Come nasce un amore

di Arkady
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: Si va in gita! ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: La gita, il primo giorno ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3: La gita, secondo giorno ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4: La gita, terzo giorno ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5: La gita, quarto giorno ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6: La gita, quinto e sesto giorno ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7: Il messaggio ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8: La sfida ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9: Week - end ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10: Piccoli passi avanti ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11: Chiarimenti e dichiarazioni ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12: Sorpresa ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13: Mio compleanno ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14: freddo ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15: lo so ***
Capitolo 17: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

 
06/01/2021
Questa storia si riferisce a fatti e persone veramente esistiti, più precisamente racconta un pezzo della mia vita, di quando avevo 17 anni e correva l’anno 2005.
Un paio di anni dopo, avevo iniziato a scriverla e a pubblicarla qui su Epf, utilizzando i personaggi di un anime di cui allora ero innamorata: Inuyasha.
Nel 2014 ho ripreso in mano la storia, che non avevo portato a termine all’epoca, l’ho revisionata e conclusa. Ma non avevo cancellato dal sito la versione precedente né pubblicato la nuova.
Qualche giorno fa stavo sistemando il pc, eliminando vecchi file per fare spazio, e mi sono imbattuta nella cartella che conteneva questa storia.
L’ho riletta tutta e mi sono emozionata tanto: è stato un bellissimo viaggio nei ricordi e ho dovuto ammettere che alcune cose che sono raccontate, dopo 15 anni (ormai quasi 16), nemmeno me le ricordavo più.
Avrei potuto sistemare meglio lo stile di scrittura, ma l’ho scritta quando avevo 20 anni e con lo spirito di allora. Sistemarla adesso con uno stile più maturo vorrebbe dire snaturarla, quindi portate pazienza =)
La sto ripubblicando nella sezione di Inuyasha, dato che all’epoca l’avevo messa lì, ma credo che in realtà stia meglio nelle storie originali. Con l’anime e/o i personaggi non ci azzecca assolutamente nulla.
La storia è la stessa, quindi se per sbaglio doveste averla letta là, è inutile che la leggiate anche qui.
Buona lettura!
Arkady

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Capitolo 2
*** Capitolo 1: Si va in gita! ***


Capitolo 1: Si va in gita!

 
Classe III sezione A, penultima aula del corridoio di destra, sabato 12 febbraio
Dò uno sguardo alla classe, l'entusiasmo generale è palpabile: finalmente, dopo tre anni, si farà una gita come si deve, alias SETTIMANA BIANCA!
L’unica che abbiamo fatto finora è stata una robetta in giornata in prima superiore; poi non hanno più voluto portarci o mandarci da nessuna parte. In effetti, un po' di ragione ce l'hanno: siamo stati una classe davvero movimentata fin l’anno scorso: gli otto in condotta volavano, e l’ho preso anche io, sia in prima che in seconda, ma solo perché chiacchiero un po' durante le lezioni.
Che posso farci, mi annoio…
Io sono Eleonora, ho 17 anni e a Giugno sarò maggiorenne. Fisicamente sono una ragazza nella norma: non sono alta ma nemmeno bassa, non sono magra ma nemmeno grassa, assolutamente comune. Ho occhi e capelli castani, che sto facendo ricrescere dopo un taglio corto e decisamente sbarazzino che ho avuto la folle idea di farmi all’inizio della terza.
Sono una ragazza determinata ma al tempo stesso molto sensibile. Sono in grado di farmi rispettare quando serve (non amo farmi mettere i piedi in testa, per intenderci) e raramente passo inosservata, sia per come mi pongo che per come mi vesto: fosse per me potremmo tornare agli anni 70/80, quella è la moda a cui si ispirano i vestiti che indosso e quella è la musica che troverai sul mio lettore cd. Insomma, sono una metallara/rockettara di altri tempi. Da non confondere con gli Emo, grazie!
Ma in realtà, tutta questa sicurezza che sfoggio e l’energia che tiro fuori, altro non sono che la copertura a come sono effettivamente: una persona tranquilla ed introversa sotto molti punti di vista. Sembra che io sprizzi carisma da tutti i pori, ma la verità è che a volte, anche spesso, sono insicura. Mi imbarazzo facilmente e mi lascio trasportare dall’immaginazione, facendomi film in testa interpretando quanto accade attorno a me.
Frequento la quarta superiore di un istituto tecnico di ragioneria. Fino lo scorso anno eravamo in 26, quindi non propriamente in pochi. Per questo motivo, c’erano sono diversi gruppi e sottogruppi in classe, ma immagino sia normale.
Le cose quest’anno si sono ulteriormente movimentate, perché qualche compagno è stato bocciato e hanno suddiviso la classe in due sezioni più contenute. D’altra parte abbiamo anche guadagnato coloro che non hanno superato la quarta l’anno scorso: Enrico, Michael e Alessio.
La mia speranza con questa gita è riuscire a formare l’unità di classe che tutto sommato non abbiamo mai avuto. Prima eravamo in troppi per riuscire anche solo ad avere l’opportunità per conoscere ed interagire con tutti, limitandoci a chi conoscevamo già e/o ci era toccato come vicino di banco, ma ora le carte in tavola sono cambiate e questa sarà un’ottima occasione per aggregarci come si deve.
Come in tutte le cose, c’è anche un lato negativo: la pazza che ci accompagna è la professoressa Sorat, l’insegnate di educazione fisica. Giusto per rendere l'idea di quanto è fuori di testa, dico solo che invece dell'appello normale ci fa fare l’appello delle emozioni: lei chiama e l’alunno in questione deve dare un voto al suo umore del momento. E questo è solo uno dei tanti esempi che si potrebbero fare…
Comunque, ormai manca poco: lunedì si parte!
Ci voleva proprio uno svago, dopo Francesco.
 
Ah, Francesco… Non so se dare dell'idiota più a lui o a me. Gli sono andata dietro per quasi due anni! DUE!
Francesco è un ragazzo di qualche anno più grande di me. È moro, alto e praticando diversi sport ha guadagnato un fisico asciutto e atletico. In comune abbiamo i gusti musicali, sui quali siamo capaci di parlare per ore, e anche il nostro essere riservati e timidi ma far finta invece di essere estroversi ed esuberanti.
È un ragazzo del gruppo di teatro di cui faccio parte da un paio di anni e c’era una sorta di interesse reciproco, so di non sbagliarmi. Bastava vedere come era così premuroso nel darmi passaggi dopo le prove, come ci cercavamo entrambi per sederci sempre vicino e cose del genere.
Evidentemente però, non era abbastanza per fargli fare un piccolo passetto avanti, dal vincere almeno un po’ la timidezza. Sono ancora dell'idea che il primo passo spetti all'uomo; quindi, dato che lui restava statico, mi sono mentalmente data un ultimatum a dicembre: o si combina qualcosa, o lasciamo stare!
Durante le vacanze invernali tra Natale e Capodanno, con il gruppo di teatro siamo andati nella casa in montagna del nostro maestro per un paio di giorni. Una sorta di ritiro, se vogliamo chiamarlo così.
Il sig. Massimo ci tiene molto a far affiatare il gruppo, perché secondo lui questo aumenta le nostre capacità recitative e di collaborazione tra noi. Il fatto di essere fuori dal mondo, fa in modo che non ci siano le “distrazioni quotidiane” (come le chiama lui) e che quindi la nostra attenzione e concentrazione sia tutta lì.
Organizza spesso trasferte alla sua casa in montagna, anche con camminate nei sentieri che la circondano, e nello specifico quella di fine dicembre serve da un lato per valutare come è andato l’anno, cosa va modificato, cosa è andato bene così e su cosa si può ancora lavorare, e dall’altro a mettere insieme tutte le nostre idee e decidere cosa fare nel nuovo anno.
Ma torniamo a Francesco.
Lo sapevano anche i sassi che io gli andavo dietro, diciamo che era decisamente evidente. Per questo ho pensato (e sperato) che, complici anche gli altri membri del gruppo, ci sarebbe stata un'occasione in cui si sarebbero smaterializzati tutti, e saremmo stati da soli.
Con lui non sapevo più che fare: avevo fatto in modo di far capire che le sue attenzioni mi facevano piacere, che ero disponibile, e si insomma, che mi piaceva da morire! E, per quanto tali atteggiamenti non fossero stati vistosi ed eclatanti, gli altri se n'erano pur accorti. Quindi io il mio lo avevo fatto.
E poi dai! Più di restare imbambolata a guardarlo mentre è a torso nudo in bagno che si fa la barba (e mi ha pure beccata), cosa dovevo fare per rendere evidente il fatto che mi piaceva?
Avevo anche la bavetta laterale! Che vergogna…
Comunque, nonostante tutto il mio impegno e quello dei miei compagni (compreso il Sig. Massimo), niente di fatto.
Così, fedele all'ultimatum che mi ero imposta prima di partire, con l’anno nuovo mi sono ripromessa di togliermelo definitivamente dalla testa: non posso più perdere tempo stando dietro di lui.
Una volta potato quel ramo sterile e secco, come a gennaio sono riprese le lezioni, ho notato che in classe ci sono diversi ragazzi decisamente carini di cui non mi ero minimamente curata, giacché avevo occhi solo per lui. Innanzi tutto i tre nuovi acquisti, oltre che Lorenzo, un ragazzo che era stato bocciato in terza, per non parlare di un tipo della sezione B, che è veramente uno spettacolo.
Devo dire che a spingermi a guardarmi attorno forse ha aiutato il fatto che il signorino si è messo con la migliore amica della fidanzata del suo migliore amico (sembra contorto, si, ma non lo è davvero).
Che idiota che sono!
E io che per due anni (DUE!) ho pensato che fosse lui timido, per quello non era successo nulla.
Timido un corno!
 
Vrrr vrrr  
Oh, un messaggio!
Hai fatto quella dannata carta?
Mittente: Lorenzo
 
Alzo lo sguardo: lui è seduto in prima fila, mentre io sono in ultima; ce l’ho giusto in traiettoria per guardare la lavagna e quindi posso anche far finta di stare attenta.
Come dicevo prima, Lorenzo lo abbiamo guadagnato in terza. Anche lui è un ragazzo che tiene al proprio fisico e giocando a calcio, nello specifico nel ruolo di portiere, devo dire che ha un fisico niente male. Non una cosa da tartaruga sulla pancia e bicipiti possenti, ma è muscoloso il giusto considerato anche che ha un’altezza nella media e se fosse più pompato sarebbe decisamente sproporzionato.
Caratterialmente non lo sono riuscita ad inquadrare completamente. È sempre allegro, scherzoso, disponibile per chiunque abbia bisogno di una mano. Sa essere diplomatico ed è determinato nel voler raggiungere i propri obbiettivi e difendere le proprie idee. Ma se questa sia o meno solo una facciata non lo saprei dire.
 
Gli faccio uno squillo perché, come tutte le mattine, ho fatto tardi e non ho avuto tempo per entrare in tabacchino e comprare la nuova carta di cui parla.
È uscita sotto Natale e, una volta comprata, ti dà a disposizione 500 sms al giorno per un mese. Il che mi darebbe l'opportunità di poter scrivere senza preoccuparmi di ricaricare ogni due giorni. **
Sono l'unica che non l'ha ancora rinnovata. Ma il tabacchino più vicino è quello dove prendo la corriera la mattina e, come già detto, io sono SEMPRE in ritardo, e quindi nemmeno oggi l'ho comprata.
Ho dovuto persino ringraziare l’autista della corriera in ginocchio per avermi aspettato.
 
Vrrr vrrr
Ma che paio! Avevi detto che la prendevi oggi! Non c'è nessuno di interessante a cui rompere un po'.
 
Oh povero cucciolo, non ha nessuno a cui rompere, che dispiacere!
Guarda che gli altri la promozione ce l'hanno!
Ma, evidentemente, sarebbe più divertente rompere le scatole a me.
Aspetto che si volti verso il fondo della classe, incontro il suo sguardo e gli faccio la linguaccia. Lui mi sorride divertito in risposta e si torna a girare per mandarmi un altro messaggio.

Almeno ti ho riportato tra noi sulla Terra!

Cosa? Inclino la testa di lato e gli lancio un’altra occhiata. La mia espressione deve essere un enorme punto di domanda colorato perché, dopo qualche secondo, il telefono vibra nuovamente.
 
Stavi fissando il muro con aria così assorta! A che pensavi di bello?
 
Ha ragione, dannazione!
È vero che non penso più a Francesco in quel senso; però, alla fine, sono qui piena di rancore verso di lui. E quindi in realtà sto ancora pensando a lui, che frustrazione!
Incrocio le braccia sul banco e ci sbatto la fronte sopra. Vorrei sbatterla direttamente sul legno, ma farei troppo rumore.
 
Vrrr vrrr
Scusa, ho detto qualcosa di sbagliato?
 
Mi scappa un sorriso, ogni tanto fa anche il tipo sensibile.
Per esempio, sono rimasta sbalordita di vederlo al funerale di mia nonna l’anno scorso. In quel periodo è stato davvero premuroso, come la maggior parte dei miei compagni.
Il fatto che mi ha sorpresa è che, se gli altri li conoscevo già da quasi tre anni o da prima, io e lui non avevamo parlato più di due volte in tutto l'anno, questo perché, appena poteva, sgattaiolava sempre dalla sua ex classe.
Ma come dargli torto? Se nell'altra classe ci fossero tutte le mie amiche, lo farei anche io!
L’occasione per legare un po’ c’è stata solo dopo: durante l'estate ci siamo ritrovati a vederci spesso, in modo del tutto casuale che a entrambi ha fatto dire “com’è piccolo il mondo”, perché lui stava con Federica, una ragazza di un altro indirizzo del nostro istituto, nonché migliore amica di mia cugina Sonia.
Il padre di Federica è molto severo (è un generale dell’esercito in pensione) e le ha vietato di frequentare qualsiasi ragazzo, così mia cugina da anni le fa da palo, andandola a prendere a casa per far vedere che uscivano assieme, poi per tutto il pomeriggio (o sera) doveva fare da reggi-moccolo, ed infine riportarla a casa, in modo che i genitori credessero a tutta la messa in scena.
È davvero parecchio che dico a Sonia che non può continuare così, ma si sa che per amicizia si fa di tutto! Così vado a farle compagnia, quando non ho di meglio da fare con i miei amici o quando non riesco a resistere alle sue suppliche.
E alla fine con queste uscite a quattro, chiamiamole così, ci siamo conosciuti un po’ anche io e Lorenzo.
Quando è ricominciata la scuola, mi ha raccontato che l'ha lasciata: si era stufato di dover uscire sempre almeno in tre, in modo che lei avesse sempre la copertura con il padre. E io gli ho confidato che spero vivamente che pure mia cugina si decida a rivedere quest’amicizia un po’ a senso unico.
Dai, vale la pena di spendere 12 centesimi per rispondergli.
 
No, tranquillo! È che... no lascia stare! Diciamo che mi prenderei a cazzotti volentieri!
 
Vrrr vrr 
Che velocità di risposta!
Mittente: Operatore telefonico. 
Ah ecco!
Il suo traffico residuo sta per terminare, ricarichi entro...
Cancello il messaggio ancora prima di leggerlo, ormai lo so a memoria.
Probabilmente erano gli ultimi centesimi di cui disponevo. Bene, domani oltre alla scheda, farò pure la ricarica!
 
Vrrr vrr 
Finchè non prendi a cazzotti me, va bene =P è sempre per quel tipo?
 
Un momento: come, cosa, dove, perché, chi, quando?
Che cavolo ne sa lui?
Non mi sembra di avergliene parlato, dopotutto ne ho parlato solo a Valeria e Greta, e solo dopo che mi hanno scartavetrato le orecchie con le loro numerose insistenze!
Quindi è impossibile che lui ne sappia qualcosa, a meno che quelle due non abbiano parlato, ma non credo…
Sono talmente assorta nel chiedermi chi devo strozzare per aver spifferato i fatti miei, che mi accorgo del suono della campanella finale solo perché la mia compagna di banco Ambra, dopo un "ciao" detto alla velocità della luce, è schizzata via a prendere i posti in corriera.
 
Mi ritrovo Lorenzo in parte sulle scalinate esterne, noi usciamo sempre con calma: al termine delle lezioni tutte le corriere sono nel piazzale della scuola, tranne quella che va al mio paese e quella che va al suo. La sua si fa attendere giusto un 5 minuti, mentre io devo aspettarla per ben 15 lunghissimi minuti.
Quando c'è il sole e l'aria è tiepida non è nemmeno male, ma quando piove e fa freddo, più riusciamo a stare al riparo dentro l'edificio e meglio è.
 
Non resisto e chiedo - Senti un po' tu! Di che tipo stai parlando? -
- Come di chi parlo? Con tutti quei “Francesco” che scrivi in giro. - mi risponde mimando le virgolette - E poi, me ne avevi anche parlato. - aggiunge.
 
Ora è chiaro! Per un momento mi sono dimenticata che, al ragazzo qui, piace rubarmi il banco ogni tanto!
Dopotutto mi sono scelta un posto strategico, dato che la ragazza che mi siede davanti è alta 2 metri e larga 1,5! Quindi lui, oltre a beneficiare della copertura ermetica, quando mi frega il posto ha tutto il tempo per sfogliare il mio diario e le incisioni che ho fatto sul banco.
Dovrei cancellarle. Si, dovrei proprio farlo.
È stato proprio una volta che gli ho prestato un libro, con tanto di scritte e cuoricini, che poi è venuto fuori il discorso.
 
- Non ti ricordi? - continua lui
- Si, hai ragione! Mi era passato di mente! – gli dico e comincio a scendere le scale, sperando che capisca che il discorso termina qui.
Bene, ha capito, dato che mi segue in silenzio.
Arrivati in fondo alle scale, lo saluto con un sorriso e mi dirigo verso Valeria e Marco.
- Ricordati la carta! - mi urla dietro - Vedi di non farti passare di mente anche quella! –
La mia risposta è un'occhiataccia che lui ricambia con un ghigno.
 
Ora che ci penso, comunque, dove si è cacciata Greta? Dovevamo metterci d'accordo per uscire questo pomeriggio.
Obbiettivo: shopping per la gita, inclusa la fantomatica carta.

---
** Per chi è troppo giovane quell’anno la Vodafone (che all’epoca si chiamava Omnitel) aveva lanciato sul mercato la Christmas card nel periodo invernale e la Summer card in quello estivo. Erano delle carte servizi del costo di 10 euro (se non erro) che per un mese ti davano a disposizione 500 sms gratuiti.
Non c’era internet sui cellulari, che venivano utilizzati esclusivamente per chiamate e sms.
Non c’erano facebook intagram o whatsapp, non c’era l’adsl, il wi-fi, la fibra e tutto quello che c’è oggi.
Quindi si, per noi avere a disposizione 500 sms in un giorno senza doverli pagare 12 centesimi l’uno era un vero affare!
E in mancanza della carta, si ci faceva gli squilli, con la speranza che dall’altra parte non tirassero su la chiamata per sbaglio, se no ti addebitavano lo scatto alla risposta!

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2: La gita, il primo giorno ***


Capitolo 2: La gita, primo giorno

 
E dai, scarpone del cavolo, infilati!
Sto lottando con questo ammasso di plastica da cinque minuti e giuro che se non si decide ad aderire perfettamente al mio piede, lo lancio!
Odio gli sci, io volevo lo snowboard!
Ma, nonostante io abbia messo da parte tutti i soldi che ho ricevuto a Natale, al fine di poter insistere per pagarmi da sola l’istruttore e mettermi quindi ai piedi la tavola, secondo la prof. non era corretto che io andassi da sola, ma mi sarei dovuta aggregare agli altri miei compagni.
L’unico modo per poter avere uno snowboard era convincere altri sette e fare con loro un gruppo con un istruttore. E li avevo anche trovati questi sette, a fatica, ma quando hanno saputo che poi era o uno o l’altro, e che quindi se sceglievano lo snowboard non sarebbero potuti poi ripassare agli sci, mi hanno tirato pacco.
Brutti b… buzzurri!
 
Beh dai, non guardiamo i lati negativi, ci sono tanti di quei lati positivi!
Per esempio, visto che sono stata la prima a catapultarsi in albergo (questo perché sono stata l’ultima a salire in corriera, perché, se ancora non si fosse capito, ero in ritardo), ho preso la camera più lontana da quella della prof: la prima di sinistra.
Proseguendo sul corridoio sinistro, in parte abbiamo una camera occupata da una famiglia e poi le altre camere femminili, con ultima la stanza della Sorat.
Per quanto riguarda il corridoio di destra, di fronte alla nostra stanza c’è quella di Flavio, Alessio e Lorenzo, poi una stanza occupata da una coppia di ragazzi in vacanza per i fatti loro, le scale ed infine le altre stanze dei ragazzi.
In pratica, noi e loro siamo separati dal resto della classe, quindi la prof non verrà praticamente mai da noi.
OTTIMO!
Inoltre, sono riuscita ad avere in camera le mie due migliori amiche: Greta e Valeria. Purtroppo era una camera da quattro, e nonostante io volessi con noi Ambra, la mia compagna di banco, abbiamo dovuto accogliere Serena, carissima amica di Valeria, altrimenti ci avrebbero fatto cambiare stanza.
E, no grazie, prendo e porto a casa!
Mi spiace per Ambra, ma questa camera è perfetta, per cui farò lo sforzo di sopportare ‘sta tipa, che secondo me è tremendamente calcolatrice e rompipalle, e si approfitta della bontà di Valeria, che è una persona splendida, dolce, quasi materna. Aiuta tutti, anche se questo vuol dire rinunciare al proprio tempo o a qualcosa che voleva per sé. Mette gli altri al primo posto e io di mio ho sempre cercato di non abusarne.
Ma altri, come Serena appunto, non hanno questa sensibilità e anzi usano questo spirito di sacrificio di Valeria per i propri scopi.
Con Greta e Valeria ho condiviso anche tutti e tre gli anni delle scuole medie, anche se con Greta in realtà non avevo legato affatto: è una persona molto schiva e diffidente. È difficile intavolare con lei una conversazione se non hai confidenza, e prima di ottenerla la strada è lunga. Pertanto all’epoca, dopo un paio di tentativi, ho smesso di provare. Anche perché avevo già altri amici e non mi pareva avessimo degli interessi in comune. Lei è una tipa sportiva, le piacciono tutti gli sport e pratica pallavolo a livello agonistico. È forse l’unico tema che la porta a parlare anche con chi non conosce, e per questo alla fine ha legato molto di più con i ragazzi che con le ragazze.
Alle superiori poi, il nostro rapporto è considerevolmente cambiato.
 
 

 
 
Oh mio Dio! Ma quella è Laura! Ahahah! Sta rotolando giù per la discesa: qui urge una foto.
- Eleonora spostatiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii! -
Sta puntando verso di me, accidenti! Per un pelo sono riuscita a spostarmi, grazie al cielo.
E mi è pure venuta la foto non mossa!
- Laura, tutto bene? – le chiede qualcuno, mentre io ghigno pensando a come e quanto potrò sfotterla.
 
Siamo arrivati da nemmeno un’ora e già stiamo facendo figure di merda: oltre a Laura, anche Valeria sta cercando di rialzarsi dopo una caduta. Peccato che l’unico risultato è di far cadere anche Paolo che cercava di aiutarla.
Prevedo molte, grasse risate!
Stiamo aspettando di fare i gruppi, e spero infine di capitare con qualcuno della mia classe. Oppure, se proprio non si può, con un ragazzo carino!
Dopo aver messo su gli sci due volte nella mia vita, mi sono convertita allo snowboard, che è decisamente meglio. Non essendo quindi una principiante, non posso stare con la maggioranza della classe (tra cui le mie amiche) che è la prima volta che mette gli sci, né con l’altra parte che invece è nata con gli sci ai piedi!
Speriamo bene…
 
 

 
 
Cavoli, non combino proprio con gli sci. Ma cosa pretendono? Io so andare in snowboard!
Il maestro del mio gruppo (alla fine sono finita con gli intermedi) se n’è accorto, anche perché mi vengono naturali certi movimenti propri dello snowboard. Mi ha preso di buon occhio e vuole aiutarmi a convincere quella megera della prof, così mi ha accompagnato al noleggio per recuperare gli scarponi e una tavola.
Ah, questi sì che sono scarponi decenti! Altro che quelle cose rigide con le quali camminare è impossibile.
Sto sfoggiando tutta la mia bravura (w la modestia!) facendo una discesa. Devo mettercela tutta perché, se convinco la prof, mi fa andare con lo snowboard con il gruppo dei "bravi".
Ho il cuore in gola, ho fatto una discesa direi buona. Il che è stato facilitato dal fatto che siamo nei campetti per principianti, cioè pendenza zero.
Il maestro sorride, speriamo!
 
- Beh signora, la ragazza è brava. Si vede che sa padroneggiare bene la tecnica. –
 
Io questo lo adoro! Sa mentire in modo molto convincente. Brava? Padroneggiare bene la tecnica? Io?
Insomma, la verità è che me la cavo: riesco a scendere dalla seggiovia senza ammazzarmi, faccio le curve più o meno bene, riesco a non cadere... ma ne ho di strada davanti per essere brava, padroneggiare la tecnica, fare le acrobazie e cose così!
 
- Ho visto che sei un gufi - Dice rivolto a me e mi spiega che è il nome dato agli snowboarders che usano la gamba destra avanti, che sono un po’ più rari, dato che la maggior parte della gente usa l’altro piede.
 
Assimilo l’informazione, senza capirla davvero. Sono agitatissima!
Sto guardando implorante la prof, che però non mi degna di uno sguardo.
Che imbarazzo: ci sono tutte e due le classi che ci guardano, oltre a gente della classe del fratello di Greta, di due anni più piccolo.
Mi giro alla ricerca di uno sguardo amico ed incoraggiante. Il primo che incrocio è Lorenzo, che mi fa segno col pollice alzato, vicino a lui Greta sorride ed Enrico fa le boccacce alla prof.
Che però tace.
Dai, su! Non tenermi sulle spine, brutta…
 
- Se lo dice il maestro che sai andare bene… - inizia lei interrompendo il mio insulto mentale
- L’ha vista anche lei no? – risponde girandosi poi a guardare me - L’unico consiglio che ti darei è di andare insieme a due sciatori appena scesa dalla seggiovia, perché è un po’ stretto e poco ripido, quindi se capita che ti blocchi, magari ti possono allungare una bacchetta ciascuno. –
 
Sto tipo è un mito: non solo ha interrotto la prof, e noi non lo facciamo MAI se no ‘sta donna ci rompe l’anima per due ore, ma la sta convincendo! Tra un po' gli salto al collo!
 
- Ok, se è così per me va bene -
 
Ho sentito bene? Yeaaaaaaaaaaah! Sono al settimo cielo!
Cosa che però non esterno subito, rimanendo composta e quasi altezzosa al mio posto finchè la professoressa non se ne va, salvo poi saltare sul posto e battere il cinque con qualche compagno.
Da domani sarò, in snowboard, nel gruppo con i più bravi. Vale a dire Lorenzo, Enrico, Alessio, Valentina, qualcuno della classe di Gianluca e l’istruttore che ha appena trasformato la mia settimana bianca.
Entro la fine della gita gli comprerò qualcosa per sdebitarmi.
Un po' mi dispiace, perché prima ero con Greta e Ambra.
Con Greta, che come ho già detto è una delle mie migliori amiche, da un paio d’anni siamo sempre insieme: se vedi me, c’è anche lei e se vedi lei, ci sono anche io!
Non so cosa sia scattato con l’inizio delle superiori, ma è stata lei a venirmi vicino ed abbandonare la diffidenza che aveva sempre avuto alle medie. Grazie a Valeria, che è amica di entrambe, siamo riuscite ad integrare e a trovare degli interessi comuni ed una sintonia davvero invidiabile.
Ambra è la mia compagna di banco da quest’anno. Siamo diventate amiche subito, complice il fatto che riusciamo a comunicare con uno sguardo e che abbiamo gusti parecchio simili. Allegra, spigliata e senza peli sulla lingua. Se deve dirti una cosa te la dice senza giri di parole o indorarti la pillola. È quel tipo di amica alla quale riusciresti a confidare tutto, perché non temi il suo giudizio negativo.
Pensavamo di poter ridere insieme delle nostre cadute, ma soprattutto di quelle degli altri. Ma non mi abbatto!
Sono in snowboard, ed in più è un'occasione per stare insieme a quei compagni con cui non parlo praticamente mai, tipo Enrico e Alessio che finalmente avrò modo di conoscere, e di legare un po’ di più con Valentina e Lorenzo.
 
 

 
 
Finalmente in albergo!
Mi piace stare sulle piste con lo snowboard, ma per lo più sono un'amante del caldo. Quindi ora una bella e lunga doccia calda non me la toglie nessuno.
 
- Eleonora muoviti! - mi urla Serena fuori dalla porta.
- Ma guarda che sono qua dentro da 5 minuti! Non sono io quella che è stata mezz’ora ad asciugarsi i capelli! –
Mi riferisco a Valeria: diamine asciugarli fuori i capelli, no? Ci siamo portate apposta il phon da viaggio per non usare lo pseudo spara-aria che c'è attaccato alla parete!
- Ma la presa è solo in bagno! – sento Valeria rispondere.
Bene, ora che Serena è intenta a discutere con lei, posso finalmente lavarmi in pace.
 
Serena non mi dà nemmeno il tempo di uscire, che già si catapulta dentro spingendomi fuori con malagrazia.
Sottolineo che sono uscita solo con biancheria e asciugamano addosso, proprio perché così mi asciugo e vesto fuori e non le faccio perdere il suo prezioso tempo.
Calma, Eleonora, calma. Respira.
È solo una settimana, ce la puoi fare a non strozzarla!
 
- Operazione asciugaggio capelli! - urlo una volta asciutta e vestita.
 
Nessuno mi degna di attenzione, ma ormai lo sanno bene che parlo da sola, quindi capita sovente che la gente mi ignori se non è evidente che sto parlando con loro.
Accidenti Valeria ha ragione: la presa giusta per il phon c’è solo in bagno.
Ma che schifo di albergo!
Lo sapevo che dovevo portarmi dietro l’adattatore. Andrò a chiederlo a Lorenzo, lui ce l’ha sicuro: si è portato dietro le casse per sentire musica e ho visto che ha una borsa piena solo di cavi, prese, adattatori, eccetera.
Entro nella loro camera, la occupano da meno di due ore ed è già un macello, ma come fanno 'sti uomini?
 
- Hai per caso un adattatore per questa presa, Lore? - gli chiedo mostrandogliela
- Oh, come siamo affascinanti principessa Jasmine! - mi ride in faccia indicando il turbante fatto con l’asciugamano, nel quale i miei capelli si stanno asciugando. Si, in effetti avrei potuto toglierlo e non farmi vedere in queste condizioni, il che mi fa un po’ innervosire.
- Spiritoso! - rispondo acida - Ce l'hai o no? -
- Ehi, calma! Non si può nemmeno scherzare! - dice alzandosi e frugando nella valigia - Mmm… mi sa di no, Ele. Ho solo questo, ma non è quello che ti serve. –
Uffa, adesso devo aspettare che finisca Serena e che poi si lavi Greta. E intanto i miei capelli saranno diventati quelli di un afroamericano, da tanto crespi che sono!
- Non avete la presa in bagno? -
- Si ma ora c’è Serena e poi Greta, e io nel frattempo diventerò così – gli dico mentre mostro la forma di un fungo, e lui scoppia a ridere. - Che fai, ridi? – gli dico tirandogli un cuscino che lui prende al volo.
- Chi io? - mi chiede ritirandomi il cuscino - Proprio no! Puoi asciugali qui se vuoi, tanto manca solo Alessio, che è già dentro. –
- Grazie!! –
- Anche se avrei voluto vederti con i capelli a cespuglio -
- Credimi, prenderesti paura - dico con aria lugubre
- Dopo averti visto stile talebano, non credo - mi risponde ridendo, e io gli faccio la linguaccia
- Partita a carte, intanto? – mi chiede Flavio, interrompendo ed inserendosi nella nostra conversazione.
 
Dopo un paio di partite a scala, finalmente Alessio esce dal bagno e io me ne impossesso per asciugarmi la mia fluente chioma corvina.
Mi siedo sul water e rovescio la testa in avanti, aggiungo un po’ di schiuma sulle punte e poi attacco il diffusore.
Non mi interessa un lavoro eccezionale, tanto domani siamo di nuovo sulle piste, quindi quando inizio a stare scomoda in quella posizione, spengo il phon, tiro su la testa di scatto e mi alzo.
Una volta in piedi, mi trovo davanti Lorenzo che mi guarda perplesso, con la spalla appoggiata allo stipite della porta.
 
- Che c’è? – chiedo
Lui scuote la testa e ridacchia – niente effetto fungo, ma Ele… sembri un leone! –
Sorrido anche io, guardandomi allo specchio – la mia criniera si sgonfia subito, non temere –
 
Riprendo la mia opera, con un altro paio di colpi di phon e sistemando le ciocche con le mani.
 
- Ecco fatto! – dico ad alta voce. Come sempre, non parlo con nessuno in particolare, se non con il mio riflesso.
- meglio, si –
 
Mi giro di nuovo verso la porta e Lorenzo è di nuovo lì, ancora con la spalla appoggiata allo stipite della porta.
Non saprei dire se è rimasto per tutto il tempo o è appena tornato, in ogni caso gli sorrido e lo ringrazio per l’ospitalità.
 
- torna pure quando vuoi. – mi sorride anche lui, accompagnandomi alla porta.
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3: La gita, secondo giorno ***


Capitolo 3: La gita, secondo giorno

 
Niente da fare: ieri sera non siamo riusciti a far baldoria in stanza.
La megera si è appostata in corridoio (con tanto di sedia) e, essendo il primo giorno, sapevamo che avrebbe retto fin tardi. Ma alla fine è meglio così: oggi sarà stanca e magari se ne va a dormire.
Pensiamo positivo!
Oggi, noi del gruppo “esperti”, andremo sulle piste vere, che sono ad un paio di minuti di corriera dai campetti. Questo vuol dire che gli altri scendono, compresa la prof, e noi andiamo solo con il maestro.
Che pace!
 
 

 
 
Pare che non si possa andare sulle piste vere, perché la seggiovia ha un problema.
La prof all'inizio ci ha detto che potremmo andare nel pomeriggio, ma poi non ci ha lasciato andare perché lei doveva rimanere sui campetti, noi saremmo andati da soli senza nessun responsabile e bla bla bla.
All'inizio eravamo tutti incazzati, ma poi ci siamo divertiti un casino! Abbiamo riso tutto il tempo per le gaffe dei nostri compagni di classe inesperti.
Serena, mentre era sullo skilift, ha fatto la spaccata e lo hanno dovuto fermare. E già qui grasse risate!
Inoltre Paolo, anche lui sullo skilift, era arrivato in cima e si era mollato proprio mentre bloccavano tutto, quindi non era in piano e la pendenza lo trascinava giù. Il suo tentativo disperato di tirarsi su senza cadere è stato di una comicità assurda. Ma le risate non finiscono qui!
Infatti, stavamo andando tutti insieme in cima ad un campetto con il tappeto, il primo era Marco, e poi man mano tutti gli altri. Io e Paolo stavamo salendo, quando Marco è caduto! E ovviamente nessuno di quelli dietro, a parte noi due, si è riuscito a spostare in tempo e quindi abbiamo assistito ad un effetto domino esilarante.
Altra vittima è stata Valeria, che si stava divertendo a stuzzicare Michael davanti a lei sul tappeto, quando il ragazzo si è girato e l’ha fatta cadere. Al che lei ha cominciato a ridere perché non riusciva ad alzarsi e in più una coppia inglese si era avvicinata per spiegarle come fare, e lei non capiva niente. E meno male che studiamo inglese!
Non mi sembra ci siano state altre gaffe.
Ah no, come dimenticare che Greta si è buttata giù dalla seggiovia? Ahahah!
 
 

 
 
Mi scappa, mi scappa, mi scappa, mi scappa!
Faccio davvero molta, molta, fatica quando sono fuori casa ed il bagno non è il mio. Quindi, se non mi siedo nel preciso momento in cui mi viene lo stimolo, vado avanti giorni interi.
Ho sbattuto Greta fuori, gli altri sono ancora su a mangiare, per cui non ho problemi: sono sola con la mia sfida. Concentrazione!
 
- Nor? Ho lasciato il telefono in bagno! - Nor è il soprannome con cui mi chiama solo lei
- E allora? – Non puoi farne a meno e lasciarmi in pace?
- E se chiamano i miei? –
- Rispondo io e gli dico che sei in bagno –
- Ma… -
- Niente ma, Greta! Io ho bisogno di concentrazione per cagare, quindi fuori dalle palle! –
- Ma Eleonora, che sboccata! –
 
Questa era la voce di Lorenzo! È fuori in giardino! E la finestra è senza tende! Ma porca…
Non ho tempo per essere imbarazzata, devo concentrarmi!
 
- Tu! – urlo guardando il buio oltre il vetro - Levati immediatamente dalle vicinanze della finestra! -
- Sinceramente, non ci tengo a vedere una persona che… che espleta i suoi bisogni, sai? -
- Se non state fermi e zitti, la suddetta persona non espleterà i suoi bisogni per i prossimi due giorni! Quindi F-U-O-R-I!
- Ma io sono già fuori. –
- Guarda che, se non ci riesco, giuro che te la faccio pagare! –
- Va bene, va bene… - lo sento ridacchiare
 
 

 
 
Miracolosamente, ce l'ho fatta, nonostante le premesse. Sono fiera di me!
Adesso: giretto in giardino con la neve! 
In camera non c'era nessuno, e in corridoio non si sentivano rumori, quindi credo che gli altri siano rimasti al piano di sopra, dove c’è la mensa e un salottino.
Meglio, un po' di solitudine mi ci vuole ogni tanto.
Mi siedo su una pietra, ma salto su come una molla: è congelata! E meno male che ho la giacca da neve!
 
- Fatto cacca? -
 
Mi giro e vedo Lorenzo, che si accende una sigaretta.
 
- Contro ogni aspettativa – replico io. Se pensava che avrei esternato il mio imbarazzo, si è sbagliato di grosso. - Non ti pare di fumare un po’ troppo, Lore? Eri fuori anche 15 minuti fa -
- Si, ma oggi è tutto il giorno che non fumo. Mentre scio è un po’ difficile! In più quella rompi della prof, se mi vede, non mi molla più con le sue lagne! -
- Recuperi, insomma. –
- Già! Tu invece? -
- Io non fumo, lo sai! –
- Dì la verità, non ti ricordavi di avermi parlato di quel tipo – prosegue Lorenzo dopo un attimo di silenzio.
 
Ma con cosa salta fuori questo! Speravo che il discorso fosse chiuso. Cos'è tutto questo interesse?
 
- Mi è venuto in mente dopo. Non ne avevo parlato nemmeno a Greta e a Valeria, se non dopo che mi hanno preso per sfinimento. Per cui mi sembrava strano averne parlato con te, tutto qui! –
E vediamo di finirla.
- Beh, se ti ricordi io ti avevo detto che, se non volevi parlarmene, non importava. La mia era ed è curiosità pura e semplice che tu hai soddisfatto senza troppi problemi, mi pareva. Alla fine cos’hai risolto? –
- Non ho risolto proprio niente! - sbotto io - Ti avevo detto che avevo intenzione di lasciar perdere tutto? – mi siedo di nuovo sulla pietra, magari il gelo mi arriva al cuore ed elimina Francesco.
- Si, ma era novembre, ed ora è febbraio - dice lui gettando la sigaretta finita e sedendosi in parte a me - E tu pensi ancora a lui – aggiunge.
Sospiro, ok parliamone. Magari mi tolgo un peso!
- Si, ci penso ancora, ma non come intendi tu - gli dico girandomi a guardarlo.
Il suo sguardo interrogativo è così buffo, mi fa ridere! Chissà se anche io avevo questa faccia l'altro giorno.
È così strano, riuscire a parlare con lui così: con le mie migliori amiche è una lotta, me le devono tirar fuori a forza le parole.
- E come lo intenderei io? –
- Non gli sto più dietro. Non so, credo di avercela con lui. E con me. Perché dai, non posso aver frainteso! Però, alla fine, con me non si è fatto mai avanti e adesso sta con una –
- Ah però! Questa è nuova. –
- Ma guarda, non so la data precisa, e non mi interessa nemmeno. Da quando ho deciso che era ora di smetterla, non l’ho più cercato né calcolato. Ho incontrato un nostro comune amico, che mi ha detto la novità. Sarà stato gennaio. –
Ormai son partita, non riesco a spiegarmi questa facilità nel parlare dei fatti miei così, con lui.
Ma ormai sono un fiume.
- è che mi viene da pensare che ho capito male. - continuo - Però oggettivamente era gentile solo con me! Pensa che si è accorto che abbiamo la stessa montatura degli occhiali! -
- Hai gli occhiali? –
- Si, sono da riposo. Ecco, appunto, me li avrà visti addosso una volta o due. Non è normale accorgersi di simili dettagli! Lui li porta sempre gli occhiali quindi, al massimo, me ne sarei dovuta accorgere io. -
- Beh, in effetti... –
- Ma adesso basta! Non ci voglio più pensare, per me è un capitolo chiuso! - dico con aria convinta.
Che poi chi voglio convincere, lui o me?
- Ma si! Ce ne sono tanti in giro, ne troverai sicuro uno meglio. – mi sorride
- Inizia a far freddo, rientriamo? – Inizia? Ma che dico? Non sento più braccia e gambe!
- Ok - mi risponde alzandosi e porgendomi la mano per aiutarmi a far lo stesso - Stasera pensavamo di venire da voi, vi va bene? –
- Penso non ci siano problemi, basta che Flavio tenga le mani a posto! –
- Ci ha provato anche con te? Ma non stava dietro a Serena? –
- Lorenzo, lo sai meglio di me che ci prova con qualsiasi cosa sia, anche lontanamente, simile a una donna! -
Ride, e devo dire che ha un bel sorriso!
EHI! Frena un attimo, Eleonora!
Hai appena finito di dire che non ti vuoi illudere più!
Ma non posso fare a meno di iniziare a ridere con lui e pensare che Lorenzo è proprio un bel figliolo.
 
 

 
 
Tra cinque minuti devo aprire la porta, così che i tre boys della camera di fronte possano entrare, non vedo l'ora! Eccoli! Ma… sono solo Alessio e Flavio.
Perché ci sto rimanendo male?
 
- Lorenzo? – stavo per chiederlo io, ma Greta mi ha battuto sul tempo
- Dormiva - è la laconica risposta
 
Ah, e dire che era stato lui a proporre!
Mettersi 1 sveglia? Svegliarlo voi brutti buzzurri? No, eh? Troppa fatica.
Ma poi perché me la prendo?
Ho deciso che devo smetterla di farmi i castelli in aria per ogni ragazzo che si dimostra gentile con me.
Animo, un bel sorriso e divertiamoci!

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Capitolo 5
*** Capitolo 4: La gita, terzo giorno ***


Capitolo 4: La gita, terzo giorno

 
Oggi finalmente si va in pista!
Ho già arruolato i due sciatori che verranno con me: Lorenzo e Valentina.
In realtà o sceglievo loro, o sceglievo loro. Non mi sembrava il caso di chiedere a Enrico e Alessio. E di chiederlo ai compagni di classe di Gianluca, il fratello di Greta, ancora meno.
Comunque ognuno va giù con i suoi tempi, ci siamo messi d’accordo di aspettarci davanti la seggiovia, così saliamo insieme.
Abbiamo scoperto che non c’era nessun guasto, ma che ieri hanno sparato la neve con i cannoni per tutto il giorno, visto che sono diversi giorni che non nevica. Peccato che non l’hanno distribuita uniformemente e ci sono dei super cumuli. Magari è la volta buona che provo a fare qualche salto!
Ci ho provato, e devo dire che c’ho preso gusto!
Niente di troppo complicato, non voglio uccidermi e poi magari quella arpia mi costringe a tornare agli sci.
Ecco, ora ne faccio un altro... ma cosa? Lo snowboard non mi ha seguito come avrebbe dovuto e sono ruzzolata nella neve. Mi si è mollando un attacco, aiuto! Speriamo non sia rotto.
Mmm, a prima vista, con tutta sta neve in giro, mi pare di no. Credo si sia solo un po’ mollata la vite.
Adesso però come cavolo torno giù?
 
- Fatta male? – Valentina si ferma elegantemente in parte a me
- No, si è mollata la vite dell’attacco –
- Vedi a far la figa! - mi urla Lorenzo, sopraggiunto con Enrico
- Fare? Io sono figa! - gli rispondo a tono
Lorenzo stava per dire qualcosa, quando Enrico lo anticipa - Riesci a rialzarti? -
- Il problema non è alzarsi, il fatto è che si sta staccando una vite. Non mi fido ad andare con un attacco mollo, soprattutto perché potrei romperlo! –
- Se vuoi ti accompagno, vengo giù piano piano con te – propone Valentina.
Oh, che coccola!
- Grazie! - le dico sorridendole e alzandomi, pronta a partire
- Facciamo così – dice Lorenzo rivolgendosi a Valentina – tu le stai davanti, io la seguo. - poi si gira verso di me – Così nessuno ti arriva addosso da dietro, va bene? -
- Perfetto, grazie ad entrambi! Andrò piano però, non ho intenzione di ripagare la tavola! –
 
Piano piano siamo arrivati in fondo, Enrico e Valentina mi hanno coperto con la prof, così sono potuta andare dal noleggio a far vedere la tavola assieme a Lorenzo.
Il tipo del noleggio mi dice che già una volta si era un po’ mollata la vite, e con c'è nulla di cui preoccuparsi.
COSA?
Sapevano già che è rotta e me l’hanno data ugualmente? Ma questo è un attentato alla mia vita!
Lorenzo ascolta ridendo le mie lamentele borbottate a mezza voce, mentre mi sostituiscono la tavola, senza chiedermi nemmeno un centesimo.
E ci mancherebbe pure!
 
 
 

 
 
Oggi siamo tornati presto in albergo, perché un ragazzo dell'altra sezione si è fatto male al polso subito dopo pranzo. Il suo professore non ha la patente, quindi in pronto soccorso lo ha dovuto portare la professoressa Sorat.
Quando lo abbiamo saputo, entrambe le quarte hanno esultato con un "siiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!" carico di gioia. 
Ma lei non ci ha permesso di restare sulle piste.
Ci uniremo alle due seconde e andremo in piscina, anche se per noi era prevista domani. Oggi, come attività extra c'è solo il pattinaggio questa sera dopo cena. 
E io non vedo l’ora!
 
- Che costume ti sei portata, alla fine, Nor? - mi chiede Greta
- Ho portato entrambi, ma oggi opto per quello rosso. –
 
Il famoso sabato prima della gita, assieme a lei ho acquistato anche due costumi.
È stata un'ottima idea: avevano lo sconto al 70%, dato che febbraio non è propriamente la stagione giusta per i costumi. Inoltre, dalla scorsa estate, mi sono alzata di qualche centimetro e ho messo su una taglia in più, sia di seno che di fianchi.
Quello che ha attirato la mia attenzione è un costume rosso a fascia, con dei disegni argentati. L'altro non è altro che un semplice costume tutto nero. L'ho preso perché lo volevo da un sacco di tempo, ma a prezzo pieno ci rinunciavo sempre, preferendo comprarne uno colorato. 
Ci avviamo verso la piscina, che scopriamo essere all'interno del complesso sportivo che ospita anche la pista di pattinaggio. Il professor Russo ha già il suo da fare per stare dietro alle sue due classi, quindi una volta dentro, ci dice di fare quello che vogliamo.
Alle 17.30 però dobbiamo essere docciati, vestiti e pronti fuori dall'ingresso; in modo che ci riporti in albergo. Ci aspettano due ore di libertà!
La vasca è enorme, ha le misure di una piscina olimpionica: 50 metri x 25, non ci sono i divisori di tutte e 10 le corsie, ma ne sono stati lasciati 3, giusto per dividerci un po' lo spazio.
Sono un po' nervosa, io speravo ci fosse anche la piscina alta 1 metro, dove avrei toccato e magari avremmo potuto giocare a palla. Invece la vasca mastodontica occupa tutto lo spazio, ed è alta almeno 3 metri.
Non so nuotare, a malapena so stare a galla. Spero di sopravvivere!
Mi dimentico della mia ansia quando arriva Lorenzo, che sfoggia sulla testa una cuffia improponibile! È una di quelle per bambini, con tanto di finte orecchie da cane! Ma si può?
Lo vado a sfottere, come sta facendo metà classe al momento, e lui per vendicarsi per poco non mi fa venire un infarto! 
Mi ha preso in braccio e si è buttato assieme a me in piscina. È stata una cosa talmente fulminea e inaspettata, che non ho reagito. Non sono riuscita a tapparmi il naso né a chiudere gli occhi, e ora mi inizia a bruciare tutto, occhi e apparato respiratorio, per colpa del cloro.
Buttandosi di peso, siamo prima affondati fino al pavimento della piscina, e ora con tutta la calma del mondo mi sta riportando in superficie.
Ad un certo punto, riacquisto il controllo del mio corpo e inizio a scalciare e contorcermi, nella speranza di arrivare alla salvezza. Lorenzo mi stringe più forte, per bloccarmi dato che i miei movimenti stanno ottenendo l'esatto effetto contrario di quello che voglio.
Il che mi fa scalciare ancora di più! 
Arrivati miracolosamente in superficie, inizio a tossire e sputacchiare, aggrappata al bordo della piscina e a Lorenzo.
 
- Stai bene? - Mi chiede
- Non. Farlo. Mai. Più!! - Riesco a dirgli con voce strozzata, tra un colpo di tosse e un altro.
- Come hai fatto a bere? Non dirmi che sei una di quelle che deve tapparsi il naso con la mano? - 
- Mi hai preso completamente alla sprovvista, mi sono pietrificata! –
Troppo tardi penso che, detta così, può sembrare che io abbia paura. Cosa, ovviamente, falsa! Che sia chiaro!
- Se avessi saputo che avevi paura, non ti avrei fatto questo scherzo. –
Ecco, appunto.
- Io non ho paura! - dico, in perfetto stile bimba di quattro anni.
- Si, certo che no. - mi risponde accondiscendente - Ti sei ripresa ora? -
- Si, sto bene! Comunque è tutta colpa tua, e di questa stupida cuffia! - gli rispondo.
 
Mentre parlo, mi stacco dal bordo piscina e prendo in mano le orecchie argentate. Così facendo, l'unica cosa che mi tiene a galla è il suo braccio che mi cinge la vita. In effetti, quel braccio è lì da quando siamo risaliti, mentre il mio fino ad un attimo fa era aggrappato alla sua spalla, il che, oltre al fatto che ero appesa anche al bordo piscina, metteva un minimo di distanza tra di noi. In questo momento, con entrambe le mie mani a giocare con le orecchie, ci ritroviamo praticamente appiccicati l'uno sull'altra.
Quando realizzo tutto questo, mollo la presa trattenendo un urlo, e tento di mettere un po' di spazio tra noi aggrappandomi con entrambe le braccia al bordo. Guardandolo con la coda dell'occhio, vedo che anche lui è in imbarazzo.
Per alleggerire la tensione mi racconta che la cuffia è del suo cuginetto, che gliel'ha prestata. Mi confida che non avrebbe accettato, se avesse saputo che era così. 
Ci ridiamo un po' su, e tutto torna alla normalità. Almeno fino a quando non mi propone di raggiungere a nuoto gli altri, che si sono spostati dall'altra parte della piscina; alias 50 metri.
 
- Io vado a piedi. - Dico e tento di tirarmi su a forza di braccia, fallendo miseramente.
- Ok. - mi risponde, e al mio quarto tentativo aggiunge - Ti... ti serve una mano? -  
Una mano mi servirebbe in effetti. Ma il punto è DOVE dovresti metterla quella mano per aiutarmi? Siamo appena usciti da una situazione imbarazzante, e siamo riusciti a ricadere in un'altra dopo nemmeno 5 minuti.
- Me la caverò da sola! Potrei arrivare fino alle scalette, laggiù! -
- E come ci arrivi, aggrappata al bordo tutto il tempo? -
- L'idea era quella, perché? -
- Non so se hai notato, ma è pieno di gente che è seduta sul bordo. -
Non ci avevo pensato. Mannaggia! E ora che faccio? - Non vedo alternative. - 
Lui sospira - Ti trascino io, dai. -
Forse era meglio se mi dava una mano a salire, penso mentre il mio corpo è a contatto con il suo in troppi punti.
 
 
...
 
 
Arrivata sana e salva alla scaletta, almeno apparentemente, raggiungo gli altri a piedi, mi siedo con le gambe in acqua e mi inserisco nei discorsi delle mie amiche.
Lorenzo mi ha lanciato uno strano sguardo, nel dichiarare che lui non usciva e si faceva una nuotata, e come arriva si aggrega agli altri ragazzi che stanno facendo gara di apnea.
Dato che sono l'unica tecnicamente fuori dalla piscina, i miei compagni mi assillano con "Eleonora, mi porti quello?" o "Eleonora, mi vai a mettere via questo? o ancora "Eleonora mi vedi che ore sono?".
Poi? Qualcos'altro? Che so: preparami un the e portami del cibo?!
Alla fine ho deciso di andarmi a sedere in una delle nostre sdraio, assieme a Greta e Valeria, per fare una partita a carte.
 
- Ele, ci passeresti i nostri asciugamani? –
 
Ma per la miseria! Sono venuta qui apposta per evitare ancora smaronamenti simili!
Mi volto a guardare chi ha parlato con uno sguardo omicida, che si trasforma in uno meravigliato appena mi ritrovo davanti gli addominali scolpiti di Lorenzo e Enrico. Ma che ben di Dio!
Torno in me prima che parta la bavetta alla bocca, e gli consegno quanto richiesto.
Con le ragazze iniziamo a ridere come delle cretine e senza un motivo preciso, non appena i nostri due compagni si allontanano.
 
 
...
 
 
Mi sto dirigendo verso lo spogliatoio con Valeria per farci la doccia quando, prima di girare l'angolo, veniamo fermate da delle voci femminili.
 
- Ma hai visto quella con il costume rosso? Ma chi si crede di essere per darsi tutte quelle arie? - dice una
- Ha un bel fisico, ok. Ma spalmarsi a quel modo addosso a quel figo Lorenzo! - risponde un'altra
- Bel fisico, parliamone. Secondo me il reggiseno è un push-up perchè è piatta come una tavola! - infierisce una terza
- Si, che poi, si è messa il costume rosso così sono tutti che guardano lei! - riprende la parola la prima
 
Mi vengono le lacrime agli occhi. Cosa ho fatto per meritarmi queste cattiverie?
Mica sono l'unica con un costume colorato? E poi non mi spalmo APPOSTA addosso a Lorenzo!
 
- Secondo me siete solo invidiose! - Ma...ma questa è la voce di Enrico! 
- Eleonora non si dà affatto delle arie! - Alessio
- E posso assicurarvi che non è assolutamente piatta! - Flavio, quale contributo poteva dare, se non in riferimento al mio seno?
- Costume rosso o meno, chiunque guarderebbe lei! Se non altro per non dover guardare delle ragazzine insignificanti come voi! - 
Oddio, è Lorenzo! 
- E per la cronaca, chi si "spalma" addosso a me sono affari miei e non vostri! - aggiunge poi.
Guardo Valeria avvampando.
Lei mi sorride e con la voce profonda, facendo finta di essere il narratore di una commedia teatrale, recita - Ed ecco i nostri prodi cavalieri che, senza macchia e senza paura, corrono in difesa di una donzella in difficoltà –
 
Scoppio a ridere, e lei mi segue a ruota. Mentre ancora ridiamo, mi sospinge a girare l'angolo. E ci ritroviamo queste tre ragazzine che vorrebbero sprofondare, e i miei compagni che ci guardano sorridendo, ignari che abbiamo assistito alle loro "eroiche gesta".
 
- Ehi ragazzi! - dice Valeria - Fate nuove amicizie? –
 
E le ragazzine che, se possibile, vorrebbero sprofondare ancora di più, filano via in gran carriera.
Grazie ragazzi.
Non lo dico a parole, ma con un mega sorriso.
 
 
...
 
 
Tornate in albergo, le mie compagne di camera insistono per andare ad aspettare l'ora di cena nella stanza di Lorenzo & co.
Loro si sono buttate tutte sul letto matrimoniale, iniziando una lotta con i cuscini.
Vedendo lo sguardo quasi famelico di Flavio, io mi defilo sul letto singolo completamente libero e mi siedo lì limitandomi ad osservare la loro competizione.
 
- Quello è il mio letto! – tuona Lorenzo uscendo dal bagno, manco ci stessi mangiando sopra una cioccolata calda, versandola sulle coperte.
- E allora? Mica pretenderai che tu te ne stai largo largo qui, e noi tutti schiacciati nell’altro letto? –
- Uff, e va bene. Fatti in là – dice sbuffando e distendendosi dietro di me.
 
Io rimango seduta sul bordo, non sapevo che il letto fosse il suo!
Accidenti! 
Nel frattempo, Ambra è riuscita a far cadere Greta dal letto matrimoniale. Che è anche normale, sono in sei! Ha chiesto ospitalità a Lorenzo e ha insistito a mettersi contro il muro.
Avrei preferito che facesse da muro tra me e Lorenzo!
Si sono tutti distesi e l’unica seduta ero rimasta io, così quando qualcuno lo fa notare, mi arrendo e mi stendo giusto sul bordo del letto. Non so dove tenermi per non cadere ma cerco di evitare di "spalmarmi" di nuovo sul ragazzo disteso a pochi centimetri da me.
 
Non so chi sia stato il primo ad addormentarsi, fatto sta che stiamo tutti dormendo.
Io ho sognato che mi si rompeva la tavola e finivo in un burrone. Mi sono svegliata di scatto e sarei caduta dal letto, se Lorenzo non mi avesse preso al volo!
- Mi hai fatto prendere un colpo, Ele! - mi sussurra una volta che ho recuperato l'equilibrio, indugiando con il braccio che mi ha tratto in salvo abbracciandomi la vita, spostandolo con decisamente troppa lentezza.
- Scusa! Ho sognato di cadere in un burrone! – sussurro in risposta
- E per poco non cadevi dal letto! Che spavento, sul serio! Hai fatto uno scatto e mi son svegliato di colpo. –
- Lore, non volevo svegliarti - mi pare di essermi scusata abbastanza! Mi giro verso di lui un po' infastidita e noto che Greta non c’è più.
Seguendo il mio sguardo, se ne accorge anche lui - Vieni più in qua – mi dice, spostandosi un po’ verso il muro.
- Dormono tutti! – dico invece io, girandomi verso il resto della camera e alzandomi a sedere, restando quindi esattamente dove sono. Niente avvicinamenti, meglio!
- Ahaha! Ele guarda Greta! – La ragazza sta dormendo seduta per terra. È buffissima! Vorrei farle una foto, ma ho la macchina fotografica in camera mia.
Cercando di ridere il più silenziosamente possibile, io e Lorenzo iniziamo a fare dei piccoli scherzi innocenti ai nostri compagni addormentati.
Mi dispiace per loro, ma è un’ottima scusa per evitare di stare distesi l’uno accanto all’altra.
 
 

 
 
Che bello pattinare, mi mancava!
Ho fatto pattinaggio fino alla fine delle medie. Poi con il fatto che le superiori le frequento in città, ho dovuto lasciare.
Siamo tutti in pista a fare i pagliacci. Beh, non proprio tutti: Lorenzo e Flavio non si sono messi i pattini, pensavano di andare a bere, ma la prof gliel’ha categoricamente negato.
Ora li trascino in pista!
 
- Ehi voi due, su! Pattini ai piedi! -
- Manco morto! – mi dice Lorenzo
- Ah si? – Lo prendo di peso e lo porto nel noleggio dei pattini, intimando a Flavio di seguirci.
Devo avere proprio una faccia arrabbiata e convincente, perché di peso non avrei spostato proprio nessuno.
Posso capire che a qualcuno non piaccia pattinare, ma alla fine è un modo per stare tutti insieme. Infatti in pista stanno facendo trenini e robe simili, è un peccato perdersi questi momenti!
 
- Che numero hai? –
- Non te lo dico! –
- Bene vorrà dire che prenderò un numero a caso e te li ficco con la forza! – poi mi rivolgo alla tipa del noleggio – Mi dia un 44, per piacere! –
- Ma che cocciuta che sei! E va bene. – dice alzandosi e andando verso la tipa – Facciamo un 45 -
- Ma guarda te che mi tocca fare – lo sento mugugnare mentre tenta di allacciarsi i pattini.
- Lorenzo non così! Ma non sai nemmeno allacciarti un paio di pattini? –
- Se sei così brava, signorina Eleonora-so-tutto-io, fallo tu! –
 
Detto, fatto!
Mi inginocchio ai suoi piedi e gli lego i pattini in poche mosse. Nelle vicinanze del saggio noi ragazze più grandi aiutavamo i più piccoli a cambiarsi ed allacciarsi i pattini, quindi sono più che esperta nel farlo.
C’è rimasto un po’ male, ma dopotutto non sa che facevo pattinaggio prima di fare teatro. In realtà credo non sappia nemmeno che faccio teatro ora.
Approfitto del suo stupore per allontanarmi, nel momento in cui mi rendo conto quanto questa posizione possa essere ambigua.
Arrivati in pista, lo spingo verso il centro, anche un po’ per vendetta, lo ammetto.
 
- Ma che cavolo fai?! – mi urla dietro, mulinando le braccia per cercare di restare in piedi
Dopo una risata, lo vado a riacciuffare e mi ci posiziono davanti.
- Ora: tu muovi i piedi da dritti verso fuori e dietro, ci sei? Io ti reggo -
Inizio ad andare piano indietro, tenendogli le mani e praticamente tirandolo
- Non guardarti i piedi! Guarda avanti e dimmi se andiamo contro qualcuno! –
Niente da fare, continua a guardarsi i piedi e io devo contemporaneamente reggere lui che si butta di peso in avanti, dargli una direzione e girarmi indietro per controllare di non andare a sbattere.
Quando inizia a essere troppo pesante da reggere gli dico
- Lore, non buttarti completamente in avanti: non riesco a tenerti! -
Nemmeno finisco di dire la frase, che il signorino si butta all’indietro, si sbilancia, cade e mi trascina giù con lui.
 
Ma chi me l’ha fatto fare di fargli mettere i pattini? Qui ci sono un po' troppi contatti fisici oggi!
Mi tiro su sulle braccia, sbuffando, e mi siedo sui talloni. In tanti anni non ero mai caduta sui pattini. Almeno non da praticamente ferma!
Si tira su anche lui, poggiando indietro le braccia. Abbiamo i visi così vicini che riesco ad accorgermi della leggera venatura dorata dei suoi occhi.
Rimango imbambolata a fissarlo, come ho fatto a non essermi mai accorta di che bel ragazzo fosse? Francesco o non Francesco.
Sospiro, mentre lui credo mi stia chiedendo se mi sono fatta male e si scusa.
È inutile, mi arrendo!
Sono una ragazza volubile, basta un po' di gentilezza e un paio di occhi dolci e mi sciolgo.
E poi ci starò male. Ma cosa posso farci?
 
- Eleonora, ci sei? –
- Come? No, scusa. Mi ero incantata –
- Ho notato. Se ti alzi, forse, riusciamo a toglierci dal mezzo della pista –
- Oh, si! – mi affretto ad alzarmi e mi spazzolo un po’ la neve dai jeans. Sono ghiacciati, e mi si sono bagnati pure i guanti.
- Ehm, Ele? –
- Che c’è? Mi sono alzata! –
- Si, ma io… -
- Oddio, scusa! Ecco, dammi la mano e punta il pattino lì. –
Assorta com'ero nei miei pensieri, mi sono scordata che lui non sa alzarsi. Lo aiuto e mi ritrovo di nuovo spalmata su di lui, ma allora è un vizio?
E il successivo pensiero che mi passa dalla testa è "chissà se bacia bene?".
Ma insomma Eleonora! Che diavolo ti metti a pensare? 
- Andiamo! – ordino girandomi, prendendogli la mano e tirandomelo dietro di peso
- Cos’hai adesso? –
- Nulla, che devo avere? – gli rispondo senza girarmi.
Lo sto portando lì dove ci sono i nostri compagni appoggiati al muretto, così lo abbandono lì e mi faccio una bella corsa per schiarirmi le idee.
- Fermati! – mi dice, tirandomi (e quasi staccandomi) il braccio
- Ehi, piano! Le braccia mi servono ancora entrambe. - gli dico mentre mi giro a guardarlo
- Mi sembra di averti già chiesto scusa -
- Scusa per cosa? - Non capisco di cosa sta parlando
- Per la caduta! –
- Si, infatti. Non è mica colpa tua se siamo caduti. Può capitare a chi mette i pattini la prima volta. – Inizio a girarmi per riprendere l'avanzata e continuo - Certo che se seguivi i miei consigli... -
- E allora mi dici perché sei incazzata? – tirandomi in modo da farmi girare di nuovo verso di lui
- Ma non sono incazzata! Guarda che scherzavo sui consigli... -
- Poche storie, si vede che sei incazzata –
- Cosa ti fa pensare che io lo sia? –
- Da come mi hai detto “andiamo”, dalle risposte acide che mi stai dando, ma soprattutto dalla faccia che hai! –
Rimango interdetta. È vero che voglio liberarmi di lui alla svelta, "lontano dagli occhi, lontano dal cuore" dicono; ma mi dispiace se pensa che sia arrabbiata con lui.
– Non sono arrabbiata, volevo solo farmi una corsa. Quindi ti volevo portare al sicuro dagli altri. – Gli dico sorridendo. In realtà non so se sono arrabbiata o meno, o con chi.
Vorrei un po' di spazio.
- Non mi dire che stavi pensando di nuovo al tipo! –
- No, non penso a nessunissimo tipo! Senti, una corsa e poi ti torno a prendere, ok? Non ho finito le lezioni! –
Detto questo, non aspetto la sua risposta e ricomincio a trascinarlo.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5: La gita, quarto giorno ***


Capitolo 5: La gita, quarto giorno

 
La mattinata è trascorsa tranquilla, senza eventi degni di nota.
Forse perché verso metà mattina mi sono rinchiusa in baita: chiaramente, dovevano venirmi in gita! Toniamo a casa tra un paio di giorni, attendere un po'? Chiedo troppo? 
Sto malissimo, come ogni mese il primo giorno, e la cosa mi infastidisce parecchio.
Mentre ero seduta mi si è avvicinata la prof, al che il mio mal di pancia si è intensificato. Mi ha chiesto cos'avevo, e dopo averglielo detto si è ripresentata con una coca-cola.
Ma roba dell’altro mondo! Cosa me ne faccio di una coca-cola?
Questo pomeriggio le attività prevedono tiro con l'arco e piscina. Per fortuna siamo andati in piscina anche ieri, altrimenti me la sarei proprio persa!
 
 

 
 
Tiro con l’arco è una stra-figata!
Anche se la prima freccia (la seconda e le successive 3) non ha nemmeno lontanamente toccato il bersaglio, le successive si sono via via avvicinate al centro, rendendomi fiera di me!
I miei successi sono comunque stati sminuiti: tiravamo a coppie, in modo che ci fosse tempo per tutti. Ed io ero in coppia con Ambra, che fa tiro con l’arco nel tempo libero e ha fatto tutti centri.
Il mio umore, quindi, è rimasto medio/basso, nonostante il divertimento.
Ora sono tutti in piscina.
Ci sono alcune ragazze delle altre classi che hanno il mio stesso problema, più qualche ragazzo a cui evidentemente la piscina non interessa per il secondo giorno di fila, ma il loro insegnate è stato così caritatevole da andare con loro a fare un giro in centro.
Avevano invitato anche me, e davanti alla prof ho fatto finta di accettare, ma preferisco stare sola!
Per un po' ho guardato gli altri dalle vetrate, salutandoli con la mano. Ma poi me ne sono andata: era così deprimente star lì a veder loro divertirsi.
Così ho noleggiato di nuovo i pattini e ho la pista tutta per me! Almeno finché non arrivano due ragazzi, un maschio e una femmina.
Mi viene il dubbio siano una coppia di pattinatori e, quando tirano fuori i pattini, capisco che ho visto giusto. Quelli sono gli stessi pattini che ho io, solo che i miei hanno le rotelle!
Mi avvicino per chiedere se me ne devo andare, ma loro gentilmente mi dicono che non do fastidio e che, anzi, se voglio mi posso allenare con loro.
 
- Facevi pattinaggio? - mi chiede lei, Anna
- Si, fino un paio di anni fa. Ma con le rotelle. Non abbiamo la fortuna di avere piste di ghiaccio!
 
Da lì iniziano a chiedermi di dove sono, come si chiama la mia scuola perché loro le conoscono tutte, rotelle o ghiaccio che sia, perché ho lasciato...
E il tempo mi vola, tra chiacchiere e qualche rispolverata a salti, trottole e passi vari.
Alla fine sono gli altri a dovermi aspettare, e mi vengono a prendere Valeria e Lorenzo. Arrivano mentre i due ragazzi stanno finendo di provare un balletto.
Il ragazzo, Mirko, mi prende per mano e mi fa fare un paio di giravolte e salti che facevano prima loro due. Poi ci dividiamo, e io improvviso un balletto. Lui mi segue e ci troviamo a incrociarci sulla pista in acrobazie varie, da solisti e in coppia.
Mi distraggo a guardare Lorenzo e, mentre tento un salto un po' troppo complicato per il mio livello, cado giù.
Uffa. E io che volevo fare bella figura.
Anna e Mirko si avvicinano per sincerarsi che io stia bene, e per dargliene conferma parto per una gara a chi corre più veloce, che vinco solo perché sono partita prima di loro.
Ci salutiamo, scambiandoci i numeri, e mi avvio a togliermi i pattini.
 
Arrivata da Valeria e Lorenzo, lui se ne esce con uno scocciato - Era ora! -
Ma chi ti ha chiesto niente?
- Scusa se sono educata e saluto la gente come si deve - dico incamminandomi davanti a loro
- Però far aspettare la gente non è mica educazione -
 
Mi blocco, ci sono rimasta malissimo. Mi si era sollevato, e di molto, il morale e questo qui me lo calpesta così?
Ma cosa gli ho fatto?
Tra gli ormoni impazziti di oggi e questa sua uscita, credo di stare per mettermi a piangere.
Mi monta una rabbia e gli rispondo tagliente, senza girarmi
 
- Non mi pare di averti chiesto proprio niente, né di venirmi ad avvisare che dobbiamo tornare in albergo, né tanto meno di aspettarmi! So cavarmela benissimo da sola, come per altro ho dovuto fare tutto il pomeriggio. Se ti ho fatto perdere tempo prezioso ti chiedo scusa, ma è solo colpa tua. –
 
Ricomincio a camminare, sperando di mettere più distanza possibile tra me e lui.
Sento Valeria dargli dell'imbecille e rincorrermi lasciandolo indietro.
Facciamo una piccola deviazione, in modo di non fare la stessa strada che farà lui.
 
Quando mi sono calmata le chiedo - Mi spieghi perché te lo sei portato dietro, Vale? -
- Mi ha voluta accompagnare lui, veramente! -
- Direi che non ha fatto una buona scelta, allora! -
- Mi ha chiesto perché non sei venuta in piscina. Sono rimasta sul vago -
- Ma cosa gli frega? Che poi cosa avete aspettato 20 minuti? Io ho aspettato due ore, da sola! -
- Sono pienamente d'accordo, Ele. Ma credo che lui pensi che tu lo stia evitando. -
- E perché? -  
- Beh, ieri lo hai costretto a mettere i pattini e poi lo hai mollato in un angolo, oggi sulle piste non ti sei fatta vedere, nel tiro con l'arco te ne sei stata tutto il tempo con Ambra e poi non sei venuta in piscina. -
- Ok, tutto questo è vero, ma non vuol dire che sto evitando lui! Non è mica il centro del mio universo! 
- Lo so… Andiamo adesso, se no chi la sente la prof!  Stasera c'è il giro con le ciaspe! -
 
Mentre torniamo indietro mi rendo conto che effettivamente, con qualche scusa, ho inconsciamente fatto di tutto proprio per evitare contatti con lui.
 
 
...
 
 
Tornate in albergo mi sono fiondata in bagno a far la doccia, gli altri l'hanno tutti fatta in piscina.
Mi sono accordata con Valeria perché mi porti qualcosina da mangiare alla fine della cena.
Sono appena uscita dalla doccia e sento bussare, è già qui? Ho perso la cognizione del tempo se hanno già finito la cena! Accidenti!
Mi metto alla svelta la biancheria e mi fiondo ad aprire la porta.
Ma davanti non mi trovo Valeria.

- Wow, ti immaginavo più una tipa da mutande di cotone colorate che di pizzo nero! –
- Lorenzo, brutto maniaco! - urlo lanciandogli qualcosa che lui afferra al volo
- Guarda che sei tu che mi hai aperto così! – dice indicandomi e facendomi un rapido scanner dalla punta dei piedi a quella dei capelli
- Pensavo fosse Vale – mi giustifico e con un leggero ritardo mi accorgo di non aver fatto nulla per coprirmi.
Mi ficco alla svelta un paio di jeans a caso e una maglia, e poi continuo - Chi ti ha dato il permesso di immaginarmi in mutande? –
- Ele! Vuoi che ti immagini nuda? – ribatte con un sorriso malizioso ed una strana luce negli occhi
- No! Non dovresti immaginarmi proprio! Porco! –
- Disse la ragazza che apre la porta mezza nuda. – replica lui ridendo, un po’ nervosamente forse, e mettendo così fine alla discussione con i toni accesi
- E se era Flavio? – riprende, e potrei giurare che sia contrariato
- In quel caso, gli sarei saltata addosso e gli avrei donato la mia verginità! - dico ridendo
- Se è così, lo vado a chiamare. - mi dice lui avviandosi verso la porta
- Non ci provare! - gli dico superandolo e sbarrandogli l'uscita

Mi rendo conto di essere intrappolata tra lui e la porta, così arrossisco, sguscio via e inizio con nonchalance a sistemare le mie cose.

- È stata una battaglia poter scendere, sai? Valeria non mi faceva passare, intimandomi di lasciarti in pace. –
- E come mai sei qui? - gli chiedo girandomi a guardarlo
- Volevo scusarmi per prima. - mi risponde abbassando lo sguardo – è che stare dietro i tuoi cambi di umore è impossibile! Stiamo ridendo e scherzando insieme, e poi dal nulla ti incazzi. Vorrei capire che faccio di sbagliato. - esclama buttandosi a sedere sul letto più vicino, abbattuto.
Mi fa tenerezza questo suo tentativo di riappacificazione
- Oh, Lore! Vuoi sapere perché oggi sto evitando tutti? - chiedo divertita.
Lui si volta a guardarmi con aria confusa e annuisce piano.
- Ecco! - gli dico, lanciandogli la confezione degli assorbenti.
 
L’istinto da portiere lo fa scattare nella direzione del pacco, che prende al volo. Poi lo guarda, realizzando cosa gli ho lanciato, e me lo rispedisce indietro schifato.
Scoppio a ridere, e lui mi segue subito dopo.
 
- Allora pace fatta? Amici come prima? - mi chiede con occhi da cucciolo
- Pace fatta, ma... –
- C'è un ma? - mi chiede sconsolato
- Si caro! Tu dici amici, ma io ti ho raccontato un sacco di cose, mentre tu a me non hai confidato nulla! –
- 1. cos'è che mi avresti raccontato? E 2. cosa dovrei confidarti, scusa? - dice un po' sulla difensiva
- Ma come? Ti ho annoiato con il discorso di Francesco, ti ho confidato che donerei il mio fiorellino a Flavio... –
- Ele… Francesco ok, ma… insomma… speravo che prima scherzassi sul fatto che la daresti a Flavio. -
- Certo che scherzavo! Che schifo! Me la sarei tenuta tutto questo tempo per sprecarla con lui? - dico rabbrividendo di disgusto.
- Vedi che avevo ragione ad immaginarti con le mutande da santarellina! - dice ridendo
- La finiamo? non ti ho dato il permesso di immaginarmi in mutande. - gli rispondo incrociando le braccia. Poi un po’ mi infervoro – E non penso che il tipo di biancheria sia legato a come e quanto si faccia o meno sesso. Certo io non sono come le sciacquette che ci sono in giro ora, che la danno a tutti credendo di essere tanto fighe! –
- No ferma, calmati! Non fare come ieri o prima! Mi sono espresso male. – lui cerca di rabbonirmi subito - È una scelta tua e nessuno ti dovrebbe giudicare per quello che fai! – mi dice serio – o non fai – aggiunge.
- Appunto! – gli do ragione io, abbandonando la rabbia e meravigliandomi della maturità di queste parole.
- Tu comunque stai sviando il discorso! – riprendo con un sorriso malizioso - Allora, fuori il nome! Chi è la prima in cui hai inzuppato il biscotto? –
- Fatto cosa, scusa? - mi risponde tenendosi la pancia dalle risate
- Devo farti un disegno? - gli chiedo con un sopracciglio alzato
- Non serve, ho capito. È che non avevo mai sentito questa espressione! –
- Secondo me stai di nuovo tergiversando per non rispondere –
- Ma scusa Eleonora - mi dice tornando serio - chi ti dice che ci sia un nome? –
- Nel senso che non ti ricordi come si chiama? Lorenzo! Vergogna! – dico io, tirandogli un piccolo scappellotto.
- No stupida! – ribatte lui, massaggiandosi il punto colpito - Chi ti dice che io abbia mai, com'era?, "inzuppato"? –
Spalanco la bocca e riesco solo a vocalizzare uno sbalordito - Oh! -
 
Beh, insomma, avevo dato per scontato che lui avesse una schiera di conquiste lunghe anni!
Mugugno qualcosa con tono dispiaciuto e lui scoppia a ridere.
 
- Ahahah! Scherzavo! Dovresti vedere che faccia che hai! –
 - Non è divertente. Mi hai fatto sentire in colpa! –
- L'intento era quello - mi dice con un occhiolino. - Quindi sei interessata alla mia prima volta? –
- Ehi! Detta così mi fai sembrare una maniaca! –
- Ma lo sei: fai certe domande! –
- disse quello che insiste ad immaginarsi me ed il mio cassetto della biancheria. Io ho chiesto solo il nome, non di entrare nei particolari sconci! - Esclamo rossissima in faccia
- l’immaginazione ormai non serve – mormora piano, per poi proseguire prima che io mi possa rendere conto di cosa ha effettivamente detto - Anche se ti dicessi il nome tanto non la conosci, è più grande di me. –
- Wow, una esperta! – esclamo, ritrovando un po’ di sicurezza
- Beh, uno dei due dovrà pur sapere cosa deve fare, no? –
- giusto. E come l'hai conosciuta una più grande? –
- è una delle amiche di mio fratello. Aveva dato una festa a casa nostra, e c'era anche Mary e... beh, è successo. –
- Romanticismo zero! – mi lascio sfuggire, prima di mordermi la lingua
- Sono cose che interessano a voi donne, non a noi uomini! –
- Già, a voi interessa solo inzuppare – mormoro io, guardando da un'altra parte perché non noti come mi sa incupita. Ma da come dice - Dai su, che stereotipi! - credo lo abbia captato lo stesso.
- A me lei piaceva molto, ma mi vedeva solo come un ragazzino. - continua rabbuiandosi un po’ - Tu invece, in tutto questo tempo, non hai trovato quello giusto? O stavi aspettando Francesco? –
- Quello giusto, si. – ripeto io con un filo di amarezza che scaccio subito – non so se sarebbe stato Francesco, ma in ogni caso la cosa non ha più importanza, no? – dico seria, e poi proseguo, per cercare di stemperare la tensione che pare esserci - Comunque le mie storie sono mai arrivate a quel punto e nessuno se l'è meritata. –
- Le storie? Quanti ragazzi hai avuto? - mi chiede stupito
- 2 e mezzo. - rispondo imbarazzata, forse mi sono sbottonata troppo
- Due e mezzo! – ripete quasi allibito - Che vuol dire "e mezzo"? -
- Che ci siamo frequentati, ma non stavamo assieme. –
- Se è così allora mi hai battuto a numeri! Io non mi sono mai messo con nessuna, ho solo "frequentato" due ragazze! –
- Ma stavi pur con Federica quest'estate! –
- Cosa? E chi ti ha detto questa cretinata? –
- Lei! –
- Non è assolutamente vero! - Balza in piedi, facendomi quasi cadere per lo spostamento d'aria - Anzi, se proprio vuoi saperlo, è stata lei a non volersi impegnare! Per via di quella pagliacciata di suo padre! –
- Ehi, non t'arrabbiare con me! –
- Non ce l'ho con te, scusa! - dice risedendosi
 
Restiamo in silenzio per un po'. Forse non avrei dovuto insistere per questo scambio di confidenze, dato che l’aria sembra pregna di disagio.
 
- Sei brava a pattinare, sai? Ma non mi hai detto che lo facevi come sport! – Lorenzo cambia argomento e io mentalmente lo ringrazio per questo, prima di arrossire e ringraziarlo a voce anche per il complimento.
- Chi erano quei due? - chiede con noncuranza
- Fanno parte della scuola di qui. Fanno i balli di coppia. –
- Anche tu facevi pattinaggio di coppia? –
- No, io ero solo una ballerina del gruppo. Mi avevano chiesto di fare coppia, ma il ballerino si faceva passare per gay, e poi avevi le sue mani ovunque! Quindi ho rifiutato. –
- Furbo il tipo! –
- Furbo cosa? Se ne è prese tante! - Tiro un pugno all'aria per sottolineare il concetto.
- Ed ecco a voi Wonder Woman! - dice ridendo - Come mai hai lasciato? –
- Orari impossibili. –
- Peccato! –
- Già –
Valeria, che entra in quel momento con la mia cena, ci trova a sorriderci a vicenda. E mentre Lorenzo se ne va, mi fa l'occhiolino.
 


 
 
Ma di chi diavolo è stata l'idea delle ciaspe la sera? Fa un freddo!
L'unica cosa divertente sono le cadute che facciamo, che resteranno alla memoria grazie alla telecamera che Lorenzo ha portato. Per poter filmare tutto e tutti ci siamo guadagnati i posti in fondo.
Ci sono Valeria e Alessio, decisamente appiccicati, Flavio che, in mancanza di Serena, mi guarda troppo insistentemente e in modo strano, dietro di me c’è Greta ed infine il nostro cameraman Lorenzo.
Le cadute sono notevolmente diminuite, una volta che la gente ha preso mano (o piede) con le ciaspe.
Il freddo invece aumenta ad ogni passo.
Mi sto veramente annoiando, anche perché Valeria e Alessio sono irraggiungibili, e a separarmi da Greta c'è Flavio, dal quale mi guardo bene dall'avvicinarmi.
Ad un certo punto mi accorgo che Valeria si appoggia sulla spalla di Alessio, e poi si permette di fare gli occhiolini a me!
Mi giro verso Greta, con la bocca spalancata, per indicarle la scena e, con questa scusa la strattono in modo da farle superare Flavio. Dalla sua espressione capisco che ha già avuto modo di vedere. Ci guardiamo, come a voler silenziosamente comunicarci "che facciamo?".
Ad Alessio piace Valeria, e questo era abbastanza evidente. Il punto è che la tempesta di messaggi del tipo “sai assomigli alla mia ex” che è preoccupante.
Mi accorgo che i due ragazzi, rimasti in fondo, stanno commentando e ridendo. Le occhiatacce mie e di Greta non sortisco alcun effetto.
Domani l'intera classe parlerà solo di questo, temo.
 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6: La gita, quinto e sesto giorno ***


Capitolo 6: La gita, quinto e sesto giorno


Oggi mangiamo nell'agriturismo che c’è in cima al monte dove sciamo noi "esperti".
Finalmente un pranzo decente, altro che quello fornito dall'albergo!
Voglio proprio vedere i principianti venire giù! Si lo so, sono cattiva, ma volevo ridere un po' di qualche caduta. Non credo che la prof abbia avuto una brillante idea.
C’era il trucco! Non vale: i ragazzi sono venuti, ma senza sci.
Quindi, mangiamo tutti assieme e poi loro tornano giù in seggiovia, mentre noi faremo l'ultima discesa.
Questo pomeriggio dobbiamo fare le valige: è l’ultima sera. Il che mi mette malinconia, è stata proprio una bella gita.
 
 

 
 
Sono appena uscita dal bagno, ma che cavolo sta succedendo? Perché tutti litigano con tutti?
 
- Ragazzi che succede? – chiedo, senza che nessuno si degni di rispondermi. Così esco dalla stanza alla ricerca di una spiegazione. Riesco ad intercettare Enrico, a cui chiedo informazioni.
- Silvia ha la febbre, ma non lo vuole dire alla prof. Le ragazze vogliono stare in albergo visto che lei non può uscire, ma sono convinte che la prof le lascerà girare per le stanze -
- Ma figurati! –
- Infatti, le abbiamo appena chiesto e lei ha detto "o usciamo o andiamo a dormire" –
 
La lite si protrae per un po’, tutti volevamo uscire, l'unica irremovibile è Laura.
Si, ok ha ragione che è brutto lasciare qui Silvia da sola, ma alla fine io sono pur rimasta sola ieri! Mica qualcuna di loro ha fatto sto casino? Ed eravamo anche già stati in piscina il giorno prima, quindi non è che si perdevano chissà che!
Diamine, è l'ultima sera! Siamo quasi maggiorenni e dobbiamo andare a dormire alle 9.30 come i bambini di 10 anni? E poi lei sta dormendo ora, quindi anche se restiamo non siamo mica tutta questa compagnia.
Alla fine, non so come o grazie a chi, Laura si convince e usciamo.
 
 

 
 
La prof ha concesso solo ai maggiorenni di poter bere alcolici, per cui i nostri camerieri della serata sono Lorenzo e Enrico, che ci vanno a prendere da bere mostrando il documento valido e poi ci girano il bicchiere.
La serata inizia a farsi interessante quando notiamo che la prof è mezza ubriaca, e ci sta provando con il maestro di sci mentre ballano a centro pista.
Qualche bicchiere dopo, la prof è in canottiera, quella intima intendo! O almeno, non so se è intima, ma lo sembra e conoscendo il soggetto è possibilissimo.
Vengo trascinata da Lorenzo come parte YMCI, che risate, non sa nemmeno le mosse! Ballo per un po’ con lui e poi veniamo separati da altra gente che occupa la pista, e lo perdo di vista per un po’.
A metà serata Ambra mi trascina a sederci ad un tavolino, e le ragazze tirano fuori di nuovo la diatriba sul fatto che non è giusto essere qui. E che paio!
 
- Ragazze possiamo cambiare argomento? Ormai siamo qui e ci stiamo divertendo. A che serve parlarne? -
- Hai ragione. Comunque, avete notato che Lorenzo e Greta sono spariti? - dice Serena
 
Mi guardo intorno, è vero! Le ragazze iniziano a sparare frasi tipo “chissà che stanno facendo” o “da lei non me l’aspettavo”. Ma guardate che mancano anche Enrico, Flavio e Alessio!
E poi da quando se un ragazzo e una ragazza scompaiono, devono per forza fare qualcosa?
Espongo la mia tesi con noncuranza, non vorrei sembrare gelosa. Non lo sono, sia chiaro!
 
Appena rientrano Serena sussurra - Guarda che faccia ebete ha Greta! Credi ancora che non sia successo nulla, Eleonora? -
Non la fanno nemmeno sedere che iniziano a inondarla di domande. E devo dire che un po’ di curiosità ce l’ho pure io!
- Ma siete sceme? Eravamo solo fuori a parlare! E se proprio lo vuoi sapere, Vale, parlavamo di te e Alessio! –
Valeria è subito arrossita, e il tema della conversazione cambia immediatamente.
 
Ad un certo punto mi ritrovo sola con Greta e Ambra, e quest’ultima, con fare malizioso, chiede - Allora Greta, sei proprio sicura che avete SOLO parlato? A noi lo puoi dire! -
- Ma si, quante volte ve lo devo dire? -
- è che avevi veramente uno strano sorriso, quando sei entrata – dico io, sempre con noncuranza
- No sul serio, dico davvero. Almeno voi dovete credermi! –
 
Beh, meglio così! Mi fa piacere.
Ma il fatto che mi faccia piacere sapere che non è successo nulla, non mi fa affatto piacere!
E inoltre la cosa mi spaventa.
Ma non voglio pensarci ora.
Godiamoci l'ultima sera di gita, basta ragazzi e problematiche connesse!
 
 

 
 
Stamattina è stato un trauma lasciare l'albergo: Serena è diventata isterica a voler ricontrollare 60 volte che non fosse rimasto niente in camera.
Il mio limite di sopportazione si sta esaurendo. Per fortuna da stasera non dovrò più dividere la camera con lei!
Ora stiamo andando a vedere un museo sugli sci e gli sport invernali. Siamo qui da 10 minuti e già non ce la facciamo più: la guida ha una voce monotona e soporifera!
Lontani dalle orecchie della prof, sfruttiamo questo tempo per organizzarci i posti in corriera nelle tre ore di viaggio che ci separano da casa.
La squadra è: io, Greta, Valeria, Lorenzo, Michael e Enrico; staremo nei 5 posti infondo più i due subito davanti.
Casino assicurato!
 
 

 
 
Ma io questo ragazzo lo ammazzo!
Ma che diamine, ci hanno sentito tutti che volevamo stare in fondo. Perché Flavio doveva mettersi ai nostri posti?
Lui e quell’altro disgraziato di Alessio. 
Che poi, visti loro che occupavano i nostri posti, anche gli altri ragazzi sono venuti a sedersi qui.
Adesso siamo tutti sparsi: Enrico e Lorenzo sono davanti, hanno perso tempo a fumarsi una sigaretta, Michael è con Laura, Serena ha rapito Valeria e io e Greta siamo rispettivamente vicino a Flavio e Alessio.
Ci siamo venute a sedere dietro, anche se c’erano loro due, perché pensavamo che gli altri si sarebbero messi un po’ più avanti, ma sempre qui nei dintorni, e avremmo potuto lo stesso stare assieme.
E invece adesso devo pure stare attenta che questo individuo poco raccomandabile non mi salti addosso, se per caso mi addormento.
Cosa fai con quella mano? Via da me, sai?
Guarda che ti tiro un pugno nei gioielli di famiglia, se mi guardi ancora così, non scherzo!
Glielo dico mentalmente, ma spero che il messaggio arrivi comunque.
 
 

 
 
Finalmente a casa! O meglio finalmente siamo scesi dalla corriera e mi sono liberata di Flavio.
Ci sono già tutti i genitori, ma mia madre ovviamente no, chissà da chi avrò preso il mio essere una ritardataria…
Ma non sono l'unica appiedata: c’è un compagno di classe di Gianluca, che deve portare a casa anche lui e Greta; io e Valeria, che viene a casa con me; ed infine Lorenzo.
Volevamo fare una cena, come conclusione della gita, ma “no io sono stanco”, “no io voglio uscire con gli amici”, no così no colà. Che razza di gente, alla faccia dell'unità di classe!
I miei insulti mentali verso i miei compagni, vengono interrotti dal suono del telefono di Lorenzo. Ormai siamo rimasti io, lui e Valeria.
 
- Ah, ok… no è che… si, proprio ora, appena sceso… si, si me la sento, va bene… a domani -
Che telefonata curiosa!
- Mio Dio –
- Chi era? – chiedo
- Il mio allenatore: domani gioco –
- E non sei contento? Non ti lamentavi fin ieri che non giocavi mai, perché l’altro portiere è il figlio del mister? –
- Infatti sono contento –
- Ah, non si direbbe, sai? – contribuisce alla discussione Valeria.
 
In effetti sembra che abbia ricevuto la notizia che gli è morto il cane!
Finalmente arriva mia madre ed io e Valeria, dopo avergli offerto un passaggio per educazione, lasciamo Lorenzo alla sua (in)felicità.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7: Il messaggio ***


Capitolo 7: Il messaggio

 
Domenica 20 Febbraio, ore 15:30
Che dormita.
- Ma? Pa? - chiedo girovagando per le stanze. - Ci? -
Non sono scema, “Ci” è il soprannome di mio fratello Fabrizio. Non saprei dire perché lo chiamo così, non se lo ricordano nemmeno i miei, ma ormai…
Comunque, non ottengo nessuna risposta. Sono proprio sola.
Direi che, come prima cosa, apro il frigo!
 
Sto ancora decidendo cosa mangiare, quando comincia a suonare il telefono.
- Pronto? -
- Ciao Nor! –
- Ehilà Greta! –
- Senti, se stasera facciamo la cena di classe, ci sei? –
- Chiaro! A che ora e dove? –
- Mmm, appena so ti faccio sapere, ok? –
- Bene, a dopo –
 
Mezz'ora dopo
Messaggio da Greta: "la cena questa sera ore 21.00, ritrovo ore 20.45 in piazza!"
 
Domenica 20 Febbraio, ore 20.55
Cavoli sono in ritardo, tanto per cambiare!
Mi sono dovuta cambiare tre paia di calze, perché quando finivo di metterle, sistematicamente le bucavo e istantaneamente si smagliavano fino in fondo.
È uno dei motivi per cui, nonostante le gonne mi piacciano un sacco, le metto raramente.
Greta mi ammazza!
Ma... qui non c’è nessuno!
Dai sono appena 10 minuti in ritardo, non può essere che nel frattempo siano arrivati tutti.
Scrivo un messaggio a Greta.
 
Si scusa! Siamo in ritardo! Ci sono anche i compagni di mio fratello
 
Cosa? Ma non era cena di classe? Ho capito che loro sono venuti in gita con noi, ma chi se ne frega!
 
- Ciao Ele! -
- Ciao Lore! –
- Gli altri? – mi chiede mentre accende una sigaretta
- Non so, in realtà non so nemmeno chi viene. So che Greta sta arrivando, insieme a suo fratello! –
- Mica ceniamo con quei bambinetti? –
- Ehi non ti scaldare, anche io l’ho appena saputo! –
- Ciaooooooooo –
Questa è Greta, solo lei si può mettere a urlare in mezzo alla piazza!
Con lei ci sono cinque marmocchi e Gianluca.
- Bene possiamo andare. - dice quando è ancora a 50 metri
- No scusa, fammi capire… - inizio io, ma vengo interrotta
- Mica saremo solo noi? – chiede, in modo decisamente poco garbato e indiscutibilmente alterato Lorenzo
- Ehm… beh ecco… si… -
- Greta? – le chiedo con gli occhi ridotti a due fessure
- Si? – mi risponde lei con gli occhioni da cucciolo
- Non è che Gian voleva fare la cena con i compagni ma i tuoi non lo lasciavano… -
- No, no –
- E quindi ti hanno costretto ad andare anche te? – continuo ignorando la sua interruzione
- Più o meno è andata così, ma ho invitato tutta la classe. O non mi han risposto o han detto che non venivano –
- Beh ormai siamo qui, andiamo a magiare, no? Io ho fame. – dico io incamminandomi verso il ristorante e trascinandomi dietro Lorenzo
 
In verità anche io ce l’ho con Greta, a me avrebbe potuto dirlo.
Però, per il momento, mi interessa di più salvaguardare la sua vita da Lorenzo.
A proposito, chissà come gli è andata la partita.
 
- Alla fine com’è andata? Giocato, vinto, goal? -
- Non ho giocato! Pur di far giocare suo figlio, l’ha fatto scendere in campo con 39 di febbre. – dice con una punta di amarezza nella voce.
 
Ora capisco perché è incazzato! E dire che ieri il mister lo ha pure chiamato.
Deve essere brutto essere il secondo portiere, soprattutto se l’altro è il figlio dell'allenatore!
 
Gli stringo il braccio e gli sorrido - Dai, andrà meglio la prossima -
- SE ci sarà una prossima volta – mi risponde prima serio e poi sorride.
 
Che bel sorriso. 
EHI!
 
 

 
 
In ristorante si è parlato del più e del meno interagendo anche (per quanto riguarda me e Greta) con i ragazzini che abbiamo in parte. Lorenzo, invece, è stato più tempo fuori a fumare che a tavola.
Appena usciti, la compagnia si scioglie. Rimaniamo solo io, Greta, Lorenzo, Gianluca e un suo amico, Mario.
 
- Andiamo a bere qualcosa? – propone Lorenzo.
No, non ci credo. Cosa odono le mie orecchie?
Io che pensavo sarebbe sgattaiolato via appena possibile.
- Si, volentieri! – mi ritrovo a dirgli
- Voi? – chiede lui rivolto a Greta
 
I tre si scambiano occhiate: Greta guarda Mario, che guarda Gianluca, che guarda Greta.
Mi butterei a terra a ridere e rotolarmi, ma oggi ho messo il mio bellissimo giubbotto lungo fino a metà coscia!
Nuovo nuovo, è la prima volta che lo uso.
STU-PEN-DO.
Mentre il mio cervello sta tessendo le lodi del mio bellissimo e affascinante spolverino nero, Lorenzo incalza i tre ragazzi.
Su ragazzi non fatelo spazientire! Ora che era tornato “sereno”.
 
- Beh, noi due torniamo a casa con lui – dice Greta indicando Mario
- Per me non fa differenza, tanto devo chiamare mia sorella per farmi venire a prendere – risponde Mario
- Bene, andiamo! –
E so già dove portarli.
 
È il mio bar preferito, e ho un angolo speciale che tento sempre di occupare quando vado lì: un separé chiuso su tre lati da pareti fatte di specchi, mentre l'ultima parete è una vetrina enorme che dà sul parchetto fuori.
Per fortuna è libero!
Ci sediamo tutti e la serata continua serena, fino a che la sorella di Mario non lo avvisa che sta arrivando.
Una volta in strada, Lorenzo mi offre un passaggio.
 
- No, non serve. Grazie comunque! -
- Ma come non serve? Su dai, ti accompagno –
- Ma no, abito a 5 minuti di strada! Dai, non serve disturbarsi! –
- Tanto la macchina è lì, comunque devo accenderla. Quindi anche se faccio 50 metri in più, non mi cambia! –
- Se la metti così, allora ok! – cedo, salutiamo Greta and Co e ci dirigiamo verso l’auto di Lorenzo
- Grazie comunque – gli ridico una volta salita in macchina
- Ti ho già detto che 50 metri in più o in meno non mi cambiano la vita. E poi mica te ne puoi andare in giro da sola a quest'ora? Soprattutto con quel giubbotto! –
- Cos’ha il mio FANTASTICO giubbotto che non va? –
- Niente!! È bello ma… -
- Ma? – nessuno può insultare il mio bellissimo, affascinante giubbotto nuovo!
- Ehi calmati! Sto solo dicendo che, essendo più lungo di quello che c'è sotto, sembra che sotto non ci sia proprio nulla –
- E allora? –
- Beh ecco… no niente lascia stare, ok? –
- No, Lore, adesso mi dici! –
- No sul serio, nulla Ele… -
Io sbuffo girando la faccia fuori dal finestrino.
 
Dopo un po’ mi accorgo che siamo fermi a un incrocio, anche se non c’è nessuno - Perché sei fermo? -
- Se non mi dici dove devo andare! –
- Ah, scusa! – avevo dato per scontato che sapesse dove abito - Di là… poi dritto fino in fondo –
Casa mia è vicino alla stazione, praticamente a due passi dalla piazza. Forse si sta meno a piedi che non attraverso i sensi unici che bisogna fare in auto.
Arrivati, mi slaccio la cintura.
- È davvero vicinissima al centro. E che bella casa! -
- Grazie, sia del complimento che del passaggio. -
- Non c'è di che! – sorride
Faccio per scendere, quando mi viene in mente che sapeva già dove abito.
A settembre, era venuto a prendere il famoso libro di economia, da cui poi è partito l'interrogatorio Francesco. Glielo dico.
- Pensavo mi avessi dato un luogo di incontro facile per farmi capire - mi risponde lui
– Ah, ok... Grazie ancora del passaggio –
- Di nuovo prego. A domani! -
- Ciao, notte –
- Notte -
 
 

 
 
Giovedì 24 febbraio - Assemblea di istituto
Oggi c'è assemblea d'istituto. Questo vuol dire che ognuno fa un po' quello che vuole.
C'è chi gioca a carte, chi ascolta musica con il lettore cd, chi dorme e poi ci siamo noi, che facciamo la "classifica dei culi" dei ragazzi della nostra classe.
L'idea è partita da me e Ambra, dopo che le ho raccontato che in gita, per puro caso, io e Greta siamo passate davanti alla camera di Enrico e Michael, i quali se ne stavano bellamente in mutande con la porta spalancata.
Eh, beh, che dire? La vista non è stata affatto male!
Siamo tutte d'accordo sul fatto che il primo posto vada a Michael e l'ultimo a Marco, che sembra avere una lavatrice al posto del fondoschiena. Ora non resta che incasellare tutti gli altri, lanciando occhiate in giro non appena qualcuno si alza dalla sedia.
Mentre stiamo discutendo su che voto dare a Enrico, che ci è appena passato davanti, entra in classe Lorenzo con un bellissimo paio di jeans attillati. Si sporge sulla cattedra, dando a noi la schiena, parlotta con Michael e torna ad uscire.
– Però! - esclamo io rivolta a Ambra, indicando il ragazzo - Non ha mica un brutto culetto il nostro Lorenzo! Che ne dite di una seconda posizione? –
La scena vista da fuori deve avere un che di comico, siamo tutte le ragazze a fissare il ragazzo di schiena, facendo commenti tipo “mmm… si può andare” o “ehi, hai ragione!” o ancora "seconda posizione aggiudicata".
Una volta accordate tutte, non resta che rendere partecipe Greta, che è rimasta a casa a poltrire.
 
Messaggio: "anche Lorenzo alla fin fine ha un bel culetto... un buon 7, anche e mezzo"
 
Glielo scrivo subito, anche se avrei potuto aspettare di avere una classifica più sostanziosa.
Tanto di sicuro a quest'ora sarà ancora tra le coperte, sono da poco passate le 9.
Ma giacché si parla del secondo classificato...
 
Vrrr vrrr
 
Impossibile! Greta è già sveglia a quest’ora? Non ci credo!
 
Mittente: Lorenzo
 
Ah, è lui. Probabilmente non ha voglia di tornare in classe e vorrà che gli porto qualcosa fuori
Mi si è gelato il sangue nelle vene solo a leggere le prime due parole, arrivare in fondo poi mi fa pietrificare all'istante: 
 
anche Lorenzo alla fin fine ha un bel culetto... un buon 7, anche e mezzo...GRAZIE
 
Ma come caaaaa…cchio ho fatto a sbagliare destinatario?
Che figura di merda! Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaah! 
Qualcuno mi chiede cos’ho, la mia faccia deve sembrare quella di uno che ha appena visto un fantasma! Non riesco a parlare, boccheggio per un po’ e poi balbetto che ho mandato il messaggio a lui.
Risate generali.
Ma vaffanculo! Io sono qui che vorrei sprofondare e queste ridono?
Stronze!
Oh mio Dio devo nascondermi, inventarmi qualcosa! Si, mi nasconderò nell'armadio per il resto della giornata.
Ma non faccio in tempo nemmeno a mettere via il cellulare, che lui entra con un sorriso da orecchio a orecchio, camminando verso di me e sculettando vistosamente.
 
 

 
 
Mai passate due ore come queste.
Lorenzo faceva cadere a posta il portafoglio, per poi abbassarsi a tirarlo su piantandomi il culo in faccia.
Non che non fosse una bella visuale, ma era solo una presa in giro.
E il resto della classe contribuiva.
Nel giro di mezz'ora lo sapevano tutti, e io ero diventata "setteemezzo".
Sono arrivata al mio limite di sopportazione, e credo che la gente se ne sia accorta, perché è da un po' che non sono più il fenomeno da baraccone protagonista.
O forse, più semplicemente, si sono stufati.
Ho bisogno di un po' d'aria, meglio fuggire prima che ricominci il circo!
 
- Ele, dove vai? – mi chiede Lorenzo
 
Tentativo fallito. Volevo filarmela senza che nessuno mi vedesse, ma la sua domanda concentra di nuovo tutta l'attenzione su di me.
Li guardo tutti mal contenendo il mio disprezzo.
Sono una persona autoironica, ok, e se la presa per il culo si fosse limitata ad una mezz'ora, non me la sarei nemmeno presa.
Ma qui tutti, dal primo all'ultima dei miei compagni si sono divertiti a mie spese per due ore! Nonostante fosse evidente che ero tremendamente in imbarazzo.
Quando, alla fine, sposto lo sguardo verso il ragazzo che ha parlato, sento gli occhi diventarmi lucidi.
E questo è perché, se degli altri non mi interessa più di tanto, il fatto che lui si sia comportato così tutto il tempo, mi fa stare male.
 
– Non sono fatti tuoi, Lorenzzo – gli dico mentre mi giro ed esco, non si sa come, senza sbattere la porta.
 
È assurdo pensare a come ci sto male nuovamente per un ragazzo.
Alla fine mi sono illusa di nuovo, proprio come con Francesco.
Gli uomini, per quanto gentili all'inizio, poi hanno il solo scopo di farti stare male.
 
- Ehi tu, signorina! –
 
Ecco ci mancava solo Baffetto, il nostro coordinatore di sede, alias professor Monti.
Ho appena passato dieci minuti buoni a sentirmele perché non si può girare per i corridoi, noi prendiamo l'assemblea di istituto solo come tempo per non fare niente, invece dovremmo approfittarne per studiare, eccetera.
Una volta libera, mi dirigo verso il bagno. Ma anche qui non trovo pace, dato che c'è un gruppo di ragazzine tutte eccitate che spettegolano di non si sa cosa.
Non mi restano che le scale esterne sul retro.
Scendo alcuni gradini, altrimenti sono perfettamente visibile dal corridoio, e vorrei evitare un altro incontro con Baffetto.
- Voglio tornare a casa! -
Lo penso, ma mi ritrovo anche a dirlo ad alta voce.
Guardo l'orologio, ma la mia tortura durerà ancora due ore, prima della fine della giornata scolastica.
E parliamo, comunque, solo di oggi. Domani è un altro giorno, ottimo per continuare il circo.
Sto morendo di freddo!
Sono fuori senza giacca, domani sicuro mi verrà il raffreddore. Magari anche la febbre, così me ne sto a casa, lontano dalle male lingue.
 
– Ele! è mezz’ora che ti cerco! – la voce di Valeria mi fa sobbalzare, non ho nemmeno sentito la porta aprirsi!
Per fortuna è lei, forse è l'unica di tutti i miei compagni a non aver infierito e ad essersi schierata con me.
Ho già detto che la adoro?
- Anche Lorenzo ti cercava - continua lei.
 
Non vedo perché dovrebbe interessarmi.
Certo che mi cerca! Il giocattolo è scappato, e ora non si sa che fare.
Urge un passatempo: la sottoscritta.
 
– Dai vieni dentro, starai congelando qui fuori - incalza Valeria, accucciandosi accanto a me e accarezzandomi le braccia, come a volermi scaldare.
 
Non mi mollerà finché non torno dentro, lo so. Non ho voglia di rientrare, ma la accontento lo stesso.
La seguo con calma, e al momento di entrare mi ripeto mentalmente "sono invisibile, sono invisibile!”
Pare funzioni.
Nessuno mi degna di uno sguardo. Sembra sia tornata la tranquillità di stamattina.
Lorenzo non c'è.
Chissà se è vero che è in giro a cercarmi. Naah, sarà fuori a fumare.
Mi avvicino al mio banco, in fondo alla classe.
Mentre per tutta la mattina è stato il punto focale di tutti, ora è lì abbandonato, solo.
Ottimo.
Sul banco vicino ci sono delle carte, le recupero e mi siedo al mio posto iniziando a fare un solitario, mettendo tra me e il resto del mondo un muro fatto di cuffie nelle orecchie e musica a palla.
 
 

 
 
Non mi accorgo di ciò che mi accade intorno, fino a quando qualcuno non prende la sedia del banco davanti e si siede di fronte a me. Giuro che se mi arriva ancora qualche battutina, inizio a urlare.
Alzo solo per un attimo lo sguardo, per capire chi ho di fronte, e incrocio gli occhi di Lorenzo.
Lo guardo male e poi continuo a giocare a carte, come se niente fosse. Lui si avvicina e mi toglie una cuffia.
Resto immobile, in attesa.
Ho già il braccio pronto a colpire per lasciargli una cinquina sulla faccia.
 
- Partitina? - Mi chiede sorridendo.
Ma non è il sorriso di scherno che mi ha riservato da quel maledetto messaggio, è uno dei suoi soliti sorrisi.
Abbasso un po' le difese, ma non del tutto.
Sono ancora arrabbiata, credo.
- Mischi tu - gli dico porgendogli le carte.
 
Andiamo avanti per un po' di partite, tutte vinte da me. Beh, almeno stracciarlo a carte è una piccola rivincita.
 
- Senti Ele – comincia lui, mentre io sono impegnata a mischiare – riguardo a prima... –
E no!
Non ho intenzione di sentire niente "riguardo a prima".
Sbatto le carte sul tavolo e mi alzo di scatto. Ho fatto bene a non abbattere completamente il muro.
- Ehi, aspetta! Devo solo dirti... - Ma non gli dò il tempo di finire.
– Non mi interessa. - Sussurro a denti stretti e esco dalla classe, di nuovo.
 
E di nuovo non ho un posto dove andare, e c'è il rischio di rincontrare Monti.
Mi chiudo in bagno, ora deserto, e mi ritrovo a pensare che forse ho esagerato.
Magari voleva solo chiedermi scusa.
Aspetto in bagno, finché non sento suonare la campanella, tanto non ho fretta. Quando penso che la maggior parte della gente si sia fiondata verso le corriere, rientro in classe per raccogliere le mie cose.
È quasi deserta, c'è solo Valeria che aspetta me, ma ci sono ancora alcuni zaini.
Sorrido all'idea che l'incubo di oggi sia finito, ma il sorriso mi muore sulle labbra quando vedo entrare Lorenzo.
 
Mi passa accanto dicendomi - Un attimo! - e si dirige verso le sue cose.
 
Ma se lo può scordare che io lo aspetti!
Anzi, affretto il passo, tirandomi dietro Valeria.
Arrivate in fondo alle scale, ci dirigiamo al solito posto in cui, assieme ad alcuni nostri compagni, aspettiamo la corriera.
La mia fuga, però, non è affatto riuscita, perché una volta recuperato lo zaino, Lorenzo ci ha subito raggiunte.
 
Faccio finta di niente, ma lui mi si avvicina e sussurra – Quello che volevo dirti prima è che mi dispiace, non volevo finisse così – fa un mezzo sorriso e se ne va verso la sua corriera.
 
Rimaste sole, Valeria con un sorriso mi dice - Grande performance la tua, oggi-
 
So che sta cercando solo di tirarmi un po’ su e buttare sul ridere tutta la situazione, ma non ho proprio voglia ora.
Non mi resta che sperare che domani ci sia altro di cui parlare.
Almeno lui mi ha chiesto scusa.
 
E a questo pensiero sorrido e rispondo a Valeria – Visto? Ma lo sai che sono specializzata in figure di merda! –
 
 

 
 
Sabato 27 Febbraio
Mi aspettavo di peggio, davvero. 
Non sapevo come sarebbe andata ma, alla fine, a parte un due battutine buttate lì ogni tanto, la classe ha già dimenticato la mia figura dopo soli due giorni. 
La mia preoccupazione principale era: come mi sarei comportata con Lorenzo?
Alla fine, con quel messaggio, ho fatto un apprezzamento sul suo aspetto.
Cosa che si va ad aggiungere a tutto quello che è successo in gita.
Però non ho idea di cosa pensi lui di me.
Il nostro rapporto non mi sembra poi cambiato molto. Ci scriviamo un po' più di prima, ma questo solo perché ora ho i messaggi gratis anche io!
Per stasera Greta ha organizzato una serata in bowling, visto che la cena di classe post gita non ha avuto successo.
Non credo che questa ne avrà di più.
È una vita che organizziamo serate del genere, ma ci ritroviamo sempre le solite cinque.
Gli uomini non vengono mai: due abitano troppo lontano e gli secca far fare ai genitori su e giù, gli altri preferiscono passare la serata con gli amici. Anche se uno di loro, per una sera, decide di "sacrificare" una serata per la classe, comunque sarebbe l’unico uomo e quindi non viene.
 
 

 
 
Sono le 17.30, mi vado a fare una bella doccia.
Ho già scelto cosa mettere, così mi porto tutto già in bagno: ho deciso per una camicia e una gonna.
Avevo una camicia ed una gonna anche la sera in cui avremmo dovuto fare la cena di classe dopo la gita, ma come Lorenzo mi ha fatto notare poi in macchina, il giubbotto era più lungo della gonna.
Ne ho un sacco nell'armadio, e mi stanno anche meglio dei pantaloni, ma a parte il discorso delle calze, mi sembra sempre di essere troppo elegante con indosso una gonna. Poi per andare a giocare a bowling non è così indicato, ma tanto io giocherò solo a biliardo. In ogni caso, vale la pena di metterne una un minimo più lunga, onde evitare di mostrare troppo.
L'appuntamento è alle 19: abbiamo deciso di cenare nel ristorante sopra il bowling.
Controllo il cellulare, siamo rimaste che all'andata ci accompagnano i miei e al ritorno ci vengono a prendere i genitori di Greta. In caso di cambiamenti di programma, lei mi avrebbe scritto.
Ma oggi il cellulare è stato muto tutto il tempo.
 
 

 
 
Alla faccia della puntualità di Serena, siamo arrivate prima io Greta e Valeria.
Il che è tutto dire…
Appena scese dall'auto, Greta mi informa, un po' timida, che Lorenzo ci raggiunge dopo cena. 
Non so come prenderla, è facile nascondersi dietro un messaggio. Lì il mio imbarazzo non c'è più, mentre di persona, occhi negli occhi, mi capita ancora di arrossire e distogliere lo sguardo. 
Comunque sono seccata che non mi abbia detto che veniva.
Oggi non ci siamo sentiti per nulla, eppure il tempo per scrivere a Greta lo ha trovato.
Ma che dico? Inizio a far la gelosa ora?
Durante la cena sono impaziente, e spero che non si noti.
Sono anche andata in bagno per valutare con un occhio un po’ più critico come mi sono vestita e darmi una sistemata.
Al momento battute non ce ne sono state, ma Serena ancora non sa che viene Lorenzo. Greta me l'ha detto apposta prima che lei arrivasse.
E quindi sono preoccupata della reazione, e le successive battute, non appena il ragazzo varcherà la soglia.
 
Appena arriva lo saluto timida, e sorrido come un ebete, felice di essere un po' più femminile del solito stasera.
Poi incrocio lo sguardo di Serena che sorride maliziosa. Ma che vuoi? 
Decidiamo di giocare a biliardo, visto che ci sono alcuni tavoli liberi, mentre per le piste da bowling c'è da aspettare.
Quando ci vengono a chiamare, io e Greta rimaniamo a giocare a biliardo, visto che lei odia il bowling.
Dopo un po’, stufe di stare sole, raggiungiamo gli altri, che stanno giocando la loro seconda partita.
Serena mi fa notare i nomi indicati sul tabellone, e vedo un "setteemezzo”.
Ecco, lo sapevo. Per fortuna sono stata di là fino ora.
Lorenzo, notando il mio sguardo seccato, subito precisa che non lo ha scritto lui
 
- Non preoccuparti, lo so – e il mio sguardo si sposta, accusatorio, su Serena che fa finta di allacciarsi le scarpe
- Sembra tocchi a te – aggiungo subito dopo, notando la scritta che lampeggia sul tabellone
- Già – mi sorride.
 
Sta vincendo alla grande, guardo il suo tiro, uno strike. Vedo dal tabellone che finora lo sono stati tutti.
Mi sto complimentando con lui, quando qualcuno mi chiama.
 
- Cho! Come siamo carine con la gonna! - Mi ritrovo vicino Luca, il mio migliore amico dai tempi dell'asilo.
- Ciao – gli rispondo contenta, e ci scambiamo i canonici due baci sulle guance.
 
Era un sacco che non lo vedevo, oltre a conoscerci da una vita, frequentiamo insieme il famoso gruppo di teatro. Ma tra impegni scolastici, gite e il fatto che ho glissato le ultime riunioni del gruppo, non ho avuto tempo per il mio amico.
Mi offre da bere e iniziamo a parlare del più e del meno.
Ovviamente, gli racconto anche gli ultimi avvenimenti e, mentre lui scoppia in fragorose risate, gli tiro un pugno scherzoso sul braccio.
 
- Me lo dovrai presentare -
- Ma guarda che è qui - dico girandomi a guardare gli altri e incrociando di sfuggita lo sguardo proprio con Lorenzo, che però subito lo distoglie. Imbarazzata torno a voltarmi verso Luca aggiungendo - è l’unico ragazzo. –
Lui guarda oltre le mie spalle – Quello che mi guarda male, insomma. –
- Ma che dici? Perché dovrebbe guardarti male? -
- Parlo sul serio, Eleonora. – riprende lui guardandomi negli occhi - Avevo già notato che quel ragazzo ci fissava da un po'. –
Mi ha chiamata Eleonora e non Cho o Choco, quindi non mi sta prendendo in giro. 
In questo caso l’origine del soprannome me la ricordo: all’asilo (tuttora, veramente) andavo matta per il cioccolato e una volta gli ho rubato il suo, facendolo piangere. Da lì è nata la nostra amicizia ed il mio soprannome Chocolate, abbreviato poi in Choco, e poi ancora in Cho.
 
Ma non ho tempo di riflettere sulle sue parole, perché Lorenzo ci è appena comparso in parte, con il mio giubbotto e la mia borsetta, spiegandomi che hanno finito la partita e quindi devono lasciare la pista.
Saluto Luca, che mi augura buona fortuna, mi giro per seguire Lorenzo e lancio uno sguardo al tabellone per vedere chi ha vinto. 
Ovviamente lui, ma gli ultimi tiri non sono stati buoni come i primi.
 
- Hai vinto, complimenti! - gli dico, lui sembra rilassarsi un po' e mi risponde strafottente
- Avevi dubbi? -
 
 
...
 
 
Serena è patita per quei giochetti nelle macchinette, quelli in cui in due immagini vicine devi trovare le differenze. 
Io e Lorenzo rimaniamo indietro, perché le quattro ragazze, ammassate sullo schermo, non ci danno possibilità di sbirciare ed essere utili. 
Così gli propongo di andare a giocare a hokey: è un tavolo con due porte ai lati, ognuno ha una specie di paletta in mano che deve usare per evitare che il disco entri in porta. 
Finita la partita, sono arrabbiata con lui perché ho perso e Lorenzo se la ride. 
Le altre sono ancora là, ne approfitto per andare in bagno. Fuori dalla porta mi imbatto in Luca, che mi dice che ha dovuto aspettare il momento opportuno per venire di nuovo a parlare con me.
 
- E perché? – gli chiedo
- Il tuo amico mi ha guardato in cagnesco per tutto il tempo. Ho dovuto aspettare che andasse fuori a fumare. E poi hai visto come ti ha trascinata via prima? -
- E dai, che esagerato. Non mi ha mica trascinato via. -
- Secondo me, Eleonora, dovresti buttarti. Non puoi aspettare che sia l’uomo a fare il primo passo. Prendi Francesco, cosa hai ottenuto? Solo una perdita di tempo. A questo ragazzo piaci un sacco. Non ti ha staccato per un attimo gli occhi di dosso. E se lo faceva era per incenerire me. –
Sono scettica, ma mi accorgo di pensare che mi piacerebbe tanto se avesse ragione.
- Se non ti muovi ti faccio uscire a calci. Non perdere questa occasione Cho – mi dice con un occhiolino.
 
Guardo le altre, non si sono nemmeno accorte che io e Lorenzo non ci siamo. Quindi prendo coraggio e esco; me lo trovo davanti, che con due tiri finisce la sigaretta, la spegne e la getta nell'apposito cestino.
E ce ne restiamo così, in silenzio, fino a quando non parliamo contemporaneamente:
 
- Dentro fa un sacco di caldo! - io
- Vi serve un passaggio a casa, dopo? – lui
 
Ci sorridiamo come scemi, e gli rispondo che devo chiedere a Greta, perché tocca ai suoi venirci a prendere, ma non so se poi, sapendo che sarebbe venuto lui, ha cambiato i programmi
 
- A proposito - dice lui - Perché non mi hai risposto questo pomeriggio? – 
Oh, ma allora mi ha scritto!
– Avevo scritto a te che venivo, ma non mi hai risposto. E quindi ho scritto a Greta – aggiunge
- Non mi è arrivato nulla - gli dico sorridendo
- Avrei dovuto immaginarlo - mi risponde lui, con il sorriso più bello di sempre.
 
Vorrei avere il coraggio di dire qualcosa, perché mi sembra un buon momento, ma Greta insieme alle altre escono fuori interrompendoci, per dirci che ha chiamato i suoi e stanno arrivando.
Il passaggio di Lorenzo quindi non serve, e la cosa mi dispiace. 
Vista l'interruzione, magari in auto ci sarebbe stata un'altra occasione.
Per cosa, onestamente non so.
Rendermi ridicola, immagino.

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Capitolo 9
*** Capitolo 8: La sfida ***


Capitolo 8: La sfida

 
Una piccola premessa a questo capitolo.
Fin qui la voce narrante è sempre stata quella di Eleonora, quindi vediamo il tutto solo dal suo punto di vista. In questo capitolo troverete una parte in cui ho dovuto inserire un narratore esterno, è la parte in blu.
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Martedì 1 marzo, pomeriggio a casa di Greta
Oggi sono a casa di Greta.
Ha un po' di problemi in inglese, quindi quando si avvicinano compiti o interrogazioni di questa materia, le dò qualche ripetizione.
Devo ammettere che non l'ho seguita molto, spesso mi sono distratta per rispondere ai messaggi di Lorenzo.
All'arrivo dell'ennesimo messaggio, Greta sbotta.
 
- Nor, che hai intenzione di fare con Lore? Perché immagino sia lui a scriverti tutto il tempo. – 
 
Questa è un'ottima domanda, a cui non ho risposta.
Nonostante le parole di Luca, non riesco a fare il famoso primo passo, se non ho la certezza del 200% che dall'altra parte non trovo un burrone che mi farebbe sprofondare in un abisso di tristezza e solitudine.
 
– Allora? – incalzò Greta
– Siamo solo amici! – rispondo, messa alle strette
– Se la pensi così allora lo stai illudendo, con tutte le tue attenzioni e i messaggini –
- Ma di che diavolo parli? -
– Sei cieca, forse? Tu gli piaci! Basta vedere come ti guarda – mi dice, quasi con rabbia
- Ti ci metti anche tu? Anche Luca mi ha detto la stessa cosa sabato. - 
- A te lui piace? -
- Si, è un ragazzo molto carino. Ma ho già scambiato una volta la gentilezza con altro. E non ho intenzione di ricascarci! E poi non voglio nessuna storia adesso. -
- In gita, l'ultima sera, che eravamo fuori a parlare, ricordi? –
 
Certo che ricordo! Non mi ha mai detto cosa è successo, né io ho mai avuto il coraggio di chiederlo a lei o a Lorenzo. 
 
- Parlavamo delle relazioni tra compagni di classe, per via di Vale e Ale. E lui mi ha confidato che non ha mai visto di buon occhio queste relazioni, per via delle voci che ci sarebbero, del fatto che lo vengono a sapere i professori, che poi costringi la classe a schierarsi dalla parte di uno o dell'altro in caso di litigi, o che se la storia finisce poi ti devi comunque vedere tutti i giorni. Per non parlare di tutte le battutine che ci sarebbero non appena ci si avvicina l'uno all'altra. E su questo lo sai meglio di me, ci sei passata per la storia del messaggio. -
- Si, sono state due ore orribili -
– E allora che vuoi fare? – continuò lei
– Che dovrei fare scusa? Siamo solo amici e resteremo amici. –
– Secondo me tu lo stai solo illudendo –
- Ma se mi hai appena detto che non vuole storie tra compagni di classe? -
 
E così, finalmente si zittisce, tornando ai compiti di inglese.
Io non riesco a capire tutta questa insistenza. Non voglio illudere nessuno, so perfettamente cosa si prova. 
Ma, se lei e Luca non si sbagliano, ci potrebbe essere una possibilità! 
Se però non vuole relazioni tra compagni come ha detto a Greta, non credo che nascerà mai qualcosa.
Ma poi perché mi devo fare tutte queste paranoie?
Sto bene con lui? Si. Basterà limitarsi a non innamorarmi di lui.
Se sono ancora in tempo.
 
 
...
 
 
Giovedì 3 Marzo
Più passa il tempo e più io e Lorenzo ci avviciniamo.
Ci scriviamo in continuazione e spesso, nei momenti di pausa a scuola, stiamo assieme.
Si è anche unito al nostro "gruppo studi", composto originariamente da me, Valeria e Greta. Oltre a lui, abbiamo acquisito anche Enrico, Marco e, purtroppo per me, Serena.
Ci incontriamo ogni giovedì in biblioteca, che è all'interno di un complesso comunale di recente ristrutturato e ampliato. Oltre alla biblioteca contiene il teatro, una sala convegni e due sale di registrazione.
Oggi avevo proposto di saltare, perché io ho prove con il gruppo di teatro e quindi al massimo li raggiungo dopo, Greta è dal dentista, Marco ha una partita da recuperare e Enrico non so che impegni abbia.
Insomma, ci sono solo Valeria, Lorenzo e Serena. Ma quest'ultima ha insistito per fare lo stesso, dato che a breve avremo un compito di matematica, materia in cui è negata.
Così alle 16.00 ho incontrato Valeria in biblioteca e le ho lasciato tutti i miei averi, che sono sicuramente più al sicuro con lei che incustoditi dietro le quinte.
È già successo che, a fine prove, ci accorgessimo che mancava qualcosa: il teatro è aperto a tutti.
 

---



Lorenzo entrò nella stanza e si diresse verso il loro tavolo, già pieno di libri.
C'erano solo Valeria e Serena che, calcolatrici alla mano, avevano già iniziato a studiare; il che non gli sembrò strano, dato che era in ritardo di almeno mezz'ora.
Sapeva che i due compagni maschi e Greta non ci sarebbero stati; ma restò sorpreso quando, passata un'ora, scoprì che Eleonora non era in ritardo, ma non sarebbe venuta.
Non gli aveva detto nulla, quella mattina.
Prese il cellulare per scriverle, ma proprio in quel momento partì una suoneria rock.

- Lorenzo, spegni! - sibilò Serena - Siamo in biblioteca! –

E infatti tutti stavano guardando il loro tavolo.

- Ma non è il mio! - rispose il ragazzo.
- È quello di Ele! - esclamò Valeria e iniziò a frugare nella borsa che la ragazza le aveva lasciato.

Quando lesse "mamma" come chiamante, rispose.

Nel frattempo Lorenzo sussurrò a Serena - come mai Valeria ha il cellulare di Eleonora? -.
La ragazza rispose che non ne aveva idea.

- Si è ancora a prove... Si, me lo scrivo così poi glielo dico... Credo di no! Io poi vado a cena da Serena, ma forse... aspetti che chiedo - Valeria coprì il telefono con la mano e si rivolse a Lorenzo

- Tu sei in auto? La mamma di Eleonora non può venirla a prendere, le daresti un passaggio? –
- Si, nessun problema! - rispose lui, un po' confuso

Valeria riferì e poi girò a Lorenzo i ringraziamenti della Sig.ra Bianchi.

- Come mai hai tu il cellulare di Eleonora? - le chiese Serena
- È qui a teatro, e mi ha lasciato tutto perché è già capitato che rubassero mentre facevano prove. –
- C'è anche un teatro qui? - chiese Lorenzo
- Andiamo a vederla? - chiese Serena, tutta eccitata, ignorando la domanda del ragazzo.
- Perchè no? - disse Valeria - Tanto abbiamo praticamente finito! Adesso ti facciamo vedere il teatro, Lorenzo –

Sistemarono le loro cose, Valeria consegnò al ragazzo la borsa di Eleonora, e li guidò attraverso le stanze. Le ragazze chiacchierarono tra loro, mentre il ragazzo che le seguiva era diventando taciturno.
Entrarono a teatro e lo trovarono quasi deserto, Valeria intercettò Luca e gli chiese notizie di Eleonora.

Il ragazzo si guardò intorno, alla ricerca della ragazza - Qui non c'è, deve essere dietro le quinte. Dovremmo provare solo alcune ultime scene e poi per oggi abbiamo finito. –
- Quando andate in scena? - gli chiese Valeria
- Il musical... –
- MUSICAL? - lo interruppe urlando Serena
- Si, stiamo preparando un musical sulla Bella e la Bestia. Sabato ci sarà la prima. - rispose Luca, poi si accorse di Lorenzo. - Ehi, noi ci siamo visti sabato. Piacere, Luca! - disse porgendogli la mano
Lorenzo esitò un momento, ma poi la strinse - Lorenzo, piacere mio. –
 
Né la sera del bowling e né in seguito aveva chiesto a Eleonora di quel ragazzo con cui si era allontanata, aveva supposto fosse il famoso Francesco.
Luca diede uno sguardo alle due ragazze, si sincerò che la loro attenzione fosse dedicata ad altro e si avvicinò al ragazzo, sussurrando la sua minaccia
- Se solo provi a farla soffrire come quello stronzo di Francesco, me la pagherai. –
Lorenzo rimase interdetto, non sapeva come o cosa rispondere.
 
Venne salvato da Valeria che disse - Luca? Credo che ti chiamino –
Infatti c'era un signore anziano, presumibilmente il direttore del gruppo, che stava urlando in direzione di Luca.
 
- Luca vieni qui e non perdere tempo con quelle ragazze carine, razza di dongiovanni! Dobbiamo provare assieme a Eleonora e Matteo la scena in giardino con la neve! –

Luca si diresse sul palco e si posizionò a lato del palco, subito dietro il sipario, vicino ad un altro ragazzo. Dall'altro lato c'erano una ragazza e un ragazzino più piccolo. Al centro del palco invece si posizionarono Eleonora e un ultimo ragazzo, tale Matteo.
Al via del direttore, Eleonora e Matteo iniziarono a camminare fianco a fianco. Dopo un piccolo intro musicale i due si allontanarono un poco e lei cominciò a cantare.
Lorenzo seguì ammirato tutta la scena.




---


 
Terminata la nostra prova, il sig. Massimo ci fa i complimenti.
Quando ci ha proposto un musical eravamo tutti scettici, io sopra tutti, visto che mi voleva come voce principale femminile.
Mica so cantare!
Però con le lezioni che ci ha fatto prendere, posso ammettere di non fare proprio schifo come credevo.
E nemmeno gli altri.
All'inizio la parte della Bestia l'avrebbe dovuta fare Francesco, e io mi son chiesta se mi libererò mai di questo ragazzo!
Continua a starmi addosso! Ma diamine, ce l'hai la ragazza, cosa vuoi da me?
Ma alla fine il sig. Massimo gli ha dato la parte di Gaston! Ed io ne sono felice, così sia nella realtà che nella finzione faccio di tutto per tenermi lontana da lui!
Ecco, pensi al diavolo e compaiono le corna.
 
Mi si sta avvicinando, per aiutarmi a districarmi da cuffie, microfoni e altre cose elettroniche, e io liquido con uno scocciato - Faccio da sola, grazie! – 
- Suvvia Eleonora - mi dice il sig. Massimo - fatti aiutare da Francesco. –
 
lo fulmino con lo sguardo, pare sia l'unico che punti ancora a una relazione tra noi.
Mi tolgo tutto in blocco, con tutti i fili annodati assieme, consegno la matassa a Francesco e salto giù dal palco, così non mi può seguire nelle quinte.
Luca mi fa segno con il pollice alzato e, toltosi anche lui tutto l'armamentario, salta giù e mi dice che ho dei fan in attesa del mio autografo, indicando il fondo del teatro.
Spostando lo sguardo verso il punto indicato, mi ritrovo a guardare Valeria, Serena e Lorenzo; quest'ultimo con la mia borsa.
Vedere Lorenzo, subito dopo aver trattato "male" Francesco, mi fa stare bene. Per cui gli regalo un grande sorriso mentre mi avvicino a loro.

- Eleonora - cerca di attirare la mia attenzione Valeria.
Credo di essermi imbambolata a guardare Lorenzo, spero che sia la prima volta che mi chiama.
- Non ci avevi detto che è un musical! Che bella voce! - continua lei
- E sei anche la protagonista! - dice Serena, con un tono sorpreso.
- Grazie! - rispondo io - non ci credevo nemmeno io all'inizio. –
Mi volto verso Lorenzo, che non ha ancora detto nulla. Non che mi aspetti complimenti o altro, ma... ecco, mi farebbero piacere!
- Mi dai la borsa? –
- A proposito - mi dice Valeria - Tua madre ti ha cercata, ho risposto io. –
- È successo qualcosa? - chiedo io apprensiva
- No, niente di che, problemi all'auto. Ma ci siamo già accordate che ti porta a casa Lorenzo. –
- Ma io dovevo andare a fare la spesa prima di tornare a casa! - esclamo io
- Si lo so, infatti - dice mentre fruga nella sua borsa e ne estrae un bigliettino - mi ha detto di farti aggiungere questo alla lista che hai già! –
- Vale, noi dobbiamo andare! I miei ci aspettano fuori! - dice Serena

Così rimango sola con Lorenzo.
Chiamo mia madre, non può pretendere che mi porti Lorenzo a fare la spesa!

- Mamma? Si sono io...appena finito...si senti...si, Valeria mi ha detto...ma non ti è passato per la testa che magari Lorenzo ha di meglio da fare che scorrazzarmi in giro? –
Lorenzo nel frattempo mi rivolge finalmente la parola
- Guarda che non ci sono problemi, ti accompagno volentieri, finché non sono vestiti, scarpe o borse! –
- Che amico premuroso che hai, tesoro! L'hai sentito, no? Dai su, ora lasciami che litigo con il meccanico, così mi sistema tutto subito! - detto questo mia madre mi mette giù
- Sei sicuro? - chiedo a Lorenzo
- Si tranquilla! Tanto non ho nessuno che mi aspetta per cena! Anzi, ne approfitto per comprarmi qualcosa! –
 
Ci dirigiamo quindi alla sua auto e poi al grande supermercato che è in periferia. Prendiamo un carrello e iniziamo a seguire la lista che mi ha dato mia madre.
Ad un certo punto, noto le cose che Lorenzo sta infilando nel carrello per la sua cena: patatine, snack, bibite gassate e cose così.

- Scusami, ma quella - dico indicando il cibo spazzatura - la chiami cena? –
- Nè io nè mio fratello abbiamo passione di cucinare, per cui prendiamo roba già pronta –
- Vivi di schifezze e sei così magro? Ma non ti vergogni? Io basta che le guardo quelle cose per mettere su due kg! –
- Il bello di essere uomini - mi dice facendomi l'occhiolino
Io gli faccio la linguaccia e, vedendo la voce successiva nella lista, dico
- è bello essere uomini così non si ha a che fare con i tuoi amici, ricordi? - indicandogli il reparto assorbenti.

Inizio a cercare quelli che mi servono e ne prendo in mano un pacco, quando ad un certo punto mi immobilizzo.
Lorenzo si è messo dietro di me, mi ruba il pacco dalle mani e mi sussurra nell'orecchio
 
- In effetti questi SONO miei amici. –

Riprendo a respirare solo quando si sposta per metterli nel carrello, continuando a parlare
 
- Se la donna li usa, vuol dire che va tutto bene! –

Io sono ancora immobile, ho ancora il cuore a mille per la sua vicinanza di prima.

- Ehi, Ele. Abbiamo finito? - mi chiede riportandomi alla realtà.
 
Vediamo di finire alla svelta, prima che inizio a fantasticare troppo.
Fatta la spesa, torniamo alla macchina e da lì a casa mia.
 

...



- Ti aiuto a portare su la spesa - mi dice, scendendo con me dall'auto.
- Grazie! - gli rispondo io con un sorriso, in effetti così mi risparmia di dovermi caricare come un mulo.
 
- Sono a casa! - urlo varcando la soglia e facendo segno a Lorenzo di seguirmi in cucina per posare le buste, dove veniamo accolti da mia madre.
- Eleonora tesoro, sei riuscita a prendere tutto? E questo è il tuo amico? –
non mi dà il tempo di rispondere e prende le mani di Lorenzo tra le sue
- Che caro ragazzo! Come ti chiami? -
Lui mi lancia un'occhiata allarmata, e io gli rispondo scuotendo la testa
- Lorenzo – quasi balbetta
- Ti fermi a cena caro? Non accetto un no come risposta. Prendilo come un ringraziamento per aver aiutato Eleonora –
- Mamma? - viene interrotta da mio fratello Fabrizio, appena rientrato in casa
- Scusate ragazzi - dice mentre si avvia ad uscire dalla cucina - Eleonora puoi mettere via la spesa per piacere? -

Rimasti soli mi rivolgo, imbarazzata, a Lorenzo, mentre inizio a sistemare gli acquisti
 
- Mia madre è un po' particolare, eh? Non sentirti obbligato, se non vuoi restare. –
-  Tu vuoi che resti? - me lo ritrovo di nuovo alle spalle, mentre prende la scatola che ho in mano e la mette sulla mensola a cui stavo tentando invano di arrivare.
Sguscio via e, dopo un attimo, gli rispondo con finta noncuranza
- Beh, hai detto che a casa non ti aspetta nessuno. È la volta buona che mangi come si deve, no? Fossi in te ne approfitterei! –
- Ok, mi hai convinto. - mi risponde sorridendomi
- Eleonora, Lorenzo! - La voce di mia madre arriva dal soggiorno, invitandoci a raggiungerla
- Preparati al peggio, allora - gli sussurro dirigendomi da mia madre
 

...



Ed eccolo qui il peggio, arrivato sotto forma del mio fratellino Fabrizio.
Sta tormentando Lorenzo perché giochi con lui ai videogiochi. Lo ha preso per mano e se l'è portato in camera sua.
Nel frattempo io aiuto mia madre a cucinare la cena, un po' preoccupata per Lorenzo.
Così decido di lasciare mia madre a finire le ultime cose e vado a dare una sbirciata ai due ragazzi.
Mi sono preoccupata per niente: è proprio vero che i maschi crescono in altezza ma rimangono dei bambini! Entrambi sono totalmente presi dal videogioco che nemmeno si accorgono della mia presenza.
Ignorata, mi concedo di guardare Lorenzo. Non mi dispiace vederlo nel mio contesto familiare, non stona affatto. Sembra completamente a suo agio.
Arrossisco quando mi ritrovo a pensare che ripeterei la giornata di oggi (lui che mi viene a prendere a prove, andiamo a fare la spesa assieme e poi cena a casa mia) anche tutti i giorni; e che mi farebbe piacere essere portata a casa sua a conoscere i suoi.
Ovviamente entrambi i ragazzi decidono di prestarmi attenzione esattamente in questo momento, con il risultato che Lorenzo si accorge che lo stavo fissando con una faccia da pesce lesso.
Balbetto una cosa tipo - È pronto a tavola - e fuggo giù per le scale.
 

...



La cena è passata insolitamente tranquilla, dopo la mia performance in camera di mio fratello.
Dopo una piccola titubanza iniziale, Lorenzo si è visibilmente sciolto ed ha affrontato la cena con disinvoltura e vivacità.

- Hai mangiato abbastanza, Lorenzo? - chiede mia madre.
Fa ogni volta la stessa domanda, a chiunque, nonostante sulla tavola ci sia il quantitativo di cibo che sazierebbe un esercito e noi siamo solo in quattro.
- Si signora, grazie mille. Era tutto ottimo. Soprattutto il pasticcio, è uno dei miei piatti preferiti. –
- Per quello gli elogi vanno a Eleonora, lo ha fatto lei ieri. - Io avvampo, di nuovo.
- Ah si? Allora i miei complimenti, Eleonora. - Mi dice sorridendo, divertito dal mio imbarazzo.
- Grazie - riesco a sussurrare.

Mia madre inizia a sparecchiare, così mi alzo e la aiuto, sfruttando l'occasione per sparire.
Ma lei era di altro avviso, infatti mi dice - Lascia stare Eleonora, mi aiuta Fabrizio. Tu potresti far vedere la casa a Lorenzo. –
Piano fallito.
Miseramente.



...



Abbiamo fatto il giro della casa e del giardino in religioso silenzio, finché Lorenzo, indicandomi una grossa quercia mi chiede quanto vecchia sia.
Così gli racconto della leggenda che quando eravamo piccoli mia nonna raccontava a me, mio fratello ed i nostri cugini, mentre continuiamo a camminare verso l’albero e avvicinandoci al pozzo, ormai in disuso, che è proprio lì vicino.
Una volta terminata la storia, ci sediamo fianco a fianco sulla recinzione e cala il silenzio, ma dura pochissimo.

- Sono stato proprio bene con te, oggi. - dice cingendomi le spalle con un braccio.
- Anche io - gli rispondo, appoggiandomi a lui.
 
Il momento romantico viene interrotto dal suo cellulare, che riceve un messaggio. Si allontana per leggerlo e poi, voltandosi verso di me che sono ancora seduta sulla recinzione, mi dice che deve andare.
Faccio per scendere, per riaccompagnarlo a prendere le sue cose, ma me lo ritrovo davanti. Appoggia le mani ai lati delle mie gambe e mi guarda con uno strano sorriso.

- Eleonora, ti propongo una sfida. –
Una sfida?
- Hai capito bene - continua, come se mi avesse letto in testa la mia muta domanda - Visto che tutto questo è partito dal voto che hai dato al mio fondoschiena e dalla classifica che stavate facendo, vorrei che mi dimostrassi che hai anche il coraggio di toccarlo, il mio sedere da sette e mezzo. –
- E io che ci guadagno? - gli rispondo.
La parola sfida ha acceso il mio orgoglio.
- Se lo farai, io agirò di conseguenza. –
Detto questo si sposta e si dirige verso casa mia.

Che cacchio vuol dire?
Ma non mi dà modo di chiederglielo a voce, né mi dà una risposta esaustiva via sms.
Ok, l'hai voluto tu. Ti dimostrerò che Eleonora ha coraggio da vendere!
Cosa vuoi che sia una palpatina al sedere?
Come se non ne avessi mai toccato uno, poi!

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Capitolo 10
*** Capitolo 9: Week - end ***


Capitolo 9: Week-end


Sabato 5 Marzo
Oggi il professore di matematica è ammalato, quindi ci fanno uscire prima da scuola.
Si, lo so che dovrei sprizzare gioia da tutti i pori, ma questo vuol dire "arrivare a casa prima" solo per i fortunelli che hanno già patente e auto, o per chi ha i genitori disponibili a venire a prenderli. 
Io, purtroppo, non rientro in nessuna delle due categorie, e quindi mi tocca aspettare comunque la mia corriera.
Lorenzo è in macchina con Enrico e Michael, e ci avrebbe anche dato un passaggio. Ma siamo in sei, quindi una tra me, Valeria e Greta sarebbe rimasta a piedi.
Io avrei avuto davvero bisogno del passaggio: stasera abbiamo la prima del musical, quindi arrivare a casa prima avrebbe significato tempo in più per le prove, ma me la farò andare bene.
Almeno non sono l'unica a dover rimanere fino a quasi le 14! Una metà buona della classe dovrà aspettare assieme a me, quindi abbiamo deciso di andare in un bar vicino alla stazione. 
Troviamo un tavolo abbastanza grande per starci tutti, con tanto di zaini e giubbotti. Enrico e Michael sono a giocare con le slot-machine mentre noi altri siamo tutti seduti sulle poltroncine. 
Valeria è seduta sul bordo della panca, io sono accanto a lei e Ambra mi si siede vicino. Subito dopo, entrambe notiamo Lorenzo avvicinarsi, e lei con nonchalance slitta più a lato vicino a Paolo, lasciandogli il posto in mezzo a noi ed iniziando a vantarsi di non soffrire il solletico.
Lorenzo le ha appena ribattuto che è impossibile e io prendo le difese della mia amica, pregiandomi di avere la stessa invulnerabilità, e così parte una lotta senza esclusione di colpi: io contro Valeria, Ambra contro Paolo, ed entrambe contro Lorenzo, che si pente di essersi seduto in mezzo a noi due.
Ad un certo punto Paolo scappa e Ambra gli corre dietro in giro per il locale, fortunatamente vuoto a parte noi, mentre Valeria si defila, andando da Enrico e Michael, ancora alle prese con i videogiochi, facendomi uno strano sorriso.
Io e Lorenzo ci ritroviamo soli.
Nel nostro angolo intendo, perché altri nostri compagni di classe sono semplicemente dall'altro lato del tavolo o in quello vicino.
Sembriamo abbracciati: io con il braccio dietro la sua schiena, pronto a farlo saltare sfiorandogli il fianco con la mano; mentre la sua mano è sopra la mia spalla, pronto ad allontanarmi in caso di attacco, facendomi il solletico sotto le ascelle.
Purtroppo, nella lotta, ha scoperto il mio unico punto debole.
Ormai la guerra è finita, gli altri sono tutti andati via, ma pare che nessuno dei due abbia intenzione di spostarsi da questa posizione, decisamente comoda ed entrambi lasciamo semplicemente rilassare le mani, che non devono più essere scattanti.
Lo spazio tra lui e lo schienale della poltroncina è tale che, abbandonando il braccio, la mia mano si appoggi giusto giusto sull'attaccatura del suo sedere. Dai che questa è la volta buona che vinco la sfida!
Lui però prende la mia mano, la sposta e la tiene nella sua. 
Rimango perplessa, ammetto che la tanto decantata reazione me l’aspettavo diversa.
Greta e Ambra si tornano a sedere vicino a noi, quindi, senza dare nell'occhio ci separiamo. 
 
Io prendo il mio telefono, compongo un messaggio e glielo faccio leggere: “Questa è la tua reazione?” 
Iniziamo a conversare così, per non farci sentire, nonostante ci sia la musica e i nostri compagni siano occupati in altro.
"Ma ovvio che non è questa!" digita lui, restituendomi il cellulare
"Però mi hai tolto la mano"
"E la chiami palpata quella?"
"non palpata con la P maiuscola, avrei potuto fare di meglio. Ma se non mi spostavi la mano magari..."
"L'ho spostata perché qui c'è troppa gente"
"Non tirare fuori scuse, non ci vedeva nessuno!"
"Rifallo allora!"
Ma, scritto questo, si alza - Io vado a fumare – annuncia a voce alta e mi lancia un’occhiata di sfida.
 
Bravo scemo! E con che scusa io, Eleonora, freddolosa per eccellenza, dovrei venire fuori al freddo a far compagnia a te che stai fumando?
Mentre rifletto in attesa di un'illuminazione, Valeria mi avverte che è ora di andare. Ma come, di già?
Io e lei potremmo stare qui un 15 minuti in più rispetto agli altri, ma anche per questo mi servirebbe una scusa!
Senza considerare il fatto che Lorenzo, Enrico e Michael se ne sarebbero potuti andare un'ora fa, dato che erano in macchina.
Sconsolata, incomincio a mettere a posto le mie cose. Lui rientra mentre ci stiamo vestendo.
– è già ora di andare? – mi chiede
– Già –
– Veniamo anche noi, tanto la macchina è parcheggiata lì – dice mentre prende le sue cose e dà una voce a Michael e Enrico.
 
Una volta fuori, facciamo in modo di essere in fondo alla comitiva e, lontani da orecchie indiscrete, gli sussurro di farmi vedere la sua reazione.
 
- Ero andato fuori apposta! -
– E sentiamo, piccolo genio del male, con che scusa sarei venuta fuori io? –
 
Lui non mi rispose e scrolla le spalle, come a voler dire che non è un problema suo.
Nel frattempo gli altri stanno arrivando a destinazione, e prima che si girino a vedere dove siamo, gli dò un bacio sulla guancia per salutarlo.
Lui rimane un momento imbambolato, nella classica posa a bocca semi aperta e con la mano che va a coprire la guancia baciata.
 
– Parliamo dopo per messaggi – dico sorridendo alla sua reazione e schizzo via verso Valeria
 
 

 
 
Ma una volta a casa non ho tempo di stare dietro ai messaggi.
Alle 15 sono già in teatro per le prove generali, prima senza costumi e scenografia, e poi con tutto al suo posto.
Sono un po' agitata, stasera ci saranno oltre Valeria, Greta con il fratello, Ambra e Serena, anche Lorenzo, Enrico e Alessio.
Valeria mi ha chiesto apposta davanti a tutti a che ora era lo spettacolo, così la notizia si è diffusa.
Enrico mi ha addirittura ringraziato: oggi è il compleanno della sorella, la cui storia preferita è proprio la Bella e la Bestia, e io gli ho salvato la vita con un regalo dell’ultimo minuto.
Così, dopo che è venuto fuori che la ragazza è in classe con Gianluca e Mario, si è formata una piccola compagnia che questa sera assisterà al mio debutto come cantante.
Aiuto!
Ho già detto che sono agitata?
 
 
...
 
 
È andato tutto per il meglio. Siamo stati tutti bravissimi e abbiamo raccolto un sacco di applausi.
Ora siamo tutti dietro le quinte, in attesa che il Sig. Massimo finisca il suo mini discorsetto, ci chiami uno ad uno sul palco e poi tutti insieme salutiamo il pubblico.
Io sono la prima ad entrare, e vengo inondata dalle urla del pubblico. C'è una parte della sala che fa un casino assurdo, ho quasi paura a girarmi.
I miei timori erano fondati: quelli che hanno addirittura improvvisato un'aola sono i miei compagni di classe. Sono riusciti persino a trascinare in mezzo Fabrizio ed i miei.
Il mio sorriso, comunque, è tutto per Lorenzo. 
 
 
...
 
 
Ho appena finito di cambiarmi che ricompare Lumière, alias Luca.
- Ma sei piena di fan, lo sai? -
- Si! - dico, ubriaca di felicità
- Li sentivo parlare di andare a bere una cosa, ti secca se mi unisco? C'è una ragazza proprio carina! -
- Certo che no! Ma giù le mani dalle mie amiche! –
Mi chiedo a chi si riferisce, Valeria, Greta e Serena le ha già conosciute.
- Chi io? Sono un santo, lo sai -
Al mio sguardo divertito mi risponde - Dai, scappiamo prima che il Sig. Massimo ci obblighi a pulire! –
 
Così usciamo dal camerino di corsa, ridendo, e andiamo a sbattere contro la combriccola che mi aspettava.
Io finisco dritta tra le braccia di Lorenzo, che mi evita la caduta. 
Luca, invece, cade addosso ad una ragazza che non ho mai visto.
Ridiamo tutti, mentre Luca ne approfitta per provarci.
Un pensiero mi fulmina: la ragazza è più grande di noi, ed era vicina a Lorenzo, altrimenti non saremo caduti addosso ad entrambi.
Che sia quella famosa ragazza? L'amica di suo fratello che gli piaceva?
Perché diavolo l'ha portata qui?
In un attimo, tutta la felicità dovuta alla riuscita dello spettacolo, mi abbandona.
 
- Cho, invece di stare lì imbambolata, perché non mi presenti la tua amica? - mi chiede Luca
- Io sono Laura, piacere. - si presenta lei da sola a me e a lui.
- Ah, non vi conoscete? - chiede Luca confuso.
- No - dico io, con un sorriso enorme. Non è questo il nome che mi aveva detto Lorenzo!
- Sono la sorella maggiore di Mario. -
Il che spiega anche la sua presenza qui.
Luca mi fa un sorriso enorme e si allontana con Laura verso gli altri.
Fatti due passi, si blocca, torna a guardarmi e mi dice - Cho, non dimenticare la borsa! - facendomi l'occhiolino.
La borsa? Ma di che parla?
- Lorenzo la puoi accompagnare? Se torna dentro sola la incastrano con le pulizie. - Detto questo, si rincammina, poggiando il braccio sul fianco di Laura.
 
Io e Lorenzo ci guardiamo confusi, ma non abbiamo tempo per esternare i nostri dubbi, perché la porta torna ad aprirsi ed esce Matteo di corsa, urtandomi e facendomi finire nuovamente tra le braccia di Lorenzo.
Inizia a piacermi il fatto che ogni tre per due sono spalmata su di lui.
Matteo nel frattempo si sistema gli occhiali, come a voler esser certo di aver visto giusto, si scusa e se ne va.
Io non accenno a spostarmi, né Lorenzo abbassa il braccio che mi cinge la vita.
Decido che è la mia occasione per vincere la sfida, così gli passo le braccia attorno alla schiena, come in un abbraccio.
Poi, lentamente, le sposto sul sedere e gli dò un pizzicotto.
Lui sobbalza e si allontana un po'.
Io, con fare malizioso, mi avvicino al suo orecchio e gli sussurro - Questa era di tuo gradimento? Sono stata abbastanza coraggiosa, Sig. Setteemezzo? -
Sono curiosa di vedere la famosa reazione, che questa volta deve arrivare per forza. È stato tutto regolare.
 
Purtroppo però, veniamo nuovamente interrotti dalla voce di Valeria.
- Ero venuta a controllare se ti avevano incastrato con le pulizie – dice con un tono un po’ dispiaciuto.
Per fortuna che le dò la schiena, quindi lei ci vede semplicemente abbracciati.
Ci separiamo, rossissimi entrambi per essere stati scoperti.
- Tranquilli, sarò muta come un pesce. - dice sorridendoci e avvicinandosi a me.
- Proprio come lo è stato qualcuno, qui. - continua parandomisi davanti a braccia incrociate, il sorriso sempre più grande.
- Non so di che parli - le rispondo facendole la linguaccia.
Per fortuna era Valeria, penso mentre raggiungiamo gli altri.
Do un’occhiata di sottecchi a Lorenzo, ma ormai siamo in mezzo alla gente e la sua fantomatica reazione dovrà attendere ancora.
 

...



Domenica 6 Marzo
Oggi mi sono svegliata con un sorriso radioso, anche se alla fine la sfida non è ancora conclusa.
Io però ho fatto quello che mi spettava, quindi sono a posto. 
In effetti sono proprio contenta di me: ho dimostrato un coraggio che non credevo di avere. Soprattutto con Lorenzo, che dalla gita mi manda sempre in imbarazzo.
Muoio dalla curiosità di sapere cosa diavolo vuol dire "reagirò di conseguenza"!
Ieri sera non abbiamo più avuto occasione di restare soli, e dopo avermi salutato mi ha scritto che gli è dispiaciuto non poter rispondere alla mia domanda e, soprattutto, di non aver potuto concludere la sfida.
 
Scendo in cucina, ancora con la testa tra le nuvole, e mi ritrovo a dire - Si, davvero bello - in risposta a mia madre.
Ci metto un attimo a collegare il cervello e realizzare che mi ha detto - Quel Lorenzo è proprio un bel ragazzo, eh? -
Per tutti i Santi!
- Quindi, finalmente ci sarà un ragazzo che gira per casa? -
- Ma cosa dici?! - dico io, annaspando
- Ma mamma, ci sono già io che giro per casa, no? - interviene mio fratello. 
Beata innocenza!
Ne approfitto per dileguarmi, prima che mia madre torni all'attacco e, peggio, che mio padre la senta.
 
 

 
 
Nel pomeriggio, visto il successo della prima, il Sig. Massimo propone di andare verso la montagna, come premio per il nostro impegno. 
Visto il mio trionfo durante le prove e lo spettacolo nel trattare Francesco con la più assoluta indifferenza, ho accettato di buon grado. 
E siamo partiti così, senza alcun tipo di attrezzatura per la neve, dato che non pensavamo di trovarne ancora a marzo. 
Il caro amico, forse frustato dal fatto che non lo calcolo proprio da mesi ormai, ha deciso di farmi uno scherzo: mi ha preso di spalle, mi ha fatto cadere nella neve e mi ci ha sommersa. 
Sono fradicia!
Anche il giubbotto si può strizzare! Non so quindi se tenerlo addosso o toglierlo. Mi verrà una bronco polmonite entro domattina. 
L'imbecille ha almeno la decenza di cedermi il suo giubbotto, dato che tremo come una foglia.
Una volta, per tenere addosso una cosa che mi trasmettesse il suo profumo e il suo calore, avrei fatto carte false. Ora, invece, apprezzo semplicemente il fatto di avere qualcosa di asciutto a proteggermi dal freddo.
Arrivati alle auto per rientrare, gli altri occupano tutti i posti, lasciando me e Francesco fuori.
Questo vuol dire che devo tornare con lui?
Noi due, soli? 
Anche per questo avrei fatto carte false fino a due mesi fa. Ora vorrei strozzarli tutti! 
Luca, l'autista dei una delle altre auto, nonché unico che sa come si sono evolute le cose, fa scendere Matteo (che è suo cugino ed il miglior amico di Francesco) dalla sua auto adducendo a una scusa plausibile per la quale devo andare con lui.
E io, a momenti, non aspetto nemmeno che Matteo scenda per fiondarmi dentro l'auto di Luca, mio salvatore!
 
Una volta a destinazione, Matteo propone di andare a mangiarci qualcosa tutti assieme.
Io sto congelando, nonostante il riscaldamento in auto fosse a palla, e non vedo l’ora di farmi un bagno caldo.
Il primo a rispondere è Francesco - Dipende a che ora, perché devo andar fin laggiù a prendere Eleonora e poi tornare qui. -
Come? Cosa? Ho sentito bene?
Ha detto Eleonora?
Non sento la battuta di Matteo, che mi indica mentre parla, ma sento la risposta di Francesco
– Magari dovessi andare a prendere lei, ci metterei 2 minuti anziché 30! –
 
Incomincio a ridere. Fatemi capire, si è messo con una tipa che porta il MIO nome?
È ridicolo!
Finalmente i miei mi vengono a prendere e riesco a scappare via.
Francesco ha pure il coraggio di venirmi dietro e chiedermi se ci sarò più tardi. Ma tu guarda un po'!
Per fortuna interviene mio padre, che mi vieta categoricamente di uscire, dato che sembro un pulcino bagnato.
Appena mi riprendo dal freddo pungente che mi attanaglia anche le ossa, scrivo a Lorenzo.
Sento il bisogno di sfogarmi con qualcuno, e il primo nome che mi viene in mente è il suo.
Ho la certezza di non provare più niente per Francesco.
L'unica cosa che mi infastidisce è che la tipa che si è scelto si chiama come me!
 
Ore 19.00
Lorenzo non mi ha ancora risposto.
Mi viene il dubbio che, forse, non era il caso di scrivere a lui.
Non vorrei che pensasse mi sia tornata la cotta per Francesco! Non ora che le cose si sono fatte interessanti tra me e lui. 
Ogni tanto penso a quello che mi ha detto Greta: che lui non vuole mettersi con una compagna di classe.
E poi penso anche a quello che mi ha detto lui, e cioè che le ragazze finora le ha solo frequentate.
E ora non mi risponde.
Mi viene da piangere!
 
Ore 21.00
Il mio telefono suona, e nell'urgenza di leggere chi è per poco non mi cade!
È Lorenzo, era a giocare, ecco perché non mi rispondeva!
Oggi ha giocato! Nonostante in un'azione si sia fatto un po’ male è al settimo cielo, e dai suoi messaggi traspare tutta la sua felicità.
Non ha commentato il discorso "nome tipa di Francesco", ma va bene così. 
Il mio umore è migliorato già solo perché ci siamo scritti per due ore parlando del più e del meno.
E perché come ultima cosa prima di darci la buona notte, mi ha scritto di stare in guardia: la sua reazione è dietro l'angolo.
Non vedo l'ora che sia domani!

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Capitolo 11
*** Capitolo 10: Piccoli passi avanti ***


Capitolo 10: Piccoli passi avanti

 
Lunedì 7 Marzo
Il lunedì, già di suo, ha i suoi lati negativi.
Svegliarsi e pensare che è il primo giorno della settimana, mette agitazione e ansia. 
Ma per la nostra classe, si aggiunge l’incubo delle prime due ore di lezione con la professoressa Sorat. Aiuto!
Stamattina (per mia fortuna) non faccio educazione fisica, perché lo scherzetto di Francesco mi ha bloccato la schiena e il collo. Oltre a farmi venire il raffreddore.
Neanche Lorenzo e Flavio partecipano alla lezione: il primo perché ieri si è fatto male a calcio, l’altro perché già da un po’ si è infortunato ad una gamba.
La prof costringe me e Lorenzo a fare degli esercizi per la schiena sul materassone, quello per il salto in alto, mentre Flavio deve seguirla per aiutarla con gli altri.
E non potevo chiedere di meglio!
Siamo soli, quando capita che la prof ci guardi, ci facciamo vedere impegnati negli esercizi che ci ha dato. Ma visto che ci guarda molto poco dovendo tenere a bada i nostri compagni, passiamo il tempo a chiacchierare.
Ad un certo punto, Lorenzo si propone di farmi un massaggio al collo, e io accetto con piacere.
 
Il massaggio sta avendo due effetti: il primo è sciogliermi i muscoli, dandomi sollievo dal dolore; il secondo è farmi sciogliere tutta.
- Va bene così? - Mi soffia nell'orecchio.
Sentire le sue mani sulle spalle e il suo fiato sul collo, mi sta facendo andare a fuoco.
Forse non accorgendosi dell'effetto che mi fa, o forse proprio per quello, continua a parlarmi nell'orecchio
- Stai ancora aspettando la mia mossa, vero?  –
- Direi di si! - gli rispondo io, voltandomi verso di lui.
E ci ritroviamo con i nostri visi a pochi centimetri di distanza.
Lui toglie le mani dalle mie spalle e dopo aver esitato un attimo si allontana, il distacco mi provoca un brivido di freddo
- Ti va di uscire, questo pomeriggio? - mi chiede, fingendo noncuranza
Che domande, CHIARO che mi va!
 
 

 
 
Ci siamo dati appuntamento al solito bar, e io sono agitatissima.
Il mio posto, l'angolo appartato con le pareti a specchio, è occupato, e siamo dovuti andare a sederci nella grande sala, e la cosa mi scoccia parecchio.
Infatti qui i tavolini sono parecchio vicini l'uno all'altro. Inoltre essendo il bar più frequentato del paese, le probabilità di incontrare in un altro tavolo qualcuno che mi conosce è altissima.
In pratica privacy zero.
Il nostro appuntamento, perché alla fine il nostro è un appuntamento, procede tranquillo. Stiamo parlando tantissimo e degli argomenti più disparati.
Della sua reazione però, non c'è ancora traccia, immagino sia dovuto al fatto che siamo circondati da un sacco di gente. Accidenti!
 
Sto per proporgli di andare a fare una passeggiata, nonostante la pioggia, quando in sala entrano Luca e la ragazza che abbiamo conosciuto l’altro giorno, Laura.
Anche loro ci vedono e ci fanno un cenno con la mano.
Dalla padella alla brace, insomma.
- Ne ha irretita un'altra... - dico io sconsolata
- Irretito? - mi chiede Lorenzo, inarcando un sopracciglio per il termine non proprio di uso comune.
Ho visto il Signore degli Anelli l’altro giorno…
- Si, devi sapere che Luca è un dongiovanni di prim'ordine! Ne cambia una al mese, oppure intrattiene relazioni con più ragazze contemporaneamente. -
- E bravo Luca! -
- Ma cosa bravo? - sbraito io - Non mi dire che approvi il suo comportamento! - qui i punti stima stanno miserabilmente colando a picco
- Calma, calma! - mi dice lui - Non era mia intenzione elogiare il modo di fare! Ma il fatto che, nonostante quello, sia ancora vivo! -
- Ma tranquillo, vedrai che presto o tardi si scontrerà con una che lo mette in riga! -
- Tu non ci sei riuscita? - mi chiede, evitando di guardarmi negli occhi e giocando con il bicchiere
Mi volto a guardarlo, davvero crede che tra me e Luca ci sia stato qualcosa?
- Non sono mai stata, e non ci tengo ad esserlo in futuro, la compagna di Luca. Siamo amici dai tempi dell'asilo, dove ti posso assicurare che già mieteva le prime vittime! Sapendo come è fatto non mi metterei mai con uno stronzo del genere! -
Pare sollevato, ma mi guarda un po' confuso - Ma se lo reputi uno stronzo, come fai ad essergli rimasta amica tutto questo tempo? -
- Beh, togliendo il suo comportamento con le donne, è un'ottima persona! Gentile, altruista, simpatico... ma mi guardo bene dal presentarlo alle mie amiche! -
- E la cosa mi rattrista molto - mi volto di scatto e mi ritrovo Luca in piedi accanto al nostro tavolo.
- Ehi tu! - gli dico, dopo essermi assicurata che Laura non c'è - stai alla larga dalle ragazze che conosco! Non voglio finirci in mezzo quando le lasci, spezzandogli il cuore! -
- Ma guarda che io non ho mai lasciato nessuna. - Mi risponde lui, sapendo benissimo che io so qual è la ragione.
- Non farmi arrabbiare e eclissati! Laura è già scappata via? Ti ha inquadrato subito, eh? -
- Veramente è in bagno. Comunque me ne vado, non voglio rubarvi del tempo prezioso! - dice sorridendo e facendomi l'occhiolino 
Prima di allontanarsi, aggiunge - Lorenzo, è stato un piacere. Cho, ci vediamo a prove! -
 
- Che tipo! - Commenta Lorenzo, dopo che abbiamo salutato Luca.
- Non me ne parlare! Piuttosto, sai dirmi che ore sono? -
- Le 18.15. - 
- Oddio è così tardi? - Esclamo iniziando a raccattare i miei averi
- Hai un impegno? -
- Devo passare a prendere mio fratello ad allenamento tra 15 minuti! -
- Andiamo allora, ti accompagno. –
 
Grazie all'utilizzo della sua macchina, raggiungiamo il palazzetto in 10 minuti, anziché i 20 che ci avrei messo a piedi.
Scendiamo entrambi dall'auto e vi ci appoggiamo sopra, vicini.
- È stato un bel pomeriggio, Eleonora. - esordisce lui
- Anche per me, Lorenzo - gli rispondo sorridendo, poi mi allontano dall'auto e mi posiziono davanti a lui. - Però io sono ancora in attesa! Alla fine chi è il poco coraggioso? - gli chiedo incrociando le braccia e scuotendo il capo.
In un istante mi ritrovo tra le sue braccia, con una mossa fulminea mi ha preso per la vita e attirato a sé.
- Aspettavo il momento adatto - mi sussurra, con il viso a pochi centimetri dal mio.
 
- Sis?! - 
Chiudo gli occhi, sospirando. Ma proprio ora doveva arrivare Fabrizio?
Se il fatto che io lo chiamo “Ci” è un mistero, nessuno ha mai capito perché da piccolo mi chiamava “Sis”. Crescendo abbiamo ipotizzato fosse perché mi piaceva un sacco la principessa Sissi, ma anche in questo caso, ormai è un soprannome assodato.
Io e Lorenzo ci allontaniamo, entrambi con lo sguardo dispiaciuto.
- Ci riproviamo domani? - gli chiedo in un sussurro
- Affare fatto - mi risponde lui, salendo in auto.
 
Io mi giro e prendo per mano mio fratello e ci avviamo a piedi verso casa.
Oddio, stava forse per baciarmi??
 
 

 
 
Martedì 8 Marzo
Oggi è la festa della donna.
È nata per ricordare sia le conquiste sociali, politiche ed economiche delle donne, sia le discriminazioni e le violenze di cui sono ancora oggetto in molte parti del mondo; e il simbolo scelto è la mimosa.
Ricevere dagli uomini un piccolo rametto di mimose in questo giorno, è un modo per proseguire il cammino verso l'uguaglianza tra i due sessi. 
Ma figuriamoci se i nostri compagni di classe si organizzino per fare una colletta e farci trovare un rametto a testa sul banco! Non si sono degnati nemmeno di farci gli auguri.
Non sono arrivati mazzi/rametti nemmeno da Lorenzo, che però ha per lo meno fatto gli auguri generali a tutte noi. In separata sede, lontano da occhi indiscreti, è riuscito anche a farmeli personalmente con due bacini, uno per guancia.
 
 

 
 
All'uscita di scuola, io e Valeria commentiamo ad alta voce il fatto che le ragazze delle altre sezioni hanno tutte (TUTTE!) un ramettino, seppur microscopico, di mimose, dono dei loro compagni. Ma i ragazzi della nostra classe fanno finta di non sentire, e cambiano argomento. Sconsolate, scuotiamo la testa, guardandoli male.
Smetto solo all'arrivo di un messaggio.
 
Per oggi passo a prenderti alle 16? Alle 18 però devo scappare perché ho allenamento!
 
Sorrido al pensare di passare un altro pomeriggio con Lorenzo, sperando che stavolta sia senza interruzioni.
 
- Chi è il tuo spasimante? – la domanda di Valeria mi riporta sulla Terra.
Il più angelicamente possibile, le dico nuovamente che non so di cosa stia parlando.
- Non mi incanti, sai? Secondo me, siete carinissimi insieme –
Arrossisco fin la punta delle orecchie e borbotto parole sconnesse e imbarazzate.
 
 

 
 
Alle 16, arrivate con lentezza disarmante, sono fremente in attesa di Lorenzo.
Non vedo l'ora che arrivi, ma temo che la cosa finisca in niente, proprio come ieri.
Ma oggi ho intenzione di proporgli una passeggiata, magari in questo modo abbiamo più possibilità di non incontrare nessuno.
 
- Ciao Ele! - il ragazzo mi è arrivato alle spalle. Mi volto verso di lui, che mi consegna un mazzo di mimose con un timido - per te -
Mi illumino. Sinceramente, non pensavo che me le avrebbe portate. Quindi non posso far altro che sprizzare gioia da tutte le parti. Lo ringrazio, raggiante.
– E di cosa? Per te, questo e altro. Te le avrei portate questa mattina, ma non mi è sembrato il caso. Sarebbe stato troppo evidente, visto che le avrei portate solo a te. –
 
Adesso mi sciolgo!
Ci incamminiamo, vicini, verso il lungo fiume.
Una volta il terrapieno ai lati del fiume che attraversa la città era fatto di semplice terra. Da un paio d'anni lo hanno cementato tutto, per allontanare il rischio di straripamenti. Ultimamente hanno reso un po' più verde l'area, piantando alberi e panchine, rendendolo un ottimo posto per una passeggiata romantica.
 
 
...
 
 
Anche oggi il tempo trascorso assieme è piacevole, abbiamo chiacchierato a lungo ed infine ci siamo seduti su una panchina.
Ora però, questi silenzi sono imbarazzanti e assordanti. Vorrei riempirli con qualcosa, ma ho davvero finito tutti gli argomenti disponibili.
Così, piglio l'iniziativa e, dopo un respiro profondo, prendo il suo braccio e me lo passo dietro la testa, in modo che si appoggi alle mie spalle. Infilo il mio braccio tra lui e lo schienale e mi avvicino a lui.
Più di così non posso fare.
Però, un passo avanti rispetto a ieri c'è stato, no?
Lui mi stringe un po' più e appoggia la sua testa sulla mia. Restiamo così per un po' e la cosa non mi dispiace affatto.
Resterei così per sempre. Sento il suo cuore, sotto il mio orecchio, battere forte, quasi quanto il mio.
 
Dopo un sospiro, lui prende la parola, e con fare timido mi dice – Io… vorrei fare una cosa, ma...ecco, non so se… –
La mia mente vorrebbe urlare "fallo, per tutti i santi, FALLO!!"
Ma mi esce solo un timido e sussurrato – Prova! –
 
Si sposta piano, voltandosi completamente verso di me e facendomi fare altrettanto. Con una mano appoggiata alla mia nuca e l'altra che cerca la mia, si avvicina e mi dà un tenero bacio sulle labbra.
Ci separiamo, restando comunque con le bocche a pochi centimetri di distanza.
Sono al settimo cielo, e per dimostrarlo gli allaccio le braccia al collo, baciandolo io.
E questa volta, approfondiamo, in un bacio più lungo e quasi urgente.
 
- Era questa la tua reazione, quindi. - Non lo domando, la mia è un'affermazione.
Glielo dico mentre siamo ancora abbracciati e ci guardiamo negli occhi per la prima volta, dopo i due baci.
- Già - mi sussurra lui di rimando - Volevo che fossimo soli... sai, nel caso in cui dopo mi arrivasse uno schiaffo, volevo evitare che ci fossero troppi testimoni. -
 
 

 
 
Sono a casa. E sono tutta amore e cuoricini.
Dopo i nostri primi baci, il pomeriggio è volato, e in un lampo erano già le 18.
Da una parte vorrei condividere con il mondo la mia felicità; dall'altra, il tenerlo per me, lo rende il mio dolce segreto. E lo fa sembrare ancora più bello.
Riflettevo però sul futuro.
Adesso che si fa? Non ne abbiamo parlato. In effetti non abbiamo proprio parlato, dopo la "reazione". 
E quindi ora, stiamo insieme? 
Oppure no?
 
 

 
 
Mercoledì 9 Marzo
Oggi è il suo compleanno! Ieri notte ho fatto di tutto per restare sveglia, in modo che a mezzanotte e un minuto gli avrei mandato un messaggio, e sarei stata la prima a fargli gli auguri. 
È infantile, lo so. Ma la cosa non mi interessa. 
Nonostante tutta la mia buona volontà, mi sono addormentata con il telefono in mano, il messaggio già pronto, dovevo solo premere invio. 
Stamattina, appena suonata la sveglia mi sono data dell'idiota.
La "dolce fatica" che avevo fatto per trovare le parole migliori, cercando di evitare un banale "buon compleanno", sarebbe stata tempo sprecato, così l’ho mandato lo stesso.
Anche fargli gli auguri dal vivo non è stato facile.
Essendo stato rappresentante d'istituto due anni fa, è conosciuto da praticamente tutta la scuola. Quindi ho dovuto pazientemente aspettare il mio turno, limitandomi ad una sobria e innocente stretta di mano.
È stata una tortura, morivo dalla voglia di abbracciarlo.
In realtà, tuttora sono completamente disinteressata a ciò che mi circonda, e guardo la lavagna con un’espressione ebete.
A titolo informativo, ricordo che, sulla traiettoria per guardare la lavagna, c'è proprio Lorenzo.
Così, se fosse sfuggito…
 
 
...
 
 
Sono finalmente riuscita a parlargli solo a ricreazione quando, guardandoci in giro con aria circospetta per verificare non ci fosse nessuno, gli ho dato un velocissimo bacio sulla guancia.
Tempismo perfetto, perché se ci fossi stata anche due secondi più, ci avrebbero beccato con le mani nel sacco Greta e Paolo.
Messi alle strette, lui se ne esce con un - Grazie del messaggio. -
- Prego - gli rispondo io e, a voce più bassa e con una punta di malizia, aggiungo - Ma a quale ti riferisci? -
 
 
...
 
 
Durante le lezioni continuiamo a scriverci.
Mi vibra talmente tanto il cellulare che la mia compagna di banco inizia a innervosirsi. Dopotutto lei vorrebbe solo dormire in pace, ma se io le faccio tremare il banco in continuazione, finirà che mi requisisce il telefono!
Ci mettiamo d'accordo di uscire di nuovo domani, perché oggi andrà a far visita ai suoi nonni, come ogni anno il giorno del suo compleanno. 
Faccio giusto in tempo a rispondergli "ok" all'appuntamento, che mi arriva un messaggio di Greta.
 
Ehi, domani pomeriggio andiamo a comprare il regalo a Lorenzo? Non vorrei ritrovarmi a fare le corse sabato prima della festa!
 
Accidenti! E ora che mi invento? Sono già due giorni che sto tirando fuori scuse per rifiutare le sue proposte di uscire. Pensa, veloce, pensa!
Niente, sono una tabula rasa.
L'unica cosa che mi è venuta in mente è di proporle di uscire oggi, sperando che accetti. 
Che fortuna sfacciata! Mi ha detto che va bene, sono salva.
Almeno fino a domani…
 
 

 
 
È l'ultima ora della giornata, compito di storia.
Niente di troppo impegnativo: come sempre la professoressa Vettori ci ha dato le stesse identiche domande che ha dato all'altra sezione. Ci è quindi bastato farci passare la traccia e prepararci le risposte giuste. 
La mia tattica consiste nell'avere un foglio protocollo "di brutta" preparato a casa con le risposte. Passo una mezzora a scribacchiare sul foglio protocollo bianco, nell'eventualità che la prof giri tra i banchi.
Poi aspetto il momento giusto per sostituire il foglio protocollo preparato a casa con quello pieno di scarabocchi, prendo un foglio protocollo nuovo e inizio a ricopiare in bella le risposte.
È un po' dispendioso in termini di carta ed inchiostro, ma il risultato è garantito.
Non so che tecnica usino gli altri, comunque vedo Lorenzo alzarsi e consegnare. Prima di uscire mi lancia un'occhiata d'intesa.
Io aspetto un momento: corrergli dietro sarebbe un tantino evidente. 
Quando penso di aver aspettato abbastanza per non destare sospetti, consegno anche io ed esco.
E lui è lì, appoggiato al muro, che mi regala un sorriso luminoso.
Ci dirigiamo verso i bagni, in fondo ai corridoi, parlottando del compito appena terminato.
 
Faccio appena in tempo a notare che l'ultima classe sulla sinistra è deserta, che mi ci ritrovo dentro, intrappolata tra la cattedra e Lorenzo. Dopo un bacio che sa di impazienza, mi sussurra – è un miracolo che sia riuscito a stare sei ore senza poterti baciare! –
- A chi lo dici - gli rispondi io, e sottolineo il concetto con un nuovo bacio.
 
DRIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIN!
 
Dannata campanella!
Non passano nemmeno due secondi, che tutti gli studenti si riversano nel corridoio. È il caso di togliersi di qui il prima possibile.
Mi avvio verso la porta, meglio mischiarsi alla calca, abbiamo più probabilità che nessuno noti uscire da una classe vuota un ragazzo e una ragazza.
Ma lui mi trattiene per un braccio, per darmi un ultimo bacio a fior di labbra.
Gli rispondo con un - Buon compleanno! - e ci sorridiamo, uscendo nel corridoio con nonchalance.
Nessuno fa caso a noi, tutti corrono verso le corriere, e va benissimo così.
 
 

 
 
Con me ed Greta è uscita anche Valentina.
Di ritorno dalla gita ho legato molto di più con lei. Nonostante fossimo nella stessa classe dalle medie, non avevamo mai passato del tempo insieme, al di fuori delle ore scolastiche.
Questo, come ho recentemente scoperto, perché lei è molto timida ed introversa e fa fatica a fare amicizie.
Cercando di inglobarla nelle chiacchiere mie e di Greta, abbiamo trovato e acquistato il regalo per Lorenzo.
In realtà non so se è il caso che gliene prenda uno per conto mio. Ma, al di là che le due ragazze mi chiederebbero la motivazione per la quale non metto la mia quota, io e lui non ne abbiamo ancora parlato. 
Si insomma, non è chiaro se stiamo assieme oppure no. Quindi perché dovrei fargli un regalo separato? 
Oddio, dobbiamo mettere in chiaro le cose al più presto! 
Questo limbo mi uccide.

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Capitolo 12
*** Capitolo 11: Chiarimenti e dichiarazioni ***


Capitolo 11: Chiarimenti e dichiarazioni

 
Avviso: scene leggermente erotiche verso la fine del capitolo, che ci saranno da questo capitolo in poi.
 
Giovedì 10 marzo
Come da accordi, siamo usciti anche oggi.
Mi è venuto di nuovo a prendere sotto casa, e dopo qualche passo mi ha preso per mano.
È una sensazione bellissima.
Oggi però, ho deciso che bisogna mettere in chiaro come stanno le cose.
Dopotutto, lui non vuole relazioni tra compagni, eppure mi ha proposto una sfida al solo fine di baciarmi.
Quindi gli piaccio, e credo sia inutile ribadire che anche a me lui piace.
Il tempo passato insieme finora è stato molto gradevole. Direi che tutte le premesse per iniziare ad essere una coppia ci siano, no?
Sono giorni che mi arrovello su questo.
Non ne ho ancora parlato a nessuno, scaramanzia forse? Non saprei, forse è semplicemente paura.
 
- Ele va tutto bene? -
La sua domanda mi riporta sulla Terra. Devo essermi persa nei miei rimuginamenti.
Bene, è arrivato il momento. Forza e coraggio.
- Lore - comincio - cosa siamo noi due? -
- Un ragazzo e una ragazza? - risponde lui. 
Mi innervosisco, io cerco di fare un discorso serio e lui se esce così?
Sto per rispondergli male, quando mi volto a guardarlo e vedo la sua aria confusa. Temo non abbia capito cosa intendevo.
- No, cioè si, ok. Siamo un ragazzo e una ragazza. Ma questi due stanno assieme? Sono solo amici? O cosa? -
- Oh - 
Mmm, risposta eloquente. 
Davvero queste paranoie me le sono fatte solo io?
- Tu credi che siamo solo amici? - mi chiede
Ma che diamine! Non si risponde a una domanda con un'altra domanda!
Decido di rispondergli lo stesso, ho già capito.
Con lui se non faccio io la prima mossa stiamo freschi.
- Io di certo non vado in giro a baciare i miei amici. Quindi no, per me non siamo solo amici. Ma io avevo chiesto a TE cosa siamo. -
- Nemmeno io vado in giro a baciare le mie amiche. Anche per me noi due non siamo semplici amici, ma non credevo fosse necessario dirlo a parole. -
- Dunque? -
- Dunque cosa? Al momento direi che ci stiamo frequentando, no? -
 
Frequentando. Beh, cosa potevo pretendere?
Mi ha detto lui che ha sempre e solo frequentato le ragazze, senza "regolarizzare" la cosa. Avrei dovuto immaginarlo. 
Rimango in silenzio per un po', ora che la sua risposta non è quella che avrei voluto sentire, voglio solo tornare a casa.
 
- Sai, Greta me l'aveva detto. - inizio con tono rattristato - Mi ha riferito quello che pensi sulle relazioni tra compagni di classe, ma speravo che avessi cambiato idea. -
- Infatti, ho cambiato idea. -
- Ma... - comincio
- Fammi finire! - mi interrompe lui, prendendomi il volto tra le mani. - Eleonora, avevo intenzione di chiederti di diventare la mia ragazza sabato sera, alla festa. Se te lo chiedessi ora, cosa mi risponderesti? -
- Ti chiederei che data teniamo. -
- Certo che hai proprio fretta di regolarizzare il tutto e farlo sapere al mondo intero! - dice con una risata, ancora nella stessa posizione.
- Perché tu no? - Gli chiedo, allontanandomi da lui
- Dove scappi? - mi chiede, riavvicinandosi - Per risponderti, comunque, volevo aspettare il momento più opportuno. Nel frattempo non mi pareva una tragedia frequentarci. E non lo intendo come lo sono state le mie storie precedenti, ma come un primo passo -
- Non mi piace frequentare i ragazzi, in attesa dell'ipotetico passo successivo. -
- Ma se mi hai detto che uno lo hai solo frequentato! -
- Appunto! - Gli rispondo, voltandomi dall'altra parte.
- 8 marzo. -
- Come? -
- Ho detto 8 marzo. È il giorno in cui finalmente sono riuscito a baciarti. - Mi dice abbracciandomi - Va bene? -
- Benissimo - gli dico sorridendo e poi baciandolo.
- Perfetto, ora che sei la mia ragazza, sappi che sono gelosissimo. Se anche solo ti guarda, quel Francesco, gli spezzo le gambe! -
Scoppio a ridere e mi stringo a lui.
 
 
...
 
 
- Davvero non lo hai ancora raccontato alle tue amiche? Pensavo che glielo avessi già detto in realtà. - mi chiede, sulla strada verso casa.
- No, non l'ho raccontato a nessuno. Volevo prima essere sicura che ci fosse qualcosa da raccontare. Tu, lo hai detto a qualcuno? -
- No, ma io sono un uomo. -
- E che vuol dire? Scemo! Comunque, non so se glielo dirò ancora... -
- Cosa? - Mi chiede lui interrompendomi e bloccandosi.
- Si, ecco... magari glielo dico tra un po'! -
- E no, mia cara! Sei la mia ragazza. Non ho intenzione di far finta di niente sabato alla mia festa, come mi sto costringendo a fare a scuola! - Quasi urla, poi sussurrando aggiunge - Volevo approfittarne per presentarti i miei amici e a mio fratello. -
- Allora domani lo racconterò a Valeria, Ambra e Greta. Vale credo che già sospetti qualcosa, per quanto riguarda Greta non so come la prenderà. -
- Perché? - 
- Non so, ho questa sensazione. - 
- Andrà tutto bene, vedrai. - Mi dice abbracciandomi e baciandomi la fronte.
 
 
...
 
 
Venerdì 11 marzo
Ed eccoci qui. La prima a cui volevo dirlo era proprio Greta, nonostante fosse la più problematica. Anzi proprio per quello. 
Ma a ricreazione non ce l'ho fatta. Ho avuto paura. Di cosa, sinceramente, non so.
Lorenzo, alla ripresa delle lezioni mi ha guardato facendomi il pollice alzato, io sconsolata ho scosso la testa. Le sue labbra hanno mimato un "coraggio".
Sono in ansia. Glielo devo dire. E devo farlo di persona.
Mi risolverei tutto mandando un messaggio, ma non lo trovo corretto. 
Un messaggio avrei potuto mandarlo anche ieri.
 
Mi faccio forza, prendo un foglietto di carta, ci scrivo sopra e lo passo a Ambra.
Io e Lorenzo ci siamo messi assieme. 
Semplice e conciso, come lei.
Lei non si scompone. Gira il foglietto, scrive qualcosa sul retro e me lo ripassa. 
Ce ne avete messo di tempo! Pensavo steste assieme già da settimane.
La guardo sorridente e lei mi fa l'occhiolino.
Mi sento un po' meglio ora. Più determinata.
Andrà tutto bene, come ha detto Lorenzo.
 
Come suona la campanella mi fiondo da Greta - Devo dirti una cosa. -
Lei mi guarda con aria interrogativa, poi sgrana gli occhi - Non dirmi che tu e Lorenzo... -
- Si - la interrompo io, con un sorriso a 32 denti.
Per fortuna lo ha detto lei, credo che mi sarei bloccata. 
Ma il mio sollievo è di breve durata, perché lei prende la cartella e se ne sfreccia via, guardandomi quasi con astio.
Io rimango a guardare la porta a bocca aperta.
 
- Che è successo? Di cosa parlavate? - mi chiede Valeria avvicinandosi
- Le ho detto che io e Lore stiamo insieme. -
- Finalmente! - mi dice lei prendendomi le mani e sorridendomi - Sono proprio contenta! -
- Ma era così evidente? - le chiedo
- Cristallino! - 
- Non capisco perché è scappata così. -
- Non saprei. – mi risponde guardando verso la porta.
 
 
...
 
 
In corriera, dopo aver raccontato a Valeria gli avvenimenti salienti delle ultime settimane (glissando sul discorso sfida), prendo il telefono e scrivo a Greta chiedendole il perché sia scappata così.
Il suo messaggio di risposta è lapidario: da quando?
Dall'8, ma lo abbiamo deciso ieri
Perché non me l'hai detto?
Perché ne abbiamo parlato ieri e ci siamo messi insieme. Volevo chiarire prima con lui e poi dirvelo.
E perchè l'8? Potevi scrivermelo.
Perchè l'8 ci siamo baciati. Volevo dirvelo di persona e non via sms.
Beh, il 9 avresti potuto dirmelo di persona a scuola, no? E invece mi hai sbolognato mille scuse per non uscire con me in questi giorni. Per tenermi tutto nascosto!
 
Ma che sta dicendo? Chiedo aiuto a Valeria, chiedendole che ne pensa e cosa dovrei risponderle. 
- Non riesco a capire perché se la prenda tanto. - le dico
- Non so Ele. A pensarci quando io e Ambra scommettevamo su quanto tempo sarebbe passato prima che vi metteste insieme... -
- Ehi! - la interrompo io - Addirittura ci avete scommesso! -
Lei ride - Proprio così! Comunque - continua - lei non dava mai la sua opinione. Solo una volta ha detto che secondo lei, invece, non sarebbe successo nulla. -
- Credi che a lei piacesse Lorenzo? - chiedo.
È un dubbio che ho già da un po'.
- Non so proprio. -
 
Non era mia intenzione tenerti all’oscuro. Oggi l'ho detto a tutte e 3. Ho voluto prima chiarire con lui SE ci fosse qualcosa da dire.
 
Mi spiace davvero litigare con Greta. E volevo evitare messaggiate simili, parlandone di persona.
Ma alla fine è anche colpa mia: effettivamente ho tenuto tutto nascosto. Ma io sono fatta così, non sbandiero le cose ai quattro venti.
Poi cosa avrei dovuto raccontare? Che mi ha chiesto di toccargli il culo? Sai che imbarazzo!
Non l'ho detto nemmeno a Valeria prima, che in effetti mi ha visto nel preciso momento in cui l’ho fatto. 
Voglio dire, sono comunque cose mie, no? Sono dettagli miei e di Lorenzo.
Avrei potuto dirle del bacio il 9 mattina, ma poi?
Mi avrebbe inondato di domande. Le stesse che mi sono fatta io per due giorni.
Già ero in ansia per i fatti miei, figurarsi se oltre alla mia coscienza a tartassarmi ci fosse stata anche lei.
E comunque, serve prendersela così?
Che le piaccia davvero Lorenzo?
Basta, domani gli chiedo cosa è successo in gita tra loro due!
 
 
...
 
 
Sabato 12 marzo
Greta stamattina a scuola è venuta a scusarsi. Ha detto che era nervosa per altro e la mia dichiarazione l'ha spiazzata. Anche perché, quando ne avevamo parlato a casa sua, le avevo detto che non c'era e non ci sarebbe stato nulla e si è sentita presa in giro.
Mi sono scusata anche io, le ho detto che quella volta era effettivamente così. Non le ho mentito, perché in quel momento non vedevo un futuro per la nostra relazione. Soprattutto dopo che lei mi aveva raccontato del discorso "fidanzati e compagni di classe".
La cosa che è nata dopo, non la sapevo definire con chiarezza nemmeno io, quindi non sapevo come esternarla ad altri.
Sono contenta che ci siamo chiarite, nonostante mi sia rimasto un piccolo dubbio sulla faccenda, che subito relego in un angolino dimenticato del mio cervello.
 
 
...
 
 
È mezz'ora che fisso l'armadio disperata. Ho addosso solo le mutande, e quasi tutti i miei vestiti sono sul letto.
Non so che mettere!
Vorrei vestirmi carina e femminile, cosa che raramente faccio a scuola, ma non voglio nemmeno essere banale o estraniarmi dal mio vero io. Lorenzo mi ha detto che vuole presentarmi a suo fratello e ai suoi amici, quindi vorrei fare bella figura.
Guardo di nuovo i capi sparsi sul letto e appesi in armadio, completamente indecisa.
Mi viene da piangere!
 
In quel mentre passa mia madre davanti alla porta di camera mia.
- Eleonora! - esclama - ma ti pare il caso di stare così con la porta aperta? -
Bah, siamo da sole in casa, Fabrizio è da un suo amico, e papà è in viaggio per lavoro, chi dovrebbe vedermi?
- Mamma!! Non so cosa mettermi!!!! - dico con tono piagnucoloso
- Con tutti i tuoi vestiti non sai che mettere? - mi risponde lei entrando in camera e guardandosi attorno
- Ma non mi sta bene niente! -
- Finiscila! Questa maglia è carina, magari con quella gonna. -
- Non mi piace. -
- Allora... mmm... quella lì? - dice prendendo in mano una gonna nera - magari con una camicetta bianca. -
- Si, così mi scambiano per la cameriera! -
- Santa pazienza! - la sento borbottare.
Restiamo in silenzio per un po' continuando a guardare i miei vestiti, come se dal nulla potesse comparire quello che cerco.
- Ci sono! - esclama lei - Perché non metti quel vestito azzurro che abbiamo comprato lo scorso autunno? -
Ma di che parla?
- Come al solito non ti ricordi nemmeno cos'hai nell'armadio! - mi dice, dopo aver visto la mia faccia confusa.
Inizia a frugare nell'armadio e, nascosto in un angolo dietro altri vestiti, tira fuori un vestito verde acqua, che io ovviamente mi ero dimenticata di possedere: ha ancora il cartellino con il prezzo sopra.
- Chissà se mi sta - le dico prendendoglielo dalle mani.
 
È un vestito stretto sul seno, che lascia buona parte della schiena scoperta e si allaccia dietro il collo. Da sotto la fascia del seno, la gonna si apre ampia e termina a metà coscia.
Lo provo e devo dire che mi sta proprio bene.
- Stai proprio bene! - dice mia madre facendo eco al mio pensiero.
- Si - le rispondo - però che reggiseno ci metto sotto? Mi si vedrebbe la fascia sulla schiena. -
- Secondo me puoi andare così. Il vestito qui sopra è stretto e non si nota che non hai il reggiseno. -
- Ok, mi fido. – meno male che papà non c’è, dubito mi avrebbe fato uscire così - Che ne dici della giacca nera sopra? -
- Trovi sempre il modo di ficcare il nero ovunque. -
- Ma mamma! È un colore neutro! E poi abbino la giacca a scarpe e borsa, no? -
- E va bene. Ma dove si fa questa festa? Sicura che non avrai freddo? -
- No no tranquilla, è una festa in casa. -
- Stai attenta e non fare tardi. -
- Si padrona! - le rispondo io sghignazzando, mentre frugo tra i trucchi per trovare quello che mi serve.
Lei scuote la testa e si avvia verso la porta, non prima di avermi intimato di rimettere a posto tutti i vestiti sparsi in giro per la stanza.
- Mamma? - la richiamo quando è quasi uscita. Lei si volta e io le sorrido - Grazie mille. -
Sorride anche lei - Se non ci fosse la mamma, eh? -
- Sarebbe un guaio! - le rispondo ed entrambe ridiamo, mentre io la vado ad abbracciare forte.
 
Non vedo l'ora di vedere Lorenzo, e dall'altra parte sono nervosa al pensiero di conoscere suo fratello. 
Purtroppo loro due sono spesso da soli, loro padre (come il mio) è di frequente in trasferta per lavoro, mentre la madre è proprietaria di un negozio in città e quindi resta fuori casa tutto il giorno, partendo presto al mattino e tornando tardi la sera.
 
 
...
 
 
Trucco e parrucco terminato. Ho deciso di non raccogliere i capelli, in modo che una volta tolta la giacca, questi coprano un po’ la scollatura sulla schiena.
Oggi mi passa a prendere Valeria, poi passiamo da Greta ed infine, finalmente, giungeremo alla festa.
Arriviamo tra gli ultimi, ma per una volta io ero puntuale (se non in anticipo) e la colpa del ritardo è di Greta.
Dopo aver fatto il nostro ingresso in sala, Lorenzo si avvicina e mi bacia davanti a un sacco di persone per me sconosciute.
Partono le urla e gli incitamenti da parte degli invitati appena ci stacchiamo, e lui inizia a ricevere pacche e battutine dai suoi amici.
Io invece vengo presa in braccio da Enrico, che urla - Allora sei tu la ragazza misteriosa! - facendomi volteggiare.
- Giù le mani dalla mia ragazza - interviene Lorenzo con un sorriso
- Potevi dirmi che era lei, invece di raccontar frottole! - Gli risponde Enrico riappoggiandomi a terra.
Io inizio a ridere, come se fossi ubriaca.
E mi sento un po' smarrita in mezzo a tutti questi sconosciuti che iniziano a stringermi la mano, presentarsi e dire cose tipo "non sai in che guaio ti sei messa", "Lorenzo è un ragazzo d'oro" e cose così.
Addirittura un ragazzo mi ha detto "mollalo e mettiti con me".
Ma che amici ha Lorenzo?
 
 
...
 
 
La serata prosegue tranquilla, anche se, a parte il saluto iniziale, non vedo Lorenzo da un po'.
La sua casa è davvero grande ed accogliente, l’ideale per fare delle feste, in effetti. Fa un gran caldo e quasi subito la giacca è andata a far compagnia al cappotto.
Mi addentro tra le stanze alla ricerca del bagno, quando qualcuno mi prende per la vita.
- Dove vai così poco vestita? - mi soffia nell'orecchio Lorenzo
- Alla tua festa di compleanno - gli rispondo sciogliendo l'abbraccio e facendogli la linguaccia.
- Wow - continua lui ri-abbracciandomi e facendo scivolare le braccia sulla mia schiena nuda - così sexy per me? - 
- E per chi altri? - gli rispondo sussurrando prima di baciarlo.
- Cercatevi una camera! - ci urlano alcuni suoi amici ridendo. 
 
Lorenzo li manda a quel paese, e continuando a stringermi a lui mi sospinge effettivamente in una camera.
Non ho tempo di guardarmi in torno per capire se è camera sua, perché ci stiamo baciando con foga.
Le sue mani scorrono dalla mia schiena nuda verso i miei seni, che sfiora solo con il pollice di entrambe le mani.
- ma sei senza reggiseno? – mi sussurra con voce roca ad un millimetro dalle mie labbra.
Sposta il suo sguardo verso il basso e ne accarezza uno con l’intera mano, poi torna a guardarmi e incatena i miei occhi ai suoi, mentre infila un dito ad uncino sotto la stoffa del vestito, in una muta richiesta di permesso a poterlo scoprire.
Sono eccitata come raramente lo sono stata.
Non dico o faccio niente e lui scosta piano il vestito, scoprendo il capezzolo. Esce un gemito sia a lui che a me quando lo stuzzica con un dito.
Mi rendo conto di aver buttato il petto in fuori, come a volerglielo avvicinare di più.
E lui si avvicina, con le labbra, baciandolo, succhiandolo e mordendolo piano.
Affondo le mani sulla sua nuca, spingendomelo contro e rovesciando la testa all’indietro.
È… è elettrizzante.
Nelle mie scarsissime esperienze con l’altro sesso, non avevo mai fatto questo.
- Lorenzo – soffio a mezza voce, e lui alza gli occhi verso i miei, rimanendo con la bocca ad un centimetro dal mio capezzolo.
L’aria calda del suo respiro mi solletica e fa partire un brivido dalla base del collo fino al fondo della schiena.
- l’altra è gelosa – mormoro in un tono che non saprei definire, né so come mi sia uscito.
Lui sogghigna e si sposta sull’altro seno, concedendogli lo stesso trattamento.
- credo siano pari, ora – sussurra allontanandosi per rialzarsi e restando un attimo ad osservarmi, prima di riavvicinarsi e baciarmi le labbra.
Mi stringo a lui e forte sento il suo amico premermi sulla pancia.
 
La cosa mi blocca.
Beh, era abbastanza chiaro che sarebbe successo, dopotutto come sono eccitata io senz’altro lo doveva essere anche lui.
Però io… non sono pronta ad andare… oltre.
Non ne abbiamo mai parlato. O meglio, lui sa che sono vergine e io immagino che le sue due frequentazioni non si siano limitate ai baci. Ma non ho idea se oltre con quella Mary abbia fatto sesso anche con una, o entrambe, queste due.
E lui non ha idea che qualcosa oltre ai baci ho avuto modo di farlo anche io.
Devo essermi irrigidita, perché lui mi scosta piano e risistema la stoffa del mio vestito, coprendo nuovamente il mio seno.
- Credo sia il caso che tu ti rimetta la giacca. Sei una tentazione troppo forte, così –
Mi guarda dritto negli occhi, e io posso vedere sia la luce dell’eccitazione sia la determinazione che colora le sue successive parole.
- non voglio spingerti a fare nulla che non voglia fare anche tu –
Mi sorride e io sorrido di rimando.
- meglio tornare, allora – Sussurro io e mi incammino verso la porta, da cui esco senza aspettarlo.
 
 

 
 
Sono andata a rinfrescarmi in bagno e quando esco quasi corro a rimettermi la giacca addosso, notando come i miei capezzoli turgidi sembrino voler bucare la stoffa del vestito.
Perché diavolo ho ascoltato mia madre quando mi ha detto di venire senza reggiseno?
Almeno quello nasconderebbe la cosa.
Beh, poco male. Ora ho la giacca e va tutto alla grande.
Più o meno, mi sento ancora scombussolata e fremente.
Con una rapida occhiata vedo che Lorenzo non c’è nella sala, e raggiungo le mie amiche, sperando che nessuno chieda nulla.
- ce ne hai messo di tempo! – esclama Greta
- c’erano due chiusi in bagno – mento io, simulando che la cosa mi abbia contrariata
- e non eravate tu e Lorenzo? – mi chiede Valeria
Avvampo e scatto subito – ma ti pare? –
Inizio a sudare freddo e per nascondere il mio stato d’animo inizio a giocare con un orecchino.
- e poi è troppo presto – sussurro arrossendo.
Valeria mi posa una mano sul braccio e lo stringe piano, e io alzo lo sguardo sul suo.
- ti prendevo solo in giro. Ti conosco. – mi dice sorridendo, e io finalmente smetto di essere imbarazzata.
Anche se un po’ di senso di colpa mi rimane addosso, perché non è propriamente vero che lei mi conosce fino in fondo.
Non in questo campo.
 
 

 
 
- Ele? –
Mi volto verso la voce di Lorenzo, che è dietro di me assieme ad un altro ragazzo praticamente uguale a lui, se non fosse per il taglio di capelli e perché è più vecchio.
Mi presenta suo fratello, che dopo un brevissimo, cordiale e distaccato scambio di parole, se ne va.
- non offenderti: Leonardo non è uno di molte parole –
Mi sussurra Lorenzo un po’ impacciato e io gli rispondo con un sorriso luminoso.
Non riesco a dirgli nulla, perché Enrico attira l’attenzione di tutti urlando – momento regali! –
Si accalcano tutti attorno a Lorenzo e io ne approfitto per defilarmi e raggiungere la mia borsetta.
Visto che ora stiamo assieme, questa mattina ho intrecciato un braccialetto fatto con il filo di cotone rosso e nero, i colori della sua squadra.
So che non ha nessunissimo valore, ma mi è sembrata la cosa più sensata da fare.
Ho messo la mia quota nel regalo con gli altri e quindi spendere altri soldi non potevo. Anche se immagino che se avessi chiesto a mia madre me li avrebbe dati volentieri.
D’altra parte limitarmi a partecipare ad un regalo comune non mi pareva sufficiente, considerato che non sono più una semplice compagna di classe.
Nascondo il mio pacchettino, che grazie al cielo è piccolo, nella microscopica tasca della giacca nera e torno in mezzo agli altri a guardare divertita Lorenzo che apre i suoi regali.
 
 

 
 
Sono accanto ad Enrico, che mi sta raccontando di come avesse intuito che ci fosse una ragazza, e nello specifico io, dietro al massaggiare continuo di Lorenzo e ai suoi strani impegni di quella settimana, quando qualcuno mi cade addosso sulle spalle.
Questo qualcuno si rivela essere il festeggiato, che ora sta sbraitando contro Michael che lo ha spinto e che continua a ridere.
- invece di guardarmi così, dovresti passare un po’ di tempo con la tua ragazza! – ribatte Michael, incurante dello sguardo omicida di Lorenzo.
Io arrossisco un po’ ma mi passa subito. Dopotutto è vero che stiamo assieme.
 
- ti ho fatto male? – mi chiede, sospingendomi verso la porta che dà al giardino.
- no, tranquillo – gli rispondo sorridendo.
Mi frugo nella tasca e gli porgo il mio pacchettino.
- cos’è? – mi chiede perplesso
- un ombrello – ribatto io – anzi no, un paio di scarpe! –
- spiritosa – borbotta lui, ma gli sorridono anche gli occhi, mentre scarta il regalo.
- l’ho fatto io – gli dico togliendoglielo dalle mani – è un braccialetto. –
- ah, pensavo fosse un’astronave – ridacchia lui e io scuoto la testa divertita – avevo capito mi avessi fatto il regalo assieme agli altri – mi dice, allungando verso di me il polso sinistro
Gli lego il braccialetto mentre gli spiego le mie motivazioni.
- non serviva – mi dice scuotendo il braccio per far girare il braccialetto – ma è stato un bellissimo pensiero, grazie –
- ti piace davvero? –
- si che mi piace! Perché dovrei mentire? – mi chiede quasi scandalizzato
- non hai altri braccialetti, collane, orologi o anelli – mormoro un po’ insicura
- nessuno me ne ha regalati di belli come il tuo – mi risponde, cingendomi la vita e attirandomi a sé in un abbraccio.
Appoggio la testa sul suo petto e lo sento prendere un respiro, come se volesse dire qualcosa, ma veniamo interrotti.
 
Valeria ci compare vicino, con il mio cappotto e la mia borsa in mano.
- mi spiace interrompervi, ma la madre di Greta è appena partita da casa, a momenti sarà qui – mi consegna i miei averi e con un sorriso continua – ti aspettiamo dentro, ok? Ciao Lorenzo, grazie per la festa. Ci vediamo a scuola lunedì –
- grazie a voi per il regalo – ribatte lui, guardandola poi andare via.
- mi spiace che te ne devi già andare –
- ci vediamo domani? – gli chiedo io con gli occhi a cuoricino
- domani gioco – mormora lui dispiaciuto – e gioco proprio, dato che il figlio del mister è in gita. -
- peccato –
- e se ti vengo a prendere dopo la partita? Ceniamo qui, così ti presento i miei. –
Provo più emozioni insieme: sono in ansia all’idea di conoscere i suoi genitori, sono felice per la proposta di cenare assieme, ho paura che finirò per cenare con pop corn e nutella, e mi sovviene un’idea.
- dove giochi? –
- nel quartiere qui vicino. Perché? –
- mi spiacerebbe se dovessi fare troppi km, ma se giochi qui non è un problema –
- non lo sarebbe stato comunque – ribatte lui
- a che ora? – chiedo, avviandomi verso il cancello per raggiungere Greta e Valeria
- la partita inizia alle 15.30, quindi finirà intorno alle 17.30. Più il tempo di fare la doccia e la strada, sarò da te non prima delle 18.30/19. Può andare? –
- perfetto – sussurro io, alzandomi sulle punte per salutarlo con un bacio sulle labbra.

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Capitolo 13
*** Capitolo 12: Sorpresa ***


Capitolo 12: Sorpresa

 
Oggi è una bellissima giornata di sole e io voglio fare una sorpresa a Lorenzo.
Ho chiesto a Enrico di spiegarmi dov’è il campo di gioco pregandolo di non dire nulla, e mi presento lì a metà tra il primo ed il secondo tempo.
Sarei arrivata anche prima, ma mio padre è ancora via e mia madre doveva accompagnare Fabrizio alla sua di partita, e quindi ho dovuto ricorrere al trasporto pubblico, che di domenica non è così ben fornito.
Mi sento un po’ troppi occhi addosso, onestamente.
Non che la gente mi stia proprio fissando, ma sugli spalti ci sono si e no 50 persone, quasi tutti uomini e quasi tutti della generazione dei miei o oltre. Il gruppetto di ragazze sotto i 20 anni, sedute tutte assieme a circa metà del campo, ha tutta l’aria di essere di casa lì, considerato che sono munite di cuscino su cui sedersi, felpa e altri gadget con i colori della squadra.
Dunque io sono la novità, e pizzico più di qualcuno ad osservarmi curioso o perplesso.
Mi scelgo un posto defilato e l’ingresso in campo degli atleti distoglie finalmente l’attenzione dalla mia persona.
Lorenzo è tra i primi ad entrare, però è girato dall’altra parte perché sta parlando animatamente con un suo compagno. Dietro di lui, Enrico scruta gli spalti, cercando me, è ovvio.
Quando mi trova, mi sorride e attira l’attenzione di Lorenzo allungando un braccio fino a dargli una pacca.
Per fortuna non ha interrotto il contatto visivo con me, che scuoto energicamente la testa in un “no” terrorizzato.
Anche da questa distanza, vedo un suo sopracciglio inarcarsi perplesso, comunque si volta verso Lorenzo e si inventa qualcosa al volo in modo che lui non si giri nella mia direzione.
Pericolo scampato!
Non so se anche per Lorenzo funziona così, ma quando io arrivo sul palco mi immagino che gli spettatori non ci siano, oppure che siano tutti degli sconosciuti. Non cerco i miei tra i posti a sedere, non voglio sapere in che punto della sala sono, perché altrimenti ogni volta che entro in scena mi distrarrei a cercare il loro sguardo.
Anche all’ultimo spettacolo ho cercato loro, Lorenzo e gli altri compagni di classe che sapevo essere venuti, solo alla fine del tutto.
Magari a lui avrebbe fatto piacere vedermi sugli spalti, ma non sapendolo preferisco che ne rimanga sorpreso alla fine, piuttosto che condizionare negativamente la sua performance.
 
 

 
 
Ammetto che dopo 15 minuti di gioco mi sono già annoiata a morte.
Meno male che sono arrivata al 2° tempo!
Sono quasi tentata di svignarmela, magari scongiurerei anche l’ipotesi che Lorenzo, vedendomi, mi chieda di venire ogni domenica.
Per altro, ho scoperto di essere seduta in mezzo ai tifosi dell’altra squadra, nel momento in cui lui ha fatto una bellissima parata e tutti intorno a me hanno urlato il loro disappunto.
Da quel momento in poi mi sono ben guardata dal manifestare le mie reazioni al gioco, fingendo completa indifferenza ad ogni azione, riuscita o meno, di entrambe le squadre.
Finalmente questo strazio è finito e vorrei mettermi a ballare per la gioia.
La gente inizia a scemare verso il chiosco ed i giocatori verso gli spogliatoi, e io mi chiedo cosa dovrei fare.
Ieri Lorenzo mi ha detto che sarebbe venuto non prima delle 18.30, questo vuol dire, e me ne rendo conto solo adesso, che ho almeno un’ora da aspettare ancora.
Anche se le giornate hanno iniziato ad allungarsi, a quest’ora il sole non è più nemmeno tiepido, e restare ferma all’aperto non mi piace granché come prospettiva.
 
- Eleonora! –
Mi sento chiamare e mi giro di scatto verso la voce.
Con le mani aggrappate alla rete verde che delimita il campo separandolo dagli spalti c’è Lorenzo che mi sorride.
Beh, sono l’unica persona rimasta ferma al suo posto, forse mi ha notato per quello.
Sorrido anche io e mi avvicino a mia volta alla rete – ciao Lorenzo –
- sei venuta a vedermi –
Non è una domanda, e sinceramente non so che dovrei dire. Insomma, sono qui, è evidente che sono venuta a vedere te! Così mi limito ad annuire.
- quando sei arrivata? Al primo tempo non c’eri –
- all’inizio del secondo tempo. Mi hai cercato? – Che Enrico gli avesse rivelato le mie intenzioni?
- no, butto sempre l’occhio se ne ho l’occasione, per vedere chi c’è che ci guarda. –
- quindi mi hai visto? – chiedo sorpresa. Io ho guardato praticamente solo lui, a parte qualche rara pausa in cui ho risposto a qualche messaggio.
Lui annuisce e mi regala un bel sorriso.
- ma quando? –
- quando ci hanno concesso il rigore. Gli occhi di tutti erano sull’altra metà del campo e io mi sono potuto guardare in giro. Volevo aspettare che ti girassi a guardarmi, per salutarti… -
- perché non l’hai fatto? –
- perché ho immaginato che se non avevi attirato la mia attenzione fino a quel momento e ti eri andata a nascondere lassù, forse non volevi farti vedere –
- beh, è così – ammetto compiaciuta da questa dimostrazione che mi conosce – non volevo che la tua performance ne risentisse… sai io negli spettacoli faccio finta che la sala sia vuota, per non distrarmi –
- in effetti vederti lì mi ha emozionato parecchio – ammette con un filo di imbarazzo ma gli occhi sono luminosi e felici.
Occhi che io mi imbambolo a fissare.
 
Un colpo di tosse attira l’attenzione di entrambi: accanto a me è comparso Enrico, docciato e vestito di tutto punto, anche se i capelli sono ancora bagnati.
- Lore, sarebbe il caso ti andassi a lavare, o vuoi far aspettare Eleonora delle ore –
- si! Giusto! – ridacchia lui imbarazzato e dopo un’ultima occhiata a me, se ne va verso gli spogliatoi
- Ele, me lo hai rimbambito proprio – dice Enrico scuotendo la testa e trattenendo una risata.
- chi io? – esclamo io, fingendomi shoccata
- no, hai ragione, era un cretino anche prima –
Scoppiamo tutti e due a ridere e lui si propone di offrirmi da bere nell’attesa.
Accetto di buon grado.
 
 

 
 
Lorenzo si fa attendere decisamente tanto, e quando arriva mi chiede scusa, spiegandomi che lui è sempre l’ultimo a fare la doccia e ha dovuto aspettare gli altri che non avevano nessuna fretta.
Mi passa un braccio sulle spalle - vuoi andare subito da me o…? –
- o? - chiedo, quando lui non espone la seconda opzione.
- no, beh. Mi sa che non c’è nessun oppure! – ridacchia lui.
- beh, allora… andiamo? – chiedo un po’ titubante
Lui mi guarda un po’ perplesso – è tutto ok? –
- si perché? – ribatto io troppo in fretta e con la voce troppo acuta
- perché non ti riconosco – mi si piazza davanti, scrutandomi serio – che problema c’è? –
Rido nervosamente, come fa ad avermi inquadrato già così bene?
- sono un po’ tesa per i tuoi – confesso con un filo di voce
- non devi – replica, rilassandosi – ti assicuro che sono persone alla mano. E ti adoreranno -
Faccio un mezzo sorriso, un po’ rinfrancata da queste parole, ma non del tutto.
 
 

 
 
Alla fine mi ero sbagliata, e Lorenzo aveva ragione: i suoi sono davvero persone eccezionali.
Mi hanno messo subito a mio agio, suo padre ha riso e scherzato con me e mi ha fatto praticamente subito dimenticare che davanti avevo un importante uomo d’affari internazionale, decisamente benestante, mentre sua madre mi ha trattato con una tenerezza che non mi aspettavo e nessuno dei due mi ha fatto sentire imbarazzata o a disagio.
Leonardo ci ha salutato praticamente subito dopo aver finito di masticare l’ultimo boccone, non che si sia notata la differenza se c’era o meno. Avrà detto si e no due parole, ma Lorenzo mi aveva avvertito già ieri che non è uno di molte parole.
Forse perché suo padre ne ha per entrambi…
La nostra chiacchierata viene interrotta da un telefono che suona, lui si scusa dicendo che deve rispondere perché è una chiamata importante. Poco dopo torna da noi, ci spiega che è una cosa che andrà per le lunghe, quindi mi augura la buona notte, nuovamente mi dice che è stato un piacere conoscermi e se ne va nel suo studio, dopo aver augurato la buona notte anche a Lorenzo e alla moglie.
Ci alziamo tutti e sua madre inizia a sparecchiare. Mi appresto ad aiutarla e dopo che mi assicurato che non è necessario, smetto di insistere.
Anche lei ci augura la buona notte, dicendoci che andrà a stendersi, dato che l’indomani deve alzarsi presto.
 
- visto che è andato tutto bene? – mi dice Lorenzo con aria di superiorità, una volta che siamo rimasti soli
- ok, lo ammetto. Mi sono preoccupata per niente – dico alzando le mani
- ti va di vedere un film? –
- dipende dal film – ribatto io
- lo sapevo che mi avresti risposto così – ridacchia lui.
Mi prende per mano e si avvia verso le scale.
 
Entriamo nella stessa stanza di ieri, che si rivela essere effettivamente la sua.
Arrossisco immediatamente, ricordandomi cosa è successo nemmeno 24 ore fa, e per mascherare la cosa mi guardo intorno curiosa, osservando tutto ciò che mi circonda.
Quando poso i miei occhi su Lorenzo, lui mi sorride e inizia ad indicarmi le sue cose, con una piccola storia sulla loro origine o sul perché siano lì.
Infine si siede alla scrivania e traffica con il pc, facendomi l’elenco dei film che ha.
Io mi distraggo quasi immediatamente, quando mi siedo sul letto e mi cade l’occhio su una cornice in bella mostra sul suo comodino. Ritrae lui a 5 o 6 anni con i suoi genitori.
- Ele, mi ascolti? –
La voce di Lorenzo mi riporta al presente, e mi giro a guardarlo. Lui incrocia i miei occhi e poi sposta lo sguardo sulla cornice che stavo guardando.
Si viene a sedere vicino a me, prendendola in mano – incantata? -
- eri carinissimo – dico sincera
- certo che lo ero, e lo sono tutt’ora se dobbiamo dirla tutta – ridacchia lui, rimettendo la cornice al suo posto.
- cretino – ridacchio io, tirandogli un cuscino.
- allora, che vuoi vedere? –
- va bene tutto, tranne comici e western -.
- i comici posso capire – afferma alzandosi – fai già ridere tu e quindi non ti servono, ma che ti hanno fatto i western? –
- stai dicendo che sono ridicola? – mi infervoro subito
Lui si gira a guardarmi con un’espressione a metà tra seria e divertita – beh, si. Sei frizzante, spiritosa, sempre con la battuta pronta, autoironica. Non è una cosa negativa il fatto che tu mi faccia ridere. -
- beh, grazie – balbetto io, arrossendo per il complimento.
- non ringraziarmi, è la verità – afferma, e poi si volta di nuovo verso il pc, facendo partire un film di avventura fantasy.
Il mio genere preferito.
E questo mi fa sorridere come una scema.
 
Quando si torna a sedere accanto a me, si toglie le scarpe e mi invita a fare lo stesso, e ci distendiamo sul suo letto, io davanti e lui dietro di me, con il suo braccio che mi circonda la vita ed il suo petto ben aderente alla mia schiena.
Mentre inizia il film chiacchieriamo commentandolo, ma la nostra conversazione si fa sempre più diradata, man mano che il film entra nel vivo.
Ad averlo così vicino mi sento accaldata. È… beh, è eccitante.
Sia il contatto con lui, sia l’intera situazione.
Praticamente siamo da soli in casa, al buio, tolta la luce che proviene dallo schermo, spalmati l’uno sull’altra.
È soprattutto il sentire diversi punti in contatto tra noi a farmi andare su di giri.
Chissà se per lui è lo stesso…
Mi muovo quasi impercettibilmente, allontanandomi di qualche millimetro, e nemmeno mezzo secondo dopo lui ha colmato la distanza.
Allora mi sposto un po’ più verso di lui, schiacciandomi addosso il suo corpo.
- stai scomoda? – sussurra lui nel mio orecchio.
Non so se la voce roca è voluta o gli è uscita perché siamo in silenzio da un po’, ma è incredibilmente sexy.
Mi sposto, facendo aderire la mia schiena al materasso e voltandomi a guardarlo.
Le nostre gambe si incrociano le une con le altre, io allungo la mano verso la sua maglia e lo attiro verso di me per baciarlo.
Lui non si fa certo pregare e con la sua mano sul fianco mi attira di più a sé, facendola poi scorrere fino al seno.
Inizia a trafficare con il primo bottone della mia camicia, ma con una mano sola è impossibile, così lo aiuto.
Una volta sbottonata tutta, si scosta un attimo per guardarmi e poi torna a baciarmi, mentre la mano si insinua sotto al reggiseno.
Di mio faccio scivolare la mano verso il basso, infilando le dita sotto l’elastico delle sue mutande.
Si allontana da me, lancia un’occhiata alla mia mano e poi riporta gli occhi nei miei, con un’espressione sorpresa.
 
- il fatto che io sia vergine non vuol dire che non ne abbia mai visto uno – sussurro maliziosa
- ma che birichina! – mormora lui divertito, aiutandomi ad abbassarsi i pantaloni.
 
Beh, in realtà non è che ne abbia visti un’infinità, solo uno e ora… e ora butto l’occhio sul secondo, prima di puntare di nuovo gli occhi nei suoi e prenderlo delicatamente in mano.
Lui emette un piccolo gemito e mi bacia con foga, mentre mi fa venire a sedere e mi sfila la camicia.
Al secondo tentativo riesce anche a slacciarmi il reggiseno.
Una sua mano corre subito al mio seno, mentre l’altra cerca di farsi strada nei jeans, intrufolandosi da dietro la schiena. Il tutto mentre continua a baciarmi.
Gliela sposto, e subito lui smette di baciarmi e mi guarda allarmato.
Mi alzo in piedi e mi tolgo i pantaloni, ed il panico nei suoi occhi si trasforma in eccitazione, mentre mi guarda eliminare anche le mutandine.
Mi vergogno un po’ in realtà, ma il fatto che siamo praticamente al buio mi infonde sicurezza.
Quasi si strappa via la maglia, restando nudo anche lui e mi ri-attira sul letto, riprendendo subito a baciarmi.
Senza ostacoli, un suo dito mi affonda dentro con semplicità, mentre io riprendo ad accarezzarlo come facevo prima.
L’altra sua mano viene ad aiutarmi nei movimenti, appoggiandosi sulla mia e velocizzandoli, e poco dopo io spalanco la bocca in un grido muto, quando inserisce un altro dito in me.
Il piacere mi raggiunge come un fiume in piena e lui se ne rende conto perché boccheggio e mi immobilizzo per godermelo.
Cerca di sfilare le dita, ma gli arpiono il polso affinché le lasci esattamente dove si trovano.
Quando anche l’ultimo strascico di appagamento se n’è andato, mollo la presa.
Mi accorgo di avergli conficcato le unghie nella pelle e me ne scuso, ma lui nemmeno mi ascolta, portandosi la mano alla bocca e leccandosi le dita.
Poi mi bacia, e sulla lingua sento il mio sapore agrodolce.
Continuando a baciarmi riporta la mia mano sotto la sua, e si muove sempre più veloce.
Non molto tempo dopo me la scosta e si allontana, girandosi con la schiena sul letto.
La fontanella, decisamente copiosa, gli macchia tutto il petto, che si alza e si abbassa velocemente, mentre lui cerca di regolarizzare il respiro ed i battiti.
 
Mi rivesto, mentre lui si ripulisce, e a turno ci diamo una sistemata in bagno.
Quando torna in camera, ha portato con sé anche due bicchieri d’acqua, e me ne porge uno.
Sullo schermo, che nessuno dei due ha più degnato di uno sguardo, sono finiti i titoli di coda e torna bianco, illuminando la stanza quasi come se fosse accesa la luce.
Lui si siede accanto a me e mi accarezza la schiena, posandomi un piccolo bacio a fior di labbra.
- mi hai sorpreso, sai? – mi dice con un mezzo sorriso
- in che senso? – chiedo io leggermente allarmata
- non pensavo… - si interrompe e si schiarisce la voce – beh, ammetto che non pensavo che fossi… -
Non sa come continuare, ma credo di aver inteso.
- pensavi che non avessi mai fatto cose del genere –
- si – confessa sorridendomi – credevo non fossi… pronta – continua abbassando gli occhi sulla sua mano che va ad intrecciarsi con la mia
- beh, ecco… per il… resto… non lo sono – balbetto io, mentre sento le guance arrossarsi e guardo ovunque tranne che lui
- come ti ho detto ieri, non ho intenzione di farti alcuna pressione. – mi dice, prendendo il mio volto e girandolo verso di lui.
Gli sorrido e gli do un bacio leggero.
- comunque – riprende lui con un po’ di imbarazzo – ecco, non credere che io abbia tutta questa esperienza. Insomma, a parte Mary, non mi sono mai spinto fino in fondo con la seconda e con Federica non sono mai andato oltre i baci. – detto questo mi guarda di sottecchi, con un sorriso malizioso – Invece, oltre ad aver avuto più storie, tu sembri sapere il fatto tuo –
Non ne sono sicura, ma ci ho sentito una nota di gelosia in quest’ultima frase.
- nelle due storie che ho avuto il massimo è stato baciarsi con la lingua – confesso io – ma eravamo tutto sommato piccoli per andare oltre –
Lui aggrotta la fronte, confuso – e quindi come…? –
- ti sei dimenticato il “mezzo” – dico io con un sorriso storto, poi arrossisco e distolgo lo sguardo.
Non prima di notare lui che spalanca la bocca.
 
Mi sento un filo incoerente, lo so.
Quando mi ha raccontato di Mary l’ho scherzosamente accusato di essere privo di romanticismo, ma tra me e Alberto non ce n’è mai stato nemmeno un briciolo.
L’ho conosciuto l’estate scorsa, alla fine dell’ennesima giornata passata a sperare che tra me e Francesco nascesse qualcosa.
Ero arrabbiata, delusa e triste.
E invece di tornare a casa subito dopo la riunione, ho deciso di fare una passeggiata.
Persa nei miei pensieri, sono andata a sbattere contro questo ragazzo alto, facendo cadere a terra entrambi.
Mi sono scusata imbarazzata, disagio che è cresciuto quando entrambi abbiamo notato che la sua maglia si era macchiata con la bibita che aveva in mano e che nella caduta si era rovesciata.
Lui ha cercato di tranquillizzarmi, mentre agitata cercavo di pulirlo con una salvietta.
Gli ho offerto da bere per scusarmi e abbiamo chiacchierato del più e del meno, tra le mie continue richieste di perdono.
Quando ci stavamo per salutare, è successo qualcosa.
Non so cosa sia scattato, ma c’era qualcosa di magnetico tra noi. Nemmeno ci conoscevamo, ma non riuscivo a fare a meno di sentirmi attratta irrimediabilmente da lui.
Più di quanto non lo fossi mai stata per Francesco.
Ci siamo quasi saltati addosso per baciarci, e nelle settimane successive ci siamo visti quasi ogni giorno. Credo che non ci siamo scambiati più di qualche frase in tutto quel periodo, a volte è capitato che nemmeno ci salutassimo a dovere, andando subito al sodo.
Non so come l’ha vissuta lui, non gliel’ho chiesto e onestamente non mi interessava.
Io stavo scoprendo pratiche ed emozioni a me completamente sconosciute e quello che mi muoveva era principalmente la curiosità di addentrarmi in tutte queste novità. Che lui fosse praticamente uno sconosciuto che non avrei forse mai più rivisto una volta finita l’estate, non poteva che essere positivo.
Non ho idea nemmeno di quale fosse la sua esperienza in quel campo, sembrava sapere bene dove e come muovere le mani, ma paragonato a me che non avevo alba di cosa fare, chiunque sarebbe sembrato un esperto.
È stato un maestro paziente, se si può definire così.
Mi ha guidato nei movimenti, finché non sono stata in grado di capire da sola cosa andava bene e cosa no. Immagino avesse capito che fossi vergine, e non ci siamo mai nemmeno avvicinati ad un rapporto completo.
Dentro di me sapevo quanto fosse sbagliato tutto questo, ma non riuscivo a mettervi fine.
L’ultima volta che ci siamo visti, ero di pessimo umore: c’era stata la prima riunione di teatro dopo molto tempo e avevo rivisto Francesco, avevo litigato con mio padre per il suo ennesimo tentativo di sapere dove me ne andassi praticamente tutti i giorni, mi ero macchiata i pantaloni, mi si era rotta un’unghia e l’autobus era in tremendo ritardo.
Arrabbiata, triste e delusa, esattamente come il giorno che ci siamo conosciuti, ho deciso di voler andare oltre.
L’ho fatto capire a Alberto senza dirlo in realtà ad alta voce, ma lui mi ha allontanato.
In un inaspettato risveglio di coscienza, mi ha fatto tutto un discorso sul fatto che la prima volta dovrebbe essere con la persona che si ama, quella giusta, e via discorrendo.
Cose che nella mia mente pensavo (e penso) anche io, ma in quel momento mi sono sentita rifiutata e umiliata.
Mi sono rivestita alla velocità della luce e sono scappata via. Non l’ho più visto o sentito.
Con il senno di poi posso dire che forse, nella mia vulnerabilità di quel periodo, ho cercato in lui una valvola di sfogo. E dovrei ringraziarlo per non avermi fatto svendere la mia prima volta con uno sconosciuto.
L’unica che sa di lui è Ambra, la mia compagna di banco. Al rientro dalle vacanze estive mi ha raccontato di una sua esperienza simile avuta con un suo vecchio compagno delle medie che non rivedeva da anni, e sono riuscita ad aprirmi con lei, sapendo che non mi avrebbe mal giudicato.
 
- lui chi è? –
La domanda di Lorenzo mi riporta al presente, sembra teso.
- anche se ti dicessi il nome, non lo conosci. Non è di qui, e non credo che lo rivedrò mai -
Pare rilassarsi e dopo avermi stretto in abbraccio un po’ possessivo non indaga oltre, e poco dopo mi accompagna a casa.

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Capitolo 14
*** Capitolo 13: Mio compleanno ***


Capitolo 13: Mio compleanno

 
La scuola è finita e finalmente sono iniziate le vacanze.
Stare con Lorenzo è insieme nuovo e familiare. Nuovo perché non ho mai avuto una storia così, e familiare perché mi sembra di non riuscire a ricordarmi come fosse prima di stare con lui, e sono passati solo quattro mesi.
Oggi è il mio compleanno e Lorenzo è venuto a prendermi a casa presto questa mattina.
La strada che ci separa dalla nostra meta è lunga: l’idea è partita, incredibilmente, da Leonardo e appoggiata subito da loro padre, durante una cena a casa loro qualche giorno fa.
Sono proprietari di una casa al mare, a circa due ore di strada da dove abitiamo. Lorenzo mi ha raccontato che ci andavano sempre da bambini, passando lì l’intera estate. 
Ora ci andavano più sporadicamente, per via delle ferie da incrociare e gli impegni dei ragazzi ormai grandi, ma che fosse un posto felice lo si capiva da come brillavano gli occhi di tutti e quattro mentre ne parlavano.
 
In questi giorni ho riflettuto tanto, e... beh, ho deciso che voglio fare il passo. Voglio andare oltre.
E adesso sto cercando di mascherare la mia agitazione derivante da queste mie intenzioni che non ho rivelato a nessuno, ma temo di non esserci riuscita bene, dato che Lorenzo mi ha appena chiesto cosa ci sia che non va.
- sono solo emozionata – sussurro, dicendo in realtà una mezza verità.
Sono effettivamente emozionata, sto esplodendo per tutto quello che rappresentano queste due giornate: il primo viaggio “lungo” in auto insieme, una casa tutta per noi, per altro al mare (che io adoro), il dover fare la spesa assieme, cucinare assieme, dormire assieme, svegliarsi assieme… a cui io voglio aggiungere quello.
Fedele a quanto mi ha detto ormai quattro mesi fa, Lorenzo non ha mai mostrato segni di impazienza per quel discorso. Sta aspettando che io sia pronta, e io ora credo di esserlo.
 
 

 
 
Questo posto è fantastico!
La casa è piccola, ha il minimo indispensabile, il necessario per una casa per le vacanze. C’è un grande soggiorno, le cui pareti su tre lati sono delle enormi vetrate da cui si vede il mare, la spiaggia ed il piccolo boschetto che circonda la casa. Sull’ultima parete c’è una piccola cucina attrezzata e le scale per accedere al primo piano, dove ci sono tre camere ed il bagno.
Se fossi proprietaria di un posto simile, vivrei qui. Non solo in estate, il mare mi piace da matti anche nei mesi freddi.
Dopo esserci assestati in casa, andiamo in spiaggia. Abbiamo giocato nell’acqua bassa, Lorenzo si è fatto anche una nuotata mentre io mi sono stesa a prendere il sole. Ci siamo riempiti vicendevolmente di sabbia, siamo andati in acqua a ripulirci e poi ci siamo riempiti ancora.
Abbiamo pranzato sotto l’ombrellone, fatto una pennichella e ricominciato tutto d’accapo.
Ora siamo seduti sui nostri asciugamani, a guardare il tramonto colorare le nuvole e l’acqua di diverse sfumature di giallo e rosso.
 
Rosso, come il colore del costume che sfoggio, quello che ho acquistato per la gita.
- il mio costume preferito – dice Lorenzo con un ghigno, quando espongo la cosa.
- l’unico che hai visto finora – gli ricordo
Mi si avvicina piano, accarezzandomi delicato la spalla e al suo tocco mi sembra di essere percorsa da una scarica elettrica.
Incrocia gli occhi con i miei e mi sussurra – è stata la prima volta che mi sono eccitato guardandoti -
- davvero? –
- mh mh – annuisce prendendo una mia ciocca di capelli e arrotolandosela sul dito – quando ti sei mossa per giocare con quelle stupide orecchie su quella cuffia. Noi… beh, non eravamo mai stati così vicini, e non ti avevo mai toccato la pelle così –
- dovremmo ringraziare il tuo cuginetto, allora – sorrido io, baciandolo sulle labbra
- ti ho pure dovuto trascinare fino alle scalette – mi ricorda scuotendo la testa
- ehi! – protesto io – lo hai proposto tu –
- si beh, è stato prima di rendermi conto della difficoltà nel doverti tenere vicina, ma sufficientemente lontana perché non ti accorgessi… del mio rigonfiamento
Involontariamente mi cade l’occhio sul suo costume, dove anche adesso si può notare l’effetto.
Un’altra scarica mi parte dal basso, questa volta.
- per questo sei venuto a nuoto? – sussurro piano
- già – risponde lui, mentre tira il laccetto della parte alta del costume e me lo sfila – da lì in avanti è stato un po’ un calvario – mormora avvicinando le labbra al mio seno
- perché? – chiedo, anche se il mio interesse è momentaneamente catturato dai suoi movimenti
Lui ridacchia e sento il fiato sulla mia pelle – non ti ricordi che il giorno dopo mi hai aperto mezza nuda? –
- ah già, io ed il mio completo di pizzo nero ti abbiamo sorpreso – mormoro divertita
- dovresti ringraziare il mio autocontrollo di quella sera, Eleonora. – mi dice guardandomi serio – non so davvero come ho fatto a resisterti. –
Io ridacchio e lui prosegue – e tu non hai per nulla aiutato -
- che intendi? – chiedo confusa
- beh, innanzi tutto sei rimasta lì a farti ammirare, cianciando che pensavi non fossi io –
- ma che dici? Mi sono rivestita subito! – protesto, anche se so che ha ragione: me la ricordo ancora l’accurata scansione che gli ho lasciato fare, prima di anche solo pensare a vestirmi.
- subito dopo che ho potuto guardarti ogni centimetro di pelle, si. – commenta lui infatti - Quella è stata la seconda volta che mi hai fatto eccitare –
Io non ribatto nulla, e mi chiedo se inconsciamente in quell’occasione non mi sia fatta osservare mezza nuda apposta.
- e poi hai continuato a stuzzicarmi, intavolando un discorso sul sesso – continua lui
 
Nel mentre di tutto questo scambio di battute, mi sono stesa con la schiena sull’asciugamano e lui mi sovrasta, passando da un capezzolo all’altro e guardandomi di sottecchi di tanto in tanto.
Decido di sfruttare l’occasione.
- oh, suvvia, Lore – dico accarezzandogli i capelli – ti ho solo chiesto della tua prima volta e ti ho detto che se fosse arrivato Flavio mi sarei donata a lui –
Lui si blocca e mi guarda male – mi ero proposto di andarlo a chiamare –
- lo avresti fatto davvero? – sussurro
Lorenzo aggrotta le sopracciglia e si allontana, mettendosi a sedere – nella maniera più assoluta. Non hai idea di com’ero incazzato nel viaggio di ritorno perché era seduto accanto a te -
Sorrido e gli accarezzo una guancia – non devi essere geloso di Flavio. O di altri. – gli dico guardandolo negli occhi, poi mi alzo a sedere anche io e lo abbraccio allacciando le braccia dietro il suo collo.
Quando anche lui mi avvolge con le sue, gli sussurro nell’orecchio – perché è a te che voglio donarmi, ora –
Lo sento irrigidirsi un attimo e poi mi stringe di più – quando sarai pronta, Ele – mi sussurra a sua volta
Io sciolgo l’abbraccio, tornando a incrociare il suo sguardo – lo sono adesso – dichiaro seria e lui spalanca la bocca.
 
 

 
 
Siamo rientrati in casa.
Lorenzo è agitato tanto quanto lo sono io, anche se entrambi cerchiamo di fare finta di niente.
- adesso nel senso di ora? In questo momento? Qui? – mi ha chiesto quasi balbettando dopo la mia uscita
- adesso nel senso di ora, in questo momento. – ho ripetuto io, per conferma – sul qui… - ho esordito guardandomi intorno un po’ a disagio.
In teoria sarebbe romantico, immagino. Si insomma, al tramonto, sulla spiaggia… però se arrivasse qualcuno?
Non l’ho detto a parole, ma Lorenzo sembra aver intuito e condiviso la mia paura.
Mi sono fatta la doccia e mentre se la stava facendo lui, ho preparato la cena.
Aleggia un denso strato di disagio tra noi, che mi fa rimpiangere un po’ di aver dichiarato le mie intenzioni in spiaggia. Ecco, forse avrei dovuto dirlo mentre eravamo già impegnati in quelli che sarebbero stati i preliminari.
Finito di mangiare, ci sediamo sul divano, come immagino avremmo fatto se non avessi detto nulla qualche ora fa.
Poi dal nulla, Lorenzo mi prende la mano e attira la mia attenzione.
- sei… sei sicura Ele? –
Devo ammettere che è adorabile quando è imbarazzato. Annuisco e gli sorrido, cercando di simulare una sicurezza che in realtà non provo.
Si alza e mi aiuta a fare lo stesso, portandomi poi nella camera che abbiamo preparato per dormire.
Siamo entrambi un po’ rigidi ed impacciati, e la tensione si scioglie un po’ quando insieme ne ridiamo nervosamente.
 

 
 
Avevo immaginato facesse male, ma non così.
Ho mille pensieri che mi vorticano in testa, sul fatto che dovrei essere rilassata e non lo sono, sull’espressione dispiaciuta di Lorenzo, che continua a chiedermi scusa e se sono sicura di voler continuare, sul fatto che vorrei piangere perché il tutto non è nemmeno lontanamente piacevole o perfetto come avevo pensato sarebbe stato.
È lui a mettere fine a questa tortura, uscendo da me (per quel poco che era riuscito ad entrare) e, dopo essersi scusato per l’ennesima volta e avermi deporto un bacio sulla fronte, dalla stanza.
Una volta sola, non ho pianto ma due grosse lacrimone mi sono rotolate giù dalle guance, infrangendosi sulle lenzuola.
Mi sono messa il pigiama e un quantitativo di tempo indefinito dopo mi sono assopita.
Non ho sentito Lorenzo rientrare, né distendersi in parte a me. Non mi sono svegliata nemmeno quando deve avermi abbracciata, aderendo con il suo petto alla mia schiena.
 
È così che mi sveglio il giorno dopo, con l’alba che colora il cielo fuori e fa capolino nella stanza.
Mi concedo di ammirare Lorenzo dormire, è un’immagine davvero bellissima. Non sorride, e onestamente non riesco a farlo nemmeno io, non del tutto almeno.
Non so se riuscirò a sostenere il suo sguardo dopo il flop di ieri.
Sono contrariata che se ne sia andato lasciandomi lì, ma onestamente se fosse rimasto a guardarmi, a compatirmi, mi sarei seccata sicuramente di più.
Sguscio via con cautela dal suo abbraccio e scendo in cucina a mangiare qualcosa.
È davvero presto, non ho idea dell’ora in cui Lorenzo mi ha raggiunto, se si è addormentato subito e quindi quanto dormirà ancora. Così decido di uscire e incamminarmi verso il mare, che al contrario di ieri ha sfumature di un giallo delicato.
 
Quando rientro in casa, un po’ rasserenata, Lorenzo quasi mi aggredisce urlandomi contro chiedendomi dov’ero
- sono andata fino al mare e sono tornata indietro – rispondo infastidita
- mi hai fatto preoccupare: mi sono svegliato e non c’eri – si giustifica lui
- scusami – mormoro io, in effetti mi sarei agitata anche io, a ruoli invertiti
- stai bene? – mi chiede premuroso
- sto una meraviglia – rispondo io con una punta di sarcasmo
- Eleonora, per ieri… - comincia lui, cauto
- lasciamoci ieri alle spalle, ti va? – lo interrompo io, indossando il miglior falso sorriso di cui dispongo.
Lui mi scruta per un secondo, ma poi annuisce e si allontana, andando a preparare il necessario per la nostra giornata al mare.
 
Tornando a casa in perfetto silenzio, rifletto sul fatto che ad un occhio esterno la nostra giornata deve essere sembrata il perfetto idillio di una coppia di fidanzatini.
Abbiamo riso e scherzato insieme, godendoci il sole, il mare e la reciproca compagnia.
La mia però è stata solo un’interpretazione, dopotutto sono un’attrice di teatro da anni. Oggi ho indossato la mia maschera e tutto è filato liscio, fino a quando non siamo partiti per rientrare a casa.
Inizio a fare fatica a fingermi una me stessa allegra e frizzante, e ho finito per piombare nel silenzio.
Lorenzo ha provato a coinvolgermi in qualche chiacchiera, ma dopo aver scambiato qualche battuta, poi torno nel mio mutismo.
Tutto questo mi dispiace, so perfettamente che non è colpa di nessuno dei due se è andata come è andata.
Eppure, non riesco a lasciarmi alle spalle quanto accaduto.
Vedendoci arrivare in queste condizioni, sono certa che mia madre abbia sospettato qualcosa, ma davanti a Lorenzo anche lei si è comportata come se nulla fosse.
Lui mi guarda in modo strano, prima di abbracciarmi. Subito lo stringo forte anche io, quasi aggrappandomi a lui, perché il suo saluto sa tanto di addio, nonostante mi dica – ci vediamo domani – prima di salire in auto e andarsene.
 
 

 
 
È passato un giorno, ed io e Lorenzo non ci siamo sentiti per nulla.
Mia madre si è fatta bastare il mio – è andato tutto bene, davvero! – e non ha indagato oltre, anche se ho capito perfettamente che non mi ha creduto.
Sa che sarò io ad aprirmi, quando sarò pronta, come sa che davanti a papà non le dirò mai niente.
Ho chiesto a Greta, Valeria e Ambra di vederci, per svagarmi un po’ e per passare una giornata assieme alle mie amiche, come ormai è sempre più raro fare, causa mia che sto con Lorenzo e devo quindi dividere il mio tempo tra lui e loro, ma soprattutto a causa di Greta che si sta frequentando con un ragazzo di un’altra sezione da due mesi ed è sempre con lui.
Lei, infatti, non ci sarà. Nemmeno oggi ha scelto noi.
Davvero, non voglio fare l’ipocrita, so perfettamente cosa vuol dire mettersi assieme a qualcuno e voler passare tutto il proprio tempo con lui: ci sto passando anche io, dopotutto.
Però non sono mai stata così latitante con loro, anzi. Considerato che Lorenzo ha continuato gli allenamenti fino alla fine della scuola, io e loro abbiamo continuato a vederci con quasi la stessa frequenza di prima. Anche quando la scuola è finita.
Lei invece è essenzialmente sparita.
A parte per la festa del mio compleanno, a cui ho dovuto quasi pregarla di venire e sono convinta che abbia accettato solo quando le ho detto che poteva portare Mattia, il suo ragazzo che ho conosciuto quella sera per la prima volta, non la vedevo dall’ultimo giorno di scuola.
 
La prima ad arrivare è Ambra, l’unica con cui riesco a parlare di tutto quello che gira attorno al sesso.
In realtà è stata lei a proporsi di vedersi prima solo noi due, e quando mi inizia a raccontare che si è messa assieme al famoso compagno delle medie, capisco il perché.
Questi discorsi con Valeria e Greta non riesce a farli nemmeno lei, e dopo essersi addentrata a raccontarmi le sue nuove esperienze, mi chiede com’è andata alla casa al mare.
- non è andata – mormoro io
- che è successo? – mi chiede, trasformando subito il suo sorriso malizioso in uno apprensivo, quando sente il mio tono triste.
Le racconto a grandi linee cos’è successo e ammetto per la prima volta ad alta voce quello su cui ho rimuginato tutta la notte.
– sai, forse ho sbagliato a stoppare Lorenzo, quando voleva parlarne. Mi sono resa conto che vorrei sapere lui che ne pensa. Se ci vorrebbe riprovare… - mi lascio sfuggire un sospiro e le dico che non parlo con lui da quando ci siamo salutati quella sera
- e perché non gli hai scritto tu? – mi chiede lei
- cosa dovrei scrivergli? – le chiedo
- cosa dovrebbe scriverti lui? – rigira la mia domanda
- non lo so – ammetto – mi sento così inadeguata. Vorrei che mi rassicurasse che non è così –
- per adesso fatti bastare la mia, di rassicurazione. – mi dice accarezzandomi una guancia.
Un gesto che apprezzo tanto, perché è così poco da lei. Queste dimostrazioni di affetto gentili sono più da Valeria, ed il fatto che Ambra si sia sforzata per farmi sentire il suo appoggio nel modo in cui mi serviva riceverlo e non in quello che per lei è usuale, mi fa provare un grandissimo affetto per lei.
L’argomento viene archiviato con l’arrivo di Valeria, e io riesco davvero a lasciarmelo alle spalle e a godermi questo pomeriggio con loro.
Ad un certo punto Valeria esterna la sua preoccupazione per Greta. Più che preoccupazione, il suo disappunto per il comportamento della nostra amica.
E nel farlo nomina anche me e Lorenzo.
Credo di non essere riuscita a mascherare subito il pizzico di tristezza che mi ha attraversato il volto a sentire il suo nome, perché Valeria mi chiede cosa c’è che non va.
Non mi addentro nei particolari, come ho fatto con Ambra, ma le confesso che c’è una questione irrisolta di cui non ho voluto parlare con lui e che ora sono piena di dubbi.
Anche lei mi incita a cercarlo per prima, e mi rassicura sul fatto che si sistemerà tutto.
- vi amate così tanto – dice, e io avvampo.
- oh, suvvia Ele! Sono quattro mesi che state insieme, come fa ad imbarazzarti quello che ho detto? – ride lei.
- non ce lo siamo mai detti – confesso io, a disagio.
- beh, siete solo due stupidi, allora. – la veemenza della sua frase mi fa spalancare la bocca – a noi tutti ci basta guardarvi insieme, osservare come vi guardate l’un l’altro. È così palese che siete innamorati l’uno dell’altra. –
Io guardo Ambra e lei si dichiara completamente d’accordo con Valeria.
Davvero è così evidente che mi sono innamorata di lui?

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Capitolo 15
*** Capitolo 14: freddo ***


Capitolo 14: Freddo

 
Convinta dalle mie amiche, avevo tutte le intenzioni di scrivere a Lorenzo per chiedergli di passare da me, o portarmi a casa sua, o andare a fare una passeggiata. Insomma, di vedersi questa sera.
Ma i miei propositi sono sfumati quando, nemmeno mezz’ora dopo che sono rincasata dall’uscita con le ragazze, si presenta Greta a casa mia.
La cosa mi rende felice, almeno finché non capisco che la sua è solo una scusa: le servono dei consigli perché vorrebbe andare oltre i baci con Mattia, non le interessa passare del tempo con me (considerato che praticamente non ci parliamo da due mesi), o ascoltare le mie confidenze, dopo che io mi sono dovuta sorbire le sue per un’ora.
Mi dimostra il suo interesse solo quando capisce che tra me e Lorenzo c’è qualcosa che non va.
Lo avevo già notato, ma poi avevo archiviato la faccenda, che ogni qual volta ci fosse qualcosa di negativo tra me e lui, lei lo enfatizzasse. E io mi infastidivo.
Un giorno ha persino litigato con Lorenzo per una stupidaggine, per poi raccontarmela come le andava bene a lei e chiedermi di lasciarlo in nome della nostra amicizia.
Peccato che lei non sapesse che avevo assistito all’intera scena e sapevo che lui non c’entrasse, cosa che alla fine Greta ha dovuto confessare.
Non ho mai capito perché facesse di tutto per far chiudere la mia storia con lui, e a questo punto glielo chiedo.
Dopo aver farfugliato che “sto dando i numeri”, saluta frettolosamente e se ne va, senza affrontare davvero me e l’argomento.
 
Ancora infastidita da lei ed il suo comportamento, che subito riporto a Valeria e Ambra via messaggio, mi decido a scrivere a Lorenzo.
Un banale Ciao. Com’è andata la giornata? Domani hai tempo per una passeggiata?
Sono ansiosa di ricevere la sua risposta, voglio sistemare le cose con lui, al più presto. Perché si, oggi mi è mancato da morire.
La sua risposta non si fa attendere molto, ma non è quella che mi aspettavo.
Ciao. Domani mio padre mi ha incastrato con un lavoro a casa di mia nonna. Mi dispiace, lui può solo domani, perché dopodomani parte.
Beh, ci può stare. Però mi avrebbe fatto piacere che mi chiedesse a me com’era andata.
O che mi scrivesse “facciamo dopodomani”.
Che poi, questo fantomatico lavoro occupa proprio tutto il giorno? Sera compresa? Cioè, non fate nemmeno una pausa a pranzo?
 
- Sis! - 
La voce del mio fratellino mi fa sussultare. Mi giro a guardarlo, è al centro del corridoio, davanti alla mia porta che Greta ha lasciato aperta quando è fuggita via.
- dimmi Ci. –
- quando torna Lorenzo? –
Oh. Faccio un sorriso tirato, guardando lo schermo del telefono, mentre gli rispondo – non lo so. Domani ha da fare –
- domani io e la mamma siamo in piscina, che ne dici di dopodomani? – insiste lui
- forse – rispondo io scrollando le spalle – perché? –
- no così, per sapere. – ribatte lui, girandosi come se cercasse lo sguardo di qualcuno nel corridoio e poi tornando a guardarmi – sai vorrei provare con lui quel nuovo videogioco… –
- niente che non possa attendere, allora – decreto io, forse con un tono un po’ più duro di quello che volevo dargli, ma vorrei restare da sola e sono convinta che la persona che si nasconde nel corridoio, e che ha mandato avanti mio fratello, sia mia madre in cerca di informazioni.
- adesso va’ a giocare – gli dico addolcendo un po’ il tono, perché lui povero non c’entra nulla – io devo chiamare Vale –
- ma vi siete viste nel pomeriggio – ribatte lui aggrottando la fronte
- si, ma devo raccontarle della fantastica uscita di Greta di poco fa –
- ok – dice lui andandosene, non interessandogli affatto la cosa.
Ma in realtà non ho voglia di chiamarla. Avrei voglia di vedere Lorenzo.
 
 

 
 
Ieri sera ho scritto di nuovo a Valeria e Ambra, a parte per metterle a conoscenza dello scambio di opinioni con Greta, anche per trovare qualcosa da fare oggi.
Nessuna delle due può muoversi, papà è partito stamattina all’alba, mamma e Fabrizio sono al corso di immersione, Lorenzo è impegnato e Luca non ha ancora risposto.
Sembra mi abbiano abbandonato tutti, e la cosa un po’ mi deprime.
Ma finalmente Luca si degna di rispondermi e organizziamo al volo una giornata al mare.
Devo prepararmi alla svelta, dato che mi ha detto che sarà qui tra meno di mezz’ora. Una volta pronta, mi fiondo giù dalle scale e passando per il soggiorno, mi imbatto in Fabrizio che vedendomi fa cadere quello che aveva in mano.
- Eleonora! – quasi urla.
- so come mi chiamo, Ci. – replico io con un sorriso un po’ incerto per il suo comportamento, è strano che mi chiami per nome, intero per giunta – comunque buongiorno anche a te! dovresti stare più attento alle tue cose – aggiungo allegra, indicando l’attrezzatura per il corso di immersioni che sta seguendo, che non costa esattamente due lire, e che lui ha appena (di fatto) lanciato a terra.
- tesoro esci? – mia madre compare dalla porta della cucina.
- si! Vado al mare! Torno per cena. – rispondo io, dribblando Fabrizio e guadagnando la porta.
- ma non ti sei lagnata tutta la sera che erano tutti impegnati oggi ed eri sola? – mi chiede mio fratello.
Non pensavo che mi stesse ascoltando, mentre ieri esponevo ai miei la mia contrarietà nel dover restare da sola una giornata intera.
- alla fine, pare che non tutti mi abbiano abbandonato. Trovati degli amici che farebbero di tutto per te, Ci, compreso cancellare i loro impegni per venire in tuo soccorso – gli faccio l’occhiolino e mi appresto ad uscire.
- ma con chi vai? - mi urla dietro mia madre e io faccio finta di non averla sentita, allontanandomi prima che mi fermino con altro: sono in ritardo, non ho tempo per un terzo grado.
Luca mi aspetta già in auto, e sfrecciamo via verso la spiaggia più vicina, pronti per una giornata all’insegna del divertimento.
 
 

 
 
- Cho, Lorenzo sa che sei al mare con me? –
La domanda di Luca, che mi pone mentre mi porge il gelato appena acquistato per me e si siede nella sedia di fronte alla mia, mi spiazza.
- in effetti no. – gli rispondo sincera, affondando il cucchiaino nella pallina al cioccolato e poi facendola sciogliere in bocca.
Mmm, che buono!
- va tutto bene tra voi? –
- si perché? – rispondo, forse un po’ troppo in fretta
- perchè non credo tu mi stia dicendo la verità –
- e cosa te lo fa pensare? – chiedo curiosa.
Non abbiamo affrontato l’argomento, in realtà è la prima volta che Lorenzo viene nominato, quindi non capisco da cosa abbia dedotto che ci siano dei problemi.
- perché ti conosco da 15 anni e ho fatto il corso di recitazione con te. Immagino che se andasse tutto bene, mi avresti raccontato qualcosa, e comunque riconosco quando menti –
Mi rivolge un sorriso beffardo e io gliene restituisco uno uguale – vorrà dire che imparerò un’altra tecnica che fregherà anche te –
- che è successo? Se vuoi dirmelo… -
- niente che non possa essere sistemato con una chiacchierata –
Luca è il mio primo confidente. Ci siamo sempre detti tutto, ma già ho paura che Lorenzo mi trovi inadeguata, non riuscirei a sopportare che lui me lo confermasse.
- che però ancora non avete fatto – non insiste per avere i dettagli, e questa sua riservatezza mi fa sorridere.
Nego con il capo, prendendo un’altra cucchiaiata di gelato – ieri non ci siamo visti, io ero fuori con le amiche, e oggi lui aveva un lavoro da fare con suo padre, che domani parte – scrollo le spalle e mi concentro sul mio gelato.
- vedrai che andrà tutto bene – mi dice, e io gli sorrido in risposta.
- e Laura? Sa che sei qui con me? –
- si lo sa. Anzi, dopo dovresti confermarglielo per cortesia –
- gelosa? –
- pare che la mia fama l’abbia raggiunta – ridacchia lui
- beh, non poteva essere altrimenti – commento io, che la sua fama la conosco fin troppo bene – come va con lei? –
- mi piace molto – confessa lui, dopo aver giocato un po’ con il gelato in silenzio
- non mi dire! – esclamo io, quasi urlando – hai trovato chi ti ha messo la palla al piede? –
- può darsi – dice lui per non sbilanciarsi, ma la scintilla che ha negli occhi non gliel’avevo mai vista.
- ne sono proprio felice! – dico, abbracciandolo con gioia.
 
Poco dopo, mi sento chiamare, e voltandomi mi ritrovo davanti Leonardo.
- Ciao – rispondo al suo saluto e quando noto i suoi occhi spostarsi su Luca, li presento tra loro.
- non sei ad aiutare Lorenzo? – chiedo, curiosa di sapere come ha fatto a defilarsi.
- di che parli? – mi chiede lui, e io lancio un’occhiata a Luca, prima di esporgli cosa mi ha detto Lorenzo.
- nostro padre è partito due giorni fa e tornerà la prossima settimana – risponde Leonardo
Perché Lorenzo mi ha raccontato una frottola del genere? Se non voleva vedermi, bastava dirlo.
Riesco a mantenere la mia dignità, non mostrando quanto questa bugia mi faccia male, ma il fratello del mio ragazzo vanifica i miei sforzi.
- stamattina Lorenzo è uscito presto. Credevo che stesse venendo da te, non vi stavate parlando al telefono scusa? Mi pareva fosse la tua voce. -
- no, non ero io. Non sento tuo fratello da due giorni. – dico atona, cercando di trattenere le lacrime
- devo aver capito male io – tenta di rimediare lui, e io mi ritrovo a pensare che è la prima volta che lo sento così particolarmente loquace.
- non ha importanza – dico alzandomi e subito Luca mi imita, salutiamo e ci allontaniamo.
 
- andiamo, ti porto a casa – mi dice Luca, una volta arrivati alle nostre cose ed iniziando a raccattarle
- non voglio tornare a casa – sussurro io con voce rotta, che lo fa fermare e girarsi a guardarmi. Sento le prime lacrime rotolarmi giù e lui subito mi abbraccia – non portarmi a casa – ripeto
- sono qui, Eleonora. – mi sussurra nell’orecchio.
Non so quanto ho pianto, né quanto ancora sono rimasta tra le braccia di Luca quando ho smesso.
Di nuovo, mi sono rifiutata di andare a casa, costringendo invece il mio amico a restare in spiaggia fingendo che andasse tutto bene.
Tornati dal bagno, prendo in mano il mio cellulare.
5 chiamate perse. Tre sono di Lorenzo e due di mia madre. Elimino le notifiche e rimetto via il telefono.
Leonardo deve aver avvisato il fratello della sua gaffe.
Non ho proprio voglia di sentirmi propinare delle scuse ridicole, quando ancora non sono pronta ad affrontare il tutto, o quanto meno a fingere che non faccia così male.
 
Siamo rimasti praticamente solo noi ed il sole inizia a calare.
Fa quasi freddo, ma forse sono io che lo avverto, per quanto male sto.
Sento il mio telefono vibrare in continuazione ed in realtà un po’ mi sento in colpa per mia madre, a cui questa mattina non ho detto con chi stavo andando via. Le avevo anche detto che sarei rientrata per cena, e credo sia abbastanza preoccupata, dato che a quest’ora sarei già dovuta essere a casa.
Luca ha risposto alla chiamata di Laura, me la sono fatta passare e devo ammettere che un po’ mi ha sollevato parlare con lei, che si è dimostrata davvero comprensiva. Mi ha spronato quanto meno a tranquillizzare mia madre sul dove sono e con chi.
Mi ha anche consigliato di dare il beneficio del dubbio a Lorenzo, prima di giungere a conclusioni affrettate dettate solo da indizi circostanziali.
Le ho risposto che si vede che studia per diventare avvocato, e questo mi ha strappato la prima risata dall’incontro con Leonardo.
Le ho chiesto se posso rubarle Luca anche per la serata e lei mi ha risposto di non preoccuparmi, dato che loro si sarebbero visti l’indomani in ogni caso.
Il suo primo consiglio lo seguo chiedendo al mio amico se può chiedere ai suoi di ospitarmi per la notte. Non sarebbe la prima volta che dormo da lui, anche se dall’ultima volta sembrano passati secoli.
Quando i suoi gli dicono che va bene, gli chiedo di avvisare mia madre.
- Cho, dovresti chiamarla tu –
Riesco solo a scuotere il capo, lui sospira e la chiama con il suo cellulare.
- si, sig.ra Daniela, salve sono Luca… Si, Eleonora è con me… Si, si sta bene. Fisicamente, si… si, ecco, ho chiesto ai miei se può venire a dormire da me… si, nessun disturbo, si figuri, è la benvenuta… eh… aspetti –
Luca mi ha guardata tutto il tempo mentre parlava al telefono, ma le successive parole sono per me – tua madre vorrebbe parlarti – mi dice, aspettando che io faccia un cenno qualsiasi prima di passarmi il cellulare.
Io non so cosa fare, parlarle mi farebbe scoppiare a piangere, lo so. E allora è Luca a decidere per me.
- vuole richiamare dai miei più tardi? Si. Si, non si preoccupi… è in buone mani, gliel’assicuro… si certo… a domani… buonanotte –
- grazie, Luca -
- per te questo ed altro, Cho – mi dice, dandomi una carezza sulla guancia.
Mi perdo a guardare il mare e poco dopo sento il suo telefono che inizia a vibrare. – è di nuovo Laura – mi dice alzandosi.
Io non mi muovo e lui continua – ti scoccia se rispondo, ehm, da solo? –
- no, vai pure – dico con un sorriso malizioso, ma quando mi giro lui si è già allontanato.
Eh, Laura l’ha proprio preso al guinzaglio. Il pensiero mi solleva di poco l’umore e mentre Luca non c’è sistemo tutte le nostre cose.
Quando torna, un po’ pensieroso, mi trova pronta e sorridente – andiamo? – gli chiedo spiazzandolo non poco.
Mi osserva per un attimo, e poi mi accontenta.
 
 

 
 
Io e Luca siamo in auto, mi sta riportando a casa dopo la notte passata da lui.
Mi sono divertita molto con le sue sorelle gemelle, che hanno un paio di anni meno di noi, ho parlato con mia madre, tranquillizzandola ed interrompendola subito quando ha nominato Lorenzo, per dirmi che era passato a casa ed era preoccupato.
Fermando la macchina sotto casa mia, Luca mi prende le mani tra le sue.
- Eleonora, ascolta. Ti parlo da uno che solitamente è dall’altra parte. Parlagli e lascia che si spieghi. Dagli il beneficio del dubbio, come ha detto Laura, magari è tutto un enorme malinteso. –
Il suo tono è serio e capisco che ci crede davvero in quello che mi sta dicendo, tesi avvalorata dall’uso del mio nome intero.
- Luca. - esordisco calma - Di solito dall’altra parte ci sono io con te. Ho lasciato tre o quattro ragazze al posto tuo, ho fatto finta di aver assistito a te che ne tradivi un altro paio, ho effettivamente assistito a te che ne tradivi non so quante... –
- Lorenzo non è come me – mi interrompe lui.
- questo non puoi saperlo. Ci avrai parlato due volte. –
- riconosco i miei simili – mi dice con un ghigno, e io sono tentata di credergli – ascolterai il consiglio mio e di Laura? –
Io sfilo le mani dalle sue e le alzo – va bene, va bene. –
- e se mi sono sbagliato – riprende di nuovo serio – andrò personalmente a spaccargli la faccia -
Se c’è un aggettivo che non potrei mai associare a Luca è “violento”, ma sono certa che per difendere il mio onore non esiterebbe a dare qualche pugno.
Lo saluto con un bacio sulla guancia e inizio a salire verso casa, mettendoci quanto più tempo possibile.
 
Resto fuori dalla porta ancora un secondo, poi dopo un enorme sospiro, indosso un sorriso e finalmente rincaso.
Mia madre quasi mi investe in un abbraccio, che io ricambio con piccole pacche sulle sue spalle.
Sembra così piccola, mentre mi rendo conto che l’ho superata in altezza. Mi sento così in colpa per come l’ho fatta preoccupare ieri e le sussurro un – mi dispiace – tra i capelli.
Lei scioglie l’abbraccio e mi scruta a lungo – mi dispiace averti fatto preoccupare – le ripeto, per riempire il silenzio.
- sei qui, è questo che conta. Stai bene? –
Sto bene? No, non direi. Però sto meglio di ieri in spiaggia, e sono pronta ad affrontare il mio ragazzo e le sue spiegazioni.
- sto bene – le dico e lei inclina la testa di lato, con uno sguardo che sembra dirmi “chi speri di convincere?”.
- se credi di sapere la risposta, perché mi poni la domanda? – le chiedo con un sorriso, e la sorpasso andando verso le scale.
- Eleonora – mi richiama lei e io mi volto a guardarla, in attesa che continui – lo sai che a me puoi dire tutto? –
- lo so – rispondo
- ma non lo farai – Non è una domanda.
- non lo farò – le confermo con un sorriso – ma questo non vuol dire che io non ti voglia bene –
- te ne voglio tanto anche io –
- lo so – replico di nuovo – posso andare ora? – chiedo con un sorriso
- richiesta approvata! – replica lei in stile militare e io salgo le scale ridacchiando.
 
Entro in camera e faccio letteralmente cadere a terra la borsa che ho in spalle, che atterra sul pavimento con un tonfo, e poi mi lancio di peso sul letto.
Non faccio in tempo a pensare a niente, che la porta si spalanca e Fabrizio si butta su di me urlando - Sis! – 
- ehi! Piano! Le costole sembra che mi servano tutte –
- ieri è stato un infermo! la mamma era così preoccupata per te e faceva di tutto perché papà al telefono con capisse che c’era qualcosa che non andava! Anche Lorenzo era così preoccupato per te! –
- alla mamma ho già chiesto scusa – replico io, ignorando la stilettata che mi è arrivata al sentire quel nome
- e Lorenzo? –
- non sono io a dover chiedere scusa – ribatto, fiera di me per l’inflessione completamente atona che ho dato alla frase.
Chissà se anche davanti a lui sarò così forte.
- ma cosa è successo? – mi chiede confuso, strappandomi un sorriso tenero.
- sono curiosa di saperlo anche io – gli confido con tono confabulatorio – ora fuori di qui che mi devo cambiare – ordino indicandogli la porta e lui quasi schizza fuori.
 
Quando scendo giù, dopo essermi sistemata ed aver indossato un fresco vestito bianco, non c’è nessuno.
- Ma? Ci? – chiamo gironzolando per casa, trovandola deserta.
- vabbè – dico ad alta voce e mi piazzo sul divano accendendo la tv.
Sto tranquillamente facendo zapping quando sento la mia suoneria partire. È quella della sveglia, e guardando l’orologio del soggiorno faccio mente locale che è l’ora della pastiglia che prendo ogni giorno.
Mi guardo intorno per zittire il cellulare e mi rendo conto che devo averlo lasciato su in carica.
- che palle – esclamo, salendo su e spegnendo la ormai assordante sveglia.
Stacco il cellulare dalla presa e vedo la notifica dei messaggi lampeggiare. Guardo chi è senza entrare nel messaggio e quando leggo “Lorenzo” chiudo senza leggere.
Non voglio leggere stupide scuse, deve venirmele a dire in faccia.
Sto scendendo giù, ma mi blocco sentendo un rumore. Sto quasi pensando di essermelo immaginato, quando lo sento di nuovo.
Faccio dietrofront e dalla camera di mio fratello esco con la mazza da baseball in mano. Con la sicurezza che la mia arma mi infonde, scendo le scale a piedi nudi, senza emettere un suono.
Mi guardo intorno guardinga, pronta a difendermi se necessario e cercando di captare nuovi rumori.
Dopo un controllo in cucina faccio per tornare in soggiorno, e nel mio campo visivo compare un’ombra. Calo la mazza da baseball addosso a chiunque sia, e solo dopo che sento il contraccolpo per aver colpito il mio avversario, realizzo che potrebbe essere mia madre o Fabrizio.
- ma sei impazzita?! –
La voce che mi urla contro è quella di Lorenzo, che disteso a terra con il naso sanguinante mi guarda con rimprovero
- così impari a bussare! – urlo io di rimando, ancora scossa e molto infastidita dalla sua accusa.
Che diamine! È lui che si muoveva di soppiatto in casa mia!
- veramente ho bussato, e quando non mi hai aperto sono entrato dalla porta sul retro, che tua mamma mi ha lasciato aperta apposta – si tampona il naso con la mano e dopo aver fatto una smorfia continua – credo che tu mi abbia rotto il naso –
Mi munisco di panno pulito che bagno sotto l’acqua e mi inginocchio accanto a lui, spostandogli la mano e tamponandogli il sangue, cercando di valutare se ha ragione o meno.
Mi osserva in silenzio mentre finisco la mia opera, e parla solo dopo che gli ho dato un po’ di carta da infilarsi a mo’ di tappo nelle narici.
- grazie – mormora piano – e scusa se ti ho spaventato, non era mia intenzione farmi scambiare per un ladro –
- spero di non avertelo rotto davvero il naso, ma dovremmo andare in pronto soccorso – replico io alzandomi e cercando con lo sguardo il cellulare per chiamare mia madre.
Lui mi afferra un braccio, delicato ma deciso, dopo essersi alzato a sua volta – il mio naso può aspettare. Sono qui per parlare con te –
- non dire assurdità. Possiamo parlare nelle ore che ci toccherà aspettare in pronto soccorso. Se andiamo adesso, possiamo essere fuori per cena, spero –
Un naso rotto, su un ragazzo maggiorenne, non è certo un caso della massima urgenza. Gli passerebbero davanti praticamente tutti, e più tardi andiamo, peggio è.
- ma… non… non saremo soli – balbetta, e credo si sia anche imbarazzato.
- prometto che non ti picchierò davanti a testimoni – dico con un sorriso un po’ amaro – anzi, credo di aver già fatto abbastanza –
- Ele… - protesta di nuovo lui
Lo zittisco – Lore, per piacere, se non vuoi farlo per te, andiamoci per me. Mi sentirei più tranquilla se ti curassero a dovere quanto prima –
Lo lascio lì senza aspettare replica, vado su recupero il cellulare e le scarpe, controllo di essere più o meno presentabile e torno a scendere.
Trovo Lorenzo che si tiene la testa con una mano, mentre con l’altra si regge al muro.
- ehi! Ti gira la testa? – gli chiedo subito allarmata e lui veloce abbassa la mano cercando di simulare sicurezza, ma gli esce solo una smorfia di dolore.
Mia madre non risponde al telefono, e lui di certo non può guidare in queste condizioni. Io ho solo il foglio rosa ed inizio ad agitarmi non sapendo cosa fare.
- chiama tuo fratello, mia madre non risponde – gli dico, cercando di non fargli capire il mio stato d’animo.
- mio fratello non è a casa – replica lui – ora che torna tanto vale aspettare che risponda tua madre –
Mi parla ad occhi chiusi, e lentamente. – andiamo. – ordino – guido io la tua auto – affermo con una sicurezza che assolutamente non ho.
- ma sei fuori? Tu non hai la patente! –
- l’ospedale non è lontano. – dico per convincere più me che lui.
- si, infatti. - Mormora lui – ce la posso fare a guidare io –
- non se ne parla – ribatto, e dopo un ultimo tentativo con mia madre, lo prendo sottobraccio e mi avvio.

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Capitolo 16
*** Capitolo 15: lo so ***


Capitolo 15: Lo so

 
Siamo arrivati al pronto soccorso senza rischiare la vita. O il ritiro della patente di entrambi.
Il tragitto è stato tutto sommato semplice: la strada era dritta e c’era un solo semaforo (al quale mi è morta l’auto due volte), ma a parcheggiare ci ha dovuto pensare Lorenzo.
Quello sarebbe stato troppo per me.
Ora siamo seduti in sala d’aspetto, lui si è registrato e gli hanno dato del ghiaccio da tenere sul naso.
Nessuno dei due ha aperto bocca, se non per “comunicazioni di servizio”.
Io rabbrividisco: le sedie in metallo dell’ospedale sono gelide, come lo è anche l’aria che esce dal condizionatore. Io capisco che siamo in estate, ma diamine non fa così freddo nemmeno in pieno inverno! Ci saranno più di 15 gradi di escursione termica tra dentro e fuori!
Lorenzo mi allunga le chiavi dell’auto, ed al mio sguardo interrogativo mi dice – c’è una mia felpa in auto –
Vado a prenderla e torno dentro indossandola.
Mi sento un po’ ridicola: è davvero enorme!
Lorenzo mi accoglie con una risatina, e io gli lancio un’occhiataccia, risedendomi accanto a lui.
- dovresti smetterla di mettere cose talmente corte da non vedersi da sotto al giubbotto, o da sotto una mia felpa – mi sussurra avvicinandosi.
Non riesco a capire se il suo tono è solo divertito o anche contrariato. Io comunque ribatto a metà tra divertita e contrariata.
- è la tua felpa ad essere troppo grande. Guarda! – gli dico muovendo un braccio e facendo muovere gli almeno 10 cm di manica che avanzano – non mi si vedono nemmeno le mani -
- queste basta arrotolarle, scema – replica lui, posando il ghiaccio sulla sedia accanto e sistemandomi entrambe le maniche.
Una volta finito, intreccia le dita con una delle mie mani, e io mi ritrovo a sorridergli, con un timido – grazie -.
 
Quando tocca a lui, nemmeno troppo tempo dopo, slegare le nostre mani mi provoca un senso di abbandono, così nascondo la mia srotolando la manica.
Finalmente mia madre si degna di richiamarmi, e per rispondere esco fuori per non disturbare la quiete della sala d’attesa.
Le spiego brevemente cos’è successo, dandomi mentalmente della stupida per aver esordito con – sono al pronto soccorso –
La rassicuro che è tutto ok, o quanto meno niente di grave, e poi le chiedo dove sono spariti lei e Fabrizio senza nemmeno avvisare – se è una vendetta per ieri, mi pareva di averti già chiesto scusa – le dico risentita.
- non siamo all’asilo – replica lei seccata – ti ho già perdonata per ieri e che razza di madre si “vendicherebbe”? – e poi mi spiega che le era arrivata una telefonata mentre ero in bagno e aveva mandato Fabrizio ad avvisarmi.
Mi faccio andare bene le sue parole e la saluto, dopo che mi ha avvisato di non aspettarla a pranzo (che mi ha già lasciato pronto nel frigo) e di passare a prendere Fabrizio al doposcuola estivo prima di cena.
- se Lorenzo si ferma a cena, dovreste andare a fare un po’ di spesa, ok? – mi dice lei titubante e io le rispondo con un flebile – d’accordo -.
Quando mi giro per rientrare, quasi mi viene un infarto ritrovandomi Lorenzo accanto.
- potresti gentilmente smetterla di farmi prendere paura? -
- scusa, non l’ho fatto apposta. Nessuna delle due volte. – replica alzando le mani
- che ti hanno detto? – cambio argomento io, notando la specie di cerotto che ha sul naso.
- sembrerebbe che non me lo hai rotto, è solo una botta. – mi risponde sorridendo – devo tornare tra un paio di giorni, quando si sarà sgonfiato. -
- puoi guidare? -
Il sorriso gli vacilla un attimo alla mia richiesta, ammetto frettolosa – ti porto a casa? – mi chiede un po’ mogio
Decido si scherzarci su, battendogli un piccolo pugno sulla spalla – direi che abbiamo già rischiato all’andata, no? Adesso è il caso che ci porti tu sani e salvi a destinazione -
Anche il viaggio di ritorno è silenzioso, io guardo fuori dal finestrino nel cui riflesso noto che Lorenzo si gira a guardarmi spesso.
Arrivati sotto casa mia, con la coda dell’occhio lo vedo innervosirsi mentre ferma la macchina ma la lascia in moto.
- non puoi parcheggiare qui – gli dico e riesco a notare sul suo volto il lampo di sorpresa alle mie parole
- abbiamo un discorso in sospeso, no? – riprendo.
Lui indurisce un po’ la sua espressione, ma non dice nulla, parcheggiando in silenzio ed entrando in casa assieme a me.
 
Il silenzio si protrae a lungo, io non so cosa dire e lui sembra essersi chiuso in sé stesso, e la cosa inizia ad innervosirmi davvero.
Decido di andare a prendere un bicchiere d’acqua per entrambi, ed il mio spostamento pare riscuoterlo. Sento il suo sguardo addosso, seguirmi in cucina e osservarmi tornare da lui e porgergli il bicchiere.
- grazie – mormora lui, beve un sorso e poi riappoggia il bicchiere sul tavolino basso che c’è tra noi.
Rimane proteso in avanti, verso di me, si schiarisce la voce e dopo aver incatenato i miei occhi ai suoi, comincia.
- Eleonora, ascolta – prende un sospiro, facendo una piccola pausa – partiamo da cosa è successo alla casa al mare. –
Io chiudo un attimo gli occhi. Onestamente non mi interessa più.
O meglio, considerato che sembra essersi rivolto altrove, mi pare evidente che io sia stata effettivamente inadeguata. Non mi serve che me lo confermi a parole né, peggio ancora, che invece mi menta dicendomi che andava bene.
- non fare così – dice – per piacere ascoltami fino in fondo, decidendo solo alla fine se vuoi credermi o no. Puoi fare questo, per me? –
Mi guarda serio e davvero speranzoso, così annuisco e mi impongo di fare come chiede: ascoltarlo fino alla fine.
- ho sbagliato quella mattina a non insistere a parlarne, perché è chiaro che l’abbiamo presa diversamente – inizia lui – non mi è chiaro se ti sei arrabbiata perché ho voluto fermarmi o per qualcos’altro, ma non me ne pento assolutamente. – continua estremamente serio e qualcosa sul mio viso deve tradire la mia perplessità
- hai capito bene si – ora nella sua voce c’è una venatura di rabbia, che diventa sempre più palese mentre continua – hai una vaga idea di cosa significhi vedere la persona che ami che soffre e la causa sei tu? -
Spalanco la bocca, non per quello che ha detto, ma per come mi ha definita: la persona che ami. Non è come dirmi ti amo direttamente, ma il concetto è quello.
Lui deve aver scambiato la mia espressione per incredulità, perché prosegue quasi urlando – cazzo, piangevi! Come avrei potuto andare avanti? –
- io – cerco di dire, ma lui mi zittisce con un gesto della mano
- hai detto che mi facevi parlare fino alla fine – dice deciso e quando annuisco va avanti – credo sia chiaro che io voglia farlo con te, e non hai idea di come ero felice quando in spiaggia mi hai detto di essere pronta – la sua voce si abbassa un po’ e i suoi occhi lasciano i miei, concentrandosi sul bicchiere che guarda senza in realtà vederlo – tu eri agitata e anche io mi sono fatto prendere dall’agitazione. Non sapevo cosa dovevo fare… -
Si interrompe e si butta indietro con la schiena, afflosciandosi quasi sullo schienale del divano – cioè si, tecnicamente sapevo cosa dovevo fare – si corregge lanciandomi un’occhiata ed un mezzo sorriso – ma non è che io sia particolarmente ferrato in materia –
Ad entrambi scappa una breve risata, e forse vedere ridacchiare anche me lo sprona a proseguire – non volevo farti male, cioè… so che la prima volta alle ragazze fa male, però speravo fosse una cosa di un momento. E invece tu cercavi a tutti i costi di essere forte, perché Eleonora Bianchi non ha paura di niente… - mi dice con una punta di rimprovero
- volevo – inizio a giustificarmi, ma vengo zittita di nuovo
- non avevi niente da dimostrare, Ele. Né a me, né a te stessa. Né a chiunque altro. Eppure eri tesa come una corda di violino. Avevi paura e io non sapevo cosa dirti, o come fosse meglio comportarmi per cercare di farti rilassare. Quando ho deciso di mettere fine a… quello, ho pensato che volessi spazio. – tutto questo me lo dice guardandomi dritto negli occhi, che a questo punto abbassa – io ne avevo bisogno. Volevo calmarmi, togliermi dalla testa l’immagine di te che trattenevi le lacrime e darmi dell’idiota perché non sono stato capace di regalarti una prima volta decente. –
Lo ascolto rapita e lui prosegue – poi mi sono dato dell’idiota perché ti avevo lasciato lì da sola, e chissà su che tangente stavi partendo tu – di nuovo mi rivolge un mezzo sorriso e un’occhiata triste – ma quando sono tornato dormivi e non ho voluto svegliarti. Sembravi così fragile… - abbandona anche la testa indietro, guardando il soffitto – ti sei rannicchiata addosso a me e l’unica cosa che ho potuto fare è stata stringerti. – sospira pesantemente, e si tira su, tornando a guardarmi – la mattina dopo non c’eri, mi hai fatto spaventare da matti. Pensavo fossi scappata, sarebbe stato da te –
- forse – mi lascia il tempo di ammettere con un sorriso un po’ divertito e, dopo esserselo concesso anche lui, riprende con un’espressione abbattuta
– non sei scappata fisicamente, ma in realtà lo hai fatto. Non ne hai voluto parlare, poi ti sei nascosta dietro una finta allegria. Non ho capito se per non rovinare la giornata o se perché stavi semplicemente riflettendo sull’accaduto, comunque te l’ho lasciato fare. Ti ho lasciato anche mettere quell’orribile silenzio tra noi. E qui ho sbagliato di nuovo, perché mi ero convinto ti servisse del tempo per pensare, e mi sono fatto da parte per una giornata intera, con tutte le intenzioni di venire da te il giorno dopo e costringerti a parlarne -
- ok, basta. Adesso mi fai parlare – lo interrompo, e ricomincio a parlare prima che mi zittisca di nuovo – quello che hai detto è vero. – faccio una pausa per cercare di mettere insieme quello che voglio dire e mi rilasso un po’ quando noto che lui non ne approfitta per ricondurmi al silenzio – io mi sentivo pronta davvero, e si, nonostante questo avevo paura. – confesso, ma non mi pesa farlo come avrei immaginato – non sapevo cosa aspettarmi, non sapevo cosa dovevo fare, non volevo deluderti, non volevo apparire inadeguata… -
- inadeguata? Deludermi? – mi interrompe quasi con rabbia – ma le senti le stronzate che dici? –
- fammi finire – gli dico calma, con gli occhi lucidi ed un groppo alla gola, e lui si ridimensiona all’istante – in quel momento mi sentivo così. E mi sono sentita così anche dopo. Quando mi hai lasciato sola quella sera, quando non ne ho voluto parlare al mattino dopo, quando ho fatto finta di niente tutto il giorno. In realtà volevo solo cancellare l’accaduto. Fare finta che non fosse successo. E si, volevo stare da sola. Volevo che tu la smettessi di guardarmi a quel modo. –
- che modo? – mi chiede
- con dispiacere. – gli rispondo – mi faceva sentire ancora più sbagliata. – ammetto con una smorfia.
Quando lui non riprende a parlare, continuo trovando il coraggio di guardarlo dritto negli occhi – il giorno dopo mi ha seccato parecchio che tu non mi abbia scritto nulla. E anche se da una parte volevo effettivamente cercare di non pensare a te, mi sono comunque sentita ignorata e messa da parte. A maggior ragione quando alla fine ho sconfitto il mio orgoglio e ti ho scritto per prima, e tu mi hai risposto che… avevi da fare. –
Quando smetto di parlare, mi rendo conto di essere diventata tesa e ostile. Abbiamo chiarito quanto successo alla casa al mare, cosa lo ha spinto ad agire in un modo, e cosa ha spinto me ad agire in un altro.
Ma ora siamo arrivati al nocciolo della questione: la sua bugia su ieri.
- credi che per me sia stato facile non scriverti? Ignorarti una giornata intera, dopo quello che era successo? – mi chiede infastidito – ero terrorizzato da che film mentali ti saresti fatta, perché ormai ti conosco e so che te li fai – blocca sul nascere la mia protesta e poi continua – ho scritto a tua madre, inventandomi che non mi rispondevi. E lei mi ha chiamato. –
- davvero? – chiedo sorpresa
Lui annuisce e continua – mi ha detto che aveva intuito che io e te avessimo litigato. Ho negato, perché in effetti non abbiamo litigato, ma non potevo nemmeno dirle cos’era successo – mi dice arrossendo leggermente – così le ho spiegato che ti stavo lasciando spazio per riflettere senza addentrarmi in particolari, e lei mi ha detto che eri fuori con Valeria e Ambra, e che mi avrebbe avvisato quando saresti rientrata –
- perché avrebbe voluto avvisarti? –
- così potevo passare – mi risponde
- ma non lo hai fatto –
- ci ho messo troppo ad arrivare – sospira un po’ rassegnato – quando tua madre mi ha aperto la porta, Greta era già qui e stavate discutendo. –
- hai sentito? – chiedo allarmata
- no. Si sentivano solo i toni, non del tutto pacifici. –
- già – ora sono io a sospirare amareggiata
- non mi pareva il caso di presentarmi dopo che lei se n’è andata, e tua madre ha avuto l’idea della sorpresa –
- quale sorpresa? – chiedo perplessa
- subito dopo che Greta è uscita, mi è arrivato il tuo messaggio. Quando ho visto il tuo nome, devi credermi, stavo per venire su di corsa. Poi ho letto il testo, parlavi dell’indomani e mi sono reso conto che era probabile che non volessi vedere nessuno. Allora tua mamma mi ha convinto a scrivere a Valeria e Ambra, perché si inventassero degli impegni per l’indomani, e lo stesso si è inventata lei per sé e Fabrizio. –
- perché? – continuo ad essere perplessa
- perché così saresti stata libera per me. Se nessuno dei tuoi amici poteva uscire, e io non fossi stato disponibile, era probabile che saresti stata a casa, e io avrei potuto stanarti –
- e che sono, una lepre? – ridacchio io, iniziando a collegare le cose – quindi eri tu con Fabrizio quella sera -
- una volpe, piuttosto – replica, anche lui divertito – e si, con Fabrizio c’ero io. Avrei voluto vederti, ma mi sono accontentato di sentirti. –
- volevo vederti anche io. Ci sono rimasta male per la tua risposta: era così fredda -
- me ne sono reso conto tardi. Nella concitazione di orchestrare tutto, senza per altro far capire a tuo padre che stava succedendo, mi sono limitato a pensare solo ad una scusa da propinarti. Mi dispiace – ed il suo dispiacere lo posso vedere anche nel mezzo sorriso che mi rivolge – e non ho pensato a Luca, e questo è stato il mio quarto errore. Ma anche se l’avessi fatto, non avevo il suo numero, quindi in ogni caso non avrei potuto avvisarlo. –
- quindi, ieri… ? – vorrei chiedere dov’eri, con chi, ma non riesco a finire di porre la domanda e lascio la frase in sospeso.
- quindi, ieri ero qui. Ero in cucina quando tu sei fuggita via. –
- Fabrizio ha fatto cadere la sua preziosa attrezzatura per avvisarvi – deduco in un sussurro
- stava per mettersi a piangere dopo che sei uscita – mi racconta e io scuoto il capo, immaginandomi la scena – io avrei voluto sbattere la testa sul muro. – continua lui, attirando su di sé il mio sguardo – ti ho anche rincorsa, ma avevi quel mezzo minuto di vantaggio e ho solo potuto vedere la macchina che ti portava via. –
- e poi? – chiedo, anche se credo di aver capito cosa sia successo, da lì in poi, ma voglio sentirglielo dire.
- poi sono tornato a casa mia. Avevi detto che saresti rincasata per cena, non aveva senso passare la giornata qui. E non volevo che tua madre mi vedesse come un cane in trappola, non più di quanto avesse già fatto quella mattina e la sera prima –
- cane in trappola? –
- non sapevo con chi eri. Nemmeno a lei è venuto in mente Luca tra le alternative possibili, e io… - mi guarda in modo strano, sembra divertito – e io mi sono fatto i film in testa, geloso marcio di chi stava rubando a me la tua compagnia –
- potevi chiamarmi –
- avresti risposto? –
- Credo di si. In quel momento stavo solo cercando una distrazione al pensiero di non poterti vedere. Non ce l’avevo con te. –
- allora questo è stato il mio quinto errore – ammette dispiaciuto, io faccio spallucce e lui continua dopo un sospiro – e poi mi è arrivata la chiamata di mio fratello. Leonardo mi ha detto che forse mi aveva messo nei casini, avendoti incontrata ed essendosi fatto sfuggire che papà non era in città e facendoti quindi capire che la mia era una bugia. –
Resto in silenzio, ricordandomi come mi sono sentita umiliata in quel momento, e lui si affretta a continuare.
- ho provato a chiamarti, ma non mi hai risposto. Allora ho avvisato tua madre, ma non hai risposto nemmeno a lei. Mi sono fatto dare il numero di Luca, ma era occupato, e quando ho riprovato, non mi ha risposto nemmeno lui. L’ora di cena è arrivata e passata, e di te nemmeno l’ombra. – lo sento che mi guarda, ma io continuo ad osservare con immenso interesse il centrotavola di mia madre, fa un altro sospiro e continua - Poi lui ha chiamato tua madre, dicendogli che non saresti tornata, che dormivi fuori. Ho aspettato un po’ e ho scritto a Luca che quello era il mio numero, e se potevo chiamarlo senza che te ne accorgessi –
Mi sfugge uno sbuffo dal naso – ha detto che era Laura. Adesso che ci penso avrei dovuto capire che mi stava mentendo –
- non avercela con lui – lo difende Lorenzo
- no, certo – mormoro io, tornando di nuovo al meraviglioso centrotavola
- gli ho raccontato le cose come stavano e lui mi ha suggerito di aspettare stamattina. Mi ha detto quanto male sei stata e mi sono sentito davvero uno schifo… -
- sia lui che Laura ti hanno difeso tutta la sera, convincendomi ad ascoltare la tua versione –
- immagino che li dovrò ringraziare –
- dovresti, si –
A questo punto cala il silenzio e il gioco sta a me. Lui mi ha raccontato la sua versione ed io l’ho ascoltata.
- riesci a credermi? – mi domanda dopo che il mio mutismo prolungato.
Ma il punto non è credergli o no. Perché inventarsi tutto questo quando potrei smascherarlo facilmente chiedendo a mia madre o a Luca conferma delle sue dichiarazioni?
Il fatto è che Lorenzo mi ama. Me l’ha più o meno detto a parole e direi che le sue azioni parlino anche di più.
E io amo lui.
Tanto.
E abbiamo rischiato di rovinare tutto solo per mancanza di comunicazione. Di cui, e lo ammetto, la prima causa sono io. Dunque, tiriamo fuori tutto quello che ho da dire.
- Lorenzo – mi mordo il labbro dopo aver detto il suo nome e lui mi guarda in trepidante attesa – Lore, io ti amo – diretta e concisa.
Lui sgrana occhi e bocca, e io sorrido del fatto che sia davvero stupido che lui ne sia sorpreso.
– e ti credo. Ti ho già detto come mi sono sentita dopo il nostro… ehm… tentativo. E credimi, dopo quello che è successo da quando ho parlato con tuo fratello, sono certa che lo preferisco poco loquace come al solito. Se non fosse entrato nei particolari, se mi avesse semplicemente detto “no, non sono con Lorenzo” senza dirmi che tuo padre era via e che tu eri andato a casa di una ragazza, forse… beh forse non avrei pensato che tu fossi andato a cercare consolazione altrove –
Le mie parole attecchiscono con calma, o probabilmente Lorenzo era ancora shoccato dalla mia dichiarazione iniziale che il mio discorso successivo viene elaborato al rallentatore.
Quando finalmente realizza quale sia stato il mio pensiero, quasi scatta in piedi.
- che cosa? – esclama, mi verrebbe da dire disgustato all’idea – io… no! No, ma cosa stai dicendo? Ma per chi mi hai preso? Ele, ti prego… –
- siamo due stupidi, Lore – lo interrompo io, sorridendo mi alzo e gli tendo la mano affinchè faccia lo stesso – sarebbe bastato parlare chiaramente – proseguo, prima di abbracciarlo e affondare il viso sul suo petto
Mi stringe subito anche lui appoggiando una guancia sulla mia spalla.
- anche io ti amo, Ele – mi sussurra nell’orecchio.
Mi lascio sfuggire una risata e poi gli rispondo – lo so -.
Una citazione di uno dei suoi film preferiti, che lui coglie e poi ride con me.
 

 
 
Pranziamo insieme con quello che mi ha lasciato mia madre e poi ci piazziamo sul divano a vedere un film.
Io sono seduta con le gambe raccolte, e sul cuscino che ci ho appoggiato sopra, Lorenzo ha appoggiato la testa e si è disteso.
Gli sto accarezzando i capelli e all’ennesima mia domanda a cui non ottengo risposta, mi accorgo che si è addormentato.
Continuo con le mie coccole, mentre mi nasce un sorriso radioso.
Impreco quando il mio cellulare inizia a suonare e lo sveglia. Ormai il danno è fatto, e con delicatezza lo sposto per andare a rispondere.
La disturbatrice si rivela essere mia madre, a cui in effetti non ho più detto come è finita. Le racconto a grandi linee cosa i medici hanno detto a Lorenzo, e che abbiamo pranzato assieme qui a casa.
A quel punto mi pare di sentirla sospirare sollevata, e quasi timorosa mi pone la domanda successiva.
- Lorenzo si ferma anche a cena? –
Sorrido, guardando il ragazzo che si sta stropicciando gli occhi, ancora mezzo addormentato.
- si. Che devo prendere di spesa? –
Intenta a osservare Lorenzo, che mi guarda con un’espressione buffissima, non riesco a capire se l’urletto di gioia che ho sentito dall’altra parte del telefono c’è stato davvero o me lo sono solo immaginato.
Comunque mia madre mi detta un elenco di cose e io le chiedo per che ora torna.
- non credo prima delle 7.30. Lo sai che i primi giorni del mese sono sempre pieni in ufficio. Ricordati che alle 7 arriva il pulmino di Fabrizio a scuola, dovreste andarlo a prendere… a Lorenzo non scoccia, vero? –
- no. no, tranquilla. – la tranquillizzo mentre un’idea prende forma nella mia mente - Senti e se facciamo così: andiamo a prendere Fabrizio, e prendiamo una maxipizza per asporto? Così nessuno deve prendersi la briga di cucinare, e nel frattempo tu sarai a casa. Che dici? –
- mi sembra un’ottima idea. Tesoro devo andare, il capo mi guarda già male. – e riaggancia
Lorenzo intanto si è alzato e viene ad abbracciarmi da dietro, lasciandomi un bacio sul collo, che mi fa ridacchiare.
- era tua madre? –
Annuisco ed espongo anche a lui i programmi della cena, che lui approva, tra un bacio e l’altro, che vanno dalla mia mascella fino alla spalla.
- e cosa vorresti fare ora? – mi chiede
- questa piacevole tortura non mi dispiace affatto – mormoro io, inclinando la testa di lato, per concedergli più superficie.
Le sue mani vanno alle spalline del vestito, che abbassa con gesti lenti, mentre io sciolgo il fiocco che stringe il vestito sotto al seno e che, ora che le spalline sono giù, è l’unica cosa che tiene il vestito al suo posto.
Come abbasso le braccia, scivola giù silenzioso, lasciandomi in biancheria in un paio di secondi.
Lorenzo smette di baciarmi e mi fa girare verso di lui, ammirandomi nuovamente dall’alto in basso.
Mi riavvicino a lui, sfilandogli la maglia subito dopo che Lorenzo mi ha slacciato il reggiseno. Entrambi vanno ad aggiungersi al mucchietto del mio vestito, sul pavimento, e presto finiscono lì anche i suoi pantaloni.
Ci togliamo le mutande a vicenda e Lorenzo si siede sul divano, prendendomi per mano e facendomi sedere su di lui.
Mi solletica con una mano, mentre l’altra gioca con un mio capezzolo. Gli restituisco le carezze, gemendo piano quando fa entrare le dita.
Mi chino a baciarlo, sposto la mia mano, con lentezza. Il suo borbottio contrariato viene zittito dal mio bacio. Con la stessa lentezza faccio spostare anche la sua mano, e avvicino i nostri bacini.
Mi allontana quel poco che gli serve per guardarmi negli occhi, e trovare la conferma delle mie intenzioni. Mi bacia la fronte e poi mette le sue mani ai lati dei miei fianchi.
Sposta lo sguardo in basso e lo faccio anche io. Fa una leggera forza sui fianchi per direzionare i miei movimenti, e io lo assecondo.
Nel momento in cui lo punta sul mio ingresso, torna a guardarmi negli occhi.
Dopo un attimo mi stringe piano le mani sui fianchi e io intuisco cosa devo fare, e inizio a muovermi piano verso il basso.
Lo sento e fa male, ma non come quella sera. È un dolore quasi piacevole.
Non smetto di guardare Lorenzo negli occhi, e mi sembra che la pupilla si espanda sempre più a scapito dell’iride.
Mi attira a sé in un bacio, e con le braccia mi spinge ancora verso il basso. Quando non è possibile andare oltre, mi abbraccia stretto e poi porta le sue mani ai lati del mio viso.
- va… va tutto bene? – mi chiede a bassa voce
Io riesco solo ad annuire, ma questo gli basta. Mi bacia ancora e poi riporta le mani sui fianchi.
- ora… ora devo… uscire – mi dice, sospingendomi piano verso l’alto.
Non mi è chiara la cosa, ma mi fido di lui e di nuovo lo assecondo, anche quando alla fine mi sospinge di lato e si alza.
- dove… ? –
Ma capisco da sola dove sta andando, quando lo vedo tirare fuori un preservativo dal portafoglio.
Il seguito è decisamente più semplice. E più piacevole.
Ecco, diciamo che il termine giusto è soddisfacente.
 
Entrambi appagati, restiamo nudi a coccolarci per un po’ prima che io mi decida ad alzarmi per sistemare il mio soggiorno, onde evitare che sia palese quello che è appena successo.
- Ele? –
La voce di Lorenzo mi sembra tesa, e mi volto verso di lui perplessa.
Lui allunga le braccia verso di me, io gli prendo le mani e mi lascio attirare verso di lui, che è seduto sul divano.
- stai bene? È tutto… ok? –
Mi nasce subito un sorriso.
- sto una meraviglia – gli rispondo, ricordandomi perfettamente che è la stessa frase che gli ho detto quel giorno, ma il tono è completamente diverso.
Sorride anche lui, e dopo un ultimo bacio alla mia pancia, si riveste assieme a me ed insieme sistemiamo il tutto.
Apro anche le finestre, per far girare l’aria, ma poi capisco che l’odore che sento ce l’ho addosso.
Sa di me, sa di Lorenzo. Sa di noi.
È l’odore che non smetterei mai di voler annusare.
- perché non ti fai una doccia? Io… io intanto vado via un attimo –
- dove? Perché? – chiedo subito e lui mi circonda con le braccia.
Su di lui il nostro odore lo sento anche di più.
- era l’unico che avevo. – mi sussurra tra i capelli
- l’unico? Ma di cosa…? oh. – no ok, ho capito che intende.
- credo di non sbagliare nel volerne fare scorta – continua allontanandosi da me per guardarmi in volto, con un ghigno malizioso.
- e credi bene – gli confermo io, sfoggiando lo stesso sorriso.

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Capitolo 17
*** Epilogo ***


Epilogo

 
Mio padre scende dall’auto, poi viene ad aprirmi la portiera e allunga la mano per aiutarmi a fare altrettanto.
Scendendo, il sole quasi mi acceca. È pieno di gente, ma io non sono in grado di riconoscere nessuno.
Mia madre mi sistema il vestito, ma Ambra quasi la caccia via, dichiarando che quello è il suo ruolo, allora lei (mia madre) ripiega a sistemare la cravatta a Fabrizio.
Solo quando Ambra è pienamente soddisfatta, ci dà il premesso di entrare.
Quando i miei occhi finalmente mettono a fuoco il cambio di luci da fuori in piena battuta di sole, alla penombra della sala, i miei occhi corrono a lui.
A Lorenzo.
Lorenzo che mi aspetta all’altare.
Accanto a lui, Enrico si sporge per un’ultima sistemata al fiore appuntato sulla giacca dello sposo, poi mi sorride e mi fa l’occhiolino.
Tutto questo lo registro solo vagamente, perché non riesco a distogliere lo sguardo dalla luce che vedo negli occhi del mio futuro marito.
Mio padre mi stringe un po’ il braccio, facendomi capire che dobbiamo iniziare a camminare, e dopo aver lasciato fare a lui il primo passo, lo seguo e percorriamo la navata, in mezzo ad un mare di sorrisi.
Mi bacia sulla fronte, poi stringe la mano a Lorenzo ed infine esce di scena.
Lorenzo tende il braccio verso di me, io gli prendo la mano ed insieme facciamo l’ultimo passo.
 
A poco più di 13 anni dal nostro primo bacio, ci scambiamo il primo da marito e moglie, mentre i nostri familiari ed i nostri amici ci sommergono di riso e coriandoli, felici esattamente come lo siamo noi due.
 
 
 
 
 
---
Eccoci dunque alla fine.
La fine di questa storia, non di quella reale.
A giugno di quest’anno saranno passati tre anni dal nostro matrimonio, e sedici anni dal famoso messaggio che ha dato il via a tutto.
Che dire… beh la storia non è completamente originale, l’ho farcita con qualche avvenimento che non è mai accaduto, per riempire i vuoti di memoria, in mancanza di ricordi attendibili.
Sono contenta che nel 2007 io abbia iniziato a scrivere questa storia, probabilmente ora ricorderei molte meno cose di com’è nata.
Davvero, leggendo la prima stesura, ho chiesto conferma a mio marito che alcune cose fossero andate davvero così, perché non me le ricordavo affatto.
Spero non si noti troppo dove ho voluto revisionare a fondo e dove ci sono andata più leggera.
Non volevo stravolgere del tutto il mio lavoro iniziale di ventenne, limitandomi a correggere gli errori, ma in alcuni punti mi sono fatta prendere la mano.
Giusto per la cronaca, la frase “il mio culo da 7 e mezzo” viene tutt’ora utilizzata, di tanto in tanto.
 
Alcuni amici negli anni li abbiamo persi, e ne abbiamo trovati di nuovi.
Ambra è stata la mia testimone di nozze. Ed Enrico quello di mio marito.
Tutt’ora li vediamo ad ogni occasione possibile.
Con Luca e Laura (che nella vita reale è arrivata qualche anno dopo e che si sono sposati nel 2014) ci sentiamo ancora spesso e ci vediamo almeno quattro volte l’anno (per i compleanni), nonostante non abitiamo più vicino e bisogna faticosamente incastrare i nostri impegni lavorativi e familiari (in questi tempi di Covid facciamo aperitivi in video conferenza, ed in effetti ci vediamo più di prima).
Greta è stata la prima che ho perso di vista. Attualmente è sposata con Mattia, lo stesso ragazzo con il quale si è messa ed è sparita quindici anni fa. Ci ha allontanate tutte, contattandoci solo se le serviva qualcosa.
Ci ho sofferto molto per questo, perché era davvero diventata la mia migliore amica.
Però ho anche capito che se cambiava migliore amica ogni due/tre anni, cosa che è continuata a succedere anche dopo, forse un motivo c’è. Abbiamo addirittura formato un club “ex migliori amiche che Greta ora odia”.
Valeria ed io abbiamo continuato ad uscire insieme per lungo tempo. Ma poi ci siamo perse anche noi.
Non ho mai sopportato Serena ed onestamente ritrovarmela ogni volta che si usciva insieme ad un certo punto mi ha stufato. Prima abbiamo diradato le uscite, poi circa cinque anni fa io sono andata a convivere e Valeria si è fidanzata con l’attuale compagno, nonché padre di sua figlia.
Abbiamo provato ad incastrare i nostri impegni, provando a riavvicinarci in più di un’occasione, però purtroppo quello che c’era un tempo lo abbiamo perso crescendo.
Anche Serena da poco è diventata madre, e devo ammettere che le rare volte che la incontro ora, trovo piacevole scambiare un due chiacchiere con lei.
Francesco e la sua Laura si sono sposati, se non erro nel 2013. Sono andata al loro matrimonio e li ho invitati al mio, a cui però loro non hanno potuto partecipare perché per lavoro erano all’estero.
Adesso, da diversi anni, vivono in Francia, e qualche volta io e Francesco ci commentiamo vicendevolmente i post su Facebook.
Non mi sono mai tolta la curiosità di conoscere la verità. Sapere cioè se quel fantomatico interesse all’epoca fosse o meno reciproco. Ormai non è più importante, ma ogni tanto ci penso e quasi quasi glielo vorrei chiedere.
Così, giusto per chiudere il cerchio.
 
Tutto sommato mi ritengo fortunata, ormai è sempre più raro che le storie nate tra i banchi di scuola sopravvivano poi alla “vita reale”.
Dalla nostra io ed il mio “Lorenzo” (che non è il suo vero nome, come Eleonora non è il mio, né ho usato i nomi reali per tutti gli altri personaggi) abbiamo il fatto che cerchiamo sempre di chiarirci, quando litighiamo.
Perché litighiamo. Litighiamo a volte più spesso a volte più sporadicamente.
A volte per stupidaggini, a volte per cose più serie.
A volte sono litigate leggere, altre più pesanti.
Però quello che poi le appiana è il venirsi incontro. Ammettere di avere torto, o di aver sbagliato.
 
Spero che tutti voi che siete arrivati a leggere fino qui possiate un giorno trovare la persona giusta.
Ma quello sarà solo il primo passo. Poi bisognerà lottare per costruire insieme qualcosa che duri.
Qualcosa che regga tutto lo schifo che c’è fuori.
Ve lo auguro di tutto cuore.
 
Arkady

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