Let Us Burn

di Scarlet Jaeger
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Starlight ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Lost Within ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - With you ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Monster ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - My demons ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - Faint ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 - Losing my mind ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 - It's not over ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 - A reason to fight ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 - Undefeated ***
Capitolo 11: *** Caitolo 11 - What have you done ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 - Unspoken words ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 - Forgiven ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 - In pieces ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 - Headstrong ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 - Surrender ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 - Hero ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 - Heavy ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 - Pain ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 - Seize The Day ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 - Break me down ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 - You Found Me ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 - War of change ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 - Overcome ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 - Leave out all the rest ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 - Open up your eyes ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 - Pieces ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 - Never too late ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 - All about us ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 - Let us burn ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Starlight ***


Note:
Salve a tutti e ben trovati, o ritrovati, in questa storia. Vorrei fare alcune premesse prima di iniziare con la storia in sé per sé. Questo è il continuo delle vicende raccontate in “It’s My Life” ma, chi non avesse letto la precedente può tranquillamente iniziare a leggere da qua. Magari non capirà qualche piccolo riferimento al rapporto dei protagonisti, ma cercherò di essere più chiara possibile. In caso contrario, sarò ben felice di aiutarvi a capire ^_^
Questa volta, differentemente dalla precedente, non sarà scritta in prima persona dalla protagonista ma bensì in terza, perché ho potuto così avere più spazio anche per gli altri personaggi. Io di solito prediligo la prima persona, ma perché riesco a fare una migliore introspezione e calarmi nel personaggio mentre scrivo, ma spero di aver fatto un buon lavoro uguale XD
Questa storia inoltre è incentrata 2 anni dopo le vicende della prima (che raccontano il 1° campionato mondiale dal punto di vista di Saya), mentre questa sarà basata su delle vicende inventate da me e si colloca subito dopo la caduta della B.E.G.A, quindi a fine terza serie. Vorkof è sconfitto e siamo tutti felici e contenti xD inoltre avrete modo di vedere Kai Hiwatari alle prese con la vita da liceale e col suo passato. Sicuramente ne vedrete delle belle, spero!
Finisco col dirvi che questo capitolo sarà compreso da un Prologo, in cui Saya racconterà in prima persona ciò che è successo dalla fine dei “It’s My Life” fino all’inizio delle nuove vicende, e quindi ripercorreremo le due serie viste dal suo punto di vista (ma tranquilli, non sarà una sintesi della serie, bensì delle vicende dei protagonisti e del loro rapporto). Inoltre, ogni titolo del capitolo sarà il titolo di una canzone ad esso dedicato, in cui appunto ci troverete una citazione del testo della suddetta canzone che mi ha colpito, che è perfetto per quello che accade o che sembra riassumere alcune vicende successe. Ho fatto una meticolosa ricerca di tutte le canzoni che mi sono servite per tutti i capitoli, è stata una faticaccia ma è stato anche divertente! Diciamo che fanno da colonna sonora ad ogni capitolo ehehe. Io amo la musica, perché è la mia fonte di ispirazione ed ogni canzone di queste che incontreremo lo è stata per la stesura del capitolo ^^
Anche il titolo della storia stessa, così com’è stato per “It’s My Life”, è il titolo di una canzone e “Let us burn” è dei Within Temptation, il mio gruppo preferito!
Bene, detto questo non posso che augurarvi buona lettura. Ci leggiamo nelle note finali! XD




 
 
 
Let us Burn



 
 
 
Prologo:

Eccoci qua, come tutti ben sapete io sono Saya Ditenji e sono la nipote del presidente della BBA, che è stato da poco reintegrato a capo della società. Purtroppo alcuni recenti avvenimenti hanno fatto sì che la nostra strada si incrociasse di nuovo con quella di Vorkof, ma per fortuna, grazie ai Bladebreakers ed a tutti gli amici delle altre squadre, siamo riusciti a sventare anche quest’ultimo folle piano, partorito dalla mente di quel criminale, ed il Beyblade è tornato ad essere uno sport per tutti, da praticare con amore e passione.
Ma voi vi starete chiedendo cosa sia successo da quando salutai Kai, diretto al collegio dove suo padre lo spedì. Bene, rividi Kai Hiwatari, così come rividi Max e Rei, circa 5 mesi dopo averli salutati, per colpa di un gruppo di Blader chiamati “Scudi Sacri”, che erano particolarmente interessati ai Bit Powers dei ragazzi. Sono stati il tormento della squadra per settimane…almeno finché non ci si è messa un’altra banda di pazzi, lo Psyco Team, che ci ha dato non pochi problemi. Grazie a questi ultimi però conobbi Hilary, una compagna di classe di Takao e del Prof, e che in poco tempo diventò anch’ella parte integrante della squadra. Mi fece piacere non essere l’unica ragazza in squadra, perché con lei instaurai subito un bel rapporto di amicizia e confidenza come non lo avevo mai avuto con nessuno. Se non con Kai ai vecchi tempi.
Quando rividi Rei invece gli saltai letteralmente addosso, e lo tempestai di domande su come avesse passato quell’ultimo periodo. Parlammo molto quella notte, seduti in un angolo appartato del giardino di casa Kinomiya, dove i ragazzi erano ospiti. Mi sembrò di essere tornata ai tempi del campionato mondiale e mi fece piacere il fatto che, nonostante il tempo trascorso, il mio rapporto con Rei sembrava lo stesso di quando partimmo per il primo campionato. Non avevo dimenticato il bacio e tutto quello che avevamo passato in Russia, ma in quel momento sentivo che poteva esserci solamente una bella amicizia e mi andava bene così. Mi raccontò che era diventato istruttore di Beyblade al suo villaggio e le sue giornate erano talmente piene e stancanti da non aver avuto tempo per pensare a nulla che non fosse il Beyblade. Era tornato al suo paese per dare una svolta al suo rapporto con Mao, invece con lei erano rimasti in una situazione di stallo. Gli aveva fatto piacere tornare a casa dopo così tanto tempo, passato a vagabondare da un posto all’altro, come gli aveva fatto piacere passare del tempo con lei, ma la situazione era rimasta la stessa di un tempo e forse il fatto di essersi allontanato di nuovo dal villaggio gli aveva dato un nuovo vigore, anche se lo aveva fatto in seguito alla sconfitta da parte di un Blader che lui al tempo ancora sapeva essere sconosciuto.
Con Kai invece la situazione era notevolmente cambiata. Per quanto fosse cambiato da quel giorno in Russia, quando lo rividi stentai a riconoscerlo. Era tornato ad essere il solito apatico inespressivo e nei suoi occhi ametista avevo scorto una malinconia che non gli era mai appartenuta. Per fortuna non era più scostante e freddo come ai tempi del primo campionato, ma non sembrava più integrato con noi come lo era stato dopo la sfida sul Lago Bajkal. Sembrava come se nulla gli importasse, ma si era prodigato così tanto per difendere un ragazzino della sua scuola che per un momento pensai che se ne fosse innamorato. A grandi linee mi disse che in quella scuola stava conducendo una vita monotona e senza stimoli. Se ne stava sempre per i fatti suoi ed ogni tanto sgattaiolava nel suo magazzino privato, lontano da tutto e da tutti, ma ci aveva raggiunti solo dopo essere stato sfidato da Dunga, uno dei quattro Blader degli Scudi Sacri. Aveva ripreso Dranzer solo in occasione di quella sfida ed a me sembrò tanto triste quel racconto. Non avrei mai immaginato per lui una vita così solitaria, non dopo tutto quello che aveva passato alla Borg.
Per tutto quel tempo parlò poco di sé o in generale, però tutto sommato era abbastanza amichevole con tutti noi, almeno rispetto ai vecchi tempi. Mi dispiaceva solo che si sentisse così distante da noi. Mi sarebbe piaciuto provare ad avvicinarmi di più, ma lui teneva tutti a distanza, quasi volesse proteggere sé stesso dal provare sentimenti…e lo lasciai stare. Mi ero illusa che il nostro rapporto sarebbe potuto tornare come quando eravamo bambini, ma così non fu e mi ritrovai di nuovo a passare il mio tempo con Rei. Con lui invece mi sembrò come se il tempo non fosse minimamente trascorso. Parlavamo molto, per lo più di Mao e Kai, ma il riavvicinamento effettivo ci fu in seguito alla cattura della Tigre Bianca da parte degli Scudi Sacri, che volevano tutti e quattro i Bit dei ragazzi.
Quella notte Rei era talmente disperato e distrutto che lo sentii uscire dal Dojo di casa Kinomiya ad un ora imprecisata della notte. Ero rimasta con lui sotto sua esplicita richiesta, in seguito a quella vicenda, ed invece mi aveva lasciata sul mio Futon pensando che dormissi e si era allontanato da solo. Lo trovai ad osservare le stelle con espressione malinconica, appoggiato alla ringhiera di un ponte, e quella visuale mi strinse il cuore. Avevamo assistito alla cattura della Tartaruga di Max e all’Aquila di Kai nel primo campionato, come la cattura di tutti i Bit Powers dei ragazzi Cinesi ed Americani, e molte volte mi ero fermata a pensare a cosa avrei fatto se mi avessero rubato il Bit di Star Pegaso, quindi potevo ben immaginare come Rei si sentisse. Mi avvicinai per dargli conforto e per fargli sentire la mia vicinanza, ma mi ritrovai di nuovo attaccata alle sue labbra e quella volta non fu per “colpa” mia.
Ciò che successe dopo sono solo meravigliosi ricordi confusi. Il bacio prese una piega fin troppo frenetica, che ci costrinse a correre verso casa mia, luogo più vicino pur di toglierci dalla strada. Mio padre era spesso fuori per via del lavoro e mia madre quella notte era di turno, quindi essendo stata sola in casa abbiamo potuto dare libero sfogo alla passione forse fin troppo repressa tra noi. Complici erano stati gli eventi che Rei stesso era stato costretto a vivere, compresa la perdita della Tigre, ma quella notte capii veramente cosa volesse dire la parola “sesso”. Non posso certo parlare di amore, perché in fondo io mi sentivo ancora attratta da Kai e sentivo di provare per lui un sentimento molto intenso, ma purtroppo Hiwatari non mi considerava, almeno non come avrei voluto, e da adolescente in piena crisi ormonale io mi concessi a Rei.
Il ricordo di quella notte però, se pur fosse bellissimo, mi lasciò in bocca un sapore amaro. Purtroppo domandai a me stessa come mai finissi tra le braccia di qualcuno solo in seguito alla sua disperazione. Era successo con Kai, che mi aveva baciata di fronte a tutto lo stadio Russo dopo che Sergey gli aveva rubato l’Aquila Rossa, e mi ero ritrovata avvinghiata a Rei per lo sesso motivo…
Dopo quella volta il nostro rapporto tornò agli albori, e seppur ognuno di noi trattava l’altro come sempre, sapevamo che non eravamo destinati a stare insieme.
Io avevo continuato a pensare a Kai e lui aveva Mao ad attenderlo in Cina. Si misero finalmente insieme all’inizio del terzo campionato del mondo, momento in cui conobbi Hitoshi Kinomiya, il fratello di Takao. Inizialmente lo conoscemmo come Jin del Vento e quel personaggio così misterioso mi aveva particolarmente incuriosita. Era un ottimo Blader e sembrava conoscerci. Il suo pensiero mi tormentò per giorni, fino alla finale del terzo torneo Nazionale, dove ci rivelò la sua identità ed il fatto che sarebbe stato l’allenatore dei Bladebreakers Revolution, la rappresentativa Giapponese in quel terzo campionato del mondo.
Purtroppo la mia speranza di riformare la vecchia squadra crollò drasticamente dopo aver letto le modalità di iscrizione, e cioè che si accedeva a coppie. Così, insieme a Takao, Hilary, il Prof ed un ragazzino scostante di nome Daichi, conosciuto poco prima del Torneo, vedemmo andare via uno ad uno i nostri vecchi compagni. Io ero preparata al fatto che Max, ma soprattutto Rei, sarebbero andati via. Rei stesso mi parlò della sua decisione di provare a combattere con i White Tigers, rinominati Baiutzu. Stessa cosa per Max, che militò tra le fila Americane.
Quello che ci lasciò più basiti fu la partenza di Kai per la Russia. Non capii in un primo momento perché avesse deciso di volarci le spalle senza dire nulla a nessuno, nemmeno a me, ma poi le sue intenzioni mi furono chiare. Voleva battersi con Takao.
Quindi passò anche il terzo campionato del mondo, che vide i Bladebreakers campioni per la terza volta, e lo passai essenzialmente tra le braccia del nostro allenatore. Mi avvicinai a lui grazie alla mia abnegazione ed al fatto che Takao all’inizio degli incontri perse un po’ la bussola. Hitoshi era preoccupato per il fratello, come era comprensibile, anche se di fronte a noi non lo dava a vedere. Lo trovai un giorno, nella tappa americana, sul tetto del nostro Hotel, che osservava malinconicamente il panorama notturno. Avevo visto correre via il nostro campione dopo aver sbattuto la porta, chiaro segno che dovevano aver discusso. Io come mio solito andai per cercare di alleggerire il suo animo o il suo cuore, perché non volevo che il nostro allenatore, colui che avrebbe dovuto guidarci, si fosse accollato i problemi di tutta la squadra. Takao in crisi, il prof Kappa nervoso, Hilary sempre più isterica e Daichi che punzecchiava Takao fino a farlo imbestialire più del dovuto avrebbero provato così tanto Hitoshi che prima o poi sarebbe scoppiato.
Quella notte iniziammo la nostra strana, breve, ed intensa relazione, che terminò drasticamente una volta concluso il Campionato Mondiale. Lui scelse la sua carriera, e scelse di allontanarsi anche da suo fratello per allearsi con Vorkof. Credo di non avergli mai perdonato quel cambio di fazione, e forse in un primo momento non lo perdonai nemmeno a Kai, ma con lui era diverso, perché sapevo che Kai sceglieva di allontanarsi solo per potersi battere con il suo rivale di sempre, e farlo con una squadra o con l’altra lo lasciava del tutto indifferente.
Dopo la caduta della B.E.G.A, Hitoshi scelse di continuare a seguire la sua carriera lavorativa e dal giorno della finale tra Takao e Brooklyn non lo rividi più.
Quel giorno segnò però un altro tipo di cambiamento. Brooklyn in primis cambiò. Non era più il ragazzo che aveva quasi mandato Kai in ospedale.
Io invece riuscii a farmi due nuovi amici, e cioè Yuri e Boris della Neo-Borg. Erano in ospedale per colpa di Garland e mio nonno si era prodigato così tanto per loro da accudirli quasi fossero anche loro suoi nipoti, e lo stesso feci io. Assistetti i due ragazzi per tutta la loro degenza in quella camera asettica di ospedale, finché non furono dimessi. Rimasi soprattutto ad accudire Yuri, il ragazzo che in Russia mi aveva fatto salire i brividi lungo la schiena in seguito alle sue occhiate glaciali. I suoi occhi color del ghiaccio mi avevano sempre messo una certa inquietudine, almeno finché non ci lessi una certa riconoscenza.
Mio nonno decise anche di ospitare i due Russi dopo che furono dimessi, affinché potessero fare le loro sedute di riabilitazione in fisioterapia.
Erano messi molto male…
Però, a pochi giorni dall’inizio del nuovo anno scolastico, sotto una specifica richiesta del Presidente, e con un moto di riconoscenza verso mio nonno e tutto quello che aveva fatto per loro, i due ragazzi decisero di frequentare il liceo in Giappone. Al monastero erano rimasti Sergey ed Ivan, che insieme a qualche individuo che non condivideva le volontà di Vorkof, decisero di trasformarlo in un centro di accoglienza per ragazzi in difficoltà.
Quindi, ad una settimana dall’inizio delle nuove lezioni, ci stavamo godendo la vittoria contro la B.E.G.A, avvenuta due settimane prima, e lo stavamo facendo crogiolati sotto il sole di fine Aprile…
 
 
 
 
Capitolo 1 – Starlight
 
 
 
Just tell me to stay
Dimmi solo di restare
I’ll turn
Io mi volterò
I won’t look away
Non guarderò altrove
I’ll stay here
Starò qui
I’ll never go but you don’t feel the same
Non me ne andrò mai ma tu non provi lo stesso.”

Starset - Starlight

 
 
 
Era passata una settimana da quando erano iniziati i lavori per riportare la sede della BBA alla sua precedente forma. L’immenso grattacielo fatto costruire da Vorkof era solamente uno spiacevole ricordo, così come il pensiero dell’uomo e la sfida Justice 5.
Tutto era tornato alla normalità. Tutto scorreva alla perfezione e, seppur mancasse poco oramai all’inizio del nuovo anno scolastico, i ragazzi si erano concessi un pomeriggio al mare. Le temperature in quell’Aprile erano molto al di sopra della massima stagionale, per cui avevano tirato fuori i loro costumi e si erano diretti in spiaggia, così per passare una spensierata giornata in compagnia degli amici.
Max e Rei avevano fissato la partenza per il giorno dopo, così da essere pronti anche loro al nuovo anno scolastico, nonostante Rei non frequentasse più una scuola ordinaria ma prendesse lezioni private in quanto capo Tribù.
Oltre a Saya c’erano Takao ed Hilary, che oramai facevano coppia fissa, il Prof Kappa, coi suoi bermuda verdi, Daichi, con la sua solita voglia di importunare il prossimo, Rei e Mao, anche loro in qualità di coppia, Kai, con l’aria di uno che sarebbe andato volentieri altrove, e Yuri e Boris, con ancora qualche cerotto e fasciatura, ma tuttavia già in ottima forma.
Le ragazze si erano appena alzate dagli asciugamani, dove era in corso una sfida a carte tra il Prof Kappa e Yuri, e l’occhio attento di Boris saettò subito in direzione delle loro compagne. Osservò le loro schiene, e non solo, allontanarsi verso il bar, e lo fece con un’occhiata più che eloquente.
«Hai notato qualcosa di interessante?», ridacchiò Takao in direzione del Russo, che si voltò verso di lui con ancora il sorrisetto stampato sulle labbra.
«Può darsi…», fece spallucce il diretto interessato, voltandosi di nuovo verso la fonte della sua attenzione, ma purtroppo le tre erano già sparite dal suo campo visivo, per cui non gli restò altro da fare che sospirare, sconfitto ma altrettanto divertito.
«Spero solo che non stavi guardando la mia ragazza…», lo sbeffeggiò bonariamente il campione del mondo, ma Boris scoppiò in una fragorosa risata.
«Come sei divertente ragazzino…», gli rispose. «Sono un gentiluomo, non mi permetterei mai di guardare delle donne impegnate», continuò, per poi piantare spudoratamente i suoi occhi azzurri in quelli dell’altro. «Stavo meticolosamente squadrando il di dietro della vostra amica prima che tu mi interrompessi…», fece poi spallucce, come se quella constatazione fosse la cosa più normale del mondo, scioccando però i presenti. Yuri gli riservò un’occhiata di sbieco, oramai rassegnato dai modi esuberanti del suo compagno di squadra. Takao, Max, Rei ed il prof Kappa invece lo guardarono leggermente scioccati, mentre Kai aveva platealmente alzato gli occhi al cielo, indispettito dai modi cavernicoli del suo ex compagno.
«Stava guardando che?!», si intromise Daichi, togliendo il dito che stava rigirando da un quarto d’ora nel naso con fare annoiato.
«Nulla pidocchio, fatti gli affari tuoi!», lo ammonì Takao, cercando di zittirlo. Per fortuna quel piccolo demonietto non controbatté, complice anche l’occhiata che Yuri riserbò anche a lui.
«Dai, non mi dite che non avete mai allungato gli occhi…», insistette di nuovo Boris, alzando un sopracciglio, e questa volta fu lui ad essere scioccato.
Osservò uno ad uno i ragazzi, che distolsero lo sguardo da lui facendo i vaghi. Ci fu anche un imbarazzante silenzio, che però fu interrotto da una risatina divertita di Takao, che come al solito non riusciva a stare serio.
«Beh, qualcuno ha allungato qualcosa di più …», disse e lo sguardo attento del russo tornò di nuovo su di lui, bramoso questa volta di dettagli. Purtroppo però Kinomiya si beccò un’ammonizione da parte di Rei, che alla fine sospirò sconfitto, nonostante il piccolo sorriso complice che gli era spuntato a fior di labbra.
«Ma non mi dire…», insistette Boris, questa volta notevolmente colpito, «non ti facevo così audace, ti ho rivalutato!», ridacchiò poi verso il diretto interessato, che arrossì lievemente sotto quelle parole. Tutto avrebbe voluto fuorché tirare fuori vecchie vicende, soprattutto con Mao e Saya nei paraggi. Erano riuscite a mettere da parte diverbi e gelosie diventando amiche e non avrebbe mai voluto che, per la curiosità di una persona, sorgessero altri problemi.
«Posso stringerti la mano?», continuò Boris, allungandola verso il cinese, in attesa che lui facesse come gli era stato chiesto.
«Dovresti stringerla anche a Kai…», fu però il commento di Yuri, fatto a bruciapelo e senza neanche spostare il suo sguardo di ghiaccio dal mazzo di carte che aveva in mano. Il prof Kappa nel frattempo si era stretto nelle spalle, suggestionato da quel silenzioso Blader ed impaurito dalla reazione che avrebbe potuto avere il suo vecchio compagno di squadra.
In un attimo Ivanov ebbe l’attenzione di tutti, compresa quella di Hiwatari, che lo guardò come se avesse voluto incenerirlo da un momento all’altro. L’ultima cosa che avrebbe voluto era quella di finire in mezzo a quei discorsi.
«Perché?», fu di nuovo il commento interessato di Daichi, che incurante dell’occhiataccia dell’ex membro della Neo-Borg continuò a guardare Yuri in attesa di una risposta.
«Tzè, per quel misero bacio?!», riprese parola Boris, all’udendo al bacio che Kai aveva dato a Saya dopo il suo incontro con Sergey nel primo campionato mondiale, allargando il sorrisetto malizioso ed indispettendo di più il povero nippo-russo, che si voltò a braccia conserte con un grugnito.
«Fatevi gli affari vostri», fu però la sua amorevole risposta, che fece scoppiare a ridere tutti i diretti interessati. Anche Yuri si concesse un sorrisetto malizioso, in fondo si divertiva troppo a cogliere Kai in momenti di puro imbarazzo come quello.
«Ah, ho capito! Allora dovresti stringerla anche ad Hitoshi, il fratello di Takao!»
Fu Daichi a riprendere parola, con il tono di voce di chi la sapeva lunga. Aveva un’espressione vittoriosa sul volto, come quella di chi ha appena compreso di cosa stessero parlando, e con un dito indicò il povero Kinomiya, che nel frattempo era sbiancato.
«Taci pidocchio, doveva rimanere segreto!», lo ammonì poi e sotto quella constatazione ammutolirono tutti i presenti, scioccati da quella rivelazione.
La relazione tra Saya ed Hitoshi avrebbe dovuto rimanere segreta anche per i componenti della loro stessa squadra, ma fu Hilary ad accorgersene, perché aveva notato Saya sgattaiolare fuori ogni notte dalla camera che divideva con lei. Era stata la nipote del presidente a chiedere ai suoi compagni di mantenere l’anonimato, soprattutto perché non voleva farlo sapere ad una persona in particolare. Voleva continuare a viversi la sua vita e la sua adolescenza, conscia che quegli anni non sarebbero più tornati, ma Kai ancora tormentava il suo povero cuore, e lui sembrava non accorgersi di lei…
Quella rivelazione fece storcere le labbra a Boris e serrare la mascella a Kai, che nonostante non stesse prendendo parte alla conversazione, le sue orecchie funzionavano ancora bene. Non seppe però dire perché quella consapevolezza lo indispettì, talmente tanto da farlo alzare stizzito dal suo posto e sparire come era solito fare.
«Cos’è, è troppo puro per certi discorsi?», chiese poi Boris, rompendo il silenzio che era caduto tra loro, anche se sapeva benissimo che era tutto fuorché puro, perché tutto quello che era stato costretto a vivere il suo compagno lo aveva vissuto anche lui. A differenza di Hiwatari però, Kuznetsov l’aveva superato.
«Ha un problema personale con Hitoshi, credo, in fondo se Brooklyn l’ha ridotto alla stregua di un colapasta è anche colpa sua…», fece però spallucce Yuri, sentenziando di nuovo quella constatazione con espressione disinteressata. Sembrava più preso dalla partita a carte che stava giocando con il piccolo Kappa che dai discorsi del suo compagno, ma ogni tanto si sentiva in dovere di entrare nella conversazione per dire la sua.
«Ah… povero piccolo Hiwatari…», si lasciò sfuggire l’altro russo, con un sorrisetto divertito. Si voltò poi verso Takao, quella volta con espressione più seria. «Permettimi di dirti che tuo fratello è stato un vero stronzo!», gli disse poi con una smorfia, e Takao non poté far altro che annuire rassegnato. In fondo anche lui non aveva compreso a pieno il passaggio di fazione di suo fratello, ma oramai era acqua passata e non aveva voglia di tornare su vecchi discorsi. Ed in realtà non avrebbe neanche voluto che la conversazione arrivasse a quel punto.
«Preparati a correre lontano, pidocchio!», si rivolse poi a Daichi, con espressione inviperita, «se Saya saprà che tu hai rivelato il suo segreto potrebbe ridurti a brandelli!», lo sbeffeggiò e fu solo in quel momento che vide negli occhi del piccoletto un lampo di terrore. Saya era l’unica che riusciva a metterlo in riga e l’unica che lui ascoltava, e forse era perché nei suoi battibecchi con gli altri riusciva anche a difenderlo e ad essere gentile con lui. La piccola bertuccia dai capelli rossi non avrebbe mai voluto mettersi contro di lei e fu per questo che da quel momento se ne rimase seduto e zitto al suo posto, quasi fosse stato in punizione.
«Di cosa state parlando?»
L’arrivo della diretta interessata però fece prendere un colpo a tutti i presenti, tranne a Yuri, che stava continuando con nonchalance la sua partita a carte, in cui stava indegnamente stracciando il Prof Kappa, che si distraeva ogni volta ad ascoltare i discorsi degli altri.
Le ragazze stavano mangiando con gusto il loro gelato quando sedettero accanto ai propri compagni, mentre Saya prese posto accanto a Boris.
«Di scolapasta…», le rispose quest’ultimo con un’alzata di spalle ed una risatina divertita, che contagiò anche gli altri ragazzi, ma sotto quell’osservazione le tre alzarono un sopracciglio.
«Cose di poco conto…», cercò di mettere fine alla conversazione Rei, che con uno sguardo cercò di ammonire Boris e farlo desistere dal dire qualsiasi altra cosa tra quello che si erano appena detti.
«Se lo dite voi…», fece spallucce Saya, anche se non era del tutto convinta di quella risposta, ma in fondo anche i ragazzi avevano i loro discorsi privati, così come li avevano tra ragazze, per cui non continuò. Quando spostò lo sguardo sui presenti però, notò due particolari curiosi.
«Dov’è Kai?», chiese in primis, spostando lo sguardo alla ricerca del suo vecchio amico d’infanzia, «e perché Daichi ha l’aria di un cane bastonato?», chiese infine, spostando lo sguardo in tralice su Takao.
«Oh, lascia stare Daichi, tra qualche minuto si sbloccherà!», ridacchiò in risposta il campione del mondo, voltandosi poi dalla parte del piccoletto, che gli riserbò un’occhiata maligna. Ma Kinomiya sapeva di avere il coltello dalla parte del manico, ed anche un buon pretesto di ricatto, infatti, mimando col labiale, gli intimò di rimanere in silenzio o avrebbe detto a Saya quello che lui aveva rivelato di fronte a tutti. Il possessore di Gaia Dragoon non proferì parola a riguardo, anche se continuò a riservare a Takao una dignitosa dose di accidenti sussurrati tra i denti.
«Mentre Kai…», provò a rispondere anche alla prima domanda, ma gli fu decisamente difficile formulare una frase senza rivelare cosa avesse indispettito così tanto il loro compagno, tanto da fargli abbandonare il gruppo.
«Mentre Hiwatari è una donna mestruata…», lo sbeffeggiò Boris con nonchalance, andando in aiuto del campione. «Non riesce a stare in mezzo alla comune plebaglia per più di un’ora, ed è scoccata dieci minuti fa», fece spallucce, finendo a far sorridere tutti. I suoi diverbi ed i battibecchi con Kai erano oramai famosi.
 
 
La giornata passò tranquilla, all’insegna delle chiacchiere e del divertimento, e Kai riapparve solo quando fu l’ora di tornare a casa. Aveva il volto accaldato e l’aria di chi avrebbe tirato le cuoia da un momento all’altro. Anche il suo sguardo ametista era troppo vacuo per essere lucido.
Fu quando rimase solo con Saya, dopo averla accompagnata fino al cancello della sua villetta, che lei decise di rivolgergli la parola. Fino a che insieme a loro c’erano stati Yuri e Boris, che avevano salutato di fronte casa di suo nonno, due isolati prima, non lo aveva fatto per non dare modo a Boris di punzecchiarlo. Aveva cercato di tenere una conversazione tranquilla coi due, chiedendo come fossero stati in quella giornata e come si sentissero nonostante fossero ancora in convalescenza, lasciando di proposito Kai fuori dai discorsi. Ma purtroppo si era ben accorta che qualcosa non andava e non voleva assolutamente che fosse tornato a casa da solo.
«Kai?», lo richiamò prima che iniziasse a camminare. Lui si era voltato con un sopracciglio alzato, ma lo sguardo quasi assente convinse la ragazza a trascinarlo indietro.
«Sei sicuro di stare bene?», gli chiese, guardandolo di sbieco e portando le braccia sui fianchi in un gesto ammonitore.
«Sì…», le rispose però lui, come al solito spiccio e coinciso, ma quella risposta non soddisfece a pieno la ragazza, che con qualche passo ridusse di nuovo la distanza che c’era tra loro. Gli arrivò prepotentemente di fronte e Kai non poté sottrarsi a ciò che successe. Con una mano gli aveva spostato la frangia argentea e gliel’aveva poggiata sulla fronte con aria assorta.
«Hey…», si lamentò lui, cercando di divincolarsi da quelle attenzioni, ma ovviamente non sortì l’effetto sperato.
«Tu scotti!», lo ammonì lei e lui sotto quella constatazione storse il labbro, come se avesse mangiato qualcosa di aspro.
«E allora?», commentò quasi acidamente, ma oramai Saya si era abituata ai repentini cambi d’umore del suo amico e sapeva per certo che oramai non c’era cattiveria nei suoi modi di fare. Kai era semplicemente restio verso ogni tipo di rapporto umano. Sarebbe cambiato, di quello ne era sicura, ma ci sarebbe voluto del tempo e lei era sempre stata pronta a concedergliene più del dovuto. In fondo non aveva mai perso la speranza con lui nemmeno quando l’aveva ferita e ripudiata durante il primo campionato del mondo.
«E allora tu non tornerai a casa da solo!», lo ammonì di nuovo e vide i suoi occhi ametista alzarsi al cielo per l’ennesima volta, ma di nuovo non si fece impressionare da ciò.
«E tu non mi accompagnerai per poi tornare a casa da sola...»
«Non è mia intenzione», fece spallucce lei, «sarai tu a rimanere qui. Ho tutto quello che serve per aiutarti, vieni!», lo prese per la maglia e lo tirò fin dentro al cancello ed anche se in un primo momento si oppose a tutto quello, Kai era troppo distrutto per mettersi a controbattere e quindi seguì la ragazza fino in camera sua, la stessa che ricordava dagli spensierati giorni d’infanzia, quelli che oramai, soprattutto per lui, erano solo un bel ricordo.
Tutti i suoi ricordi, anche quelli che avrebbe preferito non ricordare, erano tornati in seguito al primo scontro con Brooklyn, quando perse coscienza di sé stesso. Alcuni erano tornati anche in seguito alle percosse ed alle contusioni riportate nel secondo scontro. Tutta quella violenza gli aveva fatto riaffiorare alla mente tutti gli abusi subiti al monastero, quelli fisici, quelli mentali e sì, suo malincuore anche quelli sessuali. Lui ricordava oramai bene il mondo in cui aveva perso la verginità e non ne andava assolutamente fiero. Ogni volta che chiudeva gli occhi ripercorreva con la mente quegli spiacevoli giorni. L’aver ricordato tutto il suo passato aveva contribuito a far sì che Kai si fosse chiuso più in sé stesso. Da quando aveva iniziato a frequentare il collegio dove lo aveva mandato suo padre non era stato più lo stesso. Non era più l’amico che Saya conosceva, né il ragazzo freddo ed apatico che avevano conosciuto durante le prime tre tappe del primo campionato del mondo, e nemmeno il ragazzo amichevole che aveva provato ad essere dopo la loro sfida sul lago Bajkal. Adesso c’era un altro Kai Hiwatari, malinconico e distaccato.
In quel momento però, seduto stancamente sul letto della ragazza, la osservò uscire dalla camera e tornare qualche minuto dopo con una valigetta tra le mani. Cercò di seguirla con lo sguardo mentre appoggiava sul comodino tutto l’essenziale e lo fece con un’espressione incredibilmente contrariata. Fosse stato per lui sarebbe tornato a casa senza ripensamenti e senza che qualcuno si preoccupasse per lui. Era sempre stato abituato a cavarsela da solo e non era abituato ad avere attorno persone che si preoccupavano per lui. Nemmeno suo nonno aveva mai avuto grande considerazione di lui, figurarsi suo padre. Sua madre la ricordava appena…ed al monastero ognuno dei ragazzi doveva imparare a cavarsela da solo. Se non lo facevano, incorrevano nelle severe ed ingiuste punizioni di Vorkof.
«Che stai facendo?», chiese però di punto in bianco, stanco del silenzio che era sceso tra loro e conscio del fatto che Saya non lo avrebbe lasciato andare via tanto facilmente.
«Ti restituisco il favore…», gli rispose lei, quando decise che tutto l’occorrente che aveva diligentemente portato in camera era pronto per essere utilizzato. «Tu mi hai aiutata quella notte a Mosca…» si decise a continuare dopo aver visto l’espressione confusa di Kai. Ovviamente non poteva biasimarlo se non ricordava quel particolare, che probabilmente per lui non doveva essere stato importante. Ma per lei no, perché lei ricordava ancora il batticuore provato tra le braccia di Kai, quando lui aveva cercato di saldarla nel grande letto della camera d’albergo.
Lui però, dopo aver capito a cosa alludesse, distolse definitivamente l’attenzione da lei ed in quel momento le sembrò così buffo ed indifeso che la sua espressione le strappò un sorrisetto. Però lei non aveva intenzione di perdere altro tempo, soprattutto sapendo che la condizione in cui versava il povero ragazzo si sarebbe potuta complicare.
«Togliti la maglia», gli disse infatti, perentoria, beccandosi un’occhiata in tralice e decisamente contrariata.
«Avanti, non fare il bambino!», sbuffò, alzando gli occhi al cielo in un gesto decisamente spazientito, che portò Kai a stringere le braccia al petto con fare contrariato. Solo in quel momento si accorse che, in quella posizione, il tessuto che aveva strusciato sulle sue spalle aveva lasciato un notevole bruciore, tanto da strappargli un gemito di dolore.
«Visto?», grugnì Saya, avanzando di un passo e facendo scattare leggermente indietro il povero disperato. «Se non te la togli da solo te la tolgo con la forza!», minacciò infine e fu solo dopo aver scorto l’espressione risoluta di lei che Kai decise di assecondarla, perché tanto già sapeva che l’avrebbe spuntata. Era in terra nemica, dopotutto, e lei era troppo testarda per farla desistere dal compiere qualsiasi cosa avesse in mente di fare.
Così, dopo aver sbruffato per farle capire che, nonostante avesse fatto come gli era stato detto lui non era propriamente d’accordo, iniziò a togliere l’impedimento. Ma come preventivato, la nipote del presidente se ne infischiò della contrarierà dell’amico ed osservò i suoi lenti gesti impacciati mentre toglieva di mezzo l’impiccio della maglietta, arrossendo lievemente sotto quella visione.
«Sei contenta?», grugnì poi, riportando le braccia al petto con fare decisamente alterato.
«Sei Bordeaux!», sentenziò però lei, senza minimamente degnarlo di una risposta. La vista che le si era parata di fronte era stata più importante. Inoltre ci aveva visto giusto e Kai si era preso una bella insolazione. Probabilmente non era abituato a stare troppo a contatto col sole, e la sua pelle arrossata ne era stata la prova. Aveva notato subito il rossore sulle guance e sul naso del ragazzo, così come lo sguardo confuso. Sembrava quasi ubriaco, ma lei sapeva per certo che Kai non avrebbe mai fatto abuso di alcol, quindi la risposta era fin troppo palese per i suoi gusti. «Non senti bruciare?», chiese poi, sfiorando leggermente la spalla del ragazzo, che serrò la mascella in seguito ai brividi provocati da quel gesto. Non seppe dire però se fossero stati in relazione di quel tocco o del fatto che la sua pelle bruciasse come se fosse stata toccata da lava incandescente.
«Tzè…», fu però la sua risposta, che costrinse Saya a sospirare mentre lasciava cadere sul palmo della mano una generosa dose di crema all’aloe.
«Dai, voltati, ti prometto che questa allieverà un po’ il bruciore…»
Di nuovo, a malincuore, Kai non poté fare altro che obbedire ed in pochi secondi si era ritrovato seduto sul letto con le gambe incrociate, con lei in piedi alle sue spalle che spalmava la crema. Era una scena quasi paradossale, visti i protagonisti, lo riconobbe anche la ragazza stessa.
Era sceso inoltre un imbarazzante silenzio, almeno finché non fu lui a romperlo per primo.
«Cosa ci hai trovato in Hitoshi? Capisco Rei…ma Kinomiya?», chiese con voce quasi sprezzante, che trasportò tutto il disprezzo nei confronti dell’ex allenatore dei Bladebreakers Revolution, e quella domanda fatta così a bruciapelo fece perdere un colpo al cuore di Saya, che bloccò i suoi i movimenti e strabuzzò gli occhi con fare scioccato, in seguito ad una cosa che lui assolutamente non avrebbe dovuto sapere.
«Tu come…», chiese infatti in risposta, con voce stranamente roca. Essere giudicata da Kai era l’ultima cosa che voleva. Inoltre la speranza di poter essere per lui qualcosa di più di una semplice amica era un desiderio che non aveva mai abbandonato. Non aveva mai perso la speranza di fare colpo su di lui un giorno, ma credeva che, se lui avesse saputo quello che si era ritrovata a fare, lo avrebbe solamente allontanato. E poi sapeva dei diverbi che c’erano stati tra i due, nonostante la loro relazione fosse iniziata e finita prima della B.E.G.A, prima di Brooklyn e tutto ciò che Kai era stato costretto a vivere, ma si era ben accorta che Hiwatari non aveva mai tollerato Hitoshi fin dalle qualificazioni del terzo campionato mondiale. Il fatto che fosse il fratello del suo migliore amico e rivale non aveva cambiato le cose. Il più grande dei Kinomiya continuava a stargli indigesto.
«Dovreste tenere a freno la lingua di quel piccoletto dai capelli rossi…», le rispose Kai e nonostante fosse voltato ancora di spalle, Saya fu sicura che avesse avuto sul volto un’espressione a dir poco contrariata.
«Daichi!», inveì la ragazza, «ecco perché aveva un’aria da cane bastonato!», ricordò poi con una smorfia, ma si accorse che Kai stava ancora aspettando una risposta. In fondo se la meritava, ed anche se lui non si era scomodato a guardarla negli occhi, era sicura che fosse in attesa che lei soddisfacesse la sua curiosità.
«Ehm, diciamo che ci siamo avvicinati in un momento di disperazione. Era l’inizio del campionato, Takao era in crisi e non riusciva a vincere gli incontri. Il nostro allenatore si prodigava per far andare tutto dritto, ma gli costava un certo sforzo. Lo trovai una sera, sul tetto dell’albergo, che rimuginava sugli eventi trascorsi... Aveva appena finito di litigare con suo fratello e si stava dando colpe che, secondo me, non avevano ragione di esistere. Cercai di essere di conforto, come ho sempre fatto con tutti, perché non volevo che la squadra perdesse la sua guida…ed è successo quello che è successo», fece spallucce, cercando di non dover scendere nei particolari, ma era ben certa che Kai non glieli avrebbe chiesti nemmeno se avesse voluto saperli veramente.
Calò di nuovo il silenzio tra loro, momento in cui Saya riprese a spalmare la crema sulle spalle tese di Kai. Fu però lei a riprendere parola.
«Ѐ buffo però come io finisca sempre tra le braccia di qualcuno mosso dalla disperazione…», disse, parlando con una voce talmente malinconica che quasi stentò a riconoscerla. Ma in fondo era vero, ed anche l’unico bacio che lui le aveva dato era stato mosso da quel sentimento. Tuttavia Kai non rispose, né si sentì in dovere di farlo, anche perché veramente non sapeva cosa dire. Difficilmente Saya avrebbe sentito parole di conforto uscire dalla sua bocca, per questo cercò di riprendere la spensieratezza di sempre, nonostante l’espressione triste.
«Ho finito, adesso puoi stenderti e dormire un po’, io andrò nel letto dei miei…», gli rese noto, senza aspettare che lui si voltasse per rispondere. Fu appena lei gli ebbe dato le spalle che lui l’afferrò per il polso, tirandolo appena per costringerla a girarsi a guardarlo negli occhi, resi lucidi dall’insolazione. Aveva un’espressione talmente indecifrabile che, per un momento, credette davvero che ripetesse ciò che era avvenuto nello stadio Russo. Sarebbe stata anche pronta ad accoglierlo, perché era una cosa che desiderava dalla prima ed ultima volta in cui era accaduto. Ma non accadde nulla di tutto ciò e si dette anche della stupida per averlo anche solo pensato. Tuttavia l’espressione del ragazzo la convinse ad alzare leggermente un sopracciglio con fare confuso. Non riusciva più a leggere le sue espressioni.
Kai non era più un libro aperto per lei.
«Grazie», le disse però lui, pronunciando la parola che difficilmente riusciva a cogliere dalla sua voce, per cui quel ringraziamento doveva essere stato davvero sincero e di quello gliene fu grata. Provò anche sorridergli, nonostante l’imbarazzo di sentirsi gli occhi che tanto amava addosso.
«Buonanotte Kai», gli augurò infine, quando lui allentò la salda presa che aveva fatto sul suo polso, facendole salire alcuni brividi di freddo laddove la sua mano fin troppo calda aveva stretto la sua pelle.
«Buonanotte Saya», sentì la voce di Kai in risposta solo quando stava chiudendo la porta della sua stessa camera alle spalle e quando si ritrovò da sola nel buio corridoio, appoggiò le spalle al muro e si lasciò cadere a terra, stringendosi le ginocchia al petto con fare disperato.
Kai sapeva di Hitoshi, ed il mondo le crollò addosso…
Fine capitolo 1
 
 
 
 
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Colei che scrive:
Ma eccoci qua con questo inizio della nuova storia e non mi sembra vero T.T Sono passati pochissimi giorni dalla conclusione di “It’s my life”, lo so, ma non riuscivo più ad aspettare! Dovevo darvi questa chicca, o gioia xD E perché dopo mesi mi sono seduta di nuovo al pc! xD Mi sento stranamente emozionata ad iniziare questa nuova avventura, perché per la prima volta sarà una storia totalmente originale *-* in cui ne vedremo delle belle, spero, ed in cui ho infilato vecchi personaggi di cui probabilmente nessuno ricorda l’esistenza xD (no va beh, sono abbastanza famosi XD), ed ho creato anche personaggi originali, giusto per rendere tutto più avvincente!
In questo primo capitolo ho fatto una descrizione di ciò che ne è stato della serie V-Force (da cui viene il college di Kai, Yuya il ragazzino innamorato XD, gli Scudi Sacri e lo Psyco Team) e la serie G-Revolution dal punto di vista di Saya.
Inoltre la parte in terza persona è stata la trasposizione di un sogno fatto in quarantena dopo essermi sparata discrete puntate della serie e dopo aver scritto un capitolo XD un po’ il giorno in cui è partita l’idea di questa storia. Mi sono sempre immaginata Boris così e lo ritroveremo sempre così, per la gioia di Hiwatari! xD Con questo capitolo ho voluto un po’ mostrare i caratteri dei personaggi che troveremo lungo il percorso!
Come si vede dalle note inoltre, ho inserito anche Julia, che comparirà nella seconda parte della storia, perché sì, sarà divisa in due parti xD ma sarà più una guess star, esattamente come Yuri e Boris, perché la storia in sé per sé vede come protagonisti Saya e Kai, ma ho intenzione di creare qualcosa di parallelo per loro perché li amo *-* (ma comunque sia, i russi saranno sempre, intensamente presenti!). Stessa cosa con la misteriosa ragazza che comparirà per Boris ehehe solo perché sono maligna!
Inoltre, se a voi farà piacere, vorrei creare una raccolta di One Shot (in cui probabilmente inserirò le cose citate sopra), in cui descrivere ciò che Saya ci ha raccontato nel prologo (quindi il rapporto con Rei e quello con Hitoshi) :D rimando tutto a voi!
Credo non ci sia altro da dire, a parte benvenuti o ben ritrovati in questa avventura!
Come sempre spero di avere un vostro parere e di avervi con me in questa nuova avventura <3 Riportiamo in vita i vecchi ricordi T.T
Al prossimo aggiornamento!

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Lost Within ***


Capitolo 2 – Lost Within
 

 
And i know you’re feeling low
E so che sei abbattuto
Feel like you’ve lost control
Come se avessi perso il controllo
But the darkness that you know
Ma l’oscurità che conosci
It’s not your home and you’re not along
Non è la tua casa e tu non sei solo.”

Fivefold - Lost Within
 
 
 
La mattina del primo giorno di scuola, Kai, Yuri e Boris si presentarono fuori dal cancello della villetta in cui abitava Saya all’ora prestabilita. I due Russi abitavano con il presidente Ditenji, nel solitario appartamento in cui viveva da quando era venuta a mancare sua moglie. Avere un po’ di compagnia aveva fatto sempre piacere all’anziano signore, nonostante spesso avesse convissuto con Saya, quando i genitori di lei si assentavano per lavoro.
I ragazzi avevano convenuto di raggiungere tutti insieme la scuola, visto che tanto avrebbero dovuto fare la stessa strada. Quello meno d’accordo dei tre era stato Kai, che abitava più lontano rispetto agli altri, nella grande villa del nonno appena fuori città. Aveva dei maggiordomi pronti a scarrozzarlo ovunque lui volesse andare, anche a scuola se lui avesse voluto, ma Boris l’aveva così tanto punto nell’orgoglio che si era convinto a prendere i mezzi pubblici, seppur con una certa contrarietà. Kai non si sarebbe mai abituato ad essere stipato nella metropolitana, in mezzo al mare di studenti che si riversavano in essa tutte le mattine. Essere ricco era stato sempre un bel vantaggio, ma in ogni caso non proferì parola, così da non dare da parlare all’ex compagno di squadra, che sembrava essere sempre ben lieto di punzecchiarlo.
«Quella è la divisa scolastica femminile?», chiese Boris, una volta che la ragazza varcò il cancello. Indossava la tipica gonna nera a pieghe ed una camicetta bianca a mezze maniche, su cui era annodato il tipico fiocco rosso all’altezza della scollatura. Quella mattina aveva anche convenuto di legare i capelli, visto lo strano caldo che stava da giorni facendo. Gli occhi ametista di lei saettarono subito nella direzione del russo, che se la stava ridacchiando tutto eccitato all’idea di vedere altre studentesse vestite in quel modo. Al monastero, in cui aveva vissuto probabilmente da tutta la vita, le ragazze si contavano sulle dita di una mano e di certo non indossavano divise scolastiche così succinte. Inoltre anche i ragazzi avevano il loro perché con la divisa scolastica, composta dalla tipica camicia bianca e pantaloni neri.
«Buongiorno anche a te…», gli rispose però lei, alzando gli occhi al cielo nonostante fosse pressoché divertita. Non avrebbe mai creduto che Boris Kuznetsov, lo spietato Blader che aveva militato sotto il comando di Vorkof, e che aveva letteralmente mandato Rei all’ospedale dopo il loro incontro nel primo campionato mondiale, fosse così incredibilmente spensierato ad amichevole. Aveva osservato l’intera squadra dei Neoborg per tutta la durata del terzo campionato, che avevano combattuto quello stesso anno, ed era rimasta colpita dal fatto che non avesse mai sentito parlare più del dovuto i componenti di quella squadra. Anche Kai stesso non era stato di molte parole da quando aveva cambiato fazione. Tutti i componenti della squadra Russa avevano sempre mantenuto una certa compostezza durante ogni incontro, Yuri in primis, eppure era riuscita a ricredersi anche su di lui. Quando aveva aperto gli occhi di ghiaccio su di lei, dopo essersi svegliato dal coma in cui lo aveva mandato Garland, e dopo che lei gli riconsegnò Wolborg, ricostruito diligentemente pezzo per pezzo, lesse in quello sguardo una certa gratitudine, nonostante in passato le avesse sempre fatto salire i brividi lungo la schiena. Però, nonostante fosse rimasto il solito ragazzo silenzioso, Yuri non era più spietato come quando era sottoposto a Vorkof, e lo dimostra il fatto che si fosse quasi fatto ammazzare pur di andare contro colui che li aveva usati per tutti quegli anni.
«Su, non fare la pudica…Non sei emozionata di iniziare questo nuovo anno?», continuò lui, in un Giapponese decisamente discutibile.
«Non quanto te. Scommetto che sei più eccitato di conoscere le tue compagne di classe piuttosto che iniziare le lezioni…», gli intimò con una smorfia e lui non poté far altro che fare spallucce, colpito a segno da quella constatazione. Si ritrovò così a ridacchiare, sotto un sonoro sbuffo da parte di Yuri ed un’alzata di occhi al cielo da parte di Kai. E fu proprio quest’ultimo che Saya osservò, mentre Boris era distratto a ridacchiare. Non si era ancora rassegnata all’idea che lui sapesse di Hitoshi. Non erano più tornati sul discorso e sembrava averlo superato, ma comunque non riusciva a togliersi dalla mente il fatto che lui l’avesse potuta allontanare e quella era l’ultima cosa che voleva. In ogni caso avrebbe continuato a fare quello che aveva sempre fatto, e magari a scuola avrebbe anche potuto conoscere qualcuno che le avrebbe rapito il cuore ed avrebbe così dimenticato Kai Hiwatari.
Anche se non era così sicura di riuscire a dimenticarlo facilmente. In fondo non ci era mai riuscita...
«Ebbene sì, lo ammetto», continuò a ridacchiare Boris, «ma sappi che sarai sempre tu la mia prima scelta. Non so, tipo la mia musa ispiratrice. In fondo ti sono pur sempre riconoscente per esserti presa cura di me, anche mettendomi le mani addosso per cambiare le fasciature!», la prese bonariamente in giro e sotto quella constatazione Yuri non poté che seguire l’esempio di Kai, alzando prontamente gli occhi al cielo, decisamente in imbarazzo per i modi di fare di Boris. Ma Saya scoppiò a ridere, perché in fondo quel ragazzo la metteva di buon umore e vederlo finalmente spensierato, dopo tutto quello che era stato costretto a vivere, nel bene e nel male, le faceva piacere. Sperò solo di riuscire a vedere altrettanto spensierati anche Yuri e, soprattutto, Kai. Ma forse per loro ci sarebbe voluto del tempo. In ogni caso non era intenzionata a demordere. In fondo era abbastanza brava a consolare le persone, doveva a malincuore ammetterlo.
«Allora, ci vogliamo muovere?», fu però il “simpatico” commento di Hiwatari a far desistere Kuznetsov dal continuare e facendo capire a tutti che non era più il caso di perdere tempo. Così, tra una risata e l’altra, arrivarono fino all’istituto seguendo la scia di quelli che sarebbero diventati i loro compagni di scuola.
 
 
 
«Però, non male!», si lasciò sfuggire Boris una volta varcato il cancello d’entrata, senza però parlare ad una persona in particolare. Stava osservando il giardino con fare interessato, spostando l’attenzione di ragazza in ragazza con espressione soddisfatta, prima di posare gli occhi sulla porta a vetri dell’ingresso.
«Ѐ una scuola del tutto normale, come ce ne sono in tutto il Giappone», Saya ridacchiò all’entusiasmo del russo, che sembrava più un turista che uno studente.
«Sì ma per me che ho sempre visto le mura buie del monastero questa sì che è vita!»
Quella constatazione zittì per la prima volta la ragazza, che non seppe davvero come rispondere a quel commento, perché in fondo lei sapeva bene come avessero vissuto i ragazzi. Lei stessa, due anni prima, aveva potuto vedere con i suoi occhi la soggezione che metteva quel luogo ed a pensare agli orrori che dovevano aver passato non riuscì più ad incrociare i suoi occhi con quelli degli altri.
«Spero solo ci sia il caffè», fu il commento di Yuri a stemperare la tensione che era scesa tra loro, mentre Kai iniziò a camminare stizzito verso l’ingresso senza aspettare gli altri. Probabilmente la conversazione l’aveva colpito più del dovuto, ed Hiwatari non era mai propenso ad ascoltare gli altri comuni mortali di prima mattina.
Si fermò solamente quando fu a poca distanza dalla porta d’entrata e quel fatto risultò strano ai ragazzi, soprattutto a Saya, che si accostò a lui con un sopracciglio alzato.
«Tutto bene?», gli chiese preoccupata, dopo aver visto l’espressione tirata dell’amico. Stava guardando un punto fisso di fronte a sé, con la mascella serrata e le mani nelle tasche dei pantaloni, chiuse sicuramente in due pugni altrettanto serrati.
«Che succede? Ansia da prestazione Hiwatari?», lo sbeffeggiò Boris, e per un momento fu anche divertito dalla sua stessa battuta, ma si ricredette e, soprattutto, si preoccupò quando l’espressione del compagno non cambiò di una virgola. Sembrò come se Kai non lo avesse minimamente sentito, o ascoltato. Solitamente riusciva sempre a fare breccia nella sua impassibilità, pungendolo nell’orgoglio e costringendolo a rispondere stizzito, cosa che lo divertiva parecchio, eppure in quel momento non era riuscito a trovare il modo di colpirlo e lo trovò alquanto strano.
Anche Saya trovò strano il fatto che non si fosse voltato a fulminare Boris con lo sguardo, mentre Yuri era rimasto in silenzio alle loro spalle, ad osservare con aria curiosa ciò che stava succedendo, pronto ad intervenire se la situazione l’avesse richiesto.
La ragazza si voltò nella direzione in cui Kai stava guardando, curiosa ed insospettita allo stesso tempo, chiedendosi cosa avesse attirato così tanto l’attenzione del ragazzo, e gelò sul posto quando vide la persona che il suo compagno stava guardando. Era un ragazzo che entrambi conoscevano bene e dall’espressione che egli aveva sul volto, e dal sorrisetto sardonico che aveva sulle labbra, capì che ce l’avesse proprio con Kai. Lo stava osservando con nonchalance, con una mano nella tasca della divisa scolastica ed una poggiata sulla spalla, a reggere la cartella che stava trasportando con svogliatezza. Nonostante fosse in piedi, vicino alla porta di ingresso, sembrava aspettare proprio lui.
«Hiruta?!», sbottò lei, aggrottando leggermente le sopracciglia e lanciando un’occhiata insospettita verso il ragazzo accanto a sé, per cercare di captare la sua reazione. Ma Kai rimase impassibile, nonostante la piccola smorfia che comparve sulle sue labbra. Era chiaro che quella situazione lo stesse indispettendo non poco, soprattutto per il fatto che il suo vecchio sottoposto lo stesse guardando dall’alto al basso.
«Che cosa vuoi?», sbottò invece il nippo-russo, decisamente contrariato dalle occhiate eloquenti dell’altro. Era dai tempi del primo campionato mondiale che non lo vedeva, da quando, al suo ritorno, era tornato al covo degli Shall Killer per “dimettersi” dalla sua posizione di capo. Non aveva più senso per lui continuare ad esserlo, visto che i suoi interessi erano radicalmente cambiati. Li aveva fondati solamente per trovare quello che poi si rivelò essere Black Dranzer, ma dopo gli eventi trascorsi in Russia non aveva più valore quella ricerca. Aveva rinunciato al potere dell’Aquila Nera già da tempo. Adesso la sua vita era notevolmente migliorata, nonostante alcuni vecchi ricordi che non riusciva a superare, ma non era il caso degli Shall Killer. O almeno, così credeva…
«Nulla. Assolutamente nulla», ridacchiò però Hiruta, con il suo tipico modo di fare. Aveva sempre avuto quell’atteggiamento da superiore, ma Kai era sempre riuscito a rimetterlo in riga e ad incutergli un certo timore. Almeno un tempo. Non era sicuro di riuscirci ancora e quella constatazione gli fece stringere ancora di più la mascella. Rinunciando ad essere il loro capo aveva perso il potere su di loro. A lui stava bene così, ma quello sguardo sarcastico non gli piacque nemmeno un po’. «Ѐ da molto che non ci si vede», riprese poi Hiruta, facendo spallucce, «mi sono solo meravigliato di vederti tra noi comuni mortali. In questi ultimi anni non hai frequentato un collegio privato d’alta classe?», finì poi, puntando i suoi occhi marroni in quelli ametista di Kai, con un’occhiata talmente eloquente che stizzì addirittura Boris, che però pensò bene di non intromettersi.
«Non sono affari tuoi!», gli rispose per le rime Hiwatari, imbronciandosi leggermente ma senza sciogliere la sua posizione disinteressata.
«Ma certo, ero solo curioso», alzò le braccia in segno di resa l’ex membro degli Shall Killer, senza però togliersi dalle labbra il sorrisetto soddisfatto che gli era spuntato da quando era apparso. «Non credevo di rivederti a scuola Hiwatari. Sono rimasto colpito, tutto qui. Né credevo di vedere lei con te…», puntò poi il dito in direzione di Saya, che si aprì in una smorfia contrariata.
«Siamo stati compagni di squadra e siamo amici…», gli rispose per le rime la ragazza, ma servì solo a far scoppiare a ridere Hiruta e quella risata indispettì Kai ancora di più.
«Ma certo, lo so. Siete abbastanza famosi nel quartiere…», riprese, parlando con un tono di voce quasi schifato. Nonostante Kai non fosse più uno di loro, lo indispettiva il fatto che, per una cosa o per l’altra, fosse ancora discretamente famoso. L’ultimo incontro con Brooklyn era ancora sulla bocca di tutti.
«Mi fa piacere però incontrare i famosi Neo-Borg», continuò poi, incurante degli sguardi assassini della ragazza e della contrarietà della sua vecchia conoscenza. Scese gli scalini che lo dividevano dai ragazzi e camminò altezzoso fino a fermarsi a qualche passo di distanza da loro, impettendosi quasi fosse stato una persona altolocata ed allungando una mano in direzione di Boris, che invece la guardò come se gli avesse appena allungato qualcosa di marcio.
«Il piacere non è reciproco», commentò piatto quest’ultimo, aprendosi in un sorrisetto decisamente troppo soddisfatto, che mozzò di netto quello che aveva mantenuto sulle labbra per tutto il tempo il nuovo arrivato. Anche Kai riuscì ad essere soddisfatto di quella risposta, così tanto che il commento di Boris gli strappò un sorriso.
Hiruta però era rimasto gelato da quella constatazione, soprattutto dopo che Kuznetsov lo lasciò impalato al suo posto come un allocco, per riprendere a camminare in direzione della porta d’ingresso.
Invece quando Yuri gli passò accanto gli riservò un’occhiata di ghiaccio tipica delle sue, perché quel suo modo di fare così spocchioso aveva indispettito anche lui. Non che gli importasse dei trascorsi di Kai, quello era ovvio, ma il modo di fare di quel ragazzo non gli era piaciuto nemmeno un po’. Capiva anche perché Boris avesse reagito in quel modo. Hiruta gli ricordava il sé stesso di un tempo, quello dello spietato Blader che militava tra le fila della vecchia Borg. Quello che, in quei due anni, dopo la sconfitta da parte dei Bladebreakers, aveva cercato di sopprimere e Yuri non avrebbe mai voluto che Boris, o Kai, tornassero a tormentarsi per colpa di un passato che non riuscivano a dimenticare.
Forse per quanto riguardava il compagno russo poteva stare tranquillo, ma non poteva dire lo stesso di Kai. La sua reazione alla vista di quel ragazzo ne era stata la prova. Se non gliene fosse importato nulla, Hiwatari lo avrebbe snobbato come aveva sempre snobbato il resto del mondo.
«Ci sono anche gli altri», commento però Hiruta, quando oramai i quattro ragazzi avevano varcato la soglia dell’ingresso. Non si aspettava certo una risposta a quella frase, gli bastò solamente che il suo vecchio capo ne avesse afferrato il senso. Dopodiché si voltò ad incrociare lo sguardo di qualcuno poco distante da lui, che lo stava osservando soddisfatto in mezzo agli alberi del giardino.
 
 
 
«Stai bene?»
Saya richiamò l’attenzione di Kai, seduto nel banco accanto al suo. Era assorto nei suoi pensieri mentre osservava distrattamente di fronte a sé, con le mani nelle tasche dei pantaloni e la schiena poggiata allo schienale della seggiola.
Per loro fortuna i quattro ragazzi erano finiti nella stessa classe, ma quando entrarono nella loro aula notarono come quasi tutti i posti migliori fossero stati presi. Purtroppo aver perso tempo con Hiruta all’ingresso aveva fatto perdere loro tutta la precedenza che avevano acquistato partendo anticipatamente da casa.
Avevano trovato due fila di posti liberi in fondo all’aula, dalla parte delle finestre che davano sulla piscina, e si erano seduti senza neanche stare a pensare a chi dovesse sedersi accanto a chi. Era stato tutto così meccanico e naturale che Yuri si era seduto accanto a Boris, che aveva diligentemente scelto il posto accanto alla finestra, così che poteva distrarsi guardando qualche bella fanciulla in costume, se mai ce ne fossero state, mentre Kai si era seduto accanto a Saya, che anch’ella aveva prediletto il posto vicino alle vetrate.
«Perché non dovrei stare bene?», le rispose stizzito lui alla vecchia maniera, ma lei non si fece fermare dal suo tono alterato, perché sapeva che non ce l’aveva con lei. Immaginava lo stato d’animo del suo amico, perché ritrovarsi a fare i conti con un passato che pensava di aver lasciato alle spalle era troppo da sostenere per Kai, soprattutto dopo tutto quello che era stato costretto a vivere. Non voleva che lui avesse problemi per colpa della sua vecchia gang. Aveva imparato a conoscere Hiruta dalle dicerie del quartiere e non avrebbe mai voluto che Kai incrociasse di nuovo la strada con lui o con gli altri, non dopo tutta la fatica che aveva fatto per essere una persona migliore.
«Non lo so, ti sei incupito dopo aver visto quel ragazzo…», continuò lei, inclinando leggermente la testa con fare disinvolto e cercando di mantenere un tono di voce neutro. Non voleva assolutamente indispettire il suo compagno più di quanto già non fosse, ma se poteva fare qualcosa per alleggerire il suo cuore lei lo avrebbe fatto ad occhi chiusi.
«Tzè, non mi importa nulla di lui o di tutti gli altri Shall Killer. Ho chiuso con loro e con quella vita. Se dovessero infastidirmi mi comporterò di conseguenza, fino ad allora continuerò ad ignorarli», asserì invece lui, che però aveva indurito l’espressione ed aveva serrato la mascella una volta finito di parlare.
Saya era già pronta a controbattere per dire la sua, ma la provvidenziale entrata del nuovo professore troncò di netto la conversazione e per tutta la durata delle lezioni Kai non guardò mai dalla sua parte, chiaro segno che non era intenzionato a riprenderla.
Quando fu il momento della ricreazione i ragazzi uscirono dall’aula per sgranchirsi le gambe e prendere una boccata d’aria. Stavano camminando tranquillamente verso l’ingresso quando un’orda di ragazzine bloccò loro il passaggio. Erano tutte voltate di spalle e la loro attenzione sembrava essere stata catturata da qualcosa di fronte a loro, che però da quella posizione i nostri beniamini non riuscirono a vedere.
«Che strazio…che hanno da starnazzare così tanto?», chiese Boris, incrociando le mani dietro la nuca con fare annoiato. «Quelle sono della tua razza, traduci quello che stanno dicendo!», si rivolse poi a Saya, che storse leggermente il naso sotto quella constatazione.
«Io non ho nulla a che fare con questo, ma se il mio fiuto non sbaglia lì dovrebbe esserci un ragazzo, ed a quanto pare anche molto popolare. Ho visto questa scena ripetersi milioni di volte nella vecchia scuola», rispose lei facendo spallucce, prima di venire quasi travolti da un’altra orda di ragazze in piena crisi ormonale.
«Ѐ lui? Terrà un discorso?», disse una ragazza del gruppetto che li stava superando a grandi passi.
«Speriamo!», rispose l’amica, lasciando interdetti i quattro ragazzi, che si erano acquattati alla parete per non essere schiacciati dalla folla.
«Tutto questo casino per un ragazzo?!», sbottò di nuovo Boris, staccandosi dal muro solo quando il gruppetto li ebbe superati.
«Ѐ una cosa normale nelle scuole», ridacchiò Saya, portandosi una mano a coprire la bocca in un gesto composto.
«Io non sono pratico di scuole…», le rispose il russo e tra loro cadde di nuovo il gelo, ma il ragazzo pensò bene di riprendere parola dopo alcuni secondi.
«Beh, comunque non hanno ancora visto me…o Yuri! Vedrai dolcezza, tra qualche giorno nessuno si ricorderà di quello. Chiunque esso sia…»
Quando di fronte a loro si aprì un passaggio tra la folla, forse perché il ragazzo preso d’assalto si era allontanato dall’ingresso, riuscirono a passare e ad uscire un po’ in giardino.
L’aria aperta li aiutò anche a non pensare più agli eventi trascorsi, da Hiruta fino alle ragazzine in calore, almeno finché il preside non radunò tutti gli studenti nell’aula magna, che solitamente veniva usata come aula delle assemblee. In fondo allo stanzone era stato messo un piccolo palco di legno, mentre di fronte ad esso erano state posizionate molte sedie poste a semicerchio, così che ogni studente della scuola avesse un posto a sedere. Ovviamente non sarebbero bastate per tutti, ma i professori convennero di far sedere prima le prime sezioni, smistandoli nelle prime file, e così, quando tutti si furono seduti, iniziò quella che sembrò una cerimonia di benvenuto per i nuovi studenti. A parlare fu prima il preside, un ometto basso e tarchiato ma dall’aria amichevole, ed in seguito la parola fu data al presidente d’istituto. Fu in quel momento che dalla platea si levò un grido di approvazione, soprattutto dalle ragazze, che iniziarono a gratificarlo come avevano fatto nel corridoio non molte ore prima.
«Ah, quindi era per questo bell’imbusto che si stavano dando tanta pena?», chiese di nuovo Boris, storcendo il naso in un’espressione pressoché schifata. Perse anche del tempo ad osservarlo e notò, con suo sommo dispiacere, che purtroppo era veramente attraente come lo descrivevano. Era un ragazzo abbastanza alto e posato, coi capelli neri leggermente scompigliati e gli occhi di un verde smeraldo. Parlava al pubblico con voce rassicurante, spostando lo sguardo da una parte all’altra della platea con fare disinvolto. Si vedeva che era abituato a stare al centro dell’attenzione.
«A quanto pare sì, la reazione del pubblico non può essere fraintesa», ridacchiò di nuovo Saya, spostando poi lo sguardo su Kai. Voleva cercare di captare la sua reazione, visto che era rimasto in silenzio per tutto il giorno, ma lui aveva portato le braccia conserte al petto e stava osservando il presidente d’istituto di sottecchi, con uno sguardo talmente tagliente da far aggrottare le sopracciglia alla nipote del presidente. Lei però non volle indispettirlo ancora con le sue parole, visto come era stato poco propenso a parlare quella stessa mattina, quindi si voltò di nuovo verso Boris. Purtroppo però il ragazzo aveva iniziato a confabulare sottovoce con Yuri, quindi non le restò altro da fare che prestare attenzione allo studente che stava parlando al microfono, ammettendo in fondo che le sue compagne di scuola non avevano poi tutti i torti.
Quel tipo era veramente molto carino.
Nella sua lunga conversazione aveva anche appreso due cose fondamentali: la prima era che si chiamava Hisashi Fujima, la seconda che, oltre ad essere il presidente d’istituto, era soprattutto il capitano del club di Judo.
 
 
 
«Saya? Saya Ditenji?»
La ragazza stava camminando tranquillamente al fianco dei Neo-Borg quando qualcuno cercò di richiamare la sua attenzione.
La giornata scolastica era giunta al termine e tutti gli studenti stavano tornando nelle aule per riprendere le loro cartelle, esattamente come stavano facendo i quattro. C’era un netto frastuono, per via della folla che si era riversata nei corridoi, e per quello in un primo momento non sentì che qualcuno l’avesse chiamata.
Quando si sentì toccare una spalla sobbalzò per lo spavento. Era talmente assorta nei suoi pensieri da non essersi accorta di nulla.
Fu quando si voltò indietro, per vedere chi l’avesse disturbata, che rimase di sasso.
Di fronte a lei c’era il ragazzo che aveva ammirato nell’aula magna per tutto il tempo dell’assemblea. Giurò anche di essere leggermente arrossita, ma non ci dette più di tanto peso e cercò di mostrarti spigliata e serena come al solito, sapendo soprattutto che gli occhi dei suoi compagni erano puntati su di lei. Soprattutto quelli di Kai.
«Saya Ditenji?», chiese di nuovo lui con un tono di voce leggermente speranzoso. Aveva un sorriso gioviale stampato sul volto, che fece spostare leggermente di traverso quello della giovane, ma lei annuì sommessamente sotto quella domanda.
«Sono io…», gli rispose con un sorriso, portandosi le braccia dietro tra schiena con fare spensierato. «Tu sei il presidente d’istituto, il sempai Fujima», continuò curiosa. «Come fai a conoscere il mio nome?», chiese poi, leggermente accigliata. Era assolutamente certa di non averlo mai visto. Se così non fosse stato se lo sarebbe sicuramente ricordato…Inoltre sapeva che frequentava l’ultimo anno, e lei non aveva mai conosciuto persone più grandi, a parte nei tornei di Beyblade.
«Beh, sei abbastanza famosa…», le sorrise di rimando lui, facendo storcere il naso a Kai ed accigliare gli altri due, che tuttavia rimasero in disparte ad osservare la scena. «Sei la nipote del presidente della federazione locale di Beyblade. Il Presidente Ditenji è abbastanza conosciuto dagli appassionati come me», ridacchiò poi, spostando la sua attenzione sui compagni di classe di Saya. «Quindi è un piacere per me fare la conoscenza dei famosi Neo-Borg. Ho seguito con piacere l’intero campionato mondiale. Io sono alle prime armi, purtroppo, ma mi piacerebbe un giorno arrivare al vostro livello», sorrise ancora, cordiale, con un sorriso che abbatté tutta la titubanza della ragazza. «Tu mi hai attratto fin dalla sfida che disputasti con Yuri*, nella tappa Italiana del mondiale, quando sostituisti Takao Kinomiya. Sei così fiera e combattiva che sei stata d’esempio per molti ragazzi come me», continuò.
«Non si è perso nessun dettaglio…», commentò sarcastico Boris, ma lo fece in modo che potessero sentirlo solo Kai, che storse leggermente il labbro in una smorfia contrariata, e Yuri, che socchiuse leggermente gli occhi di ghiaccio e si lasciò sfuggire un piccolo risolino divertito.
«Wow, non credevo di essere popolare per un ragazzo altrettanto popolare», rise infine la nipote del presidente, che di nuovo si portò una mano alla bocca per non sembrare troppo sguaiata. Quel ragazzo sembrava così etereo e raffinato che per un momento stentò a credere che facesse parte del club di Judo.
«Beh, sì, sono abbastanza popolare, ma sono altrettanto sicuro che lo diverrai anche tu», si lasciò sfuggire lui e lei lo guardò di nuovo leggermente accigliata, ma non le lasciò il tempo di controbattere. «Ho un’idea! Mi piacerebbe battermi con te, ci stai?», le propose e lei non poté che alzare di nuovo un sopracciglio, confusa da quella strana richiesta. Rimase ferma nella sua posizione, con le braccia incrociate dietro la schiena, ma col pelo dell’occhio buttò uno sguardo verso i suoi compagni, che lei stava facendo attendere. Anzi, in realtà le era sembrato strano che non l’avessero preceduta. Se ci fosse stato solo Kai, era sicura che lui l’avrebbe lasciata sola a parlare con quel ragazzo. Ma forse era stata un’idea di Boris. Quel ragazzo era così protettivo quando si trattava di Saya…ed inoltre era sicura che Hisashi Fujima non avesse fatto una bella impressione al trio.
«Vuoi fare a pugni?», ironizzò lei, ma il ragazzo scoppiò subito a ridere, trasportandola in una risata cristallina e facendo storcere per l’ennesima volta il naso ai Neo-Borg.
«Ma certo che no, non alzerei un dito su una ragazza», fece spallucce, «ma sarei molto felice se mi permettessi di battermi con te a Beyblade».
Gli occhi del ragazzo si illuminarono di una luce che la ragazza conosceva fin troppo bene, perché era la stessa luce che infiammava i suoi occhi quando era il momento di lanciare Star Pegaso ed era la stessa che vedeva negli occhi di tutti i suoi amici Blader. Si vedeva che quello strano ragazzo era mosso dalla sua stessa passione ed anche se era alle prime armi, come le aveva reso noto, Saya non se la sentì di rifiutare. In fondo, un bravo Blader non si tira mai indietro quando si tratta di una sfida.
«Hey amico, non è cortese né leale sfidare una ragazza…perché non te la vedi con me?», s’intromise però Boris, parandosi di fronte alla sua compagna di classe e battendosi un pugno all’altezza del petto. Il suo sguardo penetrante colpì il ragazzo come un fulmine a ciel sereno, ma il presidente d’istituto, seppur all’inizio rimase impressionato dalla volontà ferrea del membro della Neo-Borg, non poté che finire a sorridere divertito.
«Boris…», s’intromise però la nipote del presidente Ditenji, sospirando sconsolata, nonostante sulle sue labbra avesse un piccolo sorriso.
Anche Kai e Yuri si erano avvicinati a lei, consci del fatto che, se il bell’imbusto avesse risposto in una maniera poco cordiale, Boris l’avrebbe preso per la collottola e sbattuto sicuramente contro il muro, giusto per fargli capire con chi avesse a che fare. Per fortuna però non successe nulla di simile. Quel ragazzo era veramente uno dai modi gentili, dovettero riconoscerlo dalla sua cordiale risposta.
«La tua proposta mi alletta veramente molto, e penso che prima o poi verrò a chiedervi di battervi con me, anche se, ahimè, so già come andrebbe a finire l’incontro», sorrise benevolmente, nonostante lo sguardo penetrante fosse ancora puntato verso la loro compagna, «ma la mia proposta quest’oggi è diretta a lei, perché mi ha affascinato il suo stile di gioco. Vorrei l’onore di potermi battere con la nipote di un uomo importante. Per favore!», continuò poi, portandosi anch’egli una mano all’altezza del cuore e la fermezza di Saya vacillò.
«Beh io…ecco…se me lo chiedi così non posso non accettare», disse imbarazzata, finendo per ridacchiare nervosamente.
«Magnifico! Ti andrebbe bene anche…subito?», continuò poi il moro, unendo le mani come se fosse in preghiera e nascondendo il volto dietro di esse, incurvando leggermente le spalle.
«Beh, a questo punto non posso che accettare!», sorrise lei, dandogli man forte, e lui non poté che riprendere felicemente la posizione eretta, spostandosi poi nella direzione dei tre ragazzi, che lo stavano osservando decisamente contrariati. Yuri gli puntò addosso il suo sguardo glaciale, come ad intimargli di non fare cazzate o se la sarebbe vista con lui. Boris lo guardò come se gliel’avesse dovuta far pagare da un momento all’altro, mentre Kai gli riservò l’occhiata più scocciata che riuscì a fare. Sicuramente quell’inconveniente della sfida doveva averlo indispettito parecchio, perché a quell’ora potevano già tutti essere sulla via del ritorno, invece gli toccava assistere ad un noioso incontro, perché era sicuro che Saya l’avrebbe liquidato in poco tempo. In fondo quella ragazza era sempre riuscita a tenere testa a Dranzer ed era addirittura riuscita a comandare il suo Beyblade e l’Aquila Rossa. Quel damerino non costituiva un problema per lei, Kai ne era sicuro. Sperò solo che, vista la sua solita magnanimità d’animo, non ci avesse messo troppo a metterlo K.O.
«Benissimo!», espose raggiante il presidente d’istituto, voltandosi in direzione delle scale. «Seguitemi, in giardino abbiamo tutto lo spazio»
Così non restò loro altro da fare che seguire lo studente verso il posto prestabilito.
Quando arrivarono notarono parecchi gruppetti di ragazzi, che si erano fermati a vedere cosa stava succedendo. C’erano soprattutto le studentesse che sbavavano dietro al ragazzo ed i loro occhi erano tutti puntati su Saya, un po’ per gelosia ed un po’ per curiosità, ma lei non si fece fermare da ciò. Posizionò sul prato la cartella, che avevano recuperato dall’aula prima di scendere, e prese Star Pegaso dal suo interno, alzandosi mentre lo incoccava al caricatore. Era pronta a raggiungere la posizione di lancio, non troppo distante dal suo avversario, ma una presa ferrea sul suo braccio la costrinse a voltarsi di scatto.
«Kai!», lo richiamò lei, aggrottando le sopracciglia sotto quel gesto decisamente avventato. La presa del suo compagno era salda ed il suo sguardo leggermente incupito.
«Vedi di finire in fretta l’incontro!», le disse perentorio, alzando leggermente lo sguardo per buttarlo alle spalle di lei, dove il suo sfidante era già in posizione, in attesa che lei lo raggiungesse. Ma lei alzò leggermente spazientita gli occhi al cielo, oramai rassegnata dai modi bruschi del suo amico. In fondo Kai era fatto così.
«Non preoccuparti», lo rassicurò lei con un piccolo sorrisetto complice. «Cercherò di non umiliarlo troppo davanti alle sue fan».
«Quel tizio non mi piace», continuò però lui, piccato, ma sentì Boris scoppiare a ridere, al ché gli lanciò uno sguardo di traverso che avrebbe fatto desistere chiunque da continuare, ma ovviamente non lui.
«Esiste qualcuno che ti vada a genio?», chiese Kuznetsov e Saya rise sotto quella domanda. Alla fine il nippo-russo lasciò la presa che aveva sul polso di lei e le diede le spalle portando le braccia conserte al petto con fare imbronciato.
Ma qualcun altro aveva altri progetti per lui.
«Hiwatari?»
La voce dello sfidante di Saya lo fece voltare di nuovo con la mascella serrata, perché tutto si sarebbe aspettato fuorché essere richiamato proprio da lui. Non gli rispose però, gli fece solamente intendere con uno sguardo che lo avrebbe ascoltato. Non aveva minimamente intenzione di sprecare la voce per lui. Ma quello lo trapassò con un’occhiata strana, molto in contrasto con quelle che aveva usato fino a quel momento e che costrinse il nostro beniamino ad accigliarsi. Fu solo un attimo però, come se avesse voluto intimargli qualcosa, ma quello riprese il suo solito sorriso e la cosa passò in secondo piano.
«Puoi fare da arbitro?», gli chiese infine, con lo stesso tono di voce cordiale con il quale si era espresso fino ad allora.
Kai fece spallucce e, seppur la cosa non lo entusiasmasse, si mise in mezzo ai due e dette il via all’incontro.
Yuri e Boris si posizionarono non molto distanti, appoggiati ad un albero, così da avere la visuale libera, mentre molti spettatori si erano accerchiati al quintetto, in attesa di vedere l’esito dell’incontro. Non capitava spesso di vedere il presidente d’istituto esporsi così.
“Perché quella lo ha sfidato?”
“No scema, è stato lui!”
“Guarda come se la tira!”
“Non pensavo ci fossero ragazze così carine quest’anno”
“Io la conosco, è la nipote del presidente della federazione di Beyblade. L’ho vista in tv!”
“Sì, quelli sono i Neo-Borg!”
“Quello è Kai Hiwatari”
“Il presidente la annienterà subito”
“Non vorrà fare la smorfiosa con lui!”
Queste erano molte delle voci che si erano accerchiate a loro ed i diretti interessati fecero di tutto per non ascoltarle.
Kai dette il via all’incontro, annoiato da tutta quell’assurda situazione. Però dovette ammettere che un po’ quel ragazzo lo incuriosiva. Non era da tutti sfidare una ragazza, conscio del fatto che lei gli fosse stata nettamente superiore, né era stato tanto saggio farlo di fronte a tutta la scuola. Quel cicaleccio lo indispettiva quanto il fatto che l’indomani sarebbero stati sulla bocca di tutti ed a lui non piaceva affatto avere tutta l’attenzione su di sé. A meno che non fosse in uno stadio, ovvio!
Però dovette ammettere che era strano, molto strano che quel ragazzo avesse insistito per battersi con Saya proprio lì, nel giardino della scuola, con un Beyblade assolutamente anonimo come quello che stava usando. Era grigio e senza tante rifiniture, quasi fosse stato un Beyblade di ripiego, così com’era antiquato il caricatore. Ne stava usando uno di base, di quelli che oramai erano superati da tempo e quella visuale gli fece storcere leggermente le labbra.
Non aveva nessuna speranza di battere Saya, ed infatti lei, dopo aver attutito un po’ gli insulsi attacchi di quel Bey e dopo aver constatato che quello fosse stato il massimo che potesse dare quel piccolo pezzo di plastica, lei passò al contrattacco con un colpo che non avrebbe messo K.O nessuno dei suoi compagni Bladers, ma che funzionò alla grande con lui. Ovviamente non si sarebbe mai aspettata di andare a segno con un attacco così insulso, eppure era riuscita a vincere ed il Beyblade grigio del suo avversario giaceva fermo a poca distanza dai suoi piedi.
Kai dette la vittoria a Saya e senza dire una parola, ma lanciando un’ultima occhiata al ragazzo, raggiunse Yuri e Boris, che erano allibiti tanto quanto lui.
«Ѐ Saya ad essere incredibilmente forte o è lui ad essere una schiappa?», si lasciò sfuggire Boris, con la testa leggermente piegata e le mani incrociate dietro alla nuca in una posizione annoiata.
«Saya è forte, indubbiamente, lo so perché mi sono battuto con lei, ma credo che lui sia veramente un principiante. In fondo lo ha ammesso anche lui…», rispose Yuri facendo spallucce, con un sorrisetto incredibilmente soddisfatto a deturpare l’impassibilità del suo volto. Era soddisfatto di come Saya avesse vinto su una persona nettamente inferiore, senza umiliarlo. Se ci fosse stato Boris al suo posto, come aveva inizialmente proposto, non si sarebbe solamente limitato a vincere. Come minimo gli avrebbe distrutto il Beyblade, e ci avrebbe goduto anche nel farlo di fronte a tutta la platea che si era accerchiata attorno al campo di gara.
Inoltre il cicaleccio non si era fermato. Anzi, le pungenti voci delle studentesse che davano contro Saya riuscivano a percepirle benissimo anche da quella posizione. Per fortuna non sembrarono sortire alcun effetto sulla ragazza, che era andata a parlare con il suo sfidante, probabilmente a complimentarsi per l’audacia o per qualsiasi altra cosa. Sarebbe stato decisamente da lei.
Kai continuò invece a lanciare le sue occhiate fulminanti contro quel Fujima, assottigliando lo sguardo per osservarlo meglio.
Quando però gli occhi dal colore smeraldino di lui raggiunsero le sue ametiste, una strana inquietudine si impossessò di lui ed uno strano brivido gli percorse la schiena, costringendolo a spostare lo sguardo e portarlo di nuovo sui suoi compagni con fare seccato.
«Quel tipo non mi piace per niente», sentenziò infine, ma l’attenzione dei due era stata catturata da Saya, che stava tornando verso di loro con un sorriso smagliante stampato in faccia.
Fine capitolo 2
 
 


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Colei che scrive:
Ma salve e ben trovati alla fine di questo lungo capitolo (almeno per i miei standard xD solitamente ho sempre scritto capitoli di 7 pagine Word, questo ne ha 12. Sto facendo progressi xD). Avrei voluto metterlo lunedì, ma ero così emozionata di farvelo leggere (essendo il vero inizio della storia), che non ho resistito XD Inoltre sono successe alcune cosine, ed abbiamo fatto la conoscenza di un nuovo personaggio<3, ma soprattutto abbiamo rivisto un vecchio “amico”. Credo ricordiate tutti Hiruta e gli Shall Killer muahahahah Detto questo continuo a ripetere che tutto succede per un determinato motivo, nulla è lasciato al caso (per lo meno le cose importanti ahahah) ehehe ed a quanto pare Mr. Fujima non va a genio ad Hiwatari (strano eh? xD).
Per quanto riguarda l’asterisco che ho posto quando Yuri dice di aver combattuto contro Saya, mi sono immaginata che fosse scesa in campo lei al posto del prof Kappa (è la puntata 12 o 13, se non sbaglio, della G-revolution. Takao era in crisi ed Hitoshi convenne di schierare Daichi ed il Prof contro i Neo-Borg. Il prof perse ovviamente conto Yuri, ma per esigenze di trama mi è servito che in questa storia fosse scesa in campo Saya, ma l’esito rimane lo stesso).
Bene, detto questo non mi sembra ci sia null’altro da dire. Il capitolo parla già per sé, spero! xD
Passo a ringraziare i meravigliosi recensori *-*, le persone che hanno messo la storia tra le seguite/ricordate/preferite ed a tutti i lettori silenziosi giunti fin qua!
Al prossimo aggiornamento!!!

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - With you ***


Capitolo 3 – With you
 
 


 
You now I see even when I close my eyes
Ti vedo anche adesso quando chiudo i miei occhi

When things go wrong
Quando le cose non vanno bene

I pretend that the past isn't real
Fingo che il passato non sia reale”

Linkin Park - With You  
 


 
Sono passate due settimane dall’inizio dell’anno scolastico e dall’incontro tra Saya ed il presidente d’istituto, il Sempai Fujima. Da quel giorno quel ragazzo ha sempre ronzato intorno alla ragazza, sotto il disappunto di Boris e di Kai, nonostante quest’ultimo cercasse sempre di non darlo a vedere. Yuri invece era sempre stato quello più diplomatico tra i tre e rimase in silenzio ad ascoltare le parole della ragazza, quando disse loro che erano diventati amici. Per fortuna però, quello strano ragazzo ebbe la decenza di non andare a cercarla per mangiare insieme nelle pause pranzo, come facevano le coppiette di fidanzati, così che lei poteva farlo ancora insieme ai suoi compagni. A Boris sarebbe dispiaciuto vederla andare via, ma soprattutto sarebbe dispiaciuto ad Hiwatari, ma lui era troppo orgoglioso per ammetterlo. Boris invece non voleva darla vinta a quel damerino, come lo chiamava, e quindi finché Saya era con loro stava più che tranquillo, soprattutto dopo quello che era successo in seguito alla loro sfida.
Da quando la nipote del presidente aveva accettato la sfida del capitano del club di Judo, battendolo inesorabilmente, il suo nome era stato sulla bocca di tutti. Il fatto di aver battuto il ragazzo più popolare della scuola aveva fatto il giro delle classi e le ragazze che sbavavano dietro al Sempai avevano sviluppato una certa antipatia per la ragazza, che però se ne fregava altamente di quello che dicevano gli altri. O, per lo meno, così dava a vedere. Saya era sempre stata fin troppo altruista e sensibile per fregarsene del tutto di ciò che le veniva detto ed i tre Neo-Borg erano un po’ preoccupati di come avesse potuto convivere con la rabbia che le loro compagne le riserbavano, ma fin quando lei indossava il suo sorriso migliore loro erano tranquilli. La vicinanza con quel ragazzo aveva inoltre influito sul suo buon umore. Non che fosse successo chissà che tra loro, ma anche solo il fatto che Fujima l’andasse a cercare fino in classe per salutarla per lei voleva dire molto. Il tutto però succedeva sotto una smorfia contrariata di Kai, che ogni volta che vedeva il volto del ragazzo fare capolino dalla porta dell’aula, alzava gli occhi al cielo e si volta a dall’altra parte con una smorfia schifata, facendo finta di non averlo visto.
Boris invece gli rilanciava indietro qualche occhiata intimidatoria, sperando di intimidirlo, o anche solo perché si divertiva a stuzzicare la gente, ma anche lui spesso faceva finta di non averlo visto. Per puro egoismo, è chiaro!
La ragazza invece per la maggior parte delle volte non lo vedeva davvero, perché Kai faceva in modo di tapparle la visuale, visto che poteva considerarsi un ostacolo tra lei e la porta. Era Yuri quello più diligente tra i tre, che senza neanche muoversi dalla sua posizione annoiata dalla lezione appena conclusa spostava lo sguardo verso l’entrata della classe ed intimava, con voce piatta:
«C’è il tuo amico alla porta», almeno prima che il diretto interessato la chiamasse a gran voce, facendo iniziare a chiacchierare tutti i loro compagni di classe. I ragazzi osservavano la scena interessati, mentre le ragazze le lanciavano qualche occhiata in tralice prima di iniziare a parlottare tra loro.
Ma Saya, come aveva imparato a fare dal primo giorno in cui Hisashi Fujima si era affacciato a quella porta per chiamarla, si alzava con un sorriso e lo raggiungeva nel corridoio, sotto il disappunto dei suoi amici.
«Inizio seriamente ad odiarlo quel Giapponese!», sentenziava Boris, cercando di osservare ciò che stava succedendo tra i due.
«Solo perché sei geloso», gli rinfacciava invece Yuri, mentre con estrema tranquillità tirava fuori il suo pranzo dalla cartella, senza nemmeno degnarlo della sua attenzione.
Boris si sentiva colpito da quell’affermazione e si voltava con una smorfia contrariata, imbronciandosi come un bambino.
«Quante volte devo dirti che non è gelosia la mia?! Almeno, non in quel senso! Non so, tengo a quella ragazza esattamente come tengo a te!», gli rispondeva e, seppur poteva sembrare una dichiarazione d’amore, Yuri sapeva che Boris gli era sempre stato riconoscente. Yuri per lui era sempre stato un amico, un fratello, un esempio da seguire, un faro nella notte e spesso anche un salvatore. Non aveva esitato un attimo a seguirlo in tutto ciò che aveva fatto. Gli avrebbe dato in mano la sua stessa vita se avesse potuto, ed era sicuro che Yuri avrebbe fatto altrettanto…
Ma Boris e Yuri dovevano molto anche a quella ragazza, ed alla fine, viste le sue continue attenzioni, erano finiti per affezionarsi a lei ed a suo nonno, così tanto che avevano deciso di frequentare con lei le scuole.
«E tu non dici niente Hiwatari? Che amico sei!?», gli intimava Boris, lanciando una sonora pedata alla sua sedia per farlo reagire, beccandosi però indietro un’occhiataccia.
«Che vuoi che dica?», rispondeva stizzito lui, tornando imbronciato a braccia conserte. «A me quel ragazzo non piace, ma se a lei va a genio sono affari suoi! Per quel che mi riguarda può frequentare chi vuole», sentenziava perentorio, ma il suo tono di voce lasciava intendere tutta la gelosia che provava nei confronti di quel misterioso ragazzo e Yuri l’aveva capito, tanto che ogni volta che reagiva in quel modo finiva per ridacchiare alle sue spalle, scuotendo la testa con fare esasperato. Certe volte gli sembrava di aver a che fare con dei bambini.
 
Quel giorno, quando Saya uscì nel corridoio per raggiungere Fujima, lui la stava aspettando con le spalle appoggiate alla grande finestra che dava sull’entrata. Solitamente rimaneva sulla porta, la salutava da lontano oppure la intratteneva facendole vedere le migliorie che aveva apportato al suo Beyblade, messe in atto su consiglio della ragazza stessa. Ma quel giorno invece, lui l’aveva richiamata fuori sotto il disappunto dei Neo-Borg.
«Ciao Sempai!», lo salutò lei quando gli fu di fronte, portandosi dietro l’orecchio una ciocca di capelli sbarazzini.
«Ciao Ditenji!», ricambiò il saluto lui, sorridendo come era solito fare quando era con lei e quel sorriso riuscì a scioglierla un po’.
Uscendo aveva sentito il chiacchiericcio dei suoi compagni, e soprattutto i discorsi poco carini delle sue compagne, e quello l’aveva un po’ turbata e costretta ad assumere un atteggiamento titubante. Non avrebbe mai voluto accollarsi l’antipatia di tutta la scuola dopo neanche due settimane di frequentazione, né avrebbe voluto indispettire Yuri, Boris e Kai, gli unici che poteva considerare amici. Ma soprattutto non voleva indispettire o allontanare quest’ultimo, perché per quanto trovasse affascinante il presidente d’istituto, nel suo cuore c’era pur sempre Hiwatari. Lui sapeva già di Hitoshi, cosa che lei avrebbe voluto tenere segreta, e quindi non avrebbe mai rifatto lo stesso errore, per quanto attraente fosse stato quel ragazzo e per quanto lei attraesse lui. In fondo si conoscevano solamente da pochi giorni, non avrebbe comunque potuto reggere il confronto con Kai Hiwatari. Non nel suo cuore.
«Volevo farti una proposta», continuò lui dopo qualche attimo di silenzio, in cui si perse ad osservare l’espressione confusa di lei, che arrossì lievemente sotto quelle parole. Al ché il ragazzo ci tenne a mettere in chiaro che non fosse nulla di sconvolgente. Solo allora scoppiarono a ridere.
«Allora vorrei sentire questa proposta!», ridacchiò la nipote del presidente Ditenji, portando le braccia dietro la schiena ed aprendosi nel suo sorriso migliore.
«Vorrei invitarti domani al Luna Park, ci stai?», le sorrise cordiale, staccando le spalle dalla finestra per avvicinarsi leggermente a lei, che però si incupì lievemente sotto quelle parole.
Non si sarebbe mai aspettata una proposta del genere così su due piedi ed a così poca distanza di tempo. Non avevano mai parlato per più di cinque minuti e mai di qualcosa che andasse oltre il Beyblade. Non aveva mai pensato all’eventualità di passare del tempo da sola con lui, non dopo le fulminanti occhiate delle sue compagne di scuola. Non era pronta a farsi odiare da tutti. Ma soprattutto non era pronta a lasciare andare la speranza di ricevere un giorno quella proposta dal suo amico d’infanzia. E non era pronta a dire ai suoi amici che si sarebbe vista col presidente d’istituto, non dopo che Boris aveva pubblicamente ammesso che quel ragazzo non gli stava per niente simpatico.
«Allora, non dici nulla?», la sollecitò tristemente il ragazzo. Si era accorto che Saya aveva cambiato espressione ed era anche pronto per scusarsi, ma lei prese provvidenzialmente parola, mettendolo a tacere.
«Beh…ecco…mi lusinga molto la tua proposta, davvero. Inoltre mi piacerebbe molto andare al Luna Park, è da quando sono piccola che non ci vado…però…», iniziò, ma quando si rese conto di essere fin troppo impacciata abbassò gli occhi e mandò giù un groppo amaro di saliva. Non voleva farcelo rimanere male, in ogni caso lui era sempre stato gentile con lei e non meritava un rifiuto così drastico. «Vorrei solo andarci piano, ecco. In fondo non ci conosciamo ancora molto bene, non abbiamo mai parlato molto…», cercò di giustificarsi, anche se lo fece con espressione decisamente troppo colpevole. Ma il ragazzo di fronte a lei le alzò il mento con due dita, in modo che lei rialzasse i suoi occhi ametista nei suoi smeraldi e la guardò con un sorriso che le mozzò il respiro. Avrebbe dovuto essere ferito da quelle sue parole, o comunque deluso da quel rifiuto, invece sembrava che non lo avessero minimamente scalfito. Sorrideva come il suo solito e forse era un buon segno.
«Ti farebbe stare più tranquilla se ci fossero anche i tuoi amici?», le disse e lei sgranò gli occhi, colpita da quella domanda.
Al che, vedendo che aveva attirato positivamente la sua attenzione, il presidente continuò.
«Possiamo fare una comitiva se ti piace comunque la mia proposta. In fondo mi piacerebbe conoscere i campioni di Beyblade, e se tu mi facessi conoscere i tuoi amici Bladebreakers e Neo-Borg io te ne sarò eternamente riconoscente!», ridacchiò lui e quella risata cristallina fece sciogliere un po’ la tensione avvertita dalla povera Saya, che si rilassò sotto quella nuova proposta.
«Dici davvero?», si esaltò lei, «lo faresti davvero?», batté le mani, euforica. Non avrebbe mai pensato che un ragazzo potesse essere gentile e cordiale fino a quel punto. Dovette ammettere che la bontà d’animo di quel ragazzo le ricordava quella di Rei. Un po’ quel ragazzo le ricordava il suo compagno Cinese, e non seppe dire se quello fu un bene o meno.
In un certo senso si sentiva attratta da lui, esattamente come era stata attratta da Rei Kon, ma nella sua mente c’era ancora il ricordo di un ragazzo dagli occhi ametista…
«Ma certo! Sarà anche un’occasione per parlare e conoscerci meglio, così avrai la prova che non sono un male intenzionato!», la punzecchiò, nonostante avesse mantenuto sul volto il solito sorriso.
«Ma io non…non volevo dire questo. Non ho rifiutato per quello, o perché il problema sei tu. Assolutamente, io non…per il momento non voglio nulla di romantico…»
«Ma certo lo so, stavo solo scherzando!», mise subito in chiaro lui, portando una mano tra i capelli con fare divertito. «Sei buffa quando arrossisci!», le disse poi, abbassandosi alla sua altezza per parlarle vicino all’orecchio, cosa che la agitò non poco. Avvertì anche dei brividi lungo la colonna vertebrale. Erano diversi da quelli che aveva provato con Rei e Kai, ed altrettanto diversi da quelli avertiti sotto le occhiate fredde di Yuri, quando ancora militava nella vecchia Borg.
Così non le restò altro da fare che sorridere a sua volta, nonostante l’imbarazzo di averlo avuto a pochi centimetri di distanza dal suo viso, e salutarlo dandogli appuntamento all’indomani.
La cosa peggiore sarebbe stata quella di proporlo ai suoi amici…ed in quel momento pensò che forse sarebbe stato più facile accettare in silenzio la proposta di andare da sola con Hisashi Fujima.
Come avrebbe fatto a convincere Kai?
Invece, differentemente da quello che si sarebbe aspettata, far accettare i ragazzi non era stato poi così impossibile. I primi alla quale lo aveva detto erano stati proprio i suoi compagni di classe e lo aveva fatto nella pausa pranzo. Boris aveva accettato per il semplice fatto che così l’avrebbe potuta controllare ed avrebbe potuto spaccare finalmente la faccia a Fujima se avesse allungato le mani su Saya, e decisamente non vedeva l’ora di poterlo fare…
Yuri era stato accondiscendente forse per lo stesso motivo, ma era difficile leggere le espressioni posate di quel ragazzo, ma non insistette più di tanto.
Il più difficile da convincere era stato Kai, che in un primo momento era stato perentorio nel suo rifiuto. Era servito il provvidenziale intervento di Boris per farlo accettare, forse perché punto nell’orgoglio. Serviva puntare su quello se si voleva convincere Hiwatari a fare qualcosa…
 
 
Così il giorno dopo si ritrovarono tutti insieme di fronte all’entrata del Luna Park ed all’appello, oltre Saya, Fujima, Kai, Yuri e Boris, erano presenti anche Takao, Hilary, Daichi ed il Prof Kappa.
«Se siamo tutti direi che possiamo andare!», disse la nipote del presidente, rivolta al gruppo. Avevano già fatto le presentazioni e sembrava che il presidente d’istituto fosse rimasto indigesto solo ai Neo-Borg e Daichi. Addirittura, fin dalla provvidenziale entrata nel parco, si era ritrovato coinvolto in una conversazione con Takao, che Fujima stimava e rispettava. Era stato così felice di aver avuto l’opportunità di conoscere il campione del mondo, che lo aveva rapito con i suoi discorsi sul Beyblade e dopo più di dieci minuti non lo aveva ancora mollato.
«Però, non male il tuo amico… ha rapito il mio fidanzato. Pensi sia il caso di chiedere il riscatto?», ridacchiò Hilary e Saya non poté che imitarla, ma furono a loro insaputa fulminante da un’occhiataccia dei russi e del ragazzino dai capelli rossi.
«Cos’hanno da starnazzare?», brontolò Daichi, portando le braccia incrociate al petto e parlando senza rivolgersi a qualcuno in particolare.
Fu Boris a prenderlo da parte e coinvolgerlo nel loro gruppetto, che si stava tenendo a debita distanza dal trio formato da Takao, Fujima e Kappa, e dalla coppia formata da Saya ed Hilary, che ancora ridacchiavano per chissà quale discorso.
«Ragazzino, è ancora lontano per te il giorno in cui riuscirai a capire una donna!», gli disse, guardandolo con un sorrisetto sardonico, che indispettì ancora di più il piccoletto, soprattutto perché era stato allontanato dalla zona gossip. Lo sapevano tutti quanto quel piccolo demonietto fosse curioso. Aveva anche rischiato il linciaggio da Saya, ma lei si era talmente rassegnata al guaio che alla fine non gli aveva detto nulla. In fondo aveva capito che si era pentito, infierire non sarebbe servito a nulla.
«E tu sei un grande intenditore immagino…»
Era stato Yuri a parlare, mantenendo quell’aria glaciale misto ironica che solitamente lo caratterizzava e lo aveva esposto con una tranquillità disarmante, che aveva lasciato interdetto Daichi e leggermente divertito Kai, perché in fondo Yuri era stato la voce dei suoi pensieri. Era rimasto a braccia conserte, con la schiena appoggiata al tronco di un albero e lo aveva perforato con il suo sguardo di ghiaccio.
Calò anche un discreto silenzio, in cui Boris storse leggermente il labbro con fare contrariato. Se fosse stato chiunque altro a colpirlo con quella frase, tipo Fujima, il mal capitato si sarebbe ritrovato come minimo con un occhio nero, ma a parlare era stato il suo capitano ed il rispetto e la riverenza che gli riserbava gli impedirono di agire d’impulso.
«Sì», rispose poi, e lo fece con quel suo solito tono ironico che spesso indispettiva Kai. «Modestamente sono quello che se ne intende di più qui in mezzo…», si batté anche una mano sul petto per enfatizzare la veridicità della frase, ma qualcun altro sembrò non pensarla allo stesso modo.
«Tzé, io non direi…quello laggiù ha fiotti di ragazzine ai suoi piedi e Takao è fidanzato», fece spallucce Kai, mantenendo la sua solita compostezza ed impassibilità, anche se dovette ammettere di aver goduto dopo aver visto il volto di Boris deturpato da una smorfia schifata. Anche Yuri ridacchiò leggermente sotto quella battuta, ma per fortuna Boris convenne che uccidere Hiwatari di fronte a tutti quei testimoni non sarebbe stato il caso. Era però deciso a fargliela pagare ed il modo lo trovò quando ripresero il tour del parco. Non poteva puntare sulle montagne russe o qualcosa di simile, perché Kai non aveva mai avuto paura dell’altezza e, anzi, il brivido sembrava eccitarlo.
No, trovò qualcosa di incredibilmente migliore e lo rese noto a tutti.
«Ragazzi, un momento, che ne dite di andare lì?», li richiamò, indicando con il dito una struttura anonima, dall’entrata incredibilmente cupa e dalle tende rosse.
«Chiromante? Che roba è?», chiese Daichi, leggendo l’insegna e mettendo il broncio, perché lui voleva fare solamente cose divertenti, come le montagne russe su cui aveva trascinato già quattro volte il povero Kappa, che oramai era diventato dello stesso colore del prato. Inoltre Takao, ma soprattutto Hilary, si chiesero come mai avesse sempre avuto paura degli aerei ma gioisse invece sulle attrazioni…
«Roba divertente piccoletto, ma tu non puoi entrare!», ridacchiò Boris, già pronto a divertirsi nel vederlo agitarsi perché si sarebbe sentito escluso, invece la piccola bertuccia fece spallucce e senza aspettare altro riprese Kappa sotto braccio.
«D’accordo, noi continuiamo il giro!», rese loro noto e prima di sparire nel vialetto gremito di persone, i ragazzi giurarono di aver visto il Prof lanciare loro un’occhiata del tutto disperata.
«Forse è meglio se io e Hilary proviamo a salvarlo da quel demonio…», rise Takao, prendendo per un braccio la sua fidanzata e scappando a gambe levate in direzione degli altri due.
Così rimasero solamente Saya, Fujima, Yuri, Boris e Kai, che senza sentir ragioni voltò le spalle al gruppo e provò a raggiungere una zona appartata del prato.
«Chiamatemi quando avete finito», sentenziò, col tono di voce che faceva intendere tutta la sua poca voglia di rimanere in quel Luna Park. Ma purtroppo per lui il suo compagno aveva altri progetti e glielo fece capire fermando la sua fuga, acchiappandolo dalla lunga sciarpa bianca e facendolo quasi soffocare.
«Mi dispiace Hiwatari, ma tu verrai con noi», gli rispose il russo con espressione trionfante, che fece storcere il naso al mal capitato, oltre che fargli silenziosamente imprecare una generosa dose di insulti.
«Dai Kai, vieni anche tu!», provò a dare man forte Saya, speranzosa. Nonostante fosse rimasta pressoché tutto il tempo con Hilary, ogni tanto aveva lanciato al suo amico delle occhiate preoccupate. Sapeva quanto Kai odiasse quei posti affollati e se aveva accettato doveva esserci stata una buona ragione, che non sapeva fosse lei, ma non voleva forzare la mano, né vederlo andare via indispettito.
Ed inoltre avrebbe preferito di gran lunga essere sola con lui…
Ma per fortuna le parole della ragazza sembrarono aver sortito l’effetto sperato, perché, seppur con espressione decisamente contrariata, Kai si decise a seguirli. Non si accorse però dell’espressione strana sopraggiunta sul volto di Hisashi Fujima.
Una volta entrati in quello strano e scuro capanno, si trovarono faccia a faccia con una figura decisamente inquietante, che arrestò la loro corsa con un cenno della mano grinzosa.
Aveva una bandana rossa legata sui capelli bianchi, che le ricadevano sulle spalle ricurve, ed il volto rugoso era nascosto dietro una gigantesca palla di cristallo. Era vestita con una palandrana verde fatta di perline e chincaglieria di dubbia provenienza, ed anche gli occhiali dalle lenti fonde che portava sul naso ricurvo erano di un gusto decisamente discutibile.
«Ben arrivati ragazzi, vi stavo aspettando», parlò con voce roca ed anche discretamente divertita, che fece salire i brividi lungo la schiena di Saya, che si nascose dietro le spalle di Kai, in modo da non attirare troppo su di sé l’attenzione. Iniziò anche lei a maledire Boris per la sua trovata geniale. Non aveva voglia di conoscere il suo incerto futuro, né di ascoltarlo da quella voce rauca.
In un primo momento anche Boris maledisse sé stesso, ma l’espressione leggermente impaurita di Kai superò tutto il resto e gli lasciò un senso di trionfo che difficilmente sarebbe andato via. Anche la contrarietà che lesse sul volto di Fujima, quando Saya si era rintanata dietro le spalle di Kai e non le sue, lo lasciò incredibilmente soddisfatto.
«Prego ragazzi, uno alla volta. Gli altri possono sedersi lì», indicò tre misere sedie un po’ malandate, probabilmente messe lì per fare atmosfera, su cui si lanciarono Yuri, Boris e lo stesso Fujima, sotto un’occhiata decisamente furente da parte di Hiwatari ed una particolarmente spaventata di Saya, che si era ritrovata a stringere il braccio di Kai nemmeno fosse un anti stress.
«Mi fai male», le rese infatti noto con una smorfia, ma non c’era cattiveria nella sua voce e non fece nulla per allontanarla. Ma prima che Saya potesse dire qualcosa, il richiamo dell’anziana signora rombò di nuovo nella stanza.
«Bene, iniziamo da voi due. Sedetevi pure di fronte a me», disse loro, perentoria, ed i poveri ragazzi non poterono che obbedire.
Appena presero posto sulle poltroncine rosse, dalle spalle della signora iniziò a fuoriuscire del fumo finto, che fece scappare un gridolino spaventato alla povera Saya, che dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per non aggrapparsi di nuovo al braccio del suo compagno, che invece era rimasto imbronciato e fermo nella sua posizione, a lanciare accidenti a Boris.
Dopo il fumo ci si mise la palla di cristallo, che si illuminò di una luce fioca ad intermittenza, con la donna che passava insistentemente le mani sopra di essa creando pathos, facendolo anche con dei lamenti in una lingua che lei dichiarò elfico, ma che secondo Kai era solo inventata per fare scena e quello lo indispettì ancora di più.
«Ci vuole ancora molto?», domandò, alzando prontamente gli occhi al cielo con fare seccato. Tutta quella buffonata gli stava facendo perdere la già poca pazienza che aveva.
«Ridi adesso ragazzo, perché tra poco non riderai più», sentenziò l’anziana, con un tono di voce che mise i brividi, e quella strana minaccia fece storcere il labbro ad Hiwatari, che tutto si sarebbe aspettato tranne che venire minacciato da un’attrazione del Luna Park.
«La tua vita è stata difficile mio caro ed il futuro lo sarà ancora di più. Pensavi di aver chiuso dei capitoli della tua vita, ahhhh, ma ti troverai immantinente a doverci fare di nuovo i conti».
Finì di parlare e puntò i piccoli occhietti in quelli ametista di Kai, che nel frattempo si era incupito leggermente sotto quella constatazione. Non si sarebbe mai aspettato di ricevere un’affermazione così diretta, ed anche se sapeva che erano tutte frasi fatte e campate per aria, quella lo incupì particolarmente, perché non era stato un caso se gli Shall Killers erano riapparsi di nuovo sul suo cammino.
Anche Yuri si era incupito sotto quelle strane parole, perché sapeva che avrebbero tormentato il suo compagno per giorni.
Kai non era mai riuscito a chiudere i ponti col suo passato ed i ritrovati ricordi delle violenze subite ne erano la prova.
«Che idiozia…», commentò però Hiwatari, probabilmente per salvare le apparenze, e quando si alzò dalla sedia non si accorse dell’occhiata soddisfatta che gli lanciò Fujima.
Prese anche per un braccio Saya, per salvarla dalle grinfie della donna, e pensò di esserci anche riuscito. Ma quando furono vicino all’uscita, la voce della donna rimbombò di nuovo nella stanza.
«Ti farà soffrire», disse solamente, rivolta alla nipote del presidente Ditenji, e quello costrinse Saya a voltarsi di scatto verso di lei, che la penetrò con uno sguardo decisamente troppo eloquente, tanto che indispettì Kai e lo costrinse a tirare il braccio dell’amica fino a quando non furono di nuovo all’aria aperta, luogo in cui tutti poterono tirare un sospiro di sollievo.
Quando però Hiwatari allentò la presa sul braccio della compagna notò come lei avesse lo sguardo incupito ed il respiro leggermente affannato, probabilmente per via di quello che le era stato detto e per via della corsa fatta per scappare da quella pazza, e quella visione gli strinse il cuore.
«Non crederai davvero a quelle parole! Sono solo un mucchio di sciocchezze», le disse però, spazientito, credendo di esserle di un qualche conforto. «Sei irritante quando fai così…», concluse infine, con una smorfia spazientita, che però non voleva essere né intimidatoria né offensiva, ma che invece non sortì l’effetto sperato.
Saya serrò la mascella ed abbassò gli occhi a terra per un breve attimo, colpita da quella sentenza.
Solo in quel momento capì a chi si stesse riferendo quella chiromante, ma lei era sicura di averlo capito fin da subito, anche se l’anziana aveva volutamente omesso il soggetto.
Kai le voltò le spalle, sempre più indispettito da quell’assurda trovata di Boris, mentre quest’ultimo e Yuri si portarono una mano a coprirsi il volto con fare rassegnato.
Hiwatari era davvero senza speranza, ed a quanto pareva anche senza un briciolo di tatto.
Solo Hisashi Fujima, rimasto solo ad osservare la paradossale scena che gli si era parata di fronte aveva trovato la forza di sorridere, tuttavia quel sorriso era tutt’altro che spensierato. Ma quello stesso sorriso venne smorzato da due occhi ametista che lo fulminarono sul posto.
Fine capitolo 3
 
 
°°°°°°°°°°°°
 
Colei che scrive:
Ma salve a tutti e ben ritrovati in questo nuovo aggiornamento! Questo capitolo si sarebbe dovuto chiamare “Kai Hiwatari ed il tatto da elefante!” U.U ma converrete così che spezzava la linea dei titoli delle canzoni XD Io ve lo dicevo che Hiwatari avrebbe perso punti strada facendo U.U li riacquisterà? Chissà…ma tutto succede per una ragione (e perché in fondo sono una brutta persona e farò soffrire malamente qualcuno, o più di uno U.U xD)
Bene, credo che questo capitolo parli da solo e, forse, chi odierà Fujima lo odierà ancora di più! Ma diamo tempo al tempo, tutti i nodi arriveranno al pettine xD
Finisco col dire che ho aggiunto i collegamenti link alle canzoni, vi basterà cliccare sul titolo della canzone sotto la citazione (è segnato di azzurro ^^), e vi aprirà il link alla canzone <3 (vi consiglio in un'altra pagina sennò ve la apre sulla stessa su cui avete aperto il sito).
Passo quindi a ringraziare i recensori, che con le loro parole mi scaldano sempre il cuore <3, le persone che hanno messo la storia tra le seguite/ricordate/preferite e tutti i lettori silenziosi giunti fin qua e tutte le persone che silenziosamente attendono un aggiornamento <3
Al prossimo aggiornamento!!!

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 - Monster ***


Capitolo 4 – Monster   
 
 
 
My secret side i keep, hid under lock and key
Il mio lato segreto l’ho tenuto nascosto sotto chiave
I keep it caged, but i can’t control it
Lo tengo rinchiuso, ma non posso controllarlo
‘Cause if i let him out he’ll tear me up, break me down
Perché se lo lascio uscire mi farà a pezzi, mi distruggerà dentro
The nightmare’s just become
L’incubo è appena iniziato
Skillet-Monster 
 
 
 

«Come si fa a togliere qualcuno dalla testa?»
Spazientita, dopo essere finita addirittura a parlare con il suo stesso riflesso, Saya ripose la spazzola con la quale si stava pettinando distrattamente i capelli da più di un quarto d’ora, decidendo infine di legarli di nuovo in una coda per quanto erano diventati pressoché ingestibili.
Si era svegliata prima del suono della sveglia, per colpa di alcuni incessanti pensieri che avevano tormentato la sua mente dal giorno prima. Quel “sei irritante” detto dalla voce di Kai l’aveva colpita più di quanto ci tenesse ad ammettere. Pensava oramai di essersi abituata agli sbalzi d’umore del suo compagno, e al poco tatto che usava col mondo intero, invece non era riuscita a superare quella sentenza. Probabilmente aveva reagito in quel modo perché irritato dalla situazione che si era venuta a creare per colpa di Boris, ma era stufa di continuare a sperare in quell’amore a senso unico. Si era convinta di essere innamorata di lui già dai tempi del primo campionato mondiale, in cui c’era stato un piccolo avvicinamento ed un intenso bacio tra loro, eppure sembrava che lui se ne fosse altamente dimenticato. Lei però non avrebbe mai potuto dimenticare quelle emozioni, né il batticuore che ancora provava quando i suoi occhi di quel colore tanto particolare si posavano su di lei, ma in quel momento si dette anche della stupida per essersi preoccupata che la sua storia con Hitoshi fosse arrivata alle sue orecchie. Credeva che lui si fosse mosso di conseguenza, invece, oltre una semplice domanda, non era più tornato sull’argomento e continuava a trattarla come al solito. Oppure, come nel caso di quella sentenza fuori luogo, neanche da amico.
Voleva a tutti i costi trovare un modo per smettere di pensarlo, di allontanarlo dalla sua mente e dimenticarlo, ma sarebbe stato difficile avendolo addirittura come vicino di banco. Inoltre non lo aveva dimenticato nemmeno la prima volta, quando lui sparì senza lasciare traccia di sé. Avrebbe dovuto dimenticarlo già allora, invece era rimasta attaccata al suo ricordo, grazie anche al disegno che lui le aveva regalato in prima elementare e che solo dopo svariati anni si era decisa ad incorniciare in camera sua. Dovettero trascorrere tre campionati del mondo prima che quel foglio trovasse pace.
Fissò di nuovo il suo riflesso allo specchio, osservando in tralice i suoi stessi occhi, di quel colore così simile a quello del suo amato, ma finì a sospirare per l’ennesima volta.
«Forse avrei dovuto accettare l’invito di Fujima ed andare al Luna Park da sola con lui...», disse, di nuovo rivolta a sé sessa, ma quando si accorse che stava ancora parlando da sola voltò le spalle allo specchio e uscì stizzita dal bagno sbattendo la porta.
«Ho deciso»
Entrò in camera sua, camminando spedita verso la scrivania.
«Da oggi proverò a pensare a Kai solo come un amico»
Prese la cartella dalla sedia.
«Darò una possibilità al Sempai Fujima»
Chiuse la porta della sua stanza alle spalle ed iniziò a scendere le scale, tenendo lo sguardo fisso di fronte a sé.
«In fondo lui è sempre stato carino e gentile con me. Non è giusto precludere una possibilità ad un ragazzo come lui per continuare a stare dietro a qualcuno che non ricambierà mai i miei sentimenti»
Una lacrima le rigò il viso, ma lei la cacciò via con un gesto stizzito della mano.
«Oramai sono decisa»
Mentre continuava a scendere le scale però, nella sua mente tuonò di nuovo la sentenza di quella chiromante:
“Ti farà soffrire”.
Sai che novità…
 
 
Nel frattempo, Kai, Yuri e Boris erano arrivati di fronte al cancello d’entrata della villetta in cui viveva Saya, puntuali come ogni mattina, e come avevano fatto in quelle due settimane aspettarono che lei lo varcasse.
Yuri notò che Kai sembrava di più imbronciato del solito, ma probabilmente ce l’aveva ancora con Boris per quella sua assurda trovata, nel quale si era visto coinvolto in prima persona. Era anche sicuro che le parole di quella chiromante lo avessero colpito fin nel profondo. Lui non lo avrebbe mai ammesso, e neppure ne avrebbe parlato con loro, nonostante lo strano rapporto d’amicizia che avevano creato. E nemmeno ne avrebbe mai parlato con Saya, nonostante il rapporto che avevano avuto in passato. Yuri non riusciva a togliersi dalla testa l’idea che quella ragazza non gli fosse poi così indifferente. Lui ricordava bene il bacio che Kai le aveva dato a bruciapelo nello stadio russo. Dovette ammettere che quel suo gesto aveva meravigliato anche un freddo calcolatore come lui, perché non se lo sarebbe mai aspettato da uno come il suo ex compagno di squadra. Ma durante l’ultimo campionato mondiale aveva avuto l’occasione di conoscerlo meglio, per quanto Hiwatari parlasse di sé, e vedendo i suoi gesti, le sue occhiate e leggendo le sue espressioni, o da come si comportava con quella ragazza, era arrivato facilmente a quella conclusione.
Inoltre era altrettanto sicuro che il suo compagno non avesse ancora superato i traumi legati alla Borg. Anche lui e Boris erano rimasti pressoché colpiti dai loro stessi passati, ma erano riusciti ad uscirne dandosi man forte tra compagni di squadra, e se ora potevano guardare limpidamente il loro futuro era stato anche grazie alla loro forza di volontà e all’aiuto che ognuno di loro aveva dato all’altro.
Ma Kai? Kai era sempre stato un ragazzino fin troppo spocchioso, con quei suoi modi di fare da superiore, motivo per il quale spesso veniva punito severamente anche per cose di poco conto. Vorkof si divertiva parecchio ad infierire sul nipote del suo socio, e quello stronzo di suo nonno non faceva nulla per impedirglielo.
“Forgerà il suo carattere”, diceva solamente in sua discolpa, quando lasciava suo nipote nelle grinfie degli inservienti.
Yuri non faticò a credere che quegli eventi lo avessero colpito così tanto nel profondo, in fondo anche a lui capitava di ripensare alle violenze subite, e le cicatrici sparse sul suo corpo diafano ne erano la testimonianza. Ma il fatto che Kai le avesse dimenticate per ricordarle solamente in seguito ad un altro tipo di violenza gratuita, quella subita da Brooklyn, era per lui alquanto triste, dovette ammetterlo. In più era convinto che la vicinanza con quella ragazza gli avrebbe alleggerito il cuore, invece quello zuccone non si lasciava avvicinare nemmeno da lei. Eppure era sicuro che le volesse più bene di quanto credette.
«Ti scuserai con lei, non è vero?», gli disse infine, avvicinandosi al compagno per spezzare il silenzio che era sceso tra loro. Boris invece non si era mosso dalla sua posizione, appoggiato al muro con le braccia dietro la nuca. Aveva solamente spostato lo sguardo, seguendo il percorso che aveva fatto il suo capitano per raggiungere l’altro e parlargli così a quattrocchi.
«Di chi stiamo parlando?», gli rispose invece Kai, assottigliando leggermente lo sguardo. Al che Yuri sbuffò.
«Non fare il finto tonto, lo sai a chi mi riferisco», puntualizzò spazientito il rosso, trapassandolo con uno sguardo che avrebbe fatto ammettere tutta la verità anche al miglior assassino in circolazione. Ma Kai alzò gli occhi al cielo come era solito fare, chiaro segno che non avrebbe mai voluto parlare di quello con lui. O parlare in generale, visto che si era svegliato da neanche un’ora. «Per quello che le hai detto ieri al Luna Park»
«Non so di cosa tu stia parlando Ivanov…», gli intimò Kai in risposta, marcando volutamente il tono di voce mentre pronunciava il suo cognome.
«Lo sai benissimo Hiwatari», lo imitò Yuri, non abbandonando però la sua gelida compostezza.
Fu il provvidenziale arrivo di Saya a farli desistere dall’andare oltre. La osservarono arrivare di fronte a loro tutta pimpante, e Kai lanciò verso Yuri uno sguardo eloquente, per dimostrargli che probabilmente Saya si era già dimenticata dell’accaduto. Ma a lei non era sfuggita quella strana occhiata.
«Che succede?», chiese infatti, spostando leggermente la testa di lato.
«Nulla», la mise a tacere Yuri, sorridendole appena per non farla preoccupare.
«Nulla di che, infatti. Hiwatari è solo in quei giorni!», dette man forte Boris, accostandosi a Saya e lanciando a Kai uno sguardo decisamente troppo divertito, che come il suo solito indispettì il diretto interessato e lo costrinse a dargli le spalle imbronciato.
«Fottiti Kuznetsov…», fu però la sua “amorevole” risposta a stemperare l’atmosfera, facendo scoppiare a ridere la ragazza, che era decisa a non smorzare il suo buon umore. Nemmeno l’occhiata assassina che le riserbò la preoccupò, perché era intenzionata a tenere alti i suoi buoni propositi. E poi, una volta messo piede a scuola, avrebbe incontrato Hisashi Fujima.
 
 
Una volta raggiunto l’istituto infatti, i tre ragazzi vennero raggiunti dal presidente d’istituto, esattamente come avevano preventivato. Stava entrando anche lui in quel momento, e come tutte le mattine aveva un’orda di ragazze indemoniate al seguito.
«Buongiorno ragazzi!», li salutò tutto pimpante, regalando però a Saya il suo sorriso migliore. Fu quando si voltò per parlarle, non facendo minimamente accenno al giorno prima e facendo quasi finta che i tre ragazzi non esistessero, che Boris e Kai grugnirono all’unisono. Solamene Boris lo fece in modo plateale, perché Hiwatari vide bene di non darlo troppo a vedere. Non che si ritenesse geloso di quel ragazzo, in fondo aveva sempre ammesso che la sua amica poteva frequentare chi volesse, ma perché a lui quel ragazzo stava proprio indigesto e, indice dell’amicizia che lo legava alla nipote del presidente, avrebbe preferito per lei qualcuno di meno esaltato. O comunque qualcuno la cui vicinanza non avrebbe influito sulla reputazione della loro amica. Oramai a scuola non si parlava d’altro che di Saya Ditenji, l’unica ragazza mai avvicinata da Hisashi Fujima.
«Vi scoccia se ve la porto via?», continuò poi il nuovo arrivato, diretto ai Neo-Borg, che lo guardarono con uno sguardo decisamente ammonitore.
«Fa pure…», fece spallucce Boris con aria sarcastica, che però sembrò non colpire minimamente i diretti interessati. Saya sapeva che oramai era diventata quasi come una sorella per loro, ed anche il Sempai aveva capito lo strano rapporto che li legava, per cui non si sentì minimamente minacciato dai loro comportamenti. Anzi, in fondo un po’ li comprendeva.
«Riportacela intera e pettinata», continuò poi Kuznetsov, con un piccolo sorrisetto dispettoso sulle labbra, mentre i suoi occhi azzurri vennero spudoratamente piantati in quelli verdi del ragazzo.
Saya invece avvampò sotto quella constatazione, talmente tanto che si portò una mano alla fronte per la vergogna, perché tutto si sarebbe aspettata fuorché quell’uscita decisamente maliziosa da parte del suo compagno di classe.
Per fortuna il suo accompagnatore non se la prese per quella sentenza e finì per scoppiare a ridere come se Boris avesse detto qualcosa di estremamente divertente.
«Hai la mia parola», disse il malcapitato, ma ammutolì quando Kai lo superò con una certa urgenza, non mancando di penetrarlo con un’occhiata tagliente prima di voltargli le spalle.
Anche Yuri e Boris decisero di seguire il loro ex compagno di squadra, non dimenticando però le buone maniere e salutando i due prima di lasciarli soli.
«Mi sa che al tuo amico non devo stare molto simpatico», fece spallucce Fujima, aggrottando leggermente le sopracciglia con un sorriso rassegnato.
Anche Saya dovette ammettere che il comportamento di Kai non era stato dei migliori. Fin da subito aveva decretato la sua antipatia nei confronti di quel ragazzo e si notava lontano un miglio quanto gli fosse indigesta la sua presenza.
«Deve ancora nascere qualcuno che Hiwatari trovi simpatico. Credo non trovi simpatica nemmeno me, nonostante ci conosciamo da una vita», gli rispose però lei, piccata, mentre osservava le schiene dei suoi compagni di classe varcare la porta d’entrata dell’edificio.
«Beh, in effetti quello che ti ha detto ieri non è stato molto carino», provò a difenderla lui, sorridendo, seppure quel sorriso fosse stato fin troppo soddisfatto, ma lei si voltò verso di lui con espressione triste, annuendo senza trovare la forza di aprire bocca.
Alla fine Kai, col suo comportamento, era riuscito a turbarla di nuovo. Continuando così non sarebbe mai riuscita a toglierselo dalla testa. E Fujima stava ancora aspettando che lei dicesse qualcosa.
«Beh, sì, ma Kai è fatto così…non ce l’aveva con me. Probabilmente era indispettito da tutta la situazione», fece spallucce lei in risposta, imponendosi di dire qualsiasi cosa pur di parlare, finendo però a giustificarlo di nuovo. Era sempre stato così per lei, non era mai riuscita ad odiarlo nonostante l’avesse ferita più di una volta. Riusciva sempre a trovare una scusa per i suoi comportamenti scostanti. «Se dovessi mai provare a conoscerlo lo capiresti anche tu», gli sorrise leggermente, nonostante lo sguardo basso. Non avendo alzato gli occhi su di lui, non si accorse della smorfia schifata che deturpò il bel volto del giovane. Fu una questione di pochi secondi però, perché quando lei tornò a posare i suoi occhi su di lui, la stava guardando con il suo solito sorriso spensierato.
«A questo punto è meglio se entriamo anche noi», propose di punto in bianco la ragazza, pur di spezzare il silenzio che era sceso tra loro, e lui non poté che accettare, coinvolgendola così in discorsi che non l’avrebbero incupita di nuovo.
 
 
Nel frattempo i Neo-Borg erano arrivati di fronte ai loro armadietti, dove tolsero le scarpe che avevano indosso e presero quelle con le quali avrebbero dovuto camminare all’interno dell’edificio.
«Non mi abituerò mai a questo», sentenziò Boris, chiudendo con un tonfo lo sportello.
«Paese che vai, usanza che trovi, non conosci il detto?», gli rispose invece Yuri, senza però degnarlo della sua considerazione. I suoi occhi di ghiaccio erano rapiti dai gesti meccanici di Kai, così tanto che alla fine anche Boris si affacciò oltre le spalle del compagno, per vedere cosa ci fosse stato di tanto interessante da guardare.
In quel lasso di tempo Kai aveva aperto con un gesto stizzito l’anta del suo armadietto, cosa che divertì non poco il rosso, che aveva imparato a tradurre ogni sua reazione, ma quando la spalancò totalmente fu travolto da alcune lettere, che finirono a terra sotto gli occhi scioccati dei presenti.
«Ma guarda…», soffiò ironico Yuri, parlando più a sé stesso che a qualcuno in particolare. Purtroppo per lui Hiwatari riuscì a captare quella voce tagliente e gli riserbò un’occhiata in tralice, con cui volle fagli capire che non avrebbe voluto sentire nessuna constatazione in merito.
Purtroppo ci pensò Boris, che non si era mai fatto fermare dal suo caratteraccio.
«Wow, qualcuna si è accorta di te! Oppure qualcuno, chissà», ridacchiò Kuznetsov, ma anche lui fu messo a tacere da un’occhiataccia. Al che Kai, stizzito e risentito da quelle sentenze, prese le lettere e le gettò nel primo bidone che incontrò sulla sua strada, lasciando i due compagni totalmente spiazzati.
«Siamo già di pessimo umore di prima mattina», ridacchiò Boris, che ovviamente si divertiva troppo a sbeffeggiare il suo compagno. Per fortuna decise di parlare quando il nippo-russo era già sparito dalla loro visuale, altrimenti ne avrebbe subito le conseguenze. Inoltre erano entrambi convinti che, una volta saliti in classe, lo avrebbero trovato seduto imbronciato al suo banco e poco propenso a palare. Temevano anche per Saya, che probabilmente si sarebbe beccata una risposta acida delle sue se avesse provato a chiedergli cosa fosse successo. Convennero quindi di aspettare la ragazza vicino agli armadietti, in modo da salire insieme e metterla così in guardia. Anche se ebbero entrambi il sentore che lei lo avesse capito da sola.
«Non resisto. Devo sapere!», sbottò dopo alcuni secondi di silenzio Boris, mentre Yuri gli scoccò un’occhiata perplessa. Lo seguì con il suo sguardo di ghiaccio per tutto il percorso che il suo compagno fece fino al secchio della spazzatura, posto a poca distanza da loro, e quando lo vide rovistarci dentro fece una smorfia talmente schifata che gli rimase impressa sul volto anche quando il suo compagno tornò al suo posto.
«Perché fai quella faccia?», lo sbeffeggiò infatti Kuznetsov, «lo so che sei curioso quanto me!», disse infine, iniziando ad aprire le lettere che aveva diligentemente recuperato dalla pattumiera, ma Ivanov dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per mantenersi calmo.
«Ti ucciderà, lo sai? A volte mi chiedo se il tuo sia un desiderio di morte o se ti piaccia solamente giocare col fuoco…», gli rispose guardandolo storto, mancando però di rispondere alla vera domanda, perché in fondo un po’ curioso lo era anche lui.
«E dai, non lo verrà mai a sapere. Non sono così masochista», sorpassò la questione Boris, facendo un gesto con la mano come a voler togliere qualcosa di indigesto da davanti agli occhi, che vennero subito rapiti dai fogli che stava tenendo in mano. «Sono solo curioso di sapere cosa possano volere le ragazze da uno come lui», finì, spiegando la prima lettera con fare trionfante.
«Kai è un tipo affascinante», commentò piatto Yuri, senza una particolare inclinazione nella voce. Quella sentenza fece però voltare di scatto Boris, con le sopracciglia aggrottare in un’espressione decisamente scioccata.
«Ed è un tipo di poche parole e questo lo rende misterioso agli occhi delle ragazze», concluse Yuri, facendo storcere le labbra al compagno.
«A volte mi preoccupi. Sei sicuro di non avere inclinazioni strane?», gli chiese il russo con fare malizioso, ma il suo capitano riuscì solamente a perforarlo con un’occhiataccia che lo mise a tacere.
«Bah, comunque non le capisco le ragazze. Sbavano per quel damerino scialbo di Fujima e scrivono lettere d’amore ad Hiwatari…sono queste le cose che mi fanno rimpiangere la Russia», alzò gli occhi al cielo Boris, mentre Yuri sopirò. Troppe volte si sentiva come se fosse stato un arbitro nel bel mezzo di una partita importante. Lui era un po’ come un padre che divide i figli dispettosi quando litigano, perché Kai e Boris a volte si comportavano davvero come bambini. In ogni caso sul suo volto impassibile si aprì un sorrisetto di scherno, soprattutto quando iniziò a leggere insieme al suo compagno le parole scritte in quelle lettere, ma le loro espressioni passarono dal divertito allo scioccato in pochi secondi.
«Che diamine, queste non sono lettere d’amore, questi sono scritti degni di un film porno!», si allarmò Kuznetsov, che però finì a ridere divertito ai danni del povero mal capitato. Anche Yuri dovette ammettere che tutta quell’assurda situazione fosse alquanto divertente e lo fece capire all’altro ridacchiando sotto i baffi.
«Meglio che non cadano nelle mani del diretto interessato», lo mise al corrente il rosso, togliendogli dalle mani le lettere, che immaginò essere tutte pressoché uguali. Ma quando prese quei fogli dalle mani di Boris, si accorse di una frase che non aveva letto prima ed il suo sguardo si incupì mentre tornò a leggere il foglio.
Ovviamente il suo compagno se ne accorse subito, perché Ivanov aveva cambiato espressione in pochissimi secondi, finendo per fargli alzare un sopracciglio.
«Che succede?», gli chiese infatti, infastidito dal suo silenzio, perché il suo capitano aveva iniziato a leggere uno di quei fogli con fare meticoloso.
«Rogne», gli rispose però lui, girando il foglio in sua direzione, in modo che potesse leggere la parte “incriminata”.
«Sta lontano da Saya Ditenji», lesse Boris, finendo per accigliarsi e piantare il suo sguardo perplesso in quello di ghiaccio di Yuri, che si aprì di nuovo in un sospiro rassegnato.
«Abbiamo a che fare con delle psicopatiche», commentò sarcasticamente.
«Lo sapevo che Hisashi Fujima avrebbe portato solo guai», sentenziò infine Boris, accartocciando i fogli e buttandoli di nuovo nel cestino.
In fondo non poteva ancora sapere quanto vera fosse stata quella constatazione.
 
 
Una volta in classe, Kai si era seduto al suo posto senza degnare della sua attenzione nessuno dei suoi amici, nemmeno Saya, che nonostante si era imposta di non rivolgergli parola, oltretutto sotto proposta di Yuri, lo stava fissando col pelo dell’occhio. Voleva cercare di capire cosa gli passasse per la testa ed avrebbe davvero voluto chiedergli cosa lo avesse indispettito così tanto, visto che il sempai Fujima non aveva nemmeno fatto accenno allo spiacevole inconveniente successo nell’antro della chiromante, ma dovette comunque desistere dal proferire parola, perché l’entrata in aula del professore fece crollare ogni suo pensiero masochista. Era estremamente sicura che Kai le avrebbe risposto stizzito, esattamente come le aveva risposto il giorno prima, ma lei ci avrebbe provato ugualmente. Nonostante avesse deciso giusto quella mattina di provare a toglierselo dalla testa, gli voleva fin troppo bene per fregarsene totalmente del suo stato d’animo inquieto. Era troppo altruista e generosa per fare l’indifferente, ed in fondo erano pur sempre amici…
In ogni caso il docente iniziò a fare l’appello, quindi non le restò altro da fare che sospirare spazientita, prima di distogliere definitivamente l’attenzione dal suo compagno.
Ma Kai si era accorto fin da subito delle occhiate preoccupate di Saya ed in quel momento non era propenso a digerirle. Quella mattina si sentiva totalmente indispettito, un po’ per via del ragazzo che ultimamente le ronzava intorno, ed un po’ per il comportamento di lei nei confronti di quel damerino, che comunque a lui non riusciva a stare simpatico. Fin dalla prima volta che lo aveva visto e dalla prima volta che gli occhi verdi di lui si erano posati nelle sue ametiste, gli aveva lasciato un senso di inquietudine che lui stesso non era riuscito a spiegare, ed anche quello lo indispettiva. Non riusciva a capire il perché si sentisse così e quella sua strana inquietudine si ripercuoteva sugli altri. Ed anche le parole della chiromante in quel Luna Park avevano influito sulle sue emozioni.
Yuri probabilmente lo aveva capito, ma Hiwatari ringraziò il fatto che il russo fosse una persona estremamente diplomatica, e che quindi aveva convenuto che farsi i cavoli propri sarebbe stato sicuramente meglio che indispettirlo con altri discorsi.
Dopo svariati minuti dall’inizio della lezione però, spazientito dai vari pensieri che gli vorticavano in mente, alzò una mano richiamando il professore e solo quando ebbe la sua totale attenzione chiese il permesso di andare in bagno.
Quando uscì dalla porta d’ingresso dell’aula riuscì a tirare un sospiro di sollievo, perché non sentiva più addosso la tensione che era scesa tra lui ed i suoi compagni. Le occhiate di Saya lo avevano un po’ indispettito ed era sicuro di avere dietro le spalle anche quelle degli altri due, che probabilmente erano preoccupati tanto quanto la ragazza.
In quel momento voleva rimanere da solo e trascorrere fuori dalla classe il tempo che mancava alla fine di quella noiosa lezione, di cui non aveva ascoltato una sola parola. Tanto valeva quindi provare a rilassarsi all’ombra di un albero, in un punto più appartato del giardino, dove nessuno lo avrebbe né visto né disturbato.
A quell’ora gli studenti erano ancora tutti in classe e lui poteva camminare indisturbato tra i corridoi senza dover dare troppe spiegazioni, ma era anche altrettanto sicuro che nessuno lo avrebbe importunato. A parte qualche lettera di qualche ragazzina innamorata, nessuno era mai stato propenso ad avvicinarlo ed a lui sinceramente andava bene così. Aveva Yuri, Boris, che nonostante l’irritante carattere che ostentava poteva comunque ritenere amico, e Saya…E poi fuori dalla scuola c’erano sempre Takao, Hilary, il Prof Kappa e Max e Rei quando sarebbero tornati in Giappone, ed anche quella bertuccia dai capelli rossi... Aveva tutti quegli amici e lui era felice così.
Camminò indisturbato fino a quando arrivò di fronte alla zona in cui erano posti gli armadietti, scendendo il gradino che lo divideva da essi con passo spedito. Non vedeva l’ora di raggiungere la porta ed assaporare il vento che gli avrebbe scompigliato i capelli. Nonostante le temperature fossero già troppo alte, sarebbe stato sicuramente meglio del caldo che avevano iniziato a patire in classe.
«Già fuggi Hiwatari?»
Quelle parole così incredibilmente sarcastiche lo costrinsero a bloccarsi di scatto quando fu ad un passo dalla porta, costringendolo anche a serrare la mascella ed i pugni che ancora aveva nelle tasche dei pantaloni. Decise però di non voltarsi in direzione di quella voce fin troppo famigliare, pur di non dargli altra soddisfazione, ma la situazione si sarebbe fatta problematica se lui avesse continuato a provocarlo. Era la seconda volta che lo bloccava di fronte a quella porta e quel fatto iniziava seriamente ad indispettirlo.
Tuttavia il nuovo arrivato si sarebbe aspettato quella reazione da parte di Kai, in fondo l’indifferenza del suo vecchio capo era oramai cosa nota, soprattutto per lui. Era quando Kai rimaneva in silenzio che era più pericoloso, ma questo si trattava di quando era ancora a capo degli Shall Killers. In quel momento Hiruta pensò solamente che il suo vecchio compagno non volesse avere problemi, ma lui in fondo doveva ancora fargliela pagare di alcune cose passate…ed inoltre si divertiva parecchio ad indispettirlo, perché era stato il suo intento fin dall’inizio.
Ma Kai non era propenso ad ascoltarlo, perché voleva solamente stare lontano da tutto e da tutti ed il fatto che quel ragazzo lo tenesse ancora ancorato all’ingresso aveva fatto sorgere sul suo volto un’espressione decisamente contrariata. Fu per quello che decise di riprendere a camminare. In fondo se l’avesse ignorato forse Hiruta avrebbe desistito dal tormentarlo.
Purtroppo per lui però, il suo vecchio sottoposto era un osso duro e quando avvistava la sua “preda” non la lasciava andare tanto facilmente. Infatti Hiruta cambiò totalmente approccio, perché aveva infidamente capito quale fosse il suo punto debole.
«Sai, mi sono un po’ meravigliato di aver visto la tua amica con Fujima…», riprese parola, sempre con quel suo tono di voce fin troppo impertinente, deciso ad infierire ancora di più sul suo rivale, giusto per il gusto di vederlo incazzarsi.
«Non credevo che il grande Hiwatari si facesse sfuggire così una ragazza…», ridacchiò maligno. «Ho visto in tv il bacio che le hai dato e pensavo che fossi riuscito per lo meno, che so, a portartela a letto…», assottigliò lo sguardo, puntandolo impunemente sulle spalle di Kai, che solo allora decise di voltarsi, spazientito da quel suo tono arrogante, e lo fece cercando di mantenere l’impassibilità che lo aveva sempre contraddistinto. In quel momento si sentiva pervaso da una rabbia che non credeva di poter provare, non verso qualcuno di cui, in teoria, non gli sarebbe più dovuto importare. Non gli sarebbe dovuto fregare di ciò che diceva Hiruta, perché sapeva benissimo che lo stava provocando apposta per vedere una sua reazione. In fondo, ai vecchi tempi, era stato proprio grazie a quel suo carattere che si era guadagnato un posto negli Shall Killers. Tuttavia non avrebbe mai immaginato che quel suo fare impertinente gli si sarebbe ritorto contro.
In seguito lo trapassò anche con uno sguardo di fuoco, nonostante l’impassibilità e la freddezza che si potevano leggere sul suo volto, ma il sorrisetto soddisfatto di Hiruta non abbandonò le sue labbra nemmeno per un secondo.
«Stammi bene a sentire, perché non te lo ripeterò un’altra volta», si decise a prendere parola Kai, digrignando leggermente i denti, ma quello servì solamente a divertire di più il suo interlocutore, che prese a guardarlo con superiorità. «Stai lontano da me e dai miei amici!», gli intimò perentorio, con un tono di voce che non avrebbe ammesso altre repliche. Se ci fosse stata un’altra persona al posto del suo vecchio sottoposto, quel ringhio avrebbe fatto scappare il mal capitato a gambe levate, ma non Hiruta. Lui rimase immobile al suo posto, a guardarlo con una risatina a fior di labbra che indispettì Kai ancora di più.
«Cosa sentono le mie orecchie?», scoppiò a ridere, «Hiwatari che ha degli amici! Come sei divertente!», si resse platealmente la pancia sotto le forti risate, gesto che costrinse l’ex Neo-Borg a mordersi la lingua pur di non rispondere. Sapeva che in caso contrario gli avrebbe dato solamente altra soddisfazione.
Inoltre, sotto il suono di quelle risate, la voce della chiromante rimbombò nella sua mente, forte e chiara come se lei fosse stata ancora di fronte a lui.
“Pensavi di aver chiuso dei capitoli della tua vita, ma ti troverai a doverci fare di nuovo i conti”, aveva detto l’anziana, e quella frase gli fece di nuovo serrare la mascella. Non avrebbe mai pensato all’eventualità che quella sentenza si sarebbe potuta avverare, né che un membro della sua vecchia banda teppista lo avrebbe infastidito così.
«Non sei nelle condizioni migliori per potermi minacciare, Hiwatari», rimarcò Hiruta, distogliendolo così dai suoi pensieri.
«Allora dimmi cosa vuoi e facciamola finita con questa buffonata», gli rispose Kai, cercando di mostrarsi autoritario come era sempre stato nei loro confronti.  Stava tornando a galla la sua indole di capo, ed era proprio quello che voleva il ragazzo di fronte a lui.
«Io non voglio proprio nulla da te», scoppiò di nuovo a ridere quest’ultimo, avvicinandosi di qualche passo in direzione del suo vecchio compagno, che però non si mosse dalla sua posizione. Il russo era anche pronto ad affrontarlo di petto, senza ripensamenti, così lo avrebbe messo a tacere una volta per tutte.
«Anzi…», continuò però il moro dopo alcuni passi, «voglio sapere cosa si prova a perdere tutto», nei suoi occhi marroni si accese una luce strana, maligna, mentre osservava le sopracciglia di Kai aggrottarsi sotto quella rivelazione. Inoltre quello strano sguardo non gli stava piacendo per nulla.
«Voglio sapere dalla tua voce come ci si sente a perdere la stima del proprio nonno», iniziò malvagiamente, ma non gli bastò quella misera frase. No, lui voleva infierire ancora.
«Come ci si sente quando si perde la fiducia dei tuoi vecchi sottoposti, gli stessi che tu avevi meticolosamente cercato?»
Avanzò di un passo.
«Come ci si sente quando si apprende che tutto ciò in cui credevi era solo una menzogna?»
Avanzò di un altro.
«Come ci si sente a perdere contro il campione del mondo? Come ci si sente ad essere sempre, eternamente, costantemente secondi?»
Fece l’ultimo passo prima di arrivare subdolamente di fronte al viso livido di rabbia di Kai, che tuttavia stava imponendo a sé stesso di non reagire, anche se era così maledettamente difficile.
«Come ci si sente a vedere l’unica ragazza che ti sia mai stata amica insieme ad un altro?»
Quelle parole, scandite con tanta superbia, furono la goccia che fece traboccare il vaso ed abbuiarono per un attimo i sensi del russo.
Successe tutto in una manciata di secondi, giusto il tempo di realizzare che la persona riversa a terra di fronte a sé era proprio lo stesso ragazzo che gli aveva rinfacciato gli insuccessi della sua vita giusto un attimo prima.
Hiruta era disteso sul pavimento, con un labbro sanguinante ed una mano a tappare la ferita, e nonostante tutto stava ridendo di gusto, con una risata degna di uno psicopatico.
Kai invece era ancora sbilanciato in avanti, con il braccio teso di fronte a sé e la mano sporca di sangue che pulsava come se avesse colpito un muro di cemento. Aveva il fiato corto, il volto accaldato e le labbra digrignate in un ringhio, ed era forse quella visuale a divertire il suo interlocutore, perché era riuscito nel suo intento di indispettire il suo vecchio capo. La forza che aveva messo in quel pugno era stata la stessa dell’ultima volta, quando lo aveva colpito per insubordinazione sulle rive del fiume, di fronte a Takao, il Prof e Saya.
Nonostante fossero passati quasi tre anni, non era mai riuscito a sopprimere il dolore e l’amarezza provocata da quello schiaffo.
«Sei contento adesso?», riprese parola lo stesso Kai, trapassandolo con un’occhiata di fuoco e parlando con voce estremamente roca. «Volevi provocarmi no? Bene, ci sei riuscito, ma ti è andata male!»
«Ѐ stato divertente», lo schernì Hiruta, senza però provare ad alzarsi da terra. Lo osservò dalla sua posizione, nonostante Hiwatari lo stesse ancora sovrastano. Era sicuro che se tutto quello fosse successo qualche anno prima, Kai avrebbe infierito su di lui approfittando della sua posizione, ma in quel momento era invece sicuro che non lo avrebbe mai fatto. Era già tanto che gli avesse tirato un pugno, anche se era stato il suo intento fin da quando aveva iniziato a provocarlo. Il vecchio capo degli Shall Killers si sarebbe tormentato per giorni per quel suo gesto avventato e quel pensiero gli lasciò una soddisfazione che difficilmente sarebbe sparita.
«Ma non pensare che sia finita qui!», ebbe anche la forza di ridacchiare e quella sua risata e quelle sue parole ammutolirono il suo interlocutore, che lo osservò dall’alto al basso con uno sguardo incredibilmente schifato.
Quando si decise a dire qualcosa per rispondere a quella minaccia però, qualcuno stava per scombussolargli i piani.
«Hiwatari, vai immediatamente nell’ufficio del preside!», tuonò una voce dal corridoio e quando Kai alzò lo sguardo, vide arrivare uno dei suoi nuovi professori a passo di carica.
Fu in quel momento che abbassò di nuovo il suo sguardo sul ragazzo a terra, ma Hiruta stava ancora ridacchiando all’apice della soddisfazione.
«Ricordati che non sei più nella posizione di minacciare nessuno!», ridacchiò, ma l’ex componente dei Neo-Borg non fece in tempo a controbattere, perché il professore era arrivato esattamente di fronte a loro.
Fine capitolo 4
 
 
°°°°°°°°°°°°°°°°
 
Colei che scrive:
Ma salve e ben trovati in questo nuovo capitolo ehheh
Qui qualcuno sta giocando col fuoco U.U Quanto state odiado Hiruta da 1 a infinito? xD Lo so, lo so, ma come ho sempre detto tutto avviene per una ragione. Ha provocato Kai, ma cosa avrà scaturito nella sua povera mente? (mi sento tipo una giornalista xD)
Bene, ora sono curiosa di sapere le vostre impressioni sull’accaduto xD
Passo quindi a ringraziare come sempre i recensori, vi adoro *_*, chi ha messo la storia tra le preferite/ricordate/seguite e tutti i lettori silenziosi giunti fin qua, che ogni fine capitolo attendono con ansia il prossimo (almeno spero xD)
 
Ps. Non so se lo avevo detto nelle note del precedente capitolo, ho aggiunto i collegamenti alle canzoni di ogni capitolo <3 Basterà cliccare sopra al nome del cantante e della canzone, che è evidenziato in blu ^-^
 
Non mi resta che salutarvi, con la speranza che vi sia piaciuto anche questo capitolo *-*
Alla prossima!!!

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 - My demons ***


Capitolo 5 – My demons
 
 
 
They’re all around me,
Sono tutti intorno a me
Circling like voltures
Circondandomi come avvoltoi
They wanna break me and wash away my colors
Mi vogliono spezzare e lavare via i miei colori

Starset - My demons  
 



 
«Si può sapere cosa ti è saltato in mente?!»
Saya dovette trattenersi parecchio per sopprimere il desiderio di tirare una scarpa in testa a Kai, che era appena uscito dall’ufficio del preside con un’espressione decisamente alterata. Ci aveva trascorso dentro più di un’ora, tempo in cui il simpatico ometto aveva impiegato per psicanalizzarlo, sotto il suo più completo disappunto. Non avrebbe voluto né dovuto spiegare a nessuno il motivo di quel gesto, perché lui stesso ancora non riusciva a trovare una spiegazione a ciò che era successo. Era chiaro però che Hiruta lo avesse indispettito di proposito per farlo sbottare, o farsi volutamente dare quel cazzotto, ed il sorriso soddisfatto che aveva tenuto sulle labbra deturpate dal sangue ne era stata la prova, ma non riusciva a spiegarsi cosa il suo vecchio sottoposto avesse voluto provare.
Kai non era riuscito a togliersi dalla mente quella scena e lo aveva tormentato per tutto il tempo in cui aveva ascoltato le domande impertinenti del preside, a cui aveva risposto a monosillabe come il suo solito.
Non aveva fatto in tempo ad uscire da quel maledetto ufficio che si era trovato di fronte Saya, che aveva mandato a farsi benedire i suoi stessi buoni propositi di toglierselo dalla testa, e che lo stava osservando con le mani sui fianchi in un gesto decisamente spazientito. Si vedeva lontano un miglio quanto fosse preoccupata, e quella era una cosa che non sarebbe mai cambiata.
Inoltre la notizia di Hiruta picchiato da Hiwatari fece il giro della scuola durante la ricreazione, e quello aveva indispettito Kai più del fatto che stesse camminando per i corridoi sotto le occhiate incuriosite dei suoi compagni. Lui odiava essere al centro dell’attenzione, soprattutto se non aveva Dranzer in mano.
Ma Saya non si era fatta fermare dal fatto che il suo compagno l’avesse bellamente ignorata con un grugnito, per poi riprendere a camminare in direzione della loro classe, dove ad attenderlo avrebbe sicuramente trovato gli altri due, in attesa di una spiegazione soddisfacente.
«Mi stai ascoltando?!», continuò spazientita, dopo aver fatto uno scatto fulmineo per superarlo e dopo essersi piantata di nuovo di fronte a lui con le mani sui fianchi.
«Sì, ma sto cercando di ignorarti…», le rispose lui, altrettanto spazientito, perché in quel momento avrebbe voluto solamente togliersi dal corridoio e dalle occhiate della gente. Ma lei non demorse e lo perforò con un’occhiataccia, che però non lo preoccupò minimamente.
«Scusami tanto Hiwatari se la gente si preoccupa per te!», sbottò acidamente con fare adirato, prima di voltargli le spalle e camminare indispettita fino alla loro classe, dove entrò senza voltarsi mai indietro. Al che Kai sospirò sonoramente, perché oltre gli Shall Killer e Fujima non avrebbe voluto altri problemi, almeno non con lei, e non era pronto alle domande che Yuri e Boris gli avrebbero rivolto una volta vista la nipote del presidente Ditenji così alterata, perché era ovvio che avrebbero dato la colpa a lui.
«Maledizione!», imprecò, riprendendo a camminare e spostando nervosamente la frangia argentea che gli era ricaduta malamente davanti agli occhi.
Quando anche lui varcò la soglia della classe vide i due russi che stavano osservando Saya di sottecchi, probabilmente cercando di capire cosa le fosse successo, mentre lei, sempre decisamente alterata, stava osservando imbronciata il panorama fuori dalla finestra.
In seguito a quella visione mandò giù un groppo amaro di saliva, per darsi il coraggio necessario per affrontare l’ennesima discussione, anche se in quel momento sarebbe voluto andare in qualunque posto non ci fossero state persone. Credette di aver vissuto fin troppe disavventure per quella mattina, tuttavia cercò di non ascoltare il suo subconscio e con un sospiro stizzito si apprestò a tornare al suo posto.
«Bentornato Hiwatari»
La voce di Boris gli arrivò alle orecchie come un treno in corsa e sotto quella constatazione non riuscì a non storcere le labbra in una smorfia, che in ogni caso il suo compagno non avrebbe potuto vedere. In quel momento ringraziò il fatto che i due Neo-Borg fossero seduti nei banchi dietro di lui, ma il suo più grande problema in quel momento gli era seduto accanto, perché per quanto lei a volte lo indispettisse, lui non voleva perdere la fiducia che Saya aveva nei suoi confronti. E, in ogni caso, le attenzioni di quella ragazza un po’ lo lusingavano. Nessuno si era mai preso così tanta cura di lui, o preoccupato per le sue azioni sconsiderate come aveva fatto lei negli anni. A volte poteva sembrare come una mamma fin troppo apprensiva, ma lui non ricordava i comportamenti benevoli della sua, quindi si beava di quelle attenzioni fin quando poteva. O almeno fin quando la situazione non lo indispettiva, come in quel momento.
In ogni caso si impose di nuovo di non dare soddisfazione a Boris, quindi decise di ignorare anche lui, ma c’era qualcun altro con il quale avrebbe dovuto fare i conti, e se ne accorse quando sentì la sua voce impertinente arrivargli alle orecchie.
«Ricordati cosa ti ho detto stamattina, Kai», gli disse spiccio Yuri, con un tono di voce che lo indispettì più di quanto già non fosse.
Si portò due dita a massaggiare la tempia, in un gesto che avrebbe dovuto calmarlo e fargli riordinare i pensieri, ma nella sua mente stava regnando solamente la più completa confusione.
«Saya», si decise a richiamarla dopo alcuni interminabili secondi, tempo che impiegò per cercare di tranquillizzarsi e riportare la sua voce al suo solito tono piatto.
Lei si voltò imbronciata dopo altrettanti secondi, giusto per farlo penare un po’ per come l’aveva trattata, ma lo sapevano tutti che tanto non sarebbe riuscita a tenergli il muso a lungo.
«Non volevo parlare nel corridoio, dove tutte le persone ci stavano ascoltando», continuò lui con un sospiro e quell’affermazione fece tranquillizzare un po’ la ragazza, che sciolse l’espressione accigliata e ne mostrò una incuriosita.
«Quindi adesso riuscirai a dirci cosa ti è saltato in mente? Ci hai fatto prendere un colpo, soprattutto dopo aver appreso la notizia da terzi», gli rese noto lei, guardandolo di sottecchi. Voleva spronarlo a parlare e quelle parole misero sull’attenti anche i ragazzi dietro a loro, che bloccarono quello che stavano facendo e drizzarono le orecchie per captare ogni singola parola che sarebbe uscita dalla bocca del loro compagno, perché erano sicuri che Kai non si sarebbe mai ripetuto.
«Quando ho chiesto il permesso di andare in bagno, in realtà non avevo bisogno della toilette. Volevo solamente starmene un po’ da solo e la mia idea iniziale era quella di tornare in classe a lezione terminata», iniziò e quella constatazione fece imbronciare di nuovo la ragazza, perché il fatto che Kai avesse iniziato a “marinare” le lezioni non era un buon segno.
«Quando sono arrivato di fronte all’entrata ho incontrato Hiruta, che ha iniziato a provocarmi…», fece spallucce, nonostante sul suo volto impassibile fosse comparsa di nuovo la stessa espressione indispettita che aveva tenuto per tutto il tempo della discussione con il suo vecchio sottoposto. «Sono stato impulsivo ed ho agito di conseguenza…», concluse, piantando i suoi occhi ametista in quelli di Saya, che serrò la mascella deglutendo di nuovo. Purtroppo era infine successo ciò che lei aveva temuto fin da quando il moro si era materializzato di fronte a loro il primo giorno di scuola. Sapeva che quella non poteva essere stata una coincidenza ed era seriamente preoccupata per il suo amico, soprattutto dopo aver capito che la sua vecchia gang l’avesse preso di mira.
Stava anche per controbattere, ma le parole di Yuri gelarono il diretto interessato sul posto.
«E cosa ti ha detto per farti reagire così? Di solito non perdi mai la tua compostezza», chiese, con una calma ed una sottigliezza studiata che riuscì ad ammutolire anche la ragazza.
«Non è importante…», rispose invece perentorio Kai, cercando di allontanare la questione, che comunque per lui poteva ritenersi chiusa. Era riuscito a tranquillizzare Saya, e quello era l’importante. Di quello che pensavano Yuri e Boris non gliene importava nulla. In ogni caso con loro si sarebbe chiarito in seguito.
In quel momento c’era solo una cosa che gli premeva, ma non voleva mettere di mezzo i suoi amici. Voleva mettere fine a quella storia e l’unico modo in cui avesse potuto farlo sarebbe stato quello di prendere di petto i diretti interessati, ma non volava farlo a scuola. Non voleva essere di nuovo sulla bocca di tutti.
Per fortuna Kai sapeva già come fare per risolvere la questione.
Sarebbe andato fino al covo degli Shall Killers e li avrebbe messi a tacere una volta per tutte. E l’avrebbe fatto da solo. Non aveva bisogno della preoccupazione di Saya, dei commenti di Yuri e dell’ironia mal celata di Boris. Quella era una questione che riguardava solamente lui, perché alla fine il passato era tornato davvero a tormentarlo.
 
 
 
 
Il resto della mattinata scolastica passò pressoché identico agli altri giorni ed i quattro ragazzi non tornarono più sull’argomento riguardante Kai, così che lui riuscì anche a tranquillizzarsi, almeno fino a che un altro dei suoi problemi non si materializzò di fronte alla loro classe alla fine delle lezioni. Oramai quello con Fujima era un appuntamento fisso per Saya, e di conseguenza anche per loro, perché erano costretti a vedere la sua faccia continuare a fare capolino da quella porta ad ogni occasione che lui credeva propizia.
Quel giorno gli sembrò anche che quel ragazzo fosse più insidioso del solito, e scoprì che i suoi sospetti erano fondanti quando lui, inaspettatamente, prese Saya per i fianchi e le scoccò un leggero bacio a stampo per salutarla, gesto per cui lei arrossì violentemente. Sicuramente non era preparata a ciò, soprattutto sapendo che Kai stava guardando. Saya si sentì come quella volta in cui il suo compagno gli chiese cosa ci avesse trovato in Hitoshi Kinomiya e Kai si sentì esattamente come il giorno in cui apprese della loro storia.
Sul quintetto calò il gelo, anche se la povera ragazza cercava di continuare a sorridere al suo fantomatico spasimante, o qualsiasi cosa fosse per lei Hisashi Fujima, mentre lui dal canto suo era così felice e sereno che sembrava un bambino il giorno di Natale, cosa che fece indispettire i due russi alla quale la ragazza stava più a cuore. Però quel gesto aveva fatto storcere il naso anche a Yuri, perché da tempo si era accorto di ciò che provava Kai per lei, nonostante nessuno dei presenti avesse mai provato ad introdurre l’argomento.
Ma per fortuna il presidente d’istituto aveva pensato bene di togliersi dalle scatole quasi subito, portandosi dietro l’orda di ragazzine indemoniate che avevano assistito alla scena e che ancora stavano mandando accidenti alla nipote del presidente Ditenji. Così al quartetto non rimase altro da fare che prendere la via di casa, e quella volta lo fecero in funereo silenzio. Si salutarono solamente quando arrivarono di fronte casa del nonno di Saya, dove lasciarono Yuri e Boris, che però rimasero per qualche minuto sull’uscio ad osservare Kai e Saya camminare verso casa di quest’ultima.
Tra i due era sceso di nuovo lo stesso silenzio teso di poco prima, perché nonostante le infinità di cose che entrambi avrebbero voluto dire, nessuno dei due aveva il coraggio di iniziare un discorso.
La ragazza era rimasta spiazzata e confusa dall’inaspettato gesto del Sempai, anche se oramai aveva capito che per lui non era più una semplice amica, ma stava soffrendo il fatto che il tutto fosse successo sotto l’attento sguardo del vero ragazzo di cui era innamorata.
Kai invece era rimasto infastidito dall’audacia ostentata dal presidente d’istituto, di baciare la sua vecchia amica di fronte a tutte le ragazzine alla quale Saya stava già poco simpatica. Aveva trovato quel gesto estremamente fuori luogo e di cattivo gusto, soprattutto perché si era perso il progresso di quella strana relazione, e ciò che era successo aveva minato definitivamente il suo umore già compromesso da Hiruta.
«Ci vediamo domani»
Furono le parole di lei a distoglierlo dai suoi pensieri e costringerlo per la prima volta, dopo l’ora della ricreazione, a riposare i suoi occhi in quelli di lei, che però stava sorridendo apparentemente tranquilla. Forse si stava sforzando di fare finta che andasse tutto bene, nonostante l’inquietudine, ma Kai non volle infierire e continuò a guardarla come al solito. E come al solito la salutò quasi indifferente e con un cenno del capo.
«A domani», si decise a sorriderle debolmente dopo essersi accorto di essere stato un po’ troppo distaccato, ma poi troncò la conversazione voltandole le spalle e senza darle il tempo di dire altro. In fondo lui aveva una missione da compiere e l’avrebbe portata a termine quel pomeriggio. Oramai era determinato a mettere fine a tutta quella faccenda.
 
Quando tornò a casa mangiò il pranzo che gli avevano preparato i suoi inservienti e come ogni giorno lo fece in solitario silenzio, perché in quella grande villa non c’era nessuno con cui dividere i pasti, ed in fondo gli andava bene così. Suo nonno continuava a portare avanti l’azienda ed aveva deciso di farlo nella sede Russa. Probabilmente lo aveva fatto per allontanarsi da suo nipote, viste le loro divergenze di opinioni, ma almeno le cose tra loro si erano un po’ sistemate. Ogni tanto lo sentiva per telefono, ma Kai preferiva continuare a non vederlo.
Dopo pranzo si richiuse in camera sua e scarabocchiò al volo i compiti che aveva fissati per l’indomani, senza minimamente preoccuparsi se li avesse fatti bene o meno. Poi si tolse la divisa scolastica, riponendola su una stampella, ed indossò degli abiti più comodi. Mise i suoi amati pantaloni viola, la giacca di pelle nera, che gli aveva sempre dato un’aria misteriosa, e la sua amata sciarpa dai lembi svolazzanti. Inoltre, una volta completato l’outfit, sulle sue guance troneggiavano di nuovo le sue tipiche strisce blu, quelle che lo avevano sempre contraddistinto. Solo così poté ritenersi pronto, e dopo aver preso Dranzer ed il suo caricatore si apprestò ad uscire dalla villa.
Pur di non rendere noto a nessuno dove stesse andando decise di non farsi accompagnare da uno dei suoi inservienti e di raggiungere la periferia con i mezzi pubblici, contrariamente alla sua indole, e si ritrovò così a percorrere di nuovo la strada che era stata per molto tempo impressa nella sua memoria. In passato aveva percorso quelle vie poco trafficate per ben troppe volte e ne conosceva ogni anfratto o scorciatoia, e fu grazie a quelle che riuscì ad arrivare di fronte alla porta del magazzino che lui stesso aveva scelto come covo per gli Shall Killers.
Li aveva fondati lui ed il fatto che loro non gliene fossero mai stati riconoscenti un po’ gli aveva fatto storcere il naso, nonostante in quel momento non gliene fregasse più nulla di loro. Fu però felice che almeno non avessero deciso di spostare il luogo di ritrovo, così che riuscì a trovarli senza troppi sforzi.
Inoltre nel magazzino c’era qualcuno, perché sentiva dei discreti movimenti. Probabilmente si stavano allenando, o dio solo facendo cosa, e così, dopo aver preso un copioso respiro, decise di spalancare quella stessa porta che non varcava oramai da due anni.
Appena superò l’ingresso una strana inquietudine si impossessò di lui, nonostante stesse cercando di mantenere sul volto la sua solita espressione impassibile, ed una discreta quantità di occhi si voltarono nella sua direzione, probabilmente infastiditi da quella interruzione. C’erano almeno dieci persone al suo interno, cinque delle quali erano i suoi vecchi sottoposti, le cui labbra alla sua vista si alzarono tutte in sorrisetti puramente sardonici. Gli altri non li aveva mai visti, ma non avevano una faccia raccomandabile ed inoltre sembravano tutti più grandi di loro.
«Ma che bella sorpresa! Guardate chi ci è venuto a trovare!», lo sbeffeggiò un ragazzo dallo strano taglio di capelli blu e dal neo scuro sotto all’occhio, che gli dava un’aria quasi minacciosa. L’ultima volta che Kai lo aveva visto era un ragazzino scheletrico, anche se infidamente bastardo, ma dovette ammettere che era cresciuto parecchio e non solo di altezza. Quando scese dal piedistallo su cui era seduto notò che oramai era alto quanto lui e decisamente più muscoloso di quanto ricordasse. Lo stava raggiungendo per fronteggiarlo e sul volto aveva la stessa espressione divertita che aveva tenuto Hiruta per tutto il tempo della loro disputa, ma Kai non indietreggiò né si mosse dalla sua posizione eretta, perché non era minimamente intenzionato a demordere. Era andato fin lì per uno scopo e non si sarebbe fatto fermare da quei buffoni, anche se erano in dieci contro uno. Era pronto a tenere alte le sue convinzioni.
«Poche chiacchiere Taro e dimmi dove si trova Hiruta!», gli intimò infatti Kai, freddo e perentorio come era sempre stato nei loro confronti e quel suo tono autoritario fece storcere il naso al ragazzo di fronte a sé.
«Vacci piano con le minacce Hiwatari, tu non hai più il potere di comandare nulla qui dentro!», gli rispose sprezzante il suo ex sottoposto, al ché il russo gli scoccò una delle sue occhiate di sufficienza.
«Non sto minacciando nessuno, né mi interessa comandare. Ho solo chiesto una cosa e pretendo una risposta», continuò deciso, piantando i suoi occhi ametista in quelli scuri del ragazzo di fronte a sé, che in seguito assottigliò lo sguardo e si aprì di nuovo in un sorrisetto canzonatorio, che indispettì Kai ancora di più.
«So perché sei qui, e so anche cosa è successo a scuola», iniziò quello, ma il russo lo bloccò di nuovo.
«Se lo sai allora dimmi dove posso trovare Hiruta. Ѐ il vostro nuovo capo, no? Allora chiuderò i conti con voi battendomi con lui», gli rese noto, ma differentemente da quello che si sarebbe aspettato di vedere e sentire, Taro scoppiò in una risata puramente divertita, coinvolgendo anche gli altri suoi compagni.
«Mi dispiace deluderti Hiwatari», gli rispose, con la voce ancora rotta dalle risa, «questa volta non sei stato particolarmente arguto», continuò, con una strana luce negli occhi.
Kai invece aggrottò leggermente le sopracciglia, indispettito dalla situazione che si era venuta a creare. Era stato estremamente sicuro che il nuovo capo degli Shall Killers fosse Hirura, soprattutto per le libertà che si era preso a scuola e per quel suo carattere così maledettamente indisponente. Lui stesso, se fosse stato nella posizione di decidere a chi passare la sua vecchia carica, l’avrebbe passata a lui. In fondo con Hirura erano stati sempre fin troppo simili. Era infido e spietato, esattamente come lo era stato lui quando il suo unico desiderio era quello di trovare Black Dranzer, e come lui non aveva mai guardato in faccia nessuno pur di portare a termine i suoi scopi. Il suo vecchio sottoposto aveva sempre svolto le sue mansioni in modo eccellente, seppur con qualche lamento e con i suoi metodi, che lo avevano portato a fallire contro Takao...
«Allora sfiderò uno di voi, o tutti insieme…», tornò a parlare Kai dopo qualche secondo di silenzio, prendendo Dranzer dalla tasca interna della sua giacca. «In fondo sfidare voi o lui per me non fa alcuna differenza, a patto che, se vincerò io, voi mi lascerete in pace!», li minacciò, ma non intaccò il sorrisetto di superiorità spuntato sulle loro labbra.
«Sai, mi alletta molto la tua proposta, tuttavia mi dispiace deluderti, ma qui non facciamo proprio nulla senza il consenso del nostro capo!», lo mise al corrente il ragazzo dai capelli blu, spostando leggermente il volto per guardarlo di traverso. Sotto quelle parole però, fu Kai ad aprirsi in un sorrisetto puramente divertito.
«Ma bravi, siete delle ottime marionette!», li sbeffeggiò e giurò di aver visto Taro alzare il braccio per colpirlo, nonostante il russo fosse rimasto immobile nella sua posizione. Tuttavia il provvidenziale intervento di qualcuno lo “salvò” dal cazzotto che, se non si fosse spostato, gli sarebbe arrivato dritto in faccia.
«Che succede qui?», tuonò una voce grottesca ed artificiale, probabilmente modificata grazie a qualche congegno apposito. Inoltre si voltarono tutti in direzione del nuovo arrivato, che però era rimasto in ombra dietro la ringhiera del piano superiore. In quel magazzino c’erano degli anfratti di buio totale e quel misterioso personaggio era stato bravo a sfruttarli. Kai notò che fosse più alto e leggermente più muscoloso di lui, che stava indossando una mascherina a coprirgli la bocca, dove probabilmente era nascosto il congegno per modificargli la voce, che a celare il colore degli occhi aveva un paio di occhiali scuri e che sui capelli aveva poggiato un cappello da Basebal. Quelle cose inoltre lo resero incredibilmente misterioso ai suoi occhi, tanto da fargli storcere le labbra.
«Quanto mistero…», commentò infatti, sarcasticamente, ma invece che indispettire il nuovo arrivato lo fece solamente ridere di gusto, cosa che lo costrinse di nuovo a fare una smorfia di puro disappunto.
«Oh, abbiamo una visita…», disse però il nuovo arrivato, ignorando volutamente quella sentenza.
«Tu chi sei?», chiese infine Hiwatari, con fare perentorio, assottigliando anche lo sguardo per cercare di osservarlo meglio, ma per quanto si sforzò non riuscì a distinguere i suoi lineamenti.
«Colui che stavi cercando», gli rispose tranquillamente quello, «sono il capo degli Shall Killer. Mi faccio chiamare Killer Blade», sorrise soddisfatto, nonostante nessuno dei presenti potesse vederlo, «piacere di conoscerti, Kai Hiwatari!», gli intimò, ma con il tono di voce che aveva usato sembrò più una minaccia che una semplice constatazione.
«Mi conosci?», chiese tuttavia scettico il diretto interessato, che finì a chiedersi se quella fosse una sua vecchia conoscenza o meno, ma la provvidenziale risposta del suo “nemico” lo distolse dai suoi pensieri.
«La tua fama ti precede…», fece spallucce, «ma non credo tu sia qui per piacere…»
«No, sono qui per mettervi a tacere una volta per tutte! Sono venuto qui per sfidare Hiruta, credendolo il capo di questi buffoni, ma visto che ho avuto l’onore di conoscere quello vero non mi resta altro da fare che sfidare te! Se vinco mi lascerete in pace!», mise in chiaro subito le sue condizioni, facendo però scoppiare a ridere tutti i presenti, sotto il suo più completo disappunto.
«E se perdi?», gli chiese il mascherato.
«Io non perderò!», fu la sua risposta pronta, che convinse il suo sfidante ad uscire leggermente allo scoperto. Si mise infine in posizione di lancio sul Beyblade Stadio, stando comunque sempre attento a rimanere in penombra, così a Kai non restò altro da fare che imitarlo, incoccando Dranzer al caricatore senza però spostare i suoi occhi dal misterioso ragazzo di fronte a sé.
«3…2…1…Pronti…Lancio!», dette il via alla sfida Taro, decidendo di essere l’arbitro dell’incontro.
Dopo aver lanciato il Beyblade, Kai si prese del tempo per studiare l’avversario e cercare di captarne i suoi punti deboli, come era solito fare durante gli incontri. Era sempre stato un Blader infido e pericoloso proprio per la sua abilità di riuscire a trovare la debolezza degli avversari e ribaltarla a suo favore. La sua esperienza e forza fisica influivano su tutto il resto. Per quello era grato ai vecchi insegnamenti di Vorkof, in fondo se era riuscito ad essere pressoché imbattuto lo doveva principalmente alla Borg. Inoltre, dopo essere riuscito quasi a battere Takao, che gli aveva sottratto il titolo mondiale per un soffio, e dopo aver battuto Brooklyn, il Blader da tutti ritenuto imbattibile, si sentiva sicuro di poter affrontare qualsiasi sfida. Non c’era oramai più nulla che Kai temesse e quel Blader anonimo e sconosciuto per lui non avrebbe rappresentato un problema. Era sicuro di poterlo liquidare in poco tempo, seppur il suo gioco lo avesse incuriosito. Riusciva a schivare gli attacchi del suo Dranzer ed a coglierlo quasi di sorpresa con altrettanti attacchi, così tanto da finire per indispettirlo. Tuttavia rimase impassibile al suo posto, con lo sguardo ametista a seguire il Beyblade avversario. Era nero ed un po’ gli ricordava Black Dranzer, pensiero che gli fece storcere le labbra in una smorfia contrariata, ma non si lasciò impressionare. Era potente, ma era altrettanto sicuro che non fosse animato da alcun Bit Power, cosa in cui lui era sicuramente avvantaggiato. L’Aquila Rossa sarebbe stata pronta ad intervenire se la situazione fosse precipitata, anche se non era assolutamente intenzionato a richiamare il suo aiuto, perché era sicuro di riuscire a vincere sul quel personaggio anche senza la sua preziosa fenice.
«Che ti prende Hiwatari?», spezzò però il silenzio il suo avversario, probabilmente per indispettirlo. Era una tattica che veniva usata spesso dai Blader e molte volte l’aveva anche vista andare a segno, soprattutto nei mondiali. Ma lui non era intenzionato a lasciarsi indispettire da quel tizio, né di farsi cogliere di sorpresa. Voleva chiudere quel capitolo della sua vita e tutto sarebbe dipeso da quella sfida, quindi non poteva permettersi di perdere. Ne andava anche del suo orgoglio di Blader.
Non avrebbe perso contro uno degli Shall Killer!
«Vai Dranzer!», incitò il suo Beyblade, snobbando volutamente le provocazioni dell’altro.
La sfida si protrasse per molto tempo, sotto alcuni attacchi degni di nota, ma nessuno di essi era riuscito ad andare a segno. Nessuno dei due Beyblade riusciva a prevalere sull’altro, ma Kai non era ancora disposto a far uscire il suo Bit Power, soprattutto perché non voleva assolutamente essere avvantaggiato. I due Bladers invece iniziarono a sentire la fatica ed entrambi, ansimanti e sudati, incitavano i loro compagni a non mollare.
«Credo che siamo arrivati all’attacco finale. Questo decreterà chi dei due avrà prevalso sull’altro!», lo mise al corrente il ragazzo col cappello, che sistemò meglio in modo che la visiera gli tenesse ancora più in ombra il volto.
«Sono pronto!», gli rispose perentorio Kai, «vai all’attacco Dranzer!», lo incitò infine e sotto il comando del suo possessore, il Beyblade blu aumentò la velocità e si lanciò verso quello nero del suo avversario.
«Contrattacca Blade!», allo stesso modo anche Killer Blade mandò all’attacco il suo ed in seguito a quella collisione ci fu un boato tremendo, che fece tremare le pareti e coprire gli occhi ai due sfidanti, che si persero per un momento l’esito della sfida.
Quando li riaprirono notarono come tutti i presenti fossero ammutoliti e come sui loro volti ci fossero delle espressioni pressoché interdette. Ma il loro primo pensiero furono i Beyblade e quando li videro entrambi, fermi ai loro piedi, i due Bladers si aprirono in una smorfia contrariata. L’unica differenza stava che nessuno poté notare quella del ragazzo mascherato.
«L’incontro è finito in parità!»
La voce di Taro tuonò nel silenzio del magazzino e quella constatazione indispettì ancora di più Kai, che tutto si sarebbe aspettato tranne che finire quella sfida in parità. Al ché, dopo aver recuperato Dranzer da terra, alzò lo sguardo sul suo sfidante e lo osservò incuriosito, cercando di cogliere un dettaglio che gli avrebbe permesso di capire chi fosse.
«So cosa stai pensando…», iniziò però quello, parlando con la voce meccanica del congegno e facendo sorgere di nuovo sulle labbra di Hiwatari una smorfia schifata. «Probabilmente ti starai chiedendo come tu abbia fatto a chiudere in parità questa sfida, nonostante la tua potenza e la tua bravura …», continuò, ma quelle parole suonarono più come uno sbeffeggiamento, cosa che gli fece serrare la mascella. Ma quello non fece desistere il Blader dall’andare avanti. «Lascia che ti dica una cosa, Kai Hiwatari. Il Beyblade, mosso da sentimenti di odio e vendetta, può diventare invincibile! La differenza la fa la causa per la quale si combatte…», concluse, facendo aggrottare leggermente le sopracciglia del diretto interessato, che non riuscì a comprendere a pieno quello strano discorso.
«Toglimi una curiosità», lo fermò però Kai, bloccandolo prima che gli voltasse le spalle. «Io e te ci conosciamo?», chiese, perentorio, ma sentì solamente un risolino divertito provenire dalla sua voce artificiale.
«Ci incontreremo ancora Hiwatari e la prossima volta ti distruggerò!», gli intimò, mancando di rispondere alla sua domanda e puntandogli un dito contro con fare estremamente minaccioso.
Kai invece strinse la mascella, perché aveva iniziato a sentire una strana inquietudine nel profondo del cuore, ma soprattutto ebbe la sensazione di conoscere quel tizio. Tuttavia si costrinse a non rispondere alla provocazione e continuò a guardarlo con la stessa espressione altezzosa con cui aveva sempre guardato i suoi avversari.
Capendo anche che oramai per quel giorno non avrebbe potuto fare altro o risolto definitivamente le sue divergenze, decise di voltare le spalle a tutti e camminare stizzito verso la porta d’ingresso, deciso comunque a tornare sulla questione.
Sarebbe tornato a sfidarli e la prossima volta avrebbe distrutto quel maledetto sbruffone.
Ma quando varcò l’uscio di quel cupo magazzino, la voce sprezzante di Killer Blade lo bloccò di nuovo sul posto.
«Fossi in te, nel frattempo, starei attento alle persone che ti stanno più a cuore…», lo minacciò, con un tono di voce talmente divertita da risultate maligna, e sotto quelle parole Kai non poté fare altro che voltarsi con espressione accigliata.
«Come?!», chiese indispettito, sperando di aver capito male, ma la risata del ragazzo dissipò ogni suo dubbio. Era anche pronto a fargliela pagare per tutto quello, magari quella volta senza l’aiuto del suo Beyblade, ma purtroppo il Blader gli aveva già dato le spalle e di fronte a lui si erano parati tutti e dieci gli Shall Killers, con i caricatori puntati come se fossero state pistole. Sotto quella scena, e dato che oramai aveva esaurito le forze nell’incontro appena concluso, decise di uscire definitivamente da quel magazzino, seppur l’avesse fatto con una smorfia incredibilmente risentita. In condizioni normali non sarebbe mai fuggito, ma per quel giorno aveva fatto abbastanza. Non sarebbe comunque tornato a casa con la coda tra le gambe!
Iniziò a correre a ritroso sulla strada del ritorno con la mascella serrata e gli occhi iniettati di sangue.
L’avrebbe fatta pagare a Killer Blade, quella era una promessa, anche se sarebbe dovuto andare a stanarlo di nuovo nel suo covo! Tuttavia gli tornò quasi subito alla mente la minaccia che gli aveva mosso e dovette impegnarsi parecchio per togliersi l’immagine di Saya da davanti agli occhi.
Fu da quel momento che iniziò a sospettare di Hisashi Fujima. In fondo quel ragazzo non gli era mai piaciuto. Ed inoltre non avrebbe permesso a nessuno di fare del male a Saya!
Fine capitolo 5
 
 


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Colei che scrive:
Ma salve e ben trovati in questo nuovo capitolo ehehe mi sto impegnando per darveli almeno due a settimana, perché sono curiosa di sapere quello che pensate tanto quanto voi lo siete di sapere cosa succederà xD (e perchè ce li ho già scritti muahahaha)
Che dire, qui il nostro Kai ha deciso di prendere in mano la situazione e di andare a stanare i suoi ex sottoposti nel loro vecchio covo, ma si è trovato praticamente di fronte Adam Kadmon xDDDD pensate a lui con cappello ed occhiali da sole sopra la mascherina. Praticamente noi tutti durante le ore più calde del giorno XD
Ed a quanto pare Hiruta era solamente una marionetta nelle mani di Killer Blade. Ma chi sarà questo nuovo, misterioso, personaggio? (mi sento la voce narrante dei vecchi anime anni 80/90, quando alla fine di ogni episodio ti lasciava con una domanda, della serie, cosa succederà? xD)
Per quanto riguarda Taro, penso che tutti voi lo abbiate riconosciuto. Se ricordate le prime puntate della prima serie si vedono quasi tutti gli Shall Killer, ma gli unici due che si vedono meglio sono appunto Hiruta e questo tizio con i pantaloni in una gamba lunghi ed in una gamba corti, coi capelli blu dal taglio discutibile e questo neo sotto l’occhio xD ho provato a cercarne il nome, ma non sono riuscita a trovarlo e non sono sicura che lo dicano nelle puntate, per cui gliene ho affibbiato uno io…tanto non è un personaggio del tutto importante ai fini della trama. Concentriamoci sul buffone mascherato xD
Bene, detto questo passo a ringraziare i recensori, che ogni volta mi danno una gioia immensa <3, le persone che hanno messo la storia tra le preferite/ricordate/seguite, e tutti i lettori silenziosi giunti fin qua <3
Mi scuso inoltre per gli errori, la punteggiatura magari a volte mancante xD e le frasi forse sconnesse…ogni tanto mi si incrociano gli occhi! xD
Al prossimo aggiornamentoo!

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 - Faint ***


Capitolo 6 – Faint
 
 
It's like no matter what I do I can't convince you
È come se nonostante quello che faccio, non riuscissi a convincerti
For once just to hear me out
Per una volta ascoltami
So I, let go watching you turn your back like you always do
Quindi, lascio perdere, guardandoti girare le spalle come fai sempre”

Linkin Park - Faint
 
 
 
Kai era arrivato a passo di carica fuori dall’abitazione del presidente Ditenji, proprio nel momento in cui Yuri e Boris ne varcarono la soglia. Aveva un’espressione così risoluta, differentemente dalla svogliatezza o dal sonno che aveva mostrato nei giorni precedenti, che i due ragazzi si guardarono perplessi per un momento.
Yuri non sapeva se prendere parola o lasciarlo stare, in fondo Kai sapeva essere decisamente sprezzante di prima mattina, ma Boris non era stato dello stesso avviso.
«Anche stamani di pessimo umore Hiwatari?», lo sbeffeggiò infatti, beccandosi indietro un’occhiataccia, che fece ridacchiare il diretto interessato e sospirare rassegnato il povero ragazzo dai capelli rossi.
«Farò finta di non aver sentito», gli rispose l’ex membro dei Bladebreakers, superando la questione, «abbiamo un problema!», continuò poi risoluto incuriosendo gli altri due, che di nuovo si lanciarono un’occhiata perplessa.
Boris alzò le braccia in segno di resa, anche se non si era tolto dalla faccia il sorrisetto divertito che gli era spuntato in seguito alla sua stessa battuta, mentre Yuri lo guardò con un sopracciglio alzato.
«Che tipo di problema?», gli chiese infatti, calmo e diplomatico come solo lui sapeva essere, iniziando a camminare in direzione della casa di Saya, seguito poi a ruota dagli altri due.
«Preferirei che lei non sentisse…», disse però Kai, alludendo proprio alla ragazza. Rallentò anche il passo, così da non correre il rischio di incontrarla prima di aver finito di parlare. Ma tutto ciò insospettì notevolmente i compagni.
«Quanto mistero…», lo rimbeccò Kuznetsov, ma il nippo-russo fece di nuovo finta di non aver sentito e si voltò in direzione di Yuri.
«Allora esponi il problema prima che lei esca di casa», sentenziò il rosso, smorzando la tensione che era scesa tra loro. Inoltre, se Kai aveva iniziato una conversazione di prima mattina, e di sua spontanea volontà, la questione doveva essere grave per forza. In altre circostanze non avrebbe mai chiesto il loro aiuto, di quello ne era sicuro. Hiwatari era il tipo che sarebbe scoppiato pur di non dipendere dagli altri. Solitamente preferiva risolvere i suoi problemi da solo, ma probabilmente doveva riguardare qualcuno a lui caro...
«Non mi fido di Hisashi Fujima e credo che lei non dovrebbe frequentarlo», espose tutto d’un fiato, con i pugni serrati e l’espressione risoluta, che fece ridacchiare sommessamente gli altri due.
«Ah, è questo il problema…», ridacchiò beffardamente Yuri, piantandogli spudoratamente addosso il tipico sguardo di chi la sapeva lunga. Il che indispettì il nippo-russo ancora di più, ma non fece in tempo a controbattere che Kuznetsov si intromise di nuovo nella conversazione.
«Potevi semplicemente ammettere di essere geloso, come ho fatto io», fece spallucce, scoccandogli anch’egli un’occhiata decisamente eloquente, che finì per indispettire ancora di più il povero Kai.
«No maledizione, non sono geloso!», gli rispose risentito e tremò leggermente sotto quelle parole, fatto che non passò inosservato ai compagni.
«La gelosia si può manifestare in tanti modi. Si può essere gelosi di molte persone, come di fidanzati, di fratelli, dei figli e, guarda un po’, anche degli amici…», lo sbeffeggiò di nuovo Yuri, con un tono di voce malignamente divertito. Stava in fondo cercando di fargli indirettamente ammettere quanto ci tenesse a Saya, ma Kai non era propenso a stare ai suoi giochetti.
«Vi ho ripetuto che non è gelosia la mia!», grugnì esasperato, nonostante sul suo volto fosse spuntata un’espressione pressoché adirata.
«E allora cos’è che ti turba tanto? Quel ragazzo non sarà particolarmente simpatico, ma con Saya è sempre stato gentile e premuroso, a differenza tua», lo colpì volutamente il rosso e si ritenne anche particolarmente soddisfatto, soprattutto dopo aver notato sul volto del suo interlocutore una nota di colpevolezza, cosa che portò Boris a ridacchiare sotto i baffi.
Ma Hiwatari si sentì offeso da quella constatazione, quasi quanto il fatto che i suoi amici non gli credessero. Pensava almeno di avere la solidarietà di Kuznetsov, perché in fondo anche lui aveva sempre ammesso di non provare simpatia nei confronti di Fujima, ma non credeva che alla fine sarebbero finiti a parlare dei suoi comportamenti scostanti.
«Va bene, ho capito», disse in conclusione, lanciando verso gli altri due un’occhiata indispettita e voltando loro definitivamente le spalle. «Ho sbagliato a chiedere il vostro aiuto. Terrò d’occhio quel damerino da solo», decretò, iniziando a camminare stizzito verso casa della loro amica.
«Si può sapere che ti prende stamattina? Non c’è nemmeno gusto a punzecchiarti…», sbuffò Boris, ma lui rimase fermo nella sua decisione di snobbarlo. Al che il ragazzo ignorato si voltò verso Yuri, cercando la sua collaborazione, ma gli occhi di ghiaccio del capitano erano catturati dall’andatura risoluta del compagno.
«Kai!», lo richiamò allora, con un’accentuata nota di ammonimento che lo bloccò sul posto e lo costrinse a serrare la mascella. «Cos’è successo di così grave per portarti a pensare determinate cose? Ѐ solo antipatia la tua, o c’è dell’altro?», gli chiese infine, ammorbidendo un po’ il tono di voce.
Kai sospirò e si voltò di nuovo verso di loro dopo un tempo che sembrò infinito. Probabilmente stava cercando le parole giuste con il quale iniziare il discorso, e probabilmente stava valutando quanto potersi fidare dei due, ma oramai aveva lanciato il sasso e nascondere la mano non sarebbe servito a nulla.
«Sono andato nel covo degli Shall Killers», ammise, con una tranquillità disarmante che fece sorgere sul volto dei Neo-Borg un’espressione decisamente scioccata.
«Tu hai fatto cosa?», chiese però Yuri, sperando di aver capito male, ma la fermezza di Kai lo convinse sul fatto che avesse detto la verità. Non si sarebbe mai aspettato quella confessione da parte del suo compagno, non dopo che per colpa di uno di loro era stato spedito in presidenza. Però, nel profondo del suo cuore, non era per niente sorpreso. Né si sorprese del fatto che Hiwatari non li avesse messi al corrente delle sue decisioni. La sua preoccupazione stava in ciò che avrebbe detto Saya una volta appresa quella notizia. Lei si sarebbe opposta ad una decisione del genere, indubbiamente, e sarebbe rimasta offesa del fatto che il suo amico avesse fatto tutto senza dire nulla a nessuno, oltre al fatto che si sarebbe preoccupata per lui. Inoltre non riuscì a capire cosa c’entrasse Hisashi Fujima con gli Shall Killers, ma per fortuna il diretto interessato non ci mise molto a rispondere.
«Dopo le provocazioni di Hiruta ho deciso di affrontarlo di petto fuori dalla scuola. Mi ero stufato del suo comportamento impertinente e delle sue provocazioni. Volevo sistemare le nostre divergenze sul campo una volta per tutte. Pensavo fosse lui il capo della banda, per come si era comportato e per l’audacia ostentata, ma una volta arrivato nel loro covo ho scoperto che il mio posto era stato preso da un altro misterioso individuo. Aveva il volto coperto ed un congegno a modificargli la voce, per cui non so dire chi fosse.», fece una pausa, per constatare di avere la totale attenzione dei suoi compagni e solo quando vide i loro sguardi interessati continuò il racconto. «Mi sono battuto contro quel tizio e l’incontro è finito in parità», fece una smorfia al ricordo, serrando la mascella, «Mi ha detto che il Beyblade può diventare invincibile se mosso da sentimenti di odio e vendetta, oltre ad avermi minacciato di distruggermi la prossima volta che ci saremmo incontrati». Fece spallucce con espressione schifata, anche se il pensiero di quelle parole lo incupì di nuovo. Tuttavia cercò di non darlo a vedere e di mostrarsi ai suoi amici con la solita impassibilità.
Gli altri due però rimasero leggermente accigliati, soprattutto Yuri, che si era portato due dita a massaggiare le tempie per cercare di risalire al vertice del problema.
«Sorvoliamo per un attimo sulla tua impulsività», disse il rosso, spezzando il silenzio che era sceso dopo che Kai ebbe finito di parlare. «Se hai atteggiamenti masochisti non è affar mio», lo ammonì, nonostante si sentisse particolarmente preoccupato per lui, «ma continuo a non capire cosa c’entri Hisashi Fujima»
Riaprì gli occhi, che aveva socchiuso per darsi l’audacia necessaria per affrontare il discorso, e penetrò le ametiste di Kai con un’occhiata che trasportò tutta la sua voglia di capirci qualcosa.
«Quel misterioso individuo mi ha detto un’altra cosa», continuò il compagno, assottigliando leggermente lo sguardo e facendo volutamente una pausa. Riprese solamente quando vide il sopracciglio di Yuri alzarsi in un’espressione perplessa.
Boris invece stava ascoltando in religioso silenzio, spostando il suo sguardo attento dall’uno all’altro e cercando di tenere d’occhio la strada, così se Saya fosse sopraggiunta sarebbe riuscito a fermare in tempo i loro discorsi.
«Mi ha intimato di stare attento alle persone che mi stanno più a cuore», ammise con una smorfia risentita, ed al pensiero gli salì di nuovo la rabbia che aveva cercato di sopprimere da quando era uscito da quel magazzino. Tutta quella faccenda l’aveva indispettito parecchio, a partire dall’atteggiamento di Taro fino all’aver chiuso in parità un incontro che avrebbe potuto vincere ad occhi chiusi. Ma soprattutto non gli era andata giù quell’ultima minaccia velata, perché potevano prendersela con lui e non avrebbe fatto una piega, ma nessuno doveva permettersi di toccargli le persone a cui voleva bene e Saya, volente o nolente, era tra queste. Inoltre era stato così maledettamente sicuro che quella minaccia fosse riferita a lei che non aveva minimamente pensato all’eventualità che riguardasse altre persone. Ed aveva così tanto in antipatia quell’Hisashi Fujima che la sua mente non ci aveva messo molto a dubitare di lui. In fondo era tutto così matematico da sembrargli quasi scontato.
La sua amica doveva stare lontana da quel ragazzo e quella per lui era la questione più importante, del resto non gliene fregava nulla. Nemmeno del fatto che avrebbe dovuto affrontare di nuovo il capo degli Shall Killers.
Il fatto che Kai stesse mettendo l’incolumità di Saya di fronte alla sua fece pensare Yuri e gli fece salire alle labbra un sorrisetto incredibilmente soddisfatto, perché di nuovo Hiwatari non aveva deluso le sue aspettative. Non si era fermato a pensare che il suo gesto di andare a sfidare il capo degli Shall Killers nel loro covo era stata un’azione decisamente troppo avventata e masochista, mentre invece si stava dando tanta pena per salvaguardare qualcuno che non fosse sé stesso. Stava facendo dei notevoli progressi, non c’era che dire. Se solo fosse stato meno orgoglioso…ma in fondo Yuri capiva le sue motivazioni. Gli spiacevoli ricordi del suo passato ancora tormentavano la sua mente e lo rendevano incredibilmente insicuro su ogni tipo di rapporto umano, anche riguardo l’amicizia. Il fatto che Kai fosse sempre sprezzante ed apparentemente insensibile ne era la prova. Lui non aveva mai provato ad andare avanti come invece avevano fatto lui e Boris.
«E tu sospetti di Fujima, giusto?», si decise a trarre le sue conclusioni il russo, assottigliando ancora di più lo sguardo, come se volesse leggere i più reconditi pensieri della sua anima.
«Sì», ammise con fermezza Hiwatari, «non me l’ha raccontata giusta dal primo momento in cui si è presentato. Mi è sembrato strano fin dall’inizio, da quando ha voluto sfidare Saya di fronte a tutta la scuola, finendo per perdere come un’idiota. Mi sono domandato molte volte perché lo avesse fatto e perché avesse voluto sfidare proprio lei…», finì con una smorfia, ma quelle parole non convinsero a pieno l’altro e lo dimostrò alzando di nuovo un sopracciglio.
«Le ha spiegate le sue motivazioni. Anche a me è sembrato strano che avesse sfidato Saya di fronte a tutti, ma non mi è sembrato che avesse un secondo fine, se non quello di conoscere noi ed i Bladebreakers», fece spallucce. «Forse non è stato saggio per lui perdere di fronte alle sue fan, ma non mi sembra che loro gliene abbiano fatto una colpa»
«No, si sono accanite solo su Saya. Mi chiedo se fosse stato quello il suo intento…», gli rispose Kai con risolutezza, ma Yuri finì per sospirare sconsolato.
«Inoltre quel tizio mi ha sempre lanciato delle occhiate strane…», continuò. Avrebbe anche voluto dirgli dell’inquietudine che gli avevano lasciato quegli occhi smeraldini, ma non riuscì a trovare l’audacia per ammetterlo.
«Magari sei tu a stargli indigesto», si decise ad intervenire Boris, aprendosi in un sorrisetto puramente divertito. Il poco tatto che ostentava riguardo le questioni più complesse era incredibile, per questo indispettì Hiwatari ancora di più e glielo fece capire fulminandolo come suo solito con un’occhiataccia.
«Però posso darti ragione sul fatto che quel tizio mi stia decisamente antipatico, e forse è l’unica cosa su cui siamo d’accordo», riprese parola il russo, facendo spallucce, «ma non credo che stia fingendo con Saya, né che costituisca un problema. Insomma, quello è troppo perfettino per avere pensieri così subdoli», ridacchiò, ma poi penetrò Kai con un’occhiata decisamente eloquente. «Inoltre il tuo giudizio è un po’ distorto…», lo rimbeccò, facendogli storcere il naso e serrare la mascella sotto quella constatazione così pungente. «Tutti noi vogliamo bene a quella ragazza e credo che tutti noi vorremmo la sua felicità, ma quello che ti rode di più secondo me, è il fatto che Hisashi Fujima sia riuscito in poco tempo ad essere per lei quello che non sei mai riuscito ad essere tu», lo ammonì, diventando incredibilmente serio, e quell’affermazione indispettì il diretto interessato come poche altre volte avevano fatto le sue battutine indisponenti. Solitamente Boris lo irritava e basta, ma in quel momento invece lo aveva punto così tanto nell’orgoglio che Kai sentì crescere dentro di sé la stessa rabbia che aveva provato dopo la minaccia di Killer Blade. Inoltre sapeva che fosse la verità, anche se non voleva ammetterlo nemmeno a sé stesso, ma essersela vista sbattuta in faccia così lo rese incredibilmente nervoso.
«Boris…», lo ammonì Yuri, preoccupato per la reazione di Kai, che stava decisamente tremando dalla rabbia. Non avrebbe voluto assistere ad una rissa, e soprattutto non avrebbe avuto voglia di schierarsi dalla parte di uno di loro. In fondo capiva sia le motivazioni di Kai, che non riusciva ad essere sincero nemmeno con sé stesso, che quelle di Boris, che nonostante i suoi modi cavernicoli stava semplicemente cercando di spronare il compagno. Boris teneva indubbiamente a quella ragazza, ma ci teneva anche a Kai. A modo suo, quello era ovvio, ma in fondo gli voleva bene.
Inoltre la tensione tra loro era arrivata a livelli esponenziali, così tanto che Yuri giurò di aver visto il braccio di Kai fremere per un attimo. Si era immaginato di veder partire un pugno sulla faccia di Boris, e quello avrebbe decretato la sua condanna, perché difficilmente il compagno lo avrebbe lasciato vivo dopo quell’affronto. Avevano subito troppe violenze per sopportarne altre. Ma in fondo Yuri era sicuro che Kai non avrebbe mai alzato un dito su di loro, o qualcuno in generale, ed era estremamente sicuro che si stesse tormentando anche per il pugno che aveva dato ad Hiruta, in un impeto di rabbia dettato dalle provocazioni che quello gli aveva mosso.
«Che succede?»
Fu la voce di Saya a farli sobbalzare e farli voltare tutti verso la sua espressione accigliata e Yuri fu grato per quel suo provvidenziale arrivo, perché così poté tirare un sospiro di sollievo.
Kai invece era rimasto in silenzio, non provando minimamente a rispondere a quella domanda, mentre Boris aveva ritrovato la sua spensieratezza.
«Oh, nulla di che…a Kai girano le scatole come tutte le mattine», fece poi spallucce, prendendola sotto braccio ed allontanandola dal diretto interessato, in modo che potesse sbollentire la rabbia.
«Non posso farti desistere dal parlare con lei, in fondo è giusto che tu le esponga i tuoi dubbi, ma ti consiglio di farlo in maniera civile»
Yuri si rivolse a Kai dopo che Saya e Boris si furono allontanati da loro, quanto bastava perché la ragazza non sentisse i loro discorsi, e quelle parole finirono di nuovo per far imbronciare Kai. Per fortuna però non era più mosso da sentimenti di rabbia. Sembrava semplicemente scocciato.
«E non prendertela per i modi cavernicoli di Boris, anche se ci tengo a dirti che sono d’accordo con lui…», gli disse infine, guardandolo leggermente di traverso per captare una sua reazione, ma Hiwatari era rimasto immobile ad osservare le spalle di Saya con la mascella serrata.
In quel momento si sentì leggermente tradito dai suoi amici, ma poi superò per un attimo la questione. Vada per Boris, ma Yuri era un ragazzo estremamente riflessivo e difficilmente parlava a vanvera, per cui provò a capire le loro motivazioni. In fondo, se entrambi avevano un pensiero diverso dal suo, forse era lui ad avere un giudizio distorto, come gli aveva appunto detto Kuznetsov. Tuttavia non era ancora pronto a lasciar perdere quella causa. Se loro non avevano intenzione di aiutarlo ci avrebbe pensato da solo.
Di nuovo…
 
 
Arrivarono a scuola senza che Kai ebbe avuto il tempo di parlare con Saya, perché Boris l’aveva trattenuta per tutto il tempo e forse lo aveva fatto per permettergli di elaborare un discorso.
In ogni caso, appena misero piede nel cortile della scuola, videro materializzarsi Hisashi Fujima come ogni maledetta mattina. Era tutto pimpante e sorridente come al solito, ed aveva quelle sue ragazzine indemoniate al seguito, che come sempre indispettirono Kai più del fatto che andò direttamente da Saya senza salutare nessuno. Quel gesto fece apparire una smorfia stizzita sulle labbra del nippo-russo ed una divertita su quelle di Yuri, che da tempo aveva capito il turbamento del suo compagno.
Ma il presidente in fondo era pur sempre un gentil uomo e li salutò quando raggiunsero la loro amica.
«Buongiorno», disse loro e lo fece con quel suo tono amichevole che solitamente faceva imbronciare i due russi.
Yuri rispose cordiale al saluto, perché in fondo non aveva alcun tipo di problema con lui, ma dopo le parole di Kai stette più attento ad ogni suo gesto. Quest’ultimo invece si rifiutò categoricamente di rispondere al saluto, se non con una piccola smorfia, mentre Boris rispose con tono piatto, seppur fosse divertito dall’espressione e dal modo di fare di Kai.
Saya inoltre si era accorta della tensione che era scesa tra loro e sapendo che quel ragazzo stava un po’ indigesto a tutti decise di non trattenersi a lungo fuori, sapendo anche di essere osservata in ogni suo gesto dalle spasimanti di Fujima, che Hiwatari stava cercando di far desistere con qualche occhiataccia.
«Credo sia meglio entrare», decretò infine la nipote del presidente Ditenji, scoccando un’occhiata risentita al suo amico d’infanzia, che rispose al suo sguardo con una smorfia schifata. Ovviamente il suo problema era il ragazzo che le stava costantemente tra i piedi, ma lei non potendolo sapere gli voltò le spalle imbronciata, decisa ad ignorarlo, anche se quel suo strano comportamento l’aveva un po’ preoccupata. Era vero che Kai schifava il resto del mondo, ma secondo lei non era carino reagire in quel modo.
«C’è qualche problema Hiwatari?»
Fujima pronunciò quelle parole in seguito alle occhiate intimidatorie che gli stava lanciando il nippo-russo e lo fece con un tono di voce così tranquillo e diplomatico che ammutolì tutti i presenti, che si votarono a vedere come avrebbe reagito il loro compagno. Non erano state parole di scherno, bensì la cadenza della sua voce trasportò tutta la voglia di quel ragazzo di sapere cosa avesse fatto per indispettirlo così tanto.
Kai però rimase in silenzio per alcuni secondi e lo osservò con la sua solita freddezza ed impassibilità, la stessa che riserbava in campo ai suoi avversari. Voleva vedere se, messo sotto pressione, quel ragazzo fosse uscito allo scoperto. Voleva trovare un qualcosa che lo tradisse, ma per quanto a lungo lo osservò non riuscì a scorgere nulla.
Si osservarono per un lungo istante e, seppur sul volto del presidente ci fosse ancora un piccolo sorriso di circostanza, capirono subito che si stava sforzando parecchio per restare calmo. In fondo il modo di fare di Kai avrebbe indispettito chiunque ed ultimamente indispettiva anche la stessa Saya, perché non riusciva a comprendere quale fosse il suo problema. Ma in fondo non lo biasimò, perché per quello che stava passando per colpa di Hiruta era rimasto anche fin troppo calmo per i suoi gusti. Ma non sapeva come si sarebbe comportato di conseguenza il suo nuovo amico, e fu per quello che spostò lo sguardo in direzione di Yuri e Boris, cercando la loro solidarietà, ma loro erano rimasti in disparte, pronti ad intervenire se ad uno dei due fosse venuta la malsana idea di infierire sull’altro.
«Nessun problema», Kai rispose così alla domanda di Fujima e lo fece dopo altri interminabili secondi di silenzio, in cui la tensione si era fatta alle stelle, e quella risposta tranquilla fece tirare un sospiro di sollievo ai suoi compagni. Tuttavia non aveva spostato i suoi occhi ametista da quelli verdi del suo rivale nemmeno per un istante, ed il presidente di rimando lo osservò in un misto tra il soddisfatto ed il perplesso. Fu solo un attimo però, perché Fujima riprese subito il suo solito sorriso. Ma Kai prese quella soddisfazione come una sfida e per colpa dei pensieri che da quella mattina affollavano la sua mente, si convinse del fatto che quel ragazzo non fosse poi così sincero. Ma quando fu stufo di sentirsi quello sguardo penetrante addosso decise di mettere fine a quella strana conversazione silenziosa e, stizzito come suo solito e con le mani affondate nelle tasche dei pantaloni, in un atteggiamento puramente menefreghista, abbandonò il gruppo lasciando perplessi e scioccati i diretti interessati.
Fujima invece rimase accigliato ad osservare le spalle di Hiwatari e solo quando si accorse che nessuno lo stava osservando si aprì in un sorrisetto puramente sardonico.
Anche Saya guardò Kai allontanarsi, ma diversamente dal suo amico lo fece con espressione risentita.
«Anche oggi di pessimo umore?», si decise a stemperare di nuovo la tensione il presidente d’istituto, scoppiando in una risatina composta che fece sospirare Saya e che richiamò l’attenzione degli altri due.
«Non so cosa gli sia preso…», rispose piccata lei, voltandosi in direzione dei suoi compagni, che in loro difesa fecero spallucce con fare menefreghista. Non avevano intenzione di parlare con lei delle cose che Kai aveva detto loro quella mattina, perché in fondo era un problema suo. Se avesse voluto, erano sicuri che ci avrebbe pensato da solo a metterla in guardia. Sperarono almeno che, se lei fosse andata a chiarire la questione, lui non l’avrebbe trattata come suo solito.
«Forse è meglio entrare…», prese parola Boris, cercando di salvare la situazione. Lanciò verso Fujima uno sguardo eloquente, che gli fece comunque intendere che se avesse provato a fare qualsiasi cavolata se la sarebbe vista con lui, e dopo aver fatto un cenno a Yuri si allontanarono senza dire altro.
A Saya parve strano anche il loro di comportamento, perché Boris non era mai stato così serio, soprattutto nei confronti del presidente d’istituto. Aveva sempre ammesso che gli stesse indigesto, ma le frecciatine che gli aveva spesso riservato avevano sempre avuto un non so che di amichevole e divertente, mentre in quel momento il suo sguardo le era sembrato solamente minaccioso. Tuttavia quella situazione sembrava non aver minimamente intaccato il buon umore del ragazzo accanto a lei.
«Credo che prima o poi uno dei tre mi farà lo scalpo…», ridacchiò infatti, probabilmente per cercare di non farla preoccupare e farle tornare il suo bel sorriso.
«Mi dispiace, davvero, non so cosa sia preso a tutti…», provò a scusarsi Saya, senza però spostare il suo sguardo dal punto in cui era sparito Kai.
«Io invece mi scuso per come mi sono comportato ieri», riprese poi lui, costringendola a voltarsi nella sua direzione con un sopracciglio alzato. In un primo momento non era riuscita a capire a cosa si riferisse, perché lo strano comportamento di Hiwatari le aveva abbuiato per un momento il cervello.
«Non avrei dovuto baciarti di fronte a tutti. Tu stessa mi avevi detto di andarci piano, ma io mi trovo così bene con te. Insomma, mi fai questo effetto…e probabilmente i tuoi amici ce l’hanno con me per questo», riprese parola con un sorriso impacciato e solo allora alla ragazza tornò in mente l’accaduto, fatto che la fece arrossire di nuovo. Tuttavia non si sentiva del tutto pentita di ciò che era successo e forse era un primo passo per riuscire a togliersi Kai Hiwatari dalla mente, nonostante la preoccupasse il suo comportamento. Era sicura che Kai avesse un problema, e che non fosse assolutamente quel bacio, ed era intenzionata a scoprirlo.
«Non devi scusarti, davvero», alzò le mani in difesa lei, aprendosi finalmente in un sorriso. Non voleva che anche Fujima si preoccupasse, né voleva perderlo. In fondo con lui stava bene. Poteva parlarci di tutto ed era un appassionato di Beyblade. Forse sarebbe stato colui che avrebbe guarito il suo cuore…
 
 
 
Quando suonò la campanella della ricreazione, Kai non aspettò nessuno dei suoi compagni e si diresse a passo svelto verso il corridoio, sotto lo sguardo preoccupato di Saya e quello perplesso di Yuri e Boris. Ma la ragazza iniziava ad essere stufa di quel suo comportamento ed, intenzionata a scoprire cosa turbasse tanto il suo amico, decise di seguirlo fuori.
Percorse a ritroso i corridoi e le scale, dove una marea di studenti bloccavano il passaggio.
Riuscì a scorgere la sua chioma argentea solo quando lui fu di fronte alla porta d’entrata dell’edificio e fu allora che cercò di richiamare la sua attenzione.
«Kai!», alzò la voce per farsi sentire, ma il chiamato in causa fece bellamente finta di non averla sentita. Al che lei, stizzita, riprese la sua corsa fino a pararsi di fronte a lui con le mani sui fianchi, impedendogli di continuare a camminare. Lo fulminò anche con lo sguardo, così da fargli intendere tutto il suo disappunto. Ma lui le restituì l’occhiata con il suo solito modo di fare seccato che tanto la mandava in bestia.
«Si può sapere che ti prende?», riprese parola quando notò che dalle labbra serrate del suo compagno non avrebbe sentito una sola sillaba.
In ogni caso sperò che almeno rispondesse alla domanda.
Lui però la penetrò di nuovo con un’occhiata intensa, quasi ammonitrice, che le mozzò il respiro e le fece andare un po' di saliva di traverso, ma non volle demordere e continuò a rimanere con fermezza nella sua posizione. Almeno fino a quando non fu Kai a fare il primo passo.
La prese poco carinamente per un polso, facendola quasi cadere dallo scalino dell’entrata, ed iniziò a trascinarla sotto il più totale disappunto di lei, che gli imprecò contro di lasciarla andare e di smetterla di tirarla così incessantemente.
Obbedì solamente quando arrivarono in una zona appartata del cortile, lontano da orecchie indiscrete, e solo allora Saya capì il perché di quel gesto. A Kai non era mai piaciuto parlare quando qualcuno avrebbe potuto ascoltare i suoi discorsi, ma comunque non era propensa a scusarlo, non prima di aver ascoltato le sue ragioni, quindi portò le mani conserte al petto e lo penetrò di nuovo con un’occhiata decisamente contrariata.
Lui sospirò, perché oramai da tempo aveva capito che era inutile cercare di nascondere qualcosa a Saya ed era comunque una causa persa in partenza, perché fino a che lui non le avesse dato una spiegazione più che soddisfacente lei non lo avrebbe lasciato andare.
Però quella sua testardaggine era una cosa che a lui era sempre piaciuta. In fondo era stato proprio grazie a quella se poteva ancora bearsi della sua amicizia e non avrebbe permesso a nessuno, benché meno ad uno come Fujima, di intaccarla.
«Allora?», lo rimbeccò lei in seguito al suo silenzio, e solo allora lui decise di prendere parola.
«Senti, sarò diretto», assottigliò lo sguardo Kai, tastando il terreno, «credo che dovresti smettere di vedere quel tizio», continuò spiccio, alludendo a Fujima, e fu solo dopo aver sentito il suo nome che Saya si aprì in un’espressione puramente perplessa, nonostante la leggera stizza che le avevano messo quelle parole così dirette e fredde.
«Qual è il tuo problema con Fujima, Kai?», gli chiese però lei, risentita, guardandolo di sbieco con una smorfia leggermente adirata. Non si sarebbe mai aspettata di sentire parole così cariche d’odio, perché nonostante l’impassibilità del suo volto, il tono di voce di Kai le era sembrato particolarmente odioso e non ne comprese a pieno il motivo.
«Penso che quel ragazzo non sia sincero…», continuò lui, assottigliando lo sguardo ed ammutolendo la ragazza per qualche secondo.
«Come fai a dirlo con così tanta fermezza? Cos’è che ti rode tanto del mio rapporto con Fujima?», gli domandò lei, piccata, cercando in tutti i modi di smuovere la sua coltre apparentemente insensibile.
«Non mi rode proprio nulla, anzi, sono felice per te», fece spallucce con nonchalance e quel gesto fece imbronciare Saya, al punto che serrò la mascella al suono di quelle parole.
«Sono stato minacciato dal capo degli Shall Killer», ammise però Kai, con una tranquillità che fece sgranare gli occhi della nipote del presidente della BBA. Sicuramente non era una notizia che si sarebbe aspettata di sentire con così tanta nonchalance.
«Cosa?», gli chiese con un tono di voce più stridulo del solito, chiaro segno che quell’ammissione l’avesse notevolmente scioccata.
«Sono andato nel loro covo per convincerli a smettere di tormentarmi. Volevo sfidare Hiruta, credendolo il nuovo capo, invece mi sono trovato davanti un perfetto sconosciuto, che ha messo in difficoltà Dranzer ed ha minacciato me. Mi ha detto di stare attento ai miei amici…», ammise e per non farla preoccupare cambiò anche le parole della frase sprezzante che gli aveva rivolto Killer Blade. Aveva già notato come Saya avesse cambiato espressione, quindi non aveva bisogno di infierire.
Seguirono alcuni attimi di silenzio, in cui la ragazza osservò in tralice Kai, sempre con fare imbronciato e con le braccia conserte. Quelle parole l’avevano un po’ turbata, tuttavia c’era ancora una cosa che avrebbe voluto sapere.
«E tu stai dubitando di Fujima?!», scoppiò a ridere, divertita, ma lui le riserbò un’occhiata di ghiaccio che la costrinse a zittirsi.
«Sono serio. Al di là di questo penso che tu debba frequentare qualcuno di più raccomandabile…», le disse, ma quella constatazione la stizzì ancora di più.
«Più del presidente d’istituto?», commentò sarcasticamente, fatto che fece serrare la mascella a Kai, che tutto si sarebbe aspettato tranne che lei si mettesse dalla parte del sempai.
«Lui non c’entra nulla con Hiruta e con gli Shall Killers, nemmeno si conoscono!», continuò esasperata, ma quel suo tono indispettì il suo amico ancora di più.
«Come fai a dirlo, lo conosci da meno di un mese», le rispose lui, con il suo solito tono di voce sprezzante che iniziò seriamente ad alterarla.
«Come fai tu a dirlo, basandosi su delle supposizioni!», lo fronteggiò risoluta, alzando volutamente il tono della voce, ma Kai dovette fare appello a tutto il suo auto controllo per non sbottare. Era quasi al limite ed il suo odio per Fujima era sempre più palpabile. Magari era come diceva Saya, e lui non c’entrava nulla con la sua vecchia Gang, ma rimaneva il fatto che la presenza di Fujima stava scombussolando il suo rapporto con Saya ed era soprattutto quello a non andargli giù. Era quello il principale problema, che però non riusciva ancora ad ammettere a sé stesso.
«Io ti ho detto solo quello che è successo!», le urlò quasi contro, usando lo stesso tono indispettito che aveva usato lei.
«Insomma, si può sapere perché fai così?! Cos’è che ti infastidisce così tanto di quel povero ragazzo? Non possiamo andare tutti d’accordo?», continuò lei tra i denti, ma Kai si impose di non rispondere. La guardò con uno sguardo risentito, che finì per indispettirla definitivamente.
«Io non riesco a capirti!», sbottò infine, alzando le braccia in segno di resa, prima di voltargli le spalle e correre stizzita in direzione dell’edificio scolastico.
Kai invece rimase ad osservare le spalle della ragazza sparire dal suo campo visivo e lo fece con espressione estremamente risentita.
Era la seconda volta che la vedeva allontanarsi furente di rabbia, e di nuovo era stata colpa sua.
Fine capitolo 6
 
 
 
 
°°°°°°°°°°°°°°°°
 
Colei che scrive:
Ma salve e ben trovati anche alla fine di questo capitolo <3 Chiamiamolo capitolo di transizione, in cui non succede nulla di così eclatante, però abbiamo avuto uno scontro verbale tra Kai e Saya. Dove arriveranno questi due con questa testardaggine ed orgoglio U.U Credo che al di là di questo non ci sia molto da dire xD
Dico però che ho deciso di mettere gli aggiornamenti ogni cinque giorni, così riesco ad avere un’organizzazione XD e per me il 5 è il numero perfetto U.U solo perché ogni 3 giorni è troppo poco xD presto provvederò anche a mettere il capitolo dedicato a Saya e Hitoshi nella raccolta di One-Shot <3 si vede che questa storia mi ha presa <3
Passo quindi a ringraziare i recensori, davvero grazie *-*, chi ha messo la storia tra le preferite/ricordate/seguite e tutti i lettori silenziosi giunti fin qua <3
Al prossimo aggiornamento, che si terrà i 30 Ottobre :3 in orario da definire XD
A presto!!

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 - Losing my mind ***


Capitolo 7 – Losing my mind


 
 
There's something about the way you move
C'è qualcosa nel modo in cui ti muovi
You got me losing my mind
Mi stai facendo perdere la testa”

Daughtry - Losing My Mind
 
 


 
Dopo lo scontro avvenuto nel giardino della scuola nessuno era più tornato sull’argomento Fujima, e Saya non aveva più rivolto la parola a Kai, determinata a tenere alte le sue convinzioni. Era assolutamente sicura che il sempai non fosse cattivo e che fosse davvero interessato a lei, altrimenti non si sarebbe dato tanta pena per cercarla, differentemente da quello che faceva il suo vecchio amico. Quel pensiero le lasciò dentro un’amarezza che difficilmente sarebbe andata via, perché tutte le attenzioni che le riservava il presidente d’istituto lei avrebbe voluto averle dal suo amico d’infanzia. Inoltre il suo strano discorso nel loro diverbio non le era ancora andato giù, come il fatto che le avesse intimato di lasciar perdere quel ragazzo. La convinzione che lui lo avesse fatto solo perché credeva fosse intrallazzato con gli Shall Killers, e non perché pensava davvero che non andasse bene per lei, la indispettì parecchio. Di nuovo, secondo lei, Hiwatari si stava comportando fin troppo egoisticamente e quello non le andava a genio.
Il fatto che non lo avesse più degnato della sua considerazione ne era stata la prova ed il comportamento di lei aveva altrettanto indispettito Kai, che per colpa del suo orgoglio si era imposto di non dargliela vinta.
E la mattina dopo la situazione non era affatto cambiata.
Yuri e Boris, dopo essersi seduti nei loro banchi, avevano tenuto d’occhio quella situazione tesa per le prime due ore di lezioni, sospirando spazientiti per la testardaggine di quei due. A volte, secondo Yuri, erano fin troppo cocciuti. Inoltre Ivanov era stato costretto a riprendere Kai, in seguito allo scontro avuto con Saya, perché l’aveva vista tornare in aula decisamente inviperita. Quella rabbia riusciva a vederla solamente quando ad indispettirla era Kai, e non ci aveva messo molto a fare uno più uno. Fu quindi costretto a prendere di petto Hiwatari e ricordargli cosa lui stesso gli avesse intimato di fare quella mattina, e cioè di intraprendere con lei una conversazione civile, ma ovviamente era stato bellamente ignorato. Si chiese inoltre perché continuasse ad ammonire Kai se lui invece continuava a fare orecchie da mercante.
Per fortuna però nessuno dei ragazzi tornò sulla questione e Boris desistette anche dal punzecchiare il loro silenzioso compagno, un po’ per non alterare il suo l’umore già nero, un po’ per tranquillizzare Saya e farla tornare per lo meno di buon umore.
In più quello stesso giorno avrebbero dovuto prendere una decisione pressoché importante.
«Dobbiamo fare cosa?!», chiese con fare perplesso Boris, rigirando tra le mani il foglio che quella mattina era stato consegnato a tutti gli studenti.
«Decidere a quale club iscriversi…», gli ripeté spazientito Yuri, che non amava ripetere la stessa cosa due volte. Aveva già spiegato loro a cosa servisse la missiva che tutti e quattro avevano davanti al naso, eppure Boris continuava a fare il finto tonto e Kai a farsi gli affari propri. Solo Saya si era voltata, con le spalle appoggiate alla finestra. In quella posizione riusciva a tenere d’occhio sia il suo scorbutico compagno di banco, sia gli altri due russi seduti dietro.
«Ma io non ho nessuna intenzione di fare queste cose noiose!», sbruffò risentito Kuznetsov, portando le mani dietro la nuca ed addossandosi maggiormente allo schienale della seggiola.
«Dovremmo pur fare qualcosa, non si può continuare a poltrire. Il mondiale è finito e noi non ci siamo più allenati», sentenziò perentorio il rosso, incrociando le braccia al petto e lanciando uno sguardo di ghiaccio al suo compagno, che ovviamente snobbò.
«Non mi sembra che il Beyblade rientri nei club», gli rispose prontamente quest’ultimo, scorrendo platealmente il dito sulla lista delle attività. «No, vedi, non c’è!», recitò infine, riportando le mani dietro la nuca con fare annoiato.
«Io ci ho pensato…», prese però parola Saya, salvando Boris dalle grinfie di Yuri e attirando di nuovo l’attenzione dei presenti su di sé. Anche quella di Kai, che iniziò ad osservarla col pelo dell’occhio senza farsi beccare. Continuò a parlare solamente quando fu sicura di essere ascoltata. «Ho deciso di tornare a praticare ginnastica ritmica. Ho visto che è presente tra i club a cui iscriversi e mi sembra l’occasione migliore per ricominciare. Ballare mi ha sempre svuotato la mente, esattamente come quando lancio Star Pegaso in un incontro di Beyblade», concluse ridacchiando, mentre Yuri e Boris si aprirono in un’espressione così meravigliata che la portò ad accigliarsi.
«Perché mi guardate così?», chiese loro infatti, nonostante sul volto avesse ancora un piccolo sorriso. Ci fu però un dettaglio che catturò la sua attenzione e quando spostò lo sguardo di fronte a sé incrociò due occhi ametista che la guardavano curiosi. Era dal giorno prima che Kai non le rivolgeva la sua attenzione e quello la convinse ad imbronciarsi come un bambino a cui era stata negata una caramella. Però la sua espressione non era adirata, anzi, risultò talmente buffa che i russi dietro di loro dovettero fare appello a tutto il loro autocontrollo per non scoppiare a ridere. Inoltre dovevano stare molto attenti a ciò che avrebbe detto Kai, perché erano sicuri che a Saya non fosse ancora del tutto passata la rabbia nei suoi confronti.
«Perché anche tu mi guardi così?», gli chiese, con una smorfia contrariata, ma per fortuna lo fece senza usare un tono di voce troppo risentito. Almeno quello fece ben sperare.
«Non sapevo avessi praticato ginnastica ritmica», le disse accigliato, ma anche lui risultò talmente buffo da divertire i due Neo-Borg.
«Ci sono molte cose che non sai…», gli rispose prontamente lei, piccata, e quella constatazione lo costrinse ad imbronciarsi con la mascella serrata, cosa che fece sospirare sconfitti per l’ennesima volta i ragazzi che stavano assistendo a quel continuo battibeccarsi.
«Mi sono iscritta alle elementari, dopo che te ne sei andato», riprese però lei, rivolta al suo amico d’infanzia, ammorbidendo il tono di voce in modo da riavere la sua attenzione. «Volevo impegnare le giornate in qualcosa, perché se lanciavo Star Pegaso sentivo la tua mancanza», ammise, senza malizia e senza una particolare intonazione della voce, dicendo quella frase come se fosse stata la cosa più normale del mondo. Non le era mai capitato di parlare con lui del loro passato, se non quella volta ai tempi del primo campionato, nella camera d’albergo dopo la sfida sul lago Bajkal, ma proprio il campionato non aveva dato loro modo di parlare di altre cose che non fossero il Beyblade. Dopo il mondiale Kai era sparito di nuovo, e quindi anche la più piccola speranza di chiacchierare con lui di cose passate era crollata drasticamente. Avrebbe davvero tanto voluto parlare con lui come allora, o rendergli note alcune cose basilari come quella, ma si rendeva conto anche lei che oramai il loro rapporto non era più come un tempo. Non c’era più l’audacia di comportarsi con lui come quando erano bambini. Kai stesso era cambiato, complici anche determinati eventi passati. In fondo erano cresciuti ed erano entrambi adolescenti, una delle parti più complicate della vita. «Come ho detto, ballare mi svuotava la mente», concluse, senza staccare il contatto visivo col ragazzo, che si lasciò andare in un piccolo sospiro rassegnato.
«Non lo sapevo», decretò infine lui, distogliendo definitivamente l’attenzione da lei e portandola malinconicamente in un punto indefinito della stanza.
«Toglimi una curiosità…», prese però parola Boris, dopo alcuni secondi di silenzio, stemperando la tensione che si era venuta a creare e parlando con un sorrisetto fin troppo soddisfatto. «Ginnastica ritmica non è quello sport in cui le ragazze ballano con quelle tutine microscopiche e tutte colorate?», le puntò un dito contro, mentre Yuri alzò rassegnato gli occhi al cielo. E per fortuna che nessuno si accorse del sonoro sbruffo di Kai, decisamente indispettito dai modi di fare del suo compagno.
«Si chiamano body», gli rese noto lei, ridacchiando sommessamente, perché sapeva dove volesse andare a parare. «Se ti piacciono così tanto puoi sempre iscriverti al Club», continuò divertita, facendo ridacchiare il rosso e sorridere sotto i baffi il suo compagno di banco, che nonostante continuasse a mostrarsi disinteressato in realtà stava ascoltando i loro discorsi. Qualunque cosa ai danni di Boris lo avrebbe divertito.
«No, sono sicuro che a me non stiano così bene…», resse il gioco il russo, facendo ridere di rimando anche lei. «Ma verrò a constatare di persona quanto stiano bene a voi…», finì con fare malizioso, cosa che convinse Yuri a ragguagliarlo.
«Motivo in più per iscriversi ad un club, così che tu non corra il rischio di importunare le ragazze!», lo ammonì infatti il suo capitano, riservandogli un’occhiata glaciale, che però non andò minimamente a segno.
«Non ho nessuna intenzione di iscrivermi ad un club, soprattutto se so che posso guardare le ragazze che ne fanno parte!», ridacchiò infatti, di nuovo maliziosamente, ma Yuri scoccò un’occhiata a Saya, per intimarle di non continuare a dargli corda. Al che lei capì l’antifona ed andò in aiuto del povero ragazzo snobbato.
«Io direi che dovresti», disse la nipote del presidente Ditenji, riportando la sua attenzione su Kuznetsov, che spostò leggermente di traverso la testa. «Facciamo un patto. Io mi iscriverò al club solo se lo farai anche tu, così voi verrete a vedere me ed io verrò a vedere voi. Ci stai?», fece spallucce, aprendosi nel suo sorriso migliore e scoccando al capitano dei Neo-Borg un’occhiata eloquente, che lo fece sorridere più che soddisfatto, perché sapeva per certo che Boris non avrebbe mai rifiutato quella proposta. In fondo se fosse andato a vedere gli allenamenti delle ballerine senza un buon motivo, che in quel caso poteva essere Saya, sarebbe passato solamente come un maniaco.
«Affare fatto dolcezza!», accettò quindi lui, allungandole una mano in segno di pace, che lei prese e strinse nella sua per suggellare quella strana promessa.
«Bene, hai anche qualche idea su quale club scegliere?», le chiese poi, ma lei si strinse nelle spalle, liquidando la questione. Non avrebbe mai preso quell’importante decisione al posto loro e Yuri lo capì. Fu per quello che prese parola.
«Ci iscriveremo al club di Basket!», decretò perentorio, facendo voltare il suo compagno con espressione scioccata.
«No, un momento, perché proprio al club di Basket?», gli chiese infatti, deciso a tenere alte le sue idee.
«Se hai qualche altra idea esponila», gli rispose spazientito il rosso, che iniziava decisamente a perdere la pazienza. Avrebbe voluto solamente consegnare quel maledetto foglio e non pensarci più.
«Pensavo più al club di Judo», fece spallucce con fare vispo Boris ed il suo compagno capì immediatamente dove volesse andare a parare, ma la sua prima preoccupazione fu la reazione di Saya. La vide rabbuiarsi per un attimo e quando spostò lo sguardo vide le spalle di Kai tendersi sotto quelle parole. Cercò anche di far desistere il compagno di banco dall’andare avanti, riservandogli un’occhiataccia, ma lui non lo stava minimamente calcolando. «Mi piacerebbe prendere a schiaffi il suo capitano…», finì, ma dall’espressione incupita della ragazza e quella infuriata di Yuri, che tutto avrebbe voluto tranne che i ragazzi tornassero a litigare per colpa di Fujima, capì di aver detto una cavolata.
«Sì, forse hai ragione, meglio il club di Basket!», corse ai ripari e poté vedere i loro amici rilassarsi.
«Bene, quindi è deciso, noi tre andremo al club di Basket!», sentenziò Yuri, con un tono di voce che non avrebbe ammesso repliche, ma qualcuno non era dello stesso avviso.
Kai si voltò in seguito a quell’ordine e lo fece con espressione decisamente contrariata.
«Non ci penso nemmeno!», disse infatti la sua, con un tono di voce particolarmente seccato.
«Tu vieni con noi e zitto Hiwatari», lo minacciò Yuri, ma ovviamente non sortì l’effetto sperato. Nonostante Kai si fosse imbronciato sotto quelle parole, ci tenne a controbattere.
«Io non ho nessuna intenzione di praticare Basket. Non l’ho mai praticato, perché devo iniziare proprio ora?», chiese, con una smorfia che lo rese fin troppo buffo agli occhi di Saya, che per un momento dimenticò tutte le loro divergenze. Per fortuna il suo compagno non la vide, perché i suoi occhi ametista erano catturati da quelli di ghiaccio del ragazzo seduto dietro di lui.
«Nemmeno noi», lo mise al corrente, «ma c’è sempre una prima volta. In fondo siamo pur sempre matricole ed abbiamo tutto il tempo per imparare. E poi non mi sembri così sprovveduto, sei agile e dotato di una discreta forza fisica, non ti sarà difficile», fece spallucce Yuri, assottigliando lo sguardo e beandosi di quello risentito del suo ex compagno di squadra.
«Ti odio quando fai così!», si voltò infine Hiwatari, dando loro definitivamente le spalle e tornando a braccia conserte ad osservare la parete della classe. Ma almeno non aveva continuato ad opporsi e quando Yuri prelevò i fogli dei ragazzi per andarli a consegnare lui stesso, conscio del fatto che altrimenti i suoi compagni col cavolo lo avrebbero fatto, vide come Kai avesse dato il suo consenso spuntando la dicitura del club e mettendo la sua firma.
In fondo sapeva quanto fosse orgoglioso quel ragazzo e quindi sapeva per certo che non si sarebbe tirato indietro sotto quelle provocazioni. Come nel Beyblade, non avrebbe perso occasione per cercare di essere il più forte.
Si prospettava un inizio col botto, non c’era che dire.
Ed i club aprirono le loro attività ai nuovi iscritti tre giorni dopo.
 
 
 
Quando arrivò il fatidico giorno però, nessuno dei quattro sembrava particolarmente emozionato di iniziare. Erano usciti a consumare il loro pranzo all’ombra di un albero, in un punto poco trafficato del cortile, ed avevano intrapreso lo spinato discorso riguardante i club. Quella mattina erano state consegnate tutte le divise, i vari fogli di regolamento, le borse e tutto l’occorrente per iniziare. Mancava solamente la voglia di farlo.
Saya in primis era nervosa, perché preoccupata di chi avrebbe trovato una volta messo piede in palestra. In quei primi giorni di scuola non si era mai separata dai suoi compagni e la loro vicinanza l’aveva un po’ “salvata” dalle malelingue che giravano sul suo conto. Essere stata avvicinata da Hisashi Fujima aveva creato delle discrete antipatie nei suoi confronti e non aveva voglia di trovarsi di fronte alcune delle persone che le avevano divulgate, perché sicuramente qualcuna della fazione pro-Fujima ci sarebbe stata sicuramente nel club. Comunque oramai si era iscritta ed era altrettanto risoluta a prendersi le sue responsabilità. Se poi l’avessero indispettita si sarebbe comportata di conseguenza.
Così, quando suonò la campanella, tutti gli studenti si salutarono per dirigersi ai loro corsi.
Anche i nostri beniamini si separarono da Saya e la osservarono entrare nell’edificio con aria preoccupata.
Quando entrò per la prima volta nella palestra però, tutti gli occhi delle presenti si votarono verso di lei. In un primo momento sentì anche la voglia di scappare a gambe levate, ma strinse con fermezza la tracolla della sua borsa e mandò giù un groppo amaro di saliva per farsi coraggio. Riprese il suo tipico sorriso spensierato e si diresse da quella che sembrava essere la presidentessa del club.
«Saya Ditenji», si presentò quando quella le chiese la sua identità ed in quel momento ebbe di nuovo tutta l’attenzione su di sé. Provò anche ad osservare le sue compagne, immaginando i loro sguardi rancorosi, ma, differentemente da quello che si sarebbe aspettata di vedere, le loro espressioni erano solamente meravigliate. Alcune stavano parlottando tra loro, ma nessuna sembrava farlo con rancore e per la prima volta da quando era entrata poté tirare un sospiro di sollievo.
«Sei abbastanza famosa…», le sorrise cordiale la presidentessa, leggermente divertita.
«A quanto pare…», le rispose Saya, stringendosi nelle spalle con un sospiro rassegnato, ed in quel momento tutte le venti studentesse che c’erano in quella stanza si accerchiarono a lei, iniziando a parlare l’una sull’altra.
«Ma è vero che stai con Fujima?», le chiese una ragazza dai corti capelli castani, aprendosi in un’espressione pressoché speranzosa.
«È vero che vi siete baciati?», continuò un’altra.
«Che vogliono da te quelle pazze delle sue spasimanti?»
«Ma è vero che è così bello come dicono?»
«Cosa ci trovi nel presidente? Non è più carino il tuo compagno di classe, quello sempre imbronciato?»
«Ce lo fai conoscere?»
«È vero che siete amici con quei ragazzi?»
Oramai Saya era rimasta talmente scioccata da tutte quelle domande curiose ed insistenti, che si era stretta nelle spalle ed aveva iniziato a lanciare degli sguardi supplichevoli alla presidentessa, che mise a tacere tutte le loro compagne con una sonora risata.
«Dai ragazze, non mettiamole pressione! Questa poverina sarà già provata da tutte le cattiverie che stanno circolando su di lei, non infierite!», le ammonì, scoccando poi un occhiolino complice alla diretta interessata, che riuscì finalmente a tirare un altro sospiro di sollievo.
«Piacere di conoscervi», disse loro infine, prima che la dirigente le ragguagliasse e le mise in riga per iniziare la lezione.
Fu quando si misero tutte in fila che notò accanto a lei la presenza di una ragazza molto carina, dai capelli castani e gli occhi verdi, che la stava guardando con un sorriso gioviale stampato sul volto.
«Dicevo sul serio prima», le disse quella sottovoce, parlando quasi vicino l’orecchio di Saya, che si mise sull’attenti per riuscire a captare le sue parole, dette sottovoce mentre la presidentessa stava tenendo il suo discorso.
«È molto carino il tuo amico dai capelli argentati», ridacchiò e quel fatto incupì leggermente Saya, perché per la prima volta sì sentì gelosa di Hiwatari. Ma alla fine le sembrò tutto così assurdo che finì a ridacchiare anche lei. In fondo, se Kai si fosse innamorato di qualcun'altra, lei sarebbe stata felice uguale, perché la felicità del suo amico era la cosa più importante. Ed in ogni caso non poté che essere in sintonia con quella ragazza, perché in fondo avevano gli stessi gusti.
Fu altrettanto contenta di aver trovato delle nuove amicizie, così che avrebbe praticato quello sport con leggerezza e dedizione.
 
 
Nel club di Basket invece, Kai, Yuri e Boris si erano già fatti dei rivali. Avevano incontrato tutti ragazzi pressoché simpatici, ma molto competitivi. Inoltre i tre russi erano riusciti ad apprendere quasi subito le regole del gioco e nella prima partita di allenamento, fatta per testare il livello di gioco degli studenti, erano stati quelli che si erano fatti più notare di tutti.
Il loro difetto maggiore era stato quello di non fare gioco di squadra, e per quello vennero ripresi varie volte, sotto il più totale disappunto di Kai, che non vedeva l’ora di finire quell’assurda buffonata, ma tutto sommato si sentirono abbastanza soddisfatti di quella prima lezione. Insomma, in fondo erano riusciti a far palleggiare quel pesante pallone quasi meglio di chi lo faceva da anni, sotto la meraviglia dei ragazzi più grandi. Anche il capitano della squadra si complimentò con loro, cosa che li fece gonfiare di orgoglio personale, e rese noto a tutti il fatto che quell’anno avrebbero avuto buone probabilità di vincere il campionato nazionale di Basket.
«Ci siamo fatti soffiare il titolo mondiale dai Bladebreakers, non succederà di nuovo!», disse Boris rivolto ai suoi compagni, quando tornarono nello spogliatoio per cambiarsi, mentre Yuri scosse la testa sconsolato sotto quella constatazione, seppure sulle sue labbra troneggiasse un sorrisetto puramente soddisfatto. Solo Kai aveva serrato la mascella, perché probabilmente aver perso contro Takao doveva bruciagli ancora molto e per la prima volta da quando lo conosceva si sentì d’accordo col compagno. Ma ovviamente non glielo disse. Non voleva gonfiare ancora di più l’ego di Kuznetsov, né avrebbe voluto sentire i suoi commenti.
Si vestirono così in fretta e furia e corsero in direzione del club di ginnastica ritmica, dove le ragazze non avevano ancora finito di allenarsi.
In realtà solo Boris correva, perché Kai era solamente annoiato da tutta quella faccenda e Yuri era pressoché impassibile.
Si ritrovarono nelle tribune di quella piccola palestra dopo qualche minuto e presero posto cercando di scorgere la loro amica tra le tante ragazze vestite tutte uguali.
Riuscirono a vederla dopo alcuni secondi e la trovarono intenta a provare alcune delle acrobazie tipiche di quello sport, con una palla rosa al seguito ed il fare leggermente impacciato.
Aveva i capelli raccolti in una crocchia, che le dava un’aria quasi fanciullesca, ed era vestita con un body rosso a manica lunga che le fasciava tutte le curve.
I tre ragazzi si persero ad osservare i suoi movimenti fluidi ed il modo in cui diligentemente lanciava la palla e la riafferrava, con la grazia ed il portamento che solo una ballerina di quel calibro riusciva ad avere.
«Però…», commentò Boris, aprendosi in un sorriso ammirato. Dovette riconoscere il suo talento e quando fu pronto per dirlo anche agli altri, fu distratto dall’espressione assorta di Kai. Si era appoggiato alla ringhiera delle tribune e stava osservando in tralice i movimenti studiati della loro compagna, senza nemmeno essersi accorto che Kuznetsov lo stesse sbeffeggiando. Al che il russo decise di dare una gomitata a Yuri, richiamando la sua attenzione, e con uno sguardo complice gli intimò di guardare Kai.
«Mi sembra di rivedere te», gli disse Boris e sotto quelle parole Ivanov finì per voltarsi nella direzione del compagno con un sopracciglio alzato. «Kai sta guardando Saya con lo stesso sguardo assorto che avevi tu quando guardavi combattere quella spagnola degli F-Sangre», gli lanciò volutamente la frecciatina, sentendosi però lo sguardo omicida del compagno addosso, che lo trapassò con un’occhiata talmente intimidatoria che avrebbe fatto accapponare la pelle a chiunque.
«Sai Boris, a volte mi domando perché tu abbia tanta voglia di morire giovane… e se prima o poi non ti ucciderà Kai, penso che lo farò io con le mie mani», gli rispose risentito il rosso, ma l’amico allontanò la questione con un’alzata di spalle ed una risatina divertita, prima di spostare il suo sguardo attento da un’atleta all’altra. Sperò di poter trovare un giorno una ragazza da osservare nello stesso modo in cui Yuri e Kai avevano guardato assorti le ragazze che avevano fatto breccia nei loro cuori di ghiaccio.
Quando invece Saya finì il suo numero, si accorse di come tutte le sue compagne stessero parlando civettuole tra loro e come tutte stavano lanciando delle occhiate ammirate verso la tribuna. Quel fatto risultò così paradossale ai suoi occhi che in un primo momento la fece accigliare. Fu quando si voltò a vedere cosa avesse catturato così tanto l’attenzione delle ragazze che incontrò due ametiste che la stavano osservando intensamente, così tanto da farle tremare le gambe e battere il cuore più di quanto già non battesse per via dello sforzo dovuto all’allenamento. In quel momento tutto accanto a lei sembrò sparire, come se ci fossero stati solamente loro due, nonostante i vari metri di distanza che li separarono.
«Chiedi loro di venire più spesso, le ragazze sembrano più motivate…»
Il magico momento fu spezzato dalla voce della presidentessa, che le arrivò alle spalle cogliendola di sorpresa. All’inizio Saya non capì cosa avesse detto e così la guardò con espressione allucinata, che fece scoppiare a ridere la diretta interessata.
«Dicevo che saremmo tutte ben felici di rivedere i tuoi amici…», indicò le tribune con un occhiolino e solo allora la nipote del presidente Ditenji capì a cosa si stesse riferendo, ma quando alzò di nuovo il volto in direzione di Kai, lui era già sparito.
Fine capitolo 7
 
 
°°°°°°°°°°°°°
 
Colei che scrive:
Buon salve e ben trovati in questo piccolo capitolo di transizione, che fa un po’ da preludio al prossimo ehehe (curiosi?). Diciamo che dal prossimo qualcosa inizierà a muoversi e dal prossimo succederanno tutti gli eventi a catena dovuti dall’inevitabile.
Molto bene, dopo aver instaurato un po’ di dubbi, vorrei sapere se vi piacciono i Neo-Borg alle prese con il Basket xD Perché ho scelto questo sport? Perché mi sono ispirata ad un altro anime che ho nel cuore, vale a dire Slam Dunk *-* Il nome Hisashi Fujima viene da lì ed è praticamente l’accostamento dei nomi di Hisashi Mitsui (il mio pg preferito *-*) e Kenji Fujima, un altro personaggio ehehe Non so, ho provato ad immaginare tre anime solitarie come loro giocare ad un gioco di squadra xD chissà, magari ci faccio una one shot dedicata ad una giornata di allenamento o ad una partita :P
Bene, a parte questo non credo ci sia altro da dire :P spero me lo diciate voi!
Passo a ringraziare i recensori, *-*, le persone che hanno messo la storia tra le preferite/ricordate/seguite e tutti i lettori silenziosi giunti fin qua <3
Dopo aver passato circa 2 ore della mia nottata in ospedale, i vostri pareri mi farebbero ancora più piacere <3
Al prossimo capitolo (tra 5 giorni eheh)
A prestooo!

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 - It's not over ***


Capitolo 8 – It’s not over


 

 
Well, i’ll try to do it right this time around
Bene, cercherò di farlo bene questa volta
It’s not over!
Non è finita!”

Daughtry - It's not over
 
 
 



Kai osservò le spalle di Hisashi Fujima allontanarsi dalla palestra del club di ginnastica ritmica, luogo in cui si trovava Saya, e lo fece con aria infastidita. Era stata proprio lei che il presidente d’istituto era andato a trovare. Aveva finito con il club di Judo e come suo solito era andato a salutare la sua pseudo amica, fidanzata, o qualunque cosa fosse Saya per lui. Kai non sapeva ancora dare un nome a quello strano rapporto, ed in fondo nemmeno lei. Aveva sempre detto di non volersi impegnare, ma il rapporto con Fujima era andato ad intensificarsi giorno per giorno, complice anche l’atteggiamento risoluto di lui, che non si era dato per vinto ed aveva continuato a cercarla e ad essere presente per lei quasi quanto lo erano i suoi compagni di classe. Quello però indispettiva ancora di più il povero Hiwatari, che era finito per fare una smorfia disgustata quando il ragazzo aveva poggiato le sue labbra su quelle di Saya per salutarla. Non erano stati baci particolarmente lunghi ed intensi. Erano sempre dei baci a stampo, che Boris aveva dichiarato quasi inutili, ma che comunque erano riusciti ad indispettire i due ragazzi.
Kai era rimasto con le spalle appoggiate al muro, vicino all’ingresso della palestra, ad aspettare i comodi dei suoi amici con le braccia conserte e l’aria imbronciata. Riuscì a staccarsi da quella posizione solamente dopo che il presidente d’istituto gli passò davanti e dopo che finalmente si decisero tutti a riprendere la via di casa. Il dover aspettare le altre persone lo indispettiva non poco, anche se non riusciva a capire perché lui, proprio lui che non aveva mai reso conto a nessuno delle sue azioni, si desse tanta premura nell’attenderli quando invece li avrebbe potuti mollare tutti indietro. Ma in fondo Kai era cambiato dai vecchi tempi, dovette riconoscerlo anche lui, ed il merito era anche di quella sconsiderata dagli occhi così simili ai suoi.
Quando finalmente potettero lasciarsi addietro la scuola ed i club, presero la via di casa ed a parlare nel tragitto erano principalmente Saya, Yuri e Boris, mentre Kai rispondeva a monosillabe alle domande che ogni tanto gli porgeva la ragazza, giusto per curiosità e circostanza probabilmente, o perché impensierita dal suo silenzio. In ogni caso Kai non aveva voglia di tornare su vecchi discorsi o accennare di nuovo al discorso di Fujima, conscio che tanto lei non gli avrebbe mai dato ragione. Aveva un’idea ben precisa nella testa ed era risoluto a portarla avanti da solo. Era intenzionato a tornare nel covo degli Shall Killers, in quel momento più che mai, e non aveva bisogno dell’approvazione dei suoi amici. Quindi aspettò di lasciare i russi a casa del presidente Ditenji e salutare frettolosamente Saya di fronte al cancello della sua villetta, anche se lo fecero entrambi con un saluto incredibilmente tirato.
A lei ancora non era andato giù il battibecco avuto nel cortile della scuola, né si era capacitata del perché Kai avesse iniziato a dubitare di Fujima. Lui dal canto suo non aveva altra voglia di accollarsi la rabbia della ragazza, visto che negli anni l’aveva fatta alterare già abbastanza. Se avesse avuto ragione, sarebbe riuscito a sbatterle in faccia la verità e forse allora lei gli avrebbe dato ragione.
Quindi, come fece la prima volta, Hiwatari corse a per di fiato fino a casa, dove si tolse la divisa scolastica ed indossò i suoi soliti abiti di riconoscimento, compresa la sua inseparabile sciarpa. Non dimenticò neanche di disegnare le sue immancabili strisce blu sulle guance e di prendere Dranzer dalla cartella scolastica. Solo dopo aver buttato un’ultima occhiata allo specchio, probabilmente per farsi coraggio, si chiuse la porta della sua camera alle spalle ed uscì dalla villa, intenzionato a raggiungere la periferia della città.
Quando arrivò di fronte alla porta del magazzino a lui fin troppo famigliare, il tramonto aveva già iniziato a tingere l’atmosfera dei suoi colori, ma Kai era incredibilmente sicuro che, nonostante l’ora tarda, lì dentro ci avrebbe sicuramente trovato qualcuno. Però quella volta decise di non passare per l’entrata principale, altrimenti sarebbe stato costretto a scontrarsi con Taro o con gli altri sottoposti, invece lui avrebbe voluto arrivare direttamente alla fonte. Fortuna che sapeva bene come fare. In fondo quel magazzino fatiscente era stata la sua “casa” per molto tempo ed aveva imparato a memoria ogni anfratto o passaggio segreto, e fu proprio uno di questi che Kai scelse per infiltrarsi dal retro.
Circumnavigò tutte le pareti fatte di lamiere, tenendo d’occhio il perimetro per non essere scoperto. Aveva tutti i sensi all’erta, com’era solito avere quando ancora faceva parte di quella banda, ed arrivò sulla facciata che dava sul porto, dove un vecchio cassonetto dell’immondizia nascondeva un buco nella lamiera, spesso abbastanza per permettergli di entrare.
Si intrufolò nei bui ed umidi corridoi di quel luogo e lo fece con aria incredibilmente contrariata. Rimettere piede lì dentro lo rendeva inquieto, ma d'altronde era anche risoluto a portare a termine quello che si era prefissato di fare. Killer Blade aveva minacciato di annientarlo la prossima volta che si sarebbero rincontrati, ma lui non era tipo da aspettare la chiamata di chi che sia. Kai Hiwatari non sarebbe mai stato ai comodi di terzi.
Continuò a percorrere quell’intricata via di lamiera e pedane di legno, stando attendo a dove mettesse i piedi per non rivelare a nessuno la sua presenza e lo fece spostando il suo sguardo ametista all’interno di ogni stanza che superava, intento a raggiungerne una in particolare. Era sicuro che il nuovo capo si trovasse lì dentro, perché era quello che faceva lui quando presidiava quell’ufficio. Passava le sue giornate a dare ordini ai suoi sottoposti, stando seduto scomposto, con i piedi accavallati sulla scrivania disordinata ed a guardare dall’altro in basso chiunque avesse provato a disturbarlo. Sorrise amaramente al ricordo di quelle giornate, chiedendosi come avesse fatto a sopportarle, e mai come in quel momento fu grato ai Bladebreakers ed a Saya per averlo “salvato” da tutto quello, perché in quel momento, da spettatore, si rese veramente conto del “mostro” che era stato. E tutto per Black Dranzer, assurdo!
Arrivò di fronte alla fatidica porta con aria trionfante, riconoscendo quella porta come se fosse stata di fronte ai suoi occhi fino a quel momento. Era inconfondibile, perché il suo nome inciso sul legno, anche se in quel caso prontamente cancellato dalla punta metallica di qualcosa, ancora capeggiava nel centro. Ne sfiorò i caratteri con aria arcigna, capendo quanto l’animo umano fosse incredibilmente corruttibile. Era bastata una sua resa per cancellarlo da quel luogo come se non fosse mai esistito, anche se ancora era presente nella memoria dei suoi componenti…Invece che essergli grati per l’opportunità che lui stesso aveva dato loro, avevano deciso di tormentarlo a più di due anni di distanza. Anche quello lo trovò incredibilmente assurdo, quasi più della sua insulsa ricerca del Beyblade perfetto.
Tuttavia lui era andato avanti. Era cresciuto ed era diventato un Blader professionista. Lo stesso non si poteva dire di quei ragazzi, che erano cambiati solo fisicamente, perché la loro indole non era minimamente cambiata. Erano rimasti gli stessi ragazzi spietati di un tempo.
Si ridestò presto dai ricordi però, perché non era intenzionato a crogiolarcisi più del dovuto. Aveva una missione da compiere ed era un passo da portarla a termine, quindi non aveva la minima intenzione di farsi beccare o compromettere. Afferrò la maniglia ed era quasi pronto ad aprire la porta che lo divideva dal suo vecchio ufficio, ma delle voci al suo interno lo gelarono sul posto. Erano dei piccoli gridolini di piacere, provenienti da voci ansanti, e la mente di Kai non ci mise molto a collegarle a due persone intente a copulare. In un primo momento rimase interdetto e quasi schifato, nonostante varie volte ci si era lasciato andare anche lui, con le ragazzine sulle quali riusciva a fare colpo grazie alla sua cattiveria. Solitamente erano state ragazzine delle band rivali, che lui abbindolava per spregio, anche se poi non arrivava a farci nulla di completo. Si era fatto fare solo qualche piccolo lavoretto, giusto per il gusto di vederle sottomesse, e quei ricordi lo incupirono ancora di più. Negli ultimi tempi non gli era più capitato di pensarci, perché la sua mente era stata presa da altri avvenimenti ed altri pensieri, ma ultimamente il suo cervello gli rimandava molto spesso quelle immagini, solo che ritraevano tutte una ragazza dagli occhi ametista, nonostante facesse di tutto per sopprimerle o negare quanto lui la desiderasse. Kai non era ancora pronto a provare sentimenti benevoli, né ad ammette a sé stesso quanto Saya l’avesse colpito.
Però era curioso di capire chi ci fosse all’interno di quella stanza, o scoprire chi fosse il misterioso Killer Blade. Se ci fosse stata la remota possibilità di incastrarlo, lui ne sarebbe uscito comunque vincitore, anche se in quel momento non poteva certo irrompere all’interno. Per quanto l’idea lo allettasse, giusto per rompergli le uova nel paniere, non aveva voglia di passare per un guardone o essere costretto a vedere quello che non avrebbe mai voluto osservare.
Si perse così nei pensieri, a domandarsi cosa avrebbe dovuto fare, se continuare quello che si era prefissato di fare o allontanarsi prima di venire scoperto. Infine digrignò i denti, stringendo la consunta maniglia in una stretta ancora più ferrea ed afflosciando le spalle con aria sofferta, ma qualcun altro stava decidendo per lui. Per quanto all’interno stessero continuando a fare come se lui non fosse esistito, qualcuno nel corridoio si era appena chiuso una porta alle spalle e dal rumore che fece non sembrava essere troppo distante dal punto in cui era lui. Inoltre l’oscurità iniziava a farsi più intensa e la visuale in quel vecchio magazzino iniziava a farsi meno. Non aveva comunque voglia di farsi trovare di fronte a quella porta, quando probabilmente tutti sapevano chi ci fosse stato o cosa stava facendo, né venire beccato in flagrante dentro quel posto. Se doveva battersi contro gli Shall Killers, lo avrebbe fatto a testa alta.
Dette un’ultima occhiata al corridoio ed alla porta serrata di fronte a sé e quando si convinse che nessuno ne sarebbe uscito prima di venire scoperto, decise di iniziare a correre per cercare di nascondersi. Lui conosceva bene quegli intricati labirinti, per cui non gli fu difficile approdare silenziosamente in un punto morto dell’entrata, dove il grande Beyblade Stadio che lui stesso aveva fatto costruire faceva bella mostra di sé e dove i dieci sottoposti di Killer Blade, gli stessi che aveva visto la volta scorsa, erano intenti ad allenarsi.
“Maledizione!”, imprecò tra sé e sé, perché fino a che loro avrebbero presidiato l’uscita, per lui sarebbe stato incredibilmente difficile superare la porta principale. E nemmeno avrebbe rischiato di raggiungere qualche altra uscita, visto che era stato quasi scoperto.
Fece passare altri interminabili minuti, in cui osservò con disgusto i suoi ex sottoposti lanciare prepotentemente i loro Beyblade verso alcuni bersagli attaccati alla parete.
Solo quando non riuscì più a starsene in silenzio ad aspettare che se ne fossero andati decise di prendere di petto la situazione. In altre circostanze non si sarebbe mai palesato così, facendosi beccare in flagrante dentro la struttura come se nulla fosse, né avrebbe rischiato di incappare nelle loro ire, ma in fondo era risoluto a batterli tutti. L’incontro chiuso in parità con il loro capo gli bruciava ancora e si sentiva pervaso da una rabbia che avrebbe facilmente riversato su chiunque gli fosse capitato a tiro.
«Allora…», iniziò, uscendo allo scoperto ed atterrando con un agile balzo sulla pedana rialzata dello stadio, facendo voltare tutti nella sua direzione, con i volti piegati in espressioni decisamente incattivite. «Che ne dite di sfidare me invece che prendersela con quel muro?», indicò con aria malignamente divertita i bersagli su cui gli Shall Killers erano stati intenti ad infierire, quasi ci fosse stato un nemico comune da abbattere.
«Hiwatari!», si fece avanti Taro, che sul volto aveva un’espressione decisamente sprezzante. Non si sarebbe mai aspettato di rivedere Kai a così poca distanza di tempo, né di vederselo arrivare alle spalle senza minimamente essersi accorto della sua presenza.
«Come hai fatto ad entrare?», gli chiese infatti con tono sprezzante, anche se dentro di sé sapeva già la risposta. Ma Kai rise di gusto, divertito dall’inezia dei suoi ex sottoposti.
«Dovresti sapere che questo posto per me non costituisce un problema. Dimentichi che sono stato io a trovarlo? Conosco a memoria ogni anfratto di questo magazzino e quindi non mi è stato difficile entrare», disse con una smorfia schifata, perché ovviamente non si sentiva certo felice per quello che aveva fatto. Erano ricordi che avrebbe volentieri soppresso, insieme a tutti quelli legati alla Borg. Avrebbe volentieri dimenticato tutti gli avvenimenti della sua infanzia, tranne quelli legati a Saya ovviamente.
«Non sentirti grato per questo...», gli rispose di rimando Taro, che assottigliò lo sguardo minaccioso nonostante il sorrisetto di scherno ancora presente sulle sue labbra, che indispettì Kai più di quanto già non fosse.
«Non lo sono», disse quest’ultimo con una smorfia. «Sono qui per sfidare di nuovo il vostro capo e per mettere fine alla nostra disputa. Per cui andate immediatamente a chiamarlo!», lo bacchettò come era solito fare, ma i presenti si aprirono tutti in una sonora risata.
«Come ti ho già detto, Hiwatari, tu non hai più alcun potere qui, né sei nella posizione di fare richieste…», iniziò quello, facendo di nuovo nascere sulle labbra del russo una smorfia di disapprovazione, che intaccò leggermente la sua impassibilità. «E poi Killer Blade è momentaneamente occupato…», ridacchiò malizioso, facendogli intendere che ciò che aveva sentito provenire dall’interno del suo vecchio ufficio fosse realmente quello che pensava, cosa che lo costrinse ad imbronciarsi ancora. «Per cui non ti dispiacerà se nel frattempo saremmo noi i tuoi avversari», concluse Taro, puntandogli contro il Beyblade in segno di sfida. Sfida che ovviamente Kai prese al volo. Non era solito tirarsi indietro e non lo avrebbe fatto in quel momento. Inoltre era sicuro che i loro Beyblade non avrebbero costituito un problema per il suo fidato Dranzer. Quei ragazzi, per quanto forti potevano essere diventati, non erano mai stati una minaccia per lui. In fondo non riusciva ancora a capire come avesse fatto a lasciarsi sorprendere da Killer Blade, ma non era intenzionato a ripetere quell’eventualità.
«Tzè, voi nullità non potreste nulla contro un Beyblade come Dranzer!», ridacchiò risoluto, lasciando però sul volto la sua solita freddezza. Dranzer Metal Storm II, diligentemente costruito da Saya ed il Prof Kappa, dopo che il primo era stato distrutto in seguito alla seconda sfida con Brooklyn, era pronto a dimostrare tutto il suo valore. Non ci era riuscito nell’incontro disputato contro colui che aveva preso il suo posto lì dentro, forse perché era stato preso alla sprovvista e la sua mente pervasa da alcuni pensieri che gli avevano impedito di combattere con leggerezza, ma in quel momento si sentiva invincibile e pronto a dimostrarlo.
«Spaccone! Ti senti così tanto forte?!», gli gridò contro Taro, ma una risata divertita costrinse tutti i presenti a voltarsi nella direzione da cui provenne. Anche Kai si voltò, per cercare di capire da chi provenisse, e dopo aver notato una persona a lui famigliare non poté fare altro che serrare la mascella, lasciando fluire la rabbia che provava per quell’individuo.
«Hiruta!», grugnì a denti stretti, ma in fondo si era palesato giusto in tempo per partecipare a quella sfida. Era pronto per mettere a tacere anche lui. Ancora non era riuscito a mandare giù ciò che era successo a scuola e sapere che quello che aveva fatto doveva essergli stato imposto dal suo superiore alimentò ancora di più la sua rabbia. Ma se doveva aspettare i comodi di Killer Blade, allora si sarebbe scaldato con loro.
«Ancora non ti è bastata la lezione Hiwatari?», lo sbeffeggiò il nuovo arrivato, ma Kai non rispose. Si impose di non continuare a dargliela vinta o cedere alle sue provocazioni, per non finirne di nuovo vittima come a scuola. Lo guardò con sufficienza, come lo aveva sempre guardato, ma ad Hiruta quel suo atteggiamento non era mai andato a genio e Kai lo sapeva, infatti si sentì incredibilmente soddisfatto quando vide spuntare sul volto del suo vecchio sottoposto una smorfia contrariata.
«Allora che ne dici di sfidarci tutti assieme? Se ti senti tanto invincibile prova a batterci!», lo sfidò il nuovo arrivato, ridacchiando malignamente e cacciando fuori dalla tasca dei pantaloni il suo Beyblade, sotto le risa di tutti i suoi compagni, che costrinsero Kai a guardarli uno ad uno con la sua solita aria di sufficienza. In altre circostanze non avrebbe avuto remore ad accettare quella sfida, anche se era sicuro di non avere problemi a battere degli avversari così insignificanti, ma quella perdita di tempo gli avrebbe fatto perdere anche la maggior parte delle energie che invece gli sarebbero servite contro Killer Blade ed il pensiero che quei vili lo stessero facendo apposta non abbandonò per un attimo la sua mente.
«Dico che per me non ci sono problemi, anche se non mi sembra molto leale combattere in undici contro uno…», proferì il russo, con un tono di voce che lasciava trasparire tutto il suo disappunto. Ma qualcuno non era del suo stesso avviso.
«Proprio tu parli di lealtà?!», scoppiò a ridere il moro con la bandana, seguito da Taro e tutto il resto degli Shall Killer, gesto che indispettì il diretto interessato ancora di più. Odiava non essere preso sul serio. «Mi dispiace, ma da te non l’accetto. Inoltre sei tu che ti sei introdotto furtivamente qui ed adesso ne pagherai le conseguenze. In posizione!», finì, preparandosi al lancio con il caricatore puntato verso lo stadio, seguito a ruota da tutti i suoi compagni.
A quel punto Kai non poté che fare come gli era stato intimato, anche se era stata una sua intenzione fin dall’inizio, quindi battersi con loro o col suo capo non faceva più alcuna differenza per lui, purché li avesse messi a tacere. Magari in un secondo momento se la sarebbe vista anche con Killer Blade. In fondo avevano ancora un conto in sospeso, che prima o poi avrebbero dovuto saldare.
«Non mi fate paura!», intimò loro contro, con il tono di voce più sprezzante che riuscì a fare, mentre incoccava il suo fidato Dranzer Metal Storm al caricatore. Il piccolo Beyblade si illuminò appena sotto le luci artificiali delle lampade usurate di quel magazzino, come per infondere al suo possessore un po’ di fiducia in sé stesso, cosa che comunque a Kai non era mai mancata. Ma sapere che la sua fidata Aquila Rossa aveva fiducia in lui lo aveva reso più risoluto. Se lei abbracciava la sua causa allora sarebbe stato davvero imbattibile.
Di essere all’altezza di quella sfida però, Kai lo dimostrò appena Dranzer atterrò sul suolo dell’arena. Sotto una specifica richiesta del suo possessore, il Beyblade blu andò subito all’attacco dei Beyblade più anonimi, disintegrandoli sotto le imprecazioni di tutti gli Shall Killer. Più Beyblade distruggeva più Hiwatari si sentiva soddisfatto, soprattutto dopo aver visto le espressioni adirate dei ragazzi dall’altra parte della pedana di lancio. Non si sarebbe limitato a vincere, non contro di loro. Voleva distruggerli, come loro avrebbero voluto distruggere lui. Lo avevano perseguitato, pedinato, e per colpa di uno di loro era finito anche dal preside. Voleva vendicarsi di tutto quello che era stato costretto a vivere e vedere i pezzi di plastica schizzare in ogni direzione gli avevano infuso una certa soddisfazione. In altre circostanze non si sarebbe comportato così malvagiamente, ma in quel momento stava uscendo di nuovo fuori il vecchio Kai, lo spietato Blader che aveva militato tra le fila della Borg, quello che aveva sempre prontamente soppresso, ed era stata colpa loro. Però, quando alzò gli occhi ametista sui diretti interessati, quelli stavano sorridendo di nuovo beffardamente, cosa che lo costrinse ad accigliarsi. La disperazione che aveva scorto sui loro volti sembrava cosa oramai superata e si chiese come mai non fossero disperati o arrabbiati.
Inoltre la cerchia si strinse ed in campo rimasero solo Dranzer ed i Beyblade di Taro ed Hiruta, che anche loro avevano sul volto la stessa espressione divertita degli altri.
«Allora Hiwatari, siamo alla resa dei conti…», gli disse sbeffeggiante quest’ultimo, mandando all’attacco il suo Bey con ripetuti attacchi fatti appositamente per indispettire l’avversario. Anche l’altro Bey, quello del ragazzo dai capelli blu, seguì le mosse del compagno ed insieme accerchiarono Dranzer fino a metterlo con le spalle al muro. Ovviamente nessuno dei due sperò di vincere contro Kai con quella mossa quasi insulsa, perché Dranzer non era certo un Beyblade dalle scarse risorse e lo sapevano anche loro. Ma il nostro beniamino fece leva sul fatto che nessuno dei due possedesse un Bit Power e fu per quello che richiamò la sua imponente fenice e la riversò contro i suoi avversari, in un attacco che non avrebbe lasciato scampo nemmeno ad un avversario più potente. Infatti, quel che rimase dei due Beyblade avversari cadde a terra ai piedi dei loro possessori, che però non sembrarono minimamente sorpresi di quel risultato. Di nuovo quel fatto non passò inosservato a Kai, che invece era rimasto ansimante sulla pedana di lancio. Quello scontro, nonostante non avesse rappresentato un problema per lui, lo aveva privato di alcune delle sue energie. Questo fatto lo stizzì non poco, soprattutto perché nessuno dei presenti sembrava provato quanto lui e quello gli sembrò ancora più strano, più delle espressioni soddisfatte dipinte sui loro volti.
«I miei complimenti Hiwatari, niente male!», lo sbeffeggiò di nuovo Hiruta, cosa che lo costrinse a serrare la mascella pur di non cogliere quella provocazione. Gliene avrebbe dette di tutti i colori, ma si impose di rimanere in silenzio. Non ne valeva la pena, perché sapeva che il suo ex sottoposto aveva un carattere attaccabrighe di natura. Lo conosceva fin troppo bene.
«Voi invece siete un po’ scarsini…vi siete un po’ rammolliti», fece spallucce Kai, rendendogli noto almeno quel suo punto di vista, e lo fece con aria decisamente sbeffeggiante. Quella sua constatazione però non andò giù ai suoi interlocutori, che scesero dalla pedana di lancio iniziando a pedinare la porta d’entrata.
«Ti senti tanto invincibile Hiwatari?», gli gridò contro Taro, portando le braccia conserte al petto ed osservandolo dal basso con aria da superiore.
Kai intanto era rimasto sulla pedana di lancio sopra elevata e da quella posizione poteva vederli ad uno ad uno, perché avevano tutti i volti rivolti all’insù per osservarlo. Li guardò con aria sprezzante, mancando volutamente di rispondere all’ennesima provocazione. Non erano loro il suo obbiettivo.
«Andate a chiamare il vostro capo, a quest’ora avrà finito i suoi comodi…», continuò però, scendendo anche lui dalla pedana e posizionandosi a braccia conserte a pochi passi di distanza dai sottoposti di Killer Blade, così da far capire loro che non avesse minimamente paura delle loro minacce. Se fosse rimasto in sicurezza sulla sopra elevata, forse sarebbe passato come codardo. Invece era pronto a pagare qualsiasi conseguenza ed era risoluto a portare a termine i suoi piani. Qualunque cosa avessero deciso di fare gli Shall Killer, lui sarebbe uscito da quel magazzino a testa alta. Fu per quello che continuò a guardarli dall’alto in basso con le braccia conserte, conservando l’impassibilità e la superbia che lo aveva sempre contraddistinto. Inoltre, il pensiero che Hisashi Fujima c’entrasse in qualche modo con loro non lo aveva abbandonato nemmeno per un attimo. Per tutto il tempo in cui era stato lì dentro, aveva cercato di scorgere il suo volto tra i suoi ex sottoposti e quelli che non aveva mai visto. Nonostante non fosse riuscito a vedere gli occhi verdi di quel ragazzo, era risoluto a capire se Saya fosse stata davvero presa di mira da quei maledetti o meno.
«Perché così di fretta Hiwatari?», continuò però Hiruta, mantenendo sul volto la sua solita espressione irriverente. «In fondo non abbiamo ancora finito con te…», gli rese noto ed in quegli occhi marroni si accese una luce maligna che Kai conosceva bene, perché molto spesso, nel tempo passato in quel posto, aveva caratterizzato i suoi.
Hiruta fece un cenno di assenso a Taro, che a sua volta lo fece agli altri, ed in pochi secondi Kai si trovò accerchiato dagli undici presenti. I loro volti divertiti non lasciavano trapelare nulla di buono, ma il russo continuò ad osservarli dalla sua posizione senza minimamente essersi mosso di un millimetro. Rimase impassibile, cosa che divertì ed indispettì i presenti allo stesso tempo. Sapevano quanto sangue freddo avesse Kai, a malincuore dovevano riconoscerlo. Avrebbero voluto vedere un’espressione impaurita su quel volto sempre impassibile, ma ovviamente il diretto interessato non era propenso a dar loro partita vinta. Era in netto svantaggio, e quello lo aveva messo decisamente all’erta, perché sapeva per certo cosa stava per succedere, ma avrebbe continuato a tenere la testa alta.
«Prego, accomodatevi», li sbeffeggiò con un sorrisetto ilare, che fece storcere il labbro di Hiruta e quello di Taro, che dopo essersi lanciati un’occhiata decisamente eloquente scattarono verso il loro avversario con il pugno teso. Ma Kai era pronto a quell’eventualità e non fu difficile per lui schivare i due colpi. Purtroppo però c’era chi era stato pronto a prenderlo in contro piede e dopo essere stato colpito alle spalle sentì un dolore lancinante alla schiena, che lo costrinse a piegare leggermente le ginocchia e fare appello a tutto il suo auto controllo per non cadere a terra. Se fosse caduto per lui sarebbe stata la fine. Soppresse il gridolino di dolore che li era partito dalla gola e con gli occhi iniettati di sangue ed espressione decisamente incazzata si voltò a colpire con un pugno il ragazzo che lo aveva preso alla sprovvista. Lo attaccò con un gancio destro niente male, cogliendolo di sorpresa mentre era intento a ridacchiare vittorioso per il suo gesto. Così facendo però li ebbe tutti contro e Kai dovette fare appello a tutte le sue forze per difendersi, ma fu in quel momento che tornò a galla tutta la crudeltà Russa di cui era provvisto. Quella violenza gratuita ed il fatto che fosse in netto svantaggio, più tutto quello che era stato costretto a vivere per colpa di quei maledetti, aveva risvegliato in lui alcuni istinti soppressi. Non avrebbe mai lasciato che i vecchi ricordi tornassero a galla, ma non aveva avuto altra scelta. Li aveva già battuti a Beyblade, ma se voleva uscire da quel magazzino avrebbe dovuto vincere anche in quel modo. E gli Shall Killer, soprattutto Hiruta, sapevano di quella sua debolezza. Sapevano dove fare leva e dove colpire, ed il fatto che Kai si sarebbe tormentato per giorni per essersi fatto consumare dalla rabbia lasciò loro una certa soddisfazione. Ma il nostro beniamino non demorse ed iniziò a colpire più di quanto veniva colpito. Lo avevano accerchiato ma non si lasciò impressionare né abbattere. Era già riuscito ad atterrare sette dei presenti, anche quelli più possenti di lui, nonostante il sangue che gli colava dal naso, il labbro tagliato e l’occhio nero. Aveva anche un discreto taglio al sopracciglio, da cui sgorgava il sangue che gli impediva di tenere aperto un occhio, ma non ci stava badando. Né badò al fatto che aveva i vestiti polverosi e consunti in più parti, come non badò alle contusioni sulle braccia ed ai calci ripetuti che continuavano ad infliggerli. No, continuò a difendersi fino allo stremo, ma dovette ammettere che le forze iniziavano pian piano ad abbandonarlo. Era già provato dalla sfida precedentemente vinta e solo in quel momento gli balenò in testa l’idea che i suoi avversari non ci avessero messo impegno per non ritrovarsi senza energie.
«Maledetti!», imprecò loro contro, mentre i suoi pugni andavano a segno sugli stomaci dei presenti, allontanandoli da sé per un momento.
«Che c’è Hiwatari, sei già stanco?», lo sbeffeggiò per l’ennesima volta Hiruta, pulendosi il sangue dalla faccia, sgorgato in seguito ad un pugno di Kai.
«Figuriamoci!», gli rispose quest’ultimo, emulando il gesto dell’avversario e rendendosi conto solo in quel momento di quanto sangue avesse già perso.
«Lo vedi, per quanto dici di essere cambiato, tu non lo sei affatto. Tu sei sempre stato questo Hiwatari, spietato e crudele. Non ti fermi di fronte a nulla, finché non vedi il tuo avversario crollare», gli intimò contro anche Taro e quella frase sembrò colpirlo nel profondo, così tanto che al suono di quelle parole arrestò l’ennesimo pugno, diretto sulla faccia di Hiruta. Però quest’ultimo approfittò di quell’attimo di debolezza di Kai e lo colpì a sua volta sul volto con un pugno ben assestato, che mandò il russo a tappeto con un ringhio sofferto.
In un primo momento non seppe dire se gli fecero più male le parole che gli aveva appena rivolto uno dei suoi ex sottoposti, perché per tutta la vita aveva cercato di sopprimere le impronte della Borg, oppure i colpi che aveva subito. Rimase a terra con una smorfia sofferta, e con il dorso della mano a contatto col labbro cercò di arrestare la fuoriuscita del sangue e di nascondere la sua espressione, ma i suoi avversari sembravano incredibilmente pronti ad infierire ancora. Lo stavano sovrastando con degli sguardi gelidi e soddisfatti, degni della loro spietatezza, e lui non era nella posizione migliore per difendersi, né aveva ancora le forze o la volontà per farlo. Aveva perso e quella costatazione gli bruciò più dei tagli che aveva sparsi in tutto il corpo. In un primo momento sentì di meritarsi tutto quello, perché se non avesse deciso di andare fin lì per i suoi scopi, forse non sarebbe stato costretto a vivere quella violenza, anche se fino all’ultimo era stato sicuro della vittoria. Finché era stato accecato dalla rabbia e dalla risolutezza aveva continuato a lottare, ma dopo che gli avevano reso noto quello che era diventato non aveva avuto più voglia di continuare.
Fu però una voce famigliare ed artificiale ad arrestare i fendenti dei presenti, obbligandoli tutti a voltarsi nella sua direzione.
«Fermi!», aveva intimato loro e dopo che ebbe tutta l’attenzione su di sé, anche quella di Kai, scese con un balzo dalla sua posizione fino ad atterrare a pochi passi di distanza da loro. «Perché infierire su una persona che oramai è finita?», disse ai suoi sottoposti, nonostante la sua voce trasportasse una spiccata dose di divertimento. Evidentemente anche lui si divertiva a sbeffeggiare Kai, che invece si aprì di nuovo in un ringhio incattivito. Stava per dirgliene quattro, nonostante la posizione decisamente svantaggiata, ma di nuovo le parole di Killer Blade lo bloccarono sul posto.
«Mi rammarica dover rimandare ancora la nostra sfida, come mi dispiace non essere stato io a ridurti in questo stato…», ridacchiò malignamente e quella constatazione fece aggrottare le sopracciglia di Kai in un’espressione decisamente perplessa. Ma non domandò nulla per non aggravare la situazione, nonostante avesse davvero voluto sapere cosa gli avesse fatto di tanto grave per ostentare tanto odio e tanta risolutezza nel minacciarlo. Inoltre stava di nuovo indossando il suo solito equipaggiamento, compreso di capello da Baseball, occhiali da sole e la mascherina che gli rendeva la voce fin troppo artificiale.
«Sei libero di andare a leccarti le ferite Hiwatari, ma sappi che sei in debito con me!», ridacchiò ancora e solo a quel punto Kai trovò la forza di alzarsi in piedi, seppur lo fece con una certa difficoltà.
«Non dire stronzate», gli ringhiò contro, fronteggiandolo finalmente faccia a faccia. «Non sentirti grato per averli fermati», indicò gli Shall Killer dietro di sé, con gli occhi ametista che scintillavano dietro la frangia argentea che gli si era afflosciata davanti agli occhi. «Né di avermi salvato! Io sono venuto qui per sfidarti, come avevi minacciato di fare…ma tu eri impegnato!», continuò, assottigliando lo sguardo, e sotto quella constatazione vide il diretto interessato impettirsi. Non poté leggergli l’espressione, ma credette di averlo colpito nell’orgoglio.
«Devo credere che non prendi sul serio le tue sfide se hai di meglio da fare», fece spallucce con una smorfia e poté quasi dire di aver visto il braccio di Killer Blade fremere. Era sicuro che lo avrebbe colpito come lo avevano colpito i suoi sottoposti, invece rimase impassibile al suo posto. Si guardarono per un lungo istante, nonostante Kai era stato costretto ad osservare le lenti scure degli occhiali che indossava.
«Io sono stato molte cose, Killer Blade, ma mai un codardo. Sono stato sempre pronto ad accogliere le mie sfide», fece spallucce, riacquistando un po’ di sicurezza in sé stesso, soprattutto dopo aver visto le sopracciglia del ragazzo di fronte a sé aggrottarsi leggermente.
«Vattene Kai Hiwatari», gli intimò però il capo degli Shall Killer, avanzando di qualche centimetro fino a parlargli a poca distanza dal naso, quasi lo avesse voluto intimidire. Ma il russo rimase fermo nella sua posizione, nonostante i dolori che avvertiva in tutto il corpo.
«Prendilo come un gesto magnanimo di un amico. Curati le ferite e quando sarai pronto per batterti io non ti fermerò…ma sono sicuro che succederà prima di quanto immagini!», lo minacciò, abbassando leggermente la testa fino a guardarlo volutamente al di sopra degli occhiali da sole, lasciandogli intravedere il colore smeraldino dei suoi occhi ed il lampo di cattiveria che trasportavano.
Fu quella vista ad ammutolire Kai, perché ricordava di aver già visto prima quegli occhi, anche se meno rancorosi di quel momento, ma non era sicuro al cento per cento che appartenessero a lui. In fondo era stato solo un attimo, e la rabbia che lo aveva accecato in quel momento poteva avergli fatto vedere qualcosa che in realtà non c’era. Inoltre la luce artificiale delle lampade consunte di quel magazzino forse avevano alterato il colore originale. In ogni caso non riuscì a dire o fare altro, perché Killer Blade gli dette le spalle e sparì nella semi oscurità di un corridoio, seguito da quella che sembrò essere una ragazza dai lunghi capelli rossi. Anche quelli era sicuro di averli già visti, anche se non ricordava dove.
«Hai sentito Hiwatari? Fuori di qui!», gli intimò Hiruta, sputando a terra il sangue che gli era finito in bocca, e lo disse con il tono di voce più inviperito che riuscì a fare. Evidentemente anche a lui non era andata a genio quella resa da parte del suo capo, perché avrebbe voluto finire Kai con le sue mani.
Taro invece rimase a braccia conserte, ad osservarlo come si guarda un insetto da schiacciare, così come fecero tutti gli altri presenti.
«Non finisce qui!», minacciò però il diretto interessato, puntando un dito contro i suoi avversari in segno di sfida. Ma d'altronde doveva prendere la palla al balzo ed uscire definitivamente di lì, perché le forze lo stavano decisamente abbandonando. Aveva perso troppo sangue ed era decisamente troppo debole per controbattere, quindi se agli Shall Killer fosse di nuovo balenato in mente di attaccarlo non ne sarebbe uscito vivo.
Uscì dalla porta di lamiera dopo aver lanciato verso i suoi sottoposti l’occhiata più sprezzante che riuscì a fare e si incamminò zoppicante verso il buio della periferia, diretto verso la prima stazione utile della metropolitana con aria decisamente inviperita.
Fine capitolo 8
 
 

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Colei che scrive:
Boom! Eccomi qui con il nuovo, spero atteso xD, capitolo! Volevo metterlo domani per iniziare dal 1° novembre il conteggio dei 5 giorni, ma magari qualcuno lo attendeva con ansia (spero U.U) e quindi eccolo qui :3 comunque in 5 giorni xD
Ve l’avevo detto che lo scorso capitolo era il preludio a qualcosa di grave xD e non è finita qui eheheh chissà cosa diranno Yuri, Boris e, soprattutto Saya, quando lo vedranno in quello stato :P
Non è stato saggio per Kai introdursi nel magazzino U.U lo hanno conciato per le feste, poverino, ma diciamo che un po’ se l’è cercata XD anche se i suoi ex sottoposti sono stati decisamente stronzi xD
Che dire, penso che questo capitolo parli da solo, ed io sono curiosa di sapere le vostre supposizioni su quanto successo e, soprattutto, su chi sia Killer Blade eheheh (perché scopriremo la sua identità mooooolto presto! :P)
Passo quindi a ringraziare i recensori (davvero grazie T.T), chi ha messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate e tutti i lettori silenziosi giunti fino a qui :3
All prossimo aggiornamento (tra 5 giorni ehehe)
A presto!!

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 - A reason to fight ***


Capitolo 9 – A reason to fight




 
The image in your eyes, reflecting the pain that has taken you
L’immagine nei tuoi occhi, riflette il dolore che ti ha colpito

Disturbed - A reason to fight
 


 
Quella mattina Kai non si presentò al solito appuntamento con i ragazzi, meravigliando Yuri e Boris, che solitamente lo trovavano fuori dal cancello della villetta che condividevano col presidente Ditenji, e preoccupando Saya, che riservò ai due un’occhiata decisamente perplessa quando si accorse che il loro amico non era presente.
«Strano che non sia qui, di solito è così mattiniero e puntuale…», puntualizzò lei, aggrottando leggermente le sopracciglia e spostando lo sguardo da Ivanov a Kuznetsov. Quest’ultimo però portò come al solito le mani dietro la nuca con fare annoiato, come faceva ogni volta che voleva sorvolare su un qualche argomento noioso, tipo parlare di Hiwatari quando lui non c’era…Non era la stessa cosa punzecchiare Kai se lui non era presente. Boris si beava delle facce contrariate ed indispettite del suo compagno, ed era inutile parlare di lui in sua assenza, oltre al fatto che non era buona educazione.
«Si sarà stancato ieri al club, in fondo tra tutti siamo un po’ fuori allenamento…», ridacchiò infatti il russo, ricordando il suo amico ansimante alla fine della partita d’allenamento.
«Anche tu eri parecchio provato…», lo punse nell’orgoglio Yuri e lo fece con una plateale alzata di spalle, come se fosse stata una questione di poco conto, beccandosi un’occhiataccia dal diretto interessato e facendo ridacchiare divertita la ragazza. In fondo anche lei si sentiva particolarmente stanca dopo aver passato il pomeriggio ad allenarsi con le ragazze del club di ginnastica ritmica, soprattutto dopo essere stata ferma per un periodo di tempo abbastanza lungo, e lo stesso si poteva dire dei ragazzi. Tuttavia, nonostante si incamminarono tutti insieme verso l’istituto, Saya era rimasta in silenzio e con lo sguardo basso, a rimuginare sui possibili motivi dell’assenza di Kai.
Aveva un brutto presentimento, ma non aveva voglia di esporlo anche agli altri, per non sembrare quella sempre preoccupata e mal fidata. Però, dopo l’ultima volta in cui il suo compagno era finito dal preside per aver preso a pugni Hiruta, e dopo che era andato da solo nel covo degli Shall Killer, lei non riusciva più a stare tranquilla. Inoltre, per quanta poca voglia di studiare avesse sempre avuto Kai, non era tipo da marinare la scuola senza avvertire. A costo sarebbe entrato e rimasto in cortile per tutta la mattina. In fondo abitava in una grande villa insieme ai suoi inservienti e tutte le volte non vedeva l’ora di uscire da quelle quattro mura, per questo quando era a capo degli Shall Killer si rifugiava nel magazzino che usavano come covo. Ed anche quando suo padre lo spedì al college fuori città lui aveva trovato il modo di fuggire per rintanarsi nella sua stanza privata, lontano da tutto e da tutti.
«Pensierosa?», le chiese però Yuri, dopo essersi accorto dell’espressione impensierita della ragazza. Quella domanda fatta così a brucia pelo la distolse dai suoi pensieri e la fece sussultare.
«Un po’…», gli rispose lei, rialzando lo sguardo su di lui e guardandolo negli occhi di ghiaccio, che però sembravano volerla scrutare fin nel profondo.
«Non ti devi preoccupare, Kai sa quello che fa», continuò il rosso, nonostante non fosse stato del tutto sicuro di quello che aveva appena detto. Il suo ex compagno di squadra era grande e vaccinato per fare quello che voleva e non aveva bisogno della balia, ma Yuri si preoccupava comunque, anche se cercava di non darlo a vedere. Si sentiva un po’ come una madre apprensiva. Lo era sempre stato con i suoi compagni di squadra. In quanto capitano facevano tutti affidamento su di lui e lui doveva trovarsi ben pronto per aiutarli ogni volta che avevano un problema. Per troppi anni aveva visto Boris, Ivan e Sergey soffrire per mano della Borg, soffrendone anche lui stesso, e troppe volte si era ritrovato a doversi leccare le ferite da solo o aiutare gli altri con le loro. Ed il tutto avveniva all’insaputa di Vorkof.
Ovviamente i tempi erano cambiati, ma le vecchie abitudini sarebbero sempre rimaste. E da quando aveva conosciuto Saya era la stessa cosa. Non voleva vederla triste o pensierosa, anche se sapeva che la maggior parte delle volte lei si dava tanta pena per quello sconsiderato del loro amico, e lui voleva esserle in qualche modo d’aiuto, così come aveva sempre fatto con gli altri suoi amici. Almeno per quanto il suo carattere freddo ed apparentemente insensibile glielo permettesse.
«Lo so, anche se a volte ha delle idee davvero malsane…», soffiò lei in risposta e Yuri non poté fare altro che ridacchiare, condividendo quel pensiero.
Da quando si era imbattuto di nuovo negli Shall Killer e da quando si era messo in testa che quel Fujima c’entrasse in qualche modo con loro, pensando che Saya non fosse al sicuro, Kai non era stato più lo stesso. Era sempre più agitato e nervoso e questo impensieriva ancora di più la ragazza.
 Yuri invece pensava solamente che fosse geloso, per questo non aveva preso sul serio i suoi discorsi sul presidente d’istituto. In fondo, per quanto quel ragazzo non gli fosse andato a genio, doveva ammettere che sembrava innocuo. Un po’ sfrontato nei confronti della loro amica, quello si, ma in fondo un po’ lo capiva perché Saya era una bella ragazza ed avrebbe fatto gola a chiunque. Però Ivanov ricordava bene anche le parole di quella chiromante ed era in pensiero per Kai, perché sapeva quanto quelle parole avessero provato il suo animo già inquieto. Ed il modo in cui il suo compagno si stava comportando ne era la prova.
Hiwatari non si sarebbe dato pace fino a che non avrebbe dimostrato loro di aver avuto ragione, e Yuri era sicuro che si sarebbe messo in qualche guaio pur di riuscirci.
«Già…», concluse il rosso facendo spallucce. In fondo quella era una constatazione che non poteva essere negata.
«Naah, secondo me era solo stanco!», s’intromise però Boris, cercando di stemperare la tensione avvertita da Saya, ma quella constatazione servì solamente a farla sospirare.
«Spero sia così…», disse infine, quando si apprestarono a scendere le scale della stazione della metropolitana.
Per tutto il tragitto fatto in treno i tre ragazzi non spiccicarono parola e rimasero in religioso silenzio, che fu rotto solamente quando dovettero scendere alla loro fermata, quando la nipote del presidente Ditenji pronunciò solamente un “ci siamo” mentre si alzava dal suo sedile.
Da una parte non vedeva l’ora di incontrare Fujima, ma dall’altra sarebbe stata più tranquilla se insieme a loro ci fosse stato anche Kai. Era vero che si comportava in modo strano in presenza del presidente d’istituto, soprattutto dopo quello che le aveva detto, ma Saya non poteva fare a meno del suo vecchio amico. Per quanto si fosse sforzata di dimenticarlo o di toglierselo dalla testa, il suo comportamento sconsiderato faceva in modo che lei continuasse a preoccuparsi per lui. E più si preoccupava più lo pensava.
Quando varcarono il cancello d’entrata della scuola vennero fermati da Hisashi Fujima, che col suo sorriso smagliante e le ragazzine sbrodolanti al seguito arrivò a salutare la nipote del presidente Ditenji e lo fece con un bacio a fior di labbra, che fece arrossire come al solito la diretta interessata e storcere il naso ai due ragazzi che avevano assistito a tutta la scena.
«Deve essere sempre così plateale?», grugnì Boris, portando le braccia incrociate al petto con una smorfia, sotto una risatina divertita di Yuri, che invece fece spallucce con fare disinteressato.
«Credo sia il suo modo di fare…ma l’espressione di quelle ragazze è impagabile!», gli rispose quest’ultimo, facendo un cenno della testa in direzione delle spasimanti di Fujima, che erano rimaste a debita distanza ad osservare la scena con espressioni decisamente contrariate. L’invidia che le divorava era decisamente palpabile.
«Hai ragione!», ridacchiò anche Kuznetsov, sbeffeggiando le compagne di scuola a loro insaputa. Almeno fino a che la sua attenzione non venne catturata da una persona.
Anche Saya si accorse dell’arrivo della persona adocchiata perplessamente dai due russi, e si sporse oltre le spalle di Fujima per osservare la sua andatura leggermente zoppicante.
Il presidente di istituto invece, quando la ragazza distolse da lui la sua attenzione, osservò l’arrivo del ragazzo con espressione fin troppo soddisfatta, sicuro che nessuno delle loro conoscenze lo avrebbe visto.
«Kai!», gridò Saya, andandogli incontro quando il nuovo arrivato arrivò di fronte Yuri e Boris, che lo stavano guardando con espressione decisamente contrariata.
Sul viso e sulle braccia del ragazzo troneggiavano alcuni cerotti, mentre un livido violaceo faceva capolino dal suo zigomo. Inoltre aveva delle occhiaie violacee sotto gli occhi, che i ragazzi avevano visto solamente dopo le battaglie più estenuanti giocate a Beyblade. Inoltre non lo vedevano così mal ridotto dall’ultimo scontro con Brooklyn, ma i ragazzi erano estremamente sicuri che non si fosse ridotto così giocando a Beyblade…
Yuri lo guardò assottigliando gli occhi azzurri in un’occhiata che voleva essere decisamente ammonitiva, tuttavia l’attenzione del nippo-russo era rivolta a Fujima, che di rimando lo stava osservando con la testa leggermente piegata, come se non capisse, o facesse finta di non capire, il perché il suo compagno di scuola lo stesse guardando con così tanto astio.
«Tutto bene Hiwatari?», gli chiese infatti il sempai quando si accostò a Saya e lo fece con un tono di voce stranamente preoccupato. Si era sentito in dovere di fargli quella domanda perché Kai sembrava avercela proprio con lui.
«Benissimo…», gli rispose però a denti stretti quest’ultimo, quasi si stesse sforzando di non dire altro. Si era accorto della contrarietà dei suoi compagni, ed in fondo capiva la loro preoccupazione, ma non voleva assolutamente parlare di fronte al presidente d’istituto.
«Beh, allora vi lascio soli…credo abbiate un po’ di cose da chiarire», disse poi rivolto a Saya il ragazzo dagli occhi vedi, prendendola di nuovo per la vita e scoccandole un altro lieve bacio sulle labbra. Quel gesto però indispettì ancora di più il russo, che gli voltò le spalle con un’espressione puramente adirata. Stava attribuendo a quel ragazzo parte delle colpe di ciò che gli era successo e quindi, secondo Kai, prima se ne sarebbe andato prima sarebbe riuscito a tranquillizzarsi. Quella notte non era riuscito a chiudere occhio per colpa dei vari pensieri e per via della rabbia che gli era montata dentro in seguito allo scontro con gli Shall Killer. Aveva passato la maggior parte del tempo a disinfettarsi le ferite da solo, perché non avrebbe mai permesso a nessuno di toccarlo e non sarebbe mai andato a farsi vedere da un medico. In fondo continuava ad essere fin troppo orgoglioso. Era finito per addormentarsi sul tappeto del bagno, cosparso di pezze insanguinate e dall’odore di acqua ossigenata. Lo avevano svegliato i suoi inservienti quando non lo avevano visto scendere per colazione come tutte le mattine, preoccupati che gli fosse successo qualcosa. Era stato bravo a rientrare di soppiatto senza farsi vedere dai maggiordomi coperto di sangue. Aveva reso loro nota la sua presenza in casa solo quando stava per chiudersi nella sua camera. Aveva preso tutto l’occorrente e si era poi chiuso in bagno fino a quella mattina, quando si era ritrovato a correre, per quanto le ferite e le contusioni glielo avessero permesso, fino alla stazione della metropolitana.
Solo quando si accorse che Fujima era finalmente entrato nell’istituto si decise a voltarsi verso i suoi amici e notò sei paia di occhi che lo stavano osservando furenti.
«C’è una spiegazione per tutto questo?», gli chiese seccato Yuri, indicando uno dei tanti cerotti attaccati alla sua pelle, anche in fondo sentiva di sapere come si fosse ridotto in quello stato, ma voleva sentirselo dire dalla sua voce.
«Potrebbe…», gli rispose però vago Hiwatari, superandoli ed iniziando a camminare con lo sguardo fisso di fronte a sé fino alle scale d’entrata dell’edificio.
«Lo odio quando fa così!», sbruffò invece Boris, sospirando rassegnato. In fondo non si aspettava certo una risposta sincera da parte di Kai.
Quella che invece sperava di sentire anche solo una scusa per come era ridotto fu Saya, che osservò indispettita le spalle di Kai per tutto il tempo che lui impiegò per barcollare fino agli armadietti, e lo seguì con lo sguardo fino a che non si sedettero entrambi ai loro banchi. Avrebbe voluto aiutarlo a camminare, visto quanto sembrava dolorante, ma era sicura che il suo amico l’avrebbe allontanata malamente. Lei sapeva quanto lui fosse orgoglioso e non avrebbe accettato l’aiuto di nessuno. Era anche per quello che Yuri e Boris avevano camminato alle sue spalle, senza spiccicare una parola ma stando ben attenti a non perderlo di vista.
Saya provò ad iniziare un discorso solo quando lui sembrò essersi leggermente tranquillizzato, per quanto Hiwatari potesse essere tranquillo di prima mattina e conciato in quella maniera, ma purtroppo l’arrivo del professore stroncò di netto i suoi buoni propositi e per tutta la lezione continuò a lanciargli qualche occhiata impensierita con il pelo dell’occhio. Era intenzionata a farlo parlare e lo avrebbe fatto al momento della ricreazione.
Infatti, quando il suono dell’attesa campanella ruppe il silenzio caduto nella classe mentre il professore spiegava l’ennesima noiosa lezione, la ragazza cercò di prendere una copiosa boccata d’aria per iniziare il discorso, ma lui si era prontamente alzato e sembrava avere tutte le intenzioni di abbandonare la classe continuando ad ignorare tutti.
«Kai!», lo richiamò infatti, indispettita per l’ennesima volta dai suoi modi di fare.
«Aspetta…», la richiamò però Yuri, afferrandola per un braccio e facendola desistere dal seguirlo. Al che lei si voltò verso il rosso con un sopracciglio alzato, perché in fondo credeva che anche a lui interessasse sapere cosa avesse fatto di tanto brutale per essersi ridotto in quella maniera. «In questo momento nessuno di noi riuscirebbe a farlo parlare», le disse poi, abbassando leggermente la testa per squadrarla oltre le ciglia lunghe, in uno sguardo che non avrebbe ammesso altre repliche. «Non vorrei che ti rispondesse male di nuovo…sappiamo tutti come reagisce quando è nervoso», concluse, lasciandole il braccio ma continuando ad ammonirla con lo sguardo.
«Sì, so com’è fatto…non me la prenderò per le sue risposte scostanti, te lo prometto, ma voglio sapere una volta per tutte perché si deve cacciare sempre nei guai…», gli disse però lei e furono le esatte parole che Yuri si sarebbe aspettato di sentire, infatti fece spallucce con un sorrisetto e non provò a fermarla di nuovo quando lei corse fuori dalla classe.
«Ѐ il caso che provi a bloccarla? Non voglio vederla incavolata nera perché lui l’ha trattata di nuovo male. Questa volta potrei fargli nero anche l’altro zigomo…», commentò Boris, accostandosi al compagno con fare rassegnato, ma Yuri sorrise solamente, chiudendo gli occhi per un secondo.
«No, non credo sia il caso. Ci sarà l’eventualità che lui possa essere scostante come suo solito, ma Saya è troppo risoluta e testarda per farla desistere dal fare qualsiasi cosa abbia in mente di fare», Ivanov fece spallucce, sorvolando sulla questione, almeno fino a che non vide una faccia conosciuta fare capolino dalla porta della classe. Solo allora i suoi occhi azzurri si accesero di mal celato divertimento, perché per una volta il nuovo arrivato sarebbe andato via con la coda tra le gambe.
«Mi dispiace Fujima, ma Saya è con Kai», fu però Boris a rivolgergli parola per primo e lo fece all’apice della soddisfazione, perché l’espressione infastidita del presidente d’istituto non passò inosservata ai due russi, che si guardarono per un secondo con un’occhiata complice.
«Mi dispiace, ti è andata male questa volta», dette man forte Yuri, superandolo ma non mancando di ammonirlo con un’occhiata decisamente intimidatoria. In fondo se si era venuta a creare tutta quell’assurda situazione era in parte colpa della sua presenza nella vita di Saya, ma comunque quel ragazzo non gli stava particolarmente antipatico. Invece che indispettirlo lo incuriosiva, ma non aveva minimamente provato a far cambiare idea ai suoi compagni.
«Mi dispiace amico…», ridacchiò infine Boris, anch’egli superando il presidente d’istituto con un’occhiata decisamente eloquente. Tuttavia il ragazzo non si fece scoraggiare da ciò e con un’alzata di spalle ed un sorriso rassegnato andò nella direzione opposta ai due, che invece erano diretti in bagno.
 
 
Intanto Saya aveva raggiunto Kai in cortile, che nel frattempo si era seduto con la schiena appoggiata al troco di un albero e sembrava avere l’aria di uno che non avrebbe accettato interruzioni. Infatti, quando lei lo raggiunse, la penetrò con uno sguardo alquanto ammonitore, ma come al solito lei non si fece fermare da ciò. Si inginocchiò accanto a lui ed iniziò a guardarlo con una smorfia contrariata, rimanendo però in silenzio. Tuttavia quell’atteggiamento indispettì Kai ancora di più, che tutto avrebbe voluto tranne che essere disturbato. Era andato appositamente in una parte poca trafficata del cortile ed aveva chiuso gli occhi per cercare di scacciare i mille pensieri che assillavano la sua mente e non era intenzionato a spiegare a nessuno il perché delle sue ferite. Non aveva voglia di tornare su vecchi discorsi, soprattutto non con lei, che comunque avrebbe difeso Fujima.
Non era riuscito a scoprire nulla sul suo conto, né chi fosse il nuovo capo degli Shall Killer o a batterlo in un incontro. Quello che aveva rimediato in quel pomeriggio erano state solamente botte, nonostante si fosse difeso egregiamente, ma quel risvolto gli aveva lasciato un sapore amaro in bocca.
«Allora?», lo rimbeccò lei, «sei intenzionato a dirmi cosa ti è successo o devo arrivarci da sola?», bofonchiò infine, stanca del suo silenzio. Non che si fosse aspettata che lui iniziasse a spiegare ciò che gli era successo di sua spontanea volontà. Solitamente andava spronato o punto nell’orgoglio per farlo parlare, ma lei non voleva calcare così tanto la mano, non quando Kai era una bomba ad orologeria pronta ad esplodere.
«Puoi arrivarci da sola…», le rispose lui con una smorfia, lanciandole un’occhiata di sbieco ed alzandosi definitivamente dalla sua posizione, seppur con qualche difficoltà. I lividi sparsi in tutto il corpo avevano iniziato a fargli più male del previsto, ma non si sarebbe fatto fermare da ciò. Era abituato a ben altro tipo di violenza. Quando militava nella Borg le ferite erano ben peggiori ed il dolore persisteva per giorni, anche quello psicologico. In quel momento era solo indispettito dal risvolto che aveva preso quella vicenda, e soprattutto nel sapere che quei lividi e quei tagli gli erano stati inferti da coloro alla quale lui stesso un tempo aveva dato fiducia.
Per fortuna quella mattina non si era imbattuto in Hiruta, perché tutto avrebbe voluto tranne che vedere il sorrisetto divertito sulle labbra tumefatte del suo ex sottoposto. In fondo era riuscito a ridurlo esattamente nella sua stessa maniera e fu certo che il ragazzo quella mattina non si fosse presentato a scuola per non farsi vedere da tutti i suoi compagni in quelle condizioni. In fondo lo conosceva fin troppo bene…ai membri della sua vecchia band bruciava essere stati ridotti in malo modo da lui, esattamente come a Kai bruciava essersi lasciato ridurre in quelle condizioni da loro. Tuttavia, per essere stato da solo contro undici avversari, era estremamente soddisfatto di non essere caduto totalmente vittima dei loro colpi.
In quel momento però suo principale problema stava a braccia conserte di fronte a lui ed era sicuro che non sarebbe riuscito a liquidare Saya con una scusa, perché lei era sempre stata fin troppo testarda, ma lui non voleva farla preoccupare né raccontargli i suoi timori. Era stata perentoria nel credere nell’innocenza di Fujima, e fino a che lei avesse avuto quella mentalità lui non avrebbe potuto fare nulla. Doveva portare a termine il suo piano e lo avrebbe di nuovo fatto da solo. Così le voltò le spalle per l’ennesima volta, ma per l’ennesima volta lei venne indispettita dal suo atteggiamento menefreghista.
«Sei di nuovo andato nel covo degli Shall Killer, non è vero?», gli gridò contro quando ebbe fatto alcuni passi a ritroso, ma se la ritrovò di fronte dopo alcuni secondi, con l’espressione decisamente adirata stampata in faccia.
«Vedi, non c’era bisogno che te lo dicessi io, ci sei arrivata da sola…», la rimbeccò lui in tono sarcastico. Tuttavia quella confessione la lasciò sgomenta.
«Che diavolo avete fatto per ridurti così?», gli chiese esasperata, assottigliando lo sguardo ametista e piantandolo in quello seccato di lui.
«Se fai uno sforzo puoi arrivare a rispondere da sola anche a questa domanda…», le disse ancora, sempre più indispettito dalla la piega che aveva preso quella conversazione. Non avrebbe voluto rivelargli quelle cose, come non avrebbe voluto dirlo agli altri due compagni, soprattutto per non sentire i commenti di Yuri e le battutine fuori luogo di Boris.
«Avete fatto a botte?!», gridò ancora lei, con un tono di voce che rasentava l’isteria, perché tutto si sarebbe aspettata tranne di vedere Kai ridotto così per aver fatto a botte. Di solito era così calmo e posato che se solo quella cosa fosse successa giorni prima si sarebbe fatta una grossa risata, anche solo per aver visto il suo amico ridotto in quello stato. Purtroppo in quel momento il loro rapporto si era notevolmente incrinato e lo dimostrava il fatto che finissero sempre a litigare per qualcosa.
«Non urlare!», gli intimò lui fra i denti, perché non voleva certo che qualcuno li sentisse o che accorresse ad ascoltare i loro discorsi. Il suo unico desiderio era quello di rimanere solo e di nuovo qualcuno glielo stava impedendo. L’ultima volta era stato Hiruta, ed era finito per dargli un pugno in faccia. Di certo non avrebbe alzato un solo dito contro Saya, ma non era sicuro di riuscire a rimanere calmo ed a non risponderle sprezzantemente come al solito.
«Non sto urlando!», continuò però lei, parlando tra i denti ed abbassando notevolmente il tono della voce. «Che ti è saltato in mente?! Perché sei tornato in quel magazzino!?», sbottò infine, sbattendo un piede a terra con risentimento, ed il tutto venne osservato con apparente menefreghismo dal suo compagno, che rimase fermo nella sua posizione disinteressata.
Infine si fissarono in tralice per qualche secondo, almeno fino a che non fu lui a sbottare, infastidito dall’insistenza della sua amica.
«Perché sei una stupida!», le gridò contro prima di voltarle le spalle ed iniziare a correre a denti stretti verso un altro angolo appartato del giardino, lasciandola basita.
 
 
Kai si fermò solamente quando fu sicuro che Saya non lo avesse seguito. Era estremamente certo che lei gli sarebbe corso dietro, invece era rimasta impalata al suo posto, ad osservare scioccata la sua corsa. Almeno fino a che lui non fu sparito dalla sua visuale.
Si stava dando dello stupido per come l’aveva trattata, ma era troppo accecato dalla rabbia in quel momento per comportarsi razionalmente. Si sarebbe scusato a tempo debito, in fondo doveva farsi perdonare di molte cose…
Si guardò attorno per essere sicuro di essere solo e si accorse solo in quel momento di essere finito in una nicchia appartata del cortile scolastico, posto dove solitamente si appartavano le coppiette. Sperò di non imbattersi in una di quelle, altrimenti sarebbe stato decisamente imbarazzante e sarebbe di nuovo stato sulla bocca di tutti, tuttavia non aveva neanche voglia di tornare in classe così presto, conscio del fatto che ad attenderlo ci sarebbero stati Yuri e Boris, che probabilmente erano già pronti per fargli la ramanzina.
Infine, quando oramai si fu rassegnato alla cosa, sospirò sconfitto e cercò di scacciare tutti i pensieri che affollavano la sua mente. Decise di avanzare tra gli alberi di qualche passo, ma dopo qualche secondo una voce stranamente famigliare lo costrinse ad avvicinarsi con fare circospetto e lo fece stando attento a non farsi scoprire. In in fondo era bravo a nascondersi. Gli anni passati alla Borg e negli Shall Killer avevano dato i loro frutti.
Fu quando si sporse da dietro il tronco di un albero, per osservare meglio la fonte dalla sua curiosità, che riconobbe due figure a lui strettamente famigliari. Uno era Fujima, e lo capì dal colore dei suoi occhi, ed a quella vista serrò la mascella con disapprovazione. Soprattutto dopo che udì le sue parole.
«Amore, sopporta ancora un po’, oramai ho Hiwatari in pugno!», aveva detto quello, rivolto alla ragazza dai capelli rossi che gli stava di fronte, e Kai riconobbe anche lei, perché quei capelli di quel colore scarlatto li aveva visti proprio il giorno prima, nel covo della sua vecchia banda.
In quel momento tutto gli fu chiaro e tutti i tasselli di quell’intricato puzzle andarono al loro posto, facendogli montare dentro una tale rabbia che dovette fare appello a tutto il suo auto controllo per non farsi scoprire. Serrò sia i pugni che la mascella ed impose a sé stesso di rimanere in ascolto, intento a scoprire altro sul loro conto. Voleva a tutti i costi ascoltare quella conversazione, perché forse era vicino alla sua tanto agognata vendetta.
«Non sopporto che tu di veda ancora con la Ditenji!», si lamentò la ragazza, addossandosi di più al petto del ragazzo, che di rimando la strinse a sé con fare possessivo.
«Tranquilla, non durerà ancora per molto…Ѐ stata solo un mezzo per colpire lui. Ti assicuro che me la pagherà!», continuò Fujima, pronunciando quelle parole con un tale disprezzo che finirono per far aggrottare le sopracciglia di Kai in un’espressione confusa. Quella rabbia lui la conosceva bene, perché era la stessa che lo aveva mosso negli anni, ma non riusciva a capacitarsi del perché il presidente d’istituto ce l’avesse tanto con lui. Era chiaro oramai che Killer Blade ed Hisashi Fujima fossero la stessa persona, la stessa che aveva sentito copulare con quella ragazza nel suo vecchio ufficio, eppure era estremamente sicuro di non averlo mai visto prima di allora. A parte la loro sfida, conclusa in parità, non riusciva a capire il perché di tutto quell’astio. Però era finalmente riuscito a capire il significato della minaccia che gli aveva mosso Killer Blade la prima volta che si era introdotto nel covo degli Shall Killer. Quando lo aveva minacciato di stare attento alle persone a cui voleva bene era oramai chiaro che si fosse riferito a Saya, anche se lui lo aveva capito subito, per questo si era prodigato così tanto per cercare di allontanarla da Fujima, invece quella stupida era stata perentoria nel suo rifiuto ad ascoltarlo ed erano di nuovo finiti a litigare. Il fatto che avessero sempre discusso per colpa del presidente d’istituto gli lascò un certo sapore amaro in bocca, che lo costrinse a digrignare i denti ancora di più.
Ma non era quello il momento di palesarsi, perché la sua vendetta non poteva essere così semplice. Non aveva intenzione di sfidarlo quando nessuno lo avrebbe potuto vedere. No, lui volava umiliarlo di fronte a tutti, esattamente come avevano fatto i suoi sottoposti. In qualche modo aveva mandato Hiruta ad indispettirlo, e ci era anche riuscito facendolo finire dal preside. Gli aveva scatenato contro tutti i suoi ex sottoposti e si era ingraziato i favori di Saya.
Lo odiava, ma la vendetta era un piatto che andava servito freddo e Kai avrebbe aspettato tutto il tempo necessario per fare in modo di metterlo a tacere una volta per tutte.
Voltò le spalle ai due e si diresse a passo svelto, seppur zoppicante, fino all’uscio della scuola, ed attese il rientro del ragazzo appoggiato ad una parete con le braccia conserte al petto.
Kai era sempre stato uno con molta pazienza, almeno per le cose che gli interessavano, e non gli importò dover aspettare per più di dieci minuti fermo in quella posizione, conscio che tanto non lo avrebbe disturbato nessuno. Gli studenti che lo superavano gli lanciavano solo qualche occhiata perplessa ma nessuno era stato così tanto audace da rivolgergli parola. Ogni tanto qualcuno lo indicava e parlottava sottovoce con il compagno che era insieme a lui o lei, ma ad Hiwatari non era mai importato molto del parere della gente per cui non si voltava nemmeno a guardarli in faccia.
Lui era intenzionato a portare avanti il suo piano e lo avrebbe fatto anche se avesse dovuto aspettare i comodi di Fujima per tutto il giorno.
Quest’ultimo però si palesò poco dopo il suono della campanella di fine pausa e Kai lo osservò per tutto il tragitto che il sempai percorse dal cortile fino alla porta d’entrata. Era curiosamente solo, ma probabilmente era sempre stato fin troppo bravo a non farsi scoprire mentre faceva il doppio gioco, e solo in quel momento al russo fu chiaro il perché non avesse mai chiesto a Saya di mangiare con lui o del perché non si fosse mai trattenuto più di tanto con lei, e gli sembrò tutto così maledettamente assurdo. Ma quello che lo meravigliò più di tutti però, era il fatto che lui stesso si sentisse più adirato per come aveva giocato con la sua amica piuttosto che per tutto quello che aveva fatto passare a lui. A conferma che potevano prendersela con lui e se ne sarebbe fatto una ragione, nonostante tutta la rabbia provata verso ogni membro degli Shall Killer, ma nessuno doveva giocare con i sentimenti delle persone alla quale lui voleva più bene.
«Hiwatari, che fai qui fuori? La campanella è suonata da un pezzo…», gli rivolse parola il presidente d’istituto, adempiendo egregiamente al suo dovere di primo studente, e lo fece con il solito tono di voce amichevole che lo aveva sempre indispettito. Solo in quel momento si rese conto di quanto quel sorriso fosse falso e di quanto la loro conoscenza lo fosse stata. Lui aveva sfidato Saya e perso contro di lei di proposito, ed era oramai chiaro che fosse stato il suo intento fin da principio e che lo avesse fatto solo per avvicinarsi a lei e poter così compiere la sua vendetta nei suoi confronti. Ed inoltre Kai era estremamente curioso di sapere perché quel ragazzo ce l’avesse così tanto con lui.
«Lo stesso si può dire di te, Fujima, o forse preferisci che ti chiami Killer Blade?», gli rispose il russo, aprendo leggermente gli occhi in uno sguardo ammonitore, beandosi dell’espressione leggermente scioccata dell’altro, che aveva serrato spudoratamente la mascella sotto quella constatazione.
«Non so di cosa tu stia parlando Hiwatari…», gli rispose però il sempai, continuando la farsa facendo spallucce, ma Kai non si lasciò impressionare né impietosire. Si staccò dal muro ed avanzò di qualche passo fino ad arrivare a parlargli a poca distanza dal volto. In quel momento alcuni studenti che stavano rientrando nell’edificio si fermarono ad osservare quello che stava succedendo e quello aumentò ancora di più l’ego di Kai, che poté far partire finalmente la sua vendetta.
«Oh, io credo che tu lo sappia benissimo Fujima…», commentò malignamente, come se fosse tornato ad essere il ragazzo spietato che era un tempo, e quel lampo assassino negli occhi ametista impensierì per un attimo il diretto interessato, che fece un leggero passo a ritroso prima di scoppiare a ridere.
«Ma bravo, ti faccio i miei complimenti, non tutti sarebbero riusciti a capirlo in così breve tempo. Adesso però voglio proprio vedere se qualcuno ti crederà…», lo rimbeccò il presidente d’istituto, aprendosi anch’egli nella stessa espressione maligna del suo sfidante.
«Non mi importa di quello che credono gli altri», Kai si aprì in una smorfia divertita, «mi basta chiudere il conto in sospeso con te!».
«Bene, quindi mi stai sfidando? Il mio Blade è pronto a fronteggiare di nuovo il tuo Dranzer!», ridacchiò Fujima, ma Kai gli lanciò un’occhiata decisamente eloquente, così tanto divertita che il sempai dovette ammutolirsi di nuovo.
«Sei stato bravo a far finta di essere un principiante con Saya, come sei stato bravo a tenere testa al mio Bey, lo devo riconoscere, ma questa volta non voglio una sfida a Beyblade», gli disse, portando le mani nelle tasche dei pantaloni con fare menefreghista ed aprendosi in un sorrisetto altrettanto divertito, ma nonostante fosse ancora coperto di cerotti e contusioni, che lo rendevano quasi buffo agli occhi degli altri, l’ex membro dei Neo-Borg era rimasto fermo nella sua decisione, ad osservare con il suo sguardo penetrante il ragazzo di fronte a sé, e di rimando quest’ultimo non poté che aggrottare le sopracciglia in un’espressione perplessa, soprattutto dopo aver capito le sue intenzioni.
«Sei completamente pazzo Hiwatari?», scoppiò a ridere poi, nonostante la fermezza con la quale aveva parlato Kai. «Dimentichi che sono il capitano della squadra di Judo…», gli rese noto, rimandandogli indietro la sua stessa occhiata eloquente, ma il diretto interessato non si fece scoraggiare. Anzi, rimase fermamente immobile nella sua posizione, senza minimamente distogliere i suoi occhi da quelli verdi dell’altro.
«Sei solo un povero stronzo», gli rispose secco ed inespresso, come solo lui sapeva essere, e quel suo modo di fare provocante indispettì non poco il suo interlocutore.
«Come vuoi Hiwatari, ci vediamo all’ora di pranzo in palestra, così avrai anche tu il tuo pubblico», lo ammonì sardonicamente Fujima, ma di nuovo il russo non si fece intimidire e continuò a guardarlo con sufficienza.
«Ti consiglio di portare anche la tua amica», scoppiò infine a ridere il presidente e Kai dovette fare di nuovo appello a tutto il suo auto controllo per non prenderlo a schiaffi in quel preciso momento. Aveva un’estrema voglia di deturpare quel volto perfetto con un pugno, così come avevano fatto i suoi sottoposti con lui, in seguito probabilmente ad un suo ordine, ma avrebbe atteso il momento della sfida. Quindi non gli rimase altro da fare che suggellare quella promessa.
«Ci sarò…», gli disse infine, prima di voltargli le spalle e sparire all’interno dell’edificio con i pugni serrati.
Fine capitolo 9
 
 
 
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Colei che scrive:
Ma salve e ben trovati in questo ennesimo parto! Non è stato facile per me scrivere questo capitolo, come non lo è stato correggerlo XD spero di non aver lasciato troppi errori, soprattutto nelle coniugazioni verbali ed in qualche frase sconnessa, >.< in caso vi chiedo perdono!
Ma, veniamo a noi! Come avevo preannunciato l’identità di Killer Blade è stata finalmente smascherata dallo stesso Kai, e molti di voi, se non tutti XD lo avevano capito già dalla sua prima apparizione xD. In effetti era un po’ prevedibile eheheh ma ora non ci resta che scoprire il perché di tutto ciò ehehe e so che siete curiosi di vedere la loro sfida, perché stranamente Kai si è voluto affidare ai pugni piuttosto che a Dranzer, ma, come ho sempre detto, il y a un pourquoi (non so perché parlo francese, forse perché sono stata tutto il giorno a cercare di studiarlo xD). Insomma, a tutto c’è un perché XD
Spero di non aver deluso le aspettative e spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto :3
Vi do appuntamento tra cinque giorni, con la tanto attesa sfida tra Hiwatari e Fujima :D 
Finisco col ringraziare i recensori, che mi danno sempre la carica per continuare, chi ha messo la storia tra le preferite/ricordate/seguite e tutti i lettori silenziosi giunti fino a qua :3
Alla prossima!!!

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 - Undefeated ***


Capitolo 10 – Undefeated
 



 
I’m undefeated
Sono imbattuto
Won’t give up ‘cause i believe it
Non mi arrenderò perché io ci credo

Skillet - Undefeated
 
 


 
Saya si stava preoccupano non poco per Kai, che era uscito da mezz’ora con la scusa di andare in bagno e non era più tornato in classe. Già da quando era tornato in aula dopo la ricreazione era rimasto in silenzio al suo posto e non aveva degnato della sua considerazione nessuno di loro. Non si era mai voltato nemmeno verso di lei, anche solo per chiarire il battibecco avuto per l’ennesima volta nel cortile della scuola. Quel “perché sei una stupida” gridatole in faccia si era aggiunto al “sei irritante” che le aveva detto quel pomeriggio al parco. Non poté certo dire di non esserci rimasta male, ma la preoccupazione per quello sconsiderato del suo compagno di banco aveva superato tutto il resto. In fondo, per quanto ci rimanesse male per le sue risposte scostanti, non riusciva ad avercela totalmente con lui. Però avrebbe davvero voluto sapere cosa lo preoccupasse così tanto, perché era sicura che non c’entrasse solamente Fujima, che lui aveva preso come capo espiatorio. Era estremamente sicura che il presidente d’istituto non avesse nulla a che fare con gli Shall Killer, che da quando era iniziata la scuola non avevano fatto altro che tormentare Kai. Purtroppo quella situazione rendeva nervoso ed inquieto quest’ultimo, che si comportava di conseguenza con atteggiamenti freddi e scostanti con tutti. In più non aveva mai amato parlare di sé, per cui difficilmente Hiwatari avrebbe detto loro il perché fosse voluto andare da solo nel covo dei suoi vecchi sottoposti, soprattutto quando sapeva di essere in netto svantaggio. I cerotti ed i lividi che aveva visto sul suo volto e sulle braccia lasciate scoperte dalla camicia a maniche corte della divisa scolastica ne erano stati la prova.
Il suono della campanella però destò Saya dai suoi pensieri, facendole rendere conto che stesse osservando il banco lasciato vuoto dal suo compagno invece che rivolgere l’attenzione al professore. Per fortuna la lezione finì in quel modo, senza che lei avesse seguito una sola parola, ma fu felice così, almeno si sarebbe potuta sgranchire un po’ le gambe e magari anche chiarirsi con Kai, se lui si fosse fatto vivo ovviamente. Era estremamente sicura che non sarebbe andato al club di Basket quel giorno, perché troppo provato dalle ferite riportate il giorno prima. Quindi doveva riuscire a bloccarlo prima che tornasse a casa, perché era sicura che come suo solito sarebbe sparito senza dire nulla a nessuno.
«Vado a cercare Kai!», disse a Yuri e Boris e prima che loro avessero anche solo pensato di fermarla, prese il suo pranzo e scappò in corridoio a gambe levate.
Non aveva neanche fatto in tempo a vedere Fujima, che solitamente andava a salutarla subito dopo il suono della campanella, ma lei era già scappata come un lampo alla ricerca del suo compagno. In quel momento non le interessava nulla del presidente d’istituto, perché tutto quello che voleva era chiarirsi con il suo amico, o capire cos’avesse. Tutto il resto per lei passava in secondo piano.
Purtroppo quando arrivò di fronte agli armadietti, posti all’ingresso dell’edificio, sentì alcuni gruppi di ragazze parlottare tra loro e quando sentì i nomi di Fujima ed Hiwatari le parve così strano che decise di avvicinarsi per capire cosa fosse successo.
«Non lo sai? Hiwatari ha sfidato apertamente il sempai!», le rispose una di quelle, scoccandole un’occhiata dall’alto al basso con aria schifata. Ma Saya non si fece scoraggiare da ciò, perché il fatto che stesse antipatica a quasi tutte le sue compagne di scuola era oramai cosa nota. La maggior parte delle ragazze lì dentro era della fazione pro Fujima, ma quell’affermazione la lasciò talmente esterrefatta che non si preoccupò minimamente del disprezzo di quelle ragazze.
«Si sono dati appuntamento in palestra. Stavamo andando tutte lì!», le disse un’altra del gruppetto, per fortuna con tono più amichevole rispetto alla sua compagna.
«Grazie!», le rispose però la nipote del presidente Ditenji, senza aspettare altro ed iniziando a correre nella direzione prestabilita. Avrebbe voluto avvertire anche Yuri e Boris, ma fu sicura che la notizia sarebbe arrivata anche a loro…
 
 
Quando raggiunse la sua meta si meravigliò di quante persone incuriosite da quella sfida avessero già presidiato il luogo. Alcuni si erano seduti comodi sulle tribune, altri avevano raggiunto sul campo i due sfidanti, mentre le spasimanti di Fujima avevano preso posto non molto distanti da lui. C’erano schiamazzi ed incitamenti, ma sembrava ancora tutto in procinto di iniziare.
Saya dovette però farsi spazio tra la calca degli studenti per raggiungere il campo, dove i due rivali si stavano scrutando in cagnesco al centro del parquet.
Il sempai aveva le mani tranquillamente posate nelle tasche dei pantaloni e stava osservando Kai con un sorrisetto fin troppo soddisfatto, che fece alzare un sopracciglio alla ragazza. Non aveva mai visto quell’espressione sul suo viso e la cosa le sembrò alquanto strana.
Quando spostò la sua attenzione sul suo vecchio amico però, lui stava scrutando il suo avversario con la sua solita indifferenza, con gli occhi ametista che scintillavano nella sua direzione, e lo stava facendo a braccia conserte. Le sembrò anche di rivedere il Kai Hiwatari fiero e posato di quando li tradì per tornare nella fila della Borg. Quella sicurezza l’aveva ostentata in occasione dell’amichevole giocata contro le squadre americane e cinesi, un attimo prima di rubare loro i Bit Powers. Quello significava che Kai era estremamente sicuro di sé, anche se Saya si chiese come avrebbe fatto a difendersi o ad attaccare nelle sue condizioni. Giusto quella mattina era zoppicante e dolorante, invece in quel momento sembrava così fiero e sicuro dei suoi mezzi da lasciarla totalmente spiazzata.
In ogni caso non si fece fermare da ciò e dopo aver preso una copiosa boccata d’aria palesò la sua presenza.
«Siete impazziti?!», gridò, correndo loro contro per cercare di raggiungerli, ma fu bloccata da una presenza femminile, che le si parò di fronte con aria alquanto intimidatoria.
«Non ti avvicinare!», le intimò quella ed al suono di quelle parole la nipote del presidente Ditenji si incupì.
«Tu chi sei?», le chiese infatti, perché veramente avrebbe voluto sapere chi fosse quella strana tizia dai capelli rossi, che l’aveva bloccata prima che potesse raggiungere il campo. Avrebbe voluto mettersi in mezzo per fermare quell’assurda sfida, ma la rossa sembrava fermamente convinta di frapporsi tra lei ed i due ragazzi.
«Sono la fidanzata di Hisashi Fujima!», le disse quella, dopo essersi voltata per un secondo a cercare l’approvazione del suo compagno, che con un gesto della testa ed un piccolo sorriso le dette il consenso di presentarsi in quel modo. Inoltre ci fu un boato generale, soprattutto qualche verso di disapprovazione da parte delle spasimanti di Fujima, perché erano tutte estremamente convinte che lui si fosse concesso solamente a Saya. Ed anche lei al suono di quelle parole strabuzzò gli occhi, bloccando i suoi passi con espressione decisamente scioccata. Credette di non aver capito bene, per questo spostò l’attenzione sul presidente d’istituto, cercando delle spiegazioni esaustive. In tutto ciò invece, Kai non aveva fatto una piega. In fondo lui sapeva già tutto.
«Ma come, non le hai detto nulla?», ridacchiò Fujima, rivolto a Kai, che però non provò neanche a spostare l’attenzione su Saya, che invece si voltò a fulminarlo.
«Beh, in questo caso è giusto che lei sappia tutta la verità, non trovi? E credo sia giusto partire proprio dall’inizio!»
Il presidente pronunciò ridacchiando quelle parole, con un dito puntato contro il russo, ma in tutto ciò la ragazza non ci stava capendo nulla. Iniziò infatti ad altalenare lo sguardo dal suo vecchio amico a quello che credeva esserlo fino a poche ore prima. Inoltre non si accorse nemmeno che la ragazza dai capelli rossi le era arrivata di fianco, pronta a bloccarla se avesse fatto anche solo un passo in più verso i due sfidanti.
«Ѐ chiaro che tu non ti ricordi di me, dei miei lineamenti o anche solo del mio nome. Come potresti…», continuò a ridacchiare, rivolto sempre verso Hiwatari, «ma noi due ci siamo già incontrati in passato ed è proprio per colpa di questo incontro che ho deciso di fartela pagare in questo modo così subdolo. Non ho mai trovato altro modo per farlo, inoltre non ne ho mai avuto l’occasione. Ma quando ti ho visto, il primo giorno di scuola, nella mia mente si è accesa una lampadina. Non speravo più di rivederti, è stata una piacevole novità…», continuò, accendendo il suo sguardo verde di ritrovato vigore, ma Kai aggrottò solamente le sopracciglia senza proferire parola, chiaro segno che stesse scavando nella memoria per cercare qualcosa che gli ricordasse dell’incontro a cui lui alludeva. Purtroppo nella sua giovane vita erano passati fin troppi eventi per riuscire a ricordarli tutti.
«So che stai cercando di ricordare, ed è piacevole vedere il tormento farsi spazio nei tuoi occhi. Lo è stato fin dall’inizio», continuò a ridacchiare, «ma te lo dirò io! Ci siamo incontrati, anzi, scontrati, quando tu eri ancora a capo degli Shall Killer. Avevo i capelli più lunghi e castani al tempo e portavo gli occhiali da vista, è forse per questo che tu non ti ricordi di me. Inoltre non ci siamo mai presentati. Io ti conoscevo solo per via della tua fama, ma un giorno seppi che la tua banda aveva distrutto i Beyblade dei miei amici…», intimò con una smorfia, assottigliando lo sguardo ed osservando con soddisfazione la mascella di Kai serrarsi sotto quelle parole. «Ah…te lo ricordi...Beh, quel comportamento non mi andò giù, soprattutto perché tra di loro c’era anche il Beyblade di quella splendida ragazza che vedi lì accanto alla tua amica», riprese parola Fujima, indicando la ragazza dai capelli rossi, che stava trattenendo Saya per un braccio. «Da una parte ti sono grato, perché grazie a quell’incontro riuscii ad avvicinarmi a lei ed a diventare il suo compagno di vita. Ma non sono qui per parlare di questo», fece spallucce. «In seguito a quell’evento però, accecato dalla rabbia e dalla voglia di dare una lezione a quei prepotenti, lanciai una sfida rivolta direttamente al loro capo, cioè tu. Ero sicuro dei miei mezzi, perché sono sempre stato un appassionato di Beyblade e grazie alla mia passione mi sono sempre allenato. Praticavo Judo nel club e nel tempo libero giocavo a Bey. Sono diventato discretamente forte, come hai potuto notare tu stesso», ammiccò verso Kai, che si limitò a fare una smorfia di contrarietà, senza però provare a prendere parola. «Ti sfidai sulle sponde del fiume e tu arrivasti sicuro e fiero come un vero leader, con tutti i tuoi cagnolini al seguito», fece una smorfia al ricordo. «Purtroppo però non ero ancora ai tuoi livelli e tu eri fin troppo spietato per lasciare illeso il perdente. Distruggesti il mio Beyblade e godesti anche nel farlo. Ricordo il tuo sguardo soddisfatto mentre il tuo Dranzer disintegrava il mio compagno di giochi. Ma io volli fartela pagare anche per quell’affronto e non mi limitai solo a giocare a Beyblade. Ti sfidai come ero solito sfidare i miei avversari, e cioè in un combattimento corpo a corpo. Purtroppo non potevo sapere che tu sapevi anche combattere…», fece spallucce. «Mi sentii un completo inetto, perché non riuscii a colpirti nemmeno una volta, mentre i tuoi colpi andarono tutti a segno. Mi rompesti il setto nasale e mi mandasti in ospedale, dove rimasi per circa un mese», concluse tra i denti, facendo storcere le labbra di Kai in un’espressione stranamente colpevole. Iniziava a ricordare ed in quel momento capì anche perché avesse in tutti i modi cercato di sopprimerlo. Aveva fatto sfoggio della vecchia crudeltà russa, la stessa che aveva sempre cercato di dimenticare.
«Quando uscii dall’ospedale giurai di fartela pagare, ma tu eri già partito per il mondiale di Beyblade. Ho seguito tutti i tuoi spostamenti in tv…», disse con una smorfia, nonostante nello sguardo avesse un lampo di malignità che né Saya né Kai avevano mai visto. «E dopo averti visto baciare quella ragazza capii anche come fare», ridacchiò soddisfatto, voltandosi a guardare la nipote del presidente Ditenji, che serrò la mascella con espressione furiosa, mentre Kai si aprì in una smorfia incredibilmente schifata. Quel ragazzo era stato infido e subdolo ed aveva limato un piano a dir poco perfetto, doveva a malincuore riconoscerlo. Aveva aspettato più di due anni per metterlo in pratica, ed in pochi giorni era riuscito a mettergli tutti contro. «Purtroppo ho dovuto aspettare di rivederti, perché da voci di corridoio venni a sapere che eri stato trasferito in un college fuori città. Ma seppi anche che ti eri dimesso dalla tua carica di capo degli Shall Killer e non mi ci è voluto molto per portarli tutti dalla mia parte. La nostra antipatia comune nei tuoi confronti e la loro voglia di vendicarsi di te e dei tuoi modi di fare ci accomunò. Nel frattempo mi sono allenato moltissimo e come vedi sono diventato molto bravo, sia a Beyblade che a combattere, per cui dopo aver battuto tutti i membri venni riconosciuto come nuovo capo. Da quel momento nacque Killer Blade ed il travestimento con il quale mi hai visto nel nostro covo. Non potevo certo rischiare di venire scoperto, altrimenti il mio piano non sarebbe mai riuscito. Ho atteso Hiwatari, ti ho minacciato indirettamente e ti ho portato via la fiducia di una persona a te cara. Ero sicuro che colpendo Saya avrei colpito anche te», scoppiò a ridere dopo aver rivolto un’occhiata più che eloquente alla ragazza, che in risposta non poté fare altro che ringhiargli contro tutto il suo disappunto.
Anche Kai si aprì in un ringhio incattivito, perché quella constatazione lo aveva indispettito parecchio, come quell’assurda situazione che si era venuta a creare.
Voleva fargliela pagare, soprattutto per aver allontanato Saya da lui.
«Quindi era tutta una messa in scena?», gli gridò contro la nipote del presidente Ditenji, con il tono di voce che rasentava l’isteria. Era arrabbiata e ferita per essere stata usata dal ragazzo che credeva avesse potuto sostituire Kai, ma solo in quel momento si rese conto che sarebbe stato impossibile sostituire Hiwatari nel suo cuore. Nessuno delle sue vecchie conoscenze o nuove valeva così tanto e si dette della stupida per non avergli creduto, quando invece lui si era prodigato così tanto per metterla in guardia. Se era finita a soffrire per lui e per il modo in cui l’aveva tratta era stata anche colpa del suo scetticismo, per quello si voltò verso il suo vecchio amico con espressione colpevole, come ad intimargli di perdonarla, ma lui la penetrò con uno sguardo che non riuscì a decifrare.
Purtroppo però Fujima approfittò della situazione e del fatto che Kai si fosse distratto per un momento. Lo colpì dritto al volto, e lo fece senza minimamente avvertirlo, al che Saya lanciò un gridolino spaventato, mentre dalla folla si levò un grosso boato. Era stata una mossa subdola, se ne rese conto anche lo stesso sempai, ma non voleva essere corretto, come non lo era stato Kai distruggendo i Beyblade altrui e come non lo era stato introducendosi di soppiatto nel suo vecchio covo. Essendo una persona così in voga nella scuola era sempre stato leale e sportivo, ma non aveva voluto esserlo con Hiwatari. Provò anche una certa soddisfazione quando il suo pugno incontrò il naso del russo, che iniziò di nuovo a sanguinare come il giorno prima, perché già provato dai colpi che gli avevano inferto sotto un suo specifico ordine gli Shall Killer. E Fujima lo sapeva, per questo seppe esattamente dove colpire. E con quel pugno gli riaprì anche la ferita che aveva sul labbro.
«Bastardo!», gli intimò contro Kai, mentre si puliva il sangue con il dorso della mano e tornava in posizione eretta. Quel sorrisetto di scherno visto sulle labbra del presidente d’istituto accese un moto di vendetta nel suo animo e con un ringhio incattivito, fregandosene del dolore e del fatto che fosse ancora provato dallo scontro avuto con i suoi vecchi sottoposti, si lanciò contro Fujima in una lotta all’ultimo sangue.
Nei minuti che seguirono ci furono schiamazzi, incitamenti e molta confusione. La lotta si fece estenuante, ma sembrava che a comandare fosse di nuovo Kai, perché mosso dalla rabbia che per troppo tempo aveva cercato di sopprimere. Per quanto forte fosse stato Fujima, non poteva nulla contro i vecchi insegnamenti della Borg. Non che Hiwatari fosse estremamente contento di utilizzare quei mezzi, ma in quel momento gli tornò utile e fu felice così. Per vendicare la sua più vecchia amica avrebbe fatto di tutto, anche ricorso alla crudeltà di cui si era macchiata quando prendeva ordini da Vorkof. Seppe per certo che Yuri e Boris non ne sarebbero stati felici, ma in quel momento voleva bearsi solamente della visione che gli si era parata di fronte. Perché aver visto il volto insanguinato del suo avversario gli aveva lasciato dentro una certa soddisfazione.
«E questo è per Saya!», gli disse infine, colpendolo con un ultimo colpo all’addome, e quello bastò per atterrare definitivamente il suo avversario, nonostante Fujima avesse mantenuto sulle labbra un ringhio incattivito. Probabilmente gli stava bruciando quella nuova sconfitta per mano di Kai.
Quest’ultimo invece si ricompose con uno sbuffo e gli voltò le spalle senza proferire parola, conscio del fatto che non avrebbe provato di nuovo a colpirlo a tradimento. Infatti non lo fece e, soprattutto, non disse nulla, perché oramai era palese la sua sconfitta, avvenuta soprattutto di fronte a tutti quei testimoni.
Quindi, sapendo che oramai era riuscito a portare a termine il suo piano, Kai si apprestò a camminare verso la porta d’uscita e lo fece sotto il più totale sgomento di Saya, che rimase a fissare scioccata le spalle del suo amato per tutto il tempo che impiegò per uscire dalla palestra.
“Questo è per Saya”, aveva detto lui e lei non poté fare altro che sorridere al ricordo.
Si decise a seguirlo quando oramai non aveva più nulla da fare in quel luogo. Fujima era stato aiutato a rialzarsi dalla sua compagna e quando li superò scoccò loro un’occhiata di pura sufficienza, come se i pugni di Kai non fossero stati già abbastanza, ma voleva far capire al ragazzo tutto il suo disappunto. Essere stata usata così le aveva lasciato dentro una certa amarezza.
«Tu non vali nulla in confronto a Kai…», gli sibilò contro con fare accusatorio. Si sentiva ferita, ma cercò di scacciare il pensiero e di raggiungere a grandi passi il suo compagno senza aggiungere altro.
Lo trovò che camminava zoppicante verso la porta che riconduceva all’interno dell’edificio, con una mano ancora serrata sul naso per cercare di fermare l’emorragia. Era bianco come un cencio, almeno nei punti del viso non coperti dal sangue, ed i ciuffi argentei dei suoi capelli erano del tutto afflosciati lungo il suo viso. Quella visuale le strinse il cuore, perché di nuovo non riusciva a vedere il suo amico, solitamente fiero ed orgoglioso, ridotto in quello stato.
«Kai…», si avvicinò a lui con titubanza, con le mani poggiate all’altezza del cuore e l’espressione decisamente impensierita, ma lui riuscì solamente a voltare su di lei il suo sguardo ammonitore e di nuovo quella visione le strinse il cuore.
«Mi credi adesso?», le disse con voce roca, distorta dalla mano che aveva ancora chiusa davanti alla bocca.
«Mi dispiace…non avrei mai voluto che arrivassi a tanto per dimostrarmelo…», continuò lei, facendosi sfuggire una piccola lacrima, che Kai osservò risoluto fino a che non si infranse sulla camicetta della sua divisa scolastica.
«Non importa…è finita», disse laconico, ma lei non demorse.
«Non puoi tornare in classe così, lascia che ti aiuti ad andare in infermeria!», propose lei ma bastò l’occhiataccia che le riserbò per farla desistere dall’andare avanti, almeno in un primo momento. Sapeva quanto Kai fosse stato orgoglioso e quanto odiava farsi medicare dagli alti.
«Ti prego, voglio farmi perdonare. Lascia che ti aiuti. Ti disinfetterò io se vorrai, ma ti prego, vieni in infermeria!», concluse perentoria e di nuovo, come era stato per l’insolazione, lui non ebbe la forza di sottrarsi ai voleri di quella ragazza, che oramai, volente o nolente, era riuscita a penetrare nel suo cuore di ghiaccio.
Così, senza minimamente proferire la sua approvazione o la sua contrarietà, Kai si lasciò guidare fino a che non approdarono nella stanza medica della scuola e quando entrarono nella stanza per poco non prese un colpo all’infermiera. Ma in quel momento giunse anche Fujima, accompagnato dalla sua compagna e dall’orda delle sue spasimanti, e la donna convenne che sarebbe stato meglio aiutare prima il presidente d’istituto, che versava in condizioni decisamente peggiori rispetto a quelle del russo.
Infine l’infermiera indicò loro la stanza dove aspettare il suo ritorno, sotto la più completa contrarietà di Hiwatari, che come aveva intimato pochi minuti prima non avrebbe voluto farsi toccare da nessuno. Ma la donna ovviamente se ne fregò della contrarietà del ragazzo e dopo aver rovistato in un cassetto dette a Saya una garza con del disinfettante e le intimò di tappare con quello la fuoriuscita del sangue dalla narice del suo amico, in attesa che tornasse per medicarlo meglio.
Saya fece come gli era stato ordinato e dopo aver preso tutto l’occorrente si posizionò tra le gambe aperte di Kai, che nel frattempo si era messo seduto sul bordo del lettino, ed infine appoggiò delicatamente il panno sul volto del ragazzo, che sussultò appena sotto quel tocco.
«Ti fa male?», gli chiese, titubante, scostando leggermente la mano per constatare i danni. Al ché lui fece una smorfia incredibilmente sofferente.
«No…», le rispose però, alzando i suoi occhi ametista in quelli di lei, che solo in quel momento si accorse di quanto il volto del suo amico fosse a così poca distanza dal suo. Quel suo sguardo leggermente lucido a squadrarla fin nel profondo bastò per farle iniziare a battere fortemente il cuore. Probabilmente era anche arrossita, ma in quel momento non voleva badarci. Voleva essere d’aiuto al suo compagno e non sarebbe stata soddisfatta fino a che non avrebbe visto di nuovo pulito il suo volto.
Seguitarono anche dei lunghi istanti di silenzio, dove nessuno dei due ebbe il coraggio di iniziare una qualsiasi conversazione, nonostante entrambi avessero molte cose da dirsi e da chiarire. Ma la prima a cedere fu di nuovo lei.
«Perché lo hai fatto?», gli chiese di punto in bianco, parlando quasi sottovoce, e quella domanda bastò per far alzare di nuovo lo sguardo di Kai, che aveva abbassato per colpa dell’imbarazzo. «Perché hai voluto sfidare Fujima a pugni nella tua condizione?», continuò, dopo aver visto che il ragazzo non sembrava intenzionato a rispondere. Però era una cosa che voleva davvero sapere, perché lui non si sarebbe mai comportato così sconsideratamente in altre circostanze. In quei giorni era stato silenzioso e sfuggevole e le aveva dato della stupida pur di non parlare di sé, ma in quel momento non avrebbe accettato dell’altro silenzio da parte sua.
«L’ho fatto per te», rispose lui, spiazzandola totalmente e penetrandola con uno sguardo talmente intenso che la bloccò sul posto. Bloccò anche la mano con cui stava cercando di tamponargli il sangue, rimanendo con la pezza a mezz’aria.
«Pe…per me?», ribadì titubante, continuando a guardarlo con aria scioccata, perché non si sarebbe mai aspettata di sentire quelle parole. Da quando Hiwatari combatteva per qualcuno che non era sé stesso? Quella constatazione la meravigliò non poco, oltre ad aver fatto correre di nuovo il suo cuore a passo di carica.
«Sì», ribatté lui, risoluto, «perché possono anche prendersela con me, ma nessuno deve permettersi di fare del male a te!», finì e di nuovo quell’affermazione la bloccò sul posto. Strabuzzò gli occhi e lo guardò con uno sguardo incredibilmente meravigliato, come se per la prima volta avesse sentito dalla sua voce delle parole di conforto. Era inoltre la prima volta che lui le parlava in quel modo, soprattutto dopo averle detto di essere irritante e stupida, cose che l’avevano notoriamente indispettita.
Tuttavia non riuscì a rispondere a quella frase, perché stranamente non sapeva cosa dire. Avrebbe voluto dire molte cose, ma tutte le morirono in gola. Aprì e chiuse solamente le labbra, e Kai le osservò come se per tutto quel tempo non avesse desiderato altro.
Successe tutto in una manciata di secondi. Un secondo prima stava osservando gli occhi ametista di Kai, l’attimo dopo lui aveva scostato con un gesto della mano la pezza che lei ancora teneva premuta sul suo volto, mentre con l’altra era andato ad afferrarle la nuca per avvicinarla al suo volto. Erano così vicini che potevano quasi sfiorarsi e la ragazza giurò anche di aver avvertito una leggera pressione sopra il labbro, da parte di quello caldo e leggermente tumefatto del ragazzo, oltre ad aver sentito il suo cuore perdere l’ennesimo battito ed il suo volto infiammarsi.
«Eccomi!»
La voce dell’infermiera però ruppe definitivamente l’atmosfera e fece sussultare i due ragazzi, che si allontanarono definitivamente l’uno dall’altra con un balzo spaventato. Tuttavia Saya lo fece a testa bassa, amareggiata, perché se la donna fosse arrivata qualche secondo dopo sarebbe riuscita a baciare di nuovo il ragazzo che tanto desiderava.
Ma arrivò a pensare che forse il destino non li voleva insieme…
Pensando quello si voltò verso Hiwatari, che invece la stava guardando con la sua stessa aria apprensiva.
«Se non c’è più bisogno di me io andrei, o le mie compagne del club mi daranno per dispersa», provò a sorridere in direzione del compagno, che quella volta le riservò uno sguardo ammonitore, perché tutto avrebbe voluto tranne che rimanere bloccato in infermeria con una sconosciuta, non dopo che era stato perentorio nel suo rifiuto al farsi visitare. Ma lei era troppo confusa per rimanere in quella stanza. Le stava mancando l’aria ed il cuore le stava battendo ancora come se avesse voluto distruggerle la cassa toracica. «Ci vediamo dopo…», salutò infine, voltando loro le spalle e sparendo oltre la porta dell’infermeria. Iniziò anche a correre verso la palestra del club di ginnastica ritmica come una forsennata.
Tuttavia sulle sue labbra c’era un enorme sorriso.
Fine capitolo 10
 
 
 
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Colei che scrive:
Ma salve a tutti e ben trovati in questo nuovo aggiornamento! Come promesso ecco la verità svelata eheheh :D spero di aver fatto un lavoro almeno buono T.T ed alla fine Fujima si è rivelato veramente subdolo, esattamente come avevate immaginato U.U Ma come avrete notato, il combattimento corpo a corpo e non quello a Beyblade mi è servito per l’avvicinamento di Kai e Saya :P ma se pensate che d’ora in poi sarà tutto rosa e fiori, beh, dovrete ricredervi xD perché, insomma, sono pur sempre una brutta persona U.U (non così brutta dai…). Ammetto però di aver voluto far cedere Kai e farli baciare di nuovo T.T la tentazione è stata tanta, ma non è questo il momento ehehe
In questa domenica mi è servita una gioia, e spero possa darmela questo capitolo T.T in questi giorni ho avuto solo notizie negative, inoltre la Toscana è da oggi red zone per cui sono di nuovo bloccata in casa come molti altri T.T ma la cosa più brutta è che tra 5 giorni, proprio il giorno dell’aggiornamento, avrei avuto finalmente Kai Hiwatari tatuato sulla pelle ed invece è tutto chiuso e quindi ciaone. Non è nulla, verrà spostato l’appuntamento, ma io ci tenevo uguale e poi sarebbe stata almeno una gioia in questo periodo brutto (perché il mio paese sta registrano più casi del primo lockdown). Scusate lo sfogo, ma purtroppo siamo tutti molto tesi in questo periodo, ma almeno la scrittura riesce ad alleggerirmi l’ansia <3
Quindi, grazie a tutti voi che recensite, o se avete voglia di lasciare un pensiero mi farete davvero felice <3, grazie a chi ha messo la storia tra le seguite/preferite/ricordate ed un grazie a tutti i lettori silenziosi giunti fino a qui!
Ci leggiamo tra 5 giorni! <3

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Capitolo 11
*** Caitolo 11 - What have you done ***


Capitolo 11 – What have you done
 
 


 
Why, why does fate make us suffer?
Perché, perché il fato ci fa soffrire?

Within Temptation - What have you done
 
 



 
Erano passati tre giorni da quando Saya era scappata dall’infermeria, dopo aver lasciato Kai nelle mani dell’infermiera. In altre circostanze non avrebbe mai lasciato il suo amico in mani sconosciute, non dopo che lui le aveva intimato il suo disappunto nel farsi visitare. Purtroppo però la scia degli eventi l’aveva portata ad allontanarsi dalla stanza, perché ancora doveva trovare una spiegazione a quello che era successo. O meglio, quello che non era successo... Quel bacio mancato le aveva lasciato dentro una certa insoddisfazione, però forse era stato meglio così. Nessuno dei due era ancora pronto per fare quel passo, perché entrambi erano ancora molto confusi e tra loro c’erano ancora molte cose non dette o da chiarire. Però Saya si era sentita incredibilmente amareggiata. Forse Kai era stato mosso dalla stessa disperazione di quando l’aveva baciata la prima volta, nello stadio Russo, ma quel vecchio bacio era servito solamente a fare danni, come la vendetta di Fujima. Purtroppo però non c’erano mai state altre occasioni di riavvicinamento e lui non aveva fatto una piega quando aveva saputo di Rei o Hitoshi. E, seppur fosse stato contrariato della sua pseudo relazione con il presidente d’istituto, Saya era sicura che Kai non fosse stato mosso dalla gelosia ma dai suoi motivi personali, che tra l’altro si erano ritenuti fondati, e lei era stata così stupida da credere all’innocenza di Fujima solamente perché lui era stato gentile ed amichevole con lei, a differenza del suo vecchio amico. Eppure Hiwatari aveva sacrificato il suo naso per difenderla, ed il tutto a pensarci le sembrava così assurdo. Però fu felice di quello, perché, anche se a modo suo, il suo compagno le aveva dimostrato che ci teneva alla sua amicizia.
Però quel piccolo avvicinamento in infermeria aveva annientato tutta l’audacia della ragazza, che non riusciva più ad essere totalmente spigliata con lui e quindi, quando poteva, cercava di non rimanere nel suo campo visivo.  Aveva addirittura rinunciato a pranzare con i ragazzi, sotto il disappunto di Boris, per passare la sua pausa con le ragazze del club, che però sembravano tutte invaghite dei suoi amici russi. Molte di loro non vedevano l’ora di scorgere i loro volti dalle tribune, quando andavano ad attendere Saya per poi tornare a casa tutti insieme. Un po’ le sue compagne la invidiavano per quel rapporto d’amicizia con quei misteriosi ragazzi, ma almeno non erano state scostanti come il team delle spasimanti di Fujima. E per fortuna anche la situazione con queste ultime migliorò notevolmente. Il fatto di non essere più nell’interesse del loro amato, o il fatto di non esserlo mai stata, aveva allentato un po’ la tensione ed addirittura alcune di loro avevano iniziato a salutarla nei corridoi. Non che a Saya importasse molto della loro amicizia, ma il fatto che non ce l’avessero più con lei le aveva fatto tirare un sospiro di sollievo e non si preoccupava più di camminare nell’edificio con la paura delle occhiatacce sprezzanti che le riserbavano.
Era riuscita a farsi accettare anche dalle sue stesse compagne di classe, che almeno non le parlavano più dietro e, anzi, a volte la coinvolgevano nei loro discorsi.
Anche Yuri e Boris erano felici di quel risvolto, e per il fatto che la ragazza fosse finalmente ben accettata da tutti. Lo stesso Kai era diventato quasi popolare quanto Fujima, anche se al russo non fregava assolutamente nulla di essere nei pensieri delle ragazzine o un esempio da seguire per i ragazzi. Tutti quei saluti sbrodolanti da parte delle sue compagne e quelli amichevoli da parte dei ragazzi lo indispettivano parecchio, ma cercava di comportarsi come al solito. Manteneva quella sua aria impassibile e superba, ma almeno sembrava decisamente più tranquillo rispetto a qualche giorno prima. E Saya non poté che esserne felice.
Quel pomeriggio invece avevano appuntamento a casa di Takao, in cui c’erano anche Hilary, Daichi, che oramai viveva da loro in pianta stabile, ed il Prof Kappa. Avevano ricevuto delle lettere da parte di Rei e Max ed avevano convenuto di leggerle tutti insieme. Ma soprattutto erano felici di poter finalmente passare una giornata tranquilla tra amici. Credo che tutti loro volessero dimenticare il vecchio pomeriggio passato al Luna Park…Kai in primis. E proprio lui in un primo momento si era rifiutato di raggiungerli, perché non voleva farsi vedere dagli altri in quelle condizioni. Molte ferite superficiali erano guarite del tutto, ma alcuni lividi sparsi sulle braccia erano ancora ben visibili. Soprattutto quello violaceo sullo zigomo, che si intravedeva sotto i segni blu che aveva fatto sulle guance. Anche il labbro non era tornato completamente come prima, ancora troppo gonfio per i gusti del ragazzo. Ed inoltre, nonostante il piccolo cerotto trasparente, continuava a notarsi il taglio.
Ci volle l’insistenza di Saya e qualche battutina di Boris, oltre le minacce mal celate di Yuri, per farlo cedere. Ed in quel momento stava camminando accanto a loro con una certa contrarietà.
Quando entrarono nella villetta di casa Kinomiya fu quasi sul punto di fare retro front e scappare a gambe levate dal frastuono che proveniva dal cortile. Probabilmente era in atto l’ennesimo litigio tra il padrone di casa ed il ragazzino dai capelli rossi, e ciò succedeva fin troppo spesso. Anche durante il mondiale quei due non avevano fatto altro che litigare, a volte facendo qualche discreta figuraccia di fronte a tutto lo stadio.
«Kai?», lo richiamò però Saya, quando si accorse che era rimasto impalato di fronte al cancello d’entrata e lo fece con una piccola risatina composta. Non avrebbe mai voluto indispettirlo, non dopo che aveva fatto di tutto per farlo rilassare, anche negandogli la sua presenza. Solo quando aveva visto che il suo comportamento nei suoi confronti era tornato quello di sempre aveva riacquistato un po’ dell’audacia perduta, almeno per rivolgergli la parola senza venire offesa di nuovo.
«Arrivo…», grugnì il diretto interessato e quell’espressione contrariata fece ridere sotto i baffi Boris, che già immaginava la faccia dei presenti quando avrebbero visto il grande Kai Hiwatari conciato in quel modo. Cercò anche di immaginare le reazioni di ognuno di loro, perché probabilmente sarebbero state le stesse che avevano avuto i due russi dopo aver visto il loro compagno ridotto in quel modo.
Il giorno della sfida in palestra avevano saputo del suo scontro con Fujima solo grazie alle voci di corridoio, ma quando erano arrivati sul luogo c’era fin troppa gente ad assistere all’evento, e quindi tornarono in classe con la speranza di sentirne l’esito dal diretto interessato. Purtroppo invece era stata Saya a dire loro cosa gli fosse accaduto ed a rendere loro note le sue condizioni.
Kai usci dall’infermeria solo quando i suoi amici uscirono dalle attività del club e quando lo videro aveva un’aria così risentita e contrariata che in un primo momento non si azzardarono a dirgli nulla. Nemmeno Saya. Inoltre era coperto di cerotti ed odorava di saturo e disinfettante, quindi è inutile dire quanto quella vista scioccò i due ragazzi, nonostante Boris avesse dovuto fare appello a tutto il suo auto controllo per non scoppiare a ridergli in faccia. E ci volle tutta l’autorità di Yuri per farlo parlare e farsi raccontare tutto dall’inizio.
Ma quando i quattro ragazzi palesarono la loro presenza nel cortile di casa Kinomiya, vennero sommersi dai calorosi saluti dei loro amici, almeno fino a quando questi ultimi non notarono Kai dietro le spalle di Boris. In quel momento i loro occhi si sgranarono e le loro bocche si aprirono in espressioni del tutto stralunate. Inutile dire come quelle reazioni divertirono i nuovi arrivati ed indispettirono il diretto interessato, che portò le braccia conserte al petto con un grugnito.
«O mamma…», si fece sfuggire Hilary, che era sempre stata fin troppo impressionabile. Inoltre anche loro non lo vedevano così mal ridotto dal suo ultimo incontro con Brooklyn, e gli ci erano voluti giorni per guarire completamente.
«Che…che diavolo ti è successo?», chiese scioccato Takao, con le sopracciglia aggrottate in un’espressione perplessa. Anche Daichi era rimasto pressoché impressionato e non si era lasciato minimamente sfuggire una delle sue solite battutine.
Purtroppo però Hiwatari non era incline a rispondere a quel tipo di domanda e la sua espressione ammusonita ne era la prova, quindi a prendere parola fu Boris.
«Si è fatto fregare come un allocco…», ridacchiò infatti, beccandosi un’occhiataccia dal diretto interessato ed una ammonitrice da parte di Yuri, che con i suoi occhi di ghiaccio gli intimò di stare zitto se non voleva fare una brutta fine. Kai era ridotto decisamente male, ma Yuri era sicuro che i suoi pugni funzionassero ancora bene. Per fortuna però non successe nulla grave, nonostante il nippo-russo avesse continuato a fulminarlo.
«Tzè, l’ho lasciato mezzo svenuto a terra e questo è l’importante. Non mi interessa di ciò che mi ha fatto!», si sentì però in dovere di dire e lo fece con un piccolo sorrisetto soddisfatto, che fece ridacchiare sommessamente Takao. In fondo lo conosceva fin troppo bene…
«Quindi non ti sei ridotto così per un incontro di Bey?», chiese Daichi, puntandogli un dito contro con fare perplesso, ma Kai fece spallucce scuotendo la testa.
«Ma si può sapere cos’è successo? Di solito non perdi le staffe così», insistette Takao, facendosi più inquisitore, al che tutti gli sguardi dei presenti finirono di nuovo sul diretto interessato, che sotto quella pressione non poté fare altro che raccontare ancora quella vicenda.
«Ah, quindi ti ha colpito a tradimento sul naso, per di più nello stesso punto in cui ti avevano già colpito i tuoi ex sottoposti!», asserì Kinomiya, facendo intendere di aver capito la vicenda, e solo dopo aver visto un gesto affermativo da parte di Kai continuò a parlare. «Beh, in effetti il tuo naso mi sembra un po’ diverso…», concluse, pronunciando quelle parole con fin troppa serietà. Quella constatazione però fece sbiancare il povero russo, tanto che sgranò leggermente gli occhi ametista in un’espressione incredibilmente spaventata, che fece scoppiare a ridere tutti i suoi amici. Compreso Boris, che riprese parola mentre si reggeva platealmente la pancia.
«Ad Hiwatari non frega nulla delle persone ma del suo bel nasino sì!», lo sbeffeggiò, cercando di riprendere fiato tra una risata e l’altra, lasciando il povero ragazzo incredibilmente contrariato.
«Stavo scherzando!», gli rese però noto il padrone di casa e quella constatazione riuscì un po’ a tranquillizzarlo.
«Dove hai imparato a combattere così bene, tanto da atterrare un campione di Judo?», chiese però perplesso il Prof Kappa e sotto quella domanda Kai serrò la mascella. Si votarono tutti a guardarlo, in attesa di una risposta, ma lui aveva spostato il suo sguardo risentito in un punto indefinito del giardino, segno che quelle parole lo avessero colpito più del previsto.
Però ci pensò Yuri a rispondere e così facendo distolse l’attenzione del pubblico dal suo compagno.
«Lo ha imparato alla Borg», disse e quella rivelazione sconvolse tutti, Saya compresa, perché non si sarebbe mai aspettata di sentire quel nome dalla bocca di uno di loro. Tuttavia il rosso aveva parlato con una certa nota risoluta nella voce, oltre al fatto di aver portato le braccia conserte al petto.
«Al monastero o ti difendevi con le tue forze o venivi soppresso…», continuò, indurendo poi la mascella una volta finito di parlare e di nuovo i volti dei presenti si aprirono tutti in espressioni incredibilmente meravigliate.
«Voi non avete idea dell’inferno che abbiamo passato in quel posto», riprese parola, con un tono di voce più freddo del solito, mentre i suoi occhi di ghiaccio si erano ridotti a due fessure. «Ma la lotta corpo a corpo non era nulla in confronto a…», provò a continuare, ma qualcuno pensò bene di interromperlo prima che finisse di parlare.
«Taci Ivanov, non rivangare il passato», sentenziò sprezzante Kai, «a loro non frega nulla di quello che abbiamo vissuto. Non spaventarli!», finì categorico, zittendo il russo e lanciando un’occhiata in tralice a Saya, probabilmente per captare la sua reazione in seguito a quelle parole. Ma lei dopo quelle constatazioni, e dopo aver visto i suoi occhi spaventati, capì che il suo amico era ancora intrappolato in quel passato e che tutti i ricordi legati alla Russia erano ancora marcati a fuoco nella sua memoria.
Si dette anche della stupida per averlo “costretto” a ricorrere alla violenza per difenderla, perché se lei gli avesse creduto subito tutto quello non sarebbe successo. Finì a mordersi il labbro inferiore con colpevolezza, cercando però di non farsi vedere dai suoi amici.
Tuttavia tra loro era caduto un imbarazzante silenzio, che per fortuna fu rotto dall’arrivo di nonno Jay con la merenda. Dopo quella interruzione nessuno riprese il discorso ed il pomeriggio passò all’insegna del divertimento.
Trascorsero le ore in video chiamata con Max, a chiacchierare del più e del meno come se lui fosse stato realmente lì con loro, ed a rispondere alla lettera di Rei. Almeno fino a che non fu l’ora per i Neo-Borg e per Saya di tornare a casa, anche se la constatazione di Yuri e quella strana reazione da parte di Kai l’avevano lasciata perplessa e pensierosa per tutto il tempo.
Fu quando salutarono quest’ultimo, che prese una strada diversa rispetto a loro tre, che la ragazza decise di rivolgersi ai due russi.
«Yuri?», richiamò l’attenzione del rosso e solo quando vide il suo sguardo di ghiaccio spostarsi su di lei decise di continuare «cos’è successo di tanto sconvolgente al monastero? Perché Kai non ha voluto parlare del suo passato?», gli domandò e sotto quella domanda sentì l’amico sospirare. Inoltre vide Boris spostare lo sguardo verso l’orizzonte con la mascella serrata.
Ma Ivanov decise di rispondere dopo alcuni secondi di imbarazzante silenzio.
«Non sono cose che a noi fa piacere ricordare. Ci abbiamo messo molto impegno e tempo per superarle…», continuò a sospirare e quelle parole lasciarono Saya ancora più confusa.
«Abbiamo subito molte violenze per colpa di Vorkof», riprese parola, «per questo quel giorno siamo andati alla sede della B.E.G.A. Volevamo fargliela pagare per tutto quello che ci aveva fatto passare. Nonostante al tempo fossimo stati solamente dei bambini, ci hanno plagiato a seconda delle loro volontà. Per noi non esistevano sentimenti benevoli, come amore o amicizia, eravamo solamente indirizzati alla lotta ed alla violenza, e vivevamo per la vittoria. Ci sottoponevano ad allenamenti estenuanti, che a volte ci portavano via tutte le energie, e quando ti sentivi stanco o sentivi di non riuscire a farcela, quelli ti punivano di nuovo. Le loro punizioni sono tutt’oggi marcate a fuoco sulla nostra pelle…», soffiò a denti stretti, e seppur Boris avesse provato a farlo desistere dall’andare avanti, il rosso continuò. «Quello che ha passato Kai è stato molto peggio rispetto a quello che abbiamo vissuto noi, perché lui era il nipote di uno dei capi e per questo si permetteva di fare lo spocchioso o rispondere a tono. Quel suo modo di fare indispettiva tutti, compreso suo nonno e Vorkof, che lo facevano punire in tutte le maniere più brutali…», fece spallucce al ricordo ed al suono di quelle parole Saya ammutolì. Capì come doveva essersi sentito Kai dopo aver dato un pugno in faccia ad Hiruta, ma soprattutto dopo aver usato e ricevuto tutta quella violenza da pare degli Shall Killer.
E si sentì incredibilmente triste.
«Ma per sapere qualcosa nello specifico o per sapere quello che ha veramente passato, perché in fondo è stato per colpa di ciò se Kai è così freddo ed apparentemente insensibile, l’unico modo è quello di chiederlo a lui», Ivanov riportò i suoi occhi azzurri in quelli ametista di Saya, con un’occhiata decisamente contrariata. «Ma dubito che lui voglia parlarne. In fondo sono cose che hanno provato tutti noi…soprattutto sapendo che lui ha ricordato queste vicende solo in seguito alla violenza subita nell’incontro con Brooklyn», concluse e quella constatazione ammutolì definitivamente la ragazza, che abbassò sconfitta lo sguardo. Non avrebbe mai pensato che Kai avesse subito così tanti soprusi, nonostante non ne fosse più di tanto meravigliata. In fondo aveva visto di cosa era stato capace Vorkof nelle finali del primo campionato del mondo. Era stata testimone della crudeltà di Boris, che aveva mandato Rei all’ospedale, della freddezza di Yuri, ostentata nella finalissima contro Takao, e dell’insensibilità di Kai, quando combatteva con Black Dranzer. Fu felice del fatto che almeno i due ragazzi l’avessero un po’ superata, nonostante avessero un po’ mantenuto l’ombra dei vecchi caratteri, perché purtroppo quelle erano cose che non sarebbero mai cambiate.
Ma Hiwatari?
Lui non sembrava affatto cambiato. Anzi, sembrava essere ancora più malinconico e distaccato e quella consapevolezza la rattristò ulteriormente. Non avrebbe mai voluto che il suo amico continuasse a tormentarsi per un passato che non riusciva a dimenticare, e solo in quel momento le tornarono alla mente le parole della chiromante, che le fecero andare giù un groppo amaro di saliva.
Kai stava portando avanti una lotta interiore.
Fine capitolo 11
 
 

 
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Colei che scrive:
Ma ciao e ben trovati in questo nuovo aggiornamento :3 questo possiamo definirlo come capitolo di transizione, ma sappiamo tutti cosa potrebbe succedere e cosa solitamente succede dopo i capitoli “tranquilli” xD perché figuriamoci se Saya starà zitta e tranquilla al posto suo. Yuri le ha detto che per sapere qualcosa di più specifico sul suo passato dovrà chiederlo direttamente al diretto interessato, ma che difficilmente Kai avrebbe ammesso qualcosa. In fondo lo conoscono bene tutti, però Ivanov l’ha messa in guardia. Secondo voi cederà alla tentazione di chiederglielo? xD Ma, se questo dovesse succedere, la domanda che dovremmo farci è: come reagirà Hiwatari? xD
Bene, dopo aver messo qualche pulce nell’orecchio, è giunto il momento di ringraziare i recensori (davvero grazie di cuore *^*), le persone che hanno messo la storia tra le preferite/ricordate/seguite e tutti i lettori silenziosi giunti fino a qua :3
Io sono molto felice che il fandom si sia un po’ ripopolato <3 mi si stringe il cuore a vederlo deserto e sapere che ci sono altri nostalgici come me, soprattutto in questo brutto periodo, mi scalda il cuore <3
Alla prossima!!! <3

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 - Unspoken words ***


Capitolo 12 – Unspoken words
 
 


 
Now take heed for me
Adesso presta attenzione a me
You will realize this is
Ti renderai conto che questa è
The calm before the storm
La calma prima della tempesta
Of the feelings untold
Dei sentimenti non raccontati
 
Temperance - Unspoken Words
 
 
 
 


 
Saya rimuginò sulle parole di Yuri per quasi tutta la sera, almeno prima di addormentarsi. La mattina dopo invece, quando uscì di casa per raggiungere i ragazzi, cercò di lanciare qualche occhiata a Kai, per provare a capire di che umore fosse il ragazzo. Era intenzionata ad avvicinarlo e parlargli apertamente, perché era sicura che, nonostante la storia con Fujima e gli Shall Killer fosse chiusa, lui stesse continuando a tormentarsi per qualcosa che secondo lei c’entrava col suo passato alla Borg, perché se aveva impensierito uno come Yuri doveva essere decisamente grave. Non avrebbe voluto che il suo amico continuasse a tenersi dentro tutto, e se poteva fare qualcosa per alleggerirlo di quel peso, beh, lo avrebbe fatto. In fondo era sempre stato così per lei. Si era sempre data pensiero per gli altri e sperò solo che Kai si lasciasse aiutare.
Riuscì a trascinarlo sul tetto appena misero piede a scuola e lo fece tirandolo poco carinamente per un braccio, come solitamente faceva lui con lei.
«Hey», si lamentò infatti, quando lei proferì solamente un “vieni con me”, prendendolo per un polso ed iniziando a tirarlo verso le scale, sotto le espressioni impensierite di Yuri e Boris, che in un primo momento non capirono cosa stesse succedendo.
«Cos’è tutta questa urgenza?», chiese ancora Hiwatari, con una certa nota seccata nella voce. Di certo non si sarebbe aspettato di essere tirato così dalla ragazza, in più sotto gli sguardi curiosi e divertiti di tutti. Ma a lei sembrava non importare di essere al centro dell’attenzione, perché era estremamente risoluta a raggiungere il terrazzo della scuola, dove nessuno li avrebbe potuti disturbare. Era sicura che Kai non avrebbe mai parlato di fronte a qualcuno.
Lasciò la presa sul polso dell’amico dopo essersi chiusa alle spalle la pesante porta e solo in quel momento si accorse della sua espressione decisamente contrariata, che per un attimo la fece pentire di averlo portato fino a lì, ma lei era sempre stata immensamente caparbia e testarda, quindi non si fece fermare dalla sua occhiataccia.
«Volevo parlare di una cosa…», iniziò così il discorso, dopo aver preso una copiosa boccata d’aria per farsi coraggio. Era stata così presa dalla sua situazione che non era riuscita a prepararsi un discorso.
Lui invece continuò a trapassarla con il suo tipico sguardo scocciato e per di più aveva portato le braccia conserte al petto, in un gesto che sembrava essere incredibilmente ammonitivo.
«Parla…», la incitò lui, esasperato dall’ennesimo silenzio, ed alla fine la ragazza si decise a dire la prima cosa che le venne in mente, e lo fece anche con poco tatto.
«Che è successo di tanto brutto nel tuo passato alla Borg?», chiese tutto d’un fiato, ma si accorse di come gli occhi di Kai si sgranarono leggermente e di come la sua mascella si serrò in un secondo. Era chiaro che non si sarebbe aspettato quella domanda così diretta da lei, soprattutto senza un motivo ben preciso. Perché per quanto si sforzò, il russo non riuscì a capire come mai Saya avesse voluto parlare di quello proprio sul tetto della scuola. Però arrivò a capire che forse era stato in seguito alla domanda del Prof Kappa, fatta il giorno prima nel cortile di casa Kinomiya, e dopo quello che Yuri aveva detto loro. Era logico che la cosa non sarebbe sfuggita all’intelletto della ragazza, che si preoccupava sempre troppo per lui. Aveva impedito ad Ivanov di parlare proprio per evitare tutto ciò, invece lei era riuscita a captare la tensione che era scesa tra i russi e quella consapevolezza lo lasciò decisamente amareggiato.
Da una parte avrebbe voluto sfogarsi, parlare alla sua più vecchia amica di tutto il suo passato e di tutti gli orrori vissuti in quel monastero, ma era anche sicuro che non fosse stato né il momento né il luogo adatto. Avrebbe voluto proteggerla da quel sapere, perché era una cosa che voleva a tutti i costi dimenticare anche lui. Non avrebbe mai voluto che lei sapesse cosa era stato costretto a fare, o cosa gli avevano fatto. Parlarle avrebbe significato ripercorrere quei momenti, e Kai non ne era ancora pronto. Perciò rimase in silenzio, combattuto sul da farsi. Era ovvio che si fidava di lei, ed in altre circostanze le avrebbe donato la sua stessa vita, come era stato nel combattimento contro Fujima, dove ci aveva rimesso la faccia pur di farla pagare a chi le aveva fatto del male, e fu sicuro che Saya avrebbe fatto lo stesso per lui, ma quelle erano cose troppo oscure e personali per esporle così a cuor leggero.
«Non voglio parlarne», le rispose infatti, ammonendola con lo sguardo, ma come al solito Saya se ne infischiò dei suoi modi sprezzanti.
«Ma noi siamo amici e gli amici si confidano…», insistette lei, portando le mani congiunte all’altezza del cuore, speranzosa di veder finalmente crollare le difese di quel testone.
Invece lui disse la cosa più sbagliata che avesse mai potuto pronunciare.
«Non lo siamo così tanto», ammise con freddezza, nonostante con quelle parole avesse voluto solamente farla desistere dall’andare oltre. Era chiaro che non pensava minimamente una cosa del genere, ma in quel momento preferì ferirla pur di non farle sapere delle cose che sicuramente l’avrebbero incupita ed impensierita. Oltre al fatto che non voleva sembrarle debole o rompere la visione “angelica” che lei aveva di lui.
Forse la Saya di qualche anno fa non si sarebbe fatta fermare da quell'affermazione, detta con così tanta leggerezza, ma in quel momento fu solamente freddata da quella constatazione, così tanto che rimase con la bocca aperta a guardarlo scioccata per qualche secondo, tempo che lui impiegò per serrare di nuovo la mascella. Almeno fino a che la ragazza non scoppiò in una risatina che voleva sembrare spensierata, ma che invece trasportò tutto il suo nervosismo. Si portò anche una mano alla nuca, in un gesto che voleva sembrare altrettanto spensierato, ma che colpì Kai più di quanto ci tenesse ad ammettere. Era incredibilmente sicuro che si sarebbe infuriata o disperata, ma tutto si sarebbe aspettato tranne di vederla ridere come se quella constatazione non l’avesse minimamente impensierita, anche se era ovvio che quella fu solamente tutta apparenza. Lei non voleva piangere ancora per lui, non dopo che aveva imposto a sé stessa di non rimanerci più male per i suoi atteggiamenti scostanti, ma quelle parole l’avevano ferita più di tutte le altre, più di quando lui le aveva detto di essere irritante oppure una stupida.
In quel momento Saya capì che per Kai non era mai stata più di una conoscente. In fondo non l’aveva mai considerata una vera amica, se non nei tempi spensierati dell’infanzia. Il passato che tanto cercava di tenerle all’oscuro aveva cambiato per sempre il loro rapporto e solo in quel momento riuscì a capirlo veramente.
Kai non avrebbe mai ricambiato i suoi sentimenti, nemmeno quelli di una semplice amicizia, e nonostante lui le avesse intimato di aver sfidato Fujima per lei, era sicura che in primis lui lo avesse fatto per sé stesso.
In fondo lui non l’aveva mai considerata neanche una compagna di squadra, per quello le tornarono alla mente le parole sprezzanti che le rivolse nel giardino degli Jurgens, e per quanto lui le avesse smentite, secondo lei dovevano avere un fondo di verità. Ed inoltre si sentì ferita come allora…
«Hai ragione!», si impose di rispondergli, nonostante la risatina nervosa, e quando vide che lui non aveva intenzione di scusarsi continuò. «In fondo nemmeno io ti ho mai detto di Rei, o Hitoshi, o di cosa io abbia fatto nel periodo della tua assenza», sorrise, sperando di risultare spensierata, ma lui stava continuando a guardarla con colpevolezza e lei era troppo presa dai suoi pensieri per riuscire ad interpretare le sue espressioni. «Lasciamo stare ok? Facciamo come se non ti abbia chiesto nulla!», alzò le braccia in segno di resa e dopo aver abbozzato un altro sorrisetto gli voltò le spalle.
«Ci vediamo in classe», gli disse infine, prima di sparire oltre la porta con espressione ferita. Inoltre quando raggiunse il pianerottolo notò come lui non l’avesse seguita, ma in quel momento non le stava importando di cosa avesse deciso di fare Hiwatari. In quel momento era intenzionata a lasciarsi alle spalle tutto ciò che lo riguardava, per quello entrò in aula con una certa risolutezza, nonostante l’espressione vacua, e la cosa ovviamente non passò inosservata ai due russi, che almeno riuscirono a tirare un sospiro di sollievo quando videro che sul volto di Saya non c’era neanche l’ombra di una lacrima. Però sembrava sconvolta e la cosa impensierì soprattutto Yuri, che la osservò accigliato per qualche secondo prima di richiamare la sua attenzione.
«Tutto bene?», le chiese, sperando di non dover uccidere Kai per averla ferita di nuovo.
«Benissimo!», gli rispose però lei, voltandosi appena verso di loro con un piccolo sorriso. Non voleva che i due si preoccupassero per lei, né che sapessero cosa fosse successo. Era risoluta a volersi definitivamente togliere Kai dalla testa, per quello non lo degnò più della minima considerazione, neanche quando lui tornò in classe e si sedette silenziosamente al suo posto. La tensione tra loro era stata palpabile, e forse se ne accorsero anche Yuri e Boris, ma per fortuna non proferirono parola ed ai due ragazzi andò bene così.
Saya però si sentì come se si fosse svegliata da un sogno. Si sentì come se fosse stata per tutto quel tempo sotto una campana di vetro, e la sua mente era pervasa da così tanti pensieri che non prestò la minima attenzione alle lezioni in corso. Era distratta e sfuggevole, ma per fortuna i professori non se ne accorsero e lei poté continuare a tormentarsi in silenzio. Ed anche durante la pausa della ricreazione fu silenziosa e pensierosa, nonostante fosse rimasta comunque insieme ai ragazzi. Non aveva avuto voglia di rimanere da sola, perché altrimenti sarebbe scoppiata a piangere, e piangere per Hiwatari era l’ultima cosa che avrebbe voluto fare in quel momento.
Fu però all’ora di pranzo che la tensione accumulata durante la mattinata trovò il modo di uscire.
«Vieni con noi o pranzerai con le tue compagne del club?», le chiese speranzoso Boris, osservandola mentre tirava lentamente fuori il Bento dalla sua cartella.
«Vado in bagno e vi raggiungo», gli rispose invece lei con un sorriso, lasciando così il pranzo sul banco e scappando fuori dalla classe a gambe levate.
Arrivò nel bagno delle ragazze che le lacrime le avevano già offuscato la vista, ma non le stava importando più oramai, perché finalmente avrebbe potuto dare libero sfogo al risentimento che aveva soppresso per tutta la mattina. Si chiuse a chiave in una delle toilette e si lasciò cadere a terra con la schiena poggiata alla porta, portandosi poi le ginocchia al petto come era solita fare nei momenti di disperazione come quello, e pianse fino a che non ebbe più lacrime da versare. Singhiozzò nonostante il via vai delle persone che entravano ed uscivano dal bagno, ma in quel momento non gliene fregò nulla di essere scoperta, né del fatto che avessero provato in tutti i modi ad aprire la porta che stava braccando da quando era entrata.
Decise di uscire solo quando si sentì svuotata di tutto, e quando oramai era quasi l’ora di andare al club. Non che avesse avuto voglia di allenarsi o di stare in mezzo alla gente, ma pur di spostare la sua mente ed i suoi pensieri da Kai, e da quello che era successo, avrebbe fatto di tutto. Per quello si sciacquò la faccia con dell’acqua fredda, probabilmente per togliere i residui del pianto dalle guance, e dopo aver pensato ad una buona scusa da dire a Yuri e Boris, in caso si fossero accorti dei suoi occhi incredibilmente lucidi, decise di tornare in classe.
I tre ragazzi però la stavano aspettando impensieriti vicino ai loro banchi, e quando lei finalmente entrò in aula la osservarono con espressione leggermente accigliata, che si intensificò ulteriormente dopo aver visto il suo volto stranamente provato, ma lei aveva ancora lo sguardo basso, nella speranza di non far notare i suoi occhi arrossati, e così facendo non si accorse della lunga occhiata che le riserbarono.
«Che ti è successo? Ti abbiamo aspettato per tutto il tempo!», brontolò infatti Boris, guardandola di sbieco per cercare di capire il perché fosse così incredibilmente abbattuta.
«Scusate», lamentò però lei, alzando le braccia in segno di resa con un piccolo sorriso. «Mi è venuto il ciclo ed ho avuto un forte attacco di nausea. Mi sono svuotata ed adesso sto meglio», concluse poi con un plateale sospiro, sperando così di zittirli. Tuttavia nessuno di loro credette a quelle parole, ma almeno ebbero la decenza di non dire altro. Continuarono a guardarla di sbieco, ma alla fine Yuri e Boris fecero spallucce e decisero di lasciarla stare. In fondo sapevano anche loro che una ragazza poteva stare davvero male in quel periodo del mese. Ed inoltre Kai era stato bravo nel dire loro che quella mattina non fosse successo nulla, così da non dover incorrere nella collera di Ivanov, quindi i due russi fecero finta di crederci.
«Io raggiungo il Club. Ci vediamo dopo!», rese loro noto Saya dopo qualche attimo di silenzio, in cui prese alla svelta la sua la cartella e scappò di nuovo fuori dalla classe, lasciando basiti i suoi compagni.
Al club però non riuscì ad essere concentrata nemmeno per un momento e quella cosa la indispettì parecchio, oltre al fatto che il nome di Kai le fosse stato nelle orecchie per tutto il tempo. Ogni volta che entrava in palestra le sue compagne le chiedevano dove fosse il suo amico e se l’avesse raggiunta come suo solito, così da poterlo poi ammirare con gli occhi a cuoricino. Alcune di loro le avevano anche rivelato di avergli addirittura scritto delle lettere, alla quale lui non aveva mai risposto, e quel fatto la indispettì ancora di più, tanto che alla fine sbottò esasperata.
«Tanto è gay!», disse loro con una smorfia, cosa che ammutolì tutte. Si beò anche delle loro espressioni deluse, e dovette ammettere di aver provato una certa soddisfazione nell’osservarle, ed anche se in un primo momento le sue parole sembrarono aver sortito l’effetto sperato, quelle non si fecero fermare nemmeno da quella constatazione, a cui ovviamente non credettero minimamente. Al che, esasperata dai modi di fare delle sue compagne ed incredibilmente provata dagli avvenimenti di quella mattina, chiese alla presidentessa il permesso di uscire prima dal club. Non aveva nemmeno voglia di attendere che i ragazzi fossero andati a prenderla, ed in più non voleva imporre la sua presenza a Kai, sicura che lo avrebbe solamente infastidito. Era anche convinta del fatto che a lui rompesse doverla aspettare fuori dal club, per cui prese le sue cose con fare stizzito e corse fuori dalla scuola a gambe levate, intenzionata a lasciarsi presto alle spalle quell’orribile giornata.
Fine capitolo 12
 
 

 
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Colei che scrive:
Ma salve e ben ritrovati in questo nuovo capitolo :3 che come promesso è leggermente più movimentato del precedente ma…il bello deve ancora arrivare xD i prossimi due capitoli saranno moooolto movimentati XD e tra due capitoli inizierà la parte due, quindi tenetevi pronti (spero solo di aver fatto un buon lavoro XD)
Come qualcuno di voi aveva preventivato, Saya alla fine è dovuta andare a chiedere a Kai cos’è successo nel suo passato (in questo caso potrei dire che: chi si fa i cavoli suoi…xD) e lui ovviamente non ha reagito molto bene. Ma in fondo c’era da aspettarselo U.U quanti punti ha perso Hiwatari in questa storia? XDD
Bene, credo non abbia nulla da dire in riguardo, mi terrò buona per i prossimi capitoli ehehe
Passo a ringraziare come sempre i miei recensori *_* (grazie di cuore!), le persone che hanno messo la storia tra le preferite/ricordate/seguite e tutti i lettori silenziosi giunti fino a qui :3
Al prossimo aggiornamento!!

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 - Forgiven ***


Capitolo 13 – Forgiven
 



 
I know it was destined to go wrong
Lo so che era destino che finisse male
You were looking for the great escape
Tu cercavi un modo per fuggire
To chase your demons away
Per scacciar via i tuoi demoni

Within Temptation - Forgiven




 
 
Per tutta la notte Saya rimase a rimuginare sulle parole di Kai e sul suo comportamento, per cercare di capire cosa di tanto oscuro ci fosse nel suo passato per essersi rifiutato di esporlo in quel modo. Ma soprattutto ripercorse con la mente tutti i ricordi della loro amicizia, dagli spensierati giorni d’infanzia a quei tre campionati mondiali, vedendo come il loro rapporto si fosse incrinato definitivamente da quando lui era riapparso nella sua vita. Si era illusa che dopo la sfida sul lago Bajkal le cose tra loro si fossero sistemate, invece non era stato così. Era stato più amichevole e gentile, quello era vero, ed era finito anche a baciala, ma quelli erano solamente dei piacevoli ricordi che non sarebbero mai più tornati, ed anche se lui era stato sul punto di baciarla di nuovo, in infermeria, fu felice del fatto che non fosse successo. Sicuramente lui si sarebbe pentito, invece per lei sarebbe stato ancora più difficile da dimenticare.
Ed ecco cosa doveva fare: dimenticare Kai Hiwatari, anche se sarebbe stato indubbiamente difficile!
Però sembrò alquanto risoluta quando si alzò dal letto con un sonoro sbuffo, decisamente in anticipo rispetto al suono della sveglia, e dopo che entrò in doccia per cercare di scacciare via i pensieri che l’avevano tormentata per tutta la notte. Inoltre, per non sembrare troppo cadaverica e per cercare di nascondere le occhiaie violacee che le erano spuntate sotto agli occhi, truccò leggermente il viso e mise un filo di lucidalabbra per far risaltare le labbra. Infine asciugò i capelli lasciandoli insolitamente sciolti. Per giorni era andata a scuola con la coda, perché più comoda per stare in classe, ma quella mattina volava sembrare per lo meno raggiante o spensierata, oltre provare a fare colpo su qualcuno. Il primo passo per cercare di scacciare il suo vecchio amico dal suo cuore sarebbe stato quello di trovare qualcuno che avesse potuto sostituirlo, anche se sarebbe stato impossibile secondo lei. Ed era anche un po’ restia alle nuove conoscenze in quel momento, soprattutto dopo quello che era successo con Fujima, ma non voleva continuare a soffrire per un amore non corrisposto. Né per un’amicizia finita oramai da troppo tempo.
Così, pensando a tutti quei buoni propositi, indossò le calze parigine al posto dei soliti calzettoni bianchi sotto il ginocchio e dopo aver tirato su con due mollette i ciuffi di capelli corvini che le ricadevano ai lati del viso, uscì finalmente di casa.
Quando poi si richiuse il cancello della villetta alle spalle, ignorando volutamente Kai, notò come gli sguardi meravigliati di Yuri e Boris si fossero immediatamente posati sulla sua figura, e quelle occhiate così eloquenti, soprattutto quella di Kuznetsov, la resero particolarmente soddisfatta, perché voleva significare che era riuscita nel suo intento di migliorare il suo aspetto. Non che avesse voluto fare colpo sui suoi amici, che in fondo per lei erano più come fratelli, ma già le loro occhiate volevano dire molto per lei.
«Wow», si lasciò infatti sfuggire Boris, mentre continuava ad osservarla dalla testa ai piedi con sguardo malizioso, e Saya sotto quell’occhiata si aprì in una risatina civettuola, portando anche una mano a coprirsi la bocca come faceva di solito. L’aver meravigliato i ragazzi l’aveva resa più audace, nonostante sentisse ancora gli occhi bruciare dal pianto concluso non molto tempo prima. Aveva platealmente cercato di cambiare anche per quello, per far sì che l’attenzione di tutti non si fermasse alle sue ametiste, che oramai non avevano più la stessa vitalità che l’aveva sempre contraddistinta.
Le sue risate non coinvolgevano più i suoi occhi.
Infatti la cosa non era sfuggita ad un attento osservatore come Yuri, che nonostante si fosse in un primo momento lasciato impressionare da quel miglioramento estetico, si era comunque accorto di come lo sguardo della ragazza fosse ancora fin troppo lucido. Ma Ivanov comunque non se la sentì di chiederle spiegazioni, e quindi superò la questione iniziando a camminare in direzione della stazione come se fosse stata una mattina come tante, seguito poi in silenzio dagli altri. Tuttavia Saya aveva abbassato lo sguardo a terra, mentre gli altri due, in mancanza di argomenti di cui parlare, camminarono silenziosi alle spalle del rosso.
Solitamente Boris punzecchiava Kai, il quale gli rispondeva spesso in tono stizzito, oppure tutti insieme parlavano delle lezioni o di ciò che avevano fatto al club il giorno prima, ma quella mattina il russo sembrava più preso dalla sua amica che dal suo compagno e Kai non sembrava incline a dare attenzione al prossimo. E poi era spesso Saya ad iniziare un discorso, per cui se non avesse preso parola lei difficilmente lo avrebbero fatto gli altri.
Così camminarono in silenzio per qualche metro, almeno fino a quando lei non arrestò i suoi passi di punto in bianco. Aveva inoltre abbassato lo sguardo a terra e sembrava sul punto di scoppiare a piangere da un momento all’altro.
Tuttavia resistette alla tentazione.
«Ragazzi?», richiamò le loro attenzioni con voce sofferta, e quello bastò per farli voltare tutti e tre verso di lei con un sopracciglio alzato.
«Che succede?», le chiese Boris con fare preoccupato, accorciando la distanza che c’era tra loro, ma lei abbassò di nuovo le sue ametiste a terra, troppo avvilita in quel momento per riuscire a guardarli negli occhi.
Però riprese a parlare.
«Ma voi mi sopportate solo per riconoscenza nei miei confronti e quelli di mio nonno, o perché vi sono davvero simpatica?», chiese tutto d’un fiato, digrignando poi in denti in un’espressione puramente sofferta. Aveva un po’ paura ad ascoltare la risposta, anche se era estremamente sicura che l’unica risposta che avrebbe voluto sentire non sarebbe mai uscita dalla bocca del diretto interessato. Infatti fu di nuovo Boris a prendere parola.
«Perché ci fai questa domanda?», le chiese, perplesso, e lo fece appoggiando leggermente la mano sul braccio della ragazza, in un gesto che voleva sembrare consolatorio, per quanto il russo fosse stato in grado di consolare qualcuno…
Nessuno dei presenti si era mai trovato a dover consolare una ragazza sull’orlo di una crisi di pianto.
«Non lo so», ammise però la nipote del presidente Ditenji, «è un po’ che ci penso e visto che stanotte non sono riuscita a chiudere occhio ho ripensato a molte cose. Ad Hitoshi, per esempio, che ha preferito la carriera a me. A Rei, che nell’indecisione ha scelto Mao, ed a Fujima, che invece di me non gliene è mai fregato nulla…Non so, mi sento come se fossi invisibile…», concluse facendo spallucce, nonostante avesse sentito di nuovo il famigliare bisogno di piangere. Però si impose di non farlo, non di fronte a loro, che sicuramente avrebbero insistito per sapere il motivo di quelle lacrime. Già sarebbe stato difficile spiegare il perché di quello strano discorso, che Saya si pentì di aver fatto subito dopo aver finito di parlare.
Tuttavia ci pensò di nuovo Boris a riprendere parola, e lo fece per cercare di stemperare un po’ la tensione avvertita dalla ragazza.
«Non sei invisibile, credimi, io ti vedo eccome…», le rese noto con fare malizioso, ma per fortuna quella constatazione le fece tornare il sorriso, anche se Saya era sicura che non avrebbe mai sentito il suo compagno esporre un discorso serio, perché lui era fatto così, però gli era grata per aver cercato di tranquillizzarla. Nonostante le sue occhiatine eloquenti ed i suoi atteggiamenti maliziosi, era sicura che lui non l’avrebbe mai toccata senza il suo consenso.
«Saya», prese però parola Yuri, parandosi di fonte a lei per avere la sua completa attenzione, e per cercare di essere più serio e diplomatico del compagno.
«Non ti azzardare mai più a fare questi discorsi, intesi?», la minacciò, ma il suo tono di voce imperioso voleva solamente esprimere tutto il suo disappunto. E poi, oltre che preoccupato per quello strano comportamento, Yuri era anche in imbarazzo.
Tuttavia cercò comunque di destreggiarsi al meglio, anche quando appoggiò le mani sulle spalle di Saya per avere la sua più completa attenzione.
«Lo ammetto, la prima volta che ti ho vista e conosciuta ho pensato che tu fossi solamente una ragazzina petulante e viziata, in quanto unica nipote di un uomo importante, un po’ come lo era sempre stato Kai», pronunciò, lanciando un’occhiata proprio verso quest’ultimo, che invece spostò il suo sguardo imbronciato da un’altra parte, probabilmente colpito da quell’affermazione. In fondo era stato per colpa di quel suo carattere altolocato se era stato sempre preso di mira dagli inservienti del monastero, e da Vorkof in particolare.
Ma Ivanov decise di continuare.
«Dopo aver combattuto contro di te al mondiale però, mi sono ricreduto. Ho visto la tua fierezza e la tua testardaggine, ma ho anche visto il tuo grande cuore quando ti sei presa cura di noi in ospedale, nonostante per te non fossimo nessuno», concluse con risolutezza e fu soddisfatto di vedere l’ombra di un sorriso sulle labbra della ragazza.
«Sono d’accordo con Yuri. Ti sarò sempre riconoscente per quello che hai fatto per noi, ma l’amicizia che si è creata non è solo in relazione a questo. Noi ti vogliamo bene davvero!», dette man forte Boris, facendole l’occhiolino, e le parole di Kuznetsov sembrarono aver sortito l’effetto sperato, perché alla fine Saya si aprì in un sorriso ancora più sentito, che fece finalmente tirare un sospiro di sollievo ai due ragazzi.
«Grazie», rispose loro con voce commossa, cercando di ricacciare indietro le lacrime che minacciavano di scenderle dagli occhi, quella volta per la commozione. Era felice di essere riuscita a chiarire almeno quella situazione, nonostante avesse continuato ad ignorare volutamente Kai, che per tutto il tempo del loro discorso era rimasto a braccia conserte dietro le spalle di Yuri.
Quel fatto però non era passato inosservato al rosso, che si accorse dell’espressione seccata del compagno solo quando spostò gli occhi di ghiaccio su di lui. Fu per quello che lo esortò con un’occhiataccia a dirle qualcosa di carino, ma purtroppo Yuri non poteva sapere che lei ce l’avesse proprio con lui, né si accorse che la ragazza avesse capito le sue intenzioni.
«Non obbligarlo a dire qualcosa che non pensa», gli disse infatti Saya, meravigliando non poco i due russi, che si voltarono a guardarla con le sopracciglia aggrottate.
Il diretto interessato invece le riservò un’occhiata incredibilmente risentita, perché si sentì colpito da quella constatazione, soprattutto per il tono di voce altrettanto risentito che aveva usato lei. Quel suo modo di fare l’aveva indispettito non poco, però non disse nulla, nemmeno quando lei li superò stizzita.
Yuri e Boris invece rimasero a fissare perplessi l’andatura frenetica della ragazza, almeno finché Kai non si voltò verso di loro facendo spallucce. Inutile dire come Ivanov lo ammonì con un’altra occhiataccia delle sue, perché fu estremamente sicuro che lui le avesse fatto qualcosa, anche se Hiwatari era stato perentorio nel dire il contrario. Ma oramai non aveva neanche più voglia di sprecare le parole per fargli capire il suo disappunto.
«Ha il ciclo, lo sanno tutti che in quel periodo sono particolarmente irritabili», commentò Boris con una risatina, stemperando un po’ la tensione che era scesa tra loro, e probabilmente era stato proprio quello il suo intento. Così non rimase loro altro da fare che seguire la ragazza, anche se per Ivanov la questione non fu finita lì.
 
 
 
Hiwatari però aveva già notato che Saya avesse un problema, ed a quel punto immaginò che ce l’avesse proprio con lui. L’aveva ferita così tante volte che oramai aveva perso il conto, ma in tutte le altre volte lei non aveva mai reagito in quel modo. Inoltre non si era minimamente fermato a pensare che forse quel suo risentimento poteva essere stato in relazione al discorso affrontato sul tetto della scuola, per cui quando iniziò la lezione cercò di lanciarle contro qualche occhiata inquisitrice. Tuttavia non sortirono l’effetto sperato, perché lei non si voltò a guardarlo nemmeno una volta.
Lui però non amava essere snobbato, almeno quando era lui a ricercare l’attenzione di qualcuno, così andò avanti ad osservarla per tutta la durata della prima ora di lezione, ma lei era stata fermissima nella sua decisione di ignorarlo. In fondo Saya voleva ripagarlo con la sua stessa moneta, ignorandolo e trattandolo in modo scostante come lui l’aveva trattata per tutta la durata del primo campionato mondiale.
Inoltre la seconda ora di lezione non fu diversa dalla prima, almeno riguardo al comportamento dei ragazzi.
Il professore dette loro degli esercizi da svolgere in silenzio al loro posto e Saya aveva spostato la sua attenzione sul quaderno senza più distoglierla da esso. Voleva a tutti i costi mantenere la mente occupata dai compiti, pur di non riportarla sui pensieri che l’avevano tormentata per tutta la notte, mentre Kai invece non si era minimamente arreso al fatto di essere stato bellamente snobbato. Non aveva neanche preso in mano la penna, per quanto gli stesse interessando della lezione, e fu quando arrivò quasi all’esasperazione per colpa di quell’assurda situazione che richiamò l’attenzione della sua compagna di banco. Le sfiorò appena la coscia, poco sotto l’orlo della gonna, nella zona di pelle lasciata libera dalle parigine, e quel tocco caldo e decisamente inaspettato da parte del compagno la fece sussultare, così tanto che rizzò la schiena e pronunciò un piccolo gridolino, che cercò di strozzare per non fare una figuraccia. Tuttavia quella reazione incredibilmente esagerata fece sussultare anche Kai, che di certo non si sarebbe aspettato che Saya reagisse in quel modo, ma lei era stata così presa dalla lezione da non essersi accorta di nulla.
«Ditenji! Hiwatari!», li ammonì invece il professore, dopo che l’intera classe si era voltata verso di loro, cosa che portò il russo ad indispettirsi ancora di più.
«Scusi prof», si scusò con fare lamentoso Saya, voltandosi poi con sguardo furioso verso il compagno di banco, probabilmente per rinfacciargli quel richiamo.
«Ma sei scema?!», le intimò però lui a denti stretti, di nuovo comportandosi in maniera impulsiva e senza pensare alle conseguenze che avrebbero sortito le sue parole.
«Fottiti!».
Fu l’amorevole risposta di lei, detta con sguardo leggermente omicida, a far capire a Kai che non era più il caso di insistere. Quindi, con un sospiro rassegnato e l’espressione stizzita, prese anche lui la decisione di ignorarla per il resto della lezione.
 
 
Quando la campanella suonò l’ora del pranzo, Saya ripose tutto l’occorrente scolastico nella cartella ed indispettita uscì dalla classe dopo aver intimato un “ci vediamo dopo” in direzione di Yuri e Boris, che quando lei varcò la porta spostarono la loro attenzione su Kai. Gli lanciarono contro un’occhiata decisamente indispettita, ed in un primo momento Hiwatari fece solo spallucce, stizzito dai modi apprensivi dei due, che si ritrovavano sempre a difendere la ragazza a spada tratta, ma si decise a dire la sua solo quando vide che entrambi non sembravano intenzionati a demordere.
«Io non le ho fatto nulla», intimò perentorio, mettendo così le mani avanti, «non è che ogni volta che lei ha un problema dev’essere per forza colpa mia!», disse in sua difesa con fare seccato, ma l’occhiata eloquente di Yuri gli fece capire che non ebbe creduto alle sue parole nemmeno per un momento. Però non aveva nemmeno voglia di esporre loro i suoi dubbi, perché qualche idea del perché lei ce l’avesse con lui se l’era fatta, ma non aveva voglia di ascoltare la ramanzina dalla voce disarmante del suo compagno dai capelli rossi.
«Perché la maggior parte delle volte è davvero colpa tua!», lo accusò infatti Ivanov, con la sua solita nonchalance.
«Beh, non questa volta!», mise il punto il chiamato in causa e lo fece anche con un tono di voce che non avrebbe ammesso altre repliche. Aveva già il suo bel da fare con l’odio della sua amica, non aveva voglia di inimicarsi anche gli altri due. Era sicuro di riuscire a sistemare le cose con lei anche da solo, come al solito. Non era abituato a dipendere dagli altri, né a confidarsi o confrontarsi con gli amici, quindi preferì lasciarli all’oscuro di tutto.
Però quella situazione aveva impensierito Kai più di quanto ci tenesse ad ammettere e ne risentì quando mise piede in palestra.
«Hiwatari!», lo richiamò un suo compagno di squadra, che dopo quel richiamo gli passò la palla con un passaggio mirato e veloce. In condizioni normali il diretto interessato l’avrebbe anche presa al volo, e probabilmente avrebbe anche iniziato a palleggiare fino a portarsi sotto canestro, e forse era quello che tutti i suoi compagni, soprattutto quelli che stavano giocando nella sua squadra, si sarebbero aspettati che facesse. Invece era così distratto che si accorse del passaggio solamente all’ultimo momento, ma per fortuna aveva sempre avuto i riflessi pronti e riuscì ad afferrare la palla con la prontezza di un vero atleta. Purtroppo però era troppo in ritardo e quella gli scivolò dalle mani lasciando tutti basiti, compresi i due compagni russi, che aggrottarono le sopracciglia con fare perplesso.
Kai non avrebbe mai sbagliato un passaggio elementare come quello...
«Scusate», bofonchiò in sua difesa, ma quello era stato solo uno dei tanti errori che si era ritrovato a fare, ed alla fine il suo continuo sbagliare finì per indispettirlo.
Chiese così il permesso di uscire dal campo dopo l’ennesimo passaggio calibrato male, ed ovviamente gli fu accordato subito, perché i suoi compagni si erano accorti da un pezzo che c’era qualcosa che lo turbava e lo capirono da come fuggì a gambe levate dalla palestra.
 
 
 
La stessa situazione si poteva ammirare nel club di ginnastica ritmica, in cui Saya continuava a sbagliare passi, perdere il ritmo e ad essere incredibilmente fiacca ed affaticata, oltre che irascibile. Non lo aveva detto a nessuno, ma non toccava cibo da più di ventiquattro ore. Il giorno prima non aveva pranzato, perché aveva passato tutta la pausa a piangere in bagno, e la stessa sera aveva saltato la cena, passando la notte insonne. Quella mattina invece si era sforzata di spiluzzicare qualcosa per colazione, con però scarsi risultati, e prima di andare al club non era riuscita a mandare giù nulla, perché il nervoso le aveva chiuso lo stomaco.
«Saya?», la richiamò una delle sue compagne, correndo verso di lei con uno sguardo stranamente emozionato, cosa che la indispettì quasi quanto quell’interruzione.
«Che succede?», le chiese infatti, seccata, perché fu sicura che non fosse una cosa importante. Non così tanto da distrarla dai suoi pensieri.
«C’è il tuo amico che ti sta guardando e sembra anche parecchio interessato», ridacchiò in risposta la nuova arriva e lo fece con fare civettuolo, cosa che convinse Saya a voltarsi in quella direzione, immaginando di trovare Yuri o Boris, che magari erano andati a constatare le sue condizioni. Quando però i suoi occhi ne incrociarono due del suo stesso colore, il suo cuore iniziò inspiegabilmente a battere più del dovuto, più di quando era sotto sforzo per l’allenamento, e quel fatto la indispettì ulteriormente, perché tutto si sarebbe aspettata tranne di vedere Kai osservarla con sguardo accigliato dalla porta d’entrata della palestra, ancora vestito con la tuta d’allenamento del suo club. Tuttavia gli rimandò indietro uno sguardo intimidatorio, come per fargli intendere tutto il suo disappunto nel vederlo lì, e gli voltò le spalle solo quando si sentì soddisfatta nell’averlo minacciato a sufficienza.
Lui però non si mosse minimamente dalla sua posizione, e rimase a braccia conserte ad osservarla di sottecchi. Quel fatto inoltre non passò minimamente inosservato alla compagna di Saya, che assunse di nuovo un’espressione pressoché divertita.
«Gay eh…», le lanciò la frecciatina con sguardo eloquente, ma la nipote del presidente Ditenji decise di snobbare anche lei e si appartò stizzita in un angolo della palestra, con l’intenzione di continuare a provare senza più ricevere interruzioni.
Purtroppo però quel giorno era fin troppo debole, ed in più nervosa per la presenza di Kai, che l’aveva mandata in confusione con la sua insistenza, così alla fine il suo fisico non resse a tutte quelle emozioni e crollò a terra svenuta dopo alcuni minuti, facendo preoccupare non poco tutti i presenti.
 
Non capii cosa fosse successo. Mi sentii come se fossi stata lasciata in balia delle onde. Quel lento oscillare mi cullò e mi preoccupò allo stesso tempo. Non ricordavo assolutamente cosa fosse successo, né dove mi trovassi quando riaprii gli occhi. Riuscii solamente a constatare di essere sdraiata su un lettino e solo dopo aver sentito l’odore di saturo e disinfettante capii di essere finita in infermeria. Come ci ero arrivata però non lo sapevo, ma forse mi ci aveva portato qualcuno…Per questo cercai di spostare lo sguardo verso la porta, per capire chi fosse stato tanto gentile da portarmi lì, ma quando voltai la testa di lato ed incrociai il suo sguardo mi sentii gelare.
Due profondi occhi ametista mi stavano osservando furenti
Fine capitolo 13
 
 
 
 
 
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Colei che scrive:
Ben trovati in questo nuovo capitolo amici lettori *_* e spero che anche questo vi sia piaciuto :3 e sappiate che il prossimo avremo un bello scontro diretto, ma non anticipo nulla ehehe inoltre col prossimo capitolo si concluderà la 1° parte della storia e daremo inizio alla 2° :3
Che dire, non so se ci sia molto da dire, alla fine potrebbe essere considerato anche questo un capitolo di transizione, ma sappiamo che Kai ha portato Saya in infermeria, dove l’ultima volta l’ha quasi baciata…chissà che succederà questa volta :P ma sono una brutta persona e vi lascio col dubbio per altri cinque giorni XD
Ps. Come detto in precedenza, in questa storia è cambiato leggermente l'incontro in Italia tra i Neo-Borg ed i Bladebreakers Revolution, e quindi al posto del Prof K, contro Yuri nella mia mente ha giocato Saya. Chissà se un giorno descriverò quella giornata... xD 

Pss. Volevo mostrarvi un disegno che ho commissionato ad una cara amica *^* Mi ha disegnato Saya e Kai molto pucciosi *_* Ve lo metto come Link perché è troppo grande il file per metterlo qui come immagine :3 Basta ci cliccate sopra: ---> Kai & Saya<---


Passo così a ringraziare i recensori (*___*), le persone che hanno messo la storia tra le preferite/ricordate/seguite, e tutti i lettori silenziosi giunti fino a qui :3
Inoltre come sempre mi scuso per gli errori >.< , coniugazioni verbali a volte messe a casaccio XD e frasi forse sconnesse >.<
Al prossimo aggiornamento!!

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 - In pieces ***


Capitolo 14 – In pieces
 



 
Telling me to go
Mi dici di andarmene
But your hands beg me to stay
Ma le tue mani mi dicono di restare
Your lips says that you love me
Le tue labbra mi dicono che mi ami
Your eyes says that you hate me
I tuoi occhi mi dicono che mi odi

Linkin Park - In Pieces
 



 
 
Quando Saya aprì gli occhi si trovò di fronte un Kai particolarmente furente e lo capì dall’espressione tirata del suo volto e dal fatto che i suoi occhi la stessero osservando in tralice. Per questo si voltò dall’altra parte, facendo intendere al ragazzo che non aveva assolutamente intenzione di parlargli, e si portò seduta sulla lettiga con le braccia conserte al petto, nonostante un lieve capogiro la fece quasi ricrollare giù. Ovviamente quel fatto non passò inosservato al compagno, che nonostante fosse rimasto a fissarla adirato dalla sua posizione eretta, era alquanto preoccupato per la sua situazione di salute.
«Tieni», esortò lui dopo alcuni secondi di silenzio, in cui Saya lo sentì rovistare dentro quella che doveva essere stata una borsa. Non era intenzionata a demordere, o a degnarlo della sua considerazione, ma lui non si fece fermare dalla risolutezza della ragazza e con fare esasperato le poggiò poco carinamente sulle gambe la scatoletta.
«Mangia!», decretò imperioso, indicando il Bento con l’espressione di uno che non avrebbe minimamente voluto essere contraddetto.
Lei in un primo momento abbassò solamente gli occhi, ad osservare l’oggetto che le era stato consegnato dai suoi modi stizziti, notando che fosse il pranzo che aveva mancato di mangiare quella stessa mattina, ed il constatare che Kai sapesse il fatto che lei avesse saltato il pasto la mandò su tutte le furie.
«Mangio solo se te ne vai!», gli rispose per le rime, alzando finalmente gli occhi ad incrociare quelli di lui, e quella risposta così astiosa servì inoltre per dargli l’ulteriore conferma che Saya avesse un problema proprio con lui.
«L’infermiera ha detto che hai avuto un calo di zuccheri e vedendo il tuo pranzo intatto, come quello di ieri, non ci ho messo molto a capire che è un giorno intero che non metti in bocca qualcosa», s’impettì, «quindi rimarrò qui a constatare che mangi», concluse, autoritario come solo lui sapeva essere, prendendo lo sgabello dell’infermiera e sedendoci sopra accavallando le gambe, gesto che servì solamente a farla sbuffare con risentimento.
«Mandami Yuri, te lo dirà lui», sibilò velenosa e con un gesto stizzito aprì il coperchio del suo Bento, capendo che tanto non l’avrebbe avuta vinta facilmente. Ma in ogni caso era decisa a continuare a mantenere il punto.
«Ci sono io, fatti andare bene la mia presenza», le rispose però lui, categorico, ma lei non sembrò intenzionata a portare avanti ancora quel discorso e quindi rimase in silenzio. Sapeva per certo quanto poteva essere testardo Kai Hiwatari quando ci si metteva, ed in ogni caso non aveva voglia di continuare oltre quell’assurda conversazione. Prese così le sue bacchette ed iniziò con riluttanza a mangiare, provando anche ad ignorarlo, ma le fu del tutto difficile con i suoi occhi ametista addosso.
«Mi urti se mi guardi così», gli rese noto infatti, sbuffando indispettita e voltandosi verso di lui con sguardo tagliente.
«Non posso guardarti?», continuò lui con nonchalance, facendo spallucce ma continuando a perforarla con lo sguardo.
«Sto mangiando, vedi?», sibilò ancora, inviperita, portando alla bocca un altro pezzo di cibo ed addentandolo con rabbia.
«Vedo», soffiò lui in risposta e la conversazione finì così, facendo di nuovo piombare il silenzio tra loro. Saya continuò a mangiare senza più rivolgere la sua attenzione al compagno, mentre lui continuò ad osservarla di sottecchi. Almeno fino a che non decise di farle una domanda.
«Perché mi eviti?», le chiese diretto, facendole quella domanda così a brucia pelo che per poco non si strozzò con il boccone che stava deglutendo.
«Non ti sto evitando, parlo solo con chi mi è amico…», decise di rispondergli così, dopo aver dato un leggero colpo di tosse e dopo aver pensato ad una risposta più che esaustiva. Ma lui sospirò sotto quelle parole, chiaro segno che doveva aver capito il perché lei ce l’avesse così tanto con lui, anche se una piccola idea se l’era già fatta in precedenza.
«Io sono tuo amico», commentò infatti, nonostante il tono freddo che aveva usato.
«Non mi è sembrato, sei stato abbastanza chiaro nel dire il contrario…», insistette però lei, storcendo il labbro in una smorfia, al che lui sospirò di nuovo ed alzandosi dallo sgabello decise di sedersi sul letto accanto all’amica, che stava ancora guardando fuori dalla finestra a braccia conserte.
Lui però, esasperato da quel suo comportamento, e sapendo che tanto non sarebbe riuscito a cavare un ragno dal buco, le prese il mento con due dita e le spostò il volto in direzione del suo, imponendole così di guardarlo negli occhi. Ma lei cedette al suo gesto con un ringhio incattivito, guardandolo con astio e sul punto di un’altra crisi di pianto. Si stava però sforzando di non piangere, perché Kai non aveva mai amato le lacrime, e glielo aveva fatto intendere più volte.
«Vattene!», gli intimò Saya, soffiando quella minaccia tra i denti stretti, nonostante le dita calde del ragazzo fossero ancora serrate sul suo mento.
«No!», le negò lui categoricamente, guardandola anche spudoratamente negli occhi, gesto che fece fare un salto al cuore già provato della ragazza. I sentimenti che provava per lui, e le forti emozioni che lui le provocava con la sua vicinanza non erano mai cambiati nel corso degli anni. Si sentì avvampare, ma quella volta la reazione del suo corpo e del suo cuore la stizzirono particolarmente, tanto che con un colpo della testa si liberò dalla presa di Kai.
«Allora me ne vado io…», gli rese noto, provando ad alzarsi dal lettino, ma lui fu più veloce e bloccò la sua fuga afferrandola per un braccio.
«Se è per quel discorso sul tetto hai frainteso. Ho solo detto di non essere propenso a parlarti di quelle cose, tutto qui», si sentì in dovere di dirle, ma l’occhiata fulminante di Saya lo mise a tacere.
«Non mi è sembrato, ma possiamo sempre continuare a far finta di essere amici, o puoi sempre ignorarmi come hai sempre fatto. Ti è sempre riuscito bene…», lo punse volutamente nell’orgoglio e provò anche una certa soddisfazione nel vedere la mascella di lui serrarsi al suono di quelle parole.
«Se non ti avessi considerata amica, o se non mi fosse importato nulla del nostro rapporto, non mi sarei fatto spaccare il setto nasale per te!», le rese ancora noto, perforandola con un’occhiata di fuoco, ma lei non si fece fermare da ciò. Non lo aveva mai fatto.
«Non lo hai fatto per me», ammise con amarezza, «è stata solamente una conseguenza», lo fronteggiò a denti stretti e si guardarono con astio per alcuni secondi, in cui entrambi stavano tenendo alto il proprio orgoglio e la propria causa. Erano entrambi molto risoluti e testardi, ma il primo a cedere fu lui, e lo fece pronunciando la frase più sbagliata che avesse potuto dire in quel momento.
«Fa come ti pare!», inveì, freddo ed apatico, alzandosi dal letto ed uscendo dall’infermeria sbattendo la porta.
Fu in quel momento che le lacrime che Saya aveva soppresso per tutto il tempo non trovarono più argini e così, dopo aver colpito con un pugno la lettiga, dette sfogo a tutta la sua frustrazione.
 
 
 
 
 
Da quello scontro in infermeria passarono giorni senza che la situazione tra loro fosse minimamente cambiata. Saya era tornata a mangiare ed in forze, ma continuava ad ignorare il suo compagno come aveva fatto dal giorno dello scontro sul tetto della scuola, e Kai dal canto suo, indispettito da tutta quell’assurda situazione, decise di fare altrettanto. Non provò più ad avvicinarla o a rivolgerle parola, se non obbligato dalla situazione o da Yuri, e lei fece lo stesso.
Inutile dire come la tensione tra loro fosse avvertita anche dai due russi, che decisero comunque di non intromettersi per non beccarsi qualche risposta inviperita da uno di loro, ma almeno in quel modo le giornate passarono in tranquillità.
Un giorno però Kai notò il fatto che Saya non fosse scesa a pranzare con le sue compagne del club, come invece aveva fatto nei giorni precedenti, e quel fatto lo trovò particolarmente strano. Ma lei aveva deciso di rinunciare a pranzare coi suoi amici per non rimanere troppo a contatto con il suo compagno di banco, che appunto doveva già sopportare come tale. Non voleva imporgli la sua presenza, non dopo che aveva capito che a lui fosse indigesta. Questo però era un pensiero che si era fatta lei in seguito alle sue parole, perché le volontà di Hiwatari erano ben diverse da quelle che invece aveva esposto. Però al ragazzo la cosa parve molto strana e lo dimostrò quando le compagne di corso della sua amica gli passarono di fronte mentre era seduto con Yuri e Boris, sul prato del cortile a consumare tranquillamente il suo pasto. Si erano voltate a guardarlo come facevano di solito, invece lui aveva solamente spostato lo sguardo alla ricerca della sua amica.
La cosa tuttavia non era passata inosservata ad Ivanov, che sorrise leggermente sotto i baffi senza però proferire parola, nonostante fosse un po’ stanco della situazione che si era venuta a creare tra i suoi compagni, soprattutto perché sembrava ripercuotersi sull’umore già nero di Saya, ma Kai non lo aveva mai ascoltato, nemmeno per le questioni meno importanti, per cui non provò minimamente a farlo ragionare, conscio del fatto che prima o poi le cose tra loro si sarebbero sistemate.
Ma Hiwatari si sentì stranamente preoccupato, come se la loro amica fosse stata in pericolo, o peggio, con qualche altro ragazzo…
«Io torno in classe», rese così noto ai due, prima di alzarsi definitivamente dalla sua posizione, ma in risposta ebbe solamente un’alzata di spalle da parte di Yuri, che però aveva già capito le sue intenzioni, mentre Boris lo ignorò totalmente. Così, senza proferire altre parole, e dopo aver sospirato appena, Kai tornò risoluto in classe.
Fu lì che trovò Saya, seduta al suo posto che guardava malinconicamente fuori dalla finestra, e rimase a guardarla per qualche secondo dalla porta, anche se dalla sua posizione non riuscì a vederla bene in volto. Notò però il fatto che non avesse toccato il suo pranzo, che era ancora poggiato sul banco di fronte a lei, e quella visuale gli fece salire alle labbra una piccola smorfia di disappunto.
Decise tuttavia di sedersi anche lui al suo posto e lo fece dopo aver preso una copiosa boccata d’aria, che servì per darsi il coraggio necessario ad affrontare l’ennesima discussione.
«Non mangi?», le chiese quando si lasciò stancamente cadere sulla sedia, ma lei era talmente assorta nei suoi pensieri da non essersi accorta del suo arrivo, per quello si voltò verso di lui con uno scatto, e solo in quel momento Kai riuscì a vedere le lacrime che le stavano scendendo dagli occhi, le stesse che lei tentò di asciugare con un gesto stizzito della mano.
«Non ho fame», gli rispose invece Saya, voltandosi di nuovo verso la finestra e tornando ad ignorarlo come aveva fatto fino a quel momento. Lui però sospirò di nuovo, nonostante fosse pressoché indispettito, ma si impose di non demordere.
«Pensavo fossi con le tue amiche…», insistette, ma lei lo interruppe senza nemmeno voltarsi a guardarlo negli occhi.
«Io non ho amici», constatò, piccata, al che il sopracciglio di Hiwatari tremò pericolosamente.
«Sì che li hai…», pronunciò, leggermente risentito, «hai Yuri, Boris…», continuò, ma si fermò prima di citare anche sé stesso, conscio del fatto che così l’avrebbe solamente indispettita. Decise quindi di cambiare approccio. «Pensavo foste amiche con le ragazze del club», commentò inquisitore, ma lei dopo aver abbozzato un grugnito si voltò di nuovo a parlargli faccia a faccia.
«Siamo solo compagne di scuola!», sbottò, «non mi conoscono, né sanno nulla di me. Per loro sono solo un mezzo per vincere le gare, ed a quanto pare anche quella con gli amici carini», finì con una smorfia di disapprovazione, ma fu talmente buffa che Kai dovette sopprimere una risata. «Per loro sono solo un buon pretesto per poter vedere te!», continuò e quelle parole gli fecero alzare un sopracciglio, ma lei non demorse e continuò a sproloquiare con sguardo risentito. «Non fanno altro che parlare di te, di chiedermi di te, di quando verrai a vedere gli allenamenti…è uno strazio!!!», sbottò infine, portandosi le mani nei capelli in un gesto spazientito. Però lui rimase incredibilmente spiazzato da quell’ammissione, tanto che si aprì in una risatina divertita, perché tutto si sarebbe aspettato di sentire tranne quella strana sfuriata di gelosia. E ne fu stranamente lusingato. Però si impose di rimanere impassibile.
«E piangi per questo?», le chiese, cercando di sopprimere l’ennesima risata, ma gli valse di nuovo un’occhiataccia.
«No brutto idiota!», sentenziò infatti lei, alzandosi in piedi con uno scatto. Il suo intento era quello di uscire stizzita dalla classe, ma purtroppo la presenza di Kai glielo stava impedendo, perché pur di non farla passare aveva spostato un braccio sul banco di Yuri.
Non era intenzionato a lasciare di nuovo le cose in sospeso.
«Perché pensi che alla gente non freghi nulla di te?», le chiese a brucia pelo, ricollegandosi allo strano discorso che aveva fatto lei stessa una mattina addietro. «Pensi questo perché non ti rendono partecipi dei loro trascorsi o pensieri?», continuò poi, spazientito. In fondo iniziava a non reggere più quella situazione tesa con lei. Avrebbe preferito tornare a vedere il suo sorriso invece che il volto sempre incupito che aveva mostrato in quei giorni, perché quel suo umore nero si ripercuoteva anche su lui.
«Gli amici parlano!», ammise però lei, portando le braccia al petto e smettendo di insistere a voler a tutti i costi superarlo. «Tu mi parlavi dei tuoi problemi!! Secondo te come facevo a conoscere la tua situazione famigliare?! Gli amici si confrontano, come ha fatto Rei con me nel primo campionato mondiale», gli puntò un dito contro, e nel sentire il nome del suo ex compagno di squadra Kai storse leggermente il labbro in una smorfia, ma non disse nulla e lasciò che lei continuasse a sfogarsi. «Esattamente come hanno fatto i nostri compagni di squadra quando ci hanno spiegato il motivo della loro partenza, prima del mondiale, o come hanno fatto Takao ed Hilary quando ci hanno detto di essersi fidanzati! Gli amici hanno sempre fatto quello che non hai mai fatto tu, con nessuno di noi!», finì e dopo quelle parole così accusatorie Kai strinse la mascella, ammutolendo per qualche secondo. Sapeva che era la verità, ma il fatto di essersela vista sbattuta in faccia in quel modo lo seccò parecchio.
«Nessuno me lo ha mai rinfacciato però!», commentò infatti, alzandosi pericolosamente dalla sedia.
«Sì, beh, te lo dico io!», s’impettì lei e per qualche secondo finirono a guardarsi con astio. Ametiste contro ametiste, in sguardi talmente penetranti che trasportavano un odio che nessuno dei due aveva mai scorto nello sguardo dell’altro. Almeno fino a che non fu lei ad abbassare gli occhi per prima.
«Che valore dai all’amicizia Kai?», gli chiese poi con un soffio, amareggiata dalla sua stessa domanda, indietreggiando stancamente fino a che non toccò con la schiena le vetrate della finestra. Però seguitarono altri secondi di silenzio prima che poté ascoltare di nuovo la risposta del compagno.
«Il valore di rinunciare a tutto pur di battermi con il mio miglior amico e rivale!», sospirò, «Di tradire tutti pur di poterlo affrontare ancora, ma tornando sempre dagli amici che secondo te ho tradito, trovando sempre la porta aperta», avanzò di un passo verso la compagna, «Il valore di farmi mandare in ospedale pur di tenere alti gli stessi principi in cui credono i miei amici! Di rischiare la vita pur di fare qualcosa per ridare il posto di lavoro al nonno di un’amica. Il valore di farmi odiare da lei pur di allontanarla dalle persone sbagliate, e farmi spaccare il naso pur di farla pagare a chi le ha fatto del male!», avanzò di un altro passo, «sì, quella volta l’ho fatto anche per me stesso, ma in primis l’ho fatto per te!», finì a ringhiarle contro a pochi centimetri di distanza dal volto, che alzò con due dita per fare in modo di avere di nuovo il suo sguardo astioso addosso. Avvicinò poi la sua bocca a quella di lei, così tanto che Saya poté sentire il suo respiro caldo sulle labbra, ma lui si fermò prima di poterle sfiorare.
«E tu?», le chiese a fior di labbra, con ancora le lucenti ametiste piantate nelle sue, che fecero iniziare a battere il cuore della ragazza come se avesse appena concluso una corsa estenuante. «Tu che valore dai all’amicizia Saya?», le chiese infine con un soffio, facendole salire dei brividi lungo la schiena quando pronunciò il suo nome, ma lei si impose di rimanere impalata al suo posto, con il labbro inferiore serrato tra i denti per colpa del risentimento. Era chiaro che Kai la stesse provocando di proposito, e che fosse mosso da una rabbia che in lui non aveva mai scorto. Lo capì da come aveva poggiato i palmi delle mani sul vetro, bloccando così una sua possibile fuga.
«È in nome di questa amicizia che ti sei concessa a Rei ed Hitoshi, eh?!», abbozzò poi una smorfia, «dov’è finita la ragazza che ha fatto di tutto pur di farmi ricordare gli anni trascorsi con lei? Quella stessa ragazza che non si è arresa nemmeno quando l’ho ripetutamente ferita?», parlò con fermezza, infilandole con prepotenza una mano tra i capelli e tirandoglieli per fare in modo che lei continuasse a tenere alta la testa, gesto che le strappò una smorfia di dolore. «Quella che ho di fronte non è la stessa persona, che si è arresa ad un mio rifiuto di esternare gli orrori del mio passato», finì di parlare che oramai le loro bocche potevano quasi sfiorarsi. Si era addossato così tanto a lei che poté sentirne i seni schiacciati contro il suo petto, e quella posizione emozionò incredibilmente anche lui, ma in quel momento non riusciva a provare un’emozione diversa dalla rabbia. Si sarebbe pentito di averla di nuovo trattata in quel modo, ma serviva una scossa o la situazione tra loro non si sarebbe mai sbloccata. Inoltre non c’era più la disperazione che lo aveva mosso la prima volta che l’aveva baciata. In quel momento c’era solamente tanta frustrazione, e nonostante il suo subconscio gli stesse intimando di provare a cedere e di baciarla ancora, lui resistette per orgoglio. E poi un possibile bacio li avrebbe allontanati ancora di più.
«Forse non sono solo io che sbaglio!», concluse infine, staccandosi da lei con un ringhio ed abbassando il capo fino a nascondere il suo sguardo amareggiato dietro la frangia argentea dei suoi capelli. Infine le voltò le spalle e sparì definitivamente dalla stanza senza proferire altre parole.
Quando invece Saya rimase sola sentì le gambe tremare sotto il suo peso, ed impossibilitata a rimanere ancora in piedi si lasciò cadere in ginocchio a terra, sconvolta. Era amareggiata, frustrata, arrabbiata ed immensamente triste.
Tutte quelle emozioni le stavano offuscando la mente, per quello avrebbe tanto voluto sfogarsi, ma oramai non le bastava più farlo piangendo...Voleva colpire Kai nel profondo, ma il non sapere come fare la alterò ancora di più. Voleva toglierselo dalla testa, nonostante in tutti quegli anni non ci fosse mai riuscita, ed inoltre non voleva più stare così male per lui. Non avrebbe più voluto sentire quel dolore lacerarle il petto, così come avrebbe voluto tornare a respirare regolarmente.
Solo quando impose a sé stessa di riprendere un contegno capì come avrebbe potuto fare. Capì che l’unica persona che avesse potuto aiutarla in quel momento fosse Boris, ed era ovvio che in circostanze normali non le sarebbe mai venuta in mente quell’idea così folle, ma in quel momento la sua mente era fin troppo provata dai precedenti avvenimenti per riuscire a pensare lucidamente.
Così corse a per di fiato fino al posto in cui solitamente pranzava con i suoi compagni russi, trovando Kuznetsov seduto accanto a Yuri, con le mani conserte dietro la nuca e l’espressione rilassata.
«Boris!», lo richiamò con voce decisa, al ché il chiamato in causa aprì gli occhi con un sopracciglio alzato, perché non si sarebbe di certo aspettato di essere richiamato con così tanta convinzione dalla compagna, ma la sua espressione cambiò radicalmente quando si accorse di quanto lei fosse sconvolta.
Tuttavia Saya non gli dette modo di dire nulla.
«Vieni con me!», gli disse solamente, afferrandolo per un braccio e tirandolo fino a che lui non si portò in piedi, confuso da tutta quell’insistenza. Provò anche ad incrociare lo sguardo di Yuri, come per cercare aiuto, ma Ivanov fece spallucce con una risatina, così non gli rimase altro da fare che farsi trascinare dalla ragazza in un posto appartato del cortile.
«Che ti è successo? Sembri sconvolta!», le chiese, dopo che lei ebbe lasciato il suo polso, e solo in quel momento riuscì veramente a constatare le sue reali condizioni. Aveva ancora le guance rigate dalle lacrime, nonostante avesse cercato di asciugarle solo un attimo prima, mentre gli occhi solitamente espressivi erano rossi e gonfi, peggio di come li aveva visti in quei giorni, ed in un primo momento Kuznetsov dette la colpa di tutto quello a Hiwatari, perché Kai era probabilmente l’unico sulla faccia della terra che avesse potuto ferirla a tal punto.
Purtroppo però non riuscì a chiedere altro, perché vide Saya iniziare ad avanzare verso di lui, intenta ad armeggiare con i bottoni della sua camicetta, e lui la guardò scioccato fino a che non riuscì a toglierla completamente, momento in cui la lasciò cadere a terra con espressione piatta.
«Hey…», la richiamò quando lei gli fu arrivata pericolosamente vicino, «che stai facendo?», insistette, ma la visione della sua amica in quel semi deshabillé lo emozionò non poco. In fondo lei non gli era mai stata indifferente, ma Boris sapeva dei sentimenti che Saya provava per Kai, e di quelli che sicuramente il suo compagno provava per lei, per cui non voleva incrinare il loro rapporto già abbastanza scombussolato. Né era intenzionato a rovinare l’amicizia che aveva instaurato con lei, ma se Saya l’avesse provocato ancora non avrebbe più risposto delle sue azioni. In fondo non era una macchina, ed il suo amico nelle parti basse la stava pensando alla stessa maniera.
Cercò comunque di darsi un contegno, e lo fece indietreggiando ancora di qualche passo, ma purtroppo arrivò ben presto con le spalle al muro.
«Saya?», provò a richiamarla, ma lei riuscì di nuovo ad arrivargli di fronte. Gli prese una mano e la portò a toccare uno dei seni, gesto che fece sussultare il povero russo, ed inoltre iniziò a sentirsi decisamente accaldato. Ma lei approfittò di quell’attimo di debolezza per poggiare le labbra su quelle del ragazzo, che se anche in un primo momento si impose di staccarsi, di non reagire o di allontanarla, non riuscì a fare nessuna di queste cose. Si lasciò trasportare dagli eventi ed iniziò a baciare la sua amica con un una passione che non provava da tempo. Non seppe neanche dire per quanto tempo andò avanti, né come avesse fatto a ribaltare le posizioni, imprigionandola tra il muro ed il suo petto. Le aveva anche circondato la vita con un braccio, mentre con l’altra mano era riuscito a liberare un seno dall’impedimento del reggiseno e lo stava palpeggiando come se non avesse mai voluto fare altro.
Riprese lucidità solo quando sentì che quel bacio stava diventando fin troppo umido per i suoi gusti, cosa che lo costrinse a staccarsi definitivamente da le, e lo fece con ancora il cuore palpitante e le membra accaldate. Però la sua situazione passò in secondo piano quando si accorse che Saya stava piangendo.
«Hey…», la richiamò, provando di nuovo ad avvicinarsi senza far succedere altro. Lei invece aveva abbassato il volto con espressione ferita, ed in quel momento gli era sembrata così fragile che quella visuale gli strinse il cuore. Così la prese tra le braccia, stringendola a sé in un abbraccio che voleva essere consolatorio, e rimanendo in silenzio aspettò che lei si sfogasse di tutto il risentimento.
«Ti senti meglio?», provò a chiederle dopo qualche minuto, quando sembrò essersi più o meno tranquillizzata.
«No…», gli disse però lei, categorica, ed un po’ Boris si era aspettato quella risposta.
«Vuoi dirmi cos’è successo?», riprovò con un nuovo approccio.
«No», ripeté lei, perentoria, e quello servì solamente a far sbuffare il ragazzo, perché se non avesse saputo almeno il motivo di quella disperazione non avrebbe minimamente potuto provare ad aiutarla.
«Posso almeno sapere con chi ce l’hai?», insistette, prendendola per le spalle e guardandola negli occhi ancora lucidi. Ma lei abbassò lo sguardo con un labbro serrato tra i denti, fatto che indispettì Kuznetsov ancora di più, perché solo in quel momento gli fu perfettamente chiaro per chi lei stesse piangendo. Ed era altrettanto chiaro che lei non avrebbe mai messo i suoi amici l’uno contro l’altro, per questo non aveva voluto ammettere la verità al compagno, ma solamente Hiwatari avrebbe potuto ridurla in quello stato. E Boris lo sapeva, per quello la penetrò di nuovo con uno sguardo omicida.
«Quel coglione!!», disse solamente, prima di prendere di peso Saya e portarla fino in infermeria, conscio del fatto che una presenza femminile avrebbe potuto aiutarla meglio di lui. Ed anche se in un primo momento la ragazza si oppose con tutte le sue forze, nonostante fosse troppo debole in quel momento per riuscire a rivaleggiare con il russo, alla fine riuscì ad addormentarsi sfinita sul lettino della stanza.
Ma ovviamente per Boris la questione non fu finita lì, perché era ancora decisamente provato dagli eventi appena trascorsi. Ed era ancora emozionato per colpa del bacio che lei gli aveva dato con prepotenza. Si era sentito stranamente emozionato, ma più si emozionava più la rabbia prendeva piede nel suo cuore, perché per quanto gli fosse piaciuta quella ragazza, lei non sarebbe mai potuta essere sua. L’unico ragazzo di cui le importava era finito per ridurla in quello stato e per lui era una cosa inconcepibile! Per questo corse a per di fiato fino allo spogliatoio della palestra, decisamente in ritardo per le attività del club, e dopo essersi cambiato al volo raggiunse i suoi compagni in campo, che quando lo videro tirarono un sentito un sospiro di sollievo.
«Kuznetsov, finalmente!», lo richiamò Tanaka, il capitano della quadra di Basket, ma Boris non lo degnò minimamente della sua considerazione e continuò a camminare risoluto fino a che non adocchiò la sua preda.
«Si può sapere dov’eri finito?», gli intimò anche Yuri, parandosi di fronte a lui con sguardo ammonitore, ma di nuovo il russo non si fece fermare, nemmeno se a farlo era stato il suo ex capitano, ed infatti superò anche lui con la stessa nonchalance. Il suo sguardo di fuoco era rapito da una figura posta a poca distanza da loro, che stava continuando a palleggiare indisturbato come se l’arrivo del suo amico non lo avesse minimamente toccato.
«Hiwatari!», gli gridò però contro, gesto che stizzì non poco il chiamato in causa, che si voltò verso di lui con aria seccata. Già il fatto di essere lì invece che essere altrove, dopo tutto quello che era stato costretto a vivere quel giorno, lo aveva indispettito non poco, ed in quel momento dare udienza a Boris era l’ultima delle sue volontà.
Tuttavia quando notò l’espressione adirata del suo compagno riuscì solamente ad alzare un sopracciglio con fare perplesso. Non aveva la minima idea del perché Boris lo stesse raggiungendo a passo di carica, o del perché sembrava avercela proprio con lui, però non fece in tempo a domandarlo, perché il diretto interessato lo colpì al volto senza tante cerimonie, con un pugno che trasportò tutto il suo risentimento.
Inutile dire come Kai rimase spiazzato da tanta violenza, così tanto che finì di nuovo steso a terra con il naso sanguinante. Inoltre era la terza volta che succedeva e quella consapevolezza gli fece digrignare i denti in un ringhio incattivito.
«Ma sei scemo?», gli inveì contro, con gli occhi che lampeggiavano di rabbia, ma Boris stava continuando a guardarlo con astio e di nuovo Hiwatari non riuscì a capirne il motivo.
«Sei impazzito?», sibilò invece Yuri, accorso dopo aver assistito all’inevitabile, e lo fece parlando in russo, chiaro segno che fosse decisamente incazzato.
«Affatto!», gli rispose però il compagno, anche lui nella loro lingua. Poi si voltò di nuovo verso Kai, perché in fondo gli doveva ancora una risposta.
«Sei un coglione», gli rese così noto, e sotto quelle parole fin troppo astiose il nippo-russo serrò la mascella, colpito e spiazzato da quella constatazione apparentemente senza senso. Tuttavia disse nulla, perché con Kuznetsov così adirato non c’era nulla che lui avesse potuto dire in sua discolpa. Voltò solamente le spalle ai presenti e sparì indispettito oltre la porta d’ingresso della palestra, lasciando basiti tutti i presenti.
Fine capitolo 14
 
 
 
°°°°°°°°°°°°°°
 
 
 
Colei che scrive:
Ma salve e ben trovati alla fine di questo nuovo capitolo eheheh (che è stato un parto da sistemare e correggere T.T, per cui mi scuso per tutti gli errori, tempi verbali sfuggiti al mio controllo xD o frasi sconnesse >.<). Alla fine è arrivato il tanto atteso confronto tra Kai e Saya, anche se probabilmente non è stato come vi eravate immaginati xD ma se li avessi fatti capitolare così non ci sarebbe stata l’altra metà della storia :3 con il prossimo capitolo inoltre si chiuderà la prima parte di storia, così che inizieremo a parlare del torneo :P
Che dire, sono veramente curiosa di sapere le vostre impressioni e, soprattutto, di sapere quanti punti ha perso Kai dopo questo capitolo xD ed adesso dovrà faticare molto per riacquistare la fiducia o l’amicizia della ragazza, ma, ce la farà? Ehehe
Quante domande, basta xD
Passo così a ringraziare i recensori (*_* davvero grazie), le persone che hanno messo la storia tra le preferite/ricordate/seguite, e tutti i lettori silenziosi giunti fino a qui :3
Al prossimo aggiornamento! <3

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 - Headstrong ***


Capitolo 15, inizio 2° parte – Headstrong
 
 

 
Headstrong, we’re headstrong
Testardi, siamo testardi

Trapt - Headstrong
 
 
 


Dopo lo scontro tra Boris e Kai nella palestra del club, Hiwatari non si presentò a scuola per tre giorni, che servirono a Saya per tranquillizzarsi, in seguito a tutto quello che era successo con i due. Il nippo-russo non aveva avuto voglia di farsi vedere di nuovo a giro con qualche cerotto sulla faccia, in particolare da lei, ed in più non era disposto a parlare dell’accaduto con Yuri, anche se il russo avrebbe comunque chiesto spiegazioni all’altro compagno.
Saya però fu colpita da quell’assenza, perché non se lo sarebbe mai aspettata da uno come Kai, che era tornato a scuola a testa alta anche dopo averle prese da tutti gli Shall Killer. Invece quella volta si era rifiutato di farsi vedere. Ma probabilmente si sentiva solamente in colpa per quanto successo con lei, e per quello che si erano detti, così tanto da evitare l’ennesima discussione.
Quando la quarta mattina i russi lo videro apparire, imbronciato come al solito ma apparentemente tranquillo, sembrò come se tra loro non fosse successo nulla. L’unica differenza fu lo sguardo furente che gli serbò Boris, ma durò solo un attimo, perché poi riprese a punzecchiarlo come al suo solito. Inoltre non avrebbe voluto parlare di ciò che era successo in palestra, altrimenti avrebbe dovuto spiegargli il perché di quello strano comportamento, ed ammettere di aver baciato Saya, invece in quel momento era una cosa che secondo lui doveva rimanere segreta. Almeno con Kai. Aveva anche fatto giurare Yuri di non farne parola con nessuno, ed aveva tranquillizzato su quella questione anche Saya, la quale aveva esplicitamente chiesto di non dire nulla al compagno.
Quindi, vedendo che la questione era finita lì, anche Hiwatari decise di metterci una pietra sopra, e da quel momento in poi iniziò a rispondere alle provocazioni del compagno come al solito. Solo Yuri era stato particolarmente silenzioso, ma Kai non ci badò più di tanto, perché se avesse avuto qualcosa da dire l’avrebbe detta lui stesso.
Invece la situazione con Saya era in una posizione di stallo, nonostante lei continuasse a sentirsi incredibilmente ferita. Era però rimasta ferma nella sua decisione di ignorarlo e ci stava riuscendo alla grande. Per lo meno non era finita di nuovo a piangere per lui, o almeno, non a scuola. Sfogava il suo risentimento tra le coperte del suo letto, quando tutti i pensieri soppressi durante il giorno tornavano a tormentarle la mente. Ma almeno durante le ore di lezione e del club aveva imparato a tenerli a bada, ed aveva soppresso tutte le emozioni che continuava a provare per il suo amico, lasciando solamente spazio alla rabbia. Era sicura che continuando a provare quel sentimento verso di lui sarebbe riuscita a dimenticarlo più facilmente.
E per quanto Kai fosse stato contrariato da tutta quell’assurda situazione, perché essere snobbato proprio dall’unica ragazza di cui gli importava lo stava indispettendo parecchio, decise per il momento di deporre l’ascia di guerra e di non provare ad avvicinarla ancora. Le avrebbe dato il tempo di tranquillizzarsi e lui ne avrebbe avuto altrettanto per capire come comportarsi. E comunque aveva continuato a tenerla sott’occhio, così da constatare che non si fosse nei guai o che non fosse uscita con qualche altro ragazzo.
Quella domenica però avevano appuntamento a casa di Takao, per parlare del nuovo torneo organizzato dalla BBA, e l’unico che invece sembrava aver tanta voglia di tornare su vecchie questioni sembrava essere Yuri, che quando Kai raggiunse la villetta del presidente Ditenji trovò ad attenderlo a braccia conserte. Gli disse che Boris e Saya li avevano preceduti, un po’ per il fatto che lei non volesse vederlo ed un po’ perché voleva parlargli in privato. E, seppur Kai fosse stato restio ad affrontare un qualsiasi tipo di discussione, sapendo anche cosa avesse voluto Yuri da lui, lo sguardo che gli riserbò il compagno non avrebbe ammesso repliche.
«Cos’hai intenzione di fare?», gli chiese infatti, quando iniziarono a camminare in direzione di casa Kinomiya, e quella domanda così inquisitoria lo indispettì notevolmente.
«Riguardo a cosa?», gli rispose però Hiwatari, cercando di mantenersi vago, ma quel suo modo di rispondere indispose leggermente Ivanov, che finì per lanciargli l’ennesima occhiataccia. Inoltre fu sicuro che quel testone non avrebbe mai parlato con sincerità.
«Lo sai benissimo riguardo a cosa, non fare il furbo Kai, non mi liquiderai come tuo solito!», lo ammonì in seguito, facendogli intendere tutto il suo disappunto su quell’argomento, e forse sotto quella specie di minaccia il diretto interessato si sarebbe arreso. Ma ovviamente Yuri non arrivò minimamente a credere che bastò quello per farlo cedere.
«Niente. Non farò niente», ammise infine il nippo-russo, messo alle strette dall’autorità del suo ex capitano, e lo fece con un’alzata di spalle, come se fosse stata la cosa più normale del mondo.
Ovviamente però quella risposta non piacque al rosso.
«Non puoi rifiutarti di prendere una posizione Kai», sbruffò seccato, piantandosi di fronte al compagno a braccia conserte, che dal canto suo riuscì solamente ad alzare gli occhi al cielo con fare esasperato.
«Sì, per il momento. Lei è arrabbiata…», cercò di iniziare, ma gli occhi di ghiaccio del compagno gli impedirono di continuare a parlare e così le parole gli morirono in gola.
«Ѐ ferita Kai, non arrabbiata, è ben diverso! Che diamine ti è saltato in mente di dirle quelle cose?!», gli rese noto Ivanov, parlando a denti stretti nonostante l’apparente pacatezza. Era quando si mostrava così calmo che il lupo era più pericoloso e quindi in un primo momento non se la sentì di contraddirlo. Inoltre si chiese come avesse fatto Yuri a sapere tutta la storia, ma non chiese spiegazioni, perché immaginò che fosse stata Saya a raccontargliela.
«Non sono affari tuoi!», sbottò invece, esasperato dai soliti discorsi, ma il compagno decise di cambiare approccio, senza neanche prendersela per i suoi modi ostili.
«Giusto…», sentenziò, perché in fondo era vero, ma Yuri teneva a quella ragazza tanto quanto teneva agli altri due, e se poteva cercare di far ragionare quello zuccone del suo ex compagno di squadra lo avrebbe fatto in tutti i modi possibili. «Allora rispondi a questa domanda», sciolse la posizione e si avvicinò pericolosamente al compagno, con gli occhi azzurri che scintillavano in direzione delle sue ametiste, ed a Kai sembrò davvero che fosse tornato ad essere il pericoloso lupo della steppa, pronto a colpire la sua preda, esattamente come lo aveva conosciuto quando entrambi militavano nella vecchia Borg.
Yuri stava di nuovo tirando fuori tutta la sua autorità.
«Quanto tieni a quella ragazza?», iniziò, «l’hai difesa da Fujima solamente perché lui non era raccomandabile, in quanto capo della tua vecchia banda, o perché eri geloso?», lo punse volutamente nell’orgoglio, perché quella sembrava l’unica cosa su cui poter far leva se si voleva far ammettere qualcosa ad Hiwatari, ed infatti lo vide serrare pericolosamente la mascella, oltre al fatto che iniziò di nuovo a tremare dalla rabbia. Si vedeva lontano un miglio che si stava sforzando parecchio per rimanere calmo, o rimanere lì a sostenere quella conversazione, perché Ivanov era assolutamente certo che il compagno avrebbe preferito scappare come suo solito pur di non parlare di ciò. Quando si parlava di Saya lui non riusciva ad essere estremamente sincero.
«L’ho difesa perché è una mia amica, e per quello che le ha fatto quel bastardo, non c’è altro da aggiungere», sbottò in sua difesa, provando anche a svignarsela da quell’assurda discussione, ma il rosso non demorse. Era estremamente risoluto a rincorrerlo anche se si fosse messo a correre, ma per fortuna Hiwatari rimase impalato al suo posto.
«Solo per questo o c’è dell’altro?», continuò inquisitore Yuri, assottigliando lo sguardo per riuscire a cogliere anche la minima emozione di quel volto impassibile.
«Che altro vuoi che ci sia?», sbottò però esasperato Kai, che stava sinceramente iniziando a stancarsi di quel terzo grado.
«Non lo so, dimmelo tu. Non farmi credere che non hai provato un moto di gelosia quando Fujima l’ha baciata di fronte a noi…», continuò a pungerlo nell’orgoglio il russo, sperando in una sua reazione, perché era assolutamente certo che Saya non gli fosse poi del tutto indifferente, ma com’era prevedibile il blader non disse nulla, né provò minimamente a rispondere, e quel silenzio per Ivanov valse più di mille parole, anche se avrebbe preferito sentirlo ammettere dalla sua voce. Era estremamente certo che il suo compagno non lo avesse ancora ammesso neanche a sé stesso, per questo non insistette, ma per Kai invece la conversazione si concluse lì, perché non era assolutamente intenzionato a dare sfogo ai suoi pensieri o alla frustrazione che gli aveva lasciato quella situazione con Saya. Così, quando riuscì a captare un piccolo cedimento nella difesa di Yuri, decise di superarlo.
Iniziò a camminare indispettito vero la loro meta, speranzoso di lasciare indietro insieme al compagno anche quei discorsi, ma seppur Ivanov fosse rimasto indietro decise di giocarsi l’ultima carta.
«Lo ha baciato, sai? Ha baciato Boris, e lui in un primo momento ha anche ceduto…», gli gridò contro, alzando volutamente il tono della voce per far sì che il messaggio penetrasse nell’animo del compagno. Riuscì anche ad essere estremamente soddisfatto quando lo vide arrestare il passo, con le spalle tese ed i pugni serrati, e fu sicuro che sul volto di Kai ci fosse un’espressione del tutto risentita, anche se gli dispiacque parecchio di non essere riuscito a vederla, ma il compagno non si voltò, né proferì parola. Ivanov però fu di nuovo estremamente sicuro di averlo colpito fin nel profondo, ma sperò che Hiwatari, in risposta a quanto successo in palestra, non sarebbe andato a spaccare la faccia a Kuznetsov.
“Scusa Boris, era necessario”, pensò poi con un sospiro.
 
 
 
 
Per il resto del tragitto camminarono in silenzio, almeno fino a che non arrivarono nel cortile di casa Kinomiya, dove il resto dei loro amici li stava aspettando. C’era anche Max, collegato in video chiamata.
«Ce ne avete messo di tempo!», disse loro Boris, leggermente divertito dopo aver visto l’espressione seccata dell’impassibile compagno russo, che come al solito sembrava voler intimare la sua voglia di scappare a gambe levate da lì. Non amava stare in luoghi troppo affollati, ed in quel cortile erano già in troppi per i suoi gusti. Però si impose di non rispondere alla provocazione del compagno, né a tutto il resto, anche se Yuri si era messo comodo per osservare una possibile reazione a quel commento. Era sicuro che Kai fosse decisamente combattuto tra il decidere di ignorarlo o di picchiarlo, ma per fortuna non successe nulla di così estremamente catastrofico.
«Allora, vogliamo parlare di questo nuovo torneo? Vuoi darci qualche delucidazione Saya?», prese parola Takao, che dopo aver salutato i nuovi arrivati si mise al centro del cortile e prese in mano la situazione come da buon leader, rivolgendosi così alla nipote del presidente Ditenji.
«Certo!», sorrise lei, alzandosi dal parquet che si affacciava sul cortile, e Kai la osservò per tutto il tragitto che fece per accostarsi al padrone di casa, cercando di scorgere qualcosa nella sua espressione che gli facesse capire il suo stato d’animo, ma oltre gli occhi leggermente lucidi non sembrava avere nulla di diverso dal solito. O almeno, da prima della loro discussione. L’unica cosa che notò fu il fatto che il suo sguardo non si era mai voltato ad incrociare il suo, e non lo aveva salutato nemmeno quando era arrivato, ma in fondo se lo sarebbe aspettato.
«Come avete avuto modo di sentire dai notiziari e dalle riviste sportive, è stato organizzato un nuovo torneo», iniziò lei, sotto le ovazioni dei ragazzi, che era sicura fossero tutti eccitati da quella notizia. Era anche per quello che avevano deciso di riunirsi. «E sarà totalmente diverso dal solito!», concluse, suscitando l’interesse del pubblico.
«In che senso sarà diverso dal solito? Non è un campionato mondiale?», chiese però Daichi, che alzò un sopracciglio per scrutarla con espressione perplessa, gesto che la fece ridacchiare sotto i baffi. Oramai la curiosità di quel ragazzino era nota a tutti.
«No, non è un campionato mondiale. Diciamo che si classifica come un torneo nazionale, ma è aperto a tutti…è stato organizzato per inaugurare la nuova sede della BBA e per ringraziare tutti i blader che hanno aiutato la federazione a rinascere, con la speranza che il Beyblade rimanga uno sport da praticare con passione», sorrise al suo ex compagno di squadra, nonostante quella spiegazione fosse rivolta a tutti i presenti, che iniziarono a guardarsi tra loro con facce stupite.
«Sarà disputato durante le festività natalizie, ma la notizia che ancora non è stata ufficializzata è la modalità di partecipazione», ridacchiò e sotto quella constatazione ammutolirono tutti.
«In che senso? Ci sarà una nuova modalità di partecipazione?», chiese però il Prof Kappa, che come Daichi aveva l’indole curiosa, di chi deve arrivare a dare una spiegazione esaustiva a tutto. Al che Saya ridacchiò di nuovo.
«In realtà non è proprio nuova, perché abbiamo già avuto modo di sperimentarla nell’ultimo mondiale…», fece spallucce, facendo volutamente una pausa e guardando uno ad uno i volti dei suoi compagni. Erano tutti aperti in espressioni pressoché incredule, tranne Kai, che nonostante l’interesse era rimasto impassibile a braccia conserte, appoggiato ad una parete.
«Non ci saranno selezioni, ma le iscrizioni saranno a numero chiuso, ed inoltre ci si iscrive a coppie. L’intero torneo sarà svolto con un incontro simultaneo a quattro, in cui i due blader di ogni squadra scenderanno in campo insieme. Gli incontri saranno ad eliminazione diretta, fino a che non rimarrà solamente una coppia», concluse, portando le mani sui fianchi con espressione soddisfatta.
A quelle parole si aprirono di nuovo tutti in espressioni soddisfatte ed eccitate, soprattutto Takao, che già non vedeva l’ora di far correre Dragoon su un campo di gara.
«Ragazzi, che adrenalina! Non vedo l’ora di scendere in campo!!», disse infatti il campione del mondo, tremando dall’eccitazione e tirando fuori il suo Beyblade dalla tasca dei pantaloni.
«Calma Takao, dovrai prima trovare un compagno!», ridacchiò Max dall’altra parte del pc, ed il padrone di casa fu notevolmente colpito da quella constatazione.
«Giusto, come decideremo le coppie?», si portò due dita al mento con fare pensoso, fino a che non si voltò verso Saya. «Non ci saranno più squadre, giusto? Ognuno può decidere il suo compagno in base al suo volere, o sbaglio?», cercò di capire se avesse afferrato tutti i concetti precedentemente esposti.
«No, è giusto», gli sorrise la chiamata in causa. «Per esempio, se io volessi partecipare insieme ad un perfetto sconosciuto, che non ha mai partecipato ad un torneo, potrò farlo. Basta iscriversi insieme ed in tempo», spiegò di nuovo e quello bastò per far riprendere a Kinomiya la sua vitalità.
«Ottimo!», dichiarò Daichi, balzando in piedi all’apice della soddisfazione. «Io e Takao vinceremo di nuovo!», si batté un pugno all’altezza del cuore, gesto che fece sorridere tutti. Sembrava così convinto e risoluto che non se la sentirono di contraddirlo. Solo il chiamato in causa non sembrava essere del suo stesso parere.
«No, un momento pidocchio, chi lo ha detto che dobbiamo per forza stare insieme?», lo ammonì il padrone di casa, puntandogli un dito contro con espressione stralunata, facendo scoppiare di nuovo a ridere tutti i presenti. Anche Yuri e Boris si concessero una risata, perché in fondo i battibecchi di quei due li avevano sempre divertiti. L’unico che sembrava non pensarla allo stesso modo fu Kai, che alzò gli occhi al cielo con fare annoiato, anche se l’idea di quel nuovo campionato aveva fatto brillare le sue ametiste di un ritrovato vigore.
«Perché insieme abbiamo già vinto!!», gli spiegò il ragazzino, anch’egli puntandogli un dito contro con fare risentito.
«Appunto!!», rigettò l’altro, «vorrei provare un nuovo compagno…in fondo non c’è da tenere conto delle squadre! Sarebbe bello poter tornare a combattere insieme a Max, o Rei…o magari…», si voltò poi verso la fonte dei suoi pensieri, che però gli riservò un’occhiata del tutto contrariata.
«Scordatelo!», lo minacciò Kai con tono piatto, nonostante gli fosse salito alle labbra un piccolo sorrisetto.
«E dai, non fare il pudico, saremmo invincibili!», gli occhi di Takao si illuminarono, ma Kai fu irremovibile nella sua negazione, ed allora lui tentò un’altra strada.
«Però sarebbe bello anche provare a combattere fianco a fianco con Yuri, oppure con Boris!!», si voltò verso i russi, ma loro alzarono le spalle con un sorrisetto.
«Sarebbe ancora più bello provare a batterti…credo di aspettare la rivincita dalla finale del primo mondiale», ridacchiò sotto i baffi il rosso ed il membro dei Bladebreakers non poté che asserire. Si erano ripromessi di combattere ancora, ma nell’ultimo campionato non erano riusciti a disputare un solo match insieme, perché Yuri la finale l’aveva combattuta contro Daichi.
«Hai ragione…beh, in ogni caso c’è ancora tempo, giusto?», ridacchiò infine il padrone di casa, rivolto a tutti.
«Giusto, abbiamo ancora tempo per pensare!», sentenziò il prof Kappa, che invece era indeciso se partecipare o meno.
«Abbiamo anche tempo per avere notizie da parte di Rei!», disse invece Saya, cosa che indispettì Kai più di quanto ci tenesse ad ammettere. Dopo aver saputo quello che c’era stato tra la sua vecchia amica ed il suo ex compagno di squadra non era più riuscito a guardarlo con gli stessi occhi. In fondo era dai tempi del primo campionato che si sentiva stranamente geloso di lui, e delle attenzioni che le aveva sempre rivolto. Le stese che non era mai riuscito a darle lui.
«Avrà sicuramente sentito del torneo, anche se probabilmente deciderà di partecipare con qualcuno del villaggio», ridacchiò la ragazza, trasportando anche gli amici Bladebreakers in quella risatina.
«Chissà se parteciperà qualche nostro vecchio rivale», disse poi Takao, sempre con il suo solito sorriso stampato in faccia. «Sarebbe bello ritrovare qualche amico che non è riuscito a partecipare al mondiale, tipo Ralph!»
«Sì, sarebbe bello!», sorrise anche Max, al che il campione si avvicinò allo schermo del PC.
«Al PPB invece cosa dicono di questo torneo?», gli chiese poi, curioso, ma sentì il biondino sospirare e quello gli parve alquanto strano.
«Beh, al momento gli unici interessati siamo io e Rick…», fece spallucce, meravigliando i presenti, che nel frattempo si erano avvicinati a Takao. Tutti tranne i russi, che continuavano a mantenere alta la loro asocialità.
«E come mai?», asserì con fare confuso Hilary, che non aveva proferito parola fino a quel momento. Aveva chiacchierato con Saya prima dell’arrivo di Yuri e Kai, ma poi era rimasta in religioso silenzio ad ascoltare le notizie riportate.
«Beh, siamo gli unici non troppo impegnati con la scuola», ridacchiò. «Michael, Eddie e Steve sono tutti all’ultimo anno e devono prepararsi agli esami. Mia madre non accetterà mai una bocciatura da uno dei tre», continuò, «Emily invece non parteciperà mai insieme al sottoscritto, o a Rick», fece poi spallucce, ammutolendo tutti.
«Non ce lo vedo Michael a scuola!», sentenziò però Takao, facendo di nuovo scoppiare a ridere gli amici.
«Invece ti assicuro che è bravissimo. C’è un motivo se è l’idolo delle ragazzine anche a scuola!», sorrise ed a Saya salì una smorfia schifata alle labbra, perché quel fatto le ricordò un certo idolo della sua scuola.
“Chissà se parteciperà anche lui”, pensò, ma le bastò spostare sovrappensiero lo sguardo su Kai per annientare il pensiero. Lui la stava inspiegabilmente guardando e quello sguardo la lusingò ed infastidì allo stesso tempo. In fondo non era ancora riuscita a sopprimere la rabbia nei suoi confronti.
Così gli voltò le spalle ed avanzò più verso Hilary, per continuare a parlare con Max come se non fosse successo nulla.
In fondo doveva pensare al torneo, e pensare con chi avesse potuto combatterlo, perché era incredibilmente risoluta a parteciparvi.
Fine capitolo 15
 
 

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Colei che scrive:

Ma salve e ben trovati in questo nuovo capitolo, che potremmo di nuovo definire “di transizione”. Inizia un nuovo campionato, ma chissà come saranno le coppie che parteciperanno e chi saranno le nuove e vecchie conoscenze eheheh
Non dico altro, premetto solo che non sono un asso a descrivere gli scontri di Beyblade, ma il torneo servirà ad uno scopo ben preciso (beh, in realtà due, curiosi? xD), che avrete modo di vedere :P e che non c’entra nulla col Beyblade xD
Penso non ci sia altro da dire, per cui passo a ringraziare come sempre i recensori (davvero, grazie *_*), le persone che hanno messo la storia tra le seguite/preferite/ricordate, e tutti i lettori silenziosi giunti fino a qui :3
Vi assicuro che il prossimo capitolo sarà più movimentato XD E siccome ho finito di scrivere questa storia, mi dedicherò alle one shot :P
Alla prossima!!

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 - Surrender ***


Capitolo 16 – Surrender
 
 


 
You can’t abandon me
Non puoi abbandonarmi
You belong to me
Sei mia
Within Temptation & Evanescence - Surrender



 
 
 
Il mattino dopo, come tutte le altre mattine addietro dopo lo scontro con Kai, Saya uscì dal cancello della villetta salutando come di routine solo Yuri e Boris, nonostante la lunga occhiata a braccia conserte che le riservò Hiwatari. Anche lui però aveva continuato trattarla con indifferenza, come faceva lei con lui, ma non si era del tutto arreso alla cosa. Ci aveva pensato sopra per giorni, ed anche quella notte, dopo aver appreso la modalità del torneo, non aveva chiuso occhio per colpa dei pensieri.
Fu quando entrarono nell’edificio scolastico, dopo essersi cambiati le scarpe ed essere stati sul punto di avviarsi verso le loro classi, che Kai decise di dare una svolta a quel rapporto. In primis perché era stufo di quel comportamento, ed un po’ perché si sentiva in colpa, quindi avrebbe cercato di alleggerire il suo animo in qualche modo.
«Vieni con me», le intimò serio, prendendola per un braccio senza tante cerimonie e senza averla minimamente avvertita, cosa che le fece andare la saliva di traverso dalla sorpresa e dall’emozione di non essere stata la prima a cedere. In un primo momento lo guardò storto, ma quando lui iniziò a tirarla lei non fece nulla per impedirlo. In fondo anche lei pensava che avrebbero dovuto chiarire quella situazione una volta per tutte. Sperò solo di non dover finire di nuovo a piangere per il suo atteggiamento scostante. Però non voleva demordere, né dargliela vinta, perché anche lei, come lui, era provvista di orgoglio, ed in quel momento bruciava non poco.
«Lasciami, ci stanno guardando tutti!», gli rese noto, nonostante avesse usato un tono di voce poco convincente. Però era vero che tutti li stavano guardando, perché mentre Kai la trascinava per le rampe di scale, i loro compagni si aprirono in risatine contenute e sghignazzanti. Inoltre quello strano comportamento da parte del russo aveva suscitato nelle menti di quegli studenti pensieri poco casti, ma in ogni caso sembrava non importare ad Hiwatari, che continuò il suo operato senza degnare gli altri della minima considerazione.
«Quando sei stata tu a trascinare me non te ne è fregato molto del pensiero della gente…», le rispose lui, sarcastico e sprezzante come solo lui sapeva essere, e quella constatazione fece imbronciare la povera ragazza come una bambina alla quale è stata negata una caramella, e che la fece tacere fino a che non varcarono la soglia del terrazzo.
Una volta arrivati, Kai chiuse stizzito la porta dietro di sé, voltandosi poi a guardare Saya dritta negli occhi, con uno sguardo talmente strano che lei non riuscì in un primo momento ad interpretare, ma anche lei lo guardò negli occhi con una smorfia risentita, così da fargli sapere come tutto quello non le fosse andato a genio. Però dovette ammettere a sé stessa che un po’ le aveva fatto piacere quella strana resa da parte sua, perché tutto si sarebbe aspettata tranne che al suo amico fosse venuta voglia di chiarire. O forse non era il chiarimento che cercava Hiwatari.
«Allora?», lo rimbeccò lei, rompendo lo strano silenzio che era sceso tra loro. Un po’ le pesava il fatto che non fosse mai stato lui ad iniziare un discorso. Andava sempre incentivato e lei lo fece portando le braccia al petto, per guardarlo dall’alto al basso con sufficienza. «Che ci facciamo sul tetto della scuola di prima mattina?», continuò poi, così da avere una risposta precisa da parte del ragazzo.
«Tu farai coppia con me al campionato!», la mise invece al corrente lui, senza tanti rigiri di parole, andando dritto al punto come faceva di solito, e lo fece con un tono di voce che non avrebbe ammesso altre repliche. Ma Kai era alquanto sicuro che quell’espressione leggermente meravigliata che spuntò sul volto di Saya non sarebbe durata a lungo. Vide gli occhi di lei sgranarsi, fino a che non aggrottò le sopracciglia ed assunse un atteggiamento scettico. Inoltre era altrettanto sicuro che lei avrebbe avuto sicuramente qualcosa da ridire. Infatti la vide sospirare, probabilmente per prepararsi a dire qualcosa di sprezzante per colpirlo, come lui aveva colpito lei.
«Non ci penso nemmeno!», gli gridò contro dopo qualche secondo, facendo una pausa per fargli intendere tutto il suo disappunto. Poi riprese a parlare, ancora più indispettita di quando, pochi istanti prima, lui l’aveva trascinata per un braccio per tutte le rampe di scale. «Non abbiamo nessun feeling di gioco! E poi tu quando perdi un incontro diventi irascibile ed intrattabile», lo guardò storto, «ed io non voglio andarci di mezzo!», finì, decisamente stizzita, e quelle parole lo colpirono fin nel profondo, perché Saya gli stava rinfacciando ancora una volta la verità. Ma Kai non era lì per litigare, né per essere vittima del suo odio, per cui fece finta di non aver sentito quello che lei aveva appena detto e con un copioso respiro provò a mantenersi calmo, perché ovviamente non era una richiesta campata per aria e se era arrivato a chiedere a lei una cosa del genere probabilmente ci aveva pensato più e più volte.
«Un tempo lo avevamo un feeling», la colpì poi, rinfacciandole di proposito quel particolare. Ed in fondo era vero, perché lui ricordava perfettamente le sfide che insieme avevano vinto contro i Blader del loro quartiere. E lui sapeva che erano ricordi che lei custodiva gelosamente.
«Avevamo sei anni Kai!», commentò però lei, spazientita, perché veramente non riusciva a capire il motivo di quella strana richiesta. Tuttavia dovette di nuovo ammettere a sé stessa che un po’ quella strana imposizione l’aveva lusingata, nonostante fosse stato fin troppo imperioso nel pretenderlo senza aspettarsi da lei una reazione come quella.
«I tempi sono cambiati, ed anche noi lo siamo!», continuò però, senza dare il tempo al compagno di provare a controbattere. «Ѐ meglio se stai con Yuri, o con Boris…in fondo eravate in squadra insieme no?», fece così spallucce, rimarcando l’ovvio, ed Hiwatari dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per mantenersi calmo, e poterle così spiegare il suo punto di vista.
«No», negò, penetrandola con il suo sguardo ametista, «loro due hanno un feeling insieme, quindi non accetterebbero mai di rompere quel legame. E poi ho già combattuto il mondiale al posto di Boris, non me lo permetterà di nuovo…», fece infine spallucce, assottigliando lo sguardo per captare la reazione della ragazza, che invece finì a sbuffare.
«Allora fai coppia con Takao!», ribatté Saya con una smorfia, affermazione che ne fece spuntare una simile sulle labbra del nippo-russo.
«E che gusto ci sarebbe a partecipare così?», alzò gli occhi al cielo lui, pronunciando la frase forse più sbagliata che avesse potuto dire in quel momento, sapendo soprattutto che la ragazza era come una bomba ad orologeria pronta ad esplodere al primo commento come quello.
«Lo vedi?! Tu giochi solo per poterti battere con Takao!», gli rinfacciò ancora una volta Saya, e lo fece puntandogli un dito contro con fare accusatorio, cosa che fece alquanto storcere il naso al Blader. «Dove sono finite le belle parole sul piacere di giocare, sulla voglia di divertirsi e di battere tutti i tuoi avversari? Tu giochi solo per te stesso ed i tuoi scopi», assottigliò lo sguardo furente, «ed io non sono la persona più adatta per battere il campione del mondo! Chiedilo a qualcun altro!», concluse infine, impettendosi e portando di nuovo le braccia al petto senza più degnarlo della sua considerazione. Avrebbe anche voluto abbandonarlo da solo su quel terrazzo, ma purtroppo lui riprese parola e lei dovette desistere dall’allontanarsi.
«Takao farà sicuramente coppia con Daichi», fece spallucce lui dopo alcuni secondi, «Yuri è più che convinto a stare con Boris», sbuffò, «Max probabilmente parteciperà con qualcuno del PPB, e lo stesso si può dire di Rei», storse leggermente il labbro nel pronunciare il nome del suo compagno cinese, «quindi l’ultima che mi rimane sei tu», concluse poi, autoritario, sbagliando però completamente approccio, perché sotto quell’ammissione Saya gli puntò di nuovo un dito contro con fare accusatorio.
«Quindi sono l’ultima scelta perché non hai nessun compagno disponibile e tu vuoi partecipare per forza!! Sono solo un ripiego!», ringhiò tra i denti, decisamente inviperita per colpa delle sue parole. Inoltre aveva iniziato di nuovo a sentire la famigliare voglia di piangere, quella volta per colpa del nervoso che lui le aveva fatto montare dentro con la sua assurda constatazione. Oramai sapeva che Kai non avrebbe guardato in faccia nessuno pur di raggiungere i suoi scopi, ma non pensava che sarebbe arrivato a chiederle di combattere al suo fianco solo per poter partecipare al torneo. Ma secondo lei, a lui non sarebbe importato quale fosse stato il suo compagno. Per lui l’importante era riuscire a potersi battere con Takao, tutto il resto non contava…
Hiwatari però impose ancora una volta a sé stesso di rimanere calmo, e lo fece portandosi due dita alle tempie, sperando così di riuscire a stemperare la tensione che si era creata tra loro. Era ovvio che quello di cui lo accusava la nipote del presidente della BBA non era assolutamente vero, quindi volle per lo meno farglielo presente.
«No maledizione!», commentò infatti, perentorio, rimarcando la negazione con il tono della voce, «te lo sto chiedendo perché c’è un motivo più che valido dietro questa scelta. Non sei una sprovveduta, conosci le mie tattiche di gioco e conosci Dranzer, ma soprattutto conosci i tuoi avversari! E poi abbiamo già avuto modo di giocare assieme. Se Takao e Daichi hanno vinto un mondiale senza mai aver fatto coppia prima di allora, possiamo farlo anche noi!», le rese noto, ma a lei sembrò non importare di quei particolari.
«Non me lo stai chiedendo, me lo stai imponendo! Ma comunque Takao e Daichi avevano molte cose in comune, compresa la struttura dei Beyblade ed i Bit Power, lo so perché eravamo in squadra insieme se te ne fossi dimenticato…», lo guardò di sbieco, ma lui non demorse.
«Appunto perché li conosci puoi metterli in difficoltà», insistette lui, alzando il mento con fare spocchioso, e per un momento gli sembrò anche che la ragazza avesse ceduto. Si guardarono con astio per alcuni secondi, sempre in religioso silenzio, entrambi per tenere di nuovo alti i loro pensieri e la loro causa, ma la prima a cedere quella volta fu lei.
«Da quando sei così calcolatore?», sbuffò con rassegnazione, nonostante avesse mantenuto una nota acida nella voce.
«E tu da quando sei così testarda?», la rimbeccò invece lui, facendole salire alle labbra l’ennesima smorfia risentita.
«Oh, senti chi parla!»
Saya fece una risatina nervosa, nonostante l’espressione incattivita del suo volto, ma vedendo che Kai stava continuando a guardarla di sottecchi decise di continuare. «Sì, Hiwatari, so essere molto testarda!», lo chiamò volutamente col cognome, come se si stesse appellando ad un perfetto sconosciuto. In fondo, dopo tutto quello che lui le aveva fatto passare, era il minimo che avesse potuto fare per fargli capire come tutta quella situazione la stesse indispettendo non poco.
Ma lui si lasciò sfuggire l’ennesima occhiata di sufficienza prima di risponderle.
«Non metterti contro di me, Ditenji, non ti conviene!», le rese noto, ripagandola con la stessa moneta, ed era la prima volta che lui la chiamava per cognome. Però quella constatazione la ammutolì per qualche istante, tempo che lei impiegò per fulminarlo con gli occhi.
«Che fai, mi minacci?», gli intimò a denti stretti, accorciando le distanze per parlargli a pochi centimetri di distanza dal naso. Ma a lui quell’atteggiamento non piacque molto, così la prese per le spalle e la bloccò di nuovo contro il muro, come aveva fatto in classe nel bel mezzo della loro discussione. Infine le bloccò le braccia sopra la testa con fare risoluto, in modo da essere sicuro che non le avrebbe usate per dargli un ceffone dritto in faccia.
E se lo sarebbe meritato.
Inoltre quella pericolosa vicinanza fece iniziare a battere furiosamente il cuore di entrambi.
«Sì, se servirà a farti capire il mio punto di vista!», le rispose lui, sempre più indispettito, e lo fece sfiorandole le labbra con provocazione come l’ultima volta, cosa che portò la ragazza a tremare di rabbia, nonostante l’emozione di averlo così vicino.
Però, dopo quell’ammissione da parte del compagno, Saya rimase in silenzio, perché davvero non seppe più cos’altro dire per mantenere alto il suo orgoglio, ed inoltre quella risolutezza da parte di Kai nel volerla per forza come compagna le dette modo di calmarsi e di poter affrontare la questione in modo razionale. E poi dovette ammettere che quelle sue strane attenzioni un po’ la lusingarono, ed in fondo tornare a combattere al suo fianco come ai vecchi tempi era sempre stato un suo più intimo desiderio, ma d’altro canto non voleva dargliela vinta così, senza averlo fatto penare un po’. In fondo lui l’aveva ripetutamente fatta soffrire, quindi si meritava un po’ di titubanza, e poi mancavano ancora pochi minuti all'inizio delle lezioni, per cui non avrebbero potuto rimanere lì ancora per molto.
«Non credere che sia finita qui Hiwatari!», gli rese così noto lei, dopo essere riuscita a liberarsi dalla morsa in cui l’aveva intrappolata. Ma ovviamente Kai non demorse…
«Tu prova a farmi cambiare idea Ditenji», fece infatti spallucce con una risatina divertita. In fondo gli stava piacendo quel battibecco, ed era stato un modo come un altro per averla avuta di nuovo vicino come ai vecchi tempi. Gli era mancato parlarle, sentirla vicina, o anche solo confrontarsi con lei, nonostante la rabbia e l’amarezza provata da entrambi, e Saya la pensò alla stessa maniera.
«Farò di meglio!», sbottò però lei, voltandogli le spalle e sparendo oltre la porta come un fulmine, lasciandolo interdetto per qualche secondo. Provò anche a correrle dietro, ma lei era già entrata in classe come una furia, preoccupando non poco tutti i suoi compagni, compresi Yuri e Boris. E furono proprio loro che Saya raggiunse, fino a che non riuscì a sbattere i palmi delle mani con fare incollerito sopra il banco di Ivanov, mostrando così tutto il suo disappunto sulla questione del torneo.
«Fai immediatamente cambio coppia con me per il campionato!», gli intimò inviperita, spiazzando totalmente il compagno russo, che dopo quella strana richiesta spostò lo sguardo inviperito su Kai, che invece era entrato in classe con la sua solita coltre scocciata.
«Non darle retta Ivanov, lasciala sbollentire», provò a dire in sua discolpa Hiwatari, superando la ragazza e sedendosi tranquillamente al suo posto con la sua solita nonchalance, ma Yuri non esitò un attimo a dare di nuovo la colpa a lui per lo strano comportamento della loro compagna. Purtroppo però non riuscì a dire nulla per mettere in guardia il compagno, perché Saya rubò di nuovo la scena.
Con uno scatto fulmineo si voltò verso Kai, che era ancora bellamente e sfacciatamente seduto al suo banco, e con una presa ferrea gli agguantò uno dei ciuffi argentei dei suoi capelli, tirandolo indietro con un deciso strattone, così che fosse assolutamente certa di avere la sua attenzione, ma lui ovviamente le riservò un’occhiataccia. Però fu soddisfatta di aver intravisto una leggera smorfia di dolore su quel viso fin troppo spesso impassibile, perché voleva dire che in fondo anche lui riusciva a provare alcune emozioni, e poi in quel modo si era potuta vendicare di quando lui lo aveva fatto a lei, nel loro diverbio in classe di non molti giorni prima.
«Stai zitto Hiwatari, o ti faccio saltare i connotati oltre che il campionato!», decise di minacciarlo, e l’occhiata fulminante che lui le riservò non bastò per farla desistere dall’andare oltre. Oramai era risoluta a portare a termine quel discorso, ma purtroppo l’entrata del professore fece crollare drasticamente tutti i suoi buoni propositi, quindi non le rimase altro da fare che mollare la presa che aveva fatto tra i capelli del compagno e sedersi al suo posto con un sonoro sbuffo, nonostante entrambi avessero saputo che la questione non era finita lì.
 
 
 
 
All’ora di pranzo i quattro ragazzi si diressero in cortile, per pranzare lontano dal chiacchiericcio degli studenti, e quella volta Saya aveva preferito sopportare la presenza di Kai pur di non sentire le ragazze del club sproloquiare su quanto fosse bello il suo amico. Il fatto che Hiwatari le avesse tutte dietro, e che alcune di loro si erano addirittura prodigate a scrivergli delle lettere d’amore, l’aveva turbata non poco, quindi aveva deciso di rimanere con loro solamente per le attività del club.
Però, quando varcarono la porta d’entrata dell’istituto, Yuri arrestò i suoi passi e richiamò con risolutezza l’attenzione della nipote del presidente Ditenji.
«Posso parlarti un attimo?», le chiese infatti, meravigliando oltre la diretta interessata anche Kai e Boris, che si votarono verso il rosso con un sopracciglio alzato. Solo il nippo-russo però cercò di non darlo troppo a vedere.
Saya invece lo guardò spaesata per un momento, perché era la prima volta che Ivanov le faceva quella strana richiesta. Solitamente se aveva qualcosa da dire non si faceva problemi ad esporla di fronte agli altri, ma lei acconsentì con un gesto della testa e lui spostò la sua attenzione sugli altri due.
«Ci vediamo dopo», disse poi ai suoi compagni, prima di prendere per mano Saya e guidarla fino ad una zona poco trafficata del cortile, dove si fermarono all’ombra di un albero.
«Ѐ successo qualcosa?», gli chiese però la nipote del presidente, dopo che lui la esortò a sedersi.
«No, volevo solo parlarti del prossimo torneo», le rispose, penetrandola con il suo tipico sguardo di ghiaccio.
«Ah…», si lasciò sfuggire lei con un sospiro, perché iniziava a capire di cosa lui avesse voluto parlarle, ed anche se non era un discorso che era propensa ad affrontare, rimase comunque in silenzio ad attendere che il compagno continuasse a parlare.
«Secondo me dovresti accettare la proposta di Kai…», andò dritto al sodo, e sotto quella sentenza vide lo sguardo incupito di Saya abbassarsi pericolosamente.
«Non me lo ha proposto, me lo ha imposto…», gli rese però noto lei, piccata, ma quelle parole servirono solamente a far sospirare Yuri con rassegnazione.
«Lo so, purtroppo è il suo modo di fare», cercò di farla ragionare, «ma Kai non è uno sprovveduto, e se è arrivato a questa conclusione c’è un buon motivo, non ti pare?», spostò leggermente il volto per guardarla di traverso, ma ovviamente lei non si arrese.
«Sì, perché è uno stronzo!», sbuffò infatti, rialzando gli occhi su Ivanov e portando le braccia al petto con fare risentito. Quel gesto inoltre fece ridacchiare sotto i baffi il russo, perché in fondo Saya non aveva tutti i torti…
«Sì, hai ragione», ci tenne infatti a dirle, «ma non è solo questo il motivo, ne sono certo. Ho imparato a conoscere Kai, quel poco che sono riuscito a capire durante il mondiale, e quando si parla di Beyblade diventa serio e calcolatore. Secondo me non è stata una richiesta, o imposizione come dici tu, campata per aria», concluse, autoritario come solo lui sapeva essere, ma quelle parole servirono solamente a far sospirare la povera ragazza, che alla fine si arrese di fronte a quella prontezza di spirito.
«Lo so…», decretò dopo qualche secondo, parlando con voce quasi lamentosa, «so che Kai non avrebbe mai lasciato al caso una cosa così importante, e per quanto sia lusingata della richiesta, e felice di poter partecipare ad un nuovo campionato con lui, beh, c’è qualcosa che mi frena», sospirò di nuovo, afflosciando le spalle con un sospiro.
«Vuoi dirmi cos’è?», la incitò però lui, ma lei in un primo momento rimase in silenzio. Avrebbe davvero voluto liberarsi di quel peso, e forse parlarne con qualcuno l’avrebbe aiutata, anche se il russo non era forse la persona più adatta a dispensare consigli, ma forse era una delle poche persone che riusciva a capire gli intricati marchingegni della mente di Kai, per quello decise di confidarsi.
«Quello che è successo tra noi…», ammise, «il nostro rapporto si è incrinato definitivamente dopo quello che è successo. Non riesco più a comportarmi spigliatamente con lui, ed anche se un tempo giocavamo spesso insieme, sono cambiate troppe cose da allora. Tu più di tutti puoi sapere quanto la Borg lo abbia cambiato…», Yuri serrò leggermente la mascella, «e poi quando perde un incontro diventa intrattabile, ed io non voglio andarci di mezzo…», concluse il discorso con aria abbattuta, e dopo quell’ammissione rimasero entrambi in silenzio per qualche secondo, con lo sguardo piantato in un punto indefinito del giardino.
Tuttavia fu Yuri il primo a riprendere parola.
«Tu però devi pensare a vincerli gli incontri, non a perderli», le disse, facendo spallucce con un sorrisetto, ma quella constatazione fece storcere il naso alla ragazza.
«Lo so…», sospirò per l’ennesima volta, perché in fondo sapeva che ciò che le aveva appena detto Yuri fosse la verità. «Prenderò in considerazione la cosa, in fondo non è un torneo ufficiale, e forse sarà la volta buona per risolvere le questioni in sospeso con lui», concluse poi, alzandosi di scatto da terra, e quella frase non poté che rendere soddisfatto il rosso, che si alzò a sua volta dal prato con un sorrisetto soddisfatto dipinto sulle labbra.
Sperò solamente che le cose tra loro si fossero risolte prima dell’inizio del campionato…
Fine capitolo 16 - Fine prima parte della storia
 
 


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Colei che scrive:
Ebbene eccoci qui, alla fine ufficiale della prima parte di questa storia XD dal prossimo capitolo entreremo nella seconda, quella dedicata al torneo ehehe sarà passato qualche mese, anche se il tutto succede da un capitolo all’altro xD perdono! Però cercherò di approfondire qualcosa nelle one-shot <3
Per quanto riguarda questo capitolo non succede nulla di particolare, tranne l’ennesimo scontro tra Saya e Kai, e questa volta è stato lui ad iniziare xD Per chiederle addirittura di fare coppia con lui al torneo…ve lo sareste immaginato? Immagino di sì xD però volevo lasciare la sorpresa U.U
Quindi, non avendo altro da dire, passo a ringraziare come sempre i recensori (*^*), chi ha messo la storia tra le preferite/ricordate/seguite/ e tutti i lettori silenziosi giunti fino a qui :3
Infine mi scuso per gli eventuali errori incontrati nella lettura >.<
Alla prossimaaa!!!

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 - Hero ***


Capitolo 17 – Hero – Inizio seconda parte
 

 
 
It’s just another war
È solo un’altra guerra”

Skillet - Hero
 


 
I mesi che dividevano i nostri beniamini dal tanto atteso torneo trascorsero fin troppo in fretta, tra la vita scolastica ed allenamenti, sia di Beyblade che dei Club, e senza che Kai e Saya avessero avuto un definitivo chiarimento.
Dopo che lei ebbe accettato la “proposta” del compagno, di affrontare il torneo in coppia, non erano più tornati su vecchi argomenti, perché concentrati a provare strategie ed allenarsi per trovare un’intesa, cosa che portò non pochi problemi. Saya era sempre meno propensa e convinta di affrontare un campionato in quelle condizioni, ma Kai sembrava così risoluto che alla fine anche lei si lasciò trascinare da quella risolutezza. Purtroppo però i due avevano continuato a battibeccarsi come dopo i loro litigi, oltre al fatto di non calcolarsi minimamente tra le mura scolastiche, il che preoccupò non poco anche Yuri. Ma purtroppo quelle erano questioni che avrebbero dovuto risolvere da soli. Il rosso sperò solo di non vederli uccidersi a vicenda prima dell’inizio del campionato, che aveva reso nervosi un po’ tutti.
Però, alcuni giorni prima dell’apertura ufficiale, avevano rincontrato Max e Rei, tornati rispettivamente con Rick e Mao, i loro compagni di gioco, e Saya passava la maggior parte del tempo insieme ad Hilary ed alla ragazza cinese, a giocare a Beyblade oppure a chiacchierare. Grazie alle sue amiche aveva un po’ allentato la tensione, che avvertiva ogni volta che era insieme a Kai, ma non era riuscita a confidare alle ragazze i suoi dubbi, né a dire loro quello che era successo con lui. Hiwatari dal canto suo sembrava averlo superato, perché si comportava come se non fosse successo nulla, ma lei non ci riusciva, complice anche il batticuore che avvertiva in sua presenza, perché, volente o nolente, lei provava ancora un forte sentimento per quel testardo dai capelli argentati e quella era una cosa che non sarebbe mai cambiata. Era emozionata di poter finalmente stargli accanto in un evento così importante, ma era anche notevolmente preoccupata e nervosa, e quel nervosismo si ripercuoteva anche sugli altri e sullo stesso Kai, ma lui sembrava non voler demordere.
Ed in quel modo arrivò inesorabile anche il fatidico giorno.
«Ci siamo ragazzi!!», disse emozionato Takao, una volta che arrivarono tutti insieme di fronte alla nuova sede della BBA, inaugurata proprio in vista di quell’atteso torneo. Avevano tutti contribuito a costruirla, ed avevano avuto modo, grazie al nonno di Saya, di assistere ai lavori, ma non erano ancora riusciti a vederla nella sua integrità e quel fatto emozionava tutti, chi più e chi meno.
«Si torna a combattere!», dette man forte Daichi, saltellando come un pazzo e facendo pulsare la vena sulla tempia dei russi, che non capivano tutto quell’entusiasmo da parte di quel ragazzino scalmanato.
«Sai, professore, non capisco perché tu non abbia voluto partecipare!», fece poi spallucce il campione del mondo in carica, rivolto verso Kappa, che a sua volta fece un sorrisetto rassegnato, stringendo al petto il suo fidato personal pc.
«Perché non mi sento in grado di affrontarvi, e perché così facendo posso godermi gli incontri!», gli rispose risoluto il piccoletto, «e potrei anche aiutarvi a risolvere problemi legati ai Beyblade!», gli sorrise e quel sorriso fece sciogliere tutti i suoi compagni.
«Allora mi aspetto che tu faccia il tifo per ognuno di noi!», gli disse Saya, facendo aprire le labbra del piccoletto in un sorriso ancora più sentito.
«Adesso però non ci resta che entrare e scoprire chi saranno i primi a scendere in campo!», prese poi parola Mao, prendendo per un braccio il suo compagno e sorridendo spensierata.
«Hai ragione», gli rispose Rei, voltandosi poi verso gli altri amici, «quest’oggi ci saranno solo gli incontri del primo girone, e saranno quattro in tutto, quindi saranno coinvolte solo otto squadre», rese loro noto, portandosi due dita al mento con fare pensoso.
«Chiunque siano, noi le fermeremo!», s’intromise Rick, rivolto al suo compagno di squadra, «non è vero moccioso?», gli disse poi, scompigliandogli i capelli biondi in un gesto che voleva sembrare affettuoso. Grazie agli ultimi incontri del mondiale erano riusciti a chiarire le loro divergenze, ed Anderson era riuscito ad accettare definitivamente Max come un degno compagno di squadra, nonostante a volte continuassero a battibeccarsi.
«Ma certo!», gli rispose infatti il biondino, battendo un pugno nel palmo della mano per darsi la carica. «Andiamo a scoprire chi saranno i primi!», concluse, iniziando a correre tra i corridoi della sede, seguito poi a ruota dagli altri.
 
 
 
Una volta all’interno della struttura, visto che erano in anticipo rispetto al via ufficiale, andarono diretti al cartellone dei gironi, per vedere chi avrebbe dovuto prepararsi a scendere in campo.
Lì incontrarono il presidente Ditenji, con Dj Man al seguito e, con la meraviglia di Saya e la stizza di Kai, anche Hitoshi.
«Hey fratellone!», lo salutò Takao, senza però andargli incontro. Non gli aveva ancora del tutto perdonato il vecchio e repentino cambiamento di fazione, avvenuto durante il periodo della B.E.G.A. E poi, dopo la fine della sfida Justice 5, l’ex Jin del Vento si era dileguato senza più tornare, per cui fece strano a tutti rivederlo lì come se nulla fosse cambiato.
«Ciao Takao…», lo salutò il maggiore, e lo fece con un sorriso leggermente malinconico, perché probabilmente capiva cosa avesse spinto suo fratello a trattarlo con freddezza. In fondo se lo meritava.
Poi però scorse tra la folla Saya, che lo stava osservando di sottecchi con curiosità. Anche a lei non era andato giù quel cambio di fazione, avvenuto dopo averla lasciata alla fine del mondiale, ma soprattutto non si stava capacitando del perché lui fosse lì insieme a suo nonno. Ma il presidente era un uomo saggio e probabilmente aveva i suoi buoni motivi per averlo chiamato. O almeno così pensò lei.
«Ciao ragazzi!», li salutò infatti Ditenji, cercando di stemperare un po’ la tensione che era scesa tra i ragazzi, «conoscete tutti Dj Man, vero? Sarà di nuovo il nostro commentatore per il torneo!», ridacchiò felice, e lo fece anche l’uomo accanto a lui, che era vestito come al solito con abiti di pelle forse troppo attillati.
«Ma è sempre lui, non cambia mai?», sentenziò Daichi, con una tranquillità disarmante, come se fosse stata la cosa più normale del mondo, ma quella risolutezza alterò po’ il suo compagno di squadra.
«Stà zitto pidocchio, vuoi inimicarti l’arbitro prima degli incontri?», gli ringhiò contro Takao, parlando a denti stretti per cercare di non farsi sentire, ma quel fatto fece scoppiare a ridere tutti.
Però, grazie a quella confusione, Hitoshi ne approfittò per raggiungere la nipote del presidente, e lo fece senza staccarle gli occhi di dosso per un solo istante.
«Ciao Saya…», la salutò con un piccolo sorriso, approfittando del fatto che tutti fossero distratti, e lei cercò di mostrarsi spensierata, nonostante quella presenza l’avesse un po’ turbata. Non perché le importasse di lui in quel senso, oramai aveva dimenticato Hitoshi da tempo, complice anche quello che provava per Kai, ma perché non riusciva a capire il motivo del suo ritorno, soprattutto per un torneo di poca importanza come quello. Ma forse era stata un’idea di suo nonno, che a quanto pare aveva deciso di tenerle nascosto…
«Ciao…», gli rispose lei, ma si accorse di come gli occhi scuri del ragazzo cambiarono traiettoria, posandosi sulla figura accanto a lei. Per quello si voltò spaventata verso Kai, che sotto quello sguardo risoluto aveva assunto un’espressione più che sprezzante, ed aveva serrato i pugni fino a far sbiancare le nocche. Si vedeva lontano un miglio quanto il più grande dei Kinomiya continuasse a stargli indigesto, e non solo per quello che era successo con Saya, nonostante non riuscisse a capacitarsi come lei avesse fatto a lasciarsi andare con lui, ma per tutto quello che gli aveva fatto passare durante la sua breve degenza alla B.E.G.A. Era stato lui ad architettare la sua prima sfida con Brooklyn, per fargli capire di non essere in grado di battere un campione di quel calibro, e Kai non gliel’aveva mai perdonato. Gli era stato antipatico fin dalla sua prima apparizione, avvenuta nelle vesti di Jin del Vento, ed era stato lui uno dei principali motivi che avevano influito sulla sua decisione di combattere il mondiale con i Neo-Borg. Per quanto Yuri, Boris e Sergey non fossero persone amichevoli, o di tante parole, li preferiva di gran lunga ad Hitoshi Kinomiya. Il fatto poi di essere incredibilmente geloso per quello che era successo con Saya era un’altra storia...
O almeno così credeva.
Rimase così a fissarlo per tutto il tempo, con uno sguardo che lasciava beatamente intendere tutti i suoi pensieri, ma all’ex allenatore della BBA sembrò non importare.
«Ciao Kai», lo salutò infatti, aspettandosi almeno una risposta da parte di Hiwatari.
«Ciao», gli disse di rimando il russo, sintetico e sprezzante come al solito, ma almeno aveva risposto.
«Allora ragazzi, avete già visto chi scenderà in campo per primo?», spezzò il silenzio il presidente Ditenji, che si era di nuovo accorto della tensione che era scesa tra i tre ragazzi.
«Ancora no, nonno», fu Saya a rispondergli, ben felice di distogliere l’attenzione dal fratello di Takao. «Stavamo giusto raggiungendo il tabellone»
«Ohh, allora dovete assolutamente vedere, ci sono un sacco di soprese per voi!», ridacchiò l’anziano, cosa che fece spuntare sui volti dei presenti delle espressioni meravigliate. A tutti tranne che ai russi ovviamente, che sembravano essere lì più per costrizione che per vera e propria volontà. Avrebbero preferito scendere in campo senza tutti quei convenevoli, tanto battere un avversario o l’altro per loro non avrebbe fatto alcuna differenza.
Il presidente poi li condusse fino al luogo dei loro desideri, dove i nomi dei partecipanti al primo girone troneggiavano sul tabellone sopra la postazione del Dj Man, proprio sopra il Beyblade Stadio.
«Non posso crederci! Saremo i primi a scendere in campo e dovremmo farlo con Kane e Salima!», si emozionò Takao, che iniziò a saltellare come un matto all’idea di battersi contro il suo vecchio rivale. «Ѐ molto che non lo vedo, e mi è dispiaciuto non incontrarlo al mondiale! Sarà un’occasione per ritrovarsi!», continuò, fino a che non si voltò verso Rei, suscitando così la curiosità di Mao. «Hai visto? Ci sarà anche Salima!», ammise il campione del mondo, come se quella fosse stata la cosa più normale del mondo, ma quell’ilarità non passò inosservata alla ragazza, che si voltò verso il compagno quando questi iniziò a fare il finto tonto guardando da un’altra parte.
«Dovrei sapere chi è?», gli chiese, imbronciandosi e portando le braccia al petto con un’espressione stizzita, che fece scoppiare a ridere tutti i presenti. La gelosia di Mao era oramai cosa nota, ed a Rei toccò passare tutto il tempo a cercare di tranquillizzarla, ed a spiegarle che non era nulla più di una vecchia avversaria. Il tutto però avvenne sotto una risatina divertita di Saya, che era stata presente a quella specie di ossessione che il suo ex compagno di squadra si era preso per la ragazza dai capelli rossi.
«Guarda chi c’è nel secondo incontro…», disse invece Yuri, rivolto a Boris e Kai, che guardarono il tabellone come se avessero dovuto romperlo da un momento all’altro.
«Garland…», soffiò Kuznetsov, serrando i pugni con fare nervoso.
«Brooklyn…», fece lo stesso Hiwatari, pronunciando quel nome tra i denti.
«Woow, ma saranno in coppia contro Ralph ed Andrew!», s’intromise Saya, che si era accorta della tensione che era scesa tra i suoi compagni di classe. Così facendo cercò di stemperarla, ma purtroppo anche l’inglese rimaneva antipatico a Kai, e lo aveva dimostrato durante la tappa Europea del primo campionato mondiale.
«Cosa?! Anche Ralph! Wooow, ragazzi, questo sì che si preannuncia un torneo con i fiocchi!», si agitò ancora Takao, che in un primo momento si era fermato a leggere solamente i nomi della coppia contro cui avrebbero dovuto battersi lui e Daichi, ignorando totalmente quelle dopo.
«A quanto pare noi dovremmo batterci contro due ragazze…», commentò Boris, spostando l’attenzione sul resto del tabellone.
«Mira Nakamura ed Aiko Aida, mai sentite…», fece spallucce Yuri, «le liquideremo facilmente…», sentenziò soddisfatto, incrementando l’ilarità del compagno di squadra.
«O potranno battervi loro…», s’imbronciò invece Saya, che aveva assistito a quel commento divertito. «A volte voi ragazzi sottovalutate troppo noi ragazze. Vi ricordo che io ho quasi battuto Kai, ed i nostri incontri finiscono per la maggior parte in parità!», s’impettì.
«Ti ricordo anche che ti sei fatta soffiare il posto da Rei nel torneo nazionale di due anni fa!», la punse nell’orgoglio Hiwatari, rimarcando il fatto con un sorrisetto divertito e lo sguardo tagliente, cosa che la stizzì ancora di più.
«Stai zitto tu, o devo rinfacciarti il fatto che ti sei fatto soffiare la vittoria da Takao per ben due volte?», gli rispose lei, facendo uscire tutta la sua crudeltà, cosa che portò Kai a storcere il naso e fare appello a tutto il suo auto controllo per non finire di nuovo ad urlarle contro. Ma dovette ammettere che un po’ se l’era cercata.
«Hey Yu…guarda un po’ chi c’è nel terzo incontro del girone…»
La risatina divertita di Boris però non passò inosservata ai due litiganti, come non passò inosservata al diretto interessato, che lanciò uno sguardo omicida all’amico dopo aver letto il nome che lo aveva ossessionato da quando si era battuto contro di lei al mondiale.
Il nome di Julia Fernandez capeggiava al centro del tabellone, e Yuri sembrò vedere solo quello quando alzò i suoi occhi di ghiaccio sui nomi dei Blader.
«Di nuovo in coppia con suo fratello, ed il fatto che gli incontri saranno svolti simultaneamente gli da quasi la vittoria a tavolino», insistette Kuznetsov, con un’alzata di spalle, ma mantenne il sorrisetto sardonico che gli era spuntato sulle labbra da quando aveva richiamato il compagno.
«Non importa, batteremo tutti i nostri avversari», gli rispose tagliente Ivanov, nonostante si sentisse stranamente emozionato di poterla incontrare di nuovo. Non sapeva dire perché, ma quella ragazza dai lunghi capelli bicolore, e dai penetranti occhi verdi, aveva turbato i suoi sogni da quando l’aveva vista per la prima volta. Quella prontezza di spirito e quella risolutezza, oltre alla bravura ostentata negli incontri col gemello, lo avevano così tanto rapito che per la prima volta sentì sciogliersi il ghiaccio che da anni aveva preso possesso del suo cuore.
Quella ragazza aveva fatto breccia nel suo animo più di quanto ci tenesse ad ammettere, e di nuovo Boris si era accorto di tutto. Era davvero un ottimo osservatore, non c’era che dire, e lo conosceva fin troppo bene. Così tanto che non serviva nemmeno che Yuri parlasse.
«Saranno contro Miguel e Matilda, che se non ricordo male erano parte della Bartez Squadra…», continuò Boris, cercando di far finta di non aver visto l’emozione dipinta negli occhi azzurri del suo capitano, ma lui non lo stava minimamente calcolando, perché in fondo al corridoio si era materializzata la fonte dei suoi pensieri. Era insieme al gemello, ed erano vestiti con il tipico outfit con cui l’aveva conosciuta, quello che usavano nei loro incontri, ed erano insieme ai rappresentanti delle altre squadre.
Inutile dire come tutti i loro compagni andarono incontro ai nuovi arrivati, emozionati di averli rincontrati dopo tutti quei mesi.
Gli unici ad essere rimasti in disparte però furono i tre russi, che non erano tipi da effusioni affettuose.
Tuttavia a Yuri non era sfuggito il sorriso sulle labbra della madrilena, quando lei si era voltata ad incrociare il suo sguardo.
 
 
 
 
I primi a scendere in campo per quel giorno furono Takao e Daichi, e si sarebbero battuti contro Kane e Salima.
Fu un incontro combattutissimo e molto appassionante, soprattutto perché i protagonisti della sfida erano tutti risoluti a portare a casa la vittoria. Inoltre il vecchio rivale del campione del mondo era diventato veramente molto forte, complici i due anni passati ad allenarsi all’estero, e mise in seria difficoltà Kinomiya. Per fortuna, grazie alla strategia di gioco spiazzante di Daichi, che poteva contare su innovazione ed intuito, riuscirono a strappare all’ultimo la vittoria ai loro avversari, vincendo il primo incontro e passando alla fase successiva. Se la sarebbero dovuta vedere contro i vincitori del secondo incontro, che vedeva coinvolte le squadre formate da Garland e Brooklyn contro Ralph ed Andrew.
«Cerca di vincere, voglio battermi di nuovo con te!», disse Takao al rampollo tedesco, quando scese dal Beyblade Stadio per dare spazio ai prossimi sfidanti. Si incrociarono vicino alla panchina, dove solitamente sedevano il resto dei membri delle squadre, ed in un primo momento l’europeo gli sorrise benevolmente.
«Anche io non vedo l’ora di ribattermi con te!», gli rispose facendo spallucce, cosa che fece sorridere anche l’inglese.
Purtroppo però l’incontro non andò come previsto dal campione del mondo, perché la coppia degli ex B.E.G.A riuscì a strappare la vittoria agli europei. Brooklyn soprattutto sembrava molto affiatato col compagno, e non sembrava più il ragazzo spietato e ligio alla vittoria come lo era stato sotto il comando di Vorkof. Era indubbiamente forte, ma era mosso da una passione che in lui si era vista solo nell’ultimo frangente della finale Justice 5, combattuta contro Takao. Quindi Ralph dovette rimandare la sua sfida contro Takao, ma sapeva che le occasioni non sarebbero mancate. Lo avrebbe sfidato in un altro momento…
Tutti stavano però aspettando l’esito della terza sfida, che vedeva coinvolta la coppia formata da Yuri e Boris e quella formata due ragazze sconosciute, di nome Mira Nakamura ed Aiko Aida.
Quando i russi salirono sul Beyblade stadio approfittarono di quei secondi di stallo per osservare le ragazze nella loro camminata, meravigliandosi di quanto fosse fiera e posata. Erano due ragazze molto belle nella loro semplicità ed entrambe sembravano molto risolute. Una aveva dei capelli castani dal taglio corto e due profondi occhi azzurri, e teneva in mano un Beyblade giallo. L’altra ragazza invece ebbe la totale attenzione di Boris, e nemmeno lui seppe dire perché fu rapito così tanto da quella visione. Era una ragazza come se ne vedono tante in giro, non diversa da Saya, ed era proprio la somiglianza con quest’ultima che confuse leggermente il russo. Aveva dei lunghi capelli neri raccolti in una coda di cavallo, come era stata solita portare la nipote del presidente, ma l’unica differenza era che nei riflessi della misteriosa ragazza c’era una punta di blu. Kuznetsov non seppe dire se fossero tinti o meno, fatto sta che ci mise molto a distogliere l’attenzione dai suoi crini corvini. Fu quando li spostò per guardarla negli occhi che ebbe il colpo di grazia, finendo per agitarsi non poco. Ricordava di aver visto quel colore di occhi solamente in due persone di sua conoscenza. La prima era appunto la sua compagna di classe, la seconda persona era invece Kai Hiwatari. Però cercò di non farsi vedere agitato o emozionato, perché non gli sarebbe dovuto importare chi avesse avuto di fronte, lui avrebbe dovuto battere tutti i suoi avversari!
Quando il Blader Dj dette il via all’incontro, i due russi cercarono di studiare le silenziose avversarie, meravigliandosi non poco di come quelle riuscivano ad intendersi alla perfezione senza proferire parola. Wolborg e Falborg erano continuamente braccati dal Bey giallo di Aida e quello nero della Nakamura, ma loro due erano risoluti a trovare i punti deboli di quelle ragazze.
L’incontro si protrasse per molto più del previsto, molto più dei loro standard, cosa che fece perplimere Saya e Kai sugli spalti, come tutto il resto dei loro compagni.
«Che sta succedendo, perché non attaccano?», chiese confusa la nipote del presidente della BBA, voltandosi poi con un sopracciglio alzato verso il compagno accanto a sé. Lui però non distolse minimamente l’attenzione dalle sfidanti degli amici, e non provò neanche a risponderle.
«Grazie, è sempre un piacere parlare con te!», s’imbronciò lei, riportando l’attenzione al campo di gara, e dovette ammettere che iniziò un po’ a preoccuparsi per i compagni.
«Quelle due sono strane…», proferì Kai dopo qualche secondo, e lo fece assottigliando lo sguardo per non perdere di vista i quattro Beyblade nello schermo.
«Devono essere molto brave per riuscire a mettere in difficoltà due campioni del calibro di Yuri e Boris!», si emozionò invece Takao, che era seduto dietro di loro, tra Hilary e Daichi.
«Già…sembra che non riescano ad andare al contrattacco! Non vedete come li braccano e che intesa hanno quelle due? Sono degli avversari molto insidiosi!», convenne il prof Kappa, analizzando l’incontro dal il suo fidato Pc.
Dopo alcuni minuti di gioco però, in cui Ivanov arrivò quasi ad alterarsi ed a sfoderare tutta la sua potenza, seguito a ruota dal compagno, entrambi decisero di prendere in mano la situazione e provare l’attacco decisivo, che per fortuna andò come sperato dai due ragazzi. Riuscirono così a spiazzare le ragazze, mandando fuori i loro Beyblade e vincendo l’incontro.
«Ci hanno messo troppo», brontolò Kai, ma Saya si morse la lingua pur di non rispondergli. Convenne che tanto andare contro il compagno sarebbe stato contro producente, e lui lo aveva pronunciato a voce talmente bassa che era riuscita a captarlo solo lei.
Nell’ultimo incontro della giornata invece si sarebbero scontrate le coppie formate dai gemelli spagnoli, Julia e Raul, e da Miguel e Mathilda, che entrarono in campo nel momento esatto in cui gli altri Blader stavano lasciando il Beyblade Stadio. In quel momento Yuri riuscì a vedere la slanciata figura della madrilena camminargli incontro, con la stessa risolutezza con cui l’aveva vista ondeggiare nel mondiale, e per un momento non riuscì a staccarle gli occhi di dosso, nemmeno quando gli fu pericolosamente vicino, ma lei gli stava sorridendo come se fosse stato un amico di vecchia data e quello gli sembrò più strano di tutto il resto.
«Ciao Ivanov!», lo salutò allegramente, probabilmente in seguito al fatto che lui la stava fissando come se avesse davvero voluto dirle qualcosa. Però quella presa di parole da parte della spagnola lo spiazzò così tanto che si ritrovò quasi a sussultare, e quel fatto fece ridacchiare Boris sotto i baffi.
«Ciao…», le rispose però con la sua solita freddezza, anche se in seguito si dette dello stupido per quella sua maledetta posatezza. Gli sembrava di essere diventato come Kai, che non riusciva ad essere spigliato e gentile nemmeno con la ragazza che aveva fatto breccia nel suo gelido cuore. Era sempre stato lì a fare la predica a lui per come trattava Saya, e poi trattava Julia alla stessa maniera…
«Sempre il solito lupo di poche parole, eh?», scoppiò però a ridere lei, seguita a ruota da Boris.
«La pulzella ha ragione!», gli disse Kuznetsov in russo, per non farsi intendere dalla diretta interessata, ma bastò l’occhiata di ghiaccio che gli riservò Yuri a farlo desistere dall’andare avanti.
«Comunque complimenti ragazzi!», si emozionò la ragazza, facendo scintillante nella loro direzione i suoi grandi occhi verdi, e quella visuale accese un lampo d’emozione in quelli sempre vacui di Ivanov. «Spero di battere i miei avversari, così nel prossimo incontro ce la dovremo vedere con voi!», disse loro, saltellando contenta. In fondo quel gelido ragazzo dagli occhi di ghiaccio aveva fatto breccia nel suo giovane cuore fin dalla prima volta in cui lo aveva visto…
«Allora cerca di vincere!», le intimò, ed in un primo momento gli sembrò di aver esposto una minaccia più che un’affermazione, ma poi convenne di aprirsi in un piccolo sorriso, che Julia si godette a pieno arrossendo come una ragazzina.
«Datti un contegno sorellina!», le intimò infatti suo fratello Raul, guardandola di sbieco e parlandole anche lui nella loro lingua per non farsi capire dai russi.
«Vinceremo, è una promessa!», sorrise infine la spagnola, facendo loro un occhiolino prima di superarli per raggiungere la pedana di lancio, cosa che fece iniziare a battere il cuore di ghiaccio del russo, che davvero si chiese da quando quella ragazza aveva iniziato a fargli così effetto.
«Stai zitto Boris!», intimò però in direzione del suo compagno, quando lasciarono lo stadio e si infilarono in uno dei corridoi della struttura.
«Non ho detto nulla!», brontolò però il chiamato in causa, anche se qualcosa da dire ce l’avrebbe avuta eccome, ma pensò bene di non esporla. Yuri poteva essere discretamente pericoloso se punto nell’orgoglio, e voleva arrivare per lo meno vivo alla fine del torneo. Ma Kuznetsov si era accorto già da tempo che quella ragazza spagnola aveva fatto breccia nel cuore solitario del lupo della steppa e non poteva che esserne felice. Avrebbe voluto veramente vedere il suo compagno finalmente spensierato, e per una volta anche innamorato… Avevano sofferto fin troppo nella loro giovane vita per privarsi dell’amore.
«Bene, altrimenti potrei rinfacciarti il fatto che non sei riuscito a togliere gli occhi di dosso a quella ragazza dai capelli neri…», lo punse anch’egli nell’orgoglio, e si beò dell’immagine di Boris che serrava colpito la mascella.
«Ma che dici…», bofonchiò il diretto interessato, portando le braccia al petto per mantenere il punto, ma Yuri non lo stava più degnando della sua considerazione. Si era voltato verso il campo ed il suo sguardo era rapito dai movimenti della ragazza dai capelli castani.
L’incontro si chiuse con la vittoria degli F-Sangre, e sul volto di Ivanov comparve un piccolo sorriso.
Fine capitolo 17
 
 
 
 
°°°°°°°°°°°°°
 
 
 
Colei che scrive:
Eccoci qua, arrivati finalmente all’apertura del torneo :3 come ho detto, e come avrete visto in questo primo incontro, il tutto si svolge molto velocemente…Non sono gli incontri del torneo che interessano alla trama, ma alcuni ritrovati personaggi eheheh e quelli che sono approdati nella storia per la prima volta. Non ho voluto soffermarmi sugli incontri perché li trovo estremamente difficili da descrivere T.T e perché sto cercando di mantenere l’attenzione sui protagonisti, perché in fondo la storia è loro xD (e perché altrimenti la storia avrebbe presentato il doppio dei capitoli xD)
Bene, spero di non aver fatto troppi danni con gli errori ortografici etc >.< e che abbia mantenuto un po’ lo spirito dell’anime, nonostante la poca descrizione!
Nel prossimo incontro scenderanno in campo Kai e Saya e…non dico nulla ma ne vedremo delle belle U.U
Passo a ringraziare i recensori (davvero grazie *^*), le persone che hanno messo la storia tra le seguite/ricordate/preferite, e tutti i lettori silenziosi giunti fino a qui :3
Vi lascio con la foto del tatuaggio di Kai fatto il 17 *_* Cliccate QUI :3 per vedere l’immagine <3
Alla prossima!!!

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 - Heavy ***


Capitolo 18 – Heavy



 
I keep dragging around what’s bringing me down
Continuo a portarmi dietro quello che mi sta trascinano giù
Why is everything so heavy
Perché è tutto così opprimente?

Linkin Park Ft Kiira - Heavy
 



 
Finalmente era arrivata anche la giornata dedicata agli incontri del girone B, che avrebbero visto coinvolte le coppie formate da Saya e Kai, Max e Rick e Rei e Mao, anche se ancora non sapevano in che modo sarebbero scesi in campo.
Solo una volta entrati nel Beyblade Stadio, in anticipo come il primo giorno, avrebbero potuto vedere le combinazioni.
«Secondo me Saya e Kai saranno contro Rei e Mao!», ridacchiò Takao, una volta varcate le porte scorrevoli dell’entrata, beccandosi un’occhiataccia dal russo. Però dovette ammettere che sarebbe stata una bella sfida, tra l’altro abbastanza equilibrata avendo entrambi una ragazza in squadra.
«Non mi dispiacerebbe misurarmi con te!», continuò Mao con un sorriso, rivolta proprio alla nipote del presidente, che non poté fare altro che annuire. Anche a lei non sarebbe dispiaciuto misurarsi con l’amica cinese, nonostante si fosse misurata con Rei già una volta, nel primo campionato nazionale.
Kai invece avrebbe preferito non incontrare subito Rei al primo incontro, ricordando com’era finita la loro sfida al mondiale. Aveva vinto per poco e dovette giocarsi la sua arma segreta, sacrificando il suo Dranzer Gigs, che era uscito da quella sfida decisamente mal concio.
«Ci siamo!», riprese parola Kinomiya, quando entrarono nel Beyblade stadio ancora vuoto, dove il tabellone degli incontri faceva sfoggio di sé sopra la postazione di Dj Man.
«Perché ti agiti tanto Takao, non saremo noi a dover scendere in campo!», lo rimbeccò Daichi, guardandolo di sbieco a braccia conserte, nonostante anche lui avvertisse una certa tensione.
«Ma perché lui è fatto così, ogni sfida a Beyblade lo appassiona!», ridacchiò Kappa, seguito a ruota da Hilary, che prese per mano il fidanzato e lo condusse fino al tabellone, prima che Kai lo prendesse a calci nel deretano.
Si avvicinarono tutti per poter leggere le combinazioni, ma quattro di loro gelarono sul posto quando lessero il primo nome del primo match, contro cui avrebbero dovuto combattere Saya e Kai. Furono proprio loro due, insieme a Yuri e Boris, a serrare la mascella, suscitando la perplessità dei presenti, che avevano notato subito il loro stano comportamento.
«Avete visto chi c’è?», prese parola Boris, senza però riuscire a staccare gli occhi da quel nome. Solo quando notò che nessuno dei suoi compagni aveva intenzione di rispondere spostò il suo sguardo preoccupato su Yuri, che gli restituì la sua stessa occhiata leggermente preoccupata, prima di voltarsi verso la coppia di Blader che sarebbe dovuta scendere in campo contro la loro vecchia conoscenza.
«Fujima!!», pronunciò tra i denti Saya, precedendo i russi e meravigliando tutti gli altri.
«Lo conoscete?», chiese infatti Takao, aggrottando le sopracciglia e spostando l’attenzione su Kai, nella speranza di avere una risposta.
«Sì…», ammise infatti quest’ultimo, ma dal tono di voce che usò, il campione del mondo capì che l’amico non era propenso a rispondere ad altre domande di quel genere. Però Hiwatari decise di rispondere di sua spontanea volontà alla curiosità taciuta di Kinomiya. «Ѐ il nuovo capo degli Shall Killer. È il tizio che mi ha spaccato il naso…», sbuffò risentito, perché rivedere il presidente d’istituto in una manifestazione come quella non lo entusiasmò per niente. Ed inoltre era preoccupato per come si sarebbe comportata Saya una volta esserselo rivisto di fronte. In più sapeva che era un avversario insidioso, perché aveva già avuto modo di battersi con lui, e quell’incombenza non l’avrebbe voluta dare anche alla sua compagna. E poi, a quanto pareva, era in coppia con la sua fidanzata, che sapeva essere anch’ella una valida blader.
«Capisco…», asserì il campione del mondo, riprendendo il suo gioviale sorriso. «Beh, non vi resterà che batterlo!», concluse infine, ammutolendo tutti i presenti, che si portarono una mano alla fronte per la vergogna, mentre Kai gli riservò l’occhiata più velenosa che riuscì a fare.
Quando però Hiwatari si voltò verso la sua compagna, notò come lei stesse ancora guardando il cartellone con aria furente.
«Ha ragione, non ci resta che batterlo. In fondo tu la tua rivincita te la sei presa spaccandogli la faccia, io me la prenderò battendolo sul campo», gli annunciò risoluta e quella prontezza di spirito non poté che farlo sorridere.
Nel secondo incontro del girone invece c’erano persone a loro sconosciute, quindi proseguirono a leggere gli altri nomi.
A prendere parola quella volta fu Rei.
«Hey, guardate chi c’è nel terzo match!», richiamò su di sé l’attenzione di tutti, che dopo aver ascoltato le sue parole voltarono gli occhi verso il cartellone.
«Ozuma e Dunga contro Zeo e Gordo, magnifico! Rivedremo altre nostre conoscenze, non vedo l’ora!», si emozionò di nuovo Takao, indispettendo un po’ Daichi, che faticava a star loro dietro.
«Chi sono questi tizi?», chiese infatti, stizzito dalla mancanza di gossip.
«Vecchie conoscenze pidocchio…», lo mise a tacere il suo compagno, ma il ragazzino dai capelli rossi vide bene di andare ad importunare Kappa, a cui toccò una spiegazione esemplare su chi fossero tutti quei tizi conosciuti da Kinomiya.
«Ma guarda un po’ chi affronteremo nell’ultimo incontro del girone…», ridacchiò invece Rick, portandosi le mani sui fianchi con fare divertito, cosa che fece voltare tutti nella sua direzione.
«Wow, saremo contro Mao e Rei!», ridacchiò anche Max, facendo un occhiolino verso il suo ex compagno di squadra, che non poté non ridacchiare a sua volta.
«L’ultima volta che abbiamo combattuto due contro due c’era Lai con te, ed alla fine fu lui a vincere…», ricordò Anderson, «questa volta vedremo di chiudere l’incontro in modo diverso!»
«Finalmente riuscirò a battermi contro di te, scimmione!», lo prese benevolmente in giro Mao, ma al chiamato in causa sembrò non importare di quell’appellativo, perché si voltò a guardarla con un sorrisetto furbastro stampato in faccia.
«Dovrai stare molto attenta mocciosa», le sorrise, ma la ragazza fece spallucce come se nulla fosse, desiderosa di poter scendere presto in campo.
 
 
 
 
Tutto era pronto per gli incontri, nonostante la tensione avvertita da Saya e Kai, e quando il Dj Man chiamò i primi quattro sfidanti in campo non restò loro altro da fare che raggiungere il Beyblade stadio.
Mao ed Hilary dettero i loro in bocca al lupo all’amica, mentre i ragazzi lo dettero a Kai, anche se erano sicuri che si sarebbe fatto valere contro qualunque avversario. Gli unici più preoccupati furono Yuri e Boris, che avevano preso posto sulle tribune in religioso silenzio, raggiunti poi da tutto il resto del gruppo.
«Cerca di ricordarti gli allenamenti che abbiamo fatto», l’ammonì Kai quando raggiunsero la postazione di lancio, e lo fece con uno sguardo decisamente troppo tagliente, che voleva essere d’incoraggiamento ma che servì solamente a far agitare Saya più di quanto già non fosse.
«Cerca di ricordartelo tu!», gli rispose però lei, piccata, mentre prendeva Star Pegaso con un gesto indispettito. Lo stesso fece lui con Dranzer, senza però staccarle gli occhi di dosso. La guardò con il pelo dell’occhio anche quando i loro avversari raggiunsero la loro postazione di lancio.
Ci furono degli sguardi così carichi di odio che lo stesso Dj Man rimase leggermente interdetto dal silenzio che era sceso tra i quattro Blader.  Oltretutto, come preannunciato in precedenza, Fujima era accompagnato dalla stessa ragazza dai capelli rossi che Kai aveva visto nel covo degli Shall Killer, e che Saya aveva avuto modo di conoscere in palestra, il giorno dello scontro tra i due.
«Ѐ un piacere rivederti Hiwatari, te lo avevo detto che prima o poi ci saremmo rincontrati, e che la nostra sfida era stata solamente rimandata», lo sbeffeggiò il sempai, con lo sguardo verde che lampeggiava in direzione del suo più acerrimo nemico. Dal canto suo Kai lo guardò con sufficienza, come lo aveva sempre guardato dopo il loro scontro. Sperava di non doverlo rivedere mai più, a parte qualche fugace incontro nei corridoi della scuola, soprattutto perché non voleva che Saya rimanesse turbata dalla sua presenza, ma purtroppo il suo desiderio non era stato esaudito. Si meravigliò comunque di averlo visto in un torneo come quello, quando invece non aveva mai pensato di iscriversi alle vecchie competizioni. Ma forse in quelle occasioni non aveva avuto voglia di esporsi troppo, e correre così il rischio di venire riconosciuto da lui...
«Stà zitto Fujima!», lo rimbeccò però seccata la stessa Saya. Già avrebbe dovuto sopportare l’imperiosità del suo compagno, che era sicura le avrebbe intimato il da farsi con i suoi metodi poco ortodossi, quindi non aveva decisamente voglia di sopportare anche il suo ex.
«Ma dai, ti fai difendere da lei?», disse però il presidente d’istituto, indicando la ragazza con una risatina divertita, e quello bastò a far voltare Kai in direzione della compagna, con un’espressione decisamente contrariata stampata in volto.
«Non dargli retta!», le intimò quest’ultimo tra i denti, perché aveva già capito le intenzioni di Fujima. Era la stessa tattica che aveva usato contro di lui, nella loro primissima sfida nel covo degli Shall Killer. Avrebbe provocato l’avversario fino a fargli commettere errori, e per quanto le provocazioni di quel tizio non avessero smosso di un millimetro Kai, lo stesso non si sarebbe potuto dire di Saya. Solo se lei fosse rimasta indifferente alle sue parole avrebbero avuto una qualche speranza di vittoria. «Non cedere alle sue provocazioni», le disse infine tra i denti, sperando che la ragazza recepisse il messaggio, e per fortuna lei sembrò calmarsi un po’ dopo quella constatazione.
Sperò solo che quella calma durasse per tutto il resto dell’incontro.
Per fortuna Dj Man dette il via all’incontro e per qualche secondo nessuno parlò. A farlo ci pensarono i quattro Beyblade in campo, ed inizialmente a rapire la scena fu Dranzer, che era subito partito all’attacco di Blade, il Bey di Fujima, ma bastò un’occhiata d’intesa tra il presidente d’istituto e la sua compagna perché cambiassero tattica, iniziando a tallonare Star Pegaso ed indispettendo Saya sempre di più. Kai però cercava di scrollarle di dosso gli avversari, ma quei due, con la loro intesa perfetta, riuscivano ad eludere tutti i suoi attacchi.
«Ve la prendete col più debole eh…», li provocò Kai con un sorrisetto sprezzante, ma invece che colpire l’altra coppia di ragazzi, con quelle parole finì per far completamente alterare la povera Saya. Era stata in tensione per tutto il tempo ed era bastata una frase detta male per farle perdere la pazienza. Mandò così Star Pegaso ad attaccare ripetutamente Dranzer, seguita a ruota dagli altri due, che sembrarono incredibilmente soddisfatti del loro operato. In fondo mettere zizzania tra loro era stato il loro intento fin dall’inizio.
«Sei impazzita?!», le intimò infatti Kai, cercando di scrollarsi di dosso i tre Beyblade.
«Debole sarai tu! Parla e pensa per te!», gli rispose tra i denti la compagna, lanciandogli uno sguardo che difficilmente sarebbe stato frainteso. In più si era così indispettita che diventò totalmente indifferente verso il risultato della sfida.
Star Pegaso si era allontanato dagli altri avversari in campo, e da Dranzer stesso, e si era rintanato in angoli dello stadio che erano rimasti lontani dallo scontro, nonostante gli occhi ametista di lei non avessero perso di vista la sfida nemmeno per un attimo.
«Che diavolo fai?!», sbottò Hiwatari, decisamente incazzato per il comportamento della ragazza, perché tutto si sarebbe aspettato tranne che dover far fronte a due avversari contemporaneamente. «Ti decidi a darmi una mano?!», concluse poi, stizzito come solo lui sapeva essere, prendendola per un braccio e scuotendola per ricercare la sua attenzione, ma lei sembrava completamente estraniata dalla sfida. I suoi occhi continuavano a seguire i movimenti di Blade e del Beyblade della ragazza dai capelli rossi, come se le fosse importato solo di quelli, ignorando completamente tutto il resto. Quel comportamento però alterò non poco il nippo-russo, che alla fine le imprecò un “fai come ti pare” e continuò a cercare di trovare una strategia vincente per mettere fuori gioco entrambi i Bey avversari.
Ma Saya, nonostante la rabbia, non era una sprovveduta e nella stizza aveva trovato una soluzione. Stava solamente studiando gli avversari, così da poterli colpire al momento giusto, ed inoltre avevano rinunciato a dare la caccia a Star Pegaso solo perché Dranzer, una volta solo, secondo loro sarebbe stato un avversario facile da battere. E poi Saya era sicura che Fujima non avrebbe mai rinunciato allo scontro con Kai, per via del conto che ancora avevano in sospeso, e quindi non avrebbe perso tempo con lei. L’obbiettivo del presidente d’istituto era quello di vendicarsi, quindi era intuibile che avrebbe braccato il suo avversario fino a che non fosse riuscito a metterlo fuori gioco, e per fortuna Dranzer aveva la potenza e la resistenza necessaria per contrastare entrambi i Beyblade, mentre lei cercava di trovare un punto debole nella difesa degli avversari.
«Ci siamo!», disse di punto in bianco, ma oramai era stata talmente ignorata che nessuno dei ragazzi dette peso alle sue parole. Nemmeno il suo compagno di squadra, che oltretutto non poteva permettersi una sola distrazione. Ma lei richiamò a sé tutta la potenza del suo Star Pegaso e lo lanciò contro il Bey della fidanzata di Fujima, colpendolo a tradimento nel momento esatto in cui si staccò leggermente da quello del compagno, eliminandola così dal gioco.
Quello che successe dopo fu tutta una conseguenza del suo attacco.
L’imprecazione della rossa servì a distrarre il compagno, che ancora non riusciva a credere a ciò che aveva appena visto, e Kai fu incredibilmente bravo a catturare proprio l’attimo in cui Blade era più vulnerabile, perché il suo Blader era stato distratto dalla sconfitta della compagna.
Bastò un colpo deciso di Dranzer per spedire fuori anche lui, concludendo così quello strano e combattuto incontro.
«L’incontro finisce con la vittoria della coppia formata da Kai e Saya!», proferì a gran voce Dj Man, sotto le ovazioni del pubblico e dei loro amici, che iniziarono a complimentarsi dalle tribune.
Purtroppo però quegli schiamazzi, ed il fatto di aver vinto l’incontro, non allentò la tensione in campo.
«Si può sapere che ti è preso?!», proferì tra i denti Kai, dopo aver afferrato la compagna per il colletto della maglia ed aver fatto in modo di riavere la sua completa attenzione.
«C’è che mi hai rotto Hiwatari!!», sbottò però lei, sbattendo i palmi delle mani contro il petto del compagno per allontanarlo da sé. Nello stesso momento anche Star Pegaso imitò il gesto della sua Blader, e colpì Dranzer facendolo schizzare indietro. Inutile dire come quel gesto meravigliò ed inviperì il russo alla stessa maniera, perché tutto si sarebbe aspettato tranne che finire a battersi proprio con la sua compagna di squadra.
«Ok, vuoi misurarti con me? Sono pronto!», le ringhiò contro, indispettito dalla piega che aveva preso quella strana situazione, posizionandosi poi dalla parte opposta del Beyblade Stadio, lasciata libera da Fujima e compagna.
Dranzer attaccò Star Pegaso con attacchi ripetuti e micidiali, ma il Beyblade di Saya riuscì miracolosamente ad attutirli tutti, seppur con qualche difficoltà. Tuttavia, per quanto i due Beyblade si eguagliassero, era la potenza fisica dei Blader ad essere notevolmente squilibrata. Per quanto forte fosse stata Saya, non poteva certo competere con la prestanza di Kai. Ma per fortuna riuscì a tenere testa all’avversario come quella volta sui ghiacci del lago Bajkal, ed in quel momento stava provando la stessa rabbia e lo stesso risentimento di allora. Le sembrò di essere ancora in Russia, a combattere Black Dranzer con il Dranzer originale, che in quell’occasione Kai le aveva brutalmente consegnato. E lo stesso sembrò al compagno, che provò gli stessi sentimenti contrastanti di quella volta. Da una parte era pervaso dalla rabbia, dall’altra preoccupato e confuso dal comportamento della compagna, perché era chiaro che Fujima c’entrasse solo in parte. Saya non avrebbe mai ceduto in quel modo alle provocazioni del presidente d’istituto, di quello ne era certo.
All’attacco decisivo dei due Beyblade seguitò un boato, e si levò un polverone che in un primo momento impedì ai presenti ed all’arbitro di vedere chi avesse vinto l’incontro. In ogni caso erano tutti curiosi di sapere quale dei due Beyblade fosse rimasto in gara, ma soprattutto lo erano i loro compagni in tribuna, che erano ancora confusi e turbati dallo strano comportamento tenuto dai due amici.
Quando il polverone si assestò, Saya era accasciata a terra quasi priva di energia, mentre Star Pegaso giaceva mal ridotto ai suoi piedi.
Kai invece era crollato ansimante in ginocchio, anche lui decisamente senza fiato in seguito a quello scontro, ma i suoi occhi ametista erano rapiti da Dranzer, anch’esso giacente ai suoi piedi e ridotto ai minimi termini, esattamente come quello della compagna. Inutile dire come quella visione gli strappò una smorfia ed un’imprecazione, che gli morì in gola quando vide la compagna afferrare con un balzo il suo Bey e correre stizzita verso il corridoio d’uscita.
«Attenzione signori e signore, l’eccezionale incontro fra compagni di squadra si conclude in parità!», gridò eccitato Dj Man, ma Kai era già corso dietro l’amica, sparendo nella penombra del corridoio.
«Hey!», la chiamò quando la intravide correre, ma lei, essendo incredibilmente risoluta a continuare ad ignorarlo, fece finta di non averlo sentito.
«Ti vuoi fermare?», continuò lui, decisamente indispettito dal comportamento della ragazza, cosa che lo spinse a fare uno scatto fulmineo per raggiungerla. L’afferrò per un braccio e poco carinamente la voltò sbattendola contro il muro, così che non le fosse stato possibile scappare. Inoltre si accorse di come lei lo stesse guardando con la stessa rabbia con la quale lo aveva guardato nel loro vecchio scontro in classe di qualche settimana prima. A differenza della volta scorsa però, sul viso della nipote del presidente Ditenji c’erano le lacrime che lui non vedeva su quel volto da tempo, e la cosa fece stringere per un momento il cuore del russo.
«Ho un nome!», sibilò tuttavia lei, inviperita, perché davvero le sembrava di essere tornata ai tempi del primo campionato mondiale, quando lui la teneva a distanza e non la chiamava mai per nome. Ma lui cercò di mantenersi calmo, e di non cedere alle sue provocazioni, perché in quel momento sapeva che era fin troppo arrabbiata per poterle parlare lucidamente, quindi scacciò la questione e ne focalizzò una più importante.
«Si può sapere che ti è preso?!», le chiese tra i denti, avvicinandosi con provocazione, ma lei non era propensa a stare ai suoi giochetti, e come aveva fatto in campo, anche quella volta lo allontanò da sé con una spinta.
«Io te lo avevo detto!!», iniziò ad imprecargli contro, cercando di impettirsi per mantenere il punto. «Te lo avevo detto che non c’era intesa tra noi, ma tu no, hai dovuto insistere!!», concluse, nonostante i singhiozzi e le lacrime che oramai non riusciva più a contenere, e quella visione e quella rabbia ammutolirono Kai per qualche secondo, perché di nuovo venne colpito dalla sensazione di essere il colpevole di quella strana disperazione.
«Se tu avessi fatto come ti avevo detto non saresti caduta nella provocazione di Fujima!», le rinfacciò però lui, credendo che fosse tutto scaturito da ciò, ed anche lui voleva comunque mantenere alto il suo orgoglio.
«Fujima! Sempre Fujima! Come al solito non ci hai capito nulla Kai!», gli gridò contro con un ultimo urlo disperato, e gli dette un ultimo spintone per allontanarlo da sé, quel tanto che bastò per sfuggire alla sua presa ed allontanarsi definitivamente da lui, che invece rimase a fissare confuso le spalle della ragazza sparire oltre il corridoio.
 
 
 
 
«Saya, che succede?», le chiese preoccupata Hilary, dopo averla condotta nell’ufficio di suo nonno. Aveva convenuto di portarla in un posto tranquillo per poterle parlare, dopo che l’aveva vista uscire dal campo di gara in lacrime. Aveva visto Kai correrle dietro, ma era sicura che quella disperazione fosse anche un po’ colpa sua. Erano mesi che vedeva l’amica strana e sempre nervosa, ma quando le chiedeva cosa avesse, Saya le rispondeva sempre evasiva. Almeno fino a quel momento, in cui la situazione sembrava decisamente peggiorata. Aveva lasciato Takao nelle mani degli amici e con un “torno subito” aveva seguito la ragazza nei corridoi. Era preoccupata per lei, per quello l’aveva portata in quell’ufficio, e di contro la diretta interessata gliene fu grata.
Però Hilary aspettò che si fosse tranquillizzata prima di iniziare un discorso, conscia del fatto che altrimenti l’amica non le avrebbe mai risposto sinceramente.
«Va meglio?», le chiese, quando Saya sembrò aver quietato i singhiozzi.
«Un po’…», ammise la nipote del presidente, asciugandosi le lacrime con il fazzoletto che le aveva appena passato Tachibana e sprofondando ancora di più sulla sedia girevole di suo nonno.
«Vuoi dirmi che succede?», le chiese poi Hilary con voce apprensiva, sorridendo leggermente per mantenendosi amichevole come sempre, nonostante il turbamento per quello strano comportamento.
In un primo momento però la compagna di Kai rimase in silenzio, indecisa se ammettere la verità o liquidare la questione con una menzogna. Ma la fidanzata di Takao era sempre stata sincera con lei, e le aveva sempre parlato dei suoi problemi a cuore aperto, anche quando aveva ammesso di essersi presa una cotta per Kinomiya, per cui decise che al mondo non esisteva persona migliore di Hilary con cui confidarsi. Un tempo lo avrebbe fatto con Rei, ma era conscia che quel rapporto confidenziale con lui non esistesse più, quindi decise di raccontarle tutto dall’inizio.
Ripercorse i vecchi ricordi dell’infanzia con un sorriso amaro, fino ad arrivare a raccontare all’amica del bacio che le aveva dato Kai dopo il suo incontro perso contro Sergey.
Le raccontò anche di come si fosse concessa a Rei ed Hitoshi, ma di come il suo cuore fosse sempre appartenuto a Kai Hiwatari, e le parlò di quando lei lo aveva portato sul tetto della scuola, per chiedergli di parlarle del suo passato alla Borg, ma di come invece lui l’avesse liquidata con una constatazione sprezzante, e di come l’avesse colpita in uno dei suoi punti più deboli. Il pensiero di non essere per Kai nemmeno un’amica era sempre stata la sua più grande paura...
Inoltre sapeva che il loro rapporto si era incrinato forse per sempre…
«Non posso combattere a cuor leggero con lui in queste condizioni…Non quando lui ha dei segreti con me…», ammise, dopo qualche secondo di silenzio. «Ha alzato delle barriere e non capisco perché…», concluse, abbassando di nuovo lo sguardo e serrando i pugni contro i braccioli della sedia.
Fu Hilary a sospirare, perché tutto si sarebbe immaginata tranne che la situazione fosse stata così grave, anche se si era accorta da tempo dei sentimenti che Saya provava per il compagno. In realtà se ne erano accorti tutti, forse tranne il diretto interessato, ma anche lei non si era accorta dei sentimenti di Kai, perché il suo stupido orgoglio ed il suo carattere fin troppo fiero gli impedivano di comportarsi spigliatamente con la ragazza, ed immancabilmente finivano entrambi per soffrire. Però, per quanto Saya fosse riuscita ad esternare la sua disperazione, Kai invece la portava costantemente dentro. Tuttavia anche lui soffriva per quell’assurda situazione, solo che non riusciva a fare il primo, importante passo per riconquistare la fiducia della sua compagna…
«Mi dispiace per quello che stai passando…», provò a sollevarle il morale Hilary, ma oltre quelle poche parole non riuscì a dire altro, nemmeno per scusare il comportamento di Hiwatari, perché neanche lei riusciva a capacitarsi dello strano comportamento del suo vecchio compagno di squadra. Da quando lo conosceva non era mai riuscita a comprendere a pieno Kai, e per quello le era stata molto spesso alla larga, nonostante quel suo comportamento risoluto e quella fierezza ostentata durante gli incontri a Beyblade l’avessero sempre affascinata, ma non credette comunque che fosse davvero così menefreghista.
«Lui è fatto così, lo conosci meglio di me…», provò a sorriderle, ma quella constatazione fece stringere la mascella con amarezza alla nipote del presidente Ditenji.
«Lui non era così…», soffiò in risposta Saya, lasciandosi infine coccolare dall’abbraccio dell’amica, dato per l’impossibilità di rispondere a quella strana ammissione.
Fine capitolo 18
 
 
 
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Colei che scrive:
Ma salve e ben trovati alla fine di questo nuovo aggiornamento!
Intanto vi faccio i miei più sentiti auguri di buon Natale <3, anche se magari non leggerete proprio oggi l’aggiornamento, però ho voluto rispettare i cinque giorni :3 tanto non scappa :P
Quindi come abbiamo visto in questo capitolo iniziano a smuoversi le acque, con Kai sempre così meravigliosamente amichevole…quasi quanto un cazzotto nello stomaco <3 sempre così carino e delicato lui, fa quasi tenerezza…xD quanti punti ha perso ancora? A quanto sta? -800, giusto? xD però sono buona, e vi assicuro che da qui a pochi, pochissimi capitoli, li riacquisterà tutti, perché in fondo gli voglio bene U.U
Bene, detto ciò passo a scusarmi per gli eventuali errori, frasi sconnesse, punteggiatura a random etc T.T faccio del mio meglio per farvi fare una lettura scorrevole e pulita, ma purtroppo qualche maledetto mi sfugge sempre >.< XD
Passo poi a ringraziare i miei recensori *^* davvero grazie, le persone che hanno messo la storia tra le preferite/ricordate/seguite, e tutti i lettori silenziosi giunti fino a qui :3
Grazie di cuore a tutti,
al prossimo aggiornamento! <3

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 - Pain ***


Capitolo 19 – Pain
 


 
This life is filled with hurt
Questa vita è piena di dolore
When happiness doesn’t work
Quando la felicità non funziona
Trust me and take my hand
Fidati di me ed afferra la mia mano
When the lights go out, you will understand
Quando le luci si spegneranno, capirai

Three Days Grace - Pain
 



 
 
 
Erano passati due giorni dall’incontro di Saya e Kai contro Fujima e compagna, ed erano trascorsi senza che tra i due ci fosse stato un minimo di chiarimento. La situazione tra loro sembrava essere tornata a qualche mese prima, dopo il loro scontro in classe, e come allora erano di nuovo tornati ad ignorarsi completamente.
Kai era un po’ preoccupato per gli incontri che avrebbero dovuto affrontare dopo i giorni dedicati alle festività natalizie, e senza l’appoggio della compagna sarebbero stati la fotocopia del precedente, in cui la ragazza si era rifiutata di andare in aiuto del compagno di squadra, ma sapeva anche che sarebbe bastata una parola detta male per farla agitare. Hiwatari aveva pensato ad ogni possibile risvolto per rimediare a quella situazione, ma le occhiatacce che gli riservava l’amica ogni qual volta che lui provava ad avvicinarla bastavano per farlo desistere dall’andare avanti. Inoltre erano in vacanza dalla scuola, quindi si erano visti solamente a casa di Takao, dove lei era sempre stata insieme alle sue amiche, per cui Kai si era un po’ messo l’anima in pace.
L’unico però ad essersi accorto di quella situazione tesa fu Yuri, ma anche lui aveva ben visto di farsi gli affari suoi, soprattutto perché era stato rapito da una presenza nettamente più piacevole di Hiwatari, almeno per lui… Tra i tanti invitati di casa Kinomiya c’era stata anche una certa spagnola di sua conoscenza…
 
 
Dopo la vittoria di Saya e Kai invece, gli incontri del girone B erano proseguiti come da programma ed il secondo incontro si era concluso con la vittoria da parte di una coppia di compagni di scuola dei ragazzi, e contro cui si sarebbero dovuti scontrare i nostri beniamini.
Il terzo incontro aveva visto protagonisti Ozuma e Dunga contro Zeo e Gordo, ed il match era stato vinto da quest’ultimi.
La battaglia più avvincente da seguire era stata invece quella tra la coppia di Rei e Mao contro quella formata da Rick e Max. Era stato uno scontro combattutissimo e pieno di colpi di scena, che avevano tenuto col fiato sospeso tutti, soprattutto Takao, che aveva continuato ad esaltarsi dalla panchina. Era finito anche per far alterare i russi seduti dietro di lui, perché nel suo continuo agitarsi tappava loro la visuale dello schermo, ma alla fine, contrariamente al pronostico, a vincere erano stati i due ragazzi cinesi, sotto le ovazioni del pubblico e la felicità incredibile di Mao, che aveva finalmente dimostrato di essere una valida Blader. Inoltre vincere al fianco del suo Rei l’aveva così tanto emozionata che finì per baciarlo di fronte a tutto lo stadio, sotto gli applausi dei loro amici e lo scontento di Rick, che oltre aver perso l’incontro non avrebbe voluto assistere alle smancerie sdolcinate dei ragazzi.
 
 
Così, tra una cosa e l’altra, erano arrivati alla vigilia di Natale, in cui il team della BBA aveva organizzato una festa per riunire tutti i blader e le persone che avevano contribuito a ricostruirla. Il presidente stesso era stato felice di poter invitare i suoi ragazzi, e quelli che stavano partecipando al torneo, per cui aveva allestito il Beyblade Stadio con tutto il necessario, compreso il prosperoso buffet che era posizionato lungo tutto il perimetro dello stanzone.
C’erano tutti i nostri protagonisti, ma qualcuno stava mostrando un certo scontento…
Era da quando aveva messo piede in quello stabile che Yuri non riusciva a staccare gli occhi di dosso a Julia, che invece continuava a rubare la scena andando a chiacchierare con chiunque le capitasse a tiro, trascinandosi dietro il povero fratello. Stava chiacchierando allegramente con Mathilda e Mao, probabilmente di cose da donna visto come sembrava imbarazzato Raul, ma il tutto non era passato inosservato agli occhi attenti del russo. Era anche un po’ amareggiato dal fatto che lei avesse oramai parlato con tutti ma non con lui. Gli aveva lanciato alcune occhiate sorridenti quando era passata da una parte all’altra dello stadio, ma lui continuava costantemente a chiedersi il perché non si fosse ancora avvicinata per salutarlo. Non credette che il motivo fosse Boris, che era rimasto incollato a lui da quando erano entrati in quella sede. Tuttavia l’amico non sembrava minimamente interessato a lui, perché la sua attenzione era rivolta da tutt’altra parte, almeno fino a quando Ivanov non sospirò per l’ennesima volta. Solo allora Boris decise di intervenire.
«Hai intenzione di andare da lei oppure devo sentirti ancora sospirare su quanto è amara la vita?», ironizzò Kuznetsov, portandosi alla bocca il bicchiere pieno di liquido ambrato che teneva in mano da oramai un quarto d’ora, ed il tutto avvenne sotto un’occhiata decisamente indispettita del rosso.
«Potrei dirti la stessa cosa, visto che sei appiccicato come un francobollo a me invece che essere a parlare con la ragazza che stai osservando meticolosamente da quando siamo entrati!», gli rinfacciò Yuri, spostando leggermente la testa ed impettendosi per mantenere il punto, e la soddisfazione che gli portò l’espressione colpita del compagno fu qualcosa di eclatante. Ma in effetti si chiese perché Boris, che aveva sempre decantato le sue qualità da latin lover, non riuscisse ad avvicinarsi alla ragazza che lo aveva così tanto colpito. Ed inoltre, se uno come l’amico non riusciva a fare il primo passo, come sperava di riuscirci lui?
«Perché sono preoccupato per te!», gli rispose Kuznetsov, cercando anche di mostrarsi spensierato, ma non riuscì comunque ad intaccare la gelida coltre di Yuri.
«Non dire stronzate…», lo rimbeccò infatti, con l’ennesimo sospiro, voltandosi poi ad osservare di nuovo la posizione della madrilena.
«Quella ragazza mi inquieta e mi attira alla stessa maniera…», ammise però Boris con un’alzata di spalle, come se avesse voluto mostrarsi menefreghista riguardo alla cosa. Ma ovviamente non convinse a pieno Ivanov.
«Capisco», ridacchiò in conclusione quest’ultimo, portando le braccia conserte al petto per cercare di ricreare il suo solito atteggiamento spensierato.
«E tu perché non vai da Julia? Te la sei lasciata sfuggire dopo il mondiale senza essere riuscito a dirle qualcosa di più di un “ci vediamo”, ed ora che l’hai ritrovata stai qua a squadrarla come un lupo famelico senza avere il coraggio di andare a parlarle? Mica ti mangia! E non dirmi che hai paura del fratello geloso perché quello non farebbe paura nemmeno ad un neonato!», ridacchiò infine Boris, svuotando con un unico sorso il liquido che ancora troneggiava nel suo bicchiere, probabilmente per farsi coraggio.
«No, non è questo…», soffiò indispettito il russo dai capelli rossi, abbassando per la prima volta lo sguardo impacciato e facendo aprire le labbra dell’amico in un sorrisetto puramente soddisfatto. Però pensò bene di ricomporsi, perché in quel momento il compagno non aveva bisogno del suo essere sarcastico ed ironico. Aveva bisogno di una figura che gli avrebbe parlato seriamente, per quello prese una boccata d’aria e si mostrò alquanto imperioso.
«Yuri…», iniziò, serrando la mascella ed aspettando di avere di nuovo addosso il suo sguardo di ghiaccio. «Tu hai fatto tanto per noi. Ci hai salvati. Ci hai dato aiuto anche quando sapevi che ne avresti subito le conseguenze. Ti sei sempre fatto carico di tutti i nostri problemi, rinunciando a sistemare i tuoi pur di farci vivere degnamente…Ma ora è arrivato il momento che anche tu provi ad essere felice. Se quella ragazza laggiù pensi che possa renderti tale, perché non lasciarti andare?», sospirò quando vide la mascella del compagno serrarsi, ma non si arrese. «Vuoi diventare come Hiwatari?», si voltò poi col pelo dell’occhio ad indicare il loro compagno, anch’egli rintanato a braccia conserte in un angolo della stanza, ad osservare di nascosto i movimenti di Saya, e forse fu quello che colpì Yuri nell’orgoglio, così tanto che finì per fare una smorfia di disapprovazione.
«Senti da che pulpito…», pronunciò poi, aprendosi però in un piccolo sorrisetto. «Dovrebbe valere anche per te questo discorso…», fece poi spallucce, voltandogli le spalle.
«Varrà anche per me, te lo prometto. Al tre abbandoniamo questo angolo ed andiamo…», ridacchiò poi, ma Yuri aveva già iniziato a camminare risoluto verso la fonte dei suoi pensieri, e Boris osservò la sua camminata fiera con un sorriso soddisfatto stampato in faccia, almeno fino a che non si voltò e non si ritrovò due occhi ametista che lo stavano osservando curiosi.
Non si era accorto che la ragazza che lui stesso aveva osservato per tutto il tempo lo stava guardando con la testa leggermente piegata, dove i capelli le ricadevano lungo la spalla per via della posizione. Quella visuale lo fece leggermente arrossire, ma alla fine era inutile aver fatto la predica a Yuri se poi lui si comportava vigliaccamente. Avrebbe voluto darsi altro coraggio con altro liquido ambrato, ma gli sembrò troppo sciocco farlo di fronte a lei, quindi si fece coraggio con un sospiro ed a grandi passi raggiunse Mira Nakamura fino al centro della stanza.
«Hey…», la salutò con un piccolo sorriso, ma lei non cambiò minimamente espressione e non ricambiò il suo saluto. Assottigliò solamente lo sguardo, cosa che lo indispettì parecchio.
«Comprendo che il mio giapponese non sia dei migliori, ma credo sia buona educazione rispondere quando uno ti saluta!», la rimbeccò alzando gli occhi al cielo, e fu allora che lei ridacchiò leggermente.
«Scusami, hai ragione, ma ti stavo osservando perché sei buffo…», gli disse, cosa che gli fece aggrottare le sopracciglia in un’espressione confusa. Solitamente le ragazze lo dichiaravano affascinante, non buffo…Lei però cercò di correre ai ripari, perché non voleva certo sgonfiare l’ego di un ragazzo così risoluto.
«Scusami…è solo che mi sono accorta che mi stai osservando da un po’, quindi mi stavo solo chiedendo il perché non fossi venuto a parlarmi prima», fece spallucce, spostando di nuovo la testa di lato per osservarlo meglio, e quella strana inquisizione gli provocò una certa inquietudine.
«Hai ragione», si decise però a risponderle con un piccolo sorriso. Se si faceva vedere spontaneo magari lei non avrebbe più parlato a sproposito. «Ma ora sono qui, no?», ridacchiò infine, alzando le braccia in segno di resa.
«Sei un tipo strano Kuznetsov», fece spallucce lei, alzando leggermente gli angoli della bocca in quello che doveva essere un sorriso. «Ma visto che sei qua volevo chiederti una cosa…», continuò poi, assottigliando lo sguardo ametista e provocandogli un colpo al cuore. In fondo quella ragazza dallo sguardo così intenso lo aveva attratto fin da subito.
«Ma certo, dimmi pure!», la incitò lui, gonfiando il petto ed aprendosi nel suo sorriso migliore, atteggiamento che convinse la ragazza a continuare.
«Mi sai dire qualcosa su di lui?», gli chiese la fanciulla, ammiccando con un gesto della testa oltre le spalle di Boris. Ma lui all’ascolto di quelle parole afflosciò le spalle ed aggrottò le sopracciglia.
«Lui chi?», chiese infatti, non capendo chi avesse attirato l’attenzione della ragazza, per cui si voltò dietro di sé con espressione decisamente indispettita, ma quando incontrò l’oggetto dei pensieri di Mira, che era ancora a braccia conserte in un angolo della stanza, finì per serrare la mascella e per voltarsi di nuovo verso di lei, facendo un piccolo passo di lato in modo da oscurarle la visuale.
Quello per lui era troppo.
«Hiwatari?!», sbottò inacidito, e si decise a continuare solo quando vide la ragazza annuire. Ma lei non sembrava stesse scherzando, come in un primo momento pensò lo stesso Boris, quindi pronunciò le prime parole che gli affiorarono alla mente.
«Ѐ solo un coglione!», pronunciò risentito, perché tutto si sarebbe aspettato tranne che quella ragazza fosse attratta dal suo compagno. «Che diamine ci trovate tutti in quello?!», continuò poi tra i denti, ma cercò di riprendere un contegno o altrimenti avrebbe fatto subito la figura del geloso, ed essere geloso di Hiwatari era l’ultimo dei suoi voleri. Anche se per lui Kai non era una vera minaccia, perché gli occhi ametista del compagno sembravano essere rapiti da un'unica persona, quella domanda così risoluta da parte della Nakamura lo aveva indispettito non poco.
Tuttavia non si dette per vinto, perché oramai quella era diventata per lui una questione di orgoglio. Le avrebbe fatto cambiare idea, perché in fondo ne valeva la pena per l’unica persona che era riuscita a far battere di nuovo il suo gelido cuore.
 
 
 
Kai invece stava continuando a tenere d’occhio Saya con sguardo assorto. Era così carina nel suo vestitino bianco che non sarebbe riuscito a toglierle gli occhi di dosso nemmeno volendo. Ma fino a che lei si fosse limitata a chiacchierare con le sue amiche blader lui sarebbe rimasto tranquillo. Continuava a mantenersi indifferente, nonostante le occhiate sfuggenti, ma nessuno si era accorto di lui, o almeno così credeva, e finché sarebbe rimasto in disparte sarebbe andato tutto bene.
Quando però la nipote del presidente Ditenji venne avvicinata da una determinata persona, quella che lui più odiava al mondo, non riuscì più a mantenere la sua degna compostezza. Serrò la mascella ed assottigliò lo sguardo in direzione di Hitoshi Kinomiya, osservandolo per tutto il tempo che impiegò per andare a parlare con Saya. Inoltre lei sembrava stranamente sorridente, così tanto che per la prima volta sentì nascere dentro di sé un sentimento sconosciuto e mai provato prima. Almeno non a livelli così esorbitanti.
Gelosia.
Si chiese come mai uno come lui fosse finito a provare così tanta gelosia nei confronti del fratello di Takao, ma inizialmente dette la colpa di quella stizza al fatto che non gli fosse mai andato a genio. Tutto quello che era stato costretto a vivere da quando aveva messo piede alla B.E.G.A, compreso uscire malconcio dallo scontro con Brooklyn, era stata colpa di quel ragazzo, ma dentro di sé sapeva bene che il motivo non era solo quello.
Inoltre era così preso dai suoi pensieri che non si accorse nemmeno della persona che gli si era silenziosamente posizionata di fianco.
«Perché invece di star qui a mandare accidenti ad Hitoshi non vai a parlare con Saya?», gli disse quella voce fin troppo eloquente, e quando si voltò indispettito verso la persona che aveva appena parlato si meravigliò non poco di essersi ritrovato di fronte proprio Hilary, che lo stava guardando con fare disinvolto.
«Non ho nulla da dirle», le rispose in modo burbero come al suo solito, ma la fidanzata di Takao era abituata a quegli sprazzi di freddezza e quindi non si lasciò impressionare da ciò. Anzi, prese un copioso respiro e cercò di mantenersi obbiettiva.
«Sei sicuro? Potresti, che so, scusati per il tuo comportamento…», gli propose, e non bastò nemmeno l’occhiataccia che le riservò a farla desistere dall’andare avanti. Forse Hilary era l’unica persona, dopo la stessa Saya, a non essersi mai fatta fermare dal suo comportamento scostante. Tuttavia Kai non rispose. Rimase a braccia conserte con un’espressione alquanto infastidita, perché non amava quando qualcuno gli rinfacciava le cose, nonostante sapesse quanto quelle fossero vere. Inoltre voleva almeno mantenere alto l’orgoglio, lo stesso maledetto orgoglio che gli impediva di prendersi ciò che voleva.
«Kai…», sospirò Hilary dopo qualche secondo di silenzio, e lo fece per prendere il coraggio necessario per affrontare quel discorso. Teneva sia all’amicizia di Kai che a quella di Saya, e non avrebbe voluto vederli allontanarsi l’uno dall’altra ancora di più, quindi cercò di prendere in mano la situazione. In fondo la sua presenza nella squadra dei Bladebreakers era servita anche a tenerli sempre uniti.
«Forse è il caso che tu abbandoni la freddezza che hai sempre ostentato verso di lei e le parli apertamente. Abbatti tutti i muri che hai innalzato in tua difesa e trattala finalmente da amica. Non avere paura dei suoi giudizi o di quelli della gente. Questa distanza che si è creata tra voi vi impedisce di combattere a cuor leggero. In fondo il Beyblade non è lo specchio dell’anima del Blader? Fino a che tu la terrai a distanza non potrai mai sperare di avere un’intesa perfetta con la tua compagna. Guarda Takao e Daichi. All’inizio c’erano molte incomprensioni tra loro, ma poi hanno superato i loro problemi fidandosi l’uno dell’altro e sono riusciti a vincere un intero mondiale», fece poi spallucce con un sorriso, soprattutto al ricordo delle vecchie battaglie combattute dai suoi ex compagni di squadra, e quel discorso sembrò colpire Kai come sperato.
«Ti ha detto qualcosa?», chiese infine Hiwatari, spostando il suo sguardo ametista sulla ragazza. Probabilmente sapeva già la risposta, ma voleva sentirsela dire da lei.
«Solo il giusto», fece ancora spallucce la brunetta, con sguardo di chi la sapeva lunga, ma Kai non insistette. Sapeva già da tempo cosa avrebbe dovuto fare. Lo aveva saputo fin dall’inizio, ma non era stato pronto a far entrare nel suo cuore chi che sia. Ma in fondo Saya non era una sconosciuta, e forse era l’unica persona con cui lui avrebbe voluto aprirsi. Il motivo del suo lungo procrastinare erano le conseguenze che avrebbero avuto quelle ammissioni su di lei. Saya era troppo sensibile per venire a conoscenza di certe cose, ma se fosse servito ad avere di nuovo la sua amicizia e la sua complicità di gioco, l’avrebbe finalmente resa partecipe del suo passato.
Alla fine decise di sospirare, perché in fondo Hilary aveva ragione. Un po’ gli rodeva il fatto che era stata un’altra persona a spronarlo e non si fosse dato una smossa da solo, ma la fidanzata di Takao si era comportata esattamente come si sarebbe comportato quest’ultimo.
Di nuovo era in debito con qualcuno.
Decise quindi di prendere in mano la situazione, e si convinse così a raggiungere risoluto la fonte dei suoi pensieri, lasciandosi alle spalle una Hilary incredibilmente soddisfatta del suo operato.
«Saya?», la richiamò quando le arrivò alle spalle, distogliendola così dal discorso che aveva iniziato con Hitoshi. Quest’ultimo però non fu molto contento di quell’interruzione, e glielo fece capire assottigliando lo sguardo in un’espressione decisamente stizzita.
Lei invece in un primo momento rimase di stucco, perché tutto si sarebbe aspettata tranne che essere stata richiamata proprio da lui. Era oramai sicura che Kai non avrebbe mai ceduto per orgoglio, e che non avrebbe mai fatto lui il primo passo, ed invece quel fatto la meravigliò più di quanto ci tenesse ad ammettere.
Quando si voltò verso il suo amico d’infanzia però, lui stava guardando il più grande dei Kinomiya con il suo stesso sguardo indispettito.
«Ciao Kai…», lo salutò infine quest’ultimo, più per cortesia che per altro.
«Ciao», proferì categoricamente in risposta il russo, senza più degnarlo di altra considerazione. «Posso parlarti?», disse poi rivolto alla ragazza, che aggrottò indispettita le sopracciglia.
«Sono impegnata», gli rispose invece seccata lei, più per provocarlo che per la voglia di tornare a chiacchierare col fratello di Takao. In fondo non era una conversazione interessante, ed era lusingata per il fatto che Kai si fosse abbassato a cercarla per primo, ma anche lei voleva tenere alto il suo orgoglio.
Però stranamente Hiwatari non demorse. Le afferrò un braccio com’era solito fare e quella stretta così risoluta finì per farla arrossire come al solito. In più l’espressione incredibilmente abbattuta che era sorta sul volto sempre impassibile del compagno le strinse il cuore.
«Ti prego…», le disse tra i denti, nonostante fosse stata una confessione alquanto sofferta, ma voleva chiarire quella situazione a tutti i costi.
«Vai pure Saya, ci vedremo in un’altra occasione», dette man forte Hitoshi, cosa che meravigliò non poco entrambi i presenti. «Ci vediamo…», voltò poi loro le spalle con un sorrisetto, lasciando la nipote del presidente Ditenji nelle mani di Hiwatari.
«Uffa, devi sempre averla vinta eh?», gli rese noto lei, imbronciandosi come una bambina, ma Kai si aprì in un piccolo sorrisetto soddisfatto prima di iniziare a trascinarla per tutto il salone, esattamene come era solito fare. Quella volta però Saya non fece alcuna resistenza e si beò del tocco caldo che la mano del compagno aveva fatto sul suo polso.
La portò fino ad una stanza vuota dell’edificio, la prima che trovò libera e con la porta aperta, e la fece sedere a cavalcioni su una panca, posizionandosi poi di fronte a lei, così da avere la sua più completa attenzione.
Per fortuna le luci fioche del posto nascosero un po’ il rossore che era salito sulle guance di entrambi.
«Di cosa volevi parlarmi?», gli chiese lei con un sospiro quando entrambi si furono seduti. Come sempre andava spronato per farlo parlare, ma lo vide prendere una copiosa boccata d’aria e quello la fece ben sperare.
«Di tutto», ammise lui e quella constatazione fece leggermente spostare di lato il volto della giovane. Ma prima che potesse chiedere altro, Kai continuò. «Mi dispiace per la situazione che si è venuta a creare tra noi, ed ho capito che l’unico modo che ho per riacquistare la tua fiducia è quella di parlarti apertamente», sospirò, ma Saya mise subito le mani avanti.
«No, alt!», lo bloccò. «Io non me la sono presa perché tu non mi hai voluto parlare del tuo passato», serrò la mascella, «o meglio, non solo…ci sono rimasta male per quello che mi hai detto dopo», gli rese noto, assottigliando lo sguardo.
«Lo so, ma lasciami spiegare. Volevo dirti tutto, davvero, perché forse sei l’unica persona a cui veramente lo direi…però…», bloccò la frase, mandando giù un groppo amaro di saliva. Era forse troppo per lui ammettere di essere stato codardo, ma di nuovo la ragazza lo precedette.
«Però non ci sei riuscito ed hai convenuto che sarebbe stato meglio ferirmi che parlare, giusto?», ammise lei con l’ennesimo sospiro, abbassando leggermente gli occhi a terra, troppo frustrata dalla piega che aveva preso quella conversazione.
Era sceso anche un notevole silenzio tra loro, perché lui non era riuscito ad ammettere che sì, era andata proprio così, ma non potevano continuare ad andare avanti con questioni irrisolte. Per quello Kai prese in mano la situazione, e di nuovo le prese il mento con due dita com’era solito fare, fino a che non ebbe la sua più totale attenzione. Solo allora la penetrò con uno sguardo intenso, che trasportò tutto il suo stato d’animo inquieto, ed in quello sguardo ametista Saya lesse una tacita richiesta di perdono, forse anche per quello che stava per dirle.
«Sono stato violentato…», ammise, con rammarico ed una punta di amarezza, emozioni che la ragazza non aveva mai scorto in lui, per quello ammutolì ancora prima di aprire bocca, e serrò la mascella in un’espressione incredibilmente colpita.
«Cos…», provò poi a dire, ma Kai le appoggiò un dito sulle labbra per chiederle silenzio. Non avrebbe mai più trovato il coraggio di parlare se avesse perso quell’attimo di audacia ostentata.
«Nel mio passato alla Borg…», continuò il discorso, osservando le labbra di lei richiudersi di nuovo. «Ho totalmente riacquistato la memoria in seguito allo scontro con Brooklyn, e ne avrei volentieri fatto a meno, credimi, ma purtroppo ho ricordato tutto. Ho ricordato tutte le spiacevoli vicende che sono stato costretto a vivere. Non eravamo solo macchine addestrate a combattere. Non venivamo solamente trattati come robot o sottoposti ad allenamenti drastici…», prese una boccata d’aria per farsi coraggio, ma Saya notò come la voce del ragazzo si fosse estremamente incrinata, e di come lui avesse continuato a guardare le sue labbra invece dei suoi occhi. Forse vedere la pena disegnata nel suo sguardo era troppo da sostenere per lui, ma si decise comunque ad andare avanti. Era risoluto ad esternare tutti gli orrori subiti, perché se fosse servito a riavere indietro la sua vecchia amica ne sarebbe valsa la pena.
«Venivamo puniti severamente se provavamo anche solo a ribellarci, oppure a fare comunella. Ognuno doveva pensare per sé stesso ed imparare a cavarsela con le proprie forze. Siamo cresciuti con l’idea che ognuno era forte per sé stesso, che non esistevano altre forme di sentimento oltre il desiderio di vittoria. Non esistevano sentimenti benevoli. Io però mi sono sempre ricordato di te, e tutti i giorni vivevo con la speranza di poter tornare a casa. Solo quel pensiero mi dava la forza per poter resistere…», soffiò, «però ogni giorno era sempre più difficile. Tu mi hai conosciuto, non sono mai stato un ragazzino accondiscendente», sorrise amaramente, «quindi troppo spesso volevo fare di testa mia, e questo a mio nonno ed a Vorkof non è mai andato giù. Non mi facevo mettere i piedi in testa da nessuno, quindi mantenevo alto l’orgoglio. Per colpa di questo mio orgoglio, purtroppo, sono stato punito molte, molte volte. Spesso erano punizioni fisiche, tipo frustate o schiaffi, oppure passare qualche giorno da soli nelle prigioni saltando i pasti, ma se quello non bastava passavano ad altro…», strinse la mascella, togliendo il dito dalle labbra della ragazza per darle modo di parlare.
«Ed è questo altro che ti ha turbato, non è vero?», gli domandò lei, aggrottando le sopracciglia in un’espressione incredibilmente rammaricata, soprattutto dopo aver visto Kai annuire con una smorfia sofferta. Non era abituata a vedere quell’espressione sul suo volto, ed in un primo momento si pentì di averlo portato a rivangare il passato. Solo in quel momento capì quanto fosse stato difficile per lui, e capì inoltre perché lui stesso non avesse voluto parlargliene.
Aveva riaperto una ferita che non si era mai rimarginata del tutto…
«Un po’…Alcuni di noi sono stati vittime di violenze, anche sessuali», ammise con sincerità, nonostante fosse stata di nuovo un’ammissione sofferta. «Venivamo messi nelle mani degli inservienti, uomini o donne che fossero, e questi ci spogliavano e ci legavano per non farci reagire. Io ero impaurito, ma avevo sempre imposto a me stesso di rimanere impassibile. Non volevo dar loro la soddisfazione nel vedermi soffrire. Non ho mai dato a nessuno la soddisfazione di farlo, è sempre stato parte del mio carattere», strinse di nuovo la mascella. «Non potevo muovermi ed ero costretto a subire tutto passivamente, tuttavia non gridavo come gli altri, tanto nessuno sarebbe venuto a salvarmi. Loro però erano sempre lì, a fare i loro comodi con gli occhiali neri a coprire i loro volti. Le telecamere ai lati della stanza erano sempre accese, e sempre in funzione per riprendere tutto, ed a volte immaginavo la faccia soddisfatta di Vorkof mentre osservava la scena. Quando finivano i loro comodi ti lasciavano lì per un tempo indefinito, nudo, a volte insoddisfatto ed a volte esausto, al freddo ed alla mercé di tutti», finì con un ringhio, abbassando così tanto il volto che la frangia argentea dei sui capelli gli coprì parte del volto.
Saya invece era rimasta gelata al suo posto, con gli occhi sgranati e la bocca leggermente aperta dallo sgomento. Sentiva gli occhi lucidi, così tanto che alla fine sentì una lacrima rigarle una guancia. Aveva provato ad immaginare il dolore, ma era stato difficile anche solo da immaginare, quindi capì quanto fossero stati difficili per lui quei momenti. Ed era stato così per sei lunghi anni…
Quando lui si decise a rialzare il volto però, notò la tristezza negli occhi della sua compagna e quella sua espressione così scioccata gli strinse il cuore, oltre ad averlo fatto tremare dalla rabbia. Era proprio per evitare quello sguardo che lui inizialmente non aveva voluto parlargliene. Non avrebbe voluto farle pena, né che lei avesse pensato che fosse stato debole. Quei ricordi erano la sua vergogna più grande, ma dovette ammettere di sentirsi stranamente più sereno dopo averli esternati.
«Io…», provò a riprendere parola per cercare di rompere quell’ignobile silenzio che era sceso tra loro, ma Saya lo interruppe prima che potesse dire qualsiasi altra cosa.
«Non dire nient’altro Kai, va bene così!», alzò una mano fino ad appoggiarla sul petto di lui, all’altezza del cuore che batteva all’impazzata. «Ti ringrazio per avermi parlato di te e per esserti fidato di me», gli disse, avvicinandosi a lui fino a che non incontrò il suo petto con la fronte, e quel gesto così stranamente avventato da parte della sua compagna lo fece leggermente avvampare, perché era stato tutto così repentino che la sua mente aveva perso un po’ della sua lucidità. Ma in fondo gli andava bene così.
Anche lui si fece più audace, tanto nessuno oltre a lei sarebbe stato testimone di quella strana dolcezza. Le circondò le spalle con le braccia e la strinse a sé in un sentito abbraccio, molto simile a quello che si erano scambiati nella stanza di albergo a Mosca, in seguito ai chiarimenti dopo lo scontro avuto sul lago Bajkal. In quel momento stavano provando gli stessi sentimenti di pace di allora, quando entrambi avevano ritrovato il proprio amico d’infanzia.
«Non essere triste per me Saya, ti prego…», le chiese lui dopo qualche attimo di silenzio, rotto solamente dai lievi singhiozzi del pianto in cui era caduta, ed in un primo momento non seppe dire perché si era ritrovata a piangere sommessamente contro il petto di Kai, ma forse era il suo modo per liberarsi di tutto il nervosismo provato in quei mesi, e per il turbamento che le avevano messo quelle parole. Piangeva per quello che era stato costretto a vivere lui, e per quello che aveva dovuto sopportare lei per colpa di quel passato mai esternato.
«Non lo sono…», mentì spudoratamente, cercando di tirare su col naso per darsi una calmata, ma quell’ammissione fece sorridere sotto i baffi il ragazzo, nonostante l’impacciamento dovuto a quella strana vicinanza. Era una situazione nuova e strana per lui, e quello lo metteva a disagio, come tutte le situazioni fin troppo emozionanti. Non era abituato a provare sentimenti benevoli, per questo cercò di mantenersi calmo nonostante fosse così teso da sembrare un ciocco di legno. Tuttavia la lasciò fare, e non la allontanò minimamente da sé, perché in fondo gli piaceva il tepore di quell’abbraccio.
«Grazie per essere stato sincero», si sentì però in dovere di dirgli Saya. Si era staccata da lui e si era asciugata le lacrime con il dorso della mano, ma Kai riuscì solo a fare spallucce con un sorriso, perché in fondo non sapeva davvero cosa dire, ed a lei andò bene così. Sperò almeno che fosse tornato il ragazzo di sempre, per questo si sentì in dovere di chiedere conferma.
«Ѐ tornato tutto come prima? Cioè, da qui in avanti potremo parlarci chiaramente e sinceramente come tutte le persone normali?», parlò con voce titubante, stringendosi un po’ nelle spalle.
«Sì», le disse però lui con un piccolo sorriso, nonostante l’impassibilità dei suoi lineamenti, e Saya capì che Kai era finalmente tornato quello di sempre.
Non aveva visto nemmeno l’ombra di una lacrima in quel viso perfetto, ma non si sarebbe aspettata una reazione diversa da parte sua. In fondo aveva cercato di tenere alto il suo orgoglio anche in quella situazione, ed un po’ lo ammirava per quello. In fondo Hiwatari era sempre stato la sua fonte di ispirazione, ed aveva sempre cercato di emulare quella fierezza di spirito che lo aveva sempre contraddistinto. E poi era stato lui, ai tempi dell’infanzia, a forgiare il suo carattere e di quello gliene era sempre stata riconoscente.
«Per cui ti dico subito che se non ti impegnerai nei prossimi incontri diventerò più cattivo di Vorkof, siamo intesi?», la minacciò, assottigliando lo sguardo e portando le braccia al petto per mantenere la solita freddezza, ma in fondo si notava quanto fosse divertito. E poi Saya stessa sapeva che non avrebbe mai sentito nulla di vagamente dolce o romantico provenire dalle sue labbra, e se mai avesse sentito qualcosa di simile si sarebbe notevolmente preoccupata. Kai non era il tipo da smancerie e mai lo sarebbe stato.
«Tu però devi avere un minimo di fiducia in me», lo rimbeccò lei, guardandolo storto, e lui finì a fare spallucce con una risatina contenuta.
«Siamo d’accordo!», proferì, alzandosi definitivamente dalla panca, ma lei non avrebbe voluto lasciarlo andare così.
«Kai?», lo richiamò infatti, bloccandolo prima che avesse potuto raggiungere la porta. «Non ho molta voglia di rimanere qui, ed oltretutto si è fatto abbastanza tardi…», ammise, attorcigliando attorno al dito una ciocca di capelli.
«Credevo ti stesse piacendo chiacchierare con Hitoshi…», la punse lui, nonostante l’inquietudine che sentì al solo pronunciare quel nome. Inoltre la strana gelosia che aveva provato in sua presenza lo aveva turbato non poco.
«Beh, credevi male!», gli disse invece lei con una smorfia. «Cioè, mi ha fatto piacere chiacchierare con lui, come con molti altri, ma mi sento troppo stanca per continuare a dare udienza a tutti. Non ho voglia di aspettare il nonno, né di tornare nello stadio a dirgli che sono andata via. Per favore, glielo puoi dire tu?», gli chiese, portando le mani di fronte al volto in segno di preghiera, ma lui continuò a trapassarla con il suo solito sguardo incredibilmente contrariato.
«Non ci penso nemmeno!», le rese noto, portando le braccia conserte al petto con ammonimento, ed ovviamente quella sentenza non andò giù alla ragazza.
«Grazie tante…al solito», sbruffò risentita, voltandogli le spalle ed uscendo dalla stanza come una furia, ma lui fu più veloce e la bloccò per un braccio, costringendola a voltarsi di nuovo verso di lui.
«Non hai capito un accidente, come al solito», sospirò lui, rimbeccandola ma ridacchiando sotto i baffi. «Intendevo dire che non tornerai a casa da sola. Nemmeno io ho voglia di stare ancora qui, sai che non amo stare troppo in mezzo alla gente, quindi ti accompagnerò», fece spallucce e lei fu incredibilmente colpita da quella sua strana proposta. In fondo era la prima volta che ostentava così tanta gentilezza, ma sapeva che Kai non amava stare nei posti affollati, e se trovava una qualsiasi via di fuga l’avrebbe sicuramente percorsa, per cui la sua fuga sarebbe stata quella di accompagnare lei, oltre al fatto di avere una buona scusa da usare per allontanarsi da lì senza passare per il solito asociale.
Così, dopo essersi scusata con suo nonno ed aver salutato tutti, seguita dal suo imbronciato compagno di squadra, entrambi lasciarono il Beyblade stadio e si incamminarono nelle vie buie e fredde della città, stretti nei loro cappotti.
«Che freddo!», disse Saya dopo qualche metro di cammino, pronunciando la prima cosa che le era venuta in mente pur di spezzare il silenzio che era sceso tra loro. Non aveva mai amato i silenzi, perché la rendevano nervosa, e quando era nervosa parlava a sproposito. «Mi sembra di essere tornati a Mosca, quando mi hai trascinato fuori al freddo fino al parco», continuò lei, con una leggera nota risentita nella voce, che portò a ridacchiare di nuovo sotto i baffi il suo compagno.
«Spero che questa volta tu sia preparata e che non ti venga un colpo», la colpì volutamente lui, senza però spostare lo sguardo dalla strada di fronte a sé, quindi non poté vedere lo sguardo assassino sopraggiunto negli occhi della giovane. Ma in fondo le era mancato battibeccarsi con lui senza rancori.
«Divertente…», sbruffò lei in risposa, ma di nuovo il silenzio si impossessò di loro. Non era mai lui ad iniziare un discorso, quindi Saya decise di domandargli una cosa che non aveva mai avuto il coraggio di chiedergli. Inoltre sperò che, dopo tutto quello che si erano detti, lui le avrebbe risposto sinceramente.
«Kai?», richiamò così la sua attenzione, e solo quando sentì un mugugno di assenso da parte sua decise di continuare il discorso. «Perché non hai mai risposto alle lettere che ti hanno continuamente scritto le ragazze? Insomma, le mie compagne di club non hanno fatto altro che sbavare costantemente per te, ma tu sei sempre rimasto sulle tue…credo che almeno una risposta se la sarebbero meritata!», ridacchiò al pensiero, spostando poi lo sguardo su Hiwatari, che invece aveva fatto una smorfia leggermente schifata.
«Perché nessuna di loro mi interessa», fece spallucce lui in risposta, come se quella fosse stata la cosa più normale del mondo, e lo fece con così poco tatto che Saya rimase pressoché impressionata dal menefreghismo ostentato. Ma almeno non le aveva imprecato di farsi gli affari suoi, e quello era un notevole passo avanti, per quello si sentì così audace da insistere, anche se sapeva che sarebbe andato tutto a discapito suo.
Probabilmente la sua risposta non le sarebbe piaciuta.
«C’è allora qualcuna che ti interessa?», gli chiese poi di rimando, continuando a ridacchiare per mostrarsi spensierata, nonostante il batticuore che aveva iniziato a sentire, ma a seconda di quella risposta sarebbe stata in grado di mettersi l’anima in pace o meno. Anche quel fatto doveva trovare presto un epilogo, perché non poteva continuare a provare dei sentimenti per lui se lui non li avrebbe mai potuti ricambiare…
Kai però ci mise un po’ a rispondere, tempo che impiegò per mantenere lo sguardo dritto di fronte a sé. Ma alla fine sapeva che non poteva più procrastinare la risposta ancora a lungo, quindi sospirò facendo di nuovo spallucce, almeno per mantenere la sua solita nonchalance.
«Sì, c’è», ammise, e sotto quelle parole Saya sentì il suo cuore perdere un battito, oltre ad aver avvertito uno strano boccone amaro arrivarle fino in gola. Ma lei soffocò il tutto dietro un sorriso di cortesia. In fondo le era bastata quella constatazione per vedere il suo mondo crollare drasticamente ai suoi piedi.
Una ragazza era riuscita a fare breccia nell’algido cuore di Kai Hiwatari, ma lui era troppo orgoglioso ed un po’ troppo codardo per ammetterle che stesse parlando proprio di lei, e Saya non arrivò minimamente a pensare all’eventualità che poteva essere lei quella persona.
«E lei lo sa?», provò a ridacchiare, mostrandosi ancora più spensierata e leggermente curiosa, ma lui scosse la testa con fare rassegnato, cosa che incuriosì la ragazza ancora di più.
«Beh, dovresti dirglielo…», gli propose, nonostante il turbamento provato, ma lui sospirò ancora più sconfitto.
«Anzi, prova a baciarla, se lei ci sta vuol dire che ricambia. Se invece non ricambia, beh, allora è il caso di togliertela dalla testa», gli parlò con sincerità, facendo anche spallucce per mostrarsi disinvolta.
«E questa saggezza da dove arriva?», ridacchiò però Kai, perché non avrebbe mai creduto di poter affrontare quel tipo di discorso con Saya.
«Saggezza femminile…», si impettì lei, senza minimamente guardarlo in faccia. Se lo avesse fatto, sicuramente il ragazzo avrebbe notato la tristezza e l’amarezza riflessi nei suoi occhi. Il sapere che ci fosse già qualcuna nel suo cuore l’aveva un po’ demotivata, ma cercò comunque di rimanere spensierata come al solito.
«E tu?», le chiese però lui di rimando, ma lei era fin troppo presa dai suoi pensieri per sentirlo. Se ne accorse solo quando vide gli occhi di lui farsi più inquisitori.
«Come?», gli domandò infatti, impacciata, perché in effetti non aveva capito quello che le aveva appena detto.
«Ho chiesto, c’è qualcuno che ti interessa?», le domandò, con un tono di voce che voleva sembrare disinteressato, nonostante anche il suo cuore stesse battendo più forte del previsto.
Lei invece si mostrò sorridente, probabilmente per smorzare la tensione che era scesa di nuovo tra loro, e gli parlò cercando di essere più disinvolta possibile.
«Sì, c’è», ammise anch’ella, ma alla fine lo fece con un tono di voce fin troppo abbattuto, che trasportò tutto il suo stato d’animo di quel momento.
E lui ovviamente se ne accorse.
«E perché lo dici con questo tono amaro?», le domandò lui, assottigliando lo sguardo per cercare di capirci qualcosa.
«Beh perché…», sospirò lei, pensando così ad una risposta plausibile. «Perché sono l’ultima persona sulla faccia della terra che lui guarderebbe», ammise con un piccolo sorriso, seppure impacciato, che costrinse Kai ad aggrottare ancora le sopracciglia. Ma prima che lui potesse dire qualcosa, lei gli voltò le spalle.
«Guarda siamo già arrivati!», gli rese noto quando arrivarono di fronte al cancello d’entrata della sua villetta, ma lo fece con un tono di voce stranamente incrinato. Stava di nuovo sopprimendo le lacrime, anche se quella volta non erano in conseguenza ad una risposta acida delle sue.
«Già…», sospirò lui, affondando le mani nelle tasche del cappotto.
«Grazie per avermi accompagnata, e per esserti confidato con me», gli disse infine lei e Kai si ritrovò così a ricambiare il suo sorriso con un’alzata di spalle.
«Figurati…», le rispose cordiale, cosa che fece sorridere la ragazza, seppur tristemente.
«Buon natale Kai», commentò infine, con un ultimo impacciato sorriso, piantando poi gli occhi ametista in quelli di lui.
«Buon natale Saya», le augurò lui, alzando leggermente gli angoli della bocca per ammorbidire un po’ l’espressione turbata dalla conversazione appena conclusa, in un sorriso che lei osservò con tristezza prima di sparire al di là del cancello.
Lui invece rimase a guardare le spalle di Saya fino a che non sparì dalla sua visuale, e lo fece con i pugni serrati dentro le tasche del giubbotto ed un’espressione incredibilmente sofferta.
Fine capitolo 19
 
 
 
°°°°°°°°°°°°°
 
 
Colei che scrive:
Ma salve e ben trovati in questo ultimo aggiornamento del 2020 (che tra l'altro è il capitolo più lungo scritto fino ad adesso xD) :3 Sul fronte delle fanfiction è stato un anno prosperoso per me, perché non avrei mai pensato di finire It’s My Life, né che sarei arrivata a questo punto con questa. Mi sento fiera di me xD e direi che, sempre riguardo alla storia, inizieremo il 2021 col botto eheheh in fondo Saya e Kai si sono finalmente chiariti, per quanto riguarda il passato di lui, ma ora viene il bello xD ci saranno un po’ di sentimenti da dichiarare U.U il come lo vedremo prossimamente (prima di quanto pensiate :P)
In più, vi spolero già che ci sarà una one shot dedicata proprio a questi due, nel giorno di Natale ehehehe (mi è presa l’ispirazione per le feste xD), più una che vorrei incentrare sull’incontro tra Julia e Yuri, e sul loro fine serata muahahahah
Per quanto riguarda Boris, lui non è stato molto fortunato…chissà cos’ha in mente Mira Nakamura ehehe (mi sento tipo la tizia delle telecronache XD)
Bene, detto questo passo a ringraziare i recensori (davvero grazie di cuore *^*), le persone che hanno messo la storia tra le preferite/ricordate/seguite, e tutti i lettori silenziosi giunti fino a qui :3 e scusarmi per gli eventuali errori >.<


Vi auguro inoltre un felice inizio dell’anno <3 (portiamo un po’ di speranza in questi tempi duri T.T)

Alla prossima!!!

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 - Seize The Day ***


Capitolo 20 – Seize the day
 

 
Seize the day or die regretting the time you lost
Cogli l’attimo o morirai rimpiangendo il tempo perso

Avenged Sevenfold - Seize The Day
 
 


 
Finalmente le cose tra Saya e Kai sembravano essere tornate “normali”, nonostante l’inquietudine provata da entrambi dopo alcuni discorsi riguardanti l’interesse per qualcuno. Ma in fondo tutti e due non volevano immischiarsi di affari così complicati, e seppur fosse rimasto un velo di tristezza nei loro cuori, il loro atteggiamento sembrava essere tornato quello di sempre. Continuavano a battibeccarsi, ma lo facevano sicuramente a cuor leggero.
Ai due ragazzi sembrava anche di essere tornati alla fine del primo campionato mondiale, dopo che chiarirono i vari disguidi in seguito alla sfida sul lago, cosa che li riavvicinò molto. Anche in quell’occasione ebbero modo di confrontarsi e tornare come ai vecchi tempi, per quanto il carattere dei due lo avesse permesso.
Però così facendo era anche arrivata la terza giornata del torneo, e quel giorno sarebbero proseguiti gli incontri del girone A, che avrebbero visto protagonisti Takao e Daichi contro Garland e Broolyn, con a seguire Yuri e Boris contro la coppia dei gemelli spagnoli, Julia e Raul.
Yuri non seppe dire perché quell’incontro lo preoccupasse tanto, ed era rimasto per tutto il tempo in silenzio, a rimuginare sugli eventi passati ed a meditare prima dell’incontro. Boris invece era pressoché divertito dal comportamento dell’amico e cercava di tenere la mente occupata sulla sua causa per non pensare a Mira Nakamura ed al fatto che avesse chiesto informazioni su Kai. Ed anche quest’ultimo e Saya si accorsero della tensione scesa tra i russi, e mentre raggiungevano lo stadio si scambiarono un’occhiatina fin troppo eloquente. Oramai avevano imparato a capirsi al volo, anche se ci era voluto un monte di tempo e svariati problemi, ma la ragazza si era accorta del punto debole del rosso già da un po’. Già da come aveva osservato Julia per tutto il campionato mondiale, e di come l’avesse riguardata durante la Vigilia di Natale. Alla nipote del presidente Ditenji non era sfuggito quel particolare, ma non aveva detto nulla perché sapeva quanto quei russi fossero orgogliosi. Ne aveva uno come prova proprio accanto a sé, mentre camminavano in direzione della loro meta. Ed anche Kai non si era sbilanciato a dire nulla. E figurarsi se Hiwatari avrebbe sprecato le sue parole a dare consigli d’amore ad Ivanov, soprattutto quando non riusciva a darne di giusti nemmeno a sé stesso…
«Allora?», gli disse però Boris, quando ognuno dei loro compagni sembrava intento a fare altro. Saya sembrava presa in una conversazione interessante con Hilary e Mao, mentre Takao aveva coinvolto tutti gli altri in una discussione su quanto fosse stato felice di rivedere gli ex membri della B.E.G.A. Tutti tranne Kai, che camminava leggermente in disparte rispetto agli amici, ma a Kuznetsov però non fregava un’accidenti di Brooklyn, né tantomeno di Garland, visto che la loro permanenza in ospedale in fondo era colpa sua…quindi si era staccato dal gruppo con nonchalance, trattenendo così indietro anche il rosso, che di rimando gli aveva riservato un’occhiata leggermente confusa.
«Allora cosa?», lo rimbeccò Yuri, alzando leggermente gli occhi al cielo. Anche se sapeva benissimo cosa Boris avrebbe voluto sentirsi dire non gli avrebbe mai dato quella soddisfazione. Ma ovviamente l’amico non demorse.
«Dai, lo sai cosa», sbruffò infatti, portando le braccia conserte al petto ed aprendosi in una smorfia contrariata. «Lo sai, quando fai così mi sembra di parlare con Hiwatari!», lo punse nell’orgoglio, osservandolo di sottecchi col pelo dell’occhio e mantenendo una certa compostezza, in modo che l’altro capisse che non stesse affatto scherzando.
«Non mi piace farti quest’effetto!», lo rimbeccò però Ivanov, stringendo leggermente la mascella. «Pensavo all’incontro», ammise infine, riprendendo la sua solita freddezza.
«In maniera maliziosa o no?», gli chiese poi ridacchiando Boris, beccandosi indietro un’occhiataccia.
«Sono serio…», sentenziò il compagno, spiccio e diretto come solo lui sapeva essere, spostando poi lo sguardo di ghiaccio di fronte a sé.
«D’accordo…», proferì Kuznetsov, facendosi tutt’orecchie, «cosa ti turba allora? Non ti sei mai fatto problemi per gli incontri, non contro persone che potremmo liquidare in un attimo. Ѐ vero che quei gemelli hanno messo in difficoltà anche la coppia dei campioni del mondo, e che insieme sono molto bravi e competitivi, ma lo siamo anche noi. La nostra intesa in campo non è inferiore a quella di nessuno…», provò a risollevargli il morale con una piccola risatina, che fece un po’ allentare la tensione del rosso. In fondo, anche se lo faceva a modo suo, Boris riusciva sempre a trovare le parole adatte per risollevargli il morale.
«Hai ragione», ammise, portando le braccia conserte al petto ed impettendosi. E poi non voleva davvero darsi pena per una donna come stava facendo Kai. Era vero che per lui era tutto così nuovo e misterioso, e che era la prima volta che provava quei sentimenti così intensi, ma non voleva essere codardo come lo era il suo compagno, né precludersi la felicità che tanto aveva inseguito negli anni. Era il momento di lasciarsi definitivamente alle spalle il passato, provando ad andare avanti in maniera diversa, e l’aver avvicinato Julia alla festa della BBA ne era stata la prova. Ed era stato grazie a quell’incontro che Yuri si era sentito così stranamente emozionato di combattere contro colei che gli faceva battere così forte il cuore. Inoltre era preoccupato per il fatto che quei sentimenti avessero potuto influire sull’incontro, anche se entrambi erano oramai dei blader professionisti e non si sarebbero fatti trasportare dalle emozioni. Non era sempre stato un giocatore infinitamente infido e pericoloso? In fondo aveva messo in seria difficoltà anche il campione del mondo. Gli sarebbe bastato distogliere la mente da Julia, almeno durante l’incontro…
«A proposito, cosa vi siete detti?», lo distolse però dai suoi pensieri il compagno, facendogli riaffiorare alla mente il ricordo di quella piacevole serata.
«Nulla di che», fece spallucce in risposta, come se quella fosse stata la cosa più normale del mondo, e scoccandogli un’occhiatina eloquente, riprese a camminare ripensando alla conversazione avuta con la ragazza che aveva scombussolato le sue emozioni.
 
 
 
 
Flash Back
Julia stava ancora chiacchierando allegramente con Mathilda quando vide Raul rabbuiarsi per un attimo. Aveva stretto la mascella in un’espressione così contrita che per un momento non ne capì il motivo. Lo sguardo del fratello era perso alle sue spalle e quando si voltò verso la sua amica, anche lei stava guardando un punto indefinito oltre la sua schiena, ma a differenza del fratello lo stava facendo con aria alquanto curiosa.
Tutta quella situazione le sembrò così assurda, che alla fine decise di voltarsi anche lei, e lo fece facendo frusciare i suoi lunghi capelli castani, così tanto sensualmente che il nuovo arrivato sentì uno strano movimento all’altezza del cuore. Era un sentimento mai provato prima, ma totalmente differente da tutti quelli provati fino ad allora. Sembrava come se il suo cuore fosse stato scaldato da una forza misteriosa. Una che aveva avuto il potere di sciogliere anche il suo cuore ricoperto di ghiaccio.
Tuttavia anche il cuore della ragazza perse un battito, soprattutto quando si ritrovò ad osservare coi suoi grandi ed espressivi occhi verdi quelli incredibilmente azzurri del ragazzo che le si era parato di fronte. Inoltre si accorse che il ragazzo stava tenendo in mano due bicchieri, ed appena lei abbassò leggermente il suo sguardo, osservò in tralice il liquido ambrato che contenevano pur di non arrossire sotto quell’intenso sguardo. Il tutto successe inoltre sotto una smorfia contrariata da parte del gemello, ed una divertita da parte di Mathilda.
«Ci vediamo dopo!», rese loro noto quest’ultima, che accortasi della contrarietà di Raul vide bene di prenderlo a braccetto e trascinarlo lontano dalla sorella.
«Vuoi?», prese invece parola Yuri, porgendo alla ragazza uno dei due calici che aveva recuperato nel percorso, e nel frangente non aveva mai spostato il suo sguardo attento dalla ragazza, che sembrava così allegra e spensierata che per un attimo non gli parve la stessa ragazza risoluta che aveva osservato negli incontri di Beyblade. Ma dovette ammettere gli piacque parecchio quel lato del suo carattere, che era estremamente in contrasto con quello di Yuri. E poi, il detto non diceva che gli opposti si attraggono?
In un primo momento non era riuscito a capire il perché fosse così attratto da quella Blader, e forse non lo aveva capito nemmeno allora, però non poteva più ignorare i segnali che gli stava mandando il suo corpo. Forse Boris aveva ragione, ed era arrivato anche per lui il momento di provare ad essere felice. E poi non voleva davvero ridursi come Kai, che era rimasto fermo in un angolo della stanza ad osservare la ragazza che ancora non aveva avuto il coraggio di prendersi. Eppure gli sarebbe bastata una parola, o un misero gesto per farla totalmente sua…
«Sì, grazie»
Il vortice dei pensieri provocati dalla sua mente fu interrotto dalle parole della spagnola, che gli aveva tolto dalla mano il flute sfiorandogli appena le dita, e bastò quel piccolo tocco ad infiammarlo ed a fargli tingere lievemente le guance dello stesso colore dei suoi capelli. Il tutto però non passò inosservato agli occhi attenti della madrilena, che nonostante rimase in silenzio si aprì in un sorrisetto divertito.
«Sei gentile», gli disse infine, cercando di non farlo cadere in ulteriore imbarazzo. Si era accorta di quanto quel russo fosse così incredibilmente orgoglioso e silenzioso, oltre al fatto di essere sempre freddo ed impassibile, ma fu lusingata del fatto che avesse messo da parte quelle emozioni e fosse andato a parlare con lei. Per tutto quel tempo aveva sperato di vederselo arrivare di fronte, ed aveva cercato di spronarlo con qualche occhiatina eloquente e qualche sorrisetto mirato, mentre era intenta a spostarsi da una parte all’altra della grande stanza. Ma in quel momento lui era davvero di fronte e lei, e la vista di quel ragazzo così apparentemente menefreghista, dai meravigliosi capelli rossi ed i penetranti occhi color ghiaccio, riuscì a farla arrossire a sua volta.
Lui però fece spallucce, come se quel gesto fosse stato del tutto normale, ma si vedeva lontano un miglio quanto fosse impacciato, nonostante cercasse di mantenersi disinteressato. Anche quello non passò inosservato agli occhi della ragazza, che finì per ridere compostamente dietro una mano.
Quel gesto così apparentemente sfrontato però, fece alzare un sopracciglio al russo.
«Scusa!», dichiarò Julia con un altro dei suoi luminosi sorrisi, cercando di riprendere il contegno necessario per affrontare di nuovo il suo sguardo burbero. Era sicura che quel gesto lo avesse confuso, ma lui si stava imponendo di non rispondere, perché in effetti non stava minimamente capendo il comportamento di quella ragazza. Era la prima volta che aveva a che fare con un tipino così peperino, o con una donna in generale, a parte Saya, ed in un primo momento si pentì di aver dato ascolto a Boris. In quel momento avrebbe preferito continuare a rimanere lontano da tutto e da tutti, in un angolo appartato della stanza come Kai, ma poi decise di essere almeno coraggioso. In tutta la sua vita aveva affrontato tante cose ben peggiori che la discussione con una femmina. Non era certo come conversare con Vorkof, con cui doveva mantenere un certo comportamento formale ed impettito, quello di chi era estremamente sicuro di sé. Però quel fattore aveva sempre influito sulla sua personalità, così tanto che durante una qualsiasi discussione, con qualsiasi altro personaggio, lui non riusciva completamente a rilassarsi. Nemmeno con Boris.
«Ѐ che sei un tipo curioso», gli rese noto Julia, finendo per fargli alzare di nuovo un sopracciglio sotto quella strana constatazione. In tutto l’arco della sua giovane vita era stato dichiarato pericoloso ed infido, ma mai curioso…
Lei però scoppiò di nuovo a ridere, ma decise di non metterlo ancora più in imbarazzo, né di farlo agitare per qualche parola detta male. Non voleva certo incrinare l’orgoglio che Ivanov continuava a tenere alto.
«Brindiamo?», chiese infine Julia, alzando leggermente il bicchiere verso il ragazzo ed inclinando leggermente la testa per poter scrutare curiosamente ogni sfumatura della sua espressione, che divenne ancora più confusa sotto quella richiesta.
«Quanto chiacchieri…», sentenziò però Yuri, ma lo fece con un piccolo sorriso che non incrinò minimamente quello luminoso sorto sulle labbra della spagnola.
«Beh, sì, me lo dicono tutti…chiacchiero troppo quando sono nervosa…», gli rese noto, arrossendo violentemente subito dopo. Di nuovo, presa dall’agitazione dettata dalla presenza di quel ragazzo, che l’aveva così tanto colpita nel profondo, era di nuovo finita a parlare senza minimamente filtrare le parole.
«E sono io a renderti nervosa?», sorrise beffardamente lui, che forse iniziava a capire l’intricato puzzle che era il cuore di una ragazza. Ma fu felice di sapere che non era l’unico a sentirsi così…
«Sì…», ammise leggermente sconfortata, convenendo che dire la verità sarebbe stato meglio che mentire, perché lei non era mai riuscita a mentire senza venire scoperta, nemmeno con il suo gemello. Però decise anche di spiegargli il perché si sentisse così agitata. In fondo glielo doveva, e lei non era mai stata una codarda, e quindi riprese a parlare nonostante l’impacciamento. «Insomma, tu sei sempre così silenzioso e non ti sbilanci mai a dire una parola di più. Non si capisce ciò che pensi, né ti preoccupi di dirlo…sei sempre così teso ed impassibile», fece spallucce con un timido sorriso, «a volte metti soggezione», finì, aggrottando leggermente le sopracciglia per osservare l’espressione interdetta sorta sul volto del giovane.
«Non pensavo di farti così paura…», ridacchiò lui in risposta, riportando lo sguardo negli occhi verdi di lei, così tanto intensamente che la povera madrilena sentì un colpo al cuore. Tuttavia si beò di quei repentini battiti, perché in vita sua non li aveva mai sentiti per qualcosa che non fosse il Beyblade.
«Anche tu sei una tipa curiosa…», continuò lui, avvicinando finalmente il bicchiere a quello che lei aveva lasciato a mezzaria.
«Sì, me lo dicono spesso…», si decise ad ammettere la ragazza, riprendendo la sua solita spensieratezza, e quell’ammissione fece alzare gli angoli della bocca di Yuri in un impacciato sorriso. «Però sono felice che tu sia venuto a parlarmi», fece poi spallucce, battendo il vetro del suo bicchiere contro quello dell’altro, provocando così un leggero tintinnio. Al che lui non poté fare altro che fare spallucce e bere una sorsata del liquido ambrato che vi era dentro, senza però spostare lo sguardo curioso da lei, che aveva imitato il suo gesto con fare divertito.
«Non mi hai detto a cosa brindiamo però…», riprese parola il rosso, dopo essersi fatto coraggio con quella sorsata, e le parlò con quello sguardo penetrante che tanto l’aveva colpita.
«Oh, giusto!»
Julia portò una mano a colpire leggermente la fronte, in un gesto quasi melodrammatico, ma riprese subito dopo il suo solito contegno. Assottigliò gli occhi verdi e si aprì nel suo sorriso migliore, per riuscire così a parlare senza incrinare la voce per colpa dell’imbarazzo. «A noi», disse in un primo momento, ma convenne di specificare solo quando vide il sopracciglio scarmiglio del ragazzo venire platealmente alzato in un’espressione decisamente confusa, nonostante fosse rimasto pressoché lusingato da quelle parole. «Cioè, al nostro prossimo incontro…», cercò di salvare la situazione, e per fortuna riuscì a far sorridere di nuovo l’orgoglioso russo di fronte a sé.
«Al nostro prossimo incontro…», le fece eco lui, abbassando leggermente la testa per scrutarla meglio, e lo fece con fare curioso. In fondo quella ragazza lo aveva attirato, lo aveva confuso e, soprattutto, lo aveva incuriosito.
«Mi è dispiaciuto non poter combattere contro di voi i finale», gli ricordò lei, alzando leggermente le spalle, «allora mi sarebbe piaciuto fare un incontro a quattro, ma rimedieremo!», ridacchiò poi, aumentando l’ilarità di Yuri, che ricordò ancora perfettamente l’unico incontro giocato con gli F-Sangre. In quell’occasione batté Julia senza difficoltà, ma la competitività e la scaltrezza di quella ragazza non gli erano passate inosservate. Inoltre, durante l’arco del mondiale, l’aveva vista giocare insieme al fratello e li aveva visti mettere in difficoltà squadre come i Bahiutzu ed i Bladebreakers Revolution. Con la loro competitività e la loro intesa erano riusciti a diventare la nuova rivelazione del torneo, riuscendo ad accaparrarsi i favori del pubblico ed a colpire benevolmente anche lui.
Ed erano rimasti così, a fantasticare sul loro prossimo incontro per tutto il tempo della loro conversazione, fino a che Roul non arrivò a riprendere la sorella. Però a Yuri non passò inosservata la delusione dipinta nei vivaci occhi verdi della ragazza, né quel “non vedo l’ora di rivederti” pronunciato a fior di labbra, che lo aveva lasciato stranamente felice. Era forse la prima volta che si sentiva così, e seppur fosse un sentimento nuovo, a lui era piaciuto.
Sperò di poterlo provare ancora, magari con lei al suo fianco…

Fine flash back
 

 
L’incontro tra le coppie formate da Garland/Brooklyn e Takao/Daichi vide vincitori quest’ultimi, seppur avessero trionfato con una certa difficoltà. L’intesa ostentata dagli ex membri della B.E.G.A era stata notevole, tanto da mettere in difficoltà i campioni del mondo in carica, ma alla fine i due ragazzi, spronati da Hilary e dal prof Kappa, riuscirono ad avere la meglio sugli avversari. Purtroppo però il povero Prof dovette passare una notte insonne per risistemare Dragoon e GaiaDragoon, usciti decisamente mal conci dall’incontro, tuttavia i due ragazzi erano certi che per il prossimo incontro il piccoletto sarebbe riuscito a sistemarli al meglio, per quello non sembravano particolarmente provati da quella piccola perdita.
I prossimi a scende in campo sarebbero stati invece Yuri e Boris, ed avrebbero dovuto combattere contro la coppia di gemelli.
I due erano rimasti in funereo silenzio nel camerino, con solo lo schermo della tv acceso sull’incontro dei loro amici, giusto per capire quando avrebbero dovuto raggiungere il campo di gara.
Kuznetsov sembrava comunque quello meno agitato, mentre nel silenzio di Yuri si percepiva un certo nervosismo, mai ostentato prima di un qualsiasi incontro. Era sempre sceso in campo per vincere, e non gli era mai importato chi ci fosse stato di fronte a lui, perché era sempre stato risoluto nel portare a casa la vittoria. In fondo i vecchi insegnamenti della Borg a qualcosa erano serviti, e seppure non avessero più ostentato la stessa crudeltà di un tempo, l’orgoglio era pur sempre rimasto.
Almeno prima di quell’incontro…
«Ѐ ora…», disse Boris, rivolto verso il compagno, che solo dopo aver ascoltato quelle parole sciolse la sua posizione a braccia conserte, decidendosi infine ad alzarsi dalla panca.
«Sì», decretò con voce ferma, che però strappò un sorrisetto al compagno.
Così, senza dire altro, si avviarono all’interno dello stadio, dove Dj Man li stava introducendo con voce emozionata. Gli occhi azzurri di Yuri però vennero catturati da una figura longilinea dall’altra parte del campo, intenta anch’ella a raggiungere il centro dello stadio. Si scrutarono negli occhi per un istante che sembrò infinito, ma era diverso dai soliti sguardi che solamente lanciavano ai loro avversari. Era un’occhiata che trasportava un certo desiderio…eppure entrambi riuscirono a sorridere come se nulla fosse quando si trovarono l’uno di fronte all’altro sulla pedana del Beyblade stadio. Quegli sguardi fecero ridacchiare sotto i baffi Boris, mentre incoccava Falbor al caricatore, ed aprire Raul in un’espressione quasi contrariata, ma ovviamente nessuno dei due diretti interessati se ne resero conto, troppo impegnati a non distogliere lo sguardo l’uno dall’altra.
«Ci siamo signori e signore, stiamo per assistere ad un altro spettacolo! In posizione!», gridò il Blader Dj nel microfono e la sua voce inondò lo stadio, seguita dagli applausi del pubblico a fare atmosfera. Tuttavia nessuno dei quattro Blader in campo si scompose.
Yuri prese Wolborg dalla tasca e dopo avergli lanciato una fugace occhiata, come faceva sempre per cercare l’intesa del suo Bit Power, riportò i suoi occhi glaciali sulla figura femminile di fronte a lui, che nel frattempo aveva emulato il suo gesto. Entrambi i gemelli, specularmente, avevano caricato i loro strani dispositivi di lancio e si erano messi, esattamente come i russi, in posizione di lancio, aspettando il via dell’incontro.
Quando Dj Man dette il benestare, i quattro Beyblade in campo iniziarono a fare scintille. L’intesa perfetta degli spagnoli era in netto contrasto con quella ostentata dai russi, che riuscivano comunque a tenere testa agli avversari senza un notevole sforzo. Yuri e Boris non avevano neanche più bisogno delle parole per fare capire all’altro cosa fare, così il rosso potette concentrarsi sull’incontro e sui Beyblade avversari.
«Però…», si lasciò sfuggire Raul, preso decisamene dal panico, ma bastò un’occhiataccia della sorella per ragguagliarlo. Lui era sempre stato quello più nervoso dei due, e fin troppo spesso si lasciava impressionare, ma Julia era sempre stata quella più riflessiva, che riusciva a calmare i suoi bollenti spiriti, per quello erano perfetti in coppia. Tuttavia, a loro discapito, lo erano anche gli altri.
«Non pensavo foste competitivi anche insieme, né che avreste avuto così tanta intesa tra voi!», ridacchiò la ragazza, spostando leggermente la testa con fare curioso, anche se i suoi occhi verdi erano puntati solamente sul ragazzo che da qualche tempo l’aveva così tanto colpita.
«Beh, io e Boris ci siamo allenati insieme per anni», le rispose Yuri, tenendo sulle labbra il solito sorrisetto di scherno che solitamente usava contro i suoi avversari, ma lei non si fece fermare da ciò. Anzi, la ragazza adorava quando quel russo sorrideva così beffardamente e sapeva che, in fondo, lui non la stava minimamente avvantaggiando. Essere considerata una degna avversaria da lui che era un campione a livello mondiale era per lei un onore. «Ma devo dire che sono felice di sapere che non siete delle schiappe…», continuò e quelle parole fecero un po’ indispettire lo spagnolo, che digrignò i denti pronto a cantarne quattro al russo, ma la mano di Julia bloccò il fratello prima che il suo nervosismo potesse influire sull’esito dell’incontro. Raul non si era nemmeno reso conto che quello strano stuzzicamento da parte del russo era solo in buona fede…che stupido! Yuri non era il tipo da complimenti o cose sdolcinate, e Julia lo aveva capito, per quello era felice di poter parlare con lui, anche punzecchiandosi. E poi il volto di quel bel rosso era stranamente rilassato, come quello del suo compagno.
Boris tuttavia continuava a spostare il suo sguardo divertito dai beyblade in campo al suo compagno, ridacchiando anche sotto i baffi ai danni di Raul.
«Mi dispiace deluderti Ivanov, ma non siamo per niente shiappe!», ridacchiò Julia, mandando il suo Thunder Pegaso all’attacco di Wolborg, che riuscì per un pelo a non venire sopraffatto dalla risolutezza della ragazza, cosa che lo rese incredibilmente soddisfatto di quella competitività. «Ti ricordo che anche noi al mondiale siamo arrivai in finale, anche se poi non è andata come speravamo», fece poi spallucce, tenendo però sul bel volto un sorriso luminoso.
«Hai ragione Fernandez, ma credo che oggi andrà proprio come allora…», le sorrise Yuri, assottigliando così tanto lo sguardo glaciale che la ragazza sentì il cuore arrivarle in gola. In fondo quegli occhi così penetranti l’avevano sempre attirata.
Però sapeva che in fondo aveva ragione, perché per quanto l’avessero attaccati, utilizzando tutte le tattiche che erano andate a segno durante il mondiale, sia con i Bladebreakers che con i Bahiutzu, sembravano non avere effetto su quei due.
«Vada come vada, noi comunque usciremo da questo incontro a testa alta!», gli rese infine noto la spagnola, voltandosi verso il fratello, che era rimasto per tutto il tempo in silenzio a mandare accidenti agli avversari, cercando così la sua collaborazione per quell’ultimo attacco.
E lo stesso fecero gli altri due.
Boris, con un lampo divertito negli occhi chiari, incitò il suo Falborg ad accostarsi a Wolborg, così che potessero far fronte all’attacco degli avversari, ed attese così la prossima mossa.
«Quindi siamo alla resa dei conti…», disse infatti Kuznetsov, altalenando il suo sguardo divertito su entrambi i gemelli.
«Così sembrerebbe…», gli rispose la spagnola, facendo spallucce con un sorrisetto, che finì per divertirlo ancora di più. In fondo gli era sempre piaciuta la risolutezza di quella ragazza, e non poteva chiedere di meglio per il suo compagno, che era rimasto sicuramente colpito da quel suo carattere esuberante.
«Senza rancori dolcezza!», le disse infine, abbassando poi lo sguardo in direzione del suo Beyblade, «vai Falborg!»
«Nessun rancore», fece spallucce lei, divertita ed impressionata dal comportamento di quei due. Li aveva sempre visti freddi ed impassibili durante i loro incontri, ma fu felice di aver visto anche il lato di loro più amichevole. «Attacca Thunder Pegaso!»
«Seguilo Pegaso di Fuoco!»
«Vai Wolborg!»
I quattro incitamenti si confusero tra loro ed i quatto Beyblade cozzarono l’uno contro l’altro, scaturendo un impatto degno di nota ed alzando un polverone che impossibilitò sia i diretti interessati che l’arbitro a vedere chi avesse vinto l’incontro.
“Com’è finita?”
“Chi è fuori?”
Il pubblico iniziò a fare le domande con fare curioso e quando la polvere si assestò, i Bey dei due gemelli giacevano fermi in mezzo al campo, mentre Wolborg e Falborg, seppure traballanti, erano ancora in movimento.
«Vince la coppia formata da Yuri e Boris!», disse Dj Man, parlando con la sua solita emozione, che diede il via alle ovazioni del pubblico.
«Abbiamo vinto noi», soffiò Yuri con un sorriso, quando recuperò il suo Wolborg dal campo, e quella constatazione fece sorridere a sua volta anche il suo compagno.
«Beh, potresti andare a consolarla…», propose Boris, ma si beccò solamente un’occhiataccia dal suo capitano.
«Era per dire…», concluse con una smorfia, facendo poi spallucce, ma ovviamente non desistette dall’andare avanti. «Potresti portarle il Beyblade, per esempio…», gli disse vicino all’orecchio, posandogli tra le mani i Beyblade dei due gemelli, che erano rimasti impalati al loro posto, ancora leggermente scossi dall’accaduto. Quell’attacco era stato così potente che per poco non aveva fatto volare Julia giù dallo stadio. Era stato il pronto intervento del gemello, che l’aveva afferrata al volo prima che precipitasse, a salvarla.
Tuttavia quella volta Yuri decise di dare retta a Boris, almeno per una volta, e visto che oramai aveva in mano i Bey degli avversari, si avvicinò a loro con la risolutezza che lo aveva sempre contraddistinto.
«Credo che questi siano vostri…», disse loro, sforzandosi di tenere sulle labbra almeno un piccolo sorriso, soprattutto per non indispettire il ragazzo, che prese Pegaso di Fuoco dalla sua mano con molta, molta, riluttanza.
«Grazie!», gli disse quello con una smorfia, ma il rosso fu catturato dalla risata divertita della ragazza.
«Ti ringrazio!», gli disse invece lei, recuperando Thunder Pegaso con meno titubanza del fratello. Nel farlo sfiorò però la mano del russo, ed entrambi sentirono un brivido correre lungo le loro schiene, nello stesso istante in cui i loro sguardi si incrociarono, rendendoli così leggermente imbarazzati. «Ѐ stata una bella sfida!», gli sorrise poi, non volendo concludere in quel modo freddo la conversazione. Voleva bearsi ancora una volta di quello sguardo glaciale, ma al contempo così stranamente caldo…
«Molto», le rispose il russo, spiccio e sbrigativo come solo lui sapeva essere, cosa che costrinse Boris a portarsi una mano alla fronte con fare esasperato.
«Beh, spero di potermi battere di nuovo con te un giorno…», concluse infine lei, quando furono arrivati nel corridoio d’uscita del Beyblade Stadio.
«Lo spero anche io!», le rispose Yuri, seppur lo fece con un certo impacciamento. Era la prima volta che si sentiva così in difficoltà nel salutare qualcuno. E, se da una parte avrebbe voluto scappare da Julia a gambe levate, dall’altra non l’avrebbe mai voluta salutare.
«Beh, allora ci vediamo!», lo salutò infine lei con un piccolo sorriso, prima di venire trascinata via dal gemello, mentre Ivanov rimase a fissare le spalle della ragazza fino a che non sparì dietro l’angolo del corridoio.
«Beh allora ci vediamo…», lo sbeffeggiò invece Boris, accostandosi a lui con fare esasperato. Per tutto il tempo di quella conversazione era rimasto in disparte, un po’ con la speranza che il suo compagno si fosse fatto avanti, un po’ per lanciare qualche occhiataccia a Roul, che gli avesse fatto intendere di non provare a disturbare i due, invece quel guasta feste era riuscito comunque a dividerli, ed il suo compagno non aveva fatto una piega dopo aver visto le spalle della ragazza allontanarsi. «La lasci andare via così?», lo rimbeccò poi, guardandolo di sbieco, «te la sei già fatta sfuggire una volta, vuoi farlo di nuovo?», chiese, ancora più esasperato, e l’occhiataccia che di nuovo gli riservò il suo capitano gli fece capire di avere un po’ esagerato. Però quando provò a riaprire bocca, Ivanov era già corso in direzione della ragazza, lasciando Boris a sorridere all’apice della soddisfazione.
Per la prima volta si sentì felice per il compagno, perché Yuri più di tutti meritava la felicità.
Anche lui avrebbe voluto essere felice allo stesso modo, ma per la sua di felicità c’era ancora molta strada da fare, perché nel cuore dell’unica ragazza di cui gli fosse mai interessato, a quanto pareva c’era già Hiwatari.
E quello lo incupì notevolmente.
Fine capitolo 20
 
 
 
 
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Colei che scrive:

Ma salve e ben trovati in questo primo aggiornamento di quest’anno, ed è tutto incentrato sui nostri amati russi e la nostra adorata spagnola *^* so quanto amate questa coppia, così ho dato loro lo spazio necessario <3 (credo di scriverci una One-Shot su di loro, vedrò che ispirazione mi verrà xD). Io ho imparato ad amare Yuri e Julia come coppia per via delle fanfiction, e devo dire che mi piacciono molto *^* Ma vi assicuro che i prossimi due capitoli saranno forse i vostri preferiti (almeno per chi tifa la coppia Kai/Saya), però non mi sbilancio a fare altri spoiler U.U ma credo che, dopo 20 capitoli, quella povera ragazza si meriti una gioia xD
Bene, è stato problematico e complicato correggere questo capitolo >.< lo avevo scritto tempo fa, ma non lo avevo ancora riletto xD ed ultimamente i miei occhi al pc si stancano subitissimo >.<, per cui mi scuso per gli eventuali errori, punteggiatura, verbi sballati etc
Passo a ringraziare i recensori *^* davvero grazie, le persone che hanno messo la storia tra le preferite/ricordate/seguite, e tutti i lettori silenziosi giunti fino a qui :3
Alla prossimaaa!!

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 - Break me down ***


Capitolo 21 - Break Me Down


 

 
The emptiness is so real
Il vuoto è così reale
Never having peace of mind
Non ho mai pace mentale
Running from what i can’t take
Scappo da quello che non riesco a capire
And there is nowhere left to hide
E non è rimasto nessun posto dove nascondermi
I want to fight, i want to shine, i want to rise
Voglio combattere, voglio brillare, voglio risorgere

Red - Break Me Down



 
 
 
 
«Sei nervosa?»
Kai era in piedi di fronte a Saya, con le braccia conserte e l’aria apprensiva, mentre lei era seduta sulla panca e batteva ripetutamente un tallone a terra con fare ansioso. Tuttavia l’espressione della ragazza non sembrava provata. Inoltre quello sarebbe stato il primo incontro dopo il loro chiarimento, e più che nervosa per l’incontro era pensierosa sul come si sarebbe dovuta comportare in campo.
In quei giorni si erano allenati molto, proprio per prepararsi a quegli incontri, e tutto era andato secondo le loro aspettative. Si erano battuti anche con Yuri e Boris, che erano stati felici di aiutarli nel loro allenamento, allenandosi a loro volta, ed i russi erano assolutamente certi che l’intesa ritrovata dai due sarebbe stata la loro arma vincente.
Inoltre il fatto che Kai si fosse preoccupato per il suo stato pensieroso la lusingò molto e la costrinse a rimandargli indietro un piccolo sorriso.
«No, non molto…», gli rispose, ma vedendo che il compagno aveva assottigliato lo sguardo decise di riprendere parola. «Stavo pensando ai nostri avversari. Non siamo riusciti a vedere il loro incontro qualche giorno fa, quando si sono qualificati per questo match, quindi non abbiamo informazioni su di loro…avremmo potuto inventare una strategia», ammise, iniziando a torturarsi l’unghia del pollice con i denti, ma alla fine il ragazzo si sedette accanto a lei e le tolse la mano da davanti alla bocca con fare esasperato.
«Il prof Kappa ha detto che non sono nulla di che», fece spallucce, «e da quanto ho capito sono due nostri compagni di scuola del terzo anno. Se non sbaglio sono in classe con Fujima», fece una smorfia al solo pronunciare il nome del suo ex avversario, ma vedendo che aveva attirato positivamente l’attenzione della compagna si decise a continuare. «Non costituiranno un problema», face di nuovo spallucce, «ti ricordo che siamo due Blader di livello mondiale ed ora che abbiamo recuperato un po’ della nostra intesa forse nemmeno le coppie più forti potrebbero impensierirci. Basta attenerci ai nostri schemi di gioco! Credo, e non esagero, che potresti batterli anche da sola!», cercò di infonderle un po’ di coraggio e quelle parole da parte del nippo-russo la rinvigorirono, tanto che si alzò con un balzo dalla panca, spaventando leggermente il suo compagno, che pensò di aver detto qualcosa di sbagliato, ma alla fine finì per ridacchiare sotto i baffi. Inoltre aveva capito che per non farle perdere la fiducia in sé stessa andava un po’ incitata, e così aveva deciso di fare. Non avrebbe mai voluto che perdesse di nuovo il lume della ragione nel bel mezzo dell’incontro come l’ultima volta, quindi pur di tenerla buona avrebbe fatto di tutto.
«Takao e Daichi hanno vinto il loro girone battendo in semifinale Yuri e Boris, e se noi vinciamo il match, oggi ci scontreremo con i vincitori dell’incontro che si terrà tra Zeo e Gordo e Mao e Rei. Comunque vada incontreremo un nostro amico!», riprese parola lei, risoluta, ma quella constatazione non sembrò averla demotivata.
«Già…», rispose lui, sempre con la sua solita aria disinteressata, ma lei riprese subito parola.
«Quindi non ci resta che andare! Insomma, vuoi o no vuoi incontrare Takao in finale?», lo guardò con un sorrisetto decisamente eloquente, ma Kai ridacchiò leggermente sotto i baffi, perché in fondo era proprio quella la sua massima aspirazione. Si alzò dalla panca e senza dire una parola prese Saya per un braccio e la tirò verso il Beyblade stadio. Però quella volta lei si fece trascinare di buon grado, camminandogli affianco come una vera compagna di squadra.
 
Come pronosticato riuscirono a vincere l’incontro in poche mosse, meravigliando non poco i loro avversari, che andarono a complimentarsi con loro quando lasciarono spazio al secondo incontro della giornata.
«Ditenji, Hiwatari!», li richiamò uno dei due sfidanti. Era un bel ragazzo dai capelli castani e due profondi occhi azzurri, che fecero arrossire Saya per via dello sguardo penetrante con il quale la guardò quando si voltò per vedere chi li avesse richiamati.
«Ciao…», salutò la nipote del presidente Ditenji, non dimenticando le buone maniere, anche se per via di quell’inaspettata interruzione lo fece con fare titubante. Quello meno propenso a parlare invece era stato Kai, che si era voltato verso i due compagni di scuola con una smorfia contrariata e le braccia conserte al petto, atteggiamento che faceva ben capire tutto il suo stato d’animo seccato per via di quell’interruzione.
«Volevo farti i miei complimenti, sei stata bravissima! Una vera fuori classe degna del tuo nome!», le disse il nuovo arrivato, con gli occhi che brillavano di un vigore che Saya aveva non aveva mai scorto prima in quel ragazzo. Era sicuramente un tipo strano, però sembrava sincero…
In ogni caso quella constatazione fece alzare gli occhi al cielo al russo, che tutto avrebbe voluto tranne che ascoltare le avance di quel tizio. E non gli era affatto sfuggito il fatto che si fosse rivolto solamente a lei, come se lui non fosse lì, e glielo fece capire trapassandolo con il suo tipico sguardo di fuoco. Purtroppo però il ragazzo era così tanto preso dalla sua compagna che nemmeno si accorse di quell’occhiata. Fu Saya a captare la tensione che era scesa tra il ragazzo che aveva affianco e quello che aveva di fronte, e forse lo aveva capito anche il compagno di squadra del suo ex avversario, perché iniziò a tossire come per ragguagliarlo.
«Tutto merito di Kai», provò a sorridergli lei, tirando anche una leggera gomitata al compagno di classe, che se ne infischiò altamente di quella constatazione e continuò a guardare il nuovo arrivato con la sua solita stizza. Non che gli importasse di quello che pensavano di lui, ma insomma, non era mai stato così spudoratamente snobbato da chi che sia…
«Ahhh, non essere modesta!», le rispose però il suo interlocutore, aprendosi in un sorriso incredibilmente sentito, e quel commento finì per farla arrossire di nuovo. «Che Hiwatari fosse forte lo sapevo, ma non pensavo che fossi al suo stesso livello. Ammetto di averti un po’ sottovalutata, perdono!», continuò, portando le mani congiunte di fronte al volto in un moto di scuse. «Anche se avete battuto Fujima e la sua fidanzata non credevo che foste forti fino a questo punto, soprattutto tu!», le disse poi, togliendosi un ciuffo di capelli castani da davanti agli occhi per poterla scrutare meglio, e sotto quello sguardo così penetrante Saya dovette abbassare leggermente lo sguardo per non restarne vittima. Era la prima volta che qualcuno le faceva così tanti complimenti. Qualcuno che non fosse un suo amico.
«Beh, ti ringrazio…», ammise, leggermente impacciata, parole che fecero leggermente sbuffare Hiwatari, ma per fortuna entrambi fecero finta di non averlo sentito. Soprattutto il nuovo arrivato, che non aveva nemmeno mai incrociato il suo sguardo con quello di Kai, troppo preso da Saya per toglierle gli occhi di dosso. Ed anche il suo compagno di squadra, che si era accorto della contrarietà del russo, decise di non interferire…
«A proposito, mi chiamo Akira Mato, e questo è mio fratello Ryota…», si presentò, indicando poi il ragazzo accanto a sé, che se ne stava impacciato al suo posto.
«Sì, lo so, ci ha presentati Dj Man», ridacchiò lei, portando una mano a coprirsi la bocca per non mostrarsi sguaiata, come aveva fatto molte volte anche con Fujima, e quella constatazione fece arrossire di botto il nuovo venuto e stizzire ancora di più il povero Kai, che se solo il suo orgoglio glielo avesse permesso avrebbe volentieri mollato la sua compagna lì da sola e sarebbe fuggito a gambe levate.
«Che sciocco che sono, hai ragione! Scusami, da quanto ti ho vista non ci ho capito più nulla…mi sa che fai questo effetto ai ragazzi, visto che a scuola non fanno che parlare di te!», ridacchiò poi, ammutolendo Saya ed indispettendo ancora di più l’ex membro dei Neo-Borg, che però sotto quell’affermazione si era fatto più attento.
«Davvero?!», sgranò gli occhi lei, aggrottando le sopracciglia in un gesto confuso, finendo poi a ridacchiare divertita quando vide Akira annuire.
«Sì, Saya fa questo effetto, ora se non ti dispiace dobbiamo scendere in campo senza nemmeno aver avuto il tempo di andare in bagno», prese finalmente parola Kai, indispettito da tutta quella situazione, prendendo per un braccio la compagna e tirandola di nuovo verso il campo di gara, nel momento esatto in cui Dj Man richiamò i loro nomi.
«Non mi ero accorta che fosse già finito l’incontro…», disse lei in sua discolpa, alzando titubante gli occhi su Kai. Aveva paura a dire una parola di più perché le sembrò decisamente incazzato…
«Dovremmo combattere contro Mao e Rei…», soffiò lui tra i denti, senza minimamente guardarla negli occhi. Quel fatto la preoccupò non poco, perché non avrebbe mai voluto tornare al punto di partenza, però sentì il suo compagno sospirare e subito dopo riebbe di nuovo la sua attenzione.
«Ti senti pronta?», le disse poi con un sospiro, piantando spudoratamente gli occhi ametista nei suoi, e quello sguardo così penetrante la fece arrossire molto di più dei complimenti di Akira Mato.
«Scherzi? Sono nata pronta…», si dette man forte da sola, mostrandogli un muscolo con fare plateale, e solo allora lui si concesse un sorrisetto divertito. In fondo non poteva avercela con lei per le avance che continuavano a farle i ragazzi, perché quel tizio non era di certo stato il primo ad avergliele fatte e non sarebbe stato nemmeno l’ultimo. Però era stata la spudoratezza mostrata ad averlo un po’ indispettito, ma non poteva certo far desistere tutti i ragazzi dal provarci con la sua amica…
«Tu ti senti pronto?», gli chiese lei, ma lui non rispose. Si limitò a fare un sorrisetto e dopo averle lanciato una fugace occhiatina complice le voltò le spalle per raggiungere il Beyblade stadio.
Lei lo seguì subito dopo, col cuore che le batteva incessantemente nel petto, e lo stesso batticuore le fece compagnia per tutta la durata dell’incontro, che tenne tutti col fiato sospeso, almeno fino a che Dj Man non dichiarò vincitore la coppia formata proprio da Saya e Kai.
In un primo momento alla ragazza non parve vero, perché nonostante la loro condotta di gara fosse stata incredibilmente impeccabile, Star Pegaso e Dranzer erano stati spesso messi a dura prova da Driger e Galux. Però erano comunque riusciti a scamparla, tanto che le parole dell’arbitro avevano lasciato pressoché scioccata la nipote del presidente.
«Complimenti ragazzi!», disse loro Mao, andando poi ad abbracciare l’amica, che era rimasta impalata al suo posto con ancora gli occhi sgranati dall’emozione. Quel fatto fece ridere sotti i baffi sia Rei che Kai, che si scambiarono una stretta di mano amichevole come ai vecchi tempi, e fu quella visuale a far riprendere Saya.
«Alla fine sei riuscita a prenderti la rivincita dopo due anni», la sbeffeggiò il suo ex compagno cinese, alludendo alle qualificazioni del primo torneo nazionale, dove venne battuta proprio dall’amico.
«Meglio tardi che mai», asserì lei con una linguaccia, facendo scoppiare tutti a ridere. Il loro rapporto era tornato come allora, come quel torneo nazionale, e forse era giusto così. Rei aveva donato il suo cuore a Mao, ma Saya era stata felice per quella decisione. C’erano stati degli avvicinamenti notevoli tra loro, ma aveva capito che per lui non poteva essere più di un’amica, nonostante tutto, ed a lei andava bene così. Ed era contenta di aver trovato nella ragazza cinese una vera amica.
«Sai questo che vuol dire, vero?», si voltò poi verso Kai, che si aprì in uno dei sorrisi che lei tanto amava. Uno di quelli che non vedeva da anni.
«Tra poco ci batteremo contro Takao», le disse lui, e per la prima volta vide nello sguardo ametista di Hiwatari un riconoscimento che difficilmente la gente riusciva a scorgere in quello sguardo. La stava ringraziando per quell’opportunità e Saya era risoluta a non deluderlo. Avevano superato non pochi problemi per avere quell’intesa ed erano riusciti insieme ad arrivare addirittura in finale, a battersi contro l’unica persona che stuzzicava l’interesse agonistico del suo amico. Anche lei avrebbe voluto vincere quel torneo, per dimostrare a sé stessa ed al suo compagno il suo valore, ma soprattutto per veder finalmente realizzato il più grande desiderio del suo amico d’infanzia. Kai si era tormentato dalla prima volta in cui Takao lo aveva battuto, al primo torneo nazionale, ed in quegli anni si era allenato molto per riuscire a batterlo. Aveva anche lasciato la squadra, unendosi ai Neo-borg, per avere quell’opportunità, ed in seguito si era schierato con Vorkof, facendo anche una brutta fine contro Brooklyn, pur di riuscire di nuovo a combattersi contro Takao. Era riuscito anche a battere un campione del calibro di Brooklyn, ma non era ancora riuscito a sconfiggere il suo migliore amico, quindi immaginava come quel fatto dovesse bruciargli dentro.
«Già!», soffiò però lei, elettrizzata, rimandandogli indietro un’occhiata risoluta, che lui accolse con un sorriso. E per l’ennesima volta Saya si sentì mancare per colpa dell’intensità di quello sguardo.
 
 
«Non è possibile, Dragoon!», gridò Takao, seguendo con gli occhi sgranati la traiettoria del suo Beyblade.
«Gaiadragoon, noo!», gli fece eco Daichi.
«Dranzer!», ringhiò tra i denti Kai, mentre Saya pregò che Star Pegaso ricadesse all’interno del campo.
L’impatto dei quattro beyblade aveva generato un boato generale e li aveva fatti schizzare agli angoli del campo. Era stato un combattimento equilibrato e c’erano stati talmente tanti attacchi che avevano lasciato tutti col fiato sospeso, anche i diretti interessati, che nonostante fossero incredibilmente affaticati dallo scontro non volevano demordere.
Purtroppo però solo due dei quattro Beyblade ricaddero in campo, decisamente traballanti e provati da quel difficile incontro, e nel constatare quali fossero ammutolirono tutti.
Tutti tranne Dj Man, che alzò il microfono che teneva stretto in mano con la sua solita emozione.
«Signore e signori, la coppia vincitrice di questo torneo è quella formata da Kai Hiwatari e Saya Ditenji! Fate un applauso a questi due ragazzi, che con forza e determinazione hanno strappato la vittoria, anche se con un pizzico di fortuna, alla coppia dei campioni in carica!», gridò l’arbitro e dopo le sue parole tutto il pubblico scoppiò in calorosi applausi per l’incredibile gesto compiuto dai due amici.
«Non ci posso credere!», ammise scioccato Takao, che ancora fissava il campo di gara con espressione interdetta. Daichi invece stava osservando il suo Beyblade, fermo ai suoi piedi, con un’espressione molto simile a quella del compagno.
«Abbiamo vinto», provò a dire Saya, ancora scossa per l’accaduto. Aveva lo sguardo fisso di fronte a sé, ma in realtà non stava guardando nessuno in particolare. «Kai. Abbiamo vinto», continuò poi, provando a spostare lo sguardo sul suo compagno, che invece stava osservando Takao con gli occhi sgranati. Il campione del mondo invece lo stava osservando di rimando con lo stesso sguardo stralunato dell’amico. Era chiaro che nessuno dei due credeva a ciò che era successo, e quel fatto doveva averli scossi più di quanto Saya avesse mai immaginato. In fondo anche lei non riusciva a credere ai suoi occhi, ma sentì nel cuore un incredibile moto di soddisfazione quando notò capeggiare i loro nomi sul tabellone dietro le spalle del Balder Dj.
Il primo a riprendersi fu però Kinomiya, che dopo aver dato uno scossone alla frangia che gli era ricaduta sugli occhi, e dopo aver sistemato meglio il berretto sopra la testa, decise di avvicinarsi ai due amici con uno dei suoi soliti sorrisi gioviali.
«Amico, sei stato eccezionale!», disse rivolto a Kai, che ancora lo stava guardando stralunato, così tanto che Takao finì per ridere divertito. «Dai, non guardarmi così e goditi gli applausi del pubblico!», ridacchiò, prendendo Kai e Saya per un polso ed alzando al cielo le loro braccia in un gesto di vittoria. Anche se era stato battuto non era né triste né arrabbiato, perché in fondo capitava a tutti di perdere. Era invece felice per il suo compagno, perché era riuscito a batterlo combattendo un incontro leale e pulito, e lui era sereno perché era sicuro di aver dato fondo a tutte le sue risorse ed energie in quell’incontro, così come aveva fatto Daichi, e se Kai e Saya avevano vinto giocando pulito lui non poteva che essere felice per entrambi. Sapeva quanto i suoi amici si fossero allenati per quell’incontro, e quanto ci avessero tenuto a vincere, anche se forse lui avrebbe dovuto passare la serata a risollevare il morale al suo compagno di squadra.
Fu in quel momento che Kai si riprese, e la prima persona che cercò con lo sguardo fu Saya. La penetrò con uno sguardo più intenso del solito, e quegli occhi così scintillanti e fieri la costrinsero a lanciarsi verso di lui, fino a stringerlo in un sentito abbraccio, che gli fece capire tutta la sua gratitudine per l’impresa compiuta. Non capitava tutti i giorni di battere il campione del mondo, né di farlo in coppia col ragazzo che amava.
 
 
 
Dopo essere stati mollati dagli abbracci festeggianti dei loro amici, i due ragazzi decisero di andare a recuperare le loro cose nel camerino, lo stesso che avevano usato durante tutto l’arco del torneo. Ogni coppia aveva il suo, e solo lì potevano bearsi della quiete che serviva loro prima di ogni incontro.
«Non mi sembra vero!», esordì Saya, rivolgendo poi un sorriso di gratitudine al suo Beyblade, che ricambiò il gesto illuminando appena il Bit Power. In fondo anche Star Pegaso era fiero di ciò che era riuscita a fare la sua padrona.
«Già», le rispose Kai, alzando solamente gli angoli della bocca in un sorrisetto di pura soddisfazione. Non era mai propenso a sbilanciarsi più di tanto con le emozioni, ma dovette dire che la soddisfazione era molta in quel momento. Essere riuscito a battere il suo rivale di sempre, ed averlo fatto con la persona forse più importante della sua vita, lo aveva reso incredibilmente felice.
Era quindi quella la felicita di cui tutti parlavano?
Non seppe dirlo, né come fosse in realtà quel sentimento, ma in quel momento voleva bearsi solamente del sorriso gioviale che la ragazza aveva impresso sul suo bel volto. E finalmente quel sorriso era tutto per lui.
Tuttavia qualcuno stava per interrompere quel momento idilliaco e quel qualcuno bussò con insistenza alla porta del camerino, così tanto che due ragazzi, che non aspettavano nessuno in particolare, si scambiarono un’occhiata perplessa. Erano rimasti d’accordo con gli altri di andare a festeggiare tutti insieme a casa di Takao, non facendo troppo tardi perché l’indomani sarebbero dovuti tornare a scuola, ma erano anche convinti che i loro amici li avessero preceduti.
«Avanti», disse Saya, volgendo poi l’attenzione alla porta, che quando si aprì rivelò un ragazzo dai corti capelli castani, lo stesso che l’aveva bloccata nel corridoio non molto tempo prima.
«Ciao ragazzi!», salutò quello, ma i suoi occhi azzurri furono catturati solo dalla ragazza. Kai invece, che era stato bellamente ignorato di nuovo, mostrò la sua contrarietà imbronciandosi appena.
«Ciao Mato!», gli sorrise la nipote del presidente Ditenji, nonostante la lieve perplessità. «Come mai qui?», continuò poi, mettendosi la borsa a tracolla e spostando leggermente la testa di lato per osservarlo curiosamente.
«Volevo sapere se volevi venire con me e mio fratello a bere qualcosa, mi farebbe piacere scambiare due chiacchiere con te! Ah, a proposito, complimenti ancora per la vittoria!! Sei stata magnifica!», le rese noto lui, sotto la più totale contraddizione di Kai, che avrebbe voluto ribadire il fatto che la vittoria l’avessero raggiunta insieme, ma convenne di non fare scenate, altrimenti si sarebbero tutti accorti dalla sua gelosia. Rimase così a braccia conserte, a lanciare sguardi sprezzanti al nuovo arrivato, che a sua volta continuò imperterrito a fare come se lui non esistesse.
«Beh, ecco, io…cioè, noi, siamo stati invitati a casa di Takao per festeggiare…mi spiace», gli rispose lei, cercando di mantenere la cordialità che l’aveva sempre contraddistinta, anche quando aveva declinato il primo invito di Fujima, quello di andare da soli al Luna Park.
Ma Mato sembrò non voler demordere…
«Oh, che peccato, allora mi farebbe piacere accompagnarti. Ci sono molti pareri che vorrei scambiare con te, e molte cose che vorrei chiederti!», le rese noto, con una scintilla negli occhi che lei non si sentì in un primo momento di spegnere. Sembrava come un bambino il giorno di Natale, anche se quello sguardo supplichevole gli ricordò proprio il presidente d’istituto. In ogni caso scacciò il pensiero, e la prima cosa che fece fu quella di girarsi senza ripensamenti in direzione di Kai, per cercare un aiuto o anche solo per avere la sua negazione o il suo benestare. Sarebbe bastata solo una sua risposta negativa per far desistere il ragazzo dal continuare ad insistere, e lei dall’accontentarlo, eppure non successe nulla di quello che lei sperò. Avrebbe voluto che Kai la trattenesse, che le implorasse di restare con lui, ma l’orgoglio del suo compagno gli impedì ancora una volta di prendersi ciò che voleva. La guardò solamente negli occhi con uno sguardo penetrante, prima di spostare il suo sguardo ametista sul ragazzo di fronte a lei, che lo stava osservando di rimando con un moto di speranza che non riuscì a spezzare nemmeno lui.
«Vai pure, ci vediamo dopo», disse lapidario, e quel tono di voce incredibilmente lugubre fece aggrottare le sopracciglia di Saya, che in quel momento non avrebbe proprio voluto andarsene da lì. Ma in fondo cosa si sarebbe dovuta aspettare da lui? Secondo lei, a lui non sarebbe interessato fare la strada insieme a lei, anzi, era immensamente certa che avrebbe preferito non avere nessuno tra i piedi. E poi nella sua mente rimbombò di nuovo il discorso affrontato con lui sulla via di casa sua non molti giorni prima:
“C’è qualcuno che ti interessa?”
“Sì”
Sì…quel “sì” scandito dalla voce autoritaria del suo amico d’infanzia era stato il suo tormento per tutto quel tempo, anche se non aveva influito sull’esito della gara come aveva fatto il suo rifiuto di esternare il suo passato.
Kai portava nel cuore già una persona, e lei avrebbe dovuto cercare di nuovo di dimenticarlo. Fu per quello che abbassò lo sguardo, amareggiata.
«A dopo…», gli rispose dunque, senza minimamente guardarlo negli occhi. Se lo avesse fatto avrebbe scorto in quelle ametiste tutta la disperazione di quel momento, e forse avrebbe intuito l’urlo disperato che gli era rimbombato nella mente dopo che lei gli ebbe voltato le spalle.
“Non andare!”, avrebbe voluto gridarle contro, ma dalla sua bocca non ne uscì la minima sillaba.
Kai rimase impietrito al suo posto, ad osservare la vita di Saya che veniva sfiorata dalla mano di Akira, e la sua mente si abbuiò per un istante. Sentì un moto di emozioni che lui stesso non riuscì a comprendere. Si sentì come quando l’aveva vista piangere disperata sul petto di Rei, nel treno che li avrebbe condotti a Mosca ai tempi del primo campionato mondiale; come quando l’aveva vista arrabbiata ed amareggiata durante il loro scontro sul Lago Bajkal; come quando l’aveva vista piangere per Rei, quando lui era stato portato in ospedale in seguito alle contusioni riportate durante l’incontro con Boris; come quando apprese che si era concessa al compagno di squadra in seguito alla perdita della Tigre Bianca; come quando aveva appreso dalla voce di Daichi la sua relazione con Hitoshi Kinomiya, la persona che più odiava sulla faccia della terra, e come quando l’aveva vista baciarsi con Hisashi Fujima.
O come tutte le volte che l’aveva vista piangere per lui…
Tutti quei pensieri lo scossero fin nel profondo. La sua mente era stata così tanto provata da quegli eventi, che alla fine digrignò i denti per la frustrazione e sentì il bisogno di sfogarsi di tutto.
Riaprì gli occhi, che aveva chiuso per cercare di cancellare dalla sua mente il sorriso che lei gli aveva rivolto dopo la vittoria, e strinse i pugni fino a far sbiancare le nocche. Quel sorriso lo aveva così tanto scombussolato che si era ritrovato ad arrossire quasi timidamente, sperando di non essere beccato. Pochi minuti prima era stato felice per la vittoria, e per il fatto che lei fosse stata lì con lui, ma in pochissimo tempo Akira Mato aveva distrutto quella stessa felicità, portandogli via quello che di più prezioso aveva al mondo: l’amica che amava in segreto da tanti, troppi anni.
Quella consapevolezza gli fece produrre un ringhio grottesco e lo costrinse a girarsi per incontrare la fredda lastra di metallo dell’armadietto, che aveva chiuso con un gesto contrariato quando Akira Mato si era materializzato in quella stanza.
Il suo pugno, sferrato a tutta forza in seguito alla frustrazione provata, raggiunse l’anta chiusa di quello stesso mobilio e produsse un rumore che rimbombò nel silenzio della stanza insieme al suo grido.
Rimase in quella posizione per qualche secondo, con la mano sanguinante incastrata nella lamiera oramai recisa e gli occhi serrati, ad ansimare come quando aveva dato un pugno in faccia ad Hiruta. Peccato però che avesse colpito l’armadietto e non la faccia da schiaffi di quel ragazzo, perché l’espressione soddisfatta di quando Saya gli aveva voltato le spalle per seguirlo non gli era per niente sfuggita, e lo aveva tormentato per tutto quel tempo.
«Sei impazzito?», tuonò una voce leggermente interdetta e quasi intimidatoria. Gli era arrivata alle orecchie dopo qualche secondo, e quella lo costrinse a ritirare la mano ed a tapparla con l’altra per arrestare il deflusso del sangue.
Quando alzò lo sguardo incontrò due occhi color ghiaccio che lo stavano fissando accigliato, mentre Boris, accanto a Yuri, lo stava guardando confuso.
Accanto al rosso invece, Julia Fernandez lo stava guardando scioccata.
«Andate via!», intimò con voce rauca, voltando loro le spalle. Probabilmente l’arguzia di Ivanov gli avrebbe permesso di capire che c’era qualcosa che non andava, oltre al fatto di averlo visto dare un pugno all’armadietto senza un apparente motivo.
«Quell’armadietto ti ha fatto qualcosa di male?», asserì Kuznetsov, con il suo solito tono di voce divertito, che quella volta trasportò anche una leggera nota preoccupata, però bastò un’occhiataccia di Yuri per farlo desistere dall’andare oltre, prima che a Kai che fosse venuto in mente di prendere a cazzotti anche lui. Ma Hiwatari aveva continuato a dar loro le spalle, in silenzio e tremante di rabbia, e quell’atteggiamento sembrò alquanto strano agli occhi del rosso.
«Kai!», lo richiamò infatti Ivanov, con la sua solita imperiosità. «Che diamine è successo?», continuò in seguito, ammorbidendo un po’ il tono di voce freddo che di solito usava quando voleva essere ascoltato o ubbidito.
«Non sono affari vostri», gli rispose però il diretto interessato, e la nota tremula nella sua voce, che difficilmente si notava nella voce sempre impassibile di Kai Hiwatari, portò i due russi a guardarsi con un sopracciglio alzato.
Julia invece era riuscita a riprendere a respirare regolarmente e spostava il suo sguardo attento dal ragazzo con la mano sanguinante agli altri due, nervosa per la situazione che si era venuta a creare. La tensione che si respirava in quella stanza era arrivata a livelli esponenziali e sperò che nessuno fosse andato a constatare ciò che era appena successo, altrimenti era estremamente sicura che il nippo-russo sarebbe definitivamente sbottato.
«Ho visto Saya allontanarsi con quel damerino. Ѐ questo il motivo?», lo colpì volutamente Yuri, posando insistentemente le sue iridi perforanti sulle sue spalle e forse fu quello che costrinse Kai a voltarsi con un ringhio incattivito.
«Ho detto che non sono affari vostri», insistette quest’ultimo, parlando con gli occhi lucidi nascosti dietro la frangia argentea, che gli era ricaduta malamente davanti agli occhi dopo il pugno che aveva dato all’armadietto.
«Ok, lascia almeno che ti fasciamo quella mano», continuò esasperato il rosso, e solo in quel momento Julia si riprese definitivamente dal suo stato di presunta trance.
«Ci penso io, vuoi?», gli disse lei, con il sorriso che aveva sempre colpito benevolmente Ivanov. Con quel sorriso era riuscita a sciogliere il suo cuore di ghiaccio, ed in quel momento era intenzionata a ripetere esperienza con un altro russo, uno così tanto testardo ed orgoglioso che aveva preferito rompersi una mano piuttosto che dichiararsi.
Tuttavia Kai non disse nulla, né dette il suo consenso verso quella proposta. Si lasciò cadere stancamente sulla panca, col gomito della mano colpita poggiato su un ginocchio, così da poter essere medicato, mentre l’altra mano l’aveva portata a coprirsi il volto per colpa della frustrazione. O forse non voleva farsi vedere dai suoi compagni così sconvolto, così da non mostrare un lato di sé che forse non aveva mai mostrato nemmeno a sé stesso.
Tuttavia loro non lo giudicarono, né dissero qualcosa a riguardo. Nemmeno Boris, che nonostante avesse un qualcosa da dire sulla punta della lingua, convenne che non era il momento adatto per dargli contro. Rimasero a guardare le mani esperte di Julia medicare pazientemente il ragazzo di fronte a lei, e gli occhi verdi della spagnola lanciargli qualche occhiatina in un misto tra il preoccupato ed il perplesso.
«Quando eravamo a giro per il mondo con il nostro circo ero sempre io a medicare le ferite degli atleti», spezzò il silenzio dopo qualche secondo, perché anche a lei il silenzio non era mai andato a genio, e perché, messa sotto pressione o in momenti di nervosismo come quello, lei parlava sempre a sproposito. Ma, nonostante ciò, non si fece fermare dallo sbuffo contrariato che sentì in risposta da Kai.
«Ecco fatto, dovrebbe andare meglio!», gli disse infine, con un piccolo sorrisetto soddisfatto, iniziando a rimettere in ordine le cose nella valigetta del pronto soccorso che aveva prelevato da quel camerino.
«Non aspettarti un ringraziamento da parte di Hiwatari», ridacchiò però Boris, che in fondo qualcosa doveva pur dirla, ma si beccò un’occhiataccia sia dal diretto interessato che da Yuri. E fu proprio quest’ultimo che riprese parola.
«Allora?», insistette, facendo appello alla sua indole di ghiaccio, e lo fece senza spostare le braccia che aveva portato conserte al petto, né spostandosi dal muro in cui si era poggiato. Ma di nuovo si beccò in risposta uno sbuffo contrariato, seguito da un sospiro. Attese anche che il compagno dicesse qualcosa, ma da quelle labbra serrate non ne uscì nemmeno una sillaba.
«Kai», esordì infine, esasperato, staccandosi definitivamente dalla sua posizione, con gli occhi di ghiaccio che scintillavano in un’espressione risoluta. «Ѐ oramai chiaro come il sole che ti piaccia quella ragazza», proferì, andando a colpirlo proprio dove sperava, ed il silenzio in quella stanza si fece ancora più pesante. «Com’è anche chiaro che il tuo maledetto orgoglio ti stia impedendo di provare ad essere felice», continuò tra i denti. Sapeva come doveva sentirsi il compagno, perché si era sentito alla stessa maniera da quando aveva rivisto Julia. Anche lui in un primo momento aveva impedito a sé stesso di inseguire la sua felicità, che non credeva potesse raggiungere dopo gli spiacevoli eventi del loro passato, ma ironia della sorte era stato proprio Boris a scuoterlo. Ora voleva fare lo stesso con lui, con la speranza di non veder soffrire ancora due delle persone a lui più care.
Fece una pausa e poi riprese, anche se gli sembrò di non essere minimamente considerato dal suo interlocutore, ma lui insistette comunque per mantenere il punto.
«Tutti noi abbiamo sofferto per il nostro passato. Forse tu più di tutti, è vero, ma sei stato anche l’unico tra noi a non essere andato avanti. Ti sei fatto scudo della freddezza e dell’impassibilità, ed anche se questo ti fa onore, non te ne fa il tuo comportamento nei confronti di Saya. L’hai sempre tenuta a distanza e non hai mai provato ad avvicinarti a lei o a farle capire quanto lei sia importante per te», sospirò, «perché?», chiese infine, anche se non si aspettava di certo una risposta a quella domanda così diretta.
Calò di nuovo il silenzio, momento in cui lo sguardo di Yuri e Boris si incrociò per un attimo, per cercare una piccola intesa. Anche Julia era rimasta in silenzio, ad osservare le reazioni dei tre, almeno fino a che il suo ego le impedì di stare ancora a bocca chiusa.
«Se posso permettermi…», iniziò, anche se si beccò uno sguardo contrariato dalle ametiste di Kai, «se è come dice Yuri e quella ragazza ti piace dovresti dirglielo. Sai, a noi ragazze fa piacere quando un ragazzo si dichiara…e sono quasi certa che lei ricambi», gli sorrise timidamente, forse per via della delicatezza del discorso. «Ho visto il modo in cui ti guarda, in cui ti parla…il modo in cui il suo sguardo si è posato su di te quando Dj Man vi ha dichiarato vincitori. Come non mi è sfuggito il tuo…», gli rese noto, e quelle parole così audaci fecero salire un sorrisetto soddisfatto sulle labbra dei due russi, che avevano ascoltato le parole della madrilena con una certa soddisfazione. Soprattutto Yuri, che fu decisamente convinto della decisione di lasciarsi andare con lei.
Quello meno convinto di quel discorso però fu proprio Kai, che era rimasto con le spalle ricurve e lo sguardo basso, ad osservare il pavimento del camerino con frustrazione.
«A che pro?», si fece sfuggire, con voce così rotta da arrivare troppo lieve alle orecchie dei presenti. Sembrò come se avesse posto quella domanda più a sé stesso che agli altri, tuttavia quelle parole arrivarono lo stesso alle orecchie del rosso.
«Come?!», lo ammonì infatti, cercando con il tono di voce una spiegazione più che esauriente.
«A che servirebbe dirle ora quello che provo? Non cambia il fatto che a lei piaccia un altro! E poi con che faccia potrei dirle tutto, dopo che l’ho ripetutamente fatta soffrire?», ringhiò con disappunto, ma Ivanov non si fece fermare da tanta risolutezza e disperazione. Anzi, fu felice che Kai non li avesse mandati al diavolo e che avesse deciso di confidarsi con loro, e fu altrettanto felice che fosse riuscito ad ammettere ciò che provava per Saya, almeno a sé stesso.
«A lei piaccia un altro?!», sbottò però Boris, che si staccò dalla parete con un balzo, arrivando di fronte al compagno con due potenti falcate. Lo prese poi per la collottola e lo alzò di peso dalla panca, con un gesto trasportò tutta la sua contrarietà per quel discorso, e la frustrazione per il fatto che non riuscisse ancora a raggiungere la sua felicità per colpa sua, perché non gli era ancora andato giù il fatto che a Mira Nakamura piacesse Kai.
«Dì un po’, Hiwatari, non è il caso di smetterla di arrecare scuse per la tua codardia?!», gli ringhiò contro, con uno sguardo che di beffardo non aveva oramai più nulla. «Il cuore di quella ragazza è sempre appartenuto a te, e tu sei sempre stato così stupido da non rendertene conto!», gli inveì contro, scuotendolo un po’ per cercare di farlo reagire, ed il tutto avvenne sotto lo sguardo attento di Yuri, che era pronto ad intervenire se la situazione fosse precipitata, e quello spaventato di Julia, che si era ritratta dietro le spalle del suo amato.
«Il tuo stupido orgoglio l’ha spinta verso Fujima!», lo colpì di nuovo Boris, ma quello sembrò non bastare. «Ed ora la sta spingendo verso quel coglione di Akira Mato. Dì un po’, troverai un’altra scusa per convincerla a lasciare anche lui? Questa volta cosa le dirai, di nuovo che non è un tipo raccomandabile?», insistette, sbattendo le spalle di Kai contro l’armadietto che aveva sfondato lui stesso non molto tempo prima, gesto che strappò al nippo-russo una smorfia di dolore. Tuttavia non reagì, né pensò di sottrarsi a quella strana sottomissione. In fondo tutto quello che Boris gli stava dicendo era la verità, e quello era il suo modo di pagarne le conseguenze, nonostante il ringhio sofferto che gli era sopraggiunto sulle labbra.
«Lo sai perché era venuta a cercarmi quella volta? Lo sai perché mi ha baciato o perché ci abbia provato con me?», riprese parola Kuznetsov, ringhiandogli definitivamente contro, alludendo alla volta in cui Saya era andata a cercarlo, in seguito al litigio avuto con Kai. «Ѐ stato per colpa tua!!», gli rese infine noto, «ed è per te, perché ti sono amico e perché speravo di vedervi finalmente felici che mi sono fermato!», concluse, lasciandolo andare con uno spintone, che fece di nuovo sbattere le spalle di Hiwatari contro l’armadietto.
«Ma le altre persone non saranno così magnanime», gli disse in ultimo, dopo avergli definitivamente voltato le spalle, e Yuri poté vedere il volto di Kai abbassarsi ancora. La frangia argentea gli era scesa ulteriormente ad oscurargli parte del volto, ed a Ivanov non gli sfuggì nemmeno il tremore che lo aveva colpito, dettato probabilmente dalla rabbia che gli avevano lasciato le parole così dure di Kuznetsov.
«Quindi muovi il culo Hiwatari, e vai a riprendertela!», sentenziò infine Boris, dopo un attimo di silenzio, perforando Kai con un’occhiata che non avrebbe ammesso altre repliche, prima di uscire a passo di carica dalla stanza.
«Ha ragione», convenne di rimarcare il discorso Yuri, dopo che il compagno fu sparito nell’oscurità del corridoio, seppur lo fece con una tranquillità che al diretto interessato dette sui nervi, e quello lo costrinse a riportarsi in piedi e ad alzare il suo sguardo lucido e frustrato di nuovo sul rosso.
Nonostante le emozioni contrastanti però, non avrebbe lasciato che una sola lacrima sciogliesse il blu dei segni che troneggiavano ancora sulle sue guance. Poi, inspirando pesantemente dal naso e senza degnare di uno sguardo né Yuri né Julia, si portò anch’egli fino alla porta del camerino.
Il gesto ovviamente non venne ignorato dai due ragazzi, che si lanciarono uno sguardo preoccupato prima di riportarlo sulle spalle di Hiwatari.
«La prossima volta che mi sbatte contro l’armadietto per dirmi qualcosa gli spacco la faccia!», disse infine, con la sua solita impassibilità, che fece alzare gli angoli delle labbra di Yuri in un sorrisetto fin troppo ilare.
Era tornato il solito Kai di sempre…
«Ho bisogno di riflettere», disse poi, voltando leggermente lo sguardo fino a raggiungere quello perforante del suo compagno di classe.
«Ne hai tutto il diritto», fece spallucce in risposta quest’ultimo, mantenendo però sul volto il sorrisetto eloquente.
«Grazie», sospirò poi, nonostante lo avesse detto con un tono di voce fin troppo basso perché i due fossero stati realmente sicuri di quello che avessero sentito. Ma in fondo Kai non era mai stato in grado di pronunciare per bene quella misera parola. Tuttavia, anche se a modo suo, gli era comunque riconoscente.
«Per tutto»
E dicendo quelle ultime parole, e dando finalmente sfogo alle lacrime che aveva represso per tutto quel tempo, le prime che avessero mai rigato il suo volto dopo anni, uscì correndo dal camerino facendo frusciare dietro la schiena la sua lunga sciarpa bianca.
Fine capitolo 21
 
 
 
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
 
 
Colei che scrive:
Ma salveee!! Non vedevo l’ora di posare questo capitolo *^* perché come avrete capito siamo arrivati alla fase clou U.U xD Ma c’è sempre qualcuno o qualcosa che rompe a Kai le uova nel paniere xD ma volevo dare un po’ di vivacità e pepe alla storia xD ed ovviamente la loro dichiarazione non poteva essere tutta rosa e fiori :P
Quindi spero almeno che dopo questo capitolo Kai abbia riguadagnato almeno due punti xD
Credo che non ci sia nulla da dire, il capitolo parla da sé xD
Io mi scuso solamente per gli eventuali errori >.< e l’ho postato oggi perché domani non avrei avuto il tempo di correggerlo >.<
Passo a ringraziare i recensori, davvero grazie *^*, le persone che hanno messo la storia tra le seguite/ricordate/preferite, e tutti i lettori silenziosi giunti fin qua :3
Al prossimo aggiornamento!!!

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 - You Found Me ***


Capitolo 22 – You found me
 
 
 
When no one else was lookin’
Quando nessun altro stava guardando
How did you know just where i would be?
Come facevi a sapere dove sarei stata?
Yeah, you broke through
Già, ti sei fatto strada
All of my confusion
Attraverso la mia confusione
The ups and the down
Gli alti e bassi
I guess that you saw what nobody could be
Immagino che tu sia riuscito a vedere quello che gli altri non riuscivano
You found me
Mi hai trovata
 
Kelly Clarkson - You Found Me
 
 
 
 
 
 
La serata a casa di Takao era passata all’insegna della spensieratezza e del divertimento, nonostante Saya fosse rimasta pressoché preoccupata dall’assenza di Kai. In più non si erano presentati nemmeno Yuri, Boris e Julia, ed il fatto era sembrato così strano alla ragazza, che alla fine era finita per sfogarsi di nuovo con Hilary e Mao.
Le ragazze invece avevano cercato di alleggerirle il morale in tutti i modi possibili, ed alla fine, grazie alle loro parole, Saya era riuscita a rilassarsi. Però l’inquietudine le aveva impedito sia di dormire, sia di riposarsi a dovere in vista di quella nuova giornata scolastica.
Quella mattina infatti non aveva sentito la solita sveglia e si era ritrovata a correre come una forsennata per riuscire a prepararsi in tempo, ed era uscita di casa in ritardo rispetto agli altri giorno, e mentre stava sistemando le mollette tra i capelli.
«Eccomi, scusate il ritardo!», pronunciò appena messo piede fuori dal cancello d’entrata della sua villetta, che chiuse con il movimento del piede mentre era ancora intenta ad armeggiare con i fili corvini dei suoi capelli.
«Non importa, se ci muoviamo riusciamo a prendere in tempo il treno!», le disse Yuri con un piccolo sorrisetto di cortesia, dopo che ebbe lanciato un’occhiata più che eloquente a Kai, che invece se ne era rimasto in disparte con la mano fasciata diligentemente affondata nella tasca del pantalone.
Purtroppo per lui la ragazza si era accorta del suo silenzio, come si era accorta della sua espressione leggermente corrucciata, mentre a lui non era sfuggita quella incredibilmente divertita di Boris, che stava assistendo con aria divertita a quello che stava succedendo.
Anche Kuznetsov sembrava essersi ripreso dalla furia del giorno prima, e quella mattina aveva trattato Kai come al solito, facendosi così vedere spensierato, anche se dentro di sé gli bruciava non poco il fatto di essere stato ancora una volta secondo ad Hiwatari.
«Kai!»
I pensieri dei presenti, e soprattutto del diretto interessato, vennero però messi a tacere dalla voce di Saya, che aveva richiamato il suo amico con le sopracciglia aggrottate in un’espressione impensierita. Quella presa di parole incuriosì soprattutto i due russi, che non vedevano l’ora di vedere come si sarebbe evoluta la situazione.
Proprio il giorno prima, in un acceso diverbio, avevano intimato al loro compagno di lasciarsi andare con lei. Soprattutto Boris, che pur di farlo reagire lo aveva sbattuto più volte contro l’armadietto, invece lui era sparito e si era presentato come se nulla fosse successo quella stessa mattina, e sembrava avere tutte le intenzioni di sorvolare sul discorso e continuare a comportarsi vigliaccamente come al solito. Se così fosse stato però, Yuri gli avrebbe fatto l’ennesima ramanzina. Anzi, gli stava lanciando alcune occhiate da brivido, come ad intimargli di non provare minimamente a sottrarsi all’inevitabile, ma le ametiste di Kai sembravano non voler guardare nella sua direzione. Aveva lo sguardo perso di fronte a sé, anche quando rispose con un “mh?” al richiamo della nipote del presidente Ditenji.
«Perché ieri non ti sei presentato da Takao? Ti aspettavamo tutti…», gli disse la ragazza, con un tono di voce stranamente colpito. Era chiaro che quel “tutti” includesse soprattutto lei, che lo aveva atteso inutilmente per tutta la sera. Avrebbe voluto festeggiare degnamente la vittoria insieme a lui, ed invece quell’ingrato non si era minimamente presentato.
Ma forse iniziava a capire quale fosse il motivo…
Tuttavia ci pensò Boris a stemperare la tensione avvertita, soprattutto dopo aver visto l’espressione imbronciata di Kai, il quale stava cercando in tutti i modi un escamotage per non parlarle della serata da incubo subita per colpa della gelosia avvertita nei confronti di Akira Mato, e lo fece dicendo la cosa forse più sbagliata che avesse potuto dire in quel momento, quella che lo stesso Kai avrebbe volentieri tenuto nascosto, per quanto possibile…
«Perché si è rotto una mano!», pronunciò con aria strafottente il russo, voltandosi a penetrare il compagno con uno sguardo più che eloquente, e se non fosse stata per la situazione già abbastanza disperata, lo stesso Kai gli avrebbe dato un pugno in faccia. Convenne però che con i pugni avesse già fatto abbastanza danni, tra cui essere spedito in presidenza ed avere una mano fuori gioco, per cui fece uno sforzo e si trattenne dal dire qualsiasi cosa. Soprattutto perché, a riprendere parola, ci pensò proprio Saya, che con un gridolino spaventato si voltò subito nella sua direzione.
«Rotto una mano?!», sbottò con voce stridula, aggrottando le sopracciglia ed abbassando lo sguardo sulla mano sana con la quale lui stava reggendo la cartella.
«Bors!», cercò inutilmente di ragguagliarlo Yuri, lanciandogli un’occhiataccia, ma dopo l’imprecazione della ragazza convenne di riportare a sua attenzione ai diretti interessati.
Però Kuznetsov voleva solamente spronare quel testone di Kai a dirle la verità, soprattutto perché, prima si fosse aperto con Saya, prima Mira Nakamura si sarebbe messa l’animo in pace, e, forse, sarebbe finalmente riuscito a conquistarla.
Nel frattempo invece, Kai aveva tolto la mano incriminata dalla tasca dei pantaloni e l’aveva alzata in modo da far vedere la fasciatura all’amica, che la guardò di rimando con occhi sgranati e la bocca leggermente aperta in un’espressione scioccata, ma quello sguardo era proprio quello che il nippo-russo avrebbe volentieri evitato. Non aveva bisogno della preoccupazione dell’amica, perché seppe per certo quanto lei si sarebbe preoccupata, e quanto si sarebbe tormentata per cercare di capire cosa avesse fatto per ridursi così, e lui in quel caso sarebbe stato costretto a raccontarle tutto, invece voleva affrontare il discorso in un’altra maniera. Non voleva ammettere di aver dato un pugno all’armadietto in seguito alla frustrazione ed alla gelosia provata per averla vista andare via con Mato…
«Cos’è successo alla tua mano?», chiese appunto Saya, avvicinandosi leggermente all’amico, fino a prendergli quella stessa mano tra le sue, ma quel tocco caldo e quasi inaspettato fece sussultare il diretto interessato, ed il tutto accadde sotto una risatina divertita dei due russi, che in fondo godevano di quegli attimi di imbarazzo da parte del compagno. Sapevano quale fosse il suo tormento, ma sperarono che se ne liberasse il prima possibile.
«Non è importante!», le rispose però Kai, che con uno strattone liberò la mano e la riportò nella tasca dei pantaloni con uno sbuffo, lanciando un’occhiata di fuoco ai due, che di rimando scossero la testa con esasperazione.
Hiwatari era decisamente un caso perso!
Tuttavia quella constatazione servì solamente a far rabbuiare Saya, nel momento esatto in cui arrivarono di fronte alla scalinata che li avrebbe portati alla banchina della metro. Si era fermata prima di scendere il primo scalino ed aveva abbassato lo sguardo a terra, amareggiata di fronte a quel nuovo rifiuto di parlare da parte dell’amico. Non molti giorni prima si erano ripromessi di dirsi tutto, come dei veri amici, ed invece lui la stava di nuovo tenendo all’oscuro di qualcosa.
Era decisamente frustrante per lei.
L’unico però ad esserci accorto dell’assenza della fanciulla fu proprio Kai, che non vedendola accanto a sé come al solito si era voltato a vedere cosa le fosse successo. In seguito, vedendo il compagno fermarsi, anche Yuri e Boris si erano voltati per capire cosa fosse preso ai loro amici, ma con un sorrisetto convennero che forse quello sarebbe stato il momento giusto per lasciarli soli. In fondo entrambi avevano da chiarire alcune cose, e farlo in quel momento o in un altro non avrebbe fatto alcuna differenza. Sperarono solo che il loro amico non l’avrebbe trattata di nuovo con freddezza. Questo pensarono quando ripresero a scendere le scale della stazione, mentre Kai aveva risalito diligentemente i gradini che lo separavano da Saya, arrivando fino al penultimo, dove si fermò per avere il volto di lei alla sua altezza.
«Hey», la richiamò con una strana dolcezza, che per un momento convinse la ragazza ad alzare gli occhi fin troppo lucidi su di lui.
«Ho fatto qualcosa che non va?», chiese però lei di rimando, portandosi il pollice alla bocca ed iniziando a torturarsi l’unghia in un gesto incredibilmente nervoso.
Kai invece sospirò, perché iniziò a capire quale fosse il tormento della ragazza, ma non avrebbe di certo voluto parlare lì, all’imbocco della metropolitana e con tutti gli sguardi dei passanti addosso. Se doveva dirle cosa provava, voleva almeno farlo in un luogo dove ci sarebbero stati solamente loro due. Senza distrazioni o traffico.
«Perché pensi questo?», le chiese con un sospiro, che fece sospirare a sua volta anche lei, con uno sbuffo che trasportò tutta la frustrazione per la situazione che si era venuta a creare.
«Perché è da ieri che sei strano…», ammise lei con voce leggermente incrinata. «Ѐ per colpa mia?», gli chiese poi a sua volta, rialzando finalmente i suoi occhi in quelli di lui, accorgendosi così di come le ametiste del compagno fossero stranamente lucide, cosa che costrinse Saya ad accigliarsi per un momento. Lo osservò anche spostando leggermente la testa di lato con fare curioso, attendendo così la risposta che forse non sarebbe mai arrivata. Infatti Kai strinse la mascella, abbassando leggermente lo sguardo a terra. Non riusciva più a guardarla così spudoratamente negli occhi senza avvertire il bisogno di raggiungere le labbra che da tempo oramai sognava costantemente, ma di nuovo convenne che non era il momento propizio per lasciarsi andare.
«Sai…», riprese però parola lei, «se tu me lo avessi chiesto, sarei rimasta…», dichiarò, abbassando anch’ella lo sguardo, ma se non lo avesse fatto non sarebbe riuscita a parlargli così apertamente, mentre Kai sotto quell’ammissione sentì il suo cuore perdere l’ennesimo battito, perché tutto si sarebbe aspettato di sentire tranne quello che aveva appena udito dalla voce della compagna.
«Io non avrei voluto fare la strada con Mato, non dopo quello che ha cercato di fare, ma dopo che mi hai detto di andare ho pensato che non avessi voluto avere nessuno tra i piedi», riprese, e nemmeno lei seppe dire perché volle parlargli proprio di quello, ma la sua mente era così talmente provata dagli eventi trascorsi che alla fine si era lasciata andare in quell’ammissione sofferta quasi senza pensare.
Quell’affermazione però rese Kai più audace, così tanto che strinse la mascella e rialzò i suoi occhi su Saya. Le prese poi il mento con due dita ed alzò il suo volto fino a che non ebbe di nuovo la sua attenzione. Lo aveva fatto molte volte durante le loro litigate, ma in quel momento voleva solamente arrivare al punto della questione, e capire ciò che lei aveva appena detto.
«Che cosa ti ha fatto Mato?», le chiese infatti a denti stretti, ma quella domanda gli era venuta così spontanea e roca che alla fine lei lo guardò con sguardo leggermente accigliato, perché non si sarebbe mai aspettata di sentire una domanda del genere proprio da lui, che era sempre stato così menefreghista nei confronti degli altri comuni mortali.
«Ha…ha provato a baciarmi…ma io non ero propensa a dargli corda e l’ho allontanato», gli rispose, con voce altrettanto roca, assottigliando lo sguardo per cercare di captare una qualsiasi reazione da parte dell’amico.
Kai invece era rimasto a fissarla inerme, con solo le labbra piegate in un ringhio quasi sofferto. Però il sapere che lei non avesse dato corda ad Akira Mato gli fece tirare un momentaneo sospiro di sollievo. Almeno per un secondo, perché poi riprese parola con una smorfia di disapprovazione.
«Avrei dovuto dare un pugno in faccia a lui invece che all’armadietto. Così io non avrei una mano rotta e tuo nonno non avrebbe un armadio da sostituire…», le rese poi noto con la sua solita nonchalance, facendo spallucce come se quella fosse stata la cosa più normale del mondo. Ed ovviamente quella strana affermazione accigliò ancora di più la nipote del presidente, che guardò di nuovo il compagno con aria scioccata.
«Perché diavolo hai dato un pugno all’armadietto?!», gli chiese infatti dopo qualche secondo, perché era sempre più confusa dalle frasi sconnesse e dal modo di fare di Kai, che l’aveva sempre mandata in confusione con quel suo modo di fare così cinico e freddo. Purtroppo però il fischiò del treno in frenata lasciò in sospeso quella frase ed impedì al ragazzo di rispondere, dandogli così un primordiale sollievo da quel terzo grado, anche se sapeva che quella domanda non sarebbe rimasta in sospeso a lungo, perché Saya avrebbe cercato in tutti i modi di avere una risposta. Oramai la conosceva fin troppo bene, e lui stesso non avrebbe più voluto mentire, ma in quel momento la cosa più importante sarebbe stata quella di raggiungere in fretta la scuola.
«Accidenti!», si ritrovò ad imprecare Kai, «muoviti!», sbottò infine, prendendo la mano di lei con quella fasciata ed iniziando a trascinarla per tutte le scale della stazione, nonostante il dolore che gli provocò quella stretta.
Ovviamente lei si fece trasportare in silenzio, e rimase ad osservare rapita le spalle del ragazzo, dove la parte scura dei suoi capelli ondeggiava ad ogni scalino che scendevano. Ed anche i suoi di capelli stavano svolazzando alle sue spalle, e nella corsa alcune ciocche le erano cadute sul volto accaldato per lo sforzo, tuttavia non fece nulla per impedirlo o per risistemarle, perché era troppo presa ad osservare il ragazzo per dare attenzione ai suoi capelli.
Così si lasciò diligentemente guidare dal compagno fino a che, con uno strattone, non l’attirò a sé per salire sul convoglio incredibilmente pieno, e per tutto il tragitto che fecero schiacciati tra la massa di studenti che c’era in quel treno, Kai non lasciò mai la sua mano.
 
 
 
Quando arrivò la tanto attesa pausa pranzo, e quando i ragazzi poterono uscire dall’aula, Kai afferrò Saya per un braccio com’era solito fare, probabilmente per poterle parlare, ma quel tocco inaspettato face sussultare la nipote del presidente Ditenji, che non si aspettava di certo di essere richiamata dal compagno con così tanta urgenza. Tuttavia il ragazzo non si fece fermare da ciò.
«Posso parlarti?», le chiese infatti con tono speranzoso, e quella strana richiesta lasciò interdetta la ragazza per un momento. Sapeva che tra loro erano rimaste delle questioni in sospeso, ma non si era azzardata a dire nulla per non minare il suo umore. Sapeva quanto poteva essere scostante il suo amico, e quella mattina le era sembrato alquanto strano, soprattutto dopo aver saputo cosa aveva combinato il giorno prima.
«Vi precediamo», disse però loro Yuri, con una risatina più che eloquente, perché aveva già capito quali fossero le intenzioni del compagno, per quello decise di lasciargli campo libero, e di intimare a Boris di seguirlo, lasciando così soli i due.
Purtroppo però Kai non era riuscito ad avvicinare prima la ragazza, perché nella pausa della ricreazione era stata richiamata da una compagna del suo club, e per tutto il tempo l’aveva aiutata a sbrigare una faccenda legata ad esso, per cui dovette mettersi l’animo in pace fino a quel momento.
Per tutta la durata delle lezioni invece aveva cercato di formulare un discorso, ma lui non era abituato a parlare o a dire cose importanti, per cui lo trovò estremamente difficile. In ogni caso era risoluto a portare a termine ciò che si era prefissato di fare, perché era stufo di continuare a vedere Saya tra le braccia di qualcun altro…
Così, dopo un assenso da parte della ragazza, la condusse fino in cortile, per cercare un punto poco trafficato e più appartato, ma quando convenne di aver trovato un luogo consono alle sue esigenze, entrambi furono freddati da una voce fin troppo conosciuta.
«Ma certo che l’ho baciata, avevate dubbi ragazzi?»
La voce di Akira Mato arrivò alle orecchie di Saya e Kai come una fucilata, cosa che li costrinse ad acquattarsi dietro un albero per non farsi beccare, mentre lui era di spalle, intento a parlare con fin troppo orgoglio a tre suoi amici, che di rimando lo stavano guardando con sguardi incredibilmente assorti. Probabilmente stava cercando di fare bella figura con i suoi compagni, come solitamente facevano i ragazzi, ma Mato aveva deciso di dire loro una cosa assolutamente non vera, concio anche del fatto che nessun estraneo a quella conversazione lo stesse ascoltando, e quello sbeffeggiamento fu troppo per Saya.
«Non è vero! Non è assolutamente vero!», proferì a denti stetti, colta da un impeto di rabbia.
Kai invece stava già per lanciarsi a dare il tanto aspirato pugno in faccia a quel damerino, perché di nuovo gli stava scombussolando i piani, ma prima di essere riuscito a fare anche solo un passo in direzione del compagno di scuola, Saya lo superò a passo svelto. Si era lanciata senza pensare verso il suo presunto spasimante, colta dalla rabbia per quello che Mato aveva cercato di fare, come appunto provare a conquistarla. Era oramai chiaro che avesse voluto solamente farsi bello agli occhi degli amici, perché in fondo Saya era una delle ragazze più popolari della scuola, soprattutto dopo quello che era successo con Fujima, e lui probabilmente voleva solamente conquistarla per piacere personale. Quella però era una cosa che alla ragazza non sarebbe mai andata giù, e nemmeno a Kai, che infatti rimase a braccia conserte al suo posto, ad osservare come si sarebbe diligentemente difesa la sua amica.
«Tu, brutto verme, ritira immediatamente quello che hai appena detto!», si palesò di fronte al quartetto a passo di carica, uscendo dalle frasche dell’aiuola e facendo sussultare i quattro studenti. Soprattutto il diretto interessato, che al suono di quelle parole si strozzò con la sua stessa saliva, rendendo Hiwatari incredibilmente soddisfatto, così tanto che si aprì in un sorrisetto di pura ilarità quando vide aprirsi sul volto di Mato un’espressione interdetta e scioccata.
«D…Ditenji!», commentò quest’ultimo, iniziando a scorrere il suo sguardo dalla ragazza ai suoi amici, che erano rimasti scioccati da quella nuova rivelazione tanto quanto lui.
«Non è assolutamente vero che mi ha baciata! Ci ha provato ma io l’ho rifiutato!», commentò schifata in direzione dei tre amici di Akira, voltandosi poi verso il diretto interessato. «Volevi farti bello davanti ai tuoi conoscenti, ma ti è andata male! Mi fate schifo, tutti quanti! Vi avvicinate a me solo per avere qualcosa in cambio! Tu e quello stupido di Fujima!», gli gridò contro sull’orlo della disperazione, perché di nuovo qualcuno si era avvicinato a lei per uno scopo ben preciso: il presidente d’istituto per colpire Kai, Mato invece per farsi bello di fronte a tutta la scuola, e quello per la sua mente già abbastanza provata era alquanto frustrante, così tanto che si ritrovò a piangere senza un apparente motivo. Ma prima che se ne accorgessero i suoi interlocutori, si portò le mani a coprire il volto e scappò nella direzione opposta, lasciando il suo compagno di banco furente di rabbia.
Kai però decise di palesare subito la sua presenza, perché alquanto adirato dalla piega che avevano preso quegli eventi. Stava per dire a Saya quanto lui ci tenesse a lei, invece lei era finita a piangere dalla rabbia per un altro coglione come Fujima, scappando così chissà dove. Inoltre avrebbe avuto il suo bel da fare per cercare di calmarla, e quella era una cosa alla quale lui non era abituato. Fu quella consapevolezza infatti che lo portò ad arrivare a braccia conserte di fronte al Sempai, con stampata in volto la sua solita espressione impassibile. Lo guardò poi dall’alto in basso per qualche istante, beandosi anche dell’occhiata scocciata che gli riservò l’altro, ma ovviamente Mato non rimase in silenzio a lungo.
«Hiwatari!», proferì il chiamato in causa, digrignando poi i denti in un’espressione risentita.
«Ah, finalmente ti sei accorto di me…», lo sbeffeggiò con tono sarcastico Kai, alludendo al fatto che per tutto il giorno prima avesse fatto finta di non vederlo, perché intento ad infastidire Saya con le sue belle parole, che si erano rivelate solamente un pretesto per cercare di conquistarla. Di nuovo quel fatto lo fece tremare dalla rabbia, soprattutto perché si era ritrovato a prendere a pugni l’armadietto per colpa di un coglione! Tuttavia convenne che prenderlo a sberle tra le mura scolastiche sarebbe stato controproducente, soprattutto perché aveva tre testimoni che avrebbero potuto fargli passare altri guai con il preside. Ma a Kai Hiwatari erano sempre bastate le parole per colpire qualcuno, ed infatti decise di usare proprio quelle per far capire a quel ragazzo tutto il suo disappunto.
«Tu non avresti mai potuto conquistare una ragazza come lei…», iniziò pungente, alludendo proprio all’amica che portava nel cuore, aprendosi poi in un sorrisetto alquanto sprezzante, «Saya ne vale mille di te…di voi…», indicò l’edificio scolastico con un cenno del capo, poi puntò di nuovo i suoi occhi ametista in quelli leggermente spaventati del suo interlocutore, e dovette ammettere che l’espressione leggermente spaventata che vide sul suo volto lo lasciò incredibilmente soddisfatto, perché in fondo un po’ di terrore riusciva ancora ad incuterlo. Tuttavia in quel momento non aveva tempo di minacciare quei quattro babbei, per cui decise di metterli in guardia proferendo l’ultima frase ad effetto com’era solito fare.
«Vi consiglio di starle alla larga, perché a costo di rompermi anche l’altra mano potrei prendervi a pugni tutti e quattro insieme, e credo sappiate tutti che sarei in grado di riuscirci», disse con un sorrisetto sardonico dipinto sulle labbra, facendo scintillare i suoi occhi in direzione dei suoi interlocutori, come per intimare loro che non avrebbe ammesso altre repliche, e dopo aver felicemente appreso che nessuno di loro avesse avuto altro da dire, corse nella direzione in cui era scappata Saya.
La trovò in lacrime, e furente di rabbia, che correva in direzione della palestra, ma con uno scatto fulmineo riuscì finemente a raggiungerla.
«Smettila Saya!!», le gridò contro quando riuscì ad affiancarsi a lei, ma vedendo che le sue parole non sortirono l’effetto sperato, l’afferrò per un braccio e la fece voltare verso di lui, bloccandola così contro il tronco di un albero con tutto il suo corpo.
«Smettila di piangere per la gente che sminuisce il tuo valore!!», proferì poi a denti stretti, per cercare di farla reagire, ma lei aveva abbassato di nuovo lo sguardo e si stava sforzando di non farsi vedere così sofferente da lui. Aveva sperato di allontanarsi da tutto e da tutti, ed invece, a discapito di quello che aveva pensato, lui era riuscito comunque a trovarla.
«Perché?», proferì invece lei tra le lacrime, «perché non riesco ad essere apprezzata per quello che sono?», ringhiò, «c’è chi si avvicina a me per attuare la sua vendetta, chi per avere il mio corpo, chi per farsi bello agli occhi degli amici…», concluse amareggiata, con la voce rotta dai singhiozzi, ma Kai non era propenso ad ascoltare ancora quel tipo di discorso, e glielo fece capire quando le portò entrambe le mani ai lati del volto, alzandoglielo in modo da avere la sua più totale e completa attenzione, anche se la visuale di quegli occhi incredibilmente lucidi gli strinse il cuore e lo fece incazzare ancora di più. Era arrabbiato per quello che era stata costretta a vivere, sia per colpa sua che per gli idioti che l’avevano ferita, ed amareggiato perché, se fosse riuscito a dichiararsi prima, lei non si sarebbe ritrovata in quella situazione.
«Basta!», provò a dire di nuovo, scuotendola appena per cercare di farla tornare in sé.
«Basta Saya», continuò poi a denti stretti, «sono stufo di vederti tra le braccia di chi non ti merita!», gridò, quella volta con la voce leggermente più incrinata, fatto che ammutolì la ragazza per qualche secondo, e che la costrinse ad arrestare finalmente i singhiozzi.
Si guardarono negli occhi per alcuni istanti, Kai a denti stretti e Saya con perplessità, nonostante le lacrime che ancora rigavano le sue guance.
«Sono stanco di sentirmi così!», soffiò lui, con un tono di voce che trasportò tutta l’amarezza del momento. In più quella volta fu lui ad abbassare gli occhi per primo, nascondendoli dietro la frangia argentata. Tuttavia non aveva allentato nemmeno per un attimo la presa che le sue mani avevano fatto attorno al volto della ragazza, e solo in quel momento lei si rese davvero conto di essere stata schiacciata all’albero dal petto di Kai, e che le sue mani calde fossero ancora a contatto con la pelle del suo viso. Inoltre quella consapevolezza la portò ad avvampare per colpa dell’imbarazzo. Quante volte si era sognata di essere in quella posizione? Troppe per riuscire a contarle, ma quelle poche volte in cui lui l’aveva messa con le spalle al muro era stato per litigare.
In quel momento invece, più che arrabbiato o disperato, le sembrò frustrato, ma da cosa fosse frustrato Saya non seppe dirlo, per quello domandò l’unica cosa che si sentì di chiedere, in relazione alla strana affermazione pronunciata proprio dal compagno non molti secondi prima.
«Così come?», gli chiese, titubante, aspettando col cuore in gola di riavere la sua attenzione, mentre lui serrò la mascella, indeciso se ammetterle tutta la verità o rimandare tutto ad un altro momento più tranquillo, ma quello che le aveva appena detto in fondo era la verità. Era stanco di sentirsi a quel modo, e decise così di essere coraggioso. In fondo, se Yuri e Boris avevano ragione, dopo quella conversazione Saya sarebbe davvero stata sua.
«Arrabbiato…frustrato…geloso…», ammise, con un tono di voce leggermente incrinato, «come quando ti ho vista tra le braccia di Rei. Come quando ti ho saputa a letto con Kinomiya. Come quando ti ho vista baciare Fujima. Come quando mi hai voltato le spalle per sparire con Mato…», le disse tutto d’un fiato, aggrottando leggermente le sopracciglia in un’espressione sofferta, che la nipote del presidente Ditenji accolse sgranando gli occhi, interdetta e meravigliata dalle parole che aveva appena sentito pronunciare dalla voce penetrante del suo amico. E stentò a credere che quello di fronte a lei, così stranamente emotivo e disperato, fosse davvero il suo vecchio amico.
«Kai…», ansimò di nuovo, probabilmente per poter dire qualcosa, ma le parole del ragazzo la bloccarono di nuovo.
«Fino ad oggi ho sempre pensato di non meritarti…», continuò lui, scioccando ancora di più la povera Saya, che riaprì la bocca con un sospiro strozzato, «mi è sempre bastato guardarti da lontano e saperti felice, ma ora non più. Non mi basta più! Voglio essere io a farti felice!», concluse, con un una disperazione che la fanciulla non vedeva su quel volto da quel fatidico giorno, e non ebbe neanche il tempo di elaborare una risposta, nonostante fosse rimasta ad osservarlo con gli occhi sgranati, perché Kai annullò definitivamente la poca distanza che c’era tra loro, rapendo finalmente le sue labbra nel bacio che entrambi avevano tanto atteso.
Il contatto con le labbra che aveva sognato da quel lontano giorno nello stadio russo le fece salire il cuore in gola, e le dette un’emozione che non riuscì a contenere, come non riuscì a contenere di nuovo le lacrime, che resero umido quel meraviglioso bacio. Ma a Kai non importò di ciò, perché finalmente era riuscito a baciare di nuovo la ragazza che aveva sempre desiderato, anche se i sentimenti che lo stavano muovendo erano simili a quelli della prima volta.
Quel bacio frenetico e passionale trasportò tutti i sentimenti che non sarebbe stato in grado di dirle a parole, e così continuò a rapire quelle labbra rosee per dei minuti che sembrarono infiniti. L’aveva schiacciata all’albero con il suo corpo, così tanto che era finito di nuovo per sentire i seni di lei pressati contro il suo petto, cosa che lo rese ancora più audace, e che gli fece montare dentro una certa eccitazione, quella che lo colpiva ogni volta che il suo sguardo ametista si posava su di lei. Oppure ogni volta che quello di lei raggiungeva i suoi occhi.
Inoltre serrò di più la stretta che le sue mani avevano fatto tra i capelli oramai del tutto spettinati della ragazza, in una morsa che lui stesso non era stato in grado di allentare, mentre sentì quelle di lei afferrargli saldamente i lembi della camicia leggermente aperta della divisa, gesto che trasportò tutta l’urgenza di Saya nel volerlo sentire vicino a sé.
La sua lingua invece era andata a rapire quella di lei, in un intreccio alla quale fu difficile sottrarsi, ma riuscì a staccarsi da lei solamente quando il bacio iniziò a prendere una piega fin troppo frenetica, anche se lo fece con espressione incredibilmente sofferta. Però Kai non voleva spingersi troppo oltre, e non voleva nemmeno lasciarsi andare senza prima averle parlato, per quello appoggiò la sua fronte a quella di lei, così da riuscire a guardarla finalmente negli occhi.
«Saya…», la richiamò, sospirando il suo nome a fior di labbra, fatto che agitò ancora di più il cuore della ragazza, già abbastanza provato da quell’incredibile avvicinamento. Ed anche lui si stava sentendo alla stessa maniera, ma il suo stato d’animo non gli impedì di riprendere parola.
«Avevi ragione sai?», continuò infatti, senza minimamente spostarsi dalla sua posizione, e continuando a tenere ben saldo il volto della ragazza tra le sue mani.
«Riguardo a cosa?», gli chiese invece lei tra i sospiri, anche se quella domanda la confuse non poco. Cercò anche nella mente una possibile risposta, ma lui interruppe presto la sua ricerca.
«Avevi detto che per vedere se una ragazza ricambiava i miei sentimenti avrei dovuto baciarla…», disse con un sorrisetto eloquente, alludendo al consiglio che lei stessa gli aveva dato la sera della vigilia di natale, ma allora Saya non poteva di certo immaginare che quell’ammissione fosse riferita a lei. Solo in quel momento lo capì, dopo aver notato sulle labbra di lui il sorriso che aveva sempre sognato di vedere.
«Beh, mi sembra che ricambi…», le disse poi a fior di labbra, sfiorandogliele appena al suono di quelle parole.
«Sì…», ammise in risposta, liberandosi così di quello che da troppo tempo teneva dentro. Avrebbe voluto dire molte cose, ma rimase in silenzio. Inoltre quel momento emozionante se lo sarebbe immaginato diverso, ma in fondo non le importava il contesto, ma solo che il ragazzo che amava fosse riuscito ad ammettere quanto lei fosse importante per lui.
«E non è vero che sei l’ultima persona al mondo che io guarderei…», le disse infine, facendole salire il cuore in gola per la seconda volta. Era inoltre sceso ad accarezzarle il volto con la mano sana, asciugandole con i polpastrelli le lacrime che ancora imperlavano il suo volto.
«Kai…», sospirò Saya, socchiudendo leggermente gli occhi per bearsi di quel tocco, finalmente felice che lui avesse smentito quello che lei aveva sempre pensato. Si liberò poi dalla sua presa ferrea, e si abbassò fino a raggiungere il petto del suo compagno con la fronte, abbracciandolo per la vita in una stretta che voleva fargli intendere tutta la sua gratitudine per essersi aperto con lei. «Mi sembra di essere ancora tra le tue braccia, alla finale del primo campionato mondiale…», continuò poi con voce assorta, e quell’ammissione fece finalmente aprire Kai in uno dei sorrisi che difficilmente si riuscivano a vedere sul suo volto sempre impassibile. Ma in quel momento se ne fregò della freddezza e dell’impassibilità, come se ne fregò della Borg e del suo passato, motivo che lo aveva sempre spinto a tenerla lontana da sé.
In quel momento volva solo essere felice con lei.
«Avrei dovuto dirti tutto già allora, credimi, ci saremmo risparmiati un sacco di sofferenze…», le rispose, ma lei lo interruppe prima che lui potesse dire altro.
«Kai, tu mi…», provò ad iniziare, staccandosi dal suo petto per poterlo guardare negli occhi. Tuttavia interruppe la frase, perché avrebbe voluto sentirselo dire dalla sua voce.
«Tu sei sempre stata importante per me», asserì Kai con fermezza, portando di nuovo una mano ad accarezzarle il bel volto, nonostante avesse parlato con voce sofferta. «Io ti devo la mia vita Saya…», soffiò ancora, avvicinandosi a lei fino a parlarle di nuovo a fior di labbra, «se non fosse stato per te la mia vita sarebbe un disastro. Il tuo ricordo mi ha aiutato a superare alcuni spiacevoli eventi del mio passato, ed anche se quella volta, per colpa di Black Dranzer, io ti avevo dimenticata, non lo ha fatto il mio cuore. L’ho capito dopo averti vista combattere fieramente col mio Dranzer. Ho capito cos’era la sensazione che avevo avvertito la prima volta che ti vidi entrare nel covo degli Shall Killer, o cosa fosse quella strana attrazione che sentivo di provare per te, quella che mi ha sempre spinto a tenerti alla larga da me. Ed ho capito cos’era la strana inquietudine che provai quando capii che ti eri presa una cotta per Rei…solo che non ero ancora pronto ad ammetterlo nemmeno a me stesso. Per colpa del mio orgoglio ho finito per ferirti, e per ferire me stesso», pronunciò, con una lieve disperazione che lo costrinse a serrare gli occhi ed abbassare la testa, vergognandosi per tutto quello che era stata costretta a passare lei per colpa sua.
Solo in quel momento riuscì a capire come doveva essersi sentita...
«Kai…», lo richiamò però lei, accarezzandogli lievemente la guancia priva delle strisce blu, beandosi di quell’ispezione leggermente titubante, che le riportò alla mente vecchi ricordi.
Ed anche al ragazzo non dispiacque quel contatto, perché era la prima volta che sentiva le dita di Saya sfiorargli così delicatamente la pelle del viso, e si lasciò così cullare da quel tocco, chiudendo gli occhi e reclinando la testa per assaporarne ogni attimo, fino a che i polpastrelli di lei non scesero a sfiorargli il mento, il collo, le scapole e giù, fino ad arrivare al petto. Tuttavia quel contatto rovente gli fece perdere gli ultimi attimi di lucidità ostentati, e si ritrovò di nuovo a rapire le labbra della compagna in un bacio frenetico. Si addossò maggiormente a lei, afferrandola per la nuca con la mano fasciata, mentre con l’altra era sceso con una certa urgenza a slacciarle i bottoni della sua camicetta.
«Kai», soffiò lei tra un bacio e l’altro, abbandonando anch’ella la poca razionalità che ancora le era rimasta, acquistando così l’audacia necessaria per andargli ad aprire la camicia della divisa con gesti altrettanto frenetici, che trasportavano la sua voglia di averlo finalmente tutto per sé.
Kai invece si fece più coraggioso, e dopo aver ascoltato il suo nome dalla voce ansimante della sua compagna scese a lasciarle piccoli baci lungo il collo, che lei aveva inclinato per aumentare quel piacevole contatto, fino a che non arrivò a lasciarle qualche piccolo bacio sui seni, che lei accolse trattenendolo per i capelli.
Ma Saya voleva di più e non le bastò più rimanere “vittima” di quegli eventi. Voleva spingere oltre il limite anche lui, perché finalmente si stava avverando quello che lei aveva sempre sognato. Cosi portò le sue mani sul petto del compagno, assaporando con quel contatto ogni centimetro di quel fisico oramai perfetto, e beandosi dei sospiri di piacere che mai in vita sua era riuscita a sentire dalla sua voce, scese fino al suo inguine, iniziando a sfiorare tutta la lunghezza di quel rigonfiamento con le dita, nonostante l’impedimento dei pantaloni.
Fu però quel tocco eccitante ed inaspettato che fece riprendere a Kai parte della lucidità perduta, così tanto che la sua mano si mosse di conseguenza.
«Ferma!», le intimò con un singulto, fermandole il braccio prima che succedesse l’inevitabile.
«Credevo lo volessi…», sospirò invece Saya, leggermente amareggiata, perché non si sarebbe mai aspettata che lui avesse potuto bloccarla proprio sul più bello.
«Certo che lo voglio, credimi», le rispose, con voce roca e gli occhi oramai resi completamente lucidi dal piacere, «non sarei in questo stato altrimenti», asserì con risolutezza, beccandosi anche un’occhiataccia. Tuttavia Kai non demorse.
«Non lo farò con te sul prato della scuola, non dove qualcuno potrebbe vederci», le rese poi noto, e solo allora lei sciolse la tensione avvertita, capendo il suo punto di vista. Nonostante fosse un luogo abbastanza appartato, alcuni studenti sarebbero potuti passare di lì, ed inoltre non erano distanti dall’entrata della palestra. Probabilmente non sarebbero riusciti a concentrarsi ed avrebbero sprecato la loro prima volta per dare retta all’istinto. E poi Hiwatari era sempre stato un ragazzo fin troppo riservato, per cui era logico che non si sarebbe lasciato andare così…
«Hai ragione…», si sentì in dovere di ammettere, e lo fece con un piccolo sorriso impacciato, «abbiamo aspettato tanto…».
«Già», fece spallucce Kai, assumendo la tipica espressione di chi la sapeva lunga. In fondo il suo modo di fare non sarebbe mai cambiato, e Saya aveva imparato ad amare anche quel lato del suo carattere.
«Credo sia giunto il momento di andare al club», la mise al corrente dopo qualche istante, con la sua solita nonchalance, ma quella constatazione la fece imbronciare di nuovo.
«Chi se ne frega del club!», imprecò in risposta, con una smorfia più che contrariata, e fu talmente tanto buffa che fece scoppiare a ridere il suo compagno, in una risata che lei aveva visto solamente poche volte in quegli ultimi anni. Ma ovviamente lui non si fece fermare da quell’affermazione
«Ti aspetto all’uscita, come sempre», le disse infine, rapendo di nuovo le sue labbra in un bacio appassionato.
 
 
 
 
Ero ancora lì, al centro della nostra palestra, a provare e riprovare un passo che mi era sembrato fin da subito difficile, e lo stavo facendo ignorando volutamente tutte le mie compagne. Era da quando avevo messo piede lì dentro che quelle non facevano altro che chiedermi perché fossi così incredibilmente sconvolta, ma come facevo a spiegare loro quello che avevo vissuto in neanche un ora? E poi non mi sembrava il caso di parlarne nel bel mezzo dell’allenamento.
Inoltre ero talmente concentrata su me stessa che in un primo momento non mi accorsi del chiacchiericcio sommesso che si era levato nella stanza, né delle ovazioni concitate delle mie compagne.
Fu quando sentii alcune risatine civettuole che imposi a me stessa di fermarmi, ma avevo già capito cosa fosse successo, ancora prima che una mia compagna di corso mi ragguagliasse.
«Ѐ finalmente arrivato il tuo amico!», mi disse con una risatina emozionata, nel momento esatto in cui mi passò accanto per raggiungere un punto strategico in cui provare, uno ben visibile dalla postazione di Kai.
Era chiaro che loro facevano di tutto per farsi notare da lui. Lo avevano sempre fatto! Anche scrivergli lettere d’amore alla quale lui non aveva mai risposto, ma solo allora mi fu chiaro il perché. Quel fatto inoltre mi fece ridacchiare sotto i baffi, perché la verità era sempre stata di fronte ai miei occhi!
Loro cercavano di dare spettacolo per sperare di essere osservate dalle sue ametiste, invece il suo sguardo era sempre stato tutto per me…
Decisi però di mettere fine a tutta quella buffonata, perché insomma, anche io ero un po’ gelosa di lui. Fino a che ero stata quasi certa che lui non avrebbe mai potuto ricambiare i miei sentimenti, gli sguardi eloquenti delle ragazze non mi avevano dato fin troppo fastidio, perché se lui fosse stato felice lo sarei stata anche io, ma in quel momento era tutto diverso.
Lui era finalmente mio, e dovevano saperlo anche loro!
Abbandonai il nastro a terra e, sotto gli sguardi curiosi delle mie compagne, corsi in punta dei piedi fino a raggiungere la fonte dei loro pensieri, che mi osservò con un cipiglio incuriosito per tutto il tragitto che feci per arrivargli di fronte.
«Ciao…», gli dissi, anche se lo feci con un leggero impacciamento. In fondo i suoi occhi mi avevano sempre fatto un certo effetto.
«Hey…», mi rispose lui, aggrottando leggermente le sopracciglia per scrutarmi con aria curiosa, nonostante l’ostentata impassibilità. Probabilmente si stava chiedendo perché avessi interrotto l’allenamento per raggiungerlo, cosa che non avevo mai fatto, ma glielo feci capire quando gli circondai il collo con le braccia ed attaccai le mie labbra alle sue.
In un primo momento lo sentii irrigidirsi, perché probabilmente non si sarebbe aspettato un gesto così inaspettato da parte mia, ma poi sue mani mi afferrarono per i fianchi, laddove terminava la stoffa del body d’allenamento, e la sua stretta calda e ben salda sulla mia pelle mi costrinse ad intensificare il contatto.
Mi staccai da lui solo quando mi sentii soddisfatta, sia per aver baciato ancora il ragazzo che amavo, sia perché finalmente avevo fatto capire alle mie compagne che fosse definitivamente impegnato. Stronzo com’era avrebbe continuato a bearsi beffardo degli sguardi fin troppo lussuriosi delle presenti, magari facendo loro credere che fosse lì per qualcuna in particolare…
«Ecco, così non ti infastidiranno più…a meno che a te non facciano piacere le loro avance…», lo punsi di proposito e vidi i suoi occhi assottigliarsi nella sua tipica smorfia stizzita.
«Umpfh…figurarsi…», commentò acidamente, «ma, di un po’, volevi farle morire d’infarto?», sospirò poi, nonostante l’imbarazzo per essere stato baciato di fronte a tutti, ma poi vidi le sue labbra alzarsi in un sorrisetto e capii che anche lui si era oramai rassegnato ai miei modi di fare.
«Forse…», ammiccai in risposta. Poi, senza dire altro, gli voltai le spalle e raggiunsi di nuovo le mie compagne, che mi stavano ancora guardando con aria scioccata.
«Mi dispiace ragazze», feci spallucce con nonchalance, «è impegnato», resi loro noto con un sorrisetto, recuperando poi il nastro che avevo brutalmente gettato a terra e riprendendo l’allenamento senza più degnarle di uno sguardo.
 
 
 
I'll be your dream, I'll be your wish, I'll be your fantasy
Sarò il tuo sogno, sarò il tuo desidero, sarò la tua fantasia
I'll be your hope, I'll be your love, be everything that you need
sarò la tua speranza, il tuo amore, sarò tutto ciò di cui hai bisogno
I love you more with every breath truly, madly, deeply do
Ti amo di più ad ogni respiro, e lo farò sinceramente pazzamente e profondamente
I will be strong, I will be faithful 'cause I'm counting on
Sarò forte, sarò fedele, perché sto contando su
A new beginnin'
Un nuovo inizio”

Savage Garden - Truly Madly Deeply



 
Fine capitolo 22
 
 
 
°°°°°°°°°°°°°
Colei che scrive:
CI SIAMO, CE L’HO FATTA XD Finalmente vi ho dato il capitolo tanto atteso :3 (spero xD, come spero che non abbia deluso le vostre aspettative T.T). Dopo 21 capitoli Kai è riuscito a fare il grande passo <3 e direte: “finalmente” xD e finalmente sì, anche se c’è sempre una certa ragazza che gli “sbava” dietro eheheh e che a quanto pare piace a Boris. Sì, sono una brutta persona, lo so U.U
Spero che vi sia piaciuto, e che non sia andata troppo OC, ma tenere IC Kai in questi casi è ESTREMAMENTE difficile xD perdono!
Per il continuo di questo capitolo, ci sarà un apposito capitolo a Rating rosso nella raccolta di One Shot eheheh
Mi scuso anche per gli errori, soprattutto nelle coniugazioni verbali, che avrete sicuramente incontrato nella lettura >.< sto facendo incredibilmente fatica a correggere ultimamente, i miei occhi non collaborano T.T
Spero di sentire i vostri commenti in merito <3
Detto questo passo a ringraziare i recensori <3, chi ha messo la storia tra le seguite/preferite/ricordate, e tutti i lettori silenziosi giunti fino a qui!
Al prossimo aggiornamento!

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 - War of change ***


Nota: L’inizio di questo capitolo fa riferimento al giorno dopo ciò che è capitato nel capitolo precedente, ma differenzia leggermente dal capitolo della One Shot presente nella raccolta. Purtroppo questo capitolo era già stato scritto e quando ho scritto l’altro non me lo sono ricordato, perdono T.T Chiudete un occhio XD

 
 
Capitolo 23 – War Of Change
 

 
Everything’s about to change
Tutto è destinato a cambiare
 
Thousand Foot Krutch - War Of Change
 


 
 
«Buongiorno…», asserì Saya, una volta messo piede fuori dal cancello della sua villetta, rivolgendosi a tutti ma con lo sguardo fisso su Kai. Aveva un sorriso talmente luminoso che Yuri e Boris si lasciarono scappare un sorrisetto sornione quando voltarono lo sguardo saccente sul diretto interessato, che di rimando sbuffò appena, prima di rivolgere il suo sorriso impacciato alla ragazza.
I due russi si erano accorti del loro avvicinamento già dal momento in cui erano usciti dal club di Basket, in cui Kai disse loro che non c’era bisogno che aspettassero la ragazza, ed a cui raccontò, con i suoi metodi secchi e sintetici, ciò che era accaduto nell’ora della pausa pranzo. Ciò fece anche tirare un sentito sospiro di sollievo a Boris, che poteva così concentrarsi su Mira Nakamura, nonostante non avesse più avuto notizie di lei. Aveva provato a chiedere al presidente Ditenji, senza dire nulla a nessuno, ed aveva scoperto che la ragazza viveva nella loro città e che aveva un anno più di loro, ma non era riuscito a capire altro dal modulo d’iscrizione che lei stessa aveva consegnato per partecipare al torneo appena concluso. Inoltre non era riuscito a chiedere direttamente a lei delle cose basilari come quelle, costringendolo a chiedere altrove, perché lei era stata talmente risoluta nel chiedergli informazioni su Kai che lui era finito per indispettirsi. Tuttavia non voleva demordere, perché era assai difficile che qualcuno riusciva a fare colpo su di lui com’era riuscita a fare quella ragazza.
Quelle iridi ametista l’avevano scosso fin troppo nel profondo.
«Allora, andiamo?», continuò Saya, distogliendo Boris dai suoi pensieri, e quando rialzò lo sguardo sui loro amici assistette ad un bacio decisamente appassionato, da cui Kai era uscito discretamente imbarazzato, perché non era abituato a quelle effusioni leggermente inaspettate. Tuttavia non aveva detto nulla, perché in fondo le attenzioni che finalmente gli riservava la sua compagna le aveva sempre sognate e ricercate.
«Via, dovresti darti un contegno…», lo sbeffeggiò infatti Kuznetsov, ammonizione che fece ridacchiare Yuri sotto i baffi.
«Tu sai dove dovresti andare invece?», gli rispose sarcastico Hiwatari, facendo ridacchiare anche Saya, che si voltò esasperata verso il rosso.
«Allora, sei felice?», le chiese poi quest’ultimo, mentre Kai e Boris erano intenti a punzecchiarsi. Anche se era solo Boris a parlare, perché Kai cercava in tutti i modi di non cedere alle sue provocazioni, per quanto fosse possibile per lui. Era chiaro che le sue battutine erano a fin di bene, ma Hiwatari non era ancora del tutto abituato ad essere al centro dell’attenzione quando non era nel bel pieno di un incontro di Beyblade, oppure in una partita di Basket del club.
«Sì», rispose così la nipote del presidente Ditenji, con un sorriso talmente sentito che Yuri non poté far altro che fare spallucce e sorridere a sua volta, perché finalmente quei due erano riusciti a dichiararsi ed a concedersi l’uno all’altra.
«Beh, adesso tocca a te!», prese di nuovo parola Boris, quando oramai non trovò più soddisfazione nel punzecchiare Kai. Si era accostato ai due, e quelle poche parole bastarono per beccarsi un’occhiataccia da parte di Ivanov, persona a cui erano rivolte quelle parole.
«Potrei dire la stessa cosa…», gli rispose però il suo compagno, assottigliando lo sguardo di ghiaccio in un’occhiata talmente eloquente che finì per farlo imbronciare, e tutto ciò accadde sotto lo sguardo interdetto di Saya e quello divertito di Hiwatari, che nonostante non avesse ben capito il discorso era comunque soddisfatto dell’imbarazzo del Blader.
«Perché, c’è qualcuno che ha rapito il vostro cuore?», chiese la ragazza, con lo sguardo interdetto che altalenava da un russo all’altro. Lei non poteva sapere dell’avvicinamento di Yuri e Julia, perché la sera della vigilia di natale era rimasta tutta la sera con Kai, e dopo la finale del torneo era andata via con Mato. Solo Kai si era accorto di tutto, proprio perché li aveva visti insieme quella stessa sera, quando lei gli fasciò la mano con cui aveva colpito l’armadietto, ma lui aveva ben pensato di farsi gli affari suoi. In fondo il nippo-russo era sempre stato un tipo abbastanza riservato, anche riguardo gli affari degli altri. Non era uno che amava i gossip o i pettegolezzi, nemmeno riguardanti sé stesso, per cui se non era una cosa direttamente collegata a qualcosa che gli interessava personalmente per lui non era importante.
Il silenzio dei due servì però a dare a Saya la conferma che tanto aveva atteso, e quello la costrinse ad aprirsi in un sorrisetto decisamente troppo sornione, che fece imbronciare i due e li costrinse a lanciare un’occhiataccia a Kai, per cercare in lui un qualsiasi aiuto, ma il loro compagno in fondo era un tipo infidamente bastardo e quindi liquidò la questione con un’alzata di spalle ed un mal celato sorrisetto, che intaccò leggermente l’impassibilità del suo volto.
«Ma, dai…sono felice per voi!», spezzò però la tensione lei, portando le braccia dietro alla schiena con un sorriso.
Nessuno tuttavia se la sentì di rispondere a quella sentenza, e quindi la conversazione crollò così, nel momento esatto in cui iniziarono a scendere le scalinate che li avrebbero portati alla stazione della metropolitana.
 
 
Una volta messo piede nella scuola però, la figura di una persona conosciuta attirò la loro attenzione e li fece bloccare in mezzo al violetto d’entrata, laddove si persero a guardarla con sguardo leggermente interdetto.
«Vi stavo aspettando! Sapevo che sareste arrivati da un momento all’altro», fece quella con un sorriso, mentre i suoi grandi occhi verdi si posarono in quelli color ghiaccio di Yuri, che mostrò uno sguardo pressoché stralunato dopo quell’affermazione.
«Julia? Julia Fernandez degli F-Sangre?»
Fu Saya a prendere parola, con il tono di voce incredibilmente meravigliato ed uno sguardo molto simile a quello che aveva il russo, perché non riusciva a capire cosa ci facesse lì la loro ex avversaria, per di più con indosso la sua stessa divisa scolastica e la cartella stretta tra le mani.
«In persona!», le rispose con un sentito sorriso la spagnola, voltandosi poi a guardare Kai, che la guardò di rimando con una smorfia, che servì per intimarle di non provare minimamente a raccontare a cuor leggero quello che era successo due giorni prima.
«Piacere di rivedervi!», continuò poi, continuando a ridacchiare, «ed è un piacere essere vostra compagna di scuola!», concluse, impettendosi appena e sorridendo aggraziatamente verso la nipote del presidente, che nonostante la confusione iniziale era ben felice di vedere una faccia conosciuta.
«Compagna di scuola?», asserì Boris, diventando la voce dei pensieri di Yuri, che invece era rimasto impalato a fissarla con sguardo interdetto, gonfiando un po’ l’ego della ragazza. In fondo lui era uno dei principali motivi per il quale lei si trovava lì…
La chiamata in causa però annuì sommessamente in seguito a quella domanda, cosa che fece alzare le sopracciglia del russo in maniera alquanto plateale, ma vedendo la confusione dei presenti si apprestò a chiarire ogni dubbio.
«Sì», asserì con fermezza, spostandosi una ciocca della frangia bionda da davanti agli occhi, «faccio parte dello scambio culturale. In questo periodo alcuni studenti vengono selezionati per essere mandati a studiare in altre scuole. Io sono stata scelta, grazie anche ad una mia insistenza, lo ammetto, proprio per venire in Giappone», ridacchiò, ma ciò non le impedì di continuare il racconto, che riprese dopo una breve pausa di qualche secondo. «Fin da piccola ho sempre girato il mondo con il mio circo, ed all’età di sedici anni posso vantare di parlare abbastanza bene ben 5 lingue. Il Giapponese non è molto conosciuto in occidente, per questo è stato alquanto facile far ricadere la scelta su di me. In più sono ospite da una famiglia che conosce bene il nostro circo, per cui sono in ottime mani», concluse con un plateale sorriso, come quando aspettava gli applausi alla fine di un numero, ma non furono gli applausi quelli che ricevette, bensì un’occhiata meravigliata da parte di Saya e Boris, una impacciata da Yuri, ed una totalmente menefreghista da parte di Kai.
«Capisco», riprese però Kuznetsof, dopo aver lanciato un’occhiatina divertita in direzione del compagno, che lo fulminò a sua volta con un’altra occhiata di ghiaccio, che comunque non passò inosservata a Julia.
Tuttavia le parole di Boris la convinsero a riportare l’attenzione su di lui.
«Ed il caro fratellino cosa ne pensa di questa tua immersione nella casa del lupo?», ridacchiò, lanciando volutamente la frecciatina, che Yuri accolse con una gomitata dritta nelle sue costole e Julia con una risatina imbarazzata.
«Non era molto contento all’inizio…», si lasciò andare lei, con un tono di voce leggermente intristito, «non è stato facile separarci. Abbiamo vissuto assieme ogni momento della nostra vita, ma è giusto che ognuno di noi faccia le proprie esperienze», continuò, piantando spudoratamente i suoi occhi verdi in quelli azzurri di Ivanov, che si convinse ad ignorare il compagno per dare tutta l’udienza necessaria alla ragazza che da qualche tempo aveva rapito il suo cuore.
«Per cui eccomi qua…purtroppo non nella vostra sezione, ma qui», continuò lei, senza spostare il suo sguardo dal ragazzo, «sono felice di vederti», gli disse poi con voce titubante, probabilmente per colpa dell’imbarazzo.
Quella volta però fu Saya a dare una leggera gomitata a Yuri, perché era rimasto impalato al suo posto senza minimamente provare a dire qualcosa.
«Si merita una risposta…», ridacchiò la nipote del presidente Ditenji, facendogli un occhiolino, che però il russo non riuscì a cogliere, perché la sua attenzione era totalmente rapita dalla ragazza di fronte a sé.
«Anche io», si decise finalmente a dire dopo alcuni secondi, e rimasero a guardarsi negli occhi per altri interminabili secondi, ma per fortuna Saya riprese in mano la situazione.
«Beh, noi vi precediamo…», asserì, lanciando uno sguardo d’intesa sia a Kai che a Boris, per far loro capire di lasciarli soli, parole che il russo dai capelli grigi accolse alzando le spalle con un sorrisetto.
«Ci vediamo in classe Yuri!», enunciò poi in direzione del compagno, prima di voltarsi verso Julia. «Spero di vederti a ricreazione», le disse con un sorriso luminoso stampato in faccia, che venne subito ricambiato dalla sua nuova amica, ed infine prese Kai sottobraccio ed insieme a Boris lasciarono i due ragazzi finalmente soli.
«Allora…», riprese parola la spagnola, quando il trio fu abbastanza lontano da non poter sentire i loro discorsi, «sei felice di rivedermi?», continuò con un sorrisetto furbastro stampato sul volto, che non poté che essere ricambiato dal rosso.
«Sono meravigliato in realtà. Non mi avevi detto nulla…», le rispose Yuri, con una smorfia leggermente contrariata. Aveva passato con lei tutta la serata della finale del torneo, due giorni prima, eppure lei non aveva minimamente accettano al fatto che sarebbe rimasta in Giappone.
«Mi dispiace non averti detto nulla, volevo farti una sorpresa, e dalla tua faccia credo di esserci riuscita», ridacchiò, «comunque sapevo che tu frequentavi questa scuola», ammise poi con naturalezza, cosa che fece alzare un sopracciglio al russo, ma lei riprese parola prima che lui avesse potuto aprire bocca. «L’ho saputo per caso dal presidente Ditenji. Ho chiesto di parlare direttamente con lui prima di iscrivere me e mio fratello al torneo, perché volevo capire bene alcune cose, e l’uomo è stato così felice della nostra decisione di partecipare che alla fine si è perso in chiacchiere. Mi ha raccontato che avrebbe partecipato anche sua nipote, e che stava frequentando la scuola superiore insieme a voi, al che, facendo finta di nulla, ho chiesto quale fosse la scuola e quando il nostro istituto ha deciso di fare questi scambi culturali ho cercato di fare in modo di essere mandata proprio qui. Sai, sono la capoclasse ed i professori hanno sempre ben accolto le mie richieste», gli fece una linguaccia e lui ridacchiò leggermente sotto i baffi, iniziando a capire.
«Non ti facevo così calcolatrice…ma credo sia un bene. Sei sempre stata risoluta a quanto vedo, non solo nello sport…», asserì lui con una punta di orgoglio. In fondo non poteva chiedere di meglio, ed anche se la loro storia non era ancora ben consolidata, c’erano tutte le fondamenta per una buona riuscita. E poi lui ci stava seriamente sperando, soprattutto dopo averla rivista, ed anche se in un primo momento era rimasto pressoché interdetto dalla sua presenza in quella scuola, in quel momento si stava sentendo stranamente emozionato.
«Sono felice di essere qui, come sono stata felice di aver partecipato al torneo. Sai, mi era mancato lanciare Thunder Pegaso. Dopo avervi salutati tutti in seguito alla caduta della B.E.G.A sono stata così presa dallo studio che non ho più avuto sfide serie, nemmeno con Raul», sorrise ancora, portando le mani dietro la schiena in un gesto spensierato, ma gli occhi di Yuri erano ancora puntati su di lei.
«Capisco», disse il russo, senza minimamente spostare il suo sguardo da quello verde e penetrante della ragazza, ma tra loro cadde ben presto un silenzio leggermente imbarazzante. Nessuno dei due sapeva cosa dire, ma Julia capì che in fondo il ragazzo di fronte a lei non era uno dalle molte parole e quindi decise di prendere di nuovo l’iniziativa.
«Però per me è tutto nuovo qui e non so dove devo andare», commentò con un leggero imbarazzo, «ho fatto solo in tempo a vedere in quale sezione sono stata smistata, ma non ho la minima idea di dove sia. Vuoi accompagnarmi?», gli chiese poi, stringendo leggermente la presa sulla cartella, e Yuri si aprì in un sorrisetto soddisfatto prima di appoggiarle una mano dietro la schiena e spingerla lievemente verso la porta d’ingresso.
 
 
 
 
 
 
Nel frattempo Saya, Kai e Boris si erano lasciati alle spalle gli armadietti e si erano incamminati sulla rampa di scale che li avrebbe portati alla loro classe.
Stavano camminando l’uno accanto all’altra quando Saya sentì la mano calda di Hiwatari sfiorare la sua, gesto che fece senza farsi vedere da Boris, e la sua felicità arrivò alle stelle. Era così emozionata che, come al solito, iniziò a parlare a vanvera.
«Certo che voi russi siete un po’ tardi per quanto riguarda i sentimenti eh…», sentenziò con una risatina, anche se strinse volutamente la mano del suo compagno nella sua, per paura che lui prendesse sul personale quella sentenza e si allontanasse stizzito da lei come faceva di solito. Per fortuna però il nippo-russo, oltre una leggera smorfia, non si comportò in maniera drastica.
Fu Kuznetsov a prendere parola, e lo fece con un sorrisetto infinitamente eloquente.
«Parla per il tuo Kai!», le rispose Boris, e quella sentenza gli servì a beccarsi come al solito un’occhiata di fuoco dal chiamato in causa, che fece inoltre ridacchiare Saya sotto i baffi.
«Beh, devi ammettere che non ha tutti i torti», disse però lei, rivolta suo fidanzato, che di rimando le lanciò un’occhiataccia molto simile a quella che pochi secondi prima aveva rivolto al suo compagno, ma ovviamente lei non si fece fermare da ciò e diresse di nuovo la sua attenzione verso Boris.
«In realtà mi riferivo a tutti voi, senza distinzioni. E poi mi sono accorta che alla vigilia di natale eri parecchio interessato alla ragazza contro cui avete combattuto tu e Yuri», lo accusò beffardamente, asserzione che fece sgranare leggermente gli occhi al diretto interessato e salire alle labbra di Hiwatari una risatina incredibilmente divertita.
«Figuariamoci!», le rispose Boris, punto nell’orgoglio, storcendo il labbro in una smorfia apparentemente schifata. Ancora gli bruciava il fatto che Mira avesse chiesto informazioni su Kai, e che non avesse minimamente accennato a parlare con lui come avrebbero fatto due persone normali.
Quando lui si era rifiutato di dire altro oltre ad un semplice “è solo un coglione”, prendendo quella conversazione sul personale, lei aveva fatto spallucce ed era rimasta in silenzio ad osservare i movimenti di Kai, fino a quando lui non era sparito dalla stanza insieme a Saya. In quel momento Boris aveva anche riprovato a riavvicinarsi a lei, per capire come mai lei fosse così tanto interessata al suo compagno, ma quella aveva liquidato la questione facendo spallucce ed era sparita non molto tempo dopo.
Da quel giorno non l’aveva più rivista, ma ogni maledetta notte sognava quelle iridi ametista ed ogni mattina si svegliava accaldato e stranamente eccitato, più di quanto ci tenesse ad ammettere. E non lo avrebbe mai ammesso, forse nemmeno con Yuri, figuriamoci quindi con Kai, che era il principale ostacolo che lo divideva da quella ragazza.
Però, se lei era così fissata col suo compagno di classe, probabilmente si sarebbe fatta viva lei stessa e lui avrebbe aspettato quel momento per avvicinarla e, magari, provare a farle cambiare idea. E poi Kai era sempre stato preso da Saya da non aver mai guardato nessun’altra, quindi figuriamoci se avrebbe rinunciato alla ragazza che era riuscita a penetrare nel suo cuore di ghiaccio per una venuta da chissà dove. Doveva solo riuscire a far desistere la Nakamura da stargli dietro.
Semplice, no?
«Ero solo curioso di sapere chi fosse», mentì spudoratamente alla nipote del presidente, nonostante il cuore che batteva incessante nel petto per essere stato scoperto così tanto facilmente dalla sua amica, e lo fece portando le mani dietro la nuca in un gesto che voleva sembrare annoiato.
Kai invece continuò a ridacchiare sotto i baffi, perché aveva capito l’imbarazzo che stava muovendo il compagno russo, così come lo aveva capito Saya, ma essendo tutti presi dalla loro conversazione, nessuno dei tre si accorse della persona che stava sopraggiungendo, con gli occhi curiosi piantati su una persona in particolare del terzetto, che si accorse di quello sguardo incuriosito solo quando gli fu di fronte.
«Ciao Hiwatari…», lo salutò, con un sorrisetto leggermente tirato, ma quella non aspettò che il ragazzo ricambiasse, né attese che si voltasse verso di lei. Li superò con nonchalance e continuò a camminare dalla parte opposta dei ragazzi, sotto un’occhiata stranita di Kai ed una impensierita di Saya.
«Chi era?», chiese quest’ultima, ma nonostante la punta di gelosia nella voce era più incuriosita che impensierita.
«Non ne ho idea…», le rispose Kai, spostando lo sguardo perplesso verso la sua compagna.
L’attenzione di Boris invece era stata catturata da quella strana ragazza, così tanto che si era voltato ad osservare la sua andatura lenta e cadenzata con espressione leggermente incupita. Avrebbe riconosciuto ovunque quei capelli corvini dalle tonalità blu, così come la camminata di una persona incredibilmente sicura di sé.
«Scusate», disse poi a Saya e Kai, prima di correre dietro la fonte dei suoi pensieri. Fece uno scatto degno di nota, allungando il passo per precederla, fermandosi infine proprio di fronte a lei, che per colpa di quell’intrusione non prevista arrestò spaventata il suo passo con sguardo accigliato.
«Hey!», lamentò lei, con una mano poggiata all’altezza del cuore per colpa dello spavento. «Volevi farmi prendere un colpo?», gli disse poi, spostando la testa di lato per scrutarlo con curiosità.
«Volevi farlo venire tu a me? Che ci fai qui, Mira Nakamura?», le chiese invece lui, con il tono di voce leggermente rude, perché in fondo non gli era passato inosservato il fatto che lei avesse salutato soltanto Kai, ignorandolo totalmente lui.
E lui non era abituato ad essere ignorato.
«Sto andando in classe…», gli disse lei con nonchalance, alzando le spalle come se quella fosse stata la cosa più normale del mondo, ma ovviamente non convinse a pieno il suo interlocutore.
«E da quando frequenti questa scuola?», le chiese ancora, abbassando gli occhi per constatare il fatto che indossasse la stessa uniforme di Saya, notando anche il fatto che somigliasse molto alla nipote del presidente Ditenji, a parte il volto più allungato ed il naso leggermente all’insù.
«Da oggi», ridacchiò lei, probabilmente per allontanare la tensione avvertita. «Piacere di averti rivisto, Boris Kuznetsoff», continuò poi, sorridendo affabilmente.
«Il mio cognome è Kuznetsov», l’ammonì però lui, guardandola leggermente di traverso per essere stato ferito nell’orgoglio.
“Hai sbagliato il mio cognome, ma quello di Kai lo hai pronunciato perfettamente eh”, pensò, ma ovviamente desistette dal dirlo o sarebbe passato per quello geloso, e siccome tra loro non c’era mai stato nulla era impensabile farsi vedere in quel modo da lei. Sarebbe partito solamente col piede sbagliato.
«Scusami…», asserì, «comunque mi fa piacere incontrare facce conosciute», riprese parola, e quella frase servì solamente a far assottigliare lo sguardo del ragazzo, per capire se avesse seriamente detto la verità o meno, ma il pensiero che lei fosse lì solo per Hiwatari non aveva abbandonato la sua mente nemmeno per un momento.
«Mi fa piacere averti rivisto», ammise lui, sbilanciandosi oltre il limite che aveva consentito a sé stesso solo per vedere come si sarebbe comportata lei, ma invece che dire qualcosa lei sorrise solamente, indispettendo ancora di più il povero Boris.
«E perché ti sei trasferita proprio ora in questa scuola?», insistette, incuriosito dalla risposta che avrebbe dato. “Ammetti che sei qui per Kai!”, pensò invece la sua mente, ma Mira fece un lieve sospiro, che incuriosì Kuznetsov più di quanto già non fosse.
«Perché la scuola dov’ero prima era troppo lontana. Pensavo che sarei riuscita a far coincidere tutto: la scuola, lo studio ed il lavoro, ma purtroppo ho dovuto cercare qualcosa di più vicino, altrimenti non sarei mai riuscita a fare tutto», fece spallucce di nuovo e quell’ammissione rese Boris ancora più curioso.
«Tu lavori?», le chiese, con un tono di voce così meravigliato che finì per farla ridacchiare sonoramente.
«Per forza, se voglio mantenermi…», continuò lei, assottigliando lo sguardo per non farsi sfuggire la reazione del ragazzo, che tuttavia rimase a guardarla senza fare una piega. «Sono rimasta sola», disse poi, con una nota talmente amara nella voce che lo fece destare dai suoi pensieri.
«Vivi da sola?», le chiese, ma lei scoppiò a ridere, indispettendolo leggermente.
«Quante domande, sei molto curioso Kuznetsov», lo ammonì di rimando, anche se il tono di voce era più divertito che seccato, e quello lo fece ben sperare. «Comunque sì, come ho detto, sono rimasta sola», sospirò, di nuovo amaramente, ma Boris decise di non continuare a parlare di ciò, né di farle domande su Kai o sul vero motivo per il quale lei fosse in quella scuola. Lei era lì, e quello per lui era l’importante, perché era sicuro che sarebbe riuscito a farle dimenticare Hiwatari.
Era solo una questione di tempo.
«Capisco», le rispose con un piccolo sorrisetto eloquente, «quindi ti serve un buon amico in questa scuola, giusto? Che so, per indicarti dove sono le aule, come si arriva in palestra, come ci si iscrive ai club…», gonfiò il petto, perché in effetti stava parlando di sé stesso, ma lei fece una risatina composta seppur sotto i baffi.
«In realtà ho già fatto…», ammise, senza una particolare emozione nell’espressione, e quel fatto meravigliò molto il suo interlocutore.
«Ti sei già iscritta ad un club?», le chiese con un sopracciglio alzato, «è fantastico! Puoi dirmi quale?», chiese poi con un sorrisetto leggermente malizioso, ma lei si portò un dito davanti al naso con fare divertito.
«Ѐ un segreto», enunciò, sgonfiando un po’ l’ego del povero Boris, ma lui ovviamente non si dette per vinto.
«Va bene, comunque se ti serve un amico, un confidente, un compagno di pause…», fece spallucce, ma la campanella interruppe brutalmente la loro conversazione, facendo così storcere un labbro al russo, che invece avrebbe voluto stare lì a parlare con lei ancora per un po’.
«Mh, quindi posso unirmi a te ed i tuoi amici per pranzo?», chiese lei, ma il suo sorriso sembrava fin troppo saccente per non avere un secondo fine, tuttavia lui annuì, anche se era convinto che non era con lui che lei avrebbe voluto trascorrere l’ora della pausa. E poi con loro ci sarebbero stati anche Saya e Kai, e quello a lui non piacque per niente…
Fine capitolo 23
 
 
 
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Colei che scrive:
Ma salve a tutti e ben trovati in questo capitolo di transizione ehehe l’ho voluto dedicare un po’ a Yuri e Julia e, soprattutto, a Boris e Mira, che è servito per sapere qualcosa più su di lei :P Spero di avervi incuriosito, perché a quanto pare sembra interessata a Kai, cosa che indispettirà parecchio Saya eheheh
Spero vi sia piaciuto anche questo capitolo, di cui ho fatto una fatica immensa per correggere >.< per cui se ci sono frasi sconnesse, ripetizioni o tempi verbali sbagliati vi prego di avere pietà di me T.T
Passo a ringraziare come sempre i recensori <3, le persone che hanno messo la storia tra le seguite/preferite/ricordate e tutti i lettori silenziosi giunti fino a qui <3
Al prossimo aggiornamento!

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 - Overcome ***


Capitolo 24 – Overcome
 
 

 
Where are the heroes
Dove sono gli eroi
In my time of need
Quando ho bisogno di loro
 
Within Temptation - Overcome
 



 
Quando la campanella suonò immancabile l’ora del pranzo, i quattro ragazzi si alzarono dai loro banchi con un sonoro sbadiglio. La lezione appena conclusa era stata pressoché noiosa, ma al sol pensiero di ciò che li attendeva, sui volti di tre di loro comparve un luminoso sorriso.
Yuri avrebbe rivisto Julia, mentre Saya sarebbe potuta rimanere insieme a Kai, ed anche quest’ultimo, nonostante l’impassibilità del suo volto, era notevolmente emozionato di poter stare con lei in modo diverso dal semplice compagno di banco.
Quello più inquietato invece sembrava essere Boris, che aveva promesso a Mira di passare insieme la pausa pranzo, nonostante sapesse che il suo era solo un pretesto per vedere o avvicinare Kai, e per quello era un po’ preoccupato. Non solo perché alla ragazza che piaceva a lui interessava il suo amico, ma anche perché non voleva turbare la quiete dei suoi amici, non dopo che tra loro le cose si erano finalmente sistemate. Inoltre non voleva dare a Saya ulteriori preoccupazioni.
«Che succede?», la voce di Yuri destò Boris dai suoi pensieri, ma notarono tutti la sua espressione leggermente impensierita, nonostante fosse mascherata da un sorriso tirato.
«Nulla», ci tenne a rispondere il diretto interessato, alzando i palmi delle mani con nonchalance, ma ovviamente nessuno dei tre credette alle sue parole. Boris non aveva mai avuto così tanto la testa tra le nuvole e Saya credette che c’entrasse la ragazza che aveva salutato Kai quella mattina, e che il loro amico aveva raggiunto nel corridoio subito dopo.
C’erano decisamente grane in vista…
«Davvero, nulla di che, sono solo stanco ed annoiato dalla lezione appena conclusa. Quanto ha chiacchierato quel prof…», riprese parola Boris con un sorrisetto, «ma dato che ci sono vorrei chiedervi di non aspettarmi per pranzo e, se qualcuno ve lo chiede, voi volevate stare per conto vostro», puntò prima un dito contro Yuri, che lo osservò con un sopracciglio alzato, e poi verso Kai, che lo guardò con la sua solita aria stizzita, anche se evitò di dire qualsiasi cosa.
Fu Saya però a prendere parola, preoccupata dallo strano comportamento dell’amico.
«Va tutto bene?», gli chiese senza mezzi termini, ma il russo le portò una mano tra i capelli, scompigliandoglieli in un piccolo gesto d’affetto, che la fece imbronciare leggermente.
«A meraviglia, ci vediamo al club!», pronunciò poi, alzando una mano in segno di saluto ed uscendo dalla classe con le mani affondate nelle tasche dei pantaloni.
Dopo aver osservato le spalle del loro compagno uscire dalla porta dell’aula, i tre ragazzi si voltarono a guardarsi con le sopracciglia aggrottate, perché Boris non era mai stato così strano o sfuggente, e non aveva mai mancato di pranzare coi suoi amici.
«Mhhh, qui gatta ci cova…», rifletté ad alta voce Saya, facendo ridacchiare sotti i baffi Yuri e sospirare Kai, il quale ripensò alla scena successa in corridoio poche ore prima.
Aveva riconosciuto quella ragazza, perché era la stessa contro il quale avevano combattuto i due compagni russi, ma il fatto che lei avesse salutato solamente lui senza essersi mai parlati lo inquietò parecchio. Soprattutto lo innervosì il fatto che, nonostante non lo avesse dato a vedere, Saya era rimasta leggermente incupita dall’accaduto. In fondo, se fosse successo l’inverso, anche lui sarebbe stato alquanto geloso. Non poteva certo biasimare la sua compagna, ma almeno lui aveva la coscienza pulita…
 
 
Intanto Boris aveva raggiunto di corsa la classe del secondo anno nel momento esatto in cui Mira Nakamura uscì. Era così presa dai suoi pensieri, e probabilmente annoiata dalla lezione appena conclusa, che non si accorse minimamente dell’arrivo del russo.
«Hey!», le disse però lui, appena riuscì ad intravederla fuori dalla porta, fatto che la fece sussultare sul posto.
«Boris!», l’ammonì lei, di nuovo con una mano sul cuore per far fronte allo spavento, «devi smetterla di apparire così dal nulla o mi farai morire!», gli disse secca, con gli occhi assottigliati in un’espressione incredibilmente indispettita, ma agli occhi del ragazzo risultò talmente buffa che alla fine le scoppiò a ridere in faccia.
«Ti diverte?», sospirò lei, dopo avergli scioccato l’ennesima occhiataccia, ma quella non riuscì minimamente a scalfire l’ilarità del ragazzo.
«No, scusami, è che per un attimo mi è sembrato di rivedere Saya…hai fatto un’espressione molto simile alla sua…», le rese noto e quella constatazione servì a farla sorridere eloquentemente, ma cosa fosse passato in quel momento nella testa di Mira, Boris non seppe dirlo. Si sarebbe aspettato una sfuriata, o una risposta secca delle sue, invece sembrava tranquilla, più tranquilla di quando era uscita.
«Capisco», asserì lei, distogliendolo così dai suoi pensieri, «in effetti ho notato subito una certa somiglianza con quella ragazza…», assottigliò gli occhi in uno sguardo incredibilmente curioso, probabilmente per captare una sua reazione, ma Kuznetsov fece solamente spallucce, allontanando la questione. Non avrebbe di certo voluto che il discorso cadesse di nuovo su Kai, o che lei potesse dire qualcosa di offensivo verso la sua amica, in quanto fidanzata di quest’ultimo.
«Già», le rispose solamente per cortesia, ma si affrettò a riprendere parola subito dopo. «Allora, che ne dici di andare a pranzo?», continuò, con un sorrisetto fin troppo malizioso.
«D’accordo, raggiungiamo gli altri…», sorrise anche lei, fatto che lo rabbuiò per un attimo e lo costrinse ad osservare per due secondi la schiena di lei allontanarsi verso le scale.
«Allora, andiamo?», insistette poi, voltandosi per richiamarlo, e solo allora lui decise di seguirla, riprendendo la sua solita spensieratezza, anche se avrebbe dovuto dirle la verità.
«In realtà non raggiungeremo gli altri…», le rese noto, e non gli sfuggì l’espressione leggermente stizzita che sopraggiunse sul volto della ragazza, ma come tutte le altre volte non si fece fermare dai taglienti occhi ametista che lo stavano scrutando in malo modo.
«E come mai?», ci tenne però a chiedere lei, nonostante cercasse di mantenersi tranquilla o di non farsi vedere contrariata, ma Boris fece spallucce come se quella fosse una questione di poco conto.
«Beh, a meno che tu non voglia vedere coppiette mielose te lo sconsiglio, e comunque volevano rimanere soli…che ci vuoi fare, le coppie…», continuò a fare spallucce con un tono di voce eloquente, nonostante avesse mentito spudoratamente, almeno sulla seconda parte della frase, ma per fortuna sentì la sua nuova amica sospirare.
«Sarei rimasto solo, ma ho pensato che siccome sei nuova e non conosci ancora nessuno lo saresti stata anche tu, per questo se vorrai compagnia conta pure su di me», si batté un pugno all’altezza del cuore, impettendosi leggermente sotto le sue stesse parole, ma almeno vide i lineamenti del volto della giovane rilassarsi e quello per lui fu un buon inizio. La principale missione sarebbe stata quella di tenere Mira Nakamura lontano da Hiwatari. Tuttavia la luce sinistra sopraggiunta in quello sguardo ametista non gli piacque per niente, soprattutto dopo che lei decise di afferrarlo per un braccio, trascinandolo per tutte le scale.
Il cuore di Boris iniziò così a battergli incessantemente nel petto, e sul suo volto solitamente pallido sopraggiunse un certo rossore quando si ritrovò ad osservare i capelli corvini della ragazza ondeggiarle dietro la schiena ad ogni passo, e nel sentire l’odore del suo shampoo invadergli le narici ad ogni movimento.
«Hey, dove mi stai portando?», le chiese, dicendo la prima cosa che gli era venuta in mente pur di non farsi prendere dall’imbarazzo. Ed in ogni caso era buffo come lui, proprio lui che in Russia aveva fatto cadere molte ragazze ai suoi piedi, adesso fosse imbarazzato dalla presenza di una donna…
«Non lo so, da qualche parte…», ridacchiò lei, ma lui cercò di opporre resistenza quando notò che lo stava trascinando nella direzione dove probabilmente sarebbero stati i suoi amici.
«Alt, frena!», l’ammonì, bloccandosi di colpo ed impedendole così di proseguire. In fondo la sua forza era nettamente superiore a quella della ragazza, per cui non gli ci volle molto per farla desistere dall’andare avanti, ed inoltre ci aveva messo così tanto impeto che lei venne sbalzata all’indietro, finendo con la schiena addosso al petto di Boris, che per fortuna scongiurò una sua possibile caduta.
«Attenta!», le disse, sorreggendola lievemente dalle spalle con il volto in fiamme, e sperò anche di riprendere un contegno prima che lei lo notasse.
«Che diamine ti è preso?», riprese però parola lei, leggermente stizzita, tornando in posizione eretta e penetrandolo con un’occhiataccia.
«Stai andando nella zona delle coppiette…», la ragguagliò lui con una smorfia schifata, sperando di farla desistere dal continuare per quella strada, ma lei si voltò verso la direzione che aveva intrapreso inizialmente e per un momento gli parve di aver visto lo sguardo ametista di lei illuminarsi appena, probabilmente al pensiero che da quella parte avrebbe potuto incontrare Kai, ma riuscì a tirare un sospiro di sollievo quando lei fece spallucce per tornare a dargli udienza.
«Ok, hai quindi altre idee? Volevo mangiare in un posto tranquillo, non amo l’affollamento», gli rese noto lei, e lui non poté che aprirsi in un sorrisetto soddisfatto.
«Uh, abbiamo una cosa in comune. Anche io non amo l’affollamento…», le disse con sguardo eloquente, ma lei spostò leggermente la testa di lato per scrutarlo meglio.
«Ѐ una cosa personale o è una prerogativa puramente russa?», lo punse però nell’orgoglio Mira, e lo fece con un tono di voce talmente impassibile che Boris non riuscì a capire se stesse scherzando o meno.
«Entrambe le cose…», si ritrovò a mettere in chiaro, nonostante fosse rimasto spiazzato dalla sua constatazione, e lo fece sorridendole appena, ma le sue iridi violacee sembrarono volerlo scrutare fin nel profondo. «Diciamo che più che una prerogativa russa è una prerogativa dei miei compagni», fece poi spallucce con un sospiro, ma quando si accorse di averlo fatto in maniera fin troppo amareggiata cercò di correre ai ripari.
Tuttavia quella specie di ammissione non passò inosservata alla ragazza.
«In che senso?», gli chiese infatti lei, ammutolendolo per qualche secondo, sia per la domanda in sé, sia per come gli era stata posta. I suoi occhi assottigliati in uno sguardo incredibilmente incuriosito non gli stavano lasciando scampo…
«Ѐ una storia lunga…», cercò di scacciare il pensiero, sventolando una mano davanti al naso con nonchalance, ma lei non sembrava a demordere.
«Ho tutto il tempo di ascoltare», gli disse, aggrottando le sopracciglia e sedendosi a terra vicino ad un albero, incitandolo con lo sguardo a raggiungerla.
Alla fine, impossibilitato ad andare contro i voleri di quella strana ragazza, Boris si sentì costretto a raggiungerla e si sedette accanto a lei all’ombra di un albero.
Quel posto era un po’ trafficato, ma quello non sembrava dare noia a Mira, per cui, astenendosi dal dire qualsiasi cosa, si decise ad aprire il bento che si era portato dietro, emulato in seguito dalla ragazza.
«Allora?», lo incitò però lei, dopo aver ingoiato il primo boccone.
Lui invece rimase con le bacchette a mezz’aria, anche per la fatica che stava facendo per mangiare con quei cosi infernali. Non si sarebbe mai abituato agli usi del posto, ma con calma ripose la manciata di riso nella scatoletta e si preparò a parlare con un piccolo sospiro. Non seppe nemmeno dire per quale motivo si sentì in dovere di rispondere alla sua domanda, e si dette anche dello stupido per averle dato l’abbocco, ma in fondo sentì che fosse giusto così. Non aveva mai parlato del suo passato a qualcuno di estraneo, o che non fossero stati i suoi compagni di squadra, per quello all’inizio rimase leggermente titubante, ma fino a che non avrebbe incrociato il suo sguardo azzurro con quello della ragazza sarebbe andato tutto bene. Quegli occhi, oltre a scuoterlo fin nel profondo, lo inquietavano parecchio. Ma più di tutti era inquietato dal secondo fine che sembrava avere lei. Tuttavia non si fece fermare dai suoi dubbi, perché sentiva che in fondo quella causa non era da abbandonare del tutto.
«Diciamo che non abbiamo avuto un passato roseo, ecco, non come quello di molti ragazzi…», iniziò, indurendo l’espressione e serrando la presa attorno alle bacchette, ma poi le raccontò di quando lui e Yuri furono trovati per strada da Vorkof, ancora molto piccoli, e di come fossero stati portati al monastero e di come avessero preso parte al progetto della Borg.
Le raccontò tutto, da quello che avevano subito a quello che avevano progettato di fare durante il primo campionato mondiale, fino ad arrivare al perché si trovassero in quella scuola, e non seppe dire per quale motivo si sentì in dovere di raccontare cose così personali, quando invece sarebbero bastate poche e sintetiche parole, ma dovette dire che dopo il racconto si sentì incredibilmente più leggero.
Però tra loro cadde di nuovo uno strano silenzio, che fu rotto solamente dai rumori leggeri della masticazione di entrambi, che stavano solamente cercando di finire il loro pranzo prima della fine della pausa, ma stranamente la prima a riprendere parola fu lei.
«Anche Kai?», gli chiese a brucia pelo, e quella domanda così diretta per poco non gli mandò di traverso il boccone. Riuscì a deglutire senza danni, ma non riuscì a bloccare la smorfia stizzita che gli sopraggiunse sulle labbra.
«Perché ti interessa così tanto Hiwatari?», le domandò con tono aspro, voltando per la prima volta da quando si erano seduti lo sguardo chiaro su di lei. Ma la ragazza allontanò la questione facendo spallucce, senza voltarsi a raggiungere i suoi occhi. Se lo avesse fatto, probabilmente Boris sarebbe riuscito a vedere chiaramente la vera risposta a quella domanda.
«Così, mi è sempre sembrato un tipo interessante…Mi ha colpito il suo stile di gioco, il suo modo di fare, il suo carattere cinico e la sua freddezza…», disse lei, nonostante l’espressione arcigna, che confuse il povero Kuznetsov ancora di più. «Lo seguo da molto, fin dal primo campionato del mondo. Sono sempre stata interessata a lui…», continuò, lasciando in sospeso la frase ed appoggiandosi con le spalle al tronco dell’albero con un sospiro.
«Lui però è fidanzato», ci tenne a mettere in chiaro il russo, con il tono di voce di chi sapeva di aver dato una bastonata tra capo e collo al suo interlocutore, e dovette ammettere di averci un po’ goduto nel farlo. Immaginava anche di vedere la disperazione sul volto della ragazza, invece quello rimase impassibile.
Mira aveva alzato il volto verso i rami dell’albero ed era rimasta ad osservare il loro movimento cullato dal vento, mentre Boris era rimasto estasiato a scrutare il profilo di quella strana ragazza, rapito da quella visuale come se fosse stata l’unica ragazza sulla faccia della terra.
«Non importa», disse però lei dopo alcuni secondi di silenzio. «L’animo umano è così facilmente corruttibile», ridacchiò poi, fatto che fece alzare platealmente un sopracciglio al russo, che davvero non ci stava capendo più nulla di quello strano comportamento. «Non ti sembra che io somigli molto alla sua fidanzata?», insistette poi dopo altri secondi di silenzio, voltandosi a guardarlo con uno sguardo talmente eloquente che quella constatazione lo stizzì non poco, perché forse stava iniziando a capire cos’avesse in mente di fare quella ragazza.
«Potrai essere simile a Saya nell’aspetto, ma non credo che questo basti per fare colpo su Kai», ci tenne a risponderle, ma la sua saccente ammonizione venne messa a tacere di nuovo.
«Non importa…», gli rispose infatti lei, facendo di nuovo spallucce come se quella sentenza non l’avesse minimamente toccata, e la conversazione crollò di nuovo.
Entrambi ripresero a mangiare in silenzio, ma il russo le lanciò alcuni sguardi straniti con il pelo dell’occhio, perché avrebbe davvero voluto chiederle cosa le stesse passando per la testa, ma convenne che tanto quella sarebbe stata una causa persa. Di certo Mira Nakamura non avrebbe ammesso ciò che realmente aveva in mente di fare, visto che lui era amico di Kai e, soprattutto, di Saya.
«Dimmi di te…», le disse invece, dopo essersi dato una calmata, perché a mente fredda capì di non sapere nulla di lei, a parte il suo nome e quel poco che era riuscito a scoprire.
«Cosa vuoi sapere?», chiese però lei, ingoiando un altro boccone con fare annoiato.
«Non lo so, io ti ho parlato di me e del mio passato, per cui sarebbe carino se tu contraccambiassi…», le rese noto lui, imitandola nel mangiare, ma a differenza di lei il suo cuore stava battendo un po’ troppo velocemente.
«Non c’è molto da dire in realtà. Non ho mai conosciuto i miei genitori, sono morti che ero ancora molto piccola. Mi ha cresciuta mia zia…», iniziò, ma l’espressione del suo viso si indurì, come si serrò la presa che aveva fatto sulle sue bacchette, e per un momento a Boris sembrò che anche tutti i muscoli del suo corpo si fossero incredibilmente tesi, ma non badò a quel dettaglio ed ascoltò diligentemente ogni parola che uscì da quelle labbra leggermente piegate all’ingiù. «Mia zia ha sempre fatto molti sacrifici per me, e credo che per colpa mia non sia mai riuscita a farsi una famiglia tutta sua. Sai, ero molto piccola quando le sono stata affidata, per cui per non pesarle ho iniziato anche io a lavorare, quando ho avuto l’età giusta per farlo, ma lei se n’è andata qualche mese fa…Mi ha lasciato in eredità il piccolo monolocale in cui vivevamo, ed un vuoto incolmabile nel cuore…avevo solo lei», concluse con voce incrinata, ma dai suoi occhi non scese nemmeno una misera lacrima. Anche il suo volto rimase pressoché impassibile, ma dal tono di voce Boris intuì come doveva essersi sentita, e stranamente si sentì affine a lei. In fondo nemmeno lui aveva mai conosciuto i suoi genitori, ma a differenza di lei, lui non era mai stato solo. C’erano sempre stati i suoi amici a dargli forza, e forse in quello era stato leggermente più fortunato di lei…
«Mi dispiace», si sentì solamente in dovere di dirle, ma prima che provasse a dire qualcos’altro per tirarle su il morale, lei riprese parola.
«Prima che morisse avevamo in progetto di fare un viaggio insieme, il primo che avessimo mai fatto, ma purtroppo la vita me l’ha portata via troppo precocemente», alzò le spalle, voltando lo sguardo verso un punto indefinito del giardino, e Kuznetsov non se la sentì di interrompere il vortice dei suoi pensieri, perché immaginò che avesse aperto di nuovo una ferita che probabilmente non si era ancora rimarginata.
«Non ho mai avuto dei veri amici con il quale condividere qualcosa, proprio perché ho iniziato a lavorare fin da giovanissima. Grazie al Beyblade però non mi sono mai sentita sola, ed ho conosciuto la ragazza con il quale ho fatto coppia al torneo, ma lei ha la sua vita ed il suo compagno, per cui non abbiamo mai fatto troppe cose insieme», fece spallucce allontanando la questione, anche se lo fece sorridendo amaramente, e Boris non riuscì a staccare i suoi occhi dalla linea del suo profilo, e dai ciuffi della sua frangia che le cadevano sugli occhi leggermente abbassati.
«Beh, non sarò per te speciale come Hiwatari», riprese parola lui, nonostante la smorfia schifata ed il tono di voce seccato, «ma so essere un buon amico…insomma, sono amico anche di chi parla a monosillabe…», fece poi spallucce, riferendosi proprio a Kai, e quella constatazione riuscì a strappare un sorriso alla ragazza, che finalmente voltò di nuovo il suo sguardo su di lui.
«Sai, sei un tipo…», iniziò lei in risposta, ma venne fermata di nuovo dalla voce penetrante del ragazzo.
«Strano, lo so, me lo hai già detto…», concluse stizzito, nonostante il sorrisetto saccente che fece capolino dalle sue labbra, e lei non poté che guardarlo con espressione confusa.
«Quindi, per aiutarti a sentirti meno sola posso continuare a farti compagnia per pranzo. So che magari preferiresti mangiare con qualcuno altro, ma dovrai metterti l’anima in pace…», le disse, alzandosi da terra dopo aver richiuso il suo bento e scotolando via i fili d’erba che si erano attaccati ai suoi pantaloni.
«Quindi consolidiamo questa strana amicizia?», gli chiese lei, alzandosi a sua volta da terra per sistemare le pieghe della gonna.
«Se vuoi…», fece spallucce Boris, allungando una mano in direzione della sua nuova amica, ma in un primo momento lei aggrottò le sopracciglia in un’espressione incuriosita, che fece alzare gli occhi al cielo al povero ragazzo.
«Dovresti stringerla…», sentenziò lui, indicando con un gesto della testa la sua mano ancora tesa. «Voi Giapponesi non suggellate così le promesse?», le chiese poi, ma la vide rabbuiarsi per un attimo. Fu solo un secondo però, perché riprese la sua solita espressione spensierata prima di stringere finalmente la mano del ragazzo.
«Sai», riprese parola Mira, un attimo dopo avergli dato le spalle, «mi sarebbe davvero piaciuto visitare la Russia con mia zia…», concluse, voltandosi appena per penetrarlo con uno sguardo risoluto, un attimo prima che sparisse dalla sua visuale, lasciandolo imbambolato in mezzo al cortile.
 
 
 
 
 
Quando iniziarono le attività dei club, Saya andò in palestra alla solita ora, dopo aver salutato Kai con un bacio e Yuri e Julia con gesto della mano. Si era diretta nello spogliatoio ed aveva indossato il body di allenamento, legando poi i capelli nella solita crocchia ordinata, che serviva per non dare distrazioni durante le acrobazie.
Una volta entrata però, notò le sue compagne accerchiate in un angolo della palestra e la presidentessa che si stava facendo in quattro per cercare di iniziare l’allenamento, gridando loro contro qualche ammonizione, e quel fatto risultò così paradossale agli occhi di Saya, che alla fine si diresse verso il capitano con un sopracciglio alzato.
«Che succede?», chiese alla compagna, ma dopo la sua domanda vide le spalle di lei afflosciarsi appena.
«Sono tutte addosso alla nuova recluta…», sospirò quella, cercando di nuovo di richiamare tutte le ragazze sull’attenti.
«Abbiamo una nuova ballerina?», chiese divertita Saya, anche se dentro di sé si chiese chi potesse essere per iscriversi ad un corso oramai iniziato, ma tutto le fu chiaro quando la presidentessa riuscì a liberare la diretta interessata dalle grinfie delle loro compagne.
All’inizio rimase spiazzata da quella visione, soprattutto dopo che quella le riservò un sorrisetto leggermente sinistro, ma fu un’espressione che Saya non riuscì minimamente a decifrare.
«Allora ragazze, come avete potuto notare abbiamo una nuova compagna, e penso che oramai non ci sia bisogno di presentarla, ma è giusto che ci dica il suo nome», continuò il capitando, rivolgendosi poi alla nuova arrivata. «Vuoi presentarti da sola?», le chiese, facendo così in modo che la chiamata in causa facesse un elegante passo avanti.
«Piacere di conoscervi, mi chiamo Mira Nakamura e sono sicura che mi troverò bene qui con voi…», si presentò la giapponese, ma il suo sguardo non si era spostato da Saya nemmeno per un secondo, come se quella fosse stata più una minaccia che una vera e propria constatazione. Inoltre quella strana presa di parole, fatta con un tono di voce stranamente impassibile, inquietò ancora di più la nipote del presidente Ditenji, che tra tutte le possibili compagne di scuola non si sarebbe mai aspettata di vedere nel suo stesso club la ragazza che quella stessa mattina aveva salutato Kai come se fossero stati amici di vecchia data. Di fronte a lui non si era voluta mostrare nervosa o ingelosita, ma quel gesto non era proprio riuscita a capirlo, come non riusciva a capire le vere intenzioni di quella strana ragazza…
«Via, ora basta perdere tempo, iniziamo?», le mise sull’attenti la presidentessa, e dopo quell’ordine Saya si impose di voltare le spalle alla nuova arrivata, ed a quegli occhi così simili ai suoi, così da non essere costretta a parlarle di nuovo.
Quando andò a prendere i suoi attrezzi però, le si avvicinò una sua compagna di corso e le parlò vicino all’orecchio per non farsi sentire dalle altre.
«Lo sai, è buffo!», le disse quella, facendo così aggrottare le sopracciglia della nipote del presidente Ditenji, che si guardò attorno con fare circospetto prima di decidersi a rispondere.
«Cosa è buffo?», le chiese, alzando gli occhi al cielo con fare quasi esasperato. Ultimamente le sue compagne l’avevano avvicinata spesso per chiederle della sua storia con Kai, o per renderle noto il fatto che, nonostante si fossero arrese, non avrebbero mai smesso di ammettere quanto fosse attraente il suo nuovo fidanzato, ma in quel momento sperò solo di non essere stata disturbata per un'altra constatazione del genere.
«Quella ragazza…», riprese parola la sua compagna, spostando il suo sguardo verso Mira Nakamura, che in quel momento stava dando le spalle a tutti e stava provando dei passi seguita dalla presidentessa. «Ti somiglia molto…», continuò, e bastò quella frase per far gelare Saya sul posto, che alla fine si voltò di nuovo a guardare Mira con espressione scioccata. Tuttavia, dopo un’attenta inquisizione, si ritrovò a dover dare ragione alla sua compagna, e quel fatto le lasciò dentro una tale amarezza che le fece serrare la mascella per la contrarietà.
«Già…», soffiò, senza spostare i suoi occhi ametista dalla figura in fondo alla stanza. La guardò volteggiare con il nastro, e notò come le sue compagne fossero tutte assorte nell’osservarla, cosa che la stizzì non poco, perché in fondo non era più brava delle altre, ma cercò di scacciare quel pensiero per concentrarsi sul suo fisico slanciato. Era leggermente più alta di lei, come aveva constatato quella stessa mattina, quando le era passata accanto, ma la sua altezza poteva ritenersi nella media di una qualsiasi studentessa liceale giapponese, così come il suo fisico. Inoltre, con il suo stesso body in dosso, non sembrava più prosperosa di Saya, nonostante quest’ultima avesse qualche curva in più, ma quello che saltò subito agli occhi della nipote del presidente fu la somiglianza con i lineamenti del suo volto. Con la crocchia corvina legata sulla nuca i loro visi si somigliavano molto, nonostante il mento della Nakamura fosse leggermente più allungato. Ma, nonostante quello, la somiglianza era impressionante, e quando Mira si voltò a guardarla, probabilmente dopo essersi sentita osservata, i suoi occhi raggiunsero uno sguardo del suo stesso colore.
Mira le stava sorridendo, con un sorriso così strano che Saya sentì un famigliare brivido correrle lungo la schiena.
Solo un altro paio di occhi le avevano fatto quell’effetto, ed era stato in Russia durante il primo campionato mondiale.
Solamente lo sguardo di Yuri Ivanov era riuscito metterle così tanta inquietudine ai tempi, e non seppe dire se il provare le stesse sensazioni per lo sguardo di quella ragazza fosse un bene o un male.
Di una cosa però pera certa: avrebbe dovuto tenersi stretto il suo compagno…
 
La nuova arrivata mi somigliava così tanto che quel fatto mi fece salire al petto una strana inquietudine, ed inoltre in un primo momento non ero riuscita a cogliere la minaccia celata dietro quelle iridi dal colore così simile al mio.
Mi chiesi anche se quella somiglianza l’avesse vista anche Kai, perché se così fosse stato avrei avuto un immenso problema…Inoltre mi domandai se la conoscesse, visto come si era prodigata a salutarlo quella stessa mattina. Ѐ vero che lui era rimasto sconvolto ed interdetto tanto quanto me, e le ametiste di Kai difficilmente mentivano, ma non me la raccontavano comunque giusta.
Avevo imparato a leggere nei suoi occhi le sue emozioni, grazie a tutti gli anni passati insieme, ma non riuscivo a stare tranquilla.
Di lui mi potevo fidare, ma di lei?
Fine capitolo 24
 
 
 
°°°°°°°°°°°°
 
 
Colei che scrive:
Ma salve a tutti e ben trovati anche in questo capitolo eheheh
Finalmente scopriamo qualcosa di più su Mira, anche se rimane sempre comunque abbastanza misteriosa, non trovate? Il tutto ovviamente non è lasciato al caso.
Nulla è stato lasciato al caso, anche il minimo dettaglio eheheh ma non voglio spoilerare nulla U.U
Stiamo quasi arrivando alla fine di questa storia (mancano davvero pochi capitoli), e chissà se Boris riuscirà a trovare la felicità :P
Mi scuso per i vari errori! Oggi ho un mal di testa atroce e non sono sicura di aver corretto il capitolo al meglio, ma non volevo saltare l’aggiornamento >.<
Passo poi a ringraziare i recensori (davvero grazie *^*), le persone che hanno messo la storia tra le preferite/ricordate/seguite, e tutti i lettori silenziosi giunti fino a qui :3
Al prossimo aggiornamento!!

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 - Leave out all the rest ***


Capitolo 25 – Leave out all the rest
 



 
When you’re feeling empty
Quando ti sentirai vuota
Keep me in your memory
Tienimi nella tua memoria
Leave out all the rest
Lascia fuori tutto il resto
 
Linkin Park - Leave Out All The Rest


 
 
 
 
 
Era passata già una settimana da quando Mira Nakamura si era presentata al club di ginnastica ritmica, dando il via ad i primi dissapori con Saya. Non che la nuova arrivata le avesse mai detto qualcosa di sbagliato, anzi, solitamente non le rivolgeva nemmeno la parola, se non per un saluto veloce o qualcosa riguardante il club stesso, ma era riuscita comunque ad indispettirla.
Le aveva chiesto due volte di aiutarla con alcuni passi, e la nipote del presidente Ditenji aveva mandato giù un groppo amaro di saliva e l’aveva accontentata con fare amichevole, finendo lì la questione. Inoltre non le aveva mai chiesto perché fosse interessata al suo fidanzato, né l’altra ne aveva mai fatto accenno. Si incontravano solamente al club, e qualche volta nei corridoi, ma era proprio in quei momenti che Mira riusciva ad alterare Saya, perché salutava tutti con un semplice cenno della mano, tranne Kai, che salutava chiamandolo per cognome. Salutava in quel modo solo lui, e la cosa era apparsa così strana alla povera Saya che il suo umore nero solitamente si ripercuoteva su tutto il resto della sua giornata, soprattutto quando era l’ora di mettere piede in palestra, che solitamente faceva con fare imbronciato, momento in cui la sua “rivale” ne sembrava talmente soddisfatta da ridacchiare sotto i baffi senza essere vista.
Quella mattina invece, Saya era uscita dal cancello della sua villetta con aria imbronciata e Yuri e Boris, notando quello stato stranamente inquieto, avevano lanciato un’occhiata incuriosita a Kai, giusto per vedere la sua reazione, ma il ragazzo era rimasto impalato con le sopracciglia leggermente aggrottate, probabilmente preoccupato per quello strano stato d’animo mostrato dalla sua compagna.
«Buongiorno», asserì infatti lei, senza una particolare intonazione nel tono della voce, e senza minimamente degnare della sua considerazione i suoi compagni, almeno fino a che non fu il suo fidanzato a fermare la sua camminata, afferrandola per un braccio per far sì che si voltasse verso di lui. Solo in quel momento notò i suoi occhi bassi e leggermente lucidi.
«Hey…», iniziò, ma lei non lo stava minimamente calcolando, per cui decise di riprendere a parlare mostrando un’espressione corrucciata, «mi sarei aspettato almeno un saluto…», le disse alzando gli occhi al cielo, e solo in quel momento lei incrociò il suo sguardo.
«Scusa…», gli soffiò in risposta, afflosciando le spalle fino a che non arrivò a poggiare la testa nell’incavo del collo di Kai, che di rimando la strinse a sé, per farle capire di dover stare tranquilla, visto che non riusciva a farlo a parole. Bastò quella stretta per far riprendere a Saya un contegno ed un piccolo sorriso, che la costrinse a staccarsi da lui per baciarlo sulle labbra, nel loro solito saluto mattutino. Fu Kai però a metterci più impeto del solito, probabilmente per cercare di tranquillizzarla. Non si era mai ritrovato in quella situazione e per lui era alquanto strano. Non si era mai fermato a pensare che un giorno avrebbe dovuto fare i conti con la gelosia della sua compagna, né che una ragazza venuta da chissà dove si sarebbe divertita a tormentarla. O che si sarebbe divertita a tormentare lui, perché per quanto ci avesse provato, non era riuscito a dare una risposta al perché Mira Nakamura avesse iniziato a salutarlo come se fosse stato una sua vecchia conoscenza. Aveva anche provato a scavare nella memoria, magari in passato aveva avuto a che fare con lei e non lo ricordava, come in fondo era successo con Hisashi Fujima, ma al primo mal di testa sopraggiunto dal troppo rimuginare aveva convenuto di lasciar perdere presto quella causa.
Lui voleva solamente che Saya stesse tranquilla e quello sarebbe dipeso da lui. Se lui non avesse dato modo alla Nakamura di insistere, non ci sarebbe stato motivo che la sua compagna fosse gelosa.
 
 
 
Boris invece aveva osservato il bacio dei suoi amici con uno sguardo strano, in un misto tra il risentito e lo sconsolato, perché non riusciva minimamente a capire cosa ci trovasse la sua nuova amica nel suo compagno russo. Ma in fondo Kai era affascinante, misterioso e, suo malincuore, doveva ammettere che era anche molto bello, per questo aveva anche lui fiordi di ragazzine al seguito, alla stregua di Fujima, anche se non lo seguivano dappertutto come le spasimanti seguivano il presidente d’istituto, altrimenti Kai le avrebbe fatte scappare tutte alla prima occasione, visto il suo caratteraccio. E poi Boris era sicuro che al suo compagno non interessasse niente e nessuno al di fuori della sua Saya. In fondo ci aveva messo così tanto per averla tutta per sé, che difficilmente qualcuno sarebbe riuscito a spezzare il legame che lui aveva instaurato con lei. Purtroppo però, Mira stava facendo nascere molti dubbi nel cuore della nipote del presidente, per quello Kuznetsov era molto pensieroso in quell’ultimo periodo, ma non ne aveva ancora fatto parola con nessuno. Né aveva parlato a qualcuno di quello che si erano detti, o del fatto che lui le avesse raccontato del suo passato.
E non lo aveva detto nemmeno a Yuri…
Tuttavia per la prima volta si era sentito quasi invidioso di Kai, e quella per lui era una cosa decisamente assurda! Che lui fosse geloso di Hiwatari era una cosa inconcepibile, eppure era bastata una donna per sconvolgerlo così tanto nel profondo, e quella era un’altra delle tante cose inconcepibili che ultimamente gli stavano succedendo. Però, visto che la Nakamura era riuscita a fare breccia nel suo cuore, lui avrebbe lottato fino a quando quella causa non sarebbe stata del tutto persa. Quando Mira si sarebbe accorta che con Kai non ci sarebbe stato nulla che lei potesse fare, allora forse si sarebbe messa l’anima in pace e lui avrebbe potuto provare a conquistarla. Era un piano perfetto a pensarci, se solo non si fosse imbambolato a guardare Kai come se avesse voluto ucciderlo da un momento all’altro. Infatti quest’ultimo se ne accorse, così come se ne accorsero Saya e Yuri, che lo guardarono con un sopracciglio alzato, mentre Hiwatari gli scoccò una delle sue occhiatine di sufficienza.
«Qualche problema?», asserì infatti il nippo-russo, notando come il compagno avesse spostato lo sguardo da lui con un sonoro sbuffo contrariato. L’ultima cosa che avrebbe voluto fare Boris era quella di essere beccato dal diretto interessato mentre lo fissava in preda ai suoi pensieri, eppure lo aveva colto proprio in fallo e lui si sentì così maledettamente imbarazzato…
«Nessun problema…», ribadì secco, voltando loro le spalle ed iniziando a camminare verso la stazione della metropolitana, sotto gli sguardi interdetti dei tre ragazzi che si era lasciato addietro.
Solo Saya però era riuscita a cogliere la verità dietro quell’atteggiamento, e forse non era l’unica gelosa nel quartetto... Se lei si sentiva gelosa di Mira, a quanto pareva Kuznetsov lo era di Kai. Lei aveva notato come Boris fosse corso dietro alla ragazza dai capelli corvini, dopo che l’aveva vista per la prima volta nel corridoio della scuola, e soprattutto dopo che lei aveva salutato il suo fidanzato senza un’apparente motivazione. Inoltre pensò che tra loro doveva essere successo qualcosa il giorno della vigilia di natale, ma quel giorno lei lo aveva passato per la maggior parte con Kai e quindi non si era potuta rendere conto di nulla. Non si era nemmeno accorta dell’avvicinamento di Yuri e Julia...
Quando varcarono il cancello della scuola però, insieme alla spagnola, i cinque ragazzi si prodigarono a raggiungere presto gli armadietti d’entrata, per cambiarsi così le scarpe e raggiungere finalmente le loro classi.
Tuttavia Yuri e Julia si attardarono un po’ nel cortile, per salutarsi degnamente visto che non riuscivano mai a fare la strada insieme, quindi gli altri raggiunsero il loro armadietto in religioso silenzio. Solo Saya spostava di tanto in tanto lo sguardo da Boris a Kai, notando il fatto che da quando Mira Nakamura era apparsa in quella scuola il russo non punzecchiava più il suo compagno come al solito. Era sempre stato propenso a fargli battutine solo per il gusto di vederlo incavolarsi, invece da una settimana a quella parte Boris non gli aveva detto nulla di particolarmente sconvolgente, e non lo aveva più convolto nelle sue battutine eloquenti, e la cosa era parsa un po’ strana alla ragazza. Non aveva detto nulla perché Kai sembrava rimasto lo stesso di sempre, e poi perché non era mai lui a rivolgere parola all’amico, per cui non sapeva dire se lui si fosse accorto del cambiamento del compagno o meno, ma prima che avesse potuto dire qualsiasi cosa, Saya notò una famigliare capigliatura nera sbucarle da dietro le spalle.
«Ciao ragazzi!», sorrise la nuova arrivata, stranamente di buonumore rispetto ai suoi standard, come poté notare Boris. In quei giorni le aveva fatto compagnia per pranzo, ma non avevano parlato tanto come il primo giorno. Tra loro c’erano sempre stati degli strani silenzi, rotti spesso dallo stesso Boris, per farle domande quasi inutili su come fosse andata la giornata, in classe ed al club, o se si fosse trovata bene con i suoi nuovi compagni di scuola. Insomma, cose futili, alla quale lei rispondeva giusto per cortesia che per vero e proprio interesse, e lui lo aveva capito, per quello non era mai riuscito ad andare al nocciolo della questione. C’era una cosa però che non gli era mai passata inosservata, ed era il sorriso che lei aveva sempre sul suo bel volto ogni volta che i suoi occhi ametista raggiungevano la figura di Kai, e lui si sentiva pervaso da una rabbia alla quale non sapeva dare una reale spiegazione.
La stessa che sentiva di provare Saya.
«Buongiorno Hiwatari!», lo salutò infatti Mira, constatazione che servì a far alzare lo sguardo del diretto interessato sulla nuova arrivata, anche se le riservò solamente uno sguardo di sufficienza col pelo dell’occhio, ma quello bastò ad infiammare la nipote del presidente Ditenji, che mostrò tutta la sua contrarietà chiudendo lo sportello dell’armadietto con fin troppo fervore. Però non disse nulla, perché voleva vedere cosa avesse avuto in mente di fare la sua compagna di corso, per cui si voltò con le braccia conserte ed osservò di sottecchi il suo fidanzato, osservato a sua volta da Boris.
Ma Kai notò subito lo sguardo adirato di Saya, nonostante lei non avesse proferito parola, ed i suoi occhi leggermente accigliati furono l’unica cosa che a lui interessò. Si squadrarono per alcuni secondi e Mira era proprio al centro di quello sguardo penetrante, tanto che ne sentì l’intensità sulla pelle quasi fosse una scarica elettrica. Sul suo volto però sopraggiunse anche un sorrisetto soddisfatto, che tuttavia notò solo il russo alle spalle di Hiwatari, nonostante non riuscì a comprenderne bene il significato, ma alla fine la Nakamura decise di voltarsi ad incrociare lo sguardo della sua compagna di corso.
«Buongiorno Ditenji», le sorrise, e solo dopo aver sentito il suo cognome Saya decise di spostare lo sguardo dal suo fidanzato, per portarlo negli occhi violacei della sua nuova rivale, e riservarle uno sguardo che difficilmente sarebbe stato frainteso. Ma Mira, vedendo che lei non rispondeva al suo saluto, decise di farle un sorrisetto e piegare leggermente la testa di lato con fare curioso.
«Sai, un amico mi ha sempre detto che è maleducazione non rispondere quando uno ti saluta», le disse, e sotto quelle parole il cuore di Boris fece un doppio salto carpiato, perché si era accorto che stesse parlando proprio di lui.  A volte lo strano modo della ragazza di non rispondere ai saluti l’aveva incuriosito, e lui glielo aveva sempre fatto notare o rinfacciato, come aveva fatto il primo giorno che si erano incontrati, alla vigilia di natale per la festa alla BBA.
La nipote del presidente Ditenji però si sentì incredibilmente colpita da quella constatazione, anche se era stata detta con un tono di voce stranamente amichevole, ma il risentimento che le avevano lasciato quelle parole non sarebbe passato facilmente. Non si sarebbe nemmeno voluta abbassare al suo livello, né farsi mettere i piedi in testa da lei. Avrebbe voluto solamente voltarle le spalle stizzita ed andarsene da lì il più in fretta possibile, invece prese un copioso respiro e sciolse la posizione impettita, per assumerne una che voleva sembrare più rilassata.
«Buongiorno», convenne di risponderle, seppur avesse usato un tono incredibilmente seccato. Anche Boris e Kai se ne accorsero, e fu proprio quest’ultimo che si voltò verso il compagno russo, per scoccargli uno sguardo scocciato e per intimargli di togliere il prima possibile Mira Nakamura da davanti i suoi occhi e quelli della sua compagna.
Ma per fortuna non servì l’intervento di Kuznetsov.
«Beh, ci vediamo al club allora…», le rispose baldanzosa la nuova studentessa, soddisfatta di quello che aveva visto in quei pochi minuti, e senza dire altro si voltò verso Kai, con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia. «Ci vediamo Hiwatari», gli disse con un cenno della mano, prima di riprendere a camminare verso la rampa di scale, ma fu solo quando notò Boris, rimasto impalato al suo posto con una faccia incredibilmente contrariata, che decise di fermarsi e spostare la sua attenzione su di lui.
«Ciao Kuznetsov», lo salutò allegramente, nonostante l’occhiata ancora più contrariata che lui le riservò. Ancora non era riuscito a capacitarsi di ciò che aveva appena visto, né del perché lei continuasse a minacciare così indirettamente Saya, ma purtroppo aveva un brutto presentimento. In fondo aveva ben capito che lei avesse voluto portarle via Kai, anche se Boris era estremamente sicuro che non ci sarebbe mai riuscita. Se così fosse stato lo avrebbe davvero conciato di botte, e quella volta sul serio, ma in ogni caso voleva provare a dargli fi fiducia.
Kai non poteva essere così stronzo...
«Mi accompagni in classe?», gli chiese poi la ragazza, ed il povero russo non riuscì a sottrarsi a quella particolare richiesta. Voltò con sguardo basso le spalle ai suoi amici ed invitò Mira a seguirlo, sotto gli sguardi interdetti degli altri due, che osservarono basiti il comportamento fin troppo accondiscendente del compagno, fino a che lui non sparì dalla loro vista.
«Incredibile…», soffiò Kai, e lo fece con voce particolarmente adirata, chiudendo con un tonfo l’anta dell’armadietto sotto un’occhiata decisamente contrariata di Saya.
«Continuerai a dirmi che non la conosci?», gli chiese però lei, facendo appello a tutto il suo auto controllo per mantenersi calma, nonostante il tono di voce leggermente incrinato.
Fu in quel momento che Kai si voltò definitivamente verso di lei, guardandola con un sopracciglio alzato e l’aria più o meno apprensiva, nonostante il fastidio che gli aveva procurato tutta quell’assurda situazione. Non era la prima volta che Saya gli chiedeva una cosa simile. Fin dal primo giorno era stata perentoria nel cercare di capire se conoscesse quella ragazza o meno, e lui aveva sempre negato con convinzione, ed anche in quel momento si scoprì ad annuire con un sospiro spazientito.
«Come ti ho già detto non l’ho mai vista prima…non la conosco», ammise con un’alzata di spalle, senza che ebbe minimamente spostato lo sguardo dagli occhi taglienti della sua compagna, che di rimando iniziava seriamente a stufarsi del comportamento di Mira.
«Non conoscevi nemmeno Fujima, eppure…», lo ragguagliò però lei, con il tono di voce di chi la sapeva lunga, e lo sguardo decisamente troppo saccente per i gusti di Kai, e quella presa di parole lo lasciò basito per alcuni secondi, oltre il fatto di averlo incredibilmente indispettito.
Saya non si stava più fidando di lui? Ma se così fosse stato come avrebbe potuto dimostrarle che quella era la verità? Perché litigare per una sconosciuta era proprio l’ultimo dei suoi voleri, come il rischiare di perderla per un malinteso o per i giochetti di una ragazza fin troppo furba.
Purtroppo fu l’arrivo di Yuri e Julia a far morire in bocca a Kai una qualsiasi risposa a quell’accusa.
«Che succede?», chiese infatti il rosso, dopo aver notato la strana tensione che si era creata tra i due, ed Hiwataru stava anche per rispondergli a tono, provando a dire che non era il momento propizio per fare la morale, ma fu Saya a fargli morire le parole in gola per la seconda volta.
«Succede che il tuo amico ha vuoti di memoria…», accusò il fidanzato, scoccandogli un’occhiataccia che gli fece sorgere sul volto un’espressione decisamente corrucciata, prima di voltarsi stizzita in direzione delle scale, iniziando a camminare a grandi falcate per lasciarlo volutamente indietro.
«È successo qualcosa?», rimarcò la domanda Yuri, quella volta diretta a Kai, che di rimando aveva seguito con lo sguardo la compagna fino a che non era sparita dietro l’angolo.
«C’è che qualcuno sta mettendo a dura prova la mia già scarsa sopportazione», sbruffò, prima di lanciarsi all’inseguimento di Saya, lasciando così i nuovi arrivati a guardarsi tra loro con un’occhiata perplessa.
 
 
 
«Mi dici perché ti comporti così?»
Boris aveva afferrato Mira per un braccio, prima che lei avesse potuto entrare in classe, e l’aveva trattenuta in corridoio per capire cosa le fosse passato per la testa.
Lei invece non aveva fatto una piega, e dopo essersi liberata da quella presa era rimasta a braccia conserte in mezzo al corridoio, a guardarlo con un sorrisetto fin troppo sornione per i gusti del ragazzo.
«Così come?», fece la finta tonta, guardandolo con un sopracciglio alzato, ma lui non si fece fermare da quella finta aria bonaria e si imbronciò più di quanto già non fosse.
«Perché stai cercando in tutti i modi di far indispettire Saya?», le chiese ancora, sperando che almeno a quella risposta lei rispondesse sinceramente, ma purtroppo anche quella speranza crollò drasticamente quando lei ridacchiò sotti i baffi.
«L’ho davvero fatta indispettire?», chiese retoricamente, «beh, mi dispiace, non era mia intenzione. Sto solo lottando per avere ciò che voglio, è così sbagliato?», fece spallucce, ma quella presa di parole fece invece alzare un sopracciglio al russo.
«Stai cercando in tutti i modi di soffiarle Kai, ma come ti ho già detto non ci riuscirai…», fece spallucce lui, aprendosi in un sorrisetto sardonico molto simile a quelli che ogni tanto mostrava lei, e quella volta fu Mira ad imbronciarsi.
«Io aspetterei a dirlo…», commentò acidamente e lui la perforò con il suo sguardo eloquente.
«Stai indispettendo anche lui…», le disse, e vide lo sguardo della ragazza sgranarsi appena sotto quelle parole, fatto che gli lasciò dentro una certa soddisfazione.
«Come ha fatto a conquistarlo?», chiese poi di punto in bianco lei, ammutolendo così il ragazzo, che si era ritrovato ad aggrottare le sopracciglia in uno sguardo incredibilmente pensoso.
Come aveva fatto? In realtà non lo sapeva nemmeno lui. A pensarci non sapeva nulla della loro vita o della loro storia, a parte la gelosia che li aveva pervasi entrambi da quando avevano messo piede in quella scuola, ma non sapeva nulla di quello che avevano vissuto prima di allora. Aveva visto Kai baciarla nel primo campionato del mondo, ma oltre quello non c’era stato null’altro tra loro da quando li aveva rivisti al campionato mondiale, né aveva sentito Kai nominarla almeno una volta. Lo aveva visto lanciarle occhiatine di sfuggita quando era sicuro che nessuno lo avrebbe visto, soprattutto quando Saya era stata fin troppo vicina ad Hitoshi Kinomiya, ma dalla sua voce non aveva mai sentito un lamento di contrarietà. Pensava che a Kai non fregasse nulla di lei o del mondo, fino a che non lo aveva visto preso di mira da Fujima e gli Shall Killer. Solo in quel momento Boris si era reso conto di quanto fosse importante per lui quella ragazza. Aveva visto quanto male si erano fatti reciprocamente, e quanto lei avesse sofferto per lui, perché lui stesso era stato vittima di quella sofferenza. Saya l’aveva baciato in seguito alla disperazione dettata da uno dei loro tanti litigi, eppure non si era mai fermato a chiedere ad uno dei due come si fossero conosciuti o come si fossero innamorati. E, sinceramente, nemmeno gli interessava. Tutto quello di cui gli importava in quel momento gli stava di fronte, ma lei voleva Kai Hiwatari, e quella consapevolezza gli aveva stretto il cuore più di quanto ci tenesse ad ammettere.
«Che ti importa di come ha fatto? Lui sta con lei, quindi fattene una ragione», ci tenne però a dirle, dopo averla perforata con uno sguardo tagliente, e quando le vide fare una smorfia contrariata rimase anche incredibilmente soddisfatto, ma poi lei sbuffò appena e tornò la stessa di sempre.
O almeno così credette Boris.
«Hai ragione, non mi interessa», gli sorrise, «pranziamo insieme?», gli chiese poi, più seriamente, e sotto quella richiesta fu lui ad ammutolire, perché non si sarebbe aspettato che lei avesse voluto passare di nuovo del tempo con lui. Non dopo ciò che era successo.
Però si ritrovò ad annuire e lei lo salutò con un cenno della mano ed un piccolo sorriso, prima di voltargli le spalle ed entrare in classe, lasciandolo di nuovo basito.
Forse non era ancora tutto perduto...
 
 
 
 
Kai era riuscito a tranquillizzare Saya, anche se gli era servito un certo sforzo ed un’incredibile auto controllo per non sbottare contro i loro compagni curiosi, che avevano seguito con interesse tutti i loro discorsi. In altre circostanze non avrebbe mai parlato di qualcosa di così personale in corridoio, ma quello era un caso particolare, perché la sua compagna sembrava incredibilmente risentita e sull’orlo di una crisi di pianto, probabilmente dettata dal nervoso, e sapere che in fondo era stata anche colpa sua lo aveva reso altrettanto nervoso.
Tuttavia, dopo l’intenso bacio che le aveva dato, la ragazza era riuscita a sciogliere la tensione avvertita e quello per lui era l’importante. Non gli importò nemmeno degli sguardi scioccati che le loro compagne di classe avevano riservato loro. Anzi, lo avevano reso incredibilmente soddisfatto, perché quel bacio forse avrebbe fatto mettere l’anima in pace alle ragazze che gli stavano ancora dietro, e forse le avrebbe fatte desistere dal continuare ad importunarlo.
Ma se la situazione con Saya poteva ritenersi sistemata non lo era quella con Mira Nakamura, perché avrebbe davvero voluto sapere che cosa avesse avuto in mente di fare quella strana ragazza, anche se una piccola idea se l’era fatta. Inoltre non voleva continuare a far stare male la sua compagna per colpa di qualcosa che non esisteva, e che faceva incavolare per primo lui stesso, per cui voleva mettere fine a quell’assurda situazione e ci sarebbe stato solo un modo per riuscire a farlo.
Chiese il permesso di andare in bagno poco prima della pausa pranzo, e lo fece cercando di farsi vedere sofferente dal professore, così che lui avesse acconsentito a lasciarlo uscire, e si alzò dalla sedia sotto gli sguardi perplessi della sua compagna e dei due russi seduti dietro di loro.
Solo Boris però ebbe un brutto presentimento, e non lo nascose nemmeno quando Saya si voltò a guardarlo, ed in quello sguardo c’era un’intesa che Yuri non riuscì a comprendere a pieno.
Ma Kai era già sparito oltre la porta, e con passo risoluto era salito al piano superiore, quello in cui c’erano le aule delle seconde sezioni.
Si posizionò poi con le spalle addossate ad una finestra del corridoio, e con le braccia conserte attese il momento propizio per dare il via al suo piano.
Infatti, quando la campanella suonò la pausa, osservò meticolosamente ogni alunno che usciva da quelle aule, cercando con lo sguardo la fonte dei suoi pensieri, ed era così preso dalla sua ricerca che non prestò la minima attenzione a nessuno, ma quando la vide, con i capelli neri raccolti nella coda alta che le aveva visto quella mattina, si spostò dalla sua posizione e le andò incontro con sguardo risoluto.
«Hey», la richiamò e quando lei voltò il suo sguardo ad incrociare il suo, uno strano brivido gli percorse la schiena. Era diverso dai brividi che avvertiva quando le mani calde di Saya gli sfioravano la pelle, o quando lei lo osservava intensamente, ma non seppe classificarli e quello gli lasciò dentro una certa inquietudine, soprattutto quando vide il sorrisetto soddisfatto che spuntò sulle labbra di Mira.
«Hiwatari, che sorpresa…», si mostrò civettuola e leggermente imbarazzata, ma poi riprese a parlare, «cercavi me?», chiese speranzosa, spostando come suo solito la testa di lato.
«Seguimi», decretò però lui, imperioso, voltandole le spalle ed iniziando a camminare verso la rampa di scale, e lo fece sotto un sorrisetto fin troppo soddisfatto della ragazza, che senza farselo ripetere due volte fece come le era stato imposto, seguendo Kai fino a che non arrivarono sulla terrazza del tetto.
«Allora, mi volevi parlare?», gli chiese poi lei, senza avergli neanche dato il tempo di chiudere la porta alle sue spalle, il cui tonfo scandì la fine della sua stessa frase.
«Sì», ammise lui, assottigliando lo sguardo per farsi più minaccioso, com’era solito essere con i suoi avversari, ma lei non fece una piega. Rimase con le braccia dietro la schiena ed un sorriso smagliante stampato in faccia, che riuscì ad indispettirlo ancora di più.
«Volevo sapere se ci conosciamo», le disse spiccio e coinciso, come solo lui sapeva essere, e quella frase lasciò leggermente interdetta la ragazza, che impiegò alcuni secondi per guardarlo prima di decidersi a rispondere.
«No, a malincuore non ci conosciamo, ma io conosco te. Ho seguito tutte le tue sfide a Beyblade durante i vari campionati, ed in un modo o nell’altro mi hai sempre attirata. Ho ammirato il tuo modo di giocare e sono rimasta molto impressionata dal tuo Dranzer», gli disse amichevolmente, e quella mezza dichiarazione lo lasciò leggermente spiazzato, perché tutto si sarebbe aspettato di sentire tranne che una cosa del genere.
«Mh…», commentò però lui, laconico, assottigliando lo sguardo per cercare di captare una qualsiasi reazione strana da parte della ragazza, ma a parte il sorriso forse troppo tirato di lei, non notò nulla di strano. «Capisco», concluse infine, perentorio, voltandole definitivamente le spalle. In fondo non aveva null’altro da dirle. La sua curiosità era stata in parte soddisfatta, ed aveva capito che non era altro che un’altra delle sue spasimanti, forse più determinata delle altre, ma a lui non interessava. Non voleva far preoccupare Saya, e stava già per mollarla da sola in mezzo alla terrazza, perché aveva aperto la porta con tutte le intenzioni di richiudersela presto alle spalle, ma la voce di lei gli arrivò dritta alle orecchie quasi fosse stata una minaccia.
«Io non mi arrendo», commentò, e quelle parole lo bloccarono sul posto, facendogli arrivare alle labbra un sorrisetto fin troppo stizzito.
«Fai pure», ridacchiò sotto i baffi a presa in giro, facendo spallucce senza neanche voltarsi a darle udienza. «Nemmeno io mi arrendo però, perché c’è già una persona nel mio cuore, che non potrà mai essere sostituita», commentò, «da nessuno», decretò infine, avanzando di un passo e lasciando che la porta interrompesse finalmente quella conversazione.
Ma quando il tonfo della porta ruppe il silenzio, Mira Nakamura si ritrovò a ridere di gusto nella solitudine della terrazza.
 
 
 
 
Quando misi piede in palestra il mio umore tornò di nuovo nero, perché avrei dovuto sopportare nuovamente la presenza della ragazza che ci stava provando spudoratamente con il mio compagno.
Dopo che fu tornato in classe, Kai mi rivelò quello che si erano detti con Mira, quando era andato a cercarla durante la ricreazione, compresa la mezza dichiarazione che lei gli aveva fatto, e devo dire che quella consapevolezza non mi meravigliò affatto. Lui però voleva capire solo se si conoscevano, e dopo che lei ebbe smentito quella possibilità mi sentii più tranquilla, anche se non lo ero del tutto. In fondo era chiaro che lei avesse voluto conquistarlo, anche se lui mi aveva chiaramente detto di che non gli importava.
Inoltre mi stava seriamente preoccupando il comportamento di Boris, perché avevo capito fin da subito che quella strana ragazza non gli era del tutto indifferente. Lo avevo capito da come gli era corso dietro il primo giorno che la incontrammo nel corridoio, e dal fatto che avesse totalmente cambiato atteggiamento nei confronti di Kai.
Avevo anche provato a parlarne con lui nella pausa pranzo, quando il nostro compagno russo non era presente, ma lui come al suo solito aveva superato la questione con un’alzata di spalle, dettata dal puro menefreghismo. Tipico.
Tuttavia non riuscii a tranquillizzarmi nemmeno durante all’allenamento, perché quel giorno avrebbero dovuto comunicarci la formazione definitiva, quella che avrebbe presenziato ai campionati interscolastici, e forse era anche quello a rendermi nervosa. In quei giorni ero stata così tanto distratta da tutto ciò che mi stava succedendo che ero finita per fare un sacco di errori, deludendo così la presidentessa del club, che invece aveva sempre riposto in me molta fiducia.
Ero così tanto amareggiata ed incavolata per colpa di Mira che non ero più riuscita a fare un allenamento decente. Inoltre continuavo a dare a lei tutte le colpe di quello che ero stata costretta a vivere, anche di quando il nostro capitano scandì con voce eloquente i nomi delle candidate.
Chiamò la prima atleta.
La seconda.
La terza.
La quarta…
Mancava solo un nome ed io non ero stata ancora chiamata. Feci una smorfia e mi sbilanciai per cercare di inquadrare la fonte dei miei pensieri, e la trovai baldanzosa in fondo alla fila, che ascoltava diligentemente le parole della presidentessa. Ma quando lei scandì con devozione l’ultimo nome, il mio cuore si fermò per un secondo, facendomi sussultare.
«Mira Nakamura», disse il nostro capitano, ed io smisi di respirare.
Tuttavia cercai di mostrarmi per lo meno menefreghista riguardo a quello che avevo appena sentito, perché ero sicura di avere il suo maledetto sguardo addosso.
Ci era riuscita.
Era riuscita a sottrarmi il posto come titolare. E stava cercando in tutti i modi di indispettirmi…ma, soprattutto, di portarmi via Kai…
La odiavo. Con tutta me stessa.
Fine capitolo 25
 
 
 
 
°°°°°°°°°°°°°°°°°
 
 
Colei che scrive:
Ma salve e ben trovati in questo capitolo un po’ movimentato xD perché Mira Nakamura a quanto pare è riuscita ad indispettire tutti, anche voi! xD E sono felice di averla resa per lo meno misteriosa :P sono però curiosa di leggere le vostre congetture a riguardo XD
La storia sta volgendo quasi verso la fine, siamo oramai agli ultimi capitoli (e vi posso dire per certo che ce ne saranno ancora 5, perché sono già scritti xD), ma non temete, perché ci sarà un continuo (più breve, ma ci sarà xD non sono pronta ad abbandonare i miei personaggi >.< xD).
Bene, detto questo spero come sempre che il capitolo vi sia piaciuto :3 e come sempre mi scuso per gli errori se ci sono stati >.<
Passo poi a ringraziare come sempre i recensori, che mi danno sempre la spinta per andare avanti *^* grazie!, chi ha messo la storia tra le preferite/ricordate/seguite, e tutti i lettori silenziosi giunti fino a qui :3
Al prossimo aggiornamento! Che può essere tra quattro o cinque giorni, chissà eheheh

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 - Open up your eyes ***


Capitolo 26 – Open up your eyes
 
 


 

 
“And no one knows the pain you left behind
E nessuno sa del dolore che ti sei lasciato alle spalle
And all the peace you could never find
E della pace che non potrai mai trovare”
 
Daughtry - Open Up Your Eyes
 
 
 
 


 
Saya era veramente stufa della situazione che si era venuta a creare tra lei e Mira e tra Mira e Kai, che in ogni caso continuava a fare come se quest’ultima non esistesse. Lui voleva solamente viversi la sua vita con la sua compagna, ma lei in quei giorni era troppo nervosa per la presenza di quella ragazza per riuscire a vivere spensierata.
Di mezzo ovviamente ci andava anche il povero Boris, che era combattuto tra lo stare dalla parte dei suoi amici o quello dell’unica ragazza che gli sia mai così tanto interessata. Non ne aveva ancora parlato con nessuno, ma tutti si erano accorti che spariva all’ora di pranzo e riappariva leggermente più rilassato per le attività del club, e tutti si erano accorti di come guardava assorto Mira quando lui era in sua presenza, o quando lei appariva la mattina per salutare Kai, provocando il disappunto della nipote del presidente.
Yuri però aveva ben notato che il suo amico era molto pensieroso, anche dal fatto che non avesse più punzecchiato Hiwatari come al suo solito.
«Ok, ora basta!», sbottò Saya, una volta che si erano tutti e quattro seduti ai loro banchi. Il professore non era ancora entrato, per cui fu la sua occasione per riuscire finalmente a mettere in chiaro quella situazione, almeno col russo dietro di lei. Infatti si voltò con espressione accigliata e trapassò Boris con un’occhiataccia, il quale di rimando alzò colpito un sopracciglio.
«Ho notato che ti sei interessato a quella ragazza!», lo colpì a tradimento, indicandolo con l’indice e procurando un precoce aggrottamento di sopracciglia a Yuri, che si era voltato ad osservare la scena che gli si era parata di fronte, ed a Kai, che si era invece girato ad osservare accigliato il comportamento della sua compagna, anche se col pelo dell’occhio aveva invece osservato la reazione del russo.
Però la ragazza non dette modo a quest’ultimo di replicare e riprese a parlare con voce leggermente accusatoria.
«Sicuramente avrai passato con lei del tempo, o comunque avrete parlato, per cui dimmi che diavolo vuole da noi e da Kai!», asserì con voce ferma, portando poi le braccia conserte al petto, continuando a perforarlo con il suo sguardo ametista, nonostante il sospiro rassegnato di Hiwatari e la risatina sotto i baffi di Yuri, che seppur con fare menefreghista stava attento a non perdersi una parola. Non si era voluto impicciare dei fatti dell’amico, ma era un po’ di giorni che era preoccupato per lui, ed inoltre aveva capito che c’entrava la nuova studentessa. Aveva ben notato come Boris non le avesse mai staccato gli occhi di dosso al torneo, o alla vigilia di natale, ma non pensava che la situazione si fosse aggravata così tanto. Un po’ si sentì anche messo da parte per il fatto che l’amico non ne avesse parlato con lui, ma in fondo nemmeno lui gli aveva raccontato di Julia, o dell’intensificazione del loro strano rapporto, per cui non poteva certo biasimarlo.
Tuttavia Yuri si fece più attento e cercò di spostare il suo sguardo di ghiaccio da Kai a Saya e da Saya a Boris, cercando di captarne le reazioni.
Solo lei però sembrava alquanto furiosa, chiaro segno che quella situazione avesse colpito lei più di tutti gli altri. Ma in fondo il rosso lo aveva notato già dal giorno prima, quando era uscita dalla palestra come una furia e con un diavolo per capello. Quella volta non aveva rivolto parola nemmeno a Kai, che invece aveva sempre salutato con un timido bacio sulle labbra, e c’erano voluti alcuni sbuffi da parte del ragazzo ed alcuni suoi incitamenti per farle ammettere ciò che era successo, e Yuri già allora previde scintille. Si era anche voltato per cercare l’appoggio di Boris, ed invece lo aveva trovato che camminava con lo sguardo fisso di fronte a sé e la mascella serrata, chiaro segno che si stava sforzando di mantenersi tranquillo.
«Secondo te cosa vorrà mai?», le rispose però acidamente Kuznetsov, con un tono di voce che Saya non aveva mai sentito provenire dal suo compagno. O almeno non con lei. Era sempre stato amichevole nei suoi confronti, per quello riuscì ad ammutolirla per qualche secondo, in cui sul quartetto cadde un silenzio fin troppo teso. Ma quando il russo si accorse di essere stato fin troppo duro nei suoi confronti, e dopo aver visto chiaramente uno sguardo ametista perforarlo come se avesse voluto ucciderlo da un momento all’altro, decise di sospirare e di riprendere in mano la situazione. «Le piace Kai…», sospirò sconfitto, abbassando leggermente lo sguardo ad osservare il libro della materia che avrebbero dovuto avere da lì a pochi minuti, e quando sentì che Saya non si era ancora decisa a replicare alzò gli occhi su Kai. Sapeva che lui era andato a parlare con Mira, glielo aveva detto lei quando l’aveva vista scendere dopo il compagno dalla rampa di scale che portava sul tetto.
Però, dopo aver ammesso quella verità, non seppe dire perché osservò il suo compagno nippo-russo con una smorfia leggermente contrariata, a contrasto con le espressioni eloquenti o divertite con le quali lo aveva sempre guardato. Tuttavia Hiwatari gli aveva risposto assottigliando gli occhi in uno sguardo puramente ammonitivo, in cui voleva fargli capire che se avesse anche solo provato a far preoccupare la sua compagna più di quanto già non fosse se la sarebbe vista con lui, al che Boris sospirò di nuovo, riportando l’attenzione su di Saya, che di suo era rimasta in attesa di un’altra risposta esauriente.
«Probabilmente ti sta solo provocando per questo…», fece infine spallucce il russo, dandole la risposta che tanto aveva cercato, tornando poi a poggiarsi allo schienale della sedia ed appiattendo la schiena contro di essa fino a rilassarsi.
«Non mi sta solo provocando, mi sta rovinando la vita», grugnì però lei, serrando mascella e pugni dopo aver finito di parlare. Aveva anche iniziato a tremare dalla rabbia, ma convenne che era inutile prendersela con Boris.
«Mi ha soffiato il posto da titolare», continuò poi, più per sfogarsi che per un vero e proprio bisogno di dirlo agli altri, «è vero che mi sono lasciata prendere dal nervoso e mi sono giocata da sola la convocazione, però sono comunque arrabbiata! Ci tenevo a quel posto, insomma, lei è qui da solo una settimana. Per carità, è bravissima, devo riconoscerlo, ma da quando è entrata al club mi ha sempre guardata con uno sguardo di sfida, per cui non mi è difficile pensare che lo abbia fatto apposta. In più sta facendo la gatta morta con Kai e questo mi manda fuori di testa!», concluse tra i denti, abbassando lo sguardo mortificato a terra, e solo il sospiro rassegnato di Kai ruppe di nuovo il silenzio. Almeno fino a che non fu Yuri a prendere in mano la situazione.
«Io penso che almeno su Kai tu possa stare tranquilla, o sbaglio?», le disse il rosso, finendo poi per perforare il compagno con il suo tipico sguardo di ghiaccio.  «Altrimenti sa a cosa andrebbe incontro…», continuò eloquentemente, con una risatina posata mostrata sotto i baffi, che fece sorridere soddisfatto anche il diretto interessato.
«Giusto. Te l’ho detto molte volte di stare tranquilla», commentò con una smorfia il chiamato in causa, anche se era in conseguenza al nervoso dettato dal comportamento di Mira, e solo in quel momento riebbe l’attenzione della sua ragazza, che si concesse finalmente un lieve sospiro.
«Lo so, ma sono comunque adirata!», sospirò ancora.
La conversazione però crollò così, perché l’entrata del professore annullò ogni proposito dei ragazzi di continuare quella conversazione.
Kai invece, infischiandosene dell’arrivo del docente, si era voltato leggermente a sorriderle, probabilmente per cercare di tranquillizzarla, e quel gesto per Saya significò molto. Almeno era riuscita a tirare un altro sospiro di sollievo, anche se sapeva che il sollievo non sarebbe durato a lungo, perché una volta messo piede in palestra sarebbe tornato di nuovo tutto come prima.
Tuttavia non riuscì a dare la giusta attenzione alle lezioni in corso, ed il suo cervello aveva vagato in pensieri riguardanti la situazione con Mira per quasi 5 ore filate. Ma almeno per l’ora di pranzo era arrivata ad una conclusione! L’avrebbe sfidata a Beyblade, e forse così facendo avrebbero risolto i loro dissapori. Se avesse vinto le avrebbe imposto di lasciare in pace Kai, e forse dopo essere stata sconfitta si sarebbe anche messa l’anima in pace. E poi doveva anche sfogarsi di tutto il risentimento provato per il club di ginnastica ritmica, e l’unico modo per farlo sarebbe stato quello di lanciare finalmente Star Pegaso, che era dal giorno in cui aveva vinto il torneo al fianco di Kai che non lanciava.
Avrebbe davvero voluto vedere Mira Nakamura venire finalmente battuta, e vederla sconfitta per mano sua le avrebbe dato una grande soddisfazione.
«Oramai ho deciso», annunciò ai ragazzi, dopo aver reso loro note le sue intenzioni, e dopo che la campanella ebbe suonato la pausa pranzo. Non attese nemmeno di sentire i loro commenti, tanta era per lei l’urgenza di sfidare la sua avversaria.
Solo Boris però era rimasto leggermente accigliato, perché non avrebbe mai voluto vedere le due ragazze per lui più importanti darsi battaglia, perché non sarebbe riuscito a schierarsi dalla parte di nessuna. Ed era oramai chiaro che per lui Mira Nakamura fosse oramai importante quasi quanto lo era Saya.
Lei gli aveva dato fiducia, confidandogli il suo passato, e lui aveva fatto lo stesso, per cui sentiva che tra loro era nato un legame che difficilmente sarebbe stato in grado di spezzare.
Avrebbe inoltre voluto farla desistere dal continuare ad insistere con Hiwatari, ma forse l’intento della nipote del presidente Ditenji avrebbe sposato la sua causa, perché se Saya fosse riuscita a far desistere Mira dal continuare a stare dietro il suo compagno, forse lui avrebbe avuto campo libero e non sarebbe più stato così maledettamente pensieroso o nervoso.
«Lasciatela andare», commentò infatti Boris, trattenendo per un braccio sia Kai che Yuri, impedendo loro di correrle dietro, ma quando entrambi si voltarono verso di lui avevano sul volto un’aria così perplessa e risentita che lo ammutolirono per un istante. «In un modo o nell’altro questa situazione va risolta…», sospirò poi, mollando la presa e tornando eretto al suo posto, sotto l’assenso dei due, che si guardarono con il pelo dell’occhio per un secondo.
Saya invece era riuscita ad arrivare sul pianerottolo del terzo piano, dove si trovava la classe di Mira, e le aveva sbarrato la strada impedendole così di arrivare alla rampa di scale. Aveva uno sguardo così astioso che la diretta interessata ci mise poco a capire che era proprio lei che la sua compagna di corso stava aspettando. Inoltre, vedendola così adirata, Mira ricambiò l’occhiata con un sorrisetto sprezzante, e le si parò di fronte con le mani sui fianchi, in un atteggiamento che volle far capire alla nuova arrivata che non aveva minimamente paura di lei o di quello che avrebbe avuto da dirle.
«Cercavi me?», le chiese infatti con fare sarcastico, e quella domanda fin troppo divertita fece sorgere una smorfia sulle labbra della nipote del presidente Ditenji, che fece appello a tutto il suo autocontrollo per non sbottare.
«Sì», le rispose autoritaria, portando anch’ella le mani sui fianchi, sporgendosi leggermente in avanti per cercare di assumere un atteggiamento risoluto. «Ti sfido, adesso!», le comunicò, tirando fuori Star Pegaso dalla tasca della gonna e mostrandolo all’avversaria in segno di sfida. Inoltre, in attesa della sua risposta, Saya guardò Mira con espressione sprezzante, mentre quest’ultima le rimandò indietro un’occhiata malignamente divertita.
Tutti gli studenti che si trovavano con loro nel corridoio invece bloccarono i loro passi e rimasero ad osservare ciò che stava succedendo tra le due, ma nessuno provò a fermarle quando entrambe iniziarono a scendere di corsa le rampe di scale, intente a raggiungere il cortile, dove avrebbe avuto luogo la sfida.
Quando arrivarono in un punto del giardino consono alle loro esigenze, entrambe tirarono fuori il loro Beyblade ed attesero il momento propizio per iniziare la sfida. Si guardarono negli occhi per un lungo istante, ametiste contro ametiste, in uno sguardo talmente astioso che gli studenti accorsi ad assistere a quella sfida poterono sentirne in brividi sulla pelle.
Ben presto arrivarono anche i tre russi e Julia ad assistere a quella sfida, ed ognuno di loro trovò il posto più propizio da cui osservarla. Kai si era avvicinato Saya, nonostante avesse tenuto sotto controllo con lo sguardo anche la sua avversaria, mentre Boris si era affiancato all’albero più vicino a Mira, a braccia conserte e con lo sguardo attento. Gli altri due invece si erano posizionati non molto distanti dal campo di gara, e con espressioni attente cercavano di captare ogni minima reazione da parte delle due.
«Che spirito!», commentò Julia, spostando i suoi grandi occhi verdi da una ragazza all’altra, cercando di capire quale spirito combattivo avrebbe avuto la meglio.
A rompere il silenzio sceso tra le sfidanti fu però Saya, che prese parola con grugnito.
«Sei pronta?», chiese alla sua avversaria, ma il sorrisetto serafico sopraggiunto sulle labbra di Mira la indispettì non poco, perché non riuscì a comprendere a pieno le sue intenzioni.
«Sì, ma perché non rendere ancora più interessante l’incontro?», le chiese infatti in risposta la sua sfidante, e quella strana richiesta le fece aggrottare le sopracciglia in un’espressione perplessa, ma prima che potesse dire la sua lei continuò. «Mettiamo in palio qualcosa, così ci sarà più gusto a gareggiare, non trovi?», commentò infidamente, assottigliando lo sguardo e puntando un dito contro Kai, che di rimando storse le labbra in una smorfia incredibilmente contrariata, mentre Saya era rimasta interdetta da quella strana richiesta, ed indispettita nel vedere dove fosse diretta l’attenzione della sua avversaria.
«Se vincerai tu mi farò da parte e riconoscerò la sconfitta», riprese a parlare Mira, facendosi più inquisitrice e maledettamente divertita, atteggiamento che non passò inosservato nemmeno a Boris, che fino a quel momento era rimasto col fiato sospeso ad altalenare l’attenzione da l’una all’altra. «Ma se invece vinco io…tu lascerai Kai!», ridacchiò infine, e quella risatina fin troppo saccente indispettì sia il diretto interessato che Saya.
Boris invece era rimasto interdetto di fronte a quella strana richiesta, detta così spudoratamente di fronte a tutti, mentre Yuri e Julia stavano osservando i ragazzi con espressioni incredibilmente confuse, perché era chiaro che loro non ci stessero più capendo nulla di quell’assurda situazione.
«Questa non è una cosa che può essere decisa con un incontro di Beyblade!», le rispose però piccata la nipote del presidente. Si era anche sporta in avanti per far sì che le sue parole fossero arrivate chiaramente scandite alla sua interlocutrice, ma lei non si era spostata di un millimetro ed aveva ancora lo sguardo fisso su Kai, che di rimando era rimasto a braccia conserte e la stava guardando con una delle sue tipiche espressioni stizzite.
A lui per primo non era minimamente piaciuta quella proposta, ma in ogni caso si impose di rimanere ad osservare ciò che stava succedendo in religioso silenzio.
«Con questo mi stai facendo capire che ti tiri indietro?», la punse nell’orgoglio la Nakamura, enfatizzando il sorrisetto sornione che per tutto il tempo aveva tenuto sulle labbra rosee, ed a quel punto Saya ammutolì per qualche secondo, tempo che impiegò per voltarsi a cercare con lo sguardo il consenso di Kai, che lui le dette con un piccolo gesto affermativo del capo. In fondo lui aveva piena fiducia nelle sue capacità, perché lei non era affatto una sprovveduta. Era anch’ella una Blader di alto livello, come lo era lui, ed era sempre riuscita a tenergli testa. Ed inoltre, grazie al suo prezioso aiuto, era riuscito finalmente a sconfiggere il suo rivale di sempre, per cui aveva piena fiducia nella sua compagna, anche se la sua avversaria sembrava molto agguerrita.
«Non mi tiro indietro!», biasciò in risposta Saya, riportando le braccia avanti in posizione di lancio. «D’accordo, giocheremo alle tue condizioni. In posizione!», concluse infine, aspettando che anche Mira la eguagliasse, e solo dopo che entrambe furono nella stessa condizione Kai si mise nel mezzo, per fare da arbitro e dare il via all’incontro.
«3…2…1…Pronti, lancio!», dichiarò con la sua solita calma, e quando ebbe finito di parlare i due Beyblade atterrarono sul prato nello stesso momento. Non era un campo di gioco convenzionale, né era molto facile lottare sull’erba, ma le due non erano intenzionate a mollare, o a farsi fermare da questi futili dettagli. Soprattutto Saya, che era abituata alle sfide con Daichi, perché lui preferiva battersi in terreni come quello. Molto spesso si era ritrovata a dover affrontare il compagno di squadra in mezzo al selciato, o sulla spiaggia, ed Hitoshi era sempre stato propenso a farli combattere in stadi dove le distrazioni e le difficoltà erano sempre in agguato, per cui non fece una piega e continuò risoluta a spingere il suo Beyblade contro quello di Mira, che attaccava di rimando Star Pegaso con un impeto che non credeva potesse possedere.
«Sei in gamba, complimenti», le disse la Nakamura, con il solito sorrisetto divertito sulle labbra, nonostante i suoi occhi ametista non fossero stati minimamente spostati dal campo di gara.
«Anche tu», le rispose Saya con una smorfia, perché non avrebbe voluto gonfiare l’ego della sua avversaria più di quanto già non fosse. Inoltre non voleva deludere il suo compagno, che era rimasto con sguardo attento ad osservare lo svolgersi della sfida. Voleva far vedere a tutti di essere la degna compagna di Kai Hiwatari.
Purtroppo però il Beyblade nero della sua avversaria stava contrastando il suo Star Pegaso con tutta la potenza di cui era disposto, nonostante Saya fosse estremamente sicura che non fosse animato da un Bit Power. Tuttavia non era intenzionata a richiamare il suo. Fino a che ci fosse riuscita, avrebbe cercato di resistere senza utilizzare l’aiuto del suo cavallo alato.
Purtroppo però l’incontro stava durando fin troppo e le due ragazze avevano iniziato a sentire la stanchezza prendere possesso dei loro corpi. Erano entrambe ansimanti, con il busto proteso in avanti e le mani poggiate sulle ginocchia, per cercare di mantenersi in equilibrio.
Kai invece era visibilmente preoccupato per Saya, e lo stava dimostrando con un’espressione leggermente accigliata, ma era rimasto a braccia conserte e stava cercando di non staccare i suoi occhi attenti dal campo di gara, così per riuscire a vedere chi delle due avesse avuto la meglio.
Boris invece era rimasto per tutto il tempo con la mascella serrata e i pugni tesi, incredibilmente combattuto sul da farsi. Non avrebbe voluto vedere sconfitta nessuna delle due, e si stava dando dello stupido per aver anche solo sperato in un pareggio, ma così facendo la situazione sarebbe rimasta in sospeso e le due avrebbero dovuto sfidarsi di nuovo, e quella era una cosa che lui avrebbe felicemente evitato.
Avrebbe tanto voluto tenere lontana Mira dai due una volta per tutte…
«Non molli eh», la sbeffeggiò la Nakamura, ansimante ma divertita, mandando il suo Beyblade nero ad attaccare di nuovo Star Pegaso, che di rimando accusò il colpo con qualche difficoltà, cosa che fece digrignare i denti alla povera Saya.
«No», le rispose risoluta quest’ultima, portandosi a fatica in posizione eretta e cercando come meglio poté di contrastare gli attacchi della sua avversaria.
«L’incontro sta durando troppo!», la ragguagliò invece Kai, contrariato, quando gli occhi della sua compagna raggiunsero i suoi. Ma quel fugace sguardo e quelle parole non passarono inosservate a Mira, che decise comunque di dire la sua.
«Non dirmi che è la forza del tuo amore per lui che ti fa resistere…», la sbeffeggiò, nonostante sul suo volto ci fosse un’espressione stranamente impassibile. Probabilmente anche lei voleva vincere, e voleva farlo prima che le forze l’abbandonassero. Però quella constatazione fece sorgere una smorfia sulle labbra di Saya, perché essere sbeffeggiata ancora dalla sua rivale era l’ultima delle sue volontà.
«Tutti i Blader combattono per qualcosa», asserì infatti con sicurezza, impettendosi appena nonostante l’indebolimento. «Ed io combatto per me stessa e per le persone alla quale voglio bene. Hai messo in palio Kai come se fosse un’oggetto, ma lascia che ti dica una cosa», continuò risoluta, facendo un sorrisetto per enfatizzare il discorso, ed anche Kai se ne concesse uno sotto quella constatazione. «I sentimenti delle persone non mutano a seconda del risultato di un incontro, né puoi sperare che lui ricambi i tuoi in caso di una tua vittoria», insistette, alzandosi definitivamente in posizione eretta e richiamando a sé le ultime energie. «Tuttavia non ho intenzione di lasciarti vincere, mi dispiace! Mi hai soffiato il posto come titolare nel club», ringhiò e Star Pegaso aumentò la velocità di rotazione.
«Mi hai indispettita con i tuoi modi di fare e con le tue occhiatine indisponenti», continuò, ed il Beyblade si illuminò appena, arretrando fino ai piedi della sua compagna.
«Ed hai cercato in tutti i modi di portarmi via la persona per me più importante», concluse, nel momento esatto in cui il Bit Power di Star Pegaso uscì dal Bit Chip della trottola, mostrandosi in tutto il suo splendore.
«Ed ora ne pagherai le conseguenze! Starlight Revolution!*», gridò in ultimo Saya, e dopo il suo ordine Star Pegaso si lanciò verso il Beyblade nero con tutta la sua potenza.
«Vai all’attacco anche tu!».
Anche Mira mandò all’attacco il suo Beyblade, risoluta a non perdere quella battaglia, e lo scontro delle due trottole alzò un polverone che impossibilitò tutti a seguire l’esito del match. Solamente quando tutto si fu assestato riuscirono a capire chi delle due ebbe avuto la meglio, anche se erano entrambe in ginocchio sul prato, stanche ed ansimanti.
Gli occhi ametista di Kai invece, come quelli attenti di Boris e quelli curiosi di Yuri e Julia, vagarono sul prato alla ricerca dei due Beyblade, ed i loro sguardi si illuminarono appena quando videro il Bey dorato di Saya girare a stento vicino alle sue gambe, mentre quello nero di Mira, fermo e semi distrutto, giaceva a poca distanza da lei, che di rimando lo stava guardando con sguardo accigliato. Solamente Boris non riusciva ad essere totalmente soddisfatto di quel risultato, perché seppur fosse stato felice di quel risvolto, non riusciva a spostare gli occhi dall’espressione accigliata della sconfitta.
«Ce l’ho fatta», commentò in primis Saya, quando Kei le si avvicinò per aiutarla a rialzarsi, «Anche se a caro prezzo…», sospirò poi, mostrando al suo compagno ciò che rimaneva del suo Beyblade, che lui osservò di rimando leggermente accigliato.
«Sarai in grado di aggiustarlo, andiamo», le rispose apprensivo, sperando di portarla via da lì il prima possibile, e soprattutto di spostarsi dagli occhi curiosi degli studenti che li avevano accerchiati. Essendo stato totalmente rapito dalla gara non si era accorto di quanti spettatori fossero sopraggiunti per assistere a quella sfida, e non aveva proprio voglia di essere di nuovo al centro dei pettegolezzi, né che lo fosse stata lei.
«Ce la fai a camminare?», le chiese poi, più dolcemente, ed al suo assenso decise di lasciarla muoversi sulle sue gambe. In fondo sapeva quanto poteva essere orgogliosa la sua compagna, e seppur quelle attenzioni le fecero piacere, non aveva intenzione di mostrarsi debole agli occhi degli altri. O a quelli della sua rivale.
Mira invece era stata raggiunta da Boris, che era accorso al suo capezzale subito dopo aver visto l’esito dell’incontro, ma quando lui provò ad aiutarla, lei lo allontanò con un grugnito ed uno strattone, che fecero sorgere sulle labbra del russo una chiara smorfia di disappunto.
«Ce la faccio da sola», gli disse acidamente, perforandolo con un’occhiataccia, ma dopo aver visto l’espressione corrucciata del ragazzo decise di scusarsi per il suo comportamento rude con un sospiro.
Lui però fece solo spallucce, sorpassando la questione, perché in fondo Boris sapeva quanto anche lei fosse così incredibilmente orgogliosa, ed era stata soprattutto quella parte di lei ad averlo così tanto attirato. E poi lui le era sempre rimasto accanto, nonostante tutto, per cui non voleva smettere di farlo proprio in quel momento così delicato.
Però lei non gli dette altra considerazione, e rimase ad osservare le spalle di Kai allontanarsi dal campo di gara, che stava camminando al fianco della sua compagna con passo sicuro, attento ad osservare l’andamento leggermente zoppicante di Saya per tutto il tempo, e solo in quel momento le fu chiara l’intensità del loro rapporto. Capì quanto il loro legame fosse forte, nonostante non avesse mai visto Hiwatari sbilanciarsi troppo con lei, a parte qualche timido bacio fuori dalla palestra del club. Lo aveva osservato per tutta la settimana, ma fino a quel momento non era mai riuscita a cogliere le emozioni dietro quei piccoli gesti.
Capì anche che quei tipi di legami difficilmente sarebbero statati spezzati, così decise di comportarsi di conseguenza…
Allungò le labbra in un sorrisetto sornione, che inizialmente Boris non riuscì a comprendere a pieno, ed iniziò a correre a grandi passi in direzione di Saya e Kai, infischiandosene della stanchezza, ed il russo rimase talmente spiazzato da quel gesto che in un primo momento non riuscì a fermarla.
Nel frattempo lei era arrivata quasi alle spalle del nippo-russo, così vicino che poté quasi sfiorarlo.
«Kai!», lo richiamò, usando un tono di voce talmente abbattuto che in un primo momento riuscì ad accigliare tutti, Kuznetsov compreso, perché era un tono di voce talmente in contrasto con il sorrisetto ostentato pochi secondi prima che quel cambiamento radicale lo mandò ancora di più in confusione.
Tuttavia rimase impalato al suo posto, ad osservare con sguardo stralunato quello che successe un attimo dopo.
Il chiamato in causa si era voltato verso di lei con la sua solita aria seccata, quella che aveva sempre ostentato con chiunque avesse provato a disturbarlo, ed anche Saya si era voltata con fare incuriosito, perché non riusciva a capire cosa ancora volesse Mira da lui.
Insomma, non le era bastata la sconfitta?
Lei però non si fece né fermare né intimidire dallo sguardo di fuoco di Kai, e lo afferrò per il colletto della camicia per attirarlo a sé con uno strattone. In seguito annullò la poca distanza che c’era tra loro, rapendo la bocca del ragazzo in un bacio appassionato, che lo lasciò decisamente interdetto.
Di fronte a quella visione Saya e Boris sbiancarono all’istante, scioccati dalla scena che si era parata loro di fronte, mentre Yuri e Julia avevano aggrottato le sopracciglia in un’espressione pressoché allucinata, mentre tutti gli altri spettatori si erano lasciati sfuggire un gridolino meravigliato.
Il tutto però non durò più di una manciata di secondi, tempo che comunque servì al diretto interessato per riprendersi dallo shock, e quando riuscì a realizzare che stesse baciando Mira Nakamura, le sue mani si mossero di conseguenza. Con una spinta piuttosto forzata tentò di allontanarla da sé, ma lei era così caparbia e preparata all’evenienza che non riuscì a spostarla di un millimetro.
Si staccò solamente quando fu lei ad essere soddisfatta, e lo fece con un’espressione incredibilmente eloquente, ma prima che lui avesse potuto fare o dire qualsiasi cosa, lei si alzò in punta dei piedi ed arrivò a sfiorargli l’orecchio con le labbra, lasciandolo basito per la seconda volta.
«Ti rovinerò la vita come la tua famiglia ha rovinato la mia», gli disse con il tono di voce talmente basso che in un primo momento Kai non fu estremamente sicuro di quello che avesse appena sentito. Solamente quando lei si allontanò definitivamente da lui, e dopo aver visto l’espressione maligna sul suo volto, capì di non essersi sbagliato.
Quella ragazza l’aveva appena minacciato, nonostante fosse stata brava a non farsi sentire da nessun’altro al di fuori di lui, e la cosa gli sembrò così assurda che si ritrovò ad aggrottare le sopracciglia senza riuscire a staccarle gli occhi di dosso. Tuttavia lei non gli dette di nuovo il tempo di dire qualcosa, perché gli aveva voltato le spalle ad aveva iniziato a camminare con nonchalance in direzione di Boris, che a sua volta era rimasto impalato al suo posto con espressione scioccata.
Kai però avrebbe tanto voluto chiederle spiegazioni, anche se oramai era chiaro che lei non avesse mai avuto intenzione di conquistarlo, ma non riuscì a compiere un solo passo nella sua direzione. Rimase a fissare le spalle di quella che oramai poteva considerare rivale con la mascella serrata, indeciso sul da farsi, ma uno spostamento d’aria alla sua destra lo riportò ben presto con i piedi per terra, e quando si voltò in quella direzione, lo sguardo scioccato e leggermente accusatorio di Saya fece perdere un battito al suo cuore già incredibilmente provato, perché non vedeva quell’espressione sul suo volto dai tempi delle litigate per colpa di Fujima. Ma prima che lui avesse potuto fare o dire qualsiasi cosa, lei gli voltò le spalle ed iniziò a correre a passo spedito verso l’entrata dell’edificio scolastico.
Fine capitolo 26
 
 
 
°°°°°°°°°°°°°°°°°
 
 
Colei che scrive:
Ma salve e ben trovati in questo capitolo eheheh colpo di scena! :P Sono stata troppo cattiva? Sono una brutta persona? Può darsi, ma come ho sempre detto a tutto c’è un perché xD che oramai scopriremo a breve, visto che ci sono rimasti pochissimi capitoli U.U
Per quanto riguarda l’asterisco, Starlight Revolution è il nome di un colpo proprio al cavaliere dell’ariete ne: I cavalieri dello zodiaco. Mi sembrava perfetto come colpo per lei eheheh
Che dire, spero che questo capitolo vi sia piaciuto, e son che ora odierete Mira ancora di più xD eheheh
Spero di non aver fatto troppi errori, in caso come sempre mi scuso, per cui passo a ringraziare i recensori *^*, le persone che hanno messo la storia tra le seguite/ricordate/preferite, e tutti i lettori silenziosi giunti fin qua!
Al prossimo aggiornamento!!

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 - Pieces ***


Capitolo 27 – Pieces
 
 
I know I'm finally yours
So di essere finalmente tuo
I find everything I thought I lost before
Ho trovato tutto ciò che credevo di aver perso prima 
You call my name
Chiami il mio nome
I come to you in pieces
Vengo da te in pezzi
So you can make me whole
Così che tu possa rendermi intero”

Red - Pieces

 
 
 
 
 
Saya, dopo aver assistito al bacio che Mira aveva dato al suo compagno, era scappata dal cortile a gambe levate e si era rifugiata in un angolo appartato del giardino, intenta a lasciarsi addietro l’accaduto.
In un primo momento avrebbe voluto tornare in classe, per quello aveva preso la direzione dell’ingresso, ma poi aveva convenuto che tornare in aula non avrebbe fatto bene alla sua causa, perché sicuramente sarebbe stata braccata dalla curiosità dei loro compagni, quindi decise per l’opzione del cortile. Probabilmente la notizia di ciò che era successo tra lei e Mira, e quello successo tra Mira e Kai, aveva già fatto il giro della scuola e lei non aveva voglia di essere di nuovo al centro delle polemiche o dell’attenzioni di tutti. Lo era già stata con Fujima e non avrebbe voluto replicare l’esperienza.
Inoltre non seppe dire perché era scappata così, in fondo il suo compagno non aveva fatto nulla di male, eppure di fronte a quel bacio rubato si era sentita così ferita che non era riuscita a sostenere lo sguardo leggermente scioccato di Kai. Gli occhi spaesati ed impauriti che aveva intravisto l’attimo prima di dargli le spalle le avevano stretto il cuore, ma non era comunque riuscita a rimanere al suo fianco, anche se sapeva che quello ad essersi sentito incredibilmente in colpa sarebbe stato lui. Saya era sicura che si sarebbe tormentato, così come si era tormentato quando aveva dato un pugno ad Hiruta, e lei non avrebbe voluto che succedesse di nuovo. Non voleva vedere Kai tormentarsi ancora per qualcosa, eppure in quel momento molto delicato non era riuscita a rimanere al suo fianco.
Ed anche lei si tormentò per quello.
Si chiese inoltre cosa avesse voluto realmente Mira da lui, soprattutto dopo aver perso l’incontro. Non era stata lei a dire che avrebbe rinunciato a lui se avesse perso lo scontro? Invece non aveva mantenuto la parola…non che lei se lo sarebbe aspettato comunque, ma almeno aveva sperato nella sua lealtà.
Desiderava Kai a tal punto? Al punto di baciarlo di fronte alla sua stessa ragazza?
Ovviamente la nipote del presidente Ditenji non ce l’aveva con il suo compagno, o meglio non solo, però non era riuscita a cancellare dalla mente quel bacio, né il fatto che lui non fosse riuscito a sottrarsi a quel pericoloso avvicinamento. Era durato tutto una manciata di secondi, eppure era rimasto impalato al suo posto senza fare nulla, e quella consapevolezza l’aveva incredibilmente amareggiata. Pensava che dopo aver vinto l’incontro avrebbe potuto tirare un sospiro di sollievo, soprattutto dopo essersi presa la sua rivincita per il posto da titolare nella squadra di ginnastica ritmica, ed invece Mira Nakamura era riuscita ad indispettirla ancora una volta.  
Era riuscita a raggiungere e baciare la persona a lei più cara.
La persona che lei amava con tutto il suo cuore.
La persona che credeva sarebbe stata solamente sua.
Ovviamente non poteva pretendere di tenere Kai inchiodato a sé per sempre, soprattutto nell’eventualità che lui avesse ricambiato in qualche modo i sentimenti della sua spasimante, doveva riconoscerlo, anche se per lei era alquanto assurdo, non dopo quanto entrambi avevano lottato per stare insieme. Eppure non era una cosa da escludere. In fondo i sentimenti delle persone non mutano con estrema facilità? E lei non avrebbe pregato il russo di rimanerle accanto per sempre se lui non avesse voluto. Ci avrebbe sofferto, quasi annientando sé stessa, quello era ovvio, ma se quello fosse stato il suo volere lei non avrebbe potuto fare altro.
Però, in seguito a quegli assurdi pensieri, si lasciò cadere in ginocchio sull’erba del prato e dette libero sfogo alle lacrime che per tutto quel tempo avevano minacciato di sgorgarle dagli occhi. La sua mente era così pervasa dalla disperazione che non provò nemmeno ad opporsi all’inevitabile, e si ritrovò a singhiozzare con le spalle afflosciate ed i pugni serrati sull’erba fresca.
 
 
Kai invece era rimasto impalato ad osservare il punto in cui Saya era sparita, con espressione basita ed i pugni serrati, senza che la sua mente fosse riuscita ad elaborare a pieno ciò che era appena successo.
Era stato baciato da Mira Nakamura, ed il tutto era accaduto sotto gli occhi della sua compagna e quelli di tutti gli altri studenti, ma la cosa più assurda era che dopo averlo baciato a spregio quella ragazza lo aveva anche minacciato. Era stata brava a non farsi sentire da nessuno, facendo passare il tutto come un bacio dettato dalla disperazione per dei sentimenti non ricambiati, eppure Kai sapeva che dietro quel gesto c’era stato molto altro. Era chiaro oramai che quella strana ragazza non avesse mai avuto intenzione di conquistarlo, o di portarlo via a Saya per fare un torto a lei, ma non riusciva neanche a capire il perché della strana frase che gli aveva intimato sottovoce.
“Ti rovinerò la vita come la tua famiglia ha rovinato la mia”
Cosa aveva fatto di tanto orribile la sua famiglia per far sì che quella ragazza avesse architettato tutto quell’assurdo piano per colpirlo a tradimento?
Inoltre si sentì così tanto indispettito che gli sembrò di essere tornato ai primi giorni di scuola, quando veniva minacciato dagli Shall Killer per conto di Fujima.
Tuttavia in un primo momento non riuscì neanche a capire lo strano comportamento tenuto dalla sua fidanzata, che era scappata con sguardo disperato senza dire una parola, come se fosse stato lui a volere tutto quello. Però riuscì a capire che se fosse successo l’inverso, e fosse stata lei ad essere stata baciata a tradimento da qualcuno che aveva in tutti i modi cercato di portargliela via, anche lui si sarebbe sentito alla stessa maniera.
Non poteva certo biasimarla per quello.
L’unica cosa che avrebbe dovuto fare in quel momento sarebbe stata quella di provare a tranquillizzarla, perché Saya non avrebbe dovuto dubitare dei suoi sentimenti nemmeno per un attimo. Non dopo che lui era riuscito ad aprirgli il suo cuore, mettendo da parte sia l’orgoglio che le ferite lasciate dal suo passato.
Non avrebbe mai voluto vedere andare tutto in fumo per un fraintendimento.
Così, dopo aver digrignato i denti in una smorfia sofferta, si lanciò all’inseguimento della sua compagna.
Provò a cercarla in classe, in palestra, ed infine sul tetto, ma di Saya non c’era nemmeno l’ombra.
«Maledizione», imprecò a denti stretti quando chiuse la porta del terrazzo con fin troppo impeto, lasciando che il tonfo provocato surclassasse il silenzio.
Tuttavia decretò che non fosse il caso di farsi prendere dal panico, così decise di recuperare in aula i suoi effetti e di uscire definitivamente dall’edificio. Inoltre non aveva minimamente voglia di andare al Club di Basket quel giorno. Era troppo sconvolto per colpa di quello che era successo con Mira, e troppo in pensiero per Saya per riuscire a concentrarsi a dovere, e se non fosse riuscito almeno a risolvere i dissapori con lei non sarebbe stato in grado di giocare serenamente.
Continuò a cercarla per tutto il cortile, ma riuscì finalmente a trovarla quando ormai la speranza di rivederla stava iniziando a vacillare. La trovò accasciata a terra, furente ed in lacrime, e la consapevolezza che lei stesse di nuovo piangendo per lui gli fece sorgere sul volto una smorfia sofferta.
Si era ripromesso di provare a farla felice, invece era riuscito a ferirla di nuovo, anche se inconsapevolmente, ed il peso di quella colpa riuscì a serrargli lo stomaco.
Rimase a fissare le spalle della sua compagna per qualche secondo, con gli occhi ametista che scintillavano nella sua direzione, indeciso sul da farsi, ma il pensiero di stare di nuovo per perdere Saya per colpa della sua insicurezza riuscì a fargli riprendere quell’attimo di lucidità necessaria per raggiungerla, e lo fece a passo risoluto e dopo essersi dato coraggio con un copioso sospiro.
«Hey», la richiamò quando le si inginocchiò accanto, nonostante lo avesse fatto con voce leggermente titubante, e lei alzò di scatto la schiena con un gridolino spaventato, che lo fece sussultare a sua volta, ma quando notò la disperazione riflessa nelle ametiste di lei, Kai non poté che sentire il suo stomaco contrarsi ancora.
In quel momento però non riuscì a proferire parola, tanta era l’amarezza provata per colpa della sua codardia, quindi per cercare di farla tranquillizzare provò con l’unico modo che conosceva. Le circondò le spalle e l’attirò a sé in un sentito abbraccio, in cui rimase per degli attimi che sembrarono infiniti. Le poggiò una guancia sulla fronte e la tenne stretta per riuscire a calmarla, e solo quando i suoi singhiozzi si furono assestati decise di riprendere parola, nonostante fosse rimasto fermo in quella posizione per tutto il tempo. In fondo la sua vicinanza era riuscita a tranquillizzare anche lui.
«Ve meglio?», le chiese con voce lieve, riaprendo gli occhi ed osservando un punto indefinito del giardino, pur di non spostare la guancia dalla sua fronte.
«No», ammise però lei, con voce nasale ed incrinata, che fece perdere di nuovo un colpo al cuore al povero Kai.
«Perché sei fuggita?», le domandò con tono sofferto, nonostante dentro di sé già sapesse la risposta, ma lei non rispose e rimase in silenzio per altri interminabili secondi, tempo che lui impiegò per tormentarsi ancora.
«Quel bacio mi ha sconvolta», ammise poi con amarezza, allontanando il ragazzo da sé con una leggera spinta, gesto che gli fece serrare la mascella in una smorfia amareggiata. Ma fu lo sguardo incredibilmente accusatorio che lei gli lanciò a turbarlo di più, cosa che lo costrinse a serrare anche i pugni oltre che la mascella.
«Non ha sconvolto solo te», asserì stizzito, nonostante il sospiro che seguitò quelle parole. «Non sono stato io a volerlo!», commentò poi tra i denti, abbassando leggermente la testa in modo da far scivolare la frangia argentea davanti i suoi occhi, che non sentiva bruciare dal giorno in cui lei gli aveva dato le spalle per sparire con Akira Mato.
Saya però si alzò da terra con un balzo e con passo risentito ed espressione delusa gli dette di nuovo le spalle, probabilmente per sottrarsi ancora una volta all’ennesima discussione. Non si sentiva psicologicamente pronta ad un litigio, o a mettere fine della loro relazione, perché era più spaventata dal conoscere le motivazioni che lo avevano spinto a rimanere incollato a quel bacio piuttosto che ad una possibile sfuriata.
Non era pronta a perderlo di nuovo.
Kei invece non era pronto a lasciarla andare, né era pronto a vederla andare via perché non era riuscito a riacquistare la sua fiducia. Ed inoltre non era pronto a darla vinta a Mira, non dopo che lei l’aveva minacciato di rovinargli la vita, nonostante in quel momento gli sembrò che ci stesse riuscendo davvero. E la consapevolezza che in qualche modo lei avesse architettato tutto lo imbestialì non poco.
«Ferma!», la bloccò come era solito fare, prendendola per un braccio e fermandola contro l’albero come l’ultima volta, ma quel gesto fece sorgere l’ennesimo sorrisetto amareggiato sul volto della sua compagna.
Tuttavia lui non volle demordere, perché troppe volte era stato sul punto di perderla per colpa della sua insicurezza e del suo orgoglio, ma ora che lei era davvero sua avrebbe fatto di tutto per tenersela stretta.
Non sarebbe stata una ragazza arrivata da chissà dove a rovinare la vita di Kai Hiwatari!
«Lasciami Kai!», gli intimò però lei, cercando di divincolarsi da quella stretta come meglio poté, ma lui era molto più potente di lei e gli bastarono pochi secondi per farla desistere dal continuare.
«No, voglio che tu mi ascolti!», si ritrovò a ringhiarle contro, con la voce che a stento era uscita dai denti stretti, per la frustrazione di essere di nuovo al punto di partenza, come il giorno in cui aveva messo da parte l’orgoglio e l’aveva fatta sua.
«Io non voglio ascoltarti!», gli rispose lei, di nuovo sull’orlo delle lacrime, e dopo aver notato la disperazione dipinta sul volto della sua compagna allentò leggermente la presa, tanto da calmarla ma non abbastanza per lasciarla andare.
«Io invece voglio che tu mi ascolti!», parlò di nuovo tra i denti, con un tono di voce talmente sofferto che Saya dovette ammutolirsi per un attimo e ripiantare i suoi occhi sul viso di Kai, per riuscire a capire il vero stato d’animo del ragazzo. Fino a quel momento era stata perentoria nella sua decisione, convinta che fosse stata solamente lei a stare così male, ma dopo aver visto gli occhi del suo compagno farsi incredibilmente lucidi, e dopo aver scorto sul suo volto sempre impassibile la stessa disperazione che lo aveva mosso la prima volta che l’aveva baciata, non se la sentì di essere ancora così egoista. In fondo era giusto ascoltare anche le sue motivazioni, ma in quel momento era stata così tanto presa dalla rabbia che non era riuscita a pensare lucidamente.
«Dimmi solo se hai intenzione di ricambiare quella ragazza e facciamola finita Kai…Non ho voglia di stare ancora male per colpa vostra!», lo accusò, e Kai dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per mantenersi calmo e cercare una risposta razionale a quell’accusa, perché in un primo momento non era riuscito a pensare a nulla che non fosse dettato dalla rabbia. In fondo, dopo tutto quello che si erano detti e quello che avevano passato, come poteva Saya parlare con così tanta leggerezza e mettere in discussione i suoi sentimenti? Si sentì ferito, ma non volle comportarsi come al solito, né ferirla ancora di più, perché era estremamente sicuro che quelle parole non potevano essere sincere.
Era troppo arrabbiata.
«Intenzione di ricambiare quella ragazza?! Ma dì, sei impazzita?!», ringhiò, cercando comunque di tenere a bada anche la sua rabbia, perché nonostante cercasse in tutti i modi di risolvere quella situazione, quelle parole così accusatorie l’avevano comunque ferito. E poi non avrebbe mai potuto ricambiare i sentimenti di Mira, nemmeno se lei non lo avesse minacciato, perché nel suo cuore c’era una persona ben precisa ed in quel momento gli era di fronte. Era lei la persona che il suo cuore aveva sempre ricercato, la persona che era rimasta incisa in quel cuore di ghiaccio da più tempo di quanto lui ci tenesse ad ammettere, e non sarebbe stata una qualsiasi ed anonima ragazza a surclassarla. Nessuna sarebbe riuscita a fare una cosa del genere. Non nel suo cuore, e volle ricordarglielo.
«Non mi interessa di Mira Nakamura, né di quello che prova o quello che ha provato a fare, come non mi è mai importato di nessuna delle ragazze che ho sempre avuto al seguito. L’unica persona di cui mi interessa, l’unica di cui mi sia mai importato, in questo momento non sta avendo la minima fiducia in me», le rese noto con il tono di voce alquanto ferito. Aveva anche abbassato di nuovo gli occhi e la frangia argentea era finita per nasconderli alla vista della sua compagna, che dopo quelle parole non era riuscita a fare altro se non serrare la mascella con colpevolezza. Tuttavia non riuscì a dire nulla, nonostante il suo cuore avesse iniziato a battere dall’emozione per quelle parole, che non erano assolutamente da Kai. Eppure in quel momento si sentì emozionata, allo stesso modo di quando si erano concessi l’uno all’altra, e solo in quel momento riuscì a tranquillizzarsi, nonostante ci fosse ancora una cosa che non le era andata del tutto giù, e che le era rimasta di traverso come un boccone indigesto.
«Allora perché sei rimasto impalato? Perché non ti sei sottratto a quel bacio?», gli chiese con frustrazione, irrigidendo i muscoli del corpo per prepararsi ad una risposta che probabilmente non le sarebbe piaciuta. Però Kai si accorse della tensione che era scesa tra loro, così come si accorse dello stato d’animo preoccupato della sua compagna, ma lui aveva passato quasi tutta la pausa pranzo a cercare una possibile risposta a quella domanda, per cui non esitò nemmeno un momento prima di prendere parola.
«Perché sono rimasto scioccato da quel gesto inaspettato. Non avrei mai pensato che sarebbe stata così audace da fare una cosa del genere di fronte a tutti, o comunque di fronte a te», sospirò, per cercare di buttare fuori tutto quello che si era tenuto dentro, e lo fece liberando un braccio di Saya dalla sua stretta e portando una mano tra i capelli con fare nervoso. Lei però osservò quella reazione con occhi curiosi, osservando come gli occhi ametista del compagno fossero velati da uno strato di colpevolezza, che difficilmente era riuscita a captare in quello sguardo solitamente fiero, e solo in quel momento riuscì a capire quanto lui fosse veramente dispiaciuto per quanto era successo.
«Quindi non hai intenzione di cedere alle sue avance?», insistette ancora lei, con fare titubante, senza muoversi dalla sua posizione impalata contro l’albero nemmeno per un momento. Attese una reazione da parte del compagno con il fiato sospeso, ma quando lui alzò il suo sguardo risoluto di nuovo nei suoi occhi non ebbe più dubbi a riguardo.
Kai di rimando la guardò per qualche istante, come per intimargli la risposta solo con quell’occhiata, ma non gli bastò ammonirla in quel modo, come era assolutamente certo che non sarebbero bastate solo le parole. Così, con altrettanta risolutezza, accorciò la distanza che c’era tra i loro volti e rapì le sue labbra in un bacio appassionato, che la lasciò boccheggiante per qualche secondo.
«No, non ne ho mai avuta intenzione», le intimò la risposta a fior di labbra, ancora ansimante per quel bacio decisamente più appagante di quello che gli aveva rubato la ragazza che lo aveva minacciato. E ci tenne a dirglielo. «E poi questo è un bacio, non quello che mi ha bruscamente strappato quella ragazza prima di minacciarmi…», le rese noto con una smorfia, quando si staccò definitivamente da lei per tornare in posizione eretta, ma Saya dopo l’ascolto di quelle parole era rimasta interdetta per qualche secondo, apparentemente più calma ma molto più confusa di prima. Ma in fondo Kai aveva l’innato potere di esporre con una nonchalance disarmante concetti anche gravi, quindi non ci mise molto a ricomporsi.
«In che senso minacciato?», chiese, interdetta, e solo allora il ragazzo assunse la sua solita postura a braccia conserte, mostrando sul volto la sua solita espressione stizzita.
«”Ti rovinerò la vita come la tua famiglia ha rovinato la mia” mi ha detto all’orecchio, in modo che l’avessi potuta sentire solamente io», dichiarò con una smorfia e sotto quella dichiarazione Saya non riuscì a non sgranare gli occhi alla sorpresa, iniziando probabilmente a capire tutto.
«Ѐ una minaccia pesante…», convenne di dire, spostando leggermente la testa di lato come faceva tutte le volte che non capiva alcune cose.
«Già…», sospirò poi in risposta lui, chiudendo gli occhi per qualche secondo, ma le parole della sua compagna fecero sì che riportasse la sua attenzione su di lei.
«E tu non hai la minima idea di cosa voglia dire, giusto?», gli chiese ancora, appoggiandosi di nuovo con la schiena al tronco dell’albero ed osservando i muscoli facciali di Hiwatari tendersi sotto quella domanda.
«Giusto», le rispose lui dopo alcuni attimi di silenzio, nonostante l’impassibilità che ancora capeggiava sul suo volto.
«Quindi non ha mai avuto intenzione di conquistarti», ringhiò, decisamente furiosa, «era tutto meticolosamente calcolato!», concluse, e quella constatazione finì per stizzire anche lei oltre che il suo compagno, nonostante lui fosse arrivato a quella conclusione ben prima di lei.
«Ed ha convenuto di colpire me per arrivare a te. Sono sicura che il suo continuo indispettirmi fosse stato un pretesto per arrivare a te, anche se non capisco perché accettare la mia sfida, e soprattutto perché voler mettere in palio te per la vittoria se non le è mai importato nulla di conquistarti», insistette, portandosi anche due dita al mento con fare pensoso, ma il sospiro di Kai la fece desistere dal continuare a pensare a possibili congetture.
«Come hai detto tu, voleva solo arrivare a me. Il come arrivarci non le è mai importato…», continuò lui, con una smorfia di disappunto disegnata sulle labbra. «Ma sono molto curioso di scoprire perché ce l’abbia tanto con me!», concluse poi, risoluto come solo lui sapeva essere.
«Tu…sei sicuro di non conoscerla? Sei sicuro di non averle fatto nulla?», gli chiese poi Saya, titubante, ma il respiro le morì in gola quando vide gli occhi taglienti del suo compagno perforarla con un’occhiata ammonitrice.
«Ok, come non detto, ho capito, non è come Fujima…», sospirò infine, alzando le mani in segno di resa.
«No, ma se anche fosse io non mi ricordo, per cui sono molto curioso di scoprirlo», ci tenne a dire la sua, prima di voltarle le spalle e far ricadere di nuovo il silenzio tra loro.
«Ed è giusto che sia così», gli disse poi Saya, avanzando di quei pochi passi che la dividevano dalla schiena del compagno, fino a che non gli circondò la vita con le mani e non appoggiò la fronte alla sua spalla, accanto ai ciuffi scuri dei capelli che cadevano dalla coda bassa che era solito portare. Poggiò poi le mani sul petto del ragazzo ed ascoltò con un sorriso l’eco del suo respiro e del suo battito leggermente accelerato, nonostante lui si fosse irrigidito sotto quel gesto. Non si era ancora abituato a quei piccoli gesti d’affetto, tuttavia prese le mani di lei tra le sue e le strinse quel tanto per farle sentire che non l’avrebbe mai abbandonata. Non ci sarebbe mai riuscito a farglielo presente con le parole, per cui convenne di provarci in quel modo.
«Kai?», lo richiamò poi, quando oramai il silenzio era rotto solamente dal fruscio del vento, che smuoveva i capelli di entrambi come le fronde degli alberi.
«Mh?»
«Non ho voglia di andare al club», gli disse lei con voce ancora più titubante, stringendo di più la presa che aveva fatto sul suo petto, come ad intimargli che non avrebbe voluto sottrarsi così presto a quell’abbraccio.
E lui capì le sue intenzioni.
«Nemmeno io», le rispose con un sorrisetto piuttosto saccente, nonostante Saya non avesse potuto vederlo dalla sua posizione, ma poi con un gesto repentino le spostò le mani dal petto e si voltò fino a che non riuscì a guardarla negli occhi.
«Vai a prendere le tue cose, ti aspetto vicino al cancello. E se dovessi incontrare Yuri o Boris, dì loro di non rompere le scatole!», disse poi stizzito, nonostante il sorrisetto che ancora faceva capolino sulle sue labbra.
«Che intenzioni hai?», gli chiese però lei, assottigliando lo sguardo per capire cosa avesse in mente.
«Lo scoprirai…».
Kai le soffiò poi la risposta esattamente vicino l’orecchio, facendole così correre dei brividi di piacere lungo la schiena, cosa che la fece avvampare come tutte le volte in cui lui le stava vicino. Soprattutto dopo aver condiviso con il ragazzo dei momenti molto speciali…
Così non le rimase altro da fare che voltargli le spalle con un sorrisetto malizioso, mentre con uno scatto da far invidia al più rapido corridore del Giappone, corse in aula a recuperare la sua cartella.
 
 
 
 
Boris invece, dopo aver lanciato uno sguardo preoccupato in direzione di Kai, e dopo che lui si fu lanciato dietro Saya, aveva convenuto di seguire dentro la scuola la sua nuova amica.
Il tutto inoltre era avvenuto sotto gli sguardi perplessi e leggermente allucinati di Yuri e Julia, che non ci stavano più capendo nulla di ciò che stava succedendo ai loro amici. Avevano visto Saya inviperita, Mira risoluta, Kai alterato e Boris amareggiato, ma il perché di tutte quelle reazioni non lo avevano capito a pieno. Avevano capito che la Nakamura voleva conquistare Hiwatari, che Boris aveva una cotta per quella strana ragazza e che la nipote del presidente Ditenji era gelosa della nuova arrivata, ma oltre quello o del perché fossero tutti scappati dal cortile della scuola, lasciando loro basiti, non lo avevano ancora compreso. In più Kuznetsov aveva scelto di seguire Mira verso l’entrata dell’edificio, piuttosto che affiancarsi a loro per provare anche solo a spiegare cosa stava succedendo, per cui entrambi convennero che raggiungere i loro club sarebbe stato un’espediente migliore che rimanere imbambolati nel giardino.
Nel frattempo il russo era riuscito a raggiungere la sconfitta, che col suo passo spedito era riuscita a raggiungere gli armadietti, e con la sua solita nonchalance si stava cambiando le scarpe senza minimamente averlo degnato della sua considerazione.
Il che lo aveva lasciato incredibilmente indispettito.
«Hey!», la richiamò quando riuscì ad arrivarle accanto, ma lei aveva sul volto un’aria così arcigna che in un primo momento rimase interdetto da quella visione. Non lo aveva nemmeno guardato, ma era riuscito a capire che fosse incredibilmente arrabbiata.
In più non seppe dire perché, ma anche lui si stava sentendo esattamente come lei, perché averla vista baciare Hiwatari con così tanto impeto gli aveva lasciato dentro un’amarezza che difficilmente sarebbe andata via, nonostante a Kai non fosse importato nulla di quel bacio.
«Hey, mi stai ascoltando?», insistette, provando a fermarla per un braccio quando lei chiuse l’armadietto, riuscendo così a farla voltare, ma allentò la presa quando notò le sue ametiste incredibilmente accusatorie.
«Lasciami», gli ringhiò contro lei, nonostante sul suo volto fosse sorta un’espressione sofferta oltre che adirata, cosa che convinse il russo a lasciarla definitivamente andare. Gli aveva anche voltato le spalle, e lui rimase per qualche secondo ad osservare la lunga coda corvina che le ballava lungo la schiena ad ogni passo, ma poi si convinse a seguirla. Non voleva lasciarla andare via così, né voleva andarci di mezzo perché era stata rifiutata. Lui le aveva intimato più volte di lasciar perdere Kai, ma lei non lo aveva ascoltato ed ora se la prendeva con lui? Era inconcepibile per Kuznetsov, ed anche se non era il tipo adatto per consolare una ragazza che era stata appena scaricata, lui voleva a tutti i costi provarci.
Non era intenzionato a lasciar perdere quella causa.
«Aspetta!!», le gridò infatti dietro, riprendendo a parlare quando fu riuscito ad accostarsi a lei, che imperterrita continuava a salire le scale come se lui non fosse stato realmente lì con lei.  «Io te lo avevo detto che non ci sarebbe stato nulla da fare con Hiwatari. Te lo avevo detto che non avrebbe ricambiato!», la punse nell’orgoglio con voce risoluta e fu solo allora che lei si fermò, appena raggiunse il pianerottolo del secondo piano. Si voltò poi a perforarlo con lo sguardo, con gli occhi assottigliati in un’espressione incredibilmente divertita, molto in contrasto con quella che lui aveva scorto su quel volto non molti secondi prima.
«E cosa dovrei fare, ringraziarti?», lo rimbeccò, e quel tono di voce così saccente gli fece serrare la mascella per un attimo, ma lei riprese a parlare prima che lui potesse rispondere a quella strana accusa. «Tu non sai niente Boris Kuznetsov, per cui ti pregherei di non insistere!», lo mise a tacere con un’altra occhiata fulminante, prima che gli voltasse le spalle e continuasse la sua camminata verso la classe.
«Ok, non insisto, ma posso sapere cosa ti è saltato in mente per baciarlo in mezzo al cortile?», riprese parola lui, dopo essersi convinto a raggiungerla di nuovo, ma sotto quelle parole la vide sospirare con fare indispettito.
«Non sono affari tuoi!», asserì però lei, dopo che fu arrivata al suo banco per prendere i suoi effetti personali. Mise tutto nella cartella con movimenti stizziti e quando fu pronta gli voltò di nuovo le spalle e lo lasciò imbambolato al centro della sua classe. Si fermò solamente quando arrivò a varcare la porta dell’aula, ma seppe per certo di avere gli occhi di Boris addosso, e fu per quello che riprese parola.
«Ci vediamo domani», convenne di dirgli, perché in fondo si rese conto anche lei di essere stata molto dura nei suoi confronti. In fondo Boris aveva solo voluto metterla al corrente di come stavano le cose, probabilmente per non farla soffrire. Era uno strano ragazzo, come lei stessa gli aveva spesso detto, ma non riusciva ad avercela con lui. La sua vicinanza le aveva scaldato un po’ il cuore, e dovette ammettere anche quello…
«No, aspetta, non vai al club?», le chiese però lui con fare curioso, anche se un po’ se lo sarebbe dovuto aspettare, ma vide le spalle di Mira alzarsi leggermente sotto quella domanda, e lui non poté fare altro che sospirare silenziosamente, perché così non avrebbe potuto osservarla come l’aveva osservata meticolosamente per tutta la settimana. Oramai era diventato per lui un appuntamento fisso, alla quale non era mai riuscito a mancare, e finalmente aveva trovato anche lui una persona da guardare come Kai e Yuri guardavano rispettivamente Saya e Julia, con l’unica differenza che Mira non lo guardava con gli stessi occhi con cui le compagne guardavano i suoi amici. Ma, soprattutto, andare al club di Basket sapendo che quando fosse approdato nella palestra di ginnastica ritmica non avrebbe trovato quella ragazza che volteggiava in mezzo al campo non sarebbe stata la stessa cosa. Si chiese anche da quando era diventato così calcolatore, ma quella ragazza aveva fatto impazzire gli ingranaggi del suo cervello fin dal primo momento in cui l’aveva incontrata, ed era stato assolutamente certo che era quella la ragazza che aveva aspettato per tutto quel tempo. Era lei che aveva fatto battere di nuovo quel cuore di ghiaccio, e non sarebbe stata la delusione che le aveva dato giustamente Kai ad allontanarla da lui.
«No», gli rispose lei dopo alcuni secondi di silenzio, che servirono al russo per tornare di nuovo con i piedi per terra, «non ne ho voglia, sono stanca. Ci vediamo», gli disse poi, senza minimamente voltarsi a guardarlo negli occhi, e senza aspettare una risposta da parte del ragazzo sparì nella semi oscurità del corridoio, lasciandolo basito in mezzo alla classe oramai vuota.
“Non posso crederci…”, pensò Boris, quando portò le braccia conserte al petto per ripercorrere con la mente tutto quello che era stato costretto a vivere quel giorno. Aveva assistito al bacio che Mira aveva dato a Kai, senza che fosse riuscito a muovere un solo muscolo, ed aveva osservato il susseguirsi degli eventi con espressione scioccata, nonostante lo scombussolamento che aveva sentito dentro. Inoltre, nonostante avesse visto le espressioni perplesse di Yuri e Julia, aveva preferito seguire la sua nuova amica piuttosto che ragguagliare il suo migliore amico. Si sentì un po’ una merda a ripensarci, soprattutto dopo che ebbe convenuto di saltare anch’egli gli allenamenti, ma con lui si sarebbe potuto chiarire in seguito.
«Mi perdonerà…», sussurrò infatti tra sé e sé, ripensando proprio al compagno russo ed al fatto che quel giorno nemmeno lui sarebbe andato al club. Aveva in mente di fare una cosa, e se non si fosse sbrigato non sarebbe riuscito a farla.
Così corse fino alla sua classe, dove per fortuna non c’era più nessuno, e dopo aver preso la sua cartella si diresse a gambe levate fino all’uscita dell’edificio.
Si fermò solamente quando ne varcò il cancello, ed approfittò della cosa per cercare la figura della ragazza che oramai conosceva fin troppo bene. Voleva delle spiegazioni, o capire i suoi pensieri e comportamenti, per cui decise di seguirla per vedere dove abitasse o lavorasse. Sapeva che non era buona educazione spiare la gente, ma la sua mente era così tanto provata da tutti quegli avvenimenti che si lasciò di nuovo prendere dai vecchi insegnamenti della Borg.
Quella ragazza lo aveva provato fin nel profondo…
“Eccola”, annunciò tra sé e sé con fare trionfante, quando scorse la coda alta della ragazza sparire dietro l’angolo di un palazzo. Fu allora che riprese la sua corsa, stando attento a starle a debita distanza. Il suo buon senso gli impediva di farsi beccare in flagrante, mentre il suo orgoglio gli impediva di raggiungerla e proporle di accompagnarla, quindi convenne che seguirla in silenzio sarebbe stata la cosa più giusta da fare in quel momento.
Sperò solo che non dovesse prendere la metro, sennò l’avrebbe scoperto subito e non avrebbe più potuto portare a conclusione il suo piano. Ma Mira continuò a camminare con nonchalance per circa un quarto d’ora, tempo che lui impiegò per rimanere a svariati metri di distanza da lei con il cuore in gola. Camminava rasentando il muro dei palazzi, così da poter erroneamente pensare di mimetizzarsi con essi se lei si fosse voltata, ma per fortuna arrivarono alla loro meta senza che lei si fosse minimamente accorta di lui.
E per lui quello fu un bene.
Arrivarono di fronte ad una schiera di appartamenti, quelli con le scale in vista e le porte posizionate l’una accanto all’altra. Non dovevano neanche essere molto grandi come case, forse addirittura monolocali, ma in quel momento Boris non volle pensarci e si acquattò nel vicolo di fronte, per riuscire ad osservare in quale porta sarebbe entrata la ragazza.
Riuscì a tirare un sospiro di sollievo solo dopo che lei fu entrata dentro uno degli appartamenti posizionati al secondo piano, ma dopo che la ragazza fu sparita dalla sua vista, la consapevolezza di essere in un posto in cui assolutamente non avrebbe dovuto essere si prese gioco di lui.
«Ed ora che faccio?», chiese ad alta voce, come se ci fosse stato qualcuno che avrebbe potuto rispondere alla sua domanda, e lo fece portandosi due dita al mento con fare pensoso. A quell’ora avrebbero dovuto essere entrambi al club, e se Mira aveva un appuntamento di lavoro non sarebbe uscita da casa sua prima di altre due ore.
Maledisse sé stesso e la sua impulsività, impedendosi però di dare un calcio al muro, ma quando alzò gli occhi verso la strada si accorse di un piccolo bar con i tavoli posizionati lungo il marciapiede, e solo in quel momento i suoi occhi si illuminarono. Da quella posizione avrebbe potuto tenere d’occhio il condominio dalla quale sarebbe uscita la ragazza e lui avrebbe potuto perdere tempo bevendo qualcosa.
Così, con fare trionfante, scelse il tavolo migliore e continuò a sorseggiare la sua stessa consumazione fino a che la sua lunga attesa non fu ripagata.
Quando scorse la capigliatura scura di Mira uscire dalla porta del suo appartamento, con la sua solita aria impassibile, pagò di fretta il conto e si dileguò per raggiungere la sua posizione appartata di prima, attendendo di vedere in quale direzione sarebbe andata la sua amica.
Camminarono di nuovo per circa quindici minuti, fino a che Boris non iniziò a stufarsi di quel lungo peregrinare, così tanto che non riuscì nemmeno più a capire in che quartiere fosse finito, né come avrebbe fatto a tornare a casa del presidente Ditenji, ma in quel momento i suoi occhi erano fissi sulla schiena di Mira, e la osservò fino a che non la vide bloccarsi di fronte ad una persona. Fu allora che si nascose dietro la pianta di un negozio, abbastanza vicino ai due per sentire le loro parole.
«Allora tesoro, ci vediamo dopo?», le disse la persona che le stava di fronte e da quella posizione Boris poté notare che era un ragazzone alto, vestito di tutto punto quasi fosse un figlio di papà. Aveva una corporatura muscolosa, di quelle che si ottengono sfondandosi di palestra, un viso dalla mascella prosperosa ed alcuni ciuffi di capelli biondi che uscivano da una bandana arancione legata sulla testa, mentre i luminosi occhi azzurri guardavano Mira come se avesse voluto saltarle addosso da un momento all’altro.
«No, mi dispiace, oggi sono di turno», le rispose lei con nonchalance, e sotto quella strana affermazione, detta apparentemente senza un minimo di sentimento, il russo alzò un sopracciglio. Inoltre non riuscì minimamente a capire cosa c’entrasse lei con quell’energumeno, né come facessero a conoscersi, o a quanto pare a frequentarsi. Quello che ebbe però fu solamente una gran voglia di picchiarlo, per il modo grezzo con cui si era rivolto a lei, ma desistette dal farlo per continuare ad osservare quello che stava succedendo tra loro.
Vide tuttavia l’energumeno afferrarle il polso con poca grazia, ed in quel momento fu anche pronto per partire a dargli un cazzotto sul volto e liberare la sua amica da quell’insistenza, ma lei era rimasta impalata al suo posto, con il polso ancora stretto nella mano del nuovo arrivato, e non sembrava né spaventata né impensierita, ed anche se Boris non poteva vedere il suo volto, la sua postura gli fece capire che fosse solamente scocciata da quell’interruzione.
«Tzè, spero per te che sia vero!», le ringhiò quasi contro a denti stretti l’energumeno, mollandola poi dalla sua presa per impettirsi appena, «ricordati che io ti pago per i tuoi servigi!», le disse infine, e quella strana constatazione scioccò così tanto Boris che rimase impalato dietro una pianta con la bocca spalancata.
“Che diavolo significa?”, pensò tra sé e sé, ma quando l’energumeno gli passò accanto ebbe un attimo di lucidità per rialzare lo sguardo sulla ragazza, che con nonchalance aveva ripreso a camminare verso la sua meta, così non gli restò altro da fare che continuare a seguirla, nonostante avesse la mente pervasa da mille pensieri.
Chi era veramente Mira Nakamura?
Che lavoro faceva davvero quella ragazza?
Perché aveva insistito così tanto con Kai, tanto da dargli un bacio di fronte a Saya?
Non ci stava più capendo nulla, ma quando la vide entrare dentro un locale si decise a guardare meglio da vicino, ed inoltre non avrebbe voluto che i suoi assurdi pensieri avessero potuto influire su ciò che aveva appena visto, perché magari aveva potuto fraintendere. Solo lei avrebbe potuto dirgli la verità, anche se per un momento dubitò di tutto quello che lei gli aveva raccontato fin dal suo primo giorno di scuola.
Però, quando si avvicinò al vetro dell’apparente ristorante in cui era appena entrata Mira, non notò nulla di strano. Era un ristorante normale, con i tavoli disseminati in modo ordinato nella grande sala, e dove il barista al bancone stava asciugando con tranquillità alcuni bicchieri appena tirati fuori dalla lavastoviglie. Anche quando Mira uscì dalla porta, che probabilmente doveva essere il loro camerino, non sembrava avere nulla di diverso dalle comuni cameriere. Aveva un completo composto da un paio di pantaloni neri ed una camicia bianca in stile occidentale, con un grembiule dello stesso colore dei pantaloni legato in vita ed i capelli raccolti in una crocchia. Inoltre, senza degnare di un saluto o della sua considerazione i suoi colleghi e colleghe, aveva iniziato a dedicarsi all’apparecchiatura dei tavoli.
Boris invece era rimasto ad osservarla per tutto il tempo che impiegò per sistemare la sala, e lo fece con occhi curiosi ed espressione confusa, fino a che il sole non iniziò a tramontare. Solo in quel momento convenne che fosse per lui l’ora di tornare a casa, prima che Yuri avesse iniziato a dare di matto per la sua assenza. Doveva inoltre trovare una scusa convincente da dare al suo capitano, e prepararsi alla ramanzina sull’essere ligi ai propri doveri…
Si staccò così dalla vetrata, stando attento di nuovo a non dare troppo nell’occhio, o non farsi beccare dalla Nakamura o dalle sue colleghe, e poi, dopo aver dato l’ultima fugace occhiata alla ragazza, voltò le spalle al ristorante e cercò la prima stazione utile della metropolitana.
Chi sei veramente Mira Nakamura?”
Fine capitolo 27
 
 
 
°°°°°°°°°°°°°°°
 
Colei che scrive:
Ma salve e ben trovati in questo capitolo, che chiameremo “Boris lo stalker” xD questa ragazza lo ha totalmente rincitrullito U.U xD ma se avrà un lieto fine lo scopriremo alla fine, perché sono una brutta persona xD
Bene, come sempre se non faccio soffrire la povera Saya non sono contenta, ci voleva una breve discussione eheheheh
Ok, credo che non ci sia null’altro da dire e che il capitolo parli da sé U.U sono sempre più curiosa di sapere le vostre congetture su Mira, soprattutto dopo questo capitolo (ed il bello deve ancora venire, ripeto U.U xD)
Come sempre mi scuso per gli eventuali errori, e passo a ringraziare i recensori (siete speciali *^*), chi ha messo la storia tra le seguite, ricordate, preferite, e tutti i lettori silenziosi giunti fino a qui :3
Al prossimo aggiornamento!!

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Capitolo 28
*** Capitolo 28 - Never too late ***


Capitolo 28 – Never too late
 
 
 
The time we’ve lost
Il tempo che abbiamo perso
Can’t get back
Non tornerà indietro
 
Three Days Grace - Never Too Late
 
 
 
 
 
Boris quella mattina sembrava alquanto pensieroso, diversamente dagli altri giorni in cui era più spensierato e decisamente più insidioso. Ma dopo il giorno prima, in cui aveva seguito Mira fino a casa sua e sul posto di lavoro, e dopo averla vista parlare con quell’energumeno incontrato per strada, non era più riuscito a non pensare a quell’assurda situazione. Aveva rimuginato per tutta la notte su di lei e sul perché avesse deciso di baciare Kai, soprattutto di fronte a Saya, e così facendo non era riuscito a chiudere occhio, ed ovviamente il suo stato assonnato si era ripercosso sul suo risveglio.
Yuri non gli aveva detto nulla, ma anche lui si era accorto del suo comportamento strano, perché quella mattina era stato il primo ad entrare in bagno, quando invece era sempre l’ultimo ad alzarsi dal letto, e già quello aveva dato da pensare al rosso, ma in ogni caso non disse nulla e decise di rimanere ad osservare come si sarebbe evoluta la situazione durante l’arco della giornata. Gli aveva solamente chiesto perché non si fosse presentato al club, ma Kuznetsov aveva liquidato la questione con un’alzata di spalle e la conversazione era crollata così.
Quando invece i due incontrarono Hiwatari, fuori dalla villetta del presidente Ditenji, Kuznetsov lo fulminò con un’occhiata che non avrebbe potuto essere fraintesa, ma quello sguardo così intimidatorio fece alzare un sopracciglio ad Ivanov, oltre che storcere il labbro a Kai, ma forse quest’ultimo iniziava ad intuire quale fosse il problema. Tuttavia non disse nulla e lo snobbò come al solito, perché non aveva certo voglia di affrontare una discussione di prima mattina, e rischiare così di fare tardi a scuola. Era riuscito a tenere una buona condotta per quasi tutto l’anno, nonostante ciò che era successo con Hiruta e Fujima, e non voleva certo che i suoi voti si abbassassero per colpa dell’amico. E poi quando Saya usciva di casa li aveva sempre trovati ad attenderli fuori dal cancello, e se quella mattina non li avesse visti si sarebbe preoccupata, e dopo ciò che era successo il giorno prima farla preoccupare era l’ultima delle sue volontà.
«Andiamo», li ammonì però Yuri, che aveva già intuito che tra i due ci fosse un certo astio, ma anche Boris, come Kai convenne che quello non era né il luogo né il momento per affrontare un qualsiasi tipo di discussione. «Saya ci starà aspettando», concluse poi, lanciando il suo tipico sguardo ammonitore ai due, che decisero così di seguirlo dopo essersi scambiati l’ennesima occhiata amara.
In ogni caso rimasero tutti e tre in silenzio, ognuno a rimuginare sui loro problemi, fino a che non raggiunsero la ragazza, che era già ad attenderli fuori dal cancello della sua villetta con un’aria perplessa.
«Iniziavo a preoccuparmi, di solito sono sempre io quella in ritardo», ridacchiò, probabilmente per cercare di stemperare la tensione avvertita dai ragazzi, ma quando si accorse dell’aria contrariata di Boris e quella arcigna del suo compagno alzò un sopracciglio con fare perplesso.
«Ѐ successo qualcosa?», chiese infatti, spostando lo sguardo indagatore dall’uno all’altro, fino a che non si fermò sul volto impassibile di Yuri, che tutto avrebbe voluto tranne parlare di ciò che era successo il giorno prima. E poi anche lui aveva una compagna da raggiungere, per cui fece spallucce e le voltò le spalle.
«Non lo so, ma adesso non è il momento per queste cose. Dobbiamo sbrigarci o faremo tardi», decretò infine, con un tono di voce stranamente piatto, iniziando a camminare con nonchalance in direzione della stazione della metro. Al che Saya si voltò a cercare la complicità di Kai, ma lui le rispose con un’alzata di spalle, così non le rimase altro da fare che provare a scacciare il pensiero facendo spallucce con un sospiro, nonostante Boris le fosse sembrato stranamente silenzioso. Anche lui le aveva voltato le spalle senza dire una parola, ed anche lui aveva iniziato a camminare in direzione della stazione per seguire il compagno, che a quanto pareva sembrava decisamente intenzionato a lasciarli tutti indietro.
«Insomma, che succede?», insistette di nuovo Saya, quella volta diretta al suo fidanzato, ma in risposta ricevette solamente un’altra alzata di spalle.
«Uffa, voi russi siete tutti uguali!», lo ammonì poi, cercando di mantenere il punto con una smorfia, ma ovviamente non sortì l’effetto sperato, perché Kai, pur di non farla preoccupare, si aprì in un sorrisetto puramente divertito, e quella reazione la fece sospirare con rassegnazione.
«Non mi saluti?», le chiese infine lui, prendendola per un braccio e voltandola nella sua direzione come faceva di solito, in modo da avere di nuovo la sua attenzione, e la osservò poi con uno sguardo talmente penetrante che la fece arrossire violentemente.
«Devi sempre averla vinta, vero?», gli rispose lei, risentita, ma dalla sua espressione si notava perfettamente quanto anche lei fosse divertita.
Kai però accennò di nuovo un piccolo sorrisetto sotto i baffi, uno dei suoi soliti sorrisetti puramente bastardi, quelli che la facevano scogliere sul posto tutte le volte, e senza minimamente sprecare altre parole per risponderle, accorciò le distanze e le scoccò un bacio sulle labbra che la lasciò boccheggiante.
«Sempre», le rispose poi a fior di labbra, quando staccò le sue da quelle di lei, prima di perforarla con un’altra occhiatina eloquente e riprendere a camminare con nonchalance in direzione degli altri due.
 
 
 
 
 
Boris era entrato nell’edificio a passo di carica, ed il suo umore si era incupito subito dopo aver visto Mira salire le scale del pianerottolo senza averlo minimamente degnato di un saluto o della sua attenzione. Non che si fosse aspettato altro da lei, in fondo lo aveva solamente usato per cercare di avvicinarsi a Kai, ma fu proprio quella consapevolezza a lasciarlo incredibilmente amareggiato. Pensava che almeno tutto quello che lei gli aveva detto, o che aveva fatto per lui, fosse stato dettato da una specie di amicizia, o che il loro rapporto sarebbe potuto continuare nonostante la delusione che le aveva dato Hiwatari, invece lei sembrava essere diventata menefreghista e schiva nei suoi confronti, come se tutto quello che le era successo fosse stata colpa sua. Era anche deciso a raggiungerla, così per cercare di capirci qualcosa, o per chiederle spiegazioni in merito a quello che aveva visto il giorno prima, nonostante sapesse che ammettere di averla seguita non avrebbe giovato alla sua causa, ma qualcuno bloccò sul nascere le sue intenzioni.
«Boris, posso parlarti?», gli chiese infatti Saya, un attimo prima che si lanciasse all’inseguimento della ragazza, e quella strana richiesta gli fece alzare un sopracciglio, oltre che perplimere lo stesso Kai, che era rimasto spiazzato tanto quanto il diretto interessato.
Yuri invece come suo solito era rimasto indietro con Julia, per cui non si accorse minimamente di quello che successe.
La nipote del presidente Ditenji però, senza aspettare una risposta dal compagno, lo prese per un braccio ed iniziò a tirarlo in direzione delle scale, ma solo quando fu ad un passo dallo sparire oltre l’angolo si voltò verso Kai, che era rimasto nella zona degli armadietti con espressione incupita.
«Torniamo subito, non preoccuparti», gli disse con un sorrisetto sornione, probabilmente per non farlo preoccupare, e tirandosi dietro il compagno russo scomparve dalla visuale del suo fidanzato.
«Si può sapere che ti prende?», le chiese però Kuznetsov, che nonostante non si fosse opposto a quella risolutezza non riusciva a capire tutta quell’urgenza, ma Saya gli disse solamente di seguirla in silenzio, e seppur lui non si fosse mai lasciato dare ordini da qualcuno che non fosse Yuri, fece come gli era stato imposto con una smorfia contrariata ed osservò le spalle della ragazza fino a che non varcarono la porta del tetto. Solo allora lei mollò la presa che aveva fatto sul suo braccio e si voltò finalmente a guardarlo negli occhi, anche se lo fece a braccia conserte e con uno sguardo talmente risoluto che gli fece andare quasi di traverso la saliva.
«Perché mi guardi così?», le domandò infatti, interdetto, nonostante la smorfia contrariata che era sopraggiunta sul suo volto. Ma lei non si fece certo fermare da ciò, perché in fondo era abituata ai modi sprezzanti di Kai, per cui fece un gesto con la mano come a voler superare quella questione e si fece più inquisitoria.
«Non è il caso di dirmi cosa succede?», iniziò, assottigliando lo sguardo per osservare la reazione di Boris, che sotto quelle parole aggrottò leggermente le sopracciglia e strinse la mascella, chiaro segno che avesse capito dove lei avesse voluto andare a parare. «Ho capito che sei amico con Mira, come ho capito che quella ragazza ti piace, per cui perché non mi dici cosa vuole da Kai?», concluse con una smorfia, ma il russo si impettì a sua volta e spostò il suo sguardo amareggiato da lei, per portarlo ad un punto indefinito del terrazzo. Seguitarono anche alcuni istanti di silenzio, che Boris utilizzò per cercare una possibile risposta a quella domanda, mentre Saya rimase a braccia conserte in attesa di una risposta esauriente.
«Io non lo so, lei non mi parla di queste cose», ammise lui, provando a riguardare la ragazza col pelo dell’occhio, ma lei all’ascolto di quella constatazione riportò le braccia distese lungo i fianchi e lo guardò con un’espressione perplessa.
«Come sarebbe a dire, non siete amici?», indagò poi, ma dalla smorfia che fece Boris intuì che quella domanda doveva avere sicuramente una risposta negativa, che però non arrivò mai.
«Ho capito…», soffiò amareggiata, perché aveva intuito che la situazione era più complessa di quel che sembrava, ma in ogni caso provò con un nuovo approccio. «Però ti piace, non è vero?», si fece più inquisitrice, e quando notò di nuovo la mascella del russo serrarsi non ebbe più dubbi, per quello si aprì in un sorrisetto incredibilmente eloquente, che per un momento indispettì non poco il compagno, ma lui continuò a non voler riprendere parola, per cui fu lei a continuare. «Per questo ce l’hai con Kai, giusto? Ed è per questo che gli lanci delle occhiatine indispettite. Sei geloso di lui!», ridacchiò sotto i baffi, nonostante la delicatezza della questione. Si sarebbe anche aspettata di venire aggredita per la sua curiosità, o che lui le avesse intimato di farsi gli affari suoi, e da uno dei tre russi non avrebbe faticato a crederlo, invece lo sentì solamente sospirare e quel fatto le sembrò così strano che si accigliò di nuovo.
«Guai a te se ne fai parola con lui», la minacciò però lui, nonostante il suo tono di voce non fosse né adirato né minaccioso. Sembrava solamente rassegnato dai suoi modi fin troppo curiosi, ma in fondo anche lui non si sarebbe aspettato null’altro da parte della sua compagna, perché in fondo a Saya non era mai sfuggito nulla, tranne il fatto che Kai era sempre stato fin troppo preso da lei.
«Non lo verrà mai a sapere, sarà il nostro segreto!», gli fece una piccola linguaccia lei, avvicinandosi di più a lui, probabilmente per parlargli sottovoce vista la delicatezza della questione, ed inoltre non attese nemmeno una risposta da parte del ragazzo. Era talmente curiosa che se ne infischiò del fatto che Boris fosse sempre stato un tipo riservato, anche se non ai livelli di Kai Hiwatari…
«Allora, cos’è successo tra voi?», gli chiese infatti, avvicinandosi così tanto all’amico che sulle sue labbra si disegnò un sorrisetto puramente soddisfatto quando lo vide arrossire.
«Nulla. Non è successo assolutamente nulla tra noi. Lei è sempre stata presa da Kai per accorgersi di me, e quello che è successo ieri nel cortile ne è la prova», le rispose, con un tono di voce incredibilmente amareggiato, ed anche se avrebbe voluto raccontarle ciò che aveva visto il giorno prima, dopo essere usciti da scuola, decise che quello non era né il momento né il luogo adatto per farlo.
«Quindi non sai il perché lo abbia minacciato dopo averlo baciato…», insistette lei, portandosi due dita al mento con fare pensoso, e fu in quel momento che Boris riportò di nuovo l’attenzione su di lei, perché quelle parole lo lasciarono per un momento interdetto, così tanto che gli fecero aggrottare le sopracciglia in un’espressione incredibilmente confusa.
«Minacciato?!», le chiese infatti, con un tono di voce che rasentava quasi l’isteria, e quella reazione così esagerata fece accigliare anche lei, che annuì a quella domanda con sguardo allucinato, perché era stata incredibilmente sicura che lui avesse saputo cosa fosse successo. Insomma, era sicura che Mira gli avesse almeno raccontato le sue intenzioni, ed invece non sembrava essere così. Boris pareva essere all’oscuro di tutto, e lo capì dal modo allucinato in cui lui la stava guardando.
«Sì…non, non te lo ha detto?», Saya alzò un sopracciglio, riferendosi proprio alla loro compagna, ma Kuznetsov serrò di nuovo la mascella, accennando un gesto negativo con il movimento della testa.
«No, non mi ha mai parlato delle sue intenzioni. Anche io ero convinto che le piacesse Kai…», insistette lui, e la questione sembrò iniziare ad interessargli.
«A quanto pare gli ha detto all’orecchio una cosa del tipo: “ti rovinerò la vita come la tua famiglia ha rovinato la mia”, o qualcosa del genere», gli rese noto lei, continuando a tenere due dita poggiate sul mento, alla ricerca di una spiegazione logica a quella strana minaccia, ma Boris rimase interdetto e spiazzato da quelle parole, tanto che assunse un’espressione molto simile a quella di lei.
«Ah…», accennò solamente, impossibilitato a dire altro, e solo in quel momento fu indeciso se raccontarle quello che aveva visto il giorno prima o meno. Ma si decise a farlo solo dopo aver ascoltato l’affermazione di Saya.
«Mi piacerebbe essere una mosca per seguirla e capire le sue intenzioni», disse infatti quest’ultima, e fu in quel momento che Boris decise di giocarsi il tutto per tutto.
«Io l’ho fatto. L’ho seguita ieri, per questo non ero al club…», ammise tutto d’un fiato, e quella constatazione la lasciò di nuovo basita per alcuni secondi.
«E cos’hai scoperto?», gli chiese in primis, perché la curiosità la stava divorando come suo solito, ma quando lui aprì bocca per risponderle lei lo bloccò sul posto.
«No, aspetta, non credi sia il caso di parlarne anche con Kai? Così possiamo sentire anche lei sue constatazioni in merito…», propose, perché in effetti lasciare lui che era il diretto interessato all’oscuro di tutto non le pareva il caso, e poi mancavano decisamente pochi minuti all’inizio delle lezioni.
«Per quanto mi duoli ammetterlo hai ragione», sospirò lui, «Ci pensi tu a tenerlo a bada?», le chiese infine, riprendendo la sua solita aria spensierata. In fondo l’aver parlato con Saya gli aveva un po’ alleggerito lo spirito, ed era arrivato a pensare che, se le avesse parlato prima e di sua spontanea volontà, si sarebbero risparmiati entrambi alcune sofferenze. Ma oramai non aveva più importanza, perché tutto quello che dovevano fare era riuscire a capire le vere intenzioni di Mira Nakamura, ed ora Boris aveva un’alleata in più.
Forse due, se Kai li avesse aiutati.
 
 
 
 
Saya e Boris si scambiarono un sorrisetto eloquente nel momento esatto in cui suonò la campanella che avrebbe dato inizio alla ricreazione, e dopo essersi scambiati anche un cenno di assenso con la testa, fermarono i due compagni prima che si fossero alzati dai loro banchi.
«Ho bisogno di parlarti», disse infatti Kuznetsov, rivolto ad Hiwatari, che dal canto suo si voltò alle sue spalle e lo penetrò con un’occhiata leggermente indispettita, nonostante fosse rimasto alquanto meravigliato da quella richiesta.
Yuri invece rimase a guardare la scena con fare interdetto, indeciso tra il raggiungere Julia o rimanere lì per capire finalmente cosa stesse succedendo tra loro. Decise però che sarebbe rimasto con Julia per tutta la durata dell’ora di pranzo, per cui si rimise seduto con le braccia conserte al suo posto, in attesa che il compagno riprendesse parola.
«Parla», lo esortò Kai, nonostante l’espressione stizzita, ma quella speranzosa di Saya lo convinse a dare totalmente attenzione al suo compagno russo, così Boris, dopo aver preso una copiosa boccata d’aria, e dopo aver cercato con lo sguardo la complicità della ragazza, decise di vuotare il sacco. Raccontò loro tutto dall’inizio, dalla prima volta che aveva visto Mira nei corridoi della scuola fino a ciò che era successo il giorno prima, quando l’aveva seguita per tutto il pomeriggio. Non dimenticò neanche di dire loro dello strano incontro con l’energumeno, né del loro strano discorso, cosa che fece aggrottare le sopracciglia a tutti i presenti.
«Quella ragazza è strana e misteriosa allo stesse tempo», si lasciò sfuggire Saya, e lo disse con i denti digrignati in una smorfia, che fece assumere a Kai e Boris la stessa espressione. Yuri invece era rimasto pensoso al suo posto, a cercare di fare le sue congetture su quanto ascoltato.
«Già», ammise il nippo-russo, che alla fine non aveva creduto nemmeno per un momento al fatto che Mira gli fosse stata dietro come una qualsiasi altra spasimante. Era stato tutto troppo strano, nonostante in un primo momento se ne fosse altamente fregato dell’atteggiamento di quella spavalda ragazza. Lui ne aveva già una e per lui esisteva solo lei.
«Quindi», prese però parola Ivanov, attirando così l’attenzione di tutti su di sé, «se ho capito bene Mira Nakamura ha finto di interessarsi a Kai solo per avvicinarsi a lui, ed ha usato Boris per essere sicura di riuscirci, giusto?», chiese conferma, ed il silenzio che scese sui tre sciolse ogni suo dubbio.
Fu però Kuznetsov a riprendere parola.
«Esatto», ammise amareggiato, serrando anche i pugni oltre che la mascella, per intensificare così l’amarezza provata. Non riusciva a mandare giù il fatto di essere stato usato da quella ragazza, ma nonostante si sentisse così preso in giro non riusciva comunque a non pensarla. Ed inoltre avrebbe voluto confrontarsi anche con lei, giusto per cercare di capirle il perché si fosse comportata in quella maniera. E poi solo lei poteva dargli le risposte che cercava, anche riguardo ciò che aveva visto il pomeriggio precedente.
«Ed alla fine ti ha minacciato», concluse però Yuri, spostando lo sguardo sullo stesso Kai, che sotto quella constatazione finì per spostare le labbra in una smorfia puramente disgustata.
«Sì», soffiò in risposta, assottigliando lo sguardo per posarlo poi su Saya, e fu lei che infine riprese parola.
«Quindi ora che cosa pensate di fare?», chiese, altalenando lo sguardo tra i due diretti interessati.
«Vorrei provare a parlarle…», le rispose Boris.
«Voglio sfidarla», disse invece Kai, e sotto quell’ammissione i suoi compagni si voltarono verso di lui con sguardi allucinati.
«Sei impazzito?», gli chiese Yuri, con il tono di voce che solitamente usava per ragguagliarlo, ma ovviamente Hiwatari non si fece fermare da quella risolutezza. In fondo non l’aveva mai fatto.
«Affatto. A quanto pare sembra essere l’unico modo per farla parlare…», rese loro noto, ripensando al fatto che Mira avesse parlato più durante la sfida avuta con Saya che in tutte le altre occasioni in cui si erano incrociati nei corridoi.
 «Beh, in effetti non mi sembra male come idea. Io l’ho battuta, seppur con una certa difficoltà, ma per Kai non dev’essere un problema, e se lui vincesse potrebbe chiedere di farsi dire tutta la verità come premio di vittoria! Ѐ geniale!», si esaltò la ragazza, parlando con un sorrisetto eloquente stampato in faccia, che non poté non far sorridere a sua volta anche il suo compagno.
«In effetti non fa una piega», constatò anche Yuri, ed Hiwatari dopo aver sentito quella specie di consenso da parte del rosso si alzò con risolutezza dalla sedia, meravigliando non poco i tre ragazzi.
«Dove vai ora?», gli chiese invece Boris, lanciandogli contro un’occhiatina leggermente ammonitrice, perché aveva già capito le sue intenzioni.
«Vado a sfidarla», ammise con nonchalance il diretto interessato, e dopo aver voltato le spalle ai presenti, uscì dalla classe a passo spedito.
 
 
 
 
 
«Vuoi davvero sfidarmi?», gli rispose con un sorrisetto sbeffeggiatore la stessa Mira, che Kai aveva raggiunto nel cortile poco prima della ripresa delle lezioni, rendendole così note le sue intenzioni. Era stato secco e coinciso come solo lui sapeva essere, ed era andato subito al sodo senza rigiri di parole, fatto che aveva divertito non poco la ragazza.
«Sì, nello stesso posto in cui ti sei battuta con la mia compagna», le rese noto, rimarcando con tono deciso quel “mia compagna”, così da farle intendere perfettamente che non sarebbe stato ancora ai suoi giochetti, nonostante oramai fosse chiaro che a lei non interessasse in quel senso. In ogni caso volle mettere le mani avanti, e Saya, che era rimasta insieme a Boris nascosta dietro un albero, non poté non arrossire nell’ascoltare quelle parole dette con così tanta decisione.
Kuznetsov invece aveva deciso che avrebbe aspettato l’esito di quella sfida per provare ad avvicinare di nuovo Mira, perché se Kai avesse vinto, anche lui avrebbe potuto avere le sue risposte.
«Ti vedo deciso Hiwatari», lo sbeffeggiò ancora la Nakamura, e seppur lui fosse rimasto impassibile al suo posto, Saya stava iniziando ad agitarsi per colpa dei modi di fare di quella ragazza. Servì tutta la forza di Boris per impedirle di uscire dal loro nascondiglio, e per farla rimanere in silenzio.
«Bene, non vedo l’ora di battermi con te», concluse poi la diretta interessata, in direzione dello stesso Kai, e dopo avergli lanciato l’ennesimo sorrisetto eloquente, gli voltò le spalle e sparì dal cortile della scuola, lasciandolo impalato ad osservare con la mascella serrata le sue spalle allontanarsi. Così non gli rimase altro da fare che attendere l’ora dello scontro, e quando la campanella suonò l’ora prestabilita, Kai prese Dranzer ed il suo lanciatore dalla cartella e si diresse fuori dalla classe seguito dai suoi compagni.
I quattro ragazzi, con l’aggiunta di Julia, raggiunsero poi il punto della sfida e notarono come Mira fosse già lì ad attenderli, insieme a tutto il suo pubblico.
Alcuni loro compagni erano riusciti a sapere di quella sfida, e come la volta precedente, avevano accerchiato il campo di gara per riuscire a vedere come sarebbe andata a finire.
«Quella vipera…», soffiò la nipote del presidente Ditenji, che insieme a Boris aveva preso posizione vicino ad un albero, in modo da avere una perfetta visuale di quello che da lì a poco sarebbe diventato il Beyblade Stadio.
Yuri e Julia invece rimasero a debita distanza, nonostante anche loro fossero stati pressoché curiosi riguardo quello strano incontro.
«Sta calma…», cercò di tranquillizzarla Kuznetsov, nonostante il suo sguardo risentito non si fosse minimamente spostato dalla Nakamura. Inoltre, anche se cercava di non darlo a vedere, si stava sentendo alla stessa maniera della sua compagna.
«Ma bene, ci siete tutti», riprese però parola Mira, sbeffeggiando di proposito Kai, probabilmente per cercare di innervosirlo, ma lui era fin troppo abituato a quei giochetti che non ci sarebbe caduto così tanto facilmente. In fondo avevano sempre provato ad indispettirlo, esattamente come aveva fatto anche Fujima nei loro incontri, ma lui aveva sempre mostrato un incredibile fermezza, che gli era sempre servita per vincere le sue sfide. Forse avrebbe dovuto essere in qualche modo grato alla Borg per avergli insegnato a mantenere il sangue freddo…
«Smettila di parlare e tira fuori il Bey!», l’ammonì infatti, incoccando Dranzer al caricatore, ma la risatina divertita che ebbe in risposta dalla ragazza lo indispettì non poco, tanto che si aprì in una smorfia incredibilmente contrariata. Però non riuscì a dire nulla, perché dopo alcuni attimi di esitazione vide Mira tirare fuori dalla tasca della sua divisa scolastica quello che non riconobbe per nulla essere il Beyblade con il quale si era battuta con Saya.
«Ha un altro Bey?», chiese infatti allucinata la nipote del presidente Ditenji, dopo aver lanciato uno sguardo interdetto al compagno a fianco a lei, il quale anche lui si aprì in un’espressione molto simile alla sua.
«Io, non lo sapevo…», ammise infatti Boris, che non ci stava più capendo nulla di quell’assurda situazione.
Intanto la ragazza aveva mostrato la nuova trottola al suo avversario con un sorrisetto risoluto, ma Kai la guardò di rimando con un’aria puramente scocciata, perché a lui tutti quei convenevoli non interessavano. Battere un Beyblade o l’altro per lui non avrebbe fatto alcuna differenza, ma l’espressione risoluta che lei aveva in volto non gli piacque per nulla. Ed inoltre non sembrava avere fretta di iniziare l’incontro.
«Eccolo», gli rese noto, e quel modo di fare fin troppo saccente continuò ad indispettirlo. Tuttavia non disse nulla, e le lanciò un’occhiata impettita delle sue, quelle che solitamente riservava ai suoi avversari, ma anche quella sembrò non sortire l’effetto sperato. Allora spostò lo sguardo ad osservare l’oggetto che teneva in mano, per capire il perché si fosse mostrata così maledettamente sicura di sé, ma oltre al colore blu scuro del Beyblade, che ricordava molto il colore di Dranzer, non notò nulla di stranamente particolare.
Fu solamente quando lei riprese parola che le mascelle di tutti i presenti, per lo meno quelli interessati alla vicenda, si serrarono.
«Osserva Hiwatari», ridacchiò risoluta Mira, «ti presento Death Dranzer!», concluse poi, godendo dell’espressione allucinata che ebbe in risposta da Kai.
Fine capitolo 28


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Colei che scrive:
Ma salve e ben trovati in questo terzultimo capitolo (ebbene sì, ne mancano solo due...di cui l'ultimo sarà una specie di epilogo...il preludio al continuo :P). Adesso siamo davvero vicinissimi alla resa dei conti, ed a scoprire cosa vuole Mira da Kai ehehe e non dico altro U.U
Passo però a ringraziare tutte le persone giunte fino a qui, i recensori, i lettori, e tutti quelli che hanno salvato questa storia *^* e mi scuso per gli eventuali errori! 
Non voglio tirare alle lunghe, perché questo è un capitolo più o meno di transizione, la vera bomba deve arrivare eheheh 
Alla prossima!!!

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Capitolo 29
*** Capitolo 29 - All about us ***


Capitolo 29 – All about us
 
 
 
If they hurt you
E se fanno male a te
They hurt me
Fanno male a me
So we’ll rise up
Quindi ci faremo coraggio
Won’t stop
Non ci fermeremo
And it’s all about us
Ed è tutto su di noi
 
T.a.t.u - All About Us
 
 
 
 
 
Dranzer e Death Dranzer si dettero la caccia fin dal momento in cui vennero lanciati sul suolo del cortile, e nessuno dei due risparmiò i colpi all’altro.
Kai mandava il suo Beyblade all’attacco, nonostante non avesse ancora in mente una strategia vincente, mentre Mira incitava il suo a difendersi ed a contrattaccare, e tutto avveniva sotto gli sguardi preoccupati dei loro amici.
Saya e Boris erano ancora fermi vicino ad un albero, non molto lontani dal campo di gioco, mentre Yuri e Julia si erano tenuti più a distanza rispetto agli altri, nonostante anche loro fossero stati curiosi di assistere a quella strana gara. Inoltre molti altri studenti erano accorsi ad assistere a quella sfida, perché era estremamente difficile vedere Kai esporsi così. Solo una volta lo aveva fatto, ed era stato quando aveva sfidato Fujima a pugni nella palestra della scuola.
«Sembra fin troppo sicura di sé…», si lasciò sfuggire Saya, iniziando a torturarsi un’unghia del pollice con i denti, presa dal nervosismo, ma Kai non sembrava né in difficoltà né impensierito e quello la fece ben sperare. Boris invece era rimasto fermo nella sua posizione, ad altalenare il suo sguardo dalla ragazza al suo compagno, impossibilitato a decidere chi dei due fosse in vantaggio sull’altro. Tuttavia decise di non rispondere a quell’ammissione, perché sarebbe andato a discapito di uno dei due, e lui voleva fin troppo bene ad entrambi per schierarsi. Per quanto cercava di fare il duro o il menefreghista, voleva bene anche a Kai, così come aveva imparato a voler bene a quella strana ragazza.
Avrebbe inoltre voluto davvero sapere cosa le stava passando per la testa…
Dopo l’ennesimo attacco scongiurato, Mira si fece più impettita, mentre il ragazzo assunse un’espressione incredibilmente contrariata. Oramai erano più di dieci minuti che stavano andando avanti in quel modo, e sicuramente sia Dranzer che Death Dranzer stavano iniziando a risentirne, esattamente come i loro Bladers.
«Non ti stai impegnando abbastanza…», lo sbeffeggiò però lei, cosa che gli fece storcere leggermente il naso.
«Se è per questo nemmeno tu…», ci tenne a ricordarle, perché aveva visto la potenza di cui era capace nell’incontro che aveva combattuto contro Saya, e quei ridicoli attacchi non potevano di certo essere paragonati a quelli di allora, mentre lui si era solamente comportato di conseguenza.
«No…infatti», fece spallucce lei, iniziando così ad indispettirlo più di quanto già non fosse.
«Allora dimmi cosa vuoi Mira Nakamura, e facciamola finita!», soffiò poi tra i denti Kai, portando le braccia al petto nel suo solito atteggiamento impettito.
«Cosa voglio?», lo sbeffeggiò ancora, con un sorrisetto che indispose sia il diretto interessato che tutti i suoi amici. Tuttavia lei non si fece fermare da ciò, e portando le mani suoi fianchi si fece più divertita. «Credo di avertelo detto cosa voglio da te, Hiwatari!», gli ricordò, ed a Kai tornarono subito alla mente le sue parole.
«So cosa vuoi da me, voglio solo sapere perché. Io non ti conosco, né ti ho mai vista, quindi sarebbe carino dirmi per quale motivo sei venuta fin qua per minacciarmi!», le rese noto e solo allora riuscì a scorgere sul volto della giovane una leggera smorfia di disapprovazione, che deturpò per un attimo la sua impassibilità.
«Ma certo», ridacchiò, «vuoi sapere che cos’ha fatto la tua famiglia, non è vero?», lasciò la frase in sospeso di proposito, perché sapeva che Kai si stava tormentando per cercare una possibile risposta a quella domanda, ma decise di accontentarlo solo quando notò i suoi occhi ametista che scintillavano di rabbia.
«La tua famiglia mi ha portato via mia madre!», gli rese noto con nonchalance, nonostante il tono di voce duro che usò per ragguagliarlo, e quell’ammissione lo lasciò incredibilmente sconcertato.
Saya invece aggrottò le sopracciglia, perché non riusciva a stare dietro a quell’assurdo discorso, mentre Boris si era leggermente accigliato, perché Mira non gli aveva mai fatto quella confessione. Solo in quel momento riuscì però a capire di essere stato solamente usato per i suoi scopi, nonostante l’idea lo avesse sfiorato già da tempo.
«Nakamura è il cognome della donna che mi ha cresciuta, che fino a poche settimane fa credevo fosse mia zia, ma prima di morire mi ha raccontato la verità», iniziò, e la sua espressione si fece furente, così come il suo tono di voce si fece più accusatorio, e sotto quelle parole Boris perse un battito. «Mi ha raccontato della mia vera madre, e di cosa le fosse accaduto», insistette lei, lasciando ancora in sospeso la frase per tormentare il suo interlocutore. Poi si fece più risoluta, ed assottigliando lo sguardo in un’espressione sofferta decise di infierirgli il colpo di grazia. «Il nome di mia madre era Alina. Alina Volkova, ti dice nulla?», concluse infine, catturando con lo sguardo ametista quello dello stesso colore di Kai, ed osservò gli occhi del russo sgranarsi appena sotto quella confessione, mentre Death Dranzer cozzò contro Dranzer, facendolo indietreggiare fino ai piedi del suo possessore.
«Cosa?!», proferì lui in risposta, sciogliendo così la posizione impettita, scioccato da quell’ammissione, mentre Mira si beò del suo sguardo allucinato per tutto il tempo.
«Non…non è possibile!», soffiò invece Saya, con in volto l’espressione molto simile a quella del compagno.
«Cosa?», le chiese invece Boris, che non ci stava più capendo nulla di quello strano discorso, ma lei si voltò verso l’amico con sguardo sofferto, che di nuovo finì per stringergli il cuore.
«Alina Volkova è…era…la mamma di Kai…è morta quando lui era molto piccolo», gli rispose, riportando poi la sua attenzione verso il campo di gara, per non perdersi nemmeno un momento di ciò che sarebbe successo, mentre Boris era rimasto impalato al suo posto, con gli occhi sgranati e la bocca spalancata.
Stava iniziando a capire.
«Sei sorpreso Hiwatari?», ridacchiò poi Mira, indisponendolo ancora di più, così tanto che lanciò di nuovo Dranzer all’attacco, ma il Bey della ragazza fu bravo ad attutire il colpo.
«Non più di me quando l’ho scoperto», gli rese poi noto, con una smorfia contrariata. «Sono il frutto di un tradimento Kai», ringhiò poi, «ma avrei potuto vivere degnamente se tuo nonno non avesse interferito!», gli gridò contro, «tuo padre era via per lavoro, ma tuo nonno riuscì a scoprire la relazione extraconiugale di nostra madre, facendola così finire», digrignò i denti, «ma quando lei scoprì di essere incinta di me, era così spaventata all’idea che potevo essere figlia del suo amante che portò avanti la gravidanza in gran segreto, grazie alla sua più fidata inserviente. Tuo nonno in quel periodo risiedeva a Mosca, per cui non le fu difficile tenerlo nascosto a tutti, compreso tuo padre. Ma ovviamente non poteva tenermi, non quando tuo nonno sapeva la verità sulla sua relazione, e pensando che avesse potuto farmi del male, mi affidò alla sua stessa governante. L’ultima cosa che fece per me fu darmi il mio nome, ma presi il cognome di Ayako Nakamura, la donna che mi ha cresciuta fino ad oggi», concluse, stringendo la mascella ed i pugni con fare sofferto, mentre Kai era rimasto a fissarla scioccato, con l’espressione incredibilmente a contrasto con la sua solita impassibilità.
Nel frattempo Death Dranzer attaccò il Bey blu, che resistette all’offensiva con una certa riluttanza.
«Non è stato facile per noi andare avanti. Lei era una donna sola, senza nulla, ed io ero molto piccola. Si è sempre fatta in quattro per crescermi, anche facendo straordinari come prostituta», gridò, sull’orlo delle lacrime, perché erano ricordi che le facevano sempre un certo effetto. «Usciva la mattina preso e tornava a la sera tardi, ed io rimanevo spesso da sola. Pur di aiutarla ho iniziato anche io a lavorare molto giovane, e da quando mi ha lasciata ho dovuto prendere le redini del suo lavoro, puoi immaginare quale, perché non sarei mai riuscita a portare avanti degnamente la mia vita se non avessi fatto qualche straordinario. Da quel giorno mi è crollato il mondo addosso. Se tuo nonno non avesse interferito, probabilmente oggi ci sarei io al tuo posto, e forse tu non saresti mai nato!», lo accusò infine, con le ametiste che scintillavano furenti verso di lui, che invece era rimasto pietrificato al suo posto.
«Kai!», gridò di rimando Saya, cercando di farlo riprendere da quella presunta trance.
Boris invece era rimasto freddato da quelle constatazioni, perché finalmente era riuscito a capire il motivo degli strani comportamenti di Mira. Era oramai chiaro che avesse voluto vendicarsi per quello che la famiglia Hiwatari aveva fatto a sua madre, ed aveva voluto farlo vendicandosi di Kai, ma in fondo anche lui era stato solamente una vittima. Anche la sua vita era stata rovinata da suo nonno, ed infatti ci tenne a dirglielo…
Si riprese dopo aver sentito il richiamo della sua compagna, e dopo aver visto il suo bel volto rigato dalle lacrime. Così prese una copiosa boccata d’aria, richiamando a sé anche la sua preziosa Aquila, che lo aveva sempre aiutato nei momenti più disperati.
«Capisco quello che hai passato, davvero, ma non risolverai nulla prendendotela con me!», le disse, mentre il bagliore scaturito dal suo Beyblade si faceva sempre più intenso. «Come?!», sbottò invece Mira, adirata, richiamando anch’ella il potere del suo Bit Power.
«Non sei stata l’unica a cui mio nonno ha rovinato la vita!», le disse furente, perché in fondo lui non aveva di certo passato un’infanzia migliore della sua…
«Mia madre è morta quando ero molto piccolo. Mio padre mi ha abbandonato dopo la sua morte, mentre mio nonno mi ha portato in Russia, in un posto da cui sono uscito per mera fortuna, ed a cui sono sopravvissuto solo grazie al ricordo di una persona importante…», si voltò ad incrociare lo guardo ametista di Saya, che in risposta sgranò gli occhi, colpita da quell’ammissione, perché non avrebbe mai pensato che Kai l’avesse potuta ammettere di fronte a tutta la scuola. Ma in quel momento anche lui era pervaso dalla rabbia, la stessa rabbia che aveva ostentato sua sorella fino a pochi secondi prima.
«Tu non puoi neanche immaginare cosa io abbia dovuto subire in quel monastero», ringhiò, «ciò che noi abbiamo dovuto subire!», indicò poi Yuri e Boris, che rimasero con il fiato sospeso per tutto il tempo di quell’ammissione. «Per cui non venirmi a dire di essere stata solamente tu ad aver sofferto!», gridò infine, quando l’Aquila rossa si manifestò luminosa ed imponente di fronte a tutti i presenti, parandosi a difesa del suo Blader come aveva fatto con Saya sui ghiacci del lago Bajkal.
Mira invece rimase interdetta sotto quelle parole, così tanto che sgranò gli occhi ed osservò in tralice la fenice di Kai in tutto il suo splendore. Aveva passato così tanto tempo a covare la sua vendetta nei confronti di quel ragazzo, che dopo aver appreso la sua verità non era più riuscita a sentire la rabbia, né tutto il resto.
Si sentì svuotata, nonostante avesse iniziato ad avvertire uno strano calore all’altezza del petto.
Tuttavia Death Dranzer era ancora in gioco, e lei non avrebbe voluto concludere l’incontro senza aver lottato, per questo attese che anche il suo fidato falco corresse in sua difesa.
«Questo è il capolinea», decretò Kai, «attacca Dranzer!», incitò così il suo Bey, che riprese stabilità aumentando la rotazione, partendo immediatamente all’attacco del Beyblade di Mira.
«Vai Death Dranzer, contrattacca!»
Nel momento esatto in cui i due rapaci si scontrarono, e nello stesso istante in cui le due trottole si scontrarono sul terreno sconnesso del cortile, ci fu un boato talmente assordante che fece tremare anche i vetri delle finestre dell’edificio. La luce abbagliante scaturita dai due colpi invece impossibilitò i presenti a vedere chi avesse vinto, ma quando il polverone si fu assestato, così come il vento e la luce, Saya corse a vedere come si fosse concluso quell’incontro, e ciò che vide la lasciò boccheggiante per un momento.
«D…dranzer è…», cercò di iniziare, spostando poi lo sguardo su Kai, che si stava reggendo in piedi con quale difficoltà. Evidentemente quell’intenso scontro lo aveva privato di tutte le sue energie.
«Non…non è possibile, sta ancora girando…», soffiò Mira, che invece era crollata in ginocchio sul prato, ma nonostante l’affannamento i suoi occhi stavano lampeggiando in direzione del Beyblade blu, con uno sguardo in un misto tra il meravigliato e l’orgoglioso.
Boris invece era rimasto ancora impalato al suo posto, e stava spostando il suo sguardo dal suo amico alla sua compagna, impossibilitato a fare altro. Avrebbe tanto voluto raggiungere Mira, ma si sentiva svuotato di ogni emozione. Quello scontro gli aveva innestato dentro alcuni dubbi, e nonostante avesse saputo che solo lei avrebbe potuto scioglierli, non si sentiva più tanto audace da andare a parlarle, per cui rimase con le mani incrociate dietro la nuca ad osservare l’evolversi della situazione.
Saya invece, dopo aver lanciato uno sguardo leggermente rassegnato in direzione della sua compagna di corso, che nel frattempo aveva spostato lo sguardo sul suo oramai inutilizzabile Death Dranzer, decise di recuperare il Bey di Kai dal campo, che oramai girava traballante vicino ad un ciuffo d’erba. Anche lei lo osservò con sguardo accigliato, accorgendosi così dei danni quasi irreparabili che aveva riportato.
«Ѐ messo proprio male…», si lasciò invece sfuggire Hiwatari, che con un notevole sforzo era riuscito a raggiungere la sua compagna.
«Un po’, ma riuscirò a ripararlo, te lo prometto!», gli disse Saya con un sorriso, che lui non si sentì di smentire. Poi le sorrise anche lui, e le scoccò un leggero bacio sulle labbra, lasciandola di nuovo piacevolmente colpita.
«Ne sono sicuro…», le dichiarò poi, parlandole a fior di labbra, prima di riporre Dranzer nella tasca dei pantaloni e spostare l’attenzione sulla sorella.
«Dovresti andare a parlarle…», gli rese poi noto la nipote del presidente Ditenji, dopo aver captato lo sguardo titubante del suo compagno. Lo spinse anche leggermente in direzione della ragazza, ma quando lui la guardò con un sopracciglio alzato, non capendo perché lo stesse spronando a raggiungere quella che fino a pochi istanti prima aveva voluto solamente la sua disfatta, lei lo spronò di nuovo con un sorriso.
«D’accordo…», alzò poi gli occhi al cielo, perché oramai sapeva che contro Saya non l’avrebbe mai potuta avere vinta, e riprendendo un po’ della sua risolutezza si diresse in direzione di Mira, sotto gli occhi curiosi ed attenti degli altri.
«Hey…», le disse una volta arrivatole di fronte, «prendi la mia mano, forza, ti aiuto a rialzarti», continuò poi, lasciandola incredibilmente confusa dopo quelle parole, perché non si sarebbe di certo aspettata un gesto simile da una persona fredda e scostante come lui.
Ma forse non era poi così impassibile e stronzo come lei aveva pensato…
«Cos...tu mi vuoi aiutare? Dopo tutto quello che ti ho fatto?», ci tenne però a chiedergli, con gli occhi ametista di nuovo sgranati in un’espressione meravigliata, cosa che fece di nuovo alzare gli occhi al cielo al povero Kai.
«Questa scena mi sembra di averla già vista», si lasciò invece sfuggire Saya, con una risatina incredibilmente divertita, alludendo alla sfida che avevano disputato circa due anni prima sui ghiacci del Lago Bajkal, ed erano le stesse parole che in quell’occasione aveva sentito proferire dalla voce del suo fidanzato, ma quella constatazione le costò l’occhiataccia che l’ammutolì seduta stante.
«Sì, ti voglio aiutare», disse poi con fermezza Kai, in direzione della sua sorellastra, e quell’insistenza riuscì a smuovere l’apparente coltre di ghiaccio della ragazza. Così, dopo aver afferrato la mano di quello che oramai poteva chiamare fratello, ed essere riuscita a fare leva sul terreno con le gambe, si fece aiutare a rimettersi in piedi.
«Grazie», gli rese poi noto, nonostante l’impacciamento e l’espressione leggermente buffa che le era sorta sul volto, perché probabilmente nemmeno lei era abituata a pronunciare quella parola.
«Figurati…», le rispose lui, con il suo stesso modo impacciato che fece ridacchiare Saya sotto i baffi.
Quei due erano proprio uguali!
«Mi dispiace», asserì poi lei, nonostante stesse guardando un punto indefinito del cortile scolastico, ma se avesse guardato quelle due coppie di occhi molto simili ai suoi, probabilmente non sarebbe stata in grado di ammettere le sue colpe.
«Non pensiamoci più…», le rispose invece Kai, facendo spallucce, e quel fatto costrinse Mira a riportare su di lui la sua attenzione.
«A grandi linee ero a conoscenza di quello che avete passato in quel monastero», riprese poi parola lei, «me…me ne ha parlato Boris…», ammise, titubante, spostando poi l’attenzione proprio sul diretto interessato, che quando si sentì perforato da quegli occhi violacei spostò il suo sguardo da un’altra parte con una leggera smorfia, cosa che costrinse lei ad abbassare il suo con amarezza.
«Ma la tua voglia di vendetta ha surclassato tutto il resto…», concluse infine Saya, ammettendo con un tono di voce che trasportava una certa rassegnazione quello che non era riuscita a dire la ragazza, mentre quest’ultima si sentì talmente colpita da quelle parole che annuì solamente.
«Beh, anche Kai in passato ha fatto scelte sbagliate», pronunciò ancora la nipote del presidente Ditenji, nonostante l’occhiata di disapprovazione che ricevette dal suo compagno, ma ovviamente lei non si fece fermare da ciò e continuò a parlare a Mira come se fosse un’amica di vecchia data, superando così ogni dissapore che le aveva rese protagoniste in quei giorni. «Però ha capito i suoi errori…», le sorrise, «e sono sicura che lo hai fatto anche tu», terminò, guardando poi il suo compagno con un altro dei suoi soliti sorrisi, probabilmente per tranquillizzarlo, mentre la ragazza aveva inconsapevolmente alzato il suo sguardo ametista in direzione di Boris, che continuava volutamente a snobbarla.
«Sai…dovresti provare a parlargli…», ridacchiò poi Saya, alludendo proprio all’amico, perché sapeva che Mira non gli era poi del tutto indifferente, ed a quanto pareva nemmeno lui a lei. Aveva portato avanti la farsa con Kai, ma era sicura che fosse Kuznetsov ad essere riuscito a sciogliere quel cuore di ghiaccio.
«Probabilmente mi odierà…», ammise però la ragazza, spostando poi lo sguardo da Boris per riportarlo sulla sua compagna.
«Io invece dico di no…», cercò di farle coraggio Saya, nonostante il leggero sbuffo che sentì in risposta, sia dalla ragazza che dal suo compagno, ma probabilmente l’ultima cosa che avrebbe voluto sentire Kai erano proprio quei discorsi mielosi.
«Ok», decretò infine Mira, «però, prima di andare, volevo scusarmi anche con te…», le disse poi, e quella strana resa fece accigliare la compagna di Kai, nonostante avesse capito a cosa lei si stesse riferendo. Probabilmente si sentiva in colpa per tutto quello che era stata costretta a vivere in quei giorni, sia per colpa del bacio dato al suo fidanzato, sia del fatto che fosse diventata titolare nel club di Ginnastica Ritmica, ma Saya non era una che portava rancore, e così, dopo aver capito le motivazioni che c'erano state dietro, e dopo essere stata certa che lei si fosse pentita, aveva deciso di lasciarsi tutto alle spalle.
«Non pensiamoci più, ok? Adesso la cosa più importante è che tu riacquisti la fiducia di Boris…per scusarti con noi hai sempre tempo…», fece spallucce, prendendo poi per mano Kai ed allontanandosi dal cortile per dare modo a Mira di raggiungere la fonte dei suoi pensieri.
 
 
 
 
Boris invece era così intento ad ignorare la ragazza che in un primo momento non si accorse che lei gli era appena arrivata di fronte, perché era rimasto tutto il tempo con il volto rivolto da tutt’altra parte, nonostante le orecchie tese per captare i discorsi degli amici. Era stato veramente molto curioso di sentire la versione della ragazza, o le sue scuse, ma il suo orgoglio gli aveva impedito di raggiungerla. Ciò nonostante era stata lei a raggiungere lui, e nonostante quello lo avesse reso particolarmente soddisfatto, cercò di mantenersi disinteressato, per continuare a gonfiare il suo ego e non farsi vedere particolarmente preso da lei.
«Hey…», lo richiamò però Mira, con fare titubante, e quella voce particolarmente rattristita lo convinse finalmente a voltarsi verso di lei, anche se le riservò un’occhiata particolarmente adirata, molto in contrasto con le espressioni divertite e disinvolte che le aveva mostrato nei giorni addietro.
«Che cosa vuoi?», le chiese rudemente, anche se si dette subito dello stupido per come l’aveva trattata. Si rese conto di aver assunto lo stesso comportamento che aveva tenuto Kai nei confronti di Saya per tutta la durata dell’anno scolastico, ed era l’ultima cosa che avrebbe voluto fare. Si era dato tanto pensiero per fare la ramanzina a lui, e poi si comportava come tale? «Scusa», ci tenne infatti a dirle con un sospiro, dopo aver visto lo sguardo abbattuto di Mira abbassarsi per un attimo a terra. «Il tuo comportamento mi confonde…», ammise poi, e quelle parole costrinsero la ragazza a riportare le sue ametiste sull’amico, anch’ella sospirando. Sapeva che prima o poi avrebbe dovuto affrontare con lui quel discorso, e dopo essersi finalmente chiarita con Kai, adesso spettava a lui.
«Vorrei parlarti, e scusarmi, se vorrai ascoltarmi…», continuò lei, mantenendo una certa compostezza nonostante il batticuore. Oramai non poteva più mentire a sé stessa, perché quel ragazzo l’aveva attirata fin dal primo giorno in cui l’aveva visto, ma allora era stata troppo presa dai suoi scopi per dare ascolto al suo cuore, e poi non aveva voluto compromettersi, rischiando così di perdere la sua occasione di vendetta.
Ma in quel momento era tutto diverso, perché era finalmente libera dal tormento, e finalmente pronta a lottare per lui.
Fin dalla prima volta si era sentita serena e sicura al suo fianco, così tanto che era finita a parlargli del suo passato, omettendo naturalmente alcune cose che lei stessa aveva ammesso solo a Kai, ma Boris le era sembrato così simile a lei, che si era sentita subito in sintonia. Entrambi avevano sofferto per un passato che avrebbero volentieri cercato di dimenticare, e forse ognuno di loro avrebbe potuto curare il cuore dell’altro.
«D’accordo», sbruffò lui, notevolmente più calmo di poco prima, e quello costrinse Mira ad accennare un piccolo sorriso. «Ci rimangono altri dieci minuti prima di andare al club…», fece poi spallucce, spostando i suoi occhi azzurri in quelli di lei, che invece si spostarono subito a guardare in alto con espressione stizzita.
«Non ho nessuna intenzione di andare al club», lo ragguagliò, storcendo il labbro per fargli intendere tutte le sue intenzioni, ma lui si accigliò sotto quella strana reazione.
«Ma tu sei una delle titolari, ed il campionato si avvicina», le ricordò lui, ma lei fece spallucce allontanando la questione, come se oramai non gliene fosse fregato alcun che del club, o di tutto il resto…
«Ok, saltiamo il club», convenne poi, sconfitto, e dovette ammettere che anche lui non aveva poi tutta quella voglia di andare al club di Basket. Sarebbe stato il secondo giorno consecutivo di assenza, e forse Yuri gli avrebbe fatto una notevole ramanzina sull’essere ligio ai doveri, ma con lui si sarebbe potuto chiarire in seguito. In quel momento non voleva perdere l’occasione di rimanere da solo con quella ragazza, e di riuscire finalmente ad avere le sue agognate risposte.
«Bene», gli sorrise lei, prendendolo poi per un braccio e facendolo arrossire violentemente, «andiamo a casa mia», continuò in seguito, e quell’ammissione, detta quasi con nonchalance, dette a Kuznetsov il colpo di grazia.
«A…a casa tua?!», chiese infatti, impacciato, perché tutto si sarebbe aspettato tranne di ricevere quella strana proposta. Tuttavia sapeva dove fosse stata casa sua, ma non credeva che ci sarebbe potuto andare a così poca distanza di tempo. E poi credeva che non sarebbe stato saggio per lei rimanere sola con lui, perché l’eccitamento che Boris sentiva ogni qual volta che gli occhi di lei si posavano su di lui non sarebbe riuscito a tenerlo a bada a lungo. Lei gli aveva fatto un notevole effetto fin da subito, più di quanto gli avessero mai fatto tutte le altre ragazze con il quale era stato.
«Sì, qual è il problema?», domandò però lei, alzando leggermente un sopracciglio, perché non riusciva davvero a capire quale fosse il problema. La sua non era stata una richiesta fatta con malizia, perché voleva davvero riacquistare la sua fiducia, anche se dentro di sé non disprezzava certo l’idea di finire a letto con lui. Anzi, al solo pensiero diventava rossa come un pomodoro, nonostante la coltre di ghiaccio che voleva a tutti i costi mostrare al mondo. In fondo condivideva pur sempre i geni con Kai…
«Nulla, nessun problema…», le rese noto lui, voltandole così le spalle, «allora, andiamo?», chiese poi, attendendo che lei lo affiancasse, per dirigersi insieme verso quella che lui non avrebbe dovuto sapere fosse stata casa sua.
Quando arrivarono di fronte alla porta dell’appartamento di Mira, Boris mandò giù un copioso groppo di saliva ed attese pazientemente che lei gli desse il permesso di entrare, e quando lo fece si rese conto di camminare fin troppo impacciatamente, cosa che costrinse la ragazza a ridacchiare sotto i baffi. Tuttavia convenne di non metterlo in ulteriore imbarazzo.
«Non è grande, e forse è anche un po’ disordinata, ma almeno qui potremmo parlare tranquillamente senza venire interrotti», gli disse poi, togliendosi la giacca della divisa per riporla sull’attaccapanni, invitando lui a fare lo stesso.
«Figurati, non hai mai visto la mia stanza», le rispose lui, riassumendo finalmente la sua solita spensieratezza, e finalmente anche lei poté tornare a comportarsi di conseguenza.
«Immagino…», gli disse infatti, perforandolo con uno sguardo talmente eloquente che lo freddò sul posto, ma poi lei scoppiò a ridere e lui non poté che eguagliarla.
«Allora, è il caso di parlare, no?», le chiese poi, portando le mani dietro la nuca e facendo scorrere lo sguardo ovunque tranne che su di lei.
«Sì…», sospirò invece quest’ultima, invitandolo a sedersi sul divano, dove prese posto anche lei.
«Allora, a quanto pare la tua strana ossessione per Hiwatari era solo per finta…», spezzò il silenzio Boris, dicendo la prima cosa che gli era venuta in mente pur di dire qualcosa, e quando la vide annuire si decise a continuare. «E chi l’avrebbe mai detto che sei sua sorella…», sospirò poi, portandosi una mano tra i capelli con fare nervoso.
«Sorellastra», ci tenne però a puntualizzare lei, perché non avrebbe mai voluto avere nulla a che fare con l’altro ramo della sua famiglia. Li accomunava solamente la loro madre, scomparsa troppo presto per essere riuscita a conoscere Mira, o per essere riuscita a parlare a Kai di lei.
«Già, sorellastra…», si corresse lui, «e quindi per metà sei russa, come Kai», le disse poi, cercando di capire qualcosa in più su di lei, ma al suono di quelle parole la sentì solamente sospirare.
«A quanto pare…però non so chi sia mio padre. Nessuno lo sa, mia madre non ne ha mai parlato a nessuno…», ammise con amarezza, «e nonostante Hito Hiwatari avesse scoperto quella relazione extra coniugale, non ha mai detto a nessuno su chi fosse quest’uomo…»
«Capisco…», soffiò Boris, «nemmeno io so chi sia mio padre. Anche mia madre è morta quando ero molto piccolo. Sono sopravvissuto grazie a Yuri e, a malincuore, grazie a Vorkof», digrignò leggermente i denti, «come vedi, abbiamo tutti dei trascorsi molto simili…», si sentì di dirle, perché in fondo era una verità che non poteva essere contraddetta.
«Già», sospirò di nuovo lei, afflosciando leggermente le spalle, «mi dispiace per quello che vi ho fatto passare», disse poi, andando diretta al punto della questione, perché voleva a tutti i costi lasciarsi addietro quegli assurdi trascorsi.
«Non pensarci più…»
Boris, che per tutto il tempo di quella conversazione aveva cercato di non incrociare i suoi occhi, decise di riposare l’attenzione su di lei, nonostante avesse avvertito il suo cuore iniziare a battere più incessantemente del previsto. Tuttavia c’era una cosa che voleva chiederle, e che lo aveva turbato per tutto il tempo, ed anche se avrebbe dovuto ammettere di averla seguita, in quel momento era risoluto ad ascoltare la sua risposta.
«Senti», iniziò così, catturando la sua attenzione, «dispiace anche a me per quello che ho fatto, e prima che mi chieda cos’ho fatto, ecco, io, ieri ti ho seguita fino a casa, e poi fino a lavoro...», ammise, nonostante la leggera titubanza ed il leggero impacciamento, notando come Mira serrò la mascella sotto quelle parole, ma lui non demorse.
«Sono stato uno stupido, ma volevo davvero provare a capirti…», sospirò, «però, durante il tragitto, ti ho vista parlare con un energumeno e…», interruppe la frase, non sapendo con quali parole avrebbe dovuto continuare, ma venne interrotto dalle parole della ragazza.
«Ah, sì, quello…», gli disse lei, abbassando gli occhi per colpa della vergogna, «un…un cliente…», ammise poi, nonostante la mascella serrata ed i pugni tesi. Non avrebbe mai voluto che qualcuno, specialmente di sua conoscenza, fosse venuto a sapere alcune cose di lei, ma dopo averlo ammesso di fronte a tutti, era chiaro che avessero voluto spiegazioni, e Boris ne era un esempio. Rimase anche in silenzio dopo quell’ammissione, sicura che lui si sarebbe alzato da quel divano e l’avesse abbandonata a sé stessa, giudicandola per le sue azioni, ma lui non fece nulla di tutto ciò. Continuò a stare seduto sul divano, nonostante il piccolo sospiro, e continuò ad osservarla con il pelo dell’occhio.
«Hai detto che hai preso le redini del lavoro che faceva tua zia, o quello che era, gusto?…E per cliente intendi quello?», chiese poi, per cercare di capire se avesse compreso a pieno le parole della ragazza, ma lei si ritrovò solamente ad annuire, di nuovo impossibilitata a fare altro.
«So che mi stai giudicando, e non ti biasimo…», disse poi, dopo aver ripreso tutta l’audacia perduta, ma lui abbozzò una piccola risatina, probabilmente per cercare di allontanare la tenzione avvertita da entrambi.
«Sei fuori strada…», l’ammonì poi, allungandosi comodamente sullo schienale del divano, probabilmente per assumere una posizione che lo avesse mostrato più sicuro di sé. «E poi, se devo essere sincero, io ho fatto di peggio», ridacchiò, «intendo dire, negli anni della Borg…», concluse infine, più seriamente, perché, seppur in modo meno grave di quello che aveva subito Kai, anche lui era stato punito molte volte con violenze, a volte anche sessuali, per cui era forse l’unico, insieme ai suoi amici, che avessero potuto capire quella ragazza.
«Grazie», gli sorrise infine lei, finalmente libera da ogni tormento, perché in quel momento gli interessava solamente che lui l’avesse capita. Tutto il resto per lei sarebbe passato in secondo piano.
Però su di loro cadde il silenzio, ed entrambi iniziarono a dare la loro attenzione ad un punto indefinito della stanza, chi torturandosi i capelli, chi rigirando un piede a terra, fino a che non fu di nuovo lei a richiamare l’attenzione del ragazzo.
«Posso confermare quello che ti ho detto la prima volta?», gli disse, spostando di nuovo i suoi occhi su di lui, che avvertì di nuovo il suo cuore riprendere a battere repentinamente sotto quello sguardo violaceo.
«E cioè?», le domandò, aggrottando leggermente le sopracciglia, non capendo il senso di quell’assurda domanda.
«Sei un tipo strano, Boris Kuznetsov», ridacchiò poi, portandosi una mano a coprirsi la bocca, ma quella risata calda fece ridacchiare sotto i baffi anche lui.
«Lo so, faccio questo effetto», ammise, «ma, per lo meno, questa volta non hai sbagliato a pronunciare il mio cognome, Mira Nakamura…», si avvicinò pericolosamente a lei, spostandosi leggermente dalla sua posizione per guardarla profondamente negli occhi, cosa che la fece avvampare.
«Che…che hai intenzione di fare?», gli chiese, nonostante non si fosse minimamente spostata dalla sua posizione.
«Nulla che tu non voglia fare…», fece poi spallucce Boris, scoppiando a ridere e riportandosi con le spalle a contatto con lo schienale del divano, riassumendo una posizione disinvolta.
«Perché, se io volessi fare qualcosa, tu ci staresti?», gli chiese poi lei, spostando leggermente la testa di lato con fare confuso, nonostante il sorrisetto leggermente malizioso che le era salito sulle labbra.
Forse iniziava a capire quello strano ragazzo, ed in più iniziava ad eccitarla il suo modo di fare così burlone.
Lui però spostò repentinamente la testa verso di lei, con sguardo leggermente scioccato, perché non si sarebbe di certo aspettato una domanda del genere, alla quale non sapeva davvero cosa rispondere. Ci mise un bel po’ per ritrovare una certa razionalità.
«Beh, ecco, io…cioè, lo sai che non si gioca col fuoco?», convenne però di dirle, ed in fondo era vero. Se lei avesse continuato a provocarlo, lui non avrebbe più risposto delle sue azioni.
Purtroppo però successe qualcosa che lo sconvolse piacevolmente, così tanto che si ritrovò ad avvampare quando vide la ragazza salirgli a cavalcioni con uno scatto fulmineo, alla quale non era riuscito minimamente a sottrarsi.
Ma voleva davvero sottrarsi a tutto quello?
«Mi piace giocare col fuoco…», gli disse lei vicino al suo orecchio, e quella fu la goccia che fece traboccare il vaso già troppo colmo di Boris.
«Te la sei cercata, Nakamura…», ridacchiò lui, ribaltando le posizioni con un colpo d’anca e bloccandola sul divano sotto di sé, ma lei non si mostrò minimamente spaventata e, anzi, quel suo sorrisetto sornione lo eccitò ancora di più.
«Era quello che volevo, Kuznetsov», lo minacciò, all’apice della malizia, prendendolo poi per il colletto della camicia ed avvicinandolo a sé, ma fu lui a rapire le labbra della ragazza, per regalarle finalmente il bacio che si era sognato di darle in tutti quei giorni.
Fine capitolo 29
 
 
°°°°°°°°°°°°°°°°°°
 
 
Colei che scrive:
Ce l’abbiamo fatta xD siamo arrivati alla presunta fine di questo tormento (per Kai e Boris!), e spero di non aver deluso le vostre aspettative >.< Non so come mi sia venuta l’idea di creare una portatrice degli stessi geni di Hiwatari xD perché uno come lui non bastava U.U però è stata un’idea che mi è venuta mentre cercavo una possibile compagna per il povero Boris xD Insomma, non poteva essere un’anonima tizia giunta da chissà dove, ma, soprattutto, una senza problemi XDDD
Bene, detto ciò spero che il capitolo vi sia piaciuto, e mi scuso per gli eventuali errori >.< o frasi poco comprensibili xD
Passo a ringraziare come sempre tutti i lettori, chi ha salvato la storia ed i miei fantastici recensori *^* Grazie mille a tutti!
Alla prossima! (siamo arrivati davvero alla fine, manca solo l’ultimo capitolo…almeno in questa storia muahahahah)

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Capitolo 30
*** Capitolo 30 - Let us burn ***


Capitolo 30 – Let us burn - Epilogo
 
 
 
 
 
Let us burn
Lasciateci bruciare
 
Within Temptation - Let Us Burn
 
 
 


«Yuri?»
La voce di Julia lo destò dai suoi pensieri, tanto che si voltò verso la sua compagna con un sopracciglio scarlatto alzato in un’espressione confusa. Gli era dispiaciuto non ascoltare il suo discorso, perché da quando la conosceva non si era mai distratto durante i suoi sproloqui, nonostante quella ragazza parlasse sempre fin troppo, ma a lui faceva piacere ascoltare il suono della sua voce. Erano così diversi loro due, che alla fine si completavano in maniera del tutto impeccabile. Lei era la voce dei suoi pensieri, e lui la razionalità che a volte a lei mancava. Però era rimasto talmente sconcertato dalla visione che gli si era parata di fronte, che da quando erano usciti di casa non era riuscito a staccare gli occhi da Boris.
Quella mattina, quando era uscito come al solito dalla villetta del presidente insieme al compagno russo, aveva trovato Mira Nakamura ad attenderli insieme a Kai, e già quello gli era sembrato al quanto strano. Non tanto per il fatto che quei due fossero insieme, in fondo avevano molte cose di cui parlare, ma per il fatto che lei era andata a salutare Kuznetsov con un focoso e passionale bacio con la lingua, cosa che lo costrinse a voltarsi con le sopracciglia aggrottate verso Hiwatari, che di rimando fece spallucce con fare divertito.
Quanto lo odiava quando faceva così! Ed inoltre il suo compagno, quello che poteva quasi chiamare fratello, non gli aveva detto nulla di quella strana relazione. Gli aveva solo distrattamente detto che si era chiarito con quella ragazza, ma a quanto pareva aveva omesso di dirgli tutto il resto, e dovette ammettere di esserci rimasto un po’ male. Ma in fondo quei russi erano fatti così…Lui stesso, per vergogna forse, si era comportato alla stessa maniera, parlando di Julia al compagno solamente in seguito alla sua insistenza, ed alle domande a brucia pelo che Boris gli rivolgeva durante l’arco della giornata.
«Sei strano stamani…troppo silenzioso e distratto…», continuò però la spagnola, quando gli occhi di ghiaccio di Yuri si posarono finalmente su di lei, che lo stava guardando con un leggero ammonimento, fatto che lo costrinse a lasciarsi andare in un sonoro sospiro.
«Sono rimasto meravigliato dal comportamento di Boris…», ammise, ammiccando con la testa proprio in direzione del compagno, che stava camminando mano nella mano con Mira qualche metro più avanti.
«Ahhh, capisco», ridacchiò però Julia, iniziando a capire quale fosse il problema, «beh, sono felice che anche lui abbia trovato una persona speciale, come sono felice che le cose con lei si siano finalmente sistemate. Secondo me non è male quella ragazza», ammise poi, portando le braccia dietro la schiena con fare disinvolto, cosa che lo costrinse ad alzare gli occhi al cielo con una posata risatina. Tuttavia non poté che essere d’accordo con lei, nonostante non esistesse ancora al mondo qualcuno che a lei stesse antipatico. Quella ragazza riusciva a trovare del buono in tutti, come aveva fatto con lui in fondo, e forse era proprio per quello che era riuscita a fare breccia nel suo cuore…
 
 
 
Quando i quattro ragazzi entrarono in classe, dopo che Yuri e Boris ebbero salutato le rispettive compagne, quest’ultimo aveva un’aria così rilassata e divertita che trovò divertente prendersela di nuovo con Kai, sbeffeggiandolo come al suo solito.
«Sai», iniziò infatti, in direzione proprio del compagno, che di rimando si era voltato verso il suo banco con un’espressione stizzita delle sue, «ho passato una vita ad evitare i tuoi geni», portò le mani dietro la nuca, abbozzando un sorrisetto da schiaffi, «e poi…», ammiccò infine, lasciando volutamente in sospeso la frase, probabilmente per fargli immaginare il finale. Tuttavia non gli staccò gli occhi di dosso nemmeno per un momento, mentre quelli di Kai si assottigliarono in un’espressione apparentemente scocciata. La cosa inoltre preoccupò non poco Saya, che cercò con lo sguardo la complicità di Yuri, ma quest’ultimo abbozzò un piccolo sorrisetto, come se quella per lui fosse una cosa assolutamente normale, perché in fondo sapeva che non c’era cattiveria nel modo di fare di Boris, come non sembrava esserci rancore in quello del compagno, per cui la ragazza si voltò di nuovo ad osservare quello che stava succedendo tra i due compagni.
«Tzè, guarda il lato positivo», rispose invece Kai, nonostante l’aria arcigna, «non è una Hiwatari», alzò leggermente le spalle con fare menefreghista, nonostante avesse cercato di ragguagliarlo con un’occhiataccia delle sue, che fece però scoppiare a ridere il diretto interessato.
«Hai ragione», asserì di rimando Kuznetsov con una breve risatina, allungandosi ancora di più sulla sedia, «ma ha comunque i tuoi occhi», fece poi una smorfia, «mi fa un po’ impressione, perché mi sembra di baciare te…», concluse infine con una smorfia schifata, constatazione che gelò sul posto tutti e tre i presenti. Saya aprì la bocca in un’espressione decisamente scioccata, Yuri alzò un sopracciglio, probabilmente preoccupato dalla strana ammissione che si era lasciato sfuggire il compagno, mentre Kai aveva aggrottato le sopracciglia in un’espressione decisamente perplessa.
«Tzè, non mi piace farti quest’effetto…», gli rispose infatti, ma per fortuna quell’ammissione riuscì a stemperare la tenzione che si era creata tra loro, facendoli scoppiare a ridere.
Almeno tra i quattro era tornato il buon umore, e non c’erano più le incomprensioni che li aveva resi protagonisti in quei giorni.
Boris era tornato a punzecchiare il compagno come al solito, senza cattiveria o rancori, complice anche il buon umore che aveva sviluppato dopo essersi chiarito con Mira, ed anche se Hiwatari gli rispondeva spesso con aria stizzita, o con qualche occhiataccia delle sue, sapeva che non ce l’aveva veramente con lui. Ed in più, dopo la serata passata con la nuova compagna, anche le cose tra loro si erano sistemate. Entrambi avevano messo a nudo la loro anima e si erano donati l’uno all’altra con amore.
Yuri invece continuava a vivere felicemente la sua storia con Julia, esattamente come faceva Kai con Saya. Tutti e quattro avevano trovato la loro pace, anche se ci era voluto quasi un anno. Ed oramai quel primo anno scolastico, ricco di avvenimenti ed emozioni, stava volgendo al termine…
 
 
 
 
 
«Sei sicura di volerlo fare?»
Saya era rimasta impalata in mezzo al corridoio, con sguardo allucinato e le bocca leggermente spalancata in seguito alle parole di Mira. Quest’ultima invece aveva stampato sulle labbra un sorrisetto divertito, anche quando annuì soddisfatta per via della reazione della nuova cognata.
«Sono sicurissima», le sorrise ancora, «è stato anche per colpa mia se non sei riuscita ad avere un posto in squadra, e comunque non è mai stato il mio intento quello di essere titolare. Volevo farlo solo per i miei scopi personali, ma a questo punto non ha più senso. Il posto lo meriti molto più di me», fece poi spallucce, scioccando ancora di più la diretta interessata.
«Io…io non so cosa dire, non sono preparata…», le rispose quest’ultima, ma Mira abbozzò un altro furbastro sorrisetto prima di prenderla sotto braccio e trascinarla fino in palestra.
«Parlerò io con la presidentessa», le disse poi, lasciandola fino allo spogliatoio ancora deserto.
Così, dopo una lunga chiacchierata con il capitano della squadra, Saya prese il posto di Mira nella rosa delle titolari, e fu felice e lusingata per quel gesto inaspettato da parte della nuova amica. In fondo sapeva che non era mai stata una persona cattiva, e tutto quello che si era ritrovata a fare, lo aveva fatto solo per prendersi la sua vendetta nei confronti del fratellastro, ma per fortuna era andato tutto bene.
Kai aveva ritrovato una sorella.
Boris aveva guadagnato una fidanzata.
E lei si era fatta una nuova amica.
 
 
 
 
 
L’ultimo giorno di scuola, le tre coppie di ragazzi si ritrovarono come rito a pranzare all’ombra di un albero, nel solito punto appartato del giardino scolastico, e quel giorno alcuni di loro, specialmente le ragazze, sembravano incredibilmente nostalgiche.
«Ma ci credete che sia l’ultimo giorno di scuola? Sembra ieri che abbiamo iniziato!», si fece sfuggire Saya, dopo aver mandato giù il boccone che stava masticando distrattamente già da qualche secondo.
«Già…Io sono arrivata nel secondo quadrimestre, e molto probabilmente mi toccherà ripetere il secondo anno, ma sono comunque felice di questo risvolto», le rispose Mira, facendo spallucce, con il sorriso che sul suo volto si vedeva solamente quando era in compagnia di Boris.
«Anche io sono felice», dette man forte Julia, guardando Yuri con un mal celato sorriso, che fece sorridere a sua volta anche lui. In fondo era lusingato del fatto che la spagnola fosse rimasta lì per lui. «Anche se un po’ mi manca mio fratello, sono comunque felice della scelta che ho fatto, e sono pronta ad affrontare anche gli altri due anni con lo stesso spirito!», concluse, con il bel sorriso che solitamente faceva sciogliere il cuore di ghiaccio del compagno.
«Ben detto!», sorrise anche Saya, spostando poi involontariamente lo sguardo su Kai, che stava continuando a mangiare come se quei discorsi non lo stavano minimamente toccando. Tuttavia sorrise, perché non vedeva il suo fidanzato così rilassato da un tempo a dir poco infinito, ed anche se sapeva che non era il tipo da intervenire in alcune conversazioni, era sicura che il suo cuore fosse finalmente libero. Non c’erano più gli Shall Killer, Fujima, Mato o qualunque altra persona ad interferire con la sua felicità. Era finalmente libero di vivere la sua vita insieme a lei, e nonostante ci avesse messo un bel po’ ad ammettere i suoi sentimenti, in quel momento poteva dichiararsi finalmente felice.
«Perché mi guardi così?», chiese però in direzione di Saya, quando si accorse che la sua compagna lo stava guardando con insistenza. Aveva anche alzato leggermente un sopracciglio, ed aveva fermato le bacchette a mezz’aria con un’espressione leggermente perplessa, che la fece ridacchiare sotto i baffi.
«Nulla, mi sembravi rilassato…», gli rispose però lei, tornando a mangiare come se nulla fosse, ma Kai aggrottò di nuovo le sopracciglia.
«Lo sono», disse lui, concedendosi un piccolo sorrisetto prima di portare di nuovo le bacchette alla bocca, e nel vedere le labbra di Hiwatari protese all’insù, anche lei si concesse un leggero sorriso.
«Avete in mente di fare qualcosa dopo il diploma?», ruppe però il silenzio Mira, guardando con fare estremamente curioso tutti i suoi nuovi compagni.
«Io non lo so, c’è ancora tempo, no?», ridacchiò Julia, anche se si era voltata ad incrociare lo sguardo di Yuri, che le sorrise leggermente sotto i baffi.
«Io credo che tornerò al monastero», fece invece spallucce il rosso, voltandosi di nuovo verso Julia, che nel frattempo aveva smesso anche di respirare. «E tu verrai con me», le disse poi, anche se usò un tono di voce pressoché autoritario, ma la spagnola sembrò soddisfatta di quella risposta, per cui non disse null’altro e continuò a mangiare come se nulla fosse, col cuore che le batteva all’impazzata. «Ad oggi è Sergej a dirigere la nuova Borg, perché è l’unico di noi ad avere l’età giusta, anche se è affiancato da Ivan e da molti collaboratori rimasti dopo la dipartita di Vorkof*», insistette Ivanov.
«Credo che tornerò in Russia anche io», disse poi Boris, «in fondo non volevi tornarci anche tu?», chiese poi in direzione di Mira, che al suono di quelle parole le si illuminarono gli occhi. In fondo aveva sempre voluto visitare il posto in cui era nata sua madre, e poterlo fare con l’uomo che amava, e forse andandoci anche ad abitare, sarebbe stata la sua massima aspirazione.
«Sì, mi piacerebbe molto visitare Mosca!», si rallegrò lei, facendo scintillare le sue ametiste in direzione del compagno, che si concesse un sorrisetto compiaciuto. Sapeva che quello era uno dei sogni della ragazza, perché gliene aveva parlato proprio lei non molto tempo prima, e lui avrebbe fatto di tutto pur di farla felice.
«Allora è deciso!», constatò infine Kuznetsov, allungandosi per rapire le labbra della compagna in un bacio appassionato, che fece ridacchiare sotto i baffi Yuri ed alzare gli occhi al cielo a Kai.
«E voi?», chiese poi Mira in direzione del fratellastro e dell’amica, che guardò leggermente il compagno con il pelo dell’occhio prima di rispondere.
«Io credo che inizierò a lavorare per mio nonno. In fondo sono l’unica erede del presidente Ditenji, ed è mio compito portare avanti la federazione», disse, seppur leggermente titubante, mentre Kai era rimasto con gli occhi fissi sul cibo che stava diligentemente cercando di finire.
«E tu?», gli chiese però la sorellastra, curiosa di sentire la sua risposta, perché lui era sempre stato talmente silenzioso ed impassibile che forse nemmeno Saya avrebbe saputo dare una risposta a quella domanda. Tuttavia si decise a rispondere quando notò che lo sguardo di tutti i presenti si era posato su di lui, e lui non amava stare al centro dell’attenzione, nemmeno dei suoi amici, a meno che non fosse stato nel bel mezzo di in un incontro di Beyblade o in una partita del Club di Basket.
«Non lo so», rese loro noto con uno sbuffo spazientito, ed in fondo era la verità. Anche Kai era l’unico erede dell’azienda che aveva tirato su suo nonno, ma non aveva nessuna intenzione di prenderne le redini, né di portare avanti qualcosa che lo accomunava a suo nonno. E poi, sapendo che la sede in cui Hito Hiwatari era presidente fosse a Mosca ne aveva ancora meno intenzione. Non avrebbe mai e poi mai lasciato Saya in Giappone, né le avrebbe chiesto di seguirlo fino in Russia. A costo si sarebbe messo a fare qualcos’altro, a dispetto del suo parente, né si sarebbe abbassato a chiedere a suo padre, che dirigeva la loro sede a Tokyo. I due avevano convenuto di rompere i rapporti e tenersi ognuno la propria fetta di società, senza più collaborare, ma lui non aveva intenzione di affiancarsi né a suo nonno, né a suo padre.
E poi aveva ancora due anni per pensarci.
«Ma come non lo sai…», si lasciò però sfuggire Yuri con perplessità. Non avevano mai affrontato il discorso, ma era sicuro che il compagno avesse già la strada spianata in famiglia, ma a quanto pareva i voleri del ragazzo erano ben diversi da quelli che il capitano della Neo-Borg aveva immaginato.
«No, non lo so, e non voglio pensarci ora», concluse però il diretto interessato, categorico com’era sempre stato, facendo intendere agli altri che il discorso fosse finito lì. Anche Saya lo guardò con sguardo leggermente apprensivo, perché sapeva che lui non le avrebbe mai chiesto di sacrificare il suo futuro per lui, ma Kai non sembrava intenzionato a riprendere il discorso, per cui voltò lo sguardo dall’altra parte e continuò a mangiare come se non fosse successo nulla.
«Ah, a proposito Yuri», prese però parola Boris, probabilmente per stemperare la tensione che era scesa tra loro, «ho deciso di trasferirmi da Mira», rese loro noto, cosa che fece andare di traverso il boccone al povero Ivanov, ma prima che potesse dire qualcosa, il compagno lo precedette.
«Sì, vorrei evitare che continui i suoi straordinari…», disse malizioso, in direzione proprio della sua compagna, che per poco non si strozzò col boccone che aveva appena portato alla bocca, «per cui vorrei cercare un impiego, così potrò aiutarla con le spese, e potremo vederci anche durante questa pausa di fine anno», disse poi. In fondo, tra la scuola, il club ed il lavoro, la ragazza aveva sempre meno tempo per vedere il compagno, per cui fu felice che lui avesse deciso di sacrificarsi per aiutarla. Quello gli rendeva veramente onore.
«Un momento», prese però parola Kai, meravigliando non poco tutti quanti, che tutto si sarebbero aspettati tranne che vedere Hhiwatari iniziare un discorso di sua spontanea volontà.
Era proprio vero che l’amore l’aveva cambiato…
«Senti», accennò poi in direzione della sorellastra, che aggrottò le sopracciglia sotto quella presa di parola, perplessa da quella sua strana resa, «puoi sempre venire a stare da me per questi due anni, con lui se vuoi», indicò poi il compagno, nonostante non fosse stato propriamente sicuro di accogliere Boris nella sua villa, perché avrebbe mandato sicuramente fuori di testa i suoi inservienti, più di quanto non avesse mai fatto lui nel corso degli anni, giusto per il gusto di farlo incazzare. Quella strana richiesta però meravigliò non poco anche la nipote del presidente, perché non si sarebbe mai aspettata che Kai fosse così stranamente gentile, ma quella sua particolare richiesta la fece sorridere, perché in fondo sapeva che lui voleva bene a tutti loro, anche se a modo suo.
«Ti ringrazio», gli rispose però Mira con un sorriso, lusingata da quella proposta, «ma non voglio avere nulla a che fare con l’altra parte della tua famiglia, senza offesa», fece spallucce, «e poi voglio cavarmela da sola», gli rese noto infine, ma Kai si era aspettato quella risposta, per cui superò la questione con un’alzata di spalle, evitando di insistere, tanto sarebbe stato tutto inutile.
In fondo sua sorella era fin troppo orgogliosa, esattamente come lo era lui.
«E poi vogliamo la nostra intimità», ammiccò infine Boris, con sguardo malizioso, «non so se mi sono spiegato», ridacchiò poi, ai danni di quello che oramai poteva scherzosamente chiamare cognato, che con la sua solita aria stizzita spostò lo sguardo dall’altra parte, nonostante il leggero arrossamento sorto sulle sue gote, che fece scoppiare a ridere tutti i presenti.
«Ma ci pensate invece?», prese poi parola Julia, attirando su di sé l’attenzione degli amici, «un giorno diventeremo tutti parenti!», scoppiò a ridere, facendo però alzare un sopracciglio ai ragazzi e perplimere un po’ le due amiche.
«Che fortuna…», commentò sarcasticamente Kai, nonostante lo avesse fatto con tono leggermente posato, probabilmente per non farsi sentire da Boris.
«Invece è una cosa bellissima, perché io non potrò mai diventare zia, se non dalla parte di Kai, per cui più la nostra famiglia si allargherà più io sarò felice!», si esaltò Saya, che però si beccò un’occhiataccia da parte del compagno, che fece ridere di gusto anche Mira.
«Ma dai, lo so che in fondo mi vuoi bene!», disse invece Boris, iniziando volutamente a punzecchiare il braccio del compagno con un dito, ma servì solamente a far imbronciare il povero Hiwatari più del dovuto, perché non era pronto ad esternare i suoi sentimenti anche verso gli altri. Ma in fondo era felice di quel risvolto, solo che non lo avrebbe mai ammesso ai diretti interessati.
«Ti darò tanti nipoti», rise poi il russo, «spero solo che non assomiglino a te!», lo punzecchiò infine, divertendo anche Yuri e Julia, che non riusciva più a respirare per colpa delle risa.
«Io spero più che non prendano da te!», lo colpì invece Kai, con la sua solita aria stizzita, ma quella constatazione fece scoppiare di nuovo a ridere tutti i presenti. Anche Saya, alla quale era mancato ridere così spensieratamente insieme ai suoi amici. Forse non rideva così di gusto da prima dell’inizio della scuola. Dopo si erano susseguiti degli eventi che l’avevano allontanata sempre di più dall’amico che amava, e quel fatto l’aveva così tanto turbata che non era più riuscita a rilassarsi nemmeno insieme agli altri amici, tra cui Hilary. Ma finalmente era riuscita a trovare la pace e la serenità alla quale aveva sempre aspirato, e fino a che ci fosse stato Kai con lei, era sicura che nulla avesse più potuto intaccare quella felicità.
 
 
 
 
 
Il sole stava iniziando a tramontare e dalle imposte della finestra filtrava qualche raggio aranciato, che illuminava i due ragazzi sdraiati sul grande letto di cui era provvista quella stanza, oramai del tutto sfatto dopo l’amplesso che avevano appena concluso.
Erano rimasti abbracciati, perché nessuno dei due aveva intenzione di perdere quel contatto caldo che avevano istaurato coi loro corpi, per cui la ragazza aveva appoggiato il lato del volto al petto del compagno, e con una mano gli stava accarezzando leggermente il petto. Lui invece aveva ancora lo sguardo fisso sul soffitto bianco, nonostante il sorriso soddisfatto che gli era salito alle labbra, mentre con una mano accarezzava i capelli della compagna, oramai del tutto scompigliati dietro la sua schiena.
«Kai?», lo richiamò però Saya, rompendo il silenzio che si era creato tra loro, rotto solamente dai loro sospiri ancora leggermente affannati.
«Mh?»
«Davvero non sai cosa fare dopo il diploma?», gli chiese, riallacciandosi ai discorsi affrantati con gli amici nel cortile della scuola, ma sotto quella domanda sentì il compagno irrigidirsi appena, chiaro segno che Kai avrebbe volentieri fatto a meno di riprendere in mano il discorso. Tuttavia la ragazza riprese parola prima che lui avesse potuto rispondere.
«Io non voglio che rinunci al tuo futuro per colpa mia», gli disse poi, con fare leggermente intristito, ma lui rimase spiazzato da quella strana confessione, così tanto che con un colpo d’anca ribaltò le posizioni, bloccandola sotto di lui e penetrandola con uno sguardo leggermente ammonitore.
«L’unica a cui non voglio rinunciare sei tu, di tutto il resto non mi importa», le rese noto, nonostante lo sguardo impassibile, ma quell’ammissione valse per Saya più di mille parole, perché Kai non era solito parlare a sproposito, e tutto ciò che usciva da quelle labbra perfette non poteva che essere la verità.
«Mi prometti però che ci penserai?», gli chiese di nuovo con un sospiro, nonostante il piccolo sorriso che le era sorto in seguito alla sua confessione.
«Te lo prometto, a tempo debito ci penserò. Per il momento godiamoci questi restanti due anni di scuola», sospirò infine lui, rapendo di nuovo le labbra della compagna in un altro dei baci appassionati che tanto la emozionavano. In fondo stare tra le braccia di Kai Hiwatari era sempre stato il suo sogno. Quel ragazzo aveva rapito il suo cuore fin dagli spensierati giorni d’infanzia, ma allora non poteva certo parlare d’amore, ma col passare del tempo se ne era sempre di più resa conto. L’aveva mandata in confusione varie volte, complice anche la cotta che si era presa per Rei, o lo strano e breve rapporto sessuale che aveva avuto con Hitoshi Kinomiya, ma in fondo lei aveva sempre saputo che il suo cuore era sempre appartenuto a lui, a colui che era stato prima migliore amico e poi compagno di vita. Ne avevano passate molte, tra cui molti litigi e molte incomprensioni, ma alla fine erano entrambi riusciti ad aprire all’altro il proprio cuore.
Finalmente Saya era sicura di amare veramente Kai Hiwatari, con tutti i suoi difetti e le sue sfumature, e non solo per il ricordo della vecchia amicizia che li aveva legati.
Finalmente era felice di poter vivere la sua vita insieme a lui.
Ma quella felicità, sarebbe realmente durata per sempre?
Fine
 
 
 
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Colei che scrive:
Ma salve a tutti e ben ritrovati in questo ultimo aggiornamento per questa storia…Almeno per questa parte xD è sempre strano però mettere la parola fine, anche se poi non è del tutto finita, però gli aggiornamenti non saranno più qui ma in una nuova storia, che sarà comunque collegata a questa e racconterà le vicende dei protagonisti dopo il diploma ehehe diciamo che, non volendo, questa fanfiction è diventata una trilogia xD ma non sono ancora pronta a salutare Saya e tutti gli altri…U.U per cui mi ritrovo sempre qui xD Non so se gli aggiornamenti riuscirò a farli sempre ogni 5 giorni, perché la storia non è ancora scritta tutta, ma so perfettamente cosa succederà in ogni capitolo perché me l’ero preventivamente segnato xD devo solo scriverli xD ma ce la farò, intanto potrete godervi il primo molto presto U.U
Passando all’asterisco, ho messo che Sergej avesse già 18 anni per comodità, così che avrebbe potuto tirare avanti la carretta russa xD
Credo non ci sia altro da dire, se non ringraziare tutti voi per i commenti, le letture ed il supporto a questa storia <3 spero di trovarvi anche nei prossimi aggiornamenti, anche perché vi assicuro che troverete di nuovo qualcuno da odiare xD
Alla prossima!!

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