I Wanna See Your Eyes, Honey

di Vale__91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1° Capitolo ***
Capitolo 2: *** 2° Capitolo ***
Capitolo 3: *** 3° Capitolo ***
Capitolo 4: *** 4° Capitolo ***
Capitolo 5: *** 5° Capitolo ***
Capitolo 6: *** 6° Capitolo ***
Capitolo 7: *** 7° Capitolo ***
Capitolo 8: *** 8° Capitolo ***
Capitolo 9: *** 9° Capitolo ***
Capitolo 10: *** 10° Capitolo ***
Capitolo 11: *** 11° Capitolo ***
Capitolo 12: *** 12° Capitolo ***
Capitolo 13: *** 13° Capitolo ***
Capitolo 14: *** 14° Capitolo ***
Capitolo 15: *** 15° Capitolo ***
Capitolo 16: *** 16° Capitolo ***
Capitolo 17: *** 17° Capitolo ***
Capitolo 18: *** 18° Capitolo ***
Capitolo 19: *** 19° Capitolo ***
Capitolo 20: *** 20° Capitolo ***
Capitolo 21: *** 21° Capitolo ***
Capitolo 22: *** 22° Capitolo ***
Capitolo 23: *** 23° Capitolo ***
Capitolo 24: *** 24° Capitolo ***
Capitolo 25: *** 25° Capitolo (Epilogo) ***



Capitolo 1
*** 1° Capitolo ***


“ Lunedì 19 Giugno, buongiorno a tutti cari ascoltatori! Sono le 9:00 in punto e moltissimi di voi saranno ancora tra le lenzuola a rigirarsi nel letto, vero miei cari studenti? Sono ufficialmente iniziate le vacanze estive! Siete già pronti per partire? Avete già deciso quale sarà la vostra meta? Beh fatecelo sapere chiamandoci tra poco in diretta, intanto ancora un po’ di musica… ”.

Abbassai il volume della radio senza guardare bene quali fossero i tasti giusti e mi passai stancamente una mano sul viso. Come poco prima aveva annunciato la voce radiofonica le scuole avevano appena chiuso per lasciare spazio al tanto anelato riposo. Per me non era iniziato altro che un noioso giorno e una noiosa settimana.
Cercai di “ liberarmi ” dal groviglio di lenzuola che quasi mi legavano le gambe, e con movimenti lenti e stanchi scesi dal letto. Prima passai dal bagno e mi sistemai i capelli scomposti con una coda, poi scesi al piano inferiore diretta verso la cucina con l’intento di prepararmi come al solito la mia tazza di latte e caffè.
Svogliata mi guardai un po’ in giro nella casa in cui vivo da sola ormai da due anni, regalo di compleanno di una madre alquanto strana e un po’ troppo esagerata. Avere come sorpresa durante la festa del giorno in cui si è nati una villetta a schiera a due piani a Los Angeles non è una di quelle cose che ti aspetti e ne fui enormemente felice, sarei ipocrita a dire di no, ma le megalomanie di mia mamma non mi sono mai andate più di tanto a genio. Avere soldi non ho mai pensato fosse il bene primario e continuo fermamente a crederlo, ma purtroppo sono “ capitata ” in una famiglia dove il dollaro “ regna sovrano ”. A parte questo mi considero una ragazza normale.
Non feci in tempo a portarmi la tazza alle labbra che sentii il campanello suonare. Mi avvicinai all’ingresso e mi bastò un’occhiata veloce alla finestra per vedere la macchina posteggiata e capire chi fosse. Con espressione rassegnata aprii la porta e mi ritrovai davanti mia madre col solito sorriso sgargiante di corcostanza ( Regola numero uno di mamma Kim: mai farsi vedere tristi se non c’è un vero motivo, quindi sorridi sempre se puoi, specialmente davanti ai tuoi figli), i soliti vestiti firmati e il solito fortissimo profumo alla vaniglia.
<< Tesoro! Hai visto che sorpresa? >>
<< Già. >> mormorai io con indifferenza.
<< Ma come, non sei contenta di vedermi? >> fece lei con sguardo sinceramente offeso e dispiaciuto. Quando mia madre reagiva così era meglio correre ai ripari.
<< Mammina cara, scherzavo >> mentii abbracciandola.
<< Oh cara, ma stai attenta >> disse staccandosi << Non vorrai mica macchiarmi con quella tazza >>.
Lei: sempre la solita.
La feci accomodare e ci spostammo in cucina dove si sedette su un alto sgabello nero.
<< Non dirmi che ti sei alzata ora? >>
<< Sì, perché? >>
<< Ma Jennifer, ti pare? È bene alzarsi presto la mattina…E poi vorrai trovarti un lavoro sì o no, hai quasi trent’anni cara…Magari anche un fidanzato che non sia un perditempo, come quell’ultimo. Come si chiamava? >>.
( Regola numero 2 di mamma Kim: Non dormire, il mondo ti aspetta! )
I moralismi di mia madre: quanto li ho odiati e quanto li odio. Come se io volessi passare la mia vita da sola mantenuta da lei e da mio padre.
<< Odio quando fai così >>
<< Sono realista figliola >> disse sistemandosi dietro l’orecchio una ciocca di capelli bionda.
<< Vuoi qualcosa da bere? >> le chiesi ignorandola.
<< No grazie, ho già fatto colazione, piuttosto spiegami bene com’è successo >>
<< Successo cosa? >> dissi sedendomi al tavolo di fronte a lei.
<< Come hai fatto a perdere il lavoro? Insomma sei di buona famiglia ( Regola numero 3 di mamma Kim: la famiglia aiuta sempre… specialmente con il lavoro ), sei uscita dal liceo e dal college con voti abbastanza alti, ti ho insegnato l’educazione…come hai fatto a diventare così irresponsabile? >>
<< Se il posto me lo fossi scelta io, forse non avrei trovato un lavoro tanto noioso e dove, oltretutto, ci sono persone che non ti rispettano >>
<< Quella è una redazione di tutto riguardo >>
<< Sì, ma io non ho studiato tutti questi anni per diventare giornalista, ho studiato per diventare scrittrice >>
<< Dovevi pur iniziare da qualcosa, non puoi pensare di scrivere una storia e sperare che chissà chi la pubblichi e che tu diventi ricca e famosa in un secondo, ci vuole pazienza e impegno…Cose che se non da me, almeno potevi ereditare da tuo padre. Comunque quello mi sembrava l’inizio più adatto per te >>
<< Beh hai fatto male i tuoi calcoli allora. Magari mi avrebbero tenuta lì vent’anni a fare fotocopie >>
<< Esagerata >>
<< Ho scritto due articoli per una rubrica di cronaca rosa, la più facile che esista oltretutto. Tutti i colleghi li hanno trovati dei buoni lavori, tutti tranne lei…il capo >>
<< Devi considerare il fatto che la sua opinione è più importante di quella degli altri >>
<< Sei assurda, tu mi verresti contro comunque >>
<< Allora com’è che ti ha licenziata? >> disse facendo finta che la mia ultima frase fosse stato solo un suono incomprensibile.
<< Sì è rovesciato “ per sbaglio ” un caffè sulla sua camicia e su alcuni fogli >>
<< Jen!! >> fece lei con aria sconvolta.
<< Ho detto “ per sbaglio ” >>
<< So benissimo cosa intendi dire. Comunque il prossimo lavoro te lo sceglierai tu così non dovrò sentire le tue lamentele quando ti licenzieranno >>
<< Beh mi auguro che non succeda più no?! >>
<< Certo cara, se la smetti di lanciare caffè addosso alla gente >> disse mentre io roteai gli occhi << Ad ogni modo, settembre è lontano e non mi va che tu te ne stia con le mani in mano, quindi da ottima madre, quale sono io, ti ho trovato un lavoretto estivo perfetto per te >>
<< Scusa?! Ma non avevi detto che… >>
<< Niente repliche >> mi zittì lei mentre io la guardai infuriata.
<< Non ti sopporto >> dissi io a denti stretti.
<< Mi ringrazierai. Allora… >> fece lei radiosa tirando fuori dalla sua borsa di lusso dei fogli << …Si tratta di fare delle pulizie, di cucinare, anche se non sempre, di accudire dei bambini, di… >>
<< Mamma è uno scherzo? >>
<< Sai pulire, sai cucinare no? >>
<< Sì, ma… >>
<< Allora non c’è nessun problema, la prossima volta evita di interrompermi >> disse continuando a guardare gli stampati che teneva in mano.
<< Dicevo, si tratta di una villa enorme, con giardino, piscina e si trova a Miami dove questa famiglia passerà lì i prossimi due mesi a partire da… >> disse facendo scorrere gli occhi su e giù sui pezzi di carta << …La prima settimana di luglio, hai ancora un po’ di tempo per prepararti >>
<< Ho ancora un po’ di tempo per rifiutare volevi dire >>
<< Su, non scherzare Jen, aspetta almeno di sapere il nome dei proprietari no? >>
<< Perché li conosco? >>
<< Mhh, in un certo senso >> disse con un sorriso curioso.
<< Allora? >>
<< Se ti dicessi… >> con dei gesti la esortai a continuare << …Johnny Depp >>
<< Cosa c’entra Johnny Depp…Johnny Depp? >> dissi con espressione confusa mentre il sorriso di mia madre si allargava sempre di più. <<…Mi stai prendendo in giro? Quel Johnny Depp? >>
<< Sono stata brava eh?! >>
<< Sicura di non esserti sbagliata? >>.
Fu un susseguirsi di domande retoriche, poi ormai stufa mia madre mi passò i documenti che teneva in mano e visti quelli mi fu tutto stranamente e incredibilmente più chiaro. Era tutto vero, e non era possibile. Lessi il suo nome, quello della sua compagna e le loro firme. Non ci potevo credere.
<< Non dirmi che li hai incontrati >>
<< No, solo l’agente di lui che mi ha contattata apposta per questo…contenta? >>
<< Mamma, non so cosa dire. È tutto così strano. Perché ha contattato proprio te? E poi sai che io so vita, morte e miracoli di Johnny Depp, non mi risulta che abbiano una mega-villa a Miami >>
<< Vedo che sai proprio tutto, infatti l’hanno acquistata da poco. L’agente lo conosco da tempo e tu lo sai bene solo che non ti ricordi mai i nomi. Sapeva che in campo di cameriere e maggiordomi ho i contatti migliori al mondo, solo che per l’ennesima volta ho pensato che sarebbe stata l’occasione buona per mia figlia. Ti ho voluto fare un regalo insomma >>
<< So che vorresti sentirti dire solo grazie, ma mi spieghi come faccio da sola e senza esperienza a tenere testa ad un cameriere/maggiordomo di tua conoscenza? E poi i Depp si accorgeranno subito di questo >>
<< Ma cara non fare la sciocca, sanno tutto. Ho riferito la mia idea all’agente con cui ho parlato, ci siamo messi d’accordo, loro hanno dato il loro assenso ed è tutto sistemato. A quanto mi risulta se avessero potuto non avrebbero assunto nessuno, ma visto che hanno due bimbi piccoli e sono in vacanza, non hanno molta voglia di “ lavorare ” così hanno pensato di prendere almeno una persona. Come saprai bene il tuo adorato Depp non ama avere gente per casa, specialmente se sconosciuta, al di fuori della sua famiglia, ma per questa volta ha cercato di fidarsi e ha fatto un eccezione. Comunque non ti devi preoccupare di niente, ho spiegato e raccontato tutto ciò che c’era da raccontare. Quando sarà il momento, tu fa solo il tuo dovere >>
<< O mio Dio >>.
Sentii le mie guance arrossare e diventare terribilmente calde. Lo avrei visto, avrei lavorato a casa sua, avrei lavorato per lui. Non seppi che altro dire o pensare, la mia mente continuava a vagare in una dimensione tutta sua, mi riportò alla realtà lo schioccare di dita di mia madre.
<< Cosa? >>
<< Tutto bene Jen? Allora che ne dici? >>
<< Mamma >> dissi saltandole al collo e scavalcando con un salto il tavolo che ci divideva. La tazza che mi ero preparata quella mattina cadde e per poco non macchiò davvero la giacca di mia madre che non esitò a rimproverarmi.
<< Sei sempre la solita, testolina dura, mi raccomando vedi di non versargli addosso nessun caffè >> disse dandomi un bacio sulla guancia.
Il rapporto che avevamo noi due non l’avrebbe mai capito nessuno, ma in fondo ne ero felice, sarebbe stato un segreto per tutti e per entrambe.
Quella che doveva essere una noiosa giornata si era trasformato in qualcosa di indescrivibile e alla fine altri non dovevo ringraziare che la mia “ egocentrica ” mamma.




NDA - Eccomi qua!" La Vale " torna all'attacco con un'altra fic...spero che l'idea vi piaccia, diciamo che mi è venuta un po' così, di soprassalto, però mi è piaciuta subito e ho iniziato a scrivere...Come ho già anticipato non è una delle " solite " nel senso che tante fanfic ispirate ad attori belli come lui sono composte essenzialmente dal fatto che il nostro beniamino si innamora subito della ragazza che si catapulta nella sua vita...Sarà una fic più complessa, spero + elaborata e con altri fini...ovvio che non posso omettere il fatto che lei sia molto attratta da lui come lo sarebbe qualsiasi fan di Johnny...! Bene con questo concludo, sperando di leggere presto le vostre recensioni con magari i vostri consigli. Un bacio a tutti!Vale!

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Capitolo 2
*** 2° Capitolo ***


Passò una settimana, ne passarono due. I giorni si avvicinavano ad una velocità impressionante e io continuavo ad aspettare sempre che qualcuno all’improvviso mi dicesse che si trattava di uno scherzo o che in realtà mia madre si era sbagliata sul serio. Nessuna di queste cose successe e io, nonostante fossi ogni giorno più agitata di quello precedente, fui sollevata di sapere che non stavo sognando ad occhi aperti.
Durante i primi tempi mi incontrai con delle amiche, in verità volli raccontare tutta questa “ surreale ” storia solo ad una persona, la più fidata, la più onesta: Christie.
La sua faccia alla mia notizia rimarrà per sempre qualcosa di indelebile dentro di me. Non so bene se feci la stessa espressione davanti a mia madre, ma appena la vidi non riuscii a trattenere le risate. I suoi occhi increduli, incerti, le sue labbra dischiuse a voler pronunciare qualcosa, qualsiasi cosa purché le chiarisse ciò che le avevo appena detto. Rimase così un paio di minuti, poi rise anche lei. Credette davvero che la stessi prendendo in giro, infine le mostrai i documenti che mia madre mi aveva lasciato e mi saltò al collo. Era in estasi per me e io ancora di più mi resi conto di quello che avrei passato, di quello che avrei dovuto affrontare entro breve. Le chiesi ovviamente di non raccontarlo a nessuno, ma di questo potevo starne certa, era la prima persona sulla Terra a cui non sarebbe piaciuto che questa notizia venisse spifferata al mondo.
Trascorsero le restanti giornate tra ansie e pensieri affollati nella mia mente. Finalmente arrivò il giorno. Ero sicura che qualcosa da allora sarebbe cambiato, che qualcosa nella mia vita non sarebbe mai più stato lo stesso così soprannominai quel 1° Luglio “ il giorno del destino ”. Col passare del tempo mi accorsi che in fondo non avevo avuto tutti i torti a nominare così quella data che si rivelò essere decisiva per il mio futuro.
Per la prima volta nella mia vita ascoltai il consiglio di mia madre e mi alzai prestissimo, intorno alle 5.30. In realtà non avevo quasi chiuso occhio, così per evitare di rimanere in panciolle nel letto fino alle 7.00, decisi di alzarmi e di bere qualcosa di caldo. Azzeccai anche quella mossa, infatti alle 6.15 spaccate mia madre mi chiamò sul cellulare per assicurarsi che mi sarei alzata in orario. Finii di mettere le ultime cose in valigia e ci feci entrare di tutto. In fondo avrei passato i prossimi due mesi in una città da sogno in un albergo altrettanto bello che aveva prenotato per me ovviamente mamma Kim. Cosa potevo desiderare d’altro? Probabilmente un po’ di tranquillità, ma accantonai subito quel concetto, perché mi resi subito conto che non avrei trascorso di certo un periodo calmo e pacato. Erano ormai le 6.50 quando uscii di casa e diedi l’ultimo giro di chiavi nella toppa. Con la mia macchina raggiunsi l’aeroporto e con un volo diretto raggiunsi Miami da Los Angeles in circa cinque ore, arrivando intorno alle due del pomeriggio. Avevo venti minuti per fare mente locale, prendere un taxi e arrivare alla villa che mi avrebbe sconvolto la vita.
Il sole picchiava come non mai e in cielo non si vedeva una nuvola. I Depp erano di sicuro già arrivati, lui era certamente ormai lì. Chissà se mi stava aspettando? Continuavo a chiedermelo, ma in realtà ormai poco importava, nolente o dolente avrebbe dovuto incontrarmi.
Fortunatamente riuscii a prendere subito il taxi e sistemate le valigie nel portabagagli mi sedetti incrociando nervosamente le gambe. Non riuscivo a stare ferma e continuai a mordermi il labbro inferiore, mi sentii i crampi nello stomaco, qualcosa che difficilmente avevo provato spesso. Non era dolore, non era nemmeno semplice ansia, era entusiasmo, era curiosità, era timore. Tutte queste cose concentrate insieme creavano qualcosa che non aveva nome, qualcosa che non è mai stato possibile spiegare e che albergava lì, dentro di me.
Bastarono poco più di quaranta minuti. Il tassista si era fermato. Non fu un semaforo, ero arrivata.
<< Signorina può scendere ora…signorina? >>.
Ovviamente non mi resi dubito conto di quello che mi era stato detto. Guardai interdetta fuori dal finestrino l’enorme villa che avevo di fronte, qualcosa di davvero immenso.
Quando capii cosa continuava a chiedermi il conducente gli diedi ciò che gli spettava e mi feci aiutare a prendere i bagagli.
<< Però… >> disse lui con fare curioso.
<< Cosa? >>
<< È una gran bella casa, beata te che sei così ricca >> fece con un sorriso che mi prese alla sprovvista.
<< Scusi cosa sta insinuando? >>
<< Insinuando? Io, niente >>
<< Allora la prossima volta eviti di fare dei commenti, anche perché la villa in questione non è la mia se proprio lo vuole sapere >>.
( Regola numero 4 di mamma Kim: fatti sempre rispettare, a qualunque costo ) .
<< Signorina io stavo solo… >>
<< Non importa, arrivederci >>.
Probabilmente risposi in modo un po’ scorbutico, ma non me ne accorsi nemmeno. Ormai di fronte a me c’era solo il breve sentiero che portava a quella porta, a quel campanello.
Passai tranquilla, non c’erano per mia fortuna guardie o bodyguard in giro che mi fecero il terzo grado o che mi saltarono addosso credendomi una pazza.
Ero a pochi centimetri da lì, ormai nulla poteva sottrarmi a ciò che sarebbe successo da quegli attimi in poi. Toccai con il dito tremante il campanello sfiorandolo appena.
Il mio cuore, il mio respiro diventarono l’unico suono ritmico che sentii da quel momento. Si ripetevano costantemente dentro di me, senza fermarsi un attimo, sempre più forti.
Vidi la maniglia girarsi, sembrò durare un eternità.
Davanti a me vi era un bambino bellissimo di cinque anni e dietro le sue spalle un uomo. Lui, solo lui.
Finalmente era lì, di fronte a me: Johnny Depp.

Ecco qui il secondo cappy...ho fatto in fretta no? XD!!Sono contenta che la mia idea sia piaciuta e faccio subito un ringraziamento speciale a BlackPearl, summer89, michi88 e Tonks94 (ma anche a chi ha solo letto)!Grazie davvero di cuore siete state gentilissime ^^!Ora mi congedo sperando di poter leggere altri vostri numerosi commenti!Un beso a todos!cIaU

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Capitolo 3
*** 3° Capitolo ***


Respirai a fondo più volte, ci vollero un bel po’ di secondi prima di riuscire a dischiudere le labbra e di dire qualcosa di incomprensibile. Mi sentivo accaldata, rossa in viso, in procinto di esplodere e poi anche tanto stupida, lì fissa a guardarlo. Prima uno sguardo a suo figlio poi di nuovo a lui. Tremavo, ma continuavo a ripetermi che era normale in fondo.
<< C-c-c… >>
<< Ciao? >> mi aiutò lui.
Sentii i muscoli del viso allargarsi. Forse stavo sorridendo.
<< Ciao…hemm, io sono, Jennifer, piacere >>. Tesissima allungai la mano.
Ad afferrarla fu il piccolo Jack, che tutto sorridente ancora non capiva il perché della mia agitazione. Johnny sorrise, poi quando suo figlio lasciò la presa allungò lui la sua mano, forse la più bella che avessi mai visto. Era ovvio che in lui vedessi tutto ciò che c’è di più magnifico al mondo. Me la strinse, la stretta più bella mai ricevuta.
<< Piacere di conoscerti, io sono Johnny e questa peste è Jack >>.
Il piccolo mi fece un cenno con la mano per salutarmi ancora. Io sorrisi di nuovo, questa volta un po’ più rilassata.
<< Pensavamo arrivassi più tardi…comunque accomodati >>
<< V-vi ho disturbati? >>
<< Ma no figurati >> disse uscendo e aiutandomi con le valige.
Dall’espressione che assunse si capiva che dovevano pesare parecchio e non se l’era aspettato.
<< Non capirò mai cosa ci mettete qui dentro voi donne >>.
Mi sorrise di nuovo e io ricambiai.
Un po’ imbarazzata entrai nell’enorme villa già arredata alla perfezione che avrebbe ospitato i Depp. Mobili moderni la rendevano molto giovanile, ma allo stesso tempo la qualità del mobilio le dava quel tocco di classe che meritava.
<< In realtà poi le dovrò portare in hotel >>
<< Beh non vorrai che te le rubino, sai se le lasci fuori non è sicuro >> fece lui leggermente sarcastico.
<< Oh, sì giusto >>
<< E comunque noi qui abbiamo molte stanze, se non ti va di spostarti troppo puoi stare anche qua >>.
Sembrava tanto un invito. Quasi non ci volevo credere.
<< N-no no non preoccupatevi per me, mia madre ha già sistemato tutto, grazie >>
<< Come preferisci >>.
Beh ovviamente avrei preferito restare lì, ma mi conoscevano appena, non mi andava di approfittarne subito e poi mi consolai pensando che comunque li avrei visti quasi tutti i giorni lo stesso, tranne in quelli di riposo.
<< Ah un avvertimento, dacci del “ tu ”. Oltre a non sopportare quando ci danno del “ lei ”, vedi Vanessa dice che la fa sentire più ve… >>
<< Jo chi era alla porta? >>. Con un accento americano non perfetto entrò nello spazioso salotto, che sembrava più una sala ricevimenti, Vanessa Paradis accompagnata dalla dolce Lily.
<< Ah è arrivata la ragazza. Piacere io sono Vanessa, e lei è… >>
<< Lily… >> mi disse la bambina. Entrambe mi tesero la mano e io strinsi prima una e poi l’altra presentandomi. Credevo di svenire da un momento all’altro, ero quasi convinta di sognare sul serio. Stava succedendo davvero a me. Io ero lì davanti a loro. Io potevo guardarlo così da vicino. Mi mancò il fiato un paio di volte. Non riuscivo ancora ad abituarmi a stargli a così poca distanza, ma non avevo mai desiderato altro. Era davvero un sogno che si avverava.
<< Beh possiamo accomodarci lì >> disse lei indicando il divano << Bambini andate a prendere il gelato in cucina ok? >>
Lily strinse la mano a Jack, insieme annuirono e si avviarono verso l’altra stanza.
<< Vuoi qualcosa da bere? È presto ma fa caldo fuori >> mi chiese Vanessa con gentilezza.
Me l’ero immaginata carina e cordiale, ma la donna che avevo davanti mi stupiva ogni secondo di più. Sperai con tutto il cuore che non si trattasse solo di apparenza.
<< N-no grazie, sto bene così, anzi scusatemi >>
<< Hai già fatto qualcosa che non va? >> disse Johnny scherzando.
Sorrisi lievemente.
<< No è che…vedete…è sempre stato il mio “ sogno ” incontrare… >>
<< Johnny? >> concluse la frase Vanessa << Oh beh non ti devi vergognare di essere un po’ imbarazzata, penso sia normale >>. Io arrossii parecchio.
<< Prima che arrivassi stavamo parlando proprio di questo: vogliamo metterti a tuo agio il più possibile >> concluse lui.
Ci spostammo dove c’erano due divani, uno di fronte all’altro. Io mi misi da una parte loro da quella opposta. Si strinsero la mano, ma quel gesto tanto dolce non mi fece “ stare male ”. In fondo Johnny non era il mio ragazzo, tantomeno mio marito, e anzi vederlo così affettuoso con la sua famiglia mi faceva aumentare ancora di più la stima che avevo sempre avuto nei suoi confronti. Avrei voluto fissarlo per ore, le sue labbra per me si muovevano con lentezza, ogni parola era scandita alla perfezione e rimbombava nella mia testa. A tuo agio, a tuo agio. L’avrei voluto davvero, ma sapevo che ci sarebbe voluto del tempo.
<< Non dobbiamo farti un vero e proprio discorso >> iniziò lei << Raramente abbiamo avuto domestiche in casa, anche perché Johnny non le sopporta… >> disse scoccandogli un’occhiata furtiva per vedere la sua reazione, lui fece finta di niente.
<< Quello che devi fare è molto semplice. Non abbiamo orari fissi, non ci piace programmare troppo le giornate, già lo facciamo spesso con il lavoro, se dovessimo stressarci anche in vacanza, questa non si chiamerebbe più così. La mattina dovresti venire qui, diciamo quando ti chiamiamo. Lo so che può sembrare un po’ scortese svegliarti quando vogliamo noi ma… >>
<< Nessun disturbo, anzi… >> dissi anticipandola.
<< Bene. >> mi fece l’ennesimo sorriso, poi proseguì lui.
<< I bambini ovviamente la mattina vorranno andare al mare. Quando potremo andremo tutti insieme, altre volte dovrai accompagnarli tu. Sì lo so sembra strano detto da me visto che tengo ai miei figli più della mia vita stessa >> Vanessa gli strinse la mano ancora più forte << Ma è anche vero che alcuni giorni purtroppo avrò da fare e così anche Vanessa…capisci cosa intendo dire? >>
<< Perfettamente, ho vissuto situazioni del genere anche io quando ero piccola, nel senso che mia madre era davvero molto occupata con il lavoro e così mio padre. Per fortuna capitava poche volte, non ne soffrii molto e riuscii a passare parecchio tempo con i miei genitori. Vedrete che andrà tutto bene, io farò del mio meglio >>.
Provai a sorridere, ma non ci riuscii. Mentii, non sulle mie aspettative, ma sul mio passato. In realtà mia madre raramente durante le vacanze veniva insieme a me al mare, mio padre un po’ di più, ma lo stesso mi ritrovavo sempre a passare le giornate con la balia che diventò per me quasi una seconda madre. Ne soffrii, eccome se ne soffrii, ma non volli dire la verità, volevo farmi vedere affidabile, volevo rassicurarli e io ce l’avrei fatta ad ogni costo. Parlammo ancora un po’, mi spiegarono le mansioni da fare e io cercai di tenere tutto a mente, in fondo non era poi molto difficile e non sembrava neanche tanto faticoso.
<< La tua giornata libera è il sabato, va bene? >> mi chiese Johnny.
<< Perfetto. >>
<< Poi a tua scelta potrai scegliere un giorno che vorrai, diciamo quando ti pare. Sei giovane, sei in vacanza. Hai bisogno di divertirti no? >>.
Fummo tutti contagiati da una breve risata. Vederlo ridere era qualcosa di paradisiaco. Si fecero quasi le quattro, mi invitarono per un rinfresco in quella giornata afosa, nonostante l'aria condizionata andasse a tutta forza in qualunque stanza della casa, quando il telefono squillò e mia madre mi disse che dovevo assolutamente recarmi all’hotel. Sembrava che non potesse aspettare un solo un minuto in piú per potermi parlare. Allontanandomi un po’ da Johnny e Vanessa risposi a mia madre decisamente scocciata.
<< Scusa mi hai raggiunto fino a qui?! >> sussurrai.
<< No figliola sta tranquilla, solo che appena arrivi ti devo chiamare e oggi ho degli impegni, stasera una cena… >>
<< Bla, bla, bla…Non puoi dirmelo adesso? >>
<< Ti dico di no…Allora sbrigati ok? >>
<< Ma… >> non feci in tempo a rispondere che mi mise giù. Tornai da loro.
<< Scusatemi non posso trattenermi >>
<< Peccato, beh per conoscerci meglio possiamo stare insieme stasera, sei libera? >>. La cosa che più mi stupiva era che a farmi le domande era sempre Vanessa.
<< Oh io, sapete non vorrei disturbare, siete appena arrivati >>
<< Tanto non usciremo, puoi venire qui…magari ordiniamo una pizza >> disse lui cercando l’assenso della compagna che annuì.
La prima cosa che mi venne da pensare fu “ volevano mangiare una pizza?! ”, poi riflettei sul fatto che erano esseri umani anche loro e che se volevano potevano fare qualunque cosa così come la facevo io.
<< Siete gentilissimi davvero >> avevo dentro di me la voglia irrefrenabile di fargli un miliardo di inchini, nemmeno mi fossi trovata davanti al presidente del Giappone. Albergava in me uno stato di devozione nei loro confronti, qualcosa di davvero strano.
<< Allora ci vediamo qui alle 20.00? >>
<< Va benissimo… >> feci per chiamare un taxi, ma appena stavo per portare il cellulare all’orecchio Johnny mi blocco piano la mano.
<< Stai chiamando un taxi? >>
<< Hemm sì… >> mi sentii avvampare, forse Vanessa se ne accorse. Il suo secondo tocco, ancora più bello del primo.
<< Non ti preoccupare è già qui fuori >>
<< Ah…Grazie >>. Un po’ dubbiosa su come avessero fatto a chiamare il taxi senza che io me ne accorgessi, li salutai un'ultima volta prima di salire sulla macchina e di arrivare alla mia nuova abitazione che mi avrebbe ospitato per altri due lunghi mesi.


Eccomi quaaa!Di nuovo con il 3° Capitolo...Che posso dire? Spero di non deludervi e vi ringrazio infinitamente per le 5 recensioni che mi avete nuovamente lasciato, la prossima volta vi ringrazierò una per una ora purtroppo non ho molto tempo!Grazie ancora, aspetto vostre recensioni!Bacioni!Vale

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Capitolo 4
*** 4° Capitolo ***


Preso il taxi arrivai nei pressi dell’hotel che sarebbe stata la mia nuova casa per quel periodo. Era immenso come credevo, lucente agli occhi di chiunque e altissimo. Scesi dall’auto portandomi dietro i bagagli e passai per il breve sentiero, affiancato da un gran numero di palme e piccole fontanelle, che portava a una piccola scalinata. Arrivata alle scale mi si avvicinò un addetto al personale che con un sorriso smagliante mi salutò e senza nemmeno chiederlo mi prese le valigie dalle mani. Entrai nella hall, troppo suntuosa per i miei gusti, non ovviamente per quelli di mia madre ed era certo che se avessi potuto scegliere io sarei andata in ben altri posti. Mi avvicinai alla reception dicendo all’uomo dietro al banco il mio nome. Dietro di me c’era sempre l’uomo con i bagagli, che ancora mi guardava sorridente. Quando il signore di nome William Young, che lessi sul suo cartellino attaccato al petto, mi diede la chiave della stanza feci per girarmi, ma la sua voce mi fermò ancora.
<< Signorina? >>
<< Sì… >>
<< C’è un messaggio per lei >> disse porgendomi un foglio.
Per un attimo sperai che fosse di qualcuno della famiglia Depp o meglio proprio di Johnny, poi mi ricordai della telefonata che avrei dovuto fare a mia madre.
<< Mi ha detto di dirle sua madre, che dovrebbe chiamarla subito a questo numero >>
<< La ringrazio >>.
Osservai il numero, un altro da aggiungere alla rubrica. Avevo più numeri suoi che di tutti i miei amici e questa era un’altra di quelle cose che non riuscivo a sopportare di lei.
Arrivata alla porta della camera congedai con la sua mancia il ragazzo che mi aveva dato una mano e mi gettai sul letto prendendo il cellulare.
<< Pronto? >>
<< Cosa vuoi? >>
<< A tesoro sei tu, ma perché mi chiami con il tuo telefono potevi usare quello dell’hotel >>
<< Senti mi hai già disturbato abbastanza, mi dici cosa vuoi e mi lasci in pace >>
<< Come sei frettolosa…Piuttosto come sono? >>.
In effetti era grazie a lei che ora mi trovavo lì, almeno dirle com’era stato incontrarli, o meglio incontrarlo mi parve doveroso nei suoi confronti. Presi fiato e con un po’ di pazienza le raccontai tutto.
<< Sì insomma sono splendidi, è tutto splendido. >> conclusi.
<< Lo immaginavo, e sai una cosa? Anche se a te non sembrerà essere così, sono molto felice per te tesoro >>
<< Grazie mamma, ma cos’è che dovevi dirmi di tanto urgente da farmi rifiutare un invito dai Depp? >>
<< A dir la verità nulla di importante. >>.
La rabbia iniziò a salire, velocemente, molto velocemente.
<< Mi stai dicendo che non c’è un motivo? >> dissi trattenendomi dall’urlare.
<< Ah no beh in effetti una cosa c’è. Vai alla finestra >>.
Seguii le sue istruzioni.
<< E ora? >>
<< Guarda giù, vicino al marciapiede >>
<< Ma quella, è la mia macchina, scusa come… >>
<< La tua mamma è proprio brava eh? >>.
Se c’era una cosa su cui non la si potesse rimproverare era l’efficienza.
<< Così potrai spostarti senza spendere troppi soldi per il taxi >>
<< Tu che parli di “ non spendere troppi soldi ”, mi sembra un po’ strano sai? >>
<< Stupidina così potrai usarli per…lo shopping ad esempio >>
<< Ah, già… >> dissi un po’ incerta << …E dopo? Cos’altro devi dirmi di importante? >>
<< Le chiavi sono nel cassetto di fianco al letto >>
<< Ok…poi? >>
<< Poi, basta credo >>
<< Stai scherzando vero? >>
<< No davvero ho finito >>.
Allora non ci vidi più.
<< E io me ne sono andata da casa loro solo perché tu volevi farmi vedere dove era la mia macchina >>
<< Beh ok forse è un motivo un po’ stupido, ma pensaci bene… >>
<< Pensare a cosa? >>
<< Avresti esagerato >>
<< In che senso? >>.
Ancora non riuscivo a spiegarmi cosa volesse dire mia mamma con quelle brevi frasi che continuavano a confondermi, poi capii e non potei darle torto.
<< Nel senso che saresti stata, come dire, d’impiccio. Ti hanno invitata per cortesia, ma Jen, ti hanno appena conosciuta, diventeresti subito troppo invadente a stare con loro ventiquattro ore al giorno non credi? >>
<< Forse.>>
<< Ho ragione? >>
<< Fammi finire. Beh sì forse hai ragione però tu cos'avresti fatto al mio posto. Hanno detto di volermi conoscere meglio, credi che abbiano mentito? >>
<< Non dico questo, solo secondo me sarebbe meglio che inizialmente ti facessi vedere disponibile, ma non approfittatrice >>
<< Ah ok, allora è meglio rifiutare l’appuntamento di stasera >>
<< Appuntamento? >>
<< Sì, dato che ora non potevo, mi hanno chiesto di andare da loro questa sera. >>
<< Beh in questo caso puoi andarci tranquillamente. >>
<< Ma non hai appena detto- >>
<< Le cose cambiano, in questo caso passereste poche ore insieme e poi è giusto un modo per fare due chiacchiere. >>
<< Io continuo a non capire, prima mi dici una cosa, poi un’altra, allora ti decidi?! >>
<< Tesoro, se hanno insistito tanto vuol dire che la tua compagnia non gli dispiace o che comunque vogliono davvero sapere che tipo sei, in fondo li capisco, affideranno i loro figli a una sconosciuta è logico che si preoccupino >>.
Assentii con un mugolio poi cercai di chiudere la comunicazione.
<< Senti mamma ho un po’ di cose da sistemare, è meglio se vado.>>
<< Certo, certo anche io mi sono trattenuta fin troppo. Allora divertiti e fammi sapere ok? >>
<< Ok, ciao >>.
Lanciai il telefono sul letto con foga, poi piansi. Perché mia madre continuava a dire bugie, quand’ero piccola non si era mai preoccupata di lasciarmi da una sconosciuta se lei aveva da fare con il lavoro, perché mi diceva che era logico che volessero conoscermi quando a lei non era importato mai nulla. Le sue parole mi ferirono, quasi cancellarono in un istante i momenti in cui ero stata una bambina. Ma non potevo intristirmi ancora per molto, ero in vacanza, avrei lavorato sì, ma dai Depp e farmi assalire dai ricordi non era certo un bel modo per iniziare l’avventura che avrei intrapreso. Sentii la pancia brontolare, e mi accorsi che in fondo dal viaggio a casa dei Depp non avevo praticamente messo nulla sotto i denti.

§

Passai le poche ore che mi separavano dalla cena a sistemare le mie cose, poi mi feci una doccia veloce e quando finii di fare tutto mi accorsi che ero sull'orlo di un tremendo ritardo. Non mancava ormai molto all'appuntamento e immaginavo che la scelta degli abiti sarebbe stata un’ardua prova, quindi mi misi all’opera. Con grande stupore mi accorsi di averci impiegato solo una decina di minuti. Pantaloni di lino bianchi, delle scarpe dello stesso colore aperte col tacco e una canottiera di seta azzurrina. Nulla di speciale, ma in fondo non volevo sembrare troppo vistosa come invece avrebbe fatto lei, mia madre. E chi se no, ma accantonai subito il suo pensiero dalla testa, non sarebbe riuscita a rovinarmi la serata.
Passai il restante tempo ad aggiustarmi i capelli, che lasciai un po’ mossi, e a truccarmi leggermente.
Alle 19.40 uscii dall’albergo e presi la macchina. Entrare nella mia auto fu un po’ come avere una parte di casa ancora lì a Miami con me. Misi in moto e quando fui arrivata parcheggiai di fronte a quello splendido sentiero che mi avrebbe ancora condotto da loro.
Lo ripercorsi per la seconda volta, con meno agitazione. Suonai il campanello e dopo pochi istanti qualcuno mi aprì. Questa volta non c’era il piccolo Jack, solo lui, Johnny Depp in persona di fronte a me, con dei jeans scuri e una camicia bianca con i primi due bottoni aperti.
<< Buonasera, come siamo carine >>.
C-c-carina? I-io carina. Era il giusto modo per farmi tornare nella totale agitazione, cosa gli avrei potuto rispondere?
<< C-ciao, grazie.>> avrei voluto aggiungere altro, ma dalle mie labbra non uscì che silenzio.
<< Beh entra, non prendere l’abitudine di stare sulla porta altrimenti mi toccherà assumere qualcuno per spingerti dentro >>.
Sorrisi ed entrai, qualche effetto personale era stato sistemato su dei mobili, probabilmente lui e Vanessa si erano dati da fare per sistemare la villa a dovere.
La sala dove avremmo mangiato era già apparecchiata ed era proprio di fianco all’ingresso. Ci fu una cosa che mi saltò all’occhio subito e che mi sconvolse: posate di plastica. Come potevano i Depp, cenare con le posate di plastica? Li adoravo sempre di più.
Salutai Vanessa e i bambini e mi offrirono qualcosa da bere.
<< Ok, io direi di chiamare >> iniziò lei.
<< Chiamare chi? Non vorrei sembrare invadente, ma… >>
<< Il pony >> disse lui bevendo ancora il suo drink.
<< Il pony? >>
<< Sì, per la pizza >>
<< Ah, giusto >>.
No, non poteva essere. In giornata mi avevano detto che avrebbero voluto ordinare una pizza, ma io non credevo che davvero l’avrebbero fatto. Tutto non sembrava strano o surreale, quanto invece mi sembrava fantastico ed esaltante, quasi come stare tra amici.
Alla fine dopo aver deciso cosa prendere chiamammo la pizzeria e facemmo le nostre ordinazioni.
Passò un quarto d’ora prima dell’arrivo del pony-express in cui ci dicemmo cose di relativa importanza, poi suonarono al campanello.
Vanessa fece per avviarsi, ma decisi di fermarla.
<< Scusami. >>
<< Sì? >>
<< Posso andare io se vuoi, se sanno che qui ci abitate voi non passerete mai del tempo tranquilli >>
<< Ma ho già lasciato il nostro cognome. >>
<< Beh non basta per riconoscervi. >>
<< Forse ha ragione lei V. >> mi appoggiò Johnny.
Jo, appoggiava me ed ero al settimo cielo anche solo per quello.
Quando anche sua moglie si convinse mi affrettai ad andare alla porta.
Aprii, davanti a me vi era un ragazzo con cinque scatole fumanti in mano. Aveva un cappellino da baseball, ma si potevano benissimo intravedere i suoi capelli biondi e soprattutto gli occhi verdi in cui per un attimo mi persi. Non potevo negarlo era davvero carino.
Per qualche istante mi guardò imbambolato, poi per sbloccare la situazione un po’ imbarazzante allungai le mani per prendere le pizze.
<< Oh sì, ecco tieni >>
<< Grazie >>
<< Sono cinquantacinque dollari >>
<< Eccoli >>.
Gli posai i soldi nelle mani e mi diede il resto. Sentii leggermente le sue dita tremare.
<< Beh grazie >>
<< Grazie a te >>.
Lo guardai un ultima volta poi chiusi la porta.
Tornai dai Depp in cucina e posai le pizze sul tavolo quando il campanello suonò di nuovo.
<< Forse ha sbagliato a darmi il resto, torno subito >>.
Tornai indietro con una piccola corsa e aprii la porta di nuovo, di fronte a me, senza il cappellino sulla testa, c’era di nuovo lui, forse ancora più carino di prima.
<< C’è stato un errore con i soldi? >>
<< N-no…io volevo sapere il tuo nome. Come ti chiami? >>.




Eh sì, vi lascio con questo finale un po' ambiguo XDDD sn sempre cattiva iooo! XDD! Che dire se non grazie infinite per le recensioni che mi avete lasciato, ma anche alle persone che leggono e basta ^^, sono davvero tanto contenta e fiera di me ^^...un grazie particolare quindi a: kiahb26, michi88, BlackPearl, Tonks94 e Akira...Davvero non ho parole!Sperando come sempre di non aver deluso le vostre aspettative mi dileguo e vado a lavorare per il prossimo cappy e le altre fic da finire ^^!Un bacio grandeeee!Vale!

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Capitolo 5
*** 5° Capitolo ***


Sulle prime rimasi quasi impietrita. Mi ripetevo mentalmente la sua domanda. Il mio nome, cosa c’entrava il mio nome?
Lui mi osservava quasi intimidito dal mio sguardo e io a mia volta continuavo a fissare gli occhi penetranti di lui che non mi mollavano. In pochi secondi cercai di fare mente locale, di ricordarmi dov’ero e soprattutto in compagnia di chi. Ero nella lussuosa villa dei Depp, ero seduta al tavolo con Johnny e ora un ragazzo biondo occhi verdi che mi aveva appena consegnato le pizze che avremmo dovuto mangiare non smetteva di togliermi gli occhi di dosso.
<< S-scusa tu vuoi sapere… >>
<< Sì, il tuo nome. >> disse continuando a fissarmi cosí intensamente che mi fece arrossire in un attimo. La situazione non sapevo se ritenerla imbarazzante, ridicola o estremamente dolce.
<< M-mi chiamo Jennifer >>
<< Jennifer >> ripeté lui << Io invece sono Ben >>.
Feci di sì con la testa, poi verso di me corse il piccolo Jack.
<< Zia Jen tutto a posto? >>.
Il mio cuore quasi si sciolse. Mi conosceva da poco più di qualche ora e già mi chiamava zia. Quanto lo adoravo, probabilmente quasi quanto suo padre. Rivolsi un altro sguardo al ragazzo.
<< Hemm, io dovrei andare >> dissi imbarazzata.
<< Certo, è stato un piacere conoscerti Jennifer…Ciao >>
<< Ciao…Ben >> dissi a bassa voce, ma il ragazzo non potè sentirmi, ormai era già lontano.
Rientrai in casa e tenendo per mano Jack mi sedetti al tavolo dove Johnny, Vanessa e Lily mi stavano aspettando.
<< Tutto bene? >> mi chiese lei.
<< Oh certo, anzi scusatemi per avervi fatto aspettare >>
<< Eh no, penso che non ti scuseremo, vero Lily? >> fece Johnny guardando la sua bambina che sorrise divertita.
<< Dai smettila Jo, allora buon appetito >>.
Nel tempo che passammo insieme parlai a loro un po’ di me, di quello che facevo attualmente e del mio passato.
Più guardavo Johnny e più credevo di sognare, più lo vedevo parlare e più continuavo a pensare di essere stata proiettata come per magia in uno dei suoi stupendi film. Tutto per me continuava a sembrare surreale e magnifico.
In un momento di silenzio guardai l’orologio. Le undici e trenta. I bambini, che avevano provato a rimanere svegli fino a tardi erano invece crollati su un divano, uno di fianco all’altro. Lily-Rose si svegliò appena la madre le sfiorò la fronte, poi si alzò in piedi di malavoglia e mentre con una mano mi salutò con l’altra iniziò a stropicciarsi gli occhi. Il piccolo Jack invece lo prese in braccio Vanessa e lo accompagnò, lungo una scalinata, verso la camera da letto. Rimanemmo nell’enorme sala io e Johnny. Io e lui, il sogno della mia vita. Io e lui, adesso era reale.
<< Hai dei bambini stupendi, ti meriti davvero tutta la felicità che ti trasmettono >>.
Johnny mi sembrò quasi sorpreso.
<< Perché dici questo? >>
<< Beh perché è la verità, in fondo io lo penso davvero. Ti potrò sembrare una “ semplice fan ”, termine che tra l’altro odio, ma nelle persone che stimo cerco sempre di vedere al di là del loro sguardo >>
<< Sai che è difficile seguirti? >> disse lui sorridendo.
<< Intendo dire che pur non conoscendoti ho provato a “ studiare ” come sei davvero, osservandoti oltre che nei tuoi film, in tutti i posti in cui è stato possibile seguirti e mi sono fatta un’idea abbastanza chiara di te…Sì lo so che alla fine è una cosa prettamente mia, ma mi capita spesso di non soffermarmi solo sull’aspetto, cioè su ciò che si vede e basta, mi attira andare oltre, quasi fantasticare >>
<< Mi piace questo tuo modo di pensare, è un po’ strano dirtelo, ma anche tu alla prima impressione ho percepito che non eri la solita ragazzina che si svena per un autografo >>
<< Meno male >> dissi ridendo.
Al mio idolo piace il mio modo di pensare, il mio idolo ha percepito in me qualcosa di diverso. Io, la semplice Jen, io, una ragazza qualunque a parlare con Jo di temi così tanto importanti per me.
Mi alzai in piedi decisa a tornare in albergo. Volevo salutarlo mentre ancora Vanessa non c’era, avrei voluto farlo da sola.
<< È meglio se vado >>
<< Ma non è molto tardi puoi ancora restare se ti va >>
<< Sei molto gentile, ma davvero è meglio se torno all’hotel. Domani sarà una giornata impegnativa no? >>
<< Se la metti così, ok…ti accompagno alla porta >>.
Presi la mia borsa e mi avvicinai all’ingresso. Appena l’entrata di villa Depp si spalancò, una brezza leggera mi scivolò lungo le spalle.
<< Quella è la tua macchina? >> disse indicandola.
<< Già…Beh grazie di tutto. Saluta Vanessa da parte mia >>
<< Certo >>
<< Allora ciao >>.
Mi girai rivolgendogli un ultimo sorriso, ma appena mi voltai stranamente sentii stringermi il polso. Il mio cuore prese a battere sempre più forte e lentamente mi voltai.
<< Jen, io spero davvero che tu sia la persona affidabile che credo >>.
Fissai i suoi occhi scuri, profondi, certa che prima o poi ne avrei trovato la fine.
<< Io desidero più di tutto che tu ti possa fidare di me, Johnny >>.
Poi mi si avvicinò di più e mi lasciò sulla guancia le sue labbra, il suo tepore e il suo profumo invase il mio corpo.
<< Allora sei assunta ufficialmente Jen, benvenuta >>.




Shi sono sempre io...la ff continua e le novità non mancheranno...è un po' più corto il cappy rispetto a quelli precedenti, ma alla fine è la sostanza che conta no? ^^ e io come sempre mi auguro che vi sia piaciuto. Un ringraziamento speciale e personale a chi ha recensito il capitolo precedente...quindi grazie a:
Akira: Ma grassssssie...ma non mi dire, ti metto in crisi? XD chissà adesso allora...perchè Ben sembra essersi dileguato, ma...e poi johnny con il suo charme come fa a non far sciogliere Jennifer...^^ Sono contentissima che la mia fic ti appassioni, continua a seguirla ^^
michi88: spero che la tua curiosità sia stata un pokino affievolita da questo cappy, ma in realtà non si è risolto poi molto quindi non credo sia cambiato tanto XDDDD che dire di più, grazie di tutto e spero di sentirti presto ^^
BlackPearl: Gentilissimissima davvero...la storia sul ragazzo è ancora un po' ambigua, ma la fic prenderà piano piano la sua strada ^^...spero continuerai a leggere la mia ff...bacioni!
Tonks94: grazie mille per la recensione...lo so ke Johnny è Johnny peròòòòòòò...però ci vogliono sempre un po' di casini nelle mie storie...XDDD...comunque per i verbi io proprio non mi sono accorta di nessun errore, ho controllato più volte, ma nada e word non mi segnala nulla...cmq se davvero c'è qualcosa che non va scrivimelo perchè è meglio sapere che rimanere col dubbio...ok? ^^...!
Ok con i ringraziamenti ho finito...fatemi sapere come vi sembra la continuazione d'accordo?!Bacioni!

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Capitolo 6
*** 6° Capitolo ***


Parcheggiai decisamente stanca nei posti riservati ai clienti dell’Hotel. All’ingresso della solita scalinata mi aspettava di nuovo il portiere che con sguardo stanco e annoiato mi sorrise comunque e mi salutò chiamandomi per nome, o meglio, per cognome. Varcato l’ingresso e la porta automatica mi avviai verso la Reception dove avrei dovuto prendere le chiavi della mia stanza. Dietro l’enorme bancone il signor Young parlava animatamente con un ragazzo che in quel momento si trovava lì. Non ci feci tanto caso e mi feci notare dall’uomo che distraendosi dalla conversazione mi sorrise e mi salutò quasi raggiante.
<< Oh signorina Witter bentornata >> io feci un cenno col capo e un lieve sorriso, il ragazzo intanto cercava di distrarre l’attenzione dell’uomo da me. Ancora non lo vedevo bene in faccia.
<< Scusi tanto, ma non vede che abbiamo un problema, può darle la chiave senza tanti giri di parole e darmi retta >>.
Quella voce sentita non poco tempo prima. Com’era possibile. Infatti era impossibile, eppure stava succedendo.
Anche se voltato di spalle lo osservai quasi sconvolta. Ben era lì davanti a me e nemmeno se n’era accorto.
Il direttore Young guardò malissimo il ragazzo e senza dire il numero mi porse la mia chiave.
<< È questa giusto? >>
<< Sì >>.
Bastò quella sillaba a farlo girare. Non sapevo se essere contenta di rivederlo o meno. In fondo non lo conoscevo nemmeno, eppure da quel brevissimo incontro sulla soglia dei Depp sembrava essersi acceso qualcosa.
Una volta giratosi mi fece un enorme sorriso, uno di quelli davvero belli.
<< Jennifer >>
<< Ben. >> dissi tranquilla io rigirandomi la chiave tra le mani, chiaro segno che in realtà stavo sudando e non poco.
<< Ma è incredibile, non ci posso credere, anche tu qui? >>
<< Per le vacanze, sì. >>
<< E scusa il mega villone? >>
<< Ti sembra che siano affari tuoi? >> gli dissi decisamente sgarbata.
Non mi andava che iniziasse a mettere il naso negli affari miei. Era bello sì, ma essendo per me ancora uno sconosciuto preferivo tenerlo lontano dalle mie cose, soprattutto dai Depp.
Mi girai e mi incamminai verso l’ascensore per arrivare al quarto piano.
Ben non mi fermò e si rigirò verso l’uomo solo quando io fui abbastanza lontana, me ne accorsi con la coda dell’occhio.
<< Allora se ne va o resta, l’unica stanza è quella prendere o lasciare >> sentii dire dal signor Young.
<< Sì, rimango >>.

§

Il letto era abbastanza confortevole anche se la prima notte in posti diversi da casa mia mi facevano sempre uno strano effetto. Puntai la sveglia molto presto, fare tardi il primo giorno di lavoro e specialmente da Johnny e Vanessa non si prospettava un buon inizio.
Prima di dormire chiamai Christine e le raccontai ogni cosa, anche di Ben.
Così come me non mi disse niente di concludente in quanto la situazione era decisamente insolita.
<< Sta attenta e vedi come va a finire >> fu la frase più confortante. Io stessa non avrei saputo dire di meglio.
Chissà in che stanza era, se stava già dormendo, a cosa pensava. Perché mi interessasse tanto ancora non riuscivo a spiegarmelo eppure come avevo pensato prima mi accorsi che tra noi due c’era stato sin da subito qualcosa a unirci in un modo o nell’altro. Non amore o simili, la semplice vicinanza di uomo e una donna che porta a far vivere a entrambi situazioni comuni. Chissà cosa sarebbe potuto succedere in seguito.
Tra i miei mille enigmi mi addormentai e mi lasciai coccolare da Morfeo.
Alle 6.30 sentii la sveglia suonare. La spensi senza nemmeno guardare bene i tasti del cellulare dal quale l’avevo impostata e malgrado il sonno mi alzai. Nonostante l’orario mi feci portare un’abbondante colazione in camera, poi mi preparai per il “ lavoro ”. Con un abbigliamento decisamente leggero e una borsa e uno zainetto contenente il minimo indispensabile scesi in reception e salutato il signor Young andai al parcheggio.
Il sole picchiava già alto, se c’era una cosa che amavo e detestavo al tempo stesso era il caldo di Miami. Messi gli occhiali e fatta una coda mi avviai verso la macchina. Accanto ad essa una moto nera, bellissima e vicino un ragazzo intento a farla specchiare. Di nuovo non volevo crederci, ma presi la palla al balzo.
<< Buongiorno >>.
Lui mi guardò quasi più sorpreso di me, ma si riprese subito e mi fece un cenno con la mano.
<< Mi dispiace dirtelo, ma questo è davvero il segno del destino >>
<< No, io non credo. Le chiamerei piuttosto coincidenze >>
<< Ti ricrederai >>
<< A meno che tu non mi stia seguendo. >>
<< Chi io? Figurati. Mi hai folgorato, certo, ma non sono arrivato ancora a quel punto >>.
Arrossii e entrai nella mia decapottabile blu metallizzata.
<< Già te ne vai? >>
<< Lavoro.>>
<< Peccato, proprio ora che stavamo per intraprendere una conversazione così interessante >>
<< Ma come parli bene >>.
Misi in moto.
<< Che ti credevi >> disse ridendo, di nuovo quel sorriso stupendo.
<< Ci si vede >> aggiunsi << e comunque…bella moto >>.

§

Guardai l’orologio, le 7.30. In largo anticipo, ma non eccessivo anche perché appena mi avvicinai alla porta riuscii a distinguere le voci di Lily e di Johnny.
Suonai per la terza volta il campanello del mio eroe che gentilmente come al solito mi accolse in casa.
Molto più rilassata salutai tutti e mi accomodai in salotto in attesa di istruzioni.
Johnny mi fissò.
<< Si va al mare >>
<< A-al mare? >>
<< Se è per il costume non farti problemi >>
<< No, no ce l’ho…Solo che…Niente >>.
Johnny sorrise. Capì benissimo cosa intendevo dire.
<< Oggi funziona così, dovremo occuparci dei bambini…anzi veramente saremo in due a farlo, Vanessa non viene >>.
Arrossii non seppi spiegarmi subito il motivo, molto probabilmente era perché già mi immaginavo noi due soli sulla spiaggia con i piccoli Lily e Jack. Prontamente mi ripresi.
<< Ah, e come mai non…viene? Se posso saperlo ovviamente >>
<< Proprio questa mattina ha un intervista per un settimanale >>.
Nella mia mente vedevo Johnny di continuo in costume da bagno. Mi sentivo accaldata, ma allo stesso tempo felice. Molto probabilmente sarebbe stato anche divertente e interessante passare un po’ più di tempo con lui.
<< Non ti preoccupi dei paparazzi o cose simili? >>
<< Perché che male c’è, in fondo possono dire quello che vogliono, l’importante è che noi sappiamo la verità >> disse tranquillo mentre io feci di sì con la testa.
<< Papà >> strillo Jack.
<< Meglio se andiamo prima che ci mandino loro via di qui a calci >>
<< Ok, Vanessa è già uscita? Volevo salutarla >>
<< Sì è già andata via >>
<< Ah…Va bene vado a cambiarmi e arrivo >>.
Mi diressi verso il bagno. Grande, spazioso un po’ come il resto della casa. Mentre mi mettevo il costume i pensieri correvano veloci verso il futuro, a quello che avrei passato e condiviso con lui, l’unico fino ad allora a farmi battere il cuore così forte.

Aggiornamentooooo!!Sono contenta anche di questo cappy, mi è piaciuto abbastanza scriverlo...Avete le idee un po' confuse? Beh forse è normale, e mi raccomando non perdetevi il seguito ok? Ringrazio di cuore le persone che hanno commentato lo scorso capitolo, purtroppo non ho il tempo per ringraziarvi una per una...comunque GRAZIE di cuore, davvero...anche a chi ha solamente letto e a chi ha messo la ff nei preferiti...Vado...ci sentiamo, spero presto, con gli aggiornamenti...settimana prossima non ci sono perchè parto con la scuola e vado in Germania, ma forse posso postare prima altrimenti bisognerà aspettare il mio ritorno qui!Vado...un beso a todos!

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Capitolo 7
*** 7° Capitolo ***


Una volta vestita adeguatamente mi diressi all’ingresso, dove c’era Johnny che mi aspettava con accanto i bambini. Tirai fuori dalla tasca il mio mazzo di chiavi, ma poi mi accorsi che lui ne aveva già uno in mano e capii che avrebbe guidato lui, com’era giusto che fosse.
Si girò per assicurarsi che fossi io e che non si fosse immaginato la mia presenza, poi con un mezzo sorriso mi fece cenno di seguirlo.
Ogni istante passato con lui fuori da quella villa mi sembrava di essere osservata di continuo da qualcuno. Paparazzi probabilmente, ma non ero nemmeno tanto sicura che ci fossero sul serio.
Una Lamborghini nera metallizzata decapottabile ultimo modello, era posteggiata di fianco al vialetto, in un’area riservata.
<< Bella! >> dissi con un velo di eccitazione.
Johnny si voltò subito per guardare la mia espressione.
<< A dire la verità, non è che me ne intenda moltissimo, forse più Vanessa di me…hemm, grazie comunque >>.
Le ultime tre parole le disse quasi imbarazzato, eppure non mi era sembrato di aver detto chissà che cosa. Tuttavia mi fece sorridere, magari in futuro sarei riuscita persino a farlo arrossire. Io, una ragazza qualunque sarei mai riuscita a far diventare rosso per l’emozione il mio idolo?
Ci pensai un attimo, poi vedendo i bambini già in macchina lasciai perdere le mie fantasie e mi sedetti davanti, di fianco a lui.
Ogni cosa, ogni gesto. Tutto diventava di attimo in attimo sempre più magico e surreale per me che prima di quell’assurda vacanza ero stata una semplice ventenne americana, come qualunque altra, con una madre un po’, o forse troppo, egocentrica.
Partimmo. La spiaggia non si trovava molto lontano da lì e in un quarto d’ora, venti minuti, saremmo arrivati. A quasi ogni tratto mi giravo a guardare il suo profilo, mai avrei immaginato che anche dal vivo sarebbe stato tanto perfetto. Con gli occhiali da sole e uno sguardo mozzafiato, ad un semaforo si voltò a guardare i bambini.
<< Mi raccomando, state il più giù possibile, non mi va che quegli odiosi paparazzi vi vedano, ma non toglietevi le cinture >>.
I piccoli annuirono e io sorrisi tra me e me.
<< Sei più affettuoso di quanto pensassi >>
<< Faccio solamente quello che devo, un buon padre deve fare così >>
<< Infatti, sei un buon padre… >>.
Mi bloccai. Avrei voluto continuare a dire qualcosa, ma non ci riuscii, mi sentii le labbra come paralizzate. Non dissi altro perché proseguendo mi sembrava quasi di mettere in dubbio la sua affettuosità e bravura nell’essere padre e in secondo luogo perché per l’ennesima volta mi vennero in mente miei frammenti di vita passata. Attimi in cui le lacrime sul cuscino erano all’ordine del giorno perché mi sentivo trascurata, attimi in cui quando non c’era mia madre cercavo di trovare un abbraccio consolatorio da mio padre, che però, come lei, tante volte era stato distante.
<< Grazie >> disse solamente lui una volta percepito il mio imbarazzo.
Per fortuna gli occhiali da sole riuscirono a coprire i miei occhi lucidi.
Un traffico soffocante ci accompagnò per i seguenti dieci minuti. Imbottigliati tra le macchine Johnny iniziò decisamente a infastidirsi.
<< Non ci voleva proprio >>
<< Devo abbassarmi anche io >> esordii io.
<< E perché scusa? >>
<< Qualche paparazzo nascosto potrebbe scattare delle foto e… >>
<< Se ti abbassi penseranno che ti nascondi, allora sì sarebbe un bel guaio. Tu sei a posto, non ti preoccupare, possono farci anche un film se vogliono >>.
Sorrisi poi lo vidi prendere una bottiglietta d’acqua accanto alla portiera.
Finito di bere me la porse.
<< Vuoi? >>.
La bottiglietta da cui aveva appena bevuto era proprio lì, sotto i miei occhi. La guardai come se avessi visto un diamante da un milione di dollari, ma pensai che quel sorso d’acqua probabilmente sarebbe valso molto di più. << S-sì grazie >> non avrei potuto mai rifiutare.
<< Scusa, non ho bicchieri qui, se non ti fa schifo >>
<< Schifo?! >> dissi incredula, poi mi tappai la bocca con la mano << Scusa, ho urlato un po’ troppo. Comunque non importa per il bicchiere, grazie lo stesso >>.
Come poteva minimamente immaginare che mi avrebbe fatto schifo una cosa del genere. Probabilmente l’aveva fatto solo per cortesia e la cosa mi fece piacere ancora di più.
Presi la bottiglia. Prima di avvicinarla alla bocca provai a sentire l’odore del suo sapore. Non so se lo sentii sul serio, ma percepii comunque qualcosa di buono.
Non ho mai fatto caso al sapore che hanno le bottiglie quando un amico o un’amica che ha appena bevuto te la passa, probabilmente se ci avessi pensato la cosa non mi sarebbe nemmeno piaciuta poi molto, ma in questo caso lasciai perdere strani pensieri e bevvi cercando di sentire le sue labbra sulle mie.
Finito il mio sorso lo ringraziai e gli restituii l’acqua. Prima di appoggiare la bottiglietta bevve di nuovo. Mi emozionai moltissimo, adesso le sue labbra toccavano le mie, il mio sapore.

§

Anche se un po’ in ritardo finalmente Johnny riuscì a trovare parcheggio.
<< In realtà Vanessa aveva prenotato in uno di quei posti con tutti gli ombrelloni attaccati l’uno all’altra, hai presente? >>.
Annuii con la testa.
<< Preferisco qui, così possiamo metterci dove vogliamo >>
<< Concordo >>.
Scesi dall’auto e l’aiutai a prendere l’occorrente, poi chiuse la macchina e mise l’antifurto.
<< Speriamo sia abbastanza sicura qui >> dissi io preoccupata per le sorti della bellissima e costosissima auto.
<< Ma sì, rilassati… >> mi mise un braccio intorno alla spalla << …dobbiamo far divertire queste piccole pesti o no?! >>.
Guardammo insieme i bambini che diedero una mano a me e una a Jo per attraversare la strada.
Sembrava incredibile, ma era come se in quell’istante fossimo davvero una normale famiglia che si reca al mare per passare un po’ di ore spensierate. Fu ancora più bello quando Johnny mi prese la mano. Le borse a tracolla e noi quattro uniti da qualcosa che io sentivo già essere di più che una normale stretta.
Passando tra gli sguardi un po’ increduli della gente che non sapeva se credere se lui e i bambini fossero davvero la famiglia Depp, arrivammo al punto scelto da Jo che con sicurezza lasciò cadere sulla sabbia bianca la borsa che aveva appena portato.
<< Io sistemo l’ombrellone tu… >>
<< Tranquillo, so già cosa fare >>.
Gli sorrisi e tirai fuori da un’altra borsa gli asciugamani e la crema solare.
<< Lily, Jack, venite qui un attimo per favore >>.
I bambini capite le mie intenzioni non ci misero un secondo di più a venire da me e lasciarsi mettere la protezione.
Johnny, finito di sistemare il parasole, si sedette su uno degli asciugamani che avevo appena sistemato e iniziò a levarsi la maglietta. Sentii l’urletto eccitato di due ragazze poco distanti da dove eravamo noi e mi innervosii. L’imbarazzo iniziale che avevo provato sentendomi circondata da persone che con occhi attenti osservavano ogni mio movimento era passato, ora il mio cuore lasciava spazio all’orgoglio e alla fierezza di trovarmi lì accanto a lui.
Guardavo Johnny ormai in costume, bello come non mai e gli sguardi curiosi che pian piano si dileguavano, anche se probabilmente saremmo stati presto immortalati da qualche scatto fotografico. L’unica cosa che ci avrebbe forse rimproverato Vanessa sarebbe stata di non essere andati nel posto che aveva scelto lei.
<< Preferisci stare così? >> mi disse lui.
<< Così come? >>
<< Vestita >>.
Abbassai gli occhi per guardarmi e notai che in effetti avevo ancora addosso i vestiti messi quella mattina. Arrossì lievemente e mi alzai per toglierli. Una volta in costume sentii un fischio di approvazione poco distante da noi, la cosa invece di farmi piacere mi infastidì. Indossavo un costume rosa, con delle fantasie nere, colori che insieme adoravo. Ciò che invece mi fece strapiacere fu lo sguardo di Jo che appena mi vide quasi non si strozzò con l’acqua che stava bevendo.
<< Ti sta…bene direi >>
<< Oh, grazie >> dissi mostrando uno dei miei sorrisi migliori.
In realtà mi vergognavo come una ladra, non mi spiegavo il motivo, ma il disagio stava ripiombando su di me.
<< Papà… >> fece Lily << …possiamo andare a fare il bagno? >>
<< Da soli no, e poi avete appena messo la crema solare, ancora cinque minuti e poi andiamo tutti insieme, vi va? >>.
Il piccolo Jack prese l’iniziativa e tirate fuori dalla borsa due racchette e una pallina, propose alla sorella maggiore di giocare vicino a dove ci eravamo sistemati.
<< Vuoi giocare anche tu? >> mi chiese lui.
<< No grazie, per ora no…ma se tu vuoi… >>
<< No, no…chiedevo >>
<< Non credevo che qui sarebbe stato davvero così bello >>
<< Mai stata a Miami, quindi >>
<< No, ma come vedi c’è sempre una prima volta…Non ti dà davvero fastidio stare con i tuoi figli in una spiaggia così frequentata >>
<< Non pensare che siamo gli unici >>
<< In che senso? >>
<< Nel senso che come personaggio “ famoso ”, non sono l’unico. Mi sembra che ci sia anche Sandra Bullock, Jennifer Aniston…e altri da qualche parte >>
<< Ah capito, beh allora non è una spiaggia come tante diciamo >>
<< Esatto >>.
La pallina tirata da Lily finì proprio tra noi due che insieme cercammo di prenderla. Una volta passata alla bambina questa posò la racchetta per terra e ci corse incontro.
<< Zia Jen andiamo a fare il bagno? >>.
Guardai Johnny e poi mi sentii i polsi tirare sia da Jack che da Lily.
<< E va bene >> disse Jo alzandosi << Ma il primo tuffo lo faccio fare io alla signorina >>.
Sorridendo mi prese per un braccio all’improvviso e corse dritto verso il mare.
<< Aspetta, aspetta >> dissi divertita e emozionata allo stesso tempo. L'idea che si sentisse giá cosi tanto a suo agio intorno a me, mi dava una felicitá e pace incredibile.
<< Mi si rovineranno gli occhiali! >> fu la prima scusa stupida che mi venne in mente per non essere lanciata nell'oceano.
Me li tolsi e li lanciai accanto all’asciugamano su cui ero rimasta seduta un attimo prima.
I bambini correvano ridendo accanto a noi, poi sentii solo l’acqua fredda di Miami accarezzarmi il corpo e vidi Johnny sorridente, accanto a me.

Eccomi qua con l'aggiornamento, spero vi sia piaciutoooooo!!!Oggi purtroppo sn di pochissime parole perchè devo scappare, vi ringrazierò per bene la prossima volta...In tanto un grazieeeeeeee a chi ha letto e a chi ha recensito!!Bacioni!Vale!

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Capitolo 8
*** 8° Capitolo ***


Fino ad allora non mi ero mai immaginata un momento più felice. Avevo sempre cercato di piacere a me stessa, di piacere agli altri, di fare in modo che ogni cosa, ogni istante della mia giornata potesse essere speciale e memorabile. Ora, finalmente, tenevo stretta tra le mani una parte della mia vita che mai avrei voluto perdere. Tenevo ogni attimo attaccato morbosamente a me.
Passarono le ore, trascorrere la mattinata al mare con Johnny e i bambini diventò qualcosa di veramente entusiasmante. Verso l’ora di pranzo decidemmo di levare le tende per andare a mangiare da qualche parte. Proposi di tornare a casa e cucinare qualcosa, anche per evitare che Jack e Lily venissero visti in giro per Miami e magari fotografati, ma nonostante Jo non sopportasse quel tipo di problemi, mi disse che preferiva restare a mangiare fuori.
Entrammo nel lido che Vanessa aveva indicato a Johnny, ma solamente per poterci lavare e vestire. Il sole e il caldo non accennavano a diminuire, ma fu piuttosto piacevole rimanere all’aperto dopo aver passato del tempo al mare. Per fortuna avevo con me degli abiti di ricambio, perché gli altri oltre ad essere fradici erano completamente ricoperti di sabbia. Degli shorts bianchi, una canottiera azzurra che scendendo verso i fianchi si allargava leggermente, dei sandali con tacco basso dello stesso colore ed ero pronta.
Uscita dai camerini vidi subito Jo e i bambini aspettarmi appoggiati alla macchina.
Qualcuno li guardava sottecchi per capire se effettivamente si trattasse di loro, alcune ragazze emettevano piccoli urletti di gioia nel vedere il loro attore preferito davanti ai loro occhi, altri ancora cercavano freneticamente un fogliettino e una penna nelle borse e negli zaini. Appena mi vide fece entrare in fretta i bambini e mi aprì la portiera. Sono certa di aver sentito alcune di quelle persone gettarmi degli scongiuri contro, ma non ci feci poi tanto caso ed entrai in macchina in silenzio.
Mise in moto in fretta e ci allontanammo da lì. Alcune presero coraggio e da lontano gli urlarono “ Johnny ti amo ” e frasi simili. Non nascondevo il fatto che forse fino a poco tempo prima avrei potuto farlo anche io.
I bambini nei sedili posteriori giocavano tra di loro, io mi sistemai per bene gli occhiali da sole, com’era mio solito fare e mi voltai per guardare la città.
<< Wow >> disse lui a un tratto.
<< Cosa? >>
<< Sei quasi già abbronzata, non ci posso credere >>
<< Oh beh, è un fatto di carnagione… >> dissi lievemente imbarazzata.
<< Ti sta bene sai…Con i bambini ci vuole una protezione tremenda, hanno preso la carnagione di Vanessa…Io invece? Come sono messo? >> disse sorridendo voltandosi a tratti verso di me.
Gli guardai in viso. In parte era coperto da occhiali e cappellino, ma si vedeva chiaramente che il suo colore di pelle era diverso da quello dei suoi figli e della sua compagna.
<< Mi sembri leggermente più abbronzato di prima sai? >>
<< Tranquilla non ci impiegherò molto a raggiungerti >>
Sorrisi.
<< Allora, dove la porto signorina? >>
<< Oh, hemm…Non saprei, non conosco nessun posto qui? >>
<< Ti piace la cucina italiana? >>
<< Direi di sì, ma non so se sono vestita in modo adatto per un ristorante italiano >>
<< Non c’è bisogno che andiamo in ristorante, vi porto in una pizzeria…italiana al cento per cento >>.
Non ci dicemmo quasi nient’altro per il resto del viaggio. Più stavo lì e più adoravo passare del tempo insieme a lui e ai bambini. Per un attimo mi resi conto che stare senza Vanessa era davvero molto meglio, ma non mi andava di essere troppo perfida nei suoi confronti, in fondo lui l’amava davvero e insieme avevano dato alla luce due veri e propri angeli.
Passarono ancora pochi minuti e Jo accostò per parcheggiare.
Riconobbi subito la pizzeria. All’ingresso vi era un manichino in terracotta che raffigurava un cuoco panciuto con dei folti baffi e che teneva in mano un’enorme pizza con su una bandiera italiana. Il locale titolava “ Margherita ”. Entrammo e Johnny si diresse subito verso un uomo dietro una cassa. Somigliava molto al manichino all’ingresso.
Si salutarono dandosi la mano affettuosamente e dandosi delle pacche sulle spalle, poi ci disse che per noi se volevamo aveva dei posti all’aperto che non davano troppo nell’occhio.
<< Ci saranno due o tre persone al massimo fuori, poi oggi come vedete il locale è pieno, mi sono rimasti liberi giusto quei posti…è un problema per voi? >>
<< No affatto, anzi grazie Massimo, ci hai fatto un favore >>.
L’uomo ci accompagnò all’esterno. Mentre passavamo tra i tavoli gli occhi della gente non si fermavano un attimo e mi accorsi sin da subito che in particolare erano gettati più su me che su Jo.
<< Ecco, potete mettervi qui…tra poco passerà qualcuno a prendere le ordinazioni >>.
Appena Massimo ci lasciò soli Johnny si tolse gli occhiali e il cappello e li sistemò nella borsa da mare accanto alla sua sedia.
<< Beh, come vi sembra? >>
<< A me non sembra cambiato di una virgola, papà >> fece Lily sorridente, scherzando con il fratellino.
<< A te piace Jen? >>
<< Sì, è molto carino >>
<< Fidati, il cibo è ancora meglio…Vedi non è la prima volta che veniamo a Miami, ma è la prima volta che rimaniamo così a lungo. Massimo lo conosco da circa cinque anni, non si è mai mosso di qui. Per caso ci siamo incontrati e siamo diventati amici >>.
Ero così felice del fatto che Johnny raccontasse a me della sua vita personale, che tutto intorno vedevo solamente la sua sagoma. Ordinammo e in circa dieci minuti ci fu portata la pizza. Così buona non l’avevo davvero mai mangiata.
Passammo il tempo a parlare di qualunque cosa, poi mentre stavamo per finire, la porta che dava all’esterno si aprì ed entrarono una cameriera seguita da due ragazzi. Per un attimo mi impietrì.
<< Oh no! >>.
Johnny mi guardò incuriosito.
<< Qualcosa non va? >>.
Guardavo oltre il suo viso Ben, che insieme ad un suo probabile amico si sedeva a circa due tavoli di distanza da noi. Jo si voltò senza farsi accorgere per capire meglio cosa stesse succedendo.
<< Cosa c’è Jen? Li conosci? >>
<< Oh, hemm…veramente, uno di loro sì, ma neanche troppo bene >>
<< È un tuo amico? Un tuo ex? >>
<< Ma no, no >> dissi diventando immediatamente rossa in viso. A quel punto nemmeno una forte abbronzatura avrebbe potuto salvarmi.
<< Ti da fastidio vederlo? Su, dai spiegami >>.
L’interessamento di Johnny per un attimo mi risollevò il morale, poi mi accorsi che sentire le sue parole non cambiava le circostanze.
<< Ecco vedi…Quel ragazzo biondo, è il ragazzo che… >>
<< Che… >>
<< Che ha portato le pizze ieri sera >>
<< Oh…Beh saprà dove abito, tanto nel giro di due giorni lo sapranno tutti…tutto qui? >>
<< No…Ecco, alloggia nel mio stesso Hotel e… >>
<< Ti fa la corte? >>.
Arrossii ancora di più e abbassai leggermente la testa, Johnny sorrise quasi divertito.
<< Beh non lo biasimo >>.
Letteralmente mi sentivo il viso in fiamme, finii di mangiare in silenzio. Passarono un po’ di minuti, ma Ben ancora non ci aveva notato, poi quando anche i bambini finirono di mangiare Johnny si girò a chiamare un cameriere per chiedere il conto.
Cercò di farlo in modo discreto, ma non servì a nulla, questa volta gli occhi verdi del biondo mi fissarono.
Il suo viso mutò improvvisamente, non era del tutto un’espressione sorpresa, ma sembrava chiaramente che dicesse “ Non ci posso credere ”.
Ciò che mi fece rabbrividire ancora di più fu quando disse al suo amico di aspettarlo e si diresse verso di noi, più precisamente verso di me.
<< Ma guarda chi si vede! >>
<< È assurdo, mi perseguiti >> dissi di rimando io mentre Johnny si faceva dare il conto facendo finta di nulla.
<< Ricordati si chiamano coincidenze, io non perseguito nessuno >>
<< Piacere Johnny >> fece Jo porgendogli la mano e alzandosi in piedi.
<< Wow, Johnny Depp…Sei uno dei miei attori preferiti sai? In “ Blow ” sei stato magnifico, adoro quel film. Comunque io sono Ben, piacere mio >>.
Mi posai una mano sul viso. Avrei voluto sparire in quell’istante, ma le loro voci continuavano a portarmi alla realtà.
<< Com’è che vi conoscete? >> fece Ben curioso.
<< Gli affari tuoi mai?! >> dissi io decisamente infuriata, ma Johnny con una tranquillità inaspettata gli spiegò tutto.
<< Vedi si occupa dei miei bambini, ma siamo amici…Non c’è niente di male credo >>
<< No affatto >> rispose lui.
In effetti la risposta era molto diversa da come me l’ero immaginata, ma solo il fatto che mi avesse reputato un’amica anche solo per finta, mi riempì il cuore di gioia.
<< Comunque potete stare tranquilli, non dirò niente a nessuno di questa cosa, di qualunque cosa vi riguardi>>
<< Guarda che non stiamo nascondendo nulla >>
<< Lo so, lo so, ma mi riferisco anche al fatto che ormai so dove abiti >> disse riferito a Johnny << Sono uno di cui ti puoi fidare, non mi interessano certe cose >>.
Appena finita la frase l’amico rimasto al tavolo da solo iniziò a chiamare Ben.
<< Scusatemi, devo andare >>
<< Anche noi stiamo andando…è stato un piacere conoscerti >> disse Johnny dirigendosi verso l’interno con i bambini.
Feci per andarmene anche io, ma Ben mi trattenne per un polso.
<< Ti puoi fidare di me >>
<< Non ti conosco nemmeno >> dissi io come se fosse la cosa più ovvia da dire.
<< Mi conoscerai presto, non puoi perderti uno come me >>
<< Tu dici? >>.
Ben sorrise e mi folgorò per l’ennesima volta, ma non era mia intenzione cedere, visto anche come procedevano le cose con Johnny.
<< Devo andare >>
<< Ok >> disse lasciandomi << ci vediamo Jen >>.
Uscii e vidi Jo, Lily e Jack già all’ingresso.
Salutammo Massimo e ci dirigemmo verso la macchina.
<< Simpatico il tuo amico >>
<< Guarda che lo conosco a malapena, io piuttosto…sono davvero tua amica? >>
<< Non mento mai su queste cose >>.
Sorrisi davvero felice e ci avviammo verso casa, ma la giornata si prospettava più lunga del previsto.

Eccomi di nuovo qui...Scusatemi per l'attesa, ma la scuola davvero non mi permette di lavorare alle mie ff, mi dispiace molto per questo, ma cercate anche di capirmi =)...in ogni caso spero che il capitolo vi sia piaciuto e che vi appassioni sempre di più anche perchè le sorprese non finiscono qui...
Come promesso devo ringraziare una per una tutte voi per il sostegno che mi date e le belle parole nelle vostre recensioni...siete magnificheeeeeeee...Quindi un grazie speciale a:
Dafly
LittleBell
Akira_chan
bambigi
michi88
Tonks94
lavi
Grazie, Grazie Grazieeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee...Ok mi congedo...spero come al solito di aggiornare il prima possibile, cercherò di essere veloce, ma nel caso non dovessi farlo in fretta ( visto anche che devo aggiornare altre FF ) spero mi seguirete lo stesso e non ve la prenderete =) !!Grazie di cuore anche a chi legge soltanto...ora vado!Un beso a todos!Vale!

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Capitolo 9
*** 9° Capitolo ***


Libera fino a quel momento, libera in quegli ultimi istanti, in quella bellissima auto col vento tra i capelli e il mio idolo di fianco. Quasi un sogno irrealizzabile per chiunque, persino per me, eppure lo stavo vivendo davvero. Libera dai pensieri fino ad aprire quella porta, quella di casa Depp.
Johnny parcheggiò molto agevolmente nel sentiero adibito alle auto che portava alla villa, poi insieme ci accingemmo all’ingresso. Io stessa non ero ancora a conoscenza del mio prossimo compito, i bambini invece, stanchi morti, sarebbero sicuramente andati nelle loro stanze a gettarsi sui comodissimi letti.
Jo mi guidò fino alla cucina, dove seduta al tavolo vi era Vanessa con gli occhi puntato contro esso.
<< Oh, buongiorno Vanessa, mi dispiace non averti vista questa mattina >> dissi io appena la vidi mentre Johnny andava a darle un bacio sulla guancia. Lei rimase del tutto distaccata, quasi assente.
<< Già è vero…ciao Jennifer >> disse senza tonalità.
Sembrava totalmente un’altra persona rispetto al giorno precedente e la sua magrezza le conferivano ancora di più una figura depressa e stanca.
<< Puoi uscire? >> disse ancora senza tono nella voce.
Johnny la fissò, ma non disse una parola e io stessa un po’ sorpresa abbandonai la stanza per andare nella sala accanto.
Mi sedetti sul divano pensierosa, ma appena cercai di intrattenere la mia mente con qualche concetto sentì le loro voci chiare dall’altra parte della porta, non potei far altro che ascoltare.
<< Come stanno i bambini? >>
<< Bene, sono solo un po’ stanchi sono andati in camera >>
<< Non sono nemmeno venuti a salutarmi >>
<< Quasi crollavano per terra Vanessa…Si può sapere perché hai questo tono di voce? L’intervista è andata male? >>
<< No, affatto, anzi è andata più che bene credo…Solo che… >>
<< Che? >>
<< C’è che da quando “ quella ” è in casa la tratti come fosse una di famiglia >>
<< E' qui da appena due giorni, sto cercando di farla sentire a suo agio e farle capire che famiglia siamo. L’hai detto tu stessa di comportarci normalmente, è quello che sto facendo, che fanno i bambini, che credevo facessi anche tu. Non m’importa di avere una balia qualsiasi in casa, deve avere un bel rapporto specialmente con i bambini >>
<< Perché non sei andata alla spiaggia che ti avevo detto? >>
<< Tu come lo sai? >>
<< Vi avranno visti un sacco di paparazzi, di persone comuni e chissà cos’avranno pensato >>
<< Lo avrebbero pensato anche nel tuo Lido Vanessa, e soprattutto sai quanto io non sopporti i paparazzi, ma ora come ora me ne infischio. Voglio che Jack e Lily non debbano sempre fuggire come faccio io, non voglio che picchino questa gente che ci opprime come ho fatto io, perché si caccerebbero solamente nei casini. Impareranno ad odiarli, questo credo sia inevitabile, ma li proteggeremo, come abbiamo sempre fatto >>
<< Beh se volevi proteggerli hai davvero sbagliato tattica >>
<< Senti io una “ babysitter ” non la volevo nemmeno, sai quanto non mi fidi degli estranei, ma alla fine abbiamo deciso per il sì e Jennifer mi è sembrata una persona in gamba. È qui solo da un giorno, già ti sei stancata di lei >>
<< Beh… >>
<< No Vanessa, tu ti senti in colpa per non esserci stata oggi >>
<< In colpa di cosa? >>
<< Era il nostro primo giorno di vacanza e hai lavorato persino oggi >>
<< Sono mancata solo poche ore >>
<< Tanto da esserti persa la mattinata, persino io ho rinunciato a tutto per stare qui con te e i bambini, abbiamo anche chi ci aiuta a stare un po’ più da soli, cosa volevi d’altro? >>
<< Stai dicendo che la grande star Johnny Depp ha potuto rinunciare al suo lavoro e la misera cantante sua compagna non può nemmeno rilasciare un’intervista? >>
<< Questo te lo sei detta da sola >>
<< Ho letto tra le righe >>
<< Beh ma non te la stai prendendo con me, te la stai prendendo con te stessa >>
<< Se per questo nemmeno domani ci sarò >>
<< Come? Non verrai nemmeno domani? >>
<< È l’ultima fatica, poi avrò finito, devo far sì che il mio prossimo Cd vada bene Johnny, lo sai che non mi interessa il successo quanto la mia famiglia, ma ormai non posso rinunciarvi >>
<< Allora tutta questa fissazione su Jennifer è solo una scusa per giustificarti di nuovo >>
<< Io non mi sto giustificando >>
<< Davvero non ti riconosco, possibile che non capisci che i bambini non ce la faranno un altro giorno a nascondere l’assenza della loro mamma >>
<< Beh, ma sarà in mattinata, potreste aspettarmi e pranzare insieme >>
<< E Jennifer? >>
<< “ Jennifer, Jennifer, Jennifer ”…Sembra che tu non sappia parlare d’altro! >>
<< Vanessa, ma di cos’è che hai paura? >>
<< Che voi vi allontaniate da me… >>.
Sentita quell’ultima frase non riuscii a resistere e raggiunsi l’ingresso con le lacrime agli occhi. Tutto stava precipitando in un attimo in un angolo buio, e più mi sforzavo più non riuscivo a capire il cambiamento di Vanessa nei miei confronti dopo appena un giorno.
Girai la maniglia, ma Johnny appena sentiti dei rumori uscì fuori.
<< Dove vai? >>
<< Credo dobbiate finire di parlare senza me tra i piedi >> dissi girata per evitare di mostrare gli occhi lucidi.
<< Non te ne devi andare >>
<< Invece credo sia meglio così, mi chiamerete quando davvero vorrete avermi tra i piedi, quando avrete le idee chiare. Non voglio fare del male a nessuno in nessun modo. Il mio numero l’avete, se volete chiamatemi in qualsiasi momento. Grazie per la giornata Johnny >>.
Lui non mi corse dietro come nei più classici dei film d’amore. Io aprì la porta ed uscii piangendo ormai senza sosta. Entrata in auto diedi libero sfogo alle lacrime, poi misi in moto e messi gli occhiali da sole per coprire il rossore e per proteggermi dall’insistente sole mi avviai al mio Hotel dove sperai di cuore di non trovare Ben, perché mi avrebbe fatto più male che bene.
Con impensata fortuna non lo vidi e riuscii a sgattaiolare in fretta nella mia stanza. Mi gettai sul letto con la testa dolorante per il mal di testa che quel finale di giornata mi aveva procurato. Desiderai più di tutto che anche mia madre non si facesse sentire, perché di certo se le avessi raccontato qualcosa mi avrebbe fatto una scenata delle sue, ma soprattutto non avrei voluto mentirle dicendole che tutto andava bene quando non era affatto così.
La rabbia di Vanessa anche secondo me, come Johnny, derivavano dal fatto di non esserci stata sin dal primo giorno di vacanza. Jo durante tutta la mattinata aveva mascherato bene la sua assenza, ma dentro di me sentivo che l’avrebbe voluta vicina insieme ai suoi figli.
Mi addormentai sfinita da quel mondo che si stava rivoltando verso di me e quando mi risvegliai mi accorsi che erano persino le dieci di sera. Mai mi era capitato di dormire tanto dal pomeriggio a tarda serata. Mi alzai scombussolata e aspettai che il forte mal di testa, peggiorato in quelle ore di sonno, si affievolisse.
Mi diedi una sciacquata in bagno e quando tornai per prendere in mano il cellulare vidi che avevo ricevuto un messaggio. Era di qualche ora prima e il numero mi apparve come sconosciuto.
Appena lo lessi mi venne un tuffo al cuore.
“ Non mancare domani mattina, Lily e Jack hanno bisogno della loro zia Jen ”.

Per l'ennesima volta mi scuso e mi inchino davanti a voi per il tremendo ritardo. Non ci sono giustificazioni, o meglio ci sarebbero, ma sarebbe inutile ripeterle ancora, quindi vi chiedo solo umilmente scusa. Nel capitolo non si capisce molto dei prossimi risvolti ( o forse sì O.o...), tuttavia farò in modo di non deludervi mai e di non perdere i miei lettori accaniti. Un grazie infinite a chi ha recensito l'ultimo capitolo, e con la speranza che non mi abbandoniate vi esorto a continuare a leggere la fic e magari a commentarla. Un bacio a tutti e spero di sentirvi molto presto, ma credo proprio sarà così.Un altro bacio. Vale!

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Capitolo 10
*** 10° Capitolo ***


Capita sempre che quando si affrontano i periodi più belli della nostra vita, ci sia qualcosa che ad un certo punto interrompe la nostra felicità. Io non volevo che succedesse così presto, l’avventura era appena cominciata. No, non mi sarei arresa facilmente.


Le undici di notte passate, la voglia di dormire ormai mi era passata da un pezzo. Cosa avrei potuto fare a quell’ora da sola, con oltretutto una tremenda fame.
Mi preparai velocemente e decisi di andare alla ricerca di un ristorante nelle vicinanze, perché sicuramente la cucina dell’hotel aveva chiuso da un pezzo. Mi andava bene qualsiasi posto, anche un piccolo baracchino che vendeva panini, perché di certo fino al giorno successivo non avrei resistito senza mangiare.
Scesa nella hall diedi le chiavi al custode di turno e uscii. Come sempre il ragazzo davanti all’ingresso, che quel giorno faceva il turno di notte, mi salutò. Di sicuro molto presto avrebbe finito di lavorare e davanti all’enorme albergo non ci sarebbe stato più nessuno fino all’indomani.
Decisi di prendere la macchina per evitare di camminare troppo a lungo e specialmente da sola quando vidi vicino alla mia auto di nuovo quella stupenda moto nera che alla luce della luna rispecchiava riflessi argentati. Accanto a lei: Ben.
<< Ma chi si rivede a quest’ora >> fu il suo modo di salutarmi.
<< Ciao, ancora qui a farla luccicare? >>
<< Chi, la mia bambina? >> disse volgendo gli occhi alla moto << No, no sono appena rientrato, e tu invece dove pensi di andare da sola in giro per Miami? >>
<< Sai com’è, il mondo mi chiama >>
<< Ah, un appuntamento >>
<< Ok, ok, mi sono addormentata questo pomeriggio svegliandomi un’ora fa, la cucina in hotel e chiusa e sto morendo di fame >>.
Ben iniziò a ridere irritandomi, ma stranamente più lo guardavo più ero attratta dalla sua fastidiosa risata.
<< È davvero così divertente? >>
<< Ma va figurati…è che mi sembri solo un po’…disperata >>
<< Disperata?! >>
<< Scherzavo non te la prendere. Senti mi è venuta un’idea. Dato che ci incontriamo “casualmente” tutti i giorni perché non andiamo a mangiare adesso qualcosa insieme? >>
<< A-adesso? >> dissi sentendomi diventare le guance rosse.
<< Non sono mica Johnny Depp, puoi anche non arrossire >>.
Diventai di tutti i colori credo, e provai imbarazzo e rabbia nello stesso istante.
<< Senti tu… >>
<< Allora vieni? Avrai anche l’opportunità di salire sulla mia stupenda moto, non so se mi spiego >>
<< E quindi io dovrei sentirmi “onorata”? >>
<< All’incirca, direi di sì >>.
Questa volta sorrisi anch’io guardandolo nei suoi stupendi occhi verdi.
<< Guarda che non sto qui tutta la notte. In verità non ho cenato nemmeno io quindi…Se ci sbrighiamo mettiamo qualcosa sotto i denti >>
<< Dai passami il casco >>.
Me lo passò sorridendo, poi salimmo sulla moto e gli sussurrai “grazie” all’orecchio.
<< Non c’è di che principessa >>.
Avvampai di nuovo ma non potè vedermi, poi mise in moto e raggiungemmo la strada. Miami non dormiva mai. Miriadi di macchine, moto e qualsiasi altro mezzo occupavano ogni singola strada.
Io mi attaccai stretta a lui. Non era la prima volta che salivo su una moto, ma la sensazione che si provava ogni volta la trovavo semplicemente unica. Il vento fresco che passava attraverso la fessura del casco mi accarezzava dolcemente non solo il viso, ma anche i capelli.
Per un attimo pensai che sarei rimasta volentieri attaccata a lui, su quella moto, per sempre.
<< Qui va bene? >> disse fermandosi e indicandomi un locale. << L’ho provato una volta si mangia bene e non si spende molto >>
<< L’importante e che si mangi bene >> dissi io scendendo e togliendomi il casco.
Quando mi voltai verso di lui lo notai impalato a fissarmi.
<< Qualcosa non va? >>
<< No, no… Certo che no >> disse sorridendo.
Mi prese la mano e mi aprì la porta del piccolo ristorante.
<< Permette? >>.
Non sembrava male neanche come posto. Non era molto grande, ma dava quel calore che i locali grandi e dispersivi perdono nel loro insieme. Un omone dalla faccia simpatica si avvicinò a noi e ci accompagnò ad un tavolo dandoci i menù.
Non c’era molta gente, solamente due coppiette e due uomini adulti seduti a bere al piccolo bancone vicino alla cassa.
Uno di fronte all’altro con i menù in mano sembravamo due fidanzati qualunque, o due amici qualunque.
<< Ok, ho scelto >> dissi io posando il libricino che tenevo in mano.
<< Anch’io, finalmente possiamo parlare… >>
<< I signori vogliono ordinare >> ci disse svogliatamente una cameriera non più molto giovane.
<< …Oppure no >> disse Ben sorridendomi.
La nostra chiacchierata era stata di nuovo interrotta così preferimmo ordinare e aspettare che ci venisse portato qualcosa.
Quando finalmente arrivarono i piatti potei mettere i denti su qualcosa e riempirmi la pancia brontolante.
<< Caspita, si mangia davvero bene, è squisito >>
<< Ah che bello, un punto a mio vantaggio >> disse Ben sinceramente felice.
<< Al massimo il punto va a questo posto >>
<< Sì, ma sono io che ti ci ho portata >>
<< Ok come vuoi, mi arrendo >>.
Mi fissò un attimo, poi riprese a parlare.
<< Quanti anni hai? >>
<< Mi sembra di stare su una chat >> dissi sorridendo.
<< Frequenti quelle robe? >>
<< Ma no, no >> arrossii << … Nei momenti di tristezza una mia amica si conforta con quelle scemenze, qualche volta sono rimasta insieme a lei mentre parlava con qualcuno. Sinceramente avrei preferito che parlasse con me che con qualche sconosciuto >>
<< Approvo in pieno >>
<< Tornando alla tua domanda, ne ho 27, anche se in realtà l’età alle donne non si dovrebbe chiedere >>
<< Oh scusami non ci avevo pensato >>.
Sembrava sinceramente dispiaciuto, così cercai di tirarlo su con l’ennesimo sorriso. Sembrava che avesse funzionato.
<< Io ne ho 28 >>
<< Sei di Miami? >>
<< Non sono nato qui, ma ci vivo ormai da quasi 4 anni >>
<< Per lavoro? >>
<< No, me ne sono andato dalla mia città nell’Ohio perché pur vivendo da solo la mia famiglia non mi ha mai lasciato in pace. Sia per i problemi di mio padre con l’alcool, sia mia madre che una volta divorziato ha chiesto a me aiuti economici. Me ne dovevo andare. Prima di me l’hanno fatto anche mio fratello e mia sorella che vivono nel Wisconsin non molto lontano l’uno dall’altro. Mi dicono che comunque la mamma sta un po’ meglio e papà, beh non ne so molto, ma non mi interessa nemmeno. Sarei andato anch’io a vivere lì, ma avevo un amico che abitava a Miami già da un po’ e poteva trovarmi una sistemazione. Così non ci ho pensato due volte >>.
Lo guardavo sorpresa. Non mi conosceva nemmeno e mi stava raccontando ogni particolare della sua vita. Forse per lui non ero una ragazza qualsiasi e avrebbe voluto conoscermi davvero bene, oppure mi sbagliavo di nuovo ed era semplicemente molto disinvolto con chiunque. La frase seguente mi chiarì ogni cosa.
<< Non parlo mai in verità di queste cose, però con te ho sentito di farlo. Spero di non averti annoiata >>
<< Annoiata? Sai io non so come si può sentire una persona che dalla vita ha solo avuto sventure, perché “sfortunatamente” ho sempre vissuto nel lusso di Los Angeles, agiata dai soldi di mia madre e mio padre, che però mi ha viziata di meno. Dico “sfortunatamente” perché in effetti secondo i miei canoni avrei voluto vivere molto più tranquillamente. Molta gente, magari anche tu, penserà che sono matta a dire certe cose, ma è la verità >>
<< Ti credo, tranquilla. Col tempo vivendo qui sono riuscito anche io a mettere da parte un bel gruzzoletto. Altrimenti non vivrei in quel bellissimo Hotel e non avrei quel gioiello di moto >>
<< Tu vivi in Hotel? >>
<< No, almeno non da molto. Purtroppo dove vivevo con il mio amico non ci posso più stare. È una storia un po’ confusa. Vedi si è scoperto che in realtà Mark, questo ragazzo, spacciava. L’hanno beccato e per poco non finivo nei guai anche io. Sto cercando casa, ma per il momento ho preferito vivere lì invece di stare in mezzo alla strada >>
<< In un posto così lussuoso? Finirai i soldi in un baleno >>
<< Non preoccuparti ho fatto fortuna >>
<< Hai vinto alla lotteria? No perché, scusa se te lo dico, ma consegnando pizze non so quanto tu possa guadagnare >>
<< Ci sei andata vicino comunque. Il mio breve viaggio a Las Vegas un anno fa mi ha portato fortuna, molta fortuna >>
<< Wow, sei la prima persona che conosco ad aver vinto nei casinò. Di solito quando parlo con la gente di Las Vegas vedo solo musi lunghi per tutti i soldi che la gente ha perso >> dissi ridendo.
<< In verità qui avevo già un lavoro, in un’agenzia famosa che si trova in centro. Non mi piaceva, ma per guadagnare bene dovevo trovarmi un lavoro serio. Poi ha causa delle cazzate combinate da Mark mi hanno licenziato ed ora mi sono ritrovato a vendere pizze. Per il momento, s’intende. Ho ancora molti soldi da parte, ma non mi piace stare con le mani in mano ed essere mantenuto dai verdoni finché non finiscono e sono di nuovo senza un centesimo >>
<< Condivido in pieno >>
<< Tu invece che lavoro fai? >>
<< Beh adesso sono impegnata con i Depp, ma purtroppo mi hanno licenziata da poco >> dissi abbassando la testa.
<< Ma non mi dire >> disse con un sorriso.
<< Cosa stai insinuando? Da quando sono piccola adoro scrivere, così finiti gli studi per specializzarmi avrei voluto trovare un lavoro che stimolasse la mia vena creativa e che magari un giorno mi avrebbe portata a pubblicare qualcosa, invece mia madre si è messa in mezzo e mi ha fatta assumere da una redazione e dire che il capo era una strega è poco. Insomma tutto è terminato quando le ho versato addosso una tazza di caffè, ma non di proposito >> dissi giustificandomi.
<< Sicura? >>
<< Beh forse un pochino >>.
Il tempo insieme a lui passava così piacevolmente che non mi resi conto che ormai era davvero tardissimo e che il locale stava per chiudere.
<< Forse è meglio se usciamo >> propose lui.
Pagato il conto andammo fuori respirando l’aria frizzantina di quella notte stellata. Le macchine, nonostante si facesse sempre più tardi, continuavano a sfrecciare inesorabili.
<< Grazie per avermi portata qui >>
<< Non devi ringraziarmi ora, ma quando ti avrò riportata all’albergo >> disse lui sorridendo.
Gli diedi un buffetto sulla testa e ripartimmo verso casa con la moto. Ad un semaforo gli chiesi:
<< Le hai dato un nome? >>
<< Alla moto? >>.
Fece sí con la testa.
<< Oh beh, ci ho pensato un po’ prima di darglielo, poi ho optato per Connie, come mia sorella >>
<< Non si offenderà tua sorella? >>
<< Scherzi?! Dovrebbe essere un onore >>.
Ripartimmo. Probabilmente non sapevo ancora quasi niente di Ben, ma passare quelle ore insieme mi aveva fatto capire che forse aveva ragione lui a parlare di destino tra di noi. Mi aveva raccontato cose molto intime della sua vita e a sua volta l’avevo fatto anche io con lui. Il nostro casuale incontro poteva trasformarsi in qualcosa di speciale.
E mentre il vento leggero mi accarezzava di nuovo il viso io mi strinsi più forte a lui quasi non volendolo lasciare mai…mai più.


Quando si dice che la vita è una roulette, che ogni giorno non si mai quello che ci capita, anche se abbiamo da tempo prefissato i nostri obiettivi e crediamo fermamente nel futuro che ci siamo posti davanti, beh credo sia vero al 100%. Più cammini e più vedi le cose cambiare, niente rimane com’è.


<< Ora ti posso ringraziare? >>
<< Penso di sì >> disse Ben sfilandosi il casco.
<< Sul serio, grazie. Penso che mi sarei annoiata a morte da sola in giro. Ci vediamo, buona notte >>.
Gli rivolsi un ultimo sguardo, poi mi voltai e presi a camminare verso l’ingresso.
<< Aspetta… >>
<< Sì? >>
<< Ti va di fare colazione insieme domani? >>
<< Lavoro >>
<< Ah, capisco >>.
Mi girai di nuovo, ma sentii ancora la sua voce.
<< Sì, ma a che ora? >>
<< Verso le 9.00 >>
<< Beh allora ci vediamo per le 7.00…Ti va? >>
<< Sei uno che non molla vero? >>
<< Te ne sei accorta? >>
<< E va bene…dove? >>
<< C’è un bar quasi di fronte all’hotel si chiama “ Vivienne Bar ”, non puoi sbagliarti >>
<< Va bene allora ci vediamo lì >>
<< A domani Jen >>.
Mi lasciò come ultimo ricordo per quella sera, un altro dei suoi splendidi sorrisi che rimase cucito su di me per l’intera notte.

10° Capitolo...spero sia stato degno della vostra lettura XD...A parte tutto vi voglio ringraziare come sempre per le recensioni che purtroppo sono diminuite, ma sono convinta che la "causa", tra le altre cose siano le vacanze estive...Cmq in ogni caso nn importa, l'importante è che la storia continui ^^...Vi saluto che è abbastanza tardi e penso ci vedremo presto anche se partirò il 3 agosto e tornerò il 17...Magari riesco a pubblicare prima, nn so!^^
Un bacione a tutti e buone vacanze ^^!

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Capitolo 11
*** 11° Capitolo ***


Decidere. È la sfida più grande di questo mondo, almeno per me che da ora in poi non farò altro che prendere decisioni. Se fossero giuste o sbagliate, l’ho capito solo ora.

Sentii il telefono vibrare sotto il cuscino, ancora una volta l’avevo dimenticato lì.
Guardai il piccolo schermo con gli occhi appena socchiusi. Mia madre. “ Che bell’inizio ” pensai, poi cercando di non essere troppo perfida le risposi nonostante avessi solo voglia di rimettermi a dormire.
<< Buongiorno cara >>
<< Ciao mamma >>
<< Sei ancora a letto?! Ma è possibile che non riesci mai ad alzarti ad un orario decente? >>
<< Perché che ore sono? >>.
Presi l’orologio sul comodino e mi accorsi che ero ancora in tempo per la colazione con Ben e che ce l’avrei fatta ad arrivare in orario dai Depp. Ripensai l’intera notte a quel messaggio di Johnny e capii immediatamente che non potevo voltare le spalle né a lui né alla sua famiglia. In fondo erano stati loro a concedermi questa opportunità e non potevo certo mandare all’aria tutto proprio ora.
<< Tranquilla sono in orario >>
<< Sì, sì fa come credi, non è per questo che ti ho chiamata. Piuttosto non ci siamo più sentite ieri, com’è andata la giornata? >>
<< Un po’ movimentata, ma diciamo bene >> dissi mentendo in parte.
<< Movimentata? Ah, ti fanno lavorare sodo allora. Bene, bene era quello che ti ci voleva. Comunque ti devo parlare di altro. Ho una sorpresa >>
<< Ancora? >>
<< Sì beh nel tardo pomeriggio ti verrò a trovare >>
<< Cosa?! >>
<< Ah, vedo che sei contenta >> mi disse lei con tono scocciato.
<< No, scusa. È che immaginavo che un giorno di questi saresti venuta, ma non così presto >>
<< Diciamo che devo incontrare uno stilista molto importante, quindi è più un viaggio di lavoro, ma visto che sei lì pensavo di venirti a trovare. È questo il tuo modo di ringraziarmi? >>
<< Mamma scusa, davvero. Sono felice se vieni. C’è anche papà? >>
<< No, però mi ha detto di dirti che forse verrà anche lui nel corso del mese. Comunque la sorpresa non ero io >>
<< Ah… E chi? >>
<< Se questa sera non hai impegni ceneremo insieme, devo farti conoscere delle persone. È anche ora che ti trovi un ragaz… >>
<< … No mamma ti prego >>
<< Perché che c’è di male? >>
<< Non è davvero il momento, e poi i ragazzi preferisco conoscermeli da sola, come ho sempre fatto >>
<< Infatti si sono visti i risultati >>
<< Non puoi sempre metterti in mezzo, mi dici di crescere ma prendi tutte le decisioni per me >>
<< Sappi che lo faccio solo per il tuo bene. La cena è con questa famiglia di Beverly Hills in vacanza a Miami, ed hanno un figlio. Su, è una bella occasione non lamentarti sempre >>.
No, un altro ragazzo. Basta, non ce la faccio più. Tre erano davvero troppi, ma alla fine…
<< Va bene vengo >>.
...Le dissi di sì.
Finita la conversazione con mia madre mi alzai e mi preparai per fare colazione con Ben. Appena arrivata controllai l’orologio. Erano le sette in punto, ma quando entrai notai che non era ancora arrivato. Passo un quarto d’ora, poi mezz’ora. Niente di niente. Trascorsa un’ora mi alzai scocciata e bevuto velocemente un caffè mi diressi verso la villa dove sarebbe iniziata una nuova giornata di lavoro. Visto quanto aveva insistito non capii perché Ben non si fosse presentato al locale, ma presa dal nervosismo mi promisi di evitare di pensare a lui per l’intera giornata.
Tornai a riflettere su ciò che era successo il giorno prima con i Johnny e Vanessa. Vivevo una situazione piuttosto difficile, ma non potevo far altro che andare avanti e vedere come andava a finire. A molti la mia stessa situazione sarebbe piaciuta da morire, ma io mi sentivo solamente oppressa da pensieri più grandi di me. Il pensiero che Vanessa ce l’avesse a morte con me non era molto confortante. Parcheggiai al solito posto e mi avvicinai all’ingresso. Prima ancora di aprire la porta uscii dall’enorme villa quello splendore di Jack che gridando mi si attaccò alla gamba.
<< Bentornata zia Jen >>.
Fui così colta alla sprovvista che i miei occhi si riempirono di lacrime in un attimo. Subito dopo vidi avvicinarsi sorridente Johnny con indosso un jeans scuro e una maglietta grigia. Nonostante non portasse abiti particolari, quel suo vestirsi da persona normalissima si univano al suo fascino rendendolo unico.
<< Ciao >> mi disse lui prendendo in braccio il figlio. << Sei venuta, meno male. Pensavo… Sì che tu… >>
<< Ci fossi rimasta male? Beh è vero, ma mi state facendo un regalo così grande che non ho potuto dire di no… Non potrei mai farlo >>.
Mi si avvicinò e mi diede un bacio sulla guancia. Lasciai cadere la borsa che tenevo in mano. Non ho idea del possibile colore che assunsero le mie guance, ma mi accorsi solo della stretta al collo di Jack che si fece prendere in braccio da me.
<< È molto affettuoso, ma solo con chi gli piace veramente >> mi disse sorridendo Jo.
Entrammo in casa e feci scendere il piccolo, poi salutai Lily che mi venne incontro sorridente.
Poi sentii un’altra voce.
<< Jennifer >>.
Mi colpì molto il suo accento, quasi contento di vedermi, e forse Vanessa era davvero felice.
<< Sono contenta che tu sia venuta, devi scusarmi moltissimo per ieri. Tu sei solo qui per aiutarci, io purtroppo sono ancora un po’ presa con il lavoro, e mi fa solo piacere che ti occupi dei momenti in cui io o Johnny non ci siamo, quindi perdonami per il mio comportamento, non avrei dovuto >>
<< Non c’è bisogno di scusarsi di niente, mi sento davvero in imbarazzo, apprezzo moltissimo quello che hai detto >>
<< Sono contenta Jennifer, davvero >>.
Ci rivolgemmo un sorriso sincero e le strinsi la mano, poi ruppe il silenzio Johnny.
<< Bene, vogliamo andare? >> chiese rivolto alla moglie.
<< Sì andiamo. Jennifer la mattinata dovresti passarla con i bambini, però almeno per oggi ti sconsiglio di portarli al mare. Vedi Lily ha la carnagione molto chiara e ho paura che potrebbe prendere un’insolazione o cose simili >>
<< Nessun problema, ci divertiremo anche qui >>
<< Ne sono sicura, noi torneremo nel pomeriggio, non sappiamo di preciso l’ora. Allora a stasera >>.
Salutò i bambini e uscii di casa. Lo stesso fece Johnny che però si fermò a guardarmi prima di andare verso la macchina.
<< Fate i bravi con Jen ok? >>.
I bambini annuirono.
<< Grazie >>.
Fui definitivamente fulminata dal suo sguardo. Lo guardai interdetta e agitai piano la mano per salutarlo.
Solo il fatto che si fidasse così di me mi rendeva la persona più felice del mondo.
Una volta chiusa la porta mi voltai verso i due bambini che con sguardo curioso mi guardavano speranzosi di poter fare qualcosa di estremamente divertente.
<< Vediamo, come possiamo passare il tempo? Voi avete qualche proposta >>.
Il piccolo Jack alzò la mano.
<< Voglio andare sulle giostre >>.
Lily si mise a ridere, io invece lo guardai un po’ sorpresa.
<< Tesoro, le giostre ora saranno chiuse, magari potrai andarci la sera. Però noi possiamo permetterci di meglio. Abbiamo la cosa più importante di tutte >>
<< Quale? >>
<< La fantasia. Avete un libro che vi piace tanto? >>
<< Vuoi leggerci una storia? >> chiese Lily un po’ annoiata.
<< No, la vivremo noi stessi >>.
Jack senza dire altro corse verso la sua camera e tornò con in mano un grande libro che mi porse subito.
<< Indiani? >>
<< Papà me l’ha preso da poco >>
<< E ti piace tanto? >>.
Annuì.
<< Benissimo, diventeremo degli indiani. Abbiamo bisogno di un po’ di carta colorata, colori… >>
<< Venite con me >> urlò Lily prendendomi per mano e trascinandomi nella sua stanza.
Lo splendore delle pareti rosate e dell’arredamento rendevano la camera decisamente principesca. Tutto sembrava curato nei minimi dettagli e da come ci si muoveva la bambina sembrava che vivesse lì da anni.
Aprì alcuni cassetti e tirò fuori esattamente quello che le avevo chiesto.
In poco tempo preparammo dei copri capi decorati con piume colorate sempre fatte di carta. Infine con la pittura ci segnammo il viso come dei veri indiani.
Jack iniziò a girare intorno alla stanza sbattendosi ripetutamente la mano sulla bocca aperta.
<< Sembri un vero indiano lo sai? >> gli dissi io sorridente.
Presi il libro e iniziai a leggere la prima pagina. Da lì iniziammo a inventarci una storia di cui eravamo i protagonisti.
Ridevamo, giocavamo. Solo guardare gli occhi innocenti di quei due stupendi bambini mi dava una così forte sensazione che non avrei potuto desiderare di meglio.
Sempre “ travestiti ” mangiammo qualcosa di veloce e subito dopo riprendemmo a giocare.
Il tempo passò così velocemente che quando la porta si riaperse non ce ne accorgemmo nemmeno.
Stavamo giusto correndo da una stanza all’altra quando appena vista Vanessa il più piccolo le saltò in braccio sorridente.
<< Hey ma, Jack che stai facendo >>
<< Sono un indiano mamma >>.
Io rimasi ferma davanti a lei a osservare la scena con Lily accanto, senza dire nulla.
<< Eccoci bambini >> disse allegro Jo entrando.
<< Papà >> gridò lei correndogli incontro.
<< Lily sei un indiana stupenda >> disse abbracciandola.
Vanessa mi salutò di fretta ed entrò nella sua stanza e finalmente mi rivolse parola anche Johnny.
<< Hai avuto una stupenda idea, stai bene così >>
<< Oh… >> dissi levandomi in fretta le piume che avevo in testa.
<< Come zia Jen, non giochiamo più? >> chiese Jack.
<< Eh no zia Jen >> ripeté Johnny << Anche io voglio uno di quei copricapo >>.
Non feci in tempo a sorridergli che si ripresentò Vanessa di nuovo vestita per uscire.
<< A dopo bambini >>
<< Ma come mamma, vai già via? >> chiese Lily.
<< Mi dispiace, mi farò perdonare presto e cercherò di arrivare il prima possibile >> disse baciandola sulla fronte.
Salutò tutti e uscì frettolosamente.
<< Se è per me… >>
<< No, no… Già ne avevamo parlato. Pocahontas andiamo a preparare delle piume per me? >>.
I bambini saltarono dalla contentezza.
Giocammo per un’altra oretta, con Johnny tutto si trasformava in qualcosa di ancor più meraviglioso. Una volta esausti i bambini si addormentarono sul letto di Lily.
<< Sarà meglio che gli leviamo la pittura dal viso no? >>
<< Lasciamoli dormire, se sognano di diventare indiani senza segni sul viso come faranno? >> disse Jo scherzosamente.
Era bello parlare con lui. Ti esprimeva in ogni situazione una tale calma e una tale serenità, che poche persone riuscivano a trasmettermi.
<< Hai programmi per questa sera? >>
<< Veramente verrà qui mia madre e vuole che vada a cena da lei, ma se devo lavorare… >>
<< No, nessun problema. Volevo scusarmi anche io per quello che è accaduto ieri, Vanessa sta passando un momento difficile non solo per il lavoro, solo che quando è così non riesce a tirare fuori il meglio di sé, ma fa il contrario >>
<< Davvero non vi dovete scusare di nulla, io sono qui solo grazie a voi e se qualcosa non vi va è bene che me lo diciate subito >>.
Iniziò a piovere.
<< Piove? >> chiesi io retoricamente andando a guardare fuori dalla finestra. Accendemmo le luci, ma non passò un minuto che ci ritrovammo al buio. Un fulmine aveva fatto saltare la corrente.
<< Questa non ci voleva, bisognerà prendere delle candele. Farò luce con il telefono, seguimi >>.
Annuii, ma non potè vedermi, e fatti due passi sentii la sua mano stringere la mia come per darmi sicurezza.
L’avrei seguito per ore e ore, ma arrivati in sala lasciò la presa e aprì diversi mobiletti finché non riuscì a trovare quello che conteneva accendini, candele e fiammiferi.
Ne posizionammo un po' per tutta la casa, anche se visto l’immenso spazio, non bastarono per dare luce in ogni punto.
<< Vuoi che ti preparo qualcosa? >> chiesi quando ormai non avevamo più nulla da fare.
<< No grazie, ma prenderesti una limonata insieme a me? >>.
Senza dire nulla andammo in cucina, dove vi erano anche due grandi torce a pile che illuminavano il locale.
Mentre Jo si sedeva io presi due bicchieri e la limonata dal frigo. Nonostante stesse piovendo la temperatura all’esterno non era cambiata di una virgola.
Ero già stata più di una volta in cucina, ma ancora non mi ero accorta di un particolare interessante.
<< Una libreria? >>
<< Come? >> chiese Johnny distratto.
<< È strano non me ne sono mai accorta, forse perché si mimetizza bene con l’ambiente >>
<< Personalmente trovo che avere un po’ di libri in ogni stanza di casa non guasti, se fosse per me li metterei anche in bagno >>.
Risi e rise anche lui. Era bello vederlo alle luci soffuse delle candele sorridente come non mai.
<< Beh comunque ti do ragione, adoro leggere anzi forse ancora di più amo scrivere >>
<< Scrivere? Ah già, il giornalismo >>.
Io scossi la testa e mi girai per cercare la borsa che avevo poggiato lì al mio arrivo.
<< Ho quasi sempre con me dei fogli su cui scrivere qualcosa. Pensieri, idee per racconti… Diciamo che ho in progetto un po’ di cose >>
<< Pensavo fossi interessata ad altro >>
<< No, ho lavorato in una redazione per costruirmi un futuro, ma non sono stata apprezzata e quindi a settembre dovrò trovarmi un’altra occupazione. È da quando sono piccola che scrivo, è la cosa a cui tengo di più e so che non si diventa scrittrici esprimendo un desiderio durante il compleanno, però aspiro a quello e continuare a fare lavori che non mi piacciono non mi faranno raggiungere il mio scopo >>
<< Sono d’accordo con te… Ma allora perché sei andata a lavorare lì? >>
<< Ho dato retta a mia madre, ecco tutto >> dissi abbassando lo sguardo.
<< E quindi in parte pensavi che potesse avere ragione? >>
<< In parte sì, ma una volta capito l’errore non sono più riuscita a tornare indietro almeno fino a quando non mi hanno mandata via… Tutte queste cose su di me non devono darti una bella impressione >>
<< No invece, sto cercando di capire come sei e credo tu sia una persona molto coscienziosa di quello che fa e dice >>.
Diventai rossa, ma probabilmente lui non se ne accorse.
Ci fu un lungo silenzio e ci guardammo più volte negli occhi, poi visto l’imbarazzo io tossii e lui si alzò in piedi.
<< Vado a vedere se i bambini dormono ancora >>
<< Certo… >>.
Una volta sola presi una penna e iniziai a scrivere su un foglio già cominciato.
Finite due righe mi addormentai.

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Capitolo 12
*** 12° Capitolo ***


Quando mi svegliai la luce non era ancora tornata. Non avevo scritto granché sui fogli che avevo preso poco prima e decisi che forse non era il momento migliore per mettersi a scrivere. Guardai l’orologio e mi accorsi che entro un’oretta avrei dovuto lasciare casa Depp per tornare in Hotel e preparami alla cena di quella sera con mia madre. Appena mi alzai vidi Johnny tornare in cucina.
<< Ti sei svegliata >>
<< Oh, scusami… Speravo non mi avessi vista >>
<< Non ti ho voluta disturbare >>.
Diventai rossa. Vedere la badante dei propri figli dormire sul tavolo della cucina non doveva essere il massimo considerando che era lui a pagarmi quel lavoro.
<< Hai scritto qualcosa? >>
<< No, diciamo che ci ho provato, ma ancora niente >>.
Johnny mi fissò qualche secondo, poi accese una candela che si era appena spenta. Io colsi l’occasione per uscire dalla stanza ed evitare l’immenso imbarazzo che mi perseguitava da qualche ora, ma appena toccai la maniglia della porta sentii il suo braccio prendere il mio.
<< Aspetta… Jen, grazie >>.
Mi girai, con il cuore in gola, come fosse il primo momento in cui l’avevo visto.
<< Faccio solo il mio dovere… Ve lo devo >>
<< Sei una ragazza fantastica, dico sul serio. Non mi sono mai fidato degli estranei, tantomeno di qualcuno che potesse prendersi cura dei miei bambini, che sono la cosa più cara che ho, ma mi hai sorpreso… Non pensavo potesse esistere una persona tanto responsabile… E tanto bella >>.
Le palpitazioni aumentarono. Johnny mi avvicinò di più a lui. Ero a un passo dal suo viso.
Non so cosa ci prese, ma iniziammo a baciarci con passione. Sentii le sue labbra premere sulle mie, e fu la sensazione più bella che potessi mai immaginare. Abbracciati l’uno all’altro ci muovevamo intorno alla stanza e andammo poi a sbattere contro la libreria della cucina. Caddero alcuni libri, ma non ci importò. Tenevo gli occhi chiusi, per non rompere quell’incanto, quando sentii qualcosa andare in frantumi, il rumore di un bicchiere che si rompeva. Fu allora che aprii gli occhi e mi accorsi di trovarmi in realtà seduta al tavolo, con ancora i fogli sotto il braccio e la penna tra le dita.
Avevo solo sognato.

*

Mi vergognavo talmente tanto della fantasia che avevo appena vissuto, che decisi di lasciare la casa senza salutare nessuno, ma lasciando un biglietto sul tavolo che diceva che ero in ritardo per la cena con mia madre e che non avevo voluto disturbare Johnny e i bambini. Avrebbero capito… Forse.
Arrivata all’hotel incontrai l’ultima persona sulla Terra che avrei voluto vedere.
<< Principessa >> disse Ben con un gran sorriso avvicinandosi.
<< Hai anche il coraggio di salutarmi? >>
<< È per questa mattina vero? >>
<< No, ma va figurati >> dissi sarcastica.
Mi avvicinai alla reception e chiesi le chiavi velocemente.
Ben mi seguì fino all’ascensore.
<< Aspetta, ti avrei avvertita, ma non avevo il tuo numero. Non mi sono dimenticata di te, sono uno che mantiene le promesse >>
<< Sì, infatti me ne sono accorta >>
<< Dico sul serio >>
<< E sentiamo… Qual è la scusa migliore che riesci ad inventarti ora? >>
<< Hanno arrestato mio padre >>
<< Cosa?! >>
<< Sì, sembra una scusa lo so… Ma non mi inventerei mai una cosa simile >>.
Rimasi interdetta, non sapevo cosa rispondere. Sinceramente non c’erano motivi per il quale non avrei dovuto credergli, visto quello che mi aveva raccontato la sera prima, ma nonostante mi avesse detto la verità ero rimasta lo stesso un po’ offesa. Lui continuò a spiegarmi.
<< Ha… ha picchiato la sua badante ieri pomeriggio. Era ubriaco molto probabilmente. Mi hanno avvisato questa mattina i miei fratelli, non ho potuto evitare di raggiungerli. Mi dispiace, ho pensato a te l’intero pomeriggio, se avessi potuto avvisarti in qualche modo l’avrei fatto >>
<< Ok, ok… Non ci sono problemi. Scusa ti ho accusato senza lasciarti parlare… È solo che sono rimasta lì da sola come un’idiota. Ho pensato mi avessi preso in giro. Mi farebbe piacere che mi raccontassi com’è andata. Sempre che io non sia troppo invadente >>
<< Assolutamente no, anzi posso farmi perdonare questa sera stessa >>
<< Questa volta sono io che devo darti buca. Mia mamma è venuta a trovarmi e… C’è una specie di cena tra me lei e qualche sconosciuto >> dissi ridendo.
<< Ahh… Hai un incontro galante >>
<< No, non direi. Beh forse l’abbigliamento lo richiederà, ma odio questo genere di cose. Mi tocca >>
<< Ok, nessun problema. Ci vediamo domattina, ti va? Sette e trenta. Questa volta mi farò trovare lì prima di te >>.
Sorrise. Ogni volta che lo vedevo sorridere provavo qualcosa di differente dalla volta precedente. Era bello anche solo poterlo guardare e visto con che occhi me lo stava chiedendo, non potevo declinare il suo invito.
<< Va bene… Alle sette e mezza. E aspetta… Questo è il mio numero >> dissi scrivendolo su un pezzo di carta che tenevo in borsa.
<< Non lo perderò. Allora, buona serata Jen >>
<< Buona serata anche a te >>.
Entrai in ascensore e premetti sul numero che indicava il mio piano. Non ero nemmeno arrivata al secondo piano che sentii il cellulare suonare. Era un messaggio.
“ Così ora hai anche il mio numero, Ben ”.
Sorrisi tra me e me e registrai il numero in rubrica. Era strano quello che mi stava succedendo da quando ero lì. In meno di due giorni avevo fatto più esperienze che in ventisette anni di vita. Non feci in tempo a rimettere a posto il telefono che arrivò un altro SMS. Sperai fosse di nuovo Ben, ma mi accorsi con dispiacere che invece si trattava di mia madre.
“ Ti avrei raccomandato di vestirti in modo elegante per la serata, ma non ce n’è bisogno. C’è una sorpresa sul tuo letto. Baci, mamma ”.
Possibile che non potevo nemmeno decidere come vestirmi?
Una volta aperte le porte dell’ascensore entrai in camera e guardai con rabbia il vestito, protetto da un rivestimento nero, che avrei dovuto indossare. Chissà quanto ancora sarebbe durata quell’assurda giornata.

*

Mi fermai con l’auto e l’affidai a un uomo che la portò al parcheggio al posto mio. Il locale, come potevo immaginare, era lussuosissimo. Appena entrata non potei non notare la raffinatezza di ogni minima cosa. Nonostante non amassi totalmente le cose vistose, questa volta non potei fare a meno di apprezzare la scelta di mia madre.
Dissi il mio nome a una signora che aveva davanti a sé il libro con le prenotazioni che mi fece accompagnare da un cameriere al tavolo dove erano già seduti mia madre e i suoi ospiti.
<< Buonasera. Sono in ritardo? >> dissi appena arrivata.
<< Oh, tesoro eccoti. No, per fortuna questa volta non ci hai fatto aspettare >>.
Feci una smorfia, mentre lei si alzava per salutarmi.
<< Ma guardati sei uno splendore, ti è piaciuto il mio regalo? >>
<< Non avrei potuto desiderare di meglio >> mentii.
<< Sua figlia è veramente incantevole >> disse un uomo di mezza età alzandosi.
Indossavo un abito di Chanel lungo fino al ginocchio color perla con l’eccezione delle spalline che invece erano d’oro. Per mantenere l’ordine che richiedeva mia mamma mi feci un acconciatura particolare e feci in modo che i capelli fossero raccolti. Il vestito era sicuramente bellissimo, ma odiavo le continue premure inutili che mia madre si prendeva per me. Forse voleva essere un innocente regalo, ma avevo decine di mise per occasioni simili, sapevo benissimo cosa sarebbe stato adatto e cosa no, mentre mia madre probabilmente pensò che non ne fossi all’altezza.
<< Jennifer, lui è Robert Meester, il famoso fotografo che si occuperà del prossimo servizio fotografico dei miei abiti. È un’occasione unica per noi vista la sua bravura >>
<< Mrs Witter, lei è troppo gentile. Comunque molto piacere >>.
Avvicinò la mia mano alle sue labbra senza baciarla e io ricambiai il saluto. Poi notai il ragazzo vicino all’uomo.
<< Questo è mio figlio, Matthew >>.
<< Piacere mio… Puoi chiamarmi Matt >>.
Prese la mia mano come aveva fatto il padre.
<< Io sono Jennifer, ma puoi chiamarmi Jen >>.
Era estremamente affascinante. La carnagione olivastra, i capelli neri e gli occhi azzurri. Per un attimo odiai il fatto che non fosse un brutto ragazzo, perché sicuramente nel proseguire della serata, nel caso avesse avuto un bel carattere, mi avrebbe affascinato ancora di più. Ero corteggiata da Ben, lavoravo per Johnny Depp sul quale facevo sogni alquanto strani e ora avrei cenato con una bellezza simile. Perché succedeva proprio a me.
Ci sedemmo tutti al tavolo e ordinammo la cena. Io mi trovavo proprio di fronte a lui mentre mia madre sedeva accanto a me. La serata fu alquanto piacevole, a differenza di quello che invece mi sarei immaginata, iniziammo anche a darci del tu, ma la situazione precipitò quando il signor Meester iniziò a riparlare di lavoro.
<< Kim, pensavo, perché invece delle solite modelle per il prossimo servizio non chiedi a tua figlia di farti da indossatrice? >>
<< Ma è una splendida idea >>
<< Cosa? >> dissi io posando il bicchiere di champagne che avevano ordinato.
<< Beh Jennifer, non si può negare che tu sia una ragazza bellissima, sei giovane. Sarebbe anche una bella pubblicità per la nuova linea di abiti di tua madre >>
<< Certo, ma ci sono così tante modelle più adatte di me, poi ho degli impegni che non me lo permettono >>
<< Oh, ma per quello non devi preoccuparti, sicuramente i Depp per un giorno o due in cui ti ruberemo due o tre ore non ti diranno nulla >>
<< Mamma ma cosa stai dicendo? Non hai mai voluto che posassi per te! >> dissi irritata.
<< Tua madre ha ragione, è una bella occasione >>
<< Mi dispiace doverle rispondere negativamente, ma non posso accettare >>
<< Si può sapere cosa ti prende? Potrebbe persino diventare una professione per te >>
<< Sai bene quando volevo che diventasse una professione >>
<< Ma Jen, cara, eri solo una ragazzina >>
<< Infatti ora sono cresciuta, so benissimo cosa voglio fare nella vita >>
<< Oh certo, vorrai farti licenziare ancora in qualche redazione versando caffè addosso alla gente, rispondendo male ai tuoi redattori e immaginare di diventare una scrittrice >>
<< Questo non te lo permetto >>dissi alzandomi di scatto dal tavolo.
Con le lacrime agli occhi ringraziai il signor Meester e suo figlio per la serata e uscii dal ristorante.
Mentre aspettavo che la mia macchina venisse recuperata dal parcheggio sentii qualcuno chiamarmi.
Quando mi girai Matt era a un passo da me.
<< Scusami se te lo dico, ma non ho davvero intenzione di rientrare >>
<< E io non avevo intenzione di chiedertelo. Mi dispiace della piega che ha preso la serata e scusami anche se non sono intervenuto per fermare mio padre. Sicuramente avrebbe dovuto tacere prima >>
<< Il problema è mia madre, non capisce mai quando mi ferisce e pensa di coprire sempre tutto con un bel regalo >>
<< Ti va se andiamo a bere qualcosa da qualche altra parte? >>
<< Ti dispiace se rimandiamo? Sono un po’ stanca >>
<< Solo un’ora >>.
Mi sorrise e ricambiai. Non era il ragazzo snob che avrei creduto potesse essere.
Presi la macchina per parcheggiarla in una via lì accanto e lui venne a prendermi con la sua. Una bellissima Lamborghini nera Gallardo.
<< Tieni >> disse dandomi il suo cellulare. << Scrivimi il tuo numero… Sempre se ti va >>.
Mi morsi un labbro sorridendo e glielo scrissi senza dire nulla. Mentre scorrevo la sua rubrica notai un numero infinito di nomi femminili.
<< Ci sono due possibilità, che tu abbia un infinito numero di sorelle, cugine, zie e pro zie oppure che tu sia un grande rubacuori >>.
Matt rise e riprese il telefono.
<< Effettivamente per lavoro o no esco abbastanza spesso >>
<< E c’è una ragazza speciale tra queste? >>
<< Non ancora… Tu invece, immagino che sul tuo cellulare ci sia un numero infinito di ragazzi invece >>
<< Mi dispiace deluderti, ma non sono tanti quanto pensi >>.
Fermò la macchina quando arrivammo in prossimità del mare. Era quasi mezzanotte, ma le strade erano ancora più affollate che nelle ore precedenti.
<< Ti va un gelato? >>
<< Sei più semplice di quanto pensassi… Volentieri >> risposi io.
<< Giudichi spesso dall’apparenza? >> mi chiese mentre passeggiavamo sul lungo mare con due coppette di gelato in mano.
<< Succede… Diciamo che capita quando mi presenta qualcuno mia madre >>
<< Non credo pensasse le cose che ha detto >>
<< Io invece penso di sì… Fa finta di fare la buona samaritana davanti agli altri, ma quando può umiliarmi davanti a qualcuno è sempre pronta. E solo perché non ho preso la sua strada. Volevo davvero fare la modella un tempo, ma mia madre voleva evitare che diventassi una bulimica ossessionata già a quattordici anni, solo che col tempo la voglia di proseguire quella strada l’ho accantonata, mentre lei pensava mi sarei appassionata di più al suo lavoro con gli anni. Ho cercato di seguire altre passioni, di frequentare gente un po’ più comune da quelli che mi proponeva sempre lei, ma per “mamma Kim” è sempre stato tutto solo una grande delusione… Scusa, forse sto parlando troppo >>
<< No, affatto. Comunque su una cosa devo concordare con mio padre >>
<< Sarebbe? >>
<< Sei incantevole >>.
Io sorrisi e arrossii.
<< Sai proprio come prenderle le donne eh?! Ma sappi che non sarà molto facile con me >>
<< Vorrà dire che mi dovrò impegnare >>.
Fu un fine serata piacevole. Non pensai a nulla se non a passare quelle ore insieme a lui, l’ennesimo sconosciuto che provava a portare via un pezzetto del mio cuore, ma non sarebbe stato facile visto che oltre alla confusione che avevo in testa, non mi facevo prendere in giro facilmente.
<< Forse è meglio se torniamo alla mia macchina… Si sta facendo tardi >>
<< Come vuoi, ma non vuoi che ti accompagni io all’hotel? >>
<< Sì, ma la macchina domani mi serve >>
<< A questo ci penso io >>.
Una volta raggiunta la mia macchina aspettammo un altro uomo che prese le mie chiavi e portò l’auto all’indirizzo dell’albergo. Io tornai nella Lamborghini. In meno di un quarto d’ora arrivammo anche noi.
<< Matt, grazie davvero… Hai fatto in modo che non pensassi a nulla per un paio di ore >>
<< Ci sono riuscito? >>
<< Perfettamente >> dissi facendolo sorridere.
<< Comunque, ti consiglio di valutare la proposta di mio padre… In fondo è solo un servizio non devi proseguire per quella strada per forza >>
<< Non ti avranno mica mandato tuo padre e mia madre a convincermi? >>
<< Ehi, assolutamente no… Se non vuoi, non importa >>
<< Ci penserò… Grazie ancora… Buonanotte Matt >>.
Aprii la portiera.
<< Jen… >>
<< Sì? >>.
Non feci in tempo a girarmi che mi ritrovai le sue labbra sulle mie. Inizialmente non mi mossi, in una frazione di secondo non seppi cosa fare, poi misi una mano sul suo viso e ricambiai. Ok, ho mentito, avevo detto che non sarebbe stato facile conquistarmi, e invece ho ceduto al primo bacio, ma l’attrazione era troppa, non sarei riuscita ad agire diversamente questa volta. Al dopo ci avrei pensato quando sarei rimasta da sola.
Questa volta non stavo sognando, era tutto piacevolmente reale.




Ovvio che non mi sono dimenticata di questa FF, come di nessuna delle mie...Perdonate l'assenza...Scrivo talmente tanto che ho dovuto accantonare alcune cose per dar spazio ad altre, ma voglio recuperare...Quindi farò di tutto per concludere al più presto le FF inconcluse così da dedicarmi più tranquillamente alle nuove che fioccano a dismisura ^^ ! Spero il capitolo vi sia piaciuto...E ringrazio come sempre i lettori e le recensitrici dello scorso capitolo cioè:
Summerbest
irepa94
Dogma
Grazie di cuore e scusatemi tutti per le lunghe attese!! Aggiornerò spero in questi giorni...Quindi a presto!Bacioni!

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Capitolo 13
*** 13° Capitolo ***


Con la testa affondata nel cuscino iniziai a sentire qualcosa vibrare sotto di me. Inizialmente non ci feci molto caso, poi mi accorsi che la vibrazione era seguita da una canzone e il tutto aumentava di intensità col passare dei secondi. Sbarrai gli occhi e mi resi conto che si trattava della sveglia che avevo impostato il giorno prima sul cellulare. Alzai il cuscino per prendere il telefono e guardare che ore fossero. Le sette in punto. In mezz’ora dovevo essere al Vivienne Bar per far colazione con Ben. Quando mi alzai e mi guardai allo specchio pensai che in fondo quella poteva essere la replica di una grandissima figura di merda come quella fatta il giorno precedente, il che prevedeva di rimanere seduta ad un bar senza far nulla aspettando una persona che non sarebbe mai arrivata, con intanto gli sguardi curiosi dei clienti e il proprietario che potevano tranquillamente pensare che fossi matta visto che oltretutto non avrei ordinato nulla per il nervoso. Quando mi innervosisco non riesco a mandar giù niente, nemmeno la cosa che amo di più al mondo.
Una volta finito il lavaggio del cervello decisi che forse era meglio andarci. Mentre mi vestivo ed ascoltavo un po’ di musica ebbi come un flashback della serata precedente, specialmente l’ultima parte era più nitida del normale. Possibile che avevo davvero baciato quel ragazzo che nemmeno conoscevo? A parte qualche avventura giovanile, in cui il primo bacio rigorosamente veniva dato al primo appuntamento, nemmeno fosse un rito, quando iniziai a crescere non mi capitò più di concedere le mie preziosissime labbra a qualcuno almeno prima del secondo o del terzo appuntamento. Volevo prenderla a ridere, ma la situazione era più seria di quanto immaginassi. E se per caso Matt fosse passato per lo stesso bar dove mi trovavo con Ben? E se invece Ben mi avesse visto la sera prima? E se, e se… Più mi ponevo quelle domane e più mi veniva voglia di murarmi viva nell’hotel.
Cosa avrei dovuto fare proprio non lo sapevo. Ok, ci eravamo baciati, ma questo cosa significava? Che dovevo frequentarlo? Che era stato il bacio di una notte? Che sarebbe successo qualche casino?
In particolare l’ultima ipotesi non mi rassicurò, ma mi sembrò la più possibile.
Terminato di preparami uscii dall’albergo e andai alla macchina voltandomi spesso come per paura di essere seguita dall’uomo invisibile.
Arrivai al bar e come promesso il giorno prima, lo trovai già seduto ad un tavolo con un sorriso sul viso e una tazza davanti a sé.
<< Buongiorno principessa >>
<< Ciao… Bravo, sei stato di parola >> dissi io ricambiando il sorriso.
<< Non potevo deluderti un’altra volta. Scusami, non mi sono permesso di ordinare anche per te, volevo evitare di sbagliare ordinazione >>
<< Oh, non c’è problema, posso… >>
<< Scherzavo l’ho già fatto. Spremuta d’arancia e una brioche alla crema >>
<< Hey, come facevi a saperlo? >>
<< Ti ho vista l’altro giorno ordinarlo al bar dell’albergo >>
<< Come siamo efficienti oggi >>
<< Ora che abbiamo smesso di incontrarci per caso, è giusto che faccia in modo che tutto sia perfetto. D'altronde è nel mio stile >>
<< Siamo anche molto modesti devo dire >> dissi posando il mio cellulare sul tavolo.
<< Allora com’è andata ieri? >>.
Appena me lo chiese, lo guardai impietrita per qualche secondo. Che cavolo mi prendeva?
<< Beh… Ecco… >>
<< Non eri a cena con tua madre? >>
<< Ah sì, certo, certo. Diciamo che non è andata molto bene… Stranamente abbiamo litigato >>
<< Mi dispiace >>
<< Sì e per giunta eravamo davanti a degli ospiti. Mi aveva proposto di posare come fotomodella per la sua nuova collezione di abiti, ma non ha capito che non ho niente a che fare con quell’ambito… Così ha iniziato a darmi della fallita eccetera, eccetera >>
<< Scusami se mi permetto, ma tua madre ha ragione >>
<< Mi stai dando della fallita?! >>
<< Assolutamente >> disse lui ridendo << Dico che è normale che vogliano te per fare la modella dei suoi abiti. Perché non accetti? >>.
Arrossì lievemente e mi sistemai una ciocca di capelli.
<< Non lo so… Ci devo pensare >> dissi con gli occhi rivolti verso il mio bicchiere << Tu piuttosto, raccontami com’è andata ieri. Se ti va naturalmente >>
<< Ieri in mattinata mi è arrivata la telefonata di mia sorella che mi informava dell’arresto di mio padre. In quel momento non sapevo se essere contento o distrutto. Da una parte pensavo che avesse finalmente avuto la sua punizione, dall’altra mi sono reso conto di quanto ormai la mia famiglia abbia perso anche le ultime briciole di dignità che ci erano rimaste >>
<< Non devi dire così, tu e i tuoi fratelli siete brave persone… E forse tua madre ha solo bisogno di aiuto >>
<< Jen, non sai quante volte ci abbiamo provato. Cliniche, sedute da psicologi… Tutti soldi buttati al vento. Mi sono visto nel pomeriggio con mia sorella e mio fratello per decidere come comportarci con nostro padre. Se pagargli la cauzione, se parlare con lui. Ogni volta che si faceva il suo nome mi veniva un blocco allo stomaco. Non è mai stato un padre presente, non ho mai sopportato il modo in cui ci ha trattati… Così un’ora dopo aver parlato con loro gli ho fatto sapere che non avrei dato un soldo e me ne sono andato. Lo so, posso sembrare uno stronzo, ma è difficile sopportare ancora quello che ci ha fatto passare >>.
Ascoltavo e ad ogni frase mi sembrava di leggere un romanzo basato sulla sua vita. Quelle sue parole mi fecero capire quanto dietro l’aria di super ragazzo, si nascondesse un bambino che ancora soffriva per mano del suo stesso sangue.
<< Ben, provo a capire i tuoi sentimenti, ma forse non dovresti negare a tuo padre almeno di vederti >>
<< Tanto sicuramente i miei fratelli gli avranno già pagato la cauzione, non farei in tempo ad arrivare al carcere che non lo troverei più >>
<< Quindi in realtà vorresti vederlo… Chiarirti con lui >>
<< Non c’è nulla da chiarire >>
<< Fargli capire quanto stai male, quanto ancora soffri >>
<< Non capirebbe… Non ha mai capito, è troppo stupido per poter capire. Scusa, ti sto annoiando >>
<< Non è assolutamente vero. Ascolta, quando ti sentirai pronto vorrei che me lo facessi sapere. Mi piacerebbe venire con te >>
<< V-venire con me? Saresti disposta ad accompagnarmi >>
<< Se non hai nulla in contrario >> dissi sorridendo e bevendo un sorso di spremuta.
<< Dovresti farlo anche tu >>
<< Cosa? >>
<< Parlare con tua madre. Lo si legge dai tuoi occhi. Quando ne parli sembri triste >>
<< Ogni mio tentativo sfocia in un litigio. Qualche volta mi viene voglia di legarla da qualche parte, imbavagliarla così da lasciarmi parlare. Se mai succederà, ti farò sapere come andrà a finire >>.
Decidemmo di cambiare discorso, per evitare di demoralizzarci di prima mattina con discorsi sulle nostre famiglie disastrose.
<< Beh ma almeno gli ospiti ieri sera erano simpatici o da mortorio? >>.
Fu lì che mi impietrì di nuovo. Più ripensavo alla sera prima, più il cervello andava in blackout.
<< Mah, nulla di che… Abbastanza gentili, ma niente di speciale >>
<< Sembra ti sia annoiata o sbaglio? >>
<< Sì, sì in effetti mi sono annoiata da morire, ma che ci vuoi fare, queste serata vanno sempre a finire così >> dissi ridendo nervosamente.
Ben mi guardò in modo curioso quando in una frazione di secondo il tavolo iniziò a vibrare. La stessa vibrazione di quella mattina.
Il cellulare appoggiato sul tavolo iniziò a muoversi e ad illuminarsi. Su display comparve una scritta grossa quanto una casa. “MATT”.
<< Oh cavolo… >> dissi prendendolo il più in fretta possibile, sperando che Ben non avesse visto il nome scritto sullo schermo.
<< Qualcosa non va? >>
<< No, niente >> dissi rifiutando la chiamata.
<< Guarda che se ti senti con qualcuno non devi… >>.
Non feci in tempo a finire di ascoltare la frase che il telefono ricominciò a vibrarmi tra le dita.
<< Scusami devo rispondere >> dissi alzandomi.
Guardai il display un’altra volta per assicurarmi che fosse lui. Perché diavolo stava chiamando? Perché a quell’ora? Perché in quel momento? Forse avevo dimenticato qualcosa in macchina.
<< Pronto? >>
<< Buongiorno splendore. Perché hai messo giù prima? >>
<< Ah ciao Matt, no scusami ho premuto per errore il tasto sbagliato >>
<< Senti che ne dici di vederci? >> chiese quasi evitando la mia banale spiegazione.
<< A-adesso? >>
<< Anche, perché no >>
<< No, perché adesso non posso >> dissi facendo di nuovo una delle mie risate nervose.
<< Ah giusto, devi lavorare. Beh questa sera magari, non accetterò un no come risposta >>
<< Quindi presumo debba dire di sì >>
<< Passo a prenderti alle nove >>
<< No >> dissi alzando la voce di qualche tono.
<< Preferisci più tardi? >>
<< Preferisco se ci incontriamo a metà strada >>
<< Ma così poi non posso accompagnarti >>
<< Ok, passa tu… Dove andiamo? >>
<< È una sorpresa. A stasera Jen >>.
Sentii cadere la comunicazione. Guardai il telefono e iniziai a imprecare contro me stessa. Perché gli avevo detto di sì? Per un attimo sperai in una richiesta dei Depp di trattenermi per la notte.
Oddio i Depp. Guardai l’orologio. Se non mi fossi mossa subito sarei arrivata ad un orario mostruoso.
Rientrai nel bar per salutare Ben che era rimasto lì ad aspettarmi. Non c’era tempo per le sue domande. Chiesi di pagare il conto, ma volle farlo lui, così lo salutai in tutta fretta e corsi alla macchina per non arrivare in ritardo al lavoro.
Quando arrivai avevo ancora il fiatone per aver corso durante il lungo vialetto. Mi aprii quel diavoletto di Jack accompagnato da sua sorella. Probabilmente sapevano del mio imminente arrivo.
<< Zia Jen >> urlarono all’unisono travolgendomi con un abbraccio.
<< Ieri ha detto papà che sei sparita >> disse Lily portandomi dentro.
<< Ha ragione… Sei sparita >>.
Sentii la voce di Johnny avvicinarsi sempre di più. L’ultima volta che l’avevo visto e sentito era stato in un mio sogno. Alquanto imbarazzante.
<< Ciao… Scusatemi per ieri, non volevo disturbarti ed ero tremendamente in ritardo >>
<< Sì, abbiamo visto il biglietto. Non preoccuparti, anzi sei stata molto gentile perché effettivamente mi sono addormentato con queste due pesti >> disse prendendo in braccio il più piccolo.
<< Ormai mi manca solo la sfera di cristallo >>
<< Buongiorno Jennifer >>.
Vanessa era appena entrata nell’atrio. Questa volta, lo capii dall’abbigliamento, non l’aspettava nessuna intervista o altro. Sarebbe sicuramente rimasta con i bambini.
<< So che ti abbiamo chiesto di occuparti dei nostri figli, ma oggi è una giornata un po’ particolare. Visto che sono due giorni che non sto con Lily e Jack volevo passare un po’ di tempo con loro. Non ti dispiace spero? >> chiese in modo gentile.
<< Assolutamente no, cioè adoro stare con loro, ma non potrei mai contrastare il desiderio di una mamma >>
<< Perfetto allora noi andiamo al mare >> disse prendendo per mano i due piccoli e uscendo dalla porta.
<< Certo, io darò una pulita alla casa, preparerò qualcosa da mangiare >> dissi cercando di farmi sentire da Vanessa. Poi mi voltai verso Johnny e mi accorsi che era rimasto lì dov’era da quando ero entrata.
<< Tu non li raggiungi? >>
<< Non oggi, e soprattutto non farai nulla di quello che hai detto, la casa è uno specchio >>
<< Ma io… >>
<< Ho un piccolo problema con il depuratore della piscina qui dietro, ti va di darmi una mano? >>.
Oddio. Fu l’unica cosa che riuscii a pensare. Ero rimasta da sola in casa loro, no anzi ero rimasta sola con lui.
Il depuratore? Perché non chiamava un tecnico e lo faceva riparare, dannazione.
Sin da quando ero finita a lavorare lì mi era capitato di stare sola con lui solo per pochi minuti e ripensandoci non erano stati attimi molto rilassati. Come potevo resistere un’intera giornata accanto a lui? Di certo non potevo prendere e uscire di casa… Forse se l’avessi contraddetto…
<< Ok… Dimmi tutto >> dissi seguendolo.
Non ce la feci proprio a dire di no.
Mi promisi però che avrei fatto di tutto per non pensare a quel sogno imbarazzante che avevo fatto il giorno precedente. Forse con un po’ di sforzo ce l’avrei fatta.
Persi le speranze quando, per il caldo, si tolse la maglietta.



Come promesso ho aggiornato il prima possibile...Spero il capitolo vi sia piaciuto, anche se ovviamente è solo l'inizio =)

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Capitolo 14
*** 14° Capitolo ***


 

Osservavo i marchingegni davanti a me senza capirci assolutamente nulla. Il mio compito era solo quello di tenere la mano da qualche parte e passare vari attrezzi a Jo.
<< Non vorrei diventare antipatica, ma non è meglio se chiamiamo qualcuno che faccia l’idraulico come professione? >>
<< È un modo carino per dire “ Johnny, chiamiamo qualcuno più competente? ” >>.
Rimasi interdetta mentre per un attimo mi guardò storto, poi sorrise.
<< Sto scherzando Jen… Se questo può renderti felice, beh, abbiamo finito… Tutto a posto. Adesso beviamo qualcosa >>
<< F-forse è meglio se metto in ordine… >>
<< Non era una domanda >> disse superandomi.
Questa volta preferì sedersi fuori che in cucina e sinceramente lo preferii anche io visto che ogni volta che entravo lì dentro venivo catapultata automaticamente tra le mie fantasie.
Bevevo la mia spremuta d’arancia con lo sguardo basso, quasi a volerlo escludere dalla mia visuale ed effettivamente era quello che da più di un’ora stavo cercando di fare. Evitarlo.
Non era un’impresa facile, tanto meno perché non era affatto nelle mie intenzioni, ma avevo talmente tante cose per la testa che dover pensare anche alle mie immaginazioni “erotiche” era fin troppo.
<< Jen, posso sapere cos’hai? >>
<< Cos’ho? >> dissi fingendomi sorpresa << Niente, perchè? >>.
Sembrai così disinvolta che per un momento credetti di avercela fatto a dissuaderlo dal farmi altre domande. Purtroppo non l’ebbi vinta nemmeno questa volta. Tacque un momento, poi riprese a parlare.
<< Sembri un tronco di legno… Direi che a parte il primo giorno in cui sei stata qui, in cui potevi essere un po’ più impacciata, ormai ci dovresti aver fatto l’abitudine a tutto questo no? A meno che… >>
<< A meno che? >> ripetei impaurita, come se avesse scoperto cosa mi girava per la testa.
<< A meno che non sia per un altro motivo >>.
Non ce la facevo più a tenermi tutto dentro. Ovviamente non intendevo il sogno tra me e Johnny, ma quello che stava succedendo al di fuori di casa Depp. Forse era proprio lui la persona adatta a cui raccontare quello che mi stava succedendo. Per quanto l’adorassi, per quanto per anni avessi immaginato di vivere con lui, avere dei figli con lui, adesso che mi era talmente reale mi rendevo conto che non ci poteva essere persona più speciale con cui confidarsi. Pensai che forse col tempo saremmo potuti diventare dei veri amici, in fondo non sarebbe stato nulla di così utopistico. Nei mesi che precedettero il mio viaggio a Miami a volte mi capitava di pensare che forse, adottando tattiche meschine, sarei riuscita a far in modo che si infatuasse di me, ma ora che lo vedevo tutti i giorni, che avevo modo di guardare come si comportava avendolo a un passo da me, mi accorsi che non c’era possibilità di strapparlo alla sua famiglia e soprattutto non avrei mai avuto nessuna intenzione di farlo.
La parola “amico” mi risuonava nella testa. Sarebbe stata una cosa a dir poco magnifica.
<< Hai ragione. Ho un gran mal di testa… >>
<< È per la cena di ieri con tua madre? >>.
Johnny che mi faceva da analista. Non aveva prezzo.
<< È la tipica donna che adora ricevere e non dare. Mi ha chiesto come al solito un favore al quale avrei volentieri rifiutato e… Beh si capisce, non è finita bene >>.
Jo mi guardò un attimo senza dire nulla, poi fece uno sguardo che non riuscii a comprendere e lo fissai interrogativa.
<< Non è solo questo >>
<< C-cosa? >>
<< Non è difficile dedurre che il tuo stato d’animo non riguarda solo il litigio con tua madre. Faccio l’attore, non è per me poi così complicato distinguere chi mente e chi, soprattutto, mente non troppo bene >>.
Sorrise mentre io mi imbarazzai. Non sapevo mentire, questo era vero, ma non potevo certo spiattellargli tutto ciò che mi era in testa come fossimo grandi amici. Per quanto l’avessi desiderato con tutto il mio cuore, rimaneva il mio attuale datore di lavoro e soprattutto una di quelle persone che non perde tempo dietro alle smancerie di una ventisettenne in crisi.
<< Non mi va di farmi vedere da un uomo che stimo tanto come te, come una ragazzina indecisa che ha problemi di cuore.>>
<< Beh ci siamo passati tutti no?>>
<< Sì, ma adesso ripensandoci, mi sembra tutto così infantile.>>
<< Dimmi un po’, è per quel ragazzo che abbiamo incontrato qualche giorno fa al ristorante?>>
<< All’incirca >>
<< Immagino ci sia anche un’altra persona di mezzo >>
<< All’incirca >> ridissi io mogia.
Johnny scoppiò a ridere mentre a me vennero i nervi. Era successo esattamente quello che non avrei mai voluto: essere derisa dal mio idolo.
<< Sapevo mi avresti presa in giro >>
<< No, affatto… Scusa la risata, ma il tuo essere così imbarazzata davanti a me è estremamente… “fanciullesco” direi >>
<< Non è poi così facile parlarti con tranquillità di ciò che mi sta accadendo >>
<< Perché pensi sia difficile? >> chiese tranquillo, con un magnifico sorriso sul viso.
<< Beh, mi sento sempre un po’ un’estranea. Per quanto io sia a mio agio qui, c’è come un muro trasparente che mi impedisce di essere naturale in determinate occasioni. Il muro è trasparente, ma c’è >>
<< Rompilo >>
<< Cosa dovrei rompere? >>
<< Il muro. Non penso sia infrangibile. Jennifer, ricordi quel giorno al ristorante cosa ti dissi quando uscimmo? >>.
Non ci volle più di qualche secondo prima che ricordassi la frase di quel pomeriggio.

<< Simpatico il tuo amico >>
<< Guarda che lo conosco a malapena, io piuttosto… Sono davvero tua amica? >> chiesi titubante.
<< Non mento mai su queste cose >>.

<< Certo che lo ricordo >>
<< Non sto mentendo, per me significa “non sto mentendo” >>.
Sorrisi mentre mi sentivo battere il cuore a mille. Mi accorsi di quanto, ogni singolo momento, rimaneva tatuato dentro di me in modo definitivo e indelebile. Quel ripetermi la sua sincerità mi rese la persona più felice della Terra.
<< Se vuoi posso far finta di essere una delle tue amiche >> disse facendomi ridere.
<< Non credo ce ne sia bisogno… Dirti grazie è sempre estremamente riduttivo >>
<< Ma è anche la parola più bella che qualcuno possa desiderare da un’altra >>.
Era emozione pura ad ogni singola lettera scandita. Non potevo più esitare, così parlai e parlai. Gli dissi tutto ciò che mi girava per la testa, così come mi raccontava il cuore.

*

<< Cosa diavolo mi metto?! >> dissi imprecando davanti all’armadio.
Una sorpresa… Che genere di sorpresa, dove caspita mi avrebbe portata Matt?
Passata una mezz’ora a fantasticare sul posto in cui sarei finita quella sera, optai infine per un vestito lungo nero che non mi stesse troppo attillato. Un paio di sandali dal tacco non troppo alto dello stesso colore mi sembrarono perfetti.
Alle nove in punto mi recai nella Hall dell’Hotel. Dentro di me pensai mi avrebbe fatto uno squillo sul cellulare una volta arrivato invece entrò nell’albergo con un piccolo fiore in mano guardandosi intorno.
Appena lo vidi mi precipitai a salutarlo, più che per la voglia di vederlo, per non farmi beccare da Ben che magari poteva trovarsi nei paraggi. Per quanto fossi stata attratta da entrambi, in quel momento mi premeva non far rimanere male nessuno dei due, in particolare Ben che stava passando un brutto periodo. Sentivo nei suoi confronti qualcosa di sicuramente più intenso, ma forse mi stavo facendo fantasie inutili, forse non gli interessavo più di quanto immaginassi. Lasciai perdere le paranoie e sorrisi a Matt che mi porse il fiore.
<< Non è certamente bello come te, ma ho pensato ti sarebbe stato benissimo >> disse mettendomelo tra i capelli.
Più passavo del tempo con lui, più mi sorprendeva. Più continuavo a pensare fosse un gran figlio di papà, più si dimostrava la persona più semplice di questo Mondo. Che fosse una tattica per conquistarmi o meno, stava sicuramente riuscendo a colpirmi.
<< Ti ringrazio… Non avresti dovuto >>
<< Ti ho pensato senza fermarmi un attimo >> disse al mio orecchio avvicinando le sue labbra alle mie.
Non sapevo come controllare quell’imminente bacio, non ci sarei riuscita. Sentivo il suo sapore premere dolcemente contro il mio e le sue braccia intorno ai miei fianchi mi fecero sentire così sicura. Aprii gli occhi di scatto e senza destare sospetti in lui, feci in modo che potessimo allontanarci da lì.
<< Dove mi porti di bello? >> chiesi entrando in macchina.
<< Sbaglio o le sorprese ti incuriosiscono parecchio? >>
<< Un tantino >>
<< Mi dispiace, ma non posso rivelarglielo principessa >>.
Principessa?! No, principessa no! Sentii il cuore avere come una fitta. Perché tutto quel dispiacere per un nomignolo come un altro? Eppure ci tenevo così tanto… Quello era il suo nomignolo, di Ben e basta.
<< Principessa? >> dissi quasi disgustata.
<< Scusa, ho detto qualcosa che non va? >>
<< No beh… È che detesto quel soprannome >>
<< Mi perdoni, non capiterà mai più >>. rispose ironico
Quando ci fermammo notai che ci trovavamo vicino alla spiaggia e a nient’altro.
Mi accompagnò fuori e mi mostrò, poco lontano da noi, luci, candele, un tavolo imbandito per due, un cameriere pronto a servirci, e una sorta di tendaggio bianco che ricopriva il tutto senza negarci la vista delle stelle. Ogni cosa ovviamente si trovava a pochi metri dal mare.
<< Forse è meglio se ti togli le scarpe >> disse dandomi un bacio sulla tempia e dandomi la mano per seguirlo.
<< Tu sei matto… >>.
Semplice sì, ma amava le cose in grande, di questo non avevo dubbi.
Cenammo sorridendoci e parlando tranquilli, sembrava davvero stesse facendo di tutto per far sì che il mio cuore potesse diventare una parte del suo. Fu in quel momento che presi un’immediata decisione.
<< Matt… Ci ho pensato a lungo >> non era affatto vero.
<< A proposito di cosa? >>
<< Accetto la proposta di tuo padre. Ora non so se tu sei stato mandato da lui per convincermi a dirti questo, ma per il momento ti dico solamente che sono disposta a fare da modella per lui, sia chiaro, non per mia madre >>
<< Tu pensi davvero che io potrei fare tutto questo per farti accettare una simile proposta? >>
<< Se devo essere sincera, l’ho pensato… Ho pensato alla mente subdola di mia mamma, non certo la tua, ma passando questi istanti con te sto scoprendo che forse i miei pensieri sono stati infondati >>
<< Forse? >>
<< Ok, lo sono >> dissi sorridendo.
Fortunatamente riuscii anche io a strappargli un sorriso.
<< Princ-, volevo dire, Jen... cosa vorrebbe fare ora? >>
<< Ballare >> dissi senza pensarci su.
Non disse una parola e mi portò di nuovo alla macchina. In poco tempo raggiungemmo una famosa discoteca del posto. Mi fece aspettare un paio di minuti in macchina, poi ricomparve e mi accompagnò all’ingresso.
Parvi così tanto un’adolescente che per un attimo fui contenta di non sentirmi poi tanto grande.
<< Il privè è alla vostra destra >> disse un uomo appena dentro il locale.
Alcune persone fuori sbuffarono perché ci videro passare davanti  a loro. Mi fu difficile biasimarli.
<< Hai preso un privè? >>
<< Possiamo stare dove preferisci >>
<< Andrà benis… Ahi >>.
Qualcuno mi era venuto addosso e mi aveva anche pestato il piede.
<< Scusami non l’ho fatto appos… Jen? >>.
Riconobbi subito la sua voce.
Alzai lo sguardo mentre Matt provava a prendermi la mano e io evitavo di cedergliela.
<< Ben… Che coincidenza >> balbettai rossa in viso.
<< Finalmente l’hai capita >> mi disse ridendo riferendosi al suo discorso delle coincidenze, poi si accorse del ragazzo accanto a me e io mi resi conto che anche lui non era solo.
<< Lei è Sarah… >> sembrava volesse aggiungere qualcosa, ma non disse altro.
<< Lui è Matt >> dissi io facendo esattamente come lui.
Rimanemmo in silenzio qualche secondo, poi la formosa ragazza accanto a Ben gli mise con disinvoltura e sensualità una mano sul petto e un braccio intorno al suo avambraccio.
<< Tesoro di là ci aspettano >>.
I miei occhi si infuocarono e cercai velocemente la mano di Matt che strinsi con forza, quasi a non volerla perdere. La musica iniziò a diventare più alta, mentre Ben continuava a lasciare davanti a sé solo silenzio. A quel punto mi decisi a parlare.
<< Sì, in effetti dovremmo andare anche noi… Beh ci si vede >> dissi fredda scansandoli.
Non sentii le ultime parole di Ben che aveva ritrovato la parola. Entrai nel privè con Matt che mi chiese chi era quel ragazzo.
<< Uno che alloggia nel mio stesso hotel, ci siamo incontrati qualche volta. Ti prego balliamo? >>.
Avevo solamente voglia di sentire la musica e nient’altro, nonostante non riuscissi a tenere a freno i pensieri.
Perché mi aveva fatto credere tutt’altro? Oppure ero stata io ad illudermi? Ma in fondo come potevo rimproverarlo, quando ero stata la prima a frequentare un altro ragazzo a sua insaputa.
No, non era il momento di piangersi addosso e farsi mille domande a cui oltretutto non avrei ottenuto nemmeno una risposta.
Ballammo e bevemmo qualcosa nel privè, dove c’eravamo noi e pochi altri, per un paio di minuti, poi gli chiesi di andare in pista. Forse tra la gente l’avrei rivisto, ma non m’importava. Volevo confondermi tra la folla e fregarmene di tutto.
Una volta lì Matt mise la sue braccia intorno ai miei fianchi e mi spinse verso di sé.
Questa volta fui io per prima a premere le mie labbra sulle sue. Chiusi gli occhi per non vedere nulla, avevo solamente voglia di sentire le sue mani intorno a me, ma bastò poco per farmi rendere conto che non c’era nulla da fare, avevo la testa da un’altra parte. La persona che stavo baciando nei miei pensieri, in quella discoteca non era certo Matt Meester.





Rieccoci qui... Prima di parlarvi di altro vorrei subito ringraziarvi. Grazie di cuore a tutti voi che leggete e a Summerbest e Akira_chan che hanno recensito. In particolare Akira_Chan sono contenta tu mi abbia risposto, e non farti problemi, scrivi quando vuoi e puoi =)!
Torniamo alla nostra infinita confusione di questa FF abbastanza "affollata" come mi ha scritto appunta Akira nella sua recensione. Potrà sembrare che sia messo tutto lì un po' a caso, per allungare il brodo... Ma diciamo che quando voglio finire qualcosa, per mancanza di idee o altro, faccio in modo che questa finisca e visto che non lo sto facendo significa che le novità non sono certo finite, non per ora sicuramente =) . Non immaginatevi nemmeno Johnny come un protagonista che ormai ha assunto un ruolo marginale, perchè non è assolutamente così. Se la FF è stata creata pensando a lui un motivo c'è sicuramente, altrimenti avrei scritto altro... Solo che come già ho detto altre volte, odio la banalità, per questo evito che ci siano cose "troppo" scontate, anche se alcune è innegabile che lo possano essere. Quindi non disperate, non sparirà certo dalle scene o comparirà solo come grande "saggio"...Assolutamente. Oltretutto avendo visto stamattina Sweeney Todd ( che mi promettevo sempre di vedere e non ho fatto mai prima delle 11 di oggi... Non capisco come ho potuto perdere per troppo tempo e un capolavoro simile... Lo so è un errore madornale ) la mia incessante passione per Jo è ulteriormente cresciuta anche se credevo di essere già arrivata ai massimi livelli ( e quando canta è divino )
... Devo ammettere che Jen sta prendendo una strana piega... Prende il sopravvento anche su di me che la descrivo in ogni cosa, ma sembra che mi obblighi a scrivere di lei cose che inizialmente non mi balenavano nemmeno per l'anticamera del cervello. Forse è ora che la tenga un po' a bada =) ... Che altro dirvi? Continuate a seguirmi... Baci

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Capitolo 15
*** 15° Capitolo ***


Mi svegliai il mattino dopo con la fronte bagnata dal sudore. Pregai con tutta me stessa che accanto a me non ci fosse alcun ragazzo, perché sfortunatamente non ricordavo nulla del fine serata della notte precedente. Toccai con una mano l’altra parte del letto senza aprire gli occhi e tirai un sospiro di sollievo. Ero sola.
Guardai allora l’orologio e mi alzai per andare dai Depp. Un nuovo giorno mi aspettava, ma visto come stavano andando quelli già trascorsi avevo un po’ di paura a uscire dalla porta della mia stanza. Provai ad essere positiva. Mi promisi che avrei affrontato qualsiasi cosa con il sorriso, tuttavia capii che la storia appena iniziata con Matt andava troncata. Non era lui che volevo, e non sopportando la falsità non mi andava di esserlo con lui. Per quanto poteva dispiacermi, avrei dovuto dirglielo il prima possibile.
L’occasione mi capitò proprio ad hoc, quando prima di uscire sentii il cellulare suonare e guardando il display mi accorsi che era proprio lui a chiamarmi.
<< Ciao Matt >>
<< Facciamo colazione insieme? >>
<< Buongiorno anche a te >> dissi sorridendo tra me.
<< Scusami, è che non sono riuscito a dormire… Continuavo a pensarti >>.
Arrossii.
<< Mi dispiace, ma sono in ritardo per il lavoro >>
<< Nemmeno dieci minuti? >>
<< Nemmeno. A proposito però, dovrei dirti una cosa >>
<< Ah no aspetta, volevo farti sapere che ho sentito mio padre molto presto e ha detto che per il servizio l’appuntamento è per domani >>
<< Domani? >>.
Forse era meglio rinunciare a dirgli che non avrei voluto più continuare a vederlo, visto che in qualunque caso avrei dovuto farlo. Quelle dannate foto le avrei fatte, ormai avevo dato la mia parola.
<< Non va bene? >>
<< È perfetto... È anche il mio giorno libero >>
<< Ma oggi non ci vediamo? >>
<< Non saprei. Sai credo rimarrò fino a tardi dai Depp… Ci vediamo domani tanto, no? >>
<< Come desidera milady >>
<< Allora io vado. Ci sentiamo Matt >>
<< Tutto bene Jen? >>
<< Benissimo, perché? >>
<< Niente, non importa. A dopo >>.
Sentii cadere la comunicazione. Era sembrato anche lui un po’ freddo. E cosa voleva dire “a dopo” ? Sperai sarebbe stato il più tardi possibile.
Le sorprese non erano ancora finite. Non feci in tempo a uscire dall’ascensore che vidi Ben alla reception. Pensai di nascondermi e aspettare che se ne andasse, ma stavo già facendo molto tardi, se avessi aspettato ancora del tempo Johnny e Vanessa mi avrebbero licenziata per cattiva condotta.
Con lo sguardo basso inizialmente provai ad evitarlo, ma mi sentii un’idiota, così decisi di comportarmi normalmente.
<< Buongiorno signorina Witter, dormito bene? >>.
Quel maledetto signor Young, non poteva tacere?!
<< Benissimo grazie >> dissi con un sorriso porgendogli la chiave.
<< Jennifer >>.
Ignorai la voce di Ben proseguendo verso il parcheggio dove avrei preso la mia macchina. Lui mi venne dietro. Arrivata alla porta mi voltai di scatto scocciata.
<< Adesso vuoi anche pedinarmi? >>
<< Se proprio vuoi saperlo, stavo andando a prendere la moto >>.
Tacqui arrossendo.
<< Tuttavia, non riesco a capire il tuo comportamento. Che diavolo ti è preso ieri? >>
<< Ma certo, cosa è preso a me! Tu consegni delle pizze alla villa dei Depp, mi chiedi quale sia il mio nome, mi fai complimenti, mi inviti a uscire… Poi ti vedo con quella… >>
<< E io ti vedo con quello >>.
Rimasi di nuovo in silenzio. Aveva ragione.
<< Perché tu dovresti essere arrabbiata con me, quando ti sei comportata alla stessa maniera. Giustamente non stiamo insieme, ognuno frequenta chi gli pare no? >>
<< Devo andare al lavoro, farò tardi >>.
Mi girai senza dire altro e mi avvicinai alla macchina.
Quanto ero stata stupida. Ben aveva ragione, ma le sue parole mi ferirono. Quindi parlarmi della sua famiglia, dei suoi problemi, aprirsi con me era stato solo un modo come un altro per parlare di qualcosa. Di me non gli importava nulla se non stuzzicarmi, illudermi… Che idiota.
Colma di rabbia prima di lasciare il parcheggio mi avvicinai alla sua moto e abbassai il finestrino.
<< Ben… Va al diavolo >>.

*

Dai Depp sembrai più assente del giorno precedente. Avevo davanti a me l’uomo più bello della Terra e rimanevo ferma a fissare il vuoto facendomi una miriade di viaggi mentali. Quanto la mia stupidità poteva ancora superare il limite?
Quel giorno Johnny mi permise di pulire casa, al contrario del giorno prima.
<< Oggi se vuoi puoi dare una pulita in giro >> disse ridendo.
Persi un sacco di tempo a pulire qualsiasi cosa. Mentre inizialmente la famiglia rimase riunita in giardino in seguito i bambini andarono a giocare nelle loro camerette e i due coniugi iniziarono a fare cose diverse. Vanessa andò a preparare il pranzo, mentre Johnny rimase in giardino a leggere un libro.
Quando ebbi finito andai anch’io fuori e mi sedetti su una sedia poco lontano da lui.
<< Ho chiesto a Vanessa di aiutarla, ma non vuole che rovini il suo piatto francese >> dissi ridendo.
<< Sì, quando entra lì dentro è meglio lasciarla sola tra le pentole. Puoi avvicinarti, non sono ancora diventato cannibale >> disse indicando con gli occhi la sedia accanto alla sua.
Stranamente imbarazzata mi alzai e mi sedetti accanto a lui. Il cuore iniziò a battere più forte. Non ce la facevo a non emozionarmi ogni volta che gli ero a stretto contatto. Una mia amica, pazza anche lei di Johnny, mi avrebbe detto che ero un’idiota a comportarmi così e che lei gli sarebbe già saltata addosso. Dentro di me risi.
<< Finalmente un sorriso >>.
Nonostante non avesse allontanato lo sguardo dalle pagine del libro che aveva in mano, si era accorto del mio sorriso. Johnny era davvero una persona straordinaria.
<< Sono così assente? >>
<< Forse peggio di ieri… Cosa stai combinando lì fuori? >>
<< Dio che casino >>
<< Pare proprio che i ragazzi impazziscano per te in questa città… >>
<< Stai esagerando >> dissi viola in viso.
<< È meglio che mi tenga alla larga dalle strade o potrei essere contagiato >>.
Cosa udivano le mie orecchie. Ora sarei anche potuta morire felice.
<< Credo che a quel punto correresti tu il rischio di rimanere soffocato da un’orda di donne impazzite >>
<< Che visione terrificante >>.
Ridemmo. I miei pensieri su lui erano così monotoni, ripetitivi, ma così pieni di verità. Non si poteva pensare cose brutte su Johnny. Per me era la perfezione. Non c’era attimo in cui guardandolo non invidiassi Vanessa.
<< Quando mi farai leggere qualcosa di tuo? >>
<< Come? >>
<< Beh, non vuoi mica diventare una scrittrice? >>
<< Certo, ma… Ho accantonato un attimo il mio progetto >>
<< Credo dovresti approfittare di ogni momento morto, come questo ad esempio >>
<< Questo non è un momento morto… Parlare con te non potrebbe mai esserlo >>.
Jo fece un sorriso, uno di quelli che solo lui riesce a fare, con le labbra che si piegano solo da un lato. Quei sorrisi che pregheresti per riceverli. Come la mia amica suggeriva, gli sarei volentieri saltata addosso, ma cercai di contenere pensieri assurdi.
<< Penso comunque non dovresti perdere un momento per dedicarti a quello che vuoi fare. Spesso il periodo estivo può essere più ispiratrice di altri >>
<< Ti ringrazio per il consiglio >>
<< Domani non è per caso il tuo giorno libero? >>
<< Sì, infatti. L’idea di mettermi a scrivere mi alletta, ma ho “promesso” di andare a quel servizio fotografico per gli abiti di mia madre >>
<< Alla fine hai accettato >>
<< Ho ceduto, sì >>
<< Non per forza sarà un male >>
<< Lo spero >>
<< Bambini è pronto? >> urlò Vanessa dall’altra stanza per avvertire Lily e Jack del pranzo.
<< Forse è meglio se vado anche io >>
<< Dove pensi di andare? >> mi disse la donna venendo in giardino.
<< Ho qualcos’altro da fare? >>
<< È ovvio che pranzerai con noi >>.

*

La giornata passò troppo velocemente. Me ne accorsi quando guardando fuori dalla finestra, il cielo si era già oscurato. Decisi di non trattenermi anche per cena, per non dare troppo disturbo e dopo aver salutato tutti tornai all’hotel.
Il caso volle che di nuovo incontrai Ben.
Appena mi vide i tirai in su gli occhi con fare scocciato, mentre lui mi venne incontro. Non feci in tempo a fare mente locale che mi bloccò le braccia e premette le sue labbra sulle mie.
Totalmente sorpresa, mi allontanai da lui e lo guardai come se si fosse trattato di un pazzo.
<< Che stai facendo?! >>
<< Mi hai detto di andare al diavolo? Beh, io non ci vado al diavolo >>
<< E questo cosa c’entra con il bacio?! >>
<< Perché pensi che non mi importi nulla di te… Ti sbagli di grosso >>
<< E così pensavi di conquistarmi? >> dissi sarcastica.
<< Lo volevo fare e basta >>
<< Chi ti credi di essere Ben, fammi capire >>
<< Jen, se sei gelosa di me significa che ti interesso. Pensi che per quella storia di ieri sera io non ci sia rimasto male? >>
<< Non è un mio problema >>
<< Stamattina non sembravi dello stesso avviso >>
<< Ho cambiato idea >>
<< Bugiarda >>
<< Se non ti dispiace vorrei andare a riposare, sono un po’ stanca >>
<< Nessun gentiluomo ti porta via questa sera? >>
<< Non sono affari tuoi, come non sono affari miei con chi ti frequenti. Buona serata Ben >>.
Una volta nella mia stanza, mi sorrisi. Nonostante la situazione fosse più incasinata che mai ero contenta che almeno stessi reagendo in qualche modo. Rimanere impalata come avevo fatto sin ora, non mi aveva certo aiutata.
Non cenai e mi misi a letto presto. Ero curiosa di cosa sarebbe successo il giorno seguente. Le sorprese non si fecero attendere.



Capitolo di transito per quello che accadrà dopo, l'altra metà della vicenda. =) Ovviamente inizio con i ringraziamenti. Grazie ai lettori e grazie a millape che ha recensito =) !! In questi ultimi giorni sto facendo scorpacciate di film di Johnny ( Oggi ad esempio Donnie Brasco ). Ogni volta che lo vedo vorrei entrare nello schermo, per non parlare dei poster che ormai mi parlano XD ... Tra poco inizia l'azione vera, quella che tiene col fiato sospeso. Nessuno verrà risparmiato. ( sembra un film horror detta così XD ) ... Ok vado a nanna che è tardi! Di nuovo grazie a tutti e a presto. Baciiiii!

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Capitolo 16
*** 16° Capitolo ***


Ero già in piedi da circa due ore, quella notte avevo dormito meravigliosamente. La colazione al Vivienne Bar non mi era dispiaciuta, così decisi di replicare, sperando di non incontrare la persona che mi aveva fatto scoprire quel posto. In realtà non avevo voglia di vedere nessuno, anche perché sfortunatamente, di lì a breve, avrei dovuto rivedere mia madre, Matt e suo padre. Solo il pensiero mi faceva venir voglia di tornare in Hotel e rimettermi nel mio lettuccio.
Il servizio fotografico era stato fissato per le undici, quindi avevo ancora un’oretta buona per fare quel che volevo. Fosse stato per me sarei corsa dai Depp a fare gli straordinari, ma credo Vanessa mi avrebbe uccisa se mi avesse vista anche quel giorno. Optai per il passatempo preferito da mia madre: un po’ di shopping. Nonostante fossi piena di principi, nel dedicare un po’ di tempo a sé stessi, senza esagerare, credevo non ci fosse nulla di male.
Dieci minuti prima dell’incontro tornai alla macchina con un paio di buste in mano. La marcia indietro era quella giusta da mettere, se avessi saputo cosa mi aspettava, ma inconsapevole del mio imminente futuro ingranai la prima e la seconda e partii.
Una volta arrivata dissi il mio nome ad un tizio all’ingresso che mi fece passare. Mi diedero un cartellino da tenere per tutto il tempo in cui sarei rimasta lì, nemmeno fossimo ad un’importantissima conferenza stampa o altro. Mi venne un po’ da ridere, ma proseguii per un lungo corridoio fatto da specchi in successione. Un altro uomo mi fece entrare in una stanza. Era sicuramente quella in cui sarebbero state scattate le foto. Erano già pronte le luci, il set. Vidi dalla parte opposta in cui mi trovavo io degli uomini parlare tra loro. Tra quelli riconobbi il signor Meester, fortunatamente suo figlio ancora non era lì.
Quando si accorse della mia presenza, mi salutò da lontano con un sorriso alzando la mano e mi invitò ad unirmi a loro.
<< Jennifer, cara. Questi signori sono alcuni collaboratori miei e di tua madre. Se le cose vanno a buon fine, potresti avere un futuro roseo in questo campo >>
<< Cosa vuol dire se… >>.
I signori di fronte a me mi porsero le loro mani dicendomi nomi che non assimilavo. Tutta quella situazione non mi piacque per nulla, ma evitai di fare domande, di finire la giornata con mal di testa impossibile da mandar via.
Una ragazza si avvicinò a me mostrandomi gli abiti che avrei dovuto indossare. Sembravano un’infinità.
<< Questo è il primo >> disse indicandomi un vestito lungo sino al ginocchio, parecchio primaverile.
“ Ma la collezione non dovrebbe essere autunno inverno ” pensai io.
Lasciai perdere e andai a cambiarmi. Quando uscii il signor Meester fece un sorriso compiaciuto. Una donna intanto mi chiamò per acconciarmi i capelli e il trucco.
Giusto mentre tenevo gli occhi chiusi per farmi mettere l’ombretto sugli occhi, sentii la voce squillante di mia madre che era entrata nel camerino.
<< Tesoro, sei uno splendore >>
<< Ciao mamma >> dissi fredda.
<< Non dire che ce l’hai ancora con me per l’altra sera? >>
<< L’altra sera, se forse presa dai tuoi mille impegni te lo fossi dimenticata, mi hai umiliata pubblicamente >>
<< Ma vedo che hai accettato no? Basta, grazie >> disse facendo andar via la truccatrice con un sorriso mieloso.
<< Voglio dirti solo una cosa… Non lo sto facendo per te, sappilo >>.
Mi allontanai da lei e andai sul set pronta per gli scatti. Il signor Meester fece altri inutili complimenti, mentre venne accesso un ventilatore poco lontano da me. L’effetto vento non mi dispiacque.
Per quanto avrei voluto odiare quella situazione, e avrei voluto fare solo facce tristi e stupide, decisi di tirar fuori tutta la grinta che avevo, tutti i sorrisi migliori, gli sguardi ammalianti che tenevo sempre nascosti.
Volevo dimostrare a quella madre poco presente e instancabile attacca brighe, che potevo farcela da sola, ce l’avevo sempre fatta, solo che lei era troppo cieca per accorgersene.
Cambiai d’abito una decina di volte. Non ero stanca, anzi era venuto il momento in cui iniziai a prenderci veramente gusto.
Indossato un abito da sera con spacco allucinante e decolleté decisamente evidente notai entrare nella stanza Matt, seguito da una bionda che non si decideva a mollargli il braccio. Lui parve scocciato e sbuffò un paio di volte, poi si voltò verso di me e rimase fermo a guardarmi per diversi secondi. Quando anche la ragazza mi notò fu lei a sbuffare visibilmente e ad allontanarsi dalla presa.
Nonostante fossi decisa a dover troncare la breve relazione che avevamo avuto, presa dal momento decisi di sorridergli e di continuare con più charme gli scatti che proseguivano insistentemente.
Il signor Meester parve estasiato, mia madre osservava in silenzio e Matt era come paralizzato. Forse ero riuscita nel mio intento.
Arrivò il momento in cui mi paralizzai anche io. Sempre con lo stesso abito, mentre si cercava di catturare la posa migliore, seduta su una sedia, vidi apparire un’altra persona accanto a Matt; Johnny Depp.
Quasi non caddi per lo stupore, mentre lui con una mano sul mento mi guardava sorridente. Forse me lo stavo solo immaginando, possibile che fosse davvero lì.
Cercai di non distrarmi da quella visione immaginaria e proseguii con le ultime foto.
<< Bene gente, abbiamo terminato. Grazie a tutti >> disse il signor Meester allontanandosi dalla macchina fotografica.
Una volta rindossati i miei abiti mi accorsi che la persona che avevo visto accanto a Matt non era stata una mia fantasia, ma era davvero Jo.
Presa dall’eccitazione gli corsi incontro chiedendogli cosa ci facesse lì.
<< Non pensavo… Cioè io non credevo… Sì insomma…. >>
<< Che sarei venuto? Vanessa è andata con i bambini a fare shopping, potendolo evitare, l’ho evitato >> disse ridendo.
L’unica cosa positiva di ogni giornata sembravano essere lui e i suoi impagabili sorrisi. Visto il suo passato travagliato da adolescente, costretto persino a vivere in un’auto, a fare risse un giorno sì e un giorno sì, penso quasi nessuno si sarebbe mai aspettato di vedere l’uomo che è diventato, eppure è successo. Un uomo fantastico, premuroso verso i suoi figli, assiduo lavoratore, cuore generoso. Poteva davvero non sembrare dall’esterno, ma nascondeva una timidezza innata.
<< Poi volevo vedere come te la cavavi. Dal tuo tono di voce ieri non mi sembravi molto convinta… Non me ne intendo molto, ma mi sei sembrata perfetta >>.
“ Perfetta ”. Oddio c’era un vulcano nel mio cuore, aiuto.
<< Grazie >> l’unica banale cosa che mi venne da rispondere.
<< Hai finito o hai ulteriori cose da fare? >>.
Quella domanda implicava un’imminente uscita. Probabilmente voleva andare a bere qualcosa da qualche parte o fare dell’altro. Non mi montai la testa, ma visto che gli avrei risposto sicuramente di sì, decisi di rimandare di nuovo di un giorno la verità da raccontare a Matt. In fondo più ci allontanavamo, meno sarebbe stato difficile dirglielo.
<< No, fortunatamente è finita qui >>
<< Bene, allora se ti va ci andiamo a bere qualcosa >>.
Come pensavo… Meraviglioso.
Accettai con un bel sorriso e gli dissi di aspettarmi lì perché mi ero dimenticata di prendere la borsa, così tornai in camerino.
Appena mi avvicinai alla porta sentii la voce inconfondibile di mia madre provenire dall’interno. Mi sembrò per un attimo di trovarmi in uno di quei film in cui c’è lo spione che mette l’orecchio accanto alla porta per origliare, perché feci esattamente così, ma non mi accontentai di sentire. Toccando appena la porta potevo intravedere mia madre parlare con il signor Meester, tutto sorrisi.
<< Fortunatamente è andata bene. Gli scatti non sono niente male, vedrai chiederanno in centinaia il catalogo dei tuoi abiti >>
<< Lo spero per te, visto che ti ho pagato un sacco di soldi >>
<< E poi tua figlia è stata favolosa, davvero molto professionale >>
<< Sì beh… Se l’è cavata >> disse con tono di sufficienza.
<< Ma in fondo, ha ereditato dalla madre >>.
Mia madre sorrise, ma mi parve un sorriso diverso dai soliti. Quasi uno di quelli che riservava a mio padre, quando da bambina mi sembravano più innamorati che mai.
Mi sentii  bruciare le guance, quando poi notai una cosa ancor più terrificante. Lui le mise una mano tra i capelli e avvicinò il viso al suo. Le loro labbra erano a un passo, si incontrarono. Il bacio più disgustoso che avessi mai visto. Non poteva essere mia madre quella donna bionda davanti a quell’uomo. Non poteva essere successo quello che avevo appena visto. Mi colse l’ansia. Il mio cuore iniziò a battere forte. No, non sarei scappata, quell’orrore si sarebbe interrotto in quello stesso istante.
<< Non posso crederci >> dissi lentamente aprendo la porta.
Appena mi videro entrambi si allontanarono velocemente. Mia madre si mise una mano sulle labbra, quasi a voler cancellare quello che aveva appena fatto.
<< Tesoro, qualcosa non va? >>
<< Sono venuta a prendere la borsa che ho dimenticato, ma ho trovato ben altro >>
<< Il signor Meester e io ci stavamo solo… >>
<< Ringraziando?! Fammi il favore >> dissi avvicinandomi alla sedia dove era poggiata la borsetta nera che mi ero portata quella mattina.
<< Tesoro, stai fraintendendo >>
<< Strano, pensavo avresti detto “Non è come sembra”, ma in fondo a te non piacciono la retorica e la banalità vero? >>
<< Tesoro… >>
<< Non chiamarmi in quel modo… Mi fai schifo >>
<< Questo non te lo permetto, dopo tutto quello che ho fatto per te >> disse infuriandosi.
<< Cosa vuoi fare? Togliermi la casa? Rovinarmi? Sappi che qualunque cosa farai, mi rialzerò in piedi, non ho avuto bisogno di te da bambina, non avrò bisogno di te in futuro >>
<< È così che ripaghi i miei sforzi? >>
<< È così che ripaghi papà?! >>.
Sentivo gli occhi bruciare per le imminenti lacrime, e la rabbia che non accennava a scemare, mentre invece saliva senza sosta.
<< Tu non sei nulla senza tua madre. Non devi permetterti di trattarmi in questa maniera… Non sarai mai niente senza di me >>.
Il volto di mia madre si voltò in un attimo arrossandosi. Le avevo tirato uno schiaffo. Non ce l’avevo fatta a trattenermi, avrei voluto, ma fu più forte di qualunque cosa. Non poteva averlo detto davvero.
<< Dimenticami >>.
Mi girai e andai via correndo. Come se non fosse stato abbastanza, mentre cercavo di uscire da quel posto infernale, incontrai Matt che mi fermò per un braccio.
<< Hey, dove scappi così di fretta? Non ci siamo nemmeno salutati >>
<< Matt, lasciami… Non è il momento >>
<< Ma cosa ti è successo? >>  chiese notando i miei occhi arrossati.
<< Lasciami… >> risposi con voce impercettibile.
<< Volevo mostrarti le foto, sei stata spettacolare >>
<< Puoi anche bruciarle, se proprio vuoi saperlo. Se vuoi spiegazioni chiedile a tuo padre. Se non vuoi che diventiamo fratellastri forse è meglio chiudere qui >> dissi alzando il tono della voce.
<< Non capisco? … Jennifer… Aspetta >>.
Ero riuscita a staccarmi dalla sua presa e a correre via. Senza nemmeno volerlo avevo provveduto a troncare quello che mi ero promessa di fare il giorno dopo.
Non riuscii nemmeno ad aprire la porta dell’uscita che mi piegai in due per il dolore che sentivo dentro. Piansi senza sosta, fin quando non sentii i passi di qualcuno venire verso di me.
<< Jen, cos’è successo? Stai bene? >>.
Johnny era rientrato per vedere dov’ero finita. Probabilmente si era reso conto che il recupero di una borsa era durato anche troppo.
Quando mi vide a terra mi tirò su. Io ormai non connettevo più.
<< Guardami >> continuava a gridarmi lui.
Io non riuscivo, volevo solo uscire, andare via da lì, da tutti.
Jo mi prese per i polsi e mi costrinse a guardarlo. Per un attimo mi calmai. Lo fissai con le lacrime che persistenti continuavano a scivolarmi lungo le guance. Notai i suoi occhi, sempre diversi, ad ogni sguardo. Mi guardava come per proteggermi dal male più brutto del mondo. Mi resi conto solo allora, che nonostante quello che mi succedeva nella “realtà”, ero e sarei rimasta innamorata di lui a vita.
Mi divincolai dalla sua presa e lo baciai con ardore. Le mie mani sulle sue guance, le mie labbra sulle sue, entrambe così calde. Quando mi staccai, Johnny era ancora lì a guardarmi. I miei occhi non avevano smesso di far cadere il mio pianto silenzioso. Con un filo di voce riuscii a pronunciare solo una parola.
<< Licenziami >>.


Eh no, a me le cose tranquille, proprio non piacciono XDD. Innanzitutto mi scuso se può essere sembrato che a Johnny interessasse poco di fare dello shopping insieme alla sua famiglia, ma diciamo che mi serviva una scusa per allontanarlo dalla sua quotidianità, ed era l'unica scusa plausibile che mi è passata per la testa, soprattutto valutando il fatto che lui è attaccatissimo ai suoi figli e alla sua compagna.
Ringrazio come al solito i lettori del precedente capitolo e le gentilissime recensitrici. Spero al solito, di non aver deluso nessuno. Sto cercando con tutta me stessa di non scadere nella banalità, spero che i miei sforzi valgano a qualcosa =) ! Detto ciò, è "solo" l'una di notte, quindi penso che almeno per un'oretta troverò ancora qualcosa da fare ! Aggiornerò il prima possibile =)! Grazie di nuovo a tutti e al prossimo capitolo!Kisses

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Capitolo 17
*** 17° Capitolo ***


Era successo davvero. Non ci avevo pensato molto, il mio corpo si era quasi mosso da solo, e lì per lì pensai che in fondo non mi era dispiaciuto. Quella parola poi, “licenziami”, mi risuonava perfetta.
Capii che ormai la situazione stava degenerando senza possibilità di recupero e l’unica cosa che potevo fare era farmi mandare a casa. Lì sarei tornata alla mia quotidianità, e forse avrei ripreso una vita un po’ più normale di quella che mi aveva tanto atteso a Miami.
Johnny non accennava a modificare la sua espressione e a dire una parola. A quel punto pensai che forse avrei dovuto mollargli uno schiaffo per far sì che esaudisse il mio desiderio, ma allontanai quell’assurda idea dai miei pensieri in un istante. Sapevo benissimo cos’avevo combinato. Ormai tutto era diventato una grande reazione a catena a cui difficilmente avrei messo la parola fine. Non avevo il coraggio di dare le dimissioni, di chinare la testa, di prendere una posizione. Volevo che lo facesse lui, che fosse lui a pronunciare quella stramaledetta parola.
Era tutto cominciato come un sogno, uno di quelli da cui desidereresti non svegliarti più, ed ora mi ritrovavo a fare i conti con un incubo. Come se non bastasse l’artefice di tutto ciò era proprio colei che l’aveva creato, quel sogno… Mia madre. Oppure ero io, che per evitare di dare la colpa a me stessa, la stavo dando al capro espiatorio più plausibile.
Piangevo come un’idiota, mi sentivo un’idiota, l’unica cosa non stupida era l’uomo di fronte a me che mi aveva preso le guance tra le mani.
Mai mi sarei immaginata una cosa simile. Fu lui questa volta ad avvicinarsi verso di me… I battiti del cuore aumentarono a dismisura… Oddio le sue labbra, i suoi occhi dischiusi.
Fu così veloce che non riuscii a chiudere gli occhi. Durò così poco e fu così intenso che mi tremarono ancora di più le gambe. Rimasi interdetta a fissarlo, con una strana ansia addosso.
<< No, non ti licenzio >>
<< J-Johnny… Ti prego >>.
Mi sfiorai le labbra con le dita.
“ Non era un bacio d’amore ” mi dissi.
<< Non era un bacio d’amore >> ammise lui.
In quel momento forse mi sarei dovuta sentire distrutta dal dolore. Il mio amato idolo mi aveva appena baciata e ammetteva di non aver provato nulla… Invece quello che sentii fu totalmente diverso.
Il conforto che riusciva a infondere lui mi parve qualcosa di magico, di non reale. Quel calore espresso dalle sue labbra riuscirono a farmi capire quanto la mia frettolosa reazione a ciò che avevo visto poco prima era stata sbagliata.
Volevo essere licenziata per evitare che il merito di ciò che mi era successo andasse tutto a mia madre, perché sapevo bene che se non fosse stato per lei, mai e poi mai avrei conosciuto lui, mai e poi mai i nostri occhi si sarebbero scontrati. Lei che mi aveva così profondamente deluso e tradito non poteva essere l’artefice dello splendore che stavo vivendo, per questo avrei preferito andarmene che dargliela vinta.
Sapevo bene che la sua affermazione sarebbe stata irremovibile, ma rimanere lì mi avrebbe distrutto senza pietà. Perché non voleva esaudire quel misero desiderio, cosa gli costava sbarazzarsi di me, in fondo non ero nessuno.
<< Mia madre… Ha tradito me, mio padre >>.
Non lo guardavo, avevo paura.
Mi strinse a sè come nessuno aveva mai fatto. Fu ancora più bello di ciò che avevo vissuto pochi istanti prima.
D’improvviso qualcosa investì i miei occhi, una luce accecante. Il flash di una macchina fotografica. Mi staccai velocemente da Johnny per capire cosa diavolo stesse succedendo e da dove provenisse. Quando mi voltai, vidi Matt con una macchina fotografica in mano.
<< C-cosa stai facendo? >>
<< Dovrei chiedertelo io? Quindi è per questo che mi eviti, scappi via… >>.
Mi misi una mano sulla testa. Non era possibile che si fosse aggiunto anche quel problema. Vidi Johnny fare un sorriso, uno che diceva tanto “ Ok, basta. Vedetevela voi, la situazione sta diventando ridicola ”.
Pensai sarebbe uscito, senza rivolgermi la parola, invece rimase lì appoggiato al muro, in attesa che quella spiacevole situazione terminasse al più presto.
<< Non hai capito niente Matt. Ti avevo detto di chiedere spiegazioni a tuo padre, ci sei andato? >>
<< Ero più preoccupato di sapere come stavi tu >>
<< Beh hai fatto male. Mi dispiace, ma non potrebbe funzionare. Nonostante i nostri mondi sembrino vicini tanto da toccarsi, in realtà sono lontani kilometri >>
<< Non me ne faccio niente di queste assurde scuse >>
<< Ma tra noi non c’è stato nulla… O comunque non molto. Mi dispiace di essere così brusca, ma l’ultima cosa che voglio è essere falsa con te >>
<< Certo, mi hai usato finché ti ho fatto comodo no?! Ti è andata bene ora che hai fatto il servizio, non è così? >>
<< Ti ho già detto che puoi anche strapparle quelle foto e soprattutto non ho mai parlato di soldi, tu e la tua famiglia, compresa mia madre, ve li potete tenere. Adesso dammi la fotocamera che hai in mano >>.
Matt non accennava a muoversi e la sua espressione torva nei miei confronti non mutò. Quella foto che, probabilmente per rabbia, ci aveva scattato, era capace di usarla per qualche rivista e quelli l’avrebbero pagato oro per uno scoop simile. Non potevo rovinare la vita di Johnny in quel modo, lui che più di tutto odia riviste scandalistiche, paparazzi e quant’altro. Allungai la mano inutilmente. Gli occhi di Matt che tanto mi erano piaciuti la prima volta erano diventati cupi e quasi perfidi.
<< Lascia perdere, andiamo >>.
Johnny afferrò il mio braccio sospeso per aria e mi trascinò fuori.
<< Aspetta, ma la foto? >>
<< Che ci facesse quello che vuole >>.
Una volta all’esterno sentii il sole bruciare sui miei occhi. Il pianto non aveva certo aiutato l’imminente mal di testa a poter passare.
<< Johnny, forse è meglio se me la faccio dare davvero >>
<< Non te la darà, e comunque non mi interessa >>
<< Ma se uscisse, sai di cosa parlerebbero… E Vanessa… >>
<< Vanessa è una donna intelligente. Andiamo a fare un giro >>.
Com’era possibile che riuscisse a farmi dimenticare di tutto quello che avevo intorno solo dicendo qualche, neanche troppo significativa, parola?
Salii sulla sua macchina con ancora un po’ di insicurezza e timore per quello che di lì a poco tempo sarebbe accaduto. Quella pioggia fredda scesa su di me faceva sempre più male, ma bastò il suo intonare una canzone alla radio, a tirarmi su di morale.
<< Sai cantare Jen? >>
<< Perché lo stai facendo? So benissimo cos’era quel bacio. Non certo amore, qualcosa che forse ancora non ha un nome, ma forte quanto un’amicizia… Solo che io non valgo tanto Jo >>
<< Questa canzone sarebbe migliore se cantata da una donna, perché non ci provi? >>
<< Non mi stai ascoltando vero? >>.
Johnny frenò di colpo e accostò la macchina lungo il marciapiede, poi spense il motore.
<< Mi hai chiesto di licenziarti? No, non posso farlo, te l’ho già detto… Stai facendo un ottimo lavoro, ai bambini piaci a Vanessa anche… >>
<< Neanche troppo >>
<< Piaci a me >>.
Calmati… Calmati Jen, non l’ha detto davvero.
<< Non fraintendermi, sei una ragazza bellissima. Quello che voglio dire è che sei dannatamente speciale >>
<< Quel dannatamente era… >>
<< Un complimento, certo. Non mi fido molto delle persone, questo penso tu lo sapessi già, ho voluto “provare” con te e cavolo se è andata bene. Jennifer, tu probabilmente non hai ancora capito che se dico di tenere a una persona non è per far piacere a questa, ma è la verità. Negare che ora hai dei problemi sarebbe stupido, ma non provare ad allontanarti dalla mia famiglia >>.
Poesia. Sapevo benissimo cos’erano e come fossero strutturate, e anche se quello che aveva detto non si avvicinava minimamente ad un sonetto,a me sembrò tanto di sentirne uno.
Mi imposi di non commuovermi e anzi gli feci uno dei miei migliori sorrisi, sperando potesse raggiungere il livello del suo stupendo discorso.
Poggiai finalmente la testa sul sedile e socchiudendo gli occhi rilassai ogni muscolo del mio corpo.
<< Libera il tuo cuore, Jen >>.

*

Trascorse un’intera settimana. Non vidi né sentii Matt, né mia madre. Il vuoto assoluto e questo mi rese un po’ più tranquilla. Il giorno dopo il servizio, una volta a casa dei Depp, Johnny spiegò a Vanessa ciò che mi era successo, il tutto in mia presenza.
Mi ero aspettata sguardi furiosi, frecciatine, soprattutto per quanto riguardava la parte della foto, invece capii a fondo ciò che Jo mi aveva detto; Vanessa era davvero una donna intelligente e in un attimo tutti i miei timori sul non piacerle o altro, sparirono. Chiaramente l’unica cosa che omise fu il nostro bacio. Qualcosa che custodisco tutt’oggi gelosamente.
Non vidi nemmeno Ben, e questo mi rese un po’ meno felice. Il fatto di non essere riuscita a incontrarlo neanche per caso in sette giorni mi fece diventare un po’ sospettosa, ma in fondo cosa potevo fare? Non me la sentivo di impicciarmi troppo e chiedere al signor Young della reception sue notizie.
Era vero che ultimamente le cose tra noi non erano state idilliache, ma questo non significava che non potesse “mancarmi”. Che stessi per cedere?
Un venerdì sera, di ritorno dai Depp, all’hotel oltre che alla chiave mi vennero consegnate due buste. Una sembrava una normale lettera, l’altra invece conteneva sicuramente qualcosa.
Entrata in camera mi sedetti sul letto e aprii prima quella più grande.
Si trattava di una rivista scandalistica, ma la stavo guardando dalla parte sbagliata. Una volta girata capii perché mi era stata consegnata così di fretta e soprattutto da chi.
In prima pagina vi era la foto di me e Johnny abbracciati. Era stata modificata talmente bene che pareva quasi ci stessimo baciando. Sotto una scritta a caratteri cubitali: Johnny Depp e… Nuovo amore?
Quel bastardo alla fine l’aveva fatto. Come se non fosse abbastanza aveva lasciato sulla rivista un post-it con scritto “Contenta ora?!”. Non c’era davvero limite alla stupidità.
Entro il mattino seguente sicuramente l’hotel sarebbe stato assediato da paparazzi e fotografi di ogni genere. Il mio soggiorno a Miami era stato ufficialmente rovinato.
Con le mani tremanti per la rabbia presi l’altra lettera, sperando con tutto il cuore non si trattasse di mia madre o di persone di cui non volevo sentire nemmeno il nome. Quando lessi la prima frase sentii un tuffo al cuore.

Hey Principessa,
pare proprio che io ti stia scrivendo una… Lettera giusto? Ok, a parte gli scherzi, probabilmente ti sarai resa conto che non sono stato molto reperibile negli ultimi giorni, ma forse non mi hai nemmeno cercato. In ogni caso, dovrò allontanarmi per un po’ da Miami e nonostante quello che è successo nell’ultimo periodo, mi avrebbe fatto piacere salutarti, non so se poi potrò più vedere quegli occhi in futuro. Se la lettera ti è stata recapitata il giorno esatto, quindi venerdì, io sarò al molo ad aspettarti fino a mezzanotte. Spero a presto, principessa.

Ben

Perché solo con lui mi capitava di sentire una calamita attaccata al petto?
Rilessi le ultime righe un paio di volte, poi non ci pensai due volte e presi un borsone da viaggio non molto grande.
Finito con quello mandai un messaggio a Johnny in cui gli spiegai tutto e gli chiesi se potevo prendermi due giorni di “permesso”, di risposta lui mi scrisse “Hai aperto il tuo cuore… Ci sentiamo presto”. Dio, come sapeva essere fantastico.
Feci sapere al signor Young che mi sarei allontanata per un po’ dall’hotel. Mi fece firmare dei fogli e raggiunsi la mia macchina. Senza accorgermene si erano fatte le undici e trenta, avevo ancora mezz’ora buona.
Parcheggiai poco lontano dal molo e mi girai più volte per capire dove mi stesse aspettando. In fondo il molo non era poi così piccolo come si potesse pensare. Camminai per qualche metro quando vidi degli abbaglianti rivolti verso me. Misi una mano poco lontano dagli occhi per coprirli, poi compresi chi fosse.
Poggiato sulla sua moto mi osservava avanzare con il suo solito accattivante sorriso. Una volta raggiunto, non mi avvicinai per salutarlo, ma mi fermai a circa un metro di distanza.
<< Allora mi hai perdonato? >> chiese lui.
<< Abbiamo mai litigato? >>
<< Beh visto il nostro ultimo incontro >>
<< Sono successe una marea di cose in questi giorni >>
<< Hai mollato quel pallone gonfiato? >>
<< Hai mollato quella siliconata? >> risposi io.
Sorrise toccandosi il mento e scuotendo leggermente la testa.
<< Hai proprio un bel caratterino Principessa >>.
A sentire quel nomignolo che mi aveva affibbiato non potei che arrossire. Dovevo proprio ammetterlo, adoravo quando glielo sentivo dire.
<< Quindi parti? >>
<< Pare proprio di sì. Quei problemi in famiglia di cui ti ho parlato, purtroppo non si sono risolti. Aspetta, perché hai quel borsone in mano? >>
<< Quale borsone? >> dissi facendo finta di niente.
<< Non avevi detto che non ci dovevamo più fare gli affari l’uno dell’altro? >>
<< No, non mi ricordo. Allora, posso salire? >>.
Sperai non dicesse nulla, e per una volta un mio piccolo desiderio si avverò. Mi tese la mano per prendere il borsone e lo sistemò nel portabagagli della moto, su lato destro. Quando mise in moto salii dietro di lui e strinsi forte la sua vita. Per via del casco non riuscii a poggiare la testa contro la sua schiena, ma lo stesso riuscii a sentire il battito del suo cuore.
Insieme partimmo senza dire niente o farci domande su quando saremmo arrivati o altro. Chiedevo solo di essere portata via da quel caos, per qualche giorno.

Eccomi! Un nuovo capitolo tutto per voi, spero vi sia piaciuto. Oggi sono di poche parole purtroppo quindi di dileguerò presto. Stranamente non ho aggiornato in notte inoltrata XD, spero il risultato non sia stato compromesso. Ringrazio come sempre i miei adorati lettori e ancora di più le recensitrici che sono aumentateeeeeeeeeee ... Grazie con il cuore a lolla20, ly_92, Akira_chan, Summerbest e Princesseelisil... Siete la mia salvezza =)! Un bacione e a presto, le sorprese non mancheranno =)!Vale

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Capitolo 18
*** 18° Capitolo ***


Sentii più volte il telefono suonare nella tasca dei jeans, ma nemmeno quando ci fermammo per fare benzina controllai chiamate o messaggi. Lo tenevo acceso solo nel caso mi avesse chiamato Johnny e in a quel punto me ne sarei accorta dal comando vocale.
Il viaggio si rivelò più lungo del previsto e la cosa non mi dispiacque. Dopo circa tre ore di percorso, decidemmo di fermarci per riposare. Ben insisteva nel voler proseguire, visto che non era da molto che eravamo partiti, ma i suoi occhi dicevano tutto il contrario.
<< Probabilmente non ti sei riposato a dovere prima di partire, ecco perché sembri mezzo addormentato >>
<< Sono sveglissimo >>
<< Lo vedi quel Motel? Beh non è il massimo, ma almeno per qualche ora potremo riposare >>.
L’edificio a vederlo non pareva essere molto stabile, contava tre piani di cui l’ultimo provvisto di piccoli balconi che si volgevano verso la strada.
<< Non ti facevo così sprezzante del pericolo >>
<< Quale pericolo? Sì, il posto non è il massimo, ma non siamo mica isolati dal mondo >>
<< Non hai mai visto quel genere di film? >>
<< Stai cercando di spaventarmi? >> dissi incrociando le braccia.
<< Quelli dove dei normali ragazzi incappano in una famiglia di psicotici cannibali e finiscono uccisi nelle maniere più inquietanti… >>.
Invece di preoccuparmi soffocai una risata.
<< Ah ridi? >>
<< Ho visto “Non aprite quella porta” e film simili una decina di volte, direi che se ci dovesse capitare qualcosa saprei almeno cosa fare. Ora se hai finito con le stupidaggini andiamo a dormire? >>.
Una volta messa la catena alla moto ci dirigemmo verso l’ingresso con ognuno la propria borsa in mano. Il posto, sfortunatamente, era più sporco di quanto  mi aspettassi, proprio come quei film di cui parlava lui, ma in fondo come potevamo lamentarci? La zona in cui ci trovavamo non era certo delle migliori, figuriamoci la manutenzione. Lasciai perdere gli sguardi provocatori di Ben per incitarmi ad andarmene e andai alla reception dove una donna sulla soglia dei sessanta mi sorrise gentilmente.
<< Buonasera, posso esservi utile? >>
<< Salve, sì ci servirebbero due camere… Non ci staremo più di qualche ora >>
<< Un attimo, prego >>.
La donna si allontanò lasciandoci soli. Sembrava dovesse circondarci solo il silenzio, invece, nonostante l’ora tarda, si sentivano qua e là voci di uomini e donne provenire dal primo piano.
<< Visto, non siamo soli… Non ti facevo così fifone >>
<< Scusa? Guarda che lo dicevo per te >>
<< Ah, perdonami non avevo afferrato >> dissi sorridendo.
Nel frattempo tornò la donna con in mano il registro degli ospiti.
<< Mi dispiace, ma ci è rimasta solo una matrimoniale >>.
Certo, perché non una singola, così avremmo direttamente dormito uno sopra l’altro? Dannazione.
<< La prendiamo >> fece lui avvicinandosi al tavolo.
<< Hey aspetta, non vuoi sapere cosa ne penso? >>
<< Non dovevamo riposare? Di questo passo ci impiegheremo tre giorni ad arrivare >>.
Sbuffai e lasciai fare a lui. In fondo cosa avevo da preoccuparmi.
La stanza era esattamente la numero 307 e si trovava al terzo piano.
Aperta la porta notammo che fortunatamente l’odore stagnante sentito al piano terra lì non era presente. I muri erano abbastanza puliti e il letto non dava l’idea di essere sudicio.
<< Ci è andata bene >> ammisi guardando Ben che già si era sdraiato a peso morto sul letto.
<< Già >> disse senza muovere un muscolo.
<< Pensi che potrò sdraiarmi anche io o dovrò dormire in piedi? >>
<< Hai ragione >> disse alzandosi << Scusami, è stato un gesto automatico >>
<< Meno male che non avevi sonno >>
<< Me lo hai fatto venire tu. Non dovrò dormire per terra vero? >>
<< Ci avevo pensato, ma in fondo Joey e Dawson dormivano nello stesso letto senza nemmeno sfiorarsi, possiamo provarci anche noi, no? >>
<< Non ho ancora contratto la lebbra >>
<< Smettila di dire idiozie >> dissi lanciandogli un cuscino.
Per fortuna anche il minuscolo bagno era per lo meno pulito. Indossai qualcosa per dormire e mi misi a letto.
Lasciata la luce accesa per aspettare Ben, mi girai su un fianco socchiudendo gli occhi.
<< Ti sei già addormentata? >> chiese uscendo dal bagno.
Alzai appena le palpebre tanto per poter notare da uno specchio ciò che stava indossando: boxer neri, niente di più.
Arrossii, ma non se ne accorse e si mise a letto anche lui.
Mi spinsi così tanto sul bordo del materasso che quasi non caddi sul pavimento.
<< Jen, dove stai andando? >>.
Anche se aveva spento la luce, sentì chiaramente i miei continui movimenti.
<< Jen? >>.
Provai a far finta di dormire.
<< Jen? Lo so che sei sveglia >>
<< Insomma la smetti? >>
<< Come pensavo >> lo sentii ridere.
<< Sto cercando di dormire >>
<< Tu e il pavimento state dando una festa? Guarda che non mordo >>
<< Il materasso non è il massimo, cercavo il punto migliore >> mi giustificai io.
Passò un po’ di tempo, Ben non disse altro.
Nell’istante in cui chiusi gli occhi sentii un rumore fuori dalla porta della nostra stanza. Aprii gli occhi di scatto, ma non vidi a un palmo dal mio naso. Pensai che probabilmente aveva scricchiolato il pavimento perché ormai tropppo vecchio. Richiusi gli occhi, ma dopo poco risentii lo stesso rumore e niente lasciava pensare a uno scricchiolio. Cosa diavolo era?
<< Ben… Ben… >> sussurrai piano alzando sempre di più il tono della voce.
Lo sentii mugugnare, poi di nuovo il rumore fuori dalla porta e subito dopo un piccolo grido.
Mi prese il panico e mi avvicinai all’estremità del letto dove dormiva Ben mettendomi seduta.
<< Ben, svegliati >>
<< Hey… Cosa c’è? >> disse stropicciandosi gli occhi.
<< Ho sentito degli strani rumori fuori dalla porta, e una persona che gridava >>.
Non vidi il suo sguardo per via del buio, ma sicuramente fece uno dei suoi sorrisi, uno di quelli derisori per prendermi in giro.
<< Sarà al massimo stato un animale… Tu non eri quella che “non si faceva spaventare da nulla”? >>
<< Non l’ho mai detto, ho detto che mi pareva strano di incappare in situazioni strane in un posto… Così. Può darsi che mi stessi sbagliando >>
<< Perché non ti metti qui, un po’ più vicina? >>.
Non dissi nulla e arrossii di nuovo nell’oscurità della stanza.
Mi rimisi sdraiata, ma questa volta un po’ più vicina a lui. Dopo qualche secondo sentii la sua mano accanto alla mia, pronta ad essere stretta se necessario.
Provai a rilassarmi, la sua vicinanza indubbiamente mi diede più sicurezza. In quell’istante mi sentii tanto un’idiota. Non feci in tempo a pensare ad altro che un tonfo ancora più forte si udì fuori dalla porta. Questa volta anche Ben lo sentì perché entrambi scattammo mettendoci seduti. Le nostre mani si stavano stringendo.
Non so se facemmo finta di nulla entrambi o semplicemente ci piacque, so solo che nessuno dei due mollò la presa. Per quanto la situazione fosse assurda e dettata probabilmente dalle nostre “paurose” fantasie, quello stringerci l’uno all’altro ci diede più forza, se così poteva chiamarsi ciò che provavamo.
<< L’hai sentito anche tu? >>
<< Tu che dici? Non facciamoci prendere dal panico, la situazione è assurda, probabilmente è stato un animale, come ho detto prima >>
<< Sembra quasi tu abbia portato sfiga… Accendi la luce >>.
Una volta illuminati guardai a lungo le nostre mani. Sembravano quasi legate da qualcosa di invisibile, ma non ci imbarazzammo come al solito, volevamo volutamente restare insieme in quegli istanti.
<< Non abbiamo nulla per difenderci? >>
<< Usa quella sedia… Non abbiamo altro >>
<< Non è un po’ esagerato? >>
<< Dai prendila, io apro la porta >>.
Sbuffando sollevò la piccola sedia di legno posta in un angolo della stanza. Gli feci un cenno con la testa e contai fino a tre, poi aprii la porta di scatto. Vidi qualcosa fare uno scatto verso l’alto.
Guardai Ben con la sedia sopra la testa fare un passo indietro e un grosso gatto marrone alzare il pelo impaurito. Premendomi una mano sulla bocca soffocai una risata.
<< Cosa ti avevo detto? >> disse rimettendo a posto “l’arma”.
<< Sì, ma tu non hai visto la faccia che hai fatto >>
<< E sentiamo, che faccia avrei fatto? >>.
Continuai a ridere e mossi la porta per chiuderla quando mi fece cenno di fermarmi.
Di nuovo quella specie di tonfo. Ci affacciammo entrambi alla soglia della porta e notammo un uomo alla fine del corridoio che barcollando andava a sbattere ogni due passi addosso a una porta. Quasi non si reggeva in piedi.
<< Ci mancava l’ubriaco, perfetto >>
<< Dici che si sente male? >>
<< Figurati, quello è solamente strafatto… Torniamo a dormire >>
<< Aspetta >>.
Guardai per terra. Il gatto sembrava interessato a qualcosa che si trovava per terra, sembrava sangue.
<< Oddio… Guarda >>.
Una volta lasciata la stanza ci accorgemmo che effettivamente le macchie di sangue proseguivano sino a dove si trovava l’uomo. Ben mi raccomandò di non avvicinarmi troppo, poteva esserselo fatto da solo e soprattutto poteva essere armato e malintenzionato.
<< Cosa facciamo? >>.
Sentimmo di nuovo un tonfo, questa volta più forte. L’uomo era caduto a terra, sembrava aver perso i sensi.
<< Vado ad avvertire la donna alla reception >> dissi cercando i vestiti da mettermi.
<< No, chiama direttamente la polizia e un’ambulanza, poi scendi. Io vado a vedere come sta >>
<< Mi raccomando, stai attento >>
<< Ti stai preoccupando per me? >>.
Senza dirgli altro gli lasciai le mie labbra sulla sua guancia destra e mi allontanai dalla stanza.
La tremenda paura che si trattasse di un pazzo senza scrupoli che avrebbe potuto aggredirlo da un momento all’altro continuava a perseguitarmi. Scesi all’ingresso il più velocemente possibile, ma non vi era nessuno. Bussai alla porta dove sarebbe dovuto esserci il personale, ma non ricevetti risposta.
Tornai al terzo piano e vidi l’uomo sanguinante seduto contro la parete. Ben gli era di fianco e accanto a lui vi era un altro ragazzo.
<< Giù non c’è nessuno >>
<< È diventata una riunione di famiglia? >> mugugnò l’uomo guardandomi dall’alto al basso.
Con molta probabilità dimostrava più anni di quanti ne avesse, anche per via della barba incolta. I vestiti scuri erano sporchi e in alcuni punti strappati e il suo sguardo sembrava stanco e minaccioso.
<< Vogliamo solo aiutarla >>
<< Io sto benissimo >> ringhiò.
<< Adesso si calmi, l’ambulanza e la polizia stanno arrivando >> disse Ben cercando di tranquillizzarlo.
<< Avete chiamato la polizia? >>
<< Non sapevamo cosa le era successo >> provai a giustificarmi io.
L’uomo si sollevò da terra lentamente.
<< Avete fatto… Un grave errore >> disse avvicinandosi a me.
Nessuno capì cosa stesse succedendo. Io feci dei passi indietro, fino a quando non raggiunsi le scale e dovetti fermarmi.
<< Hey, che sta facendo?! >> fece Ben avvicinandosi.
<< Sta fermo! >>.
Accadde così velocemente che non me ne accorsi nemmeno. Mi prese per un braccio e mise il suo intorno al mio collo. Poi afferrò un coltellino sporco e me lo puntò alla gola. Emisi un grido che fece uscire altra gente dalle stanze. Alcune donne gridarono a loro volta, altri chiesero cosa stesse succedendo.
<< Fermi tutti o le taglio la gola >>
<< BEN! >> urlai io impaurita.
<< Sta calmo, posa quel coltello >>
<< Ora voi imbecilli richiamate la polizia e gli dite di non venire, chiaro?! O questa muore ancora prima di urlare >>
<< Lo faremo, ma tu posa quel coltello >>
<< Avanti, chiamate la polizia! ADESSO! >>
<< Ma è impossibile che torni indietro, si insospettirebbero… Staranno già arrivando >> disse il ragazzo accanto a Ben.
Se fino a quel momento c’era stata una minima possibilità che mi lasciasse andare, ora era chiaro che non lo avrebbe fatto.
Sentii il suo braccio sempre più serrato intorno alla mia gola, la paura aumentare.
Giusto in quell’istante sentimmo della gente salire velocemente le scale. Agenti di polizia si avvicinarono a noi impugnando chi il manganello chi la pistola.
<< Getta quell’arma e alza le mani >> intimò uno.
<< Allontanatevi! >>
<< Getta l’arma a terra >> ripeté il poliziotto.
Un attimo dopo sentii la stretta sparire, tornai a respirare normalmente. Ben, avendo visto l’uomo girarsi, l’aveva afferrato per le braccia e lo aveva allontanato da me.
Fortunatamente lui non venne ferito e la polizia riuscii a fermare il malvivente in tempo.
Passo una mezz’ora e si ristabilì l’ordine.
<< Signorina, sicura di non voler venire in ospedale? >>
<< Sto bene, è stato solo lo spavento >>.
L’infermiere mi salutò e si allontanò da me mentre io tornai da Ben che era rimasto ad aspettarmi all’ingresso del motel.
<< Non era un cannibale, ma sicuramente uno psicopatico >>
<< Hai ancora le forze per scherzare? >>
<< Meglio affrontare la situazione con spirito >> dissi io sorridendogli.
<< Stai bene? >>
<< È la centesima volta che me lo chiedi… Sto bene >>
<< Non ho mai avuto tanta paura per qualcuno come poco fa >>
<< Quale onore >>.
Mi prese per un braccio e mi avvicinò a sé. Senza nemmeno pensarci strinsi le mani intorno al suo collo. Sentii un’infinita sensazione di sicurezza.
<< Scusami, è colpa mia >> mi sussurrò all’orecchio.
<< Quale colpa? Io mi sono voluta fermare nel motel in cui alloggiava un pazzo fatto di crack… Ma non l’ho fatto apposta, davvero >> dissi sorridendo.
Sentii anche lui fare una smorfia, poi mi allontanai dalla stretta.
<< Torniamo a dormire? >> proposi io.
<< Vuoi tornare là dentro? >>
<< Non vorrai mica spendere cinquanta dollari inutilmente! Solo poche ore, ne abbiamo bisogno >>.
Riuscimmo a farci cambiare di stanza. Camminare per lo stesso corridoio non ci era sembrato il massimo così ottenemmo una stanza al secondo piano, che stranamente al nostro arrivo era  risultata occupata come il resto delle altre. Era stata una chiara manovra della proprietaria che affibbiandoci la stanza al piano più alto voleva farcela pagare di più.
Una volta a letto ci addormentammo subito e il più vicino possibile.
Il mattino seguente mi accorsi di avere la mia mano sul suo petto e la testa sul suo braccio. Senza svegliarlo sorrisi e mi rimisi a dormire.

Rieccomiiiiiiiiiii... Scusate il ritardo, credevo sarei riuscita ad aggiornare prima, ma sono stata travolta dai compiti estivi ... Perdonooooooo T_T!!! Inizio col dirvi come al solito grazie per l'affetto! Sia per chi legge e per chi molto gentilmente continua a recensire! Grazie =) ! Come seconda cosa vi faccio notare i chiari riferimenti a film dell'orrore come Non aprite quella porta e al telefilm Dawson's creek presenti in qualche frase in questo capitolo =) ... Mettere qualche "cameo" ( anche se forse nn sarebbe il termine adatto) qualche volta non fa mai male =)! Sì beh è un capitolo un po' diverso dal solito, con la totale assenza di Jo ( NOOOOOOOOOO! T_T ), ma è giusto per approfondire la sua situazione con Ben, personaggio di tutto rispetto... Non disperate, ci sarà un ritorno burrascoso a Miami, ma dovrete soffrire ancora un pochino prima di vederlo... Ok, ora vi saluto che è più tardi del solito. Perdonatemi se ci dovesse essere qualche errore grammaticale o altro, nel caso scrivetemi e fatemelo sapere che correggo =)! A presto, lo spero davvero! Bacioni a tutti

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Capitolo 19
*** 19° Capitolo ***


A quanto diceva Ben mancava ormai per lo più di un paio d'ore al nostro arrivo in Ohio. Erano trascorsi altri due giorni, il viaggio era stato molto lungo, la moto sull'asfalto correva senza esitazione, chilometri su chilometri senza fermarsi mai, a meno che non fosse strettamente necessario. Stare attaccata a lui, tenendomi più stretta possibile mi dava quel senso di sicurezza che per settimane avevo dimenticato potesse esistere. Non si trattava solo di una percezione momentanea, nonostante avessi provato emozioni fortissime trovandomi dai Depp e amassi ogni dettaglio di loro, mi erano successe così tante cose in così poco tempo da sentire la mancanza di qualunque cosa potesse sembrare normale. L'essere semplicemente lì e non dover pensare a nulla, trovarmi con una persona a cui ormai inevitabilmente mi ero affezionata, mi portava in posti lontani che difficilmente avrei voluto lasciare. Dovendo scegliere, sarei rimasta su quella moto per tutta la vita.
Ci fermammo da un benzinaio. Quando Ben scese dalla moto e mise il cavalletto si tolse il casco e mi sorrise.
<< Ultima sosta >> disse aiutandomi a scendere.
<< In effetti ho fatto male i miei calcoli, pensavo ci avremmo messo di meno, forse è meglio se avviso i Depp >>.
Presi il cellulare dalla tasca, lui non disse nulla, ma sentivo che non aveva smesso di guardarmi.
<< Cosa c'è? >> dissi senza distogliere gli occhi dallo schermo. Contrariamente alle altre volte in cui gliel'avevo chiesto lo feci scherzando. Ormai sentivo davvero di non avere più bisogno di fingere qualsiasi emozione con lui. Avevo condiviso più cose con lui in quelle settimane, di quante non ne avessi vissute con il mio ex in un anno di relazione. Come mi aveva detto Jo, dovevo assolutamente infrangere quel muro che mi impediva di essere diretta con le persone, specialmente quelle a cui tenevo di più e sapevo con certezza che Ben era diventato una di quelle.
<< Niente... Mi chiedevo se ne fossi pentita >>
<< Perché dovrei esserlo? Sono venuta io al molo, scelta mia conseguenze mie >>
<< Appunto, magari pensi sia stata una perdita di tempo, per poco non finivi uccisa da un pazzo, se non fossi venuta... >>
<< Io vado a prendere qualcosa da mangiare, tu fai benzina ok? >>.
Oh sì, sicuramente se avessi potuto avrei reso quel viaggio interminabile. Volevo evitare di farmi interminabili castelli mentali nel cervello, cosa provavo per lui, cosa sentiva lui. Qualcosa c'era sicuramente, altrimenti non l'avrei mai raggiunto così di corsa, ma la voglia di sprofondare nei miei pensieri senza via d'uscita fu annullata dalla mia imminente fame e la voglia di godermi ogni singolo secondo senza riflettere su niente. Meno pensieri, più vita. Probabilmente doveva essere stato il fatto che avessi rischiato di morire pochi giorni prima che mi faceva ragionare così. Per un attimo quasi ringraziai il pazzoide che mi aveva minacciato con un coltello alla gola. Sorrisi di nuovo tra me e me.
Presi un paio di schifezze dal piccolo discount accanto al benzinaio, andai alla cassa e tornai da Ben che mi aspettava poggiato sulla moto. Lo sguardo basso, al contrario mio sembrava l'avesse investito un tir.
<< Tutto bene? >>
<< Sì, cos'hai preso? >>
<< Ahi >>
<< Cosa? >>
<< Il tuo naso, il tuo naso mi ha appena colpito l'occhio >>.
Ben alzò la testa.
<< Ora fai anche la spiritosa? >>
<< Io sono spiritosa, cosa credi? E se la smettessi di dire bugie potremmo magari parlarne >>
<< É che siamo quasi arrivati >>
<< Lo so, hai paura di vedere tuo padre? >>
<< Non è paura >>
<< Ansia o quello che è... >>
<< Il problema è questo, non so come chiamarla. Io non mi sono mai sentito così >>
<< C'è sempre una prima volta caro Ben >>
<< Però so che devo farlo, devo chiarire questa situazione una volta per tutte >>
<< Sei un bravo ragazzo Ben, non voglio dirti una di quelle frasi fatte tipo “andrà tutto bene”, potresti prendere anche una sonora porta sulla faccia, o trovare qualcosa di spiacevole, ma qualunque cosa sarà sono certa che avrai la forza di affrontarlo, altrimenti non avresti mai deciso di partire >>.
Mi abbracciò. Io lasciai cadere il sacchetto che tenevo tra le mani. Non m'importava. Dovevo stargli vicino, sentivo di doverlo fare. Per la prima volta credetti davvero di esserne innamorata.
<< Andiamo >> gli sussurrai nell'orecchio.
Finimmo di mangiare e ripartimmo. L'Ohio ormai si trovava a due passi da noi.

§

La moto si spense di nuovo, questa volta non saremmo ripartiti per un bel po', a meno che le cose non fossero andate davvero male tanto da spingere Ben ad andarsene nel tempo di cinque minuti.
<< Ho avvisato mio fratello che dopo l'arresto è rimasto con lui qui a Cincinnati, sa del nostro arrivo, ma gli ho detto di non dir nulla a mio padre. Avevo paura che dicesse di non venire, ma a questo punto non so nemmeno più se ragiona o meno >>.
Qualunque mia parola sarebbe stata inutile. Gli presi la mano, poi avvicinai la sua testa sulla mia spalla. Mi promisi che qualunque cosa sarebbe successa, non avrei lasciato che si lasciasse andare alla disperazione. Mi disse “grazie” almeno un centinaio di volte, poi insieme ci avvicinammo all'ingresso della villetta a schiera.
<< Pronto? >>.
Sorrise per rassicurarmi, poi suonò il campanello. Pochi attimi dopo un ragazzo poco più grande di lui ma molto somigliante a Ben ci aprì.
<< Hei fratellino >>.
Si abbracciarono calorosamente. Nonostante mi avesse detto che tra lui e la sua famiglia non scorresse proprio buon sangue si vedeva chiaramente che si volevano bene, che erano davvero felici di essersi rivisti.
<< Phil, lei è Jennifer >>.
Allungai la mano verso il fratello di Ben, lui la strinse forte.
<< Philip, ma puoi chiamarmi Phil >>
<< Puoi chiamarmi Jen >> risposi io.
<< Prego entrate. Papà sta riposando, ma intanto posso offrirvi qualcosa da bere? >>
<< A me andrebbe benissimo anche solo sedermi su qualcosa che non sia una moto >>
<< Ah, se frequenti mio fratello dovrai iniziare ad abituartici >>
<< Ok, è stato un piacere conoscerti >> dissi scherzando rivolgendomi verso Ben.
Una volta seduti Philip tornò da noi con un vassoio e tre bicchieri con delle bibite e della birra.
<< Prendete pure quello che volete >>
<< Come sta? >> disse Ben senza perdere tempo.
<< È sempre molto stanco, sta prendendo dei farmaci ora e presto dovrà entrare in clinica, ma come suo solito vuole fare di testa sua e dice che se lo costringiamo ad andare lì dentro... Beh, forse è meglio non ripeterlo >>
<< Ora vuole fare anche il suicida? Se continua così morirà ancora prima di poterci vagamente pensare >>
<< Per questo spero che la tua presenza possa fargli cambiare idea >>
<< Phil cosa speri di ottenere da me? É già tanto se quando mi vedrà non mi urlerà dietro prendendomi a calci in culo >>
<< Non è detto, tu hai un forte impatto su di lui. Comunque oltre a questo a breve ci sarà un'udienza contro papà. Ho chiamato l'avvocato più bravo che conosca. Non vedo mia moglie e i miei figli da più di una settimana Ben, non posso davvero più occuparmi di lui a tempo pieno, ho il mio lavoro, la mia vita. Ho bisogno che questa volta funzioni, che vada in quella clinica e che delle persone che vengono pagate per farlo si prendano cura di lui >>.
Seguivo il discorso con molta attenzione. Sicuramente non mi sarei sognata di dire una parola, non erano certo cose che mi riguardavano, ma l'essere vicino a lui e potergli dare quella forza che da solo non riusciva a tirar fuori, mi riempiva di speranze. Forse saremmo andati via da lì sorridendo davvero.
<< Farò del mio meglio >>.
Appena finì di parlare sentimmo una porta aprirsi e poi richiudersi subito dopo. Dei passi lenti venire verso il salotto dove ci trovavamo noi. Un attimo dopo comparve sulla soglia un uomo alto all'incirca come i due fratelli, con i capelli grigio scuro, gli occhi piccoli, ma incredibilmente azzurri e una stanchezza nel volto ricoperto di rughe che lasciavano trasparire fatiche e delusioni. Sicuramente dimostrava più anni di quanti ne avesse in realtà.
Strascicò i piedi fino al divano dove sedevamo noi. Ci alzammo lentamente mentre lui ci guardò con occhi curiosi senza dire nulla.
<< Papà, Ben è venuto a trovarti e ha portato un'amica >>
<< Perché non mi hai avvisato? >> chiese con voce roca.
<< Beh pensavamo che- >>
<< Mi sarei messo qualcosa di meglio >>
<< Papà >> fu l'unica cosa che riuscì a dire Ben.
Riuscii a leggere la sua tensione, cercò senza guardare la mia mano, come se d'incanto potessi dargli tutto il coraggio di cui aveva bisogno.
Suo padre, di cui ancora non sapevo il nome, gli si avvicinò e oltre ogni aspettativa, lo strinse a sé.
Ben rimase per un attimo impietrito, poi lasciò la mia mano e l'abbracciò forte. Se gli avessero detto che sarebbe successo tutto questo probabilmente non ci avrebbe comunque scommesso un centesimo, invece era lì, abbracciato a suo padre, come forse non aveva mai fatto.
Ci sedemmo di nuovo, il padre di Ben mi accennò un sorriso presentandosi e stringendomi la mano debolmente.
<< George, piacere. >>
Visto come mi era stata descritta la situazione, pensai che quel moto di gentilezza fosse l'effetto delle medicine, ma dall'espressione dei due fratelli lì accanto a me, capii che era semplicemente la rappresentazione di come il loro padre era sempre stato, almeno finché non aveva perso la sua sobrietá molti anni prima. Ora che si stava lentamente ripulendo, si riuscivano a notare dei barlumi di luciditá.
Nuovamente seduti sul divano, Ben non si perse in giri di parole, entrando subito nel vivo della discussione.
<< Papà perchè hai detto quelle cose? La clinica in cui andrai potrà solo farti bene. >>
<< Io sto già bene, non ne ho bisogno. >>
<< Sai che non è così, questo potrebbe essere un momento. Se non ti fidi di noi, dei tuoi figli, di chi altro potresti farlo? >>.
George rimase in silenzio diversi secondi, nessuno fiató. Si guardò le gambe che non smettevano di tremare, poi fissò Ben.
<< La sceglierai tu. >>
<< Che cosa? >> gli chiese lui preso completamente alla sprovvista.
<< Ho detto che dovrai sceglierla tu questa clinica, altrimenti non se ne fa nulla. >>
Non credevo ai miei occhi e neanche il resto dei presenti. Da come mi era stata descritta la situazione mi aspettavo piatti volare, imprecazioni, invece non successe nulla di tutto questo. Con nostro grande stupore, tutto si risolse in poco più di un'ora. La sola presenza di un figlio preoccupato che era rimasto lontano a lungo, aveva fatto cambiare idea a un padre testardo e consumato dai suoi sbagli. Questa era la prova che Ben faceva decisamente bene a chiunque gli fosse accanto.
Passò un'altra ora, George per lo piú rispondeva con poche flebili parole a qualche domanda, ma questa volta intervenni anche io perchè per lo più si discusse di argomenti che non riguardavano la sfera familiare e pian piano mi sentii piú rilassata di trovarmi lí, in quella situazione che una settimana prima non avrei neanche potuto immaginare.
Una volta che si fece l'ora di cena Phil si alzò in piedi.
<< Quando pensate di ripartire? >>
<< Anche questa notte >> rispose Ben.
<< Avete viaggiato per così tanto, perchè non vi fermate a dormire qui, domani una volta più
riposati e con più calma tornerete a Miami >>.
Ben mi guardò per cercare conferma.
<< A me va bene qualunque cosa >> risposi.
<< Allora è deciso, vi aiuto a portare su le cose >>.
La camera che ci diede Phil aveva un letto matrimoniale, purtroppo non c'era alternativa differente, ma non ci facemmo problemi visto le disposizioni e i posti penosi in cui ci eravamo ritrovati a dormire in quelle notti prima di arrivare.
Cenammo tranquilli, quando si fece tardi mi avvicinai alle scale per raggiungere la camera da letto, ma appena mi avvicinai al primo gradino sentii la voce di Phil parlarmi.
<< È davvero un bravissimo ragazzo, su questo non porti nessun dubbio >>.
Insieme ci voltammo per guardare in salotto Ben e suo padre che di nuovo si abbracciarono commossi. Riuscii a vedere piccole lacrime scendergli sulle guance, il mio cuore si strinse.
<< Lo so >>.

§

Quando Ben entrò in camera io ero ancora seduta sul letto a cercare qualcosa da mettermi per la notte. Richiuse la porta alle sue spalle con un sorriso sul viso.
<< Jen, volevo ringraziarti >>
<< Credo sia la millesima volta, potrei persino arrabbiarmi ora >> dissi scherzando.
<< Dico sul serio, senza di te, sembra retorico forse, non credo avrei fatto quello che ho fatto. Non pensavo davvero sarebbe andata a finire così, invece è successo. Ti devo molto >>
<< Non mi devi niente >> dissi alzandomi.
Si avvicinò a passi veloci, mi prese a sé e mi baciò. Lo stesso feci io, misi le mie mani sul suo collo e lo strinsi a me, lui mi prese in braccio e mi ritrovai con la schiena contro il muro a pochi passi da terra. Le sue mani mi sorreggevano, ma ormai non mi rendevo più conto di nulla, lo baciavo e basta, avevo voglia di sentire le sue labbra, il suo calore, le sue braccia avvolgermi, lui e nient'altro.
Mi lasciò tornare con i piedi per terra, ma senza staccarsi da me, giusto il tempo di sfilarmi la maglietta che indossavo. Le sue mani calde sul mio corpo, ormai nessun freno, nessun pensiero ci avrebbe fermati. Lo spogliai a mia volta, mi prese di nuovo in braccio e mi appoggiò sul letto. Non era amore dolce e spensierato, era amore carico di passione, trattenuto per forse troppo tempo, ora finalmente sfociava in ogni carezza, ogni bacio. Si staccò dalle mie labbra, mi guardò negli occhi, poi prese a baciarmi il collo fino a scendere sempre più giù, prima sulla mia scollatura, poi sulla mia pancia. Avevo voglia di lui, avevo voglia di sentirlo mio, avevo voglia di amarlo come non ero mai riuscita a fare prima.
Sentii le sue mani sfilarmi gli ultimi indumenti che indossavo, poi il suo piacere entrare in me e avvolgermi. Ogni movimento, ogni sospiro, ogni carezza e bacio rendevano il momento perfetto. Mi sentii travolgere da un piacere ignorato da tempo, un piacere che con lui mi sembrò di non aver provato mai.
Quella notte, su quel letto, in quella città, in quel mondo, esistevamo solo io e lui.
Nulla avrebbe potuto interrompere quel momento, solo un messaggio, sul mio telefono che avrei letto il mattino seguente.
“É meglio che torni il prima possibile, non ti piacerà quello che vedrai, Jo”.


Sono finalmente riuscita ad aggiornare. Erano mesi che volevo postare questo capitolo, ma non riuscivo nemmeno ad iniziarlo. Spero vi sia piaciuto. Scusate se sono di poche parole, ma ho mille e più cose da fare, quindi non mi trattengo. Ringrazio di cuore chi continua a recensire, chi legge, e chi segue questa storia, non vi ringrazierò mai abbastanza. Sperando vi sia piaciuto =) Un bacione, alla prossima.

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Capitolo 20
*** 20° Capitolo ***


PREMESSA: sì, sono tornata davvero. E' passato tanto tempo, troppo forse che ho persino perso il conto, ma a volte l'importante è tornare, no? Non ho mai voluto abbandonare la scrittura o questa storia, semplicemente è mancata l'ispirazione per troppo tempo, ma non lascerò che questo accada di nuovo e scriverò una degna conclusione per questa storia. Ora che ho 24 anni ho sicuro molte consapevolezze in più e spero comunque di non deludere chi si è affezionato a questa FF e a chi inizierà a leggerla solo ora. Riprende esattamente da dove è terminato l'ultimo capitolo. So che la vita di Johnny è radicalmente cambiata dall'inizio di questa storia ad oggi, ma per forza di cose dovrò mantenere la sua vita precedente, e quindi vivrà con Vanessa, e non sarà sposato con Amber Heard (meno male, almeno qui :) ). Bene ho detto abbastanza, spero il capitolo vi piaccia. Se avete voglia di recensire, di fare domande o darmi consigli sappiate che sono bene accetti! Grazie a tutti e buona lettura!




Un raggio di sole filtrò dalla finestra della camera da letto e mi colpì dritto in viso. Il calore ci mise poco a farmi aprire gli occhi, dischiusi le palpebre e quasi disorientata mi guardai attorno. Per un secondo credetti di trovarmi ancora a Miami nella mia camera d'albergo, quando notai Ben dormire beato al mio fianco disteso di schiena con la testa affondata nel suo cuscino e uno sguardo simile a quello di un bambino che dorme sereno senza alcuna preoccupazione al mondo. Mi sedetti sul letto, consapevole di essere senza vestiti e priva di qualunque imbarazzo gli sorrisi nel silenzio di quella mattina d'estate. Cercando di fare il più lentamente possibile per non svegliarlo mi girai verso il comodino dove avevo lasciato il cellulare, per controllare che ore fossero quando neanche avuto il tempo di girarmi sentii la mano di Ben toccare la mia. Mi voltai e lo trovai a stropicciarsi un occhio, ancora mezzo addormentato.
«Dove pensi di andare?» disse con la voce ancora roca dal sonno.
Lo guardai senza rispondere. Il petto nudo coperto per metà da un lenzuolo bianco lo rendeva tremendamente sexy. Sorrise un attimo e mi voltai completamente per rispondergli coprendomi fin sopra il seno.
«Volevo solo vedere che ora fosse.»
Mi trascinò a sé con entrambe le braccia quando finii a un passo dal suo viso, così vicino che fu inevitabile sfiorare le sue labbra calde.
«Buongiorno.» disse a bassa voce.
«Buongiorno.» risposi sorridendo.
«Non credo sia poi così importante che ore siano ora, non credi?»
«Cosa te lo fa pensare?»
«Che siamo qui da soli, in questa stanza... Nudi.»
Mi resi conto di che sorriso ammiccante e disarmante avesse. Per giorni avevo cercato di ignorare le sue provocazioni, ma ora che eravamo così vicini, non solo fisicamente, le mie barriere erano cadute, non mi interessava sapere dove saremmo arrivati dopo la notte appena passata e se saremmo mai andati da qualche parte o sarebbe finita lì, mi bastava godere di quel momento come se fosse eterno.

Alzai il lenzuolo che ci copriva appena per osservare i nostri corpi.
«Ora che che me lo fai notare, eh sì, siamo proprio come mamma ci ha fatti.» lo dissi nel modo più provocante possibile e mi accorsi che Ben si rese conto della mia sfacciataggine.
«Signorina Witter, non la riconosco più».
Mi avvicinai per baciarlo. Non capivo bene cosa mi stesse succedendo, mi sentivo al settimo cielo, dopo tanto tempo non mi interessava più di nient'altro al mondo. Per un attimo, dovetti ammetterlo, dimenticai persino i Depp.
Passai con la mano sul suo petto, sui suoi addominali scendendo sempre di più fino a quando non arrivai alla sua intimità.
«Così mi farai impazzire.»
«L'idea era quella.»
Presa dall'eccitazione del momento saltai a cavalcioni su di lui, volevo ripetere le emozioni provate la sera precedente e moltiplicarle all'infinito. Mi afferrò i seni con entrambe le mani poi mi avvicinò a sé e mi baciò con trasporto. Sentì il suo sesso crescere sotto di me e non persi tempo, lo volevo con tutta me stessa, lì in quel momento. Ben era perso nel piacere di possedermi un'altra volta, mi guardava mentre travolta dalla passione mi appoggiai con una mano al suo torace. Sentii una scarica dietro la schiena quando si sollevò e prendendomi di peso mi lasciò scivolare sul letto ormai disfatto, sembrava ci fosse stata una guerra quella notte. Cambiammo più volte posizione, sembravamo non essere mai sazi di quel momento, di quell'unirci l'un l'altro.
Raggiunsi l'orgasmo più volte, mi resi conto di come forse mai ero stata così bene a letto con un ragazzo. Raggiunto anche lui il piacere ci accasciammo stremati sul letto, sudati, l'uno accanto all'altro.
«Jen.» disse quasi col fiatone.
Non risposi, lo guardai raggiante, mi lesse nel pensiero, entrambi felici, soddisfatti, non avevamo bisogno di parole.
«Che ne dici di andare a fare colazione?»
«Sì, penso sia il caso di rimettersi in forze, ora se vuoi puoi anche vedere che ore sono.»
Trasportata dagli eventi avevo perso la cognizione del tempo, non avevo la più pallida idea di quanto fosse passato. Presi il telefono poggiato sul comodino e vidi due chiamate senza risposta ed un messaggio.
«Oh mio Dio.»
C
on la mano premuta sulla bocca rilessi più volte le poche parole del messaggio di Johnny che mi aveva mandato.
«È davvero così tardi?»

«No, sono le 10:30.» dissi distratta «Quanto dista l'aeroporto da qui?»
Il momento era svanito, ero tornata alla realtà, quella da cui ero voluta fuggire con Ben sulla sua moto e che ora inesorabile tornava a prendermi.
«L'aeroporto? Cosa stai dicendo? È successo qualcosa?»
Lanciai il telefono sul letto dove Ben era rimasto seduto per fargli leggere l'sms di Jo e corsi in bagno per cambiarmi. Fu forse la prima volta in vita mia che mi preparai in cinque minuti. Sicuramente avrei voluto che le cose andassero diversamente ora che sembrava avessi trovato un po' di pace, e quasi non pensavo più a quello che stava succedendo a Miami, per una volta volevo pensare a me e me soltanto, ma ancora una volta così non poteva essere.
Rientrai in camera e presi le mie cose.
«Non dice altro? L'hai chiamato? Mi vuoi spiegare?»
Dovevo dirgli qualcosa, non potevo andarmene senza dire una parola, senza raccontargli cos'era successo poco prima della nostra partenza.
«Ben vedi, io ho un impegno con i Depp, tu lo sai, mi dispiace vorrei restare, ma non posso fargli questo.»
«C'è dell'altro, te lo leggo in faccia.» mi fissò, io rimasi in silenzio. Sembrava che ora non ci fosse arma abbastanza efficace per difendermi dal suo sguardo. Sembrava conoscermi più di quanto conoscessi me stessa.
Sospirai e chiusi gli occhi, cercai di trovare il coraggio e dirgli la verità, non volevo mentirgli. Gli raccontai di Matt, di mia madre, di quello che avevo visto il giorno dell shooting fotografico, di Johnny, del bacio rubato e delle foto che forse gli avrebbero rovinato la vita. Mi lasciò parlare senza intervenire, mentre io avevo solo voglia di piangere. Non volevo tornare, non volevo dover affrontare quell'incubo, ma non potevo più aspettare.

«Verrò con te.» disse fermo, deciso.
«No Ben, è una cosa che devo affrontare da sola, rimarresti solo coinvolto in questo casino e non voglio, non dopo quello che hai passato in questi giorni.»
«Io ti capisco, non ti biasimo, per questo voglio starti vicina, permettimi di... »
«Ben, non insistere, ho preso questa decisione e non tornerò sui miei passi. Tu hai bisogno di rimanere qui ancora per un po' con la tua famiglia, ti prego.»
Fece un cenno di assenso con la testa, e io molto più tranquilla ripresi a mettere via le mie cose.
«Lascia almeno che ti accompagni in aeroporto.»

§


Porsi il mio casco a Ben e presi il mio borsone pronta ad andare. Non sapevo quale sarebbe stato il primo volo per Miami, quanto sarebbe costato, non importava, ora dovevo solo tornare lì e riprendere ciò che avevo lasciato.
«Grazie del passaggio, e salutami tanto tuo padre e tuo fratello, mi spiace di non essere riuscita a salutarli come si deve. Ci pensi tu vero?»
Annuì con la testa.
«Perchè fai così?»
«Così come?»
«Mi prendi in giro?! Sembra che stia andando in guerra.»
«Io ho capito bene le tue ragioni e le tue intenzioni, altrimenti avrei chiuso il discorso quando mi hai detto del bacio con Johnny.»
«Credevo di essere stata abbastanza chiara, e non ti ho chiesto di capirmi ho solo voluto essere sincera con te e tornare per un valido motivo, senza sparire all'improvviso.»
Più lo guardavo, pù sentivo che avrebbe voluto dirmi altre mille cose, ma si limitò ad avvicinarsi, a darmi un bacio sulle labbra e a dirmi di chiamarlo appena avessi potuto.
Mi allontanai da lui, a malincuore. Quei giorni nonostante le disavventure passate erano stati carichi di una vita che mi mancava da tempo, una vita che mi era sfuggita di mano troppe volte. Ora speravo solo che tutto si sarebbe risolto nel migliore dei modi, in qualche modo dovevo convincermi che anche questa era una possibilità.
Mi recai alla biglietteria. Il primo volo fortunatamente sarebbe partito da lì a un'ora. Passai i controlli e mi recai al gate una volta annunciato. Non avevo voglia di pensare a nulla, mi limitai a prendere il telefono e rileggere il messaggio di Jo e la mia risposta “Torno il più in fretta che posso”.
Partito il volo ci impiegai quasi tre ore ad atterrare. Un caldo torrido copriva Miami quel pomeriggio, sembrava di essere finiti nel deserto. Presi un taxi e senza esitare o fermarmi un attimo mi diressi a casa Depp.
Arrivati nel vialetto notai con sorpresa che non c'erano altre auto intorno alla villa, né fotografi o giornalisti.
Impossibile” pensai.
Dopo il putiferio che sicuramente era scoppiato con l'uscita della rivista scandalistica, questo posto doveva pullulare di gente, nascosta anche sugli alberi e nei cespugli, invece niente, nessuno. Pensai che se c'erano, dovevano essersi nascosti molto bene, o forse Johnny e gli altri se n'erano già andati da un pezzo e ora la casa era vuota.
Piena di dubbi pagai il tassista e mi avvicinai alla porta di casa. Titubante suonai alla porta, tesa quasi come la prima volta. Passò poco fin quando qualcuno venne ad aprire.
“Allora non se ne sono andati” mi dissi in un misto tra felicità e incertezza.

«Oh, bentornata Jennifer.»
Fu un secondo, mi si gelò il sangue nelle vene. Non poteva essere vero, cosa diavolo ci faceva lì?!
«Mamma?!»

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Capitolo 21
*** 21° Capitolo ***


Mia madre, l'ultima persona al mondo che mi sarei aspettata di vedere e anche l'unica che non avrei mai voluto di fronte a me in quel momento. Non bastava l'agitazione che già provavo da ore? No, doveva esserci lei a rendere quella giornata ancora più difficile. Non ci potevo credere, cosa ci faceva lì, cosa ci era andata a fare? O l'avevano chiamata i Depp per via della mia assenza? Una vocina dentro di me urlava insistentemente di scappare a gambe levate, ma come potevo? Era troppo tardi ormai e fuggire di fronte ai problemi non era certo da me.
Osservai mia madre con stupore fino a quando non mi venne in mente quello che era successo l'ultima volta che ci eravamo viste. Lei e il signor Meester in quella stanza, mi vennero i brividi al solo pensiero.
«Cosa ci fai qui?»
«È così che si saluta tua madre?»
«Non far finta di niente, pensi che abbia dimenticato già tutto quanto?!»
«Questa volta l'hai fatta grossa Jennifer.»
Spalancai gli occhi presa dalla paura. Cosa voleva dire?
Non feci in tempo a risponderle che finalmente vidi chi mi era mancato più di tutti a Miami. Jo apparve dietro mia madre, e mi accolse con un sorriso, l'ultima cosa che pensavo mi avrebbe rivolto in quel momento.
«Bentornata.» disse facendo cenno di entrare.
Lo disse col suo solito tono di voce caldo e penetrante, come se in realtà non fosse successo nulla, ma avesse solo avuto voglia di rivedermi.
«Avanti entra, cosa ci fai lì sulla porta. Signora Witter faccia passare sua figlia.»
Gli sorrisi anch’io ed entrai dimenticandomi per un attimo di avere di fronte anche mia madre. Stranamente non sentii nessun’altra voce o rumore provenire dalla casa e mi fece uno strano effetto non vedere i bambini urlare “Zia Jen” e corrermi incontro. Eclissai totalmente mia mamma e mi rivolsi verso Johnny come se non lo vedessi da dieci anni.
«I bambini? Stanno bene?»
«Oh sì, stanno benone, sono fuori con Vanessa. Vuoi qualcosa da bere? Sembri stanca.»
«Beh in effetti, torno ora dall’Ohio.»
«Perché non sei tornata in hotel prima? Sarai esausta.»
«Tu mi hai scritto quel messaggio e ho pensato solo a venire qui il prima possibile.»
Mia madre si schiarì la voce per attirare l'attenzione e mi fece tornare alla realtà.
«Jo che ci fa qui mia madre?»
«Perchè non lo chiedi a me scusa?»
«Mi pare di averlo fatto, ma ti sei limitata a venirmi contro come al tuo solito. E poi se proprio vuoi saperlo non ho granchè voglia di rivolgerti la parola.»
«Beh se la metti così, sarà meglio che tolga il disturbo. Mi spiace tanto signor Depp per la mia visita inaspettata. Saluti Vanessa da parte mia, a risentirci.»
Attese un piccolo cenno di Jo ed uscì di casa, io nel frattempo ci capivo sempre meno e nessuno tentava di darmi anche la più misera spiegazione. Appena mia madre chiuse la porta vidi Johnny allontanarsi in silenzio e tornare poco dopo con un bicchiere di thè in mano.
«Preferisci qualcos’altro?»
«Va benissimo, grazie.»
Jo si avvicinò al salotto e si sedette senza dire nulla. Mi sembrò strano, pareva volesse trasmettere tranquillità, sicurezza, ma in realtà gli occhi dicevano tutt’altro. Bevvi un sorso e mi rigirai il bicchiere tra le mani, in attesa che dicesse qualcosa, ma ancora dalle sue labbra nessun suono, si limitò a fissarmi, come se non mi vedesse da una vita.
«Ti vedo bene, allora raccontami com’è andata.»
«Jo?»
«Cosa?»
«Vuoi darmi una benedetta spiegazione? Mollo tutto in Ohio, arrivo qui alla velocità della luce, trovo qui mia madre e tu vuoi sapere cos'ho fatto in questi giorni?! Per favore.»
«Avremo tempo di parlarne, non preoccuparti.»
«Sì, ma io non ce la faccio più ad aspettare. Cos’è successo?»
Abbassò lo sguardo e si mise una mano dietro la testa, poi sospirò forte, come se dovesse ammettere la colpevolezza di un reato gravissimo. Lo guardavo col fiato sospeso, temevo le sue parole a tal punto che avrei preferito una qualsiasi bugia alla verità.
«Beh come vedi tua madre è passata a trovarci.»
«Ha detto qualcosa che non avrebbe dovuto? Ti prego Jo dimmi la verità, non mentirmi.»
«Scommetto che quando ti ho scritto al tuo arrivo ti aspettavi più qualcosa come “Siamo su tutti i giornali, Matt ha venduto le foto”, non è vero?»
«Credevo l'avessi fatto proprio per questo. L'idea che...»
«Tua madre è venuta qui. Aveva il rullino con le foto, ha detto che Matt era intenzionato a darlo a te, ma non ti aveva trovato in hotel, così invece di lasciarlo alla reception e fartelo recapitare ha avuto la brillante idea di vedere tua madre e darglielo di persona, dicendole che non aveva mai avuto intenzione di ferirti, ma che al contrario a te ci teneva tanto. Quindi… Kim, giusto? È venuta qui e mi ha dato il rullino con le foto, sostenendo che non fosse giusto causare dei problemi a noi che eravamo estranei ai vostri problemi personali. Se non ho dimenticato nulla, questo è quanto.»
Rimasi in silenzio un paio di secondi, cercando di immaginare la scena, mia madre che in versione “buona samaritana” si svendeva come portatrice di pace e serenità nel mondo.
«Vanessa, c'era anche lei.»
«Sfortunatamente per noi, sì.»
«Cosa vuol dire “sfortunatamente”, avevi detto che avrebbe compreso il malinteso nel caso in cui...»
«Sì beh, ricordi quando ti ho detto “è una donna intelligente, capirà”, beh probabilmente devo essermi sbagliato parecchio riguardo questo.»
Lo disse con finta pacatezza, come per scherzarci su, ma lo vidi dai suoi occhi quanto fosse preoccupato, quanto avrebbe evitato questo genere di situazioni dalla sua vita, lui che odiava i media, le false notizie lette sui giornali i paparazzi che non l’avevano mai lasciato in pace sin dai primi anni in cui iniziò a recitare. Lui che odiava tutto ciò si trovava davanti ad una semi-sconosciuta che gli stava per rovinare la tranquillità che si era creato con la sua famiglia, l’unica cosa che contasse veramente per lui più di ogni altra cosa.
«Jo, io non so cosa dire. Non capisco perché mia madre sia voluta venire qui, sicuramente lo avrà fatto di proposito, per crearmi altri problemi senza rendersi conto che li avrebbe in realtà creati a voi.»
«Forse tua madre era davvero in buona fede Jen, il punto è un altro e probabilmente tutta questa storia non c’entra proprio nulla.»
«Cosa intendi dire?»
«Saró onesto con te, potrei aver bisogno del tuo sostegno con i bambini anche dopo la scadenza del tuo contratto. Non saprei dirti per quanto, ma Jennifer, tu acetteresti?.»
Mi guardò fissa negli occhi, forse quello sguardo in lui ancora non l’avevo mai visto. Non era una supplica, non si sarebbe mai abbassato a tanto, ma dentro di sé sembrava stesse pregando che gli dicessi solamente “sì” senza fare domande, senza aggiungere altro.
«Fino ad oggi non ho fatto altro che causare problemi a te, a Vanessa. Io non credo che tu abbia davvero bisogno del mio aiuto in questo momento.»
«Jen, io e Vanessa ci stiamo separando.»
Ma che diavolo stava dicendo? Ma se erano il ritratto della felicità, potevo mai essere stata io la causa di tutti quei problemi? Non potevo credere alle mie orecchie.
«Quando tua madre ha consegnato il rullino lei non ha voluto nemmeno sapere che foto ci fossero, ma le ho detto di svilupparle se voleva, di farlo quando e come avrebbe preferito.»
«Perché lo avresti fatto? Questo non ha senso se lei non aveva intenzione di sapere che cosa conteneva.»
«Ha senso se vuoi capire quanto realmente ti ami una persona. Avrei potuto acconsentire al fatto che non le interessasse davvero, ma sapevo che non era così e appena l’ho messa alla prova lei non ha esitato un attimo. Questa è solo la punta dell’iceberg Jen, tu non c’entri proprio nulla, anche se probabilmente ora la tua vita subirà qualche cambiamento e ti chiedo scusa sin da ora.»
«Cosa intendi dire?»
«Vanessa tornerà in Francia, dice che ha molto lavoro e penso sia il momento giusto per allontanarci e riflettere su cosa stia accadendo. Ho bisogno che i bambini vivano questo periodo come se in realtà non stesse succedendo proprio nulla. Non sono stupidi, probabilmente sanno già come stanno le cose, ma ho bisogno che lo vivano nella più completa tranquillità.»
I bambini. Cosa c'entravano loro in tutto questo? Perchè procurargli tutto quel dolore, loro erano gli ultimi a meritare un simile trattamento, ma questo purtroppo non dipendeva più da me, ma da quello che avrebbero deciso i loro genitori. Non credevo che Vanessa avrebbe mai potuto spazzare al vento la sua relazione con Jo. Per quanto ero riuscita a conoscerlo ero certa che fosse un buon padre, ma per quanto riguardava il resto non avevo proprio voce in capitolo, anche se dentro di me continuavo a chiedermi come si poteva anche solo lontanamente pensare di lasciare un uomo del genere. Probabilmente ragionavo così solo perchè era perfetto ai miei occhi, ma in fondo sapevo di non sbagliarmi.
«Jo, forse non te l’ho mai detto, ma era da tanto che qualcuno non mi faceva sentire quel genere di felicità che può farti provare anche solo il più semplice dei sorrisi di un bambino, e sono riuscita a sentirmi così da quando ho conosciuto ai tuoi figli, da quando giorno per giorno non fanno altro che darmi una parte di sé stessi senza nemmeno rendersene conto. Se potrò davvero esserti utile in qualche modo, potrai contare su di me.»
«Dovrai essere forte Jen, voglio chiederti davvero scusa per questo, non so se mi potrai perdonare.»
Non riuscivo a capire il nesso tra quello che gli avevo appena detto e la sua frase successiva. Di cosa doveva farsi perdonare se mi ero appena proposta di stargli vicino a spada tratta fino alla fine di questa lunga e interminabile estate.
«Jennifer se c’è qualcuno con cui dovrò chiarire la situazione basta che tu lo dica e lo farò di persona.»
«Non riesco a capire, di cosa stai parlando?»
«Con molta probabilitá la foto verrà pubblicata.»
Spalancai gli occhi. Non ero sicura di aver sentito bene. Perché mai avrebbero dovuto farlo se né Matt né mia madre avevano avuto intenzione di farlo. Per un attimo mi girò la testa, al solo pensiero di cosa sarebbe potuto accadere una volta finita su tutti i giornali.
«Non… Non capisco.»
«Vanessa, sì insomma, sono quasi convinto che non appena la vedrá avrá intenzione di pubblicarla il prima possibile, per tutelarsi.»
«Tutelarsi? Tu questo lo chiameresti tutelarsi. Perché non fai qualcosa? O sei d’accordo con lei?»
«Ovvio che no, ma cosa posso fare per impedirlo. Ha il rullino e ha intenzione di sfruttarlo a suo favore. Se la nostra storia deve finire allora vuole poterne uscire al meglio, facendo apparire me come il mostro.»
«Jo, intendi sottostare a tutto questo?»
«In questo momento non posso davvero far nulla. Ci sto pensando, non faccio altro devi credermi, ma ora posso solo accettare che la situazione sia questa e farmi venire in ment…»
«Oddio.»
«Stai bene?»
Come se un fulmine avesse attraversato la mia mente pensai all’unica persona che avrebbe davvero sofferto per tutto questo, e di nuovo per colpa mia.
«Non capirà mai. Cioè sa già tutto, ma non sono certa che sopporterà anche questo.»
«Jen di cosa stai parlando?»
Abbassai la testa e fissai le mie ginocchia, anche se in realtà non riuscivo a vedere nulla davanti a me. Avevo raccontato tutto a Ben, ma avrebbe retto anche questo? Probabilmente mi avrebbe detto che non c'era nulla di cui preoccuparsi, ma più ci pensavo più mi rendevo conto che gli avrei fatto solo del male, altro male che non meritava, non dopo quello che stava passando. Tenevo ormai così tanto a lui che mi si strinse il cuore al pensiero di perderlo, e forse sarei dovuta essere proprio io a interrompere tutto, ma il solo pensiero mi fece tremare le gambe. Ne avrei mai avuto il coraggio? Proprio ora che stavo costruendo qualcosa con le mie sole forze, proprio ora che qualcuno riusciva a farmi sentire come avrei voluto.
Mi alzai in piedi e mi avvicinai velocemente verso la porta.
«Jo, per favore scusami. So che non è il momento, ma ora devo proprio andare. Verrò qui domani.»
Lo guardai distratta e uscii di corsa. Gli parlai solo perché sentii che non potevo andarmene senza dir nulla, ma in realtà i miei pensieri in quel momento si trovavano lontani mille miglia da quella casa. Corsi il più veloce possibile, con la mente distante dai miei passi che però conoscevano la strada alla perfezione, e il cuore che avrebbe voluto far tornare indietro il tempo e portarlo su quell’autostrada, su quella moto, appoggiata a quella giacca di pelle che sarebbe riuscita a tenerla lontana dal mondo intero.

 

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Capitolo 22
*** 22° Capitolo ***


Mi morsi il labbro piú volte e non c’era verso che riuscissi a tener ferme le mani. Delle vampate di calore continuavano ad intorpidirmi mentre guardavo Ben in silenzio davanti a me con lo sguardo puntato sul pavimento. Non riuscendo ad aspettare lo avevo chiamato per raccontargli tutto, ma visto il potenziale disastro di quella conversazione, avevo temporeggiato dicendogli solo che non vedevo l’ora di vederlo e che avevo bisogno di parlargli. Fortunatamente non dovetti aspettare molto.
Il giorno seguente fui svegliata da Ben che bussava alla porta della mia stanza. Sembrava cosí strano essere arrivati a quel punto tra di noi, solo poco tempo prima avrei alzato gli occhi al cielo vedendolo anche a distanza, cosí presuntoso, cosí impertinente, con la battuta pronta in ogni momento, ma come potevo ora? Come potevo guardarlo senza aver voglia di affondare le mie braccia attorno alla sua schiena, senza sorridergli, senza desiderare che mi baciasse?
Mi sedetti sul bordo del letto mentre lui scelse la sedia della piccola scrivania che vi si trovava accanto. Non avevo neanche avuto il tempo di stropicciarmi gli occhi che iniziai a dirgli cosa sarebbe successo da lí a pochi giorni, cosa sarebbe potuto succedere a me e forse a noi. E poi il suo silenzio, il suo lungo sospiro e quel minuto o due che mi parvero interminabili.
«Ok.»
Ok?! Due lettere che in questo momento non avevano nessun senso nella mia testa.
«Cos-? Non capisco Ben.»
«Beh chiaramente non c’é molto che si possa fare per impedire quello che succederá, quindi la mia risposta é, ok.»
«Tutto qui?»
«Se pensavi mi sarei arrabbiato o avrei voluto fuggire su un altro pianeta, mi spiace averti delusa.»
In fondo non aveva mai smesso con il sarcasmo.
«So che ti avevo giá raccontato quello che era successo, ma non so... Forse pensavo che questa cosa della pubblicazione ti avrebbe destabilizzato un po’.»
«È soprattutto la tua vita che verrá destabilizzata Jen, io...»
Ah giá, che scema. Io e i miei maledetti film mentali di serie B siamo partiti in quarta pensando ad una travolgente storia d’amore pronta ad essere spazzata via da uno scandalo mediatico, senza accorgermi che questi pensieri erano solo nella mia testa.
«Non c’é bisogno che continui, ho capito. Scusami se ho pensato che fosse importante coinvolgerti in questa cosa.» dissi tutto d’un fiato interrompendolo.
Il mio tono deluso mi scosse all’improvviso risvegliando ferite nascoste e assopite dal tempo. Non potevo, non dovevo contare su nessun altro, se non me stessa, cosí com’era stato da sempre, cosí com’era stato sin da bambina, con una madre piú interessata al resto del mondo che a conoscere sua figlia e porgerle la mano.
«Prima o poi dovrai farmi finire di parlare.» disse Ben riportandomi alla realtá e mi accorsi di quanto ci volesse poco a perdersi nei meandri dei propri ricordi di sensazioni giá vissute.
«Non intendevo dire che ti avrei lasciata affrontare questa cosa da sola. Jen tu mi piaci, penso non sia un mistero, e non ho intenzione di tirarmi indietro per via di questa situazione, ma vorrei che iniziassi a vivere un giorno alla volta, perché non possiamo sapere come sará domani...»
«Cosí se domani non ti va piú di restare puoi sempre tirarti indietro, ottima soluzione.» risposi stizzita alzandomi dal letto.
«Se non ti fidi di me non c’è modo che questa cosa funzioni. Come puoi pensare questo dopo quello che abbiamo passato negli ultimi giorni? Cosa pensi che sia qui a perder tempo perchè non ho di meglio da fare?»
Mi resi conto di quanto le mie insicurezze non avessero mai fatto altro che rallentarmi nel corso della mia vita, e ora lo stavano facendo di nuovo, impetuese, incessanti. Non potevano esistere senza che io non le alimentassi di tanto in tanto e forse era ora di tagliare il filo che ci teneva legati.
«Forse è di me che non mi fido Ben. Mi sembra di fare un casino dopo l’altro e non so come evitarlo, non so come impedire quello che succederá e non riesco a non pensarci. N-non voglio...»
Gli occhi mi si riempirono di lacrime, inevitabili ormai pronte a solcarmi il viso.
Mi si avvicinó e senza pensarci un secondo mi abbracció poggiandomi una mano sulla testa e un braccio intorno alle spalle.
«Non vuoi...?» chiese piano.
«Perderti.» dissi con un filo di voce.
Era questo di cui si trattava in fondo. Aver trovato qualcosa di cosí bello e avere il timore di lasciarmelo sfuggire tra le mani. In quei pochi secondi di folle emotivitá qualcosa mi fu piú chiaro. Era il momento di crescere, lasciare andare la me che ero stata e affrontare la possibilitá che tutto sarebbe potuto andare nel verso sbagliato. Ben, Jo, i bambini, me. Non c’erano certezze e nessuno avrebbe mai potuto darmele, solo la consapevolezza che sarei stata fedele a me stessa e mi sarei impegnata per le cose in cui credevo.
«Questo non credo sia possibile.» mi rispose Ben dolcemente asciugandomi una lacrima.
«Non avrei mai pensato che sarei arrivata al punto di dirti queste cose, ma faccio fatica a non pensare che quello che succederá potrebbe allontanarci e in questo momento è l’ultima cosa che vorrei accadesse, ma so che non posso impedirlo e non voglio crearmi delle illusioni. Vorrei davvero viverti un giorno alla volta Ben, ma non so davvero come fare.»
«È difficile se hai sempre vissuto pensando di dover tener tutto sotto controllo, ma non è impossibile.»
«Ci voglio provare.» dissi rivolgendogli un mezzo sorriso.
Mi bació dolcemente e una strana calma inizió a impadronirsi di me. Per quanto non ne fossi abituata notai che la sensazione non mi spiaceva affatto.
«Pensandoci bene, c’è qualcosa che potresti fare per ammortizzare quello che potrebbe succedere dopo la pubblicazione delle foto.»
«Sarebbe?» chiesi speranzosa nel colpo di genio.
«Potresti lasciare i Depp.»

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Capitolo 23
*** 23° Capitolo ***


Da una parte Jo mi chiedeva di rimanere a sua totale disposizione se le cose si fossero messe male, dall'altra Ben mi suggeriva di lasciare i Depp. Lasciare Jo, Chris, Lily. Andare via, ma via dove?
Mi rigirai nel letto ininterrottamente tutta la notte senza chiudere occhio, con Ben al mio fianco immerso in un sonno a dir poco paradisiaco. Avrei dato qualunque cosa pur di riuscire a zittire i pensieri nella mia testa almeno un minuto ed essere al suo posto. Pensai che forse quel corso di meditazione che mi promettevo di fare da anni mi sarebbe stato utile ora, ma era decisamente troppo tardi per i ripensamenti.
Avevamo passato l’intera mattinata a discutere di che strada avrei potuto prendere data l’ormai imminente direzione verso la perdita del mio anonimato. Nessuna conclusione mi sembrava quella corretta, in un modo o nell’altro avrei compromesso la vita di persone che mi stavano a cuore e il solo pensiero mi rendeva impossibile scegliere chi dover far soffrire di piú.
Mi alzai per andare in bagno e una volta davanti allo specchio crollai in un pianto appena sospirato per non fami sentire da Ben, che in realtá forse non si sarebbe svegliato neanche se fosse crollato l’intero hotel. Guardai i miei occhi stanchi, arrossati e mi passai le mani sulle guance per asciugarmi le lacrime. Come ero potuta capitare in una situazione cosí assurda? Da sempre, nonostante l’egocentrismo ed esuberanza della mia famiglia, mi ero sempre ritenuta una persona che amava la sua tranquillitá e se la teneva stretta. Ora tutto era in bilico e io non riuscivo piú a riconoscermi, in quasi un mese e mezzo da quando avevo conosciuto i Depp la mia vita aveva preso una piega completamente inaspettata.
Tornata in camera scrissi un messaggio a Christie, che non sentivo da un po’, per raccontarle tutto, ma impaurita dall’aggiungere solo altra confusione nella mia testa mi limitai a dirle che mi mancava e che non vedevo l’ora di riabbracciarla. So che avrei sicuramente apprezzato i suoi preziosi consigli, ma qualcosa mi diceva che da questo immenso casino ne sarei dovuta uscire con le mie sole forze.
Mi rimisi a letto e forse per via del mio sfogo in circa una decina di minuti riuscii a chiudere occhio, sonno che duró poco visto che si fece giorno da lí ad un paio di ore.
Il braccio di Ben mi cinse la vita e ancora assonnato mugugnó qualcosa nel mio orecchio. Mi fece sorridere e nonostante il mio umore non fosse dei migliori, mi dissi che era meglio cercare di trovare un po’ di forza per godermi i momenti che passavamo insieme.
Gli lasciai un piccolo bacio sulla mano che mi stringeva e mi avvicinai a lui.
«Buongiorno.» disse questa volta piú chiaramente, ma con la voce ancora roca dal sonno.
«Forse per te... Non ho chiuso occhio.»
Senza dire altro mi stampó un bacio sulla fronte. Averlo lí in quei momenti era sicuramente una camomilla per il cuore.
«Questa ragazza ha bisogno di rilassarsi.» disse continuando a darmi baci sempre piú intensi sul viso e sulle labbra.
Lo ammetto, forse non era il momento giusto per concedersi a coccole e passione, ma non c’é niente che aiuti di piú del sesso al mattino per rilassarsi, e io ne avevo proprio bisogno.
«Meglio?» chiese col mento premuto sul mio braccio.
Il mio sorriso soddisfatto fu la mia risposta e nonostante non si fosse chiaramente risolto nessuno dei miei problemi tra quelle lenzuola, era stato gratificante capire che potevo e dovevo prendermi una pausa dal pensare.
Ci alzammo poco dopo e decidemmo di andare a fare colazione fuori per goderci quella libertá che forse da lí a breve si sarebbe dissolta con una foto su una rivista scandalistica, le peggiori.
«Tra poco non potrai piú mettere piede al Vivienne Bar senza che ti venga chiesto l’autografo.»
«Ah-ah divertente.»
«Dai non offenderti, lo dico per sdrammatizzare.»
«Ben non ho idea di cosa fare, non so davvero dove sbattere la testa... » dissi mettendomi le mani tra i capelli in un gesto di nervosismo.
«Te l’ho detto ieri che cosa potresti fare.»
«Lasciare i Depp... Lasciare i Depp e poi?»
«E riprendere la tua vita Jen, ecco cosa.» mi disse con uno sguardo serio e convinto di ció che stava dicendo.
Rimasi per un attimo interdetta.
«Riprendere la mia vita? Questa cosa pensi che sia, uno scherzo? Jo mi ha chiesto di restare, io non me la sento di...»
«Ahh il fascino di Johnny Depp.»
«Sai benissimo che non é questo il punto.»
«E qual é il punto Jennifer? Questa non doveva essere un’esperienza estiva per te? L’occasione per capire che fare della tua vita, per avere il tempo di rimettere insieme le idee e scrivere quello che desideri, per provarci, per uscire dalla routine che ha creato per te tua madre. Sono parole tue queste, me le hai dette mentre andavamo in Ohio.»
Il discorso era molto piú che familiare e filava, filava fin troppo bene. Adoravo la presenza di Johnny e i suoi bambini, adoravo aver avuto la possibilitá di conoscere il mio idolo, di lavorare per lui, ma che futuro avrei potuto avere? Era quello che cercavo dalla vita, era questo che mi avrebbe davvero spronata a realizzare ció che volevo diventare o era solo un’esperienza di spinta verso ben altro?
«Ho vissuto nell’ombra di mia madre tutta la mia vita. Lavori cercati da lei, persino una villa a Los Angeles per cui non ho pagato un centesimo. Venendo qui, pensavo questo sarebbe stato il suo “regalo di addio”, che da qui in poi ce l’avrei fatta da sola. Non potevo rinunciare a questa occasione, era troppo grande...»
«E sono sicuro che hai fatto bene ad accettare... Indubbiamente é andata a mio vantaggio.» disse sorridendo.
«Hai ragione, questa doveva essere una breve esperienza, ma forse mi sono lasciata trasportare dagli eventi e ora penso di essere piú persa di prima. Non ho idea di che direzione prendere, e sai qual é la cosa piú assurda? Continuo a pensare che mia madre saprebbe cosa fare.»
«Jen so che non é semplice per te decidere cosa sia meglio in questo momento, ma é uno sforzo che devi fare, nonostante le incognite, nonostante le paure... E nonostante il tuo passato.»
«La foto verrá pubblicata comunque, qualunque cosa io scelga.»
«Non puoi sapere se Vanessa andrá fino in fondo con questa cosa, potrebbe ripensarci. Alla fine ne risentirebbe anche lei, la stampa le starebbe addosso. Anche se cosí fosse Jen, devi riuscire a trovare la forza di vivere la vita che vuoi per te e smetterla di pensare a tutto il resto. Tu, che cosa vuoi?»




«Zia Jen!»
Chris e Lily urlarono in coro venendomi incontro come un treno in corsa. Mi abbassai in ginocchio per abbracciarli e gli occhi mi diventarono lucidi in un’istante.
«Ma quanta energia stamattina!» dissi facendo il solletico ad entrambi.
Appena dietro di loro, Johnny ci guardava sorridente con una tazza di caffé americano fumante in mano.
«Va bene se la zia e papá si prendono qualche minuto?»
I due annuirono e lasciarono la stanza correndo, come al loro solito. Fui tentata dall’urlare di non correre, ma sparirono prima che potessi pronunciar parola.
«Prendi qualcosa da bere?»
«No grazie, arrivo giusto dal Vivienne Bar.»
«Sembri esausta, va tutto bene?»
Le mani sudate, la gola secca. Se volevo dare l’idea di essere sull’orlo di svenire sicuramente ci stavo riuscendo.
«Accetto Jo, continueró a lavorare per te.»
Non potevo credere di aver appena pronunciato quelle parole.
 

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Capitolo 24
*** 24° Capitolo ***


3 Settimane dopo

«Non ho molto tempo, ma volevo trovare il modo di dirtelo di persona il prima possibile.»
«Quindi é tutto finito.»
«Sembrerebbe di sí.»
Ben si lasció cadere sullo schienale della sedia. Aveva un’espressione indecifrabile che mi rendeva difficile capire come si stesse sentendo senza doverci mettere un sacco di parole in mezzo.
«Non sei contento?»
«No, no certo. Come mai questa inversione di rotta.»
«Pare che Vanessa sia rinsavita. A quanto pare neanche lei é stata il ritratto dell’onestá nell’ultimo periodo e le cose si sono risolte da sole. Cosí mi ha detto Johnny almeno.»
«E per lui finisce qui? Nessuna vendetta in corso?»
«Non farebbe mai del male alla madre dei suoi figli. É giá abbastanza doloroso quello che stanno passando.»
«Jennifer Tisley, cavaliere di prim’ordine del famoso Johnny Depp.»
«Noto del sarcasmo. Ora che conosci il mio cognome non devi abusarne Ben Harris.»
Mi accennó un piccolo sorriso, ma sentivo che qualcosa non andava. In realtá questa sensazione mi tormentava da ben tre settimane, da quando gli avevo detto di voler continuare a lavorare per i Depp. Non l’aveva presa tanto bene, ma l’idea di dividerci solo perché avevamo idee differenti, dopo tutto quello che avevamo passato, sembrava una pessima idea. Almeno cosí pensavo.
«So di non conoscerti ancora abbastanza, ma... Vuoi dirmi che cos’hai per favore?» chiesi cercando di suonare il meno melodrammatica possibile.
«Mi conosci piú di tante persone.»
«Evidentemente non abbastanza da sapere che ti passa per la testa.»
«Ok.» si tiró dritto sulla sedia e la luce del tramonto gli illuminó parte del viso. Era difficile riuscire a guardarlo seria senza potermi perdere nel suo sguardo (questa esperienza mi ha fatta diventare una romanticona, lo so.)
«É per quello che é successo? Non ti fidi di me, o di lui, ora che é tutto finito.»
«Frena frena. Jen mi fido di te, e anche se non lo conosco quanto te mi fido di Johnny Depp, é un tipo a posto. Il punto é un altro. Non penso di restare qui ancora a lungo.»
Sentí un brivido percorrermi la schiena, e l’espressione del mio viso cambiare senza che potessi avere il tempo di capire che mi stesse succedendo.
«In che senso?»
«É per mio padre. Mia sorella e mia madre l’hanno fatto traferire in una clinica di Los Angeles perché si é spostata lí per lavoro. Ci é voluto un po’ per convincerlo, ma non é neanche tanto piú in grado di poter scegliere per sé. Ci sono tante cose da sistemare... E vorrei stargli piú vicino. Lo so che sembra assurdo ma- »
«Capisco, non c’é bisogno che aggiungi altro.» dissi interrompendolo, ma un po’ piú rincuorata.
«Il punto Jen é che ero anche io a Miami come te per capire che fare della mia vita, per ritrovarmi e nel frattempop ho trovato te. Non sai quanto mi faccia felice questa cosa, mi hai dato cosí tanto in cosí poco temppo, ma ho capito che tu stai bene qui, mentre io ora non saprei proprio da dove cominciare. Forse ripartire dalla mia famiglia mi schiarirá le idee.»
«E-e quanto pensi di restare? Voglio dire, posso venire a trovarti magari o-»
«Jen non voglio che ti crei tutti questi problemi per me.»
«Ben io ci ho vissuto tutta la mia vita ad LA perché dovrebbe essere un problema per me, la casa che mi ha dato mia madre é ancora lí. Vedi, questo é esattamente quello di cui ti parlavo quella sera, e tu mi hai detto...» ora era piú difficile trattenere le emozioni «...Tu mi hai detto che non dovevo avere paura di perderti.»
Cercai di trattenere le lacrime, forse ero piú arrabbiata che triste in quel momento. Non mollai il suo sguardo e lui non abbassó il suo, un gesto che in un momento come quello riuscii comunque ad apprezzare.
«Non ti ho mentito. Jen non ti sto lasciando.»
«Ah no? Cos’é quindi? Ti stai prendendo una pausa? Ci conosciamo da poco Ben, non ne sarei cosí sorpresa.»
«Quindi per te é una questione di tempo e non di quello che abbiamo condiviso finora?»
«Non ho detto questo. Comunque arriva al punto.» dissi ormai piena di rabbia.
«Jen io ti voglio nella mia vita, ma chiederti di venire con me mi sembra il gesto di un ragazzino viziato che vuole portarti via a forza per averti tutta per sé.»
«Ben sto seriamente facendo fatica a capire quello che stai cercando di dirmi.»
«Io ho bisogno di partire, ne ho bisogno per me. Magari torneró persino a Miami, non lo so, ma questa decisione non cambierá. Te l’ho detto tre settimane fa e te lo ripeto ora, se tu lasciassi i Depp avresti comunque aperte davanti a te le porte del mondo, ma se tu senti che é questa la tua occasione, allora resta qui.»
«Mi stai chiedendo di scegliere se restare o venire con te a Los Angeles?»
«Forse.»
Mi sentivo come catapultata in un frullatore. Un minuto siamo seduti al tavolino di un bar a mangiarci un gelato durante il tramonto, quello dopo ho gli occhi innietati di sangue e vorrei strangolarlo. Non é il momento giusto per prendere decisioni, sono in ritardo e in questo momento vorrei solo strozzarlo per non avermene parlato prima. Non che forse sarebbe cambiato molto.
«Devo andare.»
«Jen non sapevo come dirtelo.»
«Ti sei spiegato benissimo.» dissi alzandomi senza piú prestargli troppa attenzione.
«Jen aspetta...»
«Devo andare Ben, ne riparliamo.»
Mi iniziai ad allontanare dal tavolo quando lo sentii alzare la voce per dirmi quanto tempo mi rimaneva per capire che fare di me.
«Parto tra due giorni, alle 18.»
«Bene, fai buon viaggio.»
 
*******
«Credo sia pronta.»
La voce calma e profonda di Jo mi riportó alla realtá piú bruscamente di quanto avrei potuto immaginare. Sobbalzai appena, rendendomi conto che avevo girato della frutta fresca con dello zucchero per cinque minuti buoni.
«Oh, certo.» risposi cercando di far finta di nulla.
«Vuoi una mano?»
«No, no... Sono di lá tra un minuto.» sorrisi non troppo convinta.
«Jen? Non voglio fare paternali a nessuno, ma sei parecchio distratta.»
«M-mi dispiace Jo, ora mi rimetto in sesto. Non rischierei mai nessuna distrazione mentre sono con i bambini, perdonami.»
«Non é questo, con i bambini sei sempre presente, ti adorano lo sai. Qualcosa non va?»
«Non lo so.»
«Questa é una risposta un po’ ambigua.» mi disse accennando un sorriso.
«É che non so piú come dovrei sentirmi. Un attimo penso di aver capito che direzione prendere, quello dopo sono al punto di partenza, anzi forse ad un punto che nemmeno riconosco...» mi mise le mani tra i capelli, espirai sonoramente e distolsi lo sguardo da lui. Nonostante ormai ci dovessi essere piú che abitutata, mi faceva sempre uno strano effetto parlargli di me come se fosse una persona qualunque. Forse, pensai, era arrivato il momento di trattarlo come un comune mortale.
«Ora non ricomincierai con quel “non posso raccontarti di me, tu sei Johnny Depp”.»
«N-no, penso di aver capito... Di potermi fidare di te.»
Si avvicinó e posó la sua mano calda sulla mia. Gli bastava cosí poco per essere rassicurante.
«Mettiamo questo in frigo e ci sediamo di lá, ti va?»
«I bambini...»
«Giocano in giardino, stanno bene, possiamo prenderci cinque minuti.»
Annuii, mi asciugai velocemente una lacrima e mi incamminai con lui verso il salotto sprofonando su una grossa poltrona a due piazze di pelle marrone.
«Vuoi ricominciare?» chiese sedendosi di fianco a me.
«É quel ragazzo di cui ti ho parlato, Ben. Vuole lasciare Miami, anzi ha giá deciso in realtá. Parte domani.»
«Sei... »
«Jo, ti prego non farmi quella domanda.»
«Hai ragione, funziona solo nei film. Ci tieni a lui?»
«Non credo starei cosí se non ci tenessi.»
«Come siete rimasti?»
«In un modo tutto suo mi ha detto di decidere per il mio meglio. Che a quanto pare sarebbe restare qui con voi o seguirlo a LA.»
«Aspetta un secondo, tu non sei mica Californiana?»
«Non é questo il punto. Venendo qui ho cercato di riprendere in mano la mia vita, e dopo tutto quello che é successo le ultime tre settimane mi sono finalmente sembrate esattamente come me le ero immaginata. Tornare a Los Angeles ora, non so se sia quello che voglio.»
Rimase in silenzio per qualche secondo, credo per risistemare i pensieri. Purtroppo piú parlavo e meno mi schiarivo le idee.
«Ti ho visto scrivere molto nelle ultime settimane.»
Quell’affermazione fuori contesto mi fece sussultare. Era vero, ogni secondo libero che avevo avuto in quel periodo lo avevo dedicato alla scrittura. Non era un sogno o una carriera che volutamente ho abbandonato, qualcosa dentro di me mi ha sempre detto che quella sarebbe stata la direzione giusta da prendere, solo non sapevo come.
«Jack e Lily, sono la mia fonte di ispirazione.» risposi sorridendo «Non avrei mai pensato prima di potermi fare venire delle idee per un libro per bambini.»
«Posso leggerlo?»
«Quando sará finito... Forse.»
«Vedi Jen, lo so che quello che sto per dirti suonerá estremamente banale, ma devi lanciarti. Devi provare, cadere, farti male, e provare ancora. É l’unico modo per non avere rimpianti, per sapere che hai dato tutto e capire dove andare in seguito. E questo vale per la carriera, come per il tuo caro Ben.»
«Perché sembri trovare sempre le parole giuste per tutto?»
«Dev’essere un dono.»
Ridemmo insieme e poi con un coraggio che al mio arrivo a Miami non avrei mai potuto avere, gli afferrai la mano.
«Jo, come posso lasciarvi?»
«Ma é quello che farai, qui ora stiamo bene, le cose si sono risolte per il meglio.»
Annuii con le lacrime agli occhi. Ben era forse l’occasione piú grande che avessi mai trovato, e non solo per quanto riguardava la mia vita sentimentale. Volevo assolutamente scoprire se davvero fosse cosí, se la mia sensazione nei suoi confronti fosse giusta. Provare, lanciarsi.
Tornare a Los Angeles mi faceva un po’ paura ora, ma una parte di me forse sentiva che con lui le cose sarebbero state diverse, che avrei avuto il coraggio di vivere la mia vita un po’ piú intensamente. Qualcosa dentro di me si era liberato e non avevo intenzione di tarparmi le ali un’altra volta.
Come mi sarei fatta strada nel mondo dell’editoria un’altra volta? Questo era un mistero che ancora mi sembrava impossibile da risolvere, almeno credevo.
«Bene, questa decisione non potrebbe capitare in un momento piú perfetto di questo cara Jen.»
«In che senso?»
«Vanessa ha deciso di potare i bambini in Francia con lei per i prossimi mesi e io ho acconsentito.»
«Oh-.» fu l’unica cosa che riuscii a pronunciare. Decisamente non ci stavo capendo molto.
«Andranno in una scuola dove potranno migliorare il loro francesce, penso sia importante che sappiano almeno due lingue, non credi?»
«Jo, credevo che-. Mi stai licenziando?»
«Tutt’altro. Jen il tuo contratto é in scadenza, l’estate é quasi terminata. E poi non hai appena detto di voler seguire Ben, giusto?» chiese dubbioso sul nome appena pronunciato.
«Sí lo so, ma non sarei partita cosí su due piedi. Tu tempo fa avevi detto che... Che stupida.»
Era uno scherzo? Un minuto sono lí a farmi consolare dal mio idolo di sempre, quello dopo mi mette alla porta. Due fraintendimenti in due giorni, quante possibilitá potevano esserci. Per la prima volta provai quasi un moto di rabbia nei suoi confronti, ma non sarei stata credibile neanche solo nel provarci.
«Devo trasferirmi a LA per delle riprese nelle prossime settimane. Vorresti farmi da assistente?»
COSA?! Io? L’assistente di JD in persona? No non poteva aver detto quello che aveva appena detto, era semplicemente imperativamente impossibile.
«Cosa?»
«Non ne ho mai avuto bisogno, ma sai a ripensarci potrebbe farmi comodo avere qualcuno lí ad aiutarmi per i prossimi sei o sette mesi. Cosí potrai dare una mano a me, continuare a scrivere e chissá magari potrei darti una mano anche io.»
Stavo sognando, era sicuramente un sogno.
«Allora accetti?»

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Capitolo 25
*** 25° Capitolo (Epilogo) ***


«Volevo raggiungerti in aeroporto, come Ross con Rachel, ma temevo di far tardi, di non trovarti, di non aver abbastanza soldi per permettermi un qualsiasi biglietto last minute, passare i controli e raggiungerti al gate. Anche venire qui é stato un rischio, ma ho pensato “Non andrá mai in aeroporto due ore prima”, e per poco invece non ti perdo nel traffico mentre prendi un taxi.»
«Jen... »
«Lo so, avrei potuto scriverti. Avrei evitato questa corsa contro il tempo, ma piú passavo il tempo scrivendo e cancellando messaggi, sentivo una vocina che diceva “e se lo vedesse troppo tardi?” “se non dovesse rispondermi?”, “siete a due passi l’uno dall’altro, va da lui”. Non sono mai stata poi troppo brava a non ipotizzare gli scenari piú tragici. Quindi sono andata alla tua stanza, e poi alla reception, e mi hanno detto che avevi giá lasciato l’hotel, ma era troppo, troppo presto perché fossi giá andato, perché altrimenti avrebbe significato che mi avevi mentito sulla tua partenza e non credo ti avrei mai potuto perdonare.»
Presi fiato, le parole uscivano come un racconto, e Ben mi guardava senza dire una parola, senza cercare di interrompermi, con un borsone sulle spalle che lentamente lasció cadere ai suoi piedi ed un trolley al suo fianco.
«E poi dopo ore a scervellarmi semplicemente ho pensato, sará lí al Vivienne Bar, nella terrazza esterna a guardare la gente da lontano sulla spiaggia, in silenzio, mentre beve qualcosa. E forse ho ragione, forse é andata proprio cosí, ma ero ormai troppo in ritardo e tu hai pensato fosse tempo di andare, di raccogliere le tue cose e fermarti qui, all’uscita, per chiamare un Uber o un taxi... E ora non so se sono arrivata in tempo.»
Ci fu una piccola pausa. Mi accorsi che non stavo piangendo, ma tremavo, una sensazione non piacevole, ma che quel moto di onestá e libertá mi stavano dando. Non ne ero abituata e il mio corpo si trovava spiazzato di fronte a quella scelta inaspettata.
«Sono ancora qui.» disse lui mentre feci un piccolo passo in avanti.
Non riuscivo perfettamente a capire dai suoi occhi che emozioni stesse vivendo, ma dal modo in cui non smetteva di guardarmi capii che sicuramente avevo la sua attenzione.
«Non sono venuta fin qui per impedirti di partire, per dirti di restare o per dirti che la mia vita non ha senso senza di te, ma non sono nemmeno qui per confessarti il mio addio, per ringraziarti e vederti andare via. Forse per la prima volta sono sicura di qualcosa, ed é quanto tu abbia senso, oggi, ora, e vorrei non lasciarmi sfuggire quest’occasione di continuare ad averti nella mia vita. Sto probabilmente diventando disgustosamente romantica, ma la veritá é che solo essere onesta con te in questo momento mi renderá libera di prendere qualsiasi altra scelta futura.»
«Cosa mi stai chiedendo Jen?»
«Voglio sapere se provi le stesse cose che ti ho appena detto, perché se non é cosí non ha senso continuare a dirti altro e faresti bene a prendere quel volo senza voltarti.»
Ci fu di nuovo qualche attimo di silenzio e lo vidi prendere fiato prima di parlare.
«Ho sperato che mi scrivessi, che mi chiamassi, che comparissi sulla soglia della mia stanza come nel peggiore dei film romantici. Ora che ci penso, raggiungermi qui ora é piú o meno allo stesso livello.»
Sorrisi, e lui fece altrettanto.
«Se ho voglia di continuare a sentirti, vederti, sentirti raccontare di te, vederti imbarazzata mentre dici qualcosa di cui ti sei pentita un secondo dopo, dirmi dei tuoi progetti? Sí Jen, non ho mai avuto intenzione di lasciarti andare, ma so com’é la vita a volte e non volevo mettermi tra te e il resto del tuo mondo.»
«Ho detto a Johnny che avrei voluto tentare di seguirti a Los Angeles.»
Sgranó gli occhi, un po’ incredulo.
«Giá, eccola qui, la ragazza senza spina dorsale che segue il primo ragazzo che incontra, senza un piano, senza un lavoro. E sai cosa, sí forse sono un disastro, ma la veritá é che ne avevo bisogno, bisogno di qualcuno che mi desse una spinta. Puó darsi che non sia pronta a fare tutto da sola come ho sempre creduto, che non sia pronta a fingere di non aver voglia di questo, di te, ma questo non significa che potrei mai barattare me stessa per qualcosa di piú, se non é quello che vuoi anche tu.»
«Credevo che lavorare per lui fosse una grande opportunitá per te.»
«Non a tal punto da usarlo come rifugio dal resto del mondo. Ho detto a Jo che era tempo di andare, non senza qualche difficoltá, ma sapevo era la cosa giusta per me in quel momento, dopo tutto quello che é successo in questi due mesi con te, mia madre e tutto il resto. La cosa inaspettata é che mi ha offerto un altro lavoro.»
L’espressione di Ben cambió di nuovo, per un attimo sembró deluso, ma forse speranzoso che dicessi qualcos’altro o rassegnato al pensiero che forse Mr. Johnny Depp aveva vinto un’altra volta.
«E non so se questo ti crea dei problemi, ma voglio che tu sappia che non ha niente a che vedere con quello che provo per te, e che tornerei a Los Angeles con o senza un’opportunitá offerta da lui. E per questo motivo, vorrei darti qualcosa di importante.»
Frugai un po’ nella mia tasca e poi presi la mano di Ben.
«Delle chiavi?»
«E il mio indirizzo. Queste sono le chiavi dell’appartamento che ho lasciato ad LA. Forse é ancora un pochino in disordine, ma vorrei che le prendessi tu. Vorrei che andassi lí una volta atterrato, é che ci rimanessi fin quando vorrai. Ho un volo prenotato per settimana prossima, il tempo di sistemare tutto quello che ho qui e potró raggiungerti.»
Rimase con le chiavi sul palmo della mano destra, fermo a fissarmi.
«Non so cosa dire.»
«Puoi dire di no, o...»
«Voglio tanto dire di sí, posso dire di sí?»
Sorrisi, quella risposta sciolse i nodi che sentivo in gola. Sapevo di dover essere pronta ad accettare qualsiasi sua reazione, ma il fatto che tutto stesse andando per il verso giusto mi riempii di una gioia che farei fatica a descrivere.
«Potrai poi cercare il posto migiore per te, non voglio forzare nulla, ma quella chiave é tua se lo vuoi.»
«Ho detto sí, mi hai sentita?»
Mi tiró a sé e mi abbracció forte.
«Non ci stiamo per sposare vero?» chiesi cercando di sdramattizare.
«Sono felice tu sia qui.» mi rispose lui.
Lo abbracciai forte, con il volto affondato nell’incavo della suo collo, il suo profumo. Spostai la testa il tanto per trovare le sue labbra e ci baciammo con una tale passione che dovrmmo renderci poi conto di essere in un luogo pubblico per darci un freno.
«Sei tutta matta lo sai?»
«Sembra che esserlo funzioni peró. Non me lo sarei mai perdonata.»
Un altro abbraccio, piú lungo.
«Ora forse devi davvero andare se non vuoi perdere il volo.»
«Ti chiamo non appena arrivo.»
Annuii e lo baciai di nuovo. Aspettammo il suo taxi insieme, riprese le sue borse e si allontanó verso l’aeroporto.
Da sola, su quella strada che ormai conoscevo fin troppo bene, mi fermai ancora un po' sotto il sole di Agosto, il profumo del mare lo potevo appena sentire, la vibrazione del mio telefono, il nome di Johnny Depp che apparve all’improvviso. Sorrisi, felice e grata per quello che mi stava capitando.
La mia vita che ricominciava.

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