Something To Hold On To

di Aagainst
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1.Ghost ***
Capitolo 2: *** 2.Appearances ***
Capitolo 3: *** 3.I Spend Too Much Time In My Room ***
Capitolo 4: *** 4.She Don’t Want Nobody Near ***
Capitolo 5: *** 5.Turn It Off ***
Capitolo 6: *** 6.Rescue Me ***
Capitolo 7: *** 7.Shattered ***
Capitolo 8: *** 8.1x1 ***
Capitolo 9: *** 9.Right Before Your Eyes ***
Capitolo 10: *** 10.Scars That I’m Hiding ***
Capitolo 11: *** 11.Anywhere But Here ***
Capitolo 12: *** 12.Up All Night ***
Capitolo 13: *** 13.Trying Not To Love You ***
Capitolo 14: *** 14.I Can’t Make You Love Me ***
Capitolo 15: *** 15.If These Scars Could Speak ***
Capitolo 16: *** 16.Closer To You ***
Capitolo 17: *** 17.Out Of Love ***
Capitolo 18: *** 18.In Pieces ***
Capitolo 19: *** 19.Let Me Go ***
Capitolo 20: *** 20.Learning To Breathe ***
Capitolo 21: *** 21.Let Love In ***
Capitolo 22: *** 22.Are You Sure? ***
Capitolo 23: *** 23.Just For Now ***
Capitolo 24: *** 24.All Eyes On Me ***
Capitolo 25: *** 25.My Thoughts On You ***
Capitolo 26: *** 26.You And Me ***
Capitolo 27: *** 27.End Of A Good Thing ***
Capitolo 28: *** 28.Until The End ***
Capitolo 29: *** 29.Landslide ***
Capitolo 30: *** 30.Nowhere Left To Sink ***
Capitolo 31: *** 31.The Depths ***
Capitolo 32: *** 32.I’ll Be ***
Capitolo 33: *** 33.My Heart ***
Capitolo 34: *** 34.Spiral ***
Capitolo 35: *** 35.Sleepwalking ***
Capitolo 36: *** 36.Seconds To Save Her ***
Capitolo 37: *** 37.A Place For My Head ***
Capitolo 38: *** 38.Hindsight ***
Capitolo 39: *** 39.Thick & Thin ***



Capitolo 1
*** 1.Ghost ***


1.

 

Been, feeling so low, I don't want no one to know
I just need something to cope
Leave me alone, told them all leave me alone
Then wonder where do they go
Been here before, push away people I love
Just so they never get close
(Witt Lowry-Ghost)

 

Alycia POV

 

Maledizione a me che non ho tirato le tende stanotte. Detesto svegliarmi così, con il sole che mi arriva in faccia. Sospiro. Mi allungo verso il comodino e controllo l’ora. Le 6:30, fantastico. Sbuffo e mi tolgo le coperte di dosso. Scendo dal letto, ma urto una bottiglia vuota per terra. Si rompe in mille pezzi e qualche scheggia di vetro finisce conficcata nella pianta del mio piede. Urlo di dolore, mentre cerco di toglierle. C’è un po’ di sangue, ma nulla di grave. Scendo dall’altra parte del letto e mi dirigo in bagno. La testa mi scoppia, segno che stanotte devo averci dato decisamente dentro. Non che mi ricordi poi molto. Non ho nemmeno la certezza di essere davvero uscita. L’unica cosa che so è che, in questo momento, ho un urgente bisogno di vomitare. Riesco per fortuna a raggiungere in tempo il wc e rimetto. Mi accascio sul pavimento e mi appoggio al muro. Che diamine mi sta succedendo? Che cosa ne sto facendo della mia vita? Scoppio a piangere e non per il dolore al piede. Mi sento completamente persa, senza punti di riferimento. Sono come una zattera in mezzo all’oceano, sbattuta da una parte all’altra dalle onde.
«Aly, sei già sveglia?». La voce di Maia mi riporta alla realtà. Vado nel panico. Cosa ci fa già qui? Provo ad alzarmi, ma il piede mi fa troppo male. Soffoco un gemito di dolore. Non voglio che Maia si preoccupi. Come se non potesse vedere il disastro che è camera mia, poi.
«Aly, va tutto bene?» mi chiede, aprendo la porta del bagno. Abbasso lo sguardo, colpevole. Sul pavimento ci sono impronte di sangue e l’odore di vomito è nauseabondo. Mi corre incontro, per assicurarsi che non mi sia fatta troppo male.
«Aly, che è successo?» domanda. È preoccupata e come darle torto. Mi controlla il piede. Constata che si tratta solo di un po’ di vetro e che non c’è nulla di grave. Mi fascia la ferita e mi aiuta a rialzarmi. Mi accompagna in camera e mi fa sedere sul letto. La osservo mentre pulisce il pavimento dai resti della bottiglia e controlla che non ci siano più schegge. Vorrei sprofondare per la vergogna. Sono stanca di farmi trovare così ogni mattina. Scoppio a piangere di nuovo. Affondo la testa fra le ginocchia, come se così Maia non mi potesse vedere. La sento circondarmi affettuosamente con le braccia. Mi culla, permettendomi di sfogarmi. Rimaniamo così per un po’, fino a quando non mi tranquillizzo. Maia si sposta di fronte a me e mi costringe a guardarla negli occhi. Mi asciuga le guance bagnate e mi sorride.
«Non posso andare avanti così.» mormoro.
«Non è colpa tua. Prenditi il tuo tempo, Aly. Io e Marny siamo qui, puoi contare su di noi, lo sai.» mi rassicura. Annuisco. Lo so che le mie amiche non mi abbandonerebbero mai e questa consapevolezza mi fa più male che bene. È da due mesi che vengono ogni mattina a controllare se sono ancora viva e che passano le giornate con me. Non trovo sia giusto quello che le sto costringendo a fare, ma non posso comportarmi altrimenti.
«Aly, so che è presto e che potresti non sentirtela, ma mi ha chiamata Pete, quel simpaticone del tuo agente. Ti ricorda della festa di questa sera con il resto del cast. Non devi andarci per forza, possiamo simulare un’influenza o la morte di qualche animale domestico.». Sento lo stomaco contorcersi. La sola idea di uscire e andare ad una festa mi agita.
«Se vuoi, posso parlare ad El...»
«No!» urlo, facendo sobbalzare la mia amica. Mi schiaccio alla testiera del letto, il volto fra le mani. Maia si avvicina nuovamente a me, ma io mi scosto. La sento sospirare.
«Non le dirò niente, tranquilla. Non ho intenzione di chiamarla. Però tu pensaci, d’accordo?» mi tranquillizza, schioccandomi un bacio in fronte. Si alza e la vedo prendere il telefono e digitare il numero del mio agente.
«Pete, sono Maia Mitchell. Sì, lo so che non parli con Alycia da un mese e mezzo e che vorresti che fosse lei a chiamarti, ma in questo momento non può. No, non sta bene.». Comincio a tremare. Non voglio sentire la sua voce. Non voglio sentire la voce di nessuno.  
«Pete, non è nelle condizioni per andare a quella festa.»
«Se stasera non dovesse presentarsi, la sua carriera finirà e io non potrò fare nulla per pararle il culo. Ha firmato dei contratti!». Anche se è dall’altra parte del telefono, Pete è perfettamente udibile e anche piuttosto arrabbiato.
«Sei tu il suo agente, è il tuo lavoro quello di salvarle la carriera in questi frangenti» obietta Maia. Sta succedendo quello che temevo. Maia e Pete stanno litigando per colpa mia. Non so nemmeno io perché lo faccio, forse voglio semplicemente che la smettano di urlare.
«Digli che andrò.». Maia interrompe la telefonata e si volta verso di me. Ha l’aria spaventata.
«Aly, non devi.»
«E invece sì. L’hai sentito anche tu, non posso mandare a monte la mia carriera per una stupida festa.» ribatto, cercando di apparire sicura di me. Un misero fallimento. La vedo scuotere il capo e stringere i pugni.
«Beh, spero che tu sia soddisfatto! A domani, Pete.» chiude la chiamata, irritata. Mi guarda con preoccupazione.
«Alycia...» prova a dire.
«Lo so, ho fatto una stupidaggine.» ammetto, sconsolata. Mi lascio cadere sul materasso. Io da sola a una festa piena di gente, cosa mai potrà andare storto?
«Sei ancora sicura di non voler parlare con Eliza?». Faccio segno di sì con la testa.
«Non voglio che mi sappia così. Mi farebbe domande e io non sono pronta a darle risposte.» spiego.
«Stasera ti vedrà, Aly. Che intenzioni hai, nasconderti sottoterra?» mi provoca la mia amica. So che ha ragione, ma ho troppa paura.
«Resterò lì solo un’ora. Non avrà il tempo di chiedermi nulla, io non mi agiterò e saremo tutte felici e contente.». Maia scuote il capo, poco convinta.
«Io e Marny terremo acceso il telefono tutto il tempo. Saremo a casa sua per un film con un po’ di amici, ma resteremo reperibili.». Sorrido, cercando di risultare serena, ma sono poco credibile. So che stasera sarà un disastro annunciato, ma ormai non posso più tirarmi indietro. Mi sono rovinata con le mie stesse mani.


Angolo dell'Autrice

Buongiorno. L'avevo promesso ed ecco qua la nuova storia. Come vedete, è completamente diversa da Crying Over You. La narrazione sarà totalmente in prima persona e i punti di vista di Eliza e Alycia si alterneranno. 
In questo primo capitolo c'è già molta carne al fuoco direi. Alycia sta molto male, è completamente divorata dall'ansia. Come mai? Che le è successo? Lo scoprirete poco a poco, non preoccupatevi.
Aggiornerò con cadenza settimanale, ogni venerdì. Ho già diversi capitoli pronti, ma purtroppo non abbastanza da poter garantire aggiornamenti quotidiani.
Non vi annoio oltre, vi chiedo solo una piccola recensione per farmi capire che ne pensate. 
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 2
*** 2.Appearances ***


2.

I think I might drown
I'm suffocating silently in front of the crowd
(The Material-Appearances)

Alycia POV

 

Scendo dal taxi, terrorizzata. Non ho mai avuto più paura di così. Per la festa la produzione ha noleggiato una villa con piscina dalle parti di Long Beach. Si vede il mare da qui. Eppure, questo spazio sconfinato non fa altro che soffocarmi ancora di più. Inspiro ed espiro, quattro volte.
«Signorina, ha intenzione di pagarmi la corsa o vuole fare un altro giro?» mi richiama il tassista.
«Oh, sì, scusi.» rispondo, frugando nella borsa alla ricerca disperata del portafogli. Sono così agitata che mi cade tutto di mano e il contenuto della pochette si riversa sull’asfalto.
«M-mi s-scusi, o-ora la p-pago.» balbetto, mentre recupero le mie cose. Iniziamo bene, Aly. Benissimo. Sto ancora raccattando il contenuto della mia borsa da terra, quando una mano fredda si posa sulla mia schiena. Sussulto.
«Aly, sono io, Lindsey.». Non so se devo agitarmi ancora di più o se posso rilassarmi. Scelgo una sorta di terza via. Mi alzo, mascherando il mio evidente disagio.
«Pago io.» afferma Lindsey, allungando la mano piena di soldi al conducente. Mi aiuta a sistemarmi e mi abbraccia, salutandomi calorosamente. Sobbalzo a quel contatto, così disabituata alla presenza di altri esseri umani all’infuori di Maia e Marny.
«Mi sei mancata, DC. Dov’eri finita? È da due mesi che io e gli altri proviamo a scriverti o a telefonarti.»
«Io ho... Ho il cellulare rotto.». Che scusa patetica. Ovviamente non se la beve, ma non insiste oltre. La ringrazio con lo sguardo per questo. Entriamo nella villa e ci dirigiamo nel salone principale. Vorrei solo poter scappare a casa. Persone, troppe persone. Volti noti e sconosciuti, tutti rivolti verso di me. Sento il cuore battere all’impazzata.
«Aly, stai bene?» si preoccupa Lindsey. Non riesco nemmeno ad aprire la bocca. Sono totalmente bloccata, riesco solo a pensare di voler essere a casa, nella mia stanza.
«Aly!» mi chiama, cingendomi il polso con una mano. Pessima mossa, Lindsey. A quella stretta sento il respiro farsi sempre più affannato. Vorrei solo riuscire a chiamare Maia e farmi venire a prendere, ma non ne sono in grado. In qualche modo, riesco ad indietreggiare fino all’ingresso. Qualcuno mi trascina fuori. Annaspo.
«No!» urlo. Sono nel panico.
«Aly, ferma. Ferma!» prova a calmarmi qualcuno. Continuo a divincolarmi, ignorando la persona che ha appena parlato. Cado per terra. Mi giro a pancia in su e la vedo. Eliza è di fronte a me. Si accuccia e mi si avvicina. I suoi occhi blu sono lucidi e preoccupati. Lei è l’ultima persona che avrei voluto mi vedesse così. Striscio all’indietro, incapace di fare altro.
«Aly. Aly, fermati.» dice. Non la ascolto. Continuo ad indietreggiare, fino a quando non mi ritrovo contro ad un muro. Maledizione, sono in trappola. Ormai sono in iperventilazione.
«Aly...»
«No, vai via! Andate via!» grido. Paura, panico, angoscia, non so più nemmeno io cosa mi stia trascinando nell’abisso. Davanti a me vedo solo ombre. Vengono a prendermi e io non posso resistere. Non stavolta. Un muto urlo è tutto ciò che esce dalla mia bocca. Non esiste appiglio. Nulla può salvarmi da questa caduta. Precipito nel buio e nulla mi afferrerà. Nulla. 

 

Eliza POV
 

Non la vedo da due mesi, ma mai avrei immaginato che me la sarei ritrovata davanti in queste condizioni. Non so cosa fare. Lindsey mi osserva, sgomenta. Forse si aspetta che sia in grado di aiutarla, ma la verità è che non ho idea di come agire. Più provo ad avvicinarmi e a stabilire un contatto, più lei si perde in chissà quale mondo pieno di orrori. Deglutisco, incapace di prendere una qualsiasi decisione.
«Hai il numero di Maia o Marny?» chiedo infine a Lindsey. La mia amica mi fa cenno di no col capo.
«Maledizione!» impreco. Dovrò usare il suo telefono e questo significa che sarò costretta ad avvicinarmi a lei e a prenderle a forza la borsa. Mi chino e cerco di accostarmi a lei il più lentamente possibile. I suoi occhi verdi sono completamente dilatati, non sono nemmeno sicura che veda realmente me. Non appena afferro la borsetta e faccio per sfilarla, la vedo irrigidirsi. Che diamine ti è successo, Alycia?
«Scusa.» mormoro, impadronendomi della pochette. Ci rovisto dentro. Trovo il cellulare e prego tutte le divinità esistenti che Alycia non abbia un codice per bloccare lo schermo. Ovviamente non è così. Mi volto verso di lei. In queste condizioni non sarà mai in grado di dirmi qual è la combinazione numerica giusta. Provo l’ultima carta, quella delle chiamate d’emergenza. Grazie al cielo il primo numero è quello di Maia.  
«Aly? Stai bene?» risponde subito. È agitata, come se si aspettasse quella telefonata.
«Maia, sono Eliza. Alycia è qui davanti a me e ha una crisi di panico. Io e Lindsey non riusciamo a calmarla.» spiego. La sento imprecare e agitarsi.
«Arrivo subito, il tempo di salire in macchina e sono lì.»
«Cosa dobbiamo fare?» chiedo. Alycia trema sempre più forte e sono davvero preoccupata.
«Aspettatemi. Ti prego, Eliza, non fare nulla di avventato.» si raccomanda Maia. Conclude la chiamata e io non mi sono mai sentita più impotente.
«Cosa ti ha detto?» domanda Lindsey. È preoccupata quanto me.
«Che sta venendo a prenderla e di non fare niente.» rispondo, laconica. Ho le lacrime agli occhi. Mi piange il cuore a vederla in questo stato. Mi metto di fronte a lei. Vorrei solo che la smettesse di tremare così tanto. Le sfioro la gamba e lei la stringe a sé, come se avesse paura che io gliela porti via.
«Aly, ti prego, guardami.» la richiamo. «Sono io, sono Eliza. Qui c’è Lindsey. Siamo qui per te.». Niente, nessuna reazione. Sto per gettare la spugna, quando decido di provare un’ultima mossa. Comincio a canticchiare una canzoncina, sperando che la riconosca. Fa una faccia strana, come se non sapesse bene cosa seguire fra la sua crisi e la mia melodia.
«La sigla di Dawson’s Creek? Sei seria?» sbotta Lindsey. Le faccio segno di tacere e continuo a cantare. Alycia sembra quasi una bambina. Sta uscendo dalla sua testa, lo sento. Le sorrido. Trema ancora, ma decisamente meno.
«Aly!». Mi giro. Maia è arrivata. La stringe a sé e io mi allontano. Mi chiedo perché rifiuti qualunque contatto fisico all’infuori del suo. L’aiuta a riprendere un respiro regolare e a smettere di tremare e la fa alzare. La fa accomodare in macchina e poi ci raggiunge.
«Grazie ragazze.» esordisce.
«Non abbiamo fatto niente. Ed è vero.» risponde Lindsey.
«Siete state con lei. Mi dispiace, vorrei potervi spiegare di più, ma purtroppo non posso. Sappiate solo che è una situazione complicata.». Mi gratto la nuca, mentre osservo Maia mettere in moto l’auto e andarsene. Piccola Alycia, che cosa diamine ti è capitato in questi ultimi due mesi?




Angolo dell’Autrice

Ben ritrovati! 
Allora, la festa si rivela un vero disastro, direi. Alycia ha una brutta crisi, ma Eliza riesce a trovare un modo per calmarla un pochino. Cosa sta succedendo ad Aly? E perché Maia non può parlare? Ogni cosa a suo tempo eheh.
Vi volevo dare una bella notizia, siccome ho scritto tanto, può darsi che riesca ad aggiornare due volte a settimana. Non aspettatevi nulla, se non trovate un altro capitolo oltre a venerdì prossimo vuol dire che non ci sono riuscita, ma vorrei provare.
Grazie mille per le recensioni, fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima!

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Capitolo 3
*** 3.I Spend Too Much Time In My Room ***


3.

 

I spend too much time in my room
I keep too many secrets from you
I like to be alone but it's bad for me
Because I spend too much time in my room
(The Band CAMINO-I Spend Too Much Time In My Room)

 

Alycia POV


Male. Mi fa tanto male. Non vedo nulla, solo chiazze nere e rosse. Ho paura. Tanta paura. Non respiro più. Sto affogando nel buio.

Mi sveglio di soprassalto. Maia e Marny si precipitano nella mia stanza. Hanno l’aria stanca e preoccupata. Ieri non devo aver dato un bello spettacolo.
«Aly, era solo un incubo.» mi rassicura Maia. Non ne posso più. Sono così stanca. Le mie amiche mi aiutano ad alzarmi e mi accompagnano in cucina. Marny mi allunga un tè e qualche biscotto. Guardo il cibo con disgusto. Non ho né fame, né sete.
«Aly, devi mangiare.» mi esorta Maia. Faccio segno di no col capo. Ho lo stomaco in subbuglio. Marny mi si siede accanto, prende un biscotto in mano e me lo porge.
«Almeno uno.». In questo momento, quel piccolo dolcetto mi sembra la cosa meno appetitosa e più grossa del mondo. Lascio che me lo metta in mano e lo osservo. È solo un biscotto, eppure si presenta a me come il mio peggior nemico. Lo avvicino alla mia bocca. Lo mordo e mastico, nauseata. Ingoio e poso il resto sul piattino di fronte a me. Non ce la faccio. Sento le lacrime chiedere il permesso per fare capolino. Marny sospira e mi accarezza la schiena. Maia ci osserva, immobile. Lo so che la situazione sta diventando troppo anche per loro. Non voglio che se ne vadano, ma allo stesso tempo sento di starle costringendo ad annullarsi per me. Marny si alza e comincia a fare avanti e indietro per la cucina. Si avvicina a Maia e le sussurra qualcosa nell’orecchio. Non capisco cosa stia succedendo. Maia annuisce e inspira profondamente.
«Aly, dobbiamo parlare.» esordisce.
«Dimmi pure.» la invito a continuare. Cerco di mascherare la mia angoscia, con scarsi risultati. Non so più nemmeno recitare.
«Ecco... Non so da che parte iniziare.». Ora sì che comincio ad agitarmi.
«Non penso ci sia un modo semplice per dirlo. Devo partire tra due giorni, il mio agente mi ha trovato un ruolo di spicco in una produzione importante e non mi ha dato scelta. Mi dispiace, è stata una cosa dell’ultimo momento.». Il mondo mi sta crollando addosso. Una doccia gelata sarebbe stata più confortevole.
«Per... Per quanto?» trovo la forza di chiedere.
«Tre mesi.» risponde, la voce talmente bassa che quasi non la sento. Il respiro mi si blocca e la testa comincia a girare.
«Mi dispiace.» si scusa. La sto costringendo a dispiacersi perché lavora, sono stomachevole. Mi alzo e scappo via. Ho bisogno di rifugiarmi in camera mia e non uscire più. 

 

Eliza POV


È tutta la mattina che penso a ciò che è successo ieri sera. Non capisco davvero cosa sia preso ad Alycia, non l’ho mai vista in condizioni simili. È capitato che fosse agitata per un red carpet o per un’intervista, ma ieri era ovvio che non fosse quello il problema. Sospiro.
«Lo mangi quello?» mi riporta alla realtà Lindsey, indicando il pezzo di torta che ho ordinato.
«No, vai pure.» glielo passo. Sono troppo persa nei miei pensieri per avere fame.
«Eli, stai bene?» mi chiede la mia amica, addentando la torta. Non rispondo, tanto che sono assorta.
«Stai pensando ad Alycia, vero? Ha preoccupato anche me ieri. Ripensandoci, sono un’idiota, era agitata sin dall’inizio.»
«Non potevi saperlo, Linz. Non la vediamo, né sentiamo da due mesi.» la conforto. Si sente in colpa per ciò che è successo ed è comprensibile. Le sorrido e le prendo la mano. La sento rilassarsi sotto il mio tocco.
«Potremmo andare a controllare come sta.» propone.
«Non ne sono convinta. Non mi sembrava molto contenta di vedermi ieri» obietto.
«Esagerata. Era in una situazione di panico. Secondo me una visita le farebbe piacere.» replica lei. Faccio spallucce. Alycia è sparita dalla faccia della terra due mesi fa, dopo una festa con gli altri membri del cast di The 100. È andata in bagno e non è più tornata. A nulla sono valse le telefonate, i messaggi o le visite. Ho sempre pensato che mi avrebbe cercata lei una volta pronta, ma mi sbagliavo.
«Paghiamo e andiamo, va bene?» insiste Lindsey. Non posso far altro che cedere. Saliamo in macchina e arriviamo a casa di Alycia dopo circa una ventina di minuti. Sono agitata e non so nemmeno perché. Lindsey suona al citofono e restiamo ad aspettare una risposta per cinque minuti.
«Forse non è in casa.» ipotizzo.
«Ci sono le finestre aperte.» osserva Lindsey. Siamo indecise sul da farsi, quando la porta si apre e Marny viene ad aprirci il cancello. Mi acciglio, senza capire.
«Pensavo che fosse casa di...» dico, controllando di non aver sbagliato civico.
«Lo è.» mi conferma Marny, amaramente. Sembra provata.
«Che ci fate qui?» chiede. Io e Lindsey ci scambiamo un’occhiata alquanto confusa.
«Volevamo solo sapere come sta.» risponde la mia amica. Marny alza lo sguardo. Comincio seriamente a preoccuparmi.
«Falle entrare.» ordina la voce di Maia dall’interno. Marny sospira e acconsente. Sobbalzo. Mi ricordavo un posto caldo, accogliente, ordinato, mentre questa casa è un disastro. Bottiglie, cartoni della pizza vuoti, vestiti ovunque, resti di cibo, sembra che questo pavimento sia un catalizzatore di sporcizia. Maia e Marny chinano il capo. Vorrebbero parlare, è evidente, ma qualcosa le blocca.
«Si può sapere che diamine è successo in questi ultimi due mesi?». Lindsey va dritta al punto, senza girarci troppo intorno. Le due ragazze di fronte a noi si guardano, insicure. È Marny a prendere in mano la situazione.
«La prima settimana l’ha passata bevendo di tutto. Si è chiusa in camera sua e non usciva nemmeno per venire in cucina a mangiare. L’abbiamo portata da una terapeuta, ma i risultati sono stati alquanto scarsi. Se non altro, ora frequenta anche le altre stanze della casa.» spiega.
«Ma perché?» domando. Deve esserle capitato qualcosa di terribile, per forza.
«Non possiamo dirvelo. Se mai vorrà, lo farà lei.» risponde Maia.
«Per ora, vi basti sapere che soffre di un forte disturbo d’ansia. Non possiamo davvero dirvi di più.» aggiunge Marny. Lindsey scuote il capo. C’è qualcosa che la innervosisce in questa situazione, lo capisco. Spero che resista e non si lasci andare a inutili considerazioni.
«E voi la tenete segregata in casa da due mesi? Per di più senza dire niente a nessuno?». Ecco, appunto. Maia stringe i pugni. Non oso immaginare a cosa abbiano assistito lei e Marny.
«Io e gli altri pensavamo di aver fatto qualcosa di male! C’è chi sosteneva che fosse tornata nella serie solo perché costretta e che, in realtà, ci odiasse tutti!». Costringo Lindsey a zittirsi, sperando di riuscire a limitare i danni causati dalle sue parole.
«Forse non hai capito che è lei che non esce! Hai visto cos’è successo ieri? E secondo te cosa dovremmo fare? Mettere un annuncio? Gridare al mondo che sta male?» ribatte Marny, scocciata.
«Io ed Eliza non siamo il mondo!» replica Lindsey.
«Ragazze, basta, vi prego.» prova a fermarle Maia, ma le due la ignorano.
«Aly potrebbe...». Troppo tardi. Intravedo Alycia accucciata sulle scale, in lacrime. Faccio uno scatto che non credevo possibile e corro verso di lei. Mi osserva mentre salgo i gradini. I suoi occhi verdi sono spenti, così tristi. Mi fermo a pochi centimetri da lei ed evito di toccarla.
«Aly, sono io. Sono qui.» mormoro. Non risponde e si schiaccia contro la ringhiera. Distoglie lo sguardo e scoppia a piangere. Mi si spezza il cuore a vederla in questo stato. Maia ci raggiunge e la stringe a sé. Mi volto verso Lindsey. Non mi sono mai sentita più fuori luogo di così.




Angolo dell'Autrice

Sorpresa! L'avevo detto che probabilmente sarei riuscita ad aggiornare due volte alla settimana e così è stato. Da oggi, i capitoli a settimana saranno due, uno il martedì e l'altro il venerdì, spero vi faccia piacere.
Venendo al capitolo: si iniziano a scoprire i primi misteri riguardo alle reali condizioni di Alycia, anche se Maia e Marny sono ancora molto criptiche. Lindsey non reagisce bene, ma d'altronde è comprensibile, anche perché si sente in colpa per ciò che è accaduto alla festa. Inoltre, Maia confessa di dover partire e Alycia la prende molto male. Cosa succederà nel prossimo capitolo? Lindsey si calmerà? Lo scoprirete venerdì. 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, ringrazio di cuore per le recensioni allo scorso e chi legge e segue questa storia. 
A venerdì!

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Capitolo 4
*** 4.She Don’t Want Nobody Near ***


4.

 

She don't want no one around
Cause she don't want anybody to see
What she looks like when she's down
Cause that's a really sad place to be
(Counting Crows-She Don’t Want Nobody Near)

 

Eliza POV

 

Io e Lindsey siamo sedute in cucina. Venire qui è stata una delle scelte peggiori che abbia mai fatto. Chiudo gli occhi. Lo sguardo di Alycia, così carico di terrore, è ormai impresso nella mia mente. Inizio ad avere paura anche io. Cosa devo fare? Ignorare ciò che ho visto e fingere che non sia mai successo niente? No, mi sembra impossibile. Guardo Lindsey. È arrabbiata, più con sé stessa che con Marny e Maia. Ha sempre avuto un bel rapporto con Alycia e temo si senta ancora in colpa per ieri sera. L’arrivo di Maia ci ridesta dai nostri pensieri.
«Si è addormentata.» annuncia. Non so se devo essere sollevata da questa notizia oppure no. Maia prende una sedia e si accomoda tra me e Lindsey, seguita poco dopo da Marny. Hanno una faccia strana, indecifrabile.
«Visto come stanno le cose, avremmo un favore da chiedervi.» esordisce Maia. Aggrotto la fronte. Un favore?
«Tra due giorni dovrò partire per la Florida. Mi hanno trovato un ruolo in una grossa produzione e non ho potuto rifiutare. Marny si ritroverà a dover gestire questa situazione da sola e non credo che...»
«Eh no!» sbotta Lindsey. «Ci avete nascosto per due mesi le reali condizioni di Alycia, spingendoci a pensare che si fosse stufata di noi o chissà che, e ora ci chiedete se possiamo farle da baby sitter? Ma con che coraggio?». Maia china il capo.
«Siete le uniche persone oltre noi due e il suo agente a sapere come sta.» insiste Maia. Ci sta supplicando di aiutarle.
«Non ha una famiglia? Non parlo di amici, dato che...»
«Linz, smettila.» la interrompo, irritata. Non so bene perché Maia e Marny abbiano deciso di isolare Alycia e loro stesse per due mesi, ma sento che questa discussione deve finire adesso. L’unica cosa che conta ora è che lei stia bene, del resto non mi importa.
«Cosa dobbiamo fare?» chiedo. Lindsey sgrana gli occhi e rimane a bocca aperta. Vedo una lacrima scivolare sulla guancia di Maia. Mi sorride. Marny circonda l’amica con un braccio.
«Di solito, ci alterniamo. Tra le otto e le nove bisogna arrivare qui. Alycia non si alza prima delle dieci normalmente, ma dipende dalla mattina. Poi si sta con lei tutta la giornata. La notte si arrangia, ha imparato a chiamare quando ha una crisi. A volte, però, è necessario dormire qui. Prende delle medicine per il sonno, ma non funzionano sempre alla perfezione.» spiega. Mi mordo il labbro. Lo leggo nei loro sguardi, Maia e Marny hanno il terrore che ora io decida di tornare sui miei passi.
«Ha incubi?» domando, non so nemmeno perché.
«Quasi ogni notte. È Aly che ci ha chiesto di non dormire qui. Siamo arrivate ad un compromesso, lei può dormire da sola, ma noi veniamo a controllare la mattina.» risponde Maia. Sospiro. Mi sto ficcando in una situazione più grande di me, lo sento.
«Credo che io ed Eliza dovremmo un attimo scambiare due parole.» interviene Lindsey improvvisamente, interrompendo il mio flusso di pensieri. Maia e Marny annuiscono e lasciano la cucina. Siamo solo io e Lindsey ora. La mia amica è combattuta, lo vedo.
«Eli, so cosa provi, è anche mia amica, ma non credo di essere in grado.»
«Nemmeno io. E, ne sono convinta, nemmeno Maia e Marny. Il punto, Linz, è che ad Alycia è successo qualcosa che deve averle fatto molto male e ora ha bisogno del nostro aiuto. L’hai vista anche tu, non sembra più nemmeno lei. Non potrei mai uscire da quella porta e fingere che tutto questo non esista.» dichiaro. Non sarei mai capace di ignorare quanto ho visto. Non dormirei più la notte. Lindsey  strizza gli occhi. La vedo muovere la gamba su e giù, segno che è indecisa sul da farsi.
«Non credo di poterlo fare da sola.» confessa. Le prendo la mano e le sorrido.
«Possiamo farlo assieme. Magari con due persone intorno Aly potrà distrarsi di più.» propongo. Lindsey annuisce. Ci alziamo e, di comune accordo, raggiungiamo Maia e Marny. Ci guardano con un misto di aspettativa e terrore.
«Per noi va bene. Lo faremo assieme.» annuncio. Le due ragazze tirano un sospiro di sollievo. Marny mi abbraccia.
«Grazie.» mormora. Si scosta e si appoggia al muro. Sia lei, che Maia sembrano più rilassate ora.
«C’è altro che dobbiamo sapere?» chiede Lindsey.
«Sì, ora vi spiegheremo tutto.» risponde Marny, facendoci segno di seguirla sul divano. L’ascoltiamo mentre ci illustra la giornata tipo che Alycia trascorre da due mesi a questa parte. A quanto pare, esce solo per andare ad un minimarket dietro casa e acquistare alcolici.
«Ne beve meno di quanto possiate credere.» ci rassicura. Almeno non soffre di alcolismo, è già qualcosa.
«La sua terapista, la dottoressa Craven, viene ogni giovedì alle 15:00. Non la lasciamo mai sola poi per la notte, normalmente ha il morale a terra e la sua agitazione aumenta.» continua Maia. Mi sento sempre più angosciata. Ormai non posso più tirarmi indietro, ne sono consapevole. 

 

Alycia POV

 

Sono nel mio letto, un tutt’uno con le lenzuola. Perché lei è venuta qui? Cosa voleva da me?
«Ben svegliata.» mi saluta Maia, entrando. Le rivolgo un sorriso stentato. Lei mi si siede accanto e mi carezza i capelli.
«Ci sono delle novità.» esordisce. Non so se ho voglia di scoprire di che si tratta, ma le faccio cenno di parlare. La vedo prendere un respiro profondo.
«Eliza e Lindsey aiuteranno Marny in questi tre mesi.». Comincio inevitabilmente ad agitarmi. Eliza no, non voglio che mi veda così di nuovo.
«Ehi, ti prometto che tornerò ogni volta che la produzione me ne darà la possibilità. Non sto sparendo, ma ho bisogno di questo film. Io e Marny ce la stiamo mettendo tutta, ma senza Eliza e Lindsey non so se saremo in grado di continuare ad aiutarti.». La sua onestà è brutale. So cosa intende. Se dovessi peggiorare, mi attenderebbe l’ospedalizzazione.
«Aly, ti vogliono bene. Non ti faranno del male, te lo prometto.». Annuisco flebilmente. Vorrei poterle credere, ma non ci riesco.
«Ti va di salutarle? Se ne stanno andando via.». Faccio cenno di no con la testa. Ho paura che Maia si arrabbi, invece mi fa intendere che va tutto bene.
«Non voglio che tu te ne vada.» ammetto. La mia amica sospira.
«Tornerò.» promette, per poi alzarsi e uscire dalla mia camera. Rimango sola con i miei pensieri. Eliza e Lindsey aiuteranno Marny. Non devo preoccuparmi, non mi faranno del male.
Mi vogliono bene.
Non mi faranno del male.
Vorrei solo riuscire a crederci.




Angolo dell'Autrice

E alla fine Eliza e Lindsey hanno accettato di restare al fianco di Alycia, pur se con qualche resistenza. Non giudicate Linz, non credo esista una risposta giusta, non è una situazione per nulla facile. Alycia, dal canto suo, continua a nascondersi e la partenza di Maia rischia davvero di peggiorare la sua già precaria condizione. Ha una paura estrema di farsi male e che chi ha intorno non voglia davvero il suo bene e ciò la porta a rintanarsi, addirittura a non alzarsi dal letto. Riusciranno Eliza e Lindsey (ma soprattutto la prima) a farle cambiare prospettiva? Lo vedrete nei prossimi capitoli, un po' di pazienza. Calcolate che, poi, non si sa ancora cosa le sia successo, a poco a poco il segreto sarà svelato.
Dal prossimo capitolo vedremo, finalmente, più interazione fra Aly ed Eliza (e anche Lindsey, poor Lindsey). 
Ringrazio per le recensioni e le letture, lasciate pure un commento se vi va, a me fa sempre piacere leggervi. Spero che stiate tutti bene e che, vista la situazione, la mia storia riesca a distrarvi un pochino o, comunque, ad allietarvi queste dure giornate.
Ricordo che aggiorno due volte a settimana, quindi a martedì!

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Capitolo 5
*** 5.Turn It Off ***


5.

 

And in the free fall I will realize that
I'm better off when I hit the bottom
(Paramore-Turn It Off)

 

Eliza POV

 

«Linz, muoviti o faremo tardi!» le urlo dalla strada.
«Non urlare, sono solo le sette e mezza e non voglio che i vicini mi uccidano!» ribatte dalla finestra, strappandomi una risata. Finalmente, dopo quella che mi è parsa un’eternità, esce di casa. Chiude la porta a chiave e si precipita nella mia auto. Metto in moto e ci dirigiamo verso casa di Alycia. Mi picchietto il naso con l’indice.
«Nervosa?» mi domanda Lindsey. Annuisco.
«Bene, sappi che io me la sto facendo sotto.» confessa. Non rispondo e viaggiamo in silenzio fino alla nostra meta. Parcheggio non troppo distante. Spero che camminare mi aiuti a schiarire le idee. Ho paura, lo ammetto. Non so se sono in grado di aiutare Alycia. Non so nemmeno di cosa abbia bisogno. Maia e Marny mi hanno spiegato cosa succede quando ha le sue crisi e come loro la tranquillizzano, ma non credo le serva solo questo. Il problema è che non ho la più pallida idea di come dovrò comportarmi. Potrò parlarle? Potrò farle delle domande? Lei mi parlerà?
«Ehi, andrà tutto bene.» mi rassicura Lindsey. Voglio crederle, ma faccio davvero fatica. Estraggo le chiavi che Maia mi ha dato e apro il cancello prima e la porta poi. Entro titubante, seguita da Lindsey. La casa è buia e il tappeto in soggiorno è pieno di bottiglie semipiene. Ne urto una per sbaglio e rovescio tutto il contenuto per terra, sotto al divano.
«Merda!» impreco. Mi mordo la lingua. Non vorrei svegliare Alycia.
«Vado a cercare un secchio e uno straccio.» prende in mano la situazione Lindsey. Torna poco dopo con tutto l’occorrente per pulire e cominciamo a rimediare al mio disastro. Non so se queste bottiglie vadano prese e messe da qualche parte, ma decido di assumermi il rischio e le poso in cucina. Buttiamo la spazzatura e prepariamo la colazione. Lindsey mette a bollire l’acqua per il tè e io dispongo dei biscotti su un piattino. Sono quasi le dieci e decido di andare a svegliare Alycia.
«Sicura di voler andare tu?» domanda Lindsey. Annuisco. Salgo lentamente le scale, cercando di fare più piano possibile. Non voglio spaventarla. Un mugolio improvviso mi fa preoccupare. Comincio a correre. Entro trafelata in camera di Alycia. È sveglia da chissà quanto. Non ho la certezza che abbia dormito, in realtà. I suoi occhi sono arrossati e tristi. Forse è per via della partenza di Maia. Sono indecisa, non so se restare sulla soglia o se avvicinarmi a lei. Alycia mi scruta, come a voler capire le mie intenzioni. È sulla difensiva e questo atteggiamento mi confonde. Non si è mai comportata così con me. Siamo sempre state ottime amiche. Passavamo le giornate assieme, perché mai ora mi guarda come se fossi una minaccia?
«Ciao.» mormora.
«Buongiorno. La colazione è pronta.». Non risponde. Sento il suo respiro farsi più affannoso.
«Ehi, ehi, tranquilla. Vuoi che ti porti le cose qui? Puoi mangiare in camera, io e Lindsey rimarremo di sotto.» le propongo. Pare rilassarsi un pochino.
«V-va bene.». Le sorrido. Lei mi osserva, mordendosi il labbro. Sembra quasi voglia chiedermi qualcosa, ma alla fine resta in silenzio.
«Vado a prenderti il tè e i biscotti e arrivo.» affermo, scendendo giù per le scale di gran lena. Entro in cucina e prendo tazza e piattino, sotto lo sguardo curioso di Lindsey.
«Non scende?» domanda.
«No. È molto agitata e appena sono entrata ha cominciato a respirare in modo stentato.» spiego. Lindsey china il capo, triste. La capisco, questa situazione è, per noi, una pugnalata al cuore.
«Ehi, starà meglio, vedrai.» provo a rincuorarla.
«Lo spero. Non l’ho nemmeno vista e già mi sento a pezzi. Forse accettare di stare qui non è stata una buona idea.»
«Ti sbagli, Linz. Maia e Marny avevano bisogno di una mano e di qualcuno che potesse rappresentare una sicurezza per Alycia.». Lindsey non ha l’aria molto convinta, ma non ribatte. Fa spallucce e mi invita a tornare di sopra. Non me lo faccio ripetere due volte. Alycia non si è mossa dal letto. Mi avvicino a lei e le passo la colazione.
«Spero che vada bene, ho preso la prima confezione di tè che ho trovato. Ne hai una marea in dispensa.» provo ad attaccar bottone. Lei adorava parlare della sua passione per il tè, possibile che anche questo sia cambiato?
«Sì, va bene.» mi risponde, meccanica. Prende la tazza in mano e beve un sorso. Dovrei andarmene e lasciarla sola, eppure non ci riesco. Sono imbambolata, i miei occhi fissi su di lei.
«Eli...» mi richiama. Scuoto il capo, ripiombando nella realtà.
«Scusa io... Ho bisogno di stare da sola.» mi dice, quasi con vergogna. Mi passo una mano fra i capelli, rendendomi conto del disagio che le sto causando.
«Oh... Io... Certo.» farfuglio. «Ti serve qualcos’altro?» le chiedo.
«No, grazie.» risponde. I suoi occhi tristi mi scavano dentro l’anima. Vorrei stringerla a me, farle capire che tutto si risolverà. Ma tutto cosa, poi?
«Vado giù. Per qualsiasi cosa, ci sono.» dichiaro. Mi fa segno di aver capito. Mi volto verso la porta, titubante. Mi giro a guardarla un’ultima volta, come Orfeo con Euridice. Ho paura scompaia, che il dolore che prova in questo momento la inghiottisca, come un serpente con la sua preda. Lo vedo avvolgerla nelle sue spire, stritolarla fino a devastarla. Soffre, ma non si spezza, non ancora, e questo mi rincuora. Un orrido sospetto si insinua nella mia mente. E se si stesse trattenendo? Se non volesse mostrarsi debole di fronte a me?
«Aly...» sussurro. I suoi occhi verdi si alzano, scontrandosi con i miei. Mi osserva, curiosa. Tentenno. Che cosa dovrei dirle? Che le voglio bene? Penso lo sappia già. Chino il capo, incapace di sostenere il suo sguardo.
«Niente, io... Io scendo. Chiama se hai bisogno. O anche se non hai bisogno. Insomma, sono di sotto.». Esco definitivamente da quella camera. Scendo le scale, perdendomi negli scricchiolii prodotti dal legno sotto ai miei piedi. Aiutare Alycia. No, è una bugia. Non posso aiutarla, né salvarla. Non ne sono in grado. E, quando la sento singhiozzare,  capisco che l’unica cosa che mi è richiesta è starle vicino e volerle bene, come lei non riesce a fare.

 

Angolo dell’autrice

E finalmente vediamo un po’ di interazione tra Eliza e Alycia. Non che vada tutto poi così bene. Alycia è sempre più rotta e addirittura si trattiene dal mostrare dolore. Nella mia esperienza, mostrarsi deboli e vulnerabili di fronte a chi sappiamo ci vuole bene è la cosa più difficile al mondo, un po’ per la vergogna, un po’ per la paura di pesare, un po’ per rassegnazione. Eliza, dal canto suo, deve prendere le misure e non sarà facile.
Grazie mille per le recensioni e per leggere e seguire questa storia. Ricordo che aggiorno due volte a settimana e che, quindi, il nuovo capitolo arriverà venerdì.
Alla prossima!

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Capitolo 6
*** 6.Rescue Me ***


6.

 

Rescue me
From the demons in my mind
Rescue me
Rescue me
(Thirty Seconds To Mars-Rescue Me)

 

Alycia POV

 

Non riesco a smettere di piangere. Mi sono trattenuta fino a quando Eliza non è uscita, ma non ce l’ho fatta a resistere più a lungo. Avrei voluto parlare con lei, chiederle perché lei e Lindsey hanno accettato di restare qui con me. Avrei voluto chiederle scusa per essere sparita, per aver fatto intendere dei sentimenti che non mi appartengono. Non potrei mai odiare i miei amici, men che meno Lindsey ed Eliza. Linz è un vulcano, mi ha presa sotto la sua ala e credo che detestarla sia impossibile. Quanto ad Eliza, beh, non penso potrei mai volerle male. Non volevo scomparire nel nulla. Non volevo farle soffrire. Non volevo tutto questo, ma non ho potuto evitarlo. Sento il sapore salato delle lacrime invadermi la bocca. Poso una mano sul mio grembo. Soffoco un urlo. Fa male anche se non fa male. Non trovo un senso in tutto questo, ma in fondo non credo che ne esista uno. Mi riverso sul letto. Ogni mattina questo dolore mi assale e mi stringe in una morsa. Ogni mattina mi lascio avvolgere da questo serpente e non gli permetto di lasciarmi andare. Non lotto più. Non cerco libertà. Non la voglio, non la merito. Mi lascio inghiottire da quest’ombra, da questo dolore. È giusto così. Sento il petto gonfiarsi sempre più velocemente. Sto annaspando. Cerco di incamerare quanta più aria possibile, ma non ci riesco. Ho paura, tanta paura. Potrei chiamare Eliza. Lei salirebbe e mi aiuterebbe. Potrei. Dovrei. Eppure, non lo faccio. E resto sola con le mie angosce. Resto sola con il mio terrore. Resto sola con i miei terribili ricordi. Resto sola. 

 

Eliza POV

 

Sono stravaccata sul divano. Ho acceso la TV, ma non la sto guardando. Sospiro. Lindsey si siede accanto a me. Non ha ancora avuto il coraggio di andare di sopra. In compenso, ha preparato del pollo con i peperoni.
«Ti ricordo che Alycia fatica a mangiare.» commento la scelta del menù. Alza gli occhi al cielo.
«È un piatto semplice, gustoso ed economico.» replica. Inarco un sopracciglio.
«E da quando abbiamo problemi economici che ci obbligano a cucinare cibo a basso costo?». Colpita e affondata, Lindsey.
«Ne avevo voglia, va bene?» ammette, facendo un buffo broncio. Ridacchio, divertita. Mi metto a sedere e le schiaffeggio la gamba.
«Ahia!» si lamenta. Non trattengo più le risate e mi alzo. Lindsey sembra malinconica.
«Secondo te devo cucinare qualcosa di diverso?» chiede. È palesemente dispiaciuta e convinta di aver commesso un errore. Mi accuccio e le poso le mani sulle sue cosce. Le sorrido.
«Vedremo, magari se la sente. In ogni caso, ho intenzione di assaggiarlo, sembra proprio buono.». Lindsey si rasserena e si alza in piedi.
«Andiamo a chiamarla.» propone. La seguo per le scale, in silenzio. Quando entriamo nella camera, ci si gela il sangue nelle vene. Alycia è nel mezzo di una crisi d’ansia fortissima, ben peggiore di quello che l’ha colpita alla serata. È riversa sul letto, prona. Respira in modo affannato e il volto è completamente stravolto. Il piattino con i biscotti è per terra, rotto in mille pezzi. Non so cosa fare. Non sono pronta. Provo ad avanzare verso di lei, ma la vedo indietreggiare sempre più, fino a diventare un tutt’uno con la parete.
«Aly, siamo noi.» la richiama Lindsey, con dolcezza.
«Maia...» mormora Alycia. Lindsey le si avvicina quel che basta per stabilire un contatto visivo.
«Vuoi Maia? Le possiamo telefonare.»
«Sì, ora la chiamo.» asserisco, mostrando il mio telefono. Faccio per digitare il numero, quando la vedo scuotere il capo.
«No!» urla. Io e Lindsey non sappiamo che pesci pigliare. Ci scambiamo un’occhiata confusa, sperando di trovare un’idea che, però, non arriva. Decido di fare l’unica cosa che mi viene in mente. Mi siedo per terra e comincio a cantare, sperando che funzioni. 

 

Alycia POV

 

La melodia si insinua fra le pieghe della mia ansia. Mi chiede di fidarmi, di seguirla. Non mi promette la pace, ma solo la calma, per un breve periodo. La mia testa mi ordina di restare con lei, ma io voglio uscire. Voglio liberarmi di queste catene. Voglio seguire questa melodia. Eliza mi sta chiedendo di lottare per la mia libertà. Io non ne sono in grado. Io sono una schiava e non so come si combatte per riconquistare la propria vita. Eppure, voglio seguire questa promessa. Per la prima volta in due mesi, voglio fidarmi. Eliza mi sta tendendo la mano e io devo solo stringerla. Devo solo abbandonarmi a questa melodia. Sono un neonato strappato all’utero della madre. Nasco a vita nuova e vagisco. Il primo pianto, il primo respiro. Sì, finalmente respiro. Finalmente vedo. Eliza è davanti a me e mi sorride. È sollevata.
«Come stai? Meglio?» domanda, timorosa. Ha paura di farmi male. Lei non è come lui. Lei non vuole farmi del male.
«S-sì.» balbetto.
«Te la senti di venire a pranzo?» chiede Lindsey.
«N-non lo s-so.» rispondo. È la verità. Ora sono qui, ma non so quanto potrò resistere fuori dalla mia testa. Non voglio sprofondare di nuovo nel buio. Non voglio tornare lì dentro.
«Aly, calmati. Che ne dici se veniamo a pranzare qui? Così tu non sarai sola. Linz ha cucinato del pollo con i peperoni, ma se non te la senti possiamo prepararti qualcosa di più adatto.»
«No, va benissimo.» le rassicuro. Le vedo scambiarsi un cenno d’intesa e Lindsey scende di sotto. Rimango sola con Eliza. I suoi occhi blu mi sondano, come per capire cosa mi frulla nella testa. Mi dispiace, ma non posso dirlo. Non sono riuscita a confessarlo nemmeno a me stessa. Mi intristisco nuovamente.
«Aly, ehi...». Alzo lo sguardo. Eliza si è avvicinata e si è seduta sul letto, di fronte a me. Azzarda e allunga la mano, fino a stringere la mia. Deglutisco. Ho paura di farmi male, invece sento solo sollievo e dolcezza. C’è tanta tenerezza in questo gesto così semplice, un’intimità che non sperimentavo da tempo.
«Eccomi con il pranzo!» esclama Lindsey, distruggendo la bolla che si era creata. Mi volto verso di lei e prendo il piatto che mi porge. Ho lo stomaco in subbuglio, ma decido di provare a mangiare. Una forchettata, poi un’altra. Una cosa è certa. Qualcosa è cambiato. Oggi sono uscita dalla mia cella e non posso fingere che non sia successo. 

 

 

Angolo dell’autrice

 

Piccola svolta. Eliza ha trovato un modo per calmare Alycia e quest’ultima prende la decisione più importante: si fida e si lascia aiutare. Non meno importante è Lindsey. Anzi, è la prima ad avvicinarsi ad Alycia, anche se, sotto sotto, si sente ancora responsabile per ciò che è successo. Inoltre, per la prima volta, abbiamo una piccola menzione riguardo a ciò che potrebbe essere accaduto. Ma chi è questo lui? Cosa ha fatto? Eh, lo saprete tra un po’, portate pazienza.
Grazie per le recensioni e per leggere e seguire questa storia. Un commento mi è molto gradito, così capisco se vi sta piacendo o meno.
A martedì!

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Capitolo 7
*** 7.Shattered ***


7.

 

And I've lost who I am, and I can't understand
Why my heart is so broken, rejecting your love
(Trading Yesterday-Shattered)

 

Eliza POV

 

La musica ad alto volume mi sta facendo venire mal di testa. Non so perché abbia accettato di unirmi agli altri questa sera. Non ho voglia di vedere nessuno, tantomeno Bob. Da quando ci siamo lasciati, ci troviamo più spesso di prima. Siamo rimasti in buoni rapporti, d’altronde eravamo già migliori amici anche prima di metterci assieme. Il problema è che mi conosce troppo bene e noterà sicuramente che qualcosa non va. Il pensiero di Alycia da sola a casa mi sta torturando, non posso fingere che non sia così. Io e Linz le abbiamo chiesto se non fosse meglio che una di noi restasse a dormire, ma non ha voluto. Ripenso ai momenti precedenti al pranzo. Ho i brividi al ricordo di lei riversa sul letto. Non mi sono mai preoccupata così tanto per qualcuno.
«Eli, tutto bene?». Alzo lo sguardo dal mio shottino. Urto il bicchierino e rovescio tutto il contenuto sul tavolo. Impreco. Ci mancava questa.
«Aspetta, ti aiuto.» si propone Bob. Prende dei fazzoletti di carta e comincia ad asciugare il tavolo, mentre io rimango impalata, persa nei miei pensieri. Sento la mano di Bob posarsi sulla mia spalla. I suoi occhi scuri mi  invitano preoccupati a rivelargli cosa non va. Scuoto il capo. Non posso tradire Alycia, nemmeno con uno dei miei migliori amici. Non sarebbe giusto.
«Sto bene.» mento.
«Certo, come no.» non se la beve lui. Sono nel panico. Mi guardo intorno, alla disperata ricerca di Lindsey. Fantastico, se la sta spassando con un tizio. Mi scontro nuovamente con lo sguardo impassibile di Bob. Si accomoda al tavolo, stravaccandosi sulla sedia. Mi siedo anche io. Mi squadra, cerca di capire da solo cosa mi turba.
«Si tratta di Alycia, vero?». Sobbalzo, ma tento di non darlo a vedere. Inutile. Mi conosce troppo bene.
«Come...?»
«C’ero anche io l’altra sera. La scena ha scosso me, non oso immaginare te. Avrei voluto aiutarla, ma poi ti ho vista con Lindsey e non mi sono avvicinato, temevo di essere di troppo. Sai come sta?»
«Male.» mi lascio sfuggire. Mi do mentalmente della stupida. Non avrei dovuto dirlo.
«Mi dispiace. Magari passo a trovarla, uno di questi giorni.»
«No!» esclamo. Mi sbagliavo, non sono stupida, ma completamente idiota. Bob fa per indagare oltre, ma non gli lascio il tempo. Mi alzo e corro fuori. È una serata piacevole, non troppo calda. Mi accendo una sigaretta e cerco di rilassarmi. Ho bisogno di svuotare la mente. Mi sento così inutile. Sì, cantare l’ha calmata, ma solo temporaneamente. Per quel che ne so, ora potrebbe essere a letto nel terrore più totale.
«Eli, ti prego, parlami.». Chiudo gli occhi e aspiro la sigaretta. Non mi volto nemmeno. Non ho il coraggio di guardarlo in faccia.
«Eli, è successo qualcosa con Alycia?» insiste Bob.
«Smettila di chiedermelo, ti supplico.» mormoro. Ho le lacrime agli occhi. Mi abbraccia da dietro e mi schiocca un bacio sulla nuca. Non resisto oltre. Scoppio a piangere e lo abbraccio. Lascio andare tutte le emozioni che ho cercato di reprimere durante la giornata. Solo Lindsey conosce gli orrori di cui sono stata testimone. Solo lei conosce l’abisso che ho visto in quegli occhi verdi. Solo Lindsey conosce il sentimento di impotenza che mi pervade.
«Non capisco, ma sono qui.» mi rassicura Bob. Mi sorride. Sospiro. Mi scosto da lui e mi siedo sul marciapiede di fronte all’ingresso del locale. Bob si sistema accanto a me. Mi stringe a sé.
«Non so cosa stia succedendo, ma ci sono.». Mi passo una mano fra i capelli. Glielo dico? Taccio? Cosa devo fare? Ho paura di impazzire.
«Bob, quello di cui ti parlo ora non deve uscire dalla tua bocca. Giuramelo.» esordisco. Annuisce e si fa una croce sul cuore, per poi stringermi il mignolino.
«Parola di lupetto.» giura. Mi lascio sfuggire un sorriso. Adoro questo suo lato giocherellone. Prendo il respiro. Non sono pronta a tuffarmi in tutto questo dolore. Non sono pronta a diventare consapevole di ciò che ho vissuto quest’oggi.
«Aly sta molto male, Bob. Da due mesi vive nella sua stanza, divorata dall’ansia. Non ho idea di quale sia il problema alla radice.» spiego.
«Aspetta, vuoi dirmi che mentre noi ci chiedevamo dove fosse finita, lei stava male? Perché non ci ha detto nulla?»
«Lo sanno solo Maia e Marny. Hanno fatto i turni da lei per tutto il tempo. È stata Alycia a dir loro di non aprirci o rispondere alle chiamate. Il giorno dopo la festa io e Lindsey siamo andate a sincerarci delle condizioni di Alycia e non hanno potuto più evitarci. Non ci hanno spiegato un granché, né noi abbiamo insistito più di tanto. Ci hanno solo chiesto di poterle aiutare, visto che Maia è dovuta partire per girare un film.» racconto. Bob è serio. Lo vedo stringere i pugni. Con Alycia è sempre stato piuttosto protettivo e saperla in questo stato non deve essere piacevole per lui. Non lo sarebbe per nessuno.
«Non ho mai visto degli occhi così pieni di terrore come i suoi. Non so cosa le sia successo, ma deve essere stato orribile. Onestamente, ho anche paura di scoprirlo.» continuo. Bob mi carezza il capo.
«Sai, ci vuole coraggio per stare di fronte al dolore di qualcuno che amiamo. Non scappare non è scontato. Tu e Lindsey avete coraggio da vendere, Eli. Sono sicuro che la vostra compagnia l’aiuterà in qualche modo.» mi dice. Mi mordo il labbro. Ho gli occhi lucidi. Il sentimento di impotenza che mi attanaglia da stamattina non è svanito, ma si sta ridimensionando. Forse Bob ha ragione, non ci resta altro che stare con lei e vedere a cosa porterà tutto questo. Appoggio la testa alla sua spalla. Sono più serena.
«Grazie.» sussurro. Bob non risponde. Mi circonda con un braccio. Restiamo così, lo sguardo rivolto al cielo.  Non posso fare altro che pensare ad Alycia. Vorrei solo che anche lei riuscisse a fidarsi delle persone che le vogliono bene. Vorrei che si aprisse, che mi parlasse. Vorrei che non fosse sola stanotte. Vorrei essere lì con lei, combattere con lei. Nessuno merita di restare da solo con i propri demoni. E, lo giuro, non permetterò che ciò accada, fosse anche l’ultima cosa che faccio. 

 

Alycia POV

 

Sola. Sono da sola. La scelta è stata mia, non posso biasimare nessuno. Sono raggomitolata nel letto e stringo tra le mani un cuscino. Non vedo nulla, solo buio. Sento le lacrime bagnarmi le guance. Vorrei solo che tutto questo finisse. Vorrei solo avere il coraggio di chiamare qualcuno. Strizzo gli occhi. Non riesco a fare nulla. Sono bloccata, il mio corpo e la mia testa sono due entità distinte. Vorrei urlare. Vorrei farmi sentire. Eppure, tutto ciò che esce dalla mia bocca è un mormorio strozzato.
«Aiuto.».



Angolo dell'autrice 

Capitolo un po' più di passaggio. Eliza deve fare i conti con il dolore di cui è stata testimone. Non è facile stare davanti alle fatiche di chi amiamo e sperimentare la più totale impotenza. Dall'altro lato, però, la presenza di Eliza è fondamentale e, nonostante abbia voluto rimanere sola, Alycia comincia a pensare di aver bisogno di qualcuno. E poi c'è Bob, un vero amico, qualcuno su cui contare. Perché è giusto così, condividere la fatica che si sperimenta aiuta a ridimensionarla e a vedere una strada da percorrere.
Grazie a chi ha recensito e a chi segue e legge la storia. Spero che il capitolo vi piaccia, non esitate a lasciare un commento.
A venerdì!

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Capitolo 8
*** 8.1x1 ***


8.

Annihilation never looked so good
[...]
Put me out of my misery, 
My mind feels like an archenemy
Can’t look me in the eyes
I don't know what hurts the most, 
Holding on or letting go
Reliving my memories 
And they're killing me one by one
(Bring Me The Horizon-1x1)

 

Alycia POV


«Signorina Debnam-Carey, come si sente oggi? So che ha fatto dei progressi.». Non rispondo e fisso il muro alla mia destra. La dottoressa Craven è una delle migliori terapeute di Los Angeles e le sue sedute mi hanno indubbiamente aiutata molto, ma oggi non ho molta voglia di parlare.
«Marny, la sua amica, mi ha detto che ci sono due persone nuove a farle compagnia.»
«Non sono nuove, le conosco da tempo.» la correggo, con fare scocciato.
«Oh, capisco. E com’è il rapporto con loro?». Alzo gli occhi al cielo. Sto implorando che questa seduta finisca presto.
«Se non parla, è peggio.» prova a stimolarmi la donna. Scuoto il capo.
«No, non posso andare più a fondo di così.» replico. La vedo sussultare, forse contenta di avermi sentita, finalmente, esprimere una posizione sulla mia vita.
«E perché pensa questo di sé?» mi chiede.
«Ma mi ha vista?» sbotto. I suoi occhi si velano di tristezza. Questa donna è affranta per me? Si sistema gli occhiali sul naso e mi sorride. Odio quando la gente fa così. Odio quando cela giudizi dietro ad uno stramaledetto sorriso. Sì, lo so, sono rotta. Non ho idea di cosa possa farmi ritornare a vivere. Al momento, penso di non voler nemmeno uscire dalla mia condizione. Si sta bene immersi nel dolore, dopo un po’ diventa così familiare, così amichevole. Il mondo fa paura, è un mostro spaventoso da cui guardarsi. Non ho più la forza di affrontarlo. Non ne ho la voglia.
«L’ora è finita, ci vediamo la prossima settimana.» annuncia la terapeuta. Annuisco, senza rispondere. Mi alzo e mi rifugio in camera. Mi siedo per terra, la testa incuneata fra le ginocchia. Finalmente sola, mi concedo il lusso di lasciarmi andare, liberando tutte le lacrime trattenute fino a quel momento.
«Aly, fammi entrare.» supplica Marny. Non rispondo.
«Aly, ti prego!» insiste la mia amica.
«No!» rispondo, al limite della disperazione. Dovrei aprire la porta. Dovrei permetterle di entrare. Dovrei, ma non lo faccio.

 

Eliza POV

 

Uscire a fare shopping con Marie è stata una pessima idea. Non avrei mai pensato  di trascorrere un’intera giornata in giro per negozi. Cerco di inventare una scusa per tornare a casa, invano. Marie mi trascina da un negozio all’altro, imperterrita. Non ho nemmeno ben capito cosa stia cercando. La suoneria del cellulare mi dà l’occasione per allontanarmi dall’ennesima vetrina. Quando leggo il nome sul display, però, sobbalzo.
«Marny?». Mi vomita addosso una quantità di parole immensa, tanto che non riesco a capire minimamente il problema.
«Marny, parla piano!» le dico.
«Si tratta di Aly... Ti prego, ho bisogno di aiuto.». Mi si gela il sangue nelle vene. Non ho il coraggio di chiedere che cosa stia succedendo.
«A-arrivo subito.» dichiaro. Spengo la chiamata e rimango ferma per qualche secondo. Marie mi schiocca le dita davanti agli occhi, risvegliandomi da quello stato di catalessi.
«Stai bene? Sembra che tu abbia visto un fantasma.». No Marie, peggio.
«Devo andare.» mormoro. La mia amica mi lancia uno sguardo confuso. Mi volto e corro alla macchina, senza spiegarle nulla.
«Eli, e io come torno a casa?» la sento chiedere alle mie spalle.
«Chiama un taxi!» le rispondo, senza girarmi. Raggiungo l’auto e mi ci fiondo dentro. Inserisco la chiave nel blocchetto d’accensione, non senza fatica. Ho il cuore in gola, Marny non mi avrebbe mai telefonata se non fosse successo qualcosa di grave. Dopo non pochi tentativi, riesco ad avviare l’auto. Sfioro un frontale con un motorino e sfreccio verso casa di Alycia, incurante delle multe che potrebbero arrivarmi. Non avevo fatto i calcoli con il traffico di Los Angeles.  Mi ritrovo a suonare il clacson a mille, pur di riuscire a passare. Mi immetto pericolosamente in un incrocio, ignorando un semaforo rosso e, finalmente, arrivo a destinazione. Parcheggio e mi precipito alla porta. Marny non mi fa neanche infilare la chiave nella toppa, mi apre senza troppe remore. Ha gli occhi gonfi e il respiro corto. Ora ho seriamente paura.
«Dov’è?» domando, terrorizzata all’idea di sentire una risposta.
«I-in c-camera.» risponde Marny tra i singhiozzi. Non capisco. Alycia è sempre nella sua stanza.
«Si è chiusa a chiave. L’ultima volta che l’ha fatto, io e Maia l’abbiamo... L’abbiamo trovata completamente fatta e ubriaca che vomitava sul pavimento. Le sue intenzioni non erano per niente buone, Eli. Senza Maia non riuscirò mai a farle aprire la porta.» mi spiega Marny. È spaventata e come darle torto. Sospiro e, salite le scale, busso. Nessuna risposta. Ho il cuore in gola.
«Aly, sono io. Ti prego, apri.». Ancora niente, solo silenzio. Marny è per terra, le mani nei capelli.
«Aly, apri la porta. Giuro che non ti impedirò di continuare ciò che stai facendo, qualsiasi cosa sia. Voglio solo...». Mi fermo. Già, cosa voglio? Poter sapere che sta bene. Poter guardare i suoi occhi. Poterla stringere a me e dirle che va tutto bene, che le voglio bene anche se lei non se ne vuole. No, non posso dirle queste cose. La spaventerei ancora di più.
«Voglio solo poter cantare ancora. Sei l’unica che mi ascolta senza lamentarsi. Se mi fai entrare, posso cantare una canzone mentre tu continui a occuparti delle tue cose. Che te ne pare?». I secondi trascorrono così lenti, da sembrare ore. Sto già studiando la porta per capire come buttarla giù, quando un click sordo mi permette di tornare a respirare. Ha ceduto. Ha aperto la porta. Faccio cenno a Marny di restare dov’è e varco la soglia, lentamente. Alycia è sul balcone, appoggiata alla ringhiera con i gomiti. Mi avvicino a lei, ma non la tocco. Voglio che torni a fidarsi di me, che non mi tema.
«Hai promesso una canzone.» mormora, dandomi le spalle. Ho un nodo in gola.
«Canterò, ma solo se entriamo.». Si volta. I suoi occhi verdi sono spenti, quasi neri. Si porta una mano alla bocca e mordicchia l’unghia del pollice. Sta cercando di elaborare una risposta. Si guarda intorno, girandosi prima verso la ringhiera e poi verso di me. Le sorrido. Voglio solo che si senta al sicuro. Voglio solo che scelga me.

 

Alycia POV

 

Mi sorride. È un gesto così diverso da quello della Craven. Non c’è giudizio sul suo sorriso, ma solo affetto. Mi tende la mano. Non so perché, ma cedo e l’afferro. Mi lascio trascinare dentro la mia camera. Sono un burattino nelle sue mani. Mi fa sedere sul letto e si accomoda accanto a me. Non mi sfiora nemmeno. Le faccio così paura?
«Aly...» esordisce. I suoi occhi azzurri mi guardano con preoccupazione. Non è stupida, sa benissimo perché fossi sul balcone.
«So di non essere Maia e che non potrò mai capire fino in fondo cosa stai passando. D’altronde, non ho nemmeno idea del motivo per cui ti senti così. Quello che voglio dire è che io sono qui. Dicevo sul serio prima, sei l’unica che mi ascolta mentre canto.». Non resisto più. Scoppio a piangere. Ho bisogno di liberare tutto il dolore che nascondo dentro di me. Ho bisogno di mostrarlo, di non vergognarmene più. Titubante, Eliza allunga un braccio verso il mio volto. Perdo un battito. Ho paura. Non voglio farmi male. Non di nuovo. Chiudo gli occhi. Il tocco leggero della mano di Eliza sulla mia guancia mi fa sussultare. È delicato e non sporco. Mi asciuga le lacrime e mi carezza la fronte. Riapro gli occhi. Eliza è di fronte a me e mi guarda con le sue iridi azzurre. Ha paura di aver esagerato, lo sento. Le faccio cenno che va tutto bene, per rassicurarla. Mi sorride, sollevata.
«Riposati.» sussurra, invitandomi a stendermi. Si alza e si dirige verso la porta. Devo fermarla. Devo farla restare. Ho bisogno che lei resti. Sto andando di nuovo nel panico. Non voglio rimanere sola con la mia testa. Ho paura, paura di me. Ho il terrore di quello che la mia testa potrebbe dirmi di fare o provare. Eliza torna da me, di corsa. Si siede ai piedi del letto e mi prende la mano. La lascio fare, senza resistenze.
«Aly, sono qui.» mi sussurra.
«Canzone.» biascico, con le poche forze rimaste. Non se lo fa ripetere due volte e intona una melodia a me sconosciuta, eppure così bella. Ed è tutto ciò di cui ho bisogno in questo momento.


Angolo dell'autrice

Okay, sì, forse non era esattamente questo ciò che vi aspettavate, ma a fronte di un notevole passo indietro, Alycia ne fa uno avanti gigante. Far entrare le persone non è facile, chiedere loro di restare ancora meno. Eppure, a volte è ciò che salva la vita.
Eliza, dal canto suo, inizia a capire di provare sentimenti davvero profondi, ma deve ancora metterli a fuoco. In compenso, ha mollato Marie per strada. 
Grazie a chi ha recensito, spero che questo nuovo capitolo vi piaccia. Vi invito a commentare, mi aiuta a capire cosa ne pensate.
A martedì!

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Capitolo 9
*** 9.Right Before Your Eyes ***


9.

 

Right before your eyes I am changing, changing 
New life on the inside I am changing, changing 
(Hoobastank-Right Before Your Eyes)

 

Alycia POV

 

Apro gli occhi poco alla volta. Ho la testa che mi scoppia, come nei peggiori dopo sbronze. Fisso il soffitto. È così bianco. Se chiudo nuovamente gli occhi, invece, tutto ciò che vedo è nero. Bianco e nero, due facce della stessa medaglia. Due colori che non sono colori. La morte è un velo dipinto di bianco e di nero. La mia anima è avvolta in un sudario bianco e nero.
«Sei sveglia? Come stai?». La calda voce di Eliza mi riporta alla realtà. È ancora seduta ai piedi del letto e mi osserva, preoccupata. Forse dovrei mentirle e dirle che va tutto bene e che sto meglio, ma quei due pozzi azzurri mi stanno toccando corde che non pensavo di avere. Non ho possibilità di fuggire. Quegli occhi mi chiedono di seguirli, di fidarmi. Deglutisco. Come si fa a fidarsi di qualcuno, se il proprio mondo è, ormai, a pezzi?
«Io...» esordisco, ma le parole mi muoiono in bocca. Eliza non fiata. Stringo i pugni. Devo sforzarmi. Lei è qui per me. Lei non mi farà del male.
«Io ho bisogno di... Eli, perché sei qui?» chiedo, infine.
«Beh, perché Marny mi ha ch...». La interrompo.
«Non in quel senso. Eli, perché sei qui? Perché stai con me? Perché non mi lasci anche tu?» continuo a domandare, tra le lacrime. Mi porto a sedere e abbraccio le mie ginocchia. Ho bisogno di risposte. Eliza sembra rattristarsi. Si morde il labbro. Sta forse cercando un modo per farmi capire che anche lei è qui solo per mera pietà? Mi vuole dire che non vede l’ora di andarsene? La mia testa, di nuovo. Rifletti Aly, è rimasta con te fino ad ora, perché dovrebbe lasciarti proprio adesso? La verità è che non lo so. Non so perché è qui. Non so perché dovrebbe restare. Non so perché dovrebbe andarsene. Non lo so.
«Aly.». Non la sento. Percepisco la sua voce, ma non la sento. È tutto ovattato. È tutto bianco.
«Aly!» esclama. Mi risveglio, come da un incubo. Non ho il coraggio di guardarla negli occhi, ma a lei non interessa. Non capisco, è come se fosse triste per le mie condizioni, ma non mi considerasse solo per il mio dolore.
«Non so chi ti abbia lasciato, ma sappi che io non lo farò mai. È una promessa, Aly. Ci tengo a te, per questo sono qui. Mi sei mancata in questi due mesi. Sei una delle persone più importanti della mia vita e mi dispiace che tu non riesca a vedere quanto vali. Ti voglio bene e ci sarò sempre per te, te lo prometto.». Non capisco se il mio cuore si stia facendo più pesante o più leggero. Nemmeno Maia mi aveva detto parole simili. Comincio a tremare, ma non di paura. Non è ansia, è... Incredulità? Questa dichiarazione di Eliza mi ha colpita peggio che un pugno. Mi ha presa in faccia, allo stomaco, al petto. Mi ha messa al tappeto.
«Perché?» trovo la forza di chiedere.
«Non c’è un perché, credo. Ti voglio bene e basta. Voglio solo che tu sia felice, tutto qui.» mi risponde in semplicità. Voglio solo che tu sia felice, esiste davvero una possibilità del genere? Mi gratto il capo, confusa. Ho paura di illudermi. Ho paura di scoprire che sia tutto falso e doloroso, di nuovo. Eliza non mi dà il tempo di perdermi nuovamente nei miei pensieri. Batte la mano contro il materasso, facendo attenzione a non colpire me. Solo ora mi rendo conto della cura che ha nei miei confronti. Ho i brividi.
«Ceniamo? Lindsey ha portato la pizza.» propone con entusiasmo. Faccio uno sforzo e scendo dal letto. Eliza mi apre la porta e mi fa cenno di passare avanti. Forse ha paura che cambi idea e che mi barrichi nuovamente in questa stanza. Sospiro e scendo lentamente le scale. Lindsey mi accoglie in cucina, sorridente. Mi saluta, ma io non le rispondo. Sto tornando di nuovo dentro la mia testa. L’abisso mi attira e io non riesco a resistere.

 

Eliza POV
 

Alycia si spegne di nuovo. Cerco di non farle pesare tutta la fatica che sta provando e le passo la pizza. Squadra il cartone, poco convinta.
«Non ti piace? Volevi un altro gusto?» si allarma Lindsey.
«N-no, mi p-piace.» balbetta. «È t-tanta.». Lindsey mi guarda e mi fa cenno di seguirla in soggiorno, ma le faccio capire che non è il momento. Alycia penserebbe di essere un problema ed è l’ultima cosa che voglio.
«Mangia ciò che ti senti, il resto lo finiremo noi.» la tranquillizzo.
«Tanto Eliza è un pozzo senza fondo»
«Linz, ehi! Non è vero!» protesto.
«Come vuoi, non le racconterò di quando hai mangiato anche il mio pollo all’ultimo capodanno che abbiamo festeggiato assieme.». Alycia inarca un sopracciglio.
«Non l’ascoltare, ti prego.». Per la prima volta da quando l’abbiamo vista alla festa, sembra essere più distesa. Addenta una fetta di pizza e quasi accenna un sorriso. Solo adesso realizzo quanto mi sia mancata in questi mesi. Ora spero solo che, a poco a poco, torni ad essere la ragazza solare che ho imparato a conoscere nel corso degli anni. La osservo mentre si divora anche la seconda fetta di pizza.
«Sono piena.» annuncia.
«Va bene così, tranquilla.» la rassicura Lindsey mentre prende gli avanzi e li divide tra me e lei. Finiamo di cenare velocemente e decidiamo di guardare un film. L’umore di Alycia sembra migliorato e accetta di fermarsi con noi.
«Ti va di scegliere tu qualcosa?» le domanda Linz. Ci sa fare, è riuscita a coinvolgerla per tutta la serata. Alycia annuisce timida, sembra una bambina.
«Io vorrei... Vorrei guardare questo.» dichiara, stringendo un dvd fra le mani. È insicura e trema. Lo prendo e capisco il perché di quella reazione.
«Sei sicura di voler guardare Pulp Fiction? So che è uno dei tuoi film preferiti, ma...» cerco di farla ragionare. Mi guarda con occhi imploranti. Mi giro verso Lindsey, come per chiederle consiglio.
«Possiamo provare.» asserisce. Non sono molto convinta, ma mi arrendo. Inserisco il dvd nel lettore e raggiungo le altre sul divano. Andando al di là delle mie più rosee aspettative, Alycia guarda il film senza agitarsi più di tanto. Quando spengo la trovo addormentata, la testa appoggiata sulle mie gambe. Sembra quasi serena. Il volto è disteso e le mani sono strette a pugni. Mi suscita tenerezza. Deglutisco. È così... Bella? Scuoto il capo. Cosa mi sta dicendo la testa?
«Eli, forse è il caso che la lasciamo riposare qui sul divano.» suggerisce Lindsey, riportandomi alla realtà.
«Oh, ehm, sì.» farfuglio. Mi alzo, facendo attenzione a non svegliarla. Le accomodo la testa su un cuscino e la copro con una trapunta. È estate, ma di notte fa fresco.
«Io vado a dormire. Tu che fai?»
«Io pensavo di restare qui ancora per un po’, Linz, nel caso si svegli.» rispondo. Lindsey annuisce e sale le scale, diretta nella stanza degli ospiti. Sospiro. Mi siedo sul divano adiacente a quello su cui è distesa Alycia. La osservo. Il suo corpo è scosso da piccoli spasmi. Qualunque cosa stia sognando, non deve essere piacevole. Dopo poco, però, pare quietarsi. Mi sdraio e chiudo gli occhi, pensando solo al fatto che mi taglierei un braccio per farla tornare felice e poter vedere quei bellissimi occhi verdi brillare di nuovo. Scalerei le montagne per lei. Non so che cosa le è successo, né ho fretta di scoprirlo. L’unica cosa che mi interessa è il suo bene e mi concentrerò solo su questo. D’altronde, non è così che si comportano i veri amici? Perché Alycia è mia amica, no? Mi mordo il labbro e mi porto le mani al volto. Soffoco un gemito di disperazione. Guardo per un’ultima volta Alycia. Sono fottuta.




Angolo dell'autrice

E alla fine Eliza se n'è accorta di provare qualcosa per Alycia, ora deve "solo" accettarlo, cosa tutt'altro che semplice. Le condizioni di Alycia non sono per nulla buone, anzi. Eppure, Eliza sta facendo breccia nel muro che ha costruito. Alycia non si fida ancora del tutto, ma come potrebbe d'altronde? Lo dice lei stessa: "come si fa a fidarsi di qualcuno quando il proprio mondo è, ormai, a pezzi?". È innegabile, però, che la presenza di Eliza stia cambiando qualcosa, soprattutto nel suo modo di percepirsi. Anche Lindsey ha dei meriti e ci tengo a sottolinearli, nel prossimo capitolo giocherà un ruolo chiave.
Ringrazio per le recensioni e chi legge e segue questa storia. Un commento mi fa sempre piacere, quindi non siate timidi.
A venerdì!
 

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Capitolo 10
*** 10.Scars That I’m Hiding ***


10.

 

Why do these shadows follow me
Whispering at me when I face myself?
[...]
Cold and alone with these
Scars that I'm hiding
(From Ashes To New feat. Anders Fridén-Scars That I’m Hiding)

 

Alycia POV

 

«Mi devi millecinquecento dollari tondi tondi, avanti.»
«Ma Linz, non li ho!» protesto animatamente.
«Allora ipotechi.». Sbuffo. Non sono mai stata brava a giocare a Monopoly, maledizione. Ipoteco alcuni dei miei alberghi, amareggiata. Eliza ride, divertita da quella scena. Lindsey non l’ho mai vista più competitiva di così.
«Non puoi farmi uno sconto?» provo a trattare. Lei mi fulmina con lo sguardo.
«Linz, dai, hai praticamente tutti i soldi che ci sono nella confezione.» cerca di farla ragionare Eliza.
«Nessuna pietà.» risponde Lindsey, secca. La squadriamo, sorprese da quell’atteggiamento. Diamo un’occhiata ai nostri averi. Direi che abbiamo perso.
«Ho vintoooo!» esulta la nostra amica, lanciando soldi finti per aria. Scoppiamo a ridere e per poco non prendo un colpo. Non mi lasciavo andare ad una risata da tanto, tantissimo tempo. Sono quasi spaventata. È come se non sapessi più cosa significhi ridere, essere spensierati, privi di ansia e fatica anche se solo per cinque minuti.
«Ehi, va tutto bene.» mi rassicura Eliza. I suoi occhi azzurri mi guidano, mi riportano alla calma. È come se sapessi che di lei io posso fidarmi. Eliza mi promette la possibilità di una serenità incondizionata e, non so come sia possibile, io ci credo. Inspiro ed espiro, ripetutamente. Mi sento meglio. La testa mi lascia andare e mi beo di quell’ora d’aria.
«Direi che è arrivato il momento di preparare la cena. Aly, la doccia la fai subito o più tardi?» mi chiede Lindsey, distogliendomi dai miei pensieri.
«Io... Ora.» rispondo.
«Cucino io!» si propone Eliza. Mi aiuta ad alzarmi, tendendomi la mano. Nelle ultime settimane, il mio rapporto con il contatto fisico è migliorato. Eliza e Lindsey non riescono ancora ad abbracciarmi, ma una mano sulla spalla o sulla guancia sono in grado di tollerarla. Ormai la mia mente non le concepisce più come una minaccia, ma come figure amiche. Accetto l’aiuto e afferro la mano di Eliza. Rabbrividisco al contatto fra le nostre dita. Non provo a scostarmi, non si tratta di paura o ansia. Al contrario, vorrei non interrompere mai questa stretta. Le sue iridi azzurre mi penetrano, mi sconquassano il cervello. Non capisco cosa mi stia succedendo.
«Aly, andiamo?». Maledizione a te Lindsey, non ora. O, forse, dovrei ringraziarla, non ne ho idea. Vedo Eliza allontanarsi, come se si fosse scottata. Sospira. Sembra combattuta, non capisco perché. Non ho il tempo per riflettere oltre, Lindsey mi prende per mano e mi accompagna in bagno.
«Io resto qua fuori, in caso tu abbia bisogno.» asserisce, mentre chiude la porta. Resto da sola e comincio a spogliarmi. Lo specchio di fronte a me mi rinfaccia i miei dolori e le mie ferite. Una grossa cicatrice attraversa il mio ventre, fermandosi appena prima dell’ombelico. Odio il mio corpo. Detesto questo specchio. Le lacrime cominciano ad appannarmi la vista. Provo a scacciarle con la mano, inutilmente. Faccio per entrare nella doccia, ma scivolo e cado rovinosamente per terra. Subito la porta si apre e Lindsey si precipita ad aiutarmi.
«Aly, stai bene?» mi chiede, preoccupata. Una smorfia di dolore si stampa sul mio viso. Mi giro a pancia in su e faccio leva sulle braccia per alzarmi. Solo quando vedo la faccia inorridita di Lindsey realizzo cos’è successo. Afferro immediatamente l’accappatoio e cerco di coprirmi il ventre, ma è troppo tardi. Non volevo che lo scoprisse così.
«Ti prego, non dirlo ad Eliza.» supplico. Lindsey non risponde. Fissa la mia cicatrice, la bocca aperta e gli occhi scuri carichi di orrore. Non verso il mio corpo, ma verso quella cicatrice. Verso il suo significato. Stringe i pugni.
«Linz...» mormoro.
«Chi è stato?»
«Ti prego...» piagnucolo. Voglio che la smetta, che mi aiuti ad alzarmi e che faccia finta di nulla.
«Aly, chi diamine è stato?» insiste lei. Si accuccia alla mia altezza e mi guarda teneramente. Mi copre con l’accappatoio e attende una risposta che, però, non arriva. Comincio a respirare affannosamente. Non voglio ricordare. Non voglio rivivere quella notte. Non ce la faccio, non sono abbastanza forte.
«No! Vai via!» urlo. Non mi sto rivolgendo a Lindsey, ma lei non può saperlo. Si alza di scatto e indietreggia, spaventata. Mi guarda, ma io non la vedo. I miei occhi non la riconoscono. Vedono solo lui. Le mie orecchie non la sentono. Percepiscono solo lui. Ho paura. Mi schiaccio al muro e mi copro il volto con le mani. Tremo.
«Ti prego, no.» imploro.
Sento due mani afferrarmi delicatamente i polsi.
«Aly, sono io. Sono Linz.». Alzo lo sguardo.
«Lindsey...»
«Sì, sono Lindsey.» conferma lei. Ha le lacrime agli occhi e un sorriso accogliente. Mi carezza una guancia, prestando attenzione a non fare movimenti troppo bruschi. Riacquisto un po’ di lucidità e scoppio in un pianto liberatorio.
«Scusa.» mormoro.
«Non devi scusarti, Aly. Non tu.». Mi irrigidisco. Non so cosa rispondere.
«Io...»
«No, hai ragione, non dovevo insistere.» prova a tranquillizzarmi. Chino il capo. Non so bene cosa devo fare. Parlare? Confessare la verità? Non la conosco nemmeno io.
«Non so chi sia stato.» dico, tutto d’un fiato. Lindsey si morde il labbro. Vorrebbe saperne di più, è comprensibile. Mi vuole bene ed è preoccupata per me. Prendo un bel respiro.
«Quando penso a lui, vedo solo un’immagine nera, un’ombra che mi assale e mi copre completamente. Ricordo solo la sua voce. Quella risata... È stato orribile.». Scoppio a piangere di nuovo. Lindsey si siede accanto a me. Mi posa una mano sulla spalla. Sa che oltre non riuscirei a sopportare. Vorrei raccontarle anche il resto, ma lei mi ferma. È conscia del fatto che crollerei definitivamente.
«Non serve che tu mi racconti altro, Aly. Non so... Non so cosa dire, se non che io ci sono. Puoi contare su di me per qualsiasi cosa. Te lo giuro.». La ringrazio con lo sguardo.
«Ti prego, non dirlo ad Eliza.» le ripeto. Lindsey sospira.
«Perché?» mi chiede. Non c’è pressione nella sua voce, solo onesta voglia di capire meglio cosa mi passa per la testa. Mi osserva mentre mi torturo le mani, indecisa se spiegarmi meglio oppure no.
«Io... Non voglio diventare questo.» sussurro. Lindsey mi accarezza una guancia.
«Non lo sarai mai, Aly. Né per lei, né per me. La decisione è tua, ma sappi che su di noi puoi sempre contare. Parlo per me, ma sono sicura che Eliza la penserebbe allo stesso modo. Tu sei e resti Alycia Jasmine Debnam-Carey, nient’altro. Non sei quello che ti hanno fatto, non pensarlo nemmeno.». Vorrei crederlo. Forse il problema è un altro. Forse il punto è che io stessa non faccio altro che concepirmi come il male che mi è stato fatto. Non sono pronta per scoprire se Lindsey dica la verità o meno. Non posso permettermelo adesso.
«Non ora Linz. Non riesco.». Tra noi cala il silenzio. Decido di alzarmi e farmi questa tanto agognata doccia.
«Promettimi che ci penserai. Non devi dirglielo adesso, ma credo che potrebbe farti bene aprirti un po’.» asserisce Lindsey. Annuisco, non troppo convinta. Mi rivolge un ultimo sorriso ed esce dal bagno, lasciandomi sola tra mille dubbi e ricordi.



Angolo dell'autrice

Non so come commentare bene questo capitolo, ho paura di scrivere parole fuori luogo. Forse potrei partire proprio dalla canzone che ho scelto. "Why do these shadows follow me/Whispering at me when I face myself?". C'è un male che va oltre quello fisico. Un dolore che si insinua nelle pieghe più profonde dell'animo umano e che ci rompe, ci annichilisce, ci spinge a diventare un tutt'uno con esso. "Non voglio diventare questo" dice Aly ed è vero. Chi mai vorrebbe essere guardato solo per la propria sofferenza? E il problema è che, alla fine, siamo proprio noi i primi a considerarci in questo modo. 
Scrivere questo capitolo non è stato facile, per molti motivi. Voglio che, però, emerga una cosa. In mezzo a tutto questo dolore, a tutti questi ricordi terribili, al panico, alle cicatrici, Alycia non è sola, non più. Non ne è ancora cosciente del tutto (più avanti potrà affermarlo lei stessa, invece), ma c'è chi le sta accanto e non solo in senso fisico. È l'augurio che vi faccio, di non essere mai soli, anche se non ve ne accorgete.
Grazie per le recensioni allo scorso capitolo, leggere le vostre impressioni mi fa sempre piacere. Se vi va, lasciate pure un commento anche qui, non mordo.
A martedì!

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Capitolo 11
*** 11.Anywhere But Here ***


11.

 

I wonder
If maybe, maybe I could be all you ever dreamed, cause you are
Beautiful inside, so lovely and I can't see why I'd do anything without you
(SafetySuit-Anywhere But Here)

 

Eliza POV

 

«Sei sicura?» domanda Lindsey, incerta. Annuisco.
«Sarà bello. E poi non può continuare a stare tappata in casa.» affermo.
«Eli, lei...»
«Sì, lo so, ma non la vogliamo portare al parco, Linz. Si tratta del suo giardino.» insisto. Lindsey si gratta il naso, per niente sicura del mio piano.
«Giardino?» squittisce una voce alle nostre spalle. Sobbalzo. Mi volto lentamente. Alycia ci fissa, confusa. I suoi bellissimi occhi verdi vogliono scoprire cosa stiamo architettando. Mi perdo per qualche secondo nelle sue iridi smeraldine. Dio, Eli, datti un contegno. Un calcio negli stinchi tiratomi da Lindsey mi risveglia dalla trance.
«Oh, sì, ehm... Pensavamo di fare un pic nic qui fuori.
«Pensava.» mi corregge Linz, facendo emergere tutto il suo disaccordo. Alzo gli occhi al cielo e sbuffo, scocciata.
«Un... Un pic nic? Ma dovrei...» comincia ad agitarsi Alycia. Avanzo verso di lei, prendendole dolcemente le mani.
«Ehi, ehi, tranquilla. Non andremo da nessuna parte. Pensavo di mangiare qui, in giardino. C’è un bel sole, non è eccessivamente caldo e uscire all’aria aperta ti farebbe bene.». Alycia distoglie lo sguardo. Punta gli occhi al pavimento. Sta vagliando la proposta, cercando di capire cosa potrebbe andare storto e perché.
«Visto? Lo sapevo che sarebbe stata un’idea stupida.» sbotta Lindsey. Le faccio segno di tacere. Alycia non ha ancora detto no. Nei suoi occhi leggo la voglia di dire sì e la paura di farlo. Inseguo il suo sguardo, costringendola a rialzarlo. Incateno le mie iridi alle sue. Sembra una bambina, nel senso più tenero e puro possibile. Non so per quanto tempo rimaniamo così, l’una di fronte all’altra. So solo che il mondo è scomparso. Lindsey, il soggiorno, le pareti, questa casa, non esiste più nulla se non Alycia e i suoi occhi verdi. Sono così tristi, eppure non più spenti. Mi piace pensare che un po’ sia merito mio, ma la verità è che Alycia ce la sta facendo con le proprie forze. Forse è per quello che io... No, non posso dirlo. Non posso ammettere a me stessa una verità di tale portata. Non posso permettermelo. Rischierei di distruggere il rapporto con lei. Rischierei di annientarla e non voglio. Sospiro e distolgo lo sguardo. Poco a poco, il mondo compare nuovamente intorno a me. Lindsey mi sta squadrando, sospettosa. Odio la sua capacità di leggermi dentro. Alycia è ancora di fronte a me. Prende un bel respiro. Sembra una nuotatrice sul blocchetto di partenza la frazione prima di entrare in acqua. È buffa nella sua tenerezza.
«Va bene, ci provo.» sussurra. Un ampio sorriso si stampa sul mio volto. Ho gli occhi lucidi. La vedo mentre si avvicina alla porta d’ingresso, con titubanza. Posa la mano sulla maniglia e l’abbassa con una lentezza disarmante. Tira la porta verso di sé e si lascia travolgere dal leggero venticello estivo proveniente da fuori. Si ferma, lo sguardo fisso davanti a sé.
«Non dobbiamo farlo per forza.» sussurro al suo orecchio.
«No, voglio.» dichiara, dura. Il suo petto si gonfia e si sgonfia, sembra un palloncino. Si toglie le ciabatte, rimanendo a piedi scalzi.
«Ma cos-...»
«Shhh, non ora Linz.» zittisco la mia amica. Mi soffermo su Alycia. Si morde il labbro e stringe i pugni. Allunga la gamba, fino a posare il piede sull’erba verde. A quel contatto, rabbrividisce. Sta imparando tutto da capo. Ricomincia solo ora a conoscere di nuovo la sua casa, l’aria fresca, l’erba, il sole. Si volta verso di noi con fare orgoglioso. Vorrei abbracciarla e poterle dire quanto sono fiera di lei, invece non faccio altro che restare impalata e osservarla, ammirarla mentre muove timidi passi sul suo giardino. I suoi occhi verdi risplendono. Non sono più tristi come qualche minuto fa.
«Eli, stai bene?»
«Oh, io... Sì Linz, non sono mai stata meglio.» rispondo. Non so se sto mentendo o se sto dicendo la verità. Ogni volta che incrocio il suo sguardo il mio cuore trabocca di gioia, ma se poi penso che non potrò mai rivelarle ciò che provo per lei mi sento morire. Mi mordo il labbro e chino il capo. Mi giro e mi dirigo verso la cucina. Lindsey fa per seguirmi, ma le faccio cenno che è tutto a posto. Torno poco dopo con il cibo che io e lei abbiamo preparato. Stendo due stuoie e invito le altre a sedersi.
«Spero che i nostri tramezzini ti piacciano.» dico, passando un panino ad Alycia. Quando i miei occhi azzurri incontrano i suoi verdi sono costretta a distogliere lo sguardo. Il cuore sembra volermi uscire dal petto.
«Scusate.» mormoro, mentre mi alzo e corro dentro. Mi precipito in bagno e mi sciacquo la faccia con l’acqua fredda. Sento la porta aprirsi e sobbalzo.
«Linz, torna da A-...». Mi interrompo. Alycia è davanti a me, preoccupata. Sospiro e mi passo una mano in fronte.
«Eli, stai bene? Ho fatto qualcosa di male?». No Aly, ti prego, non darti la colpa per la mia stupidità. Deglutisco, gli occhi fissi al muro. Non ho il coraggio di guardarla in faccia.
«Aly, non hai fatto nulla di male. Sono solo un po’ stanca.» mento. E lo faccio anche male. Lei avanza verso di me.
«Eli, ti prego. Ho dei problemi di ansia e depressione, ma non sono stupida. Dimmi solo se ho fatto qualcosa di sbagliato.». Sta singhiozzando. È davvero convinta di avermi ferita in qualche modo. Le sorrido con dolcezza, cercando di mettere da parte ciò che ho appena realizzato di provare per lei. Tentativo inutile, non appena mi ritrovo il suo volto a pochi centimetri dal mio sento il cervello andare beatamente a quel paese. Forse dovrei dirle la verità. Forse potrebbe farle bene sapere che c’è qualcuno che la considera in modo speciale.
«Io... Tu...»
«Alyyyyy!». Io e Alycia ci voltiamo di scatto. Tiro un sospiro di sollievo, anche se non totale. Mi sembra di aver perso un’occasione. Osservo Alycia correre fuori dal bagno e gettarsi tra le braccia di Maia.  Dietro di loro, Marny sorride, a metà tra il felice e l’incredulo.
«Quando sei tornata?» chiede Alycia a Maia.
«Marny è appena venuta a prendermi all’aeroporto. Resto un paio di giorni e pensavo di fermarmi da te stasera.». Alycia annuisce, contenta. Sembra un bimbo il giorno di Natale.
«Beh, allora noi andiamo.» dico, trascinando Lindsey verso il cancello. Marny mi si para davanti. Sembra commossa.
«Taylor, Morgan, ma come diamine ci siete riuscite?» chiede. Faccio spallucce.
«L’abbiamo solo spinta un po’, nulla di che. Ha fatto tutto lei.» spiego. Marny mi abbraccia, lasciandomi di stucco.
«Grazie.» mi sussurra all’orecchio. «Da quando ci siete voi, è più serena. Le fate bene.» continua. Sorrido con amarezza. Annullarsi per la felicità di qualcun altro, è forse questo il significato della parola sacrificio?
«Vogliamo solo che stia bene.» spiega Lindsey. La ringrazio mentalmente per aver preso l’iniziativa. Sento le lacrime fare capolino e arriccio il naso per trattenermi.
«Devo andare.» taglio corto, dirigendomi il più velocemente possibile alla macchina.  Non mi volto, non voglio guardarla. Non posso. Apro la portiera e mi siedo in auto. Appoggio la testa al volante e comincio a piangere. Nemmeno mi accorgo che Lindsey mi ha raggiunta.
«Eli, che diavolo sta succedendo?» domanda preoccupata.
«Niente, sto benissimo.». Sono patetica.
«Già, lo vedo.»
«Lindsey, ti prego, lasciami stare.» imploro. La mia amica non mi ascolta e mi afferra per il braccio, costringendomi a girarmi verso di lei.
«È tutto il giorno che sei strana. Si può sapere qual è il problema? A pranzo sembrava volessi evitare Alycia. Ti ha fatto o detto qualcosa?». Mi passo le mani sul volto e tra i capelli. Non so nemmeno io cosa dire.
«Eliza, mi sto spaventando.» insiste Lindsey. La ignoro. Esco dalla macchina e mi avvio nuovamente verso casa di Alycia. È ancora fuori con Maia e Marny. Ha un’aria malinconica, in fin dei conti me ne sono andata senza nemmeno salutarla. Quando la vedo, il mio cuore sussulta. Vorrei confessarle cosa provo, urlarlo al mondo. Mi fermo al cancello, circondando le sbarre con le mani. È così bella. Mi guarda con occhi curiosi. Quegli occhi... Non so più perché io sia tornata indietro. La mia unica certezza è che non posso farle del male. Non me lo perdonerei mai. Devo rimanere razionale, ce la posso fare.
«Io... Non ti ho salutata, scusa.» esordisco.
«Ci vediamo dopodomani?» chiede, speranzosa.
«Sì. A lunedì!». Mi volto e scappo via definitivamente. Lindsey mi squadra, confusa.
«Stai benissimo, già.» commenta. Sospiro. Non ce la faccio più, ho un macigno nel petto.
Mi appoggio alla macchina. Da lontano riesco a vedere la casa di Alycia. Me la immagino seduta sull’erba, per la prima volta dopo così tanto tempo, mentre si fa raccontare da Maia del film che quest’ultima sta girando. Mi lascio sfuggire un sorriso, per poi voltarmi verso Lindsey.
«Ho combinato un casino, Linz.» comincio a parlare. La mia amica mi si avvicina, mettendosi di fronte a me. Sembra intuire la natura del problema, ma non dice nulla. Mi stringe a sé, mentre io inizio a singhiozzare, sempre più forte.
«Mi piace, Linz. Mi piace e non so cosa fare. Non voglio che si allontani da me o che stia male. Dio, non so nemmeno se potrebbe mai volermi in quel senso.» mi dispero. Lindsey mi accarezza la schiena.
«Eli, non ho risposte. So solo che quando è con te, Aly sta meglio. Può darsi che uno di questi giorni tu riesca a trovare un modo per farle capire cosa provi, ma non è allontanandola che risolverai il problema.». Annuisco. Mi asciugo le lacrime e alzo lo sguardo al cielo. È così azzurro oggi.
«Solo, vacci piano, okay?» mi ammonisce Lindsey. Sembra rabbuiarsi, come se volesse dirmi qualcosa.
«Aly è... Insomma, non sai cosa può aver vissuto.». Non capisco se mi stia mettendo in guardia o semplicemente invitando a stare attenta. Decido di non farmi trascinare dalle mie paranoie e l’abbraccio.
«Ti voglio bene.»
«Anche io, Taylor. Anche io.». Do un’ultima occhiata al cielo azzurro. Chissà se Alycia sta facendo la stessa cosa da quel suo grande giardino verde.




Angolo dell'autrice

E finalmente Eliza sta venendo a patti con i propri sentimenti. La situazione non è per nulla semplice, sa che confessarli ad Alycia rischierebbe di compromettere tutto il lavoro fatto fino ad ora, contando anche il fatto che Eliza non sa cosa le è capitato e Lindsey, da buona amica qual è, sta mantenendo il segreto.Al contempo, però, come le ricorda quest'ultima, non può assolutamente scappare. Alycia ha bisogno di Eliza e il fatto che sia riuscita finalmente ad andare in giardino ne è la prova assoluta, oltre al fatto che non è stupida e, infatti, ha notato subito che qualcosa non andava. Maia è capitata a fagiolo, ma riuscirà Eliza a non rivelare ciò che prova alla diretta interessata? Lo scoprirete nei prossimi capitoli, non vi preoccupate.
Grazie mille per le recensioni e per leggere e seguire questa storia. Spero che il capitolo vi sia piaciuto!

A venerdì!

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Capitolo 12
*** 12.Up All Night ***


12.

 

Let me get this straight, do you want me here?
As I struggle through each and every year
And all these demons, they keep me up all night
(Blink 182-Up All Night)

 

Alycia POV


Maia è ripartita da poche ore e io mi sento già vuota. È la mia migliore amica, con Marny e la polizia l’unica persona che sa cosa mi è successo. Il mio respiro è accelerato e torno di nuovo a vedere nero. Mi alzo dal letto e lancio il cuscino per terra. Questa vita mi ripugna. Non sto né vivendo, né sopravvivendo. Sono in un limbo senza via d’uscita, una miserabile culla di dolore e illusione di una possibilità di fuga. Urlo con tutto il fiato che ho in gola. Nessuno mi sente. Nessuno mi può sentire. Mi dirigo verso il piccolo armadio di fronte al mio letto. Lo apro e afferro una bottiglia a casaccio. La stappo e comincio a trangugiarla come fosse acqua. Ha un sapore orrendo, ma non mi interessa. Ho solo bisogno di dimenticare. Scoppio a piangere. Fisso il vino di fronte a me. La qualità è davvero pessima, lo si vede dal colore. Sospiro. No, forse non è questo ciò di cui ho bisogno. Frugo nella tasca della mia felpa e ne estraggo il cellulare. Scorro la rubrica, indecisa sul da farsi. È quasi l’una di notte ed è domenica, ho espressamente vietato a Marny di fermarsi da me e Lindsey ed Eliza staranno già dormendo. Già, Eliza. Sabato non ha fatto altro che evitarmi. L’idea di aver sbagliato qualcosa e averla inavvertitamente ferita non riesce ad abbandonare la mia mente. Non sono padrona del mio corpo. Non so nemmeno io cosa sto facendo. Le dita si muovono da sole sul display. Ascolto il telefono che suona a vuoto, in attesa di una risposta. Non voglio restare sola. Non voglio dimenticare, voglio solo poter andare avanti. Sto tremando. Il cellulare continua a suonare a vuoto, quel fastidioso tu-tu non lascia spazio ad alcuna voce umana. Sto per arrendermi. Alzo il pollice e lo abbasso, per poter spegnere la chiamata.
«Pronto? Aly, tutto bene?». E il mio respiro va completamente fuori controllo.

 

Eliza POV

 

Sono consapevole del fatto che sia tardi, ma non so che altro fare. Busso alla porta. Un assonnato Bob mi apre, sorpreso di vedermi a quest’ora.
«Eli, è quasi l’una.»
«Lo so, ma non ho altro posto in cui andare.» rispondo. Bob si stropiccia gli occhi e mi invita ad entrare. Mi fa accomodare in cucina e tira fuori una birra ghiacciata dal frigo. Mi conosce troppo bene. Stappa la bottiglia e me la porge. Lui, invece, si prepara un caffè bollente e se lo versa in una tazza, attento a non scottarsi. Si siede accanto a me, non del tutto sveglio. «Che succede, Taylor?» domanda. Mi rigiro la birra fra le mani, incapace di cominciare il discorso. Ho bisogno di parlare con lui di questa cosa, ma sono bloccata. Non perché sia il mio ex, ma perché la prima a non accettare i miei sentimenti sono io.
«Eli, hai intenzione di dire qualcosa o posso tornare a dormire?». Prendo il respiro. Lo guardo negli occhi. Ho paura di quello che sto per confessare ad alta voce. L’ho già fatto con Lindsey, ma ora è diverso.
«Io... Mi piace una persona, Bob.». Mi guarda confuso.
«È una bella cosa, perché hai quella faccia da funerale? È sposato?»
«È una ragazza.» rivelo in un sospiro. Bob si acciglia. Non se l’aspettava, decisamente.
«È Alycia.» sussurro, quasi sperando che lui non riesca a sentirmi. E invece mi sente, eccome se mi sente. Per poco non si soffoca con il caffè. Sgrana gli occhi. Distolgo lo sguardo, carica di vergogna.
«Beh, è... Come dire, è una sorpresa.». Cala un silenzio imbarazzante. Mi gratto la nuca.
«Bob, io non posso farle questo. In primo luogo, non so nemmeno se sia lesbica o bisessuale. Io stessa fatico ancora ad accettare questa parte di me. E poi, non sta abbastanza bene per poter affrontare una cosa del genere. Se dovesse rifiutarmi, sarei costretta a sparire dalla sua vita e le provocherei solo dolore. Se invece dovesse ricambiare, non avrebbe la forza per rendere la nostra ipotetica storia pubblica. Giornalisti, fotografi, fan impazziti, lo sai come gira il nostro mondo.  Non posso permettere che lei soffra ancora.». Bob posa il caffè. Si dirige verso la dispensa e tira fuori del whisky e due bicchieri.
«Direi che abbiamo bisogno di qualcosa di forte.» spiega e io annuisco. Versa l’alcolico e beve tutto d’un fiato. Faccio lo stesso. Si gratta la fronte, alla ricerca di qualcosa da dire che non sia un mero discorso di circostanza.
«Innanzitutto, cosa Alycia è in grado o meno di fare lo sa solo lei. Non sottovalutarla, Eliza. Starà anche male, ma non è debole. Non nasconderti dietro i suoi problemi.». 1-0 per Bob, palla al centro.
«In secondo luogo, se non te la senti di dirglielo ora, aspetta un momento più propizio. Ne hai parlato con Lindsey?». Annuisco.
«Mi ha detto di fare attenzione e ha ragione. Non sappiamo a cosa siano dovuti i suoi attacchi d’ansia, se io dovessi forzare la mano, potrei romperla.». Ho le lacrime agli occhi. Il solo pensiero di poterle fare del male mi uccide. Bob appoggia la sua mano sulla mia. Mi sorride.
«Linz ha ragione. Solo, non usare tutto questo come scusa per scappare da lei, Eli. Ha bisogno di te, a prescindere dalla forma. Lindsey mi ha raccontato del vostro pic nic, è innegabile che la sua e la tua presenza siano vitali per lei.». Chiudo gli occhi per qualche istante, cercando di non scoppiare in lacrime. Bob mi stringe a sé. La suoneria del cellulare mi riporta alla realtà. Leggo il nome sul display e sbianco.
«Pronto? Aly, tutto bene?». Silenzio. Sento solo il suo respiro farsi sempre più affannoso.
«Aly? Ti prego, rispondi.» insisto. Sono terrorizzata.
«C-canzone.» balbetta. Stringo i pugni. Mi sento così inutile.
«Bob, grazie di tutto, io...»
«Vai. E salutamela. Dille che mi manca tanto.»
«Lo farò.» prometto, per poi precipitarmi per strada. Raggiungo l’auto e volo verso casa di Alycia. Sono agitatissima e fatico a districarmi tra il mazzo di chiavi che ho in mano. Dopo svariati minuti, riesco ad aprire il cancello e, successivamente, la porta.
«Alycia, sono qui!» esclamo. Nessuna risposta. Ho il cuore in gola. Salgo velocemente le scale. La porta della sua camera è aperta. Entro cercando di fare più piano possibile. E, infine, la vedo. È seduta ai piedi del letto, le ginocchia schiacciate contro il petto. Ha gli occhi chiusi e le guance bagnate per le lacrime. Mi accuccio di fronte a lei e le carezzo il viso, con delicatezza.
«Aly, apri gli occhi.» sussurro. Lentamente, Alycia obbedisce. Poco a poco, i suoi occhi si schiudono, rivelando un tesoro smeraldino intenso e pieno di sofferenza e domande. Non è il momento per lasciarsi investire da tutto questo verde. Le sorrido, chinando leggermente lo sguardo.
«Sei qui...» mormora.
«Sì, sono qui.» confermo. Senza preavviso, si stringe a me. Sussulto, sorpresa da quel gesto. Non so bene cosa posso o non posso fare e decido di provare a carezzarle la schiena. Non si scosta e gioisco in silenzio. La sento tremare e singhiozzare. Sta piangendo sulla mia spalla e mi sta dando il permesso di stare con lei. Bob e Lindsey hanno ragione, non posso usare la mia paura verso i miei sentimenti per scappare da lei. Ha bisogno di me e non posso ignorare questa verità. La cullo, il più delicatamente possibile. Quando vedo che si è calmata, la faccio adagiare sul letto. Le rimbocco le coperte e le carezzo la fronte.
«Per qualsiasi cosa, sono di sotto.» la rassicuro. Mi avvio alla porta e faccio per uscire, quando la sento chiamare il mio nome. Mi giro. Di nuovo quel verde. Ho le gambe molli, ma non lo do a vedere.
«Ti prego, resta.» mi supplica, la voce così sottile che devo sforzarmi per capire cosa ha appena detto. Ho paura, ma lei ha bisogno di me. Annuisco. Mi tolgo le scarpe e mi siedo ai piedi del letto, ma Alycia mi fa segno di sdraiarmi vicino a lei. Ho il cuore che mi martella nel petto. Mi stendo accanto a lei, facendo attenzione a non sfiorarla. Si gira e mi abbraccia. La lascio fare e le carezzo i capelli, fino a quando non si addormenta. Sospiro. Sarà una notte molto lunga.



Angolo dell'autrice

Alycia continua ad annegare nel suo dolore, è evidente. Eppure, per la prima volta, decide di fare un piccolo enorme passo: chiede aiuto e lascia che Eliza le allunghi la mano. Dall'altro lato, pur se alle prese con problemi minori di quelli di Alycia, Eliza deve cercare di non scappare. Non può, Lindsey e Bob hanno pienamente ragione. Non è un ricatto emotivo, ma ogni azione porta con sé delle conseguenze, è innegabile.
Spero davvero che vi sia piaciuto, grazie per le recensioni e per leggere e seguire questa storia. 
A martedì!

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Capitolo 13
*** 13.Trying Not To Love You ***


13

 

'Cause trying not to love you
Only makes me love you more
(Nickelback-Trying Not To Love You)

 

Alycia POV

 

Vorrei correre, ma non ci riesco. Sono paralizzata. Un’ombra scura mi viene incontro e mi ghermisce, rapace. Provo a divincolarmi, ma il corpo non mi obbedisce più. Non vedo più nulla. L’unica cosa che percepisco è dolore. 

 

Apro gli occhi di scatto e mi metto seduta. Tremo. Eliza si sveglia di soprassalto e ci mette un po’ a capire cosa è successo. Mi trova tremante come una foglia.
«Aly, ehi, tranquilla. Era solo un brutto sogno.» prova a calmarmi lei. No Eliza, non era solo un brutto sogno, ma tu questo non puoi saperlo.
«Vuoi parlarmene?» mi propone dolcemente. Scuoto il capo, accennando un sorriso amaro.
«No, scusami.» rispondo. Eliza mi carezza la guancia. C’è qualcosa di diverso nel suo sguardo, qualcosa di
indecifrabile. I suoi occhi mi sondano in un modo nuovo, a me sconosciuto. Mi fanno sentire importante, voluta. Rimaniamo così, lei con la mano sulla mia guancia e la bocca socchiusa e io seduta con la schiena appoggiata al cuscino e la voglia di capire cosa ci sta succedendo.
«Ehi, dormiglione! La colazione è pronta!». Lindsey, di nuovo. La bolla che era venuta a crearsi si dissolve nel giro di un secondo. Eliza ritrae la sua mano e distoglie lo sguardo. Sembra spaventata e non capisco perché. Ho fatto qualcosa di male?
«Ho interrotto qualcosa?» chiede Lindsey.
«No, assolutamente.» risponde Eliza. È nervosa e ciò mi agita. Ho paura di aver sbagliato in qualcosa, di averla infastidita. La osservo scendere dal letto e massaggiarsi il collo.
«Stai bene?» domando.
«Sì, Aly. Ho solo bisogno di mangiare un boccone.». Non si è nemmeno voltata per rispondermi. La sua voce è così fredda, meccanica. Mi sento morire dentro.
«Vado giù, ti aspettiamo.» dice, prima di sparire oltre la porta. Mi faccio forza e mi alzo. Non riesco a capire la sua reazione. So solo che, in questo momento, una pugnalata mi avrebbe fatto meno male.

 

Eliza POV

 

Sono un’idiota. Sbatto ripetutamente la testa contro il muro, tanta è la frustrazione.
«Eliza, ma che stai facendo?» mi ferma Lindsey. Mi fa voltare verso di lei e mi abbraccia. Devo avere un aspetto orribile.
«Non posso farcela, Linz. Non posso fingere di non provare sentimenti per lei.» spiego.
«E non farlo.» replica la mia amica, spiazzandomi. Le rivolgo un’occhiata confusa.
«Eli, non puoi scappare da lei. La guarderai in un certo modo, la tratterai diversamente rispetto a come tratti me ed è giusto così. L’importante è che non forzi troppo la mano.» spiega.
«Linz, stamattina avrei voluto baciarla. Cosa potrebbe succedere se...»
«Non accadrà. Eli, lei ha chiamato te stanotte. Spero tu ti renda conto di cosa significa.». Mi siedo, la testa fra le mani. Da una parte, mi sento addosso una responsabilità enorme, dall’altra i miei sentimenti stanno cominciando a diventare sempre più forti. Non posso ignorarli, ma non voglio nemmeno ferire Alycia. Mi sento completamente bloccata. La vedo entrare in cucina. Ha lo sguardo triste ed è tutta colpa mia. Si siede al tavolo e aspetta che Lindsey le porti il tè e i biscotti. L’aria è tesa.
«Allora, che vi va di fare oggi?» ci viene in soccorso Lindsey. Non rispondo. So già che qualsiasi cosa deciderà di fare Alycia a me andrà bene. L’unica cosa che davvero voglio è vederla felice.
«Io... Io vorrei uscire.». Io e Lindsey sgraniamo gli occhi. Non crediamo alle nostre orecchie.
«Mi è piaciuto stare in giardino l’altro giorno.» ammette. Ha lo sguardo chino, carico di vergogna. Vorrei dirle che non c’è nulla di cui preoccuparsi, ma non lo faccio. Me ne sto zitta, e giocherello con le posate. Sto rovinando tutto e ne sono consapevole, ma la paura di distruggere chi invece dovrei preservare sta prevalendo su ogni cosa. La osservo di sottecchi, ma lei se ne accorge. Si alza e se ne va, mentre Lindsey mi fulmina con lo sguardo. Come darle torto.

 

Alycia POV

 

Siamo distese sul prato a prendere il sole. Non capisco davvero cosa prenda ad Eliza. Mi evita e mi guarda con occhi tristi, da lontano. Sembra nascondere qualcosa che la sta divorando dall’interno. Chi meglio di me può capire questa sensazione? Chi meglio di me può sapere cosa significhi nascondere un demone che, giorno dopo giorno, si appropria della mente, del corpo, della fede, delle speranze della sua vittima? Scuoto il capo. A quanto pare, per oggi i ruoli sono invertiti. Mi alzo e mi ripulisco dell’erba. Faccio per raggiungere Eliza, quando Lindsey mi si para davanti. Non comprendo.
«Che cosa stai facendo? Fammi passare!» mi innervosisco.
«Aly, lasciala sbollire. Ti prego, lo dico per il tuo bene.». Provo a spingerla via, ma lei è molto più forte di me. Non mi mette le mani addosso, conscia che ciò mi causerebbe una crisi di panico.
«Ho bisogno di capire se ho fatto qualcosa di male.» confesso. Lindsey sospira. Sa qualcosa che io non so, è evidente. E ho paura che riguardi me.
«Ti prego.» insisto. È combattuta. Si volta verso Eliza, poi fissa di nuovo me.
«E va bene. Ma Aly, ti prego, sii consapevole del fatto che ti vogliamo bene.» cede. Non capisco il perché di quell’ultima raccomandazione, ma non chiedo ulteriori chiarimenti. Mi avvicino a grandi passi ad Eliza, cercando di respingere l’ansia che sta cominciando ad attanagliarmi. Sembra sorpresa di vedermi.
«Aly...» esordisce, ma in realtà sta solo cercando di chiudere il discorso, ancor prima di iniziarlo. Mi siedo accanto a lei. Devo fare appello a tutte le mie forze per non scoppiare a piangere.
«Eliza, non provarci. Ho bisogno di capire cosa ti ho fatto. È ovvio che ti ho ferita in qualche modo, perché mi eviti da tutta la mattina.». Vedo due grosse lacrime incorniciarle il volto. Mi guarda, i suoi occhi sono pieni di tenerezza. Mi si mozza il respiro. Le sue iridi azzurre mi urlano un bene che non ho mai sperimentato nella mia vita. Mi stanno implorando di non dubitare nemmeno per un secondo dell’affetto che prova nei miei confronti. Nessuno mi ha mai guardata così. Nessuno ha mai saputo carezzarmi semplicemente con un paio di occhi. Sento le sue mani sulle mie. Sono calde.
«Tu non hai fatto niente, Alycia. Te lo giuro, poter stare con te, avere il privilegio di trascorrere con te le giornate mi rende la persona più felice del mondo.». Il mio cuore sta battendo all’impazzata e la testa mi gira. Davvero le piace stare con me? Davvero è felice di passare le sue giornate con uno scarto come me?
«È solo che... È solo che ho un po’ di pensieri in questo momento. Devo solo schiarirmi le idee riguardo a una questione.» continua. Noto che le sue gote sono rosse. Si sta forse imbarazzando?
«Eli, so che probabilmente mi vedi solo come una depressa che ha bisogno di aiuto, ma...»
«No!» mi interrompe. «Tu sei molto più di questo, Aly.». Annuisco, non troppo convinta.
«Il punto è che io ci sono. Non devi tenerti tutto dentro per forza. So di essere la prima a non aprirmi molto, forse farlo potrebbe convincerti a...»
«Aly, no, no! Fermati, non così. Non voglio assolutamente che tu ti forzi. Non per me. Mi dirai ciò che vuoi quando vuoi.». Mi sorride, con dolcezza.
«Va bene.» non insisto oltre. Sospiro. Senza pensarci troppo, poso la testa sulla sua spalla. La sento sussultare e alzo lo sguardo, spaventata. Mi fa segno che non c’è alcun problema e mi invita a restare con lei. Faccio come vuole e chiudo gli occhi, beandomi della sua presenza. Non so perché, ma ho sempre più bisogno di lei. Vicino ad Eliza mi sento al sicuro, mi sento a casa. Come ho anche solo pensato di poterla allontanare da me? Eppure, qualcosa non mi lascia tranquilla. Mi sto lasciando andare con lei e ho paura che il problema sia proprio questo. Ho paura di star superando un limite a cui non mi sarei nemmeno dovuta avvicinare. Rivolgo un ultimo sguardo ad Eliza. Ha gli occhi chiusi e si sta godendo il sole. Sembra serena e, forse, dovrei provare ad esserlo anche io. So solo che ho bisogno di questo contatto tra me e lei. So solo che ho bisogno di rivedere i suoi occhi azzurri. So solo che ho bisogno di essere guardata di nuovo da lei. So solo che ho bisogno di lei.




Angolo dell'Autrice

Capitolo un po' di passaggio. Eliza è sempre più preoccupata dei suoi sentimenti, mentre Alycia inizia a capire che, forse, il rapporto con lei è speciale. Lindsey, invece, cerca di mediare e di proteggere Alycia. Si rende conto che il fatto che lei abbia chiamato Eliza è segno di qualcosa e non vuole che quest'ultima rovini tutto per paura. Anche perché Alycia sospetta che qualcosa stia turbando l'amica e, al contempo, è convinta di averla ferita in qualche modo, tanto che vuole addirittura forzarsi a parlare pur di capire di cosa si tratta. Come evolverà la situazione? Lo scoprirete nel prossimo capitolo e no, non è una battuta.
Vi ringrazio tantissimo per le recensioni e per seguire e leggere questa storia.
A venerdì!

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Capitolo 14
*** 14.I Can’t Make You Love Me ***


14.

 

I can't make you love me
If you don't.
You can't make your heart feel
Something it won't
(Bonnie Raitt-I Can’t Make You Love Me)

 

Eliza POV

 

Nell’ultima settimana sono riuscita a riallacciare i rapporti con Alycia. L’ho fatto per lei e per Maia e Marny. L’ho fatto perché ho promesso di aiutare. L’ho fatto perché la sola idea di di abbandonarla la trovo devastante. Eppure, ho il terrore di dover prendere questa decisione, prima o poi. O, forse, potrei confessarle ciò che provo e domandarle se anche per lei è lo stesso. Potrei chiederle il permesso di amarla. Potrei fare tante cose, sì, ma, a quanto pare, non sono come Clarke Griffin. Sono coraggiosa e forte solo a parole, ma la verità è che, di fronte ad Alycia, tutte le mie sicurezze crollano inesorabilmente. Non so se ho più paura di farle male o di farmi male. Non ne ho idea perché quando sono con lei io non so letteralmente più nulla. Mi svuoto di ogni cosa conosciuta, del mio nome, del passato, del futuro. Rimango solo io, io come essenza. Davanti ad Alycia io mi elevo ad essenza e il mondo non ha più importanza. Io e lei diventiamo puro presente, nulla di meno. Ma quanto potrà durare, mi chiedo? E se non dovesse ricambiare? Se il rapporto tra me e lei dovesse cambiare? Se i miei sentimenti dovessero provocarle dolore, quanto ne soffrirei? È paradossale. Ho talmente paura di farla soffrire che, alla fine, temo di essere io quella che soffrirà. E così resto immobile, senza fare niente. Passo le giornate accanto ad Alycia solo perché sento che, altrimenti, potrei perdere una parte di me. Sento che potrei perdere la mia essenza.
«Eli, sei pronta?» mi riporta alla realtà Lindsey. Sospiro.
«Un attimo!» dico, rinchiudendomi in camera. Mi appoggio al muro e inspiro profondamente. Con che coraggio stasera mi presenterò a casa di Alycia? Per quanto ancora potrò nasconderle ciò che provo per lei? Per quanto ancora potrò fingere e mentirle?
«Eli, muoviti, Marny ci vuole lì tra venti minuti.» mi richiama Lindsey. Ci siamo. Si va in scena. Esco dalla stanza, sfoggiando un sorriso smagliante. Lindsey non è stupida e mi rivolge un’occhiataccia mentre saliamo in macchina.
«È solo una cena e tu già la vedi una volta ogni due giorni.»
«Il fatto è che forse è arrivato il momento, per me, di smettere di vederla. Non finché provo questi sentimenti per lei. Linz, io non ce la faccio più e so che se dovessi cedere le farei del male.» mi dispero. Lindsey posa una mano sulla mia schiena.
«Non ho una risposta, Eli. Non ho consigli, non ho nulla da offrirti. Solo, cerca di capire cosa è meglio per Alycia. Non forzarla.». Di nuovo quella strana ombra nei suoi occhi.
«Okay, cosa sai che io non so?» chiedo, risentita. Vedo Lindsey tirare una manata al volante. Arresta l’auto e inspira profondamente.
«Linz, parlami!» insisto. Si volta verso di me.
«Eli, non è questo il punto. Non aggiungerò nient’altro. E ora basta, che siamo in ritardo.» taglia corto, acida. Incasso il colpo e decido di rimanere in silenzio per il resto del viaggio. Quando arriviamo, scendo dalla macchina sbattendo la portiera. Marny ci accoglie e io cerco di mascherare il forte senso di disagio e imbarazzo che provo. Quando i miei occhi azzurri incrociano quel verde così familiare, però, mi sento mancare. Possono due iridi suscitare così tante emozioni? Come è possibile che due occhi riescano a farmi sentire così viva, così umana? Sento la testa girare, come se fossi ubriaca. Grazie al cielo, Lindsey mi spinge verso il tavolo, risvegliandomi da quello stato di apparente trance. Mi accomodo e sorrido, nervosa.
«Spero che l’arrosto vi piaccia. Il menù l’ha scelto Alycia, abbiamo cucinato assieme.» esordisce Marny, portando a tavola un vassoio pieno di carne.
«Io adoro l’arrosto! Aly, con noi non cucini mai.» osserva Lindsey.
«Beh, noi non... Insomma, non me l’avete mai c-chiesto.» ribatte Alycia. Lindsey le fa segno di stare tranquilla e non agitarsi.
«Stavo solo scherzando. Molto buono, comunque.» la rassicura, mangiando un boccone di carne. Alycia sorride, soddisfatta del risultato. Poi, si gira verso di me. Di nuovo, quelle due iridi smeraldine mi investono e mi fanno perdere il contatto con il mondo circostante. Vedo le sue labbra muoversi, ma non sento assolutamente cosa mi sta dicendo.
«Eh?» chiedo, sforzandomi di ritrovare la concentrazione.
«Non ti piace, Eli? Non l’hai nemmeno toccato.» mi chiede, triste. Solo in questo momento realizzo che non l’ho ancora assaggiato. Faccio per infilzare un pezzo di arrosto, quando inizio a sentire il cuore martellarmi nel petto. Non ce la faccio. Mi alzo di scatto, facendole sobbalzare tutte e tre.
«Tutto bene?» domanda Marny.
«Sì, io... Io devo andare in bagno.». Mi volto e corro, noncurante di Lindsey che mi richiama. Mi infilo in bagno e chiudo la porta. Lo specchio davanti a me riflette la mia patetica immagine. Dovrei smetterla, sto rovinando tutto. Alycia ha bisogno di me, non posso farle questo proprio ora che sta meglio. Sono così presa dalle mie angosce che nemmeno mi accorgo che la porta si è aperta e che qualcuno è entrato.
«Eliza.». Mi volto. Alycia è qui davanti a me, esattamente come  una settimana fa. Ha uno sguardo preoccupato che mi fa male.
«Avevo solo bisogno di stare un po’ per i fatti miei, torno subito.» cerco di rassicurarla.
«Che cosa ti ho fatto?». Di nuovo quella domanda. Non posso risponderti, Aly. Ti voglio troppo bene per farti questo.
«Nulla. Non hai colpe, smettila. Sono semplicemente un po’ confusa e ho bisogno di svuotare la mente.». Spero che se ne vada, anche se nel profondo desideri che resti. Sono una contraddizione vivente. Chi non lo è, d’altro canto?
«Eli, puoi parlarmi. Ti prego.» insiste lei. Mi mordo il labbro. No, non posso.
«Aly, io credo che smetterò di venire qui.». Impallidisce. L’ho colpita. La sto uccidendo. Sono un mostro.
«P-perché?» balbetta. È in lacrime. Mi sento orribile.
«Aly, è per il tuo bene.». Sono una bugiarda. La verità è che ho paura. Ti sto distruggendo solo perché sono una codarda. Non ho il coraggio di guardarla in faccia. Non ho il coraggio di assistere a questo brutale omicidio. Eppure, qualcosa di imprevisto sconvolge i miei piani. La mia vittima è ancora viva. Si muove barcollante verso di me e mi prende le mani, accogliendole fra le sue. Mi costringe ad incatenare i miei occhi ai suoi. Ancora una volta, mi si mozza il respiro.
«Io non ti credo.»
«Aly...» mormoro. Non resisterò a lungo se continuerà a guardarmi così. I suoi occhi sono i più puri che abbia mai visto, gridano di un’innocenza e di un candore tipico dei bambini.
«Ti prego, lasciami andare.»
«Dimmi perché!» si innervosisce. Che senso ha continuare a mentirle? Che senso ha continuare a mentirmi? È un movimento impercettibile quello che ci unisce. Le mie labbra sulle sue, in un incontro desiderato per troppo tempo. Faccio per approfondire il bacio, quando qualcosa di estremamente bagnato mi ferma. Apro gli occhi. Alycia sta piangendo e tremando in quello che è uno dei suoi peggiori attacchi di panico che vedo da qualche tempo.
«Aly, io... perdonami.»
«No! Aiuto! No, vai via!» urla. Lindsey e Marny accorrono, spaventate. Alycia scivola per terra. Continua ad urlare. Provo ad avvicinarmi, ma mi spinge via.
«Ti prego, fermati. Fermati!» grida. Le sue pupille sono completamente dilatate. Non c’è più alcuna traccia di verde nelle sue iridi.
«Che cosa è successo?» mi chiede Marny, al limite della disperazione.
«Io... Mi dispiace.» scoppio a piangere. Stringo i pugni e corro via, il più velocemente possibile. A nulla valgono i tentativi di Lindsey. La fuga è tutto ciò che mi rimane.

 

Alycia POV


Sento due labbra umide sulle mie. Non ci riesco. So che c’è Eliza davanti a me, ma non la vedo. Percepisco solo lui e la sua ombra. Sento il suo peso, le sue mani, il suo corpo che mi sporca l’anima. Sto tremando. Eliza se ne accorge e si ferma. Vorrei urlarle che mi dispiace e che può restare. Vorrei poterle far capire che ho bisogno di lei. Eppure, non riesco a fare nient’altro che tremare e delirare. Due braccia mi stringono, ma non sono quelle di Eliza. Lei se n’è andata, lo so. Se n’è andata per proteggermi. Se n’è andata per non farmi altro male. Se n’è andata per non distruggermi. Se n’è andata e non lo sa che, invece, è diventata il mio carnefice.




Angolo dell'autrice

La situazione è precipitata definitivamente. È vero, Eliza non sa cosa è capitato ad Alycia, ma è pur vero che Lindsey l'aveva avvertita di andarci piano e non forzarla. Dall'altro lato, quest'ultima in realtà non è che non prova nulla. Al contrario, Alycia ha bisogno di lei, ma non può farci nulla, non è padrona del suo corpo e non può non reagire in un certo modo e la fuga di Eliza non fa altro che aggravare la situazione. Insomma, ho creato un bel caos, ahah.
Vi ringrazio per le recensioni e per seguire questa storia. Se vi va di lasciare un commento, a me fa piacere.
A martedì!

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Capitolo 15
*** 15.If These Scars Could Speak ***


15.

 

If these scars could speak
You would hear my hell
And all the lies I use to save myself
(Citizen Soldier-If These Scars Could Speak)

 

Alycia POV

 

«Sei sicura di volerlo fare?»
«Non ho scelta, Marny.» rispondo, in lacrime. Mi volto. Dietro di me Pete e Jason se la ridono. Sospiro. Sono mesi che non vedo un set. Gran tempismo Rothenberg, hai scelto il periodo giusto per obbligarmi a girare uno stupido spot pubblicitario. Mi schiaccio contro il petto di Marny. I vestiti di scena mi impacciano e mi fanno sentire ancora più insicura. Ho paura, non so nemmeno io di cosa.
«Aly, parlo io con Pete e Jason, è evidente che non puoi lavorare in queste condizioni.» propone la mia amica. Accanto a Marny, Lindsey mi sorride. Ho chiesto anche a lei di accompagnarmi. Da quando Eliza è scappata da casa mia sono passate due settimane. Non l’ho più vista. Non è più venuta. Non ha più giocato a Monopoly con me. Non mi ha più cantato una canzone per tranquillizzarmi. E ora è qui, dall’altra parte del set, che mi guarda con i suoi occhi azzurri. Vorrebbe venire da me, lo sento. Vorrebbe potermi abbracciare, vorrebbe potermi dire che va tutto bene. O, forse, è quello che desidero io.
«Okay, si gira!» annuncia Jason. Mi avvicino a lui, lentamente. Eliza fa lo stesso. Per la prima volta dopo due settimane ci ritroviamo vicine. Cerco di evitare di incrociare il suo sguardo, ma sento i suoi occhi osservarmi, scrutarmi con preoccupazione. Non sto bene, è chiaro come il sole.
«È molto semplice. Clarke e Lexa sono nel bosco e stanno camminando, quando due uomini le aggradiscono. Combattono, ma sembrano soccombere, fino a quando Lexa, colpita da uno dei nemici, nota una bottiglia. Beve e, più forte, sconfigge gli aggressori. Tutto chiaro? Ci sono domande?». Sì, io ne avrei una. Come posso girare in queste condizioni? Come posso farmi colpire? So che è finzione, ma mi sembra tutto così reale. Mi massaggio il ventre da sopra l’armatura, come se questo potesse cancellare quell’orribile cicatrice e, con essa, i ricordi di quella sera.
«Jason, perché non posso essere io quella che viene colpita?» propone Eliza. È come se avesse letto le mie angosce e le mie paure. Sta ancora cercando di proteggermi, dopotutto.
«Perché lei è Heda, tu no.» risponde Rothenberg, con un cipiglio piuttosto antipatico.
«Jason, ti prego. Non costringerla a farlo.». Sono dietro di lei e riesco a sentire tutta la loro conversazione. Comincio a tremare. Non ora, accidenti, non ora. Marny e Lindsey mi raggiungono.
«Respira, Aly.» mi sussurra Linz. Riesco relativamente a calmarmi e mi metto al mio posto, accanto ad Eliza. Lei mi guarda per sincerarsi che vada tutto bene. E come potrebbe?
«Aly, so che l’ho combinata grossa e che non mi perdonerai mai, ma posso parlare con Jason e...». Le faccio segno di tacere.
Non sono realmente arrabbiata con lei. Non più di quanto non lo siano Marny e Lindsey, almeno.
«Ciak! Azione!» annuncia Jason, riportandoci con i piedi per terra. Cominciamo a correre, come da copione. Mi sento le gambe molli, ma cerco di reprimere tutta l’ansia che sta emergendo a poco a poco. Non so se riuscirò a tenerla a bada ancora a lungo. Probabilmente no.
«Buono, ragazze.» si complimenta Jason. Eliza non distoglie lo sguardo da me nemmeno per un istante. Decido di non darci peso e mi dirigo verso Lindsey e Marny.
«Come stai?» chiede quest’ultima. Faccio spallucce.
«Per qualsiasi cosa, noi siamo qui.» mi rassicura Lindsey. Lo so bene e non possono immaginare quanto mi senta in colpa per questo. Non ora, Aly. Non è il momento per certi pensieri.
«Debnam-Carey, giriamo la scena dello scontro, muoviti!» mi richiama Jason. Annuisco mogia e lo raggiungo. Eliza è già in posizione. Davanti a noi, due energumeni con una lancia sono pronti a colpire. Ho paura di questa scena, la temo con tutta me stessa.
«Aly, sei sicura?» domanda Eliza sottovoce. Le lacrime appannano i miei occhi. Mi volto verso Pete e le ricaccio indietro. Ho forse scelta? Ho firmato dei contratti, non posso tirarmi fuori.
«Azione!» esclama Jason e io non ci capisco più nulla. Vedo solo l’energumeno venirmi addosso e appoggiare la lancia sul mio ventre. Cado per terra a quel contatto, ma non come da copione. Non ho nemmeno la forza per strisciare via. Non sono nemmeno degna di stare fra i vermi. Mi rannicchio e scoppio a piangere. Non odo nulla, non vedo nulla. Il mondo gira attorno a me, ovattato. Sento solo le sue mani su di me e la cicatrice bruciare come non mai. Urlo, con quanto fiato ho in gola, le mani davanti al mio viso, come se potessero difendermi dall’oscurità che mi sta avvolgendo. Sono sull’orlo dell’abisso e non ci sono più appigli. Nemmeno li voglio scoprire. Lasciatemi cadere, lasciatemi affondare. Non illudetemi oltre, la salvezza non esiste, non per me. 

 

Eliza POV

 

Alycia si contorce sull’erba, sotto lo sguardo attonito di tutti i presenti. Faccio per correre da lei, ma Marny mi blocca.
«Ti prego.» mormoro.
«Con che coraggio. Tu l’hai già aiutata abbastanza, ora vattene!» ringhia. Incasso il colpo e mi allontano, sedendomi sui gradini di una delle roulotte degli operatori. Mi accendo una sigaretta e osservo Marny provare a stringere Alycia a sé e venire respinta violentemente. Non l’aveva mai fatto, non aveva mai rifiutato le sue cure. Mi sento così impotente, così colpevole. Continua a toccarsi il ventre e ad urlare, invitando chiunque ad andarsene. La verità è che non lo sta chiedendo a noi, nemmeno ci vede. Non percepisce Marny o Lindsey, non sente Jason, nemmeno si accorge che è il medico quello che sta provando a liberarla dell’armatura per medicarle il ventre. Già, lei non se ne rende conto, ma io sì. Spengo la sigaretta e mi dirigo spedita verso di lei.
«Ehi, non lo vedi che la stai solo facendo agitare di più?» grido al medico.
«La sto semplicemente visitando.» si giustifica lui.
«Non mi interessa, stai solo peggiorando la situazione!» esclamo, facendolo allontanare. Quando Marny mi vede, mi si para davanti.
«Ti ho detto di andare via!» sibila.
«Non posso lasciarla così.» ribatto.
«Beh, mi sembra che tu l’abbia già fatto, o sbaglio?» replica lei. Ha ragione e lo so. Chino il capo, costernata.
«Marny, falla passare.». Rialzo lo sguardo. È stata Lindsey a parlare. Marny è sconcertata.
«Nemmeno io e te riusciamo ad avvicinarci. Non si calmerà se non con Eliza, lo sai anche tu.» spiega la mia amica.
«Già, l’abbiamo visto come è stata in grado di calmarla due settimane fa.». Marny è velenosa. Non ammette una seconda possibilità. Sono cosciente che vuole solo proteggere Alycia, ma sento comunque una voragine nel petto.
«Sono arrabbiata anche io con lei, ma guarda Aly. È lì per terra, che non vuole nemmeno noi. Falla passare.». Marny è combattuta. Si morde il labbro e mi guarda in cagnesco. Sospira.
«E va bene.» cede, infine. Si sposta, dandomi modo di passare. Corro verso Alycia e mi getto davanti a lei.
«Lasciateci sole!» ordino. Jason e il resto della troupe non sembrano molto entusiasti della mia richiesta, ma acconsentono. Restano solo Marny, Lindsey e Pete.
«Anche voi.» intimo.
«No, noi...»
«Marny, ti prego.» insisto. Alla fine si arrendono e se ne vanno anche loro. Restiamo io e Alycia. I suoi occhi sono neri, non c’è più alcuna traccia di quel verde meraviglioso che li caratterizza.
«Aly, sono io, sono Eliza.». Non mi sente. Non mi vede. Mi avvicino ulteriormente.
«No! Via! Vai via! Ti prego, basta!» continua a urlare Alycia. A chi lo stai dicendo? Chi è che ti sta facendo così male?
«Aly, sono io!» le ripeto, cingendole delicatamente i polsi e costringendola a guardarmi in faccia. Niente, è tutto inutile. Le carezzo le mani e intono una canzone che ho sentito in radio poco prima di arrivare sul set. Sussulta. Forse ce l’ho fatta. Le sue iridi tornano a tingersi di verde. Il respiro si regolarizza un poco.
«Sì, brava, così. Respira con me, Aly.» le sussurro.
«Eli...» mormora. Ha la voce rotta.
«Ce la fai ad alzarti? È meglio se ci spostiamo.». Mi fa segno di sì. L’aiuto a rimettersi in piedi, ma si piega in due, gemendo di dolore. Quel tipo deve averla colpita davvero forte con la sua arma di scena. La faccio sedere e cerco di slacciarle l’armatura, ma lei mi ferma. Il suo respiro è di nuovo accelerato e ha lo sguardo terrorizzato.
«Aly, dobbiamo vedere se ti sei fatta male.» le dico. Per tutta risposta, scoppia a piangere sulla mia spalla.
«Mi dispiace. Mi dispiace. Scusami.» mormora. Le carezzo il capo e la costringo a guardarmi negli occhi. Le asciugo le guance con i pollici e le sorrido.
«Sono io che mi devo scusare, non tu.». Non mi sembra troppo convinta, ma smette di piangere.
«Mi fa male.» ammette, anche se ho il sospetto che non stia parlando solo della botta.
«Posso?» chiedo, mettendo mano ai lacci dell’armatura. Annuisce, arrendendosi. Sento il suo corpo tendersi sotto il mio tocco. Ho mille pensieri e ipotesi per la testa in questo momento, uno più orribile dell’altro. Quando faccio per scoprire il ventre, Alycia mi afferra la mano.
«Non ti farò niente di male, te lo giuro.». Non risponde. Non mi dà il permesso di continuare, né mi manda via.
«Non odiarmi.» la sento mormorare, mentre lascia la presa sul mio polso. Mi si spezza il cuore a sentire queste parole.
«Non potrei mai.» la rassicuro, carezzandole i capelli. Annuisce e mi lascia proseguire. Alzo la stoffa e soffoco un urlo. Una enorme cicatrice le attraversa tutto il ventre. Innumerevoli domande affollano la mia mente. Chi ha osato toccarla? Chi ha osato farle una cosa simile? Le rimetto a posto i vestiti e la stringo a me.
«Ti voglio bene, Aly.» le sussurro. Sento le sue lacrime bagnarmi il collo.
«I-io n-non ricordo c-chi sia s-stato.» balbetta. «Eravamo a-alla f-festa e... L-lui voleva... L’ha f-fatto, lui mi ha v-v-v-...». Si interrompe e io la stringo a me ancora di più. Ripenso al bacio che le ho dato e solo ora colgo a pieno la gravità del mio gesto.
«Sono r-riuscita a l-liberarmi e allora ha p-preso un c-coltello e...». Le faccio capire che va bene così. Il resto me lo racconterà un’altra volta, anche perché io stessa non credo di poter reggere del tutto la verità su ciò che è avvenuto.
«Ti voglio bene.» le ripeto. Non credo di avere altro da dirle. Non credo ci sia qualcosa di più sensato in questo momento. La cullo dolcemente, mentre lei si lascia andare ad un pianto liberatorio. Ciò che ha passato e che sta ancora vivendo è indicibile, un orrore senza fine. Qualcuno ha osato toccarla, usarla, romperla a tal punto da farle credere che non esista più niente per lei. Eppure, ne sono certa, non è così. E, quando si accoccola al mio petto, sono sicura che un po’ ne è consapevole anche lei.



Angolo dell'autrice

Ed Eliza sa finalmente la verità.
È un capitolo un po' duro, me ne rendo conto, spero non troppo. Qualcuno ha spezzato Alycia dall'interno, lasciandola in vita, ma privandola, di fatto, del soffio della vita. Eliza forse ha la chiave per ritrovarlo, ma chi può dirlo. Di sicuro, e ne è cosciente, con lei Alycia si sente diversa, meno schiacciata dalla realtà che la circonda. 
Vi ringrazio tantissimo per i commenti e per leggere e seguire questa storia. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, se vi va scrivetemi pure cosa ne pensate.
A venerdì!

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Capitolo 16
*** 16.Closer To You ***


16.

 

Here I stand with my heart in my hands
And all I do
To get closer to you
(Adelitas Way-Closer To You)

 

Eliza POV

 

Finalmente la dottoressa Craven esce dalla camera di Alycia. Io, Marny, Lindsey e Pete le corriamo incontro. Ho quasi paura di farle domande.
«Sta bene, ha solo bisogno di un po’ di riposo. Signorina Kennedy, l’avevo pregata di evitare che compisse sforzi.»
«Io ho provato a farle cambiare idea, ma...» prova a spiegare Marny, ma la terapeuta la interrompe.
«Niente ma. Alycia sta attraversando un momento molto complicato della sua vita. Ha bisogno di tempo e cura. Ha bisogno che non la si forzi e parlo anche a lei, signorina Taylor.». All’udire il mio cognome, un brivido mi percorre la schiena. Deglutisco.
«Non vorrei di certo saperla di nuovo rintanata per giorni nella sua stanza.» continua la Craven. Sono ammirata, sotto quella scorza dura sta dimostrando di tenere molto ad Alycia.
«Va bene, abbiamo finito questa pagliacciata?» interviene Jason, completamente a sproposito. Se solo potessi, gli spaccherei la faccia.
«Come, scusi?» ribatte la Craven. Jason si appoggia al muro, le braccia conserte.
«Mentre compatiamo una ragazzina che fa i capricci, io perdo migliaia di dollari all’ora. Per cui le dica di alzarsi, che domani giriamo.». Marny schizza verso il produttore e lo afferra per il colletto della camicia.
«Senti, brutto pezzo di m-...» comincia ad inveire, ma Lindsey prontamente le tappa la bocca e l’allontana.
«Jason, non capisci la gravità della situazione, è evidente. Non può girare, sta male.» provo a farlo ragionare io.
«Sciocchezze, sta benissimo. Deve girare uno spot pubblicitario, non un film di tre ore.» ribatte lui. Sbuffo. Fulmino Pete con lo sguardo. Ho bisogno che prenda le difese di Alycia per una volta e che la smetta di sottostare ai voleri di questo viscido.
«Pete, diglielo anche tu.». L’agente si gratta il capo. Sospira.
«Signor Rothenberg, devo purtroppo constatare che, per ora, per Alycia delle riprese siano impossibili da sostenere. La salute della mia cliente viene prima di tutto. Ho sbagliato a spingerla a girare oggi. Mi dispiace.». Jason fa una smorfia ed esce di casa, senza dire una parola. Mi sento più leggera sapendo che se n’è andato.
«Possiamo andare a vederla?» chiede dal nulla Marny, ormai calmatasi dopo la discussione con Rothenberg.
«Sì, ma consiglierei di andare per poco tempo. È molto frastornata.» risponde la Craven. Si congeda, lasciandoci soli.
«Andiamo?» propone Lindsey.
Me ne resto in disparte e li osservo salire le scale, consapevole del fatto che Marny non mi vorrebbe mai in quella stanza. Esco fuori in giardino e mi accendo una sigaretta. Vorrei solo poterla vedere e accertarmi che stia bene.
«Taylor!». Mi giro. Marny sta venendo verso di me. Non capisco se abbia buone intenzioni o no.
«Scusa, hai ragione, dovrei cercare di non fumare qui.» dico, sperando di aver indovinato il problema.
«Eliza, aspetta, non c’entra niente la tua sigaretta. Lei... Lei chiede di te.». Perdo un battito. Non me l’aspettavo.
«Il punto è che io non so davvero se posso fidarmi di te.»
«Lo capisco.» mormoro, abbattuta.
«Ascoltami, con Aly hai fatto un lavoro incredibile. L’hai riportata in vita. Certo, è stato anche merito di Lindsey, ma non mentiamoci, sei l’unica che riesce a calmarla durante una crisi. E non è solo questo, io davvero non l’ho mai vista così in attesa dell’arrivo di qualcuno. Si è aperta tanto con te, Eliza. Nemmeno con Maia credo si sia spinta così a fondo. Certo, l’ha fatto a suo modo, con tanti sottintesi, ma l’ha fatto. Eliza, sei riuscita a farla uscire di casa, non so se ti rendi conto.». Chino il capo. Sì, mi rendo conto di aver gettato tutto alle ortiche.
«Io non sono arrabbiata per il bacio. Io sono furiosa per tutto il resto. L’hai baciata, non sei riuscita a resistere oltre ed è innegabile, rimanga fra noi, che almeno inconsciamente anche lei provi qualcosa per te. Ma scappare via alla prima reazione che non capisci è stato da vermi. Non se lo merita.»
«L’ho fatto perché non sapevo come comportarmi. Avevo paura di distruggerla.». Mento ancora, soprattutto a me stessa.
«Beh, sappi che ci sei comunque andata molto vicina.». Sospiro. Mi passo una mano fra i capelli e mi asciugo una lacrima sulla mia guancia.
«Ho avuto paura di perderla per sempre e mi sono sentita così in colpa, che non vedevo più un motivo per venire qui. Credo fosse vergogna.». Questa volta sono sincera. Non porto più maschere, non avrebbe senso. Marny mi posa una mano sulla spalla.
«Vai da lei. Ti sta aspettando.». La abbraccio e rientro in casa. Salgo le scale e incrocio Lindsey. Non appena mi vede, si agita.
«Eli io... Lei non ha voluto che te lo dicessi.». Capisco di cosa sta parlando e le sorrido.
«È tutto a posto, Linz. Davvero.» la rassicuro. Lei tira un sospiro di sollievo e mi invita ad entrare da Alycia. Ho il cuore che mi martella nel petto. Sono terrorizzata. Prendo un bel respiro e tiro la maniglia della porta. Sono sulla soglia, ancora in tempo per andarmene via. No, non è ciò che voglio. Faccio un passo e sono dentro. Alycia è stesa a letto e sgrana gli occhi quando mi vede. Mi paralizzo. Cosa devo fare? Posso avvicinarmi a lei o devo starle distante? Cosa vuoi, Alycia? Cosa vuoi per te?

 

Alycia POV

 

La vedo entrare e sgrano gli occhi. Non me l’aspettavo, pensavo fosse scappata via di nuovo. Ironico, dato che la prima a fuggire dal mondo sono stata io. Non siamo poi così diverse, eh Eliza?
«Io... Ehm... Come stai?» esordisce. Mi viene quasi da ridere. È così timida, come se fosse intimorita dalla mia presenza. Fortuna che sono io quella con un disturbo d’ansia.
«Meglio, grazie.» rispondo, un po’ fredda. Non che volessi rivolgermi a lei in questo modo. Le faccio cenno di avvicinarsi e di sedersi accanto a me.
«Sei sicura?» chiede. Annuisco. La osservo mentre si muove insicura e si accomoda sul letto. È sulle spine, sa che potrebbe rovinare tutto da un momento all’altro.
«Mi dispiace per quel bacio.» bisbiglia. «Non avrei dovuto. Non sapevo cosa ti fosse successo, ma non è una scusante. Sono stata un’idiota e quando poi sono scappata ho davvero rischiato di distruggere la cosa più bella che mi fosse mai capitata, ovvero il rapporto tra noi due. Non voglio mentirti, quel bacio non è stato frutto del caso. Provo davvero qualcosa per te e la paura di farti del male è così tanta che non so davvero come comportarmi. Non voglio forzarti, né ho la pretesa che tu mi ricambi. Non voglio perderti e se questo dovesse significare essere solo amiche a me andrà comunque bene.». Smette di parlare e tra noi cala un silenzio carico di domande. Che cosa risponderò? Provo forse anche io qualcosa per lei? Se sì, come potrò conciliare i miei sentimenti con la paura di essere ferita di nuovo? Mi mordo il labbro e allungo la mano, stringendo le sue dita. Eliza mi guarda come nessuno ha mai fatto prima. I suoi occhi sondano la mia anima e le permettono di restare in vita. Posso davvero permettermi di rifiutare tutto questo? Posso davvero permettermi di ignorare una possibilità di salvezza dall’oscurità che, purtroppo, ancora mi avvolge?
«Eli, la sera del bacio non mi sono agitata per colpa tua. Non avrei mai desiderato che te ne andassi via. Avrei voluto implorarti di restare, farti capire che avevo bisogno di te qui. Io avrei... avrei voluto poter ricambiare quel bacio.» confesso, forse più a me stessa che a lei. I suoi occhi azzurri si bagnano di lacrime.
«Ho solo bisogno di tempo.» concludo, amara. Eliza si china su di me e fa incontrare le nostre fronti. Non dice nulla, non ce n’è bisogno. Mi carezza con delicatezza la guancia e mi sorride. E io non mi sono mai sentita più viva di così.



Angolo dell'autrice 

Capitolo un po' più disteso (era ora, direte voi), anche Jason stava davvero esagerando. Eliza e Alycia si chiariscono  e quest'ultima non può che ammettere di provare anche lei dei sentimenti, ma non di poterli assecondare al momento, anche se le sarebbe piaciuto essere in grado di ricambiare il bacio. Insomma, è un capitolo più tranquillo, in cui, finalmente, si respira un po'. Con i capitoli della prossima settimana entreremo in una nuova fase che spero vi piaccia.
Grazie mille per le recensioni e per leggere questa storia. 
A martedì!

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Capitolo 17
*** 17.Out Of Love ***


17

 

I'm out of love again
Not while you're by my side
(Five For Fighting-Out Of Love)

 

Eliza POV


Sono a casa di Marie, ma vorrei essere da tutt’altra parte. Ho promesso ad Alycia di andarci piano e, infatti, abbiamo deciso di comune accordo di continuare a vederci a giorni alterni, ma ciò non cambia che preferirei rivedere Pulp Fiction con lei per altre mille volte, piuttosto che starmene qui, in mezzo a tutta questa gente. È stata Lindsey a trascinarmi qui, ma io mi sento sempre più a disagio. Sono un pesce fuor d’acqua, totalmente disabituata ormai a questo genere di serate. Non vado ad una festa, né mi sbronzo da ormai tanto tempo e, a parte qualche locale tranquillo, ho smesso di frequentare chissà che posti. Non che io sia contraria alle feste, anzi. È che non mi interessano più. Non ho voglia di passare del tempo immersa tra gente sconosciuta di cui non mi importa nulla. Non mentre l’unica persona di cui realmente mi interessi qualcosa è a casa sua.
«Eli!». Mi volto. Bob si dirige verso di me con un sorriso smagliante.
«Come mai così contento di vedermi?» gli chiedo.
«Perché, dovrei essere triste?» mi prende in giro. Mi offre un bicchiere di birra, ma lo rifiuto.
«Eliza, stai bene? Da quando in qua rifiuti l’alcool? Sei incinta?». Scoppio a ridere a quell’ultima domanda.
«Non mi va, tutto qui. Domani mattina devo essere da Alycia presto e vorrei evitare di trasformare questa festa in una serata alcolica.» spiego. Bob annuisce e si scola il bicchiere che mi ha offerto.
«Meglio, ce n’è di più per me. Però dovresti dirlo anche a Lindsey, sai?». Indica la nostra amica, intenta a giocare a beer pong con un gruppo di sconosciuti. Alzo gli occhi al cielo e faccio segno a Bob di aspettarmi. Raggiungo Lindsey e l’afferro per un braccio.
«Linz, ma che stai facendo?» mi innervosisco. Lei sbuffa, già ben più che brilla.
«Mi sto divertendo, Taylor. Dovresti farlo anche tu.» risponde, con voce impastata.
«Domani dobbiamo andare da Alycia.». Lindsey mi posa una mano sulla spalla.
«Lo so.» dichiara, per poi lanciare una pallina verso i bicchieri, facendo centro. Esulta e schiaccia il cinque ad uno dei ragazzi che la circondano, un tipo alto, dai capelli corvini e dall’aspetto viscido. Non mi piace per niente, ma decido di desistere e torno da Bob, continuando però a controllare a distanza la mia amica.  
«Eli, è adulta.»
«Appunto.» replico, irritata. Mi rendo conto di star esagerando e mi volto verso Bob. Sospiro.
«Scusa, è che... Dio, non so nemmeno che ci faccio qui.». Bob mi sorride e mi carezza la schiena.
«Lindsey vuole bene ad Aly. Ha solo bisogno di staccare un attimo, penso sia normale. Piuttosto, lei come sta? Ho saputo che ha avuto qualche problema durante le riprese del vostro spot.»
«E tu come diamine fai a saperlo?» domando.
«Le voci girano, purtroppo.» spiega lui, con voce triste. Stringo i pugni. Possibile che nessuno sappia farsi i fatti propri?
«Sì, ha avuto una brutta crisi. Sono riuscita a calmarla, ma...». Mi interrompo. Il ricordo di quella orribile cicatrice sul ventre di Alycia mi provoca un dolore indicibile. Sapere che qualcuno ha osato violarla mi disgusta e mi rattrista. Vorrei solo aver potuto impedire che avvenisse tutto questo. Mi sento così impotente, così inutile di fronte a ciò che le è successo.
«Ma?» mi esorta a continuare Bob. Non posso rivelargli ciò che ho scoperto. Non sarebbe corretto.
«Ma resta una situazione instabile.» concludo, vaga. Bob fa cenno di aver capito. Si appoggia al muro e incrocia le braccia. Mi squadra. Lo guardo, confusa.
«E tra voi due come va?». Devo essere diventata un peperone per l’imbarazzo. Mi sento bollente.
«I-io... Ecco...» farfuglio. Bob scoppia a ridere, intenerito dalla mia goffaggine. Cerco di concentrarmi.
«Noi abbiamo deciso di andarci piano.» asserisco, tutto d’un fiato. Deglutisco. Non so perché mi stia imbarazzando così tanto.
«Noi chi? Taylor, cosa ci nascondi?». Sobbalzo. Non mi ero nemmeno accorta di avere Marie dietro di me. Accanto a lei, Richard e Jessica sembrano impazienti di sentire cosa ho da dire.
«Ti vedi con qualcuno e nemmeno ce l’hai detto? Chi è?» insiste la mia amica. Cerco aiuto in Bob, ma anche lui è completamente paralizzato.
«Preferirei non parlarne. È appena agli inizi e, sapete, la scaramanzia...» provo a tagliare corto.
«Dai, Taylor, non fare la noiosa.» continua Jessica. Non l’ho mai sopportata e stasera direi che la reggo ancora meno del solito.
«Ho detto di no.» ribatto. Marie e Richard sembrano cedere, mentre Jessica non molla. Sogghigna.
«È un lui o una lei? Forse non vuoi dirci nulla perché ti vergogni.». La ignoro e mi verso un bicchierino di vodka. Al diavolo il proposito di non bere, ho bisogno di qualcosa che mi aiuti non sentire più le sue domande.
«Ha detto di smetterla, perché non giri al largo, Harmon?» si intromette Bob. Lo ringrazio con lo sguardo.
«Rilassati, Morley. Voglio solo fare conversazione.»
«Beh, lei no!» replica Bob. Jessica rotea gli occhi. Forse ha finalmente deciso di alzare i tacchi e andarsene.
«Va bene, mi arrendo. Taylor, salutami la piccola Alycia se la rivedi, a meno che non dia di nuovo di matto quando vi ritroverete a girare lo spot di Jason.». Sghignazza, divertita. Decido di ignorare quello stupido discorso e di andare a cercare Lindsey. Voglio tornare a casa, ne ho abbastanza di questo circo. Mi aggiro per la villa, ma non la trovo. Torno al punto di partenza. Bob è ancora lì, immobile.
«Hai visto Lindsey?» chiedo. Mi fa cenno di no col capo. Ci guardiamo intorno, quando notiamo uno strano capannello. Al centro, Jessica sta parlando a voce alta. Rabbrividisco quando sento cosa dice.
«Sì, Alycia Debnam-Carey, una ragazzina viziata che si diverte a dare spettacolo dopo essere sparita per due mesi. Tutto marketing. Mi hanno raccontato dello spot, pare che Jason voglia minacciarla di girare o imporle una penale. Sapete, penso sia tutto un modo per vendicarsi della morte del suo personaggio nella terza stagione, da vera ragazzina qual è.». Stringo i pugni e faccio per raggiungerla, ma Bob mi blocca. Ha ragione, non ne vale la pena. Decido di rimettermi alla ricerca di Lindsey. Uno strano frastuono mi fa voltare.
«Penso che l’abbiamo trovata.» osserva Bob. Lindsey è sopra Jessica e le ha appena tirato un pugno da manuale.
«Non osare più parlare di Alycia in questo modo!» urla, fuori di sé. Mi getto contro di lei prima che possa colpire Jessica di nuovo.
«Eli, lasciami! Devo darle una lezione!» si divincola. Bob mi aiuta a tenerla ferma e a trascinarla fuori. La faccio salire in macchina e metto in moto. Non salutiamo nemmeno Marie.
«Ma che ti è preso?». Nessuna risposta, si è addormentata. Sospiro e faccio rotta verso casa.

 

Alycia POV
 

Marny è andata via da poco quando sento  qualcuno armeggiare con la porta d’ingresso. Ho il cuore in gola, e se fosse un ladro? Sento il mio respiro andare fuori controllo. Mi accuccio al divano, terrorizzata. Sento la serratura scattare. È finita.
«Aly! Dio, scusami.». Alzo lo sguardo.
«E-Eli?» balbetto, confusa. Annuisce e mi carezza i capelli.
«Pensavo fossi andata a dormire e... Senti, lo so che abbiamo deciso di andarci piano, ma io... Io mi chiedevo se fosse possibile per me fermarmi qui stanotte.». La scruto, fissandola negli occhi. Le sue iridi azzurre mi stanno implorando di assecondarla. Deve essere successo qualcosa, ma decido di non indagare oltre.
«Eli, sì.». Mi carezza la mano e io l’attiro a me, stringendola in un abbraccio. Ne ho bisogno e nemmeno so perché. Ci alziamo dopo poco e, presala per mano, la conduco in camera mia. Le presto una maglietta e dei pantaloncini per la notte e la osservo sparire in bagno. Ricompare poco dopo, pronta per andare a dormire. Ci infiliamo  sotto le coperte e spengo la luce. Non mi tocca, nemmeno mi sfiora, eppure sento il suo respiro sul mio collo.
«Grazie.» la sento mormorare. Sorrido, senza voltarmi. Non le rispondo, non ce n’è bisogno. Chiudo gli occhi e, per la prima volta dopo tanto tempo, realizzo di non essere nata per stare da sola.



Angolo dell'autrice

Cento punti a Lindsey ahah. Diciamo che se Eliza non fosse riuscita a trascinarla via, sarebbe finita malaccio. Non che così sia finita bene in realtà, non per Jessica almeno. Ci tenevo a introdurre lei e Marie, saranno fondamentali tra un po' di capitoli.
Per il resto, capitolo anche questo un po' più rilassato (più o meno), con Eliza che si rende conto di non poter proprio più fare a meno di Alycia e con quest'ultima che realizza più o meno la stessa cosa. Spero vi sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate.
Vi ringrazio per le recensioni e per seguire e leggere questa storia. 
A venerdì!

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Capitolo 18
*** 18.In Pieces ***


 

18.

 

Shattered to pieces, you found me
Am I someone that's worth saving anymore?
(Citizen Soldier-In Pieces)

 

Alycia POV

 

Quando mi sveglio, Eliza non c’è. Faccio spallucce e mi stiracchio. Vado in bagno e poi scendo di sotto. Mi sento stranamente serena, come non mi accadeva da tempo. Mi reco in cucina e trovo Eliza e Lindsey sedute al tavolo che discutono animatamente. Non appena mi notano, si quietano. Eliza si morde il labbro e si volta verso Lindsey.
«Ho interrotto qualcosa?» chiedo.
«No, stavamo solo parlando.» minimizza Eliza. Non me la bevo per nulla. Ho il sospetto che la loro discussione c’entri con ciò che ha spinto Eliza a venire da me stanotte e ho paura che si tratti di qualcosa di grave. Solo ora realizzo che la mano di Lindsey è fasciata.
«Che hai fatto?» domando, preoccupata. Lindsey sgrana gli occhi e stringe il braccio di Eliza. Mi ricorda una bambina colta con le mani nella marmellata. Eliza scuote il capo. Sembra infastidita.
«Io... Ieri eravamo da Marie.» comincia a raccontare Lindsey. Mi picchietto il mento con le dita, invitandola a proseguire.
«Potrei aver pestato Jessica Harmon. Potrei.». Spalanco la bocca. Non posso credere alle mie orecchie. Non che Jessica mi sia particolarmente simpatica, ma non mi sarei mai aspettata questa vena aggressiva in Lindsey. Rimango immobile, sbigottita e anche un po’ spaventata.
«Aly, avevo bevuto e...»
«Smettila, Linz!» la zittisce Eliza. Si alza e tira una manata al muro. Non riesco a capire cosa stia succedendo.
«Eli, credo che debba saperlo.». Sapere cosa? Cos’è successo ieri? Perché non me lo vogliono dire? Vedo Eliza sospirare e stringere forte i pugni. Si gira verso di me. Ha paura di ferirmi, glielo leggo negli occhi.
«Aly, ieri Lindsey ha cercato di difenderti.». La guardo confusa. Difendermi? E da cosa? La invito a continuare.
«Sanno tutti della tua crisi sul set dello spot. Jessica continuava a dire che era tutta scena, che stai facendo la bambina viziata. Ero un po’ brilla, ma l’avrei colpita anche senza alcol in corpo.» spiega Lindsey. Strizzo più e più volte gli occhi, incredula. Mi sento le gambe molli. Non mi reggono più e crollo a terra. Eliza mi afferra al volo, prima che mi schianti al suolo. Mi accompagna in soggiorno e mi fa stendere sul divano. Perché? Perché tutto questo dolore? Che cosa si aspetta il mondo da me? Che cosa devo dimostrargli? Sono così stanca. Mi vogliono appesa ad una croce per schernirmi, deridermi, sputarmi addosso. Perché? Non sono forse un essere umano tale e quale a loro? Cosa sono? Chi sono? Ho bisogno di qualcuno che mi risponda. Ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a scoprire chi sono.
«Mi dispiace.». Mi volto. Alla mia destra, seduta sul pavimento, Eliza veglia su di me. Ha gli occhi lucidi. Ho un nodo in gola. Perché mi guardi così? Perché non vai via? Perché non mi guardi con disgusto? Perché non mi deridi?
«Non chiederti perché io sia qui.». Pare leggermi nel pensiero. Apro la bocca per ribattere, ma la voce non esce. La mia testa mi urla che l’abbandono è tutto ciò che merito. Eppure, Eliza continua a dimostrarmi il contrario e tutto ciò mi destabilizza non poco. Sto perdendo l’unica certezza che avevo, quella di essere un semplice rifiuto, meritevole di ogni male. A poco a poco, Eliza mi sta aiutando ad abbandonare questo rifugio pregno di dolore che ho costruito attorno al mio cuore. Eliza mi sta chiedendo di provare a sentire qualcosa di nuovo. Non so se posso fidarmi. So solo che voglio farlo. Le prendo la mano, come un bambino bisognoso di un contatto con qualcuno di conosciuto.
«Sono qui.» bisbiglia Eliza. Scoppio a piangere, non so bene nemmeno per quale motivo. Forse perché ho scoperto quello che dicono di me? O perché, nonostante tutto, non mi sento più abbandonata a me stessa? Non lo so. Non ne ho idea. Semplicemente, le lacrime mi inumidiscono le guance, inarrestabili. Eliza resta ferma, la sua mano nella mia. Intona una canzone, forse di Joni Mitchell. Mi perdo nella melodia, così accogliente. Poi, il buio. 

 

Eliza POV

 

Alycia si è addormentata e io e Lindsey ci spostiamo nuovamente in cucina. Non la vedevo in queste condizioni da un po’ di giorni. Sono tentata di avvisare la Craven, ma lascio perdere. Per ora, Alycia non andrà comunque da nessuna parte e non correrà il pericolo di essere intervistata da qualche giornalista inopportuno. Quello che veramente mi preoccupa è il gossip fatto da riviste e siti internet. Ho paura che Alycia non riesca a reggere la pressione. Mi ritrovo con la testa fra le mani, disperata. Non so proprio cosa fare. Lindsey si siede accanto a me. Anche lei sembra molto a terra.
«Dovevamo dirglielo, Eli.» esordisce.
«Lo so.» confermo, mogia. «Ho paura si spezzi definitivamente, Linz. Quello che ha detto Jessica ieri è stato orribile, ma sappiamo che è ciò che pensa la gente. Che cosa succederà quando si troverà faccia a faccia con queste persone? O, peggio, come reagirà se certe stupide teorie su di lei dovessero iniziare a circolare sulle riviste scandalistiche o su internet? Sono seriamente preoccupata, non possiamo tenerla sotto una campana di vetro per sempre.». Lindsey annuisce. Ho ragione e ne è consapevole. Si gratta la nuca, in cerca di un’idea o, più semplicemente, di qualcosa da dire. Rivolgo uno sguardo al soggiorno. Alycia sta ancora dormendo. È così inerme, indifesa. Non voglio che soffra ancora. La vita le ha chiesto fin troppo e non posso permettere che le accada qualcos’altro. Parlo come se potessi comandare il destino. Che sciocca illusione. Sono pienamente convinta che il libero arbitrio esista fino ad un certo punto. Destino e possibilità di scelta viaggiano di pari passo e, per quanto il primo sia influenzato dalla seconda, non c’è una vera e propria via di fuga. Alycia non ha scelto di essere ferita in un modo così disumano. Sorrido. Non ha nemmeno scelto che io, Marny, Lindsey e Maia le stessimo accanto. Eppure, una piccola decisione ha dovuto prenderla e, probabilmente, è stata decisiva. Alycia ha scelto di farsi aiutare da noi. Non ho idea di ciò che porterà tutto questo. Non ho il potere di cambiare il destino. Non potrò proteggerla per sempre, non sarò in grado di impedire al mondo di essere malvagio. Eppure, posso scegliere di starle accanto, qualunque cosa succeda. Non riesco ad immaginare una vita diversa.
«Per ora lei non deve uscire, no?» mi distoglie dai miei pensieri Lindsey.  
«Come, scusa?»
«Dicevo: non deve uscire adesso. Abbiamo tempo per renderla più forte.». Non è una proposta bislacca, anzi.
«Grazie, Linz. Per tutto.». Lindsey mi abbraccia, con fare affettuoso.
«E di cosa? E poi, io ci guadagno. Ormai cucini sempre tu e devo dire che mangiare a scrocco dei buoni piatti mi rende molto felice.». Scoppiamo a ridere. Lindsey riesce sempre a far emergere il lato positivo delle cose ed è esattamente ciò di cui ho bisogno in questo momento.
«A proposito, preparo il pranzo.» dichiaro. Mi alzo e mi metto ai fornelli. Sto pulendo della verdura, quando sento la porta d’ingresso aprirsi. Marny entra, trafelata. Io e Lindsey la squadriamo, sorprese di vederla. Le facciamo segno di restare in silenzio per non svegliare Alycia. Ci raggiunge in cucina. È pallida.
«Che diamine ti è successo alla mano?» domanda, notando le bende sulle nocche di Lindsey.
«Storia lunga.» risponde quest’ultima, evasiva. «Tu, piuttosto, perché sei qui? Oggi è il nostro turno.». Marny si passa una mano fra i capelli. È agitatissima.
«Mi ha chiamata Pete. Ha provato ad opporsi, ma la CW non ha voluto sentire scuse. Credo sia anche colpa di Jason, deve essersi messo in mezzo in qualche modo.». Io e Lindsey ci scambiamo un’occhiata interrogativa. Non capiamo.
«Se si tratta dello spot, direi che non è proprio il caso.» asserisco. Marny si appoggia al muro. China il capo. Rimane così per qualche secondo, poi stringe i pugni e rialza lo sguardo.
«Non si tratta dello spot. Alycia… La CW la vuole al comic-con di San Diego.».





Angolo dell'autrice

E sbam! Scusate, ma non poteva andare tutto liscio ehm. Di sicuro il comic-con non è il massimo per le condizioni di Alycia, ma di sicuro non sarà sola ad affrontarlo. Lindsey ed Eliza non hanno tutti i torti, devono riuscire ad aiutarla a diventare più forte. D'altronde, non può restare a casa per sempre, anche se in questo momento è ciò che vorrebbe. Alycia, infatti, fatica ancora a riconoscersi degna di qualsiasi aiuto ed è forse la cosa che fa più male ad Eliza. Purtroppo è normale in queste situazioni credere di essere senza speranza, ma non è così. Nessuno è senza speranza, nessuno.
Beh, spero che questo capitolo vi sia piaciuto, vi ringrazio per le recensioni e vi auguro un felice Natale. Sarà un po' diverso dal solito, speriamo davvero che questa situazione finisca presto. Nel frattempo, spero che la mia storia vi distragga un po' dalle fatiche quotidiane.
A martedì! 

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Capitolo 19
*** 19.Let Me Go ***


19.

 

You love me but you don't know who I am
I'm torn between this life I lead and where I stand
You love me but you don't know who I am
So let me go
Just let me go
(3 Doors Down-Let Me Go)

 

 

Eliza POV
 

«Dovrà andare dove?». Non posso credere a quello che le mie orecchie hanno appena sentito. Marny si passa una mano in volto. Ha le lacrime.
«È la CW. Se non accetta, dovrà pagare una penale altissima, rischia di rovinarsi la carriera in modo definitivo.» spiega.
«Non se ne parla nemmeno!» esclama Lindsey. È visibilmente irritata. Marny si accascia al suolo, disperata. Singhiozza. Mi avvicino a lei e le poso una mano sulla spalla. Percepisco tutta la sua stanchezza. Si è caricata il peso di questa situazione sulle spalle per ormai più di due mesi e mezzo. Ha dovuto vedere Alycia spegnersi, giorno dopo giorno. Marny ha sopportato per tutto questo tempo la sofferenza e il dolore di una delle sue migliori amiche, in silenzio, quasi in disparte. Lei non è Maia e non è me. Ha fatto il lavoro sporco, probabilmente senza nemmeno troppi riconoscimenti, di cui comunque non credo le sia mai realmente importato. Vuole bene ad Alycia e ha agito sempre e solo affinché lei stesse meglio. Ha perfino cercato di difenderla da me. Si sta rompendo, sta crollando e penso che fosse solo questione di tempo. Nessuno di noi uscirà illeso da questa situazione. Il dolore di Alycia non è più solo suo. È anche nostro. Siamo legate a lei e ciò che le fa male tocca anche noi. Non è una mera questione di empatia, quella dura un attimo e svanisce subito. No, è diverso. Si tratta di un legame viscerale, profondo, che potrebbe essere suggellato con il sangue. È un rapporto che ci rende un tutt’uno con Alycia. Io mi scopro in lei e lei in me. Diventiamo parti di un tutto, un’unico corpo formato da organi diversi. Ed ecco che il dolore di un singolo diventa di tutti. Non è più semplice empatia, bensì condivisione di una vita, seppur pregna di sofferenza. E, forse, Marny comincia a vacillare.
«Non posso vederla crollare di nuovo.» confessa, fra le lacrime. Che cosa ha dovuto vivere Marny? Io non c’ero quando Alycia si è spenta, lei sì. Lei ha vissuto quel momento. Lei l’ha visto e non potrà più dimenticarlo. Mi siedo accanto a lei, sotto lo sguardo nervoso di Lindsey. L’atmosfera è tesissima. Non c’è una via di uscita. Alycia dovrà partecipare al Comic-con, ne siamo consapevoli.
«Aly non è la stessa persona di due mesi e mezzo fa, Marny. Non è detto che...». Mi interrompo. Il ricordo della sua reazione al racconto di Lindsey mi blocca. Alycia non è in grado di affrontare la convention di San Diego, questa è la realtà. Mi passo una mano fra i capelli. Non so cosa dire. La paura ha preso il sopravvento e sembra non esserci una risposta a tutto questo. Un rumore improvviso ci fa sobbalzare. Ci precipitiamo in soggiorno. Mi paralizzo e stringo i pugni. Alycia ha sentito tutto ed è scappata via. Marny comincia a tirare pugni al divano.
«Merda!» impreca. Lindsey la ferma prima che possa farsi male. È al limite. Mi chiedo cosa ne sarebbe stato di lei se io e Linz non avessimo accettato di aiutarla. Sospiro e mi metto alla ricerca di Alycia. Provo ovunque, ma non è nemmeno in camera sua.
«Aly! Aly, dove sei?» la chiamo, senza esito alcuno. Esco in giardino e finalmente la trovo. Le corro incontro. È rannicchiata, addossata ad una siepe. Trema come una foglia e io mi sento così in colpa.
«Aly...»
«No! Io non ci vado!». Ho un nodo in gola. Dietro di me, Lindsey e Marny sono indecise se raggiungerci o meno. Faccio loro cenno di venire. Marny le si accuccia di fronte.
«Mi dispiace.» mormora. Alycia distoglie lo sguardo. Leggo rabbia nei suoi occhi. E solo ora capisco che da questa situazione ne usciremo solamente se restiamo assieme.

 

Alycia POV

 

San Diego Comic-con. Fino a qualche mese fa aspettavo con impazienza la convention. Adoravo questo tipo di fiere. Amavo incontrare i fan, parlare dei miei progetti, chiacchierare con gli intervistatori, gironzolare alla ricerca di fumetti cercando di non essere scovata dai giornalisti o dagli spettatori di The 100 Fear The Walking Dead. Tutto questo è morto. Io sono morta. Devo smetterla di credere il contrario. Guardo Marny davanti a me. Deve lasciarmi andare, per il suo bene. La sto distruggendo. Realizzo solamente adesso quanto lei sia stata fondamentale in questi mesi. Mi sono sempre appoggiata per lo più a Maia e, ultimamente, ad Eliza. Marny c’è sempre stata e io non le ho nemmeno mai detto grazie. Lasciami andare, Marny. Lasciami andare.
«Mi dispiace.». È un sussurro quasi impercettibile. Si sta scusando per l’ingordigia di altri. Stringo i pugni. È tutto così profondamente ingiusto. Se solo potessi slegare questi lacci che mi legano a lei, a Maia, Lindsey ed Eliza, avrei la certezza che, almeno loro, potrebbero salvarsi da tutto questo. Ho bisogno di essere un’isola. Devo salvarle da me. Vedo Lindsey avvicinarsi. È pensierosa. Mi squadra, indecisa se parlare o meno.
«Aly, ho una proposta da farti.» esordisce. Ha la mia attenzione. Marny e Eliza la guardano incuriosite, segno che nemmeno loro sanno cosa Lindsey vuole dirmi. Pendo letteralmente dalle sue labbra.
«Innanzitutto, ricordati che a San Diego verremmo anche noi. Non saresti sola. Non ti molleremo un attimo e, almeno io, cercherò di fare il possibile affinché Pete riesca ad ottenere un programma su misura per te.». Annuisco senza capire fino in fondo. Perché vogliono rimanere con me? Lasciatemi andare. Lasciatemi andare.
«Mancano due settimane. Che ne dici di provare ad uscire un po’? Ti possiamo portare ad uno dei parchi che ci sono qui, sono tranquilli e poco frequentati. Credo che sarebbe una buona idea per cominciare a familiarizzare con il mondo esterno.». La guardiamo tutti con la bocca aperta e gli occhi sgranati. Mi volto verso Eliza. Ha lo sguardo terrorizzato, più di me.  La proposta di Lindsey ha senso, ma è spaventosa. Non so se ne sarò in grado. Ho paura, tantissima paura.
«Noi saremo con te. Non sarai da sola, Aly.» insiste Lindsey. Come spiegarle che è proprio questo il problema? Eliza sospira e si siede accanto a me. Mi costringe a guardarla negli occhi. Le sue iridi blu mi supplicano di fidarmi di loro, di lei. Mi sta chiedendo di non fuggire. È così difficile lasciarmi andare?
«Non chiederti perché io sia qui.» mi dice di nuovo. Ora capisco. Non mi lasceranno mai andare. Non riesco ad accettarlo, né a comprenderlo. Eppure, è così. Non posso fare nient’altro che metabolizzare la notizia. Non sarai sola Alycia, mai. Ed è così spaventoso.




Angolo dell'autrice

Questo è uno dei capitoli più personali che io abbia scritto. Mi capita spesso non tanto di sentirmi sola, ma di trovare insopportabile l'idea di non esserlo, come se l'abbandono fosse tutto ciò che merito. Se ci pensate bene, in effetti, la consapevolezza di avere qualcuno che ci vuole bene in modo gratuito, senza che noi abbiamo fatto qualcosa di particolare, è abbastanza destabilizzante. A poco a poco, però, lo si accetta. Semplicemente, si lasciano entrare le persone e si capisce che non esiste un motivo se siamo voluti bene, lo siamo e basta perché siamo noi. E forse questo è ancora più destabilizzante di prima.
Cosa ne pensate? Fatemelo pure sapere se vi va, mi piacerebbe uno scambio di esperienze in merito.
Vi ringrazio tantissimo per le recensioni e per seguire questa storia. 
A venerdì!

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Capitolo 20
*** 20.Learning To Breathe ***


 

20.

 

Learning to breathe
I'm learning to crawl
I'm finding that you and you alone can break my fall
[...]
So this is the way I say I need you
(Switchfoot-Learning To Breathe)

 

Alycia POV
 

Il cancello. Sono due mesi e mezzo che non lo varco. Ho paura. Cosa mi aspetta lì fuori? Ci sarà qualcosa per me? Non ho risposte, solo domande. Sento una mano appoggiarsi sulla mia. Eliza è di fianco a me e mi sorride. È così rassicurante. Non posso mentire, con lei mi sento al sicuro. E, nonostante fatichi ad accettare lo sguardo di bene che ha su di me, devo ammettere che non mi dispiace .
«Andrà tutto bene.» mi rassicura. Mi aiuta a respirare in modo corretto e mi scorta verso la strada. Quando i miei piedi incontrano l’asfalto, indietreggio.
«Aly, ci sono io con te.» sussurra Eliza. Mi accoccolo a lei.
«Non ce la faccio.» mormoro. Ho il respiro corto e mi sento le gambe molli. Mi volto. Casa mia mi sta richiamando, vuole che io torni da lei. Non posso continuare, non ci riesco. Faccio per avviarmi verso la porta d’ingresso, ma Eliza mi attira a sé. Perdo un battito. I suoi occhi si incatenano ai miei. Sono così accoglienti. Mi stanno chiedendo di andare avanti, nonostante tutto ciò che io voglio in questo momento sia tornare indietro.
«Fidati di me.» mi supplica Eliza. Le sue mani carezzano le mie, con dolcezza. Non mi accorgo nemmeno di aver ripreso a camminare. Un passo dietro l’altro, piano. Trattengo il respiro. Chiudo gli occhi. Non so nemmeno io di cosa ho paura. Del mondo, probabilmente. Non voglio farmi male di nuovo. Non posso. Alzo il piede destro. Lo sento andare avanti e poi andare giù, sempre più giù, fino ad incontrare l’asfalto. Il sinistro lo segue poco dopo. Resto con gli occhi chiusi. Non ho il coraggio di aprirli. Ho troppa paura. Qualcosa di morbido e caldo mi sfiora il viso. È la mano di Eliza. Sussulto a quel contatto, ma poi lo ricerco. So che è di fronte a me. Mi muovo verso di lei. Non la vedo, ma la percepisco.  Decido di provare a schiudere gli occhi. Subito, il blu mi investe. Mi si mozza il respiro. Eliza mi sorride. È fiera di me. Sento il cuore gonfiarsi nel petto. Sono... Sono contenta?
«Ce l’hai fatta.» gioisce lei. Annuisco, un po’ confusa. Mi sento ubriaca, un turbinio di emozioni diverse alberga dentro di me. Le mie gambe cedono, per un attimo. Eliza mi prende al volo e mi aiuta a rimanere in piedi. Di nuovo i nostri occhi si perdono gli uni negli altri. Eliza si morde il labbro. Devo smetterla, le sto rendendo tutto così difficile. Mi sistemo e distolgo lo sguardo.
«Andiamo? Lindsey e Marny ci aspettano.». Annuisco. Ci incamminiamo in silenzio. La paura non mi ha abbandonata. Mi guardo intorno, come se dovesse spuntare un mostro da un momento all’altro.
«Non succederà niente, stai tranquilla. Ci sono io con te.» mi rassicura Eliza. Resto scettica. In fin dei conti, anche alla festa lei c’era. C’erano tutti, eppure nessuno ha visto l’orrore che si stava consumando in quel bagno. Nessuno ha assistito alla mia morte. Nessuno è venuto al mio funerale. Perché dunque ora volete vedermi risorgere? I dubbi continuano ad assalirmi e non so come fermarli. Non riesco a lasciarmi andare e mi sento terribilmente in colpa per questo. Non posso farci nulla. Un contatto inaspettato mi distoglie dai miei pensieri. Eliza mi ha presa per mano.  Deglutisco. Qualcosa di nuovo sta cominciando ad insinuarsi in me. Non so dargli un nome, ma è così intenso che mi toglie il respiro. Faccio finta di nulla e continuo a camminare. Arriviamo a destinazione dopo una decina di minuti in cui non ci siamo dette nemmeno una parola. Lindsey e Marny ci aspettano poco lontane dall’ingresso del parco, sedute su una grande coperta a quadri. Inspiro ed espiro. Eliza mi si para davanti, senza lasciare la mia mano.
«È solo un parco. Non c’è tanta gente e non sarai costretta a muoverti da quella coperta. Io sarò accanto a te ogni minimo secondo.». Annuisco. Voglio provare a fidarmi. Quando arriviamo all’erba, però, mi irrigidisco. Sento il mio respiro farsi sempre più corto. Eliza stringe forte la mia mano. Vuole che io percepisca la sua presenza. Ci sto provando, eppure mi sembra sempre più lontana. Chiudo di nuovo gli occhi, come se quel gesto potesse proteggermi da chissà quali pericoli.
«Aly, guardami.» ordina Eliza. Obbedisco con riluttanza. Il suo sorriso continua ad accogliermi e io, per l’ennesima volta, mi chiedo cosa mai lei veda in me. Mi stringe anche l’altra mano e mi accompagna per il parco, fino a raggiungere Lindsey e Marny. Mi fa accomodare sulla coperta e mi si siede accanto. Non riesco a crederci, sono in un parco. Il mio sguardo ruota da una parte all’altra, totalmente disabituato a tutta quella gente. Eliza mi circonda il volto con le mani e mi obbliga a concentrarmi su di lei.
«So di non essere il massimo, ma guarda me.» mi dice, scherzando. Mi lascio sfuggire un timido sorriso e mi perdo tra le sue iridi blu. Non avevo mai notato quante sfumature adornassero quegli occhi. Deglutisco. Mi ha chiesto qualcosa, ma non ho capito. A dirla tutta, non credo di aver ascoltato una sola parola di quelle che ha pronunciato finora. Non mi sono mai sentita così, cosa mi sta succedendo?
«Ti ho chiesto se ti va un po’ di insalata di riso.»
«Uh, io... sì, certo.» rispondo, in evidente difficoltà. Non capisco più cosa mi agiti. La situazione? Le persone intorno a me? O, più banalmente, la presenza della persona che dovrebbe, invece, tranquillizzarmi? Quando abbiamo deciso di andarci piano pensavo di aver bisogno di tempo per imparare a provare dei sentimenti. Dio, come mi sbagliavo. Non ho idea di come fare per gestire tutto questo. Sono come un bambino che sta imparando a camminare e il terrore di cadere mi divora. Ho paura di non riuscire ad alzarmi più se mai dovesse succedere.
«Linz, a chi stai scrivendo con quel sorriso da ebete?» chiede Eliza. Ci voltiamo tutte a fissare Lindsey, la quale diventa bordeaux per la vergogna.
«Nessuno.» risponde, evasiva.
«Pfff, Morgan sei una pessima bugiarda.» la prende in giro Marny.
«Non esiste più nessuno che si fa i fatti propri? Prendete esempio da Alycia.» ribatte Lindsey, indicandomi. Tento di mascherare il mio imbarazzo e mi nascondo dietro ad Eliza. Marny si sporge in avanti e mi accarezza il capo. Ripenso a ieri, a questo istinto che ho di respingere tutti. Eppure, loro restano. Sto finalmente capendo che Eliza ha ragione, devo smetterla di chiedermi perché. Non credo esista, nonostante la mia mente ne abbia bisogno. Sì, mi vogliono bene, ma non è comunque abbastanza. Anche la mia famiglia mi ama, ne sono sicura, eppure non è qui con me. Cosa c’è di diverso in loro? Perché non mi lasciano? No, non c’è una risposta razionale.  Osservo di sottecchi Eliza. Sta litigando con una bottiglietta di aranciata. Sorrido. Non le ho mai raccontato della mia famiglia, forse lo farò un giorno.
«Te la apro io.» mi propongo. Alza lo sguardo dalla bottiglietta, stupita da questo mio spirito di iniziativa. Me la porge e io gliela stappo agilmente. Non mi  ha mai tolto gli occhi di dosso e non so come sentirmi a riguardo. Le restituisco la bottiglietta. Per poco non mi cade di mano quando il suo blu incontra il mio verde. Marny e Lindsey sono poco distanti da noi e stanno giocando a pallavolo. Siamo solo io e lei. Le basterebbe così poco. La vedo tentennare. Sa che potrebbe davvero farmi tutto ciò che vuole. Si lecca le labbra. Siamo entrambe in apnea. Il mondo intorno a noi è svanito. Esistiamo solo noi due. In questo parco, sotto questo cielo,  solo il mio verde ed il suo blu. Che cosa stiamo facendo, Eliza? Siamo davvero pronte? Sono davvero pronta?
«Attente!». Mi volto, ma è troppo tardi. Un dolore fortissimo si espande per tutta la mia faccia. Mi ritrovo stesa per terra, nel panico.
«Aly! Aly, come ti senti?» mi soccorre prontamente Eliza, agitata quasi quanto me. A lato della mia testa, un pallone da calcio mi guarda, sornione.
«Mi dispiace! Signorina, come si sente?» mi chiede qualcuno. Non vedo molto bene e non riesco a capire chi sta parlando. Sento solo il respiro farsi sempre più affannato. Eliza mi aiuta a mettermi seduta. Accanto a lei, un ragazzino sui tredici anni continua a chiedermi se sto bene. No, mi sembra evidente. Mi stringo ad Eliza, in un modo quasi infantile. Penso solo a come si starà sentendo quel ragazzino in questo momento. Eliza mi culla, sussurrandomi parole che non comprendo molto bene. Non voglio precipitare nell’abisso, non di nuovo. Mi aggrappo con forza ad Eliza. Ho bisogno di un appiglio. Non pensavo l’avrei mai ammesso, ma ho bisogno che non mi lasci andare.
«La p-prego, m-mi scusi.» piagnucola il ragazzino. Mi sento un mostro.
«Non ti preoccupare, non l’hai fatto apposta. Ora le passa, tranquillo.» lo rassicura Eliza. Intona una canzone e sento il respiro farsi sempre più regolare. Sono ancora scossa, ma effettivamente mi sento meglio.
«Scusi.» mormora il ragazzino, contrito.
«F-fa n-niente.» balbetto. Mi osserva, scettico. Eliza gli fa segno di tornare a giocare e lui obbedisce, non senza essersi sincerato per un’ultima volta che io stia bene.
«Torniamo a casa?» supplico. Eliza si volta verso Lindsey e Marny. Nemmeno mi ero accorta che ci avessero raggiunto. Fanno cenno di sì.
«Preferisci andare a piedi o in macchina?.» mi chiede Eliza.
«Macchina.» rispondo. Eliza mi sorride. Si fa dare le chiavi da Lindsey e mi accompagna a casa.
«E Linz?» domando, perplessa.
«Marny l’accompagnerà qua, non ti preoccupare.» spiega Eliza. Annuisco. In effetti, Marny e Lindsey ci raggiungono dopo poco. Restano per cena e se ne vanno subito dopo, vedendomi stanca. Restiamo nuovamente solo io ed Eliza. La osservo mentre finisce di sparecchiare. Sorrido. Mi sento serena ed è così strano per me.
«Io vado.» annuncia poi. Non so perché, ma sento un peso allo stomaco. No, Aly, smettila di mentirti. Il motivo lo conosci eccome. Chiudo gli occhi, cercando di trovare la forza per chiederglielo. Devo farlo. Ne ho bisogno.
«Aly, stai bene?» si preoccupa Eliza. La ignoro. Stringo i pugni.
«I-io… T-tu…» farfuglio. Eliza mi osserva, confusa.
«Grazie.» dico, infine. Stupida idiota, non era questo quello che doveva uscire dalla tua bocca.
«Non c’è di che.» risponde Eliza. Noto delusione nella sua voce. Si avvicina alla porta e avvolge la maniglia con le dita. Ora o mai più. Mi avvicino e la costringo a voltarsi verso di me. Il tempo si ferma e io sento il cuore battere all’impazzata. Faccio appello a tutte le mie energie. Solo una parola, una stupida e semplice parola.
«Resta.».

Angolo dell'autrice

Innanzitutto, buon anno nuovo! Vi auguro che sia migliore di quello appena passato e spero che, nonostante tutto, siate riusciti a festeggiare la fine di questo maledetto 2020. 
Veniamo al capitolo. Alycia è uscita di casa per la prima volta dopo oltre due mesi. Sta imparando di nuovo tutto da capo e, nonostante tutto, direi che come prima volta non è andata malaccio. Purtroppo per lei il mondo è un nemico e ci vorrà tempo prima che tutto torni come prima. Nel frattempo, direi che si sta rendendo conto di provare qualcosa per Eliza, anche se è ancora molto bloccata e fatica a confessarlo perfino a sé stessa. Eppure, alla fine, è riuscita a chiederle di restare. A cosa porterà tutto ciò lo scoprirete con calma. 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, grazie mille per le recensioni e per leggere questa storia. 

A martedì!

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Capitolo 21
*** 21.Let Love In ***


21.

 

The only way to feel again
Is let love in
(Goo Goo Dolls-Let Love In)

 

Alycia POV

 

Sola. Sono sola in mezzo ad un prato. È notte e c’è freddo. All’improvviso, lo sento. Sta arrivando. È qui per me. Comincio a correre, ma è inutile. Mi trova. Mi afferra per il polso e mi getta malamente per terra. Ho paura, ma non riesco a reagire. Mi è addosso, una figura nera senza volto. Ride. 
«Ti prego.» mormoro. Non risponde. Ride di nuovo. Ha un coltello in mano. Sta per penetrare la mia carne e io non posso fare altro che urlare.

 

Mi sveglio di soprassalto. Sto tremando. Il buio mi soffoca.
«Aly.» mi richiama una voce calda, così familiare. È Eliza. Perché è qui? Ah, sì, gliel’ho chiesto io di restare.
«Aly, era solo un incubo. Sei al sicuro qui, nessuno ti farà del male.» prova a tranquillizzarmi. No, è inutile. Non ci riesco, non la ascolto. Le do le spalle e stringo a me il cuscino. Vorrei solo che mi lasciasse. Vorrei mi confermasse per una buona volta che non ho valore. Non posso illudermi di essere più di questo. Non me lo posso permettere. Sono un’altalena di emozioni, ne sono consapevole. La sento avvicinarsi e sfiorarmi la schiena. Mi irrigidisco e lei ritrae immediatamente la mano.
«Ho b-bisogno d-di stare s-sola.» balbetto. Non penso sia la verità, ma ho bisogno di crederlo, per un’ultima volta. 

 

Eliza POV

 

«Ho b-bisogno d-di stare s-sola.» balbetta Alycia. Mi si spezza il cuore. Non so cosa devo fare. La assecondo? È davvero ciò di cui ha bisogno? No, non credo. Mi alzo e, dopo aver circumnavigato il letto, mi metto di fronte a lei. Fa per girarsi dall’altra parte, ma la costringo a restare ferma. Chiude gli occhi.
«Aly, guardami.» ordino.
«No.» rifiuta lei.
«Perché?» trovo il coraggio di chiederle. Ho paura della risposta. Temo il dolore che prova in questo momento.
«Non voglio che tu mi veda così.» mormora. Provo una tristezza infinita. Come può una persona rompersi a tal
punto?
«Non voglio diventare questo.» confessa, infine. Ricaccio indietro le lacrime. In questo momento devo essere forte. Alycia ha bisogno di un appiglio, anche se non lo sa. Non posso crollare. Le carezzo con delicatezza una guancia. È bellissima e nemmeno se ne rende conto.
«Aly, tu non sarai mai il dolore che ti porti dentro. Non potrei mai guardarti così. Vali molto di più, a prescindere da tutto e tutti, anche da me.». Scoppia a piangere e io la stringo a me. Voglio che mi senta. Voglio che capisca che non la lascerò mai, a meno che lei non lo desideri davvero. Voglio che veda il bene senza fine che provo per lei. Non so se posso chiamare amore il sentimento che mi pervade, ma è certo che ci va molto vicino. Non glielo dirò di certo ora, non voglio spaventarla, ma esserne consapevole mi aiuta a capire meglio perché io sia qui con lei ora. Non per pena, non per dovere, nemmeno per salvarla. No, io sono con lei perché ho bisogno di guardarla come lei non sa fare, sperando che, un giorno, riesca a percepirsi con occhi nuovi. La sento tremare sempre più forte contro la mia spalla e comincio a preoccuparmi. Mi scosto appena, quanto basta affinché possa guardarla in volto.
«Ehi...» bisbiglio, provando ad attirare la sua attenzione. Le sorrido, anche se in questo momento il mio cuore sanguina. Nessuno al mondo merita di sperimentare un dolore simile.
«Scusa.» mormora. Non resisto oltre. Sento le lacrime bagnarmi le guance e non  posso fare nulla per arrestare la loro corsa. Le circondo il viso con le mani e le asciugo le gote con i pollici. Vorrei solo capisse che non ha colpe.
«Non hai fatto nulla di male, Aly.»
«Ti sto facendo piangere» replica lei.
«Non tu. Sono triste perché stai male, è stato il dolore che provi a farmi piangere. E tu, Aly, non sarai mai il dolore che provi, non ai miei occhi.». Rimane impassibile e non risponde. Se non altro, ha smesso di piangere e tremare. Le prendo la mano e gliela carezzo con venerazione. Chiunque le abbia fatto tutto questo l’ha derubata di due delle cose più preziose, la fiducia verso il prossimo e il mondo ed il contatto umano. Alycia merita di poter riscoprire ciò di cui è stata privata.
«Torniamo a dormire?» propongo. Mi fa segno di no con la testa. Controllo che ora è. L’una e mezza, per fortuna domani nessuna delle due ha impegni particolari. Una folle idea attraversa la mia mente. Le passo i vestiti e vado in bagno a cambiarmi. Quando torno in camera, ha  ancora gli abiti in mano e li fissa, confusa.
«N-non capisco.» confessa.
«Non importa. È una sorpresa. Ti prometto che non ti succederà nulla di male. Devi solo fidarti di me.». Annuisce e si alza. Va in bagno, probabilmente per non mostrarmi la cicatrice e la cosa mi fa male. Non deve vergognarsi. Non lei. È il verme che le ha fatto questo che dovrebbe sotterrarsi.
«Ci sono.» annuncia dalla soglia, gli occhi verdi spenti. Voglio solo che tornino a brillare. La prendo per mano e la conduco giù per le scale. Apro la porta e la faccio accomodare fuori. È sempre più confusa.
«Aspettami qui.» le dico. Rientro e la raggiungo poco dopo, tenendo una coperta da pic nic in braccio. La srotolo sul prato e invito Alycia a stendersi. Fa come le ho detto, senza pormi altre domande. Mi sdraio accanto a lei. Incrociamo i nostri sguardi e le sorrido. Lei fa per voltarsi dall’altra parte, ma non glielo permetto. Non la lascerò affondare di nuovo in quell’abisso pieno di orrori. Non più.
«Guarda.» sussurro, indicando il cielo con il dito. I suoi occhi roteano verso l’alto. Trattiene il respiro. Da quanto tempo non vedevi le stelle, Alycia?
«È... È bellissimo.» sospira, meravigliata. Ha gli occhi lucidi e, finalmente, vivi. Rimaniamo in silenzio per svariati minuti, rapite da quel cielo meraviglioso.
«Mi dispiace non poterti spiegare le costellazioni, conosco solo il carro.» esordisco, imbarazzata. Alycia si lascia sfuggire un sorriso divertito.
«Avevo un amico a Melbourne, si chiamava Sean. Era lui l’esperto, mi portava spesso a vedere le stelle.» spiego.
«Non lo fa più?» mi chiede lei, timida. Sospiro. Non so se raccontarle la verità. Ha già la sua croce da portare, non voglio addossarle anche la mia.
«Eli?» insiste. Mi mordo il labbro.
«Non può più farlo Aly. Lui è... È morto. Incidente stradale.». Alycia si allunga verso di me e mi asciuga una lacrima.
«Guidavo io. Una macchina non si è fermata all’incrocio e ci ha presi in pieno. È stato allora che ho deciso di trasferirmi negli Stati Uniti. Mi sono data la colpa per anni, ma la verità è che certe cose succedono e basta. La gente è cattiva, meschina, superficiale. Non possiamo farci nulla, le azioni degli altri non sono una nostra responsabilità. L’unica cosa che ci resta da fare è reagire, cercare di rovesciare il dolore che ci pervade, usarlo se necessario. Non siamo quello che subiamo, mai. Chi te lo fa credere non tiene a te.». Non ho la minima idea di come queste parole siano uscite dalla mia bocca. Mi sento svuotata. Solo Bob era al corrente di Sean. Mi volto verso Alycia. È pensierosa.
«Io… Non so come spiegarlo, ma mi sento come se avessi dovuto subire senza fiatare. Forse l’ho meritato, forse…»
«Ehi, no!» la interrompo. «Non pensarlo nemmeno. Chiunque sia stato, non ne aveva il diritto. Tu non hai fatto nulla di male.». Scoppia di nuovo in lacrime e io la stringo a me. Non dico nulla, non servirebbe a niente. È un pianto diverso il suo. Non c’è ansia, solo una comprensibile confusione. Forse sta cominciando a vedere le cose in maniera diversa. Alza lo sguardo. I suoi occhi verdi incontrano i miei e io mi sento così vulnerabile.
«Torniamo a dormire?». Annuisce. L’aiuto ad alzarsi e rientriamo in casa. Ci rivestiamo per la notte, ognuna in una stanza diversa. Scrivo a Marny che ci sono io con lei e che può darmi il cambio per l’ora di pranzo. Ci corichiamo e spengo la luce.
«Beh, allora buona notte.» dico, sistemandomi fra le lenzuola. Silenzio. Ho il cuore in gola.
«Eli.». Il mio nome. La sua voce. Mi giro lentamente verso di lei. È buio, ma riesco comunque a distinguere i suoi lineamenti. La sento avvicinarsi a me. Percepisco il suo respiro, mentre la sua mano carezza la mia guancia.
«Non mi lascerai, vero?» domanda, timida. Deglutisco. E come potrei?
«Mai.» dichiaro. Di nuovo un silenzio assordante. So cosa sta per succedere e ho paura. E se non fosse pronta? E se dovesse rivivere quella sera?
«Sei sicura?» chiedo. Nessuna risposta, solo un timido movimento in avanti. E, quando le sue labbra incontrano le mie, ogni nostro timore svanisce. Siamo solo io e lei, nient’altro. Il suo dolore, il mio senso di colpa, chi le ha fatto male, Sean, ogni cosa non esiste più. Restiamo solo noi due e un sentimento nuovo per entrambe. No, Alycia, non potrei mai lasciarti. Ne andrebbe della mia stessa vita.





Angolo dell'autrice 

E olè, alla fine è successo. Ciò non significa che Alycia sia riuscita a cambiare opinione su di sé, no. Anzi, lei prova disgusto di sé stessa, ha paura che gli altri la vedano solo come il proprio dolore, ma allo stesso tempo, ormai, si fida di Eliza, sa che per lei non è così e che lei è la chiave per cambiare sguardo su di sé. Molti sostengono che per essere amati bisogna prima amare sé stessi. Ecco, per me non è vero. Nella mia esperienza ho iniziato a non considerarmi più per il dolore che provavo grazie allo sguardo di bene che i miei amici avevano (e hanno) su di me. Ed è questo che vuole fare Eliza: aiutare Alycia a guardarsi in modo diverso. Allo stesso tempo, grazie ad Alycia, anche lei sta capendo di più chi è e che il dolore che anche lei prova non la definisce.
Fatemi sapere cosa ne pensate, questo capitolo per me è importante e molto personale.
Vi ringrazio per le recensioni e per leggere e seguire questa.
A venerdì!

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Capitolo 22
*** 22.Are You Sure? ***


22.

 

I had this nightmare you woke up one morning
and changed your mind

But my love is blind
Are you sure?
(Loote-Are You Sure?)

 

Eliza POV

 

Mi sveglio e prendo lentamente coscienza del mondo circostante. Allungo la mano e, non senza stupore, noto che Alycia non è a letto. Vado nel panico. Non avrei mai dovuto baciarla, non di nuovo. Anche se, ripensandoci, forse era stata lei a cominciare. Non ha importanza. Scendo dal letto con un balzo e, per poco, non scivolo sulle ciabatte e mi spezzo l’osso del collo. Resto in equilibrio in qualche modo e corro per la casa, chiamandola a gran voce. Non voglio che stia male per colpa mia, non di nuovo.
«Eli, perché urli?» chiede una voce alle mie spalle. Mi volto. Alycia mi fissa curiosa, appoggiata al muro. Scoppio a ridere. In effetti, non avevo pensato alla soluzione più ovvia. Era semplicemente andata in bagno.
«Che c’è?» insiste, confusa. Le rivolgo uno sguardo carico di tenerezza. È buffa, deve essersi alzata da poco ed è tutta spettinata. Non che io sia messa meglio d’altro canto, devo sembrare un pulcino spennacchiato.
«Sono solo contenta di vederti.» rispondo. Non penso di essere mai stata così sincera con qualcuno. Mi avvicino piano, tastando il terreno. Non voglio forzarla a fare qualcosa che non è nelle sue corde. Le carezzo la guancia con dolcezza e le bacio la fronte, prendendola poi per mano e accompagnandola in cucina. Le preparo il tè e mi siedo di fronte a lei. Sono nervosa. Mi ritrovo a torturarmi le mani con insistenza.
«Eli, stai bene?» domanda Alycia, preoccupata. Mi passo una mano fra i capelli. Deglutisco.
«Io... Penso che dovremmo parlare di quanto accaduto ieri.» dico, infine.
«Va bene.» acconsente lei, con una calma disarmante. Va bene?
«Sappi che io non voglio assolutamente...»
«Eli, ho detto che va bene. Ieri l’ho voluto io.». Sgrano gli occhi, incredula. Non sono sicura di aver capito bene.
«Oh.» è tutto ciò che riesco a dire. Alycia ridacchia. Scende dalla sedia e mi raggiunge. Mi costringe a guardarla dritta negli occhi e Dio solo sa quanto mi devo trattenere dal baciarla di nuovo.
«L’ansia che posso provare non ha nulla a che vedere con te. Ieri, per la prima volta dopo chissà quanto, ho finalmente scelto di fare qualcosa per me. E, giuro, non ho rimpianti.». Mi mordo il labbro. Non resisto oltre. Le cingo i fianchi e mi avvento su di lei. La sento irrigidirsi per una frazione di secondo, per poi rilassarsi e muovere le sue labbra sulle mie. La guido contro la parete, cercando di non essere troppo frenetica. Mi sposto dalle labbra al suo collo e la sento gemere. Mi beo del suo profumo, saggio la sua pelle, la venero.
«E-Eli.». Mi fermo e lei mi ringrazia con lo sguardo. Le sorrido. Le bacio la punta del naso, con tutta la tenerezza di cui sono capace.
«Scusa.» mormora, chinando il capo. La costringo a rialzarlo, carezzandole il mento.
«Non scusarti mai per questo. Non devi. Non sei un oggetto da usare a proprio piacimento, ma una persona che merita di essere amata. Non ti farò mai del male, te lo prometto.». Alycia si accoccola al mio petto. Per la prima volta, la vedo serena.  Rimaniamo così per un po’. La cullo, baciandole il capo di tanto in tanto. Alza lo sguardo. I suoi occhi verdi mi sondano, mi scrutano. Non ho mai incontrato uno sguardo più profondo. Le sorrido e la bacio di nuovo, con dolcezza.
«Ragazze, scusate se sono in ant... Oh mio Dio!». Fissiamo Marny, terrorizzate. Che diamine ci fa qui così presto?
«Io...» esordisce, ma le parole le muoiono in bocca. Sento Alycia cominciare ad agitarsi e supplico Marny con lo sguardo di dire qualcosa, e alla svelta.
«Aly, non è successo nulla di male, non ce l’ho con voi. Non me l’aspettavo, tutto qua.». Marny va in bagno con una scusa e Alycia pare calmarsi un poco. Le schiocco un bacio in fronte e le sorrido.
«Sarà meglio che io vada.» asserisco. Mi avvio alla porta, ma Alycia mi afferra per la mano e mi costringe a voltarmi verso di lei. Si assicura che Marny non sia nei paraggi e mi bacia. Rimango stupita dal suo spirito di iniziativa.
«A domani.» mi saluta.
«A... Domani.» rispondo, uscendo. Mi dirigo alla macchina, pensierosa. Forse stiamo facendo un’idiozia. Il terrore che Alycia possa farsi male di nuovo mi tormenta. Cosa succederà quando chiunque saprà di noi due? Come reagirà Alycia, se la sola presenza di Marny le ha quasi provocato un attacco di panico? Non ho una risposta, ma solo una profonda angoscia.

 

Alycia POV

 

Io e Marny siamo in soggiorno, sedute rispettivamente una di fronte all’altra. Siamo entrambe nell’imbarazzo più totale.
«Da quanto voi due... Hai capito insomma...»
«Ieri notte.» rispondo, evitando di guardarla negli occhi. Pessima mossa, ora penserà che ci sia stato chissà cosa.  
«Non è successo quello.» specifico. Marny ridacchia. Si allunga verso di me e mi carezza il capo.
«L’importante è che tu stia bene. È l’unica cosa che conta, Aly.». Sorrido. Sì, mi sento bene e la cosa mi spaventa un po’. Mi sposto accanto a Marny e appoggio la testa alla sua spalla.
«L’ho voluto io.» confesso, timida. La mia amica mi schiocca un bacio sulla fronte. Non aggiunge nulla. Mi sorride. Sembra fiera di me. Si alza improvvisamente e io cado sul divano come un sacco di patate. Resto distesa, un po’ confusa. La osservo mentre sistema dei libri su uno scaffale.
«Perché ho la sensazione che tu mi voglia dire qualcosa?» chiedo, senza farmi troppi problemi. Si volta.
«Aly, sono solo un po’ preoccupata. Non fraintendermi, sono contenta che tu e Clarke, pardon, Eliza vi stiate lasciando andare, ma guardiamo in faccia la realtà, ti sei agitata non appena sono entrata io.». Strizzo gli occhi. Non la capisco. Dovrebbe essere felice per me.
«Ho solo cercato di fare qualcosa per me.» ribatto, irritata. Marny mi si accuccia di fronte. Mi prende le mani e mi sorride.
«Ehi, ehi, Aly, calmati. Mi sto solo chiedendo come avete intenzione di gestire questa situazione. So che forse avrei dovuto fare questo discorso ad Eliza e non a te, ma ormai è tardi. In sostanza, quello che sto cercando di farti capire è che la settimana prossima ci sarà il Comic-con a San Diego e sarà pieno di giornalisti. Quando la vostra storia sarà di dominio pubblico, come reagirai? Perché Aly, è inutile girarci intorno, non sarà una passeggiata.». Non è mai stata così dura con me. Tutta la serenità provata fra le braccia di Eliza si trasforma in angoscia. Ho sbagliato, di nuovo. Ho sbagliato tutto. Marny si rende conto di aver esagerato con i toni e cerca di rimediare, ma ormai è troppo tardi. Scoppio a piangere e mi sento sempre più vuota. L’amore è debolezza, così pensava Lexa in The 100. Forse aveva ragione. 

 

Eliza POV

 

Sono quasi arrivata a casa, quando mi rendo conto di aver dimenticato il portafogli da Alycia. Decido di tornare indietro. Non busso nemmeno, tanto ho le chiavi. Apro la porta e rimango pietrificata. Alycia è per terra, in lacrime. Marny sta provando in tutti i modi a calmarla, ma viene continuamente respinta.
«Che diamine è successo?» chiedo, spaventata. Marny china il capo. Ha gli occhi lucidi
«È colpa mia. Ti prego Eli, aiutami.». Ho un nodo in gola. È la prima volta che Marny mi chiede così esplicitamente una mano. Mollo borsa e chiavi sul pavimento e mi getto ai suoi piedi.
«Aly, guardami. Ti prego, sono io.». La vedo alzare lentamente gli occhi verso di me, per poi ripiombare nella sua mente. Non ho idea di cosa sia successo, ma non posso permettere che la sua testa la renda nuovamente schiava. La stringo a me e la cullo, intonando la prima canzone che mi viene in mente. Il suo respiro torna a poco a poco normale. Mi guarda, ma c’è qualcosa di diverso nei suoi occhi rispetto a quando me ne sono andata. Sembra paura. Non faccio in tempo a chiederle cosa le sta succedendo, che si addormenta, stremata. La accomodo sul divano e mi giro verso Marny, infuriata. La conduco in cucina, dove do sfogo a tutta la mia rabbia una volta scoperto l’accaduto.
«Mi dispiace, io…»
«Tu cosa? Secondo te sono così stupida da non aver pensato alle conseguenze? Certo, perché solo tu sai come comportarti con Aly, giusto? So di non piacerti fino in fondo, hai paura che le faccia male. Beh, magari capiterà, sono umana dopotutto, ma la verità è che non lo sapremo mai se non mi farai nemmeno provare. Non puoi tenerla sotto una campana di vetro per sempre, Marny!». La vedo scivolare lungo la parete, le mani a coprire il volto. Forse ho esagerato. Mi siedo accanto a lei.
«Le vuoi bene, hai fatto l’impossibile per lei, ma lascia che provi a spiccare il volo. Ne ha bisogno e anche tu.». Annuisce e ricaccia indietro le lacrime. Mi passo una mano fra i capelli e rimango in silenzio, gli occhi fissi sulla porta. Su una cosa Marny ha ragione. Alycia non è pronta per una relazione di dominio pubblico, è ancora troppo fragile. Sospiro. Ce la faremo Aly, costi quel che costi.




Angolo dell'autrice 

Per quanto Alycia sia sicura dei sentimenti che prova per Eliza, resta decisamente insicura su tutto il resto. È ancora fragile, troppo fragile e Marny, per quanto abbia sbagliato i modi, ha ragione. Devono essere caute o Alycia rischia di rompersi definitivamente. Eliza lo sa e lei stessa è terrorizzata dalla situazione che si è venuta a creare. Allo stesso tempo, però, è determinata a portare avanti la relazione che sta nascendo fra le due ed è ciò che conta.
Prossimo capitolo: San Diego. 
Grazie mille per le vostre recensioni e per leggere e seguire questa storia. 
Alla prossima!

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Capitolo 23
*** 23.Just For Now ***


23.

 

When the weight is relentless
To be with you now
Feels like the only way out
(Tonight Alive-Just For Now)

 

Eliza POV

 

San Diego, California. Due ore di macchina da Los Angeles, a meno che non ci si ritrovi imbottigliati nel traffico. Spiagge incantevoli, aree perfette per il surf, clima ottimale e una convention di fama mondiale, piena zeppa di gente. L’ideale per una vacanza. Sospiro e mi lancio sull’enorme letto che campeggia al centro della mia stanza, imprecando mentalmente contro Jason e la CW. Avevamo supplicato la produzione di mettere Alycia in camera con me o Lindsey, ma ovviamente si sono rifiutati. Meglio evitare certi rumor, hanno risposto. Già, cos’è la salute mentale di una persona di fronte a dei rumor?
«Avanti!» bofonchio non appena sento bussare alla porta. Bob entra, il sorriso stampato sul volto.
«Perché sei così felice?» gli chiedo, di malumore.
«Lei è qui?». Inarco un sopracciglio. Realizzo solo ora di aver tralasciato un piccolo dettaglio pianificando queste giornate a San Diego: Alycia sarà costretta a vedere tutti. E, ciliegina sulla torta, oggi è il suo compleanno.
«È in camera sua.» rispondo, secca.
«Da sola?»
«Chiedilo a Jason.» sbotto, tirando una manata al cuscino. Bob scuote il capo e si stende accanto a me. Mi sorride.
«Non mi hai ancora detto cosa provi.». Mi lancia un’occhiata confusa.
«Che intendi?» domanda.
«Beh, deve essere strano vedere la tua ex mettersi assieme ad una ragazza che, oltretutto, è una tua cara amica.» spiego. Bob sospira profondamente e mi carezza i capelli.
«Eli, io voglio bene ad entrambe e desidero solo che siate felici. Spero che insieme ci riusciate, ve lo meritate. E poi, ti ho comunque ancora nella mia vita, no?». Ho gli occhi lucidi. Gli stringo la mano e gli sorrido di rimando.
«Vorrei davvero che Aly sia felice. È che ho paura, Bob. Tu non l’hai vista, un minuto prima è con te e quello dopo è nella sua testa, nel panico più totale. E sono consapevole del fatto che non sarò io a poterla salvare da tutto questo. Lo desidero tanto, ma è impossibile. Posso solo accompagnarla, starle accanto, ma nulla di piu. Sai, credo sia la cosa che fa più male.». Senza nemmeno accorgermene, mi ritrovo in lacrime davanti al mio migliore amico. Bob mi schiocca un bacio sul capo e mi culla affettuosamente.
«Andrà tutto bene.» mi rassicura. Vorrei crederlo, eccome se lo vorrei. Ho paura, sono terrorizzata dal futuro. Se io non dovessi essere all’altezza? Se dovessi deluderla, ferirla? Non credo che me lo perdonerei mai.
«Gliel’hai già detto?» mi chiede Bob, senza preavviso?
«Cosa?» domando.
«Che la ami.». Resto in silenzio per cinque secondi buoni, completamente paralizzata. Scoppio a ridere, ma mi freno non appena noto che Bob è serio.
«Stiamo insieme da due settimane!» protesto. Alza gli occhi al cielo.
«Vi frequentate da almeno un mese, vivete a stretto contatto da più di un mese e mezzo e hai represso i sentimenti per lei per non so quanto. E no, Eli, non sono cieco, so benissimo che provavi qualcosa per lei già quattro anni fa.». Sono a bocca aperta, senza parole.
«Io...» provo a dire, senza successo.
«Eli, in una situazione del genere due persone non decidono di mettersi assieme per provare a vedere come va e lo sai benissimo anche tu.» mi riprende Bob. Mi metto a sedere, seguita poco dopo da lui. Scuoto il capo. Non può capire.
«Bob, non posso spaventarla. Non ora, non qui.» spiego. Lo osservo mentre si passa una mano sul volto, scettico. Scende dal letto con uno scatto piuttosto agile.
«Sarà...» commenta. Roteo gli occhi, stufa di questa discussione.
«Posso andare a farle gli auguri di buon compleanno?» chiede. Non ne ho idea. Vorrei rispondergli di sì, ma non lo so.
«Bob, Aly non vuole f-...»
«Non le farò nulla, solo gli auguri. Andiamo, è il suo compleanno, non lo può passare in camera da sola.». Mi mordo il labbro. Sì, forse Bob ha ragione. Gli faccio segno di attendere un secondo e raduno le mie cose, sotto il suo sguardo curioso. Usciamo, e ci ritroviamo in corridoio. Bob intuisce le mie intenzioni.
«Pensavo che Alycia non volesse.»
«È quello che crede anche lei.».

 

 

Alycia POV

 

Il peggior compleanno della mia vita. Sono chiusa in camera da quando io, Lindsey ed Eliza siamo arrivate, seduta per terra e nel panico più totale. La produzione non mi ha permesso di stare né con Linz, né con Eli. Come se non bastasse, quest’ultima è finita dall’altra parte dell’albergo. Jason si sta vendicando per la storia dello spot, è chiaro come il sole. Non vedo l’ora di liberarmi di tutti questi contratti e prendermi una meritata vacanza dal mondo. Soffoco un urlo. Se non fosse per Eliza e Lindsey, non so dove sarei in questo momento. Non ci voglio nemmeno pensare. Il rumore della porta che si apre mi riporta alla realtà. Lindsey accorre in mio aiuto, senza esitazione. Le ho dato le chiavi, essendo la più vicina a me.
«Aly, ehi... Sono qui, non ti preoccupare.» mi tranquillizza. «Vieni, sediamoci sul letto.» mi aiuta. Mi rannicchio fra le lenzuola, mentre Lindsey mi carezza con delicatezza i capelli. Non mi stringe a sé, sa di non essere Eliza. Non glielo permetterei.
«Ascolta, so che ci hai detto di non volere nulla per il tuo compleanno, ma ecco...». La osservo armeggiare nella borsa. Ne estrae un numero di The Walking Dead e me lo porge. Sono confusa.
«Tanti auguri.» dice, con un sorriso stampato in volto.
«Linz, lo sai che posso averne quanti ne voglio di questi?» cerco di farle capire.
«Non è esatto. Questa è una variant personalizzata e autografata da Kirkman, con tanto di auguri fatti da lui in persona. So che ti sei innamorata della serie a fumetti da quando reciti in Fear The Walking Dead e così ho pensato che...». Non la lascio finire. La abbraccio, facendola sobbalzare.
«Grazie.» sussurro. Lindsey non sa palesemente come muoversi, devo averla spiazzata. Mi scosto, terrorizzata dall’idea di aver fatto qualcosa di male. Lindsey mi sorride, un po’ imbarazzata. Si schiarisce la voce.
«Siccome sappiamo benissimo che non te la sentiresti di scendere per la cena, abbiamo pensato di ordinarla in camera. Eliza arriverà qui a momenti e ci sarà anche una piccola sorpresa.». Mi irrigidisco. Ho paura delle sorprese. Sfido chiunque a biasimarmi per questo.
«Andrà tutto bene.» mi rassicura Lindsey. All’improvviso, qualcuno bussa alla porta. Guardo Linz andare ad aprire e per poco non svengo quando mi ritrovo davanti Bob. Dietro di lui, Eliza mi lancia un’occhiata colpevole. Perché Bob è qui? Gli hanno parlato di me?
«Aly, buon compleanno!» esclama lui. Non si avvicina e, a questo punto, ho la piena conferma del fatto che lui sia a conoscenza delle mie condizioni. Non so come sentirmi a riguardo.
«Vi avevo chiesto di non parlarne con nessuno!» piango, carica di vergogna. Mi alzo e corro in bagno. Non faccio in tempo a chiudere a chiave, che Eliza mi raggiunge.
«Aly, guardami. Non sa cosa ti è capitato, è a conoscenza esclusivamente delle tue crisi e non ne ha mai fatto parola con nessuno. Desidera semplicemente festeggiarti, ma se per te è troppo non si farà problemi ad andare via. Ti vuole bene, Aly.». Deglutisco. Eliza finora non mi ha mai mentito. Posso fidarmi di lei. Di conseguenza, posso fidarmi di Bob.
«Perché volete festeggiarmi?» domando. Eliza mi carezza una guancia. Una lacrima le riga il viso. Sono stufa di vederla intristirsi per colpa mia.
«Perché sei qui e io non avrei potuto chiedere di meglio.» mi risponde, disarmante. Scoppio a piangere, senza freni. Mi stringe a sé e mi schiocca un bacio sulla nuca. Mi chiedo come faccia a non andarsene, a non lasciarmi al mio destino.
«Non chiederti perché io sia qui.» mi sussurra, quasi leggendomi nella mente. Annuisco e mi asciugo dalle lacrime.
«Prima di tornare di là, volevo darti una cosa. So che non batterà il regalo di Lindsey, ma ci tenevo.». Tira fuori dalla tasca dei jeans una scatolina.
«Non è quello che sembra.» mi tranquillizza, ridendo. La apro.
«Eli, ma questo è…»
«Un distintivo della NASA personalizzato. Spero ti piaccia, non è nulla di romantico, ma non volevo sembrare sdolcinata. L’ho fatto sistemare, così puoi portarlo al collo.» spiega, fiera di sé. Annuisco, commossa. Non ho la minima idea di come sia riuscita a trovarlo, questo non è un gadget da store online. Decido di non accontentare la mia curiosità. La circondo in un abbraccio e la bacio, bisognosa di percepirla. Non mi sono mai sentita più amata di così.

 



Angolo dell'autrice

E alla fine Alycia ha scoperto di Bob. Non è facile accettare che altre persone vedano come stiamo veramente, soprattutto quando non stiamo bene. Alycia non si accetta ancora, tanto che non capisce perché festeggiare il suo compleanno. Eliza, invece, ha tantissima paura di romperla e farle male. Non che Jason stia dando una grande mano per evitare che ciò avvenga, d'altronde, e meno male che Lindsey ha la stanza abbastanza vicina a quella di Alycia. Eppure, Eliza dovrà venire a patti con i propri sentimenti, che sono molto più profondi di ciò che credeva.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Vi ringrazio tantissimo per le recensioni e per leggere e seguire questa storia. 
A venerdì!

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Capitolo 24
*** 24.All Eyes On Me ***


24.

 

And you hide in your room
And the lights turn away
And you move from the truth
It's all so far from you
(Goo Goo Dolls-All Eyes On Me)

 

Eliza POV

 

Il Comic-con, sancta sanctorum di ogni nerd e appassionato di cultura pop. Fumetti, manga, gadget di ogni tipo, anteprime esclusive, interviste ed incontri con attori, autori e registi. E, inevitabilmente, una marea di gente. Tengo Alycia per mano e cerco di farle strada tra la folla di addetti ai lavori nell’area riservata. Per fortuna non dobbiamo girare per la fiera. Lindsey è dietro di noi che ci guarda le spalle. Sento Alycia stringermi la mano e aggrapparsi al mio braccio. Cammina in modo sempre più stentato. So cosa la agita. Non si tratta solo della gran quantità di gente, no. Alycia ha appena realizzato di dover incontrare tutti i suoi colleghi, gli stessi con cui ha bruscamente tagliato i ponti più di tre mesi e mezzo fa. La faccio fermare e mi volto, costringendola a guardarmi negli occhi.
«Andrà tutto bene, Aly. Fidati di me.» provo a rassicurarla. Annuisce meccanicamente, non convinta. Le carezzo la guancia, trattenendomi dall’istinto di baciarla, e l’aiuto a proseguire. Arriviamo a destinazione e la faccio accomodare su una sedia, in un angolo. Siamo in un posto più o meno tranquillo, lontano da tutto e tutti. Pete ci raggiunge poco dopo e ci spiega come si svolgerà la giornata. Ringrazio mentalmente la mia agente per aver insistito ed essere riuscita almeno a far coincidere i nostri programmi.
«Il panel inizia tra un’ora. L’accredito l’abbiamo fatto e ora non ci resta che attendere. Vuoi qualcosa da bere?» chiede Lindsey, con fare premuroso.
«Dell’acqua.» risponde Alycia.
«E acqua sia!» esclama Lindsey, correndo a prendere una bottiglia e lasciandoci sole. Mi siedo accanto ad Alycia e la stringo a me. Le bacio la fronte, attenta a non farmi vedere da nessuno. È troppo presto per uscire allo scoperto pubblicamente. Lei non lo sopporterebbe e rischierebbe di spezzarsi. Io, invece... Già, io non sono poi così coraggiosa come vorrei far credere. Non dubito dei sentimenti che nutro per Alycia, ma allo stesso tempo ho paura di dare in pasto la nostra storia alla gente. Il terrore di scottarmi e di ferire la persona che amo sta lentamente prendendo il sopravvento e le sue condizioni c’entrano relativamente.
«Eli, sei pronta per il pan... Tu?». Alzo lo sguardo e sobbalzo. Marie è davanti a noi e ci fissa, sgomenta e irritata al tempo stesso. Stringe i pugni. Era solo questione di tempo, ma avrei preferito poter ritardare  il più possibile questo incontro. Marie e Alycia erano molto amiche. Avevano legato tanto e so per certo che si vedessero anche abbastanza spesso. Marie non ha mai preso bene la scomparsa di Alycia. Tra tutti, forse è quella che ne ha sofferto di più. E Jessica ne ha subito approfittato per gettare benzina sul fuoco. Ho sempre sospettato che soffrisse di un qualche complesso di inferiorità nei confronti di Alycia. In fin dei conti, chi ha mai davvero desiderato che Clarke e Niylah finissero insieme?
«Guarda un po’ chi è sbucato fuori dalla tana. Giusto per curiosità, avevi intenzione di venirmi a salutare?»
«Marie...» provo a fermarla, ma mi zittisce.
«Stanne fuori, Taylor! È evidente che tu non sei tra le persone che ha deciso di gettare via, senza nemmeno degnarsi di rispondere ad una telefonata!». Alycia china il capo, carica di vergogna.
«Marie, basta. Ti prego.»
«Già, Marie, basta, ti prego.». Perfetto, ci mancava Jessica. Si avvicina ad Alycia, pronta a canzonarla. Mi alzo e mi frappongo fra le due. Guardo la sorella di Richard in cagnesco. Sono sicura che potrei mordere in questo momento.
«Un passo e ti giuro che al panel ci sarà un membro del cast in meno.» ringhio. Jessica sogghigna. Vorrei solo tirarle un pugno, ma mi trattengo.
«Non starai esagerando? Penso che Alycia sia in grado di difendersi da sola. D’altronde, dopo tre mesi e mezzo di latitanza credo che un po’ di prese in giro siano il minimo, no?»
«Marie, non sai di cosa stai parlando. Prendi Jessica e vattene.» sibilo.
«Da quando in qua difendi così qualcuno? È diventata forse la tua fidanzatina, Taylor?» mi provoca la Harmon. Mi volto verso Alycia. È in lacrime e sta tremando come non mai. Faccio per replicare, quando vedo Lindsey afferrare Jessica per un braccio e spingerla via.
«Gira al largo, Harmon! Oppure preferisci che le mie nocche incontrino di nuovo il tuo naso?» minaccia. Jessica sbuffa e si allontana, un ghigno stampato in volto. Marie resta immobile, incapace di fare qualcosa. Sta iniziando a realizzare che la situazione è un po’ più complicata di come se la immaginava.
«Vattene.» intimo, mentre cerco di calmare Alycia.
«Io...»
«L’hai sentita? Avgeropoulos, ti prego!» la esorta Lindsey.». Marie annuisce. Lancia un ultimo sguardo verso Alycia, gli occhi contriti. Poi, senza fiatare, se ne va. 

 

Alycia POV

 

Non so come Eliza e Lindsey siano riuscite a calmarmi. Sono seduta sulla sedia, le ginocchia strette al petto e la testa appoggiata alla spalla di Eliza. Il respiro è tornato regolare, ma mi sento comunque schiacciata da tutto ciò che mi circonda.
«Cinque minuti e iniziamo.» annuncia una ragazza dello staff. Ricomincio ad ansimare. Ho paura. Che cosa ne sarà di me? Come farò a rispondere a tutte quelle domande?
«Dobbiamo andare. Forza, appoggiati a me.» dice Eliza. Mi faccio coraggio e la seguo. Arrivate alle postazioni, ci accomodiamo al tavolo. Oltre a noi due, ci sono Jessica e Bob. Credo di intuire l’argomento su cui verterà la maggior parte delle domande. Marie e Lindsey sono sul retro, a debita distanza l’una dall’altra. Eliza ha un panel con loro dopo questo.
«Respira.» mi sussurra Eliza all’orecchio, posando una mano sulla mia gamba. Mi concentro e cerco di restare il più calma possibile. Le luci al neon cominciano a darmi molto fastidio. Mi ricordano quel bagno. Mi riportano a quella sera.
«Aly, shhh.» bisbiglia Eliza. Seguo il suono della sua voce e mi sforzo di uscire dalla mia testa. Sarà un’impresa arrivare fino alla fine del panel.
«Alycia, veniamo a te. Sei sparita dalle scene per mesi, è per un ritorno di Lexa nella serie? Un tentativo di restare in sordina?». Cavoli, quando hanno iniziato con le domande?
«I-io… No. C-cioè…» farfuglio. Non devo fare spoiler. Non posso o Jason mi farà causa.
«Io avevo necessità di prendermi una pausa, tutto qui. La mia decisione di ritirarmi dalle scene non ha nulla a che fare con Lexa e The 100.» recito a memoria la risposta che abbiamo elaborato io, Lindsey, Eliza e Pete. Inspiro ed espiro. Sto tremando.
«Per quanto riguarda la serie, hai continuato a seguirla dopo la morte del tuo personaggio? Hai aspettative per quest’ultima stagione? E pensi che i fan possano sperare ancora in una reunion delle Clexa?». Troppe domande. Provo a metterle in fila, per rispondere al meglio. Eliza mi sorride. Lo vedo, è nervosa quasi quanto me.
«Sì, The 100 è stata una serie importante per me e per la mia carriera e… Quest’ultima stagione spero sia… Io…».
Non riesco a formulare una frase completa.
«Ma forse una reunion delle Clexa è già in atto.» asserisce Jessica, improvvisamente. Sgrano gli occhi. Eliza e Bob si scambiano uno sguardo carica di preoccupazione.
«Che cosa intendi?» chiede un giornalista. Sto sudando freddo.
«Forse Eliza e Alycia possono rispondere meglio di me.». Deglutisco. Noto Lindsey stringere i pugni e imprecare.
«Eliza, sta forse dicendo che tu e Alycia vi frequentate? Siete una coppia?». Silenzio. Eliza è paralizzata. Apre la bocca per rispondere, ma non dice nulla. Non so cosa pensare. Sono conscia di non essere pronta per tutto questo. La pressione mediatica mi spezzerebbe, ne sono consapevole. Eppure, ho bisogno che lei confermi la nostra storia. Ho bisogno che lei creda in me, in noi.
«No, noi… Io le voglio bene, ma siamo solo amiche.». Sento il cuore rompersi in mille pezzi. Estraggo dalla tasca il telefono e fingo un’emergenza. Mi alzo e corro via, diretta verso l’albergo. A nulla valgono i richiami di Lindsey e Marie. Non le sento. Non esistono più. Il mondo non esiste più. Non esiste più nulla.

 

Eliza POV

 

«Io ti ammazzo!» urlo contro Jessica. Il panel è finito nella confusione più totale. Cosa diamine ho fatto? Come ho potuto? Marie mi impedisce di colpire la sorella di Richard e cerca di confortarmi, ma io la spingo via. Mi appoggio al muro e affondo il viso fra le mani.
«Notizie da Alycia?» chiede Bob, visibilmente preoccupato.
«No. Lindsey la sta cercando dappertutto.» spiego. Vengo richiamata dalla suoneria del mio cellulare. Rispondo.
«Linz?»
«Eli, l’ho trovata! Si è chiusa in camera sua e non vuole aprire. Pensavo di avere con me le chiavi della sua stanza, ma non le trovo più.». Rabbrividisco. Con la mente, ritorno al pomeriggio in cui l’ho trovata sul balcone. Senza pensarci due volte, mi precipito in albergo. Per fortuna sono cinque minuti a piedi. Entro nella hall e mi dirigo verso l’ascensore, quando sento qualcuno prendermi per il braccio. Mi volto.
«Marie, lasciami.»
«Prima spiegami cosa sta succedendo.» ribatte la canadese.
«Non posso. Ora fammi andare da lei.» supplico. Sono disperata.
«Mi hai mollata in mezzo alla strada per andare da lei quel giorno, vero?». Dio, non adesso Marie.
«Sì.» rispondo, secca. Cerco di divincolarmi, ma lei non mi lascia andare..  
«Ora sparisce di nuovo? Si può sapere che cosa le abbiamo fatto?». Ne ho abbastanza. Mi libero da quella stretta e la fisso negli occhi.
«Nulla Marie! Non ruota tutto attorno a te!». Marie sbianca. Forse inizia a capire, finalmente.
«Io… Io pensavo che…»
«Già, tu pensavi. Non ti è mai venuto in mente che forse era successo qualcosa? Mio Dio, Marie, cresci.». Sono furiosa. Marie si morde il labbro.
«Mi dispiace.» mormora. Sospiro e l’abbraccio. Mi scosto poco dopo.
«Devo correre da lei.». Marie annuisce e mi lascia andare. Finalmente arrivo alla porta di Alycia. Lindsey è in lacrime.
«Non risponde. Non so se chiamare la reception per farmi dare un passe-partout. Ma che diavolo ti è saltato in mente, Eli?»
«Ho avuto paura, Linz!» confesso. «Vai pure a chiedere il passe-partout, io intanto cerco di farla uscire.». Lindsey mi fa segno di aver capito e si precipita in ascensore. Rimango da sola, appoggiata alla porta.
«Aly?». Nessuna risposta. Ho il cuore in gola.
«Aly, lo so che sei arrabbiata, ma non potevo permettere che la nostra storia finisse in pasto alle riviste e ai siti di gossip.». Ancora un silenzio tombale. Non ho mai avuto così tanta paura per qualcuno in vita mia.
«Aly, ti prego, apri la porta. Sono stata una vigliacca, ma la verità è che ero, anzi, sono terrorizzata. Non ho mai provato nulla del genere per nessuno e non so come comportarmi perché ho paura di rovinare tutto, di farti male e di soffrire di conseguenza. Ironico, alla fine è esattamente ciò che sta succedendo ora. Insomma, quello che voglio dire è che… È che…». Mi blocco. Respiro profondamente, mentre cerco di captare un qualsiasi suono che provenga dalla camera di Alycia. Niente, nulla di nulla. È un silenzio che sa di morte, lo stesso che ho sperimentato dopo l’incidente con Sean.
«Aly, lo so che ci sei. Ti prego, apri la porta. Ne ho bisogno. Io ho bisogno di te perché io…». Ancora un momento di indecisione. Ora o mai più. Lo so che è lì, da qualche parte che mi sta ascoltando.
«Perché io… Io ti amo.».





Angolo dell'autrice

E alla fine è successo ciò che si temeva. La situazione è decisamente precipitata di nuovo. Non biasimate troppo Eliza, ha semplicemente provato a proteggere Alycia e non aveva poi molta scelta. Jessica ha avuto quel che si dice un ottimo tempismo e per Alycia è stato decisamente troppo. L'incontro con Marie (non biasimate troppo nemmeno lei, non sa nulla di ciò che è successo e si è sentita pugnalata alle spalle), le domande a cui è incapace di rispondere, la bolgia in cui è costretta a stare hanno portato ad uno scenario tragico, ma al contempo prevedibile. La confessione finale è un disperato tentativo di essere onesta, di farle capire che è voluta, desiderata in modo speciale, amata. Eliza non ha alternative, se non provare a fa vedere a Alycia che esiste chi la guarda in modo diverso da come lei percepisce sé stessa e che lei ha valore, indipendentemente da ciò che pensa di sé. Cosa succederà poi lo si vedrà nel prossimo capitolo, ma vi prometto che, anche se con fatica, si potrà intravedere un po' di luce.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che ognuno di voi stia bene. È un periodo difficilissimo, ma ne usciremo, ne sono sicura.
Grazie mille per i commenti e per seguire questa storia, a martedì!

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Capitolo 25
*** 25.My Thoughts On You ***


25.

 

I know it wasn't your plan, to just be the one to hurt me 
[...]
And I know this 
I fell for your eyes, I just realized 
I still need you 
(The Band CAMINO-My Thoughts On You)

 

Alycia POV

 

Sono seduta sul pavimento, la schiena appoggiata al letto. Le mie gambe sono strette al petto e sono raggomitolata su me stessa. Sono solo questo, un mucchio di dolore e angoscia, nulla di più. So che Eliza ha mentito per proteggermi, eppure fa tutto così male. Non so nemmeno io cosa provo. Forse rabbia, forse delusione, forse solo stanchezza. Mi odio profondamente. Sto incatenando le persone che più amo al mio dolore, le sto costringendo a soffrire con me. Cosa c’è di più disgustoso di questo?
«Aly?». Eliza è qui. Sussulto, ma non rispondo. Non ne ho la forza.
«Aly, lo so che sei arrabbiata, ma non potevo permettere che la nostra storia finisse in pasto alle riviste e ai siti di gossip.». Resto in silenzio. Mi alzo in piedi e stringo i pugni. Mi dispiace Eliza, ma ho bisogno che tu mi lasci andare. Ho bisogno che tutti mi lasciate andare. L’ho capito al panel, non potrò mai permettere a chi mi sta intorno di vivere una vita normale, senza preoccupazioni. Non sono altro che un peso e non farò altro che trascinare tutti a fondo. Mi incammino verso la finestra e la apro. Mi ritrovo sul balcone. Quarto piano, forse potrei perfino provare tristezza e paura durante il mio volo. Sono pronta a spiegare le mie ali. Sono pronta a volare verso la mia libertà. Sento la voce di Eliza farsi sempre più insistente, ma provo ad ignorarla.
«Aly, ti prego, apri la porta. Sono stata una vigliacca, ma la verità è che ero, anzi, sono terrorizzata. Non ho mai provato nulla del genere per nessuno e non so come comportarmi perché ho paura di rovinare tutto, di farti male e di soffrire di conseguenza. Ironico, alla fine è esattamente ciò che sta succedendo ora. Insomma, quello che voglio dire è che… È che…». Mi volto. Perdo un battito. Che cosa sta cercando di dirmi?
«Aly, lo so che ci sei. Ti prego, apri la porta. Ne ho bisogno. Io ho bisogno di te perché io…». Sento la testa girarmi e le gambe farsi sempre più molli. No, non ora. Non adesso.
«Perché io… Io ti amo.». Un tonfo. Crollo a terra con un tonfo. Non sento più niente, non vedo più niente. Non può averlo detto davvero. Non respiro, più provo a incamerare aria e più mi sento soffocare. Sono completamente in tilt. Non so più cosa devo fare. Sono accasciata sul pavimento, un piede sul balcone e l’altro nella stanza. Sento le lacrime bagnarmi le guance, il loro sapore salato mi invade la bocca. Delle voci mi chiamano, ma sono così lontane. Due mani mi circondano da dietro e dei capelli mi solleticano il collo. Il mio corpo è così pesante. Chiudo gli occhi. Non voglio riaprirli. Ho paura, non so nemmeno io di cosa. Forse di rendermi conto di valere davvero qualcosa.
«Sono qui.» mi sussurra una voce calda, familiare. È l’ultima cosa che sento. Infine, il buio mi inghiotte.

 

Eliza POV

 

Alycia è stesa sul letto e io sono seduta accanto a lei. Le accarezzo con delicatezza la fronte e le schiocco un bacio sui capelli. Non ho mai avuto così tanta paura di perdere qualcuno. So cosa voleva fare e ne immagino il motivo.
«Ehi, Eli.». Mi giro. Lindsey mi scruta, con aria colpevole. Se non fosse stato per lei, non sarei mai riuscita ad entrare in questa stanza, le faccio quindi segno di non preoccuparsi.
«Ti ho detto una cosa orribile, Eli. Non hai fatto altro che provare a proteggerla, sarebbe finita male in ogni caso. Se proprio c’è un colpevole, è Jessica. Se me la dovessi trovare davanti, io...»
«Tu non le farai nulla. Ho sbagliato anche io, Linz. Avrei dovuto prevedere una domanda simile e, insieme a lei, pensare a una strategia vincente. L’ho fatta sentire un peso, qualcuno di cui vergognarsi. Ho rischiato di perderla per sempre!». Lindsey si accuccia di fronte a me e posa le sue mani sulle mie gambe. Mi fissa dritta negli occhi.
«Ma non è successo. Ripartiamo da qui.». Annuisco e l’abbraccio.
«Torno in camera mia. Se avete bisogno, non esitate a chiamarmi.» si raccomanda, avviandosi verso la porta. Ci lascia sole e io mi ritrovo con un nodo in gola. Non voglio nemmeno pensare a cosa sarebbe potuto succedere se fossimo arrivate con un minuto di ritardo. Mi alzo e mi reco sul balcone. Mi accendo una sigaretta e fumo, girata verso Alycia. È bellissima. La vedo schiudere lentamente gli occhi, rivelando uno scrigno verde pieno di sofferenza e di domande. Spengo la sigaretta e mi precipito da lei.
«Ehi...». Provo a baciarla, ma si scosta.
«Mi dispiace.» mormora, nascondendo il viso fra i cuscini. Mi siedo accanto a lei e le accarezzo la schiena. Le bacio la nuca. Non voglio forzarla a far nulla e la lascio sfogare.
«Va tutto bene. Sono qui e non ti lascio.» le sussurro.
«Perché?». Una domanda che pesa quanto un macigno. Esiste una risposta che possa convincerla a pieno? Non ne sono sicura.
«Sì, lo so, non dovrei chiedermi perché sei qui, ma non ci riesco. Non posso evitare di domandarmi perché non mi lasci andare.». La stringo a me. Non so se ripeterle ciò che le ho confessato poco prima la spaventerà ancora di più. Il punto è che non trovo nessun’altra motivazione.
«Io ti amo. Avrei voluto dirtelo in un altro momento e in un’altra occasione, ma...»
«Ecco, ho rovinato anche questo.» piagnucola. Le circondo il volto con le mani e la costringo a guardarmi dritta negli occhi.
«Ehi, no! Non è colpa tua, lasciami finire. Avrei voluto confessartelo in modo diverso, magari dopo una bella cena, è vero. Ma il punto è che, se non ora, quando? Se non provo ora a farti capire come ti vedono i miei occhi, come chiunque dovrebbe guardarti, allora che senso avrebbe il nostro stare insieme? So che in questo momento preferiresti che io ti dicessi il contrario, ma non posso mentirti. Ti amo e non ti lascerò andare perché ho bisogno di te. E so che tu faresti lo stesso con me.». I suoi occhioni verdi si abbassano per qualche istante. Sta processando ciò che le ho appena detto. Non è facile per lei. Cambiare la percezione che si ha di sé, accettare che c’è qualcuno che vede oltre la spazzatura che si pensa di essere non è automatico, per nessuno.
«I-io però non poss-...»
«Lo so. E non voglio che tu mi risponda ora.» la rassicuro. I suoi alibi stanno crollando, uno ad uno. E anche i miei. Non sarà facile, ne sono consapevole. Tra paparazzi, tabloid, produttori vendicativi e colleghi senza dignità avrei mille motivi per fare un passo indietro. Sospiro. Mi chino e le accarezzo una guancia. Alycia si morde il labbro. I suoi occhi verdi si incatenano ai miei. Non dice nulla, semplicemente pone termine alla distanza fra noi. Accolgo le sue labbra sulle mie con un sussulto. La sola possibilità di sentirla è il più grande dono che io abbia mai ricevuto. Sì, ci sono mille ragioni per cui sarebbe saggio tirarsi indietro. Eppure l’unica che conta, quella per cui non potrei mai cedere è proprio qui davanti a me e io non posso fare altro che urlare l’amore che provo per lei.





Angolo dell'autrice 

Non sapete quanto io abbia lottato contro me stessa per non pubblicare questo capitolo prima di oggi. Penso che sia uno dei miei preferiti in assoluto, di sicuro è uno dei più personali. Alycia non crede che Eliza non provi qualcosa per lei, al contrario, lo sa e lo considera un problema perché si sente un peso. Eppure, quando scopre che è amata profondamente qualcosa cambia in lei. Non sta ancora bene e mi sembra evidente, ma intravede una luce, una speranza, un motivo per non mollare. Dall'altro lato, Eliza sta trovando il coraggio di aprirsi, di non trincerarsi dietro alle sue paure. E poco importa se Alycia non riesce a ricambiare quel Ti amo, non cambia ciò che prova di una virgola. Semplicemente, ormai Eliza non può più nascondere la verità, perché ha bisogno di farle vedere che è amata e che è indispensabile e insostituibile.
Fatemi sapere cosa ne pensate. Intanto, vi ringrazio per le recensioni allo scorso capitolo e per seguire questa storia.
A venerdì!

 

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Capitolo 26
*** 26.You And Me ***


26.

 

And it's you and me and all of the people
And I don't know why I can't keep my eyes off of you
(Lifehouse-You And Me)

 

 

Alycia POV 

 

«Ben svegliata, dormigliona.». Mugugno qualcosa di incomprensibile perfino alle mie orecchie e caccio la testa sotto al cuscino. Eliza scoppia a ridere e mi scopre delle lenzuola.
«Ehi!» protesto.
«È ora di alzarsi, Leeshy Loo.». Sgrano gli occhi. Non mi chiamava così da anni. Mi giro a pancia in su e apro la bocca per dirle qualcosa che possa esprimere la mia sorpresa a quel nomignolo, ma emetto solo un gemito abbastanza ridicolo, che ricorda vagamente il verso di un porcellino d’India. Eliza ride di nuovo e mi picchietta la gamba con la mano.
«Dobbiamo liberare la stanza entro le nove, quindi vestiti.» mi esorta, lanciandomi maglietta e pantaloni. Li prendo al volo, ma resto impalata, gli occhi fissi su di lei. Tre giorni fa mi ha detto che mi ama e, paradossalmente, mi ha fatto meno effetto che sentirla pronunciare quello sciocco soprannome.
«Terra chiama Alycia. Va tutto bene? Vuoi che esca dalla camera? Ho ordinato la colazione, ma posso...»
«No, sto bene. Vado a prepararmi, arrivo.» la rassicuro, scendendo dal letto e correndo in bagno. La vedo scrollare le spalle e osservarmi in modo non molto convinto, per poi sedersi sul letto. Chiudo la porta alle mie spalle e mi appoggio al lavandino. Sto avendo una reazione esagerata ad una semplice manifestazione d’affetto, devo solo calmarmi. Inspiro ed espiro lentamente, fino a quando non mi sono tranquillizzata del tutto e, vestitami, esco dal bagno. C’è anche Lindsey, sospetto più per approfittare dell’opportunità di una doppia colazione, che per vedere me.
«Ciao Alycia!» mi saluta, sventolando un pezzo di torta al cioccolato davanti a sé.
«Vacci piano Linz, queste cose sono per noi due.» la rimbrotta Eliza, indicando me e lei.
«Oh, andiamo, è troppo per voi. Vi sto solo dando una mano.» si giustifica Lindsey. Eliza rotea gli occhi e scuote il capo, sconsolata. Mi allunga una tazza di tè e un piattino con una fetta di torta. Mangio mentre assisto divertita ad un battibecco fra lei e Lindsey, nato dal tentativo di quest’ultima di rubare un altro po’ della nostra colazione.
«Va bene, mi arrendo, prendi.» cede Eliza, per la gioia di Lindsey. Fa per addentare la torta, quando qualcuno bussa alla porta. Lindsey apre,  un po’ indispettita. Si irrigidisce quando si ritrova Marie davanti a sé.
«Ah, sei tu.» esordisce.
«Posso entrare?». Eliza si morde l’interno guancia e si gira verso di me. Le faccio segno che va tutto bene e che può lasciarla passare. Marie si addentra nella mia stanza, lo sguardo chino. Sembra nervosa.
«Che vuoi?» chiede Eliza, in malo modo.
«Solo chiedere scusa. Mi sono comportata malissimo e... Ero solo molto arrabbiata, ma avrei dovuto guardare al di là del mio naso. Mi dispiace per qualunque cosa ti stia facendo soffrire così tanto, Alycia. Se hai bisogno, io ci sono.». Cala un silenzio carico di tensione. Marie chiude gli occhi e si volta. Corre verso la porta, in lacrime. La apre e fa per andarsene.
«Aspetta!» la richiamo, alzandomi dal letto e raggiungendola. Si gira e mi guarda, curiosa. Mi mordo il labbro e le sorrido. Le poso una mano sulla spalla.
«Vuoi una fetta di torta?».

 

Eliza POV 

 

Il San Diego Comic-con è sempre un’esperienza bella e stancante al tempo stesso. Sono contenta di tornare a casa, anche perché Alycia ha bisogno di riposo e tranquillità. Spero solo di non aver rovinato tutto confessandole di amarla. Stamattina era davvero molto tesa e, per un secondo, mi sono preoccupata che la cogliesse una crisi. Lindsey e Marie sono tornate nelle loro stanze e noi stiamo finendo di sistemare i bagagli. Gli ultimi tre giorni ho dormito in camera sua, fregandomene altamente dei voleri di Jason e della CW. So che nei prossimi mesi ci sarà un’esplosione di ipotesi e voci su di noi, ma non mi interessa. Voglio solo che Alycia sia al sicuro, nient’altro.
«Sei pronta?» le chiedo. Annuisce e, presa la valigia, si avvia alla porta. La osservo con aria sognante mentre percorre il corridoio e si dirige all’ascensore. Penso di aver perso la testa, ormai. Arrivate alla hall, consegno le chiavi alla reception e conduco Alycia al parcheggio. Lindsey ci aspetta, la schiena appoggiata alla macchina. Sta chiacchierando con Bob, probabilmente si sta lamentando del nostro ritardo.
«Alla buon’ora, dove eravate finite? Mi avete lasciato da sola con questo soggetto poco raccomandabile.»
«Non sono così male, ehi!» ribatte Bob, tirandole un pugnetto sul braccio. A quel gesto, Alycia si irrigidisce.
«No, ehi, noi stavamo solo scherzando. Non voleva picchiarmi davvero. Almeno credo.»
«Lo so, Linz. Non è colpa vostra, sono io che devo imparare tutto da capo.» spiega Alycia. La stringo a me e le bacio il capo. La cullo, fino a quando non la sento rilassarsi.
«Meglio?» le chiedo. Annuisce, rimanendo accoccolata al mio petto. Sorrido. È forse questa la felicità?
«Oh, ma quindi lo scherzo della natura è ancora a San Diego.». Ci voltiamo. Jessica ghigna, divertita dall’effetto che ha su Alycia.
«Lasciala in pace!» intima Lindsey, avanzando minacciosamente verso di lei. Bob la ferma prontamente, prima che combini un pasticcio.
«Gira al largo, Harmon.» sbotto, mentre aiuto Alycia a salire in macchina.
«Altrimenti? Non potrai tenerla sotto una campana di vetro per sempre, lo sai? Dovrà abituarsi a non fare la bambina viziata, prima o poi.». Lindsey non resiste più. Si libera dalla stretta di Bob e, prima che possiamo evitarlo, afferra Jessica per il colletto della maglia e la schiaccia contro una macchina.
«Tu non sai niente di lei.» sibila, per poi colpirla forte al volto. Jessica si ritrova per terra e le lancia un’occhiata carica di odio.
«Vuoi il bis? Non ci metto niente, Harmon!»
«Linz, basta, andiamo!» trascino via la mia amica, spingendola in auto. Saluto Bob dal finestrino e metto in moto, senza pensarci due volte. Alycia è seduta accanto a me, sconvolta.
«Dio, Linz, ma che ti è preso?»
«Non dirmi che non avresti voluto fare lo stesso, Eli. Nessuno può permettersi di trattare così le persone a cui tengo.» si giustifica Lindsey. Roteo gli occhi. Non nascondo che mi sarebbe piaciuto tirargliene quattro, ma non è così che si risolvono i problemi. Non se poi questi ultimi possono farti causa.
«E poi, volevo dimostrare ad Alycia che non mentivo. Te l’avevo detto che alla festa di Marie l’avrei colpita anche senza alcol in corpo.». .

 

Alycia POV

 

Casa dolce casa. Non mi sentivo così da tanto tempo. San Diego è stato un esperimento non del tutto riuscito, ma sto cercando di considerare il bicchiere mezzo pieno. Sono riuscita ad uscire da casa mia, ho dormito in una camera d’albergo e sono stata ad una fiera piena di gente. Eliza mi circonda le spalle con un braccio e mi guarda, fiera di me. Mi sorride. Si siede accanto a me, sul divano. Mi schiocca un bacio sulla guancia e mi permette di appoggiare la testa al suo braccio. Non sono ancora riuscita a ricambiare il suo Ti amo, ma so per certo di provare qualcosa di veramente forte per lei. Non ho più paura dei miei sentimenti. Non temo più Eliza, mi fido di lei. Le ho affidato la mia vita. E, mentre lei intreccia le nostre dita e mi bacia, ne ho la certezza: finalmente le cose stanno cominciando ad andare per il verso giusto.




Angolo dell'autrice

Tutto è bene quel che finisce bene. Sempre che sia finita ehm... Okay, non vi anticipo nulla.
Veniamo al capitolo. Chiude una fase, Alycia sta molto meglio, ora ammette addirittura di fidarsi di Eliza, cosa non scontata. Tuttavia, come si nota nella prima parte di capitolo, la situazione rimane instabile. Marie è riuscita a riavvicinarsi a lei e Lindsey, beh, Lindsey continua ad essere protettiva nei suoi confronti.  Per quanto riguarda Eliza, ormai è completamente persa, come dice lei. Alycia è diventata la cosa più importante della sua vita, tanto da spingerla ad andare contro i dettami della
CW e di Jason. E per Alycia farà ancora tanto, ma non spoilero nulla. Sappiate solo che dal prossimo capitolo comincerà l’ultima fase di questa storia. Spero vi piacerà, forse sarà la più intensa.
Ringrazio chi ha recensito e chi segue questa storia.
A martedì!

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Capitolo 27
*** 27.End Of A Good Thing ***


27.

 

You tell me to brace for the hurricane
'Cause the end of a good thing is here
(Cory Wells-End Of A Good Thing)

 

Eliza POV

 

Svegliarsi senza Alycia accanto mi fa sentire vuota, incompleta. Mi giro a pancia in su e fisso il soffitto. Oggi è il turno di Marny e abbiamo deciso che, al di là dei miei sentimenti, cercheremo di andarci il più piano possibile. Il che significa che no, non ci vediamo tutti i giorni. Alycia ha comunque bisogno dei suoi spazi e delle sue amiche e non è giusto che si appiattisca su di me. Inoltre, da un po’ di tempo anche Marie e Bob le fanno visita saltuariamente ed è meglio che non le giri sempre intorno. Sospiro e con la testa corro a questa sera. La verità è che, nonostante ci siamo imposte di non correre, fosse per me passerei ogni minuto della mia vita con lei. La amo e vorrei poterglielo ricordare ogni secondo. La suoneria del cellulare mi riporta bruscamente alla realtà. Sbuffo. È Lindsey.
«Linz, è successo qualcosa?» chiedo.
«Non lo so, dimmelo tu. Dovevi essere qui un’ora fa.». Sobbalzo. Maledizione, avevamo deciso di pranzare assieme.
«Oh, io... Ehm... arrivo.»
«Sì, come no. Muoviti!» mi esorta, per poi attaccare. Mi lascio cadere sul materasso e mi copro il volto con le mani. Accidenti a me. Mi alzo e mi vado a preparare per uscire. Mi precipito alla macchina e guido fino a casa di Lindsey. Quando arrivo, noto un’automobile che non ho mai visto prima parcheggiata davanti al cancello. Che ci siano anche altri ospiti? Ma chi? Quella macchina non mi sembra appartenere a nessuno dei miei amici. Forse ha qualche parente a pranzo, ma allora perché invitare anche me? Sì, conosco sua cugina, ma non avrebbe senso. Scendo dall’auto e mi avvio verso la porta. Suono il campanello e aspetto che Lindsey mi apra. Sono nervosa, ho un brutto presentimento e non so nemmeno perché. Quando finalmente la mia amica viene ad aprirmi, sono ormai completamente persa nei miei pensieri.
«Alla buon’ora. Si può sapere dov’eri finita? So per certo che non eri con Alycia, quindi non usarla come scusa.»
«Ciao Linz, anche io sono contenta di vederti.» ignoro la sua lavata di capo.
«Non fingere di non aver sentito, Taylor!» insiste. Mi volto bruscamente e allargo le braccia.
«Linz, mi sono semplicemente svegliata tardi, rilassati. Non è nemmeno l’una, e noi non abbiamo impegni fino a stasera, quindi non capisco davvero perché tu ti stia agitando così tanto.». Lindsey pare quietarsi per qualche istante, salvo poi cominciare a muoversi nervosamente attorno a me. Comincio a preoccuparmi. La fermo afferrandola per un polso e la costringo a guardarmi negli occhi.
«Puoi dirmi che succede? Mi stai spaventando.». Lindsey si morde il labbro.
«Io... Io...»
«Tesoro, penso che il pollo sia cot-... Oh, ehm...». Sgrano gli occhi. Dalla cucina è appena uscito un ragazzo dall’aspetto familiare. È alto e abbastanza magro e ha lunghi capelli corvini raccolti in una coda. I suoi occhi sono grigi e gli conferiscono un’aria che non trovo assolutamente rassicurante. C’è qualcosa di inquietante in questo ragazzo, qualcosa di sinistro. È solo una prima impressione, eppure non mi piace per niente.
«Eliza, lui è Charles.» lo presenta Lindsey, imbarazzata. Gli stringo la mano, senza riuscire a rispondere.
«Molto lieto! Linz mi ha parlato tantissimo di te, sono felice di conoscerti. Sei un modello per chi vuole fare l’attore e non sono ironico.» esordisce. Forse mi sbagliavo, sembra gentile.
«Oh, io, ehm... Sono Eliza, il piacere è tutto mio.» mi presento, infine. Lindsey gli fa segno di tornare in cucina e mi prende sottobraccio, portandomi in soggiorno.
«Linz, ma che diavolo...» provo ad esordire, ma le parole mi muoiono in bocca.
«Lo so, avrei dovuto parlartene, ma eri così presa da Alycia e non volevo darti altro a cui pensare.»
«Voi due state assieme? Da quanto? E chi è, da dove sbuca?» la inondo di domande. Lindsey mi fa segno di rallentare.
«Scusa. È che non me l’aspettavo.» mormoro. Sorride, nervosa. Si gratta il collo e si appoggia alla parete, pronta a parlare.
«Ci frequentiamo da circa un mese, l’ho conosciuto alla festa di Marie.». Ora ricordo. È il tizio con cui Lindsey giocava a beer pong. Sento una morsa allo stomaco. Continuo ad avere un brutto presentimento, ma mi dico che sono esagerata. In fin dei conti, nemmeno lo conosco.
«Il resto te lo può spiegare lui a pranzo. Avrei voluto presentartelo prima, ma non trovavo mai l’occasione giusta.». Annuisco, scettica. Charles ci raggiunge e ci invita a sederci a tavola.
«Pollo arrosto e patate, delizioso.» si complimenta Lindsey. Charles le schiocca un bacio sulla guancia e comincia a fare il finto modesto. Sorrido tirata, il senso di inquietudine aumenta sempre di più. Qualcosa non mi torna.
«Dimmi, oltre a cucinare il pollo, cosa fai nella vita?» domando più acidamente di quanto dovrei. Lindsey mi fulmina con lo sguardo, ma Charles le fa segno che va tutto bene.
«Sono un attore anche io. Beh, finora ho fatto per lo più la comparsa, ma ho girato un film indipendente di recente, spero che si riveli il mio trampolino di lancio.» risponde.
«E per quanto riguarda Lindsey? Vi siete conosciuti alla festa di Marie, ma quando avete cominciato ad uscire assieme? Soprattutto, perché io non me ne sono accorta?». I due scoppiano a ridere e intrecciano le loro mani. Non ricordavo che Lindsey fosse così sdolcinata.
«L’ho contattata via social. Ci siamo scambiati qualche messaggio e poi siamo usciti assieme.» spiega. Non rispondo e riprendo a mangiare il pollo. Devo ammettere che è davvero squisito.
«Tu e Alycia Debnam-Carey invece... Sì, insomma, è vero quello che si dice in giro? State assieme?». Per poco non mi strozzo con una patata.
«Troppo personale come domanda, scusami.». In questo momento vorrei uccidere Lindsey.
«Siamo molto intime, ma i dettagli delle nostre vite private non li condivido con chi non conosco bene, perdonami.» cerco di tagliare corto. Sul pranzo cala il gelo più assoluto, interrotto da Lindsey che decide di servire il dolce. Ci gustiamo il dessert in totale silenzio, poi decido che è arrivata l’ora di andare da Alycia. Ho bisogno di lei in questo momento. Ho bisogno che mi liberi da quest’angoscia che mi attanaglia senza sosta.
«Non ti piace, vero?» mi chiede Lindsey, alla porta. Sospiro.
«Ha solo fatto la domanda sbagliata!»
«Linz, non è per quello. C’e qualcosa che non mi convince in lui, che mi inquieta.» dichiaro.
«Non potresti essere semplicemente felice per me? Tu hai Alycia, Marie ha il suo fidanzato, Bob e Richard hanno una ragazza, non voglio rimanere sola a vita.» sbotta Lindsey, innervosita dai miei discorsi.
«Io sono felice se tu sei felice.» asserisco, posando una mano sulla sua spalla. «Ma per ora non mi piace, Linz. Forse sono solo paranoica, ma stai attenta.» dico. Lindsey si rabbuia.
«Non tutti gli uomini sono dei mostri. È chiaro che la storia di Alycia ti sta suggestionando.» ribatte.
«Non tutti, ma molti! Mi sto solo preoccupando per te, che cosa devo fare?» replico.
«Gioire per me! Essere contenta del fatto che abbia trovato qualcuno, ad esempio!»
«Linz...» mormoro.
«Buona giornata, Eli! Salutami Alycia.» taglia corto lei, sbattendomi la porta in faccia. Rimango esterrefatta. Mi passo una mano in volto. No, quel tipo non mi convince, per nulla. Sospiro e mi avvio alla macchina. Spero solo di sbagliarmi.

 

Angolo dell’autrice

Nuova fase, nuovo personaggio, nuove tensioni. È chiaro che ad Eliza Charles non piaccia molto, anche se forse avrebbe potuto comportarsi diversamente. Lindsey, d’altro canto, sperava in una reazione decisamente diversa ed è davvero furiosa con l’amica. Come evolverà questo litigio lo scoprirete venerdì.
Ci tenevo poi a dirvi che ho iniziato una nuova storia, tutta in inglese. È una Clexa e sto postando i capitoli su AO3 (dove sono al nono, escluso il prologo) e su Wattpad (dove sono al primo, escluso il prologo). Si chiama Shallow Valley, questo è il link per AO3:
https://archiveofourown.org/works/27878281/chapters/68260053.
e questo, invece, quello di Wattpad:
https://www.wattpad.com/1011761878?utm_source=ios&utm_medium=link&utm_content=share_reading&wp_page=reading_part_end&wp_uname=Aagainst&wp_originator=SwXdFDmuJrh85TCzmLrtEdTCftqOnS8W8tmEfqV02HLytndTS1dGJtl7SSRJ4pR3MgWPJv4O4MZUf899Rz6wSamLL3hlQZ59gN98MPZW3jFhmFFvY7Jy1JjHQmdQoHn%2F
Se vi andasse di leggerla, a me farebbe solo piacere. Non penso che la tradurrò in italiano, quindi non credo apparirà qui su Efp.
Non vi annoio oltre. Vi ringrazio per le recensioni e chi legge questa storia.
A venerdì!

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Capitolo 28
*** 28.Until The End ***


28.

 

Don't change the way you think of me
We're from the same story
Life moves on, can't stay the same
For some of us, I'm worried
(Avenged Sevenfold-Until The End)

 

Alycia POV

 

Mi sveglio e mi stropiccio gli occhi. Eliza è accanto a me, seduta a gambe incrociate. È persa fra i suoi pensieri che, a giudicare dall’espressione sul suo volto, non devono essere molto gradevoli. Ieri sera, quando è arrivata da me, era quasi in lacrime. Ha solo accennato ad una discussione con Lindsey, nulla di più. Non ho indagato oltre.
«Tutto bene?» le chiedo, appoggiando la testa sulla sua coscia sinistra. Mi sorride e mi carezza i capelli
«Ieri ho litigato con Lindsey e non ci siamo chiarite. Ho solo paura di come mi comporterò con lei quando arriverà qui.» spiega.
«Vuoi parlarmene?». Si morde il labbro, indecisa. Si getta all’indietro e si appoggia alla testiera del letto. Non capisco di cosa abbia paura.
« Aly, non vorrei agitarti di prima mattina.». Mi allarmo. Che cosa diamine è successo?
«Vi hanno fatto qualcosa? Chi?». Eliza mi prende per le spalle e mi aiuta a regolarizzare il respiro. Mi bacia in fronte, con tenerezza.
«Nessuno ci ha fatto niente, tranquilla. Abbiamo solo delle divergenze d’opinione su una questione, risolveremo.». L’abbraccio e la bacio. Non avevo mai avuto così tanta intraprendenza prima. Eliza fa cadere le sue mani incerte sui miei fianchi e mi attira a sé. Mi fa sdraiare continuando a lambire il mio collo, ma quando sento le sue labbra farsi più insistenti la spingo via, bruscamente. Indietreggio, il respiro corto e gli occhi spalancati. Tremo. Mi sento a pezzi.
«Ehi, ehi, va tutto bene. Alycia, sei al sicuro, lui non è qua. Ci siamo solo io e te.». Mi stringe a sé e mi costringe a guardarla negli occhi.
«Ti amo e non ti farei mai del male. Te lo giuro.». Annuisco e nascondo il volto nell’incavo del suo collo. Mi sento così in colpa.
«Mi dispiace, io...»
«Shhh, va tutto bene. Non dobbiamo fare nulla che non ti senti, Aly.» mi sussurra. Scuoto il capo.
«È che vorrei essere in grado di lasciarmi andare.» confesso. Eliza mi culla con dolcezza. Ho sempre paura che si arrabbi ad ogni mio rifiuto. È la mia testa che mi inganna, lo so. Distorce la realtà, la piega a suo piacimento. Eppure, fatico così tanto a non ascoltarla.
«Ascoltami, un passo alla volta. Non abbiamo fretta, non ci corre dietro nessuno.». Ha ragione, lo so. Faccio per dire qualcosa, quando sento la porta al piano di sotto sbattere. Lindsey è qui e non deve essere di ottimo umore.
«Qualunque cosa succeda, ricordati che è una faccenda tra me e Linz. Non c’entri niente, né lei o io ti vogliamo meno bene.» si raccomanda Eliza, per poi sparire giù per le scale. Decido di prendermela con calma, ma le urla che provengono dal piano di sotto mi spaventano da morire. Scendo le scale e trovo Lindsey in lacrime che inveisce contro Eliza. Sono paralizzata. Vorrei chiedere cosa sta succedendo, ma dalla mia bocca non esce nemmeno una parola. Mi accovaccio per terra, incapace di dire o fare qualsiasi cosa.
«Alycia!» mi soccorre Eliza. Dietro di lei, Lindsey si butta sul divano. Impreca contro sé stessa e mi guarda, chiedendomi scusa. Rimaniamo tutte e tre così, in totale silenzio, per non so quanto. È Lindsey la prima a parlare.
«Ad Eliza non piace il mio ragazzo. Si può litigare per un motivo più stupido?». Guardo Eliza con aria interrogativa. Non capisco.
«Charles si è sentito umiliato ieri. Ho fatto una figura terribile! E io che volevo solo presentarti la persona che mi rende felice.» continua Lindsey.
«Ha iniziato a fare domande su me e Alycia!» ribatte Eliza. Sobbalzo.
«Voleva solo parlare. Se non l’avessi trattato male, l’avresti capito.» replica Lindsey. Eliza scuote il capo. Si alza e tira una manata al muro per poi scappare via, lasciando me e Lindsey da sole.
«Aly, mi dispiace tantissimo.» si scusa quest’ultima, sedendosi accanto a me. Cerco di restare il più calma possibile, anche se l’ansia mi sta trascinando a sé con veemenza. Non riesco a sopportare tutto questo. Mi sento in qualche modo responsabile, forse frequentarmi sta suggestionando fortemente Eliza. Un po’ lo spero, perché non voglio assolutamente che Lindsey frequenti una persona pericolosa.
«Non sentirti in colpa anche per questo, ti prego.». Faccio spallucce e mi accomodo contro il muro. Lindsey mi schiocca le dita davanti agli occhi, impedendo alla mia testa di imprigionarmi di nuovo.
«Quello che sta succedendo tra noi due, Aly...»
«Non riguarda me, lo so.» completo la frase, scettica. Mi porto le dita in bocca e mi mangio le unghie, in un modo quasi infantile. Lindsey mi sorride e mi abbassa le mani. La fisso intensamente.
«Dovreste chiarirvi.» dichiaro, infine. Non so nemmeno dove e come io abbia trovato il coraggio per dire una cosa simile. Rasenta la banalità, ma so che è difficile sia per Lindsey, sia per Eliza. Sono due ragazze testarde ed orgogliose, ma so anche quanto tengano l’una all’altra. Devono riappacificarsi, ne hanno bisogno. Io ne ho bisogno. Ho bisogno di entrambe.
«Vai da lei, Linz.» la esorto. Annuisce. Mi accarezza la testa scombinandomi tutti i capelli e si alza, andando alla ricerca di Eliza. Sospiro. Si chiariranno, ne sono sicura.

 

Eliza POV

 

Sono seduta in mezzo al giardino di Alycia, la testa fra le mani. Forse sto esagerando. Lindsey ha ragione, non ho dato nemmeno una possibilità a Charles. Eppure, so per certo che quel tipo non mi piace. Non posso farci niente, ho questo brutto presentimento che mi attanaglia da ieri ormai. Sono talmente immersa nei miei pensieri che nemmeno mi accorgo che Lindsey mi ha raggiunta.
«Eli…» esordisce, sedendosi accanto a me. Non le rispondo. Non so bene nemmeno che dire. Cosa devo fare? Scusarmi? Probabilmente sì, ma sarei un’ipocrita bella e buona se lo facessi.
«Se non per la nostra amicizia, cerchiamo di riappacificarci per Alycia.». Non ci vedo più.
«Non osare mettere Alycia in mezzo a tutto questo. È un problema fra te e me. E, anche se non ci credi, è proprio perché ti sono amica che sto cercando di farti ragionare su Charles.» sbotto. Lindsey sbuffa. Stringe i pugni e so che vorrebbe tirarmi uno schiaffo in questo momento. La conosco fin troppo bene.
«Potresti dargli una possibilità? Non capisco davvero cosa non ti convinca, è un bravissimo ragazzo.». È arrabbiata. Come darle torto.
«Non ne ho idea. So solo che mi sento inquieta ogni volta che mi avvicino a lui. Quando mi ha chiesto di me e Aly io ho avvertito qualcosa di strano, dell’interesse che non sarebbe dovuto esserci.»
«Stai esagerando.» commenta Lindsey.
«Lo spero.». Mi giro verso la porta. Non posso evitare di pensare ad Alycia e a quello che ha subito. Non ci riesco. Lindsey si avvicina e mi posa una mano sul braccio.
«Ascoltami, non tutti gli uomini sono dei mostri. Alycia ha vissuto qualcosa di terribile, ma io sono al sicuro.»
«Scommetto che anche lei lo credeva, prima di… Dio, non voglio nemmeno pensarci.». Ho le lacrime agli occhi. Forse mi sto davvero lasciando suggestionare da ciò che è successo ad Alycia.
«Non potrei sopportare di saperti in pericolo.» ammetto, con un filo di voce. Lindsey mi stringe a sé. Mi schiocca un bacio carico di affetto  sulla nuca.
«Non mi accadrà niente.» mi rassicura. «Però tu dagli una seconda possibilità. Venite a cena domani sera, tu e Aly.». La guardo, chiedendomi se sia impazzita.
«Ma lei...»
«Ci sto.» mi interrompe una vocina alle mie spalle. Alycia ci sta raggiungendo, raggiante. È contenta del nostro chiarimento, glielo si legge in faccia.
«Sto molto meglio, ragazze. Posso provare a venire, mi farebbe piacere conoscerlo.» dichiara. Annuisco, anche se non sono per nulla convinta. Non mi piace come idea. Non voglio che si sforzi.
«Allora è fatta, grandioso!» gioisce Lindsey. Sorrido. È un sorriso falso, di circostanza. Qualcosa non mi convince e questo brutto presentimento non mi molla. Spero solo che vada tutto per il meglio.

 

 

Angolo dell’autrice
 

Che dire, il rapporto tra Eliza e Lindsey, per la prima volta dall’inizio della storia, si sta facendo traballante. Se la prima è seriamente preoccupata, la seconda si sente non capita, non valorizzata. Alycia, invece, ha paura che le sue condizioni stiano fortemente suggestionando Eliza e, un po’ a sorpresa, sta cercando di tenere unito il terzetto. Lei sa di aver bisogno di entrambe. Eliza è la ragazza che ama, ma Lindsey è diventata una certezza, è la prima persona con cui si è confidata dopo Maia e Marny, la prima che l’ha vista stare male, la prima che ha scoperto cosa le è accaduto. Come dico spesso, Lindsey non è un personaggio secondario in questa storia, anzi. Se non fosse stato per lei, Eliza non sarebbe mai riuscita ad entrare nella camera d’albergo a San Diego. Insomma, anche se sembra che la situazione si sia calmata, non contateci troppo. È la parte finale della storia e dal prossimo capitolo premerò sul tasto dell’acceleratore, ve lo anticipo.
Ringrazio per le recensioni e chi segue questa storia.

A martedì!

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Capitolo 29
*** 29.Landslide ***


29.

 

I’ve tried to see through the darkness to see the truth hiding within
I’ve tried to break down these old walls to see this fire, the light, my life
Hiding behind these mere shadows
That follow me here into this point of a helplessness
(Awaken I Am-Landslide)

 


Eliza POV

 

Scendo dalla macchina e mi dirigo alla porta. Marny mi apre, gli occhi pieni di preoccupazione. Nemmeno lei è convinta di questa cena, ma Alycia ha insistito tanto. Sospiro.
«Sta finendo di prepararsi.» comunica Marny. «Anche tu non sei convinta, vero?»
«No, per niente.» rispondo. Mi passo una mano fra i capelli. So quanto lei tenga a Lindsey, ma ho paura che stia facendo il passo più lungo della gamba. Faccio per dire qualcosa, quando Alycia appare dalla scalinata di legno che porta a camera sua. Mi si mozza il respiro. È bellissima, anche se non indossa nulla di appariscente o particolare. Deglutisco.
«Io... Tu... Ehm...» farfuglio insensatamente. Alycia scoppia a ridere, divertita.
«Ciao anche a te.» mi saluta. Cerco aiuto in Marny, ma sta sogghignando. Divento rossa come un peperone e non ho possibilità di nasconderlo. Mi volto e corro alla porta.
«Andiamo o arriveremo in ritardo.» taglio corto, cercando di salvare la mia dignità, anche se sospetto sia troppo tardi. Faccio accomodare Alycia in auto e saluto Marny.
«Se ci dovessero essere dei problemi, non esitare a chiamarmi. Io sarò da degli amici, ma non ci metto nulla a raggiungervi.» si raccomanda. Annuisco, facendole segno di non preoccuparsi. Prendo posto al volante e metto in moto. Mi giro verso Alycia. La bacio, senza preavviso. Mi scosto e la guardo negli occhi.
«Non devi farlo per forza.» le dico, il più dolcemente possibile.
«Lindsey ci tiene tantissimo e io mi sento molto meglio. Prima o poi dovrò ricominciare ad uscire, no?»
«Beh, hai già ricominciato.» ribatto.
«Il Comic-con e il parco non fanno testo e lo sai benissimo.» obietta lei. Mi mordo il labbro mentre mi concentro sulla guida. Continuiamo il nostro viaggio in silenzio, fino a quando non arriviamo a destinazione. Alycia apre la portiera, ma io la richiudo. Mi lancia un’occhiata carica di domande.
«Che diamine...?». La interrompo, posandole un dito sulle labbra.
«Aly, promettimi che mi avvertirai se dovessi sentirti a disagio.»
«Va bene.» risponde lei, sempre più confusa. Le circondo il volto con le mani. I suoi occhi verdi mi guardano, senza capire il motivo della mia angoscia. Pensandoci su, non lo conosco nemmeno io.
«Sono seria, Aly. Promettimelo.» ripeto, dura.
«Te lo prometto. Ora, per favore, possiamo sbrigarci? O hai intenzione di cenare qua in macchina?». La lascio andare e la osservo mentre scende dall’auto e si dirige verso la casa di Lindsey, il più spavalda possibile. Si sta sforzando di apparire sicura, mi è evidente. Scuoto il capo e la seguo. Suoniamo al campanello e attendiamo. Le porto una ciocca di capelli dietro all’orecchio e le bacio una guancia.
«Ti amo.» sussurro. Non so perché abbia avuto l’impulso di ricordarglielo. Non ho idea del perché io mi stia comportando come se stessi rischiando di perderla. So solo che voglio tenerla al sicuro ed evitare che qualcuno la ferisca di nuovo. E, per la prima volta dopo settimane, ho paura di non farcela.

 


Alycia POV

 

Ad aprirci la porta è Lindsey in persona. Ci invita ad entrare, un po’ timorosa nei confronti di Eliza. Quest’ultima le sorride, mentre mi spinge dentro. Non andavo a casa di Lindsey da davvero tanto. Solo in questo momento realizzo come, in un certo senso, il mio tempo si sia completamente fermato. Vivo nel passato, non nel presente. L’immagine che ho di questa casa è, nella mia testa, completamente diversa da come è nella realtà.  
«Tu devi essere Alycia, piacere!». Mi volto. Un ragazzo piuttosto alto e con i capelli raccolti in una lunga coda mi sta tendendo la mano. C’è qualcosa di tremendamente familiare in lui. Rimango imbambolata, incapace di ricambiare il suo gesto.
«Aly, lui è Charles. Con Eliza non credo ci sia il bisogno di presentazioni.» mi viene in soccorso Lindsey. Ci fa accomodare in soggiorno, per poi sparire in cucina. Rimango in piedi, indecisa sul da farsi. Non so bene come comportarmi. Charles si avvicina, un sorriso non rassicurante stampato in volto. Eliza ha ragione, c’è qualcosa di strano in lui.
«Lindsey è molto affezionata a te.» esordisce. Annuisco, senza rispondere. Distolgo lo sguardo. Eliza ha seguito Lindsey in cucina e io vorrei maledirla in questo momento.
«Mi scuso, non volevo metterti a disagio. Se vuoi accomodarti, fai pure.» propone Charles, con gentilezza. Decido di fare come dice e mi siedo a tavola. Rimango in silenzio, la testa piena di pensieri. La sua voce mi riporta alla mente qualcuno, ma non riesco a mettere a fuoco i miei ricordi. Stringo i pugni, pregando che Eliza arrivi presto.
«Eccoci! Scusate l’attesa, spero che Charles non ti abbia annoiata troppo, Aly.» mi dice Lindsey, sbucando dalla cucina con una teglia fra le mani. Faccio segno di no e mi concentro su Eliza. Le sto chiedendo aiuto con lo sguardo. Mi schiocca un bacio sulla nuca e mi carezza la schiena.
«Quindi avevo ragione due giorni fa, state assieme?» domanda Charles. Eliza si irrigidisce.
«Se anche fosse, non sono affari tuoi.» risponde, acida.
«Eliza, tranquilla. Non ha detto niente di male.» le sussurro. Mi volto verso Charles. Ha uno strano ghigno sulle labbra, non ne comprendo il motivo.
«Quindi sei un attore?» provo ad intavolare una conversazione decente.
«Sì, ho fatto per lo più la comparsa in varie produzioni. Ho girato un piccolo film indipendente, non appena uscirà al cinema vi porterò a vederlo.». Lindsey gli bacia una guancia, fiera di quello che deve essere stato un lavoro importante per lui.
«Ho cominciato a fare l’attore durante gli anni del liceo. Ho lavorato un po’ per il teatro, per poi cercare di sfondare nel cinema. Spero che il film sia il mio trampolino di lancio.» spiega.
«Sono sicura che con tanta buona volontà ce la potrai fare.» lo incoraggio.  
«Ha talento, merita davvero il meglio.» conferma Lindsey. Charles china il capo, facendo il finto modesto. Finalmente, il clima si fa più disteso. Anche Eliza pare sciogliersi un po’. Conversiamo del più e del meno, in semplicità.
«Visto? Alla fine non sono così male.»
«Charles, hai ragione e ti chiedo scusa. Sono stata molto maleducata.» risponde Eliza.
«E io sono stato molto inopportuno. Siamo pari, Taylor.». Lindsey tira un sospiro di sollievo. Deve essere contenta di questa rappacificazione. Io me ne sto in disparte, seduta sul divano. Sono pensierosa. Charles continua a ricordarmi qualcuno. Se solo riuscissi a capire chi. So solo che, non appena mi sforzo di mettere a fuoco i miei ricordi, sento un dolore lancinante al petto. È un attimo. Non so bene di cosa stiano parlando a tavola. Sento solo la sua risata. Quella risata... Non è possibile. Sento il mio respiro andare completamente fuori controllo. Due mani si posano sui miei fianchi. Credo si tratti di Eliza, ma non mi interessa. Mi divincolo e mi ritrovo sul pavimento. Mi schiaccio contro il divano e mi raggomitolo su me stessa.
«Aly? Aly, per la miseria, che succede?» mi scuote Eliza. Non le rispondo. Non posso. Lindsey è felice, ho notato come il suo sguardo si illumina quando incontra quello di Charles. Non posso farle questo. Non posso negarle questa serenità.
«Alycia, ti prego.» insiste Eliza. Non la vedo. I miei occhi sono coperti da una spessa coltre di lacrime. Mi ritrovo a pregare che la terra mi inghiottisca per sempre.
«Via...» mormoro. Eliza mi stringe a sé. Sento che dice qualcosa a Lindsey, ma non riesco a distinguere le parole. Mi fa alzare e mi trascina in macchina. Chiude la portiera e mi abbraccia. La respingo di nuovo. Mi sento così sporca.
«Alycia, sono io.» dice, la voce tremante. Le sto spezzando il cuore, ma non riesco a fare altro.  
«Sei al sicuro qui. Siamo solo io e te.». Mi appoggio allo sportello, sempre di più. Vedo Eliza. La percepisco. Per la prima volta, però, la temo. Ho paura di chiunque, perfino di me. Nemmeno mi accorgo che ha avviato l’auto e mi ha riportata a casa. Non mi rendo conto che mi aiuta ad arrivare nella mia camera. Non mi interessa. Voglio restare sola. Ho bisogno che la terra si apra e mi trascini giù, in fondo, permettendomi di raggiungere la mia anima. Non ha più senso per me rimanere qui. Devo andarmene. Devo sparire. Devo diventare nulla. È tutto ciò che mi rimane.






Angolo dell'autrice 

Ahia, la situazione è precipitata in modo definitivo. Alycia sta precipitando in una spirale di ricordi dolorosi, che purtroppo sono molto reali. Eliza, purtroppo, non ha ancora capito chi Charles sia e non può far altro che osservare la caduta della ragazza che ama, impotente. Il prossimo capitolo sarà fra i più drammatici della storia, vi avverto fin da subito. 
Vi ringrazio tantissimo per le recensioni e per seguire questa storia. Ho scritto l'altro giorno il penultimo capitolo e posso quindi confermare che mancano una decina di capitoli alla fine. Oltre alla storia in inglese (che potete trovare su AO3 o su Wattpad), ho in mente un altro progetto, di cui sto scrivendo la bozza,vedremo cosa ne verrà fuori. 
A venerdì!

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Capitolo 30
*** 30.Nowhere Left To Sink ***


30.

 

And what I can't avoid
Keeps coming back to me
[...]
Just when I think there's nowhere left to sink
I find that these failures are in my head
(Like Moths To Flame-Nowhere Left To Sink)

 

Eliza POV

 

Salgo a fatica le scale, cercando di trascinare Alycia con me. Camera sua è l’unico luogo che potrebbe calmarla al momento, ma mi sta seguendo come se fosse un peso morto. Non cammina, nemmeno cerca di mettere un piede avanti all’altro. Le pupille sono completamente dilatate e il respiro è sempre più affannato. Ho paura, tantissima paura. Non l’avevo mai vista così, nemmeno a San Diego. La faccio sedere sul letto, ma lei neanche se ne accorge. Cerco di stringerla a me, ma senza risultati. Più ci provo, più lei mi respinge. Sono disperata. Telefono a Marny, la quale ci raggiunge poco dopo. Alycia non la degna di uno sguardo. Cerco di non scoppiare a piangere, inutilmente. Non voglio che si senta in colpa. Non voglio che stia così male.
«Alycia, ti prego, parlami.» supplico. Niente, nessun segno di vita. Si stende sul letto e si porta le ginocchia al petto. Non oso avvicinarmi a lei. Temo di romperla, di disintegrarla al minimo tocco. Decido di sedermi accanto al letto, per rimanere di veglia durante la notte. Ignoro le mille telefonate di Lindsey, le scrivo semplicemente un messaggio per spiegarle la gravità della situazione. La notte si prospetta insonne sia per me, sia per Alycia. Lei non chiude occhio e io non oso nemmeno provarci. Non voglio perderla di vista. C’è qualcosa di mostruoso che io non riesco a vedere e che sta lottando per strapparla a me. Non l’avrà.
«Bagno.» biascica, cercando improvvisamente di alzarsi.
«Ti aiut-...»
«No! Lasciami!» mi urla. So che non si sta rivolgendo a me. La sua mente non mi riconosce e fa male, da morire. La lascio alzarsi da sola e la seguo fino al gabinetto. Controllo che non ci sia nulla di acuminato e la lascio ai suoi bisogni. Mi accascio alla porta, stremata. Marny mi raggiunge e si siede a fianco a me. Dall’altra parte della porta, sentiamo chiaramente Alycia vomitare.
«Dovremmo entrare?» chiedo.
«No. Dio, mi sembra di essere tornata all’inizio di questa storia.». Marny è a pezzi quanto me. Mi abbraccia e io mi appoggio alla sua spalla.
«Non so cosa sia successo. Stavamo conversando tranquilli e, di punto in bianco, è tornata qui dentro.» racconto, picchiettando la testa con l’indice per spiegare cosa intendo dire.
«Ho chiamato la Craven, purtroppo si trova fuori città per un convegno e, anche volendo, non riuscirebbe a tornare a casa domani.» comunica Marny. Fantastico, siamo completamente abbandonate a noi stesse. Scoppio a piangere. Non è giusto. Perché non posso essere io a soffrire? Perché è lei a dover portare questa croce? Cosa ha fatto di male? Non lo merita. Dovrebbe essere felice e invece si ritrova in un bagno in piena crisi. Sferro un pugno al pavimento, piena di rabbia verso tutto e tutti, verso chi le ha provocato tutto questo dolore, verso Dio o il destino, verso di me, verso chiunque. Soffoco un urlo. Mi alzo in piedi. È da troppo che Alycia è lì dentro. Busso. Nessuna risposta.
«Aly, apri!» ordino. Silenzio. Io e Marny stiamo già per sfondare la porta, quando sentiamo il rumore dello sciacquone. Tiro un sospiro di sollievo che si trasforma però in panico puro non appena la porta si apre. Alycia è in lacrime e si appoggia a fatica al muro. Respira in modo irregolare e ha lo sguardo completamente spento. Si muove automaticamente verso la sua stanza. Entra e cerca di chiudersi dentro. Io e Marny ci scambiamo un’occhiata d’intesa e comincio a correre, disperata. Blocco la porta e spingo, impedendo che possa rimanere sola in camera.
«Lasciami!» grida. La guardo con tutto l’amore di cui sono capace. No, non posso lasciarla andare. Non me lo perdonerei mai.
«Ti amo.» le dico, in un sospiro. Per quanto la mia voce sia bassa, Alycia sente le mie parole. Lascia a poco a poco la presa sulla maniglia della porta e le sue gambe cedono. La prendo al volo e ci ritroviamo entrambe accovacciate per terra.
«Eliza, io...»
«Shhh, va tutto bene.» la rassicuro, carezzandole la fronte.
«Non farmi del male.». A quella richiesta mi si spezza il cuore. Ma come potrei mai fargliene? Continuo a carezzarle il capo. Voglio che riconosca il mio tocco, che capisca che non tutti i contatti portano dolore e ferite. Stringe le mani a pugno e se le porta al volto. Le cingo i polsi e le faccio abbassare le braccia. Voglio che mi veda. Ne ho bisogno.
«Aly, guardami.» la prego. Scuote il capo e chiude gli occhi. Non ho intenzione di demordere. Che non sarebbe stato semplice lo sapevo. L’ho sempre saputo. Non l’amerò di meno per questo.
«Alycia, sono io. Siamo solo io e te qui, ora. Nessuno ti farà del male. Nessuno oserà toccarti. Guardami, ti prego.». Non so cosa la spinge a cedere. Non ho idea di chi devo ringraziare per questo piccolo miracolo. Schiude lentamente le palpebre, fino a fissare i miei occhi azzurri con le sue iridi smeraldine.
«Ti amo.» le ripeto, con la speranza che possa capire quanto vale per me.
«Perché?» chiede. Non so cosa rispondere. Non so nemmeno se una risposta esista. Non c’è un perché, un motivo. La amo e basta.
«Perché sei tu, Aly.» dichiaro. Piange ancora più forte e, finalmente, si appoggia alla mia spalla. Titubante, comincio a carezzarle la schiena, ma la sento irrigidirsi.
«Sono io. Non ti farei mai del male. Non sono lui, Aly. Sono Eliza.». Sembra rilassarsi e io tiro l’ennesimo sospiro di sollievo della serata. Nasconde il capo nell’incavo del mio collo e si sfoga. La lascio fare, ne ha bisogno. Dietro di me, Marny mi domanda se è tutto a posto e io non so bene che rispondere. Di sicuro va meglio di prima, ma non penso che la situazione sia ottimale. Si siede accanto a noi e massaggia con tenerezza la nuca di Alycia che pare cominciare a calmarsi. Il suo respiro torna un po’ più regolare e anche i suoi occhi sono meno neri di prima. La mettiamo a sedere sul letto e io mi accomodo accanto a lei. So che dovremmo parlare. Ne è cosciente anche Marny. Con la Craven fuori città, non possiamo permetterci di passare almeno un altro giorno e un’altra notte in queste condizioni. Non dopo tutti i passi in avanti che le ho visto fare.
«Mi dispiace.» mormora. Marny le accarezza le gambe e le fa segno di non preoccuparsi. Sospira. So cosa sta per succedere e sono terrorizzata.
«Aly, senti, perché non ci racconti cos’è successo?» le chiede. Alycia fa no con la testa.
«Aly, ascoltaci, sai anche tu che non possiamo trascorrere un altro giorno così.»
«Marny...» provo ad addolcirla un po’, ma lei mi fa segno di tacere.
«Scusate...»
«Aly, non è colpa tua. Proprio per questo abbiamo bisogno di sapere chi o cosa ha scatenato tutto questo. Parla con noi, ti prego.» insiste Marny. Alycia china il capo, come se volesse nascondersi da noi.
«Non posso.» mormora. Mi mordo il labbro. La stringo a me e la costringo a guardarmi negli occhi.
«Sì che puoi. Alycia, lasciati aiutare. Noi siamo qua per te e con te. Ti prego, parlaci.». Inspira ed espira. Chiude per qualche secondo gli occhi, per poi riaprirli. Indietreggia, fino a schiacciarsi contro la testiera del letto. Abbassa di nuovo lo sguardo. Ho paura. Parlerà, lo so. Sono terrorizzata da quello che uscirà dalla sua bocca.
«Ero alla festa e ci stavamo divertendo. Ero con Marie e Lindsey, se non mi ricordo male.». Assumo un’espressione confusa. Sta parlando della sera dell’aggressione?
«C’era un ragazzo quella sera. Era gentile e abbiamo iniziato a parlare del più e del meno. Mi ha invitata a ballare, ma io ho rifiutato. Non ne avevo voglia e, inoltre, avevo bisogno di parlarti, Eli. Volevo dirti che ero riuscita ad ottenere un ruolo importante in un bel film. Inutile dire che ho dovuto rinunciarci.» continua a raccontare. Ha la voce meccanica, sta parlando per inerzia.
«Ricordo che mi hai vista e mi hai detto di aspettarti, che saresti andata in bagno e poi venuta da me.» asserisco. Alycia annuisce.
«Ci sono andata in quel bagno. Le luci al neon erano fortissime. Ho sentito qualcuno entrare e chiudere la porta. Era lui. Mi ha parlato. Non ricordo cosa mi ha detto, so solo che ero terrorizzata. Mi è saltato addosso e mi ha tappato la bocca. Ho provato a reagire, ma non ce l’ho fatta.». Scoppia a piangere. Non capisco perché ci stia raccontando tutto questo. C’è qualcosa che mi sfugge e che mi fa paura. Mi avvicino a lei e le chiedo con lo sguardo il permesso di abbracciarla. Non oppone resistenza. La cullo, mentre io e Marny ci scambiamo occhiate cariche di preoccupazione.
«Non so come io sia riuscita a liberarmi. Mi sono rialzata e rivestita e gli ho tirato un pugno. Ho corso fino alla porta, ma lui mi ha ripresa. L’ho visto armeggiare con i pantaloni e ho temuto che ricominciasse da capo. La musica era altissima e nessuno sentiva le mie urla. Ha estratto un coltello e mi ha colpita al ventre, senza andare troppo in profondità. Non voleva uccidermi, solo umiliarmi e mettermi al mio posto. Me l’ha detto lui.». Ho il cuore in gola. Mi sento così in colpa. Ero lì, a pochi passi da lei, e non sono riuscita ad aiutarla. Aveva bisogno di me, ma io non ho fatto nulla per soccorrerla. La stringo forte. Come mai potrà sentirsi al sicuro, se il mondo l’ha inghiottita e poi rigettata indietro?
«Eli...» mi chiama.
«Sono qui.». Per la prima volta, alza lo sguardo di sua spontanea volontà. Posso leggere tutto il suo dolore in quegli occhi verdi.
«Non è colpa tua. Non avresti potuto fare niente.». Cerco di incamerare quanta più aria possibile. È incredibile come anche ora cerchi di sollevarmi dal peso del rimorso. Vorrei poter fare lo stesso. Vorrei farle capire che le responsabilità sono solo di una persona.
«Nemmeno tua, Aly.». Cala il silenzio. Neanche Marny conosceva la verità in modo così dettagliato. Alycia fa segno di voler continuare il suo racconto.
«Mi ha imposto di non farne parola con nessuno e se n’è andato. Io ero sanguinante e dolorante e non sapevo come comportarmi. Non capivo niente. Mi vergognavo da morire. Ho approfittato del buio della sala per scappare via. Sono salita su un taxi, ma il conducente si è accorto della ferita. Mi ha portata in ospedale ed è rimasto con me fino a quando Pete, Maia e Marny non mi hanno raggiunta. Il mio agente è riuscito ad evitare una fuoriuscita di notizie e ha avvisato la mia famiglia. Mi hanno detto che, in un certo senso, me l’ero cercata, che avevo deciso io di andarmene da sola negli Stati Uniti e che avrei dovuto cavarmela per i fatti miei.». Mi volto verso Marny che, con un cenno del capo, conferma il tutto. Solo ora realizzo perché continua a chiedermi come mai io non la lasci. Dio, mi sento un’idiota per non aver capito nulla.
«Per tutto questo tempo, ho dimenticato la sua faccia. Ricordavo solo una figura nera e la sua risata. Dio, era orribile. Rideva come un pazzo mentre mi incideva con il suo coltello. Era così divertito. Io piangevo e lui rideva!». Deglutisco. Ho una voragine al petto. Vorrei tornare indietro nel tempo e salvarla da tutto questo.
«Non l’ho mai più sentita, quella risata. E ne ero felice, Eli. Non l’ho mai più sentita, no, fino a stasera.». La terra mi trema sotto i piedi. Di colpo, tutto assume un senso nuovo, terribilmente spaventoso.
«Aly non... È stato lui, vero? È stato Charles?». Non risponde. Si accuccia ancora di più al mio seno. Io e Marny non sappiamo cosa fare. Stringo i pugni. Sento la rabbia montarmi dentro, inarrestabile. «La pagherà, Aly. Te lo giuro.» le prometto, la voce tremante. Già, eccome se la pagherà. Ora bisogna solo dirlo a Lindsey. 

 

 

 

Angolo dell'autrice

Questo è uno dei capitoli che ho trovato più difficili da scrivere. Tutta l'insensatezza, le domande senza risposta, il dolore emergono prepotentemente e la verità è che Alycia riesce a guardarli in faccia solo grazie ad Eliza e Marny. E, tuttavia, ora ha due strade: provare a superare tutto questo o lasciarsi schiacciare. Cosa succederà lo vedrete nei prossimi capitoli.
Vorrei spendere due parole su Eliza. Come le disse Bob molti capitoli fa, stare davanti al dolore di qualcun altro è forse uno degli atti più coraggiosi che possano esistere. Non è semplice sentirsi dire "Non farmi male" dalla persona che ami. Non è semplice vedere la persona che ami cadere nell'abisso e non riuscire a strapparla all'oscurità. E lei ne è consapevole, tanto da cercare (invano) di non piangere. Che non sarebbe stato facile l'ha sempre saputo. Eppure, non le importa, perché tutto quello che le interessa è Alycia e il suo bene, null'altro. Grazie al cielo non è sola e Marny si rivela una compagna preziosa.
Vi ringrazio tantissimo per i commenti e per seguire questa storia.
A martedì!

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Capitolo 31
*** 31.The Depths ***


31.

 

I wonder how we've come so far
When everything we used to be
Has now been washed away

(Awaken I Am feat. Jonny Craig-The Depths)

 

Eliza POV

 

Sono davanti alla casa di Lindsey e non ho mai avuto più ansia di così. L’idea di rivelarle la verità su Charles mi era sembrata intelligente, ma non so come lei potrebbe prenderla. C’è anche la possibilità che non mi creda. Inspiro ed espiro e stringo i pugni per farmi coraggio. Devo farlo. Devo salvare Lindsey da quel verme. Suono il campanello e attendo, ma ad aprirmi non è la mia amica, bensì Charles. Indietreggio, spaventata.
«Eliza, prego, accomodati.» mi invita ad entrare.
«Lindsey non c’è?» chiedo. Non ho la benché minima intenzione di ritrovarmi da sola con lui. Charles mi squadra, sospettoso.
«Te la chiamo subito. Entra pure.». Accetto il suo invito e attendo seduta sul divano. Sono nervosa. Non so come Lindsey reagirà e la cosa mi spaventa. Quando la vedo arrivare, un timido sorriso compare sulle mie labbra. Almeno a lei non fa del male.
«Eliza, non mi aspettavo una tua visita! Tutto bene? C’è qualche problema con Alycia?». Mi mordo il labbro. Charles è dietro di lei e mi osserva, imperturbabile. Ha capito che io so.
«A dire il vero, sì.». Lindsey assume un’aria preoccupata e si siede accanto a me. Charles non se ne va e io vorrei solo saltargli addosso e pestarlo a sangue.
«Ho bisogno di parlare con te in privato.»
«Oh, andiamo, Charles è uno specialista per quanto riguarda i problemi amorosi.». Già, soprattutto se è a causa sua che non sono nemmeno in grado di sfiorare la ragazza che amo.
«Non è un problema di coppia, Linz. Riguarda Alycia. Nel caso te ne fossi dimenticata, ieri è stata malissimo proprio qui, su questo divano.» insisto. Lindsey china il capo. So che non è totalmente colpa sua, quel tipo la sta sicuramente manipolando a proprio piacimento. Fa segno a Charles di allontanarsi e lui obbedisce, pur se con una certa reticenza. Finalmente io e Lindsey restiamo sole. Mi schiaccio allo schienale del divano e cerco di capire da che parte iniziare. Non so davvero che pesci pigliare.
«Eli? Mi sto spaventando.». E fai bene, Linz.
«Dunque... Tu sai cosa è successo ad Alycia, no?» esordisco, insicura. Lindsey annuisce. Mi gratto la nuca, indecisa se proseguire o meno. Devo farlo, per il suo bene e quello di Alycia.
«Ecco, ieri sera mi ha raccontato i dettagli di quello che è successo. È stato raccapricciante, Linz. Quel verme le è saltato addosso, quando poi lei è riuscita a liberarsi l’ha colpita ripetutamente con il coltello. Voleva metterla al suo posto, così le ha detto.». Lindsey si irrigidisce. È disgustata.
«Perché mi stai raccontando tutto questo? Non pensi che, forse, sia lei a dovermene parlare?» mi chiede.
«Mi ha detto Alycia di farlo.» rispondo.
«E per quale motivo, di grazia?». Sembra nervosa e non mi piace. Mi passo una mano sul volto. Non esistono parole giuste, non in questo caso. Le prendo le mani fra le mie, forse più per fare coraggio a me che ha lei.
«Linz, ascoltami, quello che sto per dirti potrebbe sconvolgerti, ma non ho scelta. Non posso restare in silenzio, non dopo ciò che ha subito Alycia.». Lindsey mi scruta, sempre più confusa. Prendo un bel respiro.
«Charles... È stato lui.» rivelo, infine. Lindsey sbatte le palpebre con fare compulsivo, senza fiatare. Poi, senza preavviso, mi tira uno schiaffo. Mi massaggio la guancia, sorpresa da quel gesto.
«Linz, ma che diavolo fai?»
«Non osare! Stai esagerando ora, so che non ti piace, ma accusarlo di una cosa del genere... Santo Dio, è troppo!» urla.
«Lindsey, non c’entra nulla il fatto che mi stia antipatico. Non è come pensi, è stato davvero lui! Devi credermi!» provo a farla ragionare.
«Accusarmi di cosa?». Alzo gli occhi al cielo. Parli del diavolo e ne spuntano le corna. Charles ci osserva e lo so che gode nel vedere Lindsey prendere le sue difese. Lo odio ancora di più per questo.
«Avanti, Linz. Chiediglielo! Chiedi al tuo bravissimo e onesto ragazzo se non è vero ciò che dico!». Sono disperata e nemmeno mi accorgo che sto giocando la carta del suicidio. Lindsey china lo sguardo per qualche istante, per poi rialzarlo e voltarsi verso Charles.
«Sostiene che tu abbia violentato e pugnalato Alycia. Dimmi che non è vero, ti prego.». Sono un’idiota e mi sono fottuta con le mie stesse mani, lo realizzo solo in questo momento. Charles mi lancia un’occhiata compiaciuta, la stessa di chi sa già di aver vinto.
«Amore, è uno scherzo, vero? Ma come puoi anche solo pensare che io sia in grado di fare una cosa simile! Oltre al fatto che ho conosciuto Alycia solo ieri.»
«Ah, quindi se l’avessi conosciuta prima, l’avresti toccata?» vado all’attacco, sperando che si tradisca. Inutilmente.
«Non ho mai detto questo, Eliza. So che non ti piaccio ed è un peccato, io ho sempre provato una grande ammirazione nei tuoi confronti. Speravo solo che il nostro rapporto continuasse a rimanere umano, per Lindsey.». Non ci vedo più.
«Brutto pezzo di me-...». Non faccio in tempo a colpirlo, che Lindsey mi si para davanti.
«Linz, ti prego. Non puoi credere a lui, sei una delle mie migliori amiche.» la supplico. Scuote il capo.
«Già, pensavo lo stesso di te, Eliza.» dichiara, mesta. Sento le lacrime inumidire le mie guance.
«Ti sta manipolando, Linz. Perché non riesci a vederlo?»
«Fuori da casa mia!» urla. Non mi ha mai parlato così. Non me lo sarei mai aspettata. Tiro un pugno al divano e mi avvio alla porta. Dietro Lindsey, Charles ghigna, trionfante.
«Non finisce qui. Ci vediamo dalla polizia.».

 

Alycia POV

 

Non vedevo un poliziotto dal giorno dell’aggressione. Eliza e Marny mi hanno convinta a denunciare Charles, ma io non mi sento tranquilla, per niente. Lo stanno interrogando, mentre noi attendiamo in corridoio. Lindsey è seduta di fronte a noi e fissa Eliza come se le volesse saltare al collo. Il tempo sembra non passare mai. Sono sempre più nervosa e la mia gamba fa su e giù, senza essere in grado di fermarsi. Dopo quella che mi sembra essere stata un’ora, finalmente la porta della sala interrogatori si apre. Charles esce, sorridente. No, non è possibile.
«Lo lasciate andare così?» chiede Eliza, basita.
«È quello che succede quando accusi una persona innocente, Taylor.» le risponde Lindsey, furiosa.
«Lui non è innocente!» ribatte Eliza, lanciandosi contro Charles. Marny la ferma appena in tempo e la stringe a sé, per calmarla. Sto tremando come una foglia, ma nessuno se ne accorge.
«Per me sei morta.» sibila Lindsey, spingendo Eliza contro il muro. Quest’ultima scuote il capo, in lacrime, mentre osserva quella che era la sua migliore amica sparire oltre la porta. Non riesco a credere che Lindsey pensi che mi stia inventando tutto. Non ce la faccio. Mi accascio al suolo e scoppio a piangere. Eliza mi si avvicina e mi carezza la schiena, ma io mi allontano. Sono di nuovo una larva.
«Mi dispiace.» mormora il detective che si è occupato dell’interrogatorio.
«Le dispiace? E allora perché l’ha lasciato andare?» si infuria Eliza. Il poliziotto china il capo.
«Assenza di prove. Anche volendo, non avrei mai potuto trattenerlo qui. Ha un alibi, indagherò per verificare se i suoi amici hanno dichiarato il vero, ma per ora rimane la parola della signorina Debnam-Carey contro la sua. D’altronde, lei stessa ha dichiarato che dalle labbra della sua ragazza non è mai uscito il nome di Charles Purcell. Una risata non è abbastanza per incastrare qualcuno.» spiega il detective.
«Assenza di prove? Ma se è stata in ospedale!» ribatte Marny. Chiudo gli occhi. Mi viene da vomitare. Non voglio pensare a quella notte. Non voglio ricordare. Vorrei poter dimenticare per sempre, seppellire ogni briciola della mia memoria sottoterra per sempre.
«Io mi ricordo della signorina Debnam-Carey. Purtroppo in ospedale aveva nascosto l’accaduto, dichiarando che il rapporto fosse stato consensuale. Non c’è la possibilità di effettuare un test del DNA.». Non resisto più. Osservo i succhi gastrici sul pavimento. Puzzano, esattamente come la mia anima. Sono fetore, nient’altro che un’erbaccia da estirpare. I suoni si fanno sempre più ovattati. Percepisco la voce di Eliza. Mi sta chiamando, ma io non ho la forza per rispondere. Il mondo gira attorno a me, un vortice silenzioso che mi avvolge, distorto. E poi, il buio mi cattura.

 

Angolo dell’autrice 

La situazione è ormai completamente fuori controllo. Non prendetevela troppo con Lindsey, Charles la sta manipolando a suo piacimento da oltre un mese e, purtroppo, è riuscito nel suo intento.
Alycia sta sprofondando nuovamente nella sua testa. Questa volta sarà durissima, vi avviso e, per quanto Eliza stringerà i denti, sarà difficile riuscire a tirarla fuori.
Il prossimo capitolo sarà molto tosto, ma riserverà comunque delle sorprese.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, volevo avvisarvi che ho scritto l’ultimo e quindi è ufficiale, questa storia ne avrà trentanove.
Grazie per le recensioni! A venerdì!

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Capitolo 32
*** 32.I’ll Be ***


 

32.

 

And you're my survival, you're my living proof.
My love is alive and not dead.
[...]
And I'll be your crying shoulder,
I'll be love's suicide
And I'll be better when I'm older,
I'll be the greatest fan of your life.
(Edwin McCain-I’ll Be)

 

Eliza POV

 

Sono passate due settimane e Alycia è sempre più giù di morale. Non dorme, ha incubi ad occhi aperti e non si lascia nemmeno sfiorare. Mi fa avvicinare a malapena, ma non mi permette di toccarla, abbracciarla o baciarla. Nemmeno la Craven sa bene cosa fare. Dopo l’ultima seduta ha convocato me e Marny e ci ha messe di fronte alla cruda realtà: Alycia rischia il ricovero. Mi sento così inutile. Sospiro. Mi rigiro nel letto e allungo il braccio. Alycia non c’è. Mi metto a sedere e accendo la luce. Niente, non la vedo. Sento il cuore uscirmi dal petto. Ho paura. Sono terrorizzata dall’idea che Alycia abbia deciso di farsi qualcosa. Mi alzo e comincio a cercarla, urlando il suo nome a gran voce. Non risponde. Sto sudando freddo. Non è nemmeno in bagno. Scendo le scale e mi ritrovo al piano di sotto. La porta è chiusa dall’interno, segno che è ancora in casa. Un orrido sospetto mi assale. Mi precipito al bagno del pian terreno e provo ad entrare, ma la porta è bloccata.
«Alycia, no! Apri» grido, spingendo la maniglia. Sento solo silenzio, un inquietante, allarmante silenzio. Mi viene da vomitare.
«Alycia, ti prego, apri la porta! Ti scongiuro.» supplico. Ho le lacrime agli occhi. Sto piangendo e mi sento mancare. Vorrei che Lindsey fosse qui, lei saprebbe cosa fare. Mi accascio al muro. Cosa farebbe Clarke Griffin? Come si comporterebbe? La verità è che io non sono Clarke. Non sono coraggiosa, né intraprendente. Sono solo Eliza e non posso fare niente per salvare la persona che amo. In effetti, io e Clarke in questo siamo simili. Mi alzo in piedi. Forse dovrei chiamare il 911. O forse Marny. O dovrei riprovare con Lindsey. Non lo so, non ne ho la minima idea. Mi dirigo in camera e prendo con me una sedia. Non sono così muscolosa, ma devo tentare il tutto per tutto. La lancio contro la porta, riuscendo ad incrinarla leggermente. Spingo più che posso. La spalla mi fa malissimo, ma non mi interessa. Finalmente, la porta si apre. Mi si gela il sangue nelle vene. Alycia è nella vasca, immersa fino ai capelli e del tutto priva di conoscenza. Non ci penso due volte e la trascino fuori. La adagio sul pavimento e la osservo, terrorizzata. È fredda, terribilmente fredda. Le sue labbra sono blu. Sono paralizzata.
«Aly, ti prego.» mormoro, tra le lacrime. Decido di provare con il massaggio cardiaco, come mi ha insegnato Marny. Non penso abbia ingerito qualche sostanza, non vedo tubetti in giro.
«Avanti Alycia, ti prego, ti prego.». Niente. Comprimo il suo torace disperata. Appoggio la bocca alla sua e insufflo. Niente.
«No Aly, non provarci nemmeno per scherzo. Non ci pensare nemmeno, per la miseria, resta con me!». Non so se siano passati secondi, minuti o ore. Non riesco a capirlo. So solo che quando vedo Alycia aprire gli occhi e la sento sputare l’acqua che aveva nei polmoni, mi sento rinascere. La stringo a me e scoppio a piangere. La sento divincolarsi, ma non ho intenzione di lasciarla andare. Vorrei arrabbiarmi e dirle che non lo deve fare mai più, ma non posso. La perderei.
«Io ti amo.» sussurro, la voce tremante. Si appoggia finalmente alla mia spalla e chiude gli occhi, tra mille singhiozzi. Le accarezzo la schiena nuda e le bacio il capo. Sono fradicia, ma non me ne curo. Le bacio il capo. Forse dovrei chiamare un’ambulanza, ma so che lei non me lo permetterebbe mai.
«Scusa.» mormora. Non le rispondo e la prendo in braccio, portandola in camera da letto. La aiuto a sedersi e le faccio segno di restare ferma. Si copre istintivamente la cicatrice sul ventre con la mano e io mi sento morire. Stringo i pugni. Devo essere forte ora, per lei. La avvolgo in un asciugamano pulito e la abbraccio, invitandola silenziosamente a piangere. Ha bisogno di sfogarsi, lo so. La sento esitare non appena realizza il contatto fra di noi, ma alla fine cede. Le sue lacrime mi inzuppano definitivamente il pigiama e non ne sono mai stata più contenta. È vero, è una vista che fa male, ma almeno Alycia è viva.
«Meriti di meglio.» la sento mormorare. La cullo, canticchiando.
«Aly, il meglio che mi immaginavo per la mia vita non è nemmeno lontanamente comparabile a te.»
«Ma sono spazzatura!» obietta. Le carezzo delicatamente il volto e mi immergo nei suoi occhi verdi. Le sorrido.
«Sei rotta, ferita, ammaccata forse, ma no, non sei spazzatura, non pensarlo nemmeno. Hai subito qualcosa di orribile, che va al di là dell’umana comprensione, ma non ne hai alcuna responsabilità.». Voglio solo che lo capisca, lei non ha colpe per ciò che le ha fatto quel mostro.
«Io ti amo.» le ripeto, cercando di mostrarle quanto vale ai miei occhi.
«Io... Io vorrei... Ho paura...» farfuglia lei. Sospiro.
«Lo so, ma non mi importa.» la rassicuro. Le schiocco un bacio in fronte e faccio per alzarmi e andarle a prendere un pigiama pulito, ma lei mi ferma, afferrandomi per il polso. Mi giro e la osservo, confusa.
«Sto andando a prenderti il pigiama.» le dico, ma lei mi trascina a sé. Mi ritrovo nuovamente seduta accanto a lei, ma non riesco a comprendere le sue intenzioni.
«Aly, morirai di freddo.» insisto, ma lei non mi lascia andare. Allunga timidamente la mano e contorna con il dito i lineamenti del mio volto. La lascio fare, sempre più confusa. Mi prende la mano e la porta sul suo viso, invitandomi a fare lo stesso. Obbedisco a quel muto ordine, senza capire. La vedo cominciare a tremare e mi ritraggo, spaventata.
«Eli...» mormora.
«Sono qui.» le rispondo. Non capisco cosa stia succedendo. Sento che mi vuole dire qualcosa, ma non riesce.
«Io... Io ho bisogno di...» bisbiglia, quasi piangendo. Le carezzo i capelli, sforzandomi di intuire di cosa ha bisogno ora. Non mi viene in mente nulla. Mi riprende di nuovo la mano e la avvicina a sé. Sta tremando. Di colpo, realizzo cosa vuole fare e vado nel panico.
«Aly...». Mi ignora. Sento il mio palmo posarsi sulla sua cicatrice. È in rilievo, un po’ dura al tatto. Mi muovo, tentando di essere il più delicata e amorevole possibile.
«Ho bisogno che tu... Che tu mi faccia vedere, Eli.». Comprendo cosa sta provando a dirmi, ma ho paura delle implicazioni che ciò richiede. Non so se è pronta. Non so se io sono pronta.
«Aly, io non...» provo a dire, inutilmente.
«Ti prego.» insiste. Mi mordo il labbro. Sono terrorizzata. Mi avvicino al suo viso e deglutisco. I suoi occhi mi penetrano, senza lasciarmi alcuna via di fuga. Non resisto più. La bacio, dosando la mia foga. Non voglio farle del male. Non voglio che pensi che io mi stia approfittando di lei. La aiuto a stendersi e continuo a baciarla, a venerarla. Le prendo con delicatezza le mani e la invito a togliermi la maglia del pigiama e, in un secondo momento, mi sbarazzo anche dei pantaloni e dell’intimo. Siamo pari adesso, uguali. Le sorrido e la bacio di nuovo. Passo le mie labbra prima sul suo collo, poi sulla spalla, poi sul suo petto, soffermandomi sui seni. La sento gemere e la guardo negli occhi, preoccupata. Mi sorride timidamente, invitandomi a proseguire. Continuo la mia discesa e mi soffermo sulla sua cicatrice. La bacio e l’accarezzo, con tenerezza.
«Non permetterò mai che qualcuno ti faccia di nuovo del male. È una promessa.» le sussurro all’orecchio. La bacio di nuovo sulle labbra. Voglio venerarla, adorarla come merita. Voglio che stanotte scopra che esiste un’alternativa alla violenza che ha subito. Voglio che la veda. Voglio che si veda. Entro in lei, con una muta promessa di bene. Sarò per sempre al suo fianco, non posso fare altrimenti. Non per pietà o dovere, ma perché ne va della mia stessa vita. Non riesco a concepirmi senza di lei, non più ed è, paradossalmente, il sentimento più liberante che abbia mai provato in vita mia.
«Io ti amo.» le ripeto all’orecchio, chiedendole con lo sguardo il permesso di proseguire. Stavolta è lei a baciarmi, invitandomi a continuare. È incerta, ma allo stesso tempo ha bisogno che io lo faccia. Mi muovo in lei, con delicatezza. Voglio che mi senta. Voglio che capisca quanto sia preziosa. Non è il dolore che le ha inflitto Charles, è molto di più. E io sarò accanto a lei ogni giorno per ricordarglielo.





Angolo dell'autrice 

Questo è un capitolo speciale per me. Alycia passa dalla disperazione più totale, ad un appiglio. Inizialmene, crolla. Il tracollo era abbastanza prevedibile purtroppo. Sta rivivendo un incubo ad occhi aperti e, inoltre, ha perso Lindsey. Eppure, cambia qualcosa. Ad un certo punto, vuole tornare a vedere che c'è qualcosa per lei oltre il dolore che prova. E grazie ad Eliza ce la fa. Eliza è il mezzo tramite cui tornare a vedere che il mondo può anche riservare qualcosa di positivo. E anche lei ne è consapevole, tanto da avere una paura incredibile di romperla in mille pezzi, ma alla fine non si tira indietro. E non lo fa per approfittarsene, ma perché vuole mostrarle che è molto più di tutto il male che le è stato inflitto.
Spero che vi sia piaciuto. Vi ringrazio per i commenti e per leggere e seguire questa storia.
A martedì. 

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Capitolo 33
*** 33.My Heart ***


 33.

 

I am finding out that maybe I was wrong
That I’ve fallen down and I can’t do this alone
Stay with me
This is what I need, please
(Paramore-My Heart)

 

Alycia POV

 

Sento un peso sul mio stomaco. Apro lentamente gli occhi, cercando di abituarmi a poco a poco alla fioca luce che filtra dalle tende. Non ho avuto incubi stanotte, per la prima volta dopo due settimane. In compenso, ho un mal di testa allucinante. Mi porto una mano alla fronte e faccio per mettermi a sedere, ma qualcosa mi tiene ancorata al materasso. Abbasso lo sguardo. Sono ancora mezza addormentata e non realizzo subito che ciò che non mi permette di alzarmi non è un oggetto, ma un braccio. Vado nel panico. Non riesco a mettere del tutto a fuoco ciò che è successo stanotte. Una fortissimo senso di nausea mi investe. Ho bisogno di vomitare e di chiudermi in bagno. Ho bisogno di seppellirmi nella vasca. Frammenti di ricordi terribilmente vicini riaffiorano nella mia mente. Vedo l’acqua che mi circonda, in un incubo ad occhi aperti.
«Ehi.» mi richiama una voce calda, così familiare. Mi volto. Eliza mi sorride. Mi carezza una guancia, con fare gentile. Abbasso lo sguardo. Sono nuda e non mi sono mai sentita più fragile e vulnerabile di così. Sento le sue mani circondarmi il volto e costringermi a guardarla in faccia. Deglutisco.
«Va tutto bene, Aly. Ci sono io con te.» sussurra. Mi bacia la fronte e io non resisto più. Scoppio a piangere e mi nascondo nell’incavo del suo collo. Siamo pelle contro pelle, ma è un contatto così diverso da quello di questa notte. Non c’è malizia, non c’è voglia di conoscersi. C’è solo bisogno, puro e semplice. Ho bisogno che lei resti qui con me. Ho bisogno che lei non se ne vada, che mi mostri la strada. Non posso farcela da sola. Non questa volta. Non più.
«Eli, io...» provo a cominciare un discorso. Non so nemmeno cosa voglio dire, in realtà. Eliza posa il dito indice sulle mie labbra, interrompendo subito il flusso di pensieri completamente insensati in cui stavo per annegare. Contorna i lineamenti del mio viso con il dito della mano. Non c’è violenza in quel tocco, solo immensa, infinita dolcezza. Finalmente comincio a rilassarmi. Non ho rimorsi riguardo a questa notte e non voglio che lei lo pensi. È solo che ho paura. Non di Eliza, sia chiaro. Non temo lei. So che non mi farebbe del male. No, io ho paura di me. Ho paura della mia mente. Ho paura che, in fondo, nemmeno l’amore che Eliza prova per me possa bastarmi. E so che è così, so che nemmeno lei può regalare un senso alla mia vita. Anche Eliza ne è consapevole, lo è sempre stata. Nessuno potrà mai veramente salvarmi, nemmeno lei. Nessuno potrà mai davvero farmi tornare come nuova. Al massimo, potrà aiutarmi a rimettere insieme i cocci, ma non potrò mai nascondere la frattura che ha devastato la mia anima. Cosa succederà quando il dolore sarà troppo forte? Questa notte sono stata fortunata, lei era qui con me ed è riuscita ad arrivare in tempo. Non sarà sempre così, lo so. Non posso appoggiarmi a lei, non posso trascinarla a picco con me. Eppure, al tempo stesso, ho bisogno che lei mi stia accanto. Ho bisogno della sua presenza. Ho bisogno che sia lei a rimettere a posto i cocci. Sì, lo so, la strada che mi si presenta davanti non potrà percorrerla nessuno al mio posto, ma desidero che Eliza mi aiuti a camminare, passo dopo passo.
«Mi dispiace per questa notte.» esordisco.
«Non hai nulla di cui scusarti, Aly. Non è colpa tua.» risponde Eliza.
«No, Eli, fammi proseguire. Mi dispiace. Tu non meriti di trovarmi in condizioni simili. Soprattutto, mi dispiace perché è come se non riuscissi a vedere che un’alternativa a tutto questo dolore esiste. Io... Io vorrei poterti promettere che ce la farò, che sarò in grado di darti ciò che meriti, ma la verità è che non ho questa certezza. Non so se domani sarò lucida o se sprofonderò di nuovo nella mia mente. Non so se tra cinque minuti io sarò ancora qui o in quel bagno. Tu meriti di essere felice e ho paura che con me non lo sarai mai.». Ho la voce tremante e sento lo stomaco bruciare.
«Alycia, non...» prova a ribattere, ma la fermo. Devo continuare. Deve sentire quello che ho da dire.
«Fammi finire, ti prego. Io non so come starò fra cinque minuti. Né so se tu sarai mai abbastanza per me.». La vedo sussultare. Si mette a pancia in su e si copre il volto con le mani. L’ho ferita, lo so. Sospiro.
«Quello che voglio dire è che, però, ho bisogno di te al mio fianco. So che non sarà semplice e che potrei arrivare a un punto di non ritorno, ma al momento è tutto ciò che desidero. La tua presenza potrebbe non salvarmi, ma ho bisogno che tu sia al mio fianco in questo cammino tortuoso che mi si staglia innanzi.». Quando finisco di parlare, sento la bocca secca. Sto tremando e non riesco a calmarmi. Chiudo gli occhi. Sono terrorizzata dalla reazione di Eliza alle mie parole. Non le ho mai nemmeno risposto al suo Ti amo e ora, invece, le dico questo? Di che peso la sto caricando? Mi sento un mostro, un essere squallido che non fa altro che incatenare le persone a sé.
«Alycia.» mi chiama. Non la sento.
«Alycia.» insiste, la voce ferma e calma. «Guardami.». Obbedisco. I suoi occhi blu mi investono, regalandomi una pace che non avrei mai pensato di provare. Mi carezza la spalla nuda e posa un bacio sulla mia scapola. Non capisco. Pensavo si sarebbe arrabbiata e invece sembra... Sembra commossa?
«Io non voglio essere da nessun’altra parte, se non al tuo fianco. Sarò con te, fino a che lo vorrai. Non posso davvero immaginare la mia vita in un modo diverso.» dichiara, il labbro che le trema. Una lacrima le corre lungo la guancia sinistra e lei, svelta, la raccoglie con la mano. Mi carezza i capelli e mi posa un delicato bacio su di essi. Si gira a pancia in su e si morde il labbro. La osservo, confusa. Si volta nuovamente verso di me.
«Lo sai che anche Lindsey ti vuole bene, vero?». La guardo, incredula. Cosa c’entra lei ora? Le ho appena confessato quanto sia importante per me e lei pensa a Lindsey? Eliza pare leggermi nella mente e si mette a sedere, pronta a spiegarmi.
«Ascoltami, ho bisogno che tu lo sappia. So che questo discorso ti sembrerà assurdo, ma affinché io possa starti vicino, ho bisogno che tu te ne possa ricordare, in ogni istante. Devi farlo per me.». Comprendo cosa mi sta dicendo e ho i brividi. Non ho mai pensato a quanto questa situazione la stia logorando. Non ho mai pensato quanto stia sacrificando per me. Ha bisogno che io l’aiuti a ricordarle che la sua migliore amica non ha smesso di volerci bene. Ha bisogno di sapere, ogni giorno, che non deve odiarla, ma solo sperare che quell’essere mostruoso smetta di manipolarla. Non so da dove mi nasca il coraggio. Non ne ho la minima idea. In tutta questa storia, lo devo ammettere, sono stata sempre l’elemento debole, quella da proteggere. Eccezion fatta che per due volte, entrambe decisive. E ora è il momento della terza. Mi sporgo in avanti e, senza preavviso, la bacio. Eliza sgrana gli occhi, sorpresa quasi quanto me. Scopro un’audacia nuova, a me sconosciuta. E, a questo punto, non ha più senso trattenermi. Non ha più senso che io continui a censurarmi per paura. La bacio di nuovo, questa volta in modo diverso, più intenso. La guardo. Devo dirglielo. Devo tirare fuori ciò che nascondo da tanto tempo. Da oggi, tutto cambierà, lo so. Tutto diventerà più vero.
«Io ti amo.». È un sussurro impercettibile. Non sono nemmeno sicura che Eliza sia riuscita a sentirmi. Solo quando sento nuovamente le sue labbra sulle mie, ho la certezza che abbia capito. Mi ritrovo a piangere, finalmente di gioia. Non so ancora dove questa strada che ho imboccato mi porterà. Non so ancora se mi sentirò mai veramente a casa. La verità è che non mi importa. Non finché avrò Eliza al mio fianco. Non sono sola. E non lo sarò mai più.





Angolo dell'autrice 

E alla fine, Alycia ha demolito il muro che ancora la separava da Eliza. A fatica, perché all'inizio la mente la stava nuovamente trascinando con sé, eppure l'importanza di ciò che sta vivendo con Eliza ha preso il sopravvento. È consapevole che sarà difficile e che nessuno può salvarla se non i passi che lei stessa farà, ma non ha più senso camminare da sola. Quel Ti amo è la conseguenza ineluttabile di tutto questo. Ah, nel caso in cui ve lo stiate chiedendo, le due volte a cui si riferisce Alycia sono la sua richiesta ad Eliza di restare e il bacio. 
Spero che vi sia piaciuto, so che ultimamente lo dico spesso, ma è un capitolo davvero molto personale.
Grazie per le recensioni e per leggere e seguire questa storia. A venerdì!

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Capitolo 34
*** 34.Spiral ***


34.

 

Don't leave me here with all these critical voices
Cause they do their best to bring me down
When I'm alone with all these negative voices
I will need your help to turn them down
(Alanis Morissette-Spiral)

 

Eliza POV

 

Quando mi sveglio, Alycia sta ancora dormendo, rannicchiata contro il mio petto. Sorrido. È così bella, così innocente. Le carezzo i capelli con delicatezza, attenta a non svegliarla. Il fatto che stia ancora dormendo è un mezzo miracolo e so che ha bisogno di riposare. Scendo dal letto, cercando di fare il più piano possibile e, dopo essermi vestita ed essere andata in bagno, mi dirigo in cucina a preparare la colazione. Apro il frigo e prendo due uova e un po’ di farina, per poi cominciare a preparare dei pancake. Oggi sono decisamente di buon umore, nonostante tutto. Spero che anche Alycia lo sia. Sospiro, guardando la montagna di pancake nel piatto farsi sempre più alta. Se Lindsey fosse qui, se ne sarebbe già mangiati la metà. Già, Lindsey. Lei non è qui. Lei è a casa sua, con quel verme. So che non è pienamente colpa sua, Charles è un manipolatore e, a meno che Linz non veda con i suoi occhi ciò di cui è capace, lui la terrà in pugno ancora per molto. Rabbrividisco al pensiero. Spero che possa non vederlo mai. Non potrei sopportare di sapere che quello schifoso ha fatto del male anche a lei.
«Buongiorno.» una voce mi ridesta dai miei pensieri. Mi volto. Alycia è di fronte a me, il volto quasi sereno. Le faccio cenno di accomodarsi e le servo la colazione.
«Sciroppo d’acero o marmellata?» le chiedo, mostrandole due barattoli.
«Entrambe le cose.» risponde, con aria furbetta. Le passo i due barattoli e mi siedo di fronte a lei. Mangio un boccone di pancake, senza staccarle gli occhi di dosso. Mi sento... Felice? Siamo io e lei e stiamo semplicemente facendo colazione, eppure, all’improvviso, mi sembra di star vivendo il momento più importante della mia vita. E sento che sarà così anche fra cinque minuti. E poi anche nei successivi dieci. E così via, per sempre. Non ho mai provato un sentimento simile, nemmeno per Bob.
«Tutto bene?» mi chiede, arrossendo un po’.
«Non potrei stare meglio, Aly.» le rispondo, circondando le sue mani con le mie. China il capo, ma la costringo a rialzarlo e a guardarmi negli occhi. Mi perdo in quegli smeraldi così profondi e carichi sia di dolore, sia di voglia di ripartire. Non c’è più nei suoi occhi quella profonda disperazione che potevo leggere all’inizio. Certo, la sofferenza c’è e traspare dalle sue iridi, ma comincio a intravedere anche una nota di speranza. Le sorrido.
«Speravo dormissi di più.». Si pulisce la bocca con il tovagliolo e fa spallucce.
«Non avevo più sonno. Sai, orologio biologico.» dichiara. «E poi, si sentiva un profumino niente male provenire da qui.». Ridacchio e bevo un sorso di tè.
«Ti amo.». Non è la prima volta che glielo dico, ma mi fa sempre uno strano effetto lasciare che queste due parole escano dalla mia bocca. Mi rendono più vulnerabile e più forte al tempo stesso. Mi fanno credere che un porto sicuro per la mia vita esista.
«Anche io.» mormora lei, timida. Alycia mi ha rivelato cosa prova per me, ma so che per lei è ancora tutto così tremendamente nuovo. Sta imparando tutto da capo. Come fare entrare qualcuno, come fidarsi, come lasciarsi amare, come non percepire gli altri come una minaccia, nulla di tutto questo è, per lei, automatico. E forse è meglio così, dopotutto. Forse questa dovrebbe essere la normalità, non vivere tutto ciò in modo automatico. Circondo le sue mani con le mie e le sorrido mentre gliele accarezzo. Potrei stare così tutto il giorno, semplicemente a guardarla, ad ammirarla. Tuttavia, per quanto mi piacerebbe, so che non è possibile.
«Bene, direi che è ora di vestirsi. Non vorrai passare la giornata in pigiama.» le dico, ricevendo uno sbuffo come risposta. Non me l’aspettavo.
«E questo cosa significa, scusa?». Sto provando a sembrare arrabbiata, ma nella realtà sto cercando di trattenere le risate.
«Che non mi vado a cambiare.» risponde lei, con uno sguardo capriccioso. Sta per scoppiare a ridere anche lei, ne sono sicura.
«Ah, no?» ribatto. Mi avvicino, fino a schiacciarla alla parete. Le accarezzo il braccio, piano, cercando di non spaventarla. Ho il costante terrore di spezzarla, di frantumarla in mille pezzi. E, infatti, la sento cominciare ad agitarsi sotto di me. Faccio immediatamente un passo indietro e le poso una mano sulla guancia, con più delicatezza possibile. So che sta per scusarsi e le faccio capire con lo sguardo che non serve.
«Va tutto bene, andiamo a vestirci.» le dico, prendendola per mano. La conduco di sopra, in camera da letto. Apro l’armadio e le allungo un paio di pantaloncini, la biancheria intima e una maglietta grigia. Afferra i lembi della t-shirt e muove meccanicamente le dita, lo sguardo fisso nel vuoto e decisamente triste. Mi accuccio davanti a lei e la costringo a guardarmi negli occhi.
«Ehi, va tutto bene.» la rassicuro. Scuote il capo.
«No, non è vero. Io... Io non mi capisco. Non avrei voluto respingerti prima, non ho idea di cosa sia cambiato rispetto a stanotte. È come se la mia mente non sapesse cosa vuole.»
«Aly, datti tempo. Non devi fare nulla che tu non senta.» le dico. Mi guarda, con quei suoi grandi occhi verdi ricolmi di tristezza. Mi siedo accanto a lei e la stringo a me, cominciando ad accarezzarle i capelli. La sento rilassarsi sotto al mio tocco e le bacio la tempia.
«Te l’ho promesso, sarò con te al tuo fianco fino a quando tu mi vorrai. Ne uscirai, Aly. Ne usciremo.». La vedo sussultare al mio uso del plurale e le sorrido. Rimaniamo l’una fra le braccia nell’altra per non so quanto tempo, fino a quando lei non si scosta.
«Grazie.» sussurra. Le carezzo dolcemente la guancia e le schiocco un bacio in fronte.
«Ora vestiti, che Marny arriva per pranzo.».

 

Alycia POV

 

Abbiamo finito di pranzare da poco e ora sono seduta sul divano, mentre Eliza e Marny stanno conversando in cucina. Non mi ci vuole poi chissà che sforzo per capire di cosa stiano parlando. Come minimo chiameranno la Craven e mi attenderà una bella lavata di capo.
Sospiro e cerco di non pensarci. Per distrarmi, prendo un libro dal tavolino accanto al divano e comincio a leggere. Sembra un poliziesco, non credo sia mio. Forse è di Eliza, nelle ultime due settimane si è trasferita qui in pianta stabile e ha portato diverse sue cose. Mi perdo nella lettura, quando sento un cellulare vibrare. Cerco nelle mie tasche, ma mi rendo conto di aver lasciato il telefonino in camera. No, decisamente non è il mio cellulare a vibrare. Mi guardo intorno e vedo il telefono di Eliza appoggiato ad uno degli scaffali della libreria illuminarsi di continuo. Leggo il nome sullo schermo e quasi ci resto secca. È Lindsey. Mi volto verso la cucina e sento Eliza e Marny parlare. Credo che ne avranno ancora per molto. Il telefono continua a vibrare e io non so che fare. Ho paura che, se dovesse rispondere Eliza, attaccherebbe in faccia a Lindsey. Cosa faccio? Porto il cellulare ad Eliza? Rispondo io? Avanti Alycia, prendi una decisione per una buona volta. Mi mordo il labbro e allungo la mano. Trascino il pollice sullo schermo e avvicino l’orecchio al telefono. Sono emozionata, Lindsey mi è mancata tantissimo in queste due settimane.
«Linz, sono Alycia!» rispondo.
«Aly! Ti prego, passami Eliza, è urgente!». Qualcosa non va, è agitatissima.
«Linz, è successo qualcosa? Stai bene?»
«Passami Eliza, ti prego!» insiste lei, ignorando le mie domande. Sento un nodo in gola, ho paura che sia nei pasticci. Mi precipito in cucina e spalanco la porta. Eliza e Marny mi corrono incontro, spaventate.
«Aly, che succede?» mi chiedono, quasi all’unisono. Passo il telefono ad Eliza, senza rispondere. Lei lo osserva, senza capire. Solo ora noto che Lindsey deve aver spento la chiamata.
«L-Linz ha c-chiamato. S-sembra a-agitata.» spiego balbettando. Eliza aggrotta la fronte.
«Linz?» chiede. Annuisco e la vedo controllare al telefono se dico il vero, sotto lo sguardo preoccupato di Marny.
«Richiamo.» annuncia, digitando il numero. Mette in vivavoce e ci troviamo ad attendere che qualcuno risponda, i nervi a fior di pelle. Dopo quella che sembra un’eternità, sentiamo finalmente un click dall’altra parte del telefono.
«Lindsey?» Eliza esordisce. È spaventata, glielo leggo negli occhi.
«No, sono Charles.». Quella voce. Il respiro comincia a farsi corto e sono costretta a soffocare un conato di vomito. Eliza stringe i pugni.
«Dov’è Lindsey? Passamela subito.». Lui ride. Chiudo gli occhi, mentre sento Marny stringermi a sé e cominciare a cullarmi.
«Lindsey è occupata al momento. Le dirò che hai chiamato.» taglia corto, staccando la telefonata. Mi sento soffocare. Non di nuovo. Non a qualcun altro. Non a Lindsey.
«Aly!» Eliza mi chiama. O forse è Many. Non sento più nulla. Non vedo più nulla. L’ultima cosa che ricordo sono due occhi azzurri che mi vengono incontro. E, infine, mi lascio cadere nell’abisso.





Angolo dell'autrice 

Scusatemi per il cliffhanger ehm *attende i pomodori*. Siate pazienti, anche perché nei prossimi capitoli l'angst sarà abbastanza alle stelle.
Ma parliamo di questo, prima che mi veniate a prendere sotto casa. Dunque, nonostante tutto, Alycia ha ancora molta strada da fare. Eppure, ora è consapevole che Eliza le sarà sempre accanto. Se penso alla Alycia dei primi capitoli, non sembra nemmeno lo stesso personaggio. D'altronde, quando accanto hai persone che ti vogliono bene e che ti spronano a non mollare e a continuare un percorso, spesso si riesce ad uscirne. O, quantomeno, ad intravedere una via di salvezza. 
Per quanto riguarda il finale, era solo questione di tempo purtroppo. Non vi anticipo nulla, se non che da qui in avanti la situazione diventerà abbastanza incandescente.
Grazie mille per le recensioni e per seguire e leggere questa storia.
A martedì!

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Capitolo 35
*** 35.Sleepwalking ***


35.

 

Should I sink or swim or simply disappear?
[...]
Take my hand and give me a reason to start again
(Bring Me The Horizon-Sleepwalking)

 

Alycia POV

 

Sono seduta sul mio letto da oltre un’ora, le ginocchia al petto e lo sguardo fisso al muro. Eliza è con Marny in corridoio. Stanno parlando di ciò che è appena successo, posso sentirle. D’altronde, visto ciò che ho fatto stanotte, non hanno avuto altra scelta che lasciare la porta aperta. Mi dondolo, cercando di scacciare le voci nella mia testa che mi vorrebbero affondare nelle nere spire del mio dolore. Boccheggio e ricaccio indietro le lacrime. Non ricordo più come vivevo prima di tutto questo. Che persona ero? Come mi comportavo? Cosa mi piaceva fare? Non me lo ricordo. Se c’è stata una costante in questi ultimi mesi, è stata una sola, unica domanda: perché? Perché tutto questo dolore? Perché a me? Perché proprio lì, a quella festa? Perché chi avrebbe dovuto amarmi mi ha abbandonata? Perché ogni volta che mi sembra di stare meglio, tutto questo dolore mi afferra e mi trascina di nuovo giù, all’inferno? Perché non posso essere felice? La cosa disarmante è che non ho una risposta a nessuno di questi perché. Forse dovrei semplicemente smetterla. Dovrei arrendermi, alzare le mani e cedere a tutto questo dolore. Forse dovrei rendermi conto che non sono altro che polvere che verrà spazzata via e che il mio unico destino si compie in un oscuro e mortifero abisso, carico di sofferenza e disperazione. Scuoto il capo. Perché speri ancora, Alycia? Perché, nonostante tutto, cerchi con la coda dell’occhio un appiglio? Perché non cedi? Perché non chiudi quella porta che dà sul corridoio e non la fai finita, una volta per tutte? Mi passo una mano sul volto. Già, perché? Mi mordo il labbro. Questa volta la risposta la conosco ed è lì, in quel corridoio. Ha i capelli biondi e due occhi blu infiniti come il cielo e l’oceano. Eliza mi ha mostrato una via questa notte. Attraverso di lei ho visto chiaramente che esiste una strada che voglio percorrere assieme a lei. Grazie ad Eliza so che esiste qualcosa per me. È un dato di fatto che non potrò cancellare, nonostante io me ne possa dimenticare ogni giorno. E sicuramente non ho intenzione di farlo adesso. Mi alzo dal divano e urlo, con quanto fiato ho in gola. Urlo fino allo sfinimento, senza prendere il respiro. Urlo perché ho bisogno che qualcuno mi senta. Ho bisogno che lei mi senta. Urlo con la speranza che il mio dolore possa essere spazzato via. Non ne posso più, è insopportabile. Ho vissuto per mesi convinta che non esistesse null’altro che dolore per me. No, era solo una sporca menzogna. Esiste altro per me lì fuori. Non so ancora che cosa sia, ma so che c’è. So che, senza alcun merito, sono amata. E questo cambia tutte le carte in tavola.
«Aly! Alycia, ti prego, calmati.». Eliza. La sua voce. Mi abbraccia da dietro e io non posso fare altro che abbandonarmi al suo petto, esausta.
«Sì, così. Dentro, fuori. Dentro, fuori. Segui me.» mi guida. Mi sta conducendo al di fuori dei meandri della mia mente, riportandomi alla realtà. Di fronte a me, Marny mi sorride e mi accarezza il capo, con timidezza. Ha paura di rompermi e come darle torto. Sento le lacrime bagnarmi il volto e le dita di Eliza che tempestivamente mi asciugano le guance. Mi schiocca un bacio in fronte e mi guarda, con quei suoi grandi occhi blu. All’improvviso, un’immagine si fa largo nella mia mente. Si tratta di un ricordo legato alla mia adolescenza. Sono in Australia, a Sidney. Sono seduta su una banchina e sto osservando l’oceano. Sono felice di fronte a quella vasta immensità blu. L’oceano mi sta promettendo l’infinito. Gli occhi blu di Eliza mi stanno promettendo l’infinito. E, forse, l’infinito è il mio destino.
«Ti amo.» mormoro. Mi sorride, sollevata. Sono ancora con lei, fra le sue braccia. La mia mente non mi ha trascinata verso il fondo. Scuoto il capo. Quante volte ho sognato quell’abisso, quante volte ho desiderato non riuscire a tornare in superficie. Ora è tutto diverso. Ora voglio restare qui.
«Anche io.». È una conferma salvifica, ogni volta. Nonostante tutto, qualcuno mi vuole, qualcuno mi ama. So che c’era chi mi voleva bene anche prima di Eliza. Maia e Marny mi sono state accanto per due mesi da sole, senza pretendere niente in cambio. Eppure, è diverso. Forse è questa nuova consapevolezza a rendere tutto differente o, forse, è la presenza di Eliza ad esserlo. Sono grata alle mie amiche, senza di loro non sarei qui probabilmente, ma Eliza mi sta donando la certezza di una possibilità di senso che trascende perfino lei stessa.
«Stai meglio?» mi chiede e io annuisco con sincerità. Mi fa distendere e appoggio la testa sulle sue gambe, mentre lei comincia a carezzarmi i capelli con una dolcezza disarmante. Dosa la pressione di ogni tocco, per evitare di spaventarmi o causarmi agitazione. Mi sento a casa, al sicuro nonostante tutto. Mi accoccolo ancora di più a lei. Non voglio che questo contatto finisca. E non avrei mai pensato che una cosa del genere fosse possibile.
«Aly, dobbiamo parlare.» esordisce e subito mi irrigidisco. Ho un brutto presentimento. Eliza e Marny si scambiano un’occhiata carica di tristezza e angoscia e io sento che sto nuovamente per perdere il controllo.
«Alycia, no, ehi. Guardami.» mi ordina la prima. «Sono qui, non è cambiato nulla fra noi. Dobbiamo solo scambiare quattro parole, va bene?». Annuisco debolmente. Non ho poi molta voce in capitolo, credo. Marny prende una sedia e si accomoda di fronte a me, in modo da poter parlare meglio. Posa una mano sulla mia gamba, con fare affettuoso.
«Ascolta, io e Marny ne abbiamo parlato a lungo. Andrò con Bob da Lindsey e...». Non la lascio finire. Mi metto a sedere di scatto e scuoto la testa. Non voglio. Non posso perderla.
«Ti prego.» mormoro. Eliza mi carezza la guancia e mi bacia.
«Devo farlo, Aly. Abbiamo provato a chiamare la polizia, ma ci hanno detto che non c’è nulla di cui preoccuparsi. Sono andati a controllare e apparentemente va tutto bene, ma sappiamo entrambe che non è così. Lindsey non mi avrebbe mai chiamata se non fosse successo qualcosa di grave. Non rischiando di spaventarti così tanto.». Non riesco a replicare. So che ha ragione e ho paura anche io per Lindsey, ma non voglio sapere Eliza a tiro di quel mostro. Non voglio che le succeda qualcosa.
«Resterò io con te.» Marny prova a rassicurarmi, invano.
«Non può andare solo Bob?» suggerisco. So che non è possibile e sono perfettamente consapevole del fatto che Eliza andrà da Lindsey. Sto solo cercando di ritardare l’inevitabile.
«Tocca a me, Aly. Non mi accadrà nulla, te lo prometto. Ci sarà Bob con me, pronto a testimoniare se quel verme dovesse provare a fare del male a Lindsey o me. Devo saperla al sicuro. Ne ho bisogno, Aly.». Annuisco, gli occhi appannati dalle lacrime. Mi stringe a sé e mi bacia teneramente il capo.
«Ti amo.» sussurra al mio orecchio. Mi mordo il labbro, cercando inutilmente di non scoppiare in un pianto disperato davanti a lei.
«Ti amo anche io.» le rispondo, la voce tremante. Mi circonda il viso con le mani e unisce le nostre labbra, con fare quasi disperato. È un bacio lungo, eppure così breve. La osservo mentre si scosta e si alza, avviandosi alla porta. Faccio per seguirla, ma Marny mi ferma, costringendomi sul divano. Mi accascio sulla sua spalla, inerme. Non voglio che se ne vada. Non voglio che fronteggi quel mostro. Non voglio perderla. Non me lo posso permettere. E, mentre le mie lacrime inondano la camicetta di Marny, non posso fare altro che sperare che Eliza cambi idea e rientri da quella porta.



Angolo dell'autrice

Perdonatemi anche questo cliffhanger, ma purtroppo era inevitabile che Eliza decidesse di andare a controllare le condizioni di Lindsey. Purtroppo Charles ha intortato anche la polizia e lei ha bisogno di sapere la sua migliore amica al sicuro (esattamente come noi credo). Ovviamente non è sprovveduta e andrà con Bob, ma questo sarà materiale per il prossimo capitolo.
Per quanto riguarda Alycia, invece, è riuscita a non cedere alla propria testa. Ormai la consapevolezza di non essere sola la sta tenendo a galla e le sta permettendo di resistere ai propri pensieri, nonostante essi provino costantemente a risucchiarla in basso. Come ha detto lei, non vuole più finire nell'abisso. Se vi ricordate, all'inizio della storia era il contrario, non voleva risollevarsi, da quanto era senza speranza. Eliza le ha donato questo, la speranza in un futuro carico di bene per lei. Nonostante ciò, il suo percorso non è ancora finito. Le domande, i perché l'assillano. Sarà un cammino lungo e lei ha ancora molta strada da fare.
Spero che il capitolo vi piaccia. Grazie per le recensioni e per leggere questa storia, a venerdì!

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Capitolo 36
*** 36.Seconds To Save Her ***


36.

 

I know there's a way
There's just seconds to save her
(Our Waking Hour-Seconds To Save Her)

 

Eliza POV

 

Sono con Bob davanti alla casa di Lindsey. Ho un bel ricordo di questo posto. Io e lei abbiamo legato molto sul set di The 100 e ho passato molte giornate qui, a casa sua. Scuoto il capo. Da oggi, non sarà più così, ne sono consapevole. È incredibile come il male possa essere sovversivo. Basta un solo fatto negativo per cancellare qualsiasi ricordo positivo legato ad un luogo o ad una persona. Sono profondamente convinta che sia questo il vero potere del male. Copre con una nera cortina ogni cosa, impedendo alla luce di filtrare. Penso ad Alycia, a come questa situazione l’ha costretta. Stringo i pugni. Non posso tollerare che il responsabile di tutto ciò sia ancora a piede libero, in grado di minacciare le persone che amo. Non permetterò che accada loro qualcosa. Non permetterò che anche Lindsey patisca l’inferno.
«Eli, andrà tutto bene.» mi rassicura Bob, posando una mano sulla mia spalla. Gli sorrido insicura. Non riesco a mascherare le mie paure, non ne sono in grado. Non dopo tutto quello che abbiamo passato.
«Ascoltami, prima di andare a suonare a quel campanello, ho bisogno che tu mi racconti la verità. Chi è questo tizio? Che cosa è in grado di fare?» mi domanda Bob, senza preavviso. Deglutisco. Le parole di Alycia risuonano nella mia mente, chiare e spaventose. Bob non sa cosa le è capitato, non gliel’ho rivelato. Non spetta a me farlo. Non mi accorgo nemmeno di aver cominciato a tremare. Bob mi stringe a sé e mi bacia la nuca. Lo sento sospirare.
«È colpa sua, vero?.». Annuisco, senza dire nulla. Non serve. Ci dirigiamo in silenzio alla porta e suono il campanello. Attendiamo un lasso di tempo che ci sembra interminabile, fino a quando lo scattare della serratura non ci annuncia che ci troveremo qualcuno davanti in una manciata di secondi. Prego si tratti di Lindsey. Ho bisogno che si tratti di Lindsey.
«Eliza, che piacere. Hai portato anche un tuo amico, a quanto vedo.» mi accoglie Charles. È ancora più viscido del solito.
«Dov’è Lindsey?» taglio corto. Necessito di vedere la mia migliore amica, di sapere che sta bene. Charles sogghigna. Con la coda dell’occhio, osservo la reazione di Bob. Perfino lui sembra preoccupato.
«Linz è uscita, mi dispiace. L’avete mancata davvero per pochissimo.». Mente. Sta mentendo, lo so. Sono terrorizzata. Che cosa le ha fatto? Lindsey sta bene? L’angoscia mi divora, scavando una voragine nel mio petto. Ho i brividi.
«Beh, possiamo aspettarla.» asserisce Bob. Charles sussulta. Non se l’aspettava.
«Tu devi essere Bob Morley, giusto? Lindsey mi ha parlato di te, di quanto tu ed Eliza siate rimasti intimi, nonostante la fine della vostra relazione. Chissà cosa ne pensa Alycia.». Stringo i pugni, fino a conficcarmi le unghie nella carne.
«Non osare nemmeno nominarla, mi hai capito?» sibilo, avanzando verso Charles con fare minaccioso. Bob mi ferma appena in tempo, prima che succeda l’irreparabile. Per quanto desideri menare le mani, so che sarebbe una pessima idea. Di fronte a me, Charles sghignazza divertito. Non ho mai provato una così profonda paura per qualcuno. Charles non ha nulla di umano. Il suo corpo è un mero involucro di carne che nasconde un male oscuro, atavico e privo di qualsiasi logica. Non c’è senso in questa malvagità, solo un primitivo bisogno di caos e potere. Ed è forse questa la cosa che mi spaventa di più.
«Vedi Eliza, la giustizia mi ha dichiarato innocente.» dice, un ghigno orribile dipinto sul volto.
«Conosciamo entrambi la verità, non potrai farla franca per sempre.» replico, con odio. Si avvicina a me e io faccio un passo indietro, schiacciandomi contro il petto di Bob.
«Eli, andiamo.» sussurra, ma io sono impietrita.
«La verità? Dicono che rende liberi, Eliza. Nah, non ci ho mai creduto. Vedi, l’unica verità è che non esiste nessuna verità. Ognuno di noi ha semplicemente la propria versione dei fatti, null’altro. Alycia può sostenere che qualcuno l’abbia violentata, ma può anche essere andata diversamente. Magari non riesce ad accettare di essersi divertita con un uomo.». Non ci vedo più dalla rabbia. Mi divincolo dalla presa di Bob e in un attimo mi ritrovo addosso a Charles. Faccio per sferrargli un pugno, ma lui mi blocca il braccio e mi fa girare su me stessa. Sento il suo respiro sul mio collo. Bob ha gli occhi spalancati.
«Amico, lasciala andare. Ce ne andiamo, promesso.» cerca di convincerlo a liberarmi. Ho il cuore che mi batte all’impazzata. Charles mi spinge verso Bob, che mi prende al volo poco prima che io cada per terra.
«Dirò a Lindsey che siete passati a salutarla. Ci si vede, Taylor.» quel mostro asserisce prima di chiudere la porta. Respiro a fondo e cerco di calmarmi. Sto tremando per la tensione.
«Eli, dai, seguimi.»
«No!» urlo, disperata. «Non la lascio, Bob. Non posso.». Mi carezza il capo e mi stringe a sé.
«Non ho detto questo. La finestra che dà sul seminterrato è aperta.» mi fa notare. Aggrotto la fronte.
«Magari hanno aperto per un ricambio d’aria.» ipotizzo.
«A quest’ora?». Mi mordo il labbro. Il cuore mi martella nel petto. Il pensiero che Lindsey sia lì sotto mi inquieta, ma allo stesso tempo mi dà speranza. Faccio segno a Bob di seguirmi in silenzio sul retro. Stiamo attenti a non farci notare da Charles, che per fortuna sembra essersi messo in soggiorno sul divano a guardare la televisione. Almeno, è quello che noi riusciamo ad intravedere dalle finestre.
«È questa qui, ma è chiusa a chiave.» indico la porta che conduce al seminterrato. Bob annuisce e controlla se sia possibile buttarla giù con una spallata.
«È troppo pesante.» constata, a malincuore.
«Allora non ci resta altro da fare se non calarci dalla finestra.» asserisco, decisa. Bob mi guarda un po’ indeciso, ma alla fine annuisce e mi segue fino alla finestra. È un vasistas, il che vuol dire che si apre solo a metà e verso l’interno. Senza pensarci due volte Bob lancia un sasso, frantumando il vetro in mille pezzi. Ci sporgiamo e sobbalziamo, soffocando entrambi un urlo. Lindsey è sotto la finestra, mani e piedi legati e un cerotto sulla bocca. È seduta su un materasso e ci guarda con le lacrime agli occhi.
«Linz! Dio, stai bene?» le chiedo. Mi fa cenno di sì col capo e io non posso che tirare un sospiro di sollievo. Io e Bob saltiamo e atterriamo sul materasso, attenti a non farle male. Mi appresto a liberarla e la abbraccio, stringendola forte a me. Scoppia a piangere e io la cullo dolcemente e le bacio la fronte.
«Mi dispiace. Avrei dovuto ascoltarti, perdonami.»
«Linz, va tutto bene. Ti ha manipolata, non è colpa tua. Ora chiamiamo la polizia e ti portiamo via da qui, che ne dici?». Guarda prima me e poi Bob, che le accarezza la guancia e le sorride.
«Va bene.» mormora, infine. Osservo Bob chiamare il 911, mentre Lindsey si appoggia al mio petto.
«Ti ha fatto qualcosa?» le chiedo, terrorizzata dalla risposta che potrei ricevere.
«No. Non in quel senso, almeno. Io.... Mi dispiace.». La stringo forte a me e, per un secondo, mi ricorda Alycia. Una rabbia senza fine mi monta dentro al solo pensiero che Charles abbia osato toccare due delle persone più importanti della mia vita.
«Linz, non è colpa tua. Ti prego, non pensarlo nemmeno.» provo a rassicurarla. Fa spallucce, non troppo convinta.
«Eravamo sul divano e stavo giochicchiando con il mio cellulare, quando mi sono ritrovata davanti una foto che avevo scattato al Comic-con in cui ero con te ed Alycia. Gli ho detto che mi mancavate e lui ha cominciato a parlarmi di come vi avrei dovuto dimenticare, dal momento che l’avevate accusato di aver aggredito Aly in un bagno. Sulle prime non ho dato peso alla cosa, ma poi ho realizzato che non fosse possibile per lui sapere dove Alycia si trovasse quella sera. Quando poi ho letto per caso il messaggio di un suo amico che gli prometteva di confermare il suo alibi, ho capito tutto. Mi sono sentita un verme, Eli. Quando ti ho chiamata stavo per andare dalla polizia, ma lui mi ha trovata e mi ha portata qui.». Le accarezzo con tenerezza la guancia e le schiocco un bacio sul capo.
«Sei al sicuro, adesso.» la rassicuro. La sento rilassarsi sotto il mio abbraccio e si abbandona sulla mia spalla. Finalmente, sentiamo il suono delle sirene in lontananza. La polizia è arrivata e porrà fine a questo incubo che va avanti da fin troppo tempo. La porta del seminterrato cade a terra con un tonfo e tre agenti ci intimano di tenere le mani in vista. Riconosco il detective Price, lo stesso che si è occupato del caso di Alycia.
«Lasciateli andare, va tutto bene. Portate subito la signorina all’ambulanza, svelti.» ordina. Aiutiamo Lindsey ad alzarsi e seguiamo i poliziotti dai paramedici, dove si occupano di lei. Non sembra avere nulla di rotto per fortuna.
«La porteremo comunque a fare un controllo, ma non escludo che possano addirittura non trattenerla in ospedale.» spiega un paramedico.
«Ragazzi, voi... Voi verrete con me?» chiede Lindsey, un po’ agitata. Le stringiamo le mani, cercando di tranquillizzarla.
«Non ti preoccupare, ci vedremo lì.» la rassicura Bob. La vediamo sorridere, per poi sparire all’interno dell’ambulanza. Facciamo per raggiungere la macchina, quando Price ci ferma. Ha lo sguardo preoccupato.
«Che succede?» domando, per niente tranquilla. Il detective respira profondamente, per poi massaggiarsi la base del collo.
«Allora?» lo esorta a parlare Bob.
«Non c’è traccia di Purcell, da nessuna parte.» comunica. Mi sento mancare. Non è possibile.
«C-che vuol dire?» balbetto.
«Ho ordinato posti di blocco un po’ ovunque, ma ho bisogno di sapere se lei ha una minima idea di dove possa essere finito.». Scuoto il capo. Il panico mi assale. Potrebbe essere ovunque, potrebbe star facendo male a chiunque. Deglutisco, in preda all’angoscia. No, non a chiunque. Lindsey non l’ha minimamente toccata, per fortuna. Un orribile sospetto si fa largo nella mia mente e sento i conati di vomito farsi sempre più insistenti. Le gambe non mi reggono e crollo per terra, le guance rigate da sempre più copiose lacrime.
«Eli?» si spaventa Bob. «Eliza, sai dove si trova?». Alzo lo sguardo, fino ad incontrare i suoi occhi scuri. Annuisco.
«Sta andando da lei. Sta andando da Alycia.».





Angolo dell'autrice 

Altro cliffhanger, perdonatemi. Per fortuna, Lindsey è salva e sta bene, ma ora il problema più grosso è riuscire ad arrivare da Alycia prima che succeda l'irreparabile. Potreste chiedervi perché Charles faccia tutto questo e la verità è che non c'è alcun motivo. Come nota Eliza, in lui non c'è umanità, è semplicemente malvagio. Sicuramente ha sviluppato un'ossessione nei confronti di Alycia, ma è più un tentativo di affermare una supremazia, un potere sugli altri. Nel prossimo capitolo (che sarà il più duro della storia, vi avviso) questo aspetto emergerà meglio.
Grazie mille per le recensioni, siamo ormai agli sgoccioli e al confronto finale. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, io nel frattempo ho già cominciato a scrivere una storia nuova, molto diversa da questa. Si tratta di una Clexa ed il tono sarà molto più leggero.
A martedì!
A venerdì!

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Capitolo 37
*** 37.A Place For My Head ***


 

37.

TW// Aggressione e violenza sessuale



 

You try to take the best of me
Go away
(Linkin Park-A Place For My Head)

 

Alycia POV

 

Sono in camera mia, seduta sul letto. Ho un cuscino tra le mani e lo stringo a me, per cercare di lenire l’angoscia e la paura che sto provando in questo momento. A nulla sono valsi i tentativi di Marny, non è riuscita né a distrarmi, né a calmarmi. È incredibile come i miglioramenti di quasi tre mesi siano finiti nella spazzatura per colpa di una telefonata. Non riesco a non pensare a Lindsey. Da un punto di vista razionale, dovrei essere furiosa con lei. Se avesse creduto ad Eliza, non ci troveremmo in questa situazione. Tuttavia, so per certo che non è del tutto colpa sua. Charles è un manipolatore ed è riuscito ad allontanarla da noi, da me e da Eliza. Tutto sommato, anche se in modo diverso, io e Lindsey abbiamo subito lo stesso destino. Entrambe abbiamo lasciato che Charles si impossessasse della nostra mente e che decidesse per noi. Entrambe ci siamo lasciate sopraffare da quel mostro, gli abbiamo permesso di isolarci e di farci credere che fossimo determinate da lui, dal suo pensiero e dalle sue azioni nei nostri confronti. Scuoto il capo. Erano tutte menzogne e solo ora riesco a vederlo chiaramente.
«Aly!» Marny mi chiama. Mi volto. Ha il telefono in mano e la faccia preoccupata. Mi mordo il labbro, cercando di non mostrare tutta la mia agitazione.
«Che succede?» domando.
«Era Eliza. Sta bene, ma si è raccomandata di restare qui, in casa. Vado a chiudere porte e finestre, tu non muoverti, mi raccomando.». Vorrei avere la forza per chiederle cosa sta succedendo, ma non ce la faccio. La lingua è incollata al mio palato, incapace di articolare un qualunque suono. Marny si avvicina a me e mi carezza una guancia, con una tenerezza che non pensavo potesse appartenerle. Per tutto questo tempo mi sono affidata a Maia prima e ad Eliza poi. Eppure, Marny è sempre rimasta al mio fianco, una presenza silenziosa che non mi ha mai abbandonata nemmeno nei momenti peggiori. Quante volte l’ho data per scontata.
«Andrà tutto bene, te lo prometto.» sussurra, sorridendomi. Mi schiocca un bacio in fronte ed esce dalla stanza. La sento scendere al piano di sotto e armeggiare con le serrature. Il cuore batte all’impazzata all’interno della mia cassa toracica. Ho paura. Sono terrorizzata e il fatto che Marny non mi abbia spiegato perché sta sigillando casa mi fa presagire il peggio. E, quando non sento più alcun rumore provenire dal piano di sotto, mi sento mancare. Dovrei alzarmi e controllare se sta bene. O, forse, dovrei rimanere qui, come mi ha detto di fare. Non lo so. Non ne ho idea. L’unica certezza che ho è che sto trattenendo il respiro. Non sono pronta a fronteggiare tutto questo. Non oggi.
«M-Marny?» mormoro. Un boato improvviso mi fa sobbalzare. Guardo fuori dalla finestra. È scoppiato un temporale fortissimo e la pioggia batte sui vetri crudele, come se volesse entrare e colpire anche me. La luce salta, probabilmente un fulmine ha colpito la centralina. Sono al buio più totale e, di colpo, questa stanza mi sembra così piccola. Mi sento soffocare, schiacciare da queste quattro mura. Mi porto le ginocchia al petto, pregando che Marny entri da quella porta o che Eliza torni presto, ma nessuno varca quella soglia. Sono circondata da un profondo silenzio e dalla più totale oscurità. Un fruscio mi fa voltare.
«C-chi c’è? M-Marny s-sei t-tu?» domando, senza ricevere alcuna risposta. Faccio un respiro profondo e, infine, decido di alzarmi. Uso il cellulare a mo’ di torcia elettrica e avanzo verso la porta, un passo dietro l’altro. Sto camminando lungo un ponte sospeso su un lago di lava bollente, completamente in balia delle intemperie. Non posso cadere o per me sarà la fine. Non posso cedere. Allungo il braccio e tiro la maniglia a me, aprendo la porta.
«M-Marny?» la chiamo di nuovo, senza alcun esito. Sento il respiro farsi sempre più corto e le lacrime bagnare il mio viso. Non ora, Alycia. Non puoi permetterti di ascoltare la tua mente, non è il momento.
«M-Marny, d-dove sei?» balbetto, cercando di concentrarmi sul suono della mia voce. Niente, ancora nessuna risposta. Decido di chiamare Eliza, ma non c’è campo, il temporale deve aver creato qualche disagio alle linee telefoniche.  
«Merda!» impreco, accasciandomi sul pavimento. Ho paura, tantissima paura. Un tuono ancora più forte del precedente mi fa sobbalzare, risvegliandomi. Un’idea improvvisa mi attraversa la mente. Se riuscissi ad uscire da questa casa, potrei correre e chiedere aiuto a qualche passante. Stringo i pugni e mi faccio coraggio. Scendo le scale, attenta a non cadere. Di Marny, nessuna traccia. Ho il cuore in gola e la mia mente è pronta ad afferrarmi tra le sue spire e a trascinarmi giù, all’inferno. No, non l’ascolterò. Non questa volta. Mi dirigo verso la porta a tentoni, a causa del buio. Un fulmine si abbatte improvviso e rischiara per qualche istante la casa. Mi sento morire. Sono paralizzata, tutto quello che riesco a fare è tremare. Una figura fin troppo familiare è di fronte a me, un ghigno mostruoso dipinto sul volto. Scuoto la testa e supplico il mio corpo di seguire i miei dettami ed indietreggiare.
«Ciao Alycia.». Non rispondo. Charles avanza e io mi sforzo di fare un passo indietro. Provo a scattare verso le scale, ma lui mi precede e mi si para davanti. È veloce, troppo per me.
«T-ti p-prego.» mormoro, ma lui non mi ascolta. Avanza verso di me e allunga la mano. Sento le sue dita sulla mia guancia. Il suo tocco è così diverso da quello di Eliza. Non c’è gentilezza in quei polpastrelli, solo voglia di affermare una possesso che io, però, non ho più voglia di concedergli. Per mesi mi sono convinta che Charles mi determinasse. Sono diventata una vittima, ma no, ora ne ho abbastanza. Chiudo gli occhi. Sento la sua mano farsi sempre più insistente e la mia mente lottare furiosa tra i due istinti che albergano in me. Mi arrendo a lui o reagisco? Non lo so. Ho paura, ma allo stesso tempo ora conosco una strada. È la stessa che mi ha mostrato Eliza. No, non posso più arrendermi a lui. Non sono più quella Alycia, Charles. Sferro un calcio e lo colpisco in pieno all’inguine. Lo sento ritrarre la mano e accovacciarsi per terra, in preda al dolore. Okay Alycia, ora corri. Corri!
«Brutta puttana, torna qua!» Lo sento urlare. Non lo devo ascoltare, devo correre. Scatto verso la porta e faccio per aprirla, ma è chiusa a chiave. Corro verso il retro e trovo Marny riversa a terra, priva di conoscenza. Mi accovaccio e provo a chiamarla, ma non risponde.
«Marny, ti prego, apri gli occhi. Ti prego.». Sono in lacrime. Alzo lo sguardo. La porta è aperta, quel bastardo deve averla colpita alle spalle. Scatto per uscire e chiedere aiuto, quando sento qualcuno afferrarmi per i capelli e trascinarmi indietro. Charles mi getta brutalmente per terra e sbatto con la schiena contro il muro. Provo a rialzarmi, ignorando il dolore. Charles avanza verso di me e io striscio contro la parete, cercando disperatamente una via di fuga che, però, non esiste da nessuna parte. Sono in trappola.
«E così volevi farmi arrestare, eh? Povera piccola Alycia, non hai ancora imparato la lezione.»
«Q-quale?» gli chiedo, in un disperato tentativo di prendere tempo.
«Io mi prendo tutto quello che voglio, sempre. La giustizia mi ha proclamato innocente e tu stessa hai dichiarato che ci siamo divertiti due mesi fa.»
«N-no.» protesto timidamente. Si avvicina sempre di più, ora sento il suo respiro sul mio collo.
«L’hai detto tu in ospedale, lo so fin troppo bene. Ho sentito quel poliziotto raccontarlo ad Eliza, alla centrale.». Scuoto il capo. Non ascoltarlo, Alycia. Non ascoltarlo.
«A proposito, l’ho vista. È venuta da me, sono dovuto correre via. Con lei c’era anche quel vostro amico, come si chiama? Bruce? No, Barley. Ah, no, Bob. Non stavano insieme, loro due?». Non capisco se me lo stia chiedendo davvero. Resto immobile, ma lui mi afferra di nuovo per i capelli e mi costringe a guardarlo negli occhi. Nella penombra, il suo sguardo è ancora più diabolico.
«Ti ho fatto una domanda. Rispondi.». Annuisco, tra le lacrime.
«S-sì, s-stavano a-assieme.» confermo. Lo sento sogghignare.
«Si stancherà, Alycia. So come funzionano queste cose. Si stancherà e tornerà da lui.»
«Non è vero!». Ride. La odio quella risata. Rabbrividisco.
«Andiamo Alycia, ti facevo più intelligente. Eliza si vergogna della relazione con te, non ha nemmeno voluto ammettere la vostra storia a San Diego. Non puoi renderla felice, non come Bob.». Non devo ascoltarlo. Non devo credergli.
«Io, invece, posso fare felice te.» sussurra al mio orecchio. Sento le sue labbra sul mio collo. Bruciano. Non sono delicate come quelle di Eliza, no.
«Ti prego, basta.» lo supplico. Mi ignora e le sue mani risalgono lungo il mio corpo. Non mi resta che pregare che faccia in fretta. Chiudo gli occhi.
«Finalmente ti arrendi. Non ti preoccupare, ci divertiremo.». Sento la sua mano insinuarsi nella mia maglietta e qualcosa scatta in me. Non ci sto. Non così. Gli mordo il collo, cogliendolo evidentemente di sorpresa. Corro verso la porta ed esco, ritrovandomi in giardino. La pioggia è fitta e in men che non si dica mi ritrovo completamente bagnata, ma non mi interessa. Penso solo a correre.
«Aiuto! Qualcuno mi aiuti!» grido, ma per strada non c’è nessuno. Lui è dietro di me. Lo sento arrivare e so di non avere più scampo. Mi prende per il braccio e mi getta a terra. Mi trascina in casa e mi ritrovo sul pavimento. Non ho più forze. È sopra di me e io non riesco più a combattere.
«Brava, così.». Chiudo gli occhi. Non lo voglio guardare. Non urlo, non mi lamento. Non voglio dargli questa soddisfazione. Lo sento armeggiare con l’elastico dei miei pantaloni. Trattengo il respiro. Eliza, dove sei? Forse Charles ha davvero ragione, forse non mi vuole più. No, non è vero. È solo uno stupido tentativo di togliermi ogni speranza di una vita migliore. È inutile, non ci riuscirà mai. Non glielo permetterò più. Mi preparo al peggio. Il tempo sparisce, si dilata e si restringe al tempo stesso. Sono sospesa in una bolla di paura, terrore e disperazione. Sento che mi dice qualcosa, ma non riesco a capire nulla. Non mi interessa.
«Polizia, allontanati dalla ragazza!». Apro gli occhi. Mi volto di lato. Di fronte a noi, il detective della scorsa volta, un paio di agenti ed Eliza e Bob.
«Purcell, lasciala andare!» intima nuovamente il detective. Charles ghigna e lo ignora, mentre continua a toccarmi. Un agente avanza verso di noi, ma tutto ciò che riesco a sentire è una mano che mi afferra per il collo e mi costringe ad alzarmi. Charles mi schiaccia contro il suo petto. Sento una lama contro la mia gola.
«Charles, ti prego, lasciala andare!» lo supplica Eliza. Lui non risponde. Si limita a ridere. Schiaccia il coltello contro la mia trachea e l’odore metallico del sangue invade le mie narici. È un attimo. Un rumore sordo mi fa sobbalzare. A poco a poco la presa di Charles su di me si allenta. Sento un tonfo. È dietro di me, sul pavimento, ma io non ho il coraggio di abbassare lo sguardo. Resto in piedi, tremante come una foglia. Due braccia mi accolgono e lacrime non mie mi bagnano il viso.
«È finita, Aly. È finita.» sento sussurrare. Chiudo gli occhi. Le gambe mi cedono e l’ultima cosa che sento è una voce calda e familiare che urla il mio nome.




Angolo dell'Autrice

Non so cosa penserete di questo capitolo. Spero non sia troppo forte. In ogni caso, era necessario. Alycia, finalmente, è costretta a fronteggiare il suo passato, le sue paure, i suoi orrori. Charles è male puro, l'unico suo scopo è provocare dolore. Eppure, stavolta Alycia non cede. Non è più la stessa ragazza di tre mesi prima, riesce ad uscire dalla sua camera, riesce ad affrontare il male che ha subito. Inizialmente, pensavo di far sì che Charles morisse per mano sua, ma poi ho cambiato idea. Non avrebbe avuto senso, Alycia non avrebbe retto allo shock e far commettere il tutto ad Eliza non avrebbe avuto senso, si sarebbe sporcata le mani e basta. In fin dei conti, Charles è stato sconfitto al primo calcio. La consapevolezza raggiunta da Alycia grazie ad Eliza (ma non solo) di essere una persona e, quindi, qualcuno meritevole di bene nella propria vita, ha totalmente disinnescato qualsiasi tentativo di Charles di affermare il contrario. A questo punto, Alycia non può più cedere all'abisso.
Spero davvero che vi sia piaciuto e che non sia un capitolo esagerato, ho cercato di essere meno "grafica" possibile. 
Ringrazio per le recensioni agli scorsi capitoli e chi legge e segue questa storia. 
A venerdì!

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Capitolo 38
*** 38.Hindsight ***


38.

 

And I know you needed me
But I swear I needed you too
And I know I gave up
But you never gave up on me
(Awaken I Am-Hindsight)

 

Eliza POV

 

L’ospedale. Io odio l’ospedale. Mi riporta alla mente brutti ricordi. Mi riporta alla mente la morte di Sean. Scuoto il capo e mi faccio coraggio. Busso alla porta ed entro, senza aspettare che Lindsey mi dia il permesso di farlo. È a letto, attaccata a una flebo. Ha un po’ di lividi in volto, ma nulla di veramente serio. Non appena nota la mia presenza, china il capo. Mi si stringe il cuore a vederla così. Ha sbagliato, ma non è del tutto colpa sua. Charles l’ha manipolata a suo piacimento e l’ha rivoltata contro di noi. Lindsey è stata vittima di un inganno e deve saperlo. Deve capirlo e accettarlo.
«Ehi.» esordisco, avvicinandomi a lei.
«Ehi.» risponde, senza guardarmi in faccia. Due grosse lacrime le rigano il volto e non posso fare a meno di stringerla a me. Non appena appoggia la testa al mio petto, scoppia a piangere. La lascio sfogare e le carezzo la fronte, con tenerezza.
«È tutta colpa mia, io... Dio, se ti avessi ascoltata ora Alycia non avrebbe rischiato di... Lui voleva...»
«Ehi, ehi, shhh.» interrompo quel flusso di pensieri. Le circondo il volto con le mani e la costringo a guardarmi negli occhi. Le sue iridi nocciola sono offuscate dal senso di colpa e io non desidero altro che liberarla da questo peso.
«Charles ti ha manipolata, Linz. Anche Alycia lo sa. Quello che le ha fatto è una sua responsabilità, non tua.»
«Io non l’ho allontanato quando avrei potuto, ho creduto a lui e non a te, io...» prova a ribattere lei, ma la fermo immediatamente.
«Linz, ti ha ingannata. Al tuo posto mi sarei, probabilmente, comportata allo stesso modo. E, nonostante tutto, hai preso il telefono e, con coraggio, hai provato ad avvisarci. Sei la mia migliore amica Linz e ti vorrò sempre bene.». Lindsey prende un bel respiro e si asciuga le lacrime. La cullo dolcemente e la sento calmarsi.
«Ti ricordi il primo giorno da Alycia?» le chiedo. Annuisce, un po’ confusa.
«Quando l’abbiamo trovata in preda al panico, con la colazione per terra, io ero paralizzata. Se non ci fossi stata tu, non avrei saputo cosa fare. Sei sempre stata fondamentale Linz, per entrambe. Sei stata il collante fra noi due. Sei stata la prima con cui Alycia si è confidata e la prima a sapere che mi stavo innamorando di lei. Se non fosse stato per te, a San Diego non sarei mai riuscita ad aprire quella porta e nessuno avrebbe messo Jessica al suo posto. Sul set dello spot Alycia ha voluto che ci fossi anche tu e, in questo ultimo periodo, nonostante tutto, la tua preoccupazione era che non mi lasciassi influenzare troppo da ciò che le era successo. E, al di là di Charles, è una preoccupazione legittima.». Lindsey alza lo sguardo, gli occhi lucidi. Le sorrido.
«Grazie.» mormora. «Forse dovrei andare da lei. Sai come sta?»
«È indubbiamente provata, fisicamente e mentalmente. Ha paura di tutto, perfino di me, ma ne uscirà, Linz. Ora è davvero finita e nessuno le farà più del male.» rispondo.
«E Marny?» chiede.
«Ha preso una brutta botta, ma i medici sono molto ottimisti. È sveglia e la commozione cerebrale sembra essere meno seria di quello che credevamo. Staranno bene, tutte e due.» spiego. «Secondo me parlare con Alycia potrebbe farvi bene, Linz.» aggiungo poi. Lindsey annuisce. Non è troppo convinta, lo sento. Da un lato vorrebbe andare da lei, vederla, scusarsi, dall’altro la vergogna e la paura di farle male sono troppo forti. Le carezzo la guancia, con la voglia di trasmetterle tutto l’affetto che provo nei suoi confronti. Rimaniamo così, abbracciate, senza parlare. È Lindsey la prima che interrompe questo silenzio.
«Mi aiuti a scendere?».

 

Alycia POV

 

Un bip dietro l’altro. Sono un tutt’uno con flebo e cavi, i miei unici compagni di stanza. Mi hanno imbottita di tranquillanti e antidolorifici, eppure l’angoscia continua ad assillarmi, minuto dopo minuto. Non mi lascia andare e mi stringe in una morsa crudele. Mi hanno detto che è finita, che Charles è morto e che non mi potrà più fare del male. È una menzogna. Charles è vivo, più che mai. È nella mia cicatrice, nei miei lividi, nella mia mente. È in ogni respiro che esalo, in ogni attacco di panico che mi assale. Non è finita, non lo sarà mai.
«Aly.» qualcuno mi chiama. Mi volto verso la porta. Eliza è di fronte a me e mi sorride. Dietro di lei, Lindsey distoglie lo sguardo. Sono consapevole del fatto che, razionalmente, dovrei odiarla, ma sono felice di vederla. A differenza di Eliza. So che mentiva, ma Charles è riuscito ad assestare l’ultimo colpo. È riuscito ad instillarmi il dubbio e ora ho così paura che Eliza non veda l’ora di gettarmi via, che non faccio altro che aspettare questo momento.
«Vi lascio sole.» annuncia, mentre Lindsey mi si avvicina, seduta sulla sedia a rotelle. Seguono degli imbarazzanti minuti carichi di silenzio.
«Ciao.» esordisce lei, infine.
«Ciao.» rispondo, a fatica. Lindsey si tortura il labbro con i denti, mentre strizza gli occhi alla disperata ricerca di qualcosa da dirmi. Vorrei poterla aiutare, tranquillizzare, ma non ne sono in grado. Lindsey rimane ferma di fronte a me. Alza di poco lo sguardo, fino ad incrociarlo con il mio.
«Mi dispiace.» scoppia a piangere. «Ti prego, perdonami.». Sento le lacrime bagnarmi le guance. Mi protendo verso di lei e, incurante delle flebo e dei cavi che mi circondano, l’abbraccio.
«Ti voglio bene, Linz. Non è colpa tua, non mi hai mai fatto del male.» cerco di rassicurarla. «So cosa provi Linz e non ti lascerà mai veramente andare. Non credo che riuscirò davvero a superare quello che ho subito. In qualche misura, questo dolore, queste domande, questo senso di sporcizia, queste ferite non spariranno mai. Quello che ci ha fatto non sparirà mai.». China il capo, ma io la costringo a guardarmi. Non so da dove mi stia nascendo il coraggio. So solo che vedere Lindsey mi sta facendo venire voglia di combattere tutto questa insensatezza che mi circonda.
«No, quello che Charles ci ha fatto non sparirà mai, Linz. Eppure, una volta qualcuno mi ha detto che non siamo ciò che subiamo. E quel qualcuno eri tu, nel bagno di casa mia.». Sobbalza. Lo ricorda bene quel dialogo, risale a quando ha scoperto la mia cicatrice. Sembra passata una vita intera e, forse, è davvero così.
«Ti voglio bene, Aly.» mormora.
«Anche io, Linz. Anche io.». E, con la coda dell’occhio, non posso proprio evitare di notare Eliza che ci osserva sulla soglia, con il sorriso sulle labbra.

 

Eliza POV

 

Accompagno Lindsey nella sua stanza e l’aiuto a rimettersi a letto. Attendo che Marie venga a darmi il cambio e mi dirigo da Alycia. Mi siedo accanto a lei e le tengo la mano. È pensierosa e la sento distante. Non so cosa abbia vissuto a causa di quel mostro. Non ho idea di cosa stia vivendo adesso. L’unica cosa di cui sono certa è il sentimento che provo per lei. Allungo lentamente la mano e le carezzo i capelli, stando attenta a non spaventarla.
«Aly, io ti amo. Lo sai, vero?». Vorrebbe annuire, ma non ci riesce. Le sorrido, un tentativo disperato di rassicurarla. Si morde forte il labbro, mentre io le sistemo una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Sembra una bambina spaurita.
«Eli, io ci sto provando, ma è così difficile.» esordisce.
«Lo so, Aly. Sei forte e ce la farai. Ce la faremo.». Rimane in silenzio e io ho così paura. Ho bisogno che mi parli e che si confidi con me.
«Aly, ti prego, parlami. Cosa succede? A cosa stai pensando?» le chiedo, al limite della disperazione. La vedo deglutire. Ha paura di come potrei reagire, ho capito. Le sorrido. Voglio che torni a fidarsi di me. Ne ho bisogno.
«Non chiederti perché io sia qui.» le sussurro. Si avvinghia alla mia maglia, un gesto che non mi aspettavo da parte sua.
«Perché me? Perché non Bob? Lui può farti felice, Eli. Io non... Io ho paura di crollare.». Non la tocco, non la sfioro nemmeno. Mi limito a guardarla. I suoi occhi verdi sono carichi di dolore e sento una morsa al cuore.
«Ti stancherai di me, Eli. E non potrà essere altrimenti. Sono un disastro e non so nemmeno se starò mai veramente meglio.» continua lei. Credo di conoscere l’origine di questi dubbi. Voglio solo schiacciare la testa di questo serpente e ricacciare all’inferno tutto ciò che ha generato. Sarà un percorso lungo e tortuoso, ma strapperò Alycia a quelle spire. Lei vivrà, ne sono più che certa.
«Io sono qui e non me ne andrò mai. Ho sempre saputo che non sarebbe stato facile e, onestamente, non mi interessa. A differenza di Bob, tu mi fai felice, Aly. Mi rendi felice perché sei tu la persona che amo.». Non replica, si limita a fissarmi. Non si immaginava una risposta del genere, è evidente. Eppure, le ho solo detto la verità. È questione di un attimo. Le sue labbra sono sulle mie, così desiderate ed inaspettate al tempo stesso. E ora lo so, la strada che ci aspetta non sarà senza meta.




Angolo dell'autrice

Questo è uno dei miei capitoli preferiti. Ho spesso cercato di attirare la vostra attenzione su Lindsey, non solo perché l'ultima parte della storia la vede come personaggio chiave, ma perché senza di lei, in realtà, Alycia ed Eliza avrebbero fatto molta più fatica. Lindsey è sempre stato il collante tra le due e la crudeltà di Charles si è vista in primis quando l'ha spinta contro di loro. Eppure, non per un secondo Alycia ed Eliza l'hanno odiata. Alycia qui ha mantenuto la promessa fatta nel capitolo 33, si è ricordata del fatto che Lindsey le vuole bene. Il dialogo che ne viene fuori mostra semplicemente quanti passi ha fatto, anche proprio grazie all'aiuto di Linz. E, tuttavia, la ricaduta è sempre in agguato. Charles è ancora presente, è un veleno che le fa credere di aver meritato tutto quel dolore. Eppure, Alycia non è sola, non lo sarà mai più. 
Vi ringrazio tantissimo per le recensioni e per leggere questa storia. Il prossimo capitolo sarà l'ultimo e devo dire che un po' mi dispiace, mi mancherà. 
Beh, che dire, a martedì!

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Capitolo 39
*** 39.Thick & Thin ***


39..

 

Say you'll love me just the way I am
Just the way I am
Stay beside me wether lose or win
Oh through thick and thin
(Startisan-Thick & Thin)

 

Eliza POV
 

Apro gli occhi lentamente, mentre i raggi del sole mi accarezzano il viso. Sento un peso sullo stomaco e abbasso lo sguardo. Sorrido. Il braccio di Alycia mi circonda il torso, come se fossi un peluche. Mi giro verso di lei, attenta a non svegliarla. Non la tocco, non la sfioro, mi limito semplicemente ad ammirarla. Sorrido. Sta dormendo in una posizione ai limiti dell’assurdo, con la testa appoggiata al materasso. I suoi capelli scuri mi solleticano la pelle e non so davvero come possa non avere il torcicollo. Mi mordo il labbro. È bellissima e io non posso fare altro che rimanere senza fiato. Sono passati due mesi da quella terribile serata. È incredibile come in così poco tempo tutto possa cambiare in modo tanto radicale. Anche la prima volta che ho rivisto Alycia erano trascorsi due mesi da una nottata carica di dolore e domande. Mai avrei immaginato di incontrarla così spenta, rassegnata, spaventata e senza più alcuna fiducia nella vita. E, allo stesso tempo, mai avrei creduto di essere io quella bisognosa di uno scopo. Ho passato anni sopravvivendo, sopprimendo il dolore per le mie azioni passate, per i miei errori, per la morte di Sean. La vita non dovrebbe essere soltanto sopravvivenza, le parole di Clarke mi risuonano nella mente così improvvise, così vivide. Arriva un momento nella vita in  cui il dolore diventa qualcosa di talmente familiare, che non si è più in grado di staccarsene. Alycia ha sempre creduto che io la stessi aiutando e sì, è effettivamente ciò che è successo, ma non si è mai accorta di quanto lei stesse aiutando me. È vero quello che le ho detto tempo fa. Non potrei immaginarmi da nessun’altra parte se non accanto a lei. Non potrò smettere di amarla, nemmeno se lei dovesse rifiutarmi. Mi ha salvata e nemmeno lo sa. Mi ha regalato uno scopo. Cos’è l’essere umano senza un fine, se non puro caos? Avrei vagato senza meta all’infinito, senza mai trovare nulla di veramente valido per cui vivere. Sarei sopravvissuta, ma non era ciò che desideravo. Non è ciò che desidero.
«Ehi.» la saluto, mentre schiude lentamente gli occhi. Le sue iridi verdi mi scrutano, un po’ infastidite dalla luce solare che filtra dalla finestra.
«Ehi.» mi risponde, timida. Le bacio la fronte e la stringo a me. Appoggia la testa al mio petto e resta in silenzio, mentre io le carezzo la schiena, con delicatezza.
«Ti sento.» sussurra. Aggrotto la fronte, senza capire. Lei alza lo sguardo e mi posa una mano sul cuore. Mi sento mancare il fiato.
«Ti sento.» ripete. «E ne sono grata.». Mi mordo il labbro, mentre due lacrime mi bagnano le guance. La bacio, senza pensarci due volte.
«Ti amo.» affermo. Ed è vero. La amo immensamente. Provo per lei qualcosa che non ho mai sperimentato con nessuno, nemmeno con Bob. Sorrido mentre la sento intrecciare le sue dita con le mie e cominciare a giocarci. È il suo modo per prendere tempo quando deve dirmi qualcosa. Nonostante tutto, è ancora molto insicura. Non so se tornerà mai come prima. La vita l’ha ferita in modo brutale e crudele ed è inutile girarci attorno, deve convivere con cicatrici molto profonde. Non esiste una ricetta per poter tornare indietro, purtroppo. E, sotto sotto, credo che non le interessi nemmeno. Sono convinta che tutto ciò che desideri in questo momento sia poter continuare ad andare avanti, null’altro.
«Eli, io...» esordisce, timida. La cullo, per farle capire che non ha motivo di agitarsi. Le schiocco un sonoro bacio sul capo.
«Possiamo uscire?» mi chiede, la voce così bassa che fatico a sentirla.
«Tutto quello che vuoi, Aly.» le rispondo. Per lei farei di tutto. L’unica cosa di cui mi importa è poterle stare accanto. Non è un rapporto morboso. Non ci aggrappiamo disperatamente l’una all’altra. Non ci siamo costruire una bolla che ci isola dal resto dell’universo. Vediamo quasi quotidianamente i nostri amici e, a breve, io ricomincerò a lavorare. Semplicemente, stiamo insieme perché ne abbiamo bisogno. Stiamo insieme perché ne va della nostra vita.
«Vado a preparare la colazione e poi partiamo?». Annuisco. La osservo mentre si alza e si riveste. E, quando si volta un’ultima volta prima di scendere le scale che portano al piano di sotto, una forte e innegabile certezza si fa strada in me. Sono a casa. Siamo a casa. 

 

Alycia POV
 

Qualche mese fa uscivo da casa mia e prendevo un taxi, diretta ad una festa a cui non sarei nemmeno dovuta andare. Avevo paura di ogni cosa, perfino della mia ombra. Ero terrorizzata e, soprattutto, disperata. Avevo perso qualsiasi aspettativa nella vita e mi ero rassegnata ad un’esistenza vuota, carica solamente di dolore ed oscurità. Eppure, è proprio quando non si attende più nulla che le cose straordinarie accadono. E, spesso, avvengono nel modo più strano e impensabile possibile. Quando mi sono ritrovata Eliza davanti, avrei voluto sparire. Mi vergognavo, non avrei mai voluto che lei mi vedesse così. Non avrei mai immaginato che il suo modo di guardarmi sarebbe diventato la mia strada verso la salvezza. Mi ero così abituata a tutta quell’oscurità che mi circondava, da non volermene più liberare. Mi ero convinta che quello sarebbe stato il mio destino. Mi sbagliavo, eccome se mi sbagliavo. E ci volevano due occhi blu per farmelo capire.
«Hai preso i panini?» mi domanda Eliza, mentre mi passa la giacca. È ottobre e, anche se in California, il clima comincia a farsi piuttosto fresco.
«Ho preparato tutto.» rispondo, fiera di me. So che stiamo parlando di stupidi tramezzini, ma il semplice tornare ad essere in grado di fare le cose, anche quelle più banali, mi sprona ad andare sempre più avanti. Ecco perché anche il solo essere riuscita a preparare dei panini mi riempie di gioia.
«Bene, allora andiamo.» mi esorta Eliza, prendendomi per mano. Afferro lo zaino e la seguo alla macchina. Ripongo tutto nel bagagliaio e mi siedo accanto a lei. Non posso ancora guidare, anche se mi piacerebbe ricominciare in futuro. La sento accendere l’auto e, in pochi secondi, ci ritroviamo per strada. Osservo la casa di Eliza svanire dietro di noi, mentre noi avanziamo, dirette verso le montagne. Un po’ mi manca casa mia, ma sono consapevole che trasferirmi da lei sia stata la decisione più saggia. Non sarei più riuscita a vivere lì, non dopo quella sera.
«A cosa pensi?» mi chiede Eliza. Faccio spallucce, mentre guardo il paesaggio fuori dal finestrino. In poco meno di due ore saremo arrivate nei pressi di Big Pines, in una piccola località sconosciuta ai più.
«A nulla in particolare.» minimizzo.
«Bugiarda.» replica lei, accennando un mezzo sorriso. Alzo gli occhi al cielo e assumo un’aria innocente.
«Non so di che parli.»
«Alycia Jasmine Debnam-Carey, la ricordavo un’attrice decisamente migliore.» mi prende in giro Eliza, strappandomi un sorriso. Dopo poco, però, ritorna seria e accosta l’auto. Spegne il motore e si volta verso di me. Mi accarezza con dolcezza i capelli, accomodando una ciocca dietro al mio orecchio.
«Seriamente, a cosa pensi?». Mi mordo il labbro. Il mio istinto mi prega di distogliere lo sguardo, ma non ci riesco. Non voglio, non più. Ho bisogno di guardarla negli occhi. Ho bisogno che quelle iridi blu mi guidino verso casa.
«In realtà, a tante cose. Penso a come sia cambiata la mia vita in così poco tempo. Penso a come, nonostante tutto, il destino o chi per lui mi abbia comunque donato qualcosa di bello. Penso a come Maya e Marny mi siano state vicine quando io stessa non mi volevo più intorno. Penso a come tu sia riuscita ad irrompere nella mia vita proprio quando ormai desideravo solo che finisse.  Mi hai regalato la cosa più preziosa, Eli. Mi hai donato la speranza. Mi hai aiutata a guardare in avanti ed è per questo che io ti amo.». I suoi occhi si inumidiscono e le sue labbra tremano. Mi stringe a sé e mi circonda il volto con le mani. Non dice nulla, si limita a guardarmi. Mi bacia e le sue lacrime bagnano le mie guance. Mi scosto di poco e appoggio la mia fronte alla sua.
«Andiamo o faremo tardi.» mi sussurra. «Se non torniamo per cena, Maia ci ucciderà.». Ridacchio divertita, pensando alla mia migliore amica e al suo invito a a casa sua per stasera. Spero solo che non finisca come da Lindsey, abbiamo passato la cena a spegnere il forno.
«Andiamo.» dico. Eliza mette le mani sul volante e partiamo nuovamente. Di fronte a noi, il cielo blu racconta di un mattino carico di promesse e speranze. Non ho idea di cosa ne sarà di me domani, tra un’ora o anche solo tra cinque minuti. Non lo so e non mi interessa. L’unica cosa certa è che non voglio guardarmi indietro. So da dove vengo e cosa ho passato. So che la strada che mi aspetta non sarà facile e in discesa. Eppure, va benissimo così. Voglio solo andare avanti. Perché ora ne sono sicura, nel mio cammino non sarò da sola. Mai. 

 

 

Angolo dell’autrice

Non so davvero da che parte iniziare. Non mi sembra vero che questa storia sia finita. Ho cominciato a scriverla forse in uno dei momenti più difficili degli ultimi mesi e mi ha aiutata tantissimo in questo periodo. C’è tanto di me qui e spero che, in qualche misura, vi abbia lasciato qualcosa.
Non so se definire questo ultimo capitolo un lieto fine. A dire il vero, non so nemmeno se si possa chiamare finale. Di fatto, la storia non finisce realmente. Alycia non ha risolto tutti i suoi problemi, anzi. Eppure, ora ha una strada da percorrere e qualcuno con cui percorrerla. È l’augurio che faccio a me e a voi, di trovare la vostra strada e dei compagni di viaggio che non vi lascino mai soli, anche quando credete di esserlo. 
Ringrazio tantissimo chiunque abbia recensito e recensirà, i vostri commenti sono stati più volte spunto di riflessione sui miei stessi capitoli e mi hanno aiutata ad essere più consapevole di ciò che stavo scrivendo. Un grazie anche a chi ha inserito la storia tra le preferite, le seguite o le ricordate e a chi si è limitato a leggere. Senza lettori, uno scritto perde il suo scopo, ovvero dire qualcosa a qualcuno. 
Ricordo che nessuno dei personaggi mi appartiene e che ogni riferimento a fatti e persone reali è puramente casuale.
Infine, per chi avesse ancora voglia di leggere ciò che scrivo, annuncio che martedì prossimo comincerò una nuova storia, una Clexa. 
Vi ringrazio ancora tutti tantissimo.
May we meet again.

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