After all... there's only just the two of us

di chiaaa_x99
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Porte in faccia, sopracciglia e Teletubbies ***
Capitolo 2: *** Tè freddo ***
Capitolo 3: *** Troppo Stiles ***
Capitolo 4: *** Un passo avanti... due indietro ***
Capitolo 5: *** Voce del verbo essere, terza persona plurale ***
Capitolo 6: *** Non siamo amici ***
Capitolo 7: *** Burro d'arachidi biologico e Bridget Jones ***
Capitolo 8: *** 10 cose che odi di me ***
Capitolo 9: *** Capelli spettinati e appuntamenti ***
Capitolo 10: *** Tinder e allucinazioni ***
Capitolo 11: *** Labbra rosarosa e occhi verdiverdi ***



Capitolo 1
*** Porte in faccia, sopracciglia e Teletubbies ***


«Che vuoi?»

Derek Hale non era esattamente quella che si definiva una persona ospitale o, almeno, non il Derek Hale che aveva conosciuto Stiles, perché forse prima che ogni sorta di disgrazia possibile e immaginabile si abbattesse su di lui era stato un adolescente solare ed estroverso. 

«Stiles, che diavolo hai da ridere?» 

Stiles, che si stava figurando Derek come un cupcake colorato, con il sole dei Teletubbies al posto del viso, nemmeno si era accorto di star sorridendo, e certo doveva sembrare proprio un imbecille. 

Abbassò lo sguardo e fece del suo meglio per tornare serio. «Mi fai entrare?» domandò, visto che era ancora fuori dal loft e Derek non si era schiodato dall’uscio. 

Come diceva: Derek Hale non era affatto un tipo ospitale e di certo gli mancavano alcune regole base di civiltà. 

«No.»

Appunto. 

Se Derek Hale non era una persona amabile e quanto più lontano da Gandhi si potesse immaginare, di certo di Stiles Stilinski non si poteva dire fosse uno arrendevole. O forse era solo un gran rompiscatole, ma quelli erano punti di vista, e certo tra i due non era Stiles quello più problematico. 

«Andiamo, Sourwolf, non sei contento di vedermi nemmeno un po’?»

Derek si limitò a sollevare un sopracciglio, le braccia incrociate al petto, e appoggiò la schiena al portone. Evidentemente non riteneva quella domanda meritevole nemmeno di una delle sue celebri risposte monosillabiche, ma Stiles, che ormai aveva imparato a conoscerlo, poteva intrattenere conversazioni di intere ore con quelle sue sopracciglia così eloquenti. 

«Lo sai, Sourwolf, per quanto le tue sopracciglia stiano raggiungendo altezze ammirevoli e, sul serio, mai pensato di partecipare a qualche torneo per “sopracciglia più alte della storia”? Dovresti comunicare con-».

Derek alzò gli occhi al cielo, evidentemente esasperato da quello sproloquio senza senso né logica. Rientrò nel suo appartamento e quando Stiles fece per seguirlo si ritrovò a picchiare il naso sul portone. 

«Davvero maturo, Der.»

 

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Capitolo 2
*** Tè freddo ***


Stiles picchiò la mano contro il portone un paio di volte, ma a vuoto. Dall’interno del loft non proveniva il minimo rumore. 

«Sourwolf, so che ci sei.» 

Stiles doveva essere il più grande dei masochisti, perché tentare di instaurare un qualsiasi tipo di rapporto con Derek Hale doveva essere considerata un’attività tanto pericolosa quanto un sport estremo e tanto lunga e faticosa quanto una ricerca di cura per una malattia rara. 

«Derek!» Urlò, picchiando più forte fino a farsi male alle nocche. 

Era senza dubbio il più grande dei masochisti. 

«Derek fottuto Hale. Apri questa porta o la butto giù.»

Stiles sentì l’inconfondibile rumore delle chiavi che giravano nella toppa, sollevò gli occhi speranzoso per poi scoprire con orrore che la porta aperta era quella dell’appartamento a fianco. 

Stiles si ritrovò squadrato dalla testa ai piedi da una signora decisamente troppo anziana per vivere all’ultimo piano di un palazzo in cui l’ascensore si inceppava ogni tre per due. E lui lo sapeva bene visto che si era appena fatto tutte quelle rampe di scale. 

«Si può sapere che hai da urlare, ragazzino?»

Stiles arrossì di colpo e indicò vagamente il portone, «Un amico… lui è un po’ sordo e DAVVERO IMPOSSIBILE» urlò tanto per essere sicuro di farsi sentire da Derek. 

La signora lo fissò stranita, «In quell’appartamento ci vive qualcuno? Davvero? Sicuro di non aver sbagliato porta, ragazzo?»

Stiles non era per niente stupito. Ci avrebbe scommesso un rene che Derek facesse del suo meglio per tenersi alla larga dai vicini, da qualsiasi umano esistente, e Stiles ci teneva ai suoi reni.

Guardò il portone un’ultima volta e sbuffò.

Iniziava quasi a pentirsi di aver rifiutato di studiare con Malia. Spiegarle matematica era frustrante ed esasperante e lo faceva diventare matto, ma non era nulla in confronto a tentare di farsi aprire la porta di casa da Derek. E almeno lui e Malia finivano in qualche modo sempre senza vestiti, i libri dimenticati da qualche parte. 

E quindi alla fine era decisamente piacevole e rilassante. 

Invece, dubitava fortemente che Derek Hale potesse compensare ai suoi sforzi con del buono e giusto e sano sesso. Visto come si comportava, Stiles dubitava fortemente che Derek avesse una vita sessuale da… beh, da quando la sua ultima fidanzata si era rivelata una folle con manie omicide e una strana ossessione per i sacrifici umani. 

Avrebbe potuto trovargli una ragazza, possibilmente normale, non sarebbe stato difficile… per quanto burbero, era sempre un bel ragazzo, e okay, anche se non fosse stato bisessuale, era ovvio e chiaro e lampante che Derek fosse proprio il sogno erotico di chiunque dotato di due paia di occhi funzionanti. E sicuramente il sesso con lui doveva essere eccitante: un po’ prepotente e forse aggressivo, tutto pelle e morsi, e graffi e nessun suono superfluo, ma di certo era uno di quelli da cui tutti si farebbero sbattere su qualsiasi superf-

«Ragazzo?»

«Mpf?» Stiles aveva dimenticato l’esistenza della vicina di casa di Derek, di qualsiasi cosa nel raggio di chilometri in effetti. Non era sicuro di sapere nemmeno il suo nome, a essere onesti, e sentiva caldo, e, sul serio, come diavolo era arrivato a fantasticare su come sarebbe stato fare sesso con Derek?

«Vuoi dei biscotti? E del tè?» 

Stiles deglutì a vuoto e fissò l’anziana vicina di Derek, «Freddo.»

 

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Capitolo 3
*** Troppo Stiles ***


Stiles si trovava ancora davanti a quel maledettissimo loft. Anche se la settimana prima un giorno aveva ricevuto una porta in faccia e un altro aveva passato un pomeriggio intero con Gladys, a mangiare biscotti alla cannella duri come sassi, ma per qualche strana ragione buoni, e a lamentarsi di quanto impossibile e scontroso e solitario e impossibile fosse Derek Hale. 

Gladys era una grande ascoltatrice, Stiles doveva riconoscerlo, ma era convinta che a Derek servisse solo un abbraccio. E per quanto Stiles credesse davvero nel potere degli abbracci ed era lieto di avere un amico come Scott- che sapeva sempre qual era il momento giusto per un abbraccio fraterno risolleva morale-, non era sicuro che Derek li avrebbe trovati altrettanto confortanti. 

Anzi, probabilmente lo avrebbe lanciato fuori dalla finestra del loft, se solo ci avesse provato.

Comunque, il fatto era che Stiles si trovava ancora lì. 

Perché Derek era uno stronzo asociale, ma non rispondeva a nessuno da due giorni interi e non aveva risposto all’ululato di Scott e per quanto stronzo e asociale, a quelle stupide regole di branco sembrava tenerci più che alla sua stessa vita. 

Perciò avevano chiamato Peter e quando l’uomo aveva accennato all’anniversario dell’incendio in cui era morta quasi tutta la famiglia Hale, Stiles non ci aveva pensato due volte a saltare sulla jeep e andare da lui. 

Però, quella volta non aveva tentato nemmeno di bussare, perché si era reso conto, con orrore, di non avere la più pallida idea di cosa dirgli. 

Lui. Stiles Stilinski, che da sempre intratteneva conversazioni anche con i poster appesi alle pareti della sua stanza, non sapeva che dirgli. 

E si era anche sentito stupido a essere lì, perché anche lui aveva perso qualcuno e l’ultima cosa di cui aveva bisogno negli anniversari della morte di sua madre era… beh… di qualcuno che lo compatisse. 

Così, era finito a suonare alla porta di Gladys e, ancora una volta, mentre l’anziana signora era impegnata a confezionare un maglione all’uncinetto per un qualche suo nipote che studiava alla Berkley, Stiles si era sfogato, aveva mangiato i biscotti duri come mattoni, e le aveva chiesto come accidenti comportarsi. 

Ma ancora una volta Gladys gli aveva consigliato la stessa cosa “Quel ragazzo ha bisogno di un abbraccio”. 

Allora Stiles l’aveva ringraziata, aveva accettato il pacchetto di biscotti che la signora molto gentilmente gli aveva donato, ed eccolo lì: di nuovo davanti al portone chiuso di quel maledettissimo loft, con un pacco di biscotti in mano. 

Stiles si lasciò scivolare sul pavimento, la schiena appoggiata al portone, a chiedersi che male avesse fatto nella vita per decidere di stare vicino a una persona così restia al contatto umano. 

E Stiles doveva essere proprio il re degli sfigati, perché come se non si sentisse abbastanza un idiota a stare lì seduto, fuori da casa di Derek, con dei cavolo di biscotti, il portone si aprì di colpo e lui cadde a terra di schiena. 

Derek lo scrutava dall’alto, le braccia incrociate e l’espressione, beh, era più una sorta di inespressione. 

E, andiamo, Derek avrebbe almeno potuto ridere, perché Stiles era ridicolo, lì sdraiato per terra, invece: nulla. Derek Hale non aveva senso dell’umorismo.  

Stiles si mise in piedi, rosso in viso, ma prima che potesse dire qualsiasi cosa, Derek gli voltò le spalle ed entrò nell’appartamento. 

Stiles interpretò quello come un invito a seguirlo, così si chiuse il portone alle spalle e appoggiò il pacchetto di biscotti sul tavolo, «Questi te li manda Gladys». 

«Gladys?»

«La tua vicina.»

«Vicina?» Domandò Derek incolore. Evidentemente per lui il concetto di “frase” era un qualcosa che non valeva la pena conoscere. 

«Già… beh… lei vive nell’appartamento 6B, proprio qui accanto. Ha un gatto e-».

Derek si portò una mano alla tempia. «Che ci fai qui?»

Stiles non sapeva che dirgli, davvero non aveva una risposta a quella domanda, così si limitò a fissarlo bene per la prima volta quel pomeriggio e… gli occhi di Derek -gli occhi verdi, imperscrutabili, verdi e profondi e sempre così sfuggenti, ma belli, bellissimi e verdissimi di Derek- sembravano velati da dolore? Nostalgia? Senso di colpa? 

Stiles non sapeva dirlo con certezza e non era un maledetto lupo con i superpoteri capta-emozioni per scoprirlo, però, quello fu abbastanza per fare una cosa impulsiva e sconsiderata e decisamente, decisamente folle. 

Lo abbracciò. 

E fu strano, molto, e probabilmente se avesse abbracciato un albero non sarebbe stato molto diverso, anzi, forse l’albero si sarebbe dimostrato più affettuoso, però, Stiles sentiva fosse giusto e non voleva essere da nessun’altra parte in quel momento. 

«Stiles. Che diavolo stai facendo?»

«Ti abbraccio» mormorò Stiles contro la sua maglietta. 

«Tu mi-» Derek rimase sconcertato, le braccia che penzolavano lungo i fianchi e Stiles premuto addosso, troppo vicino e troppo Stiles. 

«Levati di dosso. Immediatamente» sibilò, provando a scrollarselo di dosso e frenando la tentazione di lanciarlo contro il muro. 

«Scusami» mormorò Stiles, lo sguardo basso. E si sarebbe aspettato che Derek lo cacciasse in malo modo o urlasse o qualsiasi cosa, ma invece non disse nulla: lo fissò per qualche secondo e poi gli voltò le spalle e si avvicinò alla grande finestra, lo sguardo puntato sullo scorcio di Beacon Hills che si intravedeva, la mente che vagava chissà dove. 

Stiles avrebbe venduto il suo cofanetto edizione limitata di Star Wars per scoprire dove si andava a nascondere Derek quando scappava dal mondo reale. 

Non sapeva quanto in là potesse ancora spingersi, quanto in là si era già spinto a dire il vero, ma Derek non lo aveva cacciato via, non sembrava nemmeno infastidito che lui fosse lì, non più del solito comunque. 

Quindi Stiles lo raggiunse e restò in piedi, a fianco a lui, senza dire una parola per un tempo infinito. E per la prima volta nella sua vita si ritrovò a pensare che dopotutto il silenzio non era così male. 

Ogni tanto guardava con la coda dell’occhio Derek e una o due volte aveva beccato il grande e grosso lupo cattivo a fissarlo di sottecchi. 

E sembrava tutto così giusto e come doveva essere che fu un brusco ritorno alla realtà, quando Derek disse, freddo e un po’ distaccato, «Vattene a casa, Stiles.»

Ma con molta probabilità era molto tardi e magari Derek teneva semplicemente alla sua regolare alimentazione e anche alla sua istruzione, visto che non aveva ancora fatto i compiti. 

Anche se… compiti o meno, Stiles non voleva lasciarlo. 




Nota autrice: 
Al terzo capitolo, ho deciso di presentarmi: sono Chiara, universitaria perennemente disperata e inguaribilmente disorganizzata, e sono tornata a scrivere su "efp" dopo secoli dall'ultima volta (per capirci l'ultima volta che ho pubblicato qualcosa qui, Zayn non aveva ancora lasciato i One Direction e in Teen Wolf Stiles Stilinski era stato posseduto per un po' da uno spirito... malvagio). 
Non credevo che avrei più scritto fanfiction... eppure eccomi qui. 
Teen Wolf è un po' quella serie che mi porterò sempre nel cuore. Amo il cast, amo la Sterek, amo l'angst e credo fermamente che questa coppia avrebbe potuto regalarci tanto, tanto di più. 
Comunque, ho appena finito di riguardare Teen Wolf... e quest'idea mi balenava nella testa da un po'. 

All'inizio pensavo di scrivere una one-shot, ma poi mi sono accorta che stava venendo davvero troppo lunga. 
Penso che gli aggiornamenti saranno molto regolari. 

E nulla, scrivo principalmente perché mi fa stare bene, ma se vi andasse di lasciare una recensione per farmi sapere che ne pensate ne sarei più che felice. 

Spero vi piaccia, 
Chiara 

 

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Capitolo 4
*** Un passo avanti... due indietro ***


Stiles era sicuro di aver fatto dei gran passi avanti in quella che ormai era diventata la sua missione nella vita: costruire un rapporto con il grande e grosso lupo cattivo. Così ci restò molto male quando, dopo tre giorni dalla sua ultima visita, si presentò al loft e Derek, non solo non lo fece entrare, ma non aprì neppure di un centimetro il portone, neppure quel tanto che bastava a far sbucare quella faccia perennemente scazzata. 

«Che altro c’è, ragazzino?»

Stiles voleva solo accertarsi che stesse bene, ma non riusciva nemmeno a vederlo in faccia, così decise di lasciar perdere: ci avrebbe provato un altro giorno. «Scott dice se puoi raggiungerlo a casa stasera. Cose di branco.»

Anche se non poteva vederlo, Stiles era sicuro che Derek avesse un sopracciglio sollevato, «E non poteva dirmelo Scott? Hanno inventato i telefoni.»

Stiles fece spallucce, sconfortato: Derek doveva scoprire l’esistenza non solo delle frasi, ma addirittura di due periodi interi proprio quel giorno? E da quando aveva un telefono? E perché Stiles non aveva il suo numero? 

«Oh, beh, tanto passavo.»

«Passavi?»

«Sì.»

«Per andare dove?»

Stiles andò visibilmente nel panico. Doveva essere proprio il suo giorno sfortunato, perché Derek Hale non faceva mai tutte quelle domande. Per la maggior parte del tempo stava zitto. Per l’altra parte ringhiava e la piccola percentuale che restava era riservata alle minacce che rivolgeva quasi esclusivamente a Stiles. 

«Per andare… beh, da Gladys.»

«Gladys?»

«Gladys, Derek. La tua vicina, che è più simpatica di te, se ci tieni a saperlo.»

«Gladys» ripeté Derek, «E che ci fai con Gladys?»

Stiles era tentato di sfondare il portone e prenderlo a pugni. Quella situazioni era ai limiti dell’inverosimile, e lui, di cose inverosimili, ne aveva viste abbastanza in quegli anni per poterlo dire con certezza. «Cerco di sedurla, così da impossessarmi della sua eredità. Mi sembra ovvio.»

 

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Capitolo 5
*** Voce del verbo essere, terza persona plurale ***


Stiles non aveva idea del perché continuasse a tornare al loft di Derek, dove chiaramente non era il benvenuto. E tantomeno ne aveva parlato con qualcuno, né con Scott né Malia o Lydia o chiunque altro. Non riusciva a spiegarsi perché si ritrovasse ogni pomeriggio lì o perché continuasse a inventare scuse con i suoi amici e la sua ragazza. Sapeva solo che da quando aveva saputo di Paige non riusciva a tollerare che Derek passasse le sue giornate da solo.

Non era semplicemente giusto. 

La vita di Derek… quello che gli era successo… era tutto sbagliato.

E lui aveva odiato il destino che gli aveva strappato via sua madre quando era solo un bambino e aveva più bisogno di lei, ma aveva sempre suo padre… e Scott e Malia e Lydia e il branco. Mentre Derek, beh, Derek aveva solo un branco di adolescenti rumorosi e, sicuramente dal suo punto punto di vista, fastidiosi, che gli coprivano le spalle e ogni tanto gli riempivano il loft, con i loro progetti ancora acerbi, i loro sogni troppo grandi, i loro pensieri confusi e letteralmente tutte le possibilità spalancate per loro. 

Stiles non era sicuro che fosse abbastanza e non era nemmeno sicuro che Derek sapesse che ci tenevano a lui. 

Perché era così. Tenevano a lui. O almeno Stiles teneva a lui, abbastanza da avergli salvato la vita in un paio di occasioni. In altrettante era stato lo stesso Derek a minacciarlo di morte, e Stiles apprezzava l’originalità e l’impegno che ci metteva ogni volta, - sentirsi dire “ti strappo la gola con i denti” era diventato quasi parte della suo routine- ma, ancora, Stiles sapeva che Derek non sarebbe mai andato oltre lo scaraventarlo contro un muro ogni volta che ne aveva occasione o sbattergli la testa sullo sterzo della jeep. 

E in fondo andava bene, perché era tutto parte del suo personaggio: “il temibile e sempre depresso/represso Derek”, che tra l’altro gli aveva conferito il titolo più che meritato di “Sourwolf”. 

E Stiles voleva che sapesse che lui, Scott e gli altri erano lì per lui. Che Stiles c’era e ci sarebbe stato, se mai avesse avuto bisogno.

 

«Che vuoi, Stiles?» 

Questa volta Derek, che probabilmente l’aveva già sentito arrivare da un pezzo, gli aveva fatto trovare il portone aperto e Stiles l’aveva preso come un buon segno. 

«Che stavi facendo di bello?» 

E okay… era piuttosto ovvio e Stiles era un tipo perspicace abbastanza da capire che se uno si sta passando un asciugamano sui capelli ancora vagamente bagnati ed emana un intenso profumo di bagnoschiuma al gusto bagnoschiumadiDerek allora probabilmente ha appena finito una partita a scacchi. Ovvio. 

Derek, infatti, non rispose neanche. Andò verso il frigo e ne tirò fuori una caraffa colma di un liquido verde dalla consistenza melmosa. 

Stiles si avvicinò e provò ad annusare quell’intruglio. «Che roba è?»

Derek, che probabilmente considerava uno sforzo immane dire qualsiasi parola più lunga di due lettere, prese un lungo respiro prima di rispondere, «Solo un centrifugato di verdure.»

«Ed è buono?»

Il lupo mannaro si limitò a sollevare le spalle e a trangugiare un bicchiere di quella roba. 

«Non mi chiederai se voglio qualcosa da bere, vero?»

«No.»

Stiles si avvicinò al frigo e ci sbirciò dentro come se quella fosse casa sua e avesse il diritto di frugare tra le sue cose, e Derek era sicuro di non aver mai detto o fatto nulla che facesse pensare a Stiles di avercelo, quel diritto. 

«Non hai, che ne so, un energy drink?»

«Zucchero.»

Stiles chiuse il frigo e gli andò vicino. Il fatto che avesse iniziato a capire il linguaggio monosillabico di Derek era indice che passassero decisamente troppo tempo insieme ultimamente e non sapeva se la cosa dovesse preoccuparlo e quanto. «È pieno di zucchero.»

Derek sollevò un sopracciglio, «Come?»

«”È”, Derek. Una frase ha bisogno di un soggetto e un verbo. Le parole sono gratis. Usale.»

Derek lo ignorò e si sedette sul divano, accendendo la tv su un canale sportivo. Giocavano i Mets e Stiles non poteva credere di essersene dimenticato, visto che seguiva le partite di baseball della sua squadra del cuore da quando aveva memoria. 

Stiles si sedette accanto a Derek, spostandosi poi a distanza debita in seguito a un’occhiataccia, e si mise a guardare in silenzio la partita. 

Quando Derek esultò per un fuoricampo- o meglio, Stiles esultò saltellando sul divano e urlando a squarciagola, Derek si limitò a un più discreto colpetto della mano sulla gamba e a un accenno di quello che doveva essere una sottospecie di sorriso- fu quasi spontaneo voltarsi l’uno verso l’altro e: «Tu tieni per i Mets?»

«Wow. Non pensavo nemmeno sapessi come accendere una televisione, Sourwolf.» Ridacchiò Stiles, dandogli un colpetto sulla spalla, per poi seppellire la mano sotto la gamba l’istante immediatamente successivo, di fronte alla sua espressione omicida. 

«Ehi, Der, non hai dei pop-corn?»

«Sono pieni di conservanti.»

Stiles era certo che il suo tono monotono avesse subito un’impennata nel sottolineare “sono”, voce del verbo essere, terza persona plurale. E certo, mancava ancora il soggetto, ma Stiles poteva dirsi fortunato. 



Nota autrice: 
Voi non potete immaginare quanto io abbia amato le scene Sterek delle prime due stagioni... ero seriamente convinta che sarebbero finiti insieme, perché, insomma, la chimica tra quei due era innagabile. 
Questa storia è un po' come mi immagino sarebbero andate le cose se la coppia fosse stata canon. 
Non sto inserendo niente di soprannaturale, al momento, però passa un tempo consideravole tra un capitolo e l'altro, quindi anche se non viene scritto, non è detto che qualcosa a Beacon Hills non succeda... è sempre Beacon Hills. 

Spero che la storia sia di vostro gradimento, 
Fatemi sapere se avete consigli o critiche. 
Torno a studiare, 
Chiara 

 

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Capitolo 6
*** Non siamo amici ***


«Stiles.» 

Stiles stava quasi per mettersi a esultare di fronte a quel saluto pieno di calore. O meglio, lo aveva chiamato per nome, con una cadenza vagamente scocciata, però nella lingua “Derek Hale” equivaleva a un abbraccio caloroso. 

«Ehi, Derek, è bello vederti…»

«Che vuoi?»

Stiles abbassò le spalle, mentre sentiva l’entusiasmo di prima scemare. Ma lo sconforto così come era arrivato se ne andò immediatamente, perché Derek, beh, non sarebbe stato lui senza essere così tanto… Derek. E a Stiles piaceva che fosse così tanto Derek. 

«Sono semplicemente venuto a trovare un amico, Sourwolf.»

«Noi non siamo amici. Che vuoi?»

Stiles voleva seriamente tirargli qualcosa addosso, perché era insopportabile. «Fanno la maratona del Signore degli Anelli in tv.»

Derek alzò le spalle. «Hai una casa. Con una tv.»

«La mia tv è rotta» fece con semplicità Stiles, buttandosi sul divano e impossessandosi del telecomando. 

«La tua tv non è rotta.» 

«La tua è più grande.»

Derek lo guardò a lungo, le sopracciglia che parlavano a modo loro, le mani sui fianchi. «Stiles.»

Derek era con buona probabilità l’unica persona che conosceva che riusciva a farsi capire con le sopracciglia e con il tono che usava per pronunciare il suo nome.

«Derek.» Stiles lo guardò di rimando, ma non era bravo quanto lui a fare quel gioco, quindi sbuffò, buttando la testa indietro. «È davvero così strano che io voglia passare del tempo con te?»

Derek lo fissò. «Sì.»

«Beh… no, invece. Siamo un branco.»

«Noi non siamo-».

Stiles lo bloccò, leggermente infastidito. «Sì. Invece. Lo siamo. E sì, forse non sei abituato ad avere branchi con umani e coyote mannari e banshee e kitsune. Ma è quello che siamo, Derek. E non mi scuserò perché tengo a te, d’accordo? Perciò accettalo e basta. E portami quel tuo stupido centrifugato di verdure, siediti con me e guardiamoci questo film. Va bene?»

Derek non reagì, non diede segno di alcuna emozione e rimase lì, a guardarlo, con la stessa espressione di sempre, ma Stiles era quasi certo di aver visto un breve cenno di sorpresa passare nei suoi occhi, come una scintilla.

«Va bene.»

Stiles strabuzzò gli occhi: doveva essere impazzito… aveva appena sentito dire a Derek Hale: “va bene"? 

«Tu-?» Stiles non riuscì ad aggiungere altro, mentre seguiva con lo sguardo Derek intento a versarsi del centrifugato in un bicchiere e prendere una lattina di qualcosa dal frigo. 

«L’ho comprato per sbaglio» borbottò il lupo mannaro, lanciandogli in grembo la lattina di un energy drink. 

Stiles non riusciva a credere a quello che stava succedendo: Derek gli aveva appena offerto- okay, non proprio gentilmente e un pochino lo aveva costretto lui, ma… andiamo, Derek Hale non era certo tipo da lasciarsi convincere a fare qualcosa che non avrebbe voluto- una bottiglia del suo energy drink? E va bene, aveva detto di averlo comprato per sbaglio e a giudicare dal contenuto di zucchero poteva essere vero, perché il fisico che si ritrovava poteva essere solo il frutto di una dieta proteica priva di zuccheri e grassi, e di tante e tante flessioni e di addominali, muscoli che guizzavano, imperlati di sudore… chissà com’erano al tatto. Quando lo aveva abbracciato non aveva avuto abbastanza tempo per-

«Stiles, ma che accidenti stai facendo?»

«Uhm,come-Derek cosa?» Stiles si prese un colpo quando si ritrovò la mano -gigante- di Derek sventolare davanti al suo viso, letteralmente a un centimetro di distanza. 

«A che pensavi?»

Stiles scosse la testa. «Io-uhm-compiti.»

Derek bevve un sorso del suo strano frullato di cose e si sedette al lato opposto del divano. «Ah… la chiami così adesso, la tua ragazza?»

«Eh?»

Derek alzò gli occhi al cielo e rivolse la sua attenzione alla tv, dove era appena finita la pubblicità e stava per iniziare “Il signore degli anelli”. 

 

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Capitolo 7
*** Burro d'arachidi biologico e Bridget Jones ***


Derek non aveva la più pallida idea di come, quando, o perché fosse successo, eppure quell’insopportabile ragazzino logorroico si era ritagliato uno spazio nella sua vita.
Forse era semplicemente impazzito. Forse l’assenza di affetto familiare e il bisogno di un branco lo aveva spinto a quel punto: credere che un adolescente potesse rappresentare qualcosa di simile a una famiglia. 

Avrebbe potuto minacciarlo per costringerlo ad andarsene, certo, ma era abbastanza sicuro di non spaventare più così tanto Stiles, nemmeno un po’, nemmeno per niente. 

Derek non aveva davvero idea di che diavolo gli stesse succedendo. Sapeva solo che all’inizio avrebbe dato qualsiasi cosa perché Stiles la smettesse di presentarsi al suo loft, con quei discorsi petulanti e senza né capo né coda e quella tendenza a fare e dire cose ridicole. 

Ma poi... in un certo senso si era abituato. Forse era stato semplice spirito di adattamento. In ogni caso era diventato sempre meno strano vederlo gironzolare per casa sua. E il fatto che non fosse strano era strano. 

E poi c’era stato l’anniversario dell’incendio e Stiles che lo aveva abbracciato -nessuno aveva più abbracciato Derek in quel modo da quando sua madre era morta- ed era rimasto con lui. Anche se Derek non aveva fatto nulla per fargli capire quanto ne avesse bisogno Stiles era stato lì per lui. In silenzio. Accanto a lui.  

E gli aveva urlato di tenerci. E Derek aveva provato una sensazione strana, perché non credeva ci fosse qualcuno, a parte Cora, a cui importasse così tanto di lui da sentire il bisogno di urlarglielo addosso. 

Un’altra cosa di cui Derek era sicuro era che Stiles fosse sincero. Derek lo aveva capito. Se all’inizio era rimasto sorpreso di quelle visite e aveva immaginato ci fosse qualcosa sotto, poi aveva compreso che tutto quello che quel ragazzino faceva veniva dal profondo di quell’organo inutile che gli umani tendevano sempre a mettere al centro di tutto. 

Così alla fine, anche se aveva tentato in tutti i modi di tagliarlo fuori, lui aveva continuato a insistere fino a ottenere cose come Derek che al supermercato passava davanti agli energy drink e ne metteva due casse nel carrello.
E non era necessario che nessuno sapesse che li avevo comprati così che quando Stiles si piazzava sul suo divano avesse qualcosa di decente da bere. 

Nonostante questo, secondo Derek Stiles era sempre e comunque troppo logorroico e sbadato e prolisso e senza senso, e poi c’erano i messaggi. Stiles gli mandava vagonate di messaggi inutili, stupide sue foto, stupidi meme che trovava in giro -che non facevano ridere, nemmeno un po’- e davvero troppe, troppe emoji.
Quel ragazzino aveva un problema con le fottute emoji, perché ne usava trenta per ogni messaggio. E Derek si era stufato di sentire il telefono vibrare ogni due secondi. Poi non capiva perché, anche se lui rispondeva solo ogni tanto e a monosillabi e senza faccine, Stiles insistesse lo stesso a intrattenere quelle conversazioni unilaterali. 

Derek non lo capiva davvero, Stiles. Sapeva solo che era veramente a prova di nervi, ma era Stiles e in un certo senso non voleva che smettesse di essere Stiles.

Proprio per questo, quando Stiles si era presentato al suo loft, mogio mogio, reggendo un enorme e probabilmente pesante sacchetto, e si era trascinato sul suo divano senza spiccicare parola -Stiles Stilinski che ogni volta diceva così tante parole al minuto che se non fosse stato un lupo probabilmente gli sarebbe venuto il mal di testa- Derek aveva capito che qualcosa non andava. Anche perché quel giorno gli aveva mandato un unico messaggio: una faccina triste e accanto “Oggi pomeriggio fammi trovare gelato e tanto burro d’arachidi. Ti preeeeego”. 

Anche se senza i suoi sensi da lupo, a Derek bastava guardarlo: sembrava così poco Stiles, rannicchiato su quel divano con un cuscino tra le braccia, che Derek ebbe l’assurda tentazione di accarezzargli i capelli. 

E sul serio doveva essere impazzito, perché come diavolo era arrivato a pensare a quanto tenero fosse Stiles Stilinski? 

Ovviamente non gli accarezzò i capelli, non gli domandò neppure cosa fosse successo. Non gli interessava, perché era solo uno stupido adolescente, che probabilmente aveva solo stupidi problemi da adolescente. 

«Io e Malia ci siamo lasciati» annunciò Stiles con fare drammatico dopo dei meravigliosi minuti passati in silenzio, affondando la testa nel cuscino. 

Derek non disse nulla: come aveva previsto, stupidi problemi da adolescenti. E lui aveva cose più urgenti e più gravi a cui pensare, come la dannata Kate Argent che era morta, ma in realtà no.
Che Stiles si fosse lasciato era veramente in fondo, più in basso dello scalino più basso, nella sua piramide delle priorità. 

«Deeeerek» si lamentò Stiles, «Deeer. Derbear. Sourwolf.»

Derek roteò gli occhi, esasperato, chiedendosi perché non potesse tornare a fare il depresso in silenzio, e lo abbandonò sul divano per recarsi in cucina. Ma ovviamente il ragazzino insopportabile e iperattivo lo seguì. «Sourwolf, non mi hai sentito?»

Derek lo guardò con sufficienza, mentre era intento a spalmare del burro d’arachidi biologico- non di quella marca schifosa che Stiles gli aveva chiesto di comprare- su una fetta di pane. «Sì, Stiles, ma non mi importa.«

«Gli amici si aiutano in questi momenti, Derek».

Derek prese a spalmare il burro d’arachidi su un’altra fetta di pane. «Non siamo amici, Stiles. Vuoi un amico? Vai da Scott».

Stiles si era vagamente offeso per quello che aveva detto Derek, ma poi, inspiegabilmente, fece un sorriso a trentadue denti.

«Che hai da ridere?» Sbottò Derek. 

«Niente, Sourwolf. Solo... Scott non mi preparerebbe mai la merenda con così tanta dolcezza.»

Derek sollevò lo sguardo e lo guardò non male: molto, infinitamente di più. Fece cadere il coltello nel barattolo e spinse i toast verso di lui. «Mangia e cuciti la bocca».

«Certo. Guardiamo un film?» Propose Stiles speranzoso, addentando la prima fetta. «Ho portato tantissimi DVD tra cui scegliere».

Derek scosse vigorosamente la testa. «Te lo scordi, Stilinski. Non guarderò con te Dirty Dancing come se fossimo in una puntata di New Girl».

«Conosci New Girl?» Fece Stiles sbalordito. «Potremmo guardarci tutta la prima stagione uno di questi giorni e-».

Derek non rispose. 

«D’accordo, Derbear, sto esagerando. Allora… che ne dici di Bridget Jones?»

Derek lo fissò, perché accidenti Stiles era un fottuto cliché vivente ed era ovvio che scegliesse quello stupido film. «No, Stiles.

 

****

 

Era stata una giornata dura: lui e Malia si erano ufficialmente lasciati e per Stiles era stato come la fine di un importantissimo capitolo. Dopotutto era stata la sua prima ragazza e ci teneva molto a lei. 

Proprio per questo erano rimasti amici. Solo… quando stava con lei si sentiva sempre come se in realtà stesse aspettando qualcun altro. Come quando in tv guardi il programma che precede l’inizio del tuo film preferito. 

Sapeva quindi che fosse la cosa migliore, per entrambi, ma era stata comunque dura. 

A Stiles era venuto normale fiondarsi a casa di Derek con un sacco di dvd di romcom tra cui scegliere. Ormai era normale e basta andare a casa di Derek: a studiare, a guardare le partite dei Mets o anche semplicemente a parlare- o meglio, Stiles parlava, Derek si limitava a ringhiare ogni tanto, qualche risposta monosillabica qua e là e ad ascoltare. 

Stiles sapeva che Derek lo ascoltava, anche quando alzava gli occhi al cielo e sbuffava e lo guardava come se volesse vederlo sparire da un momento all’altro.
Gli aveva comprato il burro d’arachidi -biologico, per nulla pieno di grassi e di quelle schifezze che lo rendevano buono- e anche il gelato. Stiles, se fosse stato sicuro di restare con tutti e quattro gli arti attaccati al corpo, gli avrebbe quasi declamato il suo affetto. E poi... 

Prima che iniziasse il film -Bridget Jones, perché Stiles era depresso e aveva bisogno di sapere che esisteva qualcuno messo peggio di lui e Derek doveva adattarsi- Stiles si era alzato a prendere qualcosa da bere e aveva trovato un intero settore del frigo pieno di energy drink. 

Certo, Derek si era giustificato dicendo che li aveva comprati per il branco, per quando andavano a fare le riunioni, ma Stiles non aveva potuto fare a meno di sorridere come se i Mets avessero vinto il campionato, anzi di più, tanto di più. 

Perché Derek Hale, a modo suo, gli aveva dimostrato di tenere a lui.
Sicuramente non glielo avrebbe mai detto, ma a Stiles andava bene così. 

 

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Capitolo 8
*** 10 cose che odi di me ***


«È stupido, Stiles».

«No, invece».

Era passata una settimana da quando lui e Malia si erano lasciati e Stiles stava decisamente meglio. Ma questo non gli aveva impedito di presentarsi, come ogni giorno di quella settimana, a casa di Derek con l’ennesimo dvd da guardare. 

«Prima si odiano. E poi letteralmente due secondi dopo sono innamorati pazzi. Non ha senso.»

Stiles spense la televisione e lo guardò male: «Quanto credi che ci voglia per innamorarsi di qualcuno?»

Derek ci pensò su, «Tempo. Tanto tempo.»

Stiles scosse la testa. «Forse per realizzarlo e per fidarsi di quella persona, ma per innamorarsi basta un momento, una parola detta al momento giusto o un gesto, come-», si bloccò incerto di quello che stava per dire. 

Derek per fortuna era troppo impegnato a insultare “10 cose di te” per accorgersi del cambiamento nel suo sguardo: «E poi le legge quella lista di cose che odia. Si conoscono da due secondi. Ed è anche ovvio che sono le cose che ama. È stupido.»

Stiles lo fissò. «Cosa odi di me?»

«Eh?»

«Dieci cose che odi di me, avanti.» 

Derek lo guardò dritto negli occhi, «Fidati, Stiles, solo dieci non bastano.»

 

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Capitolo 9
*** Capelli spettinati e appuntamenti ***


Stiles stava studiando ed era incredibilmente silenzioso. 

Derek considerava quei momenti come una sorta di benedizione. Era un peccato che non durassero di più e che fossero molti di più quelli in cui lo stordiva di chiacchiere. 

Onestamente era convinto che Stiles sarebbe stato una palla al piede per molto più tempo, invece, dopo quasi un mese dalla rottura con Malia, il ragazzino sembrava stare benissimo. Non che normalmente non fosse una palla al piede, ma perlomeno aveva smesso di piagnucolare nel barattolo di burro d’arachidi davanti alle commedie romantiche.

Secondo il parere di Derek, comunque, Stiles non stava così male nemmeno il giorno che si erano lasciati, semplicemente era una drama queen nata.

E comunque non erano fatti suoi. 

«Ti va di fare un gioco?» propose Stiles, voltandosi verso di lui. 

«No», Derek non sollevò nemmeno lo sguardo dal libro che stava leggendo: aveva parlato troppo presto. 

«Sai, Derek, penso che dovresti uscire con qualcuno. Non sia mai che ti renda meno scontroso.»

«Che?»

«Sesso, Derek. Hai bisogno di scopare». 

Derek sollevò un sopracciglio, «Ti stai proponendo?»

Stiles alzò gli occhi al cielo, anche se non poté fare a meno di arrossire. «Andiamo, Sourwolf, sono serio. Le pretendenti, o pretendenti, non ti mancano.»

Silenzio. 

«Hai visto come ti guarda Breaden? È carina, no?»

Silenzio. 

«Dovresti uscirci.»

Silenzio. 

«Secondo noi non nasconde una strana creatura soprannaturale dietro alla sua bella faccia.»

Derek lo guardò. «Noi chi?»

Stiles si alzò in piedi e gli si parò di fronte, «Solo… noi: Scott, Lydia e io.»

Derek chiuse il libro con uno sbuffo, «E si può sapere perché parlate della mia vita privata?»

Stiles abbassò lo sguardo, passandosi una mano tra i capelli e spettinandoli ancora di più. Derek pensò avrebbe voluto sistemarglieli in modo decente, perché il fatto che fossero sparati in tutte le direzioni lo infastidiva, anche se erano, a modo loro, carini. 

Stiles spostò il peso da un piede all’altro, «Vorremmo solo che tu fossi, sai... felice.» 

Silenzio. 

«È solo che dopo Jennifer…»

Derek si alzò di scatto, gettando il libro da parte: sperava che fosse sufficientemente chiaro che la conversazione fosse finita lì. 


Nota autrice: Derek sta affrontando con incredibile stoicismo la presenza di Stiles nella sua vita ordinata e precisa. 
Anche se, sotto sotto, nemmeno gli dispiace, anche se non lo ammetterà mai, quindi ve lo dico io. 
Stiles, dal canto suo, non riesce a stare zitto nemmeno quando dovrebbe studiare. 
Ho visto che molti hanno inserito la storia tra le preferite! Spero davvero che vi piaccia, l'invito a lasciarmi una recensione con pareri/consigli e impressioni è sempre valido. 

Buona serata e buon inizio settimana, 
Chiara :*

 

 

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Capitolo 10
*** Tinder e allucinazioni ***


Stiles e Lydia, con la partecipazione ridotta a risolini di scherno di Scott e Liam, ci avevano impiegato un pomeriggio intero, ma alla fine l’avevano fatto: avevano creato un profilo su Tinder a Derek. 

Stiles era veramente soddisfatto del loro lavoro -certo, mancavano dettagli del tutto irrilevanti come il fatto che fosse un lupo mannaro, dotato di super forza e capacità straordinarie, o che le sue ex fossero una pazza assassina, morta ma non troppo, e un darach-, comunque non si poteva proprio dire che quello descritto non corrispondesse a Derek: la sua versione non lupesca in un universo senza soprannaturale. 

E la foto... la foto era semplicemente perfetta; gliela aveva scattata Stiles -di nascosto mentre si allenava- ed era convinto che con quella foto avrebbero potuto scriverci anche che Derek fosse un serial killer evaso da galera e nessuno ci avrebbe fatto caso. 

Lydia era stata completamente d’accordo, poi gli aveva lanciato uno sguardo, come se sapesse qualcosa che lui sembrava ignorare, e gli aveva chiesto se ci fosse qualcosa che doveva dirgli. 

Stiles aveva negato ed era corso da Derek. 

Derek, beh, non era stato altrettanto felice del profilo su Tinder. Dopo aver detto a Stiles quanto fosse un adolescente idiota che doveva decisamente trovarsi un hobby alternativo al torturargli la vita, l’aveva sbattuto fuori di casa. 

Stiles c’era rimasto male, perché credeva che, quella fase -con Derek che lo cacciava di casa e lui che andava a mangiare i biscotti da Gladys-, l’avessero superata da un pezzo. E per un attimo aveva temuto che dovesse ricostruire tutto da capo e di essersi giocato la fiducia di Derek. 

Però poi… tre giorni dopo si era presentato al loft, senza grandi aspettative, sul serio, ma Derek non gli aveva detto nulla. Giocavano i Mets e quindi avevano semplicemente visto insieme la partita.
Allora Stiles c’era tornato anche il giorno dopo, a studiare, e sembrava tornato tutto come prima, tranne il fatto che Stiles non aveva perso le speranze con la storia di Tinder. E dopo qualche giorno di tregua aveva continuato a insistere e insistere e insistere e alla fine, non sapeva come -beh, lo sapeva: aveva portato Derek all’esasperazione e doveva ringraziare la sua buona stella se il lupo mannaro sembrasse tenere a lui abbastanza da non volerlo uccidere-, l’aveva convinto. 

“Un appuntamento. E poi chiudiamo questa storia e non ne parliamo più” aveva detto il grosso lupo cattivo, decisamente provato dalla tortura psicologica di Stiles. 

E Stiles era stato così felice che lo avrebbe abbracciato, però… per quanto Derek non sembrasse volerlo morto, Stiles non era altrettanto sicuro che avrebbe rinunciato a rompergli un braccio, quindi non l’aveva abbracciato. 

Gli aveva dato un colpetto sulla spalla e, per qualche strana ragione, Derek non si era arrabbiato, anzi, sembrava quasi che avesse sorriso.
Ma forse era stata solo un’allucinazione. Stiles doveva darci un taglio con gli energy drink, forse Derek aveva ragione: c’era davvero troppo zucchero. 

 

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Capitolo 11
*** Labbra rosarosa e occhi verdiverdi ***


Stiles stava guardando il cellulare con il libro di biologia aperto sulla scrivania alla pagina “Leggi di Mendel”. Di certo non si poteva dire che fosse uno che i libri nemmeno li apriva. 

Ed era quasi sicuro che quello contasse come studio. 

Comunque non era nemmeno colpa sua. Di lì a mezz’ora Derek avrebbe avuto il suo appuntamento e lo stava letteralmente riempendo di messaggi. 

Il che era di per sé una notizia da titolo di prima pagina: Derek Hale che -volontariamente- gli mandava dei messaggi e, per di più, più lunghi di due parole.
Il fatto che la metà di questi fossero minacce di morte e promesse di vendetta e l’altra metà insulti era irrilevante. 

Stiles lo considerava un progresso. Era davvero orgoglioso dei miglioramenti di Derek nell’approcciarsi al prossimo.
Lui, dal canto suo, se la stava proprio spassando: rispose all’ennesimo “Me la pagherai, Stilinski” con l’ennesimo selfie stupido in cui faceva una linguaccia. 

E Derek gli inviò tantissime faccine arrabbiate. 

Stiles si sarebbe messo a piangere: Derek aveva imparato l’uso delle emoji. 

“Dai, lupacchiotto. Di sex appeal ne hai da vendere. Cerca di non rovinare tutto parlando.” 

“Io ti uccido, Stiles Stilinski”. 

Sì, Stiles si stava proprio divertendo un mondo. 

 

**

Non era passata nemmeno un’ora che Derek si era presentato alla sua finestra. Stiles non aveva fatto in tempo a farlo entrare e chiedergli dell’appuntamento, che si era ritrovato spiaccicato al muro, con Derek a un millimetro dalla faccia. 

Non sembrava granché felice, visto che stava urlando in quel suo modo minaccioso, ma Stiles non riusciva a sentire niente, perché Derek Hale era a un centimetro dalla sua faccia!

E Stiles non riusciva a distogliere lo sguardo dalle sue labbra, che erano così rosa in contrasto con la barba scura, troppo rosa, era decisamente ingiusta quella tonalità di rosa.
E sapeva che non era il momento opportuno di mettersi a pensare alla tonalità di rosa delle labbra di Derek, però aveva diciassette anni, si era lasciato e quindi era in astinenza da quasi due mesi, e c’era Derek Hale a un centimetro dalla sua faccia, accidenti! Derek Hale. Con le labbra rosa e tutta la cosa carina. In che altro modo ci si sarebbe aspettati che reagisse? 

«Stiles» lo riportò all’ordine Derek, allontanandosi quel tanto che bastava alle sue sinapsi per funzionare di nuovo. 

Stiles alzò lo sguardo dalle labbra rosa rosa agli occhi, che per inciso erano verdi verdi, ed era assolutamente ingiusto, perché tutte le tonalità su di lui erano perfette e lui- 

«Stiles, hai sentito una parola di quello che ho detto?»

«Mhf?» la bocca di Stiles -che per quanto rosa non era rosarosa- assunse la forma di una piccola “o”.
“No, Derek. Ero troppo impegnato a fantasticare su quanto rosa siano le tue labbra e verdi i tuoi occhi. Credo che ci scriverò su una poesia”. Stiles lo aveva pensato. Però evidentemente qualcosa doveva essersi inceppato nel collegamento cervello-bocca, perché avrebbe giurato di essersi sentito dirlo ad alta voce. 

Oh... 

Lo aveva fatto davvero.

Derek lo fissò, sorpreso. E poi si mise a... ridere -Derek Hale stava ridendo. Ridendo. Stiles non lo aveva mai sentito ridere, ma già avrebbe voluto dire una cosa stupido per sentire ancora quel suono-, ma non come se volesse prenderlo in giro, piuttosto come se Stiles avesse detto qualcosa di buffo. 

«Sei assurdo» disse il lupo alla fine, passandosi una mano sul viso. 

Stiles era seriamente convinto che l’umorismo di Derek avesse dei problemi, perché restava impassibile di fronte alle sue battute più divertenti, mentre quella, che nemmeno lo era -ma non c’era bisogno che lui lo sapesse- lo aveva fatto ridere.

«Senti, ci sono i Mets. La tua televisione è ancora rotta?»

Ah.. forse lo aveva sottovalutato, l’umorismo del lupastro. 

«Dopo di te, Sourwolf» disse, facendo una sorta di inchino canzonatorio, invitandolo a uscire dalla stanza. 

 

**

Alla fine era saltato fuori che Derek, appena arrivato al bar dove doveva incontrare tale Jenny H., aveva fatto marcia indietro ed era andato dritto filato da Stiles. 

E Stiles, beh... per tutta la durata della partita gli lanciò occhiate di nascosto -e sì, forse era lui quello tra i due ad avere bisogno di un appuntamento- e quando si ritrovarono a ridere per una gaffe del telecronista, pensò che davvero andava bene così. 

In fondo, biologia e gli appuntamenti di Derek potevano attendere. 

 

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