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di Soraya_idk
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Derek’s pov ***
Capitolo 2: *** Stiles' pov ***



Capitolo 1
*** Derek’s pov ***


L'enorme cancello della Fairytale Academy si aprì liberando il passaggio a centinaia di nuovi studenti. Quest'anno la scuola accoglierà tra i più famosi e importanti figli dei personaggi delle favole mai conosciuti. Questa coincidenza è dovuta principalmente al fatto che è il primo anno di apertura dell'accademia e quindi dapprima non vi era una selezione tra i normali e gli speciali . Ciò non toglie che i figli dei cattivi, come Malefica, Jafar o Ursula, potessero effettivamente entrare a far parte di questa piccola cerchia di alunni. Certo, il preside della scuola aveva lottato molto per far si che non ci fossero distinzioni, ma i Supremi non glielo concessero. 

Parlando di preside...

"Buongiorno a tutti ragazzi, sono lieto di vedervi così numerosi quest'oggi. Spero di rivedervi tutti integri anche a fine anno." parlò con un ghigno divertito sul volto "Comunque sia, i vostri dormitori vi aspettano. Sono divisi in sezione maschile e sezione femminile. Sarete in due per camera e sul vostro letto troverete gli orari delle lezioni, i regolamenti dell'istituto e l'elenco delle attività extracurricolari. Bene, ho detto tutto. Se avete dubbi o domande rivolgetevi a tutti fuorché a me. Buona giornata e buon inizio di anno scolastico". E detto questo salì l'enorme scala posta al centro dell'ingresso e scomparve dalla vista dei presenti.

A fine discorso vi furono alcuni attimi di silenzio susseguiti da un forte vocio e spintonamenti. Nessuno dei ragazzi infatti aveva la più pallida idea di dove fossero i dormitori e cercavano di farsi spazi tra la folla creando solo più confusione. 

Quando Derek entrò nella scuola ed ebbe la conferma di non avere altre persone intorno, tirò un sospiro di sollievo. Odiava essere circondato da altri esseri viventi in grado di rivolgergli la parola. Era sempre stato un tipo silenzioso, che stava sulle sue. Preferiva la compagnia che offrivano i libri, rispetto a relazionarsi con persone in carne e ossa. Derek era fatto così, molto più simile a sua madre Belle di quanto credesse. Già, Belle. La stessa Belle che riuscì ad innamorarsi della temuta e insensibile bestia che la rese prigioniera nel suo castello. La stessa Belle che spezzò l'incantesimo baciando il suo rapitore e lo fece tornare principe e soprattutto umano. La stessa Belle da cui nacquero tre stupendi figli, Cora, Derek e Laura. 

Quest'ultima gli mancava da tempo. Da quando l'incendio alla baita gliela aveva strappata dalle mani, riempiendolo di sensi di colpa e di notti insonni. Per quanto riguarda Cora, invece, gli sarebbe venuto a mancare la sua continua voglia di chiacchiere fino a tarda sera mentre lui cerca di leggere, l'irrefrenabile voglia di ficcare il naso nei suoi affari personali e la capacità di farlo immischiare nei casini. Beh, forse avrebbe avuto un anno di pace e tranquillità dopo tanto circondato da pagine e pagine di libri mai letti.

O forse no...

Per Stiles arrivare puntuale era sempre stato un problema. Non si spiegava come la sua inseparabile Jeep blu riuscisse a rompersi ogni volta che dovesse rispettare un preciso orario. Forse della magia scorreva nel suo motore. Potrebbe anche darsi, non si è mai troppo prudenti con queste fate. Potresti averle fatto dei torti e non esserti mai scusato e boom...incantesimo. La sua mente continuava a viaggiare nelle sue azioni passate per trovare riscontro di qualche cattiveria fatta a possibili esserini fatati quando si scontrò contro qualcosa di duro. Solo dopo aver schiantato il sedere sul pavimento riuscì a dare forma a quel qualcosa. Era una schiena. E che schiena, se si può dire. Il proprietario di quelle spalle possenti e larghe si girò così da permettere a Stiles di bearsi della sua completa bellezza. Il dio greco era vestito in maniera molto semplice e agibile: maglia verde scuro con scollo a v, jeans neri larghi al punto giusto che gli risaltavano il fondo schiena e una giacca di pelle che aveva sicuramente avuto anni migliori.

La stessa visione paradisiaca non la ebbe allo stesso modo Derek, che guardava dall'alto verso il basso Stiles con sguardo truce. Il castano non si poteva di certo considerare figlio di un re dal suo abbigliamento, piuttosto di un falegname. Indossava una semplice maglietta nera e dei pantaloni scuri, il tutto abbinato ad una camicia a quadri rossi, blu e bianchi aperta.

"Dovresti guardare avanti quando cammini" disse senza neanche porgere una mano in aiuto al ragazzo ancora mezzo sdraiato in terra.

In quel momento Stiles si risvegliò dalla sua trance e con ben poca agilità riuscì a mettersi in piedi. Si scosse il tessuto dei pantaloni con le mani e poi le porse a Derek presentandosi: "Stiles, piacere!".

Il corvino lo squadrò da capo a piedi sollevando in maniera quasi innaturale le sopracciglia scure, per poi girarsi scuotendo il capo e in completo silenzio dirigersi verso i dormitori sperando di non incrociare più alcun essere capace di respirare.

 

Arrivato a quella che sarebbe stata per tutto l'anno la sua camera, Derek vide affissa alla porta una lavagnetta con su scritto <> e accanto ai loro nomi lo stemma del regno di appartenenza. Constatò che il suo nuovo compagno di stanza venisse dal regno di Aurora e Filippo e che probabilmente fosse proprio l'erede al trono di cui aveva talvolta sentito parlare. Non si stupì affatto quando varcando la soglia la prima cosa che vide furono dei capelli biondi e mossi, quasi ricci, proprio come la regina. Sentendo la sua entrata, Isaac si girò e gli rivolse un modesto sorriso salutandolo cordialmente. Dopo aver ricambiato il saluto, gli occhi verdi e profondi di Derek si spostarono a rassegna della camera. Era molto spaziosa e luminosa, i mobili era di legno scuro con rifiniture più chiare. I due letti erano situati ai due lati opposti della stanza accantonati alle pareti con le testate rivolte verso la porta. Ai piedi di essi vi erano i comodini e al di sopra degli scaffali vuoti. Gli armadi erano molto alti e si trovavano agli angoli più vicini all'entrata. Davanti a lui, in fondo alla stanza, un gradino portava al secondo livello in cui vi era una scrivania sostenuta da sottili, ma robusti tronchi fissati al parquet. Infine una maestosa finestra che faceva entrare la luce solare rendeva l'ambiente più suggestivo e quasi da favola.

Neanche l'avesse letto nel pensiero, Isaac, poggiandogli un braccio sulla spalla, commentò: "Sembra di stare in una stramaledetta favola! Come se non fosse già abbastanza il peso che portiamo sulle spalle per essere prossimi eredi al trono". 

E aveva ragione, aveva dannatamente ragione. Per Derek sostenere il peso di un intero regno sarebbe stato un inferno. Già se lo immaginava, lui che con le persone non voleva avercene a che fare e si ritrovava ad esserne circondato ventiquattro ore su ventiquattro. Sarebbe stato difficile non pensare al suo futuro da re con una camera e una scuola che continuavano a ricordargli da dove appartenesse. Ma non poteva di certo abbattersi per una così futile problematica personale, o almeno non doveva darlo a vedere.

"Tra cinque minuti ci vogliono tutti in mensa. Ti conviene spreparare la valigia in fretta" gli consigliò Isaac al di sopra del suo orecchio. Nonostante odiasse sentirlo attaccato a lui, Derek preferì non partire col piede sbagliato tirandogli una gomitata tra i denti, quindi si scostò leggermente per raggiungere i suoi bagagli lasciati sopra il letto e riprendersi il suo spazio personale. 

 

La mensa era smisurata, con tavole di legno scuro e panchine sparse per tutto lo spazio. Centinaia di ragazzi erano seduti a instaurare nuove amicizie che li avrebbero aiutati a passare il lungo anno di studio senza la famiglia. In piedi vi erano una decina di persone, molto probabilmente professori, data l'età della maggior parte di loro, che scrutavano la scena.

Quando tutti gli studenti ebbero trovato posto, un uomo di carnagione scura richiamò l'attenzione facendo cadere immediatamente il silenzio nella sala.

"Salve a tutti ragazzi, il mio nome è Alan Deaton e sarò il vostro insegnante di Biologia e Arti Magiche. Sono anche il vicepreside di questa scuola, quindi se aveste problemi potete tranquillamente rivolgervi a me".

Il suo sorriso trametteva fiducia e rassicurazione, anche se il suo sguardo era indecifrabile. Alla sua destra vi era un uomo alto, magro ma muscoloso, capelli brizzolati e una leggera a barba. Si presentò come Chris Argent, professore di Difesa personale. Dopo di lui, una donna giovane dai capelli corvini e occhi attenti si identificò come Jennifer Blake, insegnante di Filosofia e Letteratura Inglese. Il professor Finstock invece insegnava Diritto ed Economia ed era il coach della squadra di lacrosse. Sembrava un tipo strambo con i suoi capelli puntati verso l'alto, il tono derisorio e gli occhi verdi propositamente sbarrati, pensò Derek. Seduta sul bordo di una tavolata vi era donna con lineamenti simili a quelli di Argent e infatti risultò essere proprio la sorella nonchè professoressa di Geostoria. Ed infine vi era Harris, un uomo alto e pallido con gli occhiali che emanava aria di superiorità a ogni poro, insegnante di Chimica e Matematica.

"Finchè studierete e non creerete problemi, non ci saranno divergenze fra noi. Ora avete la giornata libera, per ambientarvi e conoscervi. Avete pieno accesso a tutti i piani e le stanze dell'istituto tranne che per i dormitori di noi insegnanti e la zona ovest chiusa per lavori. Ah, alle 19:30 ci ritroveremo nuovamente qui per la cena". 

Queste furono le ultime parole di Alan Deaton, prima di abbandonare la stanza insieme ai suoi colleghi.

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Capitolo 2
*** Stiles' pov ***


Il giardino della scuola era esponenziale, sul serio, ci avrebbero potuto costruire una pista di atterraggio con aeroporto compreso in quell’immenso verde. C’erano querce secolari e altre tipologie di alberi ogni trenta metri e un sentiero di ghiaia ti accompagnava attraverso il cortile delimitato da piccoli cespugli di rose gialle.
Fin da subito Stiles adocchiò un acero rosso e beh, come non essere affascinato da quelle foglie così particolari. Andò a sedersi sulle sue radici cercando di non dare troppo nell’occhio sebbene ci fossero ben poche persone, dato che a detta dei cartelli era vietato abbandonare il sentiero e camminare sull’erba. Come poteva qualcuno non violare quella regola quando attorno a lui vi era una così vasta varietà di piante con colori magnifici.
Una leggera aria cullava gli irrefrenabili pensieri di Stiles. Quanto avrebbe voluto un tasto di spegnimento per tutte quelle voci che gli ronzavano in testa fin da quando era bambino. Molte volte si era chiesto a chi appartenessero effettivamente, se avesse mai conosciuto i loro proprietari e per quale motivo gli fossero rimaste così impresse, ma non era ancora riuscito a darsi una risposta. L’unica cosa di cui fosse certo era che lo facessero dannare. Lo riempivano di pensieri per lo più malinconici e sbagliati, come quella volta in cui gli consigliarono di fumare una sigaretta e gettarla nel mucchio di legna frutto del duro lavoro di suo padre. Inutile dire che scoppiò un incendio che per poco non devastò pure la sua umile casa situata lì a fianco. Da quel momento Stiles mise da parte il suo futuro da piromane, ma non quello di fumatore. Ogni volta che si sentiva stressato o triste ne accendeva una e dato che ormai queste sensazioni erano parte di lui, c’erano giorni in cui riusciva pure a fumarne un intero pacchetto. Ehi, non ne andava per niente fiero, ma tutti hanno dei difetti e Stiles ne aveva innumerevoli.
Era così distratto dal ricordo delle fiamme da lui create anni fa che per poco si scordò dell’incontro fatto quella stessa mattina all’ingresso dell’istituto.
Era a conoscenza del fatto che solo i figli di personaggi delle favole potevano entrare in quella scuola, ma quel ragazzo sembrava sceso direttamente dall’Olimpo diamine. In tutti i suoi diciassette anni di vita, quasi diciotto in realtà, non aveva mai incontrato un ragazzo così affascinante. Certo, il carattere non era dei migliori dato che non gli aveva offerto nemmeno un aiuto per rialzarsi, e in effetti, aveva pure evitato di dirgli il suo nome, ma questi erano solo futili dettagli in rapporto alla sua bellezza. Le speranze di farselo amico o solo sperare in qualcosa di più però erano sotto lo zero. Si vedeva lontano un miglio che era un principe e Stiles, beh lui era soltanto figlio di un cacciatore e di una donna vittima del suo coraggio.
“Ehi Stiles, ti stavo cercando…lo sai vero che non ci si potrebbe sedere sull’erba?!”
“Si Scott, sono ancora capace di leggere degli stupidi cartelli e sono altrettanto capace di ignorarli. Per quale motivo mi stavi cercando?”
Per Stiles il sarcasmo era un modo di approcciarsi al mondo reale. Non era mai stato bravo a gestire il peso della sua esistenza; sapeva di essere un puntino in confronto alla terra in cui camminava, ma odiava sapere di avere una responsabilità da essere vivente. Le sue parole e il suo comportamento portavano a dei cambiamenti, dapprima magari insignificanti, ma che poi potevano diventare catastrofici. Quando usava il sarcasmo si sentiva vivo, capace di ignorare la sua paura delle conseguenze. Lo sapeva che fosse contraddittorio aver timore di una cosa e poi farla fregandosene, ma lui era fatto così e cambiare sarebbe stato un percorso troppo lungo e complicato da intraprendere.
 
La persona a cui Stiles rispose a tono era appunto Scott. Lo conosceva da neanche tre ore e già lo considerava una delle persone migliori mai conosciute. Il solo fatto che non volesse ucciderlo ogni qual volta gli rispondesse con del sarcasmo, lo incoronava come persona più paziente e comprensiva della scuola. Era ancora troppo presto per dire che avrebbe rischiato la sua vita per quella di lui, ma sentiva che sarebbe nata una forte amicizia.
Lo aveva incontrato nel corridoio che li avrebbe portati alla loro nuova camera. Non appena realizzarono che sarebbero stati compagni di stanza un sorriso comparve in entrambi. Infatti, avevano già stretto amicizia mentre camminavano, parlando dei videogiochi e cantanti preferiti e furono entusiasti di non terminare lì la loro conversazione.
 
“Stavo facendo un guro per la scuola e ad un certo punto ho incrociato lo sguardo con un ragazzo mozzafiato” gli disse Scott. Il timore crebbe subito in Stiles credendo che pure il suo amico si fosse preso una cotta per il suo corvino, ma l’altro proseguì.
“Aveva dei capelli ricci e castani chiaro, sembrava un angelo. Eravamo entrambi bloccati sul posto ad osservarci fino a che uno stupido ragazzo con la giacca di pelle e lo sguardo cattivo non me l’ha portato via”. Un broncio spuntò sul viso del ragazzo.
Ancora Stiles rimaneva sbalordito dalla fiducia che Scott riponesse in lui. Al suo posto non avrebbe mai raccontato un qualcosa di così personale ad una persona appena conosciuta. Forse era lui quello problematico, forse doveva aprirsi di più con le persone, forse si meritavano di avere un ruolo nella sua vita. I pensieri di Stiles si bloccarono non appena realizzò ciò che il suo amico gli avesse detto. Un ragazzo con la giacca di pelle…quante probabilità c’erano che fosse lo stesso di quella mattina?
“Ehi amico, ci sei?” Chiese Scott probabilmente disturbato dal fatto di non essere stato ascoltato.
“Sei certo che quel ragazzo avesse una giacca di pelle nera? Descrivimelo, devo assolutamente sapere se è la stessa persona”
“Stiles sei sicuro di non aver ingerito qualcosa di strano” Io ti parlo di aver visto un angelo e tu vuoi sapere com’era quell’energumeno che me lo ha rubato?”. Un’occhiata gelida venne rivolta a Scott il quale continuò subito dicendo: “Capelli scuri e faccia da chi ti vuole prendere a pugni in faccia”.
Era sicuramente lui, pensò Stiles.
“Ha per caso detto qualcosa? Tipo il suo nome o il numero della stanza?” Aveva bisogno di sapere, odiava non essere a conoscenza delle cose che gli interessavano e sicuramente quel ragazzo gli interessava.
“No amico, eravamo distanti, non ho sentito nulla…ma si può sapere perché vuoi tutte queste informazioni? Mi devo preoccupare?”
“Ma va Scott, niente di importante, davvero” e invece importante lo era, eccome se lo era, ma come poteva esporsi con così tanta facilità ad una persona di cui non conosceva nemmeno il cognome. Magari tra qualche mese si sarebbe ritrovato per i corridoi della scuola delle sue foto con allegati insulti per il suo orientamento sessuale allegati alla sua origine non regale. Meglio evitare, almeno per il momento.
 
L’ora di cena era vicina, perciò, Stiles e Scott si diressero verso la mensa per prendere dei posti. Non molti altri studenti l’avevano pensata come loro, quindi nella vasta sala solo due tavolate erano piene. Optarono per sedersi all’angolo dal quale si poteva avere la visuale di tutta la mensa. Più i minuti passavano, più i tavoli venivano occupati. Anche il loro accoglieva ora altre due ragazze. Una sembrava abbastanza presa dal suo telefono mentre l’altra, dai lineamenti orientali, sembrava sul punto di iniziare una conversazione con i due amici, ma finiva sempre con rinunciarsi e fissare un punto nel vuoto.
“Per tutti i malefici, è lui…mi sta guardando”
Stiles all’inizio non capì ciò che Scott gli avesse detto, poi seguendo il suo sguardo individuò un ragazzo seduto in una delle tavolate centrali. A prima vista era carino, ma sembrava una di quelle persone con pochi interessi e svogliate. Accanto a lui, una bionda tutta curve stava conversando animatamente con un ragazzo di colore e molto muscoloso, al cui confronto Stiles sarebbe sembrato un ramoscello. Seduto proprio vicino a lui, invece, c’era il soggetto dei suoi desideri più segreti, il quale probabilmente sentendosi osservato si voltò. Fu in quell’istante che il cuore del castano ebbe un sussulto. Se qualcuno dall’esterno li avesse visti avrebbe pensato a una gara di sguardi tra i quattro. Ma era qualcosa di più, qualcosa di completamente nuovo e impensabile, qualcosa a cui nessuno era preparato.

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