Kaori dimentichi qualcosa

di EleWar
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La vacanza ***
Capitolo 2: *** Si entra in azione ***
Capitolo 3: *** Approcci ***
Capitolo 4: *** Perché proprio adesso ***
Capitolo 5: *** Clandestino ***
Capitolo 6: *** Cose da non fare...forse ***
Capitolo 7: *** Messi alla prova ***
Capitolo 8: *** Giochi di seduzione e gelosie ***
Capitolo 9: *** Il Camaleonte ed altre amenità ***
Capitolo 10: *** Massaggi tantrici ***
Capitolo 11: *** Giochiamo a guardie e ladri ***
Capitolo 12: *** Spie e travestiti ***
Capitolo 13: *** Ryoka la puledra di Shinjuku ***
Capitolo 14: *** Uscita ufficiale ***
Capitolo 15: *** Il piano ***
Capitolo 16: *** La situazione precipita ***
Capitolo 17: *** Ben fatto! ***
Capitolo 18: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** La vacanza ***


Avvertenza: il titolo originale è Kaori… dimentichi qualcosa, ma visto che sul sito non si possono  mettere i segni grafici, li metto solo qui… sembra una sciocchezza, ma insomma, dopo capirete perché ^_^


Sono tornata!!! Sentivate la mia mancanza??? Immagino ahahhaha :-P
Lo so che lo dico sempre, ma anche questa volta la fic è molto diversa dalle altre che ho scritto, ci saranno più capitoli, anche se cortini, ma l’ho già finita tutta e RL permettendo cercherò di aggiornare spesso.
Buona lettura vostra EleWar *.*



KAORI... DIMENTICHI QUALCOSA



Cap. 1 La vacanza
 
 
“Allora Ryo, hai capito?” trillò la voce allegra e concitata di Kaori.
 
“Certo! E’ da stamattina che non fai che ripetermelo” rispose annoiatamente lui.
 
La ragazza si aggirava in maniera forsennata per la casa, controllando di non aver dimenticato niente; apriva e chiudeva le zip delle varie tasche e taschine del borsone da viaggio, a cui cambiava continuamente di posto.
Al contrario, il suo socio sedeva sprofondato scompostamente sul divano, con in mano una delle sue solite riviste, mentre seguiva con la coda dell’occhio quella furia umana, che aveva la stessa energia di un tornado.
Erano agli antipodi anche in quel momento.
 
“Bene allora. Io sarò di ritorno fra una settimana esatta, e vedi che al mio rientro tu non abbia trasformato questo appartamento in una topaia, altrimenti assaggerai il mio martello più potente!” minacciò lei, guardandolo con aria truce.
Ma lui non si lasciò intimidire perché le rispose, con uno strano luccicore negli occhi:
 
“E chi avrà tempo di restarsene in casa? Finalmente libero potrò correre dietro a tutte le ragazze che vorrò!” e già stava assumendo la sua solita faccia da maniaco, ma si stupì non poco quando la ragazza, per niente impressionata, concesse un distratto:
 
“Sì, sì…”
 
Ryo allora ritornò serio, e provò una punta di delusione; non c’era gusto a fare lo stupido se Kaori non si arrabbiava come al solito, e poi veramente non le importava niente di lui, di lasciarlo solo per un’intera settimana, mentre lei se ne andava in vacanza con Miki e Reika?
 
Piagnucolò:
 
“Non capisco perché non posso venire anche io!”
 
“Te l’ho già detto! E’ una vacanza fra sole donne, nemmeno Umi verrà… tu saresti solo d’impiccio” puntualizzò Kaori con una vena di acidità nella voce.
 
“Sei una donna senza cuore! Lasciare Ryuccio da solo… chi si prenderà cura di lui?”
 
“Ah adesso sarei anche una donna, eh? Comunque ho fatto la spesa per un reggimento e ho riempito il frigorifero di piatti pronti da scaldare, e se proprio hai fame, puoi sempre andare da Falcon. Si sentirà solo senza sua moglie, e si annoierà col locale chiuso” argomentò la socia per aggiungere subito dopo, a mezza voce:
 
“Almeno lui la mancanza la sentirà…” ma Ryo, dall’incredibile udito fine, captò lo stesso quel flebile lamento, e anche se non diede segno di averlo sentito, se ne rattristò.
 
Perché in realtà lui la mancanza della sua adorata socia l’avrebbe sentita eccome!
Era anche la prima volta che si separavano, seppur per breve tempo.
Quando Kaori gli aveva annunciato che sarebbe stata via una settimana con le sopracitate, per una breve crociera sottocosta, a bordo di una nave di piccolo cabotaggio, non se l’era sentita di impedirglielo, né di dissuaderla in nessun modo.
Era lei che teneva i cordoni della borsa, e lavorava duramente tutto l’anno, nonostante lui non perdesse occasione per stuzzicarla e sminuire il suo lavoro; attivamente, criticando il suo operato di donna di casa, passivamente nel non gratificarla mai nel loro mestiere di sweeper.
Era infaticabile e faceva veramente tanti sacrifici, non ultimo, e il più grosso, privarsi di una vita normale per stare accanto ad un tipo come lui.
Insomma la vacanza se la meritava tutta, e se la socia aveva deciso di partire, probabilmente aveva messo via caparbiamente, ogni più piccolo spicciolo di yen pur di concedersi quello svago.
Lui però doveva fare la sua parte, e alternava indifferenza, anche quando la vedeva eccitata e felice, piena di aspettativa, a battute dissacranti, in cui alludeva nemmeno troppo velatamente a tutte le scorribande amorose a cui si sarebbe dedicato in sua assenza.
A volte lei reagiva arrabbiandosi, altre minacciando vendetta, ma in generale era stranamente insensibile alle sue provocazioni, e lui ci rimaneva invariabilmente male, perché aveva come l’impressione che a lei non interessasse di lasciarlo lì da solo, che non vedesse l’ora di divertirsi senza di lui, e che avesse preso ad amarlo di meno.
E allora in quei momenti sentiva uno strano disagio, come un senso di abbandono che non riusciva a colmare nemmeno pensando che, comunque, di lì ad una settimana, lei sarebbe tornata.
 
“Piuttosto, li hai presi i vestiti con i trasmettitori?” domandò Ryo, sempre svogliatamente.
 
“Sì, certo. Hai paura che qualcuno mi prenda e mi porti via?” gli rispose la socia, ammiccando maliziosamente.
 
“Compatisco quel povero marinaio che dovesse imbattersi in te. D’altronde, dopo tanto tempo passato in mare ci si accont…” ma non poté finire la frase, che venne investito da un potente Kompeito che lo scaraventò sul muro, fracassandolo.
 
“Idiotaaaaaaa” gli gridò dietro Kaori, dopo quel lancio dalla potenza sovrumana, “Sei sempre il solito zotico!”
 
Poi la ragazza lisciandosi il vestitino estivo che aveva indosso, rimuovendo delle pieghe immaginarie e riacquistando la calma, si disse:
 
“Bene, direi che ho preso tutto”
 
In quel momento si sentirono dei colpi di clacson fuori dal palazzo, e Kaori alzando gli occhi verso l’orologio a parete, esclamò:
 
“Ma è tardissimo!!” per poi correre alla finestra aperta e sbracciarsi in direzione delle amiche, urlando un festoso:
 
“Arrivoooo!”
 
Ryo, che nel frattempo era riemerso dalla voragine verticale nella parete, con sguardo serio, si era diretto verso la socia in agitazione; il suo incedere pacato e quasi distaccato strideva con il saltellare della ragazza.
Quando fu ad un passo da lei, la prese per le spalle, bloccandola, fermamente e dolcemente insieme, e le disse:
 
“Kaori… dimentichi qualcosa”
 
Lei, sorpresa dall’atteggiamento del socio, che per la prima volta dimostrava interesse per la sua imminente partenza, lo guardò un attimo dritto negli occhi e gli rispose:
 
“Hai ragione” e subito dopo gli depositò un delicatissimo bacio sulla guancia, arrossendo leggermente. “Allora, allora ciao…” finì per balbettare.
 
L’uomo, sconvolto da quel gesto tenero e inaspettato, provò un lieve sbandamento, ma riuscì a non far trapelare emozione alcuna, e porgendole le chiavi di casa disse:
 
“… intendevo queste”
 
“Ops!” esclamò lei ridacchiando a disagio, portandosi una mano alla bocca, a soffocare le risate e, allo stesso tempo, nella speranza di riuscire a nascondere il rossore incipiente.
Per fortuna quel momento d’imbarazzo durò giusto il tempo di un secondo, perché si udì nuovamente il suono pressante del clacson delle amiche, e Kaori, prendendo al volo le chiavi dalle mani di Ryo, infilò le scale di corsa, trascinandosi dietro il borsone.
 
Ryo era stato tentato di aiutare la socia con i bagagli e scendere di sotto anche lui, per salutarla, ma al solito si trattenne; non voleva essere galante con lei, e soprattutto la socia era una ragazza forte e muscolosa, che poteva farcela benissimo da sola.
Questo era quello che si ripeteva lui, ma la verità era che quel bacio leggero lo aveva letteralmente spiazzato.
Aveva avuto la potenza di uno tsunami equatoriale, che lo aveva paralizzato al centro della stanza completamente stordito e frastornato.
Poteva ancora sentire sulla guancia il tocco caldo delle labbra della ragazza, dove istintivamente aveva posato la mano, un sorriso ebete gli si era disegnato sul volto e aveva preso ad articolare una serie di: “Eh eh”che lo facevano assomigliare più ad un cretino innamorato, che al focoso stallone di Shinjuku.
 
Quella ragazza, ogni volta, aveva il potere di sconvolgerlo, e stava diventando sempre più difficile dissimulare l’interesse e l’attrazione che provava per lei; se fossero andati avanti così, non era sicuro di poter resisterle ancora… E quello era solo un innocentissimo bacio fra amici che si salutano.
 
 
Quando Kaori fece per salire nel sedile posteriore nella macchina di Miki, dopo aver scaraventato quasi con mala grazia il borsone nel portabagagli, l’amica le chiese:
 
“Allora? Tutto bene con Saeba? Sospetta niente?”
 
“No direi di no, ci ha creduto, almeno spero” rispose la sweeper, leggermente nervosa, perché non le piaceva mentire al suo partner; malgrado lui fosse un maniaco pervertito scansafatiche, era pur sempre un uomo giusto e lei odiava dire bugie, soprattutto a lui.
Però, in un certo senso, vi era stata costretta, e per tacitare la coscienza si ripeté che ciò che gli aveva detto era una mezza verità.
 
“Era così impaziente di liberarsi di me, che immagino sarà sempre festa per lui senza la rompiscatole tra i piedi” finì di dire Kaori con tono triste e sconsolato.
Forse non aveva fatto bene a lasciarlo solo per una settimana, senza la possibilità di controllarlo e impedirgli di fare il farfallone con le altre donne, ma lei aveva bisogno di quella vacanza, e magari al suo ritorno le cose sarebbero finalmente cambiate.
 
“Oh, vedrai che dopo le prime serate si annoierà tantissimo senza i tuoi martelli… Tra l’altro non capisco il suo strano gusto a farsi picchiare da te” cinguettò Reika dal sedile del passeggero; “Secondo me dopo un po’ si ridurrà a vegetare sul divano di casa, davanti alla tv, perché anche divertirsi stanca” concluse con una strizzatina d’occhio.
E Kaori si chiese, per l’ennesima volta, come potesse essere Reika allo stesso tempo una donna intelligente e dotata di un enorme fascino, e anche vagamente fatua, quasi oca.
Niente a che vedere con la bella Miki, che concentrata sulla guida, cercava di districarsi nel traffico cittadino per arrivare in tempo all’ora dell’imbarco, e che, nonostante questo, senza staccare gli occhi dalla strada, si rivolse così alla sweeper:
 
“I tuoi vestiti sono lì dietro” intendendo il sedile posteriore, dove erano adagiate diverse custodie per abiti, beauty case ed eleganti valigie rigide.
Kaori era l’unica che doveva nascondere la vera natura della sua vacanza e non poteva di certo farsi vedere da Ryo con quegli abiti.
Ufficialmente la crocierina era una cosa informale, da affrontare con abiti comodi e sportivi, niente a vedere con vestiti di alta sartoria quali Eriko aveva procurato alle tre.
 
 
***
 
Le ombre si stavano allungando su Tokyo e un’altra calda giornata estiva stava volgendo verso una fresca serata.
Le tre ragazze erano arrivate a destinazione in orario; avevano parcheggiato lontano dal molo e si erano cambiate, prima di salire a bordo.
Indossavano degli abiti eleganti, ma sobri e avevano pagato un facchino perché trasportasse le loro valigie. Prima di salire ancheggiando la ripida passerella, avevano mostrato i rispettivi biglietti e le credenziali all’ufficiale addetto all’accoglienza, per poi scomparire nella pancia di quel bellissimo transatlantico, su cui campeggiava per tutta la lunghezza la scritta a caratteri cubitali Princess Raven in verde e oro; una delle più grandi e lussuose navi da crociera dell’intero Giappone, una vera e propria città galleggiante.
 
L’arrivo delle ragazze, però, non era passato inosservato, perché due profondi occhi neri, nascosti nell’oscurità, non si erano persi nemmeno un passo delle tre; una voce aveva esclamato:
 
“Quindi è qui che ti nascondi… Kaori Makimura!”
 
 
Salite a bordo, le tre amiche si erano scambiate un cenno d’intesa: da lì in poi non si sarebbero più rivolte la parola in pubblico, perché avrebbero finto di non conoscersi affatto.
Avrebbero recitato tutte, a vario titolo, la parte di donne sole e ricchissime, in vacanza, con grande sfoggio di gioielli e ricchezza, così da poter abbordare il loro uomo; si sarebbero tenute in contatto attraverso dei piccolissimi auricolari, e una volta al giorno si sarebbero incontrate di nascosto per discutere l’evolversi della missione: avevano a disposizione solo una settimana, la durata di quella lussuosa crociera.
 
Quello era un caso che Saeko aveva passato alle tre, perché la polizia locale era in difetto di personale, e non avevano abbastanza agenti da mettere sotto copertura per acciuffare il famoso ladro, conosciuto nel giro con il nome di Camaleonte.
Da canali sicuri avevano saputo che avrebbe preso parte a questa crociera in particolare, ma la notizia era giunta troppo tardi per chiedere rinforzi ad altri distretti, e pur di non lasciarsi sfuggire l’occasione di acciuffarlo, l’ispettrice aveva assicurato che se ne sarebbe occupata lei personalmente, nominando delle agenti ausiliarie di sua fiducia.
 
Il Camaleonte era solito derubare i ricconi durante queste crociere esclusive, o in altri ritrovi mondani circoscritti; principalmente prediligeva le donne sole, che seduceva invariabilmente, ma ogni volta che queste denunciavano il furto, ne fornivano un identikit sempre diverso, né la refurtiva veniva mai ritrovata.
Da qui il suo inequivocabile soprannome.
Non era un incarico pericolosissimo, anche perché non si aveva notizia di atti criminosi compiuti da parte del Camaleonte ai danni delle vittime, e per questo Saeko era ricorsa a sua sorella Reika, abile investigatrice privata; alla sweeper Kaori, la sorella del suo perduto amore Hideyuki Makimura, che mai e poi mai avrebbe esposto al pericolo inutilmente; e come rinforzo aveva scelto l’ex-mercenaria Miki.
Tutte donne bellissime, che avrebbero sicuramente attirato l’attenzione dell’imprendibile ladro, almeno così sperava l’ispettrice, ma ottimamente preparate a svolgere tale incarico.
 
Kaori non aveva chiesto il permesso di Ryo per partecipare alla missione, perché temeva che lui glielo avrebbe proibito, giudicando troppo pericoloso il lavoro da svolgere, o peggio considerandola un’inetta e non all’altezza del compito richiestole.
Quel suo mix di senso di protezione ad oltranza e disistima, la mandavano fuori di testa, perché lei si sentiva tagliata per il lavoro di sweeper, era cresciuta, non era più la timida e imbranata Kaori, e aveva accettato immediatamente la proposta perché voleva dimostrare al suo socio di essere, se non brava come lui, almeno capace.
E poi era sicura che se anche gli avesse spiegato le sue motivazioni, lui si sarebbe imbarcato con lei lo stesso per tenerla sott’occhio tutto il tempo, cosa che invece di tranquillizzarla l’avrebbe al contrario innervosita.
O peggio ancora, lui ne avrebbe approfittato per fare il maniaco in giro per la nave, e lei non aveva nessuna intenzione di corrergli dietro assestandogli martellate o punizione divine.
Voleva restare concentrata nel suo lavoro e non avrebbe permesso a nessuno, lui compreso, di distrarla.

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Capitolo 2
*** Si entra in azione ***



Come promesso ho aggiornato ‘presto’ :D più che altro perché ho a cuore la salute mentale di un paio di persone e perché non ho voglia di fare la fine dello scrittore del romanzo/film di Stephen King in “Misery non deve morire” XD XD XD . Anzi farò di più! Ti dedico il capitolo, o tu che sai ;-)
In ogni caso, per tutti e tutte GRAZIE di aver accolto così favorevolmente la mia nuova storiellina, e spero che i capitoli a venire (!!!) non vi deludano.
Sciaoooooooo Eleonora



Cap. 2 Si entra in azione
 
Quando le ragazze scesero nella grande sala dei ricevimenti, si accomodarono rispettivamente in altrettanti tavoli, in posizione strategica; sufficientemente in vista per farsi notare, ma anche leggermente defilate per non dare troppo nell’occhio, come si confaceva a tre donne sole: non volevano dare l’impressione di star cercando compagnia, qualsiasi compagnia, per lo meno.
Lì dove si erano messe riuscivano anche a mantenere il contatto visivo, gli auricolari avrebbero fatto il resto.
 
Come previsto, poco dopo l’entrata nella sala, le amiche attirarono subito l’attenzione generale; la popolazione maschile, sia sola che in coppia, non disdegnava di lanciargli sguardi ammirati più o meno discreti, mentre le compagne degli ammogliati, e le altre donne, le guardavano con un misto di disprezzo dissimulato, invidia e gelosia: colpite dalla loro bellezza, valutavano al contempo l’entità del patrimonio sfoggiato in vestiti e gioielli.
Nel giro i ricchi finivano per conoscersi tutti, se non personalmente, almeno di fama, e questi tre esemplari di giovani donne fascinose e ben agghindate, erano tutti volti nuovi scrutati con malcelata curiosità, ed essere passate così ai raggi x era il prezzo che dovevano pagare per essere ammesse ufficialmente in quel microcosmo.
Le ragazze erano una sorta di debuttanti al loro ingresso in società, per fortuna, però, come sempre accade, superato il primo impatto, ognuno si sarebbe abituato alla presenza degli altri e non ci avrebbe più fatto caso.
Era innegabile che in quel momento, però, aleggiasse nell’aria una certa tensione sotterranea e le giovani, non avvezze alle dinamiche di quell’eccentrica società, cercavano al meglio di dissimulare il proprio nervosismo.
Dovevano recitare la parte di donne disinteressate a tutto e a tutti, magari sdegnose con i camerieri, esigenti in fatto di vini e cibo, antipatiche, con una vena di presunzione.
Tutti atteggiamenti che erano lontani anni luce dal carattere delle tre, anche se forse quella più portata restava Reika, che però aveva comunque il suo bel da fare.
Kaori era la più ansiosa di tutte, sia perché era la sua prima missione senza Ryo, sia perché di fatto era seduta lì da sola, e non le piaceva essere valutata, soppesata, osservata in quella maniera; si sentiva anche leggermente a disagio in quel bellissimo vestito, che la valorizzava al massimo ma che, a giudicare dagli sguardi che gli uomini le riservavano, aveva il potere di farla sentire nuda.
Il cibo era squisito e si sforzava tantissimo di doverlo criticare davanti ai camerieri ossequiosi, e più di una volta si era bloccata in tempo nell’atto di passargli il piatto che stavano riportando indietro ormai vuoto.
Peccato avere lo stomaco stretto da quella strana agitazione, che non le faceva gustare appieno quelle pietanze, perché non avrebbe mai più avuto il piacere di mangiarle, anche se… per i suoi standard quelle porzioni erano davvero ridicole, degli assaggini; per fortuna aveva sgranocchiato qualcosa in cabina, mentre si cambiava, altrimenti il brontolio del suo stomaco si sarebbe sentito nonostante la musica di sottofondo, e sarebbe stato imbarazzante se l’avesse sentito un eventuale corteggiatore.
A pancia piena, inoltre, si lavora meglio e bene, diceva sempre il socio, e questa era una delle prime lezioni che le aveva impartito; e a giudicare dalla quantità di cibo che lui ingurgitava quotidianamente, forse era proprio quello il segreto del suo successo.
 
Al termine della cena, le tre donne presero a girare discretamente per la sala, fingendo interesse a questo o quello, e non disdegnando un salto in pista per un ballo non troppo scatenato.
Gli serviva per prendere dimestichezza con gli spazi, che avevano solo potuto studiare su un prospetto fornitogli dalla Nogami, e con l’ambiente in cui si erano immerse.
Mischiarsi alla folla, dispensare sorrisi e transitare accanto ai gruppetti che si erano inevitabilmente formati per carpirne i discorsi, era essenziale per le loro indagini.
 
Ma mentre le ragazze tenevano gli occhi bene aperti, un altro sguardo non le aveva mai perse di vista e ne aveva seguito costantemente i movimenti; c’era un uomo molto interessato alle tre, in particolare ad una di loro e, fin da quando l’aveva adocchiata, aveva deciso che sarebbe stata lei la prescelta.
 
Kaori sedeva sull’alto sgabello del bar, era di tre quarti rispetto al bancone su cui appoggiava mollemente il braccio sinistro, la mano a giocherellare con il bicchiere di un drink.
Lo spacco laterale mostrava una delle sue gambe affusolate e toniche, che terminava in un delizioso piedino calzato in un sandalo dal tacco dodici.
Questo si muoveva ritmicamente sul poggiapiedi in metallo cromato, forse a dissimulare un leggero nervosismo, oppure a seguire la musica della vicina pista da ballo, tradendo la voglia di lasciarsi andare.
In ogni caso lo sguardo dell’uomo, attraverso i suoi occhiali senza montatura, era stregato da quella visione, e non smetteva di seguire il movimento del piede e della gamba: ne era come ipnotizzato.
Ad un certo punto non resistette più al desiderio di raggiungere la bella sconosciuta e invitarla a ballare.
 
Spalle larghe, fasciate da una giacca bianca impeccabile, uscirono dall’ombra e delinearono il dorso di un uomo deciso a tentare la sorte.
Si avvicinò alla giovane, e con un movimento fluido le afferrò la mano che giaceva sulla coscia, e contemporaneamente la attirò a sé dicendo:
 
“Signorina, permette un ballo?”
 
La sweeper non ebbe nemmeno il tempo di rifiutare o accettare che, sentendosi sospinta dolcemente e fermamente verso la pista, si ritrovò a stringere la mano di uno sconosciuto, che l’aveva già coinvolta in un sensualissimo tango.
Nonostante fosse pronta ad un eventuale abbordaggio, rimase sorpresa non poco dall’audacia e dalla sicurezza dell’uomo, ma quando riuscì a dirigere il suo sguardo sul viso dell’altro, l’emozione fu improvvisa.
 
“R-Ryo! Che ci fai qui?”
 
“Che ci fai tu, qui!” esclamò divertito il socio.
 
Lui le sorrideva, curioso di sentire la spiegazione che gli avrebbe dato la socia e, nonostante la confusione del momento, la ragazza si sentì sollevata dal suo atteggiamento bonario e accondiscendente; ma un secondo dopo, staccò la mano dal fianco dell’uomo per andare a pizzicare l’elegante spilla posizionata nell’ampio scollo del vestito: voleva disattivare la ricetrasmittente che la teneva in contatto con le altre due, perché non sentissero i loro discorsi privati.
Non le andava di essere eventualmente rimproverata da lui mentre le altre sentivano tutto, ma Ryo, seguendo il movimento della mano della donna, che lo guidò fin ad ammirare il generoso accenno di seno, mormorò con una strana intonazione, che le fece provare un brivido lungo la schiena:
 
“Mmm… interessante!”
 
Kaori era ancora troppo frastornata per capire se lui si stesse riferendo al congegno contenuto nella spilla, o a ciò che i suoi occhi luccicanti stavano vedendo.
Si sentì comunque avvampare, anche perché Ryo, nel contempo, le aveva appena scostato un ciuffo di capelli portandoglielo dietro l’orecchio, al cui interno era incastonato un piccolissimo auricolare trasparente.
 
Era una situazione estremamente imbarazzante per la bella sweeper, perché non si aspettava di essere scoperta così presto dal socio, a cui aveva volutamente mentito.
E poi lui… che si presentava vestito di tutto punto, con quegli occhiali che gli davano un’aria così intellettuale, bello da togliere il fiato, che l’invitava a ballare e recitava la parte del gentiluomo attratto da lei… La quale, soprattutto, ne subiva il fascino magnetico, come una novellina qualsiasi.
 
C’era solo un modo per scaricare la tensione, e cioè far materializzare un martello dei suoi e spiaccicare Ryo al suolo, giusto per ristabilire lo status quo, ma il socio, che aveva già notato il suo cambiamento di umore e si aspettava quella mossa, l’anticipò dicendo:
 
“Ah ah! Cara socia, fossi in te non ci proverei. Vuoi forse far saltare la tua copertura?” e le sorrise ancora, con aria da consumato seduttore.
 
La ragazza trasalì: quell’idiota aveva perfettamente ragione.
Inoltre, come aveva fatto a capire che…
In un attimo si sentì stupida, e abbassò lo sguardo afflitta, ma Ryo dolcemente le prese il mento, e glielo risollevò, riportando la sua attenzione su di lui:
 
“Su, su, Kaori Makimura! Non ti abbattere! Io ho capito tutto perché sono IO. Stavi andando benissimo” e le sorrise incoraggiante.
 
La ragazza si sentì ancora più destabilizzata, non si aspettava quel comportamento da parte del socio.
In più, per tutto il tempo, avevano continuato a ballare allacciati quel tango trascinante, producendosi entrambi in movimenti sensuali ed erotici, come fossero la coppia più affiatata della sala, anche se era la prima volta che ballavano insieme; ma si erano subito trovati in sintonia.
Quando si rese conto anche di questo particolare, lei non seppe più cosa pensare, ma non ne ebbe comunque il tempo: il ballo finì, e l’orchestra attaccò con un lento dolce e struggente.
 
Si abbassarono le luci.
 
Allora Ryo prese le braccia della socia e se le portò al collo, in una movenza deliberatamente armoniosa, e quando le mani della ragazza si allacciarono alla base della sua nuca virile, lui fece scorrere le sue lungo le braccia nude della donna, in una parvenza di carezza lenta e sinuosa.
Kaori era strabiliata dal comportamento del partner, ma affatto dispiaciuta, anzi!
Quei gesti, fossero stati anche finti ed esibiti a beneficio del resto del mondo, erano piacevoli ed eccitanti; le risvegliavano il corpo, che si faceva via via più reattivo e ricettivo.
Se quella che stavano conducendo era una recita, be’ lei ne avrebbe approfittato fino in fondo, e non si sarebbe tirata indietro come la sera in cui si era finta Cenerentola; ora sapeva cosa voleva, da sé stessa e da Ryo, ed era stanca di aspettare.
E comunque stavano solo ballando, e voleva sentirsi la bella donna che tutti dicevano che fosse, corteggiata da un uomo altrettanto bello, e niente più; inoltre lei era su quella nave per una missione, e non si sarebbe lasciata distrarre dalle finte moine del suo socio, che chissà cosa aveva in mente di fare, di lì a poco.
Magari nel giro di un secondo avrebbe potuto mollarla da sola sulla pista, per correre dietro ad un’altra donna, più affascinante e desiderabile di lei, come il solito mandrillo in calore… quindi, meglio non perdere tempo.
 
Tacquero nel loro lento oscillare, gustandosi entrambi quel momento magico; anche Ryo voleva approfittarne.
 
Non capitava mai che potessero fingere di essere due persone normali, che semplicemente si piacciono e vogliono stare insieme, anche solo per la durata di una sera.
Era stato così quella volta, quando Eriko li aveva incastrati in quella sorta di appuntamento al buio, e lui aveva voluto concederle, e concedersi, un momento spensierato, senza bisogno di mettere in piazza i propri sentimenti, senza dover chiarire le rispettive posizioni: una bellissima parentesi in una vita pericolosa e sgangherata, dove non c’era posto per loro due come coppia… forse.
Ora poteva stringerla fra le braccia, flessuosa come un giunco, leggiadra nelle movenze, fiduciosa quando rispondeva ai suoi inviti nei vari passi di danza, anticipandoli; c’era poco da dire, erano veramente una coppia ben ingranata.
Quando le aveva scostato i capelli, in un gesto inconscio e curioso insieme, Ryo, che voleva solo verificare la presenza dell’auricolare, si era ritrovato a provare il desiderio incontrollabile di voler andar oltre, e accarezzare quei corti capelli dalle sfumature rosse, affondarci le dita con voluttà.
Volteggiare con Kaori sulla pista, nel ballo più conturbante del mondo, prima, ed ora dondolarsi sensualmente con i corpi a stretto contatto, lo aveva messo in un piacevole stato di turbamento, e il profumo che esalava dal corpo della donna, e che gli saliva prepotente alle narici, lo stava stordendo.
Sì, avrebbe approfittato di quel momento, ma poi si sarebbe fermato lì; sarebbe stato solo un piacevolissimo gioco, un modo per starle vicino, poi, da domani, sarebbero ritornati quelli di sempre.
 
L’uomo aveva appoggiato una mano sulle spalle nude della compagna, mentre l’altra era scesa fino a posizionarsi alla base della schiena; Ryo se la sentiva formicolare, perché era roso dal desiderio di allungarla ancora, fino ad arrivare ai glutei guizzanti che, fasciati dalla stoffa traslucida, erano per lui un richiamo fortissimo, ma si tratteneva con il timore di esagerare, di rovinare tutto, di suscitare le ire della socia e, soprattutto, di essere respinto.
Perché nonostante l’atteggiamento da buffone e sbruffone che aveva con lei, in realtà lui l’amava veramente, visceralmente e contortamente, non ultimo segretamente; la desiderava e rispettava insieme, e non voleva che Kaori pensasse a lui solo come un maniaco e ad un pervertito.
Se lei lo avesse disprezzato, ne avrebbe sofferto enormemente.
 
Per contro, la ragazza sentiva la lieve pressione di quella mano malandrina come se la stesse marchiando a fuoco.
In un certo senso stava trattenendo il fiato: da un lato avrebbe tanto voluto che scendesse più giù, perché ne provava quasi un bisogno fisico, anche se la faceva arrossire il solo pensiero; dall’altro era terrorizzata dall’eventualità che succedesse: a quel punto come avrebbe reagito?
Avrebbe sdegnosamente scalzato via la calda mano del socio, o si sarebbe lasciata andare?
Di cosa aveva più paura?
Di lui che avrebbe osato, esplorando un territorio proibito, o delle proprie reazioni?
E se le fosse piaciuto?
 
Scacciò quei pensieri insidiosi, e cercò di fare chiarezza nella sua testa: lei non era lì per vivere una serata romantica con l’uomo di cui era pazzamente innamorata, ma per lavorare, e se si faceva vedere troppo con Ryo, non sarebbe stata libera di essere abbordata dal Camaleonte.
Si decise a parlare:
 
“Senti, Ryo… come avrai capito sono qui per lavoro…” iniziò timidamente, ciononostante alzò gli occhi ad incontrare quelli di lui, che erano rischiarati da una strana luce che non gli aveva mai visto, una trasparenza dello sguardo che la sconcertò ancora di più, ma non si lasciò distrarre.
Incoraggiata dal silenzio benevolo del socio proseguì:
 
“Saeko ha chiesto a me, Miki, e Reika di occuparci di un ladro, detto il Camaleonte”.
 
“Sì, ho sentito molto parlare di lui. Un vero buongustaio” disse lui, ammiccante.
 
“Insomma… la polizia ha avuto una soffiata che avrebbe preso parte a questa crociera e, poiché tutti gli agenti sono impegnati in una vasta operazione altrove, non avevano nessuno da mettere a bordo sotto copertura. Quindi noi dobbiamo fare da esca, cosicché quando ci abborderà, per rubare i nostri gioielli, noi sapremo che è lui e lo trarremo in arresto”.
 
Fece una pausa, aspettandosi le critiche, o che lui assumesse la solita faccia da maniaco sapendo che a bordo c’erano anche le altre due ragazze… insomma non sapeva cosa aspettarsi.
 
Ma lui la stupì chiedendole:
 
“E perché non me ne hai mai parlato? Non hai più fiducia in me?”
 
Kaori sobbalzò, perché non si aspettava una tale reazione, e il fatto che Ryo, a quel suo leggero trasalimento, l’avesse impercettibilmente stretta di più, non l’aiutò.
Spalancò gli occhi nocciola, dalle ciglia allungate da un velo di mascara, e lo guardò intensamente.
Lui, sotto la luce di quello sguardo, sentì uno strano rimescolio nello stomaco, e il suo cuore perse un battito.
Quella donna aveva il potere di turbarlo anche solo guardandolo; inghiottì a fatica, e spontaneamente gli si disegnò un sorriso sulle labbra.
Lei era veramente deliziosa.
 
La sweeper si decise a parlare:
 
“Scu-scusami… è che ero sicura che mi avresti detto di non accettare, che non sono abbastanza in gamba per una missione del genere…” poi si affrettò a aggiungere “Ma non è pericolosa, il Camaleonte è innocuo, non fa niente alle sue vittime, e poi ci sono Miki e Reika…”
 
“E invece hai fatto bene” l’interruppe lui, regalandole un’occhiata che le fece mancare la terra sotto i piedi, per poi riprendere con: “Be’, magari mi sarei preoccupato lo stesso, perché ho promesso a tuo fratello di proteggerti…”
 
Ma a quell’accenno lei riabbassò il viso, delusa; allora si tornava sempre al solito discorso: Ryo aveva cura di lei solo per la promessa fatta a suo fratello morente, nulla di più.
Ryo se ne accorse e se ne dispiacque, e prima ancora che potesse rendersi conto di quello che stava per dire, si sentì affermare:
 
“Io tengo molto a te, Kaori.”
 
Lei a quel punto rialzò i suoi magnifici occhi su di lui, e l’uomo percepì come una calda carezza invadergli l’anima; provò ancora a spiegarsi:
 
“Tu sei la mia famiglia, lo sai, quindi è naturale che tenga a te, no? Maki… Maki non c’entra…” poi s’impappinò e non fu più in grado di dire altro.
 
Però fu sufficiente alla ragazza, che si strinse di più a lui con il cuore colmo di gioia, rifugiandosi nel suo petto.
E di nuovo il socio si trovò a provare come una vertigine, frastornato dal profumo della donna che lo inebriava.
Quell’ammissione infuse coraggio alla ragazza che, staccandosi leggermente da lui, proseguì con le spiegazioni:
 
“Non volevo mentirti, ma avevo bisogno di prendere parte alla missione, portarla a termine cosicché tu potessi essere fiero di me” e dicendo questo riportò lo sguardo sul suo, con aria speranzosa, ma lui sfiorandole appena la guancia con il dorso della mano, le disse:
 
“Ma io sono già fiero di te. Vorrei solo che non corressi mai pericoli di sorta.”
 
“Lo so…” rispose lei in un soffio.
 
Si era ormai alle battute finali di quel lungo lento, e il saxofono stava diffondendo le ultime note, annunciando la chiusura del brano: sembrava che il tempo loro concesso stesse per finire, e Kaori, che si era completamente dimenticata delle sue compagne d’avventura, si guardò intorno per ristabilire il contatto visivo con loro.
Le avvistò piazzate in posti strategici: Miki chiacchierava amabilmente con una coppia di mezza età, mentre Reika mostrava il suo braccialetto di diamanti ad un signore azzimato, che era più interessato a lei che ai suoi gioielli.
Riportò l’attenzione al suo socio e si sorrisero complici.
 
“E allora, adesso cosa farai?” gli chiese lei.
 
“Cosa vuoi che faccia?” rispose Ryo accomodante.
 
“Ti dispiacerebbe… rimanere fuori dalla cosa? Cioè… non è che non ti voglio tra i piedi, ma questo caso è mio, nostro… Se sapessi che tu sei qui, sempre pronto ad intervenire, insomma…”
 
“Ho capito, socia” e le fece l’occhiolino “Però ormai sono a bordo: non posso più scendere, ma ti prometto che non intralcerò le tue indagini. Solo che… non puoi impedirmi di osservarti di nascosto” e qui la guardò con occhi scintillanti, che la fecero arrossire suo malgrado e provare nuovamente uno strano brivido lungo la schiena.
Ma che stava succedendo fra loro due, su quella nave?
 
“E prometti anche che non farai il maniaco, tanto da doverti rincorrere su e giù per la nave con uno dei miei soliti martelli?” minacciò lei.
 
Lui, con un gran gocciolone di sudore sulla tempia, iniziò a ridacchiare:
 
“Eh eh eh eh” e poi grattandosi la testa: “Prometto di essere discreto” gli sfuggì detto, e subito lo sguardo della ragazza s’incupì leggermente.
Allora lui si affrettò ad aggiungere:
 
“Dai, non preoccuparti, nemmeno ti accorgerai di me” disse appoggiandosi la mano sul cuore e alzando l’altra in segno di giuramento, con gli occhi rivolti al cielo.
 
Non c’era niente da fare, quell’uomo passava dal consumato seduttore al buffone più sciocco che esistesse, con la velocità della luce.
Ma era così adorabile, a volte, che Kaori finì per riderne divertita:
 
“Idiota!” gli sussurrò.
 
Il ballo era finito, e l’orchestra era ripartita con un ritmato jazz, ma Kaori non poteva restare ancora in pista a ballare con il suo affascinante socio: aveva un Camaleonte da catturare!
Ma prima di salutarsi gli chiese:
 
“Però non mi hai detto perché mi hai seguita.”
 
“Te lo spiego la prossima volta.”
 
E con un movimento lesto della mano, lui scese a pizzicare la spilla della ragazza per riattivare la trasmittente, e… oh, quanto avrebbe voluto spingersi più giù, fra quelle morbide colline!
Si trattenne a stento, ma risalendo non disdegnò una veloce carezza col dito, fintamente distratta, dal decolleté al collo della socia, per poi avvicinarsi col viso al suo orecchio e dire, a beneficio delle ragazze che avrebbero ascoltato:
 
“Ryuccio è qui!” con voce suadente.
 
Kaori si era sentita morire quando aveva realizzato che l’uomo le stava per infilare le dita nella scollatura, e aveva provato lo stesso desiderio, e la stessa paura, di quando era stato lì lì per accarezzarle il sedere.
Il colpo di grazia però le era venuto quando lui, accostandosi, aveva sussurrato quella frase sciocca, che l’aveva fatta fremere fin nel profondo.
 
Un attimo dopo Ryo non c’era già più: era sparito confondendosi nella folla, lasciando una Kaori visibilmente scossa e frastornata, che a stento si stava riprendendo dall’emozione del momento e, in generale, da tutta quella situazione a dir poco strana.
 
Nemmeno Ryo, però, era rimasto indenne da quell’incontro.
Aveva giocato tutto il tempo con la sua socia, una partita pericolosa, lo sapeva, ma il pericolo non era forse il suo mestiere?
La verità era che quel ballo lento, quel loro strusciarsi così allacciati, quel parlare sommessamente e intimamente, avevano acceso un tale desiderio per la donna, che se ne era quasi spaventato.
Si sentiva fortemente attratto da lei, in maniera quasi incontrollabile, e non era solo merito dei gioielli o di quel fantastico vestito che indossava… e quante volte gli erano guizzate nella mente immagini di lei senza, o di lui che glielo sfilava!
No, lei era bellissima sempre, qualsiasi cosa mettesse.
E i suoi occhi!
Dannazione, quando lo guardava in quel modo non capiva più niente!
Si era forse spinto troppo oltre, recitando la parte dell’uomo interessato?
Recitando???
No, lui era approdato a lei attirato come una calamita, perché da che era salito a bordo non aveva avuto occhi che per lei, e così avrebbe continuato da ora in poi, e con molto più interessamento di prima.
Che stesse tranquilla, la sua Sugar Boy, non aveva nessuna intenzione di correre dietro alle altre donne.
E poi che idea, andare a sussurrare nel suo auricolare!
Voleva solo fare lo sciocco e invece, quando era stato lì, a pochi centimetri dal suo viso, per poco non aveva finito per baciarla appassionatamente, fino a toglierle e a togliersi il fiato.
Si diede un pugno in testa e si scompigliò i capelli.
Che diavolo stava facendo?
Ed erano lì, su quella lussuosissima nave da crociera… come sarebbe andata a finire?
 

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Capitolo 3
*** Approcci ***


Ed eccoci al 3° capitolo! I primi due li avete apprezzati oltre ogni immaginazione e mi avete commossa *.*
Non finirò mai di ringraziarvi!!!
Ma ora non perdete tempo con me e leggete il seguito ;-)
Vi lovvo
Ele





Cap.3 Approcci
 
Kaori cercò di recuperare un certo contegno e si diresse al bancone del bar dove aveva lasciato la sua pochette, e quando il barman, con un sorriso di circostanza, gliela porse, lei si affrettò con dita tremanti a cercare lo specchietto.
Fingendo di controllarsi il trucco, disse, cercando di farsi sentire dalle compagne di squadra:
 
“Allora ragazze, novità?”
 
La prima a rispondere fu Reika che, nascondendosi dietro un bicchiere di whiskey, esordì dicendo, con voce squillante:
 
“Direi che di novità ne hai più tu da raccontare, o sbaglio?” e Kaori, pur non vedendo bene il suo viso, immaginò la ragazza ghignare maliziosamente.
La sweeper provò un leggero disappunto a quell’uscita.
Di sicuro lei li aveva visti ballare insieme, ed ora chissà cosa stava pensando; era vero, anche l’investigatrice privata aveva delle mire su Ryo, nonostante conoscesse da tempo i sentimenti che provava Kaori per il suo socio, ma normalmente era abbastanza innocua, benché lui non disdegnasse di farle la corte.
D’altronde Reika non si sarebbe concessa così facilmente all’uomo, se non fosse stata sicura che lui facesse sul serio, che la sposasse addirittura, mentre lo sweeper, al contrario, fuggiva i legami come il peggiore dei mali.
Però a Kaori dava fastidio lo stesso che la Nogami junior stesse sempre lì ad osservarli, a vedere se uno dei due si stancava dell’altro, lasciandole finalmente campo libero, o se al contrario facessero passi avanti nella loro relazione.
In parole povere, non le piaceva essere sotto la sua lente d’ingrandimento!
Motivo in più perché non voleva che Ryo fosse nei paraggi durante il loro incarico.
 
Anche Miki sicuramente li aveva visti ballare, ma più prosaicamente, e meno maliziosamente, chiese:
 
“Ho visto Saeba. Come siete rimasti?”
 
“Ah, ho dovuto raccontargli tutto, ma è stato stranamente comprensivo. Ha pure detto che non m’intralcerà nel caso, e che starà a guardare discretamente. Di questo mi fido, però… non vorrei corrergli dietro come al solito, mentre fa il porco in giro.”
 
“Sempre che non sia lui a correre dietro a te!” si sentì la voce di Reika nell’auricolare.
 
“Co-cosa vuoi dire?” chiese titubante la sweeper.
 
“Che ho visto come ti guardava, ti mangiava con gli occhi. E quando ballavate sembrava che ci foste solo voi due in pista e nessun altro…” spiegò Reika in tono ironico “Non ci starai nascondendo qualcosa, per caso?” concluse la sua insinuazione.
 
“Ragazze, abbiamo un lavoro da svolgere” esordì la bella barista, riportando il discorso su toni più seri “Se Saeba ha detto che se ne starà buono, so che lo farà. Per quanto ci riguarda, la serata non è ancora finita. Continuiamo a tenere gli occhi bene aperti. Ci aggiorneremo più tardi, e magari ci accorderemo per trovare un posto sicuro per vederci” concluse Miki.
 
Ma Reika, non contenta, saltò su ancora dicendo:
 
“Ah, Kaori? Perché quando è arrivato Ryo hai spento la ricetrasmittente?”
 
“Reika!” la redarguì Miki, che era in fondo un po’ la leader del gruppo, o comunque quella più razionale delle tre.
 
“Pe-perché dovevamo discutere di affari privati” si giustificò la sweeper.
 
“Mmm… sarà…” concluse Reika poco convinta.
 
Kaori sbuffò mentalmente.
Ecco perché non era stata così tanto entusiasta di collaborare con l’investigatrice: perché quando, e se, c’era di mezzo Ryo, anche solo nei loro discorsi, partiva per la tangente.
Ma okay, Ryo era a bordo e non avrebbe dovuto trovarsi lì, e i suoi personalissimi piani erano stati leggermente stravolti, ma un buon sweeper non si fa sorprendere dai cambi di programma, ha sempre un piano di riserva e deve sapersi adattare, si disse Kaori.
Se ognuno avesse fatto la sua parte, tutto sarebbe andato a buon fine; avrebbe potuto sopportare le battute striscianti di Reika e la sua malizia, e se Ryo non avesse dato spazio al suo lato maniaco, lei sarebbe stata tranquilla.
Tranquilla… era una parola grossa!
Quell’intermezzo sulla pista da ballo l’aveva turbata tantissimo, e avrebbe voluto che non finisse mai.
Ballare fra le braccia di Ryo, essere l’oggetto delle sue galanterie, flirtare anche se per finta, le avevano messo una strana agitazione in corpo.
Per fortuna se ne era andato, altrimenti…
Per fortuna?
E invece si ritrovò a chiedersi dove fosse finito, e soprattutto con chi, e una piccolissima fitta di gelosia le attraversò il cuore; lui non le aveva detto che non sarebbe andato a caccia di ragazze, ma solo che sarebbe stato discreto.
Bello com’era, non avrebbe tardato a trovare compagnia quella sera e, se non avesse fatto il porco, avrebbe magari anche concluso.
No, no, non doveva pensare a lui, doveva concentrarsi sul caso.
Certo, saperlo per locali a Shinjuku era comunque triste, ma lei vi era in qualche modo abituata, invece immaginarselo a spasso in quella lussuosa nave da crociera, fra donne bellissime, facoltose e ben disposte, era pure peggio.
Però… anche lei così avrebbe avuto modo di vederlo, era a bordo anche lui, e aveva detto che non l’avrebbe persa di vista.
E questo pensiero la entusiasmò.
Non dovevano far capire che si conoscevano, ma poteva sempre capitare di rincontrarsi casualmente e magari fingere di fare amicizia.
Sorrise soddisfatta.
Forse non era poi tanto male avere Ryo così vicino.
 
 
 
Lo sweeper era letteralmente scappato dalla sala da ballo e dalla tentazione incarnata in Kaori.
Stare con lei, a ballare e parlare, lo aveva portato fino al limite di cedere definitivamente al suo sentimento e al suo desiderio.
No, doveva stare calmo, e per questo era uscito a fumare una sigaretta, sul primo ponte incontrato fuori da lì.
Non si era allontanato troppo però, perché voleva ancora rimanere nella scia avvolgente di quella fantastica donna che era la sua partner.
Aspirò una boccata con voluttà e chiuse gli occhi, facendosi accarezzare dalla brezza notturna che saliva dall’oceano.
Ripensò a tutte le parole che si erano detti, ma soprattutto al come; rivide mentalmente i movimenti sinuosi con cui avevano ballato il tango, e realizzò che era la prima volta che danzavano insieme.
E non avrebbero potuto scegliere ballo migliore!
La tensione erotica che aveva sentito scorrere fra loro per tutto il tempo, aveva eccitato i suoi sensi, e al solo pensiero provò nuovamente una scarica di piacere come non gli succedeva da troppo tempo, ormai.
Quella donna sapeva accenderlo come nessun’altra, nonostante lui si fosse imposto di negare fino alla morte che non fosse desiderabile o appetibile, che non fosse femminile o abbastanza donna, e invece… dio, che donna!
Anche quando non voleva sedurre, bastava un gesto e lui non capiva più niente.
Non riusciva più a resisterle, e per l’ennesima volta si chiese se ne valesse ancora la pena di trattenersi, di castrare così il loro amore, perché lui conosceva molto bene i sentimenti che la socia nutriva per lui.
Se non lo avesse amato, non gli sarebbe rimasta accanto tutto quel tempo, con abnegazione e pazienza, e forse Kaori aveva anche iniziato a sospettare che a Ryo non fosse più così indifferente, e non solo fisicamente…
Nella radura lui si era lasciato andare a quella mezza confessione, ma anche prima gli era sembrato di averle detto tanto di sé e dei suoi sentimenti.
Certo, non era abbastanza per costruirci sopra una relazione stabile, tanto più che lui non aveva smesso di correre dietro alle donne, in sua presenza almeno, anche se ormai era diventata una posa, un’insana abitudine che provocava ancora la gelosia della ragazza, e questo era rassicurante perché gli restituiva la misura del suo attaccamento e del suo amore.
Solo che Ryo, già da un po’, aveva iniziato a sentire una certa stanchezza per quella situazione, non si divertiva più come un tempo a giocare al gatto col topo con lei, forse era arrivato il momento di crescere, come gli aveva fatto capire una volta Saeko, lei che di occasioni perse se ne intendeva.
Tirò un’altra boccata dalla sigaretta.
Basta! Non voleva perdersi in pensieri scomodi, ma continuare ad assaporare le sensazioni che gli aveva lasciato quel riavvicinamento fantastico che aveva avuto con Kaori.
E d’improvviso sentì così potente il bisogno di tornare da lei, anche solo di poterla vedere, che riaprì gli occhi di scatto e si chiese:
 
Ma cosa sto facendo qui?
 
Le aveva promesso che non avrebbe interferito con il suo lavoro, però nulla vietava di gironzolarle intorno, discretamente, come le aveva assicurato, appunto, ma abbastanza vicino da averla sempre nel suo campo visivo.
Sorrise al suo proposito, e stava già per staccarsi dal parapetto del ponte su cui si era appoggiato, deciso a rientrare, quando si trovò davanti una bellissima donna che gli sorrideva compiaciuta.
 
A lei non era sfuggito lo sguardo da predatore dell’uomo, illuminato da un sorriso malizioso che lo rendeva, se possibile, ancora più bello.
Sorriso che però si era subito appannato alla vista della nuova arrivata, perché evidentemente non era destinato a lei.
Ryo non si era aspettato di trovarsi davanti quella bellissima sconosciuta, sulla strada verso Kaori, e ne era rimasto quasi seccato, ma non voleva essere scortese e cercò di non farglielo capire.
Ma lei, cogliendo al volo il trasalimento dell’uomo, restò leggermente delusa constatando che quel suo fantastico sguardo si fosse spento alla sua vista; sapeva di essere molto bella, e non era certamente quello l’effetto che faceva sugli uomini, e anche su certe donne… anzi, era tutto il contrario!
Incassò il colpo, ma non perse tempo; sensualmente avanzò ancora e chiese, con tono mellifluo:
 
“Scusi, ha da accendere?”
 
 
 
Poco distante, dentro la sala da ballo, appena Kaori ebbe chiuso la comunicazione con le altre due, le si avvicinò un uomo; indossava un abito dal taglio sartoriale perfetto, uno spezzato sui toni del blu scuro; ai polsi della camicia luccicavano due gemelli gemmati, e al braccio sinistro un Rolex tempestato di pietre preziose occhieggiava sotto il tessuto.
Pur non essendo avvezza al lusso, la sweeper valutò all’istante l’entità della ricchezza che l’uomo sfoggiava con nonchalance, e pensò che lui da solo rappresentasse una bella tentazione per le mani lunghe del Camaleonte.
Peccato che, a quanto pareva, le vittime designate fossero in gran parte donne, ma le cronache raccontavano anche di succose eccezioni.
Lo sconosciuto si accomodò nello sgabello di fronte alla ragazza, e con un sorriso ed un leggero movimento del capo, ad accennare un inchino, le chiese:
 
“Non le dispiace se mi siedo qui, vero?”
 
Kaori drizzò le antenne: era stata abbordata, e quello era l’approccio più usato in tutto il mondo, e anzi pensò che nonostante la ricchezza, alla fine, per rompere il ghiaccio, tutti ricorrevano alle solite frasi fatte e ai soliti espedienti.
Ma stette al gioco, e rispose cortesemente:
 
“Certo, ci mancherebbe.”
 
“Posso farle una domanda?”
 
“Prego…” l’incoraggiò la sweeper.
 
“Lei da che parte del Giappone proviene?”
 
“Io vivo a Shin… la mia famiglia è originaria di Ebisu, ma abbiamo vissuto molto all’estero. Io stessa sono sempre in viaggio” stava per tradirsi, e si affrettò a inventarsi altro.
Non poteva certo dirgli che proveniva dal molto popolare quartiere di Shinjuku!
Buttò lì il primo quartiere residenziale e alla moda che le venne in mente.
Inoltre doveva rimanere sul vago, cosicché nessuno avrebbe potuto scoprire la sua vera identità.
I ricchi finivano per frequentare sempre le stesse feste, gli stessi locali e gli stessi luoghi e, in definitiva, le stesse persone.
Le famiglie di più antico lignaggio si riconoscevano fra loro, e gli arricchiti venivano sempre visti come gente inferiore, che niente aveva a che spartire con quelli che c’erano da prima, la cui ricchezza si fondava su anni, se non secoli, di floridezza.
Infatti, lo sconosciuto proseguì dicendo:
 
“Perché il suo viso è nuovo, non credo di averla mai vista in giro” e fece un gesto appena accennato, ad indicare la sala e il resto di quell’olimpo fatuo e scintillante, nel quale lui e i suoi simili si muovevano con disinvoltura, per poi aggiungere: “…anche perché mi sarei subito ricordato di una bellissima donna come lei, se l’avessi già incontrata!” e le sorrise sornione.
Kaori abbassò lo sguardo, a nascondere il viso per niente arrossato dal disagio, come invece sarebbe stato altre volte, e pensò:
 
Ma tu guarda questo! Tutti uguali ‘sti uomini. Un po’ di fantasia non mi sarebbe dispiaciuta.
 
Invece disse:
 
“Lei è troppo gentile… grazie. Come le dicevo, non passo molto tempo in Giappone, preferisco girare il mondo e scoprire nuovi posti… godermi la vita, insomma” e a queste ultime parole, rialzò lo sguardo a fissarlo, per vedere come avrebbe reagito.
Lo sconosciuto assentì leggermente col capo, sorridendo.
 
“Oh, ma perdoni la mia sbadataggine, non mi sono ancora presentato, e già l’incalzo con le mie domande indiscrete. Il mio nome è Murasaki Iro, e lei è…?”
 
Kaori e Miki avevano già deciso che avrebbero usato i loro nomi, Reika invece l’avrebbe cambiato perché non voleva rischiare di farsi scoprire: portava un cognome scomodo, che facilmente si sarebbe accostato a quello di suo padre e di sua sorella, capi a vario livello della polizia locale.
Ma la sweeper, a quella domanda, decise di rispondere così:
 
“Io sono Kaori, Kaori Saeba” giusto per vedere che effetto facesse, un po’ per gioco e un po’ perché le sarebbe tanto piaciuto potersi chiamare così.
 
“Ah, Kaori, che nome splendido! Le si addice lo sa?”  e la guardò con occhi languidi; la ragazza riuscì a mascherare il disagio che quelle avances stantie le stavano provocando.
Fugacemente ripensò ai discorsi fatti con Ryo; non stavano propriamente flirtando, come invece provava a fare il tipo, questo insulsissimo Iro, eppure ogni volta che il partner le aveva detto anche la più piccola parola, lei si era sentita percorsa da brividi di piacere.
Oh, come la guardava, come la toccava, ballando…
Si perse a fantasticare nei suoi pensieri, e non sentì l’ennesima domanda del tizio che ripeté:
 
“Dicevo… in che ramo opera la sua famiglia?”
 
La giovane si riscosse di colpo e farfugliò:
 
“Come? Scusi? Ah, sì… la mia famiglia si occupa di… di… legname. Martelli, principalmente.”
 
“Interessante…” e il signor Murasaki la soppesò con lo sguardo; probabilmente stava già riflettendo sul fatto che non aveva mai sentito quel nome, né tanto meno una grande compagnia che s’interessasse di legname; immaginava che magari quella bellissima donna fosse la solita parvenu, che sgomitava per aggiudicarsi un posto al sole, e non le sarebbe dispiaciuta come moglie, anzi no, come amante, che i matrimoni sono cose serie, contratti, e i patrimoni non vanno mai dispersi… in caso di divorzio poi, sarebbe stata capace di mandarlo sul lastrico, come già avevano provato a fare le altre sue ex mogli.
Ma va be’, per divertirsi un po’ sarebbe andata più che bene.
Aveva del portamento, era elegante ed affascinante.
 
E mentre il tizio si faceva questo film mentale, Kaori pensava che si fosse già annoiata tremendamente, a star lì ad ascoltare quelle chiacchiere oziose da manuale, dei veri e propri cliché che non la interessavano neanche un po’.
Eppure era un bell’uomo, con una buona dose di allure, forse dovuta ai vestiti che indossava, al fatto di far parte di una ricca e potente famiglia, chi lo sa?
Se non fosse stato che doveva farsi abbordare per scoprire se era lui il Camaleonte, si sarebbe già alzata e, ringraziando, se ne sarebbe andata lontano da lì, magari a cercare Ryo…
Ed ecco che i suoi pensieri finivano sempre lì.
Maledizione!
Questo era il motivo per cui non voleva che lui le ronzasse intorno: per non avere distrazioni, anche se… lui non era propriamente lì.
Trattenne a stento uno sbuffo, non voleva apparire scortese con quel perfetto gentiluomo; noioso, sì, ma gentiluomo.
Ma drizzò le antenne quando, accorgendosi che le stava fissando il decolleté, lui le chiese:
 
“Notevole quella spilla. Tiffany, o sbaglio?”
 
Effettivamente, il congegno della ricetrasmittente era stato studiato alla perfezione per apparire come un lussuoso gioiello e, nel caso fosse stato rubato, li avrebbe guidati per giunta fino al ladro.
Aveva così una doppia funzione.
E a meno che Iro non fosse interessato alla scollatura della donna, e il commento sulla spilla fosse un pretesto per farle capire che la stava ammirando, e fra le righe apprezzando, perché un ricco sfondato come lui s’interessava di una semplice spilla, si chiese la donna.
Poteva avere delle mire molto più prosaiche e materiali, che non quelle di farle velati complimenti?
Era lui il Camaleonte?
In quel momento però, giunse a sorpresa una donna bellissima che, posando una mano sulla spalla dell’uomo, gli disse, facendolo trasalire:
 
“Iro, ma dove eri finito?” e poi, rivolgendo un sorriso sfolgorante a Kaori: “Spero non la stia importunando come al suo solito” e c’era uno strano tono in quelle parole, che la giovane non riuscì a decifrare.
 
“Momo, mia cara! Ma che dici! Stavo giusto scambiando due chiacchiere con questa ragazza, che sedeva tutta sola… le facevo un po’ di compagnia” si affrettò a giustificarsi lui.
 
“Sa” riprese quella “Il mio fidanzato è sempre così galante e premuroso… quando vede una  bella donna da sola, pensa sempre che sia triste o si stia annoiando e non resiste, vuole subito rallegrarla con la sua presenza” e se Kaori non aveva capito prima, ora era ben chiaro che la tipa fosse venuta a riprendersi il suo uomo, e a mettere in chiaro che era di sua proprietà: che non si azzardasse a entrare nella sua personalissima riserva di caccia.
Kaori però resse il gioco, e per niente scoraggiata né impressionata dalla boria dell’altra, rispose tranquillamente:
 
“È sempre una buona cosa essere gentili, ed è fortunata ad avere un uomo di tal fatta al suo fianco” e le sorrise in maniera disarmante.
La donna ne rimase colpita, perché già si aspettava una lotta fra leonesse, e invece con la sua indole pacifica e pura, Kaori l’aveva già sconfitta.
Momo sorrise, stupita e divertita.
Aveva del carattere la ragazza, sarebbe stata un’alleata preziosa in altre circostanze, valutò.
 
Nel frattempo Iro si era già alzato e, dando il braccio alla sua Momo, prese congedo dalla bella sweeper con un leggero inchino e con un semplice arrivederci, mentre la sua fidanzata, un secondo prima di allontanarsi, si voltò e le disse:
 
“Ah, complimenti per la spilla!”
 
E insieme scomparvero fra la folla; erano davvero una bella coppia assortita.
 
Kaori espirò profondamente: non si era accorta di star trattenendo il respiro.
Girò lo sguardo tutto intorno e avvistò le sue compagne, poi controllò l’orario nel suo piccolissimo orologio d’oro e vide che era tardissimo; in condizioni normali a quell’ora sarebbe già stata a letto, o addormentata sul divano aspettando Ryo.
Contenne uno sbadiglio poco signorile e guardò ancora la sala: beati quei riccastri che non avevano bisogno di lavorare per vivere, e non erano costretti ad andare a letto presto, sfiniti, come la gente comune, che lottava quotidianamente contro i ritmi stressanti della vita!
E comunque, in quel momento loro non avevano orari di sorta da rispettare, perché erano in vacanza, peccato che lo fossero sempre.
La sweeper sospirò, chiedendosi quanto ancora sarebbe durata quella farsa.
Recitare quella parte in sé non era una cosa faticosa, ma estremamente noiosa, e questo era un aspetto che a conti fatti la stancava; lei era più per l’azione, ma, si redarguì mentalmente, anche quello faceva parte del suo lavoro, come i pedinamenti e gli appostamenti, aspetti altrettanto noiosi ma necessari.
 
Appena vide, però, che la coppia di anziani con cui Miki stava chiacchierando da ore, la stavano finalmente salutando, cercò d’intercettare lo sguardo dell’amica; si scambiarono un cenno d’intesa, poi la barista discretamente toccò il suo elegante bracciale, con incorporata la ricetrasmittente e parlò:
 
“Ragazze come andiamo?”
 
Reika era riuscita a scaricare l’ometto azzimato che la tampinava dall’inizio della serata, giusto in quel momento, e istintivamente si portò una mano all’orecchio dove era allocato l’auricolare; si sistemò i lunghi capelli, e sospirando rispose:
 
“Che strazio!! Non ne potevo più! Mi ha abbordato quel tapino e mi ha rimbambito con la storia della sua famiglia, dal Periodo Meiji ai giorni nostri. Almeno fosse stato un bell’uomo come il tuo, Kao!”
 
“Reika, a parte che il mio non era affatto mio, e per giunta è fidanzato… e poi era così affettato! Però si è dimostrato molto interessato alla mia spilla… a pensarci bene, anche la sua affascinante fidanzata l’ha notata e apprezzata… vorrà dire qualcosa?”
 
“Non lo so” rispose Miki “La coppia di simpatici vecchietti che mi ha tenuto compagnia per tutta la sera, Taiyo e sua moglie Tsuki, sono imparentati, per vie traverse, con la famiglia imperiale, e pensate: fanno di cognome Sora. In ogni caso, hanno avuto una vita davvero avventurosa, hanno anche partecipato a campagne di scavo in importanti siti archeologici in giro per il mondo. Sono dei veri specialisti in gioielli antichi. Che ne pensate? Curioso no?”
 
“Ad essere sincera” intervenne l’investigatrice “sono stanca di starmene così in vetrina, e penso che abbiamo già fatto tanto, per questa prima serata.”
 
“Hai ragione, sono d’accordo con te” convenne Kaori.
 
“Sì, inizio ad aver male ai piedi a starmene appesa come una gru su questi tacchi altissimi” ridacchiò Miki.
 
“Bene allora, propongo di vederci più tardi da me, senza dare troppo nell’occhio. Mi raccomando la discrezione” aggiunse la Nogami Junior.
 
“Ok, arriveremo in momenti diversi” stabilì la sweeper.
Per precauzione, le tre avevano anche scelto le cabine distanti l'una dall’altra, in parti diverse della nave.
 
“Benissimo, allora possiamo ritirarci tranquillamente dal campo e passare un attimo in camera a cambiarci” concluse Miki.
 
“A proposito di vederci… che fine avrà fatto Ryo?” si sentì Reika chiedere.
Kaori sussultò; per una volta che non pensava a lui!
Caspita, quella Reika aveva messo di nuovo il dito nella piaga, e Kaori non riusciva mai a capire se volesse farla soffrire, anche se solo indirettamente, o se le sue uscite fossero totalmente innocenti, seppur dannose; ma quella sortita riportò la sweeper ad interrogarsi su dove stesse passando il tempo il suo socio e, soprattutto, con chi.
Una piccolissima fitta di gelosia le trapassò il cuore, ma preferì non risponderle.
 
Alla spicciolata le tre donne lasciarono la sala, con lo stesso atteggiamento con cui vi erano arrivate: leggermente snob, annoiate, disinteressate.
Ma nonostante le loro precauzioni, qualcuno nell’ombra non si era perso nemmeno uno dei loro gesti, e aveva riconosciuto che le donne erano, in qualche maniera, legate e in contatto.

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Capitolo 4
*** Perché proprio adesso ***


… e sono riuscita ad aggiornare veramente presto sto giro, e il mio ringraziamento va alla mitica Briz65 che mi beta i capitoli e che è stata velocissima e super come sempre!
Per il prossimo vedremo :D
Buona lettura *.*
Eleonora





Cap. 4 Perché proprio adesso
 
Kaori sostava davanti alle maestose porte dell’ascensore, e pazientemente aspettava che si aprissero per potervi entrare, e raggiungere finalmente il ponte in cui era alloggiata.
Distrattamente, controllava il decrescere del numeratore posto sopra l’apertura, con i suoi numeri romani illuminati di luce rossa.
Era impaziente di arrivare alla sua cabina e togliersi quegli scomodi, per quanto splendidi, sandali gioiello; per un attimo valutò di farlo già in ascensore.
Sospirò.
Quanta fatica costava essere belle!
 
Il numeratore si fermò e una leggera vibrazione, accompagnata da un lieve sussulto, l’avvertì che l’ascensore era finalmente arrivato.
La ragazza fissò allora le porte ancora chiuse e s’incantò a guardare la propria figura, alta e leggermente distorta, riflessa sulla superficie metallica delle sezioni verticali che di lì a poco, basculando, sarebbero scomparse lateralmente.
Quando finalmente si mossero e iniziarono a dischiudersi, via via che si allontanavano una dall’altra, le mostrarono l’abitacolo vuoto, e la sweeper ne fu felice, perché era stanca di stare tra la gente, e aveva bisogno di un momento tutto per sé, in completa solitudine.
Fece un passo ed entrò, pigiò il bottone del suo piano e, nell’attimo stesso in cui si girò per posizionarsi verso l’interno, sentì uno spostamento d’aria e l’improvvisa presenza di qualcuno.
Si voltò di scatto, ma prima che potesse mettere a fuoco il nuovo arrivato, si sentì tirare verso la parete di fondo in un intrico di braccia e mani, una delle quali, e lo distinse chiaramente, era finita con decisione nella sua scollatura.
Quell’assalto improvviso l’aveva lasciata senza fiato, e impossibilitata a reagire si ritrovò schiacciata fra un corpo possente chiaramente maschile, e il metallo della cabina; spalancando gli occhi riuscì a formulare il pensiero, Ryo, un secondo prima che una bocca vogliosa catturasse la sua, trascinandola in un bacio appassionato e selvaggio.
Il suo corpo, prima ancora che la mente assimilasse l’identità dell’assalitore, rispose subito alle sollecitazioni, e si lasciò andare a quel turbine di passione e desiderio.
Non poteva sbagliarsi su chi fosse l’uomo che la stava baciando con così tanto ardore, perché lo amava più di sé stessa, e perché inconsciamente lo aveva evocato.
E il bacio che era iniziato in maniera così scomposta ed esigente, si trasformò in un languido e umido incontro di labbra, che si assaggiavano e si cercavano, fino a diventare molto più profondo e partecipato; uno scambio intimo ed eccitante, che li stava trasportando in un paradiso intatto e vagheggiato, al quale non riuscivano a sottrarsi.
 
Ripreso fiato per un secondo, si guardarono con occhi febbricitanti e colmi di amore e bramosia, ma non resistettero a lungo e ripresero a baciarsi, e stavolta i corpi iniziarono a premersi, strusciarsi, cercarsi, come se si dovessero compenetrare a vicenda.
E quando Ryo affondò il viso nell’incavo del collo della partner a saggiarne la pelle di pesca, tempestandola di piccoli baci umidi e vogliosi, lei reclinò il capo all’indietro e, appoggiandolo alla parete, le sfuggì un gemito; sussurrò il suo nome quasi fosse una preghiera e questo scatenò nell’uomo una tale ondata di desiderio che lui temette di perdere il controllo seduta stante.
Si strinse di più a lei, spingendo il bacino contro il suo, e Kaori si esaltò di fronte alla potenza con cui la stava desiderando; allora si inarcò contro Ryo e istintivamente portò la gamba a cingergli un fianco.
Lui fu svelto a cogliere l’invito e, facendo passare la mano sotto il suo ginocchio, la sorresse e l’attirò di più a sé.
Stavano annegando in un gorgo torbido di piacere, ed era incredibile la naturalezza con cui si lasciavano andare a quel corpo a corpo, che non lasciava scampo a fraintendimenti.
Poi, improvvisamente, Kaori si staccò da Ryo, e lo allontanò un poco; ancora ansante e stravolta dalla passione disse, con voce roca:
 
“R-Ryo… ma cosa stiamo facendo?”
 
L’uomo, che faticava a riprendersi, ancora annebbiato da quell’incredibile avvicinamento con la donna di cui era pazzo, la guardò senza capire.
 
La sentì farsi distante, come se idealmente volesse allontanarsi da lui, nonostante fossero ancora abbracciati, e Ryo lasciò scivolare dolcemente la sua gamba.
In qualche modo si ricompose, sempre senza staccare gli occhi da lei, e la osservò bene: le sue labbra erano rosse e turgide, e per una frazione di secondo si chiese se non fosse stato troppo violento, se non avesse in qualche modo rovinato quel suo fiore prezioso; ma il bisogno che aveva di lei era stato così prepotente che, si disse, probabilmente non sarebbe riuscito a fare di meglio.
 
Kaori continuava a guardarlo intensamente, e lui non si capacitava perché un attimo prima fossero così tanto in sintonia, e adesso sembrasse, invece, esserci un muro invalicabile fra loro; si costrinse a riacquistare lucidità; non gli era mai successo, di perdere la testa così per una donna, ma Kaori aveva il potere di stravolgere sempre e comunque lo stato delle cose.
 
Ryo rispose con la prima cosa che gli venne in mente:
 
“Cosa stavamo facendo? Be’, ci baciavamo!” rispose con un sorriso ebete, e con l’aria di chi dice un’ovvietà.
 
“Sii serio, per favore!” disse lei di rimando; non aveva nessuna intenzione di scherzarci su, sembrava serissima, e questo suo atteggiamento riportò il socio totalmente con i piedi per terra.
L’uomo sentì formarsi come un grumo d’angoscia in fondo al cuore, l’improvviso atteggiamento di Kaori lo ferì profondamente.
 
“Ho capito” disse infine Ryo “Non era questo che volevi… scusa” e fece per staccarsi da Kaori, ma lei lo trattenne:
 
“Ma che stai dicendo?” gli chiese la ragazza in tono accorato.
 
Lui, con lo sguardo velato di dolore, non rispose.
Lei riprese spiegandosi:
 
“Ryo, aspettavo questo momento da non so più nemmeno io quanto tempo!”
 
“E… E allora?” balbettò lui, smarrito.
 
A quel punto, Kaori si sentì invasa da una potente ondata di tenerezza per quell’uomo meraviglioso che sapeva essere un killer spietato, un buffone maniaco, un seduttore fantastico, ma anche indifeso come un bambino.
Gli sfiorò la guancia con dolcezza, e lui socchiuse per un attimo gli occhi; il tempo sembrò fermarsi, e dopo quel momento carico di amore e delicatezza, lei, con un filo di voce, ma fermamente, gli domandò:
 
“Ryo, perché… perché proprio adesso?”
 
“E perché non adesso!?” esclamò lui per tutta risposta, facendo spallucce; era così evidente la cosa!
Ma forse era giunto il momento di chiarirsi una volta per tutte, soprattutto perché lui, ormai, non voleva più tornare indietro; aveva assaggiato le sue labbra, aveva sentito il suo desiderio corrisposto, ed era stato troppo intenso ciò che avevano appena condiviso, per poter pensare di farne a meno in futuro: ora non ci sarebbe più riuscito.
Si staccò da lei, e andò a bloccare l’ascensore di modo che non si fermasse a nessun piano, per evitare il rischio che salissero importuni vacanzieri.
Poi tornò da lei; se avesse dato retta all’attrazione che la donna esercitava su di lui, sarebbe volato di nuovo fra le sue braccia, ma si costrinse a starle distante almeno di un passo, sia per la sua sanità mentale, sia per poterle parlare con un briciolo di lucidità.
 
“Kaori-chan” iniziò “prima mi hai chiesto perché ti ho seguita. La risposta è che… era sufficiente immaginarti lontana da me, anche solamente per una settimana, per stare male. E quel semplice bacio che mi hai dato prima di uscire, poi, mi ha completamente annientato” e le sorrise.
Nonostante tutto, lei arrossì.
Lui proseguì dicendo:
 
“Non sapevo nemmeno io cosa avrei fatto. Cioè… volevo solo starti vicino. Magari avrei finito per fare casino, per fare l’idiota come sempre e… sì, ti avrei rovinato la vacanza” e si grattò la testa a disagio.
La ragazza lo guardava con un misto di benevolenza e rassegnazione, ma il sorriso che gli rivolse lo convinse a continuare con le spiegazioni.
 
“Vi ho seguite fino al molo, e quando ho visto che, anziché salire a bordo di quella bagnarola che mi avevi detto, stavate per farlo su questa magnifica nave da crociera, ed eravate tutte eleganti, quasi irriconoscibili, ho capito che c’era sotto qualcosa. E a maggior ragione sono salito anch’io.”
 
E malgrado i suoi propositi, Ryo avanzò verso di lei, e le posò una mano sul fianco.
Non era un invito, o una carezza deliberata, era solo per stabilire un contatto; continuò:
 
“Ti ho vista cenare da sola, e poi sedere al bancone del bar, e non riuscivo a smettere di pensare che volevo essere lì con te, che volevo raggiungerti… e alla fine l’ho fatto” e la guardò con occhi scintillanti.
 
“Sei così bella, Sugar Boy” le sussurrò.
 
Kaori si sentì le gambe tremare: quella semplice frase era stata pronunciata con così tanto sentimento, che provò una sorta di vertigine.
L’uomo proseguì:
 
“E poi ti ho invitata a ballare, e… dio, Kaori, è stato tutto così magico… non mi sembrava vero. Volevo giocare a fare il seduttore con te, e invece sei stata tu a sedurmi, senza far niente” e portò l’altra mano a sfiorarle lievemente la guancia.
 
“Ho lasciato la sala col dire che non ti avrei intralciato nel caso, né avrei fatto saltare la tua copertura, però non facevo che pensarti… e sono tornato indietro. Quando ti ho ritrovata con quel bellimbusto impomatato, ho sentito la gelosia stritolarmi, tanto che avrei voluto sparargli in fronte. Ma poi mi sono detto che quello faceva parte del tuo lavoro… Quante volte ti sei sentita come me, Sugar?”
 
Non aspettò la sua risposta, e dopo una brevissima pausa proseguì:
 
“Non vedevo l’ora di parlarti ancora, di stare di nuovo con te, e quando sei entrata da sola nell’ascensore, mi sono fiondato anch’io…” e si fermò, visto che come erano andate le cose, entrambi lo sapevano molto bene.
 
“Scusami…” disse a mezza voce “forse sono stato il solito animale… perdonami se ti ho forzato… io… io…”
 
“No, scusami tu, ti prego!” l’interruppe lei, con la voce incrinata dal pianto, “È che… è che… tengo molto a questo caso, e nonostante io ti ami e ti desideri da impazzire, ho paura che se mi lasciassi andare completamente, poi finirei per distrarmi, per pensare sempre a te” e arrossì “…per pensare a noi insieme…” finì per ammettere.
Riuscì a mantenere gli occhi fissi in quelli dell’altro, nonostante si sentisse quasi svenire dalla vergogna di aver ammesso quelle cose, e tutte insieme.
Ma Ryo si sentì invadere da una felicità senza nome, e il viso gli si allargò in un sorriso enorme: non aveva nemmeno preso in considerazione il resto del ragionamento, si era fermato al fatto che lei gli avesse appena detto di amarlo e desiderarlo.
Si riscosse quando lei disse:
 
“Avevi ragione tu.”
 
“Eh?” dovette chiederle lui, incredulo “Io? Quando?”
 
“Quando non volevi coinvolgimenti sentimentali sul lavoro… Quando non volevi legarti a me, perché altrimenti avresti avuto troppe distrazioni…”
 
“Ma-ma… io veramente… non avrei mai…” e febbrilmente, si mise a cercare di ricordare quando le avesse mai detto una cosa del genere, o anche solo gliela avesse fatta capire.
 
“Una volta mi hai detto che, se volevo essere la tua assistente e combattere l’Union Teope insieme a te, avrei dovuto smettere di essere una donna o, almeno, che tu avresti smesso di considerami tale… ed io ho accettato, malgrado poi mi sia ribellata a questa forzatura, soprattutto perché ci hai marciato su parecchio, e non potevo sopportare che tu corressi dietro a tutte le altre donne, tranne me. Solo ora capisco che avevi ragione…”
 
“Che-che stai dicendo??” chiese allarmato, in preda ai sudori freddi.
Improvvisamente si sentì in trappola: tutto quello che aveva architettato per tenerla lontana da lui, gli si stava rivoltando contro.
No, no, non era così che dovevano andare le cose!
Aveva combattuto tutta la vita contro il sentimento che provava per la sua socia, ed ora che si sentiva pronto, irrimediabilmente pronto, a vivere pienamente il suo amore con e per lei, non poteva vedersi rifiutato per colpa delle sue stesse scuse.
 
“Ryo, ho capito che non può esserci un legame amoroso fra due colleghi, perché poi ne fa le spese il lavoro…”
 
“A-aspetta un momento… io non ho mai detto una cosa del genere! Io non volevo legarmi a te, più di quello che avevo già fatto, semplicemente perché ho sempre temuto per la tua incolumità! Perché il nostro è un mondo marcio, e non sopporterei di doverti perdere, di vederti morire fra le mie braccia!”
 
“Ryo…” esclamò lei, commossa “Ma tu non mi perderai!” e si strinse a lui; affondando il viso nel suo petto gli disse: “Promettimi… promettimi allora che, quando scenderemo da questa nave, mi allenerai, mi insegnerai tante più cose… fammi diventare ancora più brava! Brava come te!”
 
“Kaori… sì” sussurrò lui accarezzandole i capelli, colpito da quella richiesta.
 
Però ancora non si erano chiariti su loro due: finiva tutto lì, così… oppure, come sperava Ryo, ci sarebbe stato un seguito?
Non poteva lontanamente pensare di dover rinunciare a lei come donna, come amante, come compagna di vita.
 
Riuscì a chiederle:
 
“Ed ora… che faremo?”
 
Ryo era in preda ad una tempesta emotiva non indifferente: temeva che lei gli avrebbe detto che non c’era futuro per loro, che doveva dimenticare quello che era appena successo.
Lei gli rispose così:
 
“Non sai che felicità sto provando ora; ciò che ho desiderato in tutti questi anni si è finalmente avverato… i tuoi baci, le tue parole… ma…”
 
“Ma…?” Ryo si sentiva sull’orlo del baratro.
 
“Non posso…”
 
Kaori lo sentì trasalire, e stringerla appena più forte, come a non volerla lasciare.
Lei si affrettò a chiarire:
 
“Intendo per la durata del caso. Cioè, finché non l’avremo risolto.”
 
Ryo espirò profondamente: sarebbe stata una cosa temporanea quindi, e non definitiva!
D’improvviso si sentì come uno appena scampato al plotone di esecuzione, come se tutte quante le armi puntate verso di lui avessero fatto cilecca.
Provò una gioia immensa, un sollievo di cui non sapeva capacitarsi, e riuscì ad articolare un:
 
“D’accordo” e poi, per la seconda volta in quella serata le chiese:
 
“Cosa vuoi che faccia?”
 
Lei rialzò gli occhi ad incontrare quelli di lui, e vedendoci tanto amore si sentì rassicurata ed amata. Sorridendogli rispose:
 
“Ti chiedo di aspettare, di aspettarmi… vuoi?” e lo guardò speranzosa.
 
Ryo, sotto quello sguardo luminoso e innamorato, si sentì rimescolare nel profondo, e accarezzandole di nuovo la guancia le disse:
 
“Certo che sì… Tu mi hai aspettato così tanto a lungo!”
 
E subito dopo:
 
“Bene allora, spero che risolverete presto il caso” e ridacchiò, mentre lei, battendogli debolmente il pugno sul petto, esclamò:
 
“Idiota…”
 
Poi, come a ripensarci, Kaori gli chiese, con aria preoccupata:
 
“Ma nel frattempo non andrai in giro a consolarti a modo tuo, vero?”
 
“Co-cosa vai a pensare? Certo che no…”
 
“Mmmm… speriamo… altrimenti…”
 
“Non lo dire nemmeno per scherzo!” e già aveva assunto un’aria estremamente allarmata.
Lei sorrise, divertita e orgogliosa, pensando che questa volta il suo socio faceva sul serio, e ne fu immensamente felice.
 
Staccandosi a malincuore da lui, e sospirando, gli disse:
 
“Forza, lasciami andare, che Miki e Reika mi stanno aspettando, e questo ascensore bloccato potrebbe attirare troppo l’attenzione. A proposito… e non sai quanto mi costi tutto questo: non facciamoci vedere troppo insieme, soprattutto da quelle due che non fanno che spettegolare.”
 
“Ho capito socia! Allora quando le porte di questo ascensore si apriranno, di Ryo Saeba non ci sarà più traccia!”
 
“Che vuoi dire?”
 
“Che scomparirò passando da lì” ed indicò il pannello di servizio posto sul soffitto della cabina, quello che dava accesso ai cavi trainanti “Tu uscirai tranquillamente da sola, proprio come sei entrata, mentre io ridiscenderò quando non ci sarà più nessuno, ok?”
 
“Non ti sembra esagerata la cosa?” s’interrogò lei con aria scettica.
Al suo partner erano sempre piaciute le spacconate, infatti, preso in castagna, ridacchiò.
Rassegnata la socia si disse d’accordo: in fondo, se era contento lui…!
 
“Allora, quando sarò salito di sopra, potrai sbloccare l’ascensore…”
 
“Ma non sarà pericoloso?” rincarò la ragazza, un filino preoccupata; non capiva il suo volersi esporre al pericolo inutilmente.
 
“Sugar, tu sai che io sono il grande City Hunter e quando c’è di mezzo una bella donna, mi piace fare di queste uscite di scena” e si atteggiò all’uomo di mondo, senza macchia e senza paura.
 
“Guarda che non c’è mica bisogno d’impressionarmi, sai?” esclamò lei ridendo.
Poi si fece nuovamente seria e gli domandò:
 
“Continueremo a vederci? Intendo… magari di nascosto?” e arrossì leggermente.
 
“Ci puoi giurare, Kaori-chan!” e le pose entrambe le mani sui fianchi “Ho detto che non ti disturberò, ma non ti libererai così facilmente di me, e anzi… Mi daresti il bacino della buona notte?”
 
E non fece in tempo a finire di dirlo, che già Kaori lo stava baciando con trasporto, e prima di oltrepassare i limiti che si erano imposti, si separarono a malincuore.
Ryo, appoggiando la fronte a quella della ragazza, le bisbigliò:
 
“Come farò a resistere senza averti fra le mie braccia? Senza i tuoi meravigliosi baci?”
 
“Allora un pochino innamorato di me lo sei? Di’ la verità!”
 
“Secondo te?” e le sorrise sornione.
 
“Va bene, ma ora meglio separarsi…” disse lei a malincuore.
 
Detto questo, lui tese le braccia sopra la testa, e spostò il pannello di lato, con un balzo era già salito su e penzolavano solo le gambe.
Kaori lo guardava come sempre ammirata, poi lui, prima di rimetterlo a posto, si sporse con la testa e le fece l’occhiolino; le disse anche qualcosa, ma solo con le labbra, e la ragazza non fu sicura di aver capito bene, perché sembrava che avesse articolato un Ti amo, e non volle illudersi.
 
Quando Ryo richiuse la botola, lei si ricompose, si aggiustò il vestito e si passò una mano fra i capelli scompigliati, poi premette il pulsante dell’ascensore e riprese pazientemente la risalita.
E mentre si controllava nello specchietto il rossetto sbavato, sorrise alla sua immagine riflessa: era la donna più felice del mondo, ma per il momento avrebbe dovuto accantonare quella felicità.
 
Poco prima di arrivare al suo piano, la sweeper batté sulla parete di metallo, tanti colpi quanti ne occorrevano per dire a Ryo, con l’alfabeto morse: “Buona notte, socio.
Poi tese l’orecchio per sentire la sua risposta, che non tardò ad arrivare: “Anche a te. A presto.
 
Uscì dall’ascensore che quasi non toccava terra, e resistendo alla tentazione di guardarsi indietro, rischiando di vedere Ryo ridiscendere dal soffitto dell’abitacolo e magari corrergli incontro e non lasciarlo più, si affrettò a raggiungere l’alloggio di Reika senza passare dalla sua stanza, visto che aveva già fatto tardi.
Non appena fu davanti alla cabina dell’investigatrice, fece il segnale convenuto e la porta si spalancò su una Reika con gli occhi fuori dalla testa, che quasi l’aggredì dicendole:
 
“Si può sapere che fine hai fatto? Sei in ritardo, e non sai quante volte ho provato a chiamarti con il trasmettitore… Perché ce l’avevi spento di nuovo?”
 
“Reika calmati, non è successo niente. E tu Kaori, ci hai fatte preoccupare” intervenne conciliante Miki.
 
Kaori, stupita, rimase per un attimo senza parole, poi farfugliò:
 
“Ma… ma… cosa? Il trasmettitore spento? Ma no…” poi si ricordò improvvisamente che Ryo, quando le era letteralmente saltato addosso, le aveva infilato una mano nella scollatura!
Quel bastardo aveva già pensato a tutto: aveva afferrato la sua spilla e disattivato il congegno perché non voleva che le altre li sentissero… e già che c’era, era arrivato molto più giù del dovuto.
Anche se… dovette ammettere che alla fine non le era dispiaciuto affatto.
Arrossì di colpo e si confuse, ma Reika, che non la perdeva di vista, nemmeno le stesse facendo il terzo grado, le chiese a bruciapelo:
 
“Non avrai incontrato Ryo un’altra volta per caso?”
 
E la sweeper non poté impedirsi di arrossire ancora di più, ripensando al  bollente incontro che aveva appena avuto col suo partner; e al solo pensiero che le amiche avessero potuto vederli, o anche solo ascoltarli, si sentì morire.
Per fortuna quell’adorabile bastardo del socio ci aveva già pensato, almeno a quello, e lo ringraziò mentalmente.
 
Fondamentalmente Kaori non sapeva neanche lei come fossero rimasti, lei e il partner; se potevano considerarsi una coppia oppure no… In fondo si erano solo - si fa per dire - baciati, e lei gli aveva chiesto di aspettare, che non poteva andare oltre, almeno non in quel momento, quindi a che punto erano?
E tutto si sognava, tranne di spiegare in due parole, alle sue colleghe, la strana situazione che stava vivendo con l’uomo di cui era innamorata.
Si sentiva troppo a disagio solo a ripensarci e, in ultima analisi, non erano affari che le riguardavano; e comunque aveva già deciso che, qualsiasi cosa fosse o non fosse successa con Ryo, non avrebbe dovuto inficiare il suo apporto al caso in alcun modo.
Sperò di essere convincente quando affermò, il più decisamente possibile:
 
“No, con Ryo non mi vedo da prima” e, dato che la miglior difesa è l’attacco, aggiunse: “E poi scusa, cosa c’entra Ryo? Lo tiri sempre in mezzo! Tutto questo interesse….” e lasciò in sospeso la frase.
 
Reika accusò il colpo e si ritrasse.
Miki fece da paciere, in quello strano duello verbale fra le due, e s’intromise dicendo:
 
“Su, su, ragazze, non perdiamo la calma” e discretamente lanciò un’occhiata indagatrice alla sua amica: no, Kaori non era molto brava a mentire, lei era un libro aperto, e stava sicuramente nascondendo qualcosa, ma non volle approfondire.
Le era estremamente affezionata, e la rispettava troppo per indagare oltre, col rischio di metterla ulteriormente in imbarazzo davanti a Reika; inoltre, considerò, se avesse voluto parlarne con lei, sapeva che avrebbe potuto farlo in qualsiasi momento.
Kaori intercettò lo sguardo di Miki e si strinse nelle spalle; sì, c’era sotto qualcosa, pensò la barista, ma il rossore della sweeper stavolta era diverso, i suoi occhi avevano una strana luce, brillavano più del solito, e per un attimo si augurò che, in qualche modo, le cose fra i due City Hunter si fossero mosse, che fosse successo veramente qualcosa.
Le spuntò un sorrisino compiaciuto, ma non indugiò oltre, e spezzando la tensione propose:
 
“Forza, sediamoci un attimo e facciamo velocemente il punto della situazione. Siamo stanche, ed è bene se andiamo a riposare prima possibile.”
 
Per fortuna Reika mise da parte la sua curiosità morbosa, e sedendosi sul letto, lasciando le poltroncine alle ospiti, ritornò l’investigatrice privata seria e professionale che sapeva anche essere, e prese a raccontare la sua serata e le informazioni raccolte.
A ruota la imitarono anche le altre e al termine, dopo aver appuntato su un grande foglio i nomi delle persone che avevano conosciuto, corredati da brevi dati identificativi, si salutarono col dire che si sarebbero riviste la mattina seguente, nella sala del ristorante per la colazione, o direttamente alla grande piscina all’aperto dove Miki aveva appuntamento con i coniugi Sora.
L’ex mercenaria e Kaori raggiunsero rispettivamente le proprie camere, e Reika si preparò per la notte.
 
Mentre Kaori si dirigeva verso la sua cabina, affondando le suole e i tacchi nella moquette dei corridoi, ripensò a tutta quella strana giornata.
La partenza da casa, dissimulando con Ryo che la sua vacanza non fosse un lavoro propostole da Saeko; il turbamento di dovergli dire una bugia; la tristezza di lasciarlo anche se per pochi giorni. E poi la sorpresa e la gioia di ritrovarselo lì, bello ed elegante da mozzare il fiato; il momento magico in pista dove credeva che lui stesse fingendo di essere interessato a lei, mentre al contrario lo era veramente – e si sentì percorsa da un lungo brivido di piacere -  e poi quel noioso del signor Iro Murasaki, e ancora quel corpo a corpo torrido con il suo socio dentro l’ascensore.
Si sentì avvampare: davvero era stata capace di fare… quello che aveva fatto?
Lei, la timida, inesperta Kaori?
Ryo aveva acceso una miccia durante il ballo, e lei era esplosa come non si sarebbe mai aspettata.
Eppure non c’era da stupirsi: lei era una donna, in carne ed ossa, lo amava e lo desiderava tantissimo, e lui, oltre che fascinoso e carismatico come sapeva essere, si era dimostrato desideroso, affamato di lei, e a quel punto non c’era più altro da fare e da dire.
Peccato che fosse successo in quel particolare momento, su quella maledetta nave da crociera, sulla quale si era imbarcata per trovare e smascherare il famoso Camaleonte.
Che tempismo!
Sbuffò.
Passare anni e anni insieme, a stretto contatto uno con l’altra, a stornare le proprie voglie e desideri, a celarsi rispettivamente l’amore e il bisogno di aversi, e poi… per una volta che lei si gettava in un incarico in cui non fosse contemplata la presenza del socio, un lavoro tutto al femminile, lui finalmente si decideva a scoprirsi con lei!
Certo che la vita è davvero ingiusta, ridacchiò amaramente, anche se… se quello era stato una sorta di aperitivo, un assaggino di ciò che, sperava ardentemente, sarebbe arrivato dopo, quando sarebbero stati liberi di amarsi e scoprirsi…
Le venne la pelle d’oca.
Sperò con tutto il cuore che Ryo non ci ripensasse nuovamente, come al solito suo, perché non sarebbe riuscita a sopportarlo!
Si disse anche che, in caso contrario, avrebbe fatto lei la prima mossa, l’avrebbe riportato a sé…
No, ora non si poteva più tornare indietro!
 
E con questi propositi, si diresse con passo leggero e spedito al suo alloggio, pregustando una nottata tranquilla in solitaria, a ricordare e ripensare a quell’incredibile avvicinamento che avevano avuto loro due.
 

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Capitolo 5
*** Clandestino ***


Ed eccoci al nuovo capitolo. Dopo l’incontro nell’ascensore si saranno calmati i bollenti spiriti? Chissà! Intanto vi ringrazio dal profondo del mio cuore per la simpatia, l’entusiasmo e la stima che mi avete dimostrato con le rec precedenti. Vi adoro *.*
 
 
Cap. 5 Clandestino
 
Kaori armeggiò con la chiave magnetica in dotazione, entrò a cuor leggero e subito si slacciò i sandali per poi scalciarli lontano: per quel giorno ne aveva avuto più che abbastanza.
Si diresse al letto e si lasciò cadere bocconi sospirando, sfinita.
Ma un secondo dopo si accese una luce, e lei si tirò su di scatto:
 
“Ma, cos… Ryo?”
 
“Buona sera!” esordì lui.
 
“Tu, qui??” esclamò esterrefatta la ragazza.
 
“È così che saluti il tuo socio preferito?” rispose in tono falsamente offeso Ryo.
 
Kaori a quel punto si mise a sedere, squadrandolo attentamente; era appena uscito dalla stanza da bagno, fresco di doccia: aveva ancora i capelli bagnati, il fisico apollineo, con gli addominali scolpiti e guizzanti, e indossava solo un asciugamano – il suo asciugamano! – intorno alla vita.
La ragazza si sentì avvampare di disagio e desiderio insieme: perché era così dannatamente bello?
E lui lo sapeva, eccome se lo sapeva!
E lei… lei lo guardava ad occhi spalancati, con gli ormoni in subbuglio, e appena si accorse di star quasi a sbavare, richiuse di scatto la bocca, e deglutì a fatica; Ryo la guardò, compiaciuto del turbamento che le aveva suscitato, e avanzò verso di lei, passandosi voluttuosamente una mano tra i capelli, e l’altra sull’ampio torace.
 
“No-non ti avvicinare” scappò detto alla ragazza.
 
“Tranquilla, ho fatto una promessa, ricordi?” e le strizzò l’occhio.
 
Sì, ma se te ne vai in giro così, mezzo nudo, con quel tuo fisico da urlo, mi provochi. Vuoi farmi cedere prima del tempo?” pensò la ragazza “Così stai giocando veramente sporco!” e recuperando un po’ di lucidità mentale, nonostante avesse il batticuore, gli chiese:
 
“Perché sei qui?”
 
“Ehi! Oggi non fai che ripetermi sempre la stessa domanda! Comunque ti risponderò” esclamò lui, stravaccandosi sul divano in quello che era il salottino della suite; appoggiò pure le possenti gambe al basso tavolino di cristallo.
 
Lei fece il giro del divanetto e gli si posizionò davanti, ancora sconvolta di esserselo ritrovato lì; e visto che non si decideva a parlare, lo esortò:
 
“Allora?”
 
“Ah, sì… mi chiedi perché sono qui, giusto? Be’, semplicemente perché… non so dove altro andare!”
 
“Ma-ma come? Ti sei imbarcato senza aver prenotato una cabina?”
 
“Ehhhh, che vuoi che sia? Diciamo che non ho fatto in tempo” e le fece un cenno, ammiccando, poi riprese: “Sulla terra ferma non esisto, in mezzo al mare sono un clandestino: semplice, no?”
 
Kaori si portò una mano alla fronte, esasperata, ma lui, in vena di stuzzicarla, proseguì chiedendole:
 
“Non mi vuoi qui? Preferisci che vada a chiedere ospitalità alla bella Miki o…” e fece una pausa ad effetto, totalmente inutile visto che la socia sapeva già dove sarebbe andato a parare “… o preferisci che vada dall’affascinante Reika? Lei mi accoglierebbe a…”
 
“Okay, okay, hai vinto” l’interruppe lei.
 
Ci mancava solo che andasse a scodinzolare da quella iena, ora poi non glielo avrebbe permesso in nessun modo, a costo di legarlo lì, nel suo letto… Ryo legato, nel suo letto… Accidenti! Ma cosa andava a pensare!!! Si riscosse mentalmente.
Stava per dire ancora qualcosa, quando si sentì bussare discretamente alla porta.
La ragazza si girò di scatto, prima verso l’entrata e poi verso il socio, che placido sorrideva beato.
Lo guardò interrogativamente, ma lui, ignorando la sua muta domanda, le chiese:
 
“Kaori tesoro, visto che se lì, potresti andare ad aprire? È il servizio in camera.”
 
“Il servizio in camera?” chiese più stupita che mai.
 
“Sì, stasera ho saltato la cena e allora l’ho ordinata… per due.”
 
Sentirono bussare di nuovo e Kaori si decise ad andare ad aprire: un cameriere in divisa, cerimonioso e discreto, spinse all’interno un carrellino di metallo ricolmo di piatti e pietanze; c’era pure un secchiello del ghiaccio, e dentro una bottiglia di champagne.
L’uomo attese in silenzio.
Kaori guardava alternativamente lui e il suo socio, fino a quando quest’ultimo non le disse con disinvoltura:
 
“Tesoro, potresti pensare tu alla mancia?” e le regalò un sorriso piratesco che, più che emozionarla, la fece fremere di rabbia: quel cretino giocava a fare il grande con i soldi degli altri!
Ma Kaori non voleva essere scortese con quel brav’uomo, che stava solo facendo il suo lavoro, e per giunta il turno di notte; recuperò la pochette, e afferrando la prima banconota che le passò sotto mano, l’allungò al cameriere scusandosi.
Lui accettò la mancia, fece un profondo inchino, e prima di uscire lanciò uno sguardo di apprezzamento alla giovane donna, che non sfuggì però allo sweeper, il quale subito si rabbuiò: aveva dimenticato che Kaori era bellissima, quella sera molto di più, e che anche gli altri uomini avevano gli occhi.
Si affrettò a rialzarsi in piedi, pungolato dalla gelosia, ma l’ometto era già sparito.
Mascherò il disagio raggiungendo il carrellino, scoperchiando i vari piatti e apprezzandone la vista.
 
Kaori non riusciva a riprendersi da tutta quella situazione assurda e normale insieme, perché quando c’era di mezzo Ryo, era tutto relativo.
Si sedette pesantemente sul letto e sospirò, affranta.
A lui non sfuggì l’atteggiamento arrendevole e rassegnato della ragazza, e le domandò:
 
“Che c’è che non va?”
 
Lei si riscosse:
 
“Come, che c’è che non va? Io sono qui sotto copertura per un incarico, tu mi segui, e okay, il motivo mi fa un enorme piacere” e qui arrossì, mentre lui continuava a guardarla bonariamente e con aria rilassata; lei riprese: “C’è stato quel momento sulla pista da ballo, e poi ancora quello nell’ascensore…” e inavvertitamente prese a sventolarsi con la mano, “… ti ho chiesto di aspettarmi e soprattutto di non ostacolarmi, anzi distrarmi, durante il caso; tu accetti le mie condizioni e poi… e poi ti ritrovo qui. Mezzo nudo, a girare per la mia cabina come fosse la tua, la nostra…”
 
“Kaori-chan, io non voglio metterti in imbarazzo, lo sai, ma tu sei la mia partner! Ragiona: dove volevi che andassi, se non qui da te? Ho dato la mia parola e la manterrò… fino a quando tu non mi farai cambiare idea” e la guardò maliziosamente, poi però aggiunse seriamente: “Mi occorre solo un posto dove stare, almeno la notte, che di giorno troverò qualcosa da fare sicuramente” e le fece l’occhiolino.
Lei si sentì morire: non lo voleva lì temendo distrazioni, ma le si attorcigliava il cuore pensandolo in giro a fare il maniaco o il seduttore con le altre.
Aveva ragione, anche stavolta.
Lo guardò, e finalmente gli regalò un sorriso radioso; poi si avvicinò al carrellino e, sbirciando le pietanze anche lei, gli chiese:
 
“Ho capito bene, hai ordinato per due?”
 
“Sì, perché ti ho visto stasera a cena: hai mangiato come un uccellino, e ho immaginato che ad una certa ora ti sarebbe venuta fame” e le sorrise affettuosamente.
Quel suo sguardo bastò a farla sentire bene: quando ci si metteva, Ryo era adorabile.
Lui proseguì:
 
“Avanti accomodati, offre Saeko!”
 
“Stavo giusto per chiederti chi avrebbe pagato!”
 
“Be’, ero indeciso se addebitare tutte le spese a tuo carico, o a lei, ma poi mi sono detto che con tutte le bottarelle che mi deve quella vecchia volpona, era ora che iniziasse a pagare, anzi a pagarci” e calzò su quella precisazione e, inspiegabilmente, Kaori ne fu felice.
Lui riprese:
 
“Oggi pomeriggio le ho telefonato spiegandole la situazione, nel caso saltasse in testa al primo ufficiale impiccione di fare delle indagini su di me; ed ora, pur essendo comunque un clandestino, la mia presenza è tollerata, anzi! Ho la protezione della polizia. Visto che c’ero, ho aperto un conto spese a nome dell’Ispettrice Saeko Nogami, riservandomi di attingervi per i miei bisogni personali” e chiuse gli occhi soddisfatto.
 
Kaori ridacchiò; non avrebbe saputo dire chi dei due, tra Ryo e Saeko, fosse più furbo.
Apprezzò però le premure del socio, si servì abbondantemente dai piatti di portata, ed entrambi presero posto sul lungo divano.
Finalmente la ragazza si rilassò, e sorreggendo con una mano il piatto e con l’altra portandosi il cibo alla bocca, diedero il via a quella cena tardiva.
Ah, come era bello starsene lì insieme a mangiare, gustandosi il cibo, parlando di cose leggere, in intimità.
E per Kaori era un continuo stupore vedere il suo socio alzarsi e servirla, e assicurarsi che avesse sempre il piatto pieno; e quando stappò la bottiglia di champagne, rise soddisfatta: le sembrava di sognare, mai si sarebbe aspettata di poter vivere tali momenti con Ryo; il suo cuore traboccava di felicità.
Gli domandò:
 
“Non vorrai mica farmi ubriacare…?” e lasciò in sospeso il sottinteso.
 
“Sono un gentiluomo, lo sai” le rispose lui con orgoglio, e subito dopo: “E comunque con una spugna come te, mi occorrerebbero litri e litri di alcol!”
 
“Ma come ti permetti!” e gli rifilò un mezzo cazzotto in una spalla “E per fortuna che sei un gentiluomo!” ma scoppiarono a ridere entrambi.
 
Poco dopo Ryo appoggiò il suo piatto, ormai vuoto, sul basso tavolinetto e le chiese:
 
“Allunga le gambe…”
 
“Eh?”
 
“Dai, allunga le gambe.”
 
Timidamente, la ragazza seguì il suo suggerimento e andò a posizionare i suoi piedini sulle ginocchia di Ryo, il quale prese a massaggiarglieli.
E nonostante lei fosse più che strabiliata dal comportamento del compagno, si trattenne per non mugolare di piacere; per non far trasparire il turbamento chiese, un po’ ingenuamente:
 
“Perché?”
 
Era così strano il comportamento del suo partner!
 
“Perché immagino che avrai i piedi stanchi: tutte quelle ore sui tacchi, non ci sei abituata” e subito Kaori si mise sulla difensiva, aspettandosi la solita battutaccia sul fatto di essere un maschiaccio, un travestito e via discorrendo; lui era stato troppo, troppo gentile per tutta la sera, ecco che arrivava il conto da pagare!
Ma lui, intuendo i suoi pensieri, la guardò con tenerezza e aggiunse:
 
“Voi donne con i tacchi alti siete magnifiche e sexy, ma essere belle, stanca, no?”
 
Per un attimo la ragazza annegò negli occhi neri antracite dell’uomo e dimenticò tutto: il caso, il Camaleonte, il suo proposito di non farsi distrarre dalla presenza di Ryo.
Voleva solo lasciarsi andare, saltargli al collo e baciarlo con ardore; un’ondata potente di desiderio s’impossessò di lei e quasi si spaventò.
E quando si accorse che se avessero continuato in quel modo, sarebbero andati troppo oltre, lentamente ritrasse le gambe e le ripiegò sotto di lei, anche se, così facendo, lo spacco del vestito mise in risalto la coscia liscia e levigata.
 
Ryo, che inizialmente era rimasto un po’ deluso dal suo velato rifiuto, poi dovette ammettere che la ragazza aveva ragione a volersi fermare in tempo, perché quello che era iniziato come un semplice massaggio ai piedi, si stava per trasformare in qualcosa di più, e non era quello il momento.
Ma era contento che la socia avesse apprezzato e gradito le sue attenzioni: ricordava benissimo come avesse risposto con passione e trasporto al suo approccio, ai suoi baci, tanto che non avrebbe saputo dire chi dei due avesse cominciato dentro l’ascensore, anche se era stato lui che l’aveva sorpresa.
Lei lo voleva, e questa consapevolezza lo rendeva euforico.
Sentirsi amato e desiderato da lei era un sogno: Kaori, la dea dell’amore che scendeva dal cielo, e si accostava ad un vile assassino come lui.
E poi se lei non avesse ritirato le gambe, lui non avrebbe avuto la visuale di quella bellissima porzione di corpo; sorrise beato, mentre un ben noto movimento nei piani bassi, lo avvertì che ciò che aveva appena visto era stato più che sufficiente a risvegliare il bisogno che aveva di lei.
 
Si era giunti ad un’empasse, e a Kaori sfuggì uno sbadiglio.
Era tardissimo, e ancora non avevano discusso un aspetto non di poco conto in quella strana convivenza: dove avrebbe dormito Ryo?
Anticipando la socia lui le disse:
 
“Ah, per dormire non ti preoccupare, questo divano andrà benissimo” e intanto recuperò il telecomando della tv super tecnologica, che apparve quasi per magia, da dietro un pannello di mogano: aveva un maxi schermo degno di un cinema di periferia, e la socia stava quasi per ringraziarlo della premura, quando in un secondo dagli altoparlanti dell’home theatre, partirono dei gemiti inequivocabili.
Kaori sobbalzò, di fronte a quelle immagini che non lasciavano nulla all’interpretazione, e il partner esclamò:
 
“Sarà anche una nave di lusso, ma certi canali non mancano mai” e già un accenno di bava gli si stava formando ai lati della bocca.
 
In un attimo la ragazza si oscurò in volto e, raggiungendolo, gli strappò il telecomando dalle mani, premendo off.
 
“Che stai facendo?” si lamentò lui.
 
“Non ci pensare nemmeno di guardare certe schifezze nella mia cabina!” disse lei perentoria.
 
“Ma dai, metto muto.
 
“Ho detto di no! Tu non guarderai, né ascolterai, quelle cose dal mio televisore e nella mia stanza, soprattutto se ci sono dentro io!”
 
Ryo assunse una faccia da cane bastonato: si era fatto tutti i suoi programmini, e non gli importava di dormire su quello scomodo divano, se aveva a disposizione tutta quella filmografia interessante.
Provò a protestare:
 
“Ma-ma… Kaori!”
 
“No, piuttosto vieni a letto con me!”
 
Ryo drizzò le orecchie: aveva capito bene?
 
“Avanti, facciamolo!” aggiunse lei.
 
Lui, strabiliato, era già sull’orlo del deliquio: aveva sentito veramente quello che aveva sentito?
Timidamente provò a chiedere:
 
“Sei sicura? Dici… dici sul serio?”
 
“Certo! Dormiremo insieme, nello stesso letto, tanto c’è abbastanza posto per entrambi! E poi non è la prima volta che lo facciamo insieme, no?”
 
“Dormire… sicuro… ma certamente…” ridacchiò l’uomo, con un grosso gocciolone lungo la tempia.
 
“Cosa avevi capito?” chiese sospettosa la ragazza.
 
“Chi io? Ma io niente.”
 
“Ho capito la tua mossa del divano sai? Pur di impedirti di fare una cosa del genere, meglio che ti faccia dormire qui con me, così ti tengo d’occhio.”
 
Ryo prese ad annuire come un ebete, mentre ripeteva: “Sì, sì, sì.”
 
“Intanto questo lo prendo io e lo nascondo… non si sa mai. Che non debba svegliarmi in piena notte e trovarti a sbavare lì davanti.” Minacciò lei sventolandogli il telecomando davanti alla faccia.
 
“Ma no, che vai a pensare!” disse lui a disagio, grattandosi la testa; quella ragazza lo conosceva fin troppo bene.
 
Però, però… se avessero dormito insieme, sarebbe stato molto più difficile per lui non cedere alla tentazione di allungare una mano, un piede, avvicinarsi a lei, stringerla fra le braccia, e baciarla come se non ci fosse un domani, e poi… e poi…
 
“Frena, cowboy!” irruppe la voce della socia nei suoi sogni V.M.18, e quando fu certa di aver di nuovo la sua totale attenzione, sentenziò: “Ricordi? Hai promesso!”
 
“Ma certo, Sugar!” rispose lui, fissandola però con sguardo da seduttore.
 
Kaori si pentì all’istante dell’idea di condividere il letto.
Sarebbe stato pericoloso dormire insieme, con lui vicino, con quel magnetismo animale che l’attirava come una falena verso la luce.
Per un attimo valutò di accordargli tv e divano, ma poi rabbrividì: lui aveva promesso, e sapeva che si sarebbe potuta fidare.
 
“Be-bene, direi che siamo d’accordo. Ora, se non ti dispiace, vado in bagno a cambiarmi” e si diresse alla valigia a prendere un finissimo pigiama di seta, casacca e pantaloni.
Lui la seguì con lo sguardo e le chiese stupito:
 
“Non vorrai mica dormire con quello?”
 
“Perché? Ringrazia che non ho portato uno dei miei soliti pigiami!”
 
“Ma è da vecchia!”
 
“Sei il solito zotico! Questo è di un noto marchio italiano, e nello spot lo indossa addirittura Sarah Jessica Parker in giro per New York!”
 
“In pigiama per New York??? Ma questa è tutta matta!”
 
“Lascia perdere” disse infine la socia, sospirando e portandosi una mano alla fronte.
Poi, come a ricordarsi una cosa:
 
“Tu piuttosto, non vorrai venire a letto nudo come un verme?”
 
“Non ho altro da mettermi, e non posso dormire con il completo che avevo prima. Ho solo quello e lo spiegazzerei!”
 
“Cioè, fammi capire: tu non hai bagagli, ma solo ciò che indossavi al momento dell’imbarco?”
 
“Ottima osservazione, Watson!”
 
“Non ci credo…” disse affranta Kaori.
 
“Che vuoi farci? Non ho avuto tempo di comprare niente, né a terra né a bordo… te l’ho detto che ero tutto preso a cercare te!” e fece spallucce.
 
La ragazza ammise che quello era un atteggiamento tipico di Ryo, fare le cose senza troppo pensare, però stavolta era dietro a lei che correva, e quindi le andava benissimo anche così; si arrese all’evidenza, e in tono accondiscendente puntualizzò:
 
“Almeno però mettiti le mutande…”
 
“Agli ordini, ammiraglio” scattò in piedi lui, facendole il saluto militare.
 
A quel punto Kaori si diresse in bagno ridacchiando, suo malgrado divertita; almeno quello scambio di battute era servito ad entrambi per superare l’imbarazzo che stavano vivendo.
Amava Ryo anche per questo.
Sospirò.
 
Dopo qualche minuto, quando ritornò in camera, si accorse che il socio stava beatamente dormendo, voltato su un fianco, sul lato esterno del letto.
Avrebbe tanto voluto fermarsi ad osservarlo con calma, ma valutò fosse meglio infilarsi velocemente sotto le coperte, per non cedere a nessuna tentazione.
Era al contempo un po’ delusa e un po’ sollevata che lui non l’avesse aspettata; ma forse era stato meglio così.
Quando si fu accomodata, sussurrò all’indirizzo dell’uomo, sicura che non l’avrebbe sentita:
 
“Ryo… buona notte, e… sono contenta che tu sia qui.”
 
Trasalì quando sentì la voce del socio, attraverso l’oscurità, sussurrarle, già mezzo addormentato:
 
“Buona notte anche a te, e… sono contento anch’io” senza però cambiare posizione.
 
Alla ragazza si disegnò un sorriso beato sul viso, e poco dopo sprofondò felicemente nel sonno.
 

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Capitolo 6
*** Cose da non fare...forse ***


Pensavo e speravo di fare presto, di aggiornare presto, e invece sono andata leggermente lunga. Spero però che con questo capitoletto un po' più lungo, riesca a farmi perdonare.
Ancora GRAZIE a lettere cubitali per le bellissime rec ricevute, siete tutte stupende *.* GRAZIE  a chi legge e commenta, a chi legge e va, a chi c'è sempre.
Vi adoro!
Eleonora



Cap. 6 Cose da non fare…forse
 
 
La prima sensazione che provò Kaori ridestandosi, fu di freddo.
Un disagio dato da un’insolita frescura che la pervadeva tutta.
Muovendosi e sgranchendo gambe e braccia, riacquistò un po’ del calore corporeo che sembrava averla abbandonata, e così facendo si accorse di essere involtolata solo nel lenzuolo, e che gran parte del suo corpo era scoperto e… nudo.
Si svegliò all’istante.
Era ancora dalla sua parte del letto, ma non aveva il coraggio di voltarsi a guardare in direzione del socio.
Fu presa da un’ondata d’imbarazzo, e iniziò a tirare la stoffa per potersi coprire, ma il lenzuolo faceva resistenza e lei sapeva perché.
Diede uno strattone più forte, e sentì l’uomo mugugnare nel sonno e dire un: “Kaori… lasciami dormire” con voce impastata e vagamente sensuale.
Fu percorsa da un brivido che non era di freddo.
Si decise a guardare il suo compagno di letto, e lo trovò disteso, supino, con braccia e gambe divaricate, i capelli arruffati, e un sorriso soddisfatto e beato sul viso: era evidentemente appagato e anche un po’… spossato.
La ragazza si sentì male!
Sapeva molto bene perché era, erano, in quella condizione.
 
Saltò su e gli fu addosso, lo prese per le spalle e iniziò ad imprecare, sballottandolo:
 
“No, no, no! Non è possibile!”
 
Lui, colto alla sprovvista, riuscì appena ad aprire gli occhi, mentre la testa oscillava avanti e indietro come quella di un pupazzo di pezza; stentava a riprendere i contatti con la realtà, eppure c’era abituato a certi risvegli traumatici.
Lei proseguì dicendo:
 
“Ryo, Ryo, cosa abbiamo fatto??? Cosa ho fatto???”
 
Lui articolò un:
 
“Eh?”
 
Infine, dopo tanto sbattimento, lui si svegliò del tutto, e bloccandola saldamente con le mani, leggermente contrariato sbuffò:
 
“Insomma Kaori, ti vuoi calmare?”
 
“Ma non capisci?” rincarò lei, sull’orlo del pianto “Lo abbiamo fatto!”
 
“E allora?”
 
“Come sarebbe a dire allora??? Avevamo deciso di aspettare… e invece…”
 
“Ehi, non vorrai mica dare la colpa a me? Io sono stato ai patti, sei tu che hai iniziato!” puntualizzò lui, che non si aspettava una tale reazione da parte della ragazza e già si stava innervosendo.
 
Lei smise di piagnucolare e tacque.
Allora lui riprese più dolcemente:
 
“Kaori ascoltami, cosa avrei dovuto fare secondo te? Ad un certo punto della notte ti sei avvicinata, anzi mi hai abbracciato, sussurrandomi all’orecchio ‘Ryo stringimi’. Sembravi un gattino che faceva le fusa!” e al solo ricordo gli brillarono gli occhi di una strana luce; riprese, ancora più accorato: “… io ti ho stretto, e poi… boh? Eravamo lì che ci baciavamo, ed io non capivo più niente” disse con aria estatica.
Poi la guardò fermamente e aggiunse:
 
“Tu sai che ti desidero, e che ti rispetto anche, ma per me è stato troppo; ti ho respinto tutta la vita facendo violenza su me stesso, stavolta non avrei potuto farlo di nuovo, e non quando eri  tu a cercarmi… in quel modo. Credo che ormai fosse inevitabile per noi, no? E comunque, ad un certo punto, se ben ricordi, ti ho anche chiesto se ne eri consapevole, se eri sicura di quello che stavi per fare… e mi hai risposto di sì.”
 
La ragazza abbassò gli occhi, sconfitta; sapeva benissimo che Ryo aveva ragione: era stata lei che lo aveva cercato, non resistendo alla tentazione di averlo fra le braccia e, come era giusto che fosse, il resto era venuto da sé, nella maniera più naturale e semplice del mondo.
Quell’assaggio nell’ascensore ne era la prova, erano finiti i tempi in cui ci si nascondeva dietro un dito.
Era stata lei che non aveva rispettato i patti, e non poteva fargliene una colpa se lui la voleva come aveva sempre sognato che facesse.
Ryo, vedendola così scorata, cercò di sdrammatizzare a modo suo, dicendo:
 
“Oh, Sugar, sei stata fantastica! E poi quando hai iniziato a fare quella cosa…”
 
“Zitto, zitto non dire niente!” si precipitò a tappargli la bocca per non fargli finire la frase: “Non aggiungere altro, mi vergogno troppo” e il suo viso prese fuoco.
Ma lui, offeso dal suo comportamento che sfiorava quasi il rifiuto, le afferrò la mano e la scansò con forza così da poter parlare di nuovo; con sguardo accigliato si rivolse a lei così:
 
“Cosa vorresti dire, che ti vergogni? Ti sei forse pentita di averlo fatto con me? Perché, per quanto mi riguarda, è stata la notte più bella della mia vita, e fare l’amore con te è stata un’esperienza travolgente!”
 
“Di-dici sul serio?” riuscì a dire lei.
 
“Certo! Cosa pensi che abbia fatto con te, se non l’amore?”
 
Lo sguardo di Kaori si addolcì all’istante, e le ciglia le s’inumidirono; gli si buttò al collo, nascondendo il viso nell’incavo della spalla:
 
“Oh, Ryo, perdonami, perdonami!” proruppe piangendo.
 
Lui l’accolse fra le braccia, e accarezzandole i capelli, con tenerezza, le disse:
 
“Sshhhhh, Kaori-chan, dai, non fare così… non piangere.”
 
“È che sono così confusa!” disse lei soffocando le parole nel petto dell’uomo, e già il suo alito caldo risvegliava in lui un certo interesse nei suoi confronti; erano entrambi ancora nudi, a parte quel lenzuolo stropicciato che scopriva, più che coprire, i loro magnifici corpi; lei era balzata a cavalcioni su di lui, e gli echi della loro notte d’amore tornavano prepotenti ad invadere la mente di questi novelli amanti.
 
Lei si scostò lentamente da Ryo, che le deterse una lacrima con una dolcezza infinita:
 
“Va tutto bene Sugar, e poi sono io, siamo noi!”
 
“È vero, Ryo, hai ragione. Che disastro che sono, rovinare così il nostro primo risveglio insieme…”
 
“Be’ sì, l’affronto è stato veramente grave, e sono profondamente offeso, mi aspettavo di meglio dalla mia donna” e la guardò ammiccando; quell’ammissione riempì di gioia il cuore della sweeper, che si sentì rincuorata e amata.
Lui proseguì dicendo, con finta saccenteria:
 
“Direi che dovrai farti perdonare…”
 
“Ah, se è così allora, non c’è problema!” rispose lei seguendo la linea del suo giochetto, e stupendolo non poco, perché lui si aspettava un tergiversare, un imbarazzo paralizzante, anche se, pensandoci, la sua socia si era rivelata una donna passionale e intensa: si era data a lui completamente, e da lui aveva preteso la stessa dedizione.
Kaori era stata una piacevole scoperta, e se Ryo avesse saputo che stare con lei si sarebbe rivelato così meraviglioso, si sarebbe deciso molto prima.
Lei era la donna giusta per lui, in tutto e per tutto.
Donna che non lasciò troppo spazio ai pensieri del socio, perché lo baciò subito con passione e trasporto, trascinandolo con sé in un gorgo di voluttà e piacere.
 
Si liberarono del lenzuolo e presero ad accarezzarsi e cercarsi, punteggiando il corpo dell’altro di baci umidi, piccoli morsi, strette, prese e carezze languidissime, che li facevano sospirare e gemere di piacere.
Si amarono lentamente e lungamente, e persero la cognizione del tempo e dello spazio, dimentichi di tutto il resto, ormai solo un insulso contorno alla loro favola d’amore.
E se la notte era stata tempestosa e tumultuosa, pregna di desiderio e urgenza, le luci dell’alba che filtravano dall’oblò sorpresero due corpi e due anime che anelavano ad unirsi e a diventare una sola magnifica entità.
Erano fatti per amarsi, e quello fecero, semplicemente.
 
Felici ed appagati del piacere dato e ricevuto, si riaddormentarono ancora abbracciati e avvinghiati.
Non sarebbe stata la cattura di un semplice ladro a fermare la potenza del loro sentimento, che finalmente aveva rotto gli argini in cui l’avevano costretto per tanti, troppi anni.
Era giunto il momento di viverlo appieno.
 
 
Stavolta la prima sensazione che provò Kaori ridestandosi fu di caldo, un caldo benefico che le arrivava fino al cuore.
Era ancora abbracciata all’uomo della sua vita, e sorrise pensando all’evoluzione che aveva avuto la loro relazione in meno di ventiquattro ore.
In quegli ultimi mesi si era creata una strana tensione fra loro, che li faceva stare all’erta ai movimenti, alle parole, ai detti e non detti dell’altro, molto più di prima.
Era cresciuta giorno dopo giorno, fino a farli diventare come due pentole a pressione, pronte ad esplodere in qualsiasi momento, e quel caso inatteso, che avrebbe dovuto dividerli, almeno sul lavoro, li aveva invece uniti più che mai.
E se all’inizio lei aveva lottato perché non succedesse altro fra loro, dopo quell’incontro rovente nell’ascensore, per paura di distrarsi troppo seguendo l’evolversi della loro storia d’amore, anziché stare concentrata sulle indagini, dovette arrendersi all’evidenza che quella era un’impuntatura sciocca e inammissibile.
Coronare un sogno, vivere pienamente un amore che si è rincorso per tutta la vita, non dovrebbe straniare le persone dal resto del mondo, altrimenti non sarebbe quello un sentimento malato?
Erano due adulti, e non adolescenti in preda ad una tempesta ormonale, anche se essersi proibiti di amarsi non aveva fatto altro che esasperare il desiderio e l’attrazione reciproca.
Ma potevano ancora ragionare, forse…
E poi lei era e si sentiva una sweeper a tutti gli effetti, e non poteva fare una scelta, fra l’amore e il lavoro.
Era una professionista, e tutto ciò che sapeva e che aveva imparato, indirettamente a volte, lo doveva a Ryo e alle sue frequentazioni, composte da ex-sweeper ed ex-mercenari; non erano una coppia normale, e il loro menage non sarebbe mai stato come quello di nessun altro, a parte forse al riparo delle mura domestiche, e la loro storia d’amore era intessuta dello stesso lavoro che lei aveva voluto anteporre alla sua felicità… anche se solo temporaneamente.
No, le due cose non potevano essere divise; e no, non avrebbe passato le sue giornate a sospirare pensando a Ryo, o a quello che avevano finalmente fatto.
Fuori da quella cabina, che per il momento rappresentava la loro casa, il loro nido d’amore, Kaori sarebbe tornata l’esperta che era; tutto il resto era solo rimandato, con la magnifica prospettiva che sarebbe successo veramente, perché ora anche Ryo si era dichiarato, si era dato a lei con il cuore e con il corpo, ora sapeva che si appartenevano.
 
Si mosse, e si accoccolò meglio nell’abbraccio dell’uomo, aderendo ancora di più al suo possente corpo, che poteva essere una macchina da guerra, ma anche dispensare così tanta tenerezza che c’era da commuoversi al solo pensiero.
Era estremamente eccitante stare pelle a pelle in quel modo, un’esperienza intima e piacevole che le faceva rimpiangere il momento in cui si sarebbe dovuta rinfilare i vestiti.
Questo pensiero la portò a ricordarsi che, effettivamente, era bene che si rivestisse, e in fretta per giunta, perché una delle sue compagne d’avventura avrebbe potuto passare di lì, e non era ancora pronta a dare spiegazioni, né a farsi sorprendere a letto con il suo socio.
Sospirò.
 
“Ryo? Ryo, svegliati!” sussurrò al suo orecchio, ma abbastanza forte per poterlo destare senza farlo sobbalzare.
 
Lui mugugnò.
Lei riprese più insistente, e accompagnò i suoi richiami con piccoli baci sul bel viso del compagno e sull’incipiente barba che le faceva il solletico sulle labbra.
 
“Dai, Ryo!! Devo alzarmi… lasciami andare! E poi potrebbero passare Miki o Reika!”
 
Sotto quel fuoco incrociato di baci e richiami dolcissimi, finalmente lui si mosse e allentò la presa; aprì gli occhi e lei si perse in quegli abissi di nera antracite.
Era lui che la guardava, guardava lei, e Kaori sentì uno strano sfarfallio nello stomaco.
Quanto l’amava?
E nemmeno potesse leggere nei suoi pensieri, Ryo le sorrise grato, con gli occhi e con la bocca.
Lo sweeper avrebbe voluto protestare che desiderava restare ancora un altro po’ lì con lei, ma capiva che non poteva pretendere altro; lei stava lavorando, e lui aveva promesso di non intralciarla… né di distrarla più di quello che aveva già fatto.
 
Kaori, allontanandosi da lui, gli disse:
 
“Stamattina molto probabilmente andrò in piscina insieme alle ragazze, sperando che il Camaleonte si faccia vivo. I coniugi Sora, che Miki ha conosciuto, l’hanno invitata a passare la giornata insieme” e gli riportò brevemente le informazioni raccolte sui ricchi signori Taiyo e Tsuki Sora, e sulla loro passione per i gioielli antichi.
Ryo ascoltava attentamente e annuiva.
Poi lei gli chiese:
 
“E tu, cosa farai?”
 
“Per prima cosa una bella colazione ricostituente” e le fece l’occhiolino facendola arrossire fino ai capelli; divertito per quel suo innato pudore, le chiese per stuzzicarla:
 
“Perché, tu non hai fame? Eppure di attività ne abbiamo fatta parecchia.”
 
“Ho-ho capito” tagliò corto lei, per poi aggiungere: “Probabilmente scenderò in sala per la colazione, dovrebbe esserci anche Reika…” e lo squadrò, alla ricerca di un qualche guizzo che tradisse il suo interesse per la bella investigatrice, ma Ryo rimase impassibile, come se lei gli avesse parlato del tempo o delle quotazioni di borsa in Nepal.
Allora Kaori riprese con:
 
“E dopo la colazione? Programmi, mio bel moretto?”
 
“Andrò a farmi un giro per negozi, che non ho niente da mettermi a parte quel vestito là; dovrò pur rifornirmi di outfit consoni all’ambiente!”
 
“Caspita, e dove hai imparato a parlare così?” gli domandò divertita.
 
“Cara la mia socia, negli anni mi hai fin troppo sottovalutato. Comunque, fra le cose che mi comprerò, ci sarà anche un bel costume da bagno, perché ho intenzione di venire anch’io in piscina e godermi… la vacanza” finì con aria maliziosa.
 
“Ma-ma Ryo! Avevi promesso che non saresti intervenuto!”
 
“Ed è quello che farò, però non puoi impedirmi di gironzolarti intorno, non più, soprattutto dopo stanotte” e la guardò con occhi penetranti.
 
La ragazza sospirò in un misto di felicità e rassegnazione.
 
“E comunque faremo finta di non conoscerci, giusto?” riprese lui “Però, visto che ieri sera abbiamo ballato insieme e in parecchi ci hanno visto, non potremo ignorarci più di tanto. Magari un salutino, un cenno, potremmo anche scambiarcelo: dobbiamo essere credibili. È una delle prime regole da tenere quando si agisce sotto copertura: non dare troppo nell’occhio, uniformarsi alla massa, e soprattutto essere credibili.”
 
“Hai ragione… Però hai visto cosa intendevo? Mi basta averti intorno o sapere che ci sarai, che vado nel pallone!” ammise sconsolata.
 
Allora lui, tornando ad abbracciarla, le sussurrò lascivamente ad un passo dalle labbra:
 
“Lo so, faccio questo effetto!”
 
“Ma smettila, sbruffone!” esclamò ridendo la ragazza e dandogli un mezzo spintone, che lo allontanò leggermente, per poi aggiungere:
 
“Dai, fammi andare, che devo proprio farmi una doccia.”
 
“Vengo anch’io?” saltò su speranzoso Ryo, quasi scodinzolando come un cagnolino felice.
 
“Non. Ci. Pensare. Nemmeno.” scandì lei, alzandosi infine dal letto e dirigendosi in bagno, per poi voltarsi un secondo prima di entrare: “E non provare a seguirmi!” disse con aria leggermente minacciosa.
 
Lui si lasciò ricadere disteso sul letto, felice come non lo era mai stato; sospirò soddisfatto: finalmente la vita aveva acquistato un ben altro sapore, e lui lo voleva gustare fino in fondo.
Ragionando con il suo amichetto, che non mancava mai di presentarsi a certi appuntamenti, gli disse:
 
“Caro mio, siamo fortunati non credi? Quella donna è fantastica e ci piace un sacco… Come dici? Era ora che mi facessi avanti? Sì, hai ragione, ho perso un sacco di tempo, ma non sarei l’idiota che sono altrimenti no?”
 
Poi si zittì, e tendendo l’orecchio sentì la socia cantare sotto la doccia.
La sua soddisfazione crebbe di pari passo col suo sorriso, e prima di voltarsi a pancia sotto e agguantare il cuscino che sapeva di lei, di loro, bofonchiò, sprofondando nella federa:
 
“Senti? È felice anche lei!”
 
E quasi si appisolò.
 
Quando lei rientrò in camera lo trovò così, disteso di traverso, con quel suo corpo scolpito, perfetto, che finalmente aveva avuto il piacere di scoprire e percorrere tutto, con pazienza e dedizione; i baci con cui lo aveva assaggiato e le carezze che gli aveva riservato, avevano procurato una tale soddisfazione ad entrambi che, orgogliosamente, sorrise soddisfatta.
Ora era il suo uomo.
Ma si riscosse al pensiero che sarebbero potute entrare le sue amiche, da un minuto all’altro, e a voce un po’ più alta disse:
 
“Forza, vestiti! Se dovessero passare le ragazze, probabilmente non si stupirebbero più di tanto di trovarti qui, ma di certo non in queste condizioni.” Poi, fermandosi ad osservare il letto che era ormai un campo di battaglia: “E comunque basterebbe questo per arrivare alle giuste conclusioni.”
 
Ma il socio, voltandosi pigramente, piuttosto che ribattere in qualche modo, vedendola lì ritta al centro della stanza, schizzò in piedi e chiese, quasi balbettando:
 
“Do-dove andresti vestita così, tu?”
 
“Ma che stai dicendo?”
 
“Non andrai in giro così… così…” indicandola.
 
“Così come? Sto andando in piscina, è ovvio che indossi un costume da bagno, mica posso andarci con una muta da sub!”
 
“È-è… sgambatissimo! Quel bikini è da infarto secco!” e già il suo viso era una maschera grottesca, alterato dal solito ghigno da maniaco e dalla gelosia che lo stava dilaniando.
 
“Oh, su, non dirmi così, che dopo mi sento a disagio più di quello che non sono già!”
 
E lo sweeper dovette ammettere che era necessario che Kaori si mettesse in mostra, per accalappiare il Camaleonte, e il fatto che fosse una bellissima donna giocava a suo favore; peccato che ora fosse la sua, di donna, e che non avrebbe permesso a nessun altro di guardarla.
Allo stesso tempo, però, non poteva certo pensare di chiuderla a chiave nella cabina e non farla uscire, solo perché lui si sentiva in preda alla gelosia più nera.
Anche lei era una professionista, e certi atteggiamenti possessivi non dovevano danneggiare il suo lavoro; anche questo voleva dire non interferire.
Alla fine, a malincuore, si convinse che era una partita persa fin dall’inizio.
E in ogni caso era più che sicuro che lei non si sarebbe atteggiata – non ne aveva bisogno, tra l’altro, perché le sarebbe bastato essere sé stessa – e non avrebbe fatto la sciocchina con l’intento di attirare l’attenzione maschile; e aveva classe da vendere.
E questa era una delle innumerevoli doti che lo avevano fatto innamorare.
 
“Hai ragione, scusami” capitolò l’uomo, stupendo la compagna che sgranò tanto di occhi; quella era una novità assoluta, che il grande Ryo Saeba le desse contemporaneamente ragione e le chiedesse scusa.
Provò un moto di affetto verso quel ragazzone complicato e semplice allo stesso tempo, e gli sorrise dolcemente:
 
“Se può farti stare tranquillo, sappi che indosserò il pareo, almeno durante la colazione; poi però dovrò toglierlo per prendere il sole.”
 
Ryo pensò che questa copertura sarebbe stata totalmente inutile, visto che lei sarebbe stata meravigliosa anche e soprattutto con un pareo, un leggero telo che avrebbe giocato a scoprire le sue lunghe gambe quando camminava o si sedeva; che avrebbe delineato il suo sedere perfetto, oscillando ritmicamente ad ogni passo; legato ai fianchi che… oddio stava partendo per la tangente, meglio fermarsi in tempo prima di farsi travolgere dal desiderio e riprenderla fra le braccia e non lasciarla più andare.
 
Ma furono interrotti da un leggero bussare; tesero le orecchie: era il segnale in codice con cui si annunciavano le ragazze quando andavano a farsi visita nelle rispettive cabine.
Un attimo di panico.
Poi Kaori, voltandosi verso il socio, gli sussurrò:
 
“Presto! Copriti con il lenzuolo, dai dai!”
 
Quindi si diresse di corsa alla porta e l’aprì.
Miki era lì davanti a lei, splendida come sempre, in un bellissimo costume intero color acqua marina, un borsone di paglia gettato sulla spalla e un cappello a tesa larga sulla mano, e anche lei indossava un pareo.
Si fermò sulla soglia indecisa; percepiva una variazione nell’aura dell’amica, e soprattutto sentiva che non era da sola.
Aspettò che fosse la sweeper ad invitarla ad entrare, cosa che non tardò a fare, con un leggero imbarazzo dissimulato a fatica.
L’ex mercenaria avanzò guardinga nell’alloggio, prima attraverso il salottino dove il carrellino delle vivande, carico di piatti sporchi, sostava ancora in un angolo, e poi, seguendo Kaori, nella camera da letto, il posto più riparato e sicuro, l’ideale per parlare, lontano da eventuali orecchi indiscreti… anche se lì c’era pur sempre Ryo.
Un’altra cosa che saltò subito agli occhi della barista, fu l’insolito disordine che regnava nella stanza, il letto disfatto al centro del quale, una montagnola in rilievo, delineava inequivocabilmente un corpo umano, disteso.
Miki interrogò con lo sguardo Kaori, che stringendosi nelle spalle, ammise, sforzandosi di essere più disinvolta possibile:
 
“Sì, è Ryo.”
 
In fondo non c’era da stupirsi se i due soci condividevano la stessa cabina, tanto più che lui, di fatto, era un clandestino e si era imbarcato all’ultimo momento solo per seguire lei, anche se questo Miki non poteva ancora saperlo.
Però lo sweeper non resistette oltre, e scoprendosi di colpo, con un ampio gesto del braccio, finì quasi per mostrare le pudenda; esordendo con:
 
“Tadaaan!” e immediatamente dopo: “Ciao, Miki!!! Che piacere rivederti!”
 
Kaori aveva già impugnato un nuovissimo martello con la scritta “traditore”, pronta a polverizzarlo, ma, per fortuna, Ryo stranamente si fermò lì senza nemmeno accennare a saltarle addosso, come le altre volte.
Le ragazze rimasero entrambe interdette, seppur per i motivi più disparati, e Miki, dopo averlo osservato con gli occhi a fessura, proruppe con:
 
“Ma è nudo!”
 
Una processione di corvi bercianti transitò sulla testa dei due City Hunter, ma la sweeper si affrettò a riprendere in mano la situazione e, cercando di sdrammatizzare, esclamò:
 
“Capirai che novità!”
 
Poi però, Kaori mise le mani sulla schiena dell’amica e la sospinse via, per poter parlare più liberamente e, soprattutto, per non dover indugiare ancora in quella situazione a dir poco imbarazzante: Miki non era una stupida e non ci avrebbe messo tanto a fare due più due.
Kaori si augurò che non facesse domande mettendola ulteriormente a disagio,  comunque l’amica precisò:
 
“Non voglio sapere come avete passato la notte, non sono affari che mi riguardano, anche se…” e fece una pausa a effetto che fece arrossire enormemente Kaori; a quel punto, sicura di aver capito tutto, Miki aggiunse ammiccando maliziosamente: “Prima o poi mi racconterai ogni cosa!” E rivolgendole un sorriso radioso, un po’ più a bassa voce: “E se è come penso io, be’ sono molto contenta per te… per voi” e poi, rialzando il tono: “Ma ora parliamo di lavoro” mettendo fine a quelle puntualizzazioni imbarazzanti; Kaori gliene fu grata e impercettibilmente si rilassò, e le sorrise di rimando.
 
Rassicurata, la sweeper chiese:
 
“Allora, come pensi di procedere oggi?”
 
“I coniugi Sora mi hanno invitato a passare un po’di tempo con loro; sono la classica coppia che ama raccontare un’infinità di aneddoti sulla loro vita avventurosa, e insomma alla fine non sono male. Magari non hanno niente a che fare con il Camaleonte, ma già il fatto che sono ottimi intenditori di gioielli e che sembrano interessatissimi a quelli che indosso io, mi dà da pensare. Insomma in mancanza di meglio, standogli vicino, avrò modo di studiarli, di capire che intenzioni hanno. E tu?” chiese infine “Che farai?”
 
“Come d’accordo scenderò a fare colazione nella sala comune, e mi lascerò abbordare” e ridacchiò per la sua espressione; non era abituata a riferirsi a sé stessa in quei termini, e anzi a pensarci si sentiva morire dalla vergogna, ma aveva accettato il caso e quelle erano le condizioni.
Proseguì spiegando:
 
“Poi ti raggiungerò in piscina, dato che è uno dei passatempi preferiti da questi ricconi.”
 
Allora Miki, osservandola attentamente, non riuscì a trattenersi ed esclamò:
 
“Ma Ryo ti lascia andare in giro così?”
 
Kaori fu sul punto di esplodere dalla vergogna e si confuse, e non appena sentì il socio gridare dall’altra stanza: “Ragazze? Mi avete chiamato per caso?” si affrettò a rispondere: “No no, niente, hai capito male!” e poi rivolta a Miki, quasi sussurrando:
“A proposito… emmm… volevo chiederti…” iniziò a balbettare “non dire niente… a Reika” e la guardò con occhi imploranti.
Allora Miki saltò su e con aria trionfante:
 
“Lo sapevo!!!”
 
Però, vedendo la sua amica al colmo dell’imbarazzo, aggiunse:
 
“Stai tranquilla, non alimenterò la sua insana curiosità.”
 
Quindi, guardando il suo elegantissimo e costosissimo orologino da polso, esordì:
 
“S’è fatto tardi, è ora che vada. In ogni caso teniamoci in contatto come abbiamo fatto ieri, poi magari a metà giornata, o appena abbiamo delle novità, cercheremo di ritrovarci in qualche modo, okay?” e fece per avviarsi verso la porta d’uscita.
Poi ci ripensò e tornò indietro, verso il letto dove ancora giaceva Ryo, mezzo addormentato; era contenta che i due avessero fatto il grande balzo e che, apparentemente, Saeba avesse accantonato le sue arie da maniaco, per questo non si trattenne da ammonirlo:
 
“Saeba? Mi raccomando! Ora niente scherzi!”
 
“Eh?” rispose lui emergendo dal sonno.
 
“Hai capito molto bene” e gli strizzò l’occhio in segno d’intesa; poi raggiunse velocemente la porta della cabina, l’aprì, e guardingamente mise fuori la testa per controllare che non ci fosse nessuno sul corridoio, sgusciò fuori e se ne andò a passo svelto.
 
Kaori sospirò e non seppe nemmeno lei bene il perché.
Si voltò verso  l’interno della cabina, e pensò al suo partner, che se ne era rimasto buono tutto il tempo: non aveva insidiato Miki come al solito, e non si era interessato ai discorsi delle due donne; stava mantenendo la promessa di non intralciare le sue indagini, ma soprattutto aveva dimostrato di tenere a lei, di rispettarla… che fosse la volta buona?
Perché a quel punto non avrebbe sopportato che lui corresse dietro alle altre donne, ora stavano insieme, no?
Sospirò di nuovo, e si diresse alla stanza da letto, dove rimirandosi allo specchio, si appuntò la spilla ricetrasmittente allo scollo del reggiseno del costume, e fece scomparire l’auricolare all’interno dell’orecchio.
Ryo, affascinato, non si era perso nemmeno un movimento della socia; era rimasto sdraiato sul letto, appoggiato ad un gomito, il viso sulla forte mano; la guardava con ammirazione e affetto: lei era una donna fantastica, ed ora era libero di amarla e di dimostrarglielo.
La ragazza, sentendosi osservata e intercettando lo sguardo del compagno nel riflesso dello specchio, si girò lentamente, colpita dalla strana luce che vi vedeva danzare.
Si perse nella contemplazione di quell’uomo straordinario, che ora era totalmente suo.
Sussurrò:
 
“Che c’è?”
 
“Niente. Ti stavo solo guardando.”
 
Si sorrisero.
E restarono lì a guardarsi, persi ognuno negli occhi dell’altro, poi la ragazza si riscosse e disse:
 
“Devo andare” e lui annuì; poi però si mosse e, mettendosi a sedere con le gambe fuori dal letto, sempre senza smettere di guardarla, le disse:
 
“Kaori… dimentichi qualcosa.”
 
“Oh, è vero!” e si diresse velocemente al comodino lì vicino, a prendere le chiavi della cabina, ma lui fu più lesto, e bloccandole le braccia le disse:
 
“No, intendevo questo.”
 
E la baciò con dolcezza, lasciandola per un attimo frastornata: ogni bacio di Ryo le procurava un’emozione sempre diversa, ed era esaltante scoprire come lui riuscisse ad essere un amante dei più passionali, e allo stesso tempo un innamorato tenero e adorante.
Rispose senza indugio al suo bacio, sentendosi la donna più felice del mondo; si separarono a fatica e lei gli sussurrò sulle labbra:
 
“… lavoro.”
 
“Sì, sì certo” mormorò l’uomo a malincuore.
 
Infine la ragazza raggiunse la porta con passo sostenuto, per non dover indulgere troppo fra le braccia del suo partner, ora più che mai invitanti; prima di uscire si voltò a guardarlo ancora una volta, e gli inviò un ultimo bacio, per poi sparire nel corridoio.
 
Il socio si ributtò sul letto gongolando, con un sorriso che gli andava da orecchio a orecchio, ma un secondo dopo si ritirò su di scatto; non poteva restarsene lì e continuare a sognare la sua ragazza, mentre lei se ne andava, bella a quel modo, per quella nave ricolma di ricconi sbavanti.
Doveva fare tante cose prima di raggiungerla e poterla ammirare di nuovo in quel suo costume da infarto. Si passò una mano sul mento ispido e pensò che urgeva una bella rasatura; lo stomaco brontolava già da un po’ e, soprattutto, doveva comprarsi un intero guardaroba, con buona pace delle finanze di Saeko.
Si diresse in bagno velocemente, ma quando sentì riaprirsi la porta della cabina, contento tornò indietro esclamando:
 
“Sentivi già la mia mancanza?” convinto di ritrovarsi davanti la sua bellissima partner.
Ma dovette invece aggiungere:
 
“Reika? Che ci fai qui?”
 

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Capitolo 7
*** Messi alla prova ***


Allora gente, io ho aggiornato presto come promesso – anche a me andava un sacco di farlo – però ho dovuto fare una scelta, o aggiornare o rispondere alle vostre bellissime rec, perché la mia attuale RL non mi lascia tanto tempo a disposizione. Se leggete questa breve intro, avete già capito quale è stata la mia scelta MA…. le risposte sono solo rimandate, piano piano rispondo a tutte perché sono tutte troppo fighe e graditissime e meritano ognuna la giusta risposta.
Abbiate pazienza, please ^_^
A presto
Eleonora





 Cap. 7 Messi alla prova
 
 
“Sentivi già la mia mancanza?” disse Ryo, convinto di ritrovarsi davanti la sua bellissima partner, ma dovette invece aggiungere:
 
“Reika? Che ci fai qui?”
 
“Be’ sì, non hai tutti i torti. Un po’ mi mancavi” rispose lei, avvicinandosi con andatura sinuosa e sguardo malizioso.
Ryo si affrettò a coprire con le mani le sue nudità, vistosamente in imbarazzo.
Stranamente non voleva che lei lo vedesse nudo, ma l’investigatrice, a quell’inatteso e inedito atteggiamento, sorrise divertita e provocatoria.
 
Anche lei indossava un magnifico costume intero, e un pareo legato sui fianchi le lasciava scoperte le lunghe gambe; ai piedi calzava deliziosi zoccoli col tacco alto, mentre con una mano reggeva un cappello di paglia e con l’altra una vistosa borsa di tela.
Ai polsi tintinnavano svariati braccialetti d’oro tempestati di pietre preziose, coordinati ad orecchini altrettanto sfarzosi;  al collo, un vistoso ciondolo nascondeva la sua personale ricetrasmittente.
Era in grande spolvero, ed evidentemente non era lì solo per accalappiare il fantomatico Camaleonte, ma anche qualcuno di più vero e presente.
 
In quello stesso momento, Kaori, percorrendo uno degli infiniti corridoi tappezzati della nave, sentendo distintamente nell’auricolare la voce di Reika, e soprattutto le sue parole, si fermò di colpo, lì dove si trovava; aveva anche udito in lontananza la voce di Ryo, e il suo cuore perse un battito.
 
Si mise in ascolto, e lo stesso fece Miki che, dall’altra parte della nave, aveva subito capito che Reika era entrata nella cabina di Kaori e vi aveva trovato Ryo; temeva possibili complicazioni, ed era preoccupata perché sapeva bene come stessero ora le cose fra i due soci, e non voleva che in qualche modo Reika mettesse zizzania, o sconvolgesse quell’equilibrio così faticosamente raggiunto.
E Ryo, soprattutto, come si sarebbe comportato?
Nessuno di loro sapeva come lui agisse realmente quando Kaori non c’era, se cioè ci provasse veramente con le donne, o lo facesse solo in sua presenza per farla arrabbiare.
Nemmeno quando faceva il cascamorto con Miki era serio fino in fondo.
E adesso?
Sarebbe stato fedele a Kaori o le avrebbe spezzato il cuore?
Per una frazione di secondo, l’ex-mercenaria pensò anche che Reika avesse fatto apposta ad andare nell’alloggio della collega, sicura di trovarci l’uomo da solo, e che avesse lasciato la ricetrasmittente accesa di proposito, per fare sentire tutto a Kaori.
La situazione era al limite del parossismo.
 
Reika avanzò all’interno della cabina, e con aria distratta prese ad osservare il disordine che vi regnava: passò lentamente vicino al carrello delle vivande e ne seguì pigramente i contorni con le dita, indugiando con lo sguardo sui piatti sporchi, sulle posate; quasi sogghignò mentre l’uomo, a disagio, sembrava essere sui carboni ardenti.
 
Era arrivata ad un passo da lui, ma Ryo nel frattempo aveva afferrato un lembo del lenzuolo disfatto e in qualche modo l’aveva tirato a sé coprendosi.
Non vedeva l’ora che se ne andasse, e non aveva nessuna intenzione di perdere tempo con lei, ma non voleva essere sgarbato, quindi si costrinse ad essere educato quando le disse:
 
“Kaori è già uscita, ma era qui fino a poco fa. Strano che non vi siate incontrate sul corridoio.”
 
La donna si voltò verso di lui, e con un’espressione indecifrabile gli chiese, ignorando volutamente le sue parole:
 
“Allora stanotte hai dormito qui”, ma era più un’affermazione che una domanda.
 
Ryo impercettibilmente si mise sulla difensiva, e valutò bene cosa risponderle.
Sapeva che a causa del suo comportamento libertino, Kaori era gelosa di Reika… e di tutte le altre donne, se era per questo.
In confronto alle altre, la sua socia si sentiva da meno; e in quell’assurda gara a chi fosse la più bella e la più affascinante, lei si credeva sempre perdente.
Invece… se avesse saputo che in realtà, per Ryo, esisteva solo la sua splendida partner!
Troppe volte lui aveva giocato con i sentimenti di tutti, compresi i propri, e aveva flirtato anche con l’investigatrice, a cui però non aveva mai nascosto che, ad un legame ufficiale, preferiva di gran lunga solo un’avventura, una notte d’amore e nulla più.
Era giunto il momento, però, di mettere fine anche a quel teatrino assurdo; ormai si era deciso, aveva fatto il grande passo con l’amore della sua vita, e doveva, e voleva, fare basta con i suoi comportamenti sconsiderati.
Tanto più che la ragazza appena entrata, sembrava aver l’intenzione di agire alle spalle di quella che, se non poteva considerare un’amica, almeno collega di lavoro lo era di certo.
Il suo atteggiamento ambiguo e vagamente meschino, lo irritava profondamente, e per questo cercò di prendere ancora di più le distanze dalla Nogami Junior.
Ryo si decise a rispondere:
 
“Sì, ho dormito qui, mi sembrava ovvio.”
 
Kaori era in ascolto e tratteneva il fiato.
Miki, che era già arrivata nella grande sala apparecchiata per la colazione, si era fatta da parte per uscire dalla scia del brusio e del vociare allegro dei vacanzieri; anche lei non voleva perdersi nemmeno una parola, e non s’imbarazzava al pensiero che stesse origliando, perché in definitiva non era così.
 
“Capisco” rispose accomodante Reika, con voce vellutata; poi riprese: “Kaori è la tua socia, d’accordo, ma se ti dovessi trovar male… lo sai che la mia porta è sempre aperta per te.”
 
Adesso si chiama porta” non poté impedirsi di pensare lo sweeper ironicamente; ma non disse niente finché l’altra non proseguì con:
 
“Anche io dormo da sola, e la mia cabina è…” ma lui l’interruppe subito, quasi infastidito:
 
“So bene qual è la tua cabina, come pure so dove si trova quella di Miki. Ma io ho scelto questa…” fece una pausa, per poi aggiungere poco dopo: “Ho scelto Kaori.”
 
La donna accusò il colpo, pur non dandolo a vedere; e si sforzò di continuare a sorridere.
Kaori, a quelle parole, espirò pesantemente, e il suo cuore riprese a battere normalmente; fu invasa da una gioia sconfinata, e avrebbe voluto correre dal suo uomo e saltargli al collo, baciarlo per tutto il viso, e stringerlo fino a farsi male.
Non si accorse nemmeno quando, a mezza voce, pronunciò un:
 
“Grazie… grazie Ryo” profondamente commossa.
 
Anche Miki tirò un sospiro di sollievo; Saeba aveva passato la prova, mentre Reika ancora una volta si era dimostrata la solita intrigante.
Quando la barista aveva accettato di lavorare al caso che Saeko le aveva sottoposto, aveva già preso in considerazione il fatto che sua sorella, l’investigatrice privata, avrebbe potuto dare delle noie a Kaori, magari non lesinandole battutine più o meno maliziose, ma ci stava: in un certo senso era nell’ordine delle cose.
Anche Reika era innamorata di quel debosciato di Ryo Saeba, bello per quanto idiota a volte, ma fondamentalmente la ragazza era sempre apparsa innocua; al più, durante quella collaborazione, avrebbe esasperato, come sempre, la timida e impacciata sweeper, che non amava mettere in piazza i suoi affari di cuore, né essere sotto la lente d’ingrandimento di una donna sicura del fatto suo, e del fascino che sfruttava disinvoltamente per i suoi fini, al pari della sorella maggiore Saeko.
Inoltre la situazione fra i due soci non era ancora stata chiarita, e Kaori non sapeva come difendersi dalle illazioni della Nogami junior, che provava  un piacere a volte fin troppo maligno a stuzzicarla.
La comparsa di Ryo sulla nave, però, aveva in qualche modo rivoluzionato la situazione: le due rivali in amore si erano trovate al cospetto dell’oggetto dei loro desideri, e non era stata più una questione di battutine e allusioni; e se prima era chiaro che Kaori era, e sarebbe stata, la vincitrice – del resto era solo questione di tempo, perché tutti sapevano che il cuore di Ryo le apparteneva, tutti tranne lei, ovviamente – ora questa verità era incontrovertibile, e Reika avrebbe dovuto ritirarsi in buon ordine.
 
Ora c’era solo da capire come sarebbe andata a finire, cosa avrebbe detto Reika per uscire degnamente e a testa alta da quella cabina, che era diventata il nido d’amore dei due City Hunter.
L’investigatrice cercò allora di buttarla sul ridere:
 
“Ma certo! Comunque se ti dovessi stancare di quella maniaca dei martelli, o non dovesse farti dormire perché russa troppo forte, sai dove trovarmi!”
 
A Ryo non piacque il tono che aveva usato per definire la sua donna; ora più che mai si era fatto ancora più suscettibile per quanto riguardava Kaori, ma dovette ammettere che l’investigatrice doveva salvare le apparenze; era appena stata respinta, e questo non fa di certo piacere a nessuno.
Ryo le rivolse un sorriso stiracchiato, ma non disse né fece altro: non voleva protrarre oltre quel penoso dialogo, e aveva fretta di sistemarsi per uscire; facendo un passo verso il bagno, le disse:
 
“Ora… se vuoi scusarmi…”
 
“Oh, sì sì, scusa tu. E comunque devo andare anch’io; le ragazze mi staranno aspettando” e si avviò alla porta senza voltarsi indietro.
Alzando una mano a mo’ di saluto aggiunse, prima di uscire:
 
“Ci si vede!”
 
Appena fu uscita, Ryo provò un immediato senso di sollievo e scosse la testa, desolato.
Non era stato piacevole per lui, ma lo doveva a Kaori e a loro due.
Ora erano una coppia, stavano insieme e non poteva più permettersi di fare le solite bambocciate; o meglio, nemmeno gli andava più, a dirla tutta.
E ripensò a Umibozu; dopo l’avventura di Kaibara, quando Ryo si era aperto con Kaori e sulla nave si erano addirittura baciati, seppure attraverso quel maledetto vetro – e sembrava fatta fra loro, e fosse chiaro a tutti cosa lui provasse per l’amata socia – l’ex-nemico lo aveva ammonito dicendo che ormai, per un playboy come lui, era arrivato il momento di pagare il conto, e che insomma era finito il tempo delle bisbocciate ed era ora di mettere la testa a posto.
Quel giorno, sospirando, Ryo si era detto: “Pazienza…” salvo poi tirarsi indietro nuovamente, quando aveva saputo che Kaori aveva dimenticato tutto.
Ma questa volta si erano spinti troppo oltre, infinitamente e piacevolmente troppo oltre, e non sarebbe tornato sui suoi passi per niente al mondo; ora quello era il suo magnifico presente, un sogno che si era avverato, una splendida realtà: amava Kaori e voleva stare con lei.
Era l’unica cosa che contava veramente.
Il passato era solo un lontano ricordo, anzi! Avrebbe utilizzato tutto il tempo a sua disposizione per farsi perdonare, dalla donna di cui era innamorato, di tutte le mancanze e delle sofferenze che le aveva procurato.
Non poteva più immaginarsi senza di lei.
 
Si affrettò quindi a prepararsi, per uscire dall’alloggio e raggiungere proprio colei di cui già sentiva acutamente la mancanza.
 
Reika invece, appena fuori da quella stanza, dove non si era mai sentita così male accetta come in nessun altro posto in vita sua, si fermò un attimo per riprendere fiato, appoggiandosi stancamente alla parete ricoperta di squisita carta da parati.
Era stata respinta, dunque, e stavolta era tutto vero: Ryo era serio, finalmente si era deciso, a quanto pareva, o lo avrebbe fatto a breve…
Kaori aveva vinto.
Del resto cosa si aspettava?
L’investigatrice l’aveva sempre saputo che, nonostante quel suo atteggiamento da sbruffone e donnaiolo, Ryo amava la sua partner, e non avrebbe permesso a nessun’altra donna di prendere il suo posto, o di stargli accanto.
Reika sognava, per sé e per l’uomo, una vita da soci in affari e nella vita, ma sposati, e non si sarebbe accontentata di una notte soltanto con lo Stallone di Shinjuku, o di una storia di solo sesso.
Probabilmente Ryo non si sarebbe mai sposato nemmeno con Kaori, perché, aveva sentito dire, lui non aveva una vera e propria identità, e per il mondo civile non esisteva affatto.
Ma a quel punto, dopo tutti gli anni passati insieme, vissuti sotto lo stesso tetto, quei due erano praticamente inseparabili: non gli restava altro che fare il grande passo, e palesare all’altro l’amore che provavano reciprocamente, dando una svolta sul piano fisico alla loro relazione.
Non sarebbe stato uno stupido anello o uno scarabocchio su di un documento, a sancire il sentimento che li univa.
 
Sono una povera illusa?” si chiese allora la donna.
Forse”, ammise a sé stessa.
Però sapeva che Saeba era comunque attratto da lei, e non ne aveva mai fatto mistero; d’accordo, lo era di tutte le belle donne che incontrava, però… però…
Ci aveva sperato, malgrado sua sorella Saeko l’avesse messa in guardia tempo prima; e addirittura anche la piccola Yuka, la peste di casa, che aveva già capito tutto dei due soci, glielo aveva detto chiaramente; ma lei aveva preferito non credere a nessuno.
D’altronde come si fa a vivere con una donna irascibile come Kaori, si ripeteva, innamorata per quanto gelosa del compagno, che non perdeva occasione per prenderlo a martellate, o scagliargli addosso Kompeiti solo perché lui era, come dire, un po’ farfallone?
Che Kaori fosse bella e affascinante, però, Reika lo sapeva, lo vedeva, e se solo si fosse valorizzata di più o avesse usato consapevolmente il suo fascino, avrebbe avuto ai suoi piedi tutti gli uomini che voleva e li avrebbe rigirati come calzini, completamente in suo potere.
E invece era così, semplicemente Kaori: con un potente carisma che le veniva da dentro, dalla sua innata bontà, dalla sua purezza, e dalla sua genuinità.
Era così adorabile che nemmeno Reika riusciva ad odiarla o a prenderla in antipatia fino in fondo, nonostante fossero rivali e, fra le due, avesse infinitamente più ascendente di lei sul bel Ryo; alla detective allora non rimaneva che stuzzicarla per farla arrabbiare, punzecchiarla sul rapporto che aveva con il socio così, giusto per il piacere di metterla a disagio.
Era un modo per rivalersi su di lei.
 
Sospirò.
 
Poi, di colpo, si ricordò di aver lasciato accesa volutamente la ricetrasmittente celata nel suo ciondolo, e si sentì morire.
Aveva sperato che così facendo la sweeper sentisse i loro discorsi, magari le avances che le avrebbe fatto Ryo, per farla ingelosire e imbestialire, e invece… non si era aspettata che le avrebbe servito su un piatto d’argento quella mezza confessione da parte dell’uomo, e contemporaneamente anche la propria disfatta.
Anche Miki sicuramente aveva sentito tutto.
Improvvisamente si sentì stupida, e d’istinto si coprì il viso con le mani, per poi fuggire via piangendo.
 
Kaori, dal canto suo, troppo felice di aver sentito Ryo dire quelle cose, si ripromise subito che non avrebbe infierito su Reika, e che non avrebbe mai più affrontato l'argomento con lei.
Nonostante la ragazza fosse andata lì con intenti fin troppo maliziosi, la sweeper non se la sentiva di dirle alcunché: ancora una volta la sua grande empatia la portò a comprendere lo stato d’animo dell’altra, e proprio perché conosceva fin troppo bene cosa si prova ad essere respinti, si convinse che l’investigatrice avesse già avuto la sua lezione, e che fosse più che sufficiente.
Con animo più sereno si decise a raggiungere le altre due per la colazione, sperando che di questo intermezzo non se ne facesse parola alcuna, dal momento che, ne era certa, anche Miki aveva udito tutto.
 
 
 
Appena Ryo fu pronto per uscire, sentì l’esigenza di concedersi finalmente una sigaretta.
L’incontro con Reika non era stato dei più piacevoli, e in un certo senso gli aveva rovinato quella splendida mattina, che era iniziata nella maniera più bella del mondo, e cioè fra le braccia della donna che amava.
Fece per prendere uno dei cerini della compagnia di navigazione, messi a bella posta sul mobile accanto alla porta, con su stampigliato il nome della nave da crociera Princess Raven in verde e oro sul cartoncino, quando ritrasse la mano.
No, si sarebbe servito del suo inseparabile accendino placcato in oro, il regalo più costoso che gli avesse mai fatto Kaori, a cui lui teneva in maniera spropositata, ovviamente all’insaputa di chi glielo aveva regalato.
Lo portava sempre con sé, come un talismano, un portafortuna, e in quel momento che più che mai, gli avrebbe lenito la nostalgia della sua socia.
Infilò le mani nelle tasche della giacca bianca, quelle sul davanti e in quella all’interno, ma l’accendino non c’era; nemmeno nel taschino dal quale occhieggiava il fazzoletto di seta, anche se lì, ci sarebbe potuto finire solo per sbaglio.
Ryo sentì crescere un vago senso d’inquietudine … possibile che lo avesse perso?
Controllò anche le tasche dei pantaloni, ma ottenne il medesimo risultato: l’accendino sembrava sparito.
Fece il giro della stanza e buttò per aria pure le lenzuola di quel letto ormai irriconoscibile, ma non ebbe più fortuna; e comunque si ricordò che, da quando era entrato furtivamente nella cabina di Kaori, non aveva fumato affatto, sia per rispetto della ragazza, sia perché impegnato in altri più gradevoli passatempi.
Si grattò la testa perplesso.
Quando era stata l’ultima volta che aveva fumato?
Si sforzò di ricordare; fumava solo quando era nervoso, e le ultime ore erano state le più eccitanti e piacevoli che avesse mai vissuto, anzi!
Sentiva un tale benessere percorrere ogni fibra del suo corpo, che se non fosse stato per Reika, probabilmente ne avrebbe fatto a meno ancora per un po’.
Quindi cercò di rivivere le ultime dodici ore appena trascorse, alla ricerca dei momenti critici in cui aveva avuto bisogno di scaricare la tensione assecondando la sua dipendenza dalla nicotina, ed infine ricordò.
Era stato subito dopo quei balli sensualissimi e conturbanti avuti con la sua affascinante partner, quando era dovuto quasi fuggire dalla sala per non compromettere la sua copertura, e perché la stava desiderando così tanto che non era più sicuro di riuscire a controllarsi, e non commettere una sciocchezza.
Stava fumando e ripensando a lei sul ponte, quando era stato raggiunto da una donna notevolmente bella; ricordava ancora il leggero senso di fastidio che aveva provato trovandosela davanti, proprio quando era deciso a rientrare e tornare da Kaori.
Lei gli aveva chiesto sensualmente se avesse da accendere, e lui distrattamente le aveva allungato  l’accendino.
Forse era stato lì che l’aveva perso, o meglio che era rimasto indebitamente nelle mani di quella sconosciuta.
Lui era così assorbito dal pensiero della sua socia, che non aveva fatto nemmeno caso se la donna glielo avesse restituito o meno.
 
Sospirò frustrato.
Avrebbe dovuto recuperarlo in qualche modo, e questa prospettiva non lo allettava minimamente; era una scocciatura bella e buona, ma non poteva fare altrimenti.
Non poteva più rinunciare a Kaori, come a nessun’altra cosa le appartenesse.
 

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Capitolo 8
*** Giochi di seduzione e gelosie ***


Dopo che avete odiato Reika, tanto da volerla ardere sul rogo dello sdegno, e dopo aver fatto ipotesi su ipotesi sulla scena che si sarebbe svolta in piscina… ecco a voi il cap. 8 :D
Grazie cmq delle bellissime e numerosissime recensioni. Spero che anche questo vi piaccia.
Eleonora






Cap. 8 Giochi di seduzione e gelosie
 
 
Dopo una lauta colazione nel grande salone comune, in cui le tre donne si erano rivolte solo un sorriso amichevole, più o meno pigramente tutte avevano raggiunto la piscina sul ponte principale, ognuna per i fatti propri.
Per una frazione di secondo Reika aveva incrociato lo sguardo di Kaori; l’investigatrice era arrossita e, abbassando gli occhi, aveva finto di interessarsi al croissant che aveva davanti.
Kaori, al contrario, non aveva avuto reazioni di sorta perché aveva già deciso di perdonarla in qualche modo, e poi il comportamento tenuto da Ryo la ripagava di tutto, ed era quello che più importava per lei.
 
Poco più tardi, le tre donne erano già piacevolmente esposte al sole e al vento dell’oceano, che gli scompigliava i capelli leggeri, rinvigorendole; un’aria così se la sognavano a Tokyo, e almeno due di loro pensarono che sarebbe stato magnifico essere lì con i propri uomini.
Kaori e Reika si erano stese sui lettini, a debita distanza, mentre Miki sedeva in una comoda sedia a sdraio all’ombra di un piccolo gazebo.
Chiacchierava amabilmente con i coniugi Sora, che in quel momento le stavano mostrando un album di fotografie, che si portavano sempre dietro, in cui erano raffigurati tutti i reperti che avevano disseppellito nelle varie campagne di scavi in giro per il mondo, i gioielli della loro collezione privata e altre amenità.
L’ex mercenaria si divertiva in loro compagnia, perché non le era mai capitato di passare così tanto tempo con persone anziane e benevole; abituata alla guerra e alla sopravvivenza, in un certo senso era tutto nuovo per lei, ma il suo gran cuore e l’innata sensibilità verso gli altri, sopperivano alla sua poca esperienza.
Miki ipotizzava che magari non sarebbe stata avvicinata dal Camaleonte, soprattutto se passava tutto il tempo con quei vecchietti, ma non era da escludere che lui si interessasse a loro; in fondo erano palesemente e realmente più ricchi di lei, e tutta quella ricchezza ostentata, seppur innocentemente, avrebbe fatto gola a qualsiasi ladro.
Alle ragazze era stato detto che principalmente il criminale si dedicava a donne belle e sole, ma avrebbe potuto fare un’eccezione con i vegliardi, tanto più che sarebbe stato facilissimo; erano così espansivi, aperti e giovali che, pensò Miki, avrebbero potuto essere anche vittime di un semplice raggiro.
La barista si era affezionata a loro: li vedeva un po’, se non come i genitori che non aveva mai conosciuto, almeno come i nonni che avrebbe tanto desiderato; e si ripromise che li avrebbe difesi e protetti, a costo di far saltare la sua copertura, anche se, probabilmente non ce ne sarebbe stato bisogno.
Nonostante quell’atmosfera rilassata però, non smise mai di tenere gli occhi ben aperti, e di avere a portata di sguardo le sue colleghe.
 
Kaori era stesa mollemente sul suo lettino già da un po’, e stava valutando se fosse il caso di andarsi a fare un bagno in quella piscina così invitante; era lì, falsamente annoiata, con una rivista in mano a fingere di leggere, mentre dietro i suoi occhialoni neri continuava imperterrita a sorvegliare tutto intorno a lei.
Quasi le dispiaceva di non essere avvicinata da nessuno, forse non era poi così bella come tutti dicevano, o abbastanza provocante o… chissà?
Stava iniziando a deprimersi e a sentirsi sola: le sue amiche erano lì, ma distanti, e non poteva parlare con loro, nemmeno via auricolare, ché Miki aveva i suoi vecchietti a portata di orecchio, e Ryo…
Sospirò.
Chissà dov’era; aveva detto che le avrebbe raggiunte, ma doveva fare tutti quei giri, quelle compere.
Arrossì, pensando a lui che s’ingozzava per recuperare le forze dopo, dopo… non riusciva a dirlo nemmeno fra sé e sé.
Istintivamente si nascose dietro la rivista, manco avesse potuto vederla qualcuno.
 
Poi sentì come un cambiamento d’atmosfera intorno a lei, una specie di strana tensione che veniva ad increspare la calma che regnava in quel luogo di svago.
Abbassò leggermente quella noiosissima rivista di moda, e sbirciò per individuare quale fosse la causa di tale cambiamento.
 
In quel momento Ryo era appena entrato in scena: indossava dei boxer firmati, abbastanza aderenti, che gli mettevano in risalto il fisico possente, con i muscoli guizzanti e lucidi di olio, gli addominali scolpiti che terminavano dove il bordo del costume, tatticamente e leggermente sceso, mostrava la V del bacino asciutto e teso, da cui partivano due gambe poderose.
Inforcava dei Ray-Ban, neri come la folta criniera che, mossa dal vento, accentuava la sua aria selvaggia.
Era scalzo, e avanzava sicuro e bello come il sole; tutte le donne si erano accorte di lui e, interessate, volgevano lo sguardo verso quell’uomo affascinante e carismatico.
L’uomo era sicuro del suo fascino, e voleva impressionare tutte quelle pollastrelle; in particolare stava cercando la donna della sera prima che gli aveva preso l’accendino: l’avrebbe abbordata, e quando con la sua stessa scusa le avrebbe chiesto di accendere, si sarebbe riappropriato di quell’oggetto a lui tanto caro, o glielo avrebbe richiesto esplicitamente, in una parvenza di flirt.
Si augurò solo che Kaori non equivocasse e che, gelosa, non saltasse a tragiche conclusioni; appena ne avesse avuto la possibilità le avrebbe spiegato la situazione.
In realtà voleva anche far colpo sulla bella socia, ora che si poteva permettere di corteggiarla apertamente, e vedere che effetto le avrebbe fatto.
 
A Kaori, appena aveva visto Ryo entrare nel suo campo visivo, si era mozzato il fiato: era un dio sceso dal cielo, un tripudio di virilità e magnetismo animale; si sentì percorsa da un brivido e farsi languida.
Quell’uomo bellissimo ora le apparteneva, quel corpo le apparteneva, e provò un’ondata di desiderio e compiacimento.
Le sfilarono in testa le immagini di loro due insieme: quando era stato tenero e delicato e quelle forti braccia l’avevano stretta; quando le sue mani l’avevano accarezzata con venerazione provocandole un piacere inatteso; quando le loro gambe si erano strette insieme al resto del corpo…
Avvampò.
Però sorrise soddisfatta e felice, libera di sentirsi eccitata dalla sua presenza senza doverlo negare anche a sé stessa.
 
Ryo era andato lì sfoggiando la sua miglior aria da seduttore, ma sapeva già che non avrebbe retto a lungo; tutte quelle donne in costume, stese al sole roride di crema solare, quei corpi semi nudi, quei seni trattenuti a stento dagli esigui bikini… insomma tutto quel ben di dio sotto i suoi occhi cupidi, lo stavano mandando in tilt.
Passare dalla modalità seduttore a quella di maniaco sarebbe stato veramente questione di un attimo, ed era sicuro che così facendo avrebbe deluso la sua Sugar Boy, a cui non solo aveva promesso di non fare il mandrillo, tanto da farsi rincorrere con i soliti martelloni e distraendola dal caso – e di fatto, mandando all’aria la sua copertura – ma anche perché non voleva più fare il maniaco, ora che stavano insieme.
Ma anche se aveva rinunciato alle altre donne per lei, l’amore della sua vita, gli occhi continuava ad averceli; le vecchie abitudini erano dure a morire, e le tentazioni erano sempre dietro l’angolo, anzi no! Erano già davanti a lui!
 
Era arrivato quasi al limite, e mentre in lui si davano battaglia questi pensieri contrastanti, i suoi occhi individuarono subito Kaori, che calamitò il suo sguardo, incatenandolo senza possibilità di scampo.
 
Il cuore di Ryo perse un colpo, per poi iniziare a galoppare forsennatamente.
 
Fra tutte quelle donne, lei era indubbiamente la più bella e la più sexy: così distesa e rilassata era la seduzione fatta persona.
I loro sguardi si erano trovati nell’istante in cui lei aveva scoperto il viso dalla rivista, e pur indossando entrambi gli occhiali scuri, erano certi di essersi visti: se lo sentivano.
E mentre Kaori non si perdeva un movimento del socio, che ritto percorreva il bordo vasca dirimpetto, eccitata dalla sua presenza le venne naturale piegare la gamba, e arcuare il piede, alla cui caviglia brillava una delicatissima cavigliera, e strusciarlo con esasperante lentezza sulla tela del lettino.
Era quello un gesto involontariamente sensuale, che rifletteva i suoi pensieri più intimi e il suo profondo turbamento.
 
Ryo, vedendola così voluttuosa e desiderabile, spalancò la bocca stupito e stravolto, e quando lei si morse il labbro inferiore, lui perse la testa.
 
Lo sweeper, dimentico di tutto e catturato dalle movenze della socia, continuò ad avanzare, con la testa girata verso di lei, e non si avvide di un cameriere che, con un vassoio carico di bicchieri, gli stava andando incontro; l’uomo, dal canto suo, impossibilitato a schivarlo, e inascoltato nei suoi richiami: “Signore? Signore?” si fermò allora di colpo, ma Ryo, preso alla sprovvista gli finì contro, perdendo l’equilibrio e finendo in acqua.
 
Splash!
 
A quel punto ci fu come un boato; tutti scoppiarono a ridere e Kaori si trincerò dietro il suo giornale, sprofondando nella vergogna.
 
E mentre si spegneva anche l’ultima eco di risata, Ryo raggiunse il bordo vasca dal lato della ragazza e, riemergendo, la guardò con faccia da ebete; ridacchiando a disagio, si grattò la testa.
Kaori allora gli rivolse un: “Idiota” a denti stretti con aria sdegnata, portandosi una mano alla fronte esasperata.
 
Ryo, che era rimasto in acqua, aveva appoggiato le forti braccia sul bordo di marmo, il mento sugli avambracci; guardava la sua partner con adorazione e lei, passato lo sdegno iniziale, aveva abbassato gli occhialoni scuri con studiata lentezza, e non aveva smesso di fissarlo per un attimo.
Entrambi non si nascondevano più il reciproco interesse, il piacere di guardarsi soltanto, e una strana elettricità fluiva fra i due; sguardi ricchi di promesse, e aspettative gustose da assaporare, riempivano gli occhi di desiderio, un desiderio che ora poteva palesarsi libero e sicuro, e che prima o poi sarebbe stato esaudito.
 
Kaori stava pensando di raggiungerlo in acqua e mandare al diavolo l’appostamento, nell’errata convinzione che ormai nessuno stesse più facendo caso a Ryo, o meno che meno a lei, ma fra tutti quelli che avevano seguito con interesse la scena, dall’arrivo di Ryo al suo bagno, c’era una donna in particolare, che non si era persa un solo movimento dei due.
Questa, con un sorrisetto sardonico, si alzò dal suo lettino in fondo all’angolo, e ancheggiando raggiunse Kaori, alternando sguardi curiosi e furbetti in direzione dell’uno e dell’altro socio; e quando fu ad un passo da loro, Ryo, accorgendosi di lei, preferì inabissarsi in un turbinio di bolle e scomparire sott’acqua.
 
La sweeper, vedendo svanire il suo compagno e sentendo avvicinarsi dei passi, si girò verso la nuova venuta, e riconobbe in lei quella donna bellissima che, la sera prima, era venuta per riprendersi il fidanzato, mentre questo flirtava con lei.
 
Kaori la guardò interrogativamente e si chiese cosa mai volesse da lei, tanto più che del suo uomo non c’era traccia e, a parte Ryo che aveva fatto quella magra figura e poi l’aveva raggiunta discretamente, non era stata avvicinata da nessuno.
Ma la donna le sorrideva incoraggiante, e Kaori si dispose ad accoglierla, se non altro per non apparire scortese o prevenuta; non poteva permettersi di chiudersi a riccio, perché quella non era la sua vacanza ed era lì solo per lavorare.
 
In ogni caso per un attimo sperò che la tipa fosse solamente in transito; invece dovette ricredersi quando, approfittando del lettino libero al suo fianco, fece per sedersi, non prima di averle chiesto:
 
“Posso?”
 
E al suo cenno affermativo, si accomodò.
Non perse tempo in preamboli, attaccò subito dicendo:
 
“Spero non le dispiaccia se mi sistemo qui. Sa, di là mi arriva un vento così fastidioso! Non vorrei farne le spese prima o poi!”
 
“Si figuri, io sono qui da sola e quello non è occupato” rispose Kaori indicando con un movimento della testa il lettino accanto.
 
“Veramente? Pensavo che fosse di quel bel ragazzo che, che… si è tuffato poco fa!” e sorrise fintamente ingenua.
 
Kaori si sentì avvampare, ma si riprese all’istante e rispose:
 
“Oh no, no… noi… non…” per poi impappinarsi all’ultimo.
 
L’altra proruppe in una risatina secca e continuò:
 
“Mi scusi, non volevo metterla a disagio. È che ho notato come lui la guardava quando è arrivato, e ieri sera vi ho visto ballare insieme… credevo…”
 
“Sì, ci conosciamo… di vista” tagliò corto la ragazza.
Non le piaceva mentire, nemmeno ad una perfetta sconosciuta, soprattutto ora che stava con Ryo e poteva dire di averlo conosciuto veramente; ma si fece ancora più vigile, perché in un certo senso era stata abbordata, seppur da una donna, e voleva vedere dove questa sarebbe andata a parare.
 
“Ah sì, certo, alla fine nel nostro giro ci si conosce un po’ tutti, no?” e le rivolse uno sguardo indagatore.
 
A Kaori s’imperlò la fronte di finissime goccioline di sudore; se il suo affascinante, per quanto noioso fidanzato, era stato quasi indelicato con quella specie d’interrogatorio, con cui in un certo senso aveva voluto conoscere l’entità del suo censo, questa donna così ambigua la stava proprio mettendo in difficoltà.
La sera prima era piombata su di loro come una leonessa che volesse marcare la sua riserva di caccia, ed ora, come niente fosse, le si faceva incontro per chiacchierare amabilmente?
O piuttosto per curiosare nella sua vita privata e sentimentale… oppure… oppure non è che stava cercando di scoprire in che rapporti fossero i due soci, per tentare eventualmente un’avventura con il bel Ryo?
Possibile?
Ma non era fidanzata?
Che ingenua che sei Kaori!” si redarguì la ragazza fra sé e sé, “Questi ricchi annoiati non disdegnano affair sentimentali di sorta, e flirt passeggeri, pur mantenendo in piedi relazioni ufficiali più o meno stabili”.
La sweeper si mise sulla difensiva, senza darlo a vedere, decidendo di ponderare bene ogni sua futura risposta.
Kaori era proprio curiosa di sapere il perché di quel cambiamento nell’atteggiamento della donna, ma non voleva esporsi troppo.
L’altra proseguì:
 
“A proposito, il mio nome è Momo, Momo Momotaro” e fece una pausa aspettando che l’altra assimilasse la stranezza di quel nome, per poi aggiungere, con aria sarcastica: “Ai miei genitori non bastava un cognome così bizzarro, hanno voluto appiopparmi anche questo nome… quindi sono doppiamente Momo!” terminò con una scrollatina di spalle.
Evidentemente era abituata a dare questa spiegazione, anche se Kaori non capiva cosa ci fosse di strano in tutto questo; in fondo il suo cognome ricordava la celebre fiaba giapponese del Ragazzo della pesca, e a guardarla bene la sua pelle assomigliava veramente a quella di una pesca.
 
Kaori allora fece per presentarsi e disse:
 
“Io invece mi chiamo Kaori, Kaori Maki… emm… Saeba” si ricordò in tempo di aver cambiato il suo cognome con quello del socio, che giusto la sera prima aveva voluto provare l’ebbrezza di chiamarsi come Ryo e, manco a farlo apposta, lo aveva proprio detto al fidanzato della donna; doveva ricordarsi di non pronunciare mai più Makimura, altrimenti sarebbe potuta incorrere in spiacevoli inghippi.
 
“Ah sì, Iro me lo ha riferito” trillò la donna, e Kaori tirò un sospiro di sollievo per essersi ripresa all’ultimo momento; mentalmente si deterse la fronte dal sudore, per quanto si sentiva sollevata.
Certo, a ben guardare, non c’era niente di grave a presentarsi con un cognome piuttosto che con un altro, ma non aveva nessuna voglia d’imbarcarsi in tediose chiacchiere o spiegazioni sperticate; non voleva giustificarsi né dover inventare chissà che.
 
“Mi ha pure detto che la sua famiglia si occupa di… legname, dico bene? Martelli, giusto?”
 
Kaori si sentì morire: caspita, il signor Iro Murasaki non aveva nascosto niente alla sua affascinante compagna.
La sweeper fece di sì con la testa, sperando che l’interrogatorio finisse lì.
Non conosceva molto le dinamiche di quel mondo dorato e fatuo, e non voleva impantanarsi in discorsi strani.
D’improvviso si sentì sciocca e ingenua, e si chiese se Saeko avesse fatto bene a chiederle di prendere parte alle indagini.
Lei era una sweeper abituata alla violenza, al crimine spicciolo e all’azione, alle sparatorie, alle bombe, e non alle trame sotterranee di personaggi che cercavano di fare successo e fortuna sulle spalle degli altri.
Qui c’era tutto un gioco di relazioni, di amicizie, di pugnalate date col sorriso.
Desiderò che il caso finisse al più presto per poter tornare al suo mondo, dove spesso e volentieri il nemico puoi vederlo in faccia, senza doverti preoccupare di dare fiducia alle persone sbagliate.
E soprattutto voleva tornare alla sua vita di sempre, dove c’era Ryo, presenza importante ed ora più che mai necessaria.
Sentì una potente ondata di nostalgia; chissà dove era andato a finire quell’idiota?
Sfuggevolmente si guardò intorno, ma non lo vide subito.
Ma quando Momo tirò fuori un accendino e fece per accendersi una sigaretta, a Kaori si fermò il cuore: quello era innegabilmente l’accendino di Ryo, e lo sapeva perché era stata lei a regalarglielo, con tanto di iniziali sbalzate in oro: RS.
 
“Ne vuole?” chiese melliflua Momo a Kaori porgendole il pacchetto aperto, ma questa, inghiottendo il nodo che le si era formato in gola, scosse la testa; l’altra proseguì:
 
“Fa bene a non fumare, sa? È un brutto vizio, nemmeno troppo salutare a dirla tutta, ma la vita è così scialba che se non ce ne concediamo qualcuno, che gusto c’è?” terminò ammiccando.
 
Ma Kaori non l’ascoltava già più; aveva avvistato Ryo che si stava divertendo a giocare a palla in acqua, circondato da giovani e belle ragazze, che erano tutte gridolini e risate.
Lui sembrava in paradiso, e la socia era sicura che non avrebbe tardato ad approfittare della situazione.
In fondo lui era un uomo affascinante che faceva colpo, e quelle erano tutte evidentemente prese da lui.
 
Sentì dentro di sé montare la rabbia e la gelosia.
Ryo le aveva assicurato che non avrebbe cercato compagnia altrove, che in un certo senso le sarebbe stato fedele, e invece non aveva perso tempo: aveva avuto contatti con questa maliarda, e il suo accendino lo dimostrava.
E anche se era certa che volontariamente non glielo avrebbe mai lasciato, di sicuro glielo aveva prestato, e quindi si erano visti.
E adesso lui era in acqua e se la stava spassando come, come… come se niente fosse.
Inghiottì amaro, e provò una fitta di dolore attraversale il petto.
Avrebbe voluto scappare da lì, rifugiarsi in camera e magari piangere tutte le sue lacrime, per essersi lasciata andare con lui che rimaneva il solito farfallone farabutto; avrebbe tanto voluto prenderlo a martellate, anche se già sentiva che non sarebbe stato più come un tempo, e che non avrebbe provato nessuna soddisfazione in questo.
E invece doveva restarsene lì, a sorbirsi le chiacchiere oziose di questa Momo, che non sapeva nemmeno lei cosa volesse esattamente dalla vita e dalle persone, una per cui l’esistenza su questo mondo era solo una grande, sfarzosa, noiosa festa.
 
Kaori si era persa nei suoi dolorosi pensieri, quando una frase della donna catturò la sua attenzione; si accorse che Momo le stava ripetendo la domanda:
 
“Dicevo… i suoi bracciali sono molto belli e particolari, ma la sua spilla è favolosa! Non se ne separa mai, a quanto vedo, perché se non ricordo male l’indossava anche ieri sera giusto?”
 
Nella testa di Kaori suonò un campanellino: anche Momo Momotaro era stata colpita dalla spilla; semplice curiosità, o mire di ben altro genere?
Mentalmente accantonò il problema Ryo, e si concentrò sulla donna; cautamente pensò di rispondere:
 
“Ah sì, è un vecchio cimelio di famiglia... la porto sempre con me perché ha più che altro un valore affettivo.”
 
Anche lei aveva imparato a giocare al ribasso, a sminuire le sue ricchezze, come la maggior parte delle persone facoltose che erano a bordo di quella nave.
E come era prevedibile questo attirò ancora di più l’attenzione dell’altra, a cui iniziarono a brillare gli occhi.
Kaori se ne stupì enormemente, ma non lo diede a vedere; poi, simulando un’insofferenza che non provava affatto, con un sospiro si mise a sedere, e guardandola le disse:
 
“Voglia scusarmi, ma devo fare una telefonata” e le sorrise.
 
Momo ne rimase delusa giusto un attimo, ma si affrettò a dire:
 
“Si figuri, vada pure” e rispose al sorriso dell’altra con labbra tirate.
 
La donna era proprio affascinata dalla spilla e avrebbe voluto saperne di più, magari sperava di poterla esaminare più da vicino, ma Kaori si era già alzata, e insistere sarebbe apparso sospetto.
Si disse che ci avrebbe riprovato più avanti, e infatti s’inventò una cosa sul momento e, rivolgendosi così alla sweeper, che dopo aver preso le sue cose si stava già allontanando, disse:
 
“Ah, Signora Saeba? Mi piacerebbe tanto rivederla. Le andrebbe di passare nella spa della nave, diciamo più tardi? Fanno dei massaggi celestiali. La prego, non mi dica di no!” e quasi si mise in atteggiamento di supplica.
La ragazza, che non vedeva l’ora di allontanarsi, quasi distrattamente rispose:
 
“Sì… sì… perché no?” E salutandola con un braccio alzato, scomparve dietro l’angolo del ponte superiore.
 
Finalmente da sola, poté lasciarsi andare alla frustrazione e alla collera.
I suoi peggiori incubi si stavano avverando: aveva sperato di prendere parte a quel caso per dimostrare a sé stessa, e al suo socio, quanto valesse, e si era detta che niente e nessuno l’avrebbe distratta, nemmeno lo stesso Ryo.
E manco a farlo apposta, proprio lui l’aveva seguita, e poi le cose avevano preso quella piega… era andato tutto dannatamente troppo bene fino a quel momento, e doveva aspettarselo che non avrebbe potuto durare tutta quella felicità; e adesso non solo il pensiero di lui la tormentava, ma anche questo sentimento nuovo, e decisamente mille volte più potente della gelosia che aveva provato fino ad allora, le stava dilaniando il cuore.
 
Si allontanò il più possibile dal resto dei villeggianti per trovare un angolino nascosto dove rifugiarsi, e in un eccesso di rabbia colpì con un pugno chiuso la superficie metallica della prima parete che incontrò, per poi sciogliersi in lacrime.
Non si può fare certi lavori se si è troppo emotivi, altrimenti si perde la concentrazione come aveva appena fatto.
Ryo aveva ragione a voler essere l’uomo cinico che era… Ryo, Ryo, sempre Ryo!
 
Proprio lui che, appena aveva visto alzarsi Kaori dal lettino, si era preoccupato notando la sua aria smarrita ed era rimasto con le braccia alzate, nell’atto di riprendere al volo l’enorme palla colorata che gli stava lanciando un’anonima ochetta, e che quando gli era finita in testa aveva suscitato lo starnazzare divertito di quell’harem acquatico.
Lui si era riscosso, e guardandole seriamente aveva detto:
 
“Ragazze scusate, ma si è fatto tardi e devo andare.”
 
Ed era uscito dalla piscina, salendo la corta scaletta, con il corpo apollineo cosparso da tanti piccoli rigagnoli d’acqua che ruscellavano giù, fra un coro squittente di:
 
Ma no, dai resta!”, “Non andare ti prego”, “Torna presto”, coronato da sospiri e baci inviati con le mani.
 
Ma lui era già sgattaiolato via, alla ricerca della sua Sugar Boy, sotto gli occhi maliziosi di Momo a cui non era sfuggito nemmeno un gesto dei due, e che sogghignando si era detta:
 
Ah sì, eh? Vi conoscete solo di vista? Eppure… non me la raccontate giusta!
 
 
 
 
Dal momento che Kaori se ne era andata via da sola, perché le sue amiche erano rimaste a bordo vasca, Ryo sperò che fosse ancora nei paraggi, non troppo lontana da lì.
Era però tormentato da un fastidiosissimo presentimento che lo spingeva a far presto, perché aveva come l’impressione che la compagna si fosse in qualche modo nascosta, anche se non ne comprendeva appieno il motivo.
 
Seguendo l’istinto, e percependo la sua aura farsi sempre più potente mano a mano che la cercava, infine la trovò appoggiata con la fronte al freddo metallo di quello che poteva essere l’esterno di una cabina.
Vide subito che aveva pianto pur avendo gli occhi chiusi; la chiamò:
 
“Kaori?” la sua voce tradiva preoccupazione e ansia.
 
Le si fece ancora più vicino e quando la chiamò di nuovo, lei rispose sgarbatamente:
 
“Che vuoi?”
 
“Ti ho vista andar via, sembravi così preoccupata, cosa è successo?”
 
“E come hai fatto a notare tutte queste cose, se te la stavi spassando al solito tuo con quelle… con quelle…”
 
“Kaori, ma che stai dicendo?”
 
“Sto dicendo che… niente Ryo, non sto dicendo niente” sospirò rassegnata, e poi, abbassando il tono, proseguì amaramente: “Avrei dovuto aspettarmelo…” poi si voltò di scatto e lo inchiodò con lo sguardo.
 
Ciò che l’uomo vi lesse lo lasciò senza parole, ma subito si ricordò che la ragazza era stata a chiacchierare con la donna che gli aveva preso l’accendino, e magari glielo aveva visto usare.
Doveva chiarire l’equivoco prima che fosse troppo tardi, ma la prese alla lunga:
 
“Senti Sugar, se ti stai riferendo a prima, quando ero lì a giocare in piscina con quei ragazzi…”
 
“Ragazzi? Io di maschi non ne ho visti, direi che erano tutte donne, o sbaglio?” lo interruppe lei acidamente, e poi:  “Dai, Ryo, non mi devi nessuna spiegazione. È colpa mia che mi sono illusa…” ma poi le parole le morirono sulle labbra.
 
La situazione stava sfuggendo di mano allo sweeper che, notoriamente poco avvezzo a lunghi discorsi e a spiegazioni di sorta, soprattutto quando si trattava di sentimenti e affini, iniziò a sudare freddo.
Ma ora erano una coppia, e non voleva più fraintendimenti fra loro.
Tentò ancora di spiegarsi:
 
“È vero, hai ragione, c’erano solo donne, ma non è colpa mia! Io ero lì a fare il bagno, tu sei rimasta sul lettino, e loro mi hanno invitato a giocare …” quasi piagnucolò scusandosi.
 
“Non devi giustificarti… tu sei fatto così, ed io… Senti Ryo, io sto soffrendo troppo e quindi penso che… penso che sia il caso di rallentare… Ho un lavoro da portare a termine… magari ne riparleremo quando torneremo a casa…”
 
Ryo trasalì; cosa stava cercando di dirgli esattamente?
Il suo istinto lo mise subito in allarme: qui c’era odore di pericolo, e non era nemmeno sicuro di sapere quale fosse; aveva paura anche a pensarlo.
Non poté impedirsi di chiederle:
 
“Che-che vuoi dire? Rallentare? Rallentare cosa… Non penserai… non penserai… io… te… Non vorrai lasciarmi?” proruppe infine spalancando gli occhi.
 
“N-no… cioè… s-sì” finì per ammettere confusamente la ragazza.
 
Ryo allora la raggiunse e, posandole le braccia sulle spalle, la guardò con disperazione e incredulità:
 
“Kaori… ma perché?” riuscì solo a dire, mettendo tutto il suo struggimento in quelle poche parole.
Ma visto che lei esitava a rispondergli, sopraffatta anch’essa da troppe emozioni, lui proseguì:
 
“È forse perché mi hai visto prima con quelle ragazze? Ti giuro che non facevo niente di male, stavolta è vero!” insistette, per poi aggiungere “O è forse perché hai visto il mio accendino in mano a quella donna… donna di cui non so nemmeno il nome?”
 
Kaori lo guardò stupita.
Non sapeva cosa pensare: Ryo aveva avuto un’avventura così effimera tanto da non ricordarsi nemmeno il nome della donna con cui era stato?
Oppure c’era dell’altro?
Certo i suoi precedenti non lo scagionavano, ma allo stesso tempo era così addolorato, così preoccupato, che forse c’era un’altra spiegazione.
Suo malgrado annuì, e lui allora continuò dicendo:
 
“Posso solo immaginare cosa sta frullando in questa tua testolina rossa” e provò a sorriderle, in un misto d’imbarazzo e scuse “ma non è come credi” e impercettibilmente la presa sulle sue spalle si fece più forte, forse per dare più enfasi alle sue parole; cercò di spiegarsi:
 
“Ieri sera, dopo che abbiamo ballato, ero così sconvolto, ti desideravo così tanto, che sono dovuto letteralmente scappare dalla sala per non… per non saltarti addosso” e se possibile gli occhi di Kaori si dilatarono ancora di più per la piacevole sorpresa, anche se, vista la piega che aveva preso la serata, non c’era da stupirsi; ma non era ancora abituata a sentirsi così desiderata da quell’uomo, e soprattutto a sentirglielo dire.
Lui riattaccò, prima di perdere il filo del ragionamento:
 
“Dicevo, ero lì di fuori, sul ponte, e mi ero appena acceso una sigaretta in preda ad uno strano nervosismo.  Ero eccitato, euforico, ma anche spaventato… buffo no?” chiese quasi fra sé, ma quella confidenza addolcì la ragazza; sì, Ryo era innamorato e non sapeva nemmeno cosa volesse dire; stava affrontando apertamente questo sentimento, così poco conosciuto per lui, e le faceva tanta tenerezza.
Il fatto che fosse lei a provocargli un tale turbamento, le riempì il cuore di gioia anche se… rimaneva ancora qualcosa da chiarire.
 
“Ad essere sincero ricordo solo di aver acceso la sigaretta, forse ho fatto un paio di tirate e nulla più. Non smettevo di pensarti, e a quanto fosse stato bello tenerti fra le mie braccia, ballare con te, così allacciati, così in sintonia… Mi avevi stregato” e la guardò ancora più intensamente, poi accarezzandole dolcemente i capelli, le sussurrò:
 
“Cosa mi hai fatto?” e provò il potente desiderio di baciarla; anche lei si sentì vibrare a quelle parole, e stava per raggiungere le sue labbra, quando s’irrigidì di colpo, riportando entrambi al discorso che stavano affrontando, e alle spiegazioni che erano doverose per continuare a stare insieme.
Ryo allora riprese dicendo:
 
“D’improvviso ho capito che era inutile starti lontano, perché era con te che volevo essere, e non solo in quel momento, ma per tutta la vita… Finalmente avevo preso una decisione, per me, per noi, ed ero così convinto, che mi sono voltato deciso a raggiungerti, costasse quel che costasse, quando mi sono trovato questa donna davanti. Confesso che ne sono rimasto quasi infastidito, lo crederesti?” le disse lui divertito “E subito mi ha chiesto di accendere. Io non volevo essere scortese, e distrattamente le ho allungato l’accendino… non so come è andata, probabilmente non ho aspettato che me lo ridesse indietro, e sono corso da te. Poi non ho più fumato, e il resto della serata, e della nottata… l’ho passato con te” e le rivolse uno sguardo ammiccante “Solo stamattina mi sono accorto di non averlo più con me” e omise il fatto di aver sentito l’esigenza di fumare dopo la visita inaspettata di Reika.
 
A quel punto Kaori provò ad articolare:
 
“Vuoi dire che tu… che voi…?”
 
“Sciocchina, ma cosa vai a pensare?” esclamò Ryo scompigliandole i capelli, e avvolgendola con il suo miglior sguardo innamorato, tanto che lei sentì un non so che in fondo allo stomaco.
Lui si fece di nuovo serio, pur non perdendo quel tono dolce che aveva appena usato:
 
“Sugar, tu sei e resterai l’unica donna della mia vita, tutto il resto non conta” e fece una pausa significativa, per dare modo alla ragazza di afferrare bene il senso di quella dichiarazione;  a Kaori sfuggì un singhiozzo commosso, allora lui proseguì spiegando:
 
“Non te l’ho mai detto, ma tengo tantissimo a quell’accendino, come ad ogni altra cosa che mi hai regalato tu… Voglio riprendermelo, ma devo in qualche modo avvicinarmi a quella donna, approcciarmi a lei… Ma ti prego, ora che sai, non pensare male di me” e fece gli occhi da cucciolo smarrito, quindi le chiese:
“Ho visto che ci parlavi, come hai detto che si chiama?”
 
“Momo. Momo Momotaro, buffo no?” e le sfuggì una risatina, ormai rassicurata dall’uomo che amava e con il cuore colmo di felicità.
 
“Ad ognuno il suo nome!” sentenziò il socio, per poi raggiungere finalmente le sue labbra e depositarvi il bacio della riconciliazione.
Kaori allora alzò le braccia a cingergli il collo e lo attirò a sé; e stavolta si sciolsero in un bacio struggente e dolcissimo, che ebbe il potere di rassicurarli e infondergli sicurezza: ora si appartenevano, e nulla li avrebbe più allontanati.
 
Quando si separarono ebbri di felicità, Ryo le disse:
 
“Tesoro, sei così tesa che avresti proprio bisogno di un bel massaggio.”
 
“Toh, guarda! ‘Sta cosa capita a fagiolo: Momo mi ha appena invitato alla spa della nave, col dire che lì fanno miracoli. Credo che allora andrò sicuramente!” disse la socia ridendo.
 
“Posso venire anch’io?” saltò su entusiasta il compagno.
 
“Non ci pensare neanche!” lo minacciò falsamente severa lei, per poi attirarlo nuovamente a sé e coinvolgerlo in un bacio ben più appassionato di quello che si erano appena scambiati.
 
 
In quell’anfratto della grande nave, i due innamorati credevano di essere soli, lontano da occhi indiscreti, eppure qualcuno li stava spiando, pur non riuscendo a sentire i loro discorsi sussurrati.
E quel qualcuno aveva pensato sarcasticamente, fra sé e sé:
 
Sì sì, proprio una telefonata dovevi fare!
 

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Capitolo 9
*** Il Camaleonte ed altre amenità ***



Arrancando arrancando è arrivato anche il capitolo 9, forse un po’ di ‘passaggio’ ma necessario per la storia. Nel frattempo ho avuto a che fare con altre due fic, due oneshot che spero di postare presto… come il prossimo capitolo di questa, del resto :D Ne voglio fare troppe??? Mi sa di sì XD
Va be’ intanto leggetevi questo e…. ancora GRAZIE INFINITE A TUTTI <3​





Cap.9 Il Camaleonte ed altre amenità
 
Anche Reika, come Miki, non si era persa una mossa di Kaori dall’arrivo di Ryo, affascinante come sempre, la cui visione le aveva acuito il senso di sconfitta che provava già da quella mattina, fino al suo ignobile tuffo in acqua; così come aveva seguito l’avvicinarsi di Ryo al bordo della piscina per raggiungere la socia, i loro sguardi, la tensione sessuale che promanava dai due, e che l’aveva fatta stare ancora peggio.
 
All’investigatrice non era sfuggito nemmeno l’arrivo di quella bellissima donna che era andata a parlare con la sweeper, e Ryo che scompariva sott’acqua, per poi ricomparire poco più avanti e mettersi a giocare a palla con quelle sgallettate.
Incredibilmente si era scoperta gelosa anche di loro, e avrebbe tanto voluto raggiungere quel chiassoso consesso, se non fosse stato che non sapeva quale scusa inventarsi, visto che quella era una comitiva già formata di amiche danarose; in più non voleva nuovamente trovarsi di fronte l’uomo e vedergli negli occhi quell’espressione di biasimo che l’aveva quasi uccisa.
Allora aveva stretto i denti e aveva finto, finto tutto il tempo che, anziché stare sui carboni ardenti, fosse piacevolmente distesa sotto i raggi del sole di una bellissima giornata d’estate.
Aveva finto di essere annoiata, ma con l’animo leggero e spensierato di una qualsiasi villeggiante, quando, in realtà masticava amaro.
E visto che nessuno si era preso la briga di avvicinarla, né il Camaleonte né nessun altro, aveva avuto tutto il tempo di rimuginare sulle sue sventure e sulle sciocchezze commesse.
Si era però stupita vedendo Kaori alzarsi e lasciare la piscina senza in qualche modo cercare un contatto visivo con lei e Miki mentre, al contrario, era sicura che Ryo l’avrebbe seguita, proprio come aveva fatto.
 
Stava ancora interrogandosi sulla vita sentimentale dei due soci, quando fece giusto in tempo a notare un’ombra entrare nel suo campo visivo, poi tutto accadde velocemente, tanto da non darle modo di capire subito cosa stesse succedendo.
Il piccolo tavolino, su cui era appoggiato il suo drink, era stato urtato da qualcuno, e il bicchiere e il suo contenuto ghiacciato erano finiti sulle sue gambe nude.
Istintivamente aveva sobbalzato, spostando lo sguardo incredulo dalle gambe al nuovo venuto, che non smetteva di scusarsi e agitarsi; quando finalmente concentrò tutta l’attenzione su quel maldestro individuo, rimase invece piacevolmente stupita, perché era nientemeno che Iro Murasaki, l’affascinante uomo che la sera prima aveva conosciuto Kaori, tanto da invidiarla… anche per quello.
Era veramente bello e di suo gusto, e a Reika spuntò un sorriso malandrino all’angolo della bocca.
Sapeva che era fidanzato con la donna che era stata fino a poco prima a chiacchierare con Kaori, ma ora lei non era nei paraggi, e per giocare un po’ all’amore andava più che bene.
Era anche così stanca di starsene lì da sola, mentre immaginava i due sweeper fare chissà che cosa insieme in intimità; stanca di quella situazione, e di non essere notata da nessuno, che pensò subito di approfittarne.
Solo uno stupido avrebbe potuto credere che l’urto che aveva provocato quel piccolo, innocuo disastro, fosse stato fortuito, e non un modo per attaccare bottone; l’uomo era seducente, ma le tecniche di abbordaggio erano le stesse anche per lui – e se Reika avesse saputo che anche Kaori era giunta alle sue stesse conclusioni!
Comunque sia, il lato frivolo della bella investigatrice prese il sopravvento: aveva bisogno di mettere alla prova il suo fascino, di sentirsi desiderata da qualcuno, di ristabilire lo status quo.
Per questo iniziò a flirtare con l’affascinante Iro e non pensò più a niente.
 
Miki, poco distante, era ormai rimasta sola, poiché i coniugi Sora si erano ritirati nella propria cabina con la scusa che il sole era diventato troppo forte per loro, e che dopo un pranzo leggero si sarebbero concessi un pisolino ristoratore; in fondo erano anziani e quella era una crociera in cui rilassarsi.
E dopo un’esistenza movimentata e avventurosa come la loro, quello era il modo migliore per godersi la vecchiaia.
S’incantò ad immaginare come sarebbe stata la sua, di vecchiaia, accanto all’amato Falcon, e arrossendo sospirò.
Provò anche una fitta di nostalgia per il gigantesco marito, e si chiese cosa stesse facendo; ancora una volta desiderò averlo accanto e si ripromise che, risolto il caso, si sarebbero concessi una vacanza loro due da soli.
Con questo dolce pensiero si assopì.
 
Quando Kaori tornò in piscina, cercò con lo sguardo le sue amiche sperando di attirare la loro attenzione, fargli un segno, un cenno, perché voleva potergli parlare e avvertirle che sarebbe andata nella spa della nave, e che per forza di cose si sarebbe dovuta spogliare di tutti i suoi gioielli, compresa la spilla, e che non si sarebbero potute sentire in caso di bisogno.
Ma Miki stava dormendo serenamente e non era il caso di andare lì e svegliarla, e Reika parlava amabilmente con il signor Iro Murasaki, e la sweeper, fuggevolmente, pensò:
 
Approfittane ora, caro Murasaki, che la tua Momo non c’è!” e le venne da ridere.
 
Rimase per un attimo ritta lì, sul bordo vasca, indecisa, sperando che almeno Reika si accorgesse di lei; stava quasi per azionare la ricetrasmittente per chiamarla nell’auricolare, quando si avvide che Iro si era fatto sempre più vicino al viso dell’investigatrice e le stava sussurrando qualcosa all’orecchio.
Stupita trasalì: quei due non perdevano tempo, e il flirt stava andando ben oltre le semplici chiacchiere fra due sconosciuti. Okay, anche questo faceva parte del piano, ma dovette ammettere che Reika ci sapeva fare alla grande perché apparentemente era molto presa dal tipo, e fingeva (fingeva?) molto bene: sembrava che fosse realmente interessata a lui.
Bene, se fosse stato lui il Camaleonte, almeno una delle tre avrebbe avuto la chance che tutte aspettavano, altrimenti… Reika avrebbe avuto… la sua avventura.
In fondo era giovane e bella e, ricordando l’incontro che aveva avuto con Ryo, con il suo Ryo, era normale che si buttasse tutto alle spalle, e cercasse altrove.
Kaori constatò anche un’altra cosa molto importante, e cioè fra loro tre Reika era forse l’unica che poteva permettersi di arrivare a tanto, pur di non compromettere la copertura: non aveva legami sentimentali e si muoveva con spigliatezza in certe situazioni, aveva ereditato lo stesso fascino disinvolto della sorella maggiore e sapeva come manipolare gli uomini; aveva la malizia necessaria, insomma.
In un certo senso Kaori fu sollevata di non doversi trovare al suo posto, perché non sarebbe stata in grado di gestire la situazione come stava facendo invece Reika, e la sera prima era stato un bene che Momo fosse piombata su di loro come un falco, soprattutto vista l’intraprendenza di quel Murasaki.
Il Camaleonte era famoso per sedurre belle donne e derubarle, ma Kaori non era pronta a farsi sedurre fino a…
Fu grata che, nel caso il ladro fosse realmente Iro, questa sorte fosse toccata a Reika, donna di mondo, e non a lei, la timida ed inesperta ragazza della porta accanto.
Certo un po’ ci aveva pensato fin dall’inizio, lo aveva messo in conto che sarebbe potuto succedere, ma si era altresì augurata che in qualche modo non ce ne sarebbe stato bisogno.
Si sentì leggermente sciocca, e pensò che non fosse tagliata per questi giochi di seduzione, per questi lavori fatti di copertura e finzione; si trovava più a suo agio con martelli, bombe e trappole.
Ma non aveva nessuna intenzione si lasciarsi deprimere da questa verità, in fondo il caso era stato affidato a tre donne diverse, ognuna eccellente e capace nel proprio settore, e ognuna avrebbe fatto la sua parte.
L’unione fa la forza no?
E mentre Reika si sarebbe lavorata Iro Murasaki, Kaori avrebbe raggiunto il capitano, e da lì avrebbe telefonato a Saeko chiedendole di fare indagini sulle persone che avevano conosciuto fino a quel momento; poi avrebbe fatto lo sforzo di andare a sottoporsi ad una sessione di massaggi.
 
 
 
 
Raggiunto il ponte di comando, Kaori individuò il capitano, con cui lei e le sue colleghe avevano già fatto conoscenza per ovvi motivi, appena arrivate, e sorridendogli chiese di poter entrare.
 
“Ah, signorina Kaori, che bella sorpresa! Novità?”
 
“Buon giorno, capitano Musashi” rispose la ragazza “Veramente non lo so ancora… Potrei fare una telefonata all’ispettrice Saeko Nogami, se non le dispiace?”
 
“Ma certo!” poi voltandosi verso un sottoposto “Sergente Matsumoto, la metta in contatto con la polizia di Tokyo, distretto di Shinjuku, e precisamente con l’ispettrice Nogami.”
 
“Agli ordini, capitano!” rispose pronto costui.
 
Nel frattempo il capitano Musashi, prendendola in disparte, disse a Kaori:
 
“Il Camaleonte è già entrato in azione!”
 
Kaori spalancò gli occhi, sorpresa.
Questa cosa non se l’aspettava minimamente!
Le tre ragazze erano a bordo già da due giorni, eppure non avevano trovato nemmeno una traccia; le uniche persone che avevano conosciuto erano apparentemente innocue, e in generale non avevano visto movimenti strani, accenni, niente di niente.
Avevano pensato che fosse troppo presto, per il ladro, mettersi a rubare, tanto più che accumulare troppa refurtiva sarebbe stato un problema… problema che comunque, invariabilmente, il Camaleonte risolveva, dal momento che questa non veniva mai ritrovata, nemmeno quando, in situazioni analoghe, si era bloccato tutto e perquisito l’albergo, la nave da crociera o altri posti circoscritti dove c’era una grande affluenza di persone facoltose.
La sweeper si disse che evidentemente il Camaleonte non aveva perso tempo, e seduzione o meno, discretamente aveva già fatto le sue mosse; sperò ardentemente che loro tre non facessero un buco nell’acqua, e che riuscissero veramente a smascherarlo, perché questo nemico si stava rivelando più astuto e scaltro del previsto.
Pur non avendolo sottovalutato, Kaori era fiduciosa e sperava tantissimo di poterlo acciuffare, ma la sua capacità di mimetizzarsi e scomparire era proverbiale, e il soprannome non se lo era guadagnato per caso.
La ragazza sbuffò frustrata, poi disse:
 
“Mi racconti tutto.”
 
“Beh, allo stato attuale c’è poco da dire, se non che alcuni ospiti sono venuti da me lamentando sparizioni di gioielli o soldi in contante, piccoli furti, ma ben mirati e congegnati, tanto che nessuno di loro ha saputo darmi indicazioni di sorta, cioè sul dove e sul come fossero stati derubati, almeno per quanto riguarda gli ambienti comuni. Va da sé che per i furti in cabina, quelli si sono consumati in assenza dei proprietari, e sempre fra un servizio di pulizie e l’altro. Tutto il personale a bordo è specializzato e scelto accuratamente, per cui non dico che potrei garantire per ognuno di loro, ma le selezioni per poter lavorare con la nostra compagnia di navigazione sono severe e durissime, per tutti, e di certo non ci sono ladruncoli che cercano di arrotondare la paga con piccoli furti; sono anche ben pagati, proprio per non invogliarli in tal senso…”
 
“Capisco …” concordò Kaori.
 
 Il capitano proseguì:
 
“Per il momento sono riuscito a contenere lo scandalo, e a pacificare anche i più riottosi che minacciavano le ire dell’inferno, perché ripongo fiducia totale in voi e so che vi state già dando da fare” e rivolse alla ragazza un sorriso pieno d’intesa.
 
Kaori inghiottì a disagio: avrebbe tanto voluto non deluderlo mai.
Lui continuò:
 
“Li ho assicurati che ci stavamo già lavorando, e che avevamo degli agenti in borghese pronti ad intervenire.”
 
Fece una pausa, ergendosi nella sua divisa perfetta, a cui erano appuntate diverse decorazioni che testimoniavano la sua natura di militare valoroso e capace.
A guardarlo bene era un uomo maturo molto affascinante, e non era solo merito del cosiddetto fascino della divisa, pensò fuggevolmente Kaori.
In quel momento però, lei si sentiva investita di un’enorme responsabilità: non era solo una ragazza che stava facendo del suo meglio, era una professionista che si rapportava alla pari con un uomo appartenente alle forze armate; lui non era solo un bell’uomo, ma il capitano serio e coscienzioso di una nave, che aveva a cuore il benessere e la sicurezza di tutte le persone a bordo e voleva, come lei, sconfiggere il crimine, e fare giustizia.
Solo a pensarci si sentì piccola e inadatta; era la prima volta che gran parte del peso di risolvere un caso ricadeva su di lei, perché c’era sempre stato Ryo a pararle le spalle, era lui la mente del duo, colui che aveva invariabilmente un piano e sapeva come agire di conseguenza; lei lo assecondava, lo supportava, ma era costantemente uno scalino sotto di lui… Non che le dispiacesse particolarmente, era fin troppo consapevole dei suoi limiti, doveva ancora imparare, ma lì, davanti al capitano Musashi, era Kaori Makimura, la sweeper che, insieme alle sue colleghe, voleva e doveva smascherare il famoso ladro Camaleonte.
Lo smarrimento durò lo spazio di un secondo perché si ricordò che lei non era sola: c’erano Reika e Miki, il caso era per tre, e in ultima analisi c’era pur sempre Ryo, al quale avrebbe potuto chiedere un piccolo aiuto, senza per questo sentirsi un’inetta.
Anche il grande Ryo Saeba, al bisogno, non disdegnava la presenza di Falcon o di Mick; fra amici, fra colleghi, è così che va, no?
E comunque ancora la crociera non era finita, e queste informazioni le sarebbero servite per intensificare le indagini, per cambiare strategia magari, e invece di aspettare che fosse lui ad abbordarle, avrebbero dovuto abbandonare quell’atteggiamento vagamente misantropico, per dedicarsi alla vita sociale, gettarsi nella mischia, conoscere più gente possibile.
Questo le diede una sferzata di entusiasmo, un rinnovato vigore.
Bene, la partita non era ancora finita.
Kaori stava per continuare il discorso con il capitano, seppur avesse poco da riferirgli, se non i suoi sospetti, quando il sergente Matsumoto, ruotando sulla sua sedia girevole, si rivolse così al suo superiore:
 
“Capitano, signore, l’ispettrice Nogami è in linea.”
 
“Ben fatto, Matsumoto” e poi rivolgendosi a Kaori “Se vuole può parlare nella cuffia del sergente, o se preferisce può servirsi del telefono nel mio ufficio privato.”
 
“Preferirei non disturbare con la mia presenza… se non le dispiace andrei nel suo ufficio…” fece la ragazza.
 
“Oh, ma una bella donna come lei non disturba mai!” rispose in atteggiamento galante l’alto ufficiale, e Kaori si disse: “Ed ecco, qui esce l’uomo e non il capitano” e sorrise fra sé, ma non le dispiacque quel complimento.
Poi Musashi la condusse nel suo ufficio e, indicatole il telefono, la lasciò sola chiudendosi la porta alle spalle.
 
Kaori alzò la cornetta e chiese:
 
“Pronto?”
 
“Qui è l’ispettrice Saeko Nogami, chi mi vuole?”
 
“Saeko, sono io, Kaori!”
 
“Ehi, ciao! Hai novità per me? Non dirmi che lo avete già preso!”
 
“Frena, frena” si affrettò a placare l’entusiasmo dell’amica.
 
“Ah” esclamò la poliziotta delusa, per poi aggiungere “Allora perché mi hai chiamata?”
 
“Senti, avrei bisogno che tu facessi per noi una piccola indagine su alcuni nomi che ti dirò: sono le uniche persone che in un certo senso ci hanno avvicinato da ieri, e tutte, a vario titolo, si sono interessate ai nostri gioielli. E questa è l’unica cosa che ci ha dato da pensare. Per il resto niente di che. Però appena sono venuta qui, il capitano Musashi mi ha detto che sono già stati denunciati piccoli furti. Forse il Camaleonte è già entrato in azione, o forse no. Il capitano dice che tutto il personale è al di sopra di ogni sospetto, ma chissà?”
 
“Mmmm… hai ragione… non si può mai sapere. Siamo molto impegnati in centrale, ma cercherò di fare il possibile… chi sono i sospettati?” chiese l’ispettrice.
 
“Dunque, dovresti cercare notizie sui coniugi Taiyo e Tsuki Sora, una coppia di arzilli vecchietti, dalla vita piena e avventurosa; e Iro Murasaki e Momo Momotaro, che dovrebbero essere fidanzati ufficialmente. Per il momento ho solo queste quattro persone da verificare.”
 
“Perfetto. Ah, a proposito, so che Ryo si è imbarcato… ti sta forse rovinando la vacanza?” chiese Saeko con una nota sarcastica nella voce.
 
Eccola!” si disse la ragazza “Anche lei non perde mai tempo” ma decise di risponderle così:
 
“Oh, direi che si sta comportando benissimo, è un amore!”
 
“Ve-veramente?” esclamò Saeko, al colmo dello stupore; lei si aspettava che Kaori strepitasse, che si arrabbiasse per il comportamento del socio che costantemente la faceva dannare, e invece…
Stentava a riprendersi quando udì l’altra dire:
 
“Ah, volevo anche dirti che non c’è più bisogno che saldi i tuoi debiti a Ryo… ora è con me che dovrai trattare, per quelli” e con ciò sottintendeva che la Nogami non era più obbligata a pagare per la sua riconoscenza con le famose bottarelle, poiché da quel punto di vista il suo socio ora non aveva più la necessità di esigerle da lei, né di cercare in giro belle donne compiacenti.
Era giunto il momento che quelle vagheggiate, e per fortuna mai saldate, notti d’amore, si trasformassero in soldi sonanti, ma Saeko sorprese Kaori rispondendole solo:
 
“Okay.”
 
“Co-come okay?”
 
“Vuol dire che va bene anche a me. Estinguerò i miei debiti con te… in fondo mi sei sempre piaciuta!” e fece una pausa, aspettando che l’altra capisse il senso.
 
Dall’altra parte del telefono Saeko sogghignava; amava immensamente mettere in imbarazzo la pudica Kaori, e quando questa capì la portata delle sue parole, andò letteralmente a fuoco, e si sentì avvampare.
Quella stupida aveva sempre di queste uscite, e lei non sapeva mai se facesse sul serio oppure no!
Come la prima volta che si erano conosciute a casa di Ryo e, scambiandola per un maschio, si era messa in testa di volerla baciare per insegnarle come andava fatto, e anche dopo che le aveva gridato che era una donna; e tutti quegli sguardi languidi che ogni tanto le lanciava, quelle frasi sibilline…
Più di una volta Kaori aveva avuto il sospetto che volesse realmente provarci anche con lei, che volesse sedurla.
In un modo o nell’altro, Saeko Nogami aveva il potere di metterla a disagio, sia quando sfoggiando tutto il suo charme la faceva sentire indirettamente inadeguata, scialba e poco attraente, sia quando le si rivolgeva in quel modo; che gusto perverso provava quella donna nel farla sentire in imbarazzo?
 
Ma ora che stava con Ryo, Kaori si sentiva un po’ più sicura di sé, e riprendendosi in fretta, rispose:
 
“Veramente preferirei che ci pagassi in soldi, accetto anche assegni, visto che ora” e calcò sulla parola “non ho più bisogno nemmeno di altro…” e lasciò in sospeso la frase; chissà se avrebbe capito?
 
L’ispettrice non rispose subito, evidentemente stava ancora cercando di assimilare bene il significato sottinteso di quell’affermazione, fino a quando ebbe un’illuminazione:
 
Vuoi vedere che quei due… finalmente…” si disse.
 
Avrebbe tanto voluto vedere il grazioso viso della ragazza irradiare calore, come si aspettava che facesse in quel momento, in cui le aveva appena lasciato intendere che ora era la donna di Ryo Saeba.
 
E bravi i miei City Hunter!” si complimentò con loro mentalmente la bella ispettrice; ci avevano messo letteralmente una vita a mettersi insieme, ma era giusto così!
Ovviamente non conosceva i dettagli, ma valutò che dovesse essere successo da pochissimo, se non addirittura su quella stessa nave, e si ripromise che alla prima occasione avrebbe stuzzicato anche il suo amico; e, ovvio, poi gli avrebbe fatto le congratulazioni.
Ad essere sincera le avrebbe fatte anche a Kaori, a tempo e debito però: per il momento non voleva ancora mollarla, e decise di continuare la celia a modo suo.
Riprese:
 
“Oh, che peccato! Ed io che volevo aprirmi a nuove esperienze… non sai cosa ti perdi!” concluse con voce volutamente sensuale e roca.
 
“Sa-Saeko, smettila di scherzare!” proruppe esasperata e imbarazzata Kaori; Saeko non sarebbe cambiata mai, avrebbe sempre giocato con la seduzione, e avrebbe sempre continuato a nascondere i suoi veri sentimenti; e anche stavolta proruppe in una sonora risata, alla fine della quale esordì:
 
“Kaori, sei adorabile. Comunque cercherò le informazioni che mi hai chiesto, e appena saprò qualcosa mi metterò in contatto con te, con voi.” E poi: “Come va con la mia sorellina? Sta facendo la brava?” chiese.
 
La sweeper ripensò a quando, quella stessa mattina, sua sorella Reika ci aveva provato con Ryo, ed ora stava quasi sicuramente amoreggiando a bordo vasca proprio con uno dei sospettati, e l’unica risposta che trovò fu:
 
“Si comporta come sempre.”
 
“Ah” di nuovo si trovò a rispondere la poliziotta, anche stavolta leggermente perplessa; cosa stava combinando quella testa calda della sorella?
Non volle indagare oltre però; in fondo era grande, grossa e vaccinata, ed era ora che si prendesse le sue responsabilità.
In ogni caso ormai erano alle battute finali e, infatti, la Nogami disse:
 
“Senti Kaori, se non hai altro da dirmi direi di salutarci qui; scusami, ma mi stanno già chiamando dall’ufficio di là, e sai com’è…”
 
“Ma figurati. Vai pure. Ci sentiamo presto allora.”
 
“Perfetto, salutami tutti e dà un bacio a Ryo da parte mia” e riagganciò.
 
Tanto la stoccata finale tocca sempre a te, eh?” si disse Kaori.
Il bacio glielo avrebbe dato sì, anche più di uno e non solo quello, ma di certo non da parte di Saeko, ma da parte sua.
Sorrise beata.
Poi il suo sguardo cadde sull’orologio a parete e si affrettò ad uscire: non voleva perdersi la seduta al centro benessere, soprattutto ora che aveva saputo che il Camaleonte era forse entrato in azione.
Dovevano assolutamente cambiare tattica, ed ora sarebbe stata lei ad approcciarsi alla misteriosa Momo: solo così avrebbe saputo se ci si poteva fidare oppure no.
 
Tornò sul ponte di comando, e dopo aver salutato il capitano Musashi si sbrigò a raggiungere il proprio alloggio per potersi cambiare.
 
 
Kaori, giunta in cabina, si stupì che ancora non fossero passate le donne delle pulizie a sistemare, e, presa da un senso di rimorso, constatando che lei e Ryo avevano ridotto la stanza un macello, si affrettò a riordinare qualcosa in qua e in là: era più forte di lei, non amava il disordine e non poteva pensare neanche lontanamente che qualcun altro pulisse al posto suo…
Per non parlare di quel vago senso si vergogna che provava a lasciare un caos del genere… nemmeno l’inserviente avesse capito da cosa, e come, fosse stato generato.
Arrossì violentemente.
In realtà gli addetti alle pulizie erano abituati più o meno a tutto, e non si stupivano per un letto gualcito, con le lenzuola attorcigliate o sparse ai quattro angoli della stanza; quello era un letto matrimoniale e, pur non sapendo chi risiedesse nella cabina, certe cose se le immaginavano.
Piuttosto era Kaori che, ancora incredula per i passi avanti fatti con il socio, non si capacitava della normalità di una situazione del genere; nessuno conosceva il menage che avevano avuto fino a ieri lei e il suo partner, e prima di arrivare a tanto… Un tanto che era accaduto, finalmente, giusto la notte prima e che era, appunto, quotidianità per la maggior parte delle coppie.
E si chiese fuggevolmente se fosse peggio immaginare piuttosto che vedere, o viceversa… torturandosi nel disagio; ma poi si riscosse dai suo pensieri col timore di far tardi.
 
Si tolse tutti i gioielli e li nascose nel doppio fondo del beauty case che, sapeva, sarebbe stato comunque il primo posto dove avrebbe guardato un ladro che si rispetti, ma anche questo faceva parte del piano: le sue gioie, così come quelle delle sue colleghe, dovevano essere una sorta di esca, in un certo senso dovevano essere rubate, e per questo vi ripose anche la spilla.
Si lasciò solo la cavigliera come unico vezzo, perché era il ninnolo che avrebbe dato meno nell’occhio ma, soprattutto, perché le piaceva particolarmente.
Infilò vestiti larghi e comodi, facili da togliersi negli spogliatoi della spa, e raggiunse il settore dove c’era il centro benessere.

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Capitolo 10
*** Massaggi tantrici ***


Ed eccomi qua, io sono la scribarola della domenica :D Inizio scusandomi per l’enorme ritardo nelle risposte alle vostre bellissimissime rec a cui cmq piano piano risponderò come meritate. Poi proseguo RINGRAZIANDOVI per la simpatia che avete fin qui manifestato per me la storia,  e di riflesso per me e concludo dicendo che all’inizio pensavo di mettervi due righe di spiegazione sulla natura dei massaggi tantrici, ma poi sono detta “meglio che lo scoprano da soli” ;-)
Sciaooooooooooooo


Cap.10 Massaggi tantrici
 
Kaori arrivò trafelata, e alla reception fu accolta da una signorina cordiale e gentile, che prese subito a spiegarle le varie opzioni per rilassare e ritemprare il corpo; aspettò pazientemente che le snocciolasse tutti i tipi di massaggi e trattamenti, più della metà a lei sconosciuti, poiché non aveva mai messo piede in un centro benessere e non sapeva nemmeno cosa volesse dire affidare il proprio corpo a mani sconosciute, seppur esperte, per trarne giovamento.
Se escludeva le volte in cui era dovuta ricorrere alle cure del Doc e di Kazue, quando alla fine di qualche caso particolarmente movimentato si era ritrovata più ammaccata del solito – e lì i massaggi erano stati invariabilmente dolorosi –, e soprattutto le ultime ventiquattr’ore, in cui si era concessa in tutto e per tutto al suo amato Ryo, che aveva percorso il suo corpo con adorazione e desiderio, nessun altro l’aveva toccata, e questa cosa la inquietava leggermente.
A pensarci, non era entusiastissima di presentarsi nuda o quasi, e farsi maneggiare da uno sconosciuto… sperò che fosse una donna.
Poi però, mentalmente si diede della stupida, visto che c’erano persone che avrebbero passato la vita distese su di un lettino, a farsi palpare e lavorare, manco fossero un impasto da far lievitare, e così tanto cosparsi di oli essenziali, che era un miracolo che non sgusciassero via dal lettino e cadessero in terra.
Ridacchiò fra sé.
In ogni caso, quando la graziosa assistente ebbe finito di elencare tutte le virtù del suo centro benessere, a mani giunte e con sguardo sognante, Kaori riuscì a dirle che avrebbe preso lo stesso pacchetto che aveva scelto la signorina Momotaro; la ragazza parve leggermente delusa, ma abituata a nascondere i propri sentimenti, con il solito sorriso sforzato di circostanza, si limitò a dire:
 
“Bene. Prego, mi segua” e la condusse a quelli che erano gli spogliatoi.
 
Le spiegò che avrebbe dovuto denudarsi totalmente, ed infilare ciabatte e perizoma usa getta, e poi, indossato l’accappatoio che avrebbe trovato nell’armadietto a lei riservato, avrebbe dovuto dirigersi nella stanza attigua, dove l’aspettava l’operatore.
Prima di scomparire dietro la porta, l’assistente le ricordò che nel tavolinetto di bambù, accanto alla porta, avrebbe potuto scegliere il tipo di tisana da bere dopo il massaggio: se drenante, rassodante, rinfrescante e via dicendo.
Kaori non avrebbe mai immaginato che farsi fare un massaggio fosse una faccenda tanto seria, e cercò di calarsi nell’ordine delle cose.
 
Ormai pronta, varcò la porta ed entrò nella saletta dei massaggi.
Lì l’atmosfera era totalmente diversa rispetto all’asettica reception, era avvolgente e coinvolgente; ogni senso veniva stimolato e improvvisamente si sentì strana, un misto di eccitazione e abbandono insieme.
Nell’aria aleggiavano profumi di spezie e oli essenziali, quasi stordenti, il cui solo sentore richiamava mille sensazioni diverse; incensi e vaporizzatori saturavano l’aria, e la penombra data dalle luci soffuse accentuava questo senso come di antro misterioso e affascinante, dove la cura del corpo si trasformava quasi in rito misterico, sovrannaturale, ancestrale.
Un sottofondo di musica rilassante, fatta di basse percussioni, campane tibetane e parole incomprensibili mormorate come una nenia, penetrava nel corpo producendo vibrazioni positive.
La sweeper si sentì già bene, e comprese che chiamare quei luoghi centro benessere, non era un’esagerazione.
Appena si fu abituata alla semi oscurità, cercò di guardarsi intorno per vedere dove fosse la signorina Momo: la stanza non era molto ampia, proprio per mantenere un senso di raccoglimento e intimità, ed era divisa da paraventi di bambù e carta di riso.
Immaginò che al di là di uno di quelli si trovasse la donna, ma dal basso parlottio che ne proveniva, non riusciva a capire se ci fosse lei veramente.
Si schiarì la voce, e timidamente chiese:
 
“Signorina Momo?”
 
“Oh, signora Saeba, è lei?” trillò la Momotaro, facendo sussultare Kaori; non si aspettava, in mezzo a quel brusio ipnotico e monocorde, la sua voce squillante tutta ad un tratto e, soprattutto, di sentirsi appellare in quel modo.
Un secondo dopo si ricordò che aveva scelto Saeba come cognome, e che d’ora in poi avrebbe dovuto mantenerlo anche con lei.
 
“Signorina Momo, come vede alla fine sono arrivata anch’io!” disse Kaori.
 
“Oh, mia cara, non sa come sono contenta! Io ho quasi finito qui, con Midori, ma sono ben felice di fare un altro ciclo. Non mi stancherei mai di questi massaggi tantrici!” concluse sospirando.
 
“Massaggi tantrici?” chiese curiosa Kaori, sfilandosi l’accappatoio e stendendosi sul lettino, approfittando del fatto di essere lontana da occhi indiscreti e che, soprattutto, chi doveva occuparsi di lei non fosse ancora arrivato.
Però subito si pentì di non essere stata troppo a sentire la ragazza di prima, tutta concentrata a non farsi scappare la Momotaro.
 
“Ma sì, i massaggi tantrici, frutto della saggezza antica dei sacri maestri indiani.”
 
“Ah” rispose la sweeper temendo di tradire tutta la sua ignoranza.
 
In ogni caso, Kaori provò a rilassarsi e a prendere familiarità con il luogo, aspettando l’arrivo della sua massaggiatrice.
La Momotaro ciarlava allegra di cose senza troppo senso, anche se ogni tanto le sue parole venivano alterate da mugugni di piacere o piccoli gemiti soffocati; la sweeper stava quasi per assopirsi quando sentì delle grandi mani calde sfiorarle il corpo; trasalì appena.
Allora la sua massaggiatrice era arrivata!
Voltò leggermente il capo in cerca di una figura muliebre, e grande fu la sua delusione quando invece si accorse che era un uomo!
Si sentì morire, ma poi si ricompose mentalmente, pensando che quello era sicuramente un professionista e non sarebbe stato minimamente interessato dalle sue nudità; avrebbe svolto il suo lavoro e basta; e poi quella penombra l’aiutava anche a sentirsi meno esposta.
 
Il nuovo arrivato aveva dei lunghi capelli che sembravano scuri, raccolti in una treccia che gli scendeva lungo la schiena; inforcava un paio di spessi occhiali da miope, e il viso era quasi totalmente coperto da una folta barba nera.
Vestiva un’ampia casacca color écru dello stesso colore dei pantaloni, mise che non nascondeva comunque la stazza da omone; Kaori si augurò che la possanza dell’individuo non fosse impiegata per sconocchiarla e ridurla in poltiglia, durante quei famosi massaggi tantrici e che, al contrario, fosse gentile e delicato.
Qualcosa di quell’uomo la faceva pensare ad un boscaiolo, e nella sua testa iniziò a considerarlo così: il boscaiolo.
Le mani dell’uomo presero a massaggiare la schiena contratta della sweeper con movimenti ampi e circolari, e il profumo di cocco che le arrivò potente alle narici le rivelò che ne stava usando l’olio caldo: un tocco esotico in più.
Evidentemente il boscaiolo non era per fare conversazione con la cliente, probabilmente non era richiesto dal rituale, e in cuor suo lei gliene fu grata; in un certo senso voleva mantenere le distanze, una sorta di anonimato e, soprattutto, non doveva distrarsi dal suo intento, e cioè scavare nella vita della Momotaro.
 
“Signorina Momotaro, se ho ben capito lei è un’habituè di questi luoghi fantastici; grazie di avermi invitata.”
 
“Oh, mia cara, non potrei vivere senza!” rispose la donna, all’avvio di conversazione di Kaori.
 
“Io, come ho già detto al suo fidanzato, viaggio sempre, e fra lavoro ed altre amenità confesso che non ho mai troppo tempo per me, ecco perché mi sono concessa finalmente questa crociera. E lei? Di cosa si occupa?” Kaori sperò che Momo argomentasse la sua risposta, e che avesse in sostanza qualcosa da fare nella vita, anziché sperperare le ricchezze di famiglia.
 
“Mah, direi che una vera e propria occupazione non ce l’ho” ammise questa onestamente, con una mezza risatina; poi riprese: “La mia famiglia si occupa di produrre colori da tempo immemorabile. Possediamo colorifici che riforniscono mezzo paese, e accidenti a quei dannati ambientalisti, abbiamo dovuto rivedere la nostra politica e convertirci all’uso di sostanze naturali e cose così… altrimenti non ci facevano più campare!” concluse la tirata con stizza, ma poi un mezzo gemito la ricondusse ad un tono di voce più pacato:
 
“Non ci si può arrabbiare così mentre si è sotto l’influsso di mani tanto sublimi, non è vero?”
 
“Oh sì, è impossibile avere brutti pensieri” rispose la sweeper che si stava letteralmente liquefacendo sotto le mani del suo boscaiolo; quando realizzò questa cosa, fu percorsa da un brivido improvviso.
 
Faceva sempre più fatica a concentrarsi su quello scambio di battute, perché al contrario avrebbe voluto tacere e godersi il massaggio; il tizio poteva anche sembrare un mezzo guru indiano, ma aveva delle mani fantastiche, un tocco celestiale che più di una volta le aveva strappato gemiti di apprezzamento che però aveva trattenuto tra i denti… anche se mugugnare era apparentemente normale in un posto come quello.
Kaori, dopo pochi minuti di massaggio, aveva già iniziato a sentirsi più languida, e seppur più rilassata, anche più ricettiva: i suoi sensi si erano accentuati, risvegliati, e ogni centimetro di pelle che veniva accarezzata da quelle mani sapienti, riprendeva vita; e per quanto cercasse di pensare ad altro, la sua mente finiva sempre per concentrare tutta l’attenzione solo sull’andamento del massaggio, sui passaggi delle mani, assecondandole o anticipandole.
Poteva seguirne il percorso, dalla schiena ai glutei – e si stupì di non provare disagio quando passavano di lì, anzi! – alle gambe, fino alle caviglie, dove scoprì di essere molto sensibile.
Il massaggio alle caviglie le piaceva in particolare, e si sentiva stimolata a fare, a pensare… per poi risentire le mani dell’uomo tornare indietro, sempre più calde, sempre più morbide, e trasudanti olio caldo.
In un certo senso si era creato un legame fra il massaggiatore e la ragazza, due corpi che dialogavano solo attraverso la pelle, la fisicità, il movimento di uno contro la passività dell’altra.
E Kaori, che avrebbe tanto voluto rimanere estranea e impassibile per poter interrogare l’altra, ad un tratto si ritrovò senza parole, la testa svuotata dai pensieri, concentrata su quel magnifico presente.
Il piacere che stava sperimentando era così intenso, che più volte si trovò a desiderare che anche Ryo potesse essere lì con lei a condividere quel momento, o addirittura che fosse lui il boscaiolo
Stava per perdersi definitivamente, quando fu riscossa dalla voce leggermente querula di Momo che, non sentendola più, le stava chiedendo:
 
“Come va, Signora Saeba?”
 
Nuovamente Kaori sobbalzò, molto di più perché, forse involontariamente, il massaggiatore aveva impresso una maggiore pressione sui glutei, e si affrettò a rispondere:
 
“Veramente sarei, sarei… signorina” rispose la ragazza, pensando che se voleva entrare in confidenza con la donna, doveva eliminare tutti quei formalismi.
 
“Ah, allora Signorina Saeba!”
 
E di nuovo Kaori trasalì sotto le mani del taciturno guru, che stavolta sembrò addirittura averle pizzicato il sedere; possibile?
 
“Ma diamoci del tu, vuole?” concluse la sweeper muovendosi a disagio sul lettino, e il boscaiolo restò in paziente attesa che lei si riposizionasse più comodamente.
Improvvisamente Kaori aveva perso tutta la rilassatezza e la mollezza di pochi minuti prima, e sentiva che c’era una nota stonata in tutto quello, ma non capiva quale fosse.
 
“Oh, magnifico! Allora posso chiamarla semplicemente Kaori? Nome quanto mai azzeccato per stare… per stare qui!” alludendo al significato del suo nome che significava, appunto, profumo o incenso.
 
Kaori ridacchiò, non ci aveva proprio pensato.
Poi si accorse che, pur essendosi riposizionata prona, il suo massaggiatore non si decideva a riprendere il massaggio e, fuggevolmente, lo guardò interrogativamente: lui continuava a tacere, nel suo aspetto ascetico e rude al tempo stesso.
Finalmente Kaori capì che era arrivato il momento di girarsi supina, e che i magnifici movimenti delle sue mani, lui, glieli avrebbe fatti davanti!
Fu sopraffatta da una vertigine, e per fortuna era già distesa, perché era sicura che sarebbe svenuta.
Non aveva il coraggio di voltarsi e, nel pieno di quel momento imbarazzante, le giunse la voce squillante della Momotaro che quasi le gridò, attraverso il paravento:
 
“Kaori, cara, mi hanno appena avvertito che c’è mio padre al telefono… chissà cosa vorrà quel vecchio brontolone? Forse ha avuto un attacco di nostalgia per questa figlia bizzosa e litigiosa; stiamo sempre a punzecchiarci quando ci vediamo!” e si lasciò andare ad una risatina sciocca.
Poi, affacciandosi appena dal separé, disse:
 
“Devo scappare, ma ci ribecchiamo in giro. Mi ha fatto molto piacere passare del tempo con te! A presto allora!” e scomparve.
 
La sweeper non fece in tempo nemmeno a rispondere che la Momotaro non c’era già più, ma lei aveva altri problemi più importanti di cui occuparsi, che non fosse quello di non averla salutata: doveva voltarsi per la seconda fase del massaggio, e non sapeva come fare!
 
L’imbarazzo e il disagio erano palesi, e l’immobilismo del suo massaggiatore non l’aiutava minimamente. Erano ad un’empasse e Kaori iniziò a sudare freddo: d’improvviso quell’atmosfera satura di odori e umori era diventata quasi opprimente; ancora una volta maledisse sé stessa per non essere più sicura e spigliata, come Momo, e perché fosse sempre così tanto timida e impacciata.
E come se non bastasse, quella seduta non aveva sortito gli effetti sperati, perché della Momotaro aveva saputo poco e niente, e dopo aver provato quell’iniziale momento quasi erotico, ora si ritrovava impantanata in una situazione paralizzante e scomoda.
 
A quel punto l’uomo si decise a parlare:
 
“Ehmmmm… signora Saeba… si dovrebbe voltare…”
 
Kaori, che si era abituata al mutismo del suo boscaiolo, rimase stupita di scoprire che lui fosse, al contrario, dotato anche di corde vocali.
E poi come l’aveva chiamata…
Dannazione, aveva iniziato per gioco ed ora si confondeva ogni volta che usavano quel cognome…
Più che altro quella voce…
Nonostante fosse ancora distesa prona, lo fissò intensamente negli occhi, attraverso quei fondi di bottiglia che aveva al posto delle lenti, e le parve di vedere un luccichio strano; lui, dal canto suo, sentendosi passare sotto esame dalla ragazza, iniziò a mostrare i primi segni di imbarazzo, spostando il peso del corpo da un piede all’altro, ma questo movimento attirò inesorabilmente lo sguardo di Kaori, che d’improvviso esclamò:
 
“Ry-Ryo! Che ci fai qui?”
 
“Tesorino, smettila di ricorrere a questa gag! È già la terza volta che lo fai!”
 
“Non fare l’idiota!” rispose stizzita lei, tirandosi finalmente su a sedere, ma coprendosi il seno con le braccia.
Non contava che lui fosse il suo uomo e che la penombra della saletta la preservasse dalla vergogna: si sentiva comunque a disagio.
Lui ridacchiò con la faccia da ebete, grattandosi la nuca da cui penzolava la treccia posticcia.
 
“Ma cosa ti è saltato in mente? Avevi promesso che non ti saresti intromesso nel caso!” sbottò la socia, infastidita.
 
“Tesorino, hai ragione, ma non volevo starti lontano, non sapevo come fare… poi hai parlato del centro benessere e allora…” rispose lui in atteggiamento servile.
 
Constatare che Ryo fosse tanto preso da lei, che pur di starle vicino era ricorso a quel ridicolo travestimento, e vederlo così smarrito e intento a scusarsi solo per averlo fatto, riempì di gioia e tenerezza il cuore della sweeper.
Non volle ancora cedere però: voleva prenderlo in giro un altro po’.
 
“Solo che, mio dio, Ryo sei orrendo! Vieni più vicino, fatti vedere” e quando fu ad un passo da lei, Kaori allungò una mano e, con uno strattone deciso, gli tolse la barba.
 
“Ahi! Mi hai fatto male!” gemette l’uomo.
 
Lei ridacchiò, ma lo gratificò con:
 
“Ummm, va già un po’ meglio” e lo guardò divertita; poi gli tolse anche gli occhiali, che fece volare chissà dove, e così facendo Ryo perse la sua aria da cane bastonato: un sorrisetto malizioso gli si disegnò agli angoli della bocca.
La lasciò fare anche quando gli sfilò la parrucca, che seguì le sorti degli occhiali.
Poi Kaori, subito dopo, affondò le mani nella sua folta criniera corvina e gliela scompigliò; ammirandolo gli disse:
 
“Ecco! Ora ti riconosco” e presolo per i lembi davanti dell’ampia casacca, lo attirò a sé e lo baciò.
 
Lo sweeper rispose con gioia all’invito, e chinandosi verso la ragazza la circondò con le forti braccia, passando nuovamente le mani lungo quella schiena liscia e levigata che aveva massaggiato fino a poco prima.
Quando si separarono per riprendere fiato, leggermente ansanti ed eccitati, Kaori gli chiese con voce bassa, sussurrandogli sulle labbra:
 
“Dove hai imparato a fare certi massaggi? Non sapevo che fossi così bravo!”
 
“Non ho imparato da nessuna parte…” rispose lui, inebriato dal caldo alito della compagna “… sei tu che mi hai ispirato… è venuto tutto così naturale! È sempre merito tuo, tiri fuori il meglio di me.”
 
Kaori allora lo baciò ancora, dolcemente, sorridendo, per poi aggiungere:
 
“Adesso però non puoi più tirarti indietro: ora voglio, anzi pretendo, che tu me ne faccia ancora, e ancora e ancora…” e volutamente spense la frase in un mormorio, che accese ancora di più i sensi di Ryo che stava già per perdere il controllo.
Quella donna continuava a stregarlo in mille modi diversi e non sapeva, né voleva, più resisterle.
Completamente in sua balia le rispose:
 
“Certo Sugar, quando vuoi. Per me possiamo farlo adesso, qui, in camera, o anche a casa nostra quando torneremo…” e non seppero più se stavano parlando di massaggi o di altro, anche se, i massaggi tantrici era a quello che presupponevano.
Ma Ryo non rinunciò a vantarsi, come al solito suo:
 
“Comunque hai visto? Sono stato abile come un professionista” e socchiuse gli occhi orgogliosamente, ma lei lo smontò subito dicendogli:
 
“Ma un vero professionista non si sarebbe fatto tradire da quello!” e scostandolo appena, accennò a ciò che stentava a trovare spazio dentro i suoi pantaloni.
 
“Dettagli…” ribatté lui prima di rituffarsi sulle dolci e calde labbra della compagna.
 
In realtà lei aveva ragione, perché anche se era riuscito a rimanere più o meno inerme durante quel lungo massaggio erotizzante, dentro di sé ribolliva di desiderio; ad ogni passata sulla sua pelle di pesca, sempre più lucida e profumata di cocco, così invitante che avrebbe potuto affondare i denti nei suoi glutei perfetti, aveva sentito crescere prepotente il bisogno di avere quel corpo, che non era più solo un bellissimo corpo, ma lei, la sua donna.
Non avrebbe comunque ceduto alla tentazione, e non solo perché non voleva farsi scoprire, ma perché quel gioco era estremamente eccitante e galvanizzante, e voleva gustarselo fino in fondo.
Poter accarezzare Kaori in quel modo, senza che lei sapesse che fosse lui, e nonostante ora potesse farlo apertamente, lo metteva in un tale stato di tensione, che era quasi pari alla soddisfazione che avrebbe provato se lei ne fosse stata consapevole.
In ogni caso voleva procurarle piacere, un piacere sensuale: voleva turbarla, voleva che fosse per merito suo che lei provasse quel senso di appagamento che deriva da certi massaggi.
Che ora lei lo avesse scoperto non cambiava le sue intenzioni: era pronto a riprendere da dove avevano lasciato, e alla socia non sembrava dispiacere affatto.
 
E ripresero a baciarsi, ma i baci si fecero sempre più roventi… le mani di entrambi presero a spingersi sempre più oltre, il senso di urgenza stava martellando nei loro cuori, e già Kaori era arrivata al punto di sfilare la casacca del compagno, quando sobbalzarono sentendo la voce della ragazza della reception che veniva a chiamare Kaori:
 
“Signora Saeba?” chiese entrando nella saletta.
 
Era passato abbondantemente il tempo stabilito per il massaggio, e la receptionist, che aveva visto andar via la signora Momotaro, veniva a vedere se ci fossero dei problemi con lei.
 
Ryo e Kaori si ricomposero in qualche modo, ancora sconvolti da quell’incontro torrido che prometteva il Nirvana, e quando la signorina ripeté: “Signora Saeba?” Ryo borbottò, raccogliendo ciò che restava del suo travestimento:
 
“Questa cosa dovrai spiegarmela, signorinella!” poi, appena prima che la donna li sorprendesse insieme, fuggendo da un’altra porta Ryo sussurrò a Kaori:
 
“Ti aspetto fuori! Poi però andiamo in stanza, eh?” e le fece l’occhiolino.
 
Kaori sorrise divertita: effettivamente erano stati interrotti sul più bello!
Anche se non avrebbero potuto farlo lì, allo stesso tempo non le andava di negarsi a lui solo perché stava ancora lavorando; perché in realtà aveva una voglia matta di passare del tempo con Ryo, e quei massaggi le avevano fatto venire certe idee…
Si riscosse.
Stava diventando come Ryo, una schiava del sesso!
No, non era propriamente vero… lei era innamorata e finalmente corrisposta, tutto il resto era naturale.
 
Si affrettò comunque a rispondere alla receptionist: prima usciva da lì, e prima avrebbe raggiunto Ryo.
 

 

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Capitolo 11
*** Giochiamo a guardie e ladri ***


Eccomi! Volevo postare una shot ma ho avuto dei problemi logistici, e alla fine eccomi col cap 11 in anticipo di poche ore rispetto alle altre volte ^_^ Dico sempre che vorrei postare più spesso ma proprio non ci riesco :-/ A proposito…. INFINITAMENTE GRAZIE per le meravigliose rec che mi lasciate, mi commuovete, e mi dispiace un casino non potervi rispondere in tempo reale, ma siete magnificamente in tante, e non ho modo di fare altrimenti. VI ADORO cmq, come tutti quelli che leggono e basta, che passano e vanno. Ma via, non badate a queste poche righe e gustatevi la storia.
Eleonora




Cap. 11 Giochiamo a guardie e ladri?
 
In men che non si dica Kaori era già uscita dal centro benessere; si era rivestita alla velocità della luce e si rallegrò con sé stessa di dover indossare quei comodi vestiti, facili da mettere… e da togliere, se era per questo.
Ryo l’aspettava fremente fuori dalla porta, e lei non fece in tempo ad uscire che subito la prese fra le braccia e la baciò appassionatamente, incurante di tutto e di tutti: era stanco di dover nascondere il fatto che stessero insieme.
Strano per uno che aveva celato i suoi sentimenti tutta la vita, soprattutto quelli che provava per la sua socia, ma era arrivato ad un punto tale che non poteva più farne a meno.
Stava così bene con lei, sia quando lavoravano, quando scherzavano e passavano il loro tempo libero insieme, addirittura anche quando litigavano e magari lei finiva per prenderlo a martellate…
Lui sì, stava bene.
E adesso che avevano dato una svolta al loro rapporto, e l’intesa sul piano fisico era quanto mai alle stelle, per lui era impensabile rinunciarvi.
È vero, era sempre stato un uomo passionale e sensuale, che aveva fatto dell’amore, o meglio del sesso, la sua ragione di vita, ma con Kaori era diverso, non era solo quello; anelava ad avere un’unione totale con lei, anima e corpo, e sentiva prepotente il bisogno di averla accanto in ogni momento.
Non si aspettava che proprio a bordo di quella nave si compisse il loro amore, che sbocciasse così, quasi all’improvviso, ma di colpo si era ritrovato su un altro meraviglioso pianeta, e ogni punto di vista era stato ribaltato.
Che poi fosse proprio lei che in un certo senso frenasse, fin dall’inizio, per non far decollare la cosa, tra l’altro con scarsissimi risultati, anche quello aveva dell’incredibile, perché lui si era continuamente negato a lei, e Kaori, al contrario, aveva sempre desiderato aprirsi a lui e poterlo amare, riamata, alla luce del sole.
 
Quando si separarono ansanti da quel lungo bacio, giusto per riprendere quel minimo di fiato tanto da non dover svenire, si guardarono negli occhi, come a volersi fondere uno nell’altro; il desiderio era palpabile, ma anche l’amore e la felicità di poter stare insieme.
Lo sguardo di Ryo, però, si fece quasi implorante: temeva che lei gli dicesse di voler ritornare in qualche ambiente comune, per dare la caccia a quel maledetto ladro che stava rovinando tutto, benché fosse consapevole che quelli erano i patti, e lui aveva promesso di non intralciarla; ma quando lei invece disse:
 
“Non qui…” lui credette di sognare, e ripresosi dalla piacevole sorpresa l’afferrò per un braccio e iniziò a correre come un ossesso, trascinandola con sé.
 
Lei rideva emozionata e divertita, e stentava a stargli dietro; lui era al colmo dell’eccitazione, la sua faccia aveva assunto un’espressione da satiro che lei conosceva molto bene, anche se, quando si voltava a guardarla, poteva leggergli una gioia autentica sul volto, un’aspettativa quasi fanciullesca che le riempivano il cuore di felicità.
Kaori aveva capito cosa stesse provando il suo socio, perché non era solo il solito allupato che aveva trovato qualcuna compiacente da portarsi a letto, ma un uomo innamorato che voleva stare con la sua ragazza.
Questo pensiero le diede una sferzata di piacere e soddisfazione, e si disse che sì, al diavolo la copertura, che li vedessero, insieme, correre felici come due bambini, che tanto se avessero voluto, il ladro lo avrebbero preso comunque; ora era arrivato il loro momento.
 
Ridacchiando, correndo, e sprizzando gioia da tutti i pori, più volte sperarono di trovare nuovamente un ascensore vuoto, ma furono sempre costretti a frenare i bollenti spiriti, perché d’accordo uscire allo scoperto, ma passare ai cosiddetti atti osceni in luogo pubblico, era davvero questione di un attimo.
In ogni caso le volte in cui si fermavano ansanti e si buttavano l’uno nelle braccia dell’altra, riuscivano sempre a fermarsi in tempo, anche perché Kaori, la coscienza dei due, era quella che con un:
 
“Non qui…” metteva un freno alle smanie di entrambi.
 
Finalmente erano giunti davanti alla porta della loro cabina, e Ryo non diede a Kaori nemmeno il tempo di tirare fuori la chiave magnetica, che l’aveva già spinta sulla parete foderata di elegante carta da parati, e l’aveva trascinata in un bacio così ardente e profondo, che per un attimo dimenticarono di non essere ancora entrati.
 
Ma poi Ryo si bloccò di colpo, i sensi allerta: in un attimo non era più l’amante appassionato dalle labbra di fuoco, ma lo sweeper numero 1 del Giappone, e senza troppo stupirsi di questo cambiamento repentino, anche Kaori recuperò tutta la sua professionalità e si mise in posizione.
L’uomo estrasse la sua Phyton, guardia alzata, e appiattito alla parete, si mise in ascolto: c’era qualcosa di strano nell’aria… c’era qualcuno nella loro stanza, un estraneo.
I due si guardarono, e come sempre si capirono solo fissandosi negli occhi; Kaori annuì e infilò lentamente la tessera nel lettore ottico, ruotò il pomello della porta, poi velocemente si fece da parte, così da permettere a Ryo di sferrare un calcio all’uscio spalancandolo verso l’interno.
Un urlo di donna lacerò il silenzio, acuto, terrorizzato, da far rizzare i capelli.
 
La donna delle pulizie, vedendosi piombare addosso come una furia quell’uomo armato, aveva gridato spaventata a morte.
Era abituata alle stranezze dei clienti, e più erano ricchi e peggio era, ma non le era mai capito di essere aggredita da uno sconosciuto che impugnasse una pistola.
E tanto era stato lo spavento, che aveva fatto volare i cambi della biancheria, appena presi dal carrello di servizio, in un turbinio di asciugamani e salviette.
Il cuore le stava scoppiando e si sentiva prossima allo svenimento, ma quando vide che dietro all’uomo era spuntata la testolina rossa di una donna, non seppe cosa augurarsi.
 
Kaori, allarmata da quell’urlo, si era subito sporta dentro la cabina, e non appena vista la scena, in un attimo aveva capito tutto; per cui non perse tempo e, dando una leggera spinta al socio per poter entrare anche lei, proruppe con:
 
“Preso!” e fece l’atto di allacciargli stretti i fianchi da dietro, come a imprigionarlo.
 
Ryo si stupì del comportamento della socia, ma tale era la fiducia in lei che non reagì.
Lei allora si rivolse così alla donna terrorizzata e semi infartuata:
 
“Ci scusi sa, ma stavamo giocando a guardie e ladri, e finalmente sono riuscita a beccarlo!” spiegò allegra e disinvolta.
 
La donna guardò Kaori incredula, poi spostò il suo sguardo alla pistola dello sweeper e infine al suo viso; in realtà quel muso duro che le si era parato davanti, non sembrava proprio quello di chi sta giocando ad un qualsiasi gioco; nemmeno al casinò aveva mai visto una faccia così impassibile e implacabile, neanche quando quei riccastri si bruciavano intere fortune al tavolo verde, mentre lei, al contrario, arrotondava la paga facendo la cameriera di sala e coprendo il turno della notte.
 
Per fortuna Ryo capì al volo la strategia della compagna, e assecondandola ritrasse la pistola, ridacchiando e grattandosi la testa.
 
“Mi-mi scusi” disse a quel punto Ryo fra le risate “Stavamo scherzando sa?” cercò di rassicurarla, ma la tipa continuava a fissarli, alternando lo sguardo da uno all’altra, con fare scettico.
 
Anche Kaori si era unita alle finte risate del compagno, e avanzando verso la donna, che al contrario arretrava ancora intimorita, si mise a raccogliere ciò che aveva fatto cadere, riponendolo sul carrellino; voleva conquistare la sua fiducia e in breve ci riuscì.
 
Ryo, ammirato dalla sagacia della socia, nonché dal suo savoir-faire, per l’ennesima volta pensò che gran parte della forza di City Hunter era da imputare alla sua fantastica compagna, che sapeva sempre come fare.
 
Stavolta sorrise sinceramente, e provò il forte impulso di andare lì da lei e scompigliarle la morbida zazzera sbarazzina, e magari schioccarle un bel bacio sulla guancia.
E si stupì enormemente di questo strano desiderio, che niente aveva a che vedere con quello che fino a poco prima lo stava consumando dal di dentro; quella donna, quella donna… aveva uno strano potere su di lui, potere a cui si sottometteva con infinita gioia e riconoscenza.
Era anche questo amore? Si chiese.
 
Nel frattempo l’inserviente, recuperata un po’ di calma ed essendosi convinta dell’affidabilità dei due, si sentì improvvisamente stupida e a disagio: aveva fatto una magra figura ed ora avrebbe voluto fuggire da lì, da quei tipi innocui ma strani.
Però ancora una volta Kaori, con la sua innata empatia, risolse la situazione nel migliore dei modi perché, mettendole una mano sul braccio e sorridendole in maniera accattivante, semplicemente le disse:
 
“Voglia perdonarci…” e questo bastò a conquistarla.
 
La donna, ormai rinfrancata, raccolse le sue cose e, fatto un profondo inchino, se ne andò dignitosamente.
 
 
 
Appena rimasti soli, i due sweeper tirarono un profondo sospiro di sollievo; si diressero al divano e vi si lasciarono cadere pesantemente, esausti.
Avevano rischiato parecchio con quell’entrata rocambolesca, perché non erano assolutamente permesse le armi a bordo, e Ryo era pur sempre un clandestino che non doveva essere associato a Kaori in nessun modo.
E pensare che erano decisi a non nascondersi più!
Entrambi tacevano, ma i pensieri erano i medesimi.
Si guardarono sconsolati.
In ogni caso, e per il momento, il fuoco della passione si era spento e, anche con le migliori intenzioni, non era quello ciò che volevano ora.
 
Poi Kaori si ritirò su di scatto, come a ricordarsi qualcosa, e andò a prendere il suo beauty case: voleva controllare se i gioielli c’erano ancora.
Il capitano le aveva assicurato che tutto il personale era affidabile e onesto a tutta prova, ma la donna non aveva forse esagerato a spaventarsi così?
Frugò nel doppio fondo della custodia e trasalì:
 
“Ryo! Ryo! I gioielli sono spariti!” proruppe infine.
 
Subito fu raggiunta dal socio, che constatò la veridicità delle sue parole.
Si guardarono intorno istintivamente, come a sincerarsi che ci fosse tutto, ma ovvio mancavano solo i gioielli e i pochi contanti che la ragazza vi aveva lasciato.
Così si diresse in fretta verso un pretenzioso quadro, una marina dalla pesante cornice dorata, infilò una mano dietro e, trionfante, esclamò:
 
“Ah, ah! Camaleonte o chi per te, sarai scaltro quanto vuoi, ma questa non l’hai presa!” e ritraendo la mano mostrò orgogliosa al socio una carta di credito.
 
“Avanti! Dimmelo che sono in gamba???” chiese a Ryo orgogliosa e con aria di sfida; si aspettava che lui tergiversasse e invece la stupì affermando, con aria sicura:
 
“Hai ragione socia! Sei una donna magnifica ed io sono fortunato ad averti come partner di lavoro!”
 
Lei si confuse a quel complimento così inusuale: non aveva sentito troppo spesso Ryo riconoscere i suoi meriti o le sue doti; non la gratificava mai, né l’incoraggiava, e se faceva qualcosa di buono era giusto così, perché era la socia del grande Ryo Saeba, e quindi fondamentalmente non aveva fatto niente di particolare.
Essere la sua donna, ora, era un sogno che si era avverato, ma sentirsi accettata da lui come collega sweeper, era altrettanto una grande felicità.
 
Stava quasi per commuoversi quando lui aggiunse, ridacchiando come un ebete:
 
“Sei in gamba, anzi in gambissima, e per le tue gambe farei follie!”
 
Uno stuolo di libellule transitò sopra la testa della povera Kaori, che non riuscì ad emettere altro che un:
 
“Eh eh eh eh”, indecisa se ridere o piangere per quell’uscita idiota, del suo collega idiota.
 
Si riscosse però all’istante con gli occhi scintillanti; il compagno, stupito dal suo repentino cambiamento, la guardò interrogativamente e le chiese:
 
“Che ti è preso?”
 
“Che mi è preso? Che il Camaleonte ha rubato anche la mia spilla! Capisci?” chiese infine all’esterrefatto Ryo e, visto che sembrava non aver compreso il senso, spiegò:
 
“Mi ha preso anche la spilla con la ricetrasmittente dentro! Così potremo rintracciarlo e acciuffarlo, almeno finché non scenderà dalla nave!”
 
“Fantastico! Non ci avevo pensato! Bene, e ora cosa conti di fare?” chiese l’uomo, e di nuovo lei si meravigliò del suo atteggiamento: non era abituata nemmeno a questo, cioè al fatto che fosse Ryo a chiedere a lei come agire, come affrontare i problemi.
Ma stavolta aveva la soluzione a portata di mano, e pronta rispose:
 
“Semplice, mi basterà andare da Reika o da Miki ed attivare il localizzatore.”
 
“Allora direi che è meglio muoverci in fretta… sempre che tu mi voglia accanto…” le disse lui, guardandola  con occhi benevoli e vagamente speranzosi.
Lei gli sorrise:
 
“Ma certo che sì!”
 
Non aveva più bisogno di tenerlo a distanza per provare la sua bravura, la sua valentia, e lei non doveva più dimostrargli niente, perché il socio le aveva già fatto capire quanto si fidasse di lei, e quanto la tenesse in considerazione come sweeper.
E poi aveva voglia di stare con lui, lavorare ad un caso insieme… in fondo loro due erano City Hunter, e se da soli lavoravano bene, insieme lo facevano meglio.
 
“Chissà dove sono però, adesso, quelle due?” chiese quasi a sé stessa la ragazza.
 
Ma Ryo rispose:
 
“Direi che Reika a quest’ora potrebbe essere in camera sua…”
 
“Allora andiamo subito da lei, è anche quella che ha la cabina più vicina!” esclamò decisa la socia.
 
“Emmm… probabilmente però… non vuole essere disturbata” disse l’uomo, improvvisamente imbarazzato. Kaori lo guardò perplessa, per poi chiedere:
 
“E perché?”
 
Evidentemente lui sapeva qualcosa che lei ignorava.
 
“Perché… perché… prima di venire da te al centro benessere, mi sono trovato a passare davanti alla sua camera…” e fece una pausa per vedere la reazione della sua fidanzata; temeva che lei equivocasse o pensasse male, ma Kaori taceva imperturbabile, aspettando il seguito.
Lui si fece forza e concluse con:
 
“… dicevo… quando ho visto che stava facendo entrare un uomo, mi sono nascosto dietro un angolo… e quell’uomo l’ ha poi baciato appassionatamente, proprio lì sulla porta… insomma direi che l’atteggiamento era inequivocabile” e tacque.
 
Kaori era rimasta senza parole.
Allora Reika era arrivata a tanto per il bene del caso?
Temeva di conoscere l’identità dell’uomo, ma per coerenza chiese al socio:
 
“E sai anche chi era? Lo conosci?”
 
“Sì” rispose gravemente Ryo, per poi aggiungere: “Era il signor Iro Murasaki”
 
 
 
 
***
 
 
 
 
Poco dopo erano nuovamente fuori dalla stanza, in cerca di Miki; tacevano, pensierosi.
Ad un certo punto Kaori disse, quasi fra sé e sé:
 
“E Miki? Chissà dove sarà adesso? L’ho lasciata da sola in piscina che sonnecchiava… Forse è andata a pranzo, vista l’ora.”
 
“Già, sarebbe il caso che mettessimo qualcosa sotto i denti anche noi, no?” sospirò Ryo, ma lei non gli diede udienza, e anzi proseguì, sempre sovrappensiero:
 
“Sarebbe strano trovarla in camera… magari potrei chiedere al Capitano Musashi di fare un annuncio nell’altoparlante dicendo, che ne so, che è attesa nella hall… è così disponibile e simpatico, quell’uomo!” concluse Kaori con un sorriso.
 
Quell’ultima affermazione però non passò inosservata a Ryo, che provò subito un senso d’inquietudine e gelosia; per questo chiese sospettosamente:
 
“E dimmi? Quand’è che ci avresti avuto a che fare?”
 
Certo immaginava che, in un certo senso, Kaori avesse avuto contatti formali con il personale di bordo e con il massimo rappresentante della nave, ma ignorava che i rapporti fossero diventati così intimi o amichevoli… e del tutto superflui, ragionò lui.
Kaori non diede segno di aver colto quel leggero tono di disagio nella voce del suo uomo, quindi rispose disinvoltamente:
 
“Ah, ci siamo visti anche prima che andassi a fare i massaggi” e lo mise a parte dei loro discorsi, dei nuovi furti e della telefonata fatta a Saeko per chiedere d’indagare sui sospettati.
Apparentemente Ryo si rilassò.
Poi Kaori aggiunse:
 
“A proposito di Saeko! Caro il mio bel socio, sappi che ho sistemato la faccenda debiti con lei!” e lo guardò con un’aria che non ammetteva repliche.
Ma lui, che ancora non capiva cosa intendesse, emise un “Eh?” interrogativo, accompagnato da una faccia leggermente ebete, per cui la ragazza fu costretta a spiegarsi:
 
“Sì, le ho detto che d’ora in poi i debiti che ha con te, o meglio con noi” e sottolineò il pronome “dovrà saldarli con moneta sonante, e quindi… addio bottarelle o notti d’amore!”
 
Ryo a quel punto ridacchiò nervosamente; per abitudine avrebbe voluto protestare o inveire contro di lei, ma sapeva già che quei debiti, e in quella modalità, non li avrebbe mai pretesi realmente, né riscossi, e si limitò a tacere.
Ora poi stavano insieme, e ovvio Kaori non gli avrebbe permesso relazioni extra o scappatelle di sorta, nemmeno con una vecchia amica come Saeko, e comunque non se le sarebbe mai andate a cercare, a dirla tutta.
La ragazza, dal canto suo, non era sicurissima del vero rapporto che intercorresse fra i due; certo l’affetto c’era ed era sicuramente sincero, per il resto non era mai riuscita a capire se ci fosse stato qualcosa in passato, se e quando questo si fosse concluso, e via discorrendo.
Kaori ricordava però che, quell’unica volta che la Nogami si era, come dire, decisa a saldare i suoi debiti con Ryo, quei due si erano ritirati in un albergo a ore, e quando lei, in preda alla gelosia più devastante, aveva fatto irruzione nella stanza, per impedire a Ryo di andare fino in fondo, vi aveva trovato solo Saeko che, stupita, le aveva detto che Ryo se l’era data a gambe.
A quel punto l’ispettrice le aveva anche spiegato che tanto tempo prima, sia Ryo che suo fratello Hideyuki erano innamorati di lei, e lei di loro, e che alla morte di Makimura non aveva ancora deciso quale dei due scegliere.
D’allora il suo cuore e quello di Ryo erano rimasti come sospesi, ma lei era ormai stanca di quello stato di cose, e pertanto sperava di approfittare di quell’occasione per fare chiarezza; ma, aveva ammesso, si era sentita quasi sollevata, alla fine, quando Ryo era scappato via, perché non era ancora pronta a dimenticare Hideyuki e a buttarsi fra le braccia dello sweeper.
E aveva pure aggiunto che, qualora ci fosse riuscita, si sarebbe ritrovata nuovamente in mezzo ad un triangolo amoroso.
Non appena Saeko se ne era andata, Kaori aveva scovato Ryo chiuso in bagno, apparentemente intento ad espletare ben altre funzioni corporali e a lei le era sembrato tutto talmente surreale!
Possibile che Ryo vi si fosse rifugiato per paura?
Perché si era nascosto?
Eppure, poi, avevano comunque continuato quel loro giochino di promesse non mantenute.
In ogni caso dopo tutti quegli anni, Ryo e Saeko, se avessero voluto, avrebbero potuto concludere tutto quello che era rimasto in sospeso, pensò la ragazza, per poi ammettere immediatamente che, con Ryo, si rimaneva sempre appesi al filo per tempi infiniti e che lei stessa, con lui, aveva messo in chiaro le cose solo… quando…?
Appena il giorno prima.
Si confuse.
Per scacciare quei pensieri arzigogolati, si rivolse così al socio:
 
“Lo sai? Quando le ho detto che avrebbe dovuto fare i conti con me, quella stupida ha pensato che… che… avrebbe dovuto farlo con me, ed era ben felice di questo! Ha pure detto che le sono sempre piaciuta! Ma dimmi te se non è scema anche lei! Non perde mai occasione di prendermi in giro e mettermi a disagio!”
 
Ryo però, a quell’uscita innocente, aveva drizzato le orecchie e assunto la sua solita espressione da porcello; anziché scandalizzarsi o ridere dell’assurdità appena sentita, con un lieve accenno di bava chiese, quasi con noncuranza, dissimulando il crescente interesse:
 
“E… e… tu cosa le hai risposto? Hai accettato?” voleva fare l’indifferente, ma gli occhi tradivano un certo luccicore, erano pieni di una luce torbida, strana, e quando la socia si fermò di botto, colpita da quella domanda maliziosa, e si voltò a guardarlo, lui rincarò la dose aggiungendo:
 
“E… quando sarà, potrò guardarvi?” e si mise a mani giunte, in atteggiamento speranzoso e voglioso insieme, pregustando un eccitante spettacolo a luci rosse, tale da meritare l’oscar dell’hard movie. Incurante del pericolo che stava correndo, continuò implorando: “Ti prego, ti prego, ti prego!”
 
“Ma-ma-ma… che ti viene in menteeeeeeee?????” gli ruggì contro lei con quanto fiato aveva in gola, tanto da produrre uno spostamento d’aria così potente da scaraventare Ryo in fondo al corridoio, dove fu prontamente raggiunto da un mega martello che lo spiaccicò definitivamente sulla moquette.
 
Kaori gli andò incontro a passo di carica, ancora ansante e rossa in viso per la vergogna e lo sforzo fisico, e iniziò ad inveire:
 
“Sei il solito porco pervertito maniaco!”
 
Lui avrebbe tanto voluto risponderle che non c’era niente di male, visto che erano entrambe le donne più importanti della sua vita, a titolo diverso ovvio, e che insomma sarebbe stato un bel vedere… ma con la mascella slogata e i denti sparsi sul tappeto, era un po’ difficile mettere insieme due parole, quindi biascicò qualcosa di inintelligibile e poi svenne.
 
Non molto tempo dopo però, erano già di fronte alla camera di Miki, dimentichi del siparietto avuto poco prima e belli come sempre, anzi se possibile ancora di più.
Nonostante la preoccupazione per il furto, e il fatto che il caso fosse entrato nel vivo, la consapevolezza di essere ormai una coppia a tutti gli effetti infondeva in entrambi una serenità e una sicurezza che traspariva dai loro visi, distendendone i tratti; pertanto, quando la barista gli aprì la porta dopo il segnale convenuto, si stupì più per quello, che di trovarseli lì e insieme a quell’ora del giorno.
 
Miki, ripresasi dalla sorpresa, visto che nessuno l’aveva avvertita di quell’incontro poiché non aveva sentito le ragazze anticiparle niente via auricolare, e appunto vedendo i due City Hunter mostrarsi a spasso per la nave senza problemi, li fece entrare preoccupata e lievemente nervosa.
Sentiva già che c’erano guai in vista, e prima di richiudere la porta della sua cabina mise fuori la testa e controllò che nessuno li avesse visti o seguiti.
 
“Ragazzi, che succede?” chiese subito Miki, non perdendo tempo.
 
“Il Camaleonte è entrato in azione! È passato nella mia cabina e mi ha derubato: ha preso anche la mia spilla” rispose Kaori.
 
“Finalmente!” rispose la ragazza.
 
Certo non era contenta che il ladro facesse i suoi comodi, ma almeno così, forse, sarebbe stato più facile per loro smascherarlo; ma il suo entusiasmo si spense quando vide la faccia preoccupata dell’amica, e immaginando che ci fosse dell’altro aggiunse:
 
“Stavo per andare a pranzo, ma forse è meglio se rimaniamo tutti e tre qui: ci facciamo portare qualcosa dal servizio in camera e ne parliamo con tranquillità.”
 
“Ah, che idea strepitosa che hai avuto, mia bella Miki!” esclamò Ryo, che aveva taciuto fino a quel momento; sembrava sul punto di lanciarsi su di lei come al suo solito, e invece si limitò a saltellare sul posto come un bambino felice, e Kaori tirò mentalmente un sospiro di sollievo: che l’amato partner avesse veramente messo la testa a posto e si fosse dato una calmata?
 
L’ex mercenaria fece per raggiungere il telefono per ordinare il pranzo, ma prima di alzare la cornetta e comporre il numero apposito, si voltò verso i suoi amici e chiese:
 
“Dovremmo avvertire anche Reika ma… c’è un problema: credo di aver perso da qualche parte il mio braccialetto, quello con il trasmettitore” e abbassò lo sguardo dispiaciuta.
Non era stato molto professionale da parte sua, aveva commesso una leggerezza, perché sapeva benissimo che quello era un dispositivo altamente tecnologico indispensabile per la riuscita del piano, ma Miki era anche una donna assennata e sapeva assumersi le sue responsabilità, perciò rialzò gli occhi sui due, pronta a subire gli eventuali rimproveri.
In realtà era più che sicura che Kaori non avrebbe inveito, e Ryo… be’ se era lì significava che la socia l’aveva tirato dentro, ma non avrebbe avuto nessun diritto di criticarla.
In ogni caso la barista aggiunse:
 
“Prima, quando mi sono risvegliata in piscina, mi sono guardata intorno e non vi ho visto, volevo provare a contattarvi con il trasmettitore, e solo allora mi sono accorta della mancanza del braccialetto. È stato un bene che siate venuti a cercarmi, perché non sapevo proprio come raggiungervi o trovarvi.”
 
“In realtà prima di andarmene avrei voluto avvertirti” disse Kaori, “ma stavi dormendo e non volevo svegliarti. Inoltre, ufficialmente noi non ci conosciamo, e sarebbe stato sconveniente che una sconosciuta come me fosse venuta ad importunarti. In quel momento c’era tanta gente intorno alla vasca e in acqua, e come sai parecchi occhi ci osservano. E Reika…” fece una pausa; non sapeva come proseguire, e dopo un attimo di disagio, che non sfuggì all’amica, riprese: “Reika era impegnata con il signor Iro Murasaki… quindi non ho potuto parlare nemmeno con lei.”
 
“E nemmeno adesso potrete farlo” intervenne Ryo, in tono serio. Miki allora volse lo sguardo verso lo sweeper e, con espressione interrogativa, gli chiese:
 
“Che vuoi dire, Saeba?”
 
“Semplice, che in questo momento i due se la stanno spassando in camera di Reika.”
 
“Ryo!” esclamò la socia, anche se sapeva benissimo che era la pura verità, e dentro di sé si sentì in colpa perché a quest’ora poteva esserci lei fra le braccia del Camaleonte.
 
Miki sgranò tanto di occhi per poi dire:
 
“Bene, a questo punto raccontatemi tutto!”
 
I due soci annuirono con aria grave, mentre l’ex mercenaria già si dirigeva alla sua valigia, ne rimuoveva il doppio fondo e tirava fuori un congegno per tracciare il segnale delle trasmittenti racchiuse nei vari monili delle ragazze.
Prima di accomodarsi tutti nel salottino della cabina, lo sweeper disse:
 
“Sì, però intanto ordiniamo il pranzo, che a stomaco pieno si ragiona meglio, e Ryuccio, qui, vuole riempire il pancino” e si mise a massaggiarsi la pancia, ridendo come uno scemo.
 
Le ragazze si guardarono un attimo, poi scoppiarono a ridere: quell’uomo non sarebbe cambiato mai, poteva passare disinvoltamente da uno stato d’animo all’altro e rimanere sempre sé stesso.
 
 
 
 
Dopo aver messo giù la cornetta e ordinato uno spuntino sostanzioso per tutti, rivolgendosi ai due, Miki li apostrofò:
 
“A proposito di cibo, sento uno strano odore di cocco… e poi tu, Ryo, come sei vestito? Si può sapere cosa avete combinato?”
 
L’uomo indossava ancora l’ampia casacca e i pantaloni di tela grezza, e quelli non erano certo i suoi soliti abiti; per far prima non si erano cambiati, ma mentre Kaori portava ancora dei semplici vestiti comodi e casual, la mise da guru dell’uomo non passava di certo inosservata.
Ma l’uscita di Miki mise in imbarazzo soprattutto Kaori, che ripensò a quei massaggi conturbanti, e a Ryo che glieli faceva, e d’improvviso avvampò; riuscì solo a borbottare:
 
“…centro benessere.”
 
“Cosa?” domandò ancora l’amica.
 
“Centro benessere…” scandì meglio Kaori, ma visto che ancora la ragazza non capiva, Ryo tagliò corto dicendo:
 
“Sì, Kaori vuole dirti che prima è stata a farsi un bel massaggio tantrico al centro benessere, ecco perché profuma di cocco. Chi altri ha una socia profumata come la mia? Sono un privilegiato!” concluse ridacchiando.
 
“Un massaggio tantrico?” chiese stupitissima Miki.
 
“Non-non dirmi che anche tu sai cosa sono!” ribatté la sweeper sempre più in imbarazzo, sentendosi la solita ingenua sprovveduta che non conosce il mondo e… quei massaggi; se lo avesse saputo, ci avrebbe pensato due volte prima di farseli fare…
Fortunatamente Ryo aveva preso il posto di chissà chi, e non era finita sotto mani sconosciute.
Rabbrividì di vergogna, ma notando che anche Miki era a disagio, si fece più attenta e la fissò con insistenza: voleva sapere se Miki sapeva.
Lei, infatti, turbata si voltò dall’altra parte e bofonchiò:
 
“Ne ho sentito parlare…”
 
Ryo sorrise sotto i baffi; erano così buffe quelle due!
E per l’ennesima volta si stupì del loro candore.
Miki era vissuta fin da piccola in mezzo ai mercenari e alla guerra, orfana era stata raccolta da Falcon che si era preso cura di lei, le aveva insegnato a difendersi, a star al mondo, a sopravvivere, e ne aveva fatto involontariamente una mercenaria come lui.
Il gigante si era colpevolizzato a lungo per questo, e un giorno, servendosi di uno stratagemma, l’aveva abbandonata, sperando che lei cambiasse vita, ma Miki, al contrario, aveva continuato a fare il suo stesso mestiere fino a quando non era partita alla ricerca dell’uomo della sua vita, decisa a non lasciarlo più e a farsi sposare.
In tutto quel tempo aveva conosciuto il lato peggiore degli uomini, la crudeltà, la violenza, i soprusi e la miseria, la sofferenza che da tutto ciò ne deriva, eppure il suo animo non si era mai corrotto: era rimasta una ragazza profondamente romantica e gentile.
Aveva voluto cucirsi da sé il vestito da sposa, e coronare il suo sogno d’amore con una cerimonia ufficiale e intima, in una chiesetta immersa nel verde.
Quello era stato il più bel matrimonio a cui Ryo avesse mai partecipato, nonostante non fosse stato nemmeno invitato, e malgrado si fosse poi concluso con l’attacco degli scagnozzi di Kreutz, tanto che la stessa Miki ne aveva fatto le spese, finendo ferita nella sparatoria, e avessero poi rapito Kaori.
Lo sweeper apprezzava moltissimo Miki, perché come la sua Kaori, pur vivendo in quel loro mondo marcio e pericoloso, rimaneva comunque pura ed intatta, un’anima buona e dolce.
Il segno che c’era ancora speranza nel mondo, e Ryo si sentì felice.
Era bello avere accanto persone come loro, l’appoggio e il sostegno di amici come Umi e Mick, l’amicizia di Saeko, del Doc e del resto della banda; loro erano tutta la sua famiglia e, forse per la prima volta, Ryo ammise di essere un uomo fortunato…
E poi c’era Kaori, che l’amava di un amore incondizionato e a cui lui avrebbe dedicato tutta la sua vita.
 
Imbarazzarsi per certi massaggi!!!
Era troppo divertente vederle così turbate, quelle due amiche, quegli spiriti affini, e non si trattenne dall’aggiungere:
 
“E pensa… quei massaggi gliel’ho fatti io!”
 
“Ryooooo smettila!” gridò Kaori sull’orlo dell’infarto.
 
A quel punto lui scoppiò a ridere fragorosamente, ma fu fermato sul più bello da un mini martello di appena 50t, che gli procurò un bel bernoccolo.
 
Fu il turno delle due di ridere e smorzare quella strana tensione imbarazzata, e Miki concluse con:
 
“Ecco perché hai quei vestiti assurdi. Be’, se ti stancassi di fare il tuo mestiere, ne avresti già un altro a portata di mano.”
 

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Capitolo 12
*** Spie e travestiti ***


Bene, al 12 ci siamo arrivate e incredibilmente è venerdì sera! :D
Ragazze, siete fantastiche, le vostre rec mi riempiono il cuore di gioia *.* e scusate ancora se ci metto un sacco di tempo a rispondervi. Ma vi tengo tutte a mente e tutte meritate una risposta adeguata che… prima o poi arriverà.
Intanto leggetevi questo e… buona lettura!
Vi adoro!
Eleonora




Cap. 12 Spie e travestiti
 
In attesa del pranzo ordinato, Miki accese il computerino ed effettuò l’accesso alla mappatura interattiva della nave: con sua enorme sorpresa vide lampeggiare tre spie diverse, e spostarsi quasi disordinatamente all’interno dell’enorme imbarcazione.
I due sweeper,  che non si erano persi nemmeno un gesto della ragazza, vedendola trasalire chiesero quasi all’unisono:
 
“Miki, che succede?”
 
“Guardate qua!” e spostò lo schermo a favore dei due.
Lampeggiavano chiaramente la lucina rossa della spilla di Kaori, la verde del ciondolo di Reika e la blu del bracciale di Miki.
 
“Ma allora non l’ho perso!” esclamò quest’ultima riferendosi al suo gioiello “Il Camaleonte ha derubato anche me!”
 
 
***
 
 
“Si può sapere dove eri finito?” chiese seccamente Momo ad Iro, che era appena entrato nella cabina; lei era in piedi al centro della stanza, vestita di tutto punto, e aveva passato le ultime ore a passeggiare avanti e indietro nell’alloggio.
 
“Non sono affari che ti riguardano” rispose l’uomo, gettando le sue chiavi sulla consolle accanto alla porta e dirigendosi al mobile bar, dal quale prese una bottiglia di scotch, servendosene un abbondante bicchiere senza offrire.
 
“E invece sì! Dove vai e con chi stai mi interessa, eccome! Ci siamo imbarcati insieme, e insieme dobbiamo stare!” ribatté con stizza la donna.
 
“Lo sai benissimo che non siamo una coppia: mi hai lasciato un anno fa, non ricordi?” rispose senza guardarla in viso, continuando a sorseggiare il suo liquore, più infastidito del solito.
 
“Questo non vuol dire niente…”
 
“Oh sì, invece!” l’interruppe lui “Non puoi disporre della mia vita, soprattutto di quella amorosa, e a meno che non abbia da rimproverarmi qualcosa relativo agli affari, ti pregherei di smetterla con questa tua tardiva gelosia” e così dicendo, si decise a piantarle gli occhi in viso per vedere la sua reazione.
La donna trasalì, ferita.
 
Bene” si disse Iro, “Colpita e affondata” ghignò mentalmente.
 
“Hai ragione” ammise alla fine la Momotaro, “ma se scompari e non so come fare per rintracciarti, potrebbe diventare un problema… non solo per me, ma per entrambi…” e dicendo questo si diresse anche lei al tavolinetto del salotto e si versò da bere.
 
“Comunque sia, se proprio vuoi saperlo… c’ero quasi” disse l’uomo, e a quelle parole Momo si voltò di scatto a guardarlo; a quel punto lui proseguì: “Ero quasi riuscito a… ma poi sul più bello quella stupida si è tirata indietro.”
 
Momo inghiottì il sorso di liquore che aveva trattenuto in bocca, cercando di buttar giù, con quello, anche il nodo che le si era formato in gola.
Lui si passò stancamente una mano fra i capelli, frustrato; sbuffò prima di dire:
 
“Ha detto che non poteva e si scusava, ma stava pensando ad un altro e sarebbe stato ingiusto nei miei confronti, e bla bla bla” concluse con tono sprezzante “Odio i sentimentalismi!” e tracannò un altro sorso generoso per poi fare una smorfia di disgusto, forse per il liquore o per il comportamento di Reika.
 
Momo gli si avvicinò; lo conosceva troppo bene per non sapere quale alta considerazione avesse di sé stesso e della sua avvenenza, di cui per altro si serviva spudoratamente per i suoi fini, qualunque essi fossero.
Ad un passo da lui, tentò una timida carezza al viso; non era sicura di come Iro avrebbe reagito.
Per fortuna non solo la lasciò fare, ma sembrò anche gradire.
La donna gli chiese:
 
“E tu? Tu a chi stavi pensando?”
 
Lui la guardò negli occhi e non vacillò un solo istante quando disse:
 
“Lo sai!” e poi la baciò con ardore, possessivamente.
 
Momo non aspettava altro, e rispose con altrettanta voluttà a quel bacio focoso ed esigente; si spogliarono reciprocamente con foga, quasi con violenza, strappandosi di dosso i vestiti, e in men che non si dica si ritrovarono nudi e avvinghiati, distesi sul letto, a sfogare una passione mai del tutto sopita e stuzzicata dagli eventi che stavano vivendo in quei giorni.
Erano mesi che non s’incontravano, e non ricordavano nemmeno più quando fosse stata l’ultima volta che si erano visti e avessero discusso senza insulti o violente litigate; forse non era stato un caso ritrovarsi a bordo di quella stessa nave da crociera, anche se, ovvio, non era stata una libera decisione.
La loro storia era sempre stata molto travagliata e turbolenta, fatta di tanti alti e bassi, di baruffe più o meno serie, di lotte non solo verbali, che il più delle volte si concludevano in quella stessa maniera.
Solo lì erano invariabilmente in perfetta e magnifica sintonia, o quando lavoravano seriamente.
Nel loro campo erano due professionisti, ed erano i più richiesti nel giro.
 
 
***
 
 
“Capitano, capitano, per fortuna l’abbiamo trovata!”
 
“Che c’è, signora Sora? Si calmi, prego si segga qui” disse il Capitano Musashi, prendendo gentilmente per un braccio l’anziana donna che, seguita dal marito, era entrata nel suo ufficio.
I coniugi erano visibilmente scossi e l’alto ufficiale, rivolgendosi ad un sottoposto, gli ordinò di portargli dell’acqua, così da poterli in qualche modo calmare.
 
“Grazie, grazie, lei è troppo gentile” rispose lei.
 
Suo marito prese posto nella sedia accanto e prese affettuosamente la mano della moglie, cercando di farle forza e tranquillizzarla, ma si vedeva che anche lui era tremendamente turbato.
Quando entrambi ebbero sorbito, a lente sorsate, abbondante acqua, si decisero a parlare; fu la signora Tsuki ad iniziare:
 
“Capitano Musashi, è successa una cosa orribile! In tarda mattinata, quando abbiamo lasciato la piscina col dire di rientrare in cabina, pranzare lì e riposare, abbiamo trovato i nostri alloggi sottosopra! Qualcuno ha frugato nei nostri bagagli, nelle borse, nei vestiti appesi nell’armadio e, ciò che è peggio, è che siamo stati derubati dei nostri averi!” e prese a singhiozzare.
 
“Avanti cara, non fare così” cercò di consolarla suo marito Taiyo, “vedrai che tutto si sistemerà.”
 
A quelle parole, Musashi si fece scuro in volto.
I furti continuavano, e ancora le ragazze non avevano trovato il ladro; certo non voleva incolparle in nessun modo, ma era lui il responsabile di tutta quella moltitudine di persone a bordo, ed era lui l’addetto principale alla sicurezza.
In tutti quegli anni di onorata carriera, non era mai successo che a bordo della sua nave si verificassero degli spiacevoli inconvenienti come quello.
Doveva fare qualcosa, e non sapeva cosa; fu assalito da un fastidioso senso di frustrazione.
Era sicuro della serietà ed affidabilità di tutto il personale, ma a questo punto iniziò a dubitare delle sue certezze.
Le mele marce si nascondono in ogni angolo, e i furti poteva averli commessi chiunque.
Si diceva che il Camaleonte prediligesse donne sole e ricche, invece lì aveva la prova che non disdegnasse neanche una coppia di anziani indifesi come quei due.
O si era di fronte alla classica eccezione, oppure c’era chi, con la scusa del ladro famoso, faceva i suoi porci comodi.
In ogni caso bisognava trovare una soluzione: raddoppiare la sorveglianza, stare più attenti, interrogare discretamente gli addetti alle pulizie e ai servizi in camera.
E bisognava farlo in fretta, perché gli erano arrivati dei fax, dalla capitaneria di porto, in cui lo si avvertiva dell’arrivo di un fronte temporalesco da sud-ovest, di cui dovevano stabilire la pericolosità; se si fosse rivelato anche solo un semplice fortunale, pur navigando sotto costa, la Princess Raven sarebbe stata costretta ad attraccare al primo porto disponibile, per non mettere a repentaglio la stabilità della nave stessa e l’incolumità dei passeggeri.
E il ladro avrebbe avuto comunque gioco facile in ogni caso, perché se la tempesta li avesse sorpresi in mare, avrebbe potuto approfittare della confusione e del fatto che l’equipaggio sarebbe stato tutto impegnato nelle manovre richieste; se, al contrario, avessero fatto scalo al porto, non solo sarebbe potuto scendere a terra e dileguarsi mischiandosi ai passeggeri, ma anche e soprattutto far sparire la refurtiva, magari portandola con sé.
Finché la Princess fosse rimasta in navigazione stabile, c’era ancora possibilità di agire, ma non c’era tempo da perdere.
Ovviamente il capitano Musashi, da impeccabile uomo di comando, non fece trapelare i suoi dubbi e i suoi timori, e chiamando l’ammiraglio Hiroshigawa gli ordinò:
 
“Raccolga la deposizione dei signori Sora e gliela faccia firmare. Metteremo tutto a verbale e vedremo il da farsi.”  Poi, rivolto agli anziani: “Sapreste fare un elenco abbastanza dettagliato di ciò che vi è stato rubato, e stabilirne approssimativamente il valore?”
 
“Ma-ma… credo… credo di sì” balbettò la signora.
 
“Non si preoccupi, conosciamo molto bene il valore commerciale dei nostri averi” disse invece il marito “È che mia moglie è troppo scossa al momento, per ragionare lucidamente.”
 
“Immagino” disse conciliante Musashi “ma non c’è fretta, fate con comodo.” E salutando i presenti, uscì sulla plancia di comando.
Doveva rintracciare le ragazze e metterle a conoscenza degli ultimi sviluppi.
Ripensò alla signorina Kaori, e si scoprì a sorridere al pensiero di poterla rincontrare: gli aveva fatto una gran bella impressione, ed oltre che essere molto attraente, gli era sembrata anche in gamba, e assennata.
Aveva chiesto di poter parlare con l’Ispettrice Nogami, ma ancora non avevano avuto notizie di sorta. Sospirò.
 
 
***
 
 
“Non mi dire che il Camaleonte ha derubato anche te!” esclamò Kaori.
 
“Io pensavo di aver solo perso il braccialetto ma… aspettate!” disse Miki alzandosi e dirigendosi in bagno, dove teneva il suo beauty case. Un secondo dopo era già uscita e tenendolo in mano, aperto, lo mostrò ai suoi amici: gli scomparti segreti erano desolatamente vuoti, e la ragazza guardò i due con espressione indecifrabile.
 
“È la stessa cosa che è successa a me” disse la sweeper “Hai messo niente nella cassaforte della cabina?” chiese poi.
 
Miki controllò anche quella, e non trovò traccia dei contanti e delle carte di credito messe lì a bella posta.
 
“Per fortuna che non ha rubato questo” disse indicando il portatile aperto sul tavolo “altrimenti non solo ora non sapremmo come stabilire un contatto con le nostre trasmittenti, ma ci avrebbero anche scoperto” concluse con un vago senso di angoscia.
 
“Evidentemente il Camaleonte si occupa sempre e solo della stessa merce: preziosi e soldi,” intervenne Ryo “roba che puoi piazzare facilmente sul mercato e difficilmente rintracciabile. I gioielli si possono smontare, le pietre tagliare e i metalli preziosi fondere. I contanti si spendono senza problemi e le carte di credito si svuotano fino a quando il proprietario non si accorge del furto e ne denuncia la scomparsa” concluse con un’alzatina di spalle.
Riprese:
“La tecnologia viaggia su altri canali e tutto sommato un computer è alla portata di tutti, solo i ladruncoli vi ricorrono, mentre qui parliamo di un ladro dal palato fine. Deruba la gente del loro superfluo, diciamo così: orpelli e ninnoli di cui possono fare anche a meno, tutto sommato. Non muoiono di fame senza di quelli, né gli servono per lavorare; un computer invece è quasi indispensabile per qualcuno, per chi deve guadagnarsi il pane quotidiano, o chi ci deve studiare, che ne so?! In un certo senso il Camaleonte è una sorta di giustiziere, un Robin Hood atipico” finì di argomentare lo sweeper ridacchiando.
 
Trasalirono quando sentirono bussare alla porta: si erano completamente dimenticati del servizio in camera e del pranzo.
 
Poco dopo erano tutti e tre intorno ad un tavolo ovale, con la piana di vetro traslucido, e fra un boccone e l’altro non staccarono mai gli occhi dalla schermata del computer, sulla quale le lucine continuavano a lampeggiare e muoversi fra corridoi e stanze, ed era un po’ come giocare con un vecchio videogioco anni ’80; un gioco senza comandi, però, in cui ci si limitava solo a guardare.
 
Ad un certo punto decisero di dividersi i compiti: ognuno si sarebbe occupato di una lucina-trasmittente e avrebbe provato a tracciarne il percorso per ricostruirne l’itinerario; questo gli avrebbe dato forse informazioni su come si stava spostando il Camaleonte che, era ormai evidente, aveva dei complici.
 
La lucina che denotava Reika e il suo ciondolo sembrava ora stazionare in una stanza, che riconobbero come quella occupata proprio da lei; per questo non tardarono a capire che la ragazza era ancora in possesso della sua ricetrasmittente.
Evidentemente lei non era stata derubata, e questo scagionava Iro Murasaki come possibile ladro.
Restava tuttavia impossibile contattarla, in mancanza delle altre trasmittenti.
Sperarono allora che fosse lei a provare a raggiungerle, anche se… evidentemente era impegnata e chissà quando, e se, si sarebbe liberata.
 
 
***
 
“Maledetta! Maledetta me!!!” imprecava la bella investigatrice “Cosa mi è saltato in mente di buttarmi fra le braccia di quell’uomo, pur di dimenticare Ryo!” e afferrato un pesante posacenere di cristallo, lo scagliò con forza contro lo specchio del salottino, il cui riflesso le rimandava la sua figura, spettinata, leggermente discinta e patetica.
 
Era furibonda.
Ce l’aveva con sé stessa; con Ryo che aveva definitivamente scelto Kaori; con Kaori che era arrivata dove non era arrivata lei; con tutta quella situazione assurda che stava vivendo a bordo di quella dannata nave.
 
Aveva accettato l’incarico passatole dalla sorella perché sarebbe stato un lavoro facile, o comunque nelle sue corde, e invece era andato tutto storto dal momento in cui lo sweeper aveva messo piede a bordo.
D’improvviso provò come un senso di estraneità, sia all’interno di quella squadra di sole donne, sia in quel luogo patinato e sfarzoso.
Si guardò intorno: era in una lussuosa cabina che, anziché rallegrarle la vista, la faceva sentire totalmente fuori posto.
Fu assalita dalla nausea e da una leggera sensazione di asfissia; doveva uscire da lì, aveva bisogno dell’aria dell’oceano per schiarirsi le idee.
 
Si ritrovò a camminare con urgenza per i lunghi corridoi della nave, senza saper bene dove andare, fino a quando trovò una porta che dava sull’esterno: la spinse e uscì all’aperto, dove fu investita da un vento freddo che le diede una forte sferzata, lasciandola senza fiato, ributtandola quasi indietro.
Fu come svegliarsi improvvisamente da un sogno, e sbattendo le palpebre irrorate di lacrime, si chiese:
 
Ma che cosa sto facendo?”
 
Lei prima di tutto era una professionista, una brava poliziotta, un’investigatrice in gamba, e a causa dei suoi colpi di testa stava rovinando il lavoro suo e delle sue colleghe.
Si era fatta prendere dall’emotività, da quello stupido senso di rivalsa, e aveva perso di vista la missione.
Era vero, aveva permesso a quell’Iro di abbordarla, perché voleva dimostrare a sé stessa di essere comunque una donna desiderabile anche se il grande Ryo Saeba non l’aveva voluta, e anche perché quell’uomo era veramente affascinante e le piaceva.
E poi si era spinta oltre, troppo oltre, fin quasi a consumare un’effimera avventura che l’avrebbe lasciata più sola di quanto non lo fosse ora.
E in tutto questo aveva dimenticato che quell’uomo avrebbe potuto essere veramente il famoso Camaleonte, colui che stavano disperatamente cercando d’incastrare, e che quella, in ultima analisi, sarebbe stata per lui solo una farsa.
 
A questa constatazione si sentì morire, e cercò con tutta sé stessa di sorvolare sul fatto che lui, forse, sarebbe stato disposto a fare sesso con lei solo perché spinto da un secondo fine, e non perché la desiderasse realmente.
Per il momento doveva accantonare quel possibile ulteriore smacco, e concentrarsi sul fatto che… se l’era lasciato scappare.
Lei avrebbe dovuto lavorarselo, farlo parlare, cercare di scoprire chi fosse in realtà… se fosse il famoso rampollo di una ricca famiglia come diceva di essere, o un ladro senza scrupoli che si nascondeva dietro un nome altisonante e vestiti firmati.
 
Si diede della stupida per l’ennesima volta, ma poi si bloccò in tempo, prima di cedere all’autocommiserazione.
Stare a piangere sul latte versato non serviva a niente… doveva riprendere in mano la situazione: le sue compagne avevano bisogno di lei, e doveva recuperare il tempo perso.
Forse nulla era perduto, poteva ancora dare il suo contributo: era o non era Reika Nogami?
 
Tornò sui suoi passi più in fretta di prima, e per tutto il tempo cercò di mettersi in contatto con Kaori e Miki;  s’impensierì non poco quando nessuna delle due le rispose.
C’era qualcosa che non andava in tutta quella situazione, e una crescente angoscia s’impossessò di lei: cosa era successo alle sue amiche mentre lei se la spassava in cabina?
Poi pensò a Ryo, e, cercando di non dare troppo peso a quella leggera stilettata al cuore che aveva subito provato nel farlo, si disse che lui era a bordo e avrebbe vegliato su di loro.
Sicuramente su Kaori, e non avrebbe permesso che le succedesse niente di male.
Ma allora perché non rispondevano alle sue chiamate?
 
Rientrò in stanza, e con rabbia si sfilò l’auricolare ormai inservibile.
 
I suoi occhi si posarono sull’immagine scomposta riflessa nei frammenti di vetro rimasti attaccati alla cornice dello specchio, e sorrise amaramente.
Prima di uscire di nuovo a cercare le sue amiche si chinò sulla moquette, e pazientemente raccolse ogni pezzo di vetro per terra, stando bene attenta a non tagliarsi.
Quest’esercizio di pazienza la calmò definitivamente: una strana pace e una ferma determinazione scesero su di lei.
Avrebbe preso il ladro, costasse quello che costasse, o non si sarebbe più chiamata Reika Nogami.
 
 
***
 
 
Nella cabina di Miki, quest’ultima e i due City Hunter erano ormai giunti alla conclusione che avrebbero dovuto trovare Reika, e con lei stabilire un piano per incastrare il Camaleonte e i suoi complici, e recuperare la refurtiva.
E dovevano sbrigarsi, perché appena i ladri avessero scoperto le trasmittenti nella spilla e nel braccialetto, avrebbero capito di essere sotto sorveglianza e la cattura sarebbe sfumata.
 
Miki pensò di nascondere il mini computer, che stavano usando per il tracciamento dei segnali emessi dalle trasmittenti, in un vecchio libro che si portava sempre dietro: un tomo spesso e noioso, che leggeva quando era costretta a dormire fuori casa e non riusciva a prendere sonno.
Fu ben felice di modificarlo e pensò che così le sarebbe stato molto più utile.
 
L’idea era di girare per la nave seguendo il segnale del suo braccialetto, mentre Kaori sarebbe andata dal capitano Musashi per aggiornarlo sulla situazione, e Ryo… be’, Ryo sarebbe andato da Reika e l’avrebbe messa a parte di tutto il resto.
Tutti e quattro si diedero appuntamento alla sala bingo da lì ad un’ora.
 
C’era solo un problema: Ryo vestito come un guru indiano era davvero improponibile, e in mezzo a quei riccastri azzimati avrebbe attirato troppo l’attenzione.
Inoltre non c’era tempo e modo di mandarlo a cambiarsi nella stanza di Kaori, perché era dall’altra parte della nave e così facendo avrebbero perso tempo preziosissimo.
Dovevano trovargli assolutamente un travestimento!
Anche se gli unici vestiti disponibili erano quelli super femminili di Miki.
 
A Ryo non pareva il vero di travestirsi da donna!
L’aveva fatto mille volte, e mille volte aveva fatto lo scemo.
Kaori non ne era molto entusiasta, ma se volevano che lui le accompagnasse, il socio avrebbe dovuto rinunciare alla sua mascolinità per non dare troppo nell’occhio.
 
Lo trascinarono allora in bagno, dove gli fecero una ceretta lampo privandolo di tutti i peli in eccesso; lo truccarono, gli adattarono degli abiti e lo maneggiarono così tanto che, ad un certo punto, lui assunse un’espressione beata e sognante ed esclamò ad occhi socchiusi:
 
“Uuuuhhh, ragazze… che bello passare sotto le vostre mani”, ma Kaori, che già immaginava come sarebbe andata a finire, gli puntò gli occhi addosso e con sguardo truce lo minacciò:
 
“Fallo, e sei morto!”
 
L’uomo si riscosse: se prima la socia lo avrebbe annientato con un potentissimo martello, ora le sue minacce avrebbero potuto riguardare altro, come mandarlo in bianco rifiutandosi categoricamente di fare cose che a lui piacevano invece un sacco, e soprattutto, ora, farle con lei.
Iniziò a sudare freddo:
 
“Ma Kaori-chan, cosa vai a pensare” ridacchiò “Ti pare?”
 
“Sì, mi pare proprio, e stavolta non ricorrerò ai soliti martelli…” e lasciò volutamente la frase in sospeso; lui inghiottì la minaccia, con la gola improvvisamente riarsa: aveva visto giusto, e i suoi timori erano più che fondati, lei lo conosceva fin troppo bene.
Per fortuna questo bastò a calmare i suoi bollenti spiriti, e lui si ricompose.
 
Miki, riponendo i cosmetici nell’astuccio, ridacchiò sotto i baffi: quei due erano uno spasso e non sarebbero cambiati mai, ma ora erano ancora più divertenti, con queste baruffe che finalmente vertevano su tutt’altro.
Era anche bello però vederli così innamorati, anche se ancora lo nascondevano davanti a lei, limitandosi con le parole, ma soprattutto con i gesti.
Eppure a lei non era sfuggito il modo con cui si guardavano quando si rivolgevano la parola, o le piccole gentilezze che si scambiavano; in particolare Ryo era più attento con lei, più premuroso… piccolezze, certo, ma che saltavano agli occhi di chi li conosceva da tanto tempo.
Quello sfiorarsi delle mani o del corpo, apparentemente distratto o casuale, la mandavano in brodo di giuggiole, e mentalmente pensò al suo Umi così lontano e che le mancava tanto.
Quando arrossì leggermente i due, che se accorsero, le rivolsero uno sguardo interrogativo, ma lei si confuse e non disse niente.
Era felice, sì… felice per loro e per sé stessa.
 
Dati gli ultimi ritocchi, Ryo fu pronto per uscire; avrebbe fatto un breve tratto di strada con Kaori, poi si sarebbero divisi.
Le ragazze non smettevano di aggiustargli un ciuffo di capelli, una piega del vestito, il nodo del foulard al collo, e nel farlo valutavano lui e il loro operato.
Ryo portava l’ampio cappello di Miki sopra i capelli cotonati e gonfi di lacca; ai lobi delle orecchie pendevano due esagerati orecchini a cerchio, che il Camaleonte si era ben guardato di rubare, intuendo da subito che fosse semplice bigiotteria; indossava poi una camicia a fiorami annodata sulla pancia scoperta sopra un top fucsia, che in origine era stata una t-shirt modificata per l’occasione.
Gli ampi pantaloni di tela grezza erano stati accorciati a mo’ di bermuda e impreziositi di fiori ritagliati da una tenda, mentre i sandali alla francescana che indossava prima, guarniti di nastrini e perline colorate; perché Miki era sì alta, ma la stazza dello sweeper era notevole e non era stato per niente facile trovare qualcosa in cui lui potesse entrare.
Infine il trucco, pesante e vagamente sfacciato che per sua natura doveva distogliere l’attenzione dai tratti spigolosi e maschi del bel volto dell’uomo.
 
“Bene, credo che possa andare!” disse infine l’ex mercenaria, scrutandolo con occhio critico e piegando di lato la testa per avere una visione d’insieme.
 
“Sì, direi che ci siamo. Ora è una donna… Una donna bruttina, ma una donna” sentenziò la socia.
 
“Ehi, che vorresti dire? Io sono bellissimo anche in versione femminile, e vedrai quanti bei maschioni si volteranno al mio passaggio!”
 
“Sì, ma dall’altra parte!” aggiunse Kaori “Blah, sei bruttissimo invece! Mamma mia, fai impressione e credo che ti sognerò stanotte!” finì quasi disgustata.
 
“Oh, cara la mia socia, ma chi ti dirà che avrai tempo di sognare stanotte?” fece lui ammiccante, cosa che fece andare in ebollizione la ragazza, tappandole la bocca in preda all’imbarazzo.
Lui sorrise trionfante: per quella volta aveva vinto lui.
 
Lei farfugliò un “Vedremo…” poco convinta, e Miki nascose le risate dietro la mano premuta sulla bocca.
 
“Okay, non perdiamo altro tempo” esordì Miki ad un certo punto, però, mettendo fine ai loro battibecchi “Allora siamo intesi: fra un’ora alla sala bingo” e si avviò all’uscita; mise fuori la testa e quando fu sicura che non ci fosse nessuno, fece cenno di uscire anche agli altri.
 
Ryo si avvicinò all’orecchio della compagna e le chiese, a bassa voce:
 
“Perché dal capitano devi andarci proprio tu?” con una puntina di gelosia che non sfuggì alla ragazza, la quale, voltandosi verso di lui, gli regalò un sorriso malizioso:
 
“Perché io ci ho parlato fin dall’inizio, e perché è stato gentilissimo con me, un vero gentleman, un uomo d’altri tempi…”
 
“Ho capito, ho capito” tagliò corto lui “Anche tu vittima del fascino della divisa, eh?” e fece una smorfia “Ma se ti basta quella per perdere la testa, la prossima volta mi presento da te indossandone una anch’io, come Richard Gere in Ufficiale e Gentiluomo.
 
“Oh, ma Richard Gere era fantastico, ho in mente quella scena… l’avrò rivista un milione di volte…” rispose Kaori sognante.
 
“Insomma, la vuoi smettere?” esclamò Ryo infastidito “Piuttosto, non sei gelosa che andrò a trovare la bella Reika?” finì di dire, assumendo la sua solita faccia da maniaco.
 
“Se ti saltasse al collo anche vestito così sarebbe un vero e proprio miracolo, e vorrebbe dire che ha dei pessimi gusti” e scoppiò a ridere.
 
Anche Miki si accodò all’amica, mentre Ryo metteva il broncio e incrociava le braccia sul petto.
 
“Siete due streghe, due ragazzacce cattive!” sbottò in falsetto, stupendole non poco: era già entrato nella parte, e a quel punto le risate raddoppiarono, e anche Ryo si unì a loro.
 
Poco dopo si separarono e Miki si diresse dalla parte opposta dei due, ma poco prima che la ragazza sparisse alla vista, Ryo, con aria svampita, alzando il braccio al cui polso tintinnavano braccialetti finti e vagamente pacchiani, le gridò:
 
“Arrivederci, signora Hijuin! A presto” e le mandò un bacio; Kaori si portò la mano alla fronte, esasperata e divertita insieme, e girandosi verso di lui gli disse:
 
“Forza andiamo, puledra di Shinjuku!” e gli assestò una sonora pacca sul sedere.
 
Il socio sobbalzò, e fintamente offeso le rispose:
 
“Signora Saeba, ma che modi sono?”  mettendosi le mani sugli ampi fianchi.
Finirono per ridacchiare ancora, e avviandosi lungo il corridoio in direzione degli ascensori lui le chiese, ammiccando:
 
“Prima o poi mi spiegherai perché ti fai chiamare signora Saeba.”
 
“Mmm… più poi che prima” bofonchiò lei, di rimando.
 

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Capitolo 13
*** Ryoka la puledra di Shinjuku ***



Ebbene sì, siamo al cap 13, è un po’ cortino però spero che lo troverete divertente, almeno in certi passaggi.
Il caso sta prendendo forma ed altri indizi saltano fuori.
Cmq sia G*R*A*Z*I*E* per le bellissime rec che mi lasciate, per la simpatia e la stima che trasudano; grazie a chi legge e va, grazie a chi ha messo questa mia storiellina fra le ricordate/preferite/seguite.
Buona lettura e … a presto (la mia eterna speranza :D )




Cap. 13 Ryoka la puledra di Shinjuku
 
I due sweeper percorsero un tratto del corridoio in silenzio, poi l’uomo allungò una mano a sfiorare quella della compagna e la prese: lei gliela strinse intrecciando le dita e per un po’ camminarono così, dimentichi di tutto e di tutti, fino a quando giunsero davanti agli ascensori dove si sarebbero separati.
 
A quel punto, sempre tenendosi per mano, lui le si mise davanti e, attraverso quelle lunghe ciglia di mascara, la guardò intensamente:
 
“Allora… ciao…” disse con un filo di voce, leggermente roca, che fece passare un brivido lungo la schiena della compagna.
Nonostante fosse una caricatura di donna, Kaori riusciva a vedere oltre, e l’amore era così tanto che provò lo stesso il bisogno di assaggiare nuovamente quella bocca di fuoco.
I due ragazzi si fecero sempre più vicini impercettibilmente, calamitati uno dalle labbra dell’altro; stavano per baciarsi quando Ryo le disse:
 
“Vorresti baciarmi vero? Quindi anche tu hai dei pessimi gusti, se vuoi baciare un travestito…”
 
E Kaori, mettendogli le braccia al collo, gli rispose, con aria maliziosa ed ironica insieme:
 
“Ma… non lo hai fatto anche tu, in questi ultimi giorni?”
 
“Touché, socia” e nel momento in cui si chinò sulla bocca invitante della ragazza, si spalancarono le porte dell’ascensore: ne uscì una coppia di anziani che sobbalzarono davanti a quella scena.
 
Scandalizzati proruppero in: “Oh, ma che roba!” “I giovani d’oggi!” “Non c’è più il senso del pudore” e via dicendo.
 
I soci si staccarono all’istante in preda all’imbarazzo, e si sentirono morire.
Si salutarono senza nemmeno guardarsi, per poi fuggire ognuno nella propria direzione.
 
 
***
 
 
Ryo stava giusto per dirigersi al piano in cui si trovava la cabina di Reika, quando ebbe un’idea e tornò indietro cambiando direzione.
Dopo aver girato per un po’, e aver trovato finalmente chi cercava, li seguì.
Uscì all’aperto, e avvicinandosi a Iro e Momo che sostavano da soli, appoggiati al parapetto del ponte, esordì con:
 
“Oh, sapeste cosa mi è capitato!” starnazzò “Sono così agitata!”
 
I due si voltarono stupiti, sentendo quella voce, e fecero tanto di occhi: chi era quella specie di creatura dall’aspetto così eccentrico e vagamente femminile?
Ma non riuscirono a fare altre supposizioni che Ryo, prendendoli entrambi a braccetto e trascinandoli con sé, gli disse abbassando il tono, con fare cospiratorio:
 
“Mi perdonerete, ma ho bisogno di dirlo a qualcuno… Lo so che non dovrei, che ci sono delle indagini in corso, e non devo fare cattiva pubblicità alla compagnia e all’equipaggio, ma vi giuro sto impazzendo!” e salì di un’ottava dicendolo.
 
“Si calmi, si calmi!” conciliò Iro, cercando al contempo di ricordarsi chi fosse e se avesse mai visto quella donnona: aveva una presa d’acciaio e la sua veemenza era trascinante… era proprio il caso di dirlo.
 
“Che succede?” rincarò la dose la Momotaro, stupita e a vagamente allarmata, sentendo quell’accenno alle indagini.
 
“Oh, no no, non posso dirvelo… ho promesso!” recitò Ryo per poi aggiungere: “D’accordo ve lo dico, perché so che posso fidarmi di voi…” e subito dopo “Oh, che sventurata che sono, prima quello che mi è successo, ed ora che non riesco a mantenere nemmeno un segreto!”
 
I due si erano fatti ancora più attenti; intriganti per natura, erano ormai più che curiosi di sapere cosa volesse dirgli quella matta e se fosse il caso di poterlo sfruttare a proprio piacimento.
 
“Su, su, si tranquillizzi, gradisce una sigaretta?” suggerì Momo.
 
“Oh, mia cara, grazie, sì. Un po’ di nicotina mi farà sicuramente bene” e la Puledra di Shinjuku accettò la lunga sigaretta che gli porse la donna; tirò una profonda boccata voluttuosa e, apparentemente più calma, si dispose a spiegare, sempre a bassa voce:
 
“Allora ve lo dico…”e piegando il capo, costrinse i due ad abbassare la testa anche loro per sentire meglio.
“Sono stata derubata! Un ladro è entrato nella mia cabina! Oh, mio dio, ha fatto man bassa di tutti i miei gioielli!” piagnucolò.
 
I due fidanzati trasalirono.
Ryo non si era perso un solo movimento dei due e aveva registrato anche le più piccole variazioni di espressione dei loro volti; mentalmente sorrise soddisfatto.
Proseguì la recita:
 
“Avevo i miei gioielli, quelli che porto sempre con me, e l’anello di fidanzamento che il mio povero marito, Sanshiro, mi aveva regalato al tempo della scuola… tutto, preso tutto!”
 
Iro riuscì a dire:
 
“Un furto? Ma come può essere?”
 
“Ero uscita per andare in palestra a fare un po’ di esercizi, perché vedete, tendo a prendere peso… forse sarà questione di alimentazione, non lo so, o forse perché mi piacciono tante le feste, gli happy hour, gli aperitivi…” argomentò improvvisamente allegro “…mi sento così sola da quando il mio povero marito Hiroshi mi ha lasciata” proseguì piagnucolando.
 
“…ma non era Sanshiro?” chiese titubante Momo.
 
“Sì, ma quello era il primo marito, pace all’anima sua” chiosò la Ryo “Hiroshi era l’altro… possa lui aver raggiunto il nirvana” concluse congiungendo le mani con gran tintinnio di bracciali.
 
Frastornati, i due fidanzati non si capacitavano di questa donna strana, ma era arrivata lì portando notizie sconvolgenti, e allora Iro domandò:
 
“Ma… diceva? Del furto intendo!”
 
“Ah, sì… dicevo che ero andata in palestra e quando sono tornata i miei gioielli non c’erano più! Spariti insieme al poco contante – che è così da borghesi – e alle carte di credito. La stanza era in perfetto ordine e mi sono accorta per caso.” E tacque, studiando la loro reazione.
 
I due erano rimasti interdetti, non sapendo cosa dire; nascondevano bene il disagio, ma Ryo fu sicuro di aver fatto centro.
Quando fu sufficientemente certo di averli fatti rosolare per benino nel dubbio, berciò:
 
“Oh, ma forse non dovevo dirvelo! Il capitano mi aveva detto di serbare la cosa, per non seminare il panico. Vi prego, non spargete la voce, tenetevelo per voi!” pregò loro; e poi: “Fossi in voi, starei molto attento” concluse Ryoka con sguardo penetrante e improvvisamente seria, tanto che i due non furono sicuri di aver capito bene cosa volesse intendere con quell’ultima frase, se fosse cioè una sorta di avvertimento o una minaccia.
 
Ma la Ryo era già svolazzata via, lasciandoli basiti e senza parole, a rimuginare su quell’incontro. 
 
 
 
***
 
 
L’ammiraglio Hiroshigawa stava riaccompagnando i coniugi Sora alla loro cabina:  il vecchio Taiyo continuava a tenere un braccio intorno alle spalle della compagna, con fare protettivo e amorevole insieme, e per tutto il tragitto non si erano scambiati che pochissime parole, in un silenzio a tratti imbarazzato.
Giunti di fronte alla porta della coppia, l’ammiraglio disse:
 
“Bene, se mi permettete di entrare, farò un sopralluogo per raccogliere più indizi possibili sul furto.”
 
“Oh, lei è molto premuroso, ma credo che dovremo rimandare a più tardi… vede, mia moglie è molto scossa e ha bisogno di un po’ di riposo” rispose pronto il signor Sora, stringendo a sé la donna.
Questa annuì, per poi guardare il ragazzo con espressione quasi implorante, tanto da fargli stringere il cuore.
L’ammiraglio rimase un attimo interdetto: non si aspettava quell’eventualità; gli era stato ordinato di esaminare la cabina dei due, e magari scattare delle foto per vedere se c’erano elementi utili all’identificazione del ladro, ma capiva che non poteva nemmeno troppo insistere, con quei due anziani provati dal furto e dall’essersi trovati l’alloggio sottosopra, violato nella loro intimità.
La donna, capendo le sue remore, lo rassicurò:
 
“Non si preoccupi, parlerò io con il capitano Musashi…” e gli sorrise dolcemente.
 
Quella vecchina gli faceva tanta tenerezza e gli ricordava la sua nonna lontana; ebbe pure un moto di nostalgia per quella donnina brontolona, ma così tanto fiera di lui che stava facendo carriera nella marina.
Si lasciò sfuggire un sospiro prima di concedere:
 
“E va bene, ma non appena vi sentirete in grado di affrontare una perquisizione, chiamatemi e correrò da voi. Non toccate niente, però. Le indagini sono importanti, e prima verranno svolte, prima acciufferemo il ladro e la sua refurtiva” poi, facendo un lieve inchino, girò sui tacchi e se ne andò da dove era venuto, sperando di non aver noie col suo superiore.
 
Appena i due entrarono nella cabina, tirata a lucido e perfettamente in ordine, si chiusero la porta alle spalle con uno sbuffo.
Taiyo si sfilò la parrucca argentea e la lanciò sul letto con stizza, per poi togliersi gli occhiali dalle spesse lenti e massaggiarsi la radice del naso.
 
“Maledizione, quel pivello non si decideva a lasciarci, eh?” esclamò in direzione della vecchia moglie, che si stava slacciando uno stretto bustino che le sagomava una pancia pronunciata, che era ben lontana dal possedere.
 
“Per fortuna gli ho fatto gli occhi dolci: quelli funzionano sempre” gli rispose lei di rimando, facendogli l’occhiolino con aria furba.
Poi, sgranchendosi la schiena, costretta per troppo tempo in una posa innaturale, leggermente ricurva, si passò una mano fra i lunghi capelli neri a ravvivarli, dopo averli liberati da un complicato chignon.
 
“Tutti questi travestimenti… Sai? Iniziano a stancarmi. Ma non ti viene mai voglia di mollare tutto e cambiare vita?” le disse l’uomo.
 
“Be’, sì… ammetto che ogni tanto ci penso… Io e te a goderci il frutto del nostro lavoro, magari distesi in riva al mare, gustandoci un drink, in un paradiso tropicale…” sospirò “Però poi credo che mi mancherebbe tutta quell’adrenalina che mi dà un colpo ben assestato” concluse con gli occhi luccicanti.
 
“Vero… anche se… non potremo continuare in eterno” e le andò incontro per stringerla in un caldo abbraccio.
Le gli appoggiò la testa sul petto, ed entrambi rimasero così in silenzio per un po’.
Poi lui le domandò:
 
“Piuttosto, quei due idioti, che fine avranno fatto?”
 
“Spero per loro che si stiano guadagnando la loro parte di bottino, e che non passino invece il tempo come al solito a litigare o… fare altro…” e le sfuggì un mezzo sorriso che era più un ghigno.
 
Si sciolsero dall’abbraccio e si guardarono intorno: nella cabina regnava un ordine invidiabile e non sembrava affatto il luogo in cui fosse stato commesso un furto, con tanto di rovistamento selvaggio.
 
“Se quell’ammiraglio come-si-chiama dovesse tornare, zelante come un cane da riporto, dovremmo potergli offrire ciò che lui vuole vedere… e soprattutto nascondere questi…”
 
All’improvviso si sentì bussare alla porta.
 
I due tacquero: non erano sicuri di aver sentito bene, tesero le orecchie.
Si sentì bussare ancora.
Si guardarono interrogativamente.
Ed ora?
Cosa avrebbero fatto?
Rimasero in ascolto sperando che il visitatore, immaginando che loro non ci fossero, passasse oltre.
Non poteva trattarsi dell’ammiraglio o del capitano: non avevano ordinato niente, e non erano di certo quei due sciagurati dei complici, dato che quello non era il segnale convenuto.
Chi altro poteva cercarli?
Non avevano fatto amicizie di sorta tranne che con…
Miki!
 
“Signori Sora? Ci siete? Vi disturbo?” la voce della ragazza risuonò attraverso la spessa porta di legno e metallo.
 
“Signora Hijuin? Miki?” chiese Tsuki con voce tremula.
 
“Sì, sono io!” rispose squillante l’ex mercenaria.
 
Miki, dopo aver salutato i suoi amici City Hunter, se ne era andata in giro per la nave, seguendo sul display del suo portatile il segnale lampeggiante della spia nascosta nel suo braccialetto.
A chi l’avesse incrociata per i corridoi, o sui ponti all’esterno o nelle sale comuni, sarebbe apparsa come una donna intenta alla lettura, così tanto presa dal suo libro preferito che non vi staccava gli occhi nemmeno quando camminava.
La realtà, invece, era che monitorava i segnali delle trasmittenti, in particolare il suo, che l’aveva portata fino a lì.
 
“Posso entrare?” questa domanda fece trasalire i due coniugi.
 
“Un-un attimo, prego” riuscì a rispondere Taiyo, mentre dentro di sé sbuffava: “Dannazione! Cosa vorrà, anche, questa riccastra tutte moine e mossette? Non ha già avuto quel che si meritava?
 
 
 
***
 
 
 
Nel frattempo, in un’altra parte della Princess Raven, un’altra donna era giunta davanti ad una ben nota cabina; bussò usando la sequenza in codice, e subito la porta si spalancò:
 
“Miki, Kaori!” e l’occupante dell’alloggio si precipitò fuori, per finire fra le braccia di una sorta di drag queen in tenuta vacanziera.
 
“Oh… mi-mi scusi” riuscì a farfugliare Reika appena si rese conto che quell’armadio a muro, dalle vaghe sembianze femminili, non era nessuna delle sue due amiche e colleghe.
Risalì con lo sguardo fino ad incontrare gli occhi della creatura, e rimase senza parole.
 
Una bella bocca carnosa, rossa di rossetto sgargiante, le sorrideva incoraggiante; e quegli occhi… quegli occhi… le sembrava di averli già visti.
 
“Buon giorno Reika cara, io sono Ryoka!” e le tese la mano.
 
Stupita, la Nogami junior continuava a guardare quel donnone, senza riuscire ad emettere parola alcuna.  Poi, all’improvviso, proruppe con:
 
“Ryooooo????”
 
Ma lui non le permise di dire altro, la spinse gentilmente dentro, e lesto si chiuse la porta alle spalle.
 
 
***
 
 
 
“Oh, signorina Kaori, che bello rivederla, anche se ogni volta che ci incontriamo la situazione non è mai piacevole” e le lanciò un caldo sorriso.
La ragazza, memore delle illazioni del socio geloso, si soffermò a studiare con più attenzione il capitano Musashi.
 
Effettivamente lei ne era in qualche modo affascinata, ma era sicura che questo strano e piacevole effetto non fosse dato solamente dal famigerato fascino della divisa, che le sembrava piuttosto un cliché come un altro, ma dal vero e proprio atteggiamento dell’uomo.
Musashi evidentemente era conscio della sua prestanza e della sua avvenenza, anche se non ne abusava né le sciorinava per impressionare o sedurre le belle donne, anzi!
Era comunque galante e professionale, e l’interesse che dimostrava nei suoi confronti risultava piuttosto genuino e senza secondi fini… almeno così pareva a Kaori.
Insomma, lei gli piaceva veramente e lui non lo nascondeva, seppur glielo dimostrasse discretamente.
In fondo lui era un capitano che passava il suo tempo a navigare in mare, lei era una sorta di agente di polizia – e chissà cosa avrebbe pensato di Kaori, se avesse saputo quale era il suo vero lavoro! – impegnata a risolvere casi nell’area metropolitana di Tokyo…
Magari non pensava a niente di serio, però Kaori arrossì a questa evidenza; si confuse.
 
“Oh, non dica così, che mi fa arrossire” ammise la sweeper “Piuttosto ha novità per me?”
 
“Sì, l’ispettrice Nogami mi ha telefonato dicendo che ha le informazioni che cercava, ma che vuole discuterne con lei personalmente. Stavo per mandare qualcuno a cercarla, ma ecco, il destino l’ha portata da me” concluse, esulando dal tono professionale usato fino a quel momento.
 
Kaori inghiottì leggermente a disagio: le scocciava che ogni volta che un uomo flirtava con lei, o che le faceva apprezzamenti di sorta, lei non fosse capace di rispondere per le rime, cioè di celiare e flirtare a sua volta come faceva lui, e si chiudesse a riccio, invece, in imbarazzo.
Avrebbe tanto voluto essere più sicura di sé, in quei momenti, non tanto come Saeko che era sempre padrona della situazione – e che anzi era quella che certi giochi li dirigeva, dettandone le regole – ma almeno più disinvolta.
Accettare un complimento senza arrossire o turbarsi, insomma, come tutte le altre donne.
Ma scacciò all’istante quei pensieri oziosi e inutili, anche perché ormai stava con Ryo, giusto?
E comunque lui non sarebbe stato per niente contento di quella corte velata che il bel capitano le stava facendo; anche se, dovette ammetterlo, vedere Ryo così geloso di lei, le faceva provare una gioia sconfinata e gratificante.
 
Si riscosse, tirando fuori la sua professionalità, glissando sulla carineria appena ricevuta, e disse:
 
“Bene, allora potrebbe mettermi in contatto con lei?”
 
“Certamente. Si accomodi di là nel mio ufficio, come al solito, che provvederemo a passarle la chiamata” e diede subito ordine che richiamassero la stazione di polizia di Shinjuku.
Non appena Saeko rispose, le fecero segno di alzare la cornetta.
 
“Pronto, Saeko, dimmi che hai qualcosa di buono per noi.”
 
“Ciao, Kaori! Direi che ho tante cosucce da raccontarti. Mettiti comoda…”

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Capitolo 14
*** Uscita ufficiale ***


In corsa contro il tempo e la RL eccovi il cap 14 (stiamo già intravedendo la fine, manca poco ormai). Ringrazio a viva voce la splendida Briz65 che riguarda pazientemente i miei deliri tanto da segnalarmi sviste o errori, erroretti e financo virgole e punti messi a random :D
E RINGRAZIO voi tutti che leggete, che commentate, che mi aspettate con ansia, che vi siete appassionate alla mia ennesima storiella scritta tanto per. Siete veramente tantissime e mi riempite il cuore di gioia. GRAZIE *____*





Cap. 14 Uscita ufficiale

 
“Uff, che strazio! Tu sai quanto io odi vestirmi elegante!” sbuffò Ryo, mentre la socia finiva di sistemargli il papillon dello smoking impeccabile, blu scuro.
 
“Dai, è solo per questa sera, e il dress code lo esige” rispose lei con aria da maestrina.
 
Dress cosa?”
 
Dress code, Ryo, ovvero le regole che definiscono l’abbigliamento appropriato per ogni occasione” recitò lei “e per sedere al tavolo del capitano in una serata di gala, bisogna indossare un abito da sera, e per gli uomini è consigliabile uno smoking” terminò dando gli ultimi ritocchi al fazzoletto che spuntava dal taschino della giacca, sufficientemente soddisfatta; “E poi così sei bellissimo” aggiunse guardandolo con ammirazione e sguardo sognante.
 
Lui stava per protestare ancora quando si fermò, subito colpito dal quel complimento inaspettato, che gli fece accelerare il battito del cuore; si sentì improvvisamente turbato e si confuse.
Sapeva di essere un uomo bello e fascinoso, che piaceva alle donne, e se non avesse preso il sopravvento troppo spesso quel suo lato da maniaco, avrebbe concluso molto di più.
Anche le clienti finivano per innamorarsi di lui, e questo era dovuto, innegabilmente, alla visione romantica che avevano dello sweeper, cioè del paladino senza macchia e senza paura, il salvatore, ma anche dal suo aspetto virile tutt’altro che trascurabile.
Ma piacere a Kaori era tutta un’altra storia.
A volte era certo che anche lei lo trovasse attraente, altre volte, invece, per come si comportava, la socia feriva la sua vanità maschile.
In ogni caso, comunque, era stato un bene che non si fosse sentita attratta da lui, perché… era un po’ come per i sentimenti: non doveva legarsi.
In realtà però, sotto sotto, e nemmeno tanto sotto, sognava di piacerle, e non solo fisicamente, perché voleva piacerle, ci sperava.
Sentirla esprimere un tale apprezzamento, così apertamente e senza esitazione, con quegli occhi di ambra fusa, rilucenti, gli provocò una potente emozione, e non era solo soddisfazione narcisistica.
Disse la prima cosa che gli venne in mente:
 
“No-non me l’avevi mai detto…”
 
“Cosa?” rispose lei distrattamente, sistemandosi il vestito da sera davanti allo specchio, e offrendogli la magnifica visione delle sue spalle scoperte.
 
“Che sono bellissimo.”
 
Lei a quel punto si voltò a guardarlo stupefatta; per un attimo sembrò valutare cosa rispondergli, forse ripensava a se, e quando, gli avesse mai fatto un tale complimento.
Aveva ragione Ryo: lei non glielo aveva mai detto, anche se, ovvio, lo pensava da quando aveva sedici anni; ma non ne aveva mai avuto il coraggio, perché sapeva che lui l’avrebbe presa come una conferma del proprio fascino, a discapito della sua poca avvenenza.
In un certo senso erano in competizione: Kaori si sentiva e si vedeva brutta perché lui glielo diceva, quindi non si sognava di dirgli che, al contrario di lei, lui era bello e affascinante, gratificando il suo ego.
Si sentiva già così da meno accanto alle donne fascinose e sexy che gli giravano intorno, che ci mancava solo che ci si sentisse anche accanto a lui, non all’altezza della sua bellezza!
Un concetto un po’ contorto che però faceva parte di lei, di loro.
In ogni caso la ragazza ribatté, subito dopo:
 
“E perché avrei dovuto? Piuttosto tu, a me, lo hai mai detto?” e lo guardò con aria di sfida.
 
“È vero Kaori-chan, non te l’ho mai detto, anche se ne sono stato sempre convinto.”
 
“Bene, allora siamo pari” chiuse il discorso lei con un sorriso.
 
I due sweeper stavano per uscire quando Ryo, con un tocco gentile, prese per un braccio la socia trattenendola; lei allora lo fissò, chiedendosi cosa mai le avrebbe detto a quel punto.
 
“Kaori, aspetta… sei proprio sicura di volerlo fare?” chiese lui con una leggera nota di ansietà nella voce “Io sono fiero di te, e non devi dimostrarmi nulla, lo sai… Non correre inutili pericoli… ti prego” concluse con un soffio.
 
La ragazza, profondamente commossa da quell’appello così accorato, che ancora una volta le dimostrava quanto Ryo l’amasse, si girò completamente, fino a trovarselo davanti, e allungando una mano gli fece una dolce carezza:
 
“Ryo, non preoccuparti per me. Io ho iniziato questa missione ed io la porterò a termine, e poi non sono da sola: ci sono Reika e Miki, e poi… e poi, ora ci sei anche tu” e lo guardò intensamente, per dare più risalto alle sue parole.
Lui annuì, Kaori riprese:
 
“Se ognuno di noi farà la sua parte, entro stasera avremo risolto il caso, e domani potremo scendere a terra insieme agli altri viaggiatori e tornarcene a casa.”
 
“Già” ammise lui lievemente rincuorato “E comunque sono contento che io non debba più nascondermi, che possa finalmente farmi vedere accanto a te, come tuo accompagnatore e come… come… fidanzato?” e detto questo, assunse stranamente un’aria imbarazzata: faceva quasi tenerezza.
La ragazza gli regalò un sorriso abbagliante che lo fece liquefare sul posto, e avvicinandosi ulteriormente a lui gli chiese in un soffio:
 
“E tu? Tu cosa vorresti essere per me?” ma la sua vicinanza era così stordente che Ryo non riusciva a pensare a nient’altro che a baciarla, calamitato da quelle labbra sensuali atteggiate in un sorriso irriverente.
Non riusciva a risponderle e non perché non volesse, ma per mancanza di pensieri logici che collegassero il cervello al resto del corpo.
Forse era una domanda importante?
Forse Kaori si aspettava una risposta?
Difficile dirlo, anche perché nemmeno lei sembrava voler dare altro spazio alle parole.
Lui, infine, trovò il modo di articolare qualcosa e disse:
 
“… tuo… io vorrei essere… tuo” e non resistette più e la baciò.
 
Quel bacio fu unico, nonostante non fosse il primo che si fossero scambiati su quella nave galeotta.
Aveva il sapore della felicità, dell’accettazione più totale, e andava ben oltre mille spiegazioni unendoli come coppia, semplicemente come Ryo e Kaori, senza dover ricorrere a definizioni stereotipate, che sarebbero andate bene per gli altri.
 
Persi in quel loro bacio dolcissimo stavano rischiando di fare tardi alla cena, ma furono richiamati alla realtà dal segnale acustico che annunciava le comunicazioni ufficiali all’interno della nave da crociera, seguito da una musichetta accattivante e rilassante; dagli altoparlanti si sentì forte e chiara la voce da basso del capitano:
 
Gentili ospiti, buona sera, qui è il vostro capitano Musashi Hirotaka che vi parla. Nell’augurarvi una felice serata a bordo della Princess Raven, vi comunico che a causa di condizioni climatiche avverse in arrivo, domani o al massimo dopo domani, dovremo fare scalo al porto di Sendai. Una volta scesi, sarete seguiti dal nostro personale di terra e ospitati negli alberghi più rinomati della città per il tempo restante la durata della crociera. In alternativa, è previsto un rimborso per il disagio sostenuto. Ci scusiamo per l’inconveniente, ma abbiamo ritenuto che sia meglio non rischiare. Attualmente la situazione è sotto controllo e non c’è motivo di preoccuparsi, quindi potrete godervi la crociera come spero avrete fatto finora. Confido nella vostra comprensione. Per ogni ulteriore informazione, l’equipaggio resta a vostra disposizione. A presto!” e seguì la musichetta dell’intro.
 
Ryo e Kaori, che erano rimasti in ascolto, immobili, con il viso rivolto verso il diffusore posto discretamente sopra la porta dell’alloggio, si guardarono e la ragazza disse:
 
“Allora le previsioni non si erano sbagliate!” E di fronte allo sguardo del socio che sembrava chiedere spiegazioni proseguì: “Oggi Musashi mi ha accennato all’arrivo di questo potenziale fronte temporalesco, che preoccupava i meteorologi e che avrebbe reso difficile la navigazione della nave” poi si fece pensierosa e proseguì, dicendo fra sé e sé: “Quindi ora i ladri saranno costretti a modificare i loro piani…”
 
“Ehmmm, e quand’è che queste cose te le avrebbe dette, Musashi?” chiese il socio, calcando sul cognome del capitano; effettivamente chiamarlo solo per cognome, senza il grado, denotava una particolare familiarità fra i due, che a Ryo dava fastidio come un maglione di lana grezza col collo alto.
Ma Kaori non capì l’ironia, o finse di non capirla, perché rispose con un:
 
“Eh?”
 
“Niente, niente, lascia stare…” concluse Ryo, per poi domandare: “Cosa vorresti dire con: i ladri modificheranno i loro piani?
 
“Che se la crociera seguisse il suo corso naturale, loro avrebbero tutto il tempo di derubare i clienti senza farsi accorgere e, soprattutto, di nascondere la refurtiva; in questo caso però, o si accontentano di quello che hanno, oppure accelereranno il lavoro, col rischio di diventare meno precisi e commettere qualche errore che potrebbe incastrarli. Che per noi sarebbe l’ideale, tra l’altro. Allo stesso tempo, se non dovessimo acciuffarli prima dello sbarco, dubito che riusciremmo a beccarli e a riprendere il maltolto, perché una volta a terra, sparirebbero dalla circolazione” finì sospirando, per poi aggiungere: “Finché rimaniamo tutti a bordo, loro non possono fuggire e noi abbiamo più probabilità di prenderli.”
 
“Intanto abbiamo scoperto che i coniugi Sora sono in qualche modo invischiati, così come quell’Iro Murasaki e la sua fidanzata Momo; resta da capire che ruolo abbiano tutti e quattro. Per quanto riguarda i vecchietti poi, bisogna vedere anche se sono semplici paraventi dietro cui si nasconde la mente del gruppo, che magari se ne serve sfruttando la loro indole bonaria e la veneranda età, oppure se, al contrario, sono loro il Camaleonte e gli altri solo due complici” disse Ryo.
 
“È vero, prima Miki nella sala bingo ci ha riferito che quando è arrivata davanti alla loro porta, seguendo il segnale della trasmittente, stentava a crederci. In ogni caso la cosa le era apparsa subito sospetta quando ha percepito un cambiamento di aura, per non parlare di tutto quel tergiversare prima che le aprissero. Hai sentito anche tu quando ha detto che l’hanno fatta attendere non poco, prima di farla entrare, e che nel mentre ha udito chiaramente rumori strani, come di chi sposti mobili o si aggiri velocemente per la stanza, correndo di qua e di là. E che subito aveva pensato che fosse inverosimile, che due anziani del genere riuscissero a fare tutto quel baccano e così velocemente” ricordò la sweeper.
 
“Sì, ricordo, e comunque quando Miki finalmente è entrata ha trovato la cabina sottosopra. Se si vergognavano di fargliela trovare in disordine, era più logico che si fossero affannati a riordinarla, visto che immediatamente si sono messi a piagnucolare che dei ladri erano stati lì da loro a rovistare in giro, e che alla fine avevano rubato diversi gioielli di valore.”
 
“Esatto!” Convenne la socia “A quel punto Miki non gli ha più detto che anche lei era stata derubata, perché il modus operandi era completamente diverso da quello usato per svaligiarla; se non fossimo arrivati noi a parlarle del furto che avevo subito io, lei non se ne sarebbe accorta che molte ore dopo, quando avrebbe fatto per prendere gli altri gioielli da indossare, e non li avrebbe trovati” finì Kaori.
 
Nel frattempo i due soci erano usciti dalla cabina e avevano preso a camminare, meditabondi, concentrati su quegli eventi particolari che si erano succeduti nelle ultime ore e di cui erano venuti a conoscenza solo poco prima, quando si erano tutti radunati nella sala bingo come d’accordo.
 
A Kaori venne d’istinto prendere a braccetto il partner e lui se ne rallegrò, infatti le disse:
 
“Sai, sono contento che non dobbiamo più fingere di non conoscerci… questa cosa iniziava un po’ a pesarmi.”
 
“Veramente?” chiese stupita la ragazza voltando il bel viso verso di lui.
 
“Be’, sì… voglio dire… A parte che siamo sempre stati insieme, anche prima… insomma City Hunter siamo noi due… e va bene, ora sei qui solo in veste di Kaori Makimura, anzi dovrei dire Kaori Saeba giusto?” e la guardò divertito “Però insomma… adesso che io, che tu, che noi… adesso che stiamo insieme non mi va di tenerlo nascosto, dopo tutti questi anni che ho rinnegato i miei sentimenti per te. Inoltre è giusto che si sappia che sei la compagna di Ryo Saeba!” disse in tono orgoglioso e da maschio alfa “Così nessun altro potrà permettersi di ronzarti intorno!” Concluse perentorio.
 
Kaori, commossa e divertita da quella mezza confessione, si strinse di più a lui e mormorò:
 
“Direi che non c’è motivo di essere geloso, comunque non mi è sembrato di aver mai avuto tutti questi pretendenti che mi ronzavano attorno, come dici tu, a parte Mick che però… è un discorso a parte.”
 
“Non li hai avuti perché io non l’ho permesso!” puntualizzò Ryo con decisione, suscitando un moto di stupore misto a stizza, nella socia.
 
“E perché mai avresti dovuto fare questo?” domandò, con un sopracciglio alzato.
 
“Perché in giro ci sono troppi balordi e nessuno era degno di te! Forse poteva andare bene quell’Uragami, ma poi … è andata come è andata. Tanto valeva che rimanessi col sottoscritto!”
 
“Eh, ma bello mio, tu non mi volevi! Almeno così io avrei potuto…” ma non finì la frase; in realtà non avrebbe permesso a nessun di entrare nel suo cuore, anche se avesse conosciuto qualcun altro degno di lei, come diceva Ryo, perché il suo cuore apparteneva a quell’idiota da sempre.
Però sarebbe stato bello lo stesso essere corteggiata almeno un po’.
 
Stavolta, quindi, fu il turno dell’uomo di voltarsi a guardala stupito; stavano toccando dei tasti sensibili, ma ora era normale che finissero per parlare di certe cose: stavano insieme, e bisognava mettere tutte le carte in tavola.
Si arrischiò a chiedere:
 
“Vorresti dire che tu… che tu… ti sei pentita di essere rimasta con me, che avresti voluto andartene ma non l’hai mai fatto perché non ne hai avuto l’occasione?”
 
Kaori, colpita da quel suo lato così umano e tenero, gli sorrise come solo lei sapeva fare e Ryo non seppe dire se si sentisse più sollevato o, al contrario, più agitato: temeva la sua risposta, anche se doveva e voleva sapere.
 
“Chiariamo una cosa una volta per tutte. Primo: non esiste nessun altro più degno di te, per stare con me. Secondo: ti sono rimasta accanto perché ti amo, e non perché non avessi alternative, infatti me ne sarei potuta andare in ogni momento. Sarei potuta partire anche con Sayuri, se avessi voluto. Terzo: per come sono andate a finire le cose, ho fatto bene ad aspettarti e perseverare, perché ora sono la donna più felice del mondo, e niente mi farà cambiare idea.”
 
Vedendo il sollievo dipingersi sul volto dell’uomo tanto amato, proseguì in tono leggero:
 
“Però, ecco, se avessi avuto qualche spasimante in più, a parte Mick, non mi sarebbe dispiaciuto affatto, diciamocelo.”
 
Ryo si agitò a disagio:
 
“Sempre con questo Mick! Non fai che tirarlo in mezzo… cosa avrà di così speciale, poi!”
 
“Tutto e niente. Solo che fin dall’inizio non si è mai vergognato di mostrarmi i suoi sentimenti, anche quando ha capito che io amavo solo te, facendosi da parte. È un buon amico, e di questo gliene sarò per sempre grata” spiegò.
 
Tacquero entrambi, fino a quando non arrivarono all’ennesimo ascensore, e una volta dentro lo sweeper disse:
 
“Sai, sono sempre stato gelosissimo di lui, perché vedevo che sotto sotto ti piaceva, e perché lui riusciva ad essere con te come avrei voluto essere io.” Fece una piccola pausa, che diede più significato alla sua affermazione, poi riprese raccontando: “ Quella volta sulla nave di Kaibara, quando lui voleva ucciderti, mi sembrava d’impazzire perché, sotto effetto della Polvere degli Angeli, nemmeno io sarei riuscito a fermarlo se non uccidendolo a mia volta. Ma poi tu gli sei andata incontro, lo hai abbracciato stretto, sempre senza smettere di chiamarlo, coccolarlo, accarezzarlo. In quel momento il mio cuore era dilaniato da sentimenti contrastanti. Ero pure pazzo di gelosia. Vedevo come lo guardavi: con le tue lunghe gambe strette intorno a lui era anche… come dire, una situazione erotica, sensuale… Ti prego non fraintendermi, non pensare male” si affrettò a chiarire “È che tu eri lì con lui come non lo eri mai stata con me, e lo invidiai per quello. Tu stavi usando tutta te stessa per rabbonirlo, per riportarlo alla ragione, per riportarlo da te… e questo mi mandava fuori di testa. Da un lato temevo per la tua incolumità, perché avrebbe potuto farti del male, e tanto, in qualsiasi momento e senza pensarci due volte; dall’altro mi sentivo escluso da quel vostro particolare rapporto, un legame fortissimo, più forte o diverso da quello che avevi con me. Tu magari non te ne sei resa conto, ma è stata anche la tua fisicità, oltre che il tuo amore, a fargli ritrovare un barlume di coscienza, sufficiente per sacrificarsi, permettendoci di fuggire.”
 
Kaori era rimasta in silenzio per tutto il tempo, incapace di dire o fare niente; aveva un vago ricordo di quella maledetta notte, e sapeva solo che in quel momento l’unico pensiero era stato salvare Mick da sé stesso, anche a costo di sacrificare la propria vita.
Non aveva pensato a nient’altro, né che quella fosse una posa sconveniente, né che avrebbe dovuto ricorrere al suo fascino per catturare l’attenzione del sempre allupato americano, facendo leva sull’attrazione fisica o sui sentimenti che lui provava per lei.
Mick aveva la mente onnubilata da una potente droga che lo rendeva invincibile e sovrumano, una macchina da guerra senza sentimenti e per questo inarrestabile: solo richiamando in superficie la sua umanità avrebbe potuto salvarlo, e così lei aveva fatto… anche senza pensarci troppo, senza soffermarsi sul come.
Che Ryo potesse esserne stato geloso, e molto più che avesse finito per confessarglielo, la diceva lunga sull’intensità dei suoi sentimenti.
Sconvolta da questa scoperta, riuscì solo a mormorare:
 
“Non dovevi…” non era un rimprovero, ma quasi un commento come un altro, uno schernirsi.
 
Era scesa una strana atmosfera sui due, troppo pesante per i loro gusti, e Ryo pensò bene di alleggerirla aggiungendo:
 
“Comunque ora stiamo insieme, e se quel damerino biondo prova ad insidiarti ancora, non dovrà solo assaggiare i tuoi micidiali martelli, ma anche qualche pallottola che per caso potrebbe sfuggire dalla mia Phyton.”
 
“Quanto mi piace vederti così geloso!” esclamò allora Kaori, prendendogli le guance con entrambe le mani, pizzicandogliele e tirandogliele come fosse un bambino paffutello.
Lui ridacchiò come un ebete, e finirono per ridere entrambi rumorosamente.
 
 
 
 
***
 
 
 
 
“Reika? Ma non sei ancora pronta?” esordì Miki entrando nella cabina della ragazza, dopo aver bussato alla sua porta, e dopo che la collega l’aveva accolta ancora paludata nell’accappatoio.
 
“Sì, sì, ho quasi fatto” rispose distrattamente l’investigatrice, mentre continuava ad aggirarsi all’interno della cabina, apparentemente senza meta.
 
Miki capì subito che qualcosa non andava: quella non era la Reika che conosceva, la svagata, a volte frivola, ma professionale Nogami junior.
L’ex mercenaria ripensò a ciò che aveva dovuto passare la ragazza in quella giornata: il rifiuto di Ryo, quella mezza avventura galante con un sospettato, e l’esserselo lasciato scappare, erano stati tutti colpi bassi alla sua autostima, e poteva capirla.
Chiunque avrebbe perso un po’ di entusiasmo; quel caso si stava rivelando molto più complicato per lei, che per chiunque altro.
Miki però non sapeva come entrare in argomento: non erano propriamente amiche e, al pari di Saeko, anche la sorella minore spesso e volentieri nascondeva i suoi veri sentimenti dietro atteggiamenti contraddittori.
Magari a lei sembrava triste per quei motivi e invece non era propriamente così.
Optò per la discrezione, ma non si trattenne dal farle notare che erano in ritardo.
 
“Sì sì, non preoccuparti, faremo in tempo!” rispose Reika, di fronte ad una Miki in grande spolvero, semplicemente bellissima nel suo vestito da sera sobrio ma elegante, col trucco appena accennato e i gioielli ridotti al minimo per ovvie ragioni.
Ma l’ex mercenaria pensò che di quel passo non sarebbero andate lontane, e non aveva nessuna intenzione di presentarsi al tavolo del capitano quando tutti erano già seduti, rischiando pure di fare la sfilata per tutta la lunghezza della sala, attirando l’attenzione degli astanti; per questo si decise ad intervenire, in maniera pratica:
 
“Vuoi che ti aiuti a scegliere il vestito?” e già si dirigeva al guardaroba della collega per prendere uno dei magnifici vestiti di cui le aveva rifornite Eriko.
 
“No… non importa… lascia stare” protestò debolmente, ma Miki aveva già afferrato un bel vestito lungo, color verde acqua marina, e glielo aveva allungato chiedendole infine:
 
“C’è qualcosa che non va?”
 
Non sapeva cosa aspettarsi, che Reika avesse tergiversato, glissato o, peggio, continuato a negare, trascinando la questione ancora a lungo… pertanto si stupì non poco quando l’altra diede la stura ai suoi pensieri: evidentemente non vedeva l’ora.
 
“C’è tutto che non va!” sbottò la Nogami “Mi sembra di star a girare a vuoto! Oggi mi sono fatta abbordare dal Camaleonte o da chi per lui, proprio come speravamo, ed io cosa ho fatto? Ho rovinato tutto! Ho voluto fare la stupida, buttandomi fra le braccia di quello sconosciuto per provare a me stessa… cosa?” chiese retoricamente, per poi aggiungere: “Provare che ero ancora una bella donna nonostante, nonostante… Ryo” non aveva specificato ma la barista sapeva molto bene a cosa si riferisse, perché aveva ascoltato tutta la conversazione dal suo auricolare.
 
L’investigatrice riprese dopo una pausa, con un tono di voce più sommesso:
 
“Non sono stata capace di fare il mio lavoro, tantomeno farlo bene. Ho giurato che avrei preso il Camaleonte, e poi? Eccoci qua…” e allargò le braccia in senso di sconfitta e impotenza.
 
Si lasciò cadere sul letto, sconsolata:
 
“Sono il disonore della mia famiglia, una famiglia di poliziotti capaci e dediti al lavoro, e pronti ai sacrifici… Non valgo niente… credo che mi ritirerò dal mercato… e dal caso” concluse.
 
Miki sobbalzò; non credeva che la Nogami junior la prendesse così sul personale.
Immaginava che fosse emotivamente e moralmente più forte, lei che aveva avuto una famiglia presente e premurosa, come non si era mai lontanamente sognata di avere la combattente; lei che aveva avuto l’amore e il sostegno di due genitori severi ma giusti, delle sorelle con cui condividere tutto… una vita normale, insomma.
Si chiese se non fosse, al contrario, proprio questo a fare di lei una rinunciataria.
Ma Miki non voleva giudicare, né si sentiva in grado di farlo.
Avevano un caso da risolvere e da sole, lei e Kaori, non ce l’avrebbero fatta; e anche se avevano tirato dentro Ryo per forza di cose, avevano ancora bisogno della bravura di Reika Nogami, l’investigatrice privata.
La scosse:
 
“Senti, non voglio entrare nel merito della questione, ma non mi sembra questo il momento di piangersi addosso! Abbiamo una missione da portare a termine, e io e Kaori abbiamo bisogno di te. In tre siamo partite e in tre torneremo, vincitrici per giunta! La partita non è ancora finita.”
 
Reika sobbalzò a quel rimprovero così energico: non si aspettava che la pacata Miki saltasse su così.
Però questo l’aiutò a riprendere i contatti con la realtà che stava vivendo; sbatté  più volte gli occhi, come a svegliarsi da un brutto sogno.
Alla fine ammise:
 
“Hai ragione, scusa…”
 
“Niente scuse… non è con me che ti devi scusare” ribatté Miki.
 
“… con Kaori, forse” bisbigliò.
 
“No, nemmeno con lei!”
 
“Ma… ma come? Io… con Ryo…” si sentiva di averle fatto un enorme torto quella mattina, quando si era presentata alla sua porta solo per flirtare con lui, per poi fare la figura della stupida su tutta la linea; non sopportava la sua tacita disapprovazione, e tutte le volte che si erano incontrate, Reika si era sentita tremendamente a disagio.
Anche poco prima, nella sala del bingo, quando lei si era presentata nientemeno che a braccetto di Ryoka, quella specie di travestito in cui si era trasformato Ryo per l’occasione, Kaori non le aveva detto niente, né dato mostra di essere gelosa, o avercela con lei, e questo era molto peggio di una scenata o di una richiesta esplicita di un chiarimento.
Visto che Reika sembrava non capire, il tono di Miki si addolcì quando le disse:
 
“Non ti biasimo per come ti sei comportata con Ryo…” alludendo al due di picche che aveva preso.
In fondo Reika lo sapeva benissimo che anche Miki aveva sentito tutto.
 “… perché tu ne sei innamorata, e hai voluto provarci fino alla fine… non potevi sapere che nel frattempo lui e Kaori si erano finalmente chiariti. Potrei dire che avresti dovuto aspettartelo, che prima o poi sarebbe successo, perché che Ryo fosse innamorato di lei era palese… ma non ti sto giudicando: al cuore non si comanda. Comunque sappi che Kaori non ce l’ha con te, assolutamente; lei non porta rancore, lo sai, e ti ha già perdonata.”
 
“Lo so… e questo rende tutto più difficile” sussurrò l’investigatrice; poi, rialzando gli occhi ad incontrare quelli limpidi della barista: “Ma allora a chi debbo chiedere scusa?” domandò, in preda alla confusione.
 
“Ma a te stessa, è ovvio!” esclamò Miki.
 
Finalmente Reika capì: aveva tradito sé stessa e i suoi ideali.
Per la seconda volta, in quella lunghissima e difficilissima giornata, si era fatta prendere dallo sconforto, annientata da ciò che considerava i suoi errori più grandi.
Eppure non le avevano insegnato a gettare la spugna così presto, alla prima difficoltà; doveva reagire e dimostrare di che stoffa fosse fatta.
Niente era perduto, ed erano ancora tutti a bordo della nave: loro, i ladri e la refurtiva.
Anche lei aveva sentito l’avviso del capitano Musashi e sapeva che avevano le ore contate: non era ancora arrivato il momento di arrendersi.
 
Mossa da questa improvvisa consapevolezza, si alzò di scatto, gettando via l’accappatoio e correndo finalmente ad infilarsi il vestito che Miki aveva scelto per lei, dicendo:
 
“Hai ragione, basta piangere sul latte versato. È ora di agire!” e si precipitò in bagno per truccarsi.
 
Miki sospirò soddisfatta, ormai più tranquilla anche lei, e per stemperare definitivamente la tensione le gridò:
 
“Piuttosto dimmi… era bello Ryo, vestito da donna? Che effetto ti ha fatto?” e ridacchiò.
 
“Ma scherzi???” le gridò di rimando l’altra “Era bruttissimo, una drag queen della peggior specie. Credo che avrò gli incubi per mesi” e si lasciò andare ad una risata sincera che rassicurò definitivamente la barista.
 
“Figurati che si è presentato come Ryoka!!” e giù a ridere nuovamente; era tornata la Reika di sempre, e mentalmente Miki tirò un sospiro di sollievo.
 
Quando Reika uscì dal bagno saltellando, nel tentativo di infilarsi le Chanel in corsa, era vestita e truccata di tutto punto: era stata velocissima, e non avrebbero fatto troppo ritardo.
 

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Capitolo 15
*** Il piano ***



Trafelata arrivo di gran carriera e col fiatone! Ecco a voi il cap 15 (grazie a MarinBriz, la betatrice più veloce del west :D)
Scusate il “ritardo” e… dateje giù con la lettura! XD XD XD
Eleonora



Cap. 15 Il piano
 
  
“Andiamo?” chiese Miki a Reika.
 
“Sì, ci sono!”
 
“Kaori si è offerta di intrufolarsi nella cabina dei Sora, per cercare tracce del furto e della refurtiva, mentre noi non dovremo perdere di vista i sospettati” ricordò la mercenaria, appena uscite dall’alloggio, dirigendosi a passo svelto verso la sala principale dei ricevimenti.
 
“Ho sentito mentre lo diceva… speriamo che la banda sia composta solo da loro quattro, e non ce ne siano altri in giro.”
 
“Già, speriamo” fece di rimando Miki, per poi aggiungere: “E Kaori dovrà pure far presto, che i Sora si ritirano presto nei loro alloggi, con la scusa che sono anziani e non gli piace far tardi. Ma… secondo te, sono vecchi veramente, o hanno un travestimento? In fondo si è sempre detto che il Camaleonte è imprendibile perché è abile nel camuffarsi, e se poi sono più di uno è ancora peggio!” domandò infine la barista alla sua collega ritrovata.
 
“Tutto può essere… dovrei vederli da vicino per giudicare. Magari stasera faccio la pazzia e invito a ballare il signor Taiyo!” esclamò Reika con una risata.
 
La cosa poteva apparire insensata, una trovata delle sue, eppure l’investigatrice non aveva tutti i torti: alla fine dovevano controllare i quattro sospettati, e cioè i coniugi Sora, Momo ed Iro, e quale modo migliore se non quello di ballare con uno di loro, con quello che avrebbe potuto essere il capo della banda?
I segnali dei gioielli rubati a Kaori e a Miki portavano dritti nella sua cabina, e finché lui avesse volteggiato fra le braccia dell’affascinante Reika, nemmeno sua moglie Tsuki si sarebbe mossa di lì.
La detective, suo malgrado, aveva avuto una bella idea.
Poi chiese alla compagna:
 
“Quando sei andata da loro, non hai notato nulla di strano?”
 
“A dir la verità, a parte aver dovuto attendere fuori un po’, e sentito tutto quel trambusto dentro prima di farmi entrare, sembrava tutto normale… normale come può essere un alloggio messo a soqquadro dai ladri” fece un’alzatina di spalle, e dopo una pausa aggiunse: “Non so perché alla fine non mi sia sentita di dirgli che avevo subito la stessa sorte. Forse perché, al contrario, il mio alloggio era rimasto intatto. Se non fosse stata Kaori a suggerirmi di controllare i gioielli, forse non me ne sarei accorta che molto dopo. Figurati che il bracciale con la trasmittente credevo di averlo perso! Sarà stato il mio sesto senso che mi ha spinto a tacere!” finì per ridacchiare piano l’ex-mercenaria.
 
“Hai ragione, hai fatto bene!” la gratificò Reika, e aggiunse: “Forse il furto che hanno subito i Sora non era vero, e lo hanno inscenato loro per depistare le indagini. Nemmeno gli altri due sembrano essere quelli che dicono…” e la ragazza glissò sul fatto che avesse avuto un incontro abbastanza rovente con la parte maschile del duo.
 
“Saeko ha detto che effettivamente esiste una Momo Momotaro, figlia di un magnate dei colori, ma che è perennemente in viaggio, e così poco dedita alla vita sociale, che è difficile anche reperire foto che la ritraggono per fare un paragone. Pur concedendosi spesso delle crociere come questa, è un tipo estremamente solitario che dà poca confidenza agli estranei… Tutto il contrario della nostra Momotaro… che però non fa di lei, per questo, una ladra di professione. La vera Momotaro, inoltre, è ricca sfondata e potrebbe comprarsi una nave da crociera come questa, se volesse… quindi non avrebbe nemmeno bisogno di rubare. Dobbiamo essere sicure che non sia veramente lei la ladra, altrimenti, se la tirassimo dentro apertamente in un casino del genere, potrebbe distruggere noi e l’intera polizia di Tokyo: la sua famiglia è estremamente potente. Discreta, ma potente” ragionò Miki.
 
“Esatto! E anche il suo fantomatico fidanzato, Iro Murasaki, non è da meno. Effettivamente i due, in passato, hanno avuto una relazione ufficiale, ma poi lui si è dato alla macchia; qualcuno ipotizza che sia successo quando si era iniziato a parlare di matrimonio. Questi sono i pettegolezzi che mia sorella ha raccolto per vie traverse, e che ha comunicato a Kaori per telefono quando si sono sentite, oggi pomeriggio. In ogni caso anche lui, al momento, risulta non reperibile altrove, se non qui, a bordo di questa nave… quindi potrebbe essere lui veramente, o un impostore che si finge lui per i suoi loschi traffici. Perché il vero Iro Murasaki ha una rendita di tutto rispetto, e se si dedicasse al furto sarebbe solo per passatempo… o per malattia, nel caso fosse un cleptomane. Ma questi furti sono tutto tranne che opera di un nevrotico che ruba in maniera disordinata e compulsiva” argomentò Reika, con il suo solito acume, finalmente a pieno regime.
 
Perdere Reika nelle indagini, sarebbe stato davvero un peccato, pensò Miki, e sorrise fra sé.
 
Parlando e ragionando, le due splendide ragazze erano arrivate alla sala del ricevimento; presentarono gli inviti all’ufficiale addetto all’entrata, il quale ne controllò i nominativi nella lista, e facendo un cenno ad un suo collega, che le avrebbe scortate al tavolo del capitano, con un lieve inchino le lasciò passare.
 
“Quanto era carino quel bel marinaretto!” cinguettò Reika.
Sì, non c’erano dubbi: era tornata quella di sempre, ma Miki puntualizzò:
 
“Quello era un ammiraglio… però sì, hai ragione, non era niente male” e si portarono una mano alla bocca a nascondere quel principio di ridarella.
 
Era un sollievo potersi far vedere insieme, e non dover più fingere di non conoscersi affatto; le faceva sentire meno sole e soprattutto adesso, che non avevano più gli auricolari per comunicare a distanza, era inevitabile stare vicine per discutere, parlare del caso e decidere di volta in volta il da farsi.
E comunque quella era la sera del secondo giorno, e chi avrebbe avuto da ridire se due donne sole avessero fatto conoscenza e amicizia durante la crociera?
Sarebbe stato del tutto normale.
 
Miki aveva portato con sé il rilevatore portatile, sempre sapientemente nascosto nel suo libro; forse avrebbe fatto la figura dell’eccentrica, ma fra i ricchi chi non lo era?
Inoltre, i convitati del capitano conoscevano tutti la vera identità delle ragazze e di Ryo, quindi non correva nessun pericolo di essere sorpresa a sbirciare fra le pagine di un libro che non era tale.
 
Quando le due giunsero al tavolo, scortate dal loro steward, Ryo e Kaori erano già seduti, come pure il capitano Musashi e gli altri sottufficiali.
Gli uomini si alzarono in un gesto di ossequio che, seppur formale, gratificò le donne appena arrivate.
Poi Reika posò fuggevolmente lo sguardo su Ryo, che quella sera era più bello del solito nel suo smoking blu scuro, e le si strinse il cuore quando vide che la sua mano era appoggiata mollemente al braccio della socia; quel gesto esprimeva un affettuoso possesso che le fece male.
Distolse subito lo sguardo che finì però su Kaori, la quale le sorrise semplicemente; forse aveva capito tutto o forse no, non lo diede a vedere.
Avere la comprensione di Kaori non era il massimo, ma non poteva neanche avercela con lei, se le aveva rubato Ryo, visto che non era mai stato suo.
Si sforzò di sorriderle di rimando e si disse che avrebbe digerito anche quella.
 
 
 
La cena si svolse in tranquillità, nonostante tutti fossero allerta e non perdessero di vista i sospettati.
Ryo si dimostrò gentile e premuroso con tutte, un vero gentleman, e Miki e Reika, e la stessa Kaori, si stupirono del suo savoir faire, perché non s’ingozzò come un maiale, né fece il maniaco o lo scemo come di consueto.
La sua socia era felice e appagata, e se non fosse stato che di lì a poco sarebbe dovuta entrare in azione, e che quindi c’era ancora in sospeso la questione Camaleonte, le sarebbe tanto piaciuto che quella serata, quella crociera, non finissero mai: le pareva di sognare.
Un paio di volte Ryo allungò una mano discretamente sotto il tavolo per toccarla, ma stavolta non era la solita mano morta da pizzicare o da infilzare con la forchetta; il suo gesto furtivo era solo per stabilire un contatto intimo con la compagna, all’insaputa di tutti gli altri.
Dimostrava amore, appartenenza, di sicuro gli ricordava che ora potevano andare ben oltre, fare molto di più, che erano finalmente una coppia e presto, appena ne avrebbero avuto l’occasione, si sarebbero concessi l’uno all’altra, e a quel pensiero fremettero entrambi.
In quel momento potevano anche essere due sweeper in missione, ma erano pur sempre due amanti, e accanto a quel mondo pericoloso, c’era il loro nuovo personalissimo paradiso, fatto di amore e passione.
 
A Miki non sfuggirono le occhiate che i due soci ogni tanto si scambiavano, quel loro sfiorarsi, le piccole gentilezze che si facevano.
A vederli ora non sembravano nemmeno più i suoi soliti amici che si rincorrevano per la città, che fracassavano invariabilmente il suo locale a suon di martellate e kompeiti in preda alle liti più violente, lui come un animale in calore, e lei posseduta dal fuoco della gelosia e dall’ira.
Adesso erano due persone normali, posate e civili, innamorati sicuramente, e Miki sorrise soddisfatta: ah, se li avesse potuti vedere il suo Falcon!
Chissà come sarebbe stato tornare alla vita di sempre…?
Come si sarebbero comportati quei due?
Guardò di sottecchi la bella Reika, che in quel momento doveva inghiottire un rospo bello grosso: perché se per lei era piacevole vedere i suoi amici tubare come colombe, per l’investigatrice sicuramente era un vero strazio.
Miki si augurò che non le saltassero agli occhi troppi dettagli che tradivano la sintonia e l’intesa dei due sweepers; loro erano comunque discreti e per nulla sfacciati, quasi timidi in queste nuove vesti, ma ad un occhio attento come il suo non sfuggiva niente.
Sperò che in qualche modo Reika non se ne accorgesse.
 
Al termine della cena, l’orchestrina attaccò con dei ballabili e diverse coppie si riversarono in pista: era tutto un volteggiare leggero di tessuti pregiati, uno sfavillio di paillettes e lustrini, brillio di gioielli, spille e diademi sapientemente infilati nelle acconciature più elaborate.
A guardarsi intorno c’era da sentirsi in soggezione, ma le tre ragazze, naturalmente belle e rivestite da autentici capi di alta moda che mettevano in risalto le loro peculiarità, non sfiguravano affatto, e in mezzo a quella vacua ostentazione, parecchi occhi erano rivolti su di loro.
 
Il capitano Musashi invitò Kaori per un ballo, e per un attimo lei rimase indecisa sul da farsi: rifiutare le sarebbe parso sconveniente, però non voleva far ingelosire Ryo inutilmente, tanto più che di quel tipo era veramente geloso.
Ma il socio, che dapprima si era irrigidito e aveva stretto la mascella in un moto di stizza, finì per annuire benevolo, sorridendo alla sua compagna.
Sapeva che lei non avrebbe flirtato, né fatto la svampita col bel capitano, e che non c’era motivo di rifiutare apparendo, così, estremamente scortesi; Ryo era innamorato, con una buona dose di gelosia a fargli da contorno, ma sarebbe stato solo un semplice ballo, ben poca cosa in confronto a ciò che lui le aveva fatto passare negli anni… e si era sempre comportato da stupido intenzionalmente!
Bene, quello era il prezzo da pagare per avere una donna bellissima come compagna, e la giusta espiazione per i suoi peccati.
 
In ogni caso il ballo durò molto poco, e quando Kaori tornò al tavolo, tese la mano al socio e lo portò a ballare, mentre il capitano invitava Reika.
Anche Iro e Momo si buttarono in pista, e ballavano così incollati che davvero davano l’idea di essere molto innamorati e presi; forse erano realmente i fidanzati che dicevano di essere, o forse no, ma a quel punto  sapevano fingere benissimo.
Ryo e Kaori erano molto a loro agio a ballare così allacciati, e l’eco di quel ballo rovente avuto giusto la sera prima, tornava prepotentemente a turbarli, ma ora più che mai non potevano lasciarsi andare ai propri istinti e desideri: non dovevano perdere di vista i coniugi Sora, che continuavano a sedere al tavolo gustandosi la musica, e Murasaki e la Momotaro che si comportavano come una coppia qualsiasi.
 
“Kaori, tesoro?” esordì Ryo, pericolosamente troppo vicino al suo orecchio, sfiorandole il collo col suo alito caldo e procurandole un lungo brivido elettrizzante; se poi la chiamava tesoro, lei era già lì per perdere la testa.
Mugugnò un “Mmmm?” di risposta, continuando a tenere il viso appoggiato alla sua spalla.
 
“Te lo ripeto… sei sicura di volerlo fare?” chiese lui, leggermente preoccupato.
 
Lei allora si staccò da Ryo quel tanto per poterlo guardare negli occhi; voleva vedere quale fosse il sentimento che lo spingeva a rifarle quella domanda: se semplice apprensione o la sensazione che non sarebbe stata in grado di farlo.
Indubbiamente era la prima opzione che offuscava il suo bel viso, e lei gli sorrise rassicurante.
 
“Te lo ripeto anch’io: andrà tutto bene. E poi si tratta solo di entrare nella cabina dei Sora, o dei fidanzati, e cercare la refurtiva. Mi basterà usare il congegno di Miki per trovare il giusto alloggio, e con il passepartout di Musashi… emm, del capitano Musashi, sarà facilissimo. Avremo le prove che loro sono i ladri e li incastreremo. L’importante è  che tu e le ragazze riusciate a tenerli qui in sala più a lungo possibile. Non ci vorrà tanto” e gli strizzò l’occhio.
 
Kaori non aveva tutti i torti, si disse Ryo.
Il piano era semplice e privo di rischi oggettivi, e se anche i sospettati fossero riusciti a svicolare, loro della banda, aiutati dai membri dell’equipaggio che erano stati messi a parte del programma, li avrebbero seguiti e, a quel punto, presi con le mani nel sacco.
Lui aveva fiducia nelle capacità della sua socia, anche se non poteva fare a meno di preoccuparsi… un po’.
 
“Anzi” aggiunse Kaori “È ora che vada, che i vecchietti si ritirano presto e non vorrei ritrovarmeli in camera mentre frugo nelle loro cose” e così dicendo entrò pienamente in modalità sweeper; era piacevole restarsene così languidamente fra le braccia di Ryo ma il lavoro chiamava.
Anche Ryo, sospirando, si preparò a lasciar andare la sua ragazza: capiva che era finito il tempo di sognare.
 
“Hai ragione socia, come sempre” e le regalò un sorriso che le fece rimpiangere di doversene andare “Ma stai tranquilla che ti copriamo le spalle noi” e le accarezzò brevemente una guancia; continuarono a ballare aspettando che la musica finisse, e poi tornarono al tavolo.
Le ragazze si guardarono senza dire una parola: anche loro sapevano che era arrivata l’ora.
 
Reika si alzò, e si diresse direttamente al tavolo dei Sora:
 
“Permettete?” chiese la ragazza chinandosi leggermente verso i due “Ma voi siete veramente i coniugi Taiyo e Tsuki Sora?”
 
I due per un attimo parvero spaesati, poi annuirono, e si decisero a sorridere; parlò per prima la signora:
 
“Sì, siamo noi, figliola… perché?”
 
“Ho sentito molto parlare di voi: ho letto da qualche parte che avete avuto una vita avventurosa, e che avete partecipato agli scavi dell’antica Luxor nel ‘75…”
 
“Era il ‘77” corresse l’uomo, sollevato che la ragazza non dubitasse della loro identità per altri motivi “Nel ‘75 eravamo ad Ebla.”
 
“Ma no, Taiyo-chan, quell’anno eravamo in Europa, a Pompei! Fai sempre confusione” lo rimbeccò bonariamente la moglie, anch’essa più tranquilla nei confronti di Reika, tanto che si lasciò sfuggire:
 
“Ma la prego, si segga qui con noi… almeno faremo due chiacchiere” e l’investigatrice si ricordò che Miki aveva sempre detto che i due amavano parlare, e che per questo l’avevano tenuta impegnata per ore.
Meglio così, si disse la Nogami, se li avesse bloccati al tavolo più a lungo possibile, Kaori avrebbe avuto tutto il tempo e l’agio di aggirarsi per la nave e perquisire anche la loro cabina.
 
“Oh, ma siete davvero sicuri? Non è che vi rovino la serata? Volevo solo conoscervi di persona; sapete, vi ammiro così tanto…”
 
Ma i due, lusingati, insistettero:
 
“Si figuri, figliola cara, tanto noi non avremmo ballato comunque, altrimenti chi le avrebbe sentite poi le mie povere ossa…” rispose la signora Tsuki portandosi una mano alla bocca trattenendosi dal ridere.
 
Bene allora” pensò la Nogami junior “Siete caduti nella mia trappola! E magari vi faccio anche gola, che sono l’unica a non aver subìto una vostra visitina…” e così facendo si toccò prima il braccialetto di smeraldi, e poi il ciondolo verde formato dalle stesse pietre preziose, attirando la loro attenzione.
Notò subito l’interesse dei due e lo sguardo accendersi di una strana luce famelica.
Allora siete due nonnini birboni, eh? Vi piacciono i miei ninnoli? E magari li vorreste anche voi, non è vero?” continuò lei esaltandosi; non aveva perso il suo acume, sapeva ancora riconoscere due furbastri.
Continuò la sua recita:
 
“Questo bracciale mi sta dando dei problemi, sono già due volte che si rompe la chiusura, mi ha così stancato che la prossima volta che si rompe lo butto!”
 
“Oh, ma che dice?” esclamò l’uomo, quasi con la bava alla bocca “Può darsi che è un problema da poco” la rassicurò senza staccare gli occhi dal gioiello.
 
“Il mio Taiyo è molto bravo a riparare le cose, sa?” s’intromise la donna “Forse potrebbe dargli un occhio…” buttò lì.
 
“Veramente? Sarebbe molto gentile… io non me ne intendo molto, non ricordo nemmeno più chi me l’ha regalato e perché” disse Reika con aria annoiata, trionfando dentro di sé: aveva trovato il modo di tenerli a bada, e sganciandosi il bracciale lo porse al signor Sora.
Da quella distanza poi, avrebbe anche potuto scoprire se i due avessero un travestimento oppure no.
 
Distrattamente si voltò in direzione di Kaori e le fece un cenno, impercettibilmente, a significare che sul fronte Sora era tutto sotto controllo, e non doveva preoccuparsi.
 
Kaori, prima di allontanarsi, cercò con lo sguardo Miki, che stava ancora ballando con il capitano e che le lanciò un segno d’intesa; Ryo invece era sceso in pista con la bella Momo, e la gelosia la pungolò per un istante.
Sapeva che Ryo le sarebbe stato fedele, e quello era solo un modo per tenerla occupata; anche in quel frangente la sua priorità era lei, e ciò bastò a farle passare tutti i dubbi e, nemmeno l’uomo avesse potuto sentire i suoi pensieri, si voltò giusto quell’attimo, al termine di una semi piroetta e la guardò intensamente.
Non ebbero bisogno di dirsi altro o di fare gesti ulteriori: come sempre si erano capiti.
Si amarono con lo sguardo, e lui le infuse coraggio e fiducia; lei, dal canto, suo ricambiò con occhi scintillanti di determinazione e gratitudine, poi con noncuranza afferrò il libro di Miki e guadagnò l’uscita, perdendosi fra la folla.
 
Non appena fu sufficientemente lontana dalla sala, rallentò il passo: il cuore era in tumulto e se non si fosse data una calmata, avrebbe ceduto alla tentazione di lanciarsi in una corsa a perdifiato per i corridoi, tanto era l’impazienza di entrare in azione.
Ma doveva essere scaltra, non sapevano ancora se c’erano o meno altri complici in giro, e non poteva dare comunque troppo nell’occhio.
Si guardò velocemente intorno per controllare se qualcuno l’avesse seguita, ma le persone in transito non sembravano minimamente interessate a lei: giravano a coppie o a piccoli gruppi, ridendo o chiacchierando; dimentiche del resto del mondo, raggiungevano i numerosi luoghi di svago che offriva la Princess Raven, e ognuno di loro aveva solo una cosa in testa: divertirsi.
 
Riprese a camminare più lentamente, e quando fu sicura di essere lontana da occhi indiscreti, aprì il libro che aveva portato con sé e controllò le spie luminose: quella di Reika lampeggiava fissa nella grande sala dei ricevimenti, le altre due, la sua e quella di Miki, erano insieme e lampeggiavano alternativamente. Controllò bene, e constatò che erano proprio nella cabina dei Sora.
Ancora a testa china avanzò senza guardare e, quando girò l’angolo, si scontrò con una coppia di giovani sposi.
Il portatile di Miki le sfuggì dalle mani e cadde sul tappeto con un tonfo; per fortuna la copertina si chiuse all’istante, celando ai due la vera natura del tomo.
 
“Mi… mi scusi!” esordì la sposina, mentre il marito già si chinava per raccogliere il libro.
Ma Kaori fu più lesta, e lo afferrò in tempo dicendo:
 
“Ma no, scusate voi, ero così distratta dalla lettura… sono davvero una sciocca” e ridacchiò mentre la fronte le si era imperlata di sudore.
 
“Si è fatta male?” chiese il giovane in tono apprensivo.
 
“No no, si figuri, non è successo niente” rispose la sweeper, pensando fra sé: “Ci mancavano anche questi due, che non la smettono più di scusarsi e mi fanno perdere tempo!” e fra un “Mi scusi” e un “Mi perdoni”,    riuscì ad infilare un piede dietro l’altro e ad allontanarsi dai due.
Non vedeva l’ora di controllare il suo portatile, e per poco non le prese un colpo quando constatò che si era spento.
 
Dannazione! L’urto l’ha mandato in tilt!” si disse allarmata la ragazza.
Poi iniziò a pigiare tutti i pulsanti, a scuoterlo vigorosamente, a dargli forti pacche sui lati, nemmeno fosse un vecchio juke box da far ripartire, fino a quando con un unico bip ritornò alla vita.
Tirò un sospiro di sollievo, e il suo cuore riprese a battere.
 
Questa volta, però, affrettò il passo, temendo di aver perso fin troppo tempo, e in men che non si dica giunse in vista della cabina dei Sora.
Rallentò l’andatura fin quasi a fermarsi, e diede nuovamente uno sguardo al mini monitor in cui lampeggiavano vivacemente le due spie gemelle, come ad invitarla ad entrare.
Si guardò intorno nuovamente, guardinga, perché anche se non andava a rubare, e non era lei la ladra, né c’era niente di strano in una giovane donna ricca che entra in una cabina, non voleva che qualcuno la vedesse ugualmente.
 
Tirò fuori dalla pochette la scheda master che apriva tutte le serrature magnetiche, l’infilò nel lettore ottico e attese che la lucetta diventasse verde, segno che la porta si era sbloccata; titubante, nemmeno si aspettasse che vi fosse qualcuno, girò il pomello e la spinse all’interno.
Si richiuse la porta alle spalle, inchiavandola.
 
L’alloggio era in perfetto ordine, non c’era nulla fuori posto.
Iniziò così la perlustrazione.
I vestiti appesi nell’armadio erano quelli che ci si aspetta da una coppia facoltosa e di una certa età, e le scarpe comode di chi ha i piedi un po’ delicati.
Curiosamente, erano tutti capi nuovi o usati pochissimo: alcuni avevano ancora il cartellino attaccato con tanto di prezzo.
Era strano… o forse no?
In ogni caso l’alloggio era molto più impersonale di qualsiasi cabina di una qualsiasi nave da crociera: non c’erano medicine in giro, né pancere o bustini nei cassetti, e quando infilò le mani nella biancheria intima, si stupì non poco di trovarvi dei costosi reggiseni di pizzo, che non erano certo quelli contenitivi di una donna anziana che pensa più alla comodità, che ad essere sexy.
Per un attimo pensò che Ryo sarebbe andato in brodo di giuggiole di fronte a quei capi femminili, e si diede un colpetto in fronte a tal pensiero.
In ogni caso nemmeno la biancheria maschile era quella di un vecchietto che gira in mutandoni, perché c’erano slip e boxer moderni e giovanili, che facevano il paio con la biancheria di sua moglie.
 
Colpita da un dubbio ritornò ad ispezionare l’armadio, dove una cosa aveva attirato la sua attenzione per il fatto che stonava accanto al set delle valigie rigide di marca, e cioè uno zainetto sportivo nero, che giaceva in fondo al guardaroba.
Appena la sweeper fece per prenderlo, si stupì del peso notevole: ripiegato su sé stesso dava l’impressione di essere vuoto.
Un vago tintinnio l’incuriosì ulteriormente, e quando aprì la cerniera principale non si meravigliò più di tanto di trovarci i gioielli rubati, compresa la sua spilla e il bracciale di Miki.
Stava per affondare la mano nei preziosi per esaminarli, quando sentì un rumore provenire dalla porta d’entrata.
Si bloccò sul posto, con il cuore che sembrava volesse esploderle nel petto.
 
Nooo… i Sora erano già di ritorno?
Ma quanto tempo era passato, da che era uscita dalla sala da ballo?
E Reika? Non doveva intrattenerli?
Possibile che se li fosse fatti scappare?
Dannazione e adesso?
 
Kaori si sentì in trappola, anche perché gli unici oblò della cabina, con vista panoramica, erano fissi e non si potevano aprire, e comunque sarebbero stati troppo stretti per permetterle di scappare da lì.
Stava quasi per cedere al panico quando, in mancanza di meglio, decise di nascondersi in bagno, anche se così facendo avrebbe complicata ulteriormente la sua situazione.
Immediatamente pensò che uno dei due fosse tornato indietro per prendere qualcosa, forse una maglia per ripararsi dalla frescura della sera, nel caso avessero fatto una passeggiata sul ponte; oppure si erano scordati le medicine da prendere dopo cena: anche se lei non le aveva trovate, non significava che non ce ne fossero.
In tutti questi casi poi, sarebbero usciti nuovamente, o almeno così sperava vivamente lei.
Se invece erano tornati entrambi, intenzionati a restare, lei era spacciata.
L’unica via di salvezza gliela potevano offrire solo Ryo o le ragazze, o financo il capitano e i suoi uomini che, con una scusa, avrebbero potuti farli uscire nuovamente da lì e permetterle di fuggire.
Il loro provvidenziale arrivo, tra l’altro, sarebbe stato risolutivo, perché effettivamente la refurtiva era lì, e questa era la prova schiacciante che i ladri erano loro.
Ma se i Sora fossero stati armati?
Kaori non aveva trovato nemmeno le armi, ma questo non voleva dire niente, perché potevano essere state ben nascoste, o portarsele addosso.
Lei invece era disarmata, e sprovvista anche delle sue solite bombe a mano e dei fedeli martelli: da quando Ryo aveva iniziato a rigare dritto non se li portava più dietro, e comunque li usava solo con lui o al massimo con Mick.
 
Ad ogni modo, velocemente rimise lo zaino dentro l’armadio e richiuse le ante, prima di rifugiarsi in bagno e socchiudere la porta per vedere chi stesse per entrare.
 
 
 
“Sì, che c’è?” esordì una voce femminile, alquanto scocciata.
 
“… sono già dentro!” proseguì questa, dopo una pausa.
 
“Lo so che sono in ritardo, ma non ho potuto fare di meglio… sono stata trattenuta… Dannati!” sbuffò.
 
Kaori, al sicuro nel suo riparo, capì subito che l’intrusa stava parlando al telefono, o con un walkie talkie, e che le frasi smozzicate che sentiva erano solo le sue risposte sgarbate.
La voce però non le sembrava conosciuta: di certo non era quella di Momo, o quella tremula della signora Sora anche se, se era veramente più giovane di ciò che voleva far credere, questa che sentiva poteva essere la sua voce vera.
La sweeper trattenne il fiato in ascolto.
 
Subito dopo la donna parlò di nuovo, forse dopo essere rimasta in ascolto del suo interlocutore:
 
“Ho quasi fatto, non mi resta che prendere il bagaglio” e ridacchiò della sua ironia “Sarò lì fra breve, mi vedrai sul ponte ad est, quello vietato ai passeggeri… sì… sì, certo, mi farò riconoscere…Vuoi che non lo sappia, che il mare si sta agitando e che è in arrivo la tempesta? Abbiamo dovuto anticipare proprio per colpa delle condizioni meteo!”
 
Poi ancora: “Vedi di restare vivo e non affogare, arrivo!” E sempre sgarbatamente mise fine alla conversazione.
 
Alla sweeper fu subito chiaro che la donna misteriosa era anch’essa una ladra, una complice dei quattro, forse, incaricata di fare sparire la refurtiva prima dello sbarco al porto di Sempai.
E se Kaori aveva capito bene, avrebbe dovuto raggiungere qualcun altro che l’aspettava fuori dalla nave.
Possibile?
Se si fosse trattato di un’altra imbarcazione, l’apparecchiatura della Princess l’avrebbe facilmente scoperta e ne avrebbe richiesto le credenziali…
Comunque fosse, Kaori doveva bloccare la tipa: non poteva assolutamente scappare con la refurtiva!
Ma come avrebbe fatto ad avvertire Ryo e gli altri?
Il luogo scelto per l’incontro dei due era dalla parte opposta in cui si trovava la sala del ricevimento: Kaori non avrebbe mai fatto in tempo ad avvertirli, per poi tornare indietro, ed i suoi amici sarebbero restati lì, ignari, a continuare a sorvegliare i Sora e Iro e Momo.
 
Era sola.
 
Questa eventualità non l’avevano proprio prevista.
Per un attimo restò paralizzata nell’incertezza: cosa avrebbe dovuto fare?
Aspettare l’arrivo provvidenziale di Ryo, come sempre, e rischiare di farsela sfuggire, o agire da sola, così come si trovava, e tentare il tutto per tutto?
Certo se la ladra fosse riuscita a consegnare il bottino al complice gettandolo fuori bordo, tutto il loro lavoro, tutti gli sforzi fatti fino a quel momento, sarebbero andati in fumo, e lei e gli altri sarebbero stati giocati da una possibilità stupida per quanto verosimile, e cioè che il Camaleonte non era uno, ma una banda specializzata in furti di gioielli e preziosi, che la faceva sempre franca.
No, non poteva permetterlo.
L’incoscienza, o forse il suo forte senso di giustizia, prevalse sulla troppa prudenza, e si disse che avrebbe agito lei, da sola: era o non era una sweeper professionista?
E tutti quegli anni passati accanto a Ryo non le erano serviti a niente?
 
Forte di questa decisione si guardò intorno, ancora tenendo stretto il libro di Miki; sul ripiano accanto al lavello c’era un piccolo specchietto da borsetta, dimenticato lì dalla signora Tsuki: lo prese e lo accostò alla fessura della porta inclinandolo, così da vedere riflesso l’interno della stanza accanto sul grande specchio del bagno.
Così avrebbe controllato la situazione e sarebbe uscita al momento giusto, per sorprendere la donna e impedirle di fuggire.
Ma quando, con una lenta rotazione della mano, riuscì a individuare l’intrusa, trasalì: era una donna addetta alle pulizie, con tanto di carrellino ricolmo di biancheria e prodotti per l’igiene.
Con quel travestimento sarebbe stato semplicissimo, una volta prelevato lo zainetto, nasconderlo in mezzo al resto e allontanarsi indisturbata, facendo perdere le sue tracce.
Quella farabutta si era già diretta spedita all’armadio e piegata per recuperare lo zaino, quando si bloccò di colpo, voltandosi di scatto verso il bagno: a Kaori si mozzò il fiato e s’immobilizzò.
Passarono secondi che per la sweeper parvero eterni, prima che la donna smettesse di fissare la porta dei servizi e tornasse al suo bottino.
Issò il bagaglio con movimenti fluidi e si dispose a nasconderlo dentro il sacco della biancheria sporca.
Kaori, che aveva ripreso a respirare, febbrilmente si mise a pensare a come sorprenderla, a guadagnare un vantaggio che al momento non aveva, perché sarebbe bastato che la ladra le avesse dato una spinta per ributtarla indietro e chiuderla in bagno, per avvantaggiarsi su di lei e poter fuggire lontano da lì.
La partita si giocava sul filo del rasoio.
 
Ma quando Kaori sentì la porta principale aprirsi, e l’inconfondibile cigolio delle rotelle del carrellino, decise che era giunto il momento di agire e, precipitandosi fuori, urlò:
 
“Ferma lì!”
 

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Capitolo 16
*** La situazione precipita ***



B*U*O*N*  N*A*T*A*L*E* ovunque e comunque!!!!  
I tempi sono quelli che sono, ma vi auguro lo stesso di poter trovare un po’ di serenità, in questi giorni di festa, nonostante tutto ^_^
Qui invece ci stiamo inesorabilmente avvicinando alla fine della storia e dell’avventura; è ancora presto per i saluti finali, ma vorrei lo stesso potervi far capire quanto io vi sia grata, per l’affetto e l’entusiasmo che avete messo nel leggere e commentare questa mia storiella senza pretese. GRAZIE <3
Ma ora via, che Kaori & C. vi aspettano!
Vi abbraccio
Eleonora

Ps: abbiate pazienza, prima o poi rispondo a tutte le vostre fighissime recensioni :D




Cap. 16 La situazione precipita
 
 
Non appena Kaori sbucò fuori dal bagno intimando alla donna di fermarsi, l’altra sobbalzò spaventata e sorpresa, ma grande fu lo stupore della sweeper, quando riconobbe nella ladra l’inserviente che lei e Ryo avevano sorpreso nel loro alloggio.
Un secondo dopo la donna stava già scappando a perdifiato, fuori sul corridoio, spingendo il carrello a più non posso; Kaori, ripresasi dallo shock, le corse dietro urlando:
 
“Fermati! Fermati, ho detto!!!”
 
Ovviamente erano parole gridate al vento, perché la finta inserviente non aveva nessuna intenzione di farsi prendere da Kaori che, tra l’altro, era impossibilitata a correrle dietro come avrebbe voluto, intralciata dai tacchi che affondavano nella morbida moquette, e soprattutto dal tubino del vestito, così fasciante che le impediva i movimenti.
 
In quella corsa rocambolesca e indiavolata, ad un certo punto Kaori, sempre correndo, togliendosi un sandalo alla volta, e al solito grido di: “Fermati, fermati” glieli lanciò dietro sperando di colpirla, ma quella li schivò abilmente.
Quindi infilò la mano nel sacco della biancheria e riprese lo zaino, se lo mise in spalla, e spinse il carrello mettendolo di traverso, a sbarrare la strada all’avanzata della sua avversaria.
 
Kaori, lanciata a tutta velocità, non riuscì a fermarsi in tempo e vi andò a sbattere, facendolo cadere di lato, con lei sopra.
Si rialzò più in fretta che poté, e notando che il vestito si era strappato lungo la cucitura laterale della gonna, con un gesto secco tirò i due lembi della stoffa e allargò lo spacco:
 
“Ohh, finalmente! Ora ragioniamo!” esclamò con sollievo, quanto sentì le gambe ormai libere di muoversi agevolmente.
 
A quel punto, scalza e senza più impedimenti, riguadagnò terreno, tanto da raggiungere la fuggitiva che sfrecciava agilmente per i corridoi, e per le scale della nave.
 
Kaori stava quasi per acciuffarla quando, con orrore, vide spuntare il lucido metallo di una pistola di piccolo calibro, nascosta chissà dove e pronta a sparare.
 
La detonazione che seguì rimbombò per lo stretto passaggio stordendo Kaori, che perse l’equilibro rovinando a terra, mentre un’altra detonazione seguì la prima.
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
Dall’altra parte della nave, immerso in quell’atmosfera sfavillante e frivola, Ryo sentiva crescere dentro di sé l’inquietudine: Kaori era partita già da un po’ e ancora non era tornata.
I sospettati si godevano la serata e sembrava perfino che li stessero prendendo in giro, restandosene lì bellamente, quando avrebbero dovuto agire, accelerare i loro piani in vista del prossimo sbarco.
Che Ryo e il resto della banda avessero preso un abbaglio?
Forse non erano loro i ladri, i furfanti che si facevano passare sotto il nome di Camaleonte?
Ma i furti c’erano stati veramente, e i trasmettitori dei gioielli di Kaori e Miki portavano a loro, alle loro cabine.
E allora cos’era quella nota stonata che lo sweeper sentiva risuonare dentro di sé già da un po’?
Il compito di Kaori era relativamente semplice, controllare che la refurtiva fosse effettivamente nascosta dentro l’alloggio di uno di loro, e con il ricevente di Miki sarebbe stato un gioco da ragazzi; allora perché lui non era tranquillo?
Era oltremodo strana, tutta quell’apprensione che stava provando per la socia; era forse dovuta al fatto che, ora che stavano insieme, lui temeva maggiormente per la sua incolumità?
A dirla tutta era anche stanco di flirtare con la bella Momo, o di bere drink al bar in compagnia del capitano Musashi che, tra l’altro, si era rivelato un uomo piacevole e in gamba; rivoleva Kaori con lui, la voleva lì davanti, sorridente come quando si erano salutati.
 
Ad un certo punto Ryo sentì un dolore attraversargli il petto, e si lasciò sfuggire un:
 
Kaori!
 
Il capitano, che era accanto a lui, lo guardò interrogativamente, ma quando vide il viso dell’uomo trasfigurato dall’angoscia, seppe che era successo qualcosa di grave.
Ryo si voltò a fissarlo negli occhi e quasi gli ordinò:
 
“Pensi lei a tutto” e con quattro falcate uscì dalla sala.
 
Miki e Reika, vedendo andare via Ryo di gran carriera, si scambiarono un cenno d’intesa, e salutati i rispettivi compagni di serata, guadagnarono l’uscita, trattenendo vistosi sbadigli e simulando una noia e una stanchezza che erano ben lontane dal provare.
 
Anche loro si erano accorte della prolungata assenza di Kaori, e se Ryo aveva deciso di andare a cercarla c’era sicuramente un motivo.
Quei due erano uniti da un legame quasi sovrannaturale, si capivano anche senza parlare, solo con lo sguardo, e almeno un paio di volte si erano sentiti a distanza, in momenti di estremo pericolo, e questo gli aveva salvato la vita, spingendoli a fare la cosa giusta nel momento giusto.
La loro sintonia era proverbiale e faceva di loro la coppia di sweeper più in gamba del Giappone, quindi se l’uomo non era rimasto buono buono ad aspettare il ritorno della sua partner, significava solo una cosa.
 
Quando le ragazze furono sufficientemente lontane dalla sala, non vedendo più Ryo davanti a loro, si misero a correre per ritrovarlo.
Non gli importava di attirare l’attenzione di quei ricconi patetici: probabilmente la loro amica era in pericolo e dovevano correre da lei.
 
Ryo, più veloce, era già arrivato alla cabina dei Sora, la prima più vicino rispetto alla sala, e poco prima che entrasse Miki e Reika lo individuarono da lontano e lo raggiunsero, accelerando il passo.
 
Lo sweeper, impugnando la sua Phyton, con un calcio spalancò la porta socchiusa per poi gettarsi a terra e rotolare sul fianco, dietro ad una poltrona, ma la stanza era vuota e non percepiva presenza alcuna; si rimise velocemente in piedi, nell’attimo stesso in cui fecero capolino, ansanti, le due donne:
 
“Allora? Dov’è?” chiese Miki senza respiro, più per la preoccupazione che per la corsa a perdifiato.
 
“Non c’è” rispose laconico l’uomo.
 
Poi a Reika cadde l’occhio ai piedi del letto, per terra, dove seminascosto dal copriletto, occhieggiava un lembo del libro di Miki; si precipitò a raccoglierlo e lo aprì con foga, e Miki e Ryo le si fecero intorno per guardare anche loro.
Le tre spie lampeggiavano ancora: una, la sua, era fissa nel riquadro che rappresentava la cabina dei Sora, quelle di Miki e Kaori, insieme, si spostavano velocemente in quel labirinto che era la nave, e sembravano dirigersi all’esterno.
A tutti fu chiaro che Kaori doveva essere insieme ai gioielli, visto che aveva lasciato il portatile lì di cui, evidentemente, non aveva più bisogno, e l’unico modo per ritrovarla era seguire il segnale pulsante delle trasmittenti.
 
Non fu necessario parlare, i tre si precipitarono fuori e ripresero a correre fino a quando, ad un certo punto, trovarono un sandalo abbandonato e poi, poco più avanti, anche l’altro.
Tutti li riconobbero come quelli di Kaori, e mentre un senso crescente di urgenza si impossessava di loro, accelerarono la corsa sulle tracce della sweeper, con la testa piena d’interrogativi e con un vago sentore di pericolo a spronarli.
Svoltato un angolo s’imbatterono nel carrello rovesciato, attorniato da un paio di signore che, anziché rialzarlo, continuavano a scuotere la testa lamentandosi che la servitù non era più quella di un tempo, che era uno scandalo e via discorrendo. Ryo e le ragazze le degnarono appena e, scavalcatolo, proseguirono la corsa.
 
Ma fatti pochi passi, Ryo si fermò di colpo: nell’aria c’era l’inconfondibile odore di polvere da sparo, e per terra giacevano almeno un paio di bossoli di piccolo calibro.
Ma quando trovò tracce di sangue sulla carta da parati, si sentì morire: una voce dentro di sé gli urlava che quello era il sangue di Kaori, e che era stata ferita.
 
 
 
 
***
 
 
 
 
La fuggitiva e Kaori erano ormai uscite all’esterno, e ancora si rincorrevano fra le grandi ciminiere della nave, e poi giù, fra scale e scalette.
La ladra aveva sparato tutti i suoi colpi di pistola contro la ragazza, che li aveva abilmente schivati al riparo di anfratti o sporgenze metalliche; li aveva contati ad uno ad uno, ed ora poteva permettersi di correrle dietro senza paura di essere nuovamente ferita.
Eh sì, perché quando la ladra aveva estratto la pistola e fatto fuoco la prima volta contro Kaori, questa, presa alla sprovvista, per evitare la pallottola, era caduta a terra, dove era stata raggiunta di striscio al braccio dal secondo sparo.
Quella pazza criminale non si era fatta scrupolo di sparare alla sweeper mentre ruzzolava sulla moquette del corridoio, e Kaori si era salvata per un pelo da un colpo mortale, grazie ai suoi ottimi riflessi che l’avevano spinta a buttarsi di lato all’ultimo momento.
Ora la sua ferita sanguinava copiosamente, ma la rossa non era intenzionata a mollare la preda, e nulla l’avrebbe più fermata, anche se dovette ammettere che la ladra era ben allenata, se era capace di tenere quel ritmo così a lungo.
Kaori dal canto suo riusciva ancora a starle dietro, ma il sangue perso la stava rapidamente indebolendo.
 
Dopo una discesa precipitosa lungo la stretta scaletta metallica, che le espose improvvisamente al vento carico di pioggia che infuriava sull’oceano, increspando l’acqua in cavalloni sempre più alti, giunsero finalmente ad un parapetto a cui era assicurato un rampino d’acciaio, da cui partiva una corda che spariva lungo la murata.
 
La ladra terminò la sua corsa quasi sbattendo sui tubi della ringhiera, e riprese fiato approfittando del brevissimo vantaggio sull’inseguitrice.
Si sporse e urlò nel vento, che quasi le rubò la voce:
 
“Ehi, Megane? Ci sei?”
 
La corda era tesa, segno che un qualche tipo di peso era agganciato all’altro capo, ma il buio e le onde sempre più alte rendevano quasi impossibile vedere chi, o cosa, fosse aggrappato alla fune.
 
Urlò di nuovo, sempre più forte:
 
“Megane??? Ci sei?” mentre si portava le mani agli spallacci dello zaino, indecisa se toglierselo o meno.
 
Una voce smozzicata dal vento di tempesta urlò in risposta:
 
“Sì… getta… zaino… giù!”
 
La donna si sporse nuovamente: sapeva che il suo complice Megane era lì di sotto, ricoperto da una tuta in neoprene da sub, e che la stava aspettando.
Il loro piano era così congegnato: Megane si sarebbe avvicinato il più possibile alla nave con un fuori bordo, avrebbe trovato un appiglio a cui agganciare il rampino a cui sarebbe rimasto attaccato, mentre la nave avrebbe continuato la navigazione, facendosi di fatto trascinare in acqua; una volta recuperato il bottino, che la sua compagna Itachi gli avrebbe  gettato giù, lui avrebbe mollato la presa e, spinto dalla scia della nave, in seguito avrebbe raggiunto a nuoto il tender poco distante e avrebbe fatto rotta verso la riva.
Così, anche se gli altri fossero stati sospettati dei furti, e perquisiti, non avrebbero trovato la refurtiva, la quale sarebbe stata spartita una volta a terra.
Non era la prima volta che facevano una cosa del genere, ma stavolta sembrava andare tutto storto: primo perché la tempesta era in avvicinamento e le condizioni del mare stavano diventando alquanto difficili, e secondo perché Itachi era stata scoperta e rincorsa da quella rossa indiavolata.
 
Itachi si voltò di scatto, sentendo avvicinarsi Kaori, e anziché sfilarsi lo zaino, scavalcò il parapetto decisa a saltare di sotto.
 
La sweeper, che aveva capito l’intenzione della ladra, iniziò subito a gridare:
 
“No, no! Non farlo!”
 
“Vai via! Stai lontana da me!” rispose quella ormai dall’altra parte, con la schiena rivolta verso il vuoto.
 
“Ti prego, non gettarti!” insistette Kaori, che in quel momento pensava solo di salvare la ladra, e di certo non a recuperare la refurtiva “Se salti ora, morirai!” ingiunse la sweeper.
 
“E a te cosa importa? Tu vuoi i gioielli!” rispose sprezzante Itachi, con il viso e i capelli già bagnati dalle prime gocce d’acqua, e dagli spruzzi delle onde che arrivavano fin lassù.
 
“Ma cosa stai dicendo? Cosa vuoi che me ne importi… io ho paura per te” e così facendo avanzò di qualche passo.
 
“Non ti avvicinare!” intimò l’altra.
 
La tensione fra le due donne era palpabile: immobili si fissavano per la prima volta, i volti inondati di acqua, i capelli e i vestiti che si stavano inzuppando e aderivano al corpo; ansavano ancora per la corsa e il fiato si condensava in nuvolette di vapore, che il vento portava via in un istante.
La temperatura era scesa ma non ne erano minimamente consapevoli.
 
In quel mentre arrivarono Ryo e le ragazze, sul ponte sovrastante quello in cui si trovavano Kaori e Itachi, e si fermarono di colpo.
In un attimo compresero la situazione e inorridirono: se la donna si fosse buttata nelle fredde acque dell’oceano non avrebbe avuto scampo.
E quella pazza di Kaori sarebbe stata capace di saltare dietro di lei, pur di salvarla!
Dovevano fare qualcosa.
 
Ryo si rivolse alle donne:
 
“Reika, vai a dare l’allarme, metti in funzione quello antincendio, e tu Miki cerca di metterti in contatto con il capitano: che fermino la nave e si tengano pronti con le scialuppe di salvataggio. Fate presto! Al resto penserò io!”
 
Un secondo dopo le ragazze erano già sparite, e quando la sirena iniziò a suonare squarciando il silenzio della notte, sia Kaori che Itachi trasalirono: non c’era più tempo.
 
Anche Megane, che era quasi allo stremo delle forze quando riconobbe la sirena dell’antincendio, si sentì perduto: cosa avrebbe dovuto fare?
Mettersi in salvo lasciando la fune, e tornare a nuoto al motoscafo, abbandonando la compagna nelle mani della polizia, o fuggire con lei?
Non poteva lasciare che la prendessero, né che perdessero il malloppo.
Allora in un ultimo atto d’incoscienza le gridò:
 
“Avanti, salta!”
 
A quel richiamo Itachi si voltò di scatto, e quasi perse l’equilibrio e la presa; il terrore le si dipinse sul volto constatando che il mare si stava facendo sempre più minaccioso.
Anche lei fu presa dall’indecisione: saltare giù e ricongiungersi con il partner, rischiando sì di morire, ma portando con sé i gioielli che avevano rubato con tanta fatica, oppure restare a bordo, anche se questo le sarebbe costato la libertà, perché era ormai chiaro che quella donna che la stava fronteggiando era una poliziotta o un’investigatrice.
Immediatamente si ricordò di quella stessa mattina, quando era stata sorpresa a ripulire una cabina e un uomo possente, dagli occhi neri come la notte, le aveva puntato contro una vera pistola, e subito dopo era stato raggiunto da una giovane donna che le aveva detto che, in realtà, stavano solo scherzando.
Aveva creduto di morire dallo spavento, vedendo quell’arma micidiale e soprattutto lo sguardo assassino del tipo, ma poi la gentilezza della ragazza aveva stemperato l’atmosfera tesa che si era venuta a creare.
Non potevano sapere che lei era lì per rubare, ma anche loro sembrava volessero nasconderle… cosa?
La pistola non era finta, e quei due probabilmente non stavano giocando affatto: erano stati ad un passo dallo smascherarla, se l’era vista davvero brutta.
 
I poliziotti, questi idealisti!
Eccoli lì, gli eroi, si disse la ladra quasi sarcasticamente; lei aveva sparato alla ragazza per ferirla, per farle del male, ed ora era lì a pregarla di non gettarsi, di non rischiare la vita.
Eppure Itachi, al posto suo, avrebbe dato una bella spinta alla sua nemica, senza pensarci due volte.
Ma soprattutto… quella era davvero una donna poliziotto?
Perché quando si era trovata a faccia a faccia con l’uomo che sicuramente faceva coppia con lei, non le era sembrato un agente di polizia, anzi!
Ne aveva percepito il lato oscuro, che tentava di emergere e prendere il sopravvento, anche se alla fine l’oscurità era stata spazzata via proprio quando era entrata in scena la compagna che, sorridendo, aveva portato come un raggio di sole.
 
Ryo, intanto, mischiandosi con le ombre e scivolando a ridosso delle pareti metalliche, era arrivato così vicino alle due da vedere chiaramente il braccio sanguinante di Kaori, e fu sul punto di perdere la testa.
Il sangue stava ora scivolando giù fino alla mano, e gocciolava inesorabile sul rivestimento di legno levigato.
 
Se avesse dato retta al cuore, sarebbe saltato su quella donna che aveva fatto del male alla sua Kaori e gliel’avrebbe fatta pagare, e poi, senza perdere altro tempo, avrebbe preso la sua adorata socia per portarla in infermeria affinché fosse medicata.
Ma ancora una volta riuscì a mantenere il controllo.
 
Si avvicinò ulteriormente, e sentì la partner dire:
 
“Avanti, torna dentro, ormai è finita… non senti l’allarme? Presto saranno qui gli uomini dell’equipaggio, e per te e per il tuo complice non ci sarà più scampo.”
 
Ma la donna fece di no con la testa; Kaori riprese:
 
“Senti? La nave sta rallentando, e là in fondo hanno già messo in acqua le scialuppe di salvataggio… prenderanno anche lui” riferendosi al complice; poi, addolcendo il tono “Dai vieni, non ti farò alcun male… ti prego.”
 
E così dicendo si era avvicinata ancora di più, ma Itachi, tirandosi istintivamente indietro, si sbilanciò, perdendo la presa sui tubi resi scivolosi dalla pioggia che ormai scrosciava violentemente.
Successe tutto in un istante.
Una mano e poi l’altra si staccarono dal metallo e la ladra cadde all’indietro.
Kaori, slanciandosi oltre il parapetto, riuscì ad afferrarla per un braccio, ma il peso della donna era tale che la fece scivolare ancora più in giù fino a che la sweeper si ritrovò a stringerne solo il polso.
Mentre questa penzolava pericolosamente nel vuoto, Kaori le gridò, tendendole la mano libera:
 
“Afferra la mia mano!” ma Itachi, in preda al panico, non l’ascoltava più e continuava a guardare di sotto, dove non riusciva a vedere niente, nemmeno il suo Megane.
 
“Ho detto afferra la mia manooo!” ripeté “Forza!” ordinò la sweeper.
 
Itachi alzò gli occhi a guardarla, con aria spaventata e stupita insieme:
 
“Perché lo fai?” le chiese allora la ladra.
 
“Perché no? Non sopporterei di vederti morire!”
 
Itachi, sempre più meravigliata, le disse:
 
“Ma io volevo ucciderti! Ti ho sparato!”
 
“Ed io ci sono abituata!” le rispose Kaori sorridendole.
 
Ryo, che nel momento in cui aveva visto Kaori lanciarsi sul parapetto, si era precipitato su di lei, l’afferrò per i fianchi affinché non finisse di sotto trascinata dal peso dell’altra.
E, come se non bastasse, il braccio con cui la socia reggeva la ladra era quello ferito, e ben presto non avrebbe più avuto la forza necessaria a sorreggerla.
Quando Kaori si sentì acchiappare da due possenti mani, capì subito che erano quelle di Ryo, e mentalmente tirò un sospiro di sollievo; ora sentiva il corpo dell’uomo premere sul suo e sporgersi a sua volta verso Itachi, e seppe che sarebbe andato tutto bene.
 
“Forza, aggrappati!” intimò quasi lo sweeper, e Itachi, colpita dalla forza e dal tono perentorio della sua voce, afferrò prima la mano tesa Ryo poi, aiutata da Kaori, si protese ancora di più verso i due, e quando l’uomo fu sicuro della presa, con uno strappo deciso la issò sul ponte.
 
Quindi Ryo si affacciò nuovamente per vedere il suo complice, che era già stato raggiunto dagli uomini dell’equipaggio, e preso in custodia.
 
In quel momento arrivarono di corsa Miki e Reika, e si precipitarono su Kaori la quale, guardando Itachi, le chiese con un sorriso:
 
“Non tenterai di fuggire ancora, vero?”
 
Ma poi la sweeper ebbe un capogiro, e Ryo fece giusto in tempo ad afferrarla prima che svenisse fra le sue braccia.
 
“Kaoriiii” urlarono quasi in coro le sue amiche raggiungendola.
 
Solo allora Ryo si ricordò che era gravemente ferita, e rivolgendosi alle ragazze disse:
 
“Presto, presto, portiamola via, ci serve un dottore” e prendendola fra le braccia corse su per la stretta scala metallica, seguito da Miki.
Reika era rimasta lì con Itachi, tenendola  sotto tiro con una pistola, e rivolgendole un sorriso sardonico l’interpellò dicendo:
 
“E così vi abbiamo preso, eh? Abbiamo preso il Camaleonte!”
 
Itachi si accasciò al suolo, inondato di acqua, e piegò la testa in segno di sconfitta.
 

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Capitolo 17
*** Ben fatto! ***


… e così siamo arrivati al penultimo capitolo, più tranquillo dello scorso, sicuramente più zuccheroso (spero non troppo), ma necessario.
Non so quando riuscirò a rispondere a tutte le vostre meravigliose rec, anche a quelle per la shottina che ho postato ieri, però ce la metto tutta e prima o poi… rispondo a tutti ^_^
Ancora auguri e… buona lettura
Eleonora





Cap.17 Ben fatto!
 
 
“Ehi, piccolina!” disse Ryo, appena si accorse che l’adorata socia aveva ripreso conoscenza “Mi hai fatto prendere un bello spavento” aggiunse accarezzandole i capelli dolcemente.
 
“Scu-scusa… non volevo” articolò lei ancora frastornata.
Poi, guardandosi intorno e continuando a sbattere le ciglia, chiese:
 
 “Ma dove mi trovo?”
 
“Sei nell’infermeria della Princess Raven. Ti abbiamo portata qui dopo che sei svenuta sul ponte. Avevi perso molto sangue, e tutta quella corsa indiavolata ti ha messo k.o.” spiegò con un sorriso.
 
Kaori si soffermò a guardare quel volto tanto amato e, benché fosse ancora un po’ confusa, notò subito che non appena aveva riaperto gli occhi, i lineamenti tirati di Ryo erano andati via via distendendosi, e anche lui aveva riacquistato colore.
Allora era stato seriamente in pensiero per lei!
Se ne dispiacque, quindi Kaori cominciò con:
 
“Perdonami, credo di aver combinato un gran cas….”
 
“Non lo dire neanche per scherzo!” l’interruppe lui “Sei stata bravissima, e se non fosse stato per te a quest’ora avremmo perso la refurtiva, e non avremmo avuto prove della colpevolezza di quei quattro sospettati.”
 
La socia, lusingata da quei complimenti, che giungevano quando invece si sarebbe aspettata dei rimproveri, si entusiasmò: era così raro che Ryo le esprimesse riconoscenza o la gratificasse per il lavoro svolto!
E pensò che, o era stata veramente brava, o lui era realmente cambiato, tanto da non nasconderle più la sua stima… e la preoccupazione.
Ma forse erano entrambe le cose, e a lei andava benissimo anche così.
Gli sorrise grata e non aggiunse altro.
 
A quel punto, l’uomo si alzò dallo sgabello posto accanto al letto e andò alla porta, mise la testa fuori e Kaori lo sentì dire:
 
“Si è svegliata, potete entrare!”
 
“Dimmi che non hai perso la memoria di nuovo!” sbottò Reika, non appena messo piede nella cameretta.
 
“Reika!” la redarguì Miki, che la seguiva a ruota.
 
“Ragazze, che bello rivedervi!” esclamò Kaori tentando di mettersi seduta.
Ma fu presa da un capogiro e, ricadendo indietro sul cuscino, si lasciò scappare un “Oh, oh!” preoccupato.
 
Subito Ryo si protese verso di lei, ma la socia lo rassicurò dicendo:
 
“Tranquillo, mi ha girato solo un po’ la testa; colpa mia, che ho fatto un movimento troppo brusco.”
 
“Mmm, sarà!” disse lui perplesso.
Allora lei fece per accarezzargli il viso, ma si ritrovò il braccio fasciato; solo allora si ricordò della ferita da arma da fuoco.
 
“Poteva andarmi peggio” ironizzò la ragazza.
 
“Già, ma come è stato?” chiese Miki “Raccontaci.”
 
E Kaori fece un breve sunto di come si erano svolte le cose, e del fatto che ad un certo punto la ladra Itachi avesse estratto la pistola, fatto fuoco una prima volta e, approfittando della caduta di Kaori, le avesse sparato ancora.
 
“Quella bastarda…” sibilò tra i denti Reika.
 
“Ma era ovvio che lo facesse, doveva fermarmi! Però non aveva fatto i conti con la testardaggine di Kaori Makimura!” disse orgogliosamente lei.
 
“…o Kaori Saeba?” aggiunse Ryo con la sua solita faccia da schiaffi.
 
Ancora la socia non gli aveva spiegato perché fosse ricorsa a quel cambio di cognome, che peraltro lo divertiva tantissimo, e sapeva che facendoglielo notare, lei si sarebbe imbarazzata.
Però era così felice che fosse lì con lui, sana e salva, che voleva stuzzicarla, ristabilendo un po’ di normalità.
 
“Cos’è sta storia?” chiese allora Miki con sguardo indagatore “Mi sono persa qualcosa?” Insinuò.
 
“Ma no, no, è una cosa così, che mi sono inventata la prima volta che Iro Murasaki mi ha abbordato, una sciocchezza senza senso… e comunque era… prima” terminò rossa in viso.
 
Sapeva benissimo che Ryo, per il mondo civile, non esisteva, e anche se ora erano una coppia, non ci sarebbe mai stata una Kaori Saeba; e per quanto un pochino le dispiacesse, alla fine quello che più contava veramente era stare con lui, che si appartenessero.
Di sicuro non c’era bisogno di un certificato o di un paio di firme, per sancire il loro amore.
 
Poi, per spostare l’attenzione su questioni più serie e meno intime, la sweeper esordì:
 
“Piuttosto, come è andata con gli altri ladri? Come avete fatto a trovarmi?”
 
“Semplice” rispose Ryo “Ero lì che mi annoiavo nella sala da ballo, stavo pensando che era già da un po’ che te ne eri andata, e iniziavo a preoccuparmi. Poi ho sentito che eri in pericolo e sono corso da te.”
 
Nessuno dei presenti si chiese come aveva fatto l’uomo a sentirlo, perché tutti sapevano che il loro legame era così forte e così esclusivo che potevano capitare anche di quelle cose, che era perfettamente normale per loro due.
 
“Quando abbiamo visto andar via Ryo, nonostante i Sora, Murasaki e la Momotaro non si fossero mossi da lì, ci siamo dette che c’era sotto qualcosa e lo abbiamo seguito” proseguì il racconto Miki.
 
“Sì, abbiamo piantato tutti alle cure dei bei marinaretti” aggiunse l’investigatrice “e abbiamo cercato di raggiungerlo, ma era fuggito via come il vento e non riuscivamo a trovarlo!”
 
“Non so perché io mi sia diretto di filato all’alloggio dei Sora, forse perché era il più vicino alla sala, non lo so. Comunque sia, mano a mano che mi avvicinavo, il mio istinto mi diceva che c’era qualcosa che non andava. Ho fatto irruzione nella stanza e poco dopo sono stato raggiunto dalle ragazze. Abbiamo recuperato il portatile di Miki, e seguendo le spie luminose sul monitor ti abbiamo seguita.”
 
“Dovevi vederlo…” disse l’ex mercenaria “quando abbiamo trovato tracce di sangue sulla carta da parati stava quasi per perdere la testa.”
 
“Eh eh eh” ridacchiò Ryo grattandosi la testa a disagio, ma la socia gli sorrise con amore prendendogli la mano libera abbandonata sulle ginocchia; la strinse brevemente.
 
Sì, si disse Miki, quei due potevano essere spudorati per tante altre cose, quando per esempio Ryo faceva il maniaco o il pervertito, quando lei gli correva dietro come una furia urlando e strepitando, quando si abbuffavano di cibo e ridevano con la bocca piena, quando si facevano scherzi pesanti ed inopportuni… ma il loro amore l’avrebbero sempre tenuto da conto.
Non avrebbero mai permesso che si sporcasse esponendolo troppo agli occhi degli altri: sarebbero rimasti sempre timidi e impacciati in pubblico, magari nemmeno i lori amici li avrebbero mai visti baciarsi, ma non per questo il loro sentimento sarebbe stato meno forte o qualcosa di cui vergognarsi; al contrario, sarebbe sempre stato un tesoro prezioso da custodire con cura.
Sorrise fra sé, perché era la stessa cosa che capitava a lei e al suo adorato Falcon, che non avrebbe mai smesso d’imbarazzarsi di fronte agli altri, sensibile com’era; ma nell’intimità della loro casa era un uomo adorabile e premuroso, che non faceva mai mancare nulla alla bella mogliettina.
Il loro rapporto era completo e lei non aveva di che lamentarsi sotto ogni profilo.
Stavano cercando di avere un figlio, e forse quella era la volta buona, ma era troppo presto per dirlo in giro… e quello non era comunque il momento.
Quando sarebbe stata ora, lei e Umi l’avrebbero annunciato con gioia insieme.
 
“Ma insomma, come è andata a finire? A quanto pare sono svenuta e non ricordo niente…” riprese Kaori.
 
“Lo dicevo che soffriva di amnesia!” rincarò Reika.
 
“Ma noooo” rispose la sweeper “Ricordo tutto, tranne quello che è successo durante il mio… sonnellino!” puntualizzò.
 
“Certo, hai ragione” conciliò Miki “In pratica è andata così…”
 
E prese a raccontarle che mentre Kaori rincorreva la ladra, e lei e gli altri erano sulle sue loro tracce, il Capitano Musashi aveva tenuto sotto stretta sorveglianza i quattro, fino a quando non era scattato l’allarme, fatto suonare da Reika; a quel punto Miki era riuscita, tramite un assistente di bordo, a contattare il capitano e a spiegargli brevemente la situazione.
Da lì c’era stato un fuggi fuggi generale, non prima di aver fatto uscire dalla sala, scortati, i Sora, Iro e Momo e averli portati nell’ufficio di Musashi, dove erano rimasti fino alla fine, in stato di fermo.
Nel frattempo il capitano aveva dato ordine di far fermare la nave e di calare una scialuppa di salvataggio per recuperare il ladro aggrappato alla fune, e di tenersi pronti nel qual caso Itachi si fosse gettata volontariamente o fosse caduta.
 
Kaori sospirò.
Ripensandoci, aveva avuto veramente paura per la donna che, in preda alla disperazione di chi si vede senza via d’uscita, era disposta a rischiare la vita.
La sweeper si era gettata su di lei per salvarla senza pensare a niente, nemmeno al fatto che il dolore della ferita al braccio iniziava ad essere intollerabile e che stava perdendo la forza nell’arto lesionato.
L’arrivo di Ryo era stato provvidenziale e, pensando al pericolo scampato, suo e della ladra, rabbrividì; istintivamente si voltò verso di lui.
Reazione che non sfuggì all’uomo, che subito premuroso le chiese se avesse freddo, ma lei si affrettò a rassicurarlo, anche se stare fuori sotto quella pioggia gelida, con le onde che si scontravano sulle murate e inondavano il ponte e chi vi stava sopra, non era stato l’ideale; solo poco prima di svenire si era resa conto di essere bagnata fradicia.
Immaginando i suoi pensieri, Ryo le disse:
 
“Quando ti ho portato qui, subito dopo essere stata medicata con un paio di punti di sutura, ho provveduto ad asciugarti i capelli come ho potuto. Per il resto… dovrai accontentarti” e a Kaori parve che lui fosse arrossito, possibile?
Ryo non arrossiva mai…
Ma inspiegabilmente le venne spontaneo alzarsi il lenzuolo per controllare come fosse sotto, e quando scoprì di essere completamente nuda, andò a fuoco!
Quindi era stato Ryo a spogliarla e, pur avendola già vista nuda, e in atteggiamenti tutt’altro che pudichi nelle ultime ventiquattro ore, al solo pensiero si vergognò come non mai; e il fatto che si fosse sentito a disagio lui per primo non l’aiutò.
Con uno scatto si tirò il lenzuolo fino al mento e le ragazze vendendo tutta la scena scoppiarono a ridere dell’imbarazzo dei due.
 
Quando le risate scemarono, la sweeper osò chiedere:
 
“… chi-chi altri?” intendendo chiaramente chi altri l’avesse vista nuda; l’uomo, in difficoltà, rispose, grattandosi la testa:
 
“Be… io … il dottore… l’infermiera…”
 
E la socia si lasciò andare ad uno sbuffo esasperato e rassegnato insieme.
Poi si ricompose e, quasi a ricordarsi di una cosa, chiese:
 
“Ma quando avete preso Itachi e Megane, e li avete portati dal capitano… insomma, cosa hanno detto? E gli altri, hanno confessato?” Era curiosa di sapere, e quella era veramente la parte che desiderava conoscere.
 
“Oh, niente di speciale” rispose Reika con una nota di delusione nella voce “non ti sei persa niente d’interessante.”
 
“Esatto” s’intromise Miki “Quando sono stati al dunque, all’inizio soprattutto, i Sora hanno cominciato a dire che non avevamo le prove, che ci stavamo accanendo su due poveri vecchi… Ma Reika, che aveva avuto modo di stargli appiccicata tutta la sera e si era accorta dei loro travestimenti, gli è andata vicino e gli ha strappato le parrucche davanti a tutti.”
 
“Ohhhh” esclamò Kaori interessata.
 
“Sì, e poi li ho costretti a togliersi tutto il resto” puntualizzò l’investigatrice, con una leggerissima nota di sadismo nella voce “E ti dirò che il sedicente Signor Taiyo è veramente un bell’uomo. Peccato che sia un furfante, però; sarebbe davvero impensabile vivere una storia con un tipo come lui. V’immaginate un’investigatrice privata che s’innamora di un ladro? Assurdo… eppure eppure… mi sembra di aver letto da qualche parte una cosa simile, anche se quella volta erano un poliziotto e una ladra… ma è stato tanto tempo fa, in un manga… Bah, va a capire” finì per dire con aria meditabonda. “In ogni caso” riprese poi “il bel ladro ha realmente una moglie, la signora Tsuki, quindi… non se ne sarebbe fatto niente ugualmente.”
 
“Momo e Iro?” chiese sempre più curiosa la sweeper, alla faccia che non ci fosse niente di particolare in quella storia.
 
“Be’, anche loro due sembrano essere una coppia, ma non ne siamo sicuri. Saeko sta verificando le generalità che ci hanno fornito, se corrispondono a qualcuno veramente esistente o se ancora una volta si trincerano dietro una falsa identità” rispose Miki. “In ogni caso poi sono stati interrogati ad uno ad uno singolarmente e non volevano cedere, tergiversavano, si coprivano le spalle a vicenda e, a parte le coppie, insistevano dicendo che non si conoscessero affatto. Fino a quando non gli è stato detto che avevamo catturato Itachi e Megane… e allora, a quel punto, si sono arresi” concluse la bella barista.
 
“Ah” disse Kaori un po’ pensierosa; e poi: “Ed ora, che ne sarà di loro?”
 
Stavolta fu Ryo a rispondere:
 
“Domani mattina, appena attraccheremo al porto di Senpai, saranno presi in custodia dalla polizia e dovranno rispondere dei furti a loro imputati. A parte Itachi che ti ha sparato, finora il Camaleonte, o meglio I Camaleonti, non avevano fatto ricorso ad armi, e quindi le pene saranno giuste, ma meno severe.”
 
A quel punto a Reika sfuggì uno sbadiglio, che si affrettò a nascondere dietro la mano; era ormai notte inoltrata e, passata l’ondata di adrenalina che avevano provato in quelle ultime ore concitate e forsennate, tutti si sentirono improvvisamente stanchi.
 
Kaori guardò Ryo in una muta domanda: voleva tornare in cabina con lui, ma temeva di dover trascorrere la notte in infermeria.
 
“So cosa ti stai chiedendo, ma non so che dirti… chiamo il dottore, ok?”
 
“Sì, grazie Ryo. E voi, ragazze, andate pure a dormire. Io ormai sto bene e mi basterà farmi una bella dormita questa notte; domattina sarò più pimpante che mai!”
 
“Signora Saeba?” esordì il dottore entrando nell’astanteria “Come si sente?”
 
“Molto meglio, grazie!” rispose Kaori, glissando sul come l’avesse appena chiamata.
 
“Ne sono lieto. Ora sarebbe meglio per lei che riposasse: ha perso molto sangue e le medicine che le ho somministrato, presto le daranno una leggera sonnolenza.”
 
“Posso tornare in cabina?” chiese timidamente.
 
“Veramente preferirei che rimanesse qui… ha bisogno di assoluto riposo” e voltandosi appena in direzione di Ryo, si schiarì la voce a disagio.
Aveva subito capito che quella era una giovane coppia e, in qualche modo, immaginava che si sarebbero potuti dedicare ad attività diciamo… stancanti, e lui temeva che la ragazza si affaticasse.
Improvvisamente tutti e tre arrossirono, come se pensassero la stessa cosa.
Kaori ruppe quel silenzio imbarazzato dicendo:
 
“Ma io vorrei tanto passare la notte in camera mia, starei più comoda e potrei dormire meglio… la prego!” quasi implorò.
Il dottore guardò i due soci e Ryo gli rivolse un sorriso angelico, quindi alla fine, si disse, perché no?
I parametri vitali di Kaori erano in perfetto stato, era una ragazza giovane e forte, e la ferita era stata suturata perfettamente.
Certo era debole, ma in fondo quei due erano adulti, e che diritto aveva lui di non credere che non avrebbero seguito le sue raccomandazioni?
 
“E va bene, signora Saeba, la lascio andare, però… dovrò trovarle qualcosa da metterle, che il suo vestito era tutto strappato e inservibile. Un attimo che vado a sentire con la mia infermiera.”
 
E scomparve dietro alla porta.
Kaori sospirò e, chiudendo gli occhi esausta, chiese al socio:
 
“Era così tanto messo male?” intendendo quel bellissimo vestito che le aveva prestato Eriko.
 
“Be’, a parte quello spacco vertiginoso che avrebbe fatto resuscitare i morti” rispose in tono malizioso lui “l’abito era tutto bagnato e sporco di sangue, praticamente era diventato un cencio…”
 
A quella risposta lei aveva riaperto gli occhi di scatto:
 
“Ryo???” esclamò lei quasi scandalizzata.
 
“Che c’è? Mica è colpa mia se sei sempre sexy anche dopo aver rincorso in lungo e in largo una ladra, esserti presa una pallottola in un braccio, e indossando un vestito lacero e in pessime condizioni!” rispose lui facendo spallucce e con una luce strana negli occhi.
La socia si sentì rimescolare dentro.
Allora era vero, Ryo la desiderava sempre e intensamente!
E lei si sentì orgogliosa e appagata.
Per una frazione di secondo si rammaricò del fatto che, per quella notte, avrebbero dovuto restarsene calmi, però poi si consolò pensando che sarebbe stato bellissimo lo stesso dormire abbracciata a lui.
Gli sorrise con amore.
 
Poco dopo fece il suo ingresso l’infermiera:
 
“Signora Saeba, purtroppo non ho molto da prestarle, se non questa vecchia tuta che tengo di scorta qui nell’armadietto. Spero che sia della sua taglia.”
 
“Oh, ma si figuri, andrà benissimo” rispose grata la sweeper. Poi, rivolta a Ryo timidamente: “Ti-ti… dispiacerebbe uscire…”
 
“Eh? Oh, sì sì, eh eh eh” ridacchiò Ryo, impacciato.
 
Per certe cose dovevano ancora prenderci l’abitudine, e il fatto che fossero lontani dalla loro cabina che rappresentava il loro rifugio intimo, li metteva ancora di più in difficoltà.
In ogni caso Kaori si vestì in fretta, nonostante più volte dovette fermarsi sul più bello in preda alle vertigini; ma si guardò  bene dal dirlo al dottore o a Ryo, col rischio di dover rimanere veramente lì tutta la notte, su uno scomodo e stretto lettino.
Voleva dormire con Ryo in quello che era il loro letto, e non vedeva l’ora di andarsene.
 
Quando fu pronta richiamò dentro Ryo e, salutati il dottore e l’infermiera, fecero ritorno al proprio alloggio, nella pace di quella grande nave ormai addormentata, con il leggero ronzio dei motori quasi impercettibile e il sibilare del vento fuori a ricordargli che la tempesta paventata si stava avvicinando. Ma non c’era da preoccuparsi perché fra poche ore sarebbero entrati nel porto di Senpai e lasciandosi alle spalle il mare aperto.
 
I due camminavano a braccetto in un silenzio colmo di parole poi, ad un certo punto, Ryo si frugò nelle tasche della giacca dello smoking leggermente spiegazzato, come a voler prendere le sigarette e Kaori, accorgendosi dei suoi maneggi, incredula e quasi inorridita gli chiese:
 
“Ryo, ma non vorrai mica fumare qui dentro? Lo sai che è vietato!”
 
Ma lui tirò fuori solo il famoso accendino d’oro con le sue iniziali, e senza dire niente lo porse alla ragazza.
 
“A-a-allora sei riuscito a riprenderlo!”
 
“La tua amica Momo non è la sola ad essere svelta di mano” rispose furbescamente lui.
 
“Raccontami come è andata, dai” domandò lei divertita.
 
“Fattelo dire da Ryoka.”
 
“Eh?” chiese perplessa la socia.
 
“Niente niente” ridacchiò Ryo “Piuttosto, ora me lo vuoi spiegare perché tutti ti chiamano Signora Saeba? Ma voglio il motivo, quello vero…”
 
La ragazza, arrossendo, chinò il viso e per un po’ non disse niente; continuavano a camminare e presto sarebbero arrivati finalmente al loro alloggio; Ryo aspettava pazientemente che lei si decidesse a rispondergli, mentre lei valutava cosa dirgli.
Se gli avesse confessato che avrebbe tanto desiderato essere sua moglie, a tutti gli effetti, così facendo gli avrebbe ricordato che lui non aveva uno status vero e proprio e l’avrebbe ferito; però voleva essere sincera, e stava cercando il modo migliore per rispondergli senza mentirgli né farlo soffrire.
Tanto tempo fa avevano già affrontato questo discorso, e sapeva benissimo come la pensava lui in merito, anzi alla fine ci aveva scherzato su, ma sapeva anche che era un argomento tabù, ed ora pagava le conseguenze di un innocuo giochetto che aveva iniziato giusto il giorno prima, quando non sospettava minimamente la piega che avrebbero preso le cose.
Ancora una volta optò per l’onestà e quando rialzò il volto, allo stesso tempo si fermò e, facendo un passo avanti, gli si parò di fronte.
Lo fissò dritto negli occhi, e Ryo trasalì perché capì che sarebbe stato qualcosa di estremamente serio, lui che credeva che si sarebbe risolto con una celia qualsiasi.
Inghiottì a vuoto.
Contemporaneamente però si sentì annegare in quei caldi occhi ambrati, che sempre lo catturavano e lo ammaliavano, e ciò che vi lesse fu così intenso che fu pervaso da un senso di felicità senza pari: con quegli occhi Kaori non avrebbe potuto dirgli niente di male, lei lo amava e lo stava facendo anche in quel momento, intensamente.
Non si erano nemmeno resi conto di essere ormai giunti davanti alla loro porta.
 
Dopo una pausa che parve eterna, Kaori parlò:
 
“Ho scelto di chiamarmi Saeba perché volevo provare che effetto mi avrebbe fatto… il tuo cognome accanto al mio nome. All’inizio ho pensato che sarebbe stato divertente, una cosa innocente, la verità è che mi piacerebbe tantissimo potermi presentare come Kaori Saeba, ma so che ciò non è possibile… fino a ieri non credevo nemmeno che tu ti saresti deciso e che saremmo diventati… noi. Quindi era doppiamente un sogno con cui giocare. Ma ora che siamo insieme, non m’importa se non potrò chiamarmi in questo modo… mi basta avere te” concluse con un sussurro.
 
Ryo era rimasto senza fiato e non riusciva a dire niente, allora la ragazza prendendogli la mano gli disse:
 
“Ti prego non pensarci più… a me va bene anche così” e gli regalò un sorriso che gli fece accelerare il cuore; poi lui, intrecciando le dita a quelle della donna, le disse:
 
“Kaori, forse un giorno potrò darti ufficialmente il mio cognome, nel frattempo potrai usarlo quando e come vorrai perché per me tu sei… tu sei già mia moglie!”
 
“Ryo!” esclamò lei volandogli fra le braccia e stringendolo forte a sé.
 
“Piano, piano, Sugar, che così ti si riaprono i punti!”
 
“Cosa vuoi che me ne importi” rispose lei, soffocando il viso nel suo petto.
 
Lui la strinse a sua volta, provando una gioia senza nome che gli scaldò il cuore.
Dopo un attimo intenso e carico di amore, lui le sussurrò:
 
“Entriamo?”
 
E aprendo la porta la fece entrare galantemente per prima; richiudendosela alle spalle esordì con:
 
“E quindi anche stanotte ti infilerai il pigiama da vecchia? Lo stesso che indossa quella mezza matta che va in giro per New York?” protestò lui.
 
Kaori scoppiò a ridere, e rimproverandolo bonariamente gli disse:
 
“Sei sempre il solito!” e poi “E comunque hai sentito il dottore, no? Assoluto riposo
 
“Sì, sì, ma almeno staremo nello stesso letto. Tu piuttosto, vedi di non saltarmi addosso come la notte scorsa!”
 
“Ma sentilooooo!”
 
E da dietro la porta chiusa giunsero le risate dei due, che si spensero in un mormorio complice e felice, per poi riaccendersi all’improvviso in piccoli scoppi contagiosi, fra rumori prosaici, normali, di vita.
 

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Capitolo 18
*** Epilogo ***


Cap. 18 Epilogo
 
“Allora Ryo, hai capito?” trillò la voce allegra e concitata di Kaori.
 
“Certo! È da stamattina che non fai che ripetermelo” rispose leggermente annoiato lui.
 
La ragazza girava per casa affannata e nervosa, risistemando cose, prendendone altre, controllando di non aver dimenticato niente, fra borse, borsette e borsoni; i bagagli erano raddoppiati e guai a lasciare qualcosa a casa, a quel punto sarebbe stata una tragedia.
E mentre lei correva da una parte all’altra dell’appartamento, il suo socio se ne stava beatamente sprofondato sul divano a leggere il giornale, l’edizione della sera, e sembrava particolarmente interessato alle notizie di politica: infatti ogni tanto lo si poteva sentire mugugnare, annuire, emettere monosillabi di disappunto, il tutto in uno stato di apparente tranquillità che sfiorava la calma olimpica.
Anche in quel momento sembravano agli antipodi.
 
“Bene, allora. Io sarò di ritorno fra una settimana esatta, e ti prego di mantenere l’appartamento così come lo lascio intesi? Altrimenti potrei riesumare uno dei miei migliori martelli o fartela pagare in un altro modo… lo sai vero?” disse con un tono che era una via di mezzo fra la minaccia e la malizia.
 
“Ma certo, mia cara” si affrettò a risponderle in atteggiamento servile, con un bel gocciolone sulla tempia; i martelli poteva anche sopportarli, ma rinunciare a quello… beh, quello proprio no.
“Ho mai disatteso le tue aspettative? Ti ho mai deluso?” chiese lui, aspettandosi di vedere riconosciute le sue doti e il suo profondo attaccamento alla compagna.
 
“No, è vero, sei sempre stato adorabile; effettivamente non posso lamentarmi, ma è anche vero che io sono stata sempre qui con te, a controllarti. Ma ora che mi concedo questa vacanzina con le ragazze, chissà cosa mi combinerai mentre sono via?”
 
“Già, è anche la prima volta che passiamo del tempo lontani” ammise lui, con sguardo triste e occhi da cucciolo abbandonato “Non capisco perché io non possa venire!”
 
“Te l’ho detto: perché è una mini vacanza solo fra noi donne, e poi ci sarà Miki con il piccolo Seiji… l’unico uomo ammesso” finì per ridacchiare Kaori.
 
“Uffa, però non è giusto… potevamo venire anche io e Umi, in fondo lui è il padre!”
 
“Ma lui ha capito l’importanza che ha questo viaggetto per sua moglie.”
 
“Mmmm, sarà…” finì per mormorare l’uomo non del tutto convinto, per poi piagnucolare “Sei crudele però. Lasciare qui tutto solo il tuo Ryuccio… sei una donna insensibile, vuoi vedermi soffrire?”
 
“Ryo, tesoro, mi mancherai moltissimo anche tu, ma è da tanto che non facciamo un’uscita solo noi, e poi Reika deve raccontarci della sua nuova fiamma, insomma ti annoieresti un sacco a stare a sentire i nostri discorsi da donne” e gli fece l’occhiolino.
 
Poi, da fuori, giunse l’inequivocabile suono di un clacson. Kaori corse alla finestra e riconobbe la station wagon di Miki; Reika era scesa e le urlò:
 
“Allora, signora Saeba, scende oppure no?”
 
“Dannazione sono in ritardo” sbuffò a mezza voce Kaori. E poi, in direzione delle amiche: “Arriviamoooo!”
 
E spostandosi al centro della stanza, e all’indirizzo delle scale, gridò:
 
“Raven? Raven sei pronta? Dai che si fa tardi!” e poi, rivolgendosi a Ryo: “Tua figlia si fa sempre pregare, chissà da chi avrà preso!”
 
“Ecco, quando c’è da dir male è figlia mia, ma se le fanno i complimenti allora è figlia tua, o nostra al massimo” sbottò lui.
 
“Dai non dire così, lo sai che vi amo entrambi, i miei amori” e gli diede un pizzicotto sulla guancia.
 
“Raven? Dai scendi, che c’è Seiji che ti aspetta” e poi sottovoce “Se sa che c’è il suo amichetto vedrai come corre.”
 
E, infatti, dalle scale si vide arrivare trafelata una bimbetta sui cinque anni; il babbo le andò incontro e la prese al volo, sollevandola e facendola vorticare allegramente:
 
“La mia principessa!” esclamò lui, stringendola poi teneramente al petto.
 
Kaori s’incantò per un attimo a guardare quel quadretto familiare e si commosse: la sua famiglia.
Fino a qualche anno prima non avrebbe nemmeno immaginato che un giorno sarebbe stata così felice come in quel preciso momento.
Poter amare Ryo ed esserne riamata con trasporto e devozione, le era sembrato il massimo della felicità, ma quando si era scoperta incinta di Raven, e poi era nata, aveva toccato il cielo con un dito.
Tutti i suoi sogni si erano avverati, e altri si erano concretizzati senza nemmeno averli desiderati.
 
Ryo aveva accolto la notizia di quella gravidanza non prevista con un tale entusiasmo che ne era rimasta piacevolmente stupita; non avevano mai parlato di bambini e, ad essere sinceri, non ne avevano nemmeno avuto il tempo perché la bimba era venuta a loro poco dopo essersi messi insieme.
All’inizio Kaori aveva temuto che il suo compagno avrebbe potuto prenderla male, che si sarebbe preoccupato oltre ogni dire, considerando la vita pericolosa che facevano entrambi.
Ma lui ancora una volta l’aveva sorpresa, perché era diventato pazzo di gioia quando la socia, timidamente, gli aveva confessato di aspettare un bambino.
L’aveva stretta forte a sé, poi si era messo a ballare trascinandola in una folle piroetta, mentre la ragazza piangeva e rideva insieme, fino a quando Ryo non si era fermato di botto, preoccupato di poter nuocere al nascituro.
A quel punto Kaori aveva dovuto rassicurarlo che, anche se era di pochi mesi, non sarebbe successo niente di tragico per due sole giravolte.
Lui allora l’aveva guardata con occhi adoranti e, dopo una pausa intensa e carica di sentimento, le aveva detto semplicemente: “Grazie” per poi baciarla con passione e abbandono.
Le era sembrato così indifeso in quel momento, ma anche ricolmo di una nuova forza; aveva accettato la sua paternità con slancio ed entusiasmo, e la sweeper aveva avuto la certezza che sarebbe stato un buon padre, il padre che non ricordava di aver avuto.
 
Il suono del clacson la riportò bruscamente alla realtà e, tendendo le braccia alla piccola Raven, Kaori le disse:
 
“Dai, Raven-chan, saluta il papà e andiamo…”
 
“Papino? Ma tu cosa farai quando io e la mamma saremo via?” chiese la piccola Saeba.
 
“Mi annoierò tantissimo e sarò triste tutto il tempo…” disse con aria mogia, ma Kaori lo redarguì:
 
“Ryo, ti prego…” come a dire che così avrebbe rattristato la figlia, e magari si sarebbe messa a piangere non volendo più partire.
 
“Okay, okay” si corresse l’uomo “Non sarò triste, se saprò che la mia piccola principessa Raven si starà divertendo insieme alla sua mammina”  e guardò in tralice la compagna cercando la sua approvazione; lei gli fece un cenno di assenso e gli sorrise; poi, con un sospiro, si riscosse: erano veramente in ritardo.
 
Kaori prese su i borsoni, dopo aver infilato un variopinto zainetto con tanto di unicorni disegnati a colori sgargianti, sulle piccole spalle della bambina; Ryo stava per prendere il resto dei bagagli, per aiutarla a portarli di sotto, quando si fermò e, rivolgendosi alla compagna, le disse:
 
“Kaori… dimentichi qualcosa!”
 
“Eh?” rispose lei stupita.
Era chinata a controllare l’ennesima chiusura zip del borsone e, rialzandosi, un ciuffo di capelli le era finito sul viso: per un attimo lo guardò attraverso quella rossa cortina poi, con un gesto nervoso della mano, se lo scostò.
In quel momento era tale e quale a sua figlia, stessa indole battagliera e stessa purezza: Ryo le amava molto, entrambe, erano tutto il suo mondo, e proprio non poteva pensare di stargli lontano anche solo per una settimana.
 
“Dicevo che dimentichi qualcosa” ripeté pazientemente lui.
 
“Ah, sì” e avvicinandosi lo baciò teneramente, regalandogli al contempo una dolce carezza sul viso.
 
No, non poteva lasciarle partire.
 
“Kaori… dimentichi qualcosa” reiterò lui.
 
Sempre più stupita la donna lo guardò: ma cosa c’era, ancora?
Ah, le chiavi!
E voltandosi, le prese dal vuota tasche accanto alla porta, mentre Raven pazientemente aspettava che i suoi genitori si salutassero.
Ma una strana idea si stava facendo strada nella testa di Ryo; gli sembrava un bizzarro déjà-vu, e non si sentiva tranquillo per niente.
Non era iniziato tutto così, quella volta?
Erano giusto passati sei anni dal caso del Camaleonte, e di certo non poteva dirsi pentito di come si fossero evolute le cose fra loro due, anzi!
Era stato lì che finalmente si era lasciato andare all’amore che provava per la socia, e aveva vissuto momenti meravigliosi ed indimenticabili con lei, tanto che le conseguenze, ora, erano lì a guardarlo con i suoi stessi occhi neri, dal basso verso l’alto.
Però Kaori, quella volta, era stata anche ferita inseguendo la ladra, e si sarebbe buttata perfino in mare pur di non lasciarla cadere; l’arrivo di Ryo in quel momento, e soprattutto la sua presenza sulla nave, erano stati provvidenziali.
No, non si sentiva tranquillo per niente a vederle partire. “Datemi pure dell’esagerato, dell’apprensivo, ma io non mi fido!” si era infine detto lui, quindi l’incalzò ancora con uno strano sorrisetto che faceva capolino agli angoli della bocca:
 
Kaori... dimentichi qualcosa!
 
“E cosa, stavolta?” rispose lei esasperata e sul filo della scocciatura.
 
Me!” rispose Ryo, categorico, e prendendo su i bagagli, infilò le scale in fretta e furia, prima che lei potesse protestare e strepitare, lasciandola imbambolata al centro del salotto, con un borsone in una mano e la manina di Raven nell’altra.
 
“Ma…ma…” balbettò la ragazza.
Poi però, intuendo il ragionamento che aveva fatto il suo amato, si disse che sì, quella vacanza sarebbe stata anche bella, ma infinitamente migliore insieme a lui!
Scuotendo la testa, prima guardò sua figlia, che speranzosa la guardava a sua volta con adorazione, e le annuì; poi, dirigendosi verso le scale, gridò felice:
 
“Ryo, aspettaci!!!”
 
 
 
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 Ed eccoci alla fine del capitolo finale (che gioco di parole!!!) che è stato un po’ cortino, ma direi che tutto è già stato detto.
Mi sono voluta auto-regalare la cartolina, perché sognare non costa niente e sì, mi piacerebbe tantissimo che i personaggi inventati da Hojo, e ‘miei’, perché ho un legame di affetto con loro, potessero in qualche modo comunicare con me.
Come sempre succede al termine delle storie, si prova sempre un senso di dolce-amaro; mi dispiace  aver messo la parola fine, ma sono anche contenta che si chiuda il cerchio.
Sono particolarmente legata a questa ff, e credo che resterà per sempre fra quelle predilette, perché all’epoca ci ho lavorato parecchio, o meglio come dico sempre, mi ha dato piacevolmente del filo da torcere, perché se da un lato avevo ben in mente come far svolgere la storia d’amore dei due, dall’altro lato non sapevo bene come portare avanti il ‘giallo’. Volevo e dovevo essere coerente e verosimile, non volevo che mi sgamasse al primo accenno e sì, volevo una trama anche per il caso. Il risultato lo avete letto durante questi mesi, e per questo non posso che esservi GRATA in eterno.
E’ stata la fic più lunga che ho scritto, sia per numero di capitoli che per parole :D ma anche quella che ha riscosso più successo, in numero di recensioni, sempre belle corpose e gratificanti a cui PERDONO!!! non sono mai riuscita a rispondervi in tempo più o meno reale! E’ stata anche la fic più seguita, quella con tantissime visite e scelta per essere annoverata fra le Ricordate, Preferite, Seguite, quindi commossamente vi RINGRAZIO.
Ringrazio tutti, sia quelli che hanno letto in silenzioso, e chi ha voluto lasciarmi un commento strada facendo e partendo dalla mitica ed insostituibile Briz65, ringrazio:
Stekao, Klausaeba, Kyoko_09, Fanny Jumping Sparrow, MaryFangirl, maisonikkoku, Kaory06081987, Bettxyz812, Gemma83, Marzia86, maryanne1990, Kalandra, sfenoide, marinellas88, rosy, Maggiechan-75, Saori Chan, robysaeba, bluedevil, Alice21, Baraz81, Morkiryan89. Spero di non aver dimenticato nessuno, in caso scusatemi ^_^
Bene, dopo tutto st’insolito papier vi saluto veramente, che sia un arrivederci e non un addio, soprattutto perché vorrà dire che avrò altri deliri da sottoporvi (in realtà ho già qualcosina in mente XD )
A presto
Eleonora-EleWar

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