Un idiota ed una testa di fagiolo possono diventare amici?

di NorwegianWoodFields
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***
Capitolo 8: *** VIII ***
Capitolo 9: *** IX ***
Capitolo 10: *** X ***
Capitolo 11: *** XI ***
Capitolo 12: *** XII ***
Capitolo 13: *** XIII ***
Capitolo 14: *** XIV ***



Capitolo 1
*** I ***


Artù camminava velocemente tentando di tenere il passo di Viviana, provava ad attirare la sua attenzione sperando di suscitare un minimo di interesse in lei, almeno un'unghia di quello che aveva lui. Faceva così da tre mesi, il tempo esatto da che lui le andava appresso cotto e stracotto. Era palese agli occhi di tutti che Pendragon avesse una sbandata per la ragazza, per tutti tranne che per lei a quanto pareva. Non che il ragazzo glielo avesse mai detto esplicitamente, ma di certo non era necessario farlo presente, o almeno così lui credeva.


 

“Mi chiedevo se un giorno di questi volessi venire a pranzo con me!” Chiedeva con voce flebile, sporgendosi leggermente verso di lei. Doveva pur buttarsi, sondare seriamente il terreno prima o poi.


 

“Vuoi portarmi in un ristorante di quelli che frequentano persone come te? Vuoi mostrarmi cosa puoi permetterti?” Rispose con sguardo gelido. Al biondino suonava una risposta alquanto strana quella, anche se non sapeva spiegarsi il perché, o se pendesse sul positivo oppure sul negativo. Qualcun altro più attento alle prime impressioni e con la mente non offuscata da cottarelle sciocche avrebbe notato una malignità ed un'acidità insolite.


 

“Oh no, non...A me va benissimo qualsiasi posto, puoi sceglierlo tu, va bene persino una tavola calda, anche una taverna volendo!” Odiava passare per quello che sbatteva in faccia a chiunque la sua opulenza, o meglio, quella di Uther Pendragon, non la sua visto che lavorava da poco...


 

“Una taverna...” Lo guardava con espressione indecifrabile. Era una difficile, ma per Artù questo significava semplicemente che lei era all'antica. Adorabile!


 

“Possiamo mangiare un pollo al forno, con le patate!” Diamine se era una frana...che proposte erano quelle? Avrebbe voluto mordersi la lingua subito dopo, ma mostrò un sorriso carismatico e vagamente altezzoso, come per far dimenticare le sue stupidaggini con quel semplice gesto. La ragazza sbuffò scuotendo la testa, poi venne catturata da due figure davanti a loro. Il ragazzo anche osservò, c'era quella sorta di stecchino ambulante misto a Dumbo ed il suo migliore amico con la faccia da schiaffi. Will salutò velocemente Merlino con un bacio sulla guancia, per poi scappare in fretta e furia.


 

“Viviana! Ciao! Allora è ok per domani sera!?” Urlò allargando le braccia, immaginando che la ragazza stesse ignorando quel ricco viziato che si era incollato a lei come al solito e che non aspettasse altro che un pretesto per poter smettere di parlarci. Merlino, a differenza di quell'idiota, non andava dicendo in giro di essere innamorato pazzo di lei, riconosceva che fosse solo una cotta stupida quella che aveva per Viv, certamente, ma non per questo non avrebbe usato tutti gli strumenti e le forze a sua disposizione!


 

“Ovvio Merl!” Rispose entusiasta, abbracciandolo senza farselo ripetere due volte.

Artù era li, in mezzo a quei due che si comportavano come se non esistesse affatto. Come poteva anche solo sopportare quel cretino che aveva chiesto di uscire alla ragazza che LUI stava corteggiando da mesi?Dove diamine si sarebbero visti, a che ora? E perché accettare un invito da quello? Perché, cosa aveva quel coso in più di lui? Il biondino si schiarì la voce, fissando in cagnesco il suo rivale, che arrivava dal nulla e pareva già aver fatto breccia nel cuore di lei.


 

“Ah, ma ci sei anche tu...ehm Arturo?” Fino a quel momento Merlino aveva volutamente evitato anche solo di lanciare uno sguardo a quell'essere, ma gli era diventato impossibile far finta di nulla per tutto quel tempo. Ed era palese conoscesse molto bene il suo nome, ma voleva umiliarlo, infastidirlo e perché no farlo tornare coi piedi per terra.


 

“Mi chiamo Artù!” Rispose seccamente.


 

“Artù, Artù giusto! Artù caro...non pensi che sia abbastanza?”


“Scusa?” Si avvicinò al moro che non aveva il benché minimo rispetto, lo sapeva che lui era veramente innamorato di Viviana, perché doveva sbattergli in faccia che aveva ottenuto un appuntamento senza sforzi, quando Artù collezionava fallimenti su fallimenti? Sorridendogli in quel modo poi! Finto angioletto, ammaliatore. Sentiva una rabbia animalesca salirgli direttamente dal petto, lui non era un tipo violento, no! Oh ma quanto lo avrebbe voluto prendere a pugni, quanto avrebbe desiderato staccargli le enormi orecchie a morsi!?Strappargliele via lentamente.


 

“Lo so che per quelli come te è difficile da credere, abituati come siete a ricevere dalla vita solo 'SI', ad avere tutti ai vostri piedi per poter compiacere i vostri porci comodi, ad essere esaudito ogni vostro desiderio tra i più futili e superficiali, avete sempre tutto e subito, non immaginate poveri ingenui che la realtà è più complessa di così. Viviana ti sta dicendo dei grossi 'NO' dall'alba dei tempi... perché invece di stalkerarla e starle appiccicato come una cozza, non ti guardi un po' intorno? Sei giovane e ci sono tante ragazze in giro per il mondo! Non farti così del male Artù, lei non è interessata, non riesci a vederlo? Non riesci ad accettare un no!?”


 

“TU NON SAI UN CAZZO DI ME” Urlò iracondo. Come osava sminuirlo in quel modo, davanti a quella ragazza poi!? Come poteva pensare anche solo lontanamente di minare al suo orgoglio? Di mettere in discussione i suoi princìpi morali!? Senza nemmeno accorgersene, lo aveva afferrato per quella sciarpa sgualcita che portava sempre al collo e lo stava praticamente alzando dal suolo.


 

“E NON DIRMI COSA POSSO O NON POSSO FARE CON VIV, NON SPETTA A TE!”


 

“Artù, che diamine stai facendo, ragazzi tranquilli vi prego, lascialo subito!” Lo implorò Viviana.

Pendragon fece caso solo in quel momento all'espressione di puro terrore negli occhi infossati e sgranati di Emrys, ma non lo lasciò, non prima di aver dato una sbirciata veloce alla ragazza e solo quando vide la paura distorcerle i tratti somatici, si decise a lasciare la presa su quel moccioso mingherlino, allontanandolo con uno spintone che avrebbe potuto fargli spiccare il volo, se solo non avesse sbattuto prima su un muretto.

Per Merlino quella era un'ulteriore prova di quanto lo spocchioso non fosse abituato a perdere, in nessun fronte. Era pure violento per giunta. Per una ragazza tra l'altro che, ci avrebbe messo la mano sul fuoco, nemmeno aveva avuto modo di conoscere in quei tre mesi. Avrebbe voluto inveire, rinfacciargli ulteriormente i suoi pensieri, se solo fosse stato più coraggioso.
 

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Merlino si presentò in accademia, aveva provato quasi per caso a fare domanda in quella scuola delle arti, come spesso accadeva quando si proponeva per i part time più disparati, e contro ogni sua aspettativa aveva ottenuto il lavoro. Era un po' ansioso, non aveva mai posato per nessuno, sinceramente non sapeva nemmeno se avrebbe dovuto spulciare le pose più basiche, ma soprattutto se riuscisse effettivamente a stare fermo o anche solo a sostenere la tensione di avere gli sguardi di intere classi puntati addosso. Però era un lavoro che gli faceva comodo, la paga era decente e arrotondava le sue entrate, la mansione in se non era troppo stressante, lui aveva una passione per le arti visive e sarebbe stato da sciocchi rifiutare per degli stupidi dubbi.

Un prof dall'aria stramba e pacata lo aveva accolto e gli aveva indicato il piccolo spogliatoio dedicato ai modelli, anche se aveva specificato, per quella lezione gli servivano entrambi con i vestiti addosso! E lo aveva invitato a lasciarsi la giacca. Non era solo quindi...non aveva idea se questo fosse un bene o un male, ma il fatto che non dovesse da subito posare nudo per la prima volta in cui faceva quel lavoro, lo aveva messo un po' più a suo agio.


 

“Ehm...Ciao?” Si annunciò all'altro ragazzo di spalle, intento ad indossare una camicia attillata. Era entrato così bruscamente, che temette che il modello già dentro potesse esser stato colto da un infarto.


 

“Che diamine ci fai qui?” Chiese bruscamente il ragazzo, girandosi verso Emrys. Era passata una settimana da quando aveva fatto quella sfuriata fuori controllo. Quel Dumbo già aveva avuto la sua uscita con Viv.


 

“Che cazzo ci fai tu qui piuttosto Arturo!?” Rispose, sentendo un brivido di sconforto pizzicargli la spina dorsale. Non era possibile, quel viziato non poteva essere il suo collega. Che scherzo era mai quello?


 

“Ci sto da quattro mesi ormai, dai corsi estivi, questa domanda spetta a me! Mi stai perseguitando per caso?”


 

“Oh, credimi, sei proprio l'ultima persona al mondo con cui vorrei passare il mio tempo, anche se è per lavoro! L'ultima volta non mi hai picchiato per un pelo!” Si lamentò, poggiando un enorme borsone celeste su uno sgabello, Artù avrebbe voluto difendersi dicendo che lui non era un tipo violento, non era uno di quelli che andava in giro risolvendo i propri problemi prendendo a pugni gli altri, ma sapeva che non sarebbe servito a nulla e poi perché avrebbe dovuto giustificarsi con lui? In fondo non era successo nulla alla fine. Merlino uscì da quella stanzetta angusta, seguito dal biondino.

Gli doleva affidarsi a Pendragon, ma fu costretto a stargli appresso per capire dove fosse l'aula in cui avrebbero dovuto prendere servizio.


 

“Toglimi una curiosità, perché uno come te dovrebbe aver bisogno di lavorare?” Chiese Merlino con tono canzonatorio, non appena furono dentro la stanza vuota, ma ancora per poco.


 

“Come pensi si diventi ricchi esattamente? Fissando il soffitto?”


 

“Non so quanto danno a voi vostra altezza reale, ma non credo possiate arricchirvi ancora di più svolgendo questa mansione!”


 

“Non devo arricchirmi ancora di più!” Rispose spazientito ed in quel momento cominciarono ad entrare gli alunni, beh fortunatamente non era una classe numerosa, ma proprio per quello era impossibile non accorgersi dello spiacevole punzecchiamento in corso.


 

“Ah no? Effettivamente non ti serve da lavorare, cos'è? Un atto di ribellione, versione ricchi viziati?”


 

“E tu perché sei qui? Come mai hanno preso uno tutto pelle ed ossa senza la più vaga ombra di mezzo muscolo? Ti da fastidio se ti chiedo questo per caso? Mi pare di si, quindi pensa per te, pezzo di impiccione! Le mie motivazioni non devono interessarti e smettila di continuare a mettere bocca su fatti che non ti riguardano!” Come diamine osava prendersi gioco di lui, lo faceva di continuo, con le sue solite frasi populiste e maligne. Non gli veniva il dubbio che potesse esserci una situazione delicata dietro? E anche se così non fosse, dove era il problema nel cercare autosufficienza? Non aveva il men che minimo ritegno? Non gli bastava farlo sentire umiliato per essere uscito senza smuovere un dito con la ragazza alla quale lui stava appresso da tre mesi?

Gli studenti in quel momento erano presi da tanto movimento e gossip, solitamente la permanenza in accademia era uno scazzo totale. Qualcuno li avrebbe sicuramente accomunati a delle vecchie comari di paese impiccione.


 

“Ci stai da quattro mesi giusto? Avrai capito che non tutti ne usciranno disegnatori di supereroi? Gli serve capire come applicare la teoria dei muscoli su soggetti smilzi. Vari tipi di corpi. Ci sei? È troppo per il tuo cervello?”


 

“Ehm... possiamo iniziare la lezione?” Intervenne il professore, da poco entrato in aula e alquanto preoccupato per quello scambio aggressivo. I due dovevano conoscersi, era evidente.

Fu un inizio facile per i modelli entrambi in piedi, il prof si aspettava che i ragazzi prestassero molta attenzione a come i vestiti si accartocciavano in base al tessuto, alla loro misura, al tipo di corpo che ospitavano ed in base ai punti di trazione della posa. Che pieghe facevano dei vestiti super larghi? Come si comportavano su una persona minuta che calzava molte taglie in meno? Facendo ovviamente riferimento ad Emrys, indicandolo con una bacchetta di legno.

Cosa accadeva invece con un tessuto morbido ed un capo attillato calzato da un corpo ben piazzato? Indicando Artù.

Se per i due quello era un inizio semplice, lo stesso non era per gli alunni, dovevano stare attenti a troppe cose, c'erano così tante variabili che se loro fossero stati al posto degli studenti, probabilmente sarebbero fuggiti nel bel mezzo della lezione.

Dopo circa dieci minuti, il prof li fece sedere.


 

“Ehm...ragazzo moro mi ripeti il tuo nome?” Chiese l'insegnante.


 

“Merlino!” Rispose preso dal terrore di aver sbagliato in qualcosa, qualsiasi cosa.


 

“Merlino potresti levarti la giacca per questa posa? Hai sempre roba larga sotto? preferibilmente che non sia lana così cambiamo tessuto...”


 

“Oh si si, ho una felpa!” Asserì, facendo ciò che gli era stato chiesto.


 

“Cotone, bene!” Esclamò il prof. Merlino non sapeva dove poggiare il suo cappotto.


 

“Da qua idiota!” Sussurrò Artù tra i denti, sfilandoglielo praticamente dalle mani e collocandolo sulla stufetta ad incandescenza. Sembrava essere spenta, ma evidentemente doveva aver avuto qualche malfunzionamento e dopo una manciata di minuti del fumo scuro come la pece, cominciò a fuoriuscire dal tessuto.


 

“Pezzo di mer...rincretinito!” Urlò il proprietario del cappotto, contenendosi dal parlare in modo troppo scurrile davanti all'insegnante.


 

“Era accesa cavolo, tu lo sapevi no? E ci sei andato a mettere la lana cotta sopra!” Continuava, gettandosi sul tessuto ormai irreparabile, per evitare di mandare tutti a fuoco. Pendragon lo fissava a bocca spalancata, si portò le mani in testa, sembrava quasi mortificato, ma il moro era convinto fingesse solo per mantenere una certa reputazione.


 

“Io non...no...” Balbettava l'altro.


 

“Non credo se ne fosse accorto dai! Vado a portare la stufa in segreteria, probabilmente si è rotta e potrebbe essere alquanto pericolosa. Torno subito ragazzi, non fate la ola!” Il prof tentò così di smorzare la situazione, staccò la stufetta e corse via apprensivo e timoroso, forse aveva paura che gli sarebbe esplosa in mano?


 

“LO SO CHE LO HAI FATTO APPOSTA!” Starnazzava Emrys ed Artù negava con il capo.


 

“Per te è nulla forse, ma per me significa un acquisto inutile, figlio di papà, ti rendi conto che mi tratti così a causa di una persona che nemmeno conosci!?"


 

“Non ce l'ho messa volutamente per rovinartela, se mi fossi accorto che quell'aggeggio era acceso, non avrei mai rischiato mi scoppiasse un incendio addosso, no?”


 

Il prof tornò e il moro ce la mise tutta per placarsi. Le ore passarono, altre due classi si susseguirono finché il turno per entrambi terminò. I due rientrano in spogliatoio il figlio di papà si stava cambiando mentre un cellulare, probabilmente dell'altro, squillava ininterrottamente senza che Merlino si decidesse a rispondere. Tentava invece di piegare alla bene e meglio un ammasso puzzolente ed incenerito che era stato il suo cappotto fino a quella mattina.

Le chiamate non accennavano a smettere ed erano fastidiose nonostante avesse messo la vibrazione.


 

"Cedric...te lo avevo detto che sto a lavoro. Dovresti cominciare a non essere così insistente, non credi? Comunque, che vuoi adesso?"
Finalmente rispose, aprendo rabbiosamente la sua sacca celeste.

 


"Oh non può continuare così cazzo! Sono tre mesi che ti anticipo la tua parte di affitto, per non parlare delle altre spese! Ora mi staresti chiedendo un altro mese? Anche quello passato era l'ultimo, ti ricordi?" Avrebbe voluto rispondergli quando fosse stato da solo, o comunque quando non ci fosse stato quel pezzo di idiota accanto a lui, ma era troppo fuori di se per posticipare la discussione.


 

"CAZZO CED! Cazzo... vieni da me a parlarmi di empatia? Porca puttana e tu nei miei confronti quando vorresti iniziare a provarla? Non posso, non ce la faccio più ad anticiparti 'te li ridò te li ridò' sto aspettando. Lo sai no?" Artù fino a quel momento avrebbe preferito staccarsi le orecchie, perciò lo ignorava, come se non ci fosse nessuno, ma a quello scatto non poté fare a meno di sbirciare verso il suo odioso collega. Diamine se era fuori di se, non che lo avrebbe biasimato, basandosi su ciò che sentiva.



"CHE COSA? Non mi conviene cacciarti altrimenti pagherei da solo? Di grazia fino ad ora, chi altri avrebbe pagato?"
Continuò, tentando di inserire il cappotto nel borsone con movimenti incoerenti.


 

" 'Appunto per questo fammi un favore' ? Cedric, tu o sei un pazzo schizzato, o sei un grosso paraculo, pendo più per la seconda. Ti hanno assunto a tre lavori diversi e sei stato licenziato subito dopo le prove, chissà perché!? Ti credi furbo, oh lo so, pensi di essere una volpe perché hai saputo approfittare delle mie ingenuità! Sono ingenuo non scemo! Non è vero come dici tu che ' se ti caccio pagherei uguale da solo, a sto punto fammi un favore e lasciami vivere con te! ' PERCHÉ TU SEI TUTTI I GIORNI, TUTTO IL GIORNO, A CASA.
Se ti cacciassi non pagherei né la tua spesa né soprattutto i tuoi consumi energetici assurdi. Ci guadagno e basta!"

Il moro fece capovolgere la sacca intera a terra, facendone uscire quasi tutto il contenuto.


 

Pendragon senza pensarci due volte si era chinato a raccogliere i due vestiti, prima di accorgersi di stare aiutando quel Dumbo moccioso. I capi avevano tutta l'aria di essere divise da lavoro, una delle quali sicuramente di un bar.
Beh lo aiutava di certo perché vederlo in quella condizione lo aveva turbato. E poi lui era pur sempre una persona dai sani princìpi, educato.
Emrys lo guardò negli occhi non appena gli porse i vestiti, per un momento ebbe un'espressione di gratitudine, ma poi come centrato in pieno da un fulmine, tornò a riservargli il solito sguardo di biasimo, riprendendosi le divise in modo burbero.

 


"Il bar non mi paga gli straordinari da due mesi, la ditta di pulizie dell'autogrill sta andando fallita, questione di giorni e mi licenzierà, come puoi chiedermi un ulteriore sforzo...sapendo che ogni tanto mamma..."


 

Merlino si interruppe non appena si accorse dello sguardo di Artù puntato su di lui. Il biondino non voleva fare l'invadente, davvero, ma era più forte di lui quando si parlava di mamme... Si apprestò ad abbassare gli occhi addirittura imbarazzato, subito dopo essere stato colto sul fatto.

 


"Vedi di diventare una persona adulta e responsabile, vai via il prima possibile. OH NO NO! NON SE NE PARLA! Non costringermi a chiamare la polizia, in questo periodo non ho neanche il tempo per pisciare, CAZZO!" Urla, attaccandogli in faccia.


 

“Piaciuto lo spettacolo Pendragon!?” Gli chiese, ritrovandoselo davanti, impalato come uno stoccafisso.


 

“Eri qui...è ovvio che abbia sentito, cosa volevi facessi, idiota!?” Nonostante volesse apparire indignato, gli uscì una voce stranamente mansueta. Quel particolare non sfuggì all'altro che sbuffò frustrato. Artù aveva ragione, era ovvio che potesse ascoltare come era ovvio che lo aveva aggredito perché era imbestialito con Cedric, questa volta gli era andato contro assolutamente dal nulla, ma non si sarebbe mai permesso di sentirsi in colpa o di chiedere scusa, rimaneva il fatto che quel viziato scemo gli avesse fatto fuori il cappotto, un minimo di diritto di trattarlo male lo aveva...no!?

Il moro scappò via in fretta e furia senza replicare né salutare, non che la vita del biondino dipendesse dal saluto di quel tipo. Quando scese finalmente solo e in tutta tranquillità, l'aria fredda gli pizzicò il volto e le orecchie, le temperature stavano cominciando a calare, a breve avrebbe avuto bisogno anche di sciarpa, guanti e cappello! Si girò e vide il suo rivale di spalle sfrecciare su una bici, lo poté riconoscere perché ricordava come era vestito, erano stati ore ed ore vicini era ovvio lo riconoscesse anche di schiena e da lontano...faceva davvero troppo freddo per girare solo con una felpa, in bicicletta per di più! Ma effettivamente era colpa sua se adesso Dumbo andava in giro super esposto a brutte influenze senza un cappotto indossabile. Artù cominciava a sentirsi in colpa, seriamente non lo aveva fatto di proposito...però era anche vero era stato un completo idiota...


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Salve! Se state cercando una storia con una super trama, probabilmente questa non farà al caso vostro. Avevo bisogno di scrivere qualcosa di mezzo smieloso, puerile, divertente ma soprattutto semplice e banale, sperando comunque che (eventuali) lettori e lettrici possano intrattenersi, divertirsi e passare dei piccoli momenti sereni.
Alla prossima, se vi va! (Non sarò regolare sugli aggiornamenti suppongo)

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Capitolo 2
*** II ***


Pendragon tornò a casa la notte tarda, andò a schiantarsi direttamente sul letto a pancia in giù, avrebbe tanto desiderato essere solo stanco ma non lo era, si sentiva tremendamente vuoto, inutile, eppure aveva altre aspettative dal proprio cuore e dalle proprie emozioni. Era metà Settembre e Viviana aveva miracolosamente accettato di andare a cena con lui! Artù quella stessa mattina si trovava al settimo cielo, finalmente la sua tenacia aveva dato dei frutti, eppure era appena rientrato dall'appuntamento e si sentiva una merda, era tutto così finto, così surreale. Persino con i suoi occhi accecati da una stupida cotta, non aveva potuto mentire più di tanto a se stesso. Viv non era come credeva. La ragazza che lui aveva idealizzato non corrispondeva a quella in carne ed ossa, per nulla, ma era quello a cui si andava incontro nell'elevare una persona con la quale non si aveva mai avuto una conversazione degna di essere chiamata tale... era logico sarebbe potuto accadere.

Le era stato tre mesi attaccato come una cozza eppure non si era mai reso conto che loro due non avevano un bel nulla da dirsi, l'uscita era stata una noia mortale. Nella vita poteva succedere di credersi invaghiti di qualcuno per poi uscirci effettivamente e capire che era solo un'amicizia, o rimanendo con l'interesse di stringerne una. Il biondino sarebbe addirittura stato felice di vederla come un'amica, ma no, non c'era nemmeno quel tipo di desiderio. Gli aveva suscitato persino una lieve antipatia, era così maligna e rabbiosa contro il mondo intero, non aveva fatto altro che parlare male di metà clienti, camerieri e persino passanti. Stava in compagnia ma si sentiva solo, freddo, attaccato. Era così assurdo che non l'avesse inquadrata prima, tanto che iniziava ad auto convincersi del fatto che lei, pur di non dargli un dispiacere e di non parlare chiaro dicendo che non era interessata, avesse messo in atto quella manfrina proprio per farsi odiare, per levarselo di torno.

Non voleva crederci, era impossibile che fosse veramente così...accanita contro il mondo, inacidita! Si sentiva affranto.

Che Dumbo avesse avuto ragione per tutto quel tempo? Lottava con le unghie e con i denti per una ragazza che non aveva avuto modo di conoscere nemmeno un po' e che poteva quindi non interessargli sul serio?

Una vocina nella sua testa gli ripeteva che lo sapeva fin dall'inizio che quella di Viviana era un appiglio, un dolce appiglio. Si trovò repentinamente in una situazione spiacevole, l'avere qualcuno a cui dedicare teneri pensieri era una distrazione necessaria quanto sbagliata, se ne rendeva conto. Era meglio passare da un professionista, tipo uno psicologo. Si mise sotto le coperte e si addormentò in un battito di ciglia.


 

“Sei così patetico e solo, da ingigantire la minima apparenza di attrazione, convincendo te stesso in primis di essere innamorato? A quanto pare sei infantile, puerile! In fondo sai che non eri cotto di me...mentire a te stesso eh?” Lo sfotteva Viv, seduta direttamente sul tavolino del ristorante, altre persone giacevano sul pavimento e la guardavano ferite. Doveva essere un sogno.


 

“Non sai quali sono le sue paure, né qual'è il suo colore preferito eppure guardati... scalci a destra e a manca per avere le sue attenzioni! Per poco non mi meni!” Merlino gli parlava con fare saccente. Era meglio definirlo un incubo più che sogno. Quelle parole però gliele aveva dette davvero, se le ricordava.

La ragazza si avvicinò al suo rivale...sempre se poteva ancora definirlo tale, e lo baciò. Non c'era tenerezza né sfrenata passione nei gesti di lei, solo sfregio e disprezzo, così come si era comportata per tutta la serata d'altronde. Viv scomparve dalla sua visione onirica, adesso era solo con l'altro ragazzo in un'aula trasandata ed umida.


 

“Sei sicuro di essere innamorato di una che non conosci, sei sicuro che tu non voglia semplicemente essere innamorato di qualcuno? O essere amato da qualcuno? Ti manca affetto Pendragon? Cos'è, il solito cliché del ricco circondato da tanti soldi e zero amore? Tuo padre non ti ama, non ama né te, né tua sorella, tu non ti ami! Leon forse è l'unico a sopportarti, ma quanto reggerà ancora? Tua madre invece? Sei proprio un cliché ambulante!” Questo Emrys non glielo aveva mai detto ne era sicuro, alcune cose non poteva saperle. Ma sembravano frasi che sarebbero potute benissimo uscire dalla bocca sputa sentenze del vero Dumbo.

Artù sapeva di star sognando, ma l'angoscia era talmente potente che anche con quella consapevolezza, la sua ansia non voleva saperne di lasciarlo in pace. Sarebbe stata una lunga notte quella. Una lunga notte insostenibilmente vuota...


 

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“Ciao Merlino!” Lo salutò Freya, una studentessa dell'accademia. Lui ricambiò con un sorriso solare, rallentando il passo per aspettarla ed avviarsi insieme nell'edificio scolastico.


 

“Non fa un po' troppo freddo per andare in giro senza giacca?”


 

“Nah Freya, ho un maglione pesantissimo sopra! Poi...non ho ancora provveduto a comprare un cappotto nuovo!” Rispose, stringendo tra le mani il tessuto caldo della propria maglia.


 

“Comunque, non ho la minima idea del perché tu ed Artù ce l'abbiate a morte l'uno con l'altro, non vorrei passare per impicciona eh, ma ti assicuro che non l'ha fatto apposta. Nessuno di noi aveva fatto caso che quella stufetta fosse aperta...insomma, tutti i led erano spenti! Non lo avrebbe mai fatto di proposito, davvero!”


 

“Si, ci ho pensato un po', poi ho visto come...cioè è vero, non si sarebbe mai fatto esplodere una stufetta rotta addosso, è solo un assoluto cretino!” Effettivamente il moro ci aveva riflettuto, non tanto sulla giacca, ma su come Pendragon lo stesse guardando nello spogliatoio, i suoi gesti, mentre gli aveva fatto sorbire la sfuriata con Cedric, quando si era inginocchiato per aiutarlo a raccogliere le divise. Aveva un'espressione sinceramente cortese. Non che questo potesse bastare a chiedergli scusa per la barbarità con cui lo aveva trattato, nonostante per una volta si stesse comportando umanamente con lui!


 

“Guarda che è molto a modo, con tutti, non so cosa diamine abbiate voi due!”


 

“Ci credo che è a modo, ce lo avranno addestrato sin da bimbo!” Affermò acido. Merlino era convinto che la maggior parte tra quei ricchi viziati, credessero di discendere per via diretta dalle più famose stirpi regnanti e che proprio per questo ci tenessero molto a mantenere le apparenze, ad essere così principeschi, cordiali, pacati. Ma credeva anche che quelli come lui fossero talmente occupati a ponderare le parole e le emozioni, che non si poteva mai sapere cosa gli frullasse realmente in testa. Calcolavano troppo, reprimevano troppo. Ma tutti esplodevano prima o dopo.

Difatti poteva essere questo il motivo dell'atto aggressivo di Artù, lo aveva alzato da terra prendendolo per la sciarpa! (ma poteva benissimo essere stato il suo collo) Che sfuriata era mai quella! Per una contesa sciocca...


 

“Comunque io e lui abbiamo adocchiato la stessa ragazza, è per questo che c'è rivalità!” Spiegò il moro.


 

“Oh...capisco deve essere imbarazzante lavorare insieme.” Rispose, tentando di nascondere un sorrisetto compiaciuto, di quelli che uscivano inevitabilmente quando si aveva un nuovo gossip. Il ragazzo ci fece caso e lo trovava divertente egli stesso.


 

“Intendiamoci non è il grande amore di nessuno dei due... Io ci sto uscendo perché mi da fastidio non capire come si possono evolvere certe situazioni. Insomma ho bisogno di capire se lei mi piace, o se è solo un impatto estetico. Ma lui deve sentirsi un cavaliere per avere certi pensieri idilliaci e surreali su una con cui non ha mai scambiato due frasette in più. Forse non conosce bene le parole o forse è solo superficiale, non lo so non lo conosco!”


 

“Veramente Merl, io l'ho visto tipo quasi una settimana fa con una bella ragazza, un po' indecifrabile dal punto di vista emotivo...ehm scusa, fisse mie! La chiamava Viviana mi sembra o Valentina forse? Boh insomma sono sicura fosse un nome con la V. Era un appuntamento romantico a tutti gli effetti ti assicuro. Ma ho visto lui molto sotto tono, quasi come non volesse trovarsi li in quel momento, tanto che ho pensato avessero avuto problemi!” A quelle parole Merlino si fermò all'istante.


 

“...è una situazione complicata, non è così?” Chiese la ragazza, apprensiva a causa della reazione del modello.


 

“Cioè aspetta... Allora io ci sono uscito due settimane fa. Poi a quanto pare lui è uscito con Viv da quasi una settimana. Ma io ho avuto un appuntamento con lei proprio ieri...”


 

“Ehm...questo è alquanto strano ma sono sicura che sia meglio non giudicare subito dalle apparenze, potrebbe esserci una motivazione valida, no?” Disse Freya tentando di non giungere alla conclusione più immediata a cui la questione effettivamente portava a pensare. Il ragazzo alzò le braccia.


 

“Assolutamente! In questo caso sarebbe meglio se io approfondissi. Ci sarà una spiegazione plausibile, magari ha bisogno di capire a chi è interessata, sempre se è interessata a uno fra noi...”


 

“Si, ti conviene parlarci e capire in che situazione sei finito!”


 

“Certo se poi dovesse negare o far finta di nulla, magari la spiegazione è proprio quella più lampante...” Che avesse il piede in due scarpe? Non che ci fosse qualcosa di logico e razionale in quell'intreccio criptico.

Salirono insieme nell'edificio ed il moro andò nello spogliatoio, dove c'era già il collega.


 

“Ciao!” Non appena lo salutò, Pendragon lo guardò con un'espressione di stupore in volto. Era sorpreso che anche Dumbo conoscesse le dinamiche basiche dei convenevoli. Rispose al saluto nel modo più piatto possibile.

Emrys si fermò un attimo a guardarlo, era odioso basarsi su come l'altro fosse conciato per capire cosa indossare o meno per quella lezione, ma sarebbe stato ancora più insopportabile chiederglielo direttamente. Artù portava solo dei pantaloncini, questo voleva dire che pure lui doveva rimanere con quei cosi indecenti da pugile alle prime armi.

Il cellulare di Merlino cominciò a squillare, perciò pose fine a quella scansione oculare dell'idiota. Il biondino lo vide controllare lo schermo e sbuffare, ne dedusse quindi che era il suo coinquilino parassita...ma ancora non era riuscito a cacciarlo?

Dumbo attaccò e mise la vibrazione, ma quello non demordeva, Artù si sporse un po' per sbirciare il nome sullo schermo. Aveva ragione, era proprio quel parassita.


 

“Perché non lo blocchi?” Se ne uscì del tutto inopportuno, già si stava preparando al peggio da parte del collega ma quello fece un sorrisetto sarcastico.


 

“Quando torno purtroppo lo ritroverò ancora a casa, magari servisse a qualcosa bloccarlo...” Rispose Merlino ed il suo sorriso sarcastico si trasformò in sconforto.


 

“Beh ma dovresti cacciarlo meglio!” Disse, mentre Emrys si sfilava maglietta e maglione insieme. Era strano parlare con quello la in modo così tranquillo e naturale.


 

“Cacciarlo meglio...Non so cosa fare di più sinceramente, è così esasperante, non riesco a fargli poggiare i piedi fuori dalla porta, credo mi abbia ipnotizzato!” Cominciò a sfilarsi i Jeans velocemente, prendendo poi i pantaloncini da pugile di serie zeta, infilandoseli con disgusto.


 

“Prova a buttargli fuori uno scatolone con le sue cose! Si ritroverà davanti ad un fatto compiuto!” Suggerì il biondino, l'altro rise nuovamente stavolta incuriosito, mettendosi la vestaglia addosso ed annuendo lentamente, chissà che non gli stesse passando per la testa di farlo sul serio!


 

“Perché non mi hai detto che sei uscito con Viviana?” Chiese il moro dal nulla, voleva fargli quella domanda, era inutile girarci intorno, non rendendosi conto però che così facendo forse avrebbe potuto rovinare quel momento di armistizio, quasi amichevole addirittura, tra di loro.


 

“E perché avrei dovuto scusa?”


 

“Beh...dopo tutto il fervore con cui ci siamo accaniti l'uno contro l'altro per uscire con Viv, mi sembrava il minimo che il giorno dopo mi sbattessi in faccia con orgoglio il fatto che alla fine tu l'abbia conquistata e pensate di vivere felici e contenti. Ma questo non è successo. Non dovrei trovarlo sospetto? Mi preoccupa la cosa tutto qui, non ti ho visto molto felice questi giorni, anzi mi sembri più giù del solito, non sembrerebbe nemmeno che tu ci sia uscito, ma so che è così quindi...”

Pendragon impallidì a quelle parole. Possibile che quello che era un completo idiota, avesse ogni tanto sprazzi di intuizioni fin troppo mirate ed azzeccate? In ogni modo era troppo orgoglioso per ammettere che avesse ragione da sempre. Per di più era una cosa così intima, perché avrebbe dovuto confidargliela, a lui cosa importava? Non sembrava neanche fosse geloso di lei, cos'era allora?


 

“Cosa diamine vorrebbe dire?” Chiese.


 

“Non so, magari hai fatto qualcosa di imbarazzante ed irreparabile, oppure lei non ti piace affatto...”


 

“Anche se fosse?” Che scemo, quella era praticamente una ammissione a tutti gli effetti.


 

“Artù senti, non voglio cominciare con i soliti dissing da rapper cringe, mi sono un po' rotto il cazzo, è inutile starci a urlare contro. Ti parlo seriamente. Ieri io e lei siamo usciti.”


 

“Oh è una tattica, dovevo immaginarmelo!”


 

“Smettila di essere così diffidente! Ci sono uscito veramente! Questo è strano ed io non la capisco affatto! Dei dubbi da parte sua possono esserci, ma se deve continuare in questo modo ancora per molto ho bisogno di saperlo, perché se è così allora il gioco non vale la candela! Perciò vorrei parlarle, è giusto che tu lo sappia...per correttezza!”


 

“Vorresti che abbassassi la guardia per caso? O che ci litighi?”


 

“Sei proprio un cretino, non c'è nulla da fare eh! Pensi che sia una strategia? Non ho le forze per stare appresso a queste stronzate, per stare appresso a bugie, o montature. Seriamente Artù, fai come ti pare! Io te l'ho detto, pensavo di farti un favore!” Doveva immaginarselo che quello non gli avrebbe mai creduto. Lui voleva semplicemente metterlo al corrente delle stranezze e fargli intendere che sarebbe stato disposto anche a farsi da parte senza troppi capricci...se le cose stavano così, era inutile fissarsi. E l'arrogante subito che pensava ad una congiura!

Appena le ore di lavoro terminarono Merlino scappò a vestirsi velocemente, ed uscì come una furia verso il luogo in cui aveva lasciato la sua bici, posto alquanto malfamato, non era un segreto. Ma il ragazzo ne ignorava la pessima reputazione, forse volutamente. Stava cercando nel borsone celeste le chiavi della catena che assicuravano la bicicletta. Un ragazzino ben piazzato più o meno sui quindici anni, si avvicinò con arrogante spavalderia, camminando a gambe spalancate come se stesse seduto su un cavallo, che lui evidentemente non poteva vedere.


 

“Hey!” Esordì il tipo con un ghigno malefico piazzandosi dietro di lui. Gli mancava solo incontrare un teppista, l'indesiderata ciliegina sulla torta. Emrys optò per ignorarlo e non girarsi a guardarlo, sperando che quell'impassibilità potesse fargli scampare un brutto scontro.


 

“Amico, ma non ti hanno insegnato le buone maniere?” Insistette il teppista adolescente afferrandolo per un braccio. Che poteva fare per levarsi da quella situazione spiacevole? Non aveva la minima idea di come difendersi, quello era palesemente più forte ed agile di lui, cosa gli davano da mangiare ai ragazzetti? Era in quei momenti che rimpiangeva di non aver mai appreso le basi dell'autodifesa. Cominciò a piegargli il braccio dietro la schiena, ad alzarlo sempre più su in modo innaturale, facendo si che tutto il braccio e le scapole gli dolessero insopportabilmente.

Avrebbe voluto urlargli che non aveva nulla da dargli, era la verità, ma la voce non voleva saperne di uscire. Tra l'altro quello non gli chiese nulla, non provò nemmeno a trafugare qualcosa dalle sue tasche o dalla borsa, probabilmente era li col semplice scopo di aggredire qualcuno per il puro piacere di farlo...fine a se stesso. Alcune persone si sentivano meglio nel picchiare sconosciuti a caso. Il teppista lo girò bruscamente spintonandolo con forza facendo sbattere la sua schiena proprio sullo spigolo di un muretto. Poté guardarlo dritto negli occhi e si accorse che in quel momento lo sconosciuto lo stava privando della sua umanità, della sua dignità, era diventato un sacco da boxe.

L'adolescente gli tirò un pugno sulla guancia, andando a colpire di striscio il labbro superiore che si spaccò inevitabilmente e poté sentire subito dopo il sapore ferroso del sangue. Chiuse gli occhi inerme, sperando semplicemente che l'orribile gioco del bulletto finisse presto.


 

Artù stava per chiudere la porta del camerino, quando per puro caso adocchiò il cellulare di Dumbo lasciato solo ed incustodito. Lo mise in tasca, correndo come un fulmine sperando di trovare quel rincretinito senza testa ancora nei paraggi. Sicuramente non aveva parcheggiato la bici nel parcheggio dedicato nell'accademia, non l'aveva vista, l'aveva sicuramente lasciata in quell'area nelle vicinanze...davvero un brutto posto. Arrivò con leggero affanno, si addentrò e lo vide, vide mentre un teppista lo stava assalendo senza che lui tentasse di difendersi, non ci pensò due volte prima di fiondarsi sull'aggressore, prendendogli entrambe le braccia e portandogliele indietro per fermarlo.


 

“Non ti azzardare a mettergli le mani addosso! MI SENTI?” Urlò rabbioso nelle sue orecchie, pressandolo sul muro come una sottiletta, per quanto quello si dimenasse come un toro, non riusciva a fare nulla, era inutile.


 

“Togliti di mezzo, non provare ad avvicinarti di nuovo o ti giuro che dovrai rifarti lo scheletro per intero, sempre se arriva qualcuno a raccoglierti! SMAMMA!” Gli intimò, trascinandolo lontano dal muro per poi spingerlo via, il teppistello inciampò sui propri passi, nemmeno si voltò a guardarli in faccia, doveva sentirsi umiliato ed impaurito a giudicare da come fuggiva con la coda tra le gambe e la testa abbassata.

Pendragon si girò in direzione di quell'idiota del suo collega, che sembrava essersi paralizzato, si accasciò sulla parete alle sue spalle ed incominciò a ridere in modo isterico e compulsivo, ripetendo più volte come una cantilena che avrebbe fatto tardi al bar, rigirandosi la chiave della catena tra le dita tremolanti.


 

“Sei un deficiente Emrys! Lo sai che razza di posto è questo? E staccati da quel muro per la miseria, è lercio!” Gli urlò, avvicinandosi a lui estraendo un fazzoletto, glielo porse bruscamente, sfilandogli le chiavi di mano. L'altro continuava con quel risolino insolito. Il biondino pensò che quella dovesse essere la sua prima reazione, di certo ancora non aveva processato l'accaduto.


 

“Non ti stavi dimenando, non ti sei messo nemmeno ad urlare, ma che hai in quel cervello? Ah non ce l'hai è vero! Farti ridurre così da un ragazzetto!? Lo sai si, che poteva andarti peggio, poteva capitarti un'intera banda di persone anche più adulte e violente?” Continuò ad inveire, slegandogli velocemente la bici. Non voleva dargli addosso in quel modo, ma se la reazione di Merlino era stata la risata nevrotica, quella di Artù era l'irruenza impetuosa purtroppo, non sapeva come comportarsi era estremamente preoccupato ed in apprensione, ma nonostante fosse ovvio alla sua parte più razionale che non dovesse urlargli insulti a caso, non riusciva ad essere più garbato nel proferire parole di conforto.


 

“Dove vai con la mia bici?” Chiese ancora tra le risate, la voce smorzata dal fine tessuto del fazzoletto premuto sul labbro.


 

“Stammi appresso!” Imperò, voleva farsi uscire un tono più morbido ma se ne vergognava. Oltre a non sapersi comportare in queste situazioni, lo imbarazzava il fatto che potesse comportarsi in modo tanto premuroso e condiscendente con lui. Cominciò a camminare velocemente trascinando con se la bicicletta del collega.

Il moro non capiva, avrebbe voluto fargli mille domande, ma non riusciva ad articolare mezza frase, quindi lo seguì indolenzito, come gli aveva detto e basta.

Pendragon assicurò il velocipede sul tetto della macchina, portava sempre con se delle cinghie nel bagagliaio, l'altro si era di nuovo impalato a fissarlo. Il biondino gli aprì lo sportello e lo spintonò lievemente come per spronarlo ad entrare, si era accorto che non connetteva più di tanto, che il suo cervello idiota stesse iniziando a processare? Dedicò un attimo del suo tempo per buttargli un'occhiata veloce, aveva smesso di ridere così tanto, compariva solo un sorrisetto tirato ogni tanto, ma l'espressione in generale non era proprio tra le più serene.


 

“Ah, tra l'altro...per fortuna in un certo senso, avevi dimenticato il cellulare, prima ti cercavo per ridartelo...” Disse con tono più affabile non appena si sedette al posto del conducente, lanciandogli il cellulare sulle cosce. A quella frase la mente di Merlino parve destarsi, il collega era andato li per consegnargli l'oggetto dimenticato, se Artù non ci avesse fatto caso o semplicemente se fosse stato davvero un egoista, gli sarebbe potuta andare a finire male, parecchio male! Era bravo con quelle cose li di lanciare botte random, ci avrebbe messo la mano sul fuoco.


 

Il pugile da serie zeta si fece dire dove si trovava il bar in cui lavorava ed avviò il navigatore sul telefono, convinto che non fosse il caso di lasciarsi indicare la via man mano direttamente dal ragazzo, in quel momento Dumbo aveva bisogno di pensare a quello che era successo, non voleva distrarlo dal punto focale che aveva bisogno di processare, doveva ancora prenderne atto, a giudicare dal silenzio tombale forse aveva incominciato a riflettere.


 


"Hai bisogno di qualcosa?" Chiese Pendragon con apprensione dopo qualche minuto, guardandolo tramite lo specchietto e a quella semplice gentilezza all'altro si arrossarono gli occhi.


 

"Perché?"


 


"Sei appena stato aggredito senza motivo suppongo, stai per scoppiare a piangere da un momento all'altro, magari ti serve qualcosa!"


 


"Un abbraccio" Rispose con l'espressione più pura che il biondino avesse mai visto nella faccia di un adulto. Tornò immediatamente con gli occhi sulla strada, non reggeva quello sguardo.

Un abbraccio...Non si trovava a suo agio in quel tipo di contatto fisico, soprattutto se non c'era confidenza con l'altra persona, sarebbe stato carino sbloccarsi e confortarlo in quel modo una volta arrivati. Ma la cosa era assurda, no,cosa pensava, non se ne parlava affatto. NO!


 


"Oh no, non è quello che intendevo, intendevo più se pensi di avere qualche impedimento fisico, o se vuoi fare un controllo al pronto soccorso?" Vide l'altro con la coda dell'occhio stringersi nelle spalle ed arrossire leggermente, probabilmente si sentiva un idiota per quella richiesta.


 


"Oh già, che scemo che sono, scusa non...ovvio non intendessi 'quello' . No no sto in perfetta forma! Più o meno insomma!" Disse imbarazzato.


 


"Allora non piangere" Come se fosse facile...era proprio negato, non ci sapeva fare per nulla!


 


"Perché non hai reagito?" Domandò Artù, non se ne capacitava. Non importava quanto l'altro fosse più forte o più bravo, gli sembrava naturale provare a difendersi. Ed Emrys non stava neanche urlando per chiedere aiuto, aveva solo chiuso gli occhi.


 


"Non sapevo come rispondere, odio la violenza, anche se è solo per difendermi!" Spiegò, tirando leggermente su col naso.


 


"Dovresti imparare!" Consigliò Pendragon, non lo capiva, non la trovava una motivazione plausibile. Ma in fondo all'essere umano non servivano motivazioni fondate per paralizzarsi scioccamente davanti al pericolo, alcune paure erano semplicemente ai limiti dell'irrazionalità, quindi anche se quella del collega sembrava una risposta priva di senso, era da prenderla con serietà e da rispettare.


 


"Imparare...Tipo da te?" Chiese Merlino, con la stessa instabilità di chi faceva l'acido ma se ne pentiva nel momento stesso in cui sentiva la propria voce parlare con quell'attitudine.


 


"Non sono quel tipo di persona..." Si giustificò con tono flebile.


 


"Sai, non ti sei mai comportato in modo tale che io potessi trovarti una bella persona..." Avrebbe voluto aggiungere 'Prima di oggi' ma l'altro non gli diede il tempo di terminare il discorso che di nuovo andò sulla difensiva.


 


"Non esiste motivazione al mondo perché io possa volere che tu abbia una bella concezione di me!"


 


"Lo so...i..io non volevo tirare nessuna frecciatina...non ora per lo meno!" Aveva rovinato un'altra volta nello stesso giorno un momento di armistizio.


 

Arrivati davanti al locale il biondino posteggiò, controllò nuovamente il ragazzo, aveva gli occhi lucidi e si era chiuso tra le spalle. Sicuramente stava per piangere, cosa doveva fare? Doveva lasciarlo solo in macchina in quell'attimo tanto personale od intromettersi? Doveva dire qualcosa, una stupida frase di circostanza? Beh poteva dargli uno scappellotto amichevole, o forse le persone espansive, come lui sembrava essere, preferivano gesti più dolci. Uscì di scatto dalla propria macchina, seguito lentamente dall'altro. Slegò la bici e gliela porse, stavolta tentando di essere il più delicato possibile e non muovendosi al suo solito quasi come fosse un elefante in una cristalleria.


 

“Grazie.” Sussurrò Merlino con voce stanca ma piena di sincera gratitudine. Aveva ancora gli occhi gonfi e rossi, di chi avrebbe bisogno di piangere a dirotto ma voleva trattenersi stupidamente con un impeto tale da far si che chi lo circondasse si sentisse in dovere di far finta di non notarlo.

Il cellulare vibrava, qualcuno lo stava chiamando e quel qualcuno non era proprio ben accetto in generale, a maggior ragione non lo era in quel momento.

Il moro lesse il nome sullo schermo: Cedric. La tensione e la pressione erano tali tra ciò che aveva appena passato e l'affare irrisolto con quel parassita, che non riuscì più a trattenersi. Le lacrime furono libere di sgorgare sul suo volto leggermente tumefatto e già che c'era, già che aveva iniziato, non gli importava più se risultasse patetico o meno, se il suo mento tremolasse e non riuscisse a renderlo meno evidente.

Artù si accostò per leggere sul display. Era di nuovo quell'essere arrivista. Era brutto vedere il suo collega piangere così, ed era brutto che un parassita del genere gli facesse violenza e pressione psicologica da più di una settimana, a maggior ragione era inconcepibile che lo tartassasse in un momento delicato e fragile come quello. Il fatto che Cedric non poteva sapere dell'aggressione non era abbastanza, anche se lo avesse saputo, il biondino ne era sicuro, avrebbe comunque detto le stronzate da approfittatore che aveva da dirgli. Sfilò con decisione il cellulare dalle mani di Emrys e rispose al suo posto.


 

“Pronto!? Si molto perspicace, non sono Merlino, no! Ma da adesso in poi parlerà con me se avrà qualcosa da dire riguardo i pagamenti. Il mio cliente mi ha detto che il proprietario l'ha cacciata signore, ed io ho controllato i documenti!” A quelle parole il moro sgranò gli occhi fissandolo sbalordito, quel pazzo si stava facendo passare forse per il suo avvocato?


 

“Il mio assistito le ha fatto un favore comunicando al proprietario che lei ha adempito allo sfratto, mi creda è in guai seri se non lascia al più presto la casa per davvero!” Continuò. Il ragazzo non gli aveva staccato gli occhi di dosso, e gli sorrise incredulo per poi liberarsi gli occhi dalle lacrime sfregandoli piano con le sue mani, non che questo lo aiutasse a smettere di piangere, ma per lo meno poteva vedere in modo un po' più nitido. Artù dovette fare un grosso sforzo per non lasciarsi imbambolare ed impappinare da quell'espressione tanto tenera e continuare invece a far passare tutto quello come la verità, come se stesse lavorando da avvocato nello studio del padre in un caso pro bono.


 

“Beh nel migliore dei casi dovrà affrontare un processo che durerà mesi, se non anni!” Affermò senza avere la minima idea di cosa stesse dicendo, non si era mai avvicinato a quel mondo, si stava inventando tutto da zero.


 

“Si, guardi, le converrebbe lasciare la dimora prima del rientro del mio assistito. Esatto. Bene, vedo che ha recepito! Ci siamo evitati scandali! Stia bene!” Attaccò tirando un sospiro di sollievo.


 

“Se ne va davvero? Cioè ti sei appena fatto passare per il mio avvocato?” Chiese Merlino divertito, tirando su col naso.


 

“Si, è terrorizzato, te lo sei levato di mezzo!” Rispose con un sorriso compiaciuto, il cellulare vibrò ancora nelle sue mani, automaticamente Artù gli diede un'occhiata, quasi per abitudine, senza pensare che quello non fosse il suo di telefono. Era una notifica da whatsapp di Viviana. Nel messaggio diceva che il giorno prima era stata bene e chiedeva quando potesse richiamarlo. Guardò il moro negli occhi ancora pieni di lacrime e sbuffò incerto passandogli il cellulare. Emrys guardò e lesse anche lui.


 

“Hai...hai letto no?” Chiese, senza accuse nella voce, ma con una punta di aspettativa.


 

“Si Merlino...”


 

“Anche se ci siamo trattati molto male...non so giocare sporco, non potrei mettere su una cosa simile, non te l'ho detto per metterti strane idee in testa o per farti fuori. Ma perché pensavo volessi sapere di stare dentro una situazione ambigua, tutto qui!”


 

“Non parlare tanto, sennò stasera non smetti di sanguinare!” Disse Artù, nel suo linguaggio quello era un 'Scusa, avrei dovuto crederti' ma l'altro ragazzo parve intuirlo e sorrise leggermente. Pendragon aveva ragione però, se continuava a sorridere così di frequente, il sangue non avrebbe smesso facilmente di uscire.

Il biondino si avvicinò leggermente sfiorandogli appena il labbro spaccato.


 

“Ti è andata bene dai!” Scherzò, levandogli le mani di dosso subito dopo, continuando però a studiare con sguardo attento la piccola ferita, adocchiando poi il livido sullo zigomo. Estrasse un paio di fazzoletti e glieli lasciò.


 

“Oh... grazie!”



"Adesso smettila di piangere, la prossima volta porta la bici dentro l'atrio della scuola, sei stato un vero sprovveduto!"

 


"Non ho mica intenzione di tornare più in quel posteggio! Tranquillo che non ci sarà una prossima volta. Non volevo cadere nel preconcetto...tutto qui!" Finalmente le lacrime stavano scemando.



"Non è preconcetto, sono le statistiche!" Buffo come Merlino non volesse cadere nel pregiudizio, eppure su di lui ne aveva davvero tanti!

Il moro controllò con disagio l'orario sul cellulare, era davvero in ritardo, avrebbe dovuto salutarlo ed entrare al più presto perciò gli si avvicinò senza neanche riflettere sulle proprie azioni. Si arrestò subito dopo quando si rese conto di starlo a congedare come solitamente faceva con i suoi amici, con dei baci sulle guance. Artù ignaro, asciugò fugacemente una lacrima sulla sua gota e in quell'attimo l'altro lo vide sotto un'altra prospettiva. Sotto un certo punto di vista era quasi piacevole quell'armistizio.

Will, anche lui dipendente dello stesso bar in cui lavorava Emrys, allarmato per l'insolito ritardo dell'amico, uscì dal locale per controllare se fosse nei paraggi. Quando lo vide si avvicinò non riconoscendo all'inizio la figura che gli era accanto, ma appena fu abbastanza prossimo da capire chi fosse, pensò che il suo migliore amico stesse nei guai.
I due si allontanarono appena Will irruppe, il ragazzo si fermò a guardare Merlino e quando il suo sguardo si soffermò sugli evidenti segni di un pianto appena concluso, ma soprattutto sul livido in faccia ed il labbro spaccato, iniziò ad urlare contro quell'odioso viziato, pensando che fosse stato lui a ridurre l'amico in quello stato pietoso, conoscendo nei minimi dettagli i loro screzi pregressi.


 

“Pendragon sei un coglione! CHE CAZZO GLI HAI FATTO! SEI UN PAZZO MANIACO!” Gridò, andandogli in faccia, afferrandolo per il colletto. Artù rimase imbambolato ed incredulo. Quella situazione era alquanto surreale.


 

“Will, Will, non mi ha fatto nulla! Non è come pensi!” Si affrettò a mettere in chiaro il tutto.


 

“Davvero?” Chiese conferma, ancora non convinto al completo. Il biondino era affranto...qualcuno, seppur un completo sconosciuto, era arrivato a credere che lui avesse potuto alzare le mani per sfregio e assolutamente senza alcun motivo, su un altro ragazzo. Il collega anche, poco prima gli aveva dato dell'aggressivo. Quindi era quella l'impressione che avevano di lui? Un viziato, pazzo, manesco, arrogante e violento. Fantastico! Praticamente la descrizione di suo padre. Mancava solo la caratteristica della tirannia per essere paragonato a lui. Gli veniva da vomitare se ci pensava.


 

“Davvero Will, certo! Anzi mi ha aiutato a non rimanerci secco in un'aggressione. Scherzi? Non mi ha fatto nulla di male!” Argomentò, allontanando delicatamente il suo migliore amico.


 

“Chi cazzo è stato ad aggredirti!? Devi assolutamente dirmi come è successo! Dovresti denunciarlo!” Disse preoccupato, mettendogli un braccio attorno alle spalle, conducendo lui e la sua bici lentamente verso il locale.


 

“Seh certo, ad ignoti?” Merlino tentava di sdrammatizzare, poi si girò indietro verso Artù quando ancora non si erano allontanati troppo, gli sorrise grato, alzando una mano in segno di saluto. Lui rispose imitandolo velocemente, con una faccia pensierosa e poi entrò rapido in macchina, ad Emrys parve impallidito, smise di fissarlo e tornò a guardare davanti a se. Che fosse rimasto male per la sfuriata del suo migliore amico? Chissà che aveva pensato...

Per istinto prese il cellulare in mano, si voltò nuovamente per un breve istante, aprì i messaggi e digitò con le dita leggermente impedite dal freddo: “Che hai?” Ci pensò un po' su ed aggiunse “Scusa per Will comunque, è apprensivo spero tu lo capisca :)” Poi bloccò lo schermo e lo rimise in tasca schioccando rumorosamente la lingua. Aveva davvero perso il cervello da qualche parte, ne era sicuro, come poteva inviargli un SMS se non conosceva il suo numero?

Forse erano state le percosse di quel teppista a rincretinirlo più del solito.


 

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efp


 



Salve! Quanti cliché per un solo capitolo? Spero che possa iniziare ad interessarvi ed intrattenervi!

C'è una cosa che credo non importi a nessuno ma che volevo dire: personalmente non credo che i personaggi di Merlino ed Artù siano troppo fuori dalle loro personalità e caratteri originali (ovviamente tenendo in conto delle inevitabili sfumature per poterli adattare a dei tempi più moderni).

Nonostante nella serie sia Artù quello che cerca sempre un contatto fisico, i suoi modi sono pur sempre molto bruschi ed impacciati, proprio per un'incapacità ad esprimersi, ad affrontare e tener conto dei propri sentimenti, ad esternarli. Per questo il Pendragon che vorrei ne uscisse è una persona con problemi di questo tipo, molto chiuso, apparentemente freddo, che pondera tutto ciò che fa e ciò che dice perché si fa troppi problemi legati a “come gli altri lo vedrebbero se?...” Vorrei approfondire anche il suo lato triste e malinconico a cui probabilmente non è stato dato troppo spazio. E ce lo vedo a fare tutto il perfettino, parlando senza vocaboli troppo scurrili.


 

Mentre Merlino nella serie è quello che non si tiene mai un cecio in bocca, spontaneo, anche se nasconde grossi pesi ed insicurezze. L'ho tramutato quindi in un ragazzo sempre sincero, irruente, sfiorando quasi la maleducazione, a volte anche troppo istintivo, impudico, senza troppi problemi con le emozioni ed il contatto fisico, quasi zero mascolinità fragile. Proprio per questa istantaneità, ho trovato opportuno farlo parlare con delle imprecazioni ogni tanto volgari.


 

Avevo però grossi dubbi esistenziali sul fatto che qualcuno tra di voi (?) avrebbe potuto trovare questa trasposizione non troppo attinente. Per questo ci ho fiondato l' OOC. (Anche se poi stiamo agli inizi, ancora non c'è molto su cui discutere)


 

Vi avviso anche di una lieve presenza nella fanfiction in generale, di omofobia interiorizzata, non mi sono spinta tanto oltre per questo non ho messo “tematiche delicate” Ma ci tengo a dirlo perché potrebbe dar fastidio ad eventuali lettori/lettrici più sensibili.

 

Detto questo...grazie a chi è arrivato a leggere tutta 'sta polemica.

A presto spero!

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Capitolo 3
*** III ***


Artù, come spesso accadeva, era arrivato con molto anticipo a lavoro, già si era svestito, nell'attesa aveva indossato la sua vestaglia e si era seduto su uno sgabello. Smanettò sul cellulare con fare impensierito, poi aprì i messaggi su whatsapp con Viviana, non sapeva più che fare con quel groviglio; avrebbe dovuto dar retta al suo istinto, dar credito perciò all'irrazionalità dei suoi presentimenti e troncare subito, senza farsi dare spiegazione alcuna? O avrebbe dovuto provare una seconda volta con un appuntamento, per poter levare ogni tipo di dubbio?

Lei non gli era sembrata interessata oppure attratta né in un senso fisico, tanto meno perciò in un senso romantico o anche solo amichevole, però non pareva essersi sentita a disagio come lui, anzi, si mostrava compiaciuta ed addirittura appagata nell'esternare il suo fare arido ed iroso, sapendo alla perfezione che quel comportamento suscitasse fastidio ed andasse a minare la quietezza degli altri.

Lesse la chat più e più volte...tra le persone era spesso tutto così ingarbugliato!

Gli tornò per la mente il messaggio che il giorno prima lei aveva scritto a Merlino, la ragazza continuava a sentire il suo collega, ma cercava anche lui...che giochetto era quello? Non ne valeva la pena, lo aveva capito, come aveva capito di aver ingigantito un'attrazione, quindi poteva benissimo fregarsene e non arrovellarsi troppo, eppure quella situazione lo infastidiva e non poco, non sapeva come uscirne.

Lo irritava e frustrava per principio non avere una spiegazione plausibile che giustificasse il comportamento ambiguo di Viv. Nonostante non la conoscesse, nonostante non avesse veramente l'ombra del minimo sentimento per lei, era svilente non essere trattati con chiarezza e coerenza.

In quel momento entrò Emrys nello spogliatoio, salutandolo in modo educato per la seconda volta nel giro di pochi giorni. Non che il biondino non se lo aspettasse, dopo quell'aggressione era palesemente cambiato qualcosa tra loro, forse poteva sembrare affrettato pensarlo basandosi sulle poche interazioni avute, ma l'aria era decisamente più distesa. Anche se non ci voleva poi tanto per migliorare quel modo di relazionarsi ai limiti dell'infantile e del ridicolo. Con molta probabilità anche l'aver aiutato nello sfratto di Cedric aveva contribuito all'armistizio.


 

“E oggi? Che strambo indumento racchio e ridicolo dovremmo indossare?” Chiese il moro che come al solito non si prendeva mai la briga di informarsi da se.


 

“Oggi è una posa di nudo.” Rispose secco.


 

“Ah” Pareva quasi preoccupato dal tono della voce. Si sfilò il maglione, Pendragon guardò la sua schiena, il morbido candore della pelle era contrastato da enormi macchie viola, i segni lasciati dall'assalto dell'altro giorno. Gli si avvicinò sfiorandogli impercettibilmente le scapole tracciando la forma del livido, come se così facendo potesse risalire ed intuire quali colpi erano stati inflitti da quel teppista da quattro soldi.


 

“Ti ha tirato il braccio indietro?” L'altro trasalì appena a quel lieve contatto ed annuì subito dopo con energia.


 

“E questo?” Continuò a chiedere, premendo sull'ecchimosi violacea più grande in mezzo alla schiena.


 

“Li, ho sbattuto su uno spigolo, mi fai un favore però? Non toccarmi!” A quella risposta Artù alzò le braccia maldestramente, come per discolparsi da un'accusa, fece dei grossi passi all'indietro, sbattendo goffamente la testa sull'armadietto.

Merlino si girò a quel tonfo sordo e lo guardò divertito. Quel ragazzo era così suscettibile!


 

“È perché mi fa male, stai tranquillo, non c'era bisogno di infliggersi un trauma cranico!” Si spiegò tra le risate, in tono canzonatorio.


 

“Idiota...” Bofonchiò tra i denti, massaggiandosi il capo indolenzito.


 

“Senti, sei sicuro che oggi è proprio una posa di nudo?” Chiese Emrys preoccupato mentre si sfilava i pantaloni.


 

“Si che sono sicuro! Ti vergogni per caso? Beh è normale insomma...” No, non doveva cominciare con i suoi soliti tentativi di essere una persona affabile, si impappinava, risultando abbastanza ridicolo ed odiava a morte mostrarsi così patetico per di più davanti ad un mezzo estraneo.


 

“Oh no, non proprio, è che...” Fece una breve pausa come se piegare i pantaloni fosse un'attività troppo impegnativa da potergli permettere di parlare nel frattempo.


 

“Che?” Tentò di spronarlo il biondino, mentre l'altro finito di mettere apposto i panni, si girò verso di lui fissandolo con eloquenza come se si aspettasse che capisse le sue ragioni, poi si sfilò le mutande, senza il minimo pudore dinanzi al collega, che di certo poté constatare che non era la completa nudità a metterlo sotto stress.


 

“AH, decisamente non è questo il tuo problema...” Sussultò imbarazzato distogliendo in fretta e furia lo sguardo, per poi ruotare il capo ed infine girarsi completamente di spalle.


 

“Sono i lividi che mi danno fastidio...mi mette a disagio che siano così enormi, perché è ovvio che si faranno delle domande, non mi piace essere al centro delle questioni degli altri. Dici che sembro strambo se mi rifiuto di dargli la schiena? Lo so che è da scemi, ma mi vergogna ammettere che un ragazzetto mi ha fatto fuori in un posto notoriamente malfamato. Passo per un totale rincoglionito e pure sprovveduto!” Spiegò il moro infilandosi la propria vestaglia.


 

“Tu guarda! Esattamente quello che sei insomma!” Lo prese in giro, provocando indignazione nell'altro che scuoteva la testa con rimprovero.


 

“Forse a uno borioso come te darebbe fastidio ammettere una debolezza, io invece nello specifico, non vorrei spiattellare l'accaduto per non suscitare pena a nessuno a causa della mia stronzaggine in quel parcheggio. Insomma, mi fa ribrezzo dirlo ma le due cose un po' si somigliano, tu dovresti comprendermi un minimo!” Era vero che per Pendragon, mostrare le proprie fragilità fosse difficile, le reputava qualcosa per cui provarne vergogna, ma questo non significava che non si sentisse infastidito dalle parole del collega.

Perché era sempre così prevenuto nei suoi confronti? Sembrava adorasse sputare congetture sul suo carattere basandosi sull'unica informazione in suo possesso: veniva da una famiglia ricca e questo gli bastava. Possibile che la propria personalità si annullasse ogni volta, in favore dell'avere un padre che nuotava nell'agiatezza?


 

“Sul labbro spaccato e lo zigomo potrei anche inventare una stronzata, del tipo che per aprire una bottiglia di champagne mi sono dato un pugno in faccia, è credibile visto che sanno che sono imbranato!” Il moro continuò a lamentarsi e di certo l'altro non avrebbe sopportato quel frignare ancora per molto, magari continuando a doversi sentir dire che era un borioso, arrogante, violento ed altri insulti a caso persino quando l'argomento del discorso non riguardava in modo diretto la sua persona. Poteva benissimo esprimergli il suo fastidio, spiegargli che lui non era così inconsistente, ma perché avrebbe dovuto provare ad uno sconosciuto che un po' si sbagliava nei suoi confronti? Da quando ci si giustificava o si doveva rendere conto ad un Dumbo idiota?

Artù iniziò a rivestirsi in fretta e furia, era meglio tentare di risolvere il disagio del ragazzo, o gli sarebbe esploso il cervello a furia di sentirlo lagnare con quella parlantina veloce.


 

“Perché ti stai vestendo?” Chiese confuso Merlino.


 

“Rivestiti, sbrigati abbiamo venti minuti!” Rispose l'altro indispettito.


 

“Ma per fare cosa, vorresti spiegarmi?” Oh se Emrys non odiava con tutto se stesso quando quello starnazzava verbi all'imperativo indirizzati a lui! Una volta rivestito alla bene e meglio, il biondino aveva estratto il proprio cellulare cercando freneticamente sulla rubrica.


 

“Vestiti su!” Ripeté, trovando finalmente il numero che cercava. Avviò la chiamata ed il collega sbuffò rumorosamente scrutandolo, tentando di intuire cosa diamine passasse per la su mente.


 

“Ciao, senti come si chiama quel coso che ti metti in faccia...il cerone vero?” A quelle parole il moro scoppiò in una fragorosa risata suggerendo il nome esatto del cosmetico di cui il ragazzo stava parlando ed in quel momento capì le sue intenzioni, ma certo! Perché non ci aveva pensato lui stesso? Poteva usare un correttore o un fondotinta per coprire le macchie! Cominciò perciò a rivestirsi anche lui.


 

“Ah... e senti dovranno esserci vari colori no? Tu che sei così pallida, mi dici un numero, un codice del fondotinta che usi, che corrisponde alla tua carnagione?” Continuò il biondino prendendogli con fare grezzo il polso, rigirandogli il braccio da un verso all'altro, a suo piacimento. La carnagione di Merlino gli sembrava più o meno come quella di sua sorella Morgana ed in quel momento stava confrontando mentalmente la pelle di entrambi.


 

“NO STREGA! Io sono un uomo, non mi trucco!” Rispose Pendragon stralunato, l'altro a quelle parole, sfilò il polso dalla sua presa e gli lanciò uno sguardo truce, doveva aspettarselo quel tipo di mentalità bigotta da parte sua.


 

“Che cazzo c'entra?” Sussurrò Emrys risentito e molto probabilmente la voce al di là del telefono ribatté allo stesso modo. Artù aggrottò le sopracciglia sinceramente confuso...che aveva detto di strano adesso? Ci mancava solo che fosse insolito che lui non si truccasse!

Morgana gli aveva già attaccato in faccia e i due uscirono velocemente dall'accademia, entrando in un negozio di quelli in cui si poteva trovare di tutto ed un po', una volta nella sezione del make-up, il biondino puntò direttamente i fondotinta cercando il numero di gradazione che la sorella gli aveva dato. Afferrò nuovamente il polso del moro accostandolo alla confezione del prodotto, appurando così che quella pigmentazione fosse davvero perfetta per lui.


 

“Potresti essere più delicato? Ogni tanto eh!” Chiese sarcasticamente Merlino, l'altro lo fulminò con sguardo quasi schifato, lasciandolo subito dopo...Delicato tsk! Dove pensava di stare, in un centro benessere?

Emrys si stava avviando verso la cassa, ma non sentiva dietro di se i passi del collega, perciò si girò per capire dove diamine si fosse cacciato, poi lo vide tramite gli scaffali, non si era schiodato affatto dalla sezione dei trucchi e cosmetici. Tornò verso di lui e lo scrutò attentamente, si stava mordendo il labbro inferiore accanitamente, sembrava si sentisse parecchio incomodo.


 

“Insomma che hai?” Tentò di spronarlo, il ragazzo cominciò a rigirarsi il fondotinta tra le dita e preso dell'ansia si voltava da una parte e dall'altra furtivamente, come se avesse appena rubato qualcosa. Il moro gli si avvicinò con passi spediti, sfilandogli delicatamente la boccetta dalle mani.


 

“Ho capito va, ce lo porto io in cassa, dovesse prenderti un infarto...dovessero pensare che ti trucchi! Poi serve a me è giusto così!” Era assurdo, non voleva credere ai suoi occhi, più giorni viveva e più si convinceva che l'idea che il patriarcato fosse un cancro sia per le donne che per gli uomini, era assolutamente veritiera. Ne aveva le prove, ne vedeva gli effetti sulle persone praticamente quotidianamente. Pendragon si sfregò la punta del naso, guizzando con lo sguardo a destra e a manca, Merlino gli indicò la strada con un braccio, per farlo finalmente smuovere, cosicché entrambi raggiunsero il cassiere.


 

“Ragazzi volete che ci faccia un pacchetto regalo? Che carta preferite?” Chiese il dipendente in buona fede. I due rimasero imbambolati ed invece di rispondere con un “no” come ci si aspetterebbe da due persone provviste del giusto numero di neuroni, si stavano questionando mentalmente, guardandosi con espressione da stoccafissi. Perché avrebbero dovuto confezionarlo? Per caso era da spalmare con la carta pacchi?


 

“Non è un regalo per una ragazza?” Domandò il commesso, non aveva fretta, non c'era chissà quanta clientela ma voleva porre fine a quel silenzio imbarazzante.


 

“SI!” Urlò Artù, sentendosi esattamente come quando era un ragazzino delle elementari che a casa seguiva le Winx con la sorella, ma davanti agli altri maschietti faceva finta gli facessero schifo, come probabilmente facevano un po' tutti i bimbi.


 

“No no, è per me!” Emrys lo contraddisse, buttandogli un'occhiataccia fugace di rimprovero. Doveva segnarseli quegli episodi di mascolinità fragile, semmai un giorno le cose fossero migliorate e qualcuno avesse negato dell'esistenza di evidenti disturbi causati da questa tossicità, lui avrebbe avuto le sue memorie con se.


 

“Ah...si...scusa!” Si discolpò il dipendente. Il biondino fece per prendere i soldi dal portafogli, ma l'altro gli si parò davanti, impedendogli di poggiare qualsivoglia spicciolo sul bancone. Il moro pagò da se, lesto come un fulmine ed uscirono incamminandosi a passo spedito verso l'accademia, il collega non aveva motivo per pagargli quel prodotto e non importava se dietro quel gesto incompiuto non ci fosse ostentazione, ma solo educazione, non vedeva il perché avrebbe dovuto fargli quella cortesia.


 

“Mi ha chiesto di uscire...sappi che ci vado, credo voglia chiarire! Poi ti dico.” Annunciò Merlino dopo attimi di silenzio, non c'era bisogno di specificare di chi stesse parlando. L'altro annuì semplicemente ed era troppo strano, sicuramente aveva ragione a credere che a Pendragon fosse successo qualcosa durante l'appuntamento o che avesse capito che non le piaceva per nulla, non c'era traccia di gelosia, di rabbia, come si aspettava che fosse. Certo, c'era da dire che non era per forza necessario aver compreso di non esserne attratti, bastava quella sorta di limbo in cui entrambi si trovavano sospesi, per far scemare anche il minimo interesse e ad Emrys si che era scemato! Nonostante questo però, prima di darci un taglio del tutto, aveva bisogno di chiudere qualunque cosa acerba quel rapporto fosse, nella più completa sincerità.


 

“Tu che ci sei uscito più volte ed è da più tempo che ci parli...che cosa ci hai trovato in lei?” Si azzardò Artù a domandare.


 

“IL TUO È SICURAMENTE UN PIANO!” Urlò il moro facendogli il verso, ripetendo più o meno le frasi del collega quando era convinto che gli stesse dando informazioni devianti, per mettere zizzania tra lui e Viv e per levarselo di torno.


 

“Oh, no! No, assolutamente no!” Quella risposta inaspettatamente seria fece sbuffare Merlino in un risolino vagamente malizioso.


 

“Ti sto perculando, dovresti rilassarti cazzo!” O il biondino aveva un pessimo senso dell'umorismo, o davvero aveva bisogno di distendersi...oppure addirittura entrambe, era così suscettibile e permaloso! Non gli era mai capitato prima di dover specificare quando fosse ironico. Pendragon lo guardò con fare pensieroso, “rilassarsi” fosse stato facile!


 

“Comunque mi fa strano che tu mi faccia questa domanda...cioè proprio tu!? Quello che le si accollava? Allora è vero che non ti piace!” Continuò Emrys e l'altro boccheggiò forse in cerca di una risposta.


 

“Ok, ok, insomma cosa ho trovato in lei? Boh...è stata una cosa d'impatto, superficiale se vuoi. Poi ci sono uscito e mi ha incuriosito un suo aspetto, questa stessa sua caratteristica però dopo un po' m' ha lasciato basito.”


 

“Cioè?”


 

“Il suo umorismo nero, amo quel tipo di comicità. Ma inizio a credere che le sue non siano battute! Questo non mi piace granché! Tralasciando tutto questo casino, che Beautiful accompagna e basta!” Bene, anche lui quindi aveva notato quella rabbia particolare in Viviana, non era pazzo allora!


 

“Hey Merl! OH, Artù, ciao!” Salutò Freya, sorpresa nel beccarli camminare insieme.


 

“Come mai sei fuori scuola?” Le chiese il moro.


 

“Abbiamo qualche minuto di pausa, volevo una bella ciambella! Voi due...non state litigando no?” A quella domanda Pendragon negò oscillando la testa, sorridendole appena. Poi incontrò velocemente lo sguardo disteso del collega.


 

“Che hai sul volto Merl!?” Domandò apprensiva.


 

“Mi sono stappato una bottiglia in faccia in pratica!” Mentì, suscitando delle risate da parte della ragazza.


 

“Avete risolto quella questione con la tipa?” Domandò poi ed Artù lanciò uno sguardo interrogativo verso l'altro...bene Freya era a conoscenza delle loro dinamiche, chissà però per quale mostro lo avesse fatto passare Merlino!


 

“Non abbiamo risolto un bel nulla con quella!” Rispose Emrys, aprendole goffamente il portone pesante dell'accademia, stava impiegando molte delle sue forze per bloccarlo con entrambe le braccia, potendo dare così la precedenza a Freya.

Il biondino era divertito da quella visione, gli sembrava un ramoscello rinsecchito che magicamente riusciva a sostenere un enorme masso, gli veniva da ridere, ma non era il caso.

Il moro aveva la pelle sotto le unghie violacea, che sentisse freddo? Pendragon esaminò il giacchetto di pelle che l'altro portava, effettivamente non sembrava scaldasse troppo, sicuramente non era un indumento adatto alla stagione, avrebbe provveduto a prendergliene uno non appena fosse uscito con Morgana.

Erano ancora bloccati sull'uscio poiché la ragazza si prese del tempo per sorridere affabile al gracile gentiluomo, ringraziandolo con dolcezza per quella carineria. Artù ci fece caso e quando lei si allontanò per le scale, poggiò un braccio sul portone, sostenendolo a quel razza di imbranato mingherlino ormai visibilmente in difficoltà, sopraffatto dall'imponente peso. Merlino si poté sgranchire gli arti e l'altro alzò un sopracciglio guardandolo con la faccia di chi la sapeva lunga, trattenendo un sorrisetto eloquente.


 

“Sentiamo, cosa significa questa espressione?” Chiese, anche se già poteva immaginare cosa il biondino stesse insinuando con quella mimica.


 

“Ti stai riprendendo subito eh!”


 

“Che testa di fagiolo! Le ho solo tenuto un portone, tra l'altro pure tu me lo stai tenendo adesso!” A quelle parole Pendragon fece per entrare nell'atrio, potendo lasciare così la presa sulla porta.


 

“Si, esattamente la stessa cosa, ma non ti vedo mica sbattere le ciglia verso di me!” Rispose in tono furbo, dissimulando un sorrisetto mellifluo.


 

“Nah, io sono fatto così e lei è affettuosa, tutto qui! Anche tu le avresti fatto questa cortesia!” Era vero, Freya non le interessava in quel senso e neanche da parte di lei c'era quel particolare trasporto, su questo ne era certo!


 

“Mh...” Artù parve pensarci, in fondo lo aveva notato che le persone espansive si comportavano normalmente in quel modo tanto melenso con tutti quelli che gli andavano a genio! Da una parte avrebbe voluto essere così, non avere problemi nel mostrare e dimostrare le sue emozioni, era un traguardo che capì da pochi anni di voler raggiungere, ma era complicato quando non si avevano troppi esempi prossimi.


 

Entrambi tornarono in spogliatoio svestendosi nuovamente, Emrys poi spalancò la porta del bagno, doveva solo coprire i segni delle ecchimosi, perciò non richiuse la porta di quello spazio particolarmente angusto, si piazzò davanti il piccolo specchio e fece colare dalla boccetta un po' di prodotto sui polpastrelli.


 

“Non ti sembra un po' poco?” Chiese il biondino.


 

“Artù, non è mica crema solare!” Rispose in un sorriso, contorcendosi nei più disparati modi per vedere la sua schiena allo specchio e nel contempo per raggiungere i lividi con le dita intrise di fondotinta. L'altro si morse un labbro tentando di non scoppiare a ridere, gli si avvicinò curioso di sapere se stesse azzeccando i punti giusti e d'improvviso il moro cacciò un piccolo gridolino di dolore per poi far riposare la sua schiena da quella torsione prolungata, ristabilendosi in un posa eretta.


 

“È un sorriso quello? Cazzo un minuto di silenzio, complimenti!” Scherzò Emrys, mimando un'espressione di puro shock nel vedere il collega con quella faccia divertita e finalmente distesa. Nel contemplarlo, iniziò a massaggiarsi il punto in cui poco prima aveva provato un forte dolore, evidentemente il suo collo non ne voleva sapere di collaborare e mantenere quell'attorcigliamento.


 

“Girati.” Quando diamine avrebbe smesso di parlargli a suon di imperativi? Doveva per caso fare come con i bambini quando dimenticavano le buone maniere? Merlino però non replicò e si voltò, non era il caso di privarsi di una testa di fagiolo così sorridente, era persino piacevole.

Pendragon scoppiò in una fragorosa risata alla vista di come l'altro si fosse spiaccicato addosso quel cosmetico. Il collega lo guardò tramite lo specchio e venne contagiato anche lui da quel riso.


 

“I lividi sono qui no?” Disse Artù sfiorandoli col dito, indicandogli perciò l'esatta posizione sulla sua schiena, l'altro annuì.


 

“Tu hai messo il cerone qui!” Continuò, toccando il punto in cui era stato applicato il prodotto, completamente da tutt'altra parte rispetto alle ecchimosi. La risata di entrambi si fece ancora più intensa, gli occhi dei due erano ridotti ormai a fessure ed il fatto che il ragazzo avesse usato di nuovo la parola “Cerone” non aiutava affatto.


 

“Beh, vorrei vederti a te!” Si giustificò Emrys per poi riprendere fiato. Era così carino ridere per certe stronzate, forse era da sempliciotti, ma lui non era uno complicato ed essere semplici non era mai stata una cosa brutta.

Il biondino coprì i segni violacei tamponando delicatamente il correttore mentre le risate pian piano scemavano.


 

"Senti...” Cominciò Pendragon, cercando gli occhi del ragazzo attraverso il riflesso dello specchio.


 

“Di!” Lo spronò, incontrando il suo sguardo improvvisamente solenne.


 

“Mi dispiace per essere stato aggressivo quella volta, ho perso le staffe, non mi succede mai, non sono un teppista violento come quello che ti ha assalito l'altra sera! Credimi..." Il moro annuì, aveva già avuto modo di capire che in realtà Artù non era proprio una brutta persona, in più di un'occasione ed in quel momento stesso i fatti dimostravano tutt'altro. Ci percepiva del buono, poteva addirittura definirlo un ragazzo apposto! Si voltò verso di lui lasciandogli delle leggere pacche sulla spalla.


 


"E...e per la giacca non l'ho fatto apposta, è comunque colpa mia, ma non volevo che bruciasse un bel niente! Ho intenzione tipo...di prendertene una simile! Vai in giro con giacchette non adeguate al tempo, potresti ammalarti! Hai delle preferenze in particolare?" Merlino roteò gli occhi improvvisamente scocciato, come se l'altro avesse detto qualcosa di sbagliato, eppure era stato così attento nel soppesare le parole!

 


"Davvero, giuro che stavolta non ti volevo dare addosso...ma vedi come subito pensi di poter risolvere tutto con la tua disponibilità economica?" Rispose senza cattiveria, ma questo non impedì al biondino di lasciarsi un po' ferire da quelle parole, cosa c'era che non andava nel risarcire un danno?



"A me sembra che tu abbia grossi preconcetti nei miei confronti! Se smettessi di essere così supponente...” Questa volta non poteva proprio non farglielo notare, non lo voleva acquistare per farlo sentire in difficoltà, ma perché ci teneva a risanare quel piccolo danno.

Emrys fissò con attenzione la reazione del collega, in qualche modo lo aveva mortificato e in quell'istante si sentì un perfetto cretino dalla bocca larga. Alle volte avrebbe desiderato pensare di più alle parole che pronunciava, in fondo cosa gli aveva detto il ragazzo di offensivo? Nulla, voleva semplicemente rimediare ad un incidente. Fu come un'orrenda epifania accorgersi di avere dei pregiudizi su Pendragon, non era affatto logico né rispettoso presupporre che da lui ne uscissero solo azioni o parole mirate ad ostentare il suo benestare.


 

“Io...non volevo...” Il moro sventolò una mano a mezz'aria come se quel gesto potesse in qualche modo fargli rimangiare le parole. Si accorgeva spesso troppo tardi di aprire bocca e dargli fiato, sempre, stupida boccaccia, non poteva semplicemente declinare invece che trattarlo male, quando non lo meritava affatto?


 

“Come si dice, chi rompe paga, è più che giusto che io rimedi. Vorrei capire, per chi mi hai preso? Non sono mica un mostro! Non si tratta di fare l'arrogante viziato mostrandoti che posso, ma di correttezza!" Artù da una parte comprendeva e conosceva appieno l'avvilimento e la vergogna che si provavano quando qualcuno ti aiutava a sostenere delle spese, ma in quel caso era diverso, non era mica la carità, era solo una sorta di rimborso più che dovuto!

Merlino sapeva che il ragionamento filava, in fondo il biondino voleva solo rimediare alla sua stupidità per pura correttezza, ma lui si vergognava all'idea di farsi risarcire dal collega, per quanto gli avrebbe fatto comodo, si sarebbe sentito un verme nel cogliere e sfruttare quell'occasione.



"Non volevo essere né supponente né stronzo con te, non più! Però davvero, è che mi metti in imbarazzo e allora io straparlo, mi dispiace! Senti, non fa nulla, non voglio approfittarmene!”

Pendragon lo fissò, abbassando le spalle lasciandosi sfuggire un sospiro frustrato. Erano così complicati i rapporti con le persone...Non avrebbe insistito ulteriormente, gli avrebbe comprato un cappotto qualsiasi e glielo avrebbe dato, senza troppe cerimonie e convenevoli.


 

“Vedrò di prendermi qualcosa negli sconti natalizi, intanto ruberò un piumino da Will, non preoccuparti Artù, non è più un problema, è andata, è stato solo un incidente, lo so. Dimenticatelo ok?!” L'altro si allontanò andando a controllare l'orario sul proprio telefono.


 

“Andiamo che è ora!” Rispose semplicemente, dirigendosi verso l'aula. Il biondino non ce l'aveva con lui in modo rabbioso poteva notarlo, però il senso di colpa per avergli detto sciocchezze iniziava a farsi sentire, nonostante si fosse scusato e le sue discolpe erano state accolte, ne era sicuro.

Quando entrarono, gli studenti erano già li, tutti intenti ad attaccare fogli sul proprio stiratore lanciandosi lo scotch carta da una parte all'altra.


 

“Ragazzi, vorrei che trovaste una posa a vostro piacimento, deve essere molto semplice e comoda per voi, visto che dovrete rimanerci per molto!” Annunciò il prof ai due modelli, che subito dopo si avviarono nelle loro postazioni, incominciandosi a sistemare tenendo a mente le istruzioni.


 

“Oggi non faremo le solite pose da cinque o dieci minuti l'una, iniziate con il consueto schizzo generale, voglio che mi impostiate le luci e le ombre quel poco che basta per creare un'atmosfera. Una volta che avete finito, cambiate foglio, vi scegliete un particolare di Merlino, uno di Artù ed iniziate a lavorare sui dettagli. GUAI, se vedo dei francobolli!” Spiegò l'esercizio, sperando di essere stato il più chiaro possibile.

I due avevano trovato le proprie posizioni, si sfilarono le vestaglie dando così la possibilità alla classe di iniziare a lavorarci su. Emrys era davvero tranquillo per essere la prima volta in cui posava completamente svestito e molto probabilmente non sarebbe mai stato così disteso se il collega non si fosse fatto venire in mente l'idea del fondotinta.

All'inizio ai due ragazzi pareva più semplice del solito doversene star fermi in una sola posa per tutta la lezione, ma quando i minuti iniziarono a scorrere, lenti, lentissimi, si accorsero che quel compito non era poi tanto facile come poteva sembrare.

Il biondino preso dal tedio iniziò a guardarsi intorno, tentando di muovere solo le pupille e non la testa, anche se a breve avrebbe avuto bisogno di sgranchirsi un po'. Notò che avevano preso una stufa nuova, se c'era qualcosa che in quelle lezioni non poteva mancare d'inverno, era proprio un sistema di riscaldamento.

Immaginò poi di essere al posto degli studenti...concentrarsi su un particolare, quale avrebbe disegnato lui? Cominciò così ad osservare il ragazzo che aveva accanto: il secondo dito era più lungo dell'alluce, di poco, non ci aveva mai fatto caso, curioso certo ma non avrebbe disegnato quel dettaglio, né le gambette secche ed allampanate pur essendo l'unico punto ad avere degli accenni di muscoli, doveva usare la bici come mezzo di trasporto principale evidentemente.

Saltò l'inguine a prescindere, sarebbe stato da pervertiti soffermarcisi, ma il suo sguardo slittò forse con troppa irruenza andando a finire direttamente al volto, innegabilmente interessante, nel senso puramente oggettivo del termine! Ma se c'era una cosa di cui molto spesso gli insegnanti si lamentavano era il fatto che ritrarre visi, per gli alunni dei primi anni, fosse la loro zona di comfort, e i prof li spronavano continuamente ad essere ferrati anche sull'anatomia generale e sulla prospettiva, perciò non avrebbe disegnato nemmeno la sua faccia, sempre nell'ottica del suo giochetto mentale dettato dalla noia, dove si ipotizzava una sua predisposizione nelle arti visive.

Scese giù con gli occhi, il collo era lungo, sinuoso e sottile, decisamente un particolare delicato, il busto e le braccia asciutti, passò oltre ed indugiò per parecchio tempo sulle mani affusolate. Quelle le avrebbe disegnate con dedizione, lo affascinava come delle dita così spigolose e dinoccolate potessero dare la sensazione di finezza e armonica dolcezza. Forse questa sensazione era data dal modo in cui il moro le muoveva di solito. Leggiadria. Come faceva ad esserlo, se per la maggior parte del tempo quel ragazzo era anche tremendamente imbranato, questo rimaneva un mistero.

Sbadatamente finì per sfiorargli il dorso della mano con la propria, l'altro fissò quel contatto inizialmente con espressione assente, probabilmente anche lui nella noia si era completamente eclissato nel proprio mondo. Pendragon cercava qualcosa da dire a riguardo per giustificare quella cosa sciocca e senza motivo, sarebbe bastato levargli le dita di dosso, anche perché sembrava di aver toccato i lati di un congelatore.


 

“Che succede?” Sussurrò Merlino, questionandosi su quel piccolo gesto discreto.


 


"Vuoi che...cioè la stufetta, più verso di te...la avvicino? È perché sei congelato!" Balbettò.


"No tranquillo, sono sempre così!" Rispose sorridendogli ed Artù sfilò la mano tornando contenuto come al solito, Emrys non si aspettava fosse un tipo premuroso, tanto quanto non si aspettava di sentirsi lusingato da quel semplice gesto. Quella consapevolezza lo fece arrossire leggermente, si schiarì la gola come se potesse scacciargli l'imbarazzo o la lusinga. Certo che però...era una fortuna che il biondino fosse così, avesse avuto davvero un caratteraccio, il moro si sarebbe fatto mandare a quel paese alle prime due paroline a sproposito che avesse pronunciato. Era meglio di quanto credesse e questo poteva essere solo un fatto positivo sia per una tranquillità sul luogo di lavoro, che umanamente parlando.

Quando finirono il turno, una volta tornati nello spogliatoio, Pendragon ricontattò Morgana.


 

“Allora Strega, quando vai...per quella cosa di Gwen?” Chiese, lanciando ogni tanto delle occhiate all'altro, che si stava rivestendo in tutta fretta.


 

“Ok, dopodomani, senti ti ci porto io eh, quando stacco da scuola! Mi serve una cosuccia. Si si, ciao!” Attaccò per poi incominciare a cambiarsi. Merlino uscì dallo spogliatoio con una corsetta imbarazzante, lasciando li le sue cose.


 

“Cenerentola, dove hai la testa?” Gli urlò Artù, possibile che quello stava scordando di nuovo il cellulare? Il borsone poi! Oh e anche di salutare. Il collega scoppiò a ridere, girandosi verso di lui.


 

“Rientro tra un minuto tanto!” In fondo mica era così rincoglionito! Prima di uscire doveva fare una cosa, nulla di che, ma era stato proprio stronzo quel giorno e gli andava di riscattarsi almeno un po'.

Quando finì di rivestirsi, effettivamente Emrys era di nuovo nello spogliatoio camminando con decisione dritto verso di lui, beh per fortuna non stava correndo, o avrebbe dovuto lavarsi gli occhi con la candeggina.


 

“Un caffè? Lo vuoi? Beh eccolo lo stesso, stendi la mano!” Gridò euforico, parlando a raffica, praticamente ficcandogli il bicchiere in mano.


 

“Accontentati, è quello delle macchinette!” Continuò, riponendo il cellulare e caricandosi il borsone. Il biondino era rimasto come un pesce lesso con quel bicchiere di plastica tra le dita.


 

“Ma...è per me?” Chiese stupidamente anche davanti all'ovvietà.


 

“Chiaro, Cenerentola ora se ne va a lavoro, stammi bene!” Lo salutò poggiandogli una mano su una spalla, scomparendo poi tra i corridoi di nuovo con quella corsetta goffa e il borsone che oscillava come un pendolo, avrebbe potuto scaraventarsi al suolo da un momento all'altro. Pendragon aspirò l'intenso profumo del caffè ed un sorrisetto disteso fece capolino sulle sue labbra. Che tipo...






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Ciao!

Quel “Che succede?” Mi fa pensare a Morgan.

Per tutti quelli che potrebbero trovarlo strano... il fatto che due persone posino nude davanti ad una classe, non significa ovviamente che non si debbano coprire nelle pause tra una posa e l'altra. Solitamente anche quando si preparano e stanno in coppia, prima indossano una vestaglia e poi si tolgono l'intimo. È per questo che Artù è mezzo stranito quando Merlino gli si denuda tranquillamente davanti, senza pudore. Non è un contesto in cui si trovano tante persone, magari poteva sembrarvi incoerente che lui si imbarazzasse, quando poi dovevano comunque stare nudi e lavorare insieme. Beh ora sapeteh!

Ringrazio le persone che hanno salvato la storia o che hanno lasciato ipotesi, idee, o critiche costruttive. Non so fin dove mi porterà tanta acerbità né se riuscirò ad ingranare, ma, a presto :D

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Capitolo 4
*** IV ***


Quando l'uscita con Viviana arrivò, Merlino volle metterla alla prova, facendo finta di essere completamente ignaro su tutto. Non sarebbe stato di certo lui il primo a lanciare l'input per un chiarimento. Se lei fosse stata una persona corretta, avrebbe esposto il tutto senza bisogno di domandine a trabocchetto. Ma se così non dovesse essere stato, allora la ragazza aveva veramente qualcosa da nascondere ed in questo caso lui ed il suo collega erano finiti in una situazione ambigua, con una persona a cui piaceva stare con un piede in due scarpe.

Viv non espresse nessun tipo di incertezza, non disse nulla che avesse potuto far intendere che in quel momento desiderasse uscire con più persone, senza impegno alcuno. Lei non sapeva affatto che lui ed Artù lavoravano insieme, che avevano deposto l'ascia di guerra e che cominciassero a confrontarsi, era rimasta a quando entrambi non facevano altro che starnazzarsi insulti a caso addosso. Era chiaro perciò che, pur sbagliandosi di grosso, per qualche arcano motivo si stava approfittando di questa inimicizia per non parlare e non toccare l'argomento.

Sarebbero bastate una manciata di paroline ed Emrys avrebbe potuto farle venire il desiderio di sprofondare sotto terra, ma non aveva voglia di stare a discutere e non le disse nulla.

La verità era che sentiva che la questione dovesse prenderlo di più. In tutto quel tempo non era stato a struggersi per lei, per capire se la ragazza lo volesse o meno, se fosse interessata oppure no, bensì per assodare che la sua persona fosse stata ferita nell'ego, nell'orgoglio. Non gli importava nulla perciò di chi lo avesse abbindolato. Non era li per tentare di scenderci a patti o perché si sentisse tradito, né era uscito per lei, ma per se stesso, non gli importava nient'altro se non provare alla propria persona, che i suoi strani presentimenti su Viviana si fossero rivelati reali.

Il moro si sentì un po' in colpa quando prese atto del suo egoismo, ma in fondo sapeva da sempre che quell'attrazione era tanto futile e passeggera. Con lei era stato come tentare di accendere dei ciocchi di legno enormi ed umidi con il semplice ausilio di un pezzo di cartone, niente ramoscelli secchi né rami. La carta era appariscente nella sua grande fiammata, ipnotica, ma durava pochissimo e nessuno si sarebbe aspettato di dar fuoco a dei ceppi bagnaticci con quella cosa effimera. Perciò forse non avrebbe dovuto sentirsi uno stronzo per aver avuto pensieri tanto egoisti.

Ci tenne a specificarle fin troppo educatamente che non intendeva più continuare a sentirsi con lei e a conoscerla, l'espressione della ragazza a quelle parole, divenne come quella di una mocciosa sbruffona che non sopportava di perdere e pestava i piedi a terra con isteria. Una persona simile era meglio farla uscire dalla propria vita, senza rimorsi, anche se era comprensibile provare un minimo di autocommiserazione nel pensare di essere stato appresso, anche se per poco, ad una tipa del genere.


 

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Come al solito il biondino era già avvolto nella sua morbida vestaglia rossa, dopo il lavoro sarebbe dovuto andare con Morgana a comprare un dannatissimo cappotto per quella razza di orgoglioso, ma avevano rimandato di qualche giorno per degli impegni improvvisi della sorella. Lui era assolutamente una persona corretta doveva senza alcun dubbio rimediare.

L'altro si stava sfilando la felpa, aspettando un momento adatto per raccontare di Viviana al collega, gli si avvicinò passandogli il tubetto di fondotinta.


 

“Potresti? Per favore?” Chiese Merlino, senza specificare ulteriormente la richiesta, l'altro annuì e si alzò mentre Emrys gli dava le spalle.


 

“Si stanno schiarendo!” Constatò Pendragon, accorgendosi che le macchie sulla pelle candida del ragazzo si stavano man mano ingiallendo, pur rimanendo ancora abbastanza evidenti.

Il moro annuì euforico mentre Artù prendeva un po' di prodotto.


 

“Senti, non so se ci sei già uscito ma...dovresti lasciarla stare!” Si azzardò a consigliare il biondino, accorgendosi di quanto potesse suonare inopportuno, solo una volta ascoltata la propria voce pronunciare quelle parole.


 

“Cioè, fai come vuoi ovviamente, è che l'ho richiamata ieri sapendo che in settimana vi sareste visti. Volevo metterla alla prova chiedendole di uscire, mi aspettavo un ' Non voglio più sentirti, il mio cuore è di Merlino! ' Ma mi ha solo confuso ancora di più, accettando!“ Ci tenne a precisare, imitando disastrosamente una voce femminile. L'altro scoppiò a ridere un po' per quel tentativo bizzarro di emulare un tono acuto ed un po' per la situazione ai confini della realtà con Viviana.


 

“Ti stavo per dire la stessa cosa...di lasciarla stare. E no, fortunatamente il suo cuore non è mio Artù, quella sta bruciata parecchio!” Pendragon scosse la testa, non capacitandosi delle azioni ambigue della ragazza che solo fino a tre settimana fa, si contendevano come due bimbi dell'asilo. Merlino si girò di scatto verso il collega, rimasto con una mano a mezz'aria intrisa di tinta. Emrys stava studiando le sue espressioni ed il suo atteggiamento prima di azzardarsi a proferire parola, pareva non l'avesse presa poi molto bene, desiderò tanto potergli cedere un minimo di menefreghismo, avrebbe anche provato tramite l'imposizione delle mani se fosse servito: pranoterapia! Si fissò i palmi e scoppiò a ridere immediatamente per la sua stessa idea fantasiosa e sciocca. L'altro parve questionarsi sulla sua risata, aggrottando lievemente le sopracciglia.


 

“Non prendertela tanto, pensa che non era una persona che conoscevi veramente, con cui avevi già instaurato un rapporto solido! Non ti sei perso nulla, anzi puoi averci solo che guadagnato!” Disse il moro sventolando una mano con fare placido. Aveva ragione, razionalmente parlando il suo discorso non faceva una piega, ma si sentiva sfiduciato nel beccare sistematicamente rapporti del genere con gli altri.

Artù aveva una personalità così contraddittoria! Spesso diffidente, chiuso e guardingo, ma allo stesso tempo parecchio ingenuo, sciocco e credulone. Puntualmente riponeva fiducia ed alte aspettative solo sulle persone sbagliate, come Viv. Sembrava adorasse circondarsi di gente che tradiva la sua fiducia, avrebbe mai imparato? Oppure quella era la norma? Aveva il terrore che tra una delusione e l'altra, il suo animo sarebbe potuto diventare davvero inconsistente e desolato, proprio come Uther e se c'era qualcuno a cui non volesse somigliare, quello era proprio suo padre.


 

“Dai!” Lo incitò Merlino sorridendo affabilmente.


 

“Tu pensala come un qualcosa di umoristico! È vero che stiamo in una situazione che da ondate a caso di imbarazzo, ma il tuo compito ora è lavorarci un po' di fantasia per convertire il cringe in trash! Il trash è adorabile Artù!”

Era un consiglio ragionevole, ma non era facile guardare ai propri fatti ed interpretarli come se vivesse la sua vita all'esterno di se stesso, come se assistesse da spettatore allo scorrere della propria esistenza per poterla manovrare come più desiderasse. Era strano pensare di poter essere sia pubblico che attore e sinceramente non sapeva se fosse una cosa buona o meno adottare quella strana prospettiva.

Lo stava facendo di nuovo diamine! Meglio prendere quelle parole per consigli ironici quale effettivamente erano e non cominciare come al solito ad appesantirsi i pochi neuroni che aveva, riflettendo troppo, ristagnava nel suo cervello sguazzando ed immergendosi in considerazioni senza altro scopo se non quello di stressarlo malamente.


 

“Dai, adesso non mi ti bloccare come Andreotti, fai un bel sorriso su!” Disse visto che l'altro pareva essersi teletrasportato spiritualmente su un altro pianeta, gli diede un paio di schiaffetti leggeri sulla guancia. Il biondino lo beffeggiò, tirando le proprie labbra in una curva scettica e piccata a simulare un freddo sorriso.


 

“Non sei dal dentista, testa di fagiolo! Questo è mostrare i denti non sorridere!” La risposta suscitò finalmente un risolino sincero a Pendragon ed il collega lo imitò di rimando.

Artù lo rigirò, subito dopo quello scambio amichevole, con la delicatezza di un rinoceronte per completare l'occultamento delle ecchimosi giallo verdognole. Una volta ricoperte del tutto si allontanò cosicché Emrys poté finire di spogliarsi, sfilandosi quindi i pantaloni. Di nuovo parve confondere il proprio lavoro per una passeggiata di piacere nella spiaggia dei nudisti, togliendosi le mutande con una sicurezza ed impudicizia disarmanti. Il biondino si piazzò davanti l'uscita dandogli la schiena, sentendosi di troppo, probabilmente non si sarebbe mai abituato a quella sorta di abusiva esternazione.


 

“Il prof vuole che entriamo prima, hanno comprato dei fari e li voleva provare prima che ci fosse il cambio classe!” Lo avvertì, continuando a fissare la porta chiusa mentre l'altro aveva già indossato la propria vestaglia.


 

“Che figata!” Esclamò per poi avvicinarglisi, intendendo avviarsi verso l'aula, ma quello non si smuoveva.


 

“Rimaniamo qui a fissare la porta?” Scherzò con un tono di voce squillante diritto nelle povere orecchie di Pendragon, che sobbalzò spaventato nel sentirlo così vicino, pensava si stesse ancora cambiando e non aveva affatto percepito il suo approssimarsi.


 

“Ti ho spaventato?”


 

“No idiota!” Mentì, scuotendo la testa rassegnato per poi uscire finalmente dallo spogliatoio raggiungendo velocemente un distanziamento consono, quel ragazzo oltre a non possedere un normale senso di riserbo, pareva non essere a conoscenza della necessità di mantenere un consistente spazio interpersonale tra lui e qualsivoglia interlocutore.


Quando i due entrarono, ad attenderli c'era il prof decisamente entusiasta del nuovo investimento dell'accademia. I modelli si sedettero su un tavolino adibito a base e l'insegnante si precipitò a spegnere le luci ed impaziente ad accendere i faretti, un fascio arancione ed uno celeste avvolse quasi violentemente i ragazzi che inizialmente si sentirono vagamente storditi da tutta quella saturazione lucida puntata addosso, ma dopo un po' parvero abituarcisi.

Il professore fissò la centralina delle luci, come se fosse stato un macchinario extraterrestre e non si azzardò a sfiorarlo nemmeno.


 

“Fantastico! Scusatemi un momento vado a chiamare una collega, ho paura a toccare quel mixer, non vorrei far danni!” Disse apprensivo correndo verso l'uscita.

Il moro si guardò intorno con un sorrisetto sciocco ed infantile, pensava a quanto sarebbe stato divertente se invece di consegnargli dei fari, gli avessero portato per errore, luci pulsanti da discoteca e scoppiò a ridere da solo. Artù fu catturato da quella risata figurando i più disparati motivi per i quali il suo collega avesse cominciato a divertirsi. Fu distratto dalle sue ipotesi mentali, dai contrasti molto netti che i faretti generavano sulle loro figure...ossia quella di Merlino, lui ancora non aveva capacità di ammirarsi senza l'aiuto di un riflesso. Quei chiaroscuri rendevano il suo volto ancora più spigoloso di quanto già non fosse.


 

“I tuoi zigomi mi stanno mettendo in soggezione...” Esternò scioccamente e avrebbe voluto suonasse un po' più come un commento neutro. Emrys lo fissò in silenzio aggrottando leggermente le sopracciglia come se volesse leggergli l'anima, era un tantino inquietante.


 

"Ti piacciono eh?" Disse, interpretando quella frase come un modo peculiare dell'altro di fare complimenti. Il biondino arrossì violentemente a quella patetica insinuazione, che per caso, per puro caso poteva addirittura corrispondere alla realtà. Il moro a quel punto, quasi non riuscì più a trattenere un risolino compiaciuto ai limiti dello scabroso.



"Non ho detto che mi piacciono i tuoi zigomi!" Rispose piccato, sfoggiando l'espressione più vomitevole che riusciva a farsi venire. Merlino scosse la testa compatendolo per tanta fragilità.



“Anche se fosse cosa c'è di strano? Lo sai che oggi come oggi un uomo può fare un complimento ad un altro uomo anche se non gli piacciono gli uomini? Si chiama 'senso estetico, piacere degli occhi, gusto visivo, appagamento...' “


 

"OK OK BASTA! ...Ho capito!" Lo interruppe Pendragon, rinfacciandosi costernato per aver aperto bocca.



"Il mondo non cambia, il tuo orientamento sessuale nemmeno, solo per un complimento, si intende..."



"Eh va bene era un complimento! Che vuoi che ti dica? Ma a me non piacciono gli... insomma io non sono..."



"Infatti non l'ho detto! Ma che problemi hai? Ti scaldi sempre così tanto? Vai in puzza per le stronzate!" Chiese, incominciandosi a sentire vagamente offeso da tanto bigottismo.



"Non ho assolutamente nessun problema con l'omosessualità e company..." Precisò, oscillando nervosamente le mani, mangiandosi le parole per quanto avesse tentato di dirle velocemente pur di non ascoltarsi nel pronunciarle.



"E company?!"



"Ma penso che se insinuano qualcosa su di te, qualcosa che non sei, ti scalderesti!" Continuò ad avvalorare la sua ipotesi, gesticolando come un pazzo, cominciando persino ad imperlarsi di sudore, accorgendosi troppo tardi che il suo stupido cervellaccio aveva fatto voli pindarici cadendo in pieno in un lapsus bello e buono.

Il collega non aveva alluso ad un bel niente e lui invece era partito in tangente proprio come se l'avesse additato. Continuava a sputare frasi da retrogrado come se ci fosse ancora qualcuno che lo controllasse e avesse bisogno di mantenere un certo comportamento e mentalità, per poter passare sotto l'approvazione del padre. Temeva non sarebbe mai uscito da quel tipo di abitudine avvilente e odiava ammetterlo, ma anche quei pensieri tanto ingiusti erano ben radicati in lui e non era questione da poco andare avanti, in fondo erano quasi cinque mesi che non parlava e viveva sotto lo stesso tetto di Uther, cosa era quel piccolo periodo a confronto di tutta un'infanzia e prima adolescenza con certe regole inculcate per bene nel suo cervello?



"A parte che non ho insinuato nulla, lo hai letto tu erroneamente tra le righe, anzi ho affermato proprio il contrario, poi no! Risponderei in modo tranquillo, perché insomma...non è un insulto anche se fosse, lo sai? Nella vita non si sa mai no? Si parla di sentimenti in fondo!"



"Vuoi dire che se io ora ti chiedessi se tu abbia mai provato attrazione per un altro uomo tu mi risponderesti senza esitazione o disagio?" Anche se Emrys non lo aveva insinuato, già che c'erano poteva toccare quel tasto. Era cosciente certo che non era un insulto, ma sapeva anche quanta finta apertura mentale ed ipocrisia girasse per il mondo, avrebbe sfidato chiunque eterosessuale a non rispondere in modo un po' permaloso ed era curioso di scoprire la sua reazione, ne aveva le scatole piene di tutto quel farisaismo e del politicamente corretto!



"Certo che risponderei senza disagio o fastidio..."



"Ti è mai piaciuto un ragazzo?" Chiese in modo diretto, prestando un'attenzione maniacale a come l'avesse effettivamente presa e se cercasse di placare un certo ribrezzo. Tante persone sopravvalutavano la propria apertura mentale, forse il moro era tra questi? Magari predicava bene e razzolava male? Ma se così dovesse essere stato, lo nascondeva davvero bene, poiché l'altro non ne poté scorgere il minimo turbamento in lui.



"No, non mi è mai piaciuto!" Rispose con totale placidità. Artù sospirò, quasi di sollievo a quella replica.



"E allora!"



"Ma allora cosa?" Parlò Merlino vagamente infastidito, non capendo cosa diamine fosse quella reazione da parte del collega.



"Se non ti è mai successo in 23 anni di vita..."



"Che cazzo c'entra? Non ho incontrato tutta la popolazione mondiale in 23 anni di vita, potrebbe ancora accadere, non tutti gli individui hanno piena coscienza della propria sessualità a 12 anni!"

Il biondino rimase in silenzio, tentando di processare tali parole per farsi un'idea. Era d'accordo o non era d'accordo? Non ebbe troppo tempo per pensarci perché l'altro interruppe il lavoro dei suoi pochi ingranaggi, ricominciando col suo solito farneticare.



"Io non ho mai avuto 90 anni! Eppure potrei compierli e tu guarda! Li avrò compiuti solo dopo 89 anni di vita in questo mondo. Come potrei anche non compierli mai e schiattare prima!" Aggiunse Emrys con voce ferma, del tutto serioso e Pendragon non poté fare a meno di ridere per quello strambo paragone del quale non ne capiva molto bene il senso, o dove fosse il nesso con ciò di cui stavano discutendo.


Il moro scosse la testa pretendendo di essersi adombrato, quando era più che palese che si stesse martoriando un labbro pur di non sorridere anche lui. Un leggero sprazzo malizioso ed insinuante illuminò le sue iridi come un lampo, prima di sporgersi verso di lui per prendere un pennarello nero, abbandonato accanto a Artù. Merlino si assicurò che non fosse indelebile, sfilò il tappo con decisione e con l'altro palmo tenne ferma la mano del collega quasi come fosse un pezzo di foglio, gli si avvicinò con la punta di feltro incominciando a scarabocchiare qualcosa sulla pelle.


 

“Sei un moccioso o cosa?” Chiese retoricamente il biondino, tentando di liberarsi con la più svogliata delle volontà da quella flebile stretta, non ci sarebbe voluto poi chissà quanto sforzo in realtà, il fatto era che per quanto lo trovasse fastidioso e spesso inopportuno, innegabilmente quel ragazzo lo incuriosiva. Altamente.


 


"Basta avere questa scritta addosso sai?" Gli disse, una volta completato il suo piccolo scarabocchio rimirandolo come se fosse stata un'importante creazione d'autore.
Pendragon avvicinò la propria mano per poter decifrare le bambinate dell'altro.


 

“No homo” Lesse a bassa voce, non capendo se lo divertisse, incomodasse oppure imbarazzasse, o addirittura tutte e tre contemporaneamente.


 

“È un incantesimo! Finché la scritta sarà leggibile, non dovrai preoccuparti per la tua sessualità, ti consiglio vivamente di non lavarla...se non vuoi che...hai capito insomma!” Spiegò, simulando grande mistero e segretezza col suo tono ed espressioni facciali. Prese il tappo trattenendo un sorriso, chiuse il pennarello e si sporse nuovamente verso il ragazzo per riporlo dove lo aveva trovato. Prima di tornare in una posizione composta, Emrys esitò per un bel po' a fissarlo con una preoccupante espressione da satiro.


 

“Io si che dovrei preoccuparmi, non ho la scritta, cazzo mi sto per ammalare di omosessualità attenzione!” Sussurrò guardandolo furbamente, schernendo la sua piccola logica fobica. L'altro si tirò leggermente indietro per allontanarglisi, era sicuro lo stesse facendo apposta, in qualche modo il moro aveva capito che lo infastidiva tutta quella vicinanza...che stronzetto! Aveva già notato che quello fosse un tipo burlone, parecchio espansivo e quando parlava col ragazzo dai capelli lunghi, Galvano forse? Dava proprio il meglio si se!



"Smettila di dire cretinate e allontanati!" Disse, pigiando su una spalla gracile di Merlino che, lasciandosi guidare da quella piccola pressione, tornò finalmente in una posizione composta e non contento di tutte le libertà sulla distanza interpersonale che si era preso, gli mimò sfacciatamente un bacio.

Non poteva esistere un tempismo migliore per i due docenti, che rientrarono proprio in quel momento. La donna arrivata in soccorso per il mixer delle luci li salutò velocemente, mentre l'insegnante li scrutò con sorpresa, distogliendo lo sguardo subito dopo per non risultare indiscreto, gli faceva un enorme piacere vederli scherzare in modo amichevole.


 

“Sei proprio uno scemo!” Gli sussurrò Artù coprendosi la faccia con una mano, per nascondere le gote arrossate ed il sorrisetto imbarazzato che ne conseguì mentre tentava di ripercorrere l'insolita logica che si celava dietro i pensieri di Emrys. Immaginava fosse un compito difficile comprenderlo.

La professoressa mostrò intanto, quali fossero le manopole per la regolazione dei colori, per la saturazione e l'intensità luminosa, tutto sommato erano comandi abbastanza intuitivi, ma la ricerca di aiuto dell'altro insegnante era da comprendere, meglio essere prudenti e domandare a chi conosceva, piuttosto che dover ripagare di tasca propria quegli aggeggi per colpa di eventuali sbagli.

Il moro si impensierì improvvisamente, tirando i propri tratti somatici in una smorfia indecifrabile, come quando, dal nulla, tornavano inopportunamente alla mente delle situazioni incresciose della propria vita. Ridere con quel ragazzo, scherzarci e parlarci in un modo così semplice e normale stava rientrando nella sua quotidianità e quando ripensava ai primissimi screzi, non poteva far altro se non rimanere imbarazzato e costernato per il comportamento da maleducato che aveva adottato con lui, che per carità, sarà pure stato un tipo un po' bigotto, ma in fondo ci stava bene. Non c'era una motivazione in particolare, d'altronde non serviva, era la sua percezione, la percezione di quando aveva un contatto con il biondino era buona e questo gli bastava. Poteva persino nascere una bella amicizia, chi poteva dirlo!?



"Ragazzi tutto bene?” Chiese l'insegnante, non appena la collega li congedò, tornando a svolgere il proprio lavoro. I modelli annuirono con un sorriso disteso.


 

“Beh è la prima volta che entro e non state bisticciando!" Continuò quasi con fierezza.



"Ci bisticciavamo l'attenzione di una giovine donzella, con la quale ormai entrambi non vogliamo avere più nulla a che fare!" Spiegò Merlino con sicurezza e noncuranza, Pendragon, infastidito che l'altro avesse messo in pubblica piazza i loro fatti, gli lasciò un piccolo schiaffo sulla coscia. Emrys se ne lamentò appena, guardandolo in tralice.



"AH! Ora capisco! Non c'era un elemento della vostra personalità che cozzava antipaticamente contro l'altro, diciamo che andando appresso alla stessa persona vi sentivate in dovere di odiarvi!” Esternò il prof...a quanto pareva Freya non era l'unica appassionata di gossip li dentro!

Entrambi rifletterono su quelle parole, fantastico come un perfetto sconosciuto fosse riuscito a centrare il punto, li dove anche loro avevano fallito nel comprenderlo, perlomeno coscientemente parlando. Era quello il perno della questione, non si erano davvero antipatici, avevano solo pensato che, dalle loro posizioni, ci si aspettasse un'immatura rivalità e si erano comportati di conseguenza, sbagliandosi di grosso.


 

“Meglio così, avevo paura di ritrovarmi un morto in classe un giorno di questi!" A quelle parole tutti e tre risero.



"Beh, no si vede che qualcosa è cambiato..." Aggiunse, indicando col dito le loro cosce che si toccavano nello stare seduti.



"Avete diminuito la distanza interpersonale tra di voi. Siete più aperti l'uno nei confronti dell'altro. Anche se c'è molta tensione ancora da smorzare!" I due lo guardarono con non poco sconcerto, misto però ad interesse.



"Scusate ragazzi, starete pensando che sono un vecchio impiccione, ma non potete dimenticarvi che sono un illustratore, ci lavoro con la comunicazione non verbale, è più forte di me, perdonate!" Si discolpò l'insegnante, notando che forse stava inquietando i ragazzi parlando in quel modo.


 

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"Allora Verginello, cosa dovresti mai voler comprare tu in un negozio simile?" Lo stuzzicò Morgana, sapendo quanto suo fratello si scocciasse ad essere appellato con quel nomignolo, lui decise di non risponderle direttamente, vagò con lo sguardo in giro per gli scaffali di quel negozio non esageratamente grande e dall'aria stramba, in cerca di una giacca calda e decente.


"Non capisco come faccia Gwen a sopportarti!" Ribatté Artù dopo un po', provocando un sorrisetto malizioso a Morgana che inarcò poi le sopracciglia con fare strafottente.



"Come va la vostra convivenza a proposito?" Aggiunse sinceramente interessato.



"Molte coppie anche dopo anni e anni di fidanzamento crollano non appena iniziano a convivere, beh questo non è il caso nostro, nell'eventualità in cui ti facesse piacere saperlo!"



"Certo che mi fa piacere saperlo!" Rispose con energia.

Chissà perché dovessero sempre trattarsi con quel getto gelido e cinico come se fossero stati dei completi menefreghisti, estranei l'uno della vita dell'altra, entrambi sapevano che in realtà dietro quei modi si nascondesse apprensione, allora perché era tanto difficile parlare e comportarsi mostrando esplicitamente quelle premure fraterne? A volte, solo a volte, il biondino avrebbe desiderato smetterla di rapportarsi con lei in quella maniera sciocca. In un certo senso erano molto legati, a cosa servisse punzecchiarsi così tanto non lo capiva.

Morgana non proferì parola e si avvicinò a dei vestiti etnici, anche se a dire la verità, li dentro non c'era una singola cosa che non lo fosse, ammirò attentamente alcuni capi che la colpirono di più.


 

“Capulana, bello questo!” Esclamò Artù, sfiorando con le dita la stoffa con dei pattern tipici principalmente della cultura mozambicana, voleva semplicemente essere partecipe in uno scambio sociale con sua sorella, non immaginava di pretendere troppo!


 

“Da quando te ne intendi qualcosa di tessuti, moccioso?” Disse, porgendogli precipitosamente la stampella, l'altro la prese, inerme.


 

“In accademia... ricercano molte documentazioni riguardo vestiti, mobili, architetture, armi, animali dipende dal genere della sceneggiatura sulla quale devono lavorare!”


 

“Wow, mi diventerai un tuttologo con questi fumettisti Pendragon!” Rispose sarcastica tirando fuori il proprio cellulare, non poteva acquistare nulla al momento, il progetto della sua ragazza era ancora a metà, ma una volta terminato, sarebbe stato necessario fare delle foto promozionali con dei modelli che avrebbero indossato la linea di gioielli ideata da Ginevra ed era meglio farsi un'idea su quali capi fossero consoni e si sposassero al meglio col suo sapiente design.


 

“Alza un po' la stampella, di grazia!” Chiese, puntandogli l'obbiettivo addosso. Il ragazzo aggrottò le sopracciglia con fare diffidente per poi coprirsi il volto con la mano libera, come se fosse stato un attore famoso e volesse sfuggire ai paparazzi.


 

“E che cazzo Artù, mi sembri impedito, stendilo addosso, come se te lo stessi provando dai! Altrimenti si accartoccia come una tenda!” Con quel tono che sfiorava l'assolutismo, il biondino non poté far altro se non accontentarla con pigra rassegnazione.


 

“Oh bravo, così Gwen può farsi un'idea!” La realtà era che poteva comodamente scattare una foto senza l'ausilio di suo fratello, ma voleva prenderlo in giro, solo un po'.



"Come va la creazione della sua collezione?" Si interessò lui, fingendo di non sapere mentre la ragazza lo immortalava, era a conoscenza nel dettaglio di come procedesse il tutto, se si fece passare per ignaro era solo per tentare di avere una normale conversazione.



"Ha finito i disegni dei progetti. Ci sta mettendo tutta se stessa, è un'orefice e un'artigiana dalle mani d'oro e credo in lei, nelle sue creazioni, so che andranno benissimo!" Il suo sguardo si illuminava sempre quando parlava di Ginevra, fosse stata così sempre!



"Lo credo anch'io, merita tutto il meglio e anche di diventare santa, avendo a che fare con una strega come te!" La punzecchiò, riponendo la stampella al proprio posto.



"Lei ama questa strega però! E sinceramente parlando...come potrebbe non farlo?" Rispose con tenero compiacimento, sorridendo come una rincretinita.

Mentre sua sorella si avvicinava a dei vestiari che a prima vista avrebbe ricollegato non meglio specificatamente alla cultura russa, ungherese oppure rumena, il biondino si allontanò leggermente, adocchiando un montgomery, probabilmente quello era il prodotto meno stravagante che avrebbe mai potuto trovare in un negozio tale. Aveva tanti quadrati colorati, ma lo spettro di tonalità usate erano abbastanza vicine tra loro, questo lo rendeva un capo quasi monocromatico in fin dei conti, i colori non erano esageratamente saturi tanto da farli sembrare catarifrangenti, tastò il tessuto, pareva tenesse veramente al caldo.

Cercò la taglia adeguata, forse era azzardato, ma almeno quel Merlino avrebbe imparato a non fare troppe storie e complimenti assurdi, ma ad esprimere una preferenza riguardo stili e modelli, quello aveva trovato e con quello lo avrebbe rimborsato, il montgomery di certo svolgeva la sua funzione, quindi, aggiudicato e fine della questione!

Arrotolò malamente il tessuto attorno alla gruccia e si incamminò nuovamente verso la ragazza che aveva appena terminato di fotografare gli abiti di suo interesse.


 

“Ginevra non si fida a prendere vestiti online, nemmeno Uther è a questi livelli! Sciocca come cosa, ma voglio che stia serena!” Disse scherzosa, nel tentativo di distrarlo per poter scoprire cosa fosse quel malloppo che il fratello portava appresso. Artù si adombrò appena sentendo quel nome e a Morgana non sfuggì affatto.


 

“Che c'è? Adesso non si può più nemmeno nominare tuo padre?” Chiese avviandosi verso la cassa, volendo sdrammatizzare la situazione in cui entrambi si trovavano.


 

“Nostro padre!” La corresse, per poi scuotere una mano nel desiderio di lasciar cadere l'argomento, senza che ci fosse il bisogno di esprimersi a parole.

Nell'attesa durante la coda per pagare, la sorella sfilò con decisione il vestito spiegazzato dalle mani dell'altro, incuriosita di scoprire cosa fosse, anche se alla fin fine lo avrebbe comunque visto quando la commessa gli avrebbe tolto l'antitaccheggio, ma voleva assolutamente del tempo per prenderlo in giro ed interrogarlo.

Il biondino si portò una mano in testa quasi schiaffeggiandosi, sbuffando rumorosamente.


 

“Razza di strega...non è per me!”


 

“Oh si questo lo noto, la S non ti entra neanche se ti fanno una fattura! Poi non è il tuo genere. Non potrebbe essere nemmeno un regalo per Leon. Mithian...ti sputerebbe in faccia se le portassi una cosa tanto particolare!”


 

“Sei un'impicciona, che diamine!”


 

“È un regalo?” Lo fissò con sguardo intimidatorio.


 

“Non proprio!” Rispose sfiancato da quella sorta di interrogatorio, lei continuò con una cascata di richieste e lui non poté fare a meno di alienarsi. Una volta arrivato il loro turno, riprese il montgomery con decisione e lo passò alla dipendente.


 

“Vuoi che ti aiuti? Ce li hai i soldi?” Sussurrò seriamente, non più derisoria come lo era stata fino a poco prima, ritrovando finalmente un minimo di discrezione.


 

“Non serve Mo, non serve!” La rassicurò oltremodo mortificato.

I due fratelli uscirono dal negozio ed entrarono infreddoliti nell'auto, il ragazzo accese subito l'aria calda, un po' per loro ed un po' perché il parabrezza si era appannato.


 

“Ti dispiace se passiamo prima da una parte? Sta in direzione di casa mia, ma molto prima!” Le chiese.


 

“Fai quello che devi fare, la macchina è la tua!”

Artù mise in moto appena la visuale tornò spannata e partirono, una radio che nessuno dei due stava ascoltando veramente, fungeva come semplice riempitivo del silenzio tra loro, suonando casualmente musiche attempate.

Più si avvicinavano al bar, più lui sperava con tutto se stesso che non ci fosse stato anche Will di turno in quell'orario, o che se proprio doveva dirgli sfiga, di non beccarsi qualche sfuriata immotivata da parte sua.

Arrivati, il biondino posteggiò e notò una bici assicurata ad una catena, cercò il proprietario con lo sguardo e vide una figura di spalle, abbastanza familiare, camminare spedita verso il locale.


 

“Faccio presto!” Assicurò alla sorella, infilandosi velocemente guanti e cappello, prendendo poi la busta di carta contenente il montgomery a toppe colorate. Scese dalla macchina correndo verso il ragazzo, avrebbe decisamente preferito consegnarglielo per strada, quando lo raggiunse lo richiamò con una potente pacca sulla spalla. Emrys si girò di scatto, quasi spaventato, poi lo riconobbe e si distese.


 

“Artù mi hai fatto prendere un infarto! Non farlo più!” Disse, guardandolo di sottecchi. A Pendragon sembrò più distratto del solito e gli parve di scorgere nei suoi occhi un rimasuglio di irrequietudine.


 

“Ciao!” Rispose semplicemente, notando che l'altro portava un piumino che gli andava un po' lento.


 

“Come mai qui? Sei venuto a farmi la cerchia?” Domandò incuriosito, cercando di mettere da parte i suoi malumori.



"Quale cerchia! Spero tu non abbia comprato questo giacchetto!" Si augurò, indicandolo.



"È di Will, Perché? Mi hai già detto che ti dispiace per quella questione, stiamo apposto!"

Artù gli porse la busta in modo quasi sgarbato, il collega osservò quel gesto, studiò ignaro la carta marroncina e piano piano risalì a guardarlo interrogativamente sul volto.


“Per te!” Aggiunse tentando di mantenere un tono pacato e di non lasciarsi spazientire da tanta lentezza nei riflessi. Per dare più enfasi alle sue parole, avvicinò ulteriormente la busta, sbattendogliela praticamente sul petto. Il moro la prese, con la solita leggiadria che contraddistingueva i suoi gesti, vi sbirciò dentro, mal celando una curiosità quasi bambinesca. Il biondino stava fremendo di ansia, non sapeva che reazione aspettarsi, sentiva che stavolta ci sarebbe rimasto davvero male se lo avesse trattato a pesci in faccia! Lo studiò attentamente cercando di scorgerne segnali positivi, nell'osservarlo gli saltò all'occhio immediatamente, un alone scuro attorno guance e labbra, un orrendo accenno di barba, erano solo due giorni che non lo vedeva e già aveva tutte quelle piccole fratte ispide in viso?

Merlino spalancò la bocca nel tirare fuori quel caldo tessuto, sembrava stupito, in quel momento parve essere rincuorato dai suoi malesseri, qualsiasi essi fossero stati, sentendosi però allo stesso tempo un perfetto coglione per aver letto malignamente, anche per un breve istante nei giorni precedenti, il desiderio limpido di Pendragon di rifarsi con quell'incidente della stufetta.

Artù si questionò se le tonalità tra il celeste, blu e violetto gli piacessero? Non che per lui fosse importante se lo aggradassero o meno, ma se aveva incontrato i suoi gusti e lo rendeva entusiasta...tanto meglio!

Quando finalmente il collega riuscì a staccare gli occhi di dosso al montgomery, incontrò il suo sguardo, boccheggiando nell'intenzione di dire qualcosa, ma tutto quello che ne venne fuori fu un'imitazione scadente di un pesciolino rosso dentro una boccia.


"Bene...adesso si che stiamo apposto!" Gli disse, nascondendo un sorrisetto vergognosamente gongolante, tipico di chi aveva azzeccato totalmente nella scelta di un dono e si sentiva appagato nel vedere che il destinatario ne fosse positivamente colpito.


Emrys era senza parole, non se lo aspettava affatto anche perché l'altro non aveva insistito sulla faccenda, evidentemente il collega era uno che andava diretto ai fatti e questo aspetto gli piaceva.

Gli si avvicinò calorosamente, schioccandogli un bacio di gratitudine sulla guancia, irritando involontariamente la sua pelle per colpa di quella barba acerba. Si allontanò subito dopo per guardarlo con un pizzico di affetto.



"Perché non ti passi il rasoio eh!? Hai una ricrescita orrenda!" Quasi gracchiò dopo attimi di silenzio innervosito da tutta quell'espansività, era il meglio che la sua mente potesse formulare in seguito ad un contatto fisico tanto amichevole oltre che ovviamente arrossire come un pomodoro.

Il moro provò quasi tenerezza nel vederlo così vulnerabile ad atti di semplice calorosità umana, sospettò che dietro i suoi movimenti rudi e scostanti ci fosse una timida riservatezza ed una forte difficoltà ad esprimersi, a parte quell'unica volta in cui aveva perso le staffe, a suo modo quel ragazzo era sempre stato cordiale e bonario, doveva abbondare di molto in lui quella sua caratteristica, visto che aveva prevalso anche quando il loro rapporto era deleterio.




"Siccome la prossima volta che ci vedremo, non ho nei miei piani futuri di stare appartato con te e sbaciucchiarti fino allo sfinimento, non vedo come tu possa avere voce in capitolo sulla mia ricrescita! A meno che tu non abbia altre intenzioni! Consultami in caso!" Rispose sarcasticamente.


 

"Merlino?" Lo riprese il biondino in tono turbato e disorientato.



"Si?!"



"Fai un favore all'umanità e stai zitto!" Disse, sfregandosi il naso.



"Vorrei tanto fare il contrario vedi, ma devo proprio andare a lavoro non posso infastidirti ulteriormente!"


 

“Sia lodato il Signore!” Pendragon spalancò gli occhi e portò le braccia al cielo, in un gesto di adorazione sacra. Merlino si morse un labbro a quella visione, scuotendo la testa con finto disappunto.


 

“Grazie...Davvero!” Mormorò pizzicandogli lievemente una guancia con fare disinvolto, per poi riporre il cappotto nella busta e congedarsi con un gesto della mano, si avviò verso il bar con un enorme sorriso, sentendosi più spensierato nonostante le ansie lavorative.

Artù rimase stupidamente imbambolato per qualche attimo, fissando la schiena dell'altro oscillare a causa della camminata. Quando si destò, tornò verso la macchina e se avesse avuto modo di vedersi, gli sarebbe sicuramente saltato subito all'occhio una certa vivacità nei movimenti che si erano fatti più raggianti. Si ritrovò nuovamente con uno sciocco sorrisetto a tirargli le labbra, era andato tutto bene e ne era soddisfatto, sentiva che tolto quel sassolino dalla scarpa gli si sarebbe potuto spianare un bel vialetto verso una piacevole conoscenza.


 

“Chi era quel bel ragazzo?” Chiese Morgana non appena il fratello rientrò nell'auto.


 

“Un collega!” Rispose, tentando invano di diminuire quella citrulla espressione di contentezza dal volto, facendosi uscire il tono più neutro di cui era capace in assoluto.


 

“Perché gli hai regalato una giacca?” Continuò lei, girandosi verso il bar, tentando di scorgere nuovamente quel tipo, beccandolo ancora sulla soglia a squadrarla per un breve istante, le sembrò incuriosito.


 

“Gli ho accidentalmente bruciato il cappotto a lavoro, non potevo rimanere con questo debito, tutto qui!” A quella spiegazione, la ragazza scoppiò a ridere sbeffeggiandolo.


 

“Pezzo di imbranato senza cervello! È molto toccoso quel tizio, come mai lo lasci fare? Non è da te tutta quella toccosità!”


 

"Gli permetto questa toccosità perché...Beh lui è fatto così, lo lascio fare finché non mi dovesse dar fastidio, per ora va bene!" Che tipo di questioni erano mai quelle?



"Quando è entrato si è voltato indietro e ha fatto un'espressione strana quando mi ha visto...Perché? Come me lo spieghi?" Disse quasi come fosse un membro dell'accusa della santa inquisizione, puntando la torcia del telefono in faccia al fratello con la luminosità al massimo.



"E...e io che cazzo ne so!" Disse spazientito, coprendo quel fascio di luce con la propria mano.



"Ma allora anche tu dici le parolacce, per bacco!"



"Spegni la torcia Strega, che pensi di fare? L'ispettore Coliandro? Mi stai accecando!"


 

“Toglimi delle curiosità e dai!” Gracchiò, spegnendo finalmente la torcia, cosicché il fratello poté mettere in moto.



"Beh che impicciona, ti ha guardato così perché fino a un mese fa sono stato un ingenuo e stavo appresso ad una ragazza, non sa che tu sei mia sorella e avrà pensato male!"



"Male? Perché a lui cosa gli importa con chi esci, se esci, quando esci?"



"Boh magari dice 'ma come, adesso ha già un'altra cotta?' Ma perché ti sto ancora rispondendo, sei indisponente!" Morgana ghignò.


 

“Artù dai! Mi fa semplicemente piacere che tu stia riuscendo a stringere un'amicizia! Soprattutto se eri abituato a stare insieme a Leon e Mithian un giorno si e l'altro pure! Sei in una città nuova, da solo e ti farebbe assolutamente bene, guarda qui come sei disteso adesso!” Dichiarò la ragazza in uno di quei rari casi in cui riusciva a comunicare senza buttare acido addosso, questo tono caldo fece sorridere il biondino.

Il cellulare del ragazzo segnalò una notifica e Morgana si precipitò a leggere, senza che nessuno le avesse dato il via libera. Il proprietario del telefono non si infastidì più di tanto per quell'invadenza, in fondo non aveva granché di personale. Era un SMS, ma chi era che mandava ancora degli SMS?


 

“Pompilio ti chiede se tra un'oretta puoi tenergli Birba, che impegni avrà il signore? Cucina salsicce alla sagra del cinghiale?” Chiese, sorridendo come una ragazzina nel leggere il nome buffo ed antico del mittente.


 

“Digli che va bene.” Rispose, immaginando perfettamente il perché Morgana fosse divertita.


 

“Ce la fai ad accompagnarmi e a stare da lui in tempo?” Domandò, mentre scriveva una risposta affermativa al signore.


 

“Si, si!” Il lavoro come modello era anche abbastanza redditizio, se solo avesse avuto un contratto a tempo pieno... però faceva poche ore e la cosa non poteva renderlo economicamente stabile, arrotondava un minimo facendo il dog sitter, principalmente veniva chiamato da persone nel suo quartiere e dintorni, fortunatamente le voci giravano con una rapidità allucinante. Artù aveva intenzione di presentarsi ad altre scuole o accademie sia pubbliche che private, non appena fosse uscito qualche bando, così da poter raggiungere un buon salario complessivo, che di certo non lo avrebbe fatto arrivare con l'acqua alla gola a fine mese e soprattutto non avrebbe più avuto bisogno del preziosissimo aiuto di sua sorella.

Quando arrivarono sotto casa di Morgana e Ginevra, il biondino frugò pensieroso tra le proprie tasche.


 

“Tieni...lo so che non sono ancora tutti, ma li riavrai!” Sussurrò mortificato, porgendole una busta da lettere, con un abbondante contenuto all'interno.


 

“Pendragon cosa sono questi soldi, cazzo! Abbiamo un patto, te lo ricordi, razza di rincoglionito!?” Urlò lei senza neanche prenderla in mano. Ogni tanto lo aiutava a raggiungere la quota completa del suo affitto e sapendo la situazione difficile in cui si trovava, soprattutto lui, non avendo mai messo da parte qualcosa prima, non aveva di certo fretta né pretese istantanee su un'estinzione dei debiti.


 

“Me lo ricordo Mo...”


 

“Ti ho detto che voglio che ti stabilizzi meglio ok? Non ora, intanto mettili da parte per te, per qualsiasi evenienza o imprevisto. Devi avere il culo coperto, non basta arrivarci a fine mesata! Ne riparliamo tra qualche tempo ok? Non farmi saltare i nervi, che cazzo di fretta hai?” Rispose spazientita.


 

“Lo capisci che mi sento una merda si? Sto approfittando di te, del tuo senso di colpa, perché potrai anche non dirlo, ma lo so che mi aiuti perché ti senti responsabile e non lo sei, vorrei che ti entrasse in quella stupida testa da strega!”


 

“Sei una merda, ma per altre cose, non per questo! Lavoro da più tempo di te, ho più stabilità alle spalle e ti aiuto perché posso e assolutamente dovresti approfittartene!”

Artù sbuffò distogliendo lo sguardo, concentrandosi sul nulla cosmico davanti a se.


 

“Niente toglie il fatto che se stai qui, sbattuto fuori di casa, c'entro io! Ma non per questo mi sento in colpa, non ne ho di colpe!” Non era vero, non era assolutamente vero che sua sorella non provasse neanche il più piccolo rimorso, su questo il bionino ne era certo, ma non voleva mettere il dito nella piaga, sapeva quanto odiasse mostrargli le sue debolezze.


 

“Lo so... lo so!” Artù avrebbe voluto che capisse che non aveva portato lei quel disagio familiare, ma conosceva fin troppo alla perfezione che per alcune questioni ci voleva del tempo per processare ed andare avanti, e Mo aveva bisogno del suo tempo.


 

“Come si chiama quel ragazzo?” Si affrettò lei a cambiare discorso, poggiando la mano sull'apertura del portellone.


 

“Che c'entra?”


 

“Il nome del ragazzo!” Insistette.


 

“Merlino.”


 

“Dovresti uscirci!” Gli consigliò, scendendo dall'auto.


 

“Se ce ne sarà l'occasione!” Le rispose, facendo spallucce.


 

“Se ce ne sarà l'occasione!” Gli fece il verso la ragazza, imitando una voce maschile.


 

“Salutami Gwen!” Decise di ignorare le sue bambinate.


 

“Te la saluto? Credi che non sappia che parli più con lei che con me?”


 

“Salutamela ugualmente. Ciao!” Disse, prima che la sorella lo congedasse, richiudendo lo sportello con inaudita violenza.


 

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Ciao!

A breve scopriremo cosa sia successo con Uther, nulla di inimmaginabile, anzi molto prevedibile, sia chiaro. Eh si, Morgana è un po' come Tom Nook.

Se c'è un Pompilio alla lettura mi scuso (?)

Ringrazio chi abbia letto, seguito o recensito, a presto!

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Capitolo 5
*** V ***


Artù arrivò in accademia in tutta tranquillità e non si aspettava affatto che Merlino fosse già li, ancora vestito e stravaccato su una sedia, scorrendo annoiato il dito sullo schermo del cellulare.


 

“Ciao! Pensavo fossi in ritardo!” Lo salutò particolarmente sottotono, pur essendo sinceramente alleviato dalla presenza dell'altro. Il biondino gli sorrise facendogli un cenno con la mano.


 

“Non sapevo avessero saltato un'ora, non va assolutamente bene... Dammi il tuo cellulare!” Disse Emrys portando il palmo a mezz'aria, pieno di aspettative. Il collega lo scrutò un po', ignorando per un attimo quella richiesta posta con tanta sicurezza.


 

“Perché?” Volle accertarsi Pendragon, per poi accorgersi con sdegno che il moro aveva ancora quell'orrenda mezza barbetta ispida e non curata.


 

“Ti do il mio numero, così magari mi avvisi quando ci sono questi cambi orari!”


 

"Ma lo stava accennando l'altra volta!" Rispose quasi scioccato dalla smemoratezza del ragazzo.

 


 

"Io...mi è passato per la mente, avevo altre cose a cui stare attento..." Sussurrò mogio, fuggendo insolitamente lo sguardo zelante di Artù, che aveva iniziato a pescare alla cieca nelle enormi tasche del suo piumino, fissandolo con un'indiscrezione che in genere non gli apparteneva.

Appena trovò ciò che stava cercando, il biondino gli passò il cellulare allungando il braccio e l'altro lo prese sfiorandogli involontariamente le dita con i suoi polpastrelli mortalmente gelidi. Merlino cominciò a digitare il proprio numero in modo goffo sulla rubrica, le sue mani si muovevano a scatti, leggermente impedite dall'atmosfera fredda. Pendragon tentò di scrutare attraverso il taglio dei suoi occhi, le iridi blu erano coperte per la maggior parte dalle lunghe ciglia scure, a causa dello sguardo del ragazzo rivolto in basso, verso lo schermo, questo però non gli impedì di notare un certo gonfiore tipico di chi non aveva dormito bene, o di chi aveva pianto per lungo tempo.



"Che brutta cera che hai!" Disse con un'espressione di biasimo, passandogli fugacemente un dito tra la barbetta trascurata. Quel gesto catturò l'attenzione di Emrys che finalmente lo guardò dritto in faccia.



"Gentile da parte sua, vostra altezza!" Rispose con le sue consuete battutine sciocche ed Artù poté scorgere del rossore anche all'interno degli occhi.



"Qualcosa non va?" Chiese apprensivo.



"Perché?" Domandò a sua volta il moro, arrossendo, a quanto pareva non poteva semplicemente evitare il suo sguardo per non fargli venire il dubbio che ci fosse qualcosa che non andava, anzi, il non ricambiare il contatto visivo sembrava aver insospettito il biondino ugualmente, tanto quanto l'avere un aspetto sciatto.



"Qualcosa non va?" Ripeté Pendragon nuovamente, con più convinzione.



"Sto solo un po' giù di corda, niente di che!” Si decise a rispondere,mentre faceva partire una chiamata verso se stesso, tramite il cellulare di Artù, per salvare a sua volta il numero del collega.

 


"Non è per l'ora che hai aspettato invano vero?" Insistette il biondino.

Merlino sospirò combattuto. Non aveva troppi problemi a mostrarsi uno straccio, o ad ammettere che stesse adombrato, anzi, in realtà voleva dirglielo e lo avrebbe esternato, perché ne aveva davvero bisogno, il fatto era che si vergognava di sentire tanta urgenza nel confidarsi con una persona che non conosceva. Aveva poi il terrore che la sua fosse una necessità dettata da puro egoismo, non voleva affatto essere così, non voleva usare qualcuno esclusivamente per ricavarne e basta. Certo non poteva mentire a se stesso pensando ipocritamente che i rapporti umani non fossero altro se non quello scambio continuo di sentimenti ed emozioni, effettivamente non c'era nulla di male nel voler ricevere, se si dava anche. Se lo era ripetuto molte volte come un mantra, ma si sentiva sporco, addirittura venale, c'era sempre stato quel conflitto in lui tra il mettere al centro la propria persona ed essere terribilmente empatico ed altruista ai limiti dell'ingenuità. Fece una smorfia contratta, come se potesse scacciare quei pensieri che riteneva orrendi, impuri.

Era sempre stato insofferente nella consapevolezza che le sue azioni, anche se alla lontana, erano guidate da quella sorta di individualismo, sapeva che era normale rapportarsi in un ciclico scambio tra l'ascoltare ed il parlare, consigliare e sfogarsi; e che ciò che era davvero sbagliato, crudele, fosse pretendere di arricchire esclusivamente il proprio animo senza cedere e donare nulla, succhiando completamente via le energie vitali, con un parassitismo che lasciava terra bruciata negli animi degli altri.

Lui non era un parassita, gli veniva difficile però, accettare quel sano meccanismo di egoismo alla base di ogni essere umano. Il suo “io” più profondo ingigantiva enormemente questa caratteristica, tanto da fargli temere di essere un uomo arrivista ed attento solo a se stesso, lo tormentava a tal punto che a volte ne era accecato, impedendosi così di essere cosciente della sua naturale e genuina propensione verso gli altri, svalutando con insicurezza la propria ricchezza spirituale.



"Non fare il misterioso scontroso Merlino, si vede che c'è qualcosa che non va, non voglio mica ucciderti!"



"Non ho dormito." Iniziò, riporgendogli il telefono.



"Si vede!"



"Da come hai sentito anche tu un mesetto fa, beh potresti non ricordarlo, insomma la ditta di pulizie in autogrill per cui lavoro ha incominciato a darmi sempre meno ore fino a che ora è andata ufficialmente fallita, quindi niente...Mi hanno licenziato. Per lo meno ho avuto una gioia, il bar è riuscito a pagarmi gli straordinari, ho le spalle protette ovviamente, ho il giusto da parte e non sarà veramente un grosso problema o perdita, né nell'immediato e né nel futuro, ma è stato strano, ogni tanto aiuto mamma e mi prende l'ansia che possa non riuscirci, anche se razionalmente parlando so che ce la caveremo tranquillamente. Il problema non è reale, ma io sono stupido e pauroso. Solo questo!" Si sfogò parlando velocemente, tanto rapidamente che sentì la bocca farsi improvvisamente secca.



"Solo questo?" Ripeté Pendragon, con un piccolo moto di rabbia nel sentire il collega minimizzare le proprie insicurezze. Stava apposto economicamente per vivere e gli credeva, era molto plausibile, ma avrà avuto anche dei sentimenti no? Il fatto che il licenziamento non comportasse materialmente una grave perdita, non toglieva il diritto al ragazzo di sentirsi molto irrequieto, smanioso, era doveroso dare la giusta importanza alle proprie sensazioni, quando si era coscienti di provarle per lo meno...



"Hai provato a vedere che nuova ditta rimpiazzerà quella vecchia? Magari..."



"Fatto, e non gli serve nessuno per ora!" Lo interruppe Emrys, capendo dove stesse andando a parare.



"Se potesse farti sentire più tranquillo, ci sono tante accademie che cercano modelli, tra pubbliche e private, perché non aspetti qualche sorta di bando e non ti fai un giro quando sarà? Se non dovessi trovare di meglio per ora..." Consigliò Artù ed il collega fu sorpreso dal suo tentativo di tirarlo su e di dargli spunti interessanti. Di sicuro avrebbe preso le sue parole in considerazione.



"Pensi che ci sia richiesta?"



"Si, molte ragazze e ragazzi rinunciano dopo poco, perché non si sentono a proprio agio a posare nudi. Altri trovano qualcosa di meglio per loro, è sempre in movimento come situazione!"

Il moro sorrise leggermente, parlare con lui gli stava infondendo grande speranza, forse erano discorsi e concetti semplici, ma sentirli pronunciati da qualcun altro avevano un forte calore rassicurante, non c'era bisogno di complessità, non la voleva, si sentì tiepidamente avvolto da una quiete che pian piano si stava espandendo in tutta la sua persona, forse era un dabbene babbeo, ma quel confronto era stato davvero prezioso.

Il biondino gli si allontanò per poggiare il piumino sull'appendiabiti e vide il montgomery che gli aveva regalato...o meglio, con cui l'aveva risarcito, ripensò alla reazione che aveva avuto il collega nel riceverlo e spuntò un lieve sorriso discreto sulle sue labbra.



"È più calda di quella di prima." Annunciò Merlino, che parve essersi accorto del suo sguardo che esitava sulla giacca.

 


"Mi fa piacere!” Disse a bassa voce, tentando di tornare serio.



"La ragazza che era con te ieri in macchina è molto bella, eterea...beh se ci stai uscendo complimenti! Ti sei ripreso subito eh!" Si impicciò, riprendendo delle parole che Pendragon stesso gli aveva detto del tempo addietro, quando aveva insinuato che ci fosse qualcosa tra lui e Freya. Per enfatizzare, Emrys gli diede una pacca delicata sulla spalla e Artù rise per il fraintendimento dell'altro.

 



"È bellissima si, ma è una strega!"



"E perché?"



"Merlino...quella ragazza è mia sorella, ero andato con lei in un negozio strampalato, dove ho trovato la tua giacca strampalata!"



"TUA SORELLA!" Urlò incredulo.



"Beh non si vede scusa?" Parlò con un filo di orgoglio, portandosi le mani in volto, pavoneggiandosi un po'.



"...No! Lei ha uno sguardo intelligente ed è meravigliosa, come potevo immaginare che fosse tua sorella....ma ne sei sicuro?"



"MERLINO!" Gridò offeso e risentito, spintonandolo.

Il moro indietreggiò seguendo la spinta, poi alzò le mani in segno di resa..



"Beh la prossima volta presentamela magari!" Propose scherzando, mettendo su una faccia maliziosa.



"Smettila di fantasticare su Morgana o ti spezzo le gambe!"



"Morgana!" Ripeté sorridendo come un cretino.



"Io non sto scherzando!"



"Ok ok!"



"E poi lei è..." Come poteva dirglielo? Anche se non fosse stata sentimentalmente impegnata, il collega non avrebbe avuto chissà quante possibilità, i ragazzi non erano proprio il campo della sorella.



"È?"



"È felicemente fidanzata, toglitelo proprio dalla testa!" Rispose, evitando di scendere nei dettagli.



"Peccato!" Mugugnò mettendo un broncio frustrato, mentre si sfilava i pantaloni. Anche prima, si era già spogliato appena era arrivato, ma quando apprese che era entrato un'ora prima, rabbrividì alla sola idea di restare tutto quel tempo in vestaglia senza la sua bella stufetta, perciò si rivestì decidendo di attendere il collega.



"Comunque vedi di levarti quella fratta di barbetta che ti sta crescendo, oppure curala per bene perché altrimenti non ti assumono nemmeno se sei l'unico candidato!"



"Che problema hai con questa ricrescita! Cosa devo stare con l'ansia di levarla appena spunta, e che mi importa! Quando ho tempo ne faccio quello che mi va!" Si stizzì, perché il biondino aveva preso di mira la barbetta? Cos'era quell'accanimento?



"Bah io lo dico per te!"



"L'uomo con la barbetta trasandata e la zazzera in testa attira molto!"



"Ma che ragazze conosci scusa?" Merlino rise a quella domanda, sfilandosi maglione, maglietta e canottiera tutte insieme, incastrandosi qui e li tra le cuciture degli indumenti.



"Comunque a parte gli scherzi, alle accademie mi ci presenterò come un figurino. Metterò anche giacca e cravatta!"



"Adesso non esagerare!" Lo canzonò Pendragon togliendo anche lui la propria felpa, con una flemma da artrite, non che gli dolesse qualcosa, ma era sempre stato in anticipo, avendo per se tutto il tempo necessario per svestirsi in tutta privacy, perciò ritrovarsi a doversi preparare con l'altro presente, gli parve particolare, strano, imbarazzante. Non sapeva dove guardare, né dove posizionarsi nello spazio... Doveva essere proprio scemo per lasciarsi intimidire da così poco.


 

“La...persona con cui sta mia sorella è una designer del gioiello, si parla di futuro futuro, ma vorrebbe poi pubblicizzare le sue creazioni facendo foto con modelle e modelli. Te lo dico da adesso, pensaci. Puoi provare! O in generale in questo campo!” Lo informò Artù, conosceva Gwen ed era certo la figura di quel ragazzo l'avrebbe colpita e convinta per la sua campagna, magari lo avrebbe accettato per quel lavoro, chi poteva dirlo...sempre se il collega ne fosse incuriosito.

Emrys era stupidamente lusingato da quella proposta, ma immaginava di non potersi permettere di entrare anche nel mondo della fotografia, quello era tutt'altro conto, cercavano gente dalle fattezze ridicolamente splendide e perfette. Che ci azzeccava lui in quel contesto? Sarebbe stato un pesce fuor d'acqua.




"Ma dove vado io, giusto nelle scuole possono prendermi, per queste cose scelgono solo persone con bellezza sovrumana!" Disse, volando basso, come era giusto che fosse.



"Beh proprio umano non sei eh, vedi quei ragionamenti sui 90 anni, che passano 89..." Lo prese in giro, riponendo la felpa, tentando di ripetere quel discorso tanto strano che gli aveva fatto e che non aveva poi colto benissimo.



"Testa di fagiolo! Non lo sai ridire! ... Non sono così speciale!" Parlò tra le risate, un lampo di imbarazzo e sconcerto illuminò il suo piccolo cervello quando per un attimo parve interpretare quelle frasi come un complimento velato. Stavolta non lo era, o meglio, poteva non esserlo.



"Si ti dico di si! E poi anche se fosse un no, intanto provaci! Mica ti denunciano se provi!” Rispose e l'altro sorrise stupidamente, forse, era una sorta di apprezzamento, anche se sicuramente il biondino avrebbe preferito definirlo un commento neutro ed oggettivo.



"Hai delle caratteristiche somatiche particolari, un po' fuori le misure, anche se ad un primo sguardo non parrebbe e molte aziende ormai cercano tipi come te!" Continuò, omettendo consapevolmente il fatto che nonostante quelle peculiarità, fosse completamente armonioso e che forse erano quei piccoli sforamenti delle convenzioni estetiche a renderlo così armonico.



"Mi stai dicendo che sono sproporzionato?" Quella domanda fece sospirare Pendragon, possibile fosse così difficile farsi capire?


 


"No. Ti sto dicendo che le tue orecchie sono enormi, il tuo naso non è dritto, non è all'insù e nemmeno alla greca, ma un miscuglio particolare tra queste tre tipologie. I tuoi occhi sono incavati, hanno un taglio all'insù molto interessante, e sono un po' distanti rispetto agli standard, ma...” Spiegò interrompendosi, quel particolare degli occhi lo trovava molto carino, gli piacevano...solo un po'. Era sicuro che non fosse l'unico a trovare quella caratteristica gradevole.


 

“Ma?”


 

“Ma...vai bene, non ti manca niente insomma. Cioè...nel senso, se tu tentassi, nessuno ti prenderebbe per un pallone gonfiato. Hai dei validi...Ci sta, se ci provi, cioè...tu...” Si impappinò rovinosamente, non abituato a parlare di certe cose, si sfregò il naso numerose volte e alla fine rinunciò al dare una forma comprensibile al proprio discorso, deglutendo a vuoto. Si diede mentalmente del rincretinito, sfilò i jeans con stizzita autocommiserazione. Perché provava a fare cose per cui era negato? Senza via di miglioria?



"Devi aver battuto la testa!" Sussurrò Merlino incredulo a quello che era a tutti gli effetti un enorme tentativo di sostegno, senza dubbio. Si sfilò l'intimo mentre fissava studioso Artù in modo molesto, senza rendersi conto di quanto potesse risultare tale.



"In realtà credo che mi ci sia caduto direttamente un asteroide!" Parlò con poca convinzione, a disagio per lo sguardo indiscreto, quell'esternazione abusiva, ma soprattutto per i propri maledetti occhi che si buttarono a vagare velocemente sulle gambe del collega, per poi finalmente ritrovare il consueto decoro e distogliergli l'attenzione di dosso, mentre quello finalmente si copriva. Era stato un momento fugace, quasi incontrollabile, ma non era una cosa irrispettosa no? In fondo quando era al primo superiore, guardava dei video con sua sorella, sulle creepypasta, all'epoca era facilmente influenzabile e suscettibile, ma nonostante la paura era inevitabile non venire attratti dallo schermo che mostrava quegli odiosi jumpscare e ciò aveva delle grosse similitudini con la situazione in cui si era appena trovato, fatale curiosità, attrazione dell'occhio per un'immagine colorata che si muoveva nelle sue prossimità, tutto nella norma, nessuna mancanza di rispetto... Anche se il moro non era di certo una creepypasta.



"Beh sei uno che pensa a ciò che gli si dice vero? Anche se Artù e 'pensa' sembrano due parole che non possono stare nella stessa frase!" Qualche giorno prima il biondino gli aveva fatto una manfrina, innervosendosi senza alcun motivo quando Merlino aveva chiamato le sue parole per ciò che effettivamente erano: elogi, complimenti, per un elemento del suo volto. Ora lo vedeva disponibile a tentare di essere più aperto. I confronti erano sterili se non si era in grado di ascoltare e riflettere, non necessariamente di cambiare idea, ma quantomeno rimuginarci, per capire se la posizione dell'altro potesse in realtà sposarsi meglio col proprio essere, col proprio pensiero o meno. Ed in quel momento Emrys capì che i discorsi col ragazzo non dovessero essere affatto sterili a quanto pareva, non era così cocciuto come lo aveva immaginato. Ascoltava. Era allettante conoscere una nuova persona che sapesse farlo, che sapesse valutare e soppesare, senza risultare subdolo.



"Non sono un idiota! È che ho notato che tu...dici sempre tutto quello che pensi, senza vergogna. Il che non è assolutamente un bene. Per me invece è sempre stato difficile, volevo solo provarci! E già me ne pento!" Bofonchiò irritato, indossando la vestaglia con imbarazzo, levandosi le mutande solo dopo essersi coperto bene benino con il morbido tessuto.



"Non vergognarti, non c'è nulla di cui vergognarsi!" Esclamò, afferrandogli i polsi in uno slancio impulsivo. Avrebbe odiato vederlo richiudersi a riccio, scosso appena dopo il primo tentativo che Pendragon faceva con lui per aprirsi, tentativo che sicuramente riteneva disastroso e patetico. Ma non lo era affatto ai suoi occhi, anzi era ammirevole.



"A modo tuo sei anche un ottimo tiramisù!” Continuò in un tono giocoso, volendo infondergli un po' di sicurezza.



"Vedi, quando fai questi salti di argomento, non ti capisco!"



"Ma quali salti?! Lo sai che a me sono sempre piaciuti gli asini? Infatti sto scoprendo che tu sei un asino, e mi piaci davvero tanto, perché non siamo stati così amichevoli prima? Me lo ricordi?" A quelle parole, Artù sfilò burberamente i propri polsi dalle mani gelide dell'altro e per il forte movimento anche le braccia del moro si scossero appena ricadendo con pesantezza lungo i fianchi.



"Andavamo appresso alla stessa ragazza?" Possibile che Merlino fosse come un ragazzetto della prima media?



"Ah si me ne ero proprio scordato!" Rispose, mordendosi un labbro, avrebbe dovuto abituarsi a tanta pudicizia e disagio che aveva il ragazzo col contatto fisico.




"Sei un idiota Merlino!"



"Ma ti piaccio!"



"Oddio ma tu guardalo!" Lo canzonò il biondino, con finto ribrezzo e rimprovero, quando entrambi sapevano fosse la pura realtà. Emrys trattenne invano un sorriso lusingato ed appagato.



"Non ti compiacere fino a questo punto!" Continuò Pendragon, alle reazioni vergognosamente esplicite dell'altro.



"Potrei eccitarmi troppo se continui così e non è il caso, visto che dovrei posare per una classe intera..." Scherzò, scoppiando a ridere da solo per la propria battuta. Artù sgranò gli occhi arrossendo violentemente.



"Ti ho già detto...che il tuo spirito comico è pessimo?" Farfugliò con espressione di ammonimento.



"A me fa ridere!" Annunciò, incominciando ad avviarsi verso l'uscita del camerino.



"Solo a te però!" A quel tono sarcastico, il moro gli lasciò una leggera gomitata tra le costole, a cui l'altro rispose prontamente, generando una serie di sgomitate infinite e sghignazzamenti senza ritegno alcuno. Entrambi entrarono in aula allo stesso momento con movimenti dirompenti, incastrandosi sull'uscio con le spalle schiacciate ai lati della porta, se nessuno dei modelli fosse arretrato, sarebbero rimasti incastonati per sempre li.

Pareva si fossero scordati del fatto che non fossero soli, il contegno ritornò in loro appena un'occhiataccia di monito da parte del prof li destò, quello sguardo fu come una secchiata d'acqua fredda addosso. Ma se solo fossero stati meno a disagio per quella figuraccia, avrebbero sicuramente scorto una piccola sfumatura di lungimiranza e malizia nell'espressione del docente.



"Ragazzi, pensavamo foste morti entrambi, è suonata da 10 minuti! Se volete fare salotto potreste benissimo uscire insieme, al di fuori del lavoro no?" Disse in tono sottilmente allusivo. Artù abbassò la testa mortificato, pareva volesse sotterrarsi sotto il pavimento, o forse direttamente fondersi col nucleo della terra. Merlino cercò di rassicurarsi, tirando un'occhiata penosa da cucciolo bastonato verso Galvano e Freya, ma entrambi stavano ridendo di loro con facce inspiegabilmente ammiccanti e non incontrò perciò il conforto che cercava


 

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Emrys era di turno al bar ormai da quattro ore, ne mancava una e si sarebbe precipitato ad una festa che i ragazzi in accademia avevano organizzato in un pub carino, avendo gentilmente invitato sia lui che il biondino, chissà...se sarebbe venuto oppure no.

Will entrò spedito nel locale, avevano quell'ora insieme e il moro ne era felice, ormai era diventato quasi l'unico modo per vedersi. Si salutarono con un abbraccio fraterno, Merlino finalmente gli ridiede con ritardo disastroso, il piumino che l'amico gli aveva prestato.

Il ragazzo adocchiò un montgomery nella stanzetta dei dipendenti e subito prevalse in lui lo spirito da comare.

 



"E quella giacca strampalata è tua vero? dove l'hai presa?" Chiese, una volta preso posto al bancone.



"È stato in pratica un risarcimento da parte della mente idiota che ha messo la mia vecchia giacca sulla stufa!" Rispose divagando, mentre si scrollava le mani piene di molliche, sul grembiule. Aveva quasi apprensione nel pensare di toccare l'argomento “Artù” con Will, ed era principalmente colpa sua, avendoglielo dipinto in maniera errata.



"In poche parole? Artù sarebbe la risposta?" Domandò secco e diretto, passando dei bicchieri grondanti di acqua ad Emrys.



"Si" Mormorò, iniziando ad asciugare le stoviglie.



"Oh bene, chiede due spicci al padre per il gelato e torna con una giacca per rimediare ai suoi danni! Vuole riparare con i soldi del paparino, ma quelli come lui rimangono dai valori insipidi e dall'animo inconsistente!" Sputò acido. Il moro si sentì leggermente ferito a quell'affermazione, che solo ultimamente aveva compreso fosse assolutamente ingiusta.



"Will dai, non esagerare..."



"Conosci quel tipo di persone Merlino!"



"Anche se fosse Will?" Rispose, con più enfasi di quanta ce ne volesse mettere.


 

"Deve averti fatto qualcosa, un incantesimo tipo, altrimenti non me ne capacito...cosa mi sono perso? Amico mio?"



"Sarà anche...non so, tutto quello che ti pare, ma ho la netta sensazione che non sia affatto vuoto, anzi..."



"Quel bicchiere si è asciugato cinque minuti fa, puoi anche passare oltre!"



"Io sto bene con lui!" Annunciò, ignorando la frecciatina.



"Con quel bicchiere?"



"Con Art...hai capito Will, adesso non fare il migliore amico gelosone!" Disse sorridendogli e lanciandogli uno sguardo eloquente. A quelle parole l'altro sgranò gli occhi.



"Sei così sciocco che hai paura che verrai declassato o qualcosa di simile!? Lo sai che per me sei come un fratello, non devi competere con nuove possibili amicizie, non ha senso!" Lo rassicurò, strattonandolo per le spalle con delicatezza.



"Ma guarda te, mi tocca anche provare gelosia per colpa di quel Pendragon!" La tensione scomparve presto ed entrambi risero per quella infantile rivalità.



"Sappi che se in futuro ne farà un'altra delle sue, è un uomo morto, e tu dirai 'Willlll, me l'avevi detto!' " Profetizzò, imitando senza successo la voce di Merlino, che rise ancora di più ascoltando quel tentativo orrendo, riuscendo a darsi un contegno esclusivamente per soddisfare l'ordinazione di un cliente.



"Mi manca passare dei momenti insieme a te, come ai vecchi tempi!" Disse, cercando il succo al gusto che gli era stato chiesto. Era parecchio che non riuscivano a vedersi, per davvero, il loro tempo libero dal lavoro ormai non coincideva più.



"A chi lo dici Merl! A proposito vorrei parlarti di una cosa, tanto se aspettiamo di vederci al di fuori di qui morirò per mano di una donna pazza!"



"Oddio Will mi fai preoccupare!" Disse allarmato da quelle parole, versando il succo e portando delle noccioline e patatine ad un tavolino, mentre Will distribuì dei menù.



"Che succede?" Chiese nuovamente, una volta che entrambi furono tornati al bancone.



"C'è una ragazza che sta in fissa con me, ma non per modo di dire, purtroppo. Mi stalkera letteralmente, per adesso solo sui social, ma ho paura che una notte di queste potrebbe spuntarmi dal vivo!”



"Non mi stai prendendo per il culo?"



"No no ti giuro, sono serissimo! Mannaggia a me e a quando rispondo a tutti in modo cortese ed amichevole!"

 


"Oddio e si è tipo innamorata di te? Che fa? Si è comprata un abito da sposa?"



"Io non ho problemi, cioè secondo me è possibile instaurare persino un'amicizia chi lo sa, ma cazzo, ti rendi conto che abbiamo chiacchierato un paio di volte su Sherlock della BBC e altre cose aleatorie, PARLAVA SOLO LEI! Io provavo ad inserirmi nella conversazione, ma pareva un monologo!"


 

“E ovviamente sei stato troppo a modo per ignorare i suoi messaggi!”


 

“Dovrei iniziare a fare il coglione! Mi ha detto... 'Ti voglio bene' non abbiamo parlato di nulla! non c'è stato un confronto, come cazzo si fa a dire una cosa del genere! Mi ha dato davvero molto fastidio!”


 

“Cazzo che cringe! Ci credo! Poi le hai detto chiaro e tondo che ti mette a disagio sta roba? Ma non è che una ragazzina Will?”



"Certo che ho messo in chiaro, le ho pure chiesto di non scrivermi più ma continua! Mi sono detto che se la ignoravo avrebbe avuto la maturità per smetterla e invece ho dovuto bloccarla e la cosa bella è che mi sono sentito pure in colpa!"



"Ma smettila, quale colpa! Hai fatto benissimo! Non rispettava la tua volontà ed è inquietante!" Rispose, sbarrando gli occhi. Portarono nuovamente quasi una completa attenzione alle proprie mansioni tra una parola e l'altra. I minuti passarono velocemente e quando il suo turno finì, Emrys sfilò il proprio grembiule con fare liberatorio.


 

"Stacchi ora vero?" Chiese retoricamente Will.



"Si, mi vado a cambiare che ho una festa, anche se puzzerò come una vacca quando arriverò in bici se arriverò!" Annunciò, provocando una risata ad entrambi, correndo poi a prepararsi e coprirsi per bene. Il moro diede una controllata veloce al telefono, notando una notifica di whatsapp da parte di Artù.



“ Hey marziano idiota, ci vieni anche tu alla festa o hai da sgobbare? E perché ti sei salvato sul mio cell come 'Mirino' ? Cos'è, ti tremavano le dita mentre scrivevi? ”

Sulle labbra del moro spuntò un sorriso giubilante, sollevato ed entusiasta nell'aver indirettamente appurato che ci fosse anche lui.



" Testa di fagiolo! Deve essere stato il T9! "

Digitò, riattivando la suoneria, per poi infilarsi il montgomery ancora con quell'espressione stupida in volto. Indossò un cappello eschimese ed un paio di guanti, notando poi di non aver effettivamente risposto alla domanda principale del biondino. Riprese il cellulare in mano e come un completo sbadato ed idiota, iniziò a pigiare sullo schermo, pretendendo che si sbloccasse qualcosa, che il tessuto di lana potesse mandare degli input sul touchscreen. Rise da solo per la propria disattenzione e si sfilò un guanto.



“ Comunque si, vengo anch'io, fra due minuti prendo la bici e parto! 30/40 minuti e sto li! "

Compose in fretta e la risposta arrivò con impressionante immediatezza.



“ Il T9 si...Come 40 minuti? È troppo! ”

Recitava il messaggio di Pendragon, Merlino si morse un labbro, tentando di darsi un autocontrollo per tornare in uno stato emotivo decente. Will lo vide da lontano, di sfuggita mentre portava un'ordinazione, ma lo conosceva fin troppo bene e poté scorgere nel suo amico una buona dose di fermento e soddisfazione nel digitare sul proprio cellulare, anche avendolo guardato per poco. Chissà se fosse per la festa in se o per altro, in ogni modo fu contento che fosse con quell'animo sereno.


“ Non immaginavo avessi tanta fretta di vedermi idiota! ; -)

Rispose, scherzando.



“ Certe stupidaggini tienile per te! :-I

Emrys scoppiò a ridere, immaginandoselo sfoggiare una caricata espressione vomitevole e rimase compiaciuto nella consapevolezza di averlo infastidito almeno un po'. Si stava rivelando più divertente del previsto punzecchiarlo. Obbligò il suo sorriso a scemare e ritornò verso il bancone, dove Will stava togliendo delle noccioline dall'imballaggio.



"Sai Merlino pensavo...a quest'ora potrebbe crearsi il ghiaccio sulla strada e sembra proprio che voglia fare un acquazzone di quelli rapidi e dolorosi, potrebbe dirti culo ed esplodere fra un'ora, ma potrebbe anche cominciare adesso! Dove cazzo vuoi andare? Ci metterai il doppio del tempo, sempre se riesci a non sfrantumarti per terra!" Tentò Will di farlo ragionare, preoccupato per il suo amico goffo e senza cervello, mentre il cellulare di Merlino continuava imperterrito a notificare messaggi in quantità e rapidità vergognose, chiunque fosse stato il mittente, doveva aver perso in oceano il proprio contegno e dignità.



"Vedo un attimo, al massimo vado a piedi!" Rispose il moro, non trovando affatto pedante quel bombardamento di messaggistica, sicuro di chi fosse il mittente.



"Altro che puzza di vacca poi, senza nemmeno un ombrello!" Lo schernì Will, studiando attentamente l'espressione placida dell'amico, che evidentemente moriva dalla voglia di scoprire il contenuto dei testi. La curiosità di Merlino era sempre stata una sorta di condanna, infinitamente maggiore di quella che contraddistingueva un gatto od un bambino. Tragico.


"Cosa sono tutte queste belle notifiche su whatsapp eh? Hai una stalker anche tu e non me l'hai detto?" Chiese allusivo, l'altro aveva ceduto alla curiosità e lesse velocemente, prendendosi un po' di tempo prima di rispondere alle insinuazioni maliziose e monelle di Will.



Fa freddo fuori, probabilmente la strada è ghiacciata “

 

E se ti venissi a prendere con la macchina? “


“...Non è per essere cortese, è che imbranato come sei scivoli alla seconda pedalata e al locale ci arrivi slittando sul tuo didietro! “


 

E poi dobbiamo subirci il tuo vociare squillante e delirante “


 

E poi non allungo di troppo, ti passo a prendere. Si. “


Emrys sorrise arrossendo appena, era commovente che quell'asino cercasse di nascondere la sua gentilezza dietro argomentazioni insensibili.



“Non ho nessuna stalker, sciocco!” Rispose a Will, guardandolo negli occhi con scherzoso disappunto.




"E dai...chi è? E non dire nessuno, perché ho visto come arrossivi!" Continuò, convinto che gli stesse nascondendo qualcosa.



"Non sto uscendo con nessuno se è questo che stai insinuando, lo sapresti altrimenti no?"



"Mi stai dicendo che tutte queste notifiche non sono da parte di una ragazza stalker? Mi prendi in giro?" Disse ed il moro rimase leggermente interdetto. Era mai possibile che se scherzava con una donna allora c'era del tenero, se uno sorrideva e arrossiva un po' fissando il proprio cellulare allora era per forza una ragazza per la quale si aveva un certo tipo di interesse? Non che fossero ipotesi surreali, ma erano solo alcune possibilità tra le innumerevoli. Poteva star sorridendo anche solo per una foto di una lasagna!



"No Will, non è proprio una ragazza..." Rispose secco.



"È un ragazzo?" Urlò sgranando gli occhi scioccato, Merlino aprì le braccia esasperato...e adesso cosa aveva capito?



"Mi sono perso qualcosa della tua vita Merlino? Per caso, ci sono altre cose che vorresti dirmi o che dovrei sapere?” Disse tentando di darsi un contegno, in fondo la cosa era abbastanza plausibile, conoscendolo, sapeva bene come la pensasse su certe questioni.



"Non hai capito un emerito cazzo! Perché hai dato subito per certo che se qualcuno mi scrive un messaggio dietro l'altro, allora mi ci sto sentendo? Ma dico, le persone con cui parli non fanno così?
Era semplicemente quell'asino di Artù, che voleva darmi un passaggio, per evitarmi la bici, niente di più, ma se preferisci potremmo chiamarlo Artura!" Rispose divertito dal fraintendimento.



"E che ne so io, poteva anche essere un ragazzo, tu sei sempre stato ambiguo sotto questo punto di vista!" Rispose in assoluta buonafede, usando forse un vocabolo ingiusto, senza prenderne atto.



"Ambiguo...per l'amor di Dio Will!" Esclamò scocciato roteando gli occhi, percependo un lieve velo di offesa a quella parola, non trovava una degna motivazione per sentirsi vagamente ferito da quell'esternazione, eppure lo era. Anche se fosse stato così, anche se avesse cominciato ad uscire pure con ragazzi, cosa avrebbe avuto di tanto ambiguo? Merlino digitò velocemente una risposta positiva ed inviò.



"Non mi aspettavo questo modo di fare da parte sua!" Confessò Will.



"Modo di fare di qualsiasi persona normale, che ne sta conoscendo un'altra?" Disse, alzando le braccia esasperato.



"Bah, divertiti!” Gli augurò salutandolo con un veloce abbraccio.


 

"Buon lavoro, malfidato!" Si congedò, attendendo il collega sul marciapiede.

Dopo pochi minuti Artù sbucò, richiamando la sua attenzione con una pacca sgraziata sulla spalla, aspettandosi una qualsiasi frase di ammonizione e fastidio, ma l'altro reagì con un enorme sorriso...che sfacciato quel ragazzo!



"Ciao, Mirino!" Lo sfotté con quel nomignolo ridicolo.


 


"Ciao!" Rispose, continuando a sorridergli.



"Dove volevi andare con 'sto freddo?" Domandò, incominciando a camminare verso l'auto.



"Beh se non andavo alla festa, comunque sarei dovuto tornare a casa con la bici!" Già, quella zona non era collegata proprio benissimo.



"Dovresti comprare una macchina!"



"Ah si? E perché non un autobus intero, o meglio, usare la magia o il teletrasporto?" Propose, muovendo le sue braccia in grandi cerchi. Il biondino scosse la testa ridendo divertito a quelle sciocche supposizioni, Emrys venne attratto dal candido vapore che fuoriuscì leggiadro dalle labbra dell'altro a ritmo con i suoi sospiri sereni, non distolse lo sguardo fino a quando le forme sinuose non furono più riconoscibili, completamente disperse a mano a mano che danzavano nell'aria e si fondevano con essa. Il moro sorrise a sua volta, con un'inclinazione particolarmente dolce, quella visione tanto tenera lo aveva stupidamente reso quieto.
Una volta arrivati alla macchina, Pendragon aprì i portelloni, lanciandogli prima un'espressione interrogativa, aveva di certo notato la sua faccia strampalata con cui lo stava guardando.

In pochissimo tempo i due raggiunsero la meta, adocchiando appena entrati nel pub, qualcuno tra i ragazzi. Freya andò incontro ai due e li salutò calorosamente come suo solito, per poi lasciare un paio di bacetti sulle guance di Merlino. Artù gli lanciò un'occhiata eloquente, sorridendo maliziosamente, ma con discrezione, alludendo nuovamente a qualcosa che non corrispondeva alla verità. Emrys schioccò le labbra scioccato da tutte quelle strane congetture, che prima Will e adesso il collega, gli stavano fiondando addosso. Il biondino si schiarì la gola con fare ammiccante, allontanandosi verso un gruppetto per ascoltare assorto i gossip dei ragazzi.



"Ma siete venuti insieme?" Chiese la ragazza.



"Si, stavo a lavoro e mi ha dato un passaggio!"



"Sono felicissima che stiate sviluppando un'amicizia!” Esclamò con un enorme sorriso sincero.



"ODDIO FREYA!!!" Urlò il moro, sbarrando gli occhi, portandosi una mano al cuore, allarmato.



"Che succede? Che ho detto?” Chiese apprensiva, ripercorrendo mentalmente gli attimi appena passati per tentare di capire se avesse pronunciato qualcosa di inopportuno.


 

"HO SCORDATO LA BICI, CAZZO, momento d'ansia!" A quelle parole la ragazza scoppiò a ridere per tanta smemoratezza.


 


"Se chiedi ad Artù scommetto ti accompagna!" Consigliò, tentando di contenersi, ma l'altro non pareva affatto offeso che ridesse di lui.



"Non vorrei scassargli troppo!"



"Merlino, un giorno di questi ti cadrà la testa, e non te ne renderai nemmeno conto! Il passo è breve!"



"Sarà colpa della zazzera che mi ritrovo in testa! Mi appesantisce i neuroni!" Scherzò.



"Sembra brutto se ti chiedo se ti va di ballare?" Domandò Freya, non appena si riprese dalle risate.



"Perché dovrebbe? Adoro ballare, ma ti avviso... sono una pippa totale, nonostante la passione...potrei farti sfigurare!" Ci tenne a precisare, ma alla ragazza non sembrò un buon motivo per darsela a gambe. Iniziarono a muoversi sotto le note di “Don't stop the music”

Pendragon venne attirato da un movimento estremamente scimmiesco, la periferica del suo sguardo notò quella figura con estrema facilità per quanto si muovesse stranamente a scatti e a tratti molleggiando.

Si girò e notò quel cretino del suo collega “ballare” spasmodicamente come avesse degli attacchi epilettici e Freya poverina, in modo delicato e carino, le classiche caratteristiche che si assocerebbero ad una persona che si muove decentemente a ritmo. Ma la convinzione e l'esuberanza di Merlino erano talmente elevate, che tra i due, quello fuori posto pareva lei. Artù esplose in una risata di quelle che tolgono il fiato e che lasciano le guance doloranti. Per un attimo Emrys incontrò il suo sguardo ed era palese stesse ridendo di lui, ma provare vergogna per quel fatto, non era di certo contemplato.



"SEI DAVVERO BUFFO!" Urlò Freya in preda alle risate.



"Quando la tua vergogna sarà al limite avvisami, e mi allontano!" Rispose col fiato mozzato per l'inutile sforzo.



"Il fatto è che non sei davvero male, però fai ridere!" Tentò lei di rincuorarlo mentendo leggermente, non essendo a conoscenza del fatto che al moro non serviva consolazione per il suo modo di ballare. Non gli importava nulla anzi.



"Lo prendo come un complimento!" Parlò, dopo un po' portò nuovamente il suo sguardo a vagare nel piccolo pub, notando il biondino che si stava disperatamente mordendo l'interno delle guance doloranti, oscillando la testa ilare.


 

"Mi prendo una pausa, non ce la faccio più, è proprio vero che la passione non basta!" Si stoppò, intendendo avvicendarsi verso quella testa di fagiolo del suo collega che lo stava ancora schernendo.



"Ah Dio, povera ragazza, che imbarazzo! L'ho provato io per lei!" Esclamò Pendragon, non appena l'altro gli fu vicino.


 

"Però stava ridendo, e tu anche ridevi!" Tentò di parlare nonostante il fiatone.


 


“Per sopportarti con gioia, devi piacerle proprio tanto! Il modo in cui ti sorrideva...povera stella! A te non piace neanche un po'?" Insistette, pur non essendo convinto di ciò che aveva appena insinuato. Aveva già avuto una risposta da parte di Merlino e gli credeva, ma di certo non gli faceva schifo infastidirlo a sua volta. Emrys si burlava sempre di Artù, non sarebbe successo nulla se per una volta ad essere vittima di congetture infelici fosse stato lui.



"Davvero non è così, stai fraintendendo per il fatto che lei sia così timidina e dolce, se ci fai caso quello è il suo sguardo normale, io gli sto solo simpatico, lo so per certo. E poi cos'è tutto questo interesse sulla mia vita sentimentale?" Rispose super serio, l'altro alzò le mani in segno di resa, accorgendosi delle guance arrossate del moro, probabilmente doveva essere molto accaldato dopo tutti quegli spasmi osceni, che definiva “ballare”


 

“Merlino, non crederai di essere l'unico punzecchiatore sulla faccia della terra?” Lo provocò il biondino ed il collega capì che la natura di quelle sciocche supposizioni su lui e Freya era solo un tentativo di metterlo a disagio, forse per ripagarlo con la stessa moneta da buffone? Merlino ghignò, un po' piccato poi calò nel mutismo, martoriandosi le proprie dita affusolate con una strana tensione e concitazione. Le sue corde vocali desideravano fare una proposta a quel ragazzo.



"Vorresti ballare con me?" Chiese Emrys, sentendosi insolitamente inondato da una sorta di disagio, abbassò lo sguardo fissandosi la punta delle scarpe, poi aggrottò le sopracciglia contrariato da quell'imbarazzo senza motivo e si costrinse a guardare dritto negli occhi del suo interlocutore con ritrovata decisione e padronanza.



"Come scusa?" Balbettò Pendragon, come se l'altro gli avesse appena proposto la cosa più indecente che poteva passargli per la mente.



"Ti va di ballare?" Ripeté, senza vacillare stavolta. Che diamine c'era che non andava? C'era la musica, si ballava con gli amici, come poteva essere altrimenti?



"Ma in che senso?" Parlò stupidamente, provocando uno sbuffo esasperato al moro.

 


"Chiedevo se ti andasse di muovere una gamba, l'altra gamba, i fianchi, il busto, le braccia e la testa, a ritmo con me!?"



"A ritmo con te..." Ripeté, deglutendo a vuoto e arrossendo immotivatamente.



"Perché ripeti quello che dico io?"



"Perché se lo senti detto da qualcun altro magari ti rendi conto di quanto tu suoni un idiota!"



"È un no? Bastava che lo dicessi!" Parlò, scuotendo appena la testa.



"Sarebbe imbarazzante ballare con te!" Rispose Artù, mentre si guardava in giro imbarazzato, quel momento gli ricordava tanto quando erano andati ad acquistare il fondotinta e lui era rimasto come uno stoccafisso.



"Perché ballo di merda o per altro? Tipo perché secondo te ballano solo uomini con donne, perché si sa, il ballo è una proposta di matrimonio ed una promessa di amore eterno eh?” Ipotizzò, tentando di non lasciarsi prendere troppo da quell'assurdità.



"Non lo so, per la prima motivazione sicuramente, la seconda...potrebbe essere...insomma guardati in giro!"



"Vedo persone che potrebbero divertirsi, senza nessun pregiudizio o malignità assurda! E poi..."



"E non iniziare con questa solfa sull'aggiornarsi perché se potessi schioccare le dita ed eliminare tutti i più stupidi stereotipi sulla mia mascolinità fragile, lo farei ora. Credimi!" Lo interruppe il biondino, prima che potesse anche solo cominciare con la solita nenia da buonismo.



"Bene, mi dispiace di non possedere una vulva per poter ballare con sua maestà!" Replicò cercando di mantenere una voce scherzosa, iniziando ad allontanarglisi puntando da lontano Galvano. La testa di fagiolo sbuffò strofinandosi il naso.

Merlino ci tenne a non sputargli acido addosso, non aveva il diritto di irritarsi troppo, alla fine quel ragazzo si era dimostrato aperto, quando avevano discusso su quella questione dei complimenti, in seguito aveva ponderato, quello scambio aveva dato dei frutti, inoltre, a quanto pareva era cosciente della propria fragilità e stava tentando con tutto se stesso di uscirne. Probabilmente non sarebbe stato giusto pretendere dalla sua persona di non essere ciò a cui evidentemente era stato abituato ad essere, non ci si poteva aspettare che degli esseri umani, forse cresciuti in contesti diversi, potessero avere le stesse possibilità e tempistiche di liberarsi da certi meccanismi mentali, stereotipi e ruoli strani che ingiustamente incatenavano i cervelli di molti.

Non che tutti ne fossero consapevoli e volessero uscirne, ma Emrys ebbe la sensazione che Pendragon lo era, voleva liberarsi, voleva smettere di farsi dei problemi che egli stesso riconosceva come assolutamente inetti e bigotti. Perciò il moro si era ripromesso che, entro certi limiti, non avrebbe perso le staffe, avrebbero comunicato i propri punti di vista, perché ne valeva la pena stimolarsi a quel modo, sarebbe stato carino sapere Artù sovrano di se stesso, senza la necessità di imporsi limiti sciocchi.

Galvano e Merlino cominciarono a muoversi come due scimmioni, provando invano a muoversi nello stile di fine anni settanta. Spesso, molto spesso, il ragazzo si prendeva una pausa per tracannare ogni tipo di bevanda possibile ed immaginabile, a parte l'acqua e porgeva enormi bicchieri di piña colada o birra a Emrys, che di certo non rifiutava affatto.



"Non è una promessa di amore eterno questa vero?" Chiese il moro con un risolino giulivo, riferendosi al loro ballo.



"Mi dispiace Merlino, per quanto la tua persona mi lusinghi, in questa vita la mia risposta rimane un no!" Ribatté Galvano, fingendo un tono serio e costernato, entrambi risero e poi tutto d'un tratto Merlino si fece serioso.


 

"Galvano, secondo te perché la società ci ha portato a fare dei collegamenti sciocchi del tipo 'se io ballo con lei automaticamente ne sono invaghito, o voglio portarmela a letto' oppure dov'è la minaccia al proprio essere, se io, maschio eterosessuale ballo con un altro maschio eterosessuale? Cosa mi accade? Un cazzo!"



"Stai già partendo in tangente vero?" Chiese il ragazzo dai capelli lunghi, passandogli una birra, ingurgitandone una lui stesso.



"Può darsi, ma la domanda è davvero sentita!" Insistette Emrys.



"Secoli e secoli di codici comportamentali, ingiustizie e pregiudizi Merlino, non saprei risponderti profondamente come vorrei, e come tu vorresti. Non ci ho mai nemmeno riflettuto per bene, ma quando sarò un po' più vecchio, se mi sarò fatto un'idea ti cercherò e ti risponderò!" Parlò Galvano, tentando di rimanere serio e concentrato.



"Tanto con il tono della tua voce non ti si può di certo perdere!"

In quel momento il biondino si avvicinò a loro due, quatto quatto, con un'espressione agghiacciata in volto, come se avesse appena visto un fantasma.



"Avete finito, posso annoiarvi con quattro paroline?" Esordì, il moro gli fece un cenno di insufficienza con il volto.



"Mentre buttavi giù birra come se non ci fosse stato un domani, è entrata Viviana con uno!"



"Viviana con uno?!" Urlò Merlino, sbarrando gli occhi.



"Abbassa la voce scemo!" Lo riprese, lanciandogli un potente scappellotto sul braccio, appena dopo che quell'imbecille si girò con evidenza, cercando il soggetto della loro conversazione.



"Ragazzi chi è Viviana?" Chiese Galvano in tono da comare di paese, non poteva mica sopportare di essere ignaro su una questione che pareva averli elettrizzati entrambi.


 

“Una ragazza confusa, a cui piaceva stare con un piede in due scarpe, comportandosi come fosse interessata sia ad Artù che a me!” Riassunse Emrys.



"È entrata con uno, con cui ha evidentemente una relazione amorosa, le hanno portato una torta. C'era scritto '3 anni di te e di me' Sono sicuro, la cameriera mi è passata sotto il naso!" Spiegò Pendragon, schifato da quella nuova scoperta. Il moro schiaffò la sua testa sulle spalle del ragazzo dai capelli lunghi, nascondendosi, sapendo che non avrebbe dovuto prenderla così, ma immaginare quella scritta tanto coatta sulla torta, provocò in lui una grassa risata tanto che pareva di star a sentire un'oca. Le persone li dentro erano fortunate che il corpo di Galvano attutisse quella sorta di schiamazzo giulivo. Cosa ci trovava poi di tanto divertente?



"Vorrei ridere pure io!" Sussurrò Artù, perché Merlino aveva avuto quella reazione? Perché rideva così tanto, pure quella volta in cui lo avevano riempito di botte rideva. Era per caso la sua risposta a tutto?



"Amici questa v'ha perculato forte eh, a voi e al ragazzo!" Intervenne Galvano ed Emrys gli si allontanò, ritornando in una posizione eretta, continuando a scuotere la testa. Con la massima discrezione di cui era capace, cercò di capire chi tra quella gente fosse il fidanzato, approfittandosi del fatto che stessero scattando delle foto. Ci avrebbe messo entrambe le mani sul fuoco che le pose sarebbero state cringe, cringe come i video disputa degli emo VS truzzi e anche un po' trash, proprio come quelle persone che nei primi anni duemila usavano un fondotinta arancione evidenziatore e la matita nera netta attorno alle labbra. Appena lo scorse, accanto a Viv, rischiò un infarto, la faccia di quello non gli era affatto sconosciuta.



"No!" Esordì il moro, come riemerso da una trance. I due lo guardarono interrogativamente



"Me lo ricordo perfettamente a quello! L'aveva accompagnata al nostro primo appuntamento e si era fatto passare per il cugino. Io ci stavo provando pesantemente con la sua ragazza e viceversa, e quello stava li. Sentiva e vedeva tutto..." A quell'affermazione un rabbia bestiale rabbuiò la figura del biondino che contrasse il labbro superiore in una smorfia inquietante, quasi come volesse sbranare qualcuno, poi si girò furioso e scattò partendo per la tangente.



"Artù lascia stare!" Lo trattenne Merlino, afferrandogli pacatamente la manica della felpa.



"Fanno schifo! Non si adesca la gente così, con questi sotterfugi, non si trattano gli altri in questo modo!" Si giustificò, iroso.




"Merlino ha ragione Artù, non roderti il fegato... so che vuoi capire il perché, il per come e cosa muove le azioni di certa gente...Ma al mondo esistono individui, che vi ci potete arrovellare quanto vi pare, state pur certi che non troverete mai alcuna logica plausibile dietro le loro scelte!"



"Ha ragione Galvano, lasciamoli stare dai!" Disse a bassa voce, volendolo placare, sfiorandogli appena il dorso della mano.


 

"Non è solo per il fatto che si è divertita a nostro discapito, non è solo questo Merlino!" Ribatté, allontanando bruscamente il braccio per rompere quel contatto, gesto che al ragazzo dai capelli lunghi non passò inosservato.



"E cos'altro?"



"Torno dagli altri." Sviò, allontanandosi dai due. Emrys lo fissò attonito mentre Pendragon gli dava le spalle.

 


 

"Dimmi Galvano, ho io dei problemi di comprensione o ne ha lui di comunicazione?" Chiese in cerca di conforto, non staccando gli occhi di dosso dal suo collega.


 

"Beh Merlino dovresti aggiornarti ed iniziare a leggere nel pensiero!" Lo destò, facendolo sorridere.




"Non vi conosco bene, ma per quello che ho visto lui è un amicone, gentile, di cuore esattamente come te, anche se lui non lo da a vedere. È strano come sia aperto, ma estremamente chiuso allo stesso tempo!"



"È riservato? Trovi?"



"È molto chiuso, anche se pare uno che si atteggia, alla fine di se parla poco, e non esprime i suoi sentimenti, o meglio non si fa capire bene quando ci prova, forse non è stato abituato a un certo tipo di contatto fisico, eppure si fa voler bene lo stesso mi pare! È carismatico, purtroppo devo ammetterlo, ma io lo sono di più, sia chiaro!" Precisò, sbattendo le ciglia civettuolo, pavoneggiandosi.


 


"Sia chiaro, non c'è paragone!" Acconsentì al narcisismo di Galvano, scuotendo la testa ironicamente.



"Tu invece stai confortevole col tuo modo di fare disinvolto!"



"IO, DISINVOLTO?"

 


"Disinvolto non esclude che tu sia un imbranato cronico e totale!"

 


"Grazie!"

 


"Però non ti vergogni di mostrare quello che senti, quando lo senti. Sei istantaneo!"

 


"Come il ramen!"

 


"Adesso ti stai vergognando, tieni bevi!" Provò a sbloccarlo, passandogli un'altra birra.

 



"Ed è qui che si estende un muro tra te e lui..."



"Scusa?" Chiese dopo un lunghissimo e quasi interminabile sorso, scordandosi per un attimo il punto del discorso.



"Artù"



"Ah si!"



"Il suo modo chiuso e il tuo modo espansivo che cerca costantemente un contatto fisico, è questo il muro dove cozzate! È strano perché non siete tanto diversi come parrebbe. È come se foste due foto di un paesaggio, lo stesso paesaggio, immortalato dall'identico fotografo e macchinetta fotografica, dal medesimo punto di vista, ma una delle due immagini viene scattata con l'aggiunta di un obiettivo a 360 gradi. Siete più simili di quanto pensiate, me lo sento!” L'alcool a volte gli faceva quell'effetto, era raro, ma capitava e non si sopportava molto quando il suo cervello lavorava così seriamente. Il moro lo fissò con espressione da stoccafisso, se fosse passata per sbaglio una mosca, quella sciagurata sarebbe stata il suo aperitivo.



"Scusa, sto farneticando troppo vero?"



"Oh no...no è che da quando lavoro da voi, sto iniziando ad avere paura di chi studia le arti visive. Captate molto, sapete interpretare fin troppo bene e siete così...attenti in modo..."



"Maniacale?" Galvano finì la frase al posto suo. Merlino era davvero incuriosito da tanta attenzione che quei ragazzi prestavano per la comunicazione non verbale, lui pure adorava scarabocchiare qualche ritratto ogni tanto, ma non studiava certe cose e non era altrettanto ricettivo su determinate simbologie insite nei gesti. Non sapeva interpretarli così nel particolare, perlomeno non a quei livelli. Si stava quasi per far uscire quel dettaglio della sua passione per il disegno, ma riuscì a frenare la sua boccaccia appena in tempo. Era una cosa che solo sua madre e Will sapevano, tra l'altro al suo migliore amico non aveva mai mostrato nulla, di recente. Lo teneva quasi come fosse un piccolo segreto.



"Si! È affascinante, ma spero che tu non abbia nessuna nozione di psicologia avanzata altrimenti scappo ora!"



"Qualcosa da nascondere Emrys?"



"Se ce l'ho non lo so...l'avrò nascosta davvero bene!" Sorrise il moro in modo timido, stringendosi appena nelle spalle facendo ghignare Galvano.


 

"Lui non l'ha presa benissimo sta cosa del fidanzato di Viviana eh!" Constatò, avendo notato la differenza tra la reazione distesa di Merlino e quella sconfortata e rabbiosa di Pendragon.



"No per niente..." Rispose, prima di voltarsi a guardare Artù.

 


 

"ODDIO! ma non è che tante volte, lui è ancora preso da lei?" Urlò stordito, scongiurando con tutto se stesso quell'ipotesi.



"Nah!" Lo rassicurò il ragazzo dai capelli lunghi.



"Dici che è il fatto che lui non possa spiegare razionalmente e logicamente il comportamento di lei, e la slealtà, che lo rendono così irrequieto?" Si rispose da solo, come un pazzo che conversava con se stesso ma ad alta voce.



"Sicuramente, ma ha detto che era anche per altro, forse per altro intende che entrambi siete stati dei caproni cocciuti, tanto che tutta la scuola aveva paura di uno scontro all'ultimo sangue! E che beh, non ne valeva la pena, non per stare appresso ad una che vi ha trattati come vi ha trattato lei!" Emrys rimase a fissarlo, sentendosi ancora più stupido del solito, non ci aveva pensato che potesse essere per quello e non per un eventuale ed indesiderato rimasuglio di piccoli sentimenti. Meglio così, meglio.



"Merlino credo tu debba avvicinarti e origliare il discorso che stanno avendo Viviana e Artù, lui sembra in difficoltà!" Annunciò il ragazzo dai capelli lunghi. Il moro si girò di scatto, seguendo con gli occhi la traiettoria che Galvano stava puntando, fissò i due attonito, per poi guardare di nuovo il ragazzo accanto a se con espressione confusa.

 


 

"Proprio ora, in diretta nazionale, qui, su pomeriggio 5, diretto da Galvano!" Disse, facendo finta di parlare dentro un microfono e di ripararsi da dei fari accecanti.



"E smettila, mi fai ridere, è una cosa seria!" Lo riprese ridendo, incamminandosi verso i due, tentando di non essere inopportuno con quella faccia divertita.


 

"Si si, risparmiati tutti questi discorsi patetici da cavaliere, è vero volevo vedere se ne ricavavo qualcosa da te, servirai pure a qualcosa, non tu in particolare, ma i soldi che ti precedono e ti oscurano, su cosa stiamo discutendo tesorino? Sul nulla, perciò che vuoi? Farmi causa?” La sentì Merlino, con voce brutale e qualcosa ribollì ne suo petto, una sensazione che raramente provava per davvero. Rabbia. Non c'entrava nulla che fosse leggermente più disinibito del solito a causa dell'alcol, si sarebbe incazzato comunque. Accelerò i suoi passi e si fermò a poche decine di centimetri da quella.



"Sei solo una povera stronzetta! Potevi comprarti un paio di barbie se volevi manipolare qualcuno!" Le disse esterrefatto, era vero che aveva notato in lei quella raccapricciante malignità verso tutto e tutti, ma non si aspettava di certo quei livelli di imbroglio e persuasione. Il biondino gli lanciò un'occhiata veloce, era spaventato? Era deluso? Cos'era quella faccia?



"Oh bene, ci sei anche tu? Siete diventati amici adesso? Volete chiamare per un aiutino da casa? Manca qualcuno?" Gracchiò sarcastica. Pendragon abbassò lo sguardo costernato e con riverenza, come se fosse stato lui quello che dovesse sentirsi così, la pazza si stava rigirando la frittata e stava riuscendo a farlo sentire un perfetto colpevole di quella situazione ambigua, Emrys non sopportò affatto che Viv potesse farlo sentire a quel modo.



"Oh si...non so tipo... AH ECCO: il tuo ragazzo!?" Rispose accaldato, Artù alzò il volto e lo guardò spaesato, in quel momento sembrava così piccolo e fragile, una preda perfetta per chiunque avesse voluto instillargli dubbi dannosi.



"Adesso non fate quelli scandalizzati!" Sminuì la ragazza, il moro non la degnò di uno sguardo, continuò a scrutare il suo collega, di nuovo avrebbe voluto passargli un po' di menefreghismo e stavolta anche un po' di fiducia. Boccheggiò, forse desiderava risponderle, ma sembrava bloccato dallo sconforto.



"Viviana, passa una bella festa di anniversario con il tuo ragazzo!" Disse Merlino, c'erano dei casi in cui era meglio non insistere, in cui ci si doveva dare un taglio, perché di certo quel ragazzo non meritava di sperimentare tanta perdizione per una pazza viscida come lei.



"Ti sei offeso Merlino? E tu Artù? Il gatto ti ha mangiato la lingua?" Li punzecchiò, avvicinandosi provocatoriamente al biondino. Viviana entrò violentemente nella visuale di Emrys, ammirò la scena quasi passivamente, poi il disgusto fu insostenibile tanto che si impedì di continuare a guardare, voltandosi infastidito, come avesse appena assistito ad una scena di un'autopsia in un film cruento. Nel suo campo visivo entrò lo stomachevole fidanzato dell'arpia, che si era fatto passare per suo cugino, si stava godendo la scena denigrante, sghignazzando come un perfetto coglione.

 


 

"Adesso smettila Viviana! Sei viscida!" Quasi urlò, vedendola tanto vicina a Pendragon, subdola da voltastomaco.



"Oh, lui non potrebbe rispondere da se?" Sussurrò e l'altro finalmente riuscì ad allontanarsi, si sentiva così frustrato per aver fatto scena muta, per essere stato così debole e remissivo. Il moro gli afferrò il braccio veemente, trascinandoselo con se, lontano da quei porci manipolatori. Non lo sfiorò nemmeno per un attimo che potessero essere una coppia aperta, perché le coppie aperte non si comportavano con quei sotterfugi nauseabondi, quei due volevano solo fare i burattinai, giocare a fare Dio, con i sentimenti degli altri, sentimenti che erano pronti a calpestare come meglio credevano.

 


 

"Che ne pensi se andassimo via?" Propose Merlino a bassa voce, gli lasciò il braccio, guardandolo fermamente negli occhi, avrebbe voluto potesse bastare quello per farlo calmare, per farlo tornare sereno.



"Tu non vuoi restare?" Chiese stupidamente insicuro.



"Ti va, se ci facciamo una passeggiata?" Domandò con il tono più quieto che avesse mai sentito uscire dalle proprie labbra. L'altro annuì, sembrava un cucciolo d'uomo mortificato per aver fatto senza volerlo una grossa monelleria, un bimbo che temeva di aver deluso per sempre la mamma ed il papà e di non essere perciò, più degno dell'affetto di nessun altro.

Il fatto era che non aveva commesso nulla di disdicevole, non avrebbe dovuto sentirsi in quel modo, era stato preso in giro, chissà a quale crudele punto si sarebbe spinta Viviana se nessuno dei due avesse sentito puzza di bruciato.

Salutarono velocemente gli altri, entrambi visibilmente assenti, scusandosi per quella fuga improvvisa, poi Emrys corse verso Galvano sussurrandogli che prima o dopo gli avrebbe raccontato cosa diamine aveva detto quella stronza.

I due uscirono da quel locale insozzato dalla coppia ambigua, tirando un grosso sospiro di sollievo.






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Credo di aver avuto problemini con questo capitolo, non sapevo bene dove tagliarlo...penso si noti la confusione.

C'è un Merlino selvaggio che ha paura di essere egoista, non so, ce lo vedevo un po' ad avere questa fissa distruttiva.

Scusate amici emo e truzzi. Credo che da qui i cliché si rafforzeranno e si moltiplicheranno come i pani e i pesci.

Ringrazio chi abbia letto, salvato la storia o recensito! (Ovviamente non c'è bisogno che dica che mi fa tanto piacere, ma l'ho appena detto in realtà)

Ciao, a presto!

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Capitolo 6
*** VI ***


“Non preoccuparti ok? Non fa niente se hai fatto scena muta, adesso non pensarci più a quella, che ti insozza il cervello. SCIÒ!” Urlò Merlino, oscillando energicamente una mano accanto la fronte di Artù, come se stesse scacciando una fastidiosa mosca tse tse.

 

Il biondino lo seguiva, con andamento mogio, perso nei suoi pensieri, con molta probabilità pensieri ingiusti ed imparziali verso se stesso. Da poco aveva preso coscienza della sua quasi completa incapacità nel contenere e processare le proprie emozioni, non aveva saputo perciò reagire al confronto con la ragazza, si era buttato a capofitto come un perfetto cretino, per parlarle, perché voleva capirci qualcosa, desiderava sapere perché quella, li avesse scambiati per due marionette, ignorando così la sua inettitudine a riguardo.

 

Difatti, una volta che Viviana cominciò a schernirli, fu come totalmente pietrificato, il suo cervello non faceva altro che continuare a tormentarlo riproponendogli in un crudele loop infernale ciò che aveva fatto al padre e forse Pendragon aveva avuto il terrore di poter reagire alla stessa maniera con cui aveva aggredito Uther, non era un'ipotesi da scartare se pensava a quella volta in cui la situazione con Emrys gli stava sfuggendo di mano. Il suo corpo perciò gli aveva impedito di esternare qualsivoglia emozione, paralizzandolo in un frustrante silenzio ai limiti del passivo, come se la sua materia grigia avesse messo in atto un patetico meccanismo di difesa, tentando di scongiurare il ripetersi di una situazione tanto incresciosa in cui aveva adottato un comportamento che non lo rispecchiava, per lo meno non per come lui si conosceva.

 

Ma non era solo quello. L'insinuazione infelice, di non essere nient'altro se non la pomposità e l'opulenza economica del padre, fu il colpo di grazia. Era uno tra i suoi più grandi punti deboli ed insicurezze. Veniva spesso tormentato da quel dubbio... se fosse stato veramente così? Se avesse davvero un animo insipido, inconsistente, vuoto? Così insignificante da annullarsi a favore del suo fittizio status e della sua maschera sociale?

 

 

“Sai che lei non ha neanche mezza scusante? Che importa se non hai risposto a tono, non avresti mai ottenuto nulla. E non perché la ragione non fosse dalla tua parte, ma perché lei è una persona che sente molto odio e uno come te cosa vuole andare a competere di cattiveria con quella? È esperta nel ferire gli altri Artù, non l'avresti mai umiliata. Mai. Le persone così raggiungono un'evoluzione in cui hanno la faccia come il culo e non provano vergogna, nemmeno quando è evidente che abbiano sbagliato. Via dalla testa Artù, via!” Provò nuovamente a rassicurarlo come meglio poteva.

 

Avrebbe voluto che si sfogasse, che dicesse qualcosa, qualsiasi cosa, anche che si mettesse ad urlare vocali totalmente a caso, come faceva Yoko Ono nelle sue performance, gli sarebbe andato benissimo.

Ma Artù rimase a lungo in silenzio, fissando le scarpe dell'altro come ipnotizzato. Il moro stava camminando coi piedi esageratamente sporti all'indentro, sembrava volesse auto sabotarsi, mettendosi lo sgambetto da solo e sbattere la faccia sull'asfalto da un momento all'altro. Doveva essere stato tutto l'alcol che si era scolato a farlo ciondolare in modo floscio e cedevole, ma per sua fortuna pareva l'unico sintomo ad affliggerlo, poiché per il resto rimase abbastanza lucido, per quanto Merlino non lo sembrasse affatto, neanche quando era realmente sobrio.

 

 

"Se lei avesse ragione?" Disse flebilmente dopo lunghi attimi di silenzio, con disagio.



"Su che?" Chiese Emrys sbarrando gli occhi, altamente urtato dal fatto che il collega fosse stato anche solo sfiorato dal pensiero che quella ragazza potesse dire cose plausibili e ragionevoli.



"Io sono una persona, giusto? Quindi ho una personalità? E allora perché quasi nessuno pare darci peso? Vorrà dire che non ce l'ho per davvero!? Se viene sempre prima questa sorta di 'fama' allora non sono gli altri a sbagliare, sono io, che non sono nient'altro se non la reputazione economica di mio padre! Diamine non mi so spiegare, non mi sono...” Castrò l'istinto di aprirsi, non appena sentì la sua voce parlare in quel modo tanto impacciato e confuso, si percepì come un patetico insulso ragazzetto senza arte né parte, che nemmeno era in grado di comunicare i suoi stessi sentimenti. Tutto qui.

 

Il moro lo fissò in silenzio, accostandosi a lui e cominciando a camminargli accanto, lo vedeva così insicuro e smarrito che avrebbe voluto con tutto se stesso poter estirpare quel malessere come si strappavano le erbacce.

 



"Lei sa che tasti toccare, è crudele e spigliata nel mortificare gli altri, non crederle e non ti azzardare a dare peso alle sue parole, sono puttanate di una viscida opportunista e basta!” Gli rispose Merlino, guardando dritto negli occhi dubbiosi del collega.



"Merlino, devo ricordarti che sono le stesse cose che hai pensato anche tu, indirettamente?" Sussurrò ed Emrys a quelle parole, sbarrò gli occhi arrossendo fin sulle orecchie. Il biondino si pentì subito dopo aver parlato, non voleva che suonasse come una frecciatina, o tanto meno farlo sentire in colpa, aveva solo espresso un dato di fatto.

Il moro sospirò, arruffandosi violentemente la chioma scura, come potesse così trovare più in fretta una risposta.



"Ti chiedo...davvero Artù...perdonami, erano parole di una persona che non ti conosceva e che tutt'ora non ti conosce, ma che vorrebbe veramente farlo, approfondire. Se ti ho detto delle cazzate è perché ho avuto dei pregiudizi è vero. Mi capisci?"



"Non fa niente se ti capisco o no!" Rispose, desiderando far cadere l'argomento.



"Per me fa la differenza, per favore non farti ferire così! Sei una persona prima di tutto, hai certamente dei sentimenti, dei principi, un grande senso del dovere, correttezza e un particolare modo di essere, tutto tuo, è chiaro! Come è ovvio anche che a lei non è importato della tua emotività! Per questo ti ha detto quelle stronzate. E io sono stato solo un coglione quando ti ho fatto dei discorsi simili. Scusami! Vorrei solo che non ti arrovellassi nel voler comprendere i giochi perversi e insensati di Viv, che mi permettessi di avvicinarmi, appena un po' e soprattutto che non pensassi di essere vuoto. Non puoi proprio esserlo. Asino!”



"Io ho delle emozioni." Sussurrò quell'affermazione come un rincretinito, ma con una punta di fioca convinzione.

 

Che Viviana avesse un'indole rabbiosa lo aveva visto in prima persona, aveva sentito con le sue stesse orecchie quanto fosse brava nel gettare odio gratuito su tutti, pertanto le parole di Merlino non gli sembrarono poi troppo surreali, anzi la sua ipotesi era convincente. Lei non doveva aver fatto molto sforzo quindi nel trovare un punto su cui far leva per farlo sentire una nullità. In fondo Pendragon sentiva e sapeva di sentire, di avere delle sensazioni e di essere sensibile al suo io in relazione al mondo esterno e quello non sarebbe potuto accadere se il suo animo non avesse avuto una consistenza, un'emotività, non sarebbe stato così se quella li avesse avuto ragione. Lui era qualcuno, non solo una facciata o una quantificazione economica.

 

 

“È ovvio, scemo, è ovvio.” Parlò Emrys ridacchiando in tono rassicurante. Rimase in silenzio per un po', lasciando che loro spalle, oscillando, si scontrassero appena nel camminare.

 



"Tu mi piaci, sto bene con te e abbiamo sbagliato. Potremmo passare oltre le cazzate che ci siamo detti o fatti, e chi lo sa che un idiota ed una testa di fagiolo non possano diventare amici?" Propose il moro con una genuinità disarmante, fermandosi all'improvviso. Poté scorgere in Artù un barlume di speranza, lo vide sorridergli appena, riappropriarsi di un minimo di quietezza e Merlino stesso si sentì sollevato ed inspiegabilmente fiero nel vedere il collega reagire positivamente, a suo solito modo mite, ma era pur sempre una reazione! Emrys era inorgoglito, come una maestra che riusciva a far capire la matematica al suo alunno più insicuro ed arrendevole alla materia.

 

 

“Ci siamo già passati oltre. Idiota!” Scherzò il biondino e l'altro gli lasciò una leggera pacca sulla spalla, così delicata da sembrare un semplice sfiorarsi.

Era ovvio che fossero andati avanti, ma esplicitarlo a parole era tutt'altro per il moro, preferiva che alcune questioni venissero messe anche a voce, per non rischiare di interpretare male dei gesti, o delle situazioni.

Lanciò un'occhiata apprensiva a Pendragon, poi parve colto da un'idea geniale ed incominciò a cercarsi qualcosa nelle tasche, affondando le dita in un porta spicci, tastando il contenuto per potergli dare, con l'immaginazione, una quantificazione vaga. Si stava accertando di avere abbastanza monetine con se, si guardò attorno e quando scorse un bar, il suo volto si illuminò.



"Aspettami un attimo qui, vado al bar!" Lo avvertì, prima di correre indecorosamente storto verso il locale, con fare misterioso. Ne uscì poco dopo, celando le braccia dietro la schiena.




"Che hai li dietro?" Chiese scioccato Artù.



"La mia mano... la mia altra mano!" Rispose, mostrandogli prima un palmo e poi l'altro, tentando di non far crollare nulla a terra mentre passava gli acquisti da una parte all'altra, come un piccolo giocoliere principiante. I suoi movimenti generarono il tipico rumore di bottiglie di vetro che sbattevano tra loro e, a meno che il biondino non fosse stato sordo, aveva sicuramente udito.



"Oh certo, hai le mani di vetro!" Lo esortò e Merlino scoppiò a ridere porgendogli con dolcezza un minuto cartoccio morbido.


"Per te" Sussurrò incitandolo a ricevere quel piccolo gesto. Pendragon prese il pacchettino tentando di dissimulare la sua curiosità e di mostrarsi invece piuttosto scettico. Sbirciò dentro ed il suo proposito di rimanere impassibile davanti alle bambinate di Emrys, svanì, con la stessa rapidità con cui un profumo dolce invase completamente il suo olfatto. Sembrava una bomba alla crema, non importava se sicuramente a quell'ora non fosse stata tanto deliziosa come da appena sfornata, non gli fregava affatto.

Si sentì come scaldato dal tepore di una brace che incominciava a perire con placidità, come se avesse appena ricevuto il regalo o la notizia più bella e appagante del mondo. Fece un sospiro profondo, cercando di non lasciarsi prendere da tanto stupido sentimento, quell'idiota gli aveva provocato un moto di gioia; e allora era forse più sciocco lui a gioire delle azioni di un altro scervellato, o lo scervellato rimaneva comunque il più fesso tra i due?

Non era rilevante.


"Tieni, prendi anche la birra!" Aggiunse il moro, porgendogli la bottiglia. A quel punto Artù non poté resistere ulteriormente, il suo volto si distese in un enorme sorriso e a Merlino parve il sorriso più raggiante che gli avesse mai fatto.

Era bello in quell'espressione. Molto. Non che di solito lo trovasse un ragazzo brutto, sarebbe stato inumano se i suoi occhi non lo avessero percepito come una figura gradevole, ma non si era mai accorto di quanto lo fosse. Merlino arrossì come un pomodoro davanti a quella reazione così grata, gentile... vezzosa.

 


"Quanto è?" Chiese stupidamente il biondino, insospettito da quell'insolito silenzio da parte del collega.


"Scherzi? Non è nulla!" Rispose con voce stramba, non pensando coscientemente a ciò che la sua bocca stesse pronunciando. Si era distratto, distratto da quell'espressione, che idiota che era...

Si schiarì la gola rumorosamente, mordendosi un labbro con violenza, come se così facendo potesse mutare i propri pensieri, come se fosse la stessa cosa che voltare una pagina, o cambiare canale alla TV.



"Sai aprire la bottiglia?" Gli chiese con compostezza, vedendolo rigirarsi la birra tra le mani.


 


"No!" A quella risposta Emrys gli sfilò la bibita che teneva fra le dita, sfiorandogliele appena, si gustò il suo sguardo incuriosito e carico di aspettative malcelate, avvicinando il collo del vetro alla propria bocca leggermente aperta.



"Che stai facendo?" Domandò Pendragon, aggrottando preoccupato le sopracciglia. Il moro tirò fuori il tappo coi suoi canini, sorprendentemente aguzzi, conservandolo poi in tasca, come fosse stata una reliquia preziosa.


"La sua birra, Principe!" Esclamò, scimmiottando una sorta di inchino reale buffo.



"Allora tutte le tue forze risiedono nei denti eh! Capisco, mal spartita!" Lo sbeffeggiò Artù, riprendendosi la bibita offerta, concedendosi poi qualche sorso. Non aveva mai capito quel gusto, non sapeva se gli piacesse, né se gli dispiacesse, addirittura forse lo trovava gustoso e disgustoso allo stesso momento! Quella bevanda era sempre parsa misteriosa ed ambigua alle sue papille gustative.



"Stai molto attento allora!" Lo intimò Merlino, mostrandogli i denti, tentando di farsi uscire una faccia mostruosamente minacciosa.



"Ti prego smettila, sei orrendo, mi pari Dracula!"



"Ohhh Dracula è così sensuale!" Scherzò in un tono carezzevole, leccandosi le labbra lascivo. Dracula era una delle sue storiche cotte immaginarie. Imbarazzante.



"Dio, finiscila!" Imperò il biondino, coprendosi gli occhi con una mano, schifato da ciò che aveva appena visto.

Non che quella fosse vera repulsione, bensì ciò che lui prospettava consono dover trovare schifoso. Era l'aspettativa che aveva nei propri confronti, di percepire come inopportune ed inguardabili certe scene disagevoli che Emrys pareva proporgli anche troppo spesso.



"Merlino prego, non così tanto!" Rispose, tentando di essere simpatico, starnazzando una battuta che probabilmente l'altro non aveva colto, Pendragon alzò gli occhi al cielo, esterrefatto, mentre il collega apriva la sua stessa birra.



"Ma non ne hai avuto abbastanza di alcol stasera?" Lo ammonì, mentre l'altro tracannò il liquido con impressionante voracità ed in pochissimo, metà contenuto era già partito.



"FACCIAMO UN BRINDISI!" Urlò dopo un po', portando la boccia di vetro al cielo, Artù si sentì fortunato che il quartiere e le viuzze che stavano percorrendo, fossero tanto isolate a quell'ora, fosse stato diversamente, probabilmente sarebbe fuggito via, fingendo di non conoscere affatto quello stolto.



"A cosa vuoi brindare? È una serata di merda!" Replicò.



"Io farei un cin cin nell'attesa che un affascinante Dracula mi morda il collo, proprio qui" Propose, indicandosi un punto preciso sul collo fino e sinuoso.



"Tu sei già partito brillo dal locale suppongo?!"



"Potrebbe essere, a cosa brindi?" Insistette, attendendo all'agognato gesto festaiolo, con la bottiglia ancora a mezz'aria.



"Ai tuoi 90 anni!" Lanciò, con poca convinzione, sbattendo la birra addosso a quella dell'altro per poi scoppiare a ridere entrambi. Il biondino bevve un altro po' mentre il collega riuscì a scolarsi la metà rimasta.


Il moro accelerò leggermente il passo quasi saltellando sulle mezze punte, sballottando a destra e a manca il vetro ormai vuoto, Pendragon fissò il movimento, nuovamente catturato da quella camminata ebbra.


"Ne vuoi un..." Provò a parlare Artù, desideroso di condividere un pezzo della bomba con il ragazzo, ma Merlino inchiodò i piedi a terra, improvvisamente, il biondino, non preparato a frenare il proprio andamento, andò a cozzare sulla sua schiena spalmandosi un po' di dolce sul viso.



"Cretino!" Lo insultò ed Emrys si girò verso di lui, ammirando ciò che aveva provocato.



"Ohh no! Tutta questa gustosa crema, che pena!" Disse costernato, portandosi la mano libera sulla faccia, in segno di shock, mentre Pendragon leccava i punti insozzati, fin dove era in grado di arrivare, non poteva mica sprecare quel ben di Dio!



"Pezzo di imbranato!" Continuò a rimproverarlo, senza che provasse veramente poi troppo disappunto a riguardo. Il moro estrasse un fazzoletto dalla tasca, porgendolo all'altro che si ripulì per bene.



"Perché ti sei fermato così?"



"I..io dovrei chiederti un favore..."



"Del tipo? Ti serve una mano per metterti un bavaglio su quella boccaccia farneticante?" Lo punzecchiò, spezzando in due il dolce tra le mani.



"Ehm no. Potresti accompagnarmi al bar dove lavoro? Ho dimenticato..." Merlino non riuscì a finire la frase, preso da un improvviso sghignazzamento. Artù lo fulminò con finto biasimo, trattenendosi dal sorridere nuovamente, anche se non capiva poi tanto cosa ci fosse da ridere.



"Ho dimenticato la bici!" Confessò, mentre il biondino diede finalmente un morso a quella bomba.



"Che pezzo di idiota Mirino! E una volta che ti porto alla bici?" Chiese, offrendogli l'altra metà del dolce.



"AWW GRAZIE!" Urlò e Pendragon si spaventò sinceramente, non seppe spiegarsi da dove potesse uscire tutta quella voce, quel ragazzo pareva avere un amplificatore impiantato nelle corde vocali!



"L'hai comprata tu, cosa ringrazi! Tieni finisciti pure questa, non ne ho tanta voglia!" Gli passò la sua bottiglia di birra, riflettendo solo in seguito sul fatto che forse non era il caso di renderlo ancora più ebbro, visto che sembrava iniziare ad accalorarsi. Ma ormai...



"Comunque, tu mi accompagni li, poi io torno con la bici!" Propose Emrys, dopo aver dato un enorme morso al morbido cibo.



"Ancora con questa bici!? Ma dove vai che sei brillo da due ore e passa!?" Lo rimproverò.



"Non la poffo laffiare fola!" Rispose allibito senza neanche aspettare di mandare giù il boccone. Come faceva Artù a non rendersi conto di quanto stesse trattando male ed ingiustamente la sua povera bicicletta? Che gli aveva fatto?

Il biondino gli lanciò un'occhiataccia disgustata.

 


"Pefchè mi guafti cofì?" Gracchiò con occhi spalancati, per poi deglutire e pulirsi la bocca costellata di zucchero. Portò una delle due bottiglie alle labbra, convinto che fosse quella che Pendragon gli aveva ceduto, si sporse all'indietro per gustarsi il liquido. Rimase interdetto, con la testa verso l'alto per molto tempo prima di accorgersi che quella da cui cercava di bere, fosse la bottiglia vuota che egli stesso aveva già scolato.

Rise tra se e se, facendo un piccolo saltello nel vedere un cestino, vi si avvicinò e buttò il vetro, di certo in quel modo non avrebbe sbagliato! Iniziò così a tracannare gioiosamente, quella rimasta del collega.



"Sei disgustoso! Sembri un piccolo moccioso che non sa mangiare! Nei panni degradati di un novantenne barbone!" A quell'affermazione, il moro gli dedicò uno sguardo severo, o meglio, si sforzò perché uscisse il più austero possibile, sventolandogli un indice contro.


"Se invece venissi da me e ci pensiamo domani alla tua dannatissima bici?" La buttò li, con estrema naturalezza.



"Mi stai invitando a dormire con te?"



"Da me, non con me!" Puntualizzò Artù con urgenza, diamine, le parole erano importanti! Lo spintonò, non riuscendo però a controllare la propria forza come avrebbe voluto e come aveva prospettato. Il ragazzo esile quindi, si sbracò su un palo della luce, come un sacco di patate, sbattendo la testa con un tonfo sordo. Il biondino si preoccupò per come l'altro potesse reagire a quella spintarella sfuggita di mano.



"Aia porca puttana, sei sempre così delicato?" Lo riprese, non era veramente arrabbiato, giusto un po' infastidito dalla solita rozzezza elefantesca del collega. La sua voce aveva un tono spensierato, leggero, nonostante lo stesse ammonendo, forse era così perché era diversamente sobrio, o forse avrebbe risposto con la stessa semplicità anche senza tutto quell'alcool.



"Dai dai!" Lo avvicinò afferrandolo per un braccio, spupazzandolo goliardicamente, scompigliandogli velocemente i capelli, li dove lo aveva fatto sbattere sul palo, Merlino ghignò svogliatamente, allontanandoglisi poco dopo.



"Non vorrei infastidirti però, non so!" Parlò Emrys, facendo i complimenti riguardo la proposta del ragazzo, di fermarsi da lui.



"Beh sarebbe impossibile, sei fastidioso, però te l'ho offerto io, quindi, accetta e smettila di pensare a quella bici, o alla sensualità di Dracula!" Lo esortò Pendragon, stringendosi nelle spalle.

 

 

"Grazie!" Rise, per poi prendere un lungo sorso senza togliere gli occhi di dosso dall'altro che ricambiava il contatto visivo, incuriosito. Artù pescò un paio di guanti dalla tasca del piumino, indossandoli.



"Hai freddo?" Chiese il moro.



"Fa freddo!" Che razza di domande faceva quel ragazzo? Era un dato di fatto che le temperature fossero rigide!

Merlino cominciò nuovamente a ridere come un'oca, al tono del collega, saltellando per andare a gettare l'altra bottiglia di vetro.


"Però la bici mi serve, domani non voglio romperti per farmi accompagnare a lavoro!" Aggiunse, girandosi verso di lui.

 


"Ok, prendiamo quella dannata bici e poi vieni da me! Tanto non allunghiamo di troppo, è nelle vicinanze!"



A furia di camminare come due vagabondi, arrivarono in panoramica, Emrys corse storto verso la ringhiera e si schiaffò su di essa, a quell'ora non si vedeva moltissimo il paesaggio, nonostante le luci delle strade, ma una cosa era certa, l'acquazzone veloce, violento e doloroso stava per scagliarsi da un momento all'altro.



"Qui è bello al tramonto! Quando i colori caldi e freddi si mischiano! Anche adesso è evocativo eh, ma al tramonto è imbarazzantemente bello e estetico!" Annunciò euforico, non appena il biondino lo raggiunse, poggiando anch'egli i gomiti sulla ringhiera.



"Tipo te che balli?!" Il moro si girò di scatto verso di lui, il sorriso scemò velocemente dal suo volto, lasciando spazio ad una curiosità maliziosa pedante.


"...Solo sull'imbarazzante, non sul resto!" Precisò, sconvolto dalle espressioni allusive dell'altro.



"Certo. Chiaro!" Acconsentì convinto, prima di iniziare a ciondolare sul posto, da un piede all'altro, muovendo la testa in modo sinuoso.

 


"La senti la musica?" Chiese Merlino con talmente tanta esaltazione e fiducia, da far dubitare Pendragon sulla capacità percettiva delle proprie orecchie, si concentrò perciò nel cogliere una qualsiasi melodia, anche la più lontana. Ma non c'era davvero nulla, se non qualche TV a bassissimo volume, che probabilmente nessuno dei quattro gatti rimasti svegli fino a quell'ora, stava veramente seguendo.

 

Emrys cominciò a sbattere un piede sul suolo in modo ritmico, cambiando casualmente il piede con il quale tamburellava, con un saltello. Ridicolo.



"Sento che se non ci sbrighiamo il cielo ci regalerà una bella doccia! Ce la fai a camminare normalmente?" Lo incitò, accingendosi a tornare indietro verso il parcheggio, scongiurando mentalmente come un mantra, lo scatenarsi della natura, almeno per qualche altro minuto. Il moro lo seguì danzando in modo buffo.


"No a quanto pare non ce la fa!" Disse Artù esasperato tra se e se, avendo buttato uno sguardo veloce sull'andamento del collega ebbro.



"GOD BLESS MOTHER NATUREEEEEEE!” Cantò Merlino a squarcia gola, sbattendo le mani, per simulare la batteria della canzone che stava gridando. Il biondino sobbalzò spaventato a quel grido inaspettato, provocando una risata civettuola all'altro.



"SHE'S A SINGLE WOMAN TOO!" Continuò, mentre l'acqua cominciava a cadere pesante.



"Cazzo cazzo sta piovendo! Sbrigati!" Lo invitò Pendragon tra le risate generate da quella situazione che si era venuta a creare con quel razza di ragazzo bizzarro.



"Hai detto cazzo!" Constatò Emrys, l'altro non rispose, ma gli afferrò un lembo della manica ed iniziò a correre trascinandoselo con se, le gambe del moro andarono quasi per inerzia, i suoi piedi sbattevano sul suolo con una pesantezza inaudita, generando una piccola eco tra i sampietrini e lo spazio circostante. Chissà se qualcuno li aveva già denunciati per schiamazzi notturni? Sperò con tutto se stesso che l'alcol che gli stava salendo, avesse esaurito quell'effetto a breve.

 

 

"SHE TOOK OFF TO HEAVEN AND SHE DID WHAT SHE HAD TO DO!" Per sfortuna di Artù, quello riprese a cantare, sfilandosi dalla sua presa e fermandosi a ballare, di nuovo La pioggia parve ringraziarlo per quello spettacolo osceno, scendendo più fitta.



"Lo sai che una denuncia per disturbo alla quiete pubblica non te la leva nessuno!" Parlò, arrendevole, ma divertito.



"SHE TAUGHT EVERY ANGEL, SHE REARRANGED THE SKY, SO THAT EACH AND EVERY WOMAN, COULD FIND HER PERFECT GUUUUUUUUY!" Aprì le braccia al cielo e alzò la testa sbattendo ripetutamente le palpebre per via dei goccioloni.


"IT'S RAINING MEN, HALLELUJAH IT'S RAINING MEN, EVERY SPECIMEN
TALL, BLONDE, DARK AND LEAN; ROUGH AND TOUGH AND STRONG AND MEAN!"



"Vogliamo schiodarci da qui, pezzo di idiota! Fa freddo!" Merlino rise scomposto, sentendo la voce dell'altro incrinata da ilarità. Gli si parò di fronte, avrebbe voluto continuare a cantare, ma si era dimenticato a che punto fosse arrivato, perciò stette in silenzio. Finalmente.

Chiuse gli occhi gettando nuovamente la testa all'indietro, si sentiva un po' come la Carrà ed in quel momento aprì leggermente la bocca per assaggiare la pioggia, come solo un bimbo avrebbe fatto. Ma Emrys non era un moccioso e quella scena vergognosa e puerile non era affatto passabile agli occhi del biondino...forse. O forse era semplicemente rapito da quell'esternazione incurante, senza freni, che, incominciava a pensare, sarebbe benissimo potuta accadere anche se il collega fosse stato completamente sobrio.

Il moro si leccò le labbra con lentezza, esitazione, per poi mordersi il labbro inferiore. Una sensazione di inadeguatezza piombò irruente in Pendragon quando si rese conto che i suoi occhi avevano deciso di poter guardare quel particolare, non tenendo in considerazione la riservatezza del suo carattere, che solitamente evitava di concedersi sguardi troppo invasivi su certi dettagli.


"Sa di terra, di erba tagliata!" Esternò Merlino.



"E che ne sai?" Chiese flebilmente, non che se l'altro avesse risposto, sarebbe riuscito ad ascoltarlo attentamente.



"Sei bagnato!" Disse Emrys stupidamente, constatando un'evidenza, come se ce ne fosse bisogno, toccandogli la guancia con un dito teso.



"Anche tu cretino!" Spostò la testa bruscamente, sottraendosi con immediatezza al suo contatto.

L'acqua scrosciava così fitta e veloce che, senza poterne ascoltare lo scontro sul suolo, o l'umidità sul suo corpo, era quasi come non ci fosse. Fu strano non percepirla coscientemente con i propri sensi, con crescente inquietudine di Artù, erano improvvisamente venuti meno, tutti eccetto la vista.

Unico segnale che poteva ricordargli che piovesse, fu cogliere, col solo senso che pareva essergli rimasto attivo, l'umida e luminosa patina sul volto dello strambo ragazzo, che gli dava una particolare tridimensionalità, buttando prepotentemente in primo piano gli zigomi, il naso e le labbra carnose appena dischiuse. Tutto quello che un dizionario avrebbe definito bello, angelico o peggio sensuale.

 

Repentinamente il biondino sentì un terribile peso sui polmoni, come se qualcuno lo stesse opprimendo col proprio corpo, come si trovasse ne l'incubo di Füssli.

Un senso di nausea lo attanagliò, ritrovandosi a respirare in modo sconnesso, dubitò con angoscia, persino di essere veramente nella realtà, piuttosto che in un brutto sogno fin troppo lucido e vivido. Cominciò a deambulare casualmente, non ricordando neppure di voler tornare in macchina e tanto meno perciò, di dove l'avesse parcheggiata. Gli altri sensi parvero ricominciare a funzionare, seppur molto attutiti, lontani.

 

 

“Artù...di qua!” Il moro gli indicò la direzione esatta, facendosi improvvisamente serio nel vederlo muoversi in quel modo di punto in bianco. L'altro fissò la sua mano, con totale perdizione, pareva stordito, intontito, era come se non avessero lo stesso sfondo culturale da permettergli di poter leggere quella gestualità e trasformarla in un concetto con un messaggio chiaro. Sicuramente quell'ipotesi non era plausibile.

La sensazione di nausea fortunatamente sfumò via via alleviandosi, Pendragon ne fu grato. Che fosse stato quel dolce a dargli fastidio?

 

 

“Artù, stai bene?” Chiese apprensivo. Era forse colpa sua? Aveva esagerato in qualcosa? Aveva urtato la sua mite compostezza esternandosi in quell'esplosione esagitata di euforia?

Artù finalmente iniziò a camminare instabilmente nella giusta direzione, seguendo il collega.



"Non volevo metterti a disagio, scusa, ti ho infastidito? Ti giuro che non sono ubriaco e che posso controllarmi, starò zitto. Riesco a gestirmi se serve!” Si dispiacque Merlino, avrebbe dovuto iniziare a darsi un contegno e a mettere dei paletti. Si voltò studiandolo velocemente, lo vide respirare lentamente, in modo calcolato ed in quel momento capì che il biondino non era semplicemente scocciato o in imbarazzo e con un grande desiderio di abbandonarlo li, c'era dell'altro, c'erano delle emozioni più invasive e fuori controllo.

 

I due raggiunsero l'auto, per Pendragon fu un'eternità, ma oggettivamente parlando, si trattò di pochi minuti. Si sentiva ancora scosso e stordito, ma stava meglio, aveva giusto un fastidioso, seppur flebile, tremolio alle ginocchia e mani, doveva essere il freddo, no?


"Fantastico!" Disse Artù entrando nell'abitacolo della macchina, ormai completamente fradici, con un tono che uscì più angoscioso di quanto avesse previsto. Accese l'aria calda ed Emrys poté notare quello strano sussulto ritmico nelle dita dell'altro.



"Ti capita spesso?" Domandò il moro, credendo di aver compreso cosa fosse appena successo al ragazzo.



"Di inzupparmi in pieno inverno, con un tizio pazzo e brillo, che canta a squarciagola nel bel mezzo della notte e si eccita pensando a Dracula?" Rispose, quasi come fosse tornato quello di sempre.



"Non mi sono eccitato!" Precisò Merlino esterrefatto, sbarrando ampiamente gli occhi. Il biondino gli lanciò uno sguardo dubbioso, alzando un sopracciglio in segno di saccenteria.

Stava bene adesso, si, stava proprio apposto...



"Intendevo se ti capita frequentemente di avere degli attacchi di ansia!" Continuò, asciugandosi la faccia e le mani con un fazzolettino che con molta probabilità era uscito dal pacchetto già mezzo zuppo. Si, si era lasciato trasportare da una strana euforia, anche se pensava non fosse giusto sentirsi così, dopo quell'incontro al pub, ma era inspiegabilmente gioioso, forse poco poco brillo, ma certamente non a tal punto da non capire cosa fosse accaduto a Pendragon.



"Ma di cosa parli?" Si stizzì, mettendo in moto.



"Ok non me lo vuoi dire, va bene!" Alzò le mani in segno di resa, poteva comprendere la sua riservatezza, la rispettava.



"Non capisco cosa vorresti che ti dicessi!? Non ho niente da dire, vostro onore!"

 

 

“Va bene!” Sussurrò in risposta, sorridendo appena. Non poteva pretendere gliene parlasse no? Lo sapeva benissimo, ma questo non diminuì affatto il suo desiderio di poter ascoltare l'altro sfogarsi, aprirsi un po'. Chissà perché gli era capitato...

 

 

“Metti la musica se ti va, idiota, basta che non canti tu!” Lo invitò Artù, indicando velocemente un cavetto aux penzolante dalla radio spenta. Emrys non se lo fece ripetere due volte, collegò il tutto e fece partire “Holding out for a hero” non prima di essersi assicurato che il volume fosse consono per il tardo orario. L'acquazzone rapido ma intenso scemò in una malinconica ma affascinante pioggerella.


"Questa te la passo dai!" Disse guardandolo velocemente, per poi tornare a prestare attenzione sulla strada momentaneamente libera davanti a se, continuando a sorridere in quel modo tanto gentile e bello con cui era riuscito, inconsapevolmente, a distrarre il moro poco tempo prima.



"Qualche settimana fa ti ho detto che tua sorella ha una bellezza fuori dal comune a differenza tua!"



"MERLINO! Sta in una relazione, smettila di fare il cascamorto!"



"Non era vero!" A quelle parole il biondino lo fissò con sguardo interrogativo.



"Ovviamente gli occhi li ho anche io e ho potuto vedere che sei uno di quei ragazzi che fa strage di donne... e probabilmente non solo!" Merlino vide la sua faccia contorcersi in un'espressione spaventata. Perché? Cosa in quel discorso poteva essere tanto inquietante?


"Eppure non sei lo sciupafemmine che credevo! Non te ne approfitti ecco..."



"Hai i tuoi pregiudizi anche tu Merlino, cosa credi!"



"Adesso non ti montare la testa, perché non hai nessun merito sui tratti somatici della tua faccia, ma volevo che sapessi che prima e anche poco fa quando hai riso, beh ti ho guardato meglio e credo che tu sia tanto bello quanto tua sorella!" Esternò con sincerità.

 

Pendragon guizzò con lo sguardo alternativamente tra il cambio manuale e la strada vuota, vergognandosi di quella sorta di complimento.

"Problemi angioletto?" Scherzò sul complimento che gli aveva appena fatto, imitando un tono ammiccante.



"Angioletto chiamaci il tuo amico Will!" Gracchiò infastidito, come se lo avesse appena insultato pesantemente. Merlino scoppiò a ridere per la reazione imbarazzata a causa di quel nomignolo goliardico e della messa in ballo di Will, portandosi una mano in pancia. Provò ad immaginare come il suo migliore amico avrebbe risposto se si fosse trovato li con loro.
 

Artù si agitò stupidamente, iniziò a muovere la mano sul cambio, con nervosismo, in lui si stava riproponendo un qualcosa che somigliava all'orrenda alienazione di poco prima, ma stavolta molto più mitigata. Cambiò marcia e la macchina cominciò a singhiozzare bruscamente. Fissò la via con impotenza e arrendevolezza, facendo ciò che poteva essere la cosa più sbagliata da fare in quel momento: lasciò i pedali ed abbandonò le braccia sul cruscotto, nel gesto più irrazionale e pericoloso che avesse mai fatto. Perché? Perché in quel periodo della sua vita gli sfuggiva il suolo su cui poggiava il suo peso, la sua persona?

 


Emrys mantenne una freddezza e razionalità inaspettate, si allungò verso di lui, ruotando il volante a destra, intendendo accostare. Non c'era nessuno e cosa più importante, non avrebbe avuto bisogno dei pedali poiché, come aveva previsto, la macchina iniziò a perdere velocità in un battito di ciglia a furia di singhiozzare, per poi smorzarsi del tutto, una volta accantonati in un punto sicuro. Attivò le quattro frecce per precauzione e tirò il freno a mano, prestando molta attenzione a non risultare impaurito o arrabbiato per l'improvvisa perdita di controllo delle facoltà da conducente del biondino. Non era il caso fare qualcosa che esprimesse anche velatamente accuse nei suoi confronti.



"CRISTO!" Urlò Pendragon totalmente pallido, sbattendo i pugni con frustrazione sul cruscotto, tornando nuovamente con una decente presa di coscienza di se e del mondo esterno.



"Respira Artù, stai tranquillo!" Lo rassicurò, mettendogli una mano sul petto.



"Rilassati non è niente!" Continuò, spingendolo dolcemente verso il sedile.

 

 

“Ti piace la pioggia leggera?”

 

 

“Si” Che razza di domande erano quelle?

 

 

“Allora ascolta l'acqua sul parabrezza, lo senti? Come è rilassante?” Sussurrò, senza togliergli la mano di dosso, il tocco era talmente leggero da non risultare invasivo. L'altro deglutì, costernato, provando a seguire quel consiglio strambo. Chiuse gli occhi e si concentrò sul ticchettio delicato, era davvero tranquillizzante. La pioggia, quel lieve contatto sullo sterno, la voce del ragazzo che continuava a dire delle cose, non sentiva veramente le parole ed il loro significato, solo la sua melodia e suonava così soave e placida, che lo acquietò.

Il suo tono gli ricordava qualcosa. Forse gli portava alla mente la mansuetudine che solo il tepore del sole in primavera sapeva infondere. Era come stendersi sul prato della montagna nelle ore più calde, quel caldo perfetto però, che non infastidiva e che anzi, ti cullava in uno stato assonnato, in mezzo al verde, dove tutte le proprie questioni esistenziali, stranamente quiete anche loro, comunque rimanevano, ma non erano urgenti, stavano li e basta. Fluivano col tutto, senza un senso. E quelli erano gli unici casi in cui l'assenza di uno scopo non lo distruggeva o vanificava.

 


“Va meglio?” Chiese il moro dopo qualche minuto, quando percepì il rimbombo del cuore del collega, ritmare con normalità, pose fine al contatto.

 

 

“Si” Affermò Artù ancora ad occhi chiusi, con una voce talmente fioca, che l'altro non capì se effettivamente avesse ricevuto una risposta o se se la fosse sognata.

 

 


"È stata davvero una piccola stronzata, avevi dei movimenti nervosi, sei andato un po' troppo pesante sul cambio, invece che la quarta hai messo la sesta e la macchina si è spenta perché non ha ingranato la marcia. È normale, va tutto bene!" Gli spiegò con tono delicato, l'altro controllò il cambio, accorgendosi della veridicità delle parole del ragazzo. Era sulla sesta.



"Vero" Confermò.

 


"Sei molto nervoso oggi Artù, che hai che non va? Sei in ansia per cosa?" Lo spronò a sfogarsi in tono dolcemente rassicurante.



"Non sono un tipo ansioso, assolutamente, non so cosa mi sia preso, una cazzata così non l'ho mai fatta nemmeno quando stavo prendendo la patente!" Si giustificò, domandandosi perché Merlino, invece di essere così carino con lui, non lo avesse preso a schiaffi per il rischio a cui lo aveva sottoposto.



"Prima...hai avuto un attacco di ansia o qualcosa di simile, dovevi aspettare di riprenderti prima di rimetterti alla guida...ce la fai adesso?"

 

 

“Ti sbagli, non credo fosse quello!”

 

 

“Ok. Mi sbaglio. Ma ti senti sicuro?” A quella domanda il collega annuì.

 

 

“Va bene.” Mormorò. Il biondino non capiva perché quel ragazzo riponesse tanta fiducia in lui, al punto da mostrarsi così tranquillo nell'affidare nuovamente la sua incolumità ad uno stoccafisso come lui che aveva appena fatto l'errore più cretino tra gli sbagli possibili in vettura. Emrys gli sorrise e Pendragon sentì che stesse per sparare una delle sue solite mirinate.

 

 

“La mia bici si starà penando, penserà che non l'amo più!” Disse con fare melodrammatico, Artù scoppiò a ridere, togliendo le quattro frecce.

 

Il moro avvicinò le sue dita affusolate e gelide al volto dell'altro, lasciandogli una rapida carezza sulla guancia. Morgana aveva proprio ragione, quel Mirino era molto toccoso e la cosa oscena secondo il biondino era che non si percepisse troppo ambiguo.

 

Ripresero la marcia verso la dannata bicicletta, una volta salvato il velocipede/principessa in pericolo e caricato fermamente nell'auto, i due erano in procinto di ripartire verso casa di Pendragon.

 


"Senti, devi prestare molta attenzione alla tua mente, così come fai per il tuo corpo. Si è un parolone per uno che non ha un cervello!" Consigliò Merlino prima che mettesse in moto nuovamente, con un tono burlone. Certamente era una cosa non da poco, ma non voleva fargli sentire il peso della serietà.

Artù gli lanciò una botta sulla spalla per quella frecciatina, Emrys se ne lamentò con troppo fervore, forse era un attore di tragedie greche mancato.



"Quando stai in quello stato è difficile anche solo camminare o attraversare la strada, devi stare attento! Fai come ti dice quella stupida testa ok? Facciamo finta che quello non fosse quello che era veramente, ma vai da qualcuno e non prenderlo come se ti stessi dando del pazzo ok? Non vuole essere un insulto, ti aiuta. E ovviamente semmai cambiassi idea, sappi che puoi parlare con me, in qualsiasi momento, con qualsiasi mezzo, che sia quando ci vediamo o che sia per telefono! Fallo senza problemi se ne avessi voglia. Sono serio." Parlò con solennità. Il biondino stava per rispondergli altrettanto seriamente, ma fu preso da imbarazzo per la disponibilità del ragazzo, che pareva essere veramente sentita.



"Potresti rimettere la musica, invece di deliziarmi con la tua voce ad amplificazione teatrale naturale?"



"Si!" Acconsentì ridendo sguaiatamente, facendo partire “Call me”

 

 

 

birra-2

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Ciao! Ok vi avevo tipo avvertito subdolamente che in questa storia trash sarebbe stata presente mooolta robetta interiorizzata. Spero con tutta me stessa di riuscire a rendere l'idea nel modo più veritiero possibile.

 

Ammetto che anche stavolta non sapevo dove tagliare, altrimenti veniva un papiro, che personalmente (sulle cose scritte da me) non apprezzo troppo.

 

So che suona strana la sesta, ma a quanto pare, da ignorante, ho appreso solo da quattro anni che le macchine recenti ce l'hanno. Se siete delle pippe come me forse avrete pensato che l'ho scritto mentre ero sotto l'effetto di sbirulina. Beh No. Non credo.

 

Se qualche istruttore di scuola guida leggesse, mi scuso per aver detto “quattro frecce” :D

Ringrazio chi legge in silenzio, chi ha salvato la storia e chi ha recensito. Ovviamente fa piacere. A presto!

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Capitolo 7
*** VII ***


"Quindi...questa sarebbe la tua casa?" Chiese Merlino esterrefatto nel guardarsi attorno, era un alloggio del tutto normale, anzi anche troppo sterile a dirla tutta, non un quadro, una foto, o qualsiasi cosa che potesse donargli un tocco personale, sembrava quasi che Artù avesse lasciato il suo trasloco a metà, forse se ne era andato in tutta fretta? O forse semplicemente gli piaceva rimanere essenziale nell'arredamento.

 


"Si?"



"Oh, abbastanza neutra!" Constatò sconvolto, mentre entrambi si sfilavano le giacche fradicie. Non che si aspettasse di entrare nella Reggia di Caserta, ma quasi, insomma, i ricchi sfondati solitamente prendevano delle opulenti villette, o per lo meno un bell'appartamento in centro!



"Dammi la tua giacca!" Parlò il biondino, immaginando con leggero fastidio, cosa potesse star pensando l'altro. Gli sfilò il montgomery dalle mani appena glielo porse, andando ad accendere i termosifoni, si auspicava che quel tessuto pesante si fosse asciugato entro il mattino seguente, ma forse era un po' troppo ottimista a riguardo.


"Vai in camera è in fondo a sinistra, puoi metterti i miei vestiti!" Lo invitò, ma quando si rigirò verso di lui, il ragazzo già non aveva più addosso il maglione, si stava levando, nel bel mezzo del salotto, anche la camicia che portava sotto, con non poco sforzo, incastrandocisi fastidiosamente, come accadeva quando si tentava di muoversi in un abito fradicio e ridendo di gusto per qualche ragione a lui arcana.



"Allora eravamo davvero bagnati tutti e due! Guarda qui, pare uscita dalla lavatrice senza centrifuga!" Disse Emrys con tono da idiota, una volta riuscito a liberarsi dalle pieghe del tessuto pieno d'acqua. Doveva essersi rincitrullito per bene se davvero non si era accorto di essersi inzuppato durante la sua oscena performance da musical scadente.



"Hai intenzione di spogliarti qui!? Chiedo per un amico!" Questionò Pendragon con vaghezza. Possibile che il collega non contemplasse l'idea di liberarsi dei vestiti bagnaticci in un posto appartato ed in completa privacy? Andava per caso denudandosi abitualmente in case altrui, piazzandosi al centro dei loro salotti? Aveva sicuramente qualche rotella fuori posto e se prima lo sospettava solamente, adesso ne era più che certo.



"Che differenza fa, mi vedi sempre spogliarmi a lavoro, dov'è il problema?"
Domandò, come se il suo fosse il discorso più normale e logico al mondo, poggiando poi i suoi indumenti sul caldo termosifone, attendendo una risposta con grandi aspettative.

 


"Tipo che non stiamo a lavoro adesso?" Era quasi sfinito da tutte quelle esternazioni, non sapeva nemmeno dove poter guardare e dove no, se girarsi o cosa fare, era pietrificato ed era assurdo trovarsi limitati dentro la propria casa, a causa di uno stupido al quale, a quanto pareva, veniva naturale far sentire a disagio l'umanità...o forse solo Artù.



"Mi hai visto mille volte completamente nudo e io ho visto te, ma qui a casa tua ti rende così incomodo?" Lo punzecchiò il moro, sinceramente sconvolto nel vederlo tanto indisposto per un'azione che ormai tra loro era divenuta abituale, per lui per lo meno lo era.



"Devi essere un antico romano o cosa? Così disinibito!" Disse il biondino in un tono che voleva somigliare ad un rimprovero, ma che non suonò affatto come tale. Merlino incominciò a sbottonarsi i jeans, riprendendo a starnazzare una risata sguaiata, a discapito delle povere orecchie del padrone di casa.



"Chi lo sa, può essere!" Rispose, solo quando riuscì a smettere di fare l'oca.

 

Pendragon fu catturato dal movimento lento delle dita del collega, esitanti sulle asole, le fissò per poco, solo un attimo effimero. Quando però si rese conto che l'altro fosse conscio dell'attenzione che gli stava riservando, si affrettò ad esprimere la sua più totale ripugnanza con un rumoroso sbuffo. Lo vide mettere su una faccia che non prometteva sicuramente nulla di buono, se non una delle sue solite battute pessime. Somigliava ad un malizioso satiro quando scherzava uscendosene con quelle espressioni allusive!



"Non ho bisogno di aiuto tranquillo!" Infatti non si smentì, sparando un'altra delle sue mirinate.


"Faccio finta di non aver sentito..." Gli concesse Artù a bassa voce, schifato, mentre Emrys sfilò i pantaloni in un gesto rapido, tanto che perse l'equilibrio, ghignò divertito, se per la propria goffaggine oppure per la risposta del padrone di casa, questo non era comprensibile ad un occhio esterno.

 

Il biondino andò a prendergli degli asciugamani puliti ed un pigiama, il fatto che quello fosse indiscreto ed impudico, non era di certo un buon motivo per fargli prendere una polmonite coi fiocchi. Si avviò verso la propria cameretta, o meglio, fuggì, si caricò di ciò che gli serviva e tornò lesto in salotto.

Obbligò i suoi occhi a mantenere uno sguardo lontano e disattento, se non era il moro a ricercare la propria privacy, allora gliel'avrebbe concessa lui, in fondo era una tra le tante forme di cortesia ed egli era certamente un ragazzo rispettoso. Gli lanciò gli indumenti addosso, distrattamente, suscitandogli un totale disappunto, per quella che presumibilmente Merlino avrebbe considerato un'imperdonabile rozzezza...non si accorgeva proprio che fosse in realtà una gentilezza, quella di lasciarlo solo con se stesso in un momento tanto delicato come il cambio dei vestiti: quando si era nudi o mezzi nudi, automaticamente si era anche fragili ed inermi.

Il diretto interessato evidentemente non era conscio dell'importanza di mantenere una certa pudicizia e decenza verso il proprio corpo, ma questo non significava che chi gli stesse attorno dovesse fare altrettanto, sminuendo l'intimità, o peggio approfittandosene. Ovviamente Pendragon non aveva un bel nulla di cui avvalersi da quella situazione, chiaro! Ma avrebbe desiderato che Emrys comprendesse che un minimo di riserbo, non gli sarebbe stato letale.

 

Artù si allontanò per poter anche lui asciugarsi e cambiarsi, in tutta l'intimità e riservatezza di cui necessitava e che solo la sua camera con una fantastica e funzionale porta, poteva offrirgli.

Il moro tamponò via l'acqua dalla sua pelle diafana, per poi infilarsi nel morbido e largo tessuto, lasciandosi sfuggire un sospiro soddisfatto. Dopotutto, anche se fino a pochi momenti prima non si era reso conto di essere bagnato di brutto, era una sensazione piacevole e rilassante ritrovarsi avvolti nell'asciutto e nel calduccio.


"Uuh signor pudore, è tornato!" Lo accolse Merlino, quando il padrone di casa ricomparve in salotto bello asciutto e comodo, sottolineando il suo fervore con dei saltelli goffi. A quel movimento energico, i pantaloni di qualche taglia di troppo, non ressero tanto vuoto attorno ai fianchi e calarono morbidamente. Entrambi scoppiarono in una fragorosa risata, Emrys si riportò su l'indumento, costringendo il delicato tessuto in un piccolo nodino laterale, per evitare di perderli disastrosamente nei corridoi.



"Comunque guarda che potevi accenderti la TV e non rimanere qui impalato come uno stoccafisso!" Disse Artù, tentando di rimanere serio alla visione di quel bozzo laterale sul suo pantalone, indossato da quell'ubriacone del moro.



"Non è casa mia, nessuno mi ha dato il permesso per fare nulla!" Rispose, aprendo le braccia con espressione di ovvietà. Il biondino sorrise amaramente.



"Strano come tu abbia bisogno di un permesso per muoverti dentro una casa impersonale come questa, ma per invadere lo spazio personale altrui con i tuoi tipici contatti fisici, non ti serve?" Parlò. Certo che quel ragazzo era tutto strano, sembrava che il buonsenso di Merlino funzionasse all'inverso rispetto al suo. Faceva i complimenti nell'accomodarsi e mettersi a proprio agio, ma irrompeva spesso, avvicinandosi un po' troppo con un'esplosione di espansività, Pendragon non se ne capacitava.

Artù si sedette sul divano aprendo la vecchia televisione e l'altro lo imitò mettendo su una faccia pensierosa.



"Galvano aveva ragione allora!" Sussurrò Emrys fra se e se fissandosi le mani, ripensando allo strano discorso che aveva avuto al pub. Al biondino quindi dava fastidio quando si avvicinava o quando lo toccava, più di quanto il moro potesse pensare.

Il ragazzo dalla folta chioma lunga quindi aveva colto nel segno!



"Galvano cosa?" Chiese, curioso di sapere che fosse quell'improvvisa serietà.



"Niente..." Pendragon non ci tenne particolarmente ad insistere ulteriormente ed incominciò a fare zapping, annoiato dalla programmazione sciatta di quell'orario tardo. Non che di solito fosse facile trovare qualcosa di interessante, o tanto meno che lui passasse troppo tempo davanti allo schermo a ricercare.



"UUUUU LASCIA QUI, LASCIA QUI!" Gli urlò Merlino, super esaltato, spiaccicandogli il palmo su un ginocchio, come se quel gesto potesse farlo desistere dal cambiare canale.



"Scherzi spero!? Questa è una replica del Segreto!"



"Si. È divertente!”

 

 

“Ti prego...non dici sul serio?” Ma Emrys annuì energicamente.

 

 

“Non ti imbarazza?” Chiese Artù, alzando un sopracciglio con disappunto. Invece che quella reazione positiva, si sarebbe aspettato la solita scusa della mamma o della nonna che costringevano ad assistere quella straziante soap. Ma con suo enorme orrore, non arrivò. Non che gli avrebbe mica creduto, visto che, per quello che aveva capito, il moro viveva da solo, ma sentiva comunque lo stupido bisogno che quel ragazzo tentasse di mettere su una banale giustificazione e che non esternasse invece, con tanta genuinità, di seguire tale robaccia.

 

 

“Ti divertirai un po', ci divertiamo un po', ti servirebbe proprio!" Gli disse con sicurezza, guardandolo dritto negli occhi in modo quasi ipnotico ed era così convinto di ciò, che il biondino non se la sentì proprio di girare o di dargli torto.

 

Tra le persone che conosceva, nessuno avrebbe ammesso con tanta disarmante sincerità, di seguire una cosa così trash, ma a quel ragazzo non importava e Pendragon sapeva non c'entrasse nulla il suo essere diversamente sobrio.

Era affascinante il modo in cui a Merlino fregasse veramente poco, se non addirittura nulla, di ciò che gli altri si aspettavano da lui. Ma allo stesso modo poteva rivelarsi un tantino pericoloso o sconsiderato.

 

Emrys ne era davvero preso, attento ad ogni battuta, ogni cambio scena, come se stesse guardando il film con la fotografia più bella del mondo e l'intreccio narrativo più complicato nella storia del cinema.

Per quanto Artù non lo avrebbe mai ammesso a qualcun altro ad alta voce, si ritrovò suo malgrado a godersi il momento con una stasi quasi gioiosa. Sarebbe stato meglio dire che, più che godersi la telenovela in se, stava beneficiando del moro che la guardava.

Doveva essersi rincoglionito parecchio, per sentirsi sereno nel vedere un ragazzo guardare una storiella dalla dubbia piacevolezza ma, a sua discolpa, c'era da chiarire che se si era soffermato su quella persona piuttosto che sullo schermo, era solo perché le sue reazioni all'episodio erano di certo più simpatiche ed interessanti che esso stesso.

 

Merlino non lo notò affatto tanto era assorto e questo, per il biondino, era un'ulteriore esortazione a non smettere, non subito perlomeno. Era un momento lepido ed altrettanto sarebbe stato prolungarlo finché poteva, finché fosse stato in grado di passare inosservato. Probabilmente di li a poco sarebbe crollato, aveva sonno, quella era una spiegazione più che sufficiente per giustificare il proprio comportamento insistente ed invasivo. Si, era il sonno, di quell'intensità in cui il torpore era dolce e capace di procurargli uno stato simile all'essere alticci, quasi come lo era il dinoccolato uomo accanto a se.



"Chi è questa vecchia!?" Domandò, destato dalle urla di una pazza anziana con una crocchia in testa, dallo sguardo furente.



"Donna Francisca!! E guarda guarda, questo qui, lui si chiama Raimundo Ulloa!" Indicò lo schermo con fomento, in quell'attimo gli parve innocente come un bimbo, che riusciva a trovare l'euforia anche dietro al più insignificante spunto. Era carino e fastidioso questo suo modo di fare, o meglio, di essere.

Pendragon tentò di nascondere una risata a quel chiarimento sui personaggi, coprendosi la faccia con una mano, anche se di sicuro Emrys non se ne sarebbe accorto comunque, tanto era preso.



"E quale sarebbe il segreto del Segreto?"



"... Sinceramente non ho afferrato, forse è un titolo click bait!" Rispose serio e conciso, continuando a guardare la TV con occhi sgranati, quasi non volesse distrarsi dal cogliere i fatti melodrammatici che la soap propinava. A quelle parole Artù scoppiò a ridere a crepapelle.


"CRETINO! 'click bait' nelle telenovelas?! Oddio tu vivi in un mondo tutto tuo!" Lo beffeggiò, dandogli un pugno sulla spalla e la sua voce ne uscì più affettuosa di quanto volesse in realtà.



"Perché mi picchi? Sempre su questa spalla poi! Beh, perché è una telenovela e quindi non può starci il click bait? Cos'è questa discriminazione?" Gesticolò animatamente, in difesa della sua amata serie, staccando lo sguardo dallo schermo del televisore per guardare finalmente il suo interlocutore.



"Non ti picchio, sono...pacche amichevoli!"



"Bah, come pretendi di esprimere dolcezza con dei pugni?"



"Dolcezza? Ma ti senti? Gesti amichevoli non dolcezza, le parole sono importanti!"
Il biondino gli rifilò un altro pugno, andandoci leggermente più pesante, possibile qualsiasi cosa uscisse dalle sue labbra dovesse prendere una piega stoltamente diabetica ed idilliaca? L'altro si lamentò rumorosamente, tornando dopo un po' a guardare lo schermo, mettendo su un'aria spaesata.



"E...e adesso come è finito? Non sono stato attento?" Si disperò, rivolgendosi direttamente alla TV. Pendragon scoppiò nuovamente in una fragorosa risata, sentiva però con tutto se stesso che sarebbe stato meglio se lo avesse trovato ridicolo o patetico. Era solo gioviale invece. Gli diede delle spallate, ripetutamente, insistendo come solo una cimice d'ottobre era in grado di persistere, magari così il moro avrebbe capito cosa volesse dire essere infastiditi da tipi molesti.

Merlino ci tenne a fare il finto offeso ripagandolo con la stessa moneta, a suon di spallate, anche se a dirla tutta, sarebbe stato difficile se non impossibile avere la meglio. Tanto che importava? Emrys non voleva mica averla vinta!



"Non so se posso tenermi questo segreto che tu...che tu sei appassionato di telenovelas trash!" Lo minacciò Artù velatamente, ponendo fine a quel goliardico scontro. Il moro cozzò nuovamente su di lui, fermandosi però al contatto soffice con l'altro, spalla a spalla, scrutandolo attentamente.



"Stai meglio adesso?" Chiese flebilmente, speranzoso.



"Si" La voce gli uscì strozzata, forse per le forze che lo stavano abbandonando pian piano o forse per tutte quelle premure che, sotto sotto, lo lusingavano come un fesso sempliciotto.

Merlino gli sorrise teneramente aggraziato e soddisfatto. Il biondino si accorse per la prima volta del fatto che il suo taglio di occhi leggermente all'insù, si stringesse quasi in una mezzaluna quando sorrideva molto, quel particolare lo incuriosì forse un tantino più del dovuto. La loro forma tornò distesa e riposata, quando le sue labbra si rilassarono in un'espressione tranquilla e seria.

Il volto spigoloso di Emrys incominciò ad abbassarsi, accasciandosi lentamente fino ad incontrare un appoggio sulla spalla del collega.

L'asino ne fu imbarazzato, come sarebbe potuto essere diversamente? Come poteva essere consono non provare vergogna? Ma dall'altra parte non ebbe abbastanza decenza per scansarlo malamente, perciò si guardò attorno cercando di dissimulare il suo senso di inadeguatezza. Delle pubblicità insignificanti riempivano l'ingombrante vecchio televisore, di quelli a tubo catodico, si spense da solo, come spesso accadeva, erano quasi coetanei con quell'aggeggio malefico e non gliene faceva una colpa se ogni tanto entrava in catalessi.

 

 

“Che succede?” Chiese il moro, senza ricomporsi in una posizione composta. Che lo avesse preso per un cuscino? Eppure era sicuro le sue spalle non fossero poi troppo comode.

 

 

“Ha bisogno di un po' di tempo.” Rispose, con voce leggermente impastata. Vide le dita affusolate di Merlino cercare svogliatamente il telecomando.

 

 

“Devi aspettare, che fretta hai? Poi il telecomando del decoder non c'entra nulla!” Lo riprese, sfiorando con la propria mano, quella di Emrys, per dissuaderlo dal cercare un oggetto che in quel momento gli tornava inutile e ovviamente gli sembrò di aver toccato un ghiacciolo. Si ritrasse subito dopo, rimanendo con la sensazione che i loro mignoli ancora si stessero toccando, appena. Poteva anche darsi che stessero solo molto vicini, tanto da poterne percepire l'uno la fisicità dell'altro e non che si tangessero veramente. Pendragon ci tenne a controllare in prima persona e fu sollevato nel vedere che non erano a contatto, no, anche se per poco.

 

Il vecchio catorcio si riaprì da solo, roba di normale amministrazione per Artù, a cui però il moro non era abituato e difatti rise appena.

Il biondino tornò a fissare la propria mano destra abbandonata sul divano, che fino a qualche attimo prima sembrava non dovesse più riprendersi da un tremolio ingiustificato, mosse impercettibilmente un dito e toccò con casualità il mignolo del collega, nella più totale assenza di proposito nel farlo.

Pendragon si percepì come privo di un cervello normalmente pensante quando, già che c'era, ci indugiò sopra. Fu ancora più convinto che, essere assonnati fosse un po' come essere ebbri, in quello stato le difese calavano a picco, persino uno come lui era più disinibito, nei limiti del decente si intende, mica come quell'ubriacone che gli stava accasciato addosso come un gatto e sembrava piuttosto rilassato in quell'immotivato sfiorarsi.

Non che la gente si toccasse sempre per un motivo preciso.

Tutto gli parve sospeso, senza tempo, fu quasi inquietante tutta quella stasi, da quadro di stampo metafisico e a lui l'arte metafisica aveva sempre angosciato.

Si scostò finalmente, riappropriandosi di un minimo di dignità, certo non credeva lo avesse infastidito o invaso, uno toccoso come Merlino mica poteva intimidirsi per una cosina come quella! Ma lui si, lui non era così e non si sentiva meno spaesato, solo perché era stato egli stesso ad avvicinarsi, quella volta.

 

 

“Ma danno Ranma 1/2 a quest'ora?” Esclamò Emrys esterrefatto, perché non metterlo in un momento più accessibile durante il giorno? Si sentì tradito dai programmatori TV, era un affronto bello e buono quello!

 

 

“Eri team Akane o Shampoo?” Chiese furbamente quale tra le due preferisse, ancora accasciato sul collega.

 

 

“Non mi fanno una domanda simile dalle medie!”

 

 

“Akane o Shampoo?” Insistette come una mosca tse tse.

 

 

“Akane” Rispose, sentendo l'altro sorridere appena.

 

 

“Ranma o Ryoga?” A quelle parole Artù si alzò bruscamente, lasciando tutto ad un tratto del vuoto accanto al ragazzo, che si sbracò inerme sul divano. Rise, il suono della sua voce attutita dai cuscini, anche se si sentì interdetto per quella reazione priva di logica.

 

 

Akane!” Rimarcò stizzito e perentorio. Erano solo dei personaggi di anime, era vero, ma perché avrebbe dovuto contemplare una preferenza tra due esseri maschili?

 

 

“Sei proprio noioso!” Disse il moro, imitando una voce civettuola, scuotendo il capo rassegnato, mettendosi composto o provandoci perlomeno.

 

 

"I..io credo sia meglio se... vado a prepararmi le coperte e i cuscini!" Balbettò incerto, girando il collo dall'altro lato.

 

 

“Ryoga comunque.” Continuò l'ospite, senza che nessuno glie l'avesse chiesto. Il biondino inarcò un sopracciglio, volendo prendere le distanze da quell'argomento con tutto se stesso, iniziò seriamente a dubitare che quel ragazzo fosse davvero eterosessuale. Gli aveva anche riferito però, che non era mai stato interessato in quel particolare modo ad un altro uomo...Che gli avesse mentito? Non ce lo vedeva proprio a nascondere una cosa così, uno come lui, disinibito, espansivo e sprezzante di qualsivoglia giudizio, non avrebbe mai celato certe preferenze. Allora lo stava facendo apposta, tanto per metterlo in soggezione? Era un birbante buffone e probabilmente trovava divertimento nel farlo.

Scosse la testa animatamente volendosi destare da quelle inutili congetture, si disse che non erano fatti suoi, che la sua vita non sarebbe cambiata mica e che, non importava, non era troppo rilevante.


"Ok ok, Ryoga, fantastico! Ora vado veramente a prendere le coperte e a prepararmi il divano!"



"Non hai un letto scusa?" Chiese Merlino, con un ghigno inquisitore.



"Ovvio che ce l'ho, ma ci dormi tu no? Sono un gentile padrone di casa!"



"Ci stiamo anche in due, a meno che non sia più piccolo di una piazza! Non hai mai dormito con amici?" Disse Emrys, alzandosi in piedi.



"Si beh, ma..."

 

"Guarda ti propongo una cosa. Tu ti metti nel tuo bel lettuccio dentro le tue bellissime copertine da asinello del presepio..." Pendragon non poté far altro se non ridere, ascoltando il collega usare una forma tanto buffa ed arcaica di quella parola. Roteò gli occhi, giusto per non dargli la soddisfazione nel fargli presente che le cose che diceva, spesso, lo rendevano ilare.



"Io mi metto sopra le tue coperte e mi copro con altri piumoncini con maghi e marziani, all'incontrario rispetto a te, quindi dove tu hai i piedi io ho la testa, e viceversa. Però guarda se proprio vuoi portarmi a letto senza venire a letto con me, beh mi offendo, però a sto punto il divano lasciamelo a me!"



"Va bene dai...pur di farti stare zitto!" Rispose, ignorando volutamente come l'altro avesse posto il suo consiglio.

 

 

"Va bene cosa? Devo rimanere qui, o mi porti a letto e vieni a letto con me?"



"Smettila Merlino, ti sto avvertendo!" Ribatté esausto.



"Allora? Mi porti a letto o cosa?"



"Ti porto a letto Merlino, con me!" Disse senza pensare, prima di potersi rendere conto di essere un fesso e di esser cascato in pieno nel tranello del moro, che si esternò in una risata vergognosamente melliflua. Artù sgranò gli occhi attonito da tanta stupidità che aleggiava in quella materia grigia da extraterrestre.


"Era questo che volevi farmi dire?" Chiese costernato, arrossendo appena.



"Beh mi pare ovvio!"



"Che hai 14 anni?" Lo schernì e l'altro incrociò con urgenza le gambe tra loro.



"Artù posso chiederti una cosa, è urgente..." Disse, facendosi serio all'improvviso, alzando le sopracciglia in un'espressione che probabilmente avrebbe dovuto suscitare pena...o tenerezza.



"Oddio ma non ti stanchi mai di parlare?”



"Artù, Artù! Devo assolutamente pisciare, posso andare in bagno?" Domandò disperatamente, stringendo ancor più violentemente le proprie gambe.



"OH MADONNA! CORRI, VAI RINCRETINITO, COSA MI CHIEDI, CHE ASPETTAVI DI FARTELA SOTTO?" Urlò, non se l'aspettava proprio quell'uscita, non sapeva se trovarlo ridicolo, divertente o solo schifoso.

 

Merlino corse pendendo da un lato, come la torre di Pisa, ridendo a crepapelle, rischiando così di non riuscire neanche a raggiungere il gabinetto. Il biondino andò in camera, cercando dei bei piumoni caldi nell'armadio. Prima però incrociò le dita, sperando non se la facesse addosso, sul suo pavimento, nella sua casa. Brr.



"No, è che volevo tenermela fino a domani!" Gridò ancora tra le risate da dentro il bagno, per farsi sentire, non pensando che forse ai vicini non interessasse nulla sapere della sua resistenza renale.



"Fino a domani ma sentilo, con quello che si è scolato!"



"ODDIO È LA CASCATA DEL NIAGARA! Stai tranquillo però, centro sempre la tazza eh, sono un bravo uccellomunito io!” Ci tenne Emrys a rassicurarlo che era un meraviglioso ragazzo pulito.



"MERLINO! Per l'amor del cielo! Sei dis - gus - to- so! Non mi interessano i particolari o gli aggiornamenti sulla tua pipì!" Urlò a sua volta, sperando vivamente che se fosse stato sobrio non se ne sarebbe uscito ugualmente a quel modo.



"E CHE NE SO, MAGARI VOLEVI SAPERLO!" Ribatté l'altro, dal bagno, quasi offeso che al collega non interessasse della sua salute. Pendragon scoppiò a ridere nel sentirlo tanto piccato nel profondo per aver accolto con titubanza quella telecronaca così dettagliata su aspetti decisamente scabrosi, senza i quali, ne era certo, poteva continuare a vivere benissimo, forse addirittura meglio.
 

Il moro si lavò le mani ed entrò nella cameretta, mettendo su un faccino imbronciato, ma la curiosità fu più forte di qualsiasi melodramma, come al solito.

Incominciò a guizzare con lo sguardo studioso nella stanza, non c'era molto arredamento, era parecchio essenziale e quello contribuì a rafforzare la sua ipotesi che Artù si fosse trasferito in tutta fretta. Il padrone di casa trovò le coperte calde che cercava e le estrasse tentando di non farsi crollare tutto addosso, Merlino intanto, fu catturato dall'unico elemento che rendeva quell'angolo un po' più personale, un libro sul comodino, gli si avvicinò con discrezione, non volendo risultare invadente ed impiccione “L'insostenibile leggerezza dell'essere” sorrise flebilmente nel leggerne il titolo, quello era un po' come un tassello prezioso che poteva permettergli di capire meglio chi fosse il biondino, cosa provasse e a quali idee si sentisse più affine. Sfiorò appena la copertina, aveva tutta l'aria di essere un'edizione più o meno contemporanea alla data di uscita dello scritto.

 

 

“Lo stai leggendo?” Chiese retoricamente.

 

 

“È la quarta volta, si!” Sussurrò ed Emrys poté scorgere in lui una strana espressione dolce nel parlare di quell'oggetto.


 

“È la quarta volta perché le tre prima non ci hai capito un cazzo?” Lo punzecchiò, ignaro però, di quanto quella fosse una cosa importante per lui.


 

“Perché è uno tra i miei preferiti e perché non ho fatto in tempo a caricarmi tutti gli altri da dove abitavo prima!” Rispose stizzito, anche se non poteva considerare del tutto errata l'infelice considerazione di quell'ubriacone. Non negava che, ad ogni ulteriore lettura, coglieva un qualcosa che, alla precedente, non aveva dato il giusto peso emotivo. La storia era la stessa ovviamente, le parole tradotte anche, ma nessuna delle letture si ripeté, non esisteva una volta che poteva dirsi uguale a quella prima o a quella dopo.


 

Il moro comprese di aver toccato un tasto dolente ed abbassò lo sguardo leggermente imbarazzato, fece scorrere velocemente le pagine tra le sue dita affusolate e vi scorse qualcosa che creava un tenue spessore. Lo ricercò più lentamente e lo trovò, era un fiore probabilmente lasciato li anni ed anni prima, per farlo seccare e renderlo a suo modo esteticamente immortale, era ancora armonioso nonostante tutto, affascinante, saturo di una strana e tiepida malinconia. Merlino sorrise, non ricordava di aver mai conosciuto qualcuno che tenesse fiori secchi tra i libri, quell'oggetto sembrava essere un'eco lontana, eppure visivamente molto potente, nonostante la distanza temporale. Rendeva il suo possessore tenero, quasi romantico, romantico di chi ama amare, in generale. Chissà a chi era appartenuta quell'edizione e chi aveva conservato quel fiore.


 

Probabilmente in altri casi Pendragon si sarebbe sentito violato se qualcuno avesse preso e sfogliato il volume che era appartenuto a sua madre, senza permesso alcuno, soprattutto se quel qualcuno fosse entrato in contatto con la fragile reliquia secca, ma sapeva che Emrys avesse un tocco delicato e quella consapevolezza contribuì a non infastidirlo. A parte quella battuta infelice, il suo volto e i suoi gesti esprimevano ammirazione e rispetto sinceri, poteva anche farlo, se lo faceva in quel modo tutto suo, nella sua maniera fine, mirinosa. O forse glielo concesse semplicemente perché aveva sonno e si sentiva intontito.



"Posso farti una domanda?" Esclamò il moro, riponendo con cura il libro. Artù fece cadere le braccia sui propri fianchi, scocciato da tanta vitalità.



"E ora che c'è Merlino? Ma non ti prende sonno?" Ribatté e l'altro gli sfilò i piumoni dalle mani.



"Se non vorrai rispondere va bene, ma non fraintendermi ok?" Preannunciò, stendendo alla bene e meglio il tutto sul materasso. Il biondino gli fiondò addosso un cuscino, facendogli poi cenno con la testa di parlare.



"Perché vivi da solo, qui, in un appartamento dislocato dal centro, ma soprattutto perché fai il modello? Uno...cioè...generalmente se uno ha delle conoscenze, non pensare male, possibilità lavorative e sociali, le sfrutta, quelli...che hanno queste possibilità, se decidono di vivere da soli solitamente fanno dei lavori, che per essere all'inizio beh, sono di spicco e ben retribuiti, e si prendono pure delle belle casone in centro..."



"Magari è solo uno stereotipo!" Disse sedendosi sul letto, intrufolando le gambe al calduccio, sotto le pesanti coperte.



"Magari si, ma sono le statistiche, mica preconcetti!" Rispose, citando le stesse parole di Pendragon, di quando lo aveva aiutato ad uscire da quella spiacevole situazione al parcheggio. Si sedette anche lui dal verso dell'asino, senza azzardarsi però ad accomodarsi troppo.



"Mi metto qui solo per ora! Quando finisco di assillarti, presto fede al patto di mettere la testa dove tu hai i piedi!" Precisò nervosamente.



"Se è questo che ti incuriosisce...”


 

“Non è per il gossip, voglio solo conoscerti, non pensare male!”


 

“Non penso male!” Lo rassicurò, provocando un piccolo sorriso nell'altro. Era stato carino con lui, in modo disinteressato, lo aveva acquietato quando in macchina aveva inspiegabilmente perso il controllo della sua persona e anche dopo quel momentaccio si era mostrato fiducioso nel lasciarsi condurre, era un ragazzo strano ma gli piaceva e sentiva che poteva dirgli cosa fosse successo, sentiva che anche lui potesse riporci fiducia, forse era insensato, ma desiderava appagare la volontà di Merlino, che chiaramente era anche la propria, di approfondire.


 

“Non dispongo dell'appoggio di mio padre, o di raccomandazioni, ammetto che purtroppo ho ancora l'arroganza di un moccioso cresciuto viziato per quanto riguarda lavori e soldi, e che non ho ancora pensato di integrare anche con lavori dove si sgobba. Ma probabilmente la vita mi costringerà a prenderlo in considerazione, come succede alla maggior parte della gente!"



"Viva la sincerità. E cos'è stato? Un attacco di ribellione a scoppio ritardato?" Chiese, trovando ammirevole l'ammissione da parte di Artù di non essere ancora completamente in grado di adattarsi alla vita di un qualsiasi essere umano di medio- bassa o bassa provenienza.



"No" Rispose flebilmente, ponendo fine al loro contatto visivo, piombando in uno strano silenzio pensoso.



"Mio padre ha cacciato di casa mia sorella Morgana e quindi...me ne sono andato anche io...no in realtà ha cacciato anche me subito dopo!"



"Che cazzo dici Artù, e perché? Cosa è successo?" Si sconvolse, roteandosi completamente verso di lui, incrociando le gambe per fissarlo esterrefatto.



"Una cosa che in molti dicono ormai non succeda più!"



"Lei è rimasta incinta tradendo il suo ragazzo?" Buttò Emrys e quella buffa supposizione fece ridere il collega.



"Fantasioso!" Disse tra le risate, ma il moro non riuscì a farsi contagiare da quell'esternazione divertita, anzi era serioso, più che mai tanto che il biondino lo trovò quasi inquietante. Deglutì a vuoto e tornò composto anch'egli.


"Lei ha fatto coming out dopo anni e anni di silenzio e coperture, sapeva che sarebbe andata male, ma Morgana è una persona forte. E coraggiosa. In ogni caso a breve si sarebbe trasferita comunque!"



"Non mi dire che non l'ha accettata per il semplice fatto che non è etero!"



"È così" Confermò, sbuffando in un risolino nervoso.



"È uscito ancora più fuori dalla grazia di Dio appena ha capito che ormai aveva una relazione con una ragazza da anni e anni. È stato il colpo di grazia....saperla non so 'lesbica praticante' e non solo in teoria, passami il termine infelice..."



"È la ragazza che progetta e crea gioielli!"



"Si è lei, è davvero una persona splendida, che ogni genitore sano si augurerebbe come compagna per i propri figli, eppure a lui non sta bene, solo perché non è un uomo. Gli ha urlato di andare via e altre cose tremende che non voglio ripetere. Conoscendola, sarebbe andata comunque!" Disse, iniziando a mangiucchiarsi le unghie senza nemmeno rendersene conto.

Solitamente provava vergogna e compassione per Uther, quando si sfogava con Leon e Mithian. Ma quella non era la solita litigata in cui gli capitava di essere punito.

In passato, per quanto in quei momenti lo odiasse, l'amore incondizionato che provava per lui era altrettanto presente e persistente. Quando era nel più totale stremo emotivo, si liberava con i suoi due amici e se provava vergogna nel raccontargli cosa quell'uomo fosse in grado di fare, era proprio a causa dell'affetto che nutriva per il suo genitore. Il forte legame, lo faceva stare male ed in imbarazzo nel dipingere suo padre per violento, così come era realmente d'altronde, perché ci teneva a lui, avrebbe desiderato che non lo picchiasse e non voleva che gli altri potessero pensare che non era una brava persona, solo per quelle tecniche aspre, di dubbia efficacia.


 


"Beh la biasimeresti per essersela data a gambe?"



"No!" Negò, sdraiandosi completamente a pancia in su, continuando a martoriarsi le dita.



"Ho tentato di farlo ragionare, ma lui non ha avuto un briciolo di rispetto per lei, sua figlia! Stava per mettergli le mani addosso e...non ci ho visto più. Ho incominciato ad essere aggressivo con lui, non so cosa mi fosse preso in quell'attimo, non gli avevo nemmeno mai risposto in passato, ma in quell'istante forse, non so l'avrei voluto..." Pendragon non riuscì a finire la sua spiegazione, la voce gli morì in gola e i suoi occhi si fecero lucidi.



"...Uccidere" Terminò dolorosamente in un sussurro, guardando fisso un punto indefinito davanti a se, riuscendo a trattenere l'emozione, come era abituato a fare sin da bimbo, non piangere, un vero uomo non piangeva. Che cazzate che gli aveva inculcato.


 

Ma ora era diverso, non provava vergogna o compassione nel riferire a Merlino di quella facilità con cui Uther alzava le mani, non aveva più remore nei suoi confronti, perché l'amore che aveva sempre avuto per lui, ormai era stato imbastardito dall'odio, che, non trovando più la sua controparte, un tempo forte allo stesso modo, si era preso tutta la sfera emotiva che riguardava il loro intero rapporto, aveva avuto campo libero. La sua mente tornava a quel giorno, a quelle parole da voltastomaco che Uther aveva osato indirizzare a Morgana “Dovrei mandarti un mio conoscente a fare il lavoro che un maschio fa, così capiresti che puoi uscirne e tornare normale. Mi ringrazierai!”

Come si era azzardato a minacciarla in quel modo, a mostrarsi disposto a violare il libero arbitrio e la consensualità di sua figlia, sangue del suo sangue. Come aveva osato anche solo pensarlo? Non lo avrebbe mai perdonato, mai, non sarebbe bastato tutto il tempo del mondo né le sedute dal più bravo specialista per uscirne veramente e ritornare ad essere una famiglia normale tra alti e bassi. Gli veniva da vomitare se pensava a come dovesse sentirsi disintegrata Mo.

Dal canto suo Emrys, per quanto non conoscesse quel dettaglio agghiacciante, sentì lo schifo impossessarsi delle sue membra a quella sorta di confessione, sfogo. In genere era uno che non giustificava la violenza, ma non in quel contesto, immaginò cosa avrebbe fatto al suo posto, se qualcuno avesse trattato così brutalmente la persona che più amava al mondo, e lo comprese, non poteva essere altrimenti.


 

"Artù, hai avuto la reazione che qualunque fratello amorevole avrebbe avuto, non sentirti un mostro per questo!" Parlò e l'altro tirò leggermente su col naso. Il moro gli passò una mano tra i capelli, come Hunith avrebbe fatto, anche se si sentiva un completo coglione perché non sarebbe mai riuscito a farlo come una mamma poteva. Non era una madre. Però poteva essere un amico...no?



"Quando ha visto che io ero dalla parte di mia sorella, ho pensato che da un momento all'altro uscissero le fiamme dell'inferno a bruciare quella stanza. Morgana a quel punto era andata a fare le valige, anche lei era una furia, fuori di se. Lui mi ha detto che se anche io ero...che se anche io ero frocio o se solo avessi appoggiato la 'condotta deplorevole' di Morgana potevo benissimo fare le valige e andarmene pure io. E così ho fatto! Non credo sarebbe potuta andare altrimenti!"



"Hai fatto assolutamente bene, cazzo! Mi dispiace per Morgana e sinceramente anche per tuo padre perché ha rotto delle radici che, vuoi o non vuoi, non si risaneranno mai!” Disse costernato, sentendosi una merda, sapendo in più di aver avuto dei grossi preconcetti infondati su di lui, senza sapere cosa ci fosse dietro. Era stato proprio imperdonabile.


 


“Artù, perché non me lo hai detto prima?” Chiese, quasi irato. “Perché hai lasciato che ti trattassi come una merda?” Avrebbe voluto aggiungere.


 

“Ma prima quando?” Ribatté Artù quasi divertito.


 

“Cazzo Artù però, perché non ti apri un po'!"


 

“Lo sto facendo adesso!” Rispose con uno strano tono saggio.


"Non immaginavo la tua situazione, ho avuto zero empatia nei tuoi confronti! L'empatia è importante!" Esclamò ad occhi sbarrati.



"Trovo che tu sia fin troppo empatico, Mirino!" Disse in tono scherzoso, dandogli una potente schicchera sull'orecchio.



"Come l'hai presa tu? Di tua sorella intendo..." Domandò, ancora con quel fare serioso.



"Io lo sapevo da tanti anni, me l'aveva detto in modo quasi casuale."



"Ahh lo sapevi già quindi! Evidentemente avete un bel rapporto?"



"Non direi."



"Forse non sembra, ma magari in fondo in fondo..."



"Forse in fondo in fondo si..." Acconsentì, pensandoci meglio e sorridendo verso Merlino.



"Però devo dire che sono stato un vero disastro come fratello. Non che avessi reagito male eh, ma neanche bene come avrebbe meritato. È che...siamo cresciuti con lui, in un certo modo sai, con determinate aspettative, determinati meccanismi mentali, e non è facile andare oltre come dicono tutti: 'perché non leggi, perché non ti informi?'"
Il biondino fece una pausa, avendo il terrore di non sapersi spiegare al meglio o di essere frainteso, passando come al solito per il perfetto bigotto, guardò Emrys negli occhi, come per capire la reazione che avrebbe potuto avere. Sorrise nervosamente e distolse lo sguardo umettandosi le labbra improvvisamente secche.



"L'ho capito la settimana dopo che me lo disse, che quello che provava lei era comunque amore. Ho visto la sua ragazza, Gwen che entrava in casa, ho notato di come sia lei che Morgana avrebbero voluto tanto dedicarsi delle piccole attenzioni dolci, un contatto, probabilmente morivano dalla voglia di abbracciarsi, di baciarsi, ma non potevano farlo tranquillamente in giro. Non come lo potevo fare io con le mie cotte perlomeno. Però c'era un qualcosa... e li si notava che c'era amicizia, rispetto, amore. Quindi Merlino io lo so che non c'è nulla di male, davvero per me non è nulla di scandaloso!" Seguitò ed il moro si stese leggermente più in giù, fissandolo attentamente.


"C'è un però?" Chiese in apprensione, girandosi verso di lui.



"Però alla mia mente non basta sapere che è comunque amore e me ne vergogno, perché non voglio essere omofobo come mio padre!" Sussurrò voltandosi anche lui di lato, verso il ragazzo.



"Sono informato, parecchio informato, so che è normale, è amore, eppure qualcosa in me fa ancora fatica ad accettarlo al cento per cento. C'è della roba che mi infastidisce. È un sassolino davvero minuscolo nella scarpa. Ma vorrei comunque non ci fosse! E ho la certezza che per Morgana sia lo stesso e non so come abbia fatto lei a convivere con questo conflitto. Non posso neanche lontanamente immaginarlo. Lo so che pare assurdo visto che lei è lesbica, ma credo che anche nella sua testa sia rimasto quel meccanismo omofobo, intollerante, è un imprinting ancestrale dato dalla famiglia, dalla società, e non è come dicono che basta informarsi, le odio le persone che se ne escono così!" Merlino rifletté attentamente sulle parole di Pendragon e ricollegò determinate situazioni in cui si erano ritrovati ed in cui quest'ultimo si era dimostrato fragile ed arretrato, immaginava avesse uno sfondo familiare che doveva averlo influenzato di brutto, ma non sarebbe mai arrivato a capire quanto per lui fosse un problema.


"Non mi sembra affatto assurdo che una persona non eterosessuale possa essere omofoba. Si chiama omofobia interiorizzata! E credo sia qualcosa su cui bisogna lavorare collettivamente, altrimenti non ce ne libereremo mai!"



"Omofobia che?"



"Interiorizzata. Tua sorella dove sta ora?"


"Vive con Gwen. Morgana ha un lavoro stabile da anni ormai, Gwen anche lo è, pure se, come ti ho detto, sta investendo per far crescere la sua piccola attività, ha comunque sempre lavorato sodo. Morgana non lo ammetterà mai ma si sente in colpa, pensa che sia per colpa sua se sto in questa situazione. Mi aiuta ogni tanto con metà affitto. Dice che fino a che può permetterselo lo farà, come se fosse una cosa da nulla l'aiuto che mi sta dando! Ovviamente sto mettendo da parte qualcosa, perché ho intenzione di ridargli fino all'ultimo centesimo. Ne va del mio orgoglio!" Disse tutto d'un fiato, era strano lasciarsi sfuggire i propri sentimenti come un fiume in piena.



"Scemo! Non è solo per orgoglio!” Lo riprese Emrys, quel desiderio non poteva essere circoscritto a semplice orgoglio, c'era dell'altro.


 

“Ah no?” Questionò Artù stupito.


 

“Sei una persona leale! È questo!" Affermò convinto di ciò che pronunciava.



"Sarà!" Ribatté, con aria sbarazzina, regalandogli uno di quei bei sorrisi profondamente sentiti. Il biondino era grato che avesse quell'impressione di lui.

Il moro fissò quell'espressione sincera, Pendragon si rilassò talmente tanto che chiuse ripetutamente gli occhi, le palpebre pesanti, che nascondevano però un animo poco più leggero di prima. Artù stesso si sentiva più libero, dopo quello sfogo, dopo che il collega gli aveva prestato un orecchio, lo aveva ascoltato ed il biondino nemmeno avrebbe mai immaginato di averne tanta necessità. Era prezioso qualcuno che lo stesse a sentire...

Artù portò una mano sotto il proprio cuscino e Merlino lo trovò così tenero, avvolto dalle coperte, in quel gesto stancamente soave. Le propria bocca si tese in un sorriso, ricambiando, pensò che forse, più che un ragazzo leale fosse pericolosamente letale. Si leccò le labbra timidamente e distolse lo sguardo, per poi schiarirsi la gola rumorosamente ed alzarsi di botto, facendo oscillare il materasso.



"Ti eri ipnotizzato, dormivi? O stavi sognando ad occhi aperti?" Lo beffeggiò il biondino, con voce stanca.



"Sognavo ad occhi aperti, si." Sussurrò pianissimo, tanto che l'altro non riuscì a cogliere la risposta.



"Cosa?"



"Hai sentito benissimo! Non ti montare la testa!" Starnazzò nervosamente stizzito, stendendosi all'incontrario.



"Non ho sentito, davvero!"



"Beh, meglio!" Disse, più tra se e se.



"Comunque potevi anche rimanere qui eh!" Gli concesse Pendragon.



"Ah si angioletto? Hai già cambiato idea?" Lo punzecchiò con tono beffardo.

 


 

"Si, già sento la tua mancanza, immagina!"



"Ohh non mi dire così, ti prego, mi lusinghi troppo, divento tutto rosso!" A quella risposta scherzosa, Artù scoppiò a ridere, piantandogli un piede in testa.



"Smettila!" Gli intimò Emrys tra le risate ed il padrone di casa lo accontentò subito dopo.



"Mirino, ho un sonno...Buona notte!" A quell'augurio, il moro anche gli spiaccicò un piede in testa, prima di controbattere.



"Vai a dormì con le ranocchie!" Sussurrò, facendo ridere il biondino, che gli passò un dito sotto la pianta del piede, Merlino ritrasse la gamba, non reggendo il solletico e tentando con tutto se stesso di trattenere le urla divertite.


 

Entrambi si addormentarono senza troppi sforzi. Pendragon si sentì come all'asilo, quando puntava il bimbo o la bimba che lo ispirava di più e poi si scambiavano quella solita frase ingenua e sciocca “Vuoi essere mio amico?” e da li, tutto cominciava con tanta semplicità, come era giusto che fosse a quell'età.


 

Emrys si svegliò per puro miracolo, ricordando in preda all'ansia, che quel giorno avrebbe dovuto attaccare prima a lavoro, si alzò tentando di fare il più piano possibile, controllò il cellulare, erano già un quarto alle sei, ma poteva farcela, la casa del biondino era abbastanza vicina al bar, di sicuro molto di più di quanto non lo fosse la propria abitazione. Si svestì, ripose il pigiama piegato sul bordo del materasso e si diede una sciacquata alla bene e meglio, poi corse verso il salotto, con solo addosso mutande e calzini, potendo comunque percepire la freddezza del pavimento, si auspicò con tutto se stesso che i suoi abiti ed il suo montgomery si fossero asciugati, ma si rivelarono delle semplici speranze vane. E adesso? Non aveva il tempo per passare a casa sua!

Mentre tentava di capire come poter risolvere la questione, sentì un rumore sinistro provenire dalla toppa della porta principale ed un tintinnio metallico. Spaventato, Merlino cercò un oggetto, avrebbe preso la prima cosa che gli fosse capitata sottomano, in caso si fosse trovato costretto a difendere la casa dal padrone dormiente o peggio, le loro vite. I peggiori scenari apocalittici passarono nella sua mente ancora mezza assonnata e interdetta da quel risveglio. Scorse un'action figure di due personaggi e vi si precipitò, accorgendosi con la vicinanza di chi rappresentassero, se fosse sopravvissuto lo avrebbe certamente raccontato ai posteri, di aver intimorito un presunto rapinatore con le minacciose statuette di Stanlio e Ollio. Ma perché Artù aveva delle statuette di Stan e Ollie? Represse una risata, non era il caso quello per mettersi a ridere.

Una ragazza aprì la porta e lo fissò sconcertata, impaurita tanto quanto lo era lui.



"...uhm...e tu chi sei ragazzo?" Chiese titubante, vide l'oggetto che quello sconosciuto portava in mano e d'improvviso tutto il suo timore svanì.



"Non sei una ladra vero?" Domandò Emrys, abbassando le proprie difese.



"No, cielo no! Ho anche le chiavi, vedi!" Disse sgranando gli enormi occhi color nocciola, aprendo le braccia in segno di innocenza, il moro vide tra le sue mani, un sacchettino avvolto da uno straccio a scacchi.



"Oh scusami io sono un collega...amico di Artù, sono Merlino!" Poteva davvero presentarsi come un suo amico? Aveva fatto bene?Ma uno mica si annunciava come conoscente no? Nessuno usava quella parola in un discorso quotidiano!



"Buongiorno Merlino, non senti freddo così mezzo nudo? E Artù? Giustamente ancora dorme vero?" Questionò lei, tentando di non scoppiargli a ridere in faccia, quando lo vide riporre per bene la pericolosa arma improvvisata con le statuette di Stanlio e Ollio.



"Oddio scusami, non ci ho fatto caso che sono in uno stato indecente!" Si discolpò, scordandosi di stare a vagare con indosso solo gli indumenti intimi.



"Oh no no non intendevo dire che sei indecente, assolutamente!"



"Tranquilla...Artù si, ancora dorme, io devo scappare a lavoro ma ho i panni ancora fradici da ieri notte, che siamo usciti e abbiamo beccato l'acqua, dici che gli da fastidio se gli rubo un paio di panni e un giacchetto?" Parlò velocemente.



"Non credo, anche perché non puoi uscire così!" Rispose coprendo la propria risata con l'avambraccio.



"Oddio che maleducata, sono Gwen!" Appena riuscì a smettere di ridere di cuore, si presentò allungandogli una mano.



"Sei la ragazza di Morgana! L'orefice!" Chiese conferma, stringendole la mano.



"Artù ti ha parlato di me?" Disse, quasi come ne fosse sconvolta e non se lo aspettasse per nulla.



"Oh si!"



"Aspetta ma tu sei quel Merlino?"



"Ehm non so quanti Merlini ci sono?" Ginevra sorrise, lasciando il sacchetto sul tavolino.



"Mi ha accennato ad un ragazzo, ad un bel ragazzo in realtà..." Confessò velocemente, come fosse un segreto di stato.



"Sai mi aveva parlato di te perché a breve avrei voluto provare a fare qualche foto promozionale, e mi servono modelle e modelli! Beh comunque mi piaci molto sai! Sicuramente ne riparleremo!" Continuò, vedendo l'altro ammutolirsi.



"DAVVERO?" Urlò, per poi coprirsi la bocca con una mano, sperando di non aver svegliato il collega. Non sapeva bene se quell'esclamazione fosse più rivolta al fatto che il biondino avesse parlato a Gwen di lui o al fatto che lei lo potesse trovare adatto per quel lavoro. La ragazza rise.



"Oddio sei di fretta scusami ti sto trattenendo, magari per quella cosa di lavoro possiamo risentirci prossimamente. Ero venuta a portare al tuo amico un pasto decente, perché lo so che mangia tante schifezze!" Si scusò costernata.



"Ce la faccio, ce la faccio, sono veloce con la bici...quando non diluvia!"



"Sei buffo lo sai!"



"Grazie!?"



"Ok vado, ti lascio preparare, ci sentiamo, buona giornata Merlino!" Lo salutò prima di scomparire dietro la porta.



"Anche a te Gwen!" Ricambiò, per poi correre con passo felpato verso la cameretta prendendo degli abiti a caso nell'armadio di Pendragon, stando attento a scegliere quelli più logori, per non rischiare di sentirsi in colpa nel sospettare di averlo privato di qualche suo capo preferito.

Si infilò i vestiti con rapidità, gli stavano larghi, ovviamente. Finì di allacciarsi le scarpe e si sarebbe lanciato dritto verso l'uscita, se non fosse stato che i suoi occhi si incatenarono casualmente sulla figura aggraziata dell'altro.

Si fermò un attimo (anche se non ce lo aveva) a contemplare quel ragazzo dormiente, la bocca era leggermente dischiusa, disteso, placido, sembrava quasi in uno stato di grazia, baciato da serena beatitudine ed innocenza. Un fascio di luce penetrato dalle persiane lo illuminava nettamente e Merlino si ritrovò a sorridere come un ebete davanti a tanto piacere estetico, una visione di una stasi così quotidiana eppure di quotidiano non aveva nulla, perché Artù sembrava quasi un angelo, un essere dall'animo morbido e soffice.

Emrys non aveva mai disegnato dal vero, ma in quel momento avrebbe voluto che gli fosse concesso del tempo per potersi cimentare e racchiudere per sempre quell'impressione su un foglio, con il proprio tratto a filtrare l'armonia che i suoi occhi avevano avuto la fortuna di ammirare.

Fu colto da un'idea forse un tantino indecente, ma glielo avrebbe detto, così sarebbe rimasto con la coscienza pulita. Immortalò quel momento sul proprio cellulare, arrossendo e sentendosi un maniaco, poi si guardò attorno, prese carta e penna ed incominciò a scrivere con una calligrafia disordinata, sperando che il collega potesse essere in grado di decifrarla.



Asino del presepio reale,


Mi sono ricordato all'ultimo che devo attaccare prestissimo, non volevo svegliarti, eri troppo carino, ti ho fatto una foto, non vorrei risultare inquietante. Ma se me lo chiedi la cancello ovviamente. Mi accontenterò del ricordo che andrà a sfumare e perdere inevitabilmente certi dettagli.

I miei abiti sono umidi e la giacca è bagnata, ho preso in prestito alcuni tuoi vestiti, sappi che li riavrai presto, e senza dover pagare un riscatto.


È passata Gwen e mi ha visto in mutande. Ti ha portato il pranzo, è davvero carina. Forse non meriti tutta questa gente carina che fa cose carine per te!


Comunque ho dormito bene e ho sognato un bel Dracula che mi mordeva il collo e mi portava via con se.


Se vuoi parlare con qualcuno, ricorda che hai il mio numero. Ti do un cartaceo bacio sulla guancia, so che ti darà fastidio ugualmente. Ciao!


 


 

Uscì senza neanche rileggere e pedalò fino al locale, con una strana serenità ad avvolgerlo ed invaderlo.


 

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"WILL!" Lo salutò euforico, abbracciandolo forte. Il suo amico attaccava il turno al bar e avevano quell'ora insieme nel tardo pomeriggio.



"Insomma novità? Quella tipa ha fatto un account fake per stalkerarti?" Volle accertarsi Merlino.



"Non mi ci far neanche pensare guarda! No, non siamo arrivati a questi livelli, almeno non per ora!" Disse, con un'espressione di ribrezzo in volto.



"Oddio, per fortuna!"



"Tu invece? Ieri?" Chiese Will.



"Lui è...è bello passare del... aspetta aspetta, non..." Si stoppò, ripensando al fatto che il suo amico non poteva di certo essere a conoscenza di cosa avesse fatto dopo la festa e che effettivamente ci fosse stato un dopo.



"Lui?" Ripeté confuso.



"Oh...io ehm la festa intendevi, certo la festa!" Si corresse, non potendo dissimulare in alcun modo il suo imbarazzo, per colpa dell'evidente colorito in cui la sua faccia intera stava bruciacchiando. Non era diventato solo rosso, ma bordeaux.


 


"Perché hai detto 'lui è'?” Insistette Will.



"Eh eh" Emrys rise nervosamente, leggendo le ordinazioni su un foglietto, stropicciandolo tutto però, a causa del movimento inquieto delle mani.



"È che dopo sono uscito con Artù!" Spiegò, per poi mordicchiarsi il labbro inferiore nervosamente. L'altro spalancò gli occhi, nell'accorgersi delle sue insolite reazioni agitate.



"Ok, facciamo finta io non abbia notato il fatto che quando ti ho chiesto di ieri, hai pensato prima a quell'individuo e solo dopo ti è venuta in mente la festa, quindi mi pare di aver inteso la gerarchia delle preferenze, facciamo finta anche che tu non sia arrossito, non stia muovendo le dita in modo frenetico, e non ti stia uccidendo un labbro... la festa come è andata?”



"Mi stai facendo sentire come se avessi fatto la cosa più oscena e sbagliata al mondo, con questo tono!" Si lamentò, diventando se possibile, ancora più bordeaux.
Will aprì le braccia e le fece ricadere sui propri fianchi, per poi prendere una cassetta di succhi di frutta.



"Ehm...ho dei gossip effettivamente!"



"Non tenermi sulle spine!"



"Ho ballato con Freya e con Galvano!" Confessò, prendendo nel frattempo delle arance.



"Oddio poveri tesori... che male hanno fatto!?" Scherzò, conoscendo alla perfezione quella sorta di spasmo misto ad una scimmia e ad un Celentano dei poveri, che Merlino adorava definire “danza”.



"Stronzetto! E poi, indovina un po' chi è arrivata?"



"NO! NON DIRMELO!" Urlò, con espressione complice, cogliendo al volo il soggetto della discussione.



"Proprio lei! Viviana! Non puoi capire Will, che squallore!" Parlò, tagliando le arance a metà.



"Non credo di aver mai provato tanto schifo verso un'altra persona! C'era lei ed il suo fidanzato. E indovina chi cazzo era il suo fidanzato, da tre fottuti anni Will! Indovina!?" Si sfogò Emrys, spremendo i frutti con vigorosa rabbia.



"Ehm...non saprei?" Disse allontanandosi per portare un succo ed una ciambella ad un cliente.



"Quando sono uscito con lei la prima volta, c'era un tizio, che lei diceva essere suo cugino..ma..." Continuò quando Will tornò al bancone, versando la spremuta nel bicchiere e prendendo un fagottino ai mirtilli.



"No, non mi dire!" Ribatté esterrefatto nel sentire quanti casi umani girassero per il mondo.



"SI! Lei si è completamente divertita sia con me che con Artù...volevo trovarci un nesso, ma Galvano ha detto la cosa giusta. L'ha fatto perché si. E come se non bastasse ha iniziato ad insultare testa di fagiolo!"



"Testa di fagiolo sarebbe Artù!?"



"Si" Annuì, smorzando uno stupido sorriso, andando poi a portare le ordinazioni, prima di poter continuare i loro pettegolezzi.



"Poi? Siete rimasti?" Chiese l'amico, quando il collega ritornò.



"No, siamo usciti un po' a fare due passi, ma abbiamo beccato l'acqua. In quel momento è iniziato l'acquazzone, non mi sono reso conto piovesse tanto, perché ero felice!"



"Felice? Felice di cosa Merlino? A casa mia si dice ubriaco!"



"Che palle no! Ero solo un po' brillo. Non so, stavo bene, ed era strano, perché avrei dovuto essere un po' girato forse, o triste dopo aver beccato quella squinternata, ma c'era un'ondata di serenità!" Confessò, fissando il pavimento.



"Ed è per?"



"Non lo so!" Sussurrò, giocherellando nervosamente con un'altra ordinazione.



"O lo sai ma ti vergogni?!"



"Mi fai salire l'ansia Will, di cosa sono accusato esattamente?" Gracchiò, prendendo una bustina di tè verde.



"Non lo so Merlino, ho una sensazione ma non so decifrarla bene, trovo ci sia qualcosa di insolito..." Rispose criptico come una sfinge, o un drago millenario, passandogli una tazza piena d'acqua, da scaldare.


 

A Merlino prese quasi un infarto quando, nel voltarsi, si ritrovò Artù difronte al bancone, con una busta in mano, non si era affatto accorto che fosse entrato qualcuno.



"Che ci fai qui?" Chiese, senza neanche salutarlo.



"Ragazzo pervertito, potevi anche svegliarmi stamattina! Mi sono alzato e non vedevo più i tuoi piedi ossuti!" Lo rimproverò, mentre Emrys rise imbarazzato, mettendo a scaldare il liquido.



"Non volevo disturbarti!" Spiegò, in un tono quasi tenero.

Will era allibito e per errore fece cadere un plico di menù a terra, nel sentire quella particolare inflessione nella voce dell'amico.



"Oh...ciao Will!" Lo salutò il biondino, con un velo di strafottenza nel fissarlo mentre rimediava al danno. Quello gli fece un cenno veloce e sgraziato, per poi allontanarsi verso un tavolino.



"Ho letto la lettera, povera Gwen!" Disse Pendragon, mettendo su un'espressione tragica. Il moro si morse un labbro per evitare di scoppiare a starnazzare come un'oca nel bel mezzo del suo turno.

Will tornò con delle stoviglie sporche, iniziandole a lavare, Merlino lo percepì con la coda dell'occhio e quello gli bastò per capirlo. Gli era chiaro il fatto che volesse impicciarsi dei loro discorsi, anche se, ad uno sguardo esterno, risultasse abbastanza bravo a simulare una sciolta indifferenza e discrezione.


"Passavo per riportati i tuoi vestiti!" Riprese Artù, tentando di scorgere i propri panni indossati da Emrys, dietro il suo grembiule. L'altro barista guardò nella stessa direzione e si accorse del tessuto in abbondanza che fuoriusciva ai lati.



"E la giacca, in lavanderia, sennò non si asciugava più, tieni!" Gli porse la busta, ma l'altro tentennò.



"Quanto ti devo per la lavanderia?" Chiese il moro, mettendo in infusione il tè nella tazza fumante.



"Niente!”


 

“Non essere coglione!” Ribatté Merlino, lo avrebbe chiesto comunque, ma a maggior ragione essendo a conoscenza che se la passava esattamente come lui economicamente parlando, non poteva non ripagarlo!


 

“Tu non esserlo!” Insistette, quasi gettandogli la busta addosso. Emrys si vergognò nel prendere il proprio montgomery, non voleva dirgli quanto veniva? Andava bene, ma in qualche modo lo avrebbe ripagato.



"Grazie... Asino. Aspetta ti riporto il tuo piumino!" Lo ringraziò e al biondino parve quasi timido, forse era per la questione della lavanderia? Il moro scomparve nella stanza del personale e prese la sua giacca per riportargliela.

Mentre attendeva Merlino, Pendragon si girò leggermente verso Will, era impietrito, tirato in una faccia turbata, di quelle di quando si andava in un bagno pubblico e si apriva per sbaglio una cabina occupata, vedendo cose che, con molta probabilità, non si volevano vedere.

Emrys lo raggiunse avviandosi verso il lato opposto del bancone, quello in cui i clienti facevano le loro ordinazioni e gli porse l'abito.


"Il tuo amico Will deve avere qualcosa che non va..tutto bene? Ha mangiato, lo vedo un po' provato!" Spettegolò scherzosamente, sporgendosi verso l'orecchio del moro, per impedire che l'altro li sentisse parlare di lui.

Merlino incominciò a sghignazzare, allontanandoglisi per studiarlo un po', fu grato nel trovarlo più radioso del solito, un bagliore intenso pareva averlo acceso e quella gioiosità gli donava. Certo...la gioiosità donava un po' a tutti!

Emrys riprese a martoriandosi le dita per un breve momento, destandosi solo dopo qualche attimo, tornando a svolgere le proprie mansioni. Prese uno yogurt tentando di aprirlo ed improvvisamente si sembrò un totale impedito.



"Hai perso il dono della parola oggi, angioletto? Non che mi stia lamentando..." Lo punzecchiò Artù, trovando strano che quella voce spacca timpani, non lo stesse graziando delle sue solite farneticazioni idiote. Poi si diede dello stupido, in fondo si trovava pur sempre a lavoro no? Mica poteva mettersi a fare comunella!

Il moro riuscì finalmente ad aprire l'involucro, forse con troppa veemenza, facendo schizzare un po' di yogurt addosso al proprio viso e a quello del biondino, che scoppiò a ridere, scuotendo la testa con rassegnazione. La seconda volta in due giorni...ragazzo agile eh! Prese delle salviette e le passò a Merlino, tenendosele qualcuna per se.



"È prima mattina per tutti asino!" Rispose a scoppio ritardato, pulendosi con energica irruenza.


 


 

“Ma lo sai che sono le cinque passate?” Lo beffeggiò, mentre si passava un fazzoletto sul volto.


 


 

“Ok, si non è mattina, ma ho dormito poche ore, fa lo stesso!” Ribatté stizzito.

Pendragon aspettò che Will smettesse di impicciarsi attentamente sulle loro interazioni e quando finalmente si distrasse, estrasse un foglietto spiegazzato dalla tasca. Lo avvicinò ad Emrys, arrossendo come un pomodoro.



"Tieni idiota!" Sussurrò, per poi lasciarsi sfuggire un sorrisetto complice. Il moro accolse quel gesto con fervore e gli sfiorò le dita con piena volontà, nel prendere il pezzo di carta.

Will a quel punto tornò con l'attenzione sui due, quasi avesse dei radar o degli inquietanti occhi anche dietro la schiena.



"Grazie!?" Gli disse, tentando di trattenere un enorme sorriso meglio che poteva.



"Vabbè, ci vediamo domani a lavoro!"



"Ah e ti riporterò i vestiti eh!" Specificò Merlino.



"Anche perché a te stanno enormi!" Parlò, prima di scomparire fuori dal locale ed Emrys conservò gelosamente il foglietto in tasca. Will scosse il capo con rimprovero, certo che quel riccone era proprio un maleducato! Entrare in un locale senza prendere nemmeno una bottiglietta d'acqua? Erano le basi quelle!


"Quindi dopo sei rimasto a casa sua?" Si intromise il migliore amico, avvicinandoglisi.


“Si, te l'ho detto, ci sto bene con lui, ho avuto troppi pregiudizi, è carino, davvero Will! È un asinello congelato, ma è carino e a me gli asini piacciono!"


 

“Qui c'è della potente magia nera Merl!” A quella battuta, Merlino scoppiò a ridere, imitando una possessione extracorporea, poi si diresse a pulire dei tavolini, senza smettere di sorridere come un pazzoide, era chiaro e cristallino come stesse smaniando per poter leggere ciò che Artù gli aveva scritto.

Quel momento finalmente arrivò, quando fu tempo di prendersi una breve pausa, estrasse lo scritto ed incominciò a leggere, facendo un piccolo saltello sulle mezze punte.


 



Marziano idiota,


Non ricevo una lettera dalla quinta elementare e la tua è pura indecenza. Hai fatto strage, prima la povera Freya, Galvano, Gwen, me, rabbrividisco sapendo che hai una foto mia che dormo brr, potrei denunciarti lo sai?

Sei puramente impudico, ti prego smettila!


Non saprei proprio come rimanere con l'agghiacciante consapevolezza che mentre dormivo, nel mio letto c'eri tu, che facevi sogni (credo erotici) su Dracula. Hai un brutto fetish 'angioletto'


Però stamattina quando non c'eri e hai fatto razzia nel mio armadio, ho fatto caso che mi infondi serenità.

Sarà perché sei talmente stupido che pensavi di tenerti tutta quella pipì fino ad oggi? Sarà perché sei scemo, imbranato, vivace ma mansueto, come le vacche(?) Merlino sei proprio una vacca idiota! Però mi piacerebbe vedere con te altre puntate del segreto!

Ma guai a te se ti azzardi a farne parola con qualcuno, giuro che ti seppellisco vivo idiota ubriacone, se solo ti fai sfuggire che abbiamo guardato quella telenovela!


 

Ciao vacca marziana.


 


 

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Ciao! C'è della demenza in tutto ciò.

Mi sento combattuta per quanto riguarda questo capitolo, boh.

Per chi fosse rimasto confuso da “Ranma 1/2” sappiate solo che Akane e Shampoo sono due personaggi donne, mentre Ranma e Ryoga sono dei ragazzi...più o meno, è per questo che Artù si stranisce.

Ebbene abbiamo scoperto ed esplicitato il (probabilmente) prevedibile scontro tra i Pendragon!


 

E abbiamo appreso che Merlino è una vacca!


 

Ringrazio chiunque legga, abbia salvato la storia o lasciato una recensione. Mi fa sempre piacere!


 

Alla prossima!

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Capitolo 8
*** VIII ***


"Com'è rimanere nudi di fronte ad una classe intera, dove tutti ti fissano attentamente e hai un altro tizio nudo vicino!?" Chiese Will a bruciapelo, sinceramente incuriosito. Stavano festeggiando il capodanno in casa di Merlino, optando per una bella pizza in compagnia e si era ritrovato suo malgrado a sedere davanti Artù, tanto valeva tentare di averci una conversazione, non desiderava affatto farsi venire il torcicollo, solo per aver evitato stupidamente un contatto con quell'individuo.



"All'inizio è strano avere gli occhi puntati addosso, ma la differenza la fanno i professori ed una bella classe!" Rispose il biondino, incominciando a dividere meticolosamente, la propria pizza.



"Se hai una bella classe, tratta il tuo corpo con una visione puramente estetica e non puoi sentirti violato, ad un certo punto ti abitui!" Continuò.



"E noi siamo una bella classe!" Si auto complimentò Galvano, riempiendo bramoso tutti i bicchieri che gli capitavano sotto tiro, spronando subdolamente gli altri a dare inizio alle bevute alcoliche.


 


"In che senso?" Domandò Leon. Emrys aveva detto in precedenza a Pendragon, che poteva portare anche i suoi amici, se avessero voluto ovviamente, ma poi la sfiga aveva colpito Mithian, che aveva preso una bella influenza coi fiocchi, proprio sotto le feste, perciò, insieme al collega, si presentò solamente quel ragazzo affabile, dai lunghi capelli biondi.



"Sai, deve esserci un grande rispetto per modelle e modelli, parte dall'insegnante in primis, non può muoverli o toccarli con le mani direttamente, quando stanno nudi. Gli alunni non devono assolutamente esprimere un certo tipo di apprezzamento, e anche se capita il modello/a che ti piace, devi rimanere una persona professionale prima di tutto, non puoi approfittartene, neanche un po'. Non impiegare più tempo di quello di cui hai bisogno per davvero, per disegnare determinati punti più intimi. Ma purtroppo a volte capitano classi orrende, con gente che approfitta!" Spiegò Freya.



"Che viscidi!"



"Ma Merlino è super confidente con la sua nudità, a spogliarsi davanti agli altri, anche oltre il lavoro, giusto?" Gracchiò Artù, volendo intendere il suo osceno spogliarello in mezzo al proprio salotto, ma soprattutto la figuraccia che il moro aveva fatto con la povera Gwen. Non pensò affatto però, che agli altri, potesse suonare come un'affermazione abbastanza ambigua.

Leon si girò verso il suo amico sbarrando gli occhi stupefatto per quel discorso particolare, deglutì subito dopo tentando con tutto se stesso di rimanere impassibile, sarebbe stato irrispettoso mostrarsi troppo esterrefatti, in fondo se il biondino era felice così, anche lui lo era di rimando.

Gli altri tentarono di far finta di nulla, gettandosi nel vino, capeggiati dal ragazzo dalla folta chioma scura, che aveva già trangugiato il suo primo bicchiere.



"Non ho problemi con TE, che TU mi veda nudo, Solo con TE scemo, non vado mica a spogliarmi nelle case della gente!" Rispose Merlino, vagamente offeso da quella considerazione e a quel punto, fu inevitabile ritrovarsi gli occhi di tutta la compagnia puntati addosso, pur non cogliendo ancora che cosa avessero tanto da stupirsi. Che si sentissero il tribunale della santa inquisizione? Galvano annuì soddisfacentemente allusivo e malizioso, versandosi dell'altro alcool.



"Ragazzi...abbiamo capito male noi, o vi spiegate male voi?" Chiese la ragazza, intrepida nel toccare l'argomento.



"Oh...no no no, cazzo!" Sussurrò Emrys costernato, appena intese ciò che gli altri avevano mal interpretato. Sbuffò in un risolino imbarazzato, fissando con disagio la tovaglia, divenuta improvvisamente così attraente, da non poter avere occhi, se non per lei.



"È nato dell'omoerotismo tra voi, grazie al nostro prof di disegno dal vero?" Tentò Galvano e, a quelle parole, a Pendragon si incastrò un pezzo di pizza in gola che lo fece strozzare rovinosamente. Lanciò sul piatto, il trancio che aveva ancora in mano, iniziandosi a contorcere per la tosse.

Leon, troppo stordito per essersi perso tutti quei dettagli della vita del suo migliore amico, iniziò a giocherellare nervosamente con la tovaglia, rimuginando a cosa avesse fatto di sbagliato per non meritare che Artù si confidasse con lui, su quella nuova “scoperta sessuale” non accorgendosi affatto che la cosa migliore da fare, fosse dargli delle botte sulla schiena.



"Era fuori contesto la frase, però pure voi pensate sempre male eh!" Attaccò flebilmente il moro.



"Beh no Merl...vi siete spiegati male!" Disse Will, tentando di smorzare la tensione.



"Qualcuno aiuti Artù!" Esclamò Freya, tra l'apprensivo ed il divertito.

A quell'esortazione, il migliore amico di Merlino ed il ragazzo amante degli alcolici, si precipitarono verso di lui e Will gli lasciò delle potenti pacche dietro la schiena per aiutarlo... anche se probabilmente se ne stava approfittando un pochina, ma tanto, nessuno se ne sarebbe accorto!

 


"Beva, beva principessa!" Lo invitò Galvano, porgendogli il bicchiere di vino, ancora intonso.



"Leon, tutto ok?" Chiese Emrys, confuso nel vederlo ancora perso, come se fosse invaso da dei flashback del Vietnam.



"Oh si si!" Si destò, tirando un sospiro di sollievo, alleviato dal fatto che avessero semplicemente frainteso i loro discorsi e che quindi il biondino non gli aveva nascosto proprio un bel niente. Gli si sarebbe spezzato il cuore se avesse saputo che non si fidava a confidargli certe cose.



"Lo avete fatto alienare con le vostre parole oscene!" Accusò Galvano, tornando al posto, ignorando volutamente che, i discorsi scabrosi, li avesse portati egli stesso ad un livello superiore.



"Non immaginavo però che Merlino fosse così confidente ed impudico, quasi come me!" Continuò il ragazzo dalla folta chioma scura.

Il moro si lasciò scivolare quelle parole addosso, la sua attenzione era meticolosamente concentrata sulle reazioni di Pendragon, che aveva iniziato a sventolarsi energicamente con un tovagliolo, divenendo completamente rosso e con molte probabilità, accaldato, a giudicare dalle goccioline di sudore che gli avevano imperlato a fronte. Artù si allentò il bavero del maglione con urgenza, respirando lentamente con profondi sospiri rumorosi.



"Perché non cambiamo discorso?" Propose Merlino, non voleva di certo che il suo collega si sentisse così incomodo, anche lui si era vergognato, era vero, ma di certo non fino al punto di esternare quel disagio esclusivamente mentale, con risposte fisiche.

Fortunatamente si parlò d'altro e quando terminarono di cibarsi, Emrys si chiese come fosse possibile che già avevano terminato tre bottiglie di vino ed addirittura aperto una marea di birre. Insaziabili!



"Ragazzi perché non balliamo un po' mi sento un abbacchio, ho bisogno di muovermi!" Propose Leon, beccandosi delle occhiatacce da parte di tutta la compagnia, tranne il padrone di casa.

 



"VAI MERLINO! CI FIDIAMO DI TE!....già che ci siamo..." Lo incitò il ragazzo dalla folta chioma scura. Era una di quelle situazioni da cui tutti fingevano di voler fuggire, ma che in realtà, sotto sotto, si adorava impantanarsi in essa.

Chi mai si sarebbe sottratto a quello spettacolo osceno di un Merlino scimmione che cercava con tanta dedizione e convinzione di muoversi a ritmo?

Ma, diversamente da quanto ci si potesse aspettare, il moro preferì darsi al karaoke piuttosto che scatenarsi. Fu perciò un Galvano mezzo brillo a dare inizio alle danze e guardandolo, Will pensò che non aveva poi molti diritti per schernire il suo migliore amico, a giudicare da come anch'egli somigliasse ad un macaco drogato mentre cercava di muoversi a ritmo.


Il biondino, da perfetto scansafatiche, si era gettato sul sofà, in verità si sentiva un po' stordito, tanto da iniziare a sospettare di aver alzato un po' troppo il gomito. Guizzò con lo sguardo nella stanza, alla ricerca di un contatto visivo con Merlino e quando trovò i suoi occhi e ricevette la sua attenzione, sventolò la propria mano in aria, in una sorta di gesto di invito, che ovviamente il diretto interessato colse senza neanche rifletterci, andandosi a sbracare accanto a lui.

Pendragon gli mostrò lo schermo del cellulare, fisso su una storia di un gruppo di persone in montagna, dove compariva anche Viviana e fu come un pugno ad un occhio ed uno sui...gioielli di famiglia. Indossava una minigonna e dei tacchi a spillo, nonostante si trovasse nel bel mezzo di un sentiero pieno di terriccio, massi, sassolini e rami spezzati. Come ci era arrivata fin lassù? L'avevano trasportata con un elicottero?
Emrys esplose in una risata sincera nel vedere tanta assurdità.


"Adatta al momento, sempre sul pezzo!" Esclamò il moro.


"Cioè, cosa ci diceva esattamente la testa?" Domandò l'altro, sbattendosi una mano in fronte, tra il divertimento ed il possente senso di cringe che probabilmente stava attanagliando entrambi.


 

"Mi sento uno scemo!" Confessò Merlino.


 

"Oh lo sei!" Artù gli sillabò, senza farsi uscire mezzo suono dalla bocca, ma Merlino colse per bene ciò che gli stava dicendo grazie alla casuale lettura del labiale. Gli lasciò una piccola spallata, ma il suo sorriso scomparve repentinamente.


 


"Aspetta, perché segui ancora quella pazza di Viviana?" Questionò Emrys, oltremodo preoccupato, facendosi uscire involontariamente un tono particolarmente forte.



"CHE!?" Urlò Leon, dal lato opposto della stanza, quasi avesse dei radar. Si precipitò velocemente verso il divano, parandosi dinanzi al suo migliore amico ed incrociò le braccia, scuotendo il capo con rimprovero ed enorme delusione.



"Oh no! Non me lo aspettavo questo da te eh!" Intervenne Galvano, fermando la sua danza, discutibilmente piacevole. Possibile che fossero tutti delle comari con la passione del gossip?



"Ragazzi...questo non è l'account suo! Guardate, è uno, che si è ritrovato in questo gruppo di uscite con lei!" Parlò, ansioso di difendersi e spiegarsi al meglio.

Il biondino dimostrò la veridicità delle sue parole, mostrando di chi fosse l'account della storia. Leon tirò un enorme sospiro di sollievo, per poi sghignazzare divertito per quanto quella tizia fosse fuori luogo, immaginando, in uno scenario apocalittico, cosa sarebbe accaduto se Viv e Pendragon si fossero messi insieme.



"Pensava ci fosse un saloon di bellezza in mezzo al bosco?" Scherzò, per poi ritornare a condurre un fitto discorso con Will, con il quale si stava prendendo davvero bene.



"AHHH che sollievo che non fai il sottone Artù, il mese scorso Merlino era taaaanto preoccupato all'idea che tu potessi avere ancora una cottarella per lei!" Gridò l'amante degli alcolici e Will lanciò un'occhiata severa ed interrogativa al moro, che abbassò subito lo sguardo, arrossendo inauditamente.



"Preoccupato eh!" Ripeté Artù, nascondendo uno strano ghigno. Alzò un sopracciglio e Merlino lo intimidì con uno sguardo di sufficienza, tornando poi a concentrarsi sulla ricerca di una base strumentale decente sulla quale cantare.



"Canta con me!" Imperò Merlino verso il ragazzo seduto accanto a lui.



"Oddio che fastidioso che sei!"



"Mi piace darti fastidio!" Rispose sorridendo maliziosamente e nell'avvicinarglisi ulteriormente, fece toccare le loro gambe, cosicché il cellulare poté reggersi stabilmente in una posizione che permetteva ad entrambi di leggere i lyrics.


"Non si sforzi troppo ad infastidirmi, non deve, mi lusinga!" Il biondino lo schernì, ma il collega lo ignorò, bevendo un sorso di birra.
Cantarono “You spin me round” o meglio, Pendragon fece finta di farsi uscire suoni dalla bocca, poiché troppo imbarazzato da quella situazione. Era vero che si sentiva intontito dall'alcool, ma non era ancora abbastanza ubriaco da starnazzare tale canzone ad alta voce, come invece faceva quell'idiota accanto a lui.

Galvano si cimentò in delle tragiche piroette, sbattendo ripetutamente un piede a terra, spingendosi, con l'intento perciò, di prolungare la sua rotazione sgraziata. Freya dovette sedersi per quanto l'intensità delle sue risate fosse arrivata alle stelle, tanto da non permetterle di stare in piedi.
I karaoke ed i balletti indecenti si susseguirono senza sosta, quando Artù si decise a sfilare la bottiglia, usata ormai come microfono improvvisato, dalle mani gelide di Emrys, per poi tracannare quella bibita che non aveva mai compreso a fondo.

 

"Posso alzarmi?" Gli chiese, una volta scolata la birra fino all'ultimo goccio.
Il moro scoppiò a ridere a quella domanda e gli tolse il proprio cellulare di dosso, muovendo un braccio pigramente, come a volerglielo concedere con sufficienza.

Il biondino si alzò con estrema lentezza e solo in quel momento Merlino intese che forse, quella sera, era lui ad essere diversamente sobrio. L'ospite andò a recuperare una busta di carta, vergognosamente sgualcita, che aveva sapientemente celato sotto il proprio piumino e quando tornò quatto quatto, si sistemò nuovamente accanto al padrone di casa, che fu incapace di nascondere una crescente e bambinesca curiosità... come al solito.
Pendragon si guardò attorno furtivo, iniziando a sfilare un oggetto sottile, fissando Emrys con eloquenza e complicità, come se puntargli gli occhi addosso in quel modo, potesse telepaticamente trasmettergli un avvertimento a rimanere discreto.

 

 

"Se non vogliamo che il mondo sappia del tuo 'segreto' , ti converrebbe non starnazzare!" Sussurrò, trattenendo un sorriso. Il moro spalancò la bocca, incredulo e gioioso.



"È il calendario dell'anno nuovo, con i personaggi del 'Segreto' ! Non posso accettare Artù, è troppo!" Parlò pianissimo, sfiorando appena la carta lucida con emozione. Artù si morse un labbro per non rischiare di ridergli in faccia... “È troppo!” da quando uno sciocco calendario, venduto in serie, era troppo?

Artù si convinse che, quel ragazzo era così ingenuo e scioccamente puro alle volte, che avrebbe potuto far sciogliere persino il cuore più gelido al mondo.



"Come diamine hai fatto a pensarci?" Chiese Merlino, non resistendo alla tentazione di sfogliarlo.



"Aspetta, ma tu..." Continuò, guardandolo indagatore.



"Che?"



"Tu, la stessa persona che si vergognava a morte a comprare un fondotinta... come sei riuscito ad acquistare questo in cartolibreria? Hai mandato avanti Leon scommetto!"



"Ma che dici idiota! Se è un 'segreto' allora è un 'segreto' e punto! Leon non lo sa! Sai, con la scusa del freddo sono entrato tutto imbacuccato e il travestimento ha alleviato la vergogna di fare certi acquisti..." Confessò, per chi lo aveva preso? Mica andava a sbandierare certe bassezze vergognose in giro, soprattutto se implicavano il fatto che egli stesso avesse assistito a quella soap...più o meno.



"Ti sto immaginando!" Gli sorrise, con quella che doveva essere un'espressione maliziosa, ma che risultò contraddittoriamente allusiva e tenera allo stesso modo. Strano quel ragazzo, era così tante cose insieme che il biondino provava una leggera irrequietudine nei suoi confronti, nonostante, contemporaneamente, lo trovasse piacevole.

Emrys tornò a spulciare le immagini sul calendario e ad un tratto spalancò nuovamente la bocca, inarcando le sopracciglia, proprio come se avesse appena visto dal vivo il suo più grande idolo.


"Che c'è?" Chiese Pendragon divertito.



"Avvicinati, guarda!" Disse, puntando con il dito sulla foto.



"Cosa dovrei notare?" Domandò Artù dubbioso, avvicinandosi un po' di più e così facendo, le loro teste puntate in basso, quasi si sfiorarono.



"È Raimundo Ulloa, Artù!!" Esternò, col tono di chi avrebbe voluto urlare, ma era costretto in un sussurro. Che moccioso raggiante che era!
Si chinarono ancora di più con il capo, fino a che non si scontrarono in una leggera ma dolorosa testata.



"Ahiii!!" Si lamentò il moro ed entrambi scoppiarono a ridere, non riuscendo più a tenere nascoste le loro reazioni. Non ci tennero a porre fine a quel goffo contatto tra i pesanti crani e Merlino ogni tanto picchiettava con l'indice sulla foto del fantasmagorico Raimundo.

Will e Leon si girarono verso i due, attirati dal loro strambo risolino.



"Ah Gesù, Giuseppe e Maria! Guardate!" Avvertì il migliore amico di Emrys a bassa voce. Freya fece ciò che il ragazzo aveva consigliato e sorrise teneramente.



"Sono così felice che stiano diventando tanto complici!" Confessò la ragazza.



"Ero preoccupato inizialmente quando Artù si era trasferito. Non è facile, non è assolutamente una persona semplice. È un cagacazzi con i rapporti, anche se poi allo stesso tempo è troppo ingenuo. Mi fa piacere vedere che stia stringendo delle belle amicizie, soprattutto con lui no? Mi sembrano molto vicini!" Si compiacque Leon, felice nel vedere che stesse legando con qualcuno.



"Oh si Leon stanno moooolto vicini!" Parlò Galvano con volto di chi la sapeva lunga, girandosi ulteriormente per guardarli meglio.

Il biondino ed il moro avevano incominciato a spintonarsi delicatamente, facendo trazione l'uno sugli avambracci dell'altro.



"Beh si è insolita questa confidenza con il contatto fisico per lui, ma probabilmente è colpa dell'alcool!" Tentò di giustificarlo, il ragazzo dai biondi e lunghi capelli mossi.



"Sono stucchevoli, mi sta salendo il diabete! Sento il bisogno di andare a vomitare!" Si schifò Will, con enorme disgusto in volto.



"Dai! Smettiamola di farneticare, lasciamoli in pace e prepariamo dei bei bicchieri pieni di spumante, è ora, su su!" Disse Galvano con urgenza, andando a stappare la bottiglia.



"BENE, ALLORA FACCIAMO UN BRINDISI!" Urlò l'amante dell'alcol, alzandosi con il bicchiere puntato al cielo, rischiando di fare la doccia a tutti quanti. I due, a quel grido, si staccarono, finalmente, rendendosi conto troppo tardi di quanto fossero stati effettivamente indiscreti.

Pendragon si avvicinò agli altri, sedendosi accanto a Leon, mentre Merlino prese del tempo per nascondere il fantastico calendario dentro la busta sgualcita, andando a riporlo furtivamente nella sua camera. Rientrò come nulla fosse e corse spedito verso il tavolino.



"Dedicate questo brindisi alla prima cosa che vi viene in mente, su...io dedico questo nuovo anno ai fari di Barbara D'Urso!” Annunciò Galvano, altamente fomentato.



"Alla morte degli stereotipi!" Si alzò Freya.



"AL COLLO DI MAURIZIO COSTANZO!" La imitò Leon, nell'ilarità generale.



"A più tempo libero!" Augurò Will.



"Più karaoke sotto la pioggia e telenovelas al calduccio!" Esclamò Emrys, guardando Artù con una discrezione che solitamente il suo carattere non contemplava, lui gli sorrise leggermente, distogliendo lo sguardo subito dopo. Era carino avere delle cose su cui potessero intendersi alla perfezione solo loro due.



"Al rispetto...?" Disse il biondino con poca convinzione, alzandosi titubante.



"EVVIVA! CIN CIN!" Urlò Galvano, quando finalmente era tempo di far cozzare i bicchieri e di buttare giù il liquido che tanto amava, brindarono tutti assieme con stupido ottimismo, scambiandosi gli auguri.

Il padrone di casa stritolò Will, in un moto di pura euforia, lasciandogli un bacio sulla guancia.



"WILL, BUON ANNO NUOVO!" Gli urlò.



"Non mi gridare nelle orecchie!" Lo ammonì scherzosamente, ricambiando l'amichevole stretta.



"Ti sento tanto entusiasta, che c'è?" Gli chiese a bassa voce, in tono confidenziale, per non farsi sentire da nessuno, ma il moro si staccò senza proferire parola. Anzi, scosse la testa a destra e a sinistra, come a voler sminuire la propria carica emotiva, non potendo però trattenere le sue labbra dal tirarsi in un sorriso, come un perfetto cretino. L'amico non insistette ulteriormente.



"Dai, facciamo una bella foto, per Mithian!” Propose Leon.

 

 

“Vuoi farla rosicare?” Scherzò Pendragon, sapendola in completa solitudine ed ammalata. Il suo migliore amico notò le gote arrossate, gli occhi lucidi ed il suo modo insolito di parlare, biascicante ed impastato. Doveva aver davvero bevuto un sacco, non era affatto da lui e per un momento parve scordarsi che chi doveva riaccompagnarlo in stazione, era proprio Artù.

 

 

“Solo una però!” Minacciò il biondino, barcollando appena, per la troppa energia che aveva impiegato nel parlare, iniziò a pendere pericolosamente verso un lato, portandosi appresso rumorosamente una sedia. Merlino si sporse per riacchiapparlo, permettendogli così di ritrovare l'equilibrio perduto, suscitando nell'ubriaco, una risata a crepapelle. Ovviamente il ragazzo dai lunghi capelli biondi non si era fatto sfuggire l'occasione preziosa di immortalare Pendragon in quel momento tra i più deficienti, avrebbe avuto delle prove concrete sul suo abuso di alcool, in caso il giorno dopo avesse negato.

L'amante delle bevute ci tenne a controllare con quali facce fossero usciti e sembrò non essere in grado di riprendersi, quando fece uno zoom tattico su Artù ed Emrys, uno con un volto più mostruoso dell'altro.

Tutta la compagnia si avvicinò a spulciare quella tremenda foto a tradimento, suscitando un risolino generale.

 

 

“Forse è meglio se ne facciamo un'altra!” Consigliò Will in preda al divertimento, mentre tutti si rimisero decentemente in posa.

 

Al moro parve non essere bastata quella presa in giro collettiva e, come un perfetto infame, schioccò un bacio sulla guancia del biondino, nell'esatto momento in cui Leon pigiò il bottone per scattare. Pendragon gli indirizzò uno sguardo truce e disgustato, per poi tornare a sedersi, lento come un bradipo, per evitare di perdere nuovamente l'equilibrio. Dannata forza di gravità!

Leon inviò quelle perle alla loro amica e sbiancò quando lesse l'orario sul cellulare, guardandolo con improvvisa ansia.



"Ragazzi, non voglio mettervi fretta ma io dovrei andare in stazione, ho un treno veloce, e non vorrei perderlo!"



"TI ACCOMPAGNO SUBITO!" Si alzò Artù traballando, non riuscendo a tenersi propriamente in piedi. Si portò le mani sulle tempie, come se quello potesse stoppare il suo giramento di testa, causato dal movimento brusco appena messo in atto.



"Ma dove vai che non riesci neanche a camminare!" Ribatté Merlino.

 

 

"Cazzo Freya, dovremmo andare anche noi, che tra poco non passano più i tram!" Esclamò Galvano, non ci teneva affatto a farsi tutta quella strada a piedi!



"Ma dove andate col tram a quest'ora ragazzi, siete pazzi!? Ditemi, dove abitate?" Chiese Will apprensivo.



"Io poco prima la stazione, Galvano un po' più in la, insomma la direzione è quella!" Indicò la ragazza.



"Vi porto a tutti e tre io, Freya Leon e Galvano!"



"E io? Io sto completamente dall'altra direzione!" Domandò il biondino con una faccia da cucciolo bastonato.



"Mi dispiace Artù, la mia macchina è piccolina, è omologata per quattro persone...!" Si dispiacque sinceramente.



"Vado piano con la mia allora!"



"No, no, no! Tu non vai proprio da nessuna parte così!" Lo sgridò Leon.



"Merlino, potresti farlo restare qui?" Continuò, imbarazzato per quella confidenza che si era preso.



"NO, NO, DEVO TORNARE A CASA ASSOLUTAMENTE!" Negò Pendragon con urgenza.



"Hai paura che Merlino approfitti di te in questo stato?" Scherzò Galvano. Artù aprì la bocca varie volte, forse intendeva rispondere, ma non ne uscì un fiato.



"Se non vuoi stare, rimane il fatto che devi andare a casa!" Emrys sviò prontamente l'argomento della burla.



"Quanto sei capriccioso Artù però, ti fa senso pensare di dormire in casa di un povero plebeo, e riposare su un materasso non reale?" A quelle parole, il moro guardò Will in cagnesco, un po' perché sapeva che il collega non avesse poi tutto il comfort che credevano ed un po' perché desiderava con tutto se stesso che quei due non si buttassero acido muriatico addosso.



"Non essere sempre così prevenuto Will! Domani mattina prestissimo devono arrivare gli idraulici e i muratori, che si è rotta sia la caldaia e non ho riscaldamenti, che il galleggiante del bagno e il galleggiante della cisterna e ho dovuto spegnere l'acqua, sto con dei fustini riempiti con acqua dalla fontanella sotto casa, vorrei farmi trovare li per aprirgli e mi troverei più comodo se dormissi direttamente da me!" Spiegò biascicando in un fiume di parole che si susseguirono rapide.



"Perché allora invece di fare il misterioso, non l'hai detto subito?!"



"PERCHÉ NON..." Si zittì di scatto, interrompendo quella sfuriata inutile, chiuse gli occhi, tentando di darsi una calmata. Leon lo guardò preoccupato, cos'era quell'astio?



"Perché non ti è dovuto sapere per forza cosa c'è dietro le mie decisioni? Perché non ti devo una giustificazione?" Rispose ilbiondino più pacato ed il migliore amico di Merlino parve abbozzare, alzando una mano in segno di scuse.

Leon abbracciò fortissimo Pendragon, prima di andare via, in una di quelle strette super virili dove era quasi necessario spaccarsi la schiena con delle pacche violente, sia mai che qualcuno potesse pensare di normalizzare un abbraccio più delicato tra due uomini!



"Se ti servisse una mano, per qualsiasi cosa, fatti sentire!" Parlò, da quando l'amico si era trasferito era difficile vedersi spesso come un tempo, anche perché quando Leon non lavorava come buttafuori, dormiva ed ormai aveva un ritmo giornaliero forse irrimediabilmente sconvolto.



"Signorsì signore! Vale anche per te..." Disse Artù, mimando un saluto militare.

I ragazzi ringraziarono calorosamente Emrys, per poi scendere verso la macchina di Will.



"Bene, principino, ce la fai a metterti la giacca, il cappello e la sciarpa senza cadere?" Chiese il moro, con in mano le cose dell'altro. Il biondino mise su un broncio offeso, fece per inserire un braccio nella manica, violentemente, voleva dimostrargli che non era mica poi così impedito, ma probabilmente sopravvalutò un po' troppo la propria lucidità, sbagliando mira e slanciandosi erroneamente verso il basso. Fortunatamente, la caduta venne impedita e scongiurata, quando la spalla dell'ubriaco, si scontrò e si bloccò sull'addome di Merlino.



"Non sei affatto comodo!" Bofonchiò Pendragon interdetto, sentendo quanto l'altro fosse spigoloso.



"Ma sentilo! Mi scusi tanto, se non ho un corpo che aggrada i bisogni di comodità di sua altezza reale, fatto sta che non ci deve stare comodo lei! Si alzi asino!" Lo rimproverò flebilmente e quando finì di aiutarlo a centrare le maniche, si diresse verso la camera per prendere ed indossare il proprio montgomery.

 

Ritornò subito dopo in salotto e fu preso da un inspiegabile sconforto quando vide il collega attaccato ad un'altra bottiglia di birra. Poteva dirgli di lasciar stare ed intromettersi così tanto nei suoi fatti, o non era giusto? Non voleva fare mica la bambinaia della situazione, ma d'altronde non era capace di tenersi le sue considerazioni per se. Rifletté velocemente, i dopo sbronza da birra erano orrendi, a lui avrebbe fatto piacere se un amico gli avesse consigliato di porre un limite, dopo averlo visto esagerare? Si, probabilmente avrebbe preferito che qualcuno lo avesse fatto tornare coi piedi per terra.

 

 

“Smettila Artù...” Sussurrò affabilmente e l'altro lo guardò con pacatezza mentre continuava a sorseggiare con sempre meno convinzione. Emrys afferrò la bottiglia con movimenti delicati, per non rischiare ovviamente di sbattergliela sui denti e l'allontanò con prudenza, poggiandola sul tavolino, sul quale pareva fosse appena esplosa una bomba. Con suo piacere, incontrò poi un'espressione di consenso nel volto dell'ubriaco.


"Che hai?" Domandò, aveva come il terrore che quel ragazzo potesse non essersi divertito nell'ultimo dell'anno, con tutti loro, con lui...

 

 

“È che...mi sembra come se tu ti fossi messo a ridere e scherzare solo perché ci si aspettasse questo dalla serata di oggi. Non mi fraintendere!” Confessò timoroso, non che i suoi sorrisi e le sue battute gli paressero false, assolutamente non era per quello, ma nonostante ciò percepiva una certa esagitazione.

Artù scosse lentamente il capo, in segno di dissenso, come a volerlo rassicurare che non c'era nulla.



"Tuo padre si è fatto sentire in questi giorni?" Continuò, improvvisamente non sapeva che fare, per lui, una cosa molto rara.



"No"



"Vorresti che ti cercasse?"



"No"
 


"Capisco" Parlò il moro, abbassando il proprio sguardo a disagio.



"Davvero Merlino, sto bene con voi, non badare a certe cose che faccio oggi, penso di aver esagerato con l'alcool è solo questo... e poi le feste mi fanno un certo effetto, non è nulla di concreto o personale!"



"Che effetto?" A quella questione il biondino lo fissò con sguardo supplicante, sapeva non fosse il caso di lasciare terra bruciata attorno a se, in una serata in cui la gioia aveva regnato e così era meglio che rimanesse, invece che impoverirla con le sue solite cazzate. Ma dall'altra parte, aveva bevuto così tanto che sapeva sarebbe potuto crollare con estrema semplicità, cedendo all'egoistico impulso di parlare delle stesse e ripetitive cose futili.

 

 

“Non sono una persona negativa, adesso andiamo!” Tentò di sviare l'argomento, non sapeva fino a quanto potesse resistere nel pigiare sui freni, già molto fragili a causa dello stato alterato in cui si trovava, quasi senza inibizioni.

 

 

"Lo sai che non c'è problema se vuoi sfogarti, non devi tenerti tutto dentro, perché pensi di poter affrontare tutto da solo? Ché hai la convinzione che chiedere aiuto sia una debolezza?”

 

 

“So quando è il momento adatto. Ci sono situazioni e situazioni. Questa non è una buona situazione per farneticare, tutto qui! Non mi sembra il caso di smorzare questa serata! Quindi smettila di approfittarti del fatto che stia ubriaco, per farmi cedere, perché sto per farlo!” Biascicò rapidamente.

 

 

“Fallo.” Sussurrò. Merlino odiava il fatto che Pendragon si fosse giustificato dicendo che lui non fosse una persona negativa, come se sfogarsi lo rendesse automaticamente una persona che macchiava tutti quelli che gli stavano attorno con dannosità. Una persona non era automaticamente portatrice sana di sterilità emotiva e spirituale, per lo meno, non solo per il semplice fatto che tendesse ad avere dei periodi di triste inadeguatezza, o malinconia ed insofferenza.

 

 

“Cosa dovrebbe cambiare?”

 

 

“Un cazzo per la maggior parte delle volte...un cazzo! Certe cose sono alquanto irrisolvibili, ma spesso anche solo comunicare è un piccolo peso in meno. Non ti sentire in colpa, testa di fagiolo! Asino testardo che non sei altro!” Tentò Emrys di rassicurarlo, sperando che Artù si aprisse con lui, senza sentirsi una carogna per questo.

 

 

“È una cosa stupida...è capodanno, come fai a non sentirti strano a capodanno? Anche se ti diverti!? Ti chiedi dove stai andando, che stai facendo e perché...” Disse finalmente.

 

 

“Effettivamente...la fine e gli inizi dei cicli mettono sempre ansia, chi non la sente forse è un po' troppo stolto da non preoccuparsene!” Asserì il moro, smorzando quella strana tensione con un sorriso.

 


"È un magone addosso, accorgersi di quanto ci sforziamo nel fare le più disparate cose, che la maggior parte delle volte sono senza uno scopo ultimo utile. Nulla ci porta davvero a qualcosa che abbia motivo di essere. Ci chiudiamo nel fare roba che per un momento ci distrae dalla realtà, eppure non sappiamo perché ci teniamo tanto a distrarci, oppure facciamo finta di non sapere, perché non arriviamo mai...a nulla di concreto, a nulla che dia davvero un senso, siamo patetici non trovi?" Parlò velocemente, quasi senza riprendere fiato, si sentì un perfetto coglione ad udire chiaramente dalla sua voce, i propri timori e dubbi. Merlino lo fissò ad occhi sgranati, con un'espressione di chi avrebbe voluto levare qualsiasi malessere esistente, nella faccia della terra.

 

 

“Probabilmente farebbe prima l'universo ad implodere che noi esserini a trovare un senso concreto alle nostre vite, con tutto l'arco dell'esistenza della nostra specie a disposizione eh. È un po' estraniante tra l'altro, pensare così tanto...” Disse Emrys.



"Non...non avrei dovuto lasciarmi andare, non avrei dovuto! Sono un cretino, perdonami!" Bofonchiò mortificato, girandosi di lato, alienandosi in uno sguardo vacuo.

 

 

“Dovevi invece, anche perché, se sei uno che pensa così tanto, sarai davvero abbastanza intelligente da sapere che se me ne hai parlato, non era di certo perché tu pensassi che io possedessi una risposta. Ovviamente non risolveremo un cazzo stasera, io e te, un idiota e una testa di fagiolo... ma fa bene esprimere le proprie perplessità, è come se qualcuno portasse uno zaino da campeggio insieme a te, il sentiero mica scompare, ma è più tranquillizzante sapere di non essere totalmente soli. Lo sai che non lo sei?” Continuò con un tono estremamente fermo, ma docile e di nuovo al biondino parve il sole primaverile ad avvolgerlo. Non riuscì neanche a dargli la risposta che meritava, per quanto rimase colpito da quel ragionamento così tipicamente mirinoso.



"So che non ti entusiasma aprirti in cose tanto intime a lavoro, però davvero cazzo, potresti chiamarmi quando ti senti così! Lo so che in questo periodo sto quasi sempre al bar, ma di notte puoi chiamarmi, puoi farti vivo quando vuoi! Mi pare di avertelo già detto..." Lo spronò, poggiandogli una mano sulla spalla.



"Mi imbarazza sapere di infastidirti" Confessò e l'altro gli si avvicinò impercettibilmente.



"Si chiama sfogarsi e non c'è nulla di male, con gli amici si può fare anche questo, anzi è importante che ci sia anche questo, altrimenti saremmo tutti capaci ad essere amiconi, se ci presentiamo solo nei momenti di svago..." Affermò, approssimando le proprie gelide dita, alle guance rosse dell'amico, lasciandogli una carezza sinceramente affettuosa, quest'ultimo sorrise appena a quel tocco morbido, ma forse, anche troppo sapiente e sicuro.

 

Il padrone di casa aprì le proprie braccia, chiudendo Pendragon, in modo accorto e lento, in un abbraccio inizialmente molto titubante. Artù poggiò il mento sulle spalle del collega, non riuscì subito a ricambiare la stretta, sentendosi stupidamente stordito e sorrise appena, era carino stare in quel modo, nascose il proprio viso nell'incavo tra il collo e le clavicole dell'altro. Quando il biondino decise che poteva anche ricambiare, si infiltrò con le braccia nel montgomery ancora sbottonato, impacciato sfiorò il tessuto del maglione, tanto morbido ma altrettanto ispido, lo toccò con un po' più di convinzione, percependo, oppure solo figurandosi, la gracile forma del moro tramite il tessuto. Mosse le sue mani verso l'alto, poi verso il basso, più volte, con pigra calma, poi incrociò gli arti, cingendolo per bene.

 

Pendragon esercitò una leggera pressione, per poter spingere più a se Merlino, che a quel tocco, inarcò appena la schiena, quasi fosse una risposta automatica del suo corpo, sentendosi subito dopo in imbarazzo, per colpa di quella reazione involontaria, ma soprattutto per lo strano tipo di piacere che quel contatto gli aveva causato. Arrossì violentemente, probabilmente erano stimoli a cui si reagiva in una certa particolare maniera, a prescindere forse da chi fosse a procurarli. Doveva essere...tipo un riflesso condizionato no?

 

Emrys si allontanò delicatamente dalla stretta, per porre fine a pensieri un tantino particolari, quando era evidente che era solo l'oggettività della situazione.


Il moro estrasse un mazzo di chiavi dalla tasca, schiarendosi la gola, Artù si stranì nell'accorgersi che quelle, aprissero proprio la sua amata macchina.



"Aspetta idiota! Mi sfugge qualcosa?" Indicò in modo possessivo le chiavi.



"Ti porto a casa, testa di fagiolo! Ci seiii?" Lo beffeggiò, passandogli sciarpa e cappello.

 

"TU SAI GUIDARE?" Urlò il biondino, esterrefatto, indossando goffamente i capi.



"Il punto è: ho la patente? Si ce l'ho!" .



"Con questo mi stai dicendo che hai la patente ma non sai guidare?" Domandò terrorizzato l'ospite, allentandosi il nodo della sciarpa.



"Oh no, sto dicendo semplicemente che sapevo guidare anche prima di avere una patente, ma quello che conta è la patente! Su, esci dalla porta che spengo tutto!" Lo spronò Merlino.



"Mi rifiuto di uscire da qui se prima non mi mostri il documento che attesta che puoi condurre!" Insistette e l'altro cominciò a frugare nel montgomery, con aria scocciata.



"ECCOLA! Soddisfatto!?" Esclamò, buttandogliela quasi in faccia. Pendragon la fissò con estrema attenzione, incuriosito dalla foto in cui Merlino aveva una barba ben curata, scoppiando a ridere di cuore.



"RIDI SCEMO!? NON HAI MAI VISTO UNO CON LA BARBA?" Si indignò Emrys, sbattendogli la patente in fronte per poi riporla in tasca, turbato.



"No è che non pensavo ci stessi così tanto bene!" Disse a bassa voce fissandogli il mento, la mascella e le labbra. Lo aveva già visto con quell'orrenda ricrescita, ma un conto era quello schifoso alone ispido ed un conto, una roba ben curata come quella in foto.



"Mh...ecco graz...ESCI DAI, devo spegnere tutto!" Gracchiò imbarazzato, trascinandolo fuori la porta. Chiuse le luci e serrò la porta per poi scendere le scale con cauta flemma, rigorosamente sottobraccio all'ubriaco, non voleva mica che si spaccasse l'osso del collo!


"Aspetta ma tu poi come torni a casa?" Chiese Artù, dopo attimi di silenzio in cui aveva impiegato il totale delle sue forze per concentrarsi a non sbagliare gradino, per quanto il moro stesse sorreggendo un po' del suo peso, non si sentiva sicuro a gravare troppo su di lui.


"Con la bici, adesso la carico sulla tua bella macchina!"



"E ce la fai? È tanta strada! Ci mettiamo una trentina di minuti con la macchina!"



"Ce ne metterò una cinquantina per tornare! Sono abituato!" Merlino caricò il suo amato velocipede sull'auto, aiutò il biondino a salire e si fiondò carico di autostima al suo posto da conducente più o meno improvvisato.



"Bene!" Disse Emrys, più a se stesso che al ragazzo accanto a se. L'asino poggiò sgraziatamente il cellulare con attaccati degli auricolari, sul cruscotto, per poi mettere la cinta di sicurezza.



"Da quanto è di preciso che non guidi?" Chiese, vagamente scettico, aprendo l'aria calda e stendendo il suo sedile, che gli permise così di rimanere in una posizione semi sdraiata.



"Circa 5 anni..." A quella risposta, Pendragon dimenticò di essere assicurato alla cinta e si alzò di botto, non solo sbattendo nuovamente sul sedile subito dopo, ma provocandosi una fitta insopportabile nel cervello.


"Ce la faccio, ce la faccio, ero molto bravo!" Lo rassicurò tra le risate ed iniziarono a partire piano piano, fino a raggiungere una velocità consona.



"Beh dai, non ho nemmeno fatto ballare la macchina, le marce hanno ingranato benissimo! Vedi! Sono un pilota provetto!" Si complimentò da solo, il moro era conscio di saper condurre molto bene, nonostante non lo avesse fatto per una manciata di anni.



"Auguri!" Artù bofonchiò pigro, con voce impastata dall'alcool e dal sonno, non ci mise poi molto perciò, prima di crollare in uno stato poco più profondo di un dormiveglia. Merlino ricordava bene dove abitasse il collega, in fondo era vicino al bar in cui lavorava, quindi andò tranquillo e senza intralci, quando un numero salvato come “Strega” iniziò a far suonare il cellulare del biondino. Emrys ricollegò quell'appellativo alla sorella dell'amico, come già l'aveva sentita chiamare direttamente da lui, rallentò, infilandosi gli auricolari, se lo cercava a quell'ora poteva essere importante no?



"Verginello, sei tornato?" La sua voce gli sturò un timpano, chiedendosi perché diamine avesse affibbiato quel soprannome al fratello.



"Pronto? Morgana? Ehm non sono Artù..."

 


"Oh, sento sento... e saresti?"



"Merlino!"



"Ahhh il ragazzo del bar, del giaccone strambo e che va in giro mezzo nudo a casa di mio fratello?" Chiese conferme, senza troppi giri di parole.



"S...si!" Balbettò.



"Oh, molto piacere Merlino, quel cretino di mio fratello è ancora a casa tua? Sapevo che Leon aveva un treno tipo tra 5 minuti...non dirmi che glielo fa perdere!?"



"Oh, no no, Leon ha fatto in tempo, un mio amico gli ha dato un passaggio. Artù sta tornando..cioè stiamo tornando, cioè lo sto portando, con la sua macchina!"



"Perché non mi ha risposto lui? E perché bisbigli?" Questionò Morgana, con severa curiosità, dietro la quale probabilmente si nascondeva un semplice moto di premura fraterna.



"Beh, diciamo che ha bevuto un po' troppo, non riusciva neanche a scendere le scale, bisbiglio perché sta dormendo!" A quella spiegazione, la ragazza scoppiò a ridere, il moro avrebbe giurato che quello somigliasse più ad un ghigno in realtà.


"Scusami scusami, non è da Artù ubriacarsi, devo segnarmelo!" Si discolpò ed il ragazzo sorrise appena.


 

“Ah già che ci siamo, Buon anno a te e a Gwen!" Augurò, cogliendo l'occasione.



"Buon anno Merlino! Ah un'ultima cosa...non dire ad Artù che l'ho chiamato, dovesse pensarsi che stavo in apprensione per lui!"



"Non sia mai!" Parlò con tono complice.



"Ciao!"



"Buonanotte!" La salutò, per poi attaccare.

 

Dopo un'enorme salita, che Merlino non ricordava affatto di aver percorso la prima volta con Pendragon, arrivarono a destinazione, molto probabilmente l'altro preferiva percorrere una strada traversa per arrivarci.
Il moro fu colpito da un lampo di pura crudeltà, slacciò la cinta ad Artù, tornò a sedersi composto e prese tanta aria nei polmoni.



"ARTÙ!" Sbraitò ed il povero ragazzo si svegliò spaventato, mettendosi a sedere in un movimento che gli lasciò un'altra spiacevole fitta alla testa. Si toccò le tempie con le dita, premendoci sopra, aggrottando le sopracciglia infastidito da quel risveglio decisamente evitabile.



"Che cazzo urli, deficiente!" Lo rimproverò con tono stanco.



"Cazzo, hai detto cazzo!" Constatò Merlino, come se avesse appena scoperto l'acqua calda.

 

 

"Vuoi contare ogni volta che dico 'cazzo' ?"

 



"Cazzo si!" Esclamò, liberandosi anch'egli dalla cinta.



"E perché ti accendi ogni volta che senti la parola 'cazzo'?" Chiese, fissandolo indiscretamente, l'altro boccheggiò più volte, sorridendo scherzosamente lascivo, probabilmente non sapeva se avesse il via libera per fare una delle sue solite battute sconce ed allusive, oppure se rinunciare.



"Perché è raro che tu dica parolacce, comunque testa di fagiolo, siamo arrivati, sua maestà desidera anche che gli apra il portellone della macchina?" Con grande gioia del biondino, il collega non optò per la battuta sporca ed uscì da solo dalla sua auto.

Emrys liberò la propria bicicletta e fece per chiudere ed assicurare il tutto, quando si rese conto che, come uno sciocco, aveva lasciato le chiavi appese sotto al volante. Riaprì divertito della propria distrazione, prendendo ciò che cercava, richiudendo poi il portellone e quando si rigirò, a momenti non rischiò un infarto secco, nel ritrovarsi inaspettatamente Pendragon dietro, che lo fissava attento.

Dallo spavento, il moro fece uno scatto indietro, andandosi a spalmare con la schiena sulla macchina.

 

 

“Che?” Domandò Merlino, scoppiando a ridere non appena la paura scemò e subentrò il senso di stupidità per essersi lasciato intimorire così facilmente.

 

 

“Puoi rifarlo?” Sussurrò Artù, timido, era fortunato che l'ubriachezza lo avesse già reso completamente rosso, poteva così celare alla bene e meglio la sua vergogna nel fare certe richieste.

 

 

“Cosa?” Emrys non capì cos'è che dovesse fare, lo scrutò attentamente negli occhi, così lucidi a causa del sonno, del vino e della birra, tanto da farli sembrare languidi. Belli.

 

 

“Quello che hai fatto prima. Per favore...” Riprese, inarcando leggermente le sopracciglia, con una voce che uscì più supplichevole di quanto volesse. Non si sarebbe mai più scolato tutta quella roba, ne era certo.

 

 

“Ma che? Aprire lo sportello? Urlare? Cosa vorresti?” Questionò, tentando di non farsi rapire dal tono dell'amico, proprio come se fosse una borsetta scippata in metro. Il biondino non proferì ulteriori spiegazioni e dopo attimi che parvero infiniti, poggiò la testa sulla spalla del collega.

 

 

“Oh...” Sospirò il moro, capendo finalmente che diamine fosse quella cosa che Pendragon desiderava tanto. Ringraziò mentalmente quel ragazzo per averlo avvolto attorno al collo piuttosto che attorno la schiena, non c'era un motivo preciso, ma ne era grato.

Lo abbracciò con tutta la tenerezza di cui era capace e l'altro sbuffò in un risolino timido. Ad Artù sembrò diverso, cingere Merlino, ed essere avvolti da lui non era affatto come con Leon. Lo trovò strano, eppure era lo stesso gesto, erano pur sempre abbracci, che diamine poteva esserci di così differente? Non sarebbe stato più consono sentire invece le stesse emozioni?

Perché Emrys era così soffice? Non di certo al tatto fine a se stesso, ma nei suoi modi di muoversi e di entrare in contatto con ciò che lo circondava?

 

 

“Non pensavo di raggiungere certi livelli di pateticità, davvero!” Fu un modo del biondino, per scusarsi, ponendo fine dopo un po' a quel contatto, come se avesse fatto qualcosa per cui dovesse discolparsi.

 

 

“Non dire stronzate, te da ubriaco non raggiungeresti comunque il mio livello di cringe da sobrio, vuoi una prova? Mi metto a cantare eh! Vediamo chi è il più penoso poi!” Lo rincuorò, se Pendragon lo avesse visto fare le sue solite cose buffe, forse avrebbe smesso di sentirsi patetico e di pentirsi per essere tanto caro, non necessitava certamente di avere ripensamenti per essere così.

 

 

“Non lo faresti...no?” Chiese spaventato, sorridendo di sbieco.

 

 

“Oh si, adesso ti faccio una serenata, scommetto che nessuna ragazza ti ha mai cantato qualcosa di carino, sta a vedere!” Parlò, sicuro di se. Se optò per qualcosa di lento, era solo perché l'altro di certo non poteva saltare e muoversi troppo vivacemente. Ovvio.

 

 

“Ti credo, non ti sforzare, va bene così, fa come se avessi accettato!” Lo schernì, scuotendo le braccia, non appena il moro incominciò a oscillare il busto con flemma. Ma Artù si lasciò prendere per i polsi con arrendevolezza, non aveva voglia o forza di opporsi ai musical scadenti dell'altro.

 

 

 

“Until we touched, I never knew my heart was really beating!” Merlino incominciò a cantare, con voce bassa stavolta, mica come quando si era messo ad urlare che “piovono uomini”! Ed il biondino gliene fu immensamente grato.

 

 

“But now I know: I was waiting for you to come by, I was waiting...” Continuò conducendolo calmamente in una sorta di lento, non poteva scuoterlo troppo, non era un sadico!

 

 

“...Won't you please tell me why this took so long to begin, darling, where have you been all my life?”Pendragon non conosceva affatto la canzone ma, dalla dolce e malinconica armonia che ne veniva fuori, aveva tutta l'aria di essere una musica di quelle antiche e smielate.

La voce del ragazzo usciva fuori così tenera e delicata, che a stento Artù l'avrebbe ricollegata a quel gracchiare insensato in panoramica. Gli piaceva, la canzone, il suo tono e forse anche le parole, probabilmente se fosse stato sobrio, sarebbe fuggito pur di non muovere passettini buffi da bradipo, insieme all'amico che cantava robaccia romantica, senza che arrossisse nemmeno un po', tenendolo flebilmente per i polsi. Gioì perciò di essersi ubriacato.

 

 

“È roba vecchia eh?” Domandò, allontanandosi un po', ponendo fine a quella sorta di danza.

 

 

“Artù quanto sei rude!”

 

 

“Che ho detto?”

 

 

“L'arte non diventa vecchia. L'arte è immortale quando è vera arte, come non dici vecchio in tono dispregiativo su un Caravaggio, lo stesso non dovresti fare per una canzone. Cazzo dai, le basi!” Argomentò Emrys, come se lo avesse toccato nel profondo.

 

Entrambi sentirono uno sgraziato fischio da una delle finestre della serie di appartamenti in cui viveva il biondino, alzarono lo sguardo dubbiosi, trovandoci dei ragazzetti che li fissavano sprezzanti e derisori, di certo stavano assistendo da prima, dal ballo, o dall'abbraccio, Pendragon non seppe immaginare cosa fosse peggio.

 

Tentarono di ignorare cosa quel fischio potesse significare e si diressero con calma verso il portone del condominio, percependo gli occhi di quei mocciosi ancora puntati addosso. Vicino all'entrata, Artù alzò la faccia per controllare se avessero desistito, ma erano ancora li impertinenti, a sghignazzare, come se avessero visto qualcosa per cui fossero giustificati a divertirsi con quella sfumatura maligna nella loro voce, facilmente captabile.

 

 

“Che volete l'autografo?” Urlò il biondino infervorato, il moro lo ammonì con sguardo frustrato.

 

 

“Sono solo piccoli e stupidi, potrebbero migliorare.” Sussurrò Merlino, offeso da quel trattamento insolito e a parer suo, vagamente ingiustificato. Era esattamente quello, ciò che intendeva Pendragon, quando ripeteva che uscire da certi meccanismi non era semplice, per questo si preferiva rimanere nel finto comfort che una mascolinità fragile offriva. Un semplice abbraccio, o uno stupido ballo, potevano davvero generare dei fischi o degli schiamazzi? Avevano forse frainteso ciò che li legava, ma anche se fosse stato? Anche se fossero stati una coppia, cosa c'era da intromettersi?

Erano punzecchiamenti da poco quelli, eppure sembravano procurare un effetto così avvilente...

 

Artù finalmente trovò le chiavi, aprì con non poca fatica e, di nuovo sottobraccio, salirono le scale, trovando la porta dell'appartamento dei monelli, socchiusa, mentre si dilettavano ad impicciarsi di chissà poi che cosa.

Il biondino sentì un qualcosa annodarglisi in gola, chi erano? Che volevano? E perché i genitori non riprendevano il proprio figlio ed i compagni, dal farsi i beati cazzi loro? Come mai erano ancora svegli?

Quei maleducati iniziarono a starnazzare e ad urlare cose strane e l'ubriaco fece un'enorme fatica per ignorarli.

 

 

“Che stronzetti...” Rifletté Emrys ad alta voce, una volta arrivati al pianerottolo esatto. Pendragon ignorò volutamente quell'argomento, preferì fissare il suo collega, scoppiando a ridere, desiderando con tutto se stesso di evitare di tornare con la mente a quegli sciocchi li, a ciò che le loro prese in giro implicassero, erroneamente.



"Adesso che ti prende?!" Chiese il moro, levandosi dal volto quel velo di indignazione, nemmeno lui voleva dargli troppo peso a quelli.

Artù mimò la forma di una barba con le dita a mezz'aria.
 


"Smettila di immaginarmi con la barba, che poi ti fa lo stesso effetto che fa su di me Dracula!" A quelle parole, il biondino si accasciò sulla porta, ridendo ancora di più.



"Mi eccito?" Domandò.



"IO NON MI ECCITO PER DRACULA!" Negò Merlino, esterrefatto, spintonando l'altro sulla spalla, non potendo però generare effetto alcuno, poiché Pendragon era già completamente spalmato sull'entrata chiusa.



"Non pensavo ti stesse così bene comunque, perché l'hai levata?" Chiese, trovando finalmente la chiave giusta.

"Mi invecchiava troppo, sembravo un trentenne!" Rispose, mentre l'asino tentava invano, di centrare la toppa.



"Da qua!" Disse Emrys, leggermente spazientito, sfilandogli le chiavi dalle mani.

Artù le fissò assorto, incantandosi a scrutarle, nei loro movimenti.



"Merlino!" Lo richiamò.



"Che c'è?"



"Hai delle belle mani." Constatò a bassa voce e a quel complimento il moro arrossì, guardandosele incredulo.



"S...sono che?" Balbettò, incerto se avesse compreso bene o se se lo fosse sognato.



"Sono belle, ci ho fatto caso a lezione, ma ora che le guardo meglio, sono proprio..." Il biondino si interruppe, prendendogliene una per avvicinarsela ai propri occhi.



"Belle.." Continuò sussurrando, facendo combaciare il proprio palmo con quello dell'amico, che non si sottrasse a quello sciocco toccarsi.



"Oh, beh, nessuno mi aveva mai fatto un complimento sulle mani, graz..." Merlino non riuscì a completare la risposta, bloccandosi come un idiota, non appena Pendragon decise senza alcun motivo, di incastrare le sue dita calde, alle proprie, gelide.



"Ma tu sei completamente partito di cervello! Ubriaco! Cosa ti rispondo? Ti do pure corda!" Parlò imbarazzato e l'altro le intrecciò appena un po' di più.



"Grazie Merlino!" Soffiò Artù, guardandolo negli occhi con una strana intensità.



"Prego?" Rispose, non capendo per cosa dovesse essergli grato. Il collega sfilò delicatamente la sua mano dalla stretta e quella di Emrys ricadde a peso morto sui fianchi. L'ubriaco entrò in casa barcollando.

 

 

"Scrivimi quando sei arrivato!" Disse, richiudendosi la porta alle spalle, bruscamente, quasi sbattendogliela in faccia, lasciando il moro alquanto basito. Perché al collega gli serviva trovarsi in uno stato di ebbrezza per essere così caro?

 

Il biondino non voleva più vedere birre o vini per il resto della sua insignificante esistenza, lo rendevano troppo stupido ed imprudente.

Si diresse verso la propria camera, mentre si spogliava del piumino, con difficoltà ed il cellulare cominciò a notificare una videochiamata da parte di Mithian, indossò goffamente le cuffiette ed accettò.

 

 

“AUGURI MALATICCIA, pensavo stessi dormendo!” Urlò nel microfono e la ragazza lo fulminò con uno sguardo provato.

 

 

“Auguri coglione! Mi hanno detto che ti sei inciuccato, cosa avrei dato per assistere!” Parlò, stesa tra una miriade di coperte ed un tessuto bagnato sulla fronte, che l'amico ignorò volutamente, per non scoppiargli a ridere in faccia, sapeva che altrimenti, si sarebbe oltremodo offesa.

 

 

“Come va? Hai più la febbre? Mah, guarda che non ho fatto nulla di scabroso!” Rispose Pendragon , anche se una piccola parte di se, gli ripeteva che non fosse proprio la verità. Era troppo ingiusto verso il proprio io, ne era consapevole.

 

 

“Si, ma adesso è più bassa. Ho visto le foto mentre cadevi...” Annunciò ridendo e l'altro roteò gli occhi, possibile che Leon non avesse perso un attimo per sputtanarlo?

 

 

 

“Quello che ti da un bacio, è il ragazzo che ci ha invitato? Merlino? Vero?” Chiese Mithian, riferendosi all'altra foto ed Artù avvampò, grato che nessuno se ne sarebbe potuto accorgere. Specificare “Sulla guancia” gli sembrò dovesse essere un'aggiunta importante, ma si concentrò a fondo, pur di non lasciarsi infastidire da certe minuzie.

 

 

“Si” Confermò.

 

 

“Ci avrei scommesso guarda! La sua faccia rispecchia le cose che ci hai descritto del suo carattere, pare che sia simpatico no? Sembra che ti tratti molto teneramente!”

 

 

“...non me in particolare, lui è così di suo!” Ci tenne a precisare.

 

 

“Ok...Mi ha detto Leon che ti ha riaccompagnato lui con la tua auto, dov'è, voglio parlarci, presentamelo, voglio ringraziarlo dell'invito!”

 

 

“Sta tornando a casa! Mica è qui!”

 

 

“Che razza di maleducato che sei! Credevo ti venisse in mente di farlo dormire da te, mi hanno detto che sta con la bici! Ma sei scemo?” Lo rimproverò, come era solita fare quando vedeva che i livelli di idiozia, raggiungevano le stelle. Il biondino sbarrò occhi e bocca, scioccato.

 

 

“No vabbè, non dirmi che non ci hai pensato!” Continuò Mithian, esterrefatta, ricordando poi che il suo amico fosse particolarmente alticcio, fatto che poteva giustificarlo, forse. Pendragon negò, improvvisamente imbarazzato per quella semplice soluzione che, adesso che la sentiva, gli pareva la più ovvia e scontata da proporre.

 

 

“Vabbè dai, capirà, ne sono sicura, gli piaci troppo per prendersela per questo!” Affermò con disarmante sicurezza.

 

 

“Che ne sai che gli piaccio! Non ci hai mai interagito!”

 

 

“Ma dai cazzo Artù! È ovvio che due persone debbano piacersi per diventare amiche! Mi sa che è meglio se ne riparliamo quando ti riprendi va... sei proprio rincoglionito in questo momento!”

 

 

“Ti rendi conto Mithian, che c'erano altre quattro persone oltre a lui, perché vorresti riprendere questo discorso?”

 

 

“Sbaglio o stai tentando di cambiare argomento?” Puntò dritta la telecamera...quello sguardo inquisitore, era come se non ci fosse uno schermo a dividerli.

 

 

“Macché!” Gracchiò stizzito.

 

 

“Bah! Ci sentiamo, mi raccomando, non sdraiarti completamente quando dormi!”

 

 

“Rimettiti mostriciattola, Buonanotte!” La salutò affettuosamente, ponendo fine alla chiamata.

 


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Ciao!

Mi scuso se qualcuno tra voi, dovesse avere un dente che si è autoscavato una carie, leggendo questo.

 

Pure questo è un capitolo strano.

 

Cretini i due eh?

Quanto trash vi sto propinando? Fantastico!

 

Ringrazio chiunque stia leggendo, abbia salvato, o lasciato una recensione. Mi lusinga sempre.

 

A presto!

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Capitolo 9
*** IX ***


Quella mattina Artù si era svegliato prestissimo, con un enorme mal di testa, non esitò due volte perciò, nell'ingerire un antidolorifico, anche se quel dolore era talmente fastidioso e limitante, che avrebbe persino ricorso a droga da cavalli o al bromuro di potassio, se solo non gli fosse rimasto letale. Rise da solo a quell'idea.

Andò a prendere un fustino di acqua, l'avrebbe riscaldata su una pentola, per evitare di congelarsi nel tentativo di darsi una lavata. Doveva pur rendersi un minimo decente, altrimenti, poveri idraulici, che accoglienza barbona! Ma quando fu vicino al contenitore, si accorse con seccatura, che le scorte erano terminate, avrebbe dovuto scendere le scale e riempire di nuovo dalla fontana e non ne fu troppo entusiasta.

Si coprì alla bell'e meglio, afferrò un fustino ed iniziò a scendere lentamente, al pianerottolo dell'ingresso c'era una signora anziana che abitava al piano terra, presa dall'intenza pulizia dell'entrata davanti il suo appartamento, era buffa, gli dava sempre del lei, nonostante le avesse detto che non c'era bisogno.

Ce l'avesse avuta lui la sua energia! La salutò con educazione e rispetto, ma si interruppe stranito quando vide da lontano la sua cassetta delle lettere, imbrattata, andò a controllare da vicino cosa ci fosse scritto o disegnato.

La donna non aveva fatto caso a nulla, fino a quando non udì un tonfo sordo, si approssimò apprensiva con passetti corti ma veloci, verso il giovane ragazzo, vide il fustino di plastica a terra e lui, con un'espressione fortemente ferita a corrugargli la fronte e a serrargli le labbra. Direzionò il suo sguardo nello stesso punto in cui lo aveva il biondino e capì il perché di tutta quella situazione, leggendo. C'era ovviamente l'intestazione della cassetta, poi sotto, una disordinata calligrafia a ripassare ciò che sembrava essere un'infelice incisione fatta alla meno peggio, forse con una chiave.


 


 

“ Pendragon Artù” E più in basso: ”FROCIO


 


 

“Ha idea di chi possa essere stato?” Chiese la vecchietta, provando un moto di compassione nel vederlo così afflitto e mogio per uno stupido nomignolo dispregiativo. Lei aveva tanti, troppi anni sulle spalle, sarebbe stato sciocco da parte sua, dire a quello che ai suoi occhi era semplicemente un bambino un po' cresciuto, un “non è nulla” , non si sarebbe mai permessa, dall'alto della sua età, perché se fosse stata sua coetanea, nel ventunesimo secolo, probabilmente ci avrebbe sofferto un pochino pure lei.


 


 

“Credo di si...” Rispose flebilmente, riprendendo in mano il fustino. C'era solo quella mandria di ragazzotti, che aveva incominciato a fischiare e ad urlare versetti osceni, maligni, oltremodo canzonatori la notte appena passata, era sicuro fossero stati loro, o qualcuno tra loro.

Solo per un abbraccio con un suo amico, per un piccolo ballo divertente con Merlino, dei perfetti sconosciuti erano stati in grado di farlo sentire la persona più sporca dell'universo. Ci mancava quella dannata scritta a sollevargli il morale...

Perché la gente era così cretina? E poi c'era qualcuno che ancora si azzardava a questionargli le ragioni dietro le sue fragilità, dietro la sua smania, quasi fissa, di dover mostrare a tutti i costi, con i mezzi con cui la società gli aveva insegnato si dimostrasse, la propria mascolinità ed eterosessualità?


 


 

“Anche io, c'è questo monello al piano di sopra e pure gli amichetti non sono da meno...” Annunciò. A quanto pareva, quelli avevano già acquisito una brutta reputazione, bel record, per essere tanto giovani!


 


 

“Si” Disse Pendragon, sconnessamente.


 


 

“Vado a prenderle dell'alcol etilico e uno straccio, aspetti qui ragazzo!” Esclamò tranquilla, andando a cercare ciò che gli aveva promesso ed Artù le fu immensamente grato, quando la scorse tornare con un pezzo di stoffa già imbevuta dal liquido. Prese gentilmente il panno ed incominciò a pulire la cassetta dalla scritta.


 


 

“E se non va via?” Dubitò, invano, visto che notò fin da subito, che l'inchiostro si scioglieva sotto quel prodotto.


 


 

“Va via, va via! È l'essere screanzati che, col crescere è difficile che scompaia!” Commentò, riferendosi severa a quel moccioso ed al suo gruppo di banditi, non pensando affatto però che un'incisione non potesse andare via con una semplice passata di spirito.


 


 

“Io...non sono...cioè non...non è così, non lo sono...così!” Ci tenne a precisare il biondino, con una strana urgenza nella voce, quel balbettio non era troppo chiaro, ma lei intese perfettamente il punto della questione.


 


 

“Se lui direttamente, o qualcuno della sua combriccola, non lo sappiamo, ma non è bello ciò che le hanno scritto, che lei sia omosessuale o meno, rimane un gesto da bifolchi! C'è scritto 'frocio' ma poteva esserci scritto 'puttana' o 'bastardo' , 'cornuto'...questi crescono e, senta a me, è difficile cambiare. Non impossibile, ma difficile! Non ne avevano il diritto, non capiscono nemmeno che significhino davvero queste parole, dia retta a me giovanotto! Non deve giustificarsi...” Pendragon annuì, per essere anziana, era davvero una donna all'avanguardia, addirittura più aperta mentalmente di lui, forse la cosa avrebbe dovuto farlo sentire un bigotto, ma fu semplicemente sereno nell'apprendere che fosse una nonnetta coi “controcoglioni”

La gioiosità morì presto, quando si rese conto che l'incisione era ovviamente ancora li, rafforzata dall'inchiostro che era penetrato nella concavità della scritta.

Artù incominciò così a scorticare le lettere come un ossesso, una sensazione simile ad un'esplosione di energia incontrollabile, gli ardeva nel petto, salì con un'asfissiante lentezza e gli si bloccò in gola. Provò del dolore quando, nell'impeto irrazionale, gli si spezzò l'unghia del pollice, ma fu come se non intendesse perdere alcun istante, continuando il suo lavoro con l'indice.

Sentiva gli occhi pizzicargli e nonostante fino ad un attimo prima avrebbe urlato al mondo intero che lui era abituato a trattenere le lacrime, in quel preciso momento, quell'affermazione non avrebbe affatto corrisposto alla veridicità dei fatti.

Mentre sentiva la frustrazione contrargli le labbra ed il tepore delle proprie lacrime solcargli le guance, decise di accelerare, come se più tempo la parola fosse rimasta, nitida, leggibile, più ci sarebbe stato il pericolo che potesse divenire realtà. Era un pensiero illogico, ma in quel momento il suo cervello era in un palese stato di confusione, che gli impediva di ragionare lucidamente. Il cuore tamburellava così veloce che se lo percepiva su per la trachea, poteva esplodergli? O uscirgli dalla bocca? Non era plausibile, ma non ci stava con la testa per capire che fosse un'idea alquanto bizzarra.

Si asciugò gli occhi con irruenza, per poter tornare a vederci qualcosa, ma quando si accorse che i suoi sforzi erano stati completamente vani, la vista gli si oscurò nuovamente, come fosse calato un velo oscuro sulle sue palpebre. Lanciò un pugno frustrato sulla povera cassetta delle lettere, che probabilmente, qualcuno da lassù nel mondo delle cassette, aveva deciso non fosse il suo giorno fortunato. Il biondino la ammaccò appena, sbucciandosi inutilmente le nocche, come un patetico ragazzino che non sapeva gestire le proprie emozioni. Ciò che era d'altronde.


 


 

“Artù si fermi, si fa male e non serve a nulla fare così! Non pianga!” Tentò la signora, di riportarlo coi piedi a terra, anche poco prima, lo aveva ammonito, ma quello pareva non possedere più il dono dell'udito, perciò decise di afferrargli un braccio, con bonaria decisione, per controllargli le dita e fermarlo da quello sfogo violento.


 


 

“Io non sono così!” Si giustificò di nuovo, con una voce vergognosamente penosa, tanto che la donna azzardò a consolarlo con una carezza ed una pacca amorevoli.


 


 

“Non lo sono!” Ripeté a bassa voce.


 


 

“Se non lo è o se lo è... non pianga!” Disse la donna, in tono tranquillo, l'altro tirò su col naso, rendendosi conto troppo tardi dell'enorme figura del cazzo che aveva appena fatto, desiderò ardentemente scomparire dalla faccia della terra, ma non arrivò nessuna fata madrina ad esaudire i suoi pensieri sconnessi. Non la voleva lui, la fata madrina, che razza di uomo desiderava la fata madrina?


 


 

“Più tardi scenda, gli farò dare da mio marito della carta smeriglio, poi penso avrà bisogno di vernice...quella non credo di averla!”


 


 

“Grazie, provvedo io. Mi scusi...per tutto!” Si discolpò, pulendosi il viso ed imponendosi di darsi una regolata.


 


 

“Non si imbarazzi troppo giovanotto! Alla sua età si cade spesso in fragilità. Anche nella mia in realtà, non le mentirò, forse è così che deve andare, Dio vede e provvede. Però non abbia tutto questo pudore, che poi la imprigiona!” Esclamò l'anziana, era ormai giunta in quella fase della vita in cui non si vergognava affatto di dire ciò che gli passasse per la mente, nemmeno se fosse stata roba scomoda. Aveva ragione Pendragon quindi, a credere che Emrys fosse un novantenne, visto che il suo carattere ed irruenza erano esattamente così, schietti e dritti al punto come quelli della fantastica vecchietta cazzuta, sprezzante del decoro, se decideva di voler essere un satiro raccapricciante, se ne sbatteva se fosse consono o meno. Era altrettanto pericoloso però, Artù lo sapeva bene, ma segretamente lo ammirava per tutta quella noncuranza.

Non glielo avrebbe mai raccontato a lui...della scritta, del frocio, Mai.

Salutò la donna con gratitudine ed andò a riempire il fustino, l'oppressione che aveva provato fino ad un momento fa, pareva essere temporaneamente evaporata.


 


 

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Ragazzo lasciami...ehm lasciate pure a me i curriculum!” Invitò un giovane uomo dall'aria fascinosa e seduttiva, colpito da un piccolo lapsus per il quale fu portato a riferirsi esclusivamente a Merlino. Da quando erano entrati nella segreteria della scuola infatti, non gli aveva staccato gli occhi bramosi di dosso ed era disagevole come situazione, perlomeno dal punto di vista del biondino.

Era ormai metà Gennaio ed i due amici avevano deciso di girare per qualche accademia privata, per vedere se ci fosse la possibilità di essere presi come modelli per delle ore di disegno dal vero. Alla prima meta, erano arrivati in macchina, dopodiché avevano optato per prendere la metro, risparmiando tempo e benzina, ma se Pendragon avesse saputo in precedenza, che genere di tizio fosse di turno nell'accoglienza in quella prima struttura in cui avevano messo piede, probabilmente avrebbe fatto di tutto pur di non passarci, anche cancellarla da google maps, se necessario!

Il tipo prese i documenti dalle mani di Emrys, toccandogliele. Era lento, lascivo e fu evidente che quello era tutto intenzionale, non ci voleva un genio per interpretare tali gesti univoci...ci stava provando spudoratamente, proprio come facevano certe persone strane ai bar ed ai locali che si lanciavano desiderosi su individui, che divenivano sorta di prede da documentario. Artù strinse leggermente le dita sui suoi fogli, innervosito da quella situazione vergognosa, fissò per un attimo il suo collega che stava sorridendo freddamente e a disagio al giovane uomo, ma nonostante la sua palpabile incomodità, rimase gentile e non si espose in esplicite declinazioni.


 

Quella situazione incresciosa si stava prolungando un po' troppo, Pendragon quasi spinse via l'amico, lanciando sprezzante il proprio curriculum sulla scrivania, interrompendo quel mellifluo e stomachevole contatto visivo a senso unico...o almeno si auspicava, altrimenti avrebbe significato che quel marziano idiota gli aveva mentito.

Non era un problema se il segretario fosse stato gay, ad Artù non fregava nulla, chi lo conosceva? Ma gli sembrava quasi che gli omosessuali del mondo intero pensassero che tutti gli altri avessero le loro stesse preferenze, provandoci a caso con i tipi di bell'aspetto che gli capitavano sotto tiro. Cosa diamine poteva esserci nel cervello di uno, che durante l'orario di lavoro iniziava a fare il cascamorto con un ragazzo che non aveva mai visto prima e dando per scontato che anche il moro potesse provare attrazione per lo stesso sesso, facendo forse finta di non notare il suo mortificato fastidio a quell'impudico e diretto flirtare?


"Vuoi...volete vedere la scuola?" Disse sicuro di se il segretario, alzandosi, squadrando licenziosamente il ragazzo, come se lo stesse scannerizzando in modo tutt'altro che innocente. Era alquanto inopportuno e l'oggetto di quelle attenzioni esplicite, arrossì violentemente.



"NO, grazie mille!" Quasi urlò il biondino, sottraendosi a quell'invito anche troppo interessato.



"Siamo di fretta!" Sussurrò imbarazzato Merlino, mentre il tipo incominciò a scrivere frettolosamente su un post it. Il contenuto forse era un qualcosa che ricordava bene, visto come le mani andavano spedite e quasi in autonomia.



"Beh, vi faremo sapere...e spero di vederti presto, o di sentirti se ti va, dolcezza!" Parlò, sapientemente seducente, stringendogli le dita, Pendragon tossicchiò, si sentiva un perfetto terzo incomodo, possibile che il ragazzo idiota non sapesse esprimere il proprio dissenso in modo diretto!? E che ci voleva!

Il cascamorto inserì prepotentemente il bigliettino nel palmo dell'altro e divenne cristallino cosa potesse contenere. Probabilmente un suo contatto telefonico, ma dove credeva di trovarsi quello? In un gay pride? In un posto per gli incontri al buio o come diavolo si chiamavano quelle robe. Perché Emrys lo aveva riposto nelle tasche del montgomery con estrema educazione, invece di rilanciarglielo in faccia?



"Oh ehm...buon lavoro!" Gli augurò il moro, lasciandogli un sorriso di circostanza per poi avviarsi verso l'uscita, Artù lo imitò, ma non prima di aver fulminato il segretario con un terribile sguardo da cane rabbioso e si sentì proprio come strega Varana, quando minacciava gli altri di incenerirli con un semplice battito di ciglia. Se non fosse stato per la grande agitazione e disagio, avrebbe anche trovato divertente il ricordo ed il sentirsi simile a quel personaggio fiabesco.

I due scesero le scale senza scambiarsi mezza parola, seppur il biondino avrebbe desiderato riempirlo di domande...non erano fatti suoi era vero, ma percepiva una strana sensazione pizzicargli fastidiosamente sul corpo, per intero, come quando si rimaneva delusi nel vedere un amico fare un qualcosa che si reputava immorale, che non ci si aspettava che quella data persona, potesse compiere.

Però Merlino non aveva fatto nulla...forse era proprio quello il punto, aveva semplicemente ignorato l'assetato di conquiste, senza rifiutarlo di fatto.

Pendragon lo stava fissando intensamente, quasi dimenticando che fosse più consono controllare gli scalini, Emrys gli sembrò pensieroso, un'ipotesi da voltastomaco sfiorò il cervello di Artù, che il marziano stesse soppesando quell'avance? Che ne fosse lusingato?

Quando uscirono dall'edificio, il moro si degnò di buttare una controllatina al suo amico, reprimendo un risolino sciocco, poi estrasse il bigliettino e se lo rigirò tra le dita, notando con la coda dell'occhio, la crescente irritazione del collega, scocciatura che non stava tentando per nulla di celare, strano.



"Ho qualcosa in faccia per caso?" Gli chiese, visto che il biondino non aveva smesso per un attimo di studiarlo, con sguardo di rimprovero, quella reazione aveva suscitato curiosità in Merlino. La risposta tardò ad arrivare, così riprese a sfrecciare con lo sguardo, sul numero di cellulare, era buffo che davvero esistesse gente che flirtava così nella vita reale. Emrys si leccò le labbra in un gesto goliardico, per poi fissare Pendragon con enorme aspettativa, ritornando serioso. Artù deglutì a vuoto.



"Quello...quello ci stava provando con te. Te ne sei reso conto?" Balbettò insicuro, guardando male il pezzo di carta quasi come fosse stato l'anticristo. Il moro esplose in una risata civettuola e l'amico aggrottò ulteriormente le sopracciglia.


 


 

“Se smani dalla voglia di salvartelo, fai pure, non badare a me!” Continuò l'asino, stizzito, gesticolando vivacemente, accorgendosi che l'attenzione dell'altro era rivolta nuovamente a quel post it del cavolo.



"Oh si Artù, riconosco quando qualcuno ci sta provando con me!" Rispose con aria di chi la sapeva lunga.


 


 

“ 'provando con me' Ci mancava poco che ti appiccicasse al muro! Prima...ti avrebbe sbattuto volentieri sulla sua scrivania!'”


 


 

“Non ti facevo così esplicito...” Sussurrò, arrossendo appena. Il biondo non era solito parlare in un certo modo, doveva essere nervoso, oppure stremato da qualcosa per averlo fatto. Lo guardò dritto negli occhi, cercando di capire da se, dove fosse il punto.


 



"E quindi?" Interrogò Pendragon e a quelle parole Merlino ruppe il biglietto in tanti piccoli pezzettini gettandoli in un secchio sulla strada, per evitare di rendere visibile a qualche curioso ambiguo, un dato personale come era quello.

La frustrazione lo colpì come una pioggia improvvisa ed inaspettata di Marzo, si sentì avvilito dal fatto che l'amico, pensasse chissà cosa avesse mai intenzione di fare, solo perché si era comportato in maniera gentile, nonostante non gli interessasse affatto quello scambio ammiccante con un totale sconosciuto.



"Quindi che? Asino! Ti incomoda questo? Pensavi che avrei fatto che cosa, esattamente? Per chi mi hai preso...credi per caso che mi basti così poco? Avevi paura che gli avrei abbassato i pantaloni seduta stante e che avrei iniziato a succhiarglielo, come se non ci fosse stato un domani?" Gracchiò, evidentemente deluso, senza troppa premura nell'usare termini più decenti ed appropriati, era stato Artù ad utilizzare quel genere di vocaboli, già che c'era, non c'era motivo di discostarcisi.

Il biondino gli diede una gomitata violenta, come se quello potesse cancellare il disgusto che aveva provato nell'udire certe parole, o eliminare per sempre le parole stesse, pronunciate dalla voce piccata del ragazzo.


 


 

“Oh no eh! Non fare lo scandalizzato perché hai iniziato tu con tutta quella finezza espressiva!” Lo rimbeccò, accorgendosi di come si stava imbarazzando all'uso di quel linguaggio volgare.



"IO NON...non lo so, non intendevo quello... non volevo dire che sei uno facile...Assolutamente, però non hai accennato nessuna faccia schifata, niente!" Tentò di spiegarsi meglio, non rendendosi affatto conto della piega peculiare che stava prendendo quello scambio di questioni.



"Non mi piacciono le persone che flirtano con me con quel tipo di approccio da una botta e via, ma questo non significa che debba mostrargli che mi fa schifo, dopotutto è stato ardito, ma niente affatto viscido, in questo caso, si può rifiutare in modo gentile lo sai?"



"E tu l'hai fatto?" Chiese con tono inquietante ed uno sguardo gelido.



"SI MI PARE OVVIO! Fidati che lo ha capito benissimo! Tardi, ma ha afferrato!" Lo rassicurò, acidamente e ferito nell'orgoglio, ancora leggermente abbattuto da quelle velate insinuazioni.



"Ed è solo per il tipo di approccio?" Continuò inquisitore e nonostante fosse sollevato dal fatto che Emrys non ci stesse a quelle avance, una certa urgenza continuava come a premergli e pressargli la gola.



"Non ci ho nemmeno scambiato due parole e che ne so! Che altro dovrebbe esserci sennò?"


 


"Ah non so, tipo che era un ragazzo?" Annunciò esterrefatto, infastidito dal modo in cui il moro ne parlava, come se il segretario avesse potuto anche lontanamente avere una possibilità, a Merlino piacevano le ragazze, ma allora perché parlava in quella maniera, come se, in caso lo avesse conosciuto, avrebbe pure preso in considerazione quello che, con ogni evidenza, era una persona di sesso maschile?



"Oh..." Sbuffò Emrys vergognato ed incominciò a giocherellare con le proprie dita affusolate con movimenti vagamente convulsi. Pendragon rise nervosamente...”Oh” Che diamine di risposta era, non se ne era accorto per caso?



"Non dirmi che non ti è saltato all'occhio!?" Inveì, instancabile ed insistente.



"Si che mi è saltato all'occhio! Perché sembra che tu mi stia accusando di qualcosa?"



"Non so, ti senti colpevole per qualcosa!"



"E smettila!" Imperò austero il moro, spintonandolo lontano da se, sinceramente stufo di quel discorso.

Se ci rifletteva per bene, e ci si stava arrovellando con tutto se stesso, erano arrivati ad interagire con delle dinamiche insolite, esplicitando dei dubbi che forse, non avrebbero dovuto avere motivo di esistere tra di loro, o di essere toccati, affrontati. Non gli doveva delle risposte, delle giustificazioni, eppure gliele aveva date, anche oltre ciò che lui gli aveva chiesto.

Poi si rese conto casualmente di una cosa, che gli avrebbe lasciato un epico mal di testa, se solo non fosse stato tanto lesto nel far finta di non averlo mai pensato...era Artù probabilmente, quello a non avere motivazioni valide per farsi sfiorare da quello strano comportamento sfaccettato da apprensione, delusione, aggressività e ciò che aveva tutta l'aria di essere gelosia.

Non che ci fosse qualcosa di soprannaturale nel provarlo verso un amico, tra amici poteva capitare di essere un po' protettivi, certo si era espresso male, ma non sarebbe stata mica la fine del mondo! No!?


 


"Artù, ti ho già spiegato che secondo me nella vita non si sa mai, detto questo è stata una avance indesiderata, esattamente come altre ricevute da ragazze, quindi rispondo allo stesso modo con cui negherei un flirt di una donna, in modo educato. O mi stai dicendo che quando rifiuti qualcuno gli fai una smorfia in faccia? Gli lanci uno schiaffo? Certo se una persona insiste e ti stalkera allora la è un altro conto!" Continuò, dopo lunghi attimi di silenzio in cui avevano seguitato a camminare in direzione dell'entrata della metro. Il biondino sospirò, colpito da quelle parole, che lo fecero riflettere.



"Che c'è ora?" Domandò Merlino, vedendolo sbuffare mentre tirava i suoi tratti somatici in espressioni concentrate.



"Solo...non ci avevo mai pensato!" Annunciò, forse costernato per essere stato un così grosso babbeo.



"A cosa?"



"Che fosse la stessa cosa..." Bofonchiò tenue. Rimuginandoci un po' su, Pendragon lo trovò vagamente ingiusto, o solo demoralizzante, il fatto che potesse riuscire a comprendere certe questioni che arrivavano da quella eccentrica comunità tutta colorata, solo nel momento in cui le situazioni venivano paragonate ad una dinamica puramente eterosessuale. Che menomazione mentale poteva mai aver avuto Artù, per non comprendere che una avance indesiderata da un essere vivente che non rientrava nel proprio orientamento sessuale, nel suo caso un uomo, era identica ad una avance indesiderata da parte di una donna? Cosa gli mancava nel cervello per non poterci arrivare da solo, tempo prima? Aveva seriamente avuto bisogno di quel paragone, per capire una cosa che in quel momento, gli appariva così scontata ed ovvia, tanto da farlo sentire un coglione?



"Cosa?" Chiese nuovamente Emrys, non afferrando, ma il biondino spazientito, evitò di esplicitare quella nuova consapevolezza ad alta voce.

I due scesero i piccoli gradini che portavano alla banchina, acquistando dei biglietti per poi salire sulla metro subito dopo. Pendragon si approssimò ad un posto vuoto ed il moro ne beccò uno proprio difronte all'amico, ci si avvicinò, ma la corsa partì e come un perfetto babbeo, quasi non avesse mai visto un mezzo di trasporto pubblico in tutta la sua vita, si sbilanciò, rischiando un passionale sbaciucchiamento con il pavimento lercio, non prima di aver compiuto un impacciato “grand jeté”. Tutto ciò fu scongiurato dalla pronta e risoluta stretta del collega, che lo afferrò per un braccio, beh dopo capodanno, almeno ora erano pari. Quando Merlino fu in grado ti tenersi da solo, Artù gli si allontanò, andandosi a sedere, impiegando uno sforzo immane pur di non scoppiare a ridere in pubblico, anche l'altro si andò a sistemarglisi di fronte, fissandolo complice.



"Idiota!" Gli sillabò il biondino e per poco Emrys non rischiò di urlare una risposta a tono, ma fortunatamente si rese conto in tempo, che in metro non sarebbe stato il caso di essere così rumorosi. Pendragon portò un dito sulle labbra, con noncuranza, indicandogli strafottente, di rimanere muto, poi, quando questo fissò gli occhi sul pavimento, ne approfittò per dedicarsi a studiare la sua figura. Il ragazzo si stava lasciando crescere i capelli, se per scarsa cura o per scelta, Artù non ne aveva la più pallida idea, l'unica cosa di cui aveva certezza, era che così era ancora più bello. Quei boccoli scuri, davano al biondino, la sensazione che ammorbidissero molto i tratti del marziano, rendendolo ancora più aggraziato, armonioso e piacevole da guardare, solo che il moro non era una statua, o un quadro e, fissare intensamente qualcuno, era da maleducati, o da maniaci, dipendeva dal caso.

Ma lui pareva un putto, un po' cresciuto, ma pur sempre un putto, non poteva pretendere che i suoi occhi non ne fossero attratti o che non trovassero appagamento nel riposarsi addosso a quelle forme che sfioravano l'etereo. Sentiva che non era una questione di fisicità nuda e cruda. L'aspetto del suo amico rispecchiava la sua persona, come il suo modo di muoversi quando parlava, richiamava la sua estrema delicatezza, che lo contraddistingueva e, su questo Pendragon era sicuro, ma allo stesso tempo non sapeva spiegarselo con chiarezza.

Ripensandoci...quel segretario non era da biasimare, forse avrebbe dovuto darsi un contegno ed essere più pudico, ma effettivamente non l'avrebbe redarguito! Invece si, avrebbe dovuto diamine! Non era carino voler saltare addosso ad uno sconosciuto con così tanta evidenza, senza tentare neanche di nasconderlo! Arrossì a quella congettura inutile, non era consono avere quei pensieri.

Artù si fece forza e riacquistò un minimo di decenza, che ci si aspettava fosse onnipresente in un giovane adulto come lo era lui, si concentrò perciò sui fasci di luce fredda che illuminavano la galleria e che parevano pulsare, a causa della velocità della metro.

Quell'imposizione, durò davvero poco quando si accorse dei giochi di contrasti netti che generavano sul volto di Merlino, insieme alle luci calde dell'interno del mezzo. Prese in mano il cellulare e fece finta di digitare qualche messaggio, in realtà aveva aperto la fotocamera e controllò che non ci fosse il flash, voleva evitare di cadere in una colossale figura di merda. In fondo Emrys aveva una foto di lui che dormiva, che male c'era se gliene avesse scattata una pure lui?! Tra l'altro, non era neanche lontanamente comparabile con quella che possedeva il moro, quella che gli aveva rubato mentre era inerme nelle braccia del sonno, era certamente più indecente, anche solo l'aver pensato di scattarla era infinitamente più disturbante, perciò non si sentì troppo in colpa quando lo immortalò con casualità, fermando quel vezzoso contrasto di fasci caldi e freddi sulla sua pelle pallida. Gliela inviò su whatsapp dopo qualche minuto, perché non si sarebbe sentito apposto con la propria coscienza altrimenti.

Il ragazzo fu destato dalla notifica e controllò con noia, che scomparve subito dopo, lasciando posto ad un sorriso incuriosito ed incredulo nel leggere il nome del mittente, la sua indiscrezione crebbe, quando ne vide il contenuto.




" Perché? "

Digitò Merlino, curioso di sapere cosa avesse portato l'altro a fargli una foto, con molte probabilità, lo stava solo punzecchiando per prenderlo in giro, questo lo sapeva, forse per vendicarsi dell'immagine in cui il biondino dormiva beato.


 


" Mi piacevano le luci! "


 


" Wow le luci professionali della metro? "

Lo punzecchiò.


 


“ C'è un riverbero sulla tua pelle, mi piaceva! “

Confessò Pendragon , scrivendo rapidamente. Nel leggere quel messaggio, Emrys lo guardò con occhi enormi, tentando anche lui di scorgere sul volto del collega le influenze delle luci con sfumature di colori complementari. Era vero, dava un effetto grazioso.


" Sarebbe figo saper disegnare, poter fissare dei momenti come questo. Persino tu, ora sembri un ragazzo carino, intelligente ed interessante :) "

Inviò l'asino, con le migliori intenzioni di farlo somigliare ad un commento canzonatorio e burlone, ma il moro non lo interpretò a quel modo, sorrise arrossendo parecchio, un po' per il testo, un po' al pensiero che lui stesso, quando aveva scattato la foto ad Artù, avrebbe tanto desiderato disegnarlo, li, dal vivo, anche se dal vero non lo aveva mai fatto. Si chiese come avrebbe reagito il biondino, se avesse saputo che adorava scarabocchiare appena ne aveva possibilità.



" Ma io SONO interessante...no? "

Un'affermazione ed una domanda nello stesso messaggio, giusto Mirino poteva essere in grado di cose simili.



" Vedi, come ti lusinghi subito e diventi tutto rosso fin sulle orecchie? "

Lo schernì, sghignazzando sotto i baffi con discrezione, chissà se, dagli sguardi che si stavano scambiando, potesse capirsi ad un occhio esterno, che stavano parlando tra di loro. Merlino scosse la testa, fissandolo con faccia da satiro ed incominciò a digitare con un ghigno strafottente a tirargli le labbra piene.



" Non è colpa mia se il tuo modo di flirtare mi prende in questo modo! :-9 "

Inviò ed il sorriso sulla bocca di Pendragon scomparve all'improvviso, un po' come le pizzette rosse ai compleanni, trafugate in men che non si dica. Sbarrò gli occhi nel ricontrollare il testo ed appurare che non aveva visto male, c'era scritto ciò che c'era scritto.

Guardò Emrys per un attimo e, non riuscendo a tenergli gli occhi piantati addosso, tornò a contemplare lo schermo, digitando freneticamente sulla tastiera, cancellando e riscrivendo varie volte, come un totale indeciso cronico, optando alla fine per lasciare quel messaggio senza una replica...difatti quella roba non meritava nemmeno la sua attenzione, si disse l'asino. Incominciò a toccarsi ripetutamente la punta del naso, in segno di nervosismo ed il moro poté giurare che paresse anche alquanto accaldato, proprio come quella volta nell'ultimo dell'anno. Merlino approfittò del fatto che la signora seduta accanto al suo amico, si stesse alzando per prepararsi alla discesa, correndo ad occupare lesto il suo posto, facendo trasalire appena Artù, che con molte probabilità iniziò a trovare le proprie scarpe, molto attraenti, visto che cominciò a fissarle insistentemente.



"Io non stavo f...f...quello insomma! La mia era solo oggettività, senso critico, estetico!" Annunciò, costernato.



"Lo so, stavo solo scherzando, testa di fagiolo!" Sussurrò, sfiorandogli velocemente una gamba con la propria coscia.



"E non capisco perché con te ci sia sempre bisogno di specificarlo..." Continuò. Le persone che circondavano Emrys, solitamente capivano sempre quando stesse scherzando, ma il biondino era l'unico ragazzo che conosceva ad irrigidirsi su certe burle un po' più allusive, era assurdo!



"Perché il tuo senso umoristico fa acqua da tutte le parti! Ecco perché!" Spiegò, lasciandogli una piccola gomitata, il volto finalmente più disteso nell'apprendere che il moro non avesse veramente frainteso i suoi comportamenti. Anche perché non esisteva proprio un bel nulla da mal interpretare!

I due, avevano visitato altre tre scuole tra le quali una, pareva avere alte possibilità di offrire un contratto ad entrambi.

L'aria tra gli amici si era tranquillizzata, ma si percepiva comunque una tenue tensione, Merlino avrebbe voluto dire altro, aveva un sassolino nella scarpa che desiderava togliersi, odiava non dire proprio tutto quello che pensava e che riteneva necessario l'altro sapesse, così, quando rientrarono in macchina, credette potesse essere l'occasione giusta per liberarsi e fece per parlare, ma Pendragon lo precedette.


 


 

“Prima...mi sono comportato come uno stronzo comunque, me ne rendo conto.” Confessò, lasciandogli uno sguardo sinceramente mortificato, prima di mettere in moto con l'intenzione di dargli uno strappo fino al bar, dove l'amico avrebbe dovuto prendere servizio.


 


 

“Ma non volevo insultarti, davvero, mi è uscita male...” Continuò flebilmente.


 


 

“Lo so. Però mi ha frustrato sapere che hai pensato che io potessi essere così...non che ci sia nulla di male a volersi divertire con qualcuno in quel senso, così alla leggera, c'è a chi rende felice e va bene così, non esiste una regola per tutti. Infatti è me che non rende felice, speravo fossi in grado di intuire che tipo sono. Se mi ero soffermato sul suo numero è perché mi chiedevo se davvero qualcuno potesse trovare quell'approccio attraente, tutto qui. Non desidero farmi spalmare su una scrivania ed essere sbattuto da un perfetto sconosciuto...Sei stato un po' ingiusto ma non sto nella posizione per fartelo pesare, davvero, basta che ci siamo detti tutto!” Si spiegò, completamente pacato e diretto, Artù stette in silenzio, percepì che fosse un chiarimento innocente, con la più totale assenza di subdoli desideri di fargli provare sensi di colpa, Emrys voleva solo essere cristallino e non covare strane delusioni che sarebbero potute ristagnare e divenire immotivati rancori o addirittura odio, ed il biondino gliene fu grato.


 

Il moro fissò fuori dal finestrino e, come se il paesaggio sfrecciante lo ipnotizzasse, iniziò a perdersi nella propria mente. Ci stava male, al solo pensiero di andare con qualcuno a caso, ovviamente non giudicava gli altri che si trovavano a proprio agio nel farlo, ma lui avrebbe provato un enorme senso di squallore, perché personalmente ambiva e necessitava un legame diverso. Ma era anche vero che se era arrivato a capire questo di se stesso era perché aveva già sbagliato in precedenza, ma non poteva tornare indietro e sottrarsi dal commettere i suoi errori, non era permesso a nessun essere vivente e non c'erano eccezioni, variabili.

Ricordò della sua prima volta, un paio di anni addietro, non che fosse andato con una totale sconosciuta, niente affatto! Avevano anche un po' aspettato, si conoscevano, si piacevano, ma probabilmente non era stato abbastanza, non per lui. Il ragazzo comprese solo dopo svariate occasioni, che qualcosa non andava, che c'era un vuoto che la loro flebile unione non avrebbe colmato e che il tempo non avrebbe potuto riempire. Fino a poco tempo prima Merlino ne ignorava l'esistenza e l'importanza, ma mancava un legame mentale e non c'entrava il trovare la fidanzata o l'essere egli stesso intelligente o meno, era altro.

Erano i pensieri, le ideologie e le modalità con cui una persona era abituata a ragionare, quali giri logici era portata a fare, come preferiva esprimersi, quanto il sentimento influiva sul modo unico che ogni essere vivente aveva per, appunto, essere, sentire.

Non che fosse stato brutto aver avuto dei rapporti con la ragazza, che tutt'ora stimava, o che i rapporti in se fossero andati male, non fu affatto così, eppure, quella manciata di occasioni in cui era successo, aveva provato una strana solitudine, che lo aveva demoralizzato a tal punto che una vergognosa volta, l'ultima con lei (come biasimarla) scoppiò a piangere, tentando invano di nascondersi tra i cuscini, ma la ragazza lo aveva notato e avevano deciso che una cosa così bella non dovesse farlo star tanto male e che non potesse lasciargli quell'orribile sentore di abbandono, desolazione, devastazione. Non era sentirsi usati, perché nessuno dei due aveva usato l'altro, era diverso, difficile da chiarificare persino a se stessi.

Forse, a differenza di quanto credeva all'epoca, quello, non era stato il momento giusto per lui. Se gli fosse stato concesso di poter parlare al suo “io” del più recente passato, gli avrebbe assicurato che la sua verginità non aveva una scadenza, che lui non ce l'aveva e che doveva sentirsi veramente certo, nello scambiare quella preziosa intimità con qualcuno, che non ci fosse invece un'insistenza esterna che lo spingesse ad affrettarsi. Quel tipo di pressioni subdole che non urlavano, ma che esistevano eccome, comprimendo nell'invisibilità, parecchi animi, a volte ignari di essere delle vittime.

Ma se non avesse fatto quelle innocenti cavolate, non si sarebbe mai compreso, perché nessuno gliene aveva mai parlato, non abbastanza, non così chiaramente, tanto da lasciare un input per una personale riflessione. Sospirò rumorosamente, sorridendo malinconico.


 


 

“Hey, Mirino, che hai?” Lo destò Pendragon, sentendosi di troppo tra Merlino ed il suo evidente flusso di pensieri, a lui sconosciuti.


 


 

“No, niente, mi sono solo imbambolato” Rispose, con voce delicata, sorridendogli sinceramente.


 


 

“Stavi avendo un contatto extraterrestre con i tuoi simili, 'ET' ?” Scherzò Artù e l'altro scoppiò a ridere di cuore, facendo caso a quell'improvviso dispiacere, che provò quando si rese conto di essere arrivati al locale e che perciò il tempo per stare insieme a lui era finito. Il biondino posteggiò in sicurezza, poi si concentrò sul ragazzo.


 


 

“Non fare come quelli che danno i consigli agli altri e poi tu stesso non li segui!” Disse Pendragon, non voleva fargli pesare le sue parole con un tono greve, sebbene fosse serio.


 


 

“In che senso?”


 


 

“Vale anche per te, parlami se vuoi, di quello che vuoi...” Rispose, girando subito dopo la testa, schioccando le labbra, come se si fosse appena pentito di aver detto certe cose, o meglio di averle espresse in modalità che lui probabilmente considerava ai limiti del diabetico.


 


 

“Sei carino.” Annunciò Emrys in un sussurro, dolcemente stupito, lasciandogli una veloce carezza sul volto, sfiorandolo appena con il dorso delle dita, mentre lo graziava con una delle sue solite espressioni teneramente divertite. Artù arrossì prepotentemente, credeva che il suo amico non avesse dovuto stupirsi in quel modo, quello che l'ascolto e lo sfogo fosse un qualcosa di reciproco, il moro avrebbe dovuto saperlo, era da reputarsi un fatto ovvio e scontato!

Merlino uscì dalla macchina senza neanche salutare ed il biondino si rese conto che non aveva ripreso la bicicletta.


 


 

“IDIOTA, LA BICI!” Lo richiamò ad alta voce per farsi sentire ed il marziano si girò verso di lui, arrossendo appena per essere così smemorato, corse a liberare il suo grande amore, abbandonandolo subito dopo su un muretto, si ficcò nuovamente in macchina, poggiando un ginocchio sul sedile. Si sporse rapidamente verso il ragazzo e gli scoccò un fugace bacio sulla guancia, lasciando Pendragon particolarmente perplesso. A causa di quello slancio affettuoso ed inaspettato, si spalmò verso il suo finestrino, assolutamente non preparato a porre un minimo di forza, per resistere alla spinta dell'altro.


 


 

“Guarda che se vai più forte la prossima volta, diventa una mossa di karate!” Bofonchiò Artù, quando l'altro uscì dalla macchina e sventolò la mano per salutarlo, riprendendo la sua adorata bici. E dopo aver aspettato che Emrys si affrettasse ad assicurarla e che corresse a prendere servizio, partì nuovamente.

Un pensiero scomodo rassicurò il moro, in fondo mancavano poche ore ed il giorno dopo lo avrebbe rivisto a lavoro, non era un'attesa così tragica! Scosse il capo, severo, legandosi il grembiule con irruenza. Non erano idiozie che era pronto a far passare tranquillamente per il suo cervello, persino per uno come lui.


 


 


 

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Ciao!

Mi auguro di riuscire a rendere una certa latenza da parte di Artù, sia per la scritta infelice sulla cassetta delle lettere, sia per il segretario don Giovanni e roba simile. Vorrei troppoh, che da questa scrittura, si notassero le sue enormi difficoltà con l'argomento, pur non essendo uno che va in giro ad urlare “DIO PUNISCE I SODOMITI! E A ME PURE, FANNO SCHIFO!”. Desidero proprio che voi pensiate “Ammazza che omofobo!” e che poi vi sentiate in colpa tipo: “Però non ha detto nulla di esplicitamente omofobo! Non merita il mio disappunto!”

Sto apposto col cervello, giuro.

Spero di non aver urtato nessuno nello spezzone degli “atti osceni con testimone la scrivania

Se fosse davvero accaduto, poi la scrivania sarebbe stata intervistata dalla D'urso con toni scandalistici, come riempitivo...credo, e Don Matteo sarebbe intervenuto per dire “Gesù ti vuole bene”


 

Vi ringrazio immensamente per lasciare le vostre opinioni e ovviamente ringrazio chi legge e chi ha salvato la storia trash, cliché.


 

A presto!

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Capitolo 10
*** X ***


“Ciao Artù, ma ti sei stabilito qui? Pensi che potrai mai degnarti di comprare almeno una bottiglietta d'acqua, così, per mantenere una certa educazione!” Will scherzò tagliente, ma il suo interlocutore, a parte un cenno con la mano, non lo degnò nemmeno di un contatto visivo. Artù gli dava le spalle e sorrise appena quando riconobbe Merlino farsi strada tra i tavolini ed i clienti seduti. Il ragazzo era così assorto dal proprio lavoro, da aver avuto quasi un infarto, quando, ormai vicino al bancone, vide una figura familiare regalargli un raggiante sorriso, pieno di una sorta di strepitante attesa.


 


 

"Vuoi uscire con me?" Chiese il biondino a bassa voce, senza neanche salutarlo prima, preso dalla sua solita insicurezza che lo aveva portato a sparargli addosso quella domanda, da perfetto impacciato. Era proprio per tale comportamento che poteva a volte dare l'impressione di essere un tipo un po' brusco. Emrys rimase imbambolato a fissarlo, piacevolmente stupito da quella schiettezza e segretamente compiaciuto dal fatto che si fosse presentato direttamente al bar, quando sarebbe bastato un semplice messaggio.


 


 

“OH...ovviamente non inteso come appuntamento, o nel senso di stare in giro...mi sono spiegato male. I... io intendo se vuoi venire a cena da me!...quando stacchi. Se stacchi per cena chiaro!” Si affrettò a spiegare, mangiandosi vergognosamente le parole, buttato giù dal fatto che l'altro paresse essersi preso un bel po' di tempo prima di rispondere.


 


"CIOÈ” Continuò esclamando, e sfregandosi il naso, immotivatamente nervoso. Avrebbe dovuto darsi una calmata diamine! Voleva solo proporre al suo amico, di passare un po' di tempo insieme, mica stava dando la tesi di laurea!


 


 

“Se vuoi...cioè...Uhm, sempre se non avevi intenzione di stare da solo e riposarti eh!" Sussurrò, grattandosi il collo. Il moro lo fissò assorto, il collega era così insicuro di se stesso, che avrebbe voluto prenderlo a sberle fino a farlo smettere di balbettare.

 



"Tra un'ora, aspetta un'ora e sarò tutto tuo!" Scherzò Merlino, che nonostante l'uso di certe parole, aveva un tono completamente innocente e anche se poteva risultare faticoso da credere, la sua era solo un'intenzionale burla per alleggerire l'ansia dell'asino con una risata. Ma quello arrossì violentemente, avrebbe dovuto ricordarselo Emrys, che certe battute Pendragon, proprio non le sopportava.


 


 

"Ti aspetto, mi faccio un giro qui intorno!" Disse Artù e l'altro gli sorrise, sollevato che avesse smesso di impappinarsi.


 


 

“Perfetto!”


 


 

"Ci vediamo dopo allora!" Parlò, prima di scomparire dietro la porta del locale.

Il moro ritornò a lavoro con uno sciocco sorriso impaziente, iniziando a lavare le stoviglie accumulate.


 


 

“Alla fine mi sono sbagliato su di lui...non è così male!” Annunciò Will con poca convinzione, sentendo l'orgoglio frantumarglisi in mille pezzettini nell'ammettere tale cosa. Merlino fece un saltello entusiasta per quell'ammissione, lanciandogli uno sguardo eloquente.


 


 

“Non ho mica detto che è simpatico!...solo che è apposto!” Precisò il migliore amico, mentre l'altro si dedicava ai piatti, con lo stesso spirito esaltato di chi entrava nell'ikea per dare una svolta all'intero arredamento della propria casa.

Quando finalmente fu l'ora di staccare, si precipitò in fretta e furia verso l'uscita e lo vide, il biondino ritornava da una passeggiata solitaria e non appena i loro sguardi si incontrarono, gli andò incontro.


 


 

"Come mai vuoi passare del tempo con me?" Chiese senza troppi giri. Si rese conto, sentendosi pronunciare quelle parole, che tale questione non aveva alcun senso di esistere e si sentì inesperto, come qualcuno che non aveva mai stretto un'amicizia prima. Non c'era sempre un motivo valido per desiderare di stare insieme, avrebbe dovuto saperlo.


 


 

"Perché queste domande stupide? Deve esserci per forza una motivazione?" Stava portando a spasso Birba nel tardo pomeriggio quando gli era salito un certo languorino. La sua mente aveva viaggiato mistica, verso la spropositata porzione di lasagna surgelata che Gwen gli aveva lasciato da qualche giorno e passò in un battito di ciglia dal pensiero di quel piatto prelibato, ad Emrys. Poteva dividerla con lui quella cena! E dall'ipotizzare, allo sperare di stare un po' con quel marziano, passò ancor meno di un batter d'occhi.


 


 

"No, no!" Rispose il moro, sbuffando un risolino e lasciandogli un piccolo schiaffo sul fianco. Era vero, le proprie, erano domande insulse, il motivo stesso, se c'era, lo avrebbe reputato senza importanza, lo voleva e basta, senza una giustificazione precisa. Ogni tanto i sentimenti facevano così, di punto in bianco.


 


 

"Perché Will continua ad odiarmi?" Domandò Pendragon, mentre l'altro liberava la bicicletta dalle catene.


 


 

"Ma no! Lui non ti odia!" Esclamò ed Artù gli lanciò uno sguardo gelido, nel frattempo che assicurava il velocipede alla macchina.



"Ovvero, non è odio, non rimanerci male!" Continuò Merlino, una volta entrati in vettura.


 


 

"Ma quale rimasto male, che mi importa!" Disse piccato, mettendo in moto e partendo.


 


 

"Non possiamo piacere a tutti e tu, per quanto ci tieni alla forma vorresti che tuuuuutti ti amassero!" Lo punzecchiò Emrys, fissando attentamente le sue reazioni.




 

"Non è questo!" Negò l'asino, oscillando il capo.



 


"È perché lui è il mio migliore amico e vorresti piacergli, perché ti piaccio io? Ti serve la sua approvazione?" Suppose, cercando di darsi un tono narcisista, ma se ne pentì, perché lo sguardo del biondino lo trapassò, truce e lui si sentì come colpito dritto al cuore da una spada.


 


 

"Ti senti importante 'tesoro' !" Lo canzonò a sua volta Pendragon, alleggerendo la gravità della propria espressione facciale, usando le tipiche tattiche mirinose.


 


 

"Tesoro, ma ci vedi? Io SONO importante!" Parlò, con tono ammaliante, per poi arricciare le labbra e mimargli un bacino sfacciato. Artù trattenne un sorriso e tornò a concentrarsi sulla strada.


 


 

“Io sono la regina Elisabetta, colei che tutto vede e tutto sa. La prima nonna nella storia dell'umanità. Eh già bel giovanotto, parlo proprio di Adamo ed Eva! Due pesti, sapessi!” Gracchiò, gesticolando in modo particolarmente femmineo, con i mignoli rigorosamente alzati, anche se ormai non era più l'ora del tè.

Il biondino esplose in una risata cristallina, seguito subito dopo dall'altro. Quando Merlino si calmò dal suo solito starnazzare, si dedicò allo studio attento della radio spenta, cercando il tasto dell'accensione, lo pigiò con entusiasmo appena lo trovò ed iniziò a cambiare stazione per incontrare una musica che rispecchiasse i suoi gusti, senza che Pendragon se ne stupisse più di tanto.


 


 

“ECCO!” Urlò, dopo aver girato una miriade di volte ed essersi finalmente arrestato, nell'ascoltare una manciata di note, che aveva inevitabilmente riconosciuto all'istante. Artù si aspettava con così tanta intensità che l'altro iniziasse a cantare, che si sarebbe oltremodo terrorizzato se non lo avesse fatto e avrebbe di certo cominciato a sospettare che Merlino non era Merlino, ma che fosse stato rimpiazzato da un sosia.


 


 

Living is easy with eyes closed, misunderstanding all you see, it's getting hard to be someone, but it all works out...it doesn't matter much to me!” Iniziò, inaspettatamente con un tono basso, non volendo affatto coprire la voce roca che usciva dagli amplificatori, quel ritmo peculiare che rendeva riconoscibile quell'opera d'arte già dai primi secondi di ascolto, lo aveva sempre mandato su di giri. Per non citare quel fantastico strumento strano, del quale Emrys non ricordava mai il nome, che i Beatles avevano usato per quel capolavoro, semplicemente sublime.


 


 

Let me take you down 'cause I'm going to Strawberry Fields, nothing is real and nothing to get hung about! Strawberry Fields forever!“ Continuò il moro, chiudendo gli occhi, come se quello potesse aiutarlo a godere di più di quei suoni magistralmente soppesati ed uniti tra loro, come se con le orecchie graziate da tale musica, si fosse teletrasportato in un'altra dimensione mistica. Trovava il timbro di Lennon così casualmente sensuale, dannatamente sensuale!

Il biondino scrutò il ragazzo per un istante, si sforzò di evitare di percepire i suoi piccoli movimenti oscillanti, come adorabili. Anche lui amava quella canzone, ma temette di non reggere la combo con lo splendore della sapiente armonia più quella della figura del suo amico. Poteva essergli letale! Doveva rimanere prudente, doveva distogliere lo sguardo.


 


 

“Perché non fai delle serate? Visto che hai sempre così tanta voglia di cantare!” Lo beffeggiò Pendragon, desiderando con tutto se stesso di non aver pensato ciò che aveva effettivamente appena pensato. Le parole fecero miracolosamente azzittire il marziano, che arrossì violentemente e l'amico ci fece caso, si accorse del suo strano trasalire, come se tutti i suoi gesti in quel momento urlassero colpevolezza.


 


 

“NO, NON CI CREDO!” Inveì Artù, Merlino abbassò lo sguardo, incominciando a fissare il cruscotto, giocherellando nervosamente con le proprie dita. Pareva avere delle scritte al led lampeggianti ad avvertire che avesse provato pure quel lavoro, quel ragazzo non era affatto in grado di mentire, ma purtroppo per lui, nemmeno di omettere in modo discreto. Tsk, discrezione ed Emrys? Non andavano d'accordo.


 


 

“Come ci sei finito? Che cantavi?” Continuò.


 


 

“È stato quasi due anni fa Artù, non lo faccio più adesso!” Rispose, il biondino trovò insolito come la sua voce ne usciva: nervosa, seria,seccata, come se volesse cambiare argomento, come se ci fosse stato qualcosa di riprovevole dietro.


 


 

“Dove?”


 


 

“Se te lo dico la smetti di interrogarmi?” Chiese il moro con una certa urgenza. Pendragon forse si sbagliava, quella li doveva essere semplice vergogna, come quando qualcuno sputtanava episodi imbarazzanti della propria vita, risalenti al passato. Era del tutto comprensibile.


 


 

“Si” Lo rassicurò.


 


 

“Un gruppo di amici del liceo, davvero bravi! Fanno indie rock, synth pop, new wave tutte queste cose qua, alla Depeche Mode per capirci!” Iniziò ed Artù sbarrò gli occhi incredulo, tentando di non scoppiargli a ridere in faccia per esserselo immaginato su un palco, conciato un po' alla Martin Gore.


 


 

“Non avevano nessuno alla voce, quello dell' 'Alien caffè' voleva che ci fosse pure della roba cantata, per accontentare un po' i clienti. E niente, non so come, ci sono finito in mezzo. Ma non ti aspettare chissà che, non ho mai studiato, ero una pezza momentanea, uno solo un po' intonato che ci sapeva fare con la gente e basta! Me ne sono andato dopo tipo quattro mesi, perché ho trovato di meglio!” Parlò velocemente, con voce secca e perentoria, tanto che il biondino ci mise un po' a processare tutte quelle informazioni.

Sorrise al nome del locale, ne aveva sentito parlare molto in giro. Ma qualcosa nel marziano non andava, doveva davvero ritenerlo un evento molto imbarazzante, per renderlo così sbrigativo e brusco a riguardo, così non insistette oltre, anche se appena gli fosse stato possibile, con molta probabilità avrebbe cercato il sito del locale pur di avere qualche reperto storico che testimoniasse quella buffa e breve carriera che Merlino aveva intrapreso. Chissà se aveva avuto pure il coraggio di ballare...Si morse un labbro per non pensarci ed evitare di ridere.

Emrys si chiuse in uno strano silenzio così opprimente, che Pendragon si sentì un'altra volta di troppo tra lui ed il suo cervello.


 


 

"Perché stiamo facendo questo giro di Peppe, allunghiamo parecchio così!" Disse il moro, una volta giunti vicino casa di Artù, che quasi tirò un sospiro di sollievo nel momento in cui finalmente il ragazzo riprese a parlare, era spiacevole quando non si perdeva nelle sue solite farneticazioni! Anche se non lo avrebbe mai ammesso, altrimenti poi quello si sarebbe sentito in dovere di parlare otto giorni di fila, su sette.


 


 

"Non voglio passare sull'incrocio, c'è uno stop su una salita assurda!" Spiegò sincero.


 


 

"Quindi non sai fare le partenze in salita!?" Esclamò esterrefatto, il biondino negò, non era mai stato in grado di farle, in quelle davvero ripide, ne era terrorizzato anzi! La città in cui aveva praticato con scuolaguida per mesi, era priva di tali dislivelli. Aveva tentato una volta a passare per la via più breve, ma era entrato nell'ansia più totale quando aveva capito di star bruciando qualcosa, forse l'acceleratore, forse la frizione e si lasciò scivolare all'indietro, per inerzia, invece di frenare, rischiando di tamponare una vettura in coda, che era rimasta ad attendere. Era contraddittorio come Pendragon fosse una persona tanto prudente, quanto pericolosa, quando non ragionava più. Si era vergognato a morte nel prendere atto di aver creato una fila dietro di lui, ancor di più quando fu necessario che un vecchietto spazientito svolgesse la partenza al suo posto, facendolo sentire un verme incapace.


Quando i due entrarono in casa, Artù prese la lasagna congelata e la mise in forno, senza cincischiare e ben presto ne fuoriuscì un profumino invitante, non che ne avesse dubbi! Ginevra era Ginevra! Quell'odore gli provocò la produzione di una quantità vergognosamente industriale di saliva, era sempre stato un golosone. Così decise di distrarsi, per evitare di creare una piscina abusiva nel quartiere ed andò ad accendere il camino, accorgendosi con enorme disappunto, di aver terminato la carbonella.

Il padrone di casa tentò comunque, accatastando la legna un po' a casaccio ed ovviamente il fuoco non voleva saperne di prendere.


 


 

"Problemi col fuoco?" Chiese Merlino, con l'intento di burlarsi della sua tattica disperatamente improvvisata.


 


 

"Ho finito la carbonella!" Gracchiò, per poi soffiare inutilmente sui quei poveri, innocenti pezzi di carta, dai quali pretendeva un falò serio.


 


 

"Posso disfarlo? Anzi, senza posso!" Intervenne l'ospite, avvicinandosi.


 


 

"Ma sentilo! Se mi incendi casa ti butto in mezzo alle fiamme!"


 


 

"Ahh, che diffidente! Quando non hai la carbonella, devi caricarlo di legnetti e a mano a mano che prende fuoco, aggiungi della legna sempre più grande, non puoi pretendere che un giornale strappato possa bruciare subito dei ciocchi enormi!" Spiegò serioso ed un po' interdetto, preparando da capo il camino, con due ciocchi grandi di lato ed uno in fondo, per poi mettere la carta sotto tanti rametti fini e secchi. Il biondino studiava i suoi movimenti con estrema attenzione, così avrebbe appreso, sempre che quel marziano avesse davvero le facoltà per riuscire nell'intento.



"Si va per gradi, senza fretta!" Seguitò. Che pensasse che qualcuno stesse girando un tutorial da postare su youtube?

Pendragon però, ben presto si distrasse e prese a fissargli le mani, scordandosi del fatto che non stesse in un museo ad ammirare un dettaglio di un quadro, ma che il suo scopo era imparare dal collega. Emrys non poté proprio non notare che gli occhi dell'altro, gli si fossero stabiliti addosso, o meglio, sulle proprie dita affusolate. L'ospite non ne rimase affatto troppo turbato, prese l'accendino e diede fuoco alla carta, il suo tendine sporse appena, proprio come una qualsiasi di quelle belle statue di marmo, spiccando sulla pelle chiara nell'assecondare e compiere il veloce movimento sulla rotellina dell'accendino. Il moro si concesse un'altra occhiata veloce ad Artù, che imperterrito, non gli aveva smosso gli occhi di dosso.


 


 

"Quindi è vero che ti piacciono le mie mani? Pensavo fosse una cazzata detta da una testa di fagiolo ubriaca!" Esclamò schietto, senza troppi giri.
A quelle parole, l'asino diede una testata al bordo del camino con un tonfo buffo, provocando una grassa risata all'ospite.


 


 

"Chi...che? Come?" Bofonchiò nervoso.


 


 

"Me lo hai detto tu!" Affermò tranquillo Merlino, a bassa voce.


 


 

"ODDIO...mi dispiace, non volevo!" Si scusò costernato, credeva che quel complimento lo avesse solo pensato e non che lo avesse addirittura esternato, era sicuro fosse stato un miraggio, quando gli erano tornati dei flash in cui intrecciava le proprie dita a quelle dell'amico. Arrossì violentemente nell'intuire che con molte probabilità, lo avesse fatto per davvero, così come l'aver messo a voce quell'insulso commento sulle mani dell'altro.


 


 

"Non volevi cosa? Trovare belle le mie mani?" Disse Emrys, inserendo disinvolto legna di dimensioni sempre più grandi. Desiderava fargli capire che andava tutto bene, non era niente! Doveva rilassarsi! Ma il biondino si era zittito, rosso come un peperone...che sfacciato che era quel Mirino!


 


 

"Daii su! È normale che ti piaccia qualcosa nelle persone. Sarebbe alquanto improbabile il contrario, no?" Continuò, distogliendo lo sguardo dal suo amico, per poter cominciare ad accatastare i ciocchi, pareva essere molto sicuro di ciò che stava facendo, quasi come se ognuno di quei pezzi, avesse un unico posto possibile , prestabilito, all'interno di quella comunità di tronchi, proprio come fosse stato un puzzle enorme, di quelli per i bimbi davvero piccoli.



"Mh..." Mugugnò Pendragon di risposta, iniziando a convincersi delle sue parole, massaggiandosi il capo dolorante.


 


 

"A me anche piace qualcosa di te!" Confessò.


 


 

"Ah si?" Chiese stupidamente compiaciuto Artù e quel babbeo di un marziano, gli regalò uno sguardo scherzosamente provocante.


 


 

"Beh in tutti i modi non voglio saperlo!" Si affrettò a dire il biondino, spaurito dall'espressione dell'altro.


 


 

"Oh fidati, non l'avrei mai detto..." Sussurrò, il volto lievemente imbarazzato, con una voce talmente bassa, che Pendragon credette di aver avuto un'allucinazione. Improvvisamente si ricordò dell'amata lasagna e corse a prelevarla dal forno, rimanendo con quel dubbio sconcertante, aveva parlato o no? Mise delle abbondanti porzioni di cibo nei piatti ed incominciarono così a mangiare, sedendosi accanto al fuoco che finalmente aveva preso vita. Parevano aver scordato che esistesse un tavolino, ma in fondo, chi mai vi avrebbe cenato con compostezza, su un ripiano fatto appositamente, quando c'era un camino caldo e fascinoso acceso, che li tentava?



"È BUONISSIMA!" Esclamò il moro con la bocca piena, Artù concordò distrattamente con un cenno del capo, specificando che Ginevra avesse un enorme talento con le lasagne ed entrambi tornarono ad osservare rapiti, i giochi di luce e di forme che le fiamme regalavano, ipnotizzanti, ascoltando in silenzio lo scoppiettio del legno.


 


 

"C'è una motivazione effettivamente sai...del perché volevo passare del tempo con te!" Annunciò il biondino rompendo, dopo qualche minuto, il silenzio, con tono serio. Merlino arrestò la forchetta a mezz'aria, e la sfoglia ricadde sul piatto. L'ospite sbarrò gli occhi, guardandolo con apprensione. Che era successo? Perché Pendragon era diventato tanto serio? Perché stava zitto uccidendolo di attesa?


 


 

"Volevo solo avere una scusa per poter vedere Donna Francisca e Raimundo Ulloa!" Continuò, non riuscendo più a mantenere quel suo sguardo austero, a quanto pareva le sue doti attoriali erano valide, o forse era il suo ospite ad essere uno stupido allocco. Chissà che aveva immaginato Emrys? Lo vedeva scosso nel profondo!


 


 

"DIO ARTÙ, MI HAI FATTO MORIRE DI ANSIA!" Urlò, distendendosi da quella ignota aspettativa, dando un calcio al povero asino, molto delicatamente, tanto da sembrare un semplice sfiorarsi, per poi scoppiare a ridere come due cretini.


 


 

"Che fai nel tempo libero solitamente? A parte leggere?" Chiese il moro, non appena terminò la squisita lasagna di Gwen, certo che era un impiccione come pochi!


 


 

"Non molto...Mi alleno un po' per conto mio, corro, cammino, ma non credo siano considerati hobbies, no?"



"Si si, credo proprio lo siano invece!"



"Tu? Sempre se ne hai di tempo libero! A parte fare i karaoke e ballare scabrosamente?" Artù gli rigirò la domanda, approfittandone per poter burlarsi di lui e, perché no, conoscere davvero cosa gli piacesse fare. Merlino lo fissò in silenzio, pensieroso, disegnava, ecco che faceva, poteva dirglielo, non era un segreto di stato, anche se generalmente si comportava come se lo fosse.


 


 

"Scarabocchio qualche ritratto...quando mi va...” Disse velocemente, sperando l'altro lo considerasse un qualcosa di insulso e che passasse oltre.




 

"NON SEI SERIO!"


 


"Perché no?" Domandò, studiando l'altro.


 



"Davvero?" Continuò il biondino, con faccia idiota.


 



"Si, mi piace disegnare le persone, non significa che io sia bravo, ovvio! Però è rilassante. Sono cose molto zozze, sporche.... DI STILE INTENDO! Grezze. E ovviamente lo faccio perché mi fa stare bene, non perché voglio che diventi la mia professione, tipo i ragazzi a scuola..." Parlò e a Pendragon parve davvero strano come il discorso del collega somigliasse più ad una immotivata giustificazione, che ad un normale discorso dettagliato, ma ne era interessato, moriva dalla voglia di vedere qualcosa di suo. Chissà qual'era la visione di un marziano sugli esseri umani?


 


 

"Ora pretendo che me li mostri! Chi lo sa, magari oltre ad essere un imbranato cronico sai anche fare qualcosa di decente no?"


 


 

"Pretendi?" Ripeté Emrys, alzando un sopracciglio, avvicinandosi leggermente ad Artù.


 


 

"SI! Sono sicuro che avrai delle foto sul cellulare!" Disse, con una sicurezza disarmante. Il moro distolse lo sguardo per un momento, era vero, Hunith amava osservarli, era una maniera per sentirsi vicini in un certo senso, anche se non lo erano affatto e lui glieli mandava sempre, sapeva quanto le facesse piacere. Voleva mostrarli anche al biondino, davvero voleva che lui li vedesse, ma allo stesso modo, provava uno strano imbarazzo. Lasciargli la sua personale prospettiva sul mondo dell'interiorità, come perciò i suoi occhi sentivano gli altri, era un po' come donargli parte delle sue idee, delle sue sensazioni più inconsce e schiette, di se stesso. Aveva notato come, dai ritratti della quotidianità che si dilettava a fare, si intendesse a mani basse cosa dicesse il proprio cuore. O magari erano solo pippe mentali, forse, se lui riusciva a leggerci qualcosa, era da ricollegarsi al fatto che fosse proprio lui a realizzarli e lui si conosceva più o meno a fondo, ecco perché capiva.



"Tu? Merlino, un antico romano reincarnato in te, idiota marziano, ti vergogni? Come vorrei dei testimoni!" Scherzò Pendragon, percependo l'insolito ed evidente imbarazzo dell'amico.



"Quindi mi fai vedere?" Insistette dopo un po'.



"Quanto sei..."



"Dai dai, hai il cellulare proprio li, in tasca!" Annunciò Artù, sporgendosi verso di lui per indicargli l'oggetto incriminato nei pantaloni.



"Che palle!" Esclamò, fintamente sfinito, prendendo tra le mani il proprio telefono. Aprì una cartellina privata nella galleria (aveva addirittura una password per accedervi) contenente tutti i suoi scarabocchi, nascosti, come un'altra persona ci avrebbe celato della pornografia, ma poi si arrestò e poté notare la frustrazione impossessarsi del biondino.


 


 

“Mi farebbe piacere...” Cominciò, riponendo di nuovo il cellulare in tasca per poi avvicinarsi all'altro. I suoi disegni erano una delle pochissime cose, per cui Merlino provava possessività ed una pudica discrezione.


 


 

“Ma?” Domandò Pendragon, come se lo avesse appena ferito gravemente nell'orgoglio.


 


 

“Desidero che tu possa vederli su carta, non sullo schermo, tu che puoi...” Continuò, Artù avrebbe avuto la possibilità di andare a casa sua quando più ne aveva voglia e di spulciarli, inchiostro su carta, a differenza di sua madre, che abitava troppo lontana e a malapena si incontravano. Ci teneva perciò a non sprecare quella prima volta. Poteva sembrare stupido, forse lo era. Non per lui.


 


 

“Sono serio, non rimanerci male, è diverso, per quanto non siano niente di che, è davvero diverso! E importante...per me.” Lo tranquillizzò spiegandosi meglio e finalmente quell'espressione da cucciolo bastonato lasciò il volto bello dell'asino, che doveva aver compreso che le sue non erano strane scuse.

Il padrone di casa si alzò scattante, con l'intento di accendere il televisore, a quell'ora purtroppo non c'era il “Segreto” ed i due incominciarono ad avere un'accesa discussione su cosa dovessero guardare in TV, fino a che il biondino non cedette sfinito, alla tirannia dell'amico, che lo stava sottoponendo all'agghiacciante visione di “Don Matteo

Pendragon decise che poteva anche dargli una possibilità, ma una cosa non riusciva a reggere...ed era il tono di voce soporifero dell'aitante Terence Hill.

 

Emrys era catturato dalle vicende, addirittura si incazzava a causa dell'idiozia del maresciallo ed Artù, colto dalla curiosità e per evitare di sprofondare a dormire così presto, incominciò con pigrizia a cercare su instagram l'account de "Alien caffè" sapeva che il suo collega non avesse nessun social, sarebbe stato più difficile perciò ritrovare una documentazione del suo passato lavorativo, probabilmente buffo, da cantante, ma il biondino era positivo, c'erano alte probabilità che vi fossero prove. Avrebbe dovuto scorrere, fino a raggiungere le foto di due anni prima, il pollice si muoveva quasi meccanicamente, rapido in quel susseguirsi di immagini, che parevano delle semplici macchie indistinte di colori. Forse era da stalker una cosa simile, ma voleva solo burlarsi un po' di lui, del suo passato, del suo amore senza vergogna e timori per i karaoke.

Dopo una manciata di minuti fu colpito da una foto, vista di sfuggita, tornò lentamente indietro, dato che ormai l'aveva superata nella frenesia e lo riconobbe. Era lui, senza ombra di dubbio, leggermente sbilanciato verso l'asta, come se fosse stato un bastone su cui poggiarsi, aggraziatamente, il microfono però lo teneva in mano, tra le dita riposate lungo i fianchi. Aveva i capelli un po' incolti, lunghi proprio come in quel momento in cui lo aveva accanto con se, sul divano, belli, un po' scompigliati, ma comunque belli, un'espressione sfaccettata lo caratterizzava e lo rendeva peculiare, interessante, forse addirittura attraente: era tranquillo, stanco, scazzato, un po' languido ma anche dolce come al solito. Pendragon si stupì dei suoi occhi, che non guardavano l'obbiettivo, eppure erano così penetranti, contornati da una finissima linea di matita, o forse era eyeliner, non ne capiva molto di quella roba. Indossava un crop top bordeaux, che lasciava scoperto il suo addome, dalla parvenza tanto fine e fragile. Artù sentì un senso di colpa disturbante crescere in lui, quando i propri maledetti occhi si soffermarono un po' troppo sui suoi fianchi, avvolti da dei pantaloncini corti, aderenti e lucidi, forse di pelle o di qualsiasi altro tessuto sintetico che potesse riflettere la luce così tanto.
Le labbra carnose, colorate da un rossetto scuro, appena dischiuse, riposate e distese in una stasi così sensuale, ma lui non stava provocando nessuno, non si sforzava per essere ammiccante, era semplicemente se stesso. L'intera persona del moro, ritratta in quel momento rubato a tradimento e fissato per sempre in una fotografia, aveva un'enorme carica erotica, genuina, così naturale, spontanea e contraddittoriamente pura, da far confondere la percezione del povero asino, che forse, mai come in quel momento, avrebbe voluto non cedere alla curiosità di cercare immagini di quel locale.



"Perché ti vestivi così? Cioè, dove li prendevi 'sti cosi?" Chiese stupidamente il biondino, seppur lo avesse immaginato con uno stile alla Martin Gore, vederlo in un'estetica tanto androgina non mancò di stupirlo. Non ci aveva mai fatto caso, a quanto lo fosse, probabilmente era quello a renderlo peculiare. Ed era insolito, perché il suo volto era tanto spigoloso, tutto il suo corpo lo era, Pendragon aveva visto, eppure stranamente dava un senso di morbidezza e sofficità, gradevole. Era per quello quindi che aveva un'aria tanto particolare?
Merlino si girò quasi annoiato, non capendo a cosa si riferisse, ma quando si accorse che l'amico gli stava mostrando una sua foto di quell'epoca, trasalì, spalancando occhi e bocca. Parve quasi aver smesso addirittura di respirare, per un istante.


 


 

"Come cazzo fa a starci quella foto li?!" Parlò con tono preoccupato, fissando il cellulare.


 


 

"L'hanno messa quelli del locale!" Rispose demoralizzato, non comprendendo tutta quella ritrosia a riguardo.

 



"Non mi hanno chiesto niente!" Quasi urlò, pareva arrabbiato e in uno scatto irrazionale gli sfilò il cellulare dalle mani, cliccandoci su, tentando chissà quale manovra.


 


 

"Ma che hai? Sto solo scherzando non mi importa!" Tentò di rassicurarlo, ma quello continuava a cercare chissà che.


 


 

"Come si segnala su questo coso?" Chiese Emrys preoccupato, Artù si sporse per vedere cosa stesse facendo, pareva un novantenne che non aveva mai compreso appieno la tecnologia e i social (giustamente) aveva messo per errore un cuoricino, a furia di toccare lo schermo in modo sconnesso.




"I tre puntini in alto a destra sulla foto...ma che ti prende?"




"Non guardare, ti prego! Non provarci mai più! Mi avevi detto che non insistevi!" Lo rimproverò, un po' aggressivo, un po' ferito, nascondendo l'immagine con la propria mano sinistra per impedirgli di vedere ciò che già aveva osservato, anche troppo interessato. Glielo aveva detto con una strana espressione supplicante, tanto da far preoccupare il biondino, che iniziò a sospettare che lui potesse temere che lo avrebbe schernito per quel modo...un po' strano di acconciarsi.




"Mi spieghi che c'è di male? Pensi che sia così un pezzo di merda, che possa prenderti per il culo per il fatto che ti piace truccarti o meno? O di come vuoi vestirti? È per questo che sei così schivo? Sei un cretino, sono cazzi tuoi, che vuoi che mi importi?"


 


"Non è questo!" Rispose a bassa voce, gli faceva piacere, davvero, che Pendragon non lo trovasse riprovevole, ma il punto non era quello.


 


"Non sei mai stato così schivo, nemmeno quando ci urlavamo contro ti ho mai visto così...che succede?" A quella domanda, il moro gli lanciò uno sguardo frustrato, titubante, poi riprese a cercare sullo schermo del cellulare, se ci fossero altre sue foto da segnalare.

 



"Scusa se ti ho urlato...” Si discolpò dopo lunghi attimi di silenzio e di ricerca.


 


 

“Non puoi mica leggermi nel cervello! È che...non me ne sono andato di li perché avessi trovato di meglio. Ho solo...passato un brutto quarto d'ora con un gruppo di coglioni e non mi piace riportarlo a galla così, per questo...E per le foto, semplicemente non le voglio di dominio pubblico!" Sussurrò, ridandogli il telefono.


 


 

"Merlino...che significa?" Chiese apprensivo, sentendo l'ansia smuovergli le viscere, immaginando a cosa potesse mai riferirsi. L'altro lo fissò con degli occhi così fragili che Artù avrebbe voluto stringerlo a se.


 


 

"Non il peggio che si possa pensare...non quello..." Disse solo, boccheggiando più volte, insicuro, per riordinare gli eventi nella sua mente.




"Era tardi, avevo finito al lavoro e stavo per tornare a casa, non c'era più nessuno nel locale. Quando questi... erano adulti...credo. Si sono avvicinati e hanno iniziato con le stronzate che mi sentivo dire spesso, perché mi vesto da donna, ma non lo sono, perché forse mi piace il cazzo, perché sono una checca, le solite cose, li ho ignorati quindi. Ma insistevano e dal disprezzarmi, hanno incominciato poi a pretendere da me...delle cose..." Il biondino gli lanciò uno sguardo che voleva gridargli una domanda agghiacciante in particolare, ma non riuscì a parlare. Sperò con tutto se stesso che non gli avessero avanzato delle proposte sessuali, sapendo che purtroppo, con ogni probabilità, le "cose", come le aveva definite Merlino, che quei mostri pretendevano da lui fossero proprio di quel genere. Putridi.

 



"Mi hanno sempre fatto schifo quelli che in pubblico disprezzano ma poi sotto sotto...sono solo dei codardi che non hanno avuto il coraggio di essere se stessi ma che non sanno comportarsi con rispetto. Sono solo stato fortunato, immensamente fortunato. Mi hanno pistato di botte e ne sono felice, perché potevano fare altro, ne avevano modo, di prendersi con forza il piacere che bramavano e che io non ero disposto a dargli, mai, mi sarei abbassato di mia volontà, a condividere, a donarmi, a nessuno di loro, mai!" Parlò, con schifo nella voce, gli occhi leggermente velati. Si umettò le labbra secche e si prese un po' di tempo prima di proseguire, Pendragon lo fissava attento, rispettoso, Emrys poteva vedere in lui una forte rabbia crescergli dentro, un senso di rivendicazione accendergli gli occhi chiari.

 


 


"E sono grato della loro codardia, non lo hanno fatto, perché per mia immensa gioia non ne hanno avuto il coraggio e so, lo so che era solo per paura che gli potesse piacere davvero...con un altro uomo, pure se non volevo. Io mi sono spaventato a morte però, per quello schifo di desiderio animale sprezzante che avevano negli occhi, non ci ho messo più piede li e ho smesso di conciarmi come mi pareva. Non è che andassi in giro così sempre, rare volte mi andava, ma conciarmi in un certo modo oggi, mi ricorda di quella notte, non c'entra nulla con quello che mi è successo lo so, certamente, per fortuna non mi sono mai sentito in colpa, io non c'entravo. Ma non so, visivamente me lo riporta alla mente. Sto provando a non associare più quello stile a quei porci..."
Artù gli credeva, quando il suo amico diceva che era cosciente del fatto che lui non c'entrasse nulla con lo squallore marcio di quel gruppo di uomini, se così potevano chiamarsi, che lo avevano aggredito e minacciato. Credeva che il moro fosse sinceramente consapevole di non avere colpe ed il biondino ne fu felice. Ma ciò, non riuscì ad affievolire il ribrezzo che cresceva in lui, contro quel gruppo di bastardi, animi insulsi, che credevano di poter avere tutto, che si erano azzardati a fare delle proposte oscene ad un ragazzo indifeso, cosa diamine li rendeva così convinti che lui volesse stare proprio con loro? Putridi, privi di spina dorsale, come facevano alcuni pezzi di merda, ad aspettarsi e pretendere di ricevere del piacere, solo perché magari una ragazza oppure un ragazzo disinibiti, andavano a divertirsi in giro, a lavorare, a studiare? Non si sentivano dei rifiuti a voler forzare a tutti i costi qualcuno? A non saper accettare un rifiuto?

Merlino non aveva visto nulla dei suoi aggressori, aveva a mente solo le loro voci, comunissime voci, tanto comuni che probabilmente, anche se uno di loro gli avesse parlato nuovamente, nemmeno lo avrebbe riconosciuto. La sola informazione che quei timbri gli avevano dato, era che forse appartenessero ad adulti, ma non poteva esserne certo.
L'altra cosa che ricordava, l'unica che fosse a livello visivo, erano i suoi stessi abiti sgualciti ed insozzati di sangue, probabilmente era per quello che tale stile estetico ormai lo terrificava, su di se. Aveva smesso perciò di accontentare i propri sfizi che, raramente lo portavano a volersi vestire con un certo tipo di capi. Se aveva evitato, era perché li associava inconsciamente a quella notte, essendo l'unica immagine vivida, stampata bene nel suo cervello. Il ragazzo ultimamente però, si sentiva più coraggioso, pronto a tentare di tornare a conciarsi come diamine gli pareva, senza che ne fosse spaventato, senza che accostasse uno stile a quell'orrenda esperienza, difatti, stava lasciando crescere i suoi bei capelli, nuovamente. Poteva sembrare una cazzata ai più, ma per lui non lo era affatto.


 


"Dimmi che li hai denunciati!" Chiese Pendragon, speranzoso, l'amico sorrise amaramente, distogliendo per un attimo lo sguardo, in quella che era palesemente una risposta negativa.

 



"Perché no, Merlino? Perché?" Continuò confuso.


 


"Non li ho guardati, non saprei dirti neanche come erano conciati, lo sai, mi hai visto quella volta al parcheggio...se mi prendono di mira, non riesco a fare nulla, mi pietrifico e semplicemente non osservo. Capisci quanto valga zero una denuncia contro ignoti? So solo che dalle voci sembravano adulti, ma non serve a molto una voce per fare un identikit, se la polizia non ha già dei sospettati...ho lasciato perdere. E basta." Rispose mortificato, guardandolo con enorme ricerca di comprensione ed Emrys fu grato di ritrovarla nella persona accanto a se.


 


"Mi sono proprio rotto il cazzo di fare da pungiball ai frustrati, lo so che mi capisci." Continuò, ricordava bene ciò che Artù gli aveva raccontato, aveva un padre manesco, e tutta l'aria di essere anche anaffettivo e tiranno, perciò il moro sapeva, che in un certo senso, seppur in una sfumatura leggermente diversa, poteva intenderlo bene.


 


 

"È da quando sono piccolo che qualcuno si è sempre sentito in dovere ogni tanto di 'darmi una lezione' per farmi comportare come ci si aspettava da un futuro super macho alfa. Sono sempre stati gli altri ad avere la necessità di schiaffarmi in delle etichette con delle definizioni maligne, con aggettivi che nemmeno loro sapevano cosa significassero per davvero e nemmeno io, infatti da bimbo ci stavo male. È per questo che oggi mi sta sulle palle definirmi in qualche modo, talmente ci hanno sempre tenuto troppo gli altri ad assillarmi e a volermi a tutti costi con qualche targa strana, che io non voglio, mi hanno scassato!" Continuò Merlino, in un flusso di parole ed in uno sfogo di cui aveva davvero un evidente bisogno. Non voleva che il biondino pensasse che gli avesse raccontato una frottola, che si facesse passare per quello che non era, proprio come quei vigliacchi che non ne avevano il coraggio e che a furia di reprimersi, arrivavano a molestare sconosciuti a caso.

Non gli aveva del tutto mentito quella volta a lavoro, quando gli aveva detto che non gli fosse mai piaciuto un altro uomo. Ma non era neanche la completa verità. Gli capitava di provare attrazione, ma non aveva mai sentito qualcosa di tanto intenso per un ragazzo, non che lo avesse mai provato con una donna, ma le ragazze erano le uniche con cui fosse uscito, con cui avesse interagito in quel particolar senso.

Era rimasto sul vago, un po' perché in quel momento Pendragon cercava una risposta concisa ed Emrys non ne possedeva una breve che potesse permettergli di essere sincero al completo e pure rapido, ed un po' perché aveva ormai appreso come reagissero gli altri se si azzardava a dire di essere attratto anche dagli uomini. “Ma ci sei mai uscito? No. Allora come fai a saperlo?!” E lui era stufo di quelle parole, pur essendo ingenue e assolutamente prive di alcuna malignità. Anche se non era mai uscito con un ragazzo, sapeva benissimo di sentire un certo richiamo, un interesse. Trovava buffo come nessuno chiedesse ad uno a cui piacevano le donne, se ne fosse sicuro, pure se il soggetto in questione magari, era totalmente inesperto a riguardo e non avesse mai approcciato all'altro sesso.

Perciò gli aveva riferito una mezza verità, perché alle volte le cose erano talmente semplici, da trasformarsi in complicate, per qualche strano scherzo della natura.


"Lo so che non c'è niente di male ad etichettarsi per chi vuole farlo, ma mi ci hanno fatto venire la nausea con quell'invadenza 'le femminucce o sei checca? Ma pensi di essere donna?' Ad oggi mi sento in trappola se provo a darmi una definizione. È che per me...sono le anime ad incontrarsi fra loro e quando si ha la grande felicità non solo di sentirne una, ma che l'altra sia in grado di sentire la tua, ricambiando, potendosi sfiorare, potendosi toccare davvero, allora che importa cosa ha in mezzo alle gambe il corpo che da materia a quell'anima? O che importa con cosa ci è nata? E lo so che per alcuni è essenziale, lo rispetto, ci mancherebbe altro, ma non lo comprendo a tutti gli effetti..." Forse il moro era un inguaribile romantico con ideologie troppo idilliache, sapeva che fosse difficile instaurare un certo legame immensamente profondo, ma difficile non significava impossibile! Non per questo però, pensava di doversi precludere delle esperienze meno intense, perché era sicuro che relazionarsi con le persone, lasciava sempre qualcosa, arricchiva il proprio io, nel bene e nel male e trovava giusto quantomeno tentare di capire fin dove potessero arrivare le sensazioni scaturite da un rapporto con gli altri.

Merlino si stupì piacevolmente nel percepire Artù curioso, palesemente voglioso di conoscere altro della sua mente ed era strano, insolito, era bello per lui, che qualcuno paresse tenerci a sapere di come andasse il suo cuore ed il suo cervello. Non aveva incontrato mai nessuno che non desiderasse altro se non cambiare discorso, quando raramente gli capitava di farselo sfuggire, oppure non mancavano di trattarlo come se fosse stato nel bel mezzo di un trip di acidi.


 


 

"Lo vedi no? Che alla fine aprirsi mentalmente è ricco, ma ad ampliare troppo le prospettive si rischia semplicemente di essere chiusi, in modo diverso, ma di esserlo. Si è comunque limitati quando si è troppo e io riconosco di esserlo. Troppo limitato nelle mie idealizzazioni. È buffo no? Come tu voglia aprirti e io desideri darmi un contegno invece!" Disse sbuffando in un sorrisetto.


 


 

"Oh, se fosse un'ossidoriduzione, avremmo già risolto..." Il biondino si sentì un coglione dalla testa ai piedi per aver fatto una battuta tanto stupida, ma per un breve istante aveva avuto così paura, che aveva gettato la prima cosa sciocca che aveva pensato.
Era rimasto stordito nel sentirlo parlare, provò una scintilla di un sentimento a lui quasi del tutto sconosciuto, non lo riconosceva perché non aveva la minima idea di cosa fosse.
Nella vita Pendragon aveva contemplato opere pittoriche classiche, sculture, musica, letteratura soprattutto, ma mai e poi mai avrebbe pensato che una persona potesse dargli un'emozione tanto forte, che pareva essere molto simile a quelle che gli procuravano l'arte, ma allo stesso modo tanto diversa. Quell'intensità lo aveva spaventato, perché non sapeva cosa fosse e se esistesse un nome in una qualsiasi lingua del mondo, tra nuove ed antiche, per chiudere quella strana emozione in un susseguirsi di lettere o ideogrammi.
Si tranquillizzò nell'accorgersi che Emrys non aveva trovato quella battuta fastidiosa o fuori luogo, ma gli sorrise, affabile come al solito. Era semplicemente Merlino, Era se stesso. Stava. Nient'altro. Eppure ad Artù pareva lo stesse graziando nel mostrargli i suoi pensieri, come se potessero scaldarlo, avvolgerlo, riempirlo di qualcosa di essenziale, seppur ignoto. Lo guardò con attenzione, pareva uno di quei dipinti, in cui i soggetti erano sublimati ad un ideale, ma lui era vero e pertanto non poteva affatto essere sublimato, non si trattava di perfezione nelle forme, la perfezione non esisteva tra gli esseri umani, la simmetria generava solo freddo sospetto nel cuore delle persone. Era il suo carattere, la sua essenza più profonda che pareva uscire da ogni centimetro visibile del suo corpo, del suo volto, irradiare l'esterno. Lui era un involucro coerente col suo spirito ed il suo cuore. Forse il biondino si era ammattito, forse Gwen aveva buttato per errore dell'hashish dentro la lasagna, il suo amico era tutto così delicato, diafano, dannatamente immacolato, profondo, intelligente che per uno stupido attimo Pendragon si chiese se era veramente li con lui, se quell'animo e quel corpo potessero davvero avere una consistenza terrena, si sentì un pazzo nel ritrovarsi a bramare di più da lui, più sfaccettature delle sue riflessioni, più sfumature del suo cuore, del suo animo. Più conoscenza. Come quando, una volta sognò di rubare il sacro Graal in una chiesa e nello svegliarsi si sentì un mentecatto nell'avere tutta quella bramosia, anche se era solo in una visione onirica.


Artù si sentì in colpa per essere stato sfiorato da quelle sensazioni, sbagliato, putrido, avrebbe voluto non rendersi conto di quanto lui brillasse. Mosse una mano sul suo volto senza che il cervello potesse dire “Non farlo, che fai, così dal nulla?”. Lo sfiorò dapprima leggermente, con un'irrazionale paura di romperlo ed il ragazzo lo guardò, intensamente diritto nei suoi occhi grandi, come se potesse leggervi qualcosa dentro. Poi fece una leggera pressione sulla sua pelle e lui rise. Il biondino non si era mai reso conto delle sue fossette ai lati delle guance, ritenne che non dovesse essere un dettaglio così importante, era una cretinata, ma sentì il proprio cuore sciogliersi, come saldatura d'oro sotto il sapiente tocco di un orefice, che sapeva come posizionare la fiamma, in modo tale da liquefare solo la saldatura, per legare una creazione preziosa e non squagliare l'intero gioiello, distruggendo invano il duro lavoro.

Il moro aveva uno strano fare paziente e l'attesa non era nelle sue corde solitamente. Non sembrava stupito o frettoloso di scoprire perché lo avesse toccato, seppur curioso, in quel momento pareva avrebbe atteso e prolungato quel contatto, qualsiasi cosa fosse, qualsiasi cosa gli occhi di Pendragon volessero dirgli, perché gli piaceva, quello sguardo con cui lo guardava gli piaceva, lo appagava in un modo diverso da come poteva trovare affettuosa un'intesa con i propri amici.


 


 

“Mi piace come mi guardi.” Sussurrò Merlino, forse quelle parole erano troppo spaventose ed il marziano non se ne rese conto, fino a che non vide l'altro sbarrare talmente tanto gli occhi, che pareva aver avuto un incontro ravvicinato del terzo tipo con un fantasma. Artù pose fine a quella roba che stava facendo con le sue dita, lungo gli zigomi dell'altro, che forse poteva chiamarsi “accarezzare”


 


 

“Adesso, o prima, o come fai di solito in alcuni momenti, le tue espressioni sono davvero preziose. Sei così pieno di rispetto, disponibilità e voglia di comprendere, immedesimarti, il tuo silenzio è pieno, vorrei imparare da te, se fosse qualcosa che potesse essere appreso. Tu sai sempre quando non servono le parole e ti zittisci e dovrei invidiarti perché io parlo sempre e sono frivolo, ma invece ti ammiro, è una qualità figa, non me lo immaginavo!” Confessò, arrossendo lievemente, il biondino lo fissava esterrefatto, non immaginando che potesse essere apprezzato da Emrys, per qualcosa, qualsiasi cosa fosse.


 


 

“Dai importanza, intendo...con il tuo sguardo, non so se mi spiego...” Continuò il moro ed il collega deglutì a vuoto, sentendo di nuovo quella sconosciuta sensazione che aveva provato poco prima.


 


 

“Quando ci si ritrova nudi con qualcun altro di solito c'è l'indiscrezione quantomeno di fare dei paragoni mentali, per sentirsi più belli, o per autocommiserarsi come dei brutti anatroccoli 'quello ce l'ha più grosso di me, uh no, la panzetta no!' Tu non lo hai mai fatto, ne ho la certezza, nemmeno quando ci stavamo sulle palle, sei molto sensibile e delicato quando tocchi le cose con i tuoi occhi. Forse pensi che non me ne sia accorto, di quanto tu sia rispettoso nell'intimità degli altri, ma ti sbagli, ci ho fatto caso e mi piace. È per questo che mi sono spogliato in mezzo al tuo salotto l'altra volta, anche se non stavamo a lavoro, perché non mi importa, se il tuo sguardo dovesse sfiorarmi, non mi darebbe fastidio, perché sai come...guardare. Capito?” Disse sincero Merlino, quando sentiva l'impulso di doversi esprimere, purtroppo non c'era molto da fare. Ma Pendragon era visibilmente trasceso in un'altra dimensione. Non aveva la più pallida idea di come dovesse sentirsi a riguardo, ma si ritrovò ad arrossire, sapendo che quel ragazzo lo avesse notato, considerato. Sorrise imbarazzato, decidendo che sarebbe stato meglio non continuare, o davvero avrebbe rischiato di fondersi come saldatura, per creare e unire pezzi diversi di una sola cosa.


 

Emrys si accorse dei suoi incisivi simpaticamente storti, ecco cos'era quella peculiarità che gli era sfuggita, a renderlo tanto bello ed aggraziato quando rideva. Arrossì. Sprofondò poi su una spalla dell'amico, vi si accoccolò senza incontrare resistenza e rimasero così per molto tempo, la TV ce l'avevano davanti ma non avrebbero saputo ridire a nessuno, neanche la trama, ma vagamente che roba stessero guardando. Era un cartone? Un film? Telefilm? Genere thriller o romantico? Porno o erotico? Horror o documentario?


 


 

“Artù.” Lo chiamò il moro, con voce leggermente impastata, senza toglierglisi di dosso, non si era affatto accorto di essere entrato in dormiveglia, fu destato dal freddo pungente. Il fuoco ovviamente si era spento, poiché nessuno lo stava alimentando. Forse erano passati solo pochi minuti da quando avevano spesso di parlare, o forse delle ore. Irrilevante.

L'altro mugolò qualcosa come per incitarlo a parlare, dal suo timbro, pareva anche lui essere caduto in un sonno leggero, o starci per cedere quantomeno.


 


 

“Ti faccio una domanda invadente, va bene?” Disse semplicemente, toccandogli l'avambraccio.


 


 

“Ok.”


 


 

“Mi fai restare con te? Posso?” Sussurrò, ancora intontito dal sonno, aveva iniziato come a tracciare degli arabeschi sul tessuto morbido delle maniche della felpa di Artù, lentamente, casualmente.


 


 

“Si.” Rispose, pensando al fatto che egli stesso non avesse anche solo messo in conto la possibilità che Merlino quella sera volesse tornare. Era ovvio che l'invito ad uscire con lui comprendesse di rimanere per la notte.


 


 

“Hai freddo?” Domandò il padrone di casa.


 


 

“Si.” Rispose, avvicinandoglisi ancora di più, inclinò appena la testa, così da soffiargli involontariamente quelle parole sul collo. Il biondino ignorò il brivido di piacere che gli percorse il corpo, nel percepire le morbide labbra del ragazzo, carezzargli la pelle in quel punto un po' troppo sensibile.


 


 

“Andiamo a letto allora!” Disse semplicemente, alzandosi lentamente.


 


 

“Si.” Ribatté Emrys stanco, imitando l'amico.


 


 


 

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Ciao!

Penso di tenerci davvero tanto a questo passaggio. Quel piacersi come amici si sta trasformando in modo (forse) un tantino più decisivo. Non vi scasso troppo, è bastato il capitolo in se.


 

Ringrazio chi sta leggendo, salvando e lasciando opinioni. Mi fa molto piacere sapere che qualcuno possa distrarsi da questa realtà alienante, anche per una manciata di minuti.

A presto!

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Capitolo 11
*** XI ***


Artù fu svegliato bruscamente da un movimento secco e pesante, sobbalzò nel percepire un altro corpo accanto al suo, per un momento si era scordato di non essere da solo nel suo letto, poi ricordò, c'era quel marziano idiota, che gli dava le spalle e che pareva star avendo una metamorfosi dolorosa che lo avrebbe trasformato in un elefante. Forse era stato un sogno a destarlo in quel modo violento, poi il biondino lo percepì rannicchiarsi su se stesso, respirando affannosamente e pensò fosse stato carino accertarsi che stesse apposto.


 


 

"Tutto bene?" Chiese Pendragon, con voce impastata dal sonno.


 


 

"Oh...scusa se ti ho svegliato!" Sussurrò costernato. Artù suppose che le sue visioni oniriche non fossero state poi tanto piacevoli a giudicare dal suo tono provato, ansioso e preoccupato.


 


 

"Non fa niente!" Lo rassicurò, iniziando a tremare appena, per il gelo penetrante di quella notte.


 


 

"Uno stupido sogno!" Farfugliò Merlino, più per convincere se stesso e farsi coraggio che per altro, non ne poteva più di sentire il suo cuore battere così forte, per delle sciocche visioni notturne nel suo cervello idiota, mica erano reali!


 


 

"Quasi quasi avrei preferito facessi una di quelle tue pippe mentali erotiche su Dracula!" Scherzò il biondino, apprensivo per quel tono tanto agitato e l'altro, a quella battuta, si girò verso di lui, con un leggero sorriso che poteva intravedersi fiocamente, grazie alla luce dei lampioni che era riuscita ad intrufolarsi attraverso le persiane. Che ore potevano essere? La sveglia di Emrys ancora non aveva suonato, forse era poco prima dell'alba?


 


 

"Racconta, dai!" Lo spronò Pendragon, la voce purtroppo ne uscì più affettuosa di quanto volesse. Il moro aveva pur sempre interrotto la sua splendida dormita, l'asino avrebbe potuto anche sforzarsi un minimo per mostrarsi contrariato e scocciato, invece di essere così affabile. Merlino stette zitto per un po' a guardarlo, aspettando che i suoi occhi si abituassero al buio e che divenissero in grado di percepire le fattezze di Artù con il solo ausilio della tenue luce a disposizione. Come se il non poter discernere, neanche vagamente, il volto dell'altro, gli impedisse in qualche modo di comunicare con lui.


 


 

"Sto da solo, in un supermercato desolato con le pareti rosse, sembrava tipo un film di Dario Argento!" Incominciò a narrare, non appena poté distinguere le forme e soprattutto gli occhi assonnati dell'amico, che si chiusero e riaprirono buffamente, un po' fuori sincronia, per un paio di volte.


 


 

"C'è solo un commesso con la faccia inquietante, ovunque mi giro, c'è lui, in ogni angolo, come se si teletrasportasse! Poi diventa tutto un labirinto asfissiante. Mi giro e c'è quel tizio, molto vicino a me, mi invita a fare qualcosa con un'espressione agghiacciante, non ricordo, voglio scappare e corro dandogli le spalle, ma poi tutti i corridoi si chiudono, lasciandomi in un vicolo cieco. Il tipo da dietro, mi afferra per i capelli e mi trascina, come se fossi stato un sacco di patate! E poi mi porta in un vortice scuro e mi ci butta..." Raccontò sconnessamente per poi ridere un po' nel sentire la propria voce spiegare quella roba.


 


 

"Che ridi? È un film horror diamine!" Disse il biondino sconcertato, in realtà anche Emrys lo era, o perlomeno lo era stato fino a pochi attimi prima.


 


 

"È che...a parole fa ridere!" Spiegò, tentando di darsi un contegno, per evitare di spaventare troppo Pendragon, poteva forse risultare inquietante se un momento prima era come un moccioso spaurito da un horror e l'attimo dopo divertito come se avesse appena visto la faccia di Oliver Hardy. Era anche un po' imbarazzato per essersi svegliato terrorizzato da ciò che, espresso a voce, poteva prendere una piega comica se la si interpretava meglio. Era arduo raccontare un sogno, lo era ancora di più far trapelare le esatte emozioni provate, perché puntualmente sembravano sempre meno intense quando venivano messe a parole, di quanto non lo fossero state per davvero.


 


 

"Forse è per il discorso che abbiamo avuto prima..." Ipotizzò Artù, facendosi serio, l'altro sbarrò gli occhi come se volesse maledirsi per non averci pensato egli stesso.


 


 

"Qualcuno che ti aggredisce, o anche un qualcuno di indefinito che ti costringe a percorrere una via che a te sta stretta..." Continuò e vide gli angoli della bocca del moro tirarsi in un sorriso malinconico.
Il marziano immaginò il biondino in una baracca in mezzo ad una strada mistica, vestito con una tunica particolare, ad interpretare i sogni di perfetti sconosciuti, con la gente che pendeva dalle sue labbra, senza che si sforzasse troppo, perché a volte era decisamente intelligente, quell'intelligenza non artificiosa e che era in grado di notare cose semplici che però spesso sfuggivano.
Quell'intelligenza che attraeva. E Merlino si che ne era attratto, sempre di più, con una rapidità quasi vertiginosa, da intontirlo, come se non bastasse già il sonno a spappolargli il cervello. In quel momento, pareva una falena che sentiva il richiamo della luce, o una cimice che sbatteva, imperterrita, sul soffitto.


 


 

"Oppure senti che qualcuno ti sta portando via dalla tua vita?" Chiese Pendragon, se riusciva ad essere un po' più sfacciato del solito e diretto, era da ricollegarsi al sonno, avrebbe dovuto ricordarselo però, di evitare discorsi importanti quando era tanto stanco. Il collega si fece di nuovo serioso.


 


 

"No...forse sono io che mi porto via dalla mia vita. Anzi, per portarmi via da qualcosa ci dovrei prima stare e io non ci sto ancora Artù..."


 


 

"Ma che significa? Come potresti allora essere qui se tu non stessi in vita?" Questionò stordito, no, decisamente non erano argomenti di cui parlare in quello stato di torpore.


 


 

"Ma non credo di vivere davvero...non so cosa sto facendo! Non cerco mica la risposta sul fine ultimo come fai te, non sono così masochista o crudele contro me stesso!" Scherzò, facendo una leggera pressione sulla spalla di Artù che finse di essersi offeso, cedendo appena alla spinta dell'amico.


 


 

"Mi basterebbe sapere ad esempio, cosa faccio e dove vado, tipo...che cazzo voglio fare della mia vita? Un lavoro che mi piacerebbe...Ma anche solo un sogno, tutti abbiamo un sogno! Forse io l'ho mangiato, magari me l'hai mangiato tu prima, con tutta quella famelicità!" Farfugliò, palesemente ancora con metà cervello spento.


 


 

"Mh..."


 


 

"A volte mi sembra di stare e basta, tipo 'mi ci hanno piazzato!' Come se fossi passivo nelle mie stesse decisioni, come se le mie decisioni fossero solo illusioni di una presa di posizione. In realtà non so chi sono e...tutto quello che scelgo non è per conseguire qualcosa, visto che non so che cazzo inseguo, quindi prendo false decisioni, giusto per passare tempo, dato che già ci sto. Mi sento come messo a caso, tipo le tre civette sul comò che facevano terrore alla figlia del dottore, o tipo le Madonne in mezzo ai vicoli dei paesini. Quelle mi spaventano, stanno la, a cazzo di cane! Cioè perché così, a buffo! Tipo, una volta mi sono spaventato che ce n'era una in un punto assurdo e una ragazza m'ha guardato male perché ho urlato!!" Vaneggiò, in quello che sembrava più un flusso disordinato di pensieri, piuttosto che un discorso logico. Il biondino era incuriosito e allo stesso tempo guardingo da quel modo tutto mirinoso di esprimersi. Mirino ci teneva anche fin troppo spesso a non essere molto pesante, eppure era comunque serio. Ironizzava persino quando si apriva a lui e lasciava uscire le sue più profonde paturnie, ma non importava quanto potesse far un uso spropositato della sua ironia, era chiaro che si sentisse perso. Ed era ovvio che Pendragon non sapesse come rassicurarlo, visto che provava le stesse cose, con la piccola differenza che Emrys era un ragazzo più pragmatico e limitasse i suoi tormenti su un livello pratico, quotidiano e reale.


 


 

"Oddio, ma tu vuoi dormire angioletto, scusa!" Esclamò il moro smarrito, visto che l'altro lo fissava in silenzio senza proferir parola. Poi gli si avvicinò impercettibilmente, con sguardo indagatore e titubante.


 


 

"O sei un sogno? Magari sto ancora sognando, sarebbe credibile se tu fossi un sogno, sei la mia personale percezione di Artù?" Gli chiese l'ospite, con un tono inutilmente tanto pacato e dolce, in quello che pareva un delirio a tutti gli effetti. Il dubbio gli inarcò le sopracciglia, poi, per controllare empiricamente, avvicinò le sue dita delicatamente, sulle guance dell'asino e col pollice gli sfiorò mento.


 


 

"Sono Artù, idiota!" Rispose imbarazzato, realizzando solo in quell'attimo di quanto fossero prossimi, ma in fondo il letto era quello che era!
Merlino tracciò la linea della sua mascella in tutto il suo perimetro, perlomeno fin dove gli era consentito arrivare, data la presenza fastidiosa del cuscino sotto il soggetto delle sue attenzioni, incatenandosi nel frattempo nello sguardo terrorizzato di Artù. Emrys si era definito e descritto proprio bene...invadente e oltremodo sfacciato!


 


 

"Penso di capirti...e decisamente non so come..." Farfugliò il biondino, appena quell'impudico si convinse di essere sveglio e che lui era lui e non un miraggio, liberandolo finalmente dal tocco di quelle manacce gelide e belle.


 


 

"Anche tu non hai un desiderio, un'aspirazione per il futuro?" Domandò il moro.


 


 

"No" Confessò Pendragon, iniziando a sbattere lievemente i denti, sempre più infreddolito.


 


 

"Siamo due coglioni!" Annunciò Merlino, ridendo affettuosamente, gli occhi ridotti a due mezze lune. Pazzo. Gli lasciò un'altra spintarella sulla spalla, più fastidioso di un gatto che continuava imperterrito a molestare il suo essere umano preferito, salendogli addosso nei momenti meno opportuni.



"Tu lo sei di più però!" Ribatté Artù, desiderando tanto possedere l'ultima parola.
Emrys richiuse gli occhi, stanco, ma stranamente soddisfatto nell'aver trovato qualcuno con cui chiacchierare nel bel mezzo della notte. Schioccò le labbra più volte e riaprì le palpebre, con sguardo trasognato, per il semplice fatto che ci fosse il suo collega con lui. Non c'era mai nessuno nel suo letto e nemmeno era mai nel letto di nessuno, perciò aveva percepito come rassicurante, svegliarsi e sentirsi accanto del calore umano. Non era affatto frequente provare quella quietezza, intimità, erano due mondi, due solitudini che però inspiegabilmente in quell'attimo riuscivano a toccarsi ed il moro sapeva quanto fosse difficile sfiorare un'altra solitudine.
Si sentiva grato e gioioso per quello, proprio come se fosse stato un bimbo di quattro anni, che dal divano si svegliava incredulo nel proprio letto, col pigiama addosso, senza ricordare da quando o come si trovasse nella propria stanza. Ma di certo non poteva imbucarsi ogni notte nel letto dell'amico, tanto meno gli era permesso sequestrarlo e portarselo sotto le proprie lenzuola. Sbuffò in un risolino sconnesso a quei pensieri strani ed immensamente idioti, poi richiuse gli occhi. Aggrottò lievemente le sopracciglia a causa di un brivido particolarmente pungente, cominciò così a sfregarsi le braccia con le mani, con l'intenzione di procurarsi un po' di caldo, effettivamente faceva proprio freddo quella serata ed il piumone pareva non essere abbastanza. Il marziano riaprì gli occhi a mezz'asta, molto lentamente, piantando le pupille addosso al biondino, fissandolo stanco, intontito, imperterrito e forse, fu un tantino fuori luogo quando si lasciò sfuggire un piccolo verso di assenso e appagamento. Pendragon si sentì a disagio per averlo udito, per aver assecondato il suo sguardo troppo casuale, non sapeva più dove puntare gli occhi, sarebbe bastato girarsi magari, o chiudere le palpebre, ma alle volte era impossibile non ricambiare, quando uno ti guardava in quel modo insistente, inamovibile, saldo... Non era di certo colpa di Artù se ce lo aveva davanti, diamine! Gli andava di stare da quel lato ed era il suo letto, tra l'altro!! Aveva pure il diritto di dormire nel verso che più lo aggradava!

Finalmente il collega chiuse gli occhi, facendo uno stupido sorriso e si rannicchiò, approssimandosi al padrone di casa, che poteva percepirne con fin troppa facilità, la vicinanza e la temperatura del suo corpo. Il che era piacevole...il calore, visto che avevano freddo entrambi...ok.

Così si stava meglio, pure lui aveva cessato di tremare e per quello poteva farselo andare a genio. Andava bene, fin quando il collega non lo toccava, se lui non toccava il ragazzo...se non si toccavano allora era tutto normale e piacevole. Addormentarsi così sarebbe stato anche troppo facile, il respiro del biondino difatti, era andato quasi automaticamente a ritmo con quello del marziano appallottolato accanto a se, si era lasciato cullare da quello, come fosse stata una ninna nanna. Che idiota che era! Ma era il suo letto perbacco!! Non aveva di certo bisogno della presenza di Merlino per sentirsi accolto e comodo nel suo stesso materasso!
I sogni si susseguirono numerosi, in un tempo che, Pendragon ne era sempre stato sicuro, non andava affatto in sincronia con quello del mondo tangibile. Si destò, le visioni oniriche che fino ad un attimo prima erano state così vivide, sfuggirono dalla sua mente, rapide, disintegrandosi nell'evanescenza. Si aspettava che la sveglia del collega iniziasse a suonare da un momento all'altro.

Dopo alcuni momenti in cui la sua materia grigia si trovava ancora in una stasi metafisica, riuscì a percepire qualcosa di caldo e sostanzioso addosso al suo corpo. Sentiva una roba filamentosa che gli solleticava il viso ed il collo. Oddio...era la zazzera scompigliata di Emrys quella? Non ebbe più il minimo dubbio, quando avvertì di avere l'ossuto braccio di quel ragazzo invadente, frapposto fra il suo gracile petto ed il proprio, più ampio.
Si era accovacciato verso di lui...oltre ad essere una vacca-gatto, il moro era anche un Koala! Artù contrasse le dita della mano, non capendo dove diamine si fosse andata a cacciare in giro nello spazio, proprio come se non gli appartenesse. Sentì sotto il suo tatto una forma squadrata, decisa, seppur fine, indiscutibilmente delle forme da uomo. Trasalì quando la riconobbe come appoggiata, con troppa naturalezza, sui fianchi dell'amico. Immaginava che se mai si fosse svegliato appollaiato con qualcuno, con un braccio a cingere qualcosa, avrebbe dovuto sentire fattezze ampie, morbidezza, quella tipicamente femminile.
La sua parte indiscreta della mente, volò per un istante alla foto, a Merlino fasciato in quei dannati pantaloncini aderenti, erano belli pure i suoi...di fianchi, anche se erano profilati, maschili. In fondo che una caratteristica fosse piacevole, non escludeva il fatto che una figura tanto diversa, se non opposta, potesse esserlo ugualmente. L'asino sobbalzò quando diventò cosciente dei suoi stessi ragionamenti, reprimendo a stento un versaccio imbarazzante di frustrazione, ritirò automaticamente il braccio e lo fece con così tanta irruenza, che il materasso oscillò.
Il biondino si chiese se quello aveva mai dormito così...stretto ad un amico. Ma poi si ammonì lesto: era solo il freddo, era stato ovviamente un atto istintivo ricercarlo. Persino lui, lo aveva accolto in quel contatto, quindi non era colpa di Emrys, sicuramente non l'aveva fatto di proposito, così come non lo aveva fatto lui! Nel sonno succedevano tante cose, ci si poteva addirittura abbarbicare addosso ai cuscini! Agli amici...ai ragazzi...
Non poteva riaddormentasi sapendo di avere il suo amico accoccolato addosso, si, era più accurato dire accoccolato che abbarbicato seppur fosse imbarazzante pensarla così. E non voleva muoversi, lo avrebbe svegliato e si sarebbero visti, sarebbe stata una scena da sprofondare sotto terra, anzi, più sotto della terra, sarebbe stato più semplice aspettare che fosse il moro a destarsi, avrebbe dato meno all'occhio se fosse stato lui ad accorgersene e a discostarsi. Perché se se ne fosse accorto il marziano...si sarebbe spostato...no?! Stava pensando così intensamente che, la percezione di un qualcosa muoversi sul proprio collo, lo scosse appena.
Merlino bofonchiò qualcosa nel sonno. Erano le sue labbra quella roba morbida?
Pendragon arrossì violentemente. Doveva concentrarsi su quanto fosse ridicolo il fatto che parlasse mentre dormiva e no che fosse piacevole avercelo spalmato addosso, tanto da sentire sul collo il calore dei suoi respiri, i movimenti della sua bocca soffice, umida. Umida cazzo!.. gli stava sbavando addosso quindi, doveva soffermarsi su quello e provare schifo piuttosto!

Emrys fece un piccolo movimento con le dita stringendo appena un lembo del pigiama dell'altro, salendo poi verso la sua gola. Stese un'esile coscia, che Artù sapeva essere dolcemente scolpita dall'uso abituale della bici, sulle sue gambe, lasciandosi uscire un altro diamine di gemito soddisfatto, Un gemito, con le sue dannate labbra bagna...cioè...bavose per giunta! Spiaccicate sulla propria pelle, sul suo collo...sul suo immacolato e vergine collo!

Perché le persone quando dormivano beate, dovevano farsi sfuggire quei versi tanto ambigui? Perché il suo cervello aveva fatto un orribile e perverso volo in altri contesti? In una situazione decisamente più allarmante? Non avrebbe dovuto, non solo per quella sensazione di lui che parlottava, umido sul suo collo e soprattutto per quel cazzo di tono incrinato nella voce dell'amico. Scacciò quello schifo dalla mente, non poteva di certo mettersi a riflettere e domandarsi se quella, fosse la stessa voce con cui il marziano si lasciava andare alla lussuria.
L'ospite si svegliò, finalmente, non ricordava dove si trovasse, così premette sgraziatamente con una mano sul povero corpo del biondino, per alzarsi sul materasso e guardarsi attorno, non riconoscendo la camera, sul momento. Volse la sua testa in basso e tutto gli fu più chiaro, ma certo! Il piacere di avere qualcuno che dormiva accanto a lui! Era a casa di Artù, con Artù. Si rese conto poi, di avere una mano premuta sulla gola del suo amico, che lo stava guardando con l'espressione più terrorizzata che avesse mai visto, forse per lui era tipo uno jump scare! E ci credeva, povero asino, non doveva essere proprio rassicurante svegliarsi con una testa arruffata, sulla sua. Pendragon trovò ovviamente fastidioso nonché disagevole avere del peso sulla sua laringe, gli rendeva difficile respirare.


 


 

"Oh...Artù!" Disse stupidamente, non rendendosi conto di starlo vagamente a soffocare.

Il biondino voleva ribattere, spostarsi bruscamente, ma il suo corpo pareva impazzito, rimase immobile, peccaminosamente estasiato dalla visione e dalla percezione fisica del ragazzo che gli stava sopra, di lato, con le dita lungo la circonferenza del collo, le guance arrossate e con quella cazzo di espressione tanto assonnata da farla sembrare...languida. Quel pazzo schizzato lo rendeva vulnerabile e quella era la cosa più sbagliata che ci fosse!
Chiuse gli occhi e serrò la bocca girando la faccia, schifato da se stesso, per aver fatto caso alle sue labbra dischiuse, rilassate e per averle reputate di nuovo, nel giro di qualche ora, sensuali. Era indecente come fosse sì insoddisfatto, da essere tornato un ragazzino con gli ormoni a palla, che avrebbe potuto trovare degno di bramosia, persino un palo della luce. Morgana aveva ragione! Non faceva bene rimanere “frustrati” per tutti quegli anni di vita. Se solo avesse avuto anche l'ombra di una normale vita sentimentale e sessuale come la maggior parte dei suoi coetanei, probabilmente avrebbe evitato di rischiare di avere pensieri troppo melliflui per un uomo. Era così...squallido immaginare alcune cose, seppur veloci, per un amico! Era diventato davvero così putrido?


 


 

"Oddio!" Urlò il moro, scansandosi e portando entrambe le mani sulla propria bocca in segno di shock.


 


 

"Ti sto facendo male e non dici niente? Scusa, non volevo!" Si discolpò intontito dal sonno, ancora potentemente inebriato dal torpore, quasi come fosse ubriaco, chiedendosi come mai fossero così vicini e come mai quella poca distanza fosse quasi stimolante, tanto da farlo affrettare ad interporre uno spazio decente tra i loro corpi. Sobbalzarono nel sentire una risata femminile provenire dalla porta della camera. Semplicemente agghiacciante! La strega...come al solito non si faceva i cazzi propri, a differenza di Ginevra. Capitava che quest'ultima entrasse una volta ogni tanto e che gli lasciasse del cibo, ma mica si intrufolava nelle sue stanze ad impicciarsi, a differenza di sua sorella...quella si che era pessima!


 


 

“Gwen! Vieni qui, c'è un uomo nella stanza del moccioso! Un U – O – M – O ! Anche tu quindi hai 'una condotta deplorevole' Per citare tuo padre! Tesoro, potevi dircelo, ci sono passata prima di te...o almeno credo prima... insomma a meno che tu non sia stato bravo a nasconderti per tutti questi anni!” Urlò Morgana ed il fratello la fissò impaurito, incazzato, desiderava solo evaporare via dall'esistenza.


 


 

“Oddio non sai come sono felice, potevi dircelo che hai il ragazzo, pensavo saresti morto vergine!” Continuò, schernendolo, ma sinceramente felice. A quell'affermazione, Artù si girò di scatto, con l'intento di allontanarsi dall'altro ed un crescente desiderio di fargli presente che non era in una relazione con nessuno, tanto meno con un uomo, SUO AMICO PER GIUNTA e che non voleva morire vergine, ma a quanto pareva, non aveva valutato bene le dimensioni del letto ed era caduto rovinosamente a terra, sbattendo la testa sul comodino.
Il rumore sordo fece ridere Merlino, che si mise seduto sul materasso, vedendo di fronte a se Morgana che lo fissava ad occhi sgranati, probabilmente perché lo aveva riconosciuto. Ancora intontito dal sonno, non disse nulla, in realtà non aveva acceso abbastanza la sua mente per seguire quei discorsi veloci e scandalistici, quindi parve non trovarla una cosa troppo strana, quella di avere la sorella del suo amico piazzata sull'uscio. Oscillò una mano ingenuamente, per salutarla.


 


 

"Merlino? Sei Merlino?" Chiese la ragazza, con la faccia di chi la sapeva lunga ed il diretto interessato annuì tonto, mentre si apprestava a levare la sveglia dal cellulare, come se, se l'avesse lasciata squillare inutilmente quando era già sveglio, avesse potuto scatenare un potente sortilegio.


 


 

"Comunque, ci avevi invitate tu per la colazione Artù, ti sei dimenticato? Abbiamo portato dei cornetti! Mica volevamo interrompervi, non sapevamo fossi in tenera compagnia!" Gli ricordò e dalla porta sbucarono dei folti capelli ricci e luminosi, bene, ora si che erano al completo!


 


 

"Oh che carina, mi ha detto che sono tenero!" Si esaltò Emrys in tono acuto.



"NON È QUELLO CHE INTENDEVA, IDIOTA!" Urlò il biondino, finalmente uscito dal momentaneo mutismo in cui si era chiuso, si rialzò e lasciò un potente scappellotto dietro la nuca di Merlino, che evidentemente ebbe il potere di svegliarlo, per davvero.


 


 

“Hai frainteso, mi pare ovvio!” Chiarì Artù con una certa urgenza, cercando con lo sguardo, un appoggio, anche silente, da Ginevra e sospirò di sollievo quando lo trovò.


 


 

“Ma dai Morgana, pensi sempre male! Lui è il suo amico! Quello...hai capito?” La rimproverò l'orefice, evitando accuratamente di finire la frase. Il moro si alzò e tese una mano verso la sorella dell'asino, non si erano mai presentati dal vivo.


 


 

"Piacere di conoscerti, Morgana! Ti avevo visto una volta!" Esclamò, scuotendole appena il braccio, per poi salutare anche l'adorabile Ginevra, facendosi uscire un complimento per le lasagne.


 


 

“Si certo, il ragazzo del bar, della giacca, che gira mezzo nudo a casa del Verginello!” disse Mo, per poi scoppiare a ridere malignamente con l'evidente intento di mortificarlo davanti a Gwen ma soprattutto di fronte al marziano.


 


 

"E smettila di chiamarmi così!" Si lamentò il biondino a voce bassa ed arrossì vistosamente, quando per caso incontrò lo sguardo dell'ospite, notando che anche lui rideva, ma in maniera diversa, non con le stesse implicazioni diaboliche della Strega, non si stava burlando di lui per quello, il che era strano, visto che solitamente le persone lo facevano sentire sbagliato, strano e sfigato quando scoprivano, per caso o meno, che fosse ancora...beh inesperto, sotto quello specifico punto di vista a quasi 24 anni.

Artù pose fine a quel contatto visivo. Se non lo stava deridendo con accezione negativa, bensì con quella cavolo di affettuosità sempre presente, era solo perché probabilmente doveva credere che Morgana stesse scherzando, che non intendesse usare quella parola col suo vero significato letterale. Si...doveva essere per quello, pensò.




"Come vedete, è solo Merlino!" Annunciò il biondino e Merlino le fissò con un sorriso enorme, come stesse girando una pubblicità di materassi, con un'offerta speciale che stava per scadere, ma che in realtà durava ormai da ben 20 anni, ininterrottamente.


 


 

"Oh per fortuna, credevo di aver...oh lasciamo stare!" Disse Morgana, poi Emrys decise finalmente di andarsi a lavare e vestire ed Artù si precipitò a preparare del caffè, ma sua sorella era rimasta immobile nella stanza, a fissare chissà cosa, tramando chissà che.


 


 

“E adesso? Che hai?” Chiese Gwen apprensiva.


 


 

“Non hanno scopato e ok...” Sussurrò, venendo subito ammonita dallo sguardo severo della compagna, molto probabilmente per aver usato un certo tipo di linguaggio.


 


 

“Ma c'era qualcosa di strano!” Continuò.


 


 

“Mh si, tipo noi due che gli abbiamo fatto un attentato mentre stavano per i fatti propri? E poi a tuo fratello non piacciono i ragazzi, ce lo avrebbe detto dai!”


 


 

“A parte la nostra intrusione...ho percepito una certa intimità, quell'intimità! Secondo me hanno già dato, ma su altri piani dell'esistente. Te lo dico io Gwen, quelli hanno già scopato con la mente e con gli occhi, lo so! Me lo sento!”


 


 

“Dovresti sentirti a volte...” Rispose l'altra scoppiando a ridere per quelle assurdità.


 


 

“Credimi, sono seria! E per il fatto che sia un ragazzo...beh ti ricordo che io ho avuto la fortuna di allontanarmi dalla nostra educazione familiare molto molto prima di Artù, lui è diverso, lo sai. Hanno scop...” Una potente gomitata di Ginevra la fece azzittire giusto in tempo, prima che il biondino, ritornato per invitarle in cucina, le sentisse.


 


 

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IL NOME MIO NESSUN SAPRÀ. NO, NO! SULLA TUA BOCCA LO DIRÒ QUANDO LA LUCE SPLENDERÀ! ED IL MIO BACIO SCIOGLIERÀ IL SILENZIO CHE TI FA MIA!” Gridò il moro, mentre guidava la macchina dell'asino, con estrema sicurezza. Il proprietario dell'auto si affrettò a chiudere i finestrini, ormai era Marzo e non faceva più troppo freddo, ma di certo non desiderava una denuncia per disturbo alla quiete pubblica.


 


 

“Oddio Merlino, ti prego, stai zitto!” Implorò Pendragon, quasi pentendosi di aver accettato di farsi insegnare le partenze in salita dal suo amico.


 


 

"Dai, cominciamo con la tecnica del freno a mano!" Illustrò, tirando lo stesso all'indietro. Aveva portato Artù in un punto più ripido della strada, che somigliava parecchio al dislivello che si trovava nei pressi dell'abitazione del biondino.


 


 

"Ora, lascio lentamente il pedale della frizione, al contrario, pigio quello dell'acceleratore. Poco prima di lasciare completamente la frizione SBAM!" Urlò, togliendo il freno a mano.


 


 

"Togli il freno, spingi ancora di più sull'acceleratore, stacchi completamente il piede dalla frizione e via, partiamo, è fatta!" Annunciò e la macchina riprese senza alcun intoppo.


 


 

"Devi solo trovare i tempi giusti, ok? Poi questa è una macchina recente, diciamo che è super difficile anche per una testa di fagiolo come te farla spegnere!" Tentò di incoraggiarlo, non sapendo affatto che Pendragon fosse riuscito davvero a farla spegnere e lui non glielo disse, beh non c'era bisogno che lo sapesse, se glielo avesse confessato, magari Merlino avrebbe smesso di credere nelle sue capacità e non voleva che il marziano potesse non riporre fiducia in lui.
Emrys fece il giro, tornando di nuovo alla base della salita che avevano scelto per fare pratica, si fermò proprio davanti ad un distributore ed i due poterono scambiarsi di posto.


 


 

"Aspetta un attimo, non partire!" Esclamò il moro una volta entrato, quando, girandosi alla sua destra, notò l'erogatore ed un lampo di genio e scaramanzia, lo colpì.


 


 

"Che?" Chiese Artù, non capendo cosa stesse succedendo.


 


 

"Hai bisogno di preservativi?" Domandò, con la stessa naturalezza con cui avrebbe tentato di offrirgli un caffè ed iniziò ad abbassare il finestrino.


 


 

"NO!” Gracchiò il biondino a disagio e l'altro lo guardò stranito, non si spettava affatto di scaturire tutto quel nervosismo da una semplice richiesta.


 


 

“Non...non c'è nessuna..."Balbettò Pendragon, tentando di darsi una calmata.


 


 

"Idem! Ma porta fortuna comprarli!" Annunciò, particolarmente convinto, sporgendosi poi dal finestrino spalancato.


 


 

"Non l'ho mai sentita questa cosa che porta fortuna! Chi lo ha detto?"


 


 

"Io!" Ribatté con ovvietà, ma certo, Artù avrebbe dovuto arrivarci da solo, quella era una delle tante sue mirinate.


 


 

"Oh wow!" Bofonchiò con sprezzo la testa di fagiolo, mentre il collega studiava con attenzione tutti i prodotti disponibili.


 


 

"Ne vuoi di quelli normali, o preferisci quelli che sanno di...qualcosa di finto probabilmente. Ehm ci sono alla fragola, poi..."


 


 

"No, no, no! Smettila, andiamo via!" Farfugliò nervosissimo, tentato seriamente di partire, rischiando di far cadere l'amico sulla strada.


 


 

"Ok, ne prendo un pacchetto di classici e ce lo smezziamo!" Annunciò, anche se già prima di parlare, aveva scelto, digitato ed inserito il denaro. Afferrò il piccolo contenitore e tornò a sedersi composto, porgendo poi tre pezzi all'amico. Anche se in realtà, più che passarglieli, era stato costretto ad incastrarglieli in mano, visto che l'altro pareva essersi impietrito dall'imbarazzo.


 


 

"Oh andiamo, non prendermi per un tirchio, è che non porto abbastanza soldi con me, accontentati di questi" Disse, interpretando la reazione del biondino, come biasimo, per aver acquistato, invece che due pacchetti, solo uno.

Pendragon alzò le bustine per guardarle velocemente in controluce, si umettò le labbra improvvisamente secche e li inserì bruscamente nella tasca, con occhi sbarrati, quasi rischiando di richiudersi un dito nella zip.



"Sei a disagio? Ti incomoda l'argomento sesso? Vissuti strani eh!?" Chiese Merlino, sorridendo.



"No...macché! Io non..." Incespicò nella propria lingua, prendendosi un momento per raccogliere la vergogna.


 


 

“Io...non ho...mai” Continuò, fissandolo come se si aspettasse che l'altro capisse quale fosse il punto, senza che ci fosse la necessità di dirlo...di dire quella parola.


 


 

"Che?" Domandò, cosa diamine era a renderlo così turbato ed insicuro?


 


 

“Oh andiamo...non essere stronzo!”


 


 

“Non capisco! Cosa è che sei?”


 


 

"Sono... vergine." Sussurrò Artù, piano e mortificato, come se stesse ammettendo di aver investito una vecchietta e di averla lasciata in mezzo alla strada senza chiamare i soccorsi.


 


 

"Perché?" Chiese Emrys sinceramente incuriosito. Ora poteva capire come mai di quel nomignolo ingiustamente canzonatorio che gli aveva affibbiato Morgana, ovviamente l'aveva già sentita appellarlo in quella maniera in passato, credeva però che fosse solo un modo stupido per scherzare, tra fratelli. In fondo quella parola si usava anche ad indicare persone particolarmente impacciate e timide sotto il punto di vista prettamente sentimentale.


 


 

"Pensi che sia una mia scelta per caso? Non è successo e basta!" Sputò inacidito, in un palese tentativo di mettersi sulle difensive, come se avesse avuto qualcosa per cui effettivamente difendersi. Il moro scoppiò a ridere quando intuì che l'amico aveva frainteso la sua domanda. Scorse il biondino scuotere la testa, oltremodo deluso, così comprese di aver peggiorato di molto quel malinteso. Ci mancava solo che la testa di fagiolo credesse che lui potesse prenderlo in giro per una cosa così!

E pensare che l'asino si fidava di quel ragazzo, gli pareva che quella volta, non si stesse burlando di lui, quando Morgana glielo aveva spiattellato in faccia, appositamente. Allora aveva avuto ragione nel sospettare che Merlino potesse credere che sua sorella non intendesse davvero dire che fosse inesperto. Anche lui quindi, inaspettatamente, come tanti altri, lo trovavano ridicolo e sfigato, per non aver ancora avuto quell'esperienza.


 


 

“Ti stavo chiedendo perché ti imbarazzasse la cosa, non il perché sei vergine! E ovviamente non ti sto perculando! Mi hai fatto ridere perché avevo immaginato chissà cosa stessi nascondendo...invece!" Si affrettò a chiarire Emrys, con occhi sinceri ed il collega tirò un sospiro di sollievo nel sapere che almeno lui, almeno il moro, non era proprio uno stronzetto patentato, non lo derideva, non lo faceva sentire deliberatamente un disgraziato per ciò.


 


 

"Perché è un problema! Ecco perché mi imbarazza!" Rispose, per Pendragon era un'ovvietà che quello fosse un evidente disagio.


 


 

"Problema di cosa? Pensi di avere una scadenza?" Chiese, avvicinandoglisi, parlandogli con voce seriosa. Si rivedeva in lui, decisamente, vedeva quel Merlino pressato silenziosamente da quella stupida fretta, da quelle insulse aspettative, invece gli sarebbe bastato semplicemente un qualcuno che gli avesse rivelato una cosa tanto scontata eppure tanto dimenticata dalla società, ovvero che si era pronti quando ci si sentiva pronti e non quando ci si aspettava che lo si dovesse essere. Avrebbe desiderato molto che un amico lo avesse avvertito che il fatto di ritrovarsi eccitato, non significasse automaticamente, per tutti ed in ogni caso, che si bramasse davvero la condivisione di un momento così intimo con qualcun altro. Emrys lo aveva sperimentato sulla propria pelle, quel sentimento orrendo di vuoto ed immensa solitudine, per non aver ascoltato il proprio animo che gli urlava “non voglio, non voglio ancora, non con lei!” Avrebbe dovuto dare retta a se stesso, l'io che avrebbe avuto bisogno di un forte legame mentale ed emotivo prima di inoltrarsi così in profondità con un altro essere umano. Era cosciente che il sentirsi pronti, non era dato da un periodo di attesa in se, costante, quasi come fosse una formula matematica, non esisteva una ricetta per una questione tanto personale e sfaccettata. Ognuno aveva le proprie diversità, esse stesse potevano avere molte variabili, per ogni partner a cui ci si avvicendava nel corso dell'esistenza. Il moro, personalmente, sentiva che in futuro avrebbe capito, si trattasse di cinque, due mesi o di mezza giornata, avrebbe colto e avrebbe saputo quando avrebbe desiderato donarsi e condividere quell'intimità con qualcun altro che ricambiava i suoi sentimenti e che fosse altrettanto pronto.

Non aveva mai e poi mai sfiorato un altro mondo, un'altra personalità, non si era mai sentito davvero vicino alla solitudine di qualcun altro, non fino al mese passato o poco più, dove aveva provato delle sensazioni ignote... che neanche con la sua ragazza di anni fa aveva avuto. Con lei era stata simpatia, rispetto e contatto fisico, solo i loro corpi erano stati appiccicati, nulla di più, se non mancanza. Era strano perciò che Merlino, per un breve istante, si ritrovò a paragonare il sesso con la sua fidanzata, allo stare assonnati e stravaccati sotto le lenzuola, con un amico. Fu quando si era fermato da Artù, quando avevano parlato, che aveva sentito quell'intimità, l'aveva provata mentre discutevano davanti al fuoco e soprattutto quando stavano dormendo, si erano sfiorati, i loro mondi, si tangevano il che era assurdo, inappropriato, forse imbarazzante. Emrys arrossì fin sulle orecchie all'aver realizzato tale consapevolezza.


 


 

"È un problema Merlino! Ho quasi 24 anni diamine!" Spiegò il biondino, abbassando per un attimo lo sguardo, mortificato. Non doveva esserlo, non ne aveva motivazioni.



"Dove sarebbe la vergogna Artù? A me è successo appena un paio di anni fa e poi, voto di castità! Di fatto sono praticamente vergine anche io, è vero e forse non avrò il diritto di dirti certe cose perciò, ma ti prego... ascoltami. Avrei voluto qualcuno con cui parlarne prima...per cui so quanto sia importante un amico che ti ricordi che non tutti abbiamo le stesse opportunità, negli stessi tempi per fare esperienze! Né tanto meno necessitiamo tutti delle stesse cose, ognuno di noi ha esigenze peculiari...non dovresti vederlo come un problema!"


 


 

"Ma io mi sento indietro, parecchio indietro e non è solo per il sesso in se, davvero! Vuol dire proprio che non ho incontrato nessuna, che tra poco sarò adulto senza aver sperimentato storie più tranquille, senza...senza aver avuto esperienze adolescenziali, saltando delle tappe fondamentali! Come faccio ad amare da adulto se non ho amato in questi ultimi anni? Sarò un eterno bimbo! Sarebbe come non aprire libro e pretendere di dare un esame con l'ardire e l'aspettativa di passarlo!"


 


 

"Non è la stessa cosa, te ne rendi conto? Non è colpa né merito farlo ad una certa età piuttosto che a un'altra! Non hai avuto esperienze adolescenziali ok, ne avrai quando troverai una ragazza e ti sentirai pronto e lei con te! È un momento intimo, prezioso...e... Mica è una gara!" Annunciò il marziano, con estrema fermezza e Pendragon lo ascoltò attento, stupito, perché nessuno mai aveva creduto davvero a quelle parole. Quando altri tentavano di rassicurarlo così, era perché sentivano pena per lui, era chiara come il sole quell'impietosita ipocrisia, ovvio, come quelli non fossero concetti espressi con sincerità, non erano realmente sentiti ed era stato così per Artù da molto tempo, perlomeno fino a che non aveva incontrato quegli occhi blu, fermi, ma soprattutto autentici, in ogni opinione che esternasse.


 


 

"Immagina se io uscissi con una tipa. Ci conosciamo, ci innamoriamo e arriverà il momento. E quando scopre che io non ho esperienza che succede?" Chiese il biondino, con una voce alterata dall'insicurezza, apprezzava la limpidezza dell'altro, ma chiaramente i suoi timori erano ben radicati.


 


 

"Ma tu hai paura che la persona con cui accadrà, possa prenderti in giro per questo!?"


 


 

"Ovvio!" Confermò, guardando il moro con uno sguardo da capriolo bastonato.


 


 

"Guarda..Artù, se ho capito anche solo un po' come sei fatto, la persona con cui starai, la persona che ti prenderà la testa, il cuore, il corpo e la tua essenza più profonda, non potrebbe mai denigrarti per questo!" Sussurrò, picchiettandogli un dito sul petto, con il tono più sicuro del mondo.


 


 

"Lo credi?"


 


 

"Lo spero vivamente, che tu non finisca a letto con una persona che possa pensare che è un qualcosa per cui prenderti in giro e farti sentire strano!" Affermò Merlino, sorridendogli.
L'asino lo scrutò, come se lo stesse vedendo per la prima volta ma era ovvio che non fosse affatto così, perché si accorgeva sempre di lui, il suo amico, con quel suo modo di fare, la sua estrema e calda tenerezza ed empatia, quel bagliore che irradiava tutto ciò a cui si avvicinava.
Pendragon si sentiva così libero, non aveva mai espresso le sue paure a riguardo, in un modo tanto esplicito, fu meraviglioso perciò, parlare con quel ragazzo. Era vero che all'inizio c'erano stati quei pregiudizi odiosi, ma successivamente, gli aveva potuto confidare di tutto, non lo aveva mai più giudicato, Emrys era interessante, intelligente, anche se non pareva, profondo, aperto e comprensivo. Sempre. Artù se ne sentiva travolto, con progressiva irruenza, violenza. Tale emozione, indubbiamente infastidiva e spaventava a morte un lato di se, mentre l'altro se ne sarebbe rimasto beato, sotto o sopra, accanto ed ovunque potesse arrivare il suo calore ad accoglierlo.


 


 


"Ora... ti ho detto di essere anche io praticamente come te, perché è successo poche volte. Ma nonostante questo so, so per certo che l'esperienza non è tutto, è tutto solo se vuoi fare il porno attore. Ma se trovi un legame tanto forte, che coinvolge più piani della conoscenza e dell'attrazione tu, non potrai fare nulla di sbagliato. Ti verrà naturale!" Continuò il moro, sogghignando un po' con l'intenzione di spaccare a metà quell'inutile tensione e disagio. Ghignò prima in modo vagamente malizioso, per poi sfumare in un dolce sorriso.


 


 

"Sei un ragazzo molto sensibile, per quanto tu non voglia mostrarlo più apertamente, sei attento ai bisogni di chi ti sta vicino e questo è importante, sentire l'altra persona mentre...mentre...ora sono diventato io pudico, mi stai influenzando!" Si interruppe Merlino arrossendo, iniziando a giocherellare con le proprie mani, il vederlo improvvisamente timido, provocò una risatina nervosa al biondino.


 


 

"Molti, con tanta esperienza, dimenticano che si è in due. Dimenticano che se non vogliono sentire i bisogni, le voglie e i tempi dell'altro, farebbero prima a...fare da soli!" Continuò, solenne, tanto solenne da parere buffo.

Pendragon non rispose, non c'era nulla che potesse dire, o che sarebbe riuscito a pronunciare e si fermò, incatenandosi ai suoi occhi profondi, dalle ciglia lunghe, intensi. Appena una domanda continuava a sfrecciargli per la mente, quasi come fosse stato un mantra: Perché non si erano incontrati prima?

Non che fosse tardi per qualcosa, ma...in quel momento l'asino si chiese se fosse possibile conoscere una persona ed iniziare a sentirne la mancanza per tutto il periodo anteriore in cui quel qualcuno ancora non aveva fatto irruzione nella propria vita. Perché era proprio ciò che Artù provava in quell'esatto momento. Emrys gli era mancato per tutta la sua breve vita, ma adesso, adesso era li.

Ma forse avrebbe dovuto semplicemente smetterla di farsi tutte quelle pippe mentali e sforzarsi di staccargli gli occhi di dosso, piuttosto! Non era il caso di impazzire a quel modo!


 


 

"E poi, credo che dall'altra parte non dia affatto fastidio, è così tenero e prezioso essere la prima volta di qualcuno di cui sei innamorato...o anche solo che ti piace. Tipo un privilegio! Pensaci, sarebbe davvero la cosa più dolce del mondo!" Annunciò il moro, con voce esaltata, scuotendo le mani a destra e a manca.


 


 

"MA SEI UN ROMANTICONE!" Gridò il biondino prendendogli la testa con entrambe le mani e, nel burlarsi di lui, gliela fece oscillare come se fosse stato un pendolo. Lo aveva scambiato per un pastore tedesco misto ad un husky?
Merlino avrebbe voluto fargli notare che gli stava letteralmente staccando il collo, ma non riuscì a parlare, sembrava che quasi tutte le sue energie fossero concentrate a guardare il sorriso bellissimo, dai denti un po' storti, del ragazzo che aveva davanti. Il marziano strinse appena le mani di Pendragon, ancora ancorate sulle sue guance, aveva intenzione di levargliele, ma tutto ciò in cui riuscì, fu soltanto toccargliele. Inerme.
E poi Artù, con quello sguardo e quegli occhi enormi, con un taglio leggermente all'insù che lo accarezzavano, sempre, sempre più spesso nell'ultimo periodo. Iridi espressive. Troppo. Magari Emrys si sbagliava, probabilmente era perché, col fatto che avessero ottenuto un contratto in un'accademia privata, cominciavano a passare davvero molto tempo, loro due, insieme ed era inevitabile che accadesse...quello a cui non sapeva trovare una definizione.

La presa dell'altro sulle sue gote si allentò, pur non accennando affatto a porre fine a quel contatto. Anche il biondino iniziava a cercarlo, in quel modo...toccoso.


 


 

“Ma ti sei imbambolato? Non hai nessuna battutaccia da sputare fuori?" Chiese Pendragon con voce affabile per poi incominciare con estrema casualità, a muovere i propri pollici sulla pelle morbida del volto dell'amico, che aveva le mani poggiate ancora sulle sue. Erano carezze quelle? Carezze senza un motivo plausibile? Da parte dell'asino?
Il moro sentì il cuore accelerare per quello stupido sfiorarsi, lui avrebbe dovuto essere abituato a quegli approcci amichevoli...eppure...


 

I due presero ad osservarsi in maniera sempre più fervente, sfacciati, nonostante anche prima si stessero guardando e l'uno già possedeva l'attenzione dell'altro, c'era qualcosa di diverso, qualcosa che, con molte probabilità aveva iniziato a mutare da mesi ormai, ma cresceva così nascosta, da poter essere scorta solo una volta che si sarebbe resa estremamente evidente ed incontenibile. Poteva essere un problema, l'irrefrenabilità.


 

I loro occhi avevano cominciato a guizzare, famelici, desiderosi ed uno strano calore si impossessò del petto di Merlino. Deglutì a vuoto ed avvampò fin sulle orecchie. Che diamine erano quelle reazioni ai suoi sguardi, alle sue parole ed alla sua vicinanza, la sua pelle calda? Era Artù, solo Artù. Il suo amico e basta.


 


 

"Oh, ma di che ti vergogni? Ultimamente arrossisci spesso! O sbaglio?" Lo richiamò il biondino, intrappolandogli la testa nel gomito ed incominciando a sfregare sul capo, scompigliandogli così i capelli. Emrys se lo fece fare, senza troppe storie, lasciandosi sfuggire un sorriso di autocommiserazione per come stava iniziando a cambiare approccio con il suo amico, per come tutto stava mutando. Increscioso! Percepiva che ci fosse un continuo e strano scambio tra di loro, lui aveva acquisito più decenza, pur mantenendo intatta la propria schiettezza, mentre la testa di fagiolo si stava trovando sempre più confidente (anche troppo per i gusti del marziano) con il contatto fisico e con le esternazioni affettuose che non fossero le solite stereotipate robe virili e da super macho alfa.

Quando finalmente fu rilasciato, tornò a sedere composto, tentando di sistemarsi i boccoli sparati all'aria, proprio come se gli fosse esplosa una bomba sul viso, oppure come se fosse accaduto come in quei film comici degli anni trenta, in cui ai personaggi scoppiavano i sigari tra le labbra.


 


 

"Che dici se partissi eh, asino!? Stai tentando di distrarmi dalla nostra missione?" Bofonchiò, con l'intenzione di tornare normale.


 


 

"PARTIAMO! CE LA POSSO FARE!" Gridò Pendragon, fiero e ieratico. Guardò dritto davanti a se ed incominciò a salire, fermandosi nel punto più ripido della salita.


 


 

"E se non ce la faccio e scivoliamo giù?"


 


 

"Artù, esiste il freno, se scivolassimo giù!" Rispose il moro, fissando il cruscotto quasi senza battere ciglia.
Artù mise in pratica ciò che aveva visto fare all'amico, all'inizio si lasciò andare un paio di volte all'indietro, poiché aveva staccato troppo presto, ma sentiva di avere più controllo su di se e alla terza prova, riuscì finalmente a partire, con un enorme sorriso soddisfatto, quasi da orecchia ad orecchia. Cercò speranzoso lo sguardo del collega, con l'intento di trovarvi approvazione e fierezza, ma lui continuava ad osservare ininterrottamente pezzi di interno macchina, molto probabilmente iniziavano a sembrargli davvero affascinanti, a quanto pareva.


 


 

"Sono andato bene no?" Chiese il biondino, destandolo. Merlino alla buon ora si girò a guardarlo, il ragazzo era di profilo rispetto a lui, sorrideva gioioso come un bambino sull'altalena, gli occhi attenti sulla strada parevano quasi gialli a causa della luce calda del sole che gli sbatteva in faccia, lo avvolgeva, esaltava le sue fattezze e lo rendeva ancora più bello, se umanamente possibile.


 


 

"Porca puttana!" Esternò Emrys, non riuscendo a far rimanere per se quel rimprovero per aver pensato certe cose sul suo amico e quando si accorse di aver parlato per davvero, sbarrò gli occhi, schiaffandosi una mano su quella boccaccia farneticante. Si ok, ammirare le armonie di qualcuno era normale, ma il confine con l'ammirazione e l'attrazione era labile e forse il moro lo stava un tantino scavalcando. Forse.


 


 

"Ho fatto qualcosa di sbagliato? Sono andato bene dai! Che!?" Domandò Pendragon, non capendo a cosa fosse dovuta quell'esclamazione, visto che gli sembrava di aver fatto tutto abbastanza bene e di non aver messo in pericolo nessuno.


 


 

"Oh no, ehm si, ce l'hai fatta, vedi, avevo ragione!"


 


 

"Cos'era quel 'porca puttana'?" Insistette l'asino.


 


 

"Non ripetere le mie espressioni scurrili!" Lo sgridò il marziano, provocando una fragorosa risata ad Artù.


 


 

"Non so se ci hai fatto caso, ma non sono un bambino!" Gli fece notare, tra le risate e l'altro pensò fosse meglio piombare nel silenzio.

Il biondino guidò, accompagnando l'amico fino al bar e poco prima che il collega uscisse dall'auto parcheggiata, si decise finalmente a dirgli quello che desiderava proporgli.


 


 

“Senti Mirino, c'è questo teatro no... ogni tanto però mettono dei film cult e ho visto che danno 'Help'. Beh insomma ho notato che, mi pare, ti piacciano i Beatles e, sai non è il solito film biografico, ha una trama tutta sua, è molto meglio di 'A hard day's night' quindi non so perché sia meno conosciuto. Però...è demenziale, pensavo che...che potremmo andarci. Se ne hai voglia...cioè così è un'idea stupida...però ecco...se non hai di meglio...” Balbettò e Merlino sorrise appena, sollevato nel sentire che almeno quella cosa non era cambiata, Pendragon ancora si impappinava e vergognava a chiedergli di uscire, se fino ad un mese prima Emrys avrebbe desiderato che fosse più spigliato con lui, per quelle cose, in quel momento aveva invece davvero bisogno di un segnale che gli dicesse che tra di loro andava tutto come al solito, che non stava mutando nulla, perché percepiva proprio una strana sensazione che lo stava agitando abbastanza nel profondo.


 


 

“Ma certo che ne ho voglia! Se sei libero, io lo sono dopodomani sera, ok?” Rispose, con una mano già sulla maniglia dello sportello.


 


 

“Ok!” Confermò, nascondendo un sorriso elettrizzato e gioioso al solo pensiero. L'altro fece per aprire il portellone ed avviarsi a lavoro, ma la stretta di Artù attorno al suo braccio glielo impedì. Il moro si girò a guardarlo, che cosa aveva scordato adesso? Il cellulare? No, quello lo aveva in tasca... Avvampò, quando l'amico lo attirò a se, volendo lasciargli un bacio sulla guancia, in segno di saluto. Beh...lui lo faceva spesso, non c'era assolutamente alcun male se per una volta era il biondino a congedarlo con quel gesto. Eppure non riuscì nemmeno a sostenere il suo sguardo dopo che il tocco delle sua labbra sulla propria pelle, era ormai cessato e i loro volti erano tornati ad una distanza decente. Merlino mugolò un ciao strozzato dalla vergogna per tutte quelle attenzioni un po' troppo piacevoli, prima di uscire dall'autovettura, prendere la bici e scappare dentro il locale, dimenticandosi come un perfetto idiota, di richiudergli lo sportello.


 


 

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Ciao!

Mi sto accorgendo che le cose che avevo piazzato negli appunti, convinta che potessero starci tutte in un solo capitolo, creano roba da una quarantina e passa di pagine, il che per me è seriamente indecente, quindi ne stanno venendo fuori più parti di quante ne ipotizzassi. Scusateh.

Spero di essermi mantenuta sul delicato. Shish.

Ringrazio chiunque legga, abbia salvato e recensito la storia.


 

A presto!

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Capitolo 12
*** XII ***


"Allora Merlino..." Cominciò Artù minaccioso, mentre il diretto interessato stava richiudendo la porta della propria abitazione, si girò e sobbalzò nel ritrovarselo vicino, quasi come l'ospite lo stesse confinando addosso all'uscio.


 


 

"Non mi starai facendo ostruzionismo nella mia stessa casa, testa di fagiolo?" Chiese Merlino con finta indignazione, il biondino lo stava fissando con sguardo da satiro, grandi aspettative illuminavano le sue iridi e lui se ne sentì addirittura spaventato. Cercò di non cedere alla tentazione di osservare troppo minuziosamente l'asino, più i giorni passavano e più diventava un arduo compito quello di non cadere nella maleducazione ed indiscrezione.


 


 

"Mh...ostruzionismo, che paroloni!" Lo prese in giro.


 


 

"Vuoi starmi addosso per tutto il tempo?" Domandò Emrys, impaziente.


 


 

"NO!" Urlò Pendragon agitato.


 


 

"Non se mi mostri i disegni. Voglio vederli. Non penserai che mi sia dimenticato!" Seguitò.


 


 

"Che palle, perché te l'ho detto!?" Si maledisse da solo, portando le braccia in aria, con fare teatrale. Sperava che quell'informazione gli passasse per la mente, che la reputasse un fatto da poco conto, ma nel corso delle settimane aveva continuato spesso ad interrogarlo in un moto di curiosità ai limiti del gossip e dello scandalistico. "Hai mai disegnato dal vero? Ti piacerebbe? Che preferisci ritrarre? A colori? Bianco e nero?" Artù si era mostrato veramente pedante a riguardo e l'altro non gli aveva concesso di sapere poi troppo.

Il moro si slanciò in avanti, con l'intento di fargli strada verso la camera, dove custodiva gelosamente i ritratti, ma l'altro non aveva accennato a scansarsi, era coi piedi ben piantati a terra e questo causò una leggera colluttazione involontaria tra le loro spalle.


 


 

"Dici che mi fai muovere?" Quasi gracchiò il padrone di casa. Odiava udire la sua voce uscire con tale urgenza, non esistevano effettivi motivi per sentirsi tanto agitato!
Il biondino finalmente si fece di lato, permettendo quindi a Merlino di muoversi in tutta tranquillità, poi lo seguì euforico, come uno scoiattolo che, se se lo ricordava, tornava a scavare dove aveva nascosto una miriade di ghiande, famelico al solo pensiero del proprio bottino.
Pendragon si stravaccò accanto la scrivania ed attese, impaziente, che il marziano gli porgesse i tanto ambiti fogli, i suoi disegni, cosa tra le pochissime, a rendere il suo amico seriamente riservato. Emrys trattenne il respiro nel darglieli, si sedette sul bordo del suo letto e l'altro li prese delicatamente, quasi con solennità, sfiorandogli appena le dita gelide.
I suoi occhi parvero riempirsi, quando poté finalmente osservarli e togliersi ogni curiosità. Erano in bianco e nero e ad Artù fu chiaro che l'amico avesse usato una penna.


 


 

"QUESTO È WILL CHE LAVA I PIATTI! La stessa identica faccia da schiaffi!"
Esclamò il biondino, anche se avrebbe preferito esordire con un “faccia da culo”. Fu scioccato dalla somiglianza, sia fisica che espressiva.
Il secondo che gli capitò per mano, ritraeva una donna, sfiorò la carta ruvida sotto l'inchiostro, come ipnotizzato da quei segni rozzi e sicuri, quasi graffiati.


 


 

"Chi è questa signora? Le hai fatto uno sguardo così dolce e amorevole!"


 


 

"È mia madre!" Affermò il moro con un sorriso malinconico, martoriandosi le dita ansioso, come se la sua intera vita dipendesse dalla reazione che quei ritratti avrebbero suscitato a Pendragon. Desiderava che provasse delle emozioni, voleva che l'amico rubasse un po' della sua personale prospettiva più pura della realtà che li circondava; che si prendesse un po' del suo cuore e dei sui sentimenti, che Merlino aveva rinchiuso e sintetizzato in quei tratti inesperti e grezzi.


 


 

"Oh, adesso capisco!" Sussurrò Artù, riferendosi all'espressione tenera della donna, gli ricordava quella del collega, di certo il marziano aveva ripreso da lei quella caratteristica affabile. Emrys non afferrò il commento, aggrottò leggermente le sopracciglia e strinse le labbra in una fessura.


 


 

"Il tuo tratto è...avvolgente!" Constatò il biondino, quei tratteggi incrociati, rispecchiavano perfettamente il moro stesso. Linee decise, squadrate, eppure contraddittoriamente davano una eterea sensazione di morbidezza e dolcezza, proprio come le forme del ragazzo.
Il padrone di casa si fece ancora più serio, tentando di capire se quelle parole fossero vere, o se fossero solamente commenti di convenienza, giusto per non offenderlo.


 


 

"Gli occhi soprattutto, li rendi così profondi, accattivanti!" Continuò, lo sguardo del soggetto del disegno era stato rivolto altrove, eppure Pendragon era rapito da quell'espressione materna, era una rappresentazione malinconica, ma positiva.
Merlino forse, avrebbe dovuto pregarlo di smetterla con tutti quei complimenti, perché non ci era abituato, non con lui, ma la verità era che lo appagavano.

Artù cambiò foglio e rise, alla figura stramba dell'uomo particolare che era rappresentato, parve concentrarcisi molto.


 


 

"Allora...lui è uno simpatico, ma sa essere molto severo e testardo, però è come te, non giudica se fai o dici una cavolata, poi sembra buffo, ci ho azzeccato?" Tentò di indovinare, come se avesse trovato il gioco infantile più bello al mondo ed Emrys lo fissò divertito, buttando un occhio al disegno, per vedere di chi stesse parlando, anche se poteva immaginarlo.




"Direi che ci hai preso! Lui è Gaius! Per me è la cosa che più si avvicina ad un padre!" Confessò, il biondino gli sorrise appena, ne avevano parlato dei propri genitori...lui di sua madre ed il moro del suo papà.

Quando, alle domande del marziano, il ragazzo aveva affermato che sua mamma fosse morta dandolo alla luce, Merlino aveva sbarrato gli occhi, balbettando qualcosa che somigliava a delle scuse, sentendosi impotente e pentendosi della propria curiosità che lo aveva portato a ficcanasare. Pendragon lo aveva tranquillizzato, facendogli presente che ormai erano cinque anni che non si sentiva più in colpa per la dipartita di Ygraine, anche se per molto tempo aveva temuto seriamente non sarebbe mai arrivato il momento in cui avrebbe smesso di ritenersi colpevole.

L'altro si era chiesto mentalmente il perché avesse raggiunto quel traguardo essenziale solo di così recente e come fossero stati gli altri diciotto anni prima che lui arrivasse ad una maturazione tale, da capire che non poteva incolparsi, ma non ne aveva avuto il coraggio, non aveva voluto spegnere il suo orgoglio, la sua felicità per quell'ardua conquista. Aveva sospettato che il padre non lo avesse compreso nel suo trauma e che perciò non lo avesse aiutato, o peggio che lo avesse indirettamente accusato. Da quello che aveva capito dalle parole di Artù, Uther era un uomo abbastanza arido e severo oltre che estremamente bigotto e truce. Probabilmente, se il suo amico ci aveva impiegato tutto quel tempo, un po' era anche per colpa dell'anaffettività di quell'uomo.
Il marziano invece, gli raccontò che di suo papà non conosceva neanche il nome, almeno fino ad un anno prima, quando finalmente Hunith si era decisa a parlare, troppo tardi, visto che Balinor era da poco venuto a mancare.

Gli aveva poi confessato una cosa, che non aveva mai espresso ad alta voce, con nessuno: per un futile e breve momento, aveva provato rabbia contro sua madre. Si sentiva un mostro ingrato, ogni volta che ripensava a quel sentimento d'astio che aveva indirizzato contro la donna, per non avergli rivelato prima dell'identità di suo padre. Se lei avesse parlato a tempo debito, forse avrebbe avuto l'amore di entrambi i genitori. Si sentiva un egoista, per averlo pensato, per aver accusato ingiustamente Hunith del suo silenzio. Ma il biondino aveva saputo come scacciare i suoi inutili sensi di colpa, facendogli comprendere che anche le brave persone potevano avere emozioni di risentimento e che non doveva pensare fossero sbagliate, che lui fosse sbagliato. Non significava che egli non potesse più volerle bene, serviva ben altro astio per imbastardire il legame tanto profondo con un genitore, Pendragon ne era a conoscenza purtroppo. Non era vero che per amare qualcun altro si dovessero cancellare gli avvenimenti che non si riusciva a far andare giù! Non funzionava così, anzi, andavano affrontati ed Emrys non doveva vedersi come un mostro, perché non lo era affatto, era solamente un umano, con le sue forze e le sue debolezze. Né era necessario che facesse finta di non aver provato ciò che aveva provato.
Il moro le aveva stampate nel cervello quelle parole "Non serve essere smemorati per amare, non sarebbe un sentimento puro altrimenti no? Va ricordato tutto, il bene e il male, nel bene e nel male!" Quell'asino era una delle persone più preziose che avesse mai incontrato.


 

Artù riprese ad osservare il foglio, come alla ricerca di qualcosa.


 


 

"Ah mi è venuto in mente a cosa somiglia il tuo stile! Alle incisioni!" Annunciò, sembrava proprio che le figure prendessero vita, grazie alla pressione che il torchio esercitava sulla carta, facendo così penetrare l'inchiostro nascosto nei solchi del metallo, sul foglio, regalando l'immagine finita, speculare rispetto alla lastra incisa con la punta secca. Ma quella non era di certo una stampa.

Il biondino seguitò a sfogliare e rimase colpito dall'illustrazione che gli capitò sotto gli occhi, osservò con zelo tutti i dettagli di quella figura, un ragazzo nudo seduto con le gambe incrociate, gomito puntato sulle cosce, testa abbandonata stoicamente sulla propria mano, guardava in basso, pensieroso, quasi come avesse l'intenzione di alienarsi e di trascendere dalla realtà.


 


 

"Questo ragazzo...sono io?" Chiese, assorto. Il cuore di Merlino prese a martellare velocemente, solo in quel momento si rese conto che forse, non avrebbe fatto piacere a Pendragon rivedersi catturato su un foglio, magari avrebbe dovuto scusarsi per averlo ritratto, per aver dato al suo essere un'interpretazione. Prima di allora l'avrebbe reputata una cosa del tutto normale e non si era accorto di quanto in verità, risultasse un po' da stalker psicopatico.


 


 

"Cazzo...che cosa imbarazzante! Mi avrai sicuramente preso anche per un maniaco, insomma...Cioè...io..." Farfugliò il marziano, nascondendosi la faccia dietro le sue mani aperte. Ma perché non ci aveva riflettuto bene prima?
L'asino lo guardò sconcertato, poi gli afferrò un polso e glielo allontanò dal volto.


 


 

"Finiscila, sei...è fantastico e non c'è nulla di imbarazzante, se non la tua idiozia scandalosa!" Lo rassicurò. Come poteva il padrone di casa scusarsi per una cosa tanto bella? Non avrebbe dovuto vergognarsi per le sue abilità, anzi avrebbe dovuto sentirsi orgoglioso.


 


 

"Quindi...Una persona che ci tiene alla propria immagine sociale, contenuta, conforme, ma allo stesso tempo un po' arrogante e con uno sguardo vuoto?" Disse l'ospite, continuando il suo strano giochetto che aveva messo in atto anche per il ritratto di Gaius.


 


 

"Assolutamente non è uno sguardo vuoto quello che io vedo! Al massimo sei tu che guardi nel vuoto!" Si affrettò a mettere in chiaro Emrys, alzandosi in piedi e mettendosi accanto all'amico seduto. Gli lanciò un'occhiata eloquente, probabilmente sperando potesse comprendere come i suoi occhi lo vedevano, davvero.


 


 

"Un tipo freddo nei modi come te, tanto impostato e razionale... eppure stai spesso con la testa tra le nuvole, ti alieni, esattamente quello che ci si aspetterebbe però da una persona impulsiva, irrazionale, emotiva! Sei facile preda dei giudizi sbagliati, per colpa della tua apparenza, io lo so bene, perché sono stato scemo..." A quelle parole, Artù rise appena, imbarazzato.


 


 

"Ti isoli spesso, nei tuoi pensieri, nelle tue malinconie con cui devi ancora imparare a convivere, perché fanno parte di te, che tu lo voglia o meno. Sparisci da questo mondo perché rifletti a volte troppo, se sembra che tu guardi nel nulla è solo perché nessun altro può vedere il tuo universo, perciò non fraintendere pensando che per me hai uno sguardo vuoto. Riuscirai ad avere più clemenza e rispetto verso te stesso e arriverà il giorno in cui non dovrai più dubitare della tua profondità, se qualcuno dovesse osare giudicarti come vacuo, tu non avrai più paura di sembrarlo, perché è evidente che non lo sei!” Il moro parlò come se si sentisse una sibilla, ebbe la premura di spiegarsi meglio, desiderava che la smettesse di usare l'aggettivo “vuoto” per descriversi. Non lo era affatto e non avrebbe dovuto pensarlo neppure per un istante. Merlino era sincero, il biondino ne aveva coscienza, lo sentiva con tutto se stesso, il suo calore spontaneo e genuino. Pendragon era stordito, imbambolato, quasi aveva scordato quanto potesse risultargli essenziale, essere apprezzati da quel ragazzo strambo.


 


 

“Come è evidente anche, che tu sia una completa testa di fagiolo, sprezzante e pure ignorante!” Continuò, volendo spezzare quella strana atmosfera contemplativa che si stava creando tra loro.


 


 

“Merlino! Hai detto che non me lo avresti più rinfacciato!” Urlò Artù, fintamente offeso.


 


 

“Oh non è colpa mia se continuo a pensare a te che dai la precedenza all'altra modella dicendole 'vadi' “


 


 

“Andiamo, un errore capita a tutti!” Si giustificò l'ospite, trattenendo un sorriso, al pensiero di aver pronunciato un tale strafalcione e per evitare che l'altro infierisse, tornò così, a prestare totale attenzione nell'osservare le illustrazioni di cui si stava probabilmente prendendo una cotta colossale.


 


 

"Cos'è questo coso sotto la mia posa? Una melanzana? Un polmone? Un rene?" Chiese il biondino incuriosito da quello scarabocchio ai bordi del foglio.


 


 

"MA QUALE RENE!! È Un fagiolo!" Rispose, trattenendo una risata.


 


 

"Oddio....giusto il solito nomignolo che mi hai affibbiato!" Commentò con sufficienza, continuando a sfogliare quella preziosa carta. Una signora anziana seduta sulla metro, con il carrello da mercato di paese accanto; Freya e Galvano che giocavano ad uno.

C'era un bel primissimo piano di un ragazzo di tre quarti, con la testa leggermente all'indietro, quindi verso l'alto e di lato, così che la mascella e le forme sinuose del collo venissero risaltate. I suoi occhi grandi, anche se leggermente socchiusi guardavano direttamente chiunque avesse ammirato quel disegno. Inequivocabilmente Pendragon, senza ombra di dubbio. Il marziano gli aveva fatto le sopracciglia leggermente contratte, quel poco che bastava per rendere lo sguardo carico di intensità, le labbra davano una sensazione di morbidezza ed erano leggermente dischiuse, tanto che si potevano intravedere gli incisivi storti, era uno stupido dettaglio, ma quella particolarità lo rendeva ancora più vero, ancora più lui.


 


 

"Ti...ti piace?" Chiese Emrys, in piedi dietro di lui, con meno imbarazzo stavolta.


 


 

"Diamine se mi piace! Ho avuto per un attimo l'autostima a mille e un compiacimento verso l'infinito e oltre!" Confessò, quella non era una cotta, era un innamoramento bello e buono ed era vergognosamente da narcisisti prenderne atto proprio su un'immagine che lo ritraeva. Forse se quei tratti fossero stati acqua, Artù ci sarebbe rovinosamente annegato, ma non in modo epico come Narciso, bensì più pateticamente, come Federico Barbarossa, poco prima di aggregarsi alla terza crociata. Osceno, ridicolo.

Però non si era innamorato della sua forma in se, ma di come Mirino lo vedesse, di come guardava gli altri. Lo aveva ritratto, lui lo aveva trovato degno di una cosa così preziosa, non era assurdo? Le sue belle mani avevano desiderato tracciare su carta il suo aspetto, le sue espressioni. Il biondino si costrinse a porre fine a quei voli pindarici, buttò la testa all'indietro e vide il moro, in quella prospettiva buffa dal basso e all'incontrario. Il ragazzo gli sorrise, anche lui divertito.


 


 

"Sembra quasi una soggettiva. Perché gli occhi qui, ci guardano!? Cioè ti guardano, direttamente?" Chiese l'ospite, tornando col capo composto e puntando il ritratto col dito teso.


 


 

"Dici diritto verso un ipotetico spettatore?"


 


 

"Esatto, non lo hai fatto in nessun altro disegno, quindi si nota parecchio. Perché qui si?" Continuò, facendo innervosire il marziano, per qualche arcano motivo.


 


 

"Smettila di essere così ricettivo, ma tu non eri stupido?" Gracchiò.


 


 

"Oh oh, ricettivo? C'è un perché allora!" Insistette, malizioso.


 


 

"Non lo so!" Rispose, quasi in un sussurro, deglutendo a vuoto. Sarebbe bastato che Merlino avesse guardato i propri disegni con un po' più di senso analitico e sincerità, per poter far caso a quella cazzata, vedere come lo avesse illustrato in una posa e sguardo penetranti, sensuali, lo avrebbe aiutato ad avere indizi su come lui lo vedesse, nella sua percezione non solo visiva e oggettiva, ma anche sensoriale, psicologia e soggettiva.


 


 

"Lo trovi tanto strano?" Chiese il padrone di casa a bassa voce, quasi mortificato e spaventato dalla possibile replica. Chinò la testa sul capo di Pendragon, che interpellato, a sua volta rialzò il volto per guardarlo, in quella prospettiva alquanto buffa.


 


 

"No, strano no. Ma lo trovo intimo..."


 


 

"Intimo..." Ripeté stupidamente. Quella risposta gli fece tornare in mente quel pensiero un tantino fuori luogo, quando aveva sentito che fosse stato più intimo una chiacchierata ed una dormita con Artù, piuttosto che certi momenti che aveva avuto con la ragazza che un tempo era stata la sua fidanzata. Si allontanò da lui definitivamente, quasi per scacciare quelle idiozie dall'anticamera del cervello, si poggiò sullo spigolo dell'armadio e rimase così per molto, senza proferire parola, come un perfetto stoccafisso. Finché non avesse capito cosa diamine gli stava accadendo, probabilmente avrebbe seguitato ad avere quei comportamenti da stralunato.



"Arieccolo Andreotti, e ora che hai fatto?" Questionò il biondino, apprensivo, sembrava come il micio satanico di quella strega di sua sorella, quando si impuntava a caso negli angoli della casa, con il muso spiaccicato sul muro.


 


 

"Mi sto...mi sto grattando la schiena vedi? Ho un prurito proprio al centro, fastidio!" Mentì, iniziandosi a muovere spasmodicamente addosso allo spigolo del mobile.
Quello spettacolo ilare fece scoppiare Pendragon in una fragorosa risata, poi si alzò, avvicinandoglisi, lo prese per un braccio e tutt'altro che finemente lo fece ruotare di schiena.


 


 

"Qui?" Chiese Artù, toccando un punto al centro della spina dorsale dell'amico.


 


 

"Si." Buttò a caso Emrys, per non mandare all'aria la sciocca ed inutile bugia. Si lasciò grattare tramite la felpa, ma l'irruenza lo stava sballottando a destra e a manca e lui non aveva di certo voglia di esercitare troppa resistenza per tenersi immobile.


 


 

"Dovresti imparare a muoverti più gentilmente! Sei un elefante!" Lo punzecchiò il marziano. Gli venne in mente uno strano detto... Che quello che stava maturando nei confronti dell'amico, potesse ritenersi un enorme elefante nella stanza?

A tale lamentela infantile e fastidiosa, il biondino lo afferrò per una spalla, con l'intento di fermare le sue esagerate oscillazioni ed infiltrò subdolamente la mano libera, sotto il tessuto violetto che il ragazzo indossava, continuando nel suo buon proposito di porre fine al prurito inesistente al centro della schiena. Il moro si era già accorto che di recente al suo amico piacesse sentirlo vicino, che lo esternasse tramite i suoi soliti gesti virili in cui gli spaccava la schiena e la nuca, o attraverso contatti che potevano chiamarsi piccole carezze, la crescente ricerca della fisicità dell'altro, era abbastanza innegabile e disarmante. Merlino avrebbe voluto dire che non serviva, che aveva detto una stronzata, che non gli pizzicava un bel niente, se non il cervello, ma doveva concentrarsi ed usare tutte le sue forze su qualcos'altro. Assolutamente doveva porsi un freno, sforzarsi e forzarsi a non portare la testa all'indietro, estasiato da quel tocco che stava diventando sempre meno un “grattare” Non poteva permettersi di goderne troppo, non ce n'era motivazione, non solamente per le dita calde dell'asino che passavano lente sulla sua pelle. Rabbrividì per tali movimenti ed aveva iniziato a sospettare da un po', che anche l'asino dovesse trovarlo un fatto insolito e diverso, tutto quel toccarsi... era comprensibile, visto che Pendragon non era abituato a certe dimostrazioni amichevoli. Però era egli stesso che spesso si avvicendava, ma il padrone di casa aveva notato, come alle volte l'altro si tirasse indietro con irruenza, dai gesti a cui egli stesso aveva dato inizio, facendo sentire Emrys in colpa per qualcosa. Pur non avendo commesso nessun atto ambiguo, riusciva a farlo sentire colpevole. Quasi come se avesse fatto tutto lui, da solo, come se le mani di Artù non lo sfiorassero per primo con totale coscienza e volontà, piuttosto, come se qualcosa nell'animo del moro, simile ad una calamita, costringesse il suo amico a fare cose che non riteneva consone. Come se quello che stesse accadendo tra loro fosse inevitabile, ma il biondino, in sprazzi di lucidità, tentasse di evitarlo.

In quel momento, diamine, Merlino non avrebbe proprio dovuto chiudere gli occhi e sospirare come se fosse l'uomo più frustrato al mondo, no, doveva assolutamente evitare che accadesse qualcosa di simile a ciò che era successo a scuola due settimane prima.
Pendragon parve spaventarsi a morte nel vedere le espressioni combattute del marziano, tramite il riflesso del vetro della finestra che avevano davanti, cos'era quello che stavano facendo? Che robe stava facendo? Perché Emrys non lo spingeva via, perché non gli tirava una sonora pizza in faccia? Lui non avrebbe permesso a nessun uomo di toccarlo a quella maniera, ma allora perché il suo collega lo lasciava fare? Soprattutto, perché Artù lo faceva?

Si ritrasse indietro, allontanandosi rapidamente, come se fino ad un nanosecondo prima, non fosse stato in se. La felpa allungata e tirata bruscamente, batté di nuovo sulla schiena del moro, tornando nella normale estensione. Eccolo, uno di quegli sprazzi lucidi in cui l'ospite lo faceva sentire come se avesse fatto tutto da solo.
Un fastidioso tarlo nell'orecchio di Merlino, aveva incominciato ad assillarlo da qualche giorno, tormentandolo con il desiderio di dare un nome preciso alla piega che stava prendendo il loro rapporto, più precisamente il dannato tarlo, si era inserito in lui da quell'evento imbarazzante in camerino, quello per cui avrebbe rischiato una grossa figura di merda davanti alla nuova accademia in cui lavorava da poco. Lo aveva cacciato quel mostriciattolo, più di una volta, eppure...spesso tornava prepotente.

Pensò che quella serata, finalmente avrebbe cenato insieme a Will e passato del tempo assieme a lui, dopo un'eternità. Aveva l'urgente bisogno di sfogarsi, di fargli delle domande, Emrys si sentiva così intontito da non capire, o non voler capire, che l'unico a cui dovesse porre questioni sul biondino, era egli stesso, ma di certo parlarne a voce con un amico che lo conosceva a fondo, non gli avrebbe fatto del male, anzi!

Inizialmente aveva invitato anche Pendragon a rimanere con loro, ma lui gli aveva detto che non poteva, poiché era il compleanno di Gwen e gli aveva dato la parola d'onore che sarebbe stato presente alla piccola festicciola. Il moro si era offeso che l'amico non gli avesse fatto presente del compleanno di Ginevra, se lo avesse appreso per tempo, avrebbe pensato certamente ad un piccolissimo presente da farle.


 


 

“Scendiamo dai, ho un'idea!” Propose Merlino, illuminato dall'idea di un possibile regalo, tentando di riportare alla normalità quell'insolita atmosfera tesa tra i due, che si erano alienati negli angoli opposti della camera. L'asino si destò e lo seguì titubante, il marziano era un fulmine sulle scale, tanto che Artù temette che si potesse sfracellare a terra da un momento all'altro.


 


 

"Posso sapere, di grazia, dove stiamo andando e cosa stiamo facendo?" Chiese il biondino, dubbioso. Era bello però, poter passeggiare per strada senza dover portare addosso quegli ingombranti giacconi pesanti, senza stare con la fretta di fare tutto prima che il sole tramontasse.


 


 

"È il compleanno di Gwen. Qui dietro c'è la campagna di un vecchio burbero, non da sulla strada principale, è abbastanza isolato, questo terreno ha dei bellissimi fiori selvatici, ne è pieno, ed il cancello è rudimentale, basta sganciare il fil di ferro!" Rispose Emrys sconnessamente e l'altro sbarrò gli occhi esterrefatto.


 


 

"STIAMO ENTRANDO IN UNA PROPRIETÀ PRIVATA?" Urlò sconvolto da quella proposta criminale, reggendosi il petto, come se ci fosse stato il rischio di prendere un infarto.


 


 

"...Si...se vuoi metterla così..." Minimizzò, oscillando una mano con sufficienza.


 


 

"Quale metterla così? È COSÌ!" Precisò Pendragon.


 


 

"Adesso calmati, sono andato l'anno scorso a cogliergli le olive, ha solo ulivi. E ti assicuro che ormai il tempo per fare l'olio è finito, lui non ci va mai. È vecchio, te l'ho già detto poi! Prendiamo qualche fiore per Ginevra e andiamo via, gli richiudiamo il cancello e nemmeno lo saprà!" Il moro tentò di rassicurarlo, era vero, forse era un atto un po' malandrino, ma...chi non era mai entrato in campi altrui, per rubare un po' di frutti o fiori?


 


 

"Oddio, anche la raccolta dell'ulivo hai fatto? C...cioè il vero punto è...stiamo scassinando un cancello?" Chiese, mentre lo seguiva nella sua camminata veloce.


 


 

"Mi sembri idiota a volte, ti ho detto che è rudimentale, non ha nemmeno il lucchetto! E poi c'è il fil di ferro, non il filo spinato! Calmati!" Ribatté, per poi correre verso un cancello sbilenco, effettivamente stava messo parecchio male, i pezzi di legna si tenevano quasi per miracolo in verticale, uniti con il ferro, erano quasi tutti bastoncini mezzi secchi o marci. Merlino trafficò ed in un istante aprì lesto e quatto.


 


 

"Dai, dai, entra!" Lo spronò Emrys, facendogli dei cenni con le mani.


 


 

"Mio Dio, mi sento un malvivente!" Confessò in un sussurro, a quelle parole, il marziano scoppiò a ridere, lasciandogli una leggera spinta dietro la schiena, per poi entrare anche lui e richiudere la staccionata mezza diroccata, per non destare sospetti ad eventuali persone che avrebbero potuto passare sporadicamente con la macchina.
Artù si guardò in giro e dischiuse leggermente la bocca, rapito nel trovare tutti quei colori magnifici, il moro se ne accorse, al biondino doveva piacere quello che vedeva, ne era sicuro, si sarebbe preoccupato se fosse stato diversamente!


 


 

"Wow, è pieno!" Esclamò positivamente incantato e trasognato.


 


 

"Te l'ho detto!" Parlò flebilmente, osservando lo sguardo stupito dell'amico, non potendo fare a meno di sorridere di rimando.


 


 

"Li adorerà di sicuro!" Annuì l'asino.


 


 

"Lo spero, vado!" Si augurò Merlino, prima di correre euforico verso un mucchio di fiori selvatici misti. Pendragon lo osservò divertito, quasi imbambolato, mentre la figura ossuta e longilinea, ormai familiare in così pochi mesi, calpestava il prato umido e rigoglioso. Ogni tanto quel giovane uomo gli sembrava un bambino, capace di diventare entusiasta per nulla, spontaneo come pochi.
Artù ispezionò più minuziosamente la campagna e, a qualche metro da lui, scorse un piccolo gruppo di fiorellini seminascosti dietro le radici nodose ed aggraziate di un ulivo, adorava le forme di quegli alberi preziosi. Il biondino si avvicendò ai petali di un tenue colore tra il celeste ed il viola...che fosse quello il colore indaco? Il colore che Emrys gli aveva detto di preferire e che lui in un primo attimo pensò che se lo fosse inventato di sana pianta?

Si chinò, per guardarli più da vicino, non li aveva mai visti prima, poi portò i suoi occhi in direzione dell'amico, anche lui inchinato al suolo e osservò le sue dita affusolate, muoversi delicatamente tra gli steli, con un'espressione di pace e serenità dipinta sul volto. Pendragon abbassò lo sguardo verso i fiori indaco ed arrossì, un'idea stupida e vergognosa gli sfiorò la mente. Toccò, per un breve momento, i petali fragili, prima di ritirare la mano, inibito dal proprio imbarazzo e rigidità mentali. Prestò nuovamente attenzione al moro e sospirò combattuto, poi scorse una farfalla blu posarsi sul dorso del palmo del marziano, lui la stava osservando con un ampio sorriso sorpreso e placido allo stesso tempo, con occhi grandi. Artù avrebbe forse dovuto stupirsi per la farfalla, per quel contatto raramente ravvicinato con un essere umano, ma riusciva solo a vedere il ragazzo dalla zazzera scompigliata, che ormai era arrivata ad incorniciargli il collo lungo. Come faceva ad essere sempre così piacevole guardarlo e sentirlo parlare? Qualsiasi cosa facesse o dicesse era bello, chiaramente non una bellezza fine a se stessa, era quasi ultraterreno, un'opera d'arte tra le più appaganti.
Il biondino distolse nuovamente la sua sconveniente attenzione dall'amico, tornando a dedicarsi ai fiori accanto ai suoi piedi, toccò uno stelo e scese, lentamente. Deglutì a vuoto quando si fece coraggio e riuscì a staccarlo con titubanza.
Davvero... per voler porgere un fiore a quel ragazzo, un asteroide doveva essergli caduto in testa, non c'era altra spiegazione. Chiuse gli occhi, come volesse nascondersi dal mondo e scacciare i suoi pensieri che tanto lo incomodavano, che a volte non lo lasciavano respirare, non concedendogli di stare in pace con se stesso.
Ma doveva rimanere tranquillo, Merlino non era il classico e comune ragazzo, non lo avrebbe mai canzonato, non avrebbe interpretato in modo ambiguo quel gesto, poteva esserne certo! Anche perché, non c'era assolutamente nulla da mal interpretare, era solo un atto amichevole, no? In fondo il marziano ne stava cogliendo a dozzine per Gwen, che cambiava se fosse stato lui a coglierne uno per Emrys? Niente!
Pendragon si alzò dirigendosi nuovamente vicino al cancelletto mezzo marcio, il moro anche aveva terminato la sua raccolta e prese a correre verso l'amico, oscillando pericolosamente, come al solito


 


 

"Ecco!" Annunciò Merlino euforico, mostrando con fierezza il mazzo di fiori di colori variegati che aveva accostato. Artù gli sorrise, ma tradì ben presto le sue intenzioni, buttando un occhio sulla propria mano, che reggeva il delicato fiore indaco, poi ritornò con lo sguardo sull'amico, con espressione affranta, quasi gli stesse per confessare di avergli inflitto un vigliacco colpo basso. Emrys lo osservò, non capendo per quale motivo dovesse avere quel faccino afflitto, ma dopo poco, venne catturato dai petali tra le dita dell'asino, quei petali selvatici che erano tra i suoi preferiti.


 


 

"Ehm...que...questo è il colore indaco?" Balbettò il biondino, con voce leggermente più acuta del solito.


 


 

"SI! È una Nigella Damascena indaco! Dove erano? Non le ho viste!" Rispose entusiasta, toccando gentilmente il fragile oggetto della loro discussione.


 


 

"Li dietro!" Pendragon indicò il punto esatto con l'indice ed il moro sbirciò velocemente.


 


 

"Vuoi aggiungerci anche questo?" Chiese Merlino, credendo che l'amico volesse inserire pure quello nel piccolo pensierino per Ginevra. Quando si rese conto che Artù non avrebbe aperto bocca di li a poco, fece scendere le proprie dita fredde sulle sue, per incitarlo a lasciarsi comprendere. L'asino allargò le dita, facendo si che quelle dell'altro ragazzo, potessero incastrarsi nei vuoti che si erano venuti a creare. Emrys guardò incuriosito quel contatto.


 


 

"Non ho capito, che vuoi che faccia?" Insistette, con tono morbido, tornando a guardarlo dritto nei suoi begli occhi.


 


 

"I...io, tu per, cioè non...ho pensato che... il colore...insomma..."


 


 

"Artù, ti stai impappinando di brutto! Calmati un momento, metti apposto le idee e poi parla!"Gli consigliò il marziano, mettendo apposto le sue dita, impudicamente intrecciate a quelle dell'amico.


 


 

"È per te..." Sussurrò il biondino, dopo momenti di silenzio contemplativo.


 


 

"Ho...sentito bene?" Chiese conferma l'altro, boccheggiando.


 


 

"Il fiore, si..." Asserì, porgendoglielo timidamente.


 


 

"Oh ehm...oddio, pensavo di aver capito male, perché lo hai detto con una voce così bassa!" Quasi gridò il moro, non riuscendo a contenere l'euforia. Prese a sventolarsi il volto ormai in fiamme, con la mano libera, per poi rendersi conto che ancora doveva accogliere quel piccolo ed impagabile dono.


 


 

"Come ti è venuto in mente?" Domandò interessato, prendendo con finezza lo stelo della Nigella Damascena.


 


 

"Beh... il colore, pensavo fosse il tuo preferito!" Rispose Pendragon, era la verità, eppure si sentiva in colpa, proprio come se avesse detto una grossa frottola.


 


 

"Oh, il colore!" Ripeté Merlino, passando dolcemente l'indice ed il medio sulle nocche dell'amico, sfiorandogliele in una sorta di carezza insolita, per poi allontanarli.


 


 

"Cazzo, sei così tenero a volte!" Dichiarò Emrys spontaneamente, le parole quasi gli esplosero fuori dalla boccaccia farfugliante, mettendo in evidente disagio il collega.


 


 

"Io non sono...." Artù avrebbe voluto ribattere, ma l'altro si slanciò verso di lui, scoccandogli un bacio rumoroso sulla guancia ed il biondino non riuscì neppure a ricordare cosa stesse per dire un attimo prima.


 


 

"Sei caro!" Bisbigliò il marziano, allontanandosi dalle gote imporporate della testa di fagiolo, quel poco che bastava per potergli parlare e, nonostante le mani occupate, lo strinse in un abbraccio.


 


 

"È solo un fiore..." Bofonchiò, tentando di farsi uscire un tono indifferente e scocciato, senza ricambiare la stretta.


 


 

"Grazie!" Per il moro non era affatto solo un fiore, era un pensiero gentile, amorevole. Se Pendragon avesse continuato così, prima o poi Merlino avrebbe iniziato un processo di autocombustione.


 


 

"Merlino, Merlino! Mi stai mandando addosso al cancelletto!" Gracchiò Artù, mettendogli una mano sul petto, spingendo poi entrambi in avanti, non voleva di certo spalmarsi addosso quell'ammasso di legna e ferro putrefatti ed arrugginiti. I due scoppiarono a ridere e l'asino decise che poteva anche ricambiare il gesto, visto che quello non gli si schiodava di dosso. Portò le braccia attorno ai suoi fianchi decisi, squadrati e lo cinse.

Di nuovo, esattamente come quella volta a Capodanno, Emrys si sentì scosso appena da un piccolo brivido di piacere, quando l'altro gli toccò il bacino, andando poi con entrambe le mani a stringerlo, con quei movimenti così lenti da risultargli gradevolmente strazianti. Il volto dell'asino si era accasciato sul suo collo, il moro trattenne a stento l'impulso di accoccolarglisi sui capelli chiari col proprio mento e quando il biondino impiegò un po' troppa pressione dietro la schiena, facendo si che il proprio corpo si premesse ed aderisse completamente sull'altro, rischiò quasi di esternare a voce la sua scandalosa approvazione. Merlino pose fine a quell'abbraccio caldo ed un po' troppo intimo, prima che potesse compiere qualche cazzata irreparabile, inebriato da tanta vicinanza. Si allontanò, riuscendo a malapena a guardarlo nei grandi occhi. Il suo cuore, quello stupido cuore! Quelle non erano di certo emozioni che si potevano provare con degli amici! Era quello perciò il punto? Pendragon? MA CERTO! Artù gli piaceva! Lo appassionava probabilmente infinitamente di più che in senso amichevole.

Come si era permesso Emrys a sviluppare quel sentimento? Lo aveva sempre detto “Degli amici non ci si innamora, è meschino!” Eppure gli stava capitando.

Perché proprio lui? Il suo amico, la persona più intrigante con cui avesse mai parlato, il ragazzo che sapeva farlo fremere come un maniaco ogni volta che lo sfiorava, che lo guardava. Un giovane uomo che, tra l'altro, più volte si era mostrato perentoriamente non interessato ad esseri del suo stesso sesso...

Si era decisamente cacciato nella merda più totale, doveva sfogarsi con Will, lui sicuramente lo avrebbe riportato coi piedi ben saldi a terra, lo avrebbe rassicurato che non si stava innamorando di un asino che coniugava male il verbo “andare” solo perché era a disagio dalla presenza di una ragazza in accappatoio.

Il biondino si perse ad osservare i capelli scuri e morbidi dell'amico, svolazzanti nell'aria ed alcuni boccoli sbattergli sulle soavi ciglia, così leggiadri da sembrare che fluttuassero. Era meraviglioso coi capelli lunghi, gli pareva che col fluire dei momenti passati assieme, Mirino si evolvesse in una visione ed una compagnia progressivamente sempre più fantastica, stimolante. Non poteva confessarglielo, era un po' troppo, sarebbe stato troppo persino se fosse stato detto da uno sfrontato come il moro. Era peccaminoso anche solo averlo pensato. Ma era stato un pensiero veloce, sfrecciato talmente rapido nel suo cervello, che poteva autoconvincersi addirittura di non averlo mai immaginato.


 


 

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“Non te l'ho chiesto prima perché so che se io parlo di Artù, sembra sempre che voglia diffamarlo, ma adesso non è più il tempo per stare zitto...” Parlò Will, mentre il padrone di casa riempiva un piccolo bicchiere d'acqua nel quale porre il fiore selvatico ed ebbe un piccolo sussulto nell'udire quel nome.


 


 

“È successo qualcosa tra di voi? Avete litigato?” Chiese l'ospite con apprensione.


 


 

“Ma no, che dici!?” Disse sorridendo divertito. Voleva parlargli dei suoi dubbi, allora perché si stava comportando come un tredicenne col diario segreto? Se attendeva il “momento giusto” probabilmente non sarebbe mai arrivato davvero e sarebbe stato incarcerato da Pendragon in persona, per esternazioni melense e licenziose indesiderate.


 


 

“Senti, ti conosco, perciò non raccontare stronzate, non me la bevo...Non ti ho mai visto così timido con qualcuno. Non lo sei mai stato, nessuno ti ha mai fatto quell'effetto, nemmeno al primo superiore, quando avevi preso una stratosferica fissa per la ragazza bocciata del quinto e le hai chiesto di uscire nel bel mezzo dell'assemblea, cosa che ti è costata una grossa perculazione. Lui, che ti ha fatto lui?”


 


 

“Io, timido? Questa mi mancava...”


 


 

“Su! Tutte le volte che ti accompagna al bar, o prima, quando stavate tornando dalla campagna e lui è andato via...È come se ti trattenessi, se ti vergognassi di qualcosa!” Insistette il suo migliore amico, poi si accorse di quel sorriso di autocommiserazione che si era esteso sulla bocca di Merlino nel mettere il bicchiere col fiore, accanto alla finestra.


 


 

“Lo hai preso tu per piantarlo?” Cambiò argomento l'ospite, poi vide l'altro arrossire e negare con la testa e Will spalancò gli occhi, come se avesse compreso.


 


 

“Artù? Ti ha dato quel coso?” Domandò scioccato, il padrone di casa annuì flebilmente, fissandosi la punta delle scarpe.


 


 

“Oddio Merlino...Artù? Artù si è preso una sbandata per te?” Questionò, portandosi una mano in bocca, in segno di shock, l'amico gli lanciò un'occhiata contrariata e frustrata, magari fosse stata vera tale intuizione...


 


 

“NO, NO! Che dici!...non lui! Sono io semmai, il coglione che si è preso una sbandata per lui!” Sussurrò colpevole, l'altro lo guardò con comprensione, rimanendo in silenzio.

Emrys solitamente aveva delle insulse e superficiali fisse per le persone al primo sguardo, poi semmai ci usciva e generalmente non se ne interessava mai più di tanto, a parte per la sua fidanzata, lei gli era piaciuta, lei era davvero intelligente.

Non gli era mai e poi mai capitato invece, di conoscere qualcuno e prendere solamente dopo, una stratosferica cotta. Con Artù erano nel bel mezzo di un approfondimento amichevole e lui che faceva? Desiderava altro!? Un bel pezzo di cretino! Era la cosa più scorretta che potesse provare.

Ma magari, era un qualcosa di inevitabile, forse non avrebbe potuto provare altro sentimento per il biondino, se non quello. Se ci rifletteva sinceramente, come poteva essere altrimenti? Come poteva, quando Pendragon era così affine alla sua anima? Come si poteva pretendere che un povero marziano idiota, non straripasse oltre la sottile linea che delimitava un'amicizia da un interesse romantico, per lui. Lui...

Iniziava a sospettare che avrebbe dovuto prenderne coscienza molto prima, perché ora che finalmente lo aveva espresso a voce, risultava davvero così chiaro e cristallino il fatto che si stesse innamorando del suo amico. Ci si doveva esser messo proprio d'impegno per rimanere cieco, pur di non ammettere in cosa stesse mutando il suo rapporto con l'altro.


 

Tempo fa, erano al bar sotto l'accademia, con Freya e Galvano e, quest'ultimo aveva pregato di cambiare di posto, poiché a sua detta, la ragazza stava bisbigliando una macumba contro di lui, Artù aveva premuto con il proprio corpo, contro i suoi fianchi e le sue gambe, invitandolo a passargli sopra per scalare. Fatto del tutto normale che il moro stesso avrebbe proposto come veloce soluzione, a qualsiasi altro amico o amica. Ma aveva provato un certo disagio ingiustificato. Era li, che Merlino avrebbe dovuto dubitare?


 

Magari avrebbe potuto comprenderlo quella volta in cui il biondino gli aveva dato un passaggio. Mentre si stavano avvicinando per salutarsi, Emrys era stato catturato da una figura colorata che sfrecciava veloce, lui riusciva a scorgerla appena con la coda dell'occhio e, in un riflesso condizionato, aveva girato lievemente la testa, per vederla e sapere cosa fosse. Aveva sbagliato tempismo però, dato che l'amico ormai era già molto vicino al proprio volto e quello che doveva essere il solito bacio sulla guancia, aveva involontariamente compreso i bordi delle loro labbra. In un attimo si erano toccate, niente di troppo esaltante si ripeté il moro, tentando di darsi un contegno. Se per lui, l'asino fosse stato un semplice amico, ci avrebbe riso su, non avrebbe certamente dato una testata sull'interno della macchina, nell'intento di allontanarsi bruscamente, non ci avrebbe ripensato come un ossesso, mentre l'altro lo fissava spaventato, per un errore così scemo...


 

Oppure, quando si stava spogliando per prepararsi a posare e nel momento in cui era riuscito a districarsi e a far uscire il proprio volto fuori dal collo della sua maglietta, si accorse che l'asino lo stava guardando, candidamente, senza la solita ansia di distogliergli gli occhi di dosso, Pendragon sapeva che Merlino se ne era reso conto, tuttavia era preso ad osservare. Il gracile sterno, il petto, il collo fino e longilineo, con totale prudenza e rispetto. Emrys si sentì ardere, controllò se ai suoi piedi qualcuno avesse appiccato un fuoco, non poteva mai sapersi, in caso Bowser si fosse materializzato e gli avesse sputato una palla incendiata proprio sul pavimento sotto di lui, sarebbe stato un problemone! Alla faccia del decoro e di tutti i codici comportamentali corretti, per un breve istante, il piccolo ed insulso corpo del marziano aveva smaniato di bramosia per godere di ulteriore curiosità da parte dell'altro ragazzo, dei suoi sguardi poggiarsi su di lui, sul proprio essere e magari perché no, che lo toccasse! Che lo toccasse dove diamine gli andava! Li, avrebbe dovuto capire. Da quella reazione accalorata, avrebbe dovuto quantomeno dubitare di non sentire semplice amicizia, ma ovviamente si era ignorato.


 

Due settimana fa ad esempio, mancavano appena una manciata di minuti alla fine del turno nell'accademia privata, ma il moro non aveva resistito ulteriormente ed era fuggito via con una scusa patetica, indossando al volo l'accappatoio, prima che succedesse l'irreparabile. Aveva lottato per ore intere pur di non pensare all'incidente col suo amico, pur di evitare che un esagerato afflusso sanguigno si direzionasse nei punti sbagliati, era a dir poco uno scenario apocalittico quello di ritrovarsi con un'erezione nel bel mezzo del lavoro, in cui posava, nudo. Tutto per colpa di quell'equivoco. Ci stava riuscendo a scongiurarlo, stava filando tutto liscio, eppure gli era bastato osservare per un breve istante la figura dell'amico torcersi appena per non intorpidirsi ed il suo incubo apocalittico si sarebbe persino realizzato, se solo non fosse scappato nel bagno del camerino. Merlino aveva nascosto e schiacciato, quasi dolorosamente, le proprie mani tra le piastrelle del muro gelido e la sua schiena, non avrebbe assolutamente risolto il problema in quel modo. Fissò il suo riflesso, si schifò di se stesso, del putridume e dello squallore che si erano impossessati della sua carne, vergognosamente inondata di lussuria ed eccitazione, come mai era stata con la stessa intensità, prima d'allora. Si era insultato attraverso lo specchio, bofonchiando incazzato e nauseato, dandosi del maniaco ambulante, dello sporco frustrato. Non poteva, il suo corpo non poteva reagire in quel modo a causa di un incidente, lo stesso che aveva fatto esplodere il suo amico in un attacco di ansia. Quando era accaduto ciò che era accaduto, Artù aveva faticato a respirare, gli avevano tremato tutte le giunture e quasi non riusciva a tenersi in piedi per quanto gli girava la testa, Emrys stesso gli aveva retto il capo nel gabinetto, quando lui aveva rimesso persino ciò che non aveva mangiato. Li, nello stesso bagno in cui l'asino aveva dato di stomaco, c'era lui, viscidamente acceso, da un erotismo ingiustificato ed ingiustificabile. Prima che il loro turno avesse inizio, era talmente con la testa tra le nuvole, che stava uscendo per il corridoio come mamma lo aveva fatto, il biondino, esterrefatto da tanta idiozia, lo aveva preso per un braccio e forse con un po' troppa irruenza, aveva richiuso la porta dello spogliatoio. Nella foga di allontanarlo dall'uscio gli era finito completamente addosso. Il moro era diventato un pomodoro quando vide quanto fossero attaccati. Non che lui avesse bisogno di guardare con gli occhi per rendersene conto, perché purtroppo Merlino sentiva molto chiaramente al tatto, la fisicità di quell'osceno incastro. Era stato oltremodo imbarazzante, ma diamine quell'errore... quanto lo aveva incuriosito! La sensazione delle cosce di Pendragon tra le proprie e della sua intimità, velata appena dalla vestaglia che aveva indosso, sul proprio inguine nudo. Sebbene l'asino fosse coperto dal morbido tessuto, esso era estremamente leggero. Emrys, chiuso in bagno, dovette scacciare quel ricordo e concentrarsi per tranquillizzarsi, per smorzare quell'accecante calore malizioso e quando finalmente riuscì a tornare in uno stato decente, non fu in grado di guardare negli occhi del suo amico, per un'intera settimana. Era quella volta forse, che avrebbe dovuto capire che stava nascendo un enorme problema?

Probabilmente era così, aveva sprecato più energie per far finta di non comprendere che quello che provava per lui era un esplosivo interesse, più che per altro. Sentiva un'attrazione che comprendeva i più disparati campi, tutto, tutto di Artù, ormai gli era chiaro. Il suo corpo, la sua mente, il suo cuore, la sua essenza che voleva sfiorare e conoscere. In che pantano era finito...


 


 

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Ciao!

È strano questo capitolo, magari un sacco sciatto e bruttino, pardon, forse odierete questa lentezza cognitiva degna di Risa e Otani (?) Probabilmente da qui in poi perderò la regolarità nell'aggiornare.

Mi scuso con eventuali fan di Barbarossa. Will ritornerà prossimamente, come motivatore e mente razionale della situazione, ovviamente per aiutare l'incresciosa caduta di Merl nel pantano Pendragon.

Insomma, Merlino dopo che ha avuto 27354723 segnali, se ne esce con: “ma non è che...tante volte...mi sto innamorandoh?” BUONGIORNO.

Credo di esserci andata leggera dai, tralasciando lo sciattume, che soap italiana impallidisce!

Ringrazio chi legge, chi ha salvato e chi lascia le proprie opinioni nelle recensioni. Per voi e per gli amici, Tassoni!

Alla prossima!!

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Capitolo 13
*** XIII ***


-Oggi al bar ho offerto in sacrificio un caffè a una divinità, magari ci fa la grazia che uno di voi due si da una svegliata, invece di continuare a comportarvi come nulla fosse, come se vi piacesse essere ciechi e coglioni, Merl. Prova a spingerti oltre...perché sembrate proprio una coppia di idioti. Aggiornami!


 


 

Merlino rilesse più volte quel messaggio sfacciato e sicuro di Will, un piccolo brivido di agitazione lo percorse, ripose il cellulare senza replicare, si affrettò ad entrare in classe e a prendere servizio con Artù.

Emrys aveva discusso molto con il suo migliore amico nell'ultimo mese, sull'increscioso sentimento sbocciato per l'asino e Will parve quasi illuminarsi, quando finalmente ebbe un'epifania che gli illustrò in una visione mistica, di che natura fosse quella strana complicità che notava tra lui ed il biondino, quel costante senso di fare il terzo incomodo che provava quando Pendragon passava al locale... era perché quei due idioti non facevano altro che flirtare ed essere smielati per il tempo intero, senza che nessuno di loro si decidesse ad usare un minimo di intelligenza per parlare chiaro. Era vero che con Artù, Will non si prendeva molto, ma vedeva la serenità che infondeva al moro, vedeva quanto stessero bene insieme, quindi non poteva far altro se non spronare Merlino ad assecondare quel sentimento. Ma l'ultima cosa di cui il marziano necessitava, era proprio un amico che lo incitasse a saltare addosso alla testa di fagiolo, dato che era ciò che stava tentando di evitare con tutte le sue forze. Aveva bisogno che lo tenesse coi piedi ben saldati a terra, ma l'opinione di Will, non gli sembrava affatto obbiettiva, non importava quanto Emrys sapesse che in realtà lui non avrebbe mai detto cose solo per non farlo sentire uno sfigato o per compiacerlo, ma era talmente insicuro a riguardo, che nessuna ragione gli faceva vedere la realtà per quella che era.

"Perché un giorno di questi, in una delle tante occasioni in cui state appiccicati, non provi a dargli un bacio?" Gli aveva proposto il migliore amico, tenendo a precisare inoltre, che non doveva avventarglisi, ma che poteva benissimo approssimarsi più del solito e capire se poteva permettersi di farlo, di confessargli ciò che il biondino era diventato per lui, senza usare parole. Impensabile e alquanto scorretto, si era ripetuto il moro, come se fosse stata una cosa che non avesse mai fatto prima di allora, con le sue cotte meteore. Probabilmente era quello il punto, non contava che lui fosse un ragazzo abbastanza spigliato per certe questioni, se le emozioni che provava erano incommensurabilmente più profonde e sincere di quanto non avesse mai sperimentato in passato, automaticamente quel gesto non sarebbe stato lo stesso, avrebbe avuto una sfumatura diversa e anche ponendo il caso si fosse lanciato, non lo avrebbe mai fatto con la solita scioltezza di sempre, non era per l'atto in se, non solamente, era per tutto ciò che implicava, per Pendragon provava qualcosa di differente ed ignoto, lo sapeva, lo sentiva, ne era quasi impaurito. E poi...come poteva prendersi quella confidenza! Che reazione mai ci si sarebbe potuta aspettare da un ragazzo che si era vomitato l'anima, solo perché le loro "gambe" si erano intrecciate?

Merlino non poteva continuare a nascondere le sue emozioni ancora per molto però e questo lo faceva sentire uno straccio, poiché avrebbe rovinato un'amicizia a cui teneva immensamente. Si sentiva un meschino disonesto ogni volta che Artù gli sorrideva, quando si confidava, quando lo sfiorava, perché di fronte a se aveva un ragazzo ingenuamente convinto di rapportarsi in amicizia, l'asino non poteva immaginare che invece, avesse fatto traballare il suo cuore e fatto esondare il proprio affetto, spingendolo più in la del confine; davanti al biondino, non c'era qualcuno che lo vedesse solo come un amico, il marziano si sentiva un orrendo approfittatore per lasciare che la sua persona si beasse di quei momenti insieme, desiderava parlargli il prima possibile, per fuggire all'imminente minaccia di compiere qualche azione a sproposito che avrebbe spaventato l'altro... non avrebbe mai seguito il consiglio osceno di Will! Lo avrebbe comunque perso, pure se glielo avesse espresso a parole, lo avrebbe allontanato, ne era cosciente, ma almeno non si sarebbe sentito un assaltatore! Nonostante l'urgenza di confessarsi colpevole però, non riusciva a dare un taglio a tutto ciò, non parava mai a quel discorso umiliante, non trovando, o meglio, non volendo trovare mai il momento adatto. Non riusciva neppure a limitare le loro uscite, ad evitarlo, la sua volontà si era rivelata più flebile di quanto avesse mai creduto.

Nonostante tutte le volte in cui Emrys avesse ripetuto a Will, che l'asino non contemplava neanche l'ipotesi di avere un uomo nella sua vita in quel certo modo, il suo migliore amico se ne infischiava altamente di ciò che diceva ed insisteva nelle sue visioni da sibilla cumana, perché per lui contavano i fatti! Era così convinto che Pendragon potesse ricambiare quel sentimento, che il moro incominciava ad inquietarsi da tanta sicurezza.


 


 

"Ti vedo Galvano, non sbuffare, pensi sia facile questo esercizio?" Esclamò l'insegnante, destando il marziano dai suoi ragionamenti irresoluti. Notò il collega impiegare un enorme controllo su di sé, per non scoppiare a ridere. Poco dopo Merlino si volse appena verso l'amante dell'alcool, che stava scuotendo le mani in segno di scuse e poi appiccicò il foglio sullo stiratore massiccio ed ingombrante, come se non fosse appena stato preso in giro dal docente.


 


 

"Qualsiasi cosa vi risulti visivamente con forme semplici e essenziali, non lo è assolutamente. Mai! Più una figura è stilizzata, più c'è del grande lavoro dietro, che neanche immaginate. Per questo oggi voglio che li rappresentiate con linee sintetiche, non aspettatevi di riuscirci al primo colpo, né al secondo o al terzo, è normale! Ma attendo di vedere le vostre piccole evoluzioni!" Continuò ed il ragazzo dalla folta e lunga chioma scura, lo fissò con scetticismo.


 


 

"Galvano, mi crederai appena poggerai la matita sul foglio!" Lo riprese in modo bonario.


 


 

"Non ho detto nulla!" Esclamò l'alunno, mettendo su un'espressione da angioletto. Emrys ricordò improvvisamente di quando, giorni prima, Galvano aveva esternato una sua importantissima considerazione ad alta voce, che aveva fatto piegare dalle risate la classe intera. Il ragazzo, per qualche arcano motivo, aveva trovato delle similitudini tra le funzioni dei muscoli delle spalle e quelli dei glutei, decidendo che tutto il mondo dovesse venire a conoscenza di quella sua intuizione geniale, gridando qualcosa come "I deltoidi sono le chiappe delle spalle!" Freya aveva fatto di tutto per migliorare la situazione, ma fu completamente vano tentare di tirarlo fuori da quella gaffe.

A quel ricordo, lo starnazzo del moro, risuonò nell'aula, beccandosi uno sguardo divertito ed incuriosito da parte dell'insegnante che, fortunatamente, preferì far finta di nulla e liberarlo da quella figuraccia, continuando a parlare imperterrito.


 


 

"Per riuscire a sintetizzare una forma, in questo caso dei corpi umani, dovete avere una sicurezza tale...un'ampia conoscenza dell'anatomia e degli snodi delle varie articolazioni, così da far risultare quella sintesi coerente, riconoscibile e piacevole, mettetevi alla prova! Apprenderete che le cose che sembrano semplici molto spesso danno più rogne che altro!" Esclamò convinto. Quell'ultima frase colpì particolarmente Artù, era un qualcosa che di certo poteva estendersi alla quotidianità stessa, oltre che al contesto accademico. Ciò che sembrava una situazione facile, poteva risultare complicata da capire. Ad esempio l'amicizia era una cosa naturale e semplice, tipo Leon e Mithian gli davano un senso di familiarità e complicità che lui adorava, sapeva fosse così anche per loro, ma Merlino...il proprio cervello non riusciva a spiegarsi cosa ci fosse di strano, andava tutto bene, c'era una forte intesa, eppure rispetto agli altri due amici che il biondino aveva, c'era un che di notevolmente diverso, non contava da quanto si conoscessero, era qualcosa che andava oltre il tempo e la percepiva, pur non avendo la benché minima coscienza di ciò che fosse. Pendragon adorava la mente dell'altro, il modo in cui pensava, agiva, il suo gesticolare mentre parlava, con quel giovane uomo era tutto più leggero, anche quando aveva un umore nero; si sentiva a casa con lui, ovunque fossero ed era appagato dalla consapevolezza tacita, che Emrys provava lo stesso. Era così bello ciò che stavano facendo l'uno all'esistenza dell'altro, senza compiere effettivamente nulla di complesso, niente che non fosse nella norma della routine quotidiana, c'era un continuo scambio, scambio che si era ritrovato ad amare, qualsiasi nome esso avesse.


 

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Artù prese un respiro profondo nel pigiare sul pulsante del citofono della sua vecchia casa, sentì il proprio cuore tamburellare violentemente e le budella contorcersi, quando il cancello esterno si aprì, non una voce uscì dall'altoparlante, in fondo aveva avvisato il padre che sarebbe passato, non serviva perciò che Uther rispondesse, gli bastava accertarsi tramite la telecamera installata sul citofono, per sapere con anticipo chi avesse suonato.

Prima di entrare, il biondino si girò ad incontrare lo sguardo del suo amico e si stupì di come quell'agitazione diventasse più sopportabile se c'era anche lui al suo fianco, a sorridergli fiducioso. Probabilmente, se il marziano non lo avesse accompagnato, non avrebbe mai più messo piede in quell'abitazione, non avrebbe mai osato tornare, nemmeno per poche ore, anche se quello avesse significato perdere per sempre tutti i libri della madre, i tomi ed i fumetti che lui stesso aveva acquistato negli anni. Ma il suo amico era li, nonostante l'ansia e la paura di dover rapportarsi con quell'uomo, Artù sentiva che alla fine, sarebbe andato tutto bene, perché la sua presenza lo faceva sentire l'individuo più coraggioso al mondo.

Uther, come un avvoltoio, era rimasto attento a fissare il ragazzo attraverso la telecamera, con una raggelante pazienza che nascondeva un che di spietato, il biondino aveva delle scatole da trasloco ancora piatte e da montare, sotto un braccio. Poté notare anche una figura maschile, coi capelli un po' troppo lunghi, accanto a suo figlio, ghignò amareggiato al solo pensiero che sangue del suo sangue fosse così codardo e fragile, da aver avuto bisogno dell'accompagno di un capellone. Quell'ammasso dinoccolato che il figlio si era portato appresso come un cagnolino vecchio e rognoso, sfiorò appena il dorso della mano di Artù, in un gesto che, alla superficie poteva sembrare casuale, ma per l'intuito di Uther Pendragon, non lo era affatto. Serrò la mascella con sdegnosa collera, quando vide il tipo di espressione che suo figlio aveva rivolto al pezzente, c'era un qualcosa di insopportabile nella sfumatura adorante che avevano preso i suoi occhi ed il suo sorriso, nell'esternare il proprio affetto nei confronti dello strambo. Non poteva essere...non poteva essere quel qualcosa che un uomo, per le regole della naturalezza, era portato a provare esclusivamente per le donne.

Allora non era lui ad aver sbagliato come genitore, era colpa dei suoi due figli, se erano cresciuti entrambi marci e putrescenti. Lui era un uomo sano, da integerrimi principi, aveva provato a correggere quei due ragazzini, da sempre. Se avesse intuito prima, li avrebbe potuti raddrizzare? Forse degli esseri deviati non avrebbero mai compreso il giusto, ma erano già destinati in partenza alla perdizione.


 


 

“Buongiorno.” Sussurrò incerto il biondino all'uomo che aveva davanti, non appena furono entrati nell'abitazione. Uther gli aveva insegnato a non mostrare mai le proprie debolezze, avrebbe dovuto provare delusione nel ritrovarselo in casa, così pateticamente vulnerabile, ma al contrario, ghignò sadico nell'udire la voce del figlio tremolare come una foglia. Artù non era più sotto la sua ala, non era più guidato dai suoi insegnamenti di vita, il moccioso aveva rinnegato l'educazione rigorosa che gli aveva zelantemente tramandato, o almeno che aveva provato ad imporgli, saperlo timoroso e pappamolle lo compiaceva. L'uomo era inorgoglito nel constatare che, se il biondino non era più sotto la sua casa, della sua persona, rimanesse solo un perdente; con lui, suo figlio avrebbe potuto risplendere e divenire un uomo potente, degno di rispetto e del cognome che portava, senza di lui, meritava solo di vivere nei panni di un mediocre esserino senza spina dorsale, che faceva gli occhi teneri ad un altro ragazzotto dappoco e mezzo frocio probabilmente, come se Artù fosse stato anch'egli un insulso e schifoso finocchio. Se non altro adesso sapeva il perché avesse difeso Morgana con le unghie e con i denti. Non poteva dire se lo infastidisse più lui o il suo amichetto, ma se non fosse stato che l'uomo desiderava liberarsi di tutte quelle cianfrusaglie inutili che il figlio aveva lasciato li, nemmeno gli avrebbe permesso di rimettere piede nella sua abitazione, dopo il disonore che gli aveva arrecato.

Emrys sentì un temibile gelo irrigidirgli il corpo, nell'accorgersi che non avrebbero udito alcuna risposta. Tutto di quella figura austeramente tirannica, pretendeva una cieca sottomissione, la sua attitudine era quella di chi era abituato da sempre ad ottenere una passiva obbedienza, grazie alla sapiente comunicazione a suon di terrore che gli apparteneva e che era in grado di trasmettere anche nei gesti o nei discorsi più tranquilli all'apparenza. Persino chi lavorava con lui da molto tempo, a stento sapeva riconoscere la sete di manipolazione dispotica mirata a ricevere una riverente obbedienza e devozione, che si nascondeva dietro quella facciata quasi ammirevole, di professionale severità e dedizione al dovere. Il biondino trattenne il respiro nel superarlo e si diresse veloce verso quella che una volta era stata la sua stanza, seguito dal marziano. Il moro temette per la propria vita quando, per errore, sbatté le scatole di cartone ancora appiattite, sul ginocchio del padrone di casa. Fu solo in quel momento che lo degnò di uno sguardo truce ed il ragazzo avrebbe di certo preferito evitarsi quell'esperienza agghiacciante. Degli occhi stupidi di un vecchio pomposo, erano stati in grado di farlo sentire a disagio, Uther lo aveva guardato come se avesse avuto tra i piedi, l'essere più immondo dell'universo, che avrebbe solo meritato di essere pestato a morte e, per un istante, era persino riuscito a fargli credere di essere davvero quel mostro.

I due ragazzi desideravano al più presto scrollarsi quella sensazione di oppressione che pareva aver imbastardito la dimora per intero, iniziarono così a montare le scatole di cartone, riponendoci con accuratezza i libri ed i fumetti. Sebbene la stanza fosse ormai inutilizzata ed abbandonata, Merlino non percepiva quella asfissiante invasione di prevaricazione che sembrava essere il marchio di Uther Pendragon sulle cose che gli appartenevano o a cui era vicino; la vecchia cameretta del suo amico emanava familiarità, accoglienza, bontà, aveva tutta l'aria di essere una piccola oasi, forse proprio perché si era plasmata sul carattere di chi, evidentemente doveva averci passato molto tempo dentro. Il marziano si distrasse dal suo compito, senza nemmeno rendersene conto, l'attenzione era stata calamitata dal suo collega che stava sistemando i tomi con zelo. Non importava se fino a poco prima avesse beffeggiato l'asino, dicendogli che somigliasse ad un'ape gigante con quella maglietta a maniche corte dal giallo ridicolo e con quei pantaloni neri attillati, in realtà lo trovava comunque fantastico. Una ginestra, pensò Emrys, se Artù era riuscito a sbocciare con così tanta purezza e gentilezza, in un ambiente sterile ed aspro come quello, doveva proprio essere una ginestra, così come probabilmente anche sua sorella.

Lasciò che i propri occhi indugiassero su di lui, come non si concedeva da parecchio ormai, poiché si era obbligato a non farlo. Le sue braccia scoperte che sorreggevano i libri, le labbra rosee leggermente premute, sicuramente per la concentrazione che stava impiegando nelle azioni. I suoi occhi grandi che guizzavano eleganti, leggeri; quel naso deciso che lo caratterizzava, rendendolo unico, influenzando con armonia il resto dei suoi tratti somatici, lo faceva quasi somigliare ad una figura mitologica forte, sicura, profonda...mozzafiato. Seppur lo vedesse nudo quasi quotidianamente, il moro non poté fare a meno di arrossire nel soffermarsi sui pantaloni che avvolgevano l'amico, che gli esaltavano le forme. Non aveva bisogno di fantasticare su nulla o immaginare, a lui non servivano di certo un paio di pantaloni stretti per capire quanto bell'aspetto vi si nascondesse sotto eppure era in imbarazzo, anche se il marziano conosceva a fondo il corpo dell'altro, come si conosceva il corpo di un amante, quasi fosse il proprio. Loro non erano amanti però, Merlino era convinto non lo sarebbero mai stati e avrebbe voluto resettare quell'immagine dai suoi ricordi, perché con quel tipo di conoscenza, sembrava che tra loro fosse più intimo di quanto non era in verità.

Il biondino alzò lo sguardo casualmente sull'altro, che si affrettò a distogliergli gli occhi di dosso con vergogna e frustrazione. Mirino prese a rigirarsi un libro tra le dita, lo sfogliò e tentò di risultare il più naturale possibile quando iniziò ad interessarsi alla trama, ma ci mise alcuni istanti prima di capire di starlo a tenere al rovescio. Lo posizionò nel verso giusto e lesse, non capendo mezza parola per quanto fosse diventato nervoso, per una cosa così da poco. Quanto avrebbe resistito ancora, prima di fare qualche cazzata?


 


 

“Se evitassi di ficcanasare sulla trama di qualsiasi cosa che ti capita sottomano, forse andiamo via prima di dopodomani!” Scherzò Pendragon, vedendolo in difficoltà. In fin dei conti era con Merlino e Merlino andava punzecchiato! Era adorabile quando faceva le sue solite facce piccate, non poteva mica privarsene!


 


 

“Vedo se c'è qualcosa che mi interessa...e poi sono curioso sui tuoi gusti! Posso essere curioso sui gusti di un amico?” Si giustificò con voce acuta, tentando di non rimuginare sulla figura di merda.


 


 

“Lo so io che stai facendo...aspetti solo di beccare qualche lettura compromettente, per avere una scusa in più per percularmi!” Ribatté e l'altro si girò verso la libreria pur di non dargli la soddisfazione di vederlo ridere.


 


 

“Questa casa mi da una sensazione negativa...ma la stanza tua è diversa, è rimasta disordinata, c'è tanta roba, è luminosa e mi mette a mio agio!” Esternò Emrys.


 


 

“Sai che questi discorsi sulle sensazioni positive e negative degli oggetti o dei posti, mi ricordano le strane chiacchiere di Morgana?” Parlò Artù ed il marziano sbuffò rumorosamente, in segno di dissenso.


 


 

“Secondo me siete i figli illegittimi di Wanna Marchi!” Continuò l'asino.


 


 

“Wanna Marchi non c'entra con quello di cui ti parlo! Non sono solo chiacchiere! A volte ti complichi troppo la vita tentando di spiegare tutto con il cervello. Esistono le impressioni emotive e se facessi più caso al tuo stato, capiresti che intendo!” Rispose con tranquillità, ma da come il biondino aveva aggrottato le ciglia e serrato le labbra, il moro comprese che stava prendendo seriamente quel discorso, ci stava riflettendo su, trovando chissà quale collegamento intricato ed insensato con qualcos'altro.


 


 

“Quindi...se ci fosse qualcosa che non so spiegarmi razionalmente, secondo te dovrei dar retta alle sensazioni?” Domandò con tono serio.


 


 

“Alle volte è essenziale trovare un bilanciamento tra ragione e istinto no? Lavorano bene insieme. Ma per riuscire a sentire bene, devi essere sincero con te stesso...altrimenti non avrebbe senso!” Rispose, iniziando a sospettare che Pendragon avesse qualche questione in sospeso di cui non gli aveva ancora raccontato. Se avesse smesso di impegnarsi così tanto a fare il cieco, come spesso lo rimproverava Will, avrebbe capito che il soggetto dei dubbi dell'amico, era proprio lui.

Artù presagiva che qualcosa fosse sfuggito ai suoi occhi, nonostante il rapporto con Merlino fosse così semplice, banale ma straordinario, c'era un piccolo dettaglio nella loro amicizia che lo infastidiva, non lo coglieva, eppure era li, davanti ai suoi occhi, ma non vedeva cosa fosse. Sapeva che quel qualcosa stonasse tra i due, tuttavia non era esattamente una nota che andava a rovinare l'armonia, perché non c'era nulla di distruttivo nella loro amicizia. Ci pensava e si arrovellava, non venendone mai a capo, ma a volte, quando si trovavano in certi momenti di particolare confidenza, il biondino era sfiorato dal pensiero che tra di loro ci fosse qualcosa che somigliasse solamente all'amicizia, ma che non lo fosse del tutto, non era convinto che fosse quel sostantivo a rispecchiarli. L'asino aveva un vitale bisogno di definizioni minuziose, necessitava che il suo cervello riconoscesse in modo razionale cosa gli accadeva, cos'era lui con Emrys, cos'era per Emrys.

Avrebbe dovuto essere più sincero con se stesso, sembrava facile a dirsi! Ma sotto sotto sapeva, quanto si fosse premurato di non scavarsi troppo a fondo pur di non dare un nome ai suoi sentimenti, pur di non ammettere che ciò che la sua amica più volte aveva insinuato sottilmente o più esplicitamente, potesse essere la pura verità...


 


 

“Chi te lo ha scritto?” Chiese il moro, picchiettando col dito su una pagina bianca di un fumetto, nella quale spiccava una sorta di augurio in una calligrafia ferma e sicura. L'altro si destò dai suoi interrogativi e si avvicinò per controllare, pur immaginando già a quale frase si riferisse il marziano. Pendragon era abituato a prendere regolarmente quel volume tra le dita, per rileggere ciò che Mo ci aveva scritto, spesso aveva bisogno di ricordare quella breve dedica, che lo aveva da sempre rassicurato ed acquietato.


 


 

“È stata Morgana! È una citazione alla storia del manga in realtà, lei la trovava una cosa molto da me. Era un periodo strano ecco...Non importa quanto è banale, mi ha sempre dato un non so che di speranza! Lo so che non sembra un incoraggiamento ma...”


 


 

“Oh no...è molto bella!” Asserì Merlino ed il collega ridacchiò appena, preso da chissà quale ricordo.


 


 

“Leggevo i suoi volumetti di questo fumetto e una volta mio padre mi aveva sgridato perché era 'roba da femminucce' saranno stati ormai dieci anni fa più o meno. Non lo aveva fatto con rabbia, era abbastanza casuale, ma insomma, lo hai visto, ti fa sentire in colpa anche se respiri!” Emrys lo guardò stupito, doveva essere una liberazione essersene andato via da Uther, anche se notava come Artù si portasse appresso gli strascichi di quella violenza psicologica, la freddezza ed il bigottismo con cui era stato abituato a riflettere e a rapportarsi con gli altri. Ma il biondino desiderava evolvere la propria mentalità, ci stava lavorando, sapeva ampliare le sue vedute quando capiva di aver sempre ignorato determinati punti di vista su un argomento, o quando comprendeva che qualcosa fosse affine alla sua persona, ascoltava e valutava ed era anche per questo che aveva rapito il cuore del moro. Era per la sua meravigliosa sete di comprensione e di immedesimazione nelle situazioni degli altri, che Artù era un uomo splendido agli occhi poco neutrali di Merlino e decisamente migliore dei tipi squallidi ed aridi come era il padre.


 


 

“Mia sorella aveva sentito il commento retrogrado, allora per ripicca mi comprò tutti i volumi del manga, in un'edizione diversa da quella che aveva lei e ci scrisse quello...” Continuò, sorridendo imbarazzato ripensando a quanto si sentisse il ragazzino più trasgressivo sulla faccia della terra, per aver letto un fumetto che il suo papà, senza neanche sapere di cosa trattasse, non aveva approvato per lui, come se non avesse potuto eleggere da solo in base ai propri gusti. Forse fu l'atto più trasgressivo che avesse mai fatto con consapevolezza e ciò la diceva lunga.


 


 

-Se la tristezza dovesse tornare ancora e circondarmi improvvisamente,
le sorriderò, come se dovessi salutare ed accogliere un amico.

Recitava la scritta e sembrava seriamente esser stata creata a pennello per Pendragon, che era un ragazzo molto tendente a scivolare in pensieri malinconici ed accoranti. Fu grazie a lui, se Emrys era stato in grado di cogliere la differenza sostanziale tra due concetti che si somigliavano molto, tanto da dare l'erronea parvenza di essere la medesima cosa. Una cosa era l'emozione di tristezza, scaturita da fattori e fatti esterni alla persona; una sfumatura peculiare che differiva, era invece la tristezza, l'atteggiamento di mestizia dell'animo. Due cose distinte seppur non estremamente contrarie. Artù piano piano stava riuscendo ad accettare quel suo modo di esistere e di essere, ad un occhio esterno poteva risultare sgradevole o errato che qualcuno dovesse abituarsi ad essere a quella maniera, a rassegnarsi ad essa e trattarla come una vecchia amica, ma quella mestizia era parte del biondino, non poteva separarsi da lei, come non poteva separarsi da qualsiasi altro lato del proprio carattere. Lui non avrebbe mai smesso di essere di natura gentile, premurosa, cocciuta, empatica, razionale; ugualmente, non avrebbe mai potuto smettere veramente di essere così, quella sfaccettatura lo accompagnava sempre, perché era in sé, era sé, la sua essenza. E non si poteva essere nessun altro se non se stessi, non si poteva fingere di non essere ciò che si era, non per troppo tempo almeno.


 


 

“Hai ancora paura di lui? Anche quando sai che non potrà mai più mettere bocca sulla tua esistenza?” Domandò Emrys con tono pacato e dolce.


 


 

“È da stupidi, lo so!" Si giustificò Pendragon abbassando il volto frustrato e rispondendo indirettamente.


 


 

“Non lo è!” Parlò convinto il marziano, lasciando sulle sue gote, una delicata carezza.


 


 

“Succede ogni tanto, che penso a qualcosa...di strano ecco, o a qualcosa che vorrei avere il coraggio di fare, roba che se sapesse...e mi sale l'ansia come se lui potesse vedere cosa ho in mente, cosa provo, spero o desidero! E si Merlino è stupido, non venirmi a dire il contrario!”


 


 

“Non lo è! Ti libererai della sua ombra, non metterti fretta, la fretta potrebbe portarti a farti solo credere di essertelo lasciato alle spalle. Fai molto per essere te stesso, non te ne rendi conto? Ci riuscirai del tutto, lo so che riuscirai a non sentire costantemente il suo fiato sul collo, a infischiartene delle aspettative che ti ha buttato addosso senza rispettare la tua personalità, le tue inclinazioni, ce la farai a vivere la vita che tu e solo tu vuoi per te! Ti accetterai, chiunque tu sia Artù, non dipenderai mai più né sarai l'ombra di un uomo che ti ama solo se sei come vuole lui!” Disse velocemente, avvicinandosi impercettibilmente all'amico ed Artù lo fissava come se avesse appena ascoltato la voce di un angelo che gli rivelava il senso viscerale della vita.


 


 

“Devo imparare a essere più sincero con me stesso!” Mormorò, quasi più a sé. Il biondino contemplò intensamente il moro, ma quello gli si allontanò con urgenza, dandogli le spalle, così la testa di fagiolo tornò a dedicarsi alla libreria.

Merlino si morse un labbro con violenza, ammonendosi per l'ennesima volta, per aver approfittato della fiducia che l'asino riponeva in lui e per avergli riservato quel gesto. Ogni volta che ne aveva l'occasione, non se la faceva sfuggire, anche se si riprometteva che non avrebbe mai più tratto beneficio dall'amicizia col ragazzo di cui era innamorato, puntualmente se poteva sfiorarlo o abbracciarlo, nascondendosi dietro la facciata da amico, lo faceva. Era un codardo incapace di confessargli la vera natura del suo interesse, lo stava ingannando, senza mezzi termini e posticipava perché in fondo non voleva perderlo, anche se questo contrastava con il suo essere schietto e leale.

Il marziano aprì la finestra e vi si poggiò, come una vecchietta, poi ammirò il paesaggio lasciandosi sfuggire fiochi e patetici lamenti di autocommiserazione. Pendragon aveva detto che a volte aveva pensieri e desideri strani, che suo padre non avrebbe mai accettato e che lo facevano star male, gli facevano provare ansia, quindi idee non contemplate dalla sua rigida educazione. Emrys spalancò la bocca, quando una stupida discussione avuta con Will, gli si ripropose peggio di una peperonata. Il suo migliore amico era riuscito ad instillargli un dubbio, alquanto importante, che se si fosse rivelato fondato, avrebbe dato un significato nuovo a tutto ciò che era stato detto o fatto: Quell'episodio, quell'incidente in camerino... l'idea che Artù fosse esploso in un attacco di ansia perché magari avesse provato suo malgrado, un certo piacere, la medesima ambigua ed intima curiosità che egli stesso aveva sentito, non aveva mai sfiorato i pensieri del moro, non prima dell'insinuante conversazione con Will.

Nel fantasioso caso in cui avesse avuto ragione, non sarebbe stato peggio? Se il biondino avesse provato una cosa tanto genuina e naturale, eppure non fosse riuscito ad accettarsi, non era forse più grave di un comprensibile disinteresse?

Nella vita capitava di non essere ricambiati, Merlino si era adagiato su questa consapevolezza, pur avendo fatto tutto da solo, senza interpellare l'altro, come un perfetto idiota, ma, anche se sconfitto in partenza, una cosa era certa, non avrebbe mai provato rancore verso Pendragon. Nessuno poteva costringere qualcuno a ricambiare tali passioni, così come nessuno poteva evitare di essere sfiorato dal sentimento, anche quando questo, era destinato a rimanere a senso unico.

Un rifiuto da parte dell'altro, per Emrys era più che lecito, non lo era però fuggire dalla consapevolezza del proprio affetto verso qualcuno, mentendo a se stessi, non era nulla di più se non umiliarsi ed infliggersi del male. Il solo dubbio che anche il collega potesse essersi innamorato di lui, ma che si reprimesse e sentisse sbagliato, a causa di strascichi di una tirannica educazione a vecchio stampo, era insostenibile, inaccettabile. Il moro non si sarebbe mai perdonato per non averlo aiutato ad uscirne fuori, per averlo lasciato in un cantuccio, a precludersi scioccamente una cosa tanto ineluttabile, splendida e genuina, d'altra parte, non poteva mica andare da Artù, bombardandolo con una serie di congetture presuntuose ed urlargli in faccia "Ti piaccio, lo so, non è un male, una cosa così non è sbagliata!" Sarebbe stato pietoso e si sarebbe beccato un ceffone sul viso, era stato davvero un arrogante e pieno di sé per aver creduto, anche se per brevi istanti, di essere così rilevante nella vita del biondino.

Merlino aveva coscienza del fatto che fosse fin troppo comune per una persona bisessuale fraintendersi, al punto magari di arrivare a capirsi più tardi rispetto agli altri, quella era una sessualità che veniva ancora vista per la maggior parte come promiscua e, nel migliore dei casi, come una mera fase di indecisione, passeggera, che andava superata e bisognava risolverla prendendo una scelta. Era perciò molto facile che alcuni tendessero a lasciare latente l'attrazione verso qualcuno del loro stesso sesso, convincendosi più o meno inconsciamente di riuscire a dividersi, come se quelle sfumature di uno stesso aspetto, fossero due parti che potessero essere scisse. Era semplice quindi fingersi eterosessuali, non totalmente sbagliato e talmente facile, da far rimanere impantanati in una bugia di distruttiva portata anche per molti anni. Ma poi, chi era fortunato e sincero con se stesso, prima o dopo capiva che una sfaccettatura non poteva esistere senza l'altra a renderla completa; non erano parti da eleggere singolarmente, l'esclusione sarebbe stata una sorta di mutilazione.

Emrys aveva osato pensare che quello poteva essere stato il caso di Pendragon, tutti quei momenti di ansia che lui aveva, allo stesso modo quegli slanci strani, contraddittori, quei tocchi premurosi e fin troppo affettuosi, quegli sguardi amorevoli... La sua maniera di trattarlo, a volte lo lasciava segretamente sperare che provasse lo stesso, ma poi si ravvedeva, il fatto che reputasse veritiero e fondato il proprio ragionamento, non significava che quello fosse il caso di Artù, non era una certezza che lui stesse combattendo una grande guerra interna e recondita alla ricerca dell'accettazione della propria sessualità.

Il moro preferiva non far caso all'evidente attrazione che il biondino provava per lui, tanto meno Pendragon voleva vederla, ostinandosi a nasconderla dietro i nomi di “Oggettività” e “Amicizia”

Se solo Merlino avesse saputo come l'altro reprimeva le proprie emozioni, costringendole in una camicia di forza, avrebbe capito che i momenti in cui si credeva un pazzo presuntuoso, erano in verità sprazzi di lucidità in cui riusciva a comprendere la realtà istintivamente, più che mai.

Emrys inoltre, era all'oscuro di quanto il cuore del suo amico accelerasse, ogni volta che tornava a casa, con quella stupida paranoia di passare davanti alla propria cassetta delle lettere e di ritrovarci scritto "Frocio" nuovamente, non sapeva di come Artù allungasse sempre il passo, davanti la porta di quel ragazzino maleducato, era solo un moccioso e ne aveva timore. Quello li, gli aveva sbattuto in faccia, non ciò che non era, bensì quello che preferiva non essere.

Al moro non aveva mai raccontato, di quanto ultimamente sognasse di essere recluso in una minuscola cantina umida, buia, senza finestre, ricoperta da incisioni di quel susseguirsi di lettere ingiurianti e lui non poteva uscire di li, finché non le avesse cancellate tutte. Puntualmente non ci riusciva mai, le unghie gli si consumavano, le perdeva, la carne delle sue dita gli doleva, poi Uther entrava, urlandogli che gli faceva schifo, che sua madre fosse morta per nulla, per dare alla luce un'insulsa mezza checca, poi prendeva a ghignare in modo raccapricciante mentre lo soffocava, burlandosi di lui. Quegli incubi erano tutti simili, quasi fosse stata una pena dell'inferno, era diventato così suscettibile ed assillato da quell'assurda questione e non ne cavava neanche una motivazione ammissibile...

Il biondino odiava e allo stesso modo era divertito dal fatto che la gente non trovasse plausibile che qualcuno, qualcuno che davvero era così, potesse fare una colossale fatica per accettarsi ed amarsi. Era vero che fosse un momento della storia positivo rispetto al passato, quello era un piccolo primo passo, importantissimo, per un miglioramento, ma non significava affatto che si fosse arrivati, anzi, era solo l'inizio. Stavano in una fase di passaggio, che poteva comprendere nei soggetti che si scoprivano non eterosessuali, due reazioni estremamente differenti: la presa di coscienza nella più totale tranquillità, oppure il terrore generato da eco lontane, ma non poi così tanto, derivate da secoli e secoli di giudizi aberranti, mortificanti ed oppressivi.

Con gesti estremamente rispettosi, Pendragon prese un libro, era uno tra i suoi preferiti in assoluto, tra l'altro quel volume era appartenuto a sua madre, era come un ricordo, ma uno mai avuto, di esperienze mai vissute. Da giorni, desiderava donare al suo amico, quell'oggetto dall'importanza inestimabile per lui. Sapeva quanto fossero allevianti degli spunti dall'esterno, che sembravano arrivare proprio nei momenti più adatti. Quante volte Artù aveva letto, visto o sentito cose per lui giuste, al momento giusto? Ed era rimasto davvero grato da tali coincidenze, che lo avevano portato a riflettere su cose che in seguito lo avevano arricchito, o che gli infondevano sollievo. Quel libro era giusto per Merlino, il biondino lo aveva saputo nell'attimo in cui lo aveva ascoltato confessargli a cuore aperto, delle sue paure e le sue fisse più angoscianti o strane, che non avrebbe mai pensato potessero frullare nella zazzera del marziano. Era vero che l'asino avrebbe potuto comprargli un'edizione nuova, non c'era bisogno che si privasse di un ricordo così caro, ma scioccamente sentiva di volergli offrire proprio il suo tomo, un oggetto che era già passato sotto le dita, gli occhi e le emozioni di qualcun altro. Regalare quel libro, era come donare un po' di se stesso ad Emrys e Pendragon sentiva di volerlo fare, ne aveva un ardente desiderio. Gli si avvicinò, con il presente in mano, si poggiò anche lui in finestra, come una vecchietta spiona. Mirino era probabilmente immerso nei suoi pensieri, poiché non parve rendersi conto che l'altro si fosse avvicinato.


 


 

“A che pensi ultimamente angioletto, eh?!” Domandò Artù, facendo sobbalzare l'amico, un po' perché non si era accorto della sua presenza, un po' per aver percepito le dita della testa di fagiolo sulla sua pelle. Gli aveva portato una ciocca di capelli mossa e scura, dietro le orecchie a sventola, toccandolo con la solita attenzione che impiegava quando si sfioravano, quasi avesse paura che il moro potesse spezzarsi da un momento all'altro.


 


 

“Guardo le nuvole!” Farfugliò incerto, parole a caso. Sbarrò gli occhi quando incontrò quelli del biondino che gli stavano dedicando la sua totale considerazione, da una distanza fin troppo scarsa.


 


 

“Ma il cielo è limpido oggi!?” Replicò l'asino nascondendo un sorrisetto curioso ed il collega si costrinse a fissare il paesaggio. Avrebbe dovuto apprendere ad inventare cavolate più plausibili e a farsi uscire un tono fermo e deciso quando le pronunciava. Rimasero in silenzio, Merlino con gli occhi rivolti all'esterno e Pendragon verso di lui, senza ritegno alcuno.


 


 

“È un peccato che tu non possa vederti adesso...” Sussurrò la testa di fagiolo, si sentiva uno stupido, ma lo pensava, era una pena che il marziano non si rendesse conto di quanto potesse letteralmente rubare la vista da qualsiasi altro soggetto, umano o meno, con la sua bellezza insita e non artificiosa.


 


 

“Smettila di prendermi in giro e di fissarmi, è da maleducati!” Lo rimproverò Emrys, impiegando una lieve pressione contro il braccio dell'altro, già appiccicato al suo, per spintonarlo appena.


 


 

“Allora te ne sei accorto! Aspettavo...” Disse con un tono ammaliante. Il moro quasi trattenne il respiro nel vederlo mordersi un labbro, con estrema lentezza...scherzava, scherzava e basta, era per quello che sembrava così ambiguo, non doveva soffermarsi sul gesto, o sulla sua espressione equivoca.


 


 

“Che?”


 


 

“Di cogliere il tuo sguardo.” Continuò, come se fosse un'ovvietà. Merlino oscillò una mano all'aria, per minimizzare e tornò a concentrarsi sul paesaggio, tentando di non farsi venire strane idee ottimiste a riguardo.


 


 

“Oh...sta zitto!” Imperò, Mirino fissando il cielo limpido.


 


 

“È un ordine?” Chiese sconvolto.


 


 

“Perché, ti piace?” Si fece uscire dalla bocca, voltandosi a fissare l'asino, rimpossessandosi della sua maniera impudica di comportarsi e fu sollevato nel vedere che finalmente era l'amico ad arrossire, come non accadeva da tempo.

Quando Artù riuscì a farsi passare lo sconcerto e a richiudere la mandibola, gli porse il libro, come se fosse un rito solenne.


 


 

“Mi stai dicendo che dovremmo tornare al nostro lavoro?” Domandò Emrys, pensando che fosse una sorta di messaggio subliminale.


 


 

“No. Voglio che sia tuo.” Confessò e l'altro lo guardò negli occhi con meraviglia, boccheggiando inutilmente, con le labbra tirate da un sorriso gioioso e fu da quella reazione che il biondino capì che lui fosse la persona giusta...a cui regalarlo. Nel suo volto vedeva l'emozione di qualcuno che aveva colto a fondo quanto significasse per lui un gesto simile.

Il moro sentì al tatto la copertina spessa, ruvida e seguì con le dita il titolo, curioso.


 


 

“Forse penserai che sono cretino e che non sia appropriato darti proprio questo, con 'sta sorta di titolo...ma ti assicuro che non sono pazzo, se vorrai leggerlo comprenderai perché...dopo un po'!" Si giustificò.

Magari con quel “Veronika decide di morire” che spiccava nel mezzo della copertina rigida, poteva non parere il regalo più geniale da porgere proprio a quel ragazzo. Merlino gli aveva confidato di rivolgere spesso il pensiero alla morte, in generale, aveva il terrore che esistesse seriamente una sorta di vita eterna, sperava che le loro anime non fossero inestinguibili, che il loro epilogo fosse veramente una fine. Si auspicava che si smettesse di esistere completamente, era la cosa migliore, avrebbe preferito non essere mai esistito, piuttosto che essere destinato a farlo per sempre. Non voleva morire troppo in la con l'età, perché temeva tutto ciò che la vecchiaia comportava, in particolar modo, le malattie degenerative della mente; però, era inquietato dall'ipotesi di spegnersi da giovane, era la morte in se a turbarlo. La morte lo angosciava e ugualmente faceva, la prospettiva di esistere per troppo tempo.

Gli era capitato di lavorare in casa di persone con demenza senile, cosa che per i più, era male interpretata come semplice smemoratezza. Era tanta la gente che non sapeva che una malattia del genere portava ad essere come un adulto nei panni di un bambino di un mese, con la tragica e struggente differenza però, che quegli anziani avevano avuto un passato, sviluppato una personalità, probabilmente avevano creato una famiglia e quegli stessi individui giungevano ad uno stato per il quale, tutto quello che avevano costruito a stenti, era ormai inesistente, annientato, poiché non ne rimaneva traccia nella propria mente e se non ce n'era la più vaga ombra, era come se non fosse mai accaduto, come annullare il proprio essere. Se alla fine dei conti non si poteva più avere controllo sui ricordi, sui pensieri, se si decedeva senza la coscienza di esistere e muoversi in un tempo presente, se non si possedeva più la consapevolezza di tutto ciò che si era fatto o meno, non era un po' come non aver mai vissuto? Come se tutto fosse stato vano?

Tutto pur di allungare una vita che urlava la necessità di giungere ad un termine al più presto, perché aveva dato. Tutto pur di allontanare a distanze chilometriche l'ultimo respiro da esalare, in cambio di cosa? Se si perdeva l'autonomia del proprio pensiero, era proprio necessario rallegrarsi di quell'aspettativa di vita elevata? Emrys aveva visto quanto fosse umiliante per un essere umano ridursi in quel modo, era ingiusto, ma era normale dicevano, quello era uno stato accettabile, fingevano. Degrado e disumanizzazione, non era nient'altro se non quello, per lui.

Non era durato molto con tale lavoro, sapeva che non sarebbe mai stato abbastanza forte da poterlo reggere, ogni volta immaginava di avere davanti un ex bimbo superstite dalla seconda guerra mondiale e non poteva far altro se non scoppiare in lacrime per il fatto che quel ragazzotto che era scampato alla morte e distruzione di quell'epoca, avesse ora bisogno di lui, che lo lavava, vestiva ed imboccava con lentezza perché ormai si era tramutato in un'ameba, perché versava in uno stato che lo privava di qualsiasi umanità.

Non poteva non piangere di nascosto, quando una signora, che nell'infanzia era riuscita a superare la polmonite nei primi anni trenta, sottoposta a quel pericoloso e dubbio trattamento con le sanguisughe dietro la schiena, da vecchia aveva bisogno di lui che la aiutasse a fare i suoi bisogni essenziali, che la riprendesse quando imboccava per le scale con l'intento di tornare a casa dai genitori, sicuramente venuti a mancare da decenni, non potendo prenderne coscienza.

Mai come in quella breve esperienza, aveva compreso quanto fosse ingiusto che il mondo se la prendesse a prescindere con i familiari che non potevano e non reggevano una situazione così straziante, se solo avessero passato un'ora con dei soggetti afflitti da tale malattia, avrebbero capito quanto i loro, fossero giudizi sputati all'acqua di rose, avrebbero compreso la sofferenza da cui si era impossessati, nell'assistere al prolungamento della vita di un caro, in quel modo, a quelle condizioni.

Oltre il fatto che non riuscisse a non piangere durante tutto il servizio per dei perfetti sconosciuti, un evento in particolare lo aveva spinto a lasciare. Una donna gli aveva chiesto un aiuto con suo padre, durante alcuni giorni della settimana in cui lei lavorava e non poteva seguirlo, sembrava ancora tutto semplice e gestibile, poiché l'uomo era in una fase iniziale di quel deterioramento. Ma era proprio in quella fase in cui gli venivano concessi ancora degli sprazzi di lucidità e di senso della realtà a tratti, che egli poté accorgersi di star marcendo a poco a poco, ciò lo aveva buttato in uno stato di forte depressione e...quel primo stadio di coscienza aveva portato e permesso all'anziano di eleggere la fine per la propria esistenza.

Fu da egoisti l'aver trovato sollievo nel fatto che quel suicidio non fosse avvenuto quando c'era lui con l'uomo. Per evitare che potesse avvenire in futuro, era fuggito. Ma dopo qualche settimana iniziò a credere che se ci fosse stato lui con il vecchio, forse non sarebbe mai accaduto, magari lo avrebbe evitato e la cosa più orrenda era che il moro non si sarebbe mai dato pace sapendo di essersi intromesso scongiurando quella disperata azione, una salvezza assolutamente non richiesta. Non si sarebbe mai perdonato per non avergli lasciato la libertà di porre fine alle proprie tribolazioni, per non averlo rispettato e anzi, di avergli imposto di continuare a vivere ancora quando quell'uomo non desiderava altro se non spegnersi, prima che non potesse più avere padronanza della sua anima.


 

Eppure Pendragon sapeva, che nonostante le apparenze, quel libro era per lui e che non gli avrebbe fatto del male, anzi, tutt'altro.


 


 

“Oh...io...cioè sono lusingato, ma non posso, andiamo, era di tua madre no?Prestamelo! È troppo importante per te!”


 


 

“Non te lo avrei mai detto se anche tu non lo fossi per me.” Mormorò e quasi non avesse avuto più controllo su se stesso, gli sfuggì un'ultima considerazione, sussurrata ancora più flebilmente.


 


 

“Lo sei... importante per me.” Agitato dalle proprie parole, il respiro di Artù si fece più affannoso, non era solamente averlo detto a Merlino che gli faceva battere il cuore come se volesse scappargli su per la trachea, o temere di non riuscire più a respirare, ma anche e soprattutto perché lo stava ammettendo a se stesso. Ed era spaventoso, altrettanto spaventoso ed inaspettato fu lo sguardo di Emrys su di lui, come se non stesse aspettando altro da lui. L'asino distolse lo sguardo e gli tornò alla mente l'insinuazione di Mithian. Ogni volta che il biondino tornava da un'uscita con il marziano e gli capitava di chiacchierare con lei del più e del meno per telefono, la testa di fagiolo cercava spesso di nascondere quella sciocca euforia che gli rimaneva addosso, ma non era in grado di dissimulare più di tanto le proprie emozioni, poiché comunque finiva per raccontare molto di quel ragazzo, anche indirettamente, sapeva che lei aveva capito quanto il moro gli piacesse, quanto evidentemente ci stesse bene insieme, quanto l'amicizia con lui fosse cresciuta a dismisura giorno dopo giorno. Quel marziano aveva trovato progressivamente, un posto sempre più ampio e accogliente nel cuore di Pendragon, tanto che, forse ad un occhio esterno poteva sembrare un poco ambiguo. Mithian spingeva molto su una certa battuta "Ma ti stai innamorando di lui per caso?" Artù faceva finta di non capire, quanto dietro quella burla, l'amica esprimesse una convinzione. La conosceva troppo bene per non sapere che era solita buttarsi in ipotesi celate da scherzi, per sondare il terreno. Il biondino non le aveva mai risposto a quella domanda, né aveva osato ribattere tra se e se nei suoi pensieri. Eppure li era libero, li nessuno lo controllava, poteva essere più chiaro con se stesso, poteva darsi del sollievo e smetterla di opprimersi come se vivesse ancora nel medioevo. Se fosse stato vero? Se si stesse...ma a lui i ragazzi non piacevano! Aveva avuto così timore, da aver imposto dei limiti alla propria sincerità, ma in un modo o nell'altro, tutti quei sentimenti che aveva ben bene frenato e lasciato marcire nell'inconscio, avrebbero straripato.


 


 

“I...io non so che dire...ti ringrazio! Non pensavo che...cioè che tu...che tu anche...” Farfugliò Merlino, sinceramente in difficoltà per quella sorta di confessione. Ma non doveva montarsi la testa, no! Per “importante” non intendeva ciò che avrebbe inteso lui, parlava di amicizia, punto, era palese.

Pendragon decise che fosse meglio tornare a comportarsi come di consueto, stuzzicando il collega e smetterla con quei dubbi sciocchi, la migliore amica doveva avergli fatto un lavaggio del cervello con tutta quella smania di inclusione che voleva espandere su tutto e tutti!

Mirino trasalì quando percepì la ruvidezza dei polpastrelli dell'asino, passargli tra il colletto della maglietta che portava sotto ed il collo.


 


 

“Ti viene il vaiolo così! Una maglietta sotto la felpa...Ma davvero senti tutto questo freddo?” Lo punzecchiò Artù.


 


 

“Vorresti sfilarmela magari?” Gracchiò innervosito, rendendosi conto troppo tardi che potesse sembrare un commento fraintendibile.


 


 

“Mi fai solo sentire caldo...a vederti così!” Sibilò.


 


 

“Non guardarmi allora, bifolco! Hai miliardi di altre cose su cui poggiare lo sguardo, non rompermi le palle!” Replicò, tentando di nascondere al meglio la sua acidità con una voce ed un'espressione scherzose.


 


 

“È divertente!” Ridacchiò il biondino.


 


 

“Un giorno è la ricrescita, un giorno i miei calzini bucati, le labbra screpolate, i capelli spettinati, un giorno le mutande rosse che per qualche arcano motivo, non vanno bene... vuoi venire a vivere da me, così la mattina presto mi passi tu la lametta sulla barba, mi rappezzi gli indumenti? Mi consigli un burro di cacao, Artù fashion stylist!?”


 


 

“Oddio che schifo!” Esclamò, mettendo su una faccia raccapricciata.


 


 

“Hai detto bene...che schifo!” Gli fece l'eco il marziano.


 


 

“Vorrei vivere in una fattoria sperduta però!” Confessò la testa di fagiolo.


 


 

“Beh si, sarebbe meglio che stare con me per prenderti cura della mia immagine pubblica!” Acconsentì.


 


 

“Veramente intendevo...di viverci con te...” Disse Pendragon con naturalezza ed Emrys rischiò seriamente di strozzarsi con la sua stessa saliva nel guardare l'espressione seria e trasognata dell'altro esternare certe cose, che non facevano altro che indurgli un volo di fantasia, su immaginari bucolici e romantici, decisamente irrealizzabili, con lui.


 


 

“Così fai tu il lavoro pesante!” Puntualizzò la testa di fagiolo. Chiaro! Era per quello, cosa poteva mai credere che fosse?


 


 


 

“Sappi che voglio le mucche e delle galline...senza gallo però che me le rendono nervosucce!” Seguitò Artù.


 


 

“Anche a me stanno sul cazzo i galli. Niente ovini e caprini! Ah e le mucche le alleviamo di quelle avana non pezzate e con le corna! Quelle che, la gente che le vede solo in TV, scambierebbe per tori, nonostante le mammelle che toccano il suolo! ” Gli diede corda, facendo ridere l'altro.


 


 

“Stato brado?”


 


 

“Stato brado! ...Aspetta però!” Si arrestò il moro, desideroso di tornare coi piedi a terra.


 


 

“Credi che io abbia così poche aspettative, da finire a fare da badante a te e alla tua donna angelo che porterai? Vorrei qualcosa di più di questo!”


 


 

“Oh no, nessuna morosa. Rimango scapolo!” Parlò in fretta il biondino, trovando strano appena dopo, il proprio impulso di precisare una cosa simile. Il suo discorso suonava quasi come una rassicurazione, nello sciocco ed idilliaco sogno, non era presente nessuna donna angelo e si destabilizzò nel notare che Merlino sorrise di sollievo per tale assenza. Perché, non aver incluso nessun altro a parte loro due, avrebbe dovuto rasserenare il suo amico? Come se anche lui non volesse nessuno tra i piedi, sempre seguendo la logica bambinesca di quella stravaganza utopica. L'asino si grattò la testa inquieto, riusciva ad impantanarsi anche per le cavolate fittizie e non concrete come era quella. Era un gioco puerile, non doveva farsi tutte quelle inutili domande.


 


 


 

“Ti credo che rimani scapolo se ti metti con un extraterrestre come me, ti si allontanano tutte!” Annunciò ridendo. Pendragon parve essere a disagio, abbassò i suoi grandi occhi sul davanzale candido della finestra. Forse la scelta di quelle parole non era stata tra le migliori... in pratica Emrys si era appena fatto sfuggire un “se ti metti con me” anche se Artù era sicuro non intendesse affatto in quella determinata maniera, non poté far a meno che andarci a parare con la mente, ipotizzando come sarebbe stato, se si fosse riferito a ben altro. Come era essere amati dal moro? Come era potersi permettere di amarlo, avere la libertà per farlo? Chi mai sarebbe stato così pazzo, da pensare di riuscire ad abituarsi al suo modo di essere o alle sue attenzioni? Non era affatto in grado di immaginarselo più dolce di quanto già non fosse quando lo accarezzava, quando gli riservava qualsivoglia gesto, quando lo guardava, quando gli parlava e passavano del tempo insieme.

Il biondino prese a tracciare con le dita, i tagli saturi di luce, che colpivano il profilo dell'amico, rimasto immobile per lunghi attimi, pareva come quelle caprette che fingevano di essere morte quando percepivano di essere in pericolo. Pericolo...allora anche Merlino aveva un certo sentore che qualcosa tra di loro stesse sfuggendo! Il marziano ad un tratto, scattò col volto verso di lui, fulminandolo con un'espressione di sfinimento, come se fosse giunto al limite di chissà cosa. Poi parve stupirsi, come se vedesse il volto di Pendragon per la prima volta, oppure, come se non avessero avuto la possibilità di guardarsi senza filtri o freni, da molto ormai. Emrys lo contemplava con sguardo soffuso di tentazione, come se stesse per dirgli tutto senza però la più piccola intenzione di proferire parola, proprio quello che aveva temuto maggiormente. Quando Artù si approssimò ulteriormente, il moro si leccò le labbra voluttuoso, pur non avendo la minima premeditazione nelle sue azioni, non ne aveva il controllo, figurarsi farlo appositamente per suscitargli dei colossali dubbi. Il povero asino si stava figurando interrogativi assolutamente fuori luogo, non riuscendo a zittire i propri impulsi irrazionali. Chissà come doveva essere, sapere di essere desiderati da lui, sarebbe stato bello se avesse potuto baciarlo, senza dover dare spiegazioni a nessuno né a lui, né a se stesso, evitando di scendere a conclusioni paurose, sarebbe stato meraviglioso avere il potere di privare quell'azione intima, del suo significato più evidente. Come era sfiorare o lambire le sue labbra piene, che la luce in quel momento rendeva più sensuali del solito? Brillavano invitanti, a causa del fatto che le avesse inumidite con quel gesto tanto disarmante. Cosa si provava a sentire il suo corpo addosso al proprio, poter...il biondino scosse il capo, come se quello potesse farlo smettere e dimenticare quei pensieri inauditi...era meglio non spingersi oltre.


 


 

“Non guardarmi così, per favore...” Sussurrò sfinito Merlino, prima che potesse fare qualcosa per cui pentirsene. Pendragon non avrebbe dovuto concedergli quegli sguardi, lo ammirava quasi come se anche lui provasse lo stesso, come se fossero entrambi innamorati ed il marziano ormai non aveva abbastanza lucidità per allontanarglisi volontariamente, o quel ragazzo avesse smesso di trattarlo a quella maniera, o non avrebbe retto tanta vicinanza. Lo stolto ignorava la reale urgenza di quella sorta di supplica e non pose fine allo scambio. Artù non avrebbe saputo raccontare cosa mai gli avesse detto la testa, quando col proprio pollice percorse la forma aggraziata della sua bocca e fu investito da un osceno piacere nel percepire che l'umidità ancora presente sulle sue labbra, andasse a diradarsi nella propria pelle. Una flebile eccitazione lo percorse nel vedere la morbida pelle dell'amico, assecondare e piegarsi appena sui movimenti delle proprie dita. Quando Emrys gli prese delicatamente il volto, il biondino temette che le ginocchia gli avrebbero ceduto da un momento all'altro. Il moro lo accarezzò con impellente bramosia, la stessa che Pendragon incontrò nelle iridi languide e socchiuse per l'inebriamento, seminascoste sotto le folte e lunga ciglia scure. Cosa avrebbe dato Artù per poter ricordare per sempre quello sguardo penetrante e desideroso di trasmettergli i suoi sentimenti, di donargli quella particolare attenzione dolce, sensuale, pura, ardita e la speranza di essere trattato ugualmente, con la stessa passione. Merlino protese il viso verso il ragazzo, che gli strinse con frenesia le dita dietro la nuca, invitandolo ad inclinare appena il capo, così da permettergli di avvicinarsi meglio, accomodando entrambi. Sentì il biondino trasalire quando le loro bocche furono così prossime da dargli l'illusione di toccarsi. Emrys si sporse e sfiorò le labbra con le proprie, il suo calore era così etereo, era stordito dalla loro consistenza, inebriato da tale tocco e aveva la necessità che divenisse un bacio, ancora non lo era, poiché somigliava più ad una eccezionale carezza, profonda, delicata, emozionante. La realtà gli piombò addosso come una doccia gelida, quando le mani di Pendragon, che fino ad un attimo prima lo avevano accolto ed invitato, gli piombarono prepotenti sul petto, a spingerlo via. Il marziano sbatté la testa al muro ma non ci fece caso, voleva solo scomparire, che cazzo aveva fatto...era un pezzo di ipocrita, si era ripetuto e costretto a non farlo...eppure gli era saltato addosso, anche se pareva che Artù ci stesse, che lo desiderasse veramente. Lo aveva frainteso e aveva mandato tutto a puttane a giudicare dall'espressione dell'altro, che si poggiò sfinito sulla piccola concavità del davanzale, ansimando come se avesse corso per chilometri. Però...però non era giusto che il pentito lo facesse sentire come se avesse fatto tutto da solo, non era così, poteva giurare che non fosse così! Come avrebbe potuto interpretare diversamente quelle tenerezze?

Entrambi si voltarono di scatto verso la porta della stanza quando si spalancò, mostrando la figura del padre padrone in tutta la sua altolocata rozzezza.


 


 

“Esigo che vi sbrighiate, vi voglio via di qui entro venti minuti, se vi ho permesso di mettere piede qua dentro, è perché dovevate liberarmi da questi libri polverosi, non ve l'ho concesso per starvene in finestra a chiacchierare!” Disse severo, trafiggendoli entrambi con sguardo gelido, poi Uther uscì, richiudendo l'uscio con una potenza tale, che le mura avrebbero potuto sgretolarsi e crollare, così come l'animo dei due.

Il biondino camminò svelto e stizzito verso la libreria, afferrando tremolante, i libri rimanenti, riempiendo l'ultimo cartone. Un preoccupante colorito paonazzo sulla faccia e l'espressione di chi aveva appena visto un fantasma. Ognuno trascinò uno scatolone fino all'auto, senza che si azzardassero a rompere il silenzio tra loro per tentare di darsi una spiegazione.


 


 

“Artù...” Sussurrò l'altro timoroso, dopo momenti di mutismo che sembrarono infiniti. Non potevano ignorarsi, non potevano far finta che non stessero per darsi un bacio, Pendragon non riuscì neanche a sostenere lo sguardo, volgendolo al suolo, sbuffando chissà cosa.


 


 

“Per prima...” Seguitò.


 


 

“Non è successo niente, prima. Niente!” Esclamò rabbioso Artù.


 


 

“Oh cazzo, ma tu stai fuori!? Vuoi far finta di nulla seriamente? Vuoi cancellartelo dalla memoria? Dimmi che mi sei caduto addosso, lo accetto, che eri curioso e ti sei ricreduto, che mi stavi prendendo in giro, dillo! Ma non puoi comportarti come se non avessimo nulla da discutere! Dimmelo, dimmi quello che già so, ho frainteso, colpa mia, mi dispiace, sono serio, perdonami, ti chiedo scusa, non avrei dovuto prendermi certe libertà, credevo che...”


 


 

“Credevi che?! È colpa tua! Sei tu, tu mi stai influenzando con tutte quelle cose ambigue, mi confondi ok! Mi stai deviando! Tu e tutti quelli come te pensano che gli altri siano uguali a voi! Io non sono così, lo sai benissimo! A me i ragazzi non piacciono!” Lo accusò, scuotendo energicamente le mani, provò a guardarlo negli occhi mente gracchiava, ma non ne fu capace.


 


 

“Io ti sto deviando? Portando su una strada sbagliata? Cos'è sbagliato Artù!? Porca puttana, pensavo fossi diverso!”


 


 

“Diverso da te sicuro!”


 


 

“Ho frainteso, capisci? Non l'ho fatto con malizia!”


 


 

“Se a te piace il cazzo sono problemi tuoi Merlino, lo sai che io non sono frocio!” Parlò il biondino con un'inquietante fermezza nella voce bassa, piena di risentimento e collera, ormai incontenibili.


 


 

“Oh...a me piace il cazzo? Questo è quello che hai capito di me? Ah pezzo di coglione, pensi che se avessi potuto scegliere mi sarei innamorato di te?! Di uno a cui faccio schifo, perché non mi interessa niente del tuo genere!?” La delusione e la mortificazione spezzarono la voce del moro, non poteva farsi ferire da quei discorsi, non poteva permettersi di abbandonarsi al forte impulso crescente di urlare come un forsennato e piangere di rabbia e frustrazione fino a quando non fosse crollato a dormire con un insopportabile mal di testa. Era così accecato da un turbine di emozioni contrastanti, che ignorò il fatto di essersi dichiarato nel momento e nella maniera meno adatti, aveva dato un nome preciso ai suoi sentimenti per lui, lui che a quanto pareva non era abbastanza maturo per trattarlo con riguardo, era semplicemente pietoso, ridursi così.

Fu in quell'attimo, che Pendragon riuscì a sostenere il suo sguardo...innamorato, così l'altro aveva detto. Eccolo, quel qualcosa che non era riuscito a cogliere, era quello ciò che faceva differire il loro rapporto da una semplice amicizia. Lui non lo aveva compreso, o forse aveva preferito non farlo e si sentì cadere in un terrorizzante oblio nello scorgere sofferenza ed infelicità nei tratti cupi e burrascosi di Merlino. Prese coscienza a scoppio ritardato, dell'attitudine con cui lo aveva offeso ed umiliato, quelle urla ingiuste, non poteva ricacciarsele dentro, non poteva annullarle, era troppo tardi. Guardò il libro che il ragazzo stringeva tra le dita angosciate e gli tornò in mente il perché glielo avesse donato, Emrys era importante per lui, così si era sentito dire con la propria voce, quindi non avrebbe dovuto permettersi di insultarlo, di trattarlo come un degenerato, non poteva davvero aver riservato quel trattamento vile ad una persona tanto meravigliosa, doveva aver perso il lume della ragione!


 


 

“Ho sbagliato, ho capito male, ma non ho tredici anni, lo accetto un rifiuto. Se ne avessimo parlato, mi avresti potuto respingere civilmente! E per quanto sia un sentimento a senso unico il mio, non credere di avere il diritto di trattarmi come una merda, io voglio che tu mi rispetti, io lo merito, darmi del frocio, del deviato, dell'insinuatore, credi che siano argomentazioni? Anche se fosse? Anche se ti faccio ribrezzo, non sei proprio nessuno per farmi sentire un mostro! Potevi dirmi che non ti interesso, invece hai bisogno di insultarmi, perché sei un bigotto del cazzo! Non scavalcare la mia dignità, non te lo permetto! Non ti azzardare, mai più!” Si sgolò imbestialito, afferrandolo per un lembo della maglietta all'altezza del petto e con una violenza che non gli apparteneva, lo spintonò addosso alla macchina. Artù si sarebbe preso a sprangate da solo, se fosse servito a tornare indietro, perché il moro aveva ragione, non doveva osare privarlo della sua dignità, urlandogli certe cose, non lui che era suo amico. L'asino percepì un groppo in gola quando vide i suoi occhi velarsi di lacrime, come diamine avrebbe potuto riparare allo stato d'animo in cui lo aveva fatto versare? Con quale coraggio poteva pretendere che bastassero un paio di scuse, con quanta codardia rimase zitto invece, senza nemmeno tentare, evitando di discolparsi a prescindere. Merlino si allontanò, era meglio che andasse via di sua spontanea volontà, piuttosto che attendere che fosse il biondino a cacciarlo, ci mancava quell'umiliazione.


 


 

“Dove vai?” Domandò Pendragon, irritandosi del suo stesso comportamento.


 


 

“Affanculo!” Rispose risentito, la sua insoddisfazione crebbe, quando l'altro lo afferrò per una manica della felpa.


 


 

“Lasciami stare, o diventi mezzo frocio, ti contagio no?! Io ti devio no?! Stammi lontano!” Lo intimò Emrys, sfilandosi con ira dalla presa dell'altro.


 


 

“Merlino, non sai nemmeno dov'è la stazione, quale bus prendere, non sai dove andare!”


 


 

“Non sai nemmeno dov'è la stazione!” Gli rifece l'eco, incominciando a camminare svelto, cosa si aspettava? Che sarebbe salito sulla sua auto e si sarebbe fatto dare un passaggio, dopo tutto quello che gli aveva sputato addosso?


 


 

“Non so dove andare io, ma so che tu dovresti andare a farti fottere, stronzo!” Continuò ad alta voce, poiché ormai era lontano e aveva bisogno che Artù sentisse. Non avrebbe mai dovuto aprirsi così tanto a quel bigotto.

Il biondino non riuscì ad avere un pensiero di senso compiuto sul da farsi e così rimase immobile per molto tempo, accanto la sua macchina, stordito, scioccato nel ripensare a quello che gli aveva detto, angustiato dalla consapevolezza che tutto quello che aveva sempre creduto, gli insegnamenti con i quali si era formato, le sicurezze che pensava di avere, improvvisamente gli erano crollati da sotto i piedi, facendolo sprofondare in una caduta ignota, profonda, che non sapeva affatto in che modo affrontare. Non aveva la minima idea di come avrebbe lavorato per costruirsi un altro terreno più stabile, a sostenerlo, capiva solo che fosse necessario rinascere, migliorare. Farsi perdonare dal moro, riuscire a risanare la ferita che gli aveva squarciato in mezzo al petto, nell'orgoglio, nella dignità.

Aprì la rubrica e fissò il contatto del suo amico come uno stoccafisso, Merlino era in una città che non conosceva, ad un paio d'ore di mezzi pubblici da casa sua, il biondino avrebbe dovuto chiamarlo, cercarlo con la macchina e farlo venire con lui, ma non ci riuscì, non riuscì ad avviare la chiamata, così provò a digitare un messaggio di testo: “Dimmi dove sei e fermati li” Che ben presto si trasformò in un “Avvisami quando sei a casa” ed ancora più in la, diventò una semplice schermata bianca.


 


 

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Ciao!

In realtà “Veronika decide di morire” è del 1998, quindi è inesatto, almeno di un anno, dire che fosse stato della madre, ma ho preso comunque questa libertà, spero me la passiate :D

Il manga citato che parla in quel modo della tristezza ovviamente non poteva che essere “Maison Ikkoku” o “Cara dolce Kyoko” dipende delle edizioni.

Sono stata abbastanza pesante, ma spero che vi siate immedesimati e che abbiate provato boh, qualcosa.

Alla prossima!

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Capitolo 14
*** XIV ***


"Ma si può sapere cosa vi sarete mai litigati voi due piccioncini, che è successo di tanto grave da farlo tornare a casa?" Chiese Mithian, non appena Artù smise di ripetere, in un balbettio sconnesso, di aver litigato con Merlino. Notò all'istante che lui parve nuovamente adombrarsi a quella parola beffarda, senza nemmeno avere la premura o la forza di celarlo e di farne un mistero. Il biondino le era piombato a casa in uno stato alquanto confusionale, ritrovarselo nel proprio salotto, con quella strana espressione affranta sul volto (di chi aveva appena fatto la cavolata del secolo) l'aveva allarmata e non poco, tanto che decise di avvisare anche Leon, che si era precipitato da loro in quattro e quattro otto.


 


 

"Artù, stai bene? Mi sembri un cencio!" Chiese apprensivo il ragazzo, vedendo lo strano colorito smorto dell'altro, tendente ad un raccapricciante verdastro.


 


 

"Oh andiamo sei preoccupato? Succede fra amici di litigare dai!" Continuò lui.


 


 

"Penso..di dover..io non..." Balbettò l'asino e quando una fastidiosa ed urgente nausea, minacciava di fargli rimettere persino ciò che non aveva mangiato, corse in bagno senza troppe cerimonie. I due lo seguirono, oltremodo apprensivi e videro Pendragon chinarsi sgraziatamente sul gabinetto, prendendo a respirare lentamente, quasi potesse tornargli utile per scongiurare l'impellente bisogno di vomitare.


 


 

"Dicci..siamo tuoi amici, stiamo qui!" Lo spronò il ragazzo dai chiari capelli lunghi.


 


 

"Gli ho detto cose orribili che lo hanno ferito...Cose che non penso di lui, non davvero.” Cominciò, chiudendosi per un po' in un silenzio tombale.


 


 

“Ho sentito una grande rabbia, ho perso il controllo e sono sbottato come un coglione immaturo, mi sono parso un animale, non ce l'ho fatta a riflettere prima di sputare tutte quelle cazzate!"


 


 

"Allora diglielo appena torni, vai da lui, scusati! Ti capirà, siete amici!" Tentò lui di rassicurarlo, non vedeva proprio dove fosse l'enorme problema irreparabile, non poteva immaginare la gravità di quel contrasto.


 


 

"Io...non posso!"


 


 

"Ci dici cosa diavolo ti ha dato tanta rabbia!? Ci stai facendo preoccupare!" Parlò Mithian con tono fermo e leggermente severo, anche se un po' poteva provare a tirare ad indovinare cosa fosse andato storto. Prima di risponderle adeguatamente, Artù si prese un po' di tempo per raccogliere le idee.


 



"Non so più chi io sia e chi io non sia, mi pare di stare in una situazione promiscua, mi incasina il cervello, non ci capisco più un cazzo! Il fatto che lui sia stato in grado in un attimo di demolire quello che ero sicurissimo di essere...mi ha fatto imbestialire!” Parlò rapidamente, fissando il gabinetto sotto il proprio respiro sempre più affannato, sentendo la salivazione salire alle stelle. Quel percepirsi vago, era ciò che da sempre, aveva desiderato evitare. A suo avviso, tutto prendeva a somigliarsi un po' troppo, una cosa diventava l'altra, il confine era sempre più invisibile, inutile, come se non ci fossero state affatto distinzioni e tale sentimento lo riempiva di angoscia. Ci era cresciuto in determinati costrutti sociali, vederli ribaltati, o peggio, frantumati, era come ammettere di aver vissuto in una bugia, e quando si perdevano le poche sicurezze che si credeva avere, il percorso di ripresa e nuova accettazione, non poteva non essere un minimo travagliato.


 


 

"Lui stava andando così...vicino." Sussurrò. Quel fatidico momento, passato da appena una manciata di ore, gli sfrecciò prepotentemente per la testa, così vivido, così intimo, inopportuno, senza che lui riuscisse ad opporre resistenza sulla propria mente per far cessare quel continuo loop di ricordi.

Era Emrys che stava andando così vicino? Una voce assillante cominciò a rimbombargli nel cervello, accusandolo di essere un enorme bugiardo, quella era una delle tante frottole ed inesattezze che si raccontava e che raccontava, per continuare a pararsi da ciò che era invece la realtà delle cose. Poteva ricordare che quello ad essersi approssimato per primo, non era stato affatto il moro, non era stato di certo il marziano a prenderlo per la nuca invitandolo senza ombra di dubbio a scostarsi a suo piacimento per poter stare più comodi una volta che le loro labbra...non osava nemmeno pensare a quella data parola. Delle lacrime di smarrimento, frustrazione e paura, iniziarono ad inumidirgli e pizzicargli gli occhi, minacciando di scorrere indisturbate sulle sue guance, se non fosse stato in grado di cacciarle via. A stento trattenne un versaccio di autocommiserazione e censura, quando la sua immaginazione spiccò uno sconveniente volo, senza che lui potesse imporre dei freni al suo fantasticare, andando inerme, oltre a ciò che non era accaduto pienamente.


 


 

"E io sono rimasto dove ero..." Continuò con vergogna, colpevole. Si disse che era necessario sforzarsi per non dare l'impressione di un individuo patetico che aveva totalmente perduto il senno, ma stava letteralmente abbracciato ad un gabinetto gelido ed era già ridicolo di per sé, tanto che non avrebbe potuto veramente scendere più in basso di così.


 


 

"Vi siete baciati!" Suggerì la ragazza con voce pacata, incapace di nascondere un'estrema sicurezza, in fondo, era stata pur sempre lei ad insinuare che tra Merlino ed Artù ci fosse qualcosa di tenero, senza che avesse mai avuto l'occasione di parlarne un po' più a fondo, senza aver mai provato ad evitare di dissimularlo con quella ridicola maschera di ironia, pur di non urtare le sicurezze del biondino.

Pendragon vacillò nell'udire la voce di lei scandire quella frase come se fosse stata una cosa tanto scontata, prevedibile e persino Leon ne fu turbato, quasi come lei si aspettasse che quei due si baciassero, come fosse stato un evento più che atteso...


 

"Non chiamarlo così!"


 


 

"Bacio? Perché non dovrei chiamare le cose col loro nome? Te ci tieni tanto a questi dettagli!" Se non avesse conosciuto bene Mithian, probabilmente gli sarebbe suonato quasi come un commento maligno ed acido, alle volte, poteva risultare aggressiva o troppo spietata e diretta, era una senza peli sulla lingua.

Il ragazzo dai lunghi capelli mossi, le diede una gomitata dritta alle costole, più volte le aveva detto che non sempre era efficace usare quel modo di fare e certamente non lo era in quell'esatto momento, non sarebbero andati proprio da nessuna parte così! Lei però, era sicura di se, se lo sentiva, era la tattica vincente.




"È un problema. Non...non volevo, i...io..." Farfugliò l'asino.


 


"Artù, mi hai davvero stufato! Ti fai del male se continui a fare finta di nulla! Cazzo, siamo noi siamo i tuoi amici, approfittane per capirti meglio, metti i tuoi dubbi in parole, ma fallo sinceramente, altrimenti non dovresti stupirti se sbotti così come un animale!"


 


 

"Mithian!" La riprese Leon, esterrefatto da quell'impetuosità. Sapeva che in lei non c'era desiderio di insultare, ma ci stava andando davvero troppo pesante. La padrona di casa lo fulminò con un solo sguardo eloquente. Sapeva esattamente cosa stava facendo e se per tirargli le parole fuori dalla bocca, avrebbe dovuto comportarsi da belva, lo avrebbe fatto senza rimorso alcuno.


 


 

"Sii sincero, qual'era il problema di quel bacio?" Continuò lei, quasi fosse un genitore, lasciando che un po' di dolcezza ammorbidisse quel discorso severo.



 

"Il problema è che non mi sono scansato! Ecco! Avrei potuto e avrei dovuto. Era ovvio dove sarebbe andata a parare la situazione. E sono rimasto li. Questo è il problema Mithian! Sei contenta ora?" Rispose, con un tono di voce leggermente alterato, fissandola quasi con rancore, come se quel casino che si ritrovava in testa fosse stato per colpa della sua amica, lei che da tempo sospettava che la natura del rapporto col marziano, fosse un tantino più che amichevole; lei alla quale non si potevano raccontare frottole. Subito quell'occhiataccia piena di risentimento, svanì. Se c'era qualcuno con cui potesse prendersela, di certo non era né Merlino, né la ragazza.


 


 

"Si, sono contenta per te, che stai iniziando a ragionare!"


 


 

"Non avrei dovuto lasciare che ci sfiorassimo in quel modo, a me non piacciono i ragazzi." Sussurrò Artù, mangiandosi le parole.


 


 

"Artù..." Lo ammonì Mithian, oscillando la testa in rassegnazione.


 


 

"Però...Merlino lo è! Ma a me non..."


 


 

"Se è questo quello che lega entrambi, non dovrebbe essere motivo di sofferenza. So quale mentalità ti ha plasmato, ma lavoraci sopra e liberati! Promettilo! Non ignorare le tue emozioni! Se provi a sentirti, sono sicura che farai dei passi avanti, puoi accettarti e meriti di accettarti, al di là delle definizioni che pensavi ti descrivessero! Quella è solo una definizione..." Disse lei, con voce pacata.



 

"...Questi invece, sono i tuoi sentimenti!" Continuò, accovacciandosi e poggiandogli delicatamente una mano sul petto.


 


 

"Molti di noi hanno bisogno di sentirsi parte di un gruppo e di darsi un nome e è rassicurante, finché non fai diventare quella definizione una prigione. Non farlo Artù. Se la realtà ti dimostra altro da quello che credevi o volevi credere, accoglilo, fallo per te, una volta che starai apposto con te, sarai libero di provare un affetto simile, senza generale conflitti che mortificano la tua persona, o la persona di cui sei innamorato!" Gli consigliò, togliendogli le dita di dosso. Da come la guardava, la ragazza era certa che il biondino stesse riflettendo su quelle parole e si pentì amaramente di non avergli fatto prima tale discorso.


 


 

"Quindi...voi due...tu e Merlino...vi piacete, in quel senso!? C'è un interesse di tipo romantico!?" Domandò il ragazzo dai lunghi capelli biondi, quasi come si fosse impallato in quella rivelazione, si sentì uno sciocco a chiedere una cosa che ormai pareva evidente ed appurata, ma ancora non riusciva a prendere atto che, quel gigantesco elefante nella stanza, gli fosse proprio sfuggito. Per un attimo temette che Mithian gli avrebbe dato una botta in testa, come si faceva di solito, quando uno di quei vecchi elettrodomestici smettevano di funzionare per un po'.


 


 

"Non farmi sentire idiota Leon!" Pendragon arrossì.


 


 

"Prova a non sentirtici tu, per una cosa tanto dolce e naturale!" Ribatté lui e l'asino abbassò lo sguardo rimanendo in silenzio per un tempo che parve interminabile, però per un breve istante, si sentì un po' meglio quando quell'insopportabile senso di nausea sembrò star scemando pian piano, insieme alla sua inutile e stupida necessità di continuare ad omettere e mentire. Ma appunto, fu solo un attimo.



 

"Sarebbe una colpa se questo che hai con Merlino diventasse un molesto rimpianto. Ora che sai, dovresti scusarti con lui, per qualsiasi roba fosse quella che gli hai urlato addosso e andare avanti e provare, vedere cosa succede tra di voi!" Gli disse Mithian.





"E se fossi solo confuso? Forse non è quello che sembra. Non mi è mai successo prima, lo avrei saputo andiamo!" Farneticò Artù, come se sentisse il dovere e la necessità di difendersi da qualcosa che non aveva certamente bisogno di giustificazioni o scuse.




"Tu vuoi che io ti faccia lo shampoo annegandoti con la faccia dentro questo cesso, è vero?" Parlò la ragazza, con una voce ferma e tranquilla, anche troppo, abbastanza da farla risultare un'inquietante minaccia. Fu delusa nel rendersi conto che, con molte probabilità, non era lei quella ad avere uno spiccato sesto senso, come aveva creduto da un'intera vita, ma erano il biondino e Leon ad essere dei completi rimbecilliti.



 

"Non vorrei che sembrasse che io ti stia rinfacciando alcune cose di cui non mi hai mai parlato davvero apertamente...Ma se ti spaventa il fatto che non ti sia mai capitato prima con un altro ragazzo, sappi che stai mentendo di nuovo, dovresti rifletterci a fondo e potrai capire che intendo, dovresti sapere a chi mi riferisco, evito di dare troppa importanza al ragazzino in prima media, perché potresti ribattere che eri troppo piccolo, anche se non è una valida scusa a mio avviso!" A quelle parole, Pendragon si alzò lentamente, quasi come fosse stato un cerbiatto che aveva udito dei fruscii sospetti, messosi in allerta, in caso gli fosse tornato vitale iniziare a fuggire se qualcosa fosse andato storto. Leon prese a far passare il suo sguardo dalla ragazza, all'asino, alternamente, poteva ricollegare a cosa si riferisse, ma più andavano avanti con quei discorsi, più aveva l'impressione che avessero vissuto in delle realtà diverse, parallele. Ricordava quando le voci avevano iniziato a circolare, un compagno di classe si era infatuato di Pendragon, gli aveva dato un piccolo ed innocente bacio a stampo. Ma era comunque l'altro ad essersene cotto, in quel caso il biondino non c'entrava un bel niente...così almeno gli aveva assicurato in passato. Mithian sbuffò in un sorrisetto affettuoso prima di riprendere i suoi discorsi scomodi, ma assolutamente necessari.



"Tu ne hai parlato con me... prima che purtroppo Uther lo venisse a sapere, prima di tutte quelle malelingue.” Disse in tono tranquillo, guardando Artù dritto negli occhi, desiderando con tutta se stessa che lui potesse sentirsi al sicuro e che ricordargli quello, non gli suonasse invece, come orrende accuse di colpe disumane.


 


 

“Era stato un piccolo gesto di due bambini che avevano una delle prime cottarelle e tu ne eri felice tanto quanto lui. Poi ti sei spaventato per tutte le cose che hai sentito da tuo padre e hai mentito dicendo che era stato lui e che tu l'hai scansato, e la versione è rimasta questa, tanto ti hanno terrorizzato le sue parole. E forse tu stesso, a furia di ripeterlo, hai iniziato a credere alla tua bugia!"

Il biondino ebbe un impulso ancestrale di fuggire, come fosse davvero un animale, ma, purtroppo o per fortuna, si paralizzò e non capì come mai i suoi stupidi occhi avevano smesso di collaborare, lasciando sfuggire qualche lacrima insensata, per un motivo che non comprendeva appieno. Prese a passare nervosamente, le proprie mani attorno alle palpebre perché non voleva proprio che i suoi amici lo vedessero così, eppure quelle dita tremolanti e quel goffo tentativo di nascondere un pianto evidente, non facevano altro se non accentuarlo. Anche se in cuor suo, sapeva non ci fosse nulla di male nella debolezza, il suo corpo agiva da se, era stata da anni un'abitudine.




 

"Oh no Artù, non c'è un cazzo per cui agitarsi! Tranquillizzati, non c'è nulla che debba farti arrivare a questa tensione!" Lo rassicurò lei.


 


 

"Sono un codardo..." Balbettò Pendragon con voce strozzata, tirando su col naso e a quel punto il ragazzo dai lunghi capelli biondi, non poté far altro se non abbracciarlo affettuosamente. Non riusciva a vederlo in quello stato!


 


 

"Eri piccolo Artù, volevi proteggerti e volevi l'approvazione di tuo padre, non essere cattivo nel giudicarti. Sii comprensivo!" Lo confortò lui.


 


 

"È vero...ma ora è diverso, non hai più dodici anni, una bugia del genere, adesso, sarebbe molto diversa!" Parlò Mithian ed Artù annuì, i movimenti attutiti, affossò ulteriormente il volto nelle spalle del suo amico, nascondendosi nell'abbraccio.



"Però sai, non era lui a cui mi riferivo. Intendevo...Andrea..." Continuò lei, stavolta con estrema cautela.



"Andrea?! La ragazza che poi è andata a scienze della comunicazione?"



 

"No Leon..." Negò lei.



 

"Andrea il tizio stronzo, mezzo sociopatico, quello che non si faceva toccare da nessuno, quello che non ricordava i nomi della gente, che era presuntuoso e narcisista, che poi è partito per la Norvegia?" Si illuminò Leon, ricordando quel compagno delle superiori fuori le righe (per essere buoni) riflettendo su quanti piccoli dettagli gli fossero sfuggiti, particolari che, evidentemente agli occhi di Mithian erano stati più che lampanti. Strinse appena le spalle del biondino, scostandolo per poterlo guardare dritto in faccia e osservò il suo imbarazzo crescere ed una nuova consapevolezza, nei suoi occhi velati di lacrime, a smarrirlo profondamente.


 


 

"Lui non era uno stronzo, era solo difficile...Se ci avessi scambiato due parole te ne saresti accorto." Disse l'asino fiocamente, con la tipica tenera malinconia che si provava, nel rivangare alcuni bei periodi che ormai, appartenevano al passato e somigliavano a deboli rimpianti.


 


 

"In ogni caso non c'è niente da sapere! Non con Andrea!" Continuò, la fastidiosissima inflessione nella sua voce, di difesa, era tornata, seppur parecchio smorzata.


 


 

"Vuoi ancora quello shampoo nella tazza del cesso? O sei davvero tonto, o la tua capacità di repressione funziona benissimo!" Lo punzecchiò la ragazza, esageratamente ironica.


 


 

"Erano solo le fantasie dei compagni di classe!" Ribatté, sventolando una mano, con fare noncurante, entrambi fecero caso però, che nella frase di Pendragon, non era stata posta la stessa sicurezza che ci si sarebbe aspettati da una persona, che come unico desiderio, aveva quello di negare tutto. Di negarsi.



 

"Non era solo una loro fantasia e tu lo sai bene!” Contestò lei con delicatezza, riuscendo finalmente ad attirare lo sguardo di Artù, che si morse il labbro inferiore, forse con un po' troppa veemenza. Quello che gli stava dicendo lo colpiva al petto, si intrufolava brutalmente in lui e lo stritolava dall'interno, ma avrebbe dovuto evitare di prendere anche a singhiozzare come una fallita nullità.


 


 

“Andrea non voleva sbilanciarsi troppo, ma era cotto, e mi ricordo come ti ci comportavi, come gli parlavi, ricordo esattamente tutto quello che mi hai confidato girandoci intorno, senza mai ammettere chiaramente cosa fosse, ma entrambi sappiamo che quando dici che i ragazzi non ti piacciono, stai mentendo. Di nuovo!" Un patetico singulto strozzato uscì dalla gola del biondino, era come se la propria coscienza, fosse uscita da lui, per poi prendere l'identità e la voce dell'amica ed era li la verità, nuda e cruda, a schiaffeggiarlo per dritto e per rovescio. Per la mortificazione di essersi mostrato sì miserevole, si voltò bruscamente, dando le spalle ad entrambi e quando iniziò a sentire delle intense pulsazioni nella testa, premette i pollici sulle palpebre, di più, sempre di più, fino a procurarsi dell'ulteriore dolore.




"Artù, è così?" Questionò Leon e lui lo udì appena, come se le sue orecchie fossero ovattate, dandogli l'impressione di una voce che proveniva da molto lontano.

Pendragon si avvicinò lentamente al lavandino, a quanto pareva, in quel dannato giorno non sarebbe riuscito a far altro, se non piangere come una fontanella e con molte probabilità, poteva aspettarsi che i giorni a venire non sarebbero stati da meno.

Si soffermò su ciò che la ragazza gli aveva fatto tornare in mente, riaprendogli un mondo di ricordi. Il primo giorno delle superiori, non conosceva nessuno, Mithian e Leon erano in una classe differente, si sentiva spaesato, finché non vide Andrea, lo puntò perciò, sedendoglisi vicino, quasi con sfrontatezza. Non capiva perché, ma quel ragazzo lo aveva ispirato fin da subito, apprese successivamente di quanto fosse particolare, caratterizzato com'era dalle più disparate stranezze, all'inizio fu difficile approcciarcisi ed Artù era sempre stato una schiappa con le relazioni umane, tanto più se si trattava di aver di fronte un tipo così enigmatico, eppure aveva desiderato conoscere proprio quel genere di persone a cui l'asino, solitamente non osava avvicendarsi. Era così complicato che tutti lo isolavano, tutti tranne lui e due o tre compagne e compagni, che per qualche ragione vi avevano scorto di più. Così il biondino era riuscito a divenire suo amico con naturalezza, anche se non ci avrebbe mai sperato.

Quando Andrea passeggiava accanto a qualcuno, doveva trovarsi categoricamente al lato sinistro, tanto che Pendragon aveva preso ad appellarlo “Satana”, quindi automaticamente Artù era diventato “Dio”. Sciocco.

Aveva perso il conto di quante volte, nel percorso fuori scuola, Andrè gli aveva catturato delicatamente il volto tra le sue mani, facendolo voltare, per fargli distogliere lo sguardo dalla piazzola dedicata ai mezzi pubblici. Quando l'autobus che il biondino poteva prendere, si trovava già in fermata, era solito dirgli in tono scherzoso “Artù, tu non hai visto niente!” per poi fare un gesto strano con le braccia che nel loro linguaggio era una sorta di rito di ipnosi e nonostante l'asino volesse tornare a casa e mangiare il più presto possibile, si lasciava convincere ed arrivava a piedi, fino al lontano capolinea, con lui, aspettando insieme un'ora.

Il compagno di classe, gli spostava sempre i capellini che gli andavano a finire in faccia, perché non li sopportava e li rimetteva in ordine con quelle che somigliavano parecchio a delle carezze. Andrea, proprio come lui, non era a suo agio col contatto fisico, però una volta creata una certa intimità, ci si poteva dichiarare come entrati a far parte del suo mondo e quando ciò accadeva, diventava l'adolescente più toccoso del mondo. Pendragon si era abituato perciò ai tocchi leggeri che gli riservava, erano simboli della loro complicità, era quasi un tesoro raro.

Ogni tanto però lo infastidiva quando tentava di ficcargli le dita negli occhi “Sono grandi!” affermava, come fosse stata una scusa, diceva che somigliassero agli occhi di una determinata specie di pesce, allora Artù lo fissava imbronciato, offeso e puntualmente l'altro aggiungeva “I pesci sono belli!” con noncuranza.

Un giorno, durante il loro solito percorso, sentirono sghignazzare altri amici, appostati dietro di loro con poco ritegno e lo strambo era arrossito. “Ti dico perché ridono, ma non fargli capire che lo sai!” Annunciò criptico, spiegando poi, che i compagni si erano convinti che ci fosse del tenero tra loro. Il biondino scoppiò a ridere nervosamente ed Andrea gli lanciò uno sguardo molto strano.

Nell'ultima sera del campo scuola, stavano sparlando della prof svampita di filosofia che era uscita nel terrazzo della stanza del prof di religione e tra un po' di sano gossip e speculazioni maliziose, stando sdraiati, la distanza tra i due si era fatta semplicemente ridicola, il ragazzo strambo lo aveva fissato per qualche momento, trovandosi a pochi centimetri dal volto dell'asino, poi si era girato a pancia in su, fissando il soffitto e tirando uno sbuffo frustrato.

A distanza di anni, dopo quelle parole della sua amica, gli sembrava così palese ciò che Andrea desiderasse osare.

Pendragon si buttò in volto dell'acqua fresca, i movimenti delle proprie mani erano bruschi, schivi, nonostante stesse toccando la sua stessa pelle, stava trattando se stesso con disprezzo, mancanza, ribrezzo. Era troppo stordito per comprendere se si sentisse così perché un po' si faceva schifo e si dava fastidio alla sola idea di aver già provato e di provare determinate cose per un ragazzo; o se fosse per il fatto di non essersi interrogato e compreso prima, quando troppe cose, già sembravano urlargli un'evidenza più che inequivocabile. Si rese conto di quanto si fosse aggrappato alla sincerità di quelle infatuazioni verso il sesso opposto, per poter minimizzare e soprattutto invalidare qualsiasi cose fossero quelle robe strane che ogni tanto sentiva anche verso altri uomini, pur di sentirsi “normale”, pur di non affrontare la complessità dei suoi sentimenti.


 


 

"Ora però tutto di te urla e si dimena per poter essere sereno e libero. Da come la vedo io, è perché questa volta ti stai innamorando di brutto, i tuoi sentimenti crescono così velocemente, sono troppo esplosivi che non riesci più a mortificarti, come invece sei sempre riuscito a fare prima di Merlino. Ti sei portato allo stremo, a questo punto o sei sincero, o soccombi e implodi..." Parlò Mithian, solenne.

Artù non poteva proprio reprimere quello che provava, non più ora che aveva cominciato a ragionare con sincerità, tutto gli sembrava ricco di evidenze lampanti e sprecare la sua vita e le sue energie per fuggire inutilmente dalla realtà, sembrava vano nonché altamente dannoso. Aveva finalmente raggiunto un bivio, non voleva più negarsi, o meglio, non poteva, non dopo aver portato a galla le proprie verità, gli era impossibile ormai, tornare sui propri passi, ma non per questo sarebbe stato semplice decidere di intraprendere la via dell'autoconsapevolezza.





"Io...ho bisogno di pensare..." Balbettò con voce sottile.

La padrona di casa avrebbe preferito per il biondino, che si fermasse da lei e si mettesse a riposare, lo vedeva mentalmente sfinito, occhi gonfi come due zampogne e con molte probabilità, un mal di testa senza precedenti. La ragazza gli rifilò qualcosa per l'emicrania e quando Leon praticamente lo lanciò a letto, l'asino aveva reclamato, affermando di non avere affatto sonno, di poter tranquillamente affrontare il viaggio e tornare, eppure, quando l'amico tornò per portargli un tè con una manciata di biscotti, lui già dormiva profondamente.


 


 

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Merlino si addentrò in un parchetto fatiscente, sapeva perfettamente chi vi fosse ad attenderlo ed una volta averlo raggiunto con passi nervosi, non accennò ad alcun saluto, ma si gettò goffamente sull'altalena libera accanto al ragazzo che avrebbe tanto voluto strangolare. Pendragon gli aveva chiesto un appuntamento, tramite un insipido e sfacciato messaggio che era rimasto da giorni tra le bozze, prima che avesse trovato il coraggio per premere invio ed ora erano entrambi li, impalati come stoccafissi.


 


 

"Senti...è notte e è stata una giornata pesante, quindi se non hai niente da dirmi, io andrei!" Annunciò il marziano in quello che aveva la pretesa di essere un tono secco e neutro, ma nel quale, potevano scorgersi ad ogni minima incrinatura della voce titubanza e fragilità. Non avrebbe voluto andare via per davvero, ma non poteva farsi trattare nuovamente come uno straccio lercio, come se non avesse più un briciolo di amor proprio; né poteva lasciare che un pazzo del genere lo prendesse in giro, graziandolo con quell'umiliante scena muta, quasi come fosse stato Emrys a costringerlo a stare li e non il contrario. Artù si schiarì la gola mentre l'altro prese a dondolarsi con irrequieta velocità, mantenendo le gambe alzate in una posizione scomoda, per non toccare il terriccio sotto di sé e non frenare il movimento della giostra. Il biondino notò di come gli occhi del moro lo stessero deliberatamente evitando e anche se ciò lo angosciava, non poté stupirsene.

 



"Hai detto che volevi parlarmi? Dio santo sono qui, che cazzo vuoi?" Continuò dopo un po', esasperato, frustrato. Rallentò di molto nell'oscillare e per la prima volta in quella serata, aveva avuto il coraggio di guardare direttamente in faccia il suo interlocutore, provò a farlo senza vergogna, perché non era lui quello ad aver insultato, mancato di rispetto, non era lui ad essere sparito per sette giorni approfittando delle vacanze di Pasqua per imitare Matteotti.

Incontrare gli occhi di Pendragon però, non era stata affatto una buona idea, quel taglio familiare, disintegrava la corazza di distacco e cinismo con cui Merlino aveva deciso di proteggersi e avrebbe voluto solamente sparire dalla faccia della terra, quando, per uno stupido attimo cedette ed il sentimento che suo malgrado ancora provava per quel cretino, trapelò dalla propria espressione, raggiungendo l'asino. Si era tradito da solo, gli aveva spiattellato in faccia che ancora era ferito, ma nonostante ciò ci sperava, perché purtroppo non era riuscito a levarselo dalla mente, era irrimediabilmente cotto ed era patetico quanto lo volesse nella sua vita. Preso dall'orgoglio, tornò ad evitarlo, girandosi bruscamente.


 


 

“Merlino...” Parlò l'asino, cercando di catturare nuovamente la sua attenzione, il suo sguardo, ma il richiamo fu talmente debole che sarebbe stato improbabile essere sentiti.

Emrys schioccò le labbra stizzito, sarebbe saltato via dall'altalena all'istante per tornarsene a casa, se solo un enorme magone di un sentimento così irruente ed incurante, non lo intrappolasse li. Artù, improvvisamente conscio del fatto che se non si fosse deciso a parlare alla svelta, non ne avrebbe mai più avuta l'occasione ed il coraggio, afferrò la catena che sorreggeva la giostra del moro e l'avvicinò a sé, chiudendola tra le dita insieme alla propria, forse con un po' troppa irruenza. Il ragazzo ne fu turbato, non si aspettava una presa di posizione da quella sorta di ameba che il biondino era diventato, o magari, che era sempre stato, ma non si ribellò, anzi lasciò che l'altro lo trattenesse. Era li per quello d'altronde, per delle scuse, per Pendragon, perché aveva bisogno di sapere che quella persona che in poco e con poco, aveva sfiorato il suo io più profondo, fosse davvero speciale e che non fosse stata tutta un'enorme e distorta visione.


 


 

"Non andare via. Non andare..." Sussurrò Artù, incatenando il proprio sguardo sugli occhi blu sgranati del marziano, che come unica reazione, prese un'enorme boccata d'aria, rischiando di strozzarsi ancor prima di provare a rispondere. Merlino stava seduto scomposto, pur di non sfiorare le sue ginocchia, un leggero venticello gli fece ondeggiare i capelli mori, le dita affusolate si torturavano a vicenda, stringendosi, intrecciandosi, scontrandosi. La disordinata ricrescita della barba, gli creava un alone scuro sul volto, un'ispida cornice attorno alle labbra serrate, ridotte ad una rosea linea tesa, le ciglia scurissime puntavano in direzione del suolo, come se l'indugiarci su, fosse una solida difesa impenetrabile.


 


 

“Scusami Merlino, ti prego, perdonami! Capisco che non ti sto chiedendo una cosa semplice, ma, per favore, ho davvero bisogno di sapere che potresti almeno provarci...io...”


 


 

“Ci stavo provando, ma ti sei volatilizzato...” Lo interruppe con tono pacato, non poté fare a meno di soffermarsi sulla sua figura, la sua espressione era sincera, così come lo era la sua voce, Emrys lo sapeva, sentiva quel candore, gli sfuggì un piccolo sorrisetto amaro prima di abbassare lo sguardo, incapace di sostenerlo senza divenire un totale pappamolle, si sentiva un idiota, un sottomesso, sorrise perché suo malgrado, gli sarebbero bastate quelle stupide parole per acquisire nuovamente la certezza di chi fosse colui che gli stava accanto.


 


 

"E...ti ci è voluta una settimana?” Seguitò il moro con disillusione, fissando le nocche di quel cretino che ancora stringevano terrorizzate, le fredde catene delle altalene.


 


 

“Avevo bisogno di dirtelo, ma se non avessi preso del tempo per me, non sarei mai stato in grado di...mi manchi Merlino, solo questo. Mi manca passare del tempo con te.“ Disse sconnessamente, perché in quel momento era tutto così reale, Merlino si trovava li con lui per davvero e non era servito a nulla immaginare quel momento, immaginare le parole che avrebbe potuto usare per scusarsi, averlo accanto era un'impetuosa emozione e lui stava mettendo tutto a parole, per la prima volta, come se pronunciare a voce quei concetti, dare nomi alle sue emozioni, fosse un'ulteriore presa di coscienza. Ed era difficile ma essenziale.


 


 

“Stai zitto. Non dirlo, non prenderti gioco di quello che provo con queste parole strane!” Lo ammonì Emrys ed il biondino vide la paura nei suoi occhi, un ragazzo che temeva di essere preso in giro, perché lui in prima persona, lo aveva reso così insicuro su ciò che entrambi provavano, da fargli sembrare assurda la sola idea che facesse sul serio.


 


 

“Non mi sto prendendo gioco di te Merlino!”


 


 

“Allora parla chiaro per favore, non mi accontento di due frasi spiccicate appena, non mi accontento del tuo non saperti mai esprimere, dell'aspettarti sempre che sia io a doverci leggere di più, perché evidentemente non so risolvere le frasi criptiche che mi lanci, o i gesti particolari che mi riservi, chiaramente fraintendo e finisco per credere di aver visto, nei tuoi silenzi, un sentimento che da parte tua non c'è, quindi non aspettarti ancora che a me vada bene doverti interpretare, è stato frustrante, è stato un po' doloroso e non lo rifarò! Questa volta non mi stanno bene le vie di mezzo! O mi dici tutto quello che ti passa per la testa e mi parli per bene di quello che è successo in questa settimana, non lasciando nulla alla mia interpretazione, oppure stai zitto!” Lo avvertì, sforzandosi per guardarlo negli occhi con fermezza e sicurezza e Pendragon sussultò, stupito dal suono della sua voce, fragile, rotta, ma estremamente forte. Non era sicuramente quella l'occasione per venire sfiorati da certi pensieri, ma quel suo modo di fare era ammirevole, era quello l'amico che conosceva, la personalità da cui si sentiva perdutamente attratto e per qualche arcana motivazione, Artù era inorgoglito nel sentirlo così determinato.


 


 


 

“Sapere di averti ferito, fa veramente male...Scusami davvero, per aver semplificato con frasi squallide quello che sei e che provi, so che ti ho deluso. Non sono stato in grado di avere un confronto da persona matura con te in precedenza e ti ho urtato, con tutta la cattiveria che avevo in corpo, ma non lo penso davvero...quello che ti ho urlato addosso, io non lo credo! Non cancella il fatto che te lo abbia detto e di questo me ne rendo conto!” Parlò il biondino, in ciò che probabilmente sarebbe stato il discorso più a cuore aperto che stesse per fare e che avesse mai fatto.


 


 

“No, non lo cancella...” Lo assecondò il moro in un sussurro. Sarebbe stato tutto più semplice se nel suo tono, Pendragon ci avesse scorto del risentimento, del desiderio di rinfacciargli i propri errori; ma non c'era nulla di tutto ciò né nel suono della sua voce, né nelle sopracciglia scure rilassate, nella linea tranquilla delle sue labbra e nemmeno negli occhi amorevoli che finalmente non lo evitavano più.


 


 

“Lo so...” Cercò di proseguire Artù, stordito dalla maturità dell'altro, dal suo non essere mai scontato eppure semplice.


 


 

“Ma qualcuno una volta mi ha detto che non c'è bisogno di essere smemorati per... voler bene.” Disse il marziano, riferendosi proprio ad un discorso che il biondino gli aveva fatto del tempo addietro e si biasimò ulteriormente per aver ceduto così facilmente, ma vedeva la sincerità di quelle scuse e non desiderava lasciarsi trasportare dal troppo orgoglio, che all'estremo, gli avrebbe portato miseri dispiaceri ed astio. L'asino poteva sentire il respiro lento e tiepido del suo amico sulle proprie dita, che ancora trattenevano le catene della giostra, fino ad allora aveva ignorato quella vicinanza, ma una volta essersene reso conto, trovò arduo trattenersi dallo sfiorarlo, non era il momento però per lasciarsi andare, per prendersi quella libertà, non ancora.


 


 

“Sarebbe inutile cancellarlo.” Gli consigliò in un filo di voce, sorridendogli appena. Pendragon percepì un'intensa sensazione di un calore che si espandeva lento e pigro per il petto, inebriandogli i sensi, edenico, si ritrovò quindi a ricambiare quel timido sorriso, imbambolandosi per un po' a graziarsi di quello scambio.


 


 

“Forse avrei potuto chiarire con te prima, avrei potuto riferirti che stavo riflettendo e dirti di aspettare, ma non ho avuto il coraggio di affrontarti apertamente. Non voglio giustificarmi, però... finché non fossi stato pronto a accettare ciò che questo significa per me, non potevo proprio parlarne con te, perché avrei finito per urlarti addosso altre stronzate. Se solo ora ho il coraggio di chiederti scusa, o di dirti che mi sei mancato...che mi manchi, è perché è solo ora che ne sono cosciente, è perché prima proprio non potevo!" Spiegò, cercando di essere il meno enigmatico possibile, per quanto essere così espliciti lo mettesse in soggezione e difficoltà, aveva il bisogno di lasciarsi comprendere appieno dall'altro, perché solo così ci sarebbe stata la possibilità di essere davvero scusati, di andare avanti superando quell'umiliante errore. Merlino annuì lentamente, come stesse ponderando qualcosa e stette in silenzio per un po', osservandolo penetrante, probabilmente senza neanche rendersi conto di quanto i suoi dannati occhi con quello sguardo intenso, mandassero in tilt Artù ancora di più.


 




"Senti, dispiace anche a me...” Confessò Emrys, assottigliando leggermente le palpebre ed il suo amico ne fu sorpreso, sicuramente si sarebbe aspettato di tutto, tranne quello che il marziano aveva appena finito di pronunciare.


 


 

“Ti chiedo scusa anche io, perché il comportamento di merda che hai avuto con me, non esclude il fatto che pure io sia stato un po' incurante. Per quanto i tuoi gesti fossero stati strani dal mio punto di vista, è anche vero che mi hai ripetuto mille volte che per te certe cose contano, che tu non vuoi avere nulla a che fare con gli uomini in quel senso, avrei dovuto immaginare che se mi fossi buttato in un gesto tanto intimo...avresti reagito a quel modo, eppure l'ho fatto, non sono stato abbastanza forte per contenermi e me ne vergogno, parecchio.”


 


 

“No. Quel...quella sorta di...quel bacio non è stata colpa tua!” Disse il biondino tutto d'un fiato, con urgenza, avvampando poiché ne stava parlando proprio con lui, il ragazzo per il quale provava qualcosa di spaventosamente diverso e nuovo. Il marziano parve altrettanto sbalordito di sentire quel termine esplicito uscire dalle labbra del suo amico e tale stupore quasi gli impedì di cogliere totalmente il significato di ciò che gli era stato detto.


 


 

“Ti ho fatto passare come quello che ha fatto tutto da solo e Merlino... non è così.” Continuò, ci aveva messo molto per capire che erano in due, che entrambi sapevano esattamente ciò che bramavano ed era assurdo averne rimorsi, ancora più assurdo, era che il moro se ne discolpasse.

Di nuovo Pendragon scorse quella sfiducia disarmante che prima di allora, raramente aveva trovato nell'amico, lo aveva portato a credere di aver commesso un passo falso, di essere stato un idiota quando aveva iniziato a sentire che stesse nascendo un sentimento profondo, reciproco, doveva quindi rassicurarlo e mostrargli la realtà, fargli capire che il suo istinto aveva colto nel segno, quel sentimento era reciproco.

Artù tese con titubanza le sue dita verso Merlino, gli sfiorò il volto, si concentrò sulla sensazione che la sua pelle gli lasciava al tatto, passò da quella morbidezza, alla ruvidezza della ricrescita a pizzicargli i polpastrelli, ma non gli dava veramente fastidio, non gli aveva mai dato noia, non sul serio. Udì il flebile rumore che ne usciva, quasi un particolare fruscio, quando le sue unghie venivano a contatto con la disordinata barbetta. Emrys sussultò appena, inarcò le sopracciglia in segno di confusione e quasi impaurito si allontanò lentamente dal suo tocco, prima che potesse prendersi la libertà di adagiarvisi e accoccolarsi nelle sue carezze.


 


 

“Smettila Artù” Sussurrò supplicante, prima di distogliere lo sguardo, fissando il terriccio sotto di sé.


 


 

“Se non vuoi quello che vorrei io, per favore, stai attento a come mi tratti, non illudermi per gentilezza. Vorrei...ma, non riuscirei ad accantonare le emozioni che sento per te, non ora...e non serve che tu te lo faccia andare bene, assolutamente! Però non essere così condiscendente con me, perché fa semplicemente male!” Mormorò, con il viso ancora rivolto verso il basso, chiuse gli occhi nel parlare, quasi come questo gli desse coraggio di mostrarsi appieno, di confessare quale fossero i suoi limiti in quel sentimento.

Il biondino lasciò la presa sulla catena dell'altro, che incominciò ad oscillare sgraziatamente di lato, colpendo seccamente la seduta dell'altalena sui cui egli stesso era accomodato ed entrambi si mossero inermi in quel disagevole collidere.


 


 

“Ti sembra che io voglia farti un piacere? Tanto per? E cosa significa quindi? Che mi vedi come se ti stessi trattando con compassione?” Domandò Pendragon, quando finalmente cessarono di sballottarsi da un lato all'altro.


 


 

“Questo devi dirmelo tu.” Rispose, il moro non poteva evitare di interpretare, ma era rimasto così scottato dall'ultima volta, che riusciva a sfornare solo scenari di repulsione, ugualmente però, aveva bisogno che fosse Artù a mettere a voce ciò che erano le sue vere intenzioni, perché era stufo di quei comportamenti ambigui, di quel contatto, di quelle tenerezze, delle quali pareva dar peso e accorgersene solamente il marziano.


 


 

“No... non è affatto così! Non è tanto per...” Negò il biondino, con estrema serietà e ad osservarlo meglio, Merlino lo vedeva diverso, più disteso nonostante la sua indole chiusa, c'era qualcosa che differiva dall'Artù di qualche settimana prima, pareva quasi più adulto, più maturo.


 


 

“Mi piacerebbe tornare ad essere come prima Artù, mi piacerebbe non essermi...innamorato di te.” Disse velocemente, ancora con quell'ingiusto tono di scuse, non riuscendo a guardarlo negli occhi, mentre si umiliava di nuovo, ammettendo la vulnerabilità del suo cuore.


 


 

“Ma non si può tornare indietro, lo capisci si, che niente può tornare come prima?” Seguitò Merlino con disillusa energia, alzandosi e parandoglisi di fronte, ma in una certa maniera poteva dirsi sereno, perché alla fine dei conti avevano chiarito, Pendragon aveva compreso visceralmente il danno che gli aveva procurato e ne era sollevato, in un certo senso lo aveva già perdonato, poi non pretendeva altro da quel ragazzo. Patetico? Si.


 


 

“E tu lo capisci...che non mi interessa tornare a un prima? Che non me ne frega di essere tuo amico?” Questionò Artù retoricamente, alzando il viso per poter guardare in faccia, il ragazzo che gli stava fermo davanti, in piedi e lo vide vacillare, i suoi occhi farsi lucidi senza che potesse porvi un freno.


 


 

“Uh...” Solo un mugugno acuto gli uscì come una sorta di risposta poco dignitosa, volse irrequieto il volto verso il cielo ormai scuro e affondò gli incisivi nel labbro inferiore, tentando di rendere meno evidente il suo mento che improvvisamente aveva preso a tremolare frenetico. Lui stesso gli aveva annunciato che non potessero affatto tornare amici, per il bene di entrambi, perché sarebbe stata una relazione troppo sbilanciata e ciò non sarebbe stato affatto sano, ma di sicuro non era preparato a sentirselo dire dal biondino, in un modo così diretto e crudo da sembrare un rovescio sui denti.


 


 

“Certo...” Riuscì a malapena ad aggiungere, annuendo piano, un perforante dolore si insinuò nel suo petto, come se gli avessero sottratto il suo animo con violenza, percepì un vuoto che progressivamente cresceva e camminava dentro di lui, che raggiunta la gola, si trasformava in un nodo stretto e farinoso. Sentiva tutti i muscoli del palato contratti al livello che gli causavano pena, fin quando degli stupidissimi e forti singulti lo fecero sospirare svariate volte prima di cedere ad un pianto ignobile e senza freni.


 


 

“Che...che hai capito Merlino?” Pendragon si alzò, comprendendo di essere stato frainteso alla grande ed il marziano cercò di nascondersi e sottrarsi dal suo sguardo, alzando ancora di più la testa, tanto da sentire i muscoli del collo tirarsi al massimo.


 


 

“Io desidero far parte della tu vita, starti accanto intendo, ma non voglio essere solo tuo amico!” Confessò Artù esplicito, tutto d'un fiato e l'altro passò i propri polsi attorno alle palpebre, strabuzzando gli occhi svariate volte, mentre pietrificato, lo fissava, arrossato dalle lacrime.


 


 

“Non fraintendermi, sei la persona più amabile che abbia mai incontrato, ti adoro e noi due siamo amici, ma non siamo solo questo. O per lo meno io non riesco più a vederti così...e basta. Mi pare riduttivo.” Seguitò, scostandogli delicatamente dalle guance, le ciocche ormai umidicce a causa del pianto e le lacrime iniziarono a rigargli il volto più copiose di un attimo prima, senza che il biondino ne cogliesse il motivo, ma in un certo senso, anche se non comprendeva appieno, sapeva che quelle non erano il pianto straziato dalla delusione e la pena di poco fa. Con una mano, Emrys prese un lembo della maglietta dell'asino all'altezza del petto, accartocciandola sgraziatamente.


 


 

“Tu...” Mormorò, tirando su col naso e stropicciandosi gli occhi con il polso libero, per poi concentrarsi totalmente su Pendragon. Questo significava che anche l'asino aveva una colossale cotta per lui? Represse un sorrisetto incredulo, ma per qualche assurda motivazione non poteva smettere di frignare come un bebè. Artù venne colpito dal moro con un lesto e potente pugno sulla spalla, per poi ritrovarselo stretto a lui subito dopo, le dinoccolate braccia del marziano lo avevano circondato dietro le scapole, il capo gli premeva contro il proprio petto.


 


 

“Razza di testa di fagiolo!” Aggiunse sollevato, la voce attutita nel corpo del biondino sul quale si era ormai accoccolato, si lasciò sfuggire un altro piccolo colpo sulla povera spalla del ragazzo che finalmente lo cinse a sua volta pacatamente.


 


 

“Ho avuto paura Merlino, di te...di me, le emozioni esplodevano quando stavo con te, traboccavano ovunque e non volevo chiamarle col loro nome, quindi non sapevo gestirle, ho avuto seriamente paura di quello che è diventato il nostro legame. Ma non voglio più esserne spaventato!” Dichiarò, stringendolo a sé progressivamente sempre di più, nel modo in cui si era precluso di fare, per un bel po' di tempo.


 


 

“...E non voglio più mentire a me stesso!” Gli sussurrò e Merlino dovette chiudere gli occhi per non cadergli ai piedi come uno stupido sacco di patate. Da una parte udiva la voce familiare e limpida del ragazzo e dall'altra poteva distinguere i battiti accelerati del suo cuore. Alzò la testa, scostandosi dalla fonte del suo ritmo vitale per poterlo contemplare, Pendragon strinse dolcemente le sue braccia con le proprie mani, un po' tremolanti dall'esaltazione. Emrys gli sorrise gioioso, carico di orgoglio, aveva ancora troppo da elaborare ed esprimersi a parole pareva essere diventato un enorme ostacolo, quindi lo prese semplicemente per la nuca e lo strinse a se, ancora una volta, come se non si fossero appena abbracciati un attimo fa. Non aveva idea che il suo amico stesse affrontando un periodo simile e sapeva quanto potesse essere difficile, soprattutto avendo ben presente il contesto da cui veniva ed in cui era stato temprato, ma ora stava ad Artù e solo ad Artù forgiarsi nella forma che più lo rispecchiava. Era perciò così felice di sapere che avesse portato alla luce un ulteriore sfumatura del suo complesso essere, era così soddisfatto che il biondino fosse sincero con i suoi sentimenti, i suoi istinti, era questo ciò che lo rendeva così diverso rispetto a prima? Pendragon era cresciuto parecchio ed in poco, nel tempo in cui erano rimasti lontani lui aveva incominciato un cammino importante, il moro sentiva di farne parte, almeno un po' e ne era eccitato. E se quello che era successo aveva aiutato, se quel periodo di intollerabile silenzio aveva portato Artù a crescere, allora ne era valsa la pena, nonostante tutto.


 


 

“Artù voglio che tu sappia che non voglio metterti pressioni di nessun tipo. Se dovessi aver bisogno dei tuoi spazi, o di altro tempo, va bene così!” Farfugliò imbarazzato, perché lo percepiva sempre più vicino, sempre più stretto e senza troppe vergogne nel nascondere l'urgenza ed il piacere di cercare e trovare quel contatto. Una parte di sé ancora non aveva avuto modo di realizzarlo, quell'intimità lo confondeva, era per questo che sentiva un crescente bisogno di riempire il silenzio tra i loro respiri sereni, con delle parole che, seppur sensate, forse erano fuori luogo, doveva smetterla con i discorsi, in cuor suo ne era cosciente.


 


 

“Ho avuto tempo e ho avuto spazio, il resto sarebbe bello averlo con te, scoprirlo con te, insieme, no?” Rispose l'asino catturato dallo sguardo serio ed intenso di Merlino su di sé, bramava davvero fare quel passo avanti ed il perdono, la comprensione, gli avevano dato una carica ed una sicurezza che non avrebbe mai pensato potessero impossessarsi del suo animo. Il biondino accostò il volto alla guancia dell'amico, che pareva un braciere ardente, a percepirlo così caldo, egli stesso avvampò, voleva solo riservargli alcune tenerezze e niente di più, niente più parole o pensieri, ne aveva avuti abbastanza. Quasi come una carezza, alzò ed abbassò piano la propria testa, inclinandola verso il ragazzo, sfregò teneramente la punta del naso sulla sua pelle, a tratti morbida, a tratti pungente e gli lasciò dei piccoli baci qui e li. Emrys azzardò a voltarsi verso di lui, lo fissò adorante, intenso e a Pendragon tornò in mente l'espressione profonda e carica di passione repressa che aveva scorto in lui quella volta a casa di Uther, ma ora era differente, stavolta non si sarebbe sottratto, negato al suo stesso cuore. Artù sfiorò piano le sue labbra morbide, una, due, tre, quattro volte? Aveva perso il conto, che importava se l'indomani si sarebbe dato sicuramente del tremendo e lascivo smielato!

Con lentezza disarmante, si toccarono, si accarezzarono, stranamente nessuno dei due desiderò spingere sull'acceleratore, sarebbe stato un enorme peccato capitale perdersi certi dettagli sensoriali in nome della frenesia, in quel momento, persino il pizzicore che la barbetta del marziano gli procurava, era degna di nota. Il biondino sentì il gelo delle dita del moro scivolare morbide e premurose sulle sue guance arrossate decidendo che fosse il caso di approfondire quel bacio, sul serio e mandarlo una volta per tutte in tilt. Pendragon fu inebriato dalla velata ed umida ruvidezza che avvertì, appena, le loro lingue si accarezzarono con desiderio per la prima volta. Si bearono di quella danza voluttuosa, calma, come se il tempo si fosse dilatato, come se l'uno cullasse l'altro, in quel dolce ed eccitante ondeggiare. Merlino stava impiegando una ferma pressione su di lui, forse senza nemmeno accorgersene e anche se li stava indirizzando chissà dove nello spazio, l'asino trovò quella determinata spinta rassicurante, voleva lasciarsi andare dove lui lo guidava, voleva affidarsi ai suoi gesti, almeno in quel momento, abbandonarsi, andargli incontro e niente di più. Quando la schiena di Artù si scontrò su una giostra, i due si allontanarono, sguardi profondamente ammaliati, connessi intimamente tra loro, i volti arrossati in una maniera adorabile. Rimasero in silenzio a contemplarsi, ad ascoltare i respiri delicati, seppur affannati.


 


 

“I...io, beh” Farfugliò il biondino, la voce improvvisamente gli suonò diversa da come se la ricordava, stordita probabilmente, ma estasiata. Emrys fece un leggero cenno con la testa, invitandolo a seguitare, ma nemmeno Pendragon sapeva cosa volesse esprimere. Sentiva su di se un sovraccarico di emozioni dirompenti che gli impedivano di rimanere razionale.


 


 

“Rilassati!” Gli disse con tono basso e morbido, accarezzandogli il dorso della mano.


 


 

“Siamo pur sempre ancora io e te, sono solo io, Merlino. La cosa non deve spaventarti o metterti in soggezione!” Continuò il marziano e l'asino si ritrovò ad annuire, poi fu attirato da delle macchie di colore sul polso dell'altro e senza rifletterci troppo, lo afferrò, portandolo vicino ai propri occhi.


 


 

“Che diamine hai fatto?” Domandò divertito, l'ilarità crebbe quando fu evidente che il moro stesse tentando a tutti i costi di nascondere il polso con imbarazzo.


 


 

“Non ti impicciare!” Ribatté, tentando di sfilarsi dalla sua presa.


 


 

Mirino ma perché?” Chiese in preda alle risate, quando finalmente Artù riuscì a distinguere nitidamente cosa fosse quella macchia appiccicaticcia e brillantinosa sulla pelle candida del marziano. Un tatuaggio pacchiano, di quelli finti che si trovavano dentro le merendine, pensati per un pubblico ben più giovane di Merlino, il biondino non se ne faceva uno da quando era alla terza elementare e non trovava una scusa plausibile che giustificasse la presenza di tale capolavoro del trash, sul polso di quel ragazzo grande, grosso e vaccinato.


 


 

“Ero triste ok?” Rispose Emrys stizzito, come se vi fosse qualche nesso reale tra l'essere giù e appiccicarsi con l'acqua, un tatuaggio lavabile, raffigurante un pinguino glitterato, con una scritta che recitava “Polar Friends forever”. Però un nesso c'era eccome, magari non propriamente logico, il moro si stava facendo schifo in quei giorni, schifo per come l'avesse presa male, schifo per come nonostante tutto ancora sognasse di lui, con lui. Aveva il cuore congelato, ma irrimediabilmente speranzoso, esattamente come un ghiacciolo, gelido ma quanto meno di qualcosa sapeva. Allora, per tirarsi un po' su di morale, aveva deciso di ingurgitare una miriadi di ghiaccioli, questo prendersi in giro da solo, con ironia pungente, gli aveva permesso di non cadere troppo in basso, anche se era veramente patetico.


 


 

“Un Polaretto sul braccio Angioletto?” Lo punzecchiò, cercando di evitare di dar peso al senso di colpa che quelle parole gli avevano procurato.


 


 

“Oh! Sta zitto!” Urlò con finta aria offesa, sfilandosi finalmente dalla sua presa.


 


 

“Hai ragione comunque!” Confessò Pendragon dopo lunghi attimi di silenzio e riflessione, passando una mano attorno al suo polso ossuto, stavolta semplicemente per una fugace carezza.


 


 

“Siamo pur sempre ancora io e te!” Ripeté Artù fissandolo intensamente ed ancora una volta si ritrovò accoccolato sulle sue spalle, stretto da quelle braccia profilate ma gentili e soavi. Il biondino desiderò potesse essere plausibile non assuefarsi mai alle sue attenzioni, non voleva abituarcisi a tal punto da non trovarle più speciali e darle per scontate, perché l'affetto e la complicità con quello strambo uomo, erano preziosi. Comprese, come fosse un fulmine a ciel sereno, di essere già stato perdonato da Merlino e se lui era stato in grado di scusarlo per quell'errore, allora poteva ottenere persino il perdono da se stesso.


 


 

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Mi dispiace davvero tanto per essere letteralmente sparita, e ritornata dopo tanto tempo con 'sta cosa indecente, che chiameremo capitoloh.

L'ho riscritto un sacco di volte perché non mi soddisfaceva, poi mi sono mandata affanculo perché tanto aveva comunque perso la freschezza e probabilmente se avessi aspettato ulteriormente per farmelo piacere, sarebbe tutto morto e sepolto al capitolo precedente. Una cosa che mi soddisfa forse è la scoperta di Artù, che potrà sembrare un punto morto, magari lo è, ma era importante per me dedicargli lo spazio che credevo meritasse.

Grazie per le vostre parole ed opinioni che mi avete lasciato la scorsa volta. Ciao!

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