare nei volumi che aveva preso dagli archivi quali fossero i casi in cui un soggetto fosse in grado di sviluppare delle abilità speciali senza alcuna predisposizione apparente. Studiò anche più a fondo lo sviluppo nella pubertà tamaraniana, ma a parte alcune abilità già riscontrate dopo aver raggiunto la maturità l'anno passato come un aumento della forza fisica e della destrezza, assieme alla capacità di sparare raggi energetici dalle orbite oculari, Nirihs'Oūm non trovò alcuna informazione riguardante la chiaroveggenza, come aveva immaginato.
Fu dopo innumerevoli ricerche e diverse notti passate sopra ai libri, senza vedere nessuno e uscire mai dallo studio che si era fatta allestire negli archivi, che Nirihs'Oūm riuscì finalmente a trovare un indizio.
<< "In alcuni casi in cui un soggetto con particolari predisposizioni viene sottoposto a forte stress ed eventi traumatici, è possibile che come risposta entri in atto il suo istinto di sopravvivenza, facendogli sviluppare delle abilità speciali." >> Nirihs'Oūm rilesse tre volte il paragrafo che conteneva parte della soluzione a quell'enigma. Un'evoluzione per fronteggiare il pericolo; sembrava proprio il suo caso. Ma di quali "particolari predisposizioni" vantava lei, tanto da poter leggere il futuro delle persone che toccava? Aveva già avuto la conferma che nessun Tamaraniano fosse stato capace, in tempi recenti e remoti, di padroneggiare simili poteri; quindi non poteva trattarsi di un potere latente ereditato da sua madre, ma non credeva molto nemmeno all'ipotesi che fosse stato suo padre a donarle quella capacità. I terrestri erano molto meno sviluppati dei Tamaraniani, pochi di loro possedevano poteri speciali e spesso erano dovuti a mutazioni genetiche ed esperimenti. Per molto tempo, la stessa Nirihs'Oūm non aveva nemmeno pensato di possedere alcun tipo di poteri.
Se ne stava accasciata su un lato della scrivania, facendo girare un dito sul legno con aria delusa, pensando che forse si trattasse solo di un caso e non dovesse farsi troppe domande… In fondo aveva quel potere che neanche desiderava e non le era nemmeno molto utile, visto che non riusciva a controllarlo; avrebbe dovuto semplicemente accettarlo e trovare un modo per conviverci meglio.
Ma poi, in tutto quel suo rimuginare, la soluzione la colpì all'improvviso. Lei era particolarmente predisposta a quel genere di cose! Glielo aveva detto la sua K'Norfka, tanto tempo addietro. Era per questo motivo che aveva cominciato a seguire delle lezioni di meditazione assieme a lei; imparando a controllare meglio le proprie emozioni, Nirihs'Oūm avrebbe potuto imparare a utilizzare i poteri psichici di cui era tanto esperta la sua K'Norfka. Ma allora non era mai riuscita ad imbrigliare veramente quei poteri, e dopo l'arrivo di Komand'r non aveva più potuto allenarsi.
Le sue sessioni di meditazione erano diminuite fino a scomparire; la bambina non aveva avuto più il tempo per entrare in quella trance che le donava pace e le faceva recuperare le forze, perché ogni volta che ci provava la sua perfida matrigna si intrometteva interrompendo la sua meditazione e rovinando tutti gli sforzi per trovare la pace interiore.
Ma quella sua predisposizione a quel genere di pratiche era rimasta. Un potere latente, o una abilità appresa ma mai usata, sopita dentro di lei in attesa del momento giusto per mostrarsi al massimo. Ecco cosa aveva ricevuto dal suo passato: un potere che non era sicura di come sfruttare, che fino ad ora le aveva portato ben poca gioia, ma che sentiva di volere di più ora che sapeva fosse un dono della sua famiglia.
Restava il fatto di non sapere come utilizzarla. In tutti quegli anni non si era certo allenata per controllare le sue visioni, non avendo idea di come fare, ma adesso che sapeva fosse legata alla sua esperienza passata con il mondo magico, Nirihs'Oūm pensò di aver finalmente trovato un modo per saperne di più.
Così decise di lasciare lo studio in anticipo quel giorno e di ritirarsi nelle proprie stanze. Qui, lontana da tutti, poteva continuare indisturbata qualunque attività volesse; c'era ancora una piccola possibilità che qualcuno andasse a bussare alla sua porta, ma se fosse successo avrebbe potuto anche semplicemente ignorarlo. Così dopo aver preparato una postazione comoda e spaziosa al centro della stanza, Nirihs'Oūm si sedette a terra e rimase immobile a respirare profondamente.
Non ricordava nemmeno da dove iniziare. Era passato così tanto tempo che forse non era più in grado di fare quella cosa… Ma doveva provarci, se voleva riallacciare il legame con il suo passato e se voleva scoprire di più sul futuro. In quel modo, forse avrebbe potuto imparare a controllare le visioni, e magari volgere l'avvenire mostratole a suo favore. Forse, se si fosse impegnata a sufficienza, sarebbe riuscita a evitare che accadesse qualcosa di brutto a Galfore…
<< Concentrati! >> Si ordinò corrugando la fronte, come se si stesse rimproverando da sola. Non era solo per gli altri che lo faceva, anche se non ne era del tutto consapevole: riuscire a tornare sui propri passi e riaprire un canale meditativo come quando era una bambina sarebbe stato un grande successo per la ragazza, che avrebbe potuto dimostrare finalmente di essere cambiata – ma in meglio.
Nirihs'Oūm  chiuse gli occhi, l'oscurità la avvolse. Riusciva ancora a sentire perfettamente il pavimento sotto di sé, i cuscini tra questo e il suo fondoschiena ad ammortizzare, i vestiti che portava indosso, le fonti di luce e calore provenienti dalle finestre… Ma era tutto quanto un insieme di sensazioni che si mescolavano tra loro senza alcuna armonia, senza ordine. Per entrare in trance, doveva mettere ordine tra quelle cose; una volta sezionati e riconosciuti con chiarezza i vari stimoli avrebbe potuto andare avanti e sprofondare ancora di più nel vuoto, lasciando tutto ciò che era reale alle proprie spalle e diventando quindi un'entità unica e completa. Avrebbe perso controllo del proprio corpo e si sarebbe addentrata sempre di più in quel mondo che teneva nascosto dentro di sé, un mondo perfetto dove non esistevano né l'odio, né la tristezza.
Nirihs'Oūm continuò a respirare a fondo e si concentrò sulle prime sensazioni che avvertiva sulla pelle: il contatto con il tessuto ruvido dei suoi abiti, la sensazione di costrizione dei piedi negli stivali stretti, i guanti da battaglia che le strofinavano sui polsi. Li sentì aumentare di intensità, crebbero sempre di più fino a che la ragazza non si sentì avvolta da quella sensazione di tatto. Era come un prurito ingombrante che se avesse lasciato stare sarebbe passato inosservato, ma che ora non riusciva ad ignorare. Poi, con un altro respiro profondo, la sua anima fece come un tuffo e si lasciò alle spalle quelle sensazioni tattili, lasciando il proprio corpo ad autoconservarsi mentre la sua mente viaggiava libera.
Riusciva ancora ad avvertire i movimenti del mondo attorno a sé; dalla sua finestra si potevano vedere le decine di navette che attraversavano il cielo di Kurand'r e benché non fosse consentito avvicinarsi tanto al palazzo imperiale, Nirihs'Oūm poteva percepire perfettamente i loro passaggi, il rumore dei loro motori che scaldavano l'aria attorno a loro, persino le piccole vibrazioni nel pavimento causate dal passaggio di queste navette. I sensi che le erano rimasti erano come amplificati talmente tanto da permetterle di riuscire a vedere il mondo nonostante se ne stesse estraniando sempre di più.
Decise di chiudere ogni contatto con l'esterno e all'improvviso non sentì più nulla. Di fronte a sé aveva solo quell'eterno vuoto in cui la sua anima continuava a tuffarsi sempre più in profondità; dovette fare solo un altro salto per distaccarsi completamente dal proprio corpo e rimanere con la propria coscienza a vagare nel mare della mente.
Credette di essere arrivata, che non ci fosse più nulla oltre quell'immenso mare nero in cui nuotava con tanta pace. Ma Nirihs'Oūm sapeva che mancava ancora qualcosa; era una parte molto importante di quel viaggio e costituiva il centro di tutto, ma bastava così poco per raggiungerla, come allungare una mano e afferrarla.
Era un puntino, un minuscolo nucleo di energia, ma non appena Nirihs'Oūm lo ebbe afferrato questo cominciò a crescere e la avvolse. Si trasformò in un mondo sconfinato su cui atterrò con leggerezza, sentendo l'erba sotto ai piedi farle il solletico e donarle freschezza. Prese una gran boccata d'aria non appena poté farlo e sentì i suoi polmoni riempirsi come se fosse stata in apnea per molto tempo.
Si trovava in mezzo a un campo fiorito, circondato da colline dorate che si agitavano al vento come le alghe sommerse mosse dalle onde del mare in tempesta. Il cielo sopra la sua testa era di un rosa tenue e le nuvolette che lo costellavano sembravano quasi sorriderle. C'era qualcosa di così familiare in quel luogo, ma per qualche motivo Nirihs'Oūm non riusciva a sentire di appartenere a tutto quello; in fondo era mancata da lì per così tanto tempo che non era sicura di poter considerare più quel luogo come "casa".
Sapeva cos'era quel posto e non lo sapeva. Il paesaggio che si stagliava davanti a lei le era nuovo, ma era come se lo avesse sempre conosciuto; c'era la montagna che torreggiava sul lago, la cascata con il suo mare di goccioline che arrivavano fino a sopra la collina dove stava lei, spinte dalla brezza, e quella distesa immensa di fiori bianchi che sbucavano in mezzo all'erba. Si domandò cosa fosse tutto quello mentre si guardava intorno meravigliata, quasi come se non si aspettasse di trovare quel mondo ad attenderla. Quando poi il suo sguardo si posò sulla cima del monte che si stagliava dal lago, la sua mente si riempì di ricordi.
I suoi occhi colsero un bagliore in cima alla montagna, ma ebbe solo un attimo per guardare e non riuscì a distinguerlo bene, prima di provare un forte dolore alla testa e di accasciarsi al suolo. Confusa e dolorante, Nirihs'Oūm perse i sensi e si ritrovò ancora una volta nel buio.
Toc toc.
 
*
 
<< Principessa? Sono Uktar. >> L'ultima voce che Nirihs'Oūm avrebbe voluto sentire al suo risveglio da un pesante e sconclusionato sonno sarebbe stata quella del primo consigliere di Komand'r, ma non significava che non se lo aspettasse. Si era barricata nella sua stanza senza dire niente a nessuno; se non fosse stato qualche servo a preoccuparsi per lei, eventualmente quell'idiota sarebbe arrivato a ficcanasare.
Per un momento la ragazza contemplò l'idea di non andare a rispondere alla porta; era distesa su un fianco e i cuscini che aveva disposto per terra sembravano essere stati lanciati in ogni direzione, ad eccezione di uno che era andato a finire sotto la sua testa e di quello su cui si era seduta precedentemente, ora poco distante dal suo fianco. Sentiva la testa pesante e se si fosse controllata allo specchio avrebbe sicuramente visto un'immagine di sé per niente presentabile.
Quanto aveva dormito? Che cosa aveva sognato? Per qualche motivo non riusciva a ricordare che cosa stesse cercando di fare prima di addormentarsi, ma sentiva che fosse qualcosa di veramente importante.
Sentendo il bussare farsi sempre più insistente, Nirihs'Oūm si costrinse ad alzarsi da terra e andò ad aprire la porta, ma poi ci ripensò prima di afferrare la maniglia.
<< Solo un momento! >> Rispose ad alta voce voltandosi e cercando di aggiustarsi i vestiti spiegazzati e impolverati, mentre dandosi qualche colpetto al viso sperava di assumere un'espressione più sveglia. Non aveva alcuna intenzione di farsi vedere in quello stato da Uktar e non perché si vergognasse di far vedere la sua acconciatura devastata, ma perché non aveva alcuna intenzione di entrare in intimità con quel verme. Alla fine, per niente soddisfatta del risultato ma consapevole di aver riparato qualche danno, decise di aprire mentre a denti stretti malediva il consigliere.
Uktar era raggiante come sempre e portava un congegno elettronico piramidale dalle facce completamente lisce sotto braccio. Salutò molto cordialmente la principessa, che rispose con un borbottio seccato prima di autoinvitarsi all'interno della stanza.
<< Pensavo di aver detto chiaramente che non voglio essere disturbata quando riposo. >> Disse lei senza nascondere il proprio fastidio per quell'intrusione. Nirihs'Oūm sapeva bene di non aver mai detto esplicitamente niente di simile, ma Uktar non poteva certo essere al corrente di tutti gli ordini che erano stati dati alla servitù!
<< Mi dispiace enormemente, principessa! Ma abbiamo ricevuto una comunicazione importante da uno dei centri industriali più importanti del nostro impero, e ho dovuto immediatamente contattarla. >> Rispose con tono radioso Uktar, come se non gliene importasse niente di averla disturbata. Sembrò ignorare il disordine della stanza, ma Nirihs'Oūm sapeva che stesse esaminando attentamente il posto per cercare di capire che diamine fosse successo lì dentro.
La ragazza si mostrò perplessa. << E…? Non se ne dovrebbe occupare un ambasciatore o qualcosa del genere? Io che ne so dei vostri affari, sei tu quello che prende le decisioni dopo mia zia! >>
Lo sguardo del consigliere si fece scuro per un attimo e questo disse:<< Ma come? Pensavo che dovessi limitarmi a consigliare… >>
La ragazza si morse la lingua e decise di non ribattere a quella provocazione. La sua espressione fu sufficiente ad Uktar per capire di averla colta alla sprovvista, quindi lui continuò come se nulla fosse, ma con una nuova carica di superbia per aver vinto quella piccola disputa.
<< In ogni caso, non si tratta di qualcosa di cui potrei occuparmi io. Né nessun altro, per quel che importa… >> Alzando la mano e reggendo il congegno piramidale che aveva portato con sé, Uktar mostrò un ologramma che venne proiettato a mezz'aria; era l'immagine di una città industriale, piena di grandi palazzi e una strana cupola al centro. << I reggenti del pianeta hanno richiesto esclusivamente la sua presenza. >>
Nirihs'Oūm incrociò le braccia annoiata e lo guardò come per dire che non vedesse l'ora che tutta quella storia finisse. << E dove dovrei andare per questa… Improvvisa e improrogabile questione? >>
Uktar continuò a sorridere cordialmente e disse con estrema naturalezza:<< A Charta! >>

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Capitolo 6
*** Le fondamenta di questo impero ***


Charta, un pianeta lontano, nascosto per decenni agli occhi dei viaggiatori più impavidi. Da qui proveniva quel gioiello che per anni aveva dato potere illimitato all'imperatrice Komand'r.
Inizialmente si pensava che la gemma di Charta fosse un pezzo unico, qualcosa di insostituibile; dopo la formazione del suo impero però, Komand'r scoprì l'ubicazione del piccolo pianeta dove era stato forgiato il mitico monile. I suoi abitanti, ricchi scienziati che avevano portato a livelli avanzatissimi la loro tecnologia, dovevano al loro sofisticato sistema di occultamento planetario il fatto di essere riusciti a scampare così a lungo alle ricerche di predoni e monarchi megalomani; ma all'arrivo di Komand'r non furono in grado di opporre alcuna resistenza.
La Tamaraniana rase al suolo le loro città e uccise talmente tanti innocenti che fu sfiorato il genocidio, assieme alla perdita di secoli di evoluzione della società di Charta. Ma dopo aver imposto la sua forza, costrinse i rappresentanti del pianeta a rivelarle il segreto della pietra il cui potere aveva potuto assaggiare una volta sola. Scoprì così che esisteva un enorme giacimento nelle profondità di quel piccolo pianeta da cui venivano estratti i materiali con cui si poteva poi produrre la preziosa gemma di Charta. Questi materiali, dall'aspetto di cristalli cremisi, concedevano già allo stato grezzo dei poteri inimmaginabili per il debole popolo di Charta; ma dopo aver eseguito una profonda raffinazione, le pietre potevano fornire una riserva illimitata di energia.
Komand'r costrinse i Chartiani a iniziare una produzione in massa di quelle gemme, destinate al suo esercito personale; i soldati di Komand'r poterono così disporre di una grande forza offensiva con cui schiacciare i nemici. Ma il gioiello più prezioso, la Gemma per eccellenza, l'imperatrice la tenne per sé. Komand'r fece sottoporre un unico gioiello a un intenso trattamento di raffinazione, rendendolo talmente potente che nulla avrebbe potuto contrastarlo. Tanta potenza in un oggetto così piccolo sarebbe stata un pericolo per l'intera galassia, ma non per la sconsiderata Komand'r, troppo presa dall'inebriante potere che Charta le aveva donato, per preoccuparsi dei rischi che un simile monile avrebbe causato.
Grazie a quell'arma, Komand'r aveva espanso il suo impero fino a non poterne più riconoscere i confini, e la sua vendetta sulla sorella che l'aveva esiliata era divenuta finalmente realtà. Ma nonostante il suo immenso potere, quella gemma non aveva potuto salvarla da una fine inaspettata, per mano della bambina che aveva cresciuto lei stessa.
<< Vorrei radere al suolo questa fabbrica di diavolerie. >> Disse Nirihs'Oūm mentre la sua navicella si abbassava sulla piattaforma di atterraggio di Charta. Osservava il panorama di torri ipertecnologiche che si stagliavano nel cielo serale del pianeta; la città che li stava accogliendo cominciava ad illuminarsi di mille colori, mentre scendeva la notte su Charta. Lei se ne stava poggiata alla sbarra nella sala panoramica della navetta e continuava a lanciare occhiate di disappunto a destra e a manca.
<< Ha detto qualcosa, principessa? >> Cinguettò Uktar alzando la testa e voltandosi verso di lei, sempre con quel suo falso sorriso stampato in faccia.
<< Che non vedevo l'ora di atterrare. >> Tagliò corto lei allontanandosi dal vetro e cominciando a scendere la scaletta che l'avrebbe portata al centro di comando della nave. Uktar la seguì.
<< Non sia così negativa! Il viaggio è stato lungo, ma pensavo che non le dispiacesse viaggiare per molto tempo. >> Disse il consigliere avanzando assieme a lei verso il portellone che si sarebbe aperto di lì a poco.
Nirihs'Oūm lo guardò stizzita prima di dargli le spalle per l'ultima volta. << Questo quando sono in viaggio per un luogo che voglio visitare veramente. Invece adesso non so neanche per quale motivo mi avete trascinata qui… >>
<< Avrà tutte le risposte che desidera a breve. Deve solo avere un altro po' di pazienza. >> Rispose tranquillo Uktar, che sembrava aver preparato un programma di visita molto dettagliato ed estremamente restrittivo.
Quando il portellone si aprì, Nirihs'Oūm fu accolta da un forte vento sollevato dalla navetta che stava ancora attraccando alla piattaforma di atterraggio. La colpì subito come la città in lontananza non sembrasse assumere solo le sembianze di un ammasso di circuiti senza alcuna armonia in esso, ma quasi come una forma di vita a sé stante che forniva sostegno ai suoi abitanti.
In effetti, su una cosa Uktar aveva ragione: lei amava viaggiare. Ora che non doveva più sottostare alle regole di nessuno, poteva scoprire mondi nuovi che prima aveva solo sognato di poter vedere. E ora che si trovava di fronte a quello spettacolo di luci e suoni che danzava tra i palazzi, pensava che quel viaggio non fosse stato del tutto inutile.
Ai margini della piattaforma di atterraggio, proprio vicino alla porta che dava nella torre di controllo, la delegazione arrivata ad accogliere Nirihs'Oūm mandava grandi sorrisi e inchini verso di loro. La ragazza e il consigliere scesero dalla rampa della navetta e gli andarono incontro; erano tre in tutto: gli alieni avevano la pelle grigia e liscia, due di loro erano più bassi e indossavano abiti larghi e chiari, mentre quello più alto aveva una sorta di camice sulle spalle che faceva ondeggiare con molta eleganza a ogni movimento. A colpire di più Nirihs'Oūm furono i loro becchi dorati, assieme ai colori sgargianti delle loro grandi iridi.
<< Principessa, è un onore averla finalmente ospite del nostro pianeta. >> Disse il più alto dei tre, che portava un gioiello del colore dell'ambra sulla fronte; le offrì la mano per stringerla mentre si presentava. << Io sono Tilke Marius, direttore generale della divisione di ricerca e loro sono i miei assistenti Julyii e Qwartz. >>
Qwartz si inchinò unendo le mani con un gesto molto teatrale; i suoi lucidi capelli neri si mossero in avanti e rimasero a pendere per qualche istante prima che lo scienziato li ricacciasse indietro con una mano. Julyii invece sembrava troppo emozionato per fare qualcosa a parte continuare a fissare la ragazza; il suo aspetto giovane tradiva le sue apparenze da intellettuale e quella sua reazione dimostrava chiaramente una poca esperienza nel campo.
<< Prima di tutto, mi lasci esprimere tutto il mio rammarico per la notizia della morte della nostra imperatrice. >> Cominciò Marius. << Immagino che sia devastata. >>
Non proprio. Fu tentata dal rispondere Nirihs'Oūm, ma c'era Uktar a tenerla d'occhio e quegli alieni non avrebbero potuto capire la sua posizione, quindi accettò le condoglianze senza aggiungere altro.
Dopo i primi convenevoli, il gruppo poté cominciare a muoversi con la scorta di Nirihs'Oūm a seguirli e furono i tre scienziati a fare strada. La principessa e il suo consigliere furono portati dentro alla torre di controllo, dove cui alcuni tecnici dirigevano le navi in arrivo da dentro una piccola stanza; in fondo a un breve corridoio, invece, c'era un ascensore abbastanza spazioso per accogliere l'intero gruppo, comprese le guardie. Nirihs'Oūm non avrebbe voluto portarsi dietro quella inutile scorta, ma Uktar glielo aveva imposto dicendo che fosse estremamente pericoloso avventurarsi in luoghi così lontani da Kurand'r senza alcuna protezione; se da una parte aveva ragione, essendo la ragazza un bersaglio illustre per i numerosi gruppi di ribelli che si nascondevano in ogni angolo dell'impero, a lei non interessava nulla di quella robaccia politica e in più sapeva che non avrebbe avuto difficoltà a difendersi da sola.
<< Come sapete, il nostro centro è il più avanzato di tutto l'impero. Qui sviluppiamo innumerevoli tecnologie che mettiamo poi al servizio di tutto il popolo, sotto magnanima concessione da parte dell'imperatrice… >> Marius riprese a parlare quando le porte dell'ascensore si furono chiuse e loro ebbero cominciato a scendere. << Telecomunicazioni, trasporti, impianti energetici infallibili… Ogni accessorio elettronico circolante nell'impero proviene da qui, e i nostri tecnici sono i più abili della galassia e le loro prestazioni sono richieste in ogni città dell'impero. Sa quanto ci costa questo, principessa? >>
Nirihs'Oūm rispose distrattamente. << Non lo so, qualche miliardo di grufbar? >>
L'alieno rise sonoramente, probabilmente perché aveva appena nominato una moneta priva di valore, trattandosi della valuta di Tamaran. Ma la ragione era diversa da quella che si aspettava Nirihs'Oūm:<< Ci è andata vicino, principessa! In realtà non ci costa nulla, perché utilizzando le risorse di ogni pianeta dell'impero, siamo riusciti a renderli tutti autosufficienti in modo da annullare ogni tipo di costo energetico; solo la manutenzione dei nostri impianti richiede qualche kroma in più, ma tutto il lavoro che facciamo lo facciamo con il sorriso. Perché a noi, ciò che porta veramente gioia, è poter fare del bene nella galassia! Ed è per questo che siamo sempre stati infinitamente grati a vostra madre e… >>
Nirihs'Oūm smise di ascoltarlo. Ne aveva le tasche piene di sentire persone che idolatravano sua zia e cercavano in tutti i modi di leccarle il fondoschiena per ingraziarsela, e poi proprio in quel momento qualcosa di molto più grandioso e ammaliante si mostrò davanti ai suoi occhi, facendola distrarre da tutto quello che stava succedendo attorno a lei: l'ascensore era uscito allo scoperto dal palazzo, scivolando silenziosamente all'interno di una tromba di vetro che si affacciava su tutta la città ai suoi piedi. Il miliardo di punti luminosi che si spostavano da un posto all'altro quasi accecò la principessa, che si schiacciò contro il vetro per vedere meglio; i grattacieli che popolavano la città erano ricoperti da enormi schermi su cui prendevano vita giochi di luci che formavano onde colorate e rendevano la vita uno spettacolo continuo in quel luogo quasi magico.
Quando arrivarono a terra e furono usciti dalla torre, Nirihs'Oūm poté sentirsi parte di quell'intricato mondo che era Charta: un luogo ipertecnologico dove decine di droni e automi attraversavano le strade a gran velocità, mentre gli abitanti sembravano lavorare in ogni angolo, attivando i loro accessori elettronici e aggiungendo altro a quel caos futuristico che era la vita in quel posto. I vestiti delle persone erano completamente diversi da quello a cui era abituata la principessa: alcuni indossavano delle corazze robotiche e nascondevano il proprio volto dietro a caschi integrali che venivano attraversati dai riflessi delle luci di quel mondo pazzo, altri non portavano i caschi, ma avevano delle strane tute che si muovevano come se fossero vive. Sia l'aria che la strada erano trafficate, e non solo dai mezzi degli abitanti: c'erano ologrammi che volavano sopra le teste dei passanti e qualcuno sembrò anche venire attirato dalla curiosità della principessa, ma fu dirottato da Julyii che digitò molto rapidamente qualcosa sul suo datapad personale.
Il mezzo con cui si sarebbero mossi sembrava un piccolo missile, ma si trattava in realtà di una macchina di lusso capace di trasportare tutti loro nel modo più rapido e silenzioso possibile, confondendosi con le altre aeromobili che non sfiguravano di certo accanto ad essa; le guardie li seguirono a bordo di un altro mezzo corazzato e con sopra il simbolo dell'impero. Durante il tragitto dalla torre al centro di ricerca della città, Marius parlò ancora a lungo, dando raramente la parola alla principessa, che si limitò ad annuire e dare piccole risposte per fargli credere di starlo ascoltando; nel frattempo, Nirihs'Oūm si godeva il viaggio e il paesaggio dal finestrino della aeromobile. Si accorse subito delle differenze che c'erano tra gli abitanti di Charta e il popolo di Tamaran: lì non c'erano guardie a ogni angolo di strada che costringevano all'ordine; le pattuglie erano frequenti, ma si limitavano a fare il loro dovere senza abusare del proprio potere sulla gente, e gli abitanti andavano a lavoro con il sorriso, tutti sicuri di essere parte di quel grande organismo che era l'impero di Komand'r. Il benessere era alle stelle, per le strade non si vedevano mendicanti e nella città non si notava il minimo segno di incuria. Tutto quello significava che, nonostante il regno di terrore di Komand'r, molti popoli sotto il suo potere conducevano una vita tutto sommato agiata.
Tutto questo, invece che rincuorare Nirihs'Oūm, le fece ribollire il sangue; significava non solo che aveva deciso di schiavizzare il popolo di Tamaran pur non avendo alcun interesse in ciò che poteva offrire il pianeta, ma che aveva deliberatamente scelto di lasciare la sua gente nella miseria più totale, mentre gli altri popoli vivevano al meglio.
Il loro trasporto li lasciò davanti alla costruzione a forma di cupola che Nirihs'Oūm aveva visto nell'ologramma mostratole da Uktar prima della partenza: ora che poteva osservarlo meglio, si trattava di un largo edificio, alto solo pochi piani e ricoperto da pannelli solari, antenne e parabole puntate in ogni direzione. Era ovvio che fosse un posto estremamente importante, visto l'alto livello di sicurezza che guarniva il sito.
Gli interni erano ampi e luminosi; una grande sala di ricevimento accoglieva i visitatori mentre alle pareti venivamo messi in mostra grandi pannelli su cui scorrevano le immagini che raccontavano le conquiste della tecnologia Chartiana. Furono scortati da Marius e i suoi assistenti fino all'entrata principale per i "laboratori di ricondizionamento avanzato" come diceva la targa sulla porta e Nirihs'Oūm riuscì a capire che fosse qualcosa di serio; non si vedeva nessuno a parte esseri in camice passeggiare per i corridoi di quella zona, e dietro alle porte dei numerosi laboratori si potevano intravedere i lavori in corso di diversi esperimenti: scienziati che testavano armi per l'esercito imperiale e nuovi tipi di tecnologie più efficienti ed economici, ma anche studiosi che esaminavano campioni chimici di qualche elemento raro e misterioso il cui funzionamento ancora sfuggiva alla loro comprensione. La principessa non poté entrare in nessuno di quei laboratori e probabilmente non le sarebbe stato permesso comunque, ma Marius la portò in fondo al corridoio, aprendo l'ultima porta di quella lunga sezione ad accesso limitato e facendo accomodare Nirihs'Oūm e il suo consigliere su delle piccole poltrone dal design minimalista.
All'interno c'era un piedistallo immacolato con in cima un involucro metallico apparentemente senza aperture. Sotto di esso compariva un pannello scuro largo pochi centimetri. Marius vi si posizionò di fronte e si voltò a guardare i suoi ospiti, mentre Julyii e Qwartz entravano in una porta in fondo alla stanza, dove una larga finestra si affacciava su una stanzetta più piccola.
<< Principessa, sa che cosa produciamo qui? >> Chiese Marius guardando Nirihs'Oūm con un sorriso mansueto.
Nirihs'Oūm lo sapeva, ma non ci tenne a rispondere. << Accessori? >> Disse rimanendo vaga. << Immagino che mia zia abbia voluto conquistare questo posto per la sua tecnologia avanzata, in modo da fornirla a tutto l'impero. >>
Marius sembrò divertito e toccò la punta dell'involucro in cima al piedistallo con la delicatezza con cui si accarezzava un bambino. << Bé, non ha torto. >> Disse annuendo. << La tecnologia di Charta non ha rivali in tutta la galassia, e sicuramente Komand'r aveva pensato molto alla possibilità di renderla disponibile a tutti nell'impero… >>
Nirihs'Oūm piegò un labbro con sarcasmo a quell'affermazione.
<< Ma non è principalmente per questo che ci fu chiesto di… Collaborare. >> Continuò Marius con tono grave. Nirihs'Oūm avrebbe aggiunto un commento sarcastico, se non avesse saputo che quello non era il momento. Alla fine Marius chiese:<< Lei ha mai visto di persona gli effetti della gemma di Charta? >>
La domanda soltanto sarebbe bastata a far alterare la principessa, ma quando Nirihs'Oūm colse lo sguardo con cui Tilke Marius le aveva porto quella domanda, fu completamente spiazzata. In quei suoi occhi variopinti non c'era orgoglio o malsana eccitazione, come si sarebbe aspettata dalle persone che avevano creato la micidiale gemma di Charta, ma una profonda paura per qualcosa che non sarebbe riuscito a controllare.
Nirihs'Oūm non riuscì a rispondere a quella domanda. Conosceva la risposta e la conosceva molto bene, ma per qualche motivo le parole le rimasero incastrate nel petto e tutto quello che avrebbe voluto dire rimase un segreto.
Marius però sembrò capire ugualmente i pensieri della ragazza riguardo a quell'argomento. Con uno sguardo riluttante, l'alieno si voltò di nuovo verso il piedistallo e poggiò un dito sul pannello installato di sopra. << Comunque sia, principessa… >> Disse a voce bassa. << Tra poco dovrà aggiornare la sua opinione al riguardo. >>
Con un cenno ai suoi collaboratori, Marius attivò un meccanismo nascosto dopo aver poggiato l'indice sul pannello; dall'altro lato del vetro, nella loro stanzetta, anche Julyii e Qwartz misero le mani sui comandi di un grande pannello di controllo, completando la procedura iniziata dal loro supervisore. Dopo un attimo di silenzio, dall'involucro posizionato sopra al piedistallo arrivò un rumore metallico di ingranaggi che si sbloccavano. Il metallo cominciò a muoversi e a ritirarsi, aprendo un varco che partendo dalla punta andò ad allargarsi e mostrando al suo interno una pietra preziosa scintillante, legata a un cerchio di perle blu levigate in modo da avere una faccia completamente piatta.
Nirihs'Oūm rimase senza parole mentre Marius sollevava il gioiello dal suo supporto e glielo avvicinava. << Deve sapere che, diverso tempo fa, l'imperatrice lasciò l'ordine di produrre una gemma di Charta che, alla sua morte, sarebbe dovuta essere consegnata a lei. Con questo Komand'r probabilmente sperava che lei potesse continuare a governare l'impero al meglio, e magari… Anche meglio di lei. >> Ci fu un momento di pausa in cui Marius scrutò la principessa incredula dall'alto, e alla fine disse in fretta:<< Spero che sia di suo gradimento. >>
Con esitazione, l'alieno porse la gemma rossa davanti al viso di Nirihs'Oūm e sembrò mandarle uno sguardo per chiederle se fosse autorizzato a mettergliela addosso. La ragazza non rispose, lasciò semplicemente che l'alieno le facesse indossare la gemma sulla fronte; le perle aderirono perfettamente sulle sue tempie e la gemma si posizionò esattamente al centro della sua fronte, poco sopra agli occhi. Uktar applaudì quando Nirihs'Oūm indossò la pietra.
<< Magnifico! Le dona incredibilmente, principessa. Tanta grazia non avrebbe potuto essere valorizzata meglio, assieme a un potere senza eguali! >> Cinguettò allegramente il consigliere, ammirando la pietra scintillante sul capo della ragazza. Ma Nirihs'Oūm non mostrò alcun segno di apprezzamento per quelle parole.
<< Uktar. >> Disse a un tratto con tono gelido. << Stia zitto. >>
Nella stanza calò il gelo. Non solo Uktar smise di battere le mani e il suo sorriso scemò, ma Tilke Marius credette di aver fatto qualcosa di sbagliato e indietreggiò un poco per non incappare nelle ire della principessa; dalla figlia dell'imperatrice che aveva quasi distrutto il suo pianeta, non ci si poteva aspettare altro in fondo.
Ma Nirihs'Oūm non perse le staffe, né colpì uno dei presenti nella stanza. Rimase semplicemente in silenzio a fissare il vuoto, mentre la pietra che portava sulla fronte si faceva continuamente più pesante. La stava schiacciando; la sensazione che l'oggetto che aveva permesso la distruzione della sua casa ora fosse diventato di sua proprietà, uno strumento da usare a proprio piacimento per continuare a commettere le nefandezze che sua zia aveva commesso per anni, la stava uccidendo.
Avrebbe voluto scappare da lì. Il bruciore intenso che si era acceso sulla sua guancia sinistra le stava urlando di andarsene e distruggere tutto, ma invece rimase al suo posto e sussurrò con la gola secca:<< Specchio… >>
Preso alla sprovvista, Marius non reagì subito e si ritrovò a sbraitare ai suoi assistenti di portare uno specchio dall'altra stanza. Ci vollero pochi secondi e Nirihs'Oūm aspettò pazientemente, senza alcuna fretta di vedere la propria immagine riflessa con indosso quella pietra rossa; poi, quando Julyii arrivò di corsa portando un piccolo specchio rotondo e porgendolo alla principessa, lei sembrò riprendersi come se non fosse accaduto nulla.
Senza fiatare, Nirihs'Oūm prese lo specchio e si controllò. Spostò un ciuffetto di capelli che andava a coprire le perle che tenevano legata la gemma alla sua fronte e continuò a esaminare la pietra girando la testa da un lato e dall'altro. Aveva senza dubbio un aspetto regale, molto più di quanto lo fosse mai stata Komand'r con i suoi abiti sfarzosi e i gioielli in bella mostra; la semplicità con cui portava quell'oggetto era disarmante, difficile credere che si trattasse di un potentissimo catalizzatore capace di distruggere pianeti interi. Era quasi graziosa, se assieme al proprio viso su quello specchio Nirihs'Oūm non avesse visto tutto il sangue che sporcava quella pietra e le donava quella colorazione brutale; era il sangue che era stato versato per quella pietra, apparteneva a tutti gli innocenti massacrati perché l'impero di Komand'r si impossessasse delle miniere di Charta e potesse cominciare a produrre in massa monili di quel tipo, e c'era anche il sangue dei suoi genitori a colare da quella gemma e a bagnarle il volto.
Graziosa. Decise che sarebbe stata questo, mentre il bruciore alla cicatrice sulla guancia si attenuava. Alzò lo sguardo verso Marius, diventato ancora più pallido del solito, e sorrise leggermente; ringraziò con gentilezza Julyii e gli restituì lo specchio, poi prese un bel respiro e si alzò dalla propria sedia.
<< Signor Marius, la ringrazio molto per questo bellissimo e inaspettato dono. Le sarò sempre molto riconoscente per la gentilezza che mi ha mostrato. >> Disse prendendo le mani del ricercatore, adesso boccheggiante.
<< Vuol dire… Che non è arrabbiata? >> Chiese lui incredulo.
<< Arrabbiata? E perché? >> Fece lei mostrando un sorriso smagliante. Cominciò a passeggiare in tondo nella stanza. << D'altro canto, lei stava solo seguendo gli ordini di mia zia… Per tutti questi anni, è quello che avete fatto tutti voi… Non potrei certo essere arrabbiata con qualcuno che cercava solo di restare in vita. >>
Marius e Julyii sembrarono a disagio mentre Nirihs'Oūm si fermava dietro al piedistallo da cui era uscita la gemma di Charta, mentre Qwartz che rimaneva sulla porta della stanza accanto sperava che gli occhi della principessa non si posassero su di lui.
Con un gesto rapido, Nirihs'Oūm si sfilò il gioiello dalla fronte e lo posò nuovamente sul suo supporto. << Però devo ammettere di essere delusa. Pensavo che sareste stati più riluttanti a obbedire agli ordini di una defunta, incapace di farvi più del male. E pensavo soprattutto che nessuno avrebbe avuto più l'onore di possedere un simile potere, come lo ebbe Komand'r. >>
Di fronte allo sguardo indignato della principessa, Uktar si sentì in dovere di intervenire:<< In realtà la gemma di Charta di sua madre è andata perduta il giorno della sua morte. Era necessaria una nuova gemma per bilanciare la perdita di potere che si è avuta quel giorno! >>
Nirihs'Oūm lo fulminò con lo sguardo, ma mantenne la calma. << E per quale motivo ha pensato che io volessi un simile potere? >> Chiese con sdegno. << Anzi, per quale motivo ha pensato che io non fossi già più forte di mia zia? Ma soprattutto… >> E qui gonfiò il petto minacciosamente, guardando il suo consigliere con occhi iniettati di sangue. << Chi vi ha detto che qualcuno dovrebbe possedere un simile potere? >>
Le espressioni dei tre ricercatori nella stanza si fecero più rilassate. Improvvisamente nessuno sembrò più avvertire una minaccia nella giovane principessa; capirono subito che lei era dalla loro parte, mentre la frustrazione di Uktar cresceva ancora di più e il consigliere faticava a trovare le parole con cui ribattere.
<< Intende dire… >> Balbettò Julyii, che per poco non si morse la sua lingua da volatile. << Che non utilizzerà la gemma di Charta? >>
<< E' perspicace, Julyii. E non mi limiterò solo a questo. >> Rispose con un sorriso la principessa, e fece qualche passo indietro. Tenendo lo sguardo fisso sulla gemma e alzando un braccio verso di essa, Nirihs'Oūm disse a tutti di farsi da parte.
La ragazza non aspettò nemmeno che i tre dall'altro lato della stanza si fossero scansati: un raggio di energia verde estremamente concentrato partì dal suo palmo e colpì in pieno la gemma di Charta e il suo piedistallo, vaporizzandola.
Non appena videro gli effetti dell'azione di Nirihs'Oūm, i presenti ebbero reazioni molto diverse: Uktar sembrava sul punto di esplodere e sembrò portarsi le mani alla testa con disperazione, mentre Marius e Julyii aveva un'espressione quasi di sollievo sui loro volti; non era sicura della reazione di Qwartz alle sue spalle, ma immaginò che fosse molto simile a quelle dei suoi colleghi.
<< Scusate per il disordine. >> Disse con naturalezza abbassando la mano e sorridendo ai ricercatori. Ormai il bruciore era passato e lei si sentiva meglio.
Il suo consigliere, al contrario di lei, non provò nemmeno a nascondere la propria rabbia e non cercò neanche di mantenere lo stesso tono pacato della ragazza. << Che diavolo credi di fare?! >> Esclamò alzandosi e raggiungendola con pochi passi. << Hai idea di quanto valesse quella pietra? >>
<< Non ha importanza. Un oggetto simile non dovrebbe essere nelle mani di nessuno. >> Rispose atona la principessa. << Lo stesso vale per la gemma di Komand'r. >>
Uktar le sbraitò contro e senza accorgersene le afferrò il polso della mano con cui aveva distrutto la pietra e strinse con forza. << Quindi l'impero dovrebbe reggersi in piedi da solo? Quella pietra era l'unica cosa che tenesse insieme tutto quanto. Se si dovesse sapere che è stata distrutta, si scatenerebbe il panico! >>
Nirihs'Oūm mantenne la calma per tutto il tempo e cercò di trattare Uktar come se non fosse presente nella stanza mentre gli rispondeva, ma era difficile con la sua mano che le stringeva violentemente il polso. << Per te, forse. Ma tu ed io ragioniamo diversamente; tu pensi che il potere sia legittimato dalla forza, mentre io penso che un potere ottenuto così non serva a niente. >>
<< Credi che la gente ti seguirà solo perché sei buona e carina con loro? >>
<< Oh, se seguirà me è tutto da vedere! >> Ormai Uktar aveva perso completamente la sua servilità e cominciava a diventare arrogante; troppo arrogante per i gusti di Nirihs'Oūm, che decise di alzare il tono a sua volta; con uno strattone, si liberò dalla presa assicurandosi di lasciare inteso quanto quel comportamento la stesse infastidendo e si allontanò in fretta dal consigliere. << Non rischierò di mettere in giro un'altra arma di una pericolosità tale solo perché mia zia voleva che anche io avessi la mia gemma personale! Sono sicura che il signor Marius, che è un uomo di scienza, sarà d'accordo con me su questo aspetto. >>
Nirihs'Oūm andò da Marius e lo aiutò a rialzarsi. I suoi vestiti, ora anneriti per la cenere sollevata dal raggio della ragazza, sembravano stargli su per miracolo dopo l'agitazione degli ultimi minuti. Vide lo sguardo accomodante della ragazza e sentì la necessità di sorridere, prima di annuire con ancora un po' di sorpresa per quello che era successo.
<< Ah. >> Disse Nirihs'Oūm dopo che anche Julyii e Qwartz si furono rialzati. << Da questo momento ordino che ogni attività di produzione delle gemme di Charta venga interrotta! >>
Quella dichiarazione lasciò sgomenti tutti i presenti, ma Uktar fu il più lento a reagire benché avesse più motivi per protestare. I tre ricercatori si limitarono ad annuire e ad inchinarsi, senza rispondere all'ordine ma lasciando intendere di essere grati alla principessa per quella decisione. Senza nemmeno aspettare che si sollevassero altre discussioni, Nirihs'Oūm si voltò e cominciò a camminare verso l'uscita dicendo a Uktar di sbrigarsi.
Per tutto il viaggio dal laboratorio di ricerche fino alla torre di lancio, Uktar tentò di dissuadere la principessa dall'interrompere la produzione di gemme. Diceva che era essenziale per l'impero poter contare su una tale forza, perché un territorio così vasto non poteva essere controllato senza un certo livello di forza, e che le pietre già in dotazione all'esercito si sarebbero consumate presto. Le disse di pensare agli effetti che quella decisione avrebbe avuto sull'economia galattica e a come i numerosi gruppi separatisti sparpagliati nell'impero avrebbero interpretato questa scelta come una dichiarazione di resa, ma non ci fu verso di far cambiare idea alla giovane principessa, che non era ancora decisa a prendere il posto di Komand'r come le era stato chiesto, ma si stava divertendo un mondo a stravolgere i piani di Uktar e di tutti quelli al suo livello che sfruttavano la povera gente per il proprio tornaconto.
Per il resto del viaggio fino a Kurand'r, Uktar tenne il broncio a Nirihs'Oūm. Non le importava, sapeva che lui non era niente senza di lei e per questo non avrebbe mosso un dito; tutto quello che poteva fare era restarsene buono a guardare mentre lei smontava pezzo per pezzo quel mondo che lui aveva contribuito a costruire negli anni di terrore di Komand'r.
Non lo avrebbe ammesso, ma dare ordini cominciava a divertirla.

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Capitolo 7
*** Missione suicida ***


L'aria a bordo del Falkor cominciava ad essere pesante. Non perché i suoi passeggeri avessero litigato, ma perché era passato letteralmente troppo tempo dall'ultima volta che avevano respirato aria fresca.
Le scorte di ossigeno erano state sfruttate quasi del tutto dopo la loro ultima fuga dalle guardie imperiali, in un salto che gli aveva permesso di passare attraverso tre sistemi solari inosservati, seminando le pattuglie che li avevano messi in fuga, ma adesso non potevano più continuare a scappare per molto tempo. Per fortuna il settore in cui stavano entrando ora era una zona poco trafficata dell'impero; lì vigeva un livello di sorveglianza pari a zero e oltre a questo i Senátit potevano contare su un popolo amico che li avrebbe ospitati finché non si sarebbero ripresi: i Tamaraniani.
Splinter aveva diminuito gli allenamenti per conservare ossigeno. Era molto più difficile fare attività fisica quando non c'era aria da respirare, e per questo stava limitando le sue attività allo studio di alcuni meccanismi recuperati nella loro ultima missione, assieme ad alcune tecniche di combattimento che non vedeva l'ora di testare nella pratica. Variel era con lui sul ponte di comando; come al solito non staccava mai gli occhi dai comandi, ma rimaneva abbastanza concentrato da poter conversare con lui e rispondere alle sue curiosità sulla tecnologia che avevano recuperato.
C'erano alcuni progetti per migliorare le performance delle armi di Variel, assieme ad alcuni potenziamenti per il motore del Falkor che andavano studiati approfonditamente per poterli installare correttamente, senza rischiare malfunzionamenti. Se avessero sbagliato qualcosa, avrebbero rischiato di restare bloccati per molto tempo, troppo per gente come loro…
<< Ehi, Variel. >> Chiamò alzando lo sguardo dal manuale che stava leggendo. << Quanto ci vuole all'atterraggio su Tamaran? >>
Il Vernathiano borbottò qualcosa prima di rispondere seccato. << Ancora trenta minuti. Ma cerca di non distrarmi, lo stabilizzatore di volo è stato danneggiato mentre scappavamo ed entrare nell'atmosfera del pianeta sarà un'impresa. >>
Splinter annuì e strappò un sorso dalla sua bevanda prima di poggiare il manuale di istruzioni sul tavolino di fronte al divano e distendersi allungando le gambe in avanti. Era una vera seccatura dover aspettare di atterrare per potersi mettere a fare qualsiasi cosa, però d'altra parte era meglio non mettersi in pericolo per nessun motivo; dopo tante settimane in viaggio, trenta minuti per tornare sulla terraferma non erano niente. Eppure non poteva fare a meno di annoiarsi.
Di sicuro Variel non si stava annoiando; lui aveva la nave da pilotare e Splinter sapeva quanto amasse farlo, anche se dal suo tono non sembrava fosse tanto rilassante in quel momento. Ma almeno poteva tenere la mente occupata mentre il tempo passava. Lui, invece, non aveva niente da fare e si era seccato di esaminare i nuovi manuali; tanto non avrebbero potuto installarli prima di aver riparato i danni al Falkor.
Pensò di andare a vedere cosa combinasse Barry. Probabilmente era alle prese con la sua simulazione; quello era un ottimo modo per passare il tempo, ma il suo amico non permetteva a nessuno di utilizzarla senza di lui. Era molto geloso delle proprie cose, soprattutto quelle più costose e delicate, e quella era una delle poche buone occasioni per unirsi alla sua partita.
<< Vado a vedere cosa fanno gli altri. >> Disse Splinter alzandosi e dandosi una scrollata al giubbotto, pensando che sarebbe andato dritto da Barry a chiedergli di fargli provare il suo videogioco, ma non appena si fu voltato verso la porta vide entrare proprio il mutaforma in compagnia di Kuala.
<< Ehi, vecchio! Quando scendiamo a terra? >> Esclamò il ragazzo facendo un ampio gesto della mano per salutare tutti all'interno della stanza e ignorando completamente l'espressione delusa di Splinter a pochi metri da lui.
<< Arriviamo quando arriviamo! Piantatela di farmi queste domande inutili! >> Rispose Variel alzando un poco la voce. Barry sembrò non capire cosa avesse detto di male, mentre Kuala alle sue spalle sghignazzò divertita.
<< Meglio non fare innervosire il nostro pilota, altrimenti potrebbe decidere di farci schiantare dritti dentro a un vulcano. >> Fece Splinter dopo aver accettato il fatto che non avrebbe provato il gioco di Barry ed aver assunto uno sguardo di complicità.
<< Non farmi venire certe idee, Splinter! >> Rispose Variel con lo stesso tono di prima, ma in modo più scherzoso.
Barry si avvicinò al suo migliore amico e ghignò. La giaccia poggiata sulle spalle non copriva lontanamente il suo petto, dove però aveva indossato una fascia elastica per compensare un poco alla sua nudità, senza riuscirci particolarmente. << Ma tanto io sarei al sicuro. Mi basterebbe trasformarmi in una specie che non sente il calore… >>
<< E allora mi assicurerò di spararti, prima. >> Tagliò corto il Vernathiano girandosi per un momento. Erano sempre così durante i viaggi: Barry prendeva in giro Variel e Variel gli rispondeva a tono, mentre Splinter e Kuala si godevano lo spettacolo delle loro scaramucce, spesso dopo averle innescate di persona.
<< Parliamo di cose serie. >> Disse la ragazza facendo qualche passo in direzione del centro delle comunicazioni. << Avete già contattato il centro di atterraggio di Tamaran? >>
Variel grugnì per tutta risposta. << Lo sai che lì non c'è mai nessuno. Non hanno motivo di stare lì… >>
<< Bé, sì… I porti sono chiusi… >> Disse lei battendo una mano sulla console, infastidendo leggermente il pilota. << Ma noi non siamo gli unici che passano di qua spesso. Ci sono un sacco di pirati che approfittano delle difese inesistenti di Tamaran per andare a saccheggiarlo… >>
<< Anche noi siamo pirati. >> Commentò Barry mettendosi le mani ai fianchi. Ma Kuala gli rispose solo con uno sguardo tediato, prima di voltarsi di nuovo verso il pilota.
Alla fine Variel strinse le spalle e assumendo una posa un po' più comoda alla sua postazione disse:<< Accomodati. >>
Così la Pistiliana si sedette davanti alla radiotrasmittente e cominciò a impostare il segnale sulla frequenza delle torri di controllo di Tamaran, mentre intanto il Falkor continuava ad avvicinarsi alla superficie del pianeta, rendendo le comunicazioni a breve distanza possibili.
<< Puntiamo alla capitale? >> Chiese Splinter distogliendo un attimo lo sguardo dalla ragazza.
<< Certo. >> Rispose Variel, che ormai aveva abbandonato l'idea di poter guidare in silenzio. << Al vecchio Galfore farà piacere rivederci. Abbiamo un nuovo carico per lui, in fondo… >>
<< Ragazzi, fate silenzio, per favore. >> Disse atona Kuala, concentrata sulla strumentazione. Aveva già messo le cuffie sulla testa e probabilmente aveva anche attivato il microfono.
Barry e Splinter si scusarono a bassa voce e alzarono le mani con fare difensivo, ma Variel sembrò seccato dal fatto che quando era stato lui a chiedere silenzio nessuno lo avesse ascoltato. Si limitò comunque a borbottare qualcosa a bassa voce e si concentrò sulla guida del Falkor, mentre Kuala provava a chiamare le torri di controllo tamaraniane.
<< Chiamata in uscita dal Falkor. Qui i Senátit, stiamo entrando nella vostra atmosfera e chiediamo il permesso di atterrare su una delle vostre piattaforme. >>
Dalla radio non arrivò nessuna risposta. La ragazza si girò mandando un'occhiata perplessa ai suoi compagni di viaggio, poi provò di nuovo a chiamare la torre di controllo sulla superficie.
<< Torre di controllo uno, chiediamo il permesso di atterrare. Siamo i Senátit, passo. >> Disse nuovamente la ragazza prima di disattivare il microfono e tenere una mano sulla cuffia per potersi concentrare meglio. Ma ancora una volta, nessuno rispose al suo messaggio.
<< Te l'ho detto che non c'è nessuno. >> Borbottò Variel con una punta di saccenza nella voce. Kuala allora si tolse le cuffie e si girò verso di lui.
<< E va bene. Atterriamo, ma con cautela. >>
<< Non dirmi come pilotare la mia astronave! >> Ribatté lui virando per iniziare la manovra. Ma Kuala non voleva dire questo; il fatto era che aveva un brutto presentimento.
Il Falkor aveva una forma aerodinamica che permetteva un'entrata nell'atmosfera di qualunque pianeta con agio, ma serviva un pilota esperto per eseguire quella manovra senza scossoni e sin dal primo viaggio di Kuala a bordo della navetta, la ragazza non aveva mai avuto di che lamentarsi della guida del vecchio Vernathiano. Quando finalmente dall'abitacolo del ponte di comando cominciarono ad essere visibili le torri della città dove viveva il re di Tamaran, Variel cominciò a puntare alle piattaforme di atterraggio dove si posavano sempre. Ma quando furono più vicini, notarono qualcosa di strano.
<< Rallenta un po'. >> Disse Splinter avvicinandosi al vetro e osservando con più attenzione il panorama. Una delle piattaforme era già occupata da una strana navetta; normalmente l'intera pista di atterraggio sarebbe stata vuota e per questo quella situazione fece preoccupare i passeggeri del Falkor, che pensarono di essersi presentati proprio durante un assalto di qualche pirata spaziale. In fondo Tamaran era il bersaglio perfetto per chi non voleva rischiare troppo: le difese del pianeta erano al minimo e qualunque crimine commesso su di esso non avrebbe avuto valore all'interno dell'impero.
<< Non avvicinarti troppo a quella nave. >> Disse Splinter tornando indietro. << Atterra almeno a un paio di piattaforme di distanza! >> Quindi uscì dalla sala di comando per correre nella sua stanza. Barry lo seguì a passo svelto, ma fu comunque seminato negli stretti corridoi del Falkor. Quando fu finalmente arrivato, trovò il suo amico che prendeva alcune armi dalla rastrelliera nella sua camera.
<< Credi che siano banditi? >>
<< Chi altri attraccherebbe su un pianeta che non ha commerci con nessuno in tutta la galassia? >>
Barry si morse un labbro mentre Splinter nascondeva un pugnale nella manica del giubbotto e un altro nello stivale. << Magari non siamo gli unici ad aiutarli. >> Propose il mutaforma, sapendo che ci fosse una minuscola probabilità che ciò fosse vero. Per tutta risposta Splinter agganciò la spada che aveva estratto dalla rastrelliera alla cintura e lo guardò in silenzio, deluso.
Il costante rumore di fondo dato dai motori del Falkor cambiò; l'astronave aveva cominciato l'atterraggio. A breve avrebbero dovuto scendere a terra, e forse si sarebbero trovati a dover combattere da subito.
<< Mi preparo anche io. >> Disse in fretta Barry, scattando verso la propria stanza.
<< Bravo. >> Gli fece eco Splinter indossando i propri guanti magnetici e impostandone la potenza. Poi uscì dalla stanza e raggiunse Kuala e Variel, che erano rimasti sul ponte di comando.
Dagli oblò lungo la strada per il ponte, Splinter riuscì a intravedere il paesaggio roccioso di Tamaran e i suoi palazzi dall'architettura bizzarra, e molto più vicine le strutture della pista di atterraggio dove si stavano fermando. Quando fu arrivato sul ponte, dall'abitacolo riuscì a vedere anche la navetta attraccata a un centinaio di metri dalla loro.
I motori si stavano raffreddando e Variel aveva lasciato i comandi. Guardava con aria enigmatica l'astronave, che era più piccola del Falkor ma dall'aspetto decisamente più avanzato del loro mezzo. Le rifiniture in oro sembravano escludere l'ipotesi dei pirati, ma ad attirare l'attenzione dei tre fu il simbolo dell'impero di Komand'r bello in mostra sulla fiancata della navetta.
<< Non sono pirati. >> Disse Variel con tono grave. << Non mi piace per niente… >>
<< Non può essere che l'imperatrice in persona sia venuta qui, vero? >> Chiese Kuala sporgendosi dalla propria sedia.
Splinter non disse nulla, distratto a riflettere. Se a Tamaran erano presenti dei rappresentanti dell'impero avrebbe potuto essere una cattiva idea irrompere e dar loro una lezione; anche se l'avessero passata liscia, quella notizia sarebbe arrivata presto alle orecchie dell'imperatrice, che avrebbe proseguito con il punire severamente il popolo di Tamaran per aver permesso che dei pirati attaccassero i suoi uomini. Ma se quella fosse stata veramente la navetta personale di Komand'r, allora avrebbero avuto un'opportunità irripetibile per porre la parola fine a quella tirannia.
<< Forse dovremmo ripartire e tornare un'altra volta… >> Mormorò Variel, per niente entusiasta all'idea di incontrare un contingente di guardie imperiali.
<< No. >> Rispose prontamente il Kalassiano. I suoi amici lo guardarono perplessi, chiedendosi quale altra folle idea avesse avuto questa volta. Lui girò lo sguardo sorridendo, ma senza nascondere un certo nervosismo. << E' un'occasione perfetta! >>
La porta del ponte di comando si aprì facendo sobbalzare tutti quanti. Ne uscì fuori Barry, che cercava di richiudere la zip dei pantaloni e nel frattempo chiedeva che cosa stesse succedendo. Quando raggiunse il centro della sala dove erano riuniti gli altri e si fu fermato, finalmente riuscì a chiudere la cerniera e alzò lo sguardo. Cacciò un verso contrariato quando vide il simbolo imperiale sulla fiancata dell'astronave.
<< Questo significa che siamo nei guai? >>
Nessuno rispose a Barry. Kuala si alzò e raggiunse Splinter per chiedergli:<< Un'occasione perfetta per cosa? >>
Il ragazzo sembrava come in trance. << Se Komand'r è veramente qui, possiamo liberare l'impero una volta per tutte! >>
<< Intendi dire, assassinarla? >> Sopraggiunse Variel scettico. << Per una cosa simile è necessaria una preparazione che non abbiamo. Sarebbe una missione suicida! >>
<< Non ci sono guardie nei paraggi e godremo sicuramente della complicità dei Tamaraniani. >> Disse Splinter continuando a sorridere, inebriato da quella stessa idea che la sua mente aveva partorito. << Basterà avvicinarci abbastanza per colpire, a quel punto non avrà il tempo di reagire! >>
Splinter era serio e anche molto convinto del proprio piano, ma ricevette solo sguardi diffidenti dai suoi compagni di viaggio. Nonostante tutto non sembrò perdersi d'animo e cercò di incoraggiarli con parole positive.
<< Andiamo, amici! Volete dirmi che non sareste pronti a rischiare la vita per liberare la galassia? >> Agitò le braccia e sorrise con l'ingenuità di un bambino. << Vi siete dimenticati che è il nostro sogno da sempre? >>
Il silenzio durò ancora. Nessuno dei ragazzi voleva andare a morire senza un motivo. Era vero che la loro missione era quella di aiutare i deboli e quelli che venivano oppressi dall'impero di Komand'r, e che avendone l'occasione avrebbero dato il massimo per uccidere quella donna, ma gli sembrava una situazione troppo improvvisa perché fosse possibile arrivare alla fine in quel modo.
<< Forza! >> Disse il ragazzo, stringendo un pugno con entusiasmo. << Non è forse questo il motivo per cui continuiamo a scappare da un sistema all'altro? Se potessimo fermare la tirannia di Komand'r, anche a costo delle nostre vite, non lo fareste senza neanche pensarci, sapendo che tante altre persone innocenti potrebbero finalmente vivere libere? Variel! >>
Il Vernathiano teneva lo sguardo basso per non farsi coinvolgere in quel discorso, ma Splinter lo nominò lo stesso, portandolo prepotentemente al centro della discussione.
<< Mi vorresti dire che non vorresti un futuro migliore per i tuoi figli? >> Lo guardò intensamente mentre il vecchio pilota si sforzava di non incrociare il suo sguardo. << Se l'occasione per dar loro la vita che hai sempre desiderato fosse questa, te la lasceresti sfuggire così? >>
Variel lanciò un'occhiata scontrosa al Kalassiano, pur sapendo che aveva ragione. Ma a quel punto intervenne Kuala, frapponendosi tra i due. << Non è giusto che tiri in mezzo Variel, Splinter! >> Disse battendosi un pugno sul petto. << La sua famiglia è stata presa di mira ingiustamente dall'impero, lui non avrebbe mai voluto fare una vita da fuggitivo. >>
Splinter incrociò le braccia e annuì. << Hai ragione, Zal. Neanche tu avresti voluto essere costretta a lasciare la tua casa per colpa di quella famiglia potente, vero? >> Lei si zittì all'istante e lo fissò come se non avesse accettato quel commento, ma Splinter ignorò quello sguardo e si voltò. << Abbiamo tutti un motivo per fregarcene di questa storia e crearci una vita nuova altrove, ma non lo faremo mai! L'impero è ciò che accomuna le nostre storie, ed è sempre l'impero il nostro obiettivo finale! Se potremo distruggerlo colpendo il suo cuore, allora io non esiterò ad andare all'attacco! Chi è con me? >> E rimase con una mano alzata ad aspettare gli altri.
Nessuno sembrava veramente entusiasta di quell'idea, ma Splinter non aveva tutti i torti; una situazione come quella sarebbe ricapitata difficilmente e per di più non sembravano esserci tutte le guardie che ci si sarebbe aspettati da una visita dell'imperatrice. Era improbabile che riuscissero nell'impresa, ma il loro odio per l'impero e il loro desiderio di giustizia erano ciò che li rendevano uniti e invincibili; si erano lanciati in tante altre missioni all'apparenza impossibili, che differenza c'era questa volta?
<< Tu sei un pazzo! >> Borbottò Variel alzandosi dalla propria sedia e uscendo dalla stanza per andare a prepararsi.
Kuala rimase ferma a guardare Splinter con aria preoccupata, sconfitta. << Hai un piano preciso, o vuoi solamente attaccare a testa bassa? >> Chiese, sapendo di non poter più contestare la sua decisione.
Splinter ghignò soddisfatto. Sapeva che lo avrebbero sostenuto, anche se avrebbero continuato a comportarsi come se quella fosse una pessima idea; e lo era, ma ciò non significava che non potesse funzionare.
<< Prima di tutto cerchiamo di capire la situazione. Potremmo doverci infiltrare di soppiatto, oppure basterà attaccare frontalmente… Decideremo sul momento. >> Rispose mettendole una mano sulla spalla e guardandola incoraggiante. Ma la sua risposta lasciò spiazzata la ragazza, che non riuscì a credere a quanti elementi di quella storia il Kalassiano stesse lasciando al caso. Non poterono discuterne oltre però perché quando Variel ebbe fatto ritorno, portandosi dietro la sua cassa nera, Splinter si avviò subito verso l'uscita.
<< Tu ci stai capendo qualcosa? >> Chiese Kuala a Barry, lasciando un pesante sospiro. Il Gremoniano non aveva detto una parola per tutto il tempo.
<< No. >> Rispose lui facendo schioccare le labbra. << Ed è strano, perché di solito sono io quello che prende decisioni avventate. >>
Poi il mutaforma e la zal seguirono i loro due amici fuori dall'astronave. Era mezzogiorno su Tamaran, dava una strana sensazione sapere che loro erano stati svegli già da diverse ore; per compiere una missione come quella avrebbero dovuto essere carichi di energie e pronti all'azione, ma più avanzavano e più sentivano la spossatezza del viaggio far peso su di loro. Da come parlava Splinter, sarebbe bastato poco per raggiungere il loro obiettivo, ma avrebbero dovuto rimanere concentrati prima di tutto.
Poco fuori dalla pista di atterraggio c'erano alcune guardie tamaraniane che confabulavano a bassa voce, leggermente annoiate dal fatto che non ci fosse niente da fare. Splinter, che guidava il gruppo, li chiamò a gran voce per attirare la loro attenzione.
<< Ehi, gente! >> Le due guardie si voltarono sorprese e per un momento puntarono le proprie armi contro i ragazzi, ma quando li ebbero riconosciuti si affrettarono ad abbassarle.
<< Ehi, sono i Senátit…! >> Esclamò il primo, un Tamaraniano con dei baffi folti e le sopracciglia quasi inesistenti.
<< Sta succedendo qualcosa? >> Fece finta di non sapere niente mentre si avvicinava. << Abbiamo visto una strana astronave attraccata poco distante da dove abbiamo lasciato il Falkor… >>
La seconda guardia, più giovane del primo, piantò a terra la propria lancia e rispose con tono cordiale. << Si tratta della navetta imperiale. Abbiamo ricevuto una visita da Kurand'r. >>
Splinter fece una faccia incredula, ma dentro di sé era euforico per aver fatto centro. << Quindi l'imperatrice in persona è qui, su Tamaran? >> Chiese avanzando a passo svelto.
Una delle guardie però sembrò perplessa. << Come, non lo sapete? L'imperatrice Komand'r è… >> Sembrava voler dire qualcosa di importante, ma Splinter gli passò davanti e con una pacca sulla spalla gli disse di non far sapere a nessuno del loro arrivo.
<< Anche noi vogliamo porgere i nostri omaggi all'imperatrice. >> Disse con un largo sorriso prima di avviarsi lungo la strada che portava in città, seguito dai suoi amici che affrettavano il passo e dicevano addio alle due guardie.
Le guardie non ebbero neanche il tempo di spiegarsi. I quattro viaggiatori non avevano un minuto da perdere in fondo, e se non si fossero sbrigati l’imperatrice avrebbe potuto lasciare il pianeta e il loro piano sarebbe andato in fumo. Variel, che arrancava con la sua grossa cassa, lo rimproverò per non aver neanche chiesto dove potesse trovarsi l’imperatrice.
<< Avremmo rischiato di sollevare dei sospetti. >> Rispose Splinter. << Il nostro obiettivo è il palazzo reale, per il momento. Se poi non ci sarà nessuno, chiederemo altre indicazioni una volta arrivati là… >>
Il piano di Splinter continuava a fare acqua da tutte le parti. Non c’era neanche bisogno che qualcuno glielo dicesse, benché tutti gli altri lo pensassero, ma Kuala commentò come non fosse per niente incoraggiante con quelle sue parole spensierate, mentre il vecchio Vernathiano continuò per tutto il tempo a imprecare e a lamentarsi, dicendo quanto stessero sbagliando a fare tutto quello.
Il palazzo reale era tetro e malinconico, come sempre, ma a Splinter piaceva quella sua architettura decadente; non era difficile immaginare lo splendore che potesse avere ai tempi d’oro della civiltà Tamaraniana, prima che Komand’r prendesse il potere destinando il suo popolo al declino. Il fatto che quel palazzo, nonostante tutte le tragedie capitate negli anni, si ergesse ancora fiero nel cielo della città, dava un barlume di speranza a chi come loro lottava perché tornasse la pace.
L’unico peccato era che il resto delle abitazioni non reggesse così bene il confronto con il palazzo reale e molti edifici fossero ormai fatiscenti… Così come le facce del popolo erano tristi e svuotate di speranza… Ma per qualche motivo non sembrava esserci nessuno per le strade, quel giorno.
<< Dove sono tutti? >> Commentò perplesso e un po’ allarmato Splinter, mentre avanzavano lungo la strada principale.
<< L’imperatrice potrebbe aver costretto il popolo a rintanarsi nelle proprie case? >> Propose Variel. Era un’idea verosimile, infatti per le strade non c’era anima viva, ma anche le abitazioni sembravano essere completamente vuote.
<< Non mi convince. >> Disse Kuala. << Komand’r preferirebbe vedere le espressioni di odio dei Tamaraniani mentre passa in mezzo a loro. >>
Tutto quello dipendeva dall’umore dell’imperatrice, ovviamente. Era risaputo che Komand’r fosse una monarca molto vanitosa e piena di sé, ma anche molto volubile e paranoica; bastava poco per farla adirare e a seconda dell’umore avrebbe anche potuto ordinare che tutto il popolo rimanesse chiuso in casa, nascondendosi ai loro occhi come un ladro che fugge dai suoi crimini.
Ma lungo il tragitto fino al palazzo reale non trovarono nessuno a cui chiedere delucidazioni al riguardo, e quando arrivarono al cancello ci fu solo una guardia ad attenderli. I ragazzi dissero di essere venuti per rendere omaggio all’imperatrice e quello li fece passare senza problemi, dicendo però che molto probabilmente avrebbero interrotto il banchetto organizzato in onore della principessa.
<< Nessun problema, faremo talmente in fretta che neanche se ne accorgeranno! >> Scherzò Splinter, chiedendosi nel frattempo perché la guardia avesse detto la parola "principessa". Anche gli altri pensarono che si fosse confuso, ma non si fissarono troppo su quel dettaglio e si avviarono verso il portone principale, dove improvvisamente sentirono la tensione crescere.
Forse non ci avevano pensato abbastanza approfonditamente. In fondo stavano andando a commettere un assassinio e il loro obiettivo era la persona più potente della galassia, che se solo lo avesse voluto avrebbe potuto polverizzare l'intero pianeta su cui si trovavano; che possibilità avevano loro, quattro reietti che si trovavano lì quasi per caso, di fronte a una persona così spietata?
Ma ormai era troppo tardi per i ripensamenti. Fu quando videro il grande portone aprirsi lentamente di fronte ai loro occhi che capirono che ormai potevano solo andare avanti; la decisione era stata avventata e le probabilità a loro favore erano troppo esigue perché potessero veramente sperare di riuscire nell'impresa, eppure nessuno si mosse. Erano arrivati lì assieme, e avrebbero continuato fino alla fine come una squadra!
Una volta entrati, i ragazzi furono accompagnati da dei domestici fino alla sala de banchetti, dove prima di poter entrare furono fermati e perquisiti da delle guardie con indosso le armature dell'impero; sui loro elmi si poteva vedere chiaramente il simbolo imperiale e anche i modi bruschi con cui li trattarono dimostravano come non fossero di quel posto, dove erano ben visti da tutti. Ovviamente a Variel non fu concesso di entrare con i blaster e la sua cassa sotto braccio, che era come un'armeria portatile, e Splinter fu costretto a lasciare lì la propria spada, ma nessuno notò i pugnali nascosti nello stivale e nella manica del giubbotto. Nonostante fossero quasi del tutto disarmati, i ragazzi avevano ancora una possibilità per attaccare; probabilmente Kuala, Barry e Variel sapevano che Splinter aveva con sé i due pugnali nascosti, ma non avevano idea dei piani del loro amico né se avrebbero dovuto aspettare un suo segnale prima di intervenire.
Finalmente entrarono nella sala dei banchetti, dopo aver ricevuto qualche altra occhiataccia dalle guardie imperiali, e qui gli si aprì una scena che non si sarebbero aspettati: la sala era affollata come la strada durante una giornata di mercato; ai numerosi tavoli sparsi lungo la via stavano dozzine di Tamaraniani, tutti intenti a rifocillarsi con la tipica ferocia di quel popolo, e da ogni angolo della sala si alzavano urla e canti gioiosi. In fondo alla sala, sopra a un piccolo rialzo, c'era un tavolo più piccolo dove erano sedute tre persone: il re di Tamaran e amico dei Senátit, Galfore, un pelato che non sembrava tanto felice di trovarsi lì e, in mezzo a loro, l'imperatrice.
Splinter fu il primo ad avanzare, deciso a non lasciarsi distrarre dagli sguardi sorpresi degli altri Tamaraniani nella sala. Si fece strada tra i tavoli evitando agilmente i passanti con grossi vassoi di cibarie tra le mani e solo quando fu quasi arrivato notò che l'imperatrice si era accorta della sua presenza, assieme al resto degli invitati al banchetto che si zittirono all'improvviso.
Barry, Kuala e Variel lo seguivano un po' più lentamente, ma quando Splinter si fermò di fronte al gradino che separava i reali dal popolo, si assicurarono di rimanere al suo fianco fino alla fine. Lui scrutava l'imperatrice con disprezzo, mentre lei lo fissava con curiosità, chiedendosi forse chi fosse quell'impudente che faceva irruzione alla sua festa. Poi, con un movimento meccanico delle ginocchia, Splinter si prostrò di fronte a lei, cogliendo alla sprovvista i suoi compagni che ci misero un attimo a seguirlo in quel gesto.
<< Salute a voi, imperatrice Komand'r. >> Disse Splinter tenendo lo sguardo basso. << Perdonate la nostra intrusione. Io sono Splinter di Kalass, e loro sono i miei amici e compagni di viaggio Variel, il Vernathiano, Zal di Pistil e Barry, il mutaforma di Gremon. Siamo vecchi amici del popolo Tamaraniano e quest'oggi stavamo passando solo per porgere i nostri saluti al nobile Galfore, prima di venire a sapere della vostra presenza; abbiamo così pensato che fosse dovuto porgervi i nostri omaggi, nonostante il nostro arrivo non fosse programmato. >>
Sentire Splinter parlare in quel modo fu talmente strano che Barry dovette trattenersi dal ridere, per non rovinare tutto quanto. Pochi istanti prima sembrava deciso a mettere a ferro e fuoco quel palazzo, e ora si inginocchiava di fronte all'imperatrice parlandole in quel modo così mansueto. Se non avessero saputo che doveva avere un piano, i suoi amici avrebbero pensato che se la fosse fatta sotto dalla paura.
L'imperatrice si alzò. Poterono capirlo dal rumore della sedia che strisciava e dai passi che vennero incontro a loro. Una voce femminile melodiosa cominciò a parlare, salutando i nuovi arrivati con parole accoglienti e gentili, facendosi sempre più vicina.
<< E' un onore ricevere la vostra visita, nonostante non fosse attesa. Gli amici di Galfore sono anche amici miei. >> Disse quella. << Le vostre parole mi lusingano, ma vi prego: alzatevi! Non merito tante cerimonie, e mi sentirei presa in giro a vedervi così prostrati ancora a lungo… >>
Splinter poté sentire la distanza con l'imperatrice farsi praticamente inesistente; la donna era scesa dal piedistallo su cui stava e si era fermata davanti a lui. Riuscì a vedere i suoi stivali e immaginò che fosse totalmente indifesa, probabilmente per via della sua eccessiva confidenza nelle proprie capacità, e capì che non avrebbe avuto un'occasione migliore di quella.
Senza dire una parola, tirò fuori dalla fibbia nello stivale sinistro il pugnale che aveva sistemato precedentemente; alzandosi di scatto, Splinter eseguì un giro di trecentosessanta gradi prima di puntare con forza il pugnale contro il viso dell'imperatrice, che però afferrò prontamente il suo polso, fermando la sua avanzata.
Era stato facile per lei bloccare l'attacco del Kalassiano, ma anche Splinter si era aspettato una reazione simile e per questo non esitò neanche un secondo ad alzare il braccio sinistro, dove aveva nascosto l'altro pugnale che venne spinto con forza fuori dalla manica e sotto gli sguardi increduli di tutti i presenti arrivò a pochi centimetri dal volto dell'imperatrice, prima che questa lo bloccasse tra indice e medio della mano libera.
<< Cazzo! >> Esclamò il ragazzo, rendendosi conto di non essere riuscito a coglierla di sorpresa. Avrebbe provato a scappare per portarsi in una posizione di vantaggio, ma la mano dell'imperatrice lo teneva stretto, impedendogli di andare da qualunque parte. Era come se fosse bloccato sotto a un macigno, qualunque tentativo facesse rimaneva lì dov'era.
Una serie di lance calarono da ogni lato, posando le proprie punte sulla testa del Kalassiano e su quelle dei suoi amici. Splinter sembrò sorpreso da quel comportamento delle guardie Tamaraniane e sbuffò vistosamente, chiedendo perché stessero cercando di difenderla, ma la voce che si sentì tra tutte, in mezzo alla confusione dei guerrieri che urlavano e ordinavano ai nuovi arrivati di non fare una mossa fu quella armoniosa dell'imperatrice, che chiese a tutti di non muoversi.
<< Non fategli del male! >> Supplicò con sguardo preoccupato girando la testa da un lato e dall'altro, mentre le sue mani rimanevano ferme a trattenere Splinter. Fu in questo momento che lui poté guardarla meglio, scoprendo che quella non era affatto l'imperatrice Komand'r: nonostante a una prima occhiata potesse sembrare lei, c'erano molte differenze tra questa persona e la terribile imperatrice, a partire dagli occhi verdi come smeraldi.
Komand'r era famosa per il suo comportamento sprezzante e spaccone; quella donna non si sarebbe fatta troppi problemi a lasciare che le guardie uccidessero qualcuno che aveva attentato alla sua vita come Splinter, mentre la persona che aveva davanti in quel momento non sembrava minimamente interessata a togliergli la vita. Lei aveva uno sguardo molto più gentile di Komand'r; era molto più giovane dell'imperatrice, che nonostante Splinter non avesse mai visto di persona, non poteva sicuramente mostrare meno anni di quella donna… Non era nemmeno sicuro di poterla chiamare una donna, visto come il suo viso ricordasse in qualche modo l'innocenza se non di una bambina, almeno di una ragazza della sua età.
E poi era graziosa. Non aveva mai pensato lo stesso di Komand'r, che in qualsiasi ritratto che il ragazzo avesse mai visto aveva solo risvegliato un profondo disgusto nei suoi confronti; Splinter aveva la fama di essere uno sciupafemmine, eppure non aveva mai trovato attraente l'imperatrice. Quella ragazza, invece, era veramente bella e lui ne rimase ammaliato per il resto dell'incontro, o dello scontro.
La principessa Nirihs'Oūm invece non si soffermò molto sull'aspetto del suo impertinente ospite, essendole stati appena puntati contro due pugnali. Nonostante pensasse che ci fosse stato un malinteso, non poteva fare a meno di essere un po' infastidita da tutta quella situazione.
<< Per favore, cerchiamo di mantenere tutti la calma. >> Disse con voce squillante, per far sentire tutti i presenti nella sala. L'ultima cosa che voleva era far partire un linciaggio; voleva tenere al sicuro Splinter, ma anche chiarire quella faccenda in modo pacifico. << Quando ho detto di alzarvi, non intendevo in modo così brusco! >>
Il ragazzo quasi le rise in faccia. Nirihs'Oūm sorrise, mostrando di non serbargli rancore, ma esitò ancora qualche istante a lasciare la presa sul polso di Splinter. Solo dopo aver dato delle lunghe occhiate alle lame ancora puntate su di lei ed aver chiesto gentilmente se avrebbe tentato ancora di ucciderla, la principessa si convinse a lasciare andare la mano di Splinter, che fece subito cadere i due coltelli.
Con un movimento fulmineo, alcune delle guardie del corpo di Nirihs'Oūm si fecero avanti e tirarono a sé il Kalassiano per allontanarlo dalla principessa. Lei però li pregò nuovamente di non fargli del male, e loro rimasero a pochi metri da lei con il loro prigioniero messo in ginocchio e disarmato.
Nirihs'Oūm prese un lungo respiro prima di parlare. << Credo… Che ci sia stato un malinteso. >>
Splinter annuì con aria colpevole e ascoltò in silenzio.
<< Il mio nome è Nirihs'Oūm. Sono la principessa dell'impero, nipote dell'imperatrice Komand'r. Immagino che sia perché mi avete scambiato per lei che volevate uccidermi… >>
<< Coglione. >> Disse Barry alzando la testa per un momento, quasi a volerlo prendere in giro. Una guardia gli diede un colpetto sulla nuca per farlo stare zitto, ma questo non aveva altro da dire.
Fu Splinter a rispondere stizzito:<< Bello, chiudi il becco! Va bene? >>
<< Silenzio! >> Tuonò la principessa assumendo un tono autoritario, che mal le si addiceva. Lei stessa si sentì fuori posto e aggiunse sottovoce:<< Per favore… >>
Gli ospiti, che fino a quel momento avevano avuto bisogno delle guardie per stare fermi, erano ora delle statue; le loro espressioni mostravano tutta la sorpresa di vedere una ragazza così giovane e timida all'apparenza che prendeva il controllo della situazione con tanta forza. Ma soprattutto, furono sconvolti dalla gentilezza con cui gli si rivolse subito dopo.
<< Mi dispiace, principessa. >> Disse Splinter abbassando la testa con rispetto, dopo aver mandato un'ultima occhiataccia al suo compagno. << Il mio comportamento le sarà sembrato inadatto a una situazione come questa e ha ragione quando dice che si è trattato di un malinteso. Per l'intera mattinata abbiamo pensato che in visita sul pianeta si trovasse l'imperatrice Komand'r e anche se si tratterebbe di un crimine, era lei l'obiettivo del nostro attacco. Non avendovi distinta da lei, ho attaccato a testa bassa, ma le assicuro che se al suo posto ci fosse stata l'imperatrice non mi sarei pentito del mio gesto! >>
Nirihs'Oūm rimase colpita da quelle parole. Ci voleva un gran coraggio ad ammettere tutto quello nonostante avrebbe potuto anche costargli la vita; soprattutto, non riuscì a percepire un briciolo di falsità nella sua voce: le intenzioni di quel ragazzo erano pure, qualunque fossero. E Nirihs'Oūm non poteva che apprezzare qualcuno capace di alzare la propria voce contro sua zia.
<< Comprendo il motivo di una tale svista, e posso capire anche i motivi che ti hanno portato a commettere un'azione così… >> Disse la principessa unendo le mani e facendo salire la tensione nel discorso come se dovesse dare un annuncio importante. << Ma temo di dovervi dare delle notizie che, anche se non saranno sgradite, potrebbero recarvi un forte imbarazzo. >>
Splinter cominciò a sudare freddo. Deglutì vistosamente, ma non si tirò indietro. << Mi dica quello che deve dire, sua altezza. >> La incitò abbassando ancora di più la testa.
Nirihs'Oūm lo fissò dall'alto con aria costernata mentre, alle sue spalle, i suoi amici pregavano per lui che la sentenza non fosse troppo dura. Ma la ragazza non aveva una punizione per Splinter, né alcuna ramanzina da fargli; con il sorriso, fece indietreggiare le guardie e aiutò personalmente il ragazzo a mettersi in piedi. << Mia zia, l'imperatrice Komand'r, è già morta da alcune settimane. Il vostro gesto sarebbe stato inutile in ogni caso. >>
Sconvolto da quella rivelazione, Splinter non poté fare altro che esalare un'esclamazione incredula mentre il volto solare della principessa gli sorrideva da così vicino. Ci furono dei mormorii tra i presenti, ma nessuno sembrò sorpreso come i viaggiatori del Falkor, che cercarono di capire dagli sguardi delle persone nella sala se quello che diceva la ragazza fosse vero.
Era tutto vero. Nirihs'Oūm avrebbe anche raccontato la storia con calma, immaginando che non fossero aggiornati sugli ultimi avvenimenti nell'impero, ma l'intervento di Uktar interruppe tutto quanto.
<< Principessa, quest'uomo ha tentato di ucciderla! >> Esclamò scendendo dal rialzo dove era messo il suo tavolo. Si posizionò di fronte a lei quasi dando le spalle a Splinter e disse con tono estremamente serio:<< Merita la morte! >>
<< Non sia ridicolo, Uktar. >> Rispose con tranquillità lei, abituata a discutere con il suo polemico consigliere. << Si è trattato solo di un grosso malinteso. E non ho intenzione di punire qualcuno per aver provato ad assassinare una persona già morta. >>
<< Ha provato ad assassinare voi! >> Esclamò adirato, impuntandosi e cercando di far valere in quella discussione l'unico fattore in cui superava la giovane: l'altezza. Uktar infatti era molto più alto di lei, nonostante non arrivasse neanche a una spalla di Galfore, e poteva guardarla dall'alto senza problemi, pur restando piegato in segno di sottomissione per la maggior parte del tempo.
<< E non posso che ammirarlo per averci provato. >> Ribatté a tono la principessa. << Ma adesso che è tutto sotto controllo e abbiamo chiarito questo disguido, non vedo il motivo per cui dovremmo accanirci su di lui. >>
Uktar però non sembrava soddisfatto del modo in cui Nirihs'Oūm aveva risolto la faccenda. Alzò un dito con fare teatrale, ma sembrò più un bambino viziato che sbatteva i piedi per farsi sentire, e disse:<< Quest'uomo è un sovversivo! Il suo intento è distruggere il nostro impero. Non è un amico da accogliere a braccia aperte! >>
Nirihs'Oūm si voltò e squadrò Splinter, che rispose con un sorrisetto preoccupato. Poi tornò a guardare Uktar e con tono che non ammetteva altre repliche disse:<< Splinter ha detto di essere grande amico di Galfore e del popolo Tamaraniano. Non ho intenzione di rovinare questo legame di fiducia per uno stupido malinteso: lui e i suoi compagni saranno nostri ospiti, e questo è quanto! >>
<< Ma… >> Uktar, esausto e ansante, cercò di rispondere ancora una volta alla ragazza, ma questa lo zittì in fretta, stanca di continuare quella discussione. Quindi decise di ignorarlo completamente e andò dal ragazzo per restituirgli i pugnali.
<< E comunque non avresti avuto speranze. >> Aggiunse con un sorrisetto la principessa mentre porgeva i due coltelli a Splinter.
<< Con Komand'r? >> Chiese lui riponendo le armi ai propri posti.
<< No. >> Disse lei, e poi se ne andò.
Splinter la guardò perplesso. Non capì per quale motivo quella ragazza così diversa dall'imperatrice riuscisse a dare ordini con tanta semplicità e a farsi amare dal popolo allo stesso tempo. La vide mentre tornava al proprio posto e ordinava ad alcune guardie di scortare lui e i suoi amici nelle stanze degli ospiti, dicendo che avrebbero potuto riposare e anche unirsi al banchetto di quella sera, se lo avrebbero voluto.
La vide ancora di più, regale e splendente, mentre veniva accompagnato fuori dalla sala da pranzo cercando di stendersi per cogliere ancora per qualche secondo il suo viso, ma alla fine dovette arrendersi all'idea che probabilmente non l'avrebbe potuta più ammirare come quando era arrivata a pochi centimetri dal suo volto. Tuttavia, nell'ultimo momento che riuscì a scorgere il suo viso, Splinter la vide girarsi leggermente verso di lui e sorridere. Non riuscì a decifrare quel sorriso, ma gli rimase impresso nella mente per il resto della giornata.
Quando furono portati nelle stanze assegnate a loro e i ragazzi furono rimasti da soli, la tensione che si era impadronita di loro svanì di colpo. Barry si gettò a peso morto su uno dei letti della camera mentre Variel e Kuala cominciavano ad esaminare la stanza; Splinter, che era ancora con la testa tra le nuvole, si affacciò a una finestra che dava su un grande cortile con all'interno dei giardini in cui era attivo un elaborato sistema di irrigazione. Quando la ragazza si accorse che il suo amico non stava facendo niente, pensò di richiamarlo tra loro.
<< Complimenti, capo! Davvero un ottimo piano. >> La voce di Kuala fece sobbalzare il ragazzo, che si girò di scatto chiedendosi se stesse parlando con lui.
Variel si unì alla conversazione. << Già. Due pugnali nascosti e un attacco a sorpresa, era questa la tua grande strategia per uccidere l'imperatrice? >>
<< Che cosa? >> Chiese il Kalassiano, ancora non del tutto concentrato per capire di cosa stessero parlando.
La ragazza sbuffò. << Siamo fortunati che quella non fosse Komand'r, altrimenti a quest'ora staremmo facendo da concime ai fiori! >>
<< Oh. >> Splinter annuì pensieroso, poi si voltò di nuovo e guardò fuori dalla finestra. Fiori, come quelli che vedeva da lassù…
Il suo piano non era stato il migliore effettivamente, ma non credeva che ci sarebbe stato altro da fare; l'idea di uccidere Komand'r era impensabile, però si sarebbe odiato se avesse semplicemente deciso di andare via senza nemmeno aver provato a fare qualcosa… E adesso scoprivano che l'imperatrice era già morta! Tutta quella storia sembrava una barzelletta.
<< Devi ringraziare che la principessa ha voluto essere clemente con te. >> Disse Variel alzando un dito.
<< Sì, bé, anche voi l'avreste scambiata per l'imperatrice! >> Ribatté seccato Splinter, sentendo di non meritare tutti quei rimproveri. Si voltò nuovamente, poggiando le mani pesantemente sul davanzale della finestra e lanciò un'occhiata scontrosa ai due che lo stavano rimproverando. << Avete visto quanto le somigliava! E' la nipote, e poi quante persone avrebbero potuto trovarsi in quella posizione, oltre a Komand'r? >>
I tre che erano con lui nella stanza rimasero in silenzio. Splinter aspettò qualche secondo per vedere se qualcuno avrebbe risposto, ma alla fine rivelò ciò che intendeva dire.
<< La sua diretta discendente, forse l'unica! Quella ragazza dovrà succedere a Komand'r, ora che lei è morta. >>
<< Aspetta. >> Disse Kuala avvicinandosi. Tutto a un tratto abbassò la voce, temendo che qualcuno al di fuori di loro quattro potesse sentire quelle parole. << Stai dicendo che sapevi che non era lei? E hai tentato di ucciderla lo stesso? >>
Splinter la guardò serio per un secondo prima di annuire in silenzio.
<< Ma perché lo hai fatto? >> Chiese Barry, tirandosi su dal letto e guardandolo stranito.
Splinter non rispose subito; si girò ad osservare la stanza, con i suoi mobili antichi e decorati con argento delle miniere di Tamaran, con dettagli alle pareti di alcuni simboli tamaraniani che aveva già visto tante volte in passato, superando con lo sguardo il letto rimasto libero accanto a quello di Barry e finendo per guardare il proprio riflesso nello specchio sopra alla grande cassettiera in fondo alla stanza. << Ho solo pensato che fosse meglio liberarsi di un altro tiranno, prima di vederlo diventare tale. >>
I ragazzi del Falkor si guardarono tra loro in silenzio. La risposta tetra di Splinter li aveva riportati con i piedi per terra: anche se quella ragazza si era mostrata gentile e li aveva accolti a palazzo, restava sempre la principessa di un impero costruito sul sangue e sulla schiavitù di centinaia di popoli, che inevitabilmente avrebbe finito per prendere il posto della zia che aveva seminato distruzione per la galassia; la morte di Komand'r non era una buona notizia, non finché ci sarebbe stato qualcun altro pronto a prendere il suo posto in quella macchina infernale.
<< Ma dai! >> Sbottò Barry agitando una mano. Piegò la schiena indietro e rimase a reggersi con un solo braccio, mentre sorrideva con saccenza guardando il suo amico Splinter. << Non ha niente di Komand'r! Hai visto come parlava? E i Tamaraniani sembrano adorarla, quindi è escluso che sia un'altra folle come lei. >>
Splinter sostenne il suo sguardo senza reagire ai suoi sorrisetti. << Può darsi, ma il potere dà alla testa a chiunque. Non puoi sapere che cosa stia architettando… >>
<< Per quanto ne sappiamo, potrebbe anche essere stata lei a uccidere Komand'r in modo da ereditare il trono. >> Aggiunse Variel con le braccia incrociate. << Questa gente pensa in modo diverso, in fondo… Per loro il potere è tutto. >>
<< Esatto. >> Disse Splinter. << E se c'è il rischio che questo impero cada di nuovo nelle mani di un mostro, dobbiamo trovare un modo per impedirlo! >>
Quelle parole suonarono molto decise, quasi come se Splinter fosse già pronto a prendere le armi e tornare indietro per finire il lavoro che aveva iniziato quando era sceso dal Falkor, però l'immagine della principessa gentile che gli sorrideva come se fosse un suo vecchio amico continuava a distrarlo e più il tempo passava, più il ragazzo sperava che quella ragazza fosse veramente come aveva detto Barry…

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Capitolo 8
*** Là fuori, nell'universo ***


Rimanere a leggere nella propria camera era tutto quello che Splinter poteva fare. Variel era tornato sul Falkor assieme a Kuala per raccogliere un po' delle loro cose da portare a palazzo, visto che probabilmente si sarebbero fermati là ancora un po', e avrebbero fatto tardi per riparare i pezzi danneggiati durante l'ultimo scontro nello spazio; sarebbe potuto andare con loro, ma pensava che sarebbe stato un lavoro seccante e avrebbe preferito mettere le mani sui nuovi componenti sin da subito. Barry era uscito a passeggiare per le strade della città, diceva che avrebbe visitato il mercato cittadino e avrebbe cercato di raccogliere qualche informazione sulla principessa, ma Splinter sapeva che si sarebbe perso a cazzeggiare fino alla noia e sarebbe tornato a palazzo una volta stanco.
Lui non aveva bisogno di riposare, sprizzava energia da tutti i pori! Però non riusciva a tirare fuori la determinazione per convogliarla in niente… Continuava a pensare, distratto dal sorriso della principessa di Tamaran, e intanto sfogliava le pagine del piccolo romanzo che aveva trovato su una scrivania nella sua camera. Parlava di una leggenda tamaraniana e da dove sembrassero derivare i poteri dei Tamaraniani; una storia che riuniva diversi temi, tra cui la religione e la spiritualità, cose di cui lui non era particolarmente appassionato.
Leggeva distrattamente quando alla porta risuonarono un paio di colpi leggeri. Se non fosse stato completamente in silenzio, Splinter non li avrebbe sentiti.
<< E' aperto. >> Disse senza pensarci, ma la porta rimase chiusa.
<< Sono Nirihs'Oūm. >> Disse una voce ovattata dall'altro lato.
<< Chi? >> Rispose lui alzando lo sguardo, confuso. Quel nome non gli diceva niente.
Ci fu silenzio per un paio di secondi, poi la stessa voce ovattata di prima tornò con tono imbarazzato:<< La principessa. >>
Splinter si alzò in un istante, lanciandosi dalla poltrona dove era seduto e arrivando di fronte alla porta per aprirla, mostrando il proprio volto abbagliato alla ragazza dagli occhi di smeraldo. Non riuscì a credere che la principessa fosse andata a trovarlo di persona, poche ore dopo del loro primo, rocambolesco incontro; avrebbe pensato che non avrebbe più voluto avvicinarsi a lui senza una scorta, ma invece lei era lì, e gli sorrideva con imbarazzo come se fosse una persona normale.
<< Chiedo scusa, avrei dovuto annunciare prima il mio nome… >> Borbottò soffocando una risatina. In effetti Splinter non poteva essere incolpato di non aver riconosciuto la sua voce, dopo averla sentita solo una volta e senza che questa si fosse presentata alla porta, eppure sentì lo stesso il bisogno di scusarsi.
Ci mise qualche altro secondo a riorganizzare i pensieri, però. Quando la vide esitare sulla porta, Splinter si fece da parte e invitò la principessa ad entrare, ma Nirihs'Oūm girò la testa da un lato all'altro e come se volesse solo dare un'occhiata veloce alla stanza disse:<< Conosco già queste stanze. La mia non è molto diversa da questa, e non è certo per sedermi su una poltrona diversa che sono venuta qui… >>
Spiazzato, Splinter balbettò qualcosa di incomprensibile prima di riprendere il controllo del proprio linguaggio e riuscire finalmente a parlare. << E' venuta qui per fare visita alla mia squadra, giusto? >>
Nirihs'Oūm sorrise. << Sono venuta per parlare un po'… Da quanto ho capito, tu e i tuoi amici avete viaggiato in lungo e in largo nella galassia e il tuo racconto mi ha intrigata molto. >>
Splinter fece un piccolo inchino, ma cercò di non esagerare con le cerimonie. << Purtroppo gli altri non sono qui adesso; loro avrebbero potuto soddisfare la sua curiosità molto meglio di me. >>
<< Oh, mi va bene cominciare poco a poco. >> Rispose lei, mostrando di non avere alcuna intenzione di andarsene in quel momento. << E poi tra tutti, sei stato proprio tu a incuriosirmi di più, Splinter. Camminiamo un po'? >> Finito di parlare si girò dall'altra parte indicando lungo il corridoio in cui si trovava e mostrando un sorriso accomodante al suo ospite.
Senza nemmeno pensarci, Splinter fece un passo fuori dalla stanza e richiuse la porta alle proprie spalle per seguire la bella principessa ovunque volesse. Scoprì nei minuti seguenti che Nirihs'Oūm era una persona molto taciturna, ma che dai modi in cui si esprimeva lasciava trasparire una voglia irrefrenabile di scoprire nuove cose. Aspettò di essere all'aperto per fare altre domande; lei e il suo ospite arrivarono su una terrazza addobbata con un piccolo gazebo, delle sedie dall'aspetto molto semplice e delle composizioni floreali che si estendevano in verticale su alcuni sostegni che avevano completamente ricoperto, formando dei veri e propri muri profumati.
<< Tu e i tuoi compagni siete amici di Galfore, dico bene? >> Disse la voce della principessa, che si era diretta verso la balaustra in pietra bianca al limite della terrazza. Splinter era ancora fermo a osservare i fiori e quando si sentì chiamare si girò di scatto verso di lei.
<< E' una lunga storia. >> Disse dopo essersi ricomposto rapidamente. << Siamo diventati amici di tutto il popolo Tamaraniano, in un certo senso… >>
Nirihs'Oūm sembrò soddisfatta di quella risposta. << Lui era il tutore di mia madre. >> Disse guardando lontano, poggiando la schiena alla ringhiera.
<< Di Komand'r? >> Quella domanda all’apparenza innocente andò a colpire dritto su una ferita ancora non del tutto sanata; la serenità che attraversava il volto di Nirihs'Oūm fu spazzata via in un istante. La ragazza non si infuriò con Splinter perché lui non aveva nessuna colpa in quella storia e stava solo cercando di conoscerla meglio, ma si girò dall'altra parte e cominciò a battere un dito con nervosismo sulla balaustra per mostrare il proprio disagio.
<< Ho detto qualcosa che non va? >> Chiese Splinter, che notò subito il cambiamento nell’umore della principessa.
Nirihs'Oūm inspirò ed espirò profondamente. La guancia cominciò a pizzicarle, ma dopo averci passato sopra la mano con rapidità riuscì ad attenuare quella sensazione e poté rispondere con calma al ragazzo; non era colpa sua, continuava a ripetersi, ma non riusciva neanche ad ignorare quella sensazione così sgradevole che le dava l’idea di essere considerata la figlia di Komand’r.
<< No. >> Rispose alla fine, dopo aver spinto con forza l'aria fuori dalle narici. Poi si voltò e rivolgendo un sorriso amabile al ragazzo disse:<< Però ti prego di non riferirti mai più a Komand'r come mia madre. >>
Perplesso, Splinter ci mise un attimo ad annuire e anche quando lo fece la sua risposta sembrò poco convinta. << D'accordo, principessa… >>
Nirihs'Oūm sbuffò vistosamente non appena lo sentì rispondere a quel modo. << E smettila di chiamarmi principessa! Il mio nome ora lo sai, spero che te lo ricordi! Basta con queste formalità! >> Sembrava aver già dimenticato quel malinteso, mentre gli sorrideva amichevolmente.
Splinter deglutì con nervosismo e annuì più vigorosamente di prima. << Va bene. >> Disse con voce meccanica, senza però perdere il tono di rispetto che le aveva riservato fino a quel momento. Nirihs'Oūm si stava divertendo a vedere l'impegno che stava mettendo il suo ospite per non contrariarla, continuando però a mantenere un filtro di rispetto tra loro due quando parlava; in altri momenti quel comportamento le avrebbe dato fastidio, ma in quel caso non aveva niente contro a Splinter e quel suo modo di fare impacciato non le dispiaceva.
<< Molto bene. >> Disse alla fine la ragazza voltandosi verso l'esterno della terrazza e poggiando i gomiti sul parapetto. Il cielo rosso di Tamaran era pieno di nuvole che forse avrebbero finito per portare tempesta durante la notte, ma in quel momento creavano uno spettacolo che era una meraviglia per gli occhi, con la città in controluce che appariva come un cumulo di spuntoni e guglie scure e minacciose. Dopo essersi immersa in quel panorama per qualche secondo, Nirihs'Oūm tornò a porre domande a Splinter:<< Da dove vieni? >>
Il ragazzo assunse una posizione simile a quella della principessa e cominciò a guardare verso l'orizzonte. Si aspettava una domanda simile, eppure lo prese comunque alla sprovvista. << Sono un Kalassiano, ma sono cresciuto lontano dalla mia terra di origine… Io e il mio amico Barry ci conosciamo da sempre ed è sul suo pianeta, Gremon, che ho passato la mia infanzia. >>
<< Barry è il ragazzo con il ciuffo? >> Intervenne Nirihs'Oūm sogghignando.
Splinter annuì, colto di nuovo alla sprovvista. << Sì, capelli blu, pelle scura… E uno stile nel vestire molto discutibile. >> Con grande stupore, si ritrovò a usare un tono sarcastico con la principessa senza neanche pensarci; dopo di quello gli sembrò di diventare molto più sciolto mentre conversava, ma continuò ad essere molto attento a quello che diceva.
Nirihs'Oūm sembrò apprezzare quella sua spontaneità. << Sembra un tipo divertente. >> Disse ripensando a come, nonostante la situazione delicata dopo il fallimento dell’attentato, non avesse perso tempo per prendere in giro il suo amico a causa della sua svista.
Splinter fece una risatina. << Sì, ma di solito è lui quello a finire nei guai al posto mio. >>
Nirihs'Oūm rise più forte di Splinter, quasi troppo per la battuta del ragazzo. Ma lei non rideva per le disavventure dei due amici; era l'idea di un'amicizia così forte da far comportare due persone in quel modo, anche in una situazione di vita e di morte come quella in cui si erano trovati quella mattina, che la riempiva di allegria.
Splinter rimase in silenzio e si concesse un'altra risatina quando notò che le risate di Nirihs'Oūm continuavano, quindi quando questa si fu calmata azzardò una vera battuta:<< Se ti fa ridere tanto solo sentirne parlare, aspetta di conoscerlo di persona! >>
Nirihs'Oūm rise di nuovo. Questa volta fu una risata più terrena; non era spontanea e libera come quella di prima, ma sembrò ugualmente genuina alle orecchie di Splinter. Per qualche momento le risate dei due furono l’unico suono che si poté udire in cima alla terrazza; poi entrambi si calmarono e le risate scemarono in modo graduale.
<< Quindi vi conoscete da tanto tempo. E' lo stesso anche per gli altri del vostro gruppo? >> Chiese Nirihs'Oūm mantenendo un sorriso contento.
Splinter scosse la testa e cercò di ricordare quanto tempo fosse passato dal suo primo incontro con gli altri membri della squadra. << No. Variel e Kuala li abbiamo conosciuti più tardi. La nave con cui viaggiamo, il Falkor, è di quel brontolone Vernathiano. Sei mai stata su Vernathia? >>
La ragazza scosse la testa. << Ne ho solo sentito parlare. >> Ed era così: nei suoi studi aveva incontrato il nome di quel pianeta alcune volte, senza mai leggere molto sulla sua storia. Come molti altri pianeti, sembrava che fosse stato conquistato da Komand'r "per ribadire la sua superiorità su quel popolo di arroganti vermi." Non aveva idea a che cosa si riferisse quella frase, ma sembrava che fosse la norma per Komand'r conquistare e sottomettere popolazioni di alieni che si credevano superiori a lei.
<< E' davvero un posto magnifico. >> Disse Splinter con un ampio sorriso. << E' uno di quei luoghi dove puoi veramente sentirti a casa… Ti consiglio veramente di andarci almeno una volta nella vita! >>
Nirihs'Oūm guardò giù. << Sarebbe bello… >> Mormorò, sapendo che forse non ci sarebbe mai andata. Per anni era stata costretta a vivere dentro le mura di un palazzo che non avrebbe mai sentito come casa propria, e se fosse dovuta diventare imperatrice come aveva auspicato sua zia, avrebbe finito per tornare ad essere di nuovo una prigioniera.
Splinter osservò il suo profilo mentre guardava in basso e cominciò a sentirsi in colpa per aver pensato che quella ragazza potesse diventare una persona malvagia come la zia: i suoi tratti delicati del viso non riuscivano a nascondere una malinconia che il Kalassiano aveva raramente visto in altri volti, e l'espressione naturale del suo volto trasmetteva una bontà difficile da simulare. Più la guardava, più si convinceva che quella ragazza stesse veramente cercando di essere la persona migliore possibile, nonostante le proprie radici – o proprio a causa di queste.
<< E la ragazza? >> Chiese di colpo Nirihs'Oūm, alzando la testa e voltandosi verso di lui.
Splinter fu colto alla sprovvista da quel cambio di umore repentino. << La ragazza? >> Confabulò perplesso, ancora perso nei suoi pensieri.
Nirihs'Oūm rise. << La ragazza che viaggia con voi. Corporatura minuta, capelli verdi che le ricadono sul viso, occhi vispi… >>
<< Oh. >> Disse Splinter, riconoscendo nella descrizione la sua amica Zal. << Giusto, Kuala. L'abbiamo conosciuta sul suo pianeta natale alcuni anni fa. E' una persona davvero forte, ha dei poteri davvero straordinari! >>
<< Poteri? >> Chiese Nirihs'Oūm, sempre più interessata. << Che tipo di poteri? >>
Splinter sorrise con aria di superiorità. << Lei è una "bambina prodigio", o qualcosa del genere… Sul suo pianeta chiamano così quelli che nascono con dei poteri speciali. Lei è capace di solidificare l'aria al tatto. >>
Incuriosita, Nirihs'Oūm si fece un po' più vicina. << Come funziona? >>
<< Non l'ho ancora capito bene, ma si tratta di una cosa davvero molto utile. Dovresti vederla in azione, capiresti al volo di che si tratta! >> Rispose Splinter, facendosi più vicino a sua volta.
Nirihs'Oūm fischiò intrigata, poi girò la testa e chiuse gli occhi per godersi un po' la brezza che colpì la terrazza in quel momento. Quando li riaprì, Splinter era nuovamente imbambolato con lo sguardo fisso su di lei.
<< Qualcun altro di voi ha dei superpoteri? >> Chiese ignorando l'aria svampita del suo ospite. << Tu, per esempio? Non mi sembra di averti visto fare niente di fuori dal comune, oggi al banchetto. >>
Splinter arrossì imbarazzato al pensiero di quello che era successo quella mattina, durante il loro primo incontro. << No, io non ho nessun potere speciale… La gente di Kalass non ha superpoteri. >> Disse distogliendo lo sguardo per respirare un po'. << Però sono un bravo spadaccino… E mi alleno nella lotta corpo a corpo costantemente. L'dea di non essere di aiuto alla mia squadra è insopportabile, quindi mi impegno ogni giorno a superare i miei limiti! >>
Nirihs'Oūm piegò la testa di lato e lo fissò in silenzio. Le era sembrato triste mentre parlava del suo non avere dei poteri, ma il modo in cui cambiò tono della voce riferendosi a voler superare i propri limiti la fece sorridere. << Capisco come ti senti. >>
<< Cosa? >> Chiese lui girandosi di nuovo. << Come? Tu sei una Tamaraniana, giusto? >>
<< Sì… E no. >> Fu la risposta di Nirihs'Oūm, che fece andare lo sguardo da una parte all’altra con aria misteriosa prima di appoggiarsi nuovamente alla balaustra per godersi una nuova folata di vento che le accarezzò il viso. << Mia madre era la principessa di questo pianeta, ma mio padre era un normale essere umano di un pianeta lontano. Lì era raro possedere dei superpoteri, e sembra che i miei si siano manifestati in ritardo proprio per questo. >>
Splinter annuì pensieroso. << E quindi, mentre tua madre riusciva a fare cose incredibili grazie ai suoi poteri, tu ti sentivi inutile perché non potevi fare niente del genere. >>
Nirihs'Oūm si girò con un sorriso beato in volto, assaporando ancora l'aria fresca del pomeriggio. << Più o meno. >> Rispose. << La mia famiglia era composta da individui molto singolari… Anche mio padre, che non aveva nessun potere, era un grande guerriero. Volevo essere come lui, per questo mi sono allenata tantissimo imitando il suo stile di combattimento. >>
<< E poi sono arrivati i poteri tamaraniani… >> Disse sorridendo Splinter, pensando di fare un semplice commento amichevole. Ma Nirihs'Oūm non sorrise allo stesso modo; al contrario, si incupì.
<< Già… >> Sussurrò. << Troppo tardi, però. >>
Splinter notò il cambiamento di umore della principessa, ma non seppe cosa dire. Non la conosceva abbastanza per pensare di poterla consolare e non era nemmeno sicuro di riuscire a decifrare correttamente il suo umore. Alla fine lo prese alla sprovvista, voltandosi di scatto verso di lui e cambiando argomento.
<< Ma dimmi qualcos'altro di te! Sei un pirata spaziale? >> Esclamò piena di entusiasmo.
Splinter rimase senza parole per qualche momento e sentì di nuovo la faccia di lei estremamente vicina. Dopo aver fatto un passo indietro ed essersi ricomposto, strinse le spalle e disse:<< Non proprio… Non mi considererei un pirata, se non fosse che, agli occhi dell'impero è esattamente quello che sono. >> Dopo qualche istante si portò una mano alla bocca con sorpresa. << Non dovevo dirlo. >> Disse atono guardando con terrore la principessa.
Lei rise. << Tranquillo, qui nessuno ti arresterà per aver protestato contro un regime tirannico. >> Poi assunse un sorriso malinconico e guardò lontano.
Splinter questa volta riuscì a decifrare con precisione l'espressione di Nirihs'Oūm, e gli venne anche spontaneo come rispondere. << Non ti capisco. >>
Nirihs'Oūm alzò lo sguardo confusa e disse:<< Prego? >>
Splinter sbuffò. << Sei completamente diversa da come ti avevo immaginato. >>
L'espressione che comparve sul volto di Nirihs'Oūm fu un misto di offesa e perplessità. Avrebbe detto che le persone non erano mai come ce le si immaginava, ma invece chiese:<< E come mi avevi immaginato? >>
Il ragazzo esitò, pensando di star diventando troppo impertinente, ma in fondo era stata la principessa a dirgli di parlare liberamente. Si prese un momento per scegliere con cura le parole con cui descrivere l'immagine che si era fatto di Nirihs'Oūm, poi strinse le spalle e parlò:<< Per cominciare, credevo che avessi un comportamento più "da principessa"… Schizzinosa, eccessivamente educata, abituata a comandare… La classica ragazzina viziata, no? >>
<< Non capisco perché una principessa dovrebbe avere queste qualità lusinghiere… >> Mormorò la ragazza con un tono sarcastico, ma si stava segretamente divertendo a sentire del ritratto che Splinter sembrava averle fatto.
Lui si fermò un istante, interrotto dalla principessa, poi ripartì. << Ma è per via del fatto che tu fossi nipote di Komand'r che ho pensato che saresti stata molto diversa… Più simile a lei, se capisci cosa intendo. >>
Ancora una volta, Nirihs'Oūm abbassò lo sguardo con dispiacere. Sapeva che il nome di sua zia avrebbe sempre preceduto il suo e sarebbe bastato a presentarla a tutti in un unico modo: la conquistatrice. Pensava che ci avrebbe fatto l'abitudine, ma il tempo passato su Tamaran, dove tutti sapevano chi era veramente, aveva alterato la sua visione: lei sarebbe sempre stata la nipote di Komand'r, qualunque tentativo di nascondersi sarebbe stato inutile.
Lo sguardo di Splinter si spense gradualmente. Si sentì nuovamente in colpa per aver detto quelle cose, pur sapendo ormai che avrebbero potuto ferire l’animo della principessa. << Scusa se te lo chiedo… Ma per caso non sei in buoni rapporti con tua zia? >> Mormorò costernato.
Nirihs'Oūm rimase in silenzio così a lungo da fargli pensare che non avrebbe risposto. Splinter pensò che forse non erano affari suoi; se Nirihs'Oūm aveva reagito male ogni volta che lui aveva nominato sua zia, significava che solamente il suo nome era capace di risvegliare ricordi molto tristi, e probabilmente non era abbastanza in confidenza con lei per essere messo al corrente dei fatti.
Ma poi la principessa trovò il coraggio per aprirsi a quello sconosciuto. << Quando avevo sette anni, mi portò via dalla mia casa. Sono cresciuta in un ambiente dove ero una principessa, ogni mio desiderio sarebbe stato esaudito, ma sono anche diventata la sua prigioniera… Ogni giorno, con la scusa di allenarmi per farmi diventare una guerriera perfetta, mia zia mi malmenava e mi torturava. Continuava a ripetermi che non ero alla sua altezza e mi spediva nelle mie stanze senza nemmeno curare le mie ferite e spesso mi addormentavo piangendo per tutto il dolore che provavo, costretta a nascondere le mie lacrime per non essere punita ulteriormente.
<< Non mi era concesso avere amici, non potevo uscire dal palazzo e anche quando partecipavamo a delle cerimonie, io ero solo un elemento di contorno. Non potevo conversare con gli ospiti perché avrei portato disonore al nome di mia zia, ma a lei era permesso mostrarmi a tutti quanti con orgoglio; la sua progenie, il suo grande tesoro. Ero poco più che un altro trofeo da esporre in faccia a chiunque si sarebbe bevuto qualsiasi stronzata pur di ricevere la sua benevolenza. Mia zia viaggiava in ogni angolo della galassia, prendendo parte a operazioni di guerra, partecipando a cerimonie in suo onore ed espandendo i confini del suo impero; nel frattempo mentre tutti a corte vivevano nel lusso e i suoi consiglieri più fedeli avevano tutto quello che volevano, forse addirittura la sua stima. Io, invece, dovevo restare rinchiusa a palazzo e la donna che mi aveva cresciuta di sua spontanea volontà non voleva nemmeno occuparsi più di me. >>
Nirihs'Oūm fece una pausa. I suoi occhi avevano cominciato a lacrimare copiosamente, ma per fortuna era riuscita ad asciugarsi il volto prima che Splinter la notasse. Il ragazzo, in difficoltà di fronte a quella storia così complicata, si portò le mani ai fianchi e rimase a guardare l'orizzonte con aria costernata, indeciso su quali parole usare.
<< Quindi, quando lei è morta, tu ti sarai sentita finalmente libera… >> Disse alla fine.
Nirihs'Oūm lo guardò scuotendo la testa e chiese con un sorriso divertito:<< Non pensi che sia sconveniente dire queste cose a una persona che ha appena subito un lutto? >>
Splinter si rese conto di quanto stesse esagerando a prendersi certe libertà. Ovviamente quella cosa che aveva detto sarebbe stata una cosa orribile, ma dopo aver sentito la storia di Nirihs'Oūm pensava che nessuno avrebbe potuto biasimarla per aver reagito così. Divenne rosso in viso e per cercare di nascondere il proprio imbarazzo si passò una mano sul collo sudato e distolse lo sguardo.
La principessa tornò a guardare davanti a sé senza aspettare una risposta. << Però hai ragione. >> Disse con voce triste. << Credevo che, finalmente, sarei potuta andare ovunque e scoprire ogni genere di cosa che durante la mia infanzia mi era stata negata… In tutti questi anni ho pensato che se avessi avuto pazienza, un giorno sarei stata ricompensata… Ma poi è saltato fuori un testamento, e da principessa sono diventata futura imperatrice. >>
Il Kalassiano si voltò di scatto verso di lei. Improvvisamente, sembrò cambiare tutto tra loro; i suoi dubbi sulla successione al trono tornarono con insistenza e per un attimo rimase a fissare con sdegno la ragazza che aveva accanto, che gli rivolse uno sguardo confuso per tutta risposta. L'idea che forse quella ragazza non fosse tanto male gli piaceva, ma Splinter si sentì un ingenuo per aver pensato che potesse esserci qualche speranza; era ovvio che sarebbe andata così, e Nirihs'Oūm doveva sicuramente star aspettando con trepidazione il momento dell'incoronazione…
Fingendo indifferenza, il Kalassiano tornò ad appoggiare i gomiti alla balaustra e guardò in avanti. << Allora forse dovrei essere più rispettoso nei tuoi confronti… >>
<< Per favore, no! >> Rispose lei sbuffando. << E' così irritante sentire tutte quelle persone che si inchinano e mi chiamano "sua altezza"… Con te non sono costretta a tenere alzato nessun muro, e sento che il tuo rispetto nei miei confronti è genuino. >>
Nirihs'Oūm sorrise e per un attimo Splinter arrossì di nuovo. Era veramente così? Pensava di essersi comportato come una spia che cercava di raccogliere più informazioni possibile, dicendole quello che volesse sentire senza mai impegnarsi molto per sembrare gentile…
Cercando di non mostrare quell'imbarazzo, Splinter distolse lo sguardo e cercò di andare avanti nella conversazione. << Allora… Quel banchetto di oggi era per festeggiare la notizia dell'incoronazione? >>
Nirihs'Oūm scosse la testa. << Non me ne potrebbe interessare di meno dell'incoronazione. >> Rispose stizzita. << Quel banchetto era stato organizzato da Galfore per il mio arrivo qui… E perché domani è il mio compleanno. >>
Di nuovo, Splinter dovette guardare in faccia la principessa per cercare di capire se stesse scherzando o meno; continuava a scoprire cose nuove di lei e non era più sicuro di sapere cosa pensare. Se veramente non le interessava niente dell'ereditare l'impero, allora qual era il problema? Perché Nirihs'Oūm sembrava tanto turbata all'idea di dover prendere il posto di sua zia?
<< La mia faccia ti piace particolarmente o c'è qualcosa di strano? >> Chiese lei a un certo punto, leggermente in imbarazzo, notando come lo sguardo di Splinter non si spostasse più. Il ragazzo si girò subito scusandosi e cercò di trovare una risposta decente a quella sua reazione.
<< E' solo che… Mi stai svelando una cosa dopo l'altra, ogni informazione diventa sempre più personale, e per qualche motivo non mi aspettavo proprio un compleanno tra le motivazioni di organizzare un banchetto così grande, con tutti quegli invitati… >> Il Kalassiano sbuffò pesantemente pensando di aver risolto quella situazione, ma poi si girò un'altra volta e riprese a parlare ancora più velocemente. << Questo non significa che non mi piaccia il tuo viso! Penso che sia davvero un bel viso e se non fosse inopportuno starei a guardarlo anche più a lungo, ma quello che volevo dire è che non volevo offenderti, non prenderla nel modo sbagliato…! >>
Le parole di Splinter continuarono a ruota libera e la principessa dell'impero non riuscì più a trattenere le proprie risate. A quel punto il Kalassiano si arrese completamente e si abbandono al supporto della ringhiera, pieno di vergogna per la situazione ridicola in cui si era cacciato.
<< Ti sto solo stuzzicando un po'! >> Disse Nirihs'Oūm sporgendosi per cercare di incontrare lo sguardo del suo ospite, ancora in difficoltà a smettere di ridere. Quando cominciò a calmarsi e Splinter ebbe trovato il coraggio di alzare la testa, disse:<< Grazie, comunque. >>
Le guance di Splinter divennero nuovamente rosse e il ragazzo esitò un momento a guardarla di nuovo negli occhi. Alla fine, dopo aver preso un respiro profondo, riuscì a calmarsi e tornò a comportarsi come se non fosse successo niente.
<< Quindi domani è il tuo compleanno? >> Chiese cambiando argomento. << Quanti anni fai? >>
Nirihs'Oūm si girò dando le spalle alla balconata e rispose:<< Diciassette. Sono ormai una adulta! >>
Splinter si mostrò sorpreso. << Davvero? Anche io ho diciassette anni! >> Disse, poi si poggiò con un solo gomito alla balaustra. << Ti facevo più giovane. >>
Nirihs'Oūm fece una pernacchia con la lingua. << Sono già abbastanza grande per viaggiare da sola nello spazio, non farmi aspettare altro tempo! >>
Splinter rise. << Però non sei da sola. >> Disse dopo un momento. Nirihs'Oūm si girò verso di lui e questo si picchiettò la testa dicendo:<< Quel testone con cui hai parlato al banchetto. Lui è venuto con te, vero? >>
Nirihs'Oūm girò la testa come se fosse estremamente seccata al pensiero di dover ricordare Uktar. << Lui e le mie guardie del corpo, tutte persone di cui avrei fatto volentieri a meno! >> Rispose. << Mi trattano come se avessi bisogno di un guinzaglio! Sperano di controllarmi, ma potrei spazzarli via tutti in un colpo solo… Questa vita da principessa è davvero frustrante. >>
<< Preferiresti essere nata altrove? >> Chiese Splinter.
Nirihs'Oūm prese quella semplice domanda molto seriamente. << Ma io sono nata altrove! >> Splinter aveva quasi dimenticato la storia che le aveva raccontato poco prima la principessa e se ne ricordò non appena gli ebbe risposto. << Il mio pianeta era un mondo meraviglioso, pieno di flora e fauna, un popolo gentile e pieno di sorprese… Con una distesa sconfinata di acqua e un cielo azzurro che alimentava i sogni. >> La principessa sospirò. << Mi manca. >>
<< Non ci puoi tornare, ora che Komand'r è morta? >> Chiese ingenuamente Splinter.
Nirihs'Oūm alzò lentamente lo sguardo e rispose:<< Non c'è più. >>
Splinter incrociò lo sguardo affranto della ragazza e si scusò immediatamente. Non poteva sapere quella cosa, eppure continuava a fare errori come quello, prendendo per scontati alcuni aspetti della vita di Nirihs'Oūm senza sapere veramente nulla di lei.
<< Scusami, ogni cosa che dico sembra fatta per demoralizzarti… >> Borbottò alla fine, rendendosi conto di aver reso quella conversazione veramente imbarazzante.
Ma Nirihs'Oūm scosse la testa con aria comprensiva. << Va tutto bene. E' così che succede quando si tenta di conoscersi meglio, ed è proprio quello che stiamo cercando di fare noi! >>
Sentendole dire quelle cose, Splinter ebbe un'idea per continuare quella conversazione in modo da non dire più scemenze che avrebbero potuto urtare la sensibilità della principessa. << Facciamo così: cominciamo dalle piccole cose. Io ti racconto qualche dettaglio su di me e tu ne dici uno a me. Impariamo a conoscerci passo dopo passo; hai detto di voler conoscere l'universo, no? >>
Lo sguardo di Nirihs'Oūm cambiò; Splinter sapeva di aver stuzzicato la sua curiosità e ne ebbe la conferma quando lei si girò verso di lui sbattendo le palpebre con aria intrigata. La principessa lo squadrò poi con occhi spalancati e sorrise per qualche secondo prima di mettersi a riflettere.
<< Immagino che sia perché sono sempre rimasta chiusa in un palazzo, che ho tanta voglia di scoprire nuovi mondi… >> Disse portandosi una mano sulle labbra con fare pensieroso. << Però credo di essere stata così curiosa sin da bambina, quando ancora vivevo con i miei genitori. >>
Splinter sorrise. Il modo in cui la ragazza aveva cominciato a parlare di sé era diverso da prima; invece che concentrarsi sugli aspetti tristi e i ricordi dolorosi della sua vita, Nirihs'Oūm aveva cominciato a parlare dei propri sogni e delle sue qualità. Poi la vide appoggiarsi al parapetto con irruenza e rivolgergli un grande sorriso.
<< Okay, tocca a te! >> Disse con ritrovato entusiasmo. Il Kalassiano tirò indietro la testa e alzò gli occhi pensando a cosa dire.
<< In realtà io non ho mai pensato che sarei finito a viaggiare per lo spazio assieme ad altre persone, conducendo una vita da fuorilegge… >> Confessò. << Sai, il mio piano era quello di essere libero, vivere a modo mio e sempre al limite, o qualcosa del genere… Alla fine non è molto diverso dalla realtà, ma non mi aspettavo di andare così lontano. >>
<< Non ti aspettavi di lasciare Gremon? >> Chiese Nirihs'Oūm poggiando una guancia sulla mano.
Splinter strinse le spalle. << Chi lo sa… Forse sì, ma non mi dispiaceva vivere lì. Sai, è come se avessi sempre saputo di essere destinato a… Qualcosa di più! >>
Nirihs'Oūm abbassò lo sguardo per un momento e pensò a quelle parole. Anche lei pensava una cosa del genere: ad essere precisi, pensava di essere destinata ad avere di meno di quanto aveva ora, una vita più semplice sulla sua cara Terra, ma tutto questo non era più possibile e il suo sarebbe rimasto un destino incompiuto.
L'eccitazione di Splinter spazzò via quei pensieri. << Forza, tocca a te! Sento che stiamo facendo progressi! >> Disse battendo le mani sulla balaustra e facendo ridere la ragazza.
Nirihs'Oūm rimase a pensare a lungo a cosa dire. Pensava di non avere niente di particolarmente interessante da esporre, e per questo finì per pensare molto più ampiamente, trovando un'informazione riguardante lei solo in parte. << Il mio popolo si è evoluto dai felini! >> Disse forse con un po' troppo entusiasmo, dopo aver finalmente trovato l'idea giusta.
Splinter rimase spiazzato. << Davvero? >> Chiese. << No, mi stai prendendo in giro! >>
<< Giuro che è così! >> Esclamò la ragazza rincarando la dose di entusiasmo. << Anche io non me lo aspettavo quando l'ho scoperto, ma ti posso assicurare che è vero! >> Era contenta che il ragazzo avesse accolto quell'informazione positivamente nonostante non si trattasse di qualcosa che riguardava lei personalmente.
<< Accidenti… >> Commentò pensieroso lui. << Non lo avrei mai indovinato. >> Quando girò lo sguardo verso la principessa, vide che stava aspettando che continuasse a sua volta; allora si guardò un po' intorno, come se stesse cercando l'informazione nel paesaggio, e dopo un attimo di esitazione disse:<< Posso trattenere il respiro sott'acqua per settantatre secondi. >>
Incredula, Nirihs'Oūm spalancò gli occhi di scatto e avvicinò un poco il viso. << Davvero? Wow, io non riesco a resistere nemmeno per trenta… >>
Splinter fece una risatina orgogliosa e si dondolò a destra e sinistra mentre la principessa pensava a un fatto su di sé da raccontare. Ci mise qualche secondo, poi si ricordò all'ultimo momento di qualcosa e cominciò a parlarne.
<< Oh, Galfore mi sta insegnando a suonare la gorkamusa! >> Esclamò, ricordandosi delle sue nuovissime lezioni di musica con il vecchio re di Tamaran.
Splinter sembrò confuso. << Che cos'è? >>
<< E' uno strumento tradizionale tamaraniano! Ha un suono molto… Insolito. >> Rispose subito lei, come se si aspettasse già di dover dare quella spiegazione. Neanche lei aveva la più pallida idea di che cosa fosse, pochi giorni prima di tornare su Tamaran, ma aveva visto alcuni musicisti suonarla in suo onore al suo atterraggio e ne era rimasta particolarmente colpita, tanto da voler imparare a suonare quello strano strumento. << Tocca a te. >>
Splinter annuì e cominciò a pensare a qualcosa da dire, ma più andava alla ricerca di qualcosa di interessante o divertente di sé, più sembrava dimenticarsi tutto quello che aveva fatto nella vita. Nirihs'Oūm notò la sua difficoltà nel trovare un argomento di cui parlare e andò in suo aiuto facendogli una domanda.
<< Qual è il tuo piatto preferito? >>
Alzando la testa all'istante, il ragazzo rispose senza neanche pensarci:<< Karlix piccante. Tu? >>
Anche Nirihs'Oūm non ebbe problemi a rispondere a quella domanda. << Glorrk, ovviamente! E' una specialità di Tamaran che si prepara in occasioni importanti come il giorno del Blorthog. >>
<< Oh, sì! L'ho assaggiato una volta. >> Rispose il ragazzo, capendo alla perfezione di che cosa stesse parlando la principessa. << Io e Barry una volta ne abbiamo mangiato così tanto da… Sai, forse è meglio non raccontarlo! >> E rise con imbarazzo.
Anche Nirihs'Oūm rise. Poi rimasero a fissarsi per qualche istante alla luce del pomeriggio di Tamaran. I raggi solari arancioni colpivano direttamente sui loro volti, illuminandone perfettamente un lato ma gettando grandi ombre sull'altro; Nirihs'Oūm sarebbe riuscita a specchiarsi sugli occhi di rubino del suo ospite, mentre Splinter avrebbe creduto di venire risucchiato da quelli di smeraldo di lei. E proprio forse per via della paura di rimanerne intrappolato in essi, o per paura di vedere un riflesso poco gradito, che entrambi distolsero lo sguardo con vergogna.
Ci fu silenzio per qualche istante e intanto tutti e due cercavano un modo per spiegare questo comportamento. C'era la paura di perdere qualcun altro dopo essercisi affezionata da parte della principessa, mentre il pirata era confuso e cercava di trovare una risposta a quel nervosismo che lo aveva catturato dal suo primo incontro con Nirihs'Oūm.
<< Ma come? >> Disse alla fine il ragazzo, incapace di trovare un altro argomento di cui parlare. << Siamo già a corto di idee? >>
Nirihs'Oūm sorrise, rendendosi conto di trovarsi nella stessa situazione di imbarazzo e confusione di Splinter. << Forse sì, ma non significa che dobbiamo fermarci qua. >> Disse, e quindi si staccò dalla balaustra per rivolgersi completamente al suo ospite; questa volta si sforzò di guardarlo in faccia, ma evitò di soffermarsi sui suoi occhi. << E' molto divertente parlare con te e mi piacerebbe tantissimo conoscere anche gli altri membri della tua squadra. Te l'ho già chiesto questa mattina, ma ora vorrei chiedertelo di nuovo in modo meno… Formale. Ti andrebbe di partecipare, a te e ai tuoi amici, al banchetto di domani? La tua presenza significherebbe molto per me, e io avrei l'occasione di conoscere meglio tutti voi… >>
Splinter vide il modo in cui la ragazza si tormentava le mani, incrociando le dita e facendole strofinare sui palmi, sempre più in fretta e con un ritmo imprevedibile; sembrava che quella semplice richiesta fosse in realtà una grande prova per lei, e avesse una grossa paura di un eventuale esito negativo. Disorientato da quei movimenti delle mani, ebbe l'impulso di afferrargliele e fermarle, ma mantenne le distanze sapendo che non fosse opportuno fare una cosa del genere con una persona del suo rango, e fece un rispettoso inchino.
<< E' un onore, per me, poter partecipare al banchetto in onore del suo compleanno, principessa. >> Disse con un tono di voce molto diverso da quello che aveva avuto per tutta la durata della loro chiacchierata; persino Nirihs'Oūm ne fu sorpresa e temette di aver di nuovo alzato una barriera tra sé e il suo ospite. Poi però il ragazzo alzò lo sguardo e le fece l'occhiolino, dicendo:<< E' così che si risponde a un invito del genere? >>
La ragazza si lamentò dicendogli di smettere di prenderla in giro, ma si mise a ridere a sua volta con sollievo e per un po' sopra alla terrazza si sentirono solo le loro risate. Durò solo qualche secondo, poi tornò un'altra volta il silenzio, ma questa volta Nirihs'Oūm stava sorridendo libera.

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Capitolo 9
*** Il coraggio di fare una scelta ***


Nirihs'Oūm si rigirò tra le coperte del letto. La grande camera da letto che le era stata preparata a palazzo era cambiata dall'ultima volta che era stata lì; adesso gli innumerevoli regali che aveva ricevuto dal popolo di Tamaran le facevano compagnia, rendendo quel luogo molto più accogliente e pieno di vita. Ma nella mente della giovane principessa c'erano ancora i dubbi che quello potesse essere un falso affetto; temeva di non meritare la fiducia che Galfore e gli altri avevano posto in lei, e quando pensava al futuro l'immagine della corona imperiale la paralizzava. Sua zia non aveva previsto altro tipo di futuro se non quello, e sembrava che tutti quanti non avrebbero immaginato altrimenti. Solo lei era stata talmente stupida da credere che ci sarebbe potuto essere qualcosa di diverso nella sua vita?
I raggi lunari filtravano tra le tende che coprivano la grande finestra della stanza, rendendo le pieghe del letto dei serpenti luminosi che sembravano stringere le proprie spire attorno al suo corpo inerme. Nirihs'Oūm avrebbe volentieri lasciato che quelle spire la stritolassero, se avesse avuto la conferma di non poter più uscire da quella gabbia. Eppure sembrava che quello fosse il suo destino; proprio come le visioni del futuro che aveva avuto nel corso degli anni si erano tutte realizzate come aveva previsto, non c’era niente che sembrasse cambiare il corso degli eventi. E tutti quanti sembravano spingerla verso quel destino che lei non voleva.
Potendo tornare indietro Nirihs'Oūm avrebbe provato a cambiarlo, il destino. Anche se ciò avesse annullato la more di sua zia, lei era così arrabbiata con l’universo che avrebbe fatto tutto quello solo per sfidare chiunque tirasse i fili di quell’immenso teatrino degli orrori di cui era stata la protagonista per troppo tempo.
Si alzò e volse lo sguardo alla finestra; la luce che passava dagli spazi tra le tende era intensa, ma non abbagliante. Ormai le era impossibile dormire, ogni secondo che passava le sembrava di essere sempre più vigile e quando si alzò dal letto non riuscì a costringersi a restare tra le coperte.
Dopo aver sentito per un attimo la luce lunare sul proprio viso, si voltò e avvicinò a grandi passi allo specchio appeso dall’altro lato della stanza. Era lusingata che Galfore e i Tamaraniani tenessero tanto a lei da riservarle tanto sfarzo e si concentrassero così sulla cura dei dettagli, ma guardando quella cornice dorata e ricoperta di pietre preziose che ricopriva un semplicissimo specchio, si chiese se tutto quello fosse necessario… E se lei lo meritasse.
Non le interessava della ricchezza, Galfore avrebbe potuto ospitarla in una stalla e gli sarebbe stata comunque grata; non sopportava che tutto quello che la gente portava a lei fosse stato, per ovvi motivi, tolto a qualcun altro. Padri di famiglia avevano rinunciato a giornate di prezioso lavoro, che nell’economia disastrata di Tamaran significavano molto, per presenziare ai banchetti in suo onore; i contadini avevano tolto dalle proprie bocche i frutti del proprio lavoro per donarli a lei, così come anche gli innumerevoli artisti che avevano passato tanto tempo, ignorando le proprie priorità e scadenze, per consegnarle il più presto possibile dei regali che l’avevano sicuramente fatta commuovere, ma anche preoccupare. E questo perché lei era qualcosa di diverso da quello che credevano: lei era un’assassina.
Vedeva il proprio riflesso su quello specchio appeso alla parete: lui non mentiva, il sangue di Komand’r era ancora fresco sulle sue mani, non lo avrebbe mai lavato via del tutto. Lei era questo sotto alla maschera di principessa amata e innocente, e nessun ricordo di un’infanzia traumatica avrebbe potuto giustificare quelle sue azioni.
Paradossalmente, le persone che la conoscevano di meno le riservavano anche un trattamento più adatto; avrebbe fatto volentieri a meno del rispetto che le rivolgevano, ma questo era solo causato da un profondo terrore di ciò che rappresentava. In fondo, per tutti lei era la figlia di Komand’r, Splinter l’aveva addirittura scambiata per lei, e così tante altre persone avrebbero fatto lo stesso se non se ne fosse occupata una volta per tutte; doveva cambiare. Doveva distruggere l’immagine di ciò che era stata e ricominciare con un volto nuovo, una vita nuova!
Aveva lasciato crescere i capelli per troppo tempo: prima della morte di Komand’r le ricadevano già sul volto, adesso avevano raggiunto le spalle; quella era la prima ragione per cui Splinter, vedendola, aveva creduto che si trattasse di Komand’r. Nell’ultimo periodo non aveva avuto costantemente davanti agli occhi il volto della zia a ricordarle quanto si somigliassero e aveva ignorato i suoi capelli, che così erano cresciuti troppo.
Allungò una mano sul ripiano accanto allo specchio e afferrò un paio di forbici. Non si soffermò molto ad osservarne il filo, aiutata dalla luce che filtrava dalle tende, e dopo averle impugnate saldamente cominciò a tagliarsi i capelli, una ciocca alla volta. Partì da quei ciuffi più lunghi che le circondavano le spalle e andò a salire sempre di più, fino a sopra la testa dove si ravvivò un po’ i capelli con le mani per spingerli indietro e fargli prendere il verso; lasciò solo un paio di ciocche che le ricadevano sulla fronte, mentre il suo nuovo taglio le regalava una maggiore mobilità e la faceva sudare di meno. Era un taglio ideale per qualcuno che avrebbe dovuto viaggiare e affrontare lunghe battaglie, ma per una principessa che sarebbe rimasta a marcire su un trono per il resto della vita? Un taglio come quello sarebbe stato molto più utile a qualcuno come Splinter, che a una persona come lei…
La soddisfazione che provava per il suo nuovo taglio di capelli scemò rapidamente non appena pensò a queste cose. Nirihs'Oūm lasciò cadere le forbici sul pavimento, in mezzo ai mucchi di capelli tagliati.; le sue gambe cominciarono a tremare e lei si gettò a peso morto sul bordo del letto, rimanendo a guardare il proprio riflesso come se non lo riuscisse più a riconoscere.
Non sarebbe mai diventata ciò che desiderava, tutta la sua vita era andata sprecata nella prigione che sua zia aveva creato e adesso si era condannata da sola a continuare a vivere in quello stato deplorevole; non avrebbe più osservato un tramonto diverso, non avrebbe più costruito legami profondi con altre persone e non si sarebbe mai più scrollata di dosso la presenza costante di Komand’r.
Iniziò a piangere, trattenendo i singhiozzi per non far sentire a nessuno tranne che a sé stessa le sue pene. Si era impegnata così tanto per non diventare come sua zia, che alla fine se ne era avvicinata senza nemmeno rendersene conto; solo un mostro avrebbe potuto fare le cose che aveva fatto lei. E perché si era spinta a tanto poi? Ormai era cresciuta e Komand’r le avrebbe permesso di viaggiare tra i mondi per conoscere l’universo, che importava se sarebbe sempre stata sotto il suo controllo! Non c’era bisogno che diventasse un’assassina per guadagnarsi una falsa libertà.
Eppure lei adesso era lì. Stava per compiere diciassette anni ed erano cambiate così tante cose da quando era stata strappata al proprio pianeta di nascita che le sembrava di aver vissuto mille vite. A quel punto non era più nemmeno sicura che quei ricordi di dieci anni prima fossero i suoi… Era cambiata e quel riflesso così sconsolato glielo confermava; non vedeva più nulla di quella bambina che voleva tanto aiutare la gente.
Si sentiva persa, priva di uno scopo. E senza sapere più che fare, avrebbe cercato aiuto dovunque. Aveva continuato con le sue sessioni di meditazione, sperando che potessero aiutarla a fare pace con sé stessa, ma dopo la prima volta non era più riuscita ad entrare in quel mondo misterioso che era all’interno del suo cuore e per quanto ci avesse provato, non sembrava che avrebbe trovato altre risposte lì; era una pratica rilassante che la aiutava a concentrarsi, ma lo sforzo era troppo grande e lei non sembrava riuscire ad ottenere altri risultati.
Quello che serviva a Nirihs'Oūm era qualcosa di più pragmatico, non una creazione della sua mente che le avrebbe detto solo cosa voleva sentire. Fu mentre pensava questo che si ricordò della lettera lasciatale da Komand’r alla sua morte; il notaio aveva detto che avrebbe dovuto leggerla quando si sarebbe sentita pronta. L’aveva portata sempre con sé nei suoi recenti viaggi nonostante non avesse mai voluto veramente aprirla, e forse era per questo che non riusciva a lasciarsi il passato del tutto alle spalle.
Perché non voleva aprire quella lettera? Che cosa poteva esserci di così doloroso che la sua perfida matrigna non le avesse già fatto? Doveva per forza trattarsi di un ultimo, meschino insulto alla sua persona, un modo di farle ancora del male, anche dopo la morte, giusto per avere la soddisfazione di avere avuto l’ultima parola.
Eppure, se odiava così tanto quella lettera, perché Nirihs'Oūm non se ne era liberata? Rimase a guardare la borsa dove la teneva tutto il tempo, lontana dagli sguardi; che cosa avrebbe pensato Galfore, se avesse scoperto che custodiva così gelosamente un messaggio di Komand’r?
Ma lei non lo custodiva con cura! Non le interessava niente di quella lettera, anche se gliel’avessero rubata non le sarebbe importato… Oppure sì? In fondo era curiosa di scoprire cosa ci fosse scritto su quella carta. Aveva quasi sperato che potesse esserci qualcosa di dolce, nonostante fosse arrivato da Komand’r; c’era una piccola speranza, in fondo al suo animo, che la donna che l’aveva portata via dalla sua terra non la avesse sempre odiata. Ma c’era anche il rischio che in quelle parole avrebbe trovato tutto il rancore e il disgusto della zia che non aveva potuto ancora riversarle addosso.
Sarebbe stato bello scoprire che, dopo tutto quel tempo, almeno un poco era stata apprezzata da qualcuno, ma allo stesso tempo pensava che sarebbe stato profondamente ingiusto se quella speranza si fosse rivelata reale; se, anche solo per poco, Komand’r le avesse mai voluto bene, perché sottoporla a tutte quelle umiliazioni e a tutto il dolore che aveva dovuto sopportare? A che pro crescere una bambina in questo modo? Per insegnarle una lezione? Era forse un modo per renderla più forte?
Nirihs'Oūm non lo sapeva e non lo avrebbe mai saputo, forse. Ma di una cosa era sicura: non sarebbe mai riuscita a crescere e lasciarsi indietro la parte peggiore della sua vita, se avesse continuato ad avere paura a quel modo. In quella lettera avrebbero potuto esserci parole cariche di odio nei suoi confronti, oppure si sarebbe potuto trattare di un messaggio consolatorio che non avrebbe di certo cambiato le cose tra lei e la sua matrigna. Nulla sarebbe cambiato in ogni caso e lei non avrebbe avuto motivo di sentirsi ferita; quindi c’era solo una cosa da fare.
Si alzò e andò a passi rapidi verso il ripiano dove era poggiata la borsa. La lasciava sempre in camera, non la apriva nemmeno perché l’unica cosa che custodiva era quella lettera, e fino a quel momento non aveva avuto alcun desiderio di provare ad aprirla, ma forse era meglio dire che non aveva mai avuto il coraggio di farlo…
Dopo aver sfilato velocemente la lettera richiusa con un sigillo con sopra stampato il simbolo imperiale, Nirihs'Oūm rimase a osservarla per un attimo incerta sul da farsi. La carta ruvida stretta tra le sue dita sembrava incredibilmente delicata, avrebbe potuto strapparla facilmente e lasciarsi alle spalle tutta quella storia, ma anche se in passato avrebbe tanto voluto farlo adesso non aveva alcun motivo per farlo. Staccò con delicatezza il sigillo e poi aprì la lettera usando le forbici con cui si era tagliata i capelli.
Fu colta da una profonda ansia quando la lettera si aprì, rivelando la carta al suo interno con stampate sopra le parole che sua zia in persona aveva voluto lasciarle. Prese un respiro profondo prima di afferrarla e tirarla fuori da lì, lasciando cadere l’involucro sul pavimento.

Mia cara Nirihs'Oūm
se stai leggendo questa lettera, probabilmente la mia vita è giunta al termine. Chiamami anche paranoica, ma ho come il sospetto che ci sia stato il tuo zampino in ciò; pensi che i miei sospetti siano ben fondati?
Avrei voluto che la nostra relazione andasse diversamente, ma in fondo è colpa mia se tu sei cresciuta in questo modo… Quando dieci anni fa ti portai via dalla Terra, pensavo che ti avrei fatto solo un favore a donarti una vita migliore, più agiata, rispetto a quella che conducevi allora. Non credevo che la mia debole sorella fosse in grado di crescere una guerriera come te, né che potesse far esprimere appieno il tuo potenziale; lo sai che mi è bastato uno sguardo per capire che eri destinata a qualcosa di grande, il giorno che ti incontrai? Il modo in cui lottasti fino alla fine e anche come hai continuato a opporre resistenza nel corso degli anni, nonostante non ci fosse più niente per cui lottare, mi ha colpita nell’animo. E nonostante ciò, mi ci è voluto molto tempo per comprenderti veramente e accettarti.
Ti ho odiata. Per un certo periodo della mia vita ho odiato quanto tu fossi talentuosa e ho cercato di piegarti in ogni modo, ma più forte ti colpivo e più velocemente ti rialzavi. La tua determinazione non è mai stata intaccata e alla fine ho capito che io e te eravamo uguali: io e te siamo due condottiere, naturalmente destinate a dominare. Eri solo una bambina allora, ma possedevi già una forza immensa, forse ne eri anche consapevole e per questo ne avevi paura… Ma io ho sempre visto il tuo grande potenziale come un’arma da imbrigliare, modellare, far crescere e sfruttare a mio piacimento… E poi questa visione che avevo di te è cambiata, è diventata qualcosa di più… Qualcosa di grandioso che non poteva essere contenuto, e a un certo punto ho capito: non potevo controllarti, non potevo impedirti di crescere e diventare più forte di me; non era compito mio distruggere ciò che saresti diventata soffocando la cosa che ti dava energie. E così ho cominciato ad aiutarti, invece: i nostri allenamenti smisero di essere mirati a farti del male e mi sforzai di insegnarti qualcosa per davvero. Se vuoi saperlo, non mi sono mai trattenuta con te. Inizialmente provavo piacere nel farti del male, ma dopo questa mia realizzazione ho solamente voluto dare il meglio di me così da prepararti il più possibile a quello che ti aspetta, perché avrai bisogno di tutta la forza disponibile, dopo che me ne sarò andata.
Ti dico queste cose perché il mondo, il nostro mondo, è pieno di serpi pronte a colpire a tradimento; devi essere forte per poterlo affrontare, e nessuno farà mai qualcosa per te senza aspettarsi qualcosa in cambio. Ovviamente il tuo ruolo ingigantirà tutto questo, costringendoti a fare una attenta selezione delle persone di cui fidarti, e anche con loro dovrai assicurarti di non mostrare mai alcuna debolezza.
Sei in una posizione difficile, mia cara, e mi duole ammettere che è tutta colpa mia; purtroppo la mia eredità è qualcosa di veramente pesante. Forse non te lo aspettavi, forse addirittura odierai questa mia decisione di consegnarti l’impero, ma ti voglio dire solo una cosa prima che tu faccia la tua scelta: pensa attentamente all’importanza del tuo ruolo. Ti è stato concesso un grande potere. Pensa in grande! Sii quello che più preferisci e fai dell’impero ciò che più ritieni giusto. Hai la forza per compiere grandi cose, e adesso possiedi anche le risorse per farlo!
Non sono stata una buona madre, non cercherò scuse. La vita non è stata gentile con me, e nella mia rabbia contro il mondo intero ho pensato che avrei trovato sollievo nel rovinare la vita di qualcun altro. Potrà sembrare un vuoto tentativo di giustificare le mie azioni, ma per parecchio tempo dei dieci anni in cui abbiamo vissuto assieme io ti ho veramente voluto bene. Tuttavia non sono stata in grado di mostrare il mio affetto, né penso che ne avrei avuto il diritto. Io ho rovinato tutto ciò che c’era di bello nella tua vita e ho fatto di tutto per rendere un inferno il tuo presente, guadagnandomi di diritto un posto all’inferno. Spero tuttavia che, magari con il tempo, tu possa riuscire quantomeno a comprendermi…
Voglio lasciarti con una delle cose che ho imparato nella vita; da bambina potresti aver imparato che “l’unione fa la forza” o che si ha bisogno di avere qualcuno al fianco per poter essere forti e felici. Credimi, si tratta solo delle scuse di chi non è in grado di prevalere con le proprie forze. Ricordati questo, invece: tu vali molto più di quanto credi, tanto da non avere bisogno di nessun altro per sentirti completa. Non lasciare mai che qualcuno ti faccia credere di avere bisogno di loro per sentirti degna di te stessa!
Vivi sempre seguendo le tue regole, Nirihs'Oūm, ma se puoi, non finire come me.
La tua zia, Komand’r.

A Nirihs'Oūm servì un po’ di tempo per leggere l’intero messaggio, e anche quando ebbe finito rimase a guardare l’inchiostro asciutto sulla carta come se non riuscisse a metterlo a fuoco. Su quel foglio non c’era odio o risentimento; Komand’r sembrava aspettarsi che un giorno la nipote la avrebbe uccisa, eppure parlava come se avesse già accettato il proprio destino e invece si era preoccupata di farle sapere coe, alla fine, le avesse voluto bene.
Non sapeva come reagire. Quale reazione era accettabile dopo aver scoperto che la persona che più si è odiata in realtà teneva a te come una figlia? Poteva anche solo prendere come veritiere quelle parole? A lei era sembrato un pietoso tentativo di salvare la propria memoria; Komand’r sapeva che Nirihs'Oūm avrebbe fatto di tutto per dimenticarla, e con quel messaggio aveva trovato il modo di redimersi in extremis e allo stesso tempo rimanere sempre presente nella sua vita, anche nella morte. Il dubbio di aver ucciso l’unica persona che la amava la avrebbe tormentata per sempre, incapace di poter appurare quanto di vero ci fosse in quelle affermazioni… Era diabolico, anche per una persona come Komand’r.
Però Nirihs'Oūm non riusciva a spiegarsi il perché di quell’ultimo messaggio: “vivi seguendo le tue regole, ma non finire come me.” Komand’r non la colpevolizzava per averle tolto la vita, aveva soprasseduto rapidamente su quel dettaglio e invece si era denigrata a quel modo, ammettendo di essere stata una pessima matrigna, quasi come se meritasse la morte che aveva avuto. Andava completamente in contrasto con l’immagine dell’imperatrice che aveva sempre ragione e che annientava tutti quelli che le andavano contro.
No, non doveva lasciarsi abbindolare da quelle parole così invitanti; lei stava cercando di indirizzarla verso la rovina, fingendo di lasciarle buoni consigli. Restare da sola, seguire le proprie regole, essere destinata a qualcosa di grande… Komand’r la riempiva di elogi e le diceva di non diventare “come lei”, ma Nirihs'Oūm sapeva bene che questo era proprio ciò a cui mirava: farla diventare una donna sola, cattiva, senza alcun affetto, proprio come era stata lei. E il modo migliore per far sì che ciò accadesse era di farle sapere quanto in realtà fosse migliore di lei, dandole indicazioni su come vivere la sua vita al meglio, così Nirihs'Oūm avrebbe creduto di non poter in alcun modo finire per diventare come la sua perfida matrigna, che avendo avuto una terribile infanzia aveva finito per diventare il mostro che tutti temevano e veneravano. Davvero una storia strappalacrime!
Eppure, dopo tutto questo, a che serviva lasciarle anche il trono? Se Komand’r aveva intenzione di torturare anche nella morte la sua giovane nipote, che senso aveva donarle le redini di un intero sistema a cui aveva dedicato anni e anni di lavoro, lotte e viaggi, con il rischio che rovinasse tutto? Non temeva per la preservazione del suo impero? Inizialmente Nirihs'Oūm aveva pensato che il testamento fosse un modo per costringerla a rimanere legata al suo nome anche dopo la morte, ma a quel punto la lettera non sarebbe stata necessaria.
Ma poi c’era il modo in cui le aveva detto addio.

La tua zia, Komand’r.

Non era “madre”, come per anni aveva voluto farsi chiamare. Non era nemmeno “signora” o “sovrana” come era conosciuta dagli altri.
Solo sua zia, come solo loro due sapevano. Nessuno l’aveva mai definita la nipote di Komand’r, anche le persone che sapevano bene che fosse stata portata via alla sorella dell’imperatrice continuavano a chiamarla “sua figlia”; era più semplice e Komand’r voleva che fosse così. E allora perché, in un messaggio destinato a lei soltanto, dove avrebbe potuto riderle ancora una volta in faccia sostituendosi alla sua vera madre, di cui aveva calpestato il ricordo così tante volte, Komand’r aveva menzionato la loro vera parentela?
Quella storia sembrava troppo contorta anche per una mente malata come quella di sua zia. Anni e anni passati a trattarla al pari di un verme, una figlia mai desiderata, quando era stata lei stessa a rapirla per poi lasciarle un messaggio in caso di sua morte prematura dove esprimeva di averle voluto bene, lasciando però intendere di non averla mai veramente amata, e costringendo Nirihs'Oūm a vivere con il senso di colpa di aver rovinato la sua ultima opportunità di poter avere di nuovo una famiglia normale, ma dandole allo stesso tempo dei consigli validi per il futuro, assieme alla libertà di fare come voleva con il suo impero. Perché non poteva semplicemente pensare che Komand’r avesse veramente cercato di essere gentile almeno una volta nella sua vita costellata di cattiverie?
Nirihs'Oūm lasciò cadere la lettera e si chiuse la testa tra le mani, mentre sentiva il cuore battere sempre più velocemente. Tornò a farti sentire quella orribile sensazione di non aver capito niente, di aver sbagliato tutto; magari Komand’r non sarebbe mai diventata la persona che avrebbe voluto, come diceva in quella sua lettera, ma forse se Nirihs'Oūm non avesse architettato il suo assassinio avrebbe potuto vedere con i propri occhi il cambiamento che professava di voler attraversare. Komand’r era una persona orribile, ma se fosse cambiata in meglio non sarebbe stato bello per lei avercela come alleata, piuttosto che non averla e basta?
Ma non era questo che diceva sua zia nella lettera, anzi Komand’r pensava di essersi meritata la morte; era quasi come se quel messaggio l’avesse scritto dopo essere stata uccisa, perché era tutto così incredibilmente preciso… Ma qualunque fosse la verità, una cosa giusta l’aveva detta: Nirihs'Oūm non aveva bisogno di nessuno a parte sé stessa, per essere felice, e nemmeno di lei. Che Komand’r le volesse bene o no, ormai non importava: lei era morta e tutti i ricordi che la ragazza aveva di lei erano pieni di odio e di dolore. Quindi avrebbe smesso di provare risentimento, non si sarebbe più sentita in colpa per quella donna, e non avrebbe permesso al suo ricordo di farla vacillare. Avrebbe accettato il consiglio della zia e avrebbe smesso di rimanere attaccata ai sentimenti anche quando la trascinavano a terra!
Forse il messaggio di Komand’r era stato veramente un modo per farle sapere come, molto in fondo, le avesse voluto bene in quegli anni, oppure era solo l’ultimo dei suoi trucchi per cercare di destabilizzarla; in ogni caso, l’unico effetto che era riuscita ad ottenere, era stato quello di renderla più forte!
Basta con le paure, basta con i ripensamenti e i ricordi tristi! Basta aggrapparsi al dolore! Come aveva detto Komand’r, da quel momento in poi avrebbe vissuto a modo suo. Non si sarebbe legata a nessuno, ma questo non significava che avrebbe totalmente chiuso il suo cuore come aveva fatto sua zia!
Allontanò lentamente le mani dalla testa e tirò un sospiro di sollievo. Era come se si fosse liberata di un grosso peso. Le aveva fatto un po’ male perché non avrebbe mai conosciuto veramente le intenzioni di sua zia, però finalmente poteva chiudere con il passato e diventare una nuova persona; era libera da eventuali rimpianti, mentre era inutile avere rimorsi dopo che il danno era stato già fatto. Adesso Nirihs'Oūm sapeva esattamente cosa fare.
 
*
 
La mattina dopo fu una serva a vedere per prima la principessa. Quando questa le aprì per lasciare che riassettasse la stanza, non solo la serva ebbe un piccolo spavento a vedere il cambiamento radicale nell’aspetto di Nirihs'Oūm, ma le sembrò quasi di trovarsi davanti una persona completamente diversa; fu una sensazione che avvertì parlandole, come se la principessa fosse cambiata più dentro che fuori.
Nonostante l’aspetto insolito, Nirihs'Oūm ricevette i suoi primi complimenti dalla serva che commentò come sembrasse aver fatto fare il taglio da un maestro. Per tutta risposta, la principessa disse:<< Grazie! Me lo sono fatto da sola. >> E quindi la lasciò da sola per andare a lavarsi.
La principessa aveva davanti a sé una lunga giornata: probabilmente i festeggiamenti per il suo compleanno si sarebbero protratti fino a tarda sera e doveva essere pronta a sostenerne il ritmo. Aveva pregato Galfore di non organizzare niente di troppo fastoso, ma era sicura che non le avrebbe dato ascolto. Doveva anche scegliere dei vestiti adatti alla giornata; il re di Tamaran le aveva fatto commissionare numerosi abiti da festa per l’occasione, ma lei avrebbe preferito indossare qualcosa di più semplice in modo da non risaltare troppo nella folla. Con questo però temeva di recare un dispiacere al suo amico e desiderava comunque indossare qualcosa che fosse “carino” in modo da non sfigurare di fronte al popolo di Tamaran e agli invitati; in fondo doveva anche dimostrare a tutta la gente che sarebbe venuta per lei, che ci teneva alla loro considerazione, e forse sistemarsi per bene era un altro modo per esprimere quel concetto. Inoltre, sperava di non dover indossare niente di troppo scomodo!
Era strano… Era la prima volta in tanto tempo che si sentiva eccitata per qualcosa. Non vedeva l’ora che cominciasse la festa, ma allo stesso tempo provava una grande vertigine nello stomaco e le tremavano le gambe al pensiero di dover passare in mezzo a tutti gli invitati. Si era sentita in modo simile quando aveva assassinato Komand’r, ma quel giorno non aveva provato felicità, bensì una forte rabbia che non vedeva l’ora di manifestarsi, e alla fine di tutto liberazione. Adesso Nirihs'Oūm provava una forte ansia, ma era contenta di sentirsi così; significava che era ancora in grado di provare eccitazione per qualcosa.
Quando raggiunse il bagno, Nirihs'Oūm cominciò a spogliarsi per entrare nella vasca mastodontica che occupava un terzo di quella che sembrava più una sala da ballo che un semplice bagno. Normalmente avrebbe usato la doccia che si trovava dall’altro lato della stanza, ma quella mattina aveva voglia di prendersela comoda e così lasciò riempire la grande vasca da bagno con acqua bollente mentre lei si dava una rinfrescata alla faccia davanti al grande lavandino in marmo e ceramica di Tamaran. Quella fu la prima volta che poté guardarsi bene allo specchio dopo aver tagliato i capelli: quella era la “nuova” Nirihs'Oūm, con quel taglio che aveva imparato a perfezionare negli anni e che, per la prima volta, le sembrava veramente diverso; negli anni passati, per quanto accorciasse i suoi capelli non era mai riuscita ad essere pienamente soddisfatta del risultato, sentendosi ancora troppo simile a Komand’r. Adesso però le era bastato poco per essere contenta del proprio aspetto: non aveva alcun motivo di voler apparire diversa dalla zia, perché sapeva che lei non era Komand’r.
Pochi istanti dopo essere entrata nella vasca, sprofondando nell’acqua che le pizzicava la pelle con la sua temperatura estrema, la porta del bagno si aprì quasi sbattendo e vi entrarono due persone immerse nelle chiacchiere. Nirihs'Oūm si voltò di scatto sporgendosi dal bordo per vedere chi fosse entrato e si fece piccolissima dentro la vasca; riconobbe due dei ragazzi che erano arrivati con Splinter il giorno prima, Barry e Kuala, e si accorsero della sua presenza solo dopo aver fatto qualche passo all’interno del bagno.
<< Oh, scusa per l’intrusione! >> Esclamò Barry notando Nirihs'Oūm con il naso poggiato al bordo della vasca e lo sguardo felino che andava da una parte all’altra della stanza. Il ragazzo si girò di colpo verso la sua amica e le sbatté in faccia la borsa che gli pendeva da una spalla. << Te lo avevo detto che non era questo il bagno… >> Mormorò seccato mentre lei si massaggiava una guancia sbuffando.
<< Sono sicura che non le darà fastidio se ci diamo una lavata anche noi, qui con lei! >> Rispose Kuala sbuffando e facendo qualche passo in direzione della vasca. Poi cambiò totalmente espressione e sorrise alla principessa nella vasca e disse:<< Vero? >>
Nirihs'Oūm si girò di nuovo dall’altra parte e arrossendo rispose che non c’era problema. Non l’avevano riconosciuta; non ne era completamente sicura, ma dal tono colloquiale che avevano assunto­ si poteva capire come non si aspettassero di essere in presenza di una persona di alto rango. Era sicuramente per via del nuovo taglio di capelli e del fatto che non avessero avuto modo di conoscerla meglio, ma invece che gettare la maschera e rivelare la propria identità Nirihs'Oūm lasciò andare avanti quella situazione, pensando che fosse una bella sensazione sentirsi alla pari di quella gente.
Barry guardò con aria perplessa la nuca della principessa, che adesso stava cercando di capire se avrebbe dovuto spostarsi per fare spazio nella vasca oppure se avrebbe dovuto restare lì dov’era, e disse girando la testa e dirigendosi verso uno dei lavandini all’angolo della stanza:<< Comunque io non ci entro nella vasca, mi farò una doccia veloce. >>
E borbottando qualcosa di incomprensibile, lasciò la borsa su una mensola per estrarne uno spazzolino. Kuala sorrise e si piegò un poco verso Nirihs'Oūm, sussurrandole:<< Sembra antipatico, ma è solo che si vergogna del suo gingillo… >>
<< Ti ho sentito, Zal! E sappi che il mio gingillo non ha niente di cui vergognarsi! >> Ribatté quello con la bocca già piena di schiuma del dentifricio.
La ragazza rise e con lei anche Nirihs'Oūm si concesse un leggero sorriso che non si preoccupò di nascondere. Poi Kuala tornò all’attacco:<< Smettila, Barry! Lo sanno tutti che ce l’hai piccolo! >>
Per tutta risposta, il mutaforma di Gremon si fermò a fissare con aria indispettita la sua amica, continuando a strofinare lentamente lo spazzolino dentro alla bocca chiusa. Poi si voltò a sputare il dentifricio e si ritirò nella doccia, dove poté cominciare a spogliarsi dietro ai vetri opacizzati senza farsi vedere. Kuala invece rimase al centro della stanza e cominciò a sfilarsi la maglietta. Mentre si spogliava non fece caso allo sguardo di Nirihs'Oūm fisso su di lei; fu quando fu rimasta a petto nudo ed ebbe notato l’espressione assente della principessa mentre la fissava che sorrise imbarazzata e si voltò, dicendo:<< Scusa! >> Non sembrava a disagio, solo un po’ sorpresa dal modo in cui la principessa era rimasta a guardarla; Nirihs'Oūm alla fine si girò rendendosi conto di essere stata un po’ invadente, ma in quel momento si rese conto di quanto tempo fosse passato dall’ultima volta che aveva visto il corpo nudo di una donna, oltre al suo. Era da quando erano morti i suoi genitori che non aveva avuto contatti tanto intimi con una persona sconosciuta, e di sicuro non era successo con Komand’r. Sapeva che fosse una cosa sbagliata, ma la curiosità ebbe il sopravventò su di lei e la ragazza cominciò a sbirciare per vedere un po’ meglio il corpo di Kuala.
Il fisico di Kuala, esile e magra, era molto diverso sia da quello di Nirihs'Oūm  che da quello che ricordava di sua madre, entrambe cresciute allenandosi costantemente; la Pistiliana non sembrava particolarmente allenata, ma la sua altezza compensava nella sua mancanza di muscolatura, e ricordava a Nirihs'Oūm la statura della madre. Di lei ricordava la pelle dorata, che quasi splendeva come un sole; anche Kuala splendeva, ma di riflesso per il suo colorito pallido.
Poi una domanda si fece largo nella testa della principessa e Nirihs'Oūm non poté trattenersi dal girare lo sguardo per cercare di intravedere la carnagione del Gremoniano attraverso i vetri opacizzati della doccia: da lì riusciva solo a vedere a grandi linee il suo fisico, non troppo muscoloso e con una forma a rettangolo, mentre la sua carnagione rossastra non lasciava dubbi e rendeva molto facile distinguere le forme del suo corpo nonostante gli impedimenti.
Kuala entrò in acqua e fece sobbalzare Nirihs'Oūm, che fece finta di niente e le fece un po’ di spazio. La Pistiliana si bagnò subito la testa immergendosi completamente; quando tornò fuori dall’acqua il suo ciuffo le si era appiccicato alla faccia. Nirihs'Oūm sbuffò, trasformando una risata in qualcosa di più discreto per non farla sentire a disagio e la sua reazione sembrò divertire la stessa Kuala, che afferrò il ciuffo e lo ricacciò dietro la testa con uno strattone, poi si bagnò di nuovo la testa per spingere tutti i capelli indietro e poggiò la schiena al bordo della vasca, facendo un sospiro beato una volta accostatasi vicino a Nirihs'Oūm.
Rimasero in silenzio per qualche istante. Kuala sorrideva a Nirihs'Oūm come se sapesse perfettamente che cosa le passasse per la testa, ma la principessa Tamaraniana si sentiva un po’ troppo osservata in quel modo e continuava a distogliere lo sguardo per poter riprendere fiato di tanto in tanto. Alla fine Kuala chiuse gli occhi e sembrò mettersi più comoda nella vasca.
<< Anche tu sei invitata al banchetto di oggi? >> Chiese tenendo la nuca poggiata al bordo.
Nirihs'Oūm annuì e dopo un attimo aggiunse:<< Come tutti. >>
<< Già… Non credo di aver mai visto tutto questo fermento su questo pianeta. >> Commentò Kuala guardandosi intorno e osservando distrattamente gli interni del bagno. << La luce negli occhi dei Tamaraniani è veramente diversa quando c’è la principessa. Riesco a vederlo anche in te! >>
La principessa spalancò gli occhi confusa chiedendo che cosa volesse dire con quello. Kuala si girò verso di lei e si avvicinò lentamente per guardarla direttamente nello specchio della sua anima, mettendola in soggezione con quel solo sguardo.
<< Anche se cerchi di nasconderlo, sembri veramente emozionata. C’è qualcosa che ti rende euforica e questo si riflette nel tuo sguardo; non vedi l’ora che accada qualcosa , qualcosa che stavi aspettando da molto tempo… E’ per la festa? >>
Dopo una attenta analisi dello sguardo di Nirihs'Oūm, Kuala si fece un po’ indietro e cercò di indovinare chi potesse essere quella ragazza che stava condividendo la vasca da bagno con lei. I suoni della doccia alle sue spalle la aiutavano a riflettere e ricordare se avesse già visto il suo volto da qualche altra parte; una coreografa reale che aveva preparato uno spettacolo per la principessa? Un’ospite venuta da lontano che sperava che il suo regalo piacesse? O magari era solo una cameriera che si era infilata là dentro per godersi qualche minuto di tranquillità, prima di doversi mettere a lavoro in quella che sarebbe stata una giornata veramente impegnativa?
Kuala sbuffò. << Non ci riesco… Non riesco proprio a capire dove potrei averti già visto, eppure so che ci siamo già incontrate da qualche parte! >> Commentò frustrata picchiandosi un’unghia sulla tempia.
Nirihs'Oūm sorrise. << Vuoi un aiuto? >>
<< Allora non me lo sono immaginato! >> Commentò l’altra illuminandosi. << Avanti, sputa il rospo! Forse è stato ieri, durante il banchetto? Però in quella folla sarebbe stato difficile vederci… >>
<< Bé, tu eri sicuramente sotto gli occhi di tutti. >> Disse Nirihs'Oūm senza girare attorno all’argomento.
La voce di Barry sopraggiunse dal fondo della stanza. << Di’ pure che eravamo nel mirino di tutti! >>
Kuala scoppiò in una risata che soffocò in pochi secondi. << Effettivamente sarebbe stato difficile non notarci! >> Quando si voltò verso Nirihs'Oūm vide che anche lei stava ridendo; per quanto la osservasse però, non riusciva a capire dove l’avesse vista prima.
<< Oh, è facile! >> Esclamò la ragazza quando le ebbe chiesto nuovamente dove si trovasse al momento della loro scenata durante il banchetto. << Ero al centro della sala, sotto gli sguardi di tutti, come voi. >>
In un primo momento Kuala rise, interpretando nel modo errato le parole della principessa. Ma quando vide che l’espressione di Nirihs'Oūm rimaneva impassibile, il suo sorriso cominciò a svanire; in pochi attimi fu colta da un grande imbarazzo e un’ansia pazzesca, quindi perse il filo del discorso e si ritrovò a balbettare cose senza senso mentre Nirihs'Oūm continuava a sorriderle come se si stesse divertendo a vederla impazzire.
Alla fine, con la faccia completamente rossa, Kuala si scusò ed uscì dall’acqua. Raggiunse in fretta una asciugamano e se la arrotolò attorno alle spalle, poi andò da Barry e lo tirò fuori dalla doccia con uno strattone. Quello le chiese cosa stesse facendo, ma lei gli buttò un’altra asciugamano addosso e gli disse di darsi una mossa, poi mentre si avviava verso l’uscita disse tutto d’un fiato:<< Scusa tanto per l’invasione, è stato un piacere chiacchierare con te! >> E prima che Nirihs'Oūm potesse dire qualunque cosa, si chiuse dietro la porta lasciando il vuoto dietro di sé.
Nirihs'Oūm non aveva neanche fatto in tempo ad alzare una mano che era rimasta completamente sola, di nuovo. Alla fine l’aveva riconosciuta, anche se con qualche aiuto, e l’esito era stato proprio come lei aveva temuto; doveva accettarlo, la sua posizione e il suo nome avrebbero continuato a gettare ombra su di lei e niente avrebbe cambiato quella cosa.
<< Comunque mi piace tantissimo il nuovo taglio! >> Disse una voce alle sue spalle, facendola sobbalzare dopo aver creduto di essere rimasta da sola. Nirihs'Oūm si girò di scatto e vide di nuovo Kuala che si affacciava da dietro la porta e le sorrideva in modo affabile; la ragazza poi si scusò ancora per il disturbo e richiuse la porta definitivamente, lasciando la principessa senza parole, ma rincuorata da quello che era appena successo.
Certo, Kuala era rimasta spiazzata dalla scoperta di star conversando così tranquillamente con la principessa dell’impero ed era scappata, ma forse era solo troppo imbarazzata al pensiero di non averla riconosciuta, oltre al fatto di essersi infilata nel suo bagno senza nemmeno sapere chi fosse; invece il modo in cui era tornata per dirle che le piacessero i nuovi capelli dimostrava come, nonostante le differenze, l’avesse vista come una sua pari.
Il resto della mattinata passò senza altre sorprese. Alla fine Nirihs'Oūm decise di indossare un abito che era stato ricavato seguendo le linee di una antica armatura da guerra Tamaraniana: il top che le cingeva il busto era circondato da una gorgiera metallica con al centro una pietra preziosa e due spalline in acciaio nero che aderivano a parte del suo braccio in modo del tutto naturale; le bende originali che avrebbero dovuto ricoprire il suo corpo erano state sostituite da un corto velo che le pendeva dalle spalle e la gonna veniva retta da una cintura dall’aspetto semplice a cui erano state aggiunte degli scomparti che sarebbero stati molto utili in battaglia, ma che in quel caso avrebbero avuto solo un effetto estetico. Infine, gli stivali che superavano le ginocchia e delle semplici bande argentate che le aderivano ai polsi completavano quell’abbigliamento che avrebbe potuto essere un po’ troppo sobrio per la cerimonia, ma in cui la principessa riusciva a sentirsi sé stessa.
Al banchetto era invitata l’intera città. Nirihs'Oūm aveva espresso il desiderio che non solo le persone più ricche potessero partecipare ai festeggiamenti, ma anche coloro che non avevano da mangiare, quelli che erano da soli e quelli che volevano semplicemente passare una giornata diversa; forse era un pensiero troppo pretenzioso, volere che tutti quanti partecipassero alla sua festa, ma Nirihs'Oūm lo aveva espresso con le migliori intenzioni in mente.
Aveva anche chiesto ai servitori di preparare una grande tavola per lei; non si sarebbe distanziata dal popolo, come era successo in passato, sarebbe stata al loro fianco mentre festeggiavano, e ovviamente aveva voluto Galfore e i suoi graditi ospiti, Splinter e tutta la sua ciurma, accanto a sé, mentre Uktar avrebbe seduto un po’ più distante.
Quando entrò nella sala dei banchetti erano già tutti là ad attenderla; ebbe uno scorcio degli occhi lucidi del buon Galfore, che probabilmente rivedeva in lei la sua protetta Koriand’r, e avvistò vicino al proprio posto Splinter, che sorrideva con aria inebetita. A continuare la fila c’erano Barry, Kuala – che sembrava stare ancora ridendo per prima – e Variel; sembravano aver preso in prestito degli abiti da cerimonia Tamaraniani per non sfigurare.
Si erano preparati tutti al meglio: poteva notare ciò soprattutto in Kuala e Barry, che aveva visto quella mattina presto, che dovevano aver finito di lavarsi da qualche altra parte e che avevano un aspetto molto più sveglio e vivace di prima, ma anche Splinter e Variel avevano un aspetto più curato ed elegante. Re Galfore, poi, sembrava perfettamente a suo agio in quella situazione; probabilmente lui era abituato ai bagni di folla e doveva avere atteso a lungo per poter indossare quella vecchia armatura da cerimonia che portava quel giorno.
Nirihs'Oūm raggiunse il centro del tavolo dove Galfore la accolse con un sorriso commosso e le tenne la mano per qualche istante; le sussurrò qualcosa, di quanto fosse felice di poter essere presente a quel momento così importante per lei, in cui faceva il primo passo nel percorso per diventare una vera donna, e di quanto i suoi genitori sarebbero stati sicuramente fieri di vedere come era cresciuta. Nirihs'Oūm non lo sentì quasi per niente: non riuscì a sentire nulla da quando fece il suo ingresso nella sala, l’unico suono che riempiva la sua testa era il battito del suo cuore, così forte da farla tremare a ogni colpo. Anche quando si rivolse al popolo presente nella sala riuscì a udire a malapena le proprie parole, e quando diede ufficialmente inizio al banchetto credette di aver sbagliato qualcosa per via del silenzio che le rimbombava nelle orecchie.
<< Ehi! >> Udì una voce alla sua destra. Splinter era seduto proprio accanto a lei, le sorrideva con aria amichevole; dietro la sua testa spuntavano pure gli altri della sua squadra e Nirihs'Oūm poté scorgere Kuala e Barry che si sporgevano per mandarle un saluto imbarazzato con le mani.
Nirihs'Oūm riuscì a rispondere alla chiamata di Splinter con un debole mormorio, ma dopo di quello il vuoto nelle sue orecchie si dissipò.
<< Buon compleanno! >> Disse lui senza nemmeno pensare troppo alle parole, alzando un calice con un liquido azzurro al suo interno. Nirihs'Oūm sorrise automaticamente. Le sue labbra si mossero da sole come se fosse di fronte a una immagine che le trasmetteva una gioia incontenibile; non le aveva detto nient’altro, solo un semplice augurio, eppure Nirihs'Oūm si sentiva già un po’ più felice. Fece un piccolo cenno per ringraziare e tornò a guardare la sala, dove i Tamaraniani stavano già dando il meglio di sé nel banchetto.
Gli invitati al banchetto non volevano certo sfigurare nel mostrare le proprie usanze in un’occasione tanto importante, soprattutto ora che erano presenti degli invitati provenienti da altri pianeti, ma dall’arrivo di Nirihs'Oūm non era sempre stato così; la principessa era cresciuta seguendo delle “buone maniere” diverse da quelle del loro pianeta e la prima volta che aveva assistito a un banchetto su Tamaran si era sentita un po’ fuori posto, e di conseguenza il popolo aveva cercato di farla sentire più a proprio agio comportandosi in modo più “educato”, ma era bastato poco perché lei si abituasse a quelle usanze e le facesse sue, con grande felicità di Galfore. Anche Splinter e i suoi amici conoscevano le usanze tamaraniane e non avevano alcuna intenzione di sfigurare davanti alla principessa e a tutta quella gente, così si avventarono sul cibo allo stesso modo degli invitati.
Nella sala risuonava la musica delle gorkamuse; gli orchestranti che erano stati ingaggiati per suonare al compleanno della principessa stavano facendo del loro meglio per intrattenere gli ospiti, ma allo stesso tempo dovevano trattenersi per non stordire gli invitati con un udito più sensibile dei Tamaraniani, che avrebbero risentito dei suoni striduli dei loro strumenti. In alcuni momenti la foga dei commensali era tanta da sovrastare anche la musica e un paio di volte sembrò che dovesse scoppiare una rissa tra i tavoli; Nirihs'Oūm, ancora poco abituata ai modi rudi del suo popolo, temette che fosse andato storto qualcosa. Ma ogni volta si ristabiliva la calma e gli invitati tornavano alla loro allegria, permettendo a Nirihs'Oūm di tirare un sospiro di sollievo.
Una volta iniziato il banchetto, il tempo sembrò scorrere molto più in fretta e le ore passarono senza che gli invitati o la festeggiata se ne rendessero conto. Dopo diverse portate, durante una pausa il re Galfore annunciò che sarebbero stati recapitati i doni per la principessa lì nella sala, e che Nirihs'Oūm li avrebbe ricevuti direttamente di fronte a tutti.
<< Ma prima… >> Disse il vecchio Tamaraniano facendo un cenno a un angolo della sala, facendo arrivare una serva con tra le mani un cuscino rosso. << Permettetemi di essere il primo a fare il suo dono alla principessa. >>
Sopra al cuscino che aveva portato la serva c’era una piccola tiara scura su cui erano incastonate delle gemme blu e verdi; erano pietre caratteristiche di Tamaran, molto difficili da trovare e dal valore immenso. Somigliava vagamente alla stessa tiara che Uktar aveva fatto costruire per lei per portare la sua gemma di Charta, ma questa volta vedere quel regalo le fece avere un tuffo al cuore. Galfore non aveva fatto tutto quello per ingraziarsela o per donarle un’arma potentissima con cui terrorizzare la galassia: aveva voluto stupirla e lo aveva fatto molto probabilmente impiegando molte risorse del suo regno già esausto, una scelta stupida che avrebbe scatenato le ire della principessa, che considerava uno spreco un regalo così costoso solamente per lei, ma quando vide il sorriso di Galfore mentre le avvicinava la tiara e poi gli sguardi ansiosi degli invitati in sala, capì che per una volta poteva accettare un dono fatto col cuore, un dono che nella sua grandezza voleva esprimere tutto l’amore che Galfore e il popolo di Tamaran provavano nei suoi confronti.
<< E’ un onore per me poterti consegnare di persona questo regalo. >> Mormorò Galfore poggiando sulla testa di Nirihs'Oūm la tiara. << Neanche nei miei sogni più felici avrei potuto immaginare che, un giorno, avrei conosciuto la figlia di Koriand’r e che avrei potuto accompagnarla in un giorno così importante. >>
Nirihs'Oūm arrossì mentre la tiara sfilava sulle sue tempie e si fermava all’altezza della sua fronte, conferendole un aspetto ancora più regale. Il vecchio re indietreggiò e lasciò che gli invitati ammirassero lo splendore della loro principessa, e dopo qualche istante che questa si fu rivolta a loro, dalla folla cominciò a levarsi il battere di stivali caratteristico di quella gente. Era quasi come se Galfore, con l’approvazione del popolo di Tamaran, le stesse affidando non un regalo, ma le speranze e i sogni dell’intero regno, assieme al loro destino. Persino Splinter e i suoi amici cominciarono ad esultare e battere le mani.
In quell’atmosfera che fece commuovere Nirihs'Oūm, la ragazza trovò il coraggio di rivolgersi al proprio popolo senza più timori; inizialmente i Tamaraniani videro nel suo alzare le braccia un’incitazione a fare ancora più rumore, ma quando lei si sporse ancora di più per richiamare la loro attenzione gli invitati capirono che c’era qualcosa che voleva dire e cominciarono a fare silenzio. Ci volle un po’, ma alla fine i Tamaraniani si ammansirono come cuccioli di fronte alla madre. Una volta ottenuto il totale silenzio, Nirihs'Oūm attese ancora qualche istante per assicurarsi di essere ascoltata da tutti, quindi prese un bel respiro e cominciò a parlare.
<< Amici… Compagni. Per prima cosa voglio ringraziare Galfore per questo bellissimo dono che non mi sarei mai aspettata di ricevere, e voi per tutti quelli che verranno portati a breve. >> Iniziò soffermandosi un attimo sulla prima parola del suo discorso. << Ma vorrei cogliere questo momento di allegria per poter parlavi di un argomento che mi sta molto a cuore. A lungo mi sono interrogata su come avesse fatto mia zia, l’imperatrice, a unire un così vasto regno senza incontrare resistenze. Mi sono chiesta cosa abbia fatto per poter governare tanto a lungo su tutta questa gente, un popolo talmente diversificato che sarebbe impossibile tenere sotto controllo. Finalmente, grazie alle parole dei nostri amici del Falkor, oggi nostri graditi ospiti…>> E indicò con una mano Splinter e i suoi compagni, seduti vicino a lei a quella magnifica tavolata. << Sono riuscita a capire: niente. Non c’è niente che tenga unito questo impero, nessun collante universale per i suoi popoli. Mia zia ha creato tutto quello che ora è mio usando la forza e la paura, ma la gente non ha mai accettato la sua tirannia. I popoli schiavizzati e abbandonati a sé stessi come Tamaran sono molti, ma ancora di più sono quelli che vedono soffocare le proprie voci con le armi. Ebbene, non potendo più sopportare questo straziante coro di preghiere che ora è indirizzato a me, ho preso una decisione e vorrei che voi foste i primi a saperlo. >>
Nella sala non solo calò il silenzio ma scese il gelo sui commensali, che cominciarono a guardarsi tra loro con occhi sgranati, pieni di interrogativi ai quali la loro principessa avrebbe anche risposto, ma solo dopo aver finito di illustrare la propria scelta. Galfore, come tutti, era completamente all’oscuro di quello di cui parlava Nirihs'Oūm, e a nessuno sfuggì lo stupore di Uktar, che cominciò ad agitarsi quando la ragazza pronunciò la parola “decisione”. Tutti quanti, però, in fondo al proprio animo, avevano una piccola speranza, un’idea un po’ folle che quello che stesse per dire la principessa fosse qualcosa che avevano sempre desiderato di sentire.
<< Ho deciso di accettare l’eredità lasciatami da mia zia, l’investitura a imperatrice, ma solo per poter compiere un’unica azione che riporterà la pace per sempre nell’impero. >> Continuò Nirihs'Oūm guardando negli occhi alcune delle persone sedute alla tavola più vicina; per un attimo sembrarono rassegnarsi dopo la prima parte del suo annuncio, ma dopo aver lasciato intendere che ci fosse altro i loro occhi si riaccesero di speranza. Si soffermò poi a guardare i suoi nuovi amici, il cui arrivo l’aveva aiutata a prendere quella decisione, e notò anche in loro degli sguardi diversi; in particolare, furono gli occhi di ghiaccio del Vernathiano Variel a colpirla, che nonostante fosse sempre così scontroso, non solo adesso le concedeva tutta la sua attenzione, ma sembrava addirittura commosso da quelle parole.
Nirihs'Oūm avrebbe voluto mantenere uno sguardo deciso, concentrato, ma le sfuggì un sorriso nato dal cuore mentre passava in rassegna i volti dei ragazzi del Falkor e tornava a rivolgersi al popolo di fronte a sé. La sua espressione cambiò, assumendo l’aspetto di chi non vedeva l’ora di passare all’azione, orgogliosa della propria scelta, e con voce imperiosa decretò:<< E questa azione comporterà lo scioglimento dell’impero stesso e la libertà per voi, amici miei. >>
Inizialmente i Tamaraniani non compresero pienamente il significato di quelle parole: la notizia che Nirihs'Oūm volesse prendere il potere non aveva destato particolare scalpore, e anzi i Tamaraniani avrebbero anche sostenuto con orgoglio e affetto quella sua scelta; la seconda parte del suo annuncio, però, lasciò tutti i presenti pietrificati, come se nessuno volesse reagire in modo troppo vistoso, per paura di aver frainteso.
Sconcertata dal silenzio innaturale che era calato sulla sala dei banchetti, Nirihs'Oūm si schiarì la voce e cercò di sorridere nonostante nessuno più sembrasse voler sorridere lì dentro. << In poche parole… >> Mormorò credendo di aver detto qualcosa di sbagliato. << Voglio prendere il potere per riuscire finalmente a fare la differenza! Una volta al comando dell’impero, potrò liberare Tamaran dalle catene che la opprimono e scioglierò definitivamente questo regime del terrore che per decenni ha schiavizzato centinaia di civiltà! >>
Ancora silenzio, ma questa volta i Tamaraniani avevano inteso bene il messaggio. Nirihs'Oūm sorrise ancora, questa volta in modo più spontaneo, sapendo che le reazioni di stupore della folla erano tutti segni positivi.
<< Una volta finito tutto questo, voi sarete di nuovo liberi… E io lascerò definitivamente Kurand’r per passare una vita più felice qui, se voi me lo concederete. >> Disse infine la ragazza, e con un profondo inchino rimase in attesa che qualcuno le mandasse un segnale. Alla fine lo aveva fatto, aveva capito quale fosse il suo destino e si era incamminata per realizzarlo; ora sperava solo che i Tamaraniani la accogliessero ancora una volta come una di loro.
Ci volle del tempo perché i Tamaraniani reagissero alle sue parole. Nella sala volavano sguardi increduli e si sentivano pochi bisbigli incomprensibili tra i tavoli; la notizia era stata accolta con stupore, questo era evidente, ma questo era stato tale da lasciarli tutti destabilizzati. Nirihs'Oūm stava cominciando a pensare di aver fatto qualcosa di sbagliato, quando dal centro della sala si levò gradualmente un rumore di marcia. Gli stivali dei Tamaraniani battevano sempre più velocemente in un’unica grande orchestra rudimentale, poi aumentarono di intensità mentre si univano tutti gli altri nella sala a quello che nella cultura di Tamaran rappresentava un saluto rispettoso. Si aggiunsero poi urla, battiti di mani e fischi, tutti estasiati dalla notizia del ritorno della libertà, mentre alcune voci già proponevano dei brindisi in onore della principessa.
La adoravano. Sentiva acclamare il proprio nome e tutto ciò le provocava un forte imbarazzo, ma le scaldava il cuore; poteva vedere i sorrisi che aveva generato il suo annuncio, molto diversi da quelli che avevano mostrato gli invitati durante la festa. Galfore era commosso e anche Splinter e i suoi amici applaudivano con approvazione, mentre nel loro gruppo già alcuni elementi si agitavano e immaginavano cosa sarebbe potuto cambiare da quel momento. Solo una persona non si unì ai festeggiamenti e, anzi, si alzò di scatto dalla tavola e cercò di richiamare l’ordine. Era Uktar e ora stava pestando i piedi e sbracciandosi di fronte al posto di Nirihs'Oūm, frapponendosi tra lei e il popolo, urlando di fare silenzio.
Ebbe qualche difficoltà a sedare la felicità tamaraniana, a un certo punto decise di prendere una lancia da una delle guardie ai lati della sala e sbatterla con violenza sul pavimento per tranquillizzare i Tamaraniani, che alla fine lo notarono al centro della sala e ammutolirono.
L’atmosfera di allegria era stata rapidamente rovinata dalla presenza di Uktar, che sembrava fuori di sé; fissava i Tamaraniani con rabbia, come dei bambini indisciplinati che gli avevano fatto perdere la pazienza. Si voltò rapidamente verso la principessa, una volta ottenuto il silenzio, e cominciò a parlare trattenendo a stento il proprio fastidio.
<< Che bella idea! >> Commentò sfoderando un sorriso falsissimo. << Sono lieto di sapere che, alla fine, ha deciso di seguire il volere di sua madre e diventare imperatrice. Tuttavia è ancora molto inesperta su come si guidi un impero e perciò è naturale che architetti simili piani con tanta leggerezza… In fondo è per questo che ci sono io a consigliarle il meglio. >>
Nirihs'Oūm aggrottò la fronte, poi la distese come se non avesse niente di cui preoccuparsi e chiese:<< Che cosa c’è che non va nel mio piano, consigliere Uktar? >>
Uktar sembrò molto infastidito dal modo in cui Nirihs'Oūm pronunciò “consigliere”, e lei sapeva che avrebbe avuto un forte effetto su di lui. Per la prima volta lo stava trattando come qualcuno di inferiore, perché sapeva che lui non le avrebbe mai rivolto il rispetto dovuto, e perché ne aveva abbastanza del suo mettere il becco in ogni faccenda che la riguardava.
Il consigliere sembrò fare appello a tutto il suo autocontrollo per non reagire male. Nirihs'Oūm lo vide prendere un lungo respiro e sussurrare:<< Bene. >> Quindi, Uktar si avvicinò al tavolo. << Mi permetta innanzitutto di esprimere il mio pensiero in tutta franchezza, principessa. So quanto lei sia affezionata a Tamaran e al suo popolo, ma questa sua idea è una vera follia! >>
Uktar piantò i palmi sul tavolo senza curarsi di sembrare troppo brusco e guardò Nirihs'Oūm direttamente negli occhi, carico di sdegno. Lei sostenne quel suo sguardo irrispettoso e si mise comoda sulla sua sedia, mostrando di non essere toccata dalle sue argomentazioni.
<< Quello che pensi tu, Uktar, non ha alcuna rilevanza su questo argomento. >> Rispose lei con un tono che non ammetteva repliche. << E non vedo come potrebbe essere folle, voler liberare un popolo che non ha fatto niente di male. >>
Uktar indietreggiò un poco e guardò la principessa con aria incredula. Decise di girare attorno al tavolo per andare a parlarle faccia a faccia, continuando a parlare nel frattempo mentre si avvicinava. << Chiedo scusa, ma credo proprio che ce l’abbia in questo caso. Il mio compito è quello di aiutare l’imperatrice a seguire le scelte migliori per l’impero e indirizzarla quando essa non sappia che strada prendere. >>
L’uomo assunse un tono di chi sembrava trattenere a stento le risate, come se quella fosse una situazione al limite dell’assurdo e forse lo era; lo era per lui, che non voleva vedere il suo piccolo status crollare una volta sciolto l’impero. Nirihs'Oūm decise di mantenere un tono ingenuo e fargli perdere ancora di più la pazienza, continuando a non voler sentire ragione sulle sue motivazioni.
<< Ma io so perfettamente che strada prendere. >>
Uktar ignorò il sorrisetto beffardo della principessa e cominciò a spiegarsi mentre si avvicinava:<< Ha pensato all’impatto che questa decisione avrebbe sull’equilibrio cosmico? Una intricata rete di scambi commerciali come quella del nostro impero cadrebbe nel caos, l’economia finirebbe in pezzi e la gente non saprebbe più chi seguire. Ha pensato anche solo a quanti contatti verrebbero persi in questo modo? Quante persone saranno divise? >>
<< Ristabiliremo solo quello che c’era prima che noi depredassimo i mondi di altri popoli. >> Disse freddamente Nirihs'Oūm, provocando un moto di disgusto in Uktar che si fermò oltraggiato.
<< Quindi lasceremo che decine di mondi cadano di nuovo nel caos e nella barbarie? Impediremo al meglio dei mondi annessi di potersi espandere e raggiungere tutti gli altri, in modo da rendere più agiata la vita di tutti quanti nella galassia? Faremo scontrare i popoli per la supremazia in guerre sanguinose che non avranno nessun vincitore, solo perché è giusto che siano liberi? >> La voce del consigliere si alzò fino ad arrivare alla fine della grande sala del banchetto, provocando un eco quando questa tornò indietro; Uktar era ormai fuori di sé. Anche se ciò che diceva fosse sensato, Nirihs'Oūm sapeva che quelle erano tutte scuse per mantenere la propria posizione di potere e benessere.
<< C’è una ragione se Komand’r ha creato questo impero, tanti anni fa, ed è perché non tutti sono capaci di impiegare la propria libertà in maniera produttiva! >> Continuò abbassando per un attimo la voce, solamente per rialzarla poco dopo. << Non tutti meritano la cosiddetta libertà, e certi esseri inferiori dovrebbero imparare a stare al proprio posto! >>
Nirihs'Oūm avvertì dei movimenti accanto a sé: qualcuno del gruppo di Splinter sembrava aver reagito in modo scomposto alle ultime parole di Uktar, ma così come si era spinto per – forse – rispondere a Uktar, era stato fermato all’istante, probabilmente per evitare che si cacciasse nei guai intromettendosi in quella discussione. Era giusto che fosse così: Nirihs'Oūm aveva provocato Uktar e sarebbe stata lei a ribattere ai suoi commenti. In fondo cosa avrebbe potuto accaderle? Il suo consigliere era un vigliacco che non avrebbe mai potuto impensierirla e si trovava in una sala piena di Tamaraniani che non lo vedevano di buon occhio; sarebbe bastato un movimento appena accennato intento a farle del male e una buona fetta dei presenti si sarebbe scagliata su di lui per farlo a pezzi, sempre che ne avrebbero avuto il tempo con Nirihs'Oūm a un passo dal perdere la pazienza.
Proprio mentre pensava a queste cose e a come a nessuno sarebbe importato della scomparsa di Uktar, Galfore si alzò dalla propria sedia e si mise fra la principessa e il suo consigliere lanciandogli un’occhiata sdegnosa. Lui, la cui indole era molto più focosa della giovane figlia della sua protetta, aveva già esaurito la pazienza da molti anni.
<< Farebbe meglio a portare maggiore rispetto alla sua prossima imperatrice! >> Lo minacciò stringendo i pugni, sovrastandolo con la sua mole. << Se la principessa parla con così tanta sicurezza, vuol dire che ha già preso una decisione…! >>
Ma il re di Tamaran non fece in tempo a finire la frase. Uktar non lo degnò nemmeno di uno sguardo e semplicemente continuò a camminare verso Nirihs'Oūm, mentre con un movimento svogliato del braccio gli mozzava di netto l’avambraccio, mettendo in quel movimento una forza che apparentemente non poteva possedere.
Ci fu tanto sangue, più di quanto Nirihs'Oūm avrebbe mai potuto immaginare, mentre quella che sembrava una situazione perfettamente sotto controllo andava a rotoli in un istante e le scene che lei aveva previsto diverse settimane prima si svolgevano davanti ai suoi occhi esterrefatti. C’erano le urla di Galfore, la sua mano che volava per aria e ricadeva orribilmente a poca distanza, ancora scossa dagli spasmi che l’odio verso Uktar gli aveva provocato; fu la prima volta che provò orrore di fronte alla visione di una ferita tanto cruda, e il peggio fu rendersi conto che se non avesse cercato di far infastidire Uktar e fosse andata dritta al punto, probabilmente avrebbe potuto evitare tutto quello.
Ora quadrava tutto: la scena, il sangue, le urla di Galfore che le trapassavano i timpani e le davano un dolore inimmaginabile; tutto stava andando al proprio posto in quella visione, e l’unica cosa che non aveva visto, l’unico elemento che le era rimasto oscuro fino a quel momento, era proprio l’artefice di quello scempio, Uktar.
Nirihs'Oūm rimase pietrificata sulla propria sedia mentre Galfore si stringeva l’avambraccio sanguinante e urlava in preda al dolore. Molta della gente nella sala aveva cominciato a fuggire, ma alcuni guerrieri più valorosi erano rimasti e si stavano dirigendo verso Uktar per allontanarlo da lei; anche le guardie di Tamaran, armate delle loro lance, stavano scattando verso di lui. Ma Uktar non sembrava più sé stesso: non solo il suo sguardo era cambiato, ma i movimenti del suo corpo erano diventati quelli di un guerriero esperto. Nirihs'Oūm se ne rese conto quando lo vide deviare abilmente i raggi laser lanciatigli contro da alcuni guerrieri, per poi sbarazzarsi in poche mosse di quelli che lo assaltarono.
Quando l’ultimo Tamaraniano che lo aveva attaccato fu liquidato, Uktar rimase a guardare Nirihs'Oūm con aria di superiorità mentre questa si schiacciava sulla propria sedia impaurita.
Perché aveva tanta paura di lui? Perché sentiva che quell'aumento di potenza così esponenziale non poteva essere naturale, e aveva riconosciuto nella brutalità delle azioni di Uktar colei che per anni l'aveva tormentata.
<< Komand’r è stata anche troppo buona con dei troq come voi. Dovreste imparare a tenere a freno la lingua, se ci tenete alla vita! >> Disse sprezzante, rivolgendosi a un Galfore inginocchiato con gli occhi fissi sulla propria mano priva di vita, al centro di una pozza del proprio sangue. << Quanto a lei, principessa… >> E questa volta lo sguardo del consigliere si fece più vivo e perfido. << Vedo che gli sforzi di Komand’r di piegare il suo spirito non sono andati a buon fine, ma non sarà un problema d’ora in avanti, perché ho intenzione di finire questa storia una volta per tutte! >>
Uktar alzò una mano puntandola contro Nirihs'Oūm e la guardò impietoso. Prima che potesse fare qualcosa però, i ragazzi che erano seduti vicino a lei si alzarono e si frapposero tra loro; Splinter estrasse dei pugnali dai vestiti e li incrociò, bloccando la strada al consigliere, mentre Kuala e Barry si accostavano a lui e Variel si metteva al fianco della principessa, mostrando di avere nascosto un piccolo blaster dentro una manica.
Divertito dall’insubordinazione di quelle quattro nullità, Uktar ghignò. << Approfitterò dell’occasione per liberarmi di quattro seccature come voi. Vi ringrazio per avermi dato una motivazione per annientarvi… >>
Ma Splinter e gli altri non si lasciarono intimidire. Nirihs'Oūm poté avvertire la risposta di uno dei componenti del gruppo, ma non riuscì a sentire di che cosa si trattasse; era come se tutto quanto fosse scivolato via, lei era rimasta da sola in un mondo vuoto, dove un insensato terrore le attanagliava lo stomaco e la teneva incollata alla propria sedia, mentre Splinter davanti a lei la spingeva ancora più indietro per proteggerla, mozzandole il respiro e impedendole di reagire a tutto quello.
Ci fu un fascio di luce rossa e i ragazzi furono scaraventati dall’altra parte della sala; non Nirihs'Oūm, che rimase ben salda alla sedia, quasi come se fosse stata inchiodata al pavimento. Vide Uktar guardarla compiaciuto mentre la sua mano destra si muoveva in modo molto evidente, attirando l’attenzione su di sé e su di una piccola pietra rossa incastonata su uno dei suoi anelli.
<< Hai paura, principessa? >> Chiese Uktar mentre Nirihs'Oūm otteneva la conferma di non avere di fronte lo stesso Uktar di sempre, ma che quell’uomo totalmente incapace e pavido aveva ottenuto qualcosa che lo aveva reso incredibilmente potente. << Fai bene ad averne, perché presto sarò… >>
<< Hai preso tu la gemma di Charta di Komand’r! >> Lo interruppe lei spalancando gli occhi. Uktar si mostrò infastidito dall’intervento inatteso della ragazza, ma sorrise comunque e mise più in mostra l’anello con la pietra rossa incastonata.
<< Era l’unica cosa che potevo fare. Tu non volevi ascoltarmi, e per di più hai preso quella assurda decisione di interrompere la produzione di gemme di Charta. >> Rispose. << Io non ho mai avuto una gemma tutta mia, ma sapevo che a breve, per il bene dell’impero avrei dovuto unirmi ai giochi e sporcarmi un po’ le mani. >>
<< Sei solo un vigliacco, Uktar! >> Esclamò Nirihs'Oūm disgustata. Il pensiero di quell’uomo che depredava il corpo di sua zia la faceva nauseare. << Komand’r non avrebbe mai lasciato la gemma di Charta a un verme come te! >>
<< Silenzio! >> Esclamò lui puntandole un dito contro. Il suo sguardo adirato si fissò sugli occhi di Nirihs'Oūm per qualche istante e l’uomo sembrò fare fatica a smaltire la rabbia, prima di rispondere. << Io ero il collaboratore più fidato di Komand’r! Lei mi avrebbe affidato tutto il suo impero a occhi chiusi! >>
<< E perché non lo ha fatto, allora? >> Chiese Nirihs'Oūm con un leggero sorriso. Uktar qui rimase in silenzio, adesso era la principessa a prendere il controllo della conversazione.
Lei si alzò dalla propria sedia, riuscendo finalmente a staccarsi, e si portò a poca distanza dal viso di Uktar. << Komand’r ti conosceva troppo bene: sapeva che tu non sei mai stato altro che un vigliacco in attesa del prossimo che sia più forte di te per servirlo e guadagnarti una vita agiata! Non hai alcun pregio, nessuna qualità che possa riscattare il tuo essere così disgustoso! Quando è morta sapeva che tu non saresti mai diventato niente di più di un verme che lecca i piedi di chi è più forte di lui, per questo ha lasciato tutto a me! >>
Uktar adesso aveva finito di mostrare i suoi sorrisini e di parlare in modo tanto educato, non nascondeva più il proprio odio nei confronti della principessa; quelle ultime parole non avevano fatto che aumentare la rabbia e il disgusto per quella insolente, arrivata dal nulla pretendendo di poter comandare. Nonostante ciò le si rivolse ancora con calma, sguardo fisso e voce solida per lui, che fece un passo indietro e disse:<< Parole grosse, dette dalla persona che l’ha uccisa! >>
Nirihs'Oūm fu colta alla sprovvista da quello. Poté avvertire l’incredulità attorno a sé dei presenti in sala, soprattutto di Galfore che aveva smesso di lamentarsi e, accasciato per terra, aveva ascoltato l’intera conversazione. Non cercò di nasconderlo, sapeva quello che aveva fatto e sapeva perché lo aveva fatto; Nirihs'Oūm affrontò Uktar a testa alta.
<< Come lo hai scoperto? >> Chiese con tranquillità.
<< Era la spiegazione più logica. >> Disse lui. << Komand’r godeva di ottima salute ed era ancora giovane; sin da quando ha istituito l’impero sono stati innumerevoli i tentativi di assassinio, ma nessuno era stato mai attuato perché la lungimiranza di Komand’r è sempre stata perfetta. L’unica persona insospettabile era allo stesso tempo la più prevedibile: lei conosceva il tuo potere più di chiunque altro e sapeva che avresti potuto farle del male, ma credeva che avresti avuto più onore di così e l’avresti sfidata senza ricorrere a trucchi codardi per prenderla alla sprovvista!
<< Dopo la sua morte ho voluto indagare. Tu eri troppo concentrata sui tuoi libri e le tue storielle tamaraniane per accorgerti degli agenti sempre al tuo seguito che venivano poi a riferire a me ogni cosa, come per esempio della tua piccola cerimonia funebre per quel pezzente terrestre. >> Uktar mostrò un ghigno sadico alla principessa, che si rese conto di non aver fatto abbastanza attenzione.
<< Quindi mi hai pedinato? >> Chiese mettendosi sulla difensiva. Uktar sapeva di quello che aveva fatto per il signor Kovar, in qualche modo avrà anche scoperto di come aveva ucciso Komand’r. Si chiese se l’avesse fatta seguire anche su Tamaran…
<< Ho fatto quello che bisognava fare. Per colpa tua l’impero rischia di attraversare una crisi senza precedenti, dopo tutti gli sforzi di Komand'r per portarlo al suo splendore attuale! >> Spiegò Uktar stringendo i pugni. << Ma io rimedierò a ogni cosa prima che sia troppo tardi, e comincerò proprio da te! >>
<< No! >> La voce di Galfore tuonò alle spalle di Uktar e in un attimo la figura possente del re Tamaraniano lo sovrastò. Anche se ferito, Galfore avrebbe potuto combattere e sicuramente, se Uktar non avesse avuto la gemma di Charta, lo avrebbe potuto schiacciare senza problemi; ma in quel momento lui era indifeso di fronte alla potenza distruttiva della pietra che il consigliere aveva strappato dalle spoglie dell’imperatrice, e Uktar volle dimostrarlo assestandogli un pugno dritto nello stomaco che strappò una grossa porzione di carne dal ventre del re e che per poco non lo trapassò.
Galfore ricevette in pieno il colpo e si piegò sul corpo di Uktar senza più forze, sputando sangue ed emettendo versi pietosi che diedero una sensazione orribile a Nirihs'Oūm. Fu come ricevere un pugno in testa per lei, quella visione la svegliò completamente: per tutto il tempo del confronto con Uktar aveva avuto paura della potenza della gemma di Charta, ma aveva avuto paura per sé stessa; il fatto di dover rivedere in azione quell’arma terribile l’aveva riportata a quel giorno di dieci anni prima e l’aveva fatta sentire inerme di fronte a qualcosa di troppo grande. Ma adesso lei era diversa, era più forte; erano gli altri a dipendere da lei in quel momento e quando vide Galfore ferito che cercava comunque di lottare con Uktar, capì che restare bloccata lì non avrebbe aiutato nessuno.
Così si lanciò contro di lui, e lo fece urlando a pieni polmoni. Era arrabbiata con Uktar per tutto quello che rappresentava in quel mondo orribile in cui era stata trascinata con la forza e per quello che continuava a fare nonostante non ne avesse il motivo, né il diritto.
Nirihs'Oūm attaccò Uktar a testa alta, ma senza alcuna strategia in mente e lui reagì prontamente liberandosi di Galfore e respingendola con un solo braccio, spedendola dritta contro una parete della sala che crollò come se fosse fatta di sabbia.
Splinter, che si era rialzato ma non aveva fatto in tempo ad aiutare Nirihs'Oūm, vide Uktar saltare giù dal buco creato nel muro, gongolante per la forza ottenuta. Non capì cosa stesse succedendo, ma quando vide Galfore accasciato a un angolo della sala gli corse incontro per cercare di aiutarlo. Il vecchio re allora, stringendo i denti per il dolore, gli chiese di lasciarlo perdere e di inseguire Nirihs'Oūm e Uktar.
<< Andate… Dovete aiutare lei! E’ tutto ciò che mi resta, non potrei sopportare di perdere anche lei! >> Esclamò con le lacrime agli occhi. Lui era ferito, probabilmente in modo fatale, e non poteva rimettersi in piedi. Eppure non gli interessava nulla delle proprie condizioni; in quel momento la ragazza che avrebbe potuto cambiare per sempre le loro vite si ritrovava ad affrontare un nemico ben al di sopra delle sue capacità. Aveva bisogno di tutto l'aiuto possibile!
Splinter annuì con decisione, sapendo di poter fare la cosa giusta, quindi chiamò a gran voce le guardie e i civili che erano rimasti nella sala dopo essere stati mandati a terra dal consigliere imperiale e gli disse di occuparsi del re mentre lui e la sua squadra sarebbero scesi sul campo di battaglia.

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Capitolo 10
*** Per sempre al tuo fianco ***


Nirihs'Oūm si risvegliò intontita, distesa su un letto di fiori bianchi che sospinti dal vento le accarezzavano gambe e braccia. Non avvertiva nessun dolore, eppure era sicura che il suo corpo non fosse a posto; agitò i polsi per scacciare quel torpore che la avvolgeva e si ritrovò a gemere violentemente dopo aver avvertito una forte nel retro della testa, che si ripercosse per tutto il suo corpo non appena si mosse.
Si accasciò su un fianco sopportando a malapena quel dolore. Non aveva ferite, di questo era certa, ma qualcosa dentro di lei sembrava volersi rifiutare di far muovere il suo corpo. Anche il dolore che aveva avvertito non proveniva dal suo corpo; era stato qualcosa di esterno, come se le sue membra fossero solo collegate a quella cosa che le aveva mandato la scossa.
<< Glar'k! >> Imprecò quando cercò di girarsi sull'altro fianco, ricevendo un'altra incontenibile scossa. Anche parlare le provocò dolore e Nirihs'Oūm dovette mordersi la lingua per evitare di gridare ulteriormente. Decise di rimanere immobile una volta resasi conto che ogni tentativo di movimento le causava altro dolore, ma sapeva di non poter restare così a lungo: quel vigliacco di Uktar stava arrivando e non si sarebbe certo risparmiato vedendola priva di sensi per terra… Aveva fatto del male a Galfore, aveva colpito Splinter e i suoi amici e poi l'aveva attaccata usando la gemma di Charta; non poteva restarsene lì ad aspettare che il dolore passasse, doveva passare all'azione!
Cominciò ad avvertire i suoi passi. Si facevano sempre più vicini, tranquilli mentre calpestavano l'erba sollevando un leggero soffio di steli spezzati. Nirihs'Oūm si chiese se avrebbe avuto qualcos'altro da dire vedendola in quello stato, oppure se sarebbe passato subito all'azione; sapeva che lei era una minaccia molto grande per lui anche se era in possesso della gemma di Charta, quindi avrebbe probabilmente ridotto i rischi a zero. Doveva sbrigarsi a riprendere il controllo del proprio corpo, se non voleva essere spazzata via… Ma più questo pensiero le premeva nella mente, più la forza nel suo corpo diminuiva.
Una sagoma scura fece capolino da un angolo della visione di Nirihs'Oūm e la ragazza gli ringhiò contro, ricevendo in risposta una piccola scossa al cervello che le fece digrignare di più i denti.
<< Oh, ma che disastro! >> Disse una voce che Nirihs'Oūm non riuscì ad accostare a niente di noto, ma che non le suonò del tutto sconosciuta. << Non sei proprio in un bello stato, eh? >>
Confusa, la ragazza cercò di guardare il volto della persona di fronte a lei ma non riuscì a identificarlo; il sole colpiva esattamente dietro la sua testa, accecandola e gettando ombra sulla sconosciuta.
<< Ascolta, devi ritrovare l'equilibrio se vuoi rialzarti. >> Disse quella, ignorando gli sguardi aggressivi di Nirihs'Oūm. << Questo è un luogo speciale dove mantenere l'equilibrio tra corpo e spirito è essenziale per andare avanti. >>
<< Che… Cosa stai… >> La principessa si zittì dopo aver avvertito un'altra fitta e abbandonò l'idea di sollevare la testa per vedere meglio il volto della persona che aveva davanti. Questa sembrò non notare le sue sofferenze e continuò con il suo discorso.
<< Il corpo è il nostro guscio esterno, ci protegge dai pericoli e permette a quelli che hanno uno spirito più fragile di potersi muovere allo stesso modo degli altri. Lo spirito è ciò che ci rende unici, si evolve e cambia con il passare del tempo ed è la parte più profonda del nostro essere. Entrambi sono tenuti insieme da un filo invisibile che è la mente; la mente fa sì che il corpo e lo spirito possano riconoscersi e accettarsi senza conflitti interni, che altrimenti potrebbero causare gravi crisi come nel tuo caso. Tu pensi che il tuo corpo e il tuo spirito siano in equilibrio? >>
Nirihs'Oūm balbettò qualcosa, confusa. Voleva sapere chi fosse quella donna, ma tutto quello che riuscì a tirare fuori fu un gemito smorzato che diede solo a quella persona la conferma di ciò che chiedeva.
<< Sì, fa molto male. >> Annuì comprensiva. << Normalmente il malessere sarebbe solo interiore, quasi impercettibile, ma il fatto che tu sia entrata qui in questo modo traumatico ha fatto sì che la mente andasse altrove, mentre corpo e spirito si dividevano. >>
Che cosa significava? Di che stava parlando quella strana donna? La guardò con rabbia, sentendosi come un semplice gioco con cui passare il tempo per lei.
<< Ascolta, devi ritrovare la pace interiore se ti vuoi rialzare. >> Disse la voce. La sagoma si abbassò un poco verso Nirihs'Oūm e le parlò da un po' più vicino. << Ti sei abituata troppo a fare affidamento sul tuo corpo e perciò lo spirito si è indebolito. Ma lui è ancora lì, dentro di te, e può darti la forza necessaria a muoverti. >> Si rialzò e cominciò a voltarsi, ma la voce rimase vicina a Nirihs'Oūm, quasi fosse nella sua testa. << In questo mondo gli equilibri sono invertiti: il corpo ha meno importanza dello spirito ed è la mente che permette questo spostamento di energie. Se non ristabilisci il contatto, non riuscirai mai a fare il primo passo… >>
Finalmente la donna sparì, lasciando Nirihs'Oūm da sola con i propri pensieri e il dolore che a tratti scemava per poi tornare ogni qualvolta che provasse a fare un movimento. Non aveva tempo per quelle cose, Uktar stava arrivando e lei era l'unica che lo poteva fermare. Lei lo sapeva! Era abbastanza forte da affrontare qualcuno in possesso della gemma di Charta, fermare quel pazzo era il suo dovere!
Provò nuovamente ad alzarsi da terra, ma questa volta la scarica colpì tutta la parte superiore del corpo. Forse avrebbe potuto provare a lottare contro quella sensazione e attendere che passasse, ma il dolore era veramente eccessivo da sopportare anche per lei, e non aveva nessuna certezza che dopo un po' sarebbe passato. Avrebbe fatto meglio a seguire il suggerimento di quella donna e richiamare il proprio spirito, ma poteva veramente farcela in quello stato?
Sembrava una semplice seduta di meditazione. Era passato un po' di tempo dall'ultima volta che lo aveva fatto, gli impegni l'avevano travolta a tal punto che non aveva più avuto il tempo per piccole cose come quella… Eppure le piaceva tanto, sapeva di amare quella sensazione di pace che le donava la meditazione! Ma come poteva trovare la calma e la pace interiore, quando la sua vita era così piena di dolore?
Doveva provarci in ogni caso: aveva poco tempo e restare a lottare contro quel dolore che la paralizzava non sarebbe servito a niente. Dubbiosa dell'efficacia di quel metodo, cercò di controllare la respirazione il più possibile senza scatenare ulteriori scosse; doveva sforzarsi di regolare il proprio respiro entro i limiti che le permetteva la sua condizione. Se espandeva troppo il torace, una scossa le mozzava nuovamente il fiato e doveva ricominciare da capo.
Preferì non chiudere gli occhi e invece si concentrò sul cielo rosa sopra la sua testa: leggere nuvolette bianche scorrevano lentamente da una parte all'altra del suo campo visivo. Non sapeva quanto tempo fosse passato da quando aveva perso i sensi e da quel poco che riusciva a vedere non era nemmeno in grado di capire dove si trovasse. La sua visione cominciò a farsi più sfocata dopo un po', si sforzò di restare concentrata su un punto solo e quando i suoi occhi deviarono da soli per la stanchezza Nirihs'Oūm non provò a combatterli; invece si concentrò sulla propria coscienza, che stava lentamente scivolando via dal suo corpo a causa del torpore indotto da quello star ferma, e provò a raggiungere con la mente la parte più spirituale di sé, abbandonando la forma fisica del suo essere.
E ci riuscì. Quando la sua visione si rischiarò, poteva muovere le braccia e sbattere le palpebre senza avvertire quel dolore acuto al cervello. Prese un bel respiro, felice di poter finalmente respirare a fondo e si tirò su ammirando il paesaggio attorno a sé.
Era tornata nel mondo della sua coscienza, il mondo che viveva dentro di lei e che solo lei poteva raggiungere; poco distante da lì c'era il lago con accanto la montagna da cui scendeva la cascata che faceva schizzare le sue goccioline fino alla collina dove si trovava Nirihs'Oūm. Non aveva idea di come avesse fatto ad entrarvi, ma doveva essersi trattato di un incidente visto che qualcosa nella procedura era andato storto.
Ma proprio mentre decideva di essere grata di aver ascoltato le parole della sconosciuta, Nirihs'Oūm si interrogò nuovamente: come poteva esserci qualcuno lì, se quel posto era solo un sogno accessibile solo a lei?
Doveva indagare. L'urgenza di occuparsi di Uktar la avrebbe strappata a quel luogo, se non fosse stato per la sua curiosità impellente di scoprire chi fosse quella donna nel suo mondo! Si alzò da terra con uno scatto di reni e cominciò a camminare in direzione del piccolo lago ai piedi del monte. Non sapeva se quella fosse o meno la direzione giusta, ma sapeva che ogni volta che aveva dovuto cercare qualcosa in quel posto era stato là, in cima alla montagna con la luce che andava verso il cielo.
Già, la parte più profonda di sé, o qualunque cosa fosse quel posto. Nirihs'Oūm Non sapeva perché fosse tanto importante quel luogo; non credeva che ci fosse niente che meritasse di essere salvaguardato dentro di lei. Quei fiori bellissimi dovevano essere per forza un'illusione della sua mente, perché la sua anima era nera da moltissimo tempo e avrebbe continuato ad esserlo sempre di più. Non c'era un modo per scappare dal proprio passato.
Arrivò sulla riva del lago senza accorgersene. Quando l'acqua bagnò la punta dei suoi stivali, Nirihs'Oūm pensò di toglierseli per continuare, ma poi si rese conto di dove fosse: quel luogo non era un posto fisico, lì niente era reale e tutto ciò che sembrava materiale non lo era; perciò lei non stava veramente indossando i vestiti che aveva messo quella mattina.
Si sentì nuda, provò un po' di vergogna ma in fondo non c'era nessuno che potesse vederla. Avanzò nell'acqua e per qualche motivo, mentre il lago la accoglieva dentro di sé dandole un leggero brivido, Nirihs'Oūm tornò con la mente a quei cinque minuti di spensieratezza passati con Kuala nella vasca da bagno, senza che la ragazza la riconoscesse. Non capì perché, ma ricordare il corpo nudo della Pistiliana la aiutò a provare meno vergogna per la propria nudità, e quando fu arrivata dall'altra parte, passando sotto alla cascata e arrampicandosi sugli scogli che vi si nascondevano dietro, Nirihs'Oūm tornò vestita e asciutta, come se non fosse mai accaduto nulla.
Quando alzò lo sguardo nelle sue orecchie rimbombava lo scroscio della cascata, non riusciva a vedere niente se non le migliaia di goccioline mischiate alla schiuma che scendevano dalla montagna. Pensò che sarebbe stato piacevole fermarsi ad ascoltare il rumore dell’acqua in quel punto, ma dovette costringersi a muoversi perché il suo tempo in quel posto era limitato. Si incamminò così lungo il sentiero che andava verso la cima, ma ben presto il sentiero si tramutò in una scalata non semplice per una persona poco atletica; pensò che se avesse avuto il pieno controllo dei propri poteri e fosse stata in grado di volare come gli altri Tamaraniani, quella scalata non sarebbe stata per niente un problema. Però Nirihs'Oūm si chiese anche se in quel luogo i suoi poteri avessero un effetto o fossero anche parte di quel “corpo materiale” che aveva lasciato fuori…
Non le interessava particolarmente, ma alcune volte saper volare decentemente le sarebbe stato veramente comodo. In quel caso, non avrebbe dovuto perdere tempo a scalare quella montagna perché in un solo balzo avrebbe raggiunto la cima, ma in fondo ci era abituata; si era sempre sforzata a trovare delle soluzioni alla portata di tutti proprio perché aveva vissuto per molto tempo senza alcun potere, quindi senza poter contare sulla forza dei Tamaraniani oppure sulla loro capacità di produrre energia. Se le serviva luce cercava una lampada invece di creare una fiamma di energia e se doveva spostare qualcosa di pesante preferiva sfruttare gli strumenti a sua disposizione invece che affidarsi alla forza bruta. Era un modo per non dimenticare troppo ciò che era stata un tempo…
Finalmente in cima, dopo una camminata non troppo lunga ma che in quella situazione avrebbe potuto essere fatale, Nirihs'Oūm poté finalmente vedere ciò che la attendeva. Una piana erbosa senza alcun punto di riferimento, nessuna roccia o spuntone che la potesse differenziare, nessuna pianta a parte un arbusto che cresceva rigoglioso con diversi fiori colorati ai suoi rametti, che sembrava quasi attenderla al centro di quello spiazzo; ma soprattutto, nessuna persona in vista. Nirihs'Oūm era sola, come in fondo era ovvio che fosse.
Si avvicinò alla pianta un po' delusa. Ricordava abbastanza bene cosa fosse quel luogo, ma non si era mai spiegata il motivo dell'esistenza di quell'arbusto, con quei suoi fiori che adesso le apparivano sbiaditi, ma che tempo addietro erano stati sicuramente rigogliosi. Era irradiata da una luce che puntava verso il cielo, un bagliore celestiale che le faceva sentire calma e calore, ma che non la aiutava in quel momento. Potendo, forse sarebbe rimasta per sempre lì: un mondo di pace, tranquillità e solitudine doveva essere per forza preferibile a tutto il dolore che aveva vissuto dall'altra parte. Non le interessava cosa sarebbe successo al suo corpo, la sua coscienza sarebbe potuta restare per sempre in quel luogo e lei sarebbe stata soddisfatta… E allora perché sentiva ancora quella fretta, quell'impellenza di andare? Doveva tornare a lottare, doveva tornare indietro perché aveva una responsabilità.
Aveva deciso che le cose sarebbero cambiate. Se lo era ricordato solo ora. Nirihs'Oūm avrebbe dovuto prendere il trono di imperatrice e cambiare la vita a miliardi di persone, salvando tutti i Tamaraniani che soffrivano da anni. Ma poteva farlo veramente? Uktar aveva con sé la gemma di Charta ora, era invincibile, e avrebbe fatto di tutto per mantenere in vita il regno di terrore di Komand'r.
<< Sono felice di vedere che ti sei rialzata. >>
La voce della sconosciuta di prima la fulminò da dietro e quasi la fece cadere per terra. Nirihs'Oūm si girò di scatto, trovando a qualche metro di distanza la donna che l'aveva aiutata a riprendere il controllo di sé.
<< Tu! >> Disse con tono seccato. << Tu… >> Finalmente la vedeva bene in volto, una donna giovane e alta, con una corporatura dai muscoli ben definiti, gli abiti leggeri che lasciavano scoperta tanta pelle, pelle dorata come i Tamaraniani; aveva dei lunghi capelli rossi e lisci, aveva uno sguardo accogliente anche se stanco, e i suoi occhi verdi come due smeraldi erano gli stessi che Nirihs'Oūm vedeva ogni giorno nello specchio.
<< E' passato tanto tempo, bambina mia. >> Disse la principessa Koriand'r guardando con nostalgia la figlia, che quasi cadde in ginocchio ai suoi piedi. Sua madre era lì e le stava parlando.
<< Tu… Come… Tu non puoi essere qui… >> Balbettò puntandole un dito contro, ma nessuna parola sensata raggiunse le orecchie della donna, né lei sembrò volerle rispondere.
<< Stai meglio. >> Constatò lei, e fece un passo in avanti per aiutare la ragazza a rialzarsi da terra. << Non ti sei ancora ripresa del tutto, ma hai fatto il primo passo. >>
Nirihs'Oūm si lasciò prendere la mano e poté sentire il suo tocco sulla propria pelle. La sensazione delle sue mani morbide che le stringevano le dita, il tocco con i polsini lisci e freddi che le coprivano gli avambracci, quelle sensazioni erano reali benché lei non fosse realmente lì in quel momento.
<< Che cosa… Sei? >> Chiese balbettando ancora. Nirihs'Oūm sapeva di non essere nel mondo reale, che quella era l'equivalente di una visione o di un sogno ad occhi aperti, ma che cosa significava veramente quell'apparizione? Lei non poteva certo parlare con i defunti, vero?
Koriand'r le accarezzò la mano ancora un po' e la guardò negli occhi con l'aria di chi aveva atteso quel momento da tanto. << Cosa sono? >> Chiese, e alzò lo sguardo con aria perplessa. << Io sono… Ciò che tu conosci di me. Sono un pezzetto dell'anima di Stella Rubia che è rimasto nel tuo cuore, tu mi hai protetta e custodita con gelosia, e ora che hai veramente bisogno di me mi hai chiamata. >>
Koriand'r portò la mano della figlia al proprio petto e le lasciò ascoltare il battito del suo cuore, un cuore che non c'era più ma che continuava a vivere dentro di lei. Nirihs'Oūm comprese finalmente la situazione e nel suo volto lo stupore fece spazio alla rassegnazione. << Quindi non sei reale… >> Mormorò abbassando lo sguardo, ma la madre le fece alzare la testa e le sorrise.
<< Sono ciò che tu vorresti che io sia. Quanto basta per farti sentire ancora amata, ecco cosa sono. >> Rispose lasciando andare la sua mano e rimanendo a guardarla. << Fuori da qui è successo qualcosa che ti ha turbata profondamente e adesso sei venuta a cercare aiuto da me. >>
Nirihs'Oūm abbassò lo sguardo pensierosa. Da dove poteva cominciare? C'era anche solo qualcosa che andava detto? << Avevo deciso di prendere finalmente in mano la mia vita, ma qualcuno mi ha ricordato che non avrò mai la forza necessaria a diventare grande… >>
Sua madre la guardò sorridendo, come se sapesse esattamente ciò che turbava la ragazza, e annuì. << E' vero che Uktar si è rivelato un ostacolo molto più grande di quanto ti aspettassi, ma perché pensi di non avere la forza necessaria ad affrontarlo? >>
La ragazza si girò di scatto verso la madre e la scosse, esclamando:<< Perché lui ha la gemma di Charta! Ucciderà Galfore, toglierà di mezzo tutti i testimoni e poi distruggerà Tamaran per vendicarsi, proprio come ha fatto mia zia con la Terra! Come posso sconfiggere qualcosa che neanche voi siete riusciti a fermare? >>
Koriand'r guardò la figlia senza battere ciglio, serena ma dispiaciuta. La tensione nella ragazza sembrava opposta alla tranquillità della donna, che tuttavia comprendeva benissimo i timori di Nirihs'Oūm. Le posò una mano sulla guancia e le sorrise.
<< La tua preoccupazione è comprensibile, tesoro mio. >> Disse mentre una lacrima scendeva sul viso di Nirihs'Oūm. << Tuttavia il tuo destino non è di soccombere qui, non hai bisogno di temere così per la tua vita o per quella dei tuoi amici. Tu possiedi tutta la forza che ti serve e quando arriverà il momento sarai in grado di tirarla fuori. >>
<< E se invece non volessi usare questa forza? >> Chiese la ragazza sbattendo più e più volte le palpebre, facendo scendere altre lacrime lungo il suo viso. << Se fossi stanca delle battaglie, del dolore… Se volessi solamente vivere una vita felice, lontano da tutte le persone che vogliono solo il mio male? >>
Nirihs'Oūm stava quasi pregando la madre di concederle tutto quello, di lasciarla restare lì con lei per sempre, in un mondo perfetto anche se frutto di un'illusione. Ma Koriand'r le asciugò le lacrime con le dita e sorrise, sapendo già che non c'era altra strada.
<< Mia cara, quando non vediamo altra via di uscita ci aggrappiamo alle cose che ci fanno sentire bene. Non devi avere paura del cambiamento, solo affrontandolo si può trovare un compromesso per tornare a vivere felicemente. >> Disse prima di dare un'ultima carezza alla figlia, abbassando definitivamente le mani. << Questo luogo sarà sempre pronto ad accoglierti per la tua pace dei sensi, ma dovrai andare avanti e imparare a camminare con le tue gambe. >>
Nirihs'Oūm abbassò di nuovo lo sguardo, delusa. << Non so se ne sono capace. >> Ammise, sentendosi incredibilmente vulnerabile nonostante in quel momento stesse parlando con nient'altro che un frammento della sua coscienza.
Koriand'r le diede un bacio sulla fronte e indietreggiò per l'ultima volta. << Sì che lo sei. >> Concluse, e con una folata di vento il cielo splendente, il rumore della cascata, la montagna, sua madre, tutto svanì in un eterno buio dove Nirihs'Oūm non seppe se credersi completamente sola o solamente completa.
 
*
 
Tutto intorno a Nirihs'Oūm era fumoso, tremante. Sentiva il proprio corpo dolorante come se fosse stato passato sotto a una pressa industriale e un dolore insistente le batteva nella testa fino a scoppiare. Era circondata da rocce e terra, il cielo sopra di sé però lo riusciva a vedere, rosso e tetro, il cielo di Tamaran che aveva ammirato tante altre volte prima; adesso sembrava guardarla con fare impietoso, giudicando il suo stato deplorevole con asprezza.
Il rumore di una battaglia la distrasse dalla propria stanchezza: alzò lo sguardo quanto bastava per scorgere nel cortile del palazzo reale delle figure che si scambiavano le posizioni in continuazione, scontrandosi e respingendosi: riconobbe Uktar, il consigliere che ormai aveva mostrato i suoi veri colori e l'aveva attaccata apertamente, e poi Splinter, il ragazzo venuto dallo spazio, che brandiva una spada leggermente ricurva e continuava a farla volteggiare attorno al suo avversario, che non sembrava riuscire a colpirlo; tra loro si frapponeva spesso Kuala, la Pistiliana con il potere di solidificare l'aria, e proprio la ragazza sembrava essere l'ago della bilancia in quello scontro. Persino Uktar, che aveva i poteri della gemma di Charta, preferiva combattere con la lancia che aveva strappato a una delle guardie, e lei continuava a parare i suoi colpi a mani nude senza alcuna fatica.
Nirihs'Oūm cercò di rialzarsi e sentì le rocce su cui era poggiata franare un poco, poi una voce la fece rallentare. Girò lo sguardo e vide Barry, il Piloriano, che le si inginocchiava accanto per controllare che fosse tutto a posto.
<< Stai bene? Hai preso una bella botta… >> Borbottò posandole una mano sul braccio destro, dove presentava una grande escoriazione insanguinata. Guardando meglio, Nirihs'Oūm notò di aver lasciato parecchio sangue sulle rocce dove si era schiantata e tutto il suo corpo era segnato da ferite di varia gravità, ma la sensazione di formicolio che l'aveva avvolta le impediva di provare alcun dolore.
<< Che succede? >> Chiese distrattamente la ragazza, girando lo sguardo e notando anche il Vernathiano Variel che sembrava star tenendo d'occhio la situazione a distanza di sicurezza.
<< Il tuo consigliere si è rivelato essere molto più cattivo di quanto sembrasse. Dovresti scegliere meglio i tuoi collaboratori… >> Commentò Barry dandole la mano e aiutandola a mettersi seduta. Nirihs'Oūm non rispose, guardò il terreno per qualche istante con aria perplessa e alla fine alzò lo sguardo con orrore.
<< Oh, no! Lui ha la gemma di Charta! >> Esclamò.
<< La che? >> Le fece eco Barry. << Tranquilla, è tutto sotto controllo! Zal e Splinter se ne stanno occupando, quel vecchio non resisterà a lungo… >>
<< Invece sono loro che non resisteranno! >> Esclamò lei rialzandosi di corsa e scattando nella direzione dei combattenti, lasciando dietro di sé il Piloriano.
Avvicinatasi al campo di battaglia, Nirihs'Oūm vide che ciò che aveva potuto osservare prima non era solamente frutto della sua immaginazione e le parole di Barry sembrarono quasi avere senso: Uktar combatteva sulla difensiva e utilizzava la sua lancia per tentare di attaccare Kuala e Splinter senza avvicinarsi troppo, ma la ragazza continuava a parare e deviare i suoi colpi senza alcuna difficoltà e nel frattempo lo costringeva a indietreggiare mentre Splinter usciva dalla copertura di lei per attaccare con la sua spada e sparando con un blaster che teneva nell'altra mano. Nonostante la situazione apparente di superiorità però, Uktar non mostrava alcun segno di logoramento da quello scontro mentre i suoi avversari si sarebbero presto stancati a lottare a vuoto.
Nirihs'Oūm si lanciò in mezzo allo scontro urlando a pieni polmoni e tentò di colpire Uktar. Il consigliere la schivò di un soffio e sul suo volto comparve un ghigno quando la vide comparire di nuovo. L'intervento di Nirihs'Oūm aveva interrotto il combattimento e Uktar ne approfittò subito dell'occasione per portarsi a distanza di sicurezza da Kuala e Splinter; quando fu lontano rivolse un ghigno compiaciuto alla ragazza mentre gli altri riprendevano fiato.
<< Nirihs'Oūm, allora sei ancora viva! >> Disse abbassando un poco la lancia.
<< Sono più resistente di quanto credi, brutto bastardo! >> Gli rispose lei adirata, ma quelle sue parole scatenarono solo l'ilarità dell'uomo.
<< Non è molto convincente, detto da una che è in quello stato. >> Nirihs'Oūm non diede peso alle sue parole, ma Uktar non aveva tutti i torti: era rimasta ferita abbastanza gravemente dopo il suo primo attacco, il punto dove lui l'aveva colpita presentava un vasto ematoma scuro da cui si potevano vedere chiaramente i segni del pugno di Uktar, oltre allo stampo dei muscoli di sotto che conferiva a quella vista un aspetto ancora più tetro, e inoltre aveva ferite su tutto il corpo dovute all'impatto con la parete che aveva sfondato. Sentiva addirittura una ferita sulla nuca pulsare sempre con più forza e bagnarle il collo di sangue, ma Nirihs'Oūm non si volle curare di tutti quei problemi e rimase concentrata.
<< Ti reggi a malapena in piedi. >> Constatò alla fine Uktar, dopo averle dato una rapida occhiata.
<< Ho ancora abbastanza forze per sistemare un verme schifoso come te! >> Rispose lei ringhiando. << Tu non sei niente! >>
Uktar rise dell'insulto della principessa e allargò le braccia con fare drammatico. << Forse non hai capito il punto della situazione: io ho in mano la gemma di Charta! Io possiedo il potere! >>
Nirihs'Oūm stava per ribattere che un potere simile nelle mani di una nullità come lui non aveva alcun valore, ma Splinter le mise una mano sulla spalla e la fece voltare.
<< Principessa… Nirihs'Oūm, sei stata ferita gravemente. In queste condizioni non sei in grado di sostenere uno scontro, dovresti metterti al riparo e farti medicare… >>
Lei rispose con tono stizzito, tirando fuori la parte più altera di sé. << Non darmi ordini! >>
Con uno strattone, Nirihs'Oūm si liberò della mano del Kalassiano e tornò a concentrarsi esclusivamente su Uktar. Il suo ex consigliere ne approfittò per provocarla dicendo:<< Ha ragione, Nirihs'Oūm: dovresti ritirarti finché sei in tempo! In fondo non ci si poteva aspettare che nella tua famiglia fossero tutte grandi guerriere… >>
Ma furono proprio quelle parole a convincere definitivamente Nirihs'Oūm a restare e piena di rabbia si voltò verso di lui. << Mi stai forse paragonando a Komand'r? >> Sussurrò guardandolo di traverso, ignorando a stento il terribile fastidio della sua cicatrice alla guancia che cominciava a pizzicare. << Io non sono Komand'r. Io sono migliore di lei! >>
Nirihs'Oūm gridò e con quell'urlo rilasciò una grande quantità di energia che provocò un'esplosione nell'area circostante, mandando tutti i presenti a terra. Un attimo dopo, la ragazza si stava già scagliando contro a Uktar per colpirlo e l'uomo dovette rialzarsi con uno scatto di reni per evitare di essere preso in pieno dalla furia della principessa.
Uktar recuperò rapidamente la lancia e guardò come Nirihs'Oūm gli era sfilata accanto quasi senza neanche puntarlo; era molto distratta dalla rabbia che le sue parole le avevano indotto, ma il suo potere era veramente spaventoso. Alzò una mano e preparò un raggio energetico da scagliarle addosso, ma la ragazza lo raggiunse in un instante e gli diede un calcio al polso, facendogli scaricare tutta l'energia nel terreno e afferrandogli la gola subito dopo, sollevandolo da terra con estrema facilità.
Gli occhi della principessa brillavano di una luce verde accecante e la smorfia rabbiosa che distorceva il suo volto la rendeva diversa dal solito, spietata e inesorabile, molto più simile a una persona che aveva cercato di dimenticare.
Uktar non riuscì a trattenere delle risate, forse colto dal terrore che quella visione gli aveva provocato. << Non so se tu sia migliore di Komand'r… >> Disse con voce flebile, cercando di aggrapparsi alla poca aria che gli era permessa. << Ma vedo che hai imparato molto da lei… >>
Bastarono quelle poche parole a far capire a Nirihs'Oūm chi avrebbe veramente vinto quella battaglia, se lei avesse continuato così. Se avesse ceduto alla rabbia e si fosse abbandonata alla violenza, avrebbe potuto veramente dire di essere diventata migliore di Komand'r?
Non finire come me.
Le tristi parole tramandatele da sua zia le echeggiarono nella mente e Nirihs'Oūm lasciò andare la gola del suo consigliere, portandosi le mani ai capelli e rannicchiandosi a terra in preda al panico. Poteva forse giustificare tutta quella violenza, nel nome di un bene maggiore? E a quel punto, chi diceva che fosse lei ad avere il diritto di scegliere cosa fosse giusto e sbagliato? Alla fine quello era stato lo stesso ragionamento attuato per anni dall'imperatrice Komand'r, lo stesso concetto che ripeteva Uktar fino alla nausea da qualche tempo: la sofferenza di pochi per il bene di tutti.
Ma quello era un ragionamento errato. I Tamaraniani che soffrivano non avevano niente a che fare con gli abitanti dell'impero che vivevano nel lusso, gli scienziati di Charta non avevano bisogno di essere costretti a condividere le proprie ricchezze con il resto della galassia, tutte quelle erano solo scuse per continuare a gettare la propria ombra sugli indifesi dell'impero, coloro che avevano perso le speranze e si aggrappavano a una falsa identità solo per sentirsi appartenenti a qualcosa. Ma tutti sapevano che per quelle persone, le persone come Uktar, le loro vite non valevano niente. E Nirihs'Oūm sarebbe diventata allo stesso modo, se non si fosse fermata.
<< Sei davvero ingenua, Nirihs'Oūm. >> Disse Uktar impugnando nuovamente la lancia, una volta ripreso fiato. La principessa era ancora accasciata a terra, ormai chiusa in una gabbia mentale e lontana dalle parole del suo consigliere, ma era ancora in grado di percepire la sua presenza. << Avresti potuto avere tutto quanto… E invece hai preferito distruggere tutto ciò che tua madre aveva creato. Saresti stata grande come lei, il tuo nome sarebbe stato ricordato per sempre e avresti dettato legge in lungo e in largo… Ma invece hai dovuto attaccarti a questa sciocca gente che farebbe di tutto per ottenere un briciolo di libertà, anche inginocchiarsi di fronte a una ragazzina come te! >>
Nirihs'Oūm non stava ascoltando, era completamente persa in un pianto silenzioso. Aveva perso ogni freno, aveva abbandonato la sua umanità… Forse non meritava nemmeno di andare avanti.
Uktar sollevò la lancia e parlò con tono solenne, drammatico. << Tu non hai mai capito che per farsi veramente amare dalla gente bisogna chiuder loro occhi e orecchie, lasciarli a vedere la luce da lontano in modo che sappiano che esiste e dargli un motivo per credere che un giorno brillerà in modo abbagliante. Così sarai tu la loro guida che li porterà fuori dal tunnel, e sarai acclamata per sempre! Non certo così… Con queste festicciole! >> Fece una pausa e si preparò a colpire la ragazza indifesa. << Ricordatelo quando sarai nella tomba! >>
Nirihs'Oūm non ascoltò nemmeno mezza parola del discorso di Uktar, troppo sconvolta dalla realizzazione di essere diventata un mostro; forse nella sua mente aleggiava addirittura il pensiero che non meritasse più di vivere, dopo ciò che aveva fatto. Non si sarebbe opposta all'attacco del suo consigliere, ma qualcun altro lo fece per lei: fu Kuala a mettersi in mezzo, bloccando la lancia con tempestività.
La punta della lama cozzò contro una barriera impenetrabile comparsa sulle mani della ragazza. Nirihs'Oūm alzò lo sguardo confusa e per la prima volta poté osservare da vicino il potere di solidificazione dell'aria della Pistiliana, ma in una situazione concitata come quella aveva ben poco tempo per pensare e non riuscì a capire perché Kuala, una completa sconosciuta, stesse rischiando la vita per proteggerla.
Prima che Uktar potesse fare qualcos'altro e rispondere all'intromissione della Pistiliana, Splinter andò alla carica con quello che sembrava un tridente metallico tra le mani e costrinse Uktar a indietreggiare con i suoi attacchi.
<< Perché fate questo? >> Mormorò Nirihs'Oūm sconfortata quando Kuala si accasciò a terra per un paio di secondi a riprendere fiato. << State rischiando le vostre vite per me… Non ha senso! >>
La ragazza la guardò confusa e spaventata, l'espressione del suo volto era un misto di tante emozioni che quella battaglia le aveva suscitato e la tensione le aveva fatte uscire tutte quante assieme. << Ciò che non ha senso è il tuo atteggiamento arrendevole! >> Esclamò prendendole il viso tra le mani e guardandola dritto negli occhi. << Avevi detto che volevi cambiare le cose, che avresti fatto la scelta giusta… E ora vorresti lasciare che quel vecchio merdoso faccia sprofondare di nuovo la galassia in un'era di terrore? >>
Nirihs'Oūm non riuscì a tenere lo sguardo fisso davanti a sé e cercò un'occasione per sfuggire agli occhi brillanti della ragazza. << Io… Non sono migliore di loro! >> Pianse liberandosi dalla presa di Kuala.
Lei la fissò perplessa per qualche istante, poi si girò e si rimise in piedi. << Se fosse così, non staremmo nemmeno avendo questa discussione. >> Si spolverò i vestiti per un attimo, poi tornò a rivolgersi verso la principessa e il suo sguardo la fece sentire un po' meglio. << Nessuno è perfetto. L'unica cosa che possiamo fare è mirare ad essere migliori. Se vuoi, puoi restare qui finché non ti sarai ripresa dallo shock, ma se volessi darci una mano lo apprezzeremmo molto. E… >> Si girò dall'altra parte, ma tornò a guardarla solo un momento prima di tornare alla battaglia. << Non essere troppo dura con te stessa. >>
Nirihs'Oūm seguì con lo sguardo la figura agile di Kuala che si allontanava per raggiungere Splinter e Uktar; i due si stavano scontrando in quella che sembrava quasi una danza, con il Kalassiano che attaccava con movimenti molto aggraziati in contrasto con la difesa goffa del consigliere. Perché Uktar era così timido adesso? Con il potere della gemma di Charta avrebbe dovuto attaccare a testa bassa senza alcuna esitazione, eppure adesso faticava a tenere il ritmo con Splinter.
Kuala si unì allo scontro e cominciò ad attaccare il consigliere a mani nude, costringendolo ad arretrare sempre di più. Lo scontro sembrava volgere in loro favore, ma Nirihs'Oūm riusciva a leggere chiaramente l'espressione di Uktar, la frustrazione in lui cresceva sempre di più e lo sguardo folle che aveva visto prima ricomparve.
Inizialmente la principessa non ci diede molto peso: Uktar stava perdendo nonostante la sua enorme potenza, questo dimostrava quanto fosse incapace, ma allora perché quando i suoi occhi si illuminarono di rosso, Nirihs'Oūm provò una paura tremenda?
Fu il pensiero di dover rivedere delle persone che lottavano per difenderla morire in un modo tanto ingiusto, o la prospettiva di lasciar esplodere un altro pianeta pieno di vite innocenti. Mentre pensava queste cose e Uktar caricava un colpo di energia, il suo braccio si mosse da solo e dal suo palmo partì un raggio luminoso che colpì in pieno la spalla del consigliere.
Uktar si girò incredulo, anche i due amici che lo stavano affrontando si mostrarono sorpresi, ma allo stesso tempo sollevati al pensiero di avere dalla loro un alleato potente come la principessa Nirihs'Oūm. La ragazza rimase ferma per un istante, quindi fece segno a Splinter e Kuala di togliersi da lì; ancora perplessi, i due ragazzi si allontanarono da Uktar mentre Nirihs'Oūm avanzava lentamente ancora con la mano alzata.
<< Quindi hai deciso di impegnarti seriamente? >> Disse Uktar voltandosi completamente verso di lei. << Sono sorpreso, da come ti stavi comportando credevo che ti fossi arresa. >>
<< Chiudi quella fogna! >> Rispose calma lei. << Sono stufa di sentire la tua voce. >>
Uktar si zittì e il suo volto perse il ghigno che aveva assunto. Le parole di Nirihs'Oūm non lo spaventarono, bensì lo irritarono molto. << Adesso ti comporti come una vera imperatrice, dai ordini con il giusto tono e incuti timore nelle persone… >>
<< Sta' zitto! >> Disse nuovamente Nirihs'Oūm fermandosi a pochi passi da lui. Assunse una posa dinamica e disse:<< Libera tutto il potere della gemma di Charta, ti dimostrerò quanto sia insignificante di fronte alla mia forza. >>
Sorpreso, Uktar si massaggiò un polso. << Non sei un po' troppo presuntuosa? Che fine ha fatto la ragazzina che aveva paura di diventare un mostro? >>
La principessa rimase immobile e ridusse le palpebre a delle minuscole fessure, come se stesse cercando di far esplodere Uktar con lo sguardo. Dopo un po' rispose:<< Qualcuno mi ha detto che non devo avere paura del cambiamento. Anche se dopo di questa battaglia dovessi essere una persona diversa, non mi tirerò più indietro: io so quali sono i miei obiettivi e chi sono io, non lascerò che altre persone sporchino la ma anima! >> Strinse un pugno con decisione e guardò Uktar dritto negli occhi. << Non avrei dovuto aver paura dieci anni fa, non avrò paura adesso! E ora attaccami con tutto quello che hai! >>
L'ultimo urlo di Nirihs'Oūm rimbombò nello spiazzo vuoto dietro al palazzo reale di Tamaran. Uktar la aveva lasciata sfogare e anche dopo che l'eco si fu spento aspettò a riempire il vuoto che si era lasciato dietro. La ragazza sentiva di aver raggiunto l'equilibrio, ma era troppo sicura di sé: sapeva già che questo le sarebbe costato caro.
<< Come desidera, principessa. >> Disse alla fine Uktar, tornando per un momento ai suoi viscidi modi viscidi. << Fino ad ora ho cercato di trattenermi dall'utilizzare l'energia della gemma di Charta perché temevo di non essere in grado di controllarla a dovere; in fondo io non sono un guerriero e per brandire un potere simile è necessaria una forza di volontà irremovibile, ma soprattutto una tempra che poche specie aliene possiedono. Ora però sto cominciando ad abituarmi alla sua potenza, e visto che è il tuo ultimo desiderio, farò in modo di darti tutto me stesso prima di far esplodere questa insulsa roccia! >>
La lancia che aveva in mano cadde a terra e il suono del ferro rimbombò secco per un istante. L'arma rotolò tra le macerie finché non si fermò poco distante da Uktar, quindi l'uomo alzò la mano con al dito l'anello che gli donava energia e baciò la gemma cremisi.
<< Preparati, Nirihs'Oūm: sto per mandarti all'altro mondo! >> Esclamò l'uomo ghignando follemente. Nirihs'Oūm non disse niente: rimase in posizione, pronta a rispondere all'attacco. Aveva bisogno della massima concentrazione per quella cosa, anche dire una parola di troppo avrebbe potuto rovinare tutto.
Niente pensieri, niente dubbi… Solo una forza inamovibile. Ecco cosa era diventata Nirihs'Oūm.
Uktar spinse indietro il braccio per poi mandarlo di nuovo in avanti rapidamente. Dal pugno chiuso partì un fascio di luce rossa che avvolse completamente il palazzo reale e la ragazza che vi stava davanti. L'onda d'urto fu talmente potente che la recinzione del cortile dove si trovavano crollò e il calore fece liquefare il metallo dei cancelli. Splinter e Kuala, che si erano già portati a distanza di sicurezza, furono comunque spinti a terra e lo stesso accadde a Variel e Barry, impossibilitati a raggiungere i loro amici per prestar loro soccorso.
L'onda raggiunse un'altezza considerevole arrivando a travolgere anche le torri più alte del palazzo e il frastuono provocato fece sanguinare le orecchie dei presenti. Uktar rideva estasiato di fronte alla dimostrazione della sua potenza inarrestabile, ma non riusciva nemmeno a sentire la propria voce.
Il raggio di energia continuò a scorrere per almeno un minuto durante il quale i presenti pensarono che il pianeta non avrebbe retto e sarebbe esploso per la pressione esercitata. Ma poi, quasi inaspettatamente, l'energia cominciò a scemare e la luce si affievolì finché al centro dell'arena non fu rimasto solo Uktar.
Non c'era traccia di Nirihs'Oūm. Il raggio doveva averla spazzata via, o forse l'aveva polverizzata. Uktar non si chiese come mai il palazzo reale fosse ancora in piedi dopo essere stato colpito in pieno, era troppo concentrato a ridere di gusto della sua vittoria, mentre Splinter e gli altri si chiedevano per quale motivo la principessa dell'impero avesse fatto una cosa tanto scellerata.
Poi, mentre Uktar era ancora intento a ridere a crepapelle, Barry esclamò:<< Guardate là! >> E indicò un cumulo di macerie da cui sembravano spuntare degli stivali. Uktar smise di ridere immediatamente e tutti gli sguardi conversero su quell'ammasso di rocce dove, apparentemente, era sepolto il corpo di Nirihs'Oūm.
Splinter scattò verso di lei prima ancora di capire se fosse ancora viva e quando fu arrivato cominciò a spostare le macerie; poco dopo lo raggiunse anche Kuala, e con lei arrivarono anche Barry e Variel. I quattro amici si sbrigarono a liberare la ragazza dalle macerie a cominciare dal suo viso per aiutarla a respirare, ma quando la sua testa fu di nuovo colpita dalla luce del sole gli sforzi dei ragazzi si fecero più lenti.
Nirihs'Oūm era immobile. Il suo viso era attraversato da un fiume di sangue proveniente da una ferita alla fronte, ma si potevano notare altri numerosi tagli sulle tempie e su tutta la testa, e il resto del corpo non era messo meglio; il sangue della principessa era anche sulle rocce circostanti, macchie sbavate che non lasciavano presagire nulla di buono. Ma il segno più avvilente di tutta quella vista era il respiro di Nirihs'Oūm, impercettibile, forse inesistente.
<< No… >> Mormorò Splinter, sul punto di piangere. Provò a fare qualcosa, mosse le mani come se volesse agire ma non sapesse esattamente cosa fare, quindi piantò i palmi nel terreno con sconfitta e rimase in silenzio, circondato dai suoi amici che, allo stesso modo, sentivano la propria impotenza.
<< Hai avuto quel che meritavi. >> Disse la voce sprezzante di Uktar. << E' proprio come diceva Komand'r: il tuo pianeta natale ti ha reso debole. Aveva fatto bene a portarti via da quell'ambiente, è veramente un peccato che tu non sia riuscita a capirla. Insieme a lei sareste state veramente invincibili, ma invece hai voluto rimanere attaccata alle tue radici e alla tua insulsa famiglia! >>
Il consigliere si voltò e fece ciondolare le braccia per qualche secondo, come a liberarsi della tensione accumulata durante la battaglia, poi alzò lo sguardo al cielo e con tono sprezzante continuò:<< Sei una delusione ragazza. Non vali nemmeno il mio tempo! >>
Uktar cominciò a camminare, ma dopo aver sentito quelle parole Splinter non riuscì a restarsene in silenzio e lasciare che l'onore della principessa venisse sporcato così; si alzò di scatto e gridò a Uktar di starlo a sentire, ma questo si voltò quasi come se ne fosse costretto.
<< Nirihs'Oūm non merita questo trattamento. >> Disse avanzando nel campo di battaglia pieno di macerie, noncurante di poter essere annientato in qualsiasi momento. << Certo, non capisco perché abbia cercato di provocarti in quel modo, ma sono sicuro che avesse un piano! Lei non era una persona stupida, era coraggiosa e piena di sogni e speranze… Valeva cento, mille, un miliardo di volte più di te! Sei solo un vigliacco che si crede grosso nascondendosi dietro alle conquiste di altri, questa stessa battaglia non si può considerare una tua vittoria! Non ti permetterò di parlare così di lei! >>
Uktar rivolse a Splinter uno sguardo esasperato come per chiedergli se avesse finito. Probabilmente il ragazzo lo avrebbe attaccato a breve, aveva il suo tridente in una mano e nonostante stesse quasi piangendo poteva ancora essere molto pericoloso, ma Uktar era invincibile in quel momento, sarebbe stato un massacro e quell'intervento avrebbe solo ritardato la fine del pianeta.
Ma prima che i due potessero iniziare lo scontro, un rombo attirò la loro attenzione: in mezzo ai ragazzi del Falcor che erano rimasti indietro, una luce potente si levò verso il cielo squarciando il cielo bruno di Tamaran, una luce smeraldo emessa direttamente dal corpo di Nirihs'Oūm. La terra incominciò a tremare, facendo franare le pareti del palazzo reale che erano state danneggiate maggiormente, mentre ad accompagnare il fascio di luce che si faceva strada verso il cielo si poté udire anche un lamento, l'urlo pieno di rabbia di una giovane Tamaraniana nata su un pianeta azzurro a migliaia di anni luce da lì.
<< Non dirlo mai più! >> Tuonò la voce di Nirihs'Oūm mentre si rialzava e si faceva strada tra i ragazzi del Falcor, spettatori allibiti di quella scena.
Gli occhi illuminati di verde della principessa erano puntati sul suo consigliere e nonostante non fossero più visibili le pupille, erano carichi di espressività. I pugni chiusi che si muovevano in sincrono alle gambe avevano formato dei piccoli globi verdi, capaci di trattenere a malapena l'energia che vi era stata convogliata. Tutto della sua figura sembrava sprigionare una potenza cristallina, spaventosa e letale.
La ragazza riprese fiato e allargò leggermente le braccia, gonfiando i muscoli all'inverosimile e arcuando la schiena, come se si stesse preparando a rigurgitare fisicamente tutto il proprio odio verso Uktar. << NON OSARE PARLARE DELLA MIA FAMIGLIA! >>
Splinter si scansò; il Kalassiano fu più intelligente di Uktar, che rimase imbambolato ad ammirare la furia della principessa Nirihs'Oūm. Quando lei unì le mani con un colpo secco, le due sfere di energia nei suoi palmi entrarono in contatto sprigionando una reazione incontrollabile che si riversò addosso al consigliere; il rumore, la luce, il calore, persino il suono dei polsi di Nirihs'Oūm che cozzavano violentemente tra di loro gli riempì le orecchie e riverberò nelle sue ossa. Ma più forte di tutto fu l'urlo disumano di Nirihs'Oūm che accompagnò l'onda di energia smeraldo che lei stessa aveva generato con la sua rabbia.
Uktar non poté nulla contro quella forza, non ci provò nemmeno a contrastarla; quella visione gli ricordò l'imperatrice Komand'r e per un momento provò lo stesso terrore che aveva sempre provato a ritrovarsi faccia a faccia con lei. Rimase paralizzato dalla paura e non fu neanche in grado di sfruttare il potere della gemma di Charta per difendersi: l'energia sprigionata dalla rabbia di Nirihs'Oūm lo investì in pieno, cancellando ogni traccia del gran consigliere e creando un enorme solco sul terreno lungo tutto il raggio d'azione del colpo.
Quando la scarica di energia si esaurì, Nirihs'Oūm poté brevemente vedere cosa era successo al paesaggio che aveva investito: le montagne rocciose che circondavano la città erano cambiate radicalmente, una enorme frana stava riempiendo il vuoto lasciato dall'onda energetica della Tamaraniana e le rocce che prima erano un unico grande ammasso adesso si sgretolavano in migliaia di pezzettini; i detriti che erano schizzati via durante l'attacco e quindi non erano stati polverizzati ora cadevano al suolo riempiendo di scricchiolii l'area circostante. Era tutto vuoto: il campo di battaglia, la città, il palazzo reale, la mente di Nirihs'Oūm… Sembrava di essere su un altro pianeta, i suoni erano ovattati e l'aria si faceva sempre più rarefatta, difficile da respirare.
Poi la ragazza si rese conto che in realtà era lei ad avvertire tutte quelle cose. Aveva completamente esaurito le forze; le sue gambe cedettero mentre tutto intorno a lei si faceva scuro. L'ultima cosa che riuscì a vedere prima di cadere per terra priva di sensi fu il volto sconcertato di Splinter che tentava di afferrarla prima che si facesse male.

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Capitolo 11
*** Quel che resta da fare ***


La testa le cadde pesantemente su una spalla e Nirihs'Oūm sentì un sussulto, prima di aprire gli occhi lentamente e sbattere le palpebre con delicatezza. Il suo respiro si fece rauco all'improvviso e si ritrovò ad annaspare per arraffare un po' di aria pulita. Aveva caldo, si sentiva fuori posto e quando riuscì meglio a mettere a fuoco le immagini, si rese conto di essere in un letto di un qualche tipo di infermeria, coperta fino al busto da candide coperte.
<< Ehi, sei veramente sveglia? >> Fece una voce roca alla sua sinistra. Nirihs'Oūm si girò lentamente per cercare di identificare quella voce e vide un volto argentato e contornato da scaglie sorriderle. Riconobbe uno dei compagni di Splinter, Variel, mentre gli interni della stanza non le ricordarono nulla che avesse già visto.
<< Cosa è successo? >> Mormorò, rendendosi conto di avere la voce bassissima.
Variel fece schioccare le labbra e si guardò intorno come se non sapesse da dove cominciare. << Hai… Dormito per tre giorni. Hai fatto fuori il tuo consigliere e poi sei caduta a terra stremata, probabilmente anche io avrei fatto lo stesso dopo aver dato spettacolo come hai fatto tu… >>
<< Dove sono… Tutti? >> Chiese in seguito la ragazza mentre nella sua mente tornavano a farsi più vividi i ricordi del suo scontro con Uktar, quando aveva liberato tutta la sua rabbia per eliminarlo.
Il volto di Variel si illuminò. << Oh, stanno bene! Grazie a te nessuno è stato ferito gravemente. Splinter ha passato un sacco di tempo nell'infermeria a vegliare su di te, era davvero preoccupato… Gli ho detto di andare a riposarsi un po' e che ti avrei controllato io, ma sono sicuro che tornerà presto. >>
<< E Galfore…? Cosa è successo a Galfore? >>
Questa volta l'espressione del Vernathiano si fece un po' più complessa. Ci mise un attimo a rispondere, come per cercare il modo migliore per darle quella notizia, ma volle subito mettere in chiaro una cosa:<< Lui sta bene. >>
A quelle parole Nirihs'Oūm fece ricadere la testa sul cuscino che le avviluppava le spalle e tirò un sospiro di sollievo. Variel sapeva che era questo che le importava, ma non avrebbe potuto tralasciare i dettagli delle condizioni del re.
<< E' stato ferito piuttosto seriamente e, purtroppo, la sua mano non potrà più tornare come prima… Ma i dottori che si sono occupati di lui hanno fatto un ottimo lavoro e presto potrà di nuovo camminare senza problemi. Le sue condizioni sono stabili, anche se non è ancora cosciente. >>
Nirihs'Oūm sospirò di nuovo, lieta di aver sentito quella bella notizia. Significava che l'ora di Galfore non era ancora giunta, che la sua visione era stata solo una mezza verità e non una sentenza di morte.
<< E' merito tuo, sai? >> Esordì il Vernathiano, facendo alzare lo sguardo della principessa, perplessa. << Se tu non avessi ucciso Uktar, non solo Galfore ma l'intero popolo di Tamaran sarebbe stato annientato. >>
La ragazza arrossì un poco e cercò di girarsi dall'altro lato, ma fu fermata subito da un dolore lancinante al busto che la costrinse a tornare alla posizione di prima; in effetti, ora che il suo corpo cominciava a riacquistare sensibilità, avvertiva sempre più dolori da tutte le parti. Le sue gambe sembravano due macigni e provare a spostarle le causava un forte bruciore alle ginocchia, la testa le girava leggermente e questo poteva essere dato dalle concussioni subite oppure dalle medicine che le erano state somministrate per diminuirle il dolore. Aveva dovuto sopportare un enorme stress durante lo scontro e i suoi muscoli adesso glielo stavano restituendo. << Se fosse stato per me, che mi sono fatta un pisolino nel bel mezzo della battaglia… >> Mormorò ingoiando un'imprecazione dopo aver avvertito un'altra fitta alla schiena, dove doveva aver ricevuto una botta molto violenta. << Il pianeta sarebbe stato condannato ben prima. Devo ringraziare voi per aver tenuto occupato Uktar! >>
Variel abbassò lo sguardo pensieroso e sorrise. << Eppure noi non siamo stati in grado di fargli un graffio… Sei tu che hai preso in pieno il suo attacco e glielo hai restituito con gli interessi… Diamine, ma come ti è saltato in mente di fare una cosa del genere? >> Si ricordò improvvisamente dell'azzardo preso da Nirihs'Oūm durante la battaglia e sembrò andare fuori di testa.
Ad essere completamente onesta, anche Nirihs'Oūm era sorpresa di essere sopravvissuta a quell'attacco. << Sai, ho solamente… La pelle più dura di lui! >> Improvvisò con un mezzo sorriso che non riuscì a mascherare la sua incoscienza.
Variel le diede un pizzicotto sul braccio e la ragazza sussultò quando sentì un muscolo reagire al dolore in modo molto più esagerato di quanto avrebbe fatto normalmente. << Io ho la pelle dura! >> Rispose rimanendo serio e dandosi una botta sul cranio, che produsse un suono secco come di ferraglia. << Quello che hai fatto tu è stato assurdo! Hai preso in pieno un raggio di energia prodotto dalla gemma di Charta, un artefatto potentissimo capace di potenziare le capacità di una persona a livelli inimmaginabili, tanto da dargli il potere di… >> Variel fece un gesto ampio e sbuffò. << Distruggere un pianeta, per esempio! >>
Nirihs'Oūm ascoltò tutto quello in silenzio e con un sorriso malinconico dipinto in volto. << Hai ragione… E' stata una mossa incredibilmente stupida da parte mia. Ma durante il combattimento ho notato come Uktar non fosse in grado di controllare pienamente la gemma di Charta, e così facendo un sacco del suo potere veniva disperso al momento dell'attacco. Così ho pensato che se mi fossi concentrata per bene e avessi sfruttato tutta la mia energia, avrei potuto resistere anche a un colpo del genere… Così facendo sono anche riuscita a proteggere il castello dal suo raggio energetico. >>
L'espressione di Variel si fece sempre più perplessa mentre Nirihs'Oūm descriveva la sua tattica. Alla fine, esasperato sbottò:<< Ma perché? >>
E Nirihs'Oūm strinse le spalle con un sorriso tranquillo. << Volevo solo… Dargli una dimostrazione. Volevo fargli capire quanto fossi fuori dalla sua portata e fare a pezzi il suo spirito combattivo prima di eliminarlo; così sarei stata sicura che non avrebbe opposto resistenza. >> Così diceva, ma la verità era che le sarebbe piaciuto moltissimo vedere il volto esterrefatto di quel verme, prima di spedirlo all'altro mondo.
Il Vernathiano non sembrò del tutto convinto dalla spiegazione di Nirihs'Oūm, ma non chiese altro; in fondo la ragazza era ancora in guarigione e non gli andava di assillarla di domande. Eppure fu lei stessa a riprendere a parlare, chiedendogli che cosa fosse successo in quei giorni passati a dormire.
<< Non molto. >> Rispose Variel. << Il popolo tamaraniano ha dovuto riprendersi dopo il trambusto della battaglia, molti si sono adoperati per aiutare nelle cure dei feriti e le comunicazioni con l'impero sono stati pressoché nulli… Ma da Kurand'r sono arrivati diversi tentativi di contatto che chiedevano dello stato della principessa e del suo consigliere, quasi come se si aspettassero che fosse successo qualcosa. >>
Nirihs'Oūm aggrottò la fronte pensierosa. Era possibile che gli altri consiglieri fossero a conoscenza di qualche piano per assassinarla? Magari il timore che qualcosa potesse essere andato storto li aveva tormentati in quei giorni, altrimenti non si riusciva a spiegare tutto quell'interesse da Kurand'r per la sua incolumità; Uktar aveva velatamente ammesso che le cose sarebbero state migliori se lei fosse morta, probabilmente stava solo aspettando il momento giusto per toglierla di mezzo e visto che lei aveva deciso di salire sul trono dell'impero, si era deciso ad agire prima che ottenesse il potere. << Voi che cosa avete risposto? >> Chiese alla fine alzando lo sguardo verso Variel.
Lui scosse la testa. << Abbiamo preso tempo. Non potevamo certo dire che principessa e primo consigliere si fossero quasi annientati a vicenda, ma non potevamo neanche far finta che tutto andasse bene. >> Sospirò ammettendo di non aver fatto molto. << Verranno a cercarti, Nirihs'Oūm. >>
La voce di Variel suonò terribilmente ammonitoria. Non era un messaggio rassicurante, nonostante stesse cercando di esserlo: i collaboratori di Nirihs'Oūm – fedeli a Uktar e Komand'r, che mai avevano visto di buon occhio la principessa – non ci avrebbero messo molto a capire cosa fosse successo. Forse avrebbero anche finto di accogliere di nuovo la principessa trattando il tutto come un terribile e sfortunato incidente, ma alla prima occasione avrebbero cercato di toglierla di mezzo. L'impero non era più un posto sicuro per lei.
Proprio mentre la ragazza pensava a cosa fare, la porta dell'infermeria si aprì lasciando entrare Splinter; il Kalassiano ebbe un sussulto quando vide che Nirihs'Oūm era vigile e corse subito al fianco del lettino per salutarla.
<< Stai bene…! Ehm… Posso ancora darti del tu, vero? >> Borbottò timidamente dopo averle afferrato con poca grazia una mano ed essersi ritirato quasi immediatamente, memore del modo in cui lei gli si era rivolta durante la battaglia.
Nirihs'Oūm non ricordava nemmeno che cosa fosse successo per fargli avere quella reazione e sorrise come se non fosse successo niente. << Variel mi ha detto che sei stato qui a vegliare su di me tutto il tempo. >> Lo ringraziò per le sue premure.
Il ragazzo arrossì. << E' che… Mi sentivo molto più tranquillo potendoti tenere d'occhio mentre eri vulnerabile. Sai, qualunque sicario avrebbe potuto entrare nella stanza e approfittarne per… >> Si ammutolì, rendendosi conto di quanto si stesse allontanando dall'argomento e di come la sua sembrasse quasi una giustificazione per quello che aveva fatto. << Comunque ero preoccupato per le tue condizioni. Ci hai… Fatti preoccupare tutti, in fondo. >>
Nirihs'Oūm sorrise, ma scosse la testa a quell'affermazione. << Non avreste dovuto. Sapevo cosa fare. >>
Il Kalassiano sembrò infiammarsi per un attimo e ribadì quel concetto. << No, no, no! Non so cosa avessi intenzione di fare, ma quella cosa di prendere in pieno l'attacco nemico è stata veramente una follia! Ho veramente creduto fossi morta! >>
Questa volta Nirihs'Oūm non rispose. Il suo sguardo si fissò sul volto del Kalassiano e si chiese per quale motivo fosse così preoccupato per lei; anche se fosse morta, lui non aveva nessun legame con lei e avrebbe potuto comunque salvarsi. Lei stessa non pensava che ne avrebbe fatto un tale dramma, se al suo posto ci fosse stato lui.
Decise di lasciar perdere quell'argomento e non ribatté più; adesso aveva problemi ben più gravi a cui pensare e bisognava muoversi in fretta per sfruttare il poco tempo rimastogli a disposizione.
<< Io e Variel stavamo parlando di quello che succederà. >> Disse dopo un lungo silenzio, sorprendendo Splinter per il suo cambio di argomento. << Con la morte di Uktar, gli altri consiglieri verranno sicuramente a cercarmi e non ci vorrà molto prima che qualcun altro di loro provi a uccidermi. Tu cosa pensi che dovrei fare, Splinter? >>
Il ragazzo sentì improvvisamente una forte pressione su di sé. Perché la principessa stava chiedendo a lui, un semplice pirata spaziale, quale sarebbe stata la scelta migliore da prendere per affrontare quello che aveva tutta l'aria di essere un intrico diplomatico? Era decisamente la persona meno qualificata per dare consigli di quel tipo, eppure adesso Nirihs'Oūm lo fissava in silenzio e attendeva una sua risposta.
La fissò a sua volta dritto negli occhi e provò a immaginarsi quello che sarebbe successo da lì in poi. << Se Uktar era corrotto così a fondo, non abbiamo nessuna certezza che gli altri consiglieri accetteranno la tua decisione di sciogliere l'impero. Dubito che tornare a Kurand'r sia una scelta opportuna, e anche se riuscissi a farlo in sicurezza non riuscirai mai ad ottenere il consenso delle alte sfere. >>
Nirihs'Oūm sospirò. << Come immaginavo. >> Disse delusa. << Non ci sarà mai fine a questo circolo di dolore e ingiustizia. Forse mia zia se n'era resa conto, che ormai era tutto fuori dal suo controllo… >>
Calò il silenzio nella stanza. Nirihs'Oūm si stava maledicendo per essere stata così ingenua a credere di poter cambiare le cose da un giorno all'altro, mentre Variel e Splinter la guardavano in silenzio con imbarazzo, dispiaciuti di non poterle essere di aiuto. Poi Splinter si schiarì la voce proprio mentre Nirihs'Oūm alzava il pugno per batterlo con rabbia sul letto, e fece la sua proposta.
<< Se non puoi smantellare l'impero dall'interno, perché non provi a distruggerlo da fuori? >> Entrambi i presenti lo guardarono perplessi. Il ragazzo si sbrigò a spiegarsi e quando lo fece, Nirihs'Oūm non riuscì a credere a ciò che stava sentendo. << Voglio dire… Non puoi certo prendere il trono dopo aver ucciso tutti i tuoi consiglieri, ma se non avessi alcun bisogno di diventare imperatrice per distruggere l'impero? >>
<< Spiegati meglio. >> Disse lei, incuriosita da quell'idea. Splinter sembrò in difficoltà, ma continuò a spiegare la sua idea.
<< L'idea è che l'impero non crollerà mai se non si provoca un bel terremoto, giusto? >> Disse Splinter facendo un gesto deciso con le braccia. << Potresti essere tu, quel terremoto! Potresti, non so… Far credere di essere morta qui e continuare a lavorare nell'ombra, logorando il sistema partendo dal basso, liberando un avamposto alla volta, fomentando i rivoltosi e attaccando direttamente il comando centrale. Se le cose dovessero andare come prospettato, tu diventeresti il simbolo di una rivoluzione e guideresti il popolo stesso a liberarsi. Non sarebbe una soluzione diretta come quella di sciogliere l'impero, ma saresti libera dal controllo dei tuoi consiglieri e tutti quelli che tenteranno di impedirti di attuare il tuo piano. >>
Alla fine, dopo aver ascoltato l'idea di Splinter con occhi sgranati e un leggero sorrisetto intrigato, Nirihs'Oūm disse:<< Quindi stai proponendo che io diventi una criminale per distruggere l'impero? Credi che potrei riuscirci? >>
Splinter ghignò. << Ho visto avverarsi l'impossibile, quando hai spazzato via Uktar. Tu hai una tenacia ineguagliabile, sei potente e sei mossa dalle motivazioni giuste… Hai solo bisogno del modo giusto per esprimerti, e mi sembra che la diplomazia non sia il tuo forte – o meglio, non lo è per i nostri nemici. >>
La ragazza si girò a guardare verso una finestra, la fronte corrugata in un'espressione che ammetteva di star pensando seriamente al consiglio di Splinter. Le tornò in mente il suo piano iniziale, ciò che voleva fare dopo aver eliminato Komand'r; allora l'unica cosa che desiderava era solo vivere la sua vita lontana dal controllo della zia. Ora aveva capito che era molto più complicato di così e l'ombra di Komand'r non si sarebbe mai spenta del tutto fino a che non sarebbero state tolte di mezzo le persone che la sostenevano; tutte queste persone avrebbero tentato di controllarla, e poi altre ancora le avrebbero rimpiazzate, rovinando i suoi piani di vivere una vita tranquilla. L'unica soluzione per uscire da quel ciclo senza fine era di andare più lontano possibile, far perdere le proprie tracce e tornare quando non se lo sarebbero aspettati per cancellarli completamente dalla faccia della terra.
<< Darmi alla macchia e vivere una vita nell'ombra per mandare avanti un'ideale che altrimenti non vedrà mai la luce… >> Borbottò. << Ma non sarebbe un passo indietro rispetto a ciò che posso fare adesso? Se esprimessi pubblicamente la mia opinione sull'impero, questo non provocherebbe un maggiore scuotimento della gerarchia? >> Chiese alzando lo sguardo di scatto, avvertendo i muscoli della schiena fulminarla al minimo movimento.
Questa volta intervenne il Vernathiano. << L'impero ha mezzi sconfinati per controllare le masse. Anche se parlassi direttamente al popolo, le persone presenti sarebbero costrette al silenzio mentre le tue parole verrebbero travisate o semplicemente censurate prima che possano raggiungere il resto dell'impero. >> La voce dura dell'alieno non tentennò per un istante, come se conoscesse esattamente l'argomento di cui stava parlando. << Devi sapere che non solo al vertice dell'impero, ma in ogni provincia di qualsiasi pianeta c'è gente che trae vantaggio dalla dittatura e dal terrore, e questo fa sì che la macchina del potere diventi estremamente complessa e difficile da abbattere anche se si è al comando! >>
La ragazza si imbronciò. Quando aveva fatto il suo annuncio al popolo di Tamaran non aveva certo pensato a tutti questi aspetti: l'unica realtà che avesse mai conosciuto era proprio quella di Tamaran, un luogo dove l'impero era totalmente assente e nessuno osava appoggiare Komand'r. Ora che vedeva meglio il quadro completo della situazione, l'idea di poter riuscire a distruggere il sistema da dentro si faceva sempre più irrealizzabile.
<< Accidenti! >> Sospirò poggiando la testa al grande cuscino del proprio letto e restando a guardare la luce solare che filtrava dalle tende. Calò nuovamente il silenzio, questa volta nessuno provò a nascondere il fatto che la situazione fosse difficile; la stessa Nirihs'Oūm aveva uno sguardo troppo turbato per poter fingere sicurezza come prima e i suoi due visitatori conoscevano quella sensazione di impotenza che stava provando la principessa. Avevano lottato a lungo contro le ingiustizie del sistema corrotto e quasi sempre i loro sforzi erano stati invano; come potevano indirizzare Nirihs'Oūm verso quella strada, sapendo quanto fosse difficile andare avanti con la giusta motivazione?
Poi un pensiero si insinuò nella mente della principessa; era un'idea bizzarra ma alquanto logica, solo che la ragazza non volle esternarla per non sembrare inopportuna. Quello era un suo problema e avrebbe trovato una soluzione senza il loro aiuto; tuttavia Splinter ebbe la stessa idea e al contrario di lei, lui riuscì a superare l'imbarazzo e andò dritto al punto.
<< Perché non vieni con noi? >> Il silenzio nella stanza fu squarciato da questa singola frase e gli sguardi piombarono sul Kalassiano in un attimo. Sia la principessa che il pilota del Falkor rimasero senza parole a quella proposta così sfacciata, ma alquanto logica.
<< Eh? >> Chiese Nirihs'Oūm, credendo di non aver sentito bene. Erano gli stessi pensieri che aveva avuto poco prima che Splinter parlasse, doveva per forza essersi confusa e aver attribuito a lui quelle parole che la sua mente aveva elaborato. Ma Splinter ripeté la sua proposta, arrossendo un poco questa volta, ma con la stessa radiosità di prima.
<< Stavo solo pensando… >> Borbottò il ragazzo, vedendo che ancora Nirihs'Oūm non dava alcun segno di risposta. << Avrai sicuramente bisogno di un posto dove stare, viaggiando in modo comodo e veloce per rimanere al sicuro dagli occhi dell'impero… E avresti anche bisogno di qualcuno che ti insegni a cavartela per le strade, viaggiando da un posto all'altro, e che ti copra le spalle in caso di necessità… E visto che conosciamo il tuo segreto e abbiamo combattuto assieme, perché non fidarci gli uni degli altri? >>
La ragazza rimase in silenzio a lungo dopo aver sentito la proposta di Splinter. Non era sicura di come reagire, se fosse giusto accettare oppure se lui lo stesse facendo solo per cortesia; in fondo al cuore, Nirihs'Oūm sarebbe stata entusiasta di viaggiare assieme a Splinter e i suoi amici per lo spazio, ma sapeva di non poter essere nella posizione di fare richieste, né di aspettarsi qualcosa oltre alla pura e disinteressata gentilezza.
<< Potrei farlo? Cioè… A voi andrebbe bene? >> Si voltò verso Variel come un bambino che chiedeva il permesso alla madre. Il Vernathiano era stato preso alla sprovvista dalla proposta del suo compagno di viaggio, ma non si tirò indietro alla domanda di Nirihs'Oūm.
<< E perché no? >> Chiese con tono incoraggiante. << Abbiamo spazio a sufficienza sul Falkor e vogliamo tutti lottare per la libertà, giusto? >>
<< D'accordo, ma… >> Nirihs'Oūm balbettò qualcosa dubbiosa, poi si bloccò. Non voleva essere un peso per quella gente e non poteva assolutamente delegare la sua battaglia a qualcun altro. << Kuala e Barry sarebbero d'accordo? Io non vorrei essere di troppo… >>
<< Kuala e Barry già ti adorano! >> Esclamò Splinter con veemenza. << Sarebbero entusiasti di averti con noi! E… >> Abbassò un po' il tono di voce. << Anche io ne sarei molto felice… >>
La principessa guardò Splinter senza comprendere esattamente il significato delle sue parole, né perché il ragazzo si fosse incupito di colpo, ma sentì un grande calore nel petto sapendo di poter contare su quelle persone e di essere apprezzata almeno allo stesso modo di quanto lei apprezzava loro.
<< Allora è deciso? >> Disse Variel alzandosi dal proprio sgabello per lasciare il posto al suo amico. << Andrò a parlarne con gli altri, ma per il momento è importante che la principessa si riposi. Anche tu, Splinter; vedi di non stressarti troppo. >>
Il ragazzo salutò il Vernathiano con nervosismo e lo seguì con lo sguardo mentre usciva dalla stanza, poi andò a sedersi sul posto vuoto lasciato da Variel e si avvicinò un poco di più al letto di Nirihs'Oūm, sorridendole.
<< Sono contento che tu stia bene. >> Disse sollevato.
<< Anche io. >> Rispose lei con un sorriso ampio. Rimase in silenzio un attimo, poi aggiunse:<< Che tu stai bene, intendevo questo… >>
Splinter rise e le sue risate convinsero la principessa che non fosse necessario spiegarsi oltre. Sul volto della ragazza comparve un sorriso beato, tranquillo, che però si spense dopo un po'. Era la realizzazione di non poter tornare più indietro: aveva ucciso di sua spontanea volontà un uomo, non ne aveva lasciato niente da quanto si era infuriata. Pensava che forse i suoi sentimenti feriti potessero giustificare le sue azioni, ma adesso sentiva di essere diventata ancora più simile a quei mostri che avrebbe voluto distruggere…
Uktar, Komand'r, tutti gli alti ranghi dell'impero che avrebbero tentato di prendere il comando… Nessuno di loro aveva scrupoli, nessuno dava peso alla propria coscienza quando c'era da fare i propri interessi. E neanche lei lo aveva fatto nel momento in cui aveva deciso di uccidere Uktar; con Komand'r era stato diverso, la sua matrigna l'aveva portata all'esasperazione per anni e ciò che aveva ottenuto era solo ciò che aveva attirato a sé con le sue stesse azioni, ma Uktar era un pesce piccolo che aveva cercato di nuotare in mare aperto. Il gran consigliere era una persona estremamente infida, capace di qualunque bassezza per un proprio tornaconto, ma non meritava forse di pagare per le proprie azioni in modo diverso?
Doveva sentirsi in colpa per ciò che era successo? Oppure avrebbe semplicemente dovuto guardare avanti, abituandosi alla sensazione di aver spento una vita?
<< Splinter? >> Il ragazzo girò la testa verso di lei e le sorrise in attesa di sentire cosa avesse da dirgli.
La principessa esitò, pensando che fosse una domanda ingenua o che magari non fossero affari suoi. Abbassò la testa con timidezza ed evitò lo sguardo del Kalassiano, ma alla fine si rese conto di non poter continuare a vivere con quel dubbio che le mordeva la coscienza e se Splinter avesse avuto qualche consiglio per lei, o anche solo qualche parola di consolazione, avrebbe dovuto provarci.
Tornò a girarsi verso di lui. Trattenne ancora un po' le parole dietro alle labbra, ma alla fine le rilasciò guardando dritto negli occhi rossi del ragazzo. << Tu hai mai ucciso una persona? >>
Quella domanda prese alla sprovvista il ragazzo. Nirihs'Oūm credette di averlo offeso e per questo si voltò dall'altra parte chiedendogli scusa, ma Splinter la tranquillizzò e si affrettò a rispondere.
<< Non me lo aveva mai chiesto nessuno, fa uno strano effetto sentirlo ad alta voce. >> Rise un poco, ma capì che l'umore della ragazza non sarebbe cambiato con quei commenti, così tornò serio. << In effetti, sì. >> Disse dopo essersi schiarito la voce.
Nirihs'Oūm si voltò verso di lui e lo guardò con gli occhi di chi avrebbe tanto voluto un abbraccio, ma tenne per sé quel suo desiderio e stette a sentire cosa aveva da dire Splinter.
<< Ho ucciso delle persone, diverse volte. >> Ammise con tono riluttante. << La maggior parte delle volte erano persone che mi volevano intralciare, che mi avevano fatto qualcosa, persone che odiavo… Inizialmente cercavo sempre di non uccidere, di causare meno danni possibile, perché sapevo che non fosse una cosa giusta. Togliere la vita a qualcuno è… Si tratta di una cosa di cui non sarei in grado di vantarmi, neanche se fosse l'unica cosa giusta da fare. >>
<< Però eri pronto a uccidere me. Pensavi che io fossi Komand'r ed eri determinato ad uccidermi pur di salvare l'impero dalla tirannia di mia zia. >> Intervenne Nirihs'Oūm seria. << Non avresti esitato se io non avessi reagito. Vero? >>
Splinter abbassò lo sguardo per un momento, ma senza vergogna. << Col tempo ho imparato una cosa, Nirihs'Oūm: esitare, in queste situazioni, può essere fatale. Sulla bilancia c'erano un futuro migliore per l'impero e la possibilità di eliminare facilmente la guerriera più pericolosa della galassia, contro i miei scrupoli sulla moralità della cosa; capisci perché quando ti ho vista, non ho esitato neanche un secondo a provare a colpirti? >>
Nirihs'Oūm vide lo sguardo deciso del ragazzo e capì quanto fosse convinto di quella cosa. Sospirò e abbassò la testa. Aveva ragione, i suoi sentimenti non valevano quanto il futuro della galassia. Se avesse continuato a pensare a quelle cose, eventualmente sarebbe stata uccisa per troppa distrazione.
<< Tuttavia… >> Disse Splinter, facendole alzare di scatto la testa. << Mentirei se dicessi che uccidere qualcuno non mi fa più nessun effetto. Uccidere non mi piace per niente, per questo non ho lasciato che le mie azioni mi facessero allontanare da terra, rendendomi insensibile ed estraneo a una vita semplice, priva di pericoli. Quando tutto questo sarà finito, mi piacerebbe sistemarmi su un bel pianeta con tanta gente accogliente, trovare un lavoro onesto e non dover più pensare a queste cose. Sai, la vita che meriteremmo tutti… Quindi non credo di essere diventato un mostro, anche se ho ucciso delle persone. E lo stesso vale per te. >>
Nirihs'Oūm sorrise. Non lo disse apertamente, ma aveva un gran bisogno di sentirsi dire quelle parole. Non era ancora sicura di potersi considerare "buona" o "normale", ma quello era un inizio.
<< Posso chiederti un favore? >> Mormorò guardando verso la porta.
Pochi minuti dopo, la principessa si reggeva al Kalassiano e al sostegno che regolava la quantità di medicinali e sostanze nutritive che le venivano somministrate per la sua guarigione. Camminavano in un corridoio del palazzo reale diretti verso una stanza identica a quella dove era stata messa a riposare Nirihs'Oūm.
Ogni passo le provocava un dolore immenso, eppure quel bruciore ai muscoli e le fitte all'interno delle ferite di battaglia le davano più forza per andare avanti. Tuttavia il suo coraggio venne meno quando si ritrovò di fronte alla porta della stanza dove era ricoverato il re di Tamaran.
Mentre guardava con timore il legno bianco e decorato con sottili dettagli dorati, la principessa fu chiamata da Splinter che la reggeva da un braccio, chiedendole:<< Vuoi che vi lasci soli per un minuto? >>
Ma quella domanda fece venire a Nirihs'Oūm una forte ansia. << No! >> Disse istintivamente. Era grazie a lui se era riuscita ad arrivare fino a lì, non voleva tenerlo lontano adesso e poi pensava che la sua presenza l'avrebbe aiutata a confrontarsi con Galfore, che sentiva di aver deluso profondamente. << No, sono pronta. Tu stammi vicino… >>
La ragazza guardò di nuovo verso la porta e respirò a fondo prima di spingerla con una mano, avanzando piano verso la stanza. L'interno era simile a quello della stanza dove aveva dormito lei, solo che qui l'arredamento era stato quasi completamente sostituito da una miriade di macchine a cui era attaccato il corpo del paziente, che permettevano di mantenere i suoi parametri vitali stabili. Galfore era disteso sull'unico letto della camera, adattato alle sue dimensioni fuori dal comune, e sembrava dormire profondamente.
Nirihs'Oūm osservò tristemente il corpo inerte del sovrano e sospirò. Si avvicinò al letto, ma non volle cercare uno sgabello per sedersi accanto a lui come aveva fatto Splinter; la sua visita sarebbe stata breve.
<< Ciao, Galfore. >> Mormorò, sentendosi stupida a parlare da sola a quel modo. Però, nonostante Galfore sembrasse non poter avvertire la sua presenza, sentiva che le sue parole in qualche modo sarebbero arrivate a lui. << Mi sono occupata di Uktar. Lui ti ha conciato così, quindi gliel'ho fatta pagare. E' sempre stato un seccatore borioso e dubito che mancherà a qualcuno… Che resti tra noi, ma avevo già una mezza idea di farlo fuori. >> Si piegò un po' verso il re e rise, mentre Splinter la sorreggeva da un braccio.
Il respiro lento e per niente affannoso di Galfore sembrava rispondere con tranquillità alla principessa, che vide in quel suo volto solcato dalle rughe qualcosa che la spinse a continuare a parlare sentendosi più leggera. Tuttavia, ciò che voleva dire non era affatto facile.
<< Non capisco perché tu ti sia fatto ferire a quel modo. E' vero, Uktar possedeva la gemma di Charta e con quella neanche io ne sono uscita tutta intera, ma tu ti sei messo tra me e lui, hai abbassato completamente la guardia per difendere il mio nome… >> Lo sguardo di Nirihs'Oūm si fece titubante e più di una volta si ritrovò a evitare di guardare Galfore nel viso, nonostante questo non la potesse vedere. << Non voglio che tu o qualcun altro provi a fare qualcosa di così sconsiderato, non voglio veder morire altre persone per colpa mia. Quindi ho deciso di finire questa storia una volta per tutte! Partirò con Splinter e i suoi amici e distruggeremo questo orrido sistema. >> Fece una pausa, chiedendosi se Galfore avrebbe avuto da ridire su quella decisione. Non che avrebbe potuto costringerla a restare, la sua determinazione era troppo forte e lui aveva ben poca tutela su di lei; però le voleva bene e forse sapeva cosa fosse meglio per lei di quanto lo sapesse la stessa Nirihs'Oūm. << Quando avremo finito, tornerò qui e potremo vivere finalmente in pace, come volevamo sin dall'inizio. Ti prego di aspettarmi, nel frattempo… >>
Con un debole strattone, Nirihs'Oūm fece segno a Splinter di aver finito e gli chiese di aiutarla ad uscire dalla stanza. Il suo messaggio era stato recapitato e non c'era più niente che la tenesse legata a quel posto, voleva andarsene prima che i sensi di colpa la raggiungessero e le facessero più male di quanto provasse già, ma poi si fermò mentre era sulla porta della stanza e si girò un'altra volta a guardare Galfore, sopito nel lungo sonno della guarigione.
Il suo sguardo si indurì e, spinta da un sentimento che non riuscì a decifrare, borbottò in tono di sfida:<< Quindi non ti azzardare a morire! >> E detto questo uscì zoppicando dalla stanza, con uno Splinter stranito a sostenerla.
 
*
 
L'ultimo bagaglio fu caricato e Variel si apprestò a chiudere lo sportello della stiva del Falkor. L'astronave del Vernathiano disponeva di un vano bagagli dove conservare merci di ogni tipo a cui si poteva accedere sia dall'esterno della nave che dalle cabine interne, così non era necessario scendere a terra per prendere qualcosa dalla stiva; Nirihs'Oūm si sarebbe potuta sistemare nella sua nuova stanza con calma una volta partiti, visto che ormai non gli rimaneva molto tempo. I tentativi di contatto da parte di Kurand'r erano aumentati sempre di più nei giorni seguenti al risveglio della principessa e il silenzio da parte di Tamaran aveva convinto i restanti consiglieri imperiali a mandare una delegazione per capire cosa fosse successo; questo significava che Nirihs'Oūm e i suoi nuovi compagni di viaggio non potevano più restare lì.
I consiglieri di Galfore si sarebbero occupati di tutto quanto. Sembravano brave persone, Nirihs'Oūm glielo poteva leggere negli occhi mentre assistevano ai preparativi prima della partenza e si sentì più tranquilla al pensiero di poter lasciare il re di Tamaran nelle loro mani; magari avrebbero anche trovato un modo per depistare i suoi inseguitori e dargli più tempo per allontanarsi da lì…
<< Quindi è ora di partire… >> Mormorò guardando il muso appuntito del Falkor, l'astronave argentata che poggiava il proprio peso sulle due ali inferiori, curvate in modo da fornire una base di appoggio solida; Barry le aveva detto che una volta decollato, le ali si sarebbero aperte per permettere una maggiore manovrabilità. Voleva scoprire tutto di quella nave: se doveva viverci, sarebbe stato meglio che imparasse a farla funzionare, magari avrebbe potuto dare una mano con la manutenzione dei propulsori e forse, un giorno, Variel gliel'avrebbe lasciata pilotare. Ricordava che le era sempre piaciuto armeggiare con i motori, sin da quando era piccola.
<< Sei nervosa? >> Chiese Splinter fermandosi accanto a lei ad ammirare a sua volta l'astronave, con il vetro della cabina di pilotaggio a fare da capolino poco sopra il muso.
<< No? >> Mentì spudoratamente, forse credendo davvero in quelle parole. << Perché dovrei? >>
Splinter la guardò come se non ci credesse nemmeno per un secondo. << E' difficile dover dire addio a tutto quello che conosci, lanciarsi nell'ignoto come stai facendo tu… Quando sono partito io, ho avuto solo un po' di nausea la prima ora di volo nello spazio, e poi due giorni dopo ho avuto una crisi di panico perché pensavo che sarei morto soffocato. >>
<< Tu? >> Chiese sarcastica Nirihs'Oūm, trattenendo a stento un sorrisino.
Splinter ghignò e guardò verso il Falkor con occhi che scintillavano di orgoglio. << Ero un ragazzino, ed era il mio primo viaggio nello spazio. Non ero mai salito a bordo di una astronave, era ovvio che mi sentissi perso! >>
I due risero, anche se nessuno di loro sapeva esattamente di cosa stessero ridendo. Furono interrotti dalla voce di Kuala, che li chiamò da lontano mentre faceva un passo in direzione della rampa di accesso dell'astronave. << Se avete finito di borbottare, noi siamo pronti a partire! >>
<< Non stavamo borbottando! >> Rispose Splinter confuso, guardando un'ultima volta la principessa e sorridendole con imbarazzo, ma lieto di quel loro breve scambio.
Nirihs'Oūm e Splinter si avviarono verso l'ingresso dell'astronave e qui i consiglieri di Galfore, accompagnati dalle guardie tamaraniane, si inchinarono di fronte alla ragazza per salutarla.
<< Principessa, ci duole non avere avuto il tempo per organizzare un degno saluto per lei… >> Mormorò il primo di loro, tenendo il capo chinato in segno di rispetto e costernazione. << Voglio solo farle sapere che siamo onorati di poter godere della sua fiducia, e orgogliosi della sua scelta così coraggiosa. Anche il nostro re sarebbe fiero di lei, e lo sarà quando gli daremo la notizia una volta sveglio. >>
Nirihs'Oūm sorrise mestamente. Aveva abbandonato l'idea di dire a quelle persone di lasciare perdere le riverenze perché ogni volta le mostravano ancora più rispetto; i Tamaraniani erano brave persone e non meritavano tutta la sofferenza che dovevano sopportare. << Grazie, consigliere. >> Disse alla fine annuendo. << E' meglio così. Troppe cerimonie avrebbero sicuramente lasciato troppe tracce da far sparire in così poco tempo. Sono felice di poter contare su di voi per la protezione di Galfore, ma voglio che non esitiate a dare tutta la colpa di questa faccenda a me, nel caso le trattative con la delegazione di Kurand'r dovessero farsi pericolose. >>
I consiglieri sospirarono pieni di sorpresa, alcuni di loro non riuscivano a credere che la ragazza gli avesse chiesto quella cosa. << Non… Non potremmo mai fare una cosa del genere! >> Esclamò uno di loro allungando le braccia.
Ma Nirihs'Oūm rimase fermamente della sua idea. << Ascoltate: da questo momento sarò una fuorilegge! L'impero sarà mio nemico ed è giusto che non ne vadano di mezzo altre persone. Non mi potrei mai perdonare se il governo di Kurand'r dovesse decidere di attuare una rappresaglia nei confronti di Tamaran per via delle mie azioni… Quindi ve lo chiedo di nuovo: abbandonatemi! >>
I consiglieri sgranarono gli occhi quando Nirihs'Oūm ripeté la sua richiesta, alcuni mostrarono chiaramente il proprio disagio al pensiero di dover tradire in quel modo l'unica persona che si era tanto adoperata per auitarli.
<< Ditegli tutto quello che vorranno, fate in modo che dalle vostre parole non esca altro che estraniamento nei miei confronti, allontanatevi il più possibile dal mio piano… Dite anche che sono stata io a ferire Galfore, se questo vi permetterà di proteggere il popolo! >> Nirihs'Oūm cercò di esasperare il concetto il più possibile per essere chiara: dovevano dimenticarla e fare tutto il possibile per non ricevere altre punizioni, perché una volta partita lei nessun altro sarebbe stato pronto a difenderli.
I consiglieri continuavano a non riuscire a credere di doverle completamente voltare le spalle, ma dopo che ebbe finito di parlare Nirihs'Oūm vide i loro volti cambiare e comprese che avevano capito. Non c'era bisogno che altre persone pagassero per lei, non c'era bisogno che altri la seguissero in quella missione folle… E in questo modo sarebbe stata sicura di mandare un messaggio chiaro all'impero: Sto venendo a prendervi, e vi conviene concentrarvi su di me e me soltanto!
<< Grazie di nuovo, principessa! >> Disse il primo consigliere facendo un ultimo inchino mentre la ragazza si avviava verso l'entrata del Falkor. Nirihs'Oūm tornò indietro quasi istantaneamente e gli fece raddrizzare la schiena con un paio di mosse rapide delle mani.
<< Niente più "principessa" e tutte queste diavolerie da alta società! >> Disse severa, ma con un'espressione dolce in volto. << Ora sono solo una persona qualunque di un impero vastissimo. >> E alla fine diede una pacca sulla spalla del tamaraniano, un uomo abbastanza giovane per la sua carica così prestigiosa, con l'aria di aver visto poco dello spazio.
Nirihs'Oūm non se ne rese conto all'istante, ma pronunciare quelle parole le diede una tale gioia che non pensava di poter provare. Forse non ebbe lo stesso effetto per i consiglieri di Galfore, che speravano di aver trovato una figura forte che li proteggesse dai soprusi dell'impero, ma la prospettiva di dover continuare a soffrire ancora per un po' in cambio della liberazione gli avrebbe permesso di continuare a resistere. La loro lealtà nei confronti della ragazza era ammirevole, ma Nirihs'Oūm avrebbe veramente preferito che non cercassero in alcun modo di difenderla.
<< In ogni caso, per noi sarà sempre la nostra principessa. >> Rispose alla fine quello quando lei si fu voltata. << Faccia buon viaggio! >>
Mentre era sulla rampa di entrata del Falkor, Nirihs'Oūm si girò un'ultima volta e sorrise ai consiglieri di Tamaran. Li salutò con un gesto della mano e poi continuò a salire fino ad entrare completamente nella cabina pressurizzata in ingresso all'astronave. Il portello si chiuse mentre lei aveva ancora gli occhi puntati sui consiglieri e alla fine sentì un peso sullo stomaco quando si rese conto di stare per lasciare quella che era quasi diventata la sua casa.
<< Ci siamo tutti? >> Chiese Variel mentre un meccanismo automatico attivava la depressurizzazione della stanza e apriva il portellone che dava verso l'interno della nave. I ragazzi annuirono mentre Nirihs'Oūm cercava con tutte le sue forze di ignorare quella sensazione. Sii forte! Si disse.
Quando il gruppo ebbe cominciato a sciamare fuori dall'ingresso per inoltrarsi all'interno del Falkor tuttavia, Nirihs'Oūm fu pervasa da una nuova sensazione: la novità di essere entrata finalmente in quella che sarebbe stata la sua nuova vita le alleggerì il peso con cui aveva lasciato terra.
Splinter si offrì di farle fare un giro dell'astronave, prima di raggiungere gli altri nel ponte di comando per la partenza; Nirihs'Oūm stava sperando che lo facesse e fu felicissima di accettare. Prima il Kalassiano la portò a vedere la stanza dove avrebbe dormito lei: si trattava di una cabina ancora spoglia e poco arredata, ma più spaziosa di quanto si aspettasse la ragazza. Il letto era posto in una nicchia dentro la quale si apriva un piccolo oblò da cui poter osservare l'esterno e tutto intorno a questa parete c'era uno spazioso armadio vuoto; l'altro lato della stanza era occupato da un tavolino che poteva richiudersi e rientrare nella parete e uno specchio alto fino al soffitto.
<< Più tardi ci occuperemo di aggiungere un po' di colore alla stanza, ma il letto è già pronto all'uso e se dovessi avere bisogno di qualcosa, non hai che da chiedere. >> Commentò il ragazzo mentre Nirihs'Oūm si guardava intorno meravigliata. << Spero che non sia troppo umile per gli standard di una principessa… >>
<< Stai scherzando? >> Sbottò lei con un sorriso che andava da guancia a guancia. Quella stanza era tutto ciò che aveva sempre desiderato! Non era molto grande e vista così somigliava più alla cella di una prigione piuttosto che a una camera da letto, eppure aveva molta più personalità delle immense camere in cui era cresciuta nel palazzo di sua zia. Era diversa, era semplice, ed era tutta sua, libera di plasmarla come più le aggradava…
Per qualche motivo, vedere quella gioia candida della principessa fece commuovere Splinter, che rimase ad osservare quella scena dalla soglia della porta, chiedendosi se da quel momento in poi l'atmosfera nel Falkor sarebbe stata sempre così.
Nirihs'Oūm smise di guardarsi intorno e si fermò su Splinter, il cui sguardo era diventato stranamente sognante. << Che hai? >> Chiese, incapace di smettere di sorridere.
Il ragazzo si rese conto di essersi imbambolato a fissare la principessa e scosse la testa con imbarazzo. << Niente! Continuiamo con la visita guidata? >>
Nirihs'Oūm lo seguì senza chiedere altro e non si accorse di quanto fosse arrossito dopo quell'ultima frase. Splinter la portò a vedere gli altri locali dell'astronave; non poterono entrare nelle stanze degli altri, ma il Kalassiano fu felice di mostrarle la propria camera, con tutte le sue armi fissate alle rastrelliere, sul muro, appese al soffitto… Nirihs'Oūm fu estremamente incuriosita dal tridente che aveva usato durante la battaglia con Uktar e che rivide su un piedistallo tutto suo, vicino al letto del ragazzo. Lui disse che era la sua arma preferita, ma che aveva una lunga storia dietro e probabilmente si sarebbe annoiata ad ascoltarla.
<< Invece sono molto curiosa! >> Rispose voltandosi verso di lui dopo aver dato una bella occhiata all'arma. Splinter ne fu lusingato e per un momento pensò di cominciare a raccontare, ma poi cambiò idea e le disse di seguirla.
Dopo aver salito una stretta rampa di scale che seguiva una curva completa, Splinter portò Nirihs'Oūm a vedere una stanza quasi completamente vuota con solo un divano spazioso rivolto verso un grande oblò panoramico che si affacciava sul lato frontale dell'astronave. Nirihs'Oūm provò a immaginarsi la vista che avrebbe potuto ammirare da lì durante un viaggio nello spazio, ma non riuscì comunque ad avere un'immagine chiara di quello che la aspettava. Immaginò i ragazzi del Falkor che, dopo una lunga giornata di scorribande, si sedevano tutti assieme su quel lungo divano bianco e si raccontavano storie ammirando lo spettacolo dello spazio che si muoveva attorno a loro mentre la nave continuava a viaggiare. Adesso c'era ancora la vista del palazzo reale di Tamaran oltre quel vetro, e questo le fece tornare un po' della nostalgia che l'aveva assalita al momento di salire sul Falkor. Si girò verso Splinter, che era rimasto indietro di qualche passo e le sorrideva con le braccia incrociate. << Aspetta di vedere come sarà quando saremo partiti! >>
La voce di Variel tuonò attraverso degli altoparlanti che Nirihs'Oūm non aveva notato e li richiamò all'attenzione. << Stiamo per decollare! Se i piccioncini hanno finito il tour, possono raggiungerci nella sala di comando! >>
Splinter imprecò rivolto all'altoparlante mentre Nirihs'Oūm si dirigeva verso la scala da cui erano saliti senza dare peso alle parole del Vernathiano né all'imbarazzo del ragazzo in sua compagnia.
Quando furono arrivati al ponte di comando, sembrava che tutti stessero aspettando solo loro. Variel era posizionato al sedile centrale del pilota e li guardava con un ghigno compiaciuto mentre Barry era comodamente stravaccato su una poltrona in disparte dal centro di comando e giocherellava con un palmare che aveva in mano. Kuala era vicina a una delle postazioni di comando e sembrava star maneggiando qualcosa, ma non sembrava star succedendo nulla ancora.
<< Ho pensato che volessi assistere di persona alla tua prima partenza… >> Disse Variel con un ghigno accogliente prima di voltarsi verso i comandi e dare un colpo deciso a una leva.
Un leggero ronzio cominciò a inondare gli interni del Falkor facendosi sempre più intenso ogni secondo che passava. Da quel ronzio si passò a una vibrazione sempre più intensa che riuscì a scuotere violentemente i sedili della nave, finché con un colpo improvviso l'astronave non si sollevò da terra come se fosse stata sganciata dal suolo. Nirihs'Oūm e gli altri avevano preso posto sui sedili disponibili e avevano allacciato le cinture di sicurezza; la ragazza era rimasta a osservare rapita i movimenti del pilota, che dava l'impressione di essere veramente esperto.
Il paesaggio fuori dall'abitacolo oscillò e per un momento il palazzo reale non si vide più; poi comparve di nuovo e l'immagine si stabilizzò per qualche istante. Il Falkor rimase sospeso in aria per alcuni secondi mentre Variel controllava i valori che comparivano sullo schermo di fronte alla postazione di comando; la principessa lo vide stabilizzare alcuni parametri dando dei leggeri colpetti sullo schermo e mentre questo agiva sui comandi, sentì chiaramente il pavimento sotto di sé farsi leggero e instabile, avvertendo nuovamente quella sensazione di pesantezza di prima e associandola al mal d'aria.
<< Si parte! >> Disse Variel con tono entusiasta, premendo un pulsante sul proprio volante e spingendo fino in fondo la leva che regolava i propulsori.
La vibrazione che aveva avvolto la nave si fece più intensa per qualche istante, poi una spinta improvvisa schiacciò Nirihs'Oūm contro il sedile mentre il Falkor iniziava a muoversi e la visuale nell'oblò mutava. Non c'era più nessuna abitazione davanti ai loro occhi, il palazzo reale e la superficie di Tamaran erano rimasti alle loro spalle e il cielo bluastro dell'alba del pianeta era l'unica cosa visibile in quel momento, come se fosse stato passato davanti agli oblò un velo privo di spessore. Nirihs'Oūm sentì quel peso nello stomaco lottare per uscire, farsi spazio nel suo corpo e dare espressione alla sua paura, tristezza ed eccitazione di lasciare – forse per sempre – la casa del suo popolo. Non riuscì a dire nulla, il suo volto era congelato nella stessa espressione perplessa di quando si era seduta e non aveva neanche la forza per voltarsi a guardare gli altri; poté solo fissare il blu del mattino di Tamaran e osservare come questo blu diventasse sempre più scuro, sempre più infinito… E poi le prime stelle cominciarono a comparire sul vetro e la spinta verso il basso si fece meno pressante, assieme all'accelerazione della nave che, una volta arrivata sopra all'atmosfera del pianeta, rallentò.
Una risata scosse l'aria. Nirihs'Oūm non se n'era accorta, ma il frastuono dei motori non era più udibile e tutti sembravano già essersi rilassati. Il volto di Variel fece capolino dal sedile del pilota e cercò il suo volto.
<< Dovresti vedere la tua faccia! >> Disse sorridendo. << Rilassati, siamo perfettamente stabili e al sicuro da qualsiasi minaccia. Adesso ci basterà premere un bottone e impostare la rotta, e il Falkor ci porterà ovunque vorremo! >>
Nirihs'Oūm si massaggiò una tempia ancora un po' scombussolata, poi alzò lo sguardo e osservò il cielo stellato per qualche istante, meravigliata di quella vista spettacolare. Dal lato inferiore dell'oblò si scorgeva il profilo curvo di Tamaran, con il suo tipico colore rossiccio che lo faceva sembrare un rubino. Non riusciva a credere che per poco aveva rischiato di perdere anche quello; se non avesse avuto il coraggio di uccidere Uktar, il suo popolo sarebbe stato estinto.
Proprio come sulla Terra.
<< Cominci a pentirti di essere partita? >> Chiese Kuala con le braccia incrociate, restando un po' in disparte mentre la ragazza teneva le mani pressate sul vetro e guardava in giù.
<< No… Non è questo… >> Mormorò dopo che l'altra ebbe interrotto i suoi pensieri. Non era neanche del tutto tranquilla; non riusciva a spiegarlo esattamente, provava dispiacere per aver lasciato Galfore e tutta la gente di Tamaran che credeva in lei, ma sapeva che era per il bene di tutti loro che doveva partire, per finire quella storia una volta per tutte. << Non è questo. >> Disse infine, concludendo quel discorso senza alcuna spiegazione.
Ci fu un attimo di silenzio, come se tutti i membri della squadra comprendessero il desiderio di Nirihs'Oūm di restare a guardare ancora un po' Tamaran; niente pensieri, niente spiegazioni non necessarie, solo lei e il suo ultimo saluto al suo popolo. Sapevano tutti cosa stesse provando in quel momento, per questo le lasciarono tutto il tempo necessario. Alla fine la principessa si staccò dal vetro e sospirò tornando a sorridere agli altri come se volesse ringraziarli per quell'attimo di pausa. Poi dal gruppo si staccò Splinter, che prese la parola.
<< Bene, ora che sei entrata ufficialmente nella banda, passiamo alle vere presentazioni! >> Esclamò con un sorriso accogliente, visibilmente emozionato. Nirihs'Oūm si girò ad ascoltare ma non capì a cosa si riferisse.
<< Questo testone argentato è Variel, pilota e… Sì, diciamo padre adottivo di tutti noi. >> Splinter passò un braccio attorno alle spalle del Vernathiano e lo strattonò un po', ma sorprendentemente il pilota non si mostrò infastidito da quel gesto e anzi sorrise al Kalassiano. << Ha un cuore d'oro anche se non sembra, ed è disposto a fare di tutto per i suoi amici. Trattalo bene! Questo qui invece è il mio migliore amico da sempre, lo sbadatissimo Barry. >> Lasciò andare Variel e si avvicinò al ragazzo dal ciuffo azzurro, che se ne stava a sorridere con malcelato imbarazzato, quasi come se gli fosse tornata in mente quella volta che lui e Kuala erano entrati nel bagno di Nirihs'Oūm. << Non toccare le sue cose perché è molto geloso, però se hai bisogno di vestiti lui avrà sicuramente quello che cerchi! >>
Il ragazzo passò poi alla Pistiliana, che già ghignava come se sapesse cosa stava per dire e schivò quella che sembrava una pesante manata di Splinter, che stava cercando di appoggiarsi a lei. << E lei è Kuala, ma tutti qui la chiamiamo Zal, quindi se ti va ora puoi chiamarla anche tu così. Lei è… Molto furba. Cerca di non mettertela contro, altrimenti troverà qualche modo per fartela pagare! >>
<< Fino ad ora sono sempre stata io la nuova arrivata. Era ora che arrivasse qualcun'altra a prendersi il titolo di "novellina"! >> Borbottò quella poggiando tutto il suo peso su una spalla di Splinter, che si era sbilanciato vistosamente dopo aver mancato l'appoggio su di lei.
Nirihs'Oūm sorrise confusa non capendo perché i ragazzi le si stessero presentando una seconda volta e scosse la testa sbuffando, non sapendo come rispondere a quel commento da parte della Zal.
<< E tu invece? >> Disse quindi Splinter, liberandosi delle braccia di Kuala e avvicinandosi un poco a Nirihs'Oūm con una mano tesa nella sua direzione.
<< Io cosa? >>
Lui si schiarì la voce. << Il tuo nome. >> Pausa, come se non sapesse se insistere o lasciar perdere. << E' buona educazione presentarsi quando si fanno nuovi amici! >>
Nirihs'Oūm lo fissò come se fosse impazzito e ci mancò poco che gli chiedesse se lo fosse veramente, ma poi qualcosa scattò in lei, come se si fosse accorta solo in quel momento di quella cosa.
Nuovi amici. Ecco cosa erano diventati: amici. Ma Splinter e gli altri volevano essere amici con la vera Nirihs'Oūm, non la principessa che avevano visto venire venerata al pari di una dea dai Tamaraniani.
Chi era veramente lei? Non era nemmeno sicura  che esistesse una risposta a quella domanda; poteva veramente essere liberamente sé stessa dopo tutto quello che aveva passato? Poteva anche solo ricordarsi cosa significasse vivere per qualcun altro, seguendo i sentimenti, libera dai turbamenti?
Abbassò lo sguardo pensierosa, dall'esterno sembrò che stesse pensando a un modo originale di presentarsi, ma in realtà si stava chiedendo se valesse la pena anche solo di rispondere alla domanda del Kalassiano.
Poi, dal profondo del suo animo, come se qualcuno l'avesse spinta a fare un passo verso la luce, un nome riaffiorò nella sua mente e con esso tutti i ricordi a cui era legato; fu così inaspettato che le si annebbiò la vista per un istante e credette di cadere a terra. Alla fine ritrovò la compostezza e alzò lo sguardo.
<< Hai ragione. >> Disse allungando la mano a sua volta. << Mi chiamo Luna Bianca. Sono una Tamaraniana che arriva dalla Terra. >>
Qualcosa era cambiato nei suoi occhi, Splinter riuscì a notarlo subito. Il suo sorriso era quasi inquietante, come se fosse estremamente soddisfatta di qualcosa che le fosse appena saltato in mente, ma i suoi occhi continuavano a esprimere fiducia e, soprattutto, una ritrovata speranza. Non l'aveva mai vista solare e spensierata come adesso!
Anche lui sorrise e avvicinò la mano alla sua. << E' un piacere, Luna Bianca. Io sono Splinter, il leader dei Senátit. >>
Stavano per stringersi le mani quando la ragazza ritirò la sua di scatto. << Senátit? >>
<< Sì. >> Rispose calmo lui. << E' il nome della nostra squadra. Nella tua lingua significa… >>
<< Titani! >> Lo precedette lei, sentendo un tuffo al cuore. << Ma certo… >>
Ma certo. Tutto era collegato, in un modo o nell'altro.
Splinter si intenerì a vedere lo sguardo quasi commosso della nuova arrivata e tese nuovamente la mano. << Esatto, Titani. E ora anche tu sei una di noi! >>
Luna Bianca guardò nuovamente la mano di Splinter e questa volta la strinse senza esitazione. In un attimo avvertì una scossa elettrica attraversarle il corpo partendo dalla punta delle dita fino al cervello per poi diramarsi negli arti inferiori. In una frazione di secondo nella sua mente comparvero immagini che non aveva mai visto prima, ricordi di momenti che ancora dovevano verificarsi; non riuscì a vedere molto, sentì delle risate, la spensieratezza di una notte senza stelle, il sapore amaro delle lacrime e il fallimento, ma anche la sensazione di un timido e caldo bacio sulle labbra, assieme a tantissimi abbracci, così tanti da farla sentire senza fiato.
Durò tutto un attimo e subito dopo Luna Bianca non fu nemmeno sicura di aver vissuto veramente tutto quello. Ora capiva che il suo potere di preveggenza, invadente o meno, non era solo uno strumento per farle provare dolore incondizionato; lei non era un mostro in grado di vedere solo il dolore delle persone, ma una ragazza come tutte le altre, che poteva anche ricevere gioia da quei momenti così spirituali. Aveva tentato a lungo di fermarlo, quando non aveva mai capito veramente che per non dover vedere il dolore negli altri avrebbe prima dovuto accettare il proprio dolore; solo così era stata finalmente in grado di vedere anche le cose belle che la vita aveva da offrirle, presenti, passate e future.
Splinter notò lo sguardo perso nel vuoto della ragazza e la chiamò per chiederle se fosse tutto a posto. Luna Bianca sbatté le palpebre per rimettere a fuoco il volto del ragazzo di fronte a sé e strinse ancora più forte la sua mano mentre sul suo volto riaffiorava un sorriso.
<< Mai stata meglio! >> Rispose, convinta di essere finalmente sciolta dalle catene che la legavano a quel destino doloroso che aveva visto farsi spazio nella sua vita, libera di plasmare la propria vita da sola, ma anche rincuorata dalla certezza che, da lì in poi, nel bene e nel male, sarebbe stata felice.

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