Settimo anno

di Amaranthine
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Flashback 1 - L'Inizio ***
Capitolo 2: *** Flashback 2 - Cambiamenti ***
Capitolo 3: *** Flashback 3 - La Svolta ***
Capitolo 4: *** Flashback 4 - Finale ***



Capitolo 1
*** Flashback 1 - L'Inizio ***


 

Novembre 1998

Draco aveva sempre saputo che tornare ad Hogwarts per terminare il settimo anno non sarebbe stato facile. Pur avendo tutte le intenzioni di diventare parte integrante della tappezzeria del castello, più discreto del Frate Grasso, non poteva evitare che i ragazzi e persino i professori si rivolgessero a lui con disprezzo.

Impopolare come mai avrebbe pensato di essere, i momenti più alti delle sue giornate erano quando qualcuno nei corridoi faceva in modo che sentisse bene la parola "assassino".

Neanche gli Slytherin avevano molta voglia di socializzare con lui, se non altro perché temevano di inimicarsi il resto della scuola. Una volta, aveva sorpreso i suoi due compagni di dormitorio a domandarsi quanto doveva essere stupido per essere ritornato a Hogwarts.

Nessuno poteva saperlo, ma Draco non aveva avuto altra scelta. A distanza di mesi dalla Battaglia di Hogwarts, non tutti i Mangiamorte erano stati catturati e, dato che la sua famiglia si era salvata dall'arresto rivelando al Ministero ogni minimo segreto sui loro ex amici, gli stessi Auror avevano palesato il rischio di ritorsioni e gli avevano piazzato in casa un paio di guardie.

Quando la preside McGranitt aveva poi suggerito che fosse più sicuro per il ragazzo e ideale per la sua istruzione restare un altro anno al riparo tra le mura del castello, sua madre era stata d'accordo: senza pensarci due volte, gli aveva fatto le valigie e l'aveva spedito a Hogwarts come un pacco postale.

L'anno scolastico era iniziato ormai da due mesi e questo era l'ennesimo sabato pomeriggio che Draco era costretto a trascorrere da solo. Gli mancavano Theo, Blaise, Vince... Sembrava passata un'eternità da quando Draco era il centro del mondo e tutti pendevano dalle sue labbra. Ora non c'era più nessuno per lui e non gli era rimasto altro da scontare che un umiliante contrappasso.

Non voleva però piangersi addosso e nemmeno passare il resto del sabato chiuso nella Sala Comune di Slytherin o appartato in Biblioteca a fingere di studiare.

Si diresse fuori dal castello, sperando di trovare un angolo tranquillo in riva al Lago in cui godersi il sole prima del tramonto. Altri studenti avevano avuto la stessa idea, infatti camminando nei pressi del Lago Nero scorse la Granger in compagnia di Ginny Weasley e di Luna Lovegood, impegnate a ripiegare le coperte e a riporre i libri in borsa dopo un picnic.

Draco accelerò il passo, come sempre quando quelle tre erano nei paraggi. Ogni volta che le aveva davanti provava vergogna, ricordando cosa era stato fatto loro in casa sua. Non meno imbarazzanti - e decisamente insopportabili - erano i ripetuti tentativi della Granger di parlare con lui dei suoi problemi a scuola, il che costituiva anche un altro buon motivo per evitarla. Credendo di averla seminata, Draco si rilassò solo quando le ragazze non furono più a portata della sua vista periferica.

"So cos'è successo ieri sera, Malfoy." Naturalmente si era sbagliato. La Granger l'aveva seguito. Se ne stava a pochi passi da lui, la spilla da Caposcuola scintillante appuntata al petto, così austera da sembrare la versione più giovane della McGranitt. Senza alcun preavviso, puntò la bacchetta contro Draco ed esclamò: "Revelio!"

Il ragazzo sentì la guancia solleticare in risposta alla magia e, subito, la coprì con la mano. Anche se non poteva vederlo, sapeva che il livido che quella mattina aveva nascosto con tanta cura era appena riapparso in tutto il suo splendore: una macchia fatta di tante sfumature di viola che si estendeva dal naso all'occhio sinistro.

"Occultum!" Draco puntò la bacchetta su se stesso e di nuovo il livido sparì alla vista. "Come ti sei permessa?"

Nessun altro aveva visto, ma Draco non poteva sopportare nemmeno lo sguardo indulgente di Hermione, così colmo di risoluta pietà.

"Devi andare subito in infermeria." Lo rimproverò la Granger. "E devi dirlo alla McGranitt."

"E tu dovresti iniziare a farti gli affari tuoi!"

"Sono Caposcuola, è mio dovere prendermi cura degli studenti." Scandiva le parole come se parlasse a un bambino piuttosto lento.

"Non mi servono le tue cure! Chi ti credi di essere? Tu e Potter siete ancora convinti che il mondo abbia bisogno di voi. Vi sentite forti adesso che siete i vincitori, ma non è stato sempre così, giusto? Chissà quanto hai urlato, in passato..."

Malfoy Manor, Bellatrix Lestrange, la Maledizione Cruciatus, tutto questo era probabilmente al centro dei peggiori incubi di Hermione. Soddisfatto come non lo era da tempo, Draco non si preoccupò di nascondere la sua gioia perversa.

"Non puoi ferirmi, Malfoy." Disse lei, solenne. "Non puoi negare che tutto questo faccia più male a te che a me. Non saresti mai tornato se non fossi stato costretto e non partecipi nemmeno agli incontri di recupero psicologico della McGranitt..."

"Sai anche questo?" La bocca di Draco si spalancò. "Tu e la McGranitt vi riunite per prendere il tè e scambiarvi pettegolezzi, per caso?"

"La preside sta solo cercando di aiutarti, ma tu la eviti. Non va bene."

Erano già passati da questa strada e Draco non era mai riuscito a scrollarsela di dosso. Non riusciva a capire che gusto ci provasse a tormentarlo, a meno che non stesse cercando di vendicarsi per quando i ruoli a scuola erano capovolti ed era lei ad essere naturalmente sottomessa a lui.

"Smettila di trattarmi come un bambino, Mudblood!" Insultandola aveva cercato di ripristinare un po' di quell'antico equilibrio. Poi, però, gli parve di capire: "Io ti faccio pena. Ammettilo! Ti faccio pena, è per questo che stai sempre qui a dirmi cosa devo fare."

L'aveva detto come se fosse una grande scoperta, ma Hermione reagì impaziente:

"Oh, è davvero impossibile provare pena per te, Malfoy. Ma ho pietà di te, come ne avrei per chiunque altro nella tua situazione."

"Farai meglio a tenerla per te la tua pietà, lurida Mudblood!"

Se la prima volta che aveva pronunciato l'insulto era riuscito a cavarsela, la seconda si rivelò un disastro. Draco non si era accorto di avere alzato la voce, nella rabbia di trovarsi in una condizione di inferiorità rispetto a qualcuno che secondo lui gli era inferiore per natura, e questo aveva fatto sì che intorno a loro si radunasse una piccola folla di studenti inorriditi.

"È tutto a posto." Disse Hermione ai ragazzi e alle ragazze di passaggio, che avevano tutta l'aria di voler gettare Draco in pasto alla Piovra Gigante. "Questa conversazione verrà terminata nell'ufficio della preside McGranitt."

"Non è tutto a posto, Hermione." Draco riconobbe un Ravenclaw del suo stesso anno. Era Michael Corner, che mesi prima era stato una delle vittime predilette di Alecto e Amycus Carrow. "Quello che ti ha detto è tremendo. Malfoy non ha ancora imparato niente, eppure sono già morti in tanti per colpa di quelli come lui!"

A Draco mancava il respiro: alla fine era riuscito ad attirare l'attenzione, e tutto perché aveva perso la pazienza con la Granger. Se non gli fosse rimasto un briciolo di dignità, sarebbe già scappato via.

"E noi non avremmo imparato niente se rispondessimo alla sua violenza con altra violenza." Rispose Hermione, lanciando occhiate eloquenti ai più grandi come ai più piccoli. "In questa scuola non sono tollerati gli atti di bullismo, sia chiaro, soprattutto quando sfociano nella violenza fisica!"

"Sta zitta!" Mormorò Draco a denti stretti, mentre i ragazzi lì intorno iniziavano a bisbigliare. Non credeva di poter reggere all'umiliazione se si fosse sparsa la voce che veniva picchiato. I colpevoli non l'avrebbero raccontato in giro per evitare di cacciarsi nei guai coi professori e di certo non era il caso che al loro posto ci pensasse la Granger.

"Lo dovrebbero espellere." Continuava Corner. "È assurdo che l'abbiano riportato a scuola. È un Mangiamorte, dovrebbe stare ad Azkaban!"

Draco si accorgeva che gli studenti che assistevano allo spettacolo stavano aumentando e che tanti di loro davano ragione al Ravenclaw.

"Non siamo qui per discutere delle decisioni prese dal Ministero e dalla Preside." Replicò Hermione a gran voce. "E anche lui ha diritto a un'istruzione, come tutti noi."

"Non ho dato fastidio a nessuno." Mormorò Draco, ansioso com'era di essere lasciato in pace. Lo ripeté a voce più alta. "Non ho dato fastidio a nessuno da quando sono qui!"

"Ma è ovvio, come faresti? Sei rimasto solo." Replicò ancora Corner. "Non ci sono più i Carrow o i tuoi amici gargoyle a spalleggiarti, è per questo che te ne stai sempre zitto in un angolo. Ma se loro tornassero, anche tu torneresti quello di prima. Ce l'hai appena dimostrato!"

Draco voleva replicare che non era vero, che non aveva più voglia di combattere battaglie non sue, ma non ne trovava il coraggio. Valutò invece che fosse un bene il fatto che tutti lo credessero pericoloso, perché questo gli dava un certo vantaggio rispetto a chi poteva fare gruppo contro di lui. D'impulso, sollevò la manica della camicia e mostrò a tutti il braccio sinistro. Con la morte di Voldemort il Marchio Nero si era trasformato in una semplice cicatrice, ma fu comunque sufficiente perché alla sua vista Michael Corner e gli altri indietreggiassero con un urlo di terrore.

"Se non mi lasciate in pace giuro che vi Crucio tutti, uno per uno!" Li minacciò gridando.

Il panico si riversò come un'onda tra gli studenti, alcuni dei quali corsero al castello cercando l'aiuto dei professori. Tutti urlavano, nessuno osava avvicinarsi a Draco, ma certi studenti più grandi provarono ad attaccarlo con la Magia. Furono fermati da Hermione con la minaccia di essere mandati dalla preside.

Una volta calmato il panico più immediato, la Gryffindor gli ordinò con fermezza di seguirla. Draco si rendeva conto di non avere alternative. Poteva restare e venire picchiato da Corner e i suoi amici, oppure seguire la Granger e ritrovarsi al sicuro nell'ufficio della preside. Scelse la seconda opzione.

"Spero ti butteranno fuori!" Gli disse qualcuno di Gryffindor che lui non conosceva, mentre camminava in direzione del castello. Draco sperò almeno che quella passerella della vergogna potesse finire in fretta.

Non abbassò la testa ma non sfidò mai direttamente nessuno, continuando a fissare dritto davanti a sé. Le uniche persone di cui si accorse durante il tragitto furono Ginny Weasley e Luna Lovegood - immerse in un chiacchiericcio dal quale Draco captò soltanto la parola "espulsione" - oltre a degli Slytherin del sesto anno fermi davanti al portone d'ingresso. Dovevano avere visto e sentito tutto, ma almeno loro evitavano di commentare.

Nel mezzo, riconobbe Astoria Greengrass, una ragazza esile e bionda che era la sorella di una ex compagna di classe, nonché una delle poche persone che di tanto in tanto gli rivolgevano la parola in Sala Comune.

Draco fece finta di nulla quando le passò accanto, ma da come si torceva le mani avrebbe giurato che fosse sinceramente preoccupata per lui.

"Non vedo l'ora di essere espulso." Borbottò Draco, una volta al sicuro tra le mura del castello. "Non ne posso più di nessuno di voi."

In tutto il tempo che avevano impiegato per salire di due piani, Hermione non aveva pronunciato una sola parola. Si era limitata a varcare scale e corridoi senza neanche controllare che Draco continuasse a seguirla, ma solo dando per scontato che fosse così.

Lui in effetti la tallonava senza neanche badare a dove andassero, preso com'era dall'idea di tornare a casa e mettere fine a quell'inutile agonia scolastica. Si accorse che qualcosa non andava solo quando Hermione s'intrufolò in un'aula vuota del terzo piano e lo costrinse a entrare.

"È qui che si è trasferita la McGranitt? Molto umile da parte sua." Esclamò sarcastico, gettando un'occhiata alle serie di scrivanie e librerie vuote e anonime, mentre la porta si richiudeva alle sue spalle.

Non sapeva quand'era successo che la Granger si fosse trasformata nella leonessa inferocita che aveva davanti.

"Io non so neanche da dove cominciare, Malfoy." La ragazza batté la mano contro il banco più vicino con tutta la forza che aveva e il tonfo lo colse alla sprovvista. "Sei pazzo o cosa? Come hai potuto minacciare i nostri compagni con la Maledizione Cruciatus? Vuoi finire ad Azkaban o sei solo in cerca di attenzioni? Perché se è così, ti assicuro che ci stai riuscendo, solo che il risultato alla fine non ti piacerà!"

Draco non riusciva proprio a capire che cosa volesse quella strega da lui. Era stata proprio lei a dare il via a quel disastro!

"Me ne stavo per conto mio fino a quando non ti sei immischiata tu. È colpa tua! Quale parte di fatti gli affari tuoi non riesci a capire?"

"Te l'ho detto, Malfoy, sto cercando di aiutarti!" Hermione tirò fuori la bacchetta e la puntò verso il banco. Mormorò qualcosa e, dove prima era il nulla, apparve una lettera ripiegata in quattro parti. La prese e la passò a Draco. "Leggi."

Lo Slytherin aprì la lettera, ma gli bastò una sola occhiata per capire che fosse stata scritta dalla mano di sua madre.

Proseguì nella lettura e ciò che scoprì lo lasciò sconvolto. Sua madre aveva scritto personalmente alla Granger, chiedendo che potesse perdonarli per il trattamento subito in passato e pregandola di aiutare la McGranitt a badare a Draco in cambio di una bella somma di galeoni.

"Ho rifiutato i vostri soldi, ma ho promesso che avrei fatto quanto in mio potere per tenerti fuori dai guai." Spiegò Hermione, facendo scomparire la lettera che Draco le aveva riconsegnato.

"Non avete nessun diritto di impicciarvi degli affari miei! Nessuno di voi!" Draco sentiva la rabbia montare. Sua madre, la McGranitt, la Granger, non solo avevano agito alle sue spalle, ma addirittura lo avevano creduto talmente insulso da non potersi difendere da solo. "Non puoi neanche immaginare cosa ho passato lo scorso anno, con la minaccia dell'Avada Kedavra che pendeva sulla mia testa! Se sono sopravvissuto al Signore Oscuro, posso sopravvivere anche alla scuola e a un pugno di idioti senza l'aiuto di nessuno."

"Davvero, Malfoy? Vallo a raccontare al resto della scuola là fuori o, meglio ancora, a tua madre."

Sembrava che Hermione la sapesse più lunga di quanto volesse ammettere. Il pensiero andò subito a Piton, a tutto quello che il suo insegnante preferito aveva fatto per proteggerlo, e Draco per un secondo si sentì mancare sapendo che lui non c'era più. Che la Granger fosse al corrente anche del Voto Infrangibile? Ma aveva da porle una domanda più importante.

"Perché?"

Draco non riusciva a capire. Poteva aspettarsi che sua madre rinunciasse a un po' del suo orgoglio per assicurarsi che il figlio stesse bene, ma per quale motivo la Granger avrebbe dovuto acconsentire?

"Perché posso farlo. Sono in grado di aiutarti." Dall'alto della sua superiorità morale, Hermione non poteva fare a meno di impostare la vita sul dovere anche quando c'erano di mezzo i vecchi nemici. "Ho dato la mia parola e capisci anche tu che, a questo punto, sarebbe una sconfitta personale se tu rischiassi di farti espellere ogni volta che hai una crisi di nervi."

"Non mi importa niente delle tue sconfitte." Disse Draco, sprezzante, e un nuovo pensiero lo spaventò: "Lo hai detto a qualcuno?"

"Nessuno è al corrente di quella lettera, a parte la McGranitt."

Fu lieto di saperlo. Sarebbe stato tremendo se alla lunga lista di umiliazioni pubbliche si fosse aggiunta anche la notizia che una Nata Babbana era diventata la sua babysitter.

"Gradirei che continuassi a mantenere la bocca chiusa; su questo e su qualsiasi altra cosa mi riguardi." Stava pensando al pugno in faccia e al fatto che la Granger, poco fa, stava quasi per spiattellarlo a tutta la scuola.

"Io invece gradirei che la smettessi di essere tanto sgarbato con me, Malfoy." Rispose lei. "Cerco di aiutarti, non solo perchè l'ho promesso a tua madre e alla preside, ma perché non ritengo giusto che tu venga picchiato. Loro sono più numerosi di te e tu parti da una condizione di svantaggio. Con lo spettacolo di poco fa, poi, gli hai dato esattamente ciò che volevano. Gli hai confermato di essere un mostro, un nemico altamente pericoloso da eliminare, che era proprio ciò che io e la preside stavamo cercando di evitare. Hai idea di quanto sarà complicato per la McGranitt rimediare al guaio che hai combinato?"

"Peggio per lei! La McGranitt lo sapeva che non volevo nemmeno tornarci in questa scuola!"

Hermione batté di nuovo il pugno sul tavolo e urlò:

"Ma ormai sei qui e devi comportarti di conseguenza!"

"Cioè dovrei essere come voi? Devo dire quello che dite voi e agire come agite voi. Beh, forse non ne sono capace. Se tutto ciò che riuscite a vedere in me è un pericoloso Mangiamorte, significa che sono proprio questo e nient'altro! Sono malvagio, e lo sarò sempre!"

Ora che l'aveva detto, si sentiva libero da un peso e al tempo stesso triste in un modo che non riusciva a spiegare.

"La McGranitt ritiene che sia giusto darti una seconda possibilità e io sono d'accordo con lei." Commentò la ragazza dopo qualche secondo di silenzio, con un tono freddo e diplomatico.

"Lo pensi anche tu." Draco si era accorto che non si fosse presa il disturbo di negare la sua natura meschina. "Il problema è che ti credi così moralmente superiore da non volerti concedere il lusso di odiarmi."

Il silenzio di Hermione confermò i suoi sospetti. Lo odiava, e lui non poteva aspettarsi nient'altro. Se all'alba del 2 maggio avesse vinto Voldemort, forse Draco si sarebbe salvato ma la Granger sarebbe finita sottoterra, il che non era lontano da ciò che lui aveva sempre desiderato.

"Io non ti odio, Malfoy." Affermò lei dopo una lunga riflessione. "Ti ho già detto che ho pietà di te."

"Invece mi odi ma non lo vuoi ammettere." Ribadì Draco e poi aggiunse, col suo solito ghigno: "Non ti toglieranno il titolo di Caposcuola o di Paladina del Mondo Magico se pronunci quelle due parole."

"Quali parole?"

Draco scandì lentamente:

"Ti-odio."

Fu di nuovo molto soddisfatto quando capì di avere centrato il bersaglio. La Granger non voleva ammettere di avere delle debolezze, di essere soggetta anche lei alle peggiori pulsioni dell'animo umano come chiunque altro. O, almeno, non voleva ammetterlo con lui.

"E tu invece mi odi, Malfoy?" Domandò lei. "Pensi ancora che io sia inferiore a te, o quella là fuori era la recita di un ragazzino solo e spaventato?"

"Ma certo che lo penso." Rispose prontamente, il largo ghigno malvagio sul volto. "Mi disturba anche il fatto di trovarmi qui, chiuso in quest'aula, a respirare il tuo stesso ossigeno."

Hermione cambiò atteggiamento. Si chiuse in se stessa, incrociò le braccia e rispose:

"Molto bene. Allora lo ammetto, ti odio anch'io. Ti odio più di quanto tu possa immaginare. Sei un perfido, subdolo, piccolo, malvagio pidocchio. Da quando la guerra è finita e Voldemort è stato sconfitto, sei caduto talmente in basso nella scala sociale che l'unico essere vivente al quale potresti ancora fare del male è te stesso. Ho avuto la mia vendetta e mi sta bene così. Ora che l'ho ammesso sei contento, Malfoy?"

"Sì." Rispose lui di getto, ma non ne era sicuro. "Almeno giochiamo ad armi pari."

"Io non sto giocando, sto andando avanti!" Ribadì lei, visibilmente offesa. "Voglio ricostruire la mia vita, riprenderla da dove Voldemort l'ha interrotta. E a dirla tutta, è quello che dovresti fare anche tu."

"Cosa ti fa pensare che non lo stia già facendo?"

"Seriamente? Chi è che ha appena cercato di terrorizzare tutti col Marchio Nero?" Draco non sapeva cosa rispondere ed Hermione approfittò di quei secondi di silenzio per studiarlo: "Spero davvero che la McGranitt non si stia sbagliando sul tuo conto. Dovremmo proteggere te dagli altri e sarebbe una vera seccatura se dovessimo finire per proteggere gli altri da te. Comunque, se non vuoi farlo per te stesso pensa almeno ai tuoi genitori. Sarà costato parecchio a tua madre scrivermi quella lettera. Cosa pensi che succederà se dovesse saltare fuori che suo figlio non ha perso le vecchie abitudini?"

Il Ministero li avrebbe sottoposti a una nuova inchiesta, Draco lo sapeva bene. Quante altre volte una famiglia legata al Signore Oscuro poteva salvarsi da Azkaban? Se solo non avesse perso la pazienza, se solo la Granger non si fosse impicciata, se solo un'ora fa fosse andato a chiudersi in Sala Comune davanti al camino invece di uscire dal castello... Ma ormai il danno era fatto e bisognava pensare a una soluzione.

"Ti propongo un accordo." Le disse, di nuovo sicuro di sé. "Farò il bravo e non spaventerò più nessuno se tu ti farai gli affari tuoi." Hermione era stata pronta a valutare qualsiasi proposta, ma non le sembrò possibile che fossero ritornati al punto di partenza. Prima che potesse ribadire la faccenda dell'accordo con sua madre, Draco precisò: "D'ora in poi, se avrai qualcosa da dirmi potrai mandarmi un gufo e, se ne varrà la pena, io ti riceverò su appuntamento."

"Su appuntamento?" Ripeté lei, perplessa. "E perché dovrei mandarti un gufo se ti incontro già dappertutto?"

"Inoltre, non mi seguirai da nessuna parte."

"Ho di meglio da fare che pedinare te, Malfoy."

"Non andrai in giro a chiedere di me."

"Non ho intenzione di farlo."

"E non ti immischierai mai nelle mie faccende, neanche se dovessi beccare tutte e due le torri di Gryffindor e di Ravenclaw a darsi man forte per farmi fuori. Sono stato chiaro? Accetterai le condizioni?"

La Gryffindor si morse il labbro mentre valutava le richieste. Erano accettabili, ma secondo lei mancava ancora qualcosa.

"Seguirai i corsi della McGranitt?" Gli domandò.

Draco alzò gli occhi al cielo e tirò un gran sospiro.

"Va bene."

"Non reagirai alle provocazioni degli altri e parlerai con un insegnante se qualcuno dovesse attaccarti?"

"Va bene." Acconsentì, ma sottovoce e con una punta di stizza.

"Allora abbiamo un accordo."

Allungò la mano, rigida e decisa. Lui non era riuscito a trattenersi e aveva fatto un passo indietro, profondamente disgustato.

La Mudblood, però, non si era scomposta. La tenacia era uno dei pochi pregi che Draco poteva ammirare in lei, ma non sopportava come questo lo facesse sentire piccolo e sciocco. Decise che prima quella storia finiva meglio era. Prese la mano della ragazza e la strinse trattenendo il fiato.

"Abbiamo un accordo." Borbottò in risposta.

Hermione gli concesse per la prima volta un sorriso. Vedere la Granger soddisfatta, sapere di essere stato lui a renderla in qualche modo felice, fu di colpo sconvolgente. Draco non avrebbe mai immaginato di arrivare al punto da toccare una Mudblood e di trattare con lei da pari a pari. Non sapeva cosa provare, se non un grande senso di terrore. Interruppe bruscamente il contatto e fece per andare via.

"Aspetta." Hermione lo richiamò alle sue spalle.

"Cosa vuoi ancora?" Rispose scontroso, senza nemmeno voltarsi.

La Gryffindor andò a mettersi tra lui e la porta, molto più serena rispetto a quando erano entrati. La semplicità, la calma interiore che emanavano i suoi occhi castani e intelligenti continuavano a disturbare Draco, che sentì il malvagio impulso di picchiarla, o almeno di insultarla, qualunque cosa pur di toglierle quell'odioso sorriso dalla faccia.

"Ti devo portare dalla McGranitt." Gli spiegò, aprendo la porta e facendogli segno di uscire.

Di nuovo Hermione gli fece strada tra i corridoi della scuola, seguita da uno Slytherin che non aveva altra scelta che seguirla.

Mentre la guardava camminare, Draco si ritrovò a pensare, incredulo e con orrore, che se fossero rimasti soli un minuto in più avrebbe finito per Schiantarla oppure per baciarla.

 

 

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Capitolo 2
*** Flashback 2 - Cambiamenti ***


 

Dicembre 1998

Il sabato che anticipava le vacanze di Natale era sempre stato un giorno molto pigro per i giovani Maghi e Streghe di Hogwarts. Accantonato il pensiero delle lezioni e dei compiti, gli studenti potevano dormire più a lungo e poi andare con gli amici alla consueta gita ad Hogsmeade.

In questo clima di spensieratezza, soltanto Hermione Granger poteva pensare a portarsi avanti coi compiti per le vacanze. Non era solo la sua ansia da divoratrice di libri a spingerla a studiare, ma il desiderio ben più concreto di avere più tempo libero da passare con Ron durante le vacanze invernali. Dato che era il primo Natale che trascorrevano insieme come una vera coppia, aveva tutte le intenzioni di goderselo fino in fondo.

Dalla fine della guerra, la vita di tutti loro si era finalmente raddrizzata sui binari giusti.

A Harry e Ron era stato offerto di fare carriera tra gli Auror e il loro percorso di addestramento era già iniziato; Hermione aveva preferito tornare a Hogwarts per portare a termine gli studi e avere l'onore di diventare Caposcuola, però sapeva che ad attenderla alla fine dell'anno scolastico ci sarebbe stato un impiego di prestigio al Ministero. Per il momento, non se ne preoccupava, preferendo godere della sua tranquilla routine fatta di fogli di pergamena e lezioni scolastiche.

Era mattina presto. La scuola era silenziosa e i quadri alle pareti stavano sonnecchiando. Entrando in Sala Grande, riconobbe alcuni Hufflepuff e persino due teste bionde sedute in fondo al tavolo degli Slytherin: una era femminile e l'altra fin troppo familiare.

Il rumore dei suoi passi aveva attirato l'attenzione della ragazza, che le rivolse un sorriso colmo di gratitudine; Malfoy, che le sedeva accanto, continuò a tenere il muso ben vicino alla ciotola di porridge.

Hermione ricambiò il sorriso di Astoria e andò a sedersi al solito tavolo dei Gryffindor dove, al suo arrivo, comparvero per magia diverse porzioni di cibo. Hermione scartò per istinto il porridge e andò a servirsi una doppia razione di cereali.

Aveva conosciuto Astoria un paio di settimane prima in una circostanza molto particolare, e ancora non riusciva a credere a quanto fosse diversa da Malfoy.

Considerato il silenzio della Sala Grande, non ebbe difficoltà a tendere le orecchie e ad ascoltare la voce amichevole della Slytherin raccontare al compagno di un episodio divertente accaduto il giorno prima.

Draco non pronunciava una sola parola. L'unico segnale a indicare che fosse consapevole della presenza della Slytherin accanto a lui, era quando tra una cucchiaiata e l'altra le concedeva uno sguardo. Era difficile indovinare cosa provasse per lei, ma Hermione era abbastanza sicura che malgrado le apparenze fosse felice di avere trovato la sua compagnia.

Anche se non si erano più parlati dall'incontro nell'aula del terzo piano, Hermione sapeva che Draco avesse mantenuto i patti: continuava a seguire le lezioni private della McGranitt ed evitava i problemi.

Problemi che nell'ultimo mese erano diminuiti, da quando la Preside aveva messo al posto suo l'intera scuola con un discorsetto serale che aveva fatto tremare le gambe a tutti. La McGranitt aveva rimproverato allo stesso modo Malfoy e chiunque lo infastidisse, e da allora il massimo dell'ostilità che lo Slytherin riceveva nei corridoi era di venire ignorato peggio di un fantasma.

Anche Hermione aveva rispettato i patti e aveva smesso di perseguitarlo. Non aveva però dimenticato di tenerlo d'occhio. La vita sociale di Malfoy non era interessante da quando non c'erano più attriti, in compenso negli ultimi tempi l'aveva incontrato spesso in compagnia di Astoria.

Lei era sempre di buonumore, ma non in maniera sciocca: era chiaro che cercasse di distoglierlo dai suoi pensieri più cupi per farlo stare meglio. Anche se Malfoy era solito fare scena muta, a Hermione non era sfuggito come avesse sempre un'espressione più serena quando la compagna era nei paraggi.

La calma della colazione fu interrotta all'improvviso da un susseguirsi di tonfi pesanti, che echeggiavano dai corridoi fin dentro la Sala Grande. Hermione guardò verso i grandi battenti di legno aspettandosi di vedere entrare un branco di elefanti: si trattava invece degli alti, grossi e brufolosi giocatori della squadra di Quidditch di Slytherin.

Erano tutti maschi e stavano già indossando la divisa sportiva. Hermione li vide andare dritti verso Draco e Astoria a passi pesanti. Dato che parlavano a voce sgradevolmente alta, la Gryffindor non dovette nemmeno sforzarsi di ascoltare.

Tutti e sette i giocatori salutarono calorosamente Astoria. Quello che si era seduto accanto a lei, con un faccione grasso, spiegò che si erano alzati presto perché non volevano partire per le vacanze senza essersi allenati almeno un'ultima volta. A giudicare dal tono, era convinto che questo dettaglio lo rendesse particolarmente attraente.

Draco continuò a fissare imbronciato la sua colazione. I compagni lo avevano salutato a malapena, ma più che altro doveva rodergli il fatto di non essere più nella squadra. Astoria infatti deviò la conversazione sui compiti ed Hermione capì che l'avesse fatto di proposito.

Il giocatore seduto di fronte alla Slytherin agguantò del cibo, li fissò entrambi e poi domandò incredulo:

"Ma voi due adesso uscite insieme?"

L'aveva urlato talmente forte che tutti gli Hufflepuff si erano voltati a guardarli; Draco lasciò cadere il cucchiaio nella ciotola, Astoria rise di imbarazzo; Hermione non riuscì ad afferrare la sua risposta perché a uno studente di Hufflepuff era andata di traverso la colazione, e tossì esageratamente per dei lunghi secondi. Comunque la squadra si zittì, e poco dopo prese a discutere di tattiche e strategie.

Non passò molto che Draco si alzasse in piedi e convincesse la sua amica a venire via. Hermione tenne gli occhi puntati su di lui, seguendolo con lo sguardo mentre attraversava la tavolata di Slytherin fianco a fianco con Astoria. Poco prima di attraversare il portone, diede segno per la prima volta di avere visto Hermione, anche se non fece nient'altro che gettare un'occhiata severa dalla sua parte.

Il resto della mattinata trascorse tranquilla. Hermione, comoda e appagata all'interno di una Biblioteca completamente vuota, sentiva centinaia di voci e passi sopraggiungere dai punti più disparati della scuola. La maggior parte dei compagni stava raggiungendo Hogsmeade, ma Hermione, Ginny e Luna sarebbero andate solo dopo pranzo.

Si concentrò sui compiti. A un certo punto, si ritrovò così immersa in un calcolo di Aritmanzia da non accorgersi che qualcun altro si stava facendo largo in Biblioteca per prendere posto accanto a lei.

Era Draco Malfoy, i ciuffi biondi scompigliati sulla fronte, il viso contratto dalla tensione. Si chinò verso di lei, dopo aver controllato che Madama Pince non fosse nei paraggi, e mormorò con disprezzo:

"Così adesso parli coi miei amici?"

"Scusa?" Fece Hermione, stupefatta. "Come sapevi che ero qui?"

Pensò che lo Slytherin scorbutico si stesse avvicinando un po' troppo. Per la Gryffindor era fastidioso avere la sua spalla era a un centimetro di distanza, perchè a superare i confini del suo spazio vitale era qualcuno che odiava.

Piuttosto che ritrovarsi a odorare controvoglia il profumo della pelle di un Malfoy, Hermione avrebbe preferito prendere il compagno per il naso e appenderlo al lampadario.

"Mi prendi in giro?" Fece Malfoy, sarcastico.

In effetti, non era un segreto che Hermione passasse più tempo in Biblioteca che nella Sala Comune di Gryffindor.

"Comunque hai dimenticato la tua regola sugli appuntamenti. O magari il tuo gufo si è perso per strada?"

"Lascia perdere." Rispose lui, frettoloso. "Sei stata tu a tradire gli accordi per prima."

Hermione si infastidì molto. Mai nessuno aveva messo in dubbio la sua lealtà e certamente il primo a farlo non sarebbe stato Draco Malfoy.

"Di che diavolo stai parlando?"

Lo Slytherin esitò un momento, come colto da un dubbio, poi si riprese più seccato di prima:

"Hai parlato con Astoria. Di me."

Hermione annuì, colta da una improvvisa consapevolezza:

"Oh, sì. L'ho incoraggiata a fare ciò che riteneva giusto, tutto qui." Spiegò, le ciglia ravvicinate. "Ma l'ho fatto per lei, non per te."

Un pomeriggio piovoso, durante il pattugliamento dei corridoi, aveva sentito delle voci femminili litigare dentro a un'aula vuota e, naturalmente, era rimasta ad origliare. Si trattava di un gruppo di Slytherin che discutevano a proposito di Malfoy e di quanto la sua famiglia, dopo la guerra, fosse diventata una vergogna per i Purosangue al pari dei Weasley.

Ascoltò le amiche di Astoria sgridarla per avergli rivolto la parola, avvisandola che si sarebbero vergognate di lei per sempre se avesse continuato a frequentarlo.

Astoria si era difesa con decisione affermando di non odiare i Nati Babbani, di non avere mai sostenuto Voldemort e di essere contenta che Draco avesse cambiato idea. Suggeriva infine che tutte loro andassero al diavolo se non potevano accettare le sue scelte.

Quando la porta si aprì, uscirono tre Slytherin sgraziate e molto arrabbiate che incrociarono la Caposcuola e proseguirono per la loro strada non prima di averle palesato il loro disprezzo. Astoria si era difesa bene, ma quando Hermione andò da lei la trovò molto triste e bisognosa di qualche parola di conforto.

"Hai questo vizio di dover soccorrere sempre tutti." Le rinfacciò Draco, fissandola ad occhi stretti. "Anche quando ti viene chiesto espressamente di non farlo."

Hermione alzò gli occhi al cielo. Sbattè sul tavolo la piuma con la quale stava compilando i calcoli di Aritmanzia.

"Quante storie, Malfoy! Sembra che tu stia bene con lei. Di cosa ti lamenti?"

Draco guardò verso il basso e il suo tono di voce si fece stranamente insicuro:

"In questi giorni ci siamo visti a orari assurdi pur di non farci notare dagli altri Slytherin. È andata bene per un po', ma ora che la squadra ci ha beccati tutti sapranno che ci stiamo frequentando. Secondo Astoria va bene così. Vuole che andiamo ad Hosgmeade, ed è tutta colpa tua. Sei stata tu a dirle che se vuole uscire con me deve farlo senza preoccuparsi dei giudizi di nessuno."

"Infatti è così. Qual è il tuo problema?"

"Il mio problema," Iniziò Draco, a denti stretti. "è lei! Non voglio che qualcuno tratti male Astoria per colpa mia!"

Hermione doveva ammettere che non se lo sarebbe aspettato. Il fatto che Draco Malfoy si preoccupasse di qualcuno che non fosse se stesso avrebbe meritato l'articolo in prima pagina di Rita Skeeter. Neanche Harry e Ron avrebbero mai creduto alle loro orecchie.

"Per Merlino, Malfoy." La voce uscì più stupefatta di quanto avrebbe voluto. "Gli incontri con la McGranitt devono aver funzionato. Non credevo che avessi delle emozioni umane."

Draco avrebbe potuto offendersi, invece continuò a guardare le proprie dita tamburellare sulla scrivania, il viso distorto dal solito disprezzo che stavolta sapeva anche di tristezza.

"Certo che no, non mi conosci."

Si sentì dispiaciuta. Anche se aveva conosciuto la parte più malefica di Malfoy, non era da lei credere che il suo mondo interiore potesse essere tutto qui. E poi, ricordava ancora come avesse finto di non riconoscere Harry, quella notte al Manor. Risentita, cambiò atteggiamento:

"Avresti preferito che dicessi ad Astoria di lasciarti perdere?"

"Se proprio dovevi parlarle, sì."

"Ma lei non mi avrebbe ascoltato. Credo che tu le piaccia davvero, Malfoy."

"Che razza di Paladina del Mondo Magico sei, se permetti a una ragazza innocente di avvicinarsi a me?" Sbottò. "Dovevi convincerla! Metterla in guardia su chi sono e dirle di starmi alla larga!"

"Oh, puoi anche smetterla di punirti. Astoria sa perfettamente chi sei e vuole frequentarti lo stesso. Cosa avrei potuto fare? Nessuno di noi due può entrare nella sua testa e farle cambiare idea."

Malfoy era focalizzato sulle proprie paure e forse per la prima volta si sentiva libero di esprimerle:

"Forse non si rende conto! Ha già litigato con le sue amiche a causa mia, non voglio continuare a coinvolgerla nei miei problemi. Lo so che quelle megere sparlano di me, io non piaccio neanche agli Slytherin. C'è chi mi vede come un traditore o, alla meglio, un perdente. Astoria a causa tua non vuole ascoltare nessuno, ma che razza di mostro sarei se la trascinassi nello schifo che è la mia vita?"

Era strano che si confidasse con lei, ma non doveva avere molte altre persone con cui farlo.

"Beh, non dovresti starli a sentire neanche tu." Disse Hermione, con convinzione. Draco alzò lo sguardo su di lei, gli occhi colmi di sincero stupore. "Se i tuoi compagni di Casa ti criticano soltanto perché tu e la tua famiglia avete cambiato idea su Voldemort, allora sono la peggiore compagnia che poteva capitarti e la loro opinione non vale nulla."

"Non riesci a capire qual è il punto, Granger." Disse con premura, facendosi più vicino nell'ansia di essere ascoltato. "Hai convinto Astoria che frequentarmi è una buona idea. Ma si sbaglia, con me non sarà mai felice!"

"Lei ti piace?"

Era una domanda fin troppo personale ed Hermione si era sentita a disagio nel pronunciarla, eppure era sembrata la cosa giusta da chiedere in quel momento.

"Non lo so." Mormorò lui nervoso, girandosi dall'altra parte. "È tutto molto strano."

"Sì, lo credo bene." Esclamò. "Ma stai migliorando a vista d'occhio, lo sai? Hai paura di deludere una ragazza che crede in te, ed è un atteggiamento molto maturo da parte tua."

Da quando il settimo anno era cominciato, era evidente che Malfoy non sarebbe stato mai più quello di prima. Ormai era sempre nervoso, guardingo, nessuno si interessava a lui e neanche lui dava segni di interessamento verso qualcuno; soltanto la presenza di Astoria doveva avergli acceso una speranza.

"Per quanto assurdo possa essere, mia madre si è fidata di te." Ammise Draco, fiacco. "Cosa consigli di fare?"

"Devi rilassarti, Malfoy. La scelta è di Astoria e credo che lei sappia il fatto suo, quindi non devi preoccuparti. Se ti piace, non dovresti lasciartela scappare. Ad ogni modo, ne hai già parlato con lei?"

"No, non ancora."

Rimasero in silenzio per un po', durante il quale Hermione lo osservò attentamente.

"Forse ti ho giudicato troppo in fretta. Non sei così cattivo come credevo. C'è anche qualcosa di buono, lì dentro."

"Tu credi?" Domandò lui, ma suonava più come una minaccia.

"Sì." Gli confermò, assorta. "Non avresti fatto breccia su una ragazza come Astoria se non avessi avuto almeno una briciola di bontà nascosta da qualche parte. E comunque questa fase di cambiamento potrebbe tornarti utile."

"Sarebbe a dire?"

"Pensaci, Malfoy. Da adesso puoi scegliere di essere te stesso, non il figlio di qualcuno. Puoi andare avanti assieme ad Astoria, se è quello che vuoi, crearti una vita completamente diversa. Con lei potresti diventare migliore, voglio dire, lei è già migliore di te."

Hermione si sforzava di parlare cordialmente, ma per tutto il tempo non era riuscita a mettere da parte l'antipatia che provava nei suoi confronti.

Lo Slytherin l'aveva disturbata durante i compiti di Aritmanzia, aveva interrotto la tranquillità della Biblioteca che raramente riusciva ad avere tutta per sé e adesso le stava facendo perdere del tempo prezioso a discutere della sua vita sentimentale, di cui a lei non importava nulla.

D'altra parte, era una novità talmente inaspettata che Malfoy le rivolgesse la parola e che addirittura si sfogasse con lei, che non di era sentita di cacciarlo.

Ormai, però, sembrava non avere più niente da dirle. Se ne stava in silenzio, a fissare la mano che faceva tamburellare distratto sulla scrivania, tutto il corpo rivolto verso di lei. Non voleva andarsene, ed Hermione si vide costretta a elaborare un modo gentile per toglierselo di torno.

"Credevo che una come te non avrebbe mai tollerato che una ragazza innocente si avvicinasse a uno come me." Disse Draco, prima che lei potesse aprire bocca.

"Non è affar mio, Malfoy." Rispose Hermione, stancamente. "Sei libero di fare perdere la testa alla ragazza che preferisci. Ora, se permetti, io vorrei..."

Era successo in un attimo. Prima che potesse finire la frase, la mano dello Slytherin si era avvolta sulla sua nuca e lui aveva premuto con forza il viso contro il suo. La Gryffindor aveva cercato di protestare ma, quando si era scontrata con lui, le sue labbra erano già semi aperte per lo stupore.

La punta del naso schiacciata sul viso di Malfoy, si era ritrovata ad assaggiare l'umidità della sua lingua e ad assecondarne i movimenti senza nemmeno volerlo. Tutte le volte che le loro lingue si incontravano, lei cercava in realtà di protestare e divincolarsi, ma Malfoy continuava a trattenerla. Anche se le sue labbra erano morbide, i suoi movimenti erano ruvidi ed esprimevano qualcosa di molto simile all'odio.

Hermione provò a spingerlo via facendo pressione sulle spalle - notando che lui aveva persino sobbalzato al suo tocco - ma si era accorta di non essere abbastanza forte.

Recuperò quindi la bacchetta, la puntò alla cieca e pronunciò un Incantesimo Non-Verbale. Lo Schiantesimo funzionò e Draco volò contro un tavolo, spostando rumorosamente un paio di sedie.

Hermione ignorò gli avvertimenti di Madama Pince di fare silenzio, arrivati dall'altro capo della Biblioteca, le lanciò il Muffliato e andò da Malfoy che si massaggiava la schiena indolenzita. Lo schiaffeggiò talmente forte, che tutte e cinque le dita arrossate gli rimasero impresse sulla guancia pallida.

"Come ti sei permesso?" Gli urlò, del tutto fuori di sé. Aveva le labbra ancora inumidite della saliva di Malfoy e le asciugò sgomenta sulla manica del mantello. "Brutto figlio di un Troll! Io sono fidanzata!"

"Con chi, con Weasley?" Chiese lui, con una smorfia di disprezzo. "Vuoi proprio restare in basso."

"Non ti permettere! Ron ne vale cento di te!" Esclamò, furiosa. "Perché l'hai fatto?"

Anche se aveva baciato una Mudblood e per questo si era beccato un tatuaggio a forma di mano sulla faccia, Draco era tornato a ghignare malefico come ai vecchi tempi.

"Perché sono migliorato talmente tanto che volevo sapere che sapore ha una Mudblood."

Lei lo guardò con profondo disgusto: "Mi fai schifo, Malfoy."

Tornò al tavolo, dove diede un colpo di bacchetta ai suoi libri e pergamene, lasciando che si infilassero nella borsa da soli. Draco la seguì, continuando a ghignare.

"Adesso non vedi più nulla in me, vero?" Le domandò beffardo. "Niente briciole di bontà, solo uno mostro a cui nessuna ragazza per bene dovrebbe rivolgere la parola."

Hermione indossò la sua borsa a tracolla e lo fulminò con lo sguardo.

"Tu hai dei problemi molto seri e io ho sprecato fin troppo tempo con te." Gli puntò il dito contro. "Continua a comportarti male, mettiti nei guai, non mi interessa. Noi due abbiamo chiuso." Gli voltò le spalle e si allontanò col mento in aria.

"Hai fatto una promessa a mia madre, Granger."

"Non costringermi a scrivere a tua madre, Malfoy!" Gridò Hermione, voltandosi di scatto. Anche se Madama Pince era sotto l'effetto del Muffliato, si domandava per quanto ancora le sue urla l'avrebbero passata liscia. "Se lo faccio, sono certa che capirà perfettamente perché non voglio più saperne niente di te!"

Non sapeva se le sue parole avessero fatto effetto, se la minaccia che la sua famiglia venisse a conoscenza del suo grezzo tentativo di baciare una Mudblood lo preoccupasse, ma a lei non importava.

Uscì dalla Biblioteca a passo svelto, col desiderio di mettere quanta più distanza possibile tra di loro e, soprattutto, di cancellare quell'ultima mezzora dalla sua mente.

Il villaggio di Hogsmeade era sempre stato un luogo adorabile sotto le feste di Natale, con le luci colorate intorno ai lampioni e le vetrine dei negozi addobbate, ma dopo l'aggressione di Malfoy lo spirito natalizio di Hermione aveva subito un duro colpo.

Non riusciva più a unirsi alle chiacchiere allegre di Ginny e Luna; quando loro le chiedevano cosa la turbasse, lei rispondeva di essere preoccupata per l'enorme mole di compiti che avevano per le vacanze.

In realtà non faceva che pensare a quel bacio e a quanto si sentisse in colpa nei confronti di Ron. Era vero che era stata costretta, ma aveva comunque baciato Malfoy e questo significava che aveva tradito il suo fidanzato.

Non riusciva a credere in che razza di situazione l'avesse messa. Quel furetto meritava ben più di uno schiaffo.

Hermione avrebbe dovuto seguire i suoi stessi consigli e andare a parlarne con qualcuno; forse con la McGranitt o almeno con Harry, che sarebbe stato molto meno impulsivo di Ron.

Eppure, si sentiva sprofondare dalla vergogna alla sola idea di ammettere di avere baciato Malfoy. Era una faccenda privata e raccontarla in giro l'avrebbe fatta sembrare ancora più grande di quel che era.

Mentre Ginny e Luna indugiavano tra gli scaffali di Zonko, Hermione andò da Mielandia per fare una scorta di dolci da regalare a Ron per Natale. Non aveva intenzione di raccontargli nulla, ma aveva così tanto da farsi perdonare che per compensazione gli avrebbe comprato anche l'intero negozio.

Prese un cestino all'ingresso e lo riempì con tutte le Api Frizzole, le Super PalleGomma, i Rospi alla Menta e i Pallini Acidi che riusciva a infilare in una mano, finché non arrivò a uno scaffale pieno di dolcetti confezionati a forma di Boccino d'oro.

Le ali si muovevano all'interno dei pacchetti come a cercare di volare via e al centro vi era una frase, diversa per ciascuno.

Hermione ne trovò una adatta a Ron, che in quella fase del suo addestramento alla Scuola di Specializzazione per Auror aveva bisogno di tutto l'incoraggiamento possibile.

L'addestramento si era rivelato più duro di quanto lui avesse immaginato e, naturalmente, per quanto il suo ragazzo fosse forte e coraggioso, era anche incline ad abbattersi se perdeva la fiducia in se stesso.

Aggiunse il Boccino di cioccolato al suo cestino, immaginando che glielo avrebbe consegnato in un momento in cui fossero stati soli, così che il messaggio potesse arrivargli chiaro.

Quando uscì da Mielandia, si portava appresso una busta così grande e pesante che dovette ridurla per Magia e infilarla in borsa per poter riprendere la passeggiata. Aveva guardato l'orario e doveva andare all'appuntamento con Ginny e Luna ai Tre Manici di Scopa.

La strada era piacevolmente rumorosa, un po' a causa del chiacchiericcio dei numerosi e allegri studenti di Hogwarts, un po' per le musiche natalizie diffuse dai negozi.

Era ancora sovrappensiero, così concentrata su di un unico personaggio e su ciò che le aveva fatto, che a un certo punto in mezzo a quel beccano le sembrò di sentire proprio la sua voce.

Hermione era ormai a un passo dai Tre Manici di Scopa quando vide che più avanti, in uno spiazzo dalle parti della Stamberga Strillante, c'era proprio Malfoy. Sentì il sangue ribollire e avrebbe voluto scappare dalla parte opposta, ma quando alcuni passanti si spostarono lei vide che il Furetto stava discutendo in maniera molto accesa con Astoria. Maledì la propria curiosità. Cercando di non farsi notare, andò a nascondersi dietro l'angolo di un negozio e si mise in ascolto.

"Non spetta a te dirmi cosa devo fare." Disse la voce di Astoria, molto arrabbiata. "Come non spetta ai miei genitori o a una qualunque delle mie amiche."

"Ma devi credermi, lo dico per te!" Rispondeva Draco, accalorato. "È troppo rischioso, tu non sai in cosa io e la mia famiglia siamo ancora coinvolti!"

"Non mi interessa la tua famiglia, lo vuoi capire?" Astoria abbassò un po' la voce prima di aggiungere: "Mi interessi tu."

"Io non sono buono per te." Marcava le parole con tutta la frustrazione di cui disponesse. "Sarai più felice se mi starai lontano. Non la vuoi vivere la mia vita, dammi retta!"

Il passaggio di un gruppo di studenti con la ridarella impedì a Hermione di origliare le battute successive, che però dovevano essersi susseguite con lo stesso tenore delle precedenti. Quando fu di nuovo in grado di ascoltare, la voce di Astoria appariva rotta come sul punto di piangere.

"Sei soltanto un gran vigliacco." Gli rinfacciava. "Ti stai inventando tutto perché vuoi scaricarmi e non hai il coraggio di dirmelo!"

"Sì, ci hai preso." Disse Malfoy, ma non aveva risposto subito e si era fatto improvvisamente troppo sicuro di sé. "Non ti voglio e non sapevo come dirtelo. Ma basta prenderci in giro, ora che lo sai puoi liberarmi della tua presenza!"

Hermione era sicura che Astoria non si fosse aspettata una confessione del genere. Nascosta dietro al muro non poteva vederla, ma non faticava a immaginare la Slytherin ferita e sconvolta.

"Ah sì?" Farfugliò lei, con un fil di voce. "Beh, complimenti, alla fine sei stato chiarissimo. Me ne vado, non ti disturberò mai più!"

Non sentendo altre parole, Hermione si sporse a guardare. Astoria si allontanava a grandi passi, solcando la neve in direzione di Hogwarts.

Draco la osservò andare via poi, rimasto solo in mezzo agli studenti che gli passavano intorno senza notarlo, diede dei calci alla neve. Era di spalle rispetto ad Hermione, che lo vide portare le mani all'altezza degli occhi e pensò con stupore che stesse piangendo.

Forse l'interesse di Draco per Astoria era sincero. Ma allora perché aveva baciato Hermione?

Si sentì una sciocca per non esserci arrivata subito.

Malfoy non sopportava l'idea di essersi aperto con lei. Uscire dalla sua normalità, fatta di antagonismo e senso di superiorità, lo terrorizzava a morte. Dato che chiamarla Mudblood non faceva alcun effetto su di lei, aveva pensato che baciandola a tradimento si sarebbe fatto odiare abbastanza da ripristinare i soliti muri, e così era stato.

Draco voleva invece frequentare Astoria, ma aveva così paura di ricevere del bene e di non saperlo o poterlo ricambiare che aveva preferito lasciarla subito, prima che, andando avanti, diventasse davvero difficile.

Trovata la soluzione, Hermione si sentì meglio. Si era liberata di un peso, e finalmente la prospettiva di rivedere Ron per Natale la rendeva di nuovo felice e non più preoccupata e ansiosa. Non poteva perdonare Malfoy per averla coinvolta nei propri errori, ma poteva provare ad essere solidale con lui.

Aprì la borsa e tirò fuori dalla busta di Mielandia uno dei dolci appena comprati. Malfoy era rimasto fermo dove Astoria l'aveva lasciato. Hermione incantò il Boccino di cioccolato e lo fece volare verso la spalla del ragazzo.

Draco si voltò di scatto, spaventato. Senza osare toccare il Boccino che gli aleggiava irrequieto davanti alla faccia, si mise sulla difensiva e si guardò intorno in cerca del mittente. Hermione uscì dal suo nascondiglio per farsi riconoscere e, quando Draco la vide, capì subito che era stata lei.

La scrutò torvo cercando di capire che intenzioni avesse, ma lei non si mosse e gli concesse da lontano soltanto un sorriso indulgente. Lo Slytherin prese con cautela il pacchetto tra le mani, osservando il Boccino dibattersi nel tentativo di uscire. Si accorse della scritta al suo interno e l'avvicinò agli occhi per leggere meglio:

Se vuoi qualcosa che non hai mai avuto, devi fare qualcosa che non hai mai fatto.

Draco tornò a fissare torvo Hermione, che già aspettava di vederlo mettere in atto una qualunque delle sue provocazioni passivo-aggressive.

Lui però non si liberò del Boccino. Se lo mise in tasca e, senza alcun cenno di considerazione, imboccò anche lui la strada per Hogwarts.

Non era stata granché come reazione, ma Hermione ne intuì lo stesso l'importanza: accettare il suo regalo era stata la più alta forma di gratitudine che Malfoy aveva da offrirle.

 

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Capitolo 3
*** Flashback 3 - La Svolta ***


 

Gennaio 1999

La vistosa piuma di pavone che Hermione aveva ricevuto in dono da Harry per Natale, spezzava con un tocco di colore le tonalità di beige e marroncino che caratterizzavano la maggior parte dei suoi libri e pergamene; soprattutto, contribuiva a ricordarle che anche lei, ogni tanto, poteva concedersi il lusso di essere frivola. Dopo averla incastrata tra le dita, la Gryffindor la faceva oscillare con frenesia.

Malgrado le grandi aspettative, le vacanze invernali non si erano rivelate per nulla rilassanti ed erano finite anche peggio. La colpa non poteva che essere stata di Ron e dei suoi dannatissimi nervi. Quasi ogni singolo giorno alla Tana era stato un susseguirsi di grida e pianti provenienti da entrambe le parti. Era stato imbarazzante soprattutto nei confronti dei signori Weasley, poiché Hermione si era trovata costretta a ricambiare la loro affettuosa ospitalità accusando il figlio più giovane di essere stupido quanto un calzino bucato.

Anche se non avevano mai smesso di litigare, finchè era stata ospite in casa sua aveva continuato a definirlo "il suo ragazzo"; ma da quando aveva rimesso piede a Hogwarts - dopo un'ultima notte trascorsa nello stesso letto senza nemmeno sfiorarsi - si sentiva come se tra di loro fosse finita. Credeva che da quel rapporto avesse già spremuto ogni goccia di felicità possibile e che non fosse rimasto nient'altro da prendere.

Era così turbata a causa di Ron, che Hermione per la prima volta ebbe difficoltà a concentrarsi nello studio. Le lezioni erano diventate difficili. Il suo cervello, una volta infallibile, era distratto e non più in grado di assimilare nozioni. Non che il lento mormorio del professor Rüf le fosse di qualche aiuto. Lo sentiva raccontare qualcosa a proposito di Grindelwald, ma le uniche parole che riusciva ad afferrare erano il nome di Silente ripetuto più volte. La sua pergamena, solitamente stracolma di appunti, era intonsa.

Hermione avrebbe voluto volare da Ron e picchiarlo ovunque si trovasse, anche nel bel mezzo del Ministero, al reparto reclute del Quartier Generale degli Auror. Se avesse ottenuto dei M.A.G.O. insufficienti a causa sua, non glielo avrebbe mai perdonato.

Dopo il primo quarto d'ora di tentativi fallimentari, la Gryffindor rinunciò a seguire la lezione di Storia della Magia. In fondo, sapeva già tutto sulla Prima Guerra Magica - forse anche meglio dello stesso professor Rüf - e prendere appunti era per lei soltanto una questione di formalità.

Si distrasse puntando il rassicurante quanto raro sprazzo di cielo blu che si affacciava dalla finestra più vicina. Poggiò il mento al palmo della mano e si piegò leggermente a destra, per poter meglio ammirare il panorama.

Non riuscì a rilassarsi a lungo. Davanti alla finestra era seduto Draco Malfoy, e lui era una di quelle persone che era impossibile non notare. I primi bottoni della camicia dello Slytherin erano sganciati e la cravatta verde-argento era allentata, lasciando esposta una porzione di pelle diafana. Stravaccato sulla sedia, le lunghe gambe erano stirate in avanti.

Si stava annoiando come tutti gli altri, ma Hermione non mancò di notare come almeno lui fosse riuscito a mettere insieme qualche appunto. Le emozioni negative non dovevano essere niente di speciale per uno come Malfoy. Essendo, queste, parte integrante della sua normalità, doveva aver imparato a conviverci.

I pensieri su Ron scivolarono via. Si sistemò comoda sul tavolo per poter meglio osservare lo Slytherin, che aveva gli occhi fissi sulla propria pergamena, dove di tanto in tanto tornava a registrare poche parole.

I suoi occhi chiari brillavano della luce del sole che li colpiva per via trasversale, sgradevoli, ma soltanto perché infossati e rimpiccioliti dalla tensione alle tempie. Pur sembrando ostile e rabbioso, Draco non manifestava mai nessuna di queste emozioni, se non la costante apatia che lo accompagnava ovunque andasse.

Hermione realizzò solo allora che quel ragazzo inquieto e senza futuro l'aveva baciata. Quando era accaduto era sembrata la fine del mondo, eppure la Gryffindor aveva fatto in fretta a dimenticarsene una volta rimesso piede alla Tana e riabbracciati Ron, Harry e i Weasley. Ritornava a pensarci soltanto in quel momento, e non senza turbamenti.

Non avrebbe immaginato neanche nei suoi peggiori incubi che un giorno funesto avrebbe baciato Draco Malfoy. Quello Slytherin insopportabile non era solo colpevole di averle fatto violenza, ma anche delle conseguenze, che non potevano più essere cancellate.

Malfoy non era più soltanto un nemico o un completo estraneo: adesso Hermione conosceva le sue labbra perfide, sapeva quanto fossero morbide e quanto potessero muoversi bene per baciare una ragazza. Aveva assaggiato la sua lingua Purosangue, lo aveva sentito trattenere il respiro per lei. Aveva toccato i suoi pettorali, duri come rocce. Il tutto era durato pochi secondi ed era stato orribile, ma non di meno era successo.

Quello stesso ragazzo che l'aveva odiata per anni e poi assalita se ne stava seduto lì, a un banco di distanza da lei, ignorandola così come ignorava chiunque altro, fingendo che nessuno attorno a lui esistesse, forse neanche se stesso.

Credeva che non l'avrebbe notata, invece Hermione si sentì sorpresa e imbarazzata quando Malfoy si voltò leggermente verso di lei e la fulminò col suo sguardo indecifrabile. Si era accorto di come lei si fosse persa a fissarlo e sembrava volerla interrogare sul perché.

La Gryffindor tornò a guardare in avanti con uno scatto. Mossa la nuova piuma sulla pergamena, si affrettò a segnare le parole che sentì pronunciare al professor Rüf: ultima possibilità di redenzione.

Alla fine della lezione, Hermione scivolò fuori dall'aula di Storia della Magia seguendo il flusso regolare degli studenti che, come di consueto, sbadigliavano e si stiracchiavano.

Mentre il resto della classe si disperdeva in corridoio, Hermione si fermò a controllare il calendario delle lezioni che portava sempre con sè. Con l'inizio del nuovo semestre, gli orari erano cambiati e lei era ormai così distratta da averli dimenticati. Si accertò di avere libere le successive due ore. Intanto, una figura molesta era entrata nel suo campo visivo e si era avvicinata al suo spazio vitale.

Anche senza sollevare lo sguardo, la Gryffindor sapeva chi fosse. Le sue forme erano inconfondibili, inoltre non conosceva altri ragazzi che potessero avvicinarsi a lei così di soppiatto. Con un sospiro, rimise il calendario in borsa ed esclamò:

"Cosa c'è, Malfoy? Mi sono persa di nuovo il tuo gufo?"

Non amava essere sgarbata, ma con Malfoy non riusciva a frenarsi. La sua vicinanza la disturbava, e le gambe le suggerivano di girare i tacchi e andare via.

"Hai perso questa." Le rispose la voce scontrosa di Draco, mostrandole la sua piuma di pavone. La teneva per la punta, il naso arricciato. "Non sapevo che avessi dei gusti così pacchiani."

Hermione riflettè di averla lasciata sul banco quando aveva raccolto il libro di testo. Era l'ennesima prova che stesse perdendo la testa.

"Oh... Allora grazie. L'avrei sicuramente dimenticata se non fosse stato per te." Rispose la giovane Strega, scegliendo di ignorare il sarcasmo. Prese la piuma e la ripose in borsa con delicatezza. "A cosa devo tanta gentilezza, Malfoy?"

Hermione vide i suoi occhi opachi divenire glaciali. Erano così espressivi malgrado la loro freddezza, che le parve di leggervi la risposta: il Boccino di cioccolato. Lei glielo aveva offerto, lui l'aveva accettato senza ringraziare. Era tornato a saldare il suo debito.

"Ora siamo pari." Le disse, accigliato.

Fece per andare via, ma Hermione non aveva ancora finito con lui. In effetti, non aveva nemmeno iniziato e aveva una gran voglia di litigare.

"Oh, neanche per sogno." Esclamò, alzando la voce nel corridoio ormai vuoto. "Non saremo mai pari. Non c'è niente che tu possa fare per farmi dimenticare che sei un arrogante viziato e spocchioso."

"Non voglio che lo dimentichi." Ribatté lui, prontamente. "Pensa di me quello che vuoi, odiami, non mi importa."

"Ne sono sicura! È molto più facile fare la vittima che darti da fare per migliorare te stesso! L'hai dimostrato anche con Astoria, l'hai lasciata andare perché..."

Tirare in ballo l'amica di Malfoy non era stata la migliore delle idee. Poteva andar bene se la sua intenzione fosse stata quella di ferirlo, ma lei doveva assicurarsi che l'anno scolastico dello Slytherin procedesse senza intoppi. Essere la causa dei suoi crolli emotivi rischiava di diventare una pecca troppo grande da inserire nel suo curriculum di tutrice.

"Che cosa ne sai tu di Astoria?" Ringhiò il ragazzo. La rabbia gli aveva dilaniato il volto. Forse temeva che le due ragazze si fossero parlate ancora una volta alle sue spalle, ma in realtà Hermione non aveva più avuto alcun contatto con lei.

"Vi ho osservati, ma mi sarei accorta che siete ai ferri corti anche se avessi prestato meno attenzione. Non vi parlate più, quando le passi accanto nei corridoi fai finta che non esista. Lei però sta soffrendo, se ne accorgerebbe anche un cieco, e tu... Tu stai rinunciando all'unica persona che ti abbia mai amato!"

"E per quale motivo sarebbe affar tuo?" Ribatté Draco, la cui voce si era piegata a un'emozione che non era riuscito a soffocare. "Ho fatto quello che dovevo. L'ho lasciata libera."

A Hermione era già parso una volta di scorgere in lui qualcosa di buono. In quel caso non era finita bene - Malfoy aveva fatto del suo peggio per farle cambiare idea - ma ora che la sensazione era ritornata, veniva fuori che non era stata un abbaglio. Lo vedeva triste, sofferente, come conseguenza del fatto che, per la prima volta in vita sua, stesse provando a fare la cosa giusta.

"Stai scoprendo l'altruismo, ma lo applichi male." Gli spiegò Hermione, addolcendosi. "Ho già cercato di spiegartelo. Non deve andare per forza così, non devi continuare a punirti. Anche se ci sono persone che non ti perdoneranno mai per quello che hai fatto, cadere in depressione non è la reazione giusta ai tuoi problemi."

Prima di dirlo ad alta voce, Hermione non lo sapeva. Ora però non aveva dubbi: la depressione era esattamente ciò che vedeva in Malfoy. Poteva persino giurare di averlo osservato spegnersi sempre di più, giorno per giorno, fin dai primi di settembre. Se non fosse intervenuta subito, avrebbe forse assistito al suo tracollo entro la fine dell'anno scolastico.

Draco rimase imperturbabile. Soltanto le sopracciglie bianchissime si distesero, non potendo fare a meno di assumere le forme della tristezza.

"Ti interessa veramente?"

Hermione sobbalzò. Le interessava davvero di lui? La risposta era no. Non poteva dimenticare il nemico che era stato per lei, per i suoi amici e per molte altre persone. Si curava di Malfoy soltanto perché lo doveva alla McGranitt e a sua madre. Sentiva, però, nei suoi confronti, una sorta di curiosità che i più maliziosi avrebbero potuto definire attrazione.

C'era in lui una tale dualità di intenti e di passioni che riusciva a stuzzicare l'interesse di Hermione per gli enigmi. La vita di Malfoy era proprio un enigma. Si domandava cosa ne sarebbe stato di lui, che genere di adulto sarebbe diventato, e se il contributo che lei poteva dare a tutto questo poteva fare la differenza.

"Ho detto che ti avrei aiutato, quindi sì, mi interessa."

"Sei solo un'ipocrita." Replicò subito Malfoy. "Puoi anche negarlo, ma tu ami sentirti migliore degli altri."

"Oh, smettila! Ma se anche fosse, guardati un attimo allo specchio e rifletti. A cosa sono serviti tutti quegli anni passati a denigrarmi, se poi alla prima occasione mi hai ba..."

Non riuscì a terminare la frase. Poteva davvero definire "bacio" quel momento di violenza che c'era stato tra di loro? Non era forse meglio lasciare che entrambi dimenticassero quella pessima esperienza?

"Lasciami stare, Granger." Tagliò corto lui. La voce era bassa e minacciosa, ma esprimeva anche la stanchezza riflessa nel suo sguardo teso. "Sono troppo incasinato per te. Non puoi aiutarmi. Nessuno può farlo."

Hermione avrebbe potuto smentirlo, dimostrargli che il suo dolore poteva essere alleviato, se solo si fosse preso la briga di affrontarlo. Si rendeva conto, però, che quei discorsi non avrebbero fatto alcuna presa su di lui. Malfoy aveva deciso di soffrire. Voleva punirsi. Nulla l'avrebbe distolto da quell'intenzione. Lei poteva solo provare a fargliene prendere coscienza.

"È perché non vuoi essere aiutato che mi hai consegnato la piuma?" Gli domandò, retorica. "Potevi lasciarla levitare verso di me, che è esattamente ciò che ho fatto io col Boccino. Non eri costretto a parlarmi. Se l'hai fatto, è perché almeno inconsciamente sai di avere bisogno di me."

"Se ne sei così convinta, allora, fallo. Prova a cambiarmi." Draco annaspava, stringendo la mascella. "Sorprendimi, Granger. Tenta l'impossibile."

"Lo farò." Disse lei sottovoce, quando Draco si fu allontanato a grandi passi, abbastanza da non poterla sentire.

Quella sera cena, Ginny iniziò a sciorinare una serie di coloriti improperi a proposito del fratello. Era successo che Ron le avesse scritto nel pomeriggio per chiederle di mettere una buona parola su di lui a Hermione. Ora che la Strega più brillante della sua età veniva a scoprire che il suo cosiddetto fidanzato non aveva scritto direttamente a lei, ma a un'intermediaria alla maniera di un vigliacco, si infuriò talmente tanto che ancora una volta si dimenticò di Malfoy.

Le due amiche continuarono a discutere di Ron anche durante il giro di ronda serale. Al rientro in dormitorio, Ginny era ormai così esausta che crollò a letto; Hermione si sistemò invece nella tranquillità della Sala Comune vuota, concedendosi un ultimo ripasso prima di andare letto, un rito che di solito bastava a calmarla.

Fu in quel momento che si ricordò: Malfoy. Lo aveva perso di vista per tutto il giorno. Poteva andare peggio soltanto se nel frattempo gli fosse capitato qualcosa di grave, il che non era da escludere: il suo atteggiamento era preoccupante.

Era stato proprio in previsione di situazioni difficili che, durante le vacanze, nei pochi momenti liberi tra un litigio con Ron e l'altro, aveva chiesto a Harry di avere in prestito la Mappa del Malandrino. Il suo caro amico non aveva perso l'entusiasmo di fronte alla possibilità di infrangere un po' le regole, pur essendo ormai indirizzato alla carriera di Auror, per cui le aveva dato la Mappa senza nemmeno chiederle per cosa le servisse, ma solo ricordandole di farne buon uso.

Chiusa tra i tendaggi del suo letto a baldacchino, Hermione accese il Lumos e aprì la Mappa pronunciando la formula: giuro solennemente di non avere buone intenzioni.

Sulla pergamena ingiallita ricomparve gradualmente dell'inchiostro nero a tratteggiare i confini del castello. Numerosi puntini, affiancati da altrettanti nomi e cognomi, sostavano in corrispondenza delle quattro Sale Comuni. In giro per Hogwarts a quell'ora della notte c'erano soltanto Gazza e la sua gatta, un paio di insegnanti riuniti in Sala Professori e Draco Malfoy.

Hermione avvicinò gli occhi alla pergamena: si trovava in cima alla Torre di Astronomia. Cosa stava facendo lassù? L'aveva già fatto altre volte? Non le piaceva. C'era qualcosa nella cupa indolenza di Malfoy che non lasciava presagire nulla di buono.

Proprio mentre Hermione si decideva ad andare a controllare di persona, il puntino col nome del ragazzo si mosse. Il suo nome sulla Mappa proseguì spedito fino ai Sotterranei e poi dentro la Sala Comune di Slytherin. Qualunque cosa fosse successa, il pericolo era rientrato, ma Hermione era ben lontana dal sentirsi tranquilla.

Rivide Malfoy il giorno dopo, a lezione di Erbologia. Apatico come sempre, per potare il suo Artiglio del Diavolo si era appartato su di uno dei tavolini più sbilenchi delle serre, da dove però aveva il piacere di dare le spalle ai compagni. La sua mano era ferma, e per questo riusciva a lavorare sul suo esemplare meglio di molti altri che, essendo più nervosi, scuotevano la pianta così tanto da indurla a muovere i rami, che di conseguenza cercavano di stringersi attorno alle loro dita.

In breve tempo, attorno a Hermione si creò una confusione di rami imbizzarriti, foglie sparse e gridolini di spavento. Le piante di alcune delle sue compagne, Ginny compresa, si erano fatte talmente irrequiete da impedirle di lavorare alla sua.

"Ferme, ferme! Che state combinando, qui?" Brontolò la tozza professoressa Sprite. "State disturbando la signorina Granger! Spostati cara, cercati un altro posto mentre io rimedio a questo pasticcio..."

Hermione non poteva sperare in un'occasione migliore. Sollevò con delicatezza il proprio vaso e lo portò allo stesso tavolo in cui stava lavorando Malfoy. Lo fece sembrare una casualità, e per questo finse di non avere avuto abbastanza forze per trasportare la pianta più lontano. La recita non ingannò l'antico rivale, che la guardò in cagnesco non appena lei fu di ritorno con la tenaglia in mano e un sorriso soddisfatto.

"Spero che il tuo concetto di fare l'impossibile non significhi infastidirmi a lezione." Sussurrò seccato verso di lei.

"Sto solo potando il mio Tranello del Diavolo, Malfoy. Non siamo costretti a fare conversazione solo perché occupiamo lo stesso tavolo." Rassicurato da quella risposta, lo Slytherin continuò il suo lavoro in silenzio, pur sempre diffidente. "Ad ogni modo, non siamo nemmeno costretti a ignorarci." Riprese lei, con somma irritazione di Draco. "Hai passato delle buone vacanze?"

Lui la fissò contrariato per un po', prima di rispondere sarcastico:

"Davvero ottime. Non sono mai tornato a casa, sono rimasto qui da solo."

Hermione perse la voglia di sorridere. Non aveva dimenticato che i Malfoy fossero ancora a rischio ritorsione da parte di alcuni dei Mangiamorte fuggitivi. La situazione non poteva certo fare bene al loro rampollo, il quale a sua volta stava già facendo i conti con se stesso e le conseguenze della guerra.

"Te l'hanno suggerito gli Auror?"

"L'ho deciso io." Ribattè lui con fermezza, senza accenno ad altre spiegazioni.

"Consolati, Malfoy." Asserì Hermione, dopo un momento di silenzio. Alle loro spalle, la professoressa Sprite stava girando per i tavoli. "Non è stato un Natale divertente per molte persone. I Weasley sono ancora in lutto per Fred... come se non bastasse, hanno dovuto sopportare i continui litigi tra me e Ron. Delle scene patetiche di cui mi vergogno da morire."

Cadde il silenzio. Hermione non sapeva perché si fosse confidata con lui. Le era parsa la cosa giusta da fare per consolarlo e attirare la sua fiducia, ma allo Slytherin, chiaramente, non interessava nulla della sua vita privata.

"Perché hai litigato con Weasley?" Le domandò a sorpresa.

"Niente di grave, in realtà. Il problema è che Ron non dà il massimo quando è sotto stress. Tu lo sai già, dato che al sesto anno gli hai scritto quell'insopportabile canzoncina sperando di esasperarlo! Diventerà un Auror e l'addestramento non è esattamente una passeggiata, per cui..."

"Scarica su di te i suoi fallimenti? Merlino, Granger, non lo farei nemmeno io con la mia ragazza."

Malfoy, col suo passato, non era degno di parlar male di Ron, tuttavia Hermione si accorse di non avere voglia di rimproverarlo, perché aveva detto il vero. Il suo fidanzato non avrebbe dovuto stremarla in quel modo con le sue insicurezze.

"Non lo fa con cattiveria." Sentì il bisogno di specificare. "Lo conosco bene. Ha soltanto paura di non essere alla mia altezza e che prima o poi mi stancherò di lui. Non dico che abbia senso, ma..."

"Ha ragione."

Hermione lo fissò, interdetta. Malfoy era concentrato a tagliare un altro ramo della sua pianta, indifferente alle sue stesse parole.

"Diresti qualsiasi cosa, pur di offendere i miei amici." Obiettò lei, non sapendo con certezza cosa pensare.

"Weasley non era il tuo ragazzo?"

"Rimane prima di tutto un mio amico."

"Non è comunque alla tua altezza. Ma a discolpa del suo stato di Purosangue, c'è che nessuno potrebbe mai esserlo."

La professoressa Sprite irruppe al loro tavolo per controllare il lavoro di Malfoy. La sua pianta era stata così ben potata che l'insegnante non ebbe altra scelta che complimentarsi con lui. La lezione terminò e, nel trambusto generale, Hermione perse di nuovo di vista il reticente Purosangue. Draco era stato il più rapido della classe a rimettere tutto in ordine e ad andare via, come se piuttosto stesse scappando da lei e dalla verità che si era appena lasciato sfuggire.

In un modo tutto suo, Draco Malfoy le aveva fatto un complimento. Lui, un Purosangue, si era posto da solo al di sotto di lei e a causa di questa umiliazione era scappato. Di colpo, mentre si toglieva i guanti e il grembiule sporco e fingeva di ascoltare Ginny che si lamentava del suo Tranello del Diavolo imbizzarrito, Hermione si pentì di non avere avuto i riflessi abbastanza pronti da pronunciare almeno un semplice grazie.

Quella notte, dopo essersi accucciata sotto le coperte del suo baldacchino, la Gryffindor si mise in cerca del nome di Malfoy sulla Mappa del Malandrino. Proprio come temeva, lo trovò sulla Torre di Astronomia. Ciò significava che il compagno era riuscito a passarle sotto al naso anche durante l'ultima ronda.

La Torre doveva avere un significato particolare per lui, se pur di andarci sfidava il freddo, i Prefetti e i professori. Volendo scoprire quale fosse, Hermione continuò a spiarlo per le sere successive, cercando di ottenere un quadro preciso dei tempi e delle modalità dei suoi spostamenti. Si accorse così che Malfoy sfidava la sorte quasi tutte le notti tra le ventidue e mezzanotte, in quel lasso di tempo in cui le ronde terminavano e Gazza batteva i corridoi dell'ala opposta.

Durante il giorno, Malfoy era sempre tetro e taciturno, impegnato soprattutto a evitare la Granger e i suoi palesi tentativi di riprendere il discorso che avevano lasciato in sospeso. Per quanto lo Slytherin la irritasse, Hermione non poteva che sentirsi benevolente nei confronti di qualcuno che aveva schiacciato il proprio orgoglio per riconoscere il suo valore. Decise così di aiutarlo e la notte, durante le ronde, prese ad accertarsi che il percorso tra i Sotterranei e la Torre di Astronomia rimanesse sgombro.

Una sera, poco prima di addormentarsi - dopo essersi accertata, spiando sulla Mappa, che Malfoy fosse rientrato al suo dormitorio - iniziò a ripensare al loro bacio. Non sembrava più così tremendo. A volte le capitava di sognare Ron, ma quella notte i capelli del suo fidanzato si tinsero di un biondo chiarissimo; scambiò con lui un bacio violento, del tutto simile a quello avuto con Malfoy, e in preda al panico si risvegliò.

Lo stesso sogno si ripetè per alcune notti, e ciò costrinse Hermione a cercare una spiegazione logica. In cuor suo era contenta che un idiota come Malfoy fosse riuscito ad apprezzarla, ma il comportamento dello Slytherin era stato così inaspettato da averla confusa. Pensò che la sua mente si stesse sfogando immaginando di baciarlo, perchè lei non aveva ancora elaborato l'accaduto.

Ron ritornò bruscamente al centro dei pensieri di Hermione un sabato quando, dopo tanti giorni di silenzio, ricevette una sua lettera con la posta del mattino.

Era lunghissima: tre fogli di pergamena segnati da una scrittura frettolosa, in cui Ron alternava frasi di rammarico ad altre velate accuse di stampo passivo-aggressivo. Hermione si innervosì talmente tanto che non riuscì a leggerla per intero. Giunta alla seconda pagina, ne fece poltiglia e la lasciò annegare nella zuppa.

Si alzò e andò via dicendo a Ginny di non avere più fame. Uscendo dalla Sala Grande si accorse che la curiosità dell'amica aveva avuto la meglio: la vide ripescare la pergamena fradicia dal piatto, così da riunire i pezzi e scoprire in quale altro modo innovativo quell'idiota di suo fratello avesse deciso di rovinarsi la vita.

Quando, più tardi, le due ragazze si rividero per andare a Hogsmeade, Hermione scoprì cosa contenevano quelle ultime righe che lei aveva annegato nei fiocchi d'avena con tanta veemenza.

"Ha detto che lo troverai a Hogsmeade, alla Testa di Porco, esattamente tra cinque minuti." Spiegava Ginny indifferente, mentre superavano il cartello che annunciava l'ingresso al piccolo villaggio.

"Un posticino di classe, degno del suo nuovo umore." Commentò lei, ripensando furiosa a tutte le accuse infondate che le aveva rivolto nelle lettere. "Pensi che dovrei andare?"

Ginny scrollò le spalle.

"Se non volessi incontrarlo, ti capirei. Puoi stare con me e Harry. Ci sarà anche lui, ma noi andremo ai Tre Manici di Scopa."

Hermione sospirò amaramente. Non poteva fare da terzo incomodo a Harry e Ginny. Non era giusto - anche loro stavano insieme da poco - e non ne aveva voglia. Doveva solo farsi coraggio e incontrare Ron. Poteva essere l'occasione giusta per risolvere i loro problemi una volta per tutte.

Tuttavia, dopo un accorato quanto breve faccia a faccia - che aveva dato di che ridere a qualche vecchio mago annoiato - l'aspirante Auror si era Smaterializzato al Ministero e la Caposcuola di Hogwarts era fuggita all'aria aperta tra la neve, senza che i loro problemi di coppia avessero fatto dei passi avanti. Hermione cercò rifugio dietro al tronco di un albero, che era distante dalla strada e si affacciava sulla Stamberga Strillante, e si sedette ai suoi piedi.

Aveva voglia di piangere. Odiava litigare con Ron, ma lui non le dava altra scelta. Non poteva permettergli di insultarla in quel modo, lasciandosi addirittura accusare di essere una bacchettona incapace di accettare le scuse, pur sapendo che era invece Ron quello che si teneva sulla difensiva, giustificando i propri sbagli con la scusante del "mi hai costretto tu".

"Sembra che ti occorra un Boccino di cioccolato."

Malfoy era apparso accanto a lei come per magia. Letteralmente. Non c'erano impronte sulla neve. Hermione non riuscì a spiegarsi quel lampo di gioia che l'aveva attraversata nell'istante stesso in cui aveva riconosciuto la sua voce. Dapprima, non si accorse nemmeno che lui le stesse offrendo qualcosa: aveva in mano un pacchetto, identico a quello che lei gli aveva regalato per Natale dopo averlo visto litigare con Astoria.

Hermione lo afferrò, sfiorando le dita del ragazzo coperte dai guanti di lana verde. La frase all'interno del Boccino recitava:

Datemi una leva e solleverò il mondo.

Incrociò lo sguardo triste di Malfoy, intento a studiare la sua reazione, e per la prima volta pensò di lui che fosse veramente bello. Lo era sempre stato, certo, e Hermione non aveva mancato di notarlo neanche nei momenti in cui lo aveva detestato di più; tuttavia, la sua bellezza era un dono che non si era guadagnato e che non lo definiva. Ciò che lo rendeva desiderabile era la sua luce interiore, che era debole e traballante, ma c'era. Hermione l'aveva vista quando lui aveva parlato di Astoria, quando si era lasciato sfuggire di non sentirsi alla sua altezza, e ora col dono del Boccino.

Qualcosa scattò in lei, e stavolta seppe di essere attratta da lui. Ponderò su quell'incredibile sensazione, trovandola strana e inaspettata, sbagliata nei confronti di Ron, ma in fondo non così tremenda come avrebbe immaginato. Non era cotta di Malfoy. Era solo incuriosita. Aveva conosciuto sempre e solo un Draco malvagio, e ora si chiedeva chi altro ci fosse in lui.

"Grazie, Malfoy." Lo ringraziò, sinceramente colpita. "Non sai quanto ne avevo bisogno."

Draco si mise a sedere poco distante da lei, davanti ad alcuni cespugli, e rispose:

"Invece credo di saperlo. Diciamo pure che lo sa tutta la scuola. Le vostre urla si saranno sentite fino al Castello."

Hermione si coprì il viso con le mani, accucciando il Boccino in grembo.

"Oh no. È così imbarazzante!"

"A me non dispiace di non essere più il solo a provare imbarazzo in questa scuola." Commentò lui, con la sua apatia pungente.

Hermione voleva chiedergli se era questo il motivo per cui ogni notte correva a isolarsi alla Torre di Astronomia, ma non parlò. Era già sorprendente - e prezioso - il fatto stesso che le avesse rivolto la parola per primo e che addirittura le avesse portato un regalo.

"Spero che un giorno si sistemerà tutto." Gli disse. "Per me, per te, per tutto quanto. Dobbiamo solo crederci, Malfoy. Insistere, fino a quando non otterremo ciò che vogliamo veramente."

"Tu cosa vuoi?" Le domandò prontamente. Sembrava interessargli davvero. "A parte diventare Ministro della Magia, intendo, perché quello mi sembra evidente."

Hermione non capiva se fosse serio o meno, ma sorrise lo stesso perché aveva indovinato. Iniziava a piacerle davvero.

"Voglio rendermi utile." Rispose. "E fare la pace con Ron. Tu invece? Sai già cosa vuoi?"

Malfoy si bloccò. Si abbracciava le gambe aperte, i piedi affondati nella neve. Fissava davanti a sé. Hermione notò che il suo sguardo solitamente spento si era dipinto di un caldo bagliore per la durata di un istante. Lo spostò su di lei, ma lo distolse subito.

"Forse." Fu l'unica parola che pronunciò.

Nascosti tra gli alberi e i cespugli, Draco e Hermione rimasero seduti vicini, in silenzio, per molto tempo. Godevano del brusio delle foglie mosse dal vento e del suono delle chiacchiere felici che arrivavano dalla strada. Tutt'intorno, c'era una pace che raramente avevano sperimentato in vita loro. Un Purosangue e una Mudblood si erano isolati nella neve, facendosi compagnia, eppure andava tutto bene.

 

 

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Capitolo 4
*** Flashback 4 - Finale ***


 
 

Febbraio/Giugno 1999

Draco chiuse gli occhi. Poggiò la nuca alla parete e lasciò che il gelo stordisse i suoi sensi. Era stanco. Voleva smettere di pensare, almeno per una sera. Perchè era così difficile? Se solo la neve freddasse il suo corpo e portasse via la sua anima, forse ritroverebbe la pace.

Guardò davanti a sè il punto esatto in cui Silente era precipitato davanti ai suoi occhi. Rivivere quel ricordo poteva essere doloroso, ma allo stesso tempo era un sollievo. Ed era strano, ma spesso avvertiva il bisogno di riprovare quella sensazione. Quando non poteva farne a meno, attraversava il Castello in piena notte e raggiungeva di soppiatto la Torre di Astronomia.

Da solo, al buio, Draco meditava sulla propria vita e cercava un modo per andare avanti. Mancavano pochi mesi alla fine della scuola, ma era dura, e il futuro fuori da quelle mura era incerto. Il mondo in cui era cresciuto era crollato davanti ai suoi occhi e i valori in cui credeva erano diventati obsoleti. Il rapporto coi suoi genitori - in particolare col padre - si era incrinato durante la guerra, per cui non gli restavano più certezze alle quali aggrapparsi.

Il suo futuro somigliava a una massa informe di solitudine e desolazione.

Astoria lo cercava ancora. Draco l'aveva incontrata in Sala Comune quella sera stessa, poco prima di fuggire verso la Torre, mentre aspettava che i compagni andassero a letto. Si era seduto comodo sul divano, vicino al camino, quando lei era venuta a salutarlo timidamente.

"Come mai ti vedo qui tutte le sere?" Gli domandò Astoria, dopo alcune frasi di circostanza. La sua tipica dolcezza era equilibrata dalla forza d'animo.

"Ti risulta che abbiamo un'altra Sala Comune?"

Draco non parlava con lei da settimane. Quasi gli dispiacque che le prime parole che le rivolgeva fossero tanto scortesi.

Lei lo scrutò per un momento, poi incrociò le braccia e abbassò lo sguardo. Qualcosa la turbava, e non si trattava della loro rottura.

"Vorrei che me lo dicessi se stai frequentando un'altraLo so che non mi riguarda, è solo che... Ho bisogno di saperlo."

Lo fissò dritto negli occhi, in attesa di una risposta che sembrava estremamente importante per lei.

"Non c'è nessuno, Tori." La rassicurò Draco, con un sospiro. Il suo interesse l'aveva commosso. "Se avessi una ragazza, saresti tu."

Astoria mosse le palpebre diverse volte. I suoi occhi si erano inumiditi.

"E la Granger?" Gli domandò ancora, e la sua voce si spezzò nel pronunciare il nome di Hermione.

Draco non sapeva come avesse scoperto di lei. I suoi principali contatti con la Granger avvenivano a lezione, quando lei gli si sedeva accanto e lo costringeva a scambiare qualche parola.

"La Granger sta ancora combattendo per la sua causa, che in questo caso sono io." Si affrettò a spiegarle. "Ha promesso alla McGranitt che sarei arrivato sano e salvo alla fine dell'anno. È solo per questo che ogni tanto me la ritrovo tra i piedi. Pensi davvero che vorrei mai toccare una come lei?"

La domanda aveva fatto storcere il naso ad Astoria. Non volle però correggerlo, e prima di andare via disse soltanto:

"Sono contenta che non sei da solo. Non voglio che tu lo sia. In effetti, non conosco nessun'altra che sarebbe giusta per te come lo sarebbe Hermione."

Che idea assurda. Astoria era una cara ragazza, ma i suoi ragionamenti gli davano il mal di testa. La Granger era l'unica figura femminile - nonché unico essere umano - al quale Draco aveva concesso confidenza, ma era anche l'ultima persona che avrebbe mai dovuto avvicinare.

Certo, c'era qualcosa di nobilitante nel sapere che l'eroina del Mondo Magico si preoccupasse per lui, e Draco di tanto in tanto si era sentito come se la Granger gli piacesse, ma a conti fatti non c'era altro. Non poteva immaginare di uscire con lei seriamente.

Non ci riusciva. In quanto Purosangue, buona e comprensiva, Astoria era l'unica ragazza che avrebbe dovuto sposare; la Granger, invece, era solo la prova vivente di ciò che lui non sarebbe mai diventato.

Il pensiero lo innervosì. Si alzò da terra e camminò verso il parapetto della Torre di Astronomia. Guardò giù, verso il terreno ghiacciato di Hogwarts, e quelle altezze vertiginose gli parvero confortevoli tanto quanto delle amiche fidate. Proprio quelle altezze che avevano già ucciso un uomo, e che continuavano a farlo ogni notte nella sua mente.

"Cosa c'è di sbagliato in me?" Domandò Draco in un sussurro, all'oscurità della notte. "Perchè non posso essere come tutti gli altri?"

Era così confuso. Non credeva più fino in fondo alle regole della sua famiglia, ma allo stesso tempo non riusciva a lasciarle andare. E sapeva che fosse questo il principale motivo per cui non poteva pensare a Hermione senza impazzire.

Quando la Granger si sedeva accanto a lui, Draco sapeva di volerla baciare ancora. La odiava in quanto Mudblood, ma voleva toccarla più di quanto avesse voluto toccare Astoria. Se Tori meritava il suo rispetto, Hermione meritava tutto se stesso.

E questo era inaccettabile.

L'idea di precipitare giù come Silente sembrò più allettante che mai. Se avesse smesso di esistere non avrebbe più dovuto lottare con se stesso, o avere incubi sul passato e paura del futuro. Sarebbe stato bene.

Alzò un piede e lo poggiò al muretto. Cercava il brivido, voleva testare il proprio sconforto per capire quanto fosse grande. Quando portò entrambe le gambe a penzoloni e si sedette verso il nulla, si sentì felice per la prima volta dopo tanto tempo e capì che il suo desiderio di morte era reale.

Se si fosse dato anche solo una minima spinta sarebbe precipitato, eppure non c'era paura in lui. I suoi impulsi erano sotto il suo totale controllo e non gli avrebbero impedito di perdere l'equilibrio: pienamente cosciente di sè, toccava a lui decidere se e quando buttarsi giù.

"Oh mio Dio." Mormorò una voce strozzata alle sue spalle. "Malfoy, perchè sei lì? Non lo sai che è pericoloso?"

La Granger. Il suo arrivo mise a dura prova i suoi nervi, e qualcosa dentro di lui gli suggerì di farlo, di buttarsi giù, pur di scappare dai propri sentimenti confusi.

"Dovevo aspettarmelo che prima o poi mi avresti trovato. Neanche mia madre mi ha mai controllato quanto te. Inizialmente mi infastidiva, ma ormai ne sono lusingato, Granger." Le disse, e si dondolò sullo strapiombo solo per farle dispetto. "Posso sapere come ci sei riuscita?"

Le pupille di Hermione seguivano i suoi movimenti con vivo terrore. Era splendida, quando si preoccupava per lui.

"Ho i miei mezzi, Malfoy, e ti avevo promesso che avrei fatto l'impossibile per salvarti. Sapevo già da un pezzo che venivi qui la notte, ma non immaginavo... Ti prego, scendi di lì, non riesco a parlare con te in questo modo."

"Da che parte vuoi che scenda, Granger?" Le domandò con un ghigno. Amava disperatamente vederla in preda al panico per lui. S'inclinò in avanti, e lei urlò. Fece pochi passi nella sua direzione e disse, scandendo attentamente le parole:

"Girati e rimetti i piedi ben saldi a terra, qui sulla Torre!"

"Come mai hai paura che mi butti di sotto? Cos'è, adesso ti sta a cuore la mia vita? Eppure io non ho impedito che mia zia ti torturasse. Avrebbe potuto ucciderti, e io sarei rimasto a guardare. Ora hai l'occasione per vendicarti, perchè non te la godi?"

"Non farlo!" Hermione urlò disperata, portando una mano in avanti, come a volerlo agguantare a distanza. Chiaramente pensava che, più si fosse avvicinata, più velocemente lui si sarebbe buttato. E Draco pensò che forse, messo alle strette, lo avrebbe fatto.

"Perché non dovrei?" Urlò lui di rimando. "Non ho più un posto nel mondo. Ho perso tutto quello in cui credevo, ho perso me stesso, non so più che cosa sono, cosa devo fare... È proprio qui che avrei dovuto uccidere un uomo, ed è proprio in questo punto che Silente è morto. Lasciamelo fare, fammi togliere il disturbo per sempre, Granger..."

"Tu non lo pensi davvero! Non vuoi morire!" Ribattè Hermione. Era senza fiato. "Pensa a quante opportunità perderesti, se ti arrendessi proprio adesso! Non puoi cambiare il tuo passato, è vero. Ma cosa ti impedisce di cambiare il tuo futuro?"

Draco scosse la testa. Sfidare la Granger era iniziato come un gioco, ma più parlava più sentiva i suoi veri pensieri uscire fuori, e il suo desiderio di morte diventare più forte e chiaro che mai. Dovette aggrapparsi alla pietra: il suo istinto di sopravvivenza aveva captato il pericolo, la volontà inconscia di buttarsi davvero.

"Non posso farlo." Le disse, avendo la certezza di quanto fosse vero.

"Sì che puoi, dipende solo da te!"

"Invece non posso! Io non sono il tuo ragazzo filobabbano. Io ho un nome, una famiglia, un sangue da portare avanti. Non posso scappare da queste cose!" Hermione stette in silenzio, e Draco se ne risentì. Non doveva arrendersi, doveva continuare a parlargli, dargli una ragione per restare. "Voglio solo smettere di soffrire." Disse ancora lui in un sussurro, guardando nel buio davanti a sè.

"In queste settimane ho cercato di alleviare il tuo dolore. Scusa se non ci sono riuscita." La voce di Hermione si era fatta più vicina. Poteva sentire meglio anche il suo profumo. "Sei cambiato così tanto. Un anno fa avrei creduto che non ci fosse alcuna speranza per te, ma ora... Ora so che c'è. E non voglio che tu la sprechi. Resta con me, Draco."

Draco si voltò a guardarla: la Granger l'aveva chiamato per nome.

Resta con me, Draco.

Perse il controllo e barcollò. Hermione lanciò un urletto e si precipitò su di lui. Lo tirò per un braccio, e tenendolo stretto lo aiutò a girarsi su se stesso e a scendere dal parapetto. Anche quando ebbe rimesso i piedi a terra, la strega continuò a stringerlo, come se cercasse di tenerlo in salvo col proprio peso. Era così vicina che Draco sentiva il suo respiro addosso. Ansimava e qualcosa brillava intorno ai suoi occhi.

"Stai piangendo per me?" Osò domandarle.

"Sì, razza di stupido." Rispose lei, asciugandosi rapidamente le guance.

"Perchè?"

Hermione abbassò lo sguardo. Lo strattonò per il colletto della camicia e gli premette la fronte al petto, ma si allontanò quasi subito, accortasi di ciò che aveva fatto. Draco però l'aveva già afferrata per le spalle e l'aveva avvicinata di nuovo a sè. Il contatto dei loro corpi li fece rabbrividire entrambi, e per qualche istante rimasero in silenzio, vicini, a calmare il respiro e ad ascoltare i loro colpi fremere.

"Andrà tutto bene, Malfoy." Gli disse dolcemente.

Draco scosse la testa: "Non puoi salvare il mondo intero."

"Se riesco a salvare te è come se l'avessi fatto."

Poteva baciarla. Lei lo voleva, lo percepiva da come aveva socchiuso le labbra, fissandolo coi suoi occhi pieni di sollievo e stupore, quanto dovevano esserlo anche i suoi. Voleva toccarla, ma per quanto ne sapeva stava ancora con Weasley.

Soprattutto, lei era ancora una Mudblood e lui un Malfoy. Non riusciva a superare quel limite imposto dalla natura, nè a staccarsi dall'idea che stare con lei volontariamente, provando sentimenti lontani dal puro disprezzo, fosse un abominio. Eppure la voleva, come non aveva mai voluto niente al mondo.

Le passò una mano sulla guancia, trovandola ancora bagnata. Si sentiva fuori dal corpo, come se stesse volteggiando in una realtà oltre il tempo e lo spazio. Come se fosse già morto e avesse raggiunto il paradiso. Niente esisteva, se non il viso di Hermione a un palmo di naso dal suo, la sua pelle morbida e le parole che gli ronzavano nelle orecchie: Se riesco a salvare te è come se l'avessi fatto.

"Dimmi che mi ami."

Osservò Hermione riscuotersi e sbattere le palpebre confusamente.

"Cosa?" Esclamò, colta di sorpresa.

"Allora vattene." Le intimò lui, sentendo affacciarsi nel petto rabbia e delusione. "Se non provi niente per me, non hai il diritto di fermarmi."

Hermione lo fulminò seriamente: "Come puoi pretendere che io ti ami, dopo tutto quello che mi hai fatto? Se cerco di aiutarti non significa che mi sono innamorata di te, significa solo che cerco di fare la cosa giusta."

"Bugiarda. Ma non importa, non voglio sentire le tue menzogne così come non voglio la tua pietà."

"Se anche provassi qualcosa per te... e dico se!... questo non sarebbe il momento giusto per dirtelo. Tu devi amare la tua vita a prescindere dai miei sentimenti per te. Solo se prima salvi te stesso avrai abbastanza coraggio per amare gli altri."

"Forse quel momento è adesso."

Hermione strabuzzò gli occhi. Anche Draco rimase colpito da se stesso. Le aveva appena confessato di provare qualcosa per lei?

"Io non credo... Non ora." Rispose lei in imbarazzo. "Forse però è il momento di dimostrare che sei cambiato davvero."

Gli offrì la mano. Draco la prese, e per la prima volta gli sembrò la cosa più naturale del mondo.

"Quando sarà il momento giusto." Gli mormorò Hermione, e qualcosa nel suo sguardo gli lasciò intendere che lo avrebbe aspettato anche lei.
 

*

 

L'intera scuola era di nuovo in fermento per l'inizio delle vacanze di Pasqua. Approfittando del clima festaiolo che aveva distratto sia gli alunni e che i professori, Draco era riuscito a sgattaiolare sulla Torre di Astronomia in pieno giorno senza essere visto.

Aveva bisogno di stare da solo. Era esausto, non sopportava più i volti felici e spensierati dei suoi compagni. Era una fortuna che non li avrebbe più rivisti per due settimane. Sedette per terra, osservando il cielo pumbleo e rammaricandosi di poter sentire le chiacchiere allegre degli studenti anche da quell'altezza.

Quando credette di avere ritrovato la calma, ecco sopraggiungere dei passi. Qualcuno era entrato e aveva richiuso piano la porta. Draco non si voltò. In qualche modo, sapeva che era di nuovo lei. Riconobbe il suo profumo quando la sentì camminare, e si soffermò ad analizzarlo. Sapeva di pesca.

Tenendo la gonna perchè restasse dritta, Hermione andò a sedersi per terra accanto a lui. I loro gomiti erano a contatto oltre i vestiti.

"Sono venuta a salutarti, nel caso non ci rivedessimo prima di domattina." Gli disse la ragazza. "Sto tornando a casa."

Draco annuì con un grugnito. I loro rapporti erano cambiati dall'ultima volta che si erano incontrati sulla Torre. Erano tornati a sedersi lontani durante le lezioni, ma con lo sguardo si cercavano ancora. Le parole non servivano più. Il modo in cui i loro corpi si rilassavano quando si vedevano, parlava per entrambi.

"A casa tua o alla catapecchia dei Weasley?" Domandò lui, pungente.

Hermione si morse il labbro. La Donnola era uno di quegli argomenti scottanti che non avevano più affrontato.

"Alla Tana." Ammise la strega in imbarazzo. "Ma è l'ultima occasione che darò a Ron. Se continueremo a litigare come abbiamo fatto finora, è finita."

"Buona fortuna."

Sembrò che Hermione si aspettasse una reazione diversa da parte sua. Aspettò che Draco dicesse qualcos'altro, ma il ragazzo tenne la mascella ben serrata. Cosa accidenti voleva quella dannata strega da lui? Se le avesse detto di mollare quello sfigato per lasciare che un Purosangue che non poteva darle nient'altro la scopasse per sempre, l'avrebbe fatto? La voleva anche subito, tutta per lui, ma voleva anche che sparisse così che non potesse più contaminarlo con la sua sporcizia.

"Tu tornerai a casa?" Domandò lei. Aveva esalato un lungo respiro di rassegnazione.

"No."

"È ancora una tua scelta, come a Natale?"

"Sì." Non voleva darle spiegazioni, ma sentiva il suo occhio attento ancora su di lui, e gli sembrò di doverlo fare. "Qui sto bene." Spiegò, accennando alla Torre. "C'è tanta pace."

Nel giorno della partenza, la scuola si svuotò a una tale rapidità che era stato come se qualcuno avesse lanciato sul castello un Incantesimo Silenziatore. Draco trascorse l'intera giornata sulla Torre di Astronomia, senza nè bere nè mangiare, soltanto osservando il cielo passare dal giorno alla notte.

Con l'arrivo del buio, Draco fu di nuovo turbato da strani pensieri. Non gli era più successo da quella sera che gli tornasse la voglia di sfidare la forza di gravità. La minuscola speranza che Hermione aveva acceso in lui era bastata a distrarlo. Ma ora lei non c'era più.

Se n'era andata da Weasley, forse in quel momento erano a letto insieme, e l'immagine apparsargli in mente gli fece venire voglia di strapparsi i capelli.

Pensò anche ai suoi genitori, a sua madre che in quel momento stava piangendo questo figlio che non voleva rivederli, sempre attenti a non farsi ascoltare dagli Auror che bivaccavano nelle stanze del Manor.

E ad Astoria, che tornata dai Greengrass stava forse ascoltando sua sorella parlare male di lui e dirle di dimenticarlo una volta per tutte.

Ogni suo pensiero era deprimente. Draco si avvicinò di nuovo al parapetto, guardò giù e cercò il coraggio di sedersi sullo strapiombo, ma stavolta non lo trovò. Nemmeno il continuo ricordo della morte di Silente fu abbastanza distruttivo da persuaderlo.

Ritornò alla Torre anche il giorno dopo, e lì rimase a meditare in solitudine fino al pomeriggio, quando inaspettatamente sentì dei passi. Prima gli parve di averli immaginati, poi ipotizzò che dovesse trattarsi della professoressa Sinistra e si preparò a ricevere la ramanzina. Non si voltò, lasciando che la testa ricadesse contro il muro, quando vide che qualcuno andava a sedersi di nuovo accanto a lui.

Hermione.

Portava ancora una sciarpa e la giacca a vento, come se fosse appena tornata da un lungo viaggio. Ed era di buonumore.

"Non fare quella faccia sorpresa, Malfoy. Te l'avevo detto, era l'ultima possibilità. È finita, l'ho lasciato."

Allentò la sciarpa attorno al collo e aprì i primi bottoni della giacca per stare più comoda. Draco si girò per guardarla meglio, tanto per essere sicuro che non fosse un'allucinazione causata dal prolungato isolamento.

"Perché non sei andata dalla tua famiglia?" Le domandò. Il suo cuore batteva forte, ma la diffidenza aveva preso il sopravvento.

"Loro sono già in vacanza in Australia."

Aveva fatto bene a non fidarsi: la Granger non era tornata per lui. Hogwarts era l'unico posto in cui poteva tornare, a meno di non trascorrere le vacanze in una casa babbana vuota.

"Beh, non credere di poter restare qui." Sbottò Malfoy. "Questa Torre è mia. Non voglio essere infastidito con le tue storie sulla Donnola."

Hermione sgranò gli occhi: "È tutto qui quello che sai dirmi?" Draco tornò ad appoggiarsi al muro e reagì soltanto con una smorfia sprezzante. Hermione, incredula, si sollevò da terra. "Scusa il disturbo, Malfoy. Evidentemente ho sbagliato a crederti."

Si avviò velocemente verso la porta, ma Draco si rialzò in fretta e gridò:

"Aspetta!" Lei si fermò di botto. Osservò la sua schiena e quel cappotto avano coperto per metà dalla sua chioma di ricci vaporosi. "Puoi restare."

Hermione tornò indietro, ma si era offesa, e Draco si rese conto di essere stato uno stupido. Lei era lì per lui. Qualsiasi strana passione avesse maturato per la Mudblood nel corso di quei mesi, ora poteva consumarla. Il loro momento era arrivato.

"Non devo rimanere per forza se non mi vuoi. Non ho alcuna intenzione di farmi trattare come se fossi un fastidio anche da te."

Si avvicinò a lei. Vedeva che il suo fiato si era fatto più corto e che le sue palpebre si erano dolcemente abbassate. Imbarazzo, passione, paura, non erano soltanto prerogative di Draco. Anche lei aveva bisogno di certezze.

"Lo sarai soltanto se non starai zitta." Le disse in un sussurro, poi l'afferrò per la nuca e la baciò.

Era stato come la prima volta, con la differenza che Hermione non stava più subendo qualcosa di indesiderato. Anche lei gli aveva afferrato i capelli, le loro labbra si erano incastrate e loro lingue si toccavano timidamente.

Draco fece scivolare una mano lungo i suoi fianchi, ma lo spessore della giacca gli impediva di toccarla. Ringhiò di frustrazione sulle labbra della Granger, le sue gambe si fecero molli e lei gemette. Avrebbe voluto spogliarla, ma si accontentò di abbracciarla e si concentrò sulle sue carezze.

Presto nulla di tutto ciò fu sufficiente, e anche Hermione se ne sarebbe accorta se non ci fosse stata la giacca a separare i loro corpi. Tuttavia, qualcosa nella nuova foga che stava nascendo tra loro la impaurì lo stesso.

"Sta succedendo troppo velocemente." Gli disse, ritraendosi appena per osservare le sue labbra gonfie.

Lo pensava anche lui, ma non ritenne necessario ammetterlo. Avevano bisogno di tempo per capire cosa stava succedendo. Ma anche di una stanza calda, di un letto comodo, e sicuramente di indossare meno vestiti possibile.

Poi Hermione si tolse la sciarpa, la gettò per terra e sbottonò il resto della giacca. Nella ritrovata comodità, piombò di nuovo sulle labbra di Malfoy.

"Hai cambiato idea in fretta." Mormorò Draco, ridendo mentre rispondeva ai suoi baci focosi.

Avrebbe fatto meglio a tacere. Hermione si distaccò di nuovo e lo fissò del tutto incredula.

"Devo andare." Disse, e recuperò la sua sciarpa da terra. "Ci vediamo a cena."
 

*

 

A parte i professori, Draco e Hermione, dell'intera scuola erano rimasti soltanto uno studente di Ravenclaw e uno di Hufflepuff, e tutti si riunivano a colazione, pranzo e cena su di un'unica tavolata, al centro della Sala Grande, che aveva sostituito le precedenti quattro.

Quella sera e per tutto il giorno dopo, Hermione sedette il più lontano possibile da Draco, il quale non se ne dispiaceva. Non avrebbe comunque voluto farsi notare in pubblico con una Mudblood, soprattutto con quella Mudblood. Nessuno gliene avrebbe fatto una colpa, tuttavia si trattava di un cambiamento troppo radicale per il quale non era ancora pronto.

Assecondò il bisogno di riflessione di Hermione e continuò a passare il suo tempo sulla Torre in solitudine. Una sera, quando era ormai tardi, pensò di non voler incontrare nessuno e tornò dritto in dormitorio saltando la cena. Arrivato al passaggio segreto di Slytherin, però, Draco trovò Hermione ad aspettarlo. Erano di nuovo da soli, terribilmente vicini al suo letto, e il sangue cominciò a ribollirgli nelle vene.

"A quanto pare, ci siamo evitati a vicenda." Iniziò a dire Hermione. "Hai ancora voglia di parlarmi? Perchè lo capirei se non volessi. Questa storia è surreale sia per te che per me."

Draco annuì. Voleva ancora parlarle, e sì, quanto stava succedendo tra loro aveva dell'incredibile.

"Baciarti è stata la più eccitante pazzia che abbia mai fatto. Ci ho pensato a lungo." Continuò Hermione. "A noi due, a chi siamo e a ciò che rappresentiamo l'uno per l'altra. È dura pensare che possa funzionare, eppure... Desidero conoscerti, Draco. Voglio scoprire chi sei davvero, perchè quel poco che mi hai lasciato vedere mi interessa. Se per te è stato lo stesso, se lo vuoi anche tu, mi piacerebbe uscire con te."

Draco ebbe un sussulto. Uscire con la Mudblood. Come poteva una cosa così sbagliata sembrare anche così giusta? La paura gli toglieva il fiato, ma allo stesso tempo si sentiva attratto da lei. Dai suoi occhi intelligenti e insicuri, dal modo vulnerabile in cui si era esposta; dal suo seno formoso che si muoveva al ritmo rapido del suo respiro, dalle labbra morbide che aspettavano un suo bacio. Decisamente, la voleva.

"Vuoi entrare?" Le domandò, prima di poterselo impedire.

Hermione annuì dopo un momento di esitazione. Non era facile neanche per lei lasciarsi anni di umiliazione alle spalle per iniziare qualcosa di completamente nuovo con lui. Si lasciò guidare comunque nel covo degli odiosi Slytherin che l'avevano derisa fin dal suo primo anno, e seguì Draco fino al suo dormitorio vuoto.

Non avevano scambiato una sola parola, ma giunta davanti al suo letto la ragazza sembrò avere dei ripensamenti. Incastrò le dita tra i propri ricci e il suo fiato diventò più corto. Il loro rapporto stava diventando troppo reale.

"Forse non dovremmo." Disse la strega.

"Perchè sei venuta qui se non volevi questo?" Draco la sovrastava con la sua altezza. Era a sua volta così teso che era riuscito soltanto a essere sgarbato, ma in cuor suo avrebbe voluto spiegarle che la capiva. Che averla nella sua stanza di Slytherin era tra le cose più incredibili che gli fossero mai capitate. E che anche lui era terrorizzato all'idea di varcare quella soglia.

"Io non ho mai detto che non lo voglio. Tu, piuttosto, cosa vuoi da me? Perchè se il tuo scopo è soltanto questo, credo che dovrei saperlo." Ribattè Hermione indicando il suo letto perfettamente in ordine.

"Tu mi interessi, Granger." Le confessò, sapendo di non avere scelta. Sentirla ammettere di voler andare a letto con lui lo aveva fatto fremere. "Sono più che interessato a te. Non ti avrei mai portata qui solo per il sesso."

"Allora perchè non me lo chiedi?" Lo sguardo di Hermione si era acceso di speranza, e Draco per la prima volta la trovò incredibilmente tenera per rifiutarsi di farle quella domanda che pure gli sembrava un impegno troppo grande.

"Vuoi essere la mia ragazza, Granger?"
 

*

 

Carne contro carne, i loro corpi sudati scivolavano l'uno sull'altro in perfetta sincronia. Baciare e toccare quel corpo proibito aveva acceso in lui un fuoco dirompente che non si era più spento.

Ogni spinta era beatitudine, ogni gemito della strega più brillante della scuola lo rimetteva in pace con se stesso. Avevano perso la cognizione del tempo, ma quando finì sembrò accadere troppo presto. Draco si sdraiò accanto a lei, pronto a ricominciare.

Hermione si accucciò su di lui e gli toccò il petto timidamente. Scambiarono un bacio, e continuarono a guardarsi negli occhi, com'era stato per quasi tutto il tempo del loro amplesso, come se avessero bisogno di convincersi che stesse accadendo vero.

"Stai con me." Le disse Malfoy, sapendo che la stanchezza avesse abbassato le sue difese. "Non so cosa ne sarebbe stato di me senza te."

"Avresti lottato, perchè so che puoi farlo." Hermione passò con delicatezza il pollice sulle sue labbra. "Mi dispiace che tu sia sempre così triste. Hai ripensamenti?"

"No. Conquistarti è stata l'unica cosa buona che abbia mai fatto. Non penso al futuro. Non so nemmeno se ne esista uno per me."

Hermione lo baciò ancora. "Magari lo scopriremo insieme."

La loro prima volta era stata calda, violenta e appassionata. Draco aveva capito che Hermione non fosse abituata a essere presa in quel modo; la vedeva da come spalancava gli occhi quando il suo corpo vibrava di piacere, come se non ne avesse mai conosciuto uno più grande. Alla prima ne seguirono altre, ed erano ugualmente intense per la mente e il corpo. Entrambi si perdevano l'uno nell'altra. Ogni giorno, e fino alla fine delle vacanze, Hermione entrava nel suo dormitorio e trascorreva quante più ore possibili con lui.

"Non volevo davvero diventare un Mangiamorte, non avevo scelta." Le confidò Draco una sera. "Quella notte ti avrei salvato, se avessi saputo come fare."

Hermione era ancora distesa sotto di lui, e si era rabbuiata ripensando al loro passato.

"È stato difficile per tutti." Ammise. "Ma la guerra non ti avrebbe segnato così tanto se tu fossi stato come loro. Se non fossi stato migliore di tuo..."

"Di mio padre." Concluse Draco al suo posto. Se i suoi genitori avessero saputo che stava sporcando il loro prezioso sangue con lei... Turbato, scivolò fuori da lei e si sdraiò sul cuscino, pensieroso: "Non so se sono migliore di lui, ma sicuramente non ci ho creduto abbastanza. Con te mi sento... bene. Il resto non conta."

Ora che aveva Hermione, Draco non tornò più alla Torre e la sua costante negatività scomparve gradualmente. Tuttavia, quando al termine delle vacanze la scuola tornò a riempirsi di studenti, l'ansia lo assalì e il suo umore cambiò. Spiegò a Hermione che anche se stavano insieme non era ancora pronto per renderla ufficiale. Nessuno doveva sapere di loro, neanche i suoi amici. Lei acconsentì, perchè aveva capito che per lui era importante.

Il suo umore era andato a pezzi. Draco non sopportava più nessuno, e non accettava di incontrare Hermione se non di nascosto nella Stanza delle Necessità. Se a lezione era scontroso con chiunque, a letto con lei era il più grande altruista.

Hermione sarebbe stata felice se la loro relazione fosse venuta a galla. Diceva di amarlo e che i pettegolezzi delle persone non gli importavano, ma Draco insisteva. Non voleva che la gente tornasse a parlare di lui ad ogni angolo della scuola, giudicandolo per il passato quanto per il presente. Voleva stare con lei e basta, senza alcun tipo di pressione dall'esterno.

Il loro amore continuò ad ardere in segreto per mesi finché, verso la fine di giugno, Hermione non decise di affrontarlo:

"Il giorno del diploma è vicino. Hai pensato a cosa faremo dopo? Io vorrei presentarti i miei genitori. Non li vedo da tanto, e so che sarebbero felici di conoscerti."

Avvolti tra le lenzuola nella Stanza delle Necessità, Draco ebbe qualcosa di simile a un aneurisma. Davvero la Granger voleva che frequentasse dei Babbani e che fosse gentile con loro? Come minimo, i Malfoy lo avrebbero diseredato. Di colpo, si sentì profondamente infelice. Hermione diceva di amarlo, ma era come se avesse dimenticato chi era davvero. O forse era stato lui stesso a dimenticarlo. Si allontanò da lei e andò a rivestirsi.

"Non mi sento pronto." Rispose in un momorio, mentre si infilava i pantaloni della divisa.

Anche Hermione si alzò e indossò velocemente l'intimo e la camicia, lunga abbastanza da coprire l'orlo delle mutandine.

"Tu non sei mai pronto." Ribattè lei. "Sono stanca di dovermi comportare come se non ti conoscessi, quando siamo in pubblico. Se davvero stiamo insieme, cosa ti impedisce di... Oh no." Un pensiero improvviso aveva lambito i suoi occhi castani, e Draco sapeva quale fosse.

"Granger..."

"Tu ti vergogni di me!"

Draco non trovava le parole. Non sapeva nemmeno se ne esistessero di abbastanza giuste. Con lo sguardo fisso al pavimento, rispose:

"Io non mi vergogno di te."

"Non di me, certo, ma del fatto che sono una Nata Babbana!" Ribattè Hermione, e sentirsi rinfacciare la propria colpa lo fece tremare. "L'ho temuto fin dall'inizio, speravo solo di sbagliarmi, o che alla fine l'avresti superata... Invece ho sbagliato tutto. Tutto! Non c'è niente di buono in te, Draco. Mi hai usata! Volevi solo scoparmi, non hai mai voluto farti vedere in giro con una sporca Mudblood!"

Corse a riacciuffare la gonna e la indossò in gran fretta. Draco sapeva che doveva fare qualcosa per fermarla. Scusarsi, o giustificarsi almeno. Stava per perdere l'unica cosa che amava, e non gliel'aveva mai nemmeno detto.

"Hermione, io ti..."

"Sta zitto! Tu non sai neanche cosa sia l'amore!" Tuonò la ragazza. "Sono io quella che ha rischiato tutto per te. Sapevo a cosa andavo incontro quando ho lasciato il mio ragazzo, ed ero pronta ad subirne le conseguenze, perchè mi ero innamorata di te! Sono stata una stupida! Sei il primo errore che abbia commesso. Non dovevo illudermi che fossi cambiato, non avrei mai dovuto fidarmi di te!"

Riacciuffò la sua borsa e andò verso la porta, coi vestiti stropicciati e i capelli ancora arruffati. Draco si rese conto che se fosse uscita da quella stanza non l'avrebbe rivista mai più, e lui non voleva che finisse.

"Hermione, ti prego..." Non riuscì ad andare avanti. La strega aveva ragione su tutto, aveva detto la verità, e lui non aveva altro da dirle se non questo.

"Ti prego, cosa?" Ringhiò lei, voltandosi di scatto. "Hai fatto la tua scelta, hai preferito il tuo sangue a me. Ti ho dato una possibilità e tu l'hai sprecata! Non c'è più niente che io possa fare per te. Buona vita, Malfoy."

Quella stessa sera, Draco tornò sulla Torre di Astronomia. Hogwarts era ancora piena di neve l'ultima volta che era stata lassù, ora la pietra rifletteva il calore del Sole al mattino. Non poteva dire che gli fosse mancata. Tuttavia, la parte migliore della sua vita se n'era andata, e con essa anche la sua speranza.

La sua mente era di nuovo lucida e attiva, proprio come l'ultima volta in cui aveva sfidato la forza di gravità. Stavolta, però, era deciso a lasciarla vincere. Mise un piede sul parapetto. Sapeva con certezza di stare per morire, ed era soddisfatto. Nulla poteva più turbarlo. Si mosse per fare scivolare anche l'altra gamba, ma qualcosa lo afferrò e lo trascinò indietro, così duramente che inciampò sui suoi stessi piedi e cadde per terra.

Confuso, Draco si guardò intorno e la vide. Hermione era tornata. In lacrime, la strega si inginocchiò al suo fianco e lo schiaffeggiò. Poi lo abbracciò e nel pianto gli disse addio.

"Abbi cura di te."

Non incontrò Hermione per anni dopo la cerimonia di fine anno, ma non fu una sorpresa quando venne a sapere che aveva sposato Weasley. Neanche Draco rimase solo molto a lungo. Il giorno del diploma, Astoria si era avvicinata a lui per congratularsi, e da lì avevano a conversare. Lei gli diede presto un altro motivo per andare avanti. Non era soltanto una dolce ragazza Purosangue, ma anche l'unica in grado di guarire le sue ferite. Si innamorò di lei e giurò a se stesso che non le avrebbe fatto del male. Avrebbe saldato i propri errori e l'avrebbe fatto con Astoria, assicurandosi di renderla sempre felice e di non farle rimpiangere di avere scelto, tra tutti, proprio lui.




 

***

 


Se la trama vi ha incuriosito, vi consiglio di correre a leggere Finite Incantatem per scoprire cosa ne è stato di Draco e Hermione in futuro!

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