Il Potere delle Parole

di Lina Lee
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01- Itadakimasu ***
Capitolo 2: *** 02 - Hoppipolla ***
Capitolo 3: *** 03 - Hanami ***
Capitolo 4: *** 04 - Drachenfutter ***



Capitolo 1
*** 01- Itadakimasu ***


Itadakimasu: si dice sempre prima di cominciare a mangiare, ma è molto di più del nostro semplice “buon appetito”. Serve infatti per ringraziare con umiltà chi ha preparato il cibo ma anche chi ha lavorato per fare in modo che si trovi sulla nostra tavola. Può essere detto anche se si è da soli.


«Itadakimasu».
Erano in un ristorante della Londra babbana, Laelius aveva abbandonato il suo solito cilindro e portava un completo babbano, giacca e cravatta, che non sembrava essere poi tanto fastidioso da indossare. Aiko invece, la giovane donna che aveva invitato, aveva deciso di utilizzare il kimono, il suo abito tradizionale, perché a detta sua quella serata era un momento importante e andava onorato anche con l'abbigliamento.
«È come il nostro "buon appetito"?» aveva chiesto, sentendo quella parola e osservandola congiungere le mani davanti al viso e socchiudere gli occhi mentre la pronunciava. Lei aveva sorriso e gli aveva risposto pacatamente, proprio come avrebbe fatto un'insegnante nel dare una spiegazione ai suoi alunni.
«No, il suo significato è molto diverso e più ampio» principiò, e Laelius rimase in ascolto, beandosi di quella voce e di quegli occhi che lo guardavano quasi amorevoli.
«Noi lo utilizziamo per ringraziare per il cibo che possiamo mangiare, per coloro che lo hanno preparato, ma anche per coloro che ci hanno permesso di averlo in tavola. In pratica sto ringraziando anche te».
«Me?»
«Certo, perché mi hai invitata in questo ristorante, e in questo modo mi stai permettendo di poter mangiare questo cibo».
Dopo quella spiegazione ci fu qualche attimo di silenzio in cui Laelius rifletté su quanto gli era stato appena spiegato, nonché sulla bellezza di certe tradizioni straniere. Si disse che avrebbe voluto sapere ancora di più delle tradizioni giapponesi, e di Aiko.
«Mi insegnerai anche il significato di altre parole? Così quando conoscerò la tua famiglia non farò brutte figure». A quelle parole la giovane donna sollevò appena un sopracciglio, accennando un sorriso che sapeva di sfida e speranza assieme.
«Non starai correndo troppo?»
«Lo dici solo perché è il nostro primo appuntamento oppure perché ti ho messa in imbarazzo senza volerlo?»
Aiko arrossì, quel giovane aveva sempre la risposta pronta, eppure non era mai troppo invadente o sfrontato, riusciva sempre a trovare la misura giusta per ogni parola, per ogni frase.
«Entrambi i motivi». Laelius annuì e sorrise a sua volta.
«Allora insegnami e basta, al resto penseremo a tempo debito» concluse, congiungendo le mani proprio come aveva fatto Aiko poco prima, pronto a imparare tutto di lei, e tutto della sua terra d'origine.


Note dell'autrice: Salve! Inizio questa avventura che altri utenti di questo forum stanno già portando avanti, utilizzando un elenco di parole che non hanno una traduzione precisa in italiano, ma che sono caratteristiche di una determinata lingua. Questa è la raccolta per il fandom di Harry Potter (porterò avanti due raccolte per due fandom differenti), che prenderà in considerazioni vari personaggi, tra cui anche i miei OC che si trovano nella long Until the very end.
Il primo capitolo non potevo che dedicarlo a loro, Laelius e Aiko, i genitori di Lele a cui io voglio un bene dell'anima. Una parola giapponese ci porta per un attimo al loro primo appuntamento.
Non so con che frequenza aggiornerò la raccolta, tutto dipenderà dall'ispirazione che avrò grazie alle varie parole.
Un abbraccio! <3
Lina Lee

 

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Capitolo 2
*** 02 - Hoppipolla ***


Hoppipolla: saltare nelle pozzanghere.


Ottery St Catchpole, 1986
Era da diversi giorni che pioveva, e questo impediva alla piccola Luna di poter uscire in giardino a giocare. La bambina non se ne lamentava, ogni tanto osservava fuori da una delle finestre per rendersi conto se il tempo sarebbe migliorato, ma poi si dedicava a osservare la madre nei suoi esperimenti, disegnare, oppure ascoltare il padre parlare di qualche strana creatura. Quando finalmente, una mattina, il cielo decise di dare una tregua, Xenophilius si rivolse alla moglie, in viso un’espressione piuttosto seria.
«Pandora, mia cara, che ne diresti se insegnassimo alla nostra piccola Luna a saltare nelle pozzanghere in maniera tale da evitare le larve di Aquavirius? Prima impara e prima potrà propiziarsi la fortuna» le fece notare, mentre la moglie osservava le pozzanghere che si erano formate non lontano dalla loro casa a causa della pioggia dei giorni precedenti.
«In effetti sarebbe il caso che imparasse, anche se credo che per alcune pozzanghere un po’ troppo grandi dovremo aiutarla noi» rispose, tirando fuori la propria bacchetta e chiamando la loro bambina, che subito li raggiunse dalla propria cameretta. I due genitori la abbracciarono, e dopo averla coperta con un mantello affinché non avesse freddo, la condussero fuori dalla casa, vicino a una pozzanghera, la prima di quelle che Luna avrebbe dovuto saltare. Fu Xenophilius a spiegare alla piccola di appena cinque anni il motivo per cui si erano radunati tutti e tre fuori casa, davanti a delle pozzanghere.
«Osservale bene, Luna, perché all’interno di esse vi sono delle larve di Aquavirius, una creatura magica che possiede dei tentacoli capaci di secernere veleno. Quello che dobbiamo insegnarti è a saltare nelle pozzanghere in maniera da evitare quei tentacoli, perché tutte le volte che ci riuscirai significherà che andrà tutto bene, e che tu potrai stare tranquilla». La bambina aveva ascoltato attentamente la spiegazione del padre, osservando i vari specchi d’acqua davanti a sé, cercando di intravvedere le strane creature di cui l’uomo le aveva parlato.
«E se non dovessi riuscirci?» chiese, osservando entrambi i genitori. Questa volta fu Pandora a risponderle.
«Per ora ti aiuteremo noi, ma mano a mano che crescerai sarai pienamente in grado di riuscirci da sola, per cui non devi metterti di questi problemi, né devi avere paura» rispose la donna, infilando la mano nel cappuccio del mantello e carezzando i capelli biondi della figlioletta. Luna annuì, un pochino più serena, e si predispose a saltare nelle pozzanghere, cercando di poggiare un solo piede per ognuna di esse e di non toccare alcun tentacolo. I genitori si disposero ai lati della figlia, impugnarono le bacchette e, muovendole all’unisono, sollevarono la loro bambina e la fecero planare delicatamente da una pozzanghera all’altra. Luna fece grande attenzione, poggiò un solo piedino per volta e rise, rise tanto dell’acqua e del fango che venivano schizzati a ogni suo salto, bagnando non solo il suo mantello colorato, ma anche i mantelli dei suoi genitori.
Quando superarono l’ultima pozzanghera, Xenophilius abbracciò la figlia, sollevandola in aria per la gioia.
«Bravissima, Luna, hai evitato tutte le larve già dalla prima volta, questo vuol dire che andrà tutto bene, tutto bene fino alla prossima volta che le salterai!» esultò il padre, per poi rimetterla a terra e permettere anche alla moglie di festeggiare la loro figlioletta e abbracciarla.
 

Castello di Hogwarts, 1995
Luna si era svegliata con una strana sensazione addosso, il suo subconscio le aveva riportato alla mente, tramite un sogno, qualcosa di cui lei si era quasi dimenticata. Dopo la morte della madre aveva viaggiato col padre, si era legata ancora di più a lui, aveva poi iniziato a frequentare la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, ma non aveva più compiuto quella sorta di rito propiziatorio che i suoi genitori le avevano insegnato quando aveva cinque anni. Dopo la morte della madre aveva cercato di dedicarsi ad altro e si era dimenticata di saltare nelle pozzanghere, stando attenta alle larve di Aquavirius e ai loro tentacoli. Ora, però, era giunto il momento di riprovarci, ora che il suo amico Harry Potter veniva bistrattato da tutti, ora che Silente veniva creduto un pazzo, ora che Tu-sai-chi era tornato e aveva ucciso un loro compagno di scuola doveva assolutamente impegnarsi anche lei e aiutarli.
Ferma nel cortile del Castello, la Corvonero osservava con attenzione le pozzanghere che si erano formate in seguito alle ultime piogge, cercando di intravvedere le larve per poter evitare i loro tentacoli.
«Luna, cosa stai facendo?»
La voce incerta di Hermione, che si stava avvicinando insieme a Harry e Ron, le sembrò lontana, troppo concentrata per risponderle subito. Tenendo ben stretta la borsa coi libri, Luna prese a saltare, proprio come allora, poggiando un solo piede per pozzanghera e schizzando fango e acqua un po’ ovunque, portando i tre ad allontanarsi per evitare di venire sporcati. Di contro la biondina non fece caso alla divisa sporca o al mantello sporco, dopo l’ultima pozzanghera sul suo viso si era formato un sorriso di gioia e serenità. Voltatasi verso Hermione, le rispose allegra.
«Saltavo le pozzanghere e cercavo di evitare i tentacoli delle larve di Aquavirius» spiegò con una certa serietà, mentre il viso di Hermione si contraeva in una smorfia contrariata.
«Vedete, se si saltano le pozzanghere e si riesce a evitare i loro tentacoli, vuol dire che andrà tutto bene, almeno fino alla prossima volta in cui si compirà questo rito propiziatorio» spiegò ancora, avvicinandosi a Harry e fissandolo dritto negli occhi.
«Sentivo che avevi bisogno di aiuto e volevo poterti aiutare, così ho ripreso in mano questo rito e sono riuscita nel mio intento, ho evitato tutti i tentacoli, quindi puoi stare tranquillo, andrà tutto bene» concluse sicura, sorridendo e riprendendo a camminare nella direzione delle serre di Erbologia, canticchiando allegramente. I tre Grifondoro la osservarono, non capendo se fosse impazzita del tutto o se fosse vittima di un qualche strano incantesimo; nel dubbio, si dissero che avrebbero evitato di raccontare a qualcuno la stramberia alla quale avevano appena assistito.


Note dell'autrice: A differenza del primo capitolo, questo secondo non solo partecipa alla Challenge, ma anche all'iniziativa "Scrivimi" della pagina Facebook Caffé e Calderotti, creata da Rosmary.
Il prompt mi è stato assegnato da Mari Lance (
https://efpfanfic.net/viewuser.php?uid=501353).
Prompt: "La vita è fatta di attimi vissuti e poi smarriti, pronti a riemergere nei momenti più impensabili".
Genere: kid!fic
Personaggio: uno che in genere non tratti.
Spero di non aver deluso le aspettative.
Alla prossima! <3
Lina Lee

 

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Capitolo 3
*** 03 - Hanami ***


Hanami: la millenaria usanza giapponese di godere della bellezza della fioritura degli alberi, in particolare di quella dei ciliegi.

Pacchetto da sviluppare per la Challenge "Tanti piccoli semi per far fiorire nuovi fiori", indetto sul gruppo L'Angolo di Madama Rosmerta.
Prompt: Hanami (godere della bellezza dei ciliegi in fiore)
Citazione: "Voglio essere libera, libera di conoscere persone diverse e il loro mondo, libera di andare in parti del mondo diverse dove imparare che esistono altre morali e altre norme oltre alle mie" Sylvia Plath
Situazione: A regala un mazzo di fiori a B, ma non sa che B è allergico a quei fiori
Bonus: Uno dei personaggi riceve un messaggio sul cellulare.

Questa storia è candidata agli Oscar della Penna 2024 indetti sul forum Ferisce la penna.




Shinjuku Gyoen National Garden, Tokyo, Aprile 1965

Cammino lentamente tra i ciliegi in fiore. Tornare qui ogni anno è come tornare a casa, anche se non sempre ho la possibilità di rivedere i miei anziani genitori.
A loro devo molto, anzi, devo tutto.
Da laureata ho chiesto e ottenuto la possibilità di viaggiare, di recarmi a Londra per perfezionare la lingua inglese e poterla insegnare, ma non c'era solo questo. Volevo conoscere altro oltre la mia cultura, volevo vedere coi miei occhi quegli stranieri che il mio Giappone odia così tanto, volevo vedere un mondo diverso dal mio, e loro lo compresero. I miei genitori hanno sempre difeso questa mia scelta coi parenti, con gli amici, con tutti coloro che non erano d'accordo; l'odio genera altro odio, e a noi l'odio non è mai piaciuto.
Sono partita alla scoperta di un mondo e ne ho trovato due: il mondo babbano e il mondo magico.


Laelius mi si affianca, mentre la nostra piccola Laelia cammina spedita davanti a noi, gli zori ai piedi che ormai non le danno più problemi, addosso un kimono blu come gli occhi di suo padre e una gioia che sembra traboccare dal suo esile corpo di bimba di cinque anni.
«Ogni volta che vedo lo spettacolo dei ciliegi in fiore mi convinco sempre di più che Madre Natura sia la magia più straordinaria esistente al mondo. Al suo confronto noi maghi siamo solo dei semplici principianti».
Gli sorrido annuendo e gli indico un petalo che, trascinato dalla brezza, gli si è poggiato sulla spalla. Lui volge appena il capo, non si era accorto della cosa.
«Mi dona?» mi chiede sorridendo, e io annuisco ancora, divertita, riprendendo a camminare e osservando Laelia che cerca di afferrare più petali possibili, mentre il vento leggero li fa volteggiare delicatamente in tutte le direzioni.
Laelius, mio marito, è colui che mi ha aiutato a conoscere i mondi. Mi ha mostrato Londra, i suoi abitanti, la loro cultura e il loro modo di pensare; e mi ha mostrato la Londra magica, nascosta agli occhi di una semplice babbana come me, i suoi abitanti, la sua famiglia, che mi ha subito accolta nonostante fossi straniera e per niente magica.
E ho scoperto che, nonostante le differenze tra Tokyo e Londra, l'odio è presente ovunque, uguale in entrambi i luoghi.
Laelius cammina tranquillo al mio fianco, apparentemente non notando le occhiate dei miei connazionali, quel gaijin che affiora silenziosamente sulle loro labbra. In realtà conosce già l'odio e il disprezzo, ma li combatte nella stessa maniera mia e dei miei genitori; in questo sono stata tanto fortunata perché a Londra ho conosciuto un uomo che per altri potrà apparire imperfetto e sbagliato, ma che ai miei occhi appare semplicemente eccezionale.


Mi avvicino a nostra figlia, non voglio che si allontani troppo perché in questo periodo il parco è colmo di persone che accolgono la Primavera e ho paura di perderla di vista. So che Laelius potrebbe ritrovarla in qualsiasi momento attraverso le sue capacità, ma l'apprensione di una madre supera di gran lunga la forza magica di un padre. La prendo in braccio e subito nelle mani di Laelius compare una macchina fotografica babbana: sorridiamo al suo indirizzo e lui scatta la prima di tante foto, ricordo di una giornata speciale.
«Mamma, ho fame!»
Sorrido e indico un punto, nel parco, dove potremmo sistemare la coperta sull'erba e dar vita a un bel picnic. L'occorrente è rimpicciolito e nascosto nelle tasche di Laelius; non potrebbe usare la magia vicino ai babbani (questa è una delle tante regole che ho imparato sui maghi), ma lui è un esperto in questo, e nel giro di poco è tutto pronto e noi siamo placidamente seduti sulla coperta, nel mezzo cestini e bento col cibo, l'odore dei fiori di ciliegio che permea ogni cosa, comprese le nostre anime.
Laelius si toglie il cilindro e lo poggia accanto al suo bastone, e subito Laelia lo afferra e cerca di sistemarselo sulla testa; è un po' grande per lei e le pende da un lato.
«Come sto?» chiede al padre.
«Divinamente, figlia mia, divinamente» risponde lui, cercando di essere il più convincente possibile e di non ridere. La piccola annuisce, si toglie il cilindro e cerca di sistemarlo sopra la mia testa.
«E la mamma come sta?» chiede ancora.
«Divinamente anche lei, e non potrebbe essere diversamente» risponde Laelius con tono molto più convincente, e nei suoi occhi leggo quel sentimento così potente che ci lega che abbasso lo sguardo arrossendo, imbarazzata ma felice.
Laelia sembra soddisfatta, perché rende il cilindro al padre e attende di poter iniziare a mangiare tutti i manicaretti che ho preparato fin dalla prima mattina.
E mentre iniziamo a mangiare, prego silenziosamente la Natura che ci circonda, quella Natura che la famiglia di mio marito rispetta e venera tanto quanto noi giapponesi. La prego affinché anche l'anno prossimo ci sia possibile salutare l'arrivo della Primavera tornando in questo parco, affinché protegga le persone che mi sono accanto in questo giorno di gioia.
Non chiedo altro, e spero sempre di non chiedere troppo.


Villa Mórrígan, Scozia, Gennaio 1997

Laelia osserva una foto, una delle poche che il padre è riuscito a salvare e a nascondere a Villa Mórrígan. Ritrae una madre che tiene in braccio la sua bambina, entrambe indossano un kimono, sullo sfondo l'immensità rosa dei fiori di ciliegio.
Sul retro poche parole, scritte nell'elegante calligrafia che la mora riconosce subito come quella di suo padre:
- Shinjuku Gyoen National Garden, Tokyo, Aprile 1965.
I miei due sakura -.



Note dell'autrice: Buonasera! Torno dopo una vita su questa challenge, spinta dall'arrivo della Primavera, dai fiori di ciliegio e dal mio sempre maggiore affetto per Laelius e Aiko, genitori della mia OC Lele, protagonista della mia long "Until the very end". Ci tengo a precisare che ho usato solo due elementi del pacchetto, visto che potevamo decidere quali usare o se usarli tutti. Spero che questo piccolo scritto possa piacervi.
Un abbraccio!
Lina Lee

 

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Capitolo 4
*** 04 - Drachenfutter ***


Drachenfutter: letteralmente "il cibo del drago", ovvero il regalo che si fa a qualcuno quando si sa di aver fatto qualcosa di sbagliato, nel tentativo di addolcirlo e placare la sua rabbia.


Era stata una settimana terribile ed estenuante, sia fisicamente che psicologicamente. Remus aveva passato in infermeria i primi giorni successivi alla luna piena; il suo corpo stremato aveva bisogno di riposo e silenzio per potersi riprendere completamente. Ciò che era accaduto, però, non era così facile da dimenticare, quello che era parso un semplice scherzo si stava per trasformare in tragedia, e solo l'intervento tempestivo di James aveva evitato il peggio. Questo stava alla base del motivo per cui il resto della settimana, passata fuori dall'infermeria, si era dimostrata, per Remus, ancora più difficile da gestire rispetto alle altre volte. I suoi amici fidati gli erano stati vicini per aiutarlo, ma come doveva comportarsi quando proprio uno di loro era stato l'artefice di quello scherzo? Non era facile, non era per niente facile, perché Remus si fidava di loro, di lui, e quando aveva scoperto quanto accaduto si era sentito in parte tradito.


Quella sera Remus l'aveva passata per la gran parte in biblioteca, cercando di recuperare le lezioni perse con l'aiuto di Lily e Lele. Le amiche in quei giorni non gli avevano messo fretta, lo avevano aiutato a memorizzare i nuovi incantesimi, e quando si accorgevano che Remus crollava sui libri, lo lasciavano dormire e completavano i compiti al posto suo. Il ragazzo si disse che la prossima volta che si fossero recati a Hogsmeade, avrebbe dovuto sommergerle di dolcetti e cioccolato per ringraziarle.
Quando i tre tornarono nella Sala Comune di Grifondoro, scorsero James che stava lasciando il Dormitorio insieme a Peter e ad altri ragazzi.
«Forse è meglio se per oggi te ne vai a dormire... Non credi, Remus?»
Quest'ultimo annuì con un sospiro, e dopo aver salutato e ringraziato per l'ennesima volta le amiche, salì al Dormitorio, desideroso solo di poggiare la testa sul cuscino e cercare di non pensare a quanto accaduto una settimana prima. Una volta entrato nella camera che condivideva con gli altri compagni di Casa, Remus si rese conto che il suo era l'unico letto con le tende tirate. Era strano, lui non aveva motivo di tenere le tende in quel modo, a meno che non stesse dormendo e non volesse essere disturbato. Il ragazzo sospirò, sperando di non trovarsi davanti a un altro pessimo scherzo e, messa mano alla bacchetta, spostò le tende. Ciò che si trovò davanti lo lasciò a bocca aperta: il suo letto era stato riempito fino all'orlo di un'infinità di dolciumi, nemmeno qualcuno si fosse impegnato a svaligiare Mielandia!
Fu in quel momento, mentre ancora rimaneva immobile a cercare di capire, che Remus percepì un leggero tossicchiare, che lo fece in parte sobbalzare e lo portò a voltarsi. Alla sua sinistra, seminascosto nell'ombra, stava colui che gli aveva peggiorato l'ultima luna piena: Sirius. Quest'ultimo accennò un sorriso e fece qualche passo avanti ma senza avvicinarsi troppo all'amico, aveva bisogno di parlargli ma senza metterlo troppo sotto pressione.
«Scusami se ti ho spaventato, non era mia intenzione» principiò, perché aveva notato il piccolo sobbalzo di Remus quando si era reso conto di non essere solo nella stanza.
Remus, la cui espressione del viso era passata dallo stupore, allo spavento, all'amarezza, indicò il proprio letto con la bacchetta.
«È opera tua?» chiese con voce stanca; in quel frangente non aveva né la forza, né la voglia di discutere con qualcuno, meno che mai con Sirius. Quest'ultimo annuì, mentre il sorriso diventava un po' più acceso e non un semplice accenno.
«Ho preso tutto da Mielandia e l'ho portato qui. E prima che me lo chieda, sta tranquillo, ho lasciato sul bancone tutti i galeoni necessari per gli acquisti».
Nell'udire il racconto di quella che pareva un'altra bravata di Sirius Black, Remus si lasciò andare all'ennesimo sospiro.
«E si può sapere perché lo hai fatto?»
Sirius lo osservò confuso; possibile che non lo capisse? O forse era troppo stanco per comprendere? In entrambi i casi gli doveva una spiegazione, e non solo quella.
«Beh, in questi giorni avrei voluto parlarti da solo ma era praticamente impossibile. Quando non eri in infermeria, immancabilmente avevi accanto una guardia del corpo che non ti lasciava mai, e che mi lanciava occhiatacce con le quali avrebbe potuto incenerirmi».
«Non chiamarla a quel modo» ribatté Remus pacatamente; aveva compreso come l'altro si stesse riferendo a Lele.
«Credo che ormai sappia come ragiona, l'ha visto come un tradimento alla nostra amicizia e al mio segreto e sta agendo di conseguenza».
A quella spiegazione Sirius si limitò a un'alzata di spalle e proseguì a parlare.
«Come ti pare, sta di fatto che ho cercato un modo per parlarti da solo e ho chiesto aiuto a James per riuscirci. È lui che si è occupato di trascinare un po' tutti i nostri compagni fuori dal Dormitorio, in maniera da poter rimanere da soli e da darmi il tempo di preparare il tuo letto a dovere».
A quel punto Remus comprese non solo il motivo per cui James e Peter si stavano allontanando rapidamente dal Dormitorio, ma anche e soprattutto che lui non avrebbe potuto evitare quel confronto, cosa che in un modo o nell'altro gli era riuscita per tutta la settimana.
«Allora parla, ti ascolto».
Poche parole pronunciate quasi con rassegnazione, un sentimento che a Sirius dispiacque ma che poteva capire, vista la situazione che si era creata tra loro. Si prese quindi qualche attimo in più per mettere ordine tra i pensieri e trovare le parole più adatte per ricucire un rapporto che sembrava vicino a uno strappo definitivo.
«Mi dispiace per quanto accaduto» principiò Sirius, in maniera semplice e diretta.
«Non avrei mai e poi mai voluto che si creasse una situazione di questo genere. Sai bene quanto i Malandrini siano legati tra loro, quanto teniamo l'uno all'altro, e quanto abbiamo fatto per aiutarti e non lasciarti solo durante la luna piena».
Sì, questo Remus lo sapeva e non poteva negarlo o dimenticarlo. A sua insaputa gli amici avevano seguito il lungo e complesso procedimento per diventare Animagi e non lasciarlo da solo alla Stamberga Strillante. E proprio Sirius, nelle vesti di Felpato, era colui che maggiormente mitigava i suoi istinti da Licantropo, che latrava in risposta ai suoi ululati, che per primo gli si parava davanti quando il ragazzo iniziava a scomparire e lentamente appariva il mostro.
«E allora perché?» chiese semplicemente Remus, dando voce alla domanda più logica che potesse venirgli in mente.
«Perché volevo prenderlo in giro e spaventarlo, ma non mi sarei mai aspettato che quell'idiota avrebbe avuto il fegato di recarsi alla Stamberga Strillante. Pensavo che avrebbe finito per nascondersi sotto il suo letto, tremante di paura!» rispose Sirius di getto, dando l'impressione di essere contrariato dal comportamento di Piton, che non corrispondeva a quanto si sarebbe aspettato da lui.
Remus scosse il capo in un gesto sconsolato, rassegnato, come se nel profondo avesse da subito immaginato che alla base di quello scherzo ci potesse essere una motivazione tanto scontata, quanto incosciente e insensata.
«Non credere che Piton sia così idiota» gli fece dunque notare, mentre si avvicinava al letto e riprendeva a osservare tutte quelle leccornie, ma senza vederle realmente, come se la mente fosse concentrata su altro.
«È probabile che avesse dei sospetti su di me. Del resto passo alcuni giorni in infermeria tutti i mesi, e questo deve averlo insospettito. Tu gli hai solo fornito il modo per trasformare i suoi dubbi in certezze».
A quel punto calò il silenzio tra i due, come se entrambi avessero bisogno di riflettere su quelle ultime parole.
E fu Sirius a spezzarlo per primo, i pugni chiusi tremanti, nemmeno si stesse trattenendo dall'afferrare la bacchetta e andare a cercare Piton per fargliela pagare.
«Se solo Mocciosus si azzarda a dire a qualcuno del tuo segreto, giuro che-».
«Stai tranquillo» lo interruppe Remus, la voce decisamente più pacata.
«Silente gli ha fatto giurare di non dirlo a nessuno. E quando Lele è arrivata in infermeria con le dita fratturate gli ha ripetuto lo stesso concetto».
«E sarà meglio che non se lo dimentichi» aggiunse Sirius, piuttosto minaccioso.
A quelle parole Remus abbozzò un sorriso, l'amico si era espresso in maniera non dissimile da Lele, e a lui venne spontaneo domandarsi quanto quei due potessero essere caratterialmente simili. Sirius, notando quel piccolo sorriso, osservò l'amico con espressione interrogativa.
«Perché sorridi? Ho detto qualcosa di divertente?»
Remus scosse il capo in un cenno di dissenso, allontanando dalla mente quello strano confronto.
«No, semplicemente dubito che Piton sia così pazzo da sfidare Silente, tutto qui» glissò, per poi indicare nuovamente i dolciumi.
«Potresti spostarli? Ho bisogno di riposare».
Subito Sirius estrasse la propria bacchetta e iniziò a impilare i dolci un po' sul davanzale della finestra posta vicino al letto di Remus, un po' sul suo comodino e un po' accanto al letto, che nel giro di un battito di ciglia era di nuovo libero.
«Non credi di avere un po' esagerato?» gli chiese Remus, sedendosi sul suo letto e recuperando una barretta di cioccolato e liquirizia.
«Sono proporzionati alla mia colpa e alle mie scuse» spiegò Sirius, proseguendo subito.
«E poi tu ne mangi in gran quantità, peraltro senza mai ingrassare» continuò, permettendosi di sedersi accanto all'amico.
«Magari è quell'altro essere che ingrassa» rifletté Remus, porgendo all'altro la barretta di cioccolato proprio come faceva sempre, dividendo i dolci con gli amici.
«Vorrà dire che alla prossima luna piena controllerò se “il licantropino” ha messo su qualche chilo».
Sirius prese un pezzo di cioccolato e iniziò a mangiarlo.
«E come vorresti fare?» chiese Remus, che proprio non riusciva a immaginarsi una scena tanto stupida.
«Beh, posso portarmi appresso un metro da sarta e misurargli il girovita. Facendolo a ogni luna piena potrò davvero controllare se è lui che ingrassa al posto tuo».
Il tono di Sirius fu così stupidamente serio e deciso che Remus non riuscì a trattenersi dal ridacchiare, sentendo come la tensione che aveva caratterizzato il loro rapporto in quella settimana si fosse finalmente incrinata. Certo, ci sarebbe voluto ancora del tempo perché il loro rapporto tornasse alla normalità, ma entrambi si resero conto di come il primo, fatidico passo fosse stato appena compiuto.


Note dell'autrice: Salve! Torno su questa raccolta per prendere in considerazione un momento non raccontato nella mia long. Sappiamo tutt* dello scherzo di Sirius, sappiamo da una one shot ("Scherzo") presente in una mia raccolta ("Write, write, write!") di come Lele abbia dato un pugno a Sirius, ma come quest'ultimo ha cercato di farsi perdonare da Remus? Ho provato a immaginarlo,e spero che questa piccola one shot sia di vostro gradimento.
Un abbraccio.
Lina

 

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