My Queen of Mewni

di Khailea
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Prima ***
Capitolo 2: *** Il Baluardo ***
Capitolo 3: *** La Salvatrice ***
Capitolo 4: *** L'Esploratrice ***
Capitolo 5: *** La Madre ***
Capitolo 6: *** La Guerriera ***
Capitolo 7: *** La Guaritrice ***
Capitolo 8: *** Il Portale ***
Capitolo 9: *** L'Astro ***
Capitolo 10: *** La Cacciatrice ***
Capitolo 11: *** L'Occhio ***
Capitolo 12: *** L'Invincibile ***
Capitolo 13: *** La Bianca ***
Capitolo 14: *** La Farfalla ***



Capitolo 1
*** La Prima ***


Eloise Butterfly, La Prima.


 
  • Data nascita: X0000
  • Data morte: X0025
  • Sposata con: Ryhan Cral 


 
"Dalle ombre del cielo una luce comparve,
e con la prima delle regine ogni timore scomparve.
Tra fango e ceneri il suo destino venne forgiato,
ed il suo nome per sempre venne ricordato."
 





 
 
Fu una tetra giornata, quando finalmente il primo gruppo di coloni riuscì a sfuggire alle intemperie del mare in tempesta ed a raggiungere la spiaggia. Poco più di una ventina di persone erano riuscite a sopravvivere, tra questi ben pochi bambini, ma fu proprio tra di loro che si trovava la giovane Eloise Butterfly, una ragazza dai lunghi capelli castani agghindati in una treccia ed i grandi occhi marroni, pieni di speranza e di gentilezza.
Eloise era partita assieme alla sua piccola famiglia, composta dal padre, dalla madre, dai tre piccoli fratelli ed una sorella, da una terra lontana ed ormai sconosciuta, nella speranza di poter trovare un posto migliore da chiamare casa, a quanto pare però il territorio in cui si trovavano non era ancora pronto per loro.
Una delle più spaventose tempeste si fossero mai viste aveva appena cominciato ad abbattersi su di loro, ed il vento fu talmente forte da spazzare via in una manciata di secondi la nave tramite la quale erano arrivati, già mezza distrutta a causa del lungo viaggio.
Il panico si scatenò presto tra i sopravvissuti, quando i primi fulmini minacciarono di abbattersi contro di loro, cancellando così le poche speranze rimaste, fu però Eloise a mantenere tra tutti la calma, e riuscì a trovare non molto distante dal punto in cui si trovavano un gigantesco ceppo ben saldo a terra grazie alle sue radici, ed urlando a squarciagola nel tentativo di superare il rumore prodotto dal vento riuscì a condurre tutti quanti verso quel punto.
Abbracciandosi al pezzo di tronco i coloni trascorsero in quel modo un’intera notte, tremando dal freddo e dalla paura, stringendosi le mani nel tentativo di darsi conforto, ma finalmente l’alba arrivò, ed il mondo nel quale erano giunti sembrava meraviglioso.
Giganteschi alberi si stagliavano sotto il profilo di un roseo cielo, dentro cui si distinguevano innumerevoli pianeti e stelle la cui luce era ancora abbastanza forte da lasciarsi mostrare. Era una terra inesplorata ma magnifica, dove forse finalmente avrebbero potuto trovare un luogo in cui stabilirsi, ma già dopo i primi giorni di cammino per la foresta le cose si rivelarono molto più difficili del previsto.
Essa infatti era abitata da creature mai viste prima, così diverse e grottesche da loro, piene di artigli e squame simili a quelle dei rettili. Per difendersi i coloni tentarono di respingere l’avanzata di quei mostri usando dei bastoni affilati, ma ciò non fece altro che imbestialire gli avversari, che si avventarono su di loro.
Erano molto più forti, e non lasciarono altra soluzione se non la fuga immediata, ma purtroppo molti erano rimasti feriti, e tra altri uno dei fratelli di Eloise era stato catturato.
La giovane tentò subito di tornare indietro per salvarlo, ma il padre la fermò, con le lacrime agli occhi, portandola in salvo assieme ai figli rimasti.
Quella fu la prima sconfitta subita contro quegli orrendi mostri, ma era chiaro ormai non fossero amichevoli, e per questo tentarono di costruire delle rudimentali armi per difendersi da altri attacchi. Fu scelto che se ne avessero visto un altro l’avrebbero ucciso all’istante.
Il viaggio dell’ancor più piccola comunità continuò per altre cinque giornate, prima di raggiungere un verdeggiante campo dall’altra parte della foresta. Qui un fiume scorreva sereno, ed era un’ottima occasione per riposare e dissetarsi.
Mentre alcuni andarono a caccia per trovare delle risorse altri rimasero dove si trovavano, nell’attesa del loro ritorno, ma tutto ciò a cui Eloise poteva pensare era al povero fratello.
Il riposo però non durò a lungo, perché l’urlo della sorella minore la fece alzare di soprassalto, mentre la piccola veniva trascinata in acqua da una strana creatura simile ad un serpente. Stavolta però la ragazza fu più veloce, e riuscì a raggiungere la piccola colpendo con un sasso l’essere per liberarla; venne ferita, ma riuscì a salvarla.
Attesero qualche ora prima che i cacciatori tornassero, ed a quel punto ripresero nuovamente a camminare per cercare un luogo più sicuro, tuttavia sembrava ogni angolo di quel mondo fosse disseminato da mostri spaventosi, ed ogni volta credevano d’aver trovato il luogo perfetto erano costretti ad andarsene.
Le risorse iniziarono ad essere molto difficili da trovare, e due anni passarono più in fredda del previsto, senza che i coloni fossero riusciti a trovare una nuova casa.
Eloise ed i suoi fratelli erano ormai cresciuti, la ragazza si era dimostrata utile in più occasioni, durante moltissimi attacchi da parte dei loro nemici, ed avendo salvato numerose volte i suoi compagni si era guadagnata il loro amore ed il rispetto di tutti. Spesso quando andava presa una decisione importante le veniva prima chiesto un parere, e le sue scelte erano sempre giuste in un modo o nell’altro.
Tuttavia nel suo cuore provava un’infinita tristezza, perché avrebbe voluto fare di più per la sua gente, aiutarla a trovare un posto sicuro e finalmente vivere in pace.
Quello era il suo unico desiderio, ed una notte finalmente venne ascoltata.
Mentre la giovane stava passeggiando per l’accampamento, controllando che tutti stessero bene, un gigantesco meteorite saettò proprio sopra le loro teste, lasciando dietro di sé una scia di polvere di stelle dorata. Il boato che scaturì dalla sua caduta fu sufficiente a svegliare tutti, che quando si avvicinarono per vedere il danno trovarono un enorme cratere dai bordi ancora fumanti.
Il meteorite avrebbe dovuto trovarsi al centro di esso, ma tra il fumo e la polvere nessuno riuscì a vedere niente, tranne Eloise.
La ragazza scivolò subito lungo il terreno raggiungendo lo strano oggetto che aveva notato, ed un raggio ambrato la inglobò completamente, raggiungendo il cielo sopra di loro. Per qualche secondo nessuno fu in grado di dire nulla, troppo spaventati e confusi, ma alla fine Eloise riemerse dal bagliore, che andò a fondersi nell’oggetto che la ragazza stava tenendo tra le mani.
Una bacchetta azzurra con delle splendide ali bianche, un nastro rosa legato all’estremità ed il capo rotondo ricoperto da piccoli rubini.
Al contrario degli altri la giovane non sembrò affatto confusa di cosa si trattasse, e di come avrebbe dovuto utilizzarlo, e muovendo elegantemente il braccio dalla bacchetta si formò un piccolo raggio azzurro, che la circondò e le permise di librarsi in volo per raggiungere la sua gente.
Questa subito, nello stupore e nella meraviglia, l’acclamò come se fosse una divinità, perché fu ormai chiaro grazie a quel potere sarebbe stata in grado di proteggerli, e così fu.
Pochi giorni dopo un manipolo di mostri incrociò il sentiero dei coloni, ma prima che potessero attaccarli Eloise utilizzò la propria bacchetta per colpirli con un potente incantesimo, che li annientò all’istante.
In modo da poter offrire un’ulteriore protezione ai coloni scelse un piccolo gruppo di loro, investendoli del proprio potere ed aumentando enormemente la loro forza e la loro resistenza. Essi divennero la prima linea di difesa a loro disposizione, e giurarono di servire per sempre Eloise, divenuta regina del piccolo villaggio che un giorno decisero di costruire sopra una collina.
Quel piccolo villaggio, che sarebbe divenuto un giorno un grande regno, venne chiamato Mewni, ed i suoi abitanti Mewmans.
Eloise vi regnò con amore e saggezza, rimanendo sempre vicina ad ogni persona aiutandole come più le fu possibile. La giovane fu amata da ogni persona, e molti furono gli spasimanti che le chiesero la mano, ma l’unico che lei accettò fu un amico d’infanzia rimastole vicino anche nei momenti più bui, assieme al quale con gioia ebbero un giorno una splendida bambina.

 

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Capitolo 2
*** Il Baluardo ***


Eva Butterfly, il Baluardo.



 
  • Data nascita: X0018
  • Data morte: X0094
  • Sposata con: Alberic Fraws
 
 
 
"Contro i mostri che infestano la radura,
Eva Butterfly si erge fiera e sicura.
La nostra fiducia in lei mai cadrà,
perché la sua muraglia per sempre ci proteggerà."
 
 
 





Eva Butterfly nacque tra le prime fondamenta del castello del villaggio costruito dalla regina, circondata da tutte le levatrici disponibili; il suo primo vagito venne accolto da urla altrettanto forti, e pianti di gioia incontrollati, mentre sua madre la cullava tra le braccia con un sorriso sereno, ed il padre, un contadino, spalancò la porta emozionato per la nascita, come tutti coloro che avevano giurato fedeltà alla famiglia Butterfly.
I primi anni della principessa passarono rapidamente, nonostante fosse confinata tra le mura di casa. Ad essere particolarmente protettivi non erano tanto i suoi genitori, quanto il resto del villaggio. Almeno per i primi quattro anni le era permesso arrivare alle palizzate in legno, costruite contro i mostri, e di giocare con gli altri bambini, ma presto gli adulti iniziarono a preoccuparsi qualsiasi cosa potesse ferirla.
“Non è sicuro giocare con i bastoni principessa, potrebbe farsi male. Sgriderò mio figlio per averla spronata”
“Forse sarebbe più al sicuro vicino a sua madre, gli altri bambini sanno essere spericolati”
“E’ solo per il suo bene, le porteremo i migliori giocattoli così potrà divertirsi anche in casa”
Sembravano tutti molto preoccupati non si facesse mai male, e spesso quei gesti parevano completamente disinteressati e sinceri, per questo non portava rancore a nessuno di loro. Era convinta le volessero bene quanto ai loro figli, e che volessero solo proteggerla, ma a circa sei anni non fu difficile origliare le conversazioni fatte dagli adulti fuori dalla finestra.
“Se è come sua madre allora saprà usare la magia. Dobbiamo tenerla al sicuro, così ci proteggerà”
“Non possiamo permetterci le accada qualcosa, quando la regina non ci sarà più dovrà difenderci lei”
Tutte le loro attenzioni erano riservate al fatto lei in futuro avrebbe restituito loro il favore. Da quel giorno non fu mai più certa di come sentirsi a riguardo delle loro attenzioni, e presto mise anche di sorridere alle gentilezze altrui. La madre nel frattempo si impegnava attivamente per aiutare chiunque avesse bisogno, che fosse nei campi o nella foresta, nessun lavoro era troppo difficile per lei, che si limitava ad usare la magia solamente contro i mostri.
Eva ad otto anni non aveva ancora manifestato alcuna traccia magica, e ciò cominciò a preoccupare le persone al villaggio, che visitarono la loro casa sempre più spesso, e le mura non furono mai abbastanza spesse da impedirle di sentire.
Molti credevano il problema fosse nel fatto era stata protetta troppo, la madre infatti in giovane età aveva vissuto molte situazioni pericolose e fu proprio in queste che i suoi poteri si scatenarono. Alle proposte di far vivere anche ad Eva momenti simili però entrambi i genitori rifiutarono severamente, non che la figlia ne fosse dispiaciuta.
Amava la madre, che nonostante fosse spesso impegnata ogni notte andava a rimboccarle le coperte ed a raccontarle delle favole, e certamente desiderava essere una persona buona come lei in futuro, ma venir inseguiti da dei mostri, rischiando la vita, non era qualcosa che desiderava. Da quel giorno, per molti anni, rimanere in casa non era più una scelta dettata dal desiderio altrui che rimanesse al sicuro, ma per evitare i loro sguardi, incerti e diffidenti, che la scrutavano perfino dalla finestra.
Fino al giorno del suo quattordicesimo compleanno Eva non è mai più uscita di casa, limitandosi a girare per le stanze tenendo le tende chiuse. Crebbe forte e sana, con dei lunghi capelli color nocciola, leggermente più chiari della madre visto la tendenza al biondo del padre, e con gli occhi azzurri di quest'ultimo, ogni giorno sempre più freddi. Durante il suo compleanno però la madre organizzò una grande cerimonia, chiamando tutto il villaggio ad assistere.
Venne costruito un palco ed un lunghissimo tavolo, sul quale vennero messi i migliori piatti preparati con amore ed impegno, mentre però mangiavano la ragazza continuava a sentire gli sguardi su di sé, provando una sensazione opprimente.
Quando però sua madre si alzò in piedi tutte le attenzioni vennero riservate a lei, perfino quando le consegnò la sua bacchetta.
Probabilmente le cose non andarono come aveva sperato, perché le proteste dei contadini divennero più aggressive, e le urla contro la ragazza non mancarono. Tutti quanti, Eva inclusa, erano convinti fosse un grande sbaglio darle la bacchetta, che non era in grado di usarla e che avrebbe messo tutti in pericolo.
La regina però non la riprese nemmeno quando fu la figlia a chiederglielo.
Era ancora molto giovane, ma proprio per questo era necessario secondo la regina imparasse il prima possibile come controllare la magia, che perfino lei aveva potuto farlo appieno soltanto dopo aver realizzato la bacchetta.
Dopo il banchetto Eva non poté più rimanere in casa come aveva sempre fatto, perché gli obblighi della madre passarono a lei, ed ogni volta era sempre molto difficile. Se l’altra veniva accolta da tutti con gioia i contadini quasi la deridevano, chiedendole di svolgere dei compiti manuali con la magia; si facevano beffe di lei come se questo avesse potuto cambiare le cose, ma tutto ciò che ottennero fu che Eva si allontanò drasticamente dalla madre, le cui azioni erano risultate come un’orribile punizione per la figlia.
Al contrario della madre, che non ha mai usato la magia se non contro i mostri, Eva ha cercato di usarla anche solo per togliere le carote dal terreno, in modo da poter dimostrare c’era effettivamente della traccia magica in lei, ma ogni suo sforzo non ha mai portato ad altro che delusioni, tanto che certe volte le sembrava inutile portare con sé la bacchetta.
Per altri tre anni le cose andarono avanti in questo modo, mentre la distanza tra madre e figlia cresceva sempre di più, poi, durante una gelida alba, all’improvviso delle urla agghiaccianti cominciarono a sentirsi fuori dalla casa della famiglia Butterfly.
Non appena la famiglia si precipitò all’esterno venero accerchiati da decine di mostri, che avevano assalito il villaggio cogliendolo alla sprovvista. Molte persone erano già state ferite, ed i loro tentativi di difendersi furono completamente inutili.
Fu in quel momento che Eva sentì un forte calore provenire dal proprio petto, un’emozione talmente forte da tramutarsi in qualcosa di più potente; desiderava proteggerli, e quel desiderio divenne magia.
Accadde tutto in una manciata di secondi, mentre era completamente circondata dal caos i suoi occhi divennero completamente azzurri, ed il corpo si mosse senza che nemmeno se ne accorgesse. Portando entrambe le mani alla bacchetta l’alzò al cielo, ed un campo di forza si espanse dal suo corpo, respingendo ogni mostro all’interno del villaggio e scagliandoli nella foresta.
Quando l’incantesimo giunse al termine, sotto gli sguardi increduli di tutti, la bacchetta era cambiata; da legno era divenuta in pietra, e sulla cima era presente una piccola torre, e sulle sue guance erano presenti dei simboli identici color grigio scuro. La reazione da parte del villaggio fu di pura gioia, ma quando cercarono di avvicinarsi alla ragazza questa li respinse con uno sguardo gelido.
Ora che aveva ottenuto la magia avrebbero iniziato a trattarla con rispetto, e questo non li rendeva altro che degli ipocriti ai suoi occhi, non avrebbero potuto cancellare anni di crudeltà solo con degli applausi.
Nonostante questo però, Eva non voltò mai loro le spalle. Non seguì pienamente le orme della madre, aiutandoli in ogni momento della giornata, ma si assicurò che fossero tutti al sicuro.
Grazie alla sua magia riuscì a sostituire le deboli palizzate con alte mura in pietra, che circondarono completamente le case del villaggio garantendo una sicurezza maggiore. Allo stesso modo però cambiò anche la casa in cui era cresciuta, rendendola al contrario della altre più simile ad una fortezza in pietra, dentro cui nessuno sarebbe potuto entrare a meno che lei non l’avesse voluto. Nuovamente, proprio come nella sua infanzia, la nuova regina di Mewni smise di mostrarsi al suo popolo, che poteva vederla solo tramite le finestre dell’edificio, creando un muro non solo attorno al villaggio, ma anche nel suo cuore.
Nonostante ciò però non smise mai di proteggersi, assicurandosi ogni notte dall’alto della torre da lei costruita che nessun mostro potesse attaccarli.

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Capitolo 3
*** La Salvatrice ***


Magdalene Butterfly, la Salvatrice.



 
  • Data nascita: X0056
  • Data morte: X0101
  • Sposata con: Martin Greggory


 
"Dall’arida terra il primo seme germogliò,
e su di esso la regina con cura vegliò.
Grazie al suo mais migliaia di bocche vennero sfamate,
e dalla fame le genti di Mewni vennero liberate."
 
 





 
Sua madre partorì sola quel pomeriggio, nella camera da letto che condivideva ormai da anni con l’oscurità. I vagiti di Magdalene furono il primo suono udito da molto tempo all’interno dell’imponente fortezza costruita dalla regina, ma nessuno osò comunque avvicinarsi, tutti però si trovarono davanti all’edificio, quando la donna, stanca e provata dalle fatiche del parto, spalancò una delle finestre, rivelando al mondo la propria bambina, la cui apparizione portò un’ondata di gioia in ogni persona.
Nel corso del regno della regina Mewni era cambiata, ingigantitasi rapidamente ed infoltitasi di nuove bocche da sfamare, la maggior parte di tenera età; ora Magdalena si sarebbe unita a quel numero.
Oltre a lei ed alla madre non c’era nessun’altro nella fortezza, il padre, una guardia dei cancelli del muro che proteggeva il villaggio, era morto da tempo, e la regina non si era mai risposata. Nonostante non ci fosse nessuno oltre a loro la dimora non era caduta in disuso, e nemmeno c’erano tracce di polvere o disordine. La donna infatti giornalmente si occupava di ogni stanza, lasciando durante la sua infanzia per la maggior parte del tempo la figlia sola, e non importava quanto lei la seguisse e le chiedesse attenzioni, non era in grado di mostrarle l’affetto avrebbe meritato, inoltre le fu severamente vietato di uscire.
Ogni sera prima di andare a dormire la madre le raccontava di come le persone all’esterno erano crudeli, e pensavano solo al guadagno personale fingendosi gentili, erano come le sue favole della buonanotte, atte esclusivamente ad instillare nella mente della figlia diffidenza e paura nei confronti altrui, ma per dieci anni i suoi tentativi furono vari.
Magdalene era una bambina bellissima, dai biondi capelli agghindati in delle trecce intrecciate tra loro e dai grandi occhi azzurri pieni di curiosità. Seppur non avesse mai disubbidito alla madre riguardo il divieto di uscire di casa ogni volta poteva osservava il mondo da una delle finestre, salutando gentilmente chiunque la notasse da lontano. Da quelle sottili finestre però poteva anche vedere chiaramente le condizioni del loro regno; molte persone si muovevano a stento, faticando per trovare qualcosa da mangiare per i propri figli, e non di rado alcuni svenivano per strada senza forze. La madre era molto schietta quando parlavano di argomenti simili, e le spiegò che a causa dell’ingente aumento di neonati il cibo non era più sufficiente per tutti, senza contare che i raccolti erano scarni e la selvaggina mancava. Se alla loro tavola non mancava mai qualcosa da mangiare era perché si trovavano al vertice della società, e venivano riservate loro più risorse. Alle proposte della figlia di condividere il loro cibo però la madre rispondeva sempre con dei duri no, come se quelle persone meritassero di soffrire per qualche motivo. Era indubbiamente una donna fredda e severa, ma nonostante questo la bambina non ha mai provato alcun tipo di astio nei suoi confronti; in qualche modo, dai suoi racconti di ogni notte, capiva doveva aver vissuto delle esperienze difficili, che l’avevano portata ad isolarsi dal mondo intero.
Almeno fino a quando la ragazza non ebbe compiuto vent’anni, la madre non le permise mai di uscire dalla fortezza, e le cose cambiarono solo quando decise di consegnarle la sua bacchetta magica; come Magdalene la toccò questa cambiò immediatamente forma, divenendo molto più lunga e dall’asta in legno sulla quale si attorcigliava un rampicante, la cui punta era un bocciolo di rosa.
Sulle guance comparvero dei simboli verde chiaro, simili a dei fiori.
La scelta della madre dipendeva dal fatto lei si stava indebolendo, e presto non sarebbe più stata in grado di utilizzarla adeguatamente. Con la gioia che colmava il suo cuore, la figlia mise finalmente piede fuori casa, tremando come una foglia dall’emozione, ed i sudditi furono altrettanto sorpresi della sua presenza all’esterno della fortezza.
Dopo il primo senso di stupore e meraviglia di fronte a tutto ciò che la circondava, presto la ragazza si accorse delle tremende condizioni in cui le persone versavano. Le riserve di cibo sembravano scarseggiare ancor di più rispetto alla sua infanzia, e la popolazione era evidentemente malnutrita ed insoddisfatta.
Più volte la madre le aveva raccontato delle sue gesta con la muraglia, e la potenza magica che poteva scaturire dalla bacchetta, e guardandola seppe era arrivato il suo momento di fare qualcosa per il popolo.
Chiudendo gli occhi e portando entrambe le mani all’asta, la ragazza lasciò che la magia scorresse libera dentro di lei, sentendola fluire per la prima volta, ma allo stesso tempo era come se avesse sempre fatto parte di lei. La treccia che teneva i biondi capelli si sciolse, e questi iniziarono a fluttuare come spinti dal vento, mentre il terreno attorno a lei veniva circondato da un’aura verde.
L’arida terra sotto i suoi piedi cominciò a riempirsi di germogli, che sotto l’influsso della sua magia crebbero a vista d’occhio diventando dello splendido mais. Tutti i cittadini corsero immediatamente verso di lei, acclamandola con gioia mentre rendeva fertile il terreno attorno a sé.
Da quel giorno finalmente le cose cambiarono per i cittadini di Mewni, grazie al mais poterono avere un’adeguata forma di sostentamento, grazie al quale allevarono anche i primi animali e poterono smettere di affidarsi esclusivamente alla caccia. Nel giro di sei anni il villaggio si era ulteriormente espanso, divenendo un piccolo ma prospero regno, e non appena venne incoronata regina Magdalene modificò la fortezza nella quale era cresciuta, rendendola più simile ad un piccolo castello, molto più accogliente ed aperto a chiunque.
Non si può certo dire la madre ne fu felice, ma la figlia si prese sempre cura di lei, anche quando a causa della vecchiaia cominciò a faticare a muoversi. L’amo sempre con tutto il cuore, e non l’abbandonò mai, proprio come non abbandonò Mewni nel momento del bisogno.

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Capitolo 4
*** L'Esploratrice ***


Cadence Butterfly, l’Esploratrice.

 
  • Data nascita:X0075
  • Data morte: X0???
  • Sposata con: Burgo Menstron
     
 
"Bella come il sole ed inafferrabile come il vento,
ma dalle sue labbra altro non usciva che un annoiato lamento.
Dal suo piccolo mondo lei guardò molto più in là,
ma il suo ultimo viaggio la condusse nell’aldilà."
 
 





 
Alla nascita di Cadence, Mewni era molto cambiata rispetto a qualche anno prima, si era ingigantita ed espansa, e con lei anche le esigenze dei sudditi. Da semplice villaggio era nato un vero e proprio regno, i cui usi e costumi avevano preso a cambiare ed una solida gerarchia aveva iniziato a formarsi. Tutto ciò era perfettamente normale, visto i mewmans non erano più un popolo nomade, ma significò anche che la madre dovette occupare la maggior parte del proprio tempo a prendersi cura del regno.
La bambina sembrava perfetta in ogni suo tratto, dai grandi occhi verdognoli ai capelli biondi, ma al contrario di quanto era successo alla madre ed alle precedenti regine lei aveva già alle guance i simboli che distinguevano la famiglia Butterfly, nel suo caso simili alla rosa dei venti. Il giorno in cui Cadence nacque si tenne una grande festa, organizzata dal padre della bambina, un giovane uomo dai capelli biondo cenere e gli occhi verdi, appartenente a quella prima schiera di nobili che aveva iniziato a svilupparsi in quegli anni; era un brav’uomo, anche se incline allo sfarzo ed alle oltremodo espansive cerimonie. Quella per la figlia durò addirittura un mese.
Purtroppo la madre non poté godersi appieno le celebrazioni, in quanto Mewni aveva bisogno di lei, ciononostante non si separò mai dalla figlia, e la portò con sé in ogni occasione per averla vicina. I primi anni della piccola passarono in questo modo, crescendo vedendo in prima linea cosa significava governare un regno e tutti gli obblighi ad esso collegati. Le poche volte in cui non poteva seguirla rimaneva con la notta, la quale tuttavia preferiva di gran lunga la solitudine, e passava la maggior parte del tempo nella propria stanza, al buio. In un certo senso però erano i momenti preferiti della bambina, perché durante i precedenti sei anni il padre aveva fatto sì che l’intero castello venisse ricostruito da cima a fondo. Questo significava che c’erano moltissime stanze da scoprire, ed angoli che con la madre non avrebbe potuto osservare. Nonostante l’opulenza del genitore non facesse parte dei gusti di Cadence, riteneva che quel castello fosse il dono più grande che le avesse fatto. Anche se la maggior parte del tempo era occupata con i suoi incarichi, la madre si premurò costantemente di poter garantire alla figlia tutto ciò di cui aveva bisogno, come pure cercò di fare anche il padre, ed una costante preoccupazione era che potesse avere degli amici con cui un giorno passare delle giornate. Vennero organizzate per questo motivo delle feste danzanti in modo potesse omologarsi alle genti che la circondavano, anche se suo padre cercava sempre di selezionare le persone più vicine alla nobiltà.
I loro tentativi però non furono così buoni come sperarono.
Più Cadence parlava con la gente, più la trovava noiosa. I loro discorsi, i loro piaceri, tutto era privo di interesse per lei, e non ci volle molto prima che questo sentimento si trasformasse in un senso di superiorità. In un certo senso era come se lei fosse stata in grado di vedere le cose da una prospettiva più ampia rispetto a loro, concentrati su frivolezze stantie.
Questo suo pensiero fece sì che già a dodici anni venisse emarginata dalla maggior parte delle persone, che pur rivolgendole parola lo facevano con un certo distacco.
Tutto ciò in ogni caso era reciproco.
La curiosità della ragazza si estese in pochi mesi dal castello alla città che sua madre stava costruendo, e di conseguenza anche a ciò che la circondava. In quattro anni non ci fu più un solo angolo a lei sconosciuto di quel territorio, ma proprio per questo il mondo cominciò ad essere tremendamente piccolo per lei.
Le sue escursioni erano incredibilmente professionali per una giovane ragazza, portava con sé non solo il necessario a sopravvivere per giorni, ma anche fogli e calamai per poter creare delle mappe di tutto ciò incontrava. Ad un certo punto perfino gli esploratori cominciarono a seguirla, vedendo nella sua intraprendenza l’occasione per conoscere nuovi territori.
I suoi tentativi di allontanarsi furono sempre maggiori, ma vicina alla maggiore età i genitori vollero lei fosse più legata a Mewni, e la sua libertà si ridusse.
Ricevimenti, udienze, incontri, sostegni al popolo, feste, queste divennero le sue giornate, che culminarono con il passaggio della bacchetta magica della madre a lei.
Fu un giorno estremamente importante per tutto il popolo, ma per lei significò solamente più doveri legati ad un unico luogo. Nelle sue mani la bacchetta si trasformò, divenendo molto diversa rispetto a quella della madre, perfino rispetto a quella della nonna; l’asta divenne di un grigio tetro, molto più corta e maneggiabile tramite un manico, mentre sulla cima si creò una bussola perfettamente funzionante.
Nessuno ebbe alcun dubbio sul fatto rappresentasse il suo animo da esploratrice, ma farle accettare quel dono fu molto difficile, se non quasi impossibile. Nonostante i tentativi di spronarla sia del padre che della madre Cadence fu sempre molto restia nel trascorrere più di una settimana all’interno del regno per occuparsi dei doveri regali. Sosteneva la madre poteva ancora benissimo occuparsene, e che anzi chiunque avrebbe potuto farlo, quindi tanto valeva assegnare l’incarico a qualcuno e lasciarla andare, mentre quando le veniva detto che dalla bacchetta derivavano enormi responsabilità rispondeva che potevano anche riprendersela.
Talvolta perfino nei suoi viaggi più lontani la lasciava al castello, nella sua camera, ma grazie alle sue esplorazioni Mewni poté espandere la sua conoscenza come mai prima di allora. Vennero scoperti non solo nuovi territori, nelle cui mappe vennero accuratamente rappresentate montagne, fiumi e sentieri, ma anche zone abitate prevalentemente da mostri, e questa conoscenza avrebbe permesso ai mewmans di preparare dei sistemi di attacco adeguati ad ogni evenienza.
Gli anni passarono rapidamente, ed il tempo che Cadence passava nella sua dimora si era drasticamente ridotto; perse non solo numerosi avvenimenti importanti per i suoi genitori, ma anche il funerale della nonna, venuta a mancare durante la sua assenza, eppure di tutto ciò lei non se ne curò mai.
Il risentimento crebbe all’interno della famiglia, dove in particolare la madre stava cominciando a perdere la sua ben conosciuta pazienza. Il regno aveva bisogno di una regina, ed Cadence non poteva sottrarsi a questo incarico, era ciò che ripeteva ogni volta la vedeva, ma le sue richieste continuarono ad andare a vuoto fino a quando la regina non impose la segregazione della figlia all’intera Mewni. Non le sarebbe mai più stato permesso di uscire dalle mura della cittadina, e non avrebbe più potuto allontanarsi senza una scorta a controllarla.
All’alba dei vent’anni della ragazza il rancore nella madre si trasformò in odio, ed il suo intervento fu fin troppo efficace visto a malapena riusciva ad uscire dal palazzo. Altri quattro anni passarono senza che Cadence rivolgesse più parola alla madre, costretta ad adempiere ai suoi compiti in quanto futura sovrana.
Incapace di sopportare un giorno di più quella vita Cadence prese infine una drastica decisione.
Se Mewni aveva bisogno di una sovrana allora l’avrebbe avuta.
Alla successiva festa organizzata dal padre la ragazza interruppe le danze per fare un importante annuncio, affermando che quella sera infatti avrebbe scelto il suo compagno per la vita. Lo stupore che si creò nella stanza durò però ben poco, in quanto nessun’uomo sembrava desideroso di diventare suo marito, tuttavia la parola della futura regina era legge, e non avrebbe avuto altra scelta.
In una manciata di secondi Cadence raggiunse in maniera casuale uno degli uomini più vicini a sé, avente gli occhi ed i capelli neri ed appartenente ad una delle tante famiglie nobili che già erano state invitate molte altre volte. Il giovane tentò subito di tirarsi indietro, dicendo non era degno di sposarla, e che in realtà aveva già una fidanzata. Cadence però fu completamente sorda di fronte alle sue proteste, affermando il loro matrimonio si sarebbe tenuto la mattina seguente.
Era evidente questa sua decisione avesse un secondo fine, anche se non era chiaro di quale si trattasse, ma nessuno fu in grado di opporsi, ed all’alba il matrimonio venne celebrato di fronte a tutta la città. Cadence non si era preoccupata di far le cose in grande, le era bastato un abito bianco ed una figura che potesse ufficializzare la loro unione, fu già molto se la famiglia del ragazzo poté assistere, ma non certo con i cuori colmi di gioia.
Il primo bacio scambiato tra i due fu freddo ed arido, eppure negli occhi della donna c’era una grande, inspiegabile e spaventosa gioia. A partire da quel giorno il suo obbiettivo divenne uno solo, quello di concepire un figlio, e non trascorse giorno senza che tentasse di ottenere il suo desiderio. Il dolore del compagno non le importava, ed anche se fosse fuggito ne avrebbe trovato comunque un altro, ma lo costrinse a rimanere al suo fianco con la minaccia che altrimenti la famiglia ne avrebbe pagato le conseguenze.
Finalmente un giorno Cadence rimase incinta, e contò con trepidazione i giorni che la separavano dal tanto desiderato parto. Quel giorno nonostante il dolore e la fatica pretese di rimanere sola, ma nessuno fu comunque amareggiato nel sentire le sue urla fuori dal palazzo, solo il primo vagito del neonato scosse gli animi dei presenti, che si chiesero quale triste destino Cadence avrebbe riservato alla piccola creatura.
Trascorse almeno un’ora in cui l’unico suono udibile era il suo pianto, prima che qualcuno si decidesse ad entrare, trovando la bambina sola nella camera con accanto la bacchetta della regina, e la finestra completamente spalancata.

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Capitolo 5
*** La Madre ***


Isa Butterfly, La Madre.


 
  • Data nascita: X0104
  • Data morte: X0168
  • Sposata con: Noha Inya
 

 
"La più giovane delle regine ma anche la più generosa,
e di ciascuno dei suoi figli su sempre orgogliosa.
Nella guerra una sicurezza per tutti i bambini divenne,
proteggendoli come meglio ritenne."
 
 






La vita della principessa, o per meglio dire la nuova regina, non era iniziata con il calore e l’amore della propria famiglia, ma da un pianto interminabile raggiunto solamente da coloro che lavoravano all’interno del palazzo. La bambina era stata abbandonata assieme alla bacchetta magica tra le coperte sporche di sangue, senza che né la madre o il padre fossero con lei. Immediatamente l’intero edificio si animò, e cominciò la frenetica ricerca della regina mentre la figlia venne affidata ad alcune nutrici. La bambina era pallida ed affaticata, ma non appena venne presa in braccio da una delle donne iniziò subito a calmarsi. Il padre dall’altra parte della porta non aveva il coraggio di entrare.
Era sua figlia, ma allo stesso tempo non l’aveva mai desiderata, intrappolato in un matrimonio obbligato con una donna non aveva mai amato. Per molte ore rimase solo con i propri pensieri, incapace di prendere una decisione su come agire. Era chiaro per tutti la regina non sarebbe mai tornata, e la piccola era l’unica erede rimasta della famiglia Butterfly, ma fino a quando non fosse cresciuta non avrebbe potuto regnare, ed ecco che l’uomo si trovava incastrato nell’ennesimo obbligo da parte della donna che era stato costretto a chiamare moglie.
Venne deciso che fino a quando non fosse cresciuta il compito di guidare il regno sarebbe spettato al padre, e la figlia sarebbe stata allevata nel castello dalle nutrici già vi lavoravano. Queste donne erano molto gentili con lei ed amorevoli, dispiaciute e rammaricate per il comportamento della madre cercarono di non farle mancare niente fin dai primi giorni di nascita, mentre il padre si mostrò giorno per giorno sempre più distante. Mai una volta l’aveva presa in braccio, ed a malapena la guardava. Non fu nemmeno lui a darle il nome, perché chiese ad una delle donne l’avrebbero allevata di sceglierne uno, anche se pubblicamente venne detto il contrario.
La prossima regina si sarebbe chiamata Isa Butterfly, ma sarebbero trascorsi alcuni anni prima di allora.
Al fine di aiutare il padre nella gestione del regno vennero scelte alcune persone colte e fidate tra la nobiltà che lo aiutassero a guidarlo, formando così un consiglio che sarebbe perdurato nel tempo. Come prima decisione venne stabilito la bacchetta magica non sarebbe stata usata da nessuno, e sarebbe stata conservata in un luogo sicuro in attesa del momento in cui Isa avrebbe potuto usarla.
Nel corso del primo anno tale sistema venne collaudato senza farlo sapere al popolo, che tuttavia sosteneva molto il re provvisorio, ma soprattutto la principessa, già incredibilmente amata soprattutto per via del suo abbandono. I tentativi di ritrovare la madre furono del tutto vani, con la sua grande capacità nell’esplorazione e la sua esperienza era stata facilmente in grado di far svanire le proprie tracce, e così il regno si arrese accettandone la scomparsa. Fu a quel punto che il sovrano decise era giunto il momento di risposarsi, questa volta con la donna che aveva da sempre amato ed alla quale era promesso sposo prima della crudele decisione della precedente moglie. Il matrimonio venne organizzato al meglio, sfruttando la sua nuova posizione sociale per dare alla compagna tutto ciò che poteva desiderare, ma il popolo non ne fu molto lieto. In molti sostenevano l’unico pensiero dell’uomo sarebbe dovuta essere la figlia, almeno per i primi anni, ed alcuni non erano ancora convinti della totale scomparsa della regina, quindi vedevano quel matrimonio troppo affrettato, questo però non impedì alla coppia di sposarsi. La nuova compagna del sovrano cercò di essere vicina ad Isa durante la sua permanenza al castello, ma ogni volta che provava a prendersene cura il marito sosteneva se ne sarebbero occupate le nutrici, e la allontanava immediatamente.
Quando Isa compì tre anni nacque il suo primo fratello, un ragazzo sano e forte, al quale venne dato il nome di Isidore. Vista la freddezza che l’uomo riservava alla bambina all’interno del castello cominciò a vociferarsi quel nome dipendesse dal desiderio lei non fosse mai nata, e presto cominciò ad espandersi anche per tutto il regno, ma il padre non provò mai a negare o ad affermare tali voci.
Si limitò al silenzio, proprio come continuò a fare con la figlia.
Tre anni più tardi nacque un’altra bambina, che stavolta venne chiamata Isabella, nonostante le proteste della madre. Ad Isa venne poi proibito di giocare con i suoi fratelli, e venne fatta dormire nella stanza più lontana da quella dei genitori. Durante le passeggiate in cui la famiglia andava per le vie del regno lei veniva sempre lasciata a casa, mentre il padre si giustificava che stava male o che, essendo cagionevole di salute, era pericoloso per lei allontanarsi dal castello. Isa però stava crescendo forte e sana, diventando una bellissima bambina dai capelli biondi e gli occhi neri, con dei simboli a forma di cuore alle guance, tratti che purtroppo non facevano altro che allontanare il padre, visto in lei rivedeva la precedente moglie insieme ai suoi geni.
La piccola tuttavia non crebbe sola, ma nell’amore totale di coloro si erano prese cura di lei. Non solo le nutrici, ma anche tutti coloro servivano il castello, che le portavano doni e giocavano con lei all’insaputa del re. In alcune occasioni i fratelli e la loro madre hanno provato a fare altrettanto, ma venivano sempre scoperti dal padre la cui ira aumentava sempre di più, e furono costretti a rinunciare.
Quegli anni tuttavia non furono tristi solo per la principessa, ma anche per il regno che stava affrontando un periodo di guerra con i mostri dei territori vicini. Questi infatti avevano iniziato ad organizzare dei massicci attacchi, in particolar modo nelle campagne esterne alle mura protettive, dentro le quali ormai si trovavano per lo più le case dei nobili, ma soprattutto il castello Butterfly. Oltre quel punto infatti si trovavano non solo le piccole case dei contadini, dei mercanti e degli allevatori, ma anche le gigantesche coltivazioni di mais, le quali erano un’importantissima fonte di sostentamento per tutta Mewni ed il suo grande vanto. I mostri avevano iniziato ad attaccare di notte, bruciando tutto il raccolto ed uccidendo chiunque provasse a fermarli. Il re aveva cercato di inviare degli uomini scelti per la loro forza e la loro tenacia, ma non tutti erano stati in grado di tornare e molti erano rimasti gravemente feriti.
Il giorno del sesto compleanno di Isa tuttavia il consiglio prese un’importante quanto drastica decisione, scelse infatti era giunto il momento per lei di diventare regina. Nonostante la giovanissima età la decisione fu definitiva, a prescindere il padre non aveva mai preso una decisione completamente solo, quindi non sarebbe cambiato molto per il consiglio di nobili che l’aveva aiutato. La bambina d’altro canto era stata ben accudita, ed aveva un’educazione tale da far sì numerosi concetti non fossero per lei nuovi o sconosciuti.
La cerimonia si tenne al tramonto del suo compleanno, e dal balcone più ampio del castello sotto gli occhi dell’intero regno le venne consegnata la bacchetta magica, che si trasformò all’istante assumendo un’allegra tonalità azzurra, e la cima divenne simile ad un sonaglio per bambini che se mosso produceva un piccolo tintinnio. Nonostante per l’intero regno fosse un giorno di festa per la bambina non fu purtroppo lo stesso. Sapeva bene che quella bacchetta era appartenuta alla madre, e per molto tempo anche se non aveva potuto nemmeno vederla era stata l’unica cosa rimasta di lei, mentre ora non aveva più nulla per ricordarla e per chiedersi magari che genere di persona fosse. Nessun altro membro della famiglia aveva poi assistito alla celebrazione, il padre infatti aveva insistito perché trascorressero l’intera giornata in una battuta di caccia tra le campagne, organizzandola prima fossero a conoscenza della cerimonia.
Isa divenne così la regina più giovane della dinastia Butterfly, e forse triste quanto la madre per l’ottenimento del titolo.
Nella vita della bambina non cambiò molto dopo l’incoronazione, ad eccezione del fatto fu costretta a partecipare ad ogni riunione del consiglio, anche se le decisioni più importanti vennero prese dagli uomini ne fecero parte. L’unica nota positiva fu il fatto teoricamente ora la sua parola era legge, ed il padre non poté più rifiutare le sue richieste di vedere i fratelli, anche se l’uomo trovò ogni genere di scusa per tentare di evitarlo, ma nonostante tutto il suo impegno alla fine dovette cedere, ed i suoi figli furono felici di poter giocare e crescere con la sorella. Per quanto riguardava la matrigna anche lei si dimostrò molto dolce ed affettuosa nei suoi confronti, non scaricando su di lei le colpe della madre, ma il padre non tentò mai di avvicinarsi più di quanto era obbligato a fare.
Altri anni trascorsero, e la vita di Isa migliorò durante questi, ma non dimenticò mai le persone che l’avevano cresciuta durante l’infanzia, e si assicurò sempre di avere un po’ di tempo per loro. Si impegnò inoltre per cercare di partecipare ed intervenire sempre di più alle riunioni con il consiglio di nobili, fino a quando ormai le sue decisioni divennero la maggioranza e non si ritenne ci fosse più bisogno di loro. A diciannove anni Isa era diventata una bellissima quanto gentile donna, che rispettava il proprio popolo e cercava di stargli vicino. Il rapporto con i fratelli divenne a sua volta sempre più solido, al punto che quando il padre volle andarsene in una nuova casa loro, assieme alla madre, si opposero rimanendole vicina. Con Isidore spesso trascorreva delle splendide giornate a cavallo, mentre con Isabella leggeva dei libri all’ombra degli alberi del giardino del castello.
A venticinque anni conobbe poi Noha Inya, un uomo forte e robusto, dalla carnagione scura e gli occhi ed i capelli neri, appartenente ad una nobile casa di Mewni. Tra di loro nacque una solida amicizia ed assieme a Noha spesso Isa discuteva di politica e fatti storici del regno, e fu proprio per l’incredibile cultura e conoscenza mostrata dall’uomo che se ne innamorò. Il loro matrimonio venne celebrato al terzo anniversario della coppia, ed anche se il padre della regina per l’ennesima volta non volle partecipare ad un evento della vita della figlia per lei fu comunque il giorno più bello della sua vita.
La guerra contro i mostri tuttavia era lontana dal finire, ed il regno stava soffrendo sempre di più non solo per i danni subiti, ma anche perché sempre più persone erano costrette ad armarsi per andare a combattere, e così il regno si impoveriva ulteriormente mentre molti bambini rimanevano così orfani.
La regina Isa fece tutto il possibile per aiutare il popolo, riducendo anche le tasse al minimo, ma ogni volta che passeggiava lungo le strade assieme ai fratelli il cuore le si stringeva in una morsa vedendo quei poveri bambini.
Un giorno capitò che, mentre i tre erano a cavallo, la regina notò in uno dei vicoli tra le case una coppia di bambini, sdraiati a terra e vestiti solo di stracci. Non poté stare a guardare e passare oltre, e subito si avvicinò ai due per assicurarsi stessero bene; erano molto deperiti ed avevano entrambi la febbre. Immediatamente li fece portare a palazzo, dove vennero curati ed accuditi dalla stessa regina. Una volta che le loro condizioni furono migliorate i bambini spiegarono che avevano perso i genitori in guerra, e che i mostri avevano distrutto la casa dove vivevano fuori dalle mura. In quel momento la regina ricordò come fosse stato per lei crescere senza aver potuto conoscere sua madre e senza l’affetto del padre, e prese la decisione di adottare entrambi i bambini, con il consenso del marito. Era da molto tempo la coppia stava provando ad avere un erede, ma tristemente non c’era mai stato un successo.
Da quel giorno furono molti gli orfani che la regina prese sotto la sua ala, scegliendo di crescerli come se fossero suoi figli dando a ciascuno l’amore che meritavano, divenendo così una madre per l’intera Mewni.
Gli anni passarono ed il castello si animò sempre più mentre i figli della regina crescevano, poi un giorno finalmente accadde il miracolo; Isa diede alla luce un figlio maschio. Fino a quel momento tutte le regine avevano dato alla luce solo eredi femmine, e solo le regine avevano comandato, ma questo non impedì i grandi festeggiamenti che seguirono la nascita del principe Walsh. Passò però soltanto un anno prima che la regina desse alla luce un’altra creatura, stavolta una bellissima bambina, Bethany.

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Capitolo 6
*** La Guerriera ***


Bethany Butterfly, La Guerriera.
 
 
 
  • Data nascita: X0144
  • Data morte: X0184
  • Sposata con: Philippe Norfer
 
 
 
“Tra le ceneri della battaglia portò i soldati alla vittoria,
e con lei nacque per Mewni un’era di gloria.
In ogni scontro sempre impavida e fiera,
nessun mostro potrà sfuggire alla lama della regina guerriera.”
 
 
 
 
 
 
 
 
Elizabeth nacque in una dimora colma di fratelli e sorelle, ma, contrariamente a come la madre aveva sperato, la sua nascita non suscitò per tutti grande gioia. L’assenza di un erede diretto della regina avrebbe potuto significare per i figli adottivi la possibilità di maggiori poteri e forse, per uno di loro, anche l’ottenimento del titolo di sovrano un giorno, ma con la nascita della bambina queste aspettative si erano frantumate, e sebbene fossero pochi i bambini che la pensavano così, presenti solo tra i più grandi e dalle vite precedenti l’adozione più difficili, in ogni caso non mancavano.
Diversa era stata la nascita del fratello maggiore Walsh, avvenuta un anno prima, in quanto ormai si era consolidata la tradizione della donna sovrana, quindi i figli maschi seppur di stirpe reale non potevano succedere al trono, perciò la sua presenza non aveva influito in alcun modo per gli altri figli.
In ogni caso la regina mostrò per lei ed il fratello lo stesso amore che aveva per gli altri, non le importava non fossero realmente suoi, era come se lo fossero e desiderava fossero tutti una grande famiglia felice. Anche il marito desiderava lo stesso, e quando la regina non era presente in quando doveva occuparsi del regno cercava di trascorrere quanto più tempo possibile tutti assieme, leggendo storie o giocando nel grande giardino del castello, fatto ampliare solo per loro.
In qualche modo però entrambi i genitori intuirono i sentimenti che i fratelli maggiori provavano per la bambina, e tentarono di tutto per far sì questi si appianassero, ma nemmeno con il passare del tempo ci riuscirono.
In totale avevano 23 bambini, esclusi il principe e la principessa, più della metà avevano tra i sei ed i dieci anni mentre cinque ne avevano tra i quattordici ed i diciassette, furono proprio quest’ultimi a mantenersi più distanti di fronte ad i loro tentativi, cercando addirittura di mettere anche gli altri fratelli contro la principessa, come se questo in qualche modo potesse far sì le venisse tolto il suo diritto di nascita al trono.
A cinque anni incominciò l’istruzione di Bethany, volta soprattutto all’aiuto del popolo ed alle condizioni in cui vessava, in modo una volta cresciuta capisse quale fosse la strada migliore per aiutarla. Le vennero poi insegnate arti tramandate ormai solo dai figli della nobiltà, come la danza, il canto, il cucito, le poesie e l’utilizzo di strumenti musicali.
La società che stava nascendo cominciava ad esser sempre più nettamente divisa da usi e costumi, e queste attività erano riservate solo a coloro potevano permettersi un’alta educazione, mentre agli altri rimaneva solo l’allevamento e l’agricoltura. I suoi genitori desideravano diventasse una bambina colta e raffinata, in grado di distinguersi anche tra i nobili più conosciuti, ma tra le varie lezioni Bethany non sembrò mai pienamente interessata.
Allo stesso tempo il fratello aveva cominciato a studiare l’arte della spada e delle armi, altra dote che solo i nobili potevano conoscere appieno ed in maniera più raffinata, e dalle finestre spesso la bambina lo osservava incuriosita.
Presto la curiosità divenne desiderio, ed a sei anni la bambina chiese di poter partecipare anche lei a quelle attività. Inizialmente i genitori furono molto restii all’idea, temendo fosse troppo fragile e potesse farsi male, ma si resero anche conto negarle quella possibilità avrebbe potuto renderla più testarda, e quella testardia avrebbe potuto sfociare in attività più pericolose, come l’uso di una vera spada senza la supervisione di un adulto, quindi decisero di tentare pensando che, dopo qualche prova, sicuramente si sarebbe annoiata.
Le cose però non andarono come avevano previsto, Bethany infatti non solo dimostrò una forte tenacia durante gli esercizi basici, ma era evidente quanta gioia le dava rispetto alle altre attività fino ad ora svolte. Il fratello non fu per nulla dispiaciuto di condividere quelle ore assieme, anzi grazie a lui la sorella poté sperimentare veramente cosa significava allenarsi in quel modo, perché nonostante il padre le avesse dato il permesso era stato comunque fin troppo leggero nei primi tentativi della bambina, al fine di proteggerla.
Walsh invece l’aveva trattata da pari, e così il rapporto tra i due si solidificò ancor di più.
Ad otto anni la bambina aveva già completamente padroneggiato le basi, ed aveva aumentato le ore di allenamenti rispetto a quando aveva cominciato, riducendo di conseguenza quelle degli studi delle altre arti; a dodici le fu permesso di cominciare ad allenarsi con una vera spada, assieme a dei soldati qualificati.
Il rapporto con gli altri fratelli in tutto questo tempo purtroppo non aveva fatto altro che peggiorare.
Le femmine avevano continuato ad impegnarsi diligentemente nei loro studi, molte diventando fin dall’adolescenza delle perfette dame di corte, e criticavano aspramente il modo in cui la sorella minore evitava o prendeva alla leggera quelle lezioni, in particolar modo lo facevano di fronte ai genitori quando tutti erano presenti, in modo da avere più voci dalla loro.
Sostenevano così facendo non avrebbe sviluppato la cultura necessaria a guidare il regno, che avrebbe causato solo carestie e problemi al popolo se non fosse stata in grado di comprendere le complesse componenti lo strutturavano, e che soprattutto le sue azioni minavano l’immagine della famiglia Butterfly; una figlia rozza e grezza, capace soltanto di far roteare una spada, non era all’altezza delle aspettative la gente aveva di bellezza e superiorità.
Le loro pressioni spesso hanno fatto tentennare i genitori, che hanno tentato di rendere più femminile la figlia varie volte, ma a quindici anni era ormai chiaro che non era quella la strada per lei, e non poterono mai schiacciare il suo spirito.
Bethany indossava più l’armatura che abiti mondani, le sue mani erano piene di calli e graffi, il viso duro e lo sguardo tenace, il corpo robusto e dai muscoli ormai definiti.
Aveva perfino tagliato i capelli neri poco sotto le orecchie in modo non si attorcigliassero all’emo.
Anche Walsh in quegli anni era cresciuto molto, diventando un ragazzo alto e muscoloso, dalla carnagione scura come quella della sorella e dall’atteggiamento fiero. Aveva scoperto nel tempo un’insolita passione per la lettura, e teneva i capelli legati in una fine treccia. Nonostante si allenasse ancora con la sorella i due avevano preso due strade ben distinte; lei quella di un cavaliere, lui quella di un semplice amante dell’arte che non andava mai oltre il pericolo di un taglio alle mani.
Ciononostante il tempo che trascorrevano assieme era prezioso per entrambi, e difendeva sempre la sorella dalle malelingue nel castello, ritenendo che in tempi duri come quelli un animo forte e leale come il suo sarebbe stato essenziale un giorno.
Mewni infatti non era ancora uscita dalla guerra contro i mostri, e le speranze per il popolo stavano andando ad assottigliarsi sempre di più. Le perdite si fecero esorbitanti e la povertà imperversava per le strade attanagliando i cuori del popolo. La situazione stava diventando sempre più disperata, ed i tentativi di arginarli della regina non bastavano più a salvaguardare le povere persone, incapaci di difendersi dai mostri che avanzavano.
A diciassette anni avvenne ciò che molti nel castello avevano cercato di scongiurare, l’incoronazione di Bethany a regina, ed il passaggio della bacchetta magica. Tutti i membri della famiglia dovettero partecipare, e negli occhi di tutti c’era un profondo astio e risentimento, che spezzò i cuori dei poveri genitori, che nonostante tutto avevano comunque cercato di dare a ciascuno di loro pari status e ricchezze. Nessuno di loro avrebbe mai sofferto la fame, tutti possedevano dei territori e dimore sicure, ma non era bastato.
Bethany si presentò quel giorno con la più splendida delle armature in suo possesso, camminando fieramente mentre i nobili che assistevano la guardavano sconvolti, ma a lei di tutto ciò non importava.
Nell’istante in cui le venne consegnata la bacchetta, questa cambiò completamente forma, divenendo uno scuso di pura energia turchese, dal manico dorato, e sulle sue guance comparvero dei segni simili a delle lance.
Il suo discorso da regnante fu impeccabile, elencò le difficoltà in cui il popolo viveva affermando la colpa era da attribuire esclusivamente ai ripetuti ed incessanti attacchi dei mostri. Questo fomentò l’ira della gente nei loro confronti, ed esultarono quando lei giurò di eliminarne per mano sua quanti più possibili, in modo da ridare vita al regno.
Iniziò così l’ambizioso progetto della nuova regina, che partì da quel giorno stesso.
Il progetto consisteva nella creazione di un’armata di cavalieri, addestrati nell’utilizzo di vari tipi di armi, tecniche difensive e di sopravvivenza. Quest’armata di sarebbe occupata della protezione di Mewni, e strutturandola in una gerarchia basata sulle capacità si sarebbero istituite figure che potessero condurre diverse fazioni autonomamente, tutte sotto il nome della regina, in modo fossero in grado di muoversi in diversi territori allo stesso tempo.
L’avvio pratico di queste figure sarebbe avvenuta solo nel giro di cinque anni, durante i quali le persone, che si sarebbero potute arruolare spontaneamente, avrebbero dovuto praticare un intenso allenamento elaborato dalla stessa regina, e solo superandolo avrebbero potuto divenire cavalieri.
Questa idea venne aspramente criticata dai fratelli e dalle sorelle della regina, che tentarono addirittura di far protestare il popolo sostenendo tali azioni non avrebbero portato a nulla, che non si interessavano ai problemi economici, a quelli riguardanti l’agricoltura e l’allevamento, e non tutelavano in alcun modo le persone d’alto rango.
Sotto queste parole però la regina rispose con una dura minaccia, riducendo i territori in possesso dei fratelli per assegnarli agli allenamenti delle truppe.
Loro non si erano mai dimostrati una famiglia nei suoi confronti, e di conseguenza non doveva nulla a nessuno di loro. Se avessero continuato nei loro tentativi di boicottarli li avrebbe completamente privati del loro status sociale. Questo portò molti ad allontanarsi da Mewni, nel tentativo di creare nuove città dove poter regnare, lasciando un profondo gelo nei rapporti con la regina.
Fu l’ennesima occasione che spezzò il cuore dei genitori, e che portò la madre ad avere un infarto, dal quale non poté sfuggire. Cercando di superare il dolore la regina continuò a lavorare anima e corpo alla sua idea, aiutata da Walsh, che organizzò meglio la gerarchia ed i ruoli delle persone a comando, definendo ruoli strategici e di logica.
Non appena i soldati furono pronti la regina partì in una prima spedizione assieme a loro, attaccando un accampamento di mostri che era stato individuato non molto distante dai campi di mais del regno. La battaglia durò meno di un giorno, visto lo scarso numero dei nemici, ed i soldati si assicurarono di non lasciare alcun superstite e di bruciare ogni resto rimasto, in modo da lanciare un messaggio al resto dei mostri per far sì non si avvicinassero ulteriormente.
Seguirono in quel modo molti altri attacchi e spedizioni, mentre Walsh dal castello si occupava degli esploratori che, seguendo le mappe disegnati dalla nonna, furono in grado di definire altre strade e sentieri, individuando altri accampamenti dei mostri. I soldati si spinsero sempre più in là, liberando territori e consegnandoli alla popolazione di Mewni, che poté espandersi e rinascere dalle ceneri.
Fu tra i soldati più fidati, che avevano il privilegio di combattere fianco a fianco della regina nelle spedizioni più pericolose, che Bethany incontrò Philippe Norfer, un uomo valoroso e nobile, dedito tanto quanto lei alla protezione del regno.
La loro relazione nacque proprio sul campo di battaglia, e fu sempre in questo che diedero alla luce loro figlia, la principessa Clara.

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Capitolo 7
*** La Guaritrice ***


Amelia Butterfly, La Guaritrice.
 
  • Data nascita: X0174
  • Data morte:  X0200
  • Sposata con: Greggory Mildred
 
 
 
“Un dì così arrivò la peste, impossibile da prevenire,
e la gente si chiuse in casa, ma continuò a morire.
Amelia la Guaritrice da questo male la volle liberare,
grazie ai suoi poteri riuscì il popolo a curare.”
 
 
 
 
 
 
 
 
Contrariamente alle numerose sue predecessore, Amelia non nacque nella comodità del castello Butterfly, circondata da nutrici pronte a lavarla e ad accudirla fin dai suoi primi respiri di vita; nacque bensì nel cruento campo di battaglia, dove i genitori mietevano senza indugio le vite dei mostri tentavano di opporsi all’espansione del regno.
Il parto durò molte ore, e vista l’incapacità dei soldati di far altro se non combattere la regina fu completamente sola durante quel tempo mentre il marito, fuori dalla tenda dove avevano allestito un letto più comodo degli altri, la proteggeva da eventuali attacchi a sorpresa.
Le urla della donna furono lancianti e fecero impallidire chiunque le udisse, mentre all’interno il sudore e sangue riempivano l’aria. Quando finalmente la bambina nacque la madre quasi svenne, ma riuscì a resistere controllando le condizioni della nascitura. Era molto più piccola e fragile di quanto ci si sarebbe aspettato da dei genitori simili, dal colorito eccessivamente pallido nonostante la carnagione scura ed incapace perfino di emettere un urlo abbastanza udibile da rassicurare sarebbe sopravvissuta; perfino i simboli a forma di lacrima sulle guance erano quasi invisibili. Per la prima volta nella sua intera vita la regina si sentì fragile di fronte alla debolezza della bambina a cui aveva appena dato vita, e nel suo cuore si era già fatta largo la convinzione sarebbe morta in poche ore. Stringendola a sé con delicatezza vietò addirittura al padre di entrare nella tenda, desiderando risparmiagli la visione della vita che lasciava il corpo della figlia e conservare quelle poche ore solo per loro, piangendo lacrime di dispiacere. Il tempo però non è gentile sul campo di battaglia, ed un attacco nemico costrinse la donna ad abbandonare la bambina sul letto, nascondendola dentro un fagotto nella speranza che se anche qualcuno fosse entrato non l’avrebbe vista, aggredendola.
La principessa rimase così sola per svariate ore, respirando a malapena mentre la lotta imperversava all’esterno, e solo quando il sole tramontò la regina tornò indietro, stavolta accompagnata dal marito.
Era il momento di tornare al castello, e di seppellire la povera bambina, o almeno questa era la convinzione di entrambi, ma il destino volle diversamente.
Nonostante le sue condizioni la piccola infatti era ancora viva.
I soldati tornarono a casa ricevendo gli omaggi dell’intero popolo, che celebrò non solo l’ennesima vittoria ma anche la nascita della nuova principessa. A nessuno però fu permesso di vederla, nemmeno la servitù pronta a prendersene cura, ad eccezione del fratello e del medico di corte che venne chiamato nelle stanze private della regina.
Quando vide la bambina la donna ebbe un sussulto, e non servì alcun particolare esame per stabilire la bambina sarebbe morta in poco tempo. Eppure già prima aveva superato le aspettative dei genitori, e fu quindi deciso che se fosse sopravvissuta fino all’alba le avrebbero dato un nome, nella convinzione sarebbe stata in grado di crescere e di migliorare.
E così fu, anche se solo in parte.
La piccola Amelia sopravvisse anche alla notte, e così per i giorni seguenti, ma il suo aspetto non migliorò, rimanendo fragile ed apparentemente sull’orlo della morte. Il suo respiro era sempre così debole che la madre, temendo di perderla senza rendersene conto, volle dormire con lei ogni singola notte, ed in un paio di mesi i primi capelli cominciarono a crescere, di un colorito grigio pallido, simile ai suoi occhi quasi perennemente chiusi.
Ancora nessuno aveva il permesso di vederla, ma trascorso il primo anno le incertezze dei genitori cominciarono ad affievolirsi, spinte in parte dalla necessità di tornare in battaglia. Le cure di Amelia vennero così date all’intero castello, ed in caso le fosse successo qualcosa le teste di tutti sarebbero cadute.
Cosa che stupì tutti fu però il fatto che, nonostante fino ad ora non si fosse mai ammalata, il suo corpo reagiva come se lo fosse, costringendola spesso a letto, ma senza alcun sintomo o rischio di alcun genere. Ciò semplificò molto il compito dei servi, che dovettero solo portarle da mangiare, lavarla e farle compagnia alternandosi in base ai vari momenti della giornata, ma nessuno ne fu mai dispiaciuto in quanto la fragilità di quel piccolo esserino provocò in tutti loro una tenerezza tale da farli affezionare all’istante, per non parlare del fatto era già chiaro quanto la bambina fosse buona e gentile.
Rapidamente un intero anno trascorse, ed i genitori finalmente tornarono, anche se solo per poche settimane.
La bambina era rapidamente cresciuta, mantenendo un corpo estremamente piccolo e magro, ma i suoi capelli erano arrivati ormai alle spalle e finalmente era in grado di tenere gli occhi completamente aperti. Nonostante il colore grigiastro erano estremamente belli, dalle lunghe e pallide ciglia, con un forte accenno di empatia e gentilezza dentro di loro.
Il tempo trascorso con lei fu l’unico nel quale i genitori abbandonarono completamente gli allenamenti, dandole tutto l’affetto che non aveva potuto ricevere da loro in quell’anno, e ricompensando adeguatamente i servi per il lavoro svolto. La prima volta che il castello udì la risata della bambina l’intero reame si paralizzò completamente; era debole, quasi un sussurro, ma incredibilmente bella e preziosa come il respiro di una fata. Trattenendo le lacrime la regina fu perennemente grata di averla data alla luce e che fosse ancora tra loro, forte nella sua debolezza, ma la guerra richiamò presto lei ed il marito in battaglia, e dovettero nuovamente lasciarla sola.
Stavolta prima del loro prossimo incontro trascorsero tre anni. Durante tale periodo fu il fratello della regina ad occuparsi delle sorti del regno, senza andar mai contro i voleri della sorella per quanto riguardava le attività più importanti, comunicando tramite delle lettere, ed al suo ritorno fu deciso l’uomo avrebbe partecipato all’istruzione della principessa assieme ad altri numerosi maestri.
L’uomo non ne fu per nulla dispiaciuto, amava la nipote e come tutti non voleva altro che il suo bene, proteggendola da qualsiasi pericolo potesse un giorno arrivare alle porte.
Gli studi di Amelia si concentrarono in ogni ambito culturale, mentre quelli dal lato più fisico, come il ballo, vennero tralasciati. Ogni sessione di studio avveniva poi nelle camere della bambina, ed era supervisionato da almeno due guardie che si assicuravano tutto procedesse senza problemi. In ogni argomento la principessa si dimostrò capace, e soprattutto comprensiva nei confronti dell’assenza dei suoi genitori.
Il regno continuò nel frattempo a crescere e ad espandersi grazie alle loro spedizioni, ma con la scoperta di nuove terre i soldati portarono a Mewni anche i mali che le caratterizzavano. Nelle zone più esterne del regno la gente cominciava ad ammalarsi, ma il loro numero era così ridotto, e la distanza tale, da non venir considerata di gran importanza.
Trascorsero in questo modo altri cinque anni, con breve visite da parte dei sovrani e la saluta della principessa che rimaneva in quella curiosa condizione di stabilità ed apparente malattia, poi, quando ormai aveva dieci anni, una lettera dal campo di battaglia arrivò improvvisamente.
Il re e la regina erano entrambi periti durante un assalto dei mostri.
La notizia colpì l’intera Mewni come un fulmine, mettendo a dura prova non solo il cuore della principessa, ma anche quello del fratello della regina, che si chiuse nella propria camera per tre giorni interni nel tentativo di elaborare il lutto; uscì solamente quando si rese conto che, nonostante il dolore, il regno aveva bisogno di andare avanti.
Amelia era ancora troppo giovane per regnare da sola, ma venne comunque celebrata la sua incoronazione un mese dopo la dipartita dei genitori, e fu deciso lo zio le sarebbe rimasto accanto guidandola in ogni decisione importante riguardante il regno, nella speranza fosse in grado di imparare ad essere una degna sovrana nel minor tempo possibile.
La bacchetta della regina venne recuperata pochi giorni prima dell’incoronazione, al contrario dei corpi dei sovrani che furono dispersi. Un gruppo di mostri l’aveva rubata nella speranza di poter sfruttare il suo potere, ma quando i soldati li trovarono videro che molti di loro erano già stati uccisi, ed in mezzo ai loro corpi un mostro era stato soggiogato dalla quantità di potere dentro d’essa, tramutandolo in un essere spaventoso, ma incapace di alcun pensiero proprio, o almeno queste furono le parole dei soldati, che riuscirono a sconfiggerlo.
Nel momento stesso in cui Amelia toccò la bacchetta questa mutò in un lungo scettro dall’asta argentea, con delle ali bianche in prossimità della cima affusolata.
Il regno accettò piuttosto rapidamente la nuova regina, grazie anche alla presenza dello zio, il cui ruolo politico si era ormai consolidato negli anni, ma non trascorse nemmeno un mese prima che alla corte arrivassero i fratelli e le sorelle adottive della precedente regina, protestando crudelmente contro il passaggio della bacchetta ad Amelia, sostenendo non fosse in alcun modo pronta per un simile incarico. Non importava se lo zio era lì per aiutarla, affermavano era solo un bieco gioco di potere, che l’uomo cospirava contro il nome della famiglia Butterfly e che avrebbe usato la bambina come una marionetta per i suoi scopi.
Amelia nonostante fosse solo una bambina cercò di mostrarsi cordiale nei loro confronti, ed allo stesso tempo seria per mantenere il nome della corona, ma loro non la trattarono come altro che un pupazzo, ignorandola e pretendendo la corona passasse ad uno di loro. Stavano completamente ignorando i sentimenti di Amelia, come se la perdita della madre e l’assunzione improvvisa di quella responsabilità fosse cosa da poco, e lo zio capendolo si abbandonò ad una furia che li zittì completamente, affermando che se non se ne fossero andati all’istante avrebbe tenuto fede alle parole che la sorella aveva già usato in passato, e quindi avrebbe cancellato completamente il loro titolo.
Solo allora finalmente se ne andarono, concedendo un barlume di pace al castello, seppur per pochissimo tempo. Tre mesi dopo infatti una delle zie della bambina fece nuovamente la sua comparsa al castello, apparentemente però solo per scusarsi della crudeltà del resto della famiglia, mostrandosi addolorata per la perdita della sorella, chiedendo di poter restare per qualche settimana e conoscer meglio Amelia.
Lo zio conosceva perfettamente ciascuno di loro, e nonostante sapesse che stava mentendo decise comunque di mostrarsi ospitale e concederle la possibilità di dimostrare le sue parole erano vere.
Nell’ingenuità del suo cuore Amelia pensò fin dal primo istante fosse una brava persona, e fu molto felice di parlare con lei, anche se quando la conversazione verteva sulla madre si rese presto conto non aveva mai buone parole nei suoi confronti, anzi cercava perfino di alterare le sue memorie in modo anche lei pensasse fosse stata crudele ed egoistica, andando in guerra piuttosto che restare con lei, ma Amelia non volle mai cedere sotto le sue parole.
Dopo circa una settimana dalla permanenza della donna, questa fermò una delle domestiche che lavoravano a palazzo e che giornalmente portavano il thè alla regina, chiedendole di portarle al posto di quello fatto da loro uno preparato con le sue mani, fatto in segno di affetto. Non potendo rifiutare direttamente la richiesta la donna acconsentì, ma prima di arrivare alla stanza della bambina versò il contenuto della tazza in una delle piante da arredamento vicino alla porta, portandole successivamente il suo consueto thè.
La richiesta proseguì all’incirca per una settimana, almeno fino a quando la domestica non si rese conto la pianta stava morendo. Le guardie vennero immediatamente allertate ed andarono ad arrestare la zia, mentre la sua camera venne perquisita. Trovarono in una tasca nascosta di uno dei suoi abiti una piccola boccetta di cianuro, e fu immediatamente chiaro quale fosse il suo obbiettivo.
Nemmeno il suo legame di parentela con lo zio la salvò dalla ghigliottina, e l’esecuzione avvenne quello stesso giorno senza però che Amelia dovesse assistere, le venne solamente raccontato che la donna aveva tentato di avvelenarla, e che per questo aveva pagato con la vita.
Superata questa crisi interna al castello la sicurezza si accentuò enormemente, non un bicchiere, non un osso di pollo poteva passare senza che fosse stato adeguatamente controllato, e visto la strana malattia che aveva assalito recentemente i contorni del regno si stava espandendo Amelia fu costretta a rimanere nel castello, anche se le sue condizioni fisiche non le permettevano di fare altro.
Altri anni trascorsero, ed Amelia insieme allo zio, che gradualmente le lasciò sempre più potere, stavano cercando di arginare i malesseri del regno, talvolta riuscendoci, mentre altre meno, ma nonostante ciò quando per l’uomo arrivò il momento di riunirsi alla sorella il regno era certo di essere in buone mani.
Amelia aveva ormai diciotto anni, ma su di lei c’erano ancora i chiari segni della debolezza l’aveva caratterizzata fin da bambina. Il corpo era completamente diverso rispetto a quello della madre, estremamente slanciato ma magro. I grigi e lisci capelli ormai avevano superato la lunghezza della vita, e gli occhi di una sfumatura leggermente minore continuavano ad osservare il mondo con empatia.
Alla scomparsa dello zio le lettere da parte dei suoi parenti tornarono con prorompenza, stavolta sostenendo ci fosse bisogno di qualcun altro al suo fianco, perché non aveva mai guidato da sola il regno e non ne era ancora in grado, ma colui che fu più aggressivo di tutti fu lo zio che si presentò a palazzo il giorno del suo compleanno, accompagnato da una schiera di mercenari.
Le sue prime parole non furono di saluto o riverenza, ma pretese la mano di Amelia.
La regina, cercando come tutti di nascondere lo shock e una vena di disgusto, lasciò che l’uomo perlomeno parlasse, e questo affermò come tutti gli altri che era necessario qualcuno alla guida. Secondo le sue parole il corpo di Amelia era troppo debole ed orrido, vista la magrezza, perché potesse essere accettabile per qualsiasi altro uomo, e quindi in quanto lui già aveva una certa esperienza con il controllo dei terreni ereditati in passato era la figura migliore per adempire a tale ruolo, e che sarebbe stato certamente in grado con la sua prestanza di farle partorire dei degni eredi.
I soldati presenti nel salone erano già pronti a cacciarlo, ma come loro anche i mercenari dell’uomo si mostrarono ben armati, e questo affermò non aveva intenzione di andarsene senza un sì della regina verso le sue pretese.
Amelia non era purtroppo come lo zio, non era in grado di mostrare quella rabbia che aveva tenuto sotto controllo quella spiacevole parte della loro famiglia, e l’unica cosa poté fare fu ospitare lo zio in una delle numerose stanze del palazzo, lontana a sufficienza dalla sua da renderlo sopportabile, e sperare che con il tempo la sua smania svanisse.
Le sue aspettative purtroppo vennero ampiamente deluse.
Trascorsero tre anni, durante i quali l’uomo non solo si approfittò dell’ospitalità della regina, ma compì ogni genere di azione irrispettosa nei suoi confronti; a tavola si comportava come un animale, pretendendo le carni migliori ed i vini più costosi, buttando a terra il cibo quando non lo soddisfava, molestava senza ritegno le domestiche, e più volte fu necessario l’intervento di un cavaliere per evitare la situazione degenerasse, per la maggior parte delle ore era costantemente ubriaco, e nei confronti della regina aveva solo parole volgari che la volevano costringere ad avere dei rapporti sessuali con lui ed a lasciargli il regno.
A complicare la situazione era poi la peste che aveva assalito il regno, arrivando addirittura fino all’esterno delle mura del palazzo.
La gente cercò di prevenirla chiudendosi nelle proprie case, ma fin troppi avevano preso la situazione alla leggera e questo aveva causato l’espandersi a macchia d’olio della malattia. Uomini, donne, anziani, bambini, nessuno sembrava in grado di difendersi da questa malattia, ed il numero dei morti, come i carri che trasportavano i cadaveri, sembravano aumentare di giorno in giorno.
Il dispiacere della regina aumentava con il dolore del popolo, ma nessun medico fino ad ora era stato in grado di trovare una cura, il peggio però arrivò quando alcuni dei domestici si ammalarono, e presto si venne a scoprire come era successo.
Ormai tutto il castello era a conoscenza dei vizi della regina, ed uno tra questi riguardava svariate visite ai bordelli fuori dal palazzo. L’uomo recentemente aveva contratto la peste del popolo, ed invece che informare il castello o iniziare un trattamento aveva nascosto i propri sintomi. A nessuno era importato si fosse chiuso nella propria stanza negli ultimi tre giorni, non era la prima volta capitava e spesso era stato per via di qualche sbornia o un eccessivo consumo di vino, ma quando i cavalieri andarono a controllare lo trovarono privo di vita in una smorfia di dolore.
La sua morte fu un sollievo per tutto il palazzo, ma aveva tratto il dado che inesorabilmente avrebbe portato tutti con sé.
Fino a quel momento Amelia non aveva mai utilizzato la bacchetta ereditata dalla madre, temeva di esser troppo debole e che il corpo non avrebbe retto l’uso della magia, ma quando venne a sapere del rischio che stavano correndo le persone che l’avevano allevata usarla fu del tutto naturale.
Tenendo la bacchetta con la mano destra un fascio di luce bianca avvolse le sue mani, mentre la magia della bacchetta confluiva nel suo corpo, e sotto lo sguardo incredulo di tutti fluttuò verso i malati a palazzo, e toccando loro la fronte li guarì all’istante.
Quell’evento significava molte cose, ma soprattutto la salvezza del regno.
Senza ascoltare le parole di nessuno la regina, dopo aver curato tutti coloro ne avevano bisogno a palazzo, si precipitò fuori dalle mura che lo circondavano, usando la magia per guarire ad uno ad uno tutti i suoi cittadini. Il suo desiderio però avrebbe richiesto molto tempo per essere realizzato, e soprattutto ordine. L’aiuto venne da un rampollo di una famiglia nobile, Greggory Mildred, che si offrì di istituire un centro nel quale i malati avrebbero potuto recarsi per ricevere la cura. L’uomo, una persona dal sorriso radioso, i capelli arancioni e gli occhi verdi, fu in prima fila ad assistere i malati fin dall’inizio, ampliando di giorno in giorno la grandezza dell’edificio in modo le persone potessero aspettare venendo aiutate, nutrite e lavate.
Fu proprio in quelle interminabili ore di fatica che Amelia trovò una particolare affinità con l’animo dell’uomo, e con lo sbocciare del loro amore nacque anche una bellissima principessa per il regno.

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Capitolo 8
*** Il Portale ***


Eudora Butterfly, Il Portale.
 
 
  • Data nascita: X0200
  • Data morte:  X0300
  • Sposata con: sconosciuto
 
 
 
“Con la grande regina Eudora le porte degli altri mondi si aprirono,
ed i capitelli della magia così si scoprirono.
Un solo rimpianto le rimase, perché per tutta la vita non smise mai di cercare
l’unico portale che mai riuscì a trovare.”
 
 
 
 
 
 
 
 
La nascita della principessa si rivelò essere un travaglio più duro di quanto i medici a palazzo si fossero aspettati. Durò ben trentasei ore, durante la cui fase più critica vide il cordone ombelicale attorcigliarsi attorno al collo della bambina, e purtroppo al termine di quella fatica la regina riuscì appena a sentire il vagito della figlia, prima di spirare. Come se non bastasse, il braccio destro della bambina aveva subito una dolorosa torsione durante il parto, ed era stato dovuto amputare per evitare delle complicanze durante la crescita.
Per quanto gli fu possibile a causa del profondo dolore che provava il padre le rimase accanto fin dal primo istante, cercando la forza nella speranza la bambina potesse comunque crescere in salute. Come era già accaduto in passato fu l’uomo a prendere le redini del regno, nell’attesa della crescita della principessa, alla quale venne dato il nome Eudora.
Indubbiamente il padre provò un profondo amore per lei fin dal primo istante, ma non poté non esser deluso quando, dopo solo due mesi si rese conto la bambina aveva preso fisicamente solamente i suoi tratti, ad eccezione dei simboli alle guance, simili a dei vortici. Al contrario di quella della madre la sua carnagione era olivastra, ed i capelli arancioni, mentre soltanto gli occhi non appartenevano a nessuno dei due, erano infatti di un unico colore dorato.
A prescindere da tutto ciò però si impegnò per darle un’infanzia serena, assumendo i migliori artigiani di Mewni in modo le costruissero una protesi che andasse a sostituire il braccio perso. Le permise di giocare con chiunque volesse a prescindere dallo status sociale, le regalò tutto ciò che una bambina potesse desiderare, le diede ogni forma di intrattenimento possibile, dagli spettacoli alla musica, istituendo addirittura una tradizione fondante per le successive generazioni di regine, ovvero la ballata di presentazione, durante la quale abili bardi presentavano le principesse al regno in modo questo potesse sentirsi più vicino a loro. Tutto questo però non bastò mai a strapparle nemmeno l’ombra di un sorriso, ed ogni singola notte tutto ciò la bambina chiedeva era di sapere dove fosse sua madre.
A soli cinque anni si poteva notare chiaramente sul viso della principessa una maturità superiore a quella dei suoi coetanei, quindi il re non le mentì mai a riguardo, spiegandole nella maniera più delicata possibile l’avevano persa molti anni fa, omettendo era stato il parto a causarne la dipartita per non farla sentire in colpa.
Nonostante ciò però la bambina continuava a fare sempre la stessa domanda, non era chiaro se perché non voleva accettare la realtà o altro, ma quella risposta non sembrava mai sufficiente per quante volte la sentisse.
Più il tempo passava più questo desiderio la consumava, e presto cominciò ad autoisolarsi dal mondo intero, rimanendo sola nella propria stanza per mondi interi, fissando il suo sguardo contro la parete.
Preoccupato il padre cercò di capire come aiutarla, costringendola addirittura ad uscire preoccupato quella stanza la stesse facendo impazzire, ma come l’allontanava da un luogo in un altro il suo sguardo tornava a bloccarsi su un punto specifico, che nessuno riusciva a vedere.
C’è qualcosa lì, era ciò ripeteva ogni volta le veniva chiesta una spiegazione.
L’esasperazione del padre crebbe di giorno in giorno di fronte al comportamento della figlia, portandolo anche a soffrire di depressione quando a dieci anni la situazione non aveva fatto altro che peggiorare. Come avrebbe reagito il regno di fronte ad una regina folle? Perché quella era l’unica spiegazione che l’uomo riuscì a trovare, e l’idea lo spaventò a morte, in quanto anche lui stava invecchiando e non avrebbe potuto prendersi cura di lei per tutta la vita. Oltretutto se il suo isolamento fosse continuato non avrebbe mai sviluppato i tratti necessari a governare, e questo era un serissimo pericolo per l’intera Mewni.
Alcuni dei nobili più vicini all’uomo avevano ipotizzato di mandarla al St. Olga, istituito pochi anni prima durante la peste per ospitare i figli dei nobili in modo fossero in un luogo sicuro lontano dalla mattia, ma che era stato successivamente trasformato in un istituto femminile di correzione del comportamento quando la gente aveva cominciato a guarire.
Il motivo principale per il quale l’iniziativa si era rivelata un successo, come anche la realizzazione del precedente scopo di uno spazio sicuro, risiedeva nel fatto non c’erano mewmans a prendersi cura delle damigelle, bensì robot, costruiti dall’ex artificiere Olgadivus Maristr, un uomo dal genio brillante che aveva usato le sue abilità durante la guerra contro i mostri, e che quando queste non si erano dimostrate sufficienti ad eliminarli aveva ripiegato su un utilizzo più pacifico delle sue creazioni.
L’uomo era morto da alcuni anni ormai, ma aveva disposto alcuni dei robot principali di una funzione che permettesse loro di evolversi nel tempo, adeguando le loro capacità alle necessità delle varie generazioni di nobili e che soprattutto potessero ricrearsi a vicenda.
Poco dopo il compimento dei dodici di Eudora, a causa del peggioramento delle condizioni depressive del padre, l’iscrizione all’istituto era avvenuto in circa una decina di giorni. Per l’uomo comunicarlo alla figlia non fu affatto semplice, ma lei inaspettatamente comprese immediatamente le sue motivazioni, ed accettò la sua richiesta, affermando però che ciò vedeva non era frutto della sua mente, ma qualcosa di reale che tuttavia non si mostrava ancora tangibile.
Prima che il sole sorgesse una carrozza dagli esterni neri e le gigantesche ruote meccaniche in grado di muoversi da sole raggiunse il castello Butterfly, e da essa comparve la St. Olga, il robot ideato dal creatore per essere a capo della struttura. La sua figura era esile ma severa, costruita in modo avesse le fattezze simili ad una donna dal corpo alto e slanciato, avente delle lastre bianche di metallo sulla tesa poste in modo assomigliassero ad uno chignon, e con un lungo abito viola con un’ametista sul petto. I suoi giganteschi occhi emettevano poi una luce giallastra, che incuteva timore addirittura nei soldati del castello.
Il padre non fu in grado di reggere la partenza di Eudora, e si limitò a rivolgerle i suoi saluti la sera prima, lasciando una lettera per St. Olga, dove comunicava le esigenze della protesi della figlia. Il viaggio verso l’istituto durò mezza giornata, e già in lontananza si poteva scorgere la figura della struttura, costituita da almeno cinque edifici dall’aspetto austero, uniti tra loro tramite dei territori interni. Il carattere cupo era messo in risalto dalla prevalenza del nero e del grigio quali colori per muri, e soprattutto per l’ampio giardino privo di piante, costituito solo da arido terriccio.
L’insieme dell’istituto era circondato da un alto cancello nero, che tuttavia non aveva niente a che fare con la sicurezza delle persone all’interno, ma riguardava più che altro il mantenimento dell’estetica volto a ridurre qualsiasi forma di brio o allegria che causasse un istinto di ribellione nei giovani.
Alla sicurezza pensava un particolare tipo di meccanismo, chiuso nella torre più alta dell’istituto, che produceva uno speciale campo di sicurezza che annullava qualsiasi forma di magia e impediva a qualsiasi essere di entrare. Veniva disattivato solo quando i nuovi “studenti” entravano e quelli vecchi uscivano, cose che potevano avvenire solo una volta ogni sei mesi, corrispondente al periodo minimo per il trattamento di correzione.
Per assicurarsi invece le giovani all’interno non creassero la fuga erano state creati altri robot dalla corporatura massicci, vestiti con una divisa grigia e provvisti di alcune armi interne per sedare comportamenti aggressivi.
Oltrepassato l’ingresso la principessa venne fatta scendere dalla carrozza per raggiungere un piccolo gruppo di damigelle messe in fila nel giardino. L’età era genericamente la stessa, tra i dodici ed i sedici anni. Prima di farli entrare il robot St. Olga fece un breve discorso nel quale descriveva il motivo per il quale si trovavano lì; il loro comportamento era inadatto al loro rango sociale, e lì lo avrebbero corretto rendendoli degni membri della società. Spiegò inoltre come si sarebbero svolte le giornate da lì in poi: sveglia all’alba per esercizi mattutini a cavallo, colazione alle sette, a seguire fino a mezzogiorno studio della corretta etichetta, pranzo, dalle tredici alle quattordici esercizi vocali per un corretto tono, dalle quattordici alle quindici studio di danza, dalle quindici alle diciassette ripasso della corretta etichetta, a seguire il thè, dalle diciassette e mezza alle diciannove sessione di studio ed esercizi calligrafici, cena, dalle venti fino alle ventidue secondo ripasso dell’etichetta, infine dormire, inoltre chiunque avesse tenuto un comportamento scorretto sarebbe stata punita.
In seguito tutte le ragazze vennero scortate nell’edificio alla loro destra, utilizzato come dormitorio e che prevedeva per ciascuna di loro una stanza personale, arredata seguendo gli alti canoni della nobiltà, nelle quali avrebbero avuto il tempo di sistemare le loro cose, e subito dopo cominciarono le lezioni. Rispetto alle altre ragazze Eudora non mostrò gli stessi comportamenti, se alcune fin da subito tentarono di evitare gli studi barricandosi in camera lei si mostrava sempre puntuale, se altre si sedevano in maniera scorretta lei non aveva mai un capello fuori posto, se rispondevano a tono alle robot lei mostrava sempre lo stesso rispetto e garbo tenuto fin da piccola. Eppure nemmeno lei fu esente da punizioni, anzi nell’arco di sei mesi ne ricevette quasi quanto le dame più ribelli. Ogni volta il suo sguardo si fermava troppo a lungo in un determinato punto le veniva sempre chiesto cosa stesse guardando, e lei come aveva già fatto a casa rispondeva ogni volta che lì c’era qualcosa.
Una vera lady non dovrebbe mentire, era questo ciò le dicevano ogni volta, quando scannerizzando l’area non trovavano nulla, e così sperimentò tutte le punizioni del St. Olga. Venne legata per tre ore ad una sedia e costretta a tenere gli occhi costantemente spalancati verso un proiettore, che mostrava delle riprese della corretta etichetta delle dame, le fu fatto ripetere un milione di volte il protocollo di una vera dama, dovette scrivere cinquecento pagine su come una dama non tiene comportamenti sbagliati, elencandoli uno per uno e descrivendo quanto fossero sbagliati.
Conclusi i primi sei mesi  le sue visioni non erano ancora sparite, e siccome erano l’unico motivo per il quale si trovava all’istituto il padre decise a malincuore di prolungare la sua permanenza.
Il soggiorno della principessa si protrasse per sei anni, e solo al compimento della maggiore età poté tornare a casa, ma senza i risultati sperati.
Ancora sosteneva di vedere qualcosa nel nulla.
Eudora era diventata una giovane donna dall’aspetto splendido e regale, dai lunghi capelli intrecciati e gli occhi dorati colmi di saggezza. La lontananza aveva molto provato il povero padre, che l’accolse comunque con tutto l’amore possedeva e che aveva cercato di trasmetterle nelle numerose lettere inviatele in sua assenza.
Ora che aveva diciotto anni era arrivato il momento non solo che ereditasse la guida di Mewni, ma anche la bacchetta magica della madre, che come finalmente le passò di mano mutò forma, assumendo la forma di un sottile tagliacarte d’argento. Invece che gioirne però la nuova regina disse qualcosa che mai prima d’ora era stato detto; questo potere non basta.
Pochi istanti dopo la protesi al suo braccio cadde, ed una potente energia dalla luce dorata cominciò a crescere al posto di esso, dandole un braccio senza carne e senza ossa, ma di pura magia. Camminando in mezzo alla stanza raggiunse poi uno dei punti che era solita osservare, e come lo sfiorò con la nuova mano si aprì sotto gli occhi sbalorditi di tutti i presenti un vortice di energia rossa ed arancione, nel quale la ragazza entrò senza timore.
In seguito a questo, l’intero castello scoppiò nel caos e si adoperò nella sua ricerca. Il muro nel quale era svanita venne sfondato, ogni stanza controllata, ma per due lunghissime ore non ci fu alcuna traccia di lei, fino a quando lo stesso vortice non ricomparve, e con esso Eudora accompagnata da cinque figure mostruose.
La prima era una femmina bassa e formosa, dagli occhi dalla sclera gialla e l’iride arancione, ed i lunghi capelli rossi e la pelle bianca come la neve con delle lame sui gomiti, con delle affilate corna giallastre sulla testa tra le quali si muoveva una fiamma vita. Immediatamente accanto a questa fluttuava un gigantesco cranio con delle corna ondulate, circondato da un’aura blu che si muoveva costantemente. C’era poi un mostro somigliante ad una capra, in grado di stare su due piedi e con delle gigantesche ali da pipistrello, ed accanto a questo era presente un essere dal corpo verde, coperto solo da dei pantaloncini viola ed un mantello, la cui testa era formata da un cristallo con un solo occhio e con dei serpenti al posto delle mani.
Ed infine il mostro più piccolo, simile ad un minuscolo anziano dalla pelle blu con una gemma incastonata nel cranio.
La prima reazione dei soldati fu quella di attaccarli, reputandoli mostri alla pari degli altri viste le loro fattezze, ma la regina li fermò, spiegando cosa era accaduto.
Il vortice che aveva aperto era un portale che conduceva ad altre dimensioni, nelle quali lei aveva viaggiato per numerosi anni, in quanto il tempo in ciascuna di esse funzionava in maniera estremamente differente. Ciascuna delle figure che avevano davanti erano poi i compagni che la donna aveva trovato nel suo lungo viaggio; il nome della femmina era Hekapoo, ed era in grado di creare delle forbici che avessero lo stesso utilizzo dei poteri della regina, ovvero il passaggio tra i portali. Il teschio era Omnitraxus Prime, ed era il custode della stabilità tra dimensioni. L’essere simile ad una capra e quello con il cristallo al posto della testa erano rispettivamente Lekmet e Rhombulus, e provenivano dalla stessa dimensione che fungeva da prigione per i peggiori criminali delle dimensioni.
L’ultimo infine, era Glossaryck, e tutto ciò che disse era che da quel giorno in poi avrebbe addestrato all’uso della magia le future regine, attraverso l’uso di un libro nel quale ciascuna avrebbe dovuto lasciare una propria eredità.
Ciascuno di loro avrebbe oltretutto fatto parte di un consiglio istituito per salvaguardare la sicurezza di Mewni, e grazie ai loro poteri avrebbero potuto sopravvivere ad intere generazioni.
Sconvolto il padre la raggiunse tremando, gettandosi ai suoi piedi chiedendole perdono per non averle creduto, ma Eudora l’abbracciò, facendogli comprendere andava tutto bene.
Da quel giorno il suo regno ebbe inizio, ma per la verità non vi prese parte a lungo, era infatti più l’Alto Consiglio della Magia ad occuparsene, mentre lei viaggiava costantemente nelle diverse ed infinite dimensioni, alla costante ricerca di un qualcosa che non riusciva a raggiungere.
Passarono così altri anni, e quando ormai il tempo del padre fu agli sgoccioli questo gli chiese che cosa stesse cercando con un tale affanno, e lei rivelò si trattasse della madre.
L’abbiamo persa in questo regno, ma forse in un altro potrebbe essere ancora con noi, furono queste le sue parole per giustificare la propria assenza, ed il padre non ebbe la forza di risponderle.
Le chiese soltanto di pensare anche al bene del regno, e di non lasciarlo solo, purtroppo però con la sua morte i viaggi della regina aumentarono ancora di più, e rimase assente addirittura per un anno intero, ed il giorno in cui fece ritorno portò con sé i suoi figli.

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Capitolo 9
*** L'Astro ***


Yjarati Butterfly, L’astro.
 
 
  • Data nascita: X0225
  • Data morte:  X0285
  • Sposata con: Timoteo Gleen
 
 
 
“Da un incauto giudizio il dolore venne generato,
ed il mondo per questo ne avrebbe pagato.
Al giungere della notte eterna Yjarati si opporrà,
e grazie alla sua luce le ombre scaccerà.”
 
 
 
 
 
 
 
 
Non si è certi se il ritorno della regina con i due bambini coincidesse con la loro nascita, e non si riuscì nemmeno mai a scoprire chi fosse il loro padre, tutto ciò che si sapeva era che si trattava di due gemelli, la principessa Yjarati ed il principe Nadeen. Le loro pelli erano bianche quanto la neve, di un pallore innaturale quanto meraviglioso, e sulle guance di entrambi erano presenti delle stelle nere. I loro capelli neri sembravano esser composti della stessa materia dell’universo, e si muovevano costantemente prendendo nuove forme, mentre al loro interno intere costellazioni si muovevano, estremamente simile all’energia che avvolgeva il teschio di Omnitraxus, membro dell’Alto Consiglio della Magia. A loro volta gli occhi erano completamente innaturali, dalla sclera e l’iride nera che parevano quasi confondersi se non si prestava abbastanza attenzione, le cui pupille erano delle piccole gemme bianche.
Il loro aspetto terrorizzò chiunque li guardasse, ma ben presto i mewmani cominciarono a vedere in loro un’inaspettata ed esotica bellezza, e soprattutto si notò fin dall’inizio la loro enorme affinità per la magia.
Nadeen senza troppe pretese fu già in grado di fluttuare a due mesi di vita, mentre Yjarati era in grado di muovere gli oggetti a tre metri di distanza.
Lo stesso Glossaryck affermò si trattava di due bambini estremamente potenti, tanto quanto la loro madre, ma consigliò alla madre di dare ad uno dei due la bacchetta solo al compimento del quattordicesimo anno di età, nel frattempo lui li avrebbe educati in modo potessero controllare i propri poteri senza causare disastri.
A cinque anni i due fratelli erano già in grado di materializzare correttamente numerosi tipi di oggetti di piccole dimensioni, ma nonostante il loro talento emergesse sempre di più non si poteva dire altrettanto del loro carattere. Trovarseli di fronte era come essere davanti ad una parete vuota, che ti fissava incessantemente senza battere ciglio come se fosse in grado di scrutare ben oltre il tuo essere. Non parlavano quasi mai, e sembravano essere in grado di comunicare tra di loro senza bisogno di dire nulla, ma allo stesso tempo si dimostrarono estremamente competitivi nei loro studi. Entrambi possedevano un intelligenza fuori dal comune, a tal punto che gli insegnanti facevano fatica a stare al passo con i loro progressi, anche se tendevano a concentrarsi molto di più sulla principessa, visto sarebbe stata la prossima regnante. Per questo motivo Nadeen sembrava impegnarsi ancora di più, tentando di ottenere dei risultati migliori di lei per dimostrare il loro valore era uguale, ma non di rado i professori tendevano ad essere più severi nelle valutazioni dei suoi compiti, avvantaggiando invece Yjarati.
Entrambi lo notarono già dopo le prime valutazioni, e siccome la madre era raramente nella loro dimensione andarono a parlarne con i membri del consiglio, o almeno quelli presenti visto normalmente solo Hekapoo e Lekmet erano presenti; Rhombulus si rivelò presto più un essere di azione che di pensiero, quindi la sua parola veniva considerata meno rispetto a quella degli altri, mentre Omnitraxus si presentava solamente in casi di estremo bisogno, in quanto il suo compito primario era quello di mantenere l’equilibrio tra i vari mondi e dimensioni.
Per quanto riguardava Glossaryck, era molto difficile descriverlo. Per chiunque era più vicino ad una sorta di balia che si prendeva cura dei bambini, più che ad un consigliere, eppure tutti gli altri membri del consiglio lo rispettavano enormemente, ed allo stesso modo lo facevano anche la regina ed i suoi figli.
Lekmet non parlava la lingua dei mewmani, anzi perlopiù belava come una capra comune, ma i due bambini erano comunque in grado di comprendere le sue parole, così come Rhombulus, ed inizialmente il saggio tentò di non sminuire il ruolo del principe rispetto a quello della sorella, lodando la sua intelligenza e le sue capacità, affermando un giorno avrebbe certamente contribuito alla saggezza del regno, ma più il tempo passava e più le proteste del giovane si facevano ampie più Hekapoo cominciò a perdere la pazienza, fino a quando non le rispose con toni più duri affermando che se Yjarati veniva trattata diversamente era perché un giorno lei sarebbe diventata la regina, mentre lui nonostante tutti i suoi sforzi sarebbe rimasto solamente il principe.
Per la prima volta l’espressione dei due sembrò mutare, in lei comparve una sorta di consapevolezza, un pensiero di superiorità rispetto agli altri, mentre in lui un risentimento amaro, ed una forte insoddisfazione.
A sette anni Nadeen fece giustiziare uno dei suoi maestri, dopo che questo aveva continuato con il suo favoritismo nei confronti della sorella perfino dopo gli ammonimenti del ragazzo.
Gli occhi del principe si stavano facendo sempre più oscuri, e nessuno dei cavalieri o dei servi ebbe il coraggio di far qualcosa a riguardo, tutto ciò che poterono fare era abbassare lo sguardo quando lui passava, e sperare di non contrariarlo.
Al peggioramento del suo umore contribuiva involontariamente la sorella, che riservava al suo stesso fratello ben poche consolazioni; non cambierà il fatto rimarrai per sempre solo un principe, non è colpa loro se il destino ha voluto fossi considerata migliore di te, per quanto siamo simili io rimarrò sempre la futura sovrana, dovresti arrenderti ed accettarlo, erano queste le uniche consolazioni fosse in grado di dirgli.
La sua inespressività ed inalterazione del tono non lasciava pensare però lo facesse con perfidia, ma che stesse solamente descrivendo la realtà dei fatti, e forse era veramente così almeno dal suo punto di vista.
Gli sforzi del fratello di dimostrare il suo valore però continuarono ad intensificarsi, sia negli studi che nella magia, e l’unico che lo riconosceva era Glossaryck, che continuò a seguire gli sviluppi dei loro poteri giorno dopo giorno. Si oppose inoltre fermamente all’intenzione degli altri membri del consiglio di ridurre i suoi studi della magia, in quanto vedeva un grande potenziale nel ragazzo e temeva che avrebbero potuto scatenare delle gravi conseguenze se avessero tentato di intralciarlo fino a questo punto, ma i loro atteggiamenti non mutarono, ed anzi aumentarono, visto al compimento del loro undicesimo compleanno Hekapoo regalò soltanto a Yjarati, cominciando a partire da quel giorno ad insegnarle come viaggiare tra i mondi.
Gli sforzi del fratello di dimostrare il suo valore però continuarono ad intensificarsi, sia negli studi che nella magia, e l’unico che lo riconosceva era Glossaryck, che continuò a seguire gli sviluppi dei loro poteri giorno dopo giorno. Si oppose inoltre fermamente all’intenzione degli altri membri del consiglio di ridurre i suoi studi della magia, in quanto vedeva un grande potenziale nel ragazzo e temeva che avrebbero potuto scatenare delle gravi conseguenze se avessero tentato di intralciarlo fino a questo punto, ma i loro atteggiamenti non mutarono, ed anzi aumentarono, visto al compimento del loro undicesimo compleanno Hekapoo regalò soltanto a Yjarati, cominciando a partire da quel giorno ad insegnarle come viaggiare tra i mondi, a Nadeen invece venne dato solo un paio di forbici dai poteri ridotti, che gli permettevano di spostarsi di giusto qualche metro rispetto a dove si trovava.
Il rapporto tra i due fratelli però si era fatto sempre più distante, e la situazione crollò definitivamente il giorno della successione della bacchetta a Yjarati. Fu una delle rare occasioni in cui la madre era a palazzo, ma il fatto non fosse mai stata presente durante la crescita dei figli impedì loro di provare alcuna emozione a riguardo. Venne organizzato un banchetto ed una grande festa degna dei più grandi sovrani, con la canzone dedicata alla principessa cantata da uno dei bardi più acclamati di Mewni.
In tutto questo Nadeen non era altro che un’ombra, ma fino all’ultimo secondo sembrò in attesa di qualcosa, un solo gesto forse da parte di qualcuno che potesse metterlo sullo stesso piano della sorella. Ogni sua speranza però sembrò svanire quando le fu consegnata la bacchetta, che mutò assumendo l’aspetto di una lunga asta d’argento con un globo nero alla cima dentro il quale si muovevano astri e costellazioni.
In quel momento alle spalle della madre, in piedi davanti alla principessa, erano presenti tutti i membri del consiglio, ad eccezione di Glossaryck, e Nadeen si trovava alla loro destra lungo la scalinata, più vicino al pubblico acclamante che alla famiglia.
A quel punto la sorella lo guardò negli occhi, sussurrando una frase udibile solo da lui, ma che sembrò perforare il silenzio: “Mi dispiace tu non possieda le capacità necessarie ad essermi da pari”.
Forse volevano essere veramente delle sincere scuse, oppure erano una prova del suo ego, ma in quel momento gli occhi del ragazzo si rannuvolarono, ed il suo intero corpo venne avvolto da un’aura nera di pura magia.
La prima reazione dei membri del gran consiglio fu quella di proteggere la principessa e la regina, e mentre Omnitraxus e Lekmet rimasero loro accanto Hekapoo e Rhombulus attaccarono direttamente il ragazzo, che riuscì ad evitare i primi colpi grazie alle sue forbici dimensionali.
L’intera sala piombò nel caos mentre tutti gli invitati fuggivano spaventati, e Nadeen ne approfittò per allontanarsi dallo scontro spostandosi in altre stanze del castello. Certi delle loro azioni i membri del consiglio lo inseguirono in ogni angolo, braccandolo nel tentativo di fermarlo mentre Rhombulus, utilizzando i propri poteri, tentava di bloccarlo in dei blocchi di cristallo indistruttibili.
Nella sua fuga il principe era riuscito ad arrivare indenne fino alle stanze della sorella, e solo allora fu chiaro il suo obbiettivo; con le forbici in suo possesso non aveva alcuna possibilità di fuga, ma con quelle della principessa sarebbe stato impossibile trovarlo nell’infinità delle varie dimensioni esistenti.
Le forbici erano riposte su un ripiano accanto al letto e solo pochi metri le separavano dal ragazzo. Quando i due membri del consiglio raggiunsero la stanza era ormai ad un passo dal raggiungerle, ma Rhombulus tentò comunque di fermarlo utilizzando ancora una volta i suoi poteri.
Il suo tentativo riuscì solo in parte, perché nonostante riuscì a colpire il bersaglio intrappolò nel cristallo solamente il braccio destro del principe, che raccogliendo le forbici svanì nel vortice da esse create.
In tutto ciò la madre e la sorella non avevano potuto far nulla, se non guardare con distacco ciò che era appena accaduto, come se non avesse alcuna importanza.
Nel corso delle settimane successive Hekapoo continuò nelle ricerche del principe all’interno delle dimensioni, mentre la principessa continuò i propri studi della magia assieme a Glossaryck in totale serenità, perfino quando questo le chiese cosa fosse accaduto al fratello.
La totale assenza di sentimenti a riguardo dell’intera faccenda le portò presto l’epiteto di principessa di ghiaccio, e lo stesso trattamento di distacco che Nadeen aveva subito arrivò presto anche nei suoi confronti, ma nulla sembrava importarle. Lasciava semplicemente scorrere le giornate, riempiendole con i suoi doveri ed incarichi, e così altri quattro anni passarono, e lei divenne una splendida donna dai lunghissimi capelli che sfioravano le caviglie e gli occhi severi.
I suoi studi avevano portato ad incredibili risultati nel corso degli anni, grazie a Glossaryck era perfettamente in grado di utilizzare la magia anche senza bisogno della bacchetta, ed aveva imparato ad affinare un notevole numero di tecniche aggiungendo alcune note al libro degli incantesimi di famiglia. La classe nobiliare aveva oltretutto insistito affinché Yjarati partecipasse ad un gran numero di eventi e cerimonie dell’alta società, con particolare riguardo nei confronti dei balli che avevano iniziato a servire perlopiù a consolidare i rapporti tra le famiglie delle classi sociali più illustri.
Ogni giovane desiderava ballare con la principessa per la sua bellezza ed il suo portamento impeccabile, tuttavia avvicinarla non era affatto un compito semplice, in quanto lei non tentava di fare alcuno sforzo per conversare o costruire solidi legami che andassero oltre alla politica.
Nessuno sembrava in grado di suscitare il suo interesse, e non importava quanto i suoi professori di etichetta le facessero pressione, lei non tentava mai di fare più di quanto già faceva. In compenso almeno si rivelò una sovrana degna di nota, che ideò una serie di interventi all’interno del regno in grado di migliorare le condizioni del popolo; creò una serie di associazioni aventi il compito di sostenere le famiglie più in difficoltà, garantì attraverso un sistema da lei ideato una più equa distribuzione dei lavori e delle terre, permettendo a più persone di usufruirne, creò dei campi di energia attorno alle coltivazioni di mais in modo da proteggerli dagli attacchi dei mostri, e formulò un sistema di ronda dei cavalieri al fine nessuna zona fosse completamente scoperta.
Queste erano solo alcune delle idee da lei formulate in quegli anni, ma avevano già riscosso un enorme successo e, siccome la madre era assente da ormai tre anni, il potere era già passato quasi completamente a lei, nonostante l’accettazione delle sue proposte fosse atta esclusivamente al consiglio della magia, che aveva quindi un potere decisionale leggermente più influente del suo.
A tutti sembrò Mewni stesse attraversando un periodo di grande prosperità e sicurezza sotto la guida di Yjarati, e forse proprio per questo non si accorsero in tempo di ciò che stava accadendo attorno a loro, fino a quando non fu troppo tardi.
Al canto del gallo il sole non era ancora sorto, e le stelle nel cielo, come la luna, sembravano essere completamente svanite, quasi fossero avvolte dietro ad un tetro velo di oscurità.
L’Alto Consiglio della Magia si adoperò immediatamente per capire quale fosse la causa, ma riuscirono soltanto ad intuire si trattasse di una magia dall’incredibile potere, che aveva fatto calare una notte eterna sull’intero regno. Contro di essa qualsiasi magia veniva assorbita dall’oscurità, che si trattasse delle forbici dimensionali di Hekapoo, incapaci di aprirvi un varco, o le abilità di distorsione di Omnitraxus.
Lekmet e Rhombulus potevano fare ben poco in merito, l’uno con i suoi poteri curativi e l’altro di tipo offensivi, ma cercarono comunque di contribuire tentando di raccogliere informazioni per la principessa, che scelse di attendere prima di intervenire direttamente, in quanto non aveva la certezza di quale fosse la magia più adatta.
Trascorse così una dura settimana per il regno, durante la quale il raccolto smise di crescere e gli animali di produrre, destabilizzati come del resto anche i mewmani da quella costante notte che alterò i loro cicli di riposo. All’ottavo giorno finalmente qualcosa si mosse, e l’intero castello Butterfly udì il suono di un corno da guerra dall’altra parte delle mura. Qui si trovava Nadeen, a capo di un intero esercito di mostri.
Come Yjarati anche lui era cresciuto e cambiato, il suo corpo era divenuto più slanciato e robusto, il viso allungato e severo quanto quello della sorella, ma nei suoi occhi si distingueva chiaramente un’aura di risentimento e collera. Il braccio destro che gli era stato cristallizzato inoltre mancava, ed al suo posto ne era presente uno di pura magia, simile a quello della madre ma di un colore violaceo e tetro.
Con sé aveva ancora le forbici dimensionali di Hekapoo, e le utilizzò per trasportare parte dell’esercito alle campagne più esterne del regno, come se la sua comparsa alle soglie del palazzo fosse servito solo come una sorta di minaccia. I cavalieri non furono in grado di reagire a quell’assalto a sorpresa, ed il raccolto venne completamente distrutto e numerose vite decimate.
Nuovamente il consiglio della magia cercò di intervenire e di fermare il ragazzo attaccandolo direttamente, ma come la principessa aveva accresciuto i suoi poteri così era stato anche per lui, e bastarono soltanto dei campi di magia per bloccarli al loro interno. Soltanto Hekapoo grazie alle sue forbici fu in grado di uscirne, ma fu costretta a ritirarsi nel castello prima di essere intrappolata nuovamente, Yjarati nel frattempo era rimasta all’interno della propria torre, osservando l’operato del fratello da lontano.
Hekapoo cercò immediatamente di ideare una strategia di attacco per proteggere il regno, ma la principessa la fermò, scegliendo di inviare tutte le truppe ai confini di Mewni. Agli occhi di molti sembrò tale scelta dipendesse dal desiderio di proteggere il popolo, ma la reale motivazione era quella di preparare un campo di battaglia sicuro, dove nessuno avrebbe potuto interferire.
Solo la principessa ed Hekapoo erano rimaste nella grande sala del trono del castello, e non appena anche l’ultimo soldato fu inviato da un portale creato tramite le forbici dimensionali comparve Nadeen, a sua volta solo.
Hekapoo fu la prima ad agire, attaccandolo direttamente confidando in una copertura da parte della principessa, ma fu proprio lei a colpirla scagliandola contro il portale creato dal fratello.
Ora i due erano veramente da soli, ed il loro scontro poté iniziare.
Una gigantesca esplosione fece tremare le fondamenta dell’intero castello, ed una delle torri principali crollò mentre le figure dei fratelli saettavano nel cielo, avvolti da dei fasci di pura magia. Yjarati era più aggressiva nella lotta rispetto al fratello, il suo compito in quanto sovrana era quello di proteggere Mewni, e tramite la bacchetta tentò di colpirlo con numerose magie per farlo precipitare.
Nadeen al contrario utilizzava per la maggior parte magie di deviazione e scudi contro di lei, con l’obbiettivo di avvicinarsi quanto più possibile per rubarle la bacchetta.
I fasci di luce prodotti dalle loro magie erano visibili perfino dagli angoli più remoti del regno, e quando durante l’ultimo attacco entrambi precipitarono il bagliore fu tale da restituire per un attimo il giorno a Mewni, prima che la notte si abbattesse nuovamente su di loro.
Al centro del gigantesco cratere che si era formato si trovavano Nadeen, bloccato a terra con numerose fratture, e Yjarati, in piedi davanti a lui con la bacchetta puntata al cuore, ma senza più l’occhio sinistro e con profondi tagli su tutto il corpo.
I rumori delle urla e della lotta tra i soldati ed i mostri attutirono completamente l’ultimo colpo della principessa, ma la sua vittoria fu solo più amara nell’orrido scenario di desolazione e dolore che si era creato attorno a lei. Per la prima volta la sua espressione mutò, da uno specchio di indifferenza al dolore più puro, mentre delle lacrime le rigarono silenziosamente le guance.
Con la morte di Nadeen la magia che aveva intrappolato i membri del consiglio svanì, e così anche quella che aveva generato una notte eterna su Mewni. I membri del consiglio si adoperarono immediatamente per scacciare quanto più velocemente possibile i mostri dal regno, ma Yjarati rimase immobile all’interno del cratere fino a quando non fu tutto finito.
Per i crimini che aveva commesso il corpo di Nadeen non venne seppellito nel cimitero della famiglia Butterfly, e venne considerato dai posteri come un traditore mentre la sorella poche settimane più tardi venne ufficialmente incoronata come regina, questo però non sembrò darle alcun tipo di gioia. Le sue interazioni si ridussero ancora di più rispetto a prima, limitandosi soltanto ad apparire alle grandi cerimonie senza veramente relazionarsi in alcun modo. Concentrandosi esclusivamente sulla politica e sulla sicurezza di Mewni la regina accettò infine un matrimonio combinato con uno dei membri più alti della società, la cui famiglia possedeva un enorme giacimento minerario che avrebbe potuto venir sfruttato nella creazione di armature e sistemi di difesa più adeguati. L’erede di tale fortuna era Timoteo Gleen, un brav’uomo dai corti capelli biondi e gli occhi azzurri, che aveva cercato di dare fin dall’inizio alla regina tutto l’amore di cui era capace, ma che nonostante tutti i suoi sforzi non ne aveva mai ricevuto in cambio, e l’unica gioia per lui in quel matrimonio combinato si rivelò essere la figlia.

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Capitolo 10
*** La Cacciatrice ***


Valerie Butterfly, La Cacciatrice.
 

 

  • Data nascita: X0247
  • Data morte:  X0303
  • Sposata con: Alexandrea Chrane- Jules Strauss

 
 
 

“Nel cuore della foresta come una freccia ella si muove,
e nella sua pace ogni dubbio dal cuore rimuove.
Quello è il suo regno, dove libera può cacciare,
tutto il resto dovrà rassegnarsi ad aspettare.”

 
 
 
 





La nascita di Valerie avrebbe dovuto significare non solo il proseguimento della dinastia Butterfly, ma anche la speranza di salvare il matrimonio tra il re e la regina, purtroppo però si rivelò esatta solamente la prima parte del discorso.
Al parto aveva assistito addirittura la nonna della bambina, in un’unica quanto rara concessione da parte sua di mostrarsi nuovamente in quella dimensione, assistendo la figlia, quest’ultima però non sembrò averne particolarmente bisogno. Ad eccezione del dolore fisico sofferto durante le sei ore di travaglio a livello emotivo la donna non sembrava mostrare alcuna differenza rispetto a prima, il suo sguardo infatti si manteneva freddo e calcolatore, e perfino quando le venne data tra le braccia la neonata l’unico suo pensiero fu quanto a lungo avrebbe dovuto tenerla prima che fosse sufficiente, e potesse quindi tornare al suo lavoro. La nonna non sembrò particolarmente sorpresa dal suo comportamento, ed a sua volta si allontanò non appena fu chiaro la nipote fosse sana; l’unico a gioire veramente della sua nascita alla fine fu il padre, nonostante l’ennesimo dispiacere inferto dalla compagna.
Valerie era una bambina estremamente graziosa, dai chiari capelli castani che risaltavano sulla pelle olivastra e gli occhi verdi, di una tonalità leggermente più chiara rispetto ai simboli a forma di arco che aveva sulle guance. La regina affidò le sue cure ad una delle nutrici del castello, che si occupò inoltre dell’allattamento in quanto anche lei recentemente aveva dato alla luce il suo secondo figlio maschio. Il padre al contrario cercò di passare quanto più tempo possibile assieme alla figlia, allontanandosi al massimo per un paio d’ore prima di tornare da lei, dandole tutto l’amore che non poteva condividere assieme alla moglie.
Ogni prima esperienza della bambina fu un evento epocale per l’uomo; quando cominciò a gattonare le comprò immediatamente quasi ogni giocattolo del regno, quando non ci fu più bisogno venisse allattata ordinò agli chef migliori di lavorare a palazzo ed ai suoi primi passi pianse dalla gioia, dovendosi così far consolare dalla nutrice che comprendeva la sua emozione.
La regina in tutto ciò invece non era mai presente, ed ogni volta il marito tentava di mostrarle i traguardi della figlia lei li liquidava come comuni, e quindi solo una distrazione dal suo ruolo.
Tutto sembrava comunque procedere perfettamente, la principessa imparava in fretta e sembrava essere assolutamente sana e senza alcun difetto, ma quando a due anni disse la sua prima parola, chiamando mamma la nutrice, il padre rimase come pietrificato.
La donna si scusò immediatamente, credendo di aver causato un affronto alla regina, e fu subito pronta ad andare se il re non l’avesse fermata immediatamente, dicendole che per come stavano le cose era molto più sua madre lei di quella vera. Da quel giorno si cominciò a vedere chiaramente qualcosa cambiare nell’atteggiamento del sovrano, smise infatti di cercare costantemente ogni occasione per stare vicino alla moglie, non insistette più nell’organizzare dei pranzi e delle cene assieme, e non provò più a creare un legame inesistente, al quale si era così attaccato nel corso degli anni precedenti. Al contrario fu molto più vicino alla figlia, chiedendo alla nutrice se potesse a sua volta starle accanto anche nel resto della giornata, ovviamente insieme ai suoi due figli maschi, e propose alcune attività da svolgere tutti insieme come dei pic-nic all’aperto o dei giochi di società.
Alcuni membri della servitù li videro inoltre conversare da soli, scambiandosi sguardi e sorrisi, e l’uomo non di rado le regalava un mazzo di fiori.
I pettegolezzi cominciarono ben presto a muoversi per i corridoi del castello, e non erano così lontani dalla realtà, ma né il re né la regina si sentirono intaccati a riguardo. Forse l’unica che ne soffriva era la nutrice stessa, che spesso aveva pensato di abbandonare il suo ruolo a palazzo, sentendosi additata come una serpe che si stava insediando in una famiglia felice per poterne approfittare, ma il re la fermò sempre dal farlo, ricordandole sempre che quella felicità tutti affermavano esistesse non era mai stata presente nel suo matrimonio.
Al compimento dei cinque anni di Valerie, il padre chiese ufficialmente il divorzio alla moglie, e più che lei fu l’Alto Consiglio della Magia a protestare, ritenendola una scelta troppo impulsiva, che avrebbe avuto delle serie ripercussioni sul regno e sulla bambina, la regina tuttavia acconsentì alla sua richiesta, dimostrandosi completamente priva di sentimenti a riguardo. L’uomo si trasferì quindi in una tenuta nel bosco lontano dal castello, e venne stabilito che la principessa sarebbe andata a vivere con lui, facendo visita alla madre ogni fine settimana.
La vita di Valerie divenne quindi un continuo susseguirsi di viaggi dal castello fino alla residenza del padre, un meraviglioso edificio bianco con numerose stanze dove poter giocare, ed un immenso bosco dove l’uomo portava la figlia a cavalcare ogni volta ne aveva l’occasione. Dopo appena un anno la nutrice che aveva allevato la principessa si licenziò da palazzo, su richiesta dell’ex re, per poter andare a vivere assieme ed iniziare così una vita felice, e poco dopo i dieci anni della bambina i due si sposarono. Per Valerie questo non fu un duro colpo da mandare giù, anzi conosceva la donna da tutta la vita e sapeva bene quanto fosse buona e premurosa, vedeva inoltre la gioia negli occhi del padre quando stavano insieme, e se lei lo rendeva felice era felice a sua volta. Aveva oltretutto un ottimo rapporto con i figli della donna, i quali a loro volta trattavano la bambina con gentilezza e rispetto, includendola in ogni loro gioco.
Le giornate nella loro dimora si susseguivano tra risate ed allegria, d’altro canto invece a palazzo i toni erano sempre freddi e monotoni; siccome era una principessa non poteva permettersi di giocare nel fango, o di correre per i corridoi, doveva inoltre seguire un gran numero di noiosissime lezioni, ed ogni singolo adulto si comportava come se fosse un blocco di ghiaccio, troppo concentrato sul proprio status sociale per mostrare una qualsiasi emozione.
L’unico con cui la principessa andava effettivamente d’accordo era Rhombulus, che le permetteva non solo di giocare, ma si univa addirittura a lei. Era una creatura così semplice ed entusiasta agli occhi della piccola, ed ogni suo racconto su come aveva sconfitto delle creature maligne la esaltava.
Con gli altri membri dell’Alto Consiglio della Magia non era facile avere un rapporto simile; Hekapoo non era quasi mai nei dintorni, si diceva seguisse la nonna di Valerie nei viaggi tra dimensioni, ma non si avevano fonti certe neppure se questa fosse viva, Lekmet purtroppo nonostante fosse evidente provasse ad approcciarsi era quasi completamente incomprensibile senza l’aiuto di Rhombulus, e Omnitraxus era costantemente nella sua dimensione.
Per quanto riguardava il rapporto con la sua vera madre…questo praticamente non c’era. Varie volte lei aveva tentato di avvicinarla, regalandole fiori e disegni, ma la regina trattava quei doni come se fossero di chiunque altro, e non accettava le sue richieste di passare del tempo assieme, non le leggeva nemmeno la favola della buonanotte. Il suo atteggiamento distaccato provocava un grande dolore alla bambina, che pur avendo un’altra madre su cui contare avrebbe desiderato lo stesso amore questa dava ai suoi figli, ma non lo otteneva mai.
Ad undici anni, durante una notte in cui non riusciva a prendere sonno, Valerie raggiunse la camera della regina, chiedendole di poter dormire con lei, ma questa rifiutò per l’ennesima volta. A quel punto la bambina le chiese perché la odiasse a tal punto, perché non potesse amarla come una qualsiasi altra madre ama il figlio, e lei le rispose con una frase che Valerie non riuscì a capire per molti anni; non amare mai nessuno quanto io ho amato mio fratello, non otterrai mai nulla.
Aveva sentito parlare del fratello della regina, dipinto come un uomo malvagio, senza scrupoli ed avido, che tentò di ottenere il pieno controllo del regno rischiando di farlo sprofondare nelle tenebre, ma più di questo non c’era altro. Non le vennero date spiegazioni a riguardo, e venne rapidamente ricacciata nella propria stanza, le settimane successive poi si rifiutò di tornare a palazzo, in collera con la madre per quell’ennesima barriera messa tra loro. Il padre allora per cercare di distrarla la portò nel bosco quasi ogni giorno assieme ai suoi fratelli, e cominciò ad insegnare ai tre l’arte della caccia. Sorprendentemente Valerie si rivelò immediatamente abile nel seguire tutte le istruzioni del padre, e quando le fu dato il suo primo arco riuscì ad impugnarlo perfettamente, come se ci fosse cresciuta assieme.
Dentro di sé la principessa provò una sensazione inebriante, una pura estasi che si palesava ogni volta diveniva un tutt’uno con la natura, quando imparava a conoscerla ed imparava a farsi conoscere da essa. Colpito dal suo prodigio il padre le affidò immediatamente un insegnante professionista, in modo potesse apprendere tutti i segreti e coltivare così quell’inaspettata passione. Da allora lei ogni singolo giorno si recava nel bosco per imparare, cambiando la sua natura stessa, diventando più selvaggia ed allo stesso tempo più calma.
Non ebbe più alcuna interazione con il castello e con la regina fino al suo quattordicesimo compleanno, quando le fu affidata la bacchetta, la quale divenne un meraviglioso arco d’ebano tra le sue mani, e con essa la promessa della responsabilità del regno.
Valerie era diventata una giovane ragazza dal portamento robusto e fiero, i suoi occhi color smeraldo non si abbassavano di fronte a nulla e teneva i capelli a caschetto in modo non si impigliassero nei rami degli alberi, non esattamente la preoccupazione principale delle dame della sua età. Il pensiero di dover diventare un giorno regina la soffocava, e si rifiutò di intraprendere tale cammino, ma non le fu lasciata scelta; il suo nome ed il marchio sul viso l’avrebbero seguita per sempre, e così anche quel destino.
Di fronte al suo carattere ribelle ed ai suoi continui rifiuti la madre ed il consiglio le dissero che, se non avesse accettato tutto ciò, sarebbe stata mandata al St. Olga almeno fino al suo diciottesimo compleanno, lontano dalla sua famiglia e dall’amore che questi le davano, come dal bosco e da qualsiasi altra forma di felicità le fosse mai stata concessa. Valerie non aveva quindi scelta, ma le fu comunque concesso di tornare a casa se avesse portato con sé la bacchetta ed il libro tramandato nella famiglia Butterfly, in modo lo studiasse.
Fu un giorno molto difficile per lei, e nemmeno la sua famiglia riuscì ad alleviare il dolore che provava al petto. Un intero mondo le era stato scaraventato sulle spalle, da una donna che non le aveva mai mostrato un singolo gesto d’affetto e che si aspettava comunque accettasse tutto questo. Con un nodo alla gola la principessa trascorse quasi un intero mese chiusa nella propria camera, sentendosi come un animale in gabbia. Ancora non aveva nemmeno toccato una volta il libro consegnatole dalla regina, ed allo stesso modo la bacchetta, perché li vedeva come un legame tangibile alla famiglia Butterfly ed a tutto ciò lei sentiva di non appartenere.
Fu addirittura tentata di bruciarli, ma quando ci provò fece finalmente la conoscenza di Glossaryck, quel minuscolo omuncolo blu che sembrava racchiudere in sé la conoscenza delle intere dimensioni. Il suo ruolo era ovviamente quello di addestrarla, e proprio per questo lei si dimostrò diffidente ed aggressiva nei suoi confronti inizialmente, ma con il passare del tempo cominciò a vedere qualcosa nelle sue parole che andavano oltre le rigide regole a cui era abituata a palazzo. Sembrava che a lui non importasse affatto se fosse diventata regina o meno, non le importava nemmeno se era la principessa, anche se il libro al quale era legato poteva essere usato esclusivamente da loro a quanto pare, l’unica cosa di cui gli importava era insegnarle qualcosa. Fu in questo modo che riuscì a convincerla ad usare l’arco, per scoprirne il pieno potenziale.
Le magie di Valerie erano diverse rispetto a quelle delle altre custodi della bacchetta, erano concentrate tutte nella forma di frecce, anche se come scoprì nel corso del tempo ogni freccia poteva avere un differente utilizzo; sicuramente la parte migliore per lei era il fatto fossero infinite, e che non aveva bisogno di recuperarle. Le frecce che più usava le davano la possibilità di osservare il mondo all’interno di esse, ovvero nell’esatto momento in cui le scagliava poteva vedere tutto ciò che circondava l’oggetto, che in questo modo le permetteva di scovare in lontananza eventuali animali o pericoli senza farsi individuare.
Molte avevano le funzionalità di trappole, e potevano addirittura moltiplicarsi dopo esser state scoccate.
Paradossalmente, quella bacchetta che tanto aveva temuto l’avrebbe allontanata dalla foresta in realtà la legò ancor di più a quel mondo, infatti dopo i suoi quindici anni la ragazza cominciò a trascorrere ogni singolo giorno al suo interno, spingendosi sempre più in profondità creandosi addirittura una piccola tana sugli alberi. Grazie ad una freccia speciale che permetteva di consegnare messaggi anche a kilometri di distanza poteva comunicare con il padre e la sua famiglia che stava bene, anche se non poteva ricevere dei messaggi immediati visto loro utilizzavano degli uccelli addestrati a raggiungerla ovunque.
L’abilità di Valerie con l’arco venne presto conosciuto in tutto il regno grazie alle sue cacce leggendarie, durante le quali la ragazza era stato in grado di scovare ed uccidere creature terrificanti e scaltre, senza l’aiuto di nessuno. Allo stesso tempo però la sua fama si era creata attorno al fatto nessuno che era ammesso all’interno della sua foresta, chiunque infatti venisse trovato al suo interno veniva trattato come una qualsiasi altra preda. Quello era il suo regno, lei rispettava ed amava ogni singolo essere al suo interno, e non intendeva permettere a nessuno di profanarla; in qualche modo la sua immagine venne paragonata ad una dea della caccia, meravigliosa quanto letale.
Trascorsero così quattro anni, e Valerie crebbe accompagnata solo da Glossaryck, il quale però compariva ormai sporadicamente in poche occasioni.
Durante l’ennesima battuta di caccia della ragazza questa stava piazzando una serie di trappole, radunando alcune erbe da poter usare come medicinali in caso di bisogno, ma fu quando andò a rifocillarsi nei pressi di un lago vicino che intravide una preda unica nel suo genere.
Era una donna, bella come non ne aveva mai viste prima. La sua pelle diafana pareva brillare sotto i riflessi delle gocce d’acqua che scorrevano lungo il suo corpo, mentre i lunghi capelli arancioni le nascondevano in parte i seni, lasciando tuttavia scoperti gli occhi marroni. Sembrava un dipinto creato da mani sapienti, che mostrava la bellezza dell’intero universo in un unico corpo. Completamente priva di parole Valerie fece per avvicinarsi, ma al suo primo passo ruppe sotto di sé un ramo, allarmando così la donna che corse dall’altra sponda del lago.
Non volendo fuggisse Valerie corse subito verso di lei, abbandonando addirittura l’arco per non spaventarla, pregandola di fermarsi, ma fu lei a paralizzarsi quando la vide trasformarsi in una volpe sotto i suoi occhi. Si riprese solo quando ormai era sparita oltre gli alberi, e recuperando l’arco la inseguì immediatamente, usando le frecce in grado di vedere ovunque per trovarla.
Voleva raggiungerla, ma per un motivo che non le era del tutto chiaro, non aveva alcuna intenzione di farle del male, solo di continuare a guardarla. Poche volte una caccia l’aveva spronata a tal punto, forse solo durante le prime, in cui l’adrenalina e la paura di perdere la preda le riempiva la testa, governando il suo corpo.
Le sembrò di star andando avanti da ore, senza riuscire a trovare nessuna traccia, quando finalmente a qualche metro di distanza sentì una delle sue trappole scattare, e vi trovò imprigionata la volpe. Prima di liberarla le parlò a lungo, cercando di dimostrarle in ogni modo non era un pericolo per lei, e che voleva solamente conoscerla. Fu sicura di esserci riuscita quando notò un sorriso sulle labbra dell’animale, e così la liberò dalla rete, e la volpe tornò donna.
Si guardarono negli occhi a lungo, studiandosi e conoscendosi a vicenda senza bisogno di dire nulla, fino a quando la volpe con una radiosa risata non le concesse parola, dicendole il suo nome; Alexandrea.
Spinta dal desiderio di sentire ancora la sua voce Valerie la invitò alla sua tana, e lì parlarono a lungo delle loro vite; lei le raccontò del palazzo e del suo ruolo, ma di come il bosco era la sua vera casa, e la donna le disse di essere una selkie, esseri che quando si toglievano la pelliccia diventavano umani. Erano così diverse, eppure allo stesso tempo così simili, si erano incontrate per caso ma da quel giorno non vollero mai più separarsi l’una dall’altra.
Alexandrea guidò Valerie in antri della foresta sconosciuti perfino a lei, insegnandole il linguaggio degli animali dopo che questa si era dimostrata degna di scoprirlo, provando il rispetto e la devozione nei confronti della natura. Le notti per loro divennero più speciali, trascorrendole insieme nella tana di Valerie amandosi ogni singolo attimo, ridendo assieme e beandosi di quelle ore che parevano eterne.
Furono i sei anni più felici delle loro vite, ma il destino di Valerie non mancò di ricordarle i suoi doveri, quando Hekapoo e l’alto consiglio la raggiunsero nel bosco per portarla a palazzo, rispetto all’ultima volta che si erano incontrati però la donna era divenuta più saggia, e non reagì più con rabbia o paura, ma cercò un compromesso al confine tra i due mondi. Sapeva di non potersi sottrarsi ai suoi doveri come futura regina, ma la sua vita ormai apparteneva alla foresta, ed allo stesso tempo la sua salvaguardia era diventata una sua responsabilità, la soluzione migliore sarebbe stata quindi quella di districarsi tra i due mondi, come quando faceva durante la sua infanzia. Nella sua proposta avrebbe quindi vissuto nella foresta con Alexandrea come aveva fatto fino ad ora, ma ogni giorno di luna nuova sarebbe tornata a palazzo per discutere del bene del regno, per poi tornare a casa, il resto del tempo l’Alto Consiglio della Magia avrebbe potuto occuparsi dei dettagli minori, mentre lei avrebbe approvato quelli di maggiore importanza. L’accordo si mostrava vantaggioso per tutti, e così tutti i membri accettarono, ma venne posta un’altra condizione; non avrebbero fatto nulla per interrompere il rapporto con la selkie, ma Valerie avrebbe dovuto comunque garantire la nascita di una prossima principessa, per poter continuare la dinastia. Anche questa richiesta venne accolta, e divenuta regina Valerie riuscì ad assolvere degnamente al proprio ruolo, grazie soprattutto al duro lavoro della madre che nel corso del suo regno aveva assicurato a Mewni una stabilità senza pari, nonostante la dura guerra che aveva vissuto.
Le due avevano smesso di parlarsi dopo il passaggio della bacchetta, divenuta ancor più forte, ma una volta rivista la madre a palazzo Valerie non provò alcun astio nei suoi confronti, semplicemente le disse che si sbagliava; l’amore è come un fiore meraviglioso, anche se ha le spine.
Per quanto riguardava la promessa di un erede la donna ne venne a capo con uno scaltro ingegno, avrebbe infatti scelto l’unico uomo in grado di batterla durante una caccia, con lei come preda. Furono in molti coloro che tentarono di vincerla, ma la perdevano dopo pochi secondi all’interno della foresta. La loro abilità era nulla pari alla sua, almeno fino al giorno in cui finalmente arrivò un uomo degno di lei.
Il suo nome era Jules Strauss, dai capelli e gli occhi neri, prestante e dall’aspetto scaltro, con uno sguardo simile ad Alexandrea che subito attirò la regina. La caccia di Jules fu diversa dagli altri, si concentrò infatti sull’uso dell’ingegno più che sulla sua prestanza fisica. Durò quasi un mese, ma l’uomo non si arrese mai e dopo aver analizzato ogni singolo angolo nel quale la trovava riuscì ad identificare la tana della donna, catturandola al suo interno.
La data del matrimonio venne stabilita in sei mesi da allora, e durante questo tempo Jules trascorse molte notti nella foresta, conoscendo sempre più a fondo la sua futura sposa ed allo stesso tempo la moglie di quest’ultima. Scoprirono così di avere molti interessi comuni, e ciò che li rendeva diversi era comunque in grado di legarli. Valerie era interessata alle trappole di Jules, il quale ammirava l’incredibile dote nella caccia della donna, mentre la conoscenza della natura in primo piano di Alexandrea l’affascinava, e lei a sua volta era colpita dalle sue conoscenze delle erbe. Valerie e Jules finirono in breve tempo per innamorarsi l’uno dell’altra, e l’uomo strinse una salda amicizia con Alexandrea, senza mai andarne oltre o desiderare di farlo, mentre questa a sua volta continuò a coltivare la salda relazione con Valerie, amandola e sostenendola come aveva sempre fatto, in una relazione poliamorosa che univa i due alla regina.
Fu un grande giorno per l’intero regno e per la loro famiglia quando finalmente nacque la loro principessa.

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Capitolo 11
*** L'Occhio ***


Lenora Butterfly, L’Occhio.
 
 
  • Data nascita: X0277
  • Data morte:  X0361
  • Sposata con: Farley Everitt
 
 
 
“Oltre la superficie della realtà,
si nasconde una più profonda verità.
Il diverso dalle sue parole venne segnato,
e della sua influenza si sente ancora il boato.”
 
 
 
 





Le aspettative che si erano create nei confronti della principessa Lenora erano tante, ma morirono nell’esatto istante in cui lei venne al mondo. Visti i genitori, due madri forti ed indomabili ed un padre dall’intelletto scaltro, era difficile immaginarsi meno della perfezione da parte sua in ogni campo possibile, eppure nacque con un enorme svantaggio rispetto agli altri, era completamente cieca.
Quasi per ironia i simboli che le adornavano le guance olivastre raffiguravano dei grandi occhi azzurri, spalancati sul mondo mentre lei non avrebbe potuto vederne nulla.
Sarebbe una menzogna dire che non vi fu alcuna delusione negli occhi della madre biologica, ma fortunatamente i suoi fratelli, venuti per assistere alla nascita, la moglie ed il marito riuscirono a sostenerla in modo la sua reazione non si sbilanciasse ulteriormente. Rimaneva comunque loro figlia, e nonostante tutti i loro sogni di andare a caccia insieme nella foresta andarono in frantumi rimaneva tale, e l’avrebbero comunque amata. Si trattava tuttavia di un dettaglio non da poco, perché le due coniuge trascorrevano meno di un giorno al mese a palazzo, anzi per la verità solamente la regina lo faceva, ed avevano già deciso di tornarvi non appena lei fosse stata in grado di farlo. I progetti originali prevedevano di portare con sé Lenora, ma le sue condizioni cambiavano tutto; sarebbe stato fin troppo pericoloso, ed anche se avessero provato ad insegnarle qualcosa non avrebbe mai potuto realmente metterne a frutto gli insegnamenti, sarebbe stata costantemente una preda per il mondo la circondava. Alla fine venne deciso che le due sarebbero tornate nella foresta da sole, ed il padre si sarebbe preso cura della bambina. Dal primo giorno l’Alto Consiglio della Magia fece molte pressioni su quest’ultimo affinché potesse trovare una cura per la condizione della principessa, visto il suo intelletto e le grandi invenzioni che aveva già creato, ed a loro volta si offrirono di indagare nei meandri della magia per trovare un incantesimo che fosse in grado di darle la vista, ma l’uomo si rifiutò categoricamente. Cercare una cura avrebbe significato condurre numerosi esperimenti e privarla dei suoi giorni d’infanzia, e non intendeva fare alla propria figlia una cosa simile, ma di fronte al suo rifiuto gli risposero che solo la regina poteva avere l’ultima parola sull’argomento, e nel frattempo lei si trovava nella foresta loro avrebbero portato avanti le proprie ricerche.
Anche i membri del consiglio per i giorni seguenti non furono presenti a palazzo, ed il padre preoccupato volessero prendere la figlia per farle chissà cosa decise non si sarebbe allontanato di un solo passo da lei, fino al ritorno delle mogli, ma durante l’intero mese non le accadde nulla, ed i membri del consiglio non tornarono fino a quando anche la regina non si trovò a palazzo.
Le fecero la stessa proposta, di utilizzare la magia per dare la vista alla principessa, cercando di convincerla con frasi forbite, discorsi elaborati e quanto più convincenti possibili per dimostrare di essere dalla parte della ragione, ma anche la donna si rifiutò, temendo fosse troppo rischioso. Alla principessa venne assegnata un’ampia parte della servitù che doveva prendersi cura di lei, ed ogni mese la regina stessa faceva dei controlli per sostituire il personale meno fidato. La sua apprensione derivava dal fatto nella natura i più deboli si trovavano costantemente in pericolo, e non avendo altro che una conoscenza superficiale di come fosse vivere in un ambiente più civilizzato ragionava come se si trovassero all’interno del bosco, nessuno comunque se ne lamentò.
Lenora era una bambina serena, calma e spesso sorridente, non piangeva quasi mai e le bastava una carezza per ridere felice. Prendersene cura era un piacere per tutti, anche per il padre che spesso la portava con sé nel suo studio, tenendola tra le braccia mentre analizzava tomi su tomi e cantandole delle ninnenanne per farla dormire.
Due anni più tardi venne al mondo Noah Butterfly, secondogenito della famiglia e fratello minore di Lenora, dagli splendidi capelli castani come quelli della sorella e gli occhi verdi. In lui non sembrava esserci nulla di insolito, ma per sicurezza venne anche lui trascorse il primo anno di vita a palazzo, assieme alla sorella.
Noah aveva un carattere vivace e giocoso, e dal primo momento si affezionò molto a Lenora, che a sua volta voleva stare sempre in sua compagnia. Fu molto difficile per entrambi quando la regina decise di portarlo con sé nel bosco, ed ogni volta al suo ritorno piangevano quando veniva il momento di separarsi.
I due fratelli crebbero così con istruzioni molto diverse, ma la lontananza non fu mai sufficiente a spezzare il legame che si era creato, soprattutto grazie alla regina che permise ai due di utilizzare le sue frecce messaggere per scambiarsi messaggi.
A Lenora venne insegnata principalmente la cultura del regno, le sue sfaccettature, le classi al suo interno ed i comportamenti adeguati per ogni situazione, mentre a Noah fu tramandata l’arte della caccia, ogni segreto riguardante la natura e le creature che vi vivevano. I loro caratteri non mutarono molto nel corso del tempo, il ragazzo si rivelava sempre più energico ed allegro, mentre la sorella cresceva dimostrando una grande intelligenza e gentilezza nei confronti di tutti coloro la circondavano. Merito di questo erano anche le visite di Noah, che la spronava sempre a fare del suo meglio, rendendo ogni loro incontro carico di gioia e di affetto.
Quando Lenora aveva dieci anni però capitò qualcosa di inaspettato mentre i due stavano giocando in giardino assieme ai loro genitori, la principessa affermava infatti di aver visto qualcosa oltre i cespugli, ma per lei sarebbe stato impossibile vista la sua cecità. La madre biologica pensò in un primo momento qualcosa le avesse dato la vista, ma purtroppo fu subito evidente non era così, e l’altra madre temette lo stesse dicendo solo per attirare l’attenzione o perché si sentiva in qualche modo inferiore a Noah.
Soltanto il padre decise di avere fiducia nelle sue parole, ed andò a controllare nel punto dove la bambina aveva indicato. Con enorme sorpresa da parte di tutti vi trovò due minuscole creaturine, dei Pixie, così dicevano di chiamarsi, dalla pelle violacea ed i capelli blu.
Immediatamente venne mobilitato l’intero palazzo per la comparsa di quelle strane creature, simili ai mewmani ed allo stesso tempo ai mostri. In un primo momento la regina si mostrò estremamente aggressiva nei loro confronti, visto erano entrati nel suo regno senza che nessuno se ne accorgesse, ma non si rivelarono pericolosi come temevano. Non appena anche tutti i membri del consiglio arrivarono le creature spiegarono che anche loro erano i sovrani di un regno, giunti a Mewni allo scopo di creare un’alleanza che rafforzasse entrambi.
Non avevano molto da offrire dal punto di vista militare, ma avevano creato un interessante sistema di comunicazione tramite l’utilizzo di specchi magici, e soprattutto il loro regno era stato costruito sopra un ricco giacimento minerale, che avrebbe potuto garantire i materiali per la costruzione di nuove apparecchiature a Mewni. Quest’ultimo dettaglio in particolare suscitò un grande interesse da parte del re, che vi vedeva un’occasione unica di sviluppo, e la regina fidandosi del suo parere decise di accettare l’alleanza.
Fu un evento estremamente importante per l’intero regno, che riconobbe i Pixie come esseri non ostili ed approvò uno scambio di interazione pacifico tra le due razze, ma ancora la famiglia Butterfly non era in grado di spiegare come la principessa fosse stata effettivamente in grado di vederli oltre i cespugli. Ogni volta le veniva chiesto di spiegare cosa fosse successo lei rispondeva che ad un tratto le loro figure erano comparse davanti a lei, mostrando dove si trovassero e cosa stavano facendo. Era stata come una sorta di visione nitida della realtà, e dopo era tornato tutto come prima.
Il consiglio fu certo dipendeva tutto dalla magia che la principessa possedeva, e tentò nuovamente di fare pressioni sulla sua famiglia Butterfly affinché si allenasse fino a riottenere la vista. Tentarono addirittura di convincere il principe dicendogli che in questo modo i due in futuro avrebbero potuto giocare di più insieme, e sarebbero stati felici, ma ancora una volta i genitori si rifiutarono, per poterle garantire un’infanzia normale e felice.
L’argomento non si ripresentò almeno fino al quattordicesimo compleanno della bambina, quando finalmente le venne consegnata la bacchetta magica di famiglia, che assunse la forma di un lungo e sottile bastone di legno con in cima una sfera di vetro. Assieme alla bacchetta naturalmente le fu affidato anche il libro degli incantesimi, e fu il momento per Glossaryck di addestrarla all’uso della magia, proprio come aveva fatto con sua madre.
Tutti i membri del consiglio provarono a convincerlo a riservare gli allenamenti esclusivamente all’ottenimento della vista, ma lui si rifiutò categoricamente, rispondendo che ogni principessa era diversa e necessitava per questo un diverso tipo di addestramento, e che loro non avevano alcun diritto di interferire o di scegliere cosa fosse meglio per lei solo per il tornaconto del regno, solo perché temevano sarebbe stata vista come debole ed indifesa.
Anche Noah nel frattempo aveva intensificato i suoi allenamenti nella caccia, ed anche se aveva solo dodici anni le madri lo trattavano come se fosse un adulto già formato, e questa pressione spesso si rivelava troppo per il ragazzo che trovava conforto nelle parole della sorella. Entrambi furono nuovamente un importante sostegno l’uno per l’altra, e dopo appena un anno Lenora ebbe un’altra visione; stavolta sosteneva ci fosse qualcosa nel cielo, delle figure senza corpo che fluttuavano tra le nuvole.
Fu Lekmet stavolta ad andare a controllare, essendo uno dei pochi in grado di volare, e senza sorpresa trovò delle creature simili a degli unicorni, ma con solo una gigantesca testa che fluttuava.
Per via dei corni il loro aspetto incuteva molto più timore rispetto ai Pixie, creature minuscole ed inoffensive, ma si rivelarono altrettanto pacifici nei confronti dei mewmani e presto si andò a creare un’altra stabile alleanza tra i due regni.
Lenora venne acclamata dall’intera Mewni per il suo contributo, ancora non era regina ma aveva già permesso la creazione di un terreno di sviluppo estremamente importante; grazie ai Pixie fu più semplice per i generali comunicare alle truppe impegnate in battaglia, e grazie agli unicorni volanti in grado di controllare il tempo con la loro magia le coltivazioni di mais furono ancor più rigogliose.
La sua famiglia ne era incredibilmente fiera, ed il fratello non perdeva mai occasione per elogiarla e farle sapere quanto l’apprezzava. Tutto sembrava andare per il meglio, ormai Lenora aveva diciassette anni, ed il fratello quindici, ed entrambi stavano diventando degli adulti responsabili e coscienziosi nei confronti del regno, ma le cose cambiarono drasticamente quando un giorno le madri dei due tornarono a palazzo senza Noah.
Nemmeno loro sapevano dire cosa fosse successo, era stata una mattina come tante ed i tre erano andati a caccia ciascuno per conto proprio, ma il figlio non era mai tornato e le sue tracce si interrompevano bruscamente nei pressi di un fiume. L’avevano cercato ovunque, utilizzando perfino la magia della regina, ma non era bastato, e l’unica speranza di ritrovarlo era riposta in Lenora e nel suo dono.
Prima di quel giorno non aveva mai dovuto utilizzarlo volontariamente, ogni sua visione era stata improvvisa e spontanea, e nemmeno lei era certa di come funzionasse, ma ci provò comunque, chiedendo aiuto a Glossaryck che le rimase accanto per un’intera notte, durante la quale la principessa cercò costantemente di connettersi alle proprie visioni e di trovare il fratello.
Ad ogni suo tentativo un forte dolore le colpiva la testa, ma nonostante ciò la ragazza cercò di continuare perfino quando il dolore si fece insopportabile. Alla fine riuscì ad entrare in una sorta di trance, i suoi occhi ed i simboli sulle guance produssero un intendo bagliore, mentre il suo intero corpo veniva pervaso dalla magia, ma fu come se il suo spirito avesse abbandonato il corpo, perché non importava quanto i genitori la chiamassero, lei non rispose mai mantenendo la concentrazione nell’incantesimo.
Rimase in quelle condizioni per due settimane, senza che nulla riuscisse a riportarla indietro, ma quando finalmente tornò alla normalità la famiglia le comunicò una notizia funesta. Il corpo di Noah era stato ritrovato al termine di un precipizio, con il collo spezzato e coperto di ferite.
Si supponeva un semplice incidente, forse era scivolato o qualche animale l’aveva spinto, ma Lenora rifiutò immediatamente quelle ipotesi, affermando il fratello era stato ucciso da dei mostri. L’aveva visto, l’intera scena in cui il giovane principe veniva attirato in una trappola per poi essere aggredito da un manipolo di mostri. La lotta era stata impari, e si era conclusa con la tragica morte di Noah, solo in seguito avevano gettato il corpo infondo al precipizio, per inscenare un’incidente.
Seguendo le istruzioni della principessa una schiena di soldati venne guidato nella foresta, e proprio dove lei aveva indicato trovarono l’accampamento dei mostri.
Vendetta fu fatta, ma da allora la principessa non fu mai più la stessa. Era come se una luce si fosse spenta dentro di lei, tutta la gioia se n’era andata con il fratello, ed ogni cosa era avvolta nell’oscurità.
Trascorsero mesi, e con loro anni, ma Lenora non riuscì più a sorridere da allora. Si fece fredda e distante nei confronti di chiunque, soprattutto con qualsiasi creatura differente da un mewmano. Vedeva in loro solo ed esclusivamente mostri, qualcosa che prima o poi si sarebbe rivoltato contro di loro e che li avrebbero feriti. Quando venne il suo turno di subentrare agli incarichi della madre le sue prime leggi prevedevano una rottura con le alleanze instaurate; venne vietato ai mewmani di interagire con chiunque altro, fu instaurato nelle menti dei più giovani la sua stessa ideologia basata sulla diffidenza, qualsiasi interazione che andasse oltre alle basi superficiali del commercio furono bandite.
Purtroppo le parole dei genitori non riuscirono a farle cambiare idea, lei dava la colpa ad ogni singolo mostro di ciò era successo a Noah, ed ogni altro essere simile a loro le ricordava quel giorno infausto e la sua visione. Dall’altra parte invece il consiglio non sembrò così dispiaciuto dalle sue decisioni, vista la caccia ai mostri aumentò esponenzialmente, e così anche la fiducia del popolo nei confronti della famiglia Butterfly, ma perfino loro non erano più visti di buon occhio dalla regina ed il loro contributo venne ridotto al minimo.
Ad ogni discorso ufficiale tenuto dalla nuova regina questa non mancò mai di lasciar trasparire apertamente il suo odio nei confronti dei mostri, instillando una paura sempre maggiore nel popolo affinché anche il loro rancore proliferasse, per tutta la sofferenza che avevano causato.
Oltre ai soldati si crearono dei piccoli gruppi di volontari estremisti all’interno del regno, che decisero di combattere in prima linea contro la minaccia dei mostri, armati degli attrezzi che riuscirono a trovare con le loro risorse limitate, ma più che combattere veramente furono più i portavoci dell’odio della regina, che elogiò il loro operato nell’”avvertire” il resto del popolo del rischio correvano.
Le visioni di Lenora non terminarono però, anzi ora che aveva imparato a controllarle fu in grado di sfruttarle in molte altre occasioni, in particolare per individuare gli accampamenti nascosti ed i villaggi dei mostri, iniziando un vero e proprio genocidio nei loro confronti.
Solo un’ultima volta una sua visione non portò ad uno scontro, quando scoprì un’altra civiltà proprio sotto al loro regno, nel quale vivevano creature gigantesche con corna affilate ed occhi di fuoco. Anche loro avevano dei sovrani, ed era evidente possedessero una forza sia dal punto di vista fisico e militare, nettamente superiore ai mewmani. In caso di un’eventuale guerra tra i due regni Mewni non ne sarebbe uscita vittoriosa facilmente, ed anche in quel caso le perdite sarebbero state eccessive. Venne così deciso di optare per una convivenza pacifica, un’alleanza nella quale nessuna delle due parti avrebbe dovuto interferire con gli affari commerciali, politici ed economici dell’altro.
Fu come se Mewni fosse stata posta dalla regina in una sorta di cupola, dove nulla poteva entrare o uscire, e per molti questo andò più che bene, in particolare agli esponenti più alti dei gruppi anti-mostri. Uno di questi in particolare, Farley Everitt, dai capelli biondi e gli occhi grigi, spediva quasi giornalmente delle lettere alla regina, scrivendo di come l’ammirasse nella sua dedizione alla protezione del regno, e che poteva contare sull’aiuto dei suoi uomini per qualsiasi evenienza. Fu solo però all’alba dei trent’anni della regina che l’uomo ricevette risposta. In quel periodo la preoccupazione principale della donna risiedeva nella necessità di dare al regno un’erede. Dalla scomparsa del fratello il suo cuore si era chiuso a qualsiasi tipo di sentimento, ad eccezione dell’odio e del rancore, ma le costanti pressioni del consiglio affinché garantisse una principessa a Mewni cominciavano a farsi snervanti.
Nella ricerca di un degno spasimante fu attirata dall’odio che quell’uomo in ogni sua lettera dimostrava nei confronti dei mostri, viscerale e quasi al suo stesso livello, e decise per questo motivo di concedergli un’udienza. Non avevano altro ad accomunarli se non quell’emozione, ma per la regina fu sufficiente affinché Everitt diventasse suo marito, ed alla nascita della figlia il loro unico desiderio fu quello di tramandare in lei lo stesso odio guidava i loro cuori.

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Capitolo 12
*** L'Invincibile ***


Rachael Butterfly, L’Invincibile.
 
 
  • Data nascita: X0309
  • Data morte:  X0334
  • Sposata con: Barclay Prudence
 
 
 
“La regina perfetta, amata da tutti,
della magia l’unica a coglierne i frutti.
I segreti della vita si scioglievano tra le sue mani,
ma originò alcuni dei misteri più arcani.”



 
 
 
 
 
 
Nell’istante in cui la futura regina venne al mondo un bagliore riempì la stanza in cui la madre ed i medici si trovavano, circondandoli con il suo calore ed avvolgendoli dentro di sé. La bambina nacque senza emettere un fiato, rigida in volto e già completamente formata, dai lunghi capelli biondi che brillavano quando colpiti dal sole ai piccoli occhi celesti, dentro i quali sembravano esser stati nascosti dei diamanti.
I simboli a forma di farfalla sulle guance presagivano già un destino glorioso, e probabilmente per questo, nella gioia del momento, nessuno si rese conto una delle infermiere fosse svanita; il suo corpo sembrava essere svanito nel nulla, senza lasciare traccia, e l’unica spiegazione plausibile sembrava essere che a farlo fosse stata proprio la principessa, tuttavia se da una parte i presenti furono allarmati dall’evenienza potesse farlo ancora dall’altra nessuno si preoccupò delle conseguenze, in quanto la vita della neonata era molto più importante della donna scomparsa.
Pochi istanti dopo la bambina alzò la sua piccola manina al cielo, ed una sfera azzurra cominciò a formarsi sotto gli sguardi sbigottiti di tutti i presenti. La sfera acquisì poi una forma più solida, divenendo un cristallo turchese, ed a sua volta da esso si creò un minuscolo animale, un gatto per la precisione, con una stella sulla pancia e con delle ali che gli permisero di non cadere.
Rachael era al mondo da poco meno di cinque minuti ed aveva già creato la vita tramite la sua magia, qualcosa di terrificante e portentoso che prima di quel momento nessuna regina era mai stata in grado di fare.
Quando la creaturina si mise a volare per l’intera stanza la principessa la guardò con fare divertito, accarezzandola quando fu abbastanza vicina e riuscendo addirittura a darle un nome, Baby, dimostrando fosse già in grado di parlare.
Venne acclamata dall’intera Mewni come un genio, ed i suoi genitori vollero premurarsi fin dal primo istante ricevesse un’educazione adeguata alla sua posizione sociale. Non persero tempo a chiamare studiosi da ogni dove per istruirla, e non le si rivolsero come normalmente si faceva con una bambina, divenendo a tratti spietati.
All’inizio di ogni pasto le veniva spiegato come loro grazie allo status di cui disponevano potevano permettersi di vivere serenamente e di sprecare anche del cibo senza doversi preoccupare ce ne fosse abbastanza per il giorno dopo, mentre molte altre persone non ne erano in grado a causa dei mostri, che distruggevano i campi e razziavano le riserve della povera gente, che in questo modo a causa loro morivano di fame.
Allo stesso modo poi le veniva raccontato di come la guerra mietesse innumerevoli vittime, e che sempre a causa dei mostri non ci fossero le materie necessarie a garantire a tutti degli edifici sicuri o dei servizi che potessero aiutarli a prevenire le malattie. Ogni singola cosa che non andava bene nel regno venne attribuita esclusivamente ai mostri, in modo che come tutti anche lei lasciasse crescere l’odio nei loro confronti.
Le vennero poi raccontate le eroiche gesta delle regine passate, pretendendo lei un giorno sarebbe stata in grado di fare anche di più.
Visto aveva già dimostrato una notevole potenza magica venne deciso che Glossaryck l’avrebbe dovuta addestrare immediatamente, e così le sue lezioni cominciarono senza che la principessa avesse compiuto nemmeno un anno. Glossaryck confermò inoltre i sospetti che in molti avevano a riguardo di Baby, spiegando fosse nata dall’energia dell’infermiera scomparsa; in un certo senso era come se Rachael l’avesse ricreata sotto una nuova forma.
Baby la seguiva ovunque, non importava dove andasse, e proprio come la principessa migliorò nel giro di pochi mesi le proprie capacità anche lei fece lo stesso, imparando a parlare e ad essere autonoma, ma quando venne chiesto a Rachael perché l’avesse creata questa rispose semplicemente era un investimento per il futuro, qualcosa che loro ancora non potevano capire, ed aveva ragione, per questo smisero di domandare.
A soli due anni la bambina fu in grado di aprire i suoi primi portali, e riuscì a creare dal nulla piccole quantità di cibo che vennero accumulate nei magazzini del castello, fu però durante una delle tante cene con la famiglia che espresse delle perplessità a riguardo, sul perché se fino ad ora le avevano sempre ripetuto la gente moriva di fame non stavano comunque andando a consegnare il cibo creato a loro.
I genitori le risposero che non avevano i mezzi per trasportarlo in lunghi viaggi, e che in ogni caso non era sufficiente ad aiutare nessuno. Le rispose non sembrarono convincere molto la bambina, che però smise comunque di porre altre domande, concentrandosi sui propri studi.
Presto anche l’Alto Consiglio della Magia divenne più insistente sull’argomento, sostenendo che la potenza magica della principessa avrebbe potuto rivelarsi fondamentale nell’esito della guerra contro i mostri, e che per questo fosse necessario non solo un addestramento improntato al combattimento, ma che le sue abilità nella creazione fossero riservate esclusivamente alle armi, in modo che l’esercito non ne fosse mai sprovvisto, Glossaryck però non lo permise, irritato dalle continue pretese ed interferenze nelle sue lezioni.
Di fronte ai suoi continui rifiuti i sovrani decisero di trovare un altro insegnante che potesse aiutarla a sviluppare i propri poteri, optando per uno dei membri del consiglio in quanto possedevano tutti delle abilità magiche, ma quando la principessa lo venne a scoprire per la prima volta si mostrò furente, e trasformò le guardie che tentarono di costringerla ad uscire dalle sue stanze in pietre.
In quel momento il suo corpo cambiò drasticamente, assumendo un aspetto regale ed allo stesso tempo terrificante; delle ali di luce comparvero sulla sua schiena, così come ben sei braccia e delle antenne da farfalla tra i capelli.
Il suo potere divenne impareggiabile, e fu necessario addirittura l’intervento della regina per calmarla, anche se i suoi poteri non furono comunque sufficienti a sovrastare quelli della principessa.
In seguito a quello scatto d’ira controllarla fu molto più difficile, Rachael si rifiutò infatti di portare avanti insegnamenti volti a farle conoscere solo quello che la famiglia desideravano sapesse, e decise Glossaryck sarebbe stato l’unico insegnante ad istruirla.
Nel giro di poco tempo il suo atteggiamento cambiò rapidamente, era come una spugna in grado di assorbire ogni informazione, ed a cinque anni la principessa aveva ormai il comportamento di una donna adulta. Era in grado di prender parte ad importanti questioni del regno, ed a sua volta di prendere indipendentemente delle decisioni sul suo benessere, le venne però proibito di lasciare il palazzo, in quanto si temeva visto il suo potere potesse venir aggredita da mostri o malintenzionati, nemmeno ai figli delle domestiche fu permesso di avvicinarla, tuttavia tali richieste vennero prontamente ignorate.
Le lezioni con Glossaryck divennero sempre più intense, e talvolta li spinsero addirittura fuori dal castello senza che nessuno ne fosse nemmeno a conoscenza, se non al loro ritorno. Stando ai suoi racconti spesso si erano imbattuti in mostri ed in civili, tuttavia la principessa era sempre stata in grado di annientare qualsiasi minaccia, tornando indietro sana e salva. Il castello ebbe la prova della sua potenza durante un attacco da parte dei mostri, che mentre la famiglia si trovava nella loro residenza per le vacanze tentò di attaccarli durante la notte.
Entrarono dalle finestre senza esser visti dalle guardie, dirigendosi immediatamente verso le stanze della principessa convinti sarebbe stato il bersaglio più semplice da eliminare, ma si sbagliavano. A quanto pare non fu nemmeno necessario che Rachael si svegliasse, perché il giorno seguente le domestiche trovarono nella sua stanza i corpi inermi degli assalitori mentre ancora lei riposava.
Nel giro di pochi giorni l’intero regno venne a conoscenza della sua impresa, e coloro che si trovavano più in difficoltà a causa della guerra videro nella principessa una nuova speranza per metter fine alla loro miseria.
Il giorno del passaggio della bacchetta magica quante più persone possibile arrivarono per assistervi, senza rimanere sorpresi quando questa si trasformò in un semplice fermacapelli a forma di farfalla, che la principessa utilizzò più come ninnolo che per altro.
Le speranze del popolo non vennero tradite dalla principessa, che si impegnò come nessuna regina aveva fatto prima per garantire a Mewni uno sviluppo ed una sicurezza maggiori. La guerra si stava inasprendo, e questo rese la sua presenza necessaria nei luoghi più drastici, ma ogni volta che le speranze sembravano esser perdute la principessa si trasformava come già aveva fatto in passato, liberando un’incontrastabile potenza in grado di spazzare via tutti i nemici in un colpo solo.
Lo scopo della sua vita divenne la sicurezza e la felicità del regno, e quando si presentò l’occasione di rafforzare ulteriormente le sue difese tramite un matrimonio combinato la principessa non si oppose in alcun modo, accogliendo la proposta di buon grado.

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Capitolo 13
*** La Bianca ***


Moira Butterfly, La Bianca.
 
 
  • Data nascita: X0330
  • Data morte:  X0400
  • Sposata con: sconosciuto
 
 
 
“Una notte per cambiare tutto,
e guardare ciò che ami distrutto.
Unite dal destino, le sorelle tanto amate,
dalla magia furono separate.”



 
 
 
 
 
 
Il giorno in cui le principesse Moira e Mirai nacquero Mewni stava affrontando una delle peggiori tempeste della storia, paragonabile solamente a quella vissuta dalla Prima. La pioggia imperversava contro gli edifici, il vento soffiava minacciandoli, e l’oscurità sembrava star inghiottendo il mondo.
Non una singola anima era in grado di attraversare le strade, e per questo i migliori medici del regno furono bloccati quando la regina entrò in travaglio, assistita solo dalle cameriere e dal marito. Ore intere passarono senza che altri potessero venire in suo aiuto, e Mewni che di solito attendeva con ansia quelle ore era costretta nella paura.
I pianti delle due piccole gemelle quasi erano inudibili di fronte alle grida della natura, all’esterno delle mura.
Nacquero tenendosi per mano, due bambine bellissime dalle pallide carnagioni, l’una dai capelli e gli occhi neri come la pece, l’altra bianchi come la neve; la prima venne chiamata Moira, la seconda Mirai.
Entrambe avevano dei simboli sulle guance, ma questi sembravano far parte dello stesso disegno che era stato diviso a metà, quello di Moira era infatti lo Yin, mentre per Mirai era lo Yang.
Furono immediatamente allestite due camere per le principesse, ciascuna con il migliore arredamento di cui il castello era capace, nell’attesa la tempesta terminasse, ma sarebbero state usate solo nel giro di qualche anno, una volta cresciute e con l’arrivo del bisogno dei propri spazi.
La camera delle piccole venne posta accanto a quella dei sovrani, in modo questi potessero star loro vicini ogni volta ne avessero bisogno, ma quando tentarono di separare le bambine per metterle nelle culle queste cominciarono subito a piangere, l’una cercando l’altra, e si vide così necessario costruire una culla in cui potessero stare entrambe.
Non passò nemmeno un giorno che il re e la regina vollero spostare la culla nella loro camera, tanto la presenza delle figlie era una tale gioia; le amavano con tutto il cuore, e vederle sorridere mentre si stringevano la mano scaldava i loro animi.
Mirai e Moira crebbero velocemente, diventando ogni giorno sempre più belle, e non appena furono in grado di parlare ebbero subito inizio le loro lezioni di storia, etichetta, musica, danza ed ogni singola sfaccettatura che riguardava il mondo nobiliare di allora.
Mirai mostrò di possedere un carattere allegro e solare, sempre pronta a sorridere agli altri ed a spronarli a giocare ed a divertirsi con lei, amava inoltre parlare con la gente, conoscere i loro pensiero e ciò che piaceva loro, ma aveva anche la tendenza a distrarsi e per questo i professori erano costretti a rimproverarla, soprattutto quando la principessa disegnava invece che ascoltare la lezione.
Moira al contrario invece era molto più silenziosa, ma non per questo meno gentile, era sempre infatti estremamente rispettosa nei riguardi di tutti, trattando le cameriere al pari dei duchi che venivano a far visita a palazzo. Amava ascoltare, ma non molto parlare, ed era grata alla sorella che fosse lei a portare avanti le conversazioni, delle quali ricordava ogni dettaglio dimostrando quanto in realtà tenesse alle persone. Altro dettaglio che la distingueva dalla gemella era il fatto che se la prima prediligeva attività ricreative più fisiche e movimentate lei amava la calma ed il silenzio, quindi la lettura di un libro all’equitazione ad esempio. Il suo essere silenziosa però era motivo di rimprovero da parte dei professori, nei confronti dei quali presto le principesse pensarono a prescindere non andasse bene alcun tipo di carattere.
L’intero castello a prescindere da questo le amava come si amano le proprie figlie, anche se visto il suo carattere più vivace tendevano a preferire Mirai. Anche per i figli dei nobili che venivano a giocare a palazzo era così, ma la bambina non si allontanava mai senza la sorella, e non si divertiva se un’attività non la rendeva felice.
Stessa cosa valeva per Moira, che riempiva la sorella di disegni per dimostrarle il suo affetto, e l’altra li faceva sempre incorniciare per poi appenderli in camera sua.
Solo un dettaglio nelle principesse era motivo di inquietudine da parte di chi era loro vicino, gli occhi.
Entrambi erano così profondi da dare l’idea di star leggendo nell’anima di colui che vi si trovava davanti, quelli bianchi di Mirai sapevano essere glaciali quando la bambina non sorrideva, e quelli neri di Moira erano in grado di far provare una profonda angoscia di fronte all’oscurità che vi si annidava. Questo però, per l'appunto, capitava solo quando le bambine erano inespressive, cosa che se per Mirai capitava assai di rado per Moira purtroppo era invece quasi la quotidianità, e questo contribuiva a creare un’immagine di lei più oscura di quanto fosse in realtà.
Quando le bambine ebbero compiuto cinque anni la madre decise era il momento di scoprire se in loro si annidava una magia più potente di quanto potesse sembrare, e decise di usare la propria creazione, Baby, per metterle alla prova.
Sarebbe stato qualcosa di molto semplice, Baby avrebbe solamente fatto loro una serie di domande e di richieste, ed in base ai risultati grazie ai suoi poteri sarebbe stata in grado di determinare il loro livello, ma quasi non ce ne fu bisogno. Nell’esatto momento in cui vide le bambine, che ancora non avevano perso l’abitudine di tenersi per mano la maggior parte del tempo, soprattutto quando stava capitando qualcosa di importante, disse alla regina non sarebbero state da meno rispetto a lei.
L’esame si tenne comunque, durante il quale Baby nella fase iniziale fece apparire due mele dall’altra parte della stanza, chiedendo alle principesse di portargliele usando la magia.
Si trattava di qualcosa di estremamente semplice e ad un livello basilare, e per questo non si sorprese quando riuscirono efficacemente a superare la prova, anche se le loro magie si manifestarono in modi diversi. La mela di Mirai infatti venne avvolta da un alone d’ombra che la fece scomparire quasi completamente, mentre quella di Moira produsse una luce talmente intensa da essere in grado di illuminare l’intera stanza; entrambe le mele a prescindere volarono fino alle zampe di Baby, che le assaggiò rivelando erano perfettamente intatte.
Per il secondo esercizio invece avrebbero dovuto creare una mela, e le due già usate sarebbero servite come riferimento. Nuovamente le magie si mostrarono in maniera diversa, la mela che Mirai aveva teletrasportato prima marcì rapidamente fino a trasformarsi in polvere, che svanì altrettanto velocemente, ed allo stesso tempo un’altra mela si creò alla morte dell’altra, nel caso di Moira invece si creò un minuscolo fascio di luce, che crebbe fino a diventare della grandezza della mela, dopodiché questa prese forma. All’assaggio di Baby entrambe erano delle normalissime mele.
Visti i risultati e la loro rapidità non ci fu bisogno di andare avanti, anche senza bacchetta le bambine dimostrarono un pieno controllo della magia, ma se quella di Moira era in grado di dare la vita senza bisogno di prendere nulla quella di Mirai necessitava un’energia di valore uguale a ciò andava creato, ma per l’uso di altri incantesimi non c’era sembrava esserci alcun problema.
La notizia riempì di orgoglio la regina, che prese quindi la decisione di affidarle agli insegnamenti di Glossaryck già un mese dopo.
Le lezioni presero del tempo dalle attività ricreative delle principesse, ma il loro insegnante era abbastanza capace da far sì queste si rivelassero altrettanto piacevoli. Per un carattere vivace come quello di Mirai infatti Glossaryck ideò un metodo di studio quasi interamente improntato alla pratica, mentre per Moira lo studio veniva fatto soprattutto tramite delle spiegazioni orali o la lettura del libro che lui custodiva, e che aveva al suo interno la conoscenza magica di tutte le regine; in che modo questo fosse stato possibile, visto il libro era nato solo con il suo arrivo a Mewni, solo Glossaryck lo sapeva.
Visto il profondo affetto che le legava si assicurò che le loro conoscenze fossero pari, in modo potessero allenarsi insieme e divertirsi ad utilizzare la magia. Le principesse impararono molte cose, a volare, a creare dei raggi di magia per difendersi, a dar forma alla magia stessa ed a modificare l’aspetto degli oggetti.
Gli anni passarono in fretta, e l’armonia delle due sorelle non venne mai meno come nemmeno l’amore Mewni provava per loro, ma la tensione cominciò ad aumentare quando venne il momento di scegliere a chi sarebbe andata la bacchetta magica, e con essa il futuro del regno.
Entrambe le principesse erano delle candidate assolutamente perfette, entrambe gentili e dal cuore buono, sagge e coscienziose, ma solo una avrebbe potuto salire al trono.
Quando i genitori cominciarono a portare avanti questa conversazione, all’indomani del loro quattordicesimo compleanno, entrambe rispondevano che non sarebbe stato un problema, perché avrebbero ereditato quella bacchetta insieme, ed avrebbero guidato Mewni insieme come due regine, ma questo non era possibile secondo le leggi che governavano il regno.
A questa affermazione la confusione era chiara per le due, perché a prescindere da tutto la madre era la regina, ed avrebbe potuto benissimo modificare la legge, ma a quel punto l’Alto Consiglio della Magia si opponeva fermamente, affermando le leggi non potevano essere modificate perché erano i capisaldi del regno, le principesse però non demordevano, rispondendo che cambiamenti nelle leggi c’erano stati, seppur con lentezza, e riflettendoci accusarono gli stessi membri del consiglio di aver rallentato l’avanzamento delle leggi verso delle strutture più adeguate e moderne.
Queste accuse provocavano sempre delle punizioni, che normalmente prevedevano la reclusione delle sorelle in due stanze separate, ma per ovviare a questo problema le due avevano inventato un codice morse, basato sul ritmo di battuta. In questo modo avevano potuto passare notti intere a parlare tra di loro, fermamente convinte che a prescindere da tutto nessuna delle due avrebbe ereditato il regno e la bacchetta senza che l’altra le fosse vicino, e per quanto i genitori avrebbero voluto venir loro incontro non ne ebbero modo, ed il compleanno delle principesse arrivò senza poter aver più tempo per pensare.
Mirai venne scelta come futura regina, per via della preferenza il regno aveva nei suoi confronti, e nella convinzione dell’alto consiglio che sarebbe stato più facile controllare il suo temperamento se fosse stata occupata con tutte le faccende burocratiche di cui la madre si occupava. Erano inoltre certi fosse lei ogni volta a far saltare il discorso loro avessero un controllo eccessivo sul regno, mentre Moira non ci pensava più di tanto, ed invece entrambe le gemelle la vedevano allo stesso modo.
Nel momento in cui le venne affidata la bacchetta questa cambiò radicalmente forma, divenendo lunga ed ondulata, con numerose ramificazioni lungo la stecca in legno e due cristalli alle estremità.
La cerimonia durò l’intera giornata, ma le sorelle vi rimasero solo fino alla cerimonia della consegna della bacchetta, dopo di che usando dei passaggi segreti che solo la famiglia reale conoscevano uscirono dall’ampio salone dirigendosi al giardino esterno del castello, riposandosi sotto ad un albero ed osservando a turno la bacchetta; che fosse tra le mani di Mirai o Moira questa non cambiò mai, ma si rivelò piuttosto instabile da controllare, almeno durante i primi incantesimi.
La bacchetta sembrava essere direttamente collegata allo stato emotivo della persona che la teneva, e rispondeva in maniera diversa ad ogni stato d’animo di quest’ultima, per questo entrambe ritennero fosse meglio utilizzarla solo in caso di estrema necessità, in modo da evitare di causare danni.
Mirai sarebbe comunque stata costretta a portarla sempre con sé, e cosa peggiore da quel giorno l’Alto Consiglio della Magia, in quanto futura regina, pretese le sue lezioni fossero separate da quelle della sorella.
Tutti gli insegnanti vista l’autorità che rivestivano furono costretti ad accettare l’obbligo, tutti ad eccezione di Glossaryck, che ritenne la cosa egoistica e controproducente.
A causa di questi obblighi il tempo che le due potevano trascorrere assieme si ridusse drasticamente, e trascorsero così tre faticosi anni per entrambe. La loro bellezza non era diminuita nel tempo comunque, la fila dei pretendenti sembrava aumentare giorno dopo giorno, ma nessuna delle due sembrava aver alcun tipo di interesse in questi, e li declinavano cortesemente cercando di non offenderli, Mirai però ormai diciottenne sentì il forte peso delle pressioni sociali, che volevano trovasse marito il prima possibile; naturalmente anche in questo caso il consiglio spinse molto, vedendola come l’ennesima opportunità per tenerla impegnata.
Moira purtroppo non aveva certo meno preoccupazioni di lei, nonostante infatti molte loro conoscenze l’apprezzassero e le volessero bene altrettante non facevano altro che far nascere pettegolezzi sul suo conto, tentando addirittura d’allontanarla di più dalla sorella. In particolare a farlo era una cerchia di nobildonne che desiderava l’amicizia della regina per fini personali, Mirai era costretta ad accettare la loro compagnia durante alcuni thè, e le donne tentavano con ogni mezzo di proporre eventi ai quali Moira non volesse partecipare.
Spesso le cameriere che le servivano durante queste ore riferivano alla futura regina le cattiverie che queste tentavano di insinuare nella mente della sorella, che spesso riguardavano il suo aspetto lugubre ed il suo carattere chiuso, e nel cuore della principessa cresceva il dolore ed il timore di un possibile abbandono da parte della sorella.
Un giorno in cui mancavano pochi minuti all’ennesimo incontro Moira ascoltò di sfuggita una conversazione di queste dame, durante la quale queste sostenevano ormai Mirai era pronta ad abbandonare la sorella, e che sarebbe bastata solo qualche spinta a convincerla.
La povera principessa non fu in grado di controllare il dolore che provava nel petto, e scoppiando a piangere corse nella camera che divideva con la sorella, con in mente un unico pensiero, il desiderio di cambiare completamente se stessa.
Mirai era ancora lì, impegnata a farsi sistemare l’abito da una delle domestiche ed a perdere tempo in modo da non doverne passare troppo in compagnia di quelle odiose signore, ma vedendo la sorella entrare in lacrime si alzò immediatamente correndole incontro, Moira però l’allontanò urlando che aveva bisogno della bacchetta.
La sorella tentò di calmarla, chiedendole cosa fosse successo, dicendole che era pericoloso usarla in uno stato simile e che qualsiasi problema fosse successo l’avrebbero risolto insieme, ma l’altra continuò solamente a ripetere che non voleva più essere così, voleva cambiare il suo aspetto e diventare identica alla sorella, bellissima e allegra come tutte dovrebbero essere.
Afferrando la bacchetta magica tentò quindi di usarla su di sé, ma Mirai tentò di fermarla strappandogliela, nessuna delle due però sembrava intenzionata a voler lasciare la presa.
Accadde tutto in una manciata di secondi, in seguito alle urla di entrambe un improvviso bagliore uscì dalla bacchetta, colpendo Mirai al cuore. Gli occhi e la bocca della ragazza produssero una luce quasi accecante, mentre questa s’inginocchiò a terra urlando a pieni polmoni. Atterrita Moira abbandonò la bacchetta, tentando immediatamente di chiamarla e di aiutarla, quasi immediatamente poi arrivarono anche delle guardie, la regina ed i membri del consiglio, che vedendo la ragazza provarono a calmarla, ma fu tutto inutile.
Moira venne trascinata via tra le lacrime, e Mirai chiusa nella stanza assieme alla regina ed al consiglio, mentre il padre cercava di tranquillizzare la figlia che tremava terrorizzata.
L’intera giornata trascorse, ed ancora le condizioni della principessa non cambiavano, e Rhombulus fu costretta a bloccarla in uno dei suoi cristalli per evitare urlasse, ma questo vibrava incapace di contenere completamente la sua forza.
Immediatamente chiesero spiegazioni alla principessa rimasta, e quando questa disse era tutta colpa sua il consiglio era già pronta a farla arrestare e ad imprigionarla per alto tradimento, affermando voleva il regno e la bacchetta per sé, ma la testimonianza della domestica la salvò da quel destino che, a prescindere, Moira avrebbe comunque accettato.
Aveva ferito la sorella, e non avrebbe mai potuto perdonarselo.
Passarono tre giorni, ed il cristallo che conteneva Mirai venne portato sulla cima di una delle torri del castello, l’alto consiglio rimase nella stanza costantemente cercando di riportarla alla normalità, e la regina li obbligò ad accettare la presenza di Moira, affermando che altre accuse nei suoi confronti sarebbero stati considerati tradimenti verso la corona.
Era ormai notte inoltrata quando anche i tentativi di quel giorno cessarono, e Moira poté appoggiarsi al cristallo sussurrando alla sorella di tornare da lei, chiedendole perdono.
Improvvisamente si udì uno scricchiolio, e gli occhi di Mirai puntarono direttamente sulla sorella. Il cristallo andò in mille pezzi, provocando un suono talmente forte da richiamare addirittura alcune guardie, ma la principessa era lì, tornata completamente alla normalità, che prese con delicatezza il viso della sorella tra le mani, sorridendole.
Moira l’abbracciò immediatamente scoppiando in lacrime, sia di gioia che di paura, e Mirai le accarezzò la schiena per tranquillizzarla, dicendole andava tutto bene, che non era mai stata meglio di così, perché aveva visto qualcosa che nessuno mai aveva potuto vedere, il potenziale illimitato della magia, che mai nessuno aveva potuto raggiungere.
La sorella la guardò confusa asciugandosi le lacrime, e nell’ennesimo sorriso Mirai le diede prova di ciò che intendeva; quando indicò una delle guardie vicine questa emise un urlo di dolore, mentre il suo corpo invecchiava, privandolo della linfa vitale fino a ridurlo in polvere, poi sotto lo sguardo atterrito di tutti i presenti un altro corpo comparve, grottesco ed informe, non di ossa ma di magia, dal sentore putrido ed il corpo violaceo.
La scena fu terrificante e disgustosa, soprattutto di fronte alla risata estasiata della principessa, che nel momento in cui l’alto consiglio la minacciò in caso avesse fatto un’altra mossa simile usò la sua magia per creare un’onda d’urto che li schiantò contro le pareti, distruggendole e facendoli volare oltre la torre. Moira era l’unica ora presente, completamente atterrita ed inerme ai piedi della sorella, che la guardava con un infinito amore negli occhi.
Sfiorandole nuovamente la guancia Mirai le sussurrò parole di conforto, dicendole che quello era il vero potere, qualcosa che le avrebbe rese superiori a chiunque, infrangendo i limiti stessi della creazione, e quello era solo con i suoi poteri, con la bacchetta magica sarebbe stata ancora più potente.
A quelle parole Moira si allontanò con un urlo, dicendo quello era solo colpa sua, che era stata lei con il suo incantesimo a ferire la sorella, ma questa scosse il capo; il suo incantesimo non aveva fatto altro che condurla nel reame della magia, e da lì lei aveva potuto scoprire la verità.
Nuovamente sollecitò l’altra ad unirsi a lei nella ricerca del vero potere, insieme sarebbero state invincibili, ancor più della madre, ancor più della prima, tutto ciò che serviva era un sì e la bacchetta.
Moira però si rifiutò di accettare, e l’espressione di Mirai si fece più severa.
Non le avrebbe lasciato altra scelta.
La creatura che Mirai aveva creato scattò immediatamente verso la principessa, che fuggì immediatamente verso la porta usando la propria magia per contrastare quella della sorella, che provò a bloccare la porta; i loro poteri erano eguali, e si annullavano a vicenda, cosa che in quel momento si rivelò una manna dal cielo. Sfortuna però fu l’arrivo di altri cavalieri, che subirono la tragica sorte del primo venendo privati della loro vita, ed a tale scena stavolta assistettero anche il re e la regina, Mirai però li ignorò completamente, precipitandosi all’inseguimento della sorella che stava cercando di raggiungere la bacchetta magica.
Ogni individuo che incrociava la loro strada finiva per diventare un abominio sotto il controllo della principessa, e quando finalmente Moira raggiunse la camera da letto dove aveva lasciato la bacchetta Mirai era esattamente dietro di lei, e le sue creature bloccarono la sorella che tentò con tutte le sue forze di cacciarli, senza purtroppo risultati.
La loro forza era schiacciante, e non sembravano nemmeno sentire dolore, la bloccarono a terra impedendole quasi di respirare, e la sorella di fronte a questo camminò serenamente, dirigendosi verso la bacchetta con un sorriso radioso. Fu a quel punto che Glossaryck comparve dal libro, dicendole semplicemente: “Sei cambiata”.
La ragazza rispose che era così, perché aveva potuto vedere con i suoi stessi occhi ciò che la magia poteva fare, ed intendeva usare la bacchetta per controllarla completamente, Glossaryck però scosse il campo, dicendole che era corrotta, e che non poteva averla. L’espressione di lei si fece improvvisamente furiosa, ed attaccò il suo ormai ex maestro, pronta a tutto pur di avere ciò che desiderava, ma non aveva calcolato una cosa; Glossaryck era molto più potente di quanto le due avessero mai pensato.
Moira non riuscì neanche a vedere cosa accadde, un momento prima era bloccata e la sorella davanti a lei, l’attimo dopo questa era svanita, ed i mostri ridotti a poltiglie fangose. L’alto consiglio e la regina arrivarono poco dopo, lasciati alle conseguenze di ciò era appena successo.
Non c’era alcun modo di riportare indietro quelle persone, la bacchetta era intatta ma avevano perso una principessa, e quella rimasta sprofondò in un baratro di agonia e disperazione.
Appena il castello fu sistemato si tenne immediatamente un incontro per decidere il da farsi, anche se le risorse erano limitate. Glossaryck spiegò d’avere portato Mirai in un luogo molto lontano da lì, ma sarebbe comunque tornata indietro per la bacchetta, e forse nemmeno sola. Il consiglio e la regina suggerirono lui avrebbe potuto fermarla, ma Glossaryck rispose che non poteva, e disse Moira era l’unica speranza per il regno, nonostante lo stato terribile in cui era.
In una sola notte la ragazza aveva guadagnato il trono di Mewni, ed aveva perso la sorella, non voleva nemmeno vedere la bacchetta magica, ma il consiglio le disse non aveva scelta.
Non erano mai stati cortesi nei suoi confronti, non più di quanto lo fossero stati con Mirai, e difficilmente avrebbero iniziato ora, anche se era chiaro non avrebbe aiutato nessuno. Moira si rinchiuse nella propria stanza, rifiutandosi di bere e di mangiare per giorni interi, fino a quando la madre non la costrinse a farlo con la magia.
Purtroppo le sue emozioni furono completamente messe in secondo piano di fronte al pericolo Mewni correva a causa della sorella. Ciascun membro del consiglio la costrinse a pensare unicamente ad allenare la propria magia, non lasciandole un attimo di respiro, prendendo il posto di ogni altra sua lezione. Perfino l’incoronazione della ragazza avvenne in maniera molto più frettolosa rispetto alle altre, con solo una breve cerimonia prima di riprendere gli allenamenti. Moira ancora ricordava il giorno dell’incoronazione della sorella, e di quando assieme erano fuggite nel giardino per evitare le moine degli invitati. La gioia e la spensieratezza di quei giorni ormai avevano lasciato posto ad un dolore che la ragazza non credeva di poter provare.
I sei anni successivi furono solo un alternarsi di giorni e dolore per la nuova regina, il cui umore non accennò mai a migliorare; i suoi occhi si fecero perennemente tristi, la risata svanì dalle sue labbra ed a malapena parlava, le sue capacità magiche tuttavia erano cresciute enormemente, e con loro anche le preoccupazioni del consiglio nei confronti del ritorno di Mirai.
Quando ciò avvenne Mewni aveva fatto del suo meglio per prepararsi come poteva, creando un esercito ancor più ampio nei sei anni a loro concessi, ma di fronte a ciò che trovarono tutto sembrava esser stato vano.
Mirai giunse nel regno seguita da un gigantesco esercito di abomini, che si estendeva oltre i confini dell’orizzonte e divorava ogni cosa di fronte al suo passaggio, i soldati di fronte a ciò non sembravano altro che una goccia nell’oceano; era lì per la bacchetta, e niente avrebbe potuto fermarla.
Contemporaneamente all’attacco alle mura degli abomini Mirai attaccò il castello con la propria magia, frantumandone metà con un solo gesto della mano, Moira di fronte a questo fu costretta ad intervenire, ma ancora un barlume di speranza nel suo cuore la portava a sperare di poterla convincere a fermarsi, e raggiungendo la sorella nel cielo dove volava tentò di parlarle mentre l’alto consiglio conteneva i danni.
Purtroppo le sue parole non furono altro che echi lontani, Mirai non pensava ad altro che al potere, a come le appartenesse di diritto, ed ancora come sei anni prima diede alla sorella la possibilità di unirsi a lei. Non avrebbero più dovuto stare separate, avrebbero recuperato gli anni di distanza e l’intera magia sarebbe stata soltanto loro, doveva solo consegnarle la bacchetta che teneva tra le mani, ma ancora una volta la sorella rifiutò, e lo scontro non poté più essere evitato.
Mirai non ebbe alcuna pietà per lei, tentò di privarla della linfa vitale come aveva fatto con i soldati ed i poveri innocenti che ora riempivano le fila del suo esercito, ma Moira riuscì ad impedirglielo ed a cercare di contenerla e di immobilizzarla, con risultati altrettanto scarsi.
Mentre le due combattevano nel cielo l’essenza delle loro magie si palesava in tutto il loro tragico splendore; quella di Mirai era come un gigantesco buco nero che assorbiva ogni cosa, lasciando solo il vuoto attorno a sé, mentre quella di Mirai era un sole accecante che lottava contro l’oscurità, e la sua luce non faceva altro che aumentare.
Ad un tratto le loro stesse magie presero completamente il controllo dei loro corpi, facendole entrare nello stato chiamato da loro madre Butterfly. L’intero corpo di Mirai divenne completamente nero, gli arti lunghi e magri dalle unghie acuminate, le ali minacciose ed una spaventosa bocca dai denti affilati, dalla quale uscivano dei ringhi gutturali, Moira invece era completamente l’opposto.
La sua era una figura interamente di luce bianca, dalle mani gentili e le ali affusolate, senza bocca ma dai tristi e grandi occhi che anche in quello stato guardavano la sorella con amore.
La loro lotta assunse dei toni molto più brutali, nascondendosi talvolta tra le nuvole impedendo a chiunque altro di saperne l’esito, mentre Mewni veniva rasa al suolo dagli abomini, la loro avanzata però venne interrotta da un raggio di luce che, scagliandosi sul regno, danneggiò solamente quelle creature senza ferire i sopravvissuti.
La figura della regina Moira discese lentamente dal cielo, sola e con ancora la bacchetta con sé.

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Capitolo 14
*** La Farfalla ***


La Farfalla.
 


 
"Breve fu il suo regno,
che di memoria non fu degno.
Un nome perso nella storia,
e così ogni sua gloria.
Nulla ha più importanza, tutto è andato perduto,
con l’ultimo nome da tempo ormai caduto.
L’unico suo ricordo è della bacchetta il passaggio,
di una vita intera il solo retaggio.
Che questo suo vuoto fosse una sorta di punizione?
o un segno di rottura della tradizione?
Di lei nulla si sa, e mai se ne parlerà,
sepolta dalla nuova dinastia che nascerà.
E l’universo si unirà."

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