Quell'estate colpevole

di HHall93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Intro ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 37: *** Capitolo 36 ***
Capitolo 38: *** Capitolo 37 ***
Capitolo 39: *** Capitolo 38 ***
Capitolo 40: *** Capitolo 39 ***
Capitolo 41: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Intro ***


Ciao a tutti,
mi sono finalmente decisa a pubblicare e concludere una storia iniziata dalla sotttoscritta ben quattro anni fa.
Mi riesce difficile crederci. 
Sto pubblicando la "versione originale" anche sul mio account Wattpad HHall93 che è leggermente differente (cambiano solamente alcuni nomi dei personaggi principali). Qui su EFP volevo semplicemente creare una versione più autonoma e personale rispetto a quella di anni fa basata anche su personaggi famosi realmente esistenti.
La trama generale possiamo definirla un giallo anche se presenta tantissime sfumature di vita adolescenziale nella quale ciascuno di noi può immedesimarsi in stile commedia.
Pubblicherò due capitoli a settimana, mercoledì e domenica.
Spero davvero che possa piacere, buona lettura!

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Parte prima

Era il 3 luglio 2016. Era una di quelle giornate dove il sole ti scotta la pelle e hai voglia di tuffarti in acqua a qualsiasi costo. Una di quelle giornate luminose che riescono a farsi apprezzare anche dalle anime più cupe. Tuttavia io non ero diretta in nessun posto luminoso e affascinante ma bensì alla stazione di Brixton, dove avrei preso il treno diretto a Birmingham per raggiungere le mie amiche all'attesissimo concerto dei The Fray, la nostra band preferita. Il gruppo si sarebbe esibito nelle due tappe consecutive di Birmingham in quei giorni e per nulla al mondo mi sarei persa quel concerto così tanto atteso. Quando mesi prima erano uscite le date del tour eravamo così felici che comprammo i biglietti per entrambe le serate, e questa piccola pazzia si stava rivelando molto utile per me: sarei dovuta partire il giorno precedente insieme alle mie amiche ma in seguito ad un incidente stradale di mio zio mi ero persa il primo evento. Le sue condizioni non si erano rivelate gravi come erano apparse all'inizio così decisi di raggiungere comunque le altre, almeno per la seconda serata. Nessuno aveva potuto accompagnarmi data l'agitazione dei parenti ancora all'ospedale e viaggiare da sola mi rendeva nervosa.
Arrivai alla fermata degli autobus alle 14:40. Mancavano ancora 5 minuti all'arrivo ma cominciai comunque a farmi prendere dall'ansia.
E se avessi sbagliato fermata? Se avessi sbagliato autobus? Se fosse stato pieno?
Dovevo calmarmi. Non potevo agitarmi sempre per ragioni così futili.
Ma ero fatta così.
Mi appoggiai al palo sul quale erano scritti gli orari degli autobus e cominciai a osservare indiscretamente le persone sedute sulla panchina in prossimità della fermata. Una mamma spingeva avanti e indietro la carrozzina con il figlio, un uomo sulla quarantina leggeva il giornale e un ragazzo muoveva la testa a ritmo della musica che stava ascoltando con le cuffie. Erano tutti tranquilli tranne me.
Per far passare il tempo provai a immaginare la storia di quegli sconosciuti, dov'erano diretti e che tipo di persone fossero.
Ricordo che mi posi questa domanda: se qualcuno avesse provato a fare il mio stesso gioco, cosa avrebbe pensato di me quel giorno?
Ero una normale ragazza di diciassette anni che viveva in una normale città con una vita altrettanto normale e quello sarebbe stato un giorno, speciale sì, ma come tanti altri.
Se non avessi incontrato lui.
In quel momento però, appoggiata a quel palo, l'unica cosa che desideravo era poter essere al concerto. Il mio primo concerto. Nonostante la distanza, convincere i miei genitori non si era rivelata un'impresa ardua: essendo figlia unica molte volte mi bastava fare un discorso ben motivato e loro si convincevano; cominciavo a raccontargli che essendo la loro unica figlia avrebbero dovuto lasciarmi fare questo e quello altrimenti sarebbero stati presi dai rimorsi.
Sì, posso essere molto ruffiana.
Ma in fondo si tratta solo di avere buoni doti di persuasione.
L'autobus arrivò nell'arco di qualche minuto e mi affrettai a salire, scoprendo purtroppo che una delle mie paure si era verificata: era pieno.
L'unico posto libero era in prima fila accanto a una tizia bionda spilungona con la puzza sotto al naso che si dimenava con la musica nelle orecchie. Forse anche lei stava andando ad un concerto...
Lasciai quel posto alla mamma con il bambino e decisi di proseguire sperando che qualcuno scendesse ma poi notai un posto vuoto in penultima fila accanto a una ragazza dai lunghi capelli rossi.
I miei occhi tuttavia si soffermarono su qualcun altro: dietro di lei c'era James Hill.
Non ci potevo credere.
Non era reale.
Conoscevo lui e il suo gruppo solamente di vista, non ci avevo mai parlato.
Era tra i più popolari della mia scuola.
Mi avvicinai nonostante stessero facendo una confusione pazzesca.
-Posso sedermi?- chiesi sorridendo alla ragazza dai capelli rossi.
-Certo- rispose lei togliendo la sua borsa dal sedile.
Mi trovavo dalla parte del corridoio. Bene. Durante le gite scolastiche mi sedevo sempre da quel lato per poter interagire meglio con i compagni cercando di evitare di farmi film mentali guardando fuori dal finestrino, rischiando di sembrare asociale.
James e il ragazzo con i ricci a fianco a lui frequentavano il mio istituto, stavano per terminare l'ultimo anno.
Avevo sempre notato James, fin da quando, tre anni prima, avevo cominciato le lezioni nella scuola affianco alla sua. I cortili dei due edifici confinavano e io lo osservavo sempre mentre rideva con i ragazzi del suo gruppo.
Il suo sorriso era il più bello del mondo.
Era la prima persona che cercavo entrando e uscendo da scuola; anche solo vederlo mi migliorava la giornata, mi rendeva più rilassata.
Capii di essere innamorata quando ogni volta che leggevo frasi romantiche o qualcuno parlava d'amore io sorridevo pensando a lui.
In realtà il concetto di "amore" non l'avevo mai capito fino in fondo: i sentimenti non si dividono in amore e odio. Ci sono troppe sfumature in mezzo che ancora non mi erano chiare. Io ero un esempio perfetto di come l'amore fosse strano: mi innamorai di una persona che non sapeva della mia esistenza, che non mi aveva mai nemmeno parlato. Che cosa aveva fatto sì che io, tra tutte le persone che avevo incontrato nella mia vita, vedessi lui come avvolto in una luce dorata? Come poteva essere una situazione così bella e così triste allo stesso tempo? Speravo sempre che alla mattina, quando passava con il suo skateboard davanti al bar dove facevo colazione, entrasse e in qualche modo mi notasse, invece non si era mai fermato e non mi aveva mai notata, nemmeno per sbaglio.
E nonostante questo, per tutti quegli anni, era stato l'unico ragazzo a cui avessi mai pensato.
Ero sempre stata così: mi intrigavano gli amori platonici e quelli per i quali era necessario lottare. Anche se, arrivato il momento di mettersi in gioco, la paura aveva in genere la meglio: non avevo mai avuto il coraggio di dirgli niente, nemmeno di avvicinarmi al suo gruppo.
Eravamo troppo diversi.
O almeno questo era quello che pensavo io.
Non sapevo se la rossa di fianco a me li conoscesse. Sembrava molto impegnata al cellulare così decisi di tirarlo fuori dalla borsa anche io per controllare per la milionesima volta l'orario.
Sarei dovuta arrivare alla stazione alle 15:10.
Assurdo come quell'anno i The Fray non fecero tappa a Londra: abitando nel quartiere di Brixton sarebbe stato perfetto per me. Era una cittadina semplice ma tutto sommato mi piaceva. Brulicava di parchi e strade con negozi ma la maggior parte del tempo io lo trascorrevo in palestra e a scuola, la quale sarebbe terminata dopo tre giorni, uno dei quali era domenica.
Sapevo già che sarei stata promossa, anche se quell'anno era stato veramente difficile per me. Era stato in un certo senso diverso dagli altri.
Tutto si era rivelato più complicato del previsto: le materie, gli insegnanti e non da ultimo il rapporto con le mie due attuali migliori amiche.
Le adoravo, anche se negli ultimi tempi avevo notato dei comportamenti insoliti in loro. Ma d'altronde la scuola aveva stressato tutti.. con l'inizio dell'estate le cose sarebbero di certo migliorate. Ero assorta nei miei pensieri e sui possibili ritardi del treno quando da uno dei cinque posti in fondo al pullman subito dietro di me partì un urlo che sovrastò gli altri e che mi fece sobbalzare.
La rossa si voltò bisbigliando a James: -Dai! Spaventate le persone a urlare cosi, smettetela-
-Ma dillo a loro, cazzo c'entro io- le rispose lui.
Li conosceva. Sorrise e tornò a voltarsi.
Con la scusa di essermi girata per ascoltare quello che aveva detto la ragazza mi soffermai a guardare il sorriso bellissimo e gli occhi azzurri da favola di James.
La sua voce poi.
Era la prima volta che l'ascoltavo da vicino. Nonostante avesse detto solamente sette parole, tra cui una era anche un’imprecazione, in quel momento decisi che sarebbe stato il suono che più preferivo al mondo. A scuola faceva spesso battute stupide alle quali tutti ridevano ed era sempre con quelli del suo gruppo, per questo alcuni pensavano se la tirassero... perchè stavano sempre per conto proprio. Al contrario di quanto aveva appena detto, James era uno di quelli che stava facendo più confusione sull'autobus. Mi soffermai a guardare gli altri suoi amici: da vicino erano ancora più belli.
Il ragazzo riccio nell'angolo aveva le cuffie nelle orecchie, la testa appoggiata al finestrino e guardava fuori dal vetro appannato con i suoi grandi occhi verdi e malinconici. Lui era Nathan. Da quel poco che avevo scoperto osservandoli avevo capito che Nathan era dolce e molto timido; era gentile con tutti e per questo era simpatico alla maggior parte della scuola. C'era anche chi diceva di odiarlo ma è questo che accade quando si è troppo belli: aveva un sorriso e uno sguardo dolcissimi e a chiunque sarebbe venuta voglia di toccargli i ricci. Spesso a scuola si guardava intorno con aria persa e molti si domandavano a chi o a cosa stesse pensando, se avesse per caso una misteriosa ragazza nella testa...
Dall'altra parte accanto a James c'era un ragazzo castano, con il ciuffo sugli occhi e il cappello con la visiera al contrario. Era Christian, il figlio della compagna del padre di Noelle, una delle mie due amiche che mi aspettava a Birmingham, ma l'avevo visto pochissime volte. Era pieno di tatuaggi, indossava dei jeans neri attillatissimi e una semplice canottiera nera smanicata.
Rideva, ma aveva comunque uno sguardo minaccioso. Non so perché ma ebbi la sensazione fosse pericoloso mettersi contro di lui. I suoi occhi azzurro ghiaccio sembravano nascondere un passato difficile, ma queste erano solo mie supposizioni. Urlava cori da stadio e altre cose che io non capivo insieme al ragazzo moro seduto di fianco, anche lui pieno zeppo di tatuaggi e con i piercing alle orecchie: Jaden Castillo, chiamato da tutti J.C.. Anche lui non aveva un'aria molto amichevole a primo impatto, anche se... aveva un fascino misterioso, quasi da cattivo ragazzo. Non aveva proprio una bella reputazione tuttavia io non lo conoscevo, se non di fama. L'altro era Thomas, se ne stava tranquillo al cellulare massaggiando; era robusto e secondo me aveva qualche anno in più dei suoi amici, infatti credo stesse quasi per terminare l’ultimo anno di college. Alla fine delle lezioni passava insieme agli altri a prendere James e Nathan, gli unici che ancora frequentavano la scuola, poi partivano su due macchine, ma nessuno sapeva dove andassero.
Notai che non era presente il ragazzo alquanto bizzarro dai capelli rossi che a volte stava con loro. Lo si notava poco a causa del suo carattere riservato.
Erano tutti esageratamente belli. Questo l'avevo sempre pensato. A scuola chiunque li guardava perché davvero avevano qualcosa di misterioso e bellissimo. Sembravano un po' la famiglia Cullen di Twilight.
In quel gruppo l'unico legame di sangue era quello tra J.C. e Thomas: erano cugini. Ne ero a conoscenza grazie a una ragazza dell’ultimo anno alla quale avevo chiesto informazioni. Davanti ai ragazzi, nella corsia dell'autobus opposta alla mia, c'erano le due ragazze del gruppo ovvero Marina Campbell, la fidanzata di J.C., la quale doveva avere circa ventidue anni e la sua amica bionda. Marina era adorata da tutti i miei compagni nonostante la si vedesse solamente nei cinque minuti in cui si fermava a parlare davanti alla scuola: era solare, divertente e anche lei bellissima, con i suoi lunghi capelli biondi, il piercing al naso e un gran bel fisico. Noelle diceva che avrebbe potuto fare la modella ma io le rispondevo sempre che anche lei avrebbe potuto, dato che erano simili di aspetto. Cominciavo a sospettare che lo dicesse solo per sentirsi dare questa risposta.
L'amica di Marina era anch'essa bionda e con un bel sorriso, ma era più timida, perciò meno conosciuta e meno notata.
Non sapevo quali altri legami ci fossero in quel gruppo, ma mi piacevano.
Avevo da sempre voluto conoscerli e infatti mi stupì tantissimo quando Marina, smettendo all'improvviso di darsi lo smalto, si voltò verso di me: -Ehy, come mai non ci sono le tue due amiche con te?- mi chiese con un gran sorriso.
Ci misi un attimo a risponderle, tanto ero sorpresa che mi avesse rivolto la parola. Non pensavo sapesse con chi stavo a scuola e non pensavo nemmeno sapesse della mia esistenza. Il gruppo si era zittito per ascoltare la mia risposta.
-Le sto raggiungendo a Birmingham per un concerto, perché ho avuto dei problemi a casa e quindi io le raggiungo oggi- le risposi balbettando e ripetendomi.
James si sporse dal sedile e strappando una strana caramella coi denti, mi rivolse per la prima volta la parola: -Uh che concerto?-
-Dei The Fray- dovevo stare calma.
-Ah capito, sono fighi loro- continuò James.
-Siii io adoro Ben!- intervenne Marina.
-Chi cazzo sono sti qua?- chiese J.C. già infastidito. Mi face sorridere la sua così evidente gelosia.
-Niente amore, una band che non conosci, lascia stare, come ti chiami?- perchè Marina era interessata a me?
-Aria- le risposi.
-Ah si, ti ho vista, sei al penultimo anno vero?- mi chiese il ragazzo dagli occhi di ghiaccio. Aveva una voce strana e acuta ma semplicemente stupenda. Oddio. Calma.
-No. Cioè si. Cioè devo cominciare l'ultimo a settembre-
-Ma sei nell'altra scuola tu vero?- mi domandò Nathan con un sorriso, staccandosi dal vetro e togliendosi una cuffietta.
-Sì sì, è del linguistico, l'ho vista in giardino- rispose Marina anticipandomi. Lui annuì. Momento di silenzio imbarazzante in cui tutta l’attenzione era ancora concentrata su di me. Cercai una domanda.
-Beh come vi chiamate voi?-
-Come se non lo sapessi- bisbigliò J.C., ma in modo che anche io potessi sentirlo.
Marina lo guardò malissimo.
Con altrettanta faccia scocciata gli risposi: -Non di tutti- ed era anche vero.
Ok, praticamente tutta la scuola (e non solo) sapeva il loro nome, non saprei nemmeno bene spiegare perché, a volte si diventa conosciuti senza ragione, ma poteva risparmiarsi di tirarsela in modo così evidente.
-Beh io sono Marina, piacere- disse porgendomi la mano. La sua amica si chiamava Payson e la rossa era Taïsse, aveva origini belghe.
-E voi dove state andando?- volevo continuare a parlare con loro.
Quel momento sarebbe stato da raccontare e sapevo già che le mie amiche sarebbero state invidiose. Io lo sarei stata.
-Eeeh non si può dire tesoro- mi rispose James, appoggiato con le braccia al mio sedile.
James Alexander Hill mi aveva appena chiamata tesoro. Probabilmente lo usava come intercalare con le ragazze.
Già dal fatto che sapessi tutti i suoi nomi si poteva capire quanto lo stalkerassi.
-Ma finiscila- lo zittì Marina -stiamo andando a vedere il Manchester ad Hastings. Prima però facciamo sosta sulla spiaggia-
-Wow figo- le sorrisi. Quindi dopo che passavano a scuola andavano a vedere delle partite di calcio?
Mi misi ad ascoltare quello che James stava dicendo ad Nathan: -Ricordami domani che registro quel coglione di fisica così poi vediamo chi ride per ultimo quando mi darà tre e io avrò le prove che non me lo merito!-
-Ma tu ti meriti tre...- gli fece notare Nathan.
-Ma cazzo dici! Hai visto come mi guarda quello? Mi detesta!-
-Ma no, è solo che fai molto casino...- tentò di nuovo il riccio alzando gli occhi al cielo.
-No, lo odia proprio- intervenni io.
-Visto!? Visto!?- cominciò a urlargli James.
-Aspetta, stai calmo. Perché dici così?- mi domandò Nathan tentando di scrollarsi di dosso James.
-Perché abbiamo lo stesso prof e un giorno è entrato in classe incazzato nero dicendo che "quel cretino biondo della 4A", sue parole, gli aveva rotto i coglioni- sperai che nessuno mi domandasse come facevo a sapere che era anche il suo insegnante.
-Fine questo tizio- commentò Taïsse.
-Guarda giuro che lo asfalto domani mattina!!- James aveva ricominciato a urlare.
-Con uno skateboard J fai ben poco- era intervenuto Thomas.
Marina mi spiegò che il padre di James non gli aveva più permesso di usare la sua bicicletta da quando l'aveva distrutta schiantandosi contro un palo della luce. Più venivo a conoscenza di cose su di lui più mi sembrava fuori di testa.
-Vado in skateboard perché mi piace!- ribattè.
-Certo- rise Thomas.
James gli fece il dito medio fingendosi offeso.
-Io dico solo che se il Manchester non vince parto a dare calci nel culo a tutti quanti loro- annunciò J.C. cambiando discorso continuando a urlare, come se volesse far sapere a tutti che era tifoso del Manchester. Ebbi la strana sensazione che lui sperava in un'opposizione per poter fare a botte.Mi chiesi se anche le ragazze erano così tifose del calcio o se andavano con loro alle partite solo per farli contenti. Forse con il tempo si erano abituate.
In quel momento mi vibrò il cellulare dalla tasca.
-Pronto mamma dimmi- per un attimo pensai ci fossero brutte notizie dall'ospedale.
Il mio solito ottimismo.
Fortunatamente non era successo niente, anzi mio zio si stava riprendendo piuttosto bene, ma mia madre mi informò che, a causa di un deragliamento di un treno merci, sarebbero stati sospesi tutti i trasporti verso varie città, tra cui anche Birmingham.
No. Non era possibile. Ci tenevo da matti a quel concerto. Lo aspettavo da sei mesi. Cosa avrei fatto adesso? Sarei dovuta tornare a casa...
Pensavo potesse essere una giornata fortunata dato che avevo incontrato il gruppo di James sull'autobus e invece... ma la fortuna virò nuovamente verso di me quando Marina, che evidentemente aveva seguito la telefonata, esclamò: -Puoi venire con noi!- guardò gli altri per avere una conferma ma nessuno le rispose veramente; Nathan e James annuirono un po’ stupiti, Payson e Taïsse sorrisero.
Non poteva essere. Non stava accadendo a me.
Qualsiasi persona per non disturbare o per non sentirsi indesiderata avrebbe rifiutato cortesemente.
Ma io no.
E James Hill mi stava guardando.
-Ehm.. non so, siete sicuri? Cioè mi dispiace imbucarmi così...- avrei dato qualsiasi cosa pur di passare una giornata con lui e i suoi amici. Marina rise.
-Guarda che è normale per noi! In questo momento hai bisogno di un'avventura alternativa e sei stata fortunata: hai trovato noi! E noi siamo esperti di avventure! E guarda che ci si diverte lì! Altrimenti non ci andremmo- Marina sembrava convinta e addirittura pensava che il mio problema fosse il luogo in cui andavano. Se gli altri non mi volevano avrebbero dato in seguito la colpa a lei.
-Ok allora, grazie- ritornai al telefono -Mamma ho incontrato degli amici sull'autobus, mi hanno invitato con loro va bene? Andiamo ad Hastings al mare, torno stasera. Sisi li conosco. Dai mamma fidati! So perfettamente chi sono, siamo nella stessa scuola! Mamma dai già non vado al concerto almeno così passo una bella giornata! Si. Certo. Ok non ti preoccupare. Ciao mamma- ovviamente mi aveva fatto l'interrogatorio e io ci avevo un po' calcato nel rispondere (in fondo non li conoscevo) ma quando praticamente le attaccai il telefono in faccia, lei non richiamò. Avevo evitato di dirle che sarei andata in uno stadio altrimenti avrebbe cominciato una paternale infinita. Glielo avrei detto a cosa fatta; Hastings non era lontana e comunque non avrei accettato un no come risposta.
Sorrisi.
Durante il viaggio continuammo a parlare di cose senza importanza ma io ero contenta anche così. Marina era quella più socievole: mi raccontò del suo lavoro di aiutante estetista e dei suoi aneddoti divertenti. James e Nathan scherzavano con me normalmente e di questo gli fui immensamente grata.
Avvisai le mie amiche che non le avrei raggiunte, senza specificare cosa mi era capitato: quello lo avrei fatto domani, con più calma.

Fu così che conobbi le persone che, in un certo senso, mi cambiarono la vita.
Per una strana coincidenza del destino mi ero ritrovata a scendere da quell'autobus, quel venerdì pomeriggio, due ore dopo il previsto, diretta alla meravigliosa spiaggia di Hastings con il ragazzo di cui ero innamorata da quasi tre anni. D'altronde sono anche questo genere di cose che non ti aspetti, su cui sbatti contro e ti colgono di sorpresa, a dare alla vita qualcosa per cui vale la pena essere vissuta.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Non ero mai stata ad Hastings, però mi erano sempre piaciute le città sul mare. Si trova nella contea dell'East Sussex, sullo Stretto di Dover, sul Canale della Manica. La fermata dell'autobus e la spiaggia distano solo 10 minuti e noi li percorremmo praticamente correndo.
I ragazzi fecero ancora più confusione di quanta ne ebbero fatta sull'autobus tant'è che tutta la gente nei dintorni si voltava verso di noi con aria di rimprovero ma a nessuno di loro sembrava interessare. Evidentemente erano abituati così.
Per quanto mi riguarda stavo sempre vicino a Marina, un po' perchè avevo paura di perdermi in quella città sconosciuta, un po' perché in quel momento era l'unica che parlava con me. Mi domandò varie cose sulla mia vita e sembrava realmente interessata.
-Marina io non ho il costume però...- mi ricordai in quel momento.
-Non ti preoccupare, anche io e Payson non andiamo in acqua. Vedi quel locale? Noi di solito andiamo a prendere qualcosa lì. Ti va?- mi indicò un bar molto carino proprio davanti al mare, circondato da una staccionata in legno.
-Si certo-
Stavamo per entrare quando J.C. ci raggiunse e afferrò per il polso Marina: -Dove andate? Non venite con noi?-
-No, noi entriamo qui. Per adesso non ho voglia di venire in acqua-
-Dai vieni- J.C. si voltò per tornare indietro dando per scontato che Marina sarebbe andata con lui.
-Ho detto di no, smettila!- scrollò il braccio dalla sua presa.
J.C. mise su una faccia da omicida ma poi, tirato per la maglia da Christian, si allontanò con gli altri, che già stavano correndo sulla spiaggia spogliandosi.
-Ti giuro che quando fa così non lo sopporto- affermò Payson aprendo la porta del bar.
-Oh, anche io. Deve capire che non faccio sempre quello che vuole lui-
-Infatti. Ci sediamo lì?- Payson indicò il tavolino con la vista sul mare.
Attraverso la vetrata avremmo potuto guardare i ragazzi da lontano. Io e Marina ordinammo un drink alcolico, mentre Payson un analcolico.
Sapevo per esperienza di reggere veramente poco l'alcool quindi cercavo sempre di andarci piano, ma un drink non mi avrebbe di certo fatto girare la testa! L'unica cosa che mi stava facendo girare la testa in quel momento era James a torso nudo in mezzo alle onde.
Improvvisamente cominciai a desiderare di essere lì, con lui, in mezzo all'acqua..
-Ohi che fai? Non lo assaggi?- per un attimo pensai che Payson si riferisse al fatto che stessi mangiando James con gli occhi ma poi mi resi conto di avere il mio drink sotto al naso. Dio, non me ne ero nemmeno accorta.
-Sì sì certo. Non ricordo più come si chiama- cambiai in fretta argomento.
-Blue Angel- mi informò Marina con un sorriso. Come faceva quella ragazza ad essere sempre così allegra?
Io non ci sarei riuscita neanche con una plastica facciale: avevo mille paranoie, ero ansiosa, estremamente permalosa e talvolta perfino egoista.
Questo implicava che solamente con le persone giuste riuscivo ad essere davvero me stessa. Mio padre e le mie amiche erano al primo posto. Mio padre fin da bambina mi aveva insegnato che una delle cose più importanti nella vita è sorridere; avevo trascorso periodi in cui non mi era risultato facile farlo ma con il tempo avevo scoperto di essere forte, o meglio, più forte di quello che credevo.
-Vedo che Taïsse non si smentisce mai- venni distratta dai miei pensieri da Marina, la quale stava guardando fuori dal vetro in direzione del loro gruppo.
-Zoccola come sempre- asserì Payson finendo il suo drink.
Ero un po' stranita da questo breve dialogo: ero convinta fossero un gruppo ben unito, uno di quelli in cui si condivide tutto e non si hanno segreti.
Uno di quelli fighi, insomma. Taïsse mi era sembrata una ragazza a posto a primo impatto; forse le aveva dato fastidio che aveva preferito andare con i ragazzi. Pensandoci bene, l'avevo vista poche volte con loro.
-Non vi sta molto simpatica?- azzardai a chiedere.
Sì beh ero anche piuttosto curiosa, lo ammetto.
Non accettavo che qualcosa non mi fosse chiaro. Dovevo sempre avere la situazione chiara.
-No ma valà- mi rispose Marina.
Io annuii. Evidentemente non voleva dirmi la verità.
Accorgendosi di essere stata troppo evasiva aggiunse ridendo: -No sai è solo che a volte fa un po' la zoccola appunto, tutto qui-
-Ah- feci una risatina poco convinta.
Mi voltai verso la spiaggia e vidi Nathan su uno scoglio che parlava piuttosto animatamente con Christian, Thomas prendeva il sole sdraiato su un asciugamano in riva al mare e J.C. non riuscivo a trovarlo.
Sollevai un po' di più la testa oltre la staccionata di legno che contornava il bar e vidi in lontananza James che spingeva sott'acqua Taïsse e poi la ritirava su ridendo. Cosa!? Che zoccola. Un sentimento di odio per quella ragazza, inevitabilmente, iniziò a farsi spazio in me. Naturalmente avevo preso in considerazione l'eventualità che James potesse essere fidanzato, ma non ci avevo mai dato troppo peso in quanto non l'avevo mai visto scherzare con una ragazza in particolare.
Ma in quella giornata, in cui era a pochi metri da me, in cui mi aveva rivolto la parola, mi ero autoconvinta di avere una possibilità.
Una possibilità che era già andata in fumo. Mi sembrava prematuro e troppo ambiguo chiedere informazioni a Marina, così decisi di limitarmi a odiare Taïsse in silenzio. Le due ragazze mi spiegarono che tra non molto avremmo preso un altro autobus che ci avrebbe portati allo stadio, ma ormai la mia mente era troppo distratta per ascoltarle realmente, così annui solamente.
-Dai raccontaci qualcosa di te!- beh Marina non si faceva i miei stessi problemi riguardo alla curiosità.
-Eh.. oddio non so che dire- mi passai una mano tra i capelli, tipico mio gesto quando sono nervosa.
-Hai detto che stavi andando al concerto e che le tue amiche erano già là- incalzò lei.
-Si, hanno dormito in un motel e poi..-
-Come si chiamano le tue amiche?- all'improvviso sembrava essere diventata impaziente, ma continuava a mantenere il suo solito sorriso.
-Quella bionda si chiama Noelle e quella mora è Clover, frequentano alcuni dei miei corsi-
-Non so se lo sai ma il padre di Noelle è il nuovo fidanzato della madre di Chris- mi disse.
-Sì lo so- certo che lo sapevo, Noelle era la mia migliore amica.
Non capivo dove volesse andare a parare.
-Ecco.. sai per caso qualcosa su Chris? Nel senso qualcosa in generale che Noelle ha sentito.. per esempio da sua madre? Perchè vedi.. è un po' strano ultimamente quindi io e Pay ci siamo un po' preoccupate per lui.. se sai qualcosa puoi dircelo- rigirava la cannuccia con il dito visibilmente nervosa.
Pensai a quello che mi aveva chiesto ma non mi venne in mente nessuna informazione utile.
-No, mi dispiace ma Noelle non lo conosce quindi se anche ha sentito qualcosa non me l'ha detto e comunque non credo perchè dice che non parlano praticamente mai del figlio-
-Ah ok a posto tranquilla. Speriamo non sia niente di importante -
Payson annuì. Notai in quel momento che era diventata bordeaux. Santo cielo aveva preso anche un analcolico! A mio parere Christian non sembrava triste ma non potevo certo saperlo meglio di loro.
-Com'è nato il vostro gruppo?- questa domanda mi uscì dalla bocca ancora prima di deciderlo.
Avevo sempre voluto saperlo. Tutti avevano sempre voluto saperlo.
-Eeeh storia lunga! Te la dirò un'altra volta. Ora usciamo che muoio di caldo- e subito Marina si alzò dal tavolo.
Ci rimasi piuttosto male ma cercai di non prendermela. Andammo alla cassa per pagare il conto poi uscimmo; Marina quasi inciampò sul gradino perché era tutta concentrata a leggere un messaggio; un messaggio alquanto bello visto il sorriso ancor più radioso del solito che le spuntò, poi alzò lo sguardo e scosse la testa vedendo Christian buttarsi dallo scoglio e finire in acqua con un gran tonfo.
-Oh mio dio ma è una cosa normale? Cioè lo fa spesso?- chiesi spaventata.
-No, ma tranquilla: è Chris. Se non fa una cazzata ogni tanto sta male. Comunque ragazze vado a cercare J.C., ci vediamo dopo- ed ecco trovato il mittente del messaggio. Io e Payson raggiungemmo Thomas in riva.
La spiaggia era interamente ricoperta di piccoli sassi che massaggiavano i piedi. Era una sensazione davvero stupenda sentire il vento caldo che mi scompigliava i capelli unito al panorama del mare calmo e azzurro davanti a me. Chris stava risalendo in quel momento sulla riva.
-Sei proprio un coglione. Se la prossima volta sbatti la testa su uno scoglio non ti vengo neanche a prendere- disse Thomas appoggiandosi sui gomiti e togliendosi gli occhiali da sole.
-Dai brivido alla tua vita Tommy- rispose lui spostando Thomas dall'asciugamano per potersi asciugare.
Nathan ci raggiunse: -Vi va se chiamo James e Tai e facciamo una partita a pallavolo?-
Decidemmo fosse una buona idea quindi ci dirigemmo verso il campo da beach volley proprio accanto al bar, nonostante le proteste di James per uscire dall'acqua. Mi sentivo più a mio agio se c'era anche Marina ma cercai di non darlo a vedere.
-Sai giocare?- mi chiese Christian.
-Sì- non era vero. O meglio, era vero in parte. Avevo praticato pallavolo da piccola ma a scuola nelle ore di ginnastica avevo potuto osservare come la mia bravura si fosse letteralmente vanificata.
-Perfetto allora stai in squadra con me- continuò lui prendendo la palla.
-Te ti voglio contro- James puntò il dito verso Taïsse. Lei gli fece la linguaccia ed entrò nel mio campo.
Il mio odio per lei cresceva di minuto in minuto: non mi aveva nemmeno dato la possibilità di essere con lui in squadra. Si posizionò subito a fondo campo pronta per fare la battuta d'inizio. La fissai. Per quanto io possa detestare una persona mi sono sempre imposta di essere comunque gentile. Nel mio pessimismo a volte mi piaceva cercare il buono nelle persone. E’ un controsenso lo so. Volevo trovare qualcosa per cui poter dire: ma sì dai alla fine non è poi così male. Taïsse in fondo non mi aveva fatto nulla di personale, quindi dovevo provarci anche con lei.
Alla fine la mia squadra era composta da me, Taïsse, Thomas e Chris. Quest'ultimo giocava malissimo: non ne prendeva nemmeno una per sbaglio e continuava a incolpare gli avversari di fare "tiri schifosi". Per fortuna gli altri erano abbastanza bravi. Taïsse si vedeva che sapeva giocare; mi parve proprio di essermi imbattuta in quel genere di ragazza che sa fare di tutto. Non so perchè pensai questo dato che ancora non la conoscevo bene, ma la mia sensazione si rivelò per lo più giusta. I suoi occhi erano estremamente chiari e inoltre portava un costume rosso che si intonava con i suoi capelli, i quali erano raccolti in uno chignon dove le uscivano delle ciocche; tutto questo, unito alla luce del sole che le rifletteva addosso, la rendeva veramente bella.
Io in quel momento ero alle prese con le pallonate che mi arrivavano; alcune delle quali riuscivo a colpire ma nonostante fossimo in numero maggiore mi sembrava che stessimo perdendo di qualche punto.
-Ma a quanto siamo?- urlò James dopo circa venti minuti. Nessuno lo sapeva.
-Tommy dovevi tenere i punti!-
-Io? Perchè io?-
James sbuffò: -Sentite non ho più voglia di giocare quindi chi fa questo punto vince-
Quando Payson schiacciò la palla mi stava per arrivare dritta in faccia, così feci uno strano ed improvvisato gesto con le mani e incredibilmente questa toccò terra dall'altra parte, sfiorando la rete.
Taïsse mi abbracciò di slancio: -Brava! Brava! Brava!-
Cavolo, aveva ancora il costume bagnato. Ma le sorrisi fingendo non mi avesse dato fastidio. Thomas e Chris mi diedero il cinque. Quando si dice la fortuna del (quasi) principiante. D'altronde James era rimasto fermo, Nathan stava guardando l'orologio e Payson era ancora a fondo campo.
-Cazzo state lì impalati! Siamo stati in vantaggio per tutto il tempo, bella idea James!- cominciò a sbraitare lei, non nascondendo una risata.
-Stai calma che è solo un gioco- ribattè lui serio.
-Seh va beh- Payson fu distratta dalla vista di una Marina furibonda che si stava avvicinando al campo per poi prenderla per un braccio e trascinarla con se.
Stava piangendo. Sembrava proprio disperata e non rispondeva ai continui: -Cosa c'è? Cosa è successo?- della sua amica. Tutti noi le seguimmo sulla riva.
I ragazzi stavano sbuffando, come fossero stanchi e abituati a tutto ciò.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Continuando a strattonare il braccio della sua amica, Marina stava facendo una scenata davanti a tutti: -Adesso andiamo a casa!-
Alcuni bagnanti si erano persino voltati verso di noi.
-No adesso non ci andiamo a casa. Hai rotto il cazzo! Tutte le volte è sempre questa storia- Thomas e James sembravano davvero arrabbiati.
A quel punto Marina, sempre più furiosa, trascinò Payson sullo stesso scoglio dove poco prima si trovavano Chris ed Nathan e cominciò a piangere più forte e a gesticolare ma ovviamente non riuscivo a sentire cosa stesse dicendo dalla mia posizione. Arrivò anche J.C.; quando vide Marina in quelle condizioni sbuffò passandosi una mano tra i capelli.
-Stiamo aspettando- gli ricordò Thomas esigendo una spiegazione.
-Cosa? Ma no niente. Esagera per qualsiasi cosa, lo sapete-
-Eh ho capito però tutte le volte fa queste scenate- Chris si avvicinò a J.C., il quale gli sottolineò nuovamente che non era successo nulla di grave.
Io ero rimasta seduta sullo sdraio di Thomas ad ascoltare. Probabilmente le avrà detto le solite cazzate della serie devo riflettere, prendiamoci una pausa...
James si sedette di fianco a me per controllare il telefono nello zaino; il mio cuore cominciò a battere decisamente troppo veloce.
-Mi dispiace che Marina faccia così ma non ti preoccupare, è normale. Poi dopo un giorno o due torna tutto a posto- aveva un accento particolare dato che era irlandese. Amavo questa cosa.
-Sì lo spero. Solo fa strano sai.. loro sono una coppia storica- cercai in ogni modo di apparire naturale, come se stessi parlando ad una persona qualunque.
-Si beh in realtà non poi così tanto...- si scostò il ciuffo bagnato dalla fronte e cambiò in fretta argomento: -Mi dispiace anche che non sei potuta andare al concerto e ti sei ritrovata con noi idioti-
Mi guardò negli occhi: quanta invidia dovevano aver avuto il mare e il cielo il 13 settembre 1998... Non riuscii a sostenere il suo sguardo neppure per mezzo secondo. Avevo la pancia e la mente in subbuglio, in un circolo indefinito di emozioni. Incrociare i suoi occhi a quella distanza era stato come poter volare, anche solo per un secondo.
-No anzi, è stato solamente un cambio di programma- in realtà quel concerto era alquanto importante, ma essere lì in quel momento ripagava ogni cosa.
-Tra un po' dobbiamo andare... mi accompagneresti nel mio ultimo bagno della giornata?- mi chiese alzandosi e porgendomi la mano.
Mi sembrava di essere in un mondo parallelo, come se quelle cose non stessero realmente accadendo a me. Io le stavo semplicemente osservando da spettatore esterno. Mi sentivo sospesa dentro una bolla che non avrei mai voluto far scoppiare.
-La accompagnerei molto volentieri ma non possiedo un costume da bagno in quanto la mia presenza in questo luogo non era stata prevista- scherzai parlando in tono formale prendendogli però la mano per alzarmi.
-Puoi venire nuda- mi fece l'occhiolino.
Risi. Dopo quella frase era meglio se mi limitavo a questo poiché avevo la bruttissima abitudine di sparare frasi insensate quando ero imbarazzata. Con il tempo avevo imparato che la soluzione migliore era tenere la bocca chiusa e sorridere.
Sarei davvero voluta andare con lui in acqua, soprattutto dato che Taïsse si era sdraiata lontano a prendere il sole, ma se avessi cercato di trovare a tutti i costi un costume da bagno James avrebbe cominciato a sospettare. Paranoia. Accettai quando Thomas mi propose di fare qualche partita a carte con lui ed Nathan, il quale stava dando un'occhiata alla lista degli autobus diretti allo stadio. Praticamente vinsi sempre io.
Thomas era piacevole e gli riconobbi il merito di saper mettere le persone a proprio agio; appariva come il più maturo del gruppo, forse anche perché era il più grande. Dava inoltre l'idea di aver sopportato numerose bravate dei suoi amici ma che nonostante tutto fosse ancora con loro.
Dopo poco vedemmo Marina scendere dallo scoglio di scatto e naturalmente ancora incazzata. Era davvero strano vedere la solita ragazza sempre allegra e sorridente con quello sguardo gelido.
-Oddio arriva- disse ironicamente Thomas alzandosi e sistemando le carte dentro la scatola.
Marina si avvicinò a J.C. e con la patetica scusa di dover passare proprio per quel punto, gli mise le mani sul petto e lo spintonò: -Stronzo!-
J.C. barcollò e le rispose immediatamente: -Non far tanto la santa tu, che sei peggio di me-
Lei si fermò di colpo con lo sguardo fisso a terra. Strinse i pugni e tutti noi attendemmo che scoppiasse la bomba, ma poi evidentemente decise che era meglio stare zitta e proseguire.
-È meglio se andiamo eh.. la partita comincia tra un'ora, muoviamoci. Ricordatevi di prendere tutto che io qua non ci ritorno stanotte- ecco appunto Thomas era un po' l'organizzatore del gruppo.
-Sì papà- James alzò gli occhi al cielo e mi fece cenno di andare, così mi affrettai a raggiungerlo.
Mentre alcuni di loro facevano la doccia io tentai di togliermi i granelli di sabbia dalle scarpe.
-Presumo tu non sia mai stata al Horntye Park-
Guardai James con faccia perplessa. Avrei tanto voluto saper alzare un solo sopracciglio, lo trovavo alquanto espressivo.
-È il nome dello stadio- mi spiegò.
-Ah no, in verità non sono proprio mai stata ad Hastings- lui si allontanò da me con una finta espressione disgustata: -Adesso rimediamo. É lo stadio più grande della città, vedrai-
-Quindi Nathan quando hai detto che passa l'autobus?- ci interruppe Thomas.
Nathan guardò l'orologio: -Tra 5 minuti-
-Ok sbrighiamoci-
Aspettammo alla fermata per più di un quarto d'ora.
-Nathan ma cosa cazzo hai guardato? Qua non sta arrivando nessun autobus! Dammi gli orari- Marina frugò nel suo zaino e quando trovò il foglio cominciò a leggere: -Nathan ma tu sei fuori! Il prossimo autobus passa tra un'ora e un quarto!-
-Ma come..?-
-Hai letto quello di domani, che è sabato!-
Tutti ci voltammo abbastanza preoccupati.
-Oddio scusate ho davvero letto male..-
Marina era furibonda e molto probabilmente stava dando degli idioti a tutti nella sua testa.
-Possibile che tu abbia sempre, e dico sempre, la testa chissà dove! Svegliati!- percepì dietro quella frase un'accusa nascosta.
Quando ero piccola mi divertivo a immaginare cosa passava per la mente delle persone. Era un giochino stupido ma divertente che con il tempo mi aveva procurato un buon intuito e la capacità di comprendere quando in un discorso erano presenti alcune frecciatine in incognito. Con Noelle invece avevo sviluppato una vera e propria telepatia: bastava uno sguardo e sapevamo subito quello che pensava l'altra.
Tutti cominciarono a discutere animatamente finchè ovviamente non intervenne Thomas a zittire il caos: -Ragazzi ormai si è sbagliato, cerchiamo di trovare un modo per arrivarci senza prenderci a pugni, per favore!-
-Ah! Quale metodo vuoi trovare? Dobbiamo andarci a piedi!- e così dicendo Marina si incamminò lungo la strada alquanto stizzita.
Praticamente tutti sollevarono di nuovo gli occhi al cielo, ma dato che era davvero l'unica alternativa, la seguimmo. Dovevano essere stati in quello stadio talmente tante volte che almeno non avremmo avuto bisogno del navigatore.
Il clima era un po' teso e immaginavo che Nathan si stesse sentendo terribilmente in colpa.
Dopo un po' di strada percorsa James si fermò: -Ragazzi aspettate! Forse ho avuto un'idea...- lo vedemmo dirigersi verso un negozio che noleggiava risciò.
Lo indicò con un dito sorridendo. Sorrisi anche io, per reazione involontaria.
Vedendo le facce confuse degli altri provò a convincerli: -Dai ragazzi pensateci, è l'unico modo per arrivare in tempo!-
Si guardarono tutti in faccia: sì, era l'unico modo. E così pagammo una barca di soldi per tutte le ore in cui avremmo dovuto tenere le bici. Mi ritrovai nei sedili posteriori schiacciata tra Thomas e James, ma almeno non pedalavo.
Era una scena abbastanza ridicola vedere questi due risciò in giro per la città pieni di ragazzi, uno dei quali pedalava all'impazzata come in fuga da una mandria di zombie: J.C. sembrava un folle al volante, continuava a urlare cosa che non comprendevo e ci diceva di stare tranquilli; davanti Taïsse perdeva continuamente i pedali ma continuava a ridere. Avevamo un distacco di vari metri dal risciò di Nathan, il quale guidava più lento di una macchina con le gomme bucate. Venimmo anche insultati da una vecchia dopo che fummo andati a sbattere contro la sua auto, in più era partito un allarme che probabilmente avevano sentito anche in spiaggia. Avevo le mani nel capelli dal panico: durante tutte le curve il risciò minacciava di ribaltarsi producendo suoni degni di un film dell'orrore; inoltre ero abbastanza certa che saremmo stati arrestati come pirati della strada. Non so grazie a quale miracolo scesi da quella maledetta bicicletta ancora viva, proprio davanti allo stadio, 40 minuti dopo. Il mio pensiero ricorse subito al ritorno, ma in quel momento era meglio con pensarci. Aspettammo Nathan e gli altri, tanto eravamo arrivati persino un po' in anticipo.
Ci mettemmo in fila all'ingresso e fortunatamente c’era un posto libero abbastanza vicino ai loro prenotati.
Quando entrai fu davvero spettacolare: milioni di persone producevano un boato che si confondeva con la moltitudine di luci, creando un effetto magnifico. Cercai di imprimere nella mia mente quel luogo: ero in un posto bellissimo con persone che praticamente non conoscevo e tutto questo era abbastanza elettrizzante. Marina cercò di farsi sentire sopra il frastuono provocato dai tifosi: -Ti piace il calcio?-
-Beh si, ma non lo seguo- le dovetti ripetere questa frase altre due volte in modo che la comprendesse tutta. Per fortuna mi aveva parlato lei perché sinceramente non avrei avuto il coraggio di rivolgerle la parola visto quanto era arrabbiata. Ci sarei rimasta troppo male se mi avesse risposto in malo modo.
Lo stadio era enorme e di forma ellittica, composto da varie parti: in alto e sui lati vi erano le tribune e gli spalti per gli spettatori, i seggiolini erano fissati a strati di cemento rialzati fila per fila. Le tribune si estendevano per tutto il bordo della struttura, in modo da permettere una visione dell'interno più ampia; il campo si trovava al centro dell'edificio ma sul terreno, circondato da sbarramenti formati da reti. Sotto le gradinate dove ci sedemmo noi probabilmente erano collocati gli spogliatoi. Tutto il campo era segnato con del gesso che delimitava e stabiliva le due aree e il centrocampo, che era il centro di tutto lo stadio. J.C., Chris e James si arrampicarono sulla curva per urlare i cori. Lanciavano in continuazione fumogeni, i quali sembravano non finire mai all'interno dei loro zaini. Taïsse li fissava ridendo ed io fui piuttosto certa che sarebbe voluta essere anche lei in mezzo a loro. Ma essendo una ragazza, si era contenuta. Erano decisamente dei pazzi. E forse anche degli ultrà.
Durante la partita mi persi varie volte. Capivo il calcio tanto quanto la matematica, infatti molto spesso domandavo spiegazioni a Thomas, il quale pazientemente tentava di spiegarmi le regole. Probabilmente a volte gli rifacevo anche le stesse domande. In realtà per capire l'andamento della partita mi sarebbe bastato guardare le facce dei tre ragazzi sulla curva: ogni volta che il Manchester segnava in rete sembravano impazzire. Quelli di fianco a me per fortuna si contenevano anche se capii che tutti in quel gruppo ci tenevano parecchio alla sua vittoria. Ci mettevo davvero impegno a seguire la partita ma mi confondevo continuamente e il più delle volte non riuscivo nemmeno a riconoscere i giocatori. Capii il nome dell'altra squadra solamente nel secondo tempo... ero proprio negata. Cercai comunque di memorizzare qualche fallo o qualche situazione particolare in modo da ricordarla più tardi a James, fingendo di essere un'intenditrice. Avrei voluto che fosse rimasto di fianco a me, ma ormai avevo già inquadrato com'era fatto: per quanto gli sarebbe potuta piacere una ragazza, lui in curva a lanciare fumogeni ci sarebbe andato. Forse inconsciamente era una caratteristica di lui che mi intrigava: bisognava conquistarlo.
Continuavo a guardarlo. Se quel giorno qualcuno avesse ripercorso tutta la giornata attraverso i miei occhi probabilmente avrebbe visto per la maggior parte del tempo una chioma bionda e un paio di iridi azzurre. La partita terminò con la vittoria del Chelsea per 3-2. Potete immaginare le proteste e le improvvise ingiustizie che ne fuoriuscirono. Avevo seriamente paura che Chris o J.C. all'uscita cominciassero a rissare con gli avversari. Mentre uscivo dallo stadio rischiai di venire schiacciata almeno un decina di volte a causa della mia statura minuta e non troppo alta. Sicuramente ero anche tra le persone più giovani presenti. J.C. aveva circa ventun anni, Chris mi sembrava averne ventitrè mentre James e Nathan erano ancora diciottenni.
Il viaggio di ritorno fu un incubo. Cambiare risciò mi era sembrato scortese ma forse avrei fatto meglio.
J.C. era incazzato nero e dopo soli tre minuti avevamo perso di vista il gruppo di Nathan. Continuavo a domandarmi se sarei tornata a casa viva.
Per quanto Thomas gli urlasse di rallentare, J.C. continuava sparato a tutta velocità in mezzo alla strada dove ogni macchina ci suonava o ci urlava insulti. Cominciai ad odiarlo: non solo aveva trattato male Marina, perchè per farla arrabbiare così tanto una stronzata doveva pur averla fatta, ma mi stava anche per uccidere su un risciò! La mia morte non me la ero immaginata cosi, non me la ero proprio mai immaginata in realtà.
Quando riconobbi in lontananza il negozio di risciò non ricordo quante lodi feci. Stavo per abbassare la guardia quando J.C. inchiodò di scatto per fermarsi facendomi finire davanti, con la testa in mezzo a lui e Taïsse. Lui rise.
L'unica mia preghiera in quel momento fu che quella volta ci fosse davvero un autobus diretto a Brixton.
Le mie suppliche furono accolte e finalmente appoggiai il sedere su qualcosa di un po' più comodo dei sellini del risciò. Decisi che non ci sarei mai più salita.
Mantenemmo più o meno gli stessi posti dell'andata. Dopo una bella sfogata e una serie infinita di insulti rivolti agli altri tifosi, J.C. mise le cuffie e appoggiò la testa allo schienale. Per non rimanere in silenzio decisi di parlare un po' con Taïsse, così mi voltai verso di lei ma vidi che stava già dormendo, con la bocca aperta e dei lievi sospiri. Marina era ancora piuttosto nervosa, infatti aveva parlato davvero poco con tutti dopo la litigata con J.C., quindi decisi di lasciarla in pace. Mi voltai: anche Thomas si era addormentato. Mandai un messaggio a mia madre per informarla che sarei arrivata tardi poi decisi di scorrere la bacheca di Istagram ed improvvisamente rimpiansi di non avere fatto nemmeno una foto con loro: nessuno avrebbe creduto a quella mia folle giornata. Ad un certo punto mi sentii picchiettare con un dito sulla spalla da dietro: -Pss-
Mi voltai. -James che fai?-
-Facciamo qualcosa?- mi chiese con una faccia da cucciolo.
-Cosa?- ridacchiai.
-Qualsiasi cosa, vieni qua. J.C. cavati-
J.C. si tolse una cuffietta per ascoltarlo e stranamente si spostò senza brontolare. Forse perché dal mio posto sarebbe riuscito a guardare meglio Marina. Mi sedetti di fianco a James. Tutto questo mi sembrava ancora troppo assurdo. Sapevo che lui era espansivo e che quello era il suo modo di fare ma gli fui davvero grata per il mio coinvolgimento in quella giornata. Io ero abbastanza timida all'inizio di un qualsiasi tipo di relazione e probabilmente lui se ne era accorto e non aveva voluto farmi sentire esclusa. Mi porse il suo cellulare e mi disse di scegliere una canzone. Scorsi le playlist e ne notai una davvero importante per me. Più che altro aveva un bel ricordo. Era stata la base musicale di una mia esibizione di ginnastica artistica a Helsinki qualche anno prima. Ricordai che ero emozionatissima di esibirmi davanti alle squadre di tutto il mondo. Dopo 8 anni di duro allenamento finalmente ero stata scelta insieme ad altre nove ragazze per rappresentare una delle squadre inglesi e questo mi aveva resa veramente orgogliosa: uno dei miei sogni fin da piccola era viaggiare per il mondo grazie alla mia passione per la ginnastica. Ma il mio più grande desiderio era quello di visitare Los Angeles, la città che più preferivo al mondo. Helsinki fu comunque un passo molto importante per me; fu un'esperienza davvero magica. 'Written in the stars' era diventata la colonna sonora di quella avventura; ma nel momento in cui cliccai play quella canzone acquistò un nuovo, meraviglioso significato. James non poteva saperlo ma concordò che fosse stupenda, così decisi di raccontargli la mia esperienza. Era piacevole parlare con lui, non solo perché mi piaceva ma proprio perché sapeva coinvolgenti e metterti a tuo agio, inoltre era divertente. Era una di quelle persone che vivono la vita così come capita, che non organizza nulla. E io avrei tanto voluto essere come lui. Parlammo anche della partita e lì ebbi l'occasione di sfoggiare la mia misera competenza in materia ma se non altro mi ero appuntata mentalmente qualche avvenimento.
Ad un certo punto lo vidi tirare fuori dallo zaino un'indelebile nero e voltarsi a sinistra con uno strano sorriso. Mi sporsi dal sedile e vidi Nathan che dormiva appoggiato al finestrino mentre Chris gli scostava dolcemente un riccio che gli ricadeva sulla guancia. In principio mi stupii di quella scena ma poi cominciai a ridere quando James ricalcò il contorno del naso, della bocca e degli occhi di Nathan con l'indelebile. Il risultato fu un misto tra l'inquietante e il divertente. Chris sorrideva, un sorriso tra i più dolci che gli avessi mai visto fare mentre James tra un po' piangeva dal ridere cercando invano di non emettere suoni in modo da non svegliare Nathan.
Come sempre accade il ritorno risultò più breve dell'andata e in poco tempo mi ritrovai alla medesima fermata nella quale qualche ora prima mi stavo creando problemi sull'orario dell'autobus. James si offrì di darmi un passaggio ma rifiutai poiché casa mia era davvero a pochi metri.
Ridacchiai quando vidi la faccia perplessa di Nathan mentre scendeva, inconsapevole del motivo per cui tutti si giravano a guardarlo.
Mentre li salutavo abbracciando le ragazze provai come una sensazione di malinconia. Avrei mai riavuto una giornata come quella? Dopo quel giorno mi avrebbero considerata loro amica?
Sperai con tutto il cuore di sì. Mentre percorrevo la buia via diretta alla mia villetta percepii un'improvviso senso di solitudine, come un vuoto dentro di me.
Quando mi chiusi la porta d'ingresso alle spalle mi accorsi di essere veramente esausta. Appena entrai in casa vidi i miei genitori seduti sul divano intenti a guardare la televisione. Mio padre si voltò subito verso di me: -Ti sembra questa l'ora di rientrare?- spesso mi poneva questa irritante domanda quando tornavo a casa dieci minuti più tardi del previsto e tutte le volte io ero sul punto di rispondere "se volete rimango fuori di più la prossima volta" ma riuscii a trattenermi. Avere sempre la risposta pronta era un'abilità che non piaceva affatto ai miei genitori anche se con il tempo si erano abituati.
Mi appoggiai all'acquario dei pesci all'ingresso e iniziai: -Sì, lo so che abbiamo fatto un po' tardi ma comunque vi ho mandato un messaggio. Ho avuto una giornata un po' intensa e sono stanchissima quindi sistemo la roba, mi lavo e vi racconto- corsi in camera e buttai la borsa sul letto. Mi feci una veloce doccia, presi gli shorts azzurri, estrassi dalla tasca sinistra un sassolino e li infilai nella lavatrice insieme a quella maglietta blu che mi aveva accompagnato durante tutta quella indimenticabile giornata.
Mi avviai in salotto con il mio bel pigiama rosa con le caramelle (sì, me l'aveva regalato la nonna) e le mie ciabatte con le orecchie da coniglio (no, queste erano un regalo di mia zia) con un bel sorriso: se i miei genitori mi avessero vista contenta avrebbero fatto molte meno storie.
-Allora dove sei stata?- lo sapevano benissimo ma a mio padre piaceva ricapitolare sempre dal principio.
Sospirai.
-Ad Hastings- e da lì cominciò il mio racconto.
Descrissi tutto ma preferii tralasciare i disguidi che c'erano stati e il pericolo di venire arrestati per delle biciclette. Per quanto riguarda lo stadio fecero una faccia più che sorpresa ma alla fine si convinsero che ero ancora viva e che quindi potevano smetterla di preoccuparsi. Gli diedi la buonanotte e salii nuovamente nella mia stanza, la quale era al piano superiore della villetta. Appena entrai crollai sul letto rosso al centro della stanza.
Sulla destra si trovava la mia amata scrivania piena di fogli, penne e libri, un computer era appoggiato al muro color rosa pallido. Non mi piaceva per niente quella tonalità che poco si s'addiceva al mio carattere ma ero stata ingannata dai pittori, i quali mi avevano convinta di essere leggermente daltonica e che quello fosse l'arancione che avevo richiesto; ero piccola e gli avevo creduto. Fu un duro colpo quando scoprii la verità. Gran parte della parete di sinistra era coperta dall'enorme armadio bianco contenente i miei vestiti, tutti sistemati in ordine e piegati perfettamente insieme ai miei body e costumi per la ginnastica. Avevo inoltre un bellissimo comodino accanto al letto. Nel primo cassetto erano custoditi gelosamente una moltitudine di gioielli impressionante, della quale andavo piuttosto fiera. Il secondo invece conteneva una scatola chiusa da un lucchetto che sigillava i ricordi della mia vita: un oggetto per ognuna delle esperienze più emozionanti che avevo vissuto o più semplicemente qualcosa che mi ricordasse le persone che più significavano per me. Mi alzai in piedi sul letto e svitai la testa di una vecchia bambola appoggiata su una mensola, raccolsi la chiave e aprii la scatola. Nessuno a parte me e Noelle ne aveva mai visto il contenuto. In genere amavo riguardare i miei tesori nascosti ma quella sera ero talmente stanca che mi limitai ad appoggiarci dentro il sassolino raccolto sulla spiaggia quel giorno. Finalmente mi sdraiai sul letto e scrissi alle mie amiche chiedendo novità. Mi risposero dopo pochi minuti che erano in viaggio e che sarebbero rientrate a breve. Erano molto curiose ma ricordai loro che il giorno seguente a scuola gli avrei raccontato tutto. Appoggiai il cellulare sul comodino, spensi la luce e dopo nemmeno cinque minuti fui avvolta dalle braccia di Morfeo.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Non odiai mai tanto quanto quel sabato mattina il suono della mia sveglia, nonostante fosse “How to Save a Life”. Il mio corpo sembrava essersi letteralmente incollato al letto tant'è che pensai seriamente di restarci per il resto della giornata, ma all'improvviso un pensiero mi attraversò la mente veloce come un lampo: James. Mi avrebbe salutata? Era la mia più grande speranza e mi avrebbe dato una prova certa di non essermi immaginata tutto ciò che era successo il giorno precedente. Fu quello e solo quello a darmi la forza di spingere via il lenzuolo; la voglia di raccontare il tutto alle mie amiche e vedere le loro facce incredule mi spinse addirittura ad alzarmi. La mattina era un momento davvero tragico per me.
Più volte ero arrivata in bagno sedendomi sul comodino bianco convinta fosse il water, oppure mi riaddormentavo appoggiata al lavandino. Il mio cervello cominciava ad accendersi solamente durante la colazione al bar poiché aspettavo di veder passare James sul suo skateboard rosso, in più dovevo camminare per circa 10 minuti per raggiungere la scuola perciò quando arrivavo ero ormai quasi del tutto sveglia. Tutti i giorni mi sentivo come un orso che esce dal letargo dopo lunghi mesi di sonno.
Quella mattina i miei occhi cominciarono a cercarlo ancora prima di entrare nel cortile. Lo vidi appoggiato al solito muretto circondato dai suoi compagni di classe, incluso Nathan, il quale mi avrebbe vista subito appena fossi passata, mentre lui purtroppo era di spalle. Decisi che con Nathan mi sarei comportata così: se lui mi avesse salutato io lo avrei salutato altrimenti avrei proseguito per la mia strada senza dire nulla. Fin troppe volte mi era successo di sorridere ad una persona che poi non mi considerava e di fare una figuraccia con gli altri intorno. Appena entrai nel suo campo visivo e i nostri occhi si incrociarono lui mi fece un sorriso e agitò la mano. James evidentemente gli chiese chi stesse salutando perché Nathan lo fece girare e mi indicò.
A quel punto James fece una cosa che mai mi sarei aspettata: in modo che io potessi sentire urlò: -Ciao Aria!- e mi strizzò l'occhio.
Io ricambiai il saluto ad entrambi con più sicurezza di quante me ne sarei aspettata da me stessa. Tutti avevano inevitabilmente cominciato a guardarmi, in quanto molti avevano sentito quello strano e inusuale saluto. Inutile dire che lo adoravo sempre di più; era gentile, non come quei ragazzi con il quale ci passi la serata poi non hanno nemmeno la voglia di guardarti in faccia il giorno seguente.
Mentre percorrevo il cortile almeno altri venti studenti mi fecero un cenno di saluto. Non ero popolare, non proprio. Semplicemente ero conosciuta per la ginnastica e in più frequentavo la maggior parte dei corsi scolastici perciò molte persone sapevano chi fossi. Le mie amiche solitamente aspettavano il suono della campanella a lato della porta principale della scuola, quindi le raggiunsi.
Di solito passavo con loro due le mie ore a scuola. Quando ero finita nella classe con cui avrei dovuto frequentare più corsi tre anni prima detestai praticamente tutti tranne Noelle, ma con il tempo avevo imparato ad apprezzare anche gli altri miei compagni. Noelle fu proprio la prima a vedermi quella mattina. I suoi capelli biondo chiarissimo quell'anno le arrivavano alle spalle, aveva un fisico molto slanciato e due grandi occhi azzurri che parevano leggerti dentro. Piaceva a tanti ragazzi per queste sue caratteristiche e per il suo sguardo furbo e malizioso. Io la adoravo in quanto con i ragazzi poteva anche essere stronza ma era la migliore amica che si potesse desiderare; ci conoscemmo alla scuola primaria, ma non legammo subito: all'inizio non mi stava per niente simpatica quella bambina coi codini biondi e l'aria da so tutto io ma con il tempo capimmo di essere molto simili. Avevamo scelto le stesse scuole più per amicizia che altro e dal terzo anno divenne la mia migliore amica.
Clover l'avevamo conosciuta dopo qualche mese del primo anni poichè frequentava alcuni dei nostri stessi corsi. All'inizio era timidissima ma poi, non ricordo nemmeno bene come, avevamo iniziato a conoscerci. Molti stupidi la prendevano in giro per il nome sostenendo che fosse una cervellona. Era davvero la migliore della classe ed era vero che riusciva a risolvere praticamente qualsiasi problema matematico ma mai se ne era vantata. Fu dalla sua timidezza mista a genialità che capii saremmo potute diventare grandi amiche; aveva un po' le mie stesse filosofie di vita e ci trovavamo d'accordo pressochè su tutto. Al contrario di Noelle, la quale aveva un carattere forte e indipendente, Clover spesso mi abbracciava senza motivo scusandosi dicendo che ne aveva bisogno. Il fatto di essere per lei un'amica importante e di cui fidarsi era per me una cosa bellissima. Adoravo anche Clover. Adoravo i suoi lunghi capelli neri come la pece, i suoi occhi chiari e la spruzzata di lentiggini che aveva sul naso, nonostante lei le detestasse. Loro per me erano tutto, una delle più belle cose della mia vita. Sinceramente ero piena di amiche ma solo poche riuscivano ad essere speciali, solo poche mi erano entrate nel cuore e quelle due ragazze sicuramente ci erano riuscite, nonostante non fosse facile, e io avrei dato qualsiasi cosa per loro.
A volte mi domandavo se loro avrebbero dato davvero tutto per me.
-Allora! Ci devi raccontare ogni cosa! Che ti è successo?- mi accorse Noelle.
-Per prima cosa vi devo assolutamente dire che James Hall mi appena urlato un saluto- sentivo troppo il bisogno di dirlo a qualcuno, l'avevo avuto sulla punta della lingua per già ben tre minuti. Loro si guardarono e fecero una faccia alquanto perplessa ma proprio in quel momento suonò la campanella. Mentre salivo le due rampe di scale diretta alla mia aula pensai a quanto fossi stupida ad agitarmi così tanto per un solo "Ciao Aria", eppure quel piccolo gesto, più di tanti altri più grandi, mi aveva riempito il cuore di gioia. Assurdo. La prof quella mattina ci richiamò varie volte perché non la finivamo di parlare; eravamo compagne di banco ma fu ugualmente difficile raccontare il tutto durante economia. In ogni aula in cui ci spostavamo noi prontamente univamo i tre banchi in fondo all'aula. Durante la pausa Noelle spostò, per la milionesima volta, l'argomento sulla bellezza infinita di J.C.. No, non era innamorata come me, penso solo lo considerasse estremamente bello. Non mi credette quando le raccontai che era un rompipalle presuntuoso e un guidatore pessimo.
Dissero di essere veramente contente per quello che mi era successo ma avevo notato perfettamente la punta di invidia di Noelle, principalmente perché continuava a insistere su quanto meravigliosi fossero stati i concerti, nonostante furono pressoché uguali naturalmente… Tutti i test erano terminati per quell'anno e, siccome non dovevo recuperare nessuna materia, quegli ultimi giorni per me erano fatti apposta per poter guardare fuori dalla finestra e rilassarmi. In questo modo le ore passarono piuttosto in fretta ma purtroppo quel giorno sarei dovuta rimanere due ore in più per decidere le playlist per la festa di fine anno. Ero entrata nel Comitato Studentesco unicamente per avere crediti ma alla fine come esperienza non mi era poi così tanto dispiaciuta; accompagnai comunque le mie amiche fino al cancello della scuola per poter vedere James e gli altri. C'erano tutti quel giorno, compreso il timido ragazzo dai capelli rossi; quando Marina mi vide, si staccò dagli altri e venne verso di noi.
Noelle si voltò per guardare a chi si stava avvicinando ma quando le si fermò davanti agli occhi, spalancò la bocca.
-Ciao ragazze! Piacere, sono Marina- strinse la mano alle mie amiche -Scusate se piombo qui all'improvviso ma avevo una proposta da farvi. Stasera verreste con noi in un posto strafigo qui vicino che è una specie di discoteca, però sulla spiaggia? Aria vi avrà sicuramente raccontato di ieri e mi sembra le piacciano le avventure quindi magari potreste unirvi anche voi- terminò il suo monologo quasi con il fiatone e il sorriso di una bambina piccola che aveva appena ricevuto il giocattolo tanto desiderato.
Era senza dubbio una ragazza molto strana. Fino al giorno prima mandava lampi da tutte le parti e ora tutto sembrava essersi sistemato, proprio come aveva detto James.
-Ehm.. direi di sì! Vero?- Noelle si voltò a guardarci con un'espressione che non ammetteva assolutamente una contraddizione.
-Non lo so devo chiedere ma penso di sì- a Clover non importava molto della loro popolarità, lei lo aveva sempre considerato un bel gruppo e basta. Io annuii.
-Perfetto! Vi contattiamo noi oggi pomeriggio- girò i tacchi, perché lei sempre portava i tacchi, scosse i lunghi capelli biondi e se ne andò praticamente saltellando.
Noelle non riusciva a trattenere gridolini di gioia e io non potevo credere che sarei andata in discoteca con James. Non era ancora cambiato nulla nella mia vita, ma quando quel giorno entrai nella mensa scolastica mi sentii, senza alcuna vera ragione, come una persona diversa.

Riprovai a contattare Noelle mentre percorrevo il marciapiede affollato diretta finalmente verso casa. Era la terza volta che la chiamavo ma sembrava essersi volatilizzata; poi mi ricordai che a quell'ora era di turno alla tavola calda nella quale aveva cominciato a lavorare nel periodo estivo l'anno precedente; non le piaceva da impazzire ma guadagnava abbastanza bene. Mi diressi quindi verso il locale. L'ambiente era piacevole anche se leggermente compresso: Noelle concordava che i tavoli sembrassero ammucchiati e posizionati alla rinfusa ai lati del bancone dove prendeva le ordinazioni, ma non spettava a lei decidere le sistemazioni: il suo compito era preparare drink e servire la clientela. Sulla sinistra si trovava il bagno, nel quale garantisco era meglio non entrare, e la luce era talmente soffusa da dare l'impressione di un locale intimo e tranquillo. Era molto semplice ma, a detta di Noelle, stranamente aveva molti clienti. Mi avvicinai al bancone.
-Ti ho chiamata varie volte-
-Come vedi sto lavorando- rispose lei facendo spallucce.
-Sì lo so, senti volevo solo dirti che stasera andiamo a casa di Clover per prepararci-
Noelle smise per un attimo di asciugare i bicchieri: -Ah quindi viene. Quando esco da qua vado a comprarmi qualcosa da mettere-
-Ok. Io riciclo la gonna di Capodanno. Comunque andiamo a casa sua alle sei. Ti dico quando ho novità su questa discoteca-
Lei annuì. Cambiai discorso: -Hai parlato con quel cretino del tuo capo per i tavoli?-
-Sì, ma ho il sospetto che finchè avrà clienti non gliene fregherà mai un cazzo della disposizione dei tavoli-
-Giusto- vedendola impegnata decisi di non disturbare oltre: -Va beh a dopo- battei piano la mano sul bancone e feci per uscire quando lei mi fece segno di riavvicinarmi.
-Vedi quel tizio?- indicò con la testa un ragazzo, probabilmente più piccolo di noi di un anno o due, con i capelli castani piuttosto lunghi. Indiscretamente lo guardai e annuii.
-Ecco, è la terza volta che mi chiede di te. Quando entri ti fissa sempre. Digli qualcosa!-
Tornai a voltarmi e vidi che effettivamente mi stava osservando, e nemmeno con molta discrezione. Era carino.
-Noelle lo sai...-
-Aria che palle! Staccati da lui! Guardati intorno quanto meno!- disse sbattendo lo straccio nel lavandino. Sapevo avrebbe reagito così.
Ad ogni modo ero curiosa di sapere cosa le avesse chiesto di me ma per il momento mi limitai a uscire dal locale sbattendo leggermente la porta.
Noelle non capiva. Non capiva quanto James fosse importante per me. Nessuno avrebbe mai capito e nessuno lo avrebbe mai sostituito.
Arrivata a casa spiegai velocemente a mia madre cosa avrei fatto quella sera anche se ero convinta non gliene fregasse molto, purché fossi stata indipendente. Talvolta era molto permissiva mentre altre volte fin troppo apprensiva, ma tutto sommato non si poteva certo dire fosse severa o proibitiva.
Decidere cosa mettermi fu abbastanza difficile.  In realtà non sapevo nemmeno se mi sarei messa la gonna di Capodanno. Solitamente non mi importava molto dei vestiti. Frugai nell'armadio e optai per una canottiera blu e degli shorts bianchi, niente di che insomma anche perché non andavo molto spesso a ballare quindi non avevo molti vestiti per l'occasione. Siccome Marina aveva detto che la discoteca era sulla spiaggia decisi di non mettere i tacchi: mi avrebbero solo rovinato la serata. L'ultima volta che li avevo indossati avevo fatto compagnia al divano per tutta la notte. Mi sarei vestita a casa di Clover quindi buttai tutto dentro a una sporta e aprii Facebook. Ero sicura che ci avrebbero contattato lì dato che non avevano il nostro numero, e infatti trovai un messaggio.
Da James Hall: ehiii allora oggi noi ci troviamo alle 8 davanti alle scuole abbiamo organizzato un pulmino che ci porta appena fuori Brixton. Dillo alle tue amiche :) :)
Potete immaginare quante volte lessi e rilessi il contenuto e il nome della chat.
Da Aria Evans: va bene, grazie mille :)
Avvertii subito le altre poi cominciai a scorrere le foto sul suo profilo e per un attimo pensai anche di continuargli a scrivere ma sarebbe stato solo un buon modo per farmi vedere subito ai suoi piedi. Decisi di andare da Clover prima del previsto facendomi così accompagnare da mia madre prima del suo turno serale; Noelle era l'unica di noi tre ad avere già la patente, questo per via del lavoro che non le permetteva di essere vincolata ad altri in quanto spesso doveva fare degli straordinari. Io e Clover avevamo deciso che avremmo dato l'esame l'anno successivo.
Suonai il campanello, oramai eravamo amiche al punto che precipitarsi una a casa dell'altra senza preavviso non era un problema.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Quella sera Noelle mi truccò molto più di quanto avrei voluto ma d'altronde era un'occasione per “fare colpo” su James quindi... Clover decise di mettersi gli shorts di jeans e una canottiera di paillettes mentre la mia truccatrice indossava una gonna a tubino nera e una maglia che le arrivava sopra all'ombelico, dove si era fatta un piercing due mesi prima che ammetto le stesse davvero bene; il reggiseno doveva averlo imbottito con non so cosa dato che sembrava portare una quarta.
Alle 7:45 ci guardammo allo specchio dell'armadio di Clover pronte per uscire.
La parte cattiva dentro di me in quel momento si manifestò in una grande invidia verso di loro: Noelle sembrava una ventenne e appariva davvero interessante, c'era poco da negarlo, e Clover non avrebbe mai voluto sembrare così ma anche lei era sexy nella sua semplicità. Amavo i miei lunghi capelli biondi e i miei occhi verdi, e non mi dispiaceva nemmeno l’outfit per il quale avevo optato, ma come sempre c’era qualcosa che non mi convinceva.
Mentre una si guardava allo specchio con aria soddisfatta e l'altra con una certa insicurezza, io stavo cercando in tutti i modi di scacciare quei pensieri. Arrivammo puntuali solo grazie al mio forte incitamento a Noelle che non la finiva di perfezionarsi l'eyeliner. Alla mia mania di controllo erano abituate ma ancora sbuffavano quando mi agitavo se arrivavamo con due minuti di ritardo. Anche se in realtà arrivare in orario non dà poi così soddisfazione dato che in genere non c'è mai nessuno ad apprezzare il gesto. Pagammo dieci sterline per il viaggio in pullman e ovviamente ci sedemmo nei soliti posti: i cinque in fondo furono occupati dai ragazzi, io di fianco a Taïsse e le mie amiche davanti a noi.
Giusto perchè era una compagnia un po' stravagante mi incuriosì e mi soffermai su come si erano vestiti.
Marina era abbastanza oscena con quel top striminzito, i tacchi alti come il mio avambraccio e la gonna dalla quale tra un po' riuscivo a vederle le mutande; si stava passando la terza mano di smalto viola scuro. Come faceva a mettersi lo smalto perfettamente in pullman? Taïsse aveva gli shorts di jeans come Clover e un top rosso. Payson era vestita simile a Marina ma più contenuta; per quanto riguarda i ragazzi alcuni avevano la camicia, come James, mentre altri una semplice maglia e jeans.
-Allora ragazze potete darci i vostri numeri così non vi dobbiamo scrivere sempre su Facebook!?- esclamò Marina poco dopo esserci seduti. Questo implicava che ci avrebbero chiamato con loro altre volte? La cosa risultava davvero strana ma credo che fossimo troppo contente per rendercene davvero conto. Ci scambiammo i numeri di cellulare e dopo poco Marina fece la domanda che sembrava aver avuto sulla punta della lingua per tutto il tempo, rivolgendosi a Noelle: -Avevo chiesto ad Aria l'altro giorno se essendo la quasi sorellastra di Chris sapessi di qualcosa che gli sta succedendo...- le spiegò la situazione con le medesime parole che aveva usato con me in quel bar sulla spiaggia.
Guardai la mia amica.
Per quanto ne sapessi suo padre non aveva ancora intenzione di sposarsi, quindi lei non era affatto la quasi sorellastra di Chris ma quando vidi la sua faccia perplessa capii che nemmeno lei sapeva di cosa stesse parlando Marina. Pensai anche fosse una domanda un po' precoce da porre a qualcuno conosciuto da pochi minuti.
-Ehm.. no. Cioè non ho fatto caso a nulla però posso provare a entrare nel discorso con mio padre se vuoi-
-Sì, voglio. Grazie mille Noelle, è molto importante per noi- si mise le mani al petto per creare enfasi e guardò Payson per trovare sostegno ma lei annuì solamente. Cosa poteva avere Christian? Beh.. in effetti aveva una faccia un po' strana in quel momento.
Sul nostro gruppo whatsapp mi stavano arrivando mille messaggi da Noelle che impazziva su quanto fossero tutti fighi, sexy ecc. ecc.
Finchè non toccava James ero perfettamente d'accordo con lei.
-Alla prossima fermata sale Elliot quindi dovremo stringerci- disse Christian.
J.C. si rabbuiò mentre Taïsse si mise le cuffie e si appoggiò al finestrino.
Realizzai in quel momento ci fosse altra gente su quel pullman quindi probabilmente ci eravamo infiltrati approfittando di un passaggio, non lo avevano noleggiato per noi. James si era portato con se un pacchetto di patatine che masticava tra un urlo e un altro. Dopo soli cinque minuti l'autista ci disse tramite il microfono di fare meno casino; non so quanto fosse lontana la nostra meta ma sperai arrivassimo in fretta.
Poco dopo mi arrivò un messaggio da Noelle: Voltati. Mi voltai e vidi J.C. e Chris che fumavano una canna. Risposi alle altre che fossero fuori di testa a farlo su un pullman con altra gente ma Noelle si limitò a girarsi e a ridere. Poco dopo ci fermammo a lato del marciapiede e fece la sua comparsa Oli, il quale si sedette per terra davanti a Chris dopo essersi presentato a noi tre. Era alquanto brutto visto da vicino. Aveva il mento e il naso decisamente appuntiti, per non parlare delle orecchie a sventola e dell'aspetto vagamente trasandato. Anche se senza dubbio la cosa peggiore di quel ragazzo era lo sguardo, come privo di reale connessione con il mondo, apatico.
James richiamò J.C. con un gomito e gonfiò la busta, già vuota, delle patatine e fece il gesto di scoppiarla con la mano mentre J.C. rideva come un pazzo e lo incitava. La posizionò accanto all'orecchio di Taïsse, la quale era completamente assorta a guardare fuori dal finestrino e tirò una manata sul sacchetto facendolo scoppiare con un rumore fortissimo. Io mi allontanai sobbalzando mentre Taïsse cacciò un urlo acutissimo che presto si sostituì a una serie di insulti contro James. Alcuni passeggeri si voltarono di scatto urlando; J.C. aveva quasi finito la sua terza canna e stava per pisciarsi addosso dal ridere insieme a Chris seduto di fianco a lui, Marina era in braccio a J.C. a gambe aperte e si limonavano come non fosse un domani, Noelle aveva ripreso a ridere come una forsennata calcandoci un sacco giusto per unirsi al gruppo, Thomas aveva cominciato a urlare di fare silenzio e io e Clover sapevamo stesse per finire male. Quando vidi la vecchia alla quale poco prima avevamo quasi fatto venire un infarto con lo scoppio del sacchetto alzarsi ed andare dal conducente, capii che eravamo nei guai. L'autista accostò sul ciglio della strada, si alzò e venne verso di noi.
-Ma che cazzo state facendo? Mettete subito via quella roba!- urlò a J.C. e Chris.
-Ehi bello calmati.. ne vuoi una?- Chris ne estrasse un'altra chiaramente prendendolo in giro quando l'autista lo prese per un braccio e lo tirò su in piedi.
Ma Christian non stava in piedi. Com'era possibile? Vidi in J.C.e negli altri un lampo di preoccupazione.
-Aprite subito quello zaino- ordinò indicando quello ai piedi di Chris, che io non avevo nemmeno notato.
Tutti i passeggeri ovviamente si erano girati a guardarci con la bocca spalancata.
-No ma non c'è nulla è solo un po' fatto per via delle canne...- Nathan stava tentando di difenderlo ma sapevo che non avrebbe funzionato. Avevo il cuore che batteva a mille e probabilmente anche gli altri date le loro facce catatoniche. Si era creato un'inquietante silenzio che confermava solamente nascondessero qualcosa. Stavolta ci finivo sul serio dalla polizia e i miei mi avrebbero ammazzato. Dato che nessuno si muoveva l'autista prese da solo lo zaino e ci frugò dentro, trovando quello che stava cercando. Chris non le aveva nemmeno nascoste. Estrasse una bustina trasparente con dentro delle pasticche. Non poteva essersi fatto beccare con della droga. Non poteva nemmeno essere così tanto fatto... Ma lo era. Guardai Nathan pregando che non dicesse altre stronzate della serie "sono pastiglie per il mal di testa" ma per fortuna capì che era maglio stare zitti.
-FUORI!- appena il conducente urlò questa parola Noelle scappò fuori spalancando la porta con un calcio.
-No no la prego dai...- tentò qualcuno.
-FUORI DA QUESTO PULLMAN ADESSO!!! O volete che chiami la polizia?-
Alla parola polizia tutti si alzarono e corsero in strada. Elliot e Nathan trascinarono Christian, il quale aveva una faccia che metteva paura. Appena scese dal pullman vomitò anche l'anima.
-Ma siete deficienti o che cosa?- urlò Thomas e mollò uno schiaffo a Chris in piena guancia e subito Elliot lo difese mollando un pugno a Thomas.
Mi allontanai.
Non ero su una strada con dei completi cretini in mezzo al nulla. No.
Qualcuno mi prese per una spalla e mi voltò bruscamente: -Dovevamo rimanere sul pullman! Perché cazzo siamo scese anche noi?!- Noelle mi stava letteralmente urlando in faccia.
-Ma stai scherzando? Sei stata tu la prima a volare fuori come se ti inseguisse il fuoco!-
Clover le rispose con molta più calma indicando i suoi vestiti: -Perché siamo vestite in questo modo e si capisce benissimo che siamo con loro-
Noelle stava per piangere dal nervoso e alzò gli occhi al cielo imprecando.
-Io a casa non ci torno, imbecilli!- sentii Marina manifestare il suo umile parere.
Trascinai le mie amiche più lontano, appartandoci: -Io non me ne ero nemmeno accorta che fosse drogato!-
-Ah grazie al cazzo! Guardi solo James!- Noelle voleva proprio litigare.
Ma cosa aveva quella sera? Le era dato di volta il cervello? Capisco fosse agitata dalla situazione nuova ma mi venne lo stesso una gran voglia di mollarle un ceffone. La spostai bruscamente per andare dagli altri, che sembravano essersi leggermente calmati nel frattempo.
-Che si fa adesso?- chiesi impaziente.
-Thomas sta chiamando sua zia che ha un furgone e forse ci può portare- Payson fu l'unica che si degnò di rispondermi.
-Siamo sicuri che non dica niente?- domandò Nathan.
-No fidati la conosco, fa queste cazzate anche lei- lo tranquillizzò J.C..
-Ah ma allora almeno riconosci di aver fatto una cazzata!- ricominciò Thomas.
Vidi Chris buttare giù un'altra pasticca e ringraziai quell’autista per essersi limitato a sbatterci giù del pullman. Aspettammo come minimo quaranta minuti prima di vedere comparire i fanali di quell'atteso furgoncino. La donna al volante era circa sulla trentina e aveva un aspetto piuttosto impeccabile: era pur sempre la zia di Thomas. Ci accolse con un commento scherzoso: -Ragazzi quando vi ho detto di potermi chiamare per qualsiasi cosa non intendevo anche questo!- Suo nipote non colse l'ironia e dopo essersi scusato innumerevoli volte le indicò dove saremmo dovuti andare. Sapevo che gli altri l'avevano costretto a chiamarla a tutti i costi. Ci stipammo dentro al camion sedendoci alla bene meglio tutti appoggiati e accavallati. Le lamentele di Marina sul fatto che si stesse sporcando la gonna furono infinite e io continuavo a pensare: ma se quasi non ce l'hai... Scesi da quel furgone con le gambe e il sedere doloranti, percorremmo un po' di strada a piedi quando finalmente si fermarono.
-Ma non è questo il posto ragazzi!-
-Su internet era diverso!-
Non era possibile che avessero anche sbagliato la destinazione. Cominciarono a guardarsi intorno.
-Thomas ma tu cosa cazzo le hai detto a tua zia?-
-Le ho detto il posto giusto!-
-Allora cerchiamo questa maledetta discoteca, deve essere qua vicino!-
Camminammo per almeno altri quindici minuti (Marina sui tacchi a spillo non so come facesse) quando, non trovandola, decisero di entrare in un bagno sulla spiaggia dove provenivano varie luci stroboscopiche e dove erano stati tolti i tavolini per creare una "pista da ballo".
Quel luogo era completamente privo di controlli, tant'è che perfino io e le mie amiche, che non avevamo ancora compiuto diciotto anni, entrammo senza problemi. La bocca mi si aprì da sola: era una specie di covo per gente che probabilmente spacciava, dove il pavimento era sporco come poche altre cose avevo visto nella mia vita, il bar sembrava una catapecchia e tutti erano probabilmente completamente sballati.
I ragazzi del gruppo di James sembravano abbastanza soddisfatti ed elettrizzati e si diressero subito verso il bar.
Io, Noelle e Clover ci guardammo.
Non eravamo abituate a frequentare certi posti e specialmente Clover sapevo benissimo quanto li stesse maledicendo in quel momento.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


-Una Vodka Sour e si muova a farla!- urlò Chris al barista dietro all'orribile bancone della discoteca.
Gli altri lo seguirono a ruota: -Per me un Mojito-
-Un Blue Temptation-
-Un'altra Vodka Sour-
Lo stavano facendo impazzire. Si buttarono sul tavolo per afferrare i loro drink, naturalmente urlando, giusto per farsi riconoscere.
-Nathan cannuccia viola ovviamente- James passò il bicchiere a Nathan, il quale sembrava essere l'unico con un po' di sale in zucca che non si era lanciato a razzo per afferrare per primo il drink.
-Cannuccia blu per me!- continuò James sbracciandosi come un bambino di cinque anni e facendosi passare la cannuccia da Thomas.
-Io nera come sempre- J.C. afferrò il suo bicchiere e passò quello con la cannuccia verde a Chris.
Lanciai un'altra occhiata di confusione alle mie amiche: non erano proprio normali questi ragazzi. Probabilmente a scuola molti li ammiravano ignari delle loro stranezze. Dopo nemmeno cinque minuti Marina sembrava già brilla e cominciò a "ballare" con J.C., ma di lì a poco li persi di vista.
Mi distrassi a guardare Thomas che ci provava con una che però non se lo filava quando James mi si avvicinò con in mano un bicchiere pieno di un liquido rosa.
-È così importante per voi di che colore sia la cannuccia?- gli chiesi scuotendo la testa sorridendo.
-Certo, ognuno ha la sua!- mi rispose facendo spallucce e offrendomi il bicchiere.
-Cos'è?- chiesi.
-Alcool- rispose lui con aria da sbruffone.
Alzai gli occhi al cielo.
-Intendo come si chiama?-
-Oh non lo so- sorrise e si allontanò.
Guardai il contenuto e lo scossi un po'.
Cominciai a berlo, giusto perché era stato James a darmelo. Solitamente non trovo di mio gusto nemmeno un drink ma questo stranamente era davvero buono. In poco tempo lo avevo quasi finito ma ne lasciai un po' sul fondo per poterlo richiedere al barista.
-Aria vieni in pista che almeno balliamo un po'!- anche Noelle stava bevendo un non so quale drink.
Feci loro segno di aspettare e ritornai al bancone: -Un altro di questo- e indicai al barista il poco liquido rimasto nel bicchiere.
Lui capì all'istante e me lo porse. Sapevo benissimo quando mi sarei dovuta fermare solo che quel drink era davvero buono e per questo decisi di berne un po' di più del solito.
Oli stava discutendo, probabilmente riguardo la droga, con James, il quale adesso quanto meno sembrava riuscire a reggersi sulle sue gambe. Payson era accanto a me al bar, abbandonata da Marina che aveva evidentemente preferito passare la serata con J.C..
Raggiunsi Clover sulla pista, per fortuna il luogo era abbastanza piccolo così non ci saremmo perse in continuazione: -Dov'é Noelle?- urlai per farmi sentire.
-É andata via con un tizio-
Mi voltai verso di lei con aria interrogativa come per dire ma sul serio?
Lei mi prese per un braccio e mi trascinò fuori dalla ressa per potermi spiegare senza perdere la voce.
-Un tizio le ha chiesto di ballare penso, poi boh sono spariti, non so dove siano andati-
-E ti ha lasciato lì da sola?-
-Anche tu eri da sola al bar. Comunque fa lo stesso, penso che...-
-Clover guarda!- la interruppi io.
Ci erano appena passati davanti.
Loro non avevano fatto caso a noi, ma io avevo perfettamente notato come cercavano in tutti i modi di nascondersi.
-Cosa?-
Le indicai con un cenno della testa Chris che, tenendolo per mano, stava trascinando Nathan dentro al bagno degli uomini.
-Ma che cazzo fanno?- Clover non usava mai parolacce ma in quel momento a quanto pare aveva ritenuto avrebbero aiutato a dare un'enfasi giusta alla situazione.
-Non lo so. Vieni- li seguimmo facendoci largo tra tutti quei ragazzi sudati e ubriachi e ci fermammo davanti alla porta di quel sudicio bagno grande come un francobollo proprio mentre la serratura si stava chiudendo.
-Ma sono entrati insieme??-
-Aria anche noi entriamo sempre insieme-
Sapeva benissimo che era diverso.
-Aspettami seduta lì- davanti al bagno, un po' spostato sulla sinistra, c'era un tavolino perfetto per osservare la scena di quando sarebbero usciti.
Dopo aver rassicurato Clover spiegandole che sarei andata solo un attimo al bar, mi affrettai a chiedere un cocktail per la mia amica e il più in fretta possibile cercai di ritornare indietro, rischiando varie volte di scivolare tanto il pavimento era sporco; avevo la sensazione che non sarebbero usciti tanto in fratta da quel bagno ma ero pur sempre Aria Evans, una ragazza che non conosceva la parola calma.
-Sono ancora dentro?- ero alquanto agitata quando mi risedetti qualche minuto dopo al tavolino, porgendo a Clover il suo drink spiegando che in quel modo sarebbe stato più credibile il fatto che fossimo sedute lì. Lei non commentò questo mio gesto pressochè inutile e afferrò il bicchiere senza però berlo.
-Sì.. questo non è un po' strano? Sto cominciando a pensare male- l'ingenuità di Clover ogni tanto, ma molto raramente, mi dava sui nervi.
-Io è da un bel po' che penso male- commentai buttando giù metà del mio drink e già cominciavo a sentire la troppa voglia di parlare.
-Non ne stai bevendo troppo?- dopo questa domanda cominciai ad irritarmi ma lasciai correre.
-No tranquilla non ho ancora raggiunto la soglia. Piuttosto vorrei sapere dove si è cacciata Noelle! Dovevamo passarla insieme questa serata!- sbuffai appoggiando la testa su una mano per farla stare sù. Vidi Clover non particolarmente convinta della mia sobrietà e stava per rispondermi quando la maniglia del bagno si mosse. Ci voltammo entrambe di scatto come colpite da una scossa elettrica ma poi cercammo subito di nasconderci.
Cazzo! Eravamo abbastanza a lato ma solo in quel momento mi accorsi che probabilmente ci avrebbero viste comunque. Mai fare piani, anche minimi, da ubriachi. Era troppo tardi per scappare, così abbassai la testa sul tavolino fingendomi un'ubriaca e per fortuna i capelli mi coprirono la faccia mentre Clover si voltò completamente dall'altra parte.
Due idiote, ecco cosa eravamo.
Alzai indiscretamente lo sguardo e misi a fuoco le sottili labbra di Christian incresparsi in un impercettibile sorriso soddisfatto.
Capii immediatamente. Era chiaro, ma in quel momento ne ebbi la conferma. Mi chiesi perchè. Perché lì, in quel posto così orribile? Probabilmente non era la prima volta. Ma perché nascondersi se tanto nessuno li conosceva a parte il loro gruppo? Era per noi tre? Qualcuno sapeva di questa cosa? Mai ne avevamo sentito parlare e anche solo una vaga notizia del genere si sarebbe sparsa molto rapidamente a scuola e non solo. Passato circa mezzo minuto sollevai a fatica la testa. Ok, forse l'alcool stava cominciando a fare il suo effetto.
Nathan mi stava fissando.Porca miseria! Passarono una sfilza di imprecazioni nella mia testa poi in preda al panico decisi di fissarlo a mia volta: aveva i capelli più spettinati di me il lunedì mattina e le labbra gonfie come un canotto. Ma quello che più mi stupì fu la supplica che lessi nei suoi occhi: mi stava silenziosamente implorando di non farne parola con nessuno.
Annuii impercettibilmente.
Clover si torno a girare lentamente verso di me ma io mi alzai di scatto e immediatamente caddi addosso ad una pianta in vaso lì vicino. Mi allontanai da quell'orrido bagno, perfino più sporco della pista da ballo. All'improvviso tutto mi sembrava più piccolo, più claustrofobico, la musica della discoteca mi sembrava ora lontana, come un leggero sottofondo e continuavo a chiedermi come fosse possibile che Nathan Price avesse appena fatto un pompino a Christian Anderson in uno dei posti più luridi del mondo.
Clover mi raggiunse e mi prese per le spalle voltandomi di nuovo verso il bagno.
-Cosa c'è adesso?-
-Nulla solo... cosa ne pensi?-
-In che senso cosa ne penso?-
-Beh di loro due-
-Boh.. non lo so- feci spallucce, volevo solo sedermi -Sono carini- ridacchiai.
Stavo cominciando a percepire una leggera perdita di controllo.
-Sul serio?-
Annuii e stavo per voltarmi di nuovo quando lei mi riprese per le spalle.
-Clover che c'è?- chiesi spazientita.
-Niente- si morse il labbro. Mentiva.
All'improvviso capii e mi spaventai.
Girai lentamente la testa e vidi il motivo per cui non aveva voluto che mi voltassi: James stava baciando Taïsse tenendola per i fianchi mentre lei si strusciava su di lui.
Di solito ero forte, avevo imparato a mascherare molto bene i miei sentimenti ma quando si trattava di lui tutto era diverso, tutto più amplificato.
Le lacrime cominciarono a pungermi gli occhi, cercai in ogni modo di ricacciarle indietro ma credo che una non riuscii a trattenerla e mi rigò la guancia.
Posso giurare di aver sentito il mio cuore spezzarsi. Mi odiai per aver permesso a me stessa di provare questo dolore.
Fu una sensazione strana, effettivamente, mi si era mozzato il fiato per qualche secondo poi avvertii come una sorta di voragine perforarmi lo stomaco.
-Adesso smettila di guardarli!- mi rimproverò Clover.
Invece dovevo vedere.
-Bastaaa- lei mi trascinò letteralmente via da quel posto. Per qualsiasi altra cosa avrei reagito, le avrei risposto, ma in quel momento avevo solo un gran male al petto. Quel magone che se provi a parlare fa cadere altre lacrime. Appena fummo lontane dalla vista di quei due chi si limonavano come se non ci fosse un domani Clover mi tirò a se e mi abbracciò fortissimo. C'era troppa confusione per mettersi a parlare ma sapevo che in quell'abbraccio lei mi stava dicendo che le dispiaceva e che avrei dovuto immaginarlo.
Appena si staccò da me cominciai a correre sulla passerella che portava verso il mare e lei mi seguì. Volevo stare da sola, lontana da tutta quella gente che non avrebbe mai compreso ciò che mi era appena successo.
Si è sempre detto che non c'è nulla di peggio dell'amore non corrisposto, ma vedere la persona che ami con un'altra ti distrugge.
Avrei tanto voluto non essermi innamorata di lui, non ero nemmeno realmente pronta a questa eventualità e nessuno mi aveva avvisato.
Arrivai sulla battigia e sfidai il mare con lo sguardo. Sicuramente era patetica come scena vista con occhi esterni ma io stavo odiando tutto in quel momento, ogni cosa presente sulla terra. Nonostante non avesse nessuna colpa, stavo odiando perfino James e per quanto riguarda Taïsse avrei voluto la sua testa su una mensola di casa mia. Che immagine macabra.
Clover rimase in silenzio accanto a me per un po' stringendomi il braccio e con la testa posata sulla mia spalla, non so esattamente per quanto tempo. Sapeva bene che per me era come aver appena ricevuto un pugno bello forte nello stomaco. Il contatto con lei mi stava tenendo attaccata alla realtà dei fatti e saperla lì già mi confortava immensamente. Era un momento che faceva male, ma almeno avevo lei.
Alla fine ruppe il silenzio.
-Aria dai non fare così. So che fa male, e credimi lo so bene, ma non puoi permettergli di rovinarti la vita. Tu sei bellissima e ci sono una marea di ragazzi al mondo... quindi ora per favore torniamo indietro e fagli vedere che non ti condiziona- e poi aggiunse quella frase con la quale sapeva mi avrebbe convinto: -Se ti vede qua con le lacrime potrebbe capire-
Sapeva che ero terrorizzata dal fatto che lui potesse scoprirlo, perché ero convinta che non avrei più potuto parlare nè con lui nè con il resto del gruppo a causa della mia troppa debolezza. Avrebbe significato la fine di tutto.
Le uniche persone che erano a conoscenza dei miei sentimenti erano lei e Noelle e questo significava che mi fidavo di loro più di chiunque altro.
Il riflesso della luna illuminava i miei capelli biondi ma nulla avrebbe più potuto illuminare i miei occhi per il resto della notte.
Non risposi a Clover perchè troppo assorta nei miei pensieri così ritentò: -Aria dagli il tempo di conoscerti e magari qualcosa cambierà-
In quel momento di rabbia riuscii a riconoscere che aveva ragione.
Com'era Taïsse? Era bella... e solare. Io ero bella? Clover diceva di sì. Ero solare? In quel momento no di certo. Decisi quindi che la cosa migliore da fare fosse tornare in pista, in tutti sensi, e dimostrargli che potevo essere una scelta.
Era stato solo un bacio. Un bacio dato a diciotto anni da probabilmente ubriachi e io ne stavo facendo una tragedia.
Cambiata improvvisamente la visione della situazione, senza dire nulla a Clover mi voltai e percorsi a passo svelto la passerella al contrario mentre lei mi seguiva, per la milionesima volta quella sera, e cominciai a cercare James tra la folla. Finii i soldi prendendo il mio quarto drink rosa e cominciai a ballare, non sapevo farlo ma tentai il mio meglio. Volevo che mi vedesse. Avevo una grandissima rabbia dentro di me e quando cominciai a bere di nuovo mi sembrò che il cervello prendesse fuoco. Avevo decisamente oltrepassato la mia soglia perché la testa mi girava completamente. Quella sensazione mi era del tutto nuova e per una maniaca del controllo come me non era affatto un qualcosa di positivo.
Mi ero avvicinata talmente tanto a James che mi notò. Dovevo fare qualcosa, qualsiasi cosa per dimostrargli... non ricordavo più nemmeno cosa.
E fu in quel momento che feci una delle cazzate più grandi della mia vita, anche se la gravità la capii molto tempo dopo.
Guardai Clover che ballava davanti a me.
Lei era bella, molto bella.. decisi che James dovesse sapere che anche io avevo qualcuno da poter baciare. Mi avvicinai sempre di più a lei che subito mi sorrise poi, forse dalle mie pupille troppo dilatate e lo sguardo serio, capì che qualcosa non andava. Approfittai di quel suo attimo di smarrimento per appoggiare le mie labbra sulle sue. Non mi era nemmeno passato per la testa di chiedermi come avrebbe reagito, cosa avrebbe detto...
Non avevo idea di cosa dovevo fare dato che era il mio primo bacio perciò cominciai a muovere a caso le labbra, addirittura usando la lingua. Fu strano, decisamente strano. Dopo qualche secondo lei si staccò: -Aria ma che stai facendo?- non sentii quello che disse ma le lessi il labiale.
Era scioccata, veramente sconcertata e aspettava una risposta guardandomi con i suoi grandi occhi grigio bosco spalancati.
-È per James- le dissi sorridendo in un orecchio sperando di minimizzare il più possibile. Probabilmente capì nonostante la confusione dato che subito dopo ci voltammo entrambe verso di lui. Taïsse stava ridendo e mi fece il pollice in sù. James alzò le sopracciglia e ci fece una faccia che stava a significare: però, non l'avrei mai immaginato. Gli risposi con espressione di sfida mentre un pensiero lucido riuscì a balenarmi nella testa: così penserà che mi piace lei.
Era piuttosto ovvio che lo stesse pensando in quel momento e... oddio. L'unica cosa che non avrei dovuto fare, l'avevo fatta. Mi ero appena giocata l'unica speranza che avevo. Cominciai ad auto convincermi che lui non stesse pensando che fossi lesbica, di non aver buttato all'aria tutto e di non essere stata tanto stupida.
Clover nel frattempo si stava guardando intorno per capire se davvero solo loro due del gruppo ci avevano viste. Sì, solo loro.
Mi urlò che ero una pazza e io le risposi che sì, lo ero, anche se più che pazza mi si poteva tranquillamente definire un'idiota.
Clover non sembrava arrabbiata ma questo alleviava di poco il mio sempre ormai più crescente panico. Allontanandoci da James e Taïsse scorgemmo Payson ancora al bar.
-Ma quanto cazzo beve quella?- ironico come in quel momento quella domanda uscì dalle mie labbra, tuttavia la mia amica non me lo fece notare ma sfoggiò una per me allora brillante deduzione: -Non sta bevendo. O finge o beve acqua perché a quest'ora non starebbe nemmeno più in piedi-
Aveva ragione. Era dall'inizio della serata che era seduta sul medesimo sgabello sgangherato e sembrava essere ancora lucida, sicuramente più di me. Marina e Taïsse l'avevano abbandonata per ballare con i loro fidanzati e non so perché questo mi fece ricordare che era ormai un'ora che non vedevo Noelle. Ero pure una pessima amica.
-Noelle!- urlai il suo nome ad alta voce non appena me ne ricordai.
-Eh non so dove sia, cerchiamola- Clover ormai mi rispondeva come fossi una bambina. La trovammo solamente circa mezz'ora dopo mentre usciva dal bagno.
-Cazzo Noelle dov'eri finita??-
Lei si prese un bel po' di tempo prima di rispondere: -Ero con un ragazzo-
-Sì, il tizio con cui stavi ballando giusto?-
-Sì esatto. Dylan si chiama-
-Vi siete baciati?- le chiesi ridendo facendo una faccia che doveva sembrare un po' pervertita ma non riuscendo a comandare a dovere i muscoli facciali apparve come una smorfia.
-Sì e tu sei ubriaca-
-No- misi su il broncio, ma non potevo seriamente negarlo.
Ero triste per James ed ancora agitata per aver baciato Clover davanti ai suoi occhi.
Noelle mi guardò come per dire si certo e ritornammo sulla pista, dove in quel momento partì una canzone veramente stupenda.
Noelle non venne mai a conoscenza di quel nostro bacio.

Decisi di smettere di pensare, di smettere di farmi problemi e di riflettere sulle mie solite paranoie, che mai mi avevano portato a scelte così stupide ed inutili. Decisi, complice dell'alcool, semplicemente di fare quello che mi sentivo e di lasciar perdere ogni altra cosa.
Ballammo tutta la sera sulla più bella canzone di sempre, sapevo ogni parola che ora non riesco a ricordare.


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Spazio me
Ciao a tutti, spero davvero che la storia vi stia interessando! Fatemelo sapere con qualche commento!

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Era quasi mezzogiorno ed io mi trovavo al solito bar accanto a casa mia. Il barista mi aveva guardato assai male quando mi ero presentata, dieci minuti prima, chiedendo una fetta di torta al cioccolato e un succo di frutta. La sera precedente ero arrivata a casa intorno alle quattro del mattino e mia madre era andata su tutte le furie perchè mi ero dimenticata di avvisarla, perciò, per evitare di sentire altre urla e polemiche, decisi di scendere al bar, nonostante non dovessi andare a scuola dato che era domenica.
Durante il periodo estivo fare colazione a quell'ora era abbastanza normale per me essendo una gran dormigliona, ma il barista a quanto pare non era della mia stessa opinione. Era sulla trentina, con una barba ispida e orribile e il mento appuntito. Lo detestavo. E lui detestava me: nonostante fossero anni che tutte le mattine gli pagavo ben tre sterline non mi aveva mai fatto uno sconto per clienti abituali e sembrava anche non avere la minima voglia di socializzare con me. Rimasi seduta in un appartato tavolino almeno 15 minuti ripensando alla serata precedente. Mi sembrava di avere dei buchi nel cervello, riuscivo a ricordare solamente alcune parti della notte appena trascorsa; me la sarei fatta raccontare meglio da Clover.
Già, Clover. Il suo nome mi ricordò la bellissima idea della sera precedente, quella non avrei certo potuto scordarla. Complimenti Aria, fortuna che sapevi perfettamente quando fermarti con l'alcool! Se fossi stata completamente in me non avrei fatto ciò che avevo fatto.
Oltre ad essermi in parte rovinata con le mie mani avevo perso il controllo sulle mie scelte e questo non me lo sarei mai perdonata. Avevo ancora un gran dolore al petto ripensando a James, la prima cosa che mi era balzata in mente appena aperti gli occhi era stata la scena orribile di lui e Taïsse avvinghiati.
Sapevo che quell'immagine mi avrebbe perseguitato per molto tempo. Subito dopo avevo acceso il cellulare e avevo trovato un messaggio di Noelle: che aveva chiesto a sua madre notizie su Christian ma l'unica informazione che le aveva saputo fornire era stata che quel giorno sarebbe uscito con un suo amico. Non aveva perso tempo ad eseguire gli ordini di Marina a quanto pare...
Avrei scommesso la mia scatola di ricordi che quell'amico fosse riccio.
Mi venne un'idea.
Un'altra idea brutta in realtà.
Da Aria: li seguiamo?
Da Clover: ma sei matta?
Da Noelle: perché? Chi se ne frega se esce con un suo amico!
Ricordai che lei non era a conoscenza di nulla, così le raccontai brevemente di quello a cui io e Clover avevamo assistito durante la notte e la sua risposta inevitabilmente cambiò.
Da Noelle: oddio allora si! Questo è uno scoop di cui forse nemmeno i loro amici ne sono a conoscenza! Chiedo se sanno dove vanno!
Da Aria: si ma non farti beccare, sii vaga
Da Noelle: ovvio
Mentre aspettavo una sua risposta finii il mio succo alla pesca; non appena alzai la testa notai attraverso una delle piccole finestre del bar James con il suo skateboard rosso attraversare dall'altro lato della strada. Cosa ci faceva lì di domenica mattina a quell'ora?
Vederlo quel giorno mi fece un effetto diverso da tutte le precedenti volte: c'era ancora un misto di odio e rabbia dentro di me ma quando mi fece cenno con la mano di raggiungerlo il mio corpo scattò in piedi e si diresse al bancone per pagare. Perchè mi aveva chiamato? Cosa gli avrei detto riguardo Clover?
Dovevo trovare un modo per convincerlo che era stato un gesto per divertirsi, senza importanza. Il problema era che Clover non era affatto quel genere di ragazza. Il barista alla cassa come sempre mi guardò male ma ormai ci avevo fatto l'abitudine e a passo svelto raggiunsi quel ragazzo biondo che mi stava procurando fin troppe pene.
-Ehi! Dove stai andando?- lo raggiunsi.
-Alla pista. Immaginavo che passando ti avrei vista qui- mi disse lui appoggiandosi con il braccio allo skateboard appoggiato in verticale.
-Ah si?-
-Si, sei qui tutte le mattine-
-Non pensavo mi avessi mai vista-
-Certo che ti ho vista solo che non ti conoscevo-
-Giusto- io ero sempre stata convinta che non sapesse nemmeno della mia esistenza. Misi le mani in tasca e decisi di infiltrarmi nei suoi fatti: -A che pista stai andando?-
Lui fece uno strano salto sullo skateboard e mi guardò con espressione divertita.
-Ovviamente- gli sorrisi annuendo.
-Vieni con me che ti faccio vedere la mia tana-
Sorrisi per quell'espressione strana.
Mi stava davvero invitando con lui?
Devi fare la vaga Aria, come se non ti importasse realmente.
-Eh non so.. io dovrei rientrare adesso-
Mi guardò stranito, alzando un sopracciglio.
Gli indicai la mia villetta proprio accanto al bar: -Quella è la mia "tana"-
-Carina... Dai solo un po' poi torni a casa-
Insisteva. Vide che tentennavo.
Ero ancora arrabbiata con lui.
-Dai sali- mi prese la mano. Quel contatto mi fece dimenticare tutto il male che inconsapevolmente mi aveva fatto poche ore prima.
-Cosa!? Io non so andarci!-
-Ti tengo- salii con entrambi i piedi sullo skateboard e lui mi prese per i fianchi da dietro.
Avevo la brutta abitudine di rabbrividire quando qualcuno mi toccava ma in quel caso ero più che giustificata, no?
Cominciò a spingere con un piede e subito mi sbilanciai.
-Quindi ti piacciono le ragazze eh- ecco, sapevo che non aveva peli sulla lingua.
-No no è una cosa successa così...- non avevo realmente preparato cosa dirgli.
-Eri ubriaca- mi interruppe lui, come se in realtà non avesse mai avuto dubbi sul fatto che non mi piacessero le ragazze.
-Sì esatto-
Cercai un appiglio per continuare ma lui cambiò nuovamente argomento: -Scusa se ti stringo così ma ho paura che cadi per terra-
-Speriamo di no- stringi quanto vuoi.
Lasciai definitivamente cadere l'argomento Clover altrimenti sarebbe sembrato forzato.
Come poteva quel ragazzo farmi sentire così male e così bene a distanza di sole poche ore? La mia mente quando ero con lui viaggiava ai duemila allora per trovare ciò che era giusto e ciò che era sbagliato da dire.
Non sapevo nemmeno cosa pensare... Mi stava portando con lui; tutto ciò sarebbe stato altamente positivo se solo la sera prima non l'avessi visto baciare un'altra.E se fosse stato uno di quelli che si faceva una sera una tipa e una sera un'altra? E io potevo per una volta godermi il momento?
Le persone lungo la strada si voltavano verso di noi, probabilmente per la bellezza di James e non vi dico quanto mi piacque immaginare di essere la sua fidanzata. Sorridevo, per dimostrare alla gente che per me era normale essere tra le braccia di quel ragazzo così stupendo mentre in realtà il cuore stava minacciando di uscire dalla cassa toracica.
Avevamo il vento contro così aprii le braccia, ero talmente emozionata da sentirmi come sulla cima di una montagna invece che su un banale skateboard.
James rise: -Ma cosa fai, Titanic?-
-Si- risposi voltandomi verso di lui. I miei capelli lunghi gli arrivarono in faccia ma continuò a guardarmi.
-Ti faccio sentire una cosa- interruppe quel bellissimo momento, era forse imbarazzato? Impossibile.
Mi voltai nuovamente in avanti e lo sentii cercare qualcosa nella tasca dopo che ebbe tolto il braccio dal mio fianco; ci saranno stati almeno venti gradi quella mattina ma in quel momento percepii freddo in quel punto, come una mancanza che il mio corpo già richiedeva.
Con la mano libera mi fece vedere quello che capii essere uno spray alla menta ma essendo alle mie spalle e non vedendo la mia faccia non centrò la bocca e me lo spruzzò dritto in un occhio.
-Ti piace?- mi chiese subito dopo, rimettendoselo in tasca.
-Si, è molto buono!-
L'occhio destro mi stava andando a fuoco e probabilmente la mia lente a contatto ora sapeva di menta.
-Vero? È un sacco buono, l'ho preso ieri-
Gli feci solo un cenno con il pollice insù perché ero troppo concentrata a tentare di riacquistare la vista.
-Pronta per l'ultimo giorno di scuola?- mi chiese tanto per fare conversazione.
-Direi che dovesse proprio arrivare- risposi annuendo -Alla fine come è andata con quel prof che dovevi registrare?-
-L'ho registrato ma tanto mi ha dato sei... per pietà probabilmente-
-Ti sei ridotto al penultimo giorno di scuola per recuperare!-
-Eh va beh, sol che prenda sto diploma-
La pagella di fine anno di James comprendeva sempre una netta maggioranza di sufficienze e qualche voto superiore... era la seconda che guardavo nel tabellone dopo la mia, per questo ne ero a conoscenza. Arrivammo a destinazione in troppo poco tempo per i miei gusti: stare da sola con lui era emozionante e ansioso allo stesso tempo. La pista l'avevo notata tante volte passandoci velocemente ma non avendo amici che la frequentavano e non sapendo andare in skateboard non mi ero mai fermata; come sempre era zeppa di ragazzi con il cappello dalla visiera al contrario, le Converse e le cuffie nelle orecchie. Tutto molto stereotipato insomma.
Non appena arrivammo tre ragazze corsero incontro a James salutandolo. -Ehi James che ci fai qui?-
-Ti aspettavamo- gli urlò una biondina truccata come un clown e la voce da papera.
Dire che erano oche è un eufemismo.
-Chi è lei?- gli chiese un'altra riferendosi a me, non gli stavano dando nemmeno il tempo di rispondere.
-Un'amica, alla quale voglio insegnare l'arte dello skateboard- sorrise lui.
-Ah bene- fece una faccia a dir poco stizzita, mentre mi squadrava da capo a piedi.
James percepì un certo distacco e congedandole in fretta mi portò vicino a una ringhiera, dove provò a spiegarmi le basi. Da bambina avevo sempre desiderato saperci andare ma crescendo avevo perso interesse, ciò nonostante feci del mio meglio anche se a dirla tutta sono piuttosto dura ad imparare cose nuove. A volte lui mi teneva la mano oppure mi diceva che ero brava, sapevo che non era vero e che per lui tutto quello non assumeva il mio stesso significato ma fu comunque bellissimo. Mi ritrovai nuovamente a chiedermi perché lo stesse facendo. Perché mi stava dedicando del tempo?
Dopo un po' mi disse che avrebbe fatto qualche giro sulla rampa insieme ai suoi amici così mi sedetti su una panchina sotto un platano e per un po' lo ammirai fare i suoi salti: era davvero bravo.
Mi battei di scatto una mano sulla fronte, e poi sperai che nessuno mi avesse visto, quando mi venne in mente che dovevo avvertire mia madre e le mie amiche. James aveva la capacità di mandarmi in pappa il cervello in pochi secondi.
L'unico modo per convincere mia madre a farmi restare fuori dopo quella nottata era dire la verità, ovvero che ero con James Hall.
I miei genitori sapevano solamente che da tanto tempo mi piaceva un ragazzo della scuola accanto alla mia e forse ricordavano anche il nome; non avevano però la benchè minima idea di chi fosse nonostante sapessero che era importantissimo per me.
Da Noelle: non sanno dove vanno ma Chris ha detto a sua madre che gli servirà la macchina. Possiamo andare a casa di Chris di nascosto e pedinarli da lì. Prendo la mia auto.
Da Aria: perfetto
Da Clover: ...
Ci accordammo per trovarci a casa di Noelle dopo circa mezz'ora.
Dopo averla supplicata accusandola di starmi togliendo l'unica possibilità di conquistare James, mia madre mi rispose con un misero "ok".
"Ok" era sempre stata la sua unica risposta ai miei messaggi ma quella volta ci lessi anche un alzata di occhi al cielo e una ramanzina pronta per quando sarei tornata a casa.
-Ehi- sentii una voce sconosciuta provenire dalle mie spalle.
Sobbalzai impercettibilmente e mi volta verso la fonte del saluto.
-Ehi- risposi al ragazzo che mi fissava alla tavola calda, il quale si sedette accanto a me.
Era più carino di quanto lo ricordassi, a essere sincera. Sapevo in partenza che ci stava provando ma non sapevo comunque come comportarmi dato che non mi succedeva affatto spesso che un ragazzo mi notasse. Tuttavia lui si era seduto lì quindi avrebbe dovuto lui prendere in mano la situazione.
-Chandler- si presentò porgendomi la mano.
Aveva gli occhi azzurro chiaro e un viso dolce. Quasi mi dispiacque non dargli nemmeno una possibilità fin dall'inizio.
Non lo vedevo mai se non ogni tanto alla tavola calda quindi probabilmente non era della mia scuola e forse nemmeno di Brixton.
-Aria- gli risposi sorridendo.
Si era alzato un vento caldo così mi scostai i capelli dal viso.
-Scommetto che la tua amica ti ha già parlato di me-
-Mi ha accennato- tenevo le mani intrecciate in grembo, mi appoggiai con la schiena alla panchina alquanto imbarazzata: era davvero troppo strano che un ragazzo mi dedicasse attenzioni e quella mattina erano già stati in due.
-Beh la verità è che sei carina e vorrei conoscerti-
Andai a fuoco, probabilmente diventai color pomodoro ben maturo: -Grazie- risposi sorridendo e toccandomi i capelli, per la milionesima volta nell'arco di un minuto, giusto per fare qualcosa. Il cuore mi stava martellando nel petto.
Improvvisamente realizzai quanto fossi lusingata da ciò che aveva appena ammesso. Insomma lui aveva parlato con Noelle, che era molto più bella, quindi perchè provarci con me?
-Ook, vedo che sei molto timida- sollevai lo sguardo e lui mi sorrise in un modo così bello: -Cosa ci fai qui?-
Cosa avrei dovuto dire? Avrei dovuto dirgli una bugia ma la verità mi sembrò un buon modo per fargli capire che con me stava sprecando tempo.
-Ehm... Sono venuta con un mio amico- capii che aspettava che continuassi: -È quello biondo laggiù- spiegai indicandolo.
-Ah James Hall. Vai anche tu sugli skateboard?-
Come lo conosceva? Solo di fama?
-Emh... no- stavo risultando indecisa su praticamente tutto ciò che gli dicevo; questo lato di me non mi piaceva per niente.
Dopo qualche minuto guardai distrattamente il cellulare per controllare l'orario, ovviamente per paura di arrivare in ritardo all'appuntamento con le altre, e vidi due chiamate perse da Noelle. Provai a richiamarla ma non rispose.
Aveva poi scritto sul nostro gruppo whatsapp che Christian sarebbe partito entro dieci minuti.
Scattai in piedi.
-Cosa è successo?- mi chiese lui ridendo ma anche piuttosto perplesso.
-Nulla, solo che mia madre mi vuole a casa tipo... adesso- balbettai guardando istintivamente il polso per ricontrollare l'orologio, senza ricordarmi che la sera prima, per paura di perderlo, l'avevo tolto.
-Ci vediamo- dissi svignandomela. Dovevo aver proprio fatto colpo...
Corsi vicino a James e aspettai che si fermasse di andare su e giù per quella rampa (ma non si stancava?) per poi scusarmi e dirgli che dovevo andare. Chissà se mi aveva visto con Chandler...
Lo salutai e appena svoltato l'angolo cominciai a correre verso casa di Noelle, che per fortuna non era molto lontana, mentre continuavo a pensare che ero letteralmente fuggita dal ragazzo che mi piaceva e da un altro che ci stava provando per spiare due presunti amanti. La cosa peggiore era che non ci avevo nemmeno riflettuto.
Noelle era già pronta appoggiata alla sua macchina vecchia come la mia bisnonna quando io arrivai sfinita. Ogni volta che salivo su quel catorcio avevo paura ci mollasse in mezzo alla strada, ma dopo essere salita su un risciò guidato da Jaden Castillo potevo affrontare qualsiasi veicolo.
-Clover sta arrivando- mi informò lei.
-Ok. Ma avvertire prima?- mi appoggiai sulle ginocchia dato che avevo ancora un gran fiatone.
-L'ho saputo adesso!-
-Ok. Come l'hai scoperto?-
-Mio padre ha detto che sarebbe andato da Lauren dato che tra dieci minuti avrebbero avuto casa libera-
Il padre di Noelle, dopo la morte della moglie tanti anni prima, aveva intrapreso da circa un anno una relazione con una donna di nome Lauren, la quale in seguito avevamo scoperto essere la madre di Chris Anderson. Si erano conosciuti sul posto di lavoro, lei aveva divorziato da un uomo che Noelle l'aveva sentita definire 'un grande stronzo' quando Chris era ancora piccolo e sembrava che questa nuova storia procedesse a gonfie vele. Fortunatamente a Noelle piaceva quella donna così raffinata anche se a volte la riteneva fin troppo precisa e organizzatrice. In più si era scoperta molto più libera dato che Chris aveva una moltitudine di sorelle più piccole da tenere d'occhio e suo padre sembrava sempre più concentrare l'attenzione su di loro e questo l'aveva resa piuttosto contenta.
Appena Clover arrivò, pochi minuti dopo, ci precipitammo dentro la macchina.
-Dai gas! Dai gas!- urlai agitatissima a Noelle.
Lei premette sull'acceleratore, era abbastanza brava a guidare anche se a volte era ancora un po' scattosa.
-Ma sai almeno dove abita?- Clover non era affatto convinta di quello che stavamo facendo e percepivo il suo disagio. Anche io mi ritrovai ad essere non del tutto decisa ma d’altra parte per ora non stavamo facendo nulla di male...
La verità era che davvero ero troppo curiosa di cosa stava accadendo.
O forse era proprio il fatto che fossero loro, due persone così apparentemente opposte...
Nathan era così dolce... Chris invece poteva prenderti a pugni anche solo per uno sguardo che non gli piaceva.
Osservai Clover e sperai veramente che non nominasse l'argomento bacio e per fortuna non accadde, semplicemente fece finta che non fosse mai successo e di questo gliene fui immensamente grata.
-Certo che lo so, mio padre ci va quasi tutti i giorni. Comunque varie volte mio padre mi diceva che la casa era libera perchè le sorelle piccole erano con la nonna e Chris fuori con i suoi amici, ma non ho mai pensato ad una relazione segreta-
-No certo, nemmeno io. Quanto manca?-
In poco tempo raggiungemmo il retro della casa di Chris, fermandoci ovviamente dove non ci avrebbero viste.
La villa era arancione spumeggiante circondata da un grande giardino. Noelle ci spiegò che la grande scalinata che conduceva al portone d'ingresso era ornata di mille fiori colorati che davano la sensazione di immensa allegria, dalla quale si capiva subito che i gusti di Lauren e delle sorelle avevano prevalso su quelli di Chris. Dalla veranda si poteva notare, all'altro capo del giardino, una grandissima piscina interrata.
-Devo proprio dire che Christian sta cadendo in povertà- commentai stravaccandomi sul sedile in attesa di vedere la macchina uscire dal garage sotterraneo.
-Beh almeno sappiamo che non ruba per procurarsi la droga- affermò Clover.
-Ho idea che rubi lo stesso- continuò Noelle facendo un sorriso malizioso. Christian effettivamente dava la sensazione di essere uno di quei ragazzi che trae piacere nel compiere azioni illegali. Dopo qualche minuto lo vedemmo uscire con un'Audi nera che probabilmente costava come la mia casa ma aspettammo a seguirlo per non farci notare.
-Però eh! Ci va in grande stile a prendere il suo ragazzo- commentò Noelle scherzando.
-Comunque non sappiamo neanche se debba uscire con lui e se stanno insieme o se è stata una cosa così dato che era drogato- puntualizzai io.
-Nathan però non era drogato e non credo lo farebbe senza motivo-
-È vero anche questo. Dai parti prima che lo perdiamo-
Noelle mise in moto e lo seguimmo in seconda per tenere una giusta distanza poi lei staccò le mani dal volante per cercare qualcosa nella sua borsetta: ne estrasse poco dopo un piccolo binocolo nero e me lo passò.
-Guarda com'è vestito- mi ordinò.
-Sei seria?- le chiesi afferrandolo e mettendo a fuoco.
-Dio Noelle... il binocolo no... questa è già violazione di privacy!- Clover secondo me ci stava maledicendo in ogni lingua conosciuta ma per fortuna si contenne.
-Se si decide di fare una cazzata bisogna farla bene! Comunque stai tranquilla che se stiamo a questa distanza non ci becca- Noelle rallentò di poco la velocità.
-Allora... Indossa una maglia nera, un orologio nel polso sinistro, degli occhiali da sole ma non so la marca e stranamente non ha il suo solito cappello con la visiera al contrario; più in basso non riesco a vedere- strinsi maggiormente gli occhi ma siccome eravamo dietro di lui e piuttosto distanti non riuscivo a vedere più di quanto avevo detto.
-Capito Watson!- stavo per rimetterle il binocolo nella borsa quando mi fermò: -Aspetta, dobbiamo guardare anche Nathan!-
-Ma cosa ti interessa come si sono vestiti?- sbuffò Clover mettendo la testa in mezzo ai nostri sedili.
-Magari è il loro primo appuntamento e dai vestiti potremmo capirlo-
-A me sembra debba andare a rapinare una banca più che ad un appuntamento-
Risi. Poi mi venne in mente che dovevo assolutamente raccontargli di James e Chandler.
-Comunque Noelle il tizio che mi avevi fatto notare alla tavola calda ha preso coraggio stamattina- la informai.
-Davvero? Come? Dove?-
-Hai presente la pista quella con la rampa? Quella per gli skateboard?-
-Cazzo ci facevi lì? Spiavi James?- rise.
La guardai storto: -Mi ci ha portato lui- sorrisi soddisfatta.
Lei si coprì la bocca con la mano soffocando un urlo. Probabilmente stava per non riuscire a trattenersi, quando Clover, senza commentare nulla, ci interruppe: -Ragazze oddio ma quello è davvero Nathan!- indicò il ragazzo fermo fuori dalla strada che sicuramente conduceva a casa sua.
Era evidente stesse aspettando qualcuno. Noelle girò lentamente la testa soffocando un secondo urlo. Mi stava facendo morire dal ridere con queste sue reazioni così esagerate. Chris si fermò proprio davanti al ragazzo, il quale entrò in macchina e ripartirono.
Personalmente non ci avevo definitivamente creduto finchè non l'avevo visto con i miei occhi.
Perché gli altri del gruppo non c'erano? Impossibile che tutti fossero impegnati.
Era risaputo che loro stavano sempre tutti insieme. Uno dei ragazzi più popolari della mia scuola aveva davvero una relazione segreta e nessuno lo sapeva? Le altre erano ancora a bocca aperta.
-Troppe cose in una sola mattina- sbuffai appoggiando la testa al finestrino.
-Quindi fatemi capire: questi due tizi fighissimi hanno una fighissima relazione segreta che nessuno sa? È una figata!- Noelle era davvero andata fuori di testa.
-Sì è tutto molto figo, ora torniamo a casa- ricominciò Clover. Probabilmente non gliene importava davvero nulla che quei due uscissero insieme e tecnicamente aveva anche ragione ma l'entusiasmo di Noelle mi stava contagiando sempre più.
-Scherzi vero!? Adesso viene il bello! Vediamo cosa fanno. Aria ci stai?- afferrò il volante con entrambe le mani e tenne pronto il piede sull'acceleratore.
Non avremmo assolutamente dovuto, sapevo che era completamente scorretto ma oramai li avevamo scoperti quindi tanto valeva andare fino in fondo e scoprirne di più. Inoltre mi stava salendo sempre più l'eccitazione per questo "inseguimento" in macchina.
-Vai dai- annuii, e lei super contenta ingranò la marcia successiva e riprendemmo il nostro stalking che aveva come sottofondo le continue polemiche di Clover su quanto tutto ciò fosse senza senso e sbagliato.

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Eravamo in macchina da circa tre quarti d'ora ormai e Chris e Nathan ancora non si erano fermati. Avevo avuto il tempo di raccontare nei minimi dettagli la mia mattinata con James e a Noelle del bacio che aveva scambiato con Taïsse. Lei sosteneva che questo non significasse nulla e che probabilmente erano anche ubriachi ma io rimanevo dell'idea che tra loro due ci fosse qualcosa: lei non li aveva visti due giorni prima al mare insieme, non aveva visto come scherzavano e si guardavano negli occhi. Dovevo smetterla di pensarci.
Clover dal canto suo continuava a dargli del cretino e ormai avevo capito che quella sarebbe stata la sua posizione e che niente le avrebbe fatto cambiare idea, probabilmente non le sarebbe mai piaciuto proprio perchè mi faceva stare male al punto di diventare talvolta monotematica.
Noelle invece, nonostante le nostre numerose insistenze, non aveva ceduto sul raccontarci cosa fosse accaduto con quel ragazzo in discoteca e questo era a dir poco strano dato che di solito non si risparmiava su niente. Tutto ciò che eravamo riuscite a cavarle di bocca era stato che si erano baciati e che non aveva intenzione di rivederlo, e si era riguardata bene dal rivelare il motivo.
Dopo un po' lasciammo cadere l'argomento dato che sembrava darle fastidio.
-Ragazze adesso però torniamo indietro perchè ci stiamo allontanando troppo e rischiamo di perderci- Clover era sempre più agitata, per tutto il viaggio aveva picchiettato le dita sul mio sedile facendomi innervosire sempre di più. A volte sembrava davvero nostra madre e ci trattava come ragazzine prive di giudizio. Era innegabile non avesse torto ma talvolta risultava veramente insistente.
-Se non si fermano tra dieci minuti torniamo indietro e comunque ho il GPS quindi calmati- determinata com'era a scoprire la verità, Noelle ingranò la marcia successiva e ci avvicinammo maggiormente all'Audi. Per tutta risposta Clover sbuffò.
Avevamo anche superato quasi tutti i limiti di velocità e passato una volta con il semaforo rosso dato che Chris sembrava determinato a pestare il più possibile l'acceleratore. Ebbi tutto il tempo per constatare, attraverso il binocolo, che Nathan si era vestito sportivo ma comunque elegante, con una maglietta blu e i jeans.
Dopo circa un quarto d'ora entrammo in una cittadina sperduta in mezzo ai campi dal nome impronunciabile e finalmente, nel centro di questa città fantasma, i fuggiaschi accostarono in un parcheggio praticamente vuoto e senza pagare il biglietto si avviarono per una stradina che ipotizzammo fosse diretta al centro della città. Aspettammo che curvassero lungo la via per poi parcheggiare a nostra volta e pagare, evitando così di far arrivare a casa una multa salata facendoci scoprire.
-E se tornano al parcheggio prima di noi e riconoscono la macchina?-
-Non penso che Chris si ricordi della mia auto Clover! In ogni caso dobbiamo andarcene prima di loro. Adesso massima discrezione perchè non abbiamo più la copertura della macchina- Noelle tirò fuori della sua borsa da Mary Poppins dei super moderni occhiali da sole.
-Eh certo, con quelli non ti riconoscerà di sicuro- alzai gli occhi al cielo. Lei si mise un dito sulle labbra per farmi tacere e si incamminò spedita.
Procedevamo dietro di lei di gran lena e alla terza svolta la coppia ricomparve ai nostri occhi: mi ero aspettata di vederli prendersi per mano e invece camminavano affiancati lungo la stradina piena di ciottoli ma quasi priva di passanti. E se ci fossimo sbagliate?
Ma poi Nathan si voltò con gli occhi che brillavano e appoggiò per un attimo la testa sulla spalla di Chris.
Le altre avevano proseguito ma io ero rimasta un attimo indietro riflettendo su quanto tutto questo fosse triste: avevano percorso non so quanti chilometri solamente per probabilmente non essere giudicati da nessuno; che poi anche questo non era vero perché le poche persone che passavano li guardavano con aria mista tra lo stranito e lo schifato.
Per guardare due ragazzi così belli con aria disgustata ci vuole coraggio e la gente in certe circostanze sembra averne perfino troppo.
-Aria muoviti o li perdiamo!-
Mi riscossi dai miei pensieri e le raggiunsi.
-Tutto a posto?- mi chiese Clover preoccupata.
-Si, solo... ti rendi conto di cosa abbiamo scoperto?-
-Si, non l'avrei mai detto. Nel senso, è vero che noi non li conoscevamo ma evidentemente sono stati molto bravi a nascondersi da tutti perchè non ho mai sentito di una voce che ne parlasse-
-No infatti. Però se ci pensi Nathan non è mai stato con nessuna ragazza-
-Io pensavo solo fosse riservato e non lo dicesse-
-Anche io-
-Stop! Stop! Stop! Ferme!- urlò Noelle girandosi di scatto facendoci prendere un colpo. Chris, non si sa per quale ragione, si era voltato, così noi all'improvviso cominciammo a guardare interessatissime il cellulare e la vetrina del negozio accanto a noi, abbassando il più possibile la testa.
-Ci ha beccate- sussurrò Clover.
Ma per fortuna Chris non si era voltato per noi ma bensì perchè aveva notato una gelateria molto carina all'angolo tra la viuzza e la piazzetta principale.
-Stiamo dando troppo nell'occhio, non potremmo semplicemente fingere di essere qui per caso?- continuò Clover sempre più preoccupata.
-E stranamente li seguiamo? E poi questo posto non lo conosce nessuno, non penso nemmeno sia sulle mappe, perché mai dovremmo essere qui?- Noelle aveva ragione perciò oltrepassammo a razzo la gelateria mentre loro erano all'interno e decidemmo di aspettarli sedute sui gradini di una statua nella piccola piazzetta dal lato opposto da dove si trovavano loro, in modo che quando fossero usciti al massimo avrebbero visto le nostre spalle.
Noelle tirò fuori uno specchietto rosa e lo aprì fingendo di controllarsi il trucco, in modo da tenere d'occhio il momento in cui sarebbero usciti. Quella ragazza non avrebbe mai smesso di stupirmi: quando si metteva in testa un'idea a tutti i costi l'avrebbe portata a termine.
Oramai avevamo ampiamente avuto conferma della nostra teoria e avremmo potuto andarcene ma tutto questo cominciava, forse, a divertire perfino Clover; pedinare due persone in incognito poteva essere considerata una piccola avventura, tuttavia avevo la sensazione che ci fosse qualcosa di molto importante e quasi pericoloso sotto la storia di quei due ragazzi che scappavano di nascosto. Appoggiai i gomiti sulle ginocchia e alzai gli occhi al cielo. Era una giornata nuvolosa ma la temperatura era comunque alta e si poteva stare tranquillamente in maglietta. Girai il collo per osservare la brutta statua raffigurante un tizio con un flauto alle mie spalle che sembrava avere mille anni. Gli abitanti avevano tentato invano di dare un tocco di colore alla città sistemando numerosi vasi di fiori variopinti sui davanzali ma il risultato era comunque piuttosto scarso. Ignorai il messaggio di mia madre che mi chiedeva dove fossi finita.
-Eccoli- Noelle si alzò in piedi ma rimase nascosta dietro alla statua.
Ci sporgemmo giusto per poter vedere per dove proseguissero e storsi il naso: Nathan aveva preso un gelato color viola.
-Ma io non ho mai visto un gusto così! Cos'è? Prugna?!- esclamai abbastanza disgustata.
Le altre risero e salirono le scale che portavano al sagrato della piccola chiesetta della città, in modo da avere una visuale più ampia.
Ci appoggiammo con le braccia al muretto, non eravamo molto in alto ma li riuscimmo comunque a scorgere sedersi su una panchina circondata da alberi. Eravamo spostate sulla sinistra rispetto a loro e a meno che non avessero alzato lo sguardo appositamente verso di noi era praticamente impossibile che ci vedessero, anche perché erano piuttosto concentrati l'uno sull'altro.
Chris cominciò a provocare Nathan leccandogli davanti il gelato in maniera chiaramente ambigua.
Dopo aver riso mostrando quelle fossette che, ero sicura, Chris adorava, il riccio si sdraiò con la schiena sulle gambe del suo ragazzo, il quale, dopo aver finito in tempo record il suo gelato, prese fuori dalla tasca un pacchetto di sigarette e cominciò a fumare.
-Lo direste che è lo stesso ragazzo che qualche notte fa era completamente fatto?- domandò Noelle. In effetti non ci avevo riflettuto.
-No... sembra cosi tranquillo e sereno adesso... ha sempre la sua aria da stronzo ma questo è normale per lui-
-Secondo voi chi fa l'attivo?- chiese nuovamente Noelle osservandoli mentre parlavano, probabilmente sussurrandosi cose sconce.
Vedere Christian fare il romantico era davvero strano, per di più con un ragazzo.
-Risposta scontata- mi si era appannata la vista a forza di fissarli.
Chris, decisamente Chris. Era famoso per avere un gran bel culo ma decisi comunque che doveva essere l'attivo.
O forse in realtà entrambi... cominciai a viaggiare con la mente fin quando dopo una decina di minuti si alzarono dalla panchina.
Chris prese possessivamente per i fianchi Nathan, il quale affondò la testa nella sua spalla per qualche secondo, sussurrandogli qualcosa all'orecchio, poi si guardarono negli occhi con una tale intensità che chiunque, qualsiasi essere vivente sulla faccia della Terra avrebbe capito quanto si amassero e quanto allo stesso tempo stessero soffrendo. Dovevano averne passate tante.
Si scambiarono uno di quei baci magici da film e fu in quel momento, più di qualunque altro, che sentii la necessità di lasciarli soli, di donargli quella privacy che mai avevano. Clover evidentemente la stava pensando come me e mi anticipò: -Ora andiamo dai-
Nonostante l'avesse ripetuto per tutta la giornata, anche Noelle quella volta si trovò d'accordo: -Sì, adesso andiamo-
Riuscimmo a non perderci solamente perchè ripercorremmo la strada esattamente al contrario.
Era ormai pomeriggio inoltrato e faceva veramente caldo. Impostammo il GPS e ripartimmo.
Lungo il tragitto verso casa nessuna di noi parlò molto, probabilmente troppo assorte a ripensare alla giornata o ai nostri pensieri più segreti.
Sì, perché quell'estate compresi che inevitabilmente ogni persona nasconde un segreto. E la cosa brutta è che a volte le persone che credi amiche, che credi fedeli, hanno i segreti più terribili, che ti possono ferire e far cambiare tutto. Il mio grande segreto, anche se non negativo, era custodito in me stessa da oltre tre anni e non sapevo che in quei futuri mesi, mai come prima, mi sarebbe stato difficile trattenerlo. Sta a noi scegliere di chi fidarci, a nostro rischio. Io avevo scelto di raccontarlo alle due persone accanto a me in macchina in quel momento anche se nulla al mondo mi avrebbe dato la certezza che quel segreto sarebbe rimasto tale se non quel giuramento di tre anni prima. Era un segreto molto stupido, la cotta per un ragazzo, ma all'epoca, e soprattutto quell'estate, sembrava che gran parte della mia realtà gli ruotasse intorno.
Non potevo immaginare sarebbe potuto essere così difficile.
Ma in quel momento ricordo solo che improvvisamente realizzai che avevo mentito ad Nathan: lui mi aveva chiesto di non dire a nessuno ciò che avevo visto nei bagni della discoteca e io l'avevo raccontato a Noelle.
Solo a lei però, lei che era la mia migliore amica. Avrebbe dovuto aspettarselo.
Ero giustificata no?
Inoltre avevo taciuto del bacio con Clover e al ritorno avrei mentito anche ai miei genitori su dove fossi stata per tutta la giornata.
Per tutto il viaggio guardai fuori dal finestrino, cominciando già a percepire l'ansia che dentro di me si stava creando a causa di quei segreti.

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


L'ultimo giorno di scuola fu particolarmente bello. La prima cosa che lo contraddistinse dagli anni precedenti fu il saluto di James.
Quel gesto così tanto atteso era arrivato e io ancora non riuscivo ad abituarmici perchè fortune del genere non capitano tutti i giorni, men che meno ad Aria Evans. Ero sua amica. Una sciocca parte di me, nonostante non mi avesse mai considerato in quel modo e non ci fossero probabilità per cui lo avesse potuto fare, non aveva mai perso la speranza. Anche Nathan Price, Marina Campbell e gli altri del gruppo mi rivolsero cenni con il capo e questo aveva fatto di me, proprio all'ultimo giorno, una delle persone semi-popolari della scuola.
Mi sentivo come Dante dopo il saluto ricevuto della sua Beatrice: vedevo anche io James come una persona luminosa che riusciva a portare felicità alla gente… più che altro la mia. Inutile dire che controllavamo ogni mossa di Nathan ma potendolo vedere solamente all'entrata e all'uscita da scuola non riuscivamo a fare molto.
"Nulla" è il termine giusto per descrivere quello che facemmo di scolastico quella mattina.
Certo, alcuni si erano ridotti all'ultimo giorno per tentare di recuperare ma per noi fortunati già salvi fu una specie di party. Ci eravamo organizzati per portare ogni genere di schifezza da mangiare ma anche torte e pizzette. Non mancarono la musica e compagni che si improvvisarono ballerini facendoci morire dal ridere. All'inizio detestavo praticamente tutti quelli con cui frequentavo i corsi ma riconosco che questo è anche colpa del mio strano carattere.
Sembravano tutti così diversi da me: le ragazze si interessavano di moda quando io non ne sapevo praticamente nulla mentre i maschi erano fissati con il calcio, altra cosa che non rientrava nelle mie competenze. Troppo scontati e banali. Io amavo le serie tv, i film dell'orrore e leggere libri che ti mandano in confusione la testa. L'unica persona che fin dai primi anni di scuola erano riuscita ad amare era Noelle, la quale aveva un carattere pressochè identico al mio e infatti non ci volle molto perchè diventassimo inseparabili, tanto che venivamo chiamate dai compagni e perfino dai professori le gemelle siamesi; questo fatto in principio mi diede fastidio ma poi cominciai a ignorarli: ero orgogliosa di avere un'amica tanto speciale, che a quanto pareva loro non possedevano.
Negli ultimi due anni o erano maturati loro o ero cambiata io, fatto sta che mi cominciarono a risultare simpatici. Avevamo formato gruppi uniti, di quelli che trasformano tutti i test in lavori di squadra e di ciò ero molto fiera.
Non eravamo solite però uscire con le ragazze che avevamo conosciuto a scuola non perché non ci fossero simpatiche, ma semplicemente perchè avevamo compagnie e interessi diversi. Quando mancavano solamente pochi secondi al tanto agognato suono della campanella urlammo il conto alla rovescia neanche fosse capodanno e la maggior parte degli studenti corse fuori dalle porte principali come fossero inseguiti dal fuoco.
Come sempre, davanti al cancello, James e Nathan erano attesi dal loro gruppo.
Con un'indiscrezione pari a zero ci mettemmo nuovamente ad osservare Chris e Nathan: nulla. Neanche la persona più attenta e osservatrice del mondo avrebbe notato qualcosa, nemmeno noi che eravamo condizionate perchè già ne eravamo a conoscenza. Complimenti ragazzi, bravi.
Interpretazione degna di un Oscar.
Fu una vera liberazione uscire da quel cancello per l'ultima volta dopo mesi.
Avevo ancora un altro anno da affrontare ma per adesso potevo ritenermi soddisfatta.

I giorni successivi li trascorsi sul letto a meditare se scrivere o meno a James. Non avevo il suo numero ma avremmo potuto parlare su Facebook, pensavo inoltre che magari avrei dovuto scrivere anche a Nathan per non destare sospetti... Quanti problemi che mi facevo.
Inoltre da qualche giorno messaggiavo con Chandler, diciamo più che altro che gli rispondevo.
Non so come era riuscito ad avere il mio numero ed era partito con un "Ehi, sono il ragazzo della panchina", il quale inevitabilmente mi aveva fatto sorridere ed alzare gli occhi al cielo: avrei dovuto aspettarmelo. Avevo scoperto che, come avevo immaginato, non frequentava la mia scuola ma una poco fuori città e veniva a Brixton solamente quando qualcuno riusciva a dargli un passaggio.
Era di un anno più piccolo di me ma sembrava uno di quei ragazzi maturi che sanno ragionare e questo se non altro era un punto a suo vantaggio.
Da Chandler: mi concederesti un'uscita uno di questi giorni?
No, non sei James. Fu il mio primo pensiero.
Ma poi la parte razionale di me mi impose di riflettere: magari potevo anche provare, un'uscita non avrebbe significato nulla.
Da me: direi di si
Da Chandler: wow non mi aspettavo una risposta positiva, quando?
Credo contribuì anche il fatto che in quei giorni ero rimasta a casa per non far incazzare ulteriormente mia madre, perciò avevo voglia di uscire.
Siccome non gli risposi subito riscrisse.
Da Chandler: domani?
Accettai. Lo raccontai alle altre e il commento di Clover fu: "questo tizio si é proprio infatuato!" Lo pensavo anche io.
Appoggiai il portatile sulle gambe incrociate: mi ero decisa a scrivergli dato che era online. Con lentezza indicibile mi collegai al social e scorsi il suo profilo: niente di nuovo. Bene. Avevo il terrore di vedere comparire foto di lui e Taïsse oppure lo stato "impegnato", il che era successo circa un anno fa ma poi avevo scoperto che era stato uno scherzo fatto da Nathan. Che idiota. Gli sembrano scherzi da fare?
Aprii la chat e quando inviai quel "Hey, come va?" mi sentii la ragazza più coraggiosa del pianeta e anche una doppiogiochista, ma decisi di mettere da parte questo pensiero, d'altronde non era colpa mia se questo Chandler era spuntato fuori proprio quando James aveva cominciato a parlarmi. Da brava ansiosa quale sono cominciai a mangiarmi le unghie fissando la chat in attesa di una qualsiasi risposta, sperando non comparisse solo quel maledetto ‘visualizzato’.
Rispose dopo circa un minuto (per me fu un'ora).
Da James Hall: ehiii indovina dove sono
Da me: alla pista
Da James Hall: esatto! che fai?
Da me: sto guardando un telefilm
Aprii un'altra pagina Google e cominciai davvero a guardare l'ultimo episodio di una delle mie serie preferite, non prima però di essermi preparata i miei amati pop corn al burro. Era troppo bello dover stoppare lo schermo di tanto in tanto per rispondere ai messaggi di James, non avrei mai smesso. Ero davvero contenta che avesse voglia di parlare con me. Mia madre si accorse subito di qualcosa di strano quando si affacciò dalla porta di camera mia: -Perchè stai sorridendo così?- mi chiese.
Decisi di raccontarle la verità: -Sto messaggiando con James-
-Quello dell'ultimo anno che ti piace?-
-Si-
-Beh vieni giù a cena che è pronto e mi racconti-
Le fece piacere ma capii che non comprese l'importanza di quel fatto, ma sinceramente non era rilevante: anche io non comprendevo molte cose della sua vita. Mia madre lavorava in comune sistemando scartoffie e organizzando eventi dal mattino alla sera ma nonostante questo quando arrivava a casa la sera aveva comunque la forza di brontolare sul fatto che non avessi fatto questo o quell'altro. Era spesso acqua e sapone, anche quando usciva con le sue amiche al sabato sera, non esagerava mai troppo con il trucco ed era una donna piuttosto raffinata, con gusti completamente diversi dai miei: basta sapere che il mio colore preferito in assoluto era il nero, il quale dominava l'interno del mio armadio, i miei gioielli comprendevano teschi e ragni, tutte cose che lei odiava e riteneva disgustose. Quella sera a cena persino mio padre, che ha una capacità d'osservazione pari a zero, si accorse che ero assai agitata: muovevo continuamente le gambe sotto al tavolo. Tutto ciò era causato da James ma anche un po' dall'appuntamento (non sapevo nemmeno se chiamarlo così) del giorno dopo.
Il prima possibile schizzai in camera buttandomi sul letto, il quale miracolosamente non si era ancora rotto dopo tutte le volte in cui mi ci ero buttata sopra, afferrai il cellulare per rispondere a James. Passai tutta la sera così, fino a quando non fui così stanca da infilarmi sotto le coperte, ridurre la luminosità del telefono al minimo prima di accecarmi e appoggiarlo accanto a me sul cuscino scrivendo con una mano sola. Desiderai potesse esserci davvero lui lì con me. So che sarebbe stata una situazione alquanto strana ma eliminando tutto l'imbarazzo e togliendo il fatto che ci conoscessimo poco, avrei davvero voluto fosse lì. Gli avrei chiesto cosa sapesse riguardo Nathan e Chris... improvvisamente realizzai che forse lui sapeva, d'altronde era molto amico di Nathan.
Decisi che quando l'avrei rivisto gli avrei lanciato delle frecciatine e avrei osservato come rispondeva, difficilmente le avrebbe colte se non sospettava di nulla. Alla fine mi addormentai dopo il suo ultimo messaggio immaginandomi la sua voce bassa ma dolce che mi sussurrava: "Notte Aria".

La mattina seguente ricevetti una strana ma allo stesso tempo piacevole telefonata.
Verso mezzogiorno, mentre stavo apparecchiando la tavola per me e mia madre, Payson mi chiamò sul cellulare e dopo un po' di convenevoli passò al dunque.
-Ti ho chiamato per chiederti se a te e alle tue amiche andrebbe di uscire con me, Marina e Taïsse oggi pomeriggio. Perchè è successa una cosa che ti spiegherò e Marina è un po' giù, avevo pensato che la possiamo portare a fare shopping, vi va?-
-Ehm.. si certo, va bene. Adesso sento dalle altre e poi ti dico-
-Ok grazie. Se avete preferenze su qualche posto ditecelo pure-
Ricordai una serie di negozi dove andavo da bambina con delle amiche più grandi: -Sì, un centro commerciale appena fuori città-
-Ok mi fido di te, a dopo-
Proprio mentre leggevo che anche le altre sarebbero venute (su Noelle non avevo avuto dubbi), mi ricordai di Chandler.
Mi dispiacque, ma le amiche di James avevano la precedenza, anche perchè mi avrebbero potuto far avvicinare maggiormente a lui.
Da me: ehi, scusami davvero ma mi hanno ricordato che oggi già dovevo uscire con delle amiche, possiamo fare un'altra volta?
Messaggio più odioso di quello non poteva esistere.
Da Chandler: Certo, tranquilla
Sospirai. Altra bugia.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


-Ragazze davvero non c'era bisogno, sto bene- ripetè Marina per la milionesima volta, come se in realtà andare a fare shopping al centro commerciale non fosse un'idea che la elettrizzava. Ma ancora non avevamo scoperto cosa l'aveva fatta stare male.
Ero strettissima nei sedili posteriori dell'auto rossa di Payson, eravamo anche una persona in più dei posti consentiti.
-Non rompere che una giornata di shopping non fa male a nessuno- Taïsse teneva il braccio fuori dal finestrino mentre si picchiettava l'altra mano sulla gamba a ritmo della musica proveniente dalla radio. Continuavo a pensare che quella ragazza fosse davvero bella e più la guardavo più diventavo gelosa di lei. Decisi che quel giorno avrei fatto di tutto per scoprire quale rapporto avesse con il ragazzo che mi piaceva.
-Marina noi però non abbiamo ancora capito cosa sia successo- finalmente mi decisi a chiederlo.
Capii che non aspettava altro per sfogarsi: -J.C. è un coglione, ecco cosa è successo- sbottò lei.
E fin qua ci potevo arrivare da sola.
-Ieri sera Taïsse mi ha mandato questa foto- proseguì cercando un'immagine sul suo cellulare per mostrarcela.
La foto era alquanto sfocata ma si poteva comunque scorgere J.C. seduto su uno sgabello, probabilmente di un pub, con sulle gambe una bionda che decisamente non era Marina.
-Cavolo, mi dispiace- commentò Clover, senza provare realmente empatia nella situazione.
-Sì ma è un deficiente perché mi ha anche vista- Taïsse abbassò il volume della radio per farsi sentire meglio e perché così io potessi dare a Payson indicazioni sulla strada.
-Ti rendi conto che l'ha vista, quindi sapeva che me l'avrebbe detto, ma se ne è fregato! E così ha fatto anche la settimana scorsa!-
Esattamente una settimana prima ero al mare con loro.
-Quindi al mare...-
-Sì, era per quello. Me lo è anche venuto a dire in faccia!- mi confermò lei.
-L'ha baciata?- chiese Noelle, secondo me alimentando il nervoso di Marina.
-Che noi sappiamo no- l'aria annoiata di Taïsse faceva però intendere che per lei fosse ovvio non fosse successo solo quello.
-Mollalo- le suggerì Clover come fosse la cosa più scontata del mondo.
-Mollarlo? Ma lei lo ama- fu il semplice commento di Payson, mentre continuava a tenere gli occhi puntati sulla strada.
-Spero si faccia perdonare almeno- Marina tornò a calmarsi e si appoggiò al sedile cominciando a messaggiare.
Io, Noelle e Clover ci guardammo: ma che ragionamento stavano facendo? Avrebbe già dovuto lasciarlo dato che la cosa sembrava succedere spesso. Marina mi era apparsa fin da subito una ragazza forte, che non si facesse mettere in piedi in testa nemmeno da J.C..  Non avrei saputo dire se ne non ne fosse ancora del tutto consapevole oppure se proprio per lei era una situazione normale, anche se per come si comportava sembrava buona la seconda opzione.
-Come si chiama il bar della foto Taïsse?- le chiesi fingendo che non fosse poi così importante.
-Si chiama Blacker Dread-
-Ah ok infatti mi sembrava- non avevo idea di che locale fosse ma così la domanda sembrava avere un senso: avrei chiesto a James se ci fosse stato di recente e poi avrei sperato che la risposta fosse no. Non volevo chiedere a Taïsse con chi ci era stata.
Riflettei che con questo metodo l’avrei presa davvero troppo alla lontana; decisi che avrei calcato maggiormente la mano.
Da me: qualcuna di voi può chiedere a Taïsse se sta con James? Con un discorso sensato ovviamente
Da Clover: provo
-E voi? Avete un ragazzo?- non avevo nemmeno avuto il tempo di risponderle, non mi aspettavo lo facesse subito. Probabilmente era curiosa anche lei.
Taïsse ridacchiò rispondendo di no e Payson scosse semplicemente la testa. Finalmente una buona notizia!
-E voi tre?- dovevo immaginare che Marina lo avrebbe chiesto. Rispondemmo di no.
Vidi Noelle lanciarle uno strano sguardo. Non dirle di Chandler, non dirle di Chandler...
-Dai Aria diglielo che oggi dovevi uscire con un tipo!-
Ti strappo la lingua Noelle.
Sorrisi imbarazzata. Questo piccolo pettegolezzo sarebbe sicuramente arrivato alle orecchie di James.
-Ah davvero? Chi è? Dai dovevi andare con lui!- mi chiesero in coro loro tre super gasate.
Raccontai brevemente la storia mentre lanciavo sguardi di fuoco alla mia migliore amica, ma secondo me lei non capì nemmeno di non avermi fatto certo un favore. Arrivammo verso le tre del pomeriggio e come al solito faceva abbastanza caldo, per quanto ce ne possa essere nei pressi di Londra.
Il centro commerciale era ancora più grande di come lo ricordavo e aveva davvero tanti negozi.
Passavo giornate in cui non mi andava di comprare niente e passavo apaticamente in rassegna i capi, e giornate invece in cui continuavo a provare vestiti e metterli nel carrello.
Fu uno di quei giorni. Forse anche perchè Marina continuava a dirmi che stavo bene con tutto e che questo dovevo assolutamente comprarlo, così come quella maglia, quel vestito ecc... Il mio portafoglio, come quello delle altre ragazze, calò piuttosto in fretta, così nell'ultimo negozio decisi di aspettarle fuori, privandomi in quel modo di qualsiasi tentazione; mi comprai solo un bel frappè al cioccolato e mi sedetti su una panchina. Cominciai a osservare il via vai di persone che entravano e uscivano dai negozi. Quella signora bionda con le scarpe dal tacco rosso doveva sicuramente essere un avvocato e sarebbe stata bene con l'uomo in giacca e cravatta (che secondo me moriva di caldo) che stava uscendo dai bagni proprio in quel momento. Immaginai di essere cupido e di farli scontrare e innamorare.
Sorrisi tra me e me.
-Cosa fai, ridi da sola?- mi chiese Taïsse uscendo dal negozio in quel momento.
-No scusa stavo pensando-
-Tranquilla eh, lo faccio anche io, non ti considero pazza- si sedette di fianco a me e senza dirmi nulla mi prese dalle mani il frappè e lo assaggiò.
La guardai un po' sorpresa e leggermente infastidita ma poi lei mi sorrise dicendo: -Buono, amo i frappè al cioccolato-
-Anche io-
-Stessi gusti eh?- mi sorrise maliziosa.
Aveva davvero capito? Nel mio cervello scorsero velocemente tutti i momenti in cui potevo aver lasciato trasparire qualcosa con lei ma non mi venne in mente nulla. Finsi con me stessa di credere non fosse una esplicita frecciatina. Avevo già il cuore che batteva più velocemente del normale.
-Hai comprato qualcosa?- le chiesi il più in fretta possibile per deviare la conversazione.
-Solo un'altra maglia rossa- non sembrò badare al mio imbarazzo.
Poco dopo le altre ci raggiunsero; Noelle non riusciva da sola a reggere tutte le sporte di vestiti e trucchi che aveva comprato in quelle poche ore così la aiutai prendendogliene qualcuna e uscimmo dal centro commerciale. Appoggiammo tutte le borse in auto, la quale tra un po' sarebbe probabilmente esplosa, e decidemmo di fare una passeggiata lungo un parco non molto distante.
-Potevamo chiamare anche i ragazzi- saltò su Taïsse. Ti pareva.
-No oggi mi serviva decisamente una giornata tra ragazze- Marina era visibilmente più allegra di quanto lo fosse stata quella mattina in macchina.
-È da qualche giorno che non li vediamo, in effetti- proseguì Payson.
-Noi ieri abbiamo visto Chris e Nathan in giro- sputò fuori Noelle come se fino a quel momento avesse avuto difficoltà a trattenerlo.
Io e Clover ci guardammo allarmate. Aveva sempre avuto la lingua lunga ma ultimamente sembrava non riuscire proprio a trattenersi dal metterci in situazioni scomode. Non avevamo nemmeno seriamente parlato su come comportarci dopo il pedinamento.
Appena Noelle finì la frase Payson spalancò gli occhi e si arrestò per un secondo come per un riflesso involontario e anche Marina contenne a stento il suo stupore, anche se ero piuttosto certa di avergli visto un riflesso di disapprovazione e quasi nervosismo nello sguardo: -Ah sì? Dove?-
Ecco, a quel punto volevo proprio sentire la mia amica.
-Parecchio lontano da qui, in un posto perso nel nulla-
Sentii il panico impossessarsi di me. Come poteva averlo detto?
Per prima cosa non avevamo la certezza che loro già sapessero tutto e soprattutto rischiavamo anche una terribile figura a causa del pedinamento.
Lei non era a conoscenza che Nathan mi aveva chiesto di tacere, ma mi era sembrata piuttosto ovvia come cosa! Ne avrebbero parlato tra loro e Nathan mi avrebbe odiata. E se avessi appena rovinato la loro storia?
Stupendomi, Marina si mise a ridere: -Ma dai!-
Le altre erano rimaste zitte. Anche se la rossa continuava a sembrarmi leggermente allarmata.
Presa da un' elevata quantità di ansia cambiai in fretta argomento sparando la prima cosa che mi passò per la testa: -Comunque ancora non ci avete raccontato di come è nato il vostro gruppo-
-Nah... è una storia lunga e poco interessante- Marina fece un gesto con la mano consigliandoci di lasciar perdere. Percepii che non avrebbe affatto voluto lasciar cadere l'argomento precedente, così insistetti:
-Io scommetto di no-
Taïsse si fermò all'improvviso ridendo: -Facciamo così: una sfida! Se vincete voi ve la raccontiamo ma se vinciamo noi andate da quei ragazzi laggiù e gli fate tutte e tre una dichiarazione- si portò le mani sui fianchi soddisfatta. Mi voltai a guardare il gruppetto che aveva indicato: ragazzi sulla ventina che probabilmente si stavano arrotolando delle canne.
-Non è adeguatamente equa questa sfida- Clover diede voce ai miei pensieri sollevando un sopracciglio.
-Oh invece sì-
-Ma assolutamente no- ridetti io, sostenendo la mia amica.
-D'accordo allora per pareggiare facciamo che scegliete voi la sfida- Marina si voltò di nuovo allegra verso Noelle.
Io le lanciai uno sguardo che sperai cogliesse.
Sinceramente, non era mai stata tanto egoista come quel giorno: sperando di dire qualcosa che avrebbe interessato quelle ragazze più grandi e popolari di noi aveva rivelato un segreto così intimo. Sperai almeno cogliesse la mia silenziosa proposta.
Noelle per un attimo mi fissò con suoi occhi azzurri poi tornò a guardare Marina che stava aspettando una risposta: -Corsa-
Perfetto! Aveva capito.
-NO!- urlò subito Marina ridendo e coprendosi la bocca con una mano.
-Ma si invece dai!- la incoraggiò Taïsse. -Per me va benissimo-
-Si?- le chiese Marina dubbiosa.
L'altra annuì decisa. Ero contenta avessero accettato perchè sapevo avrei vinto: a scuola ero sempre stata la più veloce della classe e da piccola avevo preso parte a numerose gare. Amavo correre.
-Io non partecipo, non mi sento benissimo- Payson incrociò le braccia al petto e si fece da parte.
-Tutto a posto Pay?- le chiese Taïsse preoccupata.
Lei semplicemente annuì e fece un gesto con la mano che significava che non era nulla di che. O correva da papera oppure era lentissima. Peggio per lei.
-Ma poi sudo tutta!- cominciò a lamentarsi Marina. -E mi cola anche il mascara!-
-No, non suderai neanche perché arriveremo solo fino a quel lampione, lo vedi?- la rassicurò Noelle.
-Si ok ma mi verrà il fiatone- brontolò, ma sbuffando si mise in fila con noi sull'erba e quando Payson ci diede il segnale partimmo.
Come avevo previsto dopo nemmeno qualche metro non vedevo più le mie avversarie. Era stato fin troppo facile.
All'improvviso però, con la coda dell'occhio, scorsi sulla mia sinistra una chioma rossa. Ecco perchè aveva accettato subito!
Poteva anche avere un rapporto ambiguo con James ma questa gara l'avrei vinta io: da troppo tempo aspettavo di scoprire quella storia e soprattutto non mi sarei fatta battere anche in questo da lei. Ci misi veramente tutta me stessa e fino all'ultimo sembrava pronta a raggiungermi ma alla fine la prima che superò il lampione, se pur di pochissimo, fui io. Rischiai veramente di sbattere la testa contro il palo perché non riuscivo a fermarmi.
Mi stava per scoppiare un polmone ma guardai comunque Taïsse con un ghigno soddisfatto. Scommetto che questa non se l'aspettava da me.
Scommetto che era rimasta con un palmo di naso. Non sono mai stata competitiva ma in quel momento avrei voluto farle il dito medio e urlarle in faccia "In questo non mi batti stronza!" Si avvicinò e mi strinse la mano dicendomi, tra un respiro affannato e l'altro: -Complimenti, bella gara. Sei veloce!-
La ringraziai solamente, non le avrei mai risposto anche tu e poi mi incazzai da sola perchè per quanto io provassi a trovarle dei difetti, lei riusciva sempre a stupirmi. Aveva anche più tette di me accidenti.
Dopo qualche secondo anche Clover e Noelle ci raggiunsero mentre una Marina abbastanza trafelata ci stava raggiungendo camminando con Payson.
Non era proprio la tipica ragazza sportiva.
-Santo cielo, mi sono volati tutti i capelli in faccia e non vedevo più niente!- si giustificò lei cercando di sistemarsi.
-Beh Marina Campbell mi sa proprio che ci devi una storia- Noelle riprese fiato e si sedette sull'erba. Noi la imitammo.
Lanciai uno sguardo ai ragazzi che per tutto il tempo ci avevano guardato come se fossimo un gruppo di pazze dato che ci eravamo messe a correre per il parco.
-Sì allora... non so bene perchè vogliate tanto saperlo. Alla fine è una storia piuttosto comune- ero sicura la stesse sminuendo.
Molti ragazzi della scuola avrebbero voluto conoscerla.
-Ci siamo conosciuti tutti un po' così, intendo nel corso degli anni...-
Incrociai le gambe e mi preparai ad ascoltare tutto ciò Marina avrebbe detto.
-Io e Pay siamo amiche dalla scuola primaria e credo fin da subito siamo diventate migliori amiche- la guardò sorridendo e Payson annuì per confermare. -Quando ero all'ultimo anno di liceo conobbi J.C.. Lui era di due anni più piccolo e per una scommessa imbecille con i suoi amici avrebbe dovuto provarci spudoratamente con una dell'ultimo anno. Lui scelse me e all'inizio lo consideravo solo un bamboccio in cerca di attenzioni ma poi qualcosa cambiò- arrossì violentemente -Nel senso, lui era gentile con me e per scherzare mi chiese di uscire e io, nonostante sapessi già della scommessa, accettai. Forse perché già mi stavo innamorando di lui. La gente la vedeva come una cosa strana per via del fatto che lui fosse più piccolo e sì, ammetto che all'inizio me ne vergognavo, ma poi ho deciso di fregarmene e ricordo che, dopo circa due mesi, lui mi presentò ai suoi amici, anche quelli più grandi, come la "sua ragazza".
-E due di quegli amici erano Chris ed Elliot, giusto?- chiese Noelle.
-Sì esatto. Elliot era inquilino di un appartamento in centro di proprietà della famiglia di Chris per motivi di lavoro, ma dopo circa un anno si trasferì da sua zia, non è troppo lontano ma comunque ora lo vediamo solo quando riusciamo insomma... Chris invece subito mi stette sul cazzo perchè scoprii essere lui l'inventore della scommessa, ma d'altro canto senza di essa non ci saremmo conosciuti quindi decisi di perdonarlo- ridacchiò.
-E James e Nathan?- incalzai io.
-Una delle sorelle piccole di Chris era amica con Gemma, la sorella di Nathan, e penso si siano conosciuti così... James invece era il miglior amico di Nathan-
-Le cose sono venute poi col tempo- puntualizzò Payson.
-E tu come ti sei unita?- Clover rivolse la sua domanda a Taïsse. Mi ero dimenticata di lei per un momento.
-Ah niente ho conosciuto James in discoteca- rispose con semplicità.
Marina ridacchiò sotto i baffi. Non sapevo di quale altre prove dovevo aver bisogno per accettare che tra di loro ci fosse qualcosa, di sicuro almeno una scopamicizia.
-Soddisfatte?- domandò Marina alzandosi e pulendosi le mani con aria schifata.
-Sì- rispose Clover allungandomi le mani per aiutarmi ad alzarmi.
-Molto bene, allora possiamo tornare a casa direi-
-È bello che siate diventati un gruppo così unito- probabilmente Clover stava solo cercando di metterle alla prova dato che ormai avevamo l'ampio sospetto che non fossero poi cosi uniti.
-Beh diciamo che abbiamo avuto le nostre divergenze ma siamo uniti, sì-
Quindi si erano conosciuti perchè erano tutti amici di amici? Ero un po'... delusa.
Mi aspettavo una storia più avvincente.
Forse sono strana, anzi decisamente lo sono, ma per tutto il ritorno in macchina, mentre le altre parlavano di non ricordo cosa, io continuavo a pensare che ci fosse qualcosa che non quadrava, qualcosa che Marina aveva omesso.

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Non l'avevo mai visto in città ma da quando mi aveva attaccato bottone Chandler sembrava essere ovunque. A volte avevo perfino il sospetto che mi pedinasse. Qualche giorno dopo l'uscita con Marina e le altre me lo ritrovai al supermercato.
Mi ero offerta di comprare alcune cose per Clover dato che era via tutta la giornata con i suoi genitori. Ero al reparto dolci quando mi scappò da ridere leggendo la lista di cose da comprare scritta dalla mia amica: solamente lei al mondo avrebbe potuto scrivere H2O e la formula chimica dei detersivi sulla lista della spesa. Fu proprio mentre buttavo nel carrello due prodotti a caso sperando le andassero bene, che lo vidi.
Non ci eravamo più sentiti da quando avevo rimandato l'uscita.
Sapevo che prima o poi avrei dovuto dirgli qualcosa ma speravo più in un poi che in un prima.
Di solito non sfuggivo mai ai problemi ma lui mi metteva in agitazione. O forse ero io che non volevo ammettere di avere paura a confessargli la verità, ovvero che mi piaceva già un altro e che i suoi tentativi erano inutili.
Mi nascosi dietro lo scaffale dei detersivi e prodotti per la casa, sperando di non essere notata. Era insieme ad un ragazzino che non avevo mai visto, probabilmente suo fratello. Mi allontanai da quello scaffale procedendo al contrario trascinandomi dietro il carrello, determinata a svignarmela, quando sentii la sua voce dietro di me: -Ehi Aria! Come va?-
Sobbalzai sbiancando e voltandomi di scatto, probabilmente facendo l'ennesima figuraccia con lui. Come aveva fatto ad essere così veloce?
-Mi hai spaventato!- gli sorrisi forzatamente. -È la seconda volta che mi compari alle spalle!-
-Se la prossima volta non cerchi di evitarmi magari ci possiamo incontrare normalmente-
Stavo per replicare super imbarazzata ma fui interrotta dal bambino che aveva accanto: -Chi è questa tipa che ti evita?- chiese rivolgendosi a Chandler e guardandomi male, con aria sospetta. Bambino impertinente.
-È un'amica, non rompere le palle e vai a farti un giro- lo spinse scostandoselo di dosso.
Il bambino stranamente ubbidì e si allontanò, rigorosamente tenendomi d'occhio.
-Scusa, mio fratello è un rompipalle- si scusò lui.
-Non vi somigliate per niente-
-Meno male. Allora, cosa fai qua?-
Ehm... magari compro cose, dato che sono in un supermercato?
-Mi hanno commissionato alcune cose da comprare- alzai gli occhi al cielo fingendomi scocciata. In realtà ero contenta di rendermi utile per Clover e la sua famiglia.
-Se hai quasi finito possiamo andare a prendere qualcosa al bar qui fuori-
Ecco che torna alla carica.
Decisi che questo glielo dovevo, anche solo per avermi considerata, a dispetto di tutti gli altri ragazzi.
A parte James, anche lui mi considerava tutto sommato. E si baciava altre.
Basta Aria.
-Si, mi mancano poche cose-
-H2O?- fece lui allungando il collo e sbirciando la lista.
-Ehm... no, non l'ho scritto io ma una mia amica- altra figuraccia. Grazie Clover.
-Tranquilla, non nascondere il tuo lato da secchiona- mi fece l'occhiolino e io mi limitai a sorridere mettendomi i capelli dietro le orecchie, evidenziando solo il mio nervosismo. Ero pessima con i ragazzi. Proprio pessima.
Dopo una silenziosa ed imbarazzante fila alla cassa per pagare ci dirigemmo verso il bar.
Mi guardavo intorno peggio di un investigatore, terrorizzata dall'idea di veder comparire James o chiunque altro che gli avrebbe potuto riferire che ero con un ragazzo, lo stesso della panchina per di più. Come se a lui fosse importato...
-Stai cercando qualcuno?- mi domandò infatti poco dopo.
Quel tizio era troppo sveglio ed impertinente, doveva smetterla.
-No no, guardavo così- eh sì, il supermercato era molto affascinante.
-Stai cercando James?- ecco, lì scoppiai e cominciai a balbettare cose completamente senza senso: -No assolutamente... No, James... pff- ridacchiai.
Volevo sprofondare. Che casino.
Come aveva fatto a capirlo?
Ero davvero così evidente?
Magari era un mago e leggeva nella mente.
Come poteva essere sempre così schietto?
-Ma state insieme?-
-No ehm... è solo un mio amico-
-Vi conoscete da molto?-
-Beh sì da un po' ormai- che cazzata.
Lui annuì e finalmente ci sedemmo a quel maledetto bar.
-Scusa dico solo a mio fratello dove siamo senò comincia a chiamare tutti i parenti- disse prendendo fuori dalla tasca il cellulare.
Approfittai di quel momento per ricompormi.
-Allora, cosa vuoi prendere?- mi chiese mettendo via il cellulare.
-Hai dei consigli?- gli domandai afferrando il menù indecisa.
Mi suggerì dei cupcakes al cioccolato che diceva essere squisiti.
Li ordinai ed in effetti erano davvero buoni.
Dopo poco risbucò suo fratello e si sedette al tavolino con noi due.
Sono certa che Chandler lo avrebbe disintegrato ma per me rese la situazione leggermente meno imbarazzante.
Si chiamava Evan e aveva 10 anni e mezzo, come ci tenne a precisare. Alla fine non era male ma aveva, come suo fratello, uno sguardo troppo da furbetto, come se sapesse di essere sempre un passo avanti a te. D'altronde però doveva essere anche una gran palla al piede dato che, se anche non era a conoscenza degli scopi del fratello, ci sarebbe potuto arrivare che ci stava provando con una ragazza.
Fortunatamente le brevi conversazioni seguenti furono più leggere, sulla scuola, sul college, le vacanze estive che per me quell’anno si limitarono a sole gite in giornata ecc...
Pensavo che non l'avrei mai detto ma, figuracce a parte, fu una mattinata abbastanza piacevole. Era stato gentile e mi aveva anche pagato i numerosi cupcakes di cui mi ero abbuffata. Ci salutammo fuori dal supermercato e tornai a casa a piedi, avendo così tutto il tempo per ripensare al racconto di Marina di qualche giorno prima.
Ne avevo discusso con le altre e mi avevano risposto che dovevo smetterla di farmi questi gran viaggioni su qualsiasi cosa. Gran viaggioni? C'erano anche loro quando due dei ragazzi più fighi della città e dintorni si erano baciati! La verità è che speravo di trovarci qualcosa di interessante in quel racconto, non seppi nemmeno io il perchè.
La sera, mentre ero sotto alla doccia, mi venne in mente che invece di farmi tutte queste domande avrei potuto provare a capire veramente se almeno James sapeva qualcosa. Sì, avrei tentato.

Qualche ora dopo mi trovavo a casa di una mia compagna di allenamento insieme alle altre della nostra squadra. Si poteva dire che avevamo formato un ottimo gruppo col passare degli anni, nonostante avessimo tutte età differenti.
-Mia mamma oggi è andata a ritirare la pagella e finalmente ci hanno consegnato gli annuari! Ci mettono sempre un secolo!- disse Sarah buttandosi a sedere sul divano di casa sua mentre noi altre mangiavamo popcorn e patatine. Era una delle migliori ginnaste della squadra, forse anche per il corpo esile e non troppo alto.
-Posso vedere l'annuario? Magari conosco qualcuno della tua scuola- le chiese Beth.
-Certo- le indicò il grande armadio della sua camera.
-Tutti nove come sempre in pagella Sarah?- le domandai. Io ero brava, ma non come lei.
Era tipo Taïsse, una di quelle ragazze che eccelleva più o meno in tutto ciò che faceva, quelle che fanno venire il nervoso insomma.
Ma lei stranamente era simpatica.
-Ho anche due otto- mi rispose ammiccando.
Le alzai gli occhi al cielo sorridendo.
-Scusa ma non lo trovo e non voglio frugare tra le tue cose- Beth riemerse dall'armadio.
-Tranquilla, è in fondo- Sarah si alzò per prenderlo e io la seguii.
Aprì il cassetto con gli annuari e mentre Beth guardava quello nuovo io e Jane, l'altra ragazza del gruppo, ci divertimmo a sfogliare quelli vecchi, riconoscendo persone che diciamo avevano fatto un gran cambiamento in meglio nel corso degli anni.
-Oddio ma quanto eri carina!- esclamò Jane indicando la piccola Sarah nella foto.
-Taci... riconosco che è orribile- la rimbeccò lei.
Risi e tornai a guardare la foto della classe di Sarah. L'occhio mi cadde su un ragazzino riccioluto che indubbiamente avevo già visto. Controllai l'elenco dei nomi sotto alla foto ed in effetti era proprio lui, tuttavia anche un altro mi rimase impresso: Charlotte Anderson. E così una delle sorelle di Chris era stata veramente in classe con Nathan. Su questo Marina non aveva mentito. Probabilmente si erano veramente conosciuti così.
-Ma eri in classe con Nathan Price?- le chiesi subito, nonostante avessi la foto che lo confermava sotto al naso.
-Frequentavamo solo qualche corso insieme e ho anche avuto una cotta per lui per due anni- mi rispose con occhi sognanti.
-E chi non l'ha avuta- commentò Jane.
Peccato che sia gay
-Fortunata te che adesso ci esci- sospirò Beth.
Avevo aggiornato anche a loro sul fatto che avevo avuto la fortuna di conoscerli.
-Ehi frena, ci sono uscita due volte-
-Beh e come è? È simpatico?-
-Si si certo, solo un po' imbranato- dissi per scherzare, ricordando l'avventura con i risciò, la quale in realtà ancora mi lasciava brividi. Le altre risero.
Non sapevano nulla riguardo ai miei sentimenti per James ma non perchè non mi fidassi di loro, semplicemente era una cosa che non volevo condividere; sembrava che mi montassi la testa a pensare di poter stare con uno come James e questa cosa non mi piaceva. Loro inoltre non penso lo conoscessero nell'anno in cui mi cominciò a piacere, ovvero quando aveva i capelli lunghi, l'apparecchio e faceva battute squallide. Beh, quelle le faceva ancora. Non era per la popolarità insomma.
Cenammo con una bella grigliata e grazie a loro quella sera mi distrassi dai miei pensieri, riguardando nostre vecchie foto di gare ed esibizioni.

-Sai per caso quand'è' è la festa della scuola?- stavo bevendo un ottimo frappè mentre tornavo a casa dopo un allenamento super faticoso. Abitavo parecchio distante dalla palestra e dovevo sempre fare un lungo tragitto a piedi per arrivarci.
-Sì, stanno spargendo volantini ovunque. È questo sabato- mi rispose Noelle dall'altro capo del telefono.
-Cosa!? Non potevano informarci prima? Non so cosa mettermi!-
-Aria te lo dico sempre che bisogna per forza avere un vestito elegante nell'armadio per ogni evenienza-
-Sì va beh... troverò qualcosa, ci sentiamo dopo-
Riattaccai e bevvi un altro lungo sorso di frappè. Come sempre fui attirata magneticamente dal negozietto di gioielli in fondo alla via quando dal negozio accanto vidi uscire Nathan, dirigendosi verso la sua auto.
-Ciao Aria, che ci fai qua?- mi sorprese lui salutandomi allegramente.
Mi aspettavo fosse arrabbiato con me.
Marina e le altre erano davvero state zitte?
-Ciao! Sto tornando a casa da allenamento-
-Vuoi un passaggio?- mi chiese gentilmente.
Mio Dio sì, non avevo proprio voglia di camminare.
-Guarda se non è un problema accetto volentieri- lui mi aprì la portiera.
Se me l'aveva domandato solo per formalità gli era andata male.
-Ma quale problema, sto tornando a casa anche io- forse aveva visto la mia faccia stravolta e aveva compiuto questo gesto di pietà.
Mentre regolavo il sedile realizzai quanto il tragitto sarebbe stato imbarazzante dato che lui sapeva che li avevo visti quella notte in discoteca. Sperai non accennasse a nulla del genere.
-Allenamento di cosa?- mi chiese lui accendendo il motore.
-Ginnastica artistica-
-Wow, e sei brava?- si voltò verso di me.
-Beh... me la cavo- arrossii impercettibilmente.
Mi sorrise e tornò a guardare la strada.
-Mi devi dire dove abiti però-
-Oh si certo, ti indico la strada-
Per tutto il percorso non disse nulla che mi facesse sospettare che sapesse del mio "tradimento". Era vero che non ci conoscevamo bene, ma questo non mi giustificava. Arrivammo di fronte a casa mia, stavo per scendere quando lui mi fermò: -Allora ci vediamo sabato-
Pensai un attimo. Ah sì giusto, la festa.
-Sì, certo. Grazie ancora-
-Ma figurati Aria-
Tirai fuori le chiavi ed entrai in casa, immensamente contenta di essere ancora sua amica e consapevole del fatto che siccome alla festa ci sarebbe stato Nathan Price, ci sarebbe stato anche il suo migliore amico.

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Quindi sei sicura che ci saranno?- era la milionesima volta che Noelle mi faceva questa domanda.
-Nathan ha detto che ci sarebbe stato quindi presumo anche gli altri-
La festa di fine anno in teoria sarebbe dovuta essere per gli studenti ma alla fine tantissimi ragazzi già diplomati si imbucavano e nessuno aveva mai trovato nulla da ridire, perciò eravamo praticamente certe che anche Marina e gli altri ci sarebbero stati. Erano sempre venuti.
-Speriamo- sospirò lei osservando indecisa la moltitudine di vestiti che aveva steso sul mio letto. Se ne era portati almeno sei.
-Io e Clover ci abbiamo messo cinque minuti a scegliere, muoviti o come sempre arriveremo in ritardo-
-Mancano un’ora alla festa! Comunque avevo scelto, ma poi ho cambiato idea. Quale preferite?-
-Quello verde- risposi io.
-Quello rosso- ribattè Clover.
Noelle si buttò a sedere sulla sedia girevole della mia camera: -Come faccio?- si disperò mettendosi le mani sulla faccia.
Sapevo che non era veramente disperata, anche perchè faceva così tutte le volte che dovevamo uscire e sapeva di stare bene con ogni vestito, però era stressante. E se non si fosse decisa saremmo sicuramente arrivate tardi, anche se in realtà era quel genere di festa in cui ognuno entra all'ora che gli pare.
-Che senso ha avere venti vestiti "pronti per l'evenienza" se poi non sai scegliere?- la rimbeccai io ricordando le sue parole.
-Sono tutti belli Noelle quindi non fa differenza- intervenne Clover con la sua solita flemma.
-D'accordo metto quello giallo, in fondo è estate-
Avevamo optato per non mettere i tacchi, perfino Noelle aveva ammesso che erano tremendamente scomodi, ma non aveva rinunciato alla sua incredibile quantità di trucco che rendeva me e Clover delle bambine al suo confronto.
La festa si sarebbe svolta come ogni anno in una stupenda villa circondata da un immenso giardino, affittata per l'occasione dai ragazzi dell'ultimo anno.
Quando arrivammo era già gremita di studenti, la gran parte dei quali conoscevo solo di vista.
Noelle parcheggiò il suo rottame un po' distante dalla villa dato che molti posti erano già stati occupati.
Scendemmo dall'auto e ci avviammo verso l'entrata, ma non facemmo in tempo a fare nemmeno venti passi che mi sentii strattonare per un braccio e allontanare dalle mie amiche. Non urlai, non ero solita farlo, ma cercai di dimenarmi da quella stretta così forte.
Fui trascinata ai confini del boschetto di fronte alla villa e solo allora sentii mollare la presa.
Le altre mi raggiunsero preoccupate chiedendomi se stessi bene. Dalla paura non avevo nemmeno guardato in faccia il mio "rapitore".
-Ma sei impazzito!?- cominciò a urlare Noelle rivolta a Christian.
Era buio e la luna gli illuminava solo parzialmente il volto.
-Dovevo allontanarvi- si giustificò lui.
-Potevi dircelo magari...- tentò Clover.
-State zitte, adesso parlo io. So cosa avete visto una settimana fa e vi consiglio di non farne parola con nessun altro, sono stato chiaro?- ci fissava come pronto ad ucciderci ma non tolsi lo sguardo dal suo nemmeno per un momento.
-Non so di cosa tu stia...- provò Noelle mentre io supplicavo solo che stesse zitta.
Era inutile, Chris sapeva tutto.
-Smettila di fare la stupida. So che ci avete seguito e dovreste avere paura dei casini in cui posso mettervi se parlate. E soprattutto vedete di farvi i cazzi vostri!- fui sicura che Noelle lo avrebbe preso a pugni se non avesse avuto la certezza fosse più forte.
-Se lo sapevi perchè non ci hai fermate?- guardai Clover meravigliata, di solito non aveva molto coraggio in queste situazioni, anche se la frase che aveva appena detto era piuttosto stupida.
Infatti Christian la guardò senza capire.
Decisi di darle comunque manforte: -Secondo me sei tu quello che ha paura, tanto da dover andare così lontano...- feci una pausa poiché non sicura di voler continuare, mentre lui mi guardava con sguardo di ghiaccio.
-Da noi tre non verrà fuori un' altra parola ma tu vedi di non rompermi un braccio la prossima volta- lui continuava a fissarmi minaccioso e io incrociai le braccia al petto per risultare più sicura.
Fu in quel momento, in cui tre deboli mortali tenevano testa a Chris Anderson, che partì una forte musica proveniente dalla villa, la festa era ufficialmente cominciata e alcuni ragazzi si stavano avvicinando al boschetto.
Lui ci lanciò un ultimo sguardo di avvertenze e ci superò spingendomi di lato.
Quando mi aveva fissato con quei suoi occhi azzurri era stato davvero strano. Erano freddi e troppo penetranti.
Se poi pensavo che con Nathan li avevo visti così dolci... Guardai le altre due.
-Mi ha dato della stupida- Noelle era ancora sconvolta e fissava il terreno stringendo i pugni.
-Beh ad Aria ha piantato le unghie nel braccio. Questo tizio è pazzo. Ti ha fatto male?-
-No, tranquilla. Ragazze dobbiamo mantenere la promessa che gli abbiamo fatto- le guardai seriamente.
-Si meriterebbe che lo sbandierassimo per megafono a tutte le persone della festa- dopo essersi sistemata il vestito Noelle si incamminò alla villa, ma io la fermai.
-Lo so, ma facciamolo per Nathan, lui non se lo merita, non so come gli possa piacere Christian ma per favore stiamo zitte, ok?- in realtà sapevo benissimo perchè gli piaceva.
-Ma se manco lo conosci! Non so come abbia fatto ad accorgersi di noi, siamo state super prudenti...-
-Noelle ma non lo capisci? Non ci ha viste! Glielo hanno detto Marina e le altre!-
Doveva intendere che era colpa sua. Era ovvio che quelle tre ne avrebbero parlato con gli altri del gruppo, anche se non capivo perchè Nathan sembrava ancora all'oscuro di tutto. Avevo conosciuto da poco più di due settimane i ragazzi più fighi della città e già ci stavo litigando.
Noelle stava per replicare ma fu interrotta: -Non so se ve ne rendete conto ma Christian ha ragione, avremmo dovuto farci gli affari nostri fin dall'inizio come avevo suggerito io! Ad ogni modo facciamo finta che non sia successo e andiamo a questa benedetta festa- Clover mi guardò supplicante: odiava i litigi quanto me, perciò decisi di darle ascolto e di lasciar perdere.
Noelle sembrava veramente arrabbiata ma ci seguì.
Appena entrati sulla destra si poteva ammirare un enorme buffet con varie squisitezze.
Pareva di essere ad un matrimonio. Non avevano mai organizzato una festa così per la fine della scuola, di solito erano molto più economiche e semplici.
Cercai James e qualcuno del gruppo ma non li trovai. Le scale che portavano al piano superiore erano sbarrate da un nastro rosso.
Sulla sinistra si trovava la pista su cui poter ballare e Noelle si diresse immediatamente lì.
-Chissà se assisteremo ad altre fughe nei bagni- mi urlò Clover nelle orecchie sopra alla musica.
-Potrebbe essere- risi.
Incontrai varie ragazze che conoscevo durante la serata e ballai anche con Jane; per lei era una festa più importante rispetto a me dato che era all'ultimo anno.
Mi stancavo sempre piuttosto in fretta di ballare così mi diressi nel mio settore preferito, ovvero quello del buffet. Mentre spiluccavo un po' di tutto dal grande bancone guardai per curiosità chi c'era sulla pista: scorsi Thomas ballare con una tizia riccia e mora niente male che però non avevo mai visto. Si muoveva bene e sembrava molto preso da lei. Non sapevo avesse una ragazza.
Oh ma forse anche lui faceva come James... che rabbia, ogni scusa era buona per pensare a lui e Taïsse.
Trovai le coppie più strane e insospettabili che si baciavano e si palpeggiavano in un modo alquanto schifoso. Coppie che non si erano mai sentite e persone che non credo nemmeno si conoscessero, quindi destinate a breve durata, finchè non si esauriva l'effetto dell'alcool.
Verso la mezzanotte non avevo ancora visto il ragazzo che mi interessava.
Nonostante ci fosse un po' troppo freddo per i miei gusti, decisi di prendere una boccata d'ossigeno fuori in giardino, non prima però di essere andata in bagno a sistemarmi il trucco, sotto consiglio di Noelle.
-Ti sei persa l'entrata scenica di Marina Campbell- commentò ironicamente Clover appena la raggiunsi.
-È arrivata adesso?-
-Sì, è scesa da quella macchina che pareva aspettarsi il tappeto rosso e i flash dei fotografi- non perdeva occasione per sottolineare quanto non le piacesse.
-E le altre due dove sono?-
-Payson non l'abbiamo vista e Taïsse è là- Noelle me la indicò mentre rideva con un bicchiere in mano insieme ad altre due ragazze.
Beh, almeno non era con lui.
Notai in quel momento, non molto distante da noi, un gruppetto di gente seduta sull'erba con birra e salatini. Qualcuno stava suonando la chitarra e improvvisamente cominciò a cantare. Il mio viso si illuminò.
Mentre mi sedevo nel cerchio accanto a James lui mi guardò e mi sorrise, poi continuò a concentrarsi sugli accordi e continuò a cantare quella stupenda canzone mentre tutti noi lo ascoltavamo alla luce delle lampade posizionate nel giardino. Non so come avessi fatto a non notarlo prima ma non doveva essere arrivato da molto. Finita la canzone tutti gli applaudirono entusiasti ma fummo interrotti delle urla di persone che litigavano.
Mi voltai in quella direzione e vidi J.C. e Christian discutere animatamente ma la confusione della festa non ci permetteva di capire le loro parole.
Le mie amiche si erano sedute dall'altra parte del cerchio vicino a Thomas e stavano osservando, come tutti, la scena.
Sembrava che J.C. stesse facendo una paternale a Chris e che quest'ultimo stesse per esplodere.
Ad un certo punto, come spesso accade quando tutti sono concentrati su qualcosa, il brusio del giardino si fermò di botto e sentimmo J.C. urlare: -Se ci sei andato c'è una ragione!-
Accortosi di essere stato ascoltato da mezza scuola prese Christian per una spalla e lo trascinò via mentre questo urlava: -Cazzo avete da guardare!?-Allora, era un figo da paura ma doveva darsi una calmata. Capisco fosse stressato perchè il suo segreto era in mano a tre tizie di cui non si fidava ma la doveva smettere di essere così maleducato perchè peggiorava solo la situazione. La gente smise di fissarli e riprese con il solito baccano. Io li seguii con gli occhi. Non avevo notato fino ad allora Nathan che, seduto sulle scale della villa, aveva anche lui assistito alla scena in disparte. Appena Chris gli passò accanto si alzò di scatto e lo provò a fermare prendendolo per un braccio ma questo lo spinse via bruscamente ignorandolo.
-Beh allora volete sentire la mia nuova canzone?- esclamò James in quel momento attirando nuovamente l'attenzione dei presenti su di se.
-Cosa!? Scrivi canzoni?- gli chiesi meravigliata. Questa mi mancava.
-Ogni tanto- rispose facendo spallucce e cominciando a suonare, incitato dai suoi amici.
Ero così vicina a lui che quasi gli sfioravo il braccio; da quella posizione riuscivo a leggere il titolo dello spartito: Wherever you will go.
If I could, than I would
Il testo che James stava cantando era stupendo e se poi ci si aggiunge che ogni tanto mi guardava... la situazione divenne davvero magica. Non avrei mai creduto potesse avesse una simile sensibilità.
I’ll go wherever you will go
Way up highor down low
Posso giurare che fu uno dei momenti più belli ed emozionanti della mia vita.
Non amavo le canzoni romantiche e le smancerie in generale ma lui cambiava ogni cosa.
I’ll go wherever you will go
Le parole mi rimasero impresse molto più che in una qualsiasi altra normale canzone e il terzo ritornello lo cantai insieme a lui.
Prima piano poi acquistai sempre più sicurezza.
And maybe, I’ll find out...
Alcuni avevano perfino pensato che l'avessimo scritta insieme e questo mi fece piacere.
Quando il brano terminò si alzò e con una mano aiutò me a fare lo stesso. In poco tempo il cerchio si sciolse e la gente tornò a disperdersi.
-Sei brava a cantare Aria- si complimentò tenendo il plettro in bocca mentre sistemava la chitarra nella sua custodia.
-Insomma... grazie- la verità era che non avevo mai usato le mie corde vocali bene come quella sera. Ero abituata con le mie amiche mi dicevano di non cantare nemmeno "tanti auguri".
Vidi Noelle e Clover che cercavano di trattenere Jane dal venire da me e James. Decisi di approfittare di quel momento per fare conversazione.
-Non sapevo suonassi, da quanto lo fai?- in realtà lo sapevo ma era per introdurre l'argomento.
-Fin da quando ero piccolo, ho imparato quando mio padre mi regalò la prima chitarra-
-Chi ti ha insegnato?-
-Nessuno, guardavo tutorial su youtube-
-Wow figo!-
Le mie amiche non riuscirono a trattenere ulteriormente Jane: -Aria vieni che ti presento Austin!-
Era da mesi che voleva farmi conoscere il suo fidanzato ma alla fine lui la paccava sempre quindi non c'era mai stata occasione.
Mi trascinò via da James alla ricerca del suo ragazzo.
-Eccolo!-
Come avevo immaginato dai suoi racconti era uno di quei ragazzi a cui era evidente fregasse ben poco della sua fidanzata ma Jane sembrava non accorgersene.
Passai il resto della serata con le mie tre amiche e altre compagne di scuola tranne per un breve lasso di tempo in cui Marina ci degnò della sua presenza. E in quel breve tempo ebbi la sensazione che non volesse veramente stare lì con noi, era come se si sentisse obbligata. Non fece nulla di strano in realtà, fu sempre gentile e allegra come al solito ma percepì una lieve insofferenza verso di noi. Le altre non si accorsero di nulla quindi sicuramente ero io che oramai ero impazzita per la troppa vicinanza a James. Si limonò con J.C. nel bel mezzo del cortile, dove tutti potessero guardarli.
Ormai era chiaro adorasse essere al centro dell'attenzione e la maggior parte delle ragazze presenti li trovò perfino carini, senza sapere che lui in realtà la tradiva di continuo. Ballammo per un bel po', Noelle sfiorò il limite della sobrietà ma tanto quasi tutti erano completamente ubriachi.
Per quanto mi riguarda dopo quella serata sulla spiaggia, dove l'alcool mi aveva fatto fare scelte alquanto discutibili, avevo detto stop. Almeno per un po'.
Mentre tornavamo alla macchina con i piedi doloranti scorsi Christian e Elliot appoggiati ad un lampione che parlavano. Mi fissò, smettendo di prestare attenzione a quello che il suo amico gli stava dicendo. Mi limitai a ricambiare il suo sguardo, dritto negli occhi, e proseguire. Noelle e Clover fecero lo stesso.
Lui aveva ragione ma ora eravamo indignate anche noi. Riuscii quasi a sentire il suo urlo interiore di rabbia.

Rientrai verso le due e mezza del mattino, i miei genitori ovviamente già dormivano. Cercai di fare meno confusione possibile camminando sulle scale di legno in punta di piedi, anche se queste inevitabilmente scricchiolavano. Ci misi quasi dieci minuti a togliermi tutto il trucco che Noelle mi aveva messo. Glielo lasciavo fare perchè sapevo che le piaceva molto, avrebbe voluto fare l'estetista e lavorare nella moda come Marina; alle feste per bambini la chiamavano sempre come truccatrice. Mi misi in fretta il pigiama, presi il cellulare dal comodino per spegnerlo e mi trovai una chat su Facebook davvero inaspettata.
Da James Hall: divertita questa sera??
Mi alzai a sedere di scatto sul letto.
Ci stava davvero provando?
Non potevo fingere che non avesse baciato Taïsse la settimana prima ma quella sera decisi di ignorare questo fatto e fingere di essere solo io quella che gli interessava. Parlammo per un po' della musica, della serata e finalmente ci scambiammo i numeri.
Fu davvero bello addormentarmi così.
La mattina seguente rimasi a letto a fissare il soffitto per una buona mezz'ora riflettendo su un fatto su cui avevo già meditato ma non più di tanto.
Se scopri da dei quasi sconosciuti che due dei tuoi migliori amici si vedono di nascosto come ci rimani? Abbastanza confuso, no?
Marina e anche le altre avevano avuto una reazione decisamente strana: erano sembrate stupite ma allo stesso tempo come se una parte di loro già lo sospettasse e questo mi portava a pensare che già sapessero.
Ma allora perchè Christian era sembrato così spaventato se i loro amici già erano a conoscenza di tutto?
Ma che casino stavano combinando?
Decisi di smettere di giocare all'investigatrice e finalmente mi alzai dal letto ma dopo poco mi ritrovai di nuovo sotto alle coperte a curiosare sul profilo di James, guardando le nuove foto che aveva pubblicato riguardo alla sera precedente.

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Il lunedì seguente fummo invitate da James e Nathan ad aiutarli a scegliere il regalo di compleanno per Payson.
Ci avevano spiegato che non aveva intenzione di organizzare una festa ma volevano comunque comprarle qualcosa di carino, e ci avevano chiesto se ci avrebbe fatto piacere unirci a loro. Avevamo raccolto una piccola colletta io, le mie amiche, James, Nathan, Taïsse e Thomas per regalarle un braccialetto di Pandora. Io non avevo mai visto Payson indossare gioielli ma se loro erano convinti, lo ero anche io che la conoscevo meno. Gli altri ragazzi deducemmo che o non avrebbero preso nulla oppure si sarebbero organizzati da soli.
Noelle propose di farle una festa a sorpresa ma dagli altri l'idea non ottenne molto successo, anche da me compresa.
Non mi erano mai piaciute le feste a sorpresa, soprattutto quelle fatte a me. Era un pensiero carino ma venivi colto alla sprovvista e io dovevo avere sempre tutto sotto controllo e programmato nella testa.
Fu un pomeriggio divertente anche perchè loro erano dei tali cretini… nel senso che facevano morire dal ridere per qualsiasi cosa e facevano battute sceme alle quali si rideva solo perchè erano troppo stupide. Verso il tardo pomeriggio, quando ci salutammo per tornare a casa, accadde qualcosa che mi sconvolse la giornata, la settimana, il mese e forse anche la vita.
James si avvicinò pericolosamente a me e già a quel punto sentii che le mie gambe non avrebbero retto per molto poi avvicinò la sua faccia alla mia e mi diede un bacio sulla guancia. Quando si staccò mi fece l'occhiolino sussurrando: -Ciao Aria-
Fui davvero fiera di me perchè mi ritrovai a rispondergli tranquillamente: -Ciao James- ma solamente perchè ormai avevo perso la cognizione dei tempi e dei luoghi. Tutto questo non era possibile, non era seriamente possibile.
Pochi giorni prima mi aveva guardato negli occhi mentre cantava una canzone d'amore come se la stesse dedicando a me ed ora questo...
Afferrai la mia bicicletta e come un razzo mi precipitai a casa mentre il mio cervello lavorava a una velocità impressionante.
Buttai la bici contro il muro e volai in casa.
Era assolutamente contro il mio stile ma non potei fare a meno di lanciare un urlo.
Non avrei mai reagito così per nessun altro ragazzo, soprattutto per una cosa così semplice e banale ma dopo aver aspettato tre anni che lui mi notasse ero davvero al settimo cielo.
-Tutto bene?- mia madre uscì dalla cucina con una pentola in mano e la faccia alquanto sconcertata.
Mi ero completamente dimenticata che ormai era sera e che quindi era tornata dal lavoro.
Non avevo nemmeno notato che le luci erano già accese.
La guardai non sapendo come spiegare il mio atto di pazzia.
-Ehm... vedi mamma... oggi è successa una cosa molto bella- attaccai.
-Beh racconta- mi incitò lei appoggiandosi allo stipite della porta della cucina, che dava sul nostro salotto.
-Sono uscita con James e i suoi amici e alla fine lui per salutarmi mi ha dato un bacio sulla guancia, proprio qui- e indicai il punto, come se a mia madre interessasse.
-Davvero!? E anche alle altre?-
-No mamma, è questo il punto! Ho lanciato un urlo perchè sono contenta, so che è una cazzata, che non significa nulla e che sembro pazza ma... sono contenta- conclusi alzando le spalle e sorridendo. Sulla carta d'identità avrebbero dovuto scrivere "13 anni".
-Beh io non sarei tanto sicura che non significhi niente, insomma se l'ha dato solo a te...-
-Sì, solo a me- ripetei.
-Guarda te sto tizio, non ti ha considerata per tre anni e adesso si comporta così- continuò lei facendomi segno di seguirla in cucina.
Avevo perfino voglia di aiutarla a cucinare, ed era tutto dire: due mesi prima avevo quasi bruciato la cucina per fare un semplicissimo budino al cioccolato con Noelle, che poi avevamo anche dovuto buttare nel water perchè ci avevamo messo per sbaglio delle praline scadute.
-Ma infatti, è quello che dico anche io! Insomma va bene, non mi conosceva, ma avrebbe potuto conoscermi. Ha detto che mi vedeva sempre al bar- continuai, quasi più a me stessa, mentre apparecchiavo la tavola.
-Forse pensava di non interessarti e ha lasciato perdere-
-Non mi sembra il tipo ma va beh, staremo a vedere-
-Se ti sei calmata metti sul fuoco la pentola senza bruciare nulla, per favore-
-Sì- risposi sorridendo.

Quel mercoledì mi piazzarono un allenamento alle otto di mattina e quando suonò la sveglia fui tentata di mandare tutti a quel paese e di tirarmi la coperta sopra alla faccia continuando a dormire. Ma poi mi vennero in mente le solite frasi che mi ripetevano le allenatrici: "Uno sport ha bisogno di costanza!" "Per ottenere risultati bisogna soffrire!" così cominciai a sentirmi in colpa e più lentamente di un bradipo malato mi trascinai fuori dal letto, facendomi una coda alla bene meglio e truccandomi almeno un po'. Non riuscivo a uscire di casa se non ero truccata e questa fissa me l'aveva trasmessa ovviamente Noelle, come se non ne avessi abbastanza già di mio: i miei libri erano tutti in ordine di altezza sistemati con cura sulle mensole e ogni cosa nella mia camera aveva un preciso posto e guai a spostarle; erano più disordinati i miei genitori. Le persone che entravano per la prima volta nella mia camera mi chiedevano se ero cresciuta in un collegio svizzero e io non sapevo mai come rispondere, imbarazzata.
Cominciai il lungo e solitario pezzo di strada a piedi. Arrivavo in palestra già cotta praticamente.
So che avrei potuto prendere la bicicletta ma la verità è che la detestavo, la mia era rotta e per adesso avevo solo quella d'epoca di mia nonna che procedeva a rilento, mi arrivava tutto il vento in faccia e mi sembrava anche di fare più fatica pedalando, quindi tra le due scelte preferivo sicuramente camminare. Ad ogni modo naturalmente arrivavo sempre con almeno dieci minuti di anticipo ma tanto poi dovevo aspettare le mie compagne di squadra e anche le allenatrici. A volte anche il custode della palestra, ancora chiusa. Non ce la potevo davvero fare ad arrivare in ritardo...
Quella mattina feci due belle cadute alla trave ma per il resto fu un ottimo allenamento, ci stavamo preparando per una gara abbastanza importante che si sarebbe tenuta qualche mese dopo. Alle dieci uscii dalla palestra salutando le mie compagne a testa bassa, consapevole che nessuna abitava nel mio quartiere per darmi uno strappo. Non riuscivo proprio ad abituarmi a questa cosa.
Decisi almeno per quel giorno di tentare una strategia.
Mi appoggiai al muretto appena fuori dalla palestra aspettando di veder comparire qualcuno in macchina che conoscevo e scroccare un passaggio con la tipica scusa "mia mamma ha bucato e non riesce a venirmi a prendere".
A quel punto l'altra persona sarebbe stata obbligata a soccorrermi.
Varie volte avevo visto passare da quelle parti Nathan finito allenamento, probabilmente perché usciva anche lui dalla palestra, quindi ci sperai anche quel giorno. Gli avevo già chiesto un passaggio, è vero, ma sarebbe stato l'ultimo.
Erano sempre in giro quei ragazzi, non so perché; fin da quando li conoscevo solo per fama, li vedevo più in giro che a scuola.
Dopo soli cinque minuti ecco comparire la sua auto nera. Ero stata davvero fortunata! Feci cadere la borsa per creare un po' di movimento e farmi notare.
Come previsto mi vide e subito accostò.
Mi avvicinai già pronta a sfoderare la mia scusa quando al volante vidi James.
Rimasi piacevolmente sorpresa.
-Pensavo fossi Nathan- ammisi.
-Ho preso la sua macchina un attimo-
-Ma non hai ancora la patente- constatai appoggiandomi al finestrino abbassato, ricordandomi solo in quel momento che avevo la coda tutta fatta male ed ero anche vestita non troppo bene.
-Lo so, ma la prendo ufficialmente tra due mesi quindi è come se l'avessi-
-Se passi l'esame- gli feci notare io scherzando.
-Lo passo, lo passo, stai tranquilla. Stai andando a casa? Vuoi un passaggio?- oh, che frase meravigliosa. Non avevo nemmeno avuto bisogno della scusa. In realtà mi ero già lamentata con lui delle mie camminate verso la palestra.
-Se me lo chiedi così come posso rifiutare?- gli chiesi aprendo già la portiera.
-Non devi rifiutare infatti-
Appoggiai il borsone nei sedili posteriori e mi slegai i capelli cercando di dargli una forma decente. Risultato disastroso.
-Stai bene con la coda- mi disse lui ingranando la marcia.
-Io non credo proprio. Cosa facevi qua?- domandai giusto per non creare il classico silenzio post complimento.
-Ehm...dovevo tornare alla pista, avevo lasciato là lo skateboard-
Stavo per domandargli come mai usasse la macchina di Nathan ma ricevette una chiamata.
Si distrasse completamente dalla guida per cercare il suo cellulare. Io stavo già andando in panico perchè schivava le altre macchine e i fossi all'ultimo momento, così mi tenni pronta ad afferrare il volante.
-Oooh eccoti- disse rivolto al cellulare, incastrato in mezzo a tutte le cianfrusaglie che Nathan teneva nell'auto.
-Pronto?-
Sentii dall'altro capo del telefono un tono alquanto incazzato ma non riuscii a capire nè cosa dicesse nè a chi appartenesse.
-No in questo momento non posso... Eravamo d'accordo tra mezz'ora! No davvero mi dispiace ma non riesco, devi aspettare almeno un quarto d'ora... Calmati! Non sono di strada... Ok arrivo-
-James se è un problema scendo- mi resi conto in quel momento che non avevo idea di dove fossimo. Avevo un pessimo senso dell'orientamento ma ero piuttosto certa ci stessimo allontanando da Brixton.
-Ma dove siamo? Io non riesco ad andare a casa da qui!-
-Eh sì ho sbagliato strada- farfugliò lui.
-Come hai sbagliato strada? Torna indietro-
-Non posso- stava diventando nervoso.
-Come non puoi?-
Lo vidi impallidire e sembrava indeciso su cosa fare.
-Senti Aria mi dispiace davvero, davvero tanto-
-Ti dispiace per cosa?- non ci stavo capendo più niente e mi stava spaventando.
Fermò la macchina sul ciglio di una stradina di campagna e cominciò a frugare nel cruscotto estraendone una maglietta nera. Perchè Nathan teneva una maglia in macchina?
-Che stai facendo?- slacciai la cintura decisa a scendere da quella macchina quando lui, continuando a ripetermi che gli dispiaceva, mi avvolse la maglia attorno alla testa. Per una frazione di secondo pensai volesse soffocarmi poi fece in mondo di coprirmi solo gli occhi tentando di fare un nodo dietro alla mia testa con le maniche della maglia, come fosse una benda.
-Ma tu sei pazzo! Che accidenti stai facendo? James toglimi questa roba di dosso!- stavo cominciando a diventare isterica.
Dove mi stava portando? Chi era la persona al telefono? Cominciai a pensare al peggio.
Ma era impossibile che James mi facesse del male. Era impossibile.
Afferrai la maglia con le mani sollevando il tessuto dagli occhi ma subito lui con uno scatto che fece sbandare parecchio la macchina me la ricacciò giù.
-Non ti devi togliere la maglia dalla testa, hai capito? Senò vado nei casini. Non puoi vedere la strada, davvero mi dispiace-
Rimasi ferma. Anche perchè altrimenti saremmo finiti nel canale che mi era sembrato stessimo costeggiando.
Cercai di tranquillizzarmi sperando che la strada fosse davvero l'unico motivo per cui mi avesse bendata. Oltretutto eravamo in mezzo alla campagna da soli.
-Ok. Non la tolgo. Ma spiegami- appoggiai le mani al sedile cercando di trattenermi dall'insultarlo pesantemente.
Mi spostai leggermente la maglia perchè mi era finita sul naso.
Lo sentii fare uno scatto sul sedile.
Come se non bastasse la guida non era per niente rilassante, anzi faceva dare piuttosto di stomaco.
-Ho detto che non me la tolgo, stavo solo cercando di respirare- risposi scocciata.
Non si decideva a parlare.
Mi stava seriamente irritando; lo avrei denunciato se non la finiva con questa pagliacciata.
-James dove stiamo andando?- ripetei con una calma che spero abbia trovato inquietante.
-In una casa-
-A fare cosa?-
-Ci saranno anche Christian e Nathan là- non aveva risposto alla mia domanda, pareva in trance.
-Era Christian al telefono?-
-Sì-
-Cosa andiamo a fare in quella casa?- sembrava un bambino che non volesse ammettere di aver combinato un guaio.
-Vado là per loro. Non sanno che sei con me ma è successo un casino quindi ti ho dovuta portare con me per andare il prima possibile-
Quindi ero solamente incappata in un James disperato che preso dal panico aveva sistemato la soluzione in questo modo?
Rimasi zitta per un po' poi ricominciai: -Cosa intendi con "vado là per loro"?-
-Devo controllare che nessuno li veda- confessò.
Ok. Finalmente era arrivato al punto.
Stavo cominciando a capire la situazione.
-Tu lo sai che quando Christian mi vedrà mi ammazzerà, vero?-
-Sì, ti ammazzerà- e dal suo tono non sembrava stesse scherzando.
Quando cominciai a sentire della ghiaia sotto alle ruote, ci fermammo.
Per un attimo non percepii più nessun rumore.
Immaginai James prepararsi psicologicamente alla sfuriata di Christian.
Mi tolsi immediatamente la maglia dalla faccia, ai miei occhi servì un attimo per mettere nuovamente tutto a fuoco.
Era... una fattoria? No, non proprio.
C'era una casa sulla mia destra. Era molto bella e sembrava ristrutturata da poco, aveva affianco al camino la banderuola che segna la direzione del vento a forma di gallo e la porta di legno principale verniciata di nuovo. Parcheggiata nello spiazzo anteriore c'era l'auto del proprietario, una Jaguar vecchio modello, mentre dal retro dell'edificio sbucava quella che sembrava essere una specie di scuderia. Mi diressi da quella parte.
-Dove vai?- mi fermò James.
Gli indicai con entrambe le mani la casa, forse un po' troppo bruscamente.
-No, sono di qua- disse incamminandosi verso una specie di capanno che non avevo nemmeno notato. Era tutto pericolante e abbastanza orribile con il tetto rosso spiovente, dava l'idea di crollare da un momento all'altro.
Non commentai e lo seguii.
Non avrei mai più chiesto passaggi a nessuno.

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Aprì la porta del capanno e fummo accolti, come previsto, dalle urla di Christian. Stava camminando avanti e indietro per la stanza ed era girato di spalle.
-James cosa non ti è chiaro nella frase 'vieni qui immediatamente'!? Lo sapevi benissimo! Se ti dico...cosa ci fa lei qui?- si arrestò non appena mi vide.
Nathan, seduto in un angolo su un divano logoro, aveva già spalancato gli occhi in attesa della reazione del compagno.
-Allora, posso spiegare tutto però datti una calmata-
James si chiuse la porta alle spalle e avanzò lungo la stanza.
Anche io gradivo una spiegazione. Mi guardai intorno: la carta da parati si stava scollando dai muri, il pavimento aveva delle assi sollevate fuori posto e tutti gli oggetti presenti nella stanza sembravano avere mille anni. I mobili probabilmente avevano le tarme e sicuramente non c'era la corrente. L'unica luce era quella che filtrava dalla piccola finestra accanto alla porta.
-Era in macchina con me quando mi hai chiamato, tra parenesi prima del previsto, e dato che mi ero perso, tu urlavi come un pazzo, non sapevo cosa fare e di certo non potevo lasciarla per strada, l'ho portata qui. Ci possiamo fidare- buttò fuori velocemente tutto d'un fiato gesticolando eccessivamente.
Solo James poteva perdersi nel quartiere in cui viveva da diciotto anni.
Christian stava per protestare ma lui lo precedette: -Non le ho fatto vedere la strada, le ho messo una maglia sugli occhi- dichiarò quasi soddisfatto di se stesso avendo almeno questa carta da giocare a suo favore.
Lo guardai malissimo e perfino Christian trattenne un sorriso di fronte alla cazzata di James.
-Cosa!? Ma dai poverina non dovevi metterle una maglia addosso!- Nathan come sempre sembrava l'unico che capisse qualcosa.
Christian si era seduto su uno sgabello con le mani incrociate e i gomiti appoggiati sulle gambe. Alzò lo sguardo su di me.
-Sapevo già tutto comunque, Christian- gli ricordai, anche se so che non se lo era dimenticato. Anzi, probabilmente ci faceva gli incubi su di me dato che sembrava terrorizzato che qualcuno potesse scoprire il suo segreto.
-Come? Sul serio?- esclamò James. Lo ignorai.
-Ok fuori dalle palle adesso che non ho più molto tempo grazie a voi due- Christian ci cacciò fuori consegnando a James una radiolina.
Come sarebbe fuori dalle palle?
-Ma allora cosa siamo venuti qua a fare?- chiesi a James che si stava già allontanando verso il cortile della casa.
-A controllare che il vecchiaccio pazzo che abita in quella casa non venga nel suo capanno-
-Quindi questa è un'effrazione??-
-Sì, diciamo di sì ma è per una buona causa- si sedette sull'erba decisamente poco curata vicino alla macchina e io lo imitai.
-Come lo sapevi?- era ovvio che moriva dalla voglia di saperlo.
-Li ho visti la sera in cui siamo andati in discoteca- evitai di aggiungere che la conferma l'avevo avuta giorni dopo.
-Questo spiega perchè Christian non si sia incazzato più di tanto- accennò un sorriso e proseguì: -Per fortuna che sei stata solo tu ad accorgertene-
-Ma perchè? Cosa fanno lì?-
-Beh, pensavo l'avessi capito cosa fanno...-
-No, intendevo perchè lì?-
-Perchè altrimenti dove Aria?- mi domandò lui facendo con le braccia un gesto esasperato, poi riprese: -Comunque oggi era importante che si vedessero... Chris mi ha detto che doveva parlare urgentemente con Nathan- sbuffò.
-Come l'hanno trovato questo posto?-
-Gliel'ha consigliato Elliot, solitamente viene lui al mio posto ma oggi non riusciva causa lavoro. Il vecchiaccio è un suo parente- continuava a strappare ciuffi d'erba, questa conversazione sembrava farlo innervosire.
-Elliot lo sa quindi- che affermazione stupida, ovvio che lo sapeva.
-Aria, è il migliore amico di Christian-
Amavo quando diceva il mio nome.
-Chi altri lo sa? E perchè è un segreto? È perchè sono due ragazzi? Qual è il punto?-
-Sei troppo curiosa- mi sorrise lui.
-James Hall penso proprio tu mi debba delle risposte dopo avermi rapita e bendata. E ti comunico che sono ancora incazzata con te- gli risposi, anche se non era vero.
-Ecco a proposito, scusami per quello. Mi hanno detto che nessuno doveva saperlo e sono andato in panico-
-Sì, ho notato. Ma tanto poi mi hai portato qui quindi che senso ha avuto? Comunque Christian non dovrebbe schiavizzare così le persone...-
-Lo faccio per Nathan, non per lui. E ti ripeto che sono andato in panico, smettila di prendermi in giro e comunque qua non sapresti ritornarci quindi potresti aver mentito- in effetti nessuno mi avrebbe mai creduta se avessi raccontato una cosa del genere.
Adesso che sapevo la storia mi faceva quasi ridere questo suo panico. Era un tipo proprio strano.
-Potrei sempre fare una foto- sogghignai.
-Non lo farai- mi rispose lui.
-Rispondimi, chi lo sa?- insistetti.
-Tutto il gruppo-
-Allora si nascondono da chi? Dai famigliari? Dal resto della città?-
-È complicato-
-In che senso?- sapevo che gli stavo facendo dire oltre quello che poteva ma tentai ugualmente.
Chiaramente c'era qualcosa sotto che andava oltre al "è perchè sono due ragazzi".
-Nel senso... che non tutti accettano questa situazione. Il padre di Christian diciamo che non è proprio accomodante, oltretutto con lui ha riallacciato i rapporti da poco più di un anno, e Christian pensa che per ora questo è l'unico modo in cui possono stare insieme... cazzo eccolo!- si alzò prendendo la radiolina che aveva appoggiato di fianco a lui sul prato: -Ragazzi allarme. Sta arrivando il vecchio. Tento di fermarlo ma state pronti- immaginai ci fosse una finestra sul retro del capanno da cui sarebbero potuti scappare.
-Ok ricevuto grazie- rispose Nathan e subito dopo si sentì un "Vaffanculo James!" di Christian in sottofondo.
Si mise in tasca la radiolina: -Tutte le volte sto tizio deve venire qua!-
-Ma venire di notte no?- suggerii.
-Veniamo quando possiamo-
Ragionai velocemente su quanto appena ascoltato. Effettivamente Noelle aveva accennato che l'ex marito della madre di Christian non fosse un genitore modello, ma non pensavo fino a questo punto. Avevo comunque tante altre domande che mi frullavano per la testa ma al momento le misi da parte.
-Ancora tu? Ma cosa cazzo fai sempre qua?- sbraitò il contadino, un alquanto minaccioso e tipico contadino con il cappello di paglia e il forcone brandito come un'arma. Si intuiva che i suoi capelli un tempo dovevano essere stati di una tonalità rossiccia, probabilmente era il nonno di Elliot.
-Suvvia, vengo solo ogni tanto. Sono amico di suo nipote si ricorda? Sa... mi piace l'aria di queste meravigliose campagne inglesi... non sono come quelle irlandesi si intende ma insomma... ci si accontenta-
Il contadino lo ignorò e passò oltre, dirigendosi verso il fienile accanto al capanno.
Mi ci si parai davanti: -Mi scusi, posso chiederle una cosa poi continua il suo lavoro? Mi farebbe vedere i suoi cavalli? Ho visto la stalla dietro alla casa- era la prima cosa che mi era venuta in mente per allontanarlo da lì e subito aggiunsi con un gran sorriso: -Sono amica dell'amico di suo nipote-
Fossi stata in lui avrei ampiamente sospettato fossimo dei ladri.
-No, adesso non posso, devo finire un lavoro- almeno si era fermato.
-La prego! Ho sempre voluto un cavallo ma abito in città e non posso tenerlo, la prego!- gli spalancai gli occhioni facendo la faccia più disperata che potei.
Tentennò. Sicuramente non riceveva molte visite quindi sperai avesse voglia di parlare e di mostrare i suoi animali, così quei due avrebbero avuto modo di parlare dato che sembrava trattarsi di una cosa seria.
-Va bene dai vieni, sono da questa parte- sapevo che in realtà sarebbe stato gentile, sotto la scorza dura che aveva mostrato.
James si complimentò facendomi il pollice in su.
-Falso allarme- sussurrò alla radio. Nathan non rispose nemmeno.
Doveva essere davvero piacevole per loro incontrarsi di nascosto e poi anche sentire ogni tanto la voce di James Hall come sottofondo...
Percorremmo una stradina di ciottoli che portava alle scuderie, quasi completamente nascosta dalla casa.
Decisi di continuare la mia messa in scena da ragazzina curiosa, anche se la verità è che non mi dispiaceva affatto vederli, avevo sempre amato i cavalli: -Quanti ne ha? Di che razza sono?-
Lui sghignazzò: -Calma ragazzina, adesso ci arriviamo. Sono otto-
Sollevò il catenaccio e orgoglioso come un neo-papà ci presentò i suoi animali.
Appena entrati... beh, si sa, l'odore non è dei migliori ma in quel momento non mi importò. Vidi James storcere il naso e fare una faccia assurda.
-Lei è Brittani, è un...-
-È un Connemara, sì lo so- lo interruppi.
Lui mi guardò come per dire "te ne intendi eh?"
-È irlandese- sussurrai a James prima di proseguire.
-Ah si? Ciao amico- disse allora lui toccando il muso al cavallo che però sbuffò facendogli ritrarre immediatamente la mano.
-Da piccola facevo equitazione. Avevo un cavallo che si chiamava Camomilla- continuai a raccontargli la mia vita in modo da tenerlo occupato e rendere credibile la situazione.
James mi chiese con lo sguardo se stavo dicendo la verità e io annuii.
-Quanti anni hai ragazzina?- mi chiese lui portando del fieno dentro ad un box.
James si allarmò quando aprì il cancelletto ma il cavallo era legato.
-Quindici- mentii.
Il mio comportamento da bambina di poco prima davanti al capanno sarebbe stato leggermente più giustificato in questo modo, inoltre avevo sempre dimostrato meno anni di quanti ne avessi in realtà, perciò non gli fu affatto difficile crederci. Sentii James ridacchiare.
-Intanto che sono qui sistemo un attimo queste cose-
-Sì sì faccia pure- e si prenda tutto il tempo necessario aggiunsi mentalmente.
Accarezzai il muso di uno dei cavalli: era da tanto che non ne toccavo uno, mi sembrava di essere ritornata a quando ero piccola.
-Dove siete?- chiese Nathan attraverso la radiolina.
Mi voltai di scatto e vidi James sobbalzare coprendo con la mano il microfono.
-Cosa hai detto?- chiese subito il contadino mettendo il naso fuori dal box.
Per fortuna le pareti avevano attutito il suono della voce di Nathan, mascherandola un po'.
-Ehm... nulla, chiedevo a dei miei amici per telefono dove sono- capii che le scuse proprio non erano il suo forte.
Si sentì un lieve rumore, segno che Nathan stava provando a parlare di nuovo ma la mano di James continuava a coprire il microfono.
-Chiamata importante, devo uscire un attimo... non vorrei spaventare i cavalli- si precipitò fuori dalla scuderia.
-Il tuo ragazzo è proprio strano- confabulò il vecchio tornando a sistemare le ultime cose all'interno del box.
-Già, parecchio- risposi con una calcata nota di tristezza.
Dopo poco la testa bionda "del mio ragazzo" sbucò dalla porticina di legno azzurro: -Dobbiamo andare, vieni Aria-
Mi accompagnò fuori sulla stradina.
-La ringrazio ancora tantissimo per avermi fatto vedere i cavalli-
-Ma figurati, è stato un piacere. Comunque sono Robert- disse porgendomi la mano e distaccandosi completamente dal tono burbero che aveva usato pochi minuti prima. Gli sorrisi riconoscente e strinsi quella mano ruvida e callosa.
Salutò James e mentre ci allontanavamo gli urlò: -Vieni più spesso con la tua ragazza, lei sì che è simpatica!-
-Ci conti!- gli urlò lui di rimando e io scossi la testa sorridendo.
-Mi ha sempre trattato male, arrivi tu e fa tutto il gentile! Ma che vecchiaccio pazzo!-
-James tu sembravi uno venuto qua per rubare, te lo credo che ti tratta male-
In quel momento Nathan aprì la portiera. Era talmente alto che quasi si doveva piegare per stare nella macchina. James mise in moto.
-Dove eravate finiti?-
-Ti racconterò- tagliò corto James.
-E Chris?- chiesi cercandolo con lo sguardo fuori dal finestrino.
-Va da solo. Ha la macchina parcheggiata non molto lontano- rispose James.
-Sai che...- attaccò Nathan.
-No! Non voglio sapere nulla!- lo fermò subito il ragazzo biondo.
-No ehi io volevo solo dire che ho pensato di mettere una carta da parati azzurra sulla parete del capanno- rispose remissivo Nathan.
-Così poi il tizio ha la certezza che non ci va nessuno- scherzai io.
-Gli faremmo solo un favore- replicò lui. -Aria mi dispiace per oggi, nel senso non saresti dovuta finire in questo casino- lanciò attraverso lo specchietto uno sguardo di rimprovero verso James.
-Tranquillo, il tuo amico qua di fianco mi ha solo quasi soffocata, fatta finire in mezzo al nulla e ora ho anche una catasta di compiti da fare!-
-Mi dispiace- rispose spiazzato Nathan.
-Dai che sto scherzando, si può dire che mi sia quasi divertita!- lo risollevai con un gran sorriso voltandomi verso di lui per accertarmi avesse capito.
Possibile che il mio sarcasmo fosse cosi difficile da comprendere?
-Dovresti ringraziarla. Ha intrattenuto con abile arte il vecchiaccio- mi lodò James.
-Grazie mille davvero, ma ti devo chiedere di promettermi di non farne parola nemmeno con le tue amiche-Questa è una richiesta difficile, Nathan.
-Promesso. A patto che non mi rapiate più-

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


Suonammo il campanello della villa e non aspettammo molto prima che il cancelletto si aprì.
Già si sentivano rumori di tuffi e urla provenire dal retro della casa.
Attraversammo il vialetto e bussammo alla porta principale. Un'anziana signora dai ricci capelli bianchi ci aprì lentamente con un sorriso esageratamente cordiale.
-Salve, siamo amiche di Thomas...-
-Ooh bien sûr! Venez, ils sont touts déjà dans la piscine!-
Mi girai lentamente verso Noelle con la faccia spaventata come fossi in un film dell'orrore.
Francese? Perchè la nonna di Thomas parlava francese? Avevamo passato fin troppe peripezie durante la gita in Francia di quell'anno, rischiando anche di venire arrestate per rapina, quando in realtà ci eravamo trovate semplicemente nel luogo sbagliato al momento sbagliato.
Avevamo preso talmente paura che avevamo detto no al francese per il resto della nostra vita.
Com'era possibile che Thomas avesse parenti francesi? Poteva avvertire!
Mentre tornavo a casa in macchina con Nathan e James il giorno in cui mi avevano portato in quella fattoria, avevano invitato me, Noelle e Clover in piscina nella villa dei nonni di Thomas (come fosse casa loro) dicendo che stava organizzando un piccolo party per il week end.
Nessun accenno alla nazionalità dei padroni di casa...
Entrammo sorridendo all'anziana signora, la quale, nonostante l'età e la schiena alquanto curva procedeva piuttosto spedita, facendoci attraversare tutta la casa praticamente rincorrendola.
Blaterò varie frasi in francese alle quali solamente Clover rispondeva. Arrivammo alla porta a vetro sul retro, la fece scorrere e mi urlò nelle orecchie: -Thomaaaas, venez ici, il y a ton amies!- mi coprii l'orecchio guardandola male ma lei non se ne accorse.
Thomas uscì in fretta dall'acqua e venne verso di noi.
-Bien, merci mais mantenaint vais sortir gran-mère-
-Oh oui oui, je vais!- gli fece l'occhiolino e io rabbrividii.
Vidi Thomas parecchio in imbarazzo.
-Scusate... mia nonna...-
-Perchè parla francese?- chiese Noelle dando voce alla mia curiosità.
-I miei nonni materni sono nati in Francia e per le vacanze estive quasi tutti gli anni vengono qua nella loro casa a Brixton per trovarci... Comunque alla fine vedo che siete venute! Mi fa piacere!-
Gli sorrisi e lo seguii, appoggiando il mio zaino su uno sdraio vicino alla piscina; era una casa davvero enorme, sembrava una di quelle ville americane da super ricchi.
Scrutai ovunque ma James non era ancora arrivato.
C'erano molti ragazzi e ragazze che non avevo mai visto. Decisi che per un po' sarei rimasta sullo sdraio ad osservare.
Non è difficile immaginare cosa stesse facendo Marina: proprio sotto agli occhi di Nathan si stava baciando nell'acqua in modo osceno con J.C., il quale la toccava ovunque. James continuava a guardare il suo cellulare ma vedevo che ogni tanto buttava l'occhio. Era proprio una stronza. E questo valeva anche per il suo ragazzo "donnaiolo", per usare termini estremamente gentili per descriverlo. Sapevano che Nathan non si poteva comportare come loro.
Sembrava che per loro tutto fosse buono per attirare l'attenzione.
Non so per quanto ancora avrei potuto dire che Marina mi risultasse simpatica.
Noelle si era subito spogliata in costume e diretta verso il tavolino dei drink, mentre io e Clover eravamo rimaste sullo sdraio. All'inizio delle feste nessuno sa mai cosa fare. Oltretutto ero abbastanza pensierosa.
Non avevo raccontato nulla riguardo a ciò che era accaduto giorni prima, se non che mi ero messa ad elemosinare passaggi a Nathan o James per farmi portare a casa dagli allenamenti. Di occasioni ce ne erano state, ci vedevamo quasi tutti i giorni, ma per il momento, nonostante più volte lo avessi avuto sulla punta della lingua, avevo deciso di tenere il segreto riguardante la fattoria nonostante sapessi che in tutto ciò eravamo coinvolte insieme.
-Andiamo in acquaaaa?- la voce strascicante di Noelle mi arrivò alle orecchie facendomi riscuotere dai miei pensieri.
Non ero mai stata un'amante dell'acqua, da piccola farmi fare il bagno era veramente un'impresa ardua per i miei genitori.
-Sì va bene- ero ad un party in piscina quindi tanto valeva entrarci.
-Rimango vicino al bordo così possiamo comunque parlare- dissi a Clover mentre mi calavo lentamente in acqua, dopo essermi tolta la maglietta e i pantaloncini. Sapevo che non sarebbe entrata; non aveva subìto nessun trauma infantile o strano incidente ed ero piuttosto certa non fosse una sirena, semplicemente non le piaceva, anzi le dava fastidio quando qualcuno insisteva per farla entrare in acqua.
-Grazie Aria-
Era gelida. In realtà probabilmente non lo era ma la mia temperatura ideale è piuttosto elevata quindi per me era freddissima. Nessuno però sembrava pensarla così dato che tutti si stavano divertendo. Noelle era già dall'altra parte dalla piscina interrata e scherzava con Marina, che finalmente si era staccata da J.C..
Il mio desiderio in quel momento invece era parlare con Nathan. Non sapevo nemmeno perchè.
Era vicino a me, solo, e continuava a mandare messaggi aventi un chiaro destinatario che non era lì presente e io inspiegabilmente volevo rassicurarlo, dirgli che tutto sarebbe andato bene. Ma la verità era che la situazione sarebbe potuta cambiare solamente se l'avessero deciso loro.
Io stessa al suo posto non avrei saputo cosa fare. Christian sembrava essere estremamente complicato, con una storia molto difficile.
Rischiare di perdere tutti per amare una sola persona: non so se ne sarei stata capace.
La scelta stava a lui.
All'improvviso mi soffermai a guardare i suoi numerosi tatuaggi, a cui non avevo mai prestato realmente attenzione. Aveva un'enorme farfalla sul petto; strinsi gli occhi e vidi che su un polso portava la scritta "cose che posso" e sull'altro "cose che non posso".
A modo suo aveva inciso sulla pelle l'amore per lui.
Si accorse che lo stavo fissando così mi rivolse un cenno di saluto e io ricambiai.
-Ti ha detto qualcosa d'altro mentre ti porta a casa dopo allenamento? Qualcosa su Christian?- mi richiese Clover vedendo che lo osservavo.
-No nulla ti ho detto, non parliamo mai di quello- lei annuì.
Una caratteristica che avevo sempre amato di me stessa era la mia abilità a raccontare bugie e inventare storie sul momento.
Di per se non era una bella capacità ma poteva rivelarsi alquanto utile.
Moltissime volte nella vita capita di mentire, anche per le cose più stupide e banali, mentre altre volte le bugie sono molto grandi, e lo diventano sempre di più con il passare del tempo. Se io decidevo di mentire, o mantenere un segreto, nessuno capiva che lo stavo facendo. Forse nessuno si aspettava bugie grandi da me. Ad essere onesti, andavo fiera di questa mia capacità.
Anche ora, Clover non si sarebbe mai accorta di nulla, e per quanto mi dispiacesse mentirle, era meglio che non sospettasse niente finchè non avessi deciso come comportarmi.
Avevo appoggiato le mani sul pavimento appena fuori dalla piscina per riscaldarle, il sole ci batteva forte. Scorsi Clover sogghignare oltre le mie spalle, stavo per chiederle cosa avesse visto quando all'improvviso qualcuno mi prese forte per i fianchi da dietro facendomi sobbalzare e mettere istintivamente una mano sul petto dallo spavento.
Ancora prima di girarmi sentii la sua inconfondibile risata.
Mi voltai verso di lui e gli tirai uno schiaffo non troppo forte sul braccio.
Come sempre, nessun altro ragazzo nella piscina, nemmeno Nathan, per quanto fosse tremendamente bello, mi avrebbe fatto accelerare il battito in quel modo. Anche se in realtà ero più tranquilla di quanto ci si potesse aspettare dopo averlo visto a petto nudo e con i capelli bagnati.
Inclinai la testa di lato e mi voltai di nuovo verso Clover completamente assorta nei miei pensieri ma lui mi prese per un braccio e mi voltò: -Ehi, sei arrabbiata?- mi chiese e sembrava seriamente preoccupato di questo fatto.
Mi fissava con i suoi grandi occhi azzurri, ancora più lucidi del solito.
Ebbi un breve dejà-vu che collegai immediatamente al primo giorno in cui gli avevo parlato, al mare, seduti su quello sdraio ad Hastings.
-No, certo che no- gli sorrisi, anche se avrei voluto fargli credere che lo fossi, giusto per il gusto di vederlo preoccupato per me.
Ho sempre saputo di avere una mente perversa e contorta, ne sono consapevole.
-Allora non ti arrabbi ancora di più se faccio questo?- chiese.
-Cos...?- a una velocità impressionante mi slacciò il costume e poi si buttò indietro andando sott'acqua.
Lanciai un urlo soffocato dallo stupore e mi voltai immediatamente verso Clover, la quale si mise la mano a pugno sulla bocca sorpresa e ridendo si inginocchiò per aiutarmi, ma per fortuna aveva tirato solo una cordicella quindi non si era slegato del tutto e nessuno aveva visto niente.
-Questa me la paga- le dissi mentre finiva di riallacciarmelo.
-Ma che cretino. Però hai visto Aria che appena è arrivato è venuto da te- l'ultima parte la disse a voce talmente bassa che a mala pena io stessa la sentii: lei sembrava l'unica a capire quanto fosse importante per me il fatto che nessuno lo scoprisse, quasi fosse un terribile e losco segreto.
-Sì e adesso è andato da Noelle- sbuffai sedendomi sul bordo.
-Rimani comunque la prima a cui ha pensato- ribadì lei.
Stavo per darle ragione quando lo vidi slacciare il costume anche a Noelle. Il lampo di odio che mi attraversò per un istante fui certa fosse stato per la risata da oca che le uscì fuori subito dopo e per il fatto che lo schizzò con l'acqua e lui ricambiò.
Risi osservando la scena. Come stavano facendo tutti gli altri.
Anche le mie emozioni erano sempre state un segreto.
Nessuno capiva mai davvero quello che provavo a meno che non ero io a volerlo.
Non si era mai posto il posto il problema della gelosia perchè Jmaes non sapeva nemmeno chi fossimo, ma ora...
In realtà credo mi sarei comportata come lei.
Ma il nervoso restava.
Mi sentii osservata così sollevai lo sguardo e vidi Nathan che mi guardava stranito con un sopracciglio sollevato. Lo ignorai e mi alzai in piedi, prendendo il mio asciugamano e avvolgendomelo addosso.
-Dai non te la prendere, non ha fatto nulla- mi seguì Clover
-Non è colpa di Noelle, lo so riconoscere. Ma sai anche che ho l'incazzatura facile e che sono altamente permalosa- cominciai ad asciugarmi troppo velocemente tentando di sfogarmi almeno un po’.
-Stai esagerando, non l'ha mica baciato-
Tornai a guardarli ed erano ancora lì che scherzavano.
-Quando è venuto da te prima l'hai trattato un po' male, forse lo sta facendo per farti ingelosire- era un tentativo di sollevarmi un po' pallido per essere uscito dalla bocca di Clover.
-Io non credo proprio, dov'è il bagno?- le domandai come se lei potesse saperlo.
-Chiediamo- rispose paziente.
A James non l'avrei mai chiesto in quel momento, Thomas era sparito e non volevo andare da Nathan solo per chiedergli dov'era il bagno.
Indossai le ciabatte ed entrammo in casa sgocciolando ovunque.
Comparve subito la nonna e io trasalii.
-Oh là là étaient sales partout! Vous avez besoin de quelque chose?- ci raggiunse e mi spinse verso il salotto tenendomi una mano sulla schiena.
Guardava sempre me quando parlava. Possibile che non parlasse una parola di inglese? Ero già abbastanza nervosa.
Con lo sguardo chiesi aiuto a Clover.
-Excusez-nous, nous sommes à la recherche de la salle de bain- tirai un sospiro di sollievo, meno male che c'era lei a salvare a situazione.
-Oui, je vous fais le chemin-
Salimmo delle scale di legno e ci aprì la porta sulla sinistra. La ringraziammo, ma prima che entrassimo disse qualcosa di alquanto strano rivolta verso di me: -Tu es vraiment chanceuse d'avoir un gars comme Nathan, est d'or!-
La guardai sorridendo e lei sparì ancora tutta contenta lungo le scale.
-Cosa mi ha detto?-
-Che sei fortunata ad avere un ragazzo come Nathan-
-Ma cosa dice?-
-Non lo so, si sarà sbagliata-
-Perchè dovrebbe pensare che sto con Nathan?-
-Non ne ho idea Aria, entra-
Mi sedetti sul bordo della vasca da bagno e riflettei.
-Gliel'ha detto Thomas, ne sono certa-
-Dici? Perchè?-
-Intuito femminile-
-Non è importante, sbrigati che torniamo di sotto-
Dopo aver tirato lo sciacquone ed essermi lavata le mani uscii dal bagno, ancora po' perplessa.
-Quelli non sono i vestiti di James?- Indicai i pantaloni corti rossi che indossava spesso ammucchiati insieme ad altri vestiti su una poltrona in salotto.
-Sì e quindi?-
-Piccola rivincita- una scintilla malefica mi attraversò lo sguardo.
-Cosa intendi?- mi avvicinai alla poltrona e raccolsi i pantaloni rossi.
-Aria che fai dai!- in realtà stava già cominciando a ridere.
-Vieni con me- di nuovo salimmo le scale e di nuovo corremmo dentro al bagno chiudendoci a chiave.
La vidi cercare qualcosa in un cassetto e alla fine estrarre il dentifricio.
-Vedo che ci capiamo-
Cominciai a metterlo all'interno dei pantaloni.
-Quanto siamo infantili da uno a dieci?- domandai ridendo.
-Direi dieci, soprattutto dato che in realtà non ti ha fatto nulla di male-
-Guarda che bel lavoretto! Tutto all'interno così non lo vede neanche subito!- E questo era per avermi bendata, per aver baciato Taïsse, per aver scherzato con Noelle e perchè probabilmente mi stava solo illudendo. Mentre scendevamo le scale alcune ragazze stavano girando per la casa, forse anche loro alla ricerca del bagno.
Clover si nascose i pantaloncini dietro alla schiena.
-Se state cercando il bagno è di sopra-
-Ah grazie mille- la ringraziarono e ci oltrepassarono.
Lei si guardò intorno e ributtò i pantaloncini sulla poltrona con un gesto che definirlo sospetto sarebbe un'eufemismo ma nessuno ci vide, anche se subito dopo risbucò la nonna di Thomas. Quella donna era un po' una piaga. Ci sorrise mostrando un'evidente dentiera e si sedette sul divano prendendo una rivista dal tavolino di fronte a lei. Thomas non era riuscito a farla smammare da casa nemmeno per quel pomeriggio dove c'erano tutti i suoi amici.
Uscimmo dalla porticina di vetro tornando in giardino.
Il cielo si era annuvolato. Maledetto tempo inglese.
-Dove eravate finite?- Noelle ci venne incontro seguita da James e altri due ragazzi.
-In bagno- le rispose Clover sorpassandola.
Lei non aggiunse altro e così nemmeno io.
Presi una delle bottiglie esposte sul tavolo e mi versai in un bicchiere il liquido che conteneva. Appena mi arrivò in gola capii che era parecchio alcolico ma lo finii comunque. Non volevo certo ubriacarmi, era solo un gesto di rabbia.
-Venite un attimo qui voi tre che vi vogliamo proporre una cosa- ci urlò all'improvviso James facendoci segno di avvicinarsi a lui.
Ci appartammo in fondo al giardino.
-Spiega tu Thomas che sei più bravo-
-Allora poco fa abbiamo pensato di proporvi questo: ogni anno mio cugino, non J.C., un altro, va in montagna con dei suoi amici e stanno via una notte. Durante questa notte fanno un gioco davvero molto bello, nel bosco. Le regole cambiano ogni anno quindi non sto a spiegarvele e vi volevamo chiedere se vi va di venire-
Interessante la cosa.
Ci scambiammo un'occhiata e io annuii.
-Basta che non siano francesi – commentai ridendo e Thomas mi imitò.
-Sì, cioè non lo so, devo chiedere ai miei. Ma... a tuo cugino va bene che ci siamo anche noi?- chiese Clover.
-Sì lui ha detto massimo 24 persone, non importa chi siano-
-Per gli Hunger Games?- chiesi ironicamente.
-Più o meno- rise James.
-Ma chi ci sarebbe?- domandò Noelle.
-Ci siamo noi del solito gruppo e altri ragazzi amici di mio cugino. Pensateci poi mi dite ok?- concluse.
-Direi di si- affermai.
Mi piacevano questo genere di cose. La montagna non mi faceva impazzire ma amavo i giochi, quindi si poteva fare.
Ero pensierosa riguardo Noelle.
Mi aveva dato ulteriormente fastidio che non mi avesse detto praticamente nulla per tutto il pomeriggio.
Si era seduta da sola su uno sdraio muovendo un piede nell'acqua.
-Abbiamo messo del dentifricio dentro i pantaloni di James- le confessai avvicinandomi a lei.
-Cosa!?- lei rise per un attimo. Era davvero bella quando rideva, l'avevo sempre pensato.
-Ma la cosa più assurda è che Clover mi ha aiutata-
Mi guardò sollevando le sopracciglia stupita e continuando a sorridere.
Non aveva affatto reagito come avevo sperato. Non mi aveva nemmeno chiesto perchè lo avessimo fatto.
All'improvviso sentii un urlo di cui riconobbi immediatamente la voce e un gran tonfo in acqua.
Mi alzai di scatto. Marina stava ridendo insieme ad altri ragazzi intorno alla piscina.
Clover riemerse dall'acqua e il più velocemente possibile raggiunse il bordo piscina e si sollevò fuori. Una grandissima voglia di prendere a sberle Marina si impossessò di me. Avevo visto nel corso del pomeriggio altra gente che era stata buttata in acqua e nessuno si era arrabbiato, tutti l'avevano presa come uno scherzo, ma sapevo che la mia amica avrebbe reagito diversamente.
-Potevi risparmiartela questa- le disse Clover.
Cazzo, sarebbe scoppiato un casino.
Marina smise all'istante di ridere e si giustificò: -No ehi era solo uno scherzo, anche ad altri l'abbiamo fatto-
-Lo so ma te l'avevo seriamente detto di non buttarmi nell'acqua quando sono arrivata-
-Non pensavo fosse un problema-
- Dai guarda che Mari non ha fatto nulla di male - si intromise Noelle accanto a me.
-Va beh lascia stare- sussurrò Clover. Le allungai l'asciugamano.
-No scusami. Davvero non pensavo ti desse così fastidio- Poteva anche sembrare per alcuni realmente dispiaciuta ma per me era palese non gliene fregasse niente.
-Ho detto che fa lo stesso dai- Clover le sorrise solamente per farla andare via.
L'altra mormorò un ok e se ne andò.
-Tutto a posto?- le chiesi.
-Adesso tutti penseranno che sia una spaccapalle-
-Diciamo che la reazione è stata un tantino eccessiva- non sapevo davvero cosa dirle e Noelle si era già allontanata.
Decidemmo fosse ora di tornare a casa.

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


Convincere i miei genitori a lasciarmi andare in montagna per quel week end si era rivelata un'impresa più ardua del previsto, ma data la mia insistenza dettata dal fatto che tutto il gruppo ne parlasse in continuazione, alla fine acconsentirono.
Mia madre aveva trovato fuori un sacco di preoccupazioni a cui nemmeno io avevo pensato! E io penso sempre a tutto ciò che potrebbe accadere.
Aveva voluto parlare con la mamma di Thomas e questo mi aveva fatto conoscere un livello di imbarazzo ancora sconosciuto. Alla mia età aveva bisogno di sapere con chi sarei partita. Per me era inconcepibile. Avevo poi calcato molto sul fatto che ci sarebbe stato James... alla fine aveva ceduto e convinto mio padre.
Avevamo raggiunto la casa del cugino di Thomas verso le sei di pomeriggio e sorprendentemente eravamo riusciti a non farci sbattere giù dal pullman, anche se Christian era in evidente stato di droga; su J.C. avevamo ancora qualche dubbio ma il modo in cui spinse via malamente Elliot che si stava sedendo accanto a lui ci fece intendere che probabilmente era anche lui fatto.
Mi chiesi come avrebbero potuto fare il gioco in quelle condizioni: stando a quanto dicevano era piuttosto complicato.
Era venerdì e la temperatura era abbastanza alta perciò indossavamo solamente una maglietta e dei jeans corti. Marina era addirittura seminuda ma oramai ci eravamo abituate alla sua "allegria", mentre Payson non era riuscita a venire.
Appena arrivammo ci presentammo agli amici del cugino di Thomas e accidenti... erano tutti belli, non quanto quelli del gruppo ma se non altro questi sembravano molto più solari.
Il cugino di Thomas si chiamava Andrew ed era sui 30 anni. Io mi aspettavo un ragazzo della nostra età ma scoprii che lui dirigeva solamente il gioco, insieme alla sua fidanzata.
Fin da ragazzo ci giocava con i suoi amici durante i week end che passava in montagna, l’avevano inventato loro stessi.
A casa di Andrew conobbi le tre ragazze e quattro ragazzi con cui ancora non avevo parlato e che sembravano tutti più grandi di me.
Ci mostrarono la lista dei vincitori degli anni passati (sembrava tutto molto professionale) e il nome che compariva più spesso era quello di Chris, intervallato da un certo David.
-Conoscendolo, Christian può aver benissimo trovato un buon metodo per barare o uccidere gli avversari senza farsi beccare- mi sussurrò Clover all'orecchio.
Verso le otto, quando ormai il sole era tramontato e cominciava a calare la temperatura, ci dirigemmo verso il bosco, arrampicandoci per una collina. Detestavo le salite e pregai che il terreno di gioco sarebbe stato pianeggiante, difficile in realtà trovandosi in montagna.
Cenammo attorno al fuoco arrostendo marshmallow e altri cibi davvero buoni e cantando, incoraggiati da James che anche senza la sua chitarra riusciva ad animare il gruppo. Raccontarono e ricordarono vecchi episodi accaduti durante il gioco gli anni passati e venne fuori che gente si era graffiata la faccia, rotta il naso... Fatto sta che capimmo di non avere alcuna possibilità di battere tutti quei ragazzi senza usta e con più esperienza di noi.
Osservai James che continuava a cantare e agitare le braccia intorno al fuoco ricordandomi un pellerossa. Mentre ero in pullman avevo deciso di adottare la tattica dell'ignorarlo e vedere se lui sarebbe venuto da me. Tutto questo perchè non ero riuscita ad ottenere il lato del corridoio, perciò mi ero persa a creare piani idioti guardando fuori dal finestrino.
Verso le undici meno un quarto Andrew ci chiamò tutti intorno a lui e cominciò a spiegare: -Quest'anno le regole sono molto semplici, considerando che c'è gente nuova, tuttavia vi consiglio di stare zitti e ascoltare. Allora, c'è una bandiera bianca nascosta entro i confini di gioco. Il vostro scopo è trovarla, naturalmente. Chi la prende per primo e la riporta a me vince. Ho sparso nel bosco alcuni indizi che se avrete fortuna troverete e vi aiuteranno ad avvicinarvi alla meta. I cellulari li lasciate a me cosi nel caso ci siano indovinelli e robe del genere non barate. Il gioco è individuale, ovvero tutti contro tutti, senza squadre, poi sta a voi scegliere se allearvi con qualcuno o meno. Si elimina l'avversario facendogli un timbro sulla pelle o sui vestiti che adesso vi consegnerò. Ciò significa che bisogna prendere fisicamente l'avversario. Chi è eliminato torna qui da me e aspetta la fine. Finchè nessuno trova la bandiera, la quale vi avverto è assai ben nascosta, il gioco non finisce. Terminerà domani mattina all’alba se proprio non ce l’avrete fatta. Tutto chiaro?-
Tutti annuimmo.
-Alleate?- chiese Clover stringendomi il braccio.
-Eh direi, io in quel bosco da sola non ci entro- le rispose Noelle.
Consegnammo i cellulari e ci dividemmo in due gruppi, partendo da due postazioni separate giusto per non accalcarci tutti insieme.
I timbri erano piuttosto piccoli con un un simbolo che non avevo mai visto, una specie di teschio. Rassicurante insomma.
Non potevamo nemmeno avere una torcia... Sarebbe stato difficile, se non impossibile. Durante la spiegazione mi era salita veramente l'ansia. Mi stavo quasi pentendo. Mi avvicinai ad Andrew: -Mi potresti dare il tuo orologio? -
-Sì certo- mi aiutò ad allacciarlo al polso.
-Anche il tempo vuoi controllare, Aria Evans?- mi sussurrò James all'orecchio.
Era nella mia stessa postazione e non la smetteva di saltellare sul posto.
-Ogni cosa- gli feci un sorriso malizioso.
Eravamo circa in venti giocatori.
Ero agitata, come sempre prima di qualsiasi cosa.
Al suono del fischietto di Andrew i ragazzi schizzarono su per la collina inoltrandosi nel bosco; mi volarono i capelli in avanti tanto fu forte lo spostamento d'aria. Sì, decisamente loro non avevano usta e noi nessuna speranza.
-Mi sporcherò tutte le scarpe!- figuriamoci se Noelle avrebbe passato i primi cinque minuti senza lamentarsi. Ci avevano avvisato che sarebbe stato un gioco tosto.
-Furba tu ad essertele messe bianche. Si sporcano e sei mimetizzata malissimo-
-Ma non potremmo formare un grande gruppo e cercarla tutti insieme?- chiese ingenuamente Clover mentre ci arrampicavamo lungo il pendio.
-Penso che questi ragazzi siano disposti ad ammazzare pur di vincere-
-Sì, concordo anche io- Noelle si fermò per riprendere fiato e anche noi.
Eravamo definitivamente entrate nel fitto del bosco e ormai riuscivamo a scorgere a malapena i resti del fuoco, giù dalla collina.
-Inoltre mi piacerebbe sapere come pensano che noi possiamo placcare Christian o J.C. o uno degli altri ragazzi!- protestò Clover.
-Ah beh la nostra unica opzione è prenderli di sorpresa- le risposi.
-Come procediamo?- domandò Noelle posizionando le braccia sui fianchi impaziente aspettando che qualcuno le dicesse cosa fare.
-Procediamo per logica. Setacceremo il bosco partendo da questo punto e controllandolo a file, in modo da non tralasciare nessuno spazio, ok?- era il mio metodo in tutte le cacce al tesoro a cui avevo partecipato. La gente si stupiva quando vincevo, dato che non ero forte ed ero quasi sempre una delle più piccole. Sostenevo che con un po' di organizzazione, logica ed esperienza, chiunque poteva farcela.
-D'accordo andiamo-
-Una bandiera bianca si dovrebbe vedere bene, insomma le mie scarpe si vedono!-
-Potrebbe essere sotto terra- constatò Clover.
-Mi sembra strano perchè allora dovremmo scavare ovunque. Magari sotto ad un masso o in cima ad un...-
Un grido acutissimo interruppe la mia frase.
Cominciai a correre poichè l'urlo proveniva da non troppo distante da noi.
Le altre mi seguirono a ruota e Noelle lanciò a sua volta un urlo, seminando ancora più panico.
Corsi più velocemente che potei perchè era l'unica arma che avevo.
Sapevo che con uno dei ragazzi alle calcagna potevo solamente scappare: erano troppo forti per tentare altro.
Ci fu un altro urlo, proveniente dalla stessa persona.
Saltai un sacco di sassi enormi e rami caduti dagli alberi, il mio percorso illuminato solamente dalla luce della luna.
Sorrisi, perchè mi era sempre piaciuto correre nei boschi, dava davvero un'incredibile senso di libertà, una delle mie sensazioni in assoluto preferita.
Anche se in quel momento non me lo stavo esattamente godendo.
Dopo vari metri mi fermai e, finita la scarica di adrenalina, la fatica mi piombò addosso tutta all'improvviso facendomi respirare affannosamente.
Voltandomi non vidi nessuno.
Dove accidenti erano finite? Avevo corso troppo velocemente... oppure Noelle era caduta... sì, era probabile anche questo.
Un altro urlo. Capii fosse Christian.
Mi resi conto di avere fatto il suo gioco.
Ci aveva spaventato e ci aveva divise.
Per caso ci considerava delle potenziali rivali? Sono lusingata Anderson, davvero.
Mi consolava il fatto che se non fossi scappata lui mi avrebbe presa, perciò non era stata una mossa così stupida.
Dato che le urla provenivano da dove ero venuta, non tornai indietro, anche perchè chissà dove erano finite, quindi proseguii per quella nuova direzione.
Il mio piano era andato a farsi fottere quindi optai per il classico metodo del girare a casaccio sperando in un colpo di fortuna e trovare un indizio.
Mi nascondevo tra gli alberi.
Mi ero vestita interamente di nero ed era stata un'abile mossa. Non mi legai nemmeno i capelli per potermi coprire la faccia velocemente in caso di necessità.
Calò un silenzio spaventoso, rotto solamente dal frinire dei grilli, dal bubbolare dei gufi e da altri animali da me non identificati.
Mi appoggiai per un attimo ad un tronco con la fronte e le mani cercando di trovare un modo sensato per proseguire.
Avevo brividi di freddo.
C'era una pace incredibile in quel momento: riuscivo a sentire ogni suono del bosco ed era davvero bello. Alzai lo sguardo: tantissime stelle punteggiavano il cielo quella notte. Gli altri probabilmente si stavano già scannando ed io mi perdevo ad ammirare il panorama... forza Aria tira fuori il lato competitivo che è in te! Un voce in lontananza interruppe il mio momento idilliaco: -Peters! Non fare il coglione che ti ho visto!-
Era la voce di J.C. che chiamava non so quale dei ragazzi.
Ciò significava che almeno due erano lontani, bene. Giuro che mi sentii in Battle Royale. Stava diventando quasi eccitante.
Erano le 23:30 circa.
Mi staccai dall'albero e cominciai a camminare, fermandomi di tanto in tanto per sentire se c'era qualcuno nelle vicinanze, ma sembravo essere sola.
Dopo pochi minuti però, non so bene come, credo per istinto, avvertii la presenza di qualcuno.
-Ti conviene scappare- non conoscevo quella voce e questo mi spaventò ancora di più. Deglutii a fatica fermandomi immobile e poi lentamente estrassi lentamente il timbro dalla tasca dei jeans, sperando non se ne accorgesse.
Non avevo intenzione di essere eliminata nella prima ora di gioco e soprattutto non da qualcuno che si divertiva a mettermi paura.
Era nascosto molto bene perchè proprio non lo vedevo.
-Sei carina sai, però adesso devi davvero scappare-
Continuavo a non vederlo, era come se solamente la sua voce fosse presente.
Improvvisamente realizzai che se non era intorno a me forse era... non feci in tempo ad alzare gli occhi che qualcuno, con un tonfo enorme, mi si materializzò davanti e cominciò a correre verso di me.
Dopo aver perso dieci anni di vita, scattai e istintivamente corsi all'indietro per qualche metro poi mi girai così velocemente da sentire male alle costole e scappai velocissima.
Sapevo che al massimo sarei stata eliminata dal gioco ma essere inseguita era sempre stata una cosa ancor più ansiosa di tutte le cose ansiose che normalmente mi capitano.
Anche da piccola quando giocavo a lupo ghiaccio avvertivo questa così forte sensazione di pericolo come se davvero un lupo mi inseguisse per mangiarmi.
Seminai il ragazzo procedendo a zig zag e voltando bruscamente ogni tanto, ma comunque capii che non volesse realmente prendermi, altrimenti ci sarebbe riuscito. Mi aveva addirittura avvertita di scappare e io nemmeno l'avevo ascoltato in principio.
Non sapevo il suo nome ma lo collegai al ragazzo con la bandana americana che prima nella casa mi aveva lanciato uno sguardo, David mi pare si chiamasse. Aveva detto che ero carina e non mi aveva eliminata. Era decisamente simpatico, sì.
Non ebbi nemmeno il tempo di riprendere fiato che sentii un altro urlo disperato alle mie spalle e nemmeno tanto distante.
Ricominciai a correre alzando gli occhi al cielo: non avevo nemmeno ripreso fiato!
Mentre stavo ancora correndo collegai l'urlo alla voce di Noelle: l'avevano sicuramente eliminata.
Adesso anche Clover era da sola. O forse lo era già da prima.
Non mi accorsi nemmeno di qualcuno che proveniva nella direzione opposta alla mia e dunque facemmo un bel frontale, sbattei il mento contro la sua spalla e mi feci un gran male ai denti.
Cademmo entrambi a terra e cominciai a muovermi, cercando di impedirgli di lasciarmi il timbro.
Io stringevo ancora il mio nella mano destra.
Ci fermammo contemporaneamente di dimenarci come bruchi e ci guardammo in faccia. Era Taïsse.
Per un attimo ringraziai fosse una ragazza e pensai mi lasciasse andare ma poi la vidi scagliarsi su di me, brandendo il suo timbro come fosse un coltello affilato. Mi fece alquanto paura e con un salto cercai di mettermi in piedi ma lei mi tirò una ginocchiata negli stinchi. Ma era impazzita??
Pareva posseduta da un demone così decisi di utilizzare anche io le maniere forti. Le misi una mano sulla faccia spingendola lontano impedendole così di vedere ma il mio mignolo entrò nella sua narice destra provocandomi una faccia schifata, di cui per fortuna lei non si accorse.
Vista da fuori si sarebbe rivelata alquanto ridicola come scena, ma a me sembrava di starci giocando la vita dal tanto che mi colpiva con pugni e calci, tirandomi anche i capelli.
-Taïsse datti una calmata!- le urlai.
Lei non rispose. Non capii se era qualche vendetta per James... Vendetta per cosa poi che manco ci eravamo baciati... al contrario di lei...
Le tirai un calcio nella pancia che le fece veramente male perchè si buttò in ginocchio stringendosi con le braccia e tossendo.
Approfittai di quel momento per saltarle addosso e lasciarle il timbro sulla spalla, metà sulla maglia metà sulla pelle.
Lei mi spinse lontano la mano facendomi volare per aria il timbro, ma ormai l'avevo marchiata, anche se in modo alquanto confusionario.
A quel punto ammetto che ebbi paura a mettermi a cercare il timbro in quel momento: quella matta avrebbe potuto tirare fuori un bazooka da un momento all'altro!  Il tutto era ancora più inquietante dal momento che non diceva nulla.
Tanto ormai aveva perso.
E io avevo vinto.
Rimase in quella posizione in ginocchio, consapevole di essere stata battuta e a me venne una gran voglia di mollarle un pugno sul naso ma decisi semplicemente di allontanarmi.
Non andai molto lontano però.
Le feci credere di essere andata via quando in realtà mi appostai dietro ad un albero aspettando che si togliesse dalle palle per poter cercare il mio timbro.
Nel frattempo continuavo a pensare che fosse davvero matta: era solo un gioco!
Ci stava il ragazzo che per scherzare mi aveva spaventata, ma lei mi aveva addirittura picchiato! Ero piena di graffi e lividi, cosa avrei raccontato a casa?
Ma che selvaggia...
Non si decideva ad alzarsi e stavo quasi per preoccuparmi io di averle fatto troppo male quando dopo qualche minuto finalmente sembrò accettare la sconfitta e si avviò giù per la collina.
Cercai ovunque ma alla fine mi rassegnai al fatto di avere perso il mio timbro.
Fantastico, adesso ero anche disarmata!
Salii su un leggero pendio per avere una visuale più ampia.
Guardai ancora l'orologio: 00:23.
Mi bruciava una guancia ma non avevo nulla per controllare come ero messa in faccia; sperai che le unghie di Taïsse avessero scavato meno a fondo di quanto pensassi. Mi appoggiai al grande albero dal tronco enorme in cima alla collina e cercai di riprendere fiato.
Guardai in basso: il fuoco della cena non si vedeva più e non riuscivo a scorgere altro se non buio e vegetazione.
Da quel punto così in alto sembrava di poter dominare tutto.
Mi sentii osservata e non fu per niente una bella sensazione.
Con la nuova scarica di adrenalina mi era passato il freddo ma ora stava tornando.
Un tuono fortissimo squarciò improvvisamente il silenzio della notte.
Guardai il cielo e mi cadde una minuscola goccia di pioggia sul naso.
Era previsto che sarebbe potuto piovere?
Ero in mazzo agli alberi quindi sperai non cominciassero anche i lampi, sapevo che per nessuna ragione avrebbero annullato il gioco.
In quel momento qualcosa mi pizzicò la mano, la ritrassi in fretta dal tronco come scottata e abbassai lo sguardo: una lunga scia di formiche rosse scorreva in fila indiana lungo l'albero.
Avvertii uno scricchiolio di rami che si spezzavano un po' più in basso di me.
Lo ignorai e mi scostai per guardare il tronco: aveva una strana rientranza... la percorsi con le dita e notai che formava una figura.
Una freccia.
Indicava a destra.
Sorrisi soddisfatta.
Un altro scricchiolio.
Mi voltai nella direzione indicata dalla freccia, pronta a correre, quando li sentii.

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


I rumori provenivano dalle mie spalle, oltre i confini di gioco, dove avevo erroneamente pensato non ci potesse essere nessuno.
Mi voltai verso la distesa di erba altissima e rimasi in silenzio. I gemiti erano acuti e rochi. Fu quello a farmi capire immediatamente di chi si trattasse.
Oltrepassai il piccolo fosso e nel mentre cominciò a piovere fortissimo, così in pochi secondi mi ritrovai completamente fradicia.
L'erba mi arrivava alla vita. Mi inoltrai ancora un po' e mi accovacciai creando una nicchia in mezzo all'erba. Non era stata esattamente una buona idea ma la curiosità mi aveva spinto istintivamente verso di loro e inoltre mi ero resa conto che chi mi stava alle calcagna era molto più vicino di quanto credessi, se fossi scappata nel bosco mi avrebbe presa di certo. Ma anche così ero circondata: davanti avevo due che stavano scopando nel bel mezzo del gioco e dietro c'era qualcuno che mi stava seguendo. Non mi mossi.
Certo, se fossi riuscita ad eliminare Nathan Price e Chris Anderson in un solo colpo sarebbe stato fenomenale ma non mi sembrava proprio il momento... che nervoso. Oltretutto non sapevo se toccarli per prima senza timbro sarebbe potuto risultare valido.
Guardai l'orologio: 00:37.
Avevo i capelli appiccicati alla faccia e un freddo terribile: mi sarei sicuramente ammalata. Mi spostai piano piano, ancora non li vedevo.
Li sentivo parlare a voce bassissima, ma non sentivo cosa si stessero dicendo.
Ero davvero spaventata, un po' perchè ero di notte da sola in un campo d'erba sotto un temporale e un po' perchè ero incappata nell'ennesima probabile figura di merda. Non sapevo come agire: non volevo sorprenderli in quel momento, sarei stata davvero il loro incubo, però magari si stavano solo baciando... sì, sicuramente era così, per forza.
Il mio inseguitore si stava spostando, ma non nella mia direzione. Era estremamente silenzioso, come un ninja. Non capivo cosa cercasse di fare.
L'ansia di un possibile attacco a sorpresa mi spinse ad appoggiare le mani a terra e ad avanzare carponi sporcandomi completamente di terra e fango, ma in quel momento non mi importava.
Volevo davvero tentare di eliminare Christian per vendicarmi della serata alla villa durante la festa della scuola: sapevo che per lui sarebbe stato troppo umiliante da sopportare. Sentivo di essergli vicina ma il rumore assordante della pioggia copriva in gran parte le loro voci.
Continuai ad avanzare quando all'improvviso una luce accecante mi abbagliò facendomi coprire d'istinto il viso con il braccio e stringere forte gli occhi.
Dopo pochi attimi riuscii a riaprirli e intravidi il mio inseguitore che, con una mossa fulminea, fuggiva nel bosco.
La vista, ormai abituata all'oscurità, ancora andava e veniva a causa di quel flash quando, a circa cinque metri da dove mi trovavo Nathan e Chris si alzarono e corsero anche loro in mezzo agli alberi. Ma quel momento di sorpresa ed incertezza permise alla strana figura di volatilizzarsi.
Sarò onesta nel dire che presi uno spavento terribile. Non riuscivo ancora a mettere a fuoco cosa diavolo fosse appena successo.
Mi alzai di scatto guardandomi frettolosamente intorno e cercai di correre il più velocemente possibile verso gli alberi ma nel panico dimenticai dell'esistenza del fosso che avevo oltrepassato poco prima e feci un volo pazzesco, rotolando anche leggermente lungo la pendenza del bosco e schizzandomi faccia e capelli di fango e fogliame. Avrei fatto ridere chiunque ma io ormai ero proprio incazzata.
Mi sfiorò per la testa di scendere giù da Andrew e ritirarmi. Anche se a pensarci bene avrei dovuto ragionare anche su che direzione prendere per arrivare al falò. Tentai di rimettermi in piedi e sentii qualcuno avvicinarsi. Stavolta sarei stata definitivamente eliminata.
-Ehi stai bene?- Nathan mi toccò una spalla.
-Sì, credo di sì- cercai di constatare i miei danni ma riscontrai solo graffi un po' ovunque e una lieve sbucciatura al ginocchio.
-Mamma mia Aria sei andata in guerra mentre noi giocavamo?- commentò lui scherzando, cercando di smorzare la tensione.
Ridacchiai ma avrei voluto ucciderlo in quel momento.
Ci riparammo sotto un albero; la pioggia stava rallentando e i lampi sembrano essere cessati.
-Adesso ammazzo tutti, così sicuramente becco anche il colpevole!- Chris era accanto a Nathan e capii stesse per impazzire. Urlava a voce bassa, quasi ringhiando mentre si tirava i capelli all'indietro.
-Aria tu hai visto chi è stato? Hai visto... qualcosa?- mi chiese Nathan parecchio preoccupato.
Anche Christian si concentrò su di me.
-No, io non mi sono resa conto mirasse a voi fino a quando non ha scattato- sperai davvero mi credessero.
Si guardarono e non mi risposero.
-Nathan davvero non so nulla...-
-Va bene. Ti credo-
Abbandonai definitivamente l'idea di eliminarli.
Primo perché riflettendoci sarebbe stato impossibile verificare per Andrew senza vedere il timbro e secondo sarei stata proprio un'idiota a farlo in quel momento, oltretutto loro non sembrava averci nemmeno pensato. Chiaramente per loro essere stati fotografati insieme era molto più importante.
-Come cazzo è possibile che avesse un cellulare?? Sapevo che tutti stavano barando!-
Io ero piuttosto certa fosse stato il flash di una macchina fotografica, non di un cellulare, ma quella frase di Christian mi fece scattare una lampadina nella testa. Mi sentii una stupida per non averlo capito prima: io non avevo perso il mio timbro nel bosco, era stata Taïsse a portarselo con se quando era scesa dalla collina.  Era scorretto e non valido. Ma furbo. Christian si appoggiò con la schiena ad un albero.
Notai solo in quel momento che aveva un enorme taglio sul braccio destro che sanguinava non poco. Aveva anche il naso ricoperto da del sangue secco.
Stava diventando seriamente una campagna di guerra quel gioco.
Avevo ripreso a respirare regolarmente e a rendermi conto di quanto fosse appena successo. Impercettibilmente sorrisi imbarazzata di fronte alla consapevolezza di essere stata così vicina a loro in quel momento.
-È stata Taïsse?- gli chiesi indicando le ferite.
-Ma che Taïsse! Il naso è stato Peters e per il braccio mi sono tagliato prima da solo-
-Perchè hai detto Taïsse?- mi chiese Nathan.
-Ha dato di matto e mi ha preso a sberle e pugni!-
-Sul serio? Beh… un po’ è da lei in effetti-
Annuii. Christian sogghignò. Sapevo che ci stava solo godendo del fatto che mi avessero fatta nera.
-Nat che facciamo?- sussurrò poi volgendo lo sguardo sconvolto al cielo.
Leggevo in lui una grandissima rabbia, forse più di quanta ne mostrasse.
-Sono sicuro che prima di mostrarla a tutti vorrà qualcosa in cambio- si avvicinò al suo ragazzo e lo afferrò per i fianchi.
Feci finta di curiosare nei dintorni.
-Dai...- fece Christian staccandosi e indicando me con un cenno della testa.
Mi venne un dubbio riguardo la precedente frase di Nathan: -Ti riferivi in generale quando mi hai chiesto chi è stato o sospettate di qualcuno?-
Non mi risposero. Era l’una passata e la pioggia aveva quasi smesso del tutto.
Christian spiegò un biglietto che teneva in tasca e da come lo leggeva concentrato capii fosse un indizio.
Non potendo fare nulla in quel momento per risolvere ciò che era accaduto senza attirare l'attenzione, doveva almeno distrarsi su altro.
Decisi che se c'era qualcuno che poteva far terminare quel gioco per pazzi, era lui.
-La bandiera si trova da quella parte del bosco- gli dissi interrompendo il silenzio e indicando il lato ovest.
-E lo sai perchè...?-
-Perchè ho visto una freccia incisa in un albero-
-Ne sei certa?-
-Sì-
Non feci in tempo ad aggiungere altro che Christian partì a razzo per quella direzione.
Nathan mi ringraziò da parte sua.
-Non lo segui?- gli chiesi vedendolo ancora fermo accanto a me.
-No, ho già fatto un volo giù per un pendio che non so nemmeno come sono ancora vivo- mi spiegò.
-Non sei messo peggio di me te lo assicuro però in effetti si vede che hai un po' di roba incastrata nei ricci- scherzai io.
-Prima ci ho trovato anche una ghianda-
Mi misi a ridere.
-Torniamo indietro dai-
Ci spostammo semplicemente un po’ più a destra mentre percepivo sempre più pesante l'imbarazzo di Nathan: sapeva che avevo capito cosa stavano facendo.
-Da quanto tempo state insieme?- gli chiesi semplicemente.
-Da un bel po'- sospirò lui.
Avrei voluto porgli tante altre domande ma lui mi precedette, approfittando del momento di silenzio: -Aria se per caso ti capitasse di venire a sapere chi ha fatto la foto me lo diresti vero?-
Rimasi parecchio stupita della sua franchezza ma ne fui anche lieta.
-D'accordo-
-Grazie-
Di spontanea volontà cambiò argomento, raccontandomi della scuola, di James e Thomas e di come fin da quando mi aveva conosciuta gli avessi ispirato fiducia. Intorno all’una e quaranta sentimmo il suono del fischietto di Andrew, il che significava che qualcuno aveva trovato la bandiera e il gioco era finito.
-Dici che è stato Chris a trovarla?- gli chiesi mentre correvamo giù per la collina.
-Certo che è stato lui- rispose senza guardarmi ma facendo un sorriso malizioso.
Quasi tutti erano già arrivati al punto di ritrovo, noi fummo tra gli ultimi proprio perchè eravamo quelli più in alto.
-Aria ma dove cazzo sei sparita?? E perchè hai un enorme graffio sulla faccia?- mi saltò addosso Noelle non appena mi vide in lontananza.
Io raccontai brevemente di Taïsse e loro delle varie peripezie che gli erano capitate.
Noelle era stata eliminata da un ragazzo biondo proprio quando avevo sentito il suo urlo dietro di me ore prima mentre Clover circa all'una da una delle ragazze più grandi che non conoscevamo.  Scoprii che ero stata una delle poche a essere rimasta in gioco fino alla fine e dentro di me ero assai orgogliosa di questo. Mentre finivamo di raccontarci aneddoti Clover all'improvviso si staccò da noi e si diresse proprio verso la persona con cui avevo intenzione di scambiare due chiacchiere.
La raggiunse mentre si stava allacciando una scarpa seduta sull'erba.
-Scusami ma potevi anche evitare di graffiarla in questo modo e di tirarle dei calci!- le urlò.
Spalancai gli occhi e mi avvicinai.
Ero abbastanza scioccata, non pensavo che avrebbe potuto fare una cosa del genere anche se in verità mi stavo accorgendo di conoscerla meno di quanto pensassi. Ad ogni modo avrebbe dovuto far chiarire me con lei.
-Il gioco comprendeva anche eliminare gli avversari- le rispose Taisse tranquillamente.
-Sì ma non in senso letterale! Si chiama "gioco", avresti dovuto usare un po' d'usta!- le stava facendo una sgridata come fosse sua madre e io stavo cominciando a sentirmi in imbarazzo. Tutti ci stavano guardando e sperai che il mio graffio più evidente, quello sulla faccia, si vedesse per bene, in modo che capissero che la mia amica non stava esagerando.
Andrew ci chiese se andava tutto bene e io risposi di sì.
La rossa si alzò: -Scusami, forse ho esagerato- disse rivolta verso di me, senza in realtà nessuna espressione dispiaciuta sul volto.
-Sei veramente una pazza, provaci ancora a toccarmi così!- la scenata di Clover mi aveva talmente spiazzata che non ero riuscita a dire nulla più che quella "minaccia" nonostante avessi meditato per gran parte della notte su quante dirgliene. Spero comunque che la mia frase breve, sprezzante e a volume contenuto l'avesse un po' lasciata di sasso.
-Ah e non ti hanno insegnato che non si ruba?- aggiunsi voltandomi anche se mi ero già parzialmente allontanata.
Le feci un impercettibile sorriso solamente per non sembrare troppo cattiva di fronte agli altri che non avevano assistito a ciò che era successo nel bosco e non potevano capire.
-Cosa ti è saltato in mente?- sussurrai a Clover appena fummo abbastanza distanti.
-Niente, ti ho solo difesa- e fatto fare una figuraccia, volevo aggiungere, ma tacqui.
Sapeva perfettamente che riuscivo a difendermi da sola.
Christian e il ragazzo biondo, che si chiamava Jack, avevano raggiunto la bandiera contemporaneamente quindi la vittoria fu assegnata ad entrambi.
-Per chi se lo stesse chiedendo, la bandiera era in un nido non troppo in alto su un albero verso il confine ovest, vicino al ruscello, che stanotte in realtà è diventato un fiume- ci informò Andrew facendoci strada verso la sua casa.
Non sarei comunque stata in grado di arrampicarmi su un albero, per quello ero sempre stata negata. Stavo congelando e lasciando tracce di fango lungo la strada, ma alcuni erano conciati quasi peggio di me.
A turno ci facemmo doccia, per fortuna aveva una casa con più bagni, e indossai vestiti puliti dato che per l'evenienza mi ero portata un cambio, anche se non avevo certo immaginato sarebbe stato un tale suicidio. Mentre aspettavamo sedute sul divano che facessero l'annuncio ufficiale dei vincitori raccontai alle mie amiche che qualcuno aveva fotografato Nathan e Christian insieme e loro naturalmente furono spiazzate tanto quanto lo ero stata io. Stavo raccontando nei dettagli la mia avventura ma fummo poi interrotte dalle urla assordanti provocate dall'annuncio dei vincitori.
Riuscimmo a dormire qualche ora nei vari letti e divani sparsi per la casa ma la maggioranza dei presenti aveva portato il sacco a pelo o un materassino.
Io non riuscii a dormire granchè per la verità: avevo ancora troppa agitazione nel sangue.
Durante il viaggio di ritorno alle prime luci dell'alba Noelle si addormentò con la bocca aperta appoggiata al finestrino mente io e Clover ragionammo su chi potesse essere il fotografo misterioso.
-Pensavo stesse puntando ad eliminare me e invece ad un certo punto è sbucato dall'erba altissima vicino a loro. Tra l'altro ho paura di essere venuta anche io nella foto- confessai.
-Com'è possibile?-
-Ero abbastanza vicino a loro in quel momento-
-In ogni caso è evidente che non fossi tu l'oggetto da fotografare. Sei sicura che fosse un flash di una macchina fotografica? Perchè è più probabile che questa persona avesse con se un secondo cellulare che non ha consegnato-
-Sì forse era un cellulare. Metà gente in questo pullman non la conosciamo neanche- sbuffai. E poi aggiunsi: -Può essere che Nathan e Christian sappiano chi è stato: quando gliel'ho chiesto non mi hanno risposto. In tal caso basterà chiedere a James-
Lei non sembrava d'accordo: -Che ore erano?- chiese.
-Cosa importa?-
-Vediamo cosa stavano facendo a quell'ora le varie persone- spiegò con semplicità. -È stato poco prima della fine hai detto, no?-
-Circa un’ora prima- cercai di ricordare qualche dettaglio ma non mi venne in mente nulla. -Siamo in diciotto. James ed Elliot sono esclusi perchè sono i loro migliori amici. Noi tre siamo escluse. J.C.?-
-J.C. l'ho sentito urlare verso la mezza ai piedi della collina. Però sai non sono sicura e potrebbe essersi spostato in fretta-
-Taïsse l'ho eliminata tempo prima quando aveva tentato di uccidermi...-
Alla fine rinunciammo a scovare il colpevole perchè poteva essere stato benissimo uno dei ragazzi o delle ragazze che non conoscevamo.
Avevo appoggiato la testa stravaccandomi sul sedile mentre ascoltavo qualche canzone d'amore deprimente facendo viaggioni mentali su James come mio solito, mentre osservavo accanto a me Marina trafficare nella sua borsa ed estrarre i suoi occhiali da sole. Poteva essere anche lei... o il caro Thomas che magari tanto caro non era...
Che piano aveva questa persona? Ricattarli come sosteneva Nathan?
E poi ancora: era cosciente che io avevo assistito alla scena? Oppure non mi aveva proprio notata?
Nessuna di quelle domande trovò una risposta durante quel viaggio di ritorno in pullman.

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***


Stavo girovagando per la città da quasi due ore in compagnia di Sarah.
Dopo aver preso un frappè e aver curiosato in qualche negozio di vestiti non sapevamo più davvero cosa fare, così mi dondolai per un po' sull'altalena di un parchetto parallelo a una via di negozi. Lei si sedette a gambe incrociate davanti a me.
Decisi che tanto valeva chiederle aiuto su una cosa a cui stavo riflettendo da un po' di tempo ormai.
-Sarah tu sapresti come hackerare una password?-
Erano passati vari giorni dal gioco in montagna ed ero giunta alla conclusione che, escludendo i ragazzi che non facevano parte del solito gruppo, gli unici davvero papabili come responsabili fossero J.C., Marina e al limite Thomas se stava compiendo un qualche strano doppio gioco.
Sarah non era un genio dell'informatica ma sicuramente ne sapeva più di me quindi avrebbe potuto darmi qualche consiglio utile nel caso ce ne fosse stata l'occasione.
-Beh si possono scaricare dei programmi che permettono di decriptare le password di vari social network o anche di pc e tablet. Perchè questa domanda?-
-Mi è venuto il dubbio che qualcuno potesse farlo con le mie password-
-Si può fare quasi tutto ma se sono complicate è più difficile. Mettici numeri e simboli e non farle mai uguali tra di loro- mi consigliò lei.
Annuii. Volevo continuare a farle domande ma fui distratta dalla vista di Elliot che usciva da Imperial, il negozio d'abbigliamento all'angolo.
O era stato all'interno parecchio tempo oppure non l'avevo visto entrare.
Saltai giù dall'altalena e mi spostai verso l'angolo della strada fingendo così di andargli incontro casualmente.
-Ma che stiamo facendo?- Sarah ovviamente non capiva la situazione così le spiegai brevemente che faceva parte del gruppo dei "ragazzi fighi" che avevo conosciuto e che volevo parlargli.
-Senza offesa ma non mi pare molto figo- commentò lei stranita.
-Beh è loro amico- replicai io sbrigativa.
Ci ritrovammo così "casualmente" sulla sua stessa strada: -Ehi… Elliot-
-Ehi- mi rivolse un breve cenno del capo e proseguì oltre.
Volevo solamente entrare un po' in confidenza con lui, sicuramente Christian gli aveva accennato che sapevo tutto e ai suoi occhi di certo ero ancora una minaccia.  James ed Nathan si fidavano di me ma lui non credo proprio.
-Cosa fai qui?- sapevo che non abitava in centro quindi in effetti era un po' strano incontrarlo in giro da solo.
-Dovevo comprare alcune cose- mi rispose fermandosi e sollevando la piccola sporta.
Stava per voltarsi di nuovo quando lo fermai.
-Vai alla fattoria oggi?- sparai fuori.
Lui sembrò congelarsi sul posto.
Avrei voluto dire le cose per come stavano ma non potevo: Sarah infatti dopo questa reazione guardava con sospetto Elliot con l'aria di chi non sta capendo nulla della situazione. Mi guardò con un misto di rabbia e preoccupazione e ne ebbi quasi paura.
-Scusa cosa intendi?-
Mi stavo già pentendo della mia spavalderia ma ormai non potevo evaporare.
Seriamente non riuscii a decifrare se era a conoscenza che anche io ero stata in quel capanno.
-Nulla. So solo che ogni tanto vai nella fattoria di tuo nonno con degli amici...-
-Non so di cosa parli- detto questo se ne andò svoltando l'angolo e sparendo dalla mia vista.
Perfetto, avevo complicato solo la situazione. Adesso magari pensava che volessi provocarlo e che la mia fosse stata una frecciatina negativa.
-Aria ma che fattoria intendevi?- mi aspettavo le domande che effettivamente Sarah mi fece mentre tornavamo a casa.
-Ma niente stavo scherzando, l'ho detto perchè so che ci va con la sua ragazza ma l'ha presa male a quanto pare-
Lei rise e per fortuna non chiese nient'altro.
Dopo averla accompagnata a casa ed aver svoltato lungo il viale di casa mia, vidi Chandler davanti alla porta della mia villetta.
Pensandoci, erano ormai passati un po' di giorni dall'ultima volta che l'avevo visto... avrà pensato fosse passato abbastanza tempo per ritentare.
-Ehm... che stai facendo?- lo sorpresi alle spalle.
Lui si voltò sorpreso e scese i tre scalini verso di me.
-Ciao! Ho suonato il campanello ma nessuno mi ha aperto- era visibilmente in imbarazzo e ne trassi un leggero piacere a vederlo così.
Era agitato all'idea di vedermi.  In un certo senso mi regalava autostima.
-Si vede che mia madre non è ancora tornata. Ero a fare un giro- risposi aprendo la porta. Non avevo idea di cosa ci facesse sotto casa mia senza avermi avvertita ma lo invitai ad entrare, giusto per non essere maleducata a lasciarlo sulla porta.
Gli leggevo in faccia che moriva dalla voglia di chiedermi con chi ero ma lo feci rimanere sulle spine. Poi però mi fermai sull'ingresso e mi voltai verso di lui incuriosita: -Come fai a conoscere il mio indirizzo?-
-Me lo sono fatto dire dalla tua amica, quella bionda- rispose lui semplicemente entrando -Volevo chiederti di uscire ma se sei appena tornata facciamo un'altra volta- nonostante le sue labbra avessero pronunciato quelle parole, il suo corpo rimase fermo in mezzo alla stanza. Sorrisi mentalmente. Non lo contattavo mai, non sembravo nemmeno essere interessata ma lui non mollava l'osso.
In genere nessuno era così tenace con me. Le persone si stancano in fretta delle mie stranezze.
Dato che sembrava essersi inchiodato al pavimento del mio salotto sbatterlo fuori di casa sarebbe risultato maleducato, così gli chiesi se gli andava di restare un po', e sottolineai un po'.
Non volevo si facesse strane idee.  Inutile dire che accettò immediatamente.
Salimmo in camera ma non sapevo proprio cosa dire così feci anche a lui la domanda che avevo posto poco prima a Sarah riguardante l’hackerare password. Nonostante fosse una domanda un po’ bizzarra da porre in quell’occasione, lui mi rispose senza troppa curiosità e rivelandosi una specie di enciclopedia di informazioni su argomenti come questi, tant’è che capii si e no la metà delle parole che uscirono dalla sua bocca come spiegazione. Si vantò anche di essere riuscito ad accedere e controllare il computer di un suo compagno senza che se ne accorgesse.
Dopo aver annuito lasciando cadere quell’argomento che si sarebbe rivelato solo un monologo da parte sua, si mise a curiosare tra i miei libri.
Non si tocca la mia roba, specialmente i libri.
-Ti piacciono gli horror?- chiese dato che praticamente tutti i titoli erano alquanto macabri.
-Sì, decisamente. Anche a te?- sperai rispondesse di sì così avrei avuto un aggancio di conversazione.
-No, a me no-
-Mi intrigano i misteri e tutto ciò che si ingarbuglia sotto di essi- spiegai sperando capisse cosa intendevo ma lui si voltò e disse una frase che mi spiazzò completamente: -Tu sei un po' un mistero Aria Evans-
-Per quale ragione?-
-Perchè ancora non ho capito se ti piaccio o no- non si poteva fare un discorso senza che lui mi mettesse in totale confusione.
-Forse non lo so nemmeno io- frase stupida, stupidissima. Parlai senza ragionare.
Gli avevo appena dato una vera e propria illusione.
La verità è non sapevo come dirgli in faccia che non aveva possibilità, non perchè non mi piacesse per niente lui ma per il semplice motivo che non potevo nemmeno pensarci, ed in effetti non ci avevo mai seriamente pensato, a causa di James.
-Ma avrai un'idea- insistette.
Mi stava dando sui nervi.
Non avrebbe dovuto fare così, avrebbe dovuto contenere la sua impazienza, come facevo io con James. Avevo aspettato tre anni della mia vita solo per poter parlare con il ragazzo che mi piaceva e lui pretendeva di piombare in casa mia e ottenere una risposta immediatamente.
Doveva stare male come io stavo male per James.
Mi sedetti un attimo sul letto poi mi rialzai subito decisa a dirgli le cose per come stavano: -Senti... la verità è che c'è un altro... non nel senso che stiamo insieme però insomma...- non avevo nessuna intenzione di continuare la frase ammettendo che mi piacesse qualcuno.
Non avevo intenzione di apparire debole ai suoi occhi.
-Ah- la delusione che gli dipinse il volto fu fin troppo esplicita. -Siete stati insieme?-
-È complicato- non volevo avesse nessun genere di informazione, già sospettava di James ma questo l'avrebbe mandato fuori strada.
-Beh per adesso possiamo sempre rimanere amici, va bene?- questa frase avrei dovuto pronunciarla io, mandandolo nella orribile e deprimente fascia della friendzone.
E nonostante gli avessi appena sbattuto in faccia che mi piacesse un altro aveva avuto il coraggio di insistere con quel "per adesso".
-Si certo-
Mi vibrò il cellulare nella tasca.
Da James: facciamo qualcosa stasera?
Sorrisi come un'ebete poi mi ricordai di non essere sola.
Da me: certo!
Non avrei dovuto rispondere in quel momento, infatti Chandler si incamminò verso le scale mostrandosi leggermente scazzato: -Va beh adesso è meglio che vada-
Lo accompagnai alla porta non contraddicendolo e ci salutammo in modo alquanto frettoloso.
Appena se ne fu andato ritirai fuori il telefono.
Da me: grazie Noelle per avermi detto che Chandler sarebbe venuto a casa mia! Stasera usciamo?
Da Noelle: scusaaa mi sono completamente dimenticata! Si’, va bene.
Risalii le scale e mi sedetti sul letto, il mio luogo di meditazione.
Gli stava solamente bene di essere stato sbattuto fuori dopo un due di picche. Non avrebbe dovuto comportarsi in quel modo, non sarebbe nemmeno dovuto venire a casa mia.
Lui non mi conosceva.
Doveva stare male per me e l'avrei fatto stare male.

Capii solamente anni dopo che tutti quei pensieri negativi erano uno scudo per tutto ciò che provavo per James.
Chandler mi sarebbe anche potuto piacere da impazzire ma non avrei mai concesso a qualcuno un lieto fine se io non avessi ottenuto il mio già prefissato: doveva essere James o nessuno altro. La mia eccezione erano Chris e Nathan ed era questo che a quei tempi mi aiutava a convincermi di essere buona, di volere in realtà il meglio per gli altri anche quando io non l'avevo.
La verità era che mi sentivo in colpa e l'unico modo per stare bene con me stessa era convincermi che fosse lui nel torto, quello con i sentimenti sbagliati.
O più semplicemente non mi sentivo all'altezza del suo amore, come di quello di nessun altro.

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 ***


-Mi dai una sigaretta?- Noelle si avvicinò ad Elliot, il quale la guardò sollevando un sopracciglio sfilandone poi una dal pacchetto che aveva in mano.
-Grazie- rispose lei scuotendo i capelli e tornando da Marina, anche se praticamente ci stava ignorando dall'inizio della serata.
Clover alzò gli occhi al cielo mentre io mi avvicinavo alla mia amica.
-Fammi fare qualche tiro- gliela sfilai di mano senza aspettare una sua risposta.
Respirai, poi buttai fuori e il fumo si disperse nella notte.
-Noelle lo sai che è inutile stare costantemente attaccata al culo di Marina dal momento che è da tutta la serata, per non parlare delle ultime uscite, che ci ignora. Non so se ci hai fatto caso ma usciamo con loro perchè ci invitano James e Nathan- attaccò Clover.
Lei fece un'espressione assai stupita e obiettò: -Forse con considera voi, ma a me scrive anche!- estrasse dalla borsa il cellulare per mostrarci la chat con Marina.
-E cosa ti dice? O meglio... quali favori ti chiede?- incalzò nuovamente Clover.
L'altra parve spiazzata per qualche istante poi ammise: -Beh all'inizio mi ha chiesto alcune cose su Christian, poi però mi racconta anche cose sue personali tipo su J.C....- non sapeva bene come replicare.
-Cose su Christian? Ancora? Perchè non ce l'hai detto?- esclamai io.
-Riguardo dove li avevamo visti quel giorno di cui le avevamo parlato, cosa facevano ecc.. sono stata comunque abbastanza sul vago. Non l'ho ritenuto importante- potevo immaginare come fosse stata vaga.
Io e Clover ci scambiammo un chiaro sguardo ma la zittii perchè James si stava avvicinando.
-Fumi?- mi chiese.
-No- risposi contraddicendo ciò che stavo facendo.
-Allora smettila- me la sfilò dalla bocca e la gettò per terra.
-Ehi! Che cavolo fai?- protestai contrariata. Lui non mi rispose ma sorrise alzando le spalle. Ovviamente Noelle si arrabbiò, ma non ne chiese un'altra.
Lasciammo cadere la conversazione con lei: era chiaro non sembrava voler capire.
Non stavamo facendo sostanzialmente nulla: eravamo in mezzo ad una strada su cui probabilmente non passava mai nessuno e alcuni parlavano altri fumavano. Più tardi saremmo andati a casa di Marina per dormire, ci aveva invitati tutti quindi immaginai dovesse vivere nel lusso. Bastava pensare a tutti i diversi tipi di vestiti, scarpe e accessori che sfoggiava ogni giorno. Metà dei presenti era ormai in là con la testa, varie bottiglie erano sparse lungo il ciglio della strada.
Christian naturalmente sniffava qualcosa mentre Elliot tentava debolmente di farlo smettere, ma a parte lui ed Nathan nessuno sembrava realmente interessarsi a questa cosa. Sicuramente il casino in cui era coinvolto aveva contribuito a renderlo così.
Era colpa di tutti quei sentimenti che lui probabilmente considerava sbagliati ma ai quali alla fine cedeva.
Alzò lo sguardo su di me e vide che lo stavo fissando. I suoi occhi di ghiaccio. Non poteva avere chi voleva. Lo capivo.
Anche io era nella sua posizione, con la leggerissima differenza che almeno lui aveva la certezza che l'altra persona lo amasse.
Mi imbronciai, complice l'alcool che negavo di aver nuovamente bevuto, per questa ingiustizia, come se la mia fosse più grave della loro e istintivamente osservai James fare le sue acrobazie sullo skateboard.
-Facciamo qualcosa!- sbottò Marina all'improvviso incamminandosi verso un mega supermercato poco distante.
Tutti la seguimmo. Mi sentii parte di un qualcosa di importante quella sera: parte di un gruppo, quel gruppo.
Certo, erano fortemente strani, ma era questo che li aveva sempre resi interessanti agli occhi di tutti, compresi ai miei.
Mi chiesi se anche io, stando in mezzo a loro, apparissi strana ed intrigante.
James scese dal suo skateboard, cercò nelle tasche e inserì qualche moneta in uno dei carrelli fuori dal supermercato.
-Ma che fai?- gli urlò Thomas, già allarmato. Ma come faceva quel tipo ad uscire con loro?
-Salta dentro!- ci misi un attimo a capire che il ragazzo biondo si stesse rivolgendo a me.
-Oddio no!- risi afferrando però il carrello.
-Dai!- insistette lui come se stessi solo perdendo tempo.
Non me lo feci ripetere una terza volta.
Buttai un'occhiata verso Taïsse ma in quel momento non sembrava importargliene molto che James dedicasse più attenzioni a me.
Con l'agilità di un elefante entrai dentro il carrello ed immediatamente lui cominciò a spingere facendomi cadere sul sedere. Lo sentii ridere.
-Dove stiamo andando??- si stava allontanando dagli altri.
-Boh in giro- urlò lui correndo velocissimo.
Quanto poteva essere bello quel momento per me?
Si fermò dietro al supermercato, ovviamente chiuso a quell'ora di notte.
-Mi hai fatto dimenticare di prendere lo skateboard- mi rinfacciò lui prendendo fiato.
-Guarda che sopravvivi anche se ci stai due minuti separato. E comunque sarebbe colpa mia?- gli chiesi scherzando mentre mi appigliavo a lui come un koala per uscire dal carrello.
-Certo che è colpa tua-
Gli sorrisi ironicamente poggiando nuovamente i piedi a terra.
Per un attimo pensai di poter parlare della foto scattata quella notte a Chris ed Nathan ma poi riflettei che non erano fatti miei, anche se fin'ora non mi ero di certo fatta remore. Ad ogni modo sicuramente già lo sapeva.
Mi consolava il fatto che se anche non li avessi pedinati in quella cittadina sperduta, James mi avrebbe fatto scoprire la loro relazione entro pochi giorni.
Che amico imbranato. Anche se ero consapevole fosse perchè era andato in totale panico avevo come la sensazione che non avrebbe portato nessun altro in quel posto se non me.
-Tu non dovresti studiare per l'ammissione al college?- gli chiesi.
-Nah... lo farò-
Non ebbi il coraggio di chiedergli quale fosse: avevo paura di scoprire fosse lontano, ma lui sembrò leggermi nella mente: -Tranquilla, non è troppo distante, non preoccuparti- mi fece l'occhiolino poi proseguì: -Stai attenta che il tuo ragazzo potrebbe diventare geloso se ti fai queste domande-
Era un modo contorto per chiedermi se ero fidanzata, giusto?
-Il mio ragazzo è alquanto inesistente quindi non penso si incazzarà più di tanto- sarebbe stato impressionante vedere la differenza di emozioni che provavo dentro di me e la semplicità con cui le manifestavo.
Lui sorrise e stava per dire qualcosa ma fu interrotto dalle urla di Noelle.
Era anche lei dentro ad un carrello, spinto a tutta velocità da Thomas: scena alquanto bizzarra.
-Ma guarda eh, poi dicevi di me- gli urlò il suo amico mentre lui continuava a correre con una Noelle sempre più urlante.
Gli altri ragazzi ci copiarono perciò dopo poco da ogni direzione provennero urla di ogni genere.
Rimontai dentro al mio mentre gli altri si alternavano a spingermi.
Era un gioco cretino ma quella sera mi sembrò così divertente. Non pensai a niente e per un po’ mi distrassi completamente dai miei pensieri.
Ridemmo come matti quando J.C. rovesciò il carrello con dentro Marina, la quale lanciò un urlò che probabilmente svegliò tutto il vicinato.
In mezzo a quella confusione fui tra i pochi a notare che tra Nathan e Chris non volava una parola.
Osservai James che si stava tracannando da solo una bottiglia di birra e mi venne in mente una frase che disse quel giorno alla fattoria: “non tutti li accettano”.
Alle mie orecchie giunse all'improvviso un suono fortissimo che mi riscosse dalle mie riflessioni.
Era una sirena.
Al principio tutti si bloccarono, poi il panico si impossessò di loro e mollarono i carrelli in mezzo al parcheggio cominciando a correre più veloci che potevano verso la strada dalla quale eravamo venuti.
Mi guardai intorno spaventata non sapendo cosa fare e solo in quel momento realizzai quello che realmente stavamo facendo: eravamo in mezzo alla strada pieni di bottiglie, con della droga, facendo un casino pazzesco e rompendo i carrelli di un supermercato. Alle 2:20 del mattino.
Non riuscendo ancora bene a metabolizzare la cosa in principio decisi di imitare gli altri e scappare, ma poi mi resi conto che non saremmo andati lontani: con la macchina inevitabilmente ci avrebbero raggiunto. Scorsi Clover e Taïsse fermarsi e decisi di farlo anche io.
L'auto della polizia si affiancò a noi tre e la mia ansia aumentò di non poco.
L'agente dal nostro lato abbassò il finestrino: -Che diamine state facendo?- era già visibilmente incazzato.
-Sì ci scusi, abbiamo esagerato- cominciò Taïsse.
-Esagerato? Abbiamo ricevuto due chiamate dai condomini dei palazzi qua vicino! Dovete chiamare indietro i vostri amici. Dobbiamo fare un controllo- il cuore cominciò a battermi velocissimo.
-No aspetti in che senso?- più Taïsse si fosse mostrata agitata più avrebbero capito che qualcosa non andava.
-No va bene adesso li chiamo e gli dico di ritornare indietro, comunque sono solo un po' ubriachi- risposi io prontamente.
Erano spariti dal nostro campo visivo così chiamai Noelle ma non rispose e tentai con James.
-Se ne sono andati?- chiese immediatamente lui.
-No, dovete tornare indietro perchè vogliono controllarvi- vidi il poliziotto indicarci bisbigliando: -Anche voi tre- ma feci finta di non sentirlo.
-Cazzo Aria come facciamo?- non sapevo davvero come aiutarli, non potevo dire nulla. Sembrò pensarci su: -Va bene adesso arriviamo-
Poco dopo li vedemmo sbucare dal fondo della strada, non tutti però.
Di Chris ed Elliot non c'era traccia.
L'agente, che se non fosse stato sulla quarantina avrei giudicato appetibile, scese dalla macchina e chiese a noi ragazze di mostrare il contenuto della borsa mentre il suo collega perquisì i ragazzi, ma ovviamente nessuno aveva nulla. Riuscirono anche a mascherare piuttosto bene l'essere ubriachi ma sperai comunque non facessero nessun tipo di alcool test.
Dopo qualche minuto si stancarono di controllare inutilmente: -Allora adesso mettete tutti i carrelli al loro posto e ve ne andate subito di qua! Questa volta vi abbiamo avvertiti ma se vi ribecchiamo finite nei guai-
Annuimmo energicamente e ci affrettammo a sistemare il casino creato nel parcheggio.
Non capii se ci lasciarono andare perchè non avevano voglia di complicazioni o se davvero non si fossero accorti che mancavano due ragazzi.
Fatto sta che raggiungemmo Chris ed Elliot e decidemmo fosse ora di avviarsi verso la casa di Marina.
-Porca troia stavolta pensavo davvero sarei finito il prigione!- James continuava a ridere insieme agli altri. -Dai Aria ammetti che è stato divertente!- mi tirò una pacca su una spalla che mi fece barcollare.
-Sì- risposi forzando un sorriso.
Diceva così solamente perchè era finita bene.
-Che c'è? Ti sei incazzata?-
-Non è incazzata, ma senza di noi probabilmente sareste nella merda adesso, giusto?- Taïsse mi circondò le spalle con il braccio. Spalancai gli occhi verso Clover e lei ridacchiò.
-Eh si ha ragione- risposi.
Non l'avevo mai vista fare così con Marina o Payson.
-Ce la saremmo cavata benissimo... O forse no- rise a caso e io mi stupivo sempre più che ci avessero lasciati andare. Quei ragazzi erano molto fortunati.
La casa di Marina era grande come mi ero immaginata ma siccome eravamo davvero tanti alcuni dovettero sistemarsi in corridoio, questo però non costituì un problema dal momento che dormimmo solamente due ore.
Mentre attraversavamo l'enorme salotto diretti al piano superiore, notai sul tavolino a lato della finestra un portatile.
E se la foto fosse stata lì dentro?
Scacciai i miei insistenti pensieri e salii le lunghe scale di marmo insieme agli altri.
-I miei sono al mare quindi stanotte non tornano ma non possiamo comunque fare troppo casino. I vicini rompono parecchio il cazzo- ci informò la padrona di casa.
Erano ormai le tre passate ma qualcuno propose di fare un gioco.
-Io voto per obbligo o verità!- urlò Marina sedendosi a gambe incrociate sul suo letto.
-Non esiste- Chris avrebbe avuto qualcosa da ridire su qualsiasi idea sarebbe emersa, ne ero sicura.
Il suo unico genere di gioco probabilmente era quello fatto in montagna due settimane prima.
-Potremmo fare un gioco di società a coppie-
-Ma no! Meglio "Hai mai..."-
-Il gioco della bottiglia!-
-L'hanno già proposto e ribadisco di no- Chris appoggiò i piedi sulla scrivania come fosse a casa sua.
Non riuscivamo a metterci d'accordo su cosa fare. Stavamo per rinunciare quando: -Idea! Sette minuti in paradiso!- Marina ci guardò soddisfatta e siccome nessuno obiettò per i seguenti cinque secondi, lo prese per un sì.
Non avevo idea di cosa si trattasse.
-Vi spiego le regole- fin troppo elettrizzata Marina guardò malissimo Christian quando bofonchiò: -Sentiamo la stronzata- ma decise di ignorarlo: sicuramente era abituata al suo sarcasmo.
-Decidiamo due persone che entreranno bendate dentro al mio sgabuzzino. Se entro 7 minuti uno dei due non capisce chi ha davanti, ci si deve baciare. Non si può parlare ovviamente ma solo toccarsi e si ha una sola possibilità, altrimenti si sparano nomi a caso-
Mi aspettavo protestassero ma non lo fecero.
-Ma sappiamo chi entra- fece notare Nathan.
-Ma sei idiota? È ovvio che le ragazze rimarranno in questa stanza mentre i ragazzi scenderanno di sotto- fui piuttosto certa fu uno sguardo di fuoco quello che Christian le lanciò quando disse "ma sei idiota?"
-Ma anche un cretino in 7 minuti riuscirebbe ad indovinare chi ha davanti!- concordai con l'osservazione di Elliot.
-Va beh allora facciamo "Un minuto in paradiso", va bene così?- Marina si stava già alterando. Non avrei mai pensato potesse essere così irritabile una ragazza che sorrideva così spesso.
Le nostre facce non erano ancora convinte.
Clover sicuramente non avrebbe mai baciato uno a caso ma era troppo sveglia per lasciare che succedesse.
-Dai è per fare qualcosa!- insistette Payson spingendo i ragazzi giù per le scale.
-Per bendare prendete uno straccio in cucina, non è importante- gli urlò dietro Marina, chiudendo la porta quindi voltandosi verso di noi: -Allora chi va per prima?-
-Vai tu, pensano dirigi il gioco, non sospetteranno di te- suggerì Taïsse prendendo un fazzoletto di stoffa da uno dei cassetti e legandoglielo sugli occhi.
-Giusto hai ragione!- aspettammo vari minuti prima che dal piano di sotto ci comunicassero di essere pronti. Ci avrei scommesso che nessuno sarebbe voluto andare per primo. Payson accompagnò la sua amica nel piccolo e buio ripostiglio accanto alla camera poi diede il via libera agli altri di salire. Il ragazzo era Thomas.
Sarebbe stato logico non farsi vedere per non sapere chi rimaneva nei turni successivi ma la curiosità prevalse e ci accalcammo tutti davanti alla porta dello sgabuzzino, situato nel corridoio del piano superiore tra il bagno e la camera di Marina.
Notai che eravamo sei ragazzi e sei ragazze, neanche a farlo apposta.
-Ok allora un minuto da adesso!- Payson fece partire il cronometro sul suo cellulare.
Era un gioco stupido che si andava ad unire ai precedenti della serata ma che ci tenne tutti con il fiato sospeso.
-A Thomas conviene indovinare in fretta!- sussurrò J.C. attaccato alla porta, ma i secondi scorrevano e nessuno diceva nulla.
Non si sentiva nemmeno un rumore.
-Adesso apro- J.C. stava per afferrare la maniglia ma Payson lo afferrò per il polso: -Eh dai J.C.! Non sarai mica geloso di tuo cugino?-
In quel momento Thomas aprì la porta: -Marina- disse solamente, togliendosi poi la benda.
-Mi hai toccato una tetta!- sbraitò a quel punto la bionda.
-Ma cosa dici? Non è vero!- si impanicò subito Thomas.
-Non fare il finto tonto!- dal tono si capiva che non era realmente infastidita.
Payson diede una scherzosa pacca sulle spalle a J.C. come per intimargli di rimanere calmo e lui sorridendo in modo assai inquietante si rivolse a Thomas: -Ci vediamo fuori- prima di scendere nuovamente al piano di sotto. Gli altri risero.
La coppia successiva furono Noelle e James.
Lei disse il suo nome dopo circa 20 secondi e non volli sapere cosa avesse fatto lui per farsi riconoscere. Avevo seriamente sperato di finirci io con lui ma con Taisse sarebbe stato peggio.
La terza ragazza scelta fui proprio io, nonostante avessi suggerito di rimandare Noelle.
Appena entrai nel ripostiglio inciampai in qualcosa che poi capii essere una sedia. Mi sedetti e aspettai che l'altra persona facesse lo stesso.
Ne erano rimasti quattro ma dovevo prenderli in considerazione tutti e sei perchè per imbrogliarmi avrebbero potuto rimettere Thomas o James, anche se c'era poca probabilità, soprattutto per James dato che aveva fatto il turno precedente.
C'erano il silenzio e il buio più totali.
La benda era talmente stretta che non riuscii a sbirciare nemmeno un po'.
Il ragazzo non accennava a muoversi.
Perchè non faceva nulla?
Sperai solo non fosse Christian.
In quello sgabuzzino mi avrebbe sicuramente uccisa.
Avrei dovuto fare la prima mossa? Non era da me.
Sussultai quando mi sentii toccare il braccio. Quella mano calda mi provocò dei brividi in tutto il corpo e poi salì piano piano fino ad arrivare alla spallina del mio reggiseno, che tirò leggermente e poi lasciò andare.
Cosa stava facendo? Non riuscivo più a muovermi. E se davvero fosse stato James?
La sue dita mi sforarono il collo come una lama intenzionata a tagliarmi, lasciò strisciare la mano lungo le mie clavicole fino a sfiorarmi il seno.
Era Christian.
Solamente lui avrebbe fatto una cosa del genere.
Probabilmente aveva capito chi fossi fin dall'inizio e stava giocando con me.
Perchè non diceva il mio nome?
Mi decisi ad allungare un braccio toccandogli il ciuffo, in modo da dare una certezza al mio intuito. Lui si scostò emettendo un'impercettibile risata.
Mi ricordai solamente in quel momento del tempo che scorreva in quel cronometro fuori dalla porta.
Avrei dovuto semplicemente pronunciare il suo nome ma qualcosa me lo impediva.
Quella parte stupida e completamente irrazionale di me fu spazzata via in breve tempo dalla consapevolezza che fuori da quella porta c'era James.
E Nathan.
Stavo per sussurrare il suo nome quando sentii il suo fiato vicino al mio orecchio sinistro. Sapeva di fumo e di menta.
Quando si era avvicinato così tanto??
Sapevo che stava sorridendo, consapevole di avermi colta di sorpresa.
-Aria!- urlò lui ritraendosi improvvisamente.
Qualcuno che in quel momento non riuscii a collegare chi fosse aprì la porta ed esclamò: -Ragazzi non indovinerete mai il tempo che avete raggiunto!-
-59 secondi?- chiese ironicamente Christian.
-Si... Esatto...- Payson rimase un po' sorpresa, e anche io.
Un solo secondo e avrei baciato Chris Anderson.
Scacciai in fretta quel pensiero.
Quando Noelle mi chiese maliziosa cosa fosse successo sbuffai e sorrisi, fingendo che fosse accaduto qualcosa ma che non volessi dirlo. Tutto ciò per osservare la reazione di James, che mi accorsi non stare nemmeno prestando attenzione a me ed essere quasi già arrivato in fondo alle scale.
Gli unici che si baciarono davvero quella sera furono Payson ed Elliot. Lui aveva fatto già un turno quindi probabilmente Payson fu ingannata da quello.
Verso le quattro e mezza cominciammo ad essere stanchi così posizionammo i nostri sacchi a pelo, portati lì nel pomeriggio, sparsi un po' per tutto il secondo piano. Passò mezz'ora prima che tutti tacquero.
Continuavo a ripensare a ciò che era accaduto in quello sgabuzzino: Christian non mi aveva toccata in quel modo per capire chi fossi, questo era ovvio. La sua ragione era un'altra, forse per mettermi in soggezione. O forse semplicemente perchè era fatto.
Mi addormentai con questi pensieri anche se, nel cuore della notte, come spesso mi capitava quando non dormivo nel mio letto, mi svegliai di soprassalto, consapevole di aver avuto un incubo. Non ricordavo cosa riguardasse però sentivo ancora la percezione dell'ansia di quel sogno.
Clover dormiva dalla grossa accanto a me.
Mi mossi lentamente nel sacco a pelo, lo detestavo perchè mi dava un'orribile sensazione di claustrofobia, e decisi di alzarmi.
Qualcuno stava parlottando nel sonno e riconobbi la voce acuta e sottile di Christian.
Rimasi immobile per ascoltare cosa diceva ma farfugliava troppo e non si capiva.
Quel ragazzo diventava sempre più strano ed inquietante.
Camminai il più silenziosamente possibile per non svegliare nessuno e mi diressi verso il bagno.
Dopo aver svuotato la vescica, essermi lavata la faccia e aver messo di nuovo le mie lenti a contatto appoggiai le mani al lavandino e mi fissai allo specchio.
Ero carina. O almeno questo fu quello che pensai in quel momento.
C'erano giorni in cui mi convincevo di poter conquistare James e giorni in cui invece venivo presa dallo sconforto; decisi che in quei momenti avrei potuto chiamare Chandler a risollevare la mia autostima... Sempre che fossimo rimasti amici...
In effetti a quella sua ultima affermazione non avevo risposto molto bene, troppo occupata a sorridere di fronte al messaggio di James. Ero stata maleducata, ma più che altro l'avevo ferito. Non potei nemmeno immaginare come avrei reagito se James mi avesse detto in faccia che gli piaceva un'altra per poi comportarsi così.
Mentre uscivo dal bagno mi venne in mente che potevo provare a fare una cosa in quella casa. Tentennai per circa un minuto poi divenni consapevole fosse un'occasione troppo succulenta per lasciarsela scappare.
Scesi le scale e mi avvicinai al tavolino accanto alla finestra, premetti il tasto "on" del computer portatile e aspettai sperando non emettesse alcun suono.
Nel frattempo andai in cucina e riempii un bicchiere d'acqua, avendo così una scusa per essere scesa.
'Inserire password'
Cazzo. Ovviamente.
Mi chinai leggermente appoggiandomi al tavolino  pensando per un solo istante di tentare una password ma rinunciai pressochè subito.
Ormai ero amica di Nathan e volevo aiutarlo ma questo misero tentativo si era rivelato fallimentare.
Mi distrassi completamente a fissare lo schermo che non mi accorsi nemmeno che ci fosse qualcuno alle mie spalle.
-Ma cosa stai facendo?- sentii sussurrare.

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Capitolo 21
*** Capitolo 20 ***


Non mi voltai. Dalla voce avevo capito chi fosse.
Non sapevo assolutamente cosa fare.
-Mi serve la connessione...-
Taïsse si avvicino alla finestra accanto al tavolino e mi guardò. Ormai era l'alba.
Aspettava che io proseguissi a spiegare.
Ma in quel preciso momento, non so per quale assurda ragione, la guardai negli occhi e optai per la verità, decisi di fidarmi.
Le raccontai che cercavo una foto, una foto scattata durante il gioco.
Tentennai sul rivelare a chi fosse stata scattata ma lei mi anticipò sul nome dei soggetti.
Le voci, come avevo immaginato, si spargevano piuttosto in fretta in quel gruppo e questa era sicuramente opera di James.
Anche lui riponeva fiducia in lei.
-Ti ringrazio per essere stata sincera- mi disse alla fine del mio discorso. Dopo averlo spento ci eravamo spostate dal computer e sedute sul divano.
-Lo sapevi già quindi?-
Annuì confidando di averlo estorto a James quando si era accorta che qualcosa non andava.
I suoi sospetti ricadevano sulle stesse persone pensate da me e Clover.
-E così lo fai per aiutare Nathan...- buttò lì dopo un attimo di silenzio bevendo dal mio bicchiere.
-Certo!- ma non mi venne in mente altro da aggiungere. Ovviamente era per Nathan, ma una parte piccola di me era cosciente che trovare la foto e confermare chi fosse stato mi avrebbe fatto apparire per così dire molto "sveglia" agli occhi di James. Aiutare il suo migliore amico mi avrebbe di certo fatto guadagnare punti.
E ci potevo aggiungere anche un pizzico di curiosità.
Lei annuì solamente e scosse la testa, prima di alzarsi e tornare al piano di sopra senza aggiungere altro.

-Allora ricapitoliamo. Taïsse sapeva della foto?- Noelle sembrava non capirci più niente. -E se fosse stata lei a scattarla e poi l'avesse passata a Marina?-
-In effetti lei come fa a sapere di Chris e Nathan?- osservò Clover mentre cenavamo a casa sua sedute sul divano mentre alla tv scorrevano le immagini di un film: nessuna lo stava realmente seguendo poichè troppo impegnate a fare congetture tra noi.
I suoi genitori erano fuori con amici quindi potevamo parlare tranquillamente.
-O l'ha capito da sola oppure è stato James. Ma non so cosa realmente lei sappia- stavo per aggiungere l'esempio della fattoria ma all'ultimo mi fermai.
-Sveglia! È un doppio gioco- urlò Noelle.
Pensava sempre di aver capito tutto prima degli altri ma il 90% delle volte non era così.
Io e Clover eravamo quasi certe che Taïsse non c'entrasse niente, sapeva quel che sapeva perchè aveva un buon intuito oppure perchè lo aveva estrapolato da James, un po’ come noi.
-Ah Aria mi stavo dimenticando di dirtelo: ieri sera ho detto a Marina e agli altri che domani sera potete venire alla tavola calda dopo cena per vedere una partita a cui ho capito che i ragazzi tengono molto- saltò su dopo un po' Noelle.
-Scusa quando l'avresti detto?-
-Mentre eri dentro allo sgabuzzino con Christian- mi rispose Clover.
-Ah, cos'è l'hai fatto apposta?- chiesi scherzando.
-Ma va è stato un caso- Noelle si alzò di scatto ridendo rovesciando tutti i cartoni delle pizze.
Io e Clover alzammo gli occhi al cielo ridendo.

La sera successiva cambiò ogni cosa.
Quel giorno capii definitivamente che i segreti e i rancori di quel gruppo che avevo da poco conosciuto erano molto più radicati di quanto io allora potessi immaginare. Eravamo seduti al Kristal da circa mezz'ora.
Il nome era stato scelto dal capo di Noelle, un uomo sulla cinquantina tutto barba e baffi a cui nessuno pensava sarebbe venuto in mente un nome così raffinato.
Erano le 22:30 ma tutti i clienti se ne erano già andati da un pezzo dato che al giovedì il locale apriva solo mezza giornata.
Tutti avevamo gli occhi incollati alla televisione per la partita Manchester-Leicester.
Nessuno fiatava perchè troppo presi dal match. La piccola e vecchia tv a scatola era appesa in un angolo del locale e a me stava venendo il torcicollo a forza di tenere la testa sollevata, ma ammisi che il calcio fosse uno sport parecchio coinvolgente, anche se allo stadio era tutta un'altra storia.
Al secondo gol per il Leicester J.C. si alzò ribaltando la sedia e tirando un pugno sul tavolo. Si allontanò in fondo al locale, dove la luce scarseggiava, mentre Noelle lo seguiva indiscretamente con lo sguardo come per controllare che non gli sfasciasse il locale.
Mi resi conto di non essere l'unica che si stava trattenendo dal ridere: che reazioni esagerate che aveva. Christian ed Elliot avevano imprecato mentre Thomas aveva continuato a seguire concentrato, non perdendo la speranza.
-Me ne dai un altro?- James si dondolò all'indietro sulla sedia supplicando Noelle facendo il labbruccio e gli occhi da cucciolo indicando i pacchetti di patatine esposti sulla mensola dietro al bancone.
-Porca miseria è il terzo sacchetto!- anche se sbuffando Noelle glielo porse e lui tutto contento tornò a guardare la tv.
Mangiava per quattro persone, mi chiesi come facesse ad essere così magro.
-Come hai fatto a convincere il tuo capo a farci venire qua per vedere la partita?- le domandò Payson sedendosi su uno degli sgarbelli di fronte a lei.
-Non lo sa, gli ho detto che dovevo finire di sistemare delle cose, che tra l'altro è vero, e che ci avrei pensato io a chiudere il locale stasera-
In effetti era alquanto indaffarata a sistemare tazze, tazzine, posate dietro al bancone da lavoro.
-Come mai non siete andati a vederla allo stadio?- domandai io.
-Troppo lontano- mi rispose in fretta Elliot.
-Ma la prossima non ci scappa vero?- chiese Taïsse agli altri e tutti annuirono.
Sembrava l'unica ragazza realmente interessata alla vittoria del Manchester.
-Se giocasse decentemente ci andremmo!- commentò acidamente Chris.
-Ci prepari qualche drink Noelle?- biascicò Marina mentre si sedeva a cavalcioni su J.C.; tra un bacio e l'altro gli sussurrava di non incazzarsi così tanto per una stupida partita, gli accarezzava i capelli sbattendo le lunghe ciglia ricoperte di mascara.
Thomas, che era proprio di fianco a loro, li guardò con aria abbastanza disgustata mentre Christian li fissava con uno sguardo pieno d'odio.
-Certo, come li volete?- chiese Noelle cominciando a prendere l'occorrente.
-Boh come ti pare, non è importante-
-Per me il solito lo sai- mi sedetti accanto a Payson su uno degli sgabelli davanti al bancone.
Nessuno fece ulteriori pretese, sempre troppo concentrati sulla televisione, così Noelle cominciò a mischiare vari liquori ed altre bottiglie fino a creare un miscuglio che assunse uno strano colorito bluastro.
-Ti do una mano- si offrì Nathan, il quale era uno dei pochi che forse riusciva a staccarsi dallo schermo. Anche Payson andò dietro al bancone per aiutare.
La partita stava procedendo così monotona che perfino Elliot si distrasse e guardare il cellulare mentre Thomas, sempre più disgustato dal fatto che J.C. stesse toccando Marina sotto al vestito davanti a lui, chiese dove fosse il bagno, in modo da staccarsi da quella visuale.
Dato che i drink da preparare erano tanti, gli improvvisati baristi decisero di fare una specie di catena per alternarsi i compiti, scegliendo accuratamente le cannucce e ricordando chi voleva anche lo spicchio di frutta e chi no.
Mi offrii di portare i cocktail sul tavolo intorno al quale erano tutti seduti e poi tornai al mio posto per sorseggiare il mio Tom Collins. Noelle era davvero brava, ci sapeva fare; stava imparando a fare la bartender e le riusciva piuttosto bene.
-Oh mio dio ma quello è Damon?- praticamente urlai addosso a Taïsse quando l'occhio mi cadde sul blocco schermo del suo cellulare.
Lei rise: -L'unico e solo- mi rispose afferrando un drink a caso dal tavolo.
Ormai avevo capito che avevamo gli stessi gusti.
Marina in quel momento si alzò dalle gambe del suo ragazzo e vidi J.C. approfittare di quell'attimo di respiro per avvicinarsi anche lui al tavolo, lanciare una veloce occhiata ai drink per poi prendere quello più vicino a lui, storcere il naso e bere.
-Fa schifo questa roba- commentò Elliot allontanando da se il bicchiere facendolo scorrere sul tavolo.
-Grazie eh- replicò Noelle ma lui le lanciò un sorriso divertito.
-Quanto cavolo è bello quel telefilm- intervenne Clover riprendendo la conversazione tra me e Taïsse. Era la prima frase che le rivolgeva dopo il gioco in montagna, ovviamente sotto la mia insistenza di provare a passare oltre.
-Assolutamente!- cominciammo a ricordare i momenti clou della serie.
Mentre Clover ripercorreva il finale della terza stagione la rossa sorrise ascoltando e portò il suo bicchiere alla bocca dando una lunga sorsata.
Non appena l'ebbe deglutito cominciò a tossire e diventare sempre più bordeaux.
-Ehi! Ti è andato di traverso?- io e Clover fummo le prime ad accorgersi che qualcosa non andava.
Lei si alzò di scatto sbattendo il bicchiere di vetro sul bancone quasi rompendolo e capimmo che non riusciva più a respirare.
-Ragazzi!- richiamai l'attenzione degli altri e James accorse subito mollando le patatine sul tavolo e ribaltando il suo bicchiere per terra, sparpagliando sia il contenuto che la cannuccia blu sul pavimento, per tirarle delle pacche sulla schiena che sembravano non sortire alcun effetto, anche perchè comunque era un liquido. Vedere James così serio e preoccupato mi fece una strana impressione. Ero abituata a vederlo sempre allegro (tralasciando quando mi aveva "rapita") e fu proprio la sua espressione ad aumentare a dismisura la mia ansia.
Nathan sembrava stesse per svenire mentre Noelle si affondava le mani nei capelli.
Tutti presi dal panico si alzarono e corsero accanto a lei cercando di capire cosa avesse.
-Taïsse ce la fai a respirare?- le urlò Marina disperata prendendole il viso con le mani in modo che la guardasse, ma lei continuava a rimanere piegata non riuscendo a rispondere.
-Chiamate una cazzo di ambulanza!!-
-Statele lontano che deve avere aria!- Noelle cercò di fare spazio allontanando gli altri con scarsi risultati.
-Che diavolo succede?- chiese Thomas uscendo dal bagno in quel momento.
-Portiamola fuori!- urlò qualcuno.
Rimasi per un attimo bloccata, come se osservassi scene a rallentatore.
-Ehi stai calma Aria, che cosa è successo?- Thomas tentò invano di tranquillizzarmi battendomi leggermente la mano sulla schiena.
Fu uno di quei momenti che avvengono troppo in fretta e non ti rendi conto di tutto ciò che accade.
Nella mia memoria quella scena è abbastanza annebbiata proprio perchè non riuscivo a concentrarmi. Il fatto che avesse avuto una reazione così istantanea e grave non prometteva nulla di buono.
Sentivo da fuori le grida degli altri e Taïsse che vomitava. Speravo solo che in quel modo espellesse la sostanza che aveva ingerito.
Che si trovava nel bicchiere.
Finalmente mi riscossi riuscendo ad articolare qualcosa: -Non lo so... Stavamo parlando, appena ha bevuto è stata male-
-Da dove ha bevuto?- domandò Thomas.
Gli indicai il bicchiere sul bancone accanto al mio.
Lo afferrò e velocemente si diresse fuori dal locale buttando in mezzo ai cespugli la cannuccia e il suo contenuto.
Faceva piuttosto freddo e rabbrividii al contatto con l'umidità della sera.
Taïsse era inginocchiata sull'erba appena fuori dal locale e piangeva cercando, con grandissimo sforzo, di respirare, come le stavano consigliando tutti gli altri. Aveva gli occhi rossi di pianto ed era terrorizzata.
Ogni tanto aveva conati di vomito e James le teneva indietro i capelli in modo che non si sporcassero.
Non lo vidi mai così spaventato come quella notte.
In quel momento completamente inopportuno fui gelosa.
Fu inevitabile: non potevo scappare da ciò che si era insidiato nella mia mente.
Quella gelosia perenne per quel ragazzo stava dando fastidio perfino a me, ma non riuscivo a sbarazzarmene. Mi spaventava la consapevolezza di non poter gestire me stessa.
-Va meglio?- chiesi alle altre avvicinandomi.
Clover stava per piangere dall'ansia mentre Noelle era super agitata e continuava a tormentarsi i capelli: il fatto che tutto ciò fosse avvenuto nel locale dove lavorava non aiutava di certo.
-Non lo so... Elliot ha chiamato un'ambulanza. Ha detto che arriveranno in fretta- quando era agitata Noelle parlava molto velocemente, infatti faticammo parecchio a capire cosa stesse dicendo ma lei si allontanò subito avvicinandosi agli altri.
-Aria...- Clover mi lanciò un sguardo veramente preoccupato.
-Sì, lo so- le risposi intuendo cosa volesse dirmi.
A parte io che avevo fatto un'esplicita richiesta, Noelle aveva preparato dei cocktail tutti uguali ma solamente Taïsse aveva reagito così. E comunque quella bottiglia Noelle la utilizzava spesso con i clienti e quindi non poteva esserci nulla di sospetto al suo interno.
A meno che non avesse una grave allergia e che quindi non avesse mai bevuto quella sostanza in vita sua (cosa strana conoscendola), c'era un qualche psicopatico proprio in quel giardino in quel momento.
-Siete dei pazzi!- urlò in quel momento Taïsse. Tutti si fermarono immobili e io mi voltai di scatto verso di lei, sollevata dal fatto che almeno parlasse.
-Chi cazzo mi ha avvelenato?!- continuava a piangere mentre James la sorreggeva.
Nessuno aprì bocca.
-Siete dei pazzi...- si fermò per vomitare un'altra volta, proprio mentre sentimmo il rumore dell'ambulanza arrivare.
La caricarono in barella e permisero a Marina di andare con lei in ospedale in seguito alle sue strazianti suppliche.

Non chiusi occhio quella notte, com'è facile presumere. Ai miei genitori raccontai solamente che una ragazza si era sentita male e che l'avevano portata in ospedale. Marina, dopo l'una di notte, aveva sparso la voce che le conseguenze di Taïsse non si sarebbero dovute rivelare gravi ma che comunque doveva rimanere dentro per sicurezza. Aggiunse che la sostanza che le aveva causato quei sintomi, rinvenuta nel suo organismo dopo accurati esami, era coniina, una sorta di veleno.
Qualcuno glielo aveva messo nel bicchiere.
E forse non solo nel suo.
Ripercorsi mentalmente le ore appena trascorse cercando anche un minimo dettaglio su chi potesse aver compiuto un gesto simile ma non mi venne in mente nulla.

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Capitolo 22
*** Capitolo 21 ***


Era inutile rimanere sul letto a rimuginare: dovevo tornare nel luogo della sera precedente.
Era piuttosto presto, penso fossero le sette di mattina e il locale era ancora chiuso.
Noelle però aveva da poco ottenuto la copia di chiavi così contattai lei e Clover e velocemente raggiungemmo il posto di lavoro della mia amica.
Appena arrivate Noelle girò il cartello sulla porta principale nel verso dove avvertiva che il negozio fosse chiuso.
Appena entrai capii che ormai era un luogo macchiato da un qualcosa di misterioso e che non l'avrei più rivisto con gli stessi occhi.
Nessuno in realtà aveva ben chiaro cosa fosse successo.
Era ovvio che qualcuno aveva fatto un orribile scherzo a quella ragazza ma il fatto che nessuno avesse più detto nulla durante la notte e la mattinata, se non Marina per darci notizie, mi fece preoccupare ancora di più.
Naturalmente nessuno aveva avuto il coraggio di ammettere la sua colpa, sempre nel caso si fosse pentito nel vederla stare così male.
-Idee?- chiese semplicemente Clover mentre l'aiutavo a sistemare le sedie lasciate in confusione intorno al tavolo.
-Io no. Sbrighiamoci a sistemare tutto prima che arrivino dei clienti- affermò Noelle rimettendo i bicchieri al loro posto. Era molto nervosa riguardo alla possibilità che il suo capo venisse a conoscenza di ciò che era accaduto.
Poche ore prima eravamo talmente scossi che nessuno si era preoccupato di sistemare il locale, così ci pensammo noi.
-Pensaci bene. Non hai visto nessuno fare gesti sospetti o trafficare con un bicchiere?- le domandai.
-No, non ho visto niente del genere e ci ho pensato bene stanotte. Quella bottiglia l'avevo servita ai clienti fino a poche ore prima cazzo! Non capisco come sia possibile- aveva l'aria di aver davvero passato la notte in bianco.
-Taïsse è a conoscenza di Nathan e Chris e anche della foto, forse qualcuno non gradisce questa cosa...- provò Clover.
-Praticamente tutti lo sanno! Ad ogni modo non c'era nessuno quando ne abbiamo parlato, a meno che Marina non abbia delle cimici in salotto- mi venne qualche dubbio su quella affermazione ma decisi di scacciarla dalla mia testa.
-Come si poteva sapere che Taïsse avrebbe preso quel bicchiere?- domandò Clover sedendosi su una sedia, appoggiando la testa su una mano cercando di riflettere. Io la imitai.
-Di quelli appoggiati sul tavolo era il più vicino a lei, probabilmente era ovvio prendesse quello però non so...Chi è che ancora non aveva bevuto?-
-Boh... Sicuramente Thomas perchè era in bagno... Poi ricordo anche Marina e te, Noelle- Clover alzò gli occhi dal tavolo per un momento.
-Certo che non ho bevuto! Stavo finendo di preparare i vostri drink!- Noelle scattò sulla difensiva un po' troppo velocemente, agitandosi subito e cominciando a raccogliersi i capelli per poi slegarli un attimo dopo.
-No, avevi già finito, stavi mettendo gli spicchi di frutta nel frigo- la mia era stata una semplice constatazione, chiaramente non stavo insinuando niente ma la mia amica fu di un'altra opinione: -E con questo cosa vuoi dire? Che sono stata io?- sbattè lo straccio che aveva in mano nel lavandino senza una reale motivazione e incrociò le braccia al petto mandando lampi con gli occhi.
-Ma che stai dicendo? Non mi è neanche passato per l'anticamera del cervello!-
-Secondo voi sarei stata così stupida da prepararli io e di metterci io stessa del veleno?- aspettò infuriata per un secondo una nostra reazione ma io e Clover rimanemmo ammutolite.
-Proprio voi due che dite di odiare Taïsse puntate il dito subito contro qualcun altro senza nemmeno pensare che può essere stato che so… magari un incidente! - proseguì di nuovo dopo pochi istanti.
Stavo per risponderle che un incidente era una cosa assurda da pensare e che doveva calmarsi, quando lei urlò qualcosa che non compresi e uscì sbattendo la porta e prendendo la macchina, lasciandoci da sole nel locale.
Io la inseguii in giardino tentando di fermarla, ma con una sgommata lei era già partita.
Sentii Clover urlarmi di lasciarla andare ma io fui distratta da un ricordo che mi era balenato in testa non appena avevo varcato la porta: io che uscivo in giardino guardandomi intorno nel buio scorgendo le facce disperate dei ragazzi e poi sulla mia destra Thomas, che buttava il liquido del bicchiere di Taïsse e la cannuccia in mezzo ai cespugli.
Mi destai da quella specie di dejà-vu e frugai ovunque, infilandomi anche in mezzo alle piante, ma non trovai nulla.
Non ero certa della posizione in cui fosse caduta la cannuccia perchè ricordo che fosse scura e nel buio della notte l'avevo subito persa di vista ma ero certa che in quel momento non si trovasse più lì.
Com'era possibile? Qualcuno l'aveva presa.
Spalancai la porta facendo sobbalzare Clover.
-Le stanno passando sotto banco la roba che si fumano loro- commentò ironicamente alludendo a Noelle.
-È un po' avariata però la sua qualità- scherzai, giusto per sdrammatizzare leggermente la situazione assurda.
-Dov'è il bicchiere?- le chiesi sperando invano lo sapesse.
-Quello di Taïsse? Ehm... non lo so-
-Sono certa che Thomas ieri sera l'abbia appoggiato sul tavolo dopo averlo svuotato in giardino- riflettei ad alta voce.
-Noelle l'avrà già rimesso via-
-Probabile-
-Non so Aria, che casino- disse prendendosi nuovamente la testa tra le mani.
Avevamo sbagliato ad immischiarci, avevamo sbagliato a seguirli in quella città sperduta e fui davvero grata a Clover del fatto che non mi rimproverò con il classico "te l'avevo detto".
Lei non era mai stata d'accordo in tutto questo, da sempre aveva semi-taciuto il suo pessimo presentimento riguardo i nostri nuovi amici ma io e Noelle, prese dall'entusiasmo, l'avevamo ignorata.
Tuttavia loro non sapevano cosa più mi stesse tormentando: io sapevo più di loro, io ero stata in quella fattoria e adesso ero abbastanza terrorizzata dal fatto che qualcuno potesse fare una cosa simile anche a me.
Notai solo in quel momento che mi ero incantata da un po' a fissare il vetro del mobile degli alcolici, alzai la testa e mettendo a fuoco vidi il mio riflesso spaventato.
-Torniamo a casa adesso- e con passo deciso imboccai l'uscita.
Noelle si era portata con se le chiavi perciò lasciai la porta accostata e ci dirigemmo verso casa a piedi cercando di dare una spiegazione logica al comportamento della nostra amica.
Ma una spiegazione non c'era.
Aveva frainteso la mia frase e si era arrabbiata per nulla: non l'avrei mai accusata di niente di simile.
Da occhi esterni Noelle sarebbe potuta apparire la principale sospettata dato che lei stessa aveva preparato i drink, ma l’avevo esclusa a priori perchè sapevo che non avrebbe avuto motivo di farlo e che non era assolutamente quel genere di persona.
Mi fermai continuando a far lavorare il cervello.
Clover si voltò a guardarmi: -Ti prego dimmi che ti è venuta un'illuminazione geniale-
-No, ho solo ricordato che è stata Marina a chiedere per prima qualcosa da bere-
-Va beh Aria era ovvio che prima o poi avremmo bevuto qualcosa ieri sera-
-Mmm... sì, hai ragione. E poi non li ha nemmeno toccati i bicchieri-
-Già... Cavolo Aria... Noi due eravamo sedute davanti a quel maledetto bancone e non ci siamo accorte di nulla!- sapevo che si stava rimproverando da sola, anche se non ne aveva motivo. In realtà lo stavo facendo anche io. Come avevamo potuto non accorgerci di niente? Quando non ti aspetti qualcosa non presti molta attenzione a ciò che accade intorno a te.
Ma la cosa che davvero non riuscivo a comprendere era come fosse possibile che qualcuno sapesse che Taïsse avrebbe preso proprio quel bicchiere.
Ricordavo chiaramente che si era alzata e che ne aveva afferrato uno a caso dal tavolo, prima di tornare al bancone per ascoltare Clover.
E se ci fosse stato un pazzo lì in mezzo a cui non importava chi avrebbe colpito?
Decisi che per quel giorno non ci avrei più pensato ma la doccia che feci dieci minuti dopo mandò a monte i miei piani.
La cosa migliore da fare era uscire e distrarsi, così quella sera andai in pizzeria con Jane, Sarah e Beth ed effettivamente mi divertii parecchio. Non facemmo nulla di così entusiasmante, ma fu piacevole trascorrere qualche ora con la mente lontana dai miei strani misteri.
Il problema fu quando rientrai a casa verso la mezzanotte e tutta la certezza di star cominciando ad avere una vita troppo incasinata per i miei gusti mi piombò addosso come un macigno.
Ero da sempre stata un'amante delle cose facili, della comodità. Quando una situazione tendeva a complicarsi mi convincevo che non era fatta per me.
Mi resi conto però che stavolta ero troppo in mezzo alla complicazione, per causa mia o indirettamente ne facevo parte anche io e dovevo cercare di risolvere tutto al meglio che potevo.
La mattina decisi di telefonare a Taïsse.
Volevo solamente accertarmi stesse bene: non avevo infatti più ricevuto notizie da Marina come da nessun altro. Sembravano tutti essersi volatilizzati e cominciai a sospettare che alcuni si stessero coprendo le spalle a vicenda.
Non mi rispose ma dopo circa venti minuti mi richiamò.
-Aria sto bene, se era questo che volevi sapere- fu la prima cosa che mi sentii dire e io rimasi un po' interdetta a rispondere: -Ehm... sì, ti ho chiamata per questo. Sei ancora in ospedale?-
-No, mi hanno dimessa ieri pomeriggio ma ovviamente hanno dovuto avvertire i miei genitori che avevo del veleno nel corpo, sai com'è... e hanno voluto che la polizia ispezionasse quello stupido bar-
-Davvero? La polizia è andata al Kristal?-
-Sì... Noelle non ti ha detto niente?-
-No no certo che me l'ha detto, mi ero dimenticata-
-Certo... spero riusciate a risolvere i vostri casini. Oh Aria quasi dimenticavo... dato che ti piace tanto investigare, cerca di scoprire chi è il deficiente che si è divertito a farmi questo- parecchio sarcasmo impregnava il suo tono.
-Vedrò cosa posso fare-
-Brava. Ciao Aria-
Salutai e riagganciai alquanto stupita.
La chiamata successiva fu diretta a Noelle: non era stata licenziata ma fu interrogata e accusata dalla polizia di aver toccato e lavato tutto ciò che era riconducibile a costituire delle prove di due sere prima. Senza però la denuncia da parte della famiglia, e senza informazioni dall'ospedale, nella quale Taïsse era arrivata con ormai poca quantità di sostanza in corpo e con sintomi non troppo gravi, non avevano potuto (o voluto) fare perquisizioni e investigare oltre.
Per ottenere queste informazioni ricevetti solo risposte chiaramente seccate e concise ma non avevo assolutamente l'intenzione di discutere con lei al telefono. Anzi, aspettavo le sue scuse.
Nel frattempo dovevo sistemare la situazione con Chandler. Dovevo rimediare con quel ragazzo che ormai le stava tentando tutte per avvicinarsi a me, sottovalutando la possibilità di star diventando troppo invadente.
Mi aveva telefonato in quei giorni. Due volte.
E io avevo sempre non risposto. Mi convinsi di essere arrabbiata ma la verità era che non sapevo cosa dirgli, come scusarmi.
Quello stesso pomeriggio lo chiamai e ammetto che mi stupii non poco quando sentii la sua voce all'altro capo del telefono: avrebbe avuto buone ragioni per ignorarmi. Ero stata una stronza.
La prima cosa che mi uscì di bocca fu uno scusa sussurrato, quasi remissivo, e questo non era affatto da me.
-Ce ne hai messo di tempo eh- mi rispose istantaneamente. Quella era una delle ultime frasi con cui mi aspettavo attaccasse, ma in fondo ammetto che mi scappò un sorriso di fronte alla sua sempre impertinente faccia tosta.
Finii per raccontargli tutto. Tutto ciò che era successo al Kristal e dei miei inquietanti sospetti. Passai un'ora intera a blaterare cose che probabilmente per lui non avevano nemmeno senso ma non sembrò stancarsi e di questo gliene fui grata.
Quando finalmente riattaccai mi resi conto che non era servito solamente come valvola di sfogo ma mi ero anche divertita a parlare con lui, era stato piacevole. Se non altro capiva il mio sarcasmo.
Sì, pensai che potessimo diventare amici.
Ma questo a lui non lo dissi.

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Capitolo 23
*** Capitolo 22 ***


Fin da quando li vidi entrare nel solito bar sotto casa capii che non avrebbero portato nulla di buono.
Tuttavia uno di loro era James Hall perciò non mi mossi dal tavolo.
Erano passati cinque giorni dall'ultima volta in cui ci eravamo visti quella fatidica sera al Kristal.
Clover smise di parlare e mi guardò costringendomi con lo sguardo ad ammettere che non avremmo dovuto avere ulteriormente a che fare con loro.
Ormai la sua teoria era diventata che fossero tutti colpevoli perchè era sicura si stessero proteggendo a vicenda, come avevo ipotizzato io inizialmente per poi in seguito cambiare versione.
E James non c'entrava nulla in questa mia decisione. Cioè... poco. Ok, ero fermamente convinta che lui non c'entrasse niente, era troppo preoccupato quella sera per star fingendo.
-Ehi ciao- il ragazzo biondo si fermò a pochi centimetri dal nostro tavolo dondolandosi sui talloni mentre teneva le mani in tasca.
Questo suo lato impacciato era forse quello che mi piaceva di meno.
Anche Thomas sembrava alquanto imbarazzato, tanto da guardarsi intorno in continuazione pur di non tenere gli occhi su di noi.
Clover sorrise solamente mentre io ricambiai il saluto con più entusiasmo: -Ehi- cercai di mostrarmi felice di vederli, e in parte lo ero, ma mi uscì comunque un tono piuttosto desolante.
I due ragazzi si scambiarono una veloce occhiata, Thomas alzò le sopracciglia e fece un cenno con il capo invitando James a sputare il rospo.
Fui contenta di scoprire che era stata una sua idea il voler coinvolgerci nuovamente, meno contenta fui per la parte del coinvolgimento stesso.
-Ragazze vi possiamo parlare? Uscite a fare un giro con noi?-
Mi alzai non dando nemmeno il tempo a Clover di rifiutare e pagai il conto.
Sperai che quello stupido barista si muovesse perchè la curiosità di sapere quello che ci avrebbero detto mi stava divorando: sicuramente avevano qualche novità riguardo la serata al Kristal.
Appena fummo fuori dal bar aspettai fissandoli che dicessero qualcosa.
-Noelle?- fu tutto ciò con cui ruppe il ghiaccio Thomas.
-Penso che... cioè… abbiamo litigato- confessai incamminandomi lungo il marciapiede, senza una precisa meta.
-No, ehm... andiamo da questa parte- mi fermò James indicandomi la direzione opposta.
-Perchè?- stavo per ricordagli che l'ultima volta che l'avevo visto così agitato mi aveva praticamente sequestrata, ma tenni la bocca chiusa solamente grazie alle troppe orecchie che erano in ascolto in quel momento.
-Perchè... così sono più vicino a casa...- balbettò.
Gli lanciai un'occhiata in cui capì benissimo che gli stavo dicendo che non ero stupida e che sapevo perfettamente ci fosse qualcosa sotto, ma tornai indietro e proseguii per la strada indicata.
-In che senso pensate di aver litigato con lei?- proseguì James, continuando a sviare il motivo della nostra riunita.
-È complicato, lasciamo perdere. Cosa dovete dirci?- tagliò corto la mia amica e gliene fui davvero grata.
In realtà con Noelle non era così complicato. Probabilmente sarebbe bastato che ci scusassimo a vicenda ma il problema era che entrambe eravamo terribilmente orgogliose e sapevo che nessuna avrebbe fatto la prima mossa. E io e Clover, da brave amiche stronze, non l'avevamo chiamata con noi quella mattina a fare colazione. Gesto decisamente da immature, sostenuto solamente dal detto "l'unione fa la forza".
-Payson è sparita- buttò fuori Thomas.
Mi fermai istintivamente perchè tra tutte le assurdità che mi sarei aspettata di sentire da quei due, questa era davvero l'ultima.
Probabilmente se mi fosse stato dato uno specchio in quel momento mi sarei vista con la bocca spalancata e l'espressione di chi non ha capito nulla. Insomma, la stessa della mia amica in pratica.
Nessuna delle due aprì bocca ma i nostri sguardi erano avidi di spiegazioni così Thomas proseguì: -J.C. mi ha detto questo, che non la trovano più-
-E i genitori? I parenti?- chiese Clover in super confusione.
-Non so nulla, solamente questo-
-E ce l'avete detto perchè...?- insistette Clover.
La mia mente invece stava correndo da tutta altra parte.
Sensi di colpa eh. Quella stronza ha avuto rimorsi per ciò che aveva fatto a Taïsse e aveva tagliato la corda.
Di fronte alla domanda di Clover Thomas lasciò la parola al suo amico perchè a quanto pare non era stata per niente una sua idea il volercelo raccontare.
-Pensavo fosse giusto che lo sapeste- disse solamente.
-Da quanti giorni non si trova?- riacquistai finalmente l'uso della parola.
-J.C. me l'ha detto ieri ma non so da quanto di preciso-
Clover stava per sommergerli con altre domande ma James la interruppe: -Siamo arrivati-
-Dov...- spezzai la frase perchè in quel momento misi a fuoco il gruppetto di ragazzi che stava occupando il parchetto davanti a noi.
-James non ci avevi detto che avevamo una destinazione!- ero leggermente infastidita dal fatto che avesse omesso questo particolare, conscio del fatto che non saremmo state contente dopo ciò che era accaduto. Cercai comunque di non darlo troppo a vedere: erano pur sempre i suoi amici.
Clover non si fece i miei stessi problemi e mise su una perfetta espressione scocciata.
James ignorò completamente la mia affermazione e noi lo seguimmo mentre si avvicinava agli altri.
Appena la mia prospettiva visiva cambiò trasalii alla vista della ragazza bionda seduta di spalle su uno dei giochi del parco mentre era intenta a parlare con Marina, J.C. e gli altri.
Chi l'aveva chiamata?
Come se fossimo stati una presenza paranormale lei si voltò di scatto verso di noi e... non ci sorrise.
Avvertii una morsa di panico dritta allo stomaco.
Quella sensazione mi ricordò ciò che avevo provato quando avevo visto James e Taïsse baciarsi.
Ma questa volta, per certi versi, fu anche peggio.
Era la prima volta che le vedevo il suo volto così teso solo perché mi aveva vista arrivare.
Tra l'altro era anche una perfetta figura di merda dato che ero con Clover.
Ci squadrò come nei telefilm le più popolari della scuola fissano le ragazze sfigate. Odiai a morte quella sua espressione, soprattutto considerando il fatto che era stata lei ad andarsene senza nessun motivo e a non farsi viva per giorni.
Era stata una cosa troppo triste il nostro gruppo whatsapp non riempito dalle solite cazzate di tutti i giorni.
Ci fu uno strano silenzio quando ci avvicinammo e io mi sentivo sempre più a disagio.
Taïsse non c'era, ma questo era prevedibile.
Marina stava piangendo tenendo un fazzoletto di carta in una mano e nell'altra il cellulare.
-Novità?- chiese James tanto per rompere il ghiaccio.
-Ti pare ci siano novità?- dopo averlo fulminato con gli occhi J.C. circondò le spalle della sua ragazza con un braccio.
-Da quanto non si sente nulla di lei?- domandò Nathan lanciando una veloce e furtiva occhiata a Christian, il quale stranamente in quel momento non ricambiò, continuando a tenere la testa bassa fissando l'erba.
-Da tre giorni- fu la placida risposta di J.C..
Passarono alcuni secondi di silenzio interminabili prima che Clover rifacesse la stessa domanda di pochi minuti prima: -I genitori…?-
-I genitori non sanno nulla e non vogliono parlare- si affrettò a rispondere nuovamente J.C.. Marina gli stava letteralmente lavando la maglietta con le sue lacrime, mentre ogni tanto si soffiava il naso nel suo fazzoletto ormai ridotto a brandelli.
-Prova a richiamarla. So che non conta un cazzo ma proviamo finchè non risponde- consigliò Thomas e Marina, senza farselo ulteriormente ripetere, digitò il numero.
-Beh squilla!- si emozionò subito Thomas.
-Sì, squilla sempre ma non risponde- farfugliò la sua amica.
-Secondo me dovremmo tutti farci una grande manciata di cazzi nostri- saltò su Elliot alzandosi dal prato e pulendosi i pantaloni.
Christian gli diede manforte: -Sì, insomma se non risponde e non richiama vuol dire che non vuole essere trovata- si capiva che comunque era leggermente incerto su ciò che aveva appena detto. Forse si era reso conto di aver sparato una stronzata.
Infatti rimanemmo tutti un po' basiti di fronte alla sua affermazione perchè ovviamente la paura di tutti era che fosse in pericolo. Ed era loro amica, come potevano non capire?
Clover riprovò chiedendo riguardo alla polizia e Marina rispose che era praticamente certa che fosse già stata avvisata.
Mentre passavano altri secondi di sempre più opprimente ed imbarazzante silenzio, interrotto solo dai rumori quotidiani della città, scorsi con la coda dell'occhio lo sguardo privo d'espressività di Noelle su di me.
Non era possibile che Marina l'avesse stregata fino a quel punto.
Era sempre stata così: si faceva prendere troppo dalle novità e da chi sembrava mostrarle anche il minimo interesse, per questo decisi in quel momento di concederle ancora un po' di tempo.
Dopo poco qualcuno cominciò a farfugliare che doveva rientrare a casa, qualcun altro che aveva da fare... tutte cazzate per sviarsela insomma.
Non so di preciso a chi fosse venuta in mente l'idea di trovarsi, ma non si era rivelata molto fruttuosa.
Alla fine decidemmo di andare tutti: ormai avevamo appurato che nulla potevamo fare.
James ci informò che tutti i posti in cui a Marina era venuto in mente si potesse trovare la sua amica si erano rivelati un buco nell'acqua, perciò non potevamo fare altro se non aspettare.
Le cose si stavano complicando e nella mente di tutti, credo, cominciava a bisbigliare la vocina che invogliava a credere che la sua sparizione avesse a che fare con ciò che era accaduto alla tavola calda, durante quella ormai famosa partita Manchester-Leicester, in cui tra parentesi il Manchester aveva nuovamente perso di brutto.
Noelle era l'unica rimasta degli altri, seduta sull'altalena a lanciarci occhiate di tanto in tanto.
-Ragazze vi devo dire una cosa- Clover ci chiamò vicino a lei una volta che fummo rimaste solamente noi tre.
Lei sembrò tentennare un attimo e poi, con la solita espressione da altezzosa che sembrava essere diventata la sua preferita in quel periodo, si avvicinò con le mani in tasca ma l'aria incuriosita.
-Penso che Marina in realtà sappia dove si trovi Payson- sparò fuori Clover.
-Cos... Come?- balbettò Noelle, subito infastidita dal fatto che accusassimo la sua beniamina.
Mi trattenni a stento dall'alzare gli occhi al cielo.
-Che poi stavo pensando che non si è sentito nulla in giro. Cioè è grande questo quartiere ma non poi così tanto. Nessuna voce di una ragazza scomparsa...- dette sfogo alle sue riflessioni.
-Sì è vero. Questo è molto strano. È probabile che in realtà i suoi genitori, Marina e probabilmente anche altri sappiano dove sia. Ma allora cosa è questa sceneggiata?-
-Non capisco anche perchè ci hanno radunati tutti qui oggi- Clover stava assumendo sempre più l'espressione che usava a scuola quando risolveva complicate equazioni matematiche.
-Non è stata un'idea di Marina, ma di Nathan- si limitò ad informarci Noelle.
-Ma cosa centra Nathan? È stato zitto quasi tutto il tempo!- anche io non comprendevo i fini di questa sua proposta.
-Voleva che stessimo un po' insieme. Comunque invece di stare in mezzo alla strada a creare teorie, proviamo a seguirla. Avete sentito che ha detto che aveva una cosa importante da fare ed è andata via di fretta. Magari addirittura si vede con Payson adesso- non mi sarei aspettata una proposta del genere da parte di Noelle ma guardai comunque Clover aspettando le sue lamentele ma anche lei mi sorprese: -Stavolta sono d'accordo. Ci stanno troppo prendendo per il culo, adesso vedrai che la smascheriamo. La deve finire con queste sceneggiate, comincia ufficialmente e seriamente a starmi sul cazzo-
-Però, una Clover che parla così non pensavo l'avrei mai sentita- era da sempre stata troppo perfettina nel linguaggio, era ora che cambiasse. In questo ambito era decisamente lei quella che sembrava aver terminato gli studi col massimo dei voti in un collegio svizzero.
Lei mi guardò quasi a domandarmi scusa.
-Cosa c'è? Guarda che mi piace questa versione di te!- la rassicurai. Lei sorrise solamente.
-Muoviamoci prima di non riuscire a trovare più nemmeno lei- e con passo deciso Noelle si incamminò nella direzione in cui poco prima la bionda si era diretta.
Realizzai in quel momento che il suo scopo era senza dubbio dimostrarci che Marina in realtà fosse sincera. Controllai per tutto il tempo che non l’avvisasse tramite telefono ma non lo estrasse mai dalla tasca.

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Capitolo 24
*** Capitolo 23 ***


-Dove accidenti stanno andando?-
Era ormai un quarto d’ora che pedinavamo J.C. e Marina.
L'allegra coppietta (fin troppo date le circostanze) camminava mano nella mano per le strade del quartiere, anche se non dopo molto ci rendemmo conto di essere arrivate al confine di Brixton.
Eravamo costrette a tenerci sempre più distanti da loro dato che ormai era ora di pranzo e pochi si attardavano per le vie, per di più stavano procedendo lungo strade di campagne un po' troppo imboscate per i miei gusti.
A essere sinceri non ho idea del perchè ci fosse venuta questa improvvisa passione per pedinare le persone, anche perchè non potevamo avvicinarci quel tanto che bastava per origliare cosa dicessero; lei sembrava super euforica e continuava a fermare J.C. per baciarlo, prendendogli il viso tra le mani.
Faceva davvero caldo per essere nei pressi di Londra, ma d'altronde era l'ora di punta.
Giunti al confine di una vasta campagna si infilarono in un boschetto.
-Ferme ferme! Aspettiamo che si addentrino, dopo l'altra sera non voglio certo rivedere la polizia per essere accusata anche di stalking- Noelle ci fece segno di attendere.
In quel momento realizzai che nè io nè Clover ci eravamo degnate di porle dal vivo qualche domanda sull'accaduto. Quello non era il momento, comunque.
Entrammo anche noi nel boschetto, luogo alquanto sospetto per recarsi a quell’ora.
-Sono contenta tu abbia scoperto questo posto ieri tesoro- esclamò Marina sempre più allegra trascinando per un braccio J.C., il quale lo sentimmo borbottare qualcosa simile a un: -Sì era lungo la strada-
Le voci erano troppo lontane e distorte per capire esattamente cosa dicessero.
Essendo giorno ed essendo in piena luce dovemmo fare moltissima attenzione ad ogni nostro passo per non essere colte in flagrante.
Eravamo così concentrate a guardare il terreno per non emettere il minimo scricchiolio che quando rialzammo gli occhi per una rapida occhiata tra gli alberi ci rendemmo conto fossero spariti.
A quel punto mi salì il panico, percependo già alle mie spalle la voce lenta, e in quel caso spaventosa, di J.C. come un orribile insetto che vedi in un angolo della camera: il brutto arriva quando lo perdi di vista e te lo cominci a sentire addosso.
Ma per fortuna la sua voce rimase solamente nella mia testa.
-È impossibile che li abbiamo persi, erano proprio lì!- protestò Noelle irritata indicando il punto con il dito.
Avanzammo facendo inevitabilmente scricchiolare vari rami e spostando varie foglie.
Ad un certo punto sentimmo il lamento sottile e acuto di un pettirosso provenire non troppo distante da noi. La cosa bizzarra fu l'intermittenza di quel suono, sembrava proseguire a scatti.
Ci guardammo intorno confuse ma gli alberi sembravano spogli di animali. Dopo poco capimmo che quello strano verso ci stava seguendo... anzi, andava secondo i nostri passi!
Stavo per comunicare alle altre questa mia piccola scoperta quando Clover a voce un po' troppo alta esclamò: -Eccoli!-
Arretrammo dietro un grosso albero da cui avremmo potuto vederli.
La bionda aveva sbattuto contro un tronco il suo prode cavaliere e aveva cominciato a baciarlo in modo alquanto confusionario e schifoso.
-Si è ripresa in fretta dalla sparizione della sua migliore amica eh- Clover dette voce ai pensieri di tutte, probabilmente anche di Noelle.
-Si è fermato quello strano cinguettio- osservò quest’ultima.
-Alzate i piedi- ordinai.
-Cosa? Perchè?-
Fecero comunque come avevo detto: -Oddio che schifo!- Noelle si coprì la bocca con una mano alla vista di un piccolo uccellino praticamente spiaccicato sotto la suola della scarpa sinistra di Clover.
Le feci segno di abbassare la voce mentre bisbigliavo: -Come cazzo hai fatto a pestarlo?-
Lei sembrava stesse già provando le pene di chissà quale colpa: -Non ne ho idea... Mi dispiace- provò a scuotere il piede sperando si staccasse ma il pettirosso cominciò a cinguettare fortissimo rischiando di farci scoprire, così Clover appoggiò leggermente la scarpa al suolo, cercando di fare meno pressione possibile.
Nel frattempo io e Noelle ci guardammo complici prendendo in silenzio la decisione di tagliare la corda: avevamo ottenuto già un'importante informazione.
Anche solo per un secondo era stato bellissimo poter condividere con lei uno sguardo che mi ricordasse che eravamo ancora amiche. Forse, dopotutto, stavo prendendo la situazione con lei troppo seriamente.
Mentre Clover si stava ancora guardando la suola cercando una soluzione, dato che nessuna voleva toccare l'animale, i due alquanto non tristi fidanzati avevano cominciato ad emettere gemiti e a spogliarsi.
Eravamo ancora ferme dietro all'albero quando Marina ansimò: -Hai fatto bene anche solo per la scoperta di questo bosco ad andarci- poi rise forte e affondò di nuovo la lingua in gola a J.C..
Ci guardammo per un attimo non capendo il significato di quella frase, poi finalmente decidemmo di spostarci allontanandoci il più possibile; tuttavia il cinguettio disperato del pettirosso attirò l'attenzione di Marina che si bloccò alzando un dito, invitando J.C. ad ascoltare, ma quest'ultimo per fortuna se ne fregò altamente e continuò a spogliarla.
Stavo per tranquillizzarmi quando attraverso un sottilissimo spiraglio, offerto tra la moltitudine di rami, scorsi gli occhi di Marina posarsi su di me.
In quella frazione di secondo non capii se realmente mi vide.
-Tutto a posto Aria?- mi chiese Clover, accorgendosi immediatamente che mi ero assorta.
-Sì sì- mi affrettai a rispondere uscendo definitivamente dal bosco e ripiombando sulla strada sterrata di campagna.
Non volevo rovinare il tutto confessando di avere il sospetto di essere state beccate, non volevo nemmeno confessarlo a me stessa, infatti mi imponevo di credere di essermelo immaginato ma in realtà nella mia testa non riuscivo a smettere di pensare "accidenti, accidenti, accidenti" all'infinito.
Mi sentii incredibilmente stupida, non solo per averli seguiti ma ovviamente anche perchè l'avevamo combinata grossa. Già probabilmente Marina ci detestava, dopo questa non ci avrebbe più rivolto la parola. Non sapevo nemmeno se aveva visto anche le altre o solamente me.
Percorremmo un pezzetto di strada in silenzio, fin troppo in silenzio, tant'è che mi domandai se anche loro avevano scorso l'occhio di Marina, quell'occhio che mi avrebbe perseguitato nei miei incubi per varie notti, ne ero sicura.
A pensarci bene non avevamo parlato molto nemmeno all'andata, noi che di solito non stavamo zitte un secondo.
E se davvero qualcosa si fosse spezzato?
-Dove vai? Siamo venute da questa parte!- Noelle interruppe i miei pensieri indicando la strada alla nostra sinistra.
Di fronte al bivio Clover invece si era già incamminata a destra.
-No, sono sicura- replicò lei.
-Aria?- Noelle puntò i suoi occhi azzurri fissi su di me incrociando le braccia al petto.
-Ehm... non ne ho idea- ammisi. Non avevo mai avuto un gran senso dell'orientamento.
Neanche il minimo ad essere onesti.
Lei alzò gli occhi al cielo come fosse ovvio che non lo sapessi e accese il navigatore sul cellulare.
-Non mi indica nessuna strada-
-Come sarebbe? È impossibile- ci avvicinammo anche noi per guardare sul piccolo schermo.
-Non lo so, secondo questo aggeggio siamo in mezzo al nulla. Forse è una strada nuova-
-Penso piuttosto che non sia segnalata in quanto è una vecchia e inutilizzata strada di campagna- azzardò Clover.
-Chissene frega, fatto sta che non c'è!- ritornò a sbuffare, stavolta talmente forte da spostarmi i capelli.
A quel punto non resistetti più e sbottai: -Ma ti calmi?-
Solo un mese prima in una situazione del genere saremmo scoppiate a ridere.
Lei spalancò gli occhi e mi fissò come avessi detto un'eresia: -Calmarmi? Siamo di nuovo in mezzo al nulla e non abbiamo idea di come tornare a casa!-
-Di nuovo?- esclamai. -Ti ricordo che è stata una tua idea pedinare Nathan e Christian! Come è stata una tua idea pedinare questi due qua- e indicai il bosco alle nostre spalle.
-Beh tu non è che obietti sempre molto- si vedeva che non sapeva più cosa dire, anche perchè avevamo divagato e quella conversazione non stava andando a parare da nessuna parte.
-Ci conviene prendere una di queste due strade a caso sperando sia quella giusta- constatò Clover, rimanendo comunque ferma su quella di destra.
-No, tra poco devo essere a casa e se prendiamo quella sbagliata finiamo chissà dove e i miei mi uccidono. Sono già incazzati neri per il Kristal- replicò Noelle.
-Potremmo chiamare qualcuno- azzardai io.
-E chi?- esclamarono in coro le altre due.
-I miei non ci sono a casa adesso, è finita la pausa pranzo- risposi.
-Mio padre è fuori città e mia madre si arrabbierebbe parecchio- ribattè Clover.
-Tuo padre è sempre "fuori città" Clover lo sappiamo e anche i miei si incazzerebbero- sottolineò Noelle.
-Chiamo Ricky- il fratello di Noelle aveva da pochi mesi fatto l’esame della patente e quindi magari sarebbe stato in grado di aiutarci.
Ovviamente, come sempre accade quando si ha realmente bisogno, l'altra persona non risponde.
Riprovammo varie volte ma nulla.
Clover tentò con suo zio ma stava rientrando a lavoro e non volle allarmarlo dicendo che era urgente.
-Ottimo, siamo nella merda!- nuovamente Noelle alzò in aria le braccia per poi farle ricadere pesantemente sui fianchi. Per scherzare e alleggerire la tensione proposi di aspettare J.C. e Marina ma ottenni solo un ulteriore sguardo fulmineo dalla bionda alla mia sinistra.
I suoi gesti e i suoi atteggiamenti davano davvero l'aria che tutto ciò che facevamo io e Clover fosse sbagliato, che ogni casino fosse una nostra responsabilità e davvero non ce la facevo più a passare oltre.
Perchè? Perchè faceva così? Sembrava che tutte le ragioni, anche le più banali, fossero buone per litigare con noi.
-Chiamo Nathan- propose Clover rivolta verso di me.
-Stai scherzando spero. Non ho intenzione di fare questa figura di merda con Nathan Price!-
-Ma Aria praticamente nessun nostro amico ha la patente! Inoltre James so che non accetteresti mai, Christian verrebbe solo per buttarci in un fosso... Elliot!-
-Ehm... mi sa che mi odia pure lui...- vedendo le loro facce perplesse decisi di tagliare corto: -Credo di essere stata un tantino molesta con lui ma lasciamo perdere. Che ne dite di Thomas?- proposi titubante, cominciando a creare mentalmente la scusa da riferire alle mie amiche riguardo Elliot. Non facevo altro che prendere decisioni completamente fuori luogo in quel periodo. La vicinanza con James mi dava alla testa.
Ero alquanto contrariata in verità di chiedere aiuto a Thomas, ma decisi che era la scelta migliore in quanto sapevo che utilizzando le frasi giuste e sostenendo irremovibilmente che fosse tutto sotto controllo, sarebbe stato quello che avrebbe fatto meno domande. Inoltre era gentile ed ero sicura ci avrebbe aiutato se non fosse stato impegnato.
Così, a malincuore, le altre annuirono e io composi il numero.
-Pronto?-
-Ciao Thomas! Sei occupato?- cercai di mostrarmi il più tranquilla possibile, ma già il fatto che lo stessi chiamando suonava strano.
Mi dispiaceva chiamarlo solamente perchè ne avevo necessità ma non avevamo altra scelta.
Nel tempo che impiegò a rispondere sperai seriamente fosse impegnato perchè non mi uscivano le parole di bocca per chiedergli ciò che dovevo.
-Ehm... chi sei?-
-Sono Aria- grazie per aver salvato il mio numero.
-Ah ciao! No, sono a casa perchè?-
-Senti ti devo chiedere un favore...- mi bloccai alla vista di Clover che sogghignava, così mi voltai, non prima di averle fatto un dito medio.
-Dimmi-
Spiegai la situazione improvvisando che eravamo andate a fare una passeggiata e che mio padre ci sarebbe dovuto venire a prendere ma aveva avuto un imprevisto.
-...ok, dove siete?- Eh, bella domanda. -Non so ben dirti. Siamo al confine di Brixton, c'è un grande bosco e un bivio sulla strada- sperai miracolosamente capisse ma tentennò.
Passai il telefono a Noelle che gli ripercorse la strada che avevamo fatto all'andata.
Oltretutto gli avevamo detto che avevamo litigato con lei ed ora eravamo insieme a fare "una passeggiata".
-Ah sì, più o meno ho capito: dovrebbe essere sulla strada della casa del padre di Christian. Dieci minuti e arrivo-
-Si esatto direi. Grazie mille davvero- riattaccò.
-Sia lodato Thomas- esclamò Clover.
-Speriamo che J.C. non riferisca a Thomas che oggi è stato qua altrimenti fa due più due e siamo fottute- Clover aveva ragione e a questo non avevo pensato.
-È più probabile che Thomas riferisca che noi tre cretine ci siamo perse qua- ribattè Noelle.
Non mi sembrava in realtà che quei due si raccontassero le loro giornate, così finsi che quell'eventualità in realtà non esistesse.
Dopo un quarto d'ora colmo di ansia che i due piccioncini decidessero di uscire dal bosco da un momento all'altro, finalmente comparve l'auto di Thomas. Clover salì nel sedile anteriore ringraziandolo ancora per la disponibilità.
-Nessun problema ragazze. Dopo il nostro incontro di oggi avevate bisogno di una lunga passeggiata per riprendervi vedo- ridacchiò e così facemmo anche noi anche se non ci fece ridere per niente.
-Potevate prendere dei punti di riferimento così evitavate di perdervi-
-Eh... avremmo dovuto...- che imbarazzo. Ero sempre più pentita. E così anche le altre.
-Dai finitela. Non c'è bisogno di essere così in imbarazzo! Davvero non c'è nessun problema... e non lo dirò agli altri, se questo vi preoccupa- ridacchiò ancora e mi lanciò uno sguardo attraverso lo specchietto retrovisore.
Nella sua inconsapevolezza aveva sparato fuori proprio quello che avevano bisogno di sentirci dire.
Solamente mentre vedevo scorrere distrattamente le immagini fuori dal finestrino riflettei sul fatto che, per un motivo o per un altro, non sarei stata in grado di tenermi a distanza da quei ragazzi.

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Capitolo 25
*** Capitolo 24 ***


-Io dico che è in fuga d'amore con Payson- sogghignò Marina sorseggiando un aperitivo dal colore orribile.
-Ma la vuoi finire? Non capisci che Nathan sta malissimo? Ditemi ora quello che sapete!- per la prima volta da quando lo conoscevo stavo assistendo ad un James che riusciva un minimo ad imporsi di fronte ai suoi amici, e questo dimostrava quanto tenesse ad Nathan.
Marina rimase zitta mentre Thomas, con un accenno di disprezzo in volto, le dava della stronza.
Era successo letteralmente il caos nel solo arco di qualche giorno.
Nessuno si era più fatto sentire, nè noi avevamo più visto o contattato nessuno di loro dal giorno in cui avevamo elemosinato un passaggio a Thomas, finchè James non aveva letteralmente trascinato tutti coloro che fossero in un qualche modo coinvolti nella faccenda della tavola calda nel bar del suo amico Josh, che sotto minaccia aveva fatto sgombrare il più in fretta possibile il locale.
Tutto ciò dopo che Nathan non era più riuscito a contattare Christian ed era caduto in paranoia.
Ebbene sì, anche di Christian non c'era più nessuna traccia.
Stavano scomparendo peggio dei protagonisti di un film splatter e la situazione cominciava a diventare seriamente inquietante.
Erano state enunciate numerose teorie, tra le quali spiccavano quelle che si fosse pentito di aver avvelenato Taïsse e fosse fuggito, ma anche, come sosteneva scherzosamente Marina, che fosse in fuga d'amore con Payson. Quella era l'ultima cosa a cui avrei creduto quindi non la presi nemmeno in considerazione.
-Ragazzi è importante! Se sapete dove sia ditecelo- James li stava ormai supplicando, ormai consapevole che i suoi amici non fossero più molto tali.
Nathan era rimasto a casa a disperarsi, Taïsse non si era più vista e noi tre non sapevamo nulla perciò la domanda di James era rivolta a Marina e J.C., i quali si guardarono per un secondo, poi lei portò una mano alla bocca e se la chiuse con un'immaginaria cerniera fingendo poi di buttare via la chiave con un gesto stizzito, guadagnandosi il disprezzo, ormai evidente, di tutti noi.
Bene, almeno adesso si era dichiarata per la stronza bugiarda che era.
Non riuscivo nemmeno a guardarla in faccia per ciò che stava facendo ai suoi ormai ex amici.
James sbattè un pugno sul tavolo e Josh gli fece segno di stare calmo da dietro il bancone: -Già ti ho concesso questa piccola riunione- ci indicò tutti con aria schifata -Ti sarei grato se non mi distruggessi i tavoli-
James alzò le mani chiedendogli scusa per poi passarsele sulla faccia, non sapendo più ormai cosa fare.
Con la coda dell'occhio destro riuscivo a scorgere la figura statica di Elliot, appoggiato al muro.
Di lui non sapevo niente: non sapevo se era a conoscenza di dove fossero o se taceva aspettando anche lui che qualcuno parlasse.
James sembrava averci ormai rinunciato mentre Thomas non demordeva: -Diteci almeno se sono insieme e se stanno bene!-
Marina tornò a guardare J.C. poi sorrise e spostò lentamente lo sguardo su Noelle: -Oh sì che stanno bene e sono insieme, anzi magari stanno scopando proprio in questo momento... E si sta bene Noelle, non è vero? Come si chiamava? Ah già, Dylan- ridacchiò.
Dylan? Dove avevo già sentito questo nome?
Mi sentii come se mi avessero tirato una botta in testa.
Mi sentii improvvisamente completamente confusa.
Dall'espressione di Clover ottenni conferma che Dylan era il nome del ragazzo con cui Noelle aveva passato la serata in quella discoteca sulla spiaggia.
Non mi aveva detto nulla.
Ed ero la sua migliore amica.
La guardai per un attimo mentre si appoggiava con le braccia alla sedia che aveva di fronte abbassando del tutto la testa, imbarazzata ma accennando comunque un sorriso verso Perrie.
Ero veramente arrivata al limite.
Non mi presi il disturbo di sapere cosa avrebbe fatto Clover e, ignorando completamente il fatto che sarebbe stata un'ennesima e ulteriore perfetta figura di merda, uscii dal locale sbattendo la porta guadagnandomi così l'odio anche di Josh.
Poco prima di raggiungere l'uscita a grandi falcate sentii Marina biascicare: -Ma come? Non lo avevi detto alle tue amiche?-
Ero consapevole fosse una reazione esagerata la mia, soprattutto agli occhi dei ragazzi, che sicuramente non avrebbero mai capito l'importanza di quella cosa, ma mi sentii tradita e anche umiliata davanti agli occhi di Marina.
Clover mi raggiunse con più calma e subito dopo di lei uscì anche Noelle urlandoci di aspettare.
Questa era solamente la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, lo sapevamo perfettamente tutte e tre. Avevo avuto la conferma che lei non si fidava più e io non stavo capendo dove avessi sbagliato.
Ero davvero curiosa di sentire le stronzate che ci avrebbe rifilato come scusa, così mi fermai e tornai sul marciapiede, evitando di venire investita.
Non le dissi niente, aspettai che iniziasse lei.
-Ve lo avrei detto-
-È passato un mese e mezzo- le rispose Clover. Aveva le braccia incrociate e l'espressione arrabbiata ma era evidente non si sentisse ferita quanto me e questo mi fece sentire anche peggio.
E se non avesse mai tenuto effettivamente a Noelle?
Continuai a rimanere zitta, bruciante di rabbia.
Per fortuna gli altri avevano capito che non era il caso di intromettersi e rimasero all'interno del bar.
-Lo so! Ma non sapevo come dirvelo... mi avreste giudicata per averlo fatto per la prima volta con uno che non conoscevo neanche in una discoteca di merda!- dopo aver sentito la sua "giustificazione" decisi finalmente di parlare, costringendomi a non piangere e mi concentrai per darle una risposta sensata: -Noelle siamo amiche da quando abbiamo sei anni. Ci siamo da sempre promesse di raccontarci ogni cosa e così io ho sempre fatto, e poi scopro che una cosa che tu hai sempre ritenuto così importante non me la dici? Non me ne frega nulla di come e perchè è successo o con chi perchè è la tua vita, ma sono delusa perchè mi aspettavo di essere la prima a saperlo e invece scopro che lei, quella stronza che ci ha ingannati tutte fingendo su praticamente ogni cosa, lo sapeva! E...- per fortuna Noelle mi interruppe perchè cominciava a mancarmi il fiato e a salirmi il magone.
-Lei ci ha visti! Non gliel'ho detto io! E comunque è mia amica quindi è normale che lo sappia anche lei!- ero letteralmente sconvolta dalla sue parole e la cosa peggiore era che non le stava urlando per rabbia ma davvero sembrava crederci.
-Ma ancora non l'hai capito che l'unico motivo per cui ci ha chiesto di uscire con lei e mi ha parlato quel giorno sull'autobus è stato per avere notizie su Christian? È stata una delle prime cose che ha chiesto sia a me che a te. Li vuole separare e ha messo del veleno nel bicchiere di Taïsse perchè si è accorta che non è dalla sua parte e farà così anche con noi! E...- Clover mi fece segno con le mani di finirla perchè sembrava stessi delirando e io mi bloccai.
-Ma certo! Ovviamente la colpa anche di quello deve essere sua! Non hai mai pensato che potrebbe essere stato proprio il tuo amato James!?-
La porta del bar si aprì proprio in quel momento e davanti ai nostri occhi apparvero James e Thomas.
-Perchè stavate urlando il mio nome?-
Ecco, a quel punto mi sentii davvero morire.
Sapevo che Noelle avrebbe avuto il coraggio di sbattergli in faccia che ero innamorata di lui arrabbiata com'era. Non sapevo nemmeno se avesse sentito quel "amato" che aveva preceduto il suo nome ma ormai mi sembrava non avesse più importanza niente.
Guardai i suoi meravigliosi occhi azzurri per poi spostarmi in quelli altrettanto luminosi, anche se in quel momento pieni di rabbia, di Noelle.
La pregai, la scongiurai con lo sguardo che se almeno un po' teneva ancora a me, non doveva dirlo.
Lei mi fissò a sua volta per poi alzare di scatto la testa per guardare il ragazzo biondo negli occhi: -Chiedilo a lei-
Detto questo corse via lungo il marciapiede.
I miei occhi la seguirono finchè poterono e cominciai a percepire sempre più quell'orribile pizzicore dentro di essi.
-Che cosa è successo?- insistette James.
Se avessi parlato in quel momento sarebbero scese quelle maledette lacrime.
-Aria- sussurrò lui avvicinandosi. Cominciai a vedere e sentire tutto a rallentatore, come Clover e Thomas che si facevano da parte.
Non potevo sapere se le cose si sarebbero sistemate perchè sinceramente in quel momento non sopportavo più niente di lei: quando il giorno dopo quella serata in macchina le avevo espressamente chiesto cosa fosse successo con quel ragazzo lei aveva detto che non c'era stato nulla di importante.
Vidi James preoccuparsi di fronte al mio ostinato mutismo.
Mi appoggiò la mani sulle spalle e per la seconda volta sussurrò il mio nome.
Stavano per cedermi le ginocchia ma in un qualche modo riuscii a controllarle, ripetendomi che andava tutto bene.
Avrei tanto voluto fosse davvero così.
Noelle era da sempre la mia più grande certezza e la mia più grande forza, non potevo averla persa.
Aspettai altri secondi e non mi decisi ad aprire la bocca finchè le lacrime non avessero più minacciato di uscire, o quanto meno ritirate, per il momento.
-Noelle ha detto il tuo nome perchè era arrabbiata con me- sputai fuori.
-E io cosa centro?- la sua voce continuava a rimanere dolce e io mi stavo sentendo sempre più in colpa a raccontargli la verità e a riportare a galla ciò che era accaduto al Kristal.
-Ha detto che potresti essere stato tu ad aver messo il veleno nel bicchiere... ma non lo pensa davvero... l'ha detto solo per farmi stare male- cercai di scostarmi dalle sue mani ma la presa era troppo forte.
-E perchè questo ti dovrebbe far incazzare?-
-Perchè sa che tengo a te, che siamo molto amici- risposi in un sussurro continuando ad evitare il suo sguardo.
Avevo detto la frase più stupida del mondo e probabilmente una non troppo grande parte di me sperava che capisse, che capisse quanto lui fosse importante per me, ovvero il vero motivo per cui Noelle l'aveva nominato.
Come poteva non capirlo?
-Tu non lo pensi vero?- mi spiazzò letteralmente quando pronunciò quelle semplici parole a pochi centimetri dal mio viso.
No. Ovviamente non lo pensavo.
E se invece fossi stata così accecata dai sentimenti che provavo da non accorgermi che magari era proprio lui ad essere un bugiardo che cercava di tenermi dalla sua parte?
Ma ciò era impossibile.
Quel mio attimo di esitazione però, nel quale capì benissimo stessi riflettendo alla sua domanda, bastò per fargli staccare le mani da me, procurandomi come un vuoto, un'improvvisa voragine, e fare un passo indietro.
I suoi occhi così luminosi d'un tratto si oscurarono e mai nella mia vita fui così pentita di aver procurato dolore ad una persona: gli occhi di James erano intrisi di tristezza, e se da una parte questo mi fece capire che anche lui teneva a me, dall'altra mi distrusse.
-James non lo penso e mai l'ho pensato- farfugliai come riprendendomi dal mio stato di trans sperando non fosse troppo tardi, ma tutto ciò che gli uscì dalle labbra fu un "certo" pieno di delusione.
No, non poteva star succedendo.
Non stavo perdendo anche lui.
Questo non era un normale litigio per il quale bastasse solamente chiarire: da quello che aveva capito io avevo anche solo per un momento pensato che potesse essere stato lui a quasi avvelenare a morte una persona.
Lo vidi incamminarsi con Thomas lontano da me e io non seppi fare altro che guardare questa scena come da spettatore esterno e probabilmente sarei rimasta in quella posizione anche per un bel po' se non avessi sentito il rumore di uno schiaffo provenire dalla mia sinistra.
Mi voltai bruscamente per capire cosa stesse succedendo e vidi Clover toccarsi con una mano la guancia, già rossissima.
J.C. era in piedi davanti a lei e mai la sua figura mi apparve così minacciosa.
Cosa aveva appena fatto?
Avvertii una rabbia indescrivibile montarmi dentro a quella vista.
-State attente stronze che la prossima volta non la passate così liscia- dopo averci avvertite entrambe, prese Marina per mano e si allontanò.
-Beh, me lo sono meritato- mi sorrise Clover.
Ormai eravamo rimaste solamente noi su quella strada anche se il bar aveva ripreso ad accogliere i suoi abituali clienti, inconsapevole di ciò che era appena accaduto.
-Cosa è successo?- ero stata talmente racchiusa nel mio piccolo mondo costituito solamente da me e James che non mi ero nemmeno accorta che la mia amica stesse discutendo con quei due pazzi.
-È venuto a dirmi che non è un cretino e che si è accorto che li abbiamo spiati. Gli ho solamente risposto che in realtà è stata Marina ad accorgersene e che quindi lui è davvero un idiota e poi ho esposto i nostri sospetti su di loro e... diciamo che lui l'ha presa un tantino male-
Non ci era andata certo per il sottile.
Quindi anche lei aveva visto lo sguardo di Marina...
Clover non sembrava nemmeno troppo arrabbiata per ciò che era successo ma io stavo per dare di matto tant'è da minacciarlo, anche se non più presente: -Va bene caro Jaden, sappi che anche noi possiamo giocare pesante-

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Capitolo 26
*** Capitolo 25 ***


In realtà non avevo la minima idea di cosa avrei potuto fare per vendicarmi di J.C.
L'unica cosa che davvero mi importava in quel momento era cercare di rimediare con James, lui era la mia priorità perchè con Noelle avevo capito che non potevo fare nulla, dato che se le avessi rivolto delle scuse in quel momento non sarebbero state sincere.
Stavo malissimo dopo aver visto la faccia delusa di James, davvero male all'idea che non mi considerasse più come prima, o peggio ancora sua amica. Non so se sarei riuscita a ricominciare tutto daccapo con lui.
James era diventata una parte troppo importante della mia vita per lasciarla sfuggire via in quel modo, non avrei sopportato più niente senza di lui, ora che avevo assaggiato com'era bello stare in sua compagnia.
Avevo una marea di compiti arretrati che mi ero ripromessa di recuperare ma dovevo assolutamente prendere in mano la situazione: più tempo avrei fatto passare più la corda che ci legava si sarebbe logorata, perciò quel giovedì prima di cena afferrai le chiavi, la borsa con dentro i miei fazzoletti dato che quella mattina era arrivata la mia solita allergia estiva, la bicicletta, l'occorrente per andare in missione e partii verso dove ero certa che a quell'ora si sarebbe trovato.
Pedalai come se ne andasse della mia vita e in un certo senso era davvero così: non avevo fatto altro che pensare a lui in continuazione dopo la nostra ultima conversazione, avvenuta poco più di 24 ore prima, e dovevo assolutamente rimettere le cose a posto oppure avrei seriamente rischiato di impazzire.
Il cielo era nuvoloso e nell'aria si percepiva quell'odore che non promette altro se non pioggia.
Mollai la bici appoggiandola frettolosamente ad un palo e a passo svelto raggiunsi le transenne che circondavano la grande rampa per gli skateboard.
Ero piuttosto certa si trovasse lì dato che molto spesso alla sera (come in qualsiasi altra ora della giornata) frequentava quel posto, così quando non lo vidi da nessuna parte cominciai a cercare qualche suo amico per chiedere spiegazioni.
Adocchiai il gruppetto di ragazze che non si toglievano mai dalle palle quando venivo lì con lui ma ovviamente non chiesi nulla a loro, probabilmente mi avrebbero raccontato solo bugie, perchè certamente non sapevano dove si trovasse dato che lui non se le filava di striscio. Sentivo i loro occhi puntati addosso e non volli immaginare cosa stessero spettegolando su di me, visto che ero arrivata tutta di corsa, spettinata e in evidente stato di una ricerca disperata. Una di loro addirittura mi indicò... che stupide.
In quel momento per fortuna scese dalla rampa un ragazzo che suppongo fosse suo amico, dato che qualche volta li avevo visti insieme.
-Ehm... ehi, ciao, scusa sai dirmi dov'è James?-
-Non qui- rispose lui ammiccando. Grandioso, ci mancava il tizio spavaldo che ci provava.
Probabilmente vide la mia reazione per niente divertita e aggiunse: -Ha detto che ha avuto un imprevisto e che oggi pomeriggio non sarebbe venuto-
-Grazie mille- e prima che potesse aggiungere qualsiasi altra cosa fuggii letteralmente via da quel luogo in cui, in tutta onestà, non mi ero mai sentita a mio agio: troppe persone che mi fissavano, facendomi sentire come se io non c'entrassi nulla in mezzo a loro. Ed in effetti era così.
Afferrai nuovamente la bicicletta e percorsi un po' di strada, giusto per allontanarmi, finchè non mi fermai alla prima svolta del marciapiedi e dopo aver appoggiato un piede a terra per restare in equilibrio, presi il cellulare dalla borsa.
Lo chiamai.
-Ciao ehm... dove sei?-
-Sto... andando da loro... perchè?-
-Chris si è fatto vivo?- questo mi stupì ma non avrei dovuto divagare: -Va beh, puoi tornare indietro? Sono alla pista- non avevo idea di cosa stesse succedendo con quei due e per il momento avevo un’altra priorità.
-No, non posso. Sono già partito-
-Per favore...-
-Non riesco, ci metto troppo tempo a tornare indietro-
-James te lo chiedo per favore, puoi venire alla pista che ti devo parlare? Ho sentito che hai chiuso la portiera adesso: devi ancora partire- cercai attraverso solamente il mio tono di fargli capire fosse importante. Come sempre quando si trattava di lui, le mie emozioni erano a mille.
Dopo qualche secondo attaccò senza rispondermi. Decisi che avrei aspettato un quarto d'ora poi sarei tornata a casa.
Dopo cinque minuti la mia mente cominciò già a trovare pretesti per scusarlo del non essere venuto: "Deve fare i conti con Christian se non arriva in orario", "Lo fa per Nathan..." ma quando riconobbi la “sua” macchina che svoltava nella mia direzione il mio cuore fece una capriola.
Gli sarò sembrata talmente disperata al telefono da fargli cambiate idea. Mi spostai sul ciglio della strada, aspettando che scendesse e che potessimo parlare, invece lui mi si affianco abbassando il finestrino: -Sali, e fai in fretta-
Non me lo feci ripetere e il più velocemente possibile, per non farlo incazzare ulteriormente, appoggiai la bicicletta al muro e dopo averla chiusa con il lucchetto saltai sul sedile anteriore e lui partì sgommando. Ero cosciente che non l'avrei rivista mai più quella bici.
Gli risparmiai l'ennesimo rimprovero sul fatto che non aveva ancora la patente e che saremmo finiti in guai seri se ci avessero fermato. Non era il giorno adatto. Ora che ero lì, accanto a lui, le parole sembravano non riuscire a trovare un ordine logico per uscire dalle mie labbra.
-Allora?-
La mia voce inizialmente dovette suonare assai tremante: -Mi dispiace se hai frainteso ieri mattina, mi dispiace se hai pensato che ho dubitato di te...-
-Senti non sono arrabbiato o cose simili, davvero... è che non mi aspettavo che potessi anche solo pensarlo, credevo che ormai ci conoscessimo...-
-No no no James, vedi che non hai capito! Io non ho mai pensato che potessi essere stato tu. Te lo giuro, e devi credermi- per una frazione di secondo il dubbio lo avevo avuto ma non era il caso di tirarlo in ballo.
Alcune gocce di pioggia cominciarono a bagnare i finestrini e presto divennero sempre più fitte.
-Ok, ti credo- disse sorridendo verso la strada. E quel suo semplice gesto sollevò il mio cuore tre metri sopra al cielo e lo rese incredibilmente più leggero, ma questo non mi fermò e girandomi sul sedile verso di lui, per quanto la cintura me lo permettesse, continuai: -Ho avuto un attimo di esitazione solamente perchè avevo appena litigato con Noelle ed ero un po' agitata... insomma... hai capito...- lui sorrise nuovamente: dovevo sembrare proprio patetica ai suoi occhi.
-Stai tranquilla Aria ho capito. Mi fa piacere che tu me lo abbia detto-
-Ok- risposi solamente, risistemandomi sul sedile, troppo felice per aggiungere altro, lasciando finalmente andare lo starnuto che avevo trattenuto fino ad allora.
-Avete chiarito con lei?- mi chiese poi riferendosi a Noelle.
-No...- non volevo parlarne e lui sembrò capire.
Improvvisamente mi ricordai di dove fossi e del perchè ero salita su quell'auto: -Stiamo andando...?-
-Sì, e stavolta credo proprio sia successo un casino-
-Ma non mi dire... E Christian? Che fine aveva fatto?- tutte le domande che avevo accantonato in un angolo della mente fino ad allora mi uscirono così velocemente che mandai James in confusione.
-Io so quanto te. Christian mi ha chiamato dicendo di andare di corsa al capanno perchè Elliot è fuori città e non po' andare e lui deve parlare urgentemente con Nathan-
-Per quanto starai ancora ai suoi comandi?- domandai, sperando non si offendesse.
-Fin quando sarà necessario per Nathan. Lui ha fatto tanto per me-
-Capisco. E non sai dov'è stato Christian mentre Nathan lo cercava?- aveva fatto andare in panico i suoi amici inutilmente, avevo sempre meno stima per quel ragazzo. Per fortuna sua ripagava tutto in bellezza. Alzai una mano e la scossi come per allontanare quel pensiero dalla mia testa.
-Cosa c'è?- mi chiese James.
-No nulla, un moscerino-
Per fortuna arrivammo in fretta, nonostante la pioggia.
Cercai di fare veloce per bagnarmi il meno possibile ma mentre chiudevo la portiera notai attraverso il finestrino i suoi pantaloni rossi abbandonati sul sedile posteriore. Un impercettibile ghigno mi comparve inevitabilmente sul volto. Probabilmente prima ero salita talmente agitata da non accorgermene; lui vide che li stavo guardando e mi spiegò: -Qualche deficiente alla festa in piscina di Thomas ci ha messo del dentifricio dentro e io mi dimentico sempre di portarli in lavanderia-
-Certa gente non capisce proprio niente- fu il mio commento.
Appena aprimmo la porta Nathan si alzò come una molla dal divano, ma quando si rese conto che non eravamo chi sperava gli scappò un urlo: -Ma vaffanculo... no cioè, scusate, è che mi aspettavo Chris...- ormai non si stupiva nemmeno più quando mi vedeva comparire in questi momenti.
-No, non siamo Chris. Adesso calmati, dovrebbe arrivare- tentò di tranquillizzarlo James.
-Sapete qualcosa?- Nathan era davvero messo male a livello emotivo così cercai di tenerlo occupato parlandogli con voce molto pacata: -Nat dai, adesso arriva. Sono sicura che avrà una spiegazione più che valida per essere sparito per giorni senza dirti niente...- no, ok così stavo solamente peggiorando le cose e un'occhiataccia di James me lo confermò.
In quel momento partì un tuono piuttosto forte, avevo paura che quel capanno non reggesse ancora per molto dato che tremò da cima a fondo.
Nathan mi guardava con gli occhi spalancati, sul punto di piangere.
Sembrava un bambino quando faceva così.
Mi morsi il labbro e optai per il rimanere zitta.
La sagoma di Chris attraverso la pioggia oscurò per un attimo la finestra sgangherata prima che lui aprisse la porta, dove venne subito travolto da Nathan, che gli avvolse le braccia attorno al collo e lo strinse fortissimo nonostante stesse grondando acqua da tutte le parti, dato che come sempre parcheggiava lontano per non essere visto.
Dalla mia posizione riuscii a scorgere l'espressione totalmente stupita di Chris, che certamente non si aspettava un'accoglienza così dopo essersi volatilizzato per giorni.
Ma Nathan era buono, troppo buono.
-Nat, aspetta- tentò di staccarselo di dosso ma lui sembrava essersi appiccicato con la colla. Dopo qualche secondo riprovò: -Nathan staccati, ti devo parlare e ho poco tempo- solamente dopo quelle ansiose parole finalmente il riccio si decise a mollare la presa, a far ricadere le braccia lungo i fianchi e, ormai non più asciutto, aspettare una spiegazione.
-Va beh allora noi usciamo adesso. Aspettiamo in macchina anche se non credo che il vecchiaccio pazzo esca con questo tempo- vidi James farmi un cenno con la testa imboccando l'uscita ma Chris lo fermò: -No, rimanete. Voglio che sentiate anche voi. Non voglio più nascondere questa cosa-
Lo fissammo increduli.
-Nathan è meglio se ti siedi-
-Christian mi stai facendo stare male, dimmi cosa cazzo è successo- Nathan ormai non stava più trattenendo le lacrime perchè il tono di Christian era ovvio non portasse buone notizie.
-Nathan cazzo siediti- continuava ad apparire calmo e nei panni di Nathan avrei avuto seriamente paura.
E avrei fatto bene.
L'aria nella stanza cominciò a farsi pesante ed il silenzio opprimente che c'era non aiutava affatto.
Capendo che altrimenti non avrebbe parlato, Nathan si decise a sedersi. Christian lo fissava ora dall'alto in basso, con il ciuffo appiccicato alla fronte e i vestiti bagnati appiccicati al corpo.
-Sono stato nei a Maidstone in questi giorni e... ci devo ritornare a breve- cominciò.
Non ero mai stata in quella città e dalla loro espressione confusa capì che nemmeno gli altri due ragazzi la conoscevano bene.
-Perchè?- Nathan sembrava essersi rassegnato e vederlo in quello stato mi provocò una fitta al cuore.
Perchè Christian voleva che anche io e James ascoltassimo? Perchè si ostinava a fare del male a Nathan?
-Perchè devo. Mio padre mi costringe- buttava fuori una frase poi si fermava ad osservare la reazione del ragazzo davanti a lui, che così facendo sembrava impazzire sempre di più.
-Mi stanno costringendo tutti in realtà e ormai non posso più fare nulla per cambiare le cose- ci fu un altro tuono assordante.
-Christian dimmelo- Nathan era un fascio di nervi mentre gli sguardi miei e di James continuavano a spostarsi sui i loro volti, non sapendo ormai più cosa pensare.

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Capitolo 27
*** Capitolo 26 ***


-Ero con Payson-
L'espressione di Nathan subito dopo fu indescrivibile. Il panico lo attanagliò da cima a fondo e garantisco che solo in quel momento capii quanto un amore possa distruggere, perchè Nathan aveva già capito, aveva capito tutto e sembrava aver perso il controllo di se stesso.
Ma non sapeva che la verità era ben peggiore di quella che lui si era appena immaginato.
Ricordai le parole di Marina "Io dico che è in fuga d'amore con Payson", "Magari stanno scopando proprio in questo momento".
Effettivamente scherzando aveva confessato che erano insieme ma nessuno le aveva creduto.
Personalmente l’avevo ritenuta una frase creata solo per ferire e per tirare in ballo "l'argomento Dylan". A quanto pare James non l'aveva nemmeno accennato a Nathan, ritenendola anche lui una cosa non vera e che l'avrebbe solo fatto stare peggio.
Quindi la scenata che Marina aveva fatto al parco non era veramente stata altro che tale, una scenata.
-Christian...- si alzò dal divano e si prese la testa tra le mani arruffandosi ancora di più i ricci.
-Nat non capisci la mia situazione...-
Sono certa che James lo avrebbe strozzato con la cintura dei suoi pantaloni se Nathan non avesse continuato: -Ok va bene, adesso è tutto come prima però, vero?- evidentemente non pensò alle parole che gli uscirono dalla bocca perchè io e il ragazzo biondo accanto a me ci guardammo non potendo credere che sarebbe stato disposto a perdonarlo in quel modo.
Ma a volte l'amore rende talmente folli da far prendere decisioni che feriscono anche se stessi e che gli altri non possono capire, che nessuno può capire finchè non si prova quel medesimo sentimento. Sarebbe stato disposto a perdonarlo pur di riaverlo nella sua vita, sorpassando tutto il male che gli aveva causato in quegli anni e che gli stava infliggendo in quel momento stesso.
-No Nat, non sarà più come prima- continuava a ripetere il suo nome ma forse avrebbe dovuto smetterla.
-Perchè no? La ami?- stavolta non poteva mentire, perchè Nathan lo fissava proprio in quelle iridi azzurre che lo stavano pugnalando.
Io e James nel frattempo speravamo che il terremo in un qualche modo ci assorbisse ma non ci azzardammo a muovere un passo.
-No, lo sai bene, ma ormai non posso tornare indietro-Mi stava facendo salire un nervoso assurdo con quelle frasi secche e senza senso e come se non bastasse il cellulare mi vibrava insistentemente nella tasca dei jeans, ma non avevo intenzione di rispondere in quel momento: già ero in tremendo imbarazzo e speravo che tutto finisse il prima possibile.
James continuava ad aggrottare le sopracciglia visibilmente confuso.
-Tornare indietro?- chiese Nathan tremante.
Ora che si era alzato nuovamente e si era avvicinato a Christian erano visibili i vari centimetri d'altezza che li separavano.
Si fissarono intensamente per alcuni secondi: è incredibile descrivere la forza di quel momento, come se delle scosse di elettricità attraversarono i loro corpi insieme.
-Payson è incinta-
Lo schiaffo che Nathan gli mollò mezzo secondo dopo posso confermare che gli lasciò il segno per numerosi giorni.
-COSA?- urlò James con voce assai poco virile, non riuscendo a trattenersi.
La mia mascella probabilmente giaceva già al suolo.
Vari momenti dei mesi precedenti mi attraversarono la mente: Payson che non beveva alcolici, che non fa la gara di corsa proposta da Noelle, che non partecipa al gioco in montagna e che poi sparisce.
Ora tutto aveva leggermente più senso.
Come avrebbero potuto risolvere? Come sarebbe potuto tutto tornare come prima?
Ero arrabbiata io per loro ma soprattutto non riuscivo a credere che Christian l'avrebbe potuto ferire in questo modo.
Io li avevo visti, quel giorno sulla panchina, lontano da tutti e tutto: non poteva finire così.
-Chris ma che cazzo stai dicendo?- James si era avvicinato mentre Nathan aveva fatto alcuni passi indietro, sempre più sconvolto, non curandosi più di trattenere le lacrime.
-Adesso lo sai, però stanne fuori- gli rispose lui bruscamente e James decise di non opporsi ulteriormente.
-Perchè?- chiese Nathan incrociando le braccia. La sua voce risuonò vuota.
-Non era ciò che volevo...-
-Intendo perchè sei andato con lei?-
-Perchè pensavo fosse giusto così. Pensavo che la cosa giusta fosse stare con lei...-
-La cosa giusta!? Christian sono anni che stiamo insieme in segreto! Pensavo che prima o poi l’avresti superata! Pensavo che saremmo potuti andare oltre alle opinioni dei tuoi amici del cazzo e di tuo padre!- onestamente preferivo vedere questo Nathan che reagiva, che si incazzasse anche, piuttosto del vuoto desolante di poco prima.
-Io sì! Ma non lo vedi gli altri come ci guardano? Non lo vedi che... vorrebbero solo che sparissimo dalle loro vite?- quelle parole stavano lacerando Nathan in un modo indescrivibile e io pregavo solo che Chris la smettesse.
-E non mi avresti detto niente se lei non fosse rimasta incinta, giusto?-
-Te lo avrei detto-
Nathan sollevò il capo annuendo ma lasciando intendere che non ci credesse affatto.
Passarono altri secondi di straziante silenzio.
-Quindi cosa hai deciso?- al pronunciare quella frase gli si spezzò definitivamente la voce, terrorizzato dalla possibile risposta.
-Io non ho deciso niente. Lei vuole tenerlo e mio padre mi costringe a prendere le mie responsabilità del cazzo e ad andare a stare da lei-
-Smettila di dare tutta la colpa a tuo padre! E smettila di fingere di non accorgerti che è J.C. che sta facendo tutto questo! È stato lui a dire a tuo padre di noi, chi cazzo pensi ci abbia scattato quella foto? E ammetti che sai che sarà lui che sicuramente ti metterà nei casini con i genitori di Payson accusandoti che sò... magari di stupro... e magari ci riesce anche considerando i tuoi precedenti con la droga! E al di là di tutto ciò che questo comporterà rimane il fatto che tu sei stato con lei, che mentre mi promettevi che insieme saremmo riusciti ad affrontare qualsiasi cosa, che questi anni sarebbero passati, tu ti scopavi quella! Che lo sanno anche i muri ormai che è innamorata di te-
Ero veramente scioccata, era peggio di essere dentro uno straziante telefilm anni '90.
A quelle affermazioni Chris non ribattè, consapevole di non poter fare nulla per placare la rabbia di Nathan, il quale dopo poco sussurrò un'altra frase: -Mi hai tradito Chris. E non me ne frega un cazzo se eri ubriaco, drogato o che so io perchè so che non è stato per quello-
Ci fu nuovamente silenzio per almeno un minuto, nel quale Chris probabilmente stava congelando dato che era ancora completamente bagnato, James si stava rosicchiando le unghie in modo quasi isterico e io semplicemente ero in un angolo ad osservare il tutto, con ancora il cellulare che vibrava nella tasca. La curiosità prevalse e indiscretamente lo estrassi leggermente in modo da vedere chi mi cercava con tanta insistenza: Clover.
Doveva essere successo qualcosa ma come potevo andarmene proprio in quel momento? Inoltre avevo appena finito i fazzoletti e non sapevo come fare: non volevo interromperli per i miei stupidi problemi.
-Non possiamo essere sicuri sia stato J.C. a dirglielo- fu tutto ciò con cui obiettò Christian distogliendo lo sguardo.
-Chris?- lo richiamò Nathan.
-Dimmi- si fermò rassegnato di fronte a ciò che il riccio gli stesse per dire.
-Non tornare da me se non è per restare-
Detto questo uscì da quella stanza permettendo di nuovo a me e James di respirare.
-Allora- cominciò Christian voltandosi verso di noi. -Se una sola parola di quello che avete sentito...-
-Sì dai lo sappiamo, passa oltre- lo interruppe James, probabilmente per la prima volta; era furioso anche lui: dopotutto Nathan era il suo migliore amico.
Ma invece di incazzarsi come al solito, Christian in quel momento parve perso, come racchiuso all'interno di una bolla tutta sua: -Ok, dite a Thomas ciò che è successo con Payson e basta. Tu non dirlo alle tue amiche- e uscì anche lui lasciando soli me e James.
-Scusa devo fare una chiamata- e senza aspettare una risposta presi in mano il cellulare.
-Clover dimmi, che succede?-
-Aria puoi venire a casa mia?- stava piangendo.
-Cosa è successo?- James mi stava chiedendo spiegazioni ma io scossi la testa.
-Puoi venire da me?- continuò a ripetere lei.
Nel frattempo uscimmo dal capanno e ci dirigemmo verso la macchina, per fortuna la pioggia era cessata ma adesso c'era un gran pantano e mi sporcai completamente le scarpe, anche se in quel momento era l'ultimo dei miei pensieri.
-Centra J.C.?-
-No-
-Va bene arrivo subito- mi chiusi alle spalle la portiera, allacciai la cintura e pregai che non le fosse successo niente di grave.
Non riuscii a contare il numero di insulti che James dedicò a Christian nel solo arco di tempo che impiegammo per arrivare a casa di Clover.
-Non sapevo che Payson fosse innamorata di Christian- lo interruppi io formulando probabilmente la prima frase sensata all'interno di quella macchina.
-Sì, da sempre praticamente. E ovviamente Marina vuole che la sua migliore amica stia con chi ama no?- il tono che usò era più che sarcastico.
-Non se quel ragazzo è fidanzato e non ricambia- ribattei.
Lui fece un cenno di assenso staccando le mani dal volante per accendere l'aria condizionata. Possibile che non riuscisse a fare due cose contemporaneamente? Prima o poi con lui avrei fatto un incidente.
-James per favore tieni le mani sul volante che oggi devo risolvere troppe cose e non posso morire- lo ammonii.
-Non puoi fare nulla per loro-
-No, ma posso dare una spiegazione a mia madre del perchè sono sparita per mezza giornata e spero anche di riuscire ad aiutare Clover- sbuffai.
Il resto del viaggio lo passammo in silenzio, ma non fu quel silenzio opprimente che mi aveva creato disagio all'interno del capanno, fu quel silenzio che indicava normalità, che indicava che fosse normale che io fossi lì, in macchina con lui e che non dovessimo per forza parlare.
Ognuno pensava a suoi problemi da risolvere. Fu un qualcosa di stranamente piacevole.

-Ehi sei da sola in casa?- chiesi perplessa entrando nel piccolo appartamento di Clover.
Non stava più piangendo per fortuna ma gli occhi rossi l'avrebbero tradita, per non parlare dell'aspetto stanco che aveva.
-No, i miei sono in camera- si fermò sulla soglia aspettando che facessi le mie domande.
-Che cosa è successo?- a quel punto lei mi prese per il polso e mi trascinò in cucina chiudendo poi la porta e porgendomi un cellulare.
-Di chi è?- chiesi, non riconoscendolo in quello della mia amica.
-Di mio padre. Leggi questi messaggi-
La schermata mostrava una conversazione avuta con un numero sconosciuto che velocemente lessi poichè breve.
-Non è tua madre questa vero?- chiesi poco dopo appoggiando il cellulare sul tavolo.
-No-
Non sapevo cosa dire. Non mi era mai capitata una situazione del genere e sinceramente dal padre di Clover non me lo sarei mai aspettata, ma a quanto pare era la giornata dei tradimenti.
Mi appoggiai con le braccia ad una delle sedie attorno al tavolo piccolo e rettangolare e cercai di farle prendere la situazione con diplomazia.
Ora capisco del perchè chiamasse con così tanta insistenza, deve essere stato piuttosto scioccante scoprire una cosa del genere.
-Parla con lui. Cioè è davvero l'unica cosa che mi viene in mente-
-Come posso parlargli? Con che coraggio gli dico che, già sospettando, ho voluto controllare il suo cellulare?- stava per ricominciare a piangere ma io per quel giorno ne avevo avuto abbastanza di lacrime di persone deluse e ferite.
-E perchè non me ne hai parlato? Clover so che questa situazione è bruttissima però è la sua vita perciò secondo me dovresti parlarci perchè magari noi che non sappiamo niente stiamo drammatizzando. Magari anche persone che si amano da impazzire possono commettere sbagli, ciò non significa che sia tutto finito- l'ultima frase era proprio casuale eh.
-Ok, e se parlandogli mi conferma tutto? Cosa faccio? Lo dico a mia madre?-
-No Clover, restane fuori. Sono adulti e risolveranno da soli. Ma è giusto che tu abbia una spiegazione, perchè sei sua figlia-
Lei annuì e sembrò calmarsi un po'.
-Dai rilassati adesso che magari non è nulla di cui preoccuparsi- le posai una mano sulla spalla con fare rassicurante e poi l'abbracciai.
-Perchè non mi hai risposto per un'ora?- cambiò argomento e se da un lato fu una fortuna, dall'altro non seppi davvero cosa rispondere.
-Ero a fare un giro con James, scusami- non era il caso in quel momento di tirare fuori la verità, non mi sembrava l'argomento migliore per distrarla.
-Sono davvero contenta che le cose tra voi vadano bene-
E’ una atteggiamento normale che le persone che sono appena state ferite reagiscano da vittime, pensando che tutto nella loro vita vada male e che al contrario quella degli altri sia perfetta?
Pensiero più sbagliato non poteva esserci dato che la mia giornata era stata tutt'altro che perfetta.
A volte anche essere un semplice spettatore esterno non è piacevole: non è bello subire, anche se indirettamente, le sofferenze altrui.
-Avete già cenato giusto?- mi chiese.
-Sì sì certo- mentii, omettendo che eravamo letteralmente volati sull'asfalto per correre a casa sua; non volevo crearle inutile disturbo in quel momento. Non era un problema saltare un pasto.
-Resti a dormire da me?- raramente l’avevo vista così triste.
-Certo che rimango. Dammi due minuti che dico a mia madre che sono ancora viva-
Quella notte fu abbastanza strana.
Clover ogni tanto piangeva, la sentivo perchè non ero riuscita a chiudere occhio per un motivo o per l'altro, oltre al fatto che l'allergia non accennava a darmi tregua. Continuavo a pensare a quanto distrutto potesse essere Nathan in quel momento, a che notte tremenda doveva star passando. Christian era bravo a mascherare i sentimenti, come me, e proprio perchè mi assomigliava da quel lato sapevo che in realtà dentro se stesso stava implodendo. Urlava di rabbia, rabbia verso se stesso: vedere che era riuscito a far soffrire così tanto il ragazzo che amava ero certa lo avrebbe potuto portare a compiere un qualche atto di pazzia. Mentre mi rigiravo nel lenzuolo mi venne in mente il sogno strano che mi aveva fatto svegliare a casa di Marina: Christian che urlava incazzato (stranamente) e tutti i suoi "amici" intorno che si contorcevano e lamentavano come sofferenti a causa di un invisibile incantesimo.
Anche Clover doveva avere la testa piena di confusione, era normale.
Era estremamente legata alla sua famiglia.
Si era avvicinata a me nel letto nonostante fosse abbastanza grande per tre persone ma non disse nulla per tutte quelle ore anche se avevo la sensazione sapesse che anche io fossi sveglia.
Aveva un carattere talmente fragile in certe situazioni che mi faceva desiderare di essere abbastanza forte per entrambe.
Qualche ora probabilmente riuscii a dormire, ma comunque fu un sonno alquanto disturbato.
La mattina successiva, verso le nove, mentre ero intenta a fissare il soffitto bianco, un acuto brontolio del mio stomaco interruppe il silenzio nella stanza.
Mi toccai la pancia imprecando tra i denti e sentii la mia amica tremare contro di me, segno che stava ridendo. Fortuna che ero con lei, che imbarazzo se fosse stato James.
Non dire cazzate Aria, tu non condividerai mai un letto con James Hall.
Sospirai. Aprì gli occhi e mi si avvicinò: -Vuoi parlare di Noelle?-
Non mi aspettavo quella proposta.
-Non credo ci sia ormai più niente da dire-
-Invece sì che c'è- si limitò ad affermare lei.
Sospirai di nuovo.
-Ho paura che non stiamo più solo litigando. Ho paura che sia finita davvero stavolta-
-Infatti è finita-
Mi voltai a guardarla chiedendo spiegazioni.
-Aria dai... ammettilo a te stessa. Le si è fulminato il cervello nell'ultimo periodo solo che tu con lei hai sempre avuto le famose fette di prosciutto sugli occhi- mimò le virgolette e proseguì: -Sono cadute nell'ultimo periodo perchè era troppo evidente-
-Marina le ha fatto il lavaggio della tes...-
-No vedi Aria! È cominciato prima di Marina e degli altri. Pensaci-
Rimasi in silenzio. Lei la conosceva da molto molto meno tempo di me e il fatto che parlasse così mi irritava.
Tuttavia non potevo darle completo torto.
-Quindi dove ho sbagliato?- chiesi.
-Non hai sbagliato. O forse sì. Ma il punto è che le persone cambiano. E lei è cambiata. Non è necessario farne una colpa totale a te o lei-
Vedendo che continuavo a rimanere zitta fissando l'armadio davanti a me si alzò sui gomiti e riprese: -Mi dispiace, sul serio. So che era la tua migliore amica- e detto questo si avvicinò a me e mi abbracciò e io l'unica cosa che feci fu ricambiare il suo gesto.
Avrei dovuto rendermene conto prima che il vero motivo per cui Clover si era sempre fatta andare bene Noelle ero io.
Decidemmo di non uscire e quindi di non andare nel nostro solito bar ma di arrangiarci per la colazione con quello che avremmo trovato frugando nella dispensa: cereali e latte potevano bastare. Fregandomene dell'avvertimento di Chris, e vedendola decisamente più rilassata e tranquilla, le raccontai ciò che era accaduto veramente il giorno prima e recuperai anche la storia del semi rapimento di James.
-Quindi suo padre è omofobo o qualcosa del genere?- chiese alla fine addentando un biscotto al cioccolato.
-A quanto pare. Nathan sostiene che è stato J.C. a dirgli tutto- aggiunsi.
-E come ha fatto? È andato da lui e gli ha detto che suo figlio, che si è degnato di incontrare solo meno di un anno fa, se la fa con uno? Perchè avrebbe dovuto credergli? E perchè fare tutto questo? Solo perchè non gli piace Nathan?- decisi di rispondere con ordine a quella raffica di domande.
-Sempre Nathan sostiene che sia stato J.C. a scattargli la foto e consegnarla al padre come prova  e forse sì, forse è per il semplice fatto che non si fa andare bene la storia con lui- finii di trangugiare la mia colazione.
-Non sono convinta di questo Aria. Non solo è una motivazione troppo debole per J.C. ma credo anche ci sia di più sotto... Ad ogni modo Christian è per caso pazzo? Andare con una solo perchè te lo dicono gli altri...-
-Nella sua mente strana e contorta può avere senso... Pensa che tutti gli siano contro, che tutti lo ostacolino ad avere ciò che realmente vuole e così ha pensato di andare con una tipa che è da sempre innamorata di lui, poi però si è pentito ed è tornato da Nathan, solo che in mezzo ha fatto una gran cazzata- in verità sapevo bene che non era così semplice.
-Se ami non tradisci- fu il semplice ed inespressivo commento della mia amica, intenta a fissare il suo vassoio.
-Va beh, ho capito che non stiamo più parlando di loro- commentai mentre lavavo la mia tazza.

Appena misi il naso fuori dalla porta del condominio di Clover per tornare a casa mi accorsi che stava nuovamente piovendo.
Eravamo state talmente prese dalla conversazione da non accorgerci nemmeno del fastidioso rumore; non che la pioggia non mi piacesse, ma non si può negare che porti un velo di tristezza con se.
Appena venni a contatto con quell'odore acre starnutii. Maledettissima allergia.
Mi tormentava sempre verso l'estate ma nè io nè i medici avevamo una chiara idea del perchè.
Rientrai nell'atrio dell'edificio e pensai ad una soluzione. Per quel che ricordavo Nathan andava in palestra al venerdì mattina tardi... molto bene. Ero proprio sfacciata dopo quello a cui avevo assistito ieri ma composi il numero e per la milionesima volta chiesi se poteva darmi uno strappo. A mia discolpa posso giurare che lui mi continuava sempre a ripetere che non c'era nessun problema e non si era mai dimostrato minimamente scocciato.
-Certo Aria, tanto sono di strada. Sto per uscire dalla palestra- Nathan era la persona più disponibile che avessi mai incontrato nella mia vita.
Ci mise un po' ad arrivare e quando salii in auto mi provigiai nelle mie scuse: -Nathan giuro che è l'ultima volta che ti chiamo, solo che pioveva e ho questa allergia...-
-Lo sai che non c'è nessun problema, mi fa piacere aiutarti, visto che tu aiuti me-
-Veramente io non posso fare molto...- purtroppo era vero.
-E’ un problema se facciamo una piccola deviazione? Mentre sono andato ad allenarmi mi sono dimenticato di consegnare della roba di scuola ad un amico, mi aspetti un minuto in macchina?- mi chiese estraendo le chiavi.
-Sì sì nessun problema-
Poco dopo ci fermammo all’angolo di una via.
Stava per uscire quando si fermò e, incurante che con lo sportello aperto entrava tutta la pioggia, con un'espressione talmente seria che quasi mi spaventò, mi chiese: -Aria... tu credi che Chris mi ami?-
Nessuna domanda che mi era stata posta nei miei diciassette anni di vita mi aveva spiazzato così tanto.
La risposta immediata che irrazionalmente mi apparve in testa fu "boh".
-Non potremo mai sapere chi ci ama veramente se non fidandoci di quella persona- non avevo idea di cosa avessi appena detto. Mi aveva colta un po' alla sprovvista ma sperai che la frase suonasse colta e gli bastasse.
Lui annuì sorridendomi ed uscì in fretta dalla macchina.
Gli ero stata utile come una birra senza alcool: avrei potuto sforzarmi meglio.
Per tutto quel tempo avevo trattenuto un altro starnuto che però non riuscii più a fermare. Mi serviva un fazzoletto al più presto, così cominciai a rovistare nella macchina scaraventando varie cianfrusaglie, ma non trovando nulla di utile decisi di aprire il cruscotto e vedere se potevano essere all’interno.
Ma quello che mi si presentò davanti agli occhi mi spiazzò completamente: una pila di giornali erano appoggiati alla rinfusa in quel piccolo spazio e sull’ultimo in cima la carta era tutta increspata: una sostanza azzurro chiarissimo si era ormai asciugata. Ma la cosa che più mi creò panico furono la forma di quelle macchie bluastre: una riga e un cerchio confusionario.
In altre parole una cannuccia e un bicchiere.
Richiusi il cruscotto alla velocità della luce.
La prima cosa che feci fu verificare che non mi avesse bloccata all'interno dell'auto ma la portiera per fortuna si aprì senza problemi. Una volta calmata cercai di trovare una soluzione logica.
Una spiegazione ci doveva essere.
Perchè fare una cosa simile a Taïsse?
Che diamine stava succedendo?
Sobbalzai quando lui riaprì la portiera: non l'avevo nemmeno visto tornare
-Tutto ok?- mi chiese vedendomi un po' tesa.
-Sì sì no tutto a posto... ero sovrappensiero-
Cosa aveva fatto Nathan quella sera?
Aveva guardato la partita, aveva ammirato di nascosto Christian... e si era offerto di dare una mano con i bicchieri! Per primo! Però ricordavo, anche se molto vagamente, che fosse davvero spaventato quando Taïsse non era più riuscita a respirare. Forse non si aspettava che quel veleno fosse così potente... o forse qualcuno aveva messo gli oggetti incriminati nella sua macchina a sua insaputa.
Quando scesi davanti alla mia villetta mi sembrò fosse passato un secolo dall'ultima volta in cui ci avevo messo piede; in realtà era solo poco più di una giornata, ma erano state ore parecchio intense e ciò che era successo pochi minuti prima mi aveva confusa ulteriormente.

Io e Clover facemmo numerose congetture sugli ipotetici piani oscuri di Nathan e sul suo presunto odio verso Taïsse. Non ne facemmo parola con nessuno. La situazione era avvolta in un nube di alto mistero, primo fra tutti la vittima, che non sembrava centrare nulla nei loro drammi in confronto a Marina, J.C., Payson...
Ad ogni modo la settimana passò non molto movimentata, tra un'uscita con Chandler (amichevole come d'accordi), serate in pizzeria e giri alla pista con James, fin quando il weekend successivo Thomas propose di trascorrere una giornata al mare.
E così, in poche ore, io, Clover, James, Thomas e Nathan avevamo raggiunto una spiaggetta non troppo lontana da Hastings.
Ovviamente Marina, Noelle e gli altri non erano più i benvenuti, soprattutto ora che anche Thomas era venuto a conoscenza di tutto ciò che era accaduto. La mia ormai ex amica non si era più fatta sentire e per quanto Clover insistesse sul lasciarla andare, io ancora non mi ero arresa e le avevo inviato numerosi messaggi, senza mai ottenere risposte.
Thomas aveva approfittato di quel giorno per farci conoscere la sua nuova fidanzata, Sophia.
Clover mi fece notare che era la stessa ragazza dai lunghi capelli ricci con cui lo avevamo visto ballare durante la festa della scuola: a quanto pareva i suoi impacciati tentativi di flirt per una volta erano andati a buon fine.
C'era anche Gemma quel giorno, la sorella di Nathan; a primo impatto pareva una ragazza spontanea e divertente, i suoi capelli erano tinti di blu e indossava la maglietta azzurra dei The Fray e perciò mi risultò subito simpatica.
La mattinata trascorse relativamente in fretta. Alcuni fecero il bagno in mare ma io e Clover, non essendo amanti dell'acqua, preferimmo fare qualche partita a biliardino con Gemma, che ci stracciò tre volte nonostante la disparità numerica.
-Ah! Vi ho proprio massacrate!- esclamò lei ridendo dopo il decimo gol.
Io e la mia amica ci lanciammo una rapida occhiata e ammetto che un risolino scappò ad entrambe.
Già poco prima quando i ragazzi ci avevano annunciato che sarebbero andati a farsi un tuffo Clover si era lasciata scappare a voce non poi così bassa "State attenti che Nathan non vi affoghi tutti!"- al che io le avevo tirato una piccola gomitata nel fianco.
Prima o poi ci avrebbero beccate.
Naturalmente eravamo ancora perplesse ad additare Nathan come un pazzo psicopatico ma certo le prove da me trovate non erano a suo favore.
La situazione sembrava proprio non riuscire ad avere risposte concrete per noi... fino al quel pomeriggio, in cui finalmente riuscii a fare due più due e capire cosa fosse successo realmente in quella ormai fantomatica serata al Kristal.

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Capitolo 28
*** Capitolo 27 ***


-Entriamo in quella libreria?- Gemma si fermò di scatto e corse davanti al vetro del negozio come attratta da una forza invisibile.

-Va bene dai- l'assecondò Nathan.

Entrai anche io perchè fin da quando ero molto piccola avevo sempre avuto una grandissima passione per leggere: i libri mi affascinavano tantissimo. Come si poteva facilmente intuire entrando nella mia camera ero molto gelosa di quelli che possedevo, custoditi gelosamente e perfettamente in ordine di altezza sulle loro mensole. Gemma sembrava avere le mie stesse passioni e se non fosse stata di vari anni più grande di me, magari avrei potuto proporre di chiederle di uscire più spesso in compagnia con noi.
-Vi aspettiamo lì- ci informò Thomas indicando la gelateria di fronte al negozio di libri.
Annuimmo ed entrando mi diressi subito verso il mio settore preferito: i romanzi thriller. Nonostante a volte si faticasse a reggerli con una sola mano dalla gran quantità di pagine in esso contenute, se mi appassionavano ero capace di finirli in pochi giorni, con anche la voglia di ricominciarli dall'inizio. Noelle l'aveva sempre considerata una cosa senza senso. Nonostante il suo comportamento nell'ultimo mese mi aveva fatto più incazzare che altro, a volte mi mancava sul serio. D'altro canto lei non sembrava pentita di niente e la mia coscienza era pressochè a posto. Se lei non aveva più ritenuto la nostra amicizia come qualcosa per cui lottare, qualcosa per provarci fino alla fine, allora tanto valeva abbassare la testa e riconoscere che la fine era arrivata davvero.
Accarezzai le copertine dei libri fingendo potessero essere tutti miei; se qualcuno un giorno mi avesse regalato un grande libreria mi avrebbe resa la ragazza più felice sulla Terra.
-Scommetto che questi li hai letti tutti- mi sorrise Clover, che mi aveva seguita.
-Non proprio tutti in realtà-
-Allora dovresti provvedere... mmm... questo! Questo qua mi sembra ti possa piacere- mi mise tra le mani un libro la cui copertina garantisco avrebbe inquietato qualsiasi persona.
-Ehm... perchè pensi mi possa piacere questo?- le chiesi perplessa.
Davo davvero un'immagine così macabra di me?
-Perchè ti conosco Aria- mi rispose sorridendo... in un modo strano, diverso dal solito, ma non ci feci più di tanto caso.
-Ehi Nathan! Questo non è il fumetto che avevi prestato a quel coglione di J.C.?- urlò Gemma da uno scaffale di distanza sventolando un libricino che aveva lo spessore di una sottiletta.
Infatti mi era parso strano che un cervello di gallina come J.C. potesse pensare di sfruttare il suo tempo leggendo.
-Sì ma non voglio parlare di lui ne sentirlo nominare- gli rispose sbottando il fratello avvicinandosi.
Io feci spallucce rivolta a Gemma dato che mi aveva lanciato uno sguardo, poi lei sorrise e continuò: -Dai Nathy fregatene di lui! Vivi la tua vita-
-Vivrò la mia vita cercando modi per ucciderlo. E non chiamarmi più così-
-E io ti aiuterò Nathy, tanto tutti vorrebbero uccidere Jaden Castillo- le scappò da ridere e si avviò alla cassa carica di almeno quattro romanzi.
-Ma che dialogo interessante- commentò Clover al mio orecchio.
-Lo so che Nathan odia J.C. ma rimane sempre il punto che non si capisce come alla fine abbia colpito un'altra persona- le risposi.
-Meglio far fuori tutti così non si sbaglia- scherzò lei.
-Ma la finisci? Taïsse è stata davvero male- ma comunque sorrisi mentre pagavo il libro che la mia amica sembrava essere convinta mi sarebbe piaciuto da matti, per poi raggiungere gli altri alla gelateria e mettermi in fila per prendere il mio milk-shake al cioccolato.
Una volta che ebbi pagato e mi fu consegnato il frappè allungai la mano per prendere una cannuccia dal contenitore appoggiato sul bancone contemporaneamente ad Nathan, sfiorandoci così le dita.
Ne sceglierà una viola.
Un flash mi balenò nella testa.
Com'era possibile che io prima ancora che la toccasse sapessi già che avrebbe preso proprio quella?
Perchè l'avevo già visto.
L'avevo visto la sera della discoteca schifosa sulla spiaggia e anche durante la serata al Kristal... mi voltai come se il resto delle persone si fossero fermate nel tempo e fissai i miei amici. Erano seduti ai piedi di una piccola aiuola davanti alla gelateria e quasi tutti avevano preso una granita, a parte Gemma e Thomas. Parlavano normalmente, non accorgendosi che i miei occhi si stavano posando su ognuno dei loro bicchieri.
Improvvisamente tutto acquistò un senso.
Un uomo anziano mi colpì per sbaglio alla spalla facendomi ribaltare metà frullato per terra e sulle scarpe.
-Eh se non ti sposti...- dopo avermi lanciato un'occhiata di rimprovero uscì, inconsapevole che la mente della ragazza che aveva appena colpito stava mettendo insieme i pezzi di un puzzle che sembrava non volersi comporre.
Tornai dai miei amici e, dopo il sorriso di James, la ormai normalissima richiesta di Clover che chiedeva se tutto fosse ok mi accolse.
Le feci solamente un cenno di assenso.
Tuttavia stavo morendo dalla voglia di dirle tutto così le inviai un messaggio confermandole che Taïsse non era affatto la "vittima" predestinata.
-Nathan allora... sai qualcosa di Christian?- quella timida frase di Thomas mi riscosse e mi fece prestare attenzione alla conversazione.
Dato che il riccio sembrò tentennare un po' Thomas si sentì in dovere di spiegare: -James mi ha raccontato tutto e stai tranquillo, lei non aprirà bocca con nessuno- accennò con la testa a Sophia la quale in modo assai formale annuì.
Nathan lanciò un'occhiataccia di rimprovero a James per aver coinvolto anche il loro amico.
-Ho avuto l'autorizzazione da Chris Anderson in persona, chiedilo a lei- si difese.
-Sì, è vero- confermai. Non avevo tempo per quella conversazione, scalpitavo per restare da sola con Clover. Perchè non potevamo leggerci nella mente? Sarebbe stato molto comodo.
-Sta bene. È con Elliot e Payson a Maidstone, ma non so bene dove- Nathan non avrebbe potuto apparire più triste e arrabbiato quel giorno. Nella libreria avevo avuto paura che da un momento all'altro scaraventasse per aria una qualche pila di romanzi, anche se pensandoci poi non sarebbe stato un gesto molto da lui. Anche se ormai non ero più sicura di conoscerlo così bene.
-Non ti ha ancora detto di preciso dove si trovano?- domandò ingenuamente James.
Fu Gemma a rispondergli: -No, perchè senò il mio fratellino correrebbe da lui, il quale evidentemente non vuole essere trovato- si sedette di fianco a suo fratello circondandogli le spalle con un braccio.
Sembrava prendere la situazione alla leggera, quasi non li considerasse drammi seri.
Non era sicura se lo facesse per mostrare la sua “esperienza” maggiore nella vita o se davvero non capisse cosa provava il fratello.
-Chi è Elliot?- chiese Sophia, togliendo Nathan dal velo di imbarazzo creatogli dalla sorella.
-È il suo migliore amico- le rispose semplicemente, poi proseguì: -Sono sempre insieme, fin da quando erano alle elementari-
-Sei geloso di lui eh- Gemma continuava scherzarci.
Forse era per sdrammatizzare un po' o forse perchè era certa che tutto si sarebbe sistemato.
-No, di lui no- borbottò Nathan per tutta risposta.
Approfittai di quel momento di silenzio per dare un forte colpo di tosse attirando subito l'attenzione della mia amica. Le feci intendere di guardare il cellulare.
Dopo aver letto il messaggio i suoi occhi si puntarono subito nei miei esigendo spiegazioni, ma sapeva che doveva attendere.
Passammo complessivamente una bella giornata, entrammo in non so quanti negozi e comprammo non so quanti costumi, anche se l'estate era ormai giunta alla sua metà.
Clover le tentò tutte per appartarsi con me e farsi spiegare ma puntualmente qualcuno si piazzava in mezzo all'inizio della conversazione.
Inoltre purtroppo nessuno riuscì a far sorridere Nathan: sembrava davvero come... svuotato, senza emozioni.
James mi raccontò che non aveva alcuna intenzione di venire con noi al mare quel giorno, solamente l'intervento di Gemma l'aveva convinto, anche se a dirla tutta era stato praticamente trascinato a forza. Insomma, per quanto sua sorella e i suoi amici cercassero in tutti i modi di distrarlo, Nathan sembrava aver perso la voglia di vivere e il dolore, mischiato alla consapevolezza di non poter nulla contro ciò che stava accadendo nella sua vita, avrebbe potuto portarlo a compiere qualcosa di ancora peggiore...
Da me: Nathan voleva davvero avvelenare J.C., non Taïsse, per questo era così disperato quando ha visto il suo errore
Questa fu la prima cosa che sparai fuori a Clover quando ci sedemmo in treno per tornare a casa, una accanto all'altra, ma continuando comunque a usare i telefoni.
Da Clover: spiegati meglio
Da me: si è offerto di aiutare Noelle per riuscire a mettere il veleno nel bicchiere con la cannuccia nera perchè sapeva sarebbe stato quello di J.C., ed io infatti l'ho visto fare una strana smorfia quando ha preso in mano il bicchiere che aveva davanti: perchè non aveva la sua solita cannuccia. Non hai fatto caso che usano tutti sempre lo stesso colore?
Da Clover: allora perchè Taïsse l'ha preso?
Da me: secondo me perchè è una cosa che fanno solo i ragazzi e o non sa questa cose o magari non gliene fregava niente. Oppure perchè stava parlando con noi e non ci ha pensato... non so
Da Clover: ci sta, è logico. Quindi Nathan voleva uccidere J.C.? È da denunciare Aria
Da me: Taïsse non è morta e non credo abbia sbagliato la dose. Per me ha volutamente scelto qualcosa che facesse stare molto male ma non causare la morte.
Da Clover: e perchè?
Da me: probabilmente lo avrebbe minacciato in seguito oppure era quello il suo intento e basta
Da Clover: indica comunque che è uno psicopatico.
A fine conversazione alzammo in contemporanea la testa e scoprimmo che tutti ci stavano fissando dato che entrambe stavamo scrivendo spingendo i tasti alla velocità della luce e non staccando gli occhi dal telefono da un po’ ormai.
Avevano intuito benissimo stessimo parlando tra di noi ma nessuno disse niente.

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Capitolo 29
*** Capitolo 28 ***


Da Clover: ti va un giro?
Da qualche giorno non ci vedevamo; dopo la mia scoperta su Nathan avevamo discusso parecchio su come fosse giusto agire. Inutile dire che lei sarebbe corsa subito alla polizia ma io non volevo: in quel modo avrei perso tutto ciò che di bello avevo guadagnato in quegli ultimi mesi. Avrei perso James e Nathan stesso, avrei ricevuto minacce da Elliot e Christian e in generale sarebbe scoppiato il caos nella mia vita. Per non parlare del fatto che se le mie ipotesi si fossero rivelate errate avrei anche sicuramente ricevuto una denuncia per calunnia.
Clover l'aveva presa parecchio male, addirittura accusandomi di ciò che sarebbe potuto succedere se la disperazione di Nathan fosse degenerata. Ma alla fine aveva ovviamente lasciato a me la scelta finale, che gravava ora tutta sulle mie spalle.
Non stavo facendo nulla di particolare quando mi arrivò il suo messaggio quindi, nonostante i tuoni, mi preparai in fretta e la raggiunsi nel parchetto vicino a casa sua in cui ci eravamo date appuntamento.
Prima ancora di attraversare il piccolo cancello grigio del parco la vidi seduta su un panchina con la testa china. Mi sembra già troppo tempo che non la vedevo. Mi avvicinai: -Ehi ciao, senti ti devo dire una cosa- esordii scendendo dalla bici e appoggiandola al palo della luce.
-Anche io... ma prima tu- il tono in cui lo disse non mi piacque molto.
-È successo qualcosa con tuo padre?- fu il primo pensiero che mi attraversò la mente.
-No, non ci ho ancora parlato, dimmi-
-Senti io pensavo di dirlo almeno a Taïsse, nonostante sia matta credo sia giusto e poi...-
-Aria- mi interruppe. Le tremò la voce e non mi guardava.
A quel punto mi preoccupai seriamente. Se non era per i suoi genitori o per il gruppo, cosa poteva essere?
-Cosa succede?- mi sedetti sulla panchina accanto a lei. Non c'era nessuno nel parco con quel tempo, sentivamo solamente lontane le macchine che passavano dalla strada.
-Dopo quello che sto per dirti non vorrai più essere mia amica-
Il magone cominciò a salirmi alla gola e una scarica di panico mi attraversò: se avessi perso Clover avrei perso definitivamente tutto.
Lei era diventata in poco tempo l'amica che mi capiva, che sapeva tutto di me e tutto accettava.
-Cosa hai fatto?-
Si guardava le scarpe e si ingarbugliava le mani. Cominciavo davvero a comprendere Nathan quando cercava di capire Christian che non accennava a parlare.
Poi pian piano cominciò: -Allora io in questi giorni ci ho pensato e ho deciso di dirtelo non so bene perchè in realtà- parlò velocissimo e faticai a starle dietro, la mente che ormai correva a orribili scenari. Cominciavo seriamente a temere che c'entrasse con la storia del Kristal o che fosse qualcosa riferito a Noelle.
-Va bene ok. Dimmelo- stavo cercando di rimanere il più calma possibile.
-Io penso, ma è un pensiero molto sottile, di provare qualcosa per te-
La mia bocca si aprì per dire qualcosa ma poi si richiuse. Più di una volta.
Decidendosi finalmente a guardarmi proseguì: -Non lo so eh non sono sicura però sento qualcosa-
Rimasi in assoluto silenzio aspettando che aggiungesse qualcosa rivelando lo scherzo.
Fui completamente incapace di trovare qualcosa da dire.
Ma i secondi passarono.
-Aria?- mi richiamò lei spostandosi in avanti.
-Sì, cioè... sei seria?-
Lei annuì.
Ormai non era più un velato senso di angoscia il mio, era proprio panico.
La mia mente formulò subito due domande: E quindi? Questo cosa comporta? ma se le tenne per se.
Mi alzai di scatto, giusto per dare al mio corpo qualcosa di sensato da fare.
-E tu credi che dopo questa tua frase io non voglia più essere tua amica? Clover ma cosa stai dicendo? Mi conosci e penso tu abbia capito che sei importantissima per me quindi seriamente pensi che ti lascerei andare via da me per questo?- stavo urlando in mezzo al parco, ma per fortuna i boati dei tuoni rendevano la mia voce un po' meno stridula e alta. Clover mi aveva sempre detto tutto, confidandomi ogni suo minimo stato d'animo e talvolta credeva di essere convinta di un qualcosa che in realtà non esisteva. In questo caso non stavo trovando nessuna motivazione sensata del perchè me lo avesse detto: non solo io non la finivo mai di blaterare di James ma lei non ne era nemmeno sicura in quel momento. Perchè doveva lasciarsi così tanto trasportare da ogni minima emozione?
-Non credo... però non so cosa pensi- non sapeva cosa aggiungere e capii si fosse pentita del coraggio che doveva aver raccolto in quelle ultime giornate.
A grandi falcate raggiunsi il palo della luce e slegai la bicicletta mentre le rispondevo: -Va bene Clover se tu non sai cosa penso di fare dopo questa cosa che hai detto allora non so che cosa aggiungere- ero veramente infastidita e agitata. Dopo ciò che era successo con Noelle lei pensava che poteva finire anche tra me e lei in questo modo. Non avevo nemmeno capito se voleva o no continuare a considerarmi amica come prima e io non osavo chiedere.
Lei mi raggiunse con le mani in tasca e ormai battendo i denti dal freddo; credo che già qualche goccia stesse cadendo ma non ci feci caso.
-Ma perchè non ti concentri su quello che ho detto invece che sulle conseguenze?- mi chiese.
-Io ho capito quello che tu mi hai detto ma non capisco come vuoi che reagisca-
-Come farebbe Aria Evans, ovvero accettare gli eventi e andare avanti come sempre. Non ti ho detto che ti voglio uccidere ma solo che ti ammiro molto diciamo- mi sorrise piegando la testa di lato.
Stava già cambiando versione tuttavia il suo sorriso unito alla frase appena pronunciata mi calmarono un poco.
-Allora domattina alle dieci ci vediamo nel bar sotto casa mia e ordiniamo torta alle mele e un frappuccino in perfetto stile Starbucks, va bene?- sapevo fosse la sua colazione preferita.
-E anche una fetta al cioccolato e il succo alla pesca- aggiunse lei. -Vedi? Non è difficile-
Non avevo ben capito quale piega avesse preso la conversazione nè come fosse finita tuttavia lei si voltò in direzione di casa sua così io salii a bordo del mio mezzo a due ruote e scappai fuori dal parco. Le gocce cominciarono a cadere sempre più velocemente e mai niente mi sembrò così surreale.

Mentre tornavo a casa la mia mente fu invasa da milioni di pensieri: primo fra tutti svettava il bacio che le avevo dato la notte in cui scoprimmo di Nathan e Chris. Poi ripensai alla conversazione di pochi minuti prima e a quanto dovessi essere parsa insensibile ai suoi occhi: non le avevo nemmeno detto niente in merito ai suoi presunti sentimenti, mi ero di nuovo solamente concentrata su come non rischiare che qualcosa cambiasse la mia vita. Non le avevo fatto le mille domande che in quel momento non mi davano pace, prima fra tutte perchè? ed ero anche consapevole che probabilmente non avrei mai più ottenuto delle risposte. Ero talmente frustrata verso me stessa che quando sentii attraverso il ticchettio della pioggia la vibrazione del mio cellulare per poco con sterzai contro il muro di una casa. Una volta afferrato il cellulare dalla borsa vidi che James mi stava chiamando. Feci scorrere il dito sul touch e risposi: -Ehi dimmi-
-Oh Aria ciao! Senti io e Thomas mentre tornavamo a casa dopo una lunga sessione di studio in biblioteca- e sentii Thomas negare vivamente in sottofondo -abbiamo visto te e Clover al parco sotto alla pioggia. A parte chiederci cosa stavate facendo ci è venuto in mente che se volete potete venire da me a fare quella partita a Call of Duty di cui parlavamo l'altro giorno!-
In tutto questo Thomas brontolava in sottofondo che se ne stava andando e che ci avrebbe giocato da solo.
Nel frattempo io stavo sbandando da tutte le parti perchè con la pioggia negli occhi, il telefono in mano e l'asfalto bagnato non riuscivo a comandare affatto bene la mia bici.
-Clover è già andata a casa- risposi solamente.
-Ah... beh se vuoi l'invito è valido anche solo per te! Tanto con questo tempo andresti a casa a fare degli stupidi compiti!- era certamente un'occasione ma ero anche ancora sopraffatta da ciò che era appena successo.
Stavo per aprire bocca quando con la gomma anteriore della bicicletta slittai contro il piccolo scalino del marciapiede e dopo vari ondeggiamenti volai dritta sul cemento. Fortunatamente riuscii a mettere le mani a terra in tempo ma sfregai comunque molto forte un ginocchio e un gomito. Per un istante cercai di constatare i danni poi sentii la bici cadermi addosso e il manubrio colpirmi alla testa.
-Aria? Aria? Sei caduta? Tutto ok? Aria?- seguendo la voce di James rintracciai il mio cellulare, finito ai bordi di una siepe.
Una signora con l'ombrello a pois appena uscita dalla lavanderia attraversò la strada per controllare fossi tutta intera.
Mi risollevai sulle gambe e ringraziai la signora; fu alquanto stupita quando vide la mia sincera preoccupazione nel valutare i danni del telefono, quasi più dei miei. Ma d'altronde lei non sapeva che avevo appena fatto una figura coi fiocchi con il ragazzo che mi piaceva.
-Sì James sono viva. Ho fatto un volo ma sto bene. Cazzo-
-Cosa è successo?- mi chiese sentendomi imprecare.
-Mi è anche caduta la catena della bici-
-Vedi è destino: io sono un perfetto aggiustatore di catene di biciclette, il migliore in città. Se sei vicina vieni a piedi altrimenti ti vengo a prendere-
-Sono vicina... dai arrivo a piedi- non ero mai stata a casa sua ma ovviamente sapevo dove si trovasse.
Sperai davvero fosse solo, senza i suoi genitori, perchè peggio di come ero messa non si poteva essere conciati: completamente bagnata, la matita colata sulle guance, le sbucciature e i graffi contornati da sangue coagulato e pezzettini di marciapiede.
Con la pioggia inoltre avevo ripreso a starnutire e ad avere il naso rosso come un pezzo di peperoncino.
Appena mi vide scoppiò a ridere e io non potei che fare altrettanto, nonostante il gran nervoso.
Dopo che, effettivamente in poco tempo, mi ebbe sistemato la bici, mi condusse in casa sua.
Mi era parsa molto più piccola vista all'esterno: in realtà era molto spaziosa, il salotto vicino all'ingresso ospitava ben tre divani, un piccolo tavolo e una tv da non saprei dire quanti pollici.
Senza soffermarci mi condusse in fondo al corridoio.
Sembrava non esserci nessuno in casa, e Thomas si era davvero defilato.
-Lì c'è il bagno se vuoi asciugarti i capelli e darti una sistemata- indicò la porta alla mia sinistra.
-Grazie- risposi sorridendogli stancamente mentre mi infilavo nella piccola stanza. Era decisamente claustrofobica rispetto al salotto.
Aprii qualche anta per cercare dello struccante e un phono e provai a sistemarmi un po' le ciocche che si erano completamente annodate tra di loro.
Senza dirgli nulla decisi di farmi una doccia velocissima, sperando non avesse nulla in contrario: dovevo assolutamente cercare di sistemare quei graffi ma soprattutto provai a togliermi un po' di agitazione che ancora avevo in circolo.
Una decina di minuti dopo uscii dal bagno e davanti a me, seduto sul letto, c'era lui che trafficava con il suo pc con accanto una maglietta grigia.
-Puoi metterti quella, è di anni fa quindi forse ti va bene-
Anche questa situazione era decisamente surreale... avevo appena fatto la doccia nel suo bagno e ora mi stava offrendo una sua maglietta. Difficilmente mi sarei calmata quella sera.
-Va bene grazie- la afferrai e mi diressi nuovamente in bagno.
Avrei potuto cambiarmi nella sua stanza ma non ero mai stata troppo audace.
Mi aspettai facesse qualche battuta a riguardo ma non disse nulla e gliene fui grata.
Una volta sistemata mi sedetti sul bordo del letto accanto a lui e guardai attentamente la sua camera. Aveva le pareti blu chiaro, il suo colore preferito, e tutti gli oggetti nella stanza sembravano non avere una chiara destinazione, specialmente la scrivania, in totale disordine.
Non c'erano libri, o meglio, non di un certo spessore e nulla di troppo personale: non c'erano poster o disegni appesi alle pareti.
Anche se aveva detto essere di quando era più piccolo la sua maglia mi arrivava quasi alle ginocchia, ma era estremamente morbida.
-È tutto a posto?- mi chiese cogliendomi un po' alla sprovvista. -Sembri un po' giù-
Non sapevo cosa dirgli.
-Stavo parlando con Clover prima e...-
-Hai litigato anche con lei?- accennò una risatina che mi infastidì non poco.
-No... cioè... forse un po'... in realtà non credo ma lasciamo perdere per favore- volevo solo sviare l’argomento.
-Certo che sei difficile eh- commentò, sicuramente alludendo anche a Noelle.
Sorrisi solamente accennando un sì con la testa.
Non so se era quello il momento più adatto ma avevo preso la decisione di dirgli di Nathan, dovevo farlo, dovevo sollevarmi almeno in parte di quel peso.
-Stamattina ho cercato sui vari social il possibile posto in cui Chris si nasconde. E su Facebook ho trovato questa foto, guarda anche tu- mi appoggiò il portatile sulle gambe spazzando via il mio tentativo di confido.
Osservai l'immagine: un Christian decisamente più piccolo abbracciava un ragazzino dai capelli rossi, sullo sfondo una grande casa di pietra.
-Ma è vecchia questa foto...- commentai.
-Sì, ma importa il luogo- mi indicò la posizione che avevano inserito.
Non avevo idea di dove si trovasse.
-È una via che si trova nella periferia di Maidstone- mi anticipò lui.
-Mmm allora sì è probabile. Deve essere la vecchia casa di Elliot ma per conferma chiederei ad Nathan- commentai non mostrandogli eccessivo supporto.
-Non penso ci sia mai stato e comunque preferirei dirglielo a cose fatte: vorrei convincere Chris a tornare qua a Brixton. Non dico che deve fregarsene di Payson, solo tornare da Nathan...-
James a volte era un po' fuori di testa.
Come avremmo potuto io e lui convincerlo a tornare a Brixton?
Scossi la testa e cambiai per un attimo argomento: -Ma come sta facendo con il lavoro adesso? È troppo lontano andare avanti e indietro-
-Si è licenziato. Penso abbia trovato qualcosa là-
Si rese conto anche lui che questo ulteriormente non era a nostro favore.
-Dai Aria possiamo fare almeno un tentativo! Al telefono si parlano pochissimo ed io di vedere Nathan in certe condizione non ne posso davvero più. Intanto visitiamo la città e facciamo un giro!- era davvero supplichevole e l'idea di passare la giornata con lui mi allettava parecchio.
-Ti rendi conto che non solo sarà inutile ma sarà anche una figura piuttosto penosa?- gli domandai.
-Hai detto "sarà"! Significa che accetti?? Grande Aria!- sperai mi abbracciasse ma si limitò a battere il cinque.
-Immagino che Thomas si sia rifiutato- constatai alzandomi in piedi.
Lui annuì ridendo.
Mi propose una partita a Call of Duty così ci dirigemmo in sala dove c'era uno schermo perfetto: ero diventata davvero un fenomeno a quel gioco grazie ad alcune tattiche spiegatemi da Chandler e infatti lo stracciai per numerose volte di fila nonostante fosse un patito di videogiochi.
Quando mi resi conto fosse passata più di un'ora e che fuori fosse ormai buio mi alzai dal divano stiracchiandomi.
-Beh allora adesso io vado, grazie per... per tutto- lo guardai dall'alto in basso, era rimasto seduto, e gli sorrisi.
-Puoi restare se vuoi-
Rimasi probabilmente inebetita.
-Per un'altra partita?- chiesi stropicciando con la mani la sua maglia anche se avevo inteso benissimo non si stesse riferendo a quello.
Lui rise e appoggiò il joystick sul tavolo davanti a lui.
A quel punto il mio cervello probabilmente si spense perchè lentamente appoggiai di nuovo la borsa sul divano e dissi: -Va bene resto-

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Capitolo 30
*** Capitolo 29 ***


Cenammo con due bistecche piuttosto crude servite con un'insalata che galleggiava in una quantità allarmante di condimento: scoprii che James non era per niente un bravo cuoco.
Il poco che fu commestibile fu solo grazie al mio intervento, e questo era tutto dire.
-Non ti offendi se ti dico che penso non esista qualcuno con doti culinarie peggiori delle tue?- scherzai mentre provavo ad addentare la carne.
-Tranquilla: ho già previsto che se mai avrò una casa mia la prima cosa con cui l'arrederò sarà uno chef italiano-
Nonostante tutto, a pasto terminato mi potei definire sazia.
Mi alzai per sistemare almeno i piatti nel lavandino ma lui mi fermò: -No lascia stare. Fanno tutto i miei quando tornano-
-E quando tornano?-
-Verso l'una più o meno... hanno fatto il week end via-
Avevo ancora qualche ora per tentare di riuscire a parlargli di Nathan, era un'occasione perfetta.
Tuttavia, avevo un altro tipo di agitazione in quel momento...
-Che film vuoi guardare?- mi chiese tornando a dirigersi verso il mega televisore in sala.
Film? Quando avevamo parlato di vedere un film?
Non so bene cosa mi aspettassi ma un film non era tra le proposte che credevo sarebbero uscite dalla sua bocca.
Ad ogni modo lui non sembrò minimamente accorgersi della mia evidente punta di delusione.
Se quello era il suo meglio per la serata tanto valeva non indugiare oltre.
-James- richiamai la sua attenzione dallo stipite della porta della cucina -Devo dirti una cosa...-
Per un istante si bloccò come se gli avessi tirato uno schiaffo ma si riprese subito continuando a scorrere i film consigliati da Netflix incitandomi apparentemente distrattamente a proseguire.
Gli sparai fuori a tutta a velocità le mie teorie su Nathan e su ciò che era accaduto al Kristal.
Tutto all'opposto della reazione che mi sarei aspettata lui sembrò rilassarsi man mano che proseguivo il racconto.
-E come hai fatto ad arrivare a tutto ciò?- mi chiese semplicemente alla fine.
Gli spiegai anche quello.
-Caspita Aria, sei proprio una piccola Miss Marple! D'altronde sei abbastanza maniaca del controllo, dovevo immaginare che ti saresti impegnata per avere tutto chiaro nella tua testa-
-Nathan te lo aveva già detto, vero?- dedussi dalla sua reazione, cercando di ignorare il suo successivo commento. Stupidamente non avevo preso in considerazione l’idea che Nathan fosse stato così sconsiderato e disperato da raccontarlo a qualcuno, nemmeno se questo qualcuno fosse James.
-Sì esatto. Ma dopo, chiaramente... altrimenti avrei tentato qualcosa. Non hai idea di quanto mi sia incazzato per ciò che ha fatto a Taïsse- si era seduto e sembrava disposto a parlare di questo argomento, tuttavia non ebbi il coraggio di chiedere chiarimenti sul suo rapporto con la ragazza dai capelli rossi. Invece chiesi: -Credi che dovremmo dirlo a Taïsse?-
-Lo sa già. Gliel'ho detto io una settimana fa di comune accordo con Nathan-
-Seriamente? E cosa ha detto?-
-Non hai idea di quanto mi abbia stupito la sua reazione. Ha detto che era parecchio incazzata del fatto che fosse stata così male proprio lei ma che se era per J.C. quasi giustificava Nathan-
Non riuscivo a crederci, doveva detestarlo proprio tanto.
-E il motivo di tanto odio?- chiesi.
-Diciamo che tutto è iniziato direi tre anni fa quando Marina è entrata nel gruppetto di Elliot, Chris, J.C. ed altri in seguito ad una scommessa del cazzo: Chris insistette che J.C. ci provasse con una dell'ultimo anno, convinto che avrebbe ricevuto un due di picche. E invece non solo gli andò bene ma la ragazza che scelse fu proprio quella con cui aveva già un... diciamo mezzo flirt Elliot-
Sgranai gli occhi e lui continuò: -Questo suo comportamento fece incazzare particolarmente Taïsse, che nel frattempo avevo conosciuto ed era diventata molto amica di Marina. Marina tra l'altro per qualche mese sospettiamo se la facesse con entrambi ma poi, come puoi vedere tu stessa, J.C. ha prevalso-
Ero alquanto sconvolta ed interessata da tutto ciò: non solo non me lo sarei mai aspettata ma queste informazioni andavano anche ad aggiungere tasselli importanti nel mio puzzle mentale. Effettivamente non avevo mai domandato perchè Elliot si era trasferito più lontano, da sua zia, se lavorava a Brixton. Voleva, per quello che poteva, allontanarsi da loro.
Taïsse considerava J.C. una specie di “sfascia coppie” ma ero sicura che ciò che la fece più incazzare fu il tradimento verso Oli, che lui considerava suo amico. -E da qui sono nate varie faide interne che a quanto pare hanno portato un po' tutti contro tutti- concluse con non poca amarezza.
-Ma Nathan voleva davvero ucciderlo?- non ero sicura di voler sentire la risposta, sempre ammesso che lui sapesse la verità.
-Non credo... Nathan non lo farebbe mai. Voleva vendicarsi perchè è sicuro sia stato J.C. a scattare la foto e a portarla al padre come prova. Per non parlare di tutti i casini che ha sempre procurato a lui e Chris. Ma credo sia stato sincero e non abbia sbagliato la dose. E ti assicuro che non farà mai più niente del genere-
Annuii.
Non gli chiesi se avessero voluto agire in un qualche modo riguardo questo fatto, la risposta era già chiara ed evidente.
Decisi di fidarmi di James.
-Dai allora che film vuoi vedere?-
-Non voglio vedere nulla se prima non facciamo dei pop corn- scherzai. Però seriamente erano i miei migliori compagni di proiezione, non era lo stesso senza di loro, specialmente quelli al burro.
-Mi spiace non li ho...-
Sbuffai fingendomi molto delusa: -Allora almeno guarderemo un horror!-
-Cosa? No gli horror sono terribili e comunque stanotte vorrei dormire grazie-
-Tranquillo... sono abituata a questa reazione, anche Clover non li sopporta...solo con Noelle potevo guardarli-
Optammo per Shutter Island, per accontentare entrambi sui generi.
Dopo mezz'ora di film passata accanto a lui mi resi conto che non ero nervosa come mi sarei potuta aspettare di essere in una tale situazione, nonostante aihmè non stesse succedendo nulla di troppo eccitante. Mi sembrava così normale essere lì in quel momento... perchè aldilà di tutto James era veramente mio amico.
Decisi di tentare una mossa: molto lentamente mi avvicinai a lui e con estrema lentezza appoggiai la testa sulla sua spalla.
Non appena lo toccai fece uno scatto spostandosi con la schiena in avanti sul divano.
-Cavolo Aria che spavento!- capii che si era addormentato.
Ottimo Aria, potevi anche controllare che almeno fosse sveglio.
-Scusa mi sono solo appoggiata-
-No beh si figurati... è solo che stavo meditando parecchio sulla trama, è così intricata!- scherzò lui.
Risi ma stavolta optai per restare al mio posto, anche perchè pochi minuti dopo lui stesso si appoggiò sulla sua spalla per dormire.
Il film terminò vero la mezza e decisi che per evitare di dare ambigue e alquanto sospette spiegazioni ai suoi genitori era meglio tagliare la corda.
Ancora mezzo sonnolento mi accompagnò alla porta.
-Quando andiamo da Chris?- gli chiesi sulla soglia. Sperai riuscisse a connettere a cosa mi riferivo.
-Quando vuoi-
-Dopodomani va bene?-
-Sì direi di sì, buonanotte Aria-
-Buonanotte -
Feci qualche passo poi mi voltai.
-Aspetta James-
Lui riaprì la porta e mi guardò.
-Secondo te dovrei fare più pazzie?- chiesi di getto.
-Eh?-
-Prima hai detto che sono troppo maniaca del controllo ecc... quindi secondo te... dovrei fare qualcosa sopra le righe?- lui non sapeva che in realtà mi dilettavo nel pedinare gente e a risolvere misteri.
-C'è una pazzia che ti piacerebbe fare?- mi chiese accennando una risata.
Baciarti ora.
-Andare a Los Angeles- risposi.
-Quella non è una pazzia- contestò lui.
-Per me lo è. Non sono mai andata da nessuna parte fin da quando ero piccola. Fare un viaggio in un altro continente così lontano nella città più bella del mondo sarebbe la mia piccola follia, sì-
-Allora ti prometto una cosa Aria Evans: un giorno ti porterò a Los Angeles, nella città degli angeli-

Per fortuna mia madre abboccò facilmente all'immensa balla che fossi rimasta fino a tardi da Clover: in fondo non aveva motivo di dubitarne, era successo numerose volte. E in tarda mattinata era al lavoro quindi non si accorse nemmeno che uscivo "nuovamente" con lei.
Tuttavia si rese conto che a pranzo ero persa più del solito, immersa nei ricordi di poche ore prima.
Non era successo nulla, proprio niente, nemmeno un bacio, ma era comunque stata tra le serate più belle della mia vita.
Una sola cosa mi aveva lasciato perplessa e quella cosa riguardava strettamente me: non so se l'avrei realmente baciato, a fine serata, sulla soglia di casa. Anche mettendo da parte l'imbarazzo era stata una serata così piacevole e tranquilla che non so se, in un ipotetico universo parallelo, avrei rischiato di rovinare tutto…
Inoltre aveva avuto tutte le opportunità del mondo e non le aveva colte.
Tutto ciò mi dava parecchio da pensare.
Dopo la giornata carica di eventi che avevo appena trascorso mi ero dimenticata di impostare le mie numerose sveglie sul cellulare e infatti aprii gli occhi più tardi di quanto avrei dovuto. Erano le 10:20 ma immediatamente non realizzai, contenta di poter abbracciare ancora il cuscino. Pochi istanti dopo però spalancai gli occhi, saltai giù dal letto e mi preparai il più fretta possibile, mentre Clover continuava a chiedere dove fossi finita.
Non era proprio la giornata ideale per dimenticarsi un appuntamento con lei ma mi ripromisi di non fare più questo genere di pensieri: non li avrei fatti se la giornata precedente non fosse mai esistita.
Salta tutti insieme i gradini della mia villetta e correndo quasi mi schiantai sulla porta a vetro del bar.
Tutto fu normale, nessun accenno a quanto era accaduto il giorno prima.
O era stato tutto un sogno, il che spiegherebbe anche la serata da James, oppure lei aveva davvero capito il mio punto di vista.
A Clover non era mai interessato nessuno e di certo non sarebbe nemmeno mai stata male per me; inoltre avevo riflettuto che non era la prima volta che le capitava una crisi di autostima che le faceva desiderare attenzioni.

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Capitolo 31
*** Capitolo 30 ***


Da più di dieci minuti aspettavo James alla stazione, ma non accennava a farsi vivo.
Ero arrivata con largo anticipo ma ormai il treno stava per arrivare.
Avevo sempre amato la stazione di Brixton; si trova sulla Chatham Main Line, lungo la linea da Londra Victoria. Non era chissà quale bellezza ma ci avevo legato dei piacevoli ricordi. Anni prima durante le vacanze estive io e Noelle ci accampavamo di frequente tutte le mattina davanti a Starbucks per fare colazione prima di passare la giornata al mare. Era quando mi affioravano nella mente questi semplici ricordi che mi mancava particolarmente, mi mancava da morire tutto ciò che facevamo insieme.
Io e James avevamo chiesto a Clover di venire con noi in "missione": fin dall'inizio non si era dimostrata del parere primo perchè lo considerava un gesto inutile e secondo perchè aveva pensato che fosse stato bello per me passare la giornata con James. Non aveva torto ma avrei seriamente voluto che ci fosse anche lei. Ad ogni modo le era salita la febbre durante la notte quindi ero certa avrei trascorso varie ore da sola in compagnia del ragazzo biondo.
L'ansia di perdere il treno stava cominciando a salire sempre di più così decisi di chiamarlo, ma per fortuna, proprio mentre stavo componendo il suo numero lo vidi scendere tutto trafelato da un' auto che con mio grande imbarazzo conoscevo. Alla guida c'era Thomas che, nonostante l'espressione non era delle più ottimiste, lo incitava a sbrigarsi.
Non era possibile. Cosa ci faceva lì? Non era sempre stato in disaccordo su queste idee senza senso di James?
Fui attraversata da un brivido di nervoso e lui, ignaro di tutto, mi salutò sorridendo e alzando le spalle, facendomi da subito capire che era stato convinto o costretto dal suo amico.
Il treno era per metà vuoto perciò riuscimmo a trovare tre posti vicini.
James prese posizione accanto al finestrino, con me accanto e Thomas di fronte.
-Alla fine sono riuscito a convincere il miscredente qua davanti dei miei piani- spiegò James tirando una manata sulla spalla dell'amico.
-Ah fantastico- commentai.
Cazzo Thomas ti lasci incastrare proprio in questa occasione...
-Quindi ci fermiamo alla stazione di Maidstone?- chiese sistemandosi sul sedile.
-Sì, poi tramite Google Maps troviamo questo indirizzo qua- James estrasse dalla tasca un pezzetto di carta su cui aveva scritto l'indirizzo trovato nella foto su Facebook.
-Ragazzi ma come fate ad essere sicuri che ora Christian abiti lì? Una foto trovata su un social mi sembra un'informazione un po' vaga- obiettò.
Oh davvero Thomas? Non dirmi che anche tu pensi sia assurdo... almeno io avevo una buona ragione per assecondare James!
-Noi proviamo e al massimo ci facciamo un giro per Maidstone, non ci sono neanche mai stato. Quanto ci metteremo circa?-
-Non lo so, circa un'ora e mezza- gli risposi in modo leggermente scortese, ma lui non vi badò.
Guardai l'orario sul cellulare: 8:44
-Non capisco se adesso vivono insieme loro tre- pensai ad alta voce.
-Non credo proprio- rise James.
-Probabilmente Elliot sta ospitando Chris e Payson- mi rispose più seriamente Thomas.
-Non capisco perchè Payson non è rimasta a casa sua-
-Se ne è andata dopo la litigata con i suoi genitori sul fatto che fosse incinta, oltretutto incinta di Chris che non è proprio un esempio di bravo ragazzo... finchè lui è con lei stanno calmi ma sono convinto che al minimo suo sbaglio scoppi un casino. Lo sanno benissimo che non stanno insieme e che lui non la ama-
-Capisco...-
-Thomas sapeva che la vecchia casa di Elliot fosse a Maidstone- lo guardò con finta aria di rimprovero James.
-Sì ma io ero rimasto che non si sapesse dove fosse Christian! Pensi forse che J.C. mi racconti queste cose? Non so mai un cazzo io di quello che succede- senza cogliere il minimo sarcasmo dell’amico si incupì, mentre io e James sopprimevamo una risatina: Thomastalvolta era inconsapevolmente divertente.
A mano a mano che il treno si fermava nelle varie stazioni si riempiva sempre di più: ci stavamo avvicinando al mare.
Dopo pochi minuti che la conversazione era finita Thomas crollò addormentato con il collo a penzoloni. Lo guardai perplessa: eravamo partiti da meno di un quarto d'ora. James ridacchiando mi fece intendere che la sera prima ci aveva dato dentro con Sophia.
Sorrisi e lui mi indicò di guardare il cellulare, così lo tirai fuori dalla borsa.
Da James: con Clover?
Da me: abbiamo chiarito, direi tutto a posto
Da James: l'hai un po' semplificata
Da me: no, sostanzialmente è questo l'importante
Da James: hai ragione, mi fa piacere
Rimisi il telefono nella borsa e cominciai a guardare fuori dal finestrino, osservando le immagini scorrere velocemente.
-Aria capisco che sono bellissimo però fissarmi in questo modo non ti sembra esagerato?- scherzò senza distogliere gli occhi dal suo cellulare.
Per un attimo fui presa dal panico non capendo a cosa si riferisse, poi realizzai: -Mi spiace deluderti ma stavo guardando il paesaggio, non te-
-Dai non c'è bisogno di inventare scuse- e indicò fuori dal finestrino la stazione in una campagna desolata in cui ci stavamo fermando proprio in quel momento.
-Ma che cretino- bisbigliai.
Lui sorrise e si infilò le cuffie a volume altissimo nelle orecchie.
Passai una buona mezz'ora del viaggio alla ricerca del bagno.
Alla fine lo trovai praticamente dalla parte opposta del treno e dovetti anche aspettare la lunga fila di persone davanti a me. La donna con il bambino che mi precedeva ci mise un'eternità e rischiai davvero di farmela addosso.
Inutile sottolineare quanto fosse piacevole l’utilizzo dei servizi di un treno.
Ad ogni modo ne uscii viva e ripercorsi tutte le carrozze del treno al contrario, naturalmente sempre con l'ansia di perdermi.
Solo io potevo avere l'ansia di perdermi su un treno.
Con sollievo scoprii che nessuno si era accorto della mia lunga sparizione poichè Thomas ancora russava dalla grossa e anche James si era appisolato contro il finestrino, con ancora le cuffie nelle orecchie.
Ripresi il cellulare dalla borsa e mi trovai infiniti messaggi sul gruppo degli allenamenti: si erano messe a litigare pesante tra loro per una cosa da niente e così cominciai a leggere concentrata i messaggi cercando di risolvere la situazione.
James si svegliò di scatto poco dopo neanche fosse stato colpito da uno schiaffo e spense la musica, ormai doveva essere diventato sordo: era un bel po' che viaggiavamo. Un po' troppo forse.
-Stavi sognando?- gli chiesi.
-Sì, ma mi sono già dimenticato cosa-
In quel momento il treno si fermò, la porta scorrevole dalla carrozza si aprì e comparve il controllore.
Io e James gli consegnammo i biglietti ma l’uomo in divisa, buttandoci appena un'occhiata sprezzante, ci spiazzò: -Ragazzi avanti scendete-
-Ehm... perchè dovremmo scendere? Lo ha anche lui il biglietto eh!- urlò James indicando Thomas.
Sì, era diventato sordo.
Il controllore lo guardo male: -Ci credo, ma questi biglietti non sono validi per questa tratta-
-Come sarebbe?-
L'uomo ci spiegò che Maidstone ce l'eravamo lasciata alle spalle da circa venti minuti.
Ci guardammo contemporaneamente realizzando.
Alla velocità della luce guardai l'orario sul telefono e lo mostrai al ragazzo accanto a me: 10:41.
-Cazzo, cazzo, cazzo ci uccide- urlò prendendosi la testa tra le mani alludendo a Thomas.
-Oddio ma dove siamo?- chiesi in preda al panico.
-Ma che cazzo ne so. Aria cazzo ma perchè non ci hai svegliato?-
-Guarda che non hanno mai detto al microfono che eravamo arrivati a Maidstone! Sai che ho un senso dell'orientamento di merda e sono stata impegnata a vagare per tutto il treno alla ricerca di un cazzo di bagno e cercare di fermare una lite!- sputai fuori, non era corretto che la colpa finisse solo a me.
Il controllore ci continuava a fulminare con lo sguardo e con un gesto della mano ci invitò nuovamente a scendere.
-Tommy- lo chiamò James scuotendolo piano per un braccio, cercando almeno di regalargli un risveglio non troppo brusco.
Dopo un po' di scossoni si riscosse: -Siamo già arrivati?- rispose massaggiandosi il collo indolenzito.
-Tommy abbiamo fatto un casino, credo siamo quasi al capolinea e ci stanno per sbattere giù dal treno- la delicatezza di James nel riferire le cose...
Thomas continuò a stirarsi perplesso poi ci guardò con un sopracciglio sollevato sperando scherzassimo. Poi semplicemente si passò una mano sulla faccia e si alzò per scendere dal treno, con una smorfia di dolore sempre causata dal collo.
-Ci scusi- bisbigliò semplicemente al controllore.
Io e James lo seguimmo guardandoci preoccupati.
Non appena fummo scesi dal treno e allontanati di qualche passo dai binari sbottò: -Io mi chiedo quali problemi abbiate voi due!-
-Io mi sono addormentato!- si difese subito James alzando le mani.
-Thomas davvero... non so... mi dispiace, mi sono distratta-
Sbuffò come una ciminiera ma poco dopo si calmò, anche perchè scoprimmo di essere finiti solamente a tre stazioni di distanza.
L'unica cosa da fare era quindi aspettare il primo treno per tornare a Maidstone.
Che ennesima figura da imbranata.
Specialmente con Thomas... doveva considerarmi proprio una ritardata che si perde ovunque e non sa neanche andare in bicicletta.
Percorrendo il pezzo di strada al contrario nessuno si addormentò e finalmente giungemmo alla nostra meta, anche se era evidente che lui ancora ci stesse maledicendo.
-Adesso metto il gps- ci informò James non appena fummo scesi alla fermata corretta.
-Ci penso io- si affrettò a rispondere Thomas, già digitando il nome della via su Google Maps.
-Ehi calmati Lì, abbiamo solo sbagliato fermata-
-E fatto spendere altri inutili soldi- Il ragazzo moro alzò gli occhi al cielo e proseguì nella direzione indicata dal navigatore.
La presunta casa di Elliot era abbastanza lontana quindi camminammo parecchio e arrivammo stanchi morti. Per tutto il percorso Thomas tenne gli occhi fissi sul cellulare se non quando si voltava agitato per intimare a me e James di smettere di fare i cretini: lui cantava e salutava le persone che ci passavano accanto mentre io ridevo troppo forte alle sue pessime battute. Qualche rara volta però fui piuttosto sicura di vedere un frettoloso stirarsi di labbra sul suo volto: sono certa che almeno un po' lo divertissimo.
-Questo affare dice che ci siamo esattamente sopra alla meta- ci comunicò Thomas fermandosi in mezzo a una stretta strada di campagna, con qualche casolare punteggiato ai lati.
-Quindi è questa?- onestamente non ricordavo la foto che avevo visto a casa di James.
Mi avvicinai per leggere il nome sul campanello della casa alla mia destra.
-Ragazzi però qua non c'è scritto nessun Reed-
-Perchè è scritto qua- mi voltai verso la casa situata sul lato opposto della strada e vidi James a bocca aperta: capii che non aveva seriamente creduto che l'avremmo trovata. Non era molto grande, non l'avevamo nemmeno notata, e di sicuro doveva avere molti anni e non essere comoda pressochè a nulla.
-Ora capisco perchè Elliot ha subito chiesto a Chris uno dei suoi appartamenti, guarda in che topaia viveva!-
Thomas lo fulminò con lo sguardo rimproverandolo della maleducazione mentre io ero abbastanza tesa. Non avevo seriamente pensato cosa dire quando mi sarei trovata di fronte a loro tre, avrei certamente lasciato parlare James e poi trovato una scusa per averlo accompagnato.
-Avanti andiamo- Thomas suonò il campanello ma per vari minuti nessuno si fece vivo.
In quella strada circondata da campi eravamo presenti solo noi, non si sentiva altro che il cinguettio degli uccelli nei dintorni.
-Guardate!- esclamò James dopo che qualcuno ebbe spostato leggermente la tenda da una finestra del piano superiore osservandoci per poi non fare nulla -Bastardi! Vi abbiamo visto!- urlò rivolto alla casa. Scansò Thomas dal citofono e si attaccò al campanello.
Passarono altri due minuti prima che qualcuno si degnasse ad aprire quella porta.
Ma non era chi ci aspettavamo.
Una signora sulla settantina in vestaglia blu e ciabatte ci chiese spaventata chi fossimo.
Rimanemmo un attimo ammutoliti poi James attaccò: -Buongiorno signora, mi chiamo James Hall. Mi scusi tanto per quel "bastardi", credevo fosse un'altra persona. Sa per caso dove si trovi Elliot Reed? Sul campanello abbiamo letto il suo nome- per quanto cercasse di camuffarlo era nervoso e continuava a mangiarsi gli unghie.
-Elliot è mio nipote. Voi chi siete? Siete suoi amici?-
-Sì esatto! Lo stavamo cercando- proseguì James.
Le sorrisi sperando di tranquillizzarla dopo le offese ricevute poco prima.
-Ehm... non si trova qui. Come lo conoscete?- l'anziana donna era in evidente stato di confusione e io e Thomas capimmo immediatamente che era il caso di non creare ulteriori complicazioni facendole intuire che suo nipote non era più nella città dove evidentemente lei credeva vivesse ancora.
-Siamo colleghi di lavoro. Volevamo fargli una sorta di sorpresa perchè ci aveva detto di avere mal di pancia e non era venuto al lavoro- sperai che Thomas accorresse in mio aiuto perchè ancora non stava affatto in piedi questa storia.
-Però ci siamo accorti che non avevamo nessun suo recapito e così abbiamo trovato su Facebook che questo poteva essere il suo indirizzo- Thomas stava sudando come fosse sotto ad una doccia, non era certo per il caldo e tra poco ci avrebbe fatto tradire.
-No non abita più qui da molto tempo... qui ci vivono solo mia figlia e suo marito- era chiaro che voleva ci lavassimo di torno.
-Ah d'accordo signora, abbiamo sbagliato indirizzo. La saluto- si congedò James.
-Aspetta un attimo ragazzino, come hai detto di chiamarti?-
-Jack, signora. Mi saluti tanto Elliot e gli dica di rimettersi in fretta!- fece un piccolo inchino e non appena la nonna richiuse la porta dopo un breve cenno di assenso scoppiai a ridere.
-Ma cosa ti dice il cervello??- urlò a bassa voce Thomas mentre ci allontanavamo -Adesso i suoi genitori quando tornano a casa sicuramente gli chiedono del mal di pancia, gli chiedono come mai i suoi colleghi pensano che abiti qui... e che lo saluta Jack!-
-Ma dai Lì! Penseranno piuttosto che la vecchia ha dato di matto!- continuava a ridere lui.
Con il passare dei minuti James si fece però sempre più serio: era consapevole, in fondo a se, di non essere riuscito ad aiutare Nathan.
Pranzammo con piadina e coca cola e nel pomeriggio girovagammo per le vie di Maidstone. Thomas insistette per andare a dare un'occhiata almeno da lontano al Leeds Castle o passeggiare per il Mote Park ma io e James eravamo troppo occupati a fare shopping provandoci cose assurde e facendoci urlare contro dai commessi. Verso il tardo pomeriggio Chandler mi chiese se fossi a casa per passare da me. Erano almeno un paio di settimane che non ci vedevamo: un po' lui sembrava molto impegnato con lo scuola (frequentava tantissimi corsi estivi di informatica) e io non ero ancora sicura di voler continuare ad uscire con lui. Non perchè non mi piacesse la sua compagnia, messaggiavamo spesso ed era piacevole, ma ero consapevole non ci fossimo conosciuti per essere amici. Mentre ci dirigevamo verso la stazione gli risposi che non ero a Brixton e che sarei tornata solo circa due ore dopo.
Poco dopo domandai a Clover se stesse meglio e fu in quel momento che Taisse mi inviò un alquanto bizzarro messaggio:
Da Taïsse: è stata Marina
Immediatamente pensai si riferisse alla Coiina nel suo bicchiere ma lei già sapeva fosse stato Nathan.
Poi realizzai cosa avevamo lasciato in sospeso: la foto scattata la notte del gioco.
Le chiesi come lo sapesse e mi riferì di averla vista sul pc di Marina, che quel pomeriggio aveva lasciato acceso e incustodito per due minuti.
Non sapevo come comunicarlo a James senza essere intercettata da Thomas: si vedeva che era parecchio stanco ma questa volta sembrava essersi messo degli stuzzicadenti negli occhi pur di non addormentarsi, ma posso anche capire la sua sfiducia in noi: io e James avevamo dormito più di lui a perdere la fermata. Decisi di inviargli un messaggio e aspettare che guardasse il telefono.
Era anche probabile che Taïsse lo avesse detto ad entrambi.
Poco dopo controllò il cellulare ma dall'espressione non mi sembrò contento o soddisfatto di questa notizia.
Non capivo: era una prova chiara del fatto che Marina si immischiava nei loro affari, coinvolgendo anche il padre di Chris.
Dovevo aspettare che ci liberassimo di Thomas per chiarire la sua opinione ma non appena scesi dal treno tutto ciò mi passò di mente e mi concentrai sul ragazzo appoggiato alla biglietteria della stazione che non appena mi vide mi sorrise.

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Capitolo 32
*** Capitolo 31 ***


Parte seconda

Dalla sua espressione tranquilla e rilassata capii che per lui trovarsi lì in quel momento era del tutto normale, quasi ovvio. Ma per me non lo era affatto.
James e Thomas gli lanciarono un'occhiata perplessa: ero quasi certa di non aver mai accennato loro al fatto che fossi diventata amica di Chandler.
-Beh allora Aria noi andiamo, ci vediamo!- mi salutò Thomas vedendo fossi "impegnata".
James salutò solo con un cenno e io ricambiai un pizzico imbarazzata.
-Ehm... cosa ci fai qui?- chiesi avvicinandomi a Chandler.
-Sono venuto a prenderti- mi sorrise con estrema naturalezza.
Probabilmente in realtà era venuto a piedi dato che abitava non troppo distante e non aveva la patente.
-Non ho bisogno di un passaggio, ho la mia bici- risposi seccata dirigendomi verso di essa.
-Lo so, pensavo che avrei potuto accompagnarti a casa comunque-
-Se lo pensavi avresti anche potuto dirmelo- non ero veramente arrabbiata ma sapeva che questo genere di gesti non mi piacevano, avrei solo voluto essere avvisata.
-Non credevo fosse un problema così grande. O forse non volevi che il tuo amico James mi vedesse qui? Lo so che è per lui che non stai con me-
Adesso ero veramente arrabbiata.
Non capiva quando doveva stare zitto.
Inoltre mi aveva colta in fallo: a quanto pare non ero brava come credevo a mascherare i miei sentimenti.
-Tu non mi conosci veramente e non puoi dire queste cose. Primo perchè non è la verità e secondo perchè sono fatti miei. Inoltre lo sai che mi infastidisce che compari nei posti in cui sono, se mi vuoi vedere me lo chiedi- montai sulla bici e mi avviai risoluta sulla strada verso casa.
Dopo qualche secondo fui costretta a frenare perchè lui si era attaccato al retro della bici per fermarmi. Oltre avermi spaventata avevo rischiato di cadere ma decisi di sorvolare su questo. Scesi e accostai il mio mezzo a due ruote a lato della strada, per voltarmi poi verso di lui: -Ma che stai facendo?-
-Voglio solo che parliamo di questa cosa- continuava a rispondermi mantenendo una calma snervante.
-Non c' è nulla di cui parlare, il fatto che siamo usciti qualche volta non significa niente e non capisco perchè continui a seguirmi e ad insistere. Non riesci a capire quando ti viene detto di no e...- senza darmi il tempo di prendere fiato posò le sue labbra sulle mie.
Rimasi immobile per un secondo meditando su quanto questo gesto mi avesse fatto ulteriormente irritare ma allora stesso tempo mi avesse emozionato.
Ricambiai il bacio.
Non avevo una chiara e precisa idea del perchè lo stessi facendo ma era ciò che in quel momento il mio corpo mi impose di fare.
L'unico bacio a cui potevo paragonarlo era quello dato a Clover ed era stato completamente diverso: era evidente che lui sapeva quello che stava facendo, era sicuro di sè, malgrado tutto. Questo mi piaceva. Pensavo, e una piccola parte di me quasi sperava, mi toccasse, che mi stringesse in un qualche modo.
Ero consapevole stesse cercando di "battere" James, e nonostante baciarlo non potessi negare mi stesse piacendo, più di quanto avrei mai creduto, la mia mente non poteva accettarlo: mi sentivo troppo vicina a raggiungere lo scopo dei miei tre anni passati per tollerare che qualcosa di inaspettato si mettesse in mezzo.
Quando dopo qualche secondo si staccò dalle mie labbra fui colta da una sensazione di disagio: e adesso?
-Non so Aria... sinceramente pensavo baciassi meglio- sentenziò mettendosi distrattamente le mani in tasca.
Rimasi piuttosto inebetita: era l'ultima cosa mi aspettavo dicesse. Raramente qualcuno mi lasciava senza parole e il fatto che fosse stato un ragazzino di sedici anni mi innervosita alquanto.
Notando la mia espressione però si mise a ridere.
Mille pensieri mi frullavano per la testa in quel momento e non riuscivo a comporre qualcosa di intelligente da dire.
Anche con James all'inizio mi succedeva.
-Direi che ci vediamo allora- mi disse allontanandosi verso la stazione con un sorrisetto irritante stampato in faccia che indicava tutto tranne che sconfitta.
Ma come? Non mi doveva accompagnare a casa?
-Direi di sì- fu l'unica cosa che riuscii a rispondere.

-Non c'è la minima possibilità che io faccia una cosa del genere- sentenziò Taïsse bevendo un sorso del suo tè freddo seduta nel Caffè dove il barista Josh due settimane prima aveva assistito alla litigata del nostro ormai ex gruppo.
-Idem- replicai io accanto a lei.
Quel pomeriggio avevo optato per abbuffarmi di ogni sorta di pasticcini: bisognava avere la pancia piena per sentire le assurdità che ci stava proponendo James Hall seduto al nostro stesso tavolino.
-Ragazze dovete fidarvi. Volete aiutare Nathan oppure no?- era quasi un quarto d'ora che tentava di convincerci a scoprire la verità sulla foto scattata. A quanto diceva, Nathan sosteneva che se Chris avesse saputo che la foto era stata scattata da J.C. e non da Marina si sarebbe incazzato come non mai perché ci fu rivelato che J.C., dopo la festa della scuola di inizio giugno, aveva stretto una promessa a Christian che consisteva nel farsi finalmente da parte e lasciare al passato tutti i rancori.
Christian si era fidato di quella promessa, ma Nathan no.
Se fossimo riusciti ad incastrarlo in tradimento Chris avrebbe sicuramente trovato la forza necessaria per mettersi contro J.C. e suo padre, prendere in mano la sua vita per poi liberarsi in un qualche modo di Payson e tornare da Nathan.
Non sapevamo più come fargli capire che ormai stava delirando.
Provai comunque per la milionesima volta: -Ovviamente vorremmo aiutare Nathan ma qui si tratta di guardare i fatti: la foto è stata scattata da Marina perchè era sul suo computer! Inoltre ricordo che Clover mi disse che quella notte in montagna quando io stessa assistetti allo scatto J.C. era alla base della collina quindi non può essere stato lui-
-Ma lo capite che sono collegati? Sono in simbiosi ormai quei due! Marina ha dato la foto a J.C. il quale l'ha portata dal padre di Christian! Per Christian sarebbe un tradimento scoprire che J.C. è coinvolto! Se lo dimostriamo le cose potrebbero cambiare. - si stava facendo prendere talmente dall'ansia e dalla voga di persuadere me e Taïsse che aveva mangiato già tre fette di torta e 4 bignè.
-Non mi interessa James. Di questa storia a me non frega un cazzo. Vorrei aiutare Nathan ma non verrò a casa di un tizio che non so chi sia e che non sa chi sono per ottenere un'informazione che non sappiamo se realmente possa migliorare la situazione. Inoltre ti assicuro che è stata Marina a fare tutto questo casino, non sai cosa è disposta a fare pur di aiutare la sua "amichetta Pay"- Taïsse spostò i lunghi capelli rossi dietro le orecchie e guardò James negli occhi.
Era la prima volta che la rivedevo dopo l'incidente alla tavola calda e non solo mi sembrava ancora più bella di come la ricordavo ma percepivo anche una sorta di connessione tra noi, come un qualcosa in comune che non avevo mai notato.
-E ti ricordo che ci abbiamo già cacciato una tremenda figura con la famiglia di Elliot- aggiunsi io, e brevemente aggiornai Taïsse su ciò che era accaduto due giorni prima a Maidstone.
Si mise a ridere mettendosi le mani nei capelli e scompigliandoli.
Ero talmente concentrata a cercare di capire che genere di sguardo James dedicasse a lei che a volte perdevo dei pezzi di conversazione: -... e voi state fuori dalla porta e registrate-
-Cosa hai detto? Ero distratta- chiesi fingendomi solamente sovrappensiero.
-Ho detto che la faccia ce la metto solo io in questa storia. Vado io a parlare con suo padre e voi due state fuori dalla porta, non vi fate vedere ma registrate ciò che dirà- ripetè James battendo entrambe le mani sul tavolo ribaltando metà caffè convintissimo di essere giunto alla conclusione più ottimale e che con questa sua ultima frase ci avrebbe sicuramente coinvolte.
-Assolutamente no- rispondemmo.
Nel tempo in cui si mangiò altri due donout ammetto però che ci convinse. Entrambe.
I patti però erano che lo avremmo solamente accompagnato: saremmo rimaste in macchina ad aspettarlo, utili solo come sostegno morale.

Verso sera mi feci accompagnare da Nathan ad allenamento, ormai era diventato il mio autista personale e sfruttavo il fatto che molto spesso per andare in palestra aveva i miei stessi orari.
In macchina inevitabilmente la conversazione cadde su Christian: mi disse che quest’ultimo non poteva assolutamente credere fosse stato ancora J.C. a mettergli i bastoni fra le ruote, confermando quanto aveva sostenuto James poche ore prime al bar.
Per Christian il ricongiungimento del padre avvenuta di recente era stata estremamente importante e J.C., probabilmente di natura un grandissimo stronzo, aveva colto la palla al balzo e approfittato ulteriormente della situazione.
Quando io gli feci notare che James mi aveva raccontato che J.C. era sempre stato contro la loro relazione fin dall'inizio e che non comprendevo come Christian potesse non credere alla sua inimicizia mi rispose semplicemente che dopo una lunga diatriba che risaliva a poco tempo prima J.C. aveva ceduto e aveva promesso di non immischiarsi più.
Le versioni se non altro combaciarono; Nathan aggiunse però anche che il probabile motivo principale della odierna cattiveria di J.C. risaliva a ciò che era accaduto circa tre anni prima, quando tra i due erano scoppiati fuoco e fiamme. Avrei voluto maggiori informazioni ma il riccio proseguì nel suo racconto e non volli interromperlo.
Come James, anche Nathan era convinto che il complicarsi ulteriormente della situazione in seguito alla gravidanza di Payson e il desiderio di accontentare la sua amata Marina in tutto e per tutto gli avessero fatto ampiamente oltrepassare il limite.
J.C. era sempre stato un tipo piuttosto bellicoso ed egoista, questo era risaputo, ma arrivare a compromettere la relazione del suo ex migliore amico con il padre appena ritrovato era ai miei occhi davvero da pazzi. Eppure Nathan sembrava così convinto... solo che non riusciva a dimostrare a Christian il coinvolgimento di J.C..
J.C. dal canto suo sembrava negare ciò di cui era accusato negli ultimi tempi.
Le parole più razionali e meglio motivate di Nathan, per quanto assurde, mi fecero decidere ufficialmente a voler trovare un qualsiasi cosa che confermasse la teoria sua e di James.

Aspettammo la mattina del sabato seguente per recarci dove, dopo alcune ricerche online, eravamo certi si trovasse la villa in campagna del padre di Christian. James mi era passato a prendere di buon'ora ma in verità ero già sveglia da almeno un'ora e mezza: quella notte non avevo fatto altro che ripensare al bacio di Chandler e a quanto avessi voluto raccontarlo a Noelle.
Clover era sembrata contenta di questa notizia, era convinta che prima o poi tra noi due sarebbe scoppiata la scintilla ma io non riuscivo a trovarmi d'accordo con lei e avrei tanto voluto un consiglio e  un' opinione dalla mia ex migliore amica. Dato che si ostinava ad ignorare le mie telefonate senza la minima sensata ragione dato che ormai avevamo litigato varie settimane fa e pensavo che almeno la rabbia fosse ormai stata sbollita, mi recai a casa sua a premere sul campanello. Non m' importava se avessi svegliato suo padre, non era colpa mia se sua figlia era così cocciuta. Dopo che fui accolta inaspettatamente dalla madre di Christian (a volte ancora dimenticavo che ormai praticamente viveva con loro), Noelle si degnò di presentarsi alla porta. Mi sembrava passato così tanto tempo... non appena la vidi mi caricai involontariamente di tanta tristezza e al contempo troppa gioia e nemmeno sapevo se per lei fosse lo stesso. In quel momento ricordo che pensai che avrei accettato tutto, perdonandola degli stupidi errori passati, pur di cancellare tutto e ricominciare. Ma l'accoglienza fredda che mi riservò pochi istanti dopo mi fece immediatamente cambiare idea e ricordare le parole con cui Clover aveva avuto senza dubbio ragione: “succede che in certi casi quando qualcosa si rompe non si riescano poi a rimettere insieme tutti i pezzi, a volte perchè sono andati dispersi, a volte perchè troppo fragili per resistere insieme di nuovo”.
Non fu maleducata ma di certo fu sufficientemente distaccata dal farmi riconoscere che se da un lato era stato un errore piombare a casa sua all'alba, dall'altro realizzai che in realtà nessuno sforzo mi avrebbe permesso di andare oltre al suo cambiamento. D'altra parte era stata una sua scelta e io dovevo imparare a rispettarla, a lasciarla andare. Mi continuavo tuttavia a chiedere con chi uscisse, se avesse una nuova compagnia, un ragazzo magari... non sapevo nemmeno quanto fosse in contatto ancora con Marina. Fu una conversazione piuttosto rapida e non ci lasciammo nemmeno troppo male come invece avrei giurato nel momento in cui era apparsa sullo stipite: eravamo silenziosamente consapevoli che lei stava crescendo in uno modo e io in un altro.
Quando mi allontanai da quella casa mi sembrò così surreale aver appena messo quello che sperai la mia mente accettasse come un punto fermo a quella storia, che mi venne da piangere.
Per la prima volta in quei mesi.
E piansi tutti gli sfoghi che avevo trattenuto grazie al sottile filo di speranza a cui mi ero aggrappata nonostante tutto.
Come se non bastasse ero anche in totale confusione per quanto riguardasse Chadler.
Mi ero tirata indietro. Di nuovo.
Il giorno dopo il bacio alla stazione avevo incontrato James e Taïsse al bar per ascoltare le motivazioni di lui per convincerci nell' estremo tentativo di recarci dal padre di Chris. La giornata non solo si era conclusa con l'arresa del mio senso della ragione per la milionesima volta ma anche con la convinzione che non potevo baciare Chandler e poi buttarmi in un pozzo se me lo avesse chiesto James.
Mi sembrava tutto così difficile.
Per varie ore mi negai ai suoi messaggi poi decisi che prendere posizione era d'obbligo: non avevo intenzione di avere nessuna relazione con lui.
Mi resi conto solo mentre camminavo a tutta velocità allontanandomi da casa di Noelle quella mattina che, complice la fretta e i sentimenti ingarbugliati oltre modo tra loro, non ero stata per niente esaustiva con lui: non gli avevo fornito nemmeno una valida motivazione.
Ero un disastro.
Quando dopo poco entrai nella macchina celeste di James (finalmente era riuscito ad ottenere la patente) trovandomi nei sedili posteriori immediatamente gli altri due non si accorsero di quanto avessi ancora la faccia rossa e che mi asciugavo più volte il naso a causa di dove ero appena stata. Tuttavia dopo un po' confessai la causa del mio silenzio e ammetto che nonostante fossi imbarazzata sia da quello che avevo confidato sia con chi lo stessi facendo mi sentii davvero meglio: specialmente Taïsse fu più comprensiva e sensibile di quanto mi potessi aspettare e addirittura si spostò nei posti dietro per abbracciarmi vari minuti.
Per quanto bizzarro apprezzai davvero quel gesto.
In quel momento non avevo ancora stabilito con me stessa se riferire di quell'ultima conversazione con Noelle a Clover o meno: non volevo mi considerasse ulteriormente insistente e debole.
Alla fine però, a pranzo dello stesso giorno, le raccontai tutto, compresa la mattina che avevo appena trascorso insieme alla coppia che non avrei mai voluto vedere insieme e della nuova “missione” alla quale lei aveva deliberatamente e saggiamente deciso di non partecipare per dedicarsi alla montagna di compiti che io invece stavo costantemente rimandando.
Tuttavia posso dire che quasi mi divertii.
La stradina era tutta diritta tranne lo svincolo principale prima della campagna (quello in cui ci eravamo perse tempo prima) e verso le 9:40 parcheggiammo sul prato curato davanti alla villa situata in mezzo al vigneto nella periferia di Brixton.
Era uno spiazzo piuttosto esteso e anche alquanto isolato dal resto della civiltà: avevamo impiegato più di mezz'ora per raggiungerlo.
La casa era al centro di una stretta stradina circolare fatta di ghiaia ma non appariva antiquata come mi ero aspettata, aveva quasi una parvenza di modernità.
Ai due lati di essa erano presenti non troppo distanti due lunghe file di vigneti dall'aria non troppo curata, mentre a vari metri dal lato più a ovest si trovava quello che immaginammo essere una sorta di capanno degli attrezzi.
Il padre di Christian, il signor Anderson, da quanto era riuscito ad estrapolare James nel corso dei mesi passati, gestiva il suo ufficio direttamente da casa quindi eravamo piuttosto certi che saremmo riusciti quanto meno a vederlo; riguardo al parlargli io e Taïsse non eravamo per niente sicure.
-James ti decidi a scendere dall'auto? Ha sicuramente sentito del rumore quindi vedi di fare quello per cui siamo venuti!- lo incitò la rossa in tono sbrigativo.
-Va bene va bene. Dite che poliziotto buono poliziotto cattivo possa funzionare?- era un'evidente battuta ma lei lo rimproverò: -Cosa stai dicendo? Tu entri lì dentro e parti dal presupposto che sia stata Marina a dargli quella foto e poi vediamo se lui conferma o smentisce. Se gli chiediamo direttamente chi è stato non ce lo dirà-
-D'accordo... anche se non penso la conosca vediamo come reagisce quando gli dico che è stata una ragazza. Nel frattempo tu e Aria salirete su quell'albero e vi appenderete a testa in giù fingendovi animali e registrerete tutta la conversazione-
Rimanemmo ammutolite.
-Dovreste vedere le vostre facce! Dai che scherzo!- scoppiò a ridere. Sapevo che stava cercando di smorzare la tensione dei suoi nervi ma comunque gli risposi: -Sarò onesta nel dire che non mi stupisce più nulla di quello che esce dalla tua bocca-
Dall'interno dell'abitazione non proveniva nessun suono così come nessuno ci aveva prestato la minima attenzione fino a quel momento. Eppure le visite non mi sembravano all'ordine del giorno in quel luogo.
-Ma qual è il suo lavoro esattamente?- domandò Taïsse scavalcando ciuffi d'erba mentre ci avvicinavamo alla porta principale, facendo attenzione a non essere visti attraverso l'unica finestra presente sulla parete frontale della casa.
-Boh penso gestisca questo vigneto ma è un'attività nuova quindi non penso abbia ancora molti guadagni, o clienti o aiutanti- le rispose James tentando di indicare con le braccia la solitudine che quel luogo esprimeva.
-Adesso busso quindi mettetevi dietro quell'angolo e cercate di trovare la posizione in cui riuscite a registrare meglio-
-James noi non registreremo un cazzo, Nathan si dovrà fidare della tua parola!- così dicendo la mia socia si nascose dietro l'angolo destro della casa indicato dal biondo e io la seguii.
Non replicò nemmeno, troppo occupato a dare colpi sempre più forti alla porta di legno davanti a lui.
Temetti che nessuno avrebbe aperto: avevamo percorso parecchia strada, senza contare che sarebbe stata l'ennesima delusione per James: ci tenevo che almeno una volta potesse avere un'occasione per tentare di seguire il suo istinto per cercare di aiutare il suo migliore amico.
Proprio mentre io e Taïsse ci guardavamo con aria rassegnata, qualcuno aprì la porta e dall'espressione di marcato entusiasmo sul volto del nostro amico capimmo avesse riconosciuto il signor Anderson, anche se ero piuttosto certa lo avesse potuto vedere solamente in foto prima di allora.
-Salve, è interessato al vino?- chiese subito in tono pratico.
James tentennò dondolandosi sui talloni e gesticolando in modo eccessivo.
Mi stava già innervosendo... sicuramente io e Taïsse avremmo saputo gestire meglio la situazione ma d'altra parte ci eravamo rifiutate noi stesse.
-No ecco... in realtà sono amico di suo figlio e volevo chiederle, anzi dirle, un paio di cose- pessimo inizio a mio parere: il tono non era minaccioso ma non ero comunque certa l'avrebbe presa troppo bene.
-È un amico di Christian? Cosa mi vorrebbe dire?- il tono si fece immediatamente meno cordiale di pochi istanti prima. Entrambe  capimmo che probabilmente già sapeva dove voleva andare a parare il biondino davanti a lui.
-Ehm... ehm... non è che potrei entrare?- balbettò James.
Sempre peggio.
Ero sicura gli negasse l'accesso e invece lo sentimmo spostarsi per farlo passare per poi chiudersi la porta alle spalle.
-Cazzo! Ma perchè è voluto entrare? Così non sentiamo niente!- protestò Taïsse.
Dal non voler essere coinvolta era passata al non voler perdersi una parola: non potevo negare che per me fosse lo stesso.
-Probabilmente voleva creare una maggiore "intimità". Oppure voleva solo prendere tempo- risposi.
Li sentimmo attraversare quello che presupponevamo essere il salotto fino ad arrivare allo studio, mentre noi li seguivamo percorrendo la strada lungo il muro esterno.
Sentivamo le loro voci ma non riuscivamo ad afferrare neanche un concetto.
-Fortuna che aveva anche detto di registrare! E adesso come facciamo?- Taïsse era sempre più agitata e si continuava a guardare intorno come se potesse arrivare qualcuno da un momento all'altro, focalizzandosi in particolare sul capanno a pochi metri da noi: -Com'è inquietante- sussurrò.
-Possiamo provare a mandargli un messaggio ma è improbabile che lo legga...- mi interruppi perchè la vidi raccogliere dalla stradina di ghiaia accanto a noi un sassolino, allontanarsi dalla parete e mirare alla finestra.
-No no ferma! Così rischi di far crepare il vetro e farci scoprire: prendi questo più pesante e lancialo contro il muro, tanto a quanto pare questo tipo è piuttosto sordo. Speriamo James capisca-
Prese dalla mia mano il sasso che avevo appena raccolto e lo scagliò contro la parete, appena accanto alla cornice della finestra.
Attendemmo qualche secondo poi sentimmo qualcuno avvicinarsi a noi e fortunatamente dalla voce riconoscemmo James. -Fa veramente caldo qua dentro... non è che posso aprire la finestra?- lo sentimmo chiedere.
Ad entrambe scappò un risolino.
Il signor Anderson dovette fare un cenno di assenso perchè sentimmo spostare la tenda e manovrare con la maniglia, per poi aprire i vetri quel poco che bastava per permetterci di ascoltare la conversazione.
-Mi sembri molto più amico di questo altro ragazzo piuttosto che di mio figlio-
-Sì in effetti sì, ma vede... tutto quello a cui tiene Nathan tengo anche io e Christian rientra senza dubbio in questa categoria. Le chiedo solo di dare una possibilità alla situazione- era quasi implorante ma le mie sensazioni continuavano a rimanere negative.
-Se mai ci fosse potuta essere una situazione su cui ragionare, cosa a cui comunque mi sarei altamente opposto, ora non esiste più. Ha commesso quello che lei e il suo amichetto chiamate "sbaglio" e deve rimediare per come può. Non solo perchè lo dico io ma anche perchè ho parlato personalmente con i genitori di questa ragazza e hanno intenzioni serie contro Christian se non si prende le sue responsabilità. E ti assicuro che farò di tutto perchè mio figlio non venga accusato di chissà cosa e finisca in prigione!-
Durante questo monologo Taïsse continuava con la mano a farmi cenno su quanto il padre stesse esagerando la situazione portandola allo stremo.
Sicuramente le sue paranoie erano dettate dalla paura di venire messo in cattiva luce dalle azioni di suo figlio, ma dall'altra parte i genitori di Payson nessuno li aveva mai descritti come molto più accomodanti.
Mi fece inoltre il gesto dello scattare una foto per domandarmi se a mio parere ne avevano già discusso oppure no, e mentre stavo per risponderle James replicò: -Ma non esageri! Inoltre non so se se ne rende conto ma i presunti "amici" di suo figlio gli stanno facendo più male che bene! La ragazza che gli ha portato la foto dove pare abbia colto di sorpresa Louis con il mio amico è davvero una pazza glielo assicuro!-
Io e Taïsse rimanemmo in silenzio assoluto per non perdere neppure un sospiro di ciò che avveniva all'interno della casa; un colpo alla porta del capanno dietro di noi dettato dal vento ci fece sobbalzare e quando mi voltai mi resi conto che la porta doveva essersi rotta, per questo ogni tanto sbatteva. Nonostante fosse una casa parecchio isolata in questo modo chiunque avrebbe potuto rubare le mille cianfrusaglie contenute all'interno...
Per vari secondi nessuno parlò, il che che ci fece supporre che il padre era rimasto destabilizzato da ciò che aveva appena udito.
-Non so di cosa stia parlando- bofonchiò risoluto.
Sentire qualcuno dare del Lei a James era davvero strano, era l'ultima persona con cui verrebbe spontaneo farlo.
-Non finga! Sappiamo bene la faccenda della foto, le voci corrono glielo assicuro!- si stava davvero scaldando, temevo perdesse la calma.
-Sappiamo? Sappiamo chi?- domandò confuso il signor Anderson.
-So... volevo dire so. Io so che lei sa- farfugliò James in preda ad un evidente momento di blackout.
Taïsse si battè una mano sulla fronte e io alzai gli occhi al cielo.
-Le assicuro che chi mi ha consegnato questa foto ha le migliori intenzioni nei riguardi di mio figlio, lo conosco bene ormai questo ragazzo e mi ha spiegato l'intera situazione. Ora... so che anche lei ha buone intenzioni e vuole solamente aiutare il suo amico Nathan ma come le ho detto poc'anzi dovete farvi da parte e fare ciò che è giusto-
Lessi nel labiale di Taïsse un "mi sanguinano le orecchie" mentre il padre proseguiva: -Ora le chiedo di uscire da casa mia. Quello che dovevamo dirci ce lo siamo già detti. Prego-
Accompagnò un James stranamente silenzioso verso l'uscita e dopo qualche gesto di pura formalità lo congedò.
Rimase tuttavia in salotto, perciò James dovette spostarsi con la macchina nel fianco della casa per permetterci di salire all'insaputa del proprietario.
Appena chiuse le portiere dell'auto partimmo sparati da dove eravamo venuti.
-Beh... considerando che mi aspettavo ti cacciasse a pedate prima ancora di aprire bocca direi sia andata bene!- constatò Taïsse.
-Adesso mi fermo lì a lato della strada e guidi tu. Io devo chiamare Nathan. Deve sapere che J.C. non ne è rimasto fuori da questa storia manco per niente- in preda ad un'agitazione non del tutto giustificata James accostò e neanche il tempo di scendere dall'auto stava già raccontando quanto era successo al suo migliore amico.
Taïsse alzò gli occhi al cielo, ingranò la marcia e ci riportò nel centro di Brixton.
Non seguii proprio tutta la conversazione tra i due ragazzi, tanto il mio cervello rimuginava su quanto appena appreso. Il padre di Christian era stato senza dubbio risoluto e di certo non aperto a nessun cambiamento di prospettiva della situazione gli venisse offerto, tuttavia non era stato pessimo come mi era stato presentato. Era chiaro tuttavia che Nathan avesse ragione: o Christian sceglieva di andare contro tutti e tutto rischiando anche in questioni legali a causa del possesso di droga oppure subiva le cause delle sue insicurezze.
Io e Taïsse tendemmo le orecchie per tentare di ascoltare le esatte parole di Nathan a fine conversazione ma James continuava a tenere il finestrino abbassato e con il vento le parole venivano disperse.
Comunque sapevamo fosse stato sorpreso dal gesto di James ma allo stesso tempo soddisfatto di aver finalmente ottenuto una qualche informazione pressochè concreta per cercare di infondere coraggio al ragazzo che amava sul fatto che sì, suo padre e i genitori di Payson erano veramente degli ostacoli, ma anche e soprattutto che quello che lui aveva tornato a considerare suo amico in realtà facesse di tutto per raggiungere i suoi loschi scopi, ovvero separarli.
Dato che ormai procedevamo da vari minuti in assoluto silenzio Taïsse si sentì in dovere di movimentare l'atmosfera: -Ragazzi stasera al Xoyo dovrebbero organizzare una serata. Secondo me ci starebbe andarci, anche per distrarci un po' da tutte queste sensazioni di disperazione che aleggiano nell'aria...- si voltò per lanciare uno sguardo a James seduto accanto a lei con un braccio fuori dal finestrino e l'aria pensierosa.
-Solo perchè non sono riuscito a convincere il vignaiolo non significa che io sia messo così male da rifiutare una serata in discoteca! Ma ti pare! James è sempre pronto a fare serata!- fece dondolare la testa per farsi cadere gli occhiali da sole sul naso e io ridacchiai.
-Aria?- mi invitò voltandosi verso di me.
-Ehm... certo. Conosco il posto, è figo. Ci sono stata l'estate scorsa e mettono persino bella musica- sapeva che per me era tutto dire se un locale riusciva ad accontentare i miei gusti musicali.
-Se piacciono ad Aria allora non ci andiamo- scherzò lui tornando a voltarsi e io lo colpii sulla spalla con uno schiaffo.

Meno di un'ora dopo stavo pranzando con Clover al The Ledbury, un ristorante aperto da qualche mese in città, e ci misi davvero tanto per terminare il mio piatto di arrosto perchè non la finivo più di sfogarmi su Noelle e di raccontare della mattina alla vigna.
Le chiesi inoltre se voleva unirsi a noi per la serata proposta da Taïsse ma come già supponevo rifiutò: non solo non le piaceva l'ambiente delle discoteche ma questa volta aggiunse che a cena aveva intenzione di tirare fuori l'argomento dei messaggi trovati sul telefono di suo padre e non sapeva come sarebbe andata a finire. Sapevo inoltre che approfittava di questo genere di occasioni per farmi passare varie ore il più possibile da sola con James. Speravo solamente che la smettesse con queste assurde sue paranoie perchè lei sopra chiunque era la persona con cui io volessi passare più tempo e ormai avrebbe dovuto davvero capirlo.
Pazientemente mi ascoltò annuendo ai miei racconti ma commentò solamente la parte finale del mio sproloquio, dove la incalzavo ad ammettere quanto stronzo fosse J.C..
-Non solo ha la faccia da schiaffi ma ispira veramente disprezzo...- concordò lei.
Ero certa lo detestasse quanto me, non era solo sostegno d'amicizia il suo.
-Tra l'altro non abita da queste parti? Ti ricordi quel giorno in cui James minacciò di scrivergli "coglione" sul muro di casa? Avevamo notato questo ristorante poco dopo- lei si mise a ridere ancora inconsapevole di cosa la mia mente stesse partorendo già da quando aveva iniziato la prima frase.
-Che bel ricordo Clover... mi hai dato proprio un bellissimo spunto...-  senza aggiungere altro mi infilai il coltello con cui avevo tagliato la carne nella borsetta mentre lei era distratta a controllare l'orario sul cellulare e mi alzai dal tavolo dirigendomi verso la cassa.
-Ehi dove vai? Non finisci l'insalata?- ma si pulì la bocca con il tovagliolo e mi seguì pressochè subito.
-No Clover. Mi hai fatto venire in mente che devo mantenere una promessa. I soldi me li dai dopo- pagai in fretta per entrambe e uscii dal ristorante.
-Una promessa fatta a chi? Dove stiamo andando?- sapevo fosse leggermente spazientita ma sapevo anche che sotto sotto le piaceva seguirmi in questi miei apparenti comportamenti misteriosi. Questa volta non avevo necessità di chiedermi cosa fosse giusto e cosa sbagliato: sentivo di doverlo e volerlo fare.
-Ora Clover ti devi concentrare e ricordare dove si trova di preciso la casa di J.C.. Hai detto poco fa che era in queste zone-
Grazie alla sua memoria fotografica in pochi minuti fummo davanti alla villetta del nostro obiettivo, con la sua bella Kia Rio nero pece parcheggiata nel vialetto.
-Vieni Clover... non abbiamo la vernice come suggeriva James ma... abbiamo un coltello- e lo estrassi dalla borsa per mostrarglielo.
-Che cazzo Aria! Dove lo hai preso? Lo hai rubato al ristorante?-
-Non dire "rubato", la prossima volta che ci torno glielo rimetto sul tavolo- le sorrisi per tranquillizzarla avvicinandomi con discrezione alla macchina; si trovava a lato della villetta, dove nessuna finestra si affacciava.
-Aria se ci beccano...- continuava a bisbigliare lei. Non era mai stata troppo d'accordo con le mie idee più malsane tuttavia non si era mai realmente opposta, diventando sempre una mia consapevole complice; e così fu anche questa volta.
Controllai che nessuna telecamera visibile fosse istallata nelle vicinanze e che nessun vicino del quartiere stesse mettendo il naso fuori proprio in quel momento: nulla all'orizzonte. Dovevano essere tutti in casa a pranzare.
-Questo è per essere un grandissimo stronzo che non si fa i cazzi suoi e ostacola i miei amici- sentenziai mentre affondavo la lama nella gomma anteriore della Kia Rio e la trascinavo per qualche centimetro. -E questo è per aver tirato uno schiaffo alla mia migliore amica- mi diressi verso la parte posteriore della stessa fiancata e affondai nuovamente il coltello.
Clover aveva le mani sulla bocca e sembrava realmente sconcertata, tuttavia non fece nulla di concreto per fermarmi.
-Mamma mia Aria... ci arrestano- bisbigliava.
-Prima cosa Clover siamo minorenni e secondo ti ricorderai che avevo giurato che mi sarei vendicata del caro vecchio Jaden quando ti aveva colpita. Non è molto ma per ora posso ritenermi soddisfatta-
Rimisi l'arma al sicuro e ci allontanammo lungo la via.

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Capitolo 33
*** Capitolo 32 ***


-Ehi... ehm... senti ho scoperto tutto... tutto quello che hai fatto...-
-Di cosa stai parl...?-
-Lasciami finire. È ora di concludere questa storia Jaden, nel bene o nel male-
-Che cosa intendi?-
-Intendo dire che deve finire. Nè tu nè io nè gli altri possiamo continuare le nostre vite in questo modo. Vediamoci tra un'ora e mezza da mio padre, dal mio... vero padre... d'accordo?-
-All'una di notte? No, ne parleremo domattina, è tardi-
-Jaden... Ho bisogno di farlo ora. So che sai dove abita mio padre. Vediamoci lì. Me lo devi-
-D'accordo Chris-

James era passato a prendermi intorno alle 23:10; decisi che dieci minuti di ritardo potevo concederglieli, così non lo rimproverai quando salii in macchina.
Indossavo un top blu e una gonna piuttosto corta. Forse avevo esagerato.
Anzi, senza dubbio: di certo non avevo pescato dall'armadio l'abbinamento che mi faceva sentire più a mio agio.
Quando chiesi come mai Taïsse non fosse già in macchina con lui mi rispose che all'ultimo momento quando si era offerto di passarla a prendere aveva detto che in serata non si era sentita molto bene. Mi parve strano dato che era stata proprio lei a proporci di andare allo Xoyo ma la mia mente si concentrò subito sul realizzare che in questo modo avrei passato da sola la serata con James.
La proposta era stata sparsa nella chat di gruppo ma Thomas a suo dire non sopportava il chiasso delle discoteche e l'esperienza sulla spiaggia di inizio estate gli sarebbe bastata per anni e nemmeno Nathan aveva scelto di presentarsi.
Ero leggermente a disagio.
Se lo era anche lui, era bravo a nasconderlo.
Sapevo fossimo diretti in un luogo pieno di persone e se Nathan si fosse allontanato anche solo qualche minuto sarei rimasta sola; d'altronde la discoteca era in città ed essendo lui così conosciuto era scontato che qualcuno lo intercettasse.
Dopo questi ragionamenti invece di riflettere che magari avrei potuto avvicinarmi maggiormente e che avrebbe potuto presentarmi ad alcuni suoi amici, mi agitai sempre più.
-Ehi, tutto ok? Vuoi distruggermi l'auto nuova?- scherzò alludendo al fatto che ero finita per stritolare la parte interna della maniglia.
Annuii ridacchiando.
Tantissima gente era presente quella sera.
Fortunatamente una parte del locale si affacciava su un giardino situato lì accanto, permettendo a chi era in pista di poter uscire a riprendere ossigeno.
James cominciò immediatamente a bere e questo non sapevo esattamente se era un bene o un male: l'alcool avrebbe potuto togliergli i freni inibitori ma anche bloccarlo o addirittura fargli dimenticare che ero presente anche io e che ero venuta con lui. Senza nemmeno parlare del fatto che dovesse guidare.
Come previsto, mille persone lo accerchiarono con pacche sulle spalle e battute di tutti i tipi. A inizio serata era ancora tutto sommato sobrio e fu carino nei miei confronti: si ricordò di presentarmi quasi a tutte le persone con cui parlò.
Bevvi qualcosa anche io, giusto per calarmi nella parte, ma la paura di non capire più la situazione e perdermi da lui mi fece rimanere con i piedi per terra.
Senza Clover non potevo esagerare: era lei che mi riportava indietro.
Non stava andando male, anzi, James sembrava dedicarmi attenzione più di quanta mi aspettassi, e di questo certamente ne ero felice, tuttavia mancava qualcosa. O qualcuno.
Forse Clover. Sì... probabilmente sentivo la mancanza di Clover. Sicuramente mi sarei divertita di più con lei, avremmo ballato insieme, avremmo potuto commentare gli outfit orribili che avevo già adocchiato, avrebbe controllato che la mia gonna stesse al suo posto e saremmo anche andate in bagno insieme... tutte cose che in quel momento in realtà non aveva senso pensare.
La verità è che con James mi resi conto di non essere mai stata pienamente me stessa: certo aveva inteso i principali tratti del mio carattere ma con lui mi ero sempre sforzata di apparire migliore, di dire ciò che era giusto nel momento giusto, di non esagerare in nulla, persino di accontentarlo in tutto ecc... e quella notte in particolare questo insieme di cose, non so dire esattamente perchè, mi piombò sulle spalle.
Chiaramente decisi di ignorare tutto ciò.
Anche perchè fermarsi a riflettere significava perderlo di vista e non era una cosa che potevo permettermi.
Eravamo sul bordo della pista interna al locale, a pochi passi da noi il verde del prato, e stavo cercando di spingere giù il più possibile quella gonna che ormai sembrava si accorciasse ogni minuto di più, quando lui si allontanò per prendere l'ennesimo shottino con qualche suo amico. Lo aspettai mentre leggevo la risposta di Taïsse alla mia domanda su come stesse. Mal di testa. Che scusa banale: ero certa fosse successo qualcosa. Era così sveglia e poi se ne usciva così.
Ignorai anche questo fattore e alzando gli occhi mi ritrovai James a pochi centimetri dal viso.
Dal suo sguardo perso e non presente pienamente sul pianeta Terra capii immediatamente che quegli ultimi shottini erano stati decisamente di troppo.
-Ehi... non ti sembra di aver esagerato?- gli chiesi comunque ridendo anche se il disagio cominciava a palesarsi.
-Ma no Aria, lo sai che sono abituato. Comunque ti devo dire una cosa!- se non altro era ancora di grado di formulare frasi di senso compiuto.
-Ah sì? Che cosa?-
-Tu sei davvero bellissima-
Arrestai il flusso dei miei pensieri e lo guardai. Era ancora a pochi centimetri dal mio viso e anche lui era davvero bello... nonostante le luci stroboscopiche della discoteca i suoi occhi azzurri toglievano colore a tutto il resto. Iniziai a fissare le sue lentiggini super sottili, il suo sorriso... i suoi denti... lui nel frattempo mi stava dicendo altre cose su cui mi pentii non aver prestato attenzione, ma ormai ero come dentro ad una bolla.
Si avvicinò alle mie labbra e le sfiorò con le sue.
Odore di alcool, precisamente di menta parecchio forte, mi perforò le narici.
Era il momento della mia vita.
Tutti i pezzi del mio puzzle romantico stavano rivelando l'immagine finale.
Non mi importava assolutamente nulla del fatto che probabilmente non stava comandando realmente le sue azioni e che neanche se le sarebbe ricordate, dovevo solo ottenere ciò per cui avevo tanto sofferto.
In quell'istante però James fu spostato leggermente a lato, probabilmente spinto da qualcuno nella folla e i miei occhi si posarono su una persona alle sue spalle. Era lontana, in piedi accanto ad un grande albero circondato da bottiglie e bicchieri, e piangeva.
Perchè stava piangendo?
Realizzai pressochè immediatamente, la bolla che si era formata negli istanti precedenti si ruppe di colpo come bucata da un sottile ago.
La musica tornò a riempirmi le orecchie e la consapevolezza che James non volesse realmente baciarmi si impadronì di me.
Questa cosa era importante.
Era importante che non se ne sarebbe ricordato e che non gli avrebbe mai dato valore quanto gliene avrei dato io. Era importante il fatto che non aveva colto le mille occasioni che aveva avuto in quei mesi e in tutti i momenti in cui non aveva dell’alcool in corpo.
Dovevo assolutamente tornare lucida.
Facendo appello a tutta la mia forza di volontà lo spinsi da parte e mi diressi verso Taïsse.
Mi voltai indietro ma lui non mi stava seguendo, già distratto da un'altra compagnia e questo non fece altro che confermare ulteriormente le mie paure.
Mentre mi avvicinavo sempre più al fondo del giardino notai non troppo distante dalla ragazza dai capelli rossi, un altro ragazzo sempre con i capelli rossi. Lanciava lampi di fuoco con lo sguardo e gesticolava senza freni, probabilmente insultando la persona con cui stava discutendo al cellulare.
Sapevo che non appena mi avrebbe vista si sarebbe sicuramente spostato, e così fu; non prima però di aver lanciato anche a me uno dei suoi sguardi minacciosi.
Nonostante il preavviso del mio avvicinamento Taïsse rimase ferma dov'era continuando a piangere.
Indossava un vestito che fui certa fosse il primo che avesse estratto dal guardaroba e non aveva nemmeno un velo di trucco in volto.
Non appena fui abbastanza vicina l'abbracciai, proprio come aveva fatto lei con me quella stessa mattina in macchina.
-Cosa ci fai qua?- le chiesi cercando di trovare quella sensibilità che sembrava essere necessaria in quel momento.
-Non lo so- rispose lei tirando su col naso.
Mi fece davvero strano vederla così quella notte: era ben diversa dalla Taïsse che avevo conosciuto, aveva sempre dato la parvenza che niente avrebbe potuto scalfirla.
E invece... d'altra parte non potevo negare di aver sempre saputo che una parte di lei mi detestava nella stessa reazione involontaria che avevo sempre avuto io nei suoi confronti.
Alcuni ragazzi si erano voltati a guardarci e uno di loro ci chiese anche se fosse tutto a posto.
Lo scansai a malo modo: era chiaro non lo fosse.
-Scusami, sono davvero un'idiota. Proprio un'idiota. Non volevo fissarvi come una pazza stalker-
Non seppi cosa risponderle; effettivamente era stata un po' inquietante, ma non potevo fare altro che comprenderla e rassicurarla.
-Sei davvero una brava ragazza Aria- continuò poco dopo -Sei venuta qui da me anche se ti stava per baciare, anche se sei innamorata di lui-
Per la prima volta dopo anni non mi sfiorò neppure il pensiero di negare, di inventarmi qualsiasi bugia: era inevitabile tutto ormai.
-Perchè non dici nulla?- mi chiese sorridendo.
-E' che non so che cosa dire. Sei la prima persona con cui ne parlo davvero a parte Noelle e Clover. Non pensavo sarebbe successo, e di sicuro non con te- risi piano.
-Lo immaginavo. Non devi preoccuparti così sai Aria? Ti assicuro ci sono sentimenti peggiori- ci fu un momento di silenzio in cui meditai sulle sue parole e poi chiesi: -Da quanto?-
-Da quando l'ho conosciuto. Tu?-
-Da sempre-
Annuì senza chiedere ulteriori spiegazioni e dopo vari minuti in cui semplicemente rimanemmo in silenzio ad osservare i ragazzi e le ragazze che ci camminavano accanto ubriachi, decidemmo fosse ora di cercare l'oggetto della nostra conversazione, il quale sembrava essersi disperso nella folla.
-Hai visto che roba si è messa addosso quella? Ma le pare? Forse pensava di andare al circo- scherzò Taïsse imitando i modi di fare di Marina, anche se a me ricordò più le ragazze alla pista degli skateboad.
Capii stesse cercando di superare il suo momento di sconforto e proprio mentre ridevo trovammo il nostro obiettivo che usciva dal gabinetto, probabilmente dopo aver espulso nemmeno la metà di tutte le sostanze liquide che aveva in corpo.
-Oh James!- gli urlò Taïsse dandogli due schiaffi sulla faccia nemmeno troppo gentili -Riprenditi che è ora di andare a letto!-
Non era affatto tardi, da poco era passata la mezza, ma era meglio troncare sul nascere il probable coma etilico di James.
-Ma succede spesso questa cosa?- chiesi a Taïsse mentre lo trascinavamo quasi a peso morto verso la sua macchina.
-Si riduce spesso male ma con così tanto...- fu interrotta da un conato di vomito che le colpì l'orlo dell'abito.
-James tirati su o ti mollo in mezzo all'erba! Guarda il mio vestito!-
Ero piuttosto certa fossero tutte minacce vane, anche perchè James di certo non le stava assimilando.
La rossa lo buttò come un sacco di patate nei sedili posteriori e tentò di sistemarsi alla bene meglio il vestito con dei fazzoletti.
-Dov'è la tua macchina?- le chiesi.
-Per fortuna sono venuta a piedi, così riusciamo a portarlo a casa- e lo fulminò nuovamente con lo sguardo.
Sicuramente era una tipa tosta: non so se James sarebbe riuscito a tenerle testa. Ma direi di no.
Salimmo in auto, lei al posto di guida e io accanto. Ci voltammo in contemporanea per guardarlo stravaccato nel retro dell'auto.
-Che idiota- commentò prima di voltarsi di nuovo e dare gas.
-Beh... anche noi allora non scherziamo- mi scappò una delle mie solite battute senza senso per smorzare la tensione.
Lei ridacchiò in modo un po' stridulo: -Ha suoi lati positivi diciamocelo- si voltò a guardarmi e mi sorrise.
Se mi avessero raccontato di quella conversazione due mesi prima avrei riso parecchio.
Eppure mi resi conto che l'avevo anche sempre saputo.
Dopo averlo aiutato a centrare la porta di casa, abbandonammo James al suo destino sperando riuscisse ad arrivare almeno al letto e lei mi accompagnò a casa con l’auto di lui.
-Allora ci vediamo- mi salutò ferma a bordo strada.
-Sì... e grazie per il passaggio e per avermi aiutata con... beh lui- feci spallucce indicando la direzione in cui si trovata la casa di James.
-E Taïsse... mi dispiace- aggiunsi ormai sulla soglia facendo di nuovo qualche passo verso la macchina.
Lei semplicemente mi sorrise e ingranò la marcia.
Mi immaginai in quel momento che faccia avrebbe fatto  James il mattino seguente quando si sarebbe accorto di non avere più la sua macchina.
Scossi la testa ridendo ed entrai in casa.
Tutta la stanchezza mi piombò addosso.
E non per l'orario.
Chiamai Clover per avere notizie ma non rispose, sicuramente era già andata a dormire.
Con estrema lentezza mi infilai il pigiama e mi tolsi il trucco ma quando mi stesi sul letto mi resi conto che non sarei mai riuscita a dormire.
E se Taïsse lo andasse a dire a tutti?
Ma tanto è palese Aria.
Solo perchè la gente non ne parlava davanti a me non significava che non lo avessero capito. Probabilmente lo avevano sempre saputo. Forse Noelle lo aveva già detto a Marina tempo prima.
Il mio segreto di certo non era più un segreto.
Questo fatto mi faceva innervosire parecchio.
Avrei potuto gestire meglio la situazione.
Certo non potevo prevedere la presenza di Taïsse in discoteca ma avrei potuto creare un gossip vero e autentico baciando James, non facendo girare la voce che come una stupida ragazzina mi ero presa una cotta solo perchè lui era quello che più mi aveva dedicato attenzioni fin da quella prima giornata ad Hastings.
Davvero non comprendevo le sue azioni.
Nemmeno Taïsse le comprendeva. Forse nemmeno lui stesso.
Forse derivava tutto dal fatto che eravamo in piena adolescenza.
In questo genere di situazioni ci sono in ballo troppe casistiche tutte più o meno accettabili per spendere davvero del tempo ad analizzarle. Non sapevo cosa stesse accadendo nella mente di James ma non potevo credere che non avesse mai avuto il coraggio di baciarmi prima di quella sera. Solitamente la gente non si comporta come me: se vuole qualcosa se la prende.
E mille occasioni aveva avuto anche per comportarsi in modo differente nei confronti miei e di Taïsse; a volte mi sembrava provarci perfino con Clover, ma questo era assai poco probabile.
Inutile dire che quella notte dormii poco e male.
Il mio breve sonno fu costellato di piccoli incubi con in comune tutti una discoteca come location.
Mi addormentai veramente solo verso le cinque del mattino... per poi essere svegliata nemmeno due ore dopo.

-Aria svegliati! Svegliati! Aria! Dai svegliati!-
In lontananza percepii dei suoni e dopo pochi attimi ripiombai nella mia stanza, nel mio letto.
Il mio cervello aveva captato il panico di quella voce e stava per formulare numerose teorie quando la persona che stava urlando mi tolse il cuscino da sotto la testa e me lo tirò forte in faccia.
Mi svegliai di soprassalto e strizzai gli occhi.
-Clover ma stai bene!? Mi ha fatto male ai denti... che botta- mi massaggiai la mandibola ma lei si tuffò sul letto continuando ad urlare: -Aria svegliati!-
-Cazzo sono sveglia Clover! Che succede?- sapeva bene che in realtà anche se rispondevo a tono ero ancora per metà nel mondo dei sogni.
-Aria l'hanno ucciso! Hanno ucciso J.C.! Stanotte!-
Ora aveva tutta la mia attenzione.

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Capitolo 34
*** Capitolo 33 ***


Il cellulare era pieno di messaggi.
Da Chandler: Aria ma hai sentito? Che cazzo è successo? Tu lo sai?
Da mamma: hai visto cosa è successo? Lo conoscevi bene? Sono al lavoro se hai bisogno chiama
Da Jane: raga ma alla tv dicono che stanotte hanno ucciso Jaden Castillo, avete sentito??
Da Sarah: Sì ho sentito. È stato trovato in una campagna con la gola tagliata...
E tanti altri.
Li ignorai tutti e fissai Clover ancora seduta sul letto accanto a me.
Quasi tremava e così anche io.
Senza dirci nulla ci spostammo al piano di sotto e accendemmo immediatamente la tv.
-Metti il canale locale presto-
Non appena accesi il televisore le immagini del luogo in cui ero stata solamente il mattino precedente si impressero nella mia mente. Le videocamere inquadravano la villa, tutta transennata da nastro giallo e piena di poliziotti. Non ero mai stata facilmente impressionabile ma garantisco mi tremarono le gambe.
-Alza il volume sentiamo cosa dicono- mi incitò Clover rimanendo in piedi a un metro dal televisore.
Stavano intervistando il padre di Christian.
-È stato terribile. La peggior cosa che abbia visto nella mia vita. Il ragazzo era steso poco distante da quel fosso... c'era tantissimo sangue intorno a lui e quando ho provato a soccorrerlo già non respirava più- era sinceramente sconvolto e continuava a passarsi una mano sulla faccia, probabilmente per essere inquadrato il meno possibile.
-Lei è stato avvisato da suo figlio come ha riferito alla polizia questa notte giusto? Che ore erano all'incirca? E cosa spinse suo figlio a raggiungerla così lontano dalla città di notte?-
-Ma è un giornalista o un poliziotto?- sbottò Clover.
-Sì, mio figlio non appena ha visto il corpo è venuto a svegliarmi... era circa l'una ma non ricordo esattamente...- farfugliò il padre.
-E cosa ci faceva da lei suo figlio se ha la residenza al momento in un'altra abitazione?- insistette il giornalista, cominciando a darmi parecchio sui nervi nonostante fossi avida di scoprire ogni dettaglio.
-Era venuto per parlare con il ragazzo... dovevano chiarire alcune faccende private... non è stato mio figlio, lo posso giurare...- si interruppe scosso da alcuni singhiozzi.
Sapevo che nella sua mente si delineava la consapevolezza che la reputazione sua e di Christian erano ormai definitivamente agli sgoccioli.
Dopo qualche altra inquadratura dall'alto del vigneto, il servizio si concluse per lasciare il posto ad un tamponamento in autostrada avvenuto fuori Brixton.
Passata l'adrenalina del momento ci buttammo entrambe sul divano.
-Cazzo Aria...-
-Già...-
-Hai qualche idea?- mi chiese.
-È stato uno di loro-
-Su questo non ci piove- mi diede sostegno lei.
-Ultimamente non ho più visto nessuno di loro a parte James e Taïsse che sono stati con me quasi tutto ieri-
-Che bel trio- scherzò lei.
-Non sai quanto- sorrisi.
Chiese spiegazioni alzando le sopracciglia e le raccontai tutto della strana serata precedente.
-Ma è...tutto a posto Aria?- mi chiese cercando il mio sguardo.
-Sì certo è solo che... non so come spiegarmi-
Anche se era Clover le parole non uscivano, erano intrappolate dentro di me.
-Tranquilla, ho caito, non devi farlo- mi sorrise.
Era vero, forse con lei non erano necessarie quelle parole che non uscivano.
Subito dopo mi ricordai di assicurarmi che a casa sua la cena in famiglia non fosse finita col lancio di coltelli.
-Beh diciamo che non è proprio tutto ok, però non è neanche brutta come sembrava. Nel senso che mio padre non ha nessuna tresca con la tizia dei messaggi però non credo nemmeno sia tutto a posto tra i miei genitori- sembrava quasi rassegnata ma apprezzai se non altro che non si buttasse giù: stava reagendo meglio di quanto ci si potesse aspettare dal suo carattere fragile e da quando aveva scoperto quei presunti messaggi di tradimento.
-Capisco... senti dici che dobbiamo fare qualcosa? Tipo chiamare Marina non so-
-Penso che la nostra voce sia l'ultima che vorrebbe sentire adesso dopo quella di Nathan… Nathan! Dici che...?- azzardò lei.
-Penso che prima dobbiamo sapere esattamente cosa è successo e chiamare James e Taïsse. Sempre che James sia ancora vivo dopo ieri sera- poi riflettei su una cosa: -Clover ma come sei entrata a casa mia poco fa? -
-Ho chiesto stamattina a tua mamma di lasciare le chiavi in giardino dato che non rispondevi al cellulare e dovevo venire da te il prima possibile- mi rispose quasi scusandosi.
-D’accordo nessun problema, mi hai solo un po’ spaventata -
Dai giornali locali, dai servizi in tv e dopo alcune chiamate divennero più o meno chiare le dinamiche della notte appena passata.
Christian, interrogato dalla polizia, aveva dichiarato di aver chiesto al suo ex amico di trovarsi verso l'una nella campagna dove abita suo padre, lontano da chiunque potesse sentirli, per cercare di trovare una volta per tutta una soluzione ai loro conflitti.
Quando però era giunto sul luogo dell'incontro aveva fatto quell'amara scoperta: il corpo di J.C. si trovava non troppo distante dalla sua auto, vicino ad un piccolo fosso accanto al primo filare, la gola recisa da un probabile coltello usato per potare le viti chiamato roncola che si supponeva essere stato reperito all'interno del capanno degli attrezzi, anche se il signor Anderson si dichiarava non certo di questo ultimo fatto.
Dopo essersi precipitato in casa e aver svegliato suo padre avevano tentato invano qualche manovra di rianimazione e chiamato immediatamente il 999.
Si era subito stabilito che la morte era avvenuta solamente quindici minuti prima dell'arrivo dei soccorsi e questo metteva a serio rischio qualsiasi possibile alibi di Christian.
Tuttavia dalle prime analisi nessuna traccia o impronta sembrava essere stata lasciata per sbaglio, facendo presupporre alla polizia una premeditazione.
Inoltre la giacca e il cellulare della vittima non erano stati trovati, probabilmente distrutti.
Raggiungemmo a piedi la casa di James e poco dopo ci raggiunse anche Taïsse quasi sfondando il cancelletto del viale con la macchina di James.
-Oh grazie che ti sei degnata di riportarmela!- esordì il biondo.
Si era ripreso anche se era evidente fosse in un non certo leggero post sbornia.
Sicuramente non ricordava assolutamente nulla della serata precedente e di questo fui veramente grata: non avevo la forza in quel momento di concentrami anche sulla faccenda di quel quasi bacio.
-Stai zitto, ringrazia che ho riportato te a casa. Ragazzi siamo nella merda ve ne rendete conto?- agitatissima Taïsse spostò una sedia dal tavolo del cortile e si sedette mettendosi le mani nei capelli.
La guardammo una attimo confusi.
-Sveglia! Le nostre impronte sono dappertutto! Aria le mie e le tue sono lungo il muro esterno della casa e il padre di Christian neanche ha mai saputo che ci trovassimo lì! Siamo nella merda!-
Guardai Clover che stava già trovando difficoltà a trattenere le lacrime e cercai di rispondere in modo razionale: -Sì ma non abbiamo mai toccato quel capanno o ciò che c'è al suo interno. Seriamente credi ci potrebbero accusare? Io ho diciassette anni, non so neanche guidare e di sicuro non c'è nessuno che mi accusa perchè non ho reali motivazioni personali per ucciderlo!- alla fine della frase più che sul razionale ero finita sull'isterico. L'agitazione della rossa e di Clover mi avevano contagiata piuttosto in fretta.
Lei tacque consapevole che anche nel suo caso sarebbe stato difficile trovare prove concrete.
-James tu cosa pensi?- ci voltammo verso di lui solo per scoprire che si era addormentato sul dondolo con la testa ricaduta all'indietro e la bocca aperta.
-Se non altro lui ha un forte alibi, guardate come è messo- commentai.
-Santo cielo... Aria che facciamo?- proprio mentre mi veniva posta per l'ennesima volta questa domanda alla quale non avevo una risposta il cellulare di James squillò.
Dopo essersi ridestato di soprassalto riuscì ad estrarre il telefono dalla tasca.
-Pronto?-
-James! Dove sei? Dobbiamo vederci. Sai qualcosa? Hanno ucciso mio cugino, hanno ucciso J.C.! James... che cazzo è successo? Lo sai?- nonostante non fosse in viva voce tutti potemmo udire lo sconcerto di Thomas.
-Ehm... sì...vedi...-
Taïsse gli strappò il telefono dalle mani: -Thomas senti la situazione è questa: James è ko dalla sbronza di ieri sera al Xoyo e io sono con Aria e Clover a casa sua se ci vuoi raggiungere-
-Adesso non riesco sono con mia zia... appena posso arrivo-
-Non è buffo che nessuno di noi sia davvero dispiaciuto per il nostro amichetto J.C. ma siamo invece tutti concentrati sulle possibili prove contro di noi?- ci voltammo verso questa apparente sentenza seria di James quando lui si mise a ridere spostandosi a sedere sulla panca accanto al dondolo e riprendendo a sonnecchiare. Non aveva ancora realizzato ogni dettaglio della situazione anche se comunque noi ragazze ci scambiammo un'occhiata consapevole: forse era l'unica frase sensata che avesse detto da quando si era alzato dal letto.
Passammo la mattina nel cortile di casa Hall e mentre lui si imbottiva di aspirine io, Taïsse e Clover continuavamo ad azzardare ipotesi e fare supposizioni.
Nathan aveva risposto ad una nostra chiamata ma risultò troppo scosso per uscire di casa mentre di Marina nessuna notizia. Non sapevamo nemmeno se fosse stata interrogata anche lei dalla polizia.
Aspettavamo notizie in tempo reale ma tutto continuava a tacere, anche se ormai la scientifica avrebbe dovuto star analizzando le impronte sul capanno.
Verso mezzogiorno, poco dopo che avemmo deciso di rientrare tutti nelle nostre abitazioni per pranzare, fece la sua comparsa Thomas, tutto trafelato.
-Lì mi dispiace, mi dispiace tanto- Taïsse si precipitò immediatamente ad abbracciarlo anche se era madido di sudore.
Io e Clover non sapevamo bene come comportarci ma alla fine lui ci tolse ogni dubbio abbracciando anche noi.
-Allora? Sai qualcosa di più? Sei stato interrogato?-
-No per quanto ne so hanno interrogato solo i miei zii, Christian e suo padre per ora. E sinceramente credo brancolino nel buio... ma è ancora presto per avere tutte le risposte- era veramente molto provato, temevamo scoppiasse a piangere da un momento all'altro. Non erano certo migliori amici ma avevamo avuto modo di intuire che erano stati molto legati, soprattutto da bambini grazie alle loro famiglie.
Si sedette anche lui al tavolo e abbracciò anche James, non prima di avergli fatto una breve ramanzina su come fosse conciato.
-Mi chiedo come sia possibile... chi? Chi cazzo ha il coraggio di fare una cosa del genere? Se è stato Christian giuro che lo ammazzo, lo ammazzo di botte con le mie mani-
-Christian? Se fosse stato lui avrebbe avuto mille modi per fare un lavoro più pulito e organizzato- constatai io incrociando le braccia e appoggiandomi con la schiena alla sedia.
Gli altri mi fissarono.
-Cosa c'è?- chiesi.
-Aria, d'ora in poi limitiamo il numero di film horror che guardi alla settimana- Clover mi picchiettò una mano sulla spalla un paio di volte.
Non poterono fare a meno di sorridere.

La mattina del 23 agosto mi stavo guardando allo specchio preparandomi per il funerale di J.C.
Nei giorni precedenti nulla era cambiato.
Christian si negava alle chiamate di Nathan, Elliot sembrava incottattabile, Payson presupponevamo fosse sempre rimasta a Maidstone e di Marina avevamo notizie solo per vie traverse.
-Dai stai bene non c'è bisogno che ti guardi ancora- mi assicurò Clover seduta sul mio letto con un semplice ma elegante vestito nero di pizzo appartenuto a sua mamma. Per quanto lo stesse indossando per un'occasione del genere non potei fare a meno di pensare che stesse davvero bene.
Il mio vestito invece non mi convinceva per niente ma alla fine non era fondamentale: avrei fatto presenza per supporto a Thomas, non certo per conquistare qualcuno.
Date le circostanze della morte della vittima fu una cerimonia veramente straziante; nessuno spacciò J.C. come il ragazzo dall'animo d'oro che sarebbe mancato a tutti ma focalizzarono l'attenzione sulle piccole gioie della vita che ognuno di noi amava e che lui non avrebbe mai più potuto vivere.
Clover piangeva silenziosamente come una fontana accanto a me e nonostante pensavo non fosse possibile aumentò l'intensità delle lacrime durante il discorso di Marina che, per quanto sapessimo essere per certi tratti falso e ipocrita, non si poteva negare fu davvero commovente.
Taïsse riuscì a dirle qualche parola di conforto mentre per quanto riguarda me e Clover ci degnò a malapena di uno sguardo e passò in fretta oltre.
Era veramente odiosa.
Avrei davvero voluto dirle una qualsiasi frase carina e invece tutto ciò mi ricordò ulteriormente che una parte di colpa della separazione mia e di Noelle era sua.
Anche il discorso di Thomas sui suoi ricordi d'infanzia fu davvero toccante, se non che alla fine si lasciò sfuggire che avrebbe massacrato di botte chiunque fosse il responsabile e sua madre fu costretta a farlo tacere perchè stava facendo disperare sempre di più sua zia.
Rividi Ashton, Luke e alcuni altri dei ragazzi che avevano partecipato al week end in montagna e tanti altri che avevo visto con lui nel corso degli anni delle sue ex compagnie, e anche alcune ragazze che nessuno sapeva da dove sbucassero ma che era comunque facile presumere.
Clover riconobbe addirittura la tizia con cui era stato fotografato da Taïsse al Blacker Dread come prova di tradimento a inizio estate.
Nei banchi in fondo alla chiesa mentre uscivamo notammo il padre di Christian, che indirizzò solo un rapido cenno a James ed Nathan, venuto anche lui probabilmente solo per Thomas, con cui scambiammo qualche parola. Nathan sembrava davvero triste, con pressochè nessuna voglia di parlare e appena fummo all'esterno si allontanò. Sapevo che la situazione era quel che era ma ci rimasi ugualmente male: avevamo ormai stabilito un buon rapporto e non avrei voluto si chiudesse in se stesso.
Nonostante la polizia non fosse mai ancora venuta a conoscenza degli avvenimenti del Kristal ero certa che una parte lui fosse preoccupata e convinta che noi in qualche modo lo additassimo.
-Ma come ti sei vestito? Sembra che ti devi sposare!- commentò Taïsse davanti al completo giacca e cravatta di James una volta che ci fummo ritrovati poco dopo nel parco fuori dalla chiesa.
-Cosa ha che non va? È un normale abito da funerale. Piuttosto vogliamo commentare che Christian, il caro Elliot e la cara Payson non si sono nemmeno presentati?- James non riusciva a mascherare per nulla il fatto che la morte di J.C. non fosse per lui l'evento più tragico del mondo, anche se certamente non negava che le circostanze della sua morte gli facevano accapponare la pelle.
-Parla piano che Nathan ti può sentire- lo rimproverò Taïsse indicando il riccio a pochi metri da noi che salutava Ashton, Luke e altri ragazzi.
-Aria- mi richiamò Clover -C'è Noelle-
La indicò con lo sguardo mentre cercava di seguire una conversazione gestita da Marina con persone che sicuramente non conosceva.
Istintivamente mi mossi in avanti come per dirigermi verso di lei ma immediatamente realizzai che dovevo rimanere al mio posto: avevo preso questa decisione solo tre giorni prima e non potevo già metterla in dubbio.
Fui distratta da Thomas che ci veniva incontro tutto di fretta: -Ragazzi vi ho trovati meno male. Ho preso una decisione. Ascoltate: cercheremo di scoprire
cosa diavolo è successo, polizia o non polizia. Venite-
Ci condusse lontano da tutte le altre persone a lato del cortile e noi lo ascoltammo attentamente.
-Spero concorderete con me che il trio che oggi non si è presentato sappia qualcosa. Non dico che siano responsabili, no, dico che potrebbero sapere qualcosa che noi ignoriamo- non avevo mai visto Thomas così sicuro di sè.
-E quindi? Cosa suggerisci?- domandò James assumendo quell’espressione concentrata che mi faceva sempre divertire inconsciamente.
-Suggerisco di scoprire dove si trovano e interrogarli con le buone o con le cattive noi stessi-
Eh sì, eravamo proprio un gruppetto minaccioso, specialmente togliendo Thomas e Taïsse.
-Non abbiamo scoperto fino ad ora dove esattamente siano come possiamo saperlo ora?- Taïsse come noi stava cercando di capire il punto del discorso.
-No infatti, noi non lo sappiamo, ma qualcun altro invece sì- e tutti noi seguimmo il suo sguardo che andò a cadere su Marina.
-Oh certo! Come abbiamo fatto a non pensarci prima! Possiamo chiedere a Marina! Grande Thomas- ironizzò subito la rossa battendo le mani.
-Tu non intendi chiederglielo vero?- intuì Clover.
-No, noi le prenderemo questa informazione- e mimò il gesto con le mani.
-E se invece voi due chiedeste a Noelle? Magari lei lo sa- provò James.
-Non ce lo dirà mai e poi comunque ora non riusciamo a parlarle senza la presenza costante di Marina alle calcagna- gli risposi in fretta.
-Quindi come facciamo a prendere questa informazione da Marina?- riprese il discorso la rossa.
-Le dobbiamo hackerare il telefono- concluse Thomas già aspettandosi una pioggia di proteste.
-Che cosa?-
-Ma non sappiamo farlo!-
-E se glielo controlla la polizia?!-
-Per me è assurdo-
-Ragazzi calma, calma. La polizia non controllerà mai il cellulare di Marina ma ad ogni modo dobbiamo fare un lavoro, per usare le parole di Aria, pulito. Lei non se ne dovrà nemmeno accorgere-
-Che fine ne hai fatto di Tommy?? Dimmi dov'è!- urlò James cominciando a scuotere il suo amico per le spalle. Thomas da quanto avevo potuto capire era sempre stato il più maturo e responsabile dell'intero gruppo, qualcuno a cui solo pochi giorni prima non sarebbe mai potuto venire in mente un'idea del genere. L’omicidio del cugino doveva averlo ferito più di quanto potevamo supporre.
-Io ci sto. Voglio arrivare in fondo a questa storia- asserì Taïsse.
-Ma qualcuno di noi ha idea di come si hackera un telefono?- mi voltai a guardare la mia amica, incapace di credere che quella domanda fosse uscita dalla sua bocca.
Lo sguardo furbo che mi lanciò di rimando mi piacque un sacco.
-Non in questo gruppo ma qualcuno che può farlo credo ci sia-

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Capitolo 35
*** Capitolo 34 ***


Erano varie ore che continuavo a pensare alla proposta azzardata da James che avevo liquidato in fretta solo poche ore prima al funerale, ovvero chiedere a Noelle se fosse a conoscenza del luogo preciso in cui si trovavano Payson, Christian e probabilmente anche Elliot ma alla fine gli altri mi avevano convinta a desistere. Non solo come avevo supposto io era probabile non sapesse nulla ma avremmo anche indirettamente rischiato di informare Marina delle nostre intenzioni. Mi ero quindi decisa a procedere con il piano A, l'unico che avevamo in realtà.
Lanciai una rapida occhiata a James, Taisse e Clover in piedi sparsi per la mia camera e composi il numero di Chandler.
Era la prima volta che lo cercavo dopo averlo rifiutato definitivamente ed ero veramente in imbarazzo a contattarlo per poi chiedergli un favore, uno bello grande per giunta. Tuttavia era l'unica persona che avrebbe potuto aiutarci e allo stesso tempo tenere la bocca chiusa.
Gli chiesi se poteva venire il prima possibile a casa mia per aiutarmi per una importante questione informatica, naturalmente gli avrei spiegato nel dettaglio la situazione quando sarebbe arrivato.
Mi chiese se potevo aspettare un'ora perchè doveva assolutamente terminare di preparare la valigia dato che il giorno dopo sarebbe partito per una settimana di vacanza con i suoi genitori e suo fratello a Margate.
Onestamente mi ero completamente dimenticata della sua partenza, eppure me ne aveva parlato solo poco tempo prima.
-E ora aspettiamo- ci sedemmo tutti sul mio letto tranne James che continuava a camminare avanti e indietro per la stanza con l'espressione corrucciata. Probabilmente stava tentando di mettere i pezzi insieme da solo nella sua testa.
Thomas nel frattempo era rimasto incastrato ad una specie di dopo funerale dai suoi parenti e non aveva potuto staccarsi, nonostante l'unica cosa che avrebbe voluto fare fosse stata quella di scappare da tutte quelle persone ignare della situazione reale e dei piani da lui ideati poco prima.
-Sento che se pensassimo a fondo riusciremmo a mettere insieme tutti gli ingranaggi di questo stramaledetto casino- pensò ad alta voce Taïsse dopo vario tempo passato in silenzio.
-E poi? Che cosa faremmo poi?- domandò James ancora in piedi.
Ma nessuno ebbe il tempo di rispondere perchè Chandler suonò il campanello.
Mi precipitai ad accoglierlo e saltando ogni convenevole e ignorando bellamente come ci eravamo lasciati una settimana prima gli spiegai la verità: avevamo necessità di entrare dentro al telefono cellulare di Marina Campbell e trovare alcuni messaggi o informazioni o qualsiasi cosa che ci indicasse dove avremmo potuto parlare con gli ex componenti del nostro gruppo.
Lui rimase un attimo in silenzio per verificare avessi finito poi disse: -Ok ho capito. Ho capito. Però vi chiedo: siete sicuri di voler fare questa cosa? Non avete un altro metodo per scoprirlo?- era molto meno sorpreso e scioccato di quanto ci si potesse aspettare dopo aver ricevuto una richiesta del genere.
-Nessuno conosce questo indirizzo a parte i tre soggetti in questione, i genitori di Payson, forse quelli di Chris, ma non credo, e Marina. E la polizia. Nessuno di loro ti garantisco ci direbbe una sola parola- gli spiegò James. Era la prima volta che si parlavano e di certo non mi aspettavo sarebbe stato per discutere di tutto ciò.
-Quindi suo padre, quello della vigna intendo, dite che non lo sa? Non si può chiedere a lui?- insistette Chandler.
-Non ci direbbe nulla ma ad ogni modo non ha ancora questo rapporto intimo con Chris per sapere certe cose, si conoscono da relativamente poco. 
Probabilmente lo sa sua madre e forse il padre di Noelle... perchè hanno una relazione- continuò a spiegargli James.
-D'accordo. Ma hackerare il telefono di qualcuno è un procedimento parecchio lungo e complesso, senza contare che è un reato, cosa a cui comunque voi sembrate abituati vedo. Quindi vi faccio una proposta: possiamo mandare un messaggio anonimo a questa ragazza dicendole che abbiamo informazioni su come è morto J.C. e le diamo appuntamento in un certo luogo e poi a quel punto l'accerchiate fino a farle confessare questo indirizzo che vi interessa- sembrava così naturale per lui quello che aveva appena detto. Ero stupita ma allo stesso tempo ammirata per come aveva reagito: non aveva fatto domande stupide ed inutili ma aveva afferrato subito il punto e tentato in modo pratico di aiutarci.
Pensai che gli altri si mettessero a ridere e invece lo avevano ascoltato tutti attentamente.
-Io ho una domanda- gli chiese James in tono provocatorio -In tutto questo discorso non ho capito se tu sei in grado di hackerare veramente un telefono-
-Sì, sarei in grado- gli rispose gelido Chandler.
Notai Clover lanciarmi un'occhiatina di divertimento per quella situazione assurda.
-Ma è fantastico! Sei fantastico!- Taïsse si alzò di scatto dal letto pronta ad entrare in azione.
-Non pensiamo alla sua proposta? Potremmo davvero fare così- azzardò Clover.
Cominciammo a discutere e andammo avanti per una buona mezz'ora finchè non prendemmo la decisione di unire le proposte iniziali invitando in anonimo Marina in un luogo pubblico per poi prenderle con uno stratagemma il telefono e compiere le operazioni necessarie.
-Cosa ci garantisce che non andrà alla polizia? Dopo aver ricevuto il messaggio anonimo?- domandò Clover.
-Non lo farà. Sono certo non lo farà. È coinvolta in modo negativo anche lei, l'unica cosa che le interessa è sapere le informazioni che le diremo di avere- la tranquillizzò James.
-Se anche ci andasse vi garantisco che sarà ben difficile persino per la polizia risalire a me-
-Sembri molto sicuro di te- dissi diretta a Chandler.
-Una volta che si sa veramente con cosa si ha a che fare, informaticaticamente parlando, ti garantisco che più o meno tutto è possibile- mi rispose lui in tono quasi professionale.
-Ehm... lo hai già fatto prima però?- chiese Taïsse.
-Diciamo di sì. Mio cugino è in polizia e mi ha spiegato cosa sono in grado di fare e posso tranquillamente dire di "poterli battere- stava esagerando, come sempre, ma non potevamo negare trasmettesse una certa sicurezza.
-È lui! Abbiamo trovato il ragazzo che ci serviva!- esclamò Taïsse battendo le mani e lui le sorrise.
-Aria posso parlarti un secondo da solo?- mi chiese cominciando già ad uscire dalla camera.
Avevo seriamente paura volesse parlare del bacio, della conversazione che ne era scaturita in seguito ecc... e invece mi guardo negli occhi sospirando capii non si trattasse di quello.
-Se non vuoi farlo, non lo facciamo Chandler. Sia chiaro che non sei nè obbligato nè altro. So che ti stiamo chiedendo tanto e davvero se non...-
-Non è questo. Non ho paura delle conseguenze legali, so quello che faccio e mi è venuta un’idea più semplice e veloce che non comporta hackerarle il telefono. È un'altra cosa che mi preoccupa-
-Cosa? Dimmi-
-Ti fidi veramente delle persone dentro quella stanza? Intendo dire... ti fidi ciecamente? Perchè Aria se qualcuno di loro è seriamente coinvolto e facciamo questa cosa finiamo in dei casini seri... ben oltre che voler scoprire un indirizzo per parlare con degli amici- pareva davvero preoccupato e non distoglieva lo sguardo dal mio.
La sua serietà mi costrinse a ragionare veramente sulla sua domanda.
Riguardo Clover non c'era niente su cui riflettere, mentre su gli altri due spesi qualche secondo in più: Taïsse era rimasta con me quasi tutta la sera... certo verso l'una ci eravamo già separate ma sarebbe stata una cosa troppo assurda: se stava fingendo tutto questo non solo era una bravissima attrice ma era anche una completa pazza priva di empatia; scartai questa ipotesi, ma anche ragionando per assurdo non avrei proprio saputo dire come in meno di venti minuti avesse potuto raggiungere la vigna quando quella stessa mattina ci avevamo impiegato più di mezz'ora.
Anche per James non c'erano dubbi. Non era certo il migliore amico di J.C. ma niente al mondo lo avrebbe portato a compiere un gesto simile, ormai ero certa di conoscerlo; e anche nel suo caso guardando i fatti era impossibile date le condizioni in cui versava quella notte e al fatto che non avesse avuto nemmeno la sua macchina.
Avevo preso in considerazione l’idea che in un qualche modo stesse proteggendo Nathan ma non solo era abbastanza assurdo ma Nathan aveva anche, a quanto stabilito dalla polizia, un perfetto alibi, ovvero tutta la sua famiglia confermava che era uscito di casa per davvero breve tempo quella sera e senza nemmeno l’auto.
-Sì, assolutamente-
-Bene. Allora vado a prendere mio fratello-
-Tuo fratello? Perchè?- chiesi confusa.
-Ci serve per il piano che ho appena ideato-

La situazione procedeva esattamente come avevamo sperato: una nervosissima Marina stava aspettando la sua ordinazione al The Askew, uno dei bar più frequentati di Brixton. Noi le tenevamo gli occhi puntati addosso.
-Dai vai, è il momento- James spinse fuori dalla macchina grigia e anonima della sorella di Taïsse il fratello di Chandler.
-Hai capito tutto? Dai che se fai il bravo poi ti diamo una caramella- lo prese in giro James, sempre per smorzare la tensione nell'aria.
Evan si voltò verso di lui facendogli il dito medio e in fretta raggiunse l'entrata del bar.
Mentre si avvicinava alla nostra vittima fingendo una seria preoccupazione, noi quattro, all'interno della Fiat Panda, trattenevamo tutti il respiro.
Avevamo parcheggiato piuttosto distanti per evitare ogni possibile riconoscimento, ma in questo modo facevamo fatica a seguire bene le vicende oltre i vetri e i clienti del locale.
-Le ha già chiesto il cellulare secondo voi?- domandò Clover stringendo maggiormente gli occhi e premendo la faccia contro il finestrino dell'auto.
-Sì guarda!- Taïsse le indicò il ragazzino che stava ringraziando Marina per averle permesso di chiamare "la mamma". Vedemmo poi Evan tentare di allontanarsi dalla bionda per cercare di raggiungere il bancone del bar dove il fratello, piuttosto camuffato e girato di spalle apparentemente intento a sorseggiare un lunghissimo caffè, lo stava aspettando.
Marina tuttavia lo fermò
-Cazzo- bisbigliò James.
Evan probabilmente abbozzò una scusa credibile e tornò a voltarsi, tuttavia lei continuava a non togliergli gli occhi di dosso.
-Cazzo se continua a fissarlo in quel modo non riescono a scambiare i cellulari-
-L'avevo detto che sarebbe andata così!-
-Cosa facciamo? Dobbiamo distrarla!-
-Come? Cosa possiamo fare?-
Nella macchina si era creato il panico e James dall'agitazione aveva preso a muovere il sedile avanti e indietro schiacciandomi le gambe.
-Ahia James smettila!-
-James metti in moto, metti in modo. Se fai sgommare forte il motore guarderà da questa parte!- Taïsse lo scansò a malo modo di lato per girare le chiavi nel quadrante ma lui tentò di fermarla perchè essendo troppo distante dai pedali saremmo andati a sbattere contro l'auto davanti a noi. Nella breve confusione che ne seguì James si appoggiò con tutto il suo peso al clacson sul voltante facendoci sobbalzare tutti.
Immediatamente Marina, come chiunque si trovasse nella via in quel momento, si voltò nella nostra direzione.
-Giù!- urlai io e tutti e quattro ci buttammo sui sedili.
Pochi istanti dopo il via vai di gente aveva ripreso le loro attività, ignorandoci, ma ormai il nostro improvvisato e involontario escamotage aveva funzionato: Chandler stava digitando a tutta velocità i tasti sul telefono di Marina mentre Evan seduto accanto a lui le sorrideva continuando a fingere la telefonata alla mamma stando ben attendo a non mostrare troppo il cellulare, che di certo non era più l'I-Phone rosa che gli era stato prestato.
Dopo poco il ragazzino tornò al tavolo e la ringraziò riporgendole il suo telefono e dicendole che la mamma lo aspettava nel parcheggio.
Lei sorrise di malavoglia e provò a terminare il suo milk shake, anche se era evidente che l'agitazione non le procurava sete.
Recuperammo Evan dal vicolo nel quale si era nascosto appena uscito e aspettammo che Marina decidesse di aver atteso anche troppo il misterioso mittente del messaggio, ignara che quest'ultimo era partito dal vecchissimo telefono che lo stesso bambino che aveva aiutato poco prima usava tutti i giorni per giocare a Gta.
Venti minuti dopo finalmente si stancò di aspettare e sbattendo la porta del bar uscì a grandi passi; poco dopo Chandler la seguì, prese la sua bicicletta e si affiancò al finestrino della nostra Fiat Panda.
Non sapevamo se Marina lo conoscesse di vista e per non rischiare che in un qualche modo lo riconducesse a me avevamo deciso che non si sarebbero dovuti incrociare.
-Dimmi che ce l'hai fatta- lo implorò Taïsse.
-Ovviamente. Ho istallato una sorta di app spia piuttosto potente, ora dovremmo vedere più o meno tutti i suoi dati. Vi raggiungo da Aria tra poco. Evan vieni che ti porto a casa, devi ancora finire la tua valigia-
Il fratello scese dall'auto ma continuava a tenere i suoi occhioni da furbo fissi sul ragazzo biondo al volante.
-Che vuoi?- gli chiese James quasi sulla difensiva.
Il bambino tese la mano verso di lui oltre il finestrino: -Voglio la mia caramella-

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Capitolo 36
*** Capitolo 35 ***


-Siamo certi che non se ne accorga?- chiese Clover fissando il computer portatile di Chandler posato sulla mia scrivania.
-È assai improbabile, dovrebbe scavare nelle impostazioni delle app e dubito seriamente che lo faccia ma ad ogni modo dobbiamo rimuovergliela il prima possibile, e questa è una cosa che può fare chiunque di voi- a quell’affermazione James alzò gli occhi al cielo.
Era chiaro che Chandler non gli andasse a genio.
Non si poteva tuttavia essere certi se fosse per il suo atteggiamento da saputello, se perchè nonostante avesse due anni meno di lui fosse più sveglio o per altre ragioni che riguardavano me.
-Ma se guarda la cronologia delle chiamate vede che in realtà non c'è stata...-
-Calmati Clover. Mentre utilizzavo il suo telefono ho veramente fatto rimanere in linea mia mamma così lei non solo vedrà effettivamente la chiamata ma vedrà anche i minuti corretti- spiegò mentre digitava a tutta velocità sui tasti del suo pc nel tentativo di connettersi al dispositivo di Marina.
-Cazzo ma tu sei un genio- Taïsse lo abbracciò dalle spalle stampandogli un bacio sulla guancia.
Ma allora è un vizio!
Quando si staccò vidi Clover farmi il saluto in stile soldato, alludendo al fatto che Chandler non si fosse minimamente scomposto di fronte a quel gesto, continuando a mantenere lo sguardo fisso sullo schermo.
Mia madre era ormai rientrata da lavoro e per messaggio mi chiese cosa ci faceva tutta quella gente in camera mia; mi resi conto che ormai avevo raccontato talmente tante piccole bugie durante quell'estate che era diventato quasi naturale inventarle a raffica sul momento.
Chandler dovette fare alcuni tentativi per completare tutti i procedimenti e nonostante lui continuasse a ripetere che tutto era sotto controllo, l'ansia di aver sprecato il pomeriggio si stava facendo sempre più largo tra noi.
Noi ragazze stavamo comunque continuando ad ammirare le sue abilità informatiche quando quasi spaventandoci lui esclamò: -Ci sono! Sono dentro!-
Ci avvicinammo tutti allo schermo super emozionati e lui cominciò ad entrare nelle applicazioni a cui ci veniva consentito l'accesso... in verità erano davvero poche ma partendo da whatsapp avevamo già buone possibilità.
Invece niente.
Tutte le chat erano state cancellate.
Le poche rimaste risalivano massimo alla sera precedente e non contenevano nulla di interessante o che si rivelasse utile per noi.
Concordammo fosse piuttosto sospetto.
Gli altri social erano quasi tutti inaccessibili e, anche se Chandler non si spiegava questo fatto, noi rimanemmo piuttosto delusi.
Trovammo alcune chiamate effettuate a Payson e J.C. ma nessuna risalente a quel sabato sera.
-Non posso fare altro ragazzi. Se insisto a scavare più a fondo rischiamo se ne accorga e non possiamo. Mi devo fermare qui- probabilmente anche lui ci era rimasto piuttosto male, più per non essere riuscito a dimostrare fino in fondo le sue capacità che per l’averci illusi.
Ci buttammo sul letto spenti e demoralizzati ma subito lui riprese a fare altri tentativi non demordendo e dopo qualche minuto: -Eccolo, ci siamo! Vanity Lane, Linton, Maidstone, Kent ME19 -
Scattammo nuovamente tutti sull'attenti.
-Dove l'hai trovato?- chiese subito Taisse.
-Cronologia ricerche app Google Maps. È stata furba ma non abbastanza. Risale a fine giugno, può essere?-
-Sì è lui! Grandissimo!- per evitare che gli saltasse di nuovo addosso l'anticipai abbracciandola.
Rimase confusa ma ricambiò.
-Ottimo, partiamo dai- James battè le mani per incitarci ma noi lo guardammo allibiti.
-Ora?-
-Sì certo ora!- esclamò lui -Dobbiamo parlare con loro il prima possibile, prima della polizia e prima che Nathan faccia qualche altra pazzia-
Sicuramente era in contatto con lui e sapeva meglio di noi che le cose nella sua testa non si stavano mettendo bene.
Scesi al piano di sotto cercando in tutti i modi di convincere mia madre a lasciarmi partire ma non ci fu niente da fare. D'altra parte non potevo darle torto: era sera e lei non aveva la più pallida idea di cosa stesse succedendo, anzi sapeva solo che era morto un ragazzo con cui proprio quell'estate avevo cominciato ad uscire in compagnia.
Per Clover fu lo stesso mentre Taïsse disse che ai suoi genitori non sarebbe fregato nulla di quello che avrebbe fatto. Non faticai a crederle dato che non si erano nemmeno preoccupati quando era finita in ospedale dopo essere era stata quasi avvelenata.
Non doveva essere facile la sua vita, cresciuta a suo dire sempre all'ombra della sorella maggiore.
Probabilmente il suo carattere forte e la sua grande indipendenza derivavano anche da quello.
Fummo costretti ad accettare di dover partire il mattino seguente.
Soddisfatti ma non pienamente contenti li scortai all'ingresso.
Chandler fu l'ultimo ad andarsene.
Mia madre seppe come metterci in imbarazzo quando venendo solo me e lui nel salotto chiuse la porta della cucina come se dovessimo fare chissà che cosa.
Lui mi sorrise e io ricambiai.
-Ti ringrazio tantissimo per quello che hai fatto oggi- attaccai impacciata.
-Sì beh poi magari un giorno mi spiegherai meglio tutta questa storia-
-Sì certo!- cominciai a fissarmi le scarpe.
-Non è poi così male quel James. Certo si vede che è abbastanza stupido ma almeno fa ridere- non lo disse in tono offensivo, anzi stava quasi ridendo, così lo feci anche io. Se solo un mese prima qualcuno avesse dato dell'idiota a James gli avrei tolto il saluto per un bel po' di tempo.
-Senti... per la settimana scorsa...- provai ad entrare in argomento dato che i miei sensi di colpa nei suoi confronti dopo quella giornata erano nettamente aumentati, ma lui mi bloccò subito: -No Aria, non dobbiamo parlarne. Non adesso. Domani vai a Maidstone e risolvi questa cosa che per te e i tuoi amici sembra così importante e quando torno dalla mia vacanza se vuoi ne parleremo- ero certa che con quel "e i tuoi amici" si riferisse principalmente a James: aveva ben inteso che la gran parte di ciò facevo dipendeva dalle sue scelte e da ciò che mi chiedeva.
Gli fui veramente grata di aver troncato la conversazione sul nascere: non avevo realmente voglia di affrontare un argomento così importante dopo una giornata così complessa ed insieme ad altri mille pensieri da ordinare.
Si avviò da solo verso la porta e io lo seguii, chiedendomi come avrei dovuto salutarlo, ma lui rimase voltato e con un cenno della mano uscì e raggiunse la bicicletta posteggiata nel vialetto.

Il mattino seguente le uniche novità riguardo il proseguimento delle indagini furono la conferma dell'inesistenza di impronte digitali diverse da quelle del padre di Chris e dei suoi due dipendenti (e qualsiasi altra traccia rilevante) all'interno del capanno degli attrezzi, e che in seguito al sequestro dell'auto di J.C. per l'analisi dei tagli agli pneumatici che la polizia aveva subito notato erano giunti alla conclusione che erano stati effettuati prima dell'arrivo alla vigna e non con l'arma del delitto. Lo reputarono un atto di vandalismo connesso probabilmente ai fatti ma non rilevante ai fini dell'assassinio vero e proprio avvenuto diverse ore dopo da una persona sicuramente differente a quella che aveva reciso la gola della vittima, che sembrava avere una mano ben più forte e decisa. Io e Clover avevamo a lungo discusso riguardo questo argomento nei giorni precedenti e lei era dello strano parere di continuare a non farne parola con nessuno. A suo avviso, come più o meno avevano correttamente stabilito i poliziotti e chi si occupava del caso, non era un fatto che sembrava influenzare in alcun modo ciò che poi era avvenuto: avremmo quindi rischiato di immischiarci in qualcosa di tanto grande per una “sciocchezza”.
Mi resi conto che lei avrebbe fatto e detto qualsiasi cosa per proteggere me e questo discorso, ben lontano dal suo carattere sincero e ligio alla regole, lo confermava.
Una vocina dentro di me, tuttavia, per tutto quel tempo aveva sempre continuato a suggerirmi che quel gesto di vendetta compiuto con tanta leggerezza non era stato così irrilevante, ma poiché priva di reale motivazione la misi sempre a tacere.
L'ansia mi attanagliava pressoché sulla maggior parte di ciò che accadeva nella mia vita, ma la certezza di essere nel giusto e di avere persone accanto a me che mi avrebbero sostenuto qualsiasi cosa sarebbe accaduta mi dava talmente forza da potermi definire tranquilla sotto quel punto di vista, anche se la mia coscienza non era certo bianca come un lenzuolo.
Eravamo tutti certi che finalmente avremmo ottenuto qualche risposta e fatto luce su quella vicenda mentre con il primo treno del mattino ci dirigevamo verso la fatidica meta a lungo cercata.
Ma qualcosa per l'ennesima volta ci sconvolse. Eravamo a metà viaggio quando James ricevette una sconcertante chiamata da parte di Thomas: nessuno riusciva a contattare Chris. Questa volta però assolutamente nessuno sapeva dove si trovasse, nemmeno Payson ed Elliot.
Il suo cellulare era stato prelevato della polizia due giorni prima.
-Mamma mia... dite che davvero è stato lui?- chiese timidamente Clover, non osando probabilmente veramente formulare quel pensiero.
Era davvero difficile credere un qualcosa del genere: una persona che hai realmente conosciuto, con la quale hai parlato, con la quale hai condiviso momenti e che hai aiutato non può essere in grado di uccidere qualcuno. Mi balenò in mente il ricordo di quando ero rimasta chiusa nello sgabuzzino di Marina a pochi centimetri da lui...
-A quanto pare... che motivo avrebbe di scappare in questo modo se non è stato lui?- ero certa che Chris era sempre stato la prima opzione nella mente di James, la più facile da concepire.
Ma qualcosa non mi quadrava.
Ero sempre più convinta che in tutto ciò non so come nè in che misura fosse coinvolto Nathan, nonostante l’alibi quasi inattaccabile.
-Non hanno prove concrete contro di lui, non è nemmeno nella rosa dei sospettati- ribattei io.
-Questo non lo sappiamo Aria...-
-Ragazzi scusatemi ma... di cosa state parlando?-
Ci voltammo tutti e quattro verso la signora di mezza età piuttosto in carne vestita di tutto punto che aveva pronunciato quella frase seduta nel lato opposto del treno, che evidentemente aveva origliato tutto.
-Ah niente stiamo cercando di scoprire il colpevole di un film giallo che abbiamo interrotto di vedere ieri sera. È davvero complicato!- le sorrisi esageratamente e gli altri annuirono convinti.
Con grande pathos lei si portò una mano al petto sollevata: -Ah meno male! Pensavo steste parlando di un crimine successo per davvero!-
Tutti e quattro ridemmo e James fece il gesto che aveva qualche rotella fuori posto.
Decidemmo fosse il caso di rimandare ulteriori supposizioni.
Man mano che ci avvicinavamo a Maidstone l'agitazione in me cresceva sempre di più, così come negli altri: non solo avevamo paura che l'indirizzo trovato nel cellulare di Marina fosse un altro buco nell'acqua ma soprattutto aleggiava in noi la paura di scoprire qualcosa a cui non eravamo realmente preparati.
Fortunatamente il piano ideato da Thomas e sviluppato da Chandler si rivelò un successo: al numero ME19 di Vanity Lane ad aprirci la porta fu Payson in persona.
Se noi eravamo straniti dal rivederla dopo molto tempo, e specialmente di rivederla con una ormai evidente pancia, lei era assolutamente scioccata.
Non si spiegava nè come l'avevamo trovata nè cosa ci facessimo lì.
Avevamo stabilito che per ottenere il maggior numero di informazioni sincere da lei era necessario anche da parte nostra raccontare quanta più verità possibile e così, mentre James e Taïsse si alternavano a spiegarle tutto ciò che ci aveva condotto alla sua villa, io studiavo la casa e il giardino nel quale ci aveva fatto accomodare.
Non seppi dare un'età a quel luogo, eppure dagli esterni non particolarmente curati e dalle evidenti crepe nei muri presupposi fosse disabitata da un bel po’ prima dell'arrivo di Payson.
Le imposte erano chiuse e quindi non ci era permesso lanciare nemmeno un'occhiata attraverso; dubitavo si nascondesse Chris ma avrei comunque voluto controllare la situazione all'interno.
-Chi ci abitava qui?- chiesi di gettò a voce alta interrompendo probabilmente la fine della spiegazione dei miei amici.
-Mia nonna, è venuta a mancare questo maggio- mi rispose l'attuale proprietaria anche se un po' stranita.
-Ah, ci dispiace- commentò Clover.
La villetta era rimasta vuota e lei aveva pensato di "scappare" dal soffocamento che le causavano i suoi genitori dove prima viveva la nonna… Io e Clover ci scambiammo uno sguardo di assenso: poteva quadrare.
Questa volta aspettai ci fosse una pausa di silenzio prima di cercare di arrivare al sodo dello scopo della visita: -Non hai davvero idea di dove si trovi?-
-No, come ho detto stamattina ai suoi genitori che sono venuti ad ispezionare la casa da cima a fondo, non ne ho davvero idea. Sono preoccupata tanto quanto voi- probabilmente lo era anche di più calcolando che era innamorata di Christian da anni e che era incinta di suo figlio. Tuttavia era carina nei nostri riguardi, nonostante non avessimo proprio ben mascherato che qualche sospetto su quel ragazzo aleggiava nel gruppetto.
Payson stava di nuovo per aprire bocca quando Taïsse la interruppe con domande a suo parere più importanti: -Quando l'hai visto l'ultima volta? E sabato scorso cosa è successo?-
Detestavo quando si comportava così: non sembrava avere chiaro quali fossero i modi migliori per ottenere ciò che occorre.
-Scusa le domande a raffica, è solo che aspettavamo da tanto di poter parlare con te faccia a faccia per capire che cosa è successo- decisi fosse il caso di tranquillizzarla.
-Ma ragazzi io non me ne sono andata per scappare da voi, me ne sono andata perchè la situazione in casa mia era ingestibile dopo questo- e si indicò la pancia -e non volevo parlare con nessuno. Non volevo nemmeno che faceste tutta questa strada: avrei voluto rimanere “nascosta” ancora per un po’. Mi dispiace davvero che sia accaduto tutto questo. So di essere probabilmente stata la vera causa della morte di J.C....- non riuscì a terminare la frase a causa dello sgorgare di qualche lacrima dai suoi occhi, che però scacciò subito via con la mano.
Le chiedemmo cosa intendesse.
-Dico solo che il fatto che io sia rimasta incinta ha scatenato eventi che non avrei mai voluto- cominciò ufficialmente a piangere e Clover le si avvicinò per confortarla.
-Non è colpa tua e lo sai- le disse.
-Beh non si può negare sia stata una stupida. Ho sempre saputo che Chris amava Nathan ma io... non so... a me è sempre piaciuto Chris...- le passammo alcuni fazzoletti per soffiarsi il naso.
Vidi Taïsse alzare gli occhi al cielo, nervosa perchè le sue domande erano state perse nel vuoto. Per me e Clover invece ciò di cui stava parlando Payson si poteva rivelare altrettanto interessante.
-Scusa la domanda stupida ma... perchè credi che Chris l'abbia fatto? Cioè perchè è "venuto con te"?- oltre al solito poco tatto James mi stupì parecchio con questa domanda: sapeva bene la risposta.
-Se vuoi sapere perchè ha tradito Nathan te lo dico subito: in realtà non l'ha mai fatto. Cioè si certo il bambino è suo ma Chris non ha mai smesso di amare Nathan, mai. E io lo so bene. Cercava di chiamarlo e di vederlo il meno possibile ma vivendo con lui anche solo questo poco tempo ho capito che non smetterà mai di amarlo veramente. Per rispondere alla tua domanda, James, ha fatto sesso con me perchè glielo hanno detto, dopo essere stato manipolato psicologicamente per anni. Sono stata veramente un'idiota ad essere una parte, la più importante, del loro schifoso piano-
-È stato J.C.. J.C. voleva che tutto fosse perfetto, lui con Marina e tu con Chris- concluse James.
-Sì J.C., ma anche Marina. E insieme, quando l'anno scorso Chris ha ritrovato il suo vero padre, hanno cercato di metterglielo contro- ci confermò lei e poi proseguì: -Anche se presumo sappiate che l'odio verso la relazione con Nathan non fosse l'unica motivazione a tutto ciò-
-No, J.C. voleva vendicarsi di Chris per essere stato dalla parte di un altro membro del gruppo, Elliot, nella faida per accaparrarsi Marina vari anni fa, nonostante fossero migliori amici- dichiarai io.
-Esatto Aria, ne era nata una vera e propria guerra, che ha portato alla divisione del gruppo nel corso del tempo- mi sorrise malgrado tutto.
Riflettei che fino ad allora tutti gli antefatti che aveva raccontato Payson combaciavano con quello che già sapevamo; era quindi ora che rispondesse alle domande iniziali di Taïsse.
Si prese qualche momento prima di parlare, e noi rimanemmo inconsciamente protratti verso di lei a fissarla col fiato sospeso sperando optasse per dirci la verità.
Quando finalmente alzò lo sguardo rassegnato verso di noi ci confidò che Chris era rimasto in uno stato di estrema agitazione, nervosismo e rabbia per tutto il pomeriggio di sabato in seguito ad una chiamata effettuata da Nathan poco dopo l'ora di pranzo.
Tutti noi ci scambiammo uno sguardo eloquente: la chiamata che James aveva fatto in macchina mentre tornavamo in centro città dopo aver scoperto la verità sulla fotografia aveva messo nuovamente in moto il rancore sempre più grande di Nathan. Aveva quindi dato la notizia del tradimento dell'ex amico a Chris, sperando di smuoverlo a prendere in mano la sua vita ma quest’ultimo, al contrario, era caduto in uno stato sempre più ansioso e di sconforto.
-Solo verso le undici passate di sera si è deciso a chiamare J.C. e dargli un ultimatum. Voleva che si incontrassero il prima possibile e in un luogo completamente isolato-
-Perchè in un luogo isolato? Non poteva andare a casa di J.C.?- intervenne in tono pratico Clover.
-Sì, penso potesse ma c'era il rischio che i genitori di J.C. rientrassero a casa o che Marina si mettesse in mezzo, così gli ha chiesto di vedersi da suo padre. Mi disse super incazzato che tanto sapeva che J.C. ci sarebbe arrivato senza problemi dato che ci era già stato per consegnare le prove della sua relazione con Nathan, una foto scattata mesi prima che li ritraeva insieme...- probabilmente si aspettava domande sull’ultima sua affermazione, ignara che io avevo assistito in prima persona alla scena, ma noi eravamo già oltre: -Quindi a che ora è uscito da questa casa?- James si stava asciugando con i fazzoletti prestati a Payson tanto stava sudando per l’agitazione e l’impazienza di arrivare alla conclusione, e continuava a dondolarsi sulla sedia come avrebbe fatto un bambino.
-Alle undici e un quarto. Ma non è andato lontano: sono corsa in strada per fermarlo ma aveva già preso la macchina. Seguendolo però con lo sguardo ho visto che si è fermato in fondo alla via ed è entrato nel bar dove era solito andare negli ultimi tempi per... beh per bere. Pensai che avesse ascoltato le mie parole e avesse cambiato idea ma che per orgoglio non fosse tornato a casa-
-Hai tentato di fermarlo? Perchè?- chiesi. Poteva sembrare una domanda scontata ma per me non lo era.
- Perchè avevo visto quanto era arrabbiato Aria, sapevo non sarebbe accaduto nulla buono. Inoltre conosco bene J.C.: gli unici suoi interessi si erano rivelati essere accontentare la sua amata Marina, e lei voleva a tutti i costi che Chris stesse con me anche se non mi ama, e soprattutto non dargli il suo lieto fine con Nathan dopo che Chris aveva fatto di tutto per allontanarlo da Marina ai tempi in cui stava con Elliot. Sappiamo tutti che dopo quello che aveva già fatto non avrebbe certo cambiato idea solo perchè Chris lo avrebbe minacciato- sembrò terminare la spiegazione alla mia domanda ma poco dopo aggiunse, abbassando notevolmente la voce: -Quando capii che aveva intenzione di avere un vero confronto con J.C mi arrabbiai parecchio e litigammo… - si fermò di nuovo un istante perché la voce aveva ripreso a tremarle, poi continuò: - Litigammo e io tentai di prendergli il cellulare ma non ricordo bene come mi sfuggì di mano e si schiantò per terra frantumandosi… anche per questo era parecchio incazzato- non appena concluse la frase fece una smorfia, probabilmente ebbe una piccola contrazione alla pancia.
Dopo esserci assicurati che stesse bene riprendemmo l'interrogatorio, immaginandoci la faccia di Chris davanti al suo cellulare ridotto in mille pezzi. Payson sembrava essersi vergognata parecchio a quella confessione.
-E di Marina, Elliot e Nathan sai qualcosa?-
-Marina è impazzita negli ultimi tempi... non è più la ragazza con cui sono cresciuta... all'inizio pensavo che volesse solo il mio bene ad insistere sulla storia di Chris ma poi ho capito che era diventata solo una persona cattiva ed egoista- appoggiò un gomito sul ginocchio e riprese a piangere sommessamente.
Anche lei era una persona estremamente emotiva.
E mentre Taïsse sembrava non riuscire più a contenere la sua insofferenza a queste reazioni, Clover passava altri pacchetti di fazzoletti alla ragazza disperata accanto a lei.
Chris andava trovato il prima possibile, questo era ovvio, ma come poteva Taïsse non provare a capirla?
Anche per Payson tutta quella storia doveva essere risultata terribile: era stata sfruttata da quasi tutti quelli che lei considerava amici, doveva crescere un bambino a soli ventidue anni ed era anche rimasta pressapoco da sola.
-Va bene ma cosa fece sabato sera?- insistette insensibilmente la rossa.
Erano informazioni di cui la polizia avrebbe già dovuto essere a conoscenza ma sentirle da Payson in quel momento di confessione era diverso, completamente diverso.
-Marina avrebbe dovuto essere con J.C. sabato sera però alla fine non era andata da lui perchè aveva avuto dei casini con i suoi genitori. Non potete nemmeno immaginare quanto lei sia distrutta da ciò che è accaduto... so che non vi piace e pensate sia una persona cattiva ma vi assicuro che ha delle qualità positive... tu Taïsse lo sai! L'hai conosciuta bene...- ci scambiammo di nuovo tutti un’occhiata a causa della contraddizione con ciò che aveva detto poco prima: doveva essere davvero confusa su cosa provava verso di lei; nessuno di noi ebbe il coraggio di farglielo notare, tranne Taïsse, che naturalmente le rispose per le rime: -Sì lo so che ha qualità positive ma bisogna anche saperle usare! Solo perchè ti ha aiutato a stare con il tipo che di cui sei innamorata non significa sia una brava persona! Il contesto di questa situazione non la fa sembrare proprio l'amica perfetta... non lo puoi negare-
Payson scosse la testa e James, che sembrava starsi anche lui spazientendo, tagliò in fretta il discorso: -Ed Elliot? Che fine ha fatto?-
-È una bella domanda in realtà. Non lo vedo da sabato mattina quando è rientrato a Brixton perchè suo nonno è stato male...-
-Robert??- mi lasciai sfuggire.
-Sì, lo conosci?- mi chiese lei stupita.
-Non è importante- mi anticipò James lanciandomi un'occhiataccia -Ma vi avrà detto qualcosa... altrimenti darebbero per scomparso pure lui!-
-Sì ci ho parlato al telefono due o tre volte. Dice che è tutto a posto ma che deve rimanere a Brixton per un po' di tempo. Non vuole ancora dire ai suoi genitori che il nonno è stato male quindi se ne occupa lui- Payson cominciava ad apparire spaesata da tutte le domande a cui la stavamo sottoponendo. D’altra parte io ero veramente stupita si fosse rivelata così disponibile, ma probabilmente come noi voleva solo venire a capo di questa storia e si stava rassegnando a concedere informazioni.
-Bene è ora di andare- esclamò James battendosi entrambe le mani sulle gambe e alzandosi, avviandosi in modo quasi maleducato verso l'uscita del viale.
-James! Cosa stai facendo! Dobbiamo ancora chiedere di Nathan e altre cose!- sbottò Taïsse.
-Ragazze è ora di andare, fidatevi. Dobbiamo tornare- capimmo tutte e tre dalla sua espressione fintamente tranquilla ci fosse qualcosa che non andava e forse anche Payson lo intuì data la sua espressione sempre più confusa. Approfittai del suo tentennamento a chiedere una spiegazione per ricordarle quanto James fosse strano e di scusarlo.
In modo alquanto frettoloso e brusco la salutammo con baci e abbracci e sparimmo dalla sua villetta.
-Parla avanti- lo incoraggiammo noi dopo esserci accertate che Payson fosse rientrata dentro la villetta.
Niall camminò a passo svelto fino in fondo alla via e buttò fuori: -I genitori di Chris hanno lanciato una denuncia di scomparsa-
-Cazzo... dobbiamo trovarlo prima della polizia o sicuramente l'arrestano!-
-Magari arrestarlo è la cosa giusta se ha fatto quel che ha fatto-
-Zitte! State zitte! Io penso che abbiamo abbastanza informazioni per avere un'idea di cosa sia successo, una volta ottenuto un disegno sensato credo potremmo capire dove si trovi in questo momento-
-Wow James, è una delle poche volte che ti vedo prendere in mano la situazione. E penso anche che tu abbia ragione. Analizziamo daccapo tutto quanto, partendo dal sabato mattina- Taïsse si fermò all'angolo della strada e si mise a riflettere.
Noi la imitammo.
Scavammo nelle nostri menti per ripercorrere gli ultimi quattro giorni e dopo vari minuti di battibecchi, insulti, imprecazioni ed ipotesi Clover compose ad alta voce la storia finale: -Allora sabato mattina voi tre andate dal padre di Christian, il quale conferma involontariamente l'immischiarsi nuovamente di J.C. negli affari di Christian; tu James lo riferisci a Nathan il quale lo riferisce a Christian che rimane sconvolto e probabilmente medita vendetta. Verso sera tardi chiama Zayn per dargli appuntamento all'una di notte alla vigna di suo padre ma quando arriva lo trova che è appena morto. Avvisa il padre ecc ecc...-
-Devono averlo seguito- azzardò James.
-E come pensi non si sia accorto di essere seguito da una macchina lungo una stradina di campagna? E poi quando è arrivato gli avevano già tagliato la gola!- lo rimbeccò Taïsse.
-Quale altra soluzione trovi? Chi cazzo sapeva che Chris stava andando lì a parte Payson?-
-Se escludiamo lei potrebbero essere stati Marina o Nathan- affermai, puntando prevalentemente sulla seconda opzione, anche perché la prima era assai poco probabile a causa di un mancato movente.
-I suoi genitori hanno riferito alla polizia che è stato fuori casa solo mezz’ora e nemmeno nell’orario in cui è morto J.C.! E anche se fosse salito in macchina con qualcuno non può aver fatto così in fretta- mi ricordò la rossa, anche se in realtà avevo bene in mente questo fatto dato che era l’intoppo principale alla mia teoria.
Vidi James visibilmente sconvolto da questa nostra possibile accusa ma siccome già numerose volte aveva difeso Nathan a spada tratta, si trattenne limitandosi a guardarci torvo.
-E se fosse stato qualcun altro? Qualcuno di cui non sospetteremmo mai? Qualcuno che aveva un conto in sospeso con J.C. di cui noi non sappiamo nulla?-
-Clover dai! Non può essere un caso che la mattina noi scopriamo che J.C. ha portato la foto lì e la notte stessa qualcuno lo ammazza nella vigna degli Anderson!- mancava poco che Taïsse si mettesse a picchiare i piedi per terra dalla rabbia di non riuscire a far quadrare tutti gli indizi.
-È vero hai ragione... E se fosse stato il padre? Se stesse facendo un assurdo doppio gioco?-
-E se entrassimo in questo bar?- propose James, indicando il rustico locale sull'incrocio tra la Vanity Lane e la strada principale che portava ad una piccola piazza.
-Pensateci. Payson ha detto che ha visto Chris entrare qui sabato notte... e se fosse avvenuto proprio qui dentro il nostro tassello mancante?-
Tutte noi lo ascoltammo rapite. Poteva avere senso.
Qualcosa in quel locale potrebbe aver scatenato ulteriormente l'ira già furente di Chris oppure potrebbe aver spinto qualcuno a seguirlo.
-E se avesse ingaggiato un sicario?- mi lesse nella mente Taïsse -Se avesse ordinato a qualcuno di far fuori J.C. per poi creare la messa in scena?-
-Stiamo andando sull'assurdo- commentò Clover -Ricordiamoci anche che Chris era senza cellulare quando è entrato qua dentro- e indicò l’insegna verdastra sopra alle nostre teste.
-Giusto. Allora non può aver contattato nessuno...-
-E invece sì- attraverso i vetri piuttosto sporchi del locale James ci indicò un vecchio telefono a monete appeso alla parete di uno dei quattro angoli dello stabile.
Spingemmo quindi la porta e fummo pervasi da un odore non certo gradevole: uno misto tra caffè, alcolici e sudore. Si poteva quasi definire squallido: i tavoli erano disposi peggio del Kristal e il bancone di legno, così come il resto della mobilia, pareva non essere stato lavato da secoli.
Erano da poco passate le due di pomeriggio e il chiassoso brontolio dei nostri stomaci ci impose di acquistare qualcosa da mettere sotto i denti nonostante nessuna delle poche scelte offerte ci ispirasse lontanamente.
-Se vogliamo fare delle domande al barista almeno dobbiamo comprargli qualcosa!- ci incoraggiò ulteriormente James.
-Facile per te parlare, butti giù qualsiasi cosa; io se non vomito è già tanto- commentò Taïsse guardandosi intorno sempre più disgustata.
Gli unici clienti erano alcuni anziani signori inglesi che giocavano a carte e bevevano, alcuni dei quali senza togliere gli occhi dalla ragazza rossa in jeans e maglietta al mio fianco che tentava di mandare giù il suo panino ripieno di insalata e prosciutto.
Era davvero come ingoiare del cemento ma con qualche sforzo riuscimmo persino a dimostrarci soddisfatti al barista.
Sembrava fatto apposta per quel locale, era un tutt'uno: unto nei capelli, il grembiule impastrocchiato e l'aria burbera. Sarà stato sulla quarantina ma l'aspetto trasandato gliene conferiva almeno cinquanta.
-Dai James fagli vedere una foto di Chris! Vediamo cosa ci dice- lo incoraggiò Taïsse.
-Io? Perchè io? Lascia inventare una delle sue storie ad Aria- mi sorrise e io già pronta richiamai l'attenzione di quell'uomo tutto rude sporgendomi sul bancone: -Salve, mi chiamo Aria, questi sono miei amici. Le volevo chiedere una cosa un po' strana però purtroppo le garantisco che questo è l'ultimo tentativo che possiamo fare. Vede questo ragazzo?- gli mostrai una foto presa da Facebook che ritraeva Chris paparazzato davanti ad una delle sue Audi nel cortile di casa e lui annuì: -Sì lo conosco bene, viene qui spesso ultimamente-
-Sì esatto, per questo chiediamo a lei. Vede, Chris è il fidanzato della mia amica Taïsse- appena la indicai lei annuì convinta, ma lui mi interruppe subito: -Ma non sta con la ragazza bionda in fondo alla via?-
Mi colse impreparata.
-No ehm... quella è una storia vecchia... ma appunto per questi suoi precedenti abbiamo il sospetto che... ecco diciamo... che non faccia troppo il bravo, non so se mi capisce. E sabato scorso ha dato buca alla mia amica all'improvviso piuttosto tardi e sappiamo essere venuto in questo bar... l'ha per caso visto in compagnia di qualcuna? O ha... chiamato qualcuno con il telefono del bar? Il suo cellulare è rotto-
-Gliel'ho rotto io proprio perchè mi sono arrabbiata! È sempre in giro di notte... lei mi capisce vero?- Taïsse aveva improvvisamente cambiato espressione dimostrandosi molto triste e insicura.
La recitazione era stata improvvisata ma non del tutto pessima, anche se sicuramente il fatto che tutti e quattro lo stavamo fissando colmi di un'esagerata speranza nei suoi confronti lo destabilizzò e confuse non poco.
Se non altro ci aveva ascoltato con vivo interesse, interrompendomi solo una volta per preparare un caffè macchiato ad una donna anziana.
Ridacchiò un po', considerandoci probabilmente solo dei bambocci, poi si decise a parlare: -Capisco la vostra... anzi la tua situazione- disse rivolto ad una sempre più abbattuta Taïsse -Però queste sono informazioni private dei miei clienti. Non posso andare a dire in giro cosa fanno quando sono nel mio locale...- capii immediatamente che insistendo nel modo giusto avrebbe ceduto.
-Sì certo... lei ha ragione. Però noi non le chiediamo cosa hanno fatto, cosa si sono detti o che ore erano; è molto più semplice: le chiediamo se c'era qualcuno con lui o se ha chiamato qualcuno- provai col tentativo di minimizzare la richiesta, il che sembrò in parte funzionare.
-No non era con nessuno, anche se di certo portava con sé un notevole… sconforto- buttò fuori, sperando invano ci accontentassimo.
-E? Ha chiamato qualcuno? Ha chiesto un telefono in prestito?- incalzai.
-Ha fatto una chiamata, ma non con un cellulare, ha usato quello pubblico- dopo averci indicato l’apparecchio notato poco prima da James, si perse per un momento tentando di ricordare e noi ne approfittammo per lanciarci un'occhiata. Eravamo sempre più vicini.
Taïsse sbattè una mano sul bancone accanto a me facendomi sobbalzare: -Ecco! Lo sapevo che avrebbe chiamato quella zoccola!-
Nessuno di noi tre, e nemmeno il barista, riuscì a trattenere un risolino.
-Anzi... ora che ci penso bene le chiamate sono state due- aggiunse poco dopo sempre più assorto.
-Due? Ne è sicuro?- domandai.
-Due! Non ci posso credere!- pestai un piede a Taïsse intimandole di smetterla di urlare e proseguii non riuscendo più a trattenermi: -E cosa si sono detti?-
-Ehi ehi... questo non faceva parte dell'accordo- scherzò lui strizzandomi l'occhio.
Sentii James dietro di me bisbigliare: -Disgustoso-
-Ad ogni modo io ero qua dietro al mio bancone, anche se ci avessi prestato attenzione con il chiasso del locale non avrei sentito nulla- proseguì lui stavolta quasi a volersi giustificare. Pareva che ormai fosse entrato in sintonia con me e la mia socia.
-Sì certo capiamo...-
-Ricordo però che ad un certo punto ha chiesto una penna e un tovagliolo dal tavolo che aveva più vicino per scriverci qualcosa che credo gli stessero dettando al telefono- dal non volere riferirci nulla era passato al cercare di ricordare quanti più dettagli possibili. Sembrava averla presa come una sfida con se stesso.
-Un indirizzo probabilmente- commentò Clover, che non proferiva parola da inizio conversazione.
-Eh certo- le diede man forte Taïsse, continuando la sceneggiata.
-Mi spiace signorina. Merita di meglio a questo punto- le sorrise calorosamente come fossimo diventati migliori amici in quel breve lasso di tempo per poi concentrarsi su una nuova cliente che stava entrando in quel momento.
-Lo credo anche io- gli rispose lei, fintamente offesa.
Dopo averlo ulteriormente ringraziato ci chiudemmo la porta del bar alle spalle.
-Proprio una bella reputazione gli abbiamo regalato – commentai.
-E’ stato a fin di bene. Piuttosto mi pare ovvio che almeno la prima telefonata fosse rivolta a Nathan: non solo era il numero più sensato da comporre in quel momento ma conoscendolo anche l’unico che poteva sapere a memoria… Siete stati stranamente silenziosi- commentò la mia compagna attrice rivolta a James e Clover.
Quest’ultima le rispose prontamente: -Sappiamo bene che questo genere di cose vanno lasciate gestire a voi due. Ci sapete fare- finsi di non accorgermi della punta di disagio che uscì dalla sua voce.
-Grazie- le tirai una piccola gomitata per scherzare.
-Io invece stavo scrivendo con Payson- ci sorprese James cupo.
-Che altro succede?- domandammo in coro.
-Leggete- ci porse il telefono con la chat whatsapp aperta risalente a pochi minuti prima.
Ero talmente concentrata sul mio obiettivo che prima che mi fosse stato fatto notare non mi ero accorta del suo insolito silenzio.
Da Payson: Niall siete già in treno? Mi ha chiamato Louis qualche minuto fa...
Da James: Che cosa ha detto??
Da Payson: Ha detto che dobbiamo dire ad Nathan che gli dispiace.
Da James: gli dispiace per cosa?
Da Payson: non lo so, non rispondeva a questa domanda. Dobbiamo andarlo a prendere James e in fretta
Da James: dobbiamo far rintracciare il numero dalla polizia
Da Payson: non ce ne è bisogno, l'avevo salvato in rubrica. Chiamava da una stanza d'hotel in cui siamo stati i primi giorni a Maidstone, prima di venire in questa casa
Da James: dimmi il nome
Da Payson: St Andrews Apartments

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Capitolo 37
*** Capitolo 36 ***


Se avessi dovuto percorrere al contrario la strada che utilizzammo per arrivare a quell'hotel non avrei saputo da dove partire: mi ero completamente persa ad analizzare le informazioni, seppur minime, che avevamo estorto al sudicio barista.
Continuavo a pensare a Nathan... che tutto sommato aveva un alibi considerato valido dalla polizia, che probabilmente in realtà non sapeva nemmeno dove si trovava il vigneto, che non era riuscito ad avvelenare J.C. al Kristal, che non avrebbe fatto nulla mettendo a rischio Christian... non poteva essere lui.
La prima chiamata era stata sicuramente indirizzata a Nathan ma questo non significava nulla.
Seguendo James che con il cellulare faceva da guida impiegammo pressochè mezz'ora per arrivare nei cosiddetti 'quartieri alti' della città: Chris, anche nella sua folle corsa alla disperazione, aveva scelto quello a cui era sempre stato abituato: il lusso. Immaginai avesse insistito Payson sull’optare alla fine per vivere nella modesta villetta della nonna.
Fin quando non fummo proprio davanti all'ingresso dell'immensa hall dell’hotel non mi resi veramente conto che James e Taïsse stavano discutendo animatamente da un po'. Lei sosteneva che avremmo già dovuto avvisare la polizia, o quanto meno la famiglia; lui invece voleva essere il primo ad interrogare Chris, a farsi spiegare come erano andati i fatti ma soprattutto credo volesse parlargli di Payson e Nathan. Dopo tutto quello che avevamo affrontato per essere condotti in quel preciso punto davanti ai St Andrews Apartments dovevamo trovarlo prima degli altri.
Dopo avergli ricordato che non stavamo giocando ad un caccia al tesoro Clover suggerì fosse meglio che Payson avvisasse la polizia per prima: se le avessero perquisito il telefono avrebbero scoperto che, nonostante fosse stata chiamata da Chris in persona, non aveva fatto nulla se non avvisare degli amici. Per tagliare la testa al toro decisero che, non appena avessimo aperto la porta della stanza del fuggiasco e controllato fosse veramente al suo interno, avremmo avvertito le autorità e approfittato del tempo che avrebbero impiegato per arrivare sul luogo per fargli le nostre domande.
Accettai passivamente queste decisioni in quanto il mio cervello stava ancora unendo gli invisibili ingranaggi di quel quadro così grande.
Ma fu solo quando attraversammo le porte scorrevoli con le grandi iniziali S.A.A. color oro stampate sul vetro e mentre fissavo me stessa nel lindo specchio lontanissimo in fondo al corridoio, che mi scorsero davanti agli occhi gli ultimi mesi che avevo vissuto, proprio come si dice accada in punto di morte.
Vidi io che salivo sull'autobus diretto ad Hastings, James che baciava Taïsse, Nathan e Christian nel capanno, il gioco in montagna sotto alla pioggia, la serata dei carrelli, J.C. che tirava uno schiaffo a Clover mentre Noelle scappava lungo la strada, gli occhi di Marina che mi fissavano nel bosco, io e James che ci raccontavamo aneddoti della nostra vita ridendo, la nonna di Elliot che apriva la porta di casa, Chandler che mi abbracciava e infine la serata in discoteca risalente a quattro giorni prima.
Quella fu l'ultima immagine poiché era colei che chiudeva il cerchio.
-Aria dai inventa un'altra cazzata per il receptionist... Aria? Stai bene?- James mi riscosse dal mio stato di trans ricordandomi cosa stessimo facendo, la nostra missione.
-No, adesso useremo la verità- lo spinsi da parte e mi avvicinai al ragazzo tutto d'un pezzo seduto in maniera impeccabile dietro alla scrivania di marmo all’ingresso.
-Buonasera, avremmo bisogno di entrare in una stanza di questo hotel, precisamente quella dove alloggia Christian Anderson- dissi tutto d'un fiato. Il cuore mi martellava nel petto e ne sentivo il pulsare nelle tempie.
-Ma... siete ospiti dell'hotel?-
-No, ma è una cosa importante. Può dirci in che numero di stanza si trova?- faticavo davvero a trattenere l'agitazione e il ragazzo difronte a me prontamente ne se accorse. Scattò sulla difensiva, come preoccupato potessimo mettere in scena un attentato al suo prezioso hotel da un momento all'altro.
Lanciò una supplicante richiesta di aiuto con lo sguardo alla sua collega, anche lei rigida come un manico di scopa, ma questa stava già sollevando la cornetta del telefono che squillava e capì di doversela cavare da solo.
-No guardi mi dispiace ma non siamo autorizz...-
-No aspetti scusi se la interrompo ma come abbiamo già detto è veramente importante. Ci è arrivata una chiamata che possiamo definire “allarmante” da uno dei suoi ospiti e dobbiamo controllare che stia bene- anche Taïsse prese in mano la situazione, in modo molto più fermo e deciso di come avevo fatto io poco prima.
-Allarmante? In che senso?- di sicuro se c'era qualcuno allarmato in quel momento era quel povero ragazzo che sicuramente già stava pensando di essersi trovato nel luogo sbagliato al momento sbagliato; sembrava che niente del genere lo avesse neanche solo sfiorato nel corso della sua vita, pareva stesse scoprendo gli stati emotivi del panico in quel preciso istante.
-Nel senso che magari si sta suicidando o che magari sta mangiando fritto misto ma dato che non lo sappiamo è meglio verificare non crede?- perfino James aveva perso definitivamente l'uso della pazienza. David, leggemmo il suo nome della targhetta placcata argento sulla divisa, nel frattempo ci offrì una così vasta gamma di espressioni ansiose e assurde che in un'altra situazione saremmo scoppiati tutti a ridere.
Interrompendo quella lunga e inconcludente mimica facciale Clover si diresse verso la sua collega Kat che aveva appena riappoggiato la cornetta. Le intimò di fidarsi di lei e di chiamare la polizia, suggerendole anche di verificare lei stessa che sul ragazzo che stavamo cercando gravava una denuncia di scomparsa da ormai varie ore.
Nonostante la discussione di poco prima nessuno degli altri due contestò l'autonoma decisione della mia amica.
Kat eseguì all'istante mentre David, traendo finalmente forza dalla rapida decisione della collega accanto a lui, si decise a controllare il numero della camera. 258.
Senza aspettare direttive james afferrò la chiave appesa nel quadretto alla parete e schizzò su per le scale con noi ragazze e il receptionist alle calcagna.
L'ascensore era occupato ma ad ogni modo l'adrenalina non ci avrebbe permesso di restare fermi un secondo di più.
Di nuovo mentre salivo di corsa le scale urtando le persone che mi arrivavano controcorrente, fui colta da alcuni flash che mi confermarono ogni cosa: le gomme tagliate, gli orari, il telefono sparito, il crollo di Christian, la discoteca... la seconda chiamata era stata il fattore scatenante, non avevo quasi più dubbi.
E quei pochi ancora rimasti furono spazzati via alcuni minuti dopo.

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Capitolo 38
*** Capitolo 37 ***


Anche se aveva già infilato la chiave nella toppa James quasi sfondò la sottile porta di legno della stanza 258.
David, a parte ansimare come avesse corso una maratona e tentare di urlare moderate imprecazioni, aveva completamente perso il controllo della situazione. La camera, com'era facile presumere, era davvero spaziosa: addirittura adocchiai un idromassaggio posizionato all’esterno sul balcone. Tutti e cinque la scrutammo da cima a fondo analizzando il disordine di vestiti, i cassetti aperti e le finestre spalancate... ma a primo impatto nessun ospite sembrava essere in quella stanza in quel momento.
-Sono suoi questi vest...- James fu interrotto da un rumore assomigliante ad un lamento provenire dal bagno, situato a lato, lontano dall'ingresso e decisamente più piccolo rispetto a tutto il resto.
Ci precipitammo sulla soglia e non appena mi sporsi all'interno cercai di allontanarmi il più in fretta possibile. Sapevo che ormai era tardi però: la testa aveva già preso ad non darmi più ascolto e meno di un minuto dopo non riuscii a trattenere un conato di vomito che finì sul tappeto azzurro chiaro accanto al letto a due piazze al centro della stanza.
Tutti si voltarono verso di me.
Il receptionist stava per seguirmi a ruota mentre Taïsse e Clover capirono subito la situazione.
Presa dal mio personale panico avevo comunque cercato in tutti i modi di rimanere concentrata su ciò che accadeva all'interno del bagno: James dopo mille imprecazioni chiedeva a ripetizione a Chris cosa stesse facendo e perchè.
Mi sedetti sul letto pulendomi la bocca con i fazzoletti che mi avevano messo in mano e dopo aver assicurato più di dieci volte a Clover di essermi già ripresa sentii Christian che farfugliava in stato confusionale alcune cose, tra cui una in particolare attirò la mia attenzione: -Ho visto la Jaguar, James... l'ho vista...- Immaginai il ragazzo biondo sbiancare davanti a questa affermazione: adesso anche lui stava cominciando a mettere insieme i pezzi.
Proprio mentre James estraeva la siringa dal braccio di Christian e tentava di rimetterlo in piedi, anche Kat entrò nella stanza annunciandoci che la polizia era stata avvisata e sarebbe arrivata di lì a poco.
Non so se Christian riuscì a intendere questa affermazione ma ogni suo tentativo di ribellione fu smorzato dalla suoneria del telefono di James.
-Cosa cazzo c'è adesso?- urlò premendo il tasto verde.
-Datti una calmata coglione. Suppongo tu sia ancora a Maidstone ma è meglio che torni indietro, anzi che torniate tutti- il tono di Thomas era quanto mai nervoso.
-Cosa è successo? Spiegaci!-
-La polizia sta interrogando Nathan, vogliono arrestarlo. Hanno trovato delle prove contro di lui...- sentimmo Gemma strappargli il telefono di mano: -James ti prego vieni qui, siamo tutti qui a casa nostra. Ha bisogno almeno di te. Lui non ha fatto nulla...- stava piangendo e il sottofondo di sirene e urla concitate confermava tutto ciò che avevano detto.
Non appena ebbe terminato la frase Christian sembrò ridestarsi perchè essendo accanto a James era riuscito ad udire tutto e divincolandosi dal braccio con il quale lo stavamo ancora aiutando a sorreggersi, si precipitò fuori dalla stanza d'hotel.
Noi tutti lo seguimmo cercando invano di fermarlo e mentre scendevamo gli scalini a velocità di un razzo James continuava a tentare di mantenere la calma al telefono: -Lo sappiamo Gemma stai tranquilla, stiamo arrivando-
-È stata lei! Quella stronza della Campbell, li ha chiamati lei- continuò la sorella di Nathan, presumibilmente allontanandosi dal centro della confusione.
-Marina? Marina ha detto alla polizia di andare da Nathan?- chiese Taïsse urlando nel microfono.
-Sì, li ha chiamati dicendo di perquisire la sua macchina... ed effettivamente hanno trovato qualcosa dicono...-
Le tracce di coiina.
Gemma riprese lo sfogo cercando di mantenere un tono calmo ma fallendo quasi subito: -Ma non so cosa sia...  non so perchè sia nella sua macchina... non ha fatto nulla...-
-Ehm... Gemma ti posso richiamare tra poco?- James le attaccò il telefono in faccia perchè eravamo ritornati nella hall e Christian si stava dirigendo fuori a passo furioso, sulla strada colma del traffico della sera.
La notizia del probabile arresto di Nathan lo aveva mandando in uno stato ancora più confusionale e minaccioso, se possibile. Immaginai il suo cervello connettere che l'unica cosa fondamentale e importante in quel preciso momento era raggiungere il ragazzo che amava da sempre e impedire che finisse ingiustamente dietro alle sbarre.
Quello che accadde pochi istanti dopo fu talmente veloce che rimanemmo tutti destabilizzati, compresi i due receptionist e le persone di passaggio sul marciapiede.
Chris afferrò violentemente per una spalla un ragazzo ben vestito sulla trentina che stava aprendo fischiettando la portiera della sua Audi grigio metallizzato, lo voltò di scatto e gli sferrò un pugno sul naso talmente forte da averglielo sicuramente rotto.
Più o meno tutti lanciammo delle grida ma lui aveva già recuperato le chiavi dell’auto dal poveretto che si teneva la mani insanguinate sulla faccia e sembrava stesse per svenire.
-Sali in macchina e chiama Thomas!- ordinò ad un James quanto mai intimorito.
- Ma cosa cazzo stai facendo! Il primo treno per Brixton è tra solo un’ora! - Taïsse provò a farlo desistere ma chiaramente senza alcun risultato. Sapevo che nulla in quel momento gli avrebbe fatto cambiare idea, nemmeno un rapido calcolo che dimostrava che comunque con il primo treno saremmo arrivati allo stesso orario, così non tentai nemmeno. Clover invece penso fosse troppo sconvolta e spaventata da tutta la situazione per aprire anche solo la bocca.
-Salgo in macchina ma guido io! - esclamò James prendendo un po’ di coraggio.
- Ho detto di salire dall’altro lato altrimenti quel pugno lo mollo anche a te! E chiama Thomas! - il biondino apparve molto più piccolo difronte alle minacce di Louis e non so se fu per timore o perché valutò fosse meglio non iniziare anche una rissa per peggiorare la situazione già assurda, ma quando la macchina
fu messa in moto James si stava sedendo rassegnato nel sedile anteriore del passeggero.
E io decisi che a Brixton ci sarei tornata con loro. Non avevo intenzione di aspettare in stazione, dovevo vedere con i miei occhi come finiva questa storia, dovevo salire su quell’auto. Spalancai la portiera accanto a me sul marciapiede ma subito, probabilmente credendomi un bersaglio più debole di Christian, il proprietario dell’auto cercò di bloccarmi l’accesso stringendomi un polso e tirandomi verso di lui. Presa alla sprovvista gli pestai con quanta più forza avessi in quel momento il piede destro facendogli mollare immediatamente la presa sbilanciandolo all’indietro.
Clover mi seguì immediatamente, terrorizzata all’idea di essere lasciata da sola davanti all’hotel mentre Taïsse sembrava non volerne sapere: - Non ci salgo su questa cazzo di auto, ci arresteranno tutti! Uscite subito! -
Mi dispiacque non calcolarla minimamente ma non capivo come potesse pensare di ottenere un riscontro positivo dopo tutto ciò che aveva appena visto accadere. Quando Chris però diede una forte sgommata, lei, credendo partisse, si attaccò alla maniglia urlando: - Fermati cazzo!-
Si infilò accanto a Clover brontolando mentre io mi voltavo indietro per osservare attraverso il lunotto cosa stesse succedendo a chi ci eravamo lasciati alle spalle: i receptionist e alcuni ospiti dell’hotel avevano soccorso alla bene e meglio il ragazzo colpito, che dalle urla di rabbia che sentimmo perfino noi dalla macchina capii essersi ripreso. Fui davvero grata di questo fatto. Non per ragioni legali, perché su quelle ormai eravamo rovinati, ma per la mia coscienza: l’ultima cosa che avrei voluto accadesse sarebbe stata quella di avergli procurato una contusione al piede per scappare senza aiutarlo.
Nell'auto regnava il silenzio e la tensione era assai percepibile.
Louis era furibondo con noi per aver avvisato i poliziotti, ne eravamo certi.
Pestava sull'acceleratore come ne andasse della sua vita e probabilmente, per come stava guardando la situazione in quel momento il suo cervello annebbiato da chissà quali droghe, la situazione era davvero così. Noi eravamo solo dei pesi morti da portarsi dietro.
Al terzo tentativo James riuscì a mettersi in contatto con Liam per aver novità ma ci rispose che Nathan era da un po’ di tempo ormai chiuso nel salotto di casa sua con un agente che lo riempiva di domande alle quali però lui chiaramente non era consentito ascoltare.
-Thomas ascoltami. Passami qualcuno della polizia al telefono, sbrigati – stavo per formulare il pensiero che forse Christian si era un attimo calmato quando inchiodò ad un semaforo rosso talmente bruscamente che la cintura scattata nel petto sembrò soffocarmi. Mi sporsi a destra per osservare la reazione di Taïsse ma la vidi che fissava la strada fuori dal finestrino con sguardo pieno d’odio: sicuramente stava cercando di rimanere zitta il più a lungo possibile.
-No Chris non posso. Ho provato ad insistere anche qualche minuto fa perché anche Pay voleva parlargli ma non c’è stato nulla da fare. Hanno detto che se sarà necessario chiameranno loro a testimoniare. Mi dispiace, ti assicuro è inutile che provi -
-Cazzo – imprecò Christian battendo un pugno sul volante. - Thomas appena esce digli che sto arrivando. Diglielo -
-Glielo dirò -
Sguardo fisso sulla strada Christian proseguì la sua corsa verso Brixton.
Sapevo bene cosa aveva in mente di fare, o meglio, di confessare. E anche james lo sapeva.
Non ero però certa sarebbe riuscito a salvare Nathan.

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Capitolo 39
*** Capitolo 38 ***


Da quando eravamo entrati a Brixton la velocità dell'Audi aveva raggiunto numeri da noi mai visti su un tachimetro e nonostante le mille proteste, le minacce di buttarci dall'auto e il mettergli davanti tutte le conseguenze a cui ci stava facendo andare incontro, Christian non accostò.
Tirammo tutti un enorme sospiro di sollievo quando imboccammo il viale dove abitava Nathan: era stato un viaggio miracolato.
Dalle chiamate mi ero aspettata una gran folla di persone davanti alla villa e invece ormai era rimasta solo una volante della polizia e due agenti che chiacchieravano tra di loro davanti alla porta d'ingresso.
Christian inchiodò la macchina davanti ai due agenti e precipitandosi fuori urlò: -È stato Elliot, Elliot Reed! È stato lui ad ammazzare Jaden! Dov'è Nathan?-
James si preoccupò di spegnere la macchina e tutti noi scendemmo; le altre due ragazze sembravano davvero non capirci più niente.
Clover si avvicinò a me stringendomi il braccio: -Ma è vero?- sussurrò. Annuii.
I poliziotti avevano interrotto la loro conversazione per prestarci attenzione, fissandoci dall'alto in basso.
-E voi sareste?- chiese quello più anziano, convinto di poter tranquillamente sovrastare Christian.
-Io sono il ragazzo di quello riccio che avete interrogato e questi qua sono amici- ci indicò con un veloce e vago cenno. Grazie Chris.
-E lei sostiene di sapere chi ha ucciso Jaden Castillo?- domandò stavolta il poliziotto più giovane per cercare di sostenere il collega, sempre però con una calma straziante.
-Sì esatto, devo entrare in casa- Chris stava già per afferrare la maniglia, completamente ignorando l'autorizzazione che avrebbe dovuto attendere, quando Gemma lo anticipò e aprì la porta.
-Ragazzi! Siete arrivati! Hanno portato Nathan in centrale, stavo cercando di prendere alcune sue cose perchè... crediamo passerà la notte dentro- era evidente avesse pianto parecchio, ma in quel momento fu brava a mascherarlo.
Avvisò anche Thomas, che le stava dando una mano in camera del fratello, e confermò ai poliziotti la nostra identità.
Christian prese immediatamente Gemma per un braccio e la trascinò lontano da orecchie indiscrete, mentre noi li seguivamo.
-Lo sai che Nathan non può stare dentro una notte, lo sai che impazzirà, lo sai che non ce la fa- quasi le ringhiò addosso. Io e Clover ci guardammo: se fossimo state in Gemma un po' di paura l'avremmo avuta, ma lei si limitò a scrollarsi dalla sua stretta.
-Lo so, lo so. Ma non potevamo fare niente. Quella cazzo di roba c'era davvero nella sua macchina e sai com'è: ti accusano di omicidio e poi trovano del veleno nel cruscotto dell'auto! Pensano che non sei proprio pulito...-
-Ma ha confessato? Nathan ha confessato riguardo quello che c’era nella macchina?- domandò sempre Christian attanagliato dall'ansia.
-Sì... non so perchè... non mi hanno più fatto parlare con lui, non so se fosse suo...- adesso faticava sempre più a trattenere le lacrime.
-Il punto Chris è che adesso faranno di tutto per collegarlo alla morte di J.C., per avere un colpevole... capisci? Devono chiudere la storia- gli disse Thomas molto serio.
Le ultime battute mi furono riferite in seguito da Clover, in quanto io mi ero allontanata per scambiare due parole con gli agenti ancora davanti alla porta, probabilmente alle prime armi e incerti sul da farsi.
-Salve, mi chiamo Aria Evans e ritengo abbiate preso la persona sbagliata- affermai fissandogli negli occhi.
-È molto nobile da parte sua signorina Evans che lei cerchi di proteggere il suo amico, ma non può venirci a dire semplicemente che “è innocente”, servono prove per queste cose, prove concrete che lo dimostrino- mi rispose il più giovane, sorridendomi come fosse una stupida, come non avessi visto milioni di film polizieschi.
-Certo, lo so. È per questo che sono venuta qui a parlarvi: se mi ascoltate posso raccontarvi come quello che ha affermato poco fa quel ragazzo- e gli indicai Christian intento a discutere con Gemma e Thomas su cosa avrebbe fatto a Marina una volta trovata -sia la verità-
I due agenti si scambiarono un'occhiata dubbiosa.
-Quindi lei vorrebbe fare una deposizione?- mi chiesero.
-Se volete chiamarla così...- per Marina era stato così semplice infangare Nathan.
-Molto bene allora, salga sull'auto. Ci seguirà in centrale- il poliziotto più giovane mi indicò la portiera posteriore della volante. Quella frase mi aveva procurato una certa agitazione. Ero certa di quello che stavo sostenendo ed era giusto che Nathan non fosse incolpato, ma se non avesse funzionato? Se fossimo rimasti tutti incastrati?
Clover mi distrasse dalle mie preoccupazioni correndomi incontro non appena posai la mano sulla maniglia. Era evidente avesse ascoltato tutto da lontano.
-Aria! Che stai facendo? Cosa succede?- mi afferrò di nuovo per un braccio, spaventata come poche volte l'avevo vista.
-Stai tranquilla, vado solo a raccontare come sono andate le cose- la rassicurai io.
-Ma mancano ancora dei pezzi! Non possiamo testimoniare se non...-
-Non manca più niente Clover, credimi. So quello che faccio- la interruppi sperando di convincerla.
-Ok va bene ma vengo con te, salgo anche io in macchina!-
-Ehi ehi che succede? Cosa state facendo? Non potete salire tutti- ci fermarono gli agenti.
-Sono minorenne non potete lasciarmi qui!- detto questo la mia amica si infilò in macchina, nel sedile in mezzo.
Fui piacevolmente stupita: le avevo insegnato io ad usare la scusa dell'essere minorenne un po' per qualunque cosa, tuttavia in quel momento scatenò l'agitazione degli agenti che probabilmente si erano completamente dimenticati di verificare la nostra età.
-Se siete minorenni dovete avvisare subito i vostri genitori!- ci intimarono con scarsa autorità.
Proprio mentre da Taïsse provenivano due colpi di tosse per richiamare anche su di lei l'attenzione degli agenti, cominciammo a sentire il rumore penetrante di una sirena della polizia. Ci voltammo tutti verso il fondo del viale e seguimmo con lo sguardo la nuova volante fermarsi accanto all'Audi.
Tutti noi la fissammo cercando di capire a quale dei vari reati commessi negli ultimi tempi fosse connessa la sua comparsa.
La donna che ne uscì aveva un fare nettamente diverso dai due agenti accanto a me che seguivano sconcertati la scena.
-Christian Anderson la dichiaro in arresto per aggressione, omissione di soccorso e furto di autovettura- senza convenevoli e continuando a spiegare a Christian i diritti che gli aspettavano gli afferrò e i polsi dietro alla schiena e li chiuse nelle manette.
Non pensavo avrei mai assistito a nulla del genere in prima persona.
Temetti veramente, come sicuramente tutti gli altri presenti in quel momento, che Christian si ribellasse ulteriormente, che protestasse, invece non oppose resistenza. D'altra parte, il suo scopo era proprio quello di finire in centrale per testimoniare contro il suo migliore amico cercando di scagionare Nathan; e nessuno poteva negare i reati dei quali era stato appena accusato.
Dopo che i tre poliziotti si chiarirono su quanto stava succedendo decisero che era d'obbligo che tutti li seguissimo.
-Voi tre ragazze qua dietro! Voi tre invece ci seguite con l'auto del ragazzo, state bene attenti che abbiamo preso il numero di targa e sappiamo i vostri dati- urlò il poliziotto più anziano. Dubitavo seriamente lo avesse fatto.
Thomas si affrettò ad eseguire salendo a bordo della sua Jeep verde palude con Gemma accanto e James sui sedili posteriori e ci seguirono a passo d'uomo, perchè quella fu l'andatura che dettammo per tutto il percorso.
Durante quel breve percorso io e Clover avvisammo i nostri genitori, e per quanto riguarda i miei erano risultarono parecchio straniti ma tutto sommato non troppo agitati, principalmente perchè percepirono il mio tono calmo e tranquillo.
Sentimmo invece tutti i lamenti di preoccupazione della madre di Clover.
Continuavo a veder scorrere fuori dal finestrino le immagini della mia città, senza mai realmente osservarle. Tutto ciò era surreale. Solo la mattina stessa ero salita su un treno per ottenere qualche informazione senza avere una chiara idea di nulla e ora stavo per testimoniare contro Elliot Reed, quel timido ragazzo dai capelli rossi che da anni vedevo fuori dalla mia scuola e in compagnia con i ragazzi che avevo sempre voluto conoscere.
Il mio compito era aiutare Nathan. Non più per James però, bensì semplicemente perchè era giusto. Perchè era mio amico ed era innocente.
Quando arrivammo finalmente davanti alla centrale di polizia di Brixton avevo il braccio indolenzito per la forte stretta di Clover.
Era accanto a me e questo mi dava gran parte della tranquillità di cui necessitavo in quel momento.
Nella mia vita mai avrei immaginato di salire quei gradini di marmo e varcare quella soglia che ora si trovava proprio davanti a me, e per quanto tutto fosse assurdo e tragico, una parte di me era emozionata.

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Capitolo 40
*** Capitolo 39 ***


Ci concessero venti minuti per parlare con i nostri genitori e spiegargli quanto era possibile.
Non dissi loro nulla riguardo quello che avevo confidato prima ai due uomini davanti alla casa di Nathan: per quanto gli aveva riferito l'agente che poco dopo ci venne a chiamare stavano semplicemente per farci qualche domanda in merito ai vari componenti della compagnia e su come avevamo trovato Christian.
Sapevano fosse una deposizione che avrebbe avuto valore ed erano confusi, ma li capivo bene. Tuttavia dovevano fidarsi: al momento era meglio non avere inutili opposizioni dettate solamente dall'agitazione e dal non voler essere coinvolti: io ero stata direttamente o indirettamente immischiata in tutto quello che era accaduto e dovevo fare ciò che era giusto, per me stessa e per gli amici con cui stavo condividendo questa macabra storia.
Già dall'ingresso eravamo state separate dagli altri tre ragazzi e nemmeno vedemmo l'ombra di Nathan o Chris.
Eravamo tutti nello stesso luogo ma tutti separati.
Probabilmente non volevano che ci confrontassimo.
Quando finalmente i miei genitori si sedettero nelle scomode sedie della centrale arrendendosi all'attesa, mi voltai verso Taïsse. Lei era rimasta in piedi appoggiata all'angolo del corridoio.
Mi avvicinai e le sorrisi. Non li aveva chiamati nemmeno in questa occasione... improvvisamente mi sentii triste per lei.
E mentre invece Clover abbracciava prima sua mamma e poi suo padre neanche stesse partendo per il servizio militare, un poliziotto che non avevamo ancora avuto il piacere di conoscere ma che a quanto pareva si stava occupando del caso ci chiamò per nome, chiese la firma dei nostri genitori e di Taïsse e ci scorto tutte e tre dentro una stanza che tanto mi ricordò quella delle centrali americane.
Era assolutamente pazzesco essere lì. Anche se sostanzialmente non c'era nulla a parte una scrivania, quattro sedie e le grigie e asettiche pareti.
Non avevo mai visto interrogatori di gruppo e questo mi fece porre domande sulla reale valenza di ciò che stavamo per fare. Ero certa che non si aspettassero nulla da noi tre.
-Credi davvero che ci ascolteranno? Che funzionerà?- mi sussurrò Taïsse appena varcata la soglia, il più piano possibile per non farsi sentire.
-Funzionerà se raccontiamo la stessa versione che dirà Chris, ovvero se sarà sincero- risposi con il medesimo tono. Era normale fosse agitata e confusa: lei non aveva tutto chiaro nella mente come me.
Ero piuttosto certa che Christian, nonostante si trattasse del suo migliore amico, avrebbe raccontato la verità, perchè solo raccontando la verità sarebbe riuscito ad aiutare veramente Nathan.
Ci fece accomodare sulle tre sedie posizionate da un lato della scrivania. Taïsse si sedette alla mia sinistra e Clover a destra: difronte a me prese quindi posto l'agente.
Anche se appariva rilassato, d'altra parte era il suo lavoro e c'era abituato, il mio cuore continuava a martellarmi il petto. Avevo quasi un noto alla gola. Eppure non avevo paura.
-Allora prima di tutto calmatevi pure perchè siete qui per vostra volontà, non siete accusate di nulla. Semplicemente faremo due chiacchiere su quello che mi hanno riferito avete da dire-
Fosse stata un'altra situazione mi sarei soffermata a pensare fosse un bell'uomo, nonostante fosse decisamente troppo vecchio per ciascuna di noi. Anche se non era merito suo lo ringraziai silenziosamente per avere un tono di voce e un viso che trasmettevano tranquillità: percepivo l'agitazione di Clover alla mia destra e pregai si calmasse. Sicuramente la stanchezza che ci era piombata addosso ora che era arrivata la sera e la giornata movimentata che avevamo passato non aiutavano.
Annuimmo, e subito dopo Taïsse partì in quarta: -Dove sono Christian e Nathan? E i ragazzi che erano con noi prima?-
Non erano le domande giuste da fare.
Infatti la risposta fu come mi aspettavo: -No no adesso non pensiamo agli amici: se ne stanno occupando altri miei colleghi. Veniamo a noi piuttosto. Come avete trovato il signor Anderson?-
Mi aspettavo tirasse fuori da un momento all'altro un foglio e una biro per prendere qualche appunto oppure un registratore e invece niente.
Ci scambiammo un'occhiata, Taïsse stava per attaccare a spiegare ma lui la fermò ancora prima che iniziasse: -E se invece mi raccontasse lei questa storia? Signorina...? Non ricordo il nome, chiedo scusa-
Clover rimase come pietrificata al percepire lo sguardo dell'agente su di se.
-Ehm... Collins, Clover Collins. Perchè devo raccontarglielo io?- per quanto si fece coraggio non riuscì a nascondere la punta di ansia che aveva sempre nel parlare con gli sconosciuti. In verità, anche nelle interrogazioni a scuola era sempre stata cosi: nonostante sapesse ogni cosa, esponeva gli argomenti in maniera remissiva e tentennante.
-Piacere, io sono Mark Lewis. Beh... perchè semplicemente mi piacerebbe ascoltarlo da lei ma se non vuole lo faremo dire alla sua amica qua presente- Taïsse gli sorrise, non certo mascherando un'espressione offesa derivante dalla quasi interruzione di poco prima.
Con estrema lentezza ed imbarazzo e sotto numerosi spronamenti da parte di Lewis, Clover ripercorse tutto ciò che ci aveva condotto alla camera 258 dei  St Andrews Apartments.
Fu anche discretamente brava ad evitare lo spionaggio del cellulare di Marina, semplicemente omettendo che prima di quella giornata non eravamo a conoscenza della residenza di Payson.
Lewis difatti non si insospettì.
-Molto bene. L'unica cosa che vi posso dire è chiaramente quella che vale poi anche per la vostra amica Payson non qua presente, ovvero di avvertire subito la polizia in questi casi...-
-Sì lo sappiamo, lo avremmo fatto prima ma ci è preso un po' il panico e sul momento non sapevamo cosa fare, non sapevamo cosa fosse giusto...- Clover tentò immediatamente di aggiustare la situazione, esattamente come quando la risposta alla domanda dell'insegnante non era corretta al cento per cento.
Dopo averla tranquillizzata ripetendole che alla fine avevamo comunque optato per la scelta più corretta, si rivolse a me: -Lei invece è la signorina Evans giusto?- guarda caso il mio nome se lo ricordava.
-Sì esatto-
-Allora signorina Evans, mi può quindi raccontare cosa lei crede sia successo la notte del 20 agosto scorso?- domandò quasi soffocando uno sbuffo di divertimento. Una parte di lui ero certa fosse convinta di star perdendo tempo con noi tre ragazzine e voleva farci uscire da quella stanza il più in fretta possibile.
-Sì, posso- risposi.
-Bene, vada pure. Non la interromperò-
Misi in ordine cronologico per l'ultima volta i pensieri che avevo ricapitolato nella mente da quanto ero salita sulla volante un 'ora prima e presi fiato.
-La mattina del 20 agosto io, Taïsse e James Hall, il ragazzo biondo che era con noi quando siamo arrivati, siamo andati alla vigna in campagna, quella dove è successo il fatto, per capire se Jaden fosse ancora coinvolto negativamente nella vita di Christian.
Il padre di Christian, il proprietario della vigna, ci ha indirettamente confermato i nostri sospetti. Subito dopo James ha chiamato Nathan per dargli questa notizia, il quale a sua volta ha chiaramente avvisato Christian, che in quel momento era a Maidstone con Payson. Lei lo potrà confermare. Questa per Christian è stata una notizia scioccante in quanto pensava ormai di aver chiarito con Jaden e invece la calma era solo apparente. Per tutta la giornata ha rimuginato su quanto scoperto, fin quando a tarda sera decide che era giunto il momento di avere un confronto finale con il suo ex amico, e gli diede appuntamento all'una, in modo di avere il tempo di raggiungere Brixton in macchina. Questa decisione genera però una lite con Payson che accidentalmente gli rompe il cellulare. Questo lo dico per spiegare perchè poi effettuerà due chiamate con un telefono pubblico: il motivo non è perchè non voleva essere rintracciato ma è che non aveva altro modo. Preso dalla frustrazione della situazione esce di casa per recarsi al bar che frequenta di solito in questo periodo, di cui in questo momento non ricordo il nome.
Il barista ci ha confermato che intorno alle 23:30 effettua la prima chiamata, diretta sicuramente al suo ragazzo, Nathan, sfogandosi su tutto. Si è fatto poi dettare da lui il numero di Elliot Reed, per poter parlare anche con il suo migliore amico, coinvolto anche lui direttamente in tutta la faccenda e da sempre in astio con Jaden per questioni d'amore-
Mi fermai un istante per controllare che tutti mi stessero seguendo.
Sì, decisamente mi stavano seguendo. Così ripresi.
-Lo sfogo di Christian su quello che aveva scoperto furono per Elliot la goccia che fece traboccare il vaso: lo so perchè io stessa lo vidi al cellulare qualche minuto dopo le 23:30 alla discoteca Xoyo che inveiva arrabbiato. Non ci feci caso chiaramente in quel momento, poteva essere con chiunque al telefono, ma ora non credo proprio. Saputa questa notizia ha deciso di concludere in modo autonomo la situazione: ha chiamato anche lui Jaden chiedendogli, secondo me, quanto più o meno aveva richiesto Christian, ovvero un confronto. In privato però, senza  nessun altro. Per questo gli chiederà di andare alla vigna mezz'ora prima dell'una, proprio per evitare Christian. A mio parere aveva già in mente cosa fare, nella sua testa aveva già deciso come sarebbe andata a finire, tuttavia, quando circa 30 minuti dopo, il tempo che si impiega per arrivare alla vigna in macchina dal centro, arriva sul luogo e vede il capanno, decide sia meglio utilizzare un'arma piuttosto che le sue stesse mani. Senza quindi toccare nulla prende il primo oggetto affilato che trova e aspetta. Jaden però non riuscirà ad arrivare in tempo a questo appuntamento poichè io qualche ora prima gli avevo tagliato con un coltello preso in un ristorante le gomme anteriore e posteriore del lato sinistro. Lui non se ne accorgerà fino a sera quando partirà diretto alla vigna poichè non aveva ancora utilizzato la macchina quella giornata.  Jaden arriverà quindi alla vigna involontariamente pochi minuti prima del suo originale appuntamento con Christian, dando così ad Elliot ben poco tempo per compiere quanto deciso. Christian, arrivato puntuale, si troverà infatti difronte a Jaden appena morto e avviserà suo padre come poi testimoniato da loro stessi-
Taïsse aveva annuito per gran parte del mio monologo mentre Clover teneva lo sguardo fisso davanti a se: probabilmente si era soffermata sulla confessione delle gomme. Tuttavia non avevo potuto ometterlo dal racconto. La polizia non aveva ancora dato grande rilievo a questo fatto per il semplice motivo che Christian sosteneva che l'appuntamento era all'una e Jaden effettivamente era risultato arrivare a quell'ora.
Avevano tuttavia perso un pezzo fondamentale.
-Caspita... è sicuramente una teoria molto interessante signorina Evans- risposte Lewis piacevolmente ammirato e sotto sotto anche un po' scioccato. Forse stava cominciando a realizzare di avere per le mani più di una qualche storiella da ragazzine.
-Grazie- risposi semplicemente non interrompendo il contatto visivo e continuando a tenere le mani incrociate sul tavolo.
-Questo scenario implicherebbe che tutti i suoi amici non siano colpevoli... ma allora le chiedo: come mai due miei colleghi poco fa mi hanno riferito che il signor Anderson è sceso dalla macchina urlando il nome del ragazzo che Lei ha accusato adesso? In macchina gli ha raccontato questa teoria e lui se ne è convinto o ne era già a conoscenza?- sembrava certo di poter riuscire a mettermi alle strette, tuttavia non con cattiveria, quanto più per suo piacere personale.
Christian non avrebbe mai potuto raccontare alla polizia una versione che io non gli avevo mai raccontato.
Avrebbe testimoniato ciò che aveva visto.
-Suppongo che quella notte riconobbe l'auto del nonno del suo amico, modello Jaguar. Ad ogni modo Christian sapeva che solo Elliot e Nathan sapevano di questo incontro. Fece semplicemente due più due e capì cosa avesse involontariamente scatenato-
Colto nuovamente di sorpresa sembrò mollare finalmente l'assedio di domande, non prima però di avermi posto quella decisiva.
-Le motivazioni di questo ragazzo, il signor Reed, sono quindi i rancori per quanto riguarda una relazione passata e la volontà di proteggere i suoi amici, così Lei dice... anche queste storie andranno raccontate nei dettagli. Ma non ora. Per ora abbiamo concluso-
-Ad ogni modo è molto semplice: Jaden gli aveva fottuto la ragazza e poi la tradiva pure ripetutamente mentre lui l'aveva sempre amata davvero- sputò fuori la rossa. Capii che si era trattenuta parecchio per non dire nulla fino a quel momento.
-Aggiungerei anche come movente un pizzico di infermità mentale- conclusi io.
Il poliziotto ci sorrise e dopo qualche ultimo chiarimento ci scortò nell'atrio.

Una settimana dopo
Ero seduta nella piccola auto gialla di James, di pessimo gusto a mio parere, e continuavo a guardare fuori dal finestrino ripensando alle mille cose che mi avevano portato a considerare completamente normale il fatto che proprio lui mi stesse accompagnando a casa dopo il mio ultimo e alquanto devastante allenamento estivo.
Fino a quattro mesi prima sarebbe stato solamente un sogno ad occhi aperti. Ora era realtà. Eppure non mi stavo nemmeno concentrando su di lui da quanto ero stanca, non saprei nemmeno dire quale canzone scorreva alla radio quando si fermò davanti al mio appartamento.
Volevo solamente scendere dall'auto, correre in casa, farmi una doccia e buttarmi sul letto, ma qualcosa me lo impedì.
Sentivo che doveva dirmi qualcosa.
Da tutto il tragitto doveva dirmi qualcosa.
-Aria...- cominciò.
E subito una leggera onda di panico mi attraversò il petto. Certi toni sono inconfondibili.
-Dimmi- gli sorrisi per infondergli coraggio.
-Aria io mi ricordo di quella sera alla discoteca, allo Xoyo-
Appena aveva pronunciato il mio nome avevo capito dovessi aspettarmi qualcosa del genere, anche se mai avrei pensato che una parte del suo cervello fosse connesso davvero quella notte.
-Ok. Cosa di preciso?-
-Il bacio Aria... beh al quasi bacio- era imbarazzato, era evidente. E non capivo bene perchè stava tirando fuori l'argomento proprio in quel momento… probabilmente perché era la prima volta che ci trovavamo da soli dopo gli eventi della settimana prima, o forse semplicemente perchè era James: l'essere strano faceva parte di lui.
-Ok. E quindi?- incalzai io. Anticiparlo era l'ultima cosa che volevo fare: avevo aspettato troppo per un riscontro di questo tipo. Inoltre ero agitata, sapevo
fosse meglio misurare le parole e farne uscire il meno possibile.
-E quindi mi dispiace. Mi dispiace se hai pensato che volessi veramente farlo... è che quando sono parecchio ubriaco a volte capita... insomma tu sei parecchio mia amica ora. Non volevo incasinarti- buttò fuori d’un fiato biascicando anche alcune parole.
Vaffanculo James. In ogni modo possibile.
L'agitazione mischiata alla tristezza erano proseguite sempre più man mano che lentamente era avanzata la frase, fino come ad esplodere.
L'essere estremamente diretto solo in certe occasione e l'esprimersi come un dodicenne avevano creato un brutto mix per me quel giorno.
Il suo problema era il bacio? Nei quattro mesi precedenti quindi non era successo nulla?
No. La risposta era no.
Così come aveva baciato anche Taïsse senza porsi più di qualche probabile successiva remora, non si era preoccupato di tutto il resto.
Eppure avevo imparato a conoscerlo, direttamente e anche non grazie ai racconti dettagliati di Nathan su di lui.
James era sempre stato fatto così: agiva d'istinto e non pensava a nessuna conseguenza e molto spesso nemmeno si rendeva conto di ciò che causava.
Quello che lui considerava normale anche per gli altri automaticamente doveva esserlo.
Eppure il semplice fatto che mi avesse appena dimostrato che si era accorto di essere andato oltre il limite, significava qualcosa.
E per lui avevano significato anche quei quattro mesi appena trascorsi.
Ma non come io volevo e credevo inizialmente.
Esistono diversi modi di amare e non tutti sono collegabili ai classici che conosciamo.
Dopo averlo veramente conosciuto, eliminando l'idealizzazione che mi ero costruita nei tre anni di sogni ad occhi aperti, ero riuscita finalmente a capire cosa mi legava a lui.
-Ma si certo. Non ti preoccupare. Non ho pensato niente, ero ubriaca anche io- gli sorrisi un'altra volta e sgusciai fuori dalla portiera prima che potesse aggiungere altro.
Mi voltai in fretta verso la porta di casa pronta a inserire la chiave nella serratura e lo sentii salutarmi alle spalle, palesemente confuso dalla mia fuga.
Una lacrima mi scese lungo la guancia.
Tuttavia sorrisi.
In fondo una parte di me lo sapeva da un bel po' ormai.
Salutai con un gesto della mano mia mamma in cucina impegnata in una conversazione al telefono e salii trascinandomi al piano di sopra.
Mi buttai sul letto esausta ripetendomi che nulla mi avrebbe schiodato da quella precisa posizione fino alla mattina successiva.
Qualche minuto dopo però il mio cellulare all'interno della borsa vibrò.
Mi allungai per leggere il messaggio.
Da Chandler: stasera ti va di venire da me? Mi devi raccontare un bel po' di cose…
Sorrisi.

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Capitolo 41
*** Epilogo ***


-Ecco a lei, passaporto e biglietto. Buon viaggio-
-Grazie – rispondo con un sorriso.
Sono felice. Mi sento davvero felice.
Dopo un tempo che non riesco bene a definire, ogni secondo è prezioso oggi più che mai, ci autorizzano ad attraversare la pista grigia e fredda.
Osservo l’aereo davanti a noi: è immenso e non mi sembra ancora reale.
Probabilmente devo salirci per rendermene davvero conto.
Qualche minuto dopo ci fanno accomodare ai nostri posti prenotati e sedendomi su quel semplice sedile uguale a tutti gli altri finalmente realizzo. Sono diretta a Los Angeles. La città degli angeli. Finalmente è giunto il momento che sognavo da quando ero una ragazzina: come regalo del nostro ventiduesimo compleanno io e Clover non ci siamo risparmiate.
In questo momento è seduta accanto a me che legge un libro intitolato Così parlò Zarathustra , presumo per il suo prossimo esame al college. Alla fine si è decisa per psicologia e d’altra parte un po’ me lo dovevo aspettare.
E’ la prima volta che vola e sicuramente è agitata, anche se non ne ha fatto parola.
Si è accorta che la fisso e mi sorride di rimando.
Il nostro rapporto è una delle poche cose che sono rimaste invariate da quell’estate che inevitabilmente aveva cambiato le nostre vite per sempre. Non avevamo mai più parlato della conversazione avvenuta nel parco vicino a casa sua quel giorno di pioggia e così probabilmente doveva essere.
Come era già facile presumere a quel tempo, James Hall non è su questo aereo e non mi sta accompagnando a Los Angeles.
Rimanemmo amici per alcuni mesi dopo l’estate del 2016 poi credo avesse trovato una nuova compagnia e anche una ragazza con cui aveva intenzioni serie, anche se di questo non posso essere certa. Ad oggi non gliene faccio una colpa, aveva solo diciotto anni ed erano successe troppe cose assurde perché nulla cambiasse. Attualmente non ci sentiamo da vari anni e non saprei nemmeno cosa potremmo dirci nel caso ci incontrassimo.
E’ molto triste ma nel corso del tempo ho abituato me stessa a canalizzare i sentimenti: ciò che è stato ha valore, ma ne ha ancora di più il presente. Non posso però negare che pensare a quell’estate con lui sia uno dei ricordi più preziosi che possiedo ma anche uno dei più dolorosi: ricordo bene ogni emozione, ogni sentimento, ogni paura che avevo, ogni momento felice. D’altra parte le ragioni di questo genere di dolore sono sempre dentro di noi, dobbiamo imparare a chiuderle a chiave nei cassetti della nostra mente fin quando non saremo in grado di riaprirli senza strappare i punti di ferite non guarite.
Più o meno la stessa situazione è accaduta con gli altri del gruppo, anche se in maniera diversa.
Con Thomas è piacevole ancora fare due parole quando capita di incontrarci, tuttavia è assai raro beccarlo in giro, tanto è impegnato con i suoi studi in medicina. Raggiungerà livelli importanti me lo sento.
Marina Campbell si trasferì un anno dopo la morte del suo ragazzo a Londra per seguire uno corso accelerato per estetista e da allora non l’ho mai più rivista. E ne io ne Clover ne sentiamo la necessità. Non avemmo mai neanche l'occasione per parlarle in seguito alla chiamata alla polizia fatta per incastrare Nathan: ci evitava come la peste. Dal cugino di Chandler avevo scoperto che era stata interrogata per fare luce su come era venuta a sapere della coiina all’interno della macchina di Nathan, ma la risposta non ci è mai stata fornita.
Marina è l’esempio di come l'ipocrisia dell’amare qualcuno che, sì ricambiava, ma che non aveva il coraggio di dedicarle la propria lealtà e ostacolare la relazione di Christian ed Nathan, che sarebbe potuta essere al contrario della sua perfetta, l’abbia rovinata. Dall'approfittare di me per arrivare a Noelle all’immischiarsi nella vita famigliare privata di Christian, tutto era stato finalizzato all’impedire che qualcuno che apparentemente non aveva futuro fosse felice come avrebbe potuto essere lei. Spacciando anche il tutto come bontà verso la sua migliore amica a causa del suo mancato coraggio.
Taïsse invece rappresenta sicuramente un’eccezione, in quanto, anche se mai l’avrei potuto immaginare quando la conobbi, ora siamo amiche. Desideravo tanto prendesse anche lei parte a questa nostra piccola fuga dalla realtà ma la marea di esami che deve affrontare non glielo ha permesso quest’anno. Ci siamo avvicinate sempre più nel corso degli anni e sia io che Clover abbiamo imparato ad apprezzare perfino i suoi momenti di piccola dittatura e le sue risposte brusche. Non ha sostituito Noelle e mai lo farà, anche solo per il semplice fatto che sono così diverse che risulta difficile anche solo immaginarlo. Di lei, come anche qui è facile presumere, non ho più avuto rapporti sempre dopo quella fatidica estate. Tuttavia è probabile che se riesco a non farmi scoprire da Clover le manderò una cartolina quando saremo a LA. E’ il gesto più stupido e banale che esista e ne sono consapevole ma d’altra parte avevamo sempre sognato di visitare quella città insieme, fin da quando eravamo bambine. Forse, in una piccola e remota parte di lei, le farà piacere.
Da Taïsse ogni tanto ricevo notizie di Payson e il mese scorso siamo andate a trovarla nella sua nuova casa a Brixton. Naturalmente non è più in rapporti con Marina e finalmente sembra aver trovato qualcuno che la ama veramente, anzi sarebbe sufficiente che quel quel ragazzo la ami almeno la metà di quanto lei ami suo figlio. Adesso ha quasi cinque anni ed è davvero sveglio, anche se ancora non riusciamo a abituarci alla netta somiglianza con Christian.
Quest’ultimo sta ancora scontando la sua pena in una delle prigioni di Maidstone a causa dei numerosi reati in cui era stato coinvolto. La mia versione dei fatti era risultata combaciare perfettamente con la sua testimonianza ma tra il furto dell’auto, l’aggressione con omissione di soccorso, i precedenti per spaccio e abuso di sostanze e l’omertà, seppure di un tempo ridotto, riguardo l'assassinio del suo ex amico gli aveva fatto accumulare un po’ di anni da scontare. Inoltre si era preso carico del ritrovamento della coiina nella macchina del suo ragazzo, poiché a quanto sosteneva lui ormai era macchiato, mentre Nathan poteva uscirne pulito. Siamo tutti convinti che la polizia sappia la verità su quel veleno ma difronte al processo con patteggiamento consigliato dal ben pagato avvocato di Christian, poco rimaneva nelle loro mani. L’ultima volta che ho visto Nathan ci aveva rivelato che ormai mancava poco tempo al suo rilascio. Sì, per tutti questi anni Nathan lo era andato a trovare, lo aveva aiutato, sostenuto, perdonato, aspettato e soprattutto amato. Non so bene cosa succederà quando Chris effettivamente verrà rilasciato, ma spero almeno loro abbiano un lieto fine.
Per quanto riguarda me ho passato quasi quattro anni al fianco di quel ragazzino che all’inizio ritenevo carino ma saccente e pesante. Sono stati anni davvero belli, non posso negarlo, e credo di averlo amato davvero per quel poco tempo che abbiamo avuto a disposizione. Non ci siamo lasciati male, anzi, di comune accordo e tuttora siamo amici. Semplicemente ci eravamo accorti che il suo trasferimento in un college di Londra ci faceva più soffrire che altro, non eravamo riusciti ad affrontare tutto a quella distanza di così troppi kilometri per così tanto tempo. Tuttavia cosa ci riserverà il futuro non ci è dato saperlo. Questa mattina ci ha accompagnato in aeroporto e sono anche contenta sia riuscito a raggiungere buoni rapporti con Clover: è sempre stato importante per me. Al momento, nonostante la giovane età e al fatto che non ha nemmeno finito il college lavora per un’importante azienda informatica sempre a Londra. Sostiene fosse il suo sogno fin da bambino quindi sono davvero contenta per lui.
Elliot Reed invece naturalmente se la passa peggio di tutti. Senza il minimo riconoscimento di infermità mentale e con l’aggravante della premeditazione non si era schivato una condanna assai pesante.
Qualche giorno dopo la mia presenza alla centrale di polizia furono ritrovati da un pescatore in riva ad un fiume ormai distante dal luogo del delitto i cellulari di Elliot e J.C. insieme alla giacca della vittima. Circondato da prove scientifiche e accuse contro di lui, non gli era rimasto che confessare sperando in una diminuzione di anni, cosa che però non gli fu concessa.
Dopo la testimonianza del 24 agosto io e le mie due socie fummo richiamate varie volte alla centrale di polizia e nel processo che seguì l’anno successivo fui chiamata a testimoniare contro Elliot Reed, anche se l’unica cosa che potei sostenere di aver visto con i miei occhi fu la sua presenza al discoteca Xoyo alle 23:30 del 20 agosto.
L’ultima volta che lo vidi fu proprio durante il processo: mi aveva fissato con i suoi occhi verdi per tutto il breve tempo in cui ero stata alla sbarra. Se mai uscirà di prigione dovrò assumere una guardia del corpo perché prevedo sentirò il suo sguardo addosso in continuazione.
Il giorno dopo avevo telefonato al St Andrews Apartments scusandomi ripetutamente per aver lasciato il panino del bar come arredo del tappeto alla stanza 258 per poi fuggire. Dovevo fare ammenda per quanto possibile.
Per i genitori di J.C. l’ultimo pensiero in quel periodo erano le gomme bucate di un’auto, così, dopo essermi recata a casa loro come la ragazza che aveva aiutato a trovare il vero colpevole della morte del figlio, decisero di non denunciarmi per l’atto vandalico.
Ed ora eccomi qui.
Ieri prima di partire ho consegnato il mio primo romanzo nella redazione in cui lavoro. Non sono sicura otterrà successo ma per me è già sufficiente questo immenso traguardo.
Ho impiegato quattro anni tra alti e bassi per scriverlo e posso definirmi soddisfatta.
Clover da poco si è addormentata ma io non credo che riuscirò a chiudere occhio, sono troppo elettrizzata.
Prendo quindi fuori dal mio zaino appoggiato sotto al sedile il mio fedele block notes e la mia fedele penna e comincio a scrivere qualche appunto per la mia prossima storia: ho tutto già nella mente, devo solo essere abbastanza brava da ordinare i pensieri e riuscire a creare personaggi che le persone possano capire, nei quali possano ritrovarsi.
Mi è sempre piaciuta l’idea di riuscire a creare qualcosa che resista oltre il tempo e spero che i miei libri lo saranno.
Qualche ora dopo ho ormai terminato il primo capitolo: succede sempre così.
Mi interrompo solo perché annunciano che ci stiamo preparando all’atterraggio.
Ripongo penna e quaderno nello zaino e guardo Clover sorridendo.
Qualche ora dopo camminiamo per la città degli angeli e tutto mi sembra così magico da non essere reale.

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Eccomi qua. A pubblicare l'epilogo.
Mi sembra ancora davvero assurdo eppure è così.
La prima cosa che mi è di dovere fare è ringraziare chiunque abbia letto e leggerà questa storia, anche solo una piccola parte. Nonostante la particolarità so che ci sono persone che l'hanno apprezzata e di questo sono super contenta.
Voglio ringraziare soprattutto la mia velocissima e bravissima cacciatrice di errori, un cecchino oserei dire, e le altre mie amiche che hanno avuto la pazienza di arrivare fino alla fine di questa storia.
Tengo a precisare un veloce fatto per chi non conoscesse la natura di questa fanfiction bizzarra: l'idea è nata quando avevo 16 anni e volevo scrivere, non sapevo nemmeno cosa, tantè che originariamente le tre protagoniste dovevano far parte di una congrega di streghe ahah ma poi alla fine tutto è cambiato, come se le righe si stessero scrivendo autonomamente.
La storia si è formata piano piano da sola nella mia testa.
La stesura dei capitoli finali risale tuttavia a pochi mesi fa, di conseguenza lo sbalzo temporale e di mentalità non ha certo giovato, ma credo vada bene così.
Ci sono situazioni, come per esempio la fine dell'amicizia tra Aria e Noelle, o come anche i sentimenti di Clover per Aria, che in un normale libro dovrebbero avere un fine connesso con la trama, ma qua non è così. Questo perchè il mio scopo era quello sì di raccontare la storia di questo gruppo di ragazzi disfunzionali, ma anche e soprattutto fatti di vita ordinaria, in questo caso dell'adolescenza. Mi sono ritrovata in esperienze da me vissute e quasi dimenticate, ho ritrovato persone che facevano parte della mia vita ecc... certamente era stata scritta inizialmente come sfogo. Quando ho ripreso in mano questa storia l'estate passata non ho potuto fare altro che lasciare ciò che era stato raccontato cercando solo di metterlo giù nel miglior modo possibile. Penso che i libri possano essere anche questo, un racconto di vita.
Mi sono affezionata tantissimo a questo racconto e sicuramente per un po' sentirò la mancanza di Aria. 😂
Come ho scritto all'inizio, questa storia è stata pubblicata anche su Wattpad, cambiano solamente i nomi di alcuni personaggi.
Di conseguenza, con tutti i suoi mille difetti, posso senza dubbio comunque ritenermi soddisfatta.
Ora ho concluso veramente, alla prossima!

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