Albion House [Fraxus Day 2020] di Eryiss (/viewuser.php?uid=1172547)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La casa ***
Capitolo 2: *** Il tuttofare ***
Capitolo 3: *** L’ospite ***
Capitolo 4: *** La chiamata ***
Capitolo 5: *** La ferita ***
Capitolo 6: *** Il festival ***
Capitolo 7: *** La chiusura ***
Capitolo 1 *** La casa ***
Note
della traduttrice:
Ciao
ragazzi,
sono Soly
Dea! Forse non
lo sa quasi nessuno, ma io nella vita reale studio traduzione e
interpretariato, quindi ho pensato di combinare il mio amore per la
traduzione
al mio recente amore per la Fraxus (grazie Angie_Dreyar
<3)
traducendo le storie di un bravissimo autore di fanfiction in lingua
inglese, Eryiss,
che ho già contattato per il permesso e che potete trovare
qui: AO3
- Fanfiction.net
- Tumblr.
Spero
che la storia vi piaccia e che la traduzione sia piacevole. Fatemi
sapere cosa
ne pensate e io lo riferirò all’autore! Tanto le note
dell’autore quanto la storia in sé (compreso
titolo e immagine introduttiva) sono di
proprietà di Eryiss, io mi occupo solo di tradurre.
Link
della
storia originale QUI
(riporto per comodità solo Fanfiction.net ma come ho detto
sopra potete trovare le sue storie anche su AO3 e Tumblr).
Note
dell’autore:
Ho
scritto
questa storia per il Fraxus Day
2020. Alla fine è diventata una long di cui
pubblicherò un nuovo capitolo a
settimana ogni giovedì. Spero che vi piaccia, mi sono
divertito molto a scriverla.
L’evento è stato gestito da Fuckyeahfraxus.
Vi
ringrazio
in anticipo per qualsiasi
commento, per me significa molto. Spero che vi piaccia e grazie per la
lettura.
Capitolo
1 – La casa
Freed
non si
sarebbe mai aspettato che la
morte di sua madre potesse essere così tediosa.
Probabilmente
avrebbe dovuto sentirsi un po’
più sconvolto. D’altronde, tra lui e sua madre non
c’era mai stata ostilità, né
un tragico segreto o una storia di litigi o abusi, eppure era rimasto
stranamente intoccato dalla notizia della sua morte. Non si era nemmeno
irrigidito, si era sentito piuttosto come se un collega gli avesse
detto che
sua madre era morta. Era solo un evento, qualcosa che influenzava la
sua vita
ma non le sue emozioni.
L’indifferenza
di Freed era dovuta
probabilmente al fatto che lui e sua madre non si parlavano da anni, ma
– di
nuovo – senza alcun motivo. Non si parlavano e basta. Con suo
padre, invece,
aveva sempre avuto un bel rapporto, e quando era morto quattro anni
prima Freed
aveva sofferto molto, cercando poi di riprendersi come meglio poteva.
Sua madre
era quella che portava il pane a casa e forse era per questo che il
loro
rapporto non era mai stato molto intenso dal punto di vista emotivo.
Nessuno
dei due si era mai sforzato di avvicinarsi all’altro:
ciò che li aveva tenuti
insieme per lunghi anni era stato suo padre. Di conseguenza, dopo la
morte di
quest’ultimo, Freed e sua madre non avevano più
avuto alcun motivo di parlare.
Nessuno dei due era particolarmente sensibile, quindi nessuno dei due
aveva
cercato conforto tra le braccia dell’altro ed entrambi
avevano preferito
starsene per conto proprio.
La
morte di
sua madre fu appunto tediosa.
Subito
dopo
si succedettero una serie di cose,
quali la necessità di pianificare il funerale, la gente che
non sapeva proprio
come portarsi nei suoi confronti e un’enorme
quantità di condoglianze da parte
di persone che nemmeno conosceva. Freed era sempre stato molto
pragmatico,
quindi sperò che un’esperienza del genere non si
ripetesse mai più. In
occasione della morte di suo padre, c’era stata almeno la
tristezza a tenerlo
distratto. Ma questo era semplicemente… be’,
tedioso.
Forse
la cosa
peggiore era il fatto che dopo
la morte di qualcuno bisognasse leggerne le ultime volontà,
cosa che a Freed
appariva totalmente insensata dal momento che aveva ereditato
praticamente
tutto. Freed ne era già a conoscenza – santo cielo, era
lui l’avvocato
della sua famiglia ed era stato lui stesso a redigere quel documento
– ma
doveva comunque adempiere il suo dovere. Di conseguenza, fu costretto a
prendersi un’ora dal lavoro per salire di due piani
l’edificio in cui lui
stesso lavorava e sedersi di fronte ad un altro avvocato –
Natsu Dragneel, che
aveva svolto il tirocinio presso di lui per un anno – mentre
quest’ultimo gli
spiegava la legge e cosa essa comportasse. A Freed, a colui che
gliel’aveva
insegnata!
Come
se non
bastasse, praticamente tutto ciò
che aveva ereditato presentava delle condizioni. Si era ritrovato con
un sacco
di debiti derivanti sia da prestiti che dal gioco d’azzardo,
per cui il suo
punteggio di credito aveva immediatamente incassato un duro colpo. Tra
i beni
che sua madre gli aveva lasciato e di cui prima o poi Freed avrebbe
dovuto
occuparsi, c’era perfino una proprietà che ora era
praticamente sua.
In
effetti
non sembrava affatto male, tranne
che per la sua posizione. La vita di Freed era radicata nel cuore della
città
praticamente da sempre, mentre quella casa si trovava nel bel mezzo
della campagna,
a chilometri di distanza da ciò che Freed considerava la civiltà. Il
motivo per cui sua madre possedesse quella casa Freed non lo sapeva
– lei era
sempre stata legata alla vita cittadina, aveva sempre e solo vissuto ad
Era –
ma ora sfortunatamente quella casa era diventata sua.
Il
viaggio in
treno, dopo ben tre ore e mezza,
giunse finalmente al termine.
Avrebbe
venduto la casa, naturalmente. In
effetti, dati i debiti in cui verteva, Freed non capiva proprio
perché sua
madre si fosse ostinata a tenerla. In quell’area i valori
immobiliari erano
alti e c’erano molte persone ricche che avrebbero desiderato
godersi la loro
pensione lì. Quella villetta a tre stanze sarebbe stata
perfetta per loro. Ma prima
Freed aveva bisogno di vederla, di parlare con gli agenti immobiliari e
di
firmare la rinuncia. Tedioso anche quello.
Quando
scese
dal treno, si rese conto di
quanto quella zona fosse diversa da Era. Una zona aperta, dove
l’aria aveva un
odore diverso e il paesaggio sembrava un’illustrazione di un
romanzo
vittoriano. Tutto molto idilliaco, ma Freed non aveva nessuna
intenzione di
rimanerci abbastanza da apprezzarlo. Cercò il servizio taxi
e ne prenotò uno per
raggiungere la sua nuova proprietà.
A
quanto
pareva, la Uber1 in quella zona non era
ancora arrivata.
L’auto
giunse abbastanza presto e, a parte
alcuni tentativi da parte del taxista di strappare a Freed
più di una risposta
concisa, il tragitto fu piuttosto silenzioso. Durante quei quaranta
minuti,
Freed osservò i campi scorrere attraverso il finestrino, le
narici pregne
dell’odore di concime. Nonostante molti lodassero
l’aria fresca della campagna,
Freed preferiva di gran lunga l’odore del petrolio a quello
del letame (o quel
che era).
Fortunatamente
il suo cellulare si illuminò permettendogli
momentaneamente di accantonare il pensiero di quell’odore
disgustoso. Diede
un’occhiata al nome – Agente immobiliare
– per poi portarsi il cellulare
all’orecchio accettando la chiamata. Aveva bisogno di una
valutazione della
proprietà e quell’uomo sembrava il migliore in
zona. Freed sperava che fosse anche
il più veloce.
“Signor
Clive” lo salutò poggiandosi al sedile
dell’auto.
“Signor
Justine” rispose l’agente immobiliare
con tono gioviale. “Volevo informarla che sono qui di fronte
alla casa e che la
sto aspettando. Ci sono state alcune valutazioni nel corso degli anni e
sono
tutte piuttosto simili, quindi non dovremmo metterci molto”.
“La
ringrazio” disse Freed annuendo a se
stesso e rivolgendo lo sguardo al GPS secondo cui sarebbe giunto a
destinazione
in circa cinque minuti. “Sono quasi arrivato”.
“Bene”.
Il tono di Gildarts gli fece intendere
che stava sorridendo. “Mi dispiace che sia stato costretto a
venire fin qui per
questo”.
“Non
è colpa sua” disse Freed con tono pacato,
anche se non del tutto sincero. “Prima ci sbrighiamo
meglio è”.
“Non
potrei essere più d’accordo di
così”.
Gildarts sorrise ancora.
“Per
quale motivo la casa è già stata
valutata?”
chiese Freed aggrottando leggermente la fronte.
“A
quanto pare, sua madre aveva già provato a
venderla. Due volte online e una volta con un agente immobiliare.
Chiaramente
non è andata bene”. L’uomo rise.
“Ma stavolta andrà meglio. Noi sappiamo cosa
fare”.
Dopo
altri
inutili convenevoli, la chiamata
terminò. Freed si ritrovò con
un’espressione accigliata: una villetta in quella
zona avrebbe dovuto essere venduta senza difficoltà. Il
fatto che la casa di
sua madre, nonostante la posizione perfetta e le sue qualità
apparentemente
ottime, non avesse avuto successo, non preannunciava nulla di buono.
Cercò di
essere ottimista ma alla fine capì che anche vendere quella
casa sarebbe stato
tremendamente fastidioso.
Arrivò
a destinazione dieci minuti dopo: gli
ci volle più del previsto perché si
ritrovò bloccato nel traffico a causa di
una mandria di mucche che pascolavano da un campo all’altro,
seguite da un
incurante agricoltore che fissò il taxi come se fosse un
affronto al suo stile
di vita.
Fu
in quel
momento che Freed capì perché sua
madre non era riuscita a vendere quella casa.
Era
a dir
poco fatiscente. Nel fiore dei suoi
anni, sarebbe stata la casa di campagna ideale, con le pareti bianche e
il
tetto in ardesia. Avrebbe avuto un giardino ricco di piante ben potate,
una
quercia grossa ma curata e – come nei migliori
cliché – un cane che gironzolava
nei pressi della porta. Sfortunatamente il fiore di quegli anni doveva
essere
passato da secoli perché al momento la casa incarnava uno
stato di abbandono
che Freed non aveva mai visto in vita sua. Il tetto stava cadendo a
pezzi, il
giardino era così pieno di erbacce che non si vedeva altro e
una finestra stava
letteralmente cadendo dalla parete. Quella casa era inabitabile e
praticamente
invendibile.
Perfetto.
Sua
madre lo aveva lasciato con dei
debiti, tre armadi piedi zeppi di vestiti sgualciti e un edificio che
nessuna persona
sana di mente avrebbe acquistato. Le sue speranze di ricavarci qualcosa
erano
praticamente inesistenti.
Man
mano che
Freed si avvicinava all’edificio,
un uomo gli venne incontro lasciando la sua auto con un sorriso sul
volto. Era
decisamente più vecchio di lui, probabilmente tra i quaranta
e i cinquanta anni
per essere gentili, e lo salutò con un cortese
“Ciao”. Era chiaramente l’agente
immobiliare e si stava mostrando molto più ottimista di
quanto Freed si sentisse
al momento.
“Signor
Justine, piacere di conoscerla di
persona” gli disse.
“Anche
per me”. Freed annuì, nonostante il suo
tono di voce non rispecchiasse quelle parole. Gildarts rise.
“Immagino
che si aspettasse qualcosa di…
diverso”. L’uomo ridacchiò ancora e
Freed si sentì infastidito da tutto
quell’entusiasmo.
“Probabilmente pensava che si trattasse di un edificio un
po’ più abitabile,
vero?”
“Qualcosa
del genere” concordò Freed guardando
la casa in modo quasi accusatorio.
“Se
le è di conforto, la struttura è molto
sicura. Non voglio mentirle, lì dentro ci sono probabilmente
centinaia di
problemi che andrebbero risolti ma almeno il tetto non ci
cadrà sulla testa”.
L’agente rise di nuovo, una risata che in altre situazioni
sarebbe suonata
sicuramente meno fastidiosa. “Le spiego i dettagli mentre
entriamo. Sono sicuro
che vuole terminare velocemente”.
“Sì,
se possibile”.
Gildarts
annuì, poi raggiunse nuovamente la
sua auto. Ritornò con due caschi protettivi, di quelli che
si usano sui
cantieri, e Freed li guardò con cautela. Gildarts sorrise e
gli diede una pacca
sulla spalla con una forza non necessaria.
“Il
tetto di per sé non cadrà, ma
c’è sempre
la possibilità che cadano le piastrelle del soffitto, quindi
meglio stare attenti”.
Sogghignò rumorosamente indossando il casco e inoltrandosi
nell’edificio.
Freed, dopo un momento di esitazione, lo seguì.
______________________________
“Quindi
mi stai dicen–” piccola interruzione
“–praticamente
invendibile”.
Freed
sfregò leggermente i denti. Stava
camminando per la via principale del paese con il cellulare
all’orecchio,
cercando di fare del suo meglio per comprendere la voce spezzata di
Evergreen. Sembrava
che le strade di campagna recepissero perfettamente i segnali
telefonici, mentre
nella maggior parte delle aree abitate era praticamente impossibile
avere una
conversazione senza interferenze. Era veramente fastidioso.
“Praticamente
sì”. Freed sospirò scansando una
coppia che veniva verso di lui. “È troppo malmessa
per chiunque la voglia
comprare. Il mio agente immobiliare ha detto che la cosa migliore da
fare è trovare
un’asta immobiliare disposta a prenderla e a venderla ad un
prezzo basso”.
“Perché
non la demol–”. Un altro suono
graffiante. “–e vendi il
terreno–“. Un breve suono acuto.
“–agricoltore o
agente immobiliare?”.
I
muscoli di
Freed si tesero leggermente a
quel suggerimento. In realtà ci aveva già
pensato, ma quando aveva detto a
Gildarts che quella sembrava l’unica cosa logica da fare,
l’uomo l’aveva guardato
con una sorta di compassione nello sguardo. Poi gli aveva dato una
pacca sulla
spalla facendolo nuovamente sobbalzare per la forza di quel gesto e
aveva
aggiunto un’altra dose di seccature a quella situazione
ridicola.
“A
quanto pare è un edificio tutelato, con un qualche
valore storico da preservare” sospirò Freed
rallentando un po’. Il ronzio del
cellulare sembrava essersi calmato e ora il segnale era molto
più forte. “In poche
parole, la casa deve rimanere lì”.
“Se
è così importante, perché hanno
lasciato
che si riducesse in quelle condizioni?” chiese Evergreen, la
cui voce era
finalmente molto più chiara.
“In
realtà mia madre riceveva chiamate e lettere
dal consiglio comunale praticamente da anni”. Freed si
strofinò un occhio con
la mano libera sospirando ancora. “Immagino che presto
toccheranno a me. Insieme
alle lettere e alle chiamate per i debiti, ovviamente”.
“A
quanto potrebbe essere venduta attualmente?”
“25
mila se vogliamo essere ottimisti. Ma siccome
l’esterno non può essere modificato,
sarà piuttosto difficile trovare qualcuno
disposto ad acquistare una casa in quello stato”.
Non
era
nemmeno lontanamente vicino alla somma
necessaria per pagare i debiti di sua madre, nemmeno aggiungendo i suoi
risparmi. Nonostante fosse un avvocato d’ufficio di successo e
risparmiasse parecchio
da più di dieci anni, Freed non poteva considerarsi ricco.
La sua famiglia era stata
benestante, ma non gli aveva mai dato nulla per evitare di viziarlo.
Fino a
quel momento non glien’era importato granché, ma
quel debito a sei cifre aveva completamente
destabilizzato la sua tranquilla vita. Inoltre, avrebbe preferito non
toccare i
suoi risparmi: li aveva messi da parte per se stesso, non per i
casinò online di
cui sua madre sembrava appassionata.
“Non
potresti renderla più vendibile?”
suggerì
Evergreen masticando qualcosa, e Freed si sentì
incredibilmente irritato dai rumori della sua bocca. Dal momento che lui ed Evergreen erano colleghi, sapeva che
stava
mangiando un’ora prima della pausa pranzo.
“Sistemala un po’ ”.
“Non
è semplicemente malmessa, è proprio
inabitabile”
grugnì Freed. “Le finestre sono sbarrate, il
giardino è praticamente una
giungla, le assi del pavimento si muovono, i mobili sono ammuffiti e un
uccello
ha fatto il nido sul forno”.
“Pianta
dei fiori in giardino e prepara un
dolce per quando verranno i clienti” scherzò
Evergreen e Freed si trattenne a
stento dal ridere.
Non
riusciva
ad avercela con sua madre. In
fondo le aveva voluto bene e forse, se lui si fosse sforzato di
parlarle e avesse
scoperto del suo vizio per il gioco d’azzardo, le avrebbe
impedito di contrarre
quei debiti. Ovviamente era un rimpianto del tutto inutile: pensare a
cosa
avrebbe potuto fare se avesse saputo, non avrebbe cambiato
assolutamente nulla.
Ora non gli rimaneva altro da fare che subirne le conseguenze.
“In
qualche modo ce la farai” disse Evergreen.
“Lo
so”. Freed annuì. “Ma non so ancora come
di preciso”.
“Be’,
ho appena fatto delle ricerche e ho
scoperto che c’è un hotel molto carino da quelle
parti”. Evergreen sorrise e
Freed sentì che stava cliccando con il mouse sul computer.
“Tutte le recensioni
sono positive, sembra che si mangi molto bene e che il personale sia
simpatico”.
“Buon
per loro” disse Freed con la fronte
aggrottata.
“Ti
ho prenotato una stanza” annunciò Evergreen
sorridendo. Freed fece per parlare ma Ever lo interruppe.
“Rimani lì una
settimana. Potresti passarla a pensare a cosa farne della casa oppure
trascorrere semplicemente una bella vacanza, visto che te la meriti.
Vai a
scalare qualche montagna o qualcosa del genere. Ti manderò
una valigia con
tutto quello che ti serve”.
“No”
chiarì Freed categoricamente.
“Non
mi sembra di averti dato possibilità di
scelta, tesoro”.
Evergreen sorrise. “Ho già pagato tutto. Se rimani
consideralo un regalo da parte mia. In caso contrario, ti ritroverai
con un
debito in più e sappi che posso essere molto peggio di
qualsiasi ufficiale
giudiziario e che condividiamo l’ufficio, quindi ti
renderò la vita un inferno”.
“Mi
stai sia ricattando che minacciando”
grugnì Freed. “Tecnicamente potrei denunciarti per
molestie sul posto di lavoro”.
“Sì,
ma sei tu il mio avvocato quindi ti
ritroveresti a combattere contro te stesso”. Evergreen rise.
“Cosa che
sicuramente riusciresti a fare, dato che il tuo ego è
così sproporzionato che
potresti apparire su uno di quei siti per persone che credono di essere
assolutamente geniali”. Freed si lasciò sfuggire
un sospiro indignato ed Ever
rise di nuovo. “Prenditi un po’ di tempo per te.
Ogni tanto ci vuole una
settimana libera e perché non ora? Goditi la campagna,
respira l’aria fresca,
leggi un libro”.
“Leggo
già costantemente, l’aria fresca qui
odora letteralmente di merda e la campagna è
un’inutile, infinita distesa di
verde che mi fa venire voglia di occuparmi di qualche caso in
più contro gli
ambientalisti”.
“Oh,
smettila di piangerti addosso”. Evergreen
rise ancora. “Trova l’hotel, bevi qualcosa e
rilassati per una settimana”.
Dopo
un
attimo di riflessione e un sospiro, Freed
parlò di nuovo. “Come si chiama
l’hotel?”
“Fairy
Tail Inn” lesse Evergreen ad alta voce. “È un po’ banale,
ma le stanze sembrano molto belle e le recensioni sono tutte positive.
Dovrebbe
trovarsi alla fine della via principale, in cima alla
collina”.
Freed
si
voltò comprendendo di essere passato
accanto all’hotel in cerca di segnale. Non ci aveva prestato
molta attenzione,
troppo impegnato a cercare di capire cosa stesse dicendo Evergreen al
telefono,
ma in effetti quell’hotel non sembrava male.
L’unico vero motivo per cui se ne
era ricordato era il fatto che credeva che avessero commesso un errore
sull’insegna
– Tail invece di Tale2 – ma
evidentemente si era sbagliato. Si
incamminò lungo la strada dicendo ad Evergreen che aveva
capito dove si
trovasse l’hotel.
“Okay,
ti lascio allora”. Evergreen sorrise,
mentre tornava il ronzio telefonico di poco prima. “Ci
vediamo tra una
settimana. Oh, mandami una foto di te che guardi la casa arrabbiato,
così posso
prenderti in giro. Ciao!”
Ever
chiuse
la chiamata prima che Freed
potesse rispondere. L’avvocato roteò leggermente
gli occhi.
Quando
raggiunse la cima della collina, percorse
un giardino piuttosto pittoresco e poi si addentrò nel Fairy
Tail. Dietro il
piccolo bancone della reception, una ragazza con i capelli a caschetto
gli
sorrise. Freed si avvicinò leggendo il nome sul cartellino
– Lisanna – prima che
lei potesse descrivergli cortesemente l’hotel.
“È
qui per mangiare o per alloggiare?” chiese
visibilmente entusiasta.
“Per
alloggiare” spiegò Freed “Una mia amica
deve avermi prenotato una stanza. Mi chiamo Freed Justine”.
“Un
attimo solo”. Lisanna sorrise tirandosi
indietro e digitando sul computer.
Mentre
lei
lavorava, Freed fece vagare lo
sguardo per la sala. All’esterno l’edificio
appariva incredibilmente rustico e per
questo Freed aveva temuto che l’interno fosse altrettanto
antiquato. Al
contrario, aveva un aspetto moderno, pulito e relativamente carino. In
altre
parole, l’edificio si presentava come una sorta di
agriturismo, distinguendosi
in questo modo dagli alberghi di lusso ma vantando ugualmente servizi
di buona qualità.
C’erano
alcuni certificati appesi alle pareti,
principalmente premi da parte di diverse aziende. C’era anche
un documento che
proclamava con orgoglio MAGNOLIA:
borgo dell’anno 2019. Freed si chiese vagamente
se si trattasse di qualcosa che esibivano tutte le imprese o se Fairy
Tail fosse
il cuore dell’intero borgo.
“Ecco”
disse improvvisamente Lisanna e Freed
si rivolse nuovamente a lei. “Stanza 17. Se vuole seguirmi la
accompagno. Posso
anche portare le sue valigie se per lei va bene”.
“In
realtà non ho valigie” disse Freed e
Lisanna abbassò lo sguardo sul pavimento per averne
conferma. “In effetti è
tutto piuttosto improvvisato. Sto aspettando che mi mandino una
valigia, credo
che arriverà domani”.
“Oh,
okay”. Lisanna sorrise nonostante a Freed
fosse piuttosto chiaro che era un po’ confusa.
“Cosa la porta qui a Magnolia,
se posso sapere? Non abbiamo molti ospiti in autunno, in
realtà al momento lei
è l’unico”.
“Non
è un viaggio di piacere” spiegò Freed.
“Ho
ereditato una proprietà che vorrei vendere, ma non
è facile come pensavo,
quindi rimarrò qui per un po’ ”.
“Intende
Villa Albion?” chiese Lisanna quando
svoltarono l’angolo.
“Sì”
rispose Freed sorpreso.
“Oh,
mi scusi, probabilmente le sembra un po’ sospetto
che io conosca quella casa”. Lisanna rise.
“È malmessa da diverso tempo, ma
quando è giunta voce di un nuovo proprietario la gente
pensava che avrebbe
provato a ristrutturarla. Ovviamente, lei è libero di
venderla. Spero solo che abbia
più fortuna di sua madre–”. Lisanna si
interruppe chiaramente a disagio. “Oh,
mi dispiace. Per la sua perdita e per tutto il resto”.
“Non
si preoccupi” la rincuorò Freed. “Non mi
metterò a piangere sentendo il suo nome”.
Lisanna
sembrò sollevata e Freed cercò di non
apparire accigliato. La ragazza non aveva fatto nulla di sbagliato, ma
il fatto
che sapesse sia della casa che della morte di sua madre significava che
anche
altre persone ne erano a conoscenza. Aveva sperato di potersi liberare,
almeno
per una settimana, di tutti coloro che sapevano del lutto. Invano
naturalmente.
“C’è
qualche motivo in particolare per cui
questa casa è così importante?” chiese
Freed mentre salivano le scale. “So che va
preservata in quanto edificio storico, ma mi è parso di
capire che la gente si
sia interessata quando è venuta a sapere del nuovo
proprietario”.
“Non
esattamente”. Lisanna sorrise. “Penso che
tutti gli edifici del paese abbiano questo status. La gente vuole solo
che la
casa ritorni ad avere lo stesso aspetto di quando è stata
costruita.
Personalmente, credo che questo sia dovuto al fatto che il consiglio ci
guadagna molto quando qualche troupe cinematografica viene qui per
girare un
film”. Rise un po’. “È un
paese piuttosto piccolo, quindi le notizie si diffondono
rapidamente. È successa la stessa cosa anche
l’ultima volta che è stata venduta.
Pensavano che sarebbe stata ristrutturata”.
“Quindi
il fatto che ora sia ridotta in quelle
condizioni non è colpa di mia madre?”
“Non
l’ho mai vista in uno stato migliore”.
Lisanna scrollò le spalle, per poi assumere
un’aria riflessiva. “Penso che ci
sia un dipinto di come fosse in passato proprio nella sua stanza. Che
coincidenza!”
Lisanna
rise
continuando a camminare mentre
Freed la seguiva. Attraversarono qualche altro corridoio e poi
un’altra rampa
di scale prima di fermarsi di fronte ad una stanza dalla porta
visibilmente vecchia.
Lisanna tirò fuori dalla tasca un paio di chiavi e
aprì la porta rivelando la
stanza che avrebbe ospitato Freed per il resto della settimana. Freed
entrò e
si guardò intorno.
Era
una bella
stanza, progettata in modo tale
da apparire rustica e allo stesso tempo relativamente lussuosa. Forse
era un po’
piccola. Se il letto singolo avesse potuto parlare, avrebbe detto
chiaramente
che Evergreen non aveva voluto spendere troppo, ma nel complesso la
stanza era
abbastanza carina. C’erano un bagno privato, una TV e un
bollitore per le
bevande, praticamente tutto ciò che si potesse desiderare da
una stanza d’albergo.
Solo il soffitto – decisamente troppo basso lì
dove si inclinava – gli fece
storcere la bocca. Avrebbe dovuto stare attento a non urtare la testa
mentre si
alzava dal letto.
Il
suo
sguardo si soffermò poi sul dipinto
appeso alla parete, un’illustrazione dell’interno
di Villa Albion in condizioni
decisamente migliori di quelle attuali. Sembrava piuttosto confortevole.
“Carina,
vero?” Lisanna sorrise. “È per questo
che la gente vuole vederla ristrutturata”.
“Be’,
forse tra un po’ sarà così”
rifletté Freed.
“Molto probabilmente dovrò venderla ad
un’asta. Spesso si riesce ad attirare
persone in cerca di proprietà poco costose su cui lavorare,
o almeno è quello
che mi ha detto il mio agente immobiliare. Quindi forse
andrà così”.
“Non
sembra molto entusiasta, però”.
“Speravo
di ottenere qualcosa di più, devo
ammetterlo”. Freed sospirò guardando ancora il
dipinto. “È la mia ultima
spiaggia, dubito di trovare un’offerta migliore la prossima
settimana”.
“Non
potrebbe ristrutturarla e poi venderla?”
suggerì Lisanna.
“La
mia conoscenza in ambito immobiliare si limita solo all’aspetto legale”. Freed
ridacchiò. “Se dovessi provare a ristrutturarla,
avrei ottime probabilità di mandarla a fuoco. Non penso che
questo sia in linea
con le regole sulla tutela”.
“Credo
di no”. Lisanna rise. “Ora la lascio,
devo tornare alla reception. La colazione viene servita dalle sei alle
dodici
ed è inclusa nel prezzo della stanza. Quando arriveranno le
sue valigie gliele
porterò io, oppure lo farà mio fratello che
domani ha il turno alla reception. Se
ha bisogno di qualcosa, ci chiami”. Sorrise. “Le
auguro buona permanenza”.
Freed
la
guardò uscire. Una volta rimasto solo
nella stanza, esalò un lungo sospiro, il primo da quando era
entrato.
Di
nuovo, il
suo sguardo cadde curiosamente
sul dipinto.
Chiarimenti della traduttrice:
1 Uber
= servizio di trasporto automobilistico
privato, usufruibile tramite applicazione mobile.
2
Tail / Tale
=
queste due parole hanno pronunce simili. Fairy Tale significa
favola, Fairy Tail significa
coda di fata. Quando Freed legge l'insegna con scritto Coda di fata crede
che sia sbagliata e che forse i proprietari volevano scrivere Favola per dare
l'idea di un hotel da favola appunto. Invece l'insegna è
giusta.
|
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Capitolo 2 *** Il tuttofare ***
Note
della traduttrice:
Ciao
ragazzi,
sono sempre io, Soly
Dea, e oggi vi traduco il secondo capitolo di questa long di Eryiss che potete
trovare qui in lingua originale: AO3
- Fanfiction.net
- Tumblr. Ricordo
che titolo, immagine introduttiva,
storia e note d’autore sono sue, mentre io mi occupo solo di
tradurre.
ATTENZIONE:
in questo capitolo troverete molte
parolacce. Ci troviamo infatti in un borgo di campagna dove vive gente
umile
abituata a parlare in modo molto schietto.
Note
dell’autore:
Spero
che il primo capitolo vi sia piaciuto. Come ho detto, questa storia
è stata scritta per il Fraxus Day 2020, gestito da Fuckyeahfraxus. Andate a visitare la pagina per scoprire quali
altri contenuti sono stati prodotti per questo evento.
Vi
ringrazio per qualsiasi commento vogliate
lasciarmi. Per me significa molto. Spero che vi piaccia e grazie per la
lettura.
Capitolo 2 – Il
tuttofare
“Ma
porca puttana”.
“Non
è questo il modo di parlare ad una donna,
Laxus”.
“Ce
l’ho con ‘sta merda”.
Sbuffando
irritato, Laxus sbatté il cacciavite
nella cassetta degli attrezzi. Sul tavolo c’era il tostapane
professionale che
stava cercando di riparare da quella mattina e sulla griglia giaceva
pietosamente un’unica fetta di pane leggermente tiepida che
non aveva nemmeno
vagamente l’aspetto di un toast. Era la sesta volta in un
anno che quella maledetta
macchina si rompeva, tant’è che ormai Laxus la
considerava sua nemica.
Ma
non l’avrebbe lasciata vincere. Da quando
lavorava come tuttofare presso il Fairy Tail, aveva aggiustato
praticamente
qualsiasi dispositivo elettrico e non poteva assolutamente permettere a
quel
dannato tostapane di mandarlo in rovina. Solo nell’ultimo
anno era riuscito ad
avere la meglio su caldaie difettose, collegamenti pessimi e perfino
uno
schifosissimo problema all’impianto fognario. Un tostapane
non era nulla in
confronto.
“Perché
non dici a tuo nonno di comprarne uno
nuovo?”. Cana entrò nella stanza del personale
ridendo. “Quell’aggeggio avrà almeno
vent’anni, probabilmente non è più
nemmeno in grado di fare i toast. Magari c’è
solo una perdita di olio che fa sembrare il pane
abbrustolito”.
“Col
cazzo che lo faccio sostituire” sbottò
Laxus fissando i circuiti interni della macchina con un odio che
probabilmente
non meritava. “Se questo dannato coso viene sostituito,
saprà che ha vinto”.
“Ti
ricordo che è solo un tostapane”
commentò
Cana con tono atono.
“Non
me ne frega un cazzo” borbottò Laxus poggiandosi
allo schienale della sedia con le braccia dietro la testa.
“Che fai oggi?”
“Il vecchio mi ha chiamata perché a pranzo abbiamo
un bel po’ di ospiti e c’è bisogno di
qualche cameriere in più. Dopo lavoro al
bar”. Cana scrollò le spalle sedendosi a
cavalcioni su una sedia. “Tu?”.
“Nella
stanza 7 c’era una luce tremolante, ma
l’ho già riparata”. Laxus
sospirò. “Quindi ho pensato di mettermi ad
aggiustare
il tostapane”.
Gli
occhi lucidi del biondo vagarono
all’interno della piccola stanza fino a soffermarsi
sull’orologio. Sospirò
ancora. La sera prima aveva bevuto e, se non fosse stato per la
chiamata di suo
nonno alle 7 del mattino che minacciava di licenziarlo, probabilmente
sarebbe
rimasto a letto a smaltire la leggera sbornia. Anche se era riuscito ad
ottenere la colazione gratis da Mirajane, al momento
l’avrebbe scambiata
volentieri con delle coperte. Sentirsi in colpa per quella sbornia gli
aveva
dato un modo per passare il tempo, ma ora non aveva più
nulla da fare
praticamente per tutto il giorno.
Il
suo lavoro gli piaceva, ma era piuttosto incostante.
Si occupava di tutte le riparazioni di cui aveva bisogno
l’hotel di suo nonno, dall’impianto
idraulico fino a quello elettrico, oppure dava una mano in assenza di
personale. Tuttavia Makarov aveva sempre tutto sotto controllo e
oltretutto
vantava ottime relazioni con i suoi dipendenti, quindi le assenze erano
piuttosto rare. Di conseguenza Laxus non era mai particolarmente
indaffarato.
Naturalmente
non si trattava di un grosso
problema, ma c’era dell’altro.
Prima
o poi avrebbe dovuto scegliere se
rimanere in quel piccolo borgo per tutta la vita oppure andarsene una
volta per
tutte. Magnolia gli piaceva, il paesaggio era molto bello e gli
riportava alla
mente piacevoli ricordi della sua infanzia, ma Laxus sentiva che la sua
vita lì
era in qualche modo limitata. Un diploma in elettrotecnica non era poi
così
utile se l’unico lavoro disponibile era presso
un’officina dove una volta aveva
spaccato i denti al figlio del proprietario. Quel vecchio bastardo
avrebbe già dovuto
perdonarlo in effetti; erano passati sei anni!
Laxus
era grato a suo nonno per avergli
offerto quel lavoro perché in questo modo poteva sfruttare
il suo diploma
(seppur su schifosi tostapane) e guadagnarsi da vivere, ma allo stesso
tempo sentiva
di condurre un’esistenza noiosa ed era per questo che
spulciava le offerte di
lavoro online almeno due volte a settimana.
“Non
lo mangi?” chiese Cana avvicinandosi alla
fetta di pane riscaldata ma non tostata.
“No”.
Laxus aggrottò la fronte. “Perché, vuoi
mangiarlo tu?”
“Sono
povera”. Cana rise prendendo la fetta di
pane e mordendola.
“Ho
visto la credenza dove tieni gli alcolici,
non mi sembra proprio che tu sia povera” disse Laxus con fare
impassibile e
Cana rise continuando a mangiare la sua fetta di pane; non aveva
neanche
pensato a spalmarci qualcosa sopra. “Prendi il doppio delle
mie mance quando
lavoriamo insieme al bar. Dove vanno a finire tutti quei
soldi?”
Cana
sorrise. “Nella credenza degli alcolici”.
“Finirai
col fotterti i reni”.
“Mi
farò fare un trapianto”. Cana rise
ingoiando un boccone di pane. “A proposito di fottere,
hai scopato con
qualcuno di recente?”
“Vaffanculo!”
esclamò Laxus spalancando gli
occhi guizzanti, mentre la donna rideva apertamente.
Quello
era un argomento che la sua amica
tirava fuori spesso e con sempre meno vergogna. Loro due erano tra i
pochi
omosessuali dichiarati di Magnolia – o almeno, per quel che
ne sapevano – e perciò
condividevano una certa affinità per quanto riguardava le
relazioni. Avevano iniziato
ad avvicinarsi compatendosi l’un l’altro per il
fatto di non avere nessuno da
frequentare e in qualche modo avevano sviluppato un’amicizia
grazie alla quale
ora Cana si sentiva perfettamente a proprio agio
nell’interrogare Laxus sulle
sue questioni di letto.
Il
problema era che Laxus non aveva le stesse
opportunità di Cana per prenderla in giro. Cana era
apertamente innamorata di
Mirajane e aveva smesso di vergognarsene da parecchio tempo. Lei poteva
stuzzicare
Laxus ogni volta che quest’ultimo posava gli occhi su un
uomo, ma Laxus non
poteva fare lo stesso con lei perché entrambi sapevano che
Mirajane era l’unica
donna che Cana voleva al suo fianco.
Che stronza.
“Niente
di niente? Eppure hai così tanto tempo
a disposizione”. Cana rise e Laxus si sollevò in
piedi con un grugnito. “Dai, non
fare così, aspetta”.
“Vado
a controllare se c’è qualche bagno che ha
bisogno di essere sturato” borbottò Laxus
dirigendosi verso la porta della
stanza. “Sarà sicuramente meglio che parlare con
te”.
“Oh,
mi ferisci. Potrei piangere” disse Cana
con un tono di voce estremamente sarcastico.
“Va’
a farti fottere” mormorò Laxus.
“Ti
alletta l’immagine, eh?”. Cana sorrise,
per poi aggiungere con tono più serio “Lisanna ha
detto che più tardi vuole
parlarti, quindi va’ da lei quando finisci di strofinare il
cesso”. Sul suo
volto apparve un ghigno. “Magari vuole farti mettere con suo
fratello. Sareste proprio
una bella coppia, sai?”.
“Fanculo”.
“Immagina
che strage. Potreste rompere più
letti voi di un falegname particolarmente forzuto”.
Laxus
non rispose, limitandosi a mostrare il
dito medio mentre lasciava la stanza.
_________________________
Fortunatamente
Laxus non aveva trovato alcun
bagno da pulire, ma era comunque riuscito a tenersi impegnato per tutta
la
mattinata con una serie di lavoretti quali spazzare le grondaie prima
che si formassero
cumuli di foglie e controllare che le scorte di sapone non si stessero
esaurendo. Infine era tornato nella stanza del personale per
continuare a lavorare
sul tostapane.
Non
stava andando molto bene e i clienti
avrebbero dovuto accontentarsi di un unico toast tiepido per almeno un
altro
giorno, ma almeno Cana era di turno al ristorante e non poteva
infastidirlo. Laxus
sperò che i tavoli fossero pieni di persone antipatiche che
non sapessero nemmeno
cosa prendere e che non volessero lasciarle alcuna mancia.
Ingoiò
metà Red Bull e grugnì combattendo
contro la voglia di controllare i prezzi dei tostapane online.
Dopo
essersi sgranchito la schiena, Laxus si rimise
in piedi passandosi una mano tra i capelli davanti allo specchio per
assicurarsi di avere un aspetto presentabile prima di lasciare la
stanza. Non
faceva parte del personale di sala ma rappresentava comunque
l’hotel.
Normalmente non se ne sarebbe preoccupato – i suoi contatti
con gli ospiti
erano limitati – ma se doveva parlare con Lisanna come gli
aveva detto Cana,
sarebbe stato sotto gli occhi dei clienti per almeno qualche minuto.
Fortunatamente
non stava affatto male per essere uno che la sera prima aveva quasi
vomitato su
un piatto di patatine fritte.
Dietro
il bancone della reception, Lisanna si
stava occupando di questioni amministrative che a Laxus non
interessavano
granché. Quando si avvicinò a lei, Lisanna
sollevò lo sguardo dal monitor e gli
sorrise. Laxus si trattenne dall’assumere
un’espressione accigliata. Non avevano
chissà quale grande rapporto.
“Ciao”
lo salutò Lisanna in modo
fastidiosamente allegro. “Non so se Cana ti ha
avvisato”.
“Be’,
sono qui”. Laxus scrollò le spalle.
“Giusto”
disse Lisanna con un sorriso, per poi
indicare una delle altre sedie che popolavano la piccola stanza, e
Laxus si
sedette. “Ho qualcosa che potrebbe interessarti. Una
proposta, diciamo”.
Laxus
ebbe un attimo di esitazione. E se Lisanna
volesse davvero provare a metterlo in coppia con Elfman? Quello
sì che sarebbe
stato imbarazzante. Elfman non era proprio il suo tipo.
“Abbiamo
un ospite che è arrivato ieri” iniziò
Lisanna per poi interrompersi. “In realtà questo
non importa. Be’, forse sì, ma
non ora”. Laxus rimase in silenzio. Lisanna era una persona
piuttosto loquace e
avrebbe potuto benissimo intrattenere una conversazione con se stessa.
“Hai
presente Villa Albion, quella vecchia casa in periferia completamente
abbandonata?”
“Sì”.
Laxus annuì confuso. “Da bambino credo
di essermi inventato qualche cazzata a proposito del fatto che fosse
infestata”.
“Be’,
quella casa– ma allora eri tu!
Mirajane me lo disse quando avevo otto anni e ho avuto gli incubi per
settimane!
Che stronzo!” lo rimproverò Lisanna e Laxus non
nascose un ghigno. “Vabbè, ne
parliamo dopo. Di recente quella casa è passata ad un nuovo
proprietario, l’ospite
di cui ti dicevo prima. Ho parlato con lui l’altra sera e un
po’ stamattina a
colazione. Non sa cosa fare perché non può
demolire la casa e vendere il
terreno. Oltretutto la casa è ridotta in condizioni
schifose, quindi probabilmente
non vorrà comprarla nessuno. Il proprietario è
piuttosto turbato, penso che
abbia bisogno di soldi per qualcosa, ma non ho voluto
chiedere”.
Laxus
si domandò se Lisanna fosse solita
parlare così tanto anche con i clienti. Quello era uno dei
motivi per cui avrebbe
voluto farsi assumere da uno di quei grandi hotel di lusso in cui
ognuno lavora
per conto proprio.
“Scusami,
questo non c’entrava nulla”. Lisanna
scosse la testa. “Il proprietario pensa che potrebbe riuscire
a vendere la casa
dandole un aspetto migliore. Non vuole ristrutturarla completamente, ma
solo fare
in modo che le luci funzionino e che le assi del pavimento non si
frantumino.
Non è di qua, quindi non conosce nessun muratore o idraulico
della zona”. Si interruppe
solo per rivolgergli un sorriso speranzoso.
“E…?”
“Rispecchi
proprio lo stereotipo dell’uomo tutti
muscoli e niente cervello, sai?” mormorò Lisanna,
e Laxus si sentì
particolarmente felice del fatto che la sua storia sui fantasmi
l’avesse
spaventata. “Gli ho detto che abbiamo un fantastico tuttofare
che lavora qui
part-time e che potrebbe aiutarlo. Gli ho parlato di tutto quello che
fai e ha
detto che è interessato ad incontrarti!”
“Mi
hai organizzato un colloquio di lavoro?”
disse Laxus preso un po’ alla sprovvista.
“Qualcosa
del genere, ma meno formale”. Lisanna
sorrise. “Gli ho fatto capire che stai cercando lavoro e lui
mi ha detto che è
disposto a pagarti come si deve se ti dimostri abbastanza
bravo”.
Laxus
si poggiò allo schienale della sedia socchiudendo
gli occhi. Non era solito reagire particolarmente bene alle sorprese e
quella
era veramente una grossa sorpresa,
perché una ragazza che conosceva appena
aveva fatto per lui qualcosa che non si sarebbe mai aspettato.
L’idea
di lavorare su una proprietà lo aveva
sempre incuriosito e gli sembrava anche piuttosto plausibile. Avrebbe
dovuto
fare praticamente ciò che faceva già
nell’hotel, solo su più vasta scala e con
qualche sforzo in più, il che lo intrigava parecchio.
C’erano stati mesi in cui
aveva seguito programmi televisivi sulla ristrutturazione delle case
per
comprendere meglio come funzionasse quel campo e aveva capito subito
che, per
comprare proprietà malmesse da ristrutturare, aveva bisogno
di soldi. Soldi che
lui non aveva, dato che lavorava part-time in un hotel come semplice
tuttofare.
Non
poteva lasciarsi sfuggire un’opportunità
del genere.
Quel
lavoro lo avrebbe decisamente aiutato. Era
più che qualificato per modernizzare il funzionamento
interno di una casa ed
era disposto ad impegnarsi seriamente. Se fosse andata bene, avrebbe
guadagnato
esperienza, denaro extra e magari buone referenze da offrire ad altri
gestori
di proprietà immobiliari. Sarebbe stato ottimo.
Allo
stesso tempo, però, Laxus non poteva che
diffidare di quell’offerta praticamente caduta dal cielo.
“Quindi
questo tizio è disposto a fidarsi di un
estraneo qualunque?”
“È
praticamente disperato”. Lisanna rise con
un’espressione compassionevole sul viso. “Penso che
voglia andarsene da qui il
prima possibile, è abituato alla vita in città.
Vabbè, questo non c’entra niente.
Sembra un brav’uomo e tu sei adatto al lavoro di cui ha
bisogno. Parla con lui,
vedi cosa si può fare”. Lisanna scrollò
le spalle. “Credo che al momento si
trovi al ristorante. Gli ho detto che gli avrei fatto sapere nel caso
in cui fossi
stato interessato”.
“Mmh”
mormorò Laxus. “Fanculo, perché
no?”.
Trascorse
la maggior parte del tragitto verso
il ristorante a cercare di razionalizzare ciò che gli era
appena successo e a
guardare il proprio riflesso in ogni specchio: se si trattava di
un’opportunità
imperdibile come gli aveva fatto credere Lisanna, doveva assicurarsi di
fare
buona impressione.
Quando
i due arrivarono al ristorante, Lisanna
si fermò per ispezionare con lo sguardo l’intera
sala. Nel momento in cui trovò
la persona che stava cercando, riprese a camminare e Laxus la
seguì fino a
posare gli occhi sull’uomo seduto al tavolo vicino alla
finestra.
Non
era così che Laxus se l’era immaginato.
Essendosi
aspettato un noioso cinquantenne vicino
alla calvizie, Laxus si sentì preso in contropiede.
L’uomo in questione era
certamente qualche anno più giovane di lui. Aveva lunghi
capelli verdi legati
in una coda alta. Indossava un completo elegante di cui Laxus non
riconobbe la
marca. I suoi lineamenti erano spigolosi e ben proporzionati, e il
resto del
corpo al di sotto dei vestiti non doveva essere da meno. Quando Laxus
gli si
fece più vicino, avvertì il profumo fresco
dell’acqua di colonia misto alla fragranza
floreale lasciata dai vaporizzatori per vestiti1 presenti
in ogni
stanza. Quando lo guardò in volto, Laxus notò un
paio di occhi azzurri e accattivanti
dalla forma affilata e un’espressione in qualche modo
enigmatica.
A
parte lo sguardo fin troppo acceso, Laxus
avrebbe potuto definirlo un bel ragazzo.
Era
praticamente il suo tipo, almeno
esteticamente.
“Signor
Justine” disse Lisanna in segno di
saluto. “Il pranzo è di suo gradimento?”
“Molto”
rispose l’uomo rivolgendo un’occhiata
all’insalata di pollo che stava mangiando, per poi guardare
Laxus.
“Questo
è l’uomo di cui le ho parlato, il
nostro tuttofare” spiegò Lisanna dando una piccola
gomitata a Laxus. Quest’ultimo
si fece avanti e allungò una mano verso l’ospite,
il quale gliela strinse con
una presa decisa.
“Laxus
Dreyar” disse il biondo. “Piacere di
conoscerla”.
“Anche
per me” rispose l’uomo e Laxus non poté
fare a meno di notare quanto fosse vellutata la sua voce. Ma non era il
momento
di pensare a cose del genere, quindi ritirò la mano e
ascoltò: “Mi chiamo Freed
Justine, come forse le è stato già detto.
Immagino che la sua collega le abbia
già spiegato perché desidero parlare con
lei”.
“Villa
Albion, giusto?” chiese Laxus. “Ha
bisogno di aiuto con l’impianto elettrico”.
“Praticamente
sì”. Freed annuì.
“L’unica cosa
rimasta davvero intatta è la struttura
dell’edificio. I collegamenti, i tubi,
il sistema di riscaldamento e penso molto altro ancora di cui non sono
a
conoscenza sono andati distrutti. Vorrei che l’edificio
venisse riparato in
modo da poterlo vendere. Non deve recuperare un bell’aspetto,
deve solo tornare
funzionante. Pensa di potercela fare?”.
“Certo.
Sono sicuro che sarà una cazz– passeggiata”.
Laxus fece una smorfia abbassando lo sguardo sul tavolo e perdendosi
l’espressione
divertita sul volto di Freed. “Ho risolto molti problemi qui
e anche in altre
case dove ce n’era bisogno. A meno che la sua non sia proprio
irrecuperabile,
penso di potercela fare”.
“Si
sieda, signor Dreyar”.
Laxus
si ritrovò ad obbedire a quella richiesta
così improvvisa: si sedette di fronte a Freed e attese un
po’ a disagio mentre lui
chiedeva a Lisanna un altro tè. Pensò di dirgli
che Lisanna non faceva parte
del personale di sala, ma lei sorrise e promise di portarglielo. Quando
la
ragazza si allontanò con un sorriso e i pollici sollevati in
segno di vittoria,
Laxus aggrottò la fronte e roteò gli occhi per
quel gesto tanto stupido, poi
rivolse la sua attenzione all’uomo che presto avrebbe potuto
assumerlo.
“Penso
che sia meglio essere onesti l’uno con
l’altro” continuò Freed e Laxus
annuì brevemente. “Non ho né interesse
né
abilità manuali nel campo della gestione e ristrutturazione
di proprietà. Posso
imparare e in generale non mi manca il senso pratico, ma gran parte del
lavoro
dovrà svolgerlo lei”.
“Posso
farcela” disse Laxus con un cenno d’assenso.
“Come facciamo con il… ehm, compenso,
se posso permettermi?”
“Non
si peoccupi” disse Freed tirando fuori il
suo cellulare dal taschino della giacca. “Non ho avuto modo
di rifletterci a
lungo, in realtà. Non so quanto tempo ci vorrà,
quindi mi sembra più sensato pagarla
a ore piuttosto che stabilire un compenso unico. Le dirò la
tariffa oraria
quando saprò con esattezza quanto viene pagato in media un operaio
qualificato. Naturalmente, se non è d’accordo, possiamo
tranquillamente discuterne,
ma le prometto che rimarrà soddisfatto”.
Per
un attimo Laxus si sentì un po’ stupido. Si
aspettava una risposta vaga oppure un semplice “La
pagherò un tot e mi aspetto
che il lavoro venga terminato entro la fine del mese”, non
quel mucchio di
stronzate giuridiche.
“Va
bene” disse Laxus annuendo. “In che
condizioni si trova la casa? L’esterno non sembra il massimo,
ma vorrei capire
cosa ci troverò all’interno”.
“Temo
che l’esterno sia la parte migliore”.
Freed sorrise un po’ amaramente e Laxus si
soffermò di nuovo sul suo volto. I
suoi lineamenti – da vicino erano ancora più belli
– lasciavano trasparire una
vena di preoccupazione. “Non ho scattato molte foto
perché in quel momento non
mi sentivo dell’umore giusto, ma questa è
piuttosto fedele”.
Freed
fece scorrere il dito sul cellulare un
paio di volte e poi mostrò lo schermo a Laxus. Gli ci volle
qualche secondo per
capire cosa fosse, e quando ci arrivò non poté
fare a meno di sospirare e poggiare
la schiena alla sedia.
“È
il quadro elettrico?” disse ridendo e Freed
annuì. “Sembra quasi che…”
“…se
la sia spassata con un martello pneumatico,
un bastone e una scatola di esplosivi?” completò
Freed, e Laxus scoppiò in una
sonora risata che stupì perfino se stesso.
“Cazzo,
scusami2. Non dovrei ridere”
disse Laxus con un sorriso imbarazzato. Quando riportò lo
sguardo sul volto di
Freed, notò che anche lui stava sorridendo. Se non altro, il
suo capo gli aveva
appena dimostrato di avere un po’ di senso
dell’umorismo. “Non me lo aspettavo,
in effetti è messa piuttosto male. Se il resto della casa
è ridotto uguale,
probabilmente ci metteremo un bel po’ per renderla nuovamente
abitabile”.
“Immaginavo”
disse Freed con un sospiro. “Rimarrò
qui solo una settimana, comunque. Il mio ufficio potrebbe concedermi
solo un’altra
settimana, ma spero che fino ad allora tu abbia già iniziato
a lavorare e possa
farcela senza di me”.
“Certo”.
Laxus annuì, gli piaceva lavorare da
solo. “Che lavoro fai, se posso sapere?”
“Sono
un avvocato” disse Freed rimettendo il
cellulare nel taschino della giacca.
“Un
avvocato, cazzo”. Eccitante.
“Complimenti”.
“Grazie”
rispose Freed annuendo. “Non vorrei
essere scortese, ma ora devo risolvere alcune questioni
d’ufficio, quindi sono
costretto a lasciarti”. Tirò fuori un piccolo
pezzo di carta dalla tasca. “Questo
è il mio biglietto da visita, chiamami stasera. Discuteremo
la cosa più nel
dettaglio. Buona giornata, Laxus”.
“Mmh”.
Laxus annuì. “A dopo”.
Freed
lasciò il ristorante e Laxus si concesse
di squadrare la sua figura che si allontanava, dalle spalle ampie fino
alla
vita stretta. Per un attimo si soffermò anche sul
fondoschiena, ma poi spostò
velocemente lo sguardo incontrando il sorriso critico e compiaciuto di
Cana poco
distante da lui.
“Vado
a riparare quel maledetto tostapane”
mormorò Laxus scattando improvvisamente in piedi. Cana
continuava a sogghignare.
“Fanculo”.
Chiarimenti della traduttrice:
1 Vaporizzatori
per vestiti = personalmente non sapevo cosa fossero quindi ho fatto una
piccola
ricerca. Si tratta di una specie di piccolo ferro da stiro da usare in
verticale sui vestiti.
2 In
inglese
non esiste il “lei”, quindi si da sempre del
“tu”, ma nella storia originale i
due si rivolgono l’uno all’altro in maniera molto
formale (basti leggere di
come Freed chiama Laxus “signor Dreyar”) e questo
in italiano non può che
essere tradotto con il “lei”. Tuttavia, a partire
dalla battuta di Freed sul
quadro elettrico, la conversazione diventa più informale e
quindi ho pensato di
farli passare inconsciamente al “tu” (infatti alla
fine Freed chiama Laxus
semplicemente con il suo nome).
|
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Capitolo 3 *** L’ospite ***
Note
della traduttrice:
Eccoci
qui con il terzo capitolo di questa long di Eryiss che potete
trovare qui in lingua inglese: AO3
- Fanfiction.net
- Tumblr.
Ricordo
che titolo, immagine introduttiva,
storia e note d’autore sono sue, mentre io mi occupo solo di
tradurre.
Un
grazie speciale a Angie_Dreyar
che segue e recensisce attivamente questa storia <3
Note
dell’autore:
Ciao
a tutti, spero che la storia vi stia piacendo. Ricordate di dare
un’occhiata a Fuckyeahfraxus che ha ideato l’evento per il quale ho
scritto questa storia. Andate a visitare la pagina per scoprire quali
altri contenuti sono stati prodotti in occasione di questo evento.
Vi
ringrazio per qualsiasi commento vogliate
lasciarmi. Per me significa molto. Spero che la storia vi piaccia e
grazie per la
lettura.
Capitolo 3 –
L’ospite
“Non
sapevo cosa prenderti, quindi ho optato
per un caffè con lo zucchero. Spero non ti
dispiaccia”.
Freed
posò la tazza del caffè sul ripiano
scheggiato della cucina, per poi fare un passo indietro e abbassare lo
sguardo
su Laxus. Il biondo era steso per terra a pancia in su con la testa
sotto il
lavandino, una chiave inglese in una mano e una torcia
nell’altra; emise un
leggero grugnito d’assenso per fargli capire che lo aveva
sentito, ma non si
mosse minimamente. Freed fece un altro passo indietro guardando Laxus
con un
sopracciglio leggermente sollevato.
L’attimo
dopo, un rumore scricchiolante riempì
il silenzio della stanza seguito da un verso d’approvazione
da parte di Laxus. Il
biondo abbandonò la chiave inglese e, dopo ulteriori
grugniti e movimenti che
Freed non poté vedere, ci fu una sorta di scoppio. Freed
trasalì, ma Laxus ne
sembrò soddisfatto.
“Ha!”
esultò riemergendo da sotto il lavandino.
“Ti ho fregato, maledetto ammasso di ruggine!”
Allontanandosi
completamente dal ripiano della
cucina, Laxus mostrò un grosso tubo ricurvo fatto
probabilmente di stagno ma
talmente arrugginito da apparire irriconoscibile. Quando lo
gettò nell’ampio
cestino che stava usando come bidone della spazzatura, dal tubo caddero
frammenti
di ruggine rossastra. Laxus si tirò a sedere,
ruotò un po’ le spalle e guardò
Freed con un sorriso soddisfatto.
“Era
da stamattina che ci lavoravo” spiegò.
“Il
caffè va benissimo, grazie”.
“Se
ti serve un giorno intero per un solo tubo
devo presumere che stiamo procedendo bene?”
scherzò Freed ridacchiando con
rassegnazione. Laxus gli indirizzò un sorriso divertito
sollevandosi da terra e
sgranchendosi la schiena.
“Era
quello che teneva tutti i pezzi insieme”.
Il biondo spinse via il cestino contenente il tubo. “Il resto
sarà molto più
facile. Toglierò tutti i pezzi vecchi prima di pranzo e
metterò quelli nuovi
entro metà pomeriggio”.
Freed
annuì, tirando in cuor suo un sospiro di
sollievo per quella notizia. Si trovava a Magnolia da una settimana, e
lui e
Laxus avevano trascorso molto tempo insieme a cercare di rimettere in
sesto la
casa. All’inizio era stato difficile. Quando il biondo aveva
esaminato la casa
per la prima volta e aveva annotato un’intera lista di cose
da fare, a Freed era
sembrata un’impresa praticamente impossibile.
Ma
stavano facendo progressi. Avevano deciso
di dedicarsi ad una stanza per volta cominciando dalla cucina, che era
sia una
delle più importanti, sia una di quelle che necessitava di
maggiori
riparazioni. Freed era piuttosto certo che, al momento di scegliere tra
la
cucina e il bagno, il fattore decisivo per Laxus era stato la mancanza
di
fiducia nei confronti delle assi del pavimento del piano di sopra,
dov’era appunto
collocato il bagno.
L’avvocato
si chiedeva se Laxus se ne fosse
pentito, dato che il bagno pubblico più vicino distava
quindici minuti a piedi
da lì.
Da
quando avevano iniziato, quel lavoro era
diventato una vera e propria routine. Laxus aveva messo in chiaro che
la sua
priorità era l’hotel, in quanto si trattava del
suo lavoro più duraturo, e
Freed si era detto d’accordo. In ogni caso, il Fairy Tail era
gestito molto
meglio di quanto credesse, poiché c’erano state
solo due occasioni in cui Laxus
era stato chiamato e aveva dovuto interrompere il suo lavoro in casa.
Di
conseguenza, potevano considerarsi a buon punto.
Non
che la casa avesse un aspetto migliore ora.
Solo la cucina non era più così malmessa come lo
era all’inizio, ma quello era
dovuto ad esigenze pratiche. Poiché Laxus non poteva fare
nulla per i mattoni e
le piastrelle frantumate, si era limitato a ripulire il pavimento dai
sacchi di
spazzatura maleodorante e poi aveva controllato l’impianto
elettrico e il gas
per assicurarsi che non ci fosse nulla che li folgorasse o li facesse
saltare
in aria all’improvviso, scherzando sul fatto che una persona
avvolta dalle
fiamme avrebbe ridotto leggermente il valore della
proprietà.
Freed
aveva riso. Laxus possedeva un ottimo senso
dell’umorismo.
Il
lavandino era la prima cosa su cui Laxus aveva
deciso di lavorare. Nel pomeriggio montò il rubinetto nuovo
assicurandosi che
funzionasse come doveva, ma sfortunatamente il tubo di scarico era
così corroso
da risultare completamente inutile. Questo non avrebbe causato alcun
problema
se la pressione dell’acqua non fosse stata talmente forte da
impedire la
chiusura del rubinetto allagando la cucina con tre centimetri di acqua
fredda e
sporca.
Non
era stata una bella giornata, ma almeno
Freed aveva avuto la conferma che Laxus era l’impiegato
perfetto per lui. Infatti,
quando Freed aveva calpestato i piedi sull’acqua riversando
la sua rabbia sia
su Laxus che sulla stanza, il biondo era scoppiato a ridere prendendolo
in giro
per essersi “incazzato per due gocce
d’acqua”.
Freed
non sarebbe riuscito a lavorare con
qualcuno che non era in grado di gestire il suo lato più
irascibile, seppur lo
mostrasse raramente.
“Non
pensavo che saresti rimasto fino a quest’ora”
disse Laxus afferrando la tazza del caffè e avvicinandola
alle labbra.
“Il
treno di Evergreen è in ritardo” spiegò
Freed bevendo a sua volta un caffè. Avrebbe preferito
qualcosa di diverso, ma
le grandi catene di caffetterie non sembravano essere ancora sbarcate a
Magnolia. “Le ho detto di prendere un taxi per venire qui,
visto che ci tiene
tanto a vedere questo posto”.
“Dovresti
essere più orgoglioso della tua
casa” disse Laxus con tono scherzoso. “Un ragazzo
della tua età già avviato nel
mercato immobiliare non è cosa da poco”.
“La
mia casa è ad un soffio così
dall’essere
demolita rendendomi responsabile di omicidio colposo nei confronti di
un intero
gregge di pecore” disse Freed con espressione impassibile.
“E l’unico motivo
per cui Evergreen vuole venire qui è per prendermi in
giro”.
“Tu
dici?”
“Il
suo ultimo messaggio diceva che non vedeva
l’ora di vedere la casa che il grosso lupo cattivo ha
ignorato, convinto che
facesse così schifo che nessun porcellino rispettabile
l’avrebbe usata1”
disse Freed non riuscendo a reprimere un sorriso.
“È solita andare
incredibilmente nello specifico quando vuole infastidirti o irritarti.
Penso
che sia una caratteristica comune a tutti gli avvocati
d’ufficio. Non rimarrà
qui a lungo, non preoccuparti. Sicuramente comincerà a
sentire la mancanza
delle comodità della città e mi
chiederà di accompagnarla nel negozio di prodotti
firmati più vicino. Sfortunatamente si tratta di un
McDonald’s, che lei odia”.
“I
tuoi amici ti stanno proprio simpatici,
eh?”. Laxus sorrise. “I complimenti non sembrano il
tuo forte”.
“Evergreen
è una persona meravigliosa, ma è
decisamente una ragazza di città”. Freed
ridacchiò. “Probabilmente ha imparato
a memoria la mappa della metropolitana prima ancora di visitare uno
zoo”.
“…disse
il ragazzo che veste Armani su un
cantiere”. Laxus ghignò poggiando la tazza vuota
sul ripiano della cucina. “Non
hai altri tipi di vestiti oltre ai completi eleganti?”.
“No”
disse semplicemente Freed, e Laxus lo
guardò sconcertato e allo stesso tempo divertito.
“È il mio abbigliamento da lavoro,
ed io lavoro praticamente ogni giorno e per molte ore.
Perché dovrei sprecare
denaro per qualcosa che indosserei solo nel mio appartamento?”
“Io
pagherei un sacco di soldi per vederti
indossare un paio di jeans logori e macchiati e un vecchio maglione
sfilacciato”. Laxus rise accovacciandosi e guardando
nuovamente i tubi. “Solo
per scoprire come sembreresti senza la tua armatura
e le tue scarpe
lucide da ragazzo di città”.
Freed
aggrottò un po’ la fronte.
Laxus
lo stava giudicando, era piuttosto
ovvio, ma i suoi modi spiritosi e la mancanza di malizia nel suo tono
di voce
gli lasciavano intendere che lo stesse facendo in buona fede. Non si
trattava
di ostilità derivante dal fatto che appartenevano a classi
sociali diverse2,
ma di una pura e semplice osservazione. Tuttavia, abituato alle
discussioni
chiare e aperte per via del suo lavoro, Freed doveva proprio ammettere
che
Laxus era stato uno–
“Vuoi
sapere come si svita un tubo?” disse
Laxus interrompendo i pensieri di Freed. “Così, se
dovessi avere problemi una
volta tornato a casa, eviteresti di chiamare un idraulico e
risparmieresti
qualcosa”.
“Certo”
acconsentì Freed dimenticando
l’insulto e abbassandosi accanto a Laxus.
Il
biondo gli diede una spiegazione veloce di
quello che doveva fare e di tutto ciò che c’era
sotto il lavandino. Freed non
percepì alcun senso di superiorità nelle sue
parole, né si sentì trattato come
un incompetente. In effetti Freed gli aveva già dato
dimostrazione della sua
capacità di apprendere velocemente i lavori pratici e
probabilmente ora Laxus
lo considerava suo pari quando si trattava di sporcarsi le mani. Tutto
ciò di
cui Freed aveva bisogno per fare qualcosa era sapere
come farlo.
In
effetti quei lavori pratici che Laxus gli
stava insegnando non erano poi così male. Naturalmente si
trattava di lavori
semplici – per svitare un tubo bisognava solo ruotare la
chiave inglese –
ma nel complesso Freed si sentiva piuttosto
soddisfatto.
Se
non altro, era una buona distrazione.
Seguendo
le istruzioni di Laxus, Freed riuscì
a rimuovere gli ultimi tubi arrugginiti da sotto il lavandino.
Naturalmente
Laxus ci avrebbe impiegato meno tempo, ma sembrava comunque ben
disposto a
fargli da mentore quando lo riteneva opportuno. Per un attimo Freed
ascoltò la
voce nella sua testa che gli diceva che forse Laxus voleva solo
scrollarsi un
po’ di lavoro di dosso, ma accantonò quel pensiero
subito dopo. Senza di lui,
Freed non sarebbe arrivato fino a quel punto. Inoltre, se una volta
tornato
alla sua vita in città si fosse ritrovato con un problema
all’impianto idraulico,
avrebbe avuto tutte le capacità per risolverlo da solo.
Dopo
aver rimosso tutti i tubi, i due riemersero
da sotto il lavandino tornando in piedi. Laxus andò a
gettare i tubi dicendo
che avrebbe chiamato il suo fornitore per sapere quando sarebbero
arrivati
quelli nuovi. Freed annuì e raggiunse il giardino antistante
per lavarsi le
mani con il tubo per l’irrigazione, probabilmente
l’unica parte della casa che
somigliava ad un impianto idraulico.
Quando
le sue mani tornarono pulite, Freed sentì
il rombo di un’auto che si avvicinava. Aveva scoperto che la
strada non portava
molto più lontano di Villa Albion e perciò
c’erano poche auto che passavano di
lì. Quando si rese conto che era un taxi, sorrise. Evergreen
scese dalla
macchina un attimo dopo.
“Freed!”
urlò con un sorriso. “Merda, questo
non me lo aspettavo”.
“Meglio
o peggio di come te l’eri immaginata?”
Freed sorrise di rimando rivolgendo un’occhiata alla casa.
“Veramente
parlavo dei tuoi vestiti”.
Evergreen rise trascinandosi dietro la valigia, poi guardò
la casa. “È orrenda
esattamente come pensavo”.
Freed
si guardò i vestiti chiedendosi cosa intendesse
Evergreen. Nonostante avesse lasciato la giacca su una sedia in cucina
e si
fosse arrotolato le maniche della camicia per poter lavorare, non stava
indossando nulla di diverso dal solit– perché
i suoi pantaloni erano
macchiati? Cos’era quello? Olio? E come ci era
finito lì?
“Temo
che l’esterno sia la parte più
presentabile” disse Freed cercando di ignorare la macchia sui
propri pantaloni.
Il
giardino era un po’ più ordinato di quando
Freed l’aveva visto per la prima volta. Proprio come per la
cucina, era stato
necessario dargli una ripulita per esigenze pratiche. Camminare su una
pavimentazione sconnessa, in mezzo a spine ed erbacce, non era proprio
il
massimo, ma attraversare il giardino in quelle condizioni trascinandosi
dietro
gli attrezzi da portare in casa sarebbe stato decisamente pericoloso.
Ora,
perlomeno, il giardino somigliava più a
una serie di piccole macchie di prato falciato malamente. Pulirlo era
stato per
Freed una delle cose più soddisfacenti della sua vita, e gli
aveva anche
permesso di dare prova delle sue abilità pratiche. In
effetti, si era
dimostrato sorprendentemente efficiente con quella motosega tra le mani
(nonostante
l’immagine di Laxus che reggeva un’accetta da
giardino lo avesse… distratto
un paio di volte).
“Vuoi
fare un tour della casa in modo da
rendere le tue prese in giro più accurate?”
suggerì Freed ad Evergreen sforzandosi
di ignorare la sporcizia sui propri vestiti. “Laxus sta
lavorando oggi, cerchiamo
di non disturbarlo”.
“Certo”.
Evergreen sorrise. “Qualsiasi cosa
pur di tenermi lontana dalla puzza del letame. Ma tu come
fai?”
“Mi
sto abituando, credo” rispose Freed scrollando
le spalle.
Guidò
l’amica in casa accompagnandola al piano
superiore. Non gli ci volle molto per mostrarle tutte le stanze
spiegando cosa
avesse pianificato per ciascuna di esse e indicando tutto
ciò che avrebbe
potuto rompersi o ferirla in qualche modo. Era una lista
fastidiosamente lunga
e Freed si era quasi dimenticato quanto lavoro fosse necessario al
piano di
sopra. Almeno, però, non sarebbe stato intricato come il
lavoro del piatto di
sotto.
Per
ogni stanza che visitarono, Evergreen tirò
fuori un diverso commento appositamente formulato per punzecchiarlo. In
realtà,
Freed li trovò tutti fastidiosamente divertenti. Tra un
commento e l’altro, la
donna lo informò delle cose che si era perso a livello
lavorativo e personale negli ultimi tempi. Era bello averla lì, anche solo per un
giorno.
“Come
ti avevo accennato, lui è Laxus” disse
Freed con un cenno della mano quando entrarono in cucina.
“Laxus, lei è– oh,
sei di nuovo sotto il lavandino”.
“Un
attimo” mormorò Laxus da sotto il
lavandino. Scivolò fuori, si mise in piedi e
guardò Evergreen con un sorriso.
“Piacere di conoscerti. Vorrei stringerti la mano, ma ce
l’ho piena di ruggine
e merda, e non voglio farti prendere il tetano o cose del
genere”.
“Piacere
mio”. Evergreen sorrise. “Spero che
tu non intenda vera merda”.
Laxus
rise. “Sono abbastanza sicuro che a un
certo punto un uccello abbia fatto il nido nel lavandino, quindi
sì, potrebbe
essere merda”.
Evergreen
rise, e Freed stesso si ritrovò a
sorridere leggermente. Raggiunse il vecchio tavolo consunto che a
malapena si reggeva
in piedi e prese la giacca dalla sedia per poi indossarla. Mentre
visitavano le
stanze, Freed aveva capito che Evergreen si era già stancata
del fascino
della casa vecchia e fatiscente – parole sue
– e voleva già tornarsene in
città, quindi aveva pensato di portarla con sé
all’hotel in una sala da tè
molto carina, adatta a persone del ceto medio, che sicuramente
Evergreen avrebbe
adorato. Freed ci era stato di domenica, approfittando del fatto che il
bar fosse
chiuso. Era stato Laxus a consigliargli quella sala e Freed doveva
ammettere
che non era affatto male.
Probabilmente,
però, non gli avrebbero permesso
di entrare in quelle condizioni. In effetti non riusciva proprio a
capire in
che modo si fosse sporcato di olio (se di olio si trattava).
Normalmente era
molto attento alla propria immagine, come ogni avvocato che si
rispetti.
“Ti
lasciamo al tuo lavoro” annunciò Freed a
Laxus lisciandosi la giacca sulle spalle. “Se hai bisogno di
qualcosa, sai come
contattarmi”.
“Certo”.
Laxus annuì afferrando un asciugamano
per pulirsi le mani. “Divertitevi. È stato un
piacere averti conosciuta,
Evergreen”.
La
donna sorrise. “Anche per me”.
Dopo
essersi salutati, Freed accompagnò
Evergreen fuori e la guidò fino all’auto che aveva
noleggiato per muoversi tra
le strade di Magnolia; chiamare ogni volta un taxi sarebbe stato poco
pratico. Quando
salirono in auto, Freed si guardò nello specchietto
retrovisore rendendosi
conto di essere sporco di olio anche in faccia.
“Devo
passare un attimo dalla mia stanza per
rendermi più presentabile” disse mentre lasciavano
il vialetto.
“Va
benissimo” rispose Evergreen con voce
molto più compiaciuta di quanto Freed avrebbe voluto.
“Ti fai bello, ordiniamo
tè e biscotti, ci sediamo in un angolo della sala e poi
parliamo di quel bel
fusto che ti sei assunto”.
Freed
serrò le mani sul volante ed emise un
sospiro infastidito. Lo sapeva che sarebbe stato inevitabile.
___________________________
Le
sale da tè erano terribilmente raffinate,
di quelle che appaiono nelle serie poliziesche della domenica
pomeriggio adatte
ad un pubblico di ceto medio. Le tovaglie coprivano ordinatamente i
tavoli offrendo
un set di porcellana decorata ad ogni cliente. L’odore dei
dolci appena sfornati
e il piacevole calore della teiera erano un toccasana per i sensi di
Freed,
specialmente dopo aver percepito odore di muffa e sporcizia per tutta
la
mattinata.
Tranne
che per la compagnia, sarebbe stata la sua
pausa ideale.
Durante
il tragitto verso l’hotel, Evergreen
non si era affatto risparmiata di esprimere il proprio compiacimento
per la
situazione. Freed la considerava… una buona amica, ma spesso
Evergreen approfittava
di quel grado di intimità per immischiarsi nelle sue
faccende private. Anche
Bickslow lo faceva e sicuramente, se fosse stato lì con
loro, si sarebbe
comportato proprio come Evergreen.
Freed
non capiva perché Evergreen si fosse
fissata così tanto con Laxus. Sì,
era oggettivamente bello. Sì,
avevano instaurato una sorta di rapporto. E sì,
Freed una volta aveva
ammesso di essere inspiegabilmente attratto dagli uomini dediti ai
lavori
pratici, ma…
Dio,
sarebbe stata
insopportabile. Freed ne era certo.
Quando
il cameriere portò gli ordini – due tazze
di tè, una fetta di torta al cioccolato e una focaccina
dolce – Freed notò che Evergreen
aveva cominciato a sorridergli sfacciatamente. Le restituì
uno sguardo
indifferente per poi concentrarsi sul suo spuntino. Sperò
che manifestare
disinteresse e sdegno fosse sufficiente per impedire ad Evergreen di
tirare
fuori l’argomento Laxus, ma ovviamente
quel giorno la fortuna non era dalla
sua parte.
“Il
tuo operaio sembra simpatico”. Evergreen sorrise
sporgendosi verso di lui con la tazzina in mano. “Come vi
siete incontrati?”.
“Lavora
nell’hotel” disse semplicemente Freed.
“Lui voleva riempire il suo curriculum, io avevo bisogno di
aiuto con la casa”.
“Be’,
il suo curriculum non è l’unica cosa che potrebbe riempire”.
Evergreen sorrise. Santo cielo, stava
già
facendo battute a sfondo sessuale. Davvero insopportabile.
“Hai notato il modo
in cui la maglia gli aderiva al petto? Gli si vedevano
i–”
“Penso
che sia meglio impostare alcune regole per
quando parliamo del signor Dreyar” cominciò Freed
ignorando il “voce da
avvocato” sussurrato da Evergreen. “Non
devi oggettificarlo, che sia in sua
presenza o meno. Non devi fare o dire niente che possa metterlo a
disagio oppure
indurlo a licenziarsi. Non devi fare allusioni sul mio rapporto con
lui, che –
ci tengo a precisare – è interamente platonico.
Lavoriamo insieme e andiamo d’accordo,
tutto qui”. A quel punto Freed le lanciò
un’occhiataccia. “E smettila di dire
che ho la voce da avvocato”.
“Rispetterò
le prime due regole solo se ritirerai
la terza” disse Evergreen con vera voce
da avvocato, al contrario di
Freed che era fermamente convinto di parlare con tono del tutto
naturale. “Perché
è sia una violazione della mia libertà di
parola–”.
“Per
l’amor del cielo, Evergreen”.
“–sia una
violazione del diritto concessomi da Dio–”.
“Sei
atea”.
“–di
infastidire il mio migliore amico in ogni
modo possibile” concluse Evergreen e Freed cercò
di fulminarla con lo sguardo.
“È
Bickslow il mio migliore amico” chiarì Freed
seccamente. “Tu non mi lasci mai in pace”.
“Se
vuoi, puoi chiamare Bickslow e vedere come
reagisce scoprendo che hai assunto un Adone sceso in terra e che lo fai
lavorare sul tuo impianto idraulico difettoso sperando che si ritrovi
con i
jeans talmente fradici da poter vedere la riga del suo culo”.
“Lo
stai oggettificando di nuovo” disse Freed,
stavolta con meno convinzione. “L’hai squadrato da capo a piedi, eh?”
“Ritiro
il mio precedente commento”. Evergreen
sorrise senza malizia e poi rise apertamente. “Pensi che ci
sia qualcuno che
possa reputare divertenti le nostre discussioni da avvocati
tanto quanto
noi?”
“Ne
dubito” disse Freed sorridendo.
A
quel punto entrambi si rilassarono e Freed
si portò un piccolo pezzo di torta alla bocca. Era stato in
molte pasticcerie
di lusso della città, ma ciò che stava
assaggiando in quel momento non aveva
nulla da invidiare ai dolci più costosi. Non era un esperto
in campo culinario
e sicuramente i pasticceri della città avrebbero avuto molto
da ridire su quel
dolce, ma non gli importava. La città distava chilometri e
chilometri da lì.
Evergreen
cominciò a sgranocchiare lentamente il
suo spuntino, e per un po’ rimasero in silenzio. Freed
apprezzava il fatto che
con i suoi amici potesse concedersi momenti del genere senza sentirsi a
disagio. Poiché svolgevano un lavoro stressante, era bello
potersi rilassare l’uno
in compagnia dell’altro.
Nonostante
ciò, Freed sapeva che Evergreen non
si sarebbe arresa.
Per
un po’ parlarono di ciò che Freed si era
perso in città durante il suo soggiorno a Magnolia. Non
molto, in realtà. La
cosa più interessante era il fatto che Bickslow si stesse
occupando di un caso sul
maltrattamento dei bambini nelle case-famiglia finanziate dallo Stato.
Tuttavia,
Evergreen non sapeva dirgli molto altro perché Bickslow non
lavorava più come avvocato
d’ufficio, ma come consulente legale presso
un’istituzione di beneficenza per
bambini. Ne era felice, anche se doveva accontentarsi di uno stipendio
inferiore. Era molto ammirevole da parte sua.
Sfortunatamente
le novità non bastarono a
tenere Evergreen distratta, e alla fine la conversazione ricadde
nuovamente sul
nuovo operaio di Freed.
“Parliamo
di Laxus ora” cominciò Evergreen con
un sorriso.
“Se
proprio insisti”. Freed posò la forchetta
sul tavolo con un sospiro.
“Sembra
un bravo ragazzo” disse Evergreen con
una particolare inflessione della voce, ma Freed preferì non
indagare cosa stesse
insinuando. “Ha un ottimo senso dell’umorismo, sa
gestire tranquillamente i
problemi, è bravo a manovrare ogni attrezzo”.
Freed sollevò un
sopracciglio. “Intendo cacciaviti, martelli e cose del
genere, non metterti
sulla difensiva!”
“Non
mi sto mettendo sulla difensiva. Voglio
solo assicurarmi che tu mantenga la tua promessa di non oggettificare
Laxus”
rispose Freed con calma. “Mi chiedo dove vuoi andare a
parare”.
“Be’,
è il tuo tipo”. Evergreen scrollò le
spalle. “Stavo solo scherzando sul fatto che potresti averlo
assunto
principalmente per il suo aspetto. Insomma… se tu volessi
provarci con lui, lo
capirei”.
“Hai
parlato con Laxus per meno di cinque
minuti. Non sai praticamente niente di lui”.
“Se
sei ancora qui deve piacerti almeno un po’,
anche se il vostro rapporto è puramente
platonico”. Evergreen sorrise. “Sei
sempre stato fissato con il lavoro, Freed. Già il fatto che
tu ti prenda un giorno
libero è sorprendente. Ma sono passate quasi due settimane!
E lo so che è principalmente
per la casa, ma se tu non sopportassi Laxus o non lo trovassi
interessante, a
quest’ora saresti già tornato in
città”.
“Quindi
secondo te dovrei iniziare una
relazione con un uomo che non mi infastidisce a tal punto da indurmi ad
abbandonarlo nella mia proprietà solo per allontanarmi da
lui?”. Freed rise un
po’. “Le tue idee sulle relazioni sono piuttosto
singolari”.
“Va
bene, va bene”. Evergreen agitò una mano.
“Per
ora lasciamo stare, ma sono sicura di non sbagliarmi”.
Sollevato
dal fatto di poter cambiare
argomento, Freed afferrò la teiera per riempirsi nuovamente
la tazza. Per il
resto del pomeriggio, i due si limitarono a parlare del più
e del meno. Anche
Freed decise di indagare nella sfera sentimentale di Evergreen, il che
divenne
incredibilmente facile quando vide i suoi occhi posarsi su un
cameriere. Dopo
di che, la donna bevve il suo tè tutto d’un fiato
e disse di volersene andare. A
Freed non sfuggì il rossore sul suo viso.
Presto
il treno di Evergreen sarebbe arrivato in
stazione, perciò Freed decise di accompagnarla con la
propria auto piuttosto
che farle prendere un altro taxi. C’era poco traffico, quindi
non ci fu bisogno
di affrettarsi. Mentre camminavano verso la stazione, Evergreen strinse
il
braccio di Freed.
“So
che non ti piace parlarne ma… come stai?”
Freed
attese un secondo. “Sto bene”.
“Sicuro?”
chiese Evergreen con tono
insistente. “Perché è normale sentirsi
in difficoltà o non sapere–”.
“Sto
bene” ripeté.
“Era
tua madre, Freed” disse Evergreen con un
tono di voce così gentile che Freed avrebbe preferito essere
preso in giro su Laxus.
“Lo so che non sei particolarmente… aperto dal
punto di vista emotivo, ma sono
sicura che ci soffri”.
“Non
eravamo particolarmente vicini”. Freed
scrollò le spalle. “E non avrò un
esaurimento nervoso solo per questo. Andrò a
trovare la sua tomba e sarò triste, tutto qui”.
“Chiamami
se hai bisogno” disse Evergreen.
Freed
le sorrise. “Il tuo treno sta arrivando”.
Evergreen
sospirò accettando il fatto che
Freed non avrebbe smesso di mettersi sulla difensiva, poi lo
baciò su una
guancia per salutarlo e Freed fece lo stesso. Evergreen raggiunse
velocemente
il treno e salì a bordo guardando Freed mentre si
allontanava. Freed sorrise e
continuò a seguire il treno con lo sguardo, ma non
sollevò la mano in segno di
saluto. Sarebbe stato inutile perché lei non lo avrebbe
visto (non era mica perché
la mano gli stava tremando).
Deglutendo
un po’, Freed cominciò a camminare
in direzione della sua auto pensando a cosa fare il giorno dopo per
quanto
riguardava la casa. Presto sarebbe dovuto tornare in città,
quindi doveva
sbrigarsi. Mentre camminava, si rese conto che con le dita
stava
disegnando linee invisibili sul palmo della mano.
Un’abitudine che aveva sviluppato
dopo la morte di suo padre, ma che pensava di aver cancellato.
Chiarimenti della traduttrice:
1
Si riferisce
alla storia dei tre porcellini e del lupo cattivo.
2
Nei paesi anglosassoni
il divario tra le classi sociali (non tanto dal punto di vista
economico ma più
che altro dal punto di vista culturale, ovvero comportamenti, abitudini
ecc) è
avvertito in modo più forte rispetto all’Italia.
Qui Laxus appartiene alla
cosiddetta working class (la classe degli operai),
mentre Freed è middle
class (il ceto medio).
|
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Capitolo 4 *** La chiamata ***
Note
della traduttrice:
Quarto
capitolo di questa long di Eryiss
che potete
trovare qui in lingua inglese: AO3
- Fanfiction.net
- Tumblr.
Ricordo
che titolo, immagine introduttiva,
storia e note d’autore sono sue, mentre io mi occupo solo di
tradurre.
Se
volete lasciare un commento, provvederò a tradurlo per
l’autore <3
Note
dell’autore:
Ciao
a tutti, grazie di essere qui. Ricordate di dare un’occhiata
a Fuckyeahfraxus che ha organizzato il Fraxus Day. Andate a
visitare la pagina per scoprire quali altri contenuti sono stati
prodotti in occasione di questo evento.
Vi
ringrazio per qualsiasi commento vogliate
lasciarmi. Per me significa molto. Spero che la storia vi piaccia e
grazie per la
lettura.
Capitolo 4 – La
chiamata
Laxus
si era reso conto di quanto gli piacesse
avere una routine quotidiana solo quando aveva ricominciato ad averne
una.
L’ultima volta che aveva avuto l’intera settimana
piena di impegni era stato ai
tempi delle superiori. Da quel momento in poi, la sua routine si era
trasformata
lentamente e gradualmente in un ammasso di giornate tutte uguali
segnate qua e
là da qualche lavoretto nell’hotel. Era stato un
periodo piuttosto noioso, ma
Laxus non l’aveva mai ammesso a se stesso.
Ora
che lavorava praticamente ogni giorno, non
sapeva proprio come aveva fatto a trascorrere così tanto
tempo senza fare granché.
In realtà Freed non gli aveva imposto rigidi orari di
lavoro, ma diceva di
essere certo che un uomo come Laxus non avrebbe perso tempo. Grato per
quell’osservazione, Laxus aveva deciso di impegnarsi
seriamente costruendosi
una vera e propria tabella di marcia giornaliera.
Alle
7 si alzava, alle 7.30 andava ad allenarsi
in palestra, alle 9 si faceva un giro nell’hotel per
verificare che non ci
fosse nulla da riparare o di cui occuparsi, alle 10 raggiungeva la casa
e svolgeva
tutto il lavoro che si era prefissato per la giornata.
Si
sentiva un uomo adulto. Era una
bella sensazione.
Scendendo
dalla pressa1 e
afferrando l’asciugamano, Laxus sospirò
soddisfatto. Non si era mai allenato di
primo mattino – lo aveva sempre fatto nel pomeriggio,
più per ingannare il
tempo che per altro – ma comunque gli piaceva.
Era un bel modo di iniziare la
giornata: gli permetteva di migliorare la circolazione del corpo prima
di
mettersi al lavoro e di godere dell’aria fresca e rigenerante
del mattino a
contatto con la pelle sudata lungo il tragitto di ritorno verso casa.
Si
asciugò il sudore dalla fronte e raggiunse
il tappetino per svolgere gli esercizi di stretching, sorridendo tra
sé e sé
per la sensazione di bruciore alle gambe con le quali aveva da poco
sollevato i
pesi. Mentre camminava, tirò fuori il cellulare e lo
sbloccò per controllare
l’ora.
Chiamata
persa – Freed Justine
Messaggio
di segreteria telefonica – Freed Justine
Freed
era tornato ad Era, così come aveva
pianificato. Trascorreva la settimana in città a lavorare
nel suo ufficio con i
suoi amici e tornava a Magnolia nel weekend per controllare il lavoro
di Laxus
e offrirgli suggerimenti e aiuto ogni volta che poteva, il che accadeva
sempre
più spesso da quando il biondo gli aveva insegnato un paio
di cose. In effetti lavoravano
insieme da diverse settimane e ormai Freed era diventato piuttosto
bravo.
Laxus
riusciva a capire ciò che gli serviva
senza troppa difficoltà. A volte Freed non disponeva della
terminologia tecnica
per esprimere in maniera immediata ciò di cui aveva bisogno,
ma insieme
trovavano sempre una soluzione. Formavano una bella squadra e facevano
costantemente progressi.
Laxus
doveva ammettere che a volte Freed gli
mancava. Preferiva lavorare in compagnia e Freed era una buona
compagnia. Insieme si divertivano.
O
almeno, Laxus si divertiva. Freed a
volte si comportava in maniera enigmatica, ma sembrava divertirsi anche
lui.
Non lasciava quasi mai trapelare le sue emozioni e sorrideva
– sorrideva davvero
– solo quando pensava che Laxus non lo stesse guardando.
Laxus lo aveva beccato
un paio di volte, e quell’espressione divertita sul volto
solitamente impassibile
di Freed era qualcosa che avrebbe desiderato vedere più
spesso. Gli stava bene.
Da
quando lavoravano insieme solo nel weekend,
Freed lo aveva chiamato di rado e per motivi specifici, come quando un
membro
della società di conservazione degli edifici aveva fatto
visita alla casa per
controllare che non la stessero distruggendo. Di conseguenza, quella
chiamata
persa e soprattutto quel messaggio di segreteria telefonica erano
insoliti,
anche perché Laxus aveva compreso che Freed preferiva
mandare messaggi scritti piuttosto
che fare chiamate telefoniche.
Allora
Laxus svolse velocemente gli esercizi
di stretching e poi raggiunse lo spogliatoio portandosi il cellulare
all’orecchio per ascoltare il messaggio di Freed.
“Scusa se ti ho svegliato” cominciava. “Potresti vedere
se ho lasciato qualcosa nella mia
stanza domenica scorsa?”
Ascoltando
e camminando verso l’armadietto,
Laxus aggrottò la fronte. Freed aveva scandito le parole in
modo così deciso da
lasciarlo interdetto. Laxus lo aveva sempre visto come un uomo
piuttosto
rilassato, nonostante al di fuori potesse sembrare rigido. Era anche
chiaramente intelligente e Laxus non si sarebbe stupito se si fosse
rivelato un
vero genio, di questo era certo.
Forse
era stata solo una sua impressione, ma
nelle parole di Freed – lo stesso Freed che non si faceva
alcuno scrupolo a
dirigere personalmente i lavori in casa – aveva percepito una
punta di panico.
“Lo scorso weekend mi ero portato un
po’ di
lavoro in hotel…” continuava Freed. “…tra
cui un
contratto su cui sto lavorando. Penso di averlo lasciato nella mia
stanza e ho
bisogno di sapere se è ancora lì, sano e salvo.
È confidenziale, come puoi ben
immaginare, e contiene tutti i miei appunti. Richiamami il prima
possibile, per
favore”.
Laxus
si passò l’asciugamano sul corpo, si
riempì di deodorante e prese il suo borsone. Normalmente si
sarebbe fatto una
doccia e avrebbe indossato abiti puliti, ma il fatto che Freed gli
avesse
lasciato un messaggio di segreteria telefonica piuttosto che mandargli
un breve
messaggio significava che era urgente. Laxus non aveva conoscenze in
campo giuridico
– be’, come tutti coloro che non ci lavoravano
– ma perdere un contratto
confidenziale non doveva essere una bella cosa. Era certo che i
dipendenti del
Fairy Tail non avrebbero mai sbirciato nella roba dei clienti, ma
ovviamente Freed
non poteva avere una simile certezza.
Laxus
uscì velocemente dalla palestra con il
borsone in spalla, cercò il numero di Freed sullo schermo
del cellulare e
rimase in attesa. Freed rispose dopo qualche momento.
“Laxus”
lo salutò.
“Ehi”
rispose Laxus. “Scusa se non ho risposto
alla tua chiamata, ero in palestra”.
“Oh,
che coincidenza”. Freed si concesse una
risata breve e un po’ forzata. “Anch’io
ho appena finito di allenarmi con il
mio personal trainer”.
Laxus
non sapeva che Freed avesse un personal
trainer.
Ora
che ci rifletteva, l’avvocato era
chiaramente in forma, come dimostravano le sue spalle ampie e il suo
busto
asciutto. Quando due settimane prima Freed si era arrotolato le maniche
della
camicia rivelando le braccia robuste e solcate da qualche vena, Laxus
ne era
rimasto talmente colpito da farsi quasi scivolare un’asse di
legno sui piedi –
un po’ esagerato, forse, ma quell’immagine
l’aveva comunque distratto per
qualche attimo.
“Piccolo
il mondo, eh?”. Laxus scrollò le
spalle, poi parlò con tono leggero e scherzoso sperando di
risollevare il
morale a Freed. “Ma sappi che sono dei truffatori, i personal
trainer. Se stai
cercando di migliorarti allora va bene, ma se vuoi rimanere
così come sei allora
non ne hai bisogno”.
“Hai
ragione” disse Freed, e Laxus sorrise. Se
giustamente sollecitato, Freed si lasciava distrarre piuttosto
facilmente. “Mi
alleno con lui per il suo status, onestamente. È un personal
trainer d’élite, l’ho
scelto per questo”.
“Ascolta
un po’, signorino”
scherzò
Laxus con un sorriso. “Se vuoi posso scriverti una lista di
esercizi che ti
permetterebbero di risparmiare qualche banconota”.
“Magari,
grazie” concordò Freed. “No, aspetta,
smettila di distrarmi! Hai trovato quello che ti ho chiesto?”
“Ci
so fare, eh?”. Laxus sorrise ma poi
continuò. “Sono quasi arrivato in hotel. Se
l’hai lasciato lì, sono sicuro che
qualche membro del personale l’abbia trovato e consegnato a
mio nonno senza
aprirlo”. Freed sospirò, chiaramente poco
convinto. “Non rischierebbero mai di
farti incazzare, Freed. Praticamente sei tu che fai rimanere aperto
l’hotel
ogni weekend. Se tu te ne vai, loro perdono il lavoro”.
Freed
si lasciò sfuggire una risata e Laxus
sorrise. “Non dovresti darmi tutto questo potere, Laxus.
Potrei farne cattivo
uso”.
“Non
ne dubito”. Laxus sorrise entrando nella
calda reception di Fairy Tail. Chissà se nella battuta di
Freed c’era qualcosa
di vero… Fece un cenno a Mirajane che era seduta dietro il
bancone. “Dammi un
secondo” disse poi a Freed.
“Certo”
rispose l’avvocato.
Allontanando
un po’ il telefono dall’orecchio,
Laxus raggiunse il bancone. Mirajane lo squadrò dalla testa
ai piedi arricciando
il naso di fronte al suo aspetto arruffato e al suo odore di sudore e
deodorante. Aprì la bocca per parlare, ma Laxus la
interruppe sperando che riuscisse
a comprendere la sua fretta proprio dallo stato in cui si trovava.
“Sai
se Freed ha lasciato qualcosa nella sua
stanza, tipo dei documenti?” chiese.
“L’ha pulita Lisanna, no?”.
“In
effetti Lisanna ha accennato a qualcosa
del genere” disse Mirajane dopo averci riflettuto un attimo.
“Una cartella
marrone, l’ha data a Makarov per sicurezza. E Makarov voleva
avvisare Freed, ma
siccome non ha il suo numero stava aspettando te”.
“Quindi
questa cartella è nel suo ufficio,
no?” chiese Laxus allontanandosi dal bancone.
“Sì,
ma è chiuso a chiave. Makarov sarà qui
tra un’ora, credo”.
“Ho
una copia delle sue chiavi da quando avevo
sedici anni”. Laxus sorrise andando via e ignorando Mirajane
che gli diceva che
non avrebbe dovuto possedere quelle chiavi.
Riportò il cellulare
all’orecchio aprendo l’ufficio di suo nonno.
“L’hanno trovato, è
nell’ufficio
del vecchio. Ora lo cerco” disse a Freed.
“Mi
sono dimenticato di dirti che mi serve una
copia di quel contratto qui, possibilmente con
tutti i miei appunti”
spiegò Freed con un sospiro rassegnato. Laxus
rovistò nel cassetto della
scrivania trovando finalmente la cartella marrone.
“Potrei
farti una foto di ogni pagina” suggerì
aprendo la cartella. “La società Lamia
Scale si fonde con Mermaid Heel,
giusto?”
“Sì,
è lui, grazie” rispose Freed, ma con tono
ancora preoccupato. “Secondo il regolamento sulla protezione
dei dati, non è
possibile fare foto. Se mi scoprono mi tolgono il caso o, peggio
ancora, mi
licenziano. E il mio cliente perde automaticamente la causa”.
“Meglio
evitare allora”. Laxus annuì. “Potrei
scannerizzarlo e inviartelo per e-mail. O forse è la stessa
cosa?”. Ci rifletté per qualche attimo. “Potrei inviartelo per posta se sei disposto
ad aspettare”.
“Mi
serve oggi”. Freed sospirò.
“E comunque
no, non puoi nemmeno inviarmelo per e-mail”.
Laxus
sospirò passandosi una mano tra i
capelli. Non spettava a lui sentirsi preoccupato per la situazione, ma
il fatto
che Freed non fosse rilassato come suo solito lo destabilizzava. Freed
era suo
amico e nessuno avrebbe voluto vedere il proprio amico stressato a
causa della
possibilità di perdere il lavoro solo per essersi
dimenticato qualcosa in una
stanza d’hotel, il che sarebbe potuto accadere a chiunque. In
una situazione
del genere, qualsiasi buon amico avrebbe offerto il proprio aiuto.
“Be’…”
disse Laxus schioccando la lingua sul
palato. “Per che ora ti serve? Potrei prendere il treno e
raggiungerti in
ufficio se non ti dispiace che io mi prenda un giorno libero dai lavori
in casa”.
Forse
un amico non si sarebbe spinto così
lontano. O forse sì?
“Non
dire sciocchezze” disse Freed scuotendo
sicuramente la testa. “È un viaggio troppo lungo.
Non riusciresti a tornare a
casa prima di stasera. Non posso chiederti una cosa simile”.
“Se
non c’è altra alternativa potrei farlo. E poi
non sono mai stato ad Era, quindi questo sarebbe un buon
pretesto…” rispose
Laxus affievolendo gradualmente il tono di voce. “Aspetta,
che ne dici di un
fax? Mio nonno è forse una delle poche persone sulla Terra
ad averne ancora uno
per chissà quale motivo”.
“Potrebbe
andare” disse Freed esitante. “La
legge afferma che non è possibile replicare i documenti in
formato digitale,
quindi tecnicamente non staremmo infrangendo nessuna regola”.
“Bene”.
Laxus sorrise. “Spero che tu sappia
come inviare un fax, perché io non ne ho la più
pallida idea”.
“È
abbastanza semplice in realtà” disse Freed,
e nel suo tono di voce Laxus percepì un sorriso genuino di
cui si rallegrò. “Potrebbe
riuscirci anche un bambino senza troppe spiegazioni”.
“Evita
quel tono di superiorità, stronzo”.
Laxus sorrise accendendo la macchina. “L’unico
bambino che saprebbe usare questo
rottame di merda sarebbe un bambino uscito dall’Ottocento o
qualcosa del genere”.
“Intendi
dire che io sembro uscito
dall’Ottocento?”
chiese Freed.
“Be’,
ti ci vedrei bene a camminare con un
bastone, uno stupido cappello a cilindro e uno dei quei pesanti
cappotti da
riccone”. Laxus strizzò gli occhi nel tentativo di
comprendere le istruzioni
sullo schermo sbiadito della macchina, immaginandosi distrattamente
Freed in
abiti ottocenteschi. “Penso che ti starebbero bene in
effetti. Sembreresti piuttosto
s– stiloso”.
Laxus
si bloccò. Stiloso. Stiloso!
In
effetti non c’erano molti aggettivi che
iniziassero con la lettera ‘S’, ma come diamine gli
era uscito stiloso?
Laxus non lo aveva mai detto in tutta la sua vita e probabilmente
nessun altro uomo
della sua età avrebbe usato una parola del genere. Certo,
era riuscito a
nascondere ciò che pensava veramente di Freed in abiti
all’antica, ma perché diavolo
aveva usato la parola stiloso? Stiloso!
La
verità era che aveva quasi ammesso di
trovare Freed sexy, il che era sia positivo che
negativo.
Era
positivo perché significava che Laxus,
dopo anni di terapia, aveva smesso di tormentarsi all’idea di
essere attratto dagli uomini e adesso si sentiva a proprio agio con la
propria
sessualità. Era negativo
perché significava che avrebbe dovuto fare più
attenzione a non rivelare di
essere attratto da Freed, che era a tutti gli effetti il suo capo.
“Certo”
disse Freed un po’ distrattamente.
Laxus sperò che Freed non avesse capito. Non poteva
aver capito, no? “Come
va con il fax?” chiese subito dopo Freed.
“Mi
sa che dovrai aiutarmi. Non è facile per
niente, ‘sta merda”.
Freed
gli spiegò brevemente cosa fare. In effetti
era un procedimento relativamente semplice, ma il fatto che lo schermo
della
macchina con tutte le diverse opzioni fosse quasi impossibile da
decifrare non aiutava
per nulla. Con un po’ di sforzo, però, Laxus portò a termine l’impresa e alla fine
Freed riuscì ad ottenere una copia del contratto
direttamente dal fax del suo
ufficio.
A
quel punto Laxus si voltò notando che suo
nonno lo stava guardando da dietro la porta – concentrato
com’era sul fax e sulle
istruzioni di Freed, non lo aveva sentito arrivare. Laxus si chiese da
quanto il
vecchio fosse lì e perché esattamente lo stesse
guardando con un sopracciglio
sollevato e un sorriso quasi compiaciuto. Quando Laxus fece per
parlare, fu
Freed ad interromperlo.
“Grazie
di tutto, Laxus”. Dato che il biondo
aveva messo il vivavoce, le parole di Freed rimbombarono in tutta la
stanza. Laxus
ci impiegò un paio di secondi a capire che doveva rispondere.
“Nessun
problema” rispose, ora un po’ più
lucido. Makarov non voleva proprio saperne di cambiare espressione.
“Va bene
così, quindi?” chiese Laxus a Freed.
“Per
oggi sì” rispose Freed con tono stanco, e
Laxus percepì una sorta di fruscio capendo che
l’avvocato si stava strofinando
un occhio con il palmo della mano; era un gesto che Laxus gli aveva
visto fare alcune
volte. “Sono sicuro che domani spunteranno fuori altri
problemi” disse Freed.
“Immagino
che essere un avvocato significhi
anche questo” disse Laxus con un sorriso forzato, fissando al
contempo suo nonno
– che non accennava a muoversi – come per dirgli di
andare via.
“Hai
ragione. Comunque grazie ancora, non vedo
l’ora di rivederti nel weekend”. Freed
sospirò di nuovo stancamente e Laxus non
poté fare a meno di soffermarsi sullo schermo del cellulare
con gli occhi che brillavano
più del dovuto. “Ora devo andare, ho una riunione
tra quindici minuti e mi devo
preparare. Ti richiamo più tardi”.
“Sì,
a più tardi” ripeté Laxus, e la
chiamata si
concluse.
Laxus
e Makarov si guardarono l’un l’altro per
qualche momento. Laxus non riusciva a decifrare con esattezza
l’espressione sul
volto di suo nonno e oltretutto ce l’aveva con lui per il
fatto che non se ne fosse
andato dopo aver compreso che quella chiamata era privata.
Tuttavia, Laxus
sapeva che, se avesse espresso la sua rabbia, suo nonno gli avrebbe
fastidiosamente
ricordato che quello era il suo ufficio e che aveva tutto il diritto di
starci
dentro, molto più di Laxus.
“Allora”
disse infine Makarov. “Mirajane mi ha
detto che sei arrivato in anticipo stamattina”.
“Non
avresti dovuto ascoltare la mia
conversazione” disse Laxus con tono infastidito.
“E
tu non dovresti entrare nel mio ufficio
senza il mio permesso” rispose di rimando Makarov, e Laxus
roteò gli occhi. “Ma
ti perdono perché evidentemente avevi bisogno del mio fax
per aiutare il tuo amichetto”.
Laxus
si mise in piedi – fino ad allora se ne
era rimasto seduto perché il fax era posizionato sotto la
scrivania di Makarov –
e cominciò a camminare in direzione della porta. Lui e suo
nonno avevano un
buon rapporto, ma a volte Makarov era veramente insopportabile. Faceva
battute
su cose che Laxus non trovava per nulla divertenti con il solo intento
di
sfotterlo e farlo arrabbiare, e il biondo sapeva che in quei casi era
meglio
non assecondarlo, quel vecchio bastardo.
Fece
per passare accanto a Makarov, ma quest’ultimo
gli afferrò un lembo della maglia per bloccarlo. Nonostante
avrebbe potuto
perfettamente ignorare quella stretta, Laxus si fermò e
guardò suo nonno con un’espressione
che affermava esplicitamente di non voler scherzare sul suo rapporto
con Freed.
“Non
ti arrabbiare” disse Makarov con tono
serio. “È solo che mi sembravi contento.
È stato bello sentirti ridere in quel
modo”.
“Bene”
disse Laxus in modo leggermente
scontroso.
“Non
c’è bisogno di reagire in maniera
difensiva” commentò Makarov. “Sono
semplicemente felice per te. Quasi tutte le
persone che conosci vivono o hanno vissuto tutta la loro vita qui. E
quasi tutti
i tuoi amici sono donne. Mi fa piacere che hai conosciuto un uomo e che
ti
diverti con lui”.
“Non
è che voglio automaticamente scoparmi ogni
uomo che incontro, eh” borbottò Laxus.
“Certo.
Ero solo un po’ sorpreso di trovarti
così, a ridere e scherzare con lui, specialmente
considerando il fatto che ti
stava dicendo cosa fare. Se fossi stato io, ti saresti
incazzato”. Makarov
sorrise. “Ma se dici che il vostro rapporto è
puramente platonico, ti credo.
Ripeto che mi piace vederti così. Lascia fantasticare un
po’ il tuo vecchio”.
“Posso
andare ora?” mormorò Laxus.
“Come
vuoi”. Makarov sorrise. “Comunque lui mi
piace”.
Laxus
si lasciò sfuggire uno sbuffo e Makarov abbandonò
la sua maglia. Le parole del vecchio lo avevano irritato. Non solo
Makarov lo
aveva fatto sentire volontariamente in imbarazzo per la chiamata di
Freed, ma gli
aveva anche dato una sorta di benedizione. Una
benedizione che Laxus non
voleva e di cui non necessitava. Era un uomo adulto, non un bambino
bisognoso
che qualcuno gli dicesse cosa fare.
Tra
l’altro, Makarov nemmeno lo conosceva
Freed! E in realtà la situazione era molto più
complessa di quanto potesse
apparire sulla base di quella maledetta chiamata.
Ma
mentre Laxus andava via, la sua mente tornò
alla fine della conversazione con Freed. Non aveva recepito
completamente le
sue parole nel momento in cui Freed le aveva pronunciate, ma ora che ci
rifletteva doveva ammettere che erano parecchio…
interessanti.
“Non vedo l’ora di
rivederti”.
Non
“Non vedo l’ora di tornare a
Magnolia”.
Non “Non vedo l’ora di venire
lì nel weekend, così non devo preoccuparmi del
mio lavoro”. E nemmeno “Non
vedo l’ora di vedere come procedono i lavori
in casa”. Aveva affermato esplicitamente che non
vedeva l’ora di rivedere lui,
Laxus, il che era certamente interessante.
E
se quelle parole erano in grado di fargli dimenticare
la rabbia per la conversazione con suo nonno e di provocargli uno sfarfallio
allo stomaco, erano pur sempre cazzi suoi. Suoi e di nessun altro.
Chiarimenti della traduttrice:
1 Pressa
(leg
press) = macchinario da palestra che serve per svolgere un esercizio
con le
gambe.
|
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Capitolo 5 *** La ferita ***
Note
della traduttrice:
Quinto
capitolo di questa long di Eryiss
che potete
trovare qui in lingua inglese: AO3
- Fanfiction.net
- Tumblr.
Ricordo
che titolo, immagine introduttiva,
storia e note d’autore sono sue, mentre io mi occupo solo di
tradurre.
Se
volete lasciare un commento, provvederò a tradurlo per
l’autore <3
Note
dell’autore:
Ciao
a tutti, grazie di essere di nuovo qui. Ricordate di dare
un’occhiata a Fuckyeahfraxus che ha organizzato il Fraxus Day. Andate a
visitare la pagina per scoprire quali altri contenuti sono stati
prodotti in occasione di questo evento. ATTENZIONE, in
questo capitolo sono presenti scene di sanguinamento e discussioni sul
bullismo nell’ambiente scolastico.
Vi
ringrazio per qualsiasi commento vogliate
lasciarmi. Per me significa molto. Spero che la storia vi piaccia e
grazie per la
lettura.
Capitolo 5 – La ferita
Malinconia
non era
la parola giusta, no.
Freed
non era un tipo malinconico, anzi, non
si era mai lasciato trasportare minimamente dalle emozioni. Non
rimuginava sul
passato in modo nostalgico e non era solito sentirsi triste quando una
fase
della sua vita giungeva al termine. Certo, c’erano cose in
grado di destare la
sua sensibilità, ma comunque non era il tipo da sprofondare
nella tristezza. Se
la vita proseguiva velocemente, lui doveva fare lo stesso. Era questa
la sua
razionale filosofia di vita.
Era
un mantra che Freed, quel giorno, si era ritrovato
a ripetersi mentalmente più e più volte man mano
che si avvicinava alla casa.
La
casa quasi finita.
Non
era certo una casa esemplare, ma perlomeno
ora funzionava adeguatamente. Le finestre erano state aggiustate,
l’impianto
idraulico e l’impianto elettrico erano stati riparati, la
struttura rinforzata.
Le pareti conservavano ancora i resti di una carta da parati antiquata
e le
assi del pavimento erano ancora scoperte, ma nel complesso
l’edificio era
tornato abitabile come nelle intenzioni iniziali e poteva chiamarsi
nuovamente casa.
Aveva solo bisogno di amore, attenzione e miglioramenti da parte di
chiunque
volesse viverci. Ora, seguendo la sua filosofia di vita, Freed avrebbe
dovuto
vendere la casa all’istante, tornare ad Era e lavorare al suo
prossimo caso.
Era il passo più logico, esattamente ciò che
avrebbe dovuto fare.
Ciò
che però non stava facendo. Nonostante
fosse in contrasto con il modo in cui aveva sempre vissuto, Freed si
sentiva
riluttante a doversene andare. Aveva esitato parecchio di fronte al
numero
telefonico di Gildarts e alla fine si era rimesso il cellulare in tasca
con un
lamento infastidito.
Era
davvero patetico.
Cercò
di razionalizzare la cosa, di trovare
una spiegazione pragmatica a ciò che sentiva. Si convinse
del fatto che la casa
rappresentasse un suo traguardo personale, qualcosa che aveva
realizzato con le
sue stesse mani, un risultato pratico che reputava
degno di nota per il
semplice fatto che era abituato a svolgere la maggior parte del suo
lavoro con
la mente. Insomma, chi non avrebbe
reagito così in una situazione
del genere? Quella casa era una specie di monumento a ciò
che era in grado di
fare se si applicava, e lui ne era orgoglioso.
Ma
questa era una bugia, Freed lo sapeva. Il
vero motivo per cui non voleva vendere la casa era il fatto che si
trattava
dell’unica cosa in grado di trattenerlo a Magnolia, e lui non
era ancora pronto
ad andarsene.
Certo,
non aveva bisogno di possedere una casa
per recarsi a Magnolia. Il fatto di aver stretto una solida amicizia
con Laxus
e di aver conosciuto i suoi amici era un ottimo motivo per far loro
visita di
tanto in tanto. Si era ormai abituato a tornare a Magnolia ogni weekend
e non
voleva smettere.
Non
voleva smettere nonostante sapesse che
tutta la gente del paese avrebbe cominciato a spettegolare sul motivo
per cui
lui continuasse a tornare. Ci avrebbe visto chiaro e tondo, cosa che
Freed non
era certo di poter gestire.
Non
era bravo a sentirsi imbarazzato, non lo
era mai stato.
C’erano
state alcune situazioni nella sua vita
in cui si era sentito veramente imbarazzato
– sfortunati episodi della
sua adolescenza che di tanto in tanto gli tornavano in mente di notte
– ma comunque
erano state situazioni volute. Si era sempre sforzato di evitare
qualsiasi fonte
di imbarazzo. Nel complesso era sempre andata bene, ma ora Magnolia
stava seriamente
mettendo a dura prova le scelte di vita che lo avevano aiutato a
mantenere una
certa sanità mentale fino a quel momento.
Freed
scosse la testa. Non doveva provare malinconia,
ma soprattutto non doveva rimuginare sul passato.
Prese
una piccola spugna e cominciò a passarla
lentamente sul tavolo della cucina di Villa Albion. Quel tavolo era
lì da
quando Freed aveva ereditato la casa, e dopo che Laxus
l’aveva grattato e
ripulito era tornato utilizzabile così come il resto della
casa. Proprio quella
sera, il tavolo di Villa Albion avrebbe svolto per la prima volta la
sua reale
funzione, dato che Freed e Laxus avrebbero cenato insieme.
E
questo non migliorava affatto la situazione.
Chiaramente
c’era qualcosa di più.
Magnolia era sicuramente un bel posto e i suoi abitanti erano brave
persone, ma
nessuno si sarebbe lasciato sopraffare dalla malinconia
all’idea di abbandonare
un gruppo di edifici. Sfortunatamente per Freed, la
malinconia poteva essere
causata solo dal pensiero di dover abbandonare altre persone.
E
certamente Laxus era una brava persona. Era
divertente, schietto e sapeva fronteggiarlo senza battere ciglio, ma
era anche
gentile e disponibile: quando gli aveva insegnato a installare le prese
elettriche o a collegare i tubi del bagno, era stato paziente e si era
assicurato di metterlo a suo agio, perfino quando Freed era stato sul
punto di
rompere la porcellana con la chiave inglese. Era un bravo ragazzo e
sapeva come
prendere Freed in qualsiasi situazione.
Oltretutto,
era davvero bello. Freed
aveva sempre evitato di ammetterlo, ma dal momento che presto si
sarebbero
separati voleva essere onesto almeno con se stesso. Spalle ampie, petto
muscoloso, capelli biondi e occhi luminosi: Evergreen aveva ragione,
Laxus era proprio
un Adone.
E
il suo fascino rustico, un fascino in
grado di attirare Freed più del dovuto, non lo aiutava di
certo.
In
ogni caso, non avrebbero potuto conoscersi
più a fondo e forse era meglio così. Freed non
era un tipo romantico, aveva
cose più importanti da fare e la sua attrazione per Laxus
era dovuta
semplicemente alla stretta vicinanza con lui. Laxus era un uomo
attraente,
certo, ma in fin dei conti non era l’unico. Entro un anno
Freed l’avrebbe
dimenticato e sarebbe tornato alla sua vita di sempre.
E
con un po’ di fortuna, anche i suoi sogni su
Laxus sarebbero svaniti, sia quelli disgustosamente teneri, sia quelli
più… intensi.
“Ehi”
una voce allontanò Freed dai suoi
pensieri. “Penso che sia pulito ora”.
Freed
si accigliò guardando il tavolo: in
effetti, c’era una zona del legno che brillava più
delle altre. Il tono
scherzoso di Laxus lo aveva fatto sussultare, ma Freed si era subito
rimproverato mentalmente. Laxus non poteva aver
capito a cosa stava
pensando semplicemente osservandolo pulire il tavolo.
“Una
curiosità” disse con cautela. “Da quanto
sei qui?”
“Quindici
minuti”. Laxus sorrise scuotendo un
po’ le due confezioni di cibo cinese. “La cena si
sarà raffreddata”.
“Quindici
minuti!” esclamò Freed incredulo.
“Sono
arrivato ora, stupido”. Laxus ghignò
avvicinandosi al tavolo e poggiandoci le confezioni. “A cosa
stavi pensando per
essere così concentrato?”
“A
un caso di cui mi sto occupando” mentì
Freed. In realtà non stava lavorando a nessun caso, ma
probabilmente ne avrebbe
preso uno quando sarebbe tornato in città. Tornato in
città definitivamente.
“Non è difficile. È un caso piuttosto
semplice in realtà, ma si tratta di un
cliente di alto profilo che potrebbe rivolgersi nuovamente a noi in
caso di
bisogno, quindi dobbiamo essere amichevoli”.
“Non
mi sembra che essere amichevole
sia il tuo forte”. Laxus ghignò.
“Probabilmente sei fuori allenamento”.
“Se
è così, credo che ti farò pagare
l’intera
cena” disse Freed sedendosi al tavolo e aprendo la propria
confezione.
“Questo
dimostra che ho ragione”.
Freed
sorrise portandosi le bacchette alle
labbra. Sembrava proprio una cena d’addio,
il che non lo aiutava affatto
a sentirsi meno malinconico: non solo quella cena lo costringeva a
confrontarsi
con il fatto di dover partire, ma gli ricordava anche che era proprio
Laxus a
rendere l’intera situazione così difficile. Il
problema era che, quando il
biondo gli aveva proposto di cenare insieme, a Freed era parso
così
tremendamente affascinante con quel sorriso sincero stampato sul volto
che non
era proprio riuscito a dirgli di no.
Bastardo.
Magari
l’aveva fatto apposta.
“Ho
incontrato Cana mentre aspettavo dal
cinese” disse Laxus guadagnandosi nuovamente
l’attenzione di Freed. “Mi ha
accennato che suo padre non vede l’ora di vedere la casa.
Sembra molto
entusiasta”.
“È
interessato ad acquistarla?” chiese Freed
inarcando le sopracciglia per la sorpresa.
“È
il tuo agente immobiliare, Freed” rispose
Laxus atono, trattenendo chiaramente un sorriso. “Dovresti
saperlo. È
preoccupante che tu non lo sappia”.
“Gildarts
è il padre di Cana?” chiese Freed
incredulo. “Hanno cognomi diversi”.
“Cazzo,
è vero, a volte dimentico che non sei
di qua”. Laxus rise sonoramente poggiando la schiena alla
sedia. “Ci sono un
casino di cose che non sai… Forse dovrei partire proprio dal
passato di
Gildarts, anche se sarebbe più appropriato chiamarlo
Gildarts il puttaniere”.
Fu
così che Laxus cominciò a raccontargli le
avventure giovanili di Gildarts – in effetti, quel soprannome
sembrava
calzargli a pennello – per poi deviare verso altre storie
riguardanti Magnolia.
Parlò del suo paese con un tale livello di entusiasmo che
Freed ne fu
assuefatto, tanto da sentirsi piacevolmente avvolto dal mondo che Laxus
descriveva. Nonostante il biondo non fosse particolarmente eloquente,
la sua risata
chiassosa e quell’inusuale dose di allegria nel raccontare
storie imbarazzanti
sui suoi amici furono capaci di intrattenere Freed per tutto il tempo.
E
riuscirono quasi a distrarlo da ciò che
Laxus aveva detto prima di mettersi a raccontare: “A
volte dimentico che non
sei di qua”. Era una semplice frase e molto
probabilmente Laxus l’aveva
pronunciata quasi senza pensarci, ma per un attimo Freed si era sentito
incredibilmente accolto. Come se fosse stato accettato
nella
piccola comunità di Laxus.
Che
idea ridicola.
Sbatté
le palpebre per scacciare quei pensieri
e tornò a concentrarsi sulla storia riguardante Elfman, il
quale da ragazzino era
stato obbligato dalle sue sorelle a travestirsi da mostro per andare ad
una
fiera del fumetto. Elfman aveva odiato ogni singolo momento di quella
fiera e
Laxus aveva trascorso gli anni successivi a mostrargli alcune sue foto
con quel
costume addosso ogni volta che poteva. Per dargliene prova, Laxus
tirò fuori il
cellulare e mostrò le foto a Freed.
Era
un costume migliore di quanto Freed si
sarebbe mai aspettato, ma rivelava decisamente
troppo per il giovane e
timido Elfman di allora.
Per
tutta la durata del racconto Freed era
riuscito a distrarsi, ma non era stato comunque abbastanza: mentre
ascoltava,
infatti, si era ritrovato a disegnare cerchi con le dita sul palmo
della mano
sinistra al di sotto del tavolo e forse non si sarebbe accorto del
ritorno di
quel tic nervoso se non fosse stato per… la cicatrice.
Si
trattava di una cicatrice piuttosto recente
e, quando Freed la toccò ripensando a come se
l’era procurata, abbandonò ogni
tentativo di non lasciarsi travolgere dalla malinconia.
___________________________
“Merda” sibilò
Freed avvertendo un forte
dolore che si irradiava dalla mano sinistra fino al braccio. Fece un
passo
indietro strabuzzando gli occhi di fronte al taglio che si era
procurato e al
sangue denso che sgorgava fuori. Sembrava una ferita piuttosto profonda
e Freed
non riusciva a staccare gli occhi da lì.
Laxus, che fino a quel momento se n’era
rimasto
accovacciato per sistemare le nuove assi del pavimento, gli rivolse un
breve
sorriso, salvo poi cambiare espressione quando notò del
sangue gocciolare sul
pavimento. Scattò in piedi e raggiunse Freed prendendogli la
mano ferita con la
propria e lasciandosi sfuggire un verso di compassione. La cosa
ridicola era il
fatto che Freed non poteva fare a meno di notare che quella era la
prima volta
che Laxus gli teneva la mano.
“Sembra brutta”
commentò Laxus.
“Davvero?” mormorò
ironicamente Freed. “Ed
io che pensavo fosse solo un taglietto”.
“Bene. Se riesci a fare il coglione, non
è
poi così brutta”. Laxus sorrise. “Vieni,
ti aiuto a sciacquarti”.
Continuando a stringergli il polso, Laxus
lo trascinò attraverso il salotto fino in cucina. Freed non
si oppose, troppo
concentrato a raccogliere le gocce di sangue piuttosto che lasciarle
cadere sul
tappeto sporcandolo. Era una buona distrazione, sia dal dolore pungente
che
avvertiva alla mano, sia dalla presenza fin troppo vicina di Laxus.
“Ti farà un po’
male” lo avvisò Laxus
aprendo il rubinetto e portando la mano di Freed sotto il getto
dell’acqua.
A quel punto, Freed si rese conto che Laxus
Dreyar era uno stronzo bugiardo.
“Ahia, cazzo! Porca puttana!”
urlò Freed.
Ci fu un momento di silenzio, con Freed che quasi ansimava dal dolore e
Laxus
che lo fissava accigliato. Un attimo dopo, il suono di una risata roca
e
chiassosa riempì la stanza. Laxus si piegò
letteralmente in due dalle risate
sotto lo sguardo attonito di Freed che lo osservava dal lavandino.
“Mi fa piacere che tu ti diverta
così
tanto”.
“Mi dispiace”. Laxus sorrise
trattenendo a
stento un’altra risata. “Mi dispiace
tanto”.
“Non è vero”.
“No, infatti”
concordò Laxus. “È stato
troppo divertente, cazzo. Non ti ho mai visto comportarti in quel modo.
Mi hai
preso alla sprovvista”. Sollevò lo sguardo
incontrando quello di Freed e
scoppiò nuovamente a ridere. “Vado a prenderti una
benda. Scusa, davvero”.
“Grazie” mormorò
Freed. “Tu cerca di non
cadere, infilzarti con un chiodo e morire. Quello sì che
sarebbe terribile”.
“Non preoccuparti. Solo un idiota
potrebbe
farsi male in questo posto”. Laxus rise ancora. Se Freed
avesse avuto qualcosa
a portata di mano, gliel’avrebbe sicuramente lanciata in
testa. Che bastardo.
Laxus tornò in cucina con il kit del
pronto
soccorso che si era procurato tempo prima insistendo per tenerlo in
casa. Freed
era certo che, una volta passato il divertimento scaturito dalle sue
imprecazioni, Laxus si sarebbe vantato di quanto avesse fatto bene a
tenere
quel kit in casa.
Il biondo riafferrò la sua mano
allontanandola dal getto dell’acqua e tamponandola
delicatamente con un
asciugamano. Freed sussultò un po’ a causa della
pressione sulla ferita, ma non
disse nulla.
Lentamente, con movimenti attenti e ben
calcolati, Laxus gli avvolse la benda intorno alla mano evitando
accuratamente
di intrappolargli anche le dita. Il tessuto bianco si
macchiò un po’, ma tutto
sommato riuscì a calmare la fuoriuscita del sangue. Anche il
dolore era
diminuito.
Questo permise a Freed di apprezzare quanto
Laxus fosse stato gentile con lui. Non era abituato a vederlo in quel
modo.
“Come hai imparato?” chiese
Freed sedendosi
al tavolo della cucina.
“L’ho fatto un sacco di volte
su me stesso”.
Laxus sospirò un po’ allontanando le mani dalla
benda e ispezionando il suo
lavoro, poi sollevò lo sguardo su Freed che lo stava
fissando leggermente
accigliato. “Da ragazzino facevo sempre a botte.
Ero… un bullo o qualcosa del
genere”.
Freed aggrottò ulteriormente la fronte.
“Davvero?”
“Sì. A quel tempo non credevo
di esserlo, ma
poi ho iniziato ad andare da una psicologa che mi ha aperto gli
occhi”. Laxus
scrollò le spalle. “Me la prendevo con i
più deboli almeno un paio di volte al
mese. Avevo una sorta di complesso di superiorità, volevo
che tutti mi
rispettassero e facessero quello che volevo. Solo che dopo un
po’, quelli che
prendevo di mira cominciarono a stancarsi e a reagire, quindi ho dovuto
imparare le basi del pronto soccorso”.
Freed non poteva fare a meno di scrutare
Laxus con curiosità. Quando il biondo sollevò lo
sguardo, però, Freed capì che non
era quella l’espressione che si sarebbe aspettato.
“È stata la terapia a farti
smettere,
allora?” chiese Freed.
Laxus parve disorientato per un momento.
“Non
esattamente”. Scosse la testa. “C’erano
due ragazzini che mi facevano incazzare
più degli altri, non so perché. Quando le cose
andavano male, io… miravo sempre
a loro. Natsu e Gajeel, è probabile che anche tu li abbia
visti qualche volta in
paese. Natsu è un pompiere, Gajeel un meccanico. Alla fine
si stancarono, mi
saltarono addosso, mi pestarono a sangue e poi andarono dal preside a
dirgli quello
che combinavo. Mi sospesero e mi mandarono da Porlyusica. È
lei la mia
psicologa. Mi ha praticamente sbattuto in faccia tutte le cazzate che
ho fatto
e mi ha reso una persona migliore”.
Freed si prese un momento per riflettere su
ciò che aveva appena sentito; quella era
senz’altro la cosa migliore da fare. A
volte la gente gli confidava i propri segreti peggiori – la
condanna di essere
un avvocato – e i suoi primi pensieri non erano mai
particolarmente d’aiuto.
Quindi preferì rifletterci qualche secondo e alla fine
optò per la domanda che
gli sembrava più prudente.
“Il preside ti sospese senza alcuna
prova?”
“Oh, aveva molte
prove”. Laxus rise. “È difficile
scampartela se il preside è tuo nonno”.
“Makarov?” si
accigliò Freed.
“Sì. Quando la scuola lo
costrinse ad
andarsene in pensione, iniziò a lavorare all’hotel
perché credeva che stare in pensione
fosse noioso”. Laxus sorrise ricordando
l’improvvisa decisione di suo nonno di
comprare l’hotel, poi guardò Freed con aria seria.
“Ho appena ammesso che facevo
il bullo e picchiavo i miei coetanei. Perché non sei
turbato?”
“Alcuni dei miei clienti abbassano
intenzionalmente gli stipendi dei loro dipendenti per aumentare i
propri e se
la ridono pure”. Freed scrollò le spalle, ma Laxus
lo esortò a continuare
capendo che c’era qualcos’altro. “E poi
nemmeno io ero un ragazzino esemplare
ai tempi della scuola” ammise infatti Freed.
“Eri un bullo anche tu, eh?”
scherzò Laxus.
“Be’, non proprio, ma di certo
non ero il
più gentile”. Freed si poggiò alla
sedia. “Ero il migliore della classe e
volevo che tutti lo sapessero. Parlavo dei risultati delle verifiche
solo per
assicurarmi che tutti sapessero che avevo preso il massimo dei voti. E
poi c’era
un ragazzo che si sedeva accanto a me durante la maggior parte delle
lezioni.
Non era particolarmente intelligente, per cui tendevo a…
trattarlo con superiorità.
Forse, sotto sotto, avevo una cotta per lui. Era solo un modo contorto
per
gestire la cosa”.
“Ma ora non sei
così” commentò Laxus. “E se
ti comporti in quel modo, lo fai solo per scherzo.
Cos’è che ti ha fatto
cambiare?”
“Evergreen e Bickslow mi dissero che se
non
mi fossi dato una regolata, avrebbero smesso di essere miei
amici”. Freed
sorrise. “Oltre a loro, avevo solo i miei genitori. Non
potevo perderli”.
Freed ripensò in silenzio ai tempi
della
scuola e forse Laxus fece lo stesso. Era una strana sensazione stare
seduto
accanto a qualcuno che, come lui, si vergognava della persona che era
stato, ma
era comunque passato avanti. Era bello sapere che c’era
qualcuno capace di
comprenderlo veramente.
Ed era bello poter confessare a Laxus di essere
omosessuale senza che lui battesse ciglio.
“Ti avrei preso a calci in culo se
fossimo
andati a scuola insieme” dichiarò Laxus sorridendo.
“Ci avresti provato,
vuoi dire” lo corresse Freed cercando di smorzare la
tensione. “Da bambino
facevo scherma ed ero anche piuttosto bravo, quindi ti avrei trafitto
ancora
prima che tu potessi colpirmi”.
“Difficile trafiggere qualcuno quando
sei
stato messo K.O.”. Laxus ghignò spavaldamente
mimando un pugno, ma questo fece
flettere il suo bicipite e Freed dovette spostare lo sguardo.
Si sorrisero a vicenda, nonostante non ci
fosse nulla di particolarmente divertente. Freed pensò che
fosse rilassante
stare con Laxus e che con lui poteva essere molto più onesto
che con altre
persone, forse perché Laxus era la prima persona che Freed
aveva imparato a
conoscere davvero oltre a Evergreen e Bickslow. Forse
perché, cosa più
importante, Laxus gli piaceva veramente.
“Andiamo” disse Laxus.
“Non mi fido della
mia benda, è meglio che ti fai controllare da un dottore.
Non voglio che ti
venga un’infezione o qualcosa del genere”.
A quelle parole, il cuore di Freed fece una
capriola.
___________________________
“Sei
proprio distratto oggi, sai?”
Freed,
che nel frattempo aveva riportato la mano
sul tavolo giocherellando con l’altra, sollevò lo
sguardo su Laxus. Il biondo
aveva un’espressione strana, divertita e riflessiva al tempo
stesso. Freed
aggrottò la fronte.
“Hai
ragione” concordò. “Scusami, sono di
pessima compagnia. Cosa stavi dicendo?”
“Non
era importante”. Laxus scrollò le spalle.
“Vuoi dirmi cosa c’è che non
va?”
“Come
ho detto, mi sto occupando di un caso
che potrebbe risultare vantaggioso per la mia
società” mentì Freed. Non poteva
assolutamente dirgli la verità. “Ma non
è niente di complicato, devo solo ragionarci
un po’ ”.
“Un
attimo fa ho scritto ad Evergreen e mi ha
detto che non ti stai occupando di nessun caso. Mentiva?”.
Laxus incrociò le
braccia al petto e Freed assottigliò gli occhi.
“Tu
ed Evergreen avete parlato?”
“Puoi
prendermi per il culo quanto vuoi, ma
sappi che so benissimo che c’è qualcosa che ti
turba” disse Laxus ignorando la
domanda di Freed. “Naturalmente non devi dirmi per forza
cos’è, quelli sono
affari tuoi”.
Freed
avrebbe tanto voluto chiedergli perché,
allora, continuava ad insistere.
“Ti
dico solo questo” continuò Laxus. “Non
devi per forza fare qualcosa che non ti va di fare”.
E
in un certo senso era proprio quello che
Freed cercava di ignorare. Perché, anche se da un lato non
voleva lasciare
Magnolia, dall’altro non voleva nemmeno permettersi di
pensare di poter
rimanere. L’obiettivo che si era posto era quello di rendere
la casa nuovamente
funzionante e quindi abitabile, in modo da poterla vendere e poi
tornare alla
sua vita di sempre. Non si trattava solo di un obiettivo da
raggiungere, ma di
una vera e propria regola da rispettare.
Il
suo affetto per quel posto e per Laxus era
cresciuto in modo graduale, di questo Freed era consapevole, ma si era
comunque
imposto di abbandonare il paese una volta terminati i lavori in casa. A
quel
punto, non ci sarebbe stato più nulla in grado di
trattenerlo a Magnolia.
Ma
quella era una bugia. L’unica persona che
gli imponeva di seguire quella regola era se stesso.
“Ho
sempre detto che avrei venduto la casa
dopo aver aggiustato tutto” affermò Freed con quel
tono da avvocato che
negava sempre di avere.
“Allora
di’ qualcos’altro” rispose Laxus, come
se dipendesse davvero da quello. “Senti, non so
com’è la tua vita lì in
città,
ma so per certo che ti piace stare qui. Quindi perché non
continui a
venire?”
“Io–”.
Freed si interruppe, aveva bisogno di
pensare. “La mia vera vita è in città,
non posso–”
“Chi
dice che la tua vera vita sia solo
in città? Vieni qui ogni weekend da mesi ormai, anche questo
è parte della tua
vita” disse Laxus con un sorriso che fece vacillare la
determinazione di Freed.
“Mi
ero detto che una volta aggiustata la
casa–”
“Non
si tratta della casa” insistette Laxus.
“Si tratta di te, idiota! Penso che stare qui ti renda
felice. E se qualcosa ti
rende felice, perché privartene per una stupida regola del
cazzo che ti sei
imposto da solo? Non mi sembra una cosa intelligente da fare”.
Freed
ci pensò un attimo.
Si
sentiva profondamente a disagio a sentir
parlare Laxus in quel modo e non riusciva a capirne il
perché. Be’, forse sì,
ma non era pronto a considerare una simile spiegazione. La
verità era che
l’unico vero motivo per cui Laxus voleva che Freed ritornasse
a Magnolia era il
fatto che voleva continuare a vederlo. Voleva continuare a vedere Freed
nello
stesso modo in cui Freed voleva continuare a vedere lui.
Ma
Freed questo non poteva accettarlo: se l’avesse fatto, avrebbe cominciato a chiedersi il
perché e forse sarebbe
giunto alla conclusione che la sua stupida cotta per Laxus era ricambiata. Semplicemente,
non poteva.
“Forse
potremmo… migliorare ulteriormente la
casa” disse Freed senza pensarci.
“Forse
sì”. Laxus annuì. “Quindi
resterai qui?
Per la casa”.
“Per
la casa”.
Non era per la casa. Lo
sapevano tutti e due.
Note
della traduttrice:
Vi
lascio un'illustrazione di jemyart
ispirata alla storia di Eryiss (con l'unica differenza che in questa
immagine Laxus e Freed mangiano una pizza, non cibo cinese). L'autore
stesso dice che si immagina Laxus e Freed in questo modo <3
|
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Capitolo 6 *** Il festival ***
Note
della traduttrice:
Sesto
capitolo di questa long di Eryiss
che potete
trovare qui in lingua inglese: AO3
- Fanfiction.net
- Tumblr.
Ricordo
che titolo, immagine introduttiva,
storia e note d’autore sono sue, mentre io (Soly Dea)
mi occupo solo di
tradurre.
Se
volete lasciare un commento, provvederò a tradurlo per
l’autore <3
Note
dell’autore:
Ciao
a tutti. Come sempre, ricordate di dare un’occhiata
a Fuckyeahfraxus che ha organizzato il Fraxus Day. Andate a
visitare la pagina per scoprire quali altri contenuti sono stati
prodotti in occasione di questo evento. Oggi niente
avvertimenti.
Vi
ringrazio per qualsiasi commento vogliate lasciarmi. Per me significa
molto. Spero che la storia vi piaccia e grazie per la lettura.
Capitolo 6 – Il
festival
Ogni
anno, a Magnolia, si teneva il festival
autunnale. Laxus non aveva mai capito perché quella fiera
all’aria aperta venisse
organizzata negli ultimi giorni di ottobre e soprattutto su un vasto
campo in
cima ad una collina dove non c’era assolutamente modo di
ripararsi dal vento o
dal freddo. La maggior parte delle città e dei paesi
organizzavano i propri
festival annuali durante la stagione estiva, quando non faceva quel
freddo cane,
ma naturalmente Magnolia non era come gli altri paesi.
Laxus
era sempre stato parte integrante di
quella fiera. Tutte le bancarelle e le attrazioni, tranne le giostre,
erano
gestite dagli abitanti del paese, e spesso le capanne di legno o i
giochi necessitavano
di qualche rifacimento o aggiustamento, il che teneva Laxus piuttosto
impegnato. Nell’arco della giornata, infatti, riceveva
numerose chiamate da
parte dei proprietari delle bancarelle che richiedevano il suo aiuto
dandogli
in cambio un piccolo compenso. Negli anni precedenti, la fiera
autunnale gli
aveva permesso di pagarsi i regali di Natale. Ora, lavorando con Freed,
Laxus
disponeva di molti più soldi di quanti gliene servissero.
Quest’anno,
per la prima volta, sarebbe andato
alla fiera come semplice visitatore.
Era
stata Lisanna a proporglielo. Laxus aveva
specificato che non era più un moccioso, ma Makarov aveva
appoggiato la
proposta di Lisanna ricordando quanto Laxus, da bambino, adorasse quel
festival. E Laxus aveva accettato solo per zittire il vecchio bastardo.
Naturalmente,
alla fiera non sarebbero andati
solo lui e Lisanna, ma anche Mirajane, Elfman e Cana. Laxus si era
chiesto se in
questo modo l’hotel non sarebbe stato a corto di personale,
ma Makarov gli
aveva assicurato che non c’era nulla di cui preoccuparsi e
che doveva solo pensare
a divertirsi.
In realtà glielo aveva
detto con un tono
strano, come se stesse omettendo qualcosa, ma questo Laxus aveva
preferito
ignorarlo.
In
quel momento lui e gli altri si trovavano
alla fiera già da un’ora e si erano divisi in due
gruppi: uno composto da Cana
e Mirajane che preferivano provare i diversi giochi, visitare le
bancarelle e
divertirsi; l’altro composto da Laxus, Lisanna ed Elfman che
seguivano Mirajane
e Cana per cercare di capire se le due si stessero frequentando o meno.
Una
domanda che sembrava non trovare risposta.
“Insomma,
stanno palesemente flirtando”
sussurrò Lisanna guardando sua sorella.
“Altrimenti non si toccherebbero a
vicenda in quel modo”.
“Tua
sorella apprezza il contatto fisico”.
Laxus scrollò le spalle. “E Cana non riesce a
tenere le mani a posto. Forse è
solo questo”.
“Il
contatto fisico tra amici è da veri
uomini!” proclamò Elfman venendo immediatamente
zittito da Lisanna e fissato da
Laxus.
Il
biondo avrebbe preferito non immischiarsi
negli affari di Cana, ma ad una fiera come quella non c’era
molto altro da fare
per un uomo sui trent’anni. Era evidente che Cana e Mirajane
passavano ora
molto più tempo insieme per il fatto che Mirajane lavorava
regolarmente alla
reception, il che concedeva alla patetica e disperata
cotta di
Cana – Laxus sarebbe stato più gentile con lei se
solo le sue battute su lui e
Freed non si fossero fatte così fastidiose – una
minima chance di essere
ricambiata.
Laxus
si chiese perché da bambino quella fiera
gli piacesse così tanto. Che divertimento poteva esserci nel
colpire un topo
finto con una racchetta oppure lanciare una palla in un cerchio poco
distante?
“Sono
tutte stronzate” commentò Laxus. “Quelle
due si piacciono chiaramente a vicenda, ma non hanno il coraggio di
confessarselo. Quando se lo diranno, probabilmente sarà
troppo tardi”.
Elfman
e Lisanna si scambiarono un’occhiata e
Laxus pensò che fossero d’accordo con la sua
affermazione.
“Lo
so che secondo te è impossibile” disse
Lisanna guardando le due donne che si dirigevano verso la bancarella
del gioco acchiappa
l’anatra. “Ma se si stessero frequentando
fin dai tempi delle superiori e
non lo stessero dicendo a nessuno per puro divertimento?”
“Pensi
davvero che Cana potrebbe tenersi un
segreto del genere per così tanto tempo? Me
l’avrebbe detto subito, solo per
farmi incazzare sul fatto di essere ancora single” disse
Laxus. “Inoltre, sono
certo che nel momento in cui finiranno a letto, Cana mi farà
sapere immediatamente
quanto è brava Mira a leccar–” Laxus si
interruppe ricordando con chi stava
parlando. Il fratello e la sorella di Mirajane, infatti, lo stavano
fissando
con fastidio e disgusto. “Scusate, non dovevo”.
“Laxus
ha ragione” iniziò Elfman.
Il
biondo, però, lo interruppe. “Su quanto tua
sorella sia brava a leccar–?”
Elfman
gli diede uno spintone facendolo
inciampare e ridere. “Su quanto sarebbero incapaci di tenersi
un segreto del
genere” lo corresse, e Laxus ghignò in tutta
risposta.
Era
divertente far incazzare le persone che potevano
contrattaccare ed Elfman era uno dei pochi uomini più
robusti di lui. Laxus lo considerava
come un fratello minore, anche se naturalmente non lo aveva mai
ammesso. Che
razza di fratello maggiore sarebbe stato se non avesse dato fastidio ad
Elfman
in ogni occasione possibile? Un pessimo fratello
maggiore, e questo
Laxus non avrebbe potuto mai perdonarselo.
Di
recente, però, ci stava andando leggero con
Elfman, sia perché quest’ultimo era parecchio
impegnato con il lavoro all’hotel
e alle sale da tè, sia perché Laxus trascorreva
molto tempo con Freed e anche
far incazzare Freed era divertente, principalmente perché
era in grado di
tenergli testa.
In
effetti era davvero un peccato che Freed non
fosse lì.
L’avvocato
sembrava piuttosto esitante ad
incontrarlo al di fuori del contesto lavorativo. Dopo che aveva deciso
di
ristrutturare e modernizzare completamente Villa Albion, i due avevano
continuato a lavorare insieme ogni weekend, mentre Laxus faceva
progressi
durante la settimana. E andava bene così, sicuramente meglio
che non vedere
Freed mai più, ma Laxus aveva sperato che in questo modo
potessero incontrarsi
in un ambiente meno professionale e più…
divertente. Non che non si
divertissero a lavorare in casa, ma Laxus voleva qualcosa di
più, il che
probabilmente era da egoisti.
In
ogni caso, gli sembrava che Freed provasse
lo stesso. Certo, a volte si comportava in modo un po’
ottuso, ma Laxus era
diventato piuttosto bravo a comprenderlo, o almeno così
pensava. Forse era solo
una sua illusione, ma sentiva che anche Freed volesse di più.
Era
la sua occasione.
Nonostante
ciò, Laxus sapeva che provarci seriamente
sarebbe stato vile da parte sua.
Non
è che non avesse cercato di ampliare la
sua relazione con Freed portandola fuori da Villa Albion, anzi. Il
giorno prima
gli aveva accennato che sarebbe andato al festival con gli Strauss e
con Cana aggiungendo
che avrebbe potuto piacergli, il che implicava un invito,
ma Freed si
era limitato ad augurargli buon divertimento spiegando che doveva
contattare la
società di conservazione degli edifici storici per poter
ottenere il permesso di
estendere la cucina sul retro della casa.
Fosse
stato qualcun altro, Laxus si sarebbe
sentito scoraggiato o infastidito, ma dal momento che si trattava di
Freed, la
cosa in qualche modo lo divertiva: molto probabilmente,
l’avvocato non si era
nemmeno reso conto del fatto che gli avesse proposto di andare al
festival con lui.
Sì,
sarebbe stato bello averlo lì.
Magari
Freed avrebbe potuto aiutarli a scoprire
se Cana e Mirajane uscivano effettivamente insieme oppure no, anche se
naturalmente
non avrebbe potuto andare a chiederglielo di persona esattamente come
tutti
loro. Perché, nella remota possibilità che Cana e
Mirajane avessero davvero una
relazione e la stessero tenendo nascosta per puro divertimento, il loro
livello
di autocompiacimento nel venire finalmente beccate sarebbe stato
insopportabile.
“Penso
che si siano dimenticate di noi”. Lisanna
rise. “Forse dovremmo divertirci piuttosto che seguirle.
Proviamo qualche
gioco”.
“Quale?”
chiese Laxus. “L’unico interessante è
il tiro a segno, ma tu non vuoi farlo”.
“Sparare
agli animali è crudele”.
“La
pistola è finta e gli animali sono di
carta” borbottò Laxus. “Non
c’è niente di male”.
“Lo
trovo ugualmente inaccettabile”.
“Sembri
uno degli animalisti della PETA1”.
“Come
ti permetti?! La PETA fa cose orribil–”.
“Che
ne dite della prova di forza?” si
intromise Elfman indicando una macchina che si illuminava a
intermittenza dalla
quale pendeva un sacco da boxe. “Ti sfido, Laxus. Voglio
mostrarti cosa
significa essere un vero uomo. Altro che quei muscoletti”.
“Muscoletti?”
Laxus ghignò. “Questi
muscoletti potrebbero prenderti a calci in culo”.
“Andiamo
allora”. Elfman sorrise flettendo il
bicipite.
I
tre raggiunsero la macchina. Lisanna si
lamentò di quanto fossero idioti scuotendo la testa e
sorridendo al tempo
stesso, mentre Elfman si arrotolò le maniche prendendo
nuovamente di mira i
“falsi muscoli da palcoscenico” di Laxus. Il biondo
gli rispose per le rime,
anche se con meno entusiasmo del solito.
Di
fatti, si era distratto pensando a quanto
Freed si sarebbe comportato in modo spavaldo in una situazione del
genere.
Nonostante Laxus fosse abbastanza sicuro che in quel gioco lui ed
Elfman
avrebbero superato Freed senza troppi sforzi, di certo
l’avvocato non lo avrebbe
mai ammesso e anzi si sarebbe comportato da stupido sbruffone sicuro di
sé.
Era
un pensiero decisamente pericoloso, ma… dio,
quanto avrebbe voluto che Freed fosse lì.
_____________________________
“Quindi
con la casa procede bene?” chiese Mirajane
addentando una ciambella.
Alla
fine erano rimasti solo loro due alla
fiera. Elfman e Cana avevano dovuto tornare in paese ai loro rispettivi
lavori,
mentre Lisanna aveva fatto il pieno di zuccheri mangiando troppe
ciambelle,
quindi sua sorella le aveva consigliato di andare a riposare, evitando
così di
sentirsi stanca per tutto il giorno. Laxus non aveva potuto fare a meno
di
sentirsi lievemente soddisfatto sentendo le lamentele e gli sbadigli di
Lisanna, dato che era stato praticamente obbligato a pagare le
ciambelle.
Aveva
perso contro Elfman e pagato da mangiare
per una stupida scommessa. Gli Strauss avevano decisamente avuto la
meglio su
di lui.
Verso
metà pomeriggio, alcune bancarelle
cominciarono a chiudere. Nonostante non avesse bisogno di soldi, Laxus
preferiva
rimanere nel caso in cui si rompesse qualcosa: nessun altro sarebbe
stato in
grado di intervenire e lui era piuttosto fedele nei confronti di quella
fiera.
“Sì”
rispose alla domanda di Mirajane. “Sembra
ancora una casa in stile anni ’80, ma è molto
meglio rispetto a prima”.
“Pensi
che Freed ci farebbe dare un’occhiata prima
di venderla?” chiese Mirajane spostandosi di lato per evitare
un bambino che
correva. “Sono sicura che non appena la casa sarà
in vendita, mezza Magnolia
verrà a curiosare”.
“Potrei
chiederglielo” disse Laxus. “È piuttosto
perfezionista comunque. Se saremo veloci, riusciremo a finirla prima di
Natale,
ma non è ancora sicuro”.
“Be’,
qualche giorno fa sono passata da quelle
parti e da fuori mi sembrava molto bella. Il giardino era
fantastico” commentò
Mirajane.
“Grazie”.
Laxus sorrise.
“Te
ne sei occupato tu?” chiese Mirajane con
un caloroso sorriso. “Non ti facevo giardiniere,
sai?”.
“L’abbiamo
fatto io e Freed insieme, ma ero io
a dare le direttive”. Laxus arrossì un
po’, rimproverandosi mentalmente subito
dopo. Parte della sua terapia consisteva nel venire a patti con quegli
aspetti
di sé che non erano, come avrebbe detto Elfman, da
uomini. “Sapevi che i
fiori hanno un loro linguaggio? Quello che me li ha venduti ha cercato
di
spiegarmelo, ma io volevo solo dare un aspetto decente al
giardino”.
“E
ci sei riuscito”. Mirajane sorrise, ma in
modo troppo marcato. “Tu e Freed avete piantato
un’aiuola insieme, quindi? È
una cosa molto dolce”.
“Non
farlo, Mira”. Laxus sospirò. “Ne ho
già abbastanza
dei commenti degli altri, non mettertici pure tu”.
“Freed
è davvero carino”. Mirajane sembrò
ignorare le sue parole e Laxus sospirò di nuovo rassegnato.
Se non riusciva a
impedire a Lisanna di prenderlo in giro, con sua sorella sarebbe stato
a dir
poco impossibile. “Pensavo che il tuo uomo ideale fosse un
altro, ma suppongo
che io non abbia ancora passato abbastanza tempo con– Oh,
quando parli del
diavolo!”
Laxus
sollevò lo sguardo seguendo quello di
Mirajane e i suoi occhi si posarono su Freed. Quest’ultimo,
avendolo notato, alzò
la mano per salutarlo procedendo verso di loro. Man mano che si
avvicinava,
Laxus sorrise nel notare la postura di Freed e la velocità
con cui camminava. Aveva
le spalle curve, l’andatura rapida e un’espressione
forzatamente sorridente
stampata sul volto, un’espressione che Laxus gli aveva visto
spesso,
soprattutto quando era stressato. Il biondo gli andò
incontro squadrandolo
preoccupato.
“Come
va?” gli chiese.
“Ho
chiamato per sapere se fosse possibile ampliare
la casa. Mi hanno trattenuto per 2 ore e 27 minuti, con la musica
più
fastidiosa che io avessi mai sentito, solo per dirmi che secondo le
linee guida
non è possibile” borbottò Freed.
Laxus
aggrottò la fronte. “Non potevano
dirtelo subito?”
“È
esattamente ciò che ho chiesto loro”. Freed
rise amaramente. “A quanto pare, però,
l’ho fatto con tono ostile e
questo li ha convinti a chiudere la chiamata”.
Laxus
avrebbe voluto ridere – lo trovava fottutamente
divertente – ma si trattenne.
“Cosa
posso fare per farti sentire meglio?”
gli chiese.
“Non
c’è bisogno che tu– Non è per
questo che
sono qui”. Freed scosse lievemente la testa guardandosi
intorno. “Volevo solo
dare un’occhiata alla fiera. Me ne hai parlato
così bene che ho pensato che
potesse essere una bella occasione per distrarmi e calmarmi. Anche se
la
persona che mi ha riattaccato il telefono in faccia dubita
che io sia in
grado di mantenere la calma”.
Laxus
rise. Se Freed era dell’umore giusto per
prendersi in giro da solo, allora poteva farlo anche lui.
“Be’,
in qualità di residente locale e
tuttofare del festival, sarò la tua guida
personale”. Laxus sorrise facendo un
passo indietro. “Ti consiglierei la prova di forza in modo da
prendere a pugni
qualcosa, ma sappi che quella merda è truccata”.
“Dice
che qualcuno è più forte di te,
quindi?”
lo prese in giro Freed, e Laxus gli sorrise di rimando.
“Visto
che ti piace tanto fare lo sbruffone, vuoi
per caso vedere chi è più forte tra me e
te?”
“Be’,
so già che vincerei, ma se vuoi compromettere
ulteriormente il tuo ego allora accetto”. Freed sorrise.
Laxus
si sentì in qualche modo soddisfatto
all’idea di aver indovinato il modo in cui Freed avrebbe
reagito in una
situazione di sfida come quella. Si chiese se sarebbe riuscito anche a
coinvolgerlo in una scommessa esattamente come era accaduto a lui poco
prima ad
opera di Mirajane – la quale, tra l’altro, era
ancora lì e li guardava con un
sorriso di cui Laxus sapeva di non potersi fidare.
“Non
ti dispiace se accompagno Freed a fare un
giro, vero?” chiese a Mirajane lanciandole uno sguardo
d’avvertimento.
“Certo
che no”. Mirajane gli diede una pacca
sulla spalla. “Vado a cercare Lisanna sperando che non stia
vomitando sul
ciglio della strada”.
“Cos’ha?”
chiese Freed preoccupato.
“Sta
bene, è solo che non sa rifiutare una
ciambella appena sfornata”. Mirajane rise. “Penso
proprio che vi rivedrò
entrambi molto presto. Dovremmo andare a mangiare qualcosa insieme,
Freed. È
evidente che Laxus tiene a te, sono proprio curiosa di conoscerti
meglio”.
Mirajane ammiccò. Stronza,
pensò Laxus. “Ciao” disse infine
Mirajane.
Entrambi
ricambiarono il saluto e Laxus
continuò a fissarla mentre si allontanava.
“Allora…”
cominciò Freed sorridendogli. “Prova
di forza?”
Laxus
annuì. “Prova di forza”.
I
due trascorsero il resto del pomeriggio a
provare qualsiasi gioco ispirasse un po’ di competizione. Le
uniche bancarelle
che avevano evitato erano state quelle in cui sapevano già
in partenza di non
avere possibilità di perdere o di terminare senza un premio.
Erano entrambi molto
competitivi, ma proprio questo – insieme agli insulti giocosi
e
all’intollerabile autocompiacimento da parte del vincitore di
ogni gioco – aveva
reso il pomeriggio divertente, e Laxus aveva adorato ogni singolo
momento.
Aveva
ragione: lui e Freed andavano d’accordo
anche al di fuori della casa, forse perfino più
d’accordo di quando
lavoravano insieme.
Durante
quel pomeriggio trascorso insieme,
Laxus era rimasto colpito da una cosa. Freed, stressato a causa di
ciò che era
successo, era venuto alla fiera ascoltando il suo suggerimento e forse
sapendo
che lui sarebbe stato lì. Una fiera per bambini non era di
certo il luogo
adatto a divertirsi per uno come Freed, quindi era molto probabile che
l’avvocato
si fosse recato lì solo per lui, per Laxus. Inoltre, non
è che Freed non avesse
nessun altro amico a Magnolia. Avrebbe potuto anche invitare Evergreen
o
Bickslow, ma non lo aveva fatto. Aveva scelto di divertirsi con lui.
Laxus
pensò che fosse bello essere la prima
scelta di Freed.
“Be’,
ti senti più calmo ora?” chiese Laxus
guardando Freed mentre passavano accanto ad una bancarella.
“Penso
di sì”. Freed annuì. “Ma sono
ancora un
po’ nervoso per come mi hanno trattato al telefono. Avrebbero
potuto essere più
diretti fin dall’inizio”.
“C’è
qualcos’altro che posso fare?” chiese
Laxus, pentendosi subito dopo per aver lasciato trapelare una certa urgenza
in
quella domanda, ma Freed non sembrava essersene accorto.
“Be’…”
cominciò Freed con un tono di voce che
Laxus trovò inconsueto. “C’è
una cosa che mi farebbe sicuramente
sentire meglio”.
“E
cos’è?” chiese Laxus con prudenza. Freed
non rispose, limitandosi a far scorrere lo sguardo di lato con un
sorriso.
Laxus lo imitò e, quando colse le intenzioni di Freed, si
bloccò sul posto.
“No” affermò categorico.
“Ma
io sono triste, Laxus” disse Freed
con un tono tutt’altro che triste.
“E questo mi renderebbe
felice”.
“Non
se ne parla” insistette Laxus con
fermezza.
No,
non l’avrebbe fatto. Non si sarebbe
lasciato cadere in quella dannata vasca piena d’acqua solo
per far felice Freed.
“Allora
suppongo che tu non ci tenga a me”.
Freed sorrise senza nemmeno provare a sembrare abbattuto.
“Pensavo che fossimo
più… intimi, ma evidentemente
mi sbagliavo”.
“Puoi
giurarci” confermò Laxus. “Non mi
immergerò nell’acqua fredda in autunno, che
cazzo”.
“Ricordo
che da bambino i miei genitori mi
portavano ad un festival proprio come questo”
cominciò Freed fingendosi triste,
ma Laxus non pensò nemmeno per un secondo che
l’argomento fosse stato
abbandonato. “Sai, i miei genitori, entrambi morti”
continuò Freed.
“Questo sì che mi rende triste. In effetti,
è da un po’ che mi sento sempre
triste. E se ci fosse qualcosa che tu potessi fare per farmi ridere o
farmi
sentire più allegro, sarebbe incredibilmente crudele da
parte tua non farlo”.
Laxus
ci mise qualche secondo a riprendersi
dallo shock perché wow, Freed lo stava
facendo davvero.
“Tua
madre” disse lentamente. “Stai usando la
morte di tua madre per convincermi a provare uno stupido
gioco. Pensi che
sarebbe felice se lo sapesse?”
“Penso
che apprezzerebbe la mia capacità di
trarre il massimo dalla situazione”. Freed sorrise e Laxus si
lasciò andare ad
una risata. “Okay, farti sentire in colpa non funziona. Cosa
devo fare per
convincerti?” chiese Freed.
“Accetterò
di farlo solo se lo farai prima
tu”. Laxus ghignò incrociando le braccia.
“Voglio vedere se sei disposto a rovinare
il tuo completo Armani”.
“Prima
di tutto non è Armani. È Burberry,
perché io ho buon giusto” lo
corresse Freed e Laxus sorrise. “E siccome
sono stato io a proporre per primo l’idea, trovo
più giusto che sia tu a
cominciare. Ricorda che sono molto triste”.
“No”
disse ancora Laxus scuotendo la testa.
Freed
sospirò e sul suo volto comparve
quell’espressione tipica di quando si ritrovava ad affrontare
un problema
riguardante la casa o il suo lavoro. Il fatto che si stesse impegnando
così
tanto per convincerlo a provare quel maledetto gioco era
così ridicolo e
al tempo stesso così dannatamente tipico
di Freed che Laxus non riusciva
a smettere di sorridere. Solo Freed avrebbe potuto prendere una cosa
così
stupida con lo stesso livello di serietà con cui si sarebbe
occupato di una
questione legale riguardante una società multimilionaria.
“Il
gioco consiste nel centrare l’obiettivo
con la palla per far cadere in acqua la vittima seduta sulla
sedia” spiegò
Freed, e Laxus sollevò un sopracciglio. Era la prima volta
che Freed si
rivolgeva a lui con quel tono da avvocato.
“Inizierò io comprando tre
palle. Se ti faccio cadere al primo colpo, vinco io. Se ti faccio
cadere al
secondo o al terzo colpo, avrai tre tentativi anche tu. Se non cadi
nemmeno una
volta, pagherò tutte le palle di cui hai bisogno per
vendicarti su di me”.
“Si
può sapere perché tu hai una
possibilità di evitare di sederti sulla sedia e io
no?” chiese Laxus
aggrottando la fronte. “E non dirmi che sei triste,
perché potrei buttarti in
acqua io stesso”.
Freed
ci pensò per un momento. “Semplicemente
perché io sono il tuo capo: se non lo farai, ti
licenzierò”.
Ben
sapendo che Freed stesse scherzando, Laxus
rise scuotendo la testa. Avrebbe potuto controbattere fino ad avere la
meglio o
fino a che l’idea non fosse stata accantonata, ma non lo
fece. Perché Freed,
dopo tanto stress per via della casa e del lavoro, si stava finalmente
divertendo.
In
fondo che male avrebbe potuto fargli un po’
di acqua fredda? Oltretutto, non era detto che Freed avesse una buona
mira. E
se anche l’avesse avuta, almeno sarebbe stato felice.
“Bene”
concordò Laxus, e Freed sorrise. “Ma se
riuscirò a farti cadere in acqua, sappi che ti
farò un video e che lo tirerò
fuori molto più spesso delle foto di Elfman travestito da
mostro”.
“Non
ho alcun dubbio” rispose Freed senza
smettere di sorridere.
I
due si avvicinarono alla bancarella,
parlarono con il venditore e Freed pagò le tre palle. Laxus
si tolse tutti gli
oggetti che avrebbero potuto danneggiarsi in acqua e poi
guardò la sedia
sospesa sulla vasca con un pesante sospiro. Si arrampicò
sulla piccola scala e
si sedette sulla sedia scuotendo la testa quando si accorse
dell’espressione
chiaramente soddisfatta sul volto di Freed.
“Non
mi prenderai” lo informò. “Se non riesci
ad usare una sega senza tagliarti, non vedo come potresti fare centro
con una
palla”.
“Continua
pure a dubitare di me” rispose
Freed. “Ti farò ricredere”.
Laxus
guardò Freed posizionarsi nel cerchio
rosso sul prato. Dopo di che, l’avvocato prese una delle
palle da baseball in
mano, serrò leggermente gli occhi, si mise in posizione e
lanciò la palla ad
una velocità piuttosto preoccupante.
Laxus
trasalì, ma non cadde.
Un’imprecazione
pronunciata a bassa voce e il rumore
della palla che colpiva il telo piuttosto che l’obiettivo di
legno fecero
spuntare un sorriso sul volto di Laxus. In base alle regole stabilite
da Freed
stesso, dopo altri due tentativi sarebbe toccato a lui sedersi sulla
sedia e, a
differenza di Freed, Laxus non aveva nessuna intenzione di mancare
l’obiettivo.
Nonostante non gli fosse piaciuto particolarmente, ai tempi delle
superiori
aveva fatto parte della squadra di baseball nel ruolo di lanciatore,
quindi
colpire l’obiettivo sarebbe stato dannatamente facile per lui.
Stava
per dirlo a Freed quando un’altra palla
sferzò l’aria in direzione
dell’obiettivo.
Laxus
non cadde nemmeno stavolta.
Gonfiò
il petto soddisfatto e rise.
Naturalmente Freed se ne accorse e gli rivolse uno sguardo che Laxus,
con le
gambe penzoloni sull’acqua, trovò ancora
più divertente.
“Se
sbagli di nuovo, non avrò pietà di te. Lo
sai, no?” disse Laxus.
“Non
sbaglierò” puntualizzò Freed con calma.
“Lo
spero per te”. Laxus sorrise. “Perché
sembreresti veramente ridicolo tutto bagnato”.
Freed
non rispose. Si voltò verso l’obiettivo,
prese l’ultima palla, si mise in posizione e la
lanciò.
Laxus
avvertì la sedia cedere.
Quando
cadde nella vasca, emise un rumoroso e
poco dignitoso strillo perché l’acqua era a dir
poco congelata. Tremò dalla
testa ai piedi e gli ci volle qualche secondo per riemergere in
superficie. Rabbrividì
ancora di più al contatto con l’aria fredda
autunnale, quasi rimpiangendo la
temperatura dell’acqua. Respirò profondamente e si
passò le mani tra i capelli incontrando
l’espressione vittoriosa di Freed che lo stava chiaramente
riprendendo con il
telefono.
“Cazzo”
si lamentò Laxus. I vestiti erano così
fradici che gli si erano incollati addosso.
“Freddina?”
chiese Freed, mentre Laxus si
apprestava a scendere giù dalla scala.
“Fanculo”
ribatté il biondo con voce
leggermente tremante. Quando scese per terra tutto gocciolante,
provò a scrollarsi
via un po’ d’acqua, ma non aiutò molto
perché naturalmente i vestiti erano
completamente zuppi. “Porta il tuo fottuto culo là
sopra, Justine”.
“Temo
che questa bancarella ora debba
chiudere, signore” disse una voce vicina a loro.
Laxus
si bloccò rivolgendo lo sguardo al venditore.
“Sta
scherzando, vero?” disse con voce ora più
ferma. “Sta chiaramente
scherzando”.
Il
venditore scrollò le spalle. “In realtà
per
me sarebbe molto più vantaggioso chiuderla che tenerla
aperta”.
Laxus
rifletté per un momento su ciò che aveva
detto il venditore cercando di comprenderlo. Quando finalmente colse
l’implicazione dietro le sue parole, lo sguardo di Laxus
cadde su Freed, il
quale non sembrava per nulla turbato dalla situazione. Al contrario,
appariva
incredibilmente compiaciuto per ciò che aveva chiaramente
fatto.
“L’hai
corrotto affinché chiudesse?!” esclamò
Laxus, e il sorriso di Freed si allargò.
“Se
ti fossi lasciato convincere fin
dall’inizio quando cercavo di farti sentire in colpa, a
quest’ora non ti
sentiresti così tradito” rispose Freed. Che
stronzo.
“Lo
sai che ora ti butterò lì dentro
personalmente, vero?”. Laxus fece un passo avanti, i piedi
che praticamente
sguazzavano nelle scarpe piene d’acqua. “E non
pensare nemmeno per un momento
che io non ne sia capace, perché sappiamo entrambi quanto
sono più forte di te.
L’ha detto quella dannata prova di forza”.
“Avevi
detto che era truccata” protestò Freed
immobile.
“Non
importa”. Laxus scrollò le spalle.
“È
piuttosto evidente che tra me e te sono io il più
grosso”.
Laxus
non lo aveva pianificato, anzi, lo aveva
fatto in maniera del tutto inconscia: ad un certo punto, durante la
conversazione, aveva afferrato Freed per la cravatta con
l’unico obiettivo di
rendere più credibili le minacce. Un modo per fargli capire
che, nonostante non
fosse veramente arrabbiato con lui, voleva davvero trascinarlo in acqua
per
pareggiare i conti. E avrebbe funzionato se solo non si fosse ritrovato
Freed
così vicino.
Così
dannatamente vicino che ora il suo
respiro ancora un po’ tremante si infrangeva direttamente
sulle labbra di
Freed. Così vicino che Laxus notò un piccolo neo
sotto l’occhio di Freed di cui
non si era mai accorto prima di quel momento. Così vicino
che all’improvviso si
rese conto di quanto i vestiti gli si fossero praticamente appiccicati
alla
pelle, una sensazione che lo fece sentire incredibilmente vulnerabile.
Se
si fosse piegato un po’ in avanti, le loro
labbra si sarebbero toccate.
Entrambi
sembrarono rendersene conto nello
stesso momento, ma per qualche attimo nessuno dei due parlò.
“F-forse
dovrei andare a casa” disse alla fine
Laxus con voce più debole di quanto avrebbe voluto, mentre
lasciava andare la
cravatta di Freed. “Per farmi una doccia e
cambiarmi”.
“Certo”.
Anche la voce di Freed suonò
piuttosto distante. “Se vuoi ti
accompagn–”.
“Posso
andarci a piedi, non è lontano” mentì
Laxus. “Ci vediamo”.
“Ciao”
rispose Freed facendo un passo
indietro.
Laxus
si voltò e si incamminò, rifiutandosi –
forse
stupidamente – di guardare indietro.
Chiarimenti della traduttrice:
1
PETA = People
for the Ethical Treatment of Animals, organizzazione
statunitense a
sostegno dei diritti animali che però ne uccide molti per
ragioni estremamente
controverse.
|
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Capitolo 7 *** La chiusura ***
Note
della traduttrice:
Ciao
ragazzi, sono Soly Dea!
Ecco il settimo
capitolo di questa long di Eryiss che potete trovare qui in lingua
inglese: AO3
- Fanfiction.net
- Tumblr.
Ricordo che titolo, immagine introduttiva, storia e note
d’autore sono
sue, mentre io mi occupo solo di tradurre.
Poiché
è passato molto tempo da quando ho
pubblicato l’ultimo capitolo, vi riassumo brevemente
l’intera storia.
RIASSUNTO DEI CAPITOLI
PRECEDENTI:
Freed
è un avvocato che alla morte di sua
madre eredita una casa in campagna molto malmessa, quindi decide di
ristrutturarla con l’aiuto di Laxus, tuttofare che lavora
nell’hotel in cui
Freed alloggia. Con il passare del tempo i due si rendono conto che tra
loro
c’è qualcosa di più di una semplice
amicizia. Nello scorso capitolo, infatti,
durante una fiera di paese e nello specifico dopo il gioco della vasca
piena
d’acqua, i due stanno quasi per baciarsi, ma purtroppo a
causa dell’imbarazzo
si separano subito.
Spero
che questo capitolo vi piaccia. Se
volete lasciare un commento, provvederò a tradurlo per
l’autore <3
Note
dell’autore:
Ciao.
Come sempre, ricordate di dare un’occhiata
a Fuckyeahfraxus che ha organizzato il Fraxus Day. Andate a
visitare la pagina per scoprire quali altri contenuti sono stati
prodotti in occasione di questo evento. Attenzione,
in questo capitolo si parla di repressione emotiva.
Vi
ringrazio per qualsiasi commento vogliate lasciarmi. Per me significa
molto. Spero che la storia vi piaccia e grazie per la lettura.
Capitolo 7 – La
chiusura
Era
patetico, Freed lo sapeva.
Lui
era un uomo adulto, un avvocato, un cittadino
rispettabile che si era guadagnato la sua posizione in molteplici
occasioni.
Eppure si era ridotto a spegnere il cellulare, rinchiudersi nel suo
appartamento e rifiutarsi di parlare con chiunque volesse farlo. Si era
chiuso
completamente in se stesso come uno stupido adolescente incapace di
controllare
le proprie emozioni.
In
effetti, tranne per il fatto che non era
più un adolescente, tale descrizione gli si addiceva
perfettamente. Era un
comportamento ridicolo e Freed si odiava per questo, ma non riusciva a
farne a meno
– tutto perché non sapeva come reagire a
ciò che stava provando.
Perché
stava effettivamente provando qualcosa,
molto più di qualcosa.
Il
che era piuttosto fastidioso, dal momento
che Freed non era particolarmente emotivo. Al contrario, era piuttosto
pragmatico, preferiva mettere i sentimenti da parte per concentrarsi
adeguatamente sui propri obiettivi. Aveva vissuto la sua intera vita in
quel
modo e ciò gli aveva sempre portato successo e
felicità, mentre ora si
ritrovava quasi ad affogare in quei sentimenti che
aveva a lungo
represso. Erano così forti, intensi e variegati che non era
sicuro di poterli
sopportare.
Di
conseguenza, aveva fatto ciò che faceva di
solito quando si sentiva sopraffatto. Non succedeva spesso, normalmente
si
trattava di casi lavorativi più complessi di quanto si
aspettasse, ma le
tecniche che metteva in atto lo aiutavano sempre. Una di esse era
scrivere una
lista di tutte le cose che lo facevano star male ed era proprio questo
che
Freed aveva fatto.
Confusione
– Aveva
sempre vissuto ad Era, la sua intera vita ruotava attorno alla
città, per cui
il fatto di sentirsi così legato ad un paese estraneo come
Magnolia lo
disorientava parecchio.
Fastidio
–
Desiderava che Magnolia fosse parte integrante della sua vita, ma non
lo
avrebbe mai ammesso ad alta voce. Il suo orgoglio glielo impediva, ma
allo
stesso tempo non poteva ignorarlo se voleva essere onesto riguardo ai
propri
desideri.
Rabbia
– Avrebbe
dovuto parlare con Laxus. Non avrebbe dovuto lasciarlo andare
dopo… dopo ciò
che era successo. Non parlava con lui da due settimane e gli mancava,
gli
mancava più di quanto riuscisse ad ammettere. Gli mancava
tantissimo.
Rabbia
– Perché
non avrebbe dovuto spingere Laxus a partecipare a quello stupido gioco.
Rabbia
– Perché
non avrebbe dovuto andare al festival per vedere Laxus.
Rabbia
– Perché
non avrebbe dovuto permettere alla sua stupida cotta di diventare
qualcosa di
più.
Rabbia
– Perché
non avrebbe dovuto permettere che Laxus diventasse più
di un operaio ai
suoi occhi.
Rabbia
– Perché
avrebbe dovuto impedirsi di provare ciò che stava provando
fin dall’inizio.
Sospirò
sbattendo la penna sulla scrivania e strofinandosi
un occhio con il palmo della mano. Guardò infastidito la
lista, la quale aveva
fatto esattamente tutto ciò per cui serviva: mettere in
evidenza il problema
principale che lo stava affliggendo. Come faceva ogni volta, Freed
scrisse un
ultimo punto riassuntivo per mettere in chiaro ciò che gli
stava succedendo.
Attrazione
– Era
attirato da Laxus in un modo che non riusciva a controllare. Non sapeva
cosa
fare di questa attrazione, ma allo stesso tempo non riusciva a
reprimerla. Si
sentiva come intrappolato.
E
per Freed, un uomo per il quale le emozioni
non erano mai state un problema, tutto ciò era piuttosto
preoccupante.
Per
di più, tutto il tempo trascorso insieme a
Laxus ora assumeva un significato nuovo. Forse Freed aveva insistito
affinché
Laxus gli insegnasse ciò che sapeva fare per il semplice
desiderio di stargli
vicino più spesso. Forse quella volta che avevano cenato
insieme e quella volta
che si erano raccontati l’un l’altro episodi della
propria infanzia erano
serviti a rendere la loro relazione più intima.
Forse il tempo trascorso
al festival non era stato nient’altro che un appuntamento
al quale Laxus
l’aveva invitato senza che Freed se ne rendesse conto.
Tutto
ciò era veramente troppo da
sopportare.
Tra
l’altro, se da un lato Freed era convinto
di piacere davvero a Laxus, dall’altro temeva che la sua
amicizia non fosse
realmente genuina. Magari lo assecondava solo perché Freed
era il suo capo e
perché al termine di quel lavoro avrebbe potuto ottenere
buone referenze…
In
quel momento, il rumore di qualcuno che
bussava alla porta riecheggiò nell’appartamento
interrompendo i suoi pensieri.
Freed
non si mosse, naturalmente. Con tutti
quei pensieri negativi che vorticavano nella sua testa ogni secondo,
non era
proprio dell’umore adatto per ricevere visite.
L’idea di fingere di essere
felice gli appariva piuttosto stancante, preferiva invece stare da solo
a
riordinare i suoi pensieri, anche se probabilmente non ci sarebbe
riuscito, il
che significava che sarebbe andato a letto ancora più
furioso di prima.
“Se
non sei ancora morto, ti uccido io!” urlò
Evergreen battendo ancora sulla porta.
“Questo
significa che è preoccupata…” aggiunse
un’altra voce, più tranquilla di quella di
Evergreen. Era Bickslow. “…Ma che
comunque potrebbe ucciderti, quindi apri la porta”.
Freed
sospirò abbandonando la scrivania e
avvicinandosi alla porta. Evergreen e Bickslow erano le uniche due
persone per
le quali si sarebbe sentito leggermente in colpa a non aprire la porta.
Inoltre, era perfettamente possibile che, se non li avesse fatti
entrare subito,
Evergreen poi lo avrebbe castrato. Non sapeva
nemmeno come avessero
fatto ad entrare nel condominio da soli.
Quando
aprì la porta, Freed si sentì davvero
in colpa. Bickslow, che normalmente sorrideva più di quanto
fosse umanamente
possibile, aveva un’espressione preoccupata. Quella di
Evergreen, invece, era
incomprensibile, ma ci pensò lei stessa a rendergliela
chiara, prima dandogli
un pugno nello stomaco e poi abbracciandolo, il che significava che era
tanto
arrabbiata quanto preoccupata.
“Stronzo”
grugnì Evergreen contro il petto di
Freed, il quale le restituì un’espressione
accigliata. Voleva risponderle, ma
poi pensò che sarebbe stato meglio non farlo. “Ero
in pensiero per te” aggiunse
Evergreen.
“Perché?”
“Perché
non ti fai vedere da tipo quattro
giorni” disse Bickslow entrando nell’appartamento
di Freed e chiudendo la
porta. Evidentemente avevano intenzione di restare. “Non
rispondi né alle
chiamate né alle email. Normalmente risponderesti prima
ancora di riceverle”.
Scrollò le spalle. “Volevamo sapere se stessi
bene”.
“Be’,
come vedete…” disse Freed lentamente.
“…sto
bene”.
“Allora
posso colpirti di nuovo” lo minacciò
Evergreen allontanandosi dal petto di Freed e tirandogli un altro pugno
sul
braccio. “Che cazzo hai che non va, eh?”
“Niente”.
Freed si voltò e tornò alla sua
scrivania. “Ora che sapete che sto bene… vi serve
altro?”
Freed
conosceva bene i suoi amici e,
nonostante si fosse voltato, sapeva che si stavano parlando con lo
sguardo.
Quando poi i loro riflessi sul vetro della finestra confermarono i suoi
sospetti, ne fu ancora più infastidito. Comprendeva che
erano preoccupati per
lui e arrabbiati per come si stava comportando, ma avrebbero potuto
essere più discreti.
E
poi perché diamine lo stavano trattando come
un bambino? Li conosceva e lavorava con loro da anni, e sapevano
entrambi che
era un adulto responsabile. Per l’amor del cielo,
avevano lavorato nello
stesso ufficio e Freed era sempre stato il responsabile di ogni
progetto.
Autoproclamatosi tale, oltretutto. Ma evidentemente il suo bisogno di
solitudine gli aveva fatto perdere tutto il rispetto che si era
conquistato nel
corso degli anni e ora i suoi amici si sentivano in dovere di prendersi
cura di
lui come se lui non ne fosse in grado. Insomma, erano piombati in casa
sua
senza essere stati invitati e stavano chiaramente comunicando alle sue
spalle.
Come poteva fare finta di niente?
“Vorrei
rimanere da solo” annunciò Freed,
voltandosi nuovamente verso di loro. “Quindi, se avete ancora
intenzione di
comportarvi come se io non ci fossi, fareste meglio ad
andarvene”.
“E
dai, Freed” sospirò Bickslow.
Freed
si irrigidì lievemente. Il suo tono era
esasperato, come se si trattasse di qualcosa di ricorrente. Al
contrario, era
la prima volta che Freed si comportava in quel modo, e aveva sperato
che i suoi
amici rispettassero la sua volontà. Stava per dare voce ai
suoi pensieri quando
Evergreen parlò.
“Mi
ha scritto Laxus” disse, attirando lo
sguardo di Freed.
“E
cosa ti ha detto esattamente?”. Freed non
sapeva cosa pensasse Laxus di quella situazione o se si fosse accorto
che al
festival, una volta faccia a faccia, si era lievemente sporto nella sua
direzione. Francamente era un po’ spaventato da
ciò che Evergreen stava per
dirgli.
“Mi
ha detto che non vi siete lasciati nel
migliore dei modi e che nel weekend non sei tornato a
Magnolia” disse Evergreen
sedendosi sul divano di Freed e fissandolo. “Mi ha detto che
non avete
litigato, ma che stai ignorando le sue chiamate. Vuoi spiegarci cosa
è
successo?”
“Non
capisco perché dovrei dirvelo”. Freed
andò in cucina a prendersi un bicchiere d’acqua.
Non offrì nulla ai due,
sperando che il suo comportamento passivo-aggressivo avesse gli effetti
desiderati.
“Perché
ti stai comportamento come un–”.
“Quello
che intende Evergreen…” la interruppe
Bickslow “…è che se ci dici cosa
è successo potremmo aiutarti, farti sentire un
po’ meglio”.
“Non
ho bisogno del vostro aiuto”.
“Sì
che ne hai bisogno, baby” sospirò ancora
Bickslow, guardando Freed con un sorriso fastidiosamente onesto che
incrinò
leggermente la sua rabbia, dato che Bickslow solitamente non parlava in
modo
così serio. “Ciò che stai facendo ora
non è da te. E non mi sembra nemmeno
molto salutare”.
Freed
seguì lo sguardo di Bickslow e sbuffò:
stava guardando il cestino della spazzatura, attorno al quale giacevano
confezioni vuote di cibo da asporto.
“Quindi
non posso più ordinarmi da mangiare?”
sbottò.
“Certo
che puoi” disse Evergreen. “Ma di
solito tu cucini. Hai sempre cucinato. Ordini cibo
da asporto al massimo
una volta a settimana, ma questo mi sembra
decisamente troppo”. Freed roteò
gli occhi. “Senti, magari è una sciocchezza, ma ti
stai isolando anziché
affrontare il problema e questo non è da te. Abbiamo pensato
che potevamo
aiutarti a risolverlo, anche solo parlandone” concluse
Evergreen.
“Possiamo
andarcene se vuoi” continuò
Bickslow. “Ma penso che sarebbe meglio se
restassimo”.
Freed
rimase in silenzio, poi sbuffò. “Tè o
caffè?”
Dopo
che ebbe preparato le bevande, cominciò a
raccontare. Descrisse solo il necessario: come si era lentamente
avvicinato a
Laxus durante il tempo trascorso insieme e come era nata la sua cotta
per lui.
Spiegò che ne era così terribilmente attratto da
trovarlo quasi incomprensibile
e da sentirsi a disagio per questo.
Raccontò
anche ciò che era successo al
festival, come si era arrabbiato al telefono quando gli era stato detto
che non
poteva ampliare la casa e come aveva istintivamente raggiunto Laxus per
calmarsi. Aggiunse che avevano passato il pomeriggio insieme facendo
qualcosa
di simile al flirtare e che aveva sfidato Laxus ad
un gioco ridicolo.
E
che si erano quasi baciati, ma poi Laxus era
praticamente scappato via.
“Quindi”
disse Evergreen quando Freed finì di
raccontare. “Ti sei pentito e ora ti senti in
imbarazzo?”
“Proprio
così, perché sono un bambino” rispose
Freed ironicamente.
“Tutti
si sentono in imbarazzo, Freed, non
solo i bambini”. Bickslow sospirò. “Ma
non penso che sia questo il motivo per
cui ti stai comportando così. Penso invece che, nonostante
tu ti senta in
imbarazzo, la cosa non ti dia poi così fastidio”.
Freed aggrottò la fronte e
Bickslow continuò. “Secondo me sei solo
preoccupato per ciò che hai fatto”.
“Quand’è
che sei diventato uno psicologo?”
mormorò Evergreen.
“Scusate,
è che ormai a lavoro trascorro molto
tempo con gli psicologi. È interessante”. Bickslow
sorrise dando una pacca a
Freed. “Quello che sto cercando di dirti è che per
la prima volta tu vuoi
sentirti vulnerabile per qualcuno perché senti che ne vale
la pena, ma allo
stesso tempo ciò ti manda in confusione”.
“Io…”
disse Freed lentamente. “Suppongo che
sia possibile. In fondo, le relazioni non sono il mio forte e questo
potrebbe
aver… contribuito”.
“Dovresti
parlare con lui” suggerì Evergreen.
“Forse è il modo migliore per risolvere la
cosa”.
“Ci
siamo quasi baciati e non ci parliamo da
quel momento” mise in chiaro Freed, stringendo saldamente la
tazza del tè.
“Oltretutto è stato lui ad andarsene subito. Non
credo che questa situazione
gli piaccia”.
“Era
spaventato!” esclamò Evergreen. “Quando
ha saputo che non avevamo tue notizie da giorni, ho dovuto praticamente
impedirgli di prendere il primo treno per venire qui da te”.
Freed sussultò
leggermente. “Non ti è proprio venuto in mente che
Laxus possa fare schifo
quanto te a gestire le emozioni, ma che semplicemente lo dimostra in
modo
diverso?”
Freed
non rispose e nella stanza calò un fastidioso
silenzio. Fissò la tazza del tè stringendola
ancora più forte. Non solo
Evergreen e Bickslow mostravano di comprendere la sua mente meglio di
lui, ma
gli stavano anche dicendo che forse a Laxus quel bacio non sarebbe
dispiaciuto.
La cosa lo faceva arrabbiare ulteriormente perché, se anche
fosse stato vero,
non avevano comunque capito il punto della situazione.
Laxus
non era il tipo di persona con cui Freed
avrebbe potuto avere una relazione. Non solo lavorava per lui e quindi
uscire
con lui avrebbe implicato un notevole conflitto di interessi, ma viveva
a tre
ore di distanza dalla sua città, in un luogo che ne era la
perfetta antitesi.
Proprio come nei migliori cliché, loro due venivano
da due mondi troppo
diversi.
Freed
aveva l’impressione che, se l’avesse
detto ad alta voce, i suoi amici avrebbero risposto che stava solo
trovando
delle scuse. E forse avevano ragione.
“Comunque,
c’è un’altra cosa di cui vorremmo
parlarti” disse Evergreen con tono prudente, il che indusse
Freed a mettersi
subito sulla difensiva. “Sappiamo che preferiresti non
parlarne ma…”
“L’ultima
volta che ti abbiamo visto così…”
continuò Bickslow. “…è stata
quando è morto tuo padre”.
“Cosa
state cercando di dirmi?” chiese Freed con
tono aspro.
“Abbiamo
solo pensato che magari il motivo per
cui ti senti così…” disse Evergreen
cercando chiaramente le parole giuste per
non ferirlo, probabilmente senza riuscirci.
“…è che non riesci a superare il
fatto che lei… non ci sia
più”.
“Santo
cielo!” sbottò Freed.
“Perché
insistete tanto sul fatto che la morte di mia madre finirà
per distruggermi?
Sto bene!”
Stava
davvero bene, stava benissimo.
Certo, sua madre era morta da qualche mese, ma ciò non
significava che lui si
stesse piangendo addosso. Non era da Freed, specialmente considerando
il fatto
che lui e sua madre si erano allontanati parecchio a partire dalla
morte di suo
padre. E anche se non fosse stato così, di certo Freed non
avrebbe avuto un
crollo emotivo a distanza di mesi dall’evento. Era qualcosa
che accadeva solo
alle persone particolarmente emotive, quindi perché diavolo
credevano che
sarebbe successo a lui?
Il
fatto che le persone a lui più vicine
associassero il suo comportamento al dolore per la morte di sua madre
lo faceva
infuriare. Tra l’altro, Freed era convinto che il modo in cui
si stesse
comportando non fosse poi così brutto. Si trattava
semplicemente di una
situazione spiacevole dalla quale aveva preferito prendere le distanze
per
calmarsi, tutto qui. Se i suoi amici pensavano che fosse un
comportamento
malsano, allora era un loro problema.
“Siamo
solo preoccupati per il fatto che non
vuoi parlarne” insistette Bickslow. “Non vogliamo
che affronti questa
situazione negativa da solo”.
“Be’,
penso che sarebbe alquanto difficile con
voi che non volete andarvene” sbuffò Freed.
“E
dai” sospirò Bickslow. “Non
c’è bisogno di–”.
“Vi
spiego una volta per tutte cosa sta
succedendo” disse Freed rapidamente, mettendosi in piedi e
facendo qualche
passo. Aveva bisogno di muoversi. “Siete venuti qui dopo aver
parlato con Laxus
di me a mia insaputa. Ora siete qui, convinti che io mi stia
comportando in
modo asociale e malsano. Mi avete chiesto di spiegarvi la situazione
nel
dettaglio, ovvero di rivelarvi i miei sentimenti nonostante nessuno di
voi due abbia
la vaga idea di cosa mi passi per la testa”.
Respirò forte, mentre le dita
graffiavano il palmo della mano. “E ora state palesemente
ignorando tutto ciò e
cercando di portare l’attenzione sulla morte di mia madre
nonostante io vi
abbia detto più volte che sto bene”.
“Freed”
disse Evergreen pazientemente, come se
si stesse rivolgendo ad un bambino. Perché diavolo lo
trattavano così?! “Forse
dovresti prenderti qualche minuto per–”.
“Credete
che la mia presunta chiusura
sia dovuta alla morte di mia madre, giusto? Probabilmente ne avete
parlato tra
voi prima di venire qui” continuò Freed sentendo
montare la rabbia. “Quindi
perché avete menzionato Laxus? Forse per intromettervi
ancora una volta nella
mia vita? Quando avete scoperto che avevo conosciuto qualcuno della mia
età che
era anche il mio tipo, avete cominciato a farmi domande insensate e
battute
stupide. Forse avevate solo bisogno di un po’ di gossip e
questa era una bella
opportunità”.
“Va
bene, non sei dell’umore adatto per
parlare” concluse Bickslow con un sospiro mettendosi in
piedi. “Forse dovremmo
andare”.
“Esatto”
concordò Freed.
“Bene”
mormorò Evergreen, visibilmente
infastidita. “Ma accendi quel cazzo di telefono e se Laxus ti
chiama ancora
vedi di rispondere, è preoccupato per te”.
Raggiunse la porta, per poi voltarsi
ancora una volta verso di lui. “Aspetteremo che sia tu a
chiamarci e a scusarti
con noi per quello che hai detto”.
Evergreen
uscì dall’appartamento sbuffando.
Bickslow diede una pacca sulla spalla di Freed promettendogli di
scrivergli più
tardi e poi seguì Evergreen.
Freed
sospirò lievemente accasciandosi sulla
sedia della sua scrivania, la gamba che tremava ansiosamente. Si
portò una mano
al viso e guardò la lista che aveva scritto. Ora che aveva
parlato con i suoi
amici, si rendeva conto di aver dimenticato il punto più
importante.
Paura – Non voglio restare da solo.
_______________________________________
Si
era addormentato poco dopo sul divano in
pelle dimenticando tutto con molta facilità. Infatti,
l’adrenalina che lo aveva
accompagnato durante quella crisi di nervi era scomparsa nel momento
stesso in
cui Bickslow ed Evergreen erano andati via e al suo posto era
subentrato un
urgente bisogno di dormire.
E
anche un urgente bisogno di scusarsi, perché
Bickslow ed Evergreen erano suoi amici, lo erano sempre stati, e non
sarebbero
mai stati capaci di tramare alle sue spalle, specialmente per qualcosa
di così
stupido come ficcare il naso nella sua relazione con Laxus.
Riflettendoci,
era ovvio che fosse
così. Bickslow ed Evergreen erano brave persone e tenevano
molto a lui. Erano
andati a trovarlo solo perché erano preoccupati per lui e
volevano assicurarsi
che stesse bene, capire cosa lo stesse affliggendo e dargli dei
consigli, ma in
quel momento Freed si era sentito semplicemente attaccato,
quasi i due
si fossero coalizzati contro di lui. Era per questo che si era messo
sulla
difensiva e aveva risposto a tono.
Ora
si sentiva stupido. E in colpa.
Stava
per alzarsi con l’intenzione di
telefonare ad Evergreen quando il suo cellulare cominciò a
squillare. Raggiunse
il tavolino sul quale era poggiato. Lo aveva riacceso dopo che
Evergreen e
Bickslow erano andati via trovandovi una marea di messaggi e chiamate
da parte
dei suoi amici.
Chiamata
in arrivo: Laxus Dreyar
Freed
prese la tazza del tè, che nel frattempo
si era raffreddato, e ne bevve un ultimo sorso per svegliarsi un
po’, quindi
rispose alla chiamata di Laxus, non senza una punta di ansia. Non si
parlavano
dal festival e Freed non sapeva come gestire la cosa.
“Ehi!”.
La voce di Laxus gli risuonò
nell’orecchio piuttosto preoccupata. Freed fece una smorfia,
sapeva di esserne
il colpevole. “Non mi aspettavo che rispondessi”
ammise Laxus.
“Be’,
Evergreen mi ha detto che eri in
pensiero per me” mormorò Freed guardando
attraverso la finestra. Si era fatta
sera.
“Infatti”
confermò Laxus.
Freed
sospirò chiedendosi se lui sarebbe stato
in grado di ammettere una cosa del genere così apertamente.
Forse con Laxus sì.
“Mi
ha scritto qualche ora fa” continuò Laxus,
e Freed udì un leggero movimento. Si chiese che cosa stesse
facendo, un
pensiero ridicolo che lo fece sentire ancora peggio, perché,
se non fosse stato
per il suo maledetto orgoglio, forse in quel momento avrebbe potuto
essere con
Laxus. “Mi ha detto che lei e Bickslow sono venuti a
trovarti, ma che tu non
hai apprezzato la visita” spiegò Laxus con una
lieve risata.
“Non
è bello che parliate di me alle mie
spalle” puntualizzò Freed infastidito.
“Hai
cacciato via i tuoi migliori amici” disse
Laxus stancamente. “Siamo solo–”.
“Come
hai trovato il numero di Evergreen?”
chiese Freed a quel punto. “È venuta a Magnolia
una volta sola e vi siete
parlati solo per cinque minuti”.
“Mi
ha aggiunto su Facebook”.
“Quindi
non vi siete scambiati i numeri, no?”
chiese Freed. Non capiva perché fosse tanto infastidito da
un dettaglio così
insignificante, ma lo era. E di certo il “Ma che
cazzo…” mormorato dall’altra
parte del telefono non lo aiutava. “State usando Messenger,
no? È una cosa
diversa”.
“È
importante?”
“Certo
che lo è!” sbottò Freed. “I
dettagli
sono importanti per me, Laxus. Devo sapere tutto prima di
intromettermi. E se
tu–”
“Porca
puttana” lo interruppe Laxus ad alta
voce. “La smetti di parlare?!”
Freed
tacque.
“Senti,
lo so che non sei dell’umore adatto e
che probabilmente non vuoi parlare con me, ma… fanculo,
continui a dire che
stai bene e che non vuoi essere trattato come un bambino,
no?” chiese Laxus e
Freed si ritrovò stupidamente ad annuire.
“Be’, allora è quello che
farò.
Discuteremo di ciò che è accaduto e mi
assicurerò che tutto torni alla
normalità. Perché non sopporto che mi eviti e non
voglio che ignori o urli
contro i tuoi amici per qualcosa che io ho
fatto”.
“Non
voglio parlarne”.
“Invece
dobbiamo” replicò Laxus. “Lo faremo
quando sarai pronto”.
Nonostante
il tono infastidito, Freed percepì
una certa gentilezza nell’invito di Laxus a cominciare per
primo la
conversazione. Almeno in questo modo avrebbe potuto inquadrare gli
eventi come preferiva
e soprattutto avere del tempo per pensarci, che era ciò di
cui necessitava
maggiormente. Chiuse gli occhi per un momento in modo da riordinare i
pensieri
prima di parlare.
Doveva
essere onesto. Bickslow aveva ragione: a
Freed non dispiaceva affatto mostrarsi vulnerabile quando si trattava
di Laxus,
quindi doveva approfittarne.
“A
volte sono un po’ ottuso” confessò.
“E mi
sento in dovere di fare cose che gli altri potrebbero
considerare… anormali. Normalmente
sono molto severo con me stesso, ma con te… non lo so, tu
hai uno strano
effetto su di me. Forse non l’hai capito, ma dubito che avrei
permesso a
qualcun altro di insegnarmi ad aggiustare un impianto idraulico o
elettrico”.
“Non
c’è nulla di sbagliato nel seguire il
proprio istinto” disse Laxus con improvvisa calma, tanto da
stupire Freed.
“Specialmente se si tratta ciò che
desideri”.
“Forse”
concordo Freed, un po’ a malincuore.
“Ma ciò che è successo tra di noi non
sarebbe dovuto succedere. Non avrei
dovuto…”
Si
fermò. Doveva dirlo, doveva dire che
non avrebbe dovuto sporgersi verso di lui con l’intenzione di
baciarlo, che non
avrebbe dovuto flirtare con lui per tutto il pomeriggio, che non
avrebbe dovuto
avvicinarsi così tanto a lui ben sapendo di provare dei
sentimenti nei suoi
confronti e che una relazione tra di loro sarebbe stata inappropriata e
forse
impossibile.
“…Non
avrei dovuto obbligarti a partecipare a
quel gioco visto che non volevi. Mi dispiace”.
Chiuse
gli occhi, arrabbiato con se stesso.
Perché non riusciva semplicemente a dirgli ciò
che sentiva?!
“Okay”
disse Laxus. “Ma sappi che non devi
sentirti in colpa per nulla di ciò che hai fatto. Lo volevo
anch’io, anche se
non lo davo a vedere”.
Il
modo in cui Laxus stava parlando
enfatizzando certe parole attirò l’attenzione di
Freed. Forse aveva capito che
si stava scusando per qualcos’altro. E se era davvero
così, allora Laxus aveva
chiaramente deciso di risparmiargli l’imbarazzo usando il
gioco della vasca
come una metafora. Freed gliene fu incredibilmente grato, tanto da
sentirsi
quasi commosso da quel piccolo gesto.
“Ho
l’impressione di averti forzato”
confessò
Freed. “E che tu abbia potuto pensare che avrei davvero
utilizzato la mia
posizione contro di te se tu non avessi acconsentito”.
“Freed,
non sono il tipo di persona che si
lascia intimidire da cose del genere. Se fosse stato davvero
così, ti avrei tirato
un pugno” disse Laxus con voce abbastanza seria da
rassicurare Freed. “Il punto
è che sono salito lì sopra da solo, non mi ha
forzato nessuno. Conoscevo i
rischi e non mi importava. È stata una mia scelta”.
Un
flash dei loro volti vicini attraversò la
mente di Freed, che arrossì leggermente a quel ricordo.
“Sei
sicuro?” chiese.
“L’unica
cosa di cui mi pento è essermene
andato in quel modo” disse Laxus con tono sincero e poi si
lasciò sfuggire una
lieve risata. “Be’, forse mi pento anche di non
aver visto che il tipo della
bancarella aveva un asciugamano per i clienti. Avrei potuto
usarlo”.
“Forse
avrei dovuto dirtelo”.
“Allora
l’hai visto anche tu?” esclamò Laxus
scioccato. “Bastardo”.
Freed
sorrise. “E già”.
“Quindi,
ora che sai come la penso, la
smetterai di incolparti?” chiese Laxus con tono speranzoso.
“Starti lontano mi
stava facendo davvero impazzire, erano quasi due settimane che non
sentivo i
tuoi commenti da saputello”. Laxus rise. “Mi sei
mancato”.
“Mi
sei mancato anche tu” confessò Freed.
“Mi
dispiace, non succederà più”.
“Non
c’è bisogno che ti scusi” lo
rassicurò
Laxus. “O almeno, non come me. Con Evergreen forse
sì”.
Freed
ridacchiò, ben sapendo che avrebbe
dovuto scusarsi con lei ampiamente e subito, e che avrebbe dovuto
impegnarsi molto
per riconquistarsi la sua benevolenza. Cosa che ovviamente avrebbe
fatto,
perché Freed le voleva davvero bene, nonostante a volte
fosse parecchio
irritante e ficcanaso. Nonostante ciò, avrebbe anche messo
in chiaro che non
sopportava l’idea che qualcuno parlasse di lui alle sue
spalle. Lo trovava
troppo invadente.
“Posso…
posso dirti una cosa che potrebbe
essere fuori luogo?” chiese Laxus.
“Certo”
acconsentì Freed aggrottando la
fronte.
“Penso
che dovresti trasferirti a Magnolia”
disse Laxus velocemente e poi parlò di nuovo prima che Freed
potesse elaborare
le sue parole. “Non dico per sempre, ma almeno
finché la casa non è finita. Hai
già un posto dove stare, non ti costerà nulla, e
penso che ti farebbe bene
stare lontano da Era per qualche mese”.
“Vuoi…
vuoi che io mi trasferisca a Magnolia?”
ripeté Freed sorpreso.
“Lo
so che preferiresti non parlarne, ma penso
che questo sarebbe l’unico modo per accettare ciò
che è successo a tua madre”
continuò Laxus. Freed fece per parlare, ma Laxus lo
precedette. “È chiaro che
non vuoi compassione, ma so cosa significa perdere tua madre, so cosa
significa
quando tutti intorno a te si aspettano che ti comporti in un certo
modo.
Vogliono che tu ti senta triste perché se non sei triste
significa che non stai
soffrendo. La maggior parte della gente non lo capisce, ma io
sì”.
Freed
comprese. Le aspettative che gli altri
riponevano in lui lo infastidivano da mesi.
“Quando
è morta mia madre, facevo di tutto pur
di non mostrarmi triste” sospirò Laxus.
“In realtà non sapevo che diavolo fare,
quindi cercavo di comportarmi come se non fosse accaduto nulla. Andavo
a
scuola, insultavo gli insegnanti, facevo a botte con gli altri bambini.
Pensavo
che andasse bene così perché facevo esattamente
quello che avrei fatto di
solito. Ma quando mi hanno cacciato, mi sono reso conto di
ciò che ero
diventato senza di lei. Non potevo fingere di essere lo stesso, dovevo
farmene
una ragione”.
“Quindi…”
disse Freed dopo un momento di
riflessione. “Tu credi che dovrei allontanarmi dalla mia vita
di sempre per
poter… accettare la sua morte. Ma questo non significherebbe
fuggire dal
problema?”
“Non
stai fuggendo da niente. Non sei quel
tipo di persona”. Freed percepì un sorriso nella
voce di Laxus. “Significherebbe
semplicemente abituarti alla persona che sei senza di lei, piuttosto
che
rimanere attaccato alla persona che eri prima”.
Freed
rimase per un attimo in silenzio prima
di lasciarsi sfuggire una risata. “La tua terapeuta era
parecchio in gamba, eh?”
“Sì”
concordò Laxus.
“Ma
anche seccante” continuò Freed.
“Esattamente”.
Laxus rise per poi parlare di
nuovo. “Allora ci penserai?”.
“Sì”.
“Promettimelo”.
“Te
lo prometto”.
“Bene”.
Laxus sorrise. “Ora parliamo di come hai
evitato di dirmi che il tipo della bancarella aveva un
asciugamano”.
Freed
si sentì così sollevato che avrebbe
quasi potuto mettersi a piangere. Il suo rapporto con Laxus era
finalmente tornato
alla normalità.
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