Corona Crew

di ChrisAndreini
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Propositi ***
Capitolo 2: *** Introduzioni e scommesse ***
Capitolo 3: *** Studio e Bufere ***
Capitolo 4: *** Blackout ***
Capitolo 5: *** Esami ***
Capitolo 6: *** In Amicizia ***
Capitolo 7: *** Blind Date ***
Capitolo 8: *** Interessi comuni ***
Capitolo 9: *** San Valentino in montagna parte 1: Gioco di coppia ***
Capitolo 10: *** San Valentino in montagna parte 2: Proposta Indecente ***
Capitolo 11: *** San Valentino in montagna parte 3: Scivoloni ***
Capitolo 12: *** Semestre primaverile ***
Capitolo 13: *** È solo un sogno ***
Capitolo 14: *** I postumi della sbornia ***
Capitolo 15: *** Meet the Flores ***
Capitolo 16: *** Le opportunità del web ***
Capitolo 17: *** Le opportunità della vita reale ***
Capitolo 18: *** New Malfair Comic & Games ***
Capitolo 19: *** Utili imprevisti ***
Capitolo 20: *** 7 minuti di totale imbarazzo ***
Capitolo 21: *** Invito a cena con probabile delitto ***
Capitolo 22: *** Chiusi insieme ***
Capitolo 23: *** Laboratori e abiti da sposa ***
Capitolo 24: *** Sono tutti testardi ***
Capitolo 25: *** Andare avanti non significa dimenticare ***
Capitolo 26: *** Andare avanti non significa ignorare ***
Capitolo 27: *** Andare avanti significa affrontare ***
Capitolo 28: *** Per ogni chiarimento c'è un fraintendimento ***
Capitolo 29: *** Appuntamenti ***
Capitolo 30: *** Nuove e vecchie conoscenze ***
Capitolo 31: *** Sbronze ***
Capitolo 32: *** Pessime, pessime decisioni ***
Capitolo 33: *** Non è come sembra! ***
Capitolo 34: *** La verità viene sempre alla luce ***
Capitolo 35: *** Un passo indietro, Amabelle ***
Capitolo 36: *** Unioni e fratture ***
Capitolo 37: *** Crescita (attraverso traumi) ***
Capitolo 38: *** All'aria aperta ***
Capitolo 39: *** Lettere ***
Capitolo 40: *** Fuori dall'armadio ***
Capitolo 41: *** Stelle e sogni ***
Capitolo 42: *** Il puzzle inizia a ricomporsi ***
Capitolo 43: *** Non ti scordar di me ***
Capitolo 44: *** Coffee Shop AU ***
Capitolo 45: *** Riunirsi è davvero piacevole ***
Capitolo 46: *** Cene in famiglia ***
Capitolo 47: *** Incontri inaspettati ***
Capitolo 48: *** Kiss Cam e balconi molto alti ***
Capitolo 49: *** Soluzioni intelligenti ***
Capitolo 50: *** L'effetto Norman ***
Capitolo 51: *** Propositi compiuti ***
Capitolo 52: *** Sotto al vischio ***
Capitolo 53: *** Due cuori e una capanna ***
Capitolo 54: *** Nuovi Propositi ***



Capitolo 1
*** Propositi ***


Corona Crew

Propositi

 

Mancavano pochi minuti all’arrivo del nuovo anno, e Norman Smith era seduto su un muretto all’esterno del Corona Café, intento a morire di freddo e ascoltare passivamente una entusiasta conversazione che era passata dagli esami imminenti ai gatti in troppo poco tempo per essere normale. Come ormai accadeva da parecchio tempo, si chiedeva, tra sé, come fosse finito in quel gruppetto di amici.

Norman Smith era una persona normale, completamente ordinaria. Una famiglia nucleare, nessuno fratello, aspetto dimenticabile, vita amorosa inesistente, con sua grande gioia poiché completamente disinteressato, e un futuro che sperava sarebbe stato brillante nell’economia manageriale, che stava studiando all’università, fuorisede. 

E la sede che aveva scelto, fuori dal suo comune di provenienza, era la città di Harriswood, uno di quei rari posti nel mondo dove coabitano luoghi stupefacenti e di interesse enorme, tipo l’università e due enormi aziende di importanza internazionale, ma allo stesso tempo un paese dimenticato dal mondo dove chi ci vive da tempo conosce grossomodo tutti quanti, e dove il bar locale non ha particolare concorrenza, e tutti ci si dirigono sempre.

Il bar locale in questione era il Corona Café. Non è che non avesse concorrenza, in sé, dato che c’erano almeno altri quattro bar in città, ma era il bar degli universitari, questo era certo, e in generale della gioventù, e in ciò non aveva concorrenza, dato che gli altri erano il Bar per impiegati, quello della terza età, quello del centro dove si dirigevano soprattutto casalinghe e proprietari di animali domestici ed infine il bar davanti alla scuola elementare e media, per le famiglie al completo.

Quindi sì, il Corona Café era il bar della gioventù in tutto e per tutto.

Quando Norman si era trasferito in città, un anno prima, per ottenere il master in Economia Manageriale, aveva iniziato da subito a frequentarlo costantemente, per studiare e allo stesso tempo tenere i suoi livelli di caffè nel sangue a norma, che nel suo caso significava molto, molto alti.

Ed era stato durante quel periodo, proprio all’inizio del suo soggiorno in quella strana e pittoresca cittadina, che aveva fatto la conoscenza di Amabelle.

Anticipo immediatamente che non è il suo interesse amoroso. A dire il vero Norman Smith non ha interessi amorosi, in questa storia, e non ha la minima intenzione di averne, data la sua repulsione per qualsiasi situazione sessuale e romantica, almeno nei suoi riguardi.

Ma Amabelle è diventata sua amica.

Non sarebbe potuto essere altrimenti, vista la natura esuberante e a tratti quasi insistente della ragazza nei confronti di chiunque volesse aggiungere alla sua decisamente molto vasta cerchia di amici.

Probabilmente Norman sarebbe rimasto un normale amico del café se non fosse stato per il proprio major.

Fortuna vuole, infatti, che uno dei migliori amici di Amabelle si fosse appena laureato proprio in quella materia. Da cosa era nata cosa, e prima che Norman se ne rendesse conto era finito per essere un membro ufficiale della Corona Crew, praticamente le mascotte ufficiali del café, clienti più abituali, e gruppo di amici con cui uscire e fare baldoria nei weekend. Norman non era mai stato il tipo da entrare nei gruppi, ma doveva ammettere che erano piacevoli, in generale. Soprattutto Mirren, il suo tutor. E suo malgrado doveva ammettere che anche Amabelle era diventata una carissima amica, ormai.

C’era solo un problema.

A volte erano davvero, davvero strani.

Non tanto come personalità loro, in realtà, ma venivano coinvolti in situazioni che Norman considerava decisamente assurde, quasi uscite da film, soprattutto commedie o soap opere. 

Anche se, effettivamente, Norman sembrava causare cose strane con la sua sola presenza. Era sempre stato così, fin da piccolo, nonostante lui, per primo, fosse una persona talmente ordinaria da essere spesso dimenticata.

In quel momento infatti nessuno badava a lui, troppo presi dalla loro conversazione.

Tutti i membri della Crew erano presenti e argomentavano le loro tesi, mentre aspettavano pazientemente che l’orologio segnasse la mezzanotte.

-Sentite, sentite, per quanto mi piacerebbe passare gli ultimi minuti dell’anno a litigare sull’animale domestico migliore, non potremmo cambiare argomento?- si elevò ad un certo punto la voce di Petra, irritata.

Petra Hart, 21 anni, personalità sfuggente. Norman non aveva un grande rapporto con lei, dato che nessuno dei due era un grande chiacchierone e in generale il ragazzo cercava di tenersi alla larga da persone schive e aggressive come lei. O almeno apparentemente tali.

-Non stiamo litigando! È solo una discussione leggermente enfatica!- obiettò Amabelle, saltellando da una parte all’altra per tenersi al caldo.

Amabelle Rosenhan, 19 anni. Era la più giovane del gruppo, ma come già accennato era talmente tanto esuberante e amichevole che risultava essere il collante che li teneva insieme, e la fondatrice, probabilmente. Era anche la migliore amica di Petra. Prova vivente che gli opposti si attraggono, e non l’unica, in quel gruppo.

-Metterei enfasi sulla parola “enfatica”- commentò Felix, ridacchiando tra sé.

Felix Durke, 25 anni. Uno dei motivi per cui erano tutti lì fuori invece che all’interno a scaldarsi. Quando univa alcool e sigarette diventava un vero strazio stargli vicino, almeno per Norman, dato che le sue battute erano terribili, sempre che si potessero considerare tali. Era uno dei più grandi del gruppo, ma non si comportava come tale. 

-Durke, pensa a finire la sigaretta così possiamo tornare dentro. A prescindere da cosa sia la discussione, io opterei di concluderla qui e cambiare argomento. Stavate parlando degli esami, poco fa- cercò di mediare Mirren, pratico.

Mirren Hart, 25 anni. Fratellastro di Petra. Il secondo più grande del gruppo, ma a differenza di Felix si comportava come tale. Norman ammirava Mirren tanto quanto ignorava Felix nei suoi momenti peggiori, ma lui e Felix erano amici da quando erano piccoli, e Norman non si spiegava come potessero esserlo rimasti. Neanche Petra e Amabelle erano opposte quanto loro, e così unite, per di più. 

-È facile per te parlarne, tu non hai più niente da fare- commentò agitato Denny, iniziando a sudare freddo.

Denny Sleefing, anni 20. Una pallina di ansia umana. Era trattato come il piccolo del gruppo nonostante non lo fosse, ma il suo comportamento non scoraggiava il fatto quanto le sue parole, perché le sue paranoie viaggiavano più veloce di un aereo e la sua ricerca di rassicurazioni e conforto era sempre enorme. A Norman era simpatico, anche se doveva ammettere che si divertiva parecchio quando Amabelle e Felix lo prendevano un po’ in giro.

-Vorrei ricordarvi che io sto lavorando, a differenza vostra- fece notare Mirren, aggiustandosi gli occhiali sul volto.

-A differenza di chi, scusa?- obiettò Max, schiaffeggiandolo delicatamente con il grembiule che si era appena tolto.

Max Sleefing, anni 24. Fratello maggiore di Denny. Lavorava part-time come cameriere al Corona Café, e parallelamente studiava. Un ragazzo semplice, molto gentile e alla mano. Purtroppo il lavoro lo teneva lontano dalle riunioni del gruppo, ma faceva sempre un salto al tavolo per chiacchierare. Era il secondo motivo per cui i ragazzi erano fuori, dato che aveva appena staccato da lavoro e voleva a tutti i costi prendere una boccata d’aria prima del conto alla rovescia.

-A differenza della maggior parte di voi, va meglio così?- si arrese Mirren, alzando gli occhi al cielo e sottraendosi infastidito al grembiule sporco.

Chiunque avrebbe intuito da quel gesto che non amava essere toccato, e Norman la pensava allo stesso modo. Purtroppo i segnali erano resi poco chiari dal fatto che, mentre evitava il contatto fisico con chiunque, era impegnato ad abbracciare Felix, come se fosse la cosa più normale del mondo.

Anche se più che abbracciarlo, era Felix ad essersi infilato tra il braccio e il busto, come un cagnolone in cerca di calore.

-Tornando a noi. Dato che l’argomento esami è escluso, e l’argomento animali domestici ci fa piombare in una battle royale, che ne dite di parlare dei propositi per l’anno nuovo. Mi sembrano a tema- propose Clover, pratica, interrompendo la nuova possibile discussione, e osservando le stelle.

Clover Paik, anni 23. Ex compagna di classe di Max, era entrata nel gruppo tramite lui, prima di Norman, e aveva stretto in fretta amicizia con tutti, nonostante a prima vista potesse sembrare una snob figlia di papà.

Per certi versi, in effetti, lo era. Ma aveva un carattere forte e avrebbe di certo preferito non essere figlia di suo padre, da quello che Norman aveva capito.

-Inizio io. Il mio proposito per l’anno nuovo è deludere mio padre- disse infatti, sogghignando tra sé, senza lasciare a nessuno il tempo di parlare prima di lei.

-Di solito una persona normale vorrebbe renderlo orgoglioso- osservò Denny, un po’ tra sé.

-E non sto parlando di una delusione tipo prendere un brutto voto. Qualcosa come, non so, farmi un tatuaggio, o sposare qualcuno che odia- disse pensierosa, rigirandosi una ciocca di capelli tra le dita.

Se Norman non avesse imparato a conoscerla si sarebbe trovato preso in contropiede da tale serietà parlando di qualcosa di questo genere, ma ormai conosceva molto bene i membri del gruppetto, forse più di quanto avrebbe voluto, alle volte. Quando Clover era brilla, infatti, iniziava a dire cose senza senso, con una sicurezza e una serietà che facevano dubitare chiunque che avesse bevuto qualche bicchiere di troppo.

-Se quel qualcuno è una persona che ami hai la mia approvazione!- la incoraggiò Amabelle, dandole delle pacche sulla spalla.

-Qual è il vostro proposito?- chiese poi agli altri, interessata più di chiunque altro al cambio di argomento.

-Lo stiamo facendo davvero?- chiese Petra, al contrario decisamente poco attratta all’idea di condividere propositi per l’anno nuovo.

-Certo! Diamoci degli obiettivi da raggiungere, e magari potremmo aiutarci a vicenda a portarli a termine- propose, battendo le mani con un sorrisino.

Norman conosceva bene quel sorrisino. Era un segnale di un pericolo imminente e impossibile da evitare. Quando Amabelle sorrideva ad occhi chiusi e batteva le mani, aveva preso una decisione irrevocabile, e niente le avrebbe fatto cambiare idea o l’avrebbe fermata.

Tranne, forse, Petra.

-Il mio proposito è laurearmi- disse pertanto Norman, cercando di evitare una tragedia con il più semplice proposito che potesse trovare.

-Ma questo potrebbe avvenire a marzo dell’anno prossimo, non è un proposito per quest’anno!- gli fece notare Amabelle, un po’ delusa dalla semplicità del proposito.

-Vorrà dire che il mio proposito è di laurearmi in anticipo, quest’anno- alzò le spalle Norman. La sua tesi procedeva bene, ed era in pari con gli esami.

-Credo che con il tuo programma di studio potresti riuscirci senza problemi- lo incoraggiò Mirren, con la sua voce da tutor. 

Norman gli sorrise riconoscente.

-Nooooia!!- si lamentò Amabelle, senza però avere altre obiezioni da fare al proposito -Petra, tu che proposito hai?- chiese poi all’amica, arrivandole a pochi centimetri dalla faccia.

Petra non sbatté ciglio.

-Restare in vita- disse con sicurezza.

-Ambizioso- scherzò Felix, ridacchiando, e stringendosi maggiormente a Mirren, infreddolito.

-Sempre meglio del tuo probabile “rimandare la laurea di un altro anno”- si indignò Petra, stizzita, lanciandogli un po’ di neve ma colpendo Mirren.

-Ehi!- si lamentarono entrambi, insieme.

-Sul proposito di Petra ci torneremo, ma voi due… che ne dite di sposarvi?- Amabelle si rivolse maliziosa a Felix e Mirren, indicando il modo in cui erano stretti l’uno all’altro.

Mirren sembrò rendersi conto solo in quel momento della situazione, e si affrettò ad allontanarsi da Felix, incrociando le braccia.

-Come ben sai da almeno cinque anni questo non accadrà mai- Mirren scosse la testa, cercando di non mostrare la sua irritazione al fatto che Amabelle cercava costantemente di metterlo insieme a colui che considerava solo ed esclusivamente il suo migliore amico. -A te suggerirei di smettere di fumare, Durke- si rivolse poi al sopracitato amico, allontanando dal naso l’odore della sigaretta ormai praticamente finita tra le mani di Felix.

-Suvvia, non fumo così tanto. È giusto per sollevarmi dallo stress- si mise sulla difensiva lui, spegnendo la sigaretta nell’apposito posacenere e riscaldandosi le mani.

-Hai in mente un’idea migliore?- lo rimbeccò Mirren.

Felix esitò qualche istante, mentre gli occhi andavano in ogni direzione, cercando un suggerimento. Si fermarono su Norman.

-Laurearmi?- suggerì, copiando il proposito precedente.

-Considerando che ti manca solo la tesi, non è un proposito, ma un obbligo morale, soprattutto nei confronti dei tuoi poveri genitori che ti pagano la retta- obiettò Mirren.

-Beh, allora…- esitò ulteriormente, senza idee.

-E smettere di fumare sia!- decretò Amabelle.

-Non ho mai acconsentito!- provò a tirarsi indietro Felix, ma il dado era tratto.

-Suvvia, sono anni che dici che vuoi smettere. Adesso hai noi che ti obbligheremo a farlo- l’incoraggiamento di Max sembrò più una minaccia.

-Va bene, ma se io smetto di fumare, Mirren prende la patente- Felix lanciò uno sguardo di sfida al migliore amico, che per poco non si strozzò con la sua saliva.

-Che? La patente? Ma stai scherzando? La mia bici va benissimo- provò ad obiettare.

-Sì, nulla in contrario contro l’ecologia, ma hai venticinque anni, lavori e nelle tue condizioni la patente può sempre servire. Non puoi sempre contare su un autista privato. E se poi si sente male? Dovrai guidare tu fino all’ospedale- provò a convincerlo Felix, con contorti ragionamenti.

-O chiamare un’ambulanza- borbottò tra sé Petra.

-Credo sia una buona idea. Due bei propositi- Amabelle batté le mani tra loro, sorridendo. Era fatta.

Mirren, che conosceva questo tic, sospirò.

-Lo trovo inutile, ma immagino di non avere scelta. Purché Felix non sia il mio insegnante- punzecchiò l’amico, che si limitò a fargli una linguaccia.

-Denny?- Amabelle incoraggiò il ragazzo, che si era fatto piccolo e silenzioso nella speranza di non essere visto e preso in considerazione.

-Ehm… non so… restare in vita?- tentò, copiando Petra.

-Quello è il mio proposito! Trovati il tuo- la ragazza gli lanciò una palla di neve, colpendolo in pieno.

-Okay, okay… eh…- lanciò una richiesta d’aiuto muta verso il fratello maggiore, che la colse al volo.

-Che ne dici di “osare”, per una volta?- propose. Denny sgranò gli occhi, terrorizzato all’idea.

-Ohhh, andiamo sul filosofico. Mi piace! Dovrai buttarti almeno tre volte quest’anno. Senza farti paranoie, su tre cose a tua scelta ma provabili- dettò le condizioni Amabelle, battendo le mani.

Denny grugnì, prendendosi la testa tra le mani, ma non obiettò oltre.

-Manchi tu, Max. E Petra- passò poi agli ultimi membri del gruppo che non avevano ancora parlato.

-Forse… viaggiare? Magari posso usare un po’ dei miei risparmi per andare da qualche parte. Non troppo lontano, ovviamente, ma un bel posto pieno storia- rifletté.

-Questo sì che è un bel proposito- annuì Clover, con un cenno di approvazione e incoraggiamento.

-Credo sia il migliore- annuì Norman, colpito.

-Posso cambiare il mio e mettere questo?- provò a obiettare Felix, ma venne prontamente zittito da quattro occhiatacce provenienti da Amabelle, Petra, Mirren e Clover.

-E Petra…- Amabelle passò all’amica, che però si tirò subito indietro.

-Il mio l’ho detto, non ho mancanze da colmare. La mia vita mi va già bene così- insistette, chiudendosi a riccio.

-Ti includerò nel mio allora- lasciò perdere Amabelle, senza insistere più di tanto.

Giusto, Amabelle. Era l’unica a non aver ancora condiviso il proposito, e conoscendola, non era nulla di buono.

-Il mio proposito è…- iniziò, per poi fermarsi in modo che ci fosse suspense. 

Ottenne in realtà solo un silenzio imbarazzante.

-Il silenzio potrebbe essere un buon propo…- la battuta di Felix venne interrotta da una palla di neve dritta in faccia, questa volta però da parte di Amabelle.

-…trovare a tutti i membri del gruppo dei partner romantici!- esclamò poi la ragazza, sollevando da non si sa dove una nuvola di glitter colorati, che si depositarono su tutti i presenti, sul muretto e sulla neve.

-…tranne Norman- fece un occhiolino al ragazzo, che tirò un evidente sospiro di sollievo. Era davvero grato ad Amabelle di rispettare la sua sessualità. 

I non aro-ace accolsero la notizia con molta meno trepidazione. Dopo qualche ulteriore secondo di silenzio, attaccarono a parlare tutti insieme, cercando di scoraggiare il proposito dell’amica, che consideravano tutti non potesse avere successo.

Purtroppo per loro, Amabelle aveva sorriso battendo le mani, senza perdere neanche una punta di entusiasmo.

-Su, su, ragazzi! Abbiamo un anno per rendervi meno soli, e alla fine mi ringrazierete- affermò con sicurezza invidiabile, sovrastando con la sua voce squillante le lamentele, i grugniti e i commenti vari dei suoi amici.

-Herr Sleefing- una voce dolce interruppe di scatto le discussioni, e i ragazzi si girarono verso la fonte dalla quale proveniva: una ragazza bionda con il grembiule del Corona Café appena uscita.

-Oh, Sonja! Hey!- la accolse Max, arrossendo appena, anche se nell’oscurità non si notò molto.

Sonja Donner, 21 anni. Nipote della proprietaria del locale, proveniva dalla Germania e lavorava per la zia da qualche settimana. Era molto brava con la lingua, anche se l’accento tedesco era decisamente evidente. Max non aveva rivelato altro, anche perché non aveva molte informazioni da rivelare, anche se Amabelle aveva insistito nello spillargli il più possibile.

-Volevo solo informarti che il conto alla rovescia sta per cominciare- indicò l’interno del café, dal quale provenivano voci confuse ed eccitate.

-Oh, grazie, grazie mille. Arriviamo. Grazie, sei stata davvero gentilissima ad informarci- Max le sorrise caldamente, e incoraggiò i suoi amici a seguirlo all’interno. Sonja li precedette, con un rispettoso cenno del capo.

-Awww, per lui sarà più facile di quanto pensassi- Amabelle ghignò tra sé, entrando saltellando.

Il resto degli amici, molto poco convinti, entrarono a loro volta.

Quando il conto alla rovescia segnò lo zero, Norman esultò con gli altri.

Felix diede una pacca sulla spalla di Mirren.

Amabelle si gettò ad abbracciare Petra, che ricambiò un po’ infastidita.

Denny per poco non venne buttato a terra da una coppia molto affiatata che si era messa a scambiare effusioni e non sembrava averlo notato.

Clover prese un bicchiere e fece un solitario brindisi tra sé, in un angolo.

Max si affrettò ad aiutare Sonja che trasportava un vassoio pieno di calici vuoti e rischiava di farlo cadere.

L’anno nuovo era tale da poco, e tutto era esattamente normale.

Non c’era sentore che quell’anno sarebbe stato il più folle del gruppo, soprattutto dal punto di vista amoroso.

Anche se Norman avrebbe dovuto aspettarselo.

Dopotutto lui era una persona estremamente ordinaria, è vero. Ma aveva una caratteristica davvero particolare e unica: attirava a sé, in un modo o nell’altro, senza entrare e farne parte, ogni genere di situazione assurda.

Da strani eventi atmosferici che costringevano due persone a restare chiuse insieme e riscaldarsi per ottenere calore, a chiavi disperse proprio quando più servivano, magari quando due persone erano ammanettate insieme, fino ad arrivare a coincidenze dalle tempistiche inimmaginabili, come un incontro provvidenziale o un volo che partiva nell’esatto istante in cui la persona che cercava di fermarlo arrivava al gate.

E questa era solo la ciliegina sulla torta di disagi che attendeva la Corona Crew, quell’anno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Okay… non so perché lo sto facendo.

Non ne ho idea. So già, conoscendomi, che la abbandonerò, ma cerco di aggrapparmi alla speranza che, mettendo in una storia solo cose belle che non vedo davvero l’ora di scrivere più per una questione terapeutica e per rileggerla e fare awwww tra me, riuscirò ad aggiornare con frequenza.

Una storia senza pretese, piena zeppa di cliché e tropes letterari e di fanfiction che potrebbero anche andare fuori trama con AU speciali e altro.

Un’altra particolarità di questa storia è che ho solo una linea generale di cosa succede, ma non ho progettato tutto capitolo per capitolo, quindi se avete prompt da suggerirmi, fate pure.

Le coppie sono ovvie e banali. Non abbiamo ancora conosciuto tutti i membri di ogni coppia, diciamo che per le principali mancano due persone… due persone e mezzo, diciamo.

Il punto di vista spazierà tra tutti quanti, praticamente, chi più (tipo Amabelle che ha le mani in pasta ovunque) chi meno (tipo Sonja che ha un passato oscuro quindi non posso parlare troppo dal suo punto di vista). I capitoli avranno lunghezza variabile, ma non credo che saranno troppo lunghi.

Vista la prevedibilità della storia, non aspettatevi colpi di scena. Il lieto fine è praticamente assicurato, e il fluff la farà da padrone.

Anche se, dato che io sono io, un po’ di angst scapperà di sicuro. Ma più nelle vesti di hurt/comfort.

Chi vi piace di più? Chi vi piace di meno (per favore, non giudicate Felix troppo aspramente)? Chi volete vedere di più? Secondo voi quali sono le coppie e che tropes seguiranno?

Fatemelo sapere con un commentino, se volete.

Un bacione e alla prossima :-*

 

 

Nel prossimo episodio: Amabelle cerca di introdurre un nuovo membro nel gruppo. Denny è costretto ad accettare una scommessa. (i due protagonisti mancanti fanno la loro comparsa)

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Capitolo 2
*** Introduzioni e scommesse ***


Introduzioni e scommesse

 

Opening

 

Giovedì 3 Gennaio

Amabelle non era mai stata una cima a scuola. Aveva superato il liceo per il rotto della cuffia, e sebbene l’11 Gennaio avesse il primo esame del suo primo semestre universitario, aveva passato la notte precedente, e quella prima ancora, in piedi fino a tardi a stilare dei piani tanto dettagliati quanto infattibili per trovare a ognuno dei suoi amici il compagno di vita perfetto. Questo perché, per quanto una pessima alunna, c’era qualcosa in cui Amabelle si applicava con costanza e decisione: fare da matchmaker.

La sua carriera era iniziata alla tenera età di otto anni, quando aveva aiutato la sua migliore amica dell’epoca a mettersi con il bambino che le piaceva. Certo, si erano lasciati dopo tre giorni e subito dopo lui ci aveva provato con Amabelle stessa, ma era piccola allora, era solo all’inizio della sua carriera, che era poi continuata con tatti piccoli consigli ai suoi compagni di classe spesso fallimentari ma con dietro tanto cuore.

Il suo primo vero successo era avvenuto a tredici anni, quando aveva aiutato suo padre a conquistare la sua attuale nuova moglie. Il piano aveva funzionato fin troppo bene, dato che adesso era talmente innamorato che scriveva alla figlia solo occasionalmente, e si vedevano una o due volte l’anno.

Il prezzo del vero amore, dopotutto… o forse no.

Aveva tentato invano di sistemare sua madre con il vicino, il signor Sleefing, il padre vedovo di Denny e Max, ma non aveva ottenuto alcun successo.

Questa volta, però, era decisa più che mai a tener fede ai suoi propositi, a costo di venire bocciata in ogni materia del semestre. Il suo sogno di entrare nel mondo del cinema, dopotutto, era in secondo piano rispetto al rendere il mondo un posto più romantico, e i suoi amici più felici. Era quello il vero scopo della sua vita.

Il risultato delle sue notti in bianco, però, al momento era solo la presenza di due profonde occhiaie e una consapevolezza dei suoi dintorni quasi inesistente.

Anche se aveva un piano per Clover, piano che avrebbe iniziato a mettere in atto proprio quel giorno, a ora di pranzo.

Sempre che Diego acconsentisse a venire.

Diego Flores, anni 24. Ragazzo simpatico e molto sarcastico. Amabelle lo aveva conosciuto all’inizio del semestre, a Ottobre, alla disperata ricerca dell’aula giusta per la sua primissima lezione. Aveva poi scoperto di aver sbagliato edificio e di aver inavvertitamente preso l’indirizzo di medicina invece del DAMS. Aveva perso la prima lezione, ma aveva guadagnato un amico. E questo era stato un risultato più che soddisfacente. 

Prima delle vacanze si era appuntata di aggiungerlo nel gruppo, e dato che era single e un ottimo partito per Clover, la ragazza aveva trovato opportuno affrettare i tempi e farlo integrare il prima possibile.

Per questo, nonostante fossero ancora in vacanza, teoricamente, aveva organizzato una sessione di studio in biblioteca come scusa per parlargli, e grazie al cielo lui era ritornato in città il giorno prima, dato che la sua famiglia abitava poco lontano da lì, a qualche ora di autobus.

Arrivata al luogo dell’appuntamento, Diego l’accolse ridacchiando tra sé.

-Sembri uno zombie, mi hai chiamato per infettarmi con qualche strano virus?- chiese, indietreggiando di un passo e coprendosi il volto con la sciarpa e con fare enfatico.

-Nah, non saresti la mia prima scelta di contagio. Adotterei dei topi, mi farei mordere, e poi li distribuirei in tutta la città, in modo da infettare più persone possibili- spiegò pratica, sbadigliando sonoramente.

-Non so se sono più ammirato o inquietato- la squadrò lui, colpito dalla prontezza di riflessi mentali.

-In ogni caso, ho solo dormito molto poco- spiegò lei, stiracchiandosi.

-Studio?-

-Una specie. Senti, sei libero a pranzo?- chiese poi lei, sorridendo civettuola.

-Penso di sì. Perché, qualche proposta interessante all’orizzonte?- Diego piegò la testa, interessato.

-Yup. Dato che sei un traditore della patria e vai sempre al Quatrefoil Bar, pensavo che finalmente potevo istruirti e invitarti a pranzo al Corona Café. E presentarti finalmente al mio gruppo- spiegò lei, guardandolo con occhioni da cucciolo.

-Wow, non mi aspettavo che il momento arrivasse così presto. Quale onore. Non so quanto sia meglio del Quatrefoil, ma penso di poter dare un’occasione al Corona. Verso che ora?- acconsentì Diego, alzando le spalle.

Il sorriso di Amabelle si allargò talmente tanto da farle male alle guance.

-A mezzogiorno e mezzo. Sarà fantastico! Sono certa che andrai davvero d’accordo con Felix, Max… Clo- Amabelle disse l’ultimo nome sottovoce, tra sé e cercando di non tradire lo sguardo malizioso.

Era così impegnata a pensare ai due ragazzi insieme che non si rese minimamente conto dell’espressione scura che si era andata a formare sul volto del ragazzo sentendo quel nome.

Non fece però commenti, e lasciò parlare a vanvera la ragazza, in attesa che interrompesse i suoi scleri.

La notizia sembrava averle ridato completamente energia, come se si fosse iniettata un barile di caffè dritto in vena.

-Oh, ma sto parlando troppo- si rese conto dopo un paio di minuti di farfugliamenti, e tornò a rivolgersi al compagno, che nel frattempo si era seduto su un muretto e la guardava divertito, con il naso arrossato dal freddo -Vogliamo andare in biblioteca?- propose, tornando al motivo ufficioso per cui lo aveva chiamato lì.

-Mi sembra un buon piano- acconsentì lui, alzandosi e togliendosi la neve dai pantaloni.

-Per curiosità… hai un proposito per l’anno nuovo?- chiese poi Amabelle all’amico, mentre iniziavano a camminare in direzione dell’edificio, accanto all’università.

-A dire il vero non ci ho pensato- ammise lui, pensieroso, aprendo la porta dell’edificio per farla entrare, da bravo gentiluomo. 

-In realtà c’è una cosa che vorrei fare- aggiunse poi, dopo qualche metro.

-Spara, sono tutta orecchi- lo incoraggiò lei, incuriosita.

-No, non è niente di che. Insomma, da quando sono tornato vorrei rivedere una persona, ma non sono del tutto certo che sia una buona idea- ammise, giocherellando con il piercing che aveva sul sopracciglio.

Amabelle aveva scoperto, in quei mesi di conoscenza, che era cresciuto lì e poi i suoi genitori si erano trasferiti quando lui era piccolo. Non pensava che avesse ancora delle conoscenze. Poteva essere un problema per il suo piano.

-Una ragazza per cui hai una cotta?- suppose, cercando di non risultare troppo invadente ma morendo di curiosità.

-Oh, no! Assolutamente no! Che io sia dannato se dovessi mai prendermi una sbandata per questa persona!- esclamò Diego, storcendo il naso.

Amabelle tirò un mentale sospiro di sollievo. 

-Capisco la situazione. Beh, se mai deciderai di affrontare questa persona e hai bisogno di supporto, non esitare a chiedere. Io e i miei amici abbiamo una sfida in corso dove ognuno ha un proposito da realizzare per la fine dell’anno- spiegò, orgogliosa.

-Il tuo qual è?- indagò Diego, mentre si sedevano al solito posto in biblioteca e tiravano fuori i rispettivi libri. La differenza tra il manuale di storia del teatro e i compendi da settecento pagine l’uno di medicina erano evidenti, ma nessuno dei due aveva mai fatto commenti al riguardo.

-Diciamo… aiutare i miei amici a non essere più soli, se sai cosa intendo- gli fece un occhiolino complice.

Diego intese e ridacchiò.

-Molto singolare. Sono compreso tra questi amici?- chiese, per curiosità.

-Se entri nella Corona Crew sicuramente. Altrimenti ci sono comunque buone probabilità- confessò, in tono serio, mentre cercava la pagina dove si era fermata a studiare.

-Mia madre ti adorerà, allora. Sono anni che mi chiede di sistemarmi con qualcuna- si lamentò lui, facendo altrettanto con due tomi.

-Silenzio in biblioteca!- arrivò il severo monito dalla sezione accanto, facendoli sobbalzare.

-Beh, mettiamoci a lavoro- cambiò quindi argomento Diego, indicando i libri.

Amabelle gli fece un cenno, ed entrambi si misero a studiare.

 

L’ora di pranzo arrivò piuttosto in fretta, un po’ troppo per Denny, che aveva passato la mattina a studiare e non aveva apprezzato troppo il messaggio di Amabelle che incoraggiava tutto il gruppo a riunirsi al Corona per accogliere un possibile nuovo membro. Aveva un esame il 14, perdiana!

Era quindi uno degli ultimi ad essere arrivato, e nonostante le regole del gruppo stabilissero che durante le riunioni era vietato studiare, aveva il naso nel libro, cercando di ricordare più leggi possibili. Diritto privato era davvero difficile. E giurisprudenza forse non la facoltà migliore per lui. 

Anche se voleva davvero diventare avvocato.

Le riunioni organizzate all’ultimo momento, però, non glielo stavano rendendo tanto facile.

-Denny, togli il libro dal tavolo, è poco igienico- lo riprese Mirren, col classico tono da mammina del gruppo.

-Finisco il capitolo! Amabelle non è ancora arrivata, dopotutto!- provò ad obiettare, leggendo il più in fretta possibile e non assimilando assolutamente nulla di quanto era scritto sulla carta.

-Manca anche Clover, in effetti- commentò Petra, che nell’attesa si era messa a giocare al telefono e battere col piede la gamba del tavolo.

-Clover ha scritto che arriva dopo pranzo perché ha un impegno- rivelò Mirren, mostrando al gruppo il messaggio ricevuto.

-Aspetta, era un’opzione?!- chiese Denny, sollevando del tutto lo sguardo dal libro, incredulo. Se l’avesse saputo prima si sarebbe creato una scusa anche lui.

-Se eri impegnato sì, ma tu non eri impegnato- gli fece notare Felix, senza guardarlo. Controllava il menù con la concentrazione di chi stava disinnescando una bomba.

-Ho l’esame di Diritto Privato il 14! E l’esame di Diritto Romano il 24! Inoltre il 7 Febbraio ho Filosofia del Diritto. Potete definirmi impegnato!- obiettò Denny, in tono acuto.

-Almeno ti aiuta con la postura- commentò Felix, sempre intento a fissare il menù.

Mirren fu l’unico ad esibirsi in un facepalm.

-Che significa?!- osò chiedere Denny, troppo in ansia per comprendere che stava facendo una battuta di dubbio gusto.

-Beh, sei sempre diritto, quindi… ahia!- la spiegazione della suddetta battuta venne interrotta da un calcio sulla gamba proveniente da Petra, che gli lanciò un’occhiataccia.

-Non è strano che Amabelle non sia ancora arrivata? Ormai è quasi l’una- commentò Norman, parlando per la prima volta, nel tentativo di stemperare la tensione, o alzarla, effettivamente.

-Ciao ragazzi! Ci siete tutti?- precisa come se stesse aspettando che la chiamassero, Amabelle entrò come una furia nel café, in fretta e furia. I suoi capelli rossi scompigliati dal vento invernale, e accompagnata da un ragazzo più grande, che la seguiva con le mani nelle tasche, cercando di mascherare l’evidente disagio.

-Scusate il ritardo! Studiando non ci eravamo resi conto dell’orario!- esordì la ragazza, affrettandosi a raggiungere gli amici -Ci siete tutti?- chiese poi, facendo un conto mentale.

-Manca…- iniziò a spiegarle Mirren, in tono pratico, ma lei lo interruppe immediatamente.

-A parte Clo, ho letto il suo messaggio, spero davvero che ci raggiungerà. Oh, a proposito… lui è Diego- indicò il ragazzo in modo teatrale, e lui sollevò la mano in segno di saluto.

Il primo pensiero di Denny, oltre ad una mentale lamentela sul fatto che Amabelle aveva studiato fino a quel momento e a lui era stato impedito, fu che quel Diego era un bel ragazzo. Un pensiero oggettivo, perfettamente accettabile e parecchio irritante, perché c’erano già troppi bei ragazzi nel gruppo, e Denny non credeva di reggere il confronto e si faceva un sacco di paranoie al riguardo.

Inconsciamente si sistemò i capelli pieni di gel, per darsi un certo tono.

-È un piacere incontrarti, Diego. Amabelle ci ha parlato molto di te. Prego, siediti pure- lo accolse formalmente Mirren, prendendo la parola per primo e indicando la sedia accanto a Felix.

-Lui è Mirren, io sono Felix. Sta tranquillo, non mordiamo- Felix presentò sé e l’amico, in tono molto più gioviale, e Diego prese posto, sorridendo.

Amabelle gli si sedette accanto, molto orgogliosa di sé, per qualche motivo.

Denny non aveva mai compreso la sua intraprendenza, e non riusciva a capacitarsi che fosse così tranquilla nelle relazioni sociali.

-Allora, oltre a loro ci sono anche Petra, Norman e Denny. Poi Max, che è cameriere qui, e Clo, che conoscerai dopo pranzo. Sto morendo di fame, Felix, hai scelto? Posso guardare il menù?- dopo aver fatto delle veloci presentazioni, Amabelle sfilò il menù dalle mani di Felix senza aspettare la sua risposta e iniziò a scegliere il piatto.

-Tanto prenderò il solito- alzò le spalle lui, iniziando a dondolarsi sulla sedia nell’attesa.

-Tieni, noi abbiamo avuto abbastanza tempo per decidere- Mirren porse il menù che lui e Petra avevano condiviso fino a poco prima verso Diego, che lo prese e iniziò a darci un’occhiata.

-Sei in città da molto?- cominciò a chiedere Felix, in tono rilassato, per farlo sentire incluso.

Ogni volta che un nuovo membro veniva introdotto veniva sempre fatto sedere vicino a Felix. Poteva sembrare un idiota irritante pieno di pessime battute, ma era amichevole, buffo e simpatico. Non era ufficiale, ma veniva considerato il padre rilassato del gruppo. E visto il suo rapporto stretto con Mirren, la mamma del gruppo, veniva spontaneo pensare che potessero essere una bella coppia.

Denny era forse l’unico che non li aveva mai visti come tali, anche se il motivo era più perché non era bravo in generale a capire sentimenti ed emozioni di chi lo circondava, e di se stesso. Soprattutto di se stesso.

Dopo qualche domanda tranquilla, parecchie risposte e una presentazione veloce a Max, arrivato per prendere le ordinazioni, Diego sembrava già un membro ufficiale del gruppo. E risolto il problema principale, Amabelle si rese conto di Denny, che zitto zitto aveva continuato a provare a studiare senza farsi notare troppo.

-Denny, caro, qual è la prima regola della Corona Crew?- gli disse all’orecchio, facendolo sobbalzare. Non si era accorto che fosse così vicina.

-Ehm… non ci sono regole?- provò a suggerire Denny, pur consapevole della reale risposta.

-Quando si è in riunione non si studia!- gli ricordò Amabelle, in tono zuccheroso e sguardo assassino, rubandogli senza sforzo il libro dalle ginocchia.

-Bella regola, mi piace- commentò tra sé Diego, guadagnandosi e un sorriso soddisfatto di Amabelle.

-In qualità di fondatrice ho stilato tutte le regole. Sono poche ma questa è la più importante- spiegò, orgogliosa -Se entrerai ufficialmente nel gruppo di darò l’opuscolo- 

-Ti prego, Amabelle! Volevo solo finire il capitolo!- provò ad obiettare Denny, cercando senza successo di recuperare il libro senza però dare spettacolo di sé per non attirare l’attenzione di tutto il café.

Iniziando a sentire gli sguardi, decise di lasciar perdere, e si ritirò sulla sedia, a disagio.

-Va bene, tienilo. Ma dopo la riunione ridammelo- cercò di cessare le ostilità. Amabelle lo mise in borsa.

-Va bene, ma solo perché mi fai pena- poi, mentre aspettava il cibo, si rivolse a tutto il gruppo.

-Allora, ragazzi, come procedono i propositi?- chiese, in tono malefico.

-Sono viva. Quindi alla grande- Petra alzò le spalle.

-Il tuo vero proposito non è quello ma per il momento te la darò per buona- Amabelle le tirò una pallina di carta, prontamente afferrata al volo dall’amica, che non fece però ulteriori commenti.

-Io sono nei tempi, quindi penso proceda bene- anche Norman alzò le spalle, con una certa indifferenza.

-Sono passati solo tre giorni, ma posso dire con orgoglio che… il mio proposito va uno schifo. Ma sono passati solo tre giorni, dopotutto- ammise Felix, massaggiandosi il collo imbarazzato.

-Sul serio, Durke?! Non sei riuscito a stare neanche tre giorni senza fumare?- si lamentò Mirren, sospirando deluso.

-In mia difesa posso dire che ho iniziato a stilare un piano per smettere entro la fine dell’anno- raccontò pomposo, gonfiando il petto carico di orgoglio.

-Fammi indovinare, farai come ti pare per tutto l’anno e le ultime due settimane di dicembre smetterai per poi ricominciare allo scoccare della mezzanotte- Mirren scosse la testa, irritato.

Felix evitò il suo sguardo, rimase zitto qualche secondo, e poi lo spinse giocosamente.

-Senti, prometto che ci lavorerò, ma tu non hai cominciato lezioni di guida mi sembra- lo sfidò, con sicurezza.

-Mi sono iscritto alla scuola guida e comincerò il 14 Gennaio- lo sorprese invece Mirren, sistemandosi gli occhiali con un celato dito medio e tradendo un sorrisetto sogghignante. 

Felix rimase a bocca aperta, e si portò teatralmente la mano sul petto.

-Okay, hai vinto. Sono completamente abbattuto. Ma la guerra non è ancora finita- 

Mentre il battibecco continuava, Denny sentì Diego piegarsi verso Amabelle e sussurrarle qualcosa all’orecchio.

Nessuno era abbastanza vicino, oltre a lui, quindi Denny fu l’unico a sentirlo, e fu una fortuna, secondo il suo parere.

-Ma loro due stanno insieme?- chiese infatti. Se Felix e Mirren l’avessero sentito avrebbero smesso immediatamente, si sarebbero allontanati, ci sarebbe stato il solito mezzo imbarazzo che Denny detestava e soprattutto Amabelle avrebbe chiesto a lui come andava il suo proposito, e Denny non voleva ritornare al succo del discorso.

Amabelle rispose con un sogghigno malizioso.

-No, non ancora- 

L’arrivo del cibo portato da Max interruppe la discussione ed evitò ulteriori domande.

Il gruppo mangiò con foga, perlopiù in silenzio ma con qualche commento, domanda o battuta. 

Diego sembrava aver legato splendidamente.

Quando ormai la pancia era piena, e Diego era impegnato con Felix in una conversazione sulle rispettive numerose famiglie, Denny iniziò a pensare di andarsene, dato che aveva conosciuto il nuovo arrivato e aveva la scusa di dover studiare.

Purtroppo, Amabelle aveva una memoria da elefante, ed aveva lo straordinario potere di avvicinarsi e mettersi a parlare sempre con le persone leggermente più isolate ed escluse dalla conversazione generale. 

-A te, Denny, come va il proposito?- chiese, arrivandogli a pochi centimetri e fissandolo con sguardo di fuoco.

Doveva giocarsela bene.

-Oh… eh… quale proposito?- 

Ok, non così.

-Cioè… va alla grande!- mentì, cercando di recuperarsi.

-Sul serio?- chiese Amabelle, poco convinta.

-Sì, sono deciso a buttarmi in qualcosa senza farmi paranoie. Solo che non è ancora arrivata l’occasione perfetta, quindi, sai, aspetto il momento. Ma sono davvero deciso- continuò la sua farsa, ostentando una sicurezza che non gli apparteneva… o almeno provandoci.

Il sopracciglio inarcato di Amabelle gli suggerì che non ci fosse proprio riuscito.

-Se vuoi posso darti un suggerimento- si propose, sbattendo le lunghe ciglia con tono ammaliante.

Denny sbiancò.

-No, te ne prego! …cioè… non ce n’è bisogno. Ho tutto l’anno davanti- provò a tirarsi indietro, iniziando a frugare nella borsa in cerca dei soldi per pagare la sua parte e scappare da lì il più in fretta possibile.

-Lo sai che è un piacere. Allora…- Amabelle si guardò intorno, e il suo sguardo si fermò sulla porta.

Il suo viso si illuminò.

Quello di Denny sbiancò ulteriormente.

-Ti sfido a chiedere un appuntamento alla prima persona che entra nel café!- esclamò, indicando Denny e poi la porta.

Il gruppo si zittì e guardò Denny con curiosità.

-Ma sei impazzita?!- esclamò lui, isterico e arrossendo di botto, alzandosi in piedi stizzito e incredulo.

-Hai paura per caso?- lo punzecchiò (letteralmente) Amabelle.

-Non ho paura, ma è una follia! Non posso chiedere un appuntamento alla prima che passa. È troppo imbarazzante, e se poi entrasse un’anziana, o una donna sposata, o una ragazzina minorenne? Finirei in prigione per una stupida scommessa. E poi…- Denny iniziò ad illustrare le sue paranoie, ma Amabelle gli mise un dito sulla bocca, zittendolo.

-Stai già fallendo. Devi buttarti senza temere le conseguenze- gli ricordò, incrociando le braccia.

-Già, e poi se va male puoi sempre dire che si trattava di una scommessa- gli suggerì Diego, in tono conciliante, e guadagnandosi parecchi punti per Denny. Anche se non tanti quanti ne perse per essere comunque dalla parte di Amabelle.

-Giusto, anche se solo dopo aver fatto la domanda, e solo se ti risponde no!- dettò le condizioni Amabelle.

-E se dice di sì?- Denny iniziò ad essere più preoccupato per questa seconda possibilità. E non capiva perché, dato che non aveva la minima intenzione di acconsentire a quella follia in primo luogo.

-Andrai ad un appuntamento, e sarà fantastico, e se non sarà così non rivedrai più questa persona. Non ti costa nulla. E mancheranno solo due azioni spericolate da eseguire in tutto l’anno. Non è un’ottima occasione?- provò a convincerlo Amabelle, battendo le mani incoraggiante.

Denny sapeva di essere condizionabile, soprattutto quando si trattava di Amabelle, ma sebbene una parte due lui stesse iniziando a cedere, decise di restare irremovibile.

-No! Non ci penso nemmeno! Ho ancora una dignità- provò a protestare, cercando di fare la voce grossa ma facendosi uscire solo un pigolio spaventato.

-Cocco cocco coccodé!- lo prese in giro Amabelle, imitando il verso della gallina e gesticolando come tale.

-Pollo fifo!- le diede man forte Felix, seguendola a ruota nell’imitazione della gallina, e attirando l’attenzione di metà café.

-Okay! Okay!- cedette infine Denny, cercando di farli smettere, sotto pressione, e facendosi piccolo piccolo.

-Grande! Allora, andrai dalla primissima persona che entrerà da quella porta, a prescindere dal sesso, dall’età e dall’aspetto fisico….- cominciò a dettare le condizioni Amabelle.

-Aspetta, come “a prescindere dal se…”- l’obiezione di Denny venne interrotta immediatamente.

-…a partire da… ORA!- diede il via la ragazza, fissando la porta.

L’intero gruppo, ad eccezione di Petra, che mangiava il suo hot dog ignorando completamente l’ambiente circostante, fissò con attenzione la porta, in attesa.

E dopo un paio di minuti dove non stava succedendo assolutamente nulla, Norman starnutì rumorosamente, allertando tutti quanti.

-Scusate, ho solo un po’ di raffreddore…- provò a scusarsi lui, ma proprio mentre l’attenzione iniziava a diradarsi, il campanello sopra la porta suonò, e un giovane dai tratti asiatici fece il suo ingresso, infreddolito, ignaro delle sei paia di occhi puntati su di lui (escludendo Petra).

Amabelle si illuminò, Denny impallidì più di prima.

-No!- disse prima che Amabelle potesse fare un qualsiasi commento.

-Hai accettato! Devi farlo!- obiettò lei.

-È un ragazzo! Non posso chiedergli un appuntamento!- provò ad obiettare lui, osservando di sottecchi il ragazzo in questione, che si stava sedendo in un tavolo isolato fuori dalla portata d’orecchio ma non di vista. 

-Avevamo detto a prescindere dal sesso e dall’età!- insistette Amabelle, puntando i piedi.

-L’hai detto tu! Io questa regola non l’ho mai approvata- il cuore di Denny batteva troppo forte, l’ansia era alle stelle. Ma una parte di lui era quasi sollevata che ad entrare fosse stato un ragazzo. Non perché preferisse i ragazzi, anzi, si considerava decisamente etero, ma si trovava più sicuro a parlare con loro, dato che le ragazze il più delle volte lo spaventavano (e come dargli torto visto che era sempre a stretto contatto con Amabelle, Petra e Clover) e poi sperava davvero di evitare in generale la scommessa, ora che al centro era finito un ragazzo.

-Vedila così, con un ragazzo le probabilità che accetti sono inferiori, quindi è più probabile che non dovrai andare ad un appuntamento e che potrai rivelare la storia della scommessa, uscendone completamente pulito e senza conseguenze- gli fece notare Diego. Denny lo prese ulteriormente in antipatia perché stava riuscendo a convincerlo.

-Statisticamente ha ragione. Le probabilità che ti dica di sì sono notevolmente inferiori- annuì Mirren, pensieroso.

E se lo diceva Mirren, 30 e lode in tutti gli esami di statistica sostenuti in cinque anni (e praticamente tutti gli esami sostenuti in generale, ma dettagli) Denny poteva effettivamente stare tranquillo.

Sospirò profondamente.

-Okay… ci sto- ammise, stringendo i pugni e cercando di farsi coraggio.

Amabelle lo guardò a bocca aperta.

-Sul serio?!- chiese, sorpresa e incredula.

-Sì!- rinvigorito dall’essere riuscito a sorprendere l’amica, e punto sul vivo dal fatto che lei non lo credesse capace di tener fede a una scommessa, Denny si alzò con sicurezza, e si diresse verso il ragazzo, cercando di contenere il tremore che gli stava scuotendo il corpo.

Arrivato a poco meno di un metro, il ragazzo si girò verso di lui, e gli sorrise.

SOS!

SOS!!

Missione da abortire immediatamente!

Non c’era possibilità che Denny riuscisse nell’impresa.

Rimase congelato sul posto, e fu lì lì per tornare al tavolo, nascondersi sotto e dondolarsi avanti e dietro in preda alla vergogna, al diavolo la scommessa.

Purtroppo, o per fortuna, il ragazzo gli parlò.

-Hey!- lo salutò, agitando amichevolmente la mano, e incoraggiandolo ad avvicinarsi ulteriormente.

-Non lavoro qui!- gli fece presente Denny, nel panico, dandosi mentalmente dello stupido per la pessima prima frase che era riuscito a tirare fuori nell’ansia.

Era ovvio che non lavorasse lì, i camerieri avevano la divisa ufficiale e il grembiule.

Il ragazzo ridacchiò tra sé.

-Lo so. Ma dato che sono l’unico da questa parte immagino tu abbia qualcosa da dirmi- indovinò, indicando la sedia vuota davanti a lui.

-Non… non vorrei disturbare- cercò di tirarsi indietro Denny, torturandosi le maniche del maglione e iniziando ad indietreggiare.

-Nessun disturbo, siediti pure. Non aspetto nessuno- lo incoraggiò il ragazzo.

Alla faccia della statistica! Quel tipo era la persona più aperta che Denny avesse mai incontrato… esclusa Amabelle. Che fossero in combutta?

Sarebbe stato preoccupante e confortante insieme.

-Oh… eh… io… okay- Denny si sedette titubante, mentre la sua mente iniziava a fare associazioni che lo portavano in luoghi sempre più preoccupanti.

E se fosse stato un assassino? Magari stava finendo dritto nella sua trappola. O uno psicopatico, o uno stupratore, o un…

-Mi chiamo Mathi, Mathi Yagami- si presentò il ragazzo, sollevando la mano, e sorridendo innocentemente.

-Daniel Sleefing, ma puoi chiamarmi Den…- cominciò a presentarsi lui, per poi bloccarsi di scatto.

Un momento… Yagami?

YAGAMI?!

Non riuscì a trattenersi dallo sbarrare gli occhi e ritirarsi leggermente sulla sedia, preoccupato.

Il ragazzo scoppiò a ridere.

-Tranquillo, non sono Kira. Anche se sono gay se te lo stai chiedendo- gli fece un occhiolino giocoso.

Cavolo!

Era meglio se fosse stato Kira, almeno l’avrebbe ucciso e tolto da quell’imbarazzo incredibile.

-Non ho mai supposto che tu lo fossi!- esclamò Denny cercando di tirarsi indietro. Da come formulò la frase non si capiva cosa avrebbe dovuto supporre, se la questione Kira o la questione gay.

-L’ho detto per via di come il cognome si legge al contrario, sai. Ci sono parecchie battute sul mio cognome- spiegò il ragazzo.

Ahhhh, okay, ora si spiegava meglio.

Quindi non l’aveva detto perché pensava che Denny volesse rimorchiarlo, o perché volesse rimorchiare Denny. Era decisamente rassicurante.

Anche se… Denny doveva effettivamente rimorchiarlo.

-Ehm… ah ah ah- cercò di ridere della battuta, senza successo.

Perché diamine aveva accettato quella scommessa?! Era troppo difficile!

-Allora, fammi indovinare. È una scommessa, vero? Che devi chiedermi?- andò al punto il ragazzo, sistemando la tovaglietta.

Come poteva chiedergli… un momento.

Denny sollevò di scatto la testa verso di lui, sorpreso.

-Hai capito che è una scommessa?- chiese, incredulo.

-Senza offesa, ma tu e i tuoi amici non siete molto discreti. Voi sette mi fissate da quando sono entrato, era un po’ difficile non notarvi…- ammise il ragazzo, massaggiandosi il collo divertito e lanciando un’occhiata al tavolo di Denny, dove tutti continuavano a fissare i due. Amabelle agitò la mano e fece il gesto del pollice in su, per incoraggiare Denny.

-…E visto che tu non sembri proprio il tipo che verrebbe da me per fare conoscenza, immagino che sia una scommessa, giusto?- finì di assumere Mathi, guardando Denny in attesa di assicurazioni e chiarimenti.

-Sì, è una lunga storia… no, anzi, è una storia breve, in realtà, e piuttosto banale. Praticamente abbiamo fatto dei propositi e la mia amica Amabelle vuole che io li rispetti e… lasciamo perdere. Dovevo chiedere un appuntamento alla prima persona che entrava nel bar- ammise Denny, seppellendo il volto rosso come un peperone tra le mani.

Mathi lo fissò ad occhi sgranati, poi guardò nuovamente il tavolo, dove Amabelle era talmente protesa verso di loro, cercando di sentire cosa si stavano dicendo, che era quasi caduta dalla sedia. Tornò poi su Denny, che non osava guardarlo negli occhi.

E scoppiò a ridere.

-Che amici intensi- commentò -Immagino di doverti dire di sì per farti vincere- suppose poi, pensieroso.

-No!- esclamò Denny, un po’ troppo precipitoso, forse. Si schiarì la voce e continuò con più calma.

-In realtà penso di aver già perso, perché non dovresti sapere che si tratta di una scommessa. Quindi… uff, è probabile che Amabelle mi chiederà di rifarlo con la prossima persona che entra nel bar- Denny iniziò a sbattere la testa contro il tavolo, abbattuto.

Non riuscì a vederlo, ma Mathi lo guardava intenerito.

-Senti, se vuoi posso fingere di non sapere nulla della scommessa e accettare- cercò di rassicurarlo.

Denny lo guardò incredulo, di nuovo.

Certo che quel ragazzo era strano. E pieno zeppo di sorprese.

-Non… non sono gay- gli fece notare, con un filo di voce. Mathi sbatté le palpebre, ma non si scompose.

-E allora? Sarà un appuntamento tra amici. Ho due esami di fila questi giorni, quindi sarò sommerso dallo studio fino al 17, ma potremmo fare quella sera, o nel weekend. Dimmi tu- alzò le spalle, rilassato, per poi oscurarsi leggermente in volto.

-A meno che tu non abbia problemi con il fatto che io sia gay- aggiunse poi, un po’ preoccupato.

-No! Assolutamente no! Io sono pro LGBT! Nel modo più assoluto degli assoluti! Per me è davvero uguale. Ho parecchi amici gay, e bisex, tipo mio fratello… in realtà credo che io e Clover siamo gli unici del tutto etero nel gruppo- si spiegò, imbarazzato per l’impressione sbagliata che gli aveva dato.

Per un attimo, Mathi assunse uno sguardo scettico, ma si aprì subito in un ampio sorriso, perciò Denny pensò di esserselo solo immaginato.

-Fantastico allora!- esclamò, prendendo una penna dalla tasca e un tovagliolo dal tavolo.

Scrisse qualcosa che Denny non vide bene, e gli porse il tovagliolo.

-Scrivimi il giorno allora. E l’ora, e il luogo eccetera. Sarà divertente- gli fece un occhiolino.

Denny controllò il tovagliolo, ci aveva scritto il suo numero e il suo nome, con un cuore.

Arrossì fino alle punte delle orecchie.

-Dato che dobbiamo fingere sia un appuntamento ho messo il cuore per fregare i tuoi amici- spiegò Mathi, in tono confidenziale.

-Io… eh… beh… grazie, grazie davvero. Sei stato…- Denny fece per alzarsi e andarsene, ma si fermò di scatto, e si avvicinò nuovamente al nuovo… amico? Poteva davvero considerarlo tale avendolo appena conosciuto?

-…Come mai ti fidi e mi stai aiutando? Non mi conosci- chiese, confuso.

Mathi ci rifletté per qualche secondo.

-Perché no?- disse poi, alzando le spalle.

Da quando quell’incontro surreale era cominciato, a Denny sfuggì un sorriso, appena accennato, della durata di pochi secondi.

-Grazie- disse solo, prima di voltarsi e tornare al suo tavolo, stringendo il tovagliolo con forza e iniziando a farsi tantissime paranoie sul tipo di appuntamento, il luogo, l’orario, come infilarlo nel suo programma di studio, come vestirsi, se doveva fare qualcosa di particolare.

Tornò al tavolo quasi del tutto dissociato dal proprio corpo, senza neanche rendersi pienamente conto di cosa fosse successo. Una cosa era certa, aveva avuto una fortuna spaziale.

-Allora, allora, come è andata?!- gli chiese Amabelle saltellando sulla sedia e rischiando seriamente di cadere.

-Eh?- Denny si svegliò come da una trance, e la guardò senza vederla del tutto.

-Che ha detto? Che ha fatto? Ho visto che rideva molto e che tu eri estremamente impacciato. Ha detto di no e hai rivelato che era una scommessa?- iniziò ad interrogarlo lei.

-Non ci sarebbe niente di male, sei pessimo a rimorchiare- Felix gli diede qualche pacca sulla spalla.

Denny strinse i pugni, punto sul vivo. 

Anche se era una verità inoppugnabile.

-Se volete saperlo ha detto di sì, e mi ha dato il suo numero! Usciremo probabilmente il 17 sera- mostrò il tovagliolo, con orgoglio.

Sul tavolo calò il silenzio. Fissarono tutti il tovagliolo come se venisse dallo spazio.

Tranne Petra, che aveva ripreso a giocare al telefono.

-Wow, inaspettato. Dal punto di vista statistico questa era la possibilità meno probabile- commentò Mirren, sistemandosi gli occhiali, sorpreso quanto gli altri ma cercando di mantenere un certo contegno.

-Sì, qualcosa come lo 0.00000000000000001% di probabilità- gli diede man forte Norman, che però aveva visto parecchie situazioni come quelle, e non ci faceva più tanto caso.

-Ti ha dato…. il suo… numero…?- Amabelle era bianca come un fantasma.

-Sì… sì… Oh cielo! Mi ha dato il suo numero!- Denny sembrò rendersi conto solo in quel momento di quanto la situazione fosse effettivamente inverosimile, e tenne il tovagliolo con attenzione, come una bomba pronta a scoppiare.

Lanciò un’occhiata verso il tavolo, per assicurarsi che non fosse stata un’allucinazione, ma Mathi Yagami era lì, intento a parlare amichevolmente con Max, accorso a prendere l’ordinazione.

Si accorse del suo sguardo e gli fece un cenno con la mano.

-Ha funzionato…?- Amabelle continuava ad essere completamente incredula, come uno zombie.

-Amabelle, ti vorrei ricordare che sono etero! Quindi sarà un appuntamento e basta. Non credere di avermi combinato con una persona conosciuta random!- le ricordò, in tono acuto.

Questo sembrò sbloccarla.

-AAAAAAAAAAHHHHHHHHH!!- proruppe in un acuto eccitato spaccatimpani che attirò l’attenzione di tutta la sala, ma che del gruppo fece sobbalzare solo Diego, che cadde dalla sedia, preso completamente in contropiede.

-Sono così fiera di te. Hai affrontato la tua paura e hai ottenuto un risultato. Chi è questo Mathi? Dobbiamo unirlo al gruppo. È all’università? Quanti anni ha? Aspetta che segno il numero sul telefono e…- fece per prendere il tovagliolo dalle mani di Denny, ma lui lo strinse al petto con fare protettivo.

-Non avrai il suo numero. Lo ha dato a me!-

-Awwwww, come fai il protettivo. Va bene, tieniti il tuo ragazzo. Ma devi tenerci al corrente sull’appuntamento, perché devi dimostrare che avverrà o la scommessa perde di valore- lo minacciò, sfregandosi le mani.

-La scommessa era solo chiederglielo, non necessariamente uscire- provò a protestare lui, senza troppa forza.

A dire il vero non era male la prospettiva di uscire con lui, come amici. Sembrava una persona con cui era facile andare d’accordo, e si era sentito effettivamente bene e al sicuro con lui, e non giudicato o guardato dall’alto in basso per la sua evidente agitazione.

Magari potevano davvero diventare amici.

Magari.

-Farò finta che tu non l’abbia detto. Tienici al corrente sul gruppo Whatsapp- Amabelle prese il libro scolastico precedentemente requisito e glielo restituì.

-Sei libero di andare- lo congedò poi, in tono sacrale.

Denny prese il libro, e mise il muso.

-Certo, mi usi per i tuoi piani e poi ti liberi di me quando non sono più divertente- borbottò tra sé, iniziando a sistemare lo zaino e prendendo i soldi per pagare il suo pranzo. Ripose con cura il tovagliolo nel portafogli, per evitare che si rovinasse.

-Come hai detto?- indagò Amabelle, che non l’aveva sentito.

-Nulla, nulla!- si affrettò a negare Denny, mettendo i soldi sul tavolo e scappando via dal café, proprio nell’esatto istante in cui entrava Clover.

Denny ridacchiò tra sé pensando a cosa sarebbe successo se fosse stata lei ad entrare, invece di Mathi, durante la scommessa. Avrebbe pagato per vedere la faccia di Amabelle.

Peccato.

 

A dirla tutta era stata una fortuna, per Denny, che Clover non fosse entrata, perché se si fosse ritrovata Denny davanti a chiederle un appuntamento sarebbe stata molto più sgarbata e spietata del solito, cosa che avrebbe fatto scendere di parecchie spanne la sua autostima già di per sé bassissima.

Infatti era nervosa, stanca e con una voglia incredibile di prendere a pugni qualcuno. Purtroppo prima di andare in palestra doveva necessariamente partecipare almeno alla fine di quella riunione straordinaria.

Era stata una mattinata stressante per lo studio. E il pranzo in famiglia, organizzato perché Blossom, una delle sue sorelle maggiori, stava per tornare a casa sua in un’altra città, era stato ancora più devastante.

Due ore e mezza dove suo padre l’aveva punzecchiata, Aloe, la primogenita, aveva preso le sue parti, e inutili erano stati i tentativi di sua madre di deviare l’attenzione verso Blossom, la presunta protagonista della mattinata, che però era sempre messa da parte.

Ciliegina sulla torta, a metà pranzo si era unito a loro Richard “Dick” Choi, il suo ex, che il padre tentava sempre, in ogni modo, di far tornare nella vita della figlia minore.

Insomma, la giornata non poteva assolutamente andare peggio di così.

Si sedette al tavolo, nel posto precedentemente occupato da Denny, senza neanche salutare, e chiamò immediatamente Sonja, la cameriera più vicina.

-Portami un caffè nero come il mio umore in questo momento!- le ordinò, quasi aggressiva.

-Subito signorina- annuì con foga, e un po’ di paura, la nuova cameriera, sfrecciando in cucina a consegnare l’ordinazione.

-Ehi, non trattare male la futura ragazza di Max- la rimproverò Amabelle, facendole alzare gli occhi al cielo.

-Non sono dell’umore di essere educata. È stato il pranzo più stressante della mia vita- bofonchiò la ragazza, massaggiandosi le tempie. Era talmente impegnata ad essere rabbiosa che non si era neanche accorta della faccia nuova, né ricordava il motivo per il quale era imperativo che si presentasse.

Le tornò alla mente quando tale motivo parlò, ridacchiando tra sé.

-Vedo che sei molto decisa nel tuo proposito, Amabelle- notò infatti una voce familiare a Clover, appartenente ad un ragazzo accanto ad Amabelle, che osservava la porta della cucina in quello che sarebbe quasi sembrato un tentativo di non girare lo sguardo verso Clover, se questo avesse avuto un minimo senso.

Ma senso non lo aveva, dato che Clover non aveva mai visto quel ragazzo in vita sua… o almeno, non le sembrava.

Anche se aveva qualcosa di estremamente familiare.

Iniziò a squadrarlo, cercando di ricordare dove potesse averlo visto. Forse in palestra? O all’università? 

-Oh, a proposito…!- Amabelle sembrò rendersi conto solo in quel momento che Clover era finalmente arrivata ed era ora di fare le presentazioni ufficiali.

-A proposito...?- ripeté tra sé Diego, guardandola sospettoso.

-…Clover, ti presento Diego Flores, che vorrei integrare nel gruppo. Diego, lei è Clover Paik. L’ultimo membro del gruppo che ancora non hai conosciuto- Amabelle li introdusse l’uno all’altro, con uno scintillio negli occhi.

Diego finalmente posò lo sguardo su di lei.

E la consapevolezza la colpì come un fulmine.

Diego Flores?

Diego Flores!!

Non lo vedeva da anni! Cosa ci faceva lì? Quando era tornato? Perché non l’aveva contattata? Come aveva conosciuto Amabelle?

Era seriamente intenzionata a fargli tutte quelle domande, con tono anche piuttosto risentito, ma lui fu più veloce di lei.

-Piacere, Clover. Sono Diego- le fece un cenno e un sorriso di cortesia.

Un momento… non si ricordava di lei? Certo, come no! Non poteva essersi scordato! Forse voleva ignorarla? Ovviamente, dopotutto era quello che aveva fatto negli ultimi quindici anni! Beh, in due potevano fare quel gioco.

Gli fece il più ampio e falso sorriso del proprio repertorio.

-Il piacere è mio, Diego- disse, sentendo un nodo formarsi nello stomaco.

Ecco, la giornata era ufficialmente andata peggio!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Uhhhh, che aggiornamento rapido. Chissà se riuscirò a tenere un tale ritmo, al momento sono molto ispirata. 

Dopo questo capitolo di presentazione e passaggio, preparatevi perché dal prossimo iniziano le cose serie.

Avete idee, teorie, consigli, coppie preferite, personaggi preferiti e altro? Non esitate ad informarmi con un commentino.

 

 

Nel prossimo episodio: Una sessione di studio viene organizzata a casa di Mirren e Petra, ma una bufera approccia Harriswood.

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Capitolo 3
*** Studio e Bufere ***


Studio e bufere

 

 

Sabato 5 Gennaio

Fin da quando erano piccoli, Petra e Mirren erano sempre stati messi in relazione.

Poco importava che condividessero solo il padre, che si portassero quattro anni di differenza e che avevano personalità e passioni molto diverse, erano sempre messi a confronto e considerati molto simili.

E per alcune cose era oggettivamente vero.

Erano entrambi molto scettici riguardo all’amore, molto chiusi emotivamente e ambiziosi, anche se in modi diversi.

Ma per il resto, erano due totali opposti.

Mirren era un topo di biblioteca, Petra un’atleta. 

Mirren era il tipo da trattamento silenzioso, Petra se si arrabbiava esplodeva.

Mirren era ordinato e puntuale. Petra disordinata e ritardataria.

Ma c’era una cosa che li aveva sempre uniti, oltre al fatto che Mirren si era occupato di Petra ben più di qualsiasi genitore, ed era l’odio profondo che entrambi nutrivano per la loro matrigna.

Beh, per praticamente ogni matrigna che entrava nelle loro vite ogni pochi anni.

Quella di quel periodo, ormai in famiglia da ben tre anni, era la peggiore fino a quel momento: Bonnie Clyde. Un nome, un programma, dal punto di vista di Petra.

E purtroppo ogni sabato sera erano obbligati a sorbirsela nella settimanale cena in famiglia che nessuno, ad eccezione di loro padre, approvava.

Di solito era una cena costosa, fin troppo lunga, dove a parlare era solo Brogan Hart, con la moglie che si limitava ad incoraggiarlo e ignorare i figliastri.

Non c’era da stupirsi che i due figli fossero così scettici riguardo al romanticismo, non avevano mai avuto delle prove concrete dell’esistenza del vero amore, o almeno dell’amore reale, e non spinto da motivi economici.

Al momento, Petra e Mirren erano nella stessa identica posizione, seduti uno accanto all’altro di fronte ai genitori intenti a flirtare, a braccia incrociate e con la medesima espressione un misto tra scettica e disgustata.

Entrambi avevano finito di mangiare da parecchio, ma purtroppo finché non finivano tutti nessuno poteva alzarsi dal tavolo.

-Ragazzi, volevo darvi un annuncio, mi stavo quasi dimenticando- Brogan interruppe le chiacchiere per rivolgersi ai figli, ricordandosi solo in quel momento della loro presenza.

“Fa che non sia incinta! Fa che non sia incinta!” pregarono tra loro Petra e Mirren, in unisono. Bonnie aveva solo qualche anno più di Mirren, quindi era un’opzione più che plausibile, e davvero disturbante. 

-La prossima settimana ho un viaggio di lavoro. Parto lunedì mattina. Sarete qui soli soletti con Bonnie. Mirren, ti affido le redini dell’azienda- fece un occhiolino al figlio, che cercò di non alzare gli occhi al cielo e rispose con un sorriso amaro.

-Considerando che sono solo un apprendista non credo che il successo dell’azienda dipenda ancora da me- gli fece notare, sottovoce.

-Ah ah. Tranquillo, rimedieremo presto. Entro la fine dell’anno otterrai un ufficio tutto tuo, puoi starne certo- lo rassicurò.

Mirren si limitò a fare un cenno di assenso.

Tendeva a non parlare mai di lavoro con Bonnie presente.

Petra era segretamente grata di essere la secondogenita, e di essere donna, perché non era stata obbligata a prendere la strada del padre nell’economia e poteva dedicarsi a ciò che più le interessava: la politica.

Principalmente le relazioni internazionali, perché almeno, lavorando all’estero, sarebbe riuscita a sfuggire dalle cene del sabato.

Anche se purtroppo le mancava ancora parecchia strada.

-Spero che entro la fine dell’anno troverai anche un nuovo appartamento, con lo stipendio che hai- commentò Bonnie, con fare civettuolo.

-Bonnie, cara, ne abbiamo già parlato. Mirren resterà qui fino alla laurea di Petra- le ricordò Brogan, gioviale.

Effettivamente un ragazzo di venticinque anni che viveva ancora con i genitori nonostante avesse ormai un posto fisso era quasi impensabile, anche se non raro in quella città.

Anche Felix viveva ancora con i genitori, nella casa accanto alla loro.

Petra sospettava che la vera ragione per cui Mirren aveva rifiutato di trasferirsi fosse per non allontanarsi troppo dal suo migliore amico, oltre che salvarla dall’essere sola nelle cene del sabato, e in generale nella stessa casa delle Bonnie che si susseguivano.

-Capisco, ma li vizi troppo. Dovrebbero essere indipendenti l’uno dall’altro. Non trovi che siano troppo insieme? Hanno anche lo stesso gruppo di amici- osservò Bonnie, con il volto preoccupato.

-Tsk, non considero Felix Durke mio amico, grazie tante- obiettò Petra, stringendo i pugni senza farlo troppo notare.

Non che avesse qualcosa contro Felix, in realtà, ma lo considerava più un irritante inconveniente. Era costretta a sopportarlo, le dava fastidio e fine della storia. Se fosse dipeso da lei lo avrebbe ignorato e basta, ma purtroppo era il migliore amico di suo fratello e una specie di fratello maggiore per la sua migliore amica, quindi doveva interagirci per forza.

-Oh, come stanno i Durke? Sono secoli che non li invitiamo da noi. Quando torno dovremo organizzare una cena, come ai vecchi tempi- commentò Brogan, continuando a mangiare e ignorando il succo del commento della figlia.

L’espressione di Mirren si ammorbidì leggermente. 

-Mi sembra davvero una bella idea- approvò, con un sorrisino.

-Ma caro, sono passate a malapena due settimane. Erano le vacanze di Natale- provò a dissuaderlo Bonnie, anche se aveva imparato da tempo che neanche con il suo potere persuasivo era possibile togliere un’idea dalla testa del marito.

Di solito, per i figli, era una maledizione, ma a volte si rivelava un’ottima cosa.

In questo caso più per Mirren che per Petra, che non aveva il minimo rapporto con nessuno dei Durke, ad eccezione, forse, di Tender, la figlia più piccola, che però, ogni volta, passava il tempo con Mirren e il fratello maggiore.

-Che male c’è ad invitarli di nuovo? Sono sempre di ottima compagnia. Io e Bartie abbiamo una partita a carte in sospeso- rifletté Brogan, tutto tronfio, zittendo la moglie, che storse il naso ma non ribatté.

Per fortuna la cena non riservò altre brutte notizia per nessuno, e quando finalmente Brogan finì il dolce, Petra fu la prima ad alzarsi e correre in camera sua, per controllare il telefono, vedersi qualcosa al computer, e finalmente andare a dormire.

Quando prese il telefono, però si rese conto che le notizie della giornata non erano finite.

Amabelle, infatti, l’aveva appena aggiunta in un gruppo. Un gruppo dal titolo poco rassicurante.

 

Baelle ha creato il gruppo “Matchmakers <3”

Baelle ti ha aggiunto

Baelle ha aggiunto Tizio normale

 

Baelle: Quando vedrete questo messaggio fate un fischio… anche letterale se volete. Abbiamo piani da fare!!! :D

Tizio normale: Fischio

Baelle: Petra, appena finisci la cena rispondi! Voglio scrivere quando sarete tutti online ^^

Baelle: SEI ONLINE!! RISPONDI!!

Okok

fischio

Baelle: Fantastico!

Baelle: Allora, vi spiego innanzitutto perché ho creato questo gruppo

Tizio normale: Immagino sia per il tuo proposito. E mi hai aggiunto perché non sono tra le persone che devi accoppiare

Baelle: Grande! È vero!! :DD

E io allora? Non dovresti voler accoppiare anche me?

 

 

Petra non apprezzava minimamente l’idea, ma forse era meglio che mettersi in mezzo agli affari del gruppo. Era decisamente troppo poco interessata alla faccenda, e Norman era un aiuto più che sufficiente. In realtà Amabelle poteva benissimo farcela anche da sola.

 

 

Baelle: Ma aiutarmi è il tuo proposito ;)

Nope, mai acconsentito a questa cosa

Baelle: Te l’ho aggiunto io perché sopravvivere era troppo poco. 

Baelle: Ma tranquilla, non farai molto 

Baelle: Devi solo tenere d’occhio Mirren, Felix e se possibile Clover

No

Baelle: Sei gentilissima! Grazie di aver acconsentito! :D

Tizio normale: Hai già dei piani in mente?

Baelle: Sì, aspetta! 

Baelle: Faccio con ordine!!

Baelle: Ho già stilato una lista di match da fare, dobbiamo solo capire il modo

Fammi indovinare: vuoi mettere insieme mio fratello e Felix

Baelle: Siiii!!!! Loro sono la coppia più certa e con la probabilità di successo maggiore. 

Baelle: Sono praticamente già una coppia

Baelle: E sono strainnamorati. È palese!! <3

Non è palese per loro

Baelle: Ecco perché glielo faremo rendere conto

Tizio normale: Gli altri?

Baelle: Allora… Max lo vedo bene con Sonja. Sono colleghi, e vedo che c’è alchimia, da quel poco che so di Sonja. Li osserverò io. Soprattutto Max, dato che siamo vicini di casa. E osserverò anche Denny.

Tizio normale: Scommetto che il match di Denny è il ragazzo di due giorni fa.

Baelle: Awwwww, sono così perfetti.

Ma non lo conosci nemmeno, e non sai cosa si sono detti, potrebbe essere uno psicopatico

Baelle: Due parole: Effetto Norman

Tizio normale: …cosa c’entro io?

Baelle: Magari lo spiegherò più avanti. Comunque io le capisco certe cose, e Denny e quel Mathi saranno una coppia perfetta!

A questo punto ti credo sulla parola

Tizio normale: Io non saprei, Denny non è neanche omosessuale

Baelle: …

Baelle: …

Tizio normale: …cosa?

Baelle: AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH!!!!!!

Certo, come no. 

Ma dai, è palese! Come puoi non notarlo!

Baelle: E se lo dice pure Petra!

Che vorresti dire con questo?

Baelle: Nulla :p

-_-

Tizio normale: Va bene, mettiamo che Denny si scopra omosessuale e stia con quel ragazzo. Manca Clover

Baelle: Ma che domande: Diego!! *u*

Mi sentivo che il tuo volerlo aggiungere nel gruppo non era disinteressato

Baelle: Avevo comunque intenzione di aggiungerlo, ma ho affrettato un po’ le cose. Li vedo molto bene insieme, e chissà, magari Clover potrebbe anche realizzare il suo proposito ;)

…sposandolo?

Baelle: Chissà, mai dire mai, dopotutto.

Tizio normale: …eviterò di rivelarti la probabilità che accada qualcosa del genere

No, forse è meglio dirgliela, per non illuderla troppo e per fermare la sua follia

Baelle: Fai pure, tanto l’effetto Norman è abbastanza da tenere alte le mie aspettative.

Tizio normale: Questa storia inizia a preoccuparmi.

Va bene, abbiamo i match. Come pensi di procedere?

Baelle: Ammetto di non avere molte idee, anche se mi sono fatta una maratona di film romantici per prepararmi. 

Ma non hai un esame l’11?

Baelle: Sì… ma è storia del cinema, quindi è comunque a tema!!

Dubito, ma vai avanti

Baelle: Per il momento pensavo di osservarli e farli interagire in qualche modo

Baelle: Li ho divisi tra di noi

Baelle: Felix, Mirren, Clover sono affidati a Petra

Baelle: Mathi, Diego a Norman

Baelle: E io mi prendo Max, Denny e Sonja.

Tizio normale: Aspetta, ma come posso controllare Diego e Mathi? L’ultimo neanche lo conosco.

Baelle: Siete tutti e tre nello stesso dormitorio. Sarà un gioco da ragazzi osservarli da lontano. Poi controllo il numero delle loro stanze e ti faccio sapere

Tizio normale: Va bene, ma solo quando non sto studiando.

Baelle: Grande!!

Idem per me. Non mi metterò a spiare mio fratello dal buco della serratura, né Felix dal balcone. E Clover la vedo solo in palestra, vorrei ricordarti

Baelle: Un’ottimo luogo dove ottenere gli ultimi gossip :D

Hmpf

Tizio normale: …scusa se faccio questa domanda, ma Petra?

Baelle: Petra cosa?

Io cosa?

Tizio normale: Io sono escluso perché asessuale e tu non puoi accoppiarti da sola, ma non hai nessun programma per Petra?

Se ne hai uno mi ritiro da questo gruppo. Mi basta un solo ruolo in questa sceneggiata

Baelle: …diciamo che…

Baelle: …non ci ho ancora pensato

Baelle: Per il momento Petra è fuori dai miei piani. Quattro coppie sono abbastanza

Mi va più che bene

Tizio normale: Okay, chiedevo e basta

Baelle: Sapete, fare qualche faccina, ogni tanto, non intacca la vostra serietà :p

Si invece

Tizio random: Concordo con Petra

Baelle: :(

Baelle: Ci ho provato

Baelle: Vabbè, datemi tutte le informazioni sui soggetti possibili, così che io possa elaborare un piano.

Non credo che avrò molto da dire

Baelle: Qualsiasi cosa va bene: Mirren che porta a spasso il cane, Felix che disegna fuori dal balcone. Orari e routine.

Tizio normale: Non è illegale lo stalking?

Baelle: Non è stalking in sé, è osservazione casuale sebbene molto attenta

Sai, forse ho qualcosa. Mio padre vuole invitare a cena i Durke, quando torna

Baelle: FANTASTICO!!!!

Baelle: Aspetta…

Baelle: In che senso “quando torna”??

Lunedì parte per un viaggio di lavoro, sarà via tutta la settimana. Una settimana senza di lui in compagnia di Bonnie -__-

Baelle: È UN’OCCASIONE D’ORO!!!!

??

Baelle: Mi è venuta una grande idea. Devo solo cacciare Bonnie di casa e fare in modo che ne resti fuori. Il meteo è dalla mia, e se viene anche Norman… si, si, si può fare

Tizio normale: ?

Guarda, se Bonnie rimane fuori casa fai pure quello che vuoi 

Baelle: Oh, farò qualcosa di grandioso!!! Aspettati un piano perfetto! ;)

 

 

Martedì 8 Gennaio 

Insomma, il piano non sembrava proprio il piano più perfetto del mondo, almeno nel parere di Norman.

Anzi, non sembrava neanche un piano vero e proprio.

Era solo una seduta di studio a casa di Mirren approfittando che il padre fosse in viaggio per lavoro e la “madre” fuori a fare shopping. 

Norman non era neanche del tutto certo che lo shopping fosse merito di Amabelle, ma in ogni caso erano quasi tutti a casa di Mirren e Petra.

E con “quasi tutti” si intendeva Amabelle, Norman, Petra, Mirren, Felix e Denny.

E dato che tre su sei erano fuori dall’operazione matchmaker, e uno degli altri tre non era neanche accoppiato, non c’era poi molto che si potesse fare per il proposito di Amabelle.

Norman aveva quindi deciso di approfittarne per portarsi avanti nel proprio proposito, e si stava facendo aiutare da Mirren a studiare per il prossimo esame.

Erano nell’enorme biblioteca al primo piano. Mirren e Norman erano vicini e studiavano economia.

Felix era seduto a terra, e scriveva bozze della sua tesi con circa cinque libri sparpagliati intorno a sé. Fallon, il cane di Mirren, gli si era sdraiata praticamente addosso.

Petra e Amabelle erano in una scrivania un po’ in disparte, con vista su tutti quanti, mentre Denny era in piedi e ripeteva tra sé varie leggi, con il libro in mano che ogni tanto osservava.

Per il momento sembrava una semplicissima sessione di studio, ma a Norman non era sfuggito che fuori stava iniziando a nevicare, e anche piuttosto forte.

Ma erano tutti troppo concentrati sui rispettivi compiti per farci caso.

E Norman decise di non interrompere la bolla di attenzione, che era soprattutto raro trovare in Amabelle e Felix.

Verso le cinque del pomeriggio, ci pensò qualcun altro a interrompere il tutto.

-Non so voi, ma mi sembra il caso di fare una pausa- proruppe Amabelle, chiudendo il libro e stiracchiandosi.

-Stai scherzando? Studiamo solo da tre ore filate! Almeno un’altra ora possiamo procedere- obiettò Denny, in tono acuto e preoccupato.

-Se continui un altro poi tutti i tuoi ricordi verranno sostituiti dalle leggi che dovrai imparare- gli fece notare Amabelle.

-Non sarebbe male- 

-Ma andare dal professore e non sapergli dire il tuo nome è male, quindi facciamo una pausa- ordinò Amabelle.

Non aveva poi tutti i torti.

-Mi sembra una buona idea- annuì Norman sollevando la testa dagli appunti e controllando l’orologio.

-Mezzora di pausa mi sembra l’ideale. Nel frattempo lavorerò un po’ per mio padre- Mirren si alzò e iniziò a dirigersi fuori dalla stanza.

-Cosa? Ma…- iniziò ad obiettare Felix, alzando la testa dai suoi appunti.

-Non ci pensare nemmeno!- lo interruppe Amabelle, parandosi davanti alla porta e bloccandogli la strada come un moderno Gandalf in gonna rosa.

Mirren la guardò con un sopracciglio inarcato.

-Sono un po’ indietro con la contabilità. Mi fa piacere aiutarvi a studiare ma non posso battere la fiacca, anche se oggi è il mio pomeriggio libero- provò ad obiettare, in tono conciliante.

Ma Amabelle non demorse.

-Sei stanco anche tu, devi fare una pausa, o lavorerai male, dopo. Il tempo di una fetta di torta e un caffè- provò a convincerlo, dandogli una pacca sulla spalla.

Mirren si ritirò inconsciamente, ma sospirò, e annuì.

-Va bene, ma dopo dovrò assolutamente lavorare- cedette infine.

-Grande!- esclamò Felix, alzandosi con un balzo svegliando di scatto Fallon. Prese Mirren per un braccio e lo iniziò a trascinare in cucina. Fallon li tallonò allegra.

-Andiamo!- Amabelle incoraggiò tutti a raggiungerla. Petra la seguì in silenzio, Denny borbottando obiezioni poco convinte, e Norman sistemò il libro in modo da non perdere il segno prima di fare altrettanto.

Per curiosità, però, osservò gli appunti della tesi di Felix, e notò che non aveva scritto poi molto.

La metà dell’ultimo foglio, coperto a malapena da un libro, era piena di schizzi di Mirren, ripresi dal vivo, e poi immediatamente cancellati.

Forse Amabelle aveva ragione a pensare che quei due fossero fatti per stare insieme, e gli serviva solo una piccola spinta. Ma erano davvero del tutto ignari dei propri sentimenti?

 

Felix era un tipo da salato, ma nel corso degli anni si era abituato alle torte che Mirren gli propinava sempre ogni volta che restava a merenda a casa sua, e ad essere sincero non se ne lamentava, perché erano le migliori della città.

Soprattutto quella al cioccolato e pere, era semplicemente divina!

La mangiò con gusto, accarezzando nel frattempo Fallon con la mano libera.

-Durke, non è igienico- lo riprese Mirren, passandogli un disinfettante per le mani.

Felix alzò gli occhi al cielo, ridacchiando tra sé.

-La accarezzo con una mano e con l’altra mangio. Non mischio i germi- rassicurò l’amico, dando dei grattini al cane nei suoi posti preferiti.

Aveva ormai un’età piuttosto avanzata, e Felix cercava di godersela il più possibile.

-Uff, fai come vuoi, ma se ti ammali non ti lamentare con me- si arrese Mirren, finendo il proprio pezzo di dolce.

A Felix non sfuggì che durante lo scambio di battute Amabelle, Petra e Norman non si erano persi una parola, e probabilmente Amabelle stava anche prendendo appunti, sotto il tavolo.

Felix la conosceva bene, e sapeva che stava architettando qualcosa. Per fortuna, la conosceva anche abbastanza bene da sapere che qualsiasi cosa fosse non era un pericolo concreto.

Ignorò la faccenda e provò a godersi la torta.

-Wow, ha nevicato parecchio, questo pomeriggio- commentò Amabelle, in tono fintamente sorpreso.

Mirren guardò fuori dalla finestra, dove la neve aveva smesso di cadere lasciando un manto bianco e invitante.

-Già. E si sta facendo buio. Se ricomincia potrebbe essere pericoloso rientrare aa casa- commentò, pensieroso e un po’ preoccupato.

-Cosa? Neve? Non me n’ero proprio accorto!- commentò Denny, cadendo dalle nuvole e osservando ansioso fuori dalla finestra.

-Perché non approfittiamo della neve fresca e della poca luce rimasta per fare una battaglia a palle di neve come i vecchi tempi?- propose Amabelle, eccitata, prendendo Norman e Petra per le braccia come ad incoraggiarli ad approvare la sua stupida idea.

-Ormai è praticamente notte, non credo che…- provò ad obiettare Denny, preoccupato, ma venendo immediatamente zittito da Amabelle.

-Le luci esterne di questa casa sono potentissime. Suvvia, solo un po’, per divertirci prima di tornare a studiare- insistette, facendo gli occhioni da cucciolo.

-Fate pure, ma state attenti. E se ricomincia a nevicare sarebbe il caso di concludere la sessione di studio e…- cominciò a dire Mirren, ma venne interrotto da Amabelle.

-…e fare un bel pigiama party!!- propose, battendo le mani allegra.

Mirren si ammutolì, incapace di obiettare perché era maleducato buttarla fuori ma allo stesso tempo decisamente non ansioso di ospitare tutti quanti per la notte.

-Per il momento non sta ricominciando, quindi direi di uscire e goderci una bella partita. Ci stai Mirren?- Felix dirottò la conversazione sull’immediato futuro invece di lasciarlo vagare nelle possibilità, e fece un sorriso speranzoso verso il suo migliore amico, che sospirò, e annuì riluttante.

-Mi unisco a voi solo per qualche minuto, poi vado a lavorare- acconsentì infine.

-Fantastico! Andiamo!- senza chiedere a nessun altro cosa pensasse della proposta, Amabelle si alzò e iniziò a trascinare Petra e Norman all’esterno.

-Io resto qui a lavare i piatti…- si propose Denny, ma Amabelle lasciò andare Norman per prendere lui per un braccio.

-No, tutti insieme! Pulisco io dopo! Sono secoli che non facciamo una sfida decente!- insistette.

Era davvero difficile dirle di no.

Petra accese le luci del cortile e dopo essersi messi sciarpe e cappotti, i sei uscirono. Fallon provò a seguirli, ma Mirren la fermò sull’uscio.

-No, Fallon, tu resta dentro. Non sei stata molto bene e non voglio che prendi freddo- le disse inginocchiandosi accanto a lei e facendole cenno di stare ferma lì.

Fallon si sedette e si limitò ad osservarli, agitando la coda.

-Bene, ci sono modi e modi di giocare a palle di neve…- cominciò ad illustrare Amabelle, in tono sacrale, dopo essersi messa in piedi su un tavolo.

Felix prese un po’ di neve fresca e iniziò a compattarla.

-Potremmo dividerci in squadre e fare un sistema a punteggio…- continuò a la ragazza.

-Oh, sì! È il mio metodo preferito! Meno rivali!- esclamò Denny, pronto a nascondersi da qualche parte ed evitare più palle di neve possibili.

-…oppure potremmo fare una semplice e liberatoria partita tutti contro tutti- concluse Amabelle, e Felix ne approfittò per lanciarle una palla di neve dritta in faccia, ma mancandola e colpendola sulla spalla. Beh, era già qualcosa.

-Ehi! Stava parlando!- si lamentò Petra, ricambiando colpendo Felix con precisione millimetrica sul naso.

-Battaglia all’ultimo sangue sia!- cedette Amabelle, prendendo delle palle di neve a sua volta e iniziando a bersagliare Felix, ignorando tutti gli altri.

-Mirr, aiutami!- Felix provò a richiedere il supporto dell’amico, che prese qualche palla di neve, e con un ghigno iniziò ad inseguirlo insieme alle ragazze.

-Traditore!- si lamentò lui, cercando un nascondiglio per fare scorta.

-Non posso mettermi contro mia sorella- si scusò lui, guadagnandosi un’esclamazione vittoriosa da Petra.

Felix provò a chiedere un muto aiuto da Denny e Norman, ma mentre il primo era già scomparso alla vista, il secondo era in disparte e faceva scorta di palle di neve per le ragazze.

Alla fine erano praticamente divisi in squadre tutti contro Felix.

E a Felix andava benissimo.

Perché erano anni che non si divertiva così a palle di neve, o almeno non con Mirren.

Non lo aveva detto a nessuno, neanche a Felix, ma l’amico sapeva che gli ultimi mesi, per Mirren, erano stati tutt’altro che semplici. Il nuovo lavoro lo stressava più di quanto desse a vedere, la notte non dormiva molto e gli unici momenti in cui riusciva a staccare e godersi la vita erano con la Corona Crew.

Felix si sporse dall’albero dietro al quale si era nascosto e lo guardò per un attimo. Ridacchiava tra sé, coprendosi la bocca con la mano. Gli occhiali si erano appannati, il naso si era leggermente arrossato, ma aveva una luce, negli occhi, davvero rara.

Felix sentì il petto scaldarsi.

Poi il suo volto raffreddarsi a causa dell’ennesima palla di neve che lo aveva colpito in pieno.

Si nascose nuovamente dietro l’albero.

-Norman! Lancia una palla gigante contro Felix!- ordinò Amabelle, con decisione.

Norman eseguì, ma mentre lanciava scivolò su del ghiaccio, e la palla gigante volò molto più in alto rispetto a Felix, dritta contro i rami dell’albero dove si era nascosto.

Felix alzò lo sguardo per constatare i danni, e fece appena in tempo ad indietreggiare prima che un enorme cumulo di neve cadesse su di lui, dritto dalle fronde traditrici dell’albero.

Indietreggiando in fretta, però, scivolò sul ghiaccio, e cadde all’indietro dritto dentro il cumulo, dopo una poco atletica giravolta su se stesso.

-Felix!- Mirren si precipitò ad aiutarlo, ma scivolò a sua volta e gli finì addosso.

-Scusa…- provò a dire, cercando di risollevarsi.

Felix non aveva intenzione di scusarlo, perché più che altro avrebbe voluto ringraziarlo.

Gli era praticamente del tutto addosso, e lo schiacciava contro la neve, ma lo riscaldava anche parecchio con il calore del suo corpo.

L’istinto primordiale di Felix gli stava urlando a gran voce di spingere l’amico contro di se e abbracciarlo stretto senza più lasciarlo andare, ma erano dieci anni che combatteva contro quel maledetto istinto, e di certo non lo avrebbe fatto vincere proprio in quel momento.

Perciò si limitò a rimanere perfettamente immobile mentre Mirren cercava senza troppo successo di rimettersi in piedi, borbottando scuse e richieste di aiuto verso i loro amici.

Sentiva anche Amabelle borbottare tra sé parole intellegibili, e poteva figurarsela trattenere tutti in modo che non li aiutassero. Gesto che Felix approvava silenziosamente nella sua mente.

Guardò i tentativi fallimentari di Mirren con un sorrisetto ironico e cercando di controllare il respiro. Il modo migliore era non pensare al calore, non pensare al rossore nelle gote di Mirren, o i suoi capelli scompigliati dal vento che stava per portargli via il cappello. Ignorare l’ambiente, ignorare il battito del suo cuore, pensare ad altro. Alla tesi, ai compiti, a Tender, Happy, la sua collezione di rocce, i suoi disegni. Sì, i suoi disegni, aveva coperto abbastanza bene quelli che aveva fatto mentre provava a scrivere la tesi? Sperava di sì. Alla fine erano solo schizzi, niente di cui avere timore, anche se riprendevano Mirren. 

Oh, no! Mirren di nuovo, non andava bene. Perché la sua mente andava sempre da lui? Uff, che altro pensare? 

-Felix?- un calcetto sulla sua gamba lo riscosse dai suoi pensieri.

Mirren si era alzato e gli stava porgendo la mano per aiutarlo ad alzarsi. Lo sguardo era chiaramente preoccupato.

Diamine! 

Felix sorrise e gli prese la mano, facendosi aiutare ad alzarsi a sua volta.

Scivolò nuovamente, e per poco non caddero nuovamente, ma Mirren lo tenne in piedi.

-Scusa- si rammaricò Felix con un sorrisino, tenendosi saldamente alle sue spalle per evitare di cadere.

-Sarà meglio rientrare, inizia ad essere pericoloso. E poi devo lavorare- Mirren lo allontanò con fermezza, e fece per rientrare.

-Credo che noi rimarremo qui ancora un po’- gli disse Amabelle, con un sorrisino ben poco rassicurante.

-State attenti- disse solo Mirren, rientrando.

-Vado anche io. Ragazzi volete una cioccolata calda?- chiese Felix, avviandosi alla porta con attenzione e controllando le mani alzate, che ovviamente furono tutte quelle visibili.

Denny era ancora nascosto da qualche parte.

-Perfetto. Vado a prepararla- rientrò subito dietro Mirren, che sembrava lo stesse aspettando, e nell’attesa accarezzava Fallon.

-Faccio una cioccolata, ne vuoi un po’?- chiese, togliendosi la giacca, il cappello e i guanti.

-Mi metto sul tavolo della cucina a lavorare- gli rivelò Mirren, prima di sparire su per le scale, in camera sua.

Felix si avviò alla cucina, sorridendo tra sé.

Da quando lui e Mirren erano piccoli nelle rispettive case c’era il detto “fa come se fossi a casa tua” rispettato in ogni sua sfaccettatura, perciò Felix non si faceva problemi ad armeggiare ai fornelli o controllare meglio il riscaldamento.

Mirren lo raggiunse poco dopo, e iniziò ad aprire la contabilità, senza dire una parola.

Qualche minuto dopo, Felix gli si sedette davanti e gli porse una tazza, cercando di non disturbarlo.

Mirren la prese senza guardarlo, e la portò alla labbra.

Rimase fermo per qualche secondo di troppo, e Felix si preparò alla sfuriata.

-Stai bene?- chiese infatti subito dopo, guardandolo negli occhi e posando la tazza ancora del tutto piena accanto ai documenti.

-Sto bene- gli assicurò Felix, sorridendo rassicurante.

-Sei rimasto quasi un minuto lì fermo mentre aspettavo che mi prendessi la mano- gli rivelò Mirren, scettico sulla rassicurazione.

Così tanto? Uff!

-Che dire, ero comodo- sminuì Felix, stiracchiandosi.

Mirren sospirò.

-Lo sai che mi preoccupo solo per te, vero?- gli si avvicinò leggermente.

Felix evitò il suo sguardo.

-Sono solo un po’ stanco, okay? Non c’è bisogno di farne un dramma- bevve un sorso della propria cioccolata, ma gli si era chiuso lo stomaco.

-Io sono sempre disponibile per parlare, se hai bisogno- insistette Mirren, raddrizzandosi e sistemandosi gli occhiali.

-Lo so- borbottò Felix tra sé.

Era sempre disposto ad ascoltare, e quasi mai a condividere i suoi problemi. Era una cosa che Felix non sopportava, ma ogni volta che provava a tirare fuori l’argomento, Mirren lo evitava, e partiva il trattamento silenzioso.

Neanche fossero una vecchia coppietta.

…magari fossero stati una vecchia coppietta.

Felix scosse leggermente la testa per scacciare il pensiero prima che causasse altri guai, e recuperò il sorriso.

-Certo, lo sai che sei il mio confidente numero uno- era la pura verità, anche se si batteva il posto con Tender e Happy, la sua sorella decisamente affidabile e il suo gatto che non poteva parlare neanche volendo.

Prima che Mirren potesse dire qualcos’altro, Felix si alzò in piedi e lanciò un’occhiata alla finestra. Era troppo appannata ed era troppo buio per capirci qualcosa, ma Felix finse di vedere fiocchi di neve.

-Sarà il caso che io vada. Prima che ricominci a nevicare troppo forte- posò la tazza quasi piena sul tavolo e iniziò ad uscire.

-Ehi, aspetta…- provò a fermarlo Mirren, ma ci pensarono i quattro redivivi a farlo per lui.

Entrarono nella stanza come furie, completamente bianchi per la neve.

-Ha iniziato a nevicare fortissimo. Non si vede a un palmo di naso. Per poco non ci perdevamo nel tuo cortile- esclamò Denny, tremante.

-Ammetto che è stato entusiasmante tanto quanto preoccupante- annuì Amabelle, cercando di riscaldarsi.

-Sto controllando le previsioni, e sembra che continuerà per tutta la notte- li informò Norman, mostrando il telefono.

-Toglietevi i vestiti bagnati- li incoraggiò Mirren, alzandosi per prendere le giacche e metterle ad asciugare nei termosifoni -Tu non puoi tornare a casa con questo tempo- si rivolse poi a Felix, che strinse leggermente i denti.

-Suvvia, sono solo pochi metri a piedi. E poi ho la luce dei lampioni a guidarmi- obiettò, con sicurezza.

Neanche il tempo di finire la frase, che con il suono di una stoccata, le luci di tutta la stanza si spensero, e l’unica fonte rimase il telefono di Norman.

-Oh…- commentò Felix, sorpreso dalla coincidenza incredibile.

-Direi che il pigiama party si farà per davvero- commentò tra sé Amabelle, con un sorrisino.

-E Bonnie non tornerà!- esultò Petra, vittoriosa.

Felix lanciò uno sguardo verso Mirren, ma non riuscì a notare la sua espressione da quella distanza.

Una cosa era certa. Sarebbe stata una lunga notte.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Non potevo non pubblicare a San Valentino.

Cioè potevo anche farlo, ma dato che ho passato una giornata sola a casa ad abbuffarmi di cioccolata ne ho approfittato anche per scrivere e sono riuscita a concludere il capitolo.

Che dire, le cose incominciano col botto, o meglio, con la caduta.

Amabelle fa sul serio, con nolenti assistenti, Denny è sempre bullizzato, e l’effetto Norman colpisce parecchio. Inoltre si fa la conoscenza della famiglia Hart, che per certi versi se la batte con quella di Clover.

E Felix sembra avere dei segreti. Chissà!

 

 

Nel prossimo episodio: Il blackout e la bufera mettono in stallo l’intera città. Non solo mezzo gruppo è bloccato a casa di Mirren e Petra, ma anche Max rimane chiuso nel café, e inizia ad approfondire la conoscenza con Sonja.

 

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Capitolo 4
*** Blackout ***


Blackout

 

 

Martedì 8 Gennaio

Max riemerse dallo scantinato tenendo la torcia davanti a sé per farsi luce. Dietro la porta, Sonja lo stava aspettando trepidante.

Per poco non si prese un infarto quando la illuminò.

-Oh, Sonja. Hey! Niente da fare. Non è un problema del contatore di sotto- le spiegò -Ma ho trovato delle candele e delle coperte- aggiunse poi, porgendole la scatola.

-Oh, per fortuna. Tante non è ancora tornata. E la neve continua fitta. Avremo bisogno di quante più scorte possibili. Anche per i clienti- Sonja gli prese le coperte dalle mani, con sicurezza, e si avviò verso i clienti raggruppati in un tavolo all’angolo, vicino ai termosifoni che perdevano mano a mano l’intensità.

Max era stupito da questa presa di comando. La sua collega, fino a quel momento, era sempre rimasta nell’ombra, abile, attenta ma poco incline a prendere le redini, e limitandosi a fare il suo lavoro.

Adesso c’era una luce determinata nei suoi occhi, e Max doveva ammettere di esserne davvero impressionato.

-Metto le candele in giro per il locale, per fare più luce possibile- propose, posando la torcia verso l’alto in modo da illuminare la stanza e controllando il numero di candele.

-Aspetta, cerca cinque posti tecnici e metti solo cinque candele. Non sappiamo quanto il blackout durerà, ed è meglio razionarle- gli suggerì Sonja, distribuendo le coperte.

Per fortuna i clienti che avevano sfidato il tempo per prendere il caffè quotidiano erano solo cinque, quindi avevano abbastanza coperte per loro e per sé stessi.

-Ai tuoi ordini, principessa del Corona- Max le fece un saluto da soldato, e prese cinque candele.

-Come, scusa?- chiese Sonja, irrigidendosi e guardandolo ad occhi sgranati.

Max fu preso in contropiede da quella reazione. Stava solo scherzando.

Forse era un errore di traduzione.

-Era una battuta. Sai, tua zia è la proprietaria, quindi è la regina del posto. E dato che sei sua nipote questo fa di te la principessa- si spiegò, un po’ imbarazzato.

Perché era così imbranato quando gli piaceva qualcuno?! Non che Sonja gli piacesse, ancora, ma insomma, era una ragazza davvero in gamba.

-Oh, ja. Scusa, avevo capito male. Simpatica associazione- sorrise lei, ritornando al suo compito.

Max si affrettò nel proprio, tirando un sospiro di sollievo per non aver fatto una gaffe madornale, e spegnendo inavvertitamente una delle candele.

-Ah, accidenti- commentò tra sé, posandola e riaccendendola.

La porta sul retro si aprì, facendo entrare un gelido vento, qualche fiocco di neve, e la proprietaria.

E spegnendo nuovamente la candela.

Max si arrese e decise di accenderle tutte una volta sistemate.

Si affrettò con la torcia verso Roelke, la zia di Sonja, che stava chiudendo con certa difficoltà la porta dietro di sé.

-Sembra che il blackout abbia preso tutto il quartiere. Forse buona parte della città. Finché la neve non smette di cadere, sarà molto difficile muoversi. Me la sono vista brutta la fuori, ragazzo. Come va qui dentro?- chiese, rabbrividendo e avvicinandosi al bancone, dal quale prese un bicchiere e una bottiglia di Baileys Coffee, che versò e bevve in un sorso.

-Ho provato con il contatore ma nulla. Abbiamo distribuito coperte e sto sistemando delle candele per fare luce. I telefoni non prendono- illustrò Max, mentre sistemava le candele.

-Credo che prima di domattina non riusciremo a risolvere la situazione. Dovremmo allestire dei letti di fortuna. Abbiamo un paio di divani per alcuni clienti- osservò Roelke, prendendo le candele dalle mani di Max e sistemandole al suo posto.

Max apprezzava molto Roelke come capo, era in gamba, decisa e alla mano. Non delegava i compiti più importanti ai suoi sottoposti, anzi sembrava apprezzare sporcarsi le mani. Aveva aperto il locale insieme a colui che poco dopo era diventato suo marito, Kodie King, quando era a malapena maggiorenne.

Era incredibile quanto successo avesse avuto in poco tempo, e quanto fosse brava negli affari.

Max la lasciò fare e si avvicinò ai clienti e a Sonja, per controllare come stessero e riferire le notizie.

-Allora, ragazzi, sembra che dormiremo tutti qui, oggi. Il blackout ha coinvolto tutta la città, e la neve non smette di cadere- annunciò, sollevando qualche grugnito infastidito, e una sola esclamazione entusiasta.

-Evvai!- disse infatti Clover, rimasta tra gli avventori del bar, l’unica che non indossava una coperta.

Accanto a lei, una ragazza bionda dell’età di Amabelle ne indossava due, e tremava preoccupata.

Max sospirò, prese una coperta tra le tante ammassate all’angolo, e gliela porse.

-Invidio il tuo entusiasmo, Clo- commentò.

La ragazza non prese la coperta, ma la spinse nella sua direzione.

-Una notte lontana da mio padre è una benedizione. Prendila tu la coperta, io sto bene così- disse indicando il suo maglione.

Max non lo considerava neanche lontanamente abbastanza pesante da riscaldarla, ma conosceva l’orgoglio dell’amica, e la sua ben nascosta generosità. Si sarebbe strappata la pelle di dosso pur di riscaldarci qualcuno.

-Stai bene così adesso, ma il riscaldamento è andato, e non abbiamo altre fonti di calore, quindi prendila. Ce ne sono abbastanza per tutti- insistette Max, avvolgendola nella coperta senza accettare un no come risposta.

Clover alzò gli occhi al cielo, ma alla fine strinse a sé la stoffa, senza opporsi ulteriormente.

Max diede un’occhiata attorno.

Oltre a Clover e alla ragazzina bionda, c’erano altre tre persone: una donna che dimostrava massimo trent’anni dall’aspetto vagamente familiare e circondata da borse di vari negozi, un cliente abituale che Max conosceva di vista ma di cui non aveva mai afferrato il nome, e Mathi, il giapponese che sarebbe andato ad un appuntamento con suo fratello. Aveva il cellulare in mano e stava parlando in quel momento con Sonja, che lo ascoltava con attenzione.

-Va tutto bene?- chiese, avvicinandosi.

-Stavo giusto informando Miss Donner circa le previsioni meteorologiche, e il comune ha inoltrato un avviso dichiarando lo stato di emergenza nei prossimi tre giorni. Per fortuna però da domani mattina gli spazzaneve si metteranno all’opera per permettere di percorrere liberamente le vie della città in caso di emergenze- spiegò Mathi, mostrando il telefono.

-Ma come… come riesci ad utilizzarlo?- chiese Max, sorpreso.

-È un telefono satellitare di ultimo modello- spiegò Mathi. L’ho prestato in modo che tutti informassero le famiglie, ma la linea non da comunque supporto- spiegò il ragazzo, in tono pratico.

-Hmpf, sono certa che quelle pesti si stanno divertendo a casa intorno al camino. E io sono bloccata qui come una poveraccia qualunque- Max sentì la donna di trent’anni commentare tra sé, in tono acido.

Fu in quel momento che la riconobbe.

Bonnie Clyde, la “madre” di Mirren e Petra. L’aveva vista solo un paio di volte, ma non gli aveva dato un’ottima impressione.

Era felice che almeno Mirren e Petra se la fossero levata dai piedi.

Max pensò a suo fratello. Aveva una sessione di studio proprio a casa Hart, quel pomeriggio. Sperava davvero fosse ancora lì, e non in mezzo alla strada con quella tormenta, cercando invano di tornare a casa. Purtroppo non aveva modo di contattarlo.

 

Denny in quel momento avrebbe preferito stare in mezzo alla strada in piena tormenta, pur di evitare il gruppo di amici con cui si era ritrovato a condividere la casa per la notte.

Prima la partita a palle di neve, poi il complotto di Amabelle nei riguardi di Mirren e Felix, la bufera che li aveva colti alla sprovvista in cortile e adesso, mentre Mirren stava preparando la cena, era impegnato a nascondersi al meglio per evitare di essere coinvolto in una battaglia con i cuscini che rischiava seriamente di trasformarsi in un mare di sangue.

Avrebbe dovuto rifiutare l’invito nel momento stesso in cui si era reso conto che era stata Amabelle ad organizzare la sessione di studio, ma casa Hart aveva un ottimo ambiente per studiare, mille volte meglio di casa sua e della biblioteca sempre affollata. Inoltre la presenza di Mirren era rassicurante e incoraggiante, anche se non poteva aiutarlo molto nello studio vero e proprio.

Aveva cercato almeno di evitare la battaglia a cuscinate, ma come sempre senza successo, e al momento era impegnato ad evitare ogni possibile colpo nascosto dietro il divano.

-Ragazzi, la cena è pronta- annunciò una voce proveniente dalla cucina, nitida e confortante. Denny non aveva mai apprezzato Mirren quanto in quel momento.

-Di già? Stavamo per attaccare in massa Denny!- esclamò Amabelle, un po’ delusa.

Okay, Denny non avrebbe mai più apprezzato Mirren tanto quanto in quel momento, perché niente avrebbe mai potuto eguagliare la gratitudine che provava per lui a causa della sua interruzione.

-Non possiamo farlo raffreddare! Sarà per un’altra volta!- esclamò uscendo dal suo nascondiglio e correndo in cucina, sempre tenendo stretto il cuscino che gli era stato dato come arma.

-Uff- Amabelle lanciò il proprio sul divano, dritto su un quasi morto Felix che era stato il bersaglio preferito delle due ragazze e di un riluttante Norman.

-Forse converrebbe mangiare qui in salotto- osservò Petra, indicando il camino e spingendo Denny a interrompersi a metà strada, proprio accanto a Mirren, in attesa di istruzioni.

-Bonnie si infurierà se sporchiamo i divani con la zuppa- osservò Mirren, pensieroso.

-Credo fosse un “assolutamente sì, sporcate pure i divani con la zuppa, per favore”- tradusse Felix, ridacchiando tra sé.

Denny sentì Mirren prendergli il cuscino tra le mani, e lo vide lanciato con incredibile precisione verso Felix, che commentò con un sonoro -Ugh- accompagnato da un -…però Tray ha ragione. Inizia a fare freddo e qui c’è il camino- rifletté.

-Smetti di chiamarmi Tray!- gli urlò addosso Petra, lanciandogli contro anche il proprio cuscino.

-Lo adoravi da piccola- il commento di Felix era quasi incomprensibile dato che era sommerso dai cuscini.

Petra prese i cuscini tondi dei tre divani del salotto e iniziò a lanciarglieli contro fino a seppellirlo del tutto.

-Vai Tray!!- la esaltò Amabelle, saltando sul divano e facendo il tifo. Probabilmente era l’unica al mondo che poteva chiamarla Tray senza conseguenze.

Norman era in un angolo e guardava la scena tenendo stretto l’ultimo cuscino rimasto fuori dalla portata di Felix… o per meglio dire da sopra di lui.

Mirren sospirò, sistemandosi gli occhiali.

-Va bene, porto la zuppa qui- cedette infine.

Denny però rimase nei pressi della porta, cercando di sottrarsi da eventuali cuscinate a sorpresa.

-Una bella cena alla luce del camino e delle candele, tipo nel medioevo- Amabelle si lasciò cadere con grazia sul divano, rubando poi il cuscino da Norman e stringendolo per riscaldarsi.

-Credo che la lampadina sia stata inventata in tempi più recenti- osservò Norman, cedendole il cuscino e avvicinandosi al fuoco.

-E credo che l’invenzione della lampadina sia nel programma dell’esame che devi dare il 21- le fece notare Petra, abbandonando la lotta a Felix e lasciandogli un po’ di respiro… ben poco dato che ormai era sparito sotto i cuscini.

-Comunque sarà divertente. E non parliamo di esami. Il mondo esterno non esiste oggi!- tagliò corto Amabelle, senza perdere l’entusiasmo -Potremmo rivelare segreti o raccontarci storie di paura- propose poi, sfregandosi le mani.

Denny non era certo di quale delle due opzioni lo spaventasse di più, ma forse la prima batteva la seconda.

-Segreti di che tipo?- chiese Felix, facendo spuntare la testa ma non dando altri segni di volersi liberare della coperta di cuscini.

-Non so… prime cotte… primi baci… cotte segrete del momento…- iniziò ad elencare Amabelle.

Nonostante il buio, i suoi occhi sembravano brillare di una luce maliziosa, e fissavano Felix con decisione.

Denny indietreggiò cercando di farsi risucchiare dalle ombre dell’oscurità che il blackout aveva portato nella casa. In realtà non aveva delle risposte compromettenti a quelle domande, ma il solo fatto che nessuna di esse avesse risposta era il più grande segreto di tutti, uno che non voleva assolutamente rivelare. …beh, non era un segreto in sé. Tutti lo sospettavano. Ma confermarlo non era nei suoi piani.

-Qualcosa mi dice che tutte le tue domande portano nel settore del romanticismo- osservò Felix, ridacchiando -In tal caso passo- aggiunse poi, riseppellendo il volto tra i cuscini.

-Perché?! Qualche scheletro nell’armadio?! Per caso la risposta riguarda qualcuno di noi, mmh?- Amabelle si alzò di scatto e gli si avvicinò, scoprendogli nuovamente il viso per indagare.

-Mi dispiace deluderti, Ames, ma per me sei come una sorellina- scherzò Felix, liberandosi un braccio per farle “pat pat” sulla testa con affetto.

Denny non doveva esserle vicino per sapere che Amabelle aveva assunto un’espressione disgustata in volto, e la vide indietreggiare di scatto.

-Bleah! No! Che orrore! Non parlavo mica di me!- ci tenne a sottolineare, rabbrividendo e facendo ridere Felix.

-E di chi parlavi, allora?- chiese lui, fingendo ignoranza.

-Sai benissimo di chi parlavo- Amabelle fece un movimento con la testa, indicando il punto dove Denny si stava nascondendo.

Dopo un attimo di panico, dove Denny temette di essere l’oggetto indicato da Amabelle, Mirren spuntò dalla porta, portando un vassoio con la zuppa, piatti e bicchieri, e non notandolo.

Denny tirò un sospiro di sollievo rendendosi conto che Amabelle si stava riferendo a lui, ma subito tornò teso al pensiero che Felix potesse essere effettivamente cotto di Mirren, e l’idea che Amabelle potesse spingerlo a confessare i propri sentimenti non gli piaceva per niente.

Perché poi avrebbero discusso della cosa, magari ci sarebbe stato imbarazzo. Nella peggiore delle ipotesi avrebbero litigato e non si sarebbero più parlati, e Denny era sommerso dall’ansia al solo pensiero di assistere ad un evento tanto tremendo quando erano tutti bloccati lì per un tempo indefinibile e incapaci di scappare.

-Di che parlate?- chiese Mirren, posando il vassoio sul tavolo basso davanti al divano dove Felix era sommerso, e iniziando a servire la zuppa.

Denny iniziò ad avvicinarsi, la fame battendo la paura di essere interpellato sull’argomento.

-Ames vuole rovinarmi la serata facendomi pensare a Melany- commentò Felix, facendo una faccia triste ed esageratamente drammatica.

Amabelle esibì nuovamente un’espressione disgustata. Mirren si irrigidì leggermente, ma non diede altri segni che l’argomento lo toccasse.

-Non è molto carino da parte tua, Amabelle- commentò solo, con il solito tono da mammina.

-Non stavo parlando di Melany! Stavo solo suggerendo che potremmo parlare di segreti, fare confessioni, rivelare magari amori nascosti da anni dato che l’atmosfera è perfetta, a lume di candela… e camino- si spiegò Amabelle, partendo sulla difensiva ma continuando con un tono via via sempre più civettuolo e romantico.

Mirren alzò gli occhi al cielo e iniziò a distribuire le ciotole, troppo disinteressato per commentare alcunché.

-Melany sarebbe comunque uscita fuori, dato che hai parlato di primi baci e non è un segreto che Melany sia stata la prima ragazza che ho baciato- fece notare Felix.

Mentre Denny prendeva il proprio piatto, per poco non rischiò di farlo cadere, dato che Mirren l’aveva lasciato andare un po’ troppo presto.

…probabilmente era troppo impegnato a distribuire la cena e lo stava facendo in fretta per non farla raffreddare, giusto?

-Alla veneranda età di 15 anni, ricordo- lo prese in giro Petra, prendendo il proprio piatto e iniziando a mangiare, seduta a terra con la schiena poggiata ai piedi del divano.

-Solo perché le numerose ragazze delle medie non contano. Ero super popolare, ricordi, Mirren?- Felix cercò il supporto morale del suo migliore amico, che per tutta risposta gli schiaffò il piatto in mano con ben poca grazia.

-Oh, è vero che facevi strage di cuori. Ma credo che tu non le conti perché sono durate massimo una settimana ciascuna- gli fece notare lui, iniziando a mangiare il proprio piatto e sedendosi nel divano accanto, lontano dal gruppo.

Fallon gli si accovacciò accanto alle gambe.

-Beh, okay, è vero. Ma eravamo ancora dei bambini, praticamente, e poi passavo sempre i pomeriggi con te- Felix ridacchiò, togliendosi del tutto i cuscini da dosso per mettersi bene seduto e mangiare a sua volta.

Denny notò un movimento di trionfo da parte di Amabelle, ma prima che potesse premere sulla constatazione per rindirizzare il discorso dove voleva lei, ovvero alla presunta cotta di Felix per Mirren, da ciò che Denny aveva potuto intuire, il ragazzo decise di interromperla.

-La zuppa è davvero buona, Mirren. Cosa c’è dentro?- chiese, cambiando argomento e tirando fuori il primo che gli venisse in mente.

Amabelle sembrò sgonfiarsi come un palloncino bucato, e lanciò a Denny uno sguardo risentito per il cambio di argomento.

-È una vecchia ricetta di mia nonna. Carne e patate perlopiù, e un ingrediente segreto che non posso rivelare- rispose Mirren con un sorrisetto, rigirandosi l’anello che indossava sempre sulla mano sinistra.

-Nonna Rea era fantastica- commentò Petra, guardando con un mezzo sorriso la ciotola di carne.

-Me la ricordo! L’ho vista al barbecue organizzato la prima volta che sono stata invitata qui!- Amabelle abbandonò del tutto l’idea delle confessioni, ricordando il passato, e finirono la loro cena senza che l’argomento tornasse al romanticismo, grazie al cielo.

Ma Denny doveva ammettere che una cosa l’aveva lasciato perplesso.

Non conosceva Felix bene quanto gli altri, quindi il suo pensiero probabilmente era una semplice sciocchezza, ma non era tipo che usasse troppe parole quando parlava di qualcosa che doveva essere ovvio. Non sottolineava mai cose non necessarie e intuibili. E da quando Clover aveva fatto notare a tutti quali fossero i suoi principali tic quando mentiva, tendeva a farlo sempre meno.

Detto questo, la domanda a Denny sorgeva spontanea: 

Perché aveva tenuto a sottolineare che Melany fosse la prima ragazza che avesse mai baciato?

Probabilmente Denny stava dando troppa importanza al nulla, quindi non fece commenti, e si limitò a mangiare la zuppa, ascoltare storie del passato, e seppellire il volto tra le mani quando l’argomento passava sulla sua infanzia passata come vicino di casa di Amabelle, e le sue tante scene di imbarazzo.

 

Per cena, il Corona Café aveva offerto a tutti una bevanda calda e un piatto che si potesse cuocere sul gas scelto dal menù. Max aveva preparato tutto con l’aiuto di Roelke, mentre Sonja restava con i clienti nel caso avessero avuto bisogno di qualcosa, ed era stata incaricata di servirli.

Erano a corto di personale e la richiesta di Bonnie era risultata alquanto complessa, ma Max adorava cucinare, ed era stato un piacere per lui farlo, soprattutto perché il gas gli aveva dato un certo calore nell’ambiente che iniziava a farsi sempre più freddo, in assenza di riscaldamento.

Dopo cena, lui e Sonja avevano allestito dei giacigli di fortuna sia nei divanetti che con le coperte rimaste, e cercavano tutti di dormire un po’.

Max però si era imposto di restare sveglio almeno finché tutti non si fossero addormentati, per stare sempre in all’erta.

Al momento osservava con tenerezza la sua migliore amica, che poco prima gli aveva assicurato che sarebbe rimasta sveglia con lui perché “so bene che sei troppo altruista e starai sveglio tutta la notte, Maximilian”, e che ora dormiva della grossa su un divano abbracciata alla ragazzina bionda che l’aveva presa in simpatia e le aveva chiesto timidamente calore perché era davvero freddolosa.

Erano avvolte nelle coperte come un grande sushi.

-Clover è davvero tanto carina- sentì una voce con marcato accento tedesco sussurrare accanto a lui, e si girò di scatto verso la fonte dalla quale proveniva, una Sonja avvolta da una coperta e appoggiata al muro, che lo guardava con un sorrisino appena accennato e il volto pallido che risaltava alla luce delle candele.

“Tu sei molto più carina” avrebbe voluto ammettere Max, ma le parole non sembravano volergli uscire dalla bocca, e si limitò ad annuire e ampliare il sorriso.

-Sì, è una brava persona- ammise, lanciandole un’altra occhiata e non trattenendo una risatina nel notare che iniziava a respirare sempre più rumorosamente.

-State insieme da molto?- chiese Sonja, innocentemente, facendo nuovamente voltare Max verso di lei, di scatto, confuso.

-No!- esclamò frettolosamente, cercando di mantenere il tono basso -Nel senso… non stiamo insieme. Siamo solo amici- aggiunse poi, velocemente, come a giustificarsi di qualcosa. Non sapeva neanche lui esattamente perché ne sentisse l’esigenza.

-Oh… capisco. Scusa se sono scesa a conclusioni. È che vi vedo così legati…- Sonja si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Max non la vedeva bene al buio, ma poteva giurare che il suo volto si fosse fatto un po’ più rosso.

-Beh, siamo amici. Grandi amici, dalle superiori. Ma non siamo mai stati più di questo. Siamo come fratelli, per certi versi- le spiegò, scivolando sul pavimento in modo da avvicinarsi a lei per parlare più piano in modo da non svegliare nessuno.

-Che bello. Le vecchie amicizie sono preziose. Io non ho molti amici- ammise Sonja, stringendosi la coperta sulle spalle.

Sfiorandole il braccio con il proprio, Max si rese conto che stava tremando.

Forse non era abituata al freddo.

-Se vuoi ti faccio conoscere i ragazzi della Corona Crew. Sono sempre ansiosi di fare nuove amicizie- propose, avvicinandosi ulteriormente per trasmetterle un po’ di calore.

Sonja lo guardò riconoscente.

-Sarebbe carino, ma non credo che sarei una buona aggiunta. Lavoro sempre e non ho molto tempo per uscire. Sarei solo noiosa- iniziò a rigirarsi una treccia bionda tra le mani, a disagio -E poi… non è il caso che stia in grandi gruppi...- aggiunse poi, quasi tra sé.

-Non ti considero noiosa, ma capisco che tu possa sentirti a disagio in mezzo a tante persone. In ogni caso, noi siamo amici, giusto?- chiese, sorridendole.

Sonja incontrò il suo sguardo, e ricambiò.

-Immagino… spero… di sì- sussurrò speranzosa.

-Allora sappi che puoi contare su di me, e se vorrai conoscere anche gli altri, quando ti sentirai pronta, sarà un piacere per me fare da tramite- la incoraggiò, togliendosi la coperta e mettendogliela sulle spalle.

Sonja sobbalzò leggermente.

-Herr Sleefing! Non posso… hai bisogno della coperta- provò ad obiettare la ragazza, rispingendogliela sulle spalle.

-Non preoccuparti. Ho avuto la mia dose di notti invernali senza riscaldamento. Ormai riesco a sopportarle senza problemi- le assicurò.

Era vero. A causa dei pochi fondi della sua famiglia, fin da quando Max era piccolo aveva sempre messo suo fratello e suo padre al primo posto, e spesso aveva ceduto a Denny tutte le coperte e le borse dell’acqua calda.

Ormai il freddo non lo scalfiva più.

-Sei sicuro?- chiese Sonja, molto incerta, ma confortata dal calore in più.

-Assolutamente. Tienila. E chiamami Max- le chiese, sistemandole meglio la coperta sulle spalle.

Sonja gli si avvicinò fino ad essere del tutto appoggiata a lui, probabilmente per offrirgli calore.

-Grazie… Max- gli diede un bacio sulla guancia, e gli si appoggiò sulla spalla, chiudendo gli occhi.

Max era rosso come un peperone, e il cuore gli batteva furiosamente nel petto. Troppo forte. Sperò che Sonja non lo sentisse.

-Sonja, posso farti una domanda?- le chiese in un sussurro a malapena udibile, e avvertì che annuiva a contatto con la sua spalla.

-Ti trovi bene qui?- indagò, senza sapere come esprimere le tante domande che aveva per la ragazza. Voleva conoscerla meglio, ma temeva di risultare invadente, o di incappare in qualche malinteso culturale o momenti poco professionali.

Sonja però sembrò apprezzare la domanda, e rispose restando rilassata e ad occhi chiusi. Max avvertiva le sue parole più nei suoi movimenti contro di lui. 

-Più di quanto pensassi. Il lavoro è davvero gratificante. E tu…- Sonja si interruppe per un attimo.

Lui cosa? Era pessimo? Esigente? Troppo accomodante? Poco professionale? Max non si faceva mai delle paranoie, dato che lasciava che il fratello lo facesse per entrambi, ma Sonja aveva un’aura che gli procurava disagio e timore di non essere abbastanza. Non era però colpa della ragazza, anzi, era un tipo rassicurante e non sembrava mai giudicare gli altri. Probabilmente era solo Max a farsi dei film.

-…sei un ottimo collega. Il migliore che potessi avere- concluse poi Sonja, rassicurandolo e posando la mano su quella di Max, che si sentì invadere da nuovo calore.

-Ne sono… davvero felice- la ringraziò, non trattenendo un sorriso davvero rasserenato, tenendo la mano di Sonja tra le proprie.

Prima che potesse trovare il coraggio di dire qualche altra cosa, il respiro di Sonja cominciò a farsi regolare, e Max tornò ad osservare il resto della stanza.

Clover ormai russava della grossa, ma la ragazzina non sembrava esserne toccata e dormiva senza problemi. 

Bonnie occupava tutto il divano che avrebbe dovuto condividere con il cliente abituale che Max conosceva vagamente, e che era stato buttato sul pavimento con poca grazia.

Mathi era rivolto verso l’alto, e sembrava ancora sveglio, anche se non era del tutto definibile con la luce delle candele.

Roelke dormiva per terra, russando a sua volta.

L’unico sicuramente sveglio era Max. Ed era convinto che non sarebbe riuscito a chiudere occhio, con Sonja così vicino a lui. Dopo poco più di un’ora di vigilanza, però, crollò inesorabilmente addormentato, con la testa poggiata sul capo dell’amica e le mani che ancora stringevano la sua.

 

Mirren iniziava a chiedersi perché esattamente aveva impedito a Felix di tornare a casa.

Insomma, i motivi erano tanti, e molti di più di quelli che lo avrebbero potuto incoraggiare a tornarci, e non era di certo la prima volta che dormivano nello stesso letto, anche se era la prima da circa tre anni, dato che ultimamente Felix si fermava sempre di meno a dormire da loro, e quando ciò accadeva, veniva confinato in camera degli ospiti. Bonnie sosteneva che il letto di Mirren fosse diventato troppo piccolo per ospitarli entrambi.

Omofoba del cavolo!

Il letto di Mirren sarebbe stato grande abbastanza per tre persone, e si sarebbero anche trovate larghe.

Anche se Mirren silenziosamente aveva apprezzato l’idea, anche se non lo avrebbe mai ammesso. Soprattutto perché ammetterlo avrebbe portato alla luce il fatto che iniziava a trovarsi a disagio a dormire nello stesso letto del suo migliore amico, e ammettere codesto fatto avrebbe portato a due possibili situazioni: un Felix abbattuto convinto che Mirren iniziasse a stufarsi di lui; o un Felix dalle emozioni indefinibile che capiva supponeva dei sentimenti che Mirren poteva o non poteva provare per lui.

Sentimenti che Mirren negava con assoluta e totale convinzione, soprattutto a sé stesso, e che non potevano essere la causa del disagio che provava nello stesso letto del migliore amico.

Ma dato che anche la prima ipotesi non era vera, e Mirren era a disagio, il ragazzo preferiva che la faccenda restasse sepolta e fine della storia.

Purtroppo quel giorno la camera degli ospiti era stata presa da Norman, Denny aveva chiesto di dormire sul divano, e Amabelle, come spesso accadeva, era stata ospitata in camera di Petra. Mirren poteva sentirla chiacchierare anche dal suo letto, e cercò di concentrarsi su di lei e non sulla figura sdraiata alle sue spalle, lontana ma fin troppo attaccata a lui per i suoi gusti.

E mentre cercava di distrarsi dall’idea, continuava a chiedersi perché avesse insistito affinché Felix restasse a casa loro.

Era preoccupato per la neve, per il blackout e l’amico aveva avuto un “attacco” proprio quel pomeriggio, ma la casa era proprio lì accanto, poteva benissimo farli, quegli ottanta o cento metri di strada.

…no, era decisamente meglio che non li avesse fatti.

La neve continuava a scendere, e Felix avrebbe potuto prendersi una polmonite o altro. Almeno lì, anche se un po’ freddi, erano al chiuso.

Ma perché dovevano stare proprio nello stesso letto?!

Era quasi tentato di metterlo in quello di Bonnie e suo padre, anche se era una zona off-limits e cambiare le lenzuola non sarebbe di certo passato inosservato.

Immerso nei suoi pensieri, sospirò sonoramente, maledicendosi per essere così agitato all’idea di dormire nello stesso letto con il suo migliore amico.

-Problemi a dormire?- la voce del suddetto amico alle sue spalle lo fece sobbalzare. Era talmente intento a lamentarsi di averlo nel letto che si era quasi dimenticato di lui, per quanto assurdo potesse sembrare.

-Sto solo pensando al lavoro. Non sono riuscito a finire i conti, e non so come andare in ufficio, domani, con questo tempo- mentì, anche se la scusa era davvero credibile.

Sentì le coperte muoversi, e intuì che Felix si era girato nella sua direzione. Non osò fare altrettanto.

-Non preoccuparti, sono sicuro che le strade verranno pulite, e se arrivi in ritardo sarai giustificato, e non sarai l’unico. Per quanto riguarda la contabilità, recupererai senza problemi. Sei il migliore- lo rassicurò Felix, mettendogli una mano sulla schiena per confortarlo.

Mirren non riuscì a non ritirarsi leggermente, e Felix la rimosse. Mirren lo sentì allontanarsi.

-Questo tempo non ci voleva- cercò di recuperarsi Mirren, sospirando di nuovo.

-Già, anche se Ames era felice come una pasqua. Spero che i miei stiano bene- commentò Felix, sospirando.

-Stanno alla grande. L’hai visto anche tu il codice morse dalla finestra- lo rassicurò Mirren.

-Sì, ma comunque…- le coperte si mossero di nuovo, Felix era tornato a dargli le spalle -…diamine se ho bisogno di fumare- lo sentì borbottare tra sé.

Mirren si morse le labbra per combattere l’impulso di rimproverarlo per il suo vizio, e rimase in silenzio.

-Hai un’altra coperta per caso?- chiese poi Felix, tirando la coperta verso di sé ma incontrando una grande resistenza da parte di Mirren.

-Sì, ma sono nell’armadio di Bonnie, che chiude sempre a chiave- gli ricordò Mirren.

Sentì Felix sbuffare.

-La detesto questa qui- commentò tra sé, per poi rigirarsi nel letto.

Mirren non ce la faceva più, e si girò verso di lui, per guardarlo.

Era a pancia in su, e fissava il soffitto che non poteva vedere a causa del buio con la coperta quasi del tutto sollevata sulla sua testa.

Notando il movimento di Mirren, voltò la testa verso di lui. I loro volti erano vicini… troppo vicini. Decisamente troppo.

Mirren si allontanò leggermente.

-Ti darei una borsa dell’acqua calda, ma sono tutte elettriche- commentò, dispiaciuto, per far calare la tensione che iniziava a solidificarsi nella stanza.

-Non preoccuparti. Il tuo calore mi basterà- commentò Felix, ridacchiando e tornando a fissare il soffitto.

-In che senso?- chiese Mirren, allontanandosi ulteriormente e rischiando di cadere dal letto. Felix non diede segno di notarlo, e rimase immobile.

-Siamo in due nello stesso letto, quindi mi riscaldi, in un certo modo. Norman e Denny non sono così fortunati. Certo, sarebbe meglio se mi abbracciassi ma…- provò a supporre con un risolino.

-Non dire assurdità, Durke!- si mese sulla difensiva Mirren.

-Lo so, lo so, sto scherzando. Insomma… sarebbe più facile dormire, lo ammetto…- continuò a provocarlo, Mirren sbuffò e gli diede nuovamente la schiena, come a chiudere lì la conversazione.

-Non prenderla così male, Mirr, o penserò che inizi a stancarti di me- si finse offeso Felix.

Stava solo scherzando, Mirren lo sapeva, lo sapeva benissimo, ma la consapevolezza non impedì al suo cuore di fare una capriola nel petto e minacciare di smettere di battere.

Si rigirò nuovamente verso Felix, e gli si avvicinò con una certa esitazione, ma deciso a dimostrargli che non si sarebbe mai stancato di lui, e la loro amicizia valeva più di ogni altra cosa, per Mirren.

Felix sembrava in procinto di dire qualcosa, ma le parole gli morirono tra le labbra quando Mirren gli cinse il petto e lo strinse timidamente a sé.

Non lo stava proprio abbracciando, aveva più che altro un braccio intorno al suo torso e l’altro poggiato sulla spalla.

Per il resto, i loro corpi si sfioravano appena, ma per gli standard di Mirren erano praticamente avvinghiati.

Fu effettivamente piacevole il contatto con il corpo caldo di Felix. Troppo piacevole. Quasi sgradevole per quanto piacevole fosse, anche se era un controsenso.

-Allora, contento?- gli chiese Mirren cercando di mantenere un tono il più possibile neutrale, ma risultando vagamente infastidito… forse… o forse più teso… nervoso… appagato… no, non l’ultima. Non aveva senso.

-Sì…- ammise Felix, in un sussurro -…troppo- aggiunse poi, in tono a malapena udibile, chiudendo gli occhi, avvicinandosi a Mirren e posandogli la testa contro la spalla. Il ragazzo si arrese al fatto che sarebbero stati così tutta la notte. E non era una consapevolezza piacevole.

Perché aveva accettato?! 

Ma soprattutto, perché non avrebbe voluto accettare?

Erano amici da praticamente tutta la vita. Erano sempre stati insieme, avevano dormito nello stesso letto per anni e si dicevano tutto, o quasi. Se c’era una persona con la quale poteva dormire abbracciato nello stesso letto senza sentirsi infastidito dal contatto, quella era Felix.

Eppure farlo gli stava facendo male. Un dolore emotivo ma quasi fisico, che gli faceva battere il cuore e tremare le mani. 

E non riusciva a capire perché? Logicamente, non aveva alcun senso.

Il motivo in realtà era estremamente semplice, ma Mirren ci arrivò solo quando era ormai inevitabilmente a un passo dal mondo dei sogni, tentando, in tutti i modi, di ignorare il calore dell’amico, e il suo respiro che si era fatto in fretta regolare.

Il vero motivo per il quale dormire con Felix gli dava così fastidio, era perché l’idea era troppo bella perché lui la potesse accettare.

Perché si stava trovando talmente bene da starci male. Era completamente in pace e allo stesso tempo assolutamente terrorizzato.

Anche questa era una grandissima contraddizione. Ma Mirren sembrava fatto di sole contraddizioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Ci ho messo più del solito ed è uscito anche un capitolo un po’ corto, anche se pieno di informazioni. Spero vi piaccia comunque. Il blackout ha causato un bel po’ di problemi, e sebbene il piano di Amabelle fosse indirizzato a Mirren e Felix, ha ottenuto un avvicinamento di Sonja e Max, sebbene la matchmaker non lo sappia ancora.

La parte di Mirren è stata la più bella da scrivere.

Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto, grazie a tutti quelli che leggono e non esitate a lasciare una recensione o inviarmi un messaggio nel caso aveste consigli, richieste o commenti di alcun tipo da condividermi :)

Un bacione e alla prossima :-*

 

 

Nel prossimo episodio: Nonostante la bufera, l’esame di Amabelle non è rimandato, così come gli esami di tutti gli altri. Amabelle comincia una nuova serie. Denny trova il coraggio di organizzare il famoso appuntamento.

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Capitolo 5
*** Esami ***


Esami

 

 

Lunedì 14 Gennaio

La luce era tornata il giorno dopo, la neve aveva smesso di cadere e lo spazzaneve era passato puntuale ed efficiente, permettendo alla vita di ricominciare come se nulla fosse successo.

Harriswood era estremamente organizzata per essere una semplice cittadina isolata e dimenticata. Forse era organizzata proprio per questo motivo, perché non c’erano complotti, corruzione e altro.

Ma politica a parte, Harriswood era tornata in funzione senza problemi, e nessun esame era stato rimandato.

E neanche la prima lezione teorica di scuola guida, che Mirren era stato costretto a sostenere per quello stupido proposito.

Avrebbe rinunciato alla pausa pranzo una volta a settimana, ma ci avrebbe fatto l’abitudine.

Dopo la lezione noiosa e a suo parere inutile, uscì controllando l’orologio e rallegrandosi nel rendersi conto di avere ancora dieci minuti prima di dover tornare a lavoro.

Forse poteva prendere un panino, o un pasto preconfezionato da qualche parte. Ci teneva a non saltare i pasti, non era salutare.

-Mirr- una voce ben conosciuta gli fece sollevare la testa di scatto, e non trattenne un sorrisino quando i suoi occhi si posarono sulla figura alla quale apparteneva.

Si affrettò a nasconderlo, e si avvicinò a Felix mantenendo uno sguardo distaccato.

-Felix, che ci fai qui?- indagò, sorpreso.

-Mi assicuro che non salti la lezione… né i pasti- gli porse un sacchetto del pranzo, uguale a quelli che usavano da piccoli.

-Offre mia madre. Un pasto completo per persone ricche e con una dieta equilibrata- spiegò.

Mirren lo aprì e notò un piatto di pasta e un secondo con verdure a parte.

Il sorriso gli tornò alle labbra, e questa volta non riuscì a nasconderlo.

-Quindi tu mangerai altro?- prese in giro l’amico, che incrociò le braccia, fingendosi offeso.

-Ma per chi mi prendi? Certo che mangerò altro. Ho snobbato la cucina stellata di mia madre per un panino ipercalorico e ipercostoso al McDonald- scherzò, tirando fuori un altro sacchetto del pranzo contenente lo stesso menù dell’amico e indicando un muretto lì vicino.

Mirren non se lo fece ripetere, e si sedette accanto a lui.

-Grazie, Felix. È stata una bella sorpresa- ammise, senza guardarlo, e iniziando a mangiare la pasta. Era eccezionalmente buona, come sempre.

Felix fece altrettanto.

-Non ci vediamo da quella notte a casa tua… mi sei mancato- ammise Felix, a bassa voce, senza guardarlo.

Il cuore di Mirren iniziò a battere più forte.

Sapeva che la questiona sarebbe ritornata, prima o poi, ma una parte di lui sperava che non avrebbero più tirato fuori l’argomento.

Dopotutto non c’era nulla di strano nel dormire abbracciati per farsi calore, parlarne l’avrebbe solo reso più imbarazzante. E non doveva esserlo neanche un po’.

Purtroppo… lo era eccome.

-Non mi stavi evitando, vero?- chiese Felix, smettendo di mangiare e girandosi verso Mirren, con espressione seria.

La risposta sincera? Sì, probabilmente lo stava evitando. Aveva solo bisogno di un po’ di tempo per dimenticare e ignorare la sensazione estremamente piacevole che aveva provato nello svegliarsi stretto a Felix. Lui, che detestava ogni sorta di contatto fisico troppo prolungato.

-No- fu invece la risposta che diede, in tono quasi offeso, forse un po’ troppo acuto per essere del tutto credibile -Ho solo avuto troppo lavoro. Sai, tra la bufera e mio padre che ha prolungato il viaggio. A proposito, torna domani, e mi ha detto di chiedere ai tuoi se sono liberi questo sabato per una cena a casa nostra- Mirren tentò disperatamente di cambiare argomento, e Felix accolse la sua proposta, sorridendo e annuendo con vigore.

-Gli farà un sacco piacere. Mio padre mi diceva proprio ieri che ha una partita di carte in sospeso con tuo padre- gli raccontò, con un sorrisino, ricominciando a mangiare.

Mirren fece altrettanto, e l’argomento passò altrove.

Parlarono della tesi di Felix per circa un minuto prima che il ragazzo cambiasse repentinamente argomento.

Poi passarono alla mostra d’arte appena organizzata in galleria, a Tender, al lavoro di Mirren (fu il suo turno di cambiare argomento) e alla fine iniziarono semplicemente a godersi la compagnia reciproca, senza bisogno di parole, e senza che il silenzio diventasse imbarazzante.

Quando Felix finì di mangiare, tirò fuori un pacchetto di sigarette, e ne prese una, allontanandosi leggermente da Mirren.

Questo accese una lampadina nella sua mente.

-A proposito…!- esclamò, mettendo da parte per un attimo le ultime verdure da mangiare e armeggiando nella propria ventiquattrore.

-Lo so, lo so… il mio proposito. Non l’ho scordato, ma…- iniziò a difendersi Felix, ma Mirren non lo stava rimproverando, anche se il desiderio ci stava tutto.

-Ti ho creato un piano d’azione- lo interruppe, tirando fuori una scheda divisa in mesi, giorni e orari.

Felix la prese a bocca aperta, troppo sorpreso per dare attenzione alla sigaretta non ancora accesa che teneva tra le dita.

-Dove hai trovato il tempo?- chiese, incredulo.

-Non guardarmi così! Lo sai che adoro fare piani d’azione. Ci ho lavorato per svagarmi durante una colazione, qualche giorno fa- spiegò, iniziando ad indicare le varie fasi per smettere di fumare un po’ alla volta e concludere entro fine dell’anno. 

-Lo sai che ora mi sento obbligato a seguirlo, dato che hai usato il tuo tempo libero per farlo- Felix sembrava quasi seccato, ma Mirren sapeva che era tutta una finta.

-Lo spero bene. Devi smetterla. E se farti sentire in colpa ti aiuterà a farlo, sii pronto a bullismo psicologico- lo prese in giro Mirren.

-Scherzi a parte..- Felix lo guardò con un caldo e quasi commosso sorriso -…Grazie Mirr. Significa molto per me sapere che ti preoccupi- ammise, mettendogli una mano sul braccio, e stringendolo leggermente per fargli capire quanto apprezzasse il gesto.

Felix era l’unico che gli facesse venire l’istinto di prendergli la mano e stringerla tra le proprie. L’unica persona il cui contatto sembrasse rilassarlo, rasserenarlo e farlo sentire normale.

Forse perché conosceva i suoi confini, e lo conosceva meglio di chiunque altro. O forse perché semplicemente era Felix. 

-Non perderlo- gli disse solo, senza evitare il contatto ma non ricambiando in alcun modo. Non ne aveva il coraggio.

-Non lo farò, promesso. Anzi, ti dirò di più. Rimetto in tasca la sigaretta, ecco- riprese il pacchetto e fece come promesso, guadagnandosi un applauso da parte di Mirren, che si ricordò tutto a un tratto di dover essere a lavoro da almeno un quarto d’ora.

Sbuffò.

-Purtroppo il dovere chiama. Ci vediamo sicuramente sabato- Mirren si alzò, mise in borsa il pranzo avanzato, e salutò con un cenno Felix.

-Spero anche prima- ricambiò Felix, con un ampio sorriso, che Mirren gli restituì.

-Lo spero anche io. Buon pomeriggio-

-Buon lavoro-

E dopo i convenevoli, Mirren diede le spalle all’amico e iniziò a camminare velocemente verso l’edificio a pochi metri di distanza.

Quando sparì alla vista, il sorriso di Felix si spense.

Abbassò lo sguardo verso il piano, e iniziò a darci un’occhiata.

Aveva un limite massimo di tre sigarette al giorno, per il momento, ma il numero consigliato era due.

Ne aveva presa una prima di andare lì, ma al momento sentiva il bisogno di fumarne un’altra.

Cercò di trattenersi, e decise di sfogare la propria frustrazione in un modo molto più costruttivo.

Prese il blocco da disegno che portava sempre appresso e iniziò a fare qualche schizzo di ciò che lo circondava.

La sua mente però tornava sempre al giorno del blackout.

Quando aveva scherzato come sempre, nel disperato tentativo di non sentirsi troppo nervoso alla prospettiva di dormire nello stesso letto di Mirren, e lui l’aveva stupito acconsentendo alla richiesta che Felix aveva sempre creduto inattuabile.

Lo aveva abbracciato. Certo, non in modo stretto, ma erano stati abbastanza vicini da riscaldarsi a vicenda, e per la prima volta Felix era andato oltre i “confini” che da anni si era imposto di seguire con Mirren.

Osservò il disegno che aveva appena fatto sovrappensiero. Un classico corpo intero di Mirren, vestito con gli abiti di quel giorno.

Iniziò a segnare gli unici punti che poteva toccare, come a darsi un severo monito a non andare mai più oltre.

Spalle, braccia fino al gomito, schiena fino a zona cassa toracica e gambe dalle ginocchia in giù. Il resto era severamente proibito.

Dopotutto Mirren stesso era uscito dai confini e non gli aveva parlato per quasi una settimana. Checchè ne dicesse Mirren, Felix sapeva che lo aveva evitato, e non credeva di riuscire a ripetere l’esperienza per un desiderio egoista e infantile. 

Cancellò il disegno appena fatto, e intascò nuovamente il bloc note.

Si alzò dal muretto, con l’intenzione di tornare a casa e lavorare un po’ sulla tesi, e prese il telefono. 

Era stata Amabelle a incoraggiarlo a fare una sorpresa all’amico, quindi era un suo dovere informarla di come era andata. Sapeva che gli intenti della ragazza erano tutt’altro che innocenti, ma non se ne preoccupava particolarmente. 

Neanche un miracolo sarebbe riuscito a unire Mirren e Felix, il giovane si era già rassegnato da tempo.

 

Nel frattempo, dall’altra parte della città, nella zona universitaria, Denny era estremamente felice.

Beh, lo era adesso che aveva appena sostenuto l’esame, perché sebbene fosse scritto, il professore li aveva corretti tutti immediatamente prima di procedere a qualche domanda orale, e Denny era uscito dall’università con il suo primo e si sperava non ultimo 30 e lode, nonostante fino a poche ore prima fosse talmente teso e preoccupato che pregava in un nuovo blackout o bufera o qualsiasi altra cosa lo potesse togliere da quella situazione.

Stava addirittura valutando l’idea di smettere di frequentare l’università e chiedere un posto al Corona full-time.

Il 30 e lode aveva appena rimandato la sua decisione, e appena uscito dall’università, saltellando senza poter trattenere la propria gioia, stava condividendo la notizia nel gruppo di famiglia e su quello della Corona Crew.

Mentre scorreva la rubrica per chiamare di persona Max, però, gli venne una malsana idea, molto poco da lui.

Sopra il nome del fratello, infatti, aveva salvato il numero di Mathi Yagami, il ragazzo che teoricamente avrebbe dovuto invitare per un appuntamento.

Denny odiava chiamare le persone, dato che temeva sempre di disturbare, e preferiva di gran lunga inviare messaggi, ma spinto dall’euforia del momento, gli venne quasi spontaneo chiamarlo.

Dopotutto dovevano organizzarsi per il 17, sempre che Mathi volesse ancora farlo. Mentre il telefono squillava, però, Denny iniziò a pensare a cosa gli avrebbe detto. Magari Mathi se l’era presa perché Denny non lo aveva ancora chiamato, dopotutto erano passati parecchi giorni.

Forse avrebbe dovuto scrivergli semplicemente un messaggio.

Cavolo! Era meglio se metteva giù! Cosa gli era preso?!

Prima che potesse però interrompere la chiamata, una voce allegra rispose.

-Pronto, chi parla?- chiese.

Denny si disse che faceva ancora in tempo a chiudere la conversazione, ma Mathi sembrava felice, forse era meglio rispondere. Dopotutto prima o poi avrebbe salvato il numero, e sicuramente si sarebbe ricordato che una volta Denny gli aveva chiuso il telefono in faccia.

-Hey, sono Daniel Sleefing. Mi hai dato il tuo numero al Corona. ...sei Mathi?- chiese, per sicurezza, anche se la voce gli sembrava quella. Non poteva esserne certo però, dato che l’aveva sentita solo una volta.

-Dan! Finalmente! Aspettavo con ansia la tua chiamata! Come stai?- chiese lui, in tono allegro.

-Oh, benissimo! Ho appena fatto un esame. Ho preso 30 e lode a Diritto Privato!- lo informò, senza riuscire trattenere la soddisfazione! Era parecchio tempo che non si sentiva orgoglioso di sé stesso per qualcosa. Si maledisse mentalmente subito dopo per essersi vantato. Chissà cosa pensava ora Mathi di lui!

-Fantastico! Studi legge?! Che figo! Io ho appena fatto un esame di Fisica orribile. Ho preso un 24 miracoloso. Come è stato il tuo esame?- l’entusiasmo di Mathi e il suo interesse dall’altro lato della cornetta eliminarono per un attimo ogni pensiero negativo dalla mente di Denny.

Aveva ogni diritto di essere orgoglioso, dopotutto. Era un 30 e lode.

Forse era poco sensibile da parte sua parlarne a una persona che aveva appena preso 24, ma sembrava interessato, e… un momento.

-Hai appena finito?- chiese Denny, curioso, iniziando a guardarsi intorno.

La zona universitaria era grande, ma tutti gli edifici erano abbastanza vicini tra loro. Magari era da quelle parti.

L’unico volto familiare che Denny vide fu quello di Norman, seduto su una panchina intento a mangiare un panino e rileggere degli appunti. Aveva un esame anche lui, nel pomeriggio, quindi Denny decise di non disturbarlo.

-Sì, sono appena uscito e mi stavo dirigendo verso il dormitorio… perché?- chiese Mathi, confuso.

-No, insomma… anche io sono da queste parti… se vuoi potremmo…- la proposta gli morì in gola.

Lo conosceva appena, non poteva proporgli di vedersi senza neanche il minimo preavviso. E poi aveva un esame il 17, sicuramente doveva studiare come un matto. Non poteva perdere tempo con Denny. Era stato davvero stupido a chiamarlo.

-Che bella idea! Dove sei? Ti raggiungo! Così ci organizziamo per l’appuntamento- lo incoraggiò Mathi, riscaldandogli il petto.

Aveva davvero un dono per rassicurare Denny.

Che incredibile fortuna aver conosciuto una persona così, e non un pervertito, criminale, pazzo, agente segreto sotto copertura intenzionato ad usarlo per ottenere informazioni o altro.

Okay che l’immaginazione di Denny era fin troppo vasta, probabilmente, ma si sentivano tante storie in giro.

Che poi… forse era davvero pericoloso.

Però se si vedevano in un luogo pieno di gente e Denny indagava un po’ sicuramente si sarebbe fatto un’idea migliore di Mathi.

-Sono davanti al dipartimento di legge. Ma se vuoi ti raggiungo io- rispose Denny, cercando di ricordare dove fossero i dormitori.

-Troppo tardi- sentì la voce di Mathi provenire da due punti diversi, e si girò per ritrovarselo davanti, sorridente e con il telefono ancora all’orecchio.

Aveva i capelli legati indietro, era vestito in abiti casual poco adatti a un esame e sprizzava vitalità da tutti i pori nonostante il voto non eccezionale, almeno nel parere di Denny.

-Oh, ciao! Sei stato veloce- commentò, cercando di non pensare a quanto gli stessero bene i capelli tenuti così.

Uff, ma perché tutti i ragazzi che incontrava erano molto più attraenti di lui!

Cioè… non che considerasse Mathi attraente, era più una considerazione oggettiva.

E forse era lui ad essere davvero insignificante come persona.

-Ero proprio vicino. Sai… sono davvero felice che tu mi abbia chiamato- Mathi gli sorrise, chiudendo la conversazione e rimettendo il telefono in tasca.

Denny fece altrettanto.

-Non ti ho disturbato, vero?- ci tenne a farsi rassicurare, tirando indietro i capelli gellati preoccupato.

-No, anzi hai avuto un fantastico tempismo. Siamo già connessi- Mathi gli fece un occhiolino che fece arrossire leggermente Denny.

-Beh… insomma… allora…- ora che lo aveva davanti, parlare non sembrava più così facile. Denny evitò il suo sguardo e iniziò a guardarsi intorno cercando un argomento di conversazione. Per fortuna Mathi sembrò intuire la sua difficoltà, e continuò per lui.

-Non sapevo studiassi legge, deve essere impegnativo. Sei in lizza per diventare il prossimo Phoenix Wright?- indagò Mathi, osservando l’edificio di giurisprudenza.

Denny si illuminò, e si girò di scatto a guardarlo, eccitato.

-Conosci Phoenix Wright?!- chiese, sorpreso. I suoi amici non erano grandi amanti dei videogiochi, e non era riuscito a far appassionare nessuno al quel titolo in particolare, uno dei suoi preferiti di sempre.

-Certo! È una serie pazzesca. Anche se tu sei più un Apollo Justice, forse. Mr. Frontman- Mathi gli punzecchiò la fronte scoperta, e Denny sbuffò, scacciando la mano come se stesse parlando con un vecchio amico.

-Devi possedere almeno una chitarra per interpretare Klavier- gli fece notare, facendolo ridacchiare.

-Mi accontenterò di essere Trucy allora- si arrese Mathi.

-Perché Trucy?- chiese Denny, confuso.

Per tutta risposta, Mathi sollevò una mano verso l’orecchio di Denny, e quando la riportò verso di sé era comparsa dal nulla una moneta.

-Magia- esaltò il trucco da quattro soldi con occhi quasi brillanti.

-Sono esterrefatto- Denny si portò una mano al petto, sarcastico. Era la base della prestidigitazione. Anche un bambino lo avrebbe saputo fare.

-Inoltre ti ho rubato il telefono- aggiunse poi Mathi, casualmente, mostrando con l’altra mano il telefono di Denny, che sobbalzò, e si tastò la tasca della giacca sinceramente sorpreso, e anche un po’ preoccupato. Il telefono in effetti non c’era.

-Come hai fatto?- chiese, colpito.

Ecco, lo sapeva! Era troppo bello per essere vero. Il misterioso Yagami era un ladro.

-Magia!- enunciò Mathi, in tono sacrale, sollevando il telefono neanche fosse Simba de “Il Re Leone”, per poi restituirlo con una risata al proprietario.

-Okay… è stato ammirevole. Ma non rubarmi più nulla- si fece promettere Denny in un sussurro, intascando nuovamente il telefono e chiudendo bene le tasche.

-Promesso. Tranquillo, non sono un ladro. Ma magia e videogiochi sono i miei grandi hobby- spiegò Mathi.

-Anche io adoro i videogiochi- ammise Denny, un po’ imbarazzato.

Non era proprio una passione seria, dopotutto, e non la condivideva con nessuno, quindi evitava di dirlo troppo in giro.

-E te ne intendi anche sembra. Quali sono i tuoi giochi preferiti?- cominciò a chiedere Mathi, iniziando a passeggiare senza meta intorno all’edificio.

-Oh, beh… la serie Pheonix Wright, Danganronpa. Tutti giochi investigativi dove si usa la mente, ma anche…- cominciò a rispondere Denny, seguendolo.

Conversando principalmente di videogiochi, ma parlando anche di altri hobby, dell’università e altre faccende, Denny non si accorse del tempo che scorreva, e si rese conto che era ormai pomeriggio inoltrato solo quando il telefono gli squillò in tasca.

Era Max.

Ed erano quasi le quattro del pomeriggio!

-Cavolo! Si è fatto tardi! Devo rispondere, e devo andare al Corona- spiegò Denny, lanciando un’occhiata di scuse verso Mathi.

-E io devo andare a studiare perché ho un esame tra pochi giorni. Scrivimi per l’appuntamento, quando puoi, okay? O chiamami. Quando vuoi, non mi disturbi- Mathi gli fece un occhiolino, e iniziò ad avviarsi verso i dormitori.

Denny lo salutò con la mano libera, mentre con l’altra portava il telefono all’orecchio per rispondere.

-Ciao Max. Scusa, non ti ho chiamato subito ma ho avuto… delle cose- salutò il fratello.

-Congratulazioni, fratellino! Sapevo che saresti andato alla grande al primo esame. Ho appena letto il messaggio. Sono davvero orgoglioso di te- Max non sembrava minimamente seccato che Denny non lo avesse chiamato, e iniziò a chiedergli dell’esame, del professore e a riempirlo di complimenti.

Denny si permise il lusso di vantarsi un po’, e di sorridere, parecchio.

Quando Max chiuse la chiamata perché doveva tornare a lavoro, promettendogli un panino gratis per festeggiare, Denny iniziò a camminare verso il bar, senza riuscire a smettere di sorridere.

Un esame andato alla grande, una conversazione molto più piacevole di quanto si sarebbe aspettato, e una chiamata con suo fratello. Un pomeriggio davvero perfetto. Denny non ricordava l’ultima volta in cui si era sentito tanto felice, rilassato e senza pensieri.

Purtroppo, non era destinato a durare.

Pensando a Mathi, si rese presto conto che aveva scoperto tantissime cose su di lui: adorava la magia, i videogiochi, la pizza ed era un otaku in piena regola. Studiava ingegneria informatica ed era all’ultimo anno. Viveva lontano, sarebbe rimasto in quella città solo fino alla laurea e non aveva conosciuto molta gente. Aveva persino affermato che Denny era il suo primo amico da quando si era trasferito lì per frequentare l’università.

Denny si era sentito molto dispiaciuto per lui. Dopotutto non era un primo amico così interessante, anzi. Sicuramente Mathi avrebbe potuto trovare molto di meglio. 

Un momento… amico.

Il petto di Denny si riscaldò pensando che un ragazzo come Mathi potesse considerarlo un amico, e fu in quel momento che i suoi pensieri raggiunsero una zona pericolosa.

Perché iniziò a pensare all’appuntamento, e si rese conto che non ne aveva parlato con lui, e che doveva organizzarlo, e non aveva la più pallida idea di come organizzare un appuntamento, soprattutto un finto appuntamento.

Un momento… si erano visti e avevano passeggiato, poteva contare come appuntamento? No, Mathi gli aveva espressamente detto di informarlo dei dettagli dell’appuntamento, quindi quel pomeriggio non poteva considerarsi tale. E sicuramente Amabelle avrebbe voluto essere informata, e lo avrebbe seguito. Quindi non poteva fare qualcosa di troppo amichevole, ma portarlo in un posto dove potevano andare sia coppie che amici.

Forse al bar? No, troppo banale, e poi tutta la Corona Crew si sarebbe riunita per spiarlo. Sarebbe stato imbarazzante.

In pizzeria? Se andavano il 17 avrebbero beccato la serata dei bambini, dato che era il giovedì.

Le paranoie iniziarono a divorargli il cervello, facendolo borbottare leggermente tra sé, mentre rifletteva attentamente sulla cosa.

Il cinema poteva essere un’idea, ma non c’erano film interessanti in programma, e non avevano parlato di pellicole, Denny non aveva la minima idea dei gusti di Mathi. 

Fu quando entrò al Corona, e i suoi occhi incontrarono la macchinetta arcade vecchio stile messa lì più per decorazione che per far giocare i clienti, che a Denny venne l’idea perfetta.

E il suo umore sfiorò nuovamente le stelle, soprattutto quando suo fratello gli portò il suo panino preferito e Roelke, che passava di lì portando alcuni ingredienti, gli fece i complimenti e gli offrì anche un caffè gratis.

Approfittò della pausa e del pomeriggio relativamente libero per mettere giù un piano d’azione, uno che neanche Amabelle avrebbe potuto rovinare.

 

Martedì 15 Gennaio

La casa di Amabelle non era molto grande. Certo, aveva un piccolo cortile, ed era un lusso per il quartiere meno benestante di Harriswood, ma gli spazi interni erano calcolati al centimetro e permettevano solo a poche persone di entrare e stare comode.

La camera di Amabelle, quindi, aveva lo stesso principio, e la ragazza era anche particolarmente disordinata, quindi era adibita solo per una persona alla volta.

Di lì a pochi minuti, il tempo che Petra raggiungesse la casa, e sarebbero stati in tre. 

La ragazza non credeva che sarebbe riuscita a respirare.

Perché non riusciva a dire di no alla sua migliore amica?!

Mentre passeggiava rileggeva i messaggi inviati sul gruppo “Matchmakers <3” il giorno prima.

 

Tizio normale: Non so quanto sia utile, ma sono fuori dall’università e ho appena visto Denny parlare con Mathi

Baelle: DOVE?! DOVE?!?!?

Tizio normale: …fuori dall’università, come ho detto.

Baelle: CHE SI DICONO!! SPIALI!! ARRIVO SUBITO!!!

Tizio normale: Non lo vedo più, e tra meno di mezzora ho un esame

Baelle: Cavolo! Uffa!! Ma è già qualcosa. Dobbiamo capire come procedere per l’appuntamento. Voi come siete messi con esami? 

Tizio Normale: Dopo quello di oggi il prossimo è il 18.

Ne ho uno domani, poi il 28

Baelle: Ciao Tray!!

Buon pomeriggio 

Torno a studiare ciao

Baelle: Okay! Domani pomeriggio venite a casa mia! Abbiamo piani da fare!!! 

Tizio Normale: Va bene ma non posso trattenermi.

 

 

Ed eccola lì, dopo un esame scritto complicato ma al quale credeva di essere andata bene, e senza sapere assolutamente cosa l’attendeva quel pomeriggio.

Arrivata davanti al campanello, ci mise almeno un minuto a convincersi a suonare, e Rose, la madre di Amabelle, le aprì senza neanche chiedere, tenendo uno dei numerosi gatti in braccio.

-Petra, che piacere vederti! Non passi mai a trovarci! Amy ti sta aspettando di sopra. Fa come se fossi a casa tua- la accolse affettuosa, facendole cenno di togliersi le scarpe e indicandole le scale. 

Petra eseguì, notando di essere arrivata prima di Norman, e con un cenno di saluto e un educato -È un piacere anche per me vederti, Rose- si affrettò a raggiungere la camera della sua migliore amica.

Non che avesse qualcosa contro la ex signora Rosenhan, ora tornata Lewitt, ma il gatto che aveva in braccio, il trovatello Key, aveva sempre odiato Petra, e sembrava sul punto di saltarle addosso.

Arrivata alla porta di Amabelle, bussò, ed entrò senza aspettare risposta, come faceva sempre, le poche volte in cui era lei ad andare dall’amica e non il contrario.

Per la prima volta, però, rimase sull’uscio, ad occhi sgranati, sorpresa dalla situazione nella quale l’amica versava.

E poi anche perché era pressoché impossibile entrare, visto il disordine che avvolgeva la stanza.

-Ames… tutto bene?- chiese verso l’amica, che era curva davanti al portatile e singhiozzava. Attorno a lei, fazzoletti intrisi di lacrime, qualche libro di storia che però non sembrava essere mai stato aperto, e tantissime cartacce di patatine, caramelle e moltissime bottigliette di tè freddo alla pesca.

Amabelle si voltò verso di lei, con le lacrime agli occhi e gli occhiali (ma da quando portava gli occhiali?) appannati.

-Tray… è morto!- spiegò lei, senza spiegarsi del tutto.

Petra impallidì, chiedendosi chi mai potesse essere morto. Non le era arrivata nessuna notizia al riguardo. Che fosse un suo parente che non conosceva? Oddio, non poteva essere suo padre, vero? Petra non sapeva come avrebbe mai potuto consolarla.

E pensare che voleva darle buca. 

Cercò di avvicinarsi, evitando le carte e le bottiglie vuote, e iniziando a farsi tante domande e preoccupazioni. Perché non aveva detto nulla prima? Sicuramente se era in quello stato pietoso lo sapeva da parecchio. E neanche Rose l’aveva informata su nulla.

Aspetta, teneva un gatto in mano. Forse uno dei cuccioli era morto. Beh, era sicuramente un’ipotesi migliore del padre.

Ma in ogni caso Amabelle l’aveva presa davvero malissimo.

-Cosa è successo?- provò ad indagare, sperando di non risultare troppo brusca ma troppo confusa per preoccuparsi più di tanto delle proprie maniere.

-Pablo! È morto di nuovo! Proprio ora che stava per sposarsi con Francisca, finalmente!- spiegò Amabelle, asciugandosi le lacrime.

Pablo? Francisca? Ma soprattutto… di nuovo?!

Petra rimase immobile, lanciò un’occhiata al computer, poi ad Amabelle, e si tirò una manata in fronte.

-Ti prego, dimmi che non stai parlando di una serie televisiva- sussurrò, incredula.

-Non è una serie televisiva. È LA serie televisiva. La serie del decennio, no, anzi, del secolo. E credo che vada avanti da un secolo. Okay, beh, non proprio da un secolo, ma sicuramente da almeno cinquant’anni. E c’è un motivo. I personaggi sono così interessanti, e la storia è accattivante. Pablo può sembrare il classico cattivo ragazzo pieno di ammiratori stereotipato, ma in realtà ha anche un cuore d’oro, e anche se è stereotipato non vuol dire niente, perché se questo stereotipo va forte ci sarà un motivo, no?! E il motivo è che funziona. È il ragazzo perfetto per Francisca. Anche se ammetto che se Francisca e Anjelica si mettessero insieme non sarei contraria. Dai, almeno un flirt. In effetti potrebbero fare un threesome. Oppure un foursome, aggiungendoci anche Kyle. Kyle è forte, e con Pablo ha una chimica incredibile. E… dove stai andando?- Petra infatti, dopo averla ascoltata a bocca aperta per troppo tempo, incredula, aveva fatto dietro front e aveva deciso che non poteva sopportare oltre la crisi da fangirl dell’amica. Dopo l’esame e soprattutto dopo quello spavento immotivato, aveva raggiunto un punto di rottura.

-Torno a casa. Mi hai fatto prendere un colpo. Pensavo fosse morto qualcuno per davvero!- esclamò, prendendo un pacchetto vuoto di patatine, accartocciandolo e lanciandolo contro l’amica per far passare meglio il suo punto.

-Ohi- commentò Amabelle, anche se non era stata neanche colpita di striscio -Pensi che Pablo non valga le mie lacrime?- se la prese Amabelle, facendo gli occhi da cucciolo, e guardando l’immagine al computer.

Petra le lanciò uno sguardo eloquente, che fece ritornare Amabelle sui suoi passi.

-Insomma… in effetti è vero che tornerà sicuramente in vita, ma la sua morte è stata comunque tragica, e l’altra volta aveva dimenticato ogni cosa, quindi temo che Francisca…- Amabelle ricominciò la telecronaca, e Petra fece per andarsene nuovamente.

-No, no, aspetta! Norman sta arrivando. Dobbiamo fare un piano-

Amabelle le fece cenno di avvicinarsi e sedersi sul letto.

Petra lanciò un’occhiata rapida verso le scale, ma quando notò che Key si era liberato dalle braccia della padrona e la stava puntando, decise che Amabelle era il male minore. Chiuse la porta e si avviò con parecchie difficoltà verso il letto.

-Prima di tutto… da quando porti gli occhiali?- chiese Petra, cambiando argomento, e indicando gli occhiali rosa sul naso dell’amica.

-Oh, non porto gli occhiali, li ho messi perché mi danno un’aria più sveglia e professionale. Perfetta per illustrare i miei piani malvagi- spiegò Amabelle, sistemandosi gli occhiali sul volto in una eccezionale imitazione di Mirren.

Petra scosse la testa, sopresa dal fatto di essere tanto incredula. Ormai conosceva Amabelle da anni, doveva essere preparata a tutte le sue stranezze. Non ebbe il cuore di informarla che gli occhiali rosa con disegni di orsetti non davano minimamente un’impressione professionale, e cambiò argomento.

-Quindi da quando hai dato l’esame l’11 hai guardato solo questa porcheria?- indagò, prendendo un libro di storia e sfogliandolo. Era immacolato.

-Non è una porcheria. È Gorgeous. Nel senso che si chiama Gorgeous. Ed è la serie migliore mai creata, nonostante tutti i buchi di trama, le morti e resurrezioni, i viaggi nel tempo, i cliché e…- prima che Amabelle potesse riprendere con la sua attenta analisi, Petra la interruppe, indicando le carte e il pigiama che indossava.

-E non sei uscita da allora?- chiese, incredula.

-Beh, sono tutti impegnati a studiare o a lavorare. Ma Felix è venuto due giorni fa e abbiamo visto qualche episodio insieme. Dovevo riprendermi dal voto- prese un cuscino e lo strinse facendo la sua solita faccina triste che ormai non impietosiva più nessuno.

-Quanto hai preso? Non ci hai informato- osservò Petra, un po’ offesa.

-Beh, non lo so ancora, ma non credo sia andata bene. Era uno scritto, e sai che non so scrivere. Me la cavo molto meglio a parlare. È già tanto se lo passo- si lamentò, lanciando un’occhiata afflitta verso lo schermo, come a cercare conforto dai personaggi fittizi.

-Suvvia, il bello dell’università è che puoi sempre rifarlo, e poi, ammettilo, non è da te affliggerti tanto per una cosa del genere. Cosa è successo, veramente?-indagò Petra, che non si beveva la faccenda tanto facilmente.

-Okay, hai ragione. Non mi interessa per niente del voto, ma non sapevo con chi uscire, quindi ne ho approfittato per fare piani- si sfregò le mani, si alzò e con parecchia difficoltà raggiunse l’armadio, che aprì con difficoltà ancora maggiore, mostrando una mappa dettagliata dei programmi della Corona Crew per tutto l’anno.

Petra indietreggiò leggermente, sconvolta dalla quantità abissale di informazioni che l’amica aveva ottenuto.

-Ammetto che non sono del tutto affidabili, dato che mi sono basata principalmente sugli anni passati, ma ho delle date molto interessanti in programma per scombussolare la vita amorosa dei nostri amici, e la prima è l’appuntamento del 17. Denny me lo ha confermato. Ha scelto un posto orribile, ma faremo in modo di rendere l’appuntamento perfetto- dicendo questo, Amabelle indicò il 17 Gennaio sul calendario fatto in casa.

Petra era senza parole. Letteralmente, non riusciva a dire assolutamente nulla, e non credeva neanche di volerlo fare.

Era un problema patologico. Petra non credeva fosse normale.

Per fortuna un bussare alla porta la salvò dal dover fare qualsiasi commento.

-Norman! Sei in ritardo- lo accolse Amabelle.

Norman sgranò gli occhi per un attimo vedendo le condizioni della stanza e della sua proprietaria, ma non fece commenti, e si limitò a superare la spazzatura per sedersi sul bordo del letto.

-Scusate, ma stavo lavorando al mio proposito- si giustificò.

Amabelle lo guardò imbronciata per un attimo, ma gliela fece passare.

-Va bene, sei giustificato. Non vedo l’ora finisca il periodo esami. Abbiamo del lavoro da svolgere!- esclamò la ragazza, battendo un pugno sul palmo per enfatizzare.

Era davvero la regina dell’enfasi.

-Ovvero seguire i corsi- provò ad obiettare Petra, a bassa voce.

-Quelli sono secondari- tagliò corto Amabelle.

-Perché si è iscritta all’università?- chiese sottovoce Norman, in modo che solo Petra potesse sentirlo.

-Credo abbia frainteso cosa sia- rispose Petra, allo stesso volume.

-Basta confabulare, voi due, o vi inizierò a shippare- li minacciò Amabelle.

Entrambi assunsero un’espressione disgustata in volto, e si allontanarono l’uno dall’altra.

-Allora, come stavo dicendo…- chiusa la parentesi e le minacce, Amabelle prese il bastone per appendere i vestiti in alto e iniziò ad indicare varie date del calendario.

-… gli eventi più prossimi sono l’appuntamento di Denny e Mathi dopodomani pomeriggio, la cena a casa di Petra sabato sera e l’appuntamento tra Clover e Diego il 26, ovvero sabato prossimo- spiegò Amabelle, indicando le rispettive date.

-Un momento… quale cena a casa mia? Non ne sapevo nulla- obiettò Petra, confusa.

-L’appuntamento tra Clover e Diego mi è nuovo- partecipò Norman, inarcando un sopracciglio.

-La cena a casa tua è quella che tuo padre vuole organizzare con i Durke, me lo ha detto Felix, e io mi sono autoinvitata. Hanno molte figlie, tuo padre e Bonnie non si accorgeranno della mia presenza- spiegò Amabelle, con sicurezza.

-Hanno solo tre figlie, l’unica con i capelli rossi ha otto anni e ti conoscono bene, lo sanno chi sei, e non credo che mio padre ti caccerebbe in ogni caso- obiettò Petra, senza capire il ragionamento mentale di Amabelle.

C’era da dire che metà dei ragionamenti che faceva avevano senso solo per lei.

-Mentre per quanto riguarda l’appuntamento di Clover e Diego… ci sto lavorando. Ho buttato l’idea di un appuntamento al buio a Diego, che ha riso e ha detto che ha capito dove voglio andare a parare e non ci casca. Clover non mi ha risposto proprio, ed è un buon segno, dato che chi tace acconsente. Comunque sabato andranno a quell’appuntamento. Fine- Amabelle batté le mani sorridendo.

-Non sono mai stato così felice di essere aro-ace- commentò tra sé Norman.

Petra concordava con lui. Non sull’essere aro-ace, ma sulla felicità nell’essere fuori dai piani spaventosi di Amabelle.

-Dato che Max è decisamente troppo stressato, ultimamente, con gli esami, il lavoro e la domanda per essere l’assistente del professore di storia dell’arte, ho deciso che per Gennaio non mi concentrerò troppo su lui e Sonja, anche perché è l’unico che sembra cavarsela anche da solo. Ahhh, crescono così in fretta- Amabelle si asciugò una finta lacrimuccia.

-Non oso immaginare cosa avverrà a Febbraio- commentò Petra, sbirciando il calendario e notando che oltre a molte scritte, San Valentino spiccava più di tutto il resto, ed era circondato di cuori e più annotazioni che negli altri giorni.

-Aspetta, perché la festa della donna è segnata con “Ferren diventerà una coppia!”?- chiese Norman indicando l’8 Marzo.

-Ogni cosa a suo tempo. Per il momento concentriamoci su Gennaio. Norman! Tu domani…?- iniziò a proporre Amabelle, ignorando i commenti e nascondendo i mesi successivi dentro l’armadio.

-No!- Norman rispose prima che potesse finire la domanda.

-Ma l’effetto Nor…- provò ad insistere Amabelle, facendo il broncio.

-Ho un esame il 18, non passerò il giorno prima a stalkerare Denny e Mathi, mi dispiace- insistette lui, irremovibile.

Amabelle lo guardò con occhioni da cucciolo, ma dopo qualche secondo si arrese, e si voltò verso Petra, con un sorriso a trentadue denti.

-Petra, amica mia carissima…- cominciò a lisciarsela.

Petra sospirò, e roteò gli occhi.

-L’unico motivo per cui ti accompagnerò è per evitare che tu finisca in prigione, sappilo- si offrì, incrociando le braccia.

-Saremo come Anjelica e Francisca quando si sono alleate per togliere Pablo dalle grinfie della malvagia Contessa- si esaltò Amabelle, pregustando lo stalking.

-Ci sono anche conti e contesse in quella serie?- chiese Petra, storcendo il naso.

-Oh, no! Contessa è il nome del personaggio. I gemelli Contessa e Barone- spiegò Amabelle, distrattamente, mentre scriveva un nuovo appunto sul calendario.

Petra poteva affermare con assoluta sicurezza che quella fosse la serie più trash mai creata.

Norman fece passare lo sguardo tra le due, confuso, ma fu abbastanza intelligente da non fare domande.

-Per la cena, invece… Norman, potresti nasconderti tra i cespugli? Purtroppo non posso invitarti ufficialmente, dato che neanche io dovrei esserci- gli chiese la ragazza.

-In realtà sabato ho già un impegno- si tirò indietro Norman, un po’ dispiaciuto.

Amabelle inarcò le sopracciglia, sospettosa.

-Che impegno? Non siamo i tuoi unici amici?- chiese, priva di qualsivoglia tatto.

-Grazie per avermelo ricordato. Non centrano amicizie. Devo fare da tutor a un liceale. I genitori hanno messo il sabato sera come orario per punirlo- spiegò, desolato.

-Okay… ma ti voglio più presente in futuro! Uffa! Conto soprattutto su di te- si lamentò Amabelle, buttandosi sulla sedia davanti alla scrivania.

-Allora io posso andare?- chiese speranzosa Petra.

-No, ferma lì! Facciamo così. Petra mi accompagnerà all’appuntamento di Denny e ovviamente alla cena a casa sua. Norman starà con me durante l’appuntamento di Clover- divise i ruoli. I collaboratori alzarono le spalle.

-Per quanto riguarda il piano d’azione, per Denny dovremo improvvisare, dato che è imprevedibile. Mentre per Mirren e Felix ho l’idea perfetta- il suo sorriso malizioso non prevedeva niente di buono.

Mano a mano che spiegava i suoi piani malvagi, Petra era sempre più incredula sul fatto di essere la sua migliore amica.

E sempre più ammirata perché sì, la suddetta migliore amica era folle, ma aveva una percentuale di genio del male da far invidia ai migliori villain dei cartoni. E Petra era sempre stata dalla parte dei Villain.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Per un capitolo di passaggio su cui non avevo molte idee è uscito molto più lungo di quanto pensassi, spero vi vada bene.

La parte di Amabelle e Gorgeous è stata la più divertente da scrivere in assoluto, ma anche le mille paranoie di Denny non scherzano.

Il prossimo capitolo si concentrerà molto sulle coppie di questo, ma non temete, in quello successivo torneranno altri personaggi.

Darò spazio a tutti, ma alcune coppie hanno delle svolte prima di altre.

Grazie a chiunque segua la mia storia e sia arrivato fin qui, ti voglio bene.

Spero che continuerai a seguirla.

E spero che questo capitolo sia carino. 

Il prossimo, promesso, sarà una bomba.

Un bacione e alla prossima :-*

 

Nel prossimo episodio: Mathi e Denny vanno al loro primo “appuntamento”. Petra e Amabelle li stalkerano. E Brogan Hart organizza la cena con i Durke. Due serate davvero “amichevoli” per un capitolo che probabilmente sarà molto lungo.

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Capitolo 6
*** In Amicizia ***


In Amicizia

 

 

Giovedì 17 Gennaio

-Ta da!- esclamò Denny a disagio, entrando nell’edificio che aveva scelto per l’”appuntamento” e iniziando a riconsiderare ogni scelta di vita che l’aveva portato ad essere tanto a disagio.

Certo, Mathi aveva un sorriso a tutto denti, e si guardava intorno a bocca aperta come un bambino in un negozio di caramelle, ma l’espressione era comunque fraintendibile. 

-Stai scherzando?- chiese infatti, incredulo, dopo qualche secondo di silenzio sbigottito.

Ecco, aveva sbagliato completamente il luogo. Denny sapeva che si sarebbe dovuto attenere ai classici luoghi per appuntamenti, e una sala giochi era stupida!

-Possiamo sempre andare da qualche altra parte, non sei obbligato a…- cominciò a tornare sui suoi passi, già pronto ad uscire, scappare in Messico, cambiare nome, aprire uno studio legale per difendere gli spacciatori facendo il doppio gioco per la polizia e quindi venire ucciso in modo tragico da una gang che aveva scoperto i suoi piani.

-Che dici? È il luogo migliore del mondo! Mi aspettavo una pizzeria, o il cinema. Una sala giochi è il posto più bello della terra!!- l’entusiasmo di Mathi, che aveva iniziato a saltellare da una parte all’altra guardando più giochi possibili, interruppe i piani suicidi di Denny, che tirò un profondo sospiro di sollievo, e cercò di stare dietro all’amico.

-Avevo pensato sia alla pizzeria che al cinema, ma la pizzeria migliore oggi fa la serata per bambini, quindi sarebbe stato molto caotico, e non sapevo che film proporti. Questa sala giochi è la più fornita della città e so che ti piacciono i giochi, quindi…- Denny iniziò ad illustrare il suo processo di decisione.

Mathi smise di guardarsi intorno e gli lanciò un’occhiata quasi commossa.

-Wow, nessuno si era mai impegnato tanto per un appuntamento con me- ammise, guardandolo dritto negli occhi. Lo stomaco di Denny fece una capriola.

"Nessuno mi aveva mai fatto sentire così apprezzato prima” sarebbe stata la prima risposta che Denny avrebbe voluto dare, ma fu abbastanza controllato da interrompersi subito e fare un commento meno fraintendibile.

-Oh, beh… hai acconsentito a questa cosa… volevo che almeno ti divertissi. Come amici- sottolineò poi, quasi tra sé, ma sperando che Mathi lo sentisse. Non voleva che il ragazzo si facesse un’idea sbagliata.

Mathi distolse lo sguardo, ma non perse il sorriso.

-Certo, come amici. Allora, che ti va di fare? Cominciamo con… un momento… hanno il primo donkey kong! Devo per forza giocarlo! E farmi un selfie davanti- Mathi adocchiò la macchinetta arcade più vecchia e storica della sala giochi e ci si avviò emozionato, trascinando Denny con sé.

-Sai, nessuno batte il record da quindici anni. Appartiene a un tale “Flo”- raccontò Denny, che aveva passato parecchio tempo alle medie in quel posto, e conosceva ogni segreto, mistero e leggenda di ogni gioco. Alle superiori, quando Amabelle aveva istituito la Corona Crew, aveva iniziato a smettere di andarci, anche perché non aveva moltissime monetine da spendere.

-Ora capisco perché mi hai consigliato di portare spicci. Non riuscivo a capire a cosa potessero servire. Fortuna che ne ho parecchi! Pronto a battere il record di Flo!- Mathi aveva un’aria determinata, e prese una borsetta piena di monetine.

-Carina- commentò Denny, indicando la borsa fatta a mano, dai ricami rosa e viola, con parecchi fiori e farfalle.

Forse un po’ troppo femminile per un ragazzone come Mathi, ma di eccezionale qualità.

-L’ha fatta mia sorella, le piace un sacco fare queste cose- spiegò Mathi, orgoglioso, prendendo qualche moneta e iniziando a giocare.

-Non sapevo avessi una sorella. Com’è?- chiese Denny, adocchiando il gioco accanto, uno dei suoi preferiti di combattimento strategico, e mettendosi in posizione.

Mathi sobbalzò come se Denny avesse appena detto qualcosa di sbagliato, ma rispose senza che la sua voce mostrasse altro che nostalgia e la solita sempiterna allegria.

-Aggie. È fantastica. Ha iniziato da poco il liceo- spiegò con poche parole, sorridendo e giocando con velocità e abilità.

Denny decise di non indagare. Sembrava un argomento delicato, per qualche motivo.

-Ho conosciuto tuo fratello, durante il blackout. Sembra uno forte- commentò Mathi, spostando il discorso.

-Eri al Corona durante il blackout?- indagò Denny, sorpreso.

-Sì, è il bar più vicino all’università e fa un ottimo caffè. Oh, diamine!- esclamò di scatto, facendo sobbalzare Denny e rischiando di fargli perdere il gioco. Riuscì a recuperarsi e a mettersi in un angolo, e si azzardò a guardare in direzione dell’amico, che aveva appena perso.

Non trattenne una risatina.

-Sei tu ad avermi distratto- Mathi accusò Denny, con tono troppo enfatico perché persino Denny, nella sua costante ansia, lo prendesse sul serio.

-Puoi sempre continuare- lo incoraggiò pazientemente Denny, indicando lo slot per le monete e tornando poi al suo gioco.

Mathi però non aveva intenzione di continuare, e si avvicinò a Denny per guardarlo giocare, senza parlare per non distrarlo, ma distraendolo comunque per la sua sola presenza.

-Salta!- gli urlò ad un certo punto, facendolo agire inconsciamente sia nel gioco che nella vita reale, e facendolo scoppiare a ridere.

-Intendevo solo nel gioco, quel mostro ti stava per attaccare da dietro- gli spiegò Mathi.

In effetti era vero, Denny sarebbe morto se Mathi non gli avesse dato il suggerimento.

Certo, aveva rischiato di morire realmente perché si era quasi preso un infarto, ma quale delle due morti sarebbe stata peggiore?

…si, probabilmente quella nella vita reale, ma con Denny non si poteva mai dire.

Rimasero a giocare finché Denny non venne ucciso, poi Mathi fece il fantomatico selfie davanti a Donkey Kong, e fecero qualche altro gioco in solitaria, sempre uno vicino all’altro e suggerendosi a vicenda. Erano davvero un’ottima squadra.

Dopo poco più di un’ora, iniziarono a guardarsi intorno in cerca di qualcosa da fare a due giocatori.

-Allora, Rampage, Street Fighter o il classico biliardino?- propose Mathi, indicando i giochi più interessanti per due giocatori.

-Decidi tu- Denny alzò le spalle. Gli andava bene tutto, anche se a Biliardino era una vera schiappa.

Mathi no, e infatti scelse quello e lo batté 20 a 0.

Dopo la partita optarono per Street Fighter, e Denny vinse quasi solo esclusivamente perché Mathi stava ridendo troppo per essere un vero avversario.

-20 a 0. Sono pronto ad essere eletto campione del biliardino e partecipare a tornei professionali- stava commentando mentre raggiungevano qualche altra macchinetta.

-Solo perché mi sono fatto sei autogol- borbottò tra sé Denny, facendo ridere l’amico ancora di più.

-Touché. Ma meglio pensare che io sia un esperto piuttosto che concordare che tu sia negato- lo provocò, dandogli una gomitata amichevole, e facendogli alzare gli occhi al cielo.

-Uff, ma ti ho demolito a Street Fighter- ci tenne a sottolineare Denny.

-Ammetto che non ti facevo così abile. E questo appuntamento procede sempre meglio. Fanno anche da mangiare, da queste parti?- chiese poi, guardandosi intorno e adocchiando il bancone principale, che serviva anche vari menu da consumare lontano dai giochi.

-La pizza qui è piuttosto buona- lo informò Denny -Vuoi fare una pausa e mangiare qualcosa?- chiese.

-Mi piacerebbe. Fanno dei menu economici? Tutti questi giochi mi stanno ripulendo- iniziò ad armeggiare nel borsellino rosa contando i soldi rimasti.

-Ma no, offro i…- ma prima che Denny potesse proporsi per pagare da mangiare, dato che gli sembrava il minimo per ripagarlo dell’aiuto, venne interrotto da una ragazza dello staff, che si fiondò su di loro con grandissimo entusiasmo.

-Menu “primo appuntamento” pronto tra cinque minuti!- li informò, adocchiandoli con un tremendo “Sguardo Amabelle” che fece accapponare la pelle di Denny.

-Eh… no, deve essersi confusa… non abbiamo ordinato… noi siamo solo amici- provò ad obiettare Denny, in un pigolio imbarazzato, diventando rosso come un pomodoro.

-Ceeeerto- la ragazza gli fece un occhiolino complice, probabilmente fraintendendo la situazione, e si rivolse poi a Mathi -Ordine già pagato, e vi conviene sbrigarvi perché tra mezzora inizia il torneo! Non vorrete mica perdervelo.

-Torneo?- Mathi inarcò il sopracciglio, confuso ma interessato.

-Il torneo delle sei e mezza. Tre giochi in coppie e i vincitori otterranno due biglietti omaggio alla fiera nazionale che si tiene ad Aprile a…- iniziò a spiegare la commessa, ovvia.

-New Malfair?!- chiesero insieme Mathi e Denny, a bocca aperta.

-Sì, vi siete iscritti prima, no?- la ragazza indicò un manifesto che nessuno dei due sembrava aver notato.

I due ragazzi si scambiarono un’occhiata inquisitoria, ma nessuno dei due sapeva nulla.

-Oh, beh, vi vado a preparare il menu per coppiette. Siete adorabili- con un sorriso a tutto denti, la ragazza tornò dietro al bancone e iniziò a preparare il menu. 

-Giuro che non c’entro niente- ci tenne a sottolineare Denny, a bassa voce e rivolto verso Mathi.

-Immagino, probabilmente sono state le tue amiche. Ma l’idea del torneo non è male. Ho sempre voluto andare al “New Malfair Comics and Games”- Mathi sorrise, guardando con occhi brillanti il manifesto.

-Sì, anche io, ma il biglietto costa troppo ed è anche parecchio distante- Denny sospirò, per poi sobbalzare.

-Un momento, hai detto “le mie amiche”? Che amiche?- iniziò a guardarsi intorno, preoccupato dall’idea di avere qualche stalker.

-La rossa con l’impermeabile e la castana in giacca di pelle. Ci seguono da quando ci siamo dati appuntamento davanti al dormitorio dell’università- spiegò Mathi, per niente impressionato, accettando con un sorriso il menu di coppia, che nonostante i troppi cuori aveva un’aria troppo appetibile per essere rifiutato. Era anche gratis, dopotutto.

Denny lo fissò a bocca aperta. Sorpreso dalla notizia.

 

Denny era infatti così preso dal suo accompagnatore, sul restare concentrato nel non fare brutte figure, farlo divertire, essere bravo a giocare ma non esserlo troppo (tranne nel biliardino), che non si era neanche reso conto delle due ombre che li seguivano ovunque andassero, e li stavano tenendo d’occhio.

Ed era davvero difficile non notarle, dato che una era vestita normale ed era poco interessata a nascondersi, mentre l’altra portava occhiali da sole, impermeabile e cappellino all’interno ed era così pessima nel provare a nascondersi che era più visibile della compagna, e aveva attirato l’attenzione dei pochi clienti e dello staff, che la teneva d’occhio pronto da un momento all’altro a chiamare la polizia nel caso si rivelasse una pervertita o una criminale.

Inutile dire che erano state loro ad ordinare il menu e ad iscrivere i due ragazzi al torneo. E credo sia anche inutile specificare che le due figure erano Amabelle e Petra. Nonostante il travestimento poco rassicurante, Amabelle aveva stretto amicizia in pochissimo tempo con la commessa, ed era riuscita a reclutarla part-time nell’operazione Matchmakers.

L’unico supporto che Petra stava dando era vincere qualche partita nel mini-basket per far sembrare che erano lì per giocare, e sbuffare.

Ad Amabelle bastava come supporto morale. Le aveva anche vinto un orsetto di peluche.

Al momento erano nascoste dietro una pianta e li guardavano mangiare.

-Ora dobbiamo solo imbrogliare per fargli vincere il torneo così andranno sicuramente insieme alla fiera e poi lì elaboreremo altre situazioni- stava illustrando Amabelle, sogghignante, e stringendo affettuosamente l’orsetto di peluche.

-Credo sia illegale. E poi sono solo tre coppie, loro compresi. Credo che possano tranquillamente farcela da soli- tentò di dissuaderla Petra.

-Come dice un vecchio saggio: “Quando non ci sono poliziotti in giro, tutto è legale”- Amabelle agitò la mano poco interessata alla voce della ragione. I suoi piani erano più importanti, e poi Mathi sembrava davvero perfetto per Denny, ne era sempre più convinta.

-Hai appena citato Stan Pines e lo definisci un saggio?- Petra inarcò un sopracciglio, per niente convinta.

-Sì, e ti posso ricattare per aver afferrato la citazione. Allora, dov’è Jenny con la lista degli iscritti?- Amabelle iniziò a guardarsi intorno in cerca della ragazza dello staff, che le raggiunse poco dopo, con aria cospiratrice e tenendo in mano una lista con i candidati. Si era aggiunta una coppia.

-Allora, ho una buona notizia e una cattiva notizia- esordì, sottovoce, facendo avvicinare le due ragazze, e l’orsetto di peluche.

-La buona notizia è che ho controllato le due coppie che si erano già iscritte e sono molto inferiori rispetto ai vostri amici- continuò Jenny, indicando quattro nomi sconosciuti in cima alla lista.

-La brutta notizia?- la incoraggiò Petra, che iniziava a stancarsi della situazione.

-Beh, i due nuovi iscritti dovrebbero essere bravi. Diego viene quasi ogni weekend ed è arrivato molto vicino a battere il record di Donkey Kong. Non so però la sua accompagnatrice, non l’ho mai vista in giro- spiegò.

C’erano parecchie cose che turbarono Amabelle.

Innanzitutto la possibilità di una vera sfida contro la sua coppia del giorno. Poi il nome del ragazzo, Diego. Se era Diego Flores sarebbe stato un bel problema. Infine l’accenno all’accompagnatrice, il vero motivo per il quale il nome Diego poteva essere un problema.

-Diego Flores?!- indagò Amabelle, togliendo gli occhiali da sole per mostrare gli occhi carichi d’ira.

-Non lo so, hanno dato solo i nomi. Diego e Juanita. Entrambi latinoamericani. Lei mi sembra più giovane però, forse primo anno di università o ultimo di liceo. Sono arrivati poco fa. Ora stanno giocando insieme a hockey da tavolo- li indicò, un po’ preoccupata.

Amabelle e Petra si sporsero verso i due, e confermarono quanto detto dalla ragazza. Amabelle strinse i pugni constatando che Diego era proprio il “suo” Diego.

-Tieni Ozzy, non voglio che assista- Amabelle porse l’orsetto a Petra e si sollevò le maniche pronta ad affrontare Diego riguardo alla sua accompagnatrice e corromperlo per far vincere Mathi e Denny.

Aveva meno di mezzora per ottenere risultati.

-Tengo io Ozzy, tu fai quello che devi fare- Petra prese pazientemente l’orso e si sedette in attesa che finisse, senza aveva la minima intenzione di intervenire se non per trascinare Amabelle fuori prima dell’eventuale arrivo della polizia.

-Allora, state insieme da molto?- chiese Jenny, rimasta ad osservare un po’ preoccupata (ma principalmente ammirata) Amabelle approcciare Diego e Juanita.

Petra sobbalzò, e la guardò come se fosse pazza, arrossendo leggermente suo malgrado.

-Io e Amabelle? No! Non stiamo insieme! Siamo solo amiche!- ci tenne a sottolineare, in tono leggermente acuto.

-Certo. Peccato- Jenny lanciò a Petra lo stesso sguardo che aveva già rivolto a Mathi e Denny,  tornò dietro al bancone per pulire i resti del menu romantico lasciati da questi ultimi.

Petra alzò gli occhi al cielo e tornò ad osservare Amabelle.

La rossa si era diretta con decisione verso Diego, aveva cambiato completamente atteggiamento a metà strada, e si era poi rivolta a lui con tono amichevole e zuccheroso.

-Diego! Che piacere vederti! Non mi aspettavo di trovarti qui in periodo di esami con una ragazza- lo salutò allegra, lanciando un rapido sguardo di fuoco verso Juanita, che sorrise timidamente e un po’ preoccupata.

-Amabelle… che sorpresa? Non mi sembravi tipa da sala giochi. Anche tu qui per il torneo?- chiese il ragazzo, non notando gli intenti malefici dell’amica o nascondendolo molto bene.

-Non proprio. Ma ci torneremo. Prima perché non mi presenti la tua giovane, troppo giovane per te senza ombra di dubbio, accompagnatrice?- chiese, civettuola, salutando Juanita, che ricambiò imbarazzata, guardando Diego come a chiedergli aiuto.

-Oh, giusto. Juni, lei è Amabelle, un’amica dell’università. Amabelle, Juanita, mia sorella- marcò molto la mano sull’ultima parola, e l’atteggiamento di Amabelle si rovesciò in modo drastico.

Ampliò il sorriso e si affrettò a stringere la mano di Juanita, che ricambiò la stretta sempre più a disagio.

-Piacere! Sono felice di incontrarti. Partecipate entrambi al torneo?- chiese, sedendosi sul tavolo da hockey e impedendo loro di continuare.

-Già. In realtà è un po’ un caso. Juni è in città per vedere le università e l’ho portata qui per passare un po’ di tempo con lei. Anche se dopo il torneo dovrà tornare all’autobus- spiegò Diego. Juanita annuì.

-Siete sicuri di fare in tempo? I tornei sono lunghi, e la stazione degli autobus è… a due passi… ma comunque vi converrebbe ritirarvi e magari fare qualcosa insieme senza competizioni, magari… non so… mangiare qualcosa al bar. O andare da qualche altra parte. Ehi, perché non andiamo tutti insieme al Corona? C’è una macchinetta arcade d’epoca anche lì, e…- Amabelle cercò di trovare un modo per impedire loro di partecipare, ma venne interrotta da una risata di Diego.

-Vuoi che qualcuno vinca al torneo al posto nostro, giusto?- chiese Diego, indovinando gli intenti malefici della ragazza.

-Beh… non è una faccenda personale…- cercò di salvarsi Amabelle, torturandosi le mani.

Diego lanciò un’occhiata a qualcuno dietro di lei, e tornò da Amabelle con tono di chi aveva capito tutto.

-Fammi indovinare. C’entra con il tuo proposito?- chiese.

Amabelle si girò leggermente e notò che dietro di lei stavano passando Mathi e Denny, il primo trascinando il secondo ad allenarsi in vista del torneo. Sembravano davvero affiatati.

Si voltò nuovamente verso Diego e annuì con vigore.

-Aspetta… aspetta… è la matchmaker?- chiese Juanita sottovoce rivolta al fratello, un po’ incerta.

-Già. Proprio lei- annuì lui.

Amabelle fece passare lo sguardo tra i due, sorpresa, ma prima che potesse indagare su cosa Juanita sapesse, quest’ultima si aprì in un eccitato sorriso.

-No! Ti prego! Puoi dirmi le tue tecniche da matchmaker? Ho un cantiere una storia su due ragazze che fanno da matchmaker a dei loro amici e poi si innamorano, ma non so che trucchi inventarmi. Ho già messo i cliché più ovvi tipo la kiss cam, ammanettarli insieme, rinchiuderli in una stanza, farli ubriacare prima di rinchiuderli in una stanza, ammanettarli insieme ubriachi e rinchiusi in una stanza, ma ammetto di avere poche idee, e le ricerche mi portano solo fino a un certo punto- Juanita si aprì completamente, uscendo dal guscio, e quasi aggredì verbalmente Amabelle, facendo sorridere divertito Diego.

-Wow, sono tutte ottime idee, devo segnarmi la kiss cam e ammanettarli insieme. Per il resto ti consiglio la serie Gorgeous. È piena di spunti interessanti- suggerì Amabelle, estasiata dall’interesse e dai consigli involontari.

-Vero! Gorgeous! È la serie preferita di mama e abuelita, e adesso ho l’età per guardarla anche io, finalmente!- a Juanita si illuminarono gli occhi.

-Oh, no! Ti prego! Due fan sfegatate in famiglia bastano- obiettò debolmente Diego.

-Lasciala fare. Un altro consiglio. Al momento sono nel pieno di una missione. Ho ordinato un menu per coppie ai miei amici e li ho iscritti al torneo. Quando vinceranno andranno insieme al “New Malfair Comics and Games”, e questo darà altre occasioni per farli stare insieme- spiegò Amabelle, in tono sacrale.

-Se vinceranno- ci tenne a correggerla Diego.

-Ma certo che vinceranno! Dobbiamo farli vincere!- Juanita era ormai del tutto presa dal matchmaking in corso.

-Ma se sei stata tu ad insistere per partecipare- Diego era estremamente confuso.

-Sì, ma l’amore è più importante- tagliò corto Juanita.

-Concordo, Juni! Posso chiamarti Juni? Possiamo essere amiche? Ti do il mio numero se vuoi e parliamo di tecniche da matchmaker- Amabelle tirò fuori il telefono, e Juanita fece altrettanto.

-Con tantissimo piacere. Magari mi parli anche del DAMS, sono indecisa tra quello e lettere- Juanita segnò subito il numero e il nome, e Amabelle fece altrettanto.

-Sì, ma… io sono intenzionato a vincere, ragazze- fece notare Diego, guadagnandosi due occhiatacce dall’amica e dalla sorella.

-Fratellone, fallo per me- Juanita gli fece occhioni da cucciolo da sorella minore.

-È proprio per te che intendo vincere- ma Diego era ormai immune.

Gli occhi di Amabelle si illuminarono quando capì di poter ottenere due piccioni con una fava.

-Ho una proposta per te, Diego. Se lasci vincere Mathi e Denny ti offro una cena- propose, battendo le mani e sorridendo, un po’ troppo maleficamente perché la sua proposta suonasse del tutto allettante.

-Che tipo di cena?- indagò lui, poco convinto.

-Ristorante italiano, due stelle michelin, tutto pagato da me… probabilmente da Petra. Il più famoso ed esclusivo della città. È tutto prenotato per mesi, ma c’è un posto libero sabato prossimo. Allora…?- lo incoraggiò, avvicinandosi fino a stare a pochi centimetri dal suo viso.

Juanita si avvicinò al fratello e gli sussurrò qualcosa in spagnolo. Diego sobbalzò e le rispose nella medesima lingua, allontanandosi da Amabelle.

Discussero per qualche secondo senza che Amabelle capisse un accidente, poi Diego sospirò, e si prese il volto tra le mani.

-Va bene! Uff. Accetto l’offerta e perderemo. Sappi che lo faccio solo perché tanto Juni mi avrebbe fatto perdere comunque. Quindi sei tu a rimetterci- Diego scosse la testa e incoraggiò la sorella a raggiungerlo alle macchinette principali, dato che il torneo stava per cominciare.

-Affare fatto, amico!- lo salutò Amabelle con un sorriso a tutto denti.

Una volta fuori dalla portata di vista, tornò da Petra, che aveva smesso di controllarla e stava mangiando un hot dog, bevendo una bibita e nel frattempo giocava con Ozzy.

-Tray! Successo su tutta la linea!- la informò, sedendosi accanto a lei e rubandole sia la bibita che l’orsetto di peluche, che strinse al petto affettuosamente.

-La mammina è stata bravissima- disse a Ozzy.

-Appena rivedo Felix lo ammazzo per averti detto del mio soprannome- borbottò tra sé Petra, lanciandole un tovagliolo appallottolato per mostrare la sua indignazione. Amabelle lo prese al volo e glielo rilanciò.

-Non puoi ammazzarlo. Deve diventare tuo cognato- le ricordo, beandosi nel vederla rabbrividire.

-Che orrore- 

-Jenny! Mi porti un menu pizza con tè freddo? Rigorosamente alla pesca- chiese poi Amabelle alla cameriera.

-Arriva subito!- annuì lei servile.

-Allora… nessun intoppo?- indagò Petra, che non si fidava troppo di quello che l’amica poteva aver ottenuto.

-Ho convinto Diego a perdere e a uscire con Clover sabato- Amabelle le fece un occhiolino complice, e accarezzò Ozzy.

-E Juanita?- Petra era decisamente sorpresa, doveva ammetterlo.

-È sua sorella. Ed è anche un sacco simpatica. Da quanto ho capito è una scrittrice, mi ha dato delle idee grandiose. Dobbiamo solo trovare un paio di manette- Amabelle iniziò a segnare qualcosa sulla tovaglietta. Petra impallidì.

-Faccio ancora in tempo a tirarmi fuori da tutto?- chiese, speranzosa.

-Nope. Soprattutto perché… come dire… per convincere Diego ad uscire sabato gli ho detto che pagavo io la cena, e… ecco…- iniziò a chiedere, sbattendo le palpebre con fare civettuolo.

-No!- Petra iniziò a scuotere la testa, decisa a non cedere.

-Ti prego, Petra. Sono povera. Non posso permettermi una cena alle “Cascate” per due… quattro dato che mi intrufolo anche io e Norman viene con me- 

-Quattro cene alle “Cascate”?! Sei impazzita?! Massimo, se proprio devo, pago un tavolo. Non ne pago due solo perché devi fare da stalker. Ti nascondi tra i cespugli e li osservi- Petra fece l’unica offerta possibile, e dopo averla guardata per qualche secondo con occhi da cucciolo, introducendo anche Ozzy ad aiutarla, Amabelle cedette, sospirò, e acconsentì.

-Devo cancellare la prenotazione a nome mio, allora. Potrei cederlo a Bonnie e a tuo padre- commentò, guadagnandosi un’occhiataccia assassina da Petra.

-Scherzo, scherzo. Non lo farei mai. Però che pizza. Ho sempre voluto andarci. Un giorno ti convincerò a portarmi- Amabelle chiuse il discorso, e ringraziò Jenny che aveva appena portato la sua pizza, le patatine e il tè freddo.

-Piccolo aggiornamento. I tuoi amici stanno vincendo, e anche a mani basse. Sei stata incredibile Amabelle- si complimentò, per poi lasciarle un bigliettino.

-Questo è il mio numero… se, insomma… se vuoi che li tenga d’occhio, o se un giorno ti va di uscire- disse, arrossendo leggermente.

Petra distolse lo sguardo, stringendo i denti ma cercando di rimanere impassibile.

-Grande! Grazie. Ti scrivo subito. Mi farebbe molto piacere avere un altro paio di occhi. Ti aggiungo subito agli amici- Amabelle prese il telefono e segnò subito il numero, bevendo il tè freddo con l’altra mano, e non capendo l’evidente flirt della ragazza, che non diede segno di essere rimasta offesa dalla non velata friendzone, ma sorrise e tornò a lavoro.

-Sei proprio una conquistatrice- commentò Petra a denti stretti.

-Beh, dopotutto ogni amico è un tesoro, e io li conquisterò tutti quanti!- fraintese Amabelle, continuando a mangiare

-Meglio sbrigarci, voglio assolutamente vedere le loro facce quando vinceranno. E fare delle foto. Avrò bisogno di tante foto per gli album dei ricordi che farò per ogni coppia- esclamò eccitata iniziando ad abbuffarsi.

Petra non commentò nemmeno, e si limitò ad alzare gli occhi al cielo.

 

Mathi aveva dei sentimenti contrastanti.

Quello era forse stato l’appuntamento migliore della sua vita… senza forse. Ed era estremamente felice della cosa.

Denny era un ragazzo meraviglioso, simpatico, gentile e molto intelligente e percettivo… tranne se si trattava di notare le sue amiche intente a stalkerarlo.

Lo stalking era stato divertente, così come il torneo, che avevano vinto a mani basse.

Mathi aveva anche pensato di imbrogliare usando qualche trucco magico per mettere in difficoltà gli avversari, ma non ce n’era stato bisogno, dato che gli avversari stessi sembravano mettersi i bastoni tra le ruote da soli.

Insomma, era stato un pomeriggio davvero divertente, quindi Mathi sarebbe dovuto essere allegro e spensierato.

Beh… non lo era.

Almeno non del tutto.

Un lato di lui era davvero felice, ma un altro lato continuava a ripetergli che sarebbe finito presto, e che non si sarebbe mai ripetuto.

Mano a mano che la notte cominciava a calare fuori dalla finestra, la seconda voce si faceva sempre più insistente, mettendogli in testa pensieri negativi.

-Non riesco a credere che abbiamo vinto! Sono così felice! Il “New Malfair Comics and Games” è la fiera più grande della zona. Ho sentito che quest’anno organizzeranno anche degli eventi speciali dato che è la trentesima edizione!- Denny si stava rigirando il biglietto vinto tra le mani da quando avevano vinto il torneo, e sebbene Mathi stesse provando a prolungare l’uscita, era chiaro che il suo accompagnatore era molto distratto e non sembrava voler fare altri giochi.

Era adorabile.

-Sai, dovresti prendere entrambi i biglietti- provò a suggerire Mathi, rigirandosi il proprio tra le mani.

Denny si girò di scatto a guardarlo, incredulo.

-No! Tu meriti il tuo! Se non fosse stato per te avremmo perso a hockey- provò a dissuaderlo, spingendogli il biglietto tra le mani.

-È a fine aprile, sarò molto impegnato e non saprei neanche con chi andarci- insistette Mathi, porgendogli il biglietto con un grande sorriso.

Insomma, avrebbe voluto andarci con Denny, ma sembrava ovvio che il ragazzo non avesse intenzione di uscire di nuovo con Mathi, e chi poteva biasimarlo. Neanche Mathi sarebbe uscito con Mathi, se avesse potuto scegliere. Purtroppo non poteva scappare da sé stesso. 

Ma poteva provare a proteggere Dan.

-Non mi sembra giusto. E neanche io saprei con chi andarci.. cioè, potrei chiedere a Max, ma non gli fanno impazzire queste cose, e se anche volesse venire possiamo comprare il biglietto per lui- Denny non sembrava intenzionato a cedere, ma iniziava già a tentennare. Mathi al contrario aveva una decisione di ferro.

-Diego ti sta salutando?- osservò incerto, guardando un punto alle spalle di Denny.

-Oh? Davvero?- il ragazzo si girò, ma non notò nessuno.

Quando si voltò nuovamente verso Mathi, il biglietto era sparito, e il ragazzo aveva un sorrisino soddisfatto.

Ci mise poco a fare due più due, e si tastò le tasche, per trovare il biglietto nascosto.

-Tu e i tuoi trucchi magici- si lamentò, scuotendo la testa e facendo ridacchiare Mathi.

-Grazie. Eppure sono io che dovevo ripagarti per essere venuto con me all’appuntamento finto- aggiunse poi, mettendo al sicuro entrambi i biglietti e facendo il muso.

-E mi hai ripagato eccome, è stato il miglior “fino appuntamento” della mia vita!- gli assicurò, con un occhiolino.

A dire il vero era il miglior appuntamento in generale, ma dato che Denny ci teneva a sottolineare che fosse finto e che loro fossero solo amici, era meglio che Mathi assecondasse al cosa. Anche per ricordarselo, dato che spesso, mentre guardava il ragazzo accanto a lui, il fatto che fosse etero e per niente interessato gli sfuggiva di mente.

-Scommetto che non ne hai avuti molti per comparare, ma grazie- Denny gli sorrise, e la faccenda degli amici sfuggì di nuovo dalla mente di Mathi.

Diamine, era troppo adorabile!

-Sai, la tua amica sembra intenzionata ad irrompere tra di noi, ma l’altra la sta trattenendo, forse è il caso di separarci prima che possano combinare un altro appuntamento?- suggerì, notando il marasma che iniziava a crearsi in un angolo della stanza, e cercando di frenare l’istinto che gli suggeriva di prendere il ragazzo davanti a lui e baciarlo senza pensare alle conseguenze.

-Oh… sì, immagino che si stia facendo tardi, e non voglio che Amabelle insista. Ti riaccompagno al dormitorio?- suggerì Denny, alzandosi da davanti al gioco arcade che aveva perso da parecchio e facendo cenno a Mathi di seguirlo.

-Sei proprio un galantuomo. Fortunata chi ti sposa- commentò Mathi, sottolineando nella sua mente il femminile.

Denny arrossì copiosamente, mentre uscivano dal negozio.

-Ma che dici!- borbottò tra sé, rabbrividendo poi per il freddo che li aveva appena accolti.

Il vento serale portava ancora aria di neve, nonostante le previsioni fossero positive nei prossimi giorni.

-Forse è meglio salutarci alla stazione degli autobus- provò a suggerire Mathi, riscaldandosi le mani.

-No, no, insisto! È il minimo che possa fare per…- provò a dire Denny, con voce tremante per il freddo. Mathi lo interruppe.

-Dan, non devi ripagarmi di niente. Ho passato una bellissima serata, sei una compagnia stupenda, e non voglio forzarti a passare altro tempo con me- lo rassicurò.

Ops… si era lasciato sfuggire un commento contro sé stesso. Aggie ne sarebbe stata delusa. Probabilmente però Denny non se ne sarebbe accorto. Lui era il primo a farsi paranoie su sé stesso e buttarsi giù. Mathi non ne capiva il motivo e cercava di farlo sentire a proprio agio, ma almeno era improbabile che si accorgesse che anche Mathi era poco sicuro di sé.

Purtroppo Denny era molto più percettivo di quanto sembrasse.

Si interruppe di scatto e guardò Mathi incredulo.

-Non… non mi forzo mica- provò ad assicurargli, sempre fermo sui suoi passi.

Mathi fece altrettanto, e si voltò per guardarlo, cercando di non perdere il sorriso.

Pensieri positivi, pensieri positivi. Doveva pensare ad Aggie. L’avrebbe sentita dopo cena su Skype, l’avrebbe aiutata con i compiti, tutto sarebbe andato bene.

-Sì, lo so, ma… mi è uscita male. Intendevo dire che l’appuntamento è finito, non hai altri doveri verso di me- provò a riprendersi.

Ottenne una reazione peggiore.

Denny abbassò lo sguardo, ferito.

-Scusa. Non volevo che tu ti forzassi a stare con me. Chissà quanto sono noioso. Non preoccuparti, ti lascio andare da solo. Magari hai anche fretta. Grazie ancora per avermi aiutato. Scusa se mi sono imposto troppo- abbracciandosi per riscaldarsi, Denny si voltò e iniziò a dirigersi da un’altra parte, anche se la sua destinazione era nella direzione opposta.

Mathi si affrettò a fermarlo.

-No, hai frainteso. Io…- Mathi gli prese il polso e cominciò a spiegarsi, ma non sapeva esattamente cosa dire.

Bel lavoro, mente! Doveva decidere di avere pensieri negativi proprio in quel momento?!

Prese un profondo respiro mentale, e continuò.

-A me farebbe molto piacere se mi accompagnassi. Ma non voglio che tu prenda freddo. Tutto qui. Mi sei simpatico, Dan. Dico sul serio- ammise, sorridendo. Non era proprio tutta la verità, ma non era proprio il caso di ammettere che…

-No, è che prima di andarcene sembrava che ti fossi stancato. Forse ho parlato troppo della fiera. A volte inizio a parlare e non mi fermo più. Puoi trovare davvero di meglio- disse l’ultima cosa quasi tra sé, prendendosi il volto tra le mani.

“Ti sentirei parlare per ore” avrebbe voluto dire Mathi, ma non sembrava appropriato.

“Stavo solo cercando di trattenermi dal saltarti addosso perché mi piaci un sacco” …no, forse era meglio di no.

“Stavo pensando che vorrei essere uscire di nuovo con te, magari anche per davvero anche se so che è impossibile, ma non credo che vorresti mai essere amico di uno come me” beh, ci poteva lavorare su.

Forse era il caso di essere sinceri, almeno fino a un certo punto.

-In realtà…- doveva mantenersi sul platonico -…ero un po’ giù di corda…- cominciò, cercando di trovare le parole giuste.

-Mi dispiace tanto!- iniziò a rammaricarsi Denny, ma Mathi aveva intenzione di finire.

-…perché pensavo che ora che l’appuntamento è finito non vorrai più vedermi. Insomma, non sei obbligato a farlo. Ma io mi sono trovato davvero bene, e mi piacerebbe se restassimo amici e uscissimo di nuovo, qualche volta- disse in un solo fiato, sperando di essere risultato abbastanza chiaro.

Denny lo fissò per qualche secondo ad occhi sgranati, poi si mise a ridere. Una risatina isterica e non troppo forte.

Mathi non sapeva se prenderlo come una cosa positiva o negativa. Si limitò a fissarlo confuso finché non smise.

-Mi farebbe davvero, davvero piacere. In realtà ci speravo, ma temevo che, insomma, tu non fossi interessato perché puoi trovare di meglio, ecco- ammise Denny, rosso in volto.

-A conti fatti sei tu ad avere uno stabile gruppo di amici, non io- gli fece notare Mathi, pensando alle amiche che lo avevano seguito.

-Giusto! Ti faccio entrare se vuoi. Cioè… puoi sederti con noi al Corona e poi decidi se ti stanno simpatici. Andresti d’accordo con Felix. Tutti vanno d’accordo con Felix. E poi Amabelle sicuramente approverebbe- iniziò a pensare Denny, emozionato dall’idea che aveva appena avuto.

Mathi sentì il petto riscaldarsi, e un sorriso davvero sincero risalirgli sulle labbra, fino a raggiungere gli occhi.

Non era finita. Forse era solo l’inizio di una buona amicizia.

Non vedeva l’ora di dirlo ad Aggie.

-Ne sarei onorato. Procediamo?- propose poi, indicando la stazione, dato che Denny continuava a tremare.

-Certo, ovviamente. Che stupido! Ma prima… guarda là!- Denny indicò un punto alle spalle di Mathi, che sorpreso dall’improvviso tono acuto del ragazzo si girò lentamente a controllare.

Sentì chiaramente una mano infilarsi nella sua tasca, ma si prese il tempo a controllare i dintorni, con un sorriso tra le labbra.

Quando si girò, Denny aveva un’espressione vittoriosa e da finto tonto.

-Lo prendo come un invito ad andarci insieme?- chiese a Denny, senza neanche prendere il biglietto dalla tasca, ma sapendo con assoluta certezza che Denny lo aveva infilato dentro.

-Non so a cosa tu ti riferisca, ma ti suggerisco di controllare la tasca- Denny la indicò, e Mathi cedette e prese il biglietto.

-Oh, guarda! Come ci è finito questo qui?- chiese, fingendo sorpresa.

-Magia!- Denny lo imitò, per poi ridacchiare tra sé.

-Ti va di andarci insieme?- chiese, indicando il biglietto.

-Con grandissimo piacere, amico!- Denny sembrava davvero felice, e non riusciva a smettere di sorridere -Oh, meglio sbrigarci! Il tuo autobus parte tra poco e rischiamo di perderlo!- lo prese poi per il polso, come Mathi aveva fatto un paio di volte, e iniziò a trascinarlo verso la stazione.

Non era solo incredibilmente adorabile, era forse la persona più innocente, pura e bella dentro che Mathi avesse mai incontrato… sua sorella esclusa.

E voleva baciarlo.

Diamine se voleva baciarlo!

Si impose si cancellare quei pensieri dalla sua testa.

Era solo l’inizio di una buona amicizia.

E forse era meglio che Denny non fosse gay. Perché per Mathi sarebbe stato molto più difficile occuparsi di un’attrazione mutuale. Non se lo poteva permettere, dopotutto, e lo sapeva benissimo.

Ma finché Will non sapeva nulla, era libero di fare ciò che voleva, no? Soprattutto se si trattava di una semplice amicizia.

 

Sabato 19 Gennaio

Felix non era percettivo come Denny, ma sapeva di dover tenere d’occhio Amabelle, ed era riuscito a metterle i bastoni tra le ruote nel modo più efficace e meno dispersivo che conoscesse: con Tender.

Aveva infatti messo sua sorella più piccola in missione segreta per controllare ogni movimento sospetto di Amabelle e Petra, e questo aveva reso la cena a casa Hart molto più divertente, almeno per lei.

“Da Vinci! Cupido parla di bevande, ma è coperta da Caravaggio e non leggo bene il labiale. Passo” gli aveva appena scritto, Felix si avvicinò al tavolo con le bibite per tenerle d’occhio.

-Non credi di approfittare troppo di Tender? Cosa pensi che possa succedere?- Mirren lo stava seguendo dall’inizio della serata, esasperato e tallonato da Fallon, che passava da lui a Tender e sembrava molto interessata alla missione e decisa a proteggere i partecipanti.

-Con Amabelle, anzi, Cupido, non si può mai dire. Ha iniziato Gorgeous, quindi potrebbe succedere di tutto- rispose Felix, deciso, mentre scriveva a Tender di continuare ad aggiornarlo.

-Non che ci sia molto altro da fare, in effetti- osservò Mirren, squadrando il salotto.

I padri erano intenti a giocare a carte, ed erano gli unici a divertirsi davvero. La signora Durke era accanto al marito e tentava di aiutarlo, anche se senza troppo successo.

Bonnie era in un angolo a bere, completamente dimenticata e con un tic all’occhio.

Sul divano, Gabrielle e Meredith, le sorelle gemelle diciassettenni di Felix, erano isolate dal resto del mondo, la prima al telefono, la seconda intenta a studiare. Non potevano essere più diverse di carattere, ma da dietro erano del tutto identiche.

L’unico movimento era causato da Fallon e Tender intente a spiare Amabelle e Petra.

-Domani ti va di andare alla galleria d’arte? Non ci andiamo da parecchio insieme- propose Felix, prendendo un bicchiere d’acqua e controllandolo con attenzione prima di bere.

-Domani lavoro, Felix- gli ricordò Mirren, un po’ dispiaciuto.

-Giusto, mi devo ancora abituare- Felix sospirò, deluso.

-Ma martedì pomeriggio sono libero, se vuoi- cercò di recuperarsi Mirren.

-Martedì pomeriggio devo accompagnare Tender al corso di pittura- 

-È già ricominciato?-

-Già-

Rimasero in silenzio per qualche secondo, segnando le nuove informazioni.

-Vi posso accompagnare- propose infine Mirren, sorridendo a Felix.

-Le farà piacere. Se non ti pesa stare in mezzo a dodici ragazzini che lanciano colore ovunque per due ore- Felix soffriva solo a pensarci, e Mirren rabbrividì vistosamente.

-Me lo farò andare bene, pur di stare un po’ con te- cedette comunque.

-Awww, mi fai arrossire, Mirr- Felix gli diede delle pacche sulla spalla, e Mirren alzò gli occhi al cielo.

-Non mi hai fatto finire. Con te e con Tender, soprattutto- gli fece presente, lanciando un’occhiata affettuosa verso la bambina, che era stata nuovamente raggiunta da Fallon e cercava di capire cosa Amabelle e Petra si dicessero, spostandosi spesso per leggere il labiale.

-Posso capirlo. Nulla da obiettare- annuì Felix, sorridendo alla sorella -Ti va di uscire a prendere una boccata d’aria?- chiese poi all’amico, guardandolo con un sorrisino speranzoso.

Mirren sbuffò.

-Numero?- chiese incrociando le braccia, con aria inquisitoria.

-È solo la seconda, giuro- gli assicurò lui, alzando la mano come uno scout.

-Va bene. Ma non stiamo troppo. Fa freddo- cedette infine Mirren, dirigendosi verso il cortile. Felix prese le giacche e lo raggiunse saltellando allegro.

-Altalena?- chiese Felix, una volta usciti fuori, indicando un angolo del cortile con due altalene vecchie ma resistenti.

-Ovviamente, Durke- annuì Mirren in tono ovvio, facendo ridere l’amico.

Si sedettero e iniziarono ad oscillare leggermente. Felix accese la seconda sigaretta del giorno, e alzò la testa per osservare le poche stelle che spuntavano dietro le nuvole.

Mirren seguì il suo sguardo.

-Non riesco a credere che hai iniziato a lavorare- ruppe il silenzio Felix, dopo qualche boccata.

-Abbiamo venticinque anni, Felix. Era anche ora- osservò Mirren, con una punta di malinconia.

-Sì, lo so. Ma ricordi quando avevamo l’età di Tender e passavamo le cene da te in camera tua a cercare di non far entrare Petra?- ricordò Felix, sorridendo tra sé.

-O d’estate su quest’altalena e tu tentavi di fare un giro completo nonostante fosse impossibile- sogghignò Mirren.

-Non è detto che sia impossibile. Una volta ci sono quasi riuscito!- gli fece notare Felix, con un dito in aria.

-Ricordo che prima di riuscirci sei volato in aria, ti sei schiantato contro una finestra e ti sei rotto il naso, il braccio e la gamba cadendo a terra- ripensare ai quei tempi provocava sempre un nodo allo stomaco a Mirren. Erano tempi spensierati, semplici, tempi dove la loro amicizia era solo quello e nessuno si azzardava a sostenere il contrario.

-Ugh, solo a ripensarci mi fa male il naso. Ma la sensazione di volare per qualche secondo cancella i sei mesi tra gesso e riabilitazione- Felix trovava sempre il lato positivo, anche nei momenti peggiori. Era uno dei tratti che Mirren amava di più di lui. Cioè… apprezzava, come amico.

-Sempre l’eterno ottimista, eh?- lo provocò Mirren, con un sincero e nostalgico sorriso.

-E tu sei sempre l’eterno pessimista- ribatté Felix, piegandosi verso di lui e soffiando un po’ di fumo in faccia.

-Ehi!- si lamentò Mirren, scostandolo dal viso.

-Scusa, ma dovresti vedere la tua faccia- Felix spense la sigaretta, e iniziò a guardarsi i piedi -Mi manchi, Mirr- ammise, un po’ tristemente.

Mirren avrebbe voluto fare un commento sarcastico, ma quando Felix assumeva quell’espressione non era mai un buon segno. Spesso significava uno dei suoi attacchi in arrivo.

-Sono sempre qui, Felix, dall’altro lato della strada. Basta affacciarti alla finestra o uscire sul balcone- Mirren gli batté sulla scarpa con la propria. Felix sollevò la testa verso di lui e gli sorrise.

-Già, sei sempre qui- commentò, leggermente sollevato -Per certi versi, non è cambiato proprio nulla- osservò poi, quasi tra sé, e con una punta di malinconia.

-E non cambierà nulla- la rassicurazione di Mirren, quasi più rivolta a sé stesso che a Felix, non sembrò rassicurare particolarmente quest’ultimo, che aggrottò le sopracciglia, e aprì la bocca per dire qualcosa, per poi richiuderla subito dopo, e rimanere in silenzio, immerso nei suoi pensieri.

Prima che Mirren potesse suggerire di tornare dentro, un urlo acuto e spaccatimpani li fece sobbalzare.

I due ragazzi si guardarono per un secondo, confusi, e poi corsero immediatamente dentro, preoccupati e chiedendosi cosa mai potesse stare succedendo.

Nessuno dei due riconobbe la fonte dell’urlo, e dato che entrambi erano piuttosto esperti riguardo a rispettivi genitori e fratelli, questo lasciava una sola opzione aperta: Bonnie.

Ed in effetti era proprio Bonnie la fonte dell’urlo, e quando Mirren e Felix raggiunsero la stanza, era ancora intenta a sbraitare verso il terreno, coperto dal divano.

Felix controllò in fretta la stanza. 

La partita a carte si era interrotta di scatto, e mentre i coniugi Durke si stringevano l’uno all’altro senza sapere cosa fare, Brogan si era diretto verso la moglie e cercava di calmarla.

Gabrielle stava facendo un video con il telefono mentre Meredith si era allontanata il più possibile e guardava la scena sconvolta.

Amabelle e Petra erano appena tornate dal piano di sopra, e sembrarono sorprese che Mirren e Felix fossero lì.

Tender, non appena vide il fratello, gli corse incontro e gli si nascose dietro.

Quindi contro chi stava urlando Bonnie, in preda alla furia?

La risposta si presentò sotto forma di un guaito, che allertò Mirren.

Fallon!

Il ragazzo si precipitò oltre il divano, dove la fedele anziana cagnolotta era aggrovigliata su sé stessa, con la testa china e le orecchie basse.

Da quella posizione, Mirren capì anche il motivo di tale astio. In qualche modo, aveva macchiato di vino il vestito di Bonnie. Non era neanche una grande macchia, quasi non si notava sull’abito rosso, ma a quanto pare valeva centinai di insulti e qualche percossa con un cuscino ai danni del povero animale.

-Piantala, Bonnie!- Mirren si mise tra la matrigna e il cane, cercando di mantenere la compostezza ma quasi con il fumo che gli usciva dalle orecchie.

-Non darmi ordini. Sono tua madre. E quel cane lo voglio fuori da questa casa!- esclamò lei, fuori di sé dalla rabbia.

Mirren impallidì, e lanciò un’occhiata preoccupata a suo padre.

-Bonnie cara…- provò a farlo ragionare lui, mettendole una mano sulla spalla per calmarla.

-Niente “Bonnie cara”! Ho aspettato a sufficienza. Pensavo che sarebbe morta presto, quindi non ho detto nulla. Ma quando è troppo è troppo! Quel cane è un disastro, è orripilante! Disgustoso! Lo voglio fuori- insistette lei, senza smettere di urlare.

Tender si nascose sempre di più dietro al fratello, non trattenendo qualche singhiozzo. Felix sarebbe volentieri intervenuto, ma non voleva lasciare sola la sorella.

Mirren strinse il cane con forza, come a proteggerlo dalla furia della matrigna peggiore che avesse mai avuto.

-Padre, non vorrai mica ascoltarla?!- intervenne in suo aiuto Petra, mettendosi davanti al fratello e alla matrigna, e rivolgendosi con ardore a Brogan, che non sapeva che pesci prendere.

-Perché non ne discutiamo domani mattina, con calma?- provò a proporre, cercando di fare contenti tutti.

-Non c’è nulla da discutere!- obiettarono con forza Petra e Bonnie, guardandosi poi in cagnesco.

-Credo sia ora di andare. Domani devo lavorare presto. Si sta facendo tardi. Non pensi, caro?- la signora Durke si rivolse al marito, cercando di non far trapelare l’imbarazzo.

-Eh… sì. Infatti, tesoro. Brogan, potremmo prendere noi Fallon per la notte- propose poi.

Dal suo sguardo era chiaro che lo stesse facendo per la salute di Fallon, ma Mirren strinse comunque il cane con più forza.

-Visto che Fallon è qui da più tempo di Bonnie, se qualcuno deve andarsene, quella è lei- fece notare, a denti stretti.

-Figliolo, è solo un cane!- provò a metterci una pezza sopra il padre, ma scatenò solo l’ira di Felix, che si aggiunse a difesa dell’animale.

-È ben più di un cane! È stata la fedele compagna di suo figlio per quasi quindici anni. È un membro della famiglia- fece notare, infuocandosi.

-Va bene. Va bene, avete ragione. Il cane resta qui- cedette infine Brogan.

Bonnie iniziò a piangere a singhiozzi.

-Non fai mai nulla per me!- esclamò in direzione del marito, in tono ferito e decisamente falso, prima di correre sopra le scale verso la sua camera da letto.

Brogan sospirò.

-Scusate tanto per questo tafferuglio. La prossima volta cercherò di rendere la cena perfetta- promise Brogan, con un sorriso gioviale rivolto ai Durke.

-Non preoccuparti, Brogan. È stata una bella serata. Ma ora è meglio andare. Tender, piccola, vieni- la signora Durke attirò l’attenzione della figlia e le parlò con il linguaggio dei segni. Tender abbandonò le gambe del fratello e raggiunse la madre, ubbidiente.

-È stato un piacere avervi qui. Amabelle, pensi di restare a dormire?- chiese poi Brogan all’infiltrata.

-No, non credo. Felix mi riaccompagna in moto. Ma grazie tante- declinò Amabelle, a disagio ma mantenendo il sorriso.

Era una bugia. Ma Felix non lo fece presente e si preparò psicologicamente al giro in moto.

Lanciò un’occhiata a Mirren per comunicargli tutto il suo dispiacere per la situazione, ma l’amico non lo stava guardando. A denti stretti, era in ginocchio accanto a Fallon e la accarezzava con affetto, fissando un punto vicino al camino e cercando di non piangere.

Felix avrebbe voluto andare lì ad abbracciarlo, ma non ne ebbe il coraggio.

Si limitò a salutarlo da lontano, e accompagnare i suoi genitori fuori e diretto verso la propria casa.

 

-Che serata di schifo!- commentò Petra sottovoce rivolta da Amabelle, mentre la accompagnava alla porta.

-Ci pensi tu a riaprire la porta di Mirren?- chiese lei, ignorando la faccenda Fallon e spingendole la chiave in mano.

-Sì. Ti avevo detto che era una pessima idea- borbottò Petra.

-Era un’idea geniale, anche se sarebbe stato meglio se fossero stati ammanettati insieme e ubriachi- ribatté Amabelle.

-E se fossero stati nella stanza- le fece notare Petra.

-Sì, beh, pure. Comunque. L’intervento di Tender questa volta ha rovinato i nostri piani, ma la prossima volta Norman non scapperà, e per l’otto marzo… oh… l’otto marzo sarà il momento del canon! E il prossimo passo sarà un matrimonio migliore di quello di Romina e Julian!!- esclamò con sicurezza.

Petra la ignorò.

-Sì, beh, perché non resti a dormire?- chiese Petra, cambiando argomento.

-Non lo so. Non mi sembrava il caso visto quello che è successo. E poi non mi piace dormire quando c’è Bonnie. Si fa sempre delle idee sbagliate e mi tratta come se…- Amabelle si interruppe, storcendo il naso -È così sepolta nel suo concetto eteronormativo che le donne non possono avere amiche femmine che è sempre convinta che io abbia doppi fini. È davvero la peggiore finora- Amabelle socchiuse gli occhi, con espressione minacciosa rivolta verso nessuno in particolare.

-Già, è un’idiota omofoba del cavolo!- le diede man forte Petra, tra sé.

-Amy, tesoro, vieni con noi?- la richiamò la signora Durke.

-Certo, Jo! Ci sono!- rispose Amabelle.

-Grazie mille per l’aiuto! Ci sentiamo presto, amica!- Amabelle abbracciò di slancio Petra, prima di correre verso di Durke e scompigliare affettuosamente i capelli di Tender.

-Ciao, amica- sussurrò tra sé Petra, pur consapevole che Amabelle non poteva sentirla, rientrando in casa e chiudendo a chiave la porta dietro di sé.

Lanciò un’occhiata verso il salotto, ma era chiaro che Mirren voleva restare da solo, quindi si diresse semplicemente in camera, dopo aver sbloccato la porta del fratello.

Si buttò con la faccia verso il cuscino, e cacciò fuori un urlo liberatore, che per fortuna uscì abbastanza ovattato da non essere udito da nessuno.

Ne aveva fin sopra le scatole di Bonnie, e in generale delle tante Bonnie che una dopo l’altra entravano nel nucleo familiare e cercavano di dettar legge e corrompere suo padre con fascino e tette.

In fin dei conti era colpa loro se era così incasinata!

Era figlia di una Bonnie, anche se in quel caso si chiamava Tara, che l’aveva abbandonata al padre e ora era in viaggio per il mondo e non si faceva sentire da tre anni.

Per anni non aveva saputo come comportarsi perché cercava di compiacere la Bonnie del periodo, e adesso era ancora in fase esplorativa di sé stessa a ventun anni.

Non aveva la minima fiducia in suo padre, e l’unico parente che considerava affidabile era il suo fratellastro maggiore.

Ma soprattutto, era un casino dal punto di vista sentimentale.

Aveva capito di essere omosessuale solo da qualche mese e solo perché era diventato ormai troppo ovvio per non rendersene conto.

Era innamorata persa della sua migliore amica probabilmente da qualche anno.

E non aveva la minima idea di che cavolo fare al riguardo.

Soprattutto se la suddetta amica era la prima a friendzonarla costantemente senza rendersene conto.

-Grazie papà. Grazie Bonnie. Grazie Mirren- sussurrò al cuscino, grattandosi la testa, irritata.

Dopotutto un tizio con relazioni instabili, una serie di donne che volevano solo soldi e potere e un fratello troppo codardo per confessare il suo eterno amore per il proprio migliore amico non erano poi i migliori esempi del mondo da seguire.

-Per colpa vostra diventerò una zitella. E non potrò neanche avere animali domestici- osservò tra sé, prima di alzarsi, mettersi in pigiama, e provare a dormire.

Certo che l’operazione Matchmaker stava rendendo tutto molto più complicato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Wow, lungo. Solo l’appuntamento di Denny è Mathi poteva far uscire un capitolo. Ma la parte di Mirren e Felix è uscita piuttosto corta alla fine, quindi ce l’ho lasciata.

Ammetto che l’appuntamento di Denny e Mathi è stato piuttosto difficile, ma alla fine ce l’ho fatta. Chissà chi è Will.

Petra ha confessato a sé stessa i propri sentimenti, Bonnie è una persona orribile, e niente, il prossimo capitolo dovrebbe essere più breve perché tratta solo dell’appuntamento di Clover e Diego.

Ma tranquilli, non sono monotematica. È un appuntamento molto più interessante di quello di Denny e Mathi, completamente diverso, e torna l’effetto Norman.

Questi giorni, con la chiusura di tutta Italia, dovrei avere tempo per scrivere, spero di riuscire a pubblicare presto il prossimo capitolo. 

 

Nel prossimo episodio: Amabelle tira qualche filo. L’effetto Norman agisce in modo inaspettato durante la cena tra Clover e Diego.

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Capitolo 7
*** Blind Date ***


Blind Date

 

 

Martedì 22 Gennaio

Max si rigirava tra le mani un reperto di incomparabile bellezza. Un vaso greco che aveva appena tirato fuori con le sue mani… e pennelli vari perché tutto si poteva dire di lui, tranne che fosse poco attento quando lavorava.

-Che scoperta grandiosa, Max. Mi sai dire di quale periodo storico è?- chiese il responsabile degli scavi, interrogandolo.

-Max- sentì una voce chiamarlo poco distante, ma la ignorò.

Il ragazzo si rigirò il vaso tra le mani, cercando di carpirne i particolari.

-Allora, è un vaso in ceramica a figure rosse, quindi è sicuramente dopo il 500 a.C.- cominciò la sua analisi, cercando di carpire ogni dettaglio nonostante l’immagine sembrasse scomporsi e ricomporsi davanti a lui.

-Ottimo, vai avanti…- lo incoraggiò il responsabile, che… oh, era una donna? Max poteva giurare che fino a due secondi prima fosse un uomo. Vabbè, non era importante. Era il vaso ad essere importante. Dunque…

-Max- la voce che lo chiamava si fece più chiara, ma lui continuò ad ignorarla. Doveva restare concentrato.

-Le figure rappresentate sono divinità, la forma del vaso è…- Max socchiuse gli occhi, cercando di capire quali fossero le divinità e sentendo il vaso cambiare tra le sue mani. Che reperto incredibile. Non aveva mai studiato vasi magici. Che fosse il famoso “Vaso di Pandora”?

-Max!- la voce che lo chiamava divenne fin troppo chiara, e Max sobbalzò vistosamente, alzando la testa e ritrovandosi faccia a faccia con Sonja, che lo stava scuotendo un po’ preoccupata.

-Efesto e Afrodite! …No, anzi, Ares e Afrodite- disse con sicurezza, facendo indietreggiare Sonja.

-Max… tutto bene?- chiese la ragazza, squadrandolo preoccupata.

Fu solo a quel punto che Max si rese conto di non essere in un sito archeologico, ma sul retro del Corona Café, e che probabilmente si era addormentato durante i suoi dieci minuti di pausa pranzo.

Pausa pranzo che sperava di poter utilizzare per studiare Archeologia Greca.

Inoltre aveva appena fatto una figuraccia terribile davanti a Sonja.

Pregò Ares e Afrodite che tutto ciò fosse parte del sogno.

-Sembri esausto. Stai bene? Hai bisogno di riposarti un altro po’?- gli chiese Sonja, mettendogli una mano sulla fronte e confermando di essere del tutto reale.

Max si strofinò gli occhi cercando di mettere meglio a fuoco l’elegante figura della ragazza e aggrapparsi del tutto con la mente alla realtà. 

-Sonja… no, non preoccuparti. Che ore sono?- chiese, alzando lo sguardo verso l’orologio a muro dall’altra parte della stanza.

La pausa pranzo era finita da tre minuti. Si era addormentato approssimativamente cinque minuti dopo aver cominciato a studiare, quindi aveva dormito la bellezza di otto minuti consecutivi.

-Sono pronto a tornare a lavoro- assicurò Max, prima che Sonja potesse rispondere alla domanda precedente, e provò ad alzarsi, solo per essere spinto nuovamente sulla sedia dalla ragazza.

-Nein! Hai una pessima cera. Posso coprire io il tuo turno. Torna a casa a dormire- gli suggerì, in tono autoritario e deciso.

Ma Max non poteva permetterselo.

-Non posso. Ho bisogno di lavorare, e devo studiare. Ho l’esame tra due giorni, e devo ancora inviare la domanda al professore e…- Max iniziò ad elencare tutto quello che doveva fare entro la settimana, e sentì quasi un peso fisico che si posava sulle sue spalle.

Si prese il volto tra le mani, e sospirò.

-Max…- Sonja gli mise una mano sulla spalla, per cercare di rassicurarlo in qualche modo.

Per un attimo, il peso sembrò placarsi.

-Mi dispiace, non volevo ammorbarti con i miei problemi. Torno subito a lavoro- cercando di non mostrare il rossore che gli aveva appena tinto le guance, Max si alzò, prese il grembiule che aveva posato sulla sedia, e si diresse senza dire altro verso il salone principale del café, per riprendere.

Sentiva le palpebre pesanti, e probabilmente avrebbe almeno dovuto prendere un caffè durante la pausa, ma non aveva più tempo da perdere.

Perché tutto si poteva dire di Max, tranne che fosse poco professionale quando lavorava.

Notò con una certa sorpresa che la Corona Crew era quasi tutta al solito tavolo, e si avvicinò per controllare la situazione. 

-Salve ragazzi, avete già ordinato?- chiese, accennando un sorriso.

Del gruppo mancavano solo Felix e Mirren, e accanto a Denny, Max notò con stupore che c’era Mathi.

Amabelle sembrava al settimo cielo.

-Max! Eccoti! Ci serve il tuo giudizio da fratello maggiore- lo accolse la ragazza, alzandosi in piedi e battendo con veemenza i pugni sul tavolo.

-Oh no! Ricomincia- sentì Denny borbottare tra sé, o almeno, Max intuì che dicesse questo. Dato che aveva il volto completamente sepolto tra le mani e cercava di farsi piccolo e invisibile.

Accanto a lui, Mathi sorrideva tra sé e lo guardava dispiaciuto.

Se Max fosse stato leggermente più sveglio sicuramente avrebbe cercato di mietere l’imbarazzo del fratello, ma al momento non trovava le parole, e si limitò a guardare Amabelle con sguardo interrogativo, chiedendosi cosa volesse.

Probabilmente c’entrava Mathi, ma non aveva la forza di intuire oltre.

-Approvi che Mathi entri nel gruppo e sposi tuo fratello?- chiese Amabelle, con sguardo assassino.

Beh, probabilmente doveva essere uno sguardo civettuolo e gioioso, ma Max sapeva che quello sguardo, su Amabelle, era sinonimo di guai.

Un momento… sposare?

Perché mai Denny non gli aveva detto che si era fidanzato con Mathi? Di solito si dicevano ogni cosa.

Poi la sua mente elaborò le informazioni, lenta come un vecchio computer, e si ricordò che l’appuntamento era finto, si rese conto che Denny si era ritirato ulteriormente e che Mathi sembrava in imbarazzo quanto lui, e soprattutto gli tornò alla mente che per il momento Denny si professava ancora etero con parecchia convinzione, quindi era piuttosto improbabile che avesse avuto un’epifania in pochi giorni, soprattutto senza dirglielo.

Loro due si dicevano tutto.

-Credo che Mathi sia un ragazzo simpatico e non sono contrario a farlo entrare nel gruppo, ma forse è il caso di lasciare a loro due i programmi di matrimonio, non pensi?- disse con gentilezza, facendo sbuffare Amabelle, che si risedette.

-Si, si, ma sono lenti. Sono tutti lenti! Come va con Sonja?- cambiò argomento Amabelle, guardandolo con lo stesso sguardo assassino di prima.

-Non mi avete risposto, avete già ordinato?- chiese Max ricambiando argomento in tutta fretta, rivolgendosi a Norman, che sicuramente sarebbe stato il più propenso a rispondergli.

-Non ancora- disse infatti il ragazzo.

-Siete pronti o ripasso più tardi?- chiese poi verso l’intero tavolo.

-Sei fortunato che non ho piani per te a Gennaio. Ma a Febbraio mi rifaccio! Preparati!- lo minacciò Amabelle, con voce bassa e spaventosa -Prendo un tè freddo alla pesca con ghiaccio e una angel cake con panna, grazie- aggiunse poi, addolcendo la voce, che tornò zuccherosa.

-Jekyll e Hyde- Max sentì Mathi commentare tra sé. 

Non poteva che trovarsi d’accordo.

Dopo aver preso le ordinazioni, si avviò celermente in cucina, per segnalarle a Roelke.

Si preparò mentalmente ad una futura probabile sfuriata di Clover nei confronti di Amabelle, dato che quest’ultima si era messa a torchiarla per un qualche appuntamento al buio, prese le ordinazioni di un altro paio di tavoli e si mise in attesa di nuovi sviluppi.

Forse poteva andare a lavare i piatti.

Prima di tornare in cucina, si concesse di chiudere gli occhi per cinque secondi, cercando di restare concentrato.

Quando li riaprì, Roelke lo guardava con un sopracciglio inarcato e le braccia incrociate.

Controllò che non avesse combinato qualcosa di male, ma era tutto normale.

-Va tutto bene, capo?- chiese, confuso.

-Quanto hai dormito?- chiese lei, indagatrice.

Max notò che alle sue spalle Sonja lo stava osservando mentre preparava delle bevande. Dopo essere stata beccata, tornò concentrata sul suo compito, arrossendo appena.

-Abbastanza?- il ragazzo cercò di aggirare la domanda, tornando con lo sguardo verso la sua superiore. Cercò di renderlo un’affermazione, ma uscì più come una domanda.

Purtroppo non era bravo a mentire. Anzi, odiava le bugie e i segreti. 

-Quanto?- insistette Roelke.

Ma a volte una piccola bugia innocente poteva anche servire, dopotutto.

-Il giusto numero di ore… non le ho contate- Bugia. In quel periodo contava ogni singolo minuto cercando di usarlo al meglio.

-Quanto?- continuò Roelke, che fiutava le bugie come un cane da tartufi.

-Otto ore…- Bugia.

-Quanto?-

-Tre ore…- Bugia.

-Quanto?-

-Un’oretta, circa… forse un po’ meno…- Bugia.

-Quanto, Max?!- 

-Ventitrè minuti… non consecutivi. Otto durante la pausa pranzo- ammise alla fine, sospirando come se si stesse liberando di un peso.

Anche Roelke sospirò, anche se fu quasi uno sbuffo esasperato.

-Ti stai stressando troppo, Max. Lo so che hai molti esami, puoi benissimo fare meno turni- cercò di venirgli incontro, in tono comprensivo, mettendogli una mano sulla spalla con fare confortante. Era una cosa di famiglia evidentemente. Anche se Sonja era stata più d’aiuto, per certi versi.

-Non è un problema per me lavorare. Mi aiuta a distrarmi- questa non era una bugia. Era quasi rinfrancante pensare a degli essere umani invece che a soli reperti.

-Ma dovresti dormire. Per oggi il turno è finito. Usa il tempo per riposarti. E non ti voglio a lavoro fino a giovedì- gli ordinò lei, con un dito ammonitore.

Max avrebbe voluto obiettare, ma sapeva che con Roelke era inutile. Se ci fosse stato Kodie sarebbe stato molto più facile.

E doveva ammettere che si sentiva davvero sollevato.

Senza l’impegno del bar avrebbe avuto tutto il giorno successivo per finire il ripasso e la richiesta di assunzione per il professore.

Probabilmente sarebbe anche riuscito a dormire, almeno qualche ora.

-Va bene- cedette, abbassando lo sguardo -La ringrazio, signora King- accennò un sorriso, e si tolse il grembiule, iniziando a dirigersi verso il retro per recuperare le sue cose.

Si rese conto che l’intero tavolo della Corona Crew lo stava fissando on insistenza, e decise di fare tappa lì.

-Roelke mi manda a casa a riposare e mi da il giorno libero domani- spiegò brevemente.

Denny tirò un profondo sospiro di sollievo.

-Per un attimo temevo ti avesse licenziato. Avevo paura che fosse a causa mia- ammise tra sé.

-Tranquillo, Denny. Fare favoritismi ai nostri migliori clienti non sarà mai motivo di licenziamento- lo rassicurò, scompigliandogli i capelli.

-Posso accompagnarti a casa?- chiese Clover alzandosi in piedi e prendendo con veemenza la borsa.

-Ma non hai appena ordinato un ginseng e un cheese toast?- Max piegò la testa confuso.

-Sì, e sono estremamente affamata e allo stesso tempo decisa a restare digiuna pur di non sentire le prediche assillanti di Amabelle!- si lamentò Clover, lanciando alla ragazza un’occhiata indispettita.

Amabelle fece il muso, e le lanciò un tovagliolo arrotolato. 

-Sarebbe molto più semplice per entrambe se solo accettassi subito. Tanto lo sai che prima o poi cederai. Meglio prima che poi- disse con sicurezza, e sguardo malefico.

-Meglio mai!- obiettò Clover, con altrettanta sicurezza, rilanciandole la pallina di carta.

-Rimpiango di non aver accompagnato Mirren e Felix al corso di pittura- borbottò tra sé Petra.

-Non puoi saltare il pranzo, Clover. E poi non vado a casa, ma in biblioteca. Devo prepararmi per l’esame di giovedì- Max cercò di concentrarsi sul problema più urgente, sbadigliando sonoramente.

-Eh no! Tu ora vai a casa! Non hai dormito, e si vede- Clover tornò a concentrarsi su di lui, lanciandogli un’occhiataccia peggiore di quella riservata ad Amabelle.

-Ho dormito abbastanza- cercò di insistere Max.

-Non è vero. Ti ho sentito tutta la notte sfogliare pagine- obiettò Denny.

Tradito dal suo stesso fratello.

-Se ti disturbavo dovevi dirmelo. Sarei andato in salotto- si dispiacque Max. Era convinto di essere stato abbastanza silenzioso.

-No, no. Sono riuscito a dormire, ma comunque so che tu non hai fatto altrettanto- Denny incrociò le braccia, coalizzandosi con Clover.

-È deciso. Mando a monte il mio pranzo e ti trascino a casa- Clover fece per dirigersi con forza verso di lui e trascinarlo fuori, ma Max alzò le mani e le fece cenno di risedersi al tavolo.

-Facciamo così… mentre tu mangi io ti aspetto fuori e studio un po’. Poi mi riaccompagni a casa e vado a dormire, va bene?- propose, cercando di trovare un compromesso. Non voleva che Clover saltasse i pasti. Aveva già avuto problemi con il cibo, in passato, e non voleva che ci ricascasse.

-Va bene. Mi sembra equo. Ma mangerò veloce. E tu non mi dare fastidio!- indicò Amabelle, che alzò le mani in segno di resa, parecchio delusa dalla piega che stavano prendendo gli eventi.

-Bene, vado fuori. Ci vediamo dopo, ragazzi. Buon pranzo- con quest’ultimo saluto, Max si diresse un po’ barcollante verso il retro dell’edificio.

-I pranzi con la Corona Crew sono sempre così?- sentì Mathi ridacchiare tra sé, ma quando gli risposero, Max era già fuori dalla portata d’orecchio.

Raccolse le sue cose, e uscì per sedersi sul muretto davanti al café. Era sotto un albero che Max adorava, e nonostante fosse spoglio al momento, rappresentava comunque una buona connessione con la natura. Max respirò a pieni polmoni l’aria esterna, e aprì il libro dove si era interrotto. Vasi in figure rosse, ovviamente. Sorrise tra sé pensando al sogno che aveva fatto poco prima. Quell’esame ormai si stava infilando troppo nella sua testa. Era un buon segno, no?

-Herr… Max?- sentì la ormai familiare voce dall’accento tedesco chiamarla, e non trattenne un sorrisino.

Alzò lo sguardo per incontrare gli occhi azzurri di Sonja, e alzò le mani sulla difensiva.

-Ho intenzione di tornare a casa, ma sto aspettando Clover- spiegò, sperando che la zia della ragazza non uscisse con un matterello pronto a minacciarlo per farlo tornare immediatamente a casa e sotto le coperte.

-Ja, ho inavvertitamente sentito la conversazione mentre portavo le bibite al tavolo accanto- ammise la ragazza, sorridendo timidamente e avvicinandosi al muretto, senza però sedersi.

-Volevo solo… sai…- continuò poi a dire, un po’ incerta.

Max piegò la testa, confuso, ma non disse nulla, per incoraggiarla a continuare.

-Spero che tu non ce l’abbia con me per aver avvertito tante della tua situazione. Ero solo preoccupato per te- ammise, con voce sottile, alzando poi lo sguardo per guardarlo, imbarazzata.

Max era sorpreso.

-Oh, no- disse con semplicità -Non preoccuparti, non potrei mai avercela con te. Eri in buona fede- la rassicurò, sorridendo più ampiamente.

Era il turno di Sonja di essere sorpresa.

-Sicuro, non è stato indelicato o sconveniente da parte mia?- chiese, inarcando le sopracciglia.

-No. Anzi, ti ringrazio per preoccuparti per me. So di dover dormire di più, ma non mi piace non tenere fede ai miei impegni- ammise, chiudendo il libro e posandolo accanto a lui, per non dare l’impressione di avere fretta di chiudere la conversazione.

Adorava parlare con Sonja, non voleva smettere di farlo.

-Sei davvero responsabile- la ragazza si sedette accanto a lui, sembrava quasi ammirata.

-È una cosa normale. Devo aiutare mio padre, come posso- minimizzò lui, con un sorrisino triste -È sempre fuori per lavoro e guadagna una miseria- 

-Che lavoro fa?- Sonja si avvicinò leggermente, curiosa.

-È un giardiniere. Cioè, in realtà è un architetto paesaggista, ma lavora principalmente come giardiniere. Va nei giardini dei ricchi e tiene tutto in ordine- spiegò Max, orgoglioso.

Sonja si illuminò.

-Un architetto paesaggista? Io adoro i giardini! Li trovo davvero rilassanti- rivelò, entusiasta.

-Ne conosco alcuni bellissimi in città. Potrei portartici un giorno di questi. Quando sarò un po’ più libero- propose Max.

Sonja annuì con vigore.

-Sarebbe fantastico!- poi sembrò rendersi conto di qualcosa, e si spense come una lampadina fulminata.

-Tutto bene?- indagò Max, un po’ preoccupato.

-Uh? Sì! Nulla! Studi archeologia?- chiese lei cambiando argomento, e indicando il libro.

-Oh? Sì. Già. È la mia specialistica. Conto di laurearmi in anticipo. Ho già preso una laurea breve in storia dell’arte- spiegò, preso in contropiede dal cambio repentino di argomento ma non insistendo sulla questione precedente.

-Wow. Scommetto che stavi sognando un vaso greco- suppose Sonja, con sguardo furbetto.

-…sì, come lo hai capito?- Max la guardò ammirato, e lei iniziò a ridacchiare.

-Appena sveglio hai farfugliato qualcosa su Ares e Afrodite- gli ricordò , facendolo arrossire.

-Mi scuso ancora per averti spaventata, poco fa- Max si prese la testa tra le mani, imbarazzato.

-Figurati. Non è la cosa più strana che mi succede con te- lo rassicurò, quasi tra sé.

Max aprì la bocca per indagare, ma venne anticipato dall’uscita veemente di Clover, che iniziò a parlare senza neanche assicurarsi che lui fosse effettivamente seduto lì.

-Maledico il giorno in cui mi hai presentato quella ragazza! Sono a tanto così da uscire dalla Corona Cr…- si interruppe appena notò che Max non era solo, e fece qualche passo indietro.

-Scusate, interrompo qualcosa? Posso mettermi in un angolo ad aspettare- propose, indicando un cespuglio poco lontano.

-Nein! Devo tornare a lavoro. Ci vediamo presto, Max. Spero riuscirai a riposare- Sonja si alzò di scatto, come svegliata da un sogno, e salutò Max, indietreggiando in tutta fretta -Lo lascio nelle tue mani. Controllalo per me- disse poi a Clover, con un sorriso complice.

-Lo seguirò come un segugio, stanne certa. Buon lavoro- la salutò Clover, con un sorriso divertito.

-Buona giornata- e con un ultimo saluto verso entrambi, Sonja tornò dentro.

-Allora…- Clover iniziò ad indagare, con sguardo malizioso.

-Sono troppo stanco per sostenere questa conversazione- cercò di evitare l’argomento Max, mettendo il libro dentro la borsa e alzandosi con qualche difficoltà in piedi.

-Ma devi pur pensare a uscire. Sono sei mesi che non vai ad un appuntamento- obiettò Clover, affiancandolo e iniziando a camminare verso la fermata dell’autobus.

Max si limitò a lanciarle un’occhiata eloquente, e Clover arrossì leggermente.

-Per me è diverso! Io non voglio andare ad un appuntamento!- si mise sulla difensiva, incrociando le braccia.

-Lo so, lo so. Io invece vorrei, ma non ho tempo- osservò Max, rassegnato -Qual è il piano di Amabelle?- indagò poi, pronto a sentire sclerare l’amica al riguardo.

Come previsto, Clover si infiammò.

-Cerca di convincermi a tutti i costi a fare un appuntamento al buio alle “Cascate”. Dice che è tutto prenotato e paga lei e che sarebbe scortese rifiutarmi- cominciò a spiegare Clover, stringendo i pugni e cominciando a marciare, più che a camminare.

Se Amabelle l’avesse chiesto a Max, lui non avrebbe avuto alcun motivo per rifiutare. Ma Clover e Max erano completamente diversi.

-Come osa pagarti una cena nel tuo ristorante preferito!- commentò il ragazzo, sarcastico.

Clover lo fulminò con lo sguardo.

-Non fingere di non capire che la parte problematica è l’appuntamento!- 

-Okay, okay. Quando sarebbe l’appuntamento?- chiese, curioso.

-Sabato-

-Quindi tu saresti disposta a sorbirti l’insistenza di Amabelle fino a sabato pur di non mangiare al tuo ristorante preferito senza neanche dover pagare?- 

Clover si fermò, e Max si voltò verso di lei.

-Da che parte stai?!- chiese la ragazza, indicandolo con fare accusatorio.

Max alzò le mani in segno di resa.

-Dalla tua, ovviamente. Per questo penso che dovresti accettare- cercò di farla ragionare.

Clover sbuffò sonoramente, e si rimise a camminare, superandolo.

Max si affrettò a stare al passo.

-Non sto dicendo che devi iniziare a uscire con qualcuno, ma che accettando l’appuntamento adesso potresti evitare che Amabelle si accanisca in futuro- cercò di mostrarle il quadro completo, e Clover rallentò il passo, interessata.

-In che senso?- chiese, dandogli il beneficio del dubbio, ma ancora poco convinta da ciò che stava dicendo.

-Senti, conosco Amabelle da quando eravamo piccoli, e so che se si mette in testa una cosa non c’è modo di farla desistere. Siamo tutti spacciati. Ma conosco alcuni suoi punti deboli- illustrò, sperando di fare il bene di entrambe le ragazze con la sua piccola informazione.

-Okay, ti ascolto- Clover tirò fuori il telefono per prendere appunti.

-Amabelle non si rimangia mai le promesse. Quindi se vuoi che eviti di assillarti ulteriormente, fate un patto- le suggerì, con semplicità.

-Mi stai dicendo che Amabelle è tipo Tremotino?!- Clover lo guardò a bocca aperta. Max quasi si strozzò con la sua saliva.

-Non userei questi termini, ma a conti fatti è un buon paragone- ammise, tra sé.

-Un patto, eh? Del tipo “smetti si assillarmi e io non ti minaccerò con un coltello?”- rifletté Clover, con sguardo assassino.

-Pensavo più a una cosa del tipo “Se accetto di andare all’appuntamento e va male, poi non mi assillerai più per altri appuntamenti”- propose lui, con pacatezza.

-Ma non ci voglio proprio andare!!- Clover si prese la testa tra le mani, abbattuta.

-Quindi è praticamente assodato che andrà male e dovrai solo fare un piccolo sacrificio per vivere almeno un anno in serenità- le fece notare lui.

-Ammettilo, ti ha comprato! Sei dalla parte di Amabelle!- lo accusò, sospettosa.

-Clover, seriamente… io voglio solo che tu sia felice. E se mi dici che non sarai felice uscendo con qualcuno, allora mi preme evitare che tu lo faccia. Questo è l’unico modo che mi è venuto in mente per evitare che Amabelle insista- provò a convincerla, sorridendole incoraggiante.

Clover aprì la bocca per obiettare, ma Max fu più veloce.

-…senza ferirla- aggiunse in fretta. Clover richiuse la bocca sconfitta.

Arrivati alla fermata, Clover si lasciò cadere drammaticamente sulla panchina, e sospirò, rassegnata.

-Va bene. Domani in palestra informerò Petra che sono pronta a negoziare. Spero solo che il ragazzo dell’appuntamento non sia…- si interruppe, e strinse i denti, seccata.

Max avrebbe voluto indagare, ma decise di lasciar perdere. Sapeva che c’erano cose che era meglio non chiederle. Erano migliori amici solo dall’ultimo anno di liceo, e Max sapeva che prima che si conoscessero la vita di Clover era stata complicata. Complicata ai livelli di una fanfiction sugli One Direction o Justin Bieber. Quel tipo di “complicata”.

-Chiunque sarà, peggio di Richard non potrà mai essere- Max provò a vedere il lato positivo.

-Oh, non esiste nessuno peggio di Dick. Beh, nessuno che Amabelle conosca- gli diede man forte Clover.

-E in ogni caso poi potrai anche non vederlo mai più- aggiunse Max, incoraggiante.

-Sì, hai ragione. Arriva il tuo autobus. Ti accompagno fino a casa e poi torno indietro- Clover notò la vettura e si alzò per fermarlo e salire.

Max la guardò con affetto, e la seguì.

L’accusa della ragazza, che lui fosse invischiato con Amabelle, non era del tutto infondata.

In effetti la matchmaker lo aveva preso da parte e gli aveva supplicato di convincere Clover ad accettare l’appuntamento, ma Max non aveva accettato. Almeno, non alle sue condizioni.

Voleva bene ad entrambe le ragazze. Clover era la sua migliore amica, e Amabelle era come una sorella minore. 

Pertanto aveva trovato la soluzione che sperava sarebbe stata perfetta per entrambe: un’occasione a Clover di trovare l’amore; e una ad Amabelle di farglielo trovare.

Sperava davvero che andasse tutto bene.

 

Sabato 26 Gennaio

Sì, beh, Clover doveva aspettarselo.

Era arrivata elegantemente in ritardo alle “Cascate”, e fissava da una distanza di sicurezza quello che, sì, aveva controllato almeno tre volte, era il suo tavolo, con il suo blind date.

Diego Flores.

L’ultima persona che avrebbe voluto vedere in tempi brevi, specialmente a un appuntamento al buio. 

Era intento a guardare il menu e dare discrete occhiate all’orologio. Per il resto non sembrava aspettarla. Insomma, lei era lì a fissarlo da almeno dieci minuti, e lui non aveva ancora sollevato lo sguardo né si era guardato intorno.

Clover avrebbe volentieri fatto dietro front e sarebbe tornata a casa dandogli buca, ma al suo arrivo aveva notato che Amabelle era nascosta dietro un cespuglio davanti a una finestra che dava proprio sul tavolo, quindi doveva per forza partecipare all’appuntamento, o il patto che avevano stipulato sarebbe saltato.

Maledizione!

L’idea di Max aveva funzionato alla perfezione. Clover aveva introdotto l’idea a Petra in palestra, poi si erano accordate per tenere una riunione d’affari con Amabelle al Corona Café, e dopo un’ora di chiacchiere su quella stupida serie TV che Amabelle aveva iniziato a vedere assiduamente, avevano trovato un accordo: Clover doveva andare all’appuntamento, e Amabelle non avrebbe insistito a proporgliene altri al buio, a prescindere da come fosse andato.

Clover avrebbe voluto aggiungere una totale esclusione di Amabelle dalla sua vita privata, ma Amabelle aveva ribattuto che i loro propositi erano collegati e lei non poteva evitare di interferire.

Clover rabbrividiva al solo pensiero dello stupido proposito che aveva scelto. Era ubriaca, perdiana! Non intendeva veramente sposare qualcuno solo per dare fastidio a suo padre! Anche se deluderlo non era neanche male come idea. 

Alla fine si decise a raggiungere il tavolo, anche perché la sua esitazione iniziava a catturare gli sguardi di molti avventori. Non che le dispiacesse un po’ di attenzione, ma non voleva disturbare qualcuno con la sua sola presenza. 

Si avviò con una sicurezza che non le apparteneva al tavolo, cercando di convincersi che il suo appuntamento fosse con qualcuno che non conosceva.

Dopotutto non lo vedeva da quindici anni, era a tutti gli effetti un completo estraneo.

Quando raggiunse il tavolo, notò Diego lanciarle un’occhiata molto rapida.

Lo vide abbassare lo sguardo, stringere i denti per un attimo, e poi tornò a guardarla, con un ampio sorriso.

Ohhh, lui si ricordava eccome di lei! Era palese!

Che grandissimo figlio di… una bravissima madre che aveva avuto la sfortuna di avere un tale disastro come figlio!

-Dovevo aspettarmelo. Ti manda Amabelle per l’appuntamento al buio?- chiese Diego alzandosi.

-No, guarda. Sono qui in gita scolastica e mi sono messa in ghingheri solo per sport- replicò sarcastica lei, sedendosi davanti a lui.

Lo vide fare un gesto inconsulto, come se stesse valutando l’idea di farla accomodare, ma poi optò per sedersi e basta.

Quindi non era neanche un gentiluomo!

…purtroppo essere gentiluomini per Clover era un punto a sfavore (come se non si sapesse sedere da sola, insomma!) ma per lui decise di fare il contrario.

-Una costosa gita di classe- commentò Diego, posando il menu da un lato.

-Pagata dalla scuola- Clover lanciò un’occhiata verso la finestra, in tempo per vedere una testa rossa nascondersi in tutta fretta, mentre Norman rimase in bella vista.

La salutò. Clover non ricambiò.

-Perdona il ritardo. La bellezza ha i suoi tempi- la ragazza scosse la chioma accuratamente sistemata per l’occasione. Dopotutto, anche se non voleva partecipare all’appuntamento, non significava che non voleva apparire al meglio. La sua regola d’oro era farlo soprattutto per sé stessa.

-Non preoccuparti, ho avuto il tempo di studiare il menu. Vuoi ordinare da bere?- propose Diego, riaprendo il menu e dando un’occhiata alle bevande, più per avere qualcosa da fare che per necessità. Sembrava evitare a tutti i costi di guardare Clover negli occhi.

-Possiamo anche ordinare direttamente. Conosco a memoria il menu. So già cosa prendere- rispose la ragazza, facendo un cenno a un cameriere poco distante.

-Signorina Paik, è un piacere vederla. Cosa posso portarvi?- lui arrivò immediatamente, servile e preparato. Lo erano tutti in quel ristorante di lusso, ma Clover sapeva che a lei e al resto della sua famiglia era riservato un trattamento di favore. Essere la figlia dell’uomo più ricco della città dava vantaggi simili.

E lo dava anche essere clienti abituali.

-Io prendo i ravioli in bianco e l’orata. Da bere il vino bianco più pregiato che avete- ordinò Clover con sicurezza. Erano tra i piatti più costosi del menu, ma era il minimo per vendicarsi indirettamente di Amabelle.

Certo, sapeva in cuor suo che Petra avrebbe pagato, ma in ogni caso Petra non aveva fatto nulla per toglierla dalla situazione, quindi meritava una vendetta anche lei.

-Ottima scelta, signorina… per lei, signore?- il cameriere si rivolse a Diego, che stava controllando qualche nome nel menu.

-Io prendo le linguine allo scoglio e il misto mare. E una bottiglia d’acqua frizzante- ordinò lui con minore sicurezza, ma cercando di mostrarne almeno un po’.

Si mantenne contenuto sui prezzi. Clover conosceva a memoria il menu, ogni singolo piatto con costi e tutto. Le linguine allo scoglio erano forse il primo meno costoso.

Non commentò al riguardo.

E poi che avrebbe potuto dire? 

“Mi dispiace che sei ancora povero, Diego”

Non era proprio un commento che una sconosciuta avrebbe dovuto fare, soprattutto a un primo (e ultimo) appuntamento.

-Arrivano subito, signori. Volete anche un aperitivo?- propose il cameriere, riprendendo i menu.

-No- risposero insieme i due, per poi guardarsi, e sorridere leggermente.

Distolsero immediatamente lo sguardo.

-Perfetto, buon proseguimento- con un cenno del capo, il cameriere si diresse in cucina, lasciandoli soli a cercare un argomento di conversazione. 

-Allora… ehm… da quanto conosci Amabelle?- provò a dire Diego, a disagio. Batté gli indici tra loro, nervosamente.

Quel piccolo gesto sembrò scuotere interamente Clover, che sentì il fiato mancarle per un attimo. L’uomo davanti a lui divenne un bambino di sette anni che le poneva una domanda completamente diversa nello stesso identico modo.

“Allora… ehm… come facciamo con il gioco?”

“Tienilo tu. Te lo sei meritato”

“No… non è vero. L’hai vinto soprattutto tu”

“Sì, è vero. Ma voglio regalarlo a te. Al massimo io me lo faccio ricomprare”

“Wow, grazie! Sei davvero la migliore!”

-Clover… tutto bene?- una domanda preoccupata del bambino, no, uomo, davanti a lei la fece tornare bruscamente alla realtà.

Non poteva continuare così!

-Senti, non credi che siamo troppo grandi e maturi per fingere?- chiese, bruscamente, cercando di mantenere la voce ferma. Aveva anni di allenamento alle spalle sul nascondere le proprie vere emozioni, perciò non fu tanto difficile.

Diego cadde dalle nuvole, iniziò a battere gli indici tra loro con più foga.

-C_cosa? In che senso, scusa?- chiese, senza guardarla.

-Diego, non ci vediamo da quindici anni, ma eravamo migliori amici alle elementari. Non puoi fingere di non ricordarti di me- mise le carte in tavola. Era una mossa prematura e azzardata, ma Clover era bravissima a poker, e leggeva alla perfezione i segni. Diego ne aveva fatti fin troppi, da quando erano lì.

Sospirò.

-Sì, beh… ad essere onesto credevo che fossi tu a non ricordarti di me, e in ogni caso dopo quindici anni pensavo fosse meglio ripartire da zero- ammise, portandosi indietro i capelli.

Clover apprezzò la sincerità, ma non tanto quanto detestò con tutto il cuore il celato maschilismo dietro tutto quello che Diego aveva appena detto.

Detestava quando qualcuno assumeva qualcosa su di lei. Aveva passato la vita con suo padre, sua madre e le sue sorelle convinti di conoscerla e decisi a fare scelte per lei, ormai ne aveva fin sopra i capelli.

-La prossima volta che fai una decisione del genere che riguarda un’altra persona, ti consiglio vivamente di tenere conto del punto di vista dell’altra persona- gli suggerì, in tono freddo e di finta cortesia.

La mascella di Diego si irrigidì. Sollevò lo sguardo e la guardò dritta negli occhi.

-Sì, infatti. Alcune persone però sono più difficili di altre da raggiungere- la provocò. Il tono faceva intendere che ce l’aveva con Clover per qualcosa, ma la ragazza non aveva idea di cosa stesse parlando, a cosa si riferisse. Fino a prova contraria, era lei che aveva ogni ragione per essere arrabbiata con lui, non il contrario. Era lui che era andato via e non l’aveva degnata neanche di una lettera ogni tanto.

Anzi, l’aveva pure presa in giro con un addio strappalacrime e un sentito “Non ti scordar di me!” urlato mentre la salutava dal sedile posteriore della sua auto che spariva all’orizzonte.

…beh, forse la sé di nove anni aveva reso più poetico l’addio nei suoi ricordi, ma il non ti scordar di me era autentico.

E lui non lo aveva affatto rispettato.

-Cosa vorresti dire con questo?- gli si avvicinò, ricambiando lo sguardo provocatorio.

Lui aprì la bocca con veemenza, ma la richiuse di scatto subito dopo. Nei suoi occhi passò un’ombra così rapida che Clover non riuscì proprio a intuire cosa potesse significare, poi distolse lo sguardo.

-Nulla, assolutamente nulla- disse a voce bassa, abbandonandosi contro lo schienale, sconfitto.

-In ogni caso, sono passati quindici anni, e temo che frequenteremo lo stesso gruppo di amici, potremmo almeno avere un rapporto civile, dato che siamo due adulti maturi?- disse poi, cercando di recuperare la situazione.

La risposta da adulta matura di Clover sarebbe stata un sonoro “No, va a quel paese!” ma l’avrebbe messa dalla parte del torto, lo sapeva.

Solo perché Diego era stato decisamente importante per lei non significava che poteva permettersi di prendersela con lui se l’affetto non era stato ricambiato.

Insomma, Clover sapeva di non essere la persona con la quale era più facile andare d’accordo. Ma che le scrivesse almeno una lettera, e che cavolo!

Anche solo per dire “Senti, Clover, la nuova città è stupenda e ho trovato amici molto migliori di te. Dimenticami perché io l’ho già fatto”.

Almeno si sarebbe messa l’anima in pace!

Decise di fare la vera adulta matura.

-Sì, hai ragione. Piacere conoscerti, Diego. Mi chiamo Clover, ho 23 anni e sono rancorosa- sollevò una mano nella sua direzione, sbattendo le ciglia con fare civettuolo.

Okay… non tanto matura.

Beh… stava ancora lavorando sull’uscire dalla fase adolescenziale, ma non significava che non ci provasse, in fondo.

Diego alzò gli occhi al cielo.

-Sì, l’ho notato. Ma dimmi… cosa ho fatto esattamente per meritarmi il tuo rancore?- chiese, incrociando le braccia.

Clover aprì di scatto la bocca decisa a dirgli tutto quanto, ma la chiuse di scatto.

Che avrebbe potuto dire, in fondo?

“Potevi almeno scrivermi una lettera in questi quindici anni!”

“Volevo tenere i contatti ma tu sei sparito e mi sono sentita abbandonata”

“Non riesco a sopportare l’idea che la mia prima cotta sia scomparsa dalla mia vita dal giorno alla notte”

Aveva una dignità da preservare. E aprire il suo cuore riguardo a quindici anni di domande, dubbi e rimpianti non era la cosa migliore da fare, soprattutto con la causa di tali dubbi, domande e rimpianti.

-Nulla, assolutamente nulla- disse a denti stretti, senza neanche notare di aver usato la stesse parole di Diego.

-E ora che l’abbiamo appurato. Piacere, Clover. Io mi chiamo Diego. Ho 24 anni e studio medicina- si presentò lui, imitando il tono utilizzato da lei poco prima.

-Medicina? Non sei cambiato, allora- osservò la ragazza, troppo sorpresa per assumere un tono scostante. Anzi, era piacevolmente colpita.

Diego sembrò preso in contropiede.

-Ricordi che volevo fare il medico?- chiese, sorpreso.

-Ovvio. Solo perché tu credi che io abbia dimenticato tutto, non significa che l’abbia fatto. Volevi fare il medico per aiutare gli altri. Batti gli indici quando sei nervoso. Ti piacciono i videogiochi soprattutto Donkey Kong. Hai una famiglia numerosa e uno splendido rapporto con tuo nonno…- iniziò ad elencare, pensierosa.

Si interruppe quando notò Diego ritirarsi leggermente.

-Uh?- indagò, piegando la testa.

-Wow, ricordi parecchio- lui non spiegò nulla, e Clover non insistette, anche se le venne un dubbio -…tu, invece, vuoi ancora fare la detective?- chiese poi, cambiando argomento.

-Nah, non proprio. Insomma, sarebbe forte, ma preferisco la carriera di reporter. Studio giornalismo- rispose lei, orgogliosa.

-Già, hai sempre amato scrivere. Ricordo ancora le meravigliose avventure di Smilla l’elfa stellata e il suo drago magico- ghignò lui, facendola arrossire suo malgrado.

-Hai disseppellito un mostro. Ora dovrò ucciderti- gli disse con serietà.

-Ops. Allora sarebbe meglio non parlare del termosifone malvagio- la provocò ulteriormente lui.

Clover seppellì il volto tra le mani.

-Ero a corto di idee! E di tempo per consegnare la storia. Non puoi rinfacciarmelo per sempre!- lo spinse giocosamente, facendolo ridere di gusto.

Sembrò quasi che il tempo non fosse passato affatto.

Durò solo un istante.

L’arrivo dei loro primi piatti e delle bevande ricordò loro la situazione in cui si trovavano.

-Come ti ha convinto Amabelle a fare questa farsa?- chiese Clover, versandosi un bicchiere di vino e mettendo il tovagliolo sulle gambe.

-Mi imbarazza dirlo, ma venire qui è stato il premio che mi ha offerto per aiutarla con un’altra coppia che vuole far mettere insieme- ammise lui, sospirando.

-Quindi hai perso due volte, dato che sei dovuto uscire con me- osservò Clover, iniziando a mangiare i ravioli. Erano davvero deliziosi.

-Beh, almeno mangio gratis. E poi non potevo rifiutarmi. C’era Juni con me e mi ha minacciato di dire a nostra madre che mi rifiuto di andare ad appuntamenti- Diego sbuffò, iniziando a mangiare a sua volta.

-Come sta Juanita? Aveva solo tre anni quando vi siete trasferiti. E Miguel?- Clover aveva sempre trovato insopportabile la sorellina minore di Diego perché non faceva altro che piangere, ma era molto protettiva nei confronti della famiglia Flores, e le erano mancati tutti.

Almeno quelli che conosceva.

-Miguel convive con una brava ragazza, Juni è all’ultimo anno di liceo, e ci sono due aggiunte in famiglia: Oliver e Coco- 

-Tua madre è una sfornapargoli- commentò Clover, senza riuscire a trattenersi.

Diego non se la prese.

-Si è fermata, grazie al cielo. Ma Coco è un tesoro. Lo sono tutti. Juni vuole diventare una scrittrice- ridacchiò, iniziando a parlare della sua famiglia, con occhi brillanti.

Clover si ritrovò inconsciamente a sorridere, nostalgica. Anche un po’ gelosa, a dire il vero. Lei non aveva mai avuto la possibilità di avere un rapporto così stretto con la propria famiglia. Quella di Diego era stata per molti anni come un secondo nucleo familiare, per lei.

La signora Flores l’accoglieva sempre a casa con calore. Le dava i biscotti. Le permetteva di restare a dormire, se voleva.

Persa nei suoi pensieri, mangiando distrattamente, e ascoltando con attenzione, colpita da quanto Diego, in fondo, non fosse cambiato affatto, il cuore della ragazza ebbe un fremito.

Oh, no…

OH, NO!

No! No! No no no no no!!!

Fermo, cuore. A cuccia! Ripartire da zero con Diego non significa ricadere negli stessi errori.

Pensa ai ravioli! Sì! Sono i ravioli il tuo unico e vero amore.

-Ma sto parlando a vanvera, scusa. Amabelle come ha convinto te a partecipare a questa sciocchezza?- Diego tornò all’argomento principale, pulendosi la bocca un po’ imbarazzato.

-Le ho detto che venivo a questo appuntamento se mi prometteva che non ne avrebbe più organizzati altri- raccontò Clover, con un certo orgoglio, fissando il proprio piatto.

-Ottimo affare. Meglio del mio. Io mi sono giocato un biglietto gratis per New Malfair- ricordò Diego, scuotendo la testa rimpiangendo l’accordo.

-Ugh, sei pessimo a contrattare- commentò Clover.

-Che dire… sono troppo buono- Diego si portò una mano sulla fronte con fare melodrammatico.

Clover alzò gli occhi al cielo. 

-Certo, come no- commentò, quasi tra sé.

Diego sembrava in procinto di dire qualcosa, ma si interruppe, scosse leggermente la testa e tornò a mangiare.

Rimasero in silenzio per un po’, gustando i loro pasti.

L’atmosfera non era certo la più serena del mondo, ma era molto più rilassata di quanto Clover avrebbe creduto.

Alla fine Max aveva fatto bene ad incoraggiarla

 

Il Misto Mare aveva un ottimo aspetto. Peccato che Amabelle fosse affamata, fuori dal ristorante da un’ora e mezza, e impossibilitata a muoversi dal proprio posto.

-Non era così che mi immaginavo l’appostamento- borbottò Norman, che non guardava l’interno del locale ma approfittava del tempo libero per leggere un libro di economia.

-Ho fame- si lamentò Amabelle, adocchiando un dolce arrivato al tavolo più vicino alla finestra. La ragazza iniziò a sbavare.

-C’è un fast food qui vicino. Possiamo sempre andare lì e lasciar perdere l’appostamento per venti minuti- provò a proporre Norman, che avvertiva un certo appetito a sua volta. Amabelle si era dimenticata di informarlo che non avrebbero cenato al ristorante insieme, quindi non aveva pensato di mangiare prima di andarci.

-No! Se ci assentassimo potrebbe succedere qualcosa di importante e noi ce lo perderemmo!- obiettò Amabelle, quasi appiccicandosi al vetro per vedere meglio il tavolo. Anche se non c’erano state svolte degne di nota da quando avevano iniziato a mangiare.

Norman sospirò.

-Potrei andare a prendere due panini e tornare. Ci metterei solo dieci minuti- provò a proporre.

Amabelle ci pensò su. Da una parte era davvero affamata, ma dall’altra Norman le serviva per evitare che succedesse qualcosa di male.

Lanciò un’occhiata al tavolo, e notò che Diego si stava alzando.

Sobbalzò un attimo, preoccupata, ma si rese presto conto che stava solo andando in bagno.

Sospirò, e tornò a rivolgersi a Norman.

-Va bene, ma mettici poco. Ho bisogno dell’effetto Norman- gli impose, prendendo il portafogli e porgendoglielo.

Norman lo prese sorpreso, e lo intascò senza fare domande.

-Credo che tu mi attribuisca poteri che non possiedo, ma farò il prima possibile… e offrirò io- disse l’ultima cosa sottovoce, e Amabelle era troppo di fretta per obiettare, quindi lasciò correre.

-Io prendo un panino al prosciutto- chiese solo, incoraggiandolo ad andare via.

Un paio di minuti dopo… si pentì amaramente di aver acconsentito.

Perché al tavolo dove Clover era rimasta sola, si era approcciata l’ultima persona che Amabelle avrebbe voluto vedere.

-No, tutti tranne lui…- sussurrò, mettendosi le mani tra i capelli, disperata.

I poteri, Norman, li possedeva eccome. Come si spiegava altrimenti il fatto che nel momento stesso in cui se ne andava, Richard “Dick” Choi era arrivato nel locale accompagnato da una donna giovane e dalla puzza sotto al naso che gli stava avvinghiata al braccio.

Amabelle non aveva idea di come risolvere la situazione. Si limitò a fissare la scena impotente da dietro la finestra. 

Oh, se solo fosse stata dentro il ristorante! Avrebbe potuto fingere di andare in bagno, rubare una brocca d’acqua e rovesciarla su Dick in modo da allontanarlo e ottenere la gratitudine eterna di Clover, Diego, e i loro futuri figli.

Un momento, poteva farlo comunque! 

Si alzò di scatto decisa a entrare nel ristorante nonostante tutto. Al diavolo le denunce! Avrebbe chiamato Petra e si sarebbe fatta pagare la cauzione.

-Amabelle, dove stai andando?- la voce di Norman la fermò sui suoi passi.

-Devo salvare l’appuntamento!- disse lei con enfasi, lanciando un’occhiata attraverso la finestra e stupendosi quando notò che Diego era tornato al tavolo, e non sembrava per niente infastidito dalla presenza di Dick, anzi gli stava parlando in tono rilassato.

-Secondo me se la cavano egregiamente. Ti ho preso il panino al prosciutto e una bottiglietta di tè alla pesca- Norman tornò alla postazione e le offrì un sacchetto del pranzo e il portafogli rosa ancora del tutto pieno.

Amabelle fissò la situazione con attenzione per qualche secondo, ma poi acconsentì, e si sedette a sua volta, prendendo il cibo.

-Grazie al cielo sei tornato, o sarebbe finita male- disse tra sé, lanciando un’occhiataccia a Dick.

Norman la guardò confuso, ma decise di non fare domande. Molto furbo da parte sua.

Dick se ne andò poco dopo trascinando con sé la sua accompagnatrice, molto meno bendisposta di prima, e Amabelle si permise il lusso di concentrarsi più sul panino e meno sulla situazione.

Non l’avesse mai fatto.

Quando sollevò di nuovo la testa, i due ragazzi non c’erano più.

-E che cavolo!- esclamò la rossa, facendo sobbalzare Norman, e iniziando a guardarsi intorno per ritrovarli all’interno del ristorante.

 

Clover aveva infatti notato che Amabelle era distratta, e ne aveva approfittato per chiedere il conto, che al momento avrebbe pagato lei per poi farsi risarcire, e trascinare Diego fuori dal ristorante dall’uscita sul retro per parlare a quattrocchi senza che Amabelle intuisse cosa fosse appena successo lì dentro.

E dato che aveva intenzione di urlargli contro, Amabelle avrebbe potuto benissimo sentire a distanza, quindi era meglio togliersela di torno.

Tutto per colpa di Dick!

Clover era tranquilla e serena… più o meno… a farsi i fatti propri, controllando il proprio riflesso su un cucchiaio e aspettando che il suo accompagnatore tornasse prima di proporgli di prendere un dolce, dato che la serata era stata piacevole abbastanza da poter essere prolungata per un dessert, quando lui si era avvicinato con fare gioviale e accompagnato ad una povera ragazza che aveva appena rimorchiato con soldi e false promesse.

L’aveva avvertito prima ancora che lui raggiungesse il tavolo. Avrebbe riconosciuto l’odore nauseante della sua colonia da quattro soldi a distanza di chilometri, e ogni volta che lo vedeva si chiedeva come fosse riuscita a stare con lui per ben due anni. 

Cioè, lo sapeva perché, ma era comunque difficile da accettare, e non le piaceva ricordare il suo periodo più debole e stupido.

E l’ultima cosa che voleva, a dirla tutta, era che Dick comparisse proprio mentre era nel bel mezzo di un appuntamento con il secondo errore più grande della sua vita… okay, forse il terzo. Justin, dopotutto, sarebbe sempre stato al primo posto. In ogni caso, non voleva proprio partecipare a una conversazione destinata ad andare male con Diego e Dick.

-Clo, che sorpresa trovarti qui- la salutò lui, una volta raggiunto il tavolo, obbligando Clover ad alzare la testa e posare il cucchiaio.

-Già, che strano trovarmi a cena nel mio ristorante preferito- commentò sarcastica, facendolo ridere tra sé.

La ragazza accanto a lui fece un timido sorriso verso Clover, ma non diede segni di voler partecipare alla conversazione.

-Sei sempre una sagoma. Sei qui con qualcuno?- indagò il ragazzo, guardandosi intorno e notando il piatto vuoto e il bicchiere d’acqua di Diego.

-Già. Esattamente come te. Perché non vai al tuo tavolo e ognuno si gode la propria serata?- propose Clover, congedandolo.

-Dalla sedia vuota intuisco che la tua serata sia ormai conclusa. Spero che non avesse promesso di pagare. Perché non ti unisci a noi?- propose lui, facendole un occhiolino.

-Richard…- provò ad obiettare la ragazza, un po’ offesa, ma lui non la degnò di un’occhiata.

-Preferirei passare la serata sola piuttosto che con te. E come ben dovresti sapere, sono per la monogamia, mi dispiace- lo salutò, invitandolo cordialmente a sparire dalla sua vista.

Soprattutto perché Clover era convinta al 100% che non sarebbe rimasta sola a lungo.

E non voleva neanche immaginare cosa Diego e Dick avrebbero potuto dire di lei, se messi insieme.

-Sai, se continui ad essere così schizzinosa, non troverai mai qualcuno disposto a sopportarti. Lo dico per te. Hai quasi ventiquattro anni. Ormai ti rimane poco tempo per trovare qualcuno prima di diventare zitella- Dick però non sembrava intenzionato a lasciar perdere.

La ragazza che era con lui lo guardò schifata, lasciandolo del tutto.

E Clover fu fermata dall’ucciderlo a mani nude solo da una voce rilassata appena arrivata al tavolo, ancora con le mani leggermente umide.

-Fortuna che ha trovato me, allora- esordì Diego, mettendole una mano sulla spalla e sorridendo amichevolmente a Dick.

Clover non poteva vederlo, ma intuiva dalla presa sulla sua spalla che era molto più arrabbiato di quanto non desse a vedere.

Ma non capì minimamente dove quel commento volesse andare a parare.

-E tu chi saresti?- chiese Dick, aggrottando le sopracciglia, confuso.

-Il suo ragazzo. Scusa se ci ho messo tanto. C’era una lunga fila. Vogliamo prendere un dolce?- Diego le diede un bacio sulla cima della testa e si sedette nuovamente al suo posto, ignorando del tutto Dick subito dopo aver risposto alla sua domanda.

Clover era appena andata in corto circuito.

Il ché fu una buona cosa, perché se fosse stata in pieno possesso delle proprie facoltà mentali, era molto probabile che avrebbe davvero commesso un duplice omicidio a mani nude. E avrebbe anche completato il proposito, perché finire in galera probabilmente avrebbe deluso suo padre.

Era troppo sconvolta per pensarci, però.

-Il suo… ragazzo?! E… da quando?- Dick sembrava completamente preso in contropiede.

-Da un paio di settimane. Questo è il nostro… terzo appuntamento, giusto, cara?- Diego le lanciò un’occhiata complice a Clover.

C’erano due cose che la ragazza poteva fare: prendersela con Diego e far cadere quella stupida farsa che sicuramente sarebbe arrivata alle orecchie di suo padre dandogli fastidio. Oppure stare al gioco e bearsi dell’espressione sconfitta e arrabbiata dell’ex che detestava con tutto il cuore.

…Okay, stare al gioco non aveva nessun punto a sfavore, in realtà, perché dare fastidio a suo padre era solo un fattore positivo. Diamine!

-Sì, infatti, fiorellino. Per quanto riguardo il dolce, credo che rinuncerò per oggi. Ho già mangiato abbastanza. Chiediamo il conto?- gli fece un occhiolino, e Diego annuì.

-Buona idea- iniziò a guardarsi intorno per chiamare un cameriere. Entrambi non degnarono più Dick di uno sguardo.

-Non credo che tuo padre apprezzerà- disse semplicemente lui, cercando di risultare minaccioso, prima di dirigersi al suo tavolo, trascinando una molto meno attratta accompagnatrice.

-E ce ne faremo una ragione- borbottò tra sé Diego, scuotendo appena la testa.

Clover lanciò un’occhiata in direzione della finestra, e notò che Amabelle e Norman sembravano distratti.

-Andiamo a pagare- incoraggiò in fretta Diego, che eseguì senza obiettare.

Ma dieci minuti dopo, usciti dal ristorante e in una via deserta e non troppo raccomandabile, decise che forse era meglio farlo.

-Okay… perché siamo qui? E perché siamo usciti dal retro?- chiese il ragazzo, confuso.

Per tutta risposta Clover lo prese per la giacca e lo spinse contro il muro, facendolo impallidire.

-Cosa ti è saltato in mente?!- gli urlò contro la ragazza, tenendolo fermo. Era più forte di quanto l’aspetto elegante suggerisse, merito delle ore passate in palestra e degli allenamenti di judo che faceva fin da piccola.

Si aspettò che il ragazzo obiettasse, che cercasse di liberarsi o che le urlasse contro che era impazzita, ma lui la sorprese parecchio, perché sospirò.

-Scusa, non avrei dovuto fingere di essere il tuo ragazzo senza consultarti- ammise, abbassando lo sguardo imbarazzato.

E tanti cari saluti alla furia selvaggia di Clover.

Lo guardò per qualche secondo senza sapere minimamente come reagire ad una così rapida ammissione di colpevolezza, e lo lasciò andare, indietreggiando sorpresa.

-Perché l’hai fatto?- chiese Clover, cercando di mantenere una parvenza di irritazione e mettendo le mani sui fianchi. Non apparì sgradevole neanche la metà di quanto volesse sembrare.

-L’ho sentito dire tutte quelle stupidaggini sul trovare qualcuno. Come se una donna non potesse rimanere single. Probabilmente avrei dovuto fare un lungo discorso sul fatto che era meglio per te restare single piuttosto che con un tipo come lui. Ma l’idea di fingere di essere il tuo ragazzo mi è venuta in mente prima. A pensarci bene è un’idiozia- ammise lui, prendendosi il volto tra le mani.

-Già, lo è stata. Per tua fortuna ora andrà dritto da mio padre a dirgli tutto e l’idea che si arrabbi perché frequento un tipo tatuato e con i piercing mi dissuade dal prenderti a pugni per la tua iniziativa- Clover incrociò le braccia, sbuffando.

-Tu stavi con quel tizio?- chiese Diego, sorpreso, indicando il ristorante.

-Senti, era una faccenda complicata. Tutti facciamo degli errori, tipo rifiutare un biglietto per New Malfair per venire a questo appuntamento disastroso- Clover tagliò corto, cercando di non arrossire.

-Uff, non me lo ricordare. Ma non è stato così disastroso. Il cibo era ottimo- Diego provò a vedere il lato positivo. Si appoggiò al muro con le braccia incrociate, molto più rilassato di prima.

-Senti, fingiamo che l’ultima parte non sia mai avvenuta, e torniamo sconosciuti come prima, che ne dici? Se mio padre parla del mio presunto “ragazzo” gli dico che volevo solo togliermi Dick di torno- Clover alzò la mano nella sua direzione. Diego la guardò qualche secondo, poi la prese, accennando un sorriso.

-Affare fatto. Piacere. Mi chiamo Diego, ho 24 anni e sono single- le fece un occhiolino.

Clover non riuscì a trattenersi dallo scoppiare a ridere. Si riprese presto, però, e gli tirò un pugnetto amichevole sulla spalla.

-Piacere, Diego. Sono Clover, ho 23 anni e sono molto felicemente single- rispose, per poi girarsi di spalle e uscire dal vicolo. Diego la seguì.

-Sono in macchina. Vorresti un passaggio?- le propose in tono neutro.

-No, ho già i miei programmi- rispose lei neutra. Lui non insistette -Allora ci vediamo al Corona?- chiese poi, in tono indifferente.

-Immagino di sì. Ciao Clover- lui la salutò con un cenno, e si avviò nella direzione opposta a quella della ragazza.

Clover si strinse la propria giacca, e iniziò a dirigersi verso la metro con sicurezza, ignara che Diego, dopo pochi metri, si era girato a guardarla, indeciso se farle o no una domanda che gli premeva nel cuore da quando l’aveva vista.

Dopo qualche metro, anche Clover si girò verso di lui, con lo stesso sentimento sopito, ma incontrò solo la schiena sempre più lontana di quello che da piccola aveva considerato un grande amico, una piccola cotta, poi un enorme traditore, e ora era un enigma, ai suoi occhi.

Si rigirò e proseguì per la sua strada.

Oh, se solo si fossero girati nello stesso momento. Probabilmente la loro storia avrebbe avuto uno svolgimento diverso, più breve.

Ma Norman era troppo lontano perché una tale fortuna avvenisse.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Mi mancano Felix e Mirren.

Ebbene si, lo ammetto… sono i miei preferiti.

Ma anche Diego e Clover sono stati divertenti da scrivere.

E adoro l’amicizia tra Clover e Max. Friendship goals. La prova che l’amicizia tra ragazzo e ragazza può esistere senza che si trasformi in qualcosa di più.

Finalmente si conclude Gennaio. Non pensavo che questo capitolo sarebbe uscito così lungo.

Il prossimo capitolo sarà di passaggio, poi ci sarà una trilogia con molto fluff e svolte di trama. 

Piccola curiosità: Smilla l’elfa delle stesse e il termosifone malvagio sono effettivamente due delle primissime storie che ho scritto da piccola. E niente, non dovrei esserne orgogliosa ma dettagli ahahah.

Grazie a tutti quelli che leggono la storia, spero continui a piacervi.

Non esitate a farmi sapere un’opinione se vi va.

Un bacione e alla prossima :-*

 

Nel prossimo episodio: Febbraio arriva, insieme al compleanno di Clover. Diego torna a casa per il weekend.

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Capitolo 8
*** Interessi comuni ***


Interessi comuni

 

 

Sabato 2 Febbraio

Era passata una settimana dall’appuntamento di Clover con Diego, ma suo padre ancora non l’aveva chiamata nel suo ufficio per discutere del suo presunto nuovo ragazzo.

Era un evento talmente inusuale che, nonostante mancassero due giorni al suo compleanno, Clover non riusciva a fare altro che pensare a questo.

Che Dick non glielo avesse detto? Era improbabile. Era il cagnolino servizievole di suo padre, e gli aveva fatto da spia per tutto il tempo in cui i due erano stati insieme.

Forse questa volta era rimasto in silenzio per non urtare la sua mascolinità? Nah, niente avrebbe potuto urtarla.

Stava giusto chiedendosi se poteva abbandonare la questione e pensare a cosa fare il suo compleanno mentre gustava la colazione, ed era quasi giunta alla conclusione che poteva tirare un sospiro di sollievo, quando sua madre interruppe il suo treno di pensieri.

-Tesoro, come sono le uova? Forse un po’ troppo cotte? Devo chiedere allo chef di rifarle?- le chiese, accarezzandole la testa, preoccupata dal suo insolito silenzio.

-No, sono buone. Stavo solo pensando. Blossom torna per il mio compleanno?- chiese, per fare conversazione. Era improbabile, ma dato che festeggiavano domenica, forse poteva fare uno strappo. A differenza di Aloe, aveva un buon rapporto con la sorella di mezzo. Era gentile, affettuosa, e sebbene assoggettata al padre, non lo seguiva in tutto e per tutto.

-Certamente, sarà dei nostri a pranzo. Non mi hai ancora detto cosa vuoi come regalo? Cerca di farmelo sapere entro domani, okay, tesoro?- con un grande sorriso, la signora Paik uscì dalla sala da pranzo per portare il caffè al marito.

Un regalo, eh?

Clover aveva sempre avuto difficoltà a sceglierne uno. E segretamente aveva sempre sperato che un giorno sua madre la sorprendesse dandole qualcosa che le potesse piacere senza prima chiederle di descriverla accuratamente, ma sapeva che in fondo faceva del suo meglio.

Forse poteva chiedere un nuovo computer, o una bici elettrica. Mah, niente che non potesse comprare da sola con i propri soldi. Forse poteva approfittarne per fare un regalo alla Corona Crew, o a Max.

Stava giusto iniziando ad elaborare una bella idea, quando sua madre ritornò in stanza, con un’espressione che Clover ormai conosceva fin troppo bene.

Era la classica espressione “Tuo padre vuole parlarti, non sembra molto contento”

-Tuo padre vuole parlarti, non sembra molto contento- disse infatti in tono grave.

Ci aveva messo più del previsto a chiedergli di Diego. Poco male, sapeva già cosa rispondergli. Chissà se le avrebbe messa in punizione.

Magari quest’anno non avrebbe ricevuto un regalo.

…nah, era improbabile. Sua madre ci teneva a mostrarle il suo affetto in questo modo.

Clover decise di abbandonare la colazione al suo destino e si alzò, pronta a vedere suo padre. Erano almeno tre settimane che non si parlavano. Forse addirittura dal pranzo di famiglia del mese prima. Certo che il tempo passava davvero in fretta.

-Volevi vedermi, padre?- chiese, entrando senza bussare nell’ufficio, e mantenendosi sull’uscio.

Il signor Paik le fece semplicemente cenno di sedersi davanti alla scrivania, bevendo il proprio caffè e scrivendo qualcosa con l’altra mano.

Clover aspettò almeno dieci minuti che finisse, e ne approfittò per riflettere ancora sul regalo.

Una vacanza? Una crociera? No, la crociera era troppo lunga, e non era stagione. Magari in montagna. Gli ultimi esami della Crew erano il 13, si era informata.

Un San Valentino da qualche parte? Poteva essere un’idea.

Anche se forse avrebbe dovuto escludere Amabelle.

O forse invitare anche lei ma escludere Diego così da passare il San Valentino in tranquillità senza che Amabelle provasse a fare qualche tiro mancino. Anche se forse una vacanza per tutta la Crew era troppo costosa. Sarebbe stato meglio invitare solo qualcuno, o andare sul sicuro con la bici elettrica.

-Sono certo che tu sappia perché ti ho chiamata qui, signorina- la voce chiara e imponente di suo padre quasi la fece sobbalzare, non si aspettava che parlasse così presto, ma la guardava da dietro la scrivania con il suo solito sguardo duro e le dita intrecciate.

La sua sedia era rialzata in modo che potesse guardare tutti dall’alto in basso.

E compensava la sua statura leggermente ridotta rispetto alla media.

-Onestamente non saprei, padre. Cosa ho fatto che può averti dato fastidio? A quanto ricordo al mio ultimo esame ho preso 29, e in ogni caso non ti è mai importato particolarmente della mia laurea-

Ormai Clover era stata in quello studio troppe volte per esserne intimidita, e non perse la propria lingua tagliente. Imitò la posizione del padre, per mostrare che erano sullo stesso livello.

Suo padre si affrettò a cambiarla, e poggiarsi sullo schienale, assumendo una chiara espressione di superiorità.

-Sono sempre stato permissivo con te, eppure tu continui a ribellarti. Mi è stato riferito che sei stata vista con un ragazzo che professi sia il tuo nuovo fidanzato alle “Cascate”, una settimana fa- andò dritto al sodo.

-È stato Dick, vero? È venuto a frignare con il suo capo? Che comportamento maturo- commentò Clover, sarcastica e rilassata nonostante la tensione nell’aria.

-Non chiamarlo in quel modo. Sai bene quanto gli da fastidio, signorina- obiettò il signor Paik.

-E a me da fastidio essere chiamata “signorina”, ma tu continui a farlo. Non tutti ottengono sempre quello che vogliono- Clover rigirò la frittata. Odiava, in effetti quando suo padre la chiamava così. Era come se non si ricordasse il suo nome, o fosse troppo disinteressato per chiamare le tre figlie in modo diverso. Erano sempre “signorine”. Persino Aloe, la sua prediletta ed erede.

-Se non porti rispetto, non ottieni rispetto- la massima di suo padre la ammutolì, e Clover strinse i denti, e decise di tornare al succo della questione.

-Allora? Sono single, ho quasi ventiquattro anni e ho tutto il diritto di andare alle “Cascate” con chi mi pare. Non vedo quale sia il punto-

In realtà sapeva benissimo quale fosse il punto: “Sei uscita con uno che non è Dick! E io vi voglio far sposare!” ma solitamente suo padre trovava sempre modi diversi per nascondere i suoi veri piani.

Chissà cosa si sarebbe inventato questa volta.

-Quanto hai pagato quello straccione, per convincerlo a partecipare a quella stupida sceneggiata?- chiese lui, sorprendendo parecchio la ragazza.

-Che?- chiese, aggrottando le sopracciglia.

-Richard mi ha informato Domenica scorsa del tuo nuovo “ragazzo”…- fece le virgolette con le dita -…e ho assunto un investigatore privato per controllare quanto ci fosse di vero. Come già sospettavo, era solo una sceneggiata per darmi fastidio. Come fai sempre- sospirò rassegnato, facendo la vittima. Clover era a bocca aperta.

-Tu mi hai spiata per una settimana?!- chiese incredula, ritirandosi con le braccia al petto.

-E ho scoperto che non vi siete mai visti prima di quel giorno, e che non vi sentite da allora. Insomma, un finto appuntamento messo in scena per dare fastidio a Richard e me- suo padre tirò fuori dei fogli con trascrizioni dei suoi ultimi messaggi sul telefono.

Era davvero arrivato a tanto per smascherare le sue bugie?

Senza neanche chiederle prima chiarimenti?!

Aveva già deciso di dire la verità, perché non darle l’occasione di farlo?!

Clover non si era mai sentita più violata in vita sua, e c’erano stati parecchi momenti di tentate “violazioni” nel suo passato. 

Quella era la sua vita privata. Era la sua scappatoia da quelle soffocanti mura dove ci si aspettava che lei fosse eccezionale come Aloe o invisibile come Blossom. Dove lei doveva diventare la quieta mogliettina perfetta di qualche figlio di papà pronto a comprarla per soldi e potere.

Cercò di mantenere una calma apparente, per non dare soddisfazioni a suo padre, ma dentro di lei, aveva voglia di piangere. Ma lei non piangeva. Mai.

-Quanto impegno quando ti sarebbe bastato chiedere- disse, prendendo i fogli e dando loro un’occhiata.

Conversazioni con Max, qualche messaggio di Amabelle al quale non aveva risposto se non per farsi rimborsare per la cena, e il gruppo della Crew.

Praticamente tutto quello che aveva scritto nell’ultimo mese, non solo nell’ultima settimana.

-Per farmi dire un sacco di bugie? Mi sottovaluti, signorina

Grr, Clover aveva un nome!

-Ti avrei detto la verità, sai. Ovvero che io e Diego abbiamo mentito perché volevamo toglierci Dick di dosso. Era il nostro primo appuntamento, volevamo un po’ di privacy- un’idea iniziò a formarsi nella mente di Clover. Un’idea stupida, malsana, e di cui si sarebbe sicuramente pentita. Controllò i messaggi che suo padre aveva ottenuto.

Non parlava particolarmente dell’appuntamento.

In effetti, in tutta la settimana, aveva evitato a tutti i costi di parlare di Diego. L’unica persona che sapeva a grandi linee cosa fosse successo era Max, e forse Amabelle, se Max le aveva accennato qualcosa. Ma gliene aveva parlato di persona, quindi era improbabile che suo padre lo sapesse, dato che era stata una conversazione molto privata.

-Primo appuntamento? Direi unico finto appuntamento, dalle informazioni che ho raccolto- mostrò qualche immagine scattata a lei e a Diego. Era arrivato a stalkerarla? Era davvero abominevole.

-La mia amica Amabelle ha organizzato l’appuntamento al buio, e ci rivedremo lunedì per festeggiare il mio compleanno insieme al gruppo. In realtà, sai, l’appuntamento è andato piuttosto bene, e stavo pensando di replicarlo- Clover iniziò a guardarsi le unghie, cercando di recuperare un certo vantaggio sulla situazione, e ottenere una vendetta soddisfacente.

Non aveva la minima idea di cosa stesse facendo e dove sarebbe andata a parare, ma se c’era una cosa che aveva imparato, come figlia minore e ribelle di suo padre, era bluffare.

Era anche l’unica che riuscisse a batterlo a poker.

Beh… le poche volte in cui giocavano insieme.

Suo padre sospirò.

-Ecco, come volevasi dimostrare. Cerchi di infastidirmi con trucchetti e bugie. Non riesci a concepire che io non sia uno sciocco e che ti abbia scoperta, signorina

“Giuro che se mi chiami signorina ancora una volta…”

Clover cercò di tenere a bada i suoi pensieri, e mantenere la faccia da poker.

Prese alcuni fogli.

-È tutto qui, paparino, nero su bianco. Qui Amabelle mi chiede come è andato l’appuntamento da lei organizzato, e qui ci organizziamo per il mio compleanno, e Amabelle dice che ci sarà anche Diego- mostrò le prove con le conversazioni.

-E vuoi farmi credere che l’appuntamento è andato talmente bene che hai deciso di non chiamare il tuo “ragazzo”, chiedere di lui o rispondere alla tua amica fulva per confermarlo?- suo padre le lanciò uno sguardo eloquente.

Sì, l’idea faceva acqua da tutte le parti.

Ma Clover era testarda come un mulo, ed era decisa a continuare a bluffare fino alla fine.

Abbassò lo sguardo, come se avesse ricevuto una sconfitta, e iniziò a rigirarsi una ciocca di capelli tra le dita. Era il suo gesto nervoso, suo padre lo conosceva benissimo. Sembrava sicuro della sua imminente vittoria. 

Ma Clover sapeva come ribaltare la situazione. Fingere di essere debole o sconfitta era una strategia che la maggior parte delle volte si rivelava vincente.

-Non… non è semplice…- iniziò a dire, un po’ nervosa “pensa a un ricordo imbarazzante” arrossendo appena. Suo padre si irrigidì.

Ah, bingo!

-Comunque visto il nostro passato, non sapevo come approcciarlo, ma ho tutta l’intenzione di farlo- borbottò, guardando in basso. 

Una perfetta recita di una ragazza cotta e imbarazzata dall’ammetterlo a suo padre.

Interpretazione perfetta.

Cinque stelle.

Oscar come migliore attrice protagonista.

-Passato? Quante altre fandonie ti inventerai?- suo padre roteò gli occhi, scuotendo la testa esasperato.

Clover sollevò lo sguardo verso di lui, confusa.

-Diego Flores, papà, il mio vecchio migliore amico delle elementari- o l’investigatore era davvero scarso, o aveva dato per scontato che il signor Paik si sarebbe ricordato del migliore amico di sua figlia.

Anche Clover lo avrebbe dato per scontato, ma probabilmente sopravvalutava suo padre.

Non ricordava neanche il nome della figlia, a momenti. Figuriamoci quello del suo migliore amico.

-Ora capisco. Vi siete alleati approfittando della vecchia amicizia- suppose il signor Paik, facendo sospirare Clover seccata.

-Se così fosse avresti qualche prova, no? Beh, continua pure a spiarmi quanto vuoi, vedrai che non mento!- si alzò di scatto, decisa a chiudere la conversazione ed elaborare un piano d’azione che la facesse uscire vittoriosa.

-Quando capirai che sto agendo nel tuo interesse, signorina?- sospirò suo padre, cercando di farla sentire in colpa.

Clover non si degnò neanche di dargli una risposta, e si limitò ad uscire sbattendo la porta del suo ufficio.

Si ritrovò davanti sua madre, con espressione preoccupata, probabilmente pronta a rientrare per recuperare la tazza di caffè.

Evidentemente Clover non era riuscita a mantenere un’espressione rilassata, perché la donna le mise una mano sulla spalla, rassicurante.

-Non essere troppo dura con lui, tesoro. Fa del suo meglio- provò a difendere il marito.

-Vuole solo vendermi al migliore offerente come se fossi una mucca, e crede che l’offerente sia Dick!- si lamentò lei, irrigidendosi e cercando, in tutti i modi, di non far risalire le lacrime.

Aveva la gola chiusa che iniziava a farle male a furia di sforzarsi, ma non avrebbe mai dato a nessuno la soddisfazione di vederla così scossa.

Ma come poteva non esserlo? Suo padre, suo PADRE, aveva mandato un investigatore a controllare che lei non fosse davvero insieme ad un ragazzo. Per poi sbatterglielo in faccia come se stessero facendo un qualche gioco.

Le aveva hackerato il telefono!

-Alla fine Richard è un bravo ragazzo, magari potresti provare a dargli un’altra occasione- provò a convincerla sua madre, in tono accomodante.

Clover la guardò incredula, ma non riusciva ad arrabbiarsi con lei.

Era debole, e assoggettata al marito.

Clover non riusciva a fare altro che provare pena.

-Mamma, mi ha tradita. E non lo amo. Non l’ho mai amato. Lo detesto. Come potete pensare che io mi rimetta con lui!- cercò di mettere in chiaro una volta per tutte come si sentiva al riguardo.

Sua madre abbassò lo sguardo.

-Gli uomini tradiscono. È nella loro natura. E noi donne dobbiamo perdonare. Se avessi lasciato tuo padre ogni volta che ha avuto una piccola scivolata, ora saremmo entrambi soli e infelici- lanciò un’occhiata verso la porta.

-Mamma…- Clover cercò di agganciarsi al suo sguardo -…dovresti lasciarlo. Rifarti una vita. Gli uomini non sono tutti così. Non lo ami neanche- provò a farle lo stesso discorso che le ripeteva ormai da anni, ma che sua madre fingeva sempre di non ascoltare, o cercava di negare a sé stessa.

-Clover, tesoro, non dire così. Sai che tengo molto a tuo padre- mentì. Si rigirava sempre l’anello tra le mani quando mentiva.

-Mamma…- Clover non sapeva più cosa dirle per cercare di aiutarla. Era bloccata nelle sue idee antiche e bigotte.

A volte Clover credeva che la sua famiglia fosse uscita da Pleasantville, il mondo in bianco e nero fatto di mogli trofeo e uomini dalla mascolinità tossica che nella loro finta ed esagerata gentilezza erano più crudeli e infelici di normali famiglie popolari e casiniste.

Clover avrebbe dato oro per essere povera nella famiglia di Max piuttosto che ricca sfondata in quelle mura bianche e nere.

-Allora, non mi hai ancora detto cosa vorresti per il tuo compleanno. Ti è venuta qualche idea mentre aspettavi?- sua madre cambiò in fretta argomento, tornando a sorridere incoraggiante e con la solita allegria che nascondeva la grande infelicità che provava costantemente.

Clover sospirò, e accennò un sorriso.

Aveva l’idea perfetta. Costosa e molto utile per allontanarsi abbastanza da elaborare un piano.

-Sì, vorrei passare il weekend di San Valentino in montagna. Una vacanza con il mio gruppo. Da giovedì a domenica- chiese, innocentemente.

-Che idea meravigliosa. Il pacchetto per otto dell’altra volta?- chiese sua madre, accomodante.

-Fai nove, abbiamo un’aggiunta in squadra- non ufficialmente, ma era meglio includere Diego se voleva parlargli del suo terribile piano e sperare che accettasse la stupida idea che le era venuta in mente, anche se non ancora del tutto formata.

Certo, si sarebbe dovuta sorbire le crisi isteriche di Amabelle, ma se tutto andava bene, sarebbe riuscita a placare anche lei.

Sì, una bella vacanza era ciò che ci voleva.

 

Lunedì 4 Febbraio

Norman aveva ormai imparato a godersi i compleanni della Corona Crew.

Erano sempre motivo di divertimento e allegria, e dopo l’ultimo esame particolarmente complicato, Norman aveva davvero bisogno di staccare.

Era persino riuscito a convincere Amabelle a lasciar perdere l’operazione Matchmaker per una serata.

Beh, onestamente, era stata Petra a convincere Amabelle, e il fatto che quest’ultima avesse un esame in due giorni e fosse raffreddata aveva contribuito a mettere in pausa il gruppo secondario.

Al momento la situazione era più piacevole di quanto Norman avrebbe immaginato.

Clover era al centro del locale intenta a ballare, seguita da Mathi, che si era integrato con enorme facilità nel gruppo. Tentava di trascinare Max, ma lui stava lavorando, e opponeva una certa resistenza. Sonja guardava la scena da lontano ridacchiando tra sé, divertita dalla difficoltà del collega.

Felix e Mirren erano usciti fuori, probabilmente il primo per fumare e il secondo per controllarlo e sfuggire ad eventuali richieste di ballare.

Norman era quasi tentato di raggiungerli, ma sapeva che Amabelle non l’avrebbe mai perdonato per immischiarsi nella sua coppia preferita.

Anche se forse non se ne sarebbe neanche accorta.

Era seduta al tavolo e studiava freneticamente nonostante l’unica regola del gruppo fosse di non studiare. Denny le era accanto e faceva lo stesso, anche se il suo esame era il 7.

Allo studio, la ragazza alternava qualche starnuto, mentre il ragazzo qualche manovra di difesa per evitare di prendere i suoi germi.

Sempre al tavolo, ma a una distanza di sicurezza, erano seduti lui, Petra e Diego, intenti a bere i propri drink e mangiare stuzzichini.

Lui e Petra erano abituati a rimanere isolati, e guardavano la scena in silenzio e pensando ai fatti propri. Diego fissava Clover, e sembrava immerso nei propri pensieri.

Era l’unico che non sembrava si stesse divertendo.

Ma Norman e Petra erano troppo asociali e stanchi per badare a lui o cercare di ricavargli qualche informazione, come Amabelle avrebbe voluto.

A movimentare un po’ la serata, ci pensarono Mirren e Felix, tornando dentro infreddoliti e chiacchierando amabilmente.

Felix si sedette accanto a Diego, Mirren vicino a lui, ovviamente.

-Come procede la serata, qualche novità?- chiese il primo, allegro, prendendo la bottiglia di birra avanzata e finendola in un sorso.

Bene, era in fase alcool+sigarette. Sarebbe stato un tormento.

-Qualcuno balla, qualcuno studia, e qualcuno si deprime mentre beve. Credo non sia cambiato molto da quando siete usciti- rispose Diego, imitandolo con il proprio bicchiere.

-Non ci stiamo deprimendo- provò ad obiettare Petra, quando era piuttosto chiaro che fosse così.

-Woo, adoro questa canzone. Mirren, ti unisci a me?- Felix si alzò di scatto, e fece cenno all’amico di seguirlo.

-Nei tuoi sogni, Durke- arrivò la prevedibile risposta del sopracitato amico.

-Allora non vedo l’ora di andare a dormire- ridacchiò Felix tra sé, prima di dirigersi verso il centro della sala e mettersi a ballare tra Clover e Mathi.

Mirren scosse la testa, e prese un sorso d’acqua. Era l’unico che si era astenuto dal bere, ma non era una novità. I pochi casi in cui cedeva non andava mai oltre uno o due martini. 

-Da quanto tempo siete amici?- indagò Diego, per fare conversazione.

-Ormai abbiamo smesso di tenere il conto. Direi… circa vent’anni?- rifletté Mirren, pensieroso.

-Wow, e siete ancora amici?- Diego sembrava decisamente sorpreso.

-A volte lo rende difficile, ma non saprei neanche immaginare la mia vita senza di lui- ammise Mirren, accennando un sorriso imbarazzato nell’osservare Felix ballare in modo davvero assurdo.

-Mirren, hai detto una cosa molto gay!!- lo provocò Amabelle ridacchiando, lanciandogli la gomma per attirare la sua attenzione.

Mirren alzò gli occhi al cielo.

-Non capisco cosa potrebbe esserci di omosessuale nella mia amicizia con Felix, ma inizio davvero a stancarmi dei tuoi sciocchi tentativi di rovinarla- incrociò le braccia, e le lanciò un’occhiata ammonitrice.

Amabelle si soffiò il naso, per niente intimorita.

-Rovinarla? Giammai! Voglio solo dare un upgrade- la ragazza sorrise, con occhi brillanti nonostante il naso rosso e gocciolante.

Mirren lasciò perdere, e prese un altro sorso d’acqua.

-Qual è il segreto?- chiese Diego, a sorpresa, guardando con attenzione il proprio bicchiere ormai vuoto con espressione malinconica.

-Il segreto?- Mirren piegò la testa, confuso dalla domanda.

-Sì, insomma. Per restare amico di qualcuno così tanto- Diego non sollevò lo sguardo dal bicchiere.

-Onestamente, non saprei. Credo che nel nostro caso abbia aiutato essere rimasti sempre vicini- provò a dire Mirren, lanciando un’altra occhiata affettuosa verso Felix, e facendo una smorfia vedendolo provare a fare break dance fallendo miseramente e cadendo a terra più volte -…non me lo spiego neanche io come siamo rimasti amici, a volte- aggiunse poi, quasi tra sé.

-Ma non è colpa mia! Io sarei rimasto!- borbottò Diego a denti stretti, attirando l’attenzione e gli sguardi di tutti quelli che erano al tavolo, tranne Petra. Petra era sempre al di sopra di tutti i drammi. Beveva la sua birra e giocava al telefono.

-Diego, di chi stai parlando?- interruppe il silenzio Amabelle, l’unica ad avere il coraggio di esternare quello che tutti stavano pensando.

Diego alzò di scatto la testa, come svegliato da una trance. Lanciò una brevissima e quasi impossibile da notare occhiata verso la pista da ballo, e si affrettò a rispondere cercando di risultare rilassato.

-Oh, nulla. Scusate. Devo aver bevuto troppo. Ignorate ciò che ho detto- cercò di far cadere l’argomento, agitando la mano come se non fosse importante.

Tutti tornarono alle proprie occupazioni, tranne Amabelle, che lo fissò per qualche secondo, prima di essere interrotta da uno starnuto piuttosto potente.

Il tavolo rimase in silenzio, se non si contava il farfugliare di Denny e gli starnuti di Amabelle, per una decina di minuti, poi arrivò una canzone lenta, e Clover tornò a sedersi, chiamando a gran voce il resto del gruppo, Max compreso.

-Clover, devo lavorare- provò ad obiettare lui.

-Appunto, ho un’ordinazione da fare, vieni al tavolo, cameriere- insistette lei.

In meno di un minuto, erano tutti radunati.

-Bene, festeggiata, cosa vuole ordinare?- la prese un po’ in giro Max.

-Te!- rispose lei, con serietà.

-In che senso?- Max inarcò un sopracciglio, preso in contropiede.

-È arrivato il momento dei regali- spiegò la ragazza, massaggiandosi le mani in modo cospiratore.

-Un momento, non aveva detto che avrebbe linciato chiunque avesse provato a farle un regalo?- Norman sentì Mathi sussurrare in direzione di Denny.

-Sì, di solito se fa un momento dei regali significa che quello che ha chiesto ai genitori riguarda il gruppo, in qualche modo- spiegò Denny, in tono basso.

Aveva fatto una cosa del genere nelle vacanze di primavera, regalando una vacanza a tutti in una baita sul lago, persino a Norman. Era stata una settimana indimenticabile… per tutti i motivi sbagliati.

Chissà cosa aveva in mente, adesso.

-Mio padre due giorni fa mi ha fatto una crudeltà assoluta. Qualcosa di irripetibile, crudele e che merita una vendetta esemplare- cominciò Clover, drammatica.

-Conoscendoti, si è dimenticato di passarti il sale a cena o qualcosa del genere- commentò Felix, divertito.

-Si vede che non mi conosci, allora, perché non ceniamo insieme da almeno due settimane, comunque…- Clover lanciò un’occhiataccia a Felix, poi continuò come se nulla fosse -…gli ho chiesto quindi come regalo di compleanno una vacanza di quattro giorni in montagna. Hotel a cinque stelle, nove persone, camere da due tranne la mia. Sci, pattinaggio sul ghiaccio, spa eccetera. C’è di tutto- 

-Nove? Ma noi siamo dieci- osservò Norman, confuso. Beh, Diego e Mathi non erano ancora parte ufficiale del gruppo, ma senza loro due erano otto, non nove, in ogni caso. A meno che non avesse escluso Diego di proposito. In effetti avrebbe avuto senso, visto l’appuntamento organizzato da Amabelle.

-Undici contando Sonja- provò a suggerire Amabelle, lanciando un’occhiata verso la cameriera, che sentendosi osservata si girò un attimo verso di loro, confusa.

-Ti prego, Amabelle, tieni fuori Sonja dalle tue storie- provò a supplicare Max.

-Ammetto di non aver considerato Mathi. Scusami. Posso sempre aggiungere una prenotazione, però- Clover ammise le sue colpe, un po’ imbarazzata.

-Oh, no, non preoccuparti. Non fa niente. Mi conosci appena, non sei costretta ad usare il tuo regalo di compleanno per me. Mi sentirei in colpa- Mathi provò a tirarsi indietro, leggermente a disagio.

Ah… non aveva contato Mathi. Ora si spiegava.

Un momento, Mathi? Quindi aveva deliberatamente incluso Diego? Che l’appuntamento fosse andato meglio del previsto?

-Un momento… io sono invitato?- chiese proprio Diego, cadendo dalle nuvole.

-Ovviamente. Voglio invitare tutto il gruppo. Così mio padre spende il più possibile- Clover assunse uno sguardo malefico molto da Amabelle.

-Ah- Diego sembrava decisamente sorpreso.

-E quando sarebbe questa vacanza?- chiese Max, pratico.

-Dal giovedì di San Valentino fino a domenica- rispose Clover.

-AAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHH!!!!!!- esclamò Amabelle, rivitalizzandosi completamente, e facendo sobbalzare Mathi e Diego, gli unici non abituati ai suoi acuti spaccatimpani.

-San Valentino con tutte le coppie riunite?! Devi per forza invitare anche Sonja!- aggiunse la fulva, battendo le mani.

-Mi dispiace, ma io non potrò venire- Max informò l’amica, a disagio.

-Guarda che non la invito, Sonja, non preoccuparti- lo rassicurò Clover. 

-Come no?- provò ad obiettare Amabelle, senza venire ascoltata.

-Lo so, ma ho già preso impegni di lavoro quel weekend, avrò doppi turni per tutto il tempo, e non posso assentarmi o rimandare- spiegò, dispiaciuto.

-Neanche per me?- Clover cercò di fare un’espressione da cane bastonato, ma non le riuscì particolarmente bene.

-Mi dispiace, ma ho già rimandato troppo il lavoro per concentrarmi sugli esami, e San Valentino è il giorno più pieno. Facciamo un’altra volta, okay?- Max le sorrise affettuosamente, limitando il broncio sul volto dell’amica -E poi in questo modo Mathi potrà prendere il mio posto. Sono sicuro che lui e Denny si troveranno bene come coinquilini- sorrise innocentemente ai due, ma a Norman non sfuggì la scintilla maliziosa nei suoi occhi.

Forse lui era un candidato migliore nel gruppo di Matchmakers, almeno quando si trattava di suo fratello.

Norman, dal canto suo, era ancora convinto che Denny fosse etero, ma non era il più esperto di sentimenti per poter fare congetture, dato che lui, per primo, non ne provava poi molti, almeno di tipo romantico.

Una cosa era certa, il commento di Max aveva sicuramente causato una reazione forse esagerata nel fratello e nel suo nuovo amico, dato che Denny era arrossito completamente e Mathi aveva fatto una risatina isterica ed evitato di incrociare il suo sguardo.

-Anche io dovrò lavorare, il weekend- aggiunse Mirren.

-Ow, Mirr, non puoi prenderti una vacanza?- provò a convincerlo Felix, pregandolo con occhi da cucciolo anch’essi poco efficaci.

-No, non posso. Ma ci proverò comunque per evitare che qualcuno…- lanciò un’occhiata ad Amabelle -…venga a casa mia e convinca mio padre a licenziarmi per farmi andare. Solo non ci sperate più di tanto- disse incrociando le braccia.

-Ma no, non sarei andata da tuo padre- negò Amabelle -…avrei fatto andare Petra da tuo padre- aggiunse poi con sguardo malvagio.

-Beh, tutti gli inviti sono aperti, potete decidere se venire o no anche il giorno prima. Tanto non disdico nessuna camera. Ci aggiorniamo sul gruppo- Clover finse di battere un martelletto da giudice contro il tavolo, e si alzò per tornare a ballare.

Velocemente la sala iniziò a svuotarsi.

Mirren fu il primo ad andarsene, dicendo che il giorno dopo doveva lavorare. Petra e Felix andarono con lui.

Denny li seguì poco dopo, e Amabelle, rimasta senza una voce cantilenante nella testa, si addormentò sul tavolo, con la faccia dritta dentro il libro. Max l’avrebbe riaccompagnata a casa, da quello che Norman sapeva. Ci teneva ad essere sempre l’ultima ad andarsene da una festa, anche quando stava male.

Norman avrebbe voluto andarsene a sua volta, ma aveva deciso di aspettare Diego e Mathi e tornare insieme, dato che erano tutti e tre al dormitorio universitario, anche se era a due passi.

Si alzò per andare in bagno e sgranchirsi le gambe, ma incappò in due voci molto familiari.

Non riuscì a fare a meno di ascoltare.

-Non so quale sia il tuo obiettivo, ma non voglio farne parte- stava dicendo Diego sottovoce, irritato.

-Devi avere un’opinione davvero bassa di me se credi che abbia un doppio fine per invitare anche te in vacanza. Credevo che volessimo ripartire su nuove basi amichevoli- obiettò la voce di Clover.

Dalla provenienza, erano nel cortile interno del locale, proprio sotto la finestra del corridoio che portava ai bagni.

Norman rimase fermo, ad ascoltare.

Non era molto educato da parte sua, ma doveva ammettere che iniziava ad essere curioso.

C’era qualcosa tra Clover e Diego?

-E concordo, ma una base amichevole non comporta un San Valentino in montagna. Cosa hai in mente?- Diego era molto schivo.

-Accetti un appuntamento al buio e perdi un biglietto per Malfair solo per un pasto gratis e rifiuti una vacanza gratis perché pensi che io abbia un piano in mente? Questa è buona. Non credi di essere incoerente e paranoico?- lo provocò Clover, in tono acido.

-Forse mi sono pentito della cena gratis e preferirei non duplicare- borbottò Diego.

-Fai quello che vuoi. Come ho detto, l’invito è sempre valido, ma di certo non obbligherò nessuno a venire. Non ho obbligato il mio migliore amico, non obbligherò uno sconosciuto- dopo quest’ultima frase, Norman sentì dei passi rapidi allontanarsi.

-Questo sì che è rigirare il coltello nella piaga- sentì Diego borbottare tra sé, una volta che Clover era probabilmente lontana.

Ma il tono era così basso che Norman dubitò di aver capito bene.

Che piaga era stata rigirata? Che Clover e Diego avessero un passato insieme?

Norman decise di non dire nulla ad Amabelle. Sicuramente avrebbe provato ad indagare e non sarebbe andata affatto bene.

 

Sabato 9 Febbraio

Diego stava battendo gli indici tra loro mentre fissava la fiamma che scoppiettava allegra nel camino. Sembrava stesse cercando di attirare l’attenzione dei membri della stanza con disegni e acrobazie, ma Diego era l’unico che la guardava, e anche lui al momento pensava ad altro.

E nella fiamma non vedeva altri che Clover.

Diamine! Era davvero un idiota!

Lo sapeva fin dall’inizio che partecipare all’appuntamento sarebbe stata una pessima idea, ma lo aveva fatto comunque per ottenere risposte, e ora che le risposte non le aveva ottenute e probabilmente non le avrebbe ottenute mai, continuava comunque a girare intorno alla persona che più di ogni altra gli aveva spezzato il cuore.

Uff, si era anche trovato bene alla cena, maledizione!

Clover era esattamente la stessa che ricordava. Forte, combattiva, sarcastica e generosa, come aveva dimostrato con quell’assurdo invito.

E forse questa consapevolezza era anche peggio.

Sperava davvero di riuscire a mettere da parte il suo passato e ricominciare da zero, ma ogni volta che posava gli occhi su di lei, vedeva solo una bambina mascolina e iperattiva, anche se il suo aspetto era tutt’altro che quello di una bambina, anzi…

Grrr, doveva smetterla di pensare a lei.

E di pensare a quello che aveva detto Mirren, al suo compleanno.

“La vicinanza ha aiutato a farci restare amici!”

Come se fosse stata colpa di Diego se si erano dovuti trasferire.

Era suo padre ad aver ricevuto un nuovo lavoro. E non potevano più permettersi l’appartamento dove vivevano.

E come se non avesse cercato di mantenersi in contatto.

Era Clover quella che non aveva risposto neanche ad una lettera.

Gliene aveva mandate almeno un centinaio, aveva controllato l’indirizzo decine e decine di volte, era andato all’ufficio postale con sua madre a controllare, e risultavano arrivate a destinazione tutte quante.

Aveva scritto su ogni lettera l’indirizzo di casa dei nonni dove spedire la risposta. Aveva controllato anche se l’indirizzo da lui scritto fosse giusto. Aveva fatto prove su prove, per anni, ma niente.

Clover lo aveva ignorato ed era andata avanti, come il suo gruppetto e Max dimostravano ampiamente.

E non poteva neanche avercela del tutto con lei. Erano solo dei bambini, dopotutto. Eppure non riusciva neanche a ignorare quanto la situazione lo avesse ferito.

E ora si ritrovava nel suo stesso gruppo, a condividere alcuni amici, ed erano anche andati ad un appuntamento che si era concluso nel modo più assurdo possibile.

Era convinto che lei non volesse avere più nulla a che fare con lui, e invece…lo invitava in montagna con il gruppo?! Quando si era scordata di invitare Mathi?!

Probabilmente non aveva un doppio fine, ma Diego non poteva pensare ad un altro motivo per cui lei volesse davvero averlo lì.

E non voleva neanche pensare di venire immischiato di nuovo con lei.

Sarebbe stato troppo doloroso, e il proposito che aveva detto ad Amabelle, di affrontare finalmente Clover, poteva morire lì, dimenticato e mai realizzato per via della sua codardia. Se ne sarebbe fatto una ragione.

E poi aveva un luogo migliore dove passare il San Valentino e in generale tutti i giorni di vacanza che aveva fino a Marzo ora che aveva finito gli esami: la sua bella casa con la sua stupenda famiglia dove era in quel momento, intento a fare colazione con un caffè e biscotti preparati da sua nonna Flora. Ai due lati accanto a lui c’erano Juanita e Oliver, il suo fratellino di tredici anni. Dall’altra parte del tavolo Coco, la sorellina di sei anni, mangiava un biscotto dietro l’altro mentre guardava la televisione muta dall’altra parte della stanza. Sua madre le era accanto e parlava a tutto spiano.

-Ragazzo, mi stai ascoltando?- la voce di sua madre lo riportò alla realtà.

Uno scappellotto di Juanita e un calcio di Oliver lo ancorarono ancora di più alla realtà, e al dolore in essa.

Forse era meglio restare nel mondo dell’immaginazione, anche se lì c’era Clover.

…nah, meglio i calci e gli scappellotti rispetto a Clover.

-Sì, mamma- si affrettò a mentire, prendendo un sorso di caffè.

-Miguel si sposa- gli riferì lei, in tono innocente, facendogli sputare la bevanda. 

-CHE COSA?!- esclamò, sconvolto, ignorando la pozza di caffè sul tavolo e guardando sua madre ad occhi sgranati.

Juanita si affrettò a prendere dei tovaglioli, e Oliver scosse la testa. Coco, anch’essa al tavolo, si limitò a rotolarsi dal ridere.

-Ah, quindi non stavi prestando poi tanta attenzione- sua madre sogghignò, affrettandosi ad afferrare Coco prima che cadesse dalla sedia per le risate.

-Okay, lo ammetto, ero sovrappensiero. Miguel si sposa davvero o mi stavi solo mettendo alla prova?- Diego aveva pensieri molto più importanti per la testa che negare la sua distrazione.

Suo fratello stava insieme a Paola da quando erano al liceo, e convivevano da qualche mese in una casetta che lei aveva ereditato da un vecchio zio. Non era niente di ché, ma sembravano stare bene.

Solo che a Diego sembrava troppo presto pensare al matrimonio. Avevano solo ventun anni.

-Tutte e due le cose. Vuole chiedere a Paola di sposarlo, e sono certa che dirà di sì. Quei due sono così felici insieme, e formano una coppia davvero amorevole- sua madre iniziò ad assumere il Tono™. Quello che usava sempre quando stava per proporre al figlio di cercare un appuntamento, trovarsi una ragazza, o conoscere la figlia dell’amica della zia della collega della vicina di casa che sembrava un buon partito ed era una bellissima ragazza.

Sospirò.

-Sì, loro sono carini insieme, ma come ben sai, io voglio cose diverse- mise in chiaro la faccenda prima ancora che sua madre potesse tirarla fuori.

-Già, lui vuole una ragazza che gli spacchi la faccia, non una che gliela baci- ridacchiò Juni, prendendolo in giro e iniziando a punzecchiarlo.

-Ehi! Non è vero! Io non voglio una ragazza, punto!- Diego si ritirò dalla sorella, ma finì dritto contro il fratellino.

-Non sei infastidito che Miguel ti batta sul tempo?Se fossi il fratello maggiore, vorrei essere io il primo a sposarsi- lo prese in giro Oliver battendo i pugni tra loro. Il solito competitivo!

-Non mi interessa. Io sarò il primo a laurearmi. Mi basta come vittoria- Diego provò a ricordare a tutti che lui era troppo impegnato con gli studi, ma a nessuno sembrava importare. L’amore, per i Flores, era più importante della carriera.

-Ammiriamo il tuo impegno, ma ho paura che ti isoli troppo. Non hai amici da quando sei all’università- provò a convincerlo sua madre -Perché non ti rimetti in contatto con Clover? Magari potresti recuperare la vecchia amicizia e capire cosa è successo con le lettere- propose poi, in tono incoraggiante.

Diego impallidì, mentre le immagini della ragazza tornavano prepotentemente a occupargli la testa, proprio ora che finalmente riusciva a distrarsi.

-Se vuoi saperlo ho un gruppo di amici: la Corona Crew. E sono molto simpatici- provò a sviare l’argomento, evitando accuratamente di parlare di Clover e di accennare che per una incredibilmente sfortunata coincidenza era anche lei parte di quel gruppo di amici.

-Oh! Ma è stupendo, tesoro. C’è qualche ragazza carina?- indagò sua madre, in tono da gossip, sporgendosi verso il tavolo.

-Mamma copri la televisione!- si lamentò Coco. Lei si ritirò.

Diego aveva imparato a sue spese che era molto meglio non condividere dettagli della sua vita privata con sua madre, dato che rischiava di finire con la suddetta madre che proponeva piani per farlo incontrare nuovamente con una vecchia amica o iniziava a dare il suo numero di telefono in giro.

-Non ci ho fatto caso- disse semplicemente, alzando le spalle.

Okay, ci aveva fatto caso, ma era meglio che sua madre non sapesse che la ragazza oggettivamente più bella era una certa mora di sua conoscenza, o sarebbe equivalso a una condanna a morte.

-Amabelle è molto carina- commentò Juni, con un sorrisino furbetto.

Sì, anche Amabelle era carina, ma con lei e Petra Diego non aveva fatto proprio caso all’aspetto.

Un momento…

-Juni!- Diego rimproverò in fretta la sorella, che si ritirò, ridacchiando tra sé. Ma il dado era tratto, e sua madre si era illuminata.

-Chi è questa Amabelle?- chiese, curiosa, sporgendosi nuovamente. Coco questa volta non si lamentò, perché anche lei fissava il fratello a bocca aperta.

-Hai una ragazza?!- chiese, portando le mani sul viso entusiasta.

-Amabelle non è la mia ragazza. Assolutamente no! Siamo solo amici! Non mi piace in quel senso!- Diego era quasi disgustato all’idea. Non che Amabelle fosse disgustosa, le stava davvero simpatica, ma non era assolutamente il suo tipo -Penso sia lesbica- aggiunse poi. Non ne era certo, e forse era bisessuale o pan, ma doveva assolutamente distogliere l’attenzione da Amabelle.

-In effetti dava dei vibes- Juanita prese le sue parti, pensierosa -Un momento, glielo chiedo- per poi afferrare il proprio cellulare.

Maledetto quel giorno alla sala giochi! Era stato l’inizio di ogni suo problema! Dall’appuntamento a sua sorella che ora si scriveva spesso con Amabelle.

-Lasciamo perdere, okay?! Stavamo parlando di Miguel e Paola, no?- Diego le rubò il telefono dalle mani e cercò disperatamente di cambiare argomento.

-Mi piace Paola, gioca sempre con me- commentò Coco, ormai del tutto entrata nella conversazione.

-Mah, non so. È un po’ stupida- commentò Oliver.

-Ollie! Non parlare così della tua futura cognata- lo rimproverò sua madre, in tono ammonitore.

-Non era un insulto, ma un dato di fatto. Ed è simpatica comunque- si giustificò lui.

Diego si permise il lusso di tirare un sospiro di sollievo, e continuò a mangiare in pace.

-Ah, a proposito, Diego, volevo parlarti di una cosa importante…- sua madre però tornò a rivolgersi a lui.

Era troppo chiedere due minuti di pace senza che lei cercasse di farlo fidanzare con qualcuno?!

-Che c’è, mamma?- si mise all’erta.

-Riguarda Miguel e Paola…- cominciò lei, un po’ a disagio.

Uff, pericolo scampato. Magari voleva chiedergli aiuto per le nozze. Diego poteva senz’altro farlo. 

-Dimmi pure- la incoraggiò prendendo un altro sorso di caffè.

-Volevo dar loro la casetta, quando si sposeranno- lo informò sua madre.

Diego sputò nuovamente tutto il caffè sul tavolo.

-Oh, ma allora è un vizio!- si lamentò Oliver, mentre Juanita e Coco scoppiavano a ridere.

-Che cosa?!- esclamò Diego, dopo qualche colpo di tosse. Prese distrattamente altri tovaglioli e questa volta aiutò a pulire, ma fissava incredulo sua madre, che si sistemò i capelli un po’ a disagio.

-Lo so che ci tieni tanto a vivere lì, ma è pensato per una coppia, e Miguel e Paola presto ne saranno una. Non possiamo sempre mandare Oliver a dormire in camera di nonna per lasciare loro un po’ di privacy- iniziò a spiegarsi.

Era arrivata a ricattarlo in questo modo pur di farlo uscire con qualcuno?! Sul serio?!

-L’ho costruita con il nonno! Non puoi darla a Miguel! È la mia casetta!- obiettò, alzandosi in piedi per esternare con più forza la sua indignazione.

Coco si ritirò, preoccupata.

Oliver si illuminò al sentore del possibile litigio imminente.

Juanita approfittò della distrazione del fratello per recuperare il cellulare e uscire in fretta dalla stanza.

-Lo so, ma non significa che non ci entrerai mai più, o che si trasferiranno lì. È una casetta per gli ospiti, e penso che gli ospiti migliori da accogliere siano Miguel e Paola. Non lo sto facendo per darti fastidio. Sai che abbiamo problemi di spazi- sua madre provò a farlo ragionare, ma c’erano alcune cose che rendevano Diego del tutto irragionevole. E la casetta era una di queste. Era sua! Era una delle poche cose che gli erano rimaste di suo nonno, e non l’avrebbe mai lasciata a suo fratello, per quanto bene gli volesse.

-E se ti dicessi che ho una ragazza?- la provocò. Era più un modo per dimostrare che la madre la stava ricattando, più che una confessione, ma probabilmente aveva usato un tono sbagliato, perché i fratelli rimasti nella stanza si girarono di scatto a guardarlo, a bocca aperta.

Persino Juni fece spuntare la testa dal corridoio, sconvolta.

L’unica che non sembrava affatto colpita, però, era proprio sua madre.

Sospirò.

-Sì, beh, se fossi accoppiato sicuramente la casetta resterebbe tua, ma sappiamo che non hai una ragazza, e il mio non è un ricatto morale per fartene avere una- ci tenne a sottolineare.

-Beh, indovina un po’? Ce l’ho una ragazza! L’ho semplicemente tenuto nascosto perché è una faccenda recente e non volevo che ficcassi il naso- l’irragionevolezza di Diego toccò il suo limite massimo, ma una volta uscite fuori le parole dalla sua bocca, non poteva permettersi di ritirarle, anche se avrebbe davvero tanto voluto.

Sua madre sbatté le palpebre un paio di volte.

-Cosa?- chiese incredula, incerta se avesse capito bene o no.

-HAI UNA RAGAZZA?!- esclamò Coco, più entusiasta di prima.

-È Amabelle?- indagò Oliver, curioso.

-Nah, è pansessuale ma non interessata- gli venne incontro Juanita, sempre con solo la testa che spuntava dal corridoio.

-Eh… cavolo! Non volevo che lo scopriste così- Diego provò a bluffare, prendendosi imbarazzato il volto tra le mani.

Non aveva la minima idea di come uscirne.

A chi avrebbe potuto chiedere di essere la sua finta ragazza da portare a casa? Di certo non ad Amabelle, ormai. Petra era fuori discussione. Conosceva pochissime altre persone all’infuori della Corona Crew, e quelle che conosceva non erano abbastanza vicine a lui, non poteva proporgli qualcosa del genere. Forse poteva chiedere a Felix di vestirsi da donna e aiutarlo? Nah, che sciocchezza! Mirren non ne sarebbe stato troppo felice. Poteva chiederlo a Mathi, ma era troppo mascolino per fare un buon cross-dressing. In effetti anche Felix lo era. Magari Denny, ma il povero ragazzo aveva già abbastanza crisi di identità sessuale senza che ci si mettesse anche Diego a mettergli confusione.

Eh no… c’era solo un’opzione…

…dire la verità.

-Beh, se prometti di portarla qui il weekend per dimostrare che non stai inventando tutto solo per riavere la casa, penso che non potrei togliertela- ammise sua madre, pensierosa.

…okay, doveva continuare a bluffare.

-Ma certo che non sto inventando tutto per avere la casa! Ho davvero una ragazza!- si finse offeso, incrociando le braccia -Ma non so quando riuscirò a portarla. Non vorrei affrettare le cose, e poi volevo che fosse una sorpresa- inventò, cercando di posticipare il più possibile il fatidico incontro.

Alla fine non era così impossibile. Poteva cercare online qualche sito adibito a queste situazioni e portare una perfetta sconosciuta a casa. Avrebbe finto di stare con lei per un po’, avrebbe tenuto la casa, e poi l’avrebbe fintamente mollata. Semplice, una passeggiata.

-Perché tutti questi segreti? Non sei mai stato così misterioso sulle tue ex- commentò Oliver, confuso.

-In effetti… ti stai forse dimenticando della tua ma…-la lamentela della signora Flores si interruppe di scatto, mentre la donna raggiungeva una consapevolezza che Diego comprese immediatamente, e che rese dieci volte più complicata la situazione -OH!- esclamò, lanciando poi un’occhiata al culmine della gioia verso il figlio.

Oh, no!

Diego arrossì.

-No, mamma, non è come pensi!- cercò di negare, ma era troppo rosso e con voce troppo acuta, e la convinzione di sua madre non fece che rafforzarsi.

-Sì, certo- gli fece un occhiolino complice, e prese la ciotola con i biscotti e la caffettiera -Non vedo l’ora di rivederla- commentò poi tra sé, eccitata, tornando in cucina.

Diego rinunciò a bere caffè, e decise di tornare nella casetta che avrebbe avuto ancora per poco, per seppellire il volto nel cuscino, sbattere la testa contro il muro e aggiornare il suo diario segreto con le ultime novità.

Venne anticipato da due braccia esili che comunque riuscirono a trascinarlo via, sopra le scale, e in camera della persona alla quale appartenevano.

-Che c’è, Juni?- chiese Diego, una volta che la sorella ebbe chiuso la porta.

-Allora, cos’è questa storia? Cosa posso dire ad Amabelle?- chiese, iniziando a fare il punto della situazione e prendendo un blocco per appunti.

-Di che stai parlando?- Diego non ne aveva la minima idea. Aveva le idee e i pensieri troppo confusi per pensare logicamente e lucidamente.

-Hai mentito a mamma dicendo di avere una ragazza solo per avere la casa, e ora mamma è convinta che hai iniziato ad uscire con Clover e vuole invitarla a cena, oppure non ti lascia tenere la casetta- gli ricordò la sorella, scrivendo il riassunto.

Diego ci mise qualche secondo per elaborare le sue parole, poi si accasciò con un lamento a terra, e seppellì la testa tra le braccia.

-La mia vita è finita! Se non mi ammazza Clover per averle proposto la cosa, mi ammazza mamma per averle mentito!- si lamentò, sconfitto.

-Chissà, magari Clover accetta. Amabelle mi ha detto che l’appuntamento non è andato tanto male- provò a consolarlo Juni, dandogli qualche pacca sulla schiena.

-Aspetta, cosa hai detto ad Amabelle?! Lei non sa che io e Clover ci conoscevamo- la informò, preoccupato.

-Sì, l’ho supposto quando mi ha spiegato dettagliatamente chi fosse Clover, e ti ho coperto. Secondo me dovresti andare in montagna e chiederle aiuto lì- gli propose la sorella, scrivendo qualcosa sul blocco per appunti.

-In cosa mi sto andando a cacciare?! Forse sarebbe meglio dire tutto a mamma e basta- Diego si mise seduto, deciso a far finire la spirale di bugie prima che iniziasse.

-E perdere per sempre la casetta?- gli ricordò Juni, facendolo ripiombare sdraiato.

Diego sospirò, e iniziò a pensarci.

Dopotutto non aveva niente da perdere a chiedere a Clover.

Tranne la dignità.

E magari in montagna sarebbe stata più allegra e disposta.

Inoltre poteva aiutarla a dare fastidio a suo padre in cambio… più o meno… forse.

Diamine, era un piano terribile.

Alla faccia del voler allontanarsi da Clover!

Ma per la casetta…

-Uff, meglio informare il gruppo e mamma che andrò in montagna a San Valentino- cedette poi.

-Evvai! Tienimi aggiornata. Uscirà un romanzo rosa da urlo- Juanita si leccò le labbra, pregustando il drama.

-Non scrivere storie sulla mia vita!- si lamentò Diego.

-Scrivo da sempre storie sulla tua vita. Il tuo diario segreto è la mia ispirazione da anni- rivelò lei senza pensare, troppo occupata a scrivere appunti.

Diego passò il resto della mattinata ad inseguirla per fargliela pagare.

 

 

 

13 Gennaio

Clover controllò per l’ultima volta la chat di gruppo prima di andare a dormire. Il giorno successivo sarebbe stato l’inizio della vacanza, ed era meglio fare mente locale di chi ci sarebbe stato e chi no.

 

Corona Crew

 

Amy: RAGAZZIII!!!! Allora chi c’è in vacanza dica presente!!!

Amy: PRESENTE!! YEEE! NON VEDO L’ORA!!!

Che entusiasmo

Amy: Ovviamente! Sarà a San Valentino! SAN VALENTINO!!!! E TUTTE LE COPPIE SARANNO APPAIATE!!!

Fratellino di Max: Faccio ancora in tempo a restare a Harriswood?

Amy: No!

Mathi Corona: Presente, e credo che sarà divertente. Non sono mai stato in montagna prima :D

Fratellino di Max: Davvero? Mi dispiace :o

Mathi Corona: Sono pronto a recuperare B)

Fratellino di Max: Comunque presente, anche se un po’ a malincuore

Idiota: Prwsentee!1

Mirren: Impara a scrivere, Durke, non ti si legge neanche

Idiota: SKS Mirr!!

Mirren: …presente anche io

Hai convinto tuo padre a darti una vacanza o sei stato licenziato?

Mirren: Nessuna delle due. Mio padre ha sentito della vacanza da qualcuno e ha deciso di organizzare una riunione in montagna con degli investitori proprio questo weekend

Petra: Ci tengo a dire che qualcuno è Amabelle

Amy: :p

Almeno sarà un lavoro divertente, dai

Idiota: In ottima compagnia ;-*

Mirren: Purtroppo dato che vado per lavoro non posso dare buca all’ultimo minuto

Petra: Oh, a proposito, presente

BFF: Assente, mi dispiace

Sgrunt

BFF: Sarò con voi nello spirito, mandate foto :)

Non sarà lo stesso

Norman e Diego?

Norman Corona: Presente

Amy: YEEE EFFETTO NORMAN!!

Mirren: ??

Sbaglio madornale: Presente

Amy: SIII!!!

Hai cambiato idea?

Sbaglio madornale: Beh, non si rifiuta una vacanza gratis

Amy: Sono così felice!!! Sarà una vacanza grandiosa

Fratellino di Max: …sarà una vacanza disastrosa

Beh, partiamo bene…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Credo di essermi presa una passione per scrivere il punto di vista di Clover. L’altra volta è stato più divertente, ma l’angst scorre potente in lei e nella sua famiglia, e io mi nutro di angst.

Che brutta persona che sono.

Anche scrivere la famiglia di Diego è stato divertente. I totali opposti ma per certi versi identici.

Da un lato un padre manipolatore e con manie di controllo, ma distante.

Dall’altro una madre un po’ soffocante e caotica, ma che vuole solo il meglio.

E nonostante le differenze, i loro figli si arrabbiano comunque e elaborano piani.

Che teneri.

E poi adoro Juanita.

Il prossimo capitolo lasciamo un po’ da parte Clover e Diego e torniamo su altre coppie. Inizia la trilogia di San Valentino, anche se il capitolo di San Valentino vero e proprio sarà il prossimo.

Uhhh, sono emozionata!

Grazie a tutti quelli che leggono la storia.

 

 

Nel prossimo episodio: Il weekend lungo in montagna ha inizio proprio il giorno di San Valentino. Sonja e Max passano tutto il giorno in mezzo a innamorati. Mirren e Felix vengono fatti partecipare a un gioco… per coppie.

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Capitolo 9
*** San Valentino in montagna parte 1: Gioco di coppia ***


San Valentino in montagna parte 1: Gioco di coppia

 

 

Giovedì 14 Febbraio

Norman era seduto accanto a Diego, ma era un vicino di posto davvero tranquillo, quindi non si lamentava di dover passare due ore e mezza di autobus accanto a lui.

Purtroppo, il pullman che Clover aveva noleggiato per portarli in montagna aveva i posti precisi per dieci persone più l’autista, e in qualità di portafogli del gruppo, Clover si era presa due posti, e ne aveva approfittato per sdraiarsi e leggere riviste di moda.

Come facesse a non avere mal d’auto, Norman se lo chiedeva sempre, anche adesso che la conosceva un po’ meglio.

Le altre coppie si erano trovate quasi autonomamente: Felix e Mirren, Petra e Amabelle, Denny e Mathi.

Tutti pronti per la vacanza in montagna. Nessuno, ad eccezione forse di Amabelle, del tutto felice di andarci.

O almeno, l’atmosfera non era proprio la più gioiosa, lì dentro.

Nei posti davanti c’erano Clover, intenta a leggere, nel lato sinistro, Mirren e Felix nel destro. Mirren stava lavorando su delle carte dal lato del corridoio. Felix cercava di non vomitare e fissava fuori dal finestrino, completamente incantato sul paesaggio e assente.

Nella seconda fila, a sinistra c’erano Denny e Mathi, il primo dal lato del finestrino e il secondo in quello del corridoio, tutti e due intenti a giocare con una console che Norman non era abbastanza esperto da identificare. Denny era molto competitivo, Mathi si divertiva e basta.

Nel lato destro, Amabelle e Petra ascoltavano la musica. Amabelle canticchiava tra sé ballando un po’. Petra aveva gli occhi chiusi, ma era chiaro che non stesse dormendo. Nessuno ci sarebbe riuscito con Amabelle vicino. 

L’ultima fila era occupata da lui e Diego, e quest’ultimo fissava il paesaggio fuori dal finestrino, con la stessa espressione pensierosa che aveva assunto anche al compleanno di Clover.

Norman tirò fuori un libro sperando di riuscire a leggere un po’, ora che erano finalmente arrivati in autostrada e non soffriva più il mal d’auto, ma prima che potesse iniziare, Amabelle si rivolse a Clover, parlando a voce talmente alta a causa della musica che aveva nelle orecchie, che attirò l’attenzione di tutto il pulmino.

-CLOVER QUAL È IL PROGRAMMA DEL WEEKEND?!- 

In effetti era un’ottima domanda, anche se forse a volume troppo elevato.

Persino l’autista si era preso uno spavento, e la guardava preoccupato dallo specchietto.

-Boh- rispose Clover, senza togliere gli occhi dalla rivista.

-COME?!- Amabelle si sporse verso di lei.

-NON  HO FATTO PIANI!- ripeté Clover, guardandola.

-COME?!- 

Per fortuna, Petra le tolse le cuffiette prima che potessero assordare tutto il veicolo.

-Oh, giusto- Amabelle tornò a parlare ad un volume accettabile, e si rivolse nuovamente a Clover.

-Allora, il programma?- chiese, eccitata.

-Non c’è un programma. Andiamo lì e ci divertiamo- Clover alzò le spalle, indifferente alla situazione.

-Sì, ma quali sono le opzioni tra cui possiamo scegliere? Alcuni di noi hanno un budget limitato- Danny interruppe per un attimo il gioco che stava facendo e si sporse verso Clover, un po’ a disagio.

-Boh, tutto?- Clover non aveva una risposta da dargli.

-Cosa hai ordinato esattamente? Solo le camere, o anche altro?- domandò Mirren alzando un attimo la testa dai suoi documenti.

Clover si mise seduta, e posò la rivista in un angolo notando che il discorso iniziava ad essere più serio.

-I miei mi hanno pagato nove pacchetti vacanza VIP. Ovvero tutto ciò che l’hotel ha da offrire è già pagato e disponibile. Questo include la sala giochi, la spa e la piscina interna. Così come il materiale da sci e l’accesso alle piste per sci, snowboard e pattinaggio. Avremo le carte platino per ogni cosa- spiegò, pratica, lasciando quasi tutti a bocca aperta.

-Che ti ha fatto tuo padre?- chiese Amabelle, sconvolta.

-Guarda, non mi va di parlarne- Clover sbuffò, irritata.

In effetti, anche per gli standard di Clover, una spesa del genere era davvero tanto.

-Clover, posso farti una domanda?- intervenne Mathi.

-Spara-

-Bang- commentò Felix. Lo ignorarono tutti.

-Per curiosità… non prenderla male, eh… ma quanto sei ricca?- chiese Mathi.

Sì, beh, quella era sempre la prima domanda che si facevano tutti quelli che conoscevano Clover, anche Norman se l’era fatta, ma non aveva mai avuto il coraggio di dirla ad alta voce. Tanto di cappello a Mathi per esserne stato in grado.

Clover, sorprendentemente, non sbuffò né si irritò, ma ridacchiò.

-Diciamo fin troppo. Siamo la famiglia più ricca di Harriswood, ma lo saremmo forse anche in una città molto più grande come New Malfair. Perché questa curiosità? Vuoi sposarmi per i soldi?- lo provocò, facendogli un occhiolino complice.

A Norman non sfuggì che alla proposta, Denny aveva sgranato gli occhi ed era impallidito leggermente.

Mathi però si mise a ridere, e non sembrò notarlo.

-Sarei tentato, ma sono troppo gay per una cosa del genere. Altra curiosità… hai qualche fratello?- indagò, avvicinandosi di più alla ragazza.

-Purtroppo per te, siamo tutte femmine- rispose lei, dandogli delle pacche sulla testa e tornando alla sua rivista.

-Peccato, occasione sprecata- Mathi si abbandonò nuovamente sul sedile.

Denny aveva ripreso la console, e giocava con le sopracciglia aggrottate.

-Su, su, i soldi non fanno la felicità. È meglio trovarsi un ragazzo in gamba, povero in canna, ma che ami alla follia e perfetto per te- Amabelle indicò con la testa Denny, ma le sue indicazioni non sembrarono essere recepite dai due soggetti della supposizione.

-Oppure puoi provare a conquistare Mirren- aggiunse poi Clover, lanciando un’occhiata divertita al ragazzo nel sedile vicino al suo, che alzò la testa dai documenti che aveva nel frattempo ricominciato a controllare, e lanciò alla ragazza uno sguardo perplesso.

Anche Felix, che non aveva smesso un secondo di osservare fuori dal finestrino, si girò di scatto verso l’interno del pulmino.

-Conquistare Mirren?- chiese, allarmato. Sembrava appena essersi svegliato da un sogno.

-Sono la seconda famiglia più ricca della città- spiegò Clover a Mathi, in tono cospiratore.

-Ma rispetto a quella di Clover abbiamo meno della metà dei soldi- ci tenne a sottolineare Mirren, incrociando le braccia.

-Se papà non avesse divorziato tutte quelle volte avremmo circa tre quarti dei soldi di Clover- aggiunse Petra, con un grugnito.

-Anche questo è vero. Tra qualche Bonnie potremmo finire al verde- osservò Mirren, sbuffando.

-Wow, sembra una situazione complicata. Penso che passo. Per il momento mi accontento di restare single- si ritirò Mathi, riprendendo in mano la console e lanciando un’occhiata affettuosa a Danny, che aveva appena fatto comparire sul volto un sorrisino appena accennato.

-Ottima decisione- borbottò Felix tra sé, prima di tornare a guardare fuori dal finestrino.

-Ohhh, sembri geloso, Felixuccio. Sei geloso? Eh? Vuoi Mirren tutto per te?- Amabelle si sporse verso di lui, e iniziò a punzecchiarlo.

-Bello Felixuccio, me lo segno- commentò tra sé Petra, sorridendo maleficamente nel vedere Felix in difficoltà.

-Stavo solo facendo i complimenti a Mathi per tenersi lontano da Bonnie- provò a recuperarsi Felix, anche se era leggermente arrossito.

Mirren era di spalle a Norman, quindi il ragazzo non aveva idea di quale fosse la condizione del suo volto, ma se le sue spalle rigide erano un indicatore, Norman avrebbe detto che era rimasto colpito anche lui dalle supposizioni.

-Cambiando argomento. L’unica cosa che ho progettato è che la disposizione delle camere è…- Clover si guardò intorno -…esattamente come su questo autobus- informò il gruppo.

Norman se lo aspettava. Non conosceva bene Diego, ma era indifferente all’idea di averlo come compagno di stanza. Sembrava un bravo ragazzo.

-Sono tutti letti singoli, vero?- indagò Denny, sottovoce rivolto verso Clover, ma facendosi comunque sentire da tutto l’autobus, viste le sue ridotte dimensioni.

-C’è una sola camera con letto matrimoniale- rispose Clover, pratica.

-DAVVERO?! IO VOTO CHE LA PRENDANO MATHI E DENNY!!!- si intromise Amabelle, provando a battere le mani ma venendo prontamente interrotta da Clover, che anticipò la replica isterica di Denny.

-Mi dispiace, principessa, la camera è la mia. È una delle più lussuose dell’hotel- spiegò, in tono gongolante.

Amabelle sembrò sgonfiarsi come un palloncino bucato.

-Sei una sciupafeste!- si indignò, incrociando le braccia e rimettendosi le cuffiette.

-Una persona normale converrebbe che invitare tutti quanti in una vacanza di quattro giorni in montagna in un hotel a cinque stelle mi classificherebbe come anima della festa- obiettò Clover, ridacchiando, e riprendendo a sfogliare la rivista.

-NON TI SENTO! HO LA MUSICA!!- urlò Amabelle, facendo il muso.

Il resto del viaggio procedette senza nessuna svolta degna di nota.

Denny e Mathi giocarono insieme alla console, Felix alternò l’osservazione fuori dalla finestra a qualche disegno dei passeggeri.

Amabelle coinvolse il gruppo a fare qualche canto tutti insieme ma alla fine solo Felix e Mathi si unirono a lei per più di un ritornello.

Petra rimase statica a farsi i fatti propri, e il fratello a lavorare ai suoi documenti.

Clover alternò la rivista a qualche conversazione con Denny e Mathi, soprattutto quest’ultimo, e alla fine del viaggio mise le cuffie anche lei.

Norman lesse per tutto il tempo.

L’unico che non mosse un muscolo dall’inizio alla fine del viaggio fu Diego.

Rimase a fissare fuori dal finestrino immerso nei suoi pensieri. Dalla sua espressione era chiaro che non sarebbe voluto essere lì.

Norman sperò davvero che cambiasse idea e si divertisse.

 

Nel frattempo, a due ore e mezza dal bellissimo hotel, rimasto a Harriswood a lavorare, Max era nel mezzo di ciò che odiava di più fare in veste di cameriere: cacciare fuori dal bar i poveri venditori ambulanti.

-Ti prego, amico, è San Valentino. Fammi vendere almeno qualche rosa, sono disperato- stava dicendo un poveraccio dagli occhi stanchi e i vestiti malmessi.

Max lo aveva visto spesso, in giro per la città. Era un senzatetto che faceva piccoli lavoretti in giro per racimolare qualche soldo. Solitamente erano tutti lavori poco onesti ma innocui, ed era chiaro che fosse disperato.

Max strinse i denti.

-Mi dispiace, ma disturbi i clienti, devo chiederti di andare- provò a insistere, ma si vedeva che non era molto bravo a dire di no.

Era Roelke ad occuparsi dei venditori che entravano al bar. Quando Roelke non c’era ci pensava Kodie, e al momento entrambi erano in pausa. E dato che era San Valentino, Max sospettava fosse una pausa che era meglio non interrompere.

Purtroppo ciò significava che solo lui poteva liberarsi dello scocciatore, dato che di chiedere a Sonja non se ne parlava proprio.

-Non disturberò nessuno. Solo qualche rosa, ti prego. Fa freddo fuori e ho bisogno di qualche soldo per una bibita calda- provò ad insistere il senzatetto, intuendo la poca resistenza di Max.

Resistenza che si stava per infrangere quasi del tutto.

Da un lato non voleva assolutamente importunare i clienti, ma dall’altro non voleva neanche gettare al freddo un poveraccio.

Sospirò.

-Facciamo così… io compro…- fece un piccolo calcolo mentale controllando le mance che aveva ricevuto fino a quel momento e il numero dei tavoli del Corona -…12 rose e ti offro un caffè, e tu non tornerai qui, va bene?- propose, cercando di trovare un compromesso che accontentasse tutti, anche se a scapito suo e della sua agognata mancia. Beh, c’erano persone a cui serviva di più.

Il senzatetto si illuminò.

-Dici davvero?- chiese, incredulo.

-Sì. Prendi- tirò fuori le monete e le porse verso l’uomo, che le prese titubante, porgendo poi dodici rose rosse.

-Sonja, potresti preparare un caffè da portare via?- chiese poi alla cameriera, che si occupava con una certa difficoltà del bar, e non aveva perso una parola del confronto.

-Certo, arriva subito- annuì la ragazza, armeggiando dietro la macchina del caffè e lanciando un’occhiata indefinibile in direzione di Max.

-Non so davvero come ringraziarti… io…- il senzatetto aveva perso la parlantina di poco prima, e aveva gli occhi lucidi.

-Non è nulla. Ora mi scusi, ma devo tornare a lavoro- Max posò i fiori in un angolo, deciso a metterli poi nei tavoli come decorazione di San Valentino, e si diresse a prendere l’ordinazione di una coppia di adolescenti al primo appuntamento.

Dopo aver servito qualche tavolo, aver spiegato la situazione a Roelke e aver ottenuto il permesso di mettere le rose, Max incrociò nuovamente lo sguardo di Sonja.

-Sai…- esordì lei, bloccandolo sui suoi passi con le rose tra le braccia -…il tuo è stato davvero un bel gesto- affermò poi, con un gran sorriso ammirato.

Max era certo di essere diventato più rosso delle rose che teneva in mano.

 

A differenza di Felix, Mirren non considerava Amabelle innocua, almeno non più da un po’ di tempo.

Erano anni che faceva commenti, supposizioni e piani per spingerlo (letteralmente) tra le braccia del suo migliore amico, ma da qualche tempo era diventata molto più pericolosa, e Mirren se n’era accorto.

I piani erano sempre gli stessi, ma a differenza di prima, adesso spesso funzionavano, anche se non sempre nel modo che Amabelle avrebbe voluto.

Il motivo Mirren non lo aveva ancora capito, e se non fosse stato un uomo di scienza, probabilmente avrebbe attribuito la causa a qualcosa di magico. 

Mirren era laureato con lode in economia, e la statistica era la sua materia preferita. Da circa un anno, nonostante le probabilità quasi inesistenti di riuscita, i piani di Amabelle si rivelavano quasi sempre vincenti.

Era decisamente inusuale.

Ed uno dei motivi per cui non avrebbe mai voluto partecipare al weekend in montagna con la Corona Crew. Fosse stato solo con Felix e Petra gli sarebbe andato benissimo. Il resto del gruppo poteva anche esserci. Ma Amabelle… era sinonimo di guai.

Purtroppo non poteva spiegare a suo padre che temeva di andare per via di una strana magia che avrebbe rischiato di rovinare la sua amicizia con Felix, quindi era stato costretto a tallonare il gruppo e a lavorare.

Almeno dal giorno successivo, dato che l’investitore non era ancora lì e passava il San Valentino con la moglie.

Da un lato era meglio, aveva più tempo per prepararsi all’incontro. Dall’altro... non aveva scuse per evitare le macchinazioni irritanti di Amabelle.

Ma dopotutto erano già le 19.30, erano a cena, e non poteva succedere niente di troppo grave nelle ultime quattro ore e mezza della giornata.

O almeno… così Mirren sperava con forse troppo ottimismo.

Perché ancora una volta le probabilità sembravano a favore della fulva.

-Gentili clienti, vorrei ricordare ai vecchi ospiti, e annunciare a quelli arrivati oggi, che alle 21 si terrà un gioco per coppie in onore di San Valentino. La coppia più compatibile e affiatata potrà vincere una sauna portatile e un pacchetto speciale “relax di coppia” da utilizzare nella spa dell’hotel- arrivò la voce del capo delle attività, chiara ed entusiasta.

Una sauna portatile? Che razza di sciocca idea era? Chi mai avrebbe voluto vincere una cosa del genere?

-MA CHE FIGATA!!!- esclamarono insieme Amabelle e Felix, saltando sulle sedie eccitati dal premio.

-Guardate che il pacchetto speciale “Relax di coppia” potete già ordinarlo, ma vi avverto che è molto, molto per coppie- li informò Clover, che si stava godendo l’aragosta ed aveva ascoltato il messaggio con una certa indifferenza.

Bisognava dire che la cena era davvero sublime. Mirren era ben abituato, dato che spesso mangiava da Felix e sua madre era una cuoca stellata, ma il ristorante dell’hotel era all’altezza.

Peccato che era troppo nervoso per goderselo appieno.

-Non mi importa niente del pacchetto della spa!- obiettò Amabelle, quasi offesa.

-La sauna portatile!!- le diede man forte Felix, con occhi a cuore.

Okay… doveva aspettarselo.

Ma non riuscì comunque a non lanciare un’occhiata esasperata verso il suo migliore amico, che come consuetudine quando cenavano, era alla sua sinistra.

-Cosa c’è di interessante in una sauna portatile?- Petra sembrava confusa quanto il fratello, e guardava Amabelle con la stessa espressione che Mirren aveva riservato a Felix.

-Cosa non c’è di interessante in una sauna portatile! È tutto ciò che potrei mai desiderare!!! Dobbiamo partecipare e vincere!!- gli occhi di Amabelle brillarono di determinazione.

-Interessante. Non sapevo che tu e Petra steste insieme- commentò Mathi, adocchiando le due ragazze.

Mirren quasi si strozzò con l’acqua. Non ne sapeva niente.

Alzò la testa verso sua sorella con sguardo indagatore, ma il rossore sulle sue guance e lo sguardo assassino gli fecero subito capire che non c’era niente di nuovo nella sua vita sentimentale, o almeno non con Amabelle.

-Che?! NOOOO!! Ma che dici?! Io e Petra siamo solo amiche! Ma si può sempre fingere per vincere la sauna portatile. Chissà che tipo di gioco di coppia è- Amabelle fu rapida a negare la supposizione, e iniziò a riflettere sulla cosa, in tono cospiratore e massaggiandosi il mento.

-Non ci penso nemmeno, Amabelle- obiettò Petra, a denti stretti, fissando il piatto e cercando di non mostrare alcuna emozione.

-Hey, salve! Potrebbe venire un attimo al tavolo- Amabelle la ignorò e attirò l’attenzione del capo delle attività, che sorrise e approcciò i ragazzi.

-Certo, come posso aiutarvi?- chiese, servile.

-Siamo molto curiosi sul gioco di coppia, come funziona esattamente?- chiese Amabelle, sporgendosi verso di lui e sorridendo ampiamente.

-È piuttosto semplice, ma molto divertente. Verranno selezionate cinque coppie, e si faranno delle domande riguardo ai due membri. Loro saranno di spalle, e dovranno scrivere la risposta su delle lavagnette che verranno date loro. Se le risposte coincidono ottengono punti. La coppia che ottiene più punti vince- spiegò lui, gesticolando per far capire meglio.

-Io e Mirren vinceremmo a mani basse- commentò Felix, ridacchiando, e dando all’amico una pacca sulla spalla.

Mirren alzò gli occhi al cielo.

Sì, beh, era vero che se si trattava di rispondere a domande su Felix avrebbe potuto riempire una tesi di laurea, ma non significava certo che avrebbe finto di essere in coppia con lui per vincere una maledetta sauna por… perché Amabelle aveva quello sguardo?

La ragazza infatti, al commento di Felix si era illuminata, e guardava i due con occhi brillanti e ghigno malefico.

Era più spaventosa del solito.

-Oh, che carini. Vi segno?- chiese l’animatore, guardando i due ragazzi nello stesso modo ma con molta meno malizia rispetto ad Amabelle.

Oh, no! Mirren era disposto a lasciar passare commenti e supposizioni, ma un gioco di coppia era davvero oltre il suo limite.

-No, a dire il vero io e Felix…- provò a spiegare, ma Amabelle lo interruppe immediatamente, pestandogli il piede sotto al tavolo e infastidendolo talmente tanto per il contatto indesiderato da ammutolirlo per qualche secondo di troppo.

-…avevano dei programmini tutti loro per San Valentino, ma credo che un po’ di tempo da dedicare al gioco lo troveranno. Segnali pure!- Amabelle mentì spudoratamente, ma era impossibile non credere a quel faccino angelico, quindi il responsabile non si fece domande e segnò i loro nomi con un certo entusiasmo.

-Mirren e Felix. Perfetto! Spero riusciate a mantenere la promessa. Ci vediamo alle 21. Non tardate- fece loro l’occhiolino e tornò in postazione prima che Mirren o Felix potessero obiettare qualcosa.

Nel tavolo calò il silenzio per qualche secondo.

-Quindi… parteciperete?- chiese poi Mathi, incuriosito, sporgendosi verso di loro.

-Assolutamente no! Amabelle, va subito da quel tipo e ammetti la tua bugia!- Mirren sembrò sbloccarsi, e perse la compostezza per rivolgersi all’amica.

Sperava di non essere arrossito, ma era piuttosto certo di non poter essere ottimista al riguardo.

Fingere di stare insieme a Felix per una serata?! Esisteva qualcosa di peggio?!

-Aspetta, aspetta… consideriamo un attimo la cosa…- provò a ragionare Felix, mettendogli una mano sul braccio per calmarlo. Mirren lo scansò, e l’amico non insistette.

-Considerare cosa? Non ho alcun interesse a mettermi in ridicolo davanti a tutto l’hotel per vincere una stupida sauna portatile!- obiettò. Erano rarissimi i momenti in cui perdeva la calma, ma ora gli sembrava una situazione perfetta.

-Mirren, te la stai prendendo troppo per un semplice giochetto innocente. Non ti viene mica chiesto di tenervi per mano o baciarvi. Dovete solo rispondere a delle domande!- lo provocò Amabelle.

B_baciarsi?

Mirren cercò di togliere quel pensiero dalla testa prima ancora che ci entrasse. Non voleva neanche immaginarlo.

Sbuffò.

-Mirr, io non ti obbligherò a farlo, ma Ames ha ragione. Sono solo delle stupide domande. Sicuramente saranno cose tipo: il colore preferito, bibita preferita o nome dei genitori, che ne so- provò a farlo ragionare Felix.

In effetti… che altre domande potevano fare, dopotutto.

Se lo prendeva come un gioco amichevole poteva anche sopportare l’idea. Insomma, Felix sembrava così entusiasta all’idea della sauna portatile, e quando gli chiedeva qualcosa con quegli occhi verdi carichi di ottimismo e speranza…

-O domande tipo “Chi sta sopra e chi sta sotto”- commentò Clover, malefica.

CHE COSA?!

Mirren sgranò gli occhi.

Persino Felix sobbalzò.

Ma che razza di domanda era?!

No, assolutamente no! Mirren non voleva avere niente a che fare con questa farsa.

Si alzò in piedi senza neanche aver finito di mangiare e se ne andò senza dire una parola.

Felix lo seguì prontamente.

Prima di uscire dalla stanza, Mirren vide con la coda dell’occhio Amabelle lanciare verso Clover una pallina di carta.

-Maledizione, Clo! Lo avevamo quasi convinto!- 

La coreana si limitò a sganasciarsi dal ridere.

 

Mancavano dieci minuti alle nove, e solo ora, dopo aver convinto Mirren con estrema difficoltà ed aver già deciso come spartire la sauna con Amabelle, Felix iniziava a chiedersi se partecipare al gioco fosse una buona idea.

Ma ormai il dado era tratto.

Forse era stato troppo impulsivo.

Aveva rinunciato a rinfrescarsi un attimo per fumare una sigaretta fuori dall’hotel, e prepararsi all’idea che per qualche ora sarebbe stato il ragazzo di Mirren.

Ohhhh, era stata una pessima idea.

E Felix era un tremendo egoista perché sebbene sapesse che era tutto finto, essere il ragazzo di Mirren per due ore era un sogno che diventava realtà, e non vedeva l’ora di goderselo.

Era alla seconda sigaretta della giornata. Se ne fumava un’altra poteva considerarla come seconda anch’essa?

Beh, non lo avrebbe scoperto nessuno.

Fece per prenderla, ma una voce alle sue spalle lo fece sobbalzare.

-Che ci fai qui fuori al freddo? Non hai un gioco di coppia tra dieci minuti?- chiese divertita.

Felix si girò allarmato, ma sorrise sollevato quando notò che era solo Diego.

-Sigaretta prepartita- spiegò, mostrando il pacchetto.

-E il tuo proposito?- lo prese un po’ in giro Diego.

Felix sbuffò, e intascò il pacchetto.

-Sto lentamente scendendo a due sigarette al giorno, poi farò una e infine smetterò- si giustificò, appoggiandosi contro il muro esterno dell’hotel.

-Non era mia intenzione giudicarti, so da esperienza personale quanto è difficile smettere- Diego lo affiancò, coprendosi meglio con la sciarpa.

-Tu invece, perché fuori al freddo?- indagò Felix, cambiando argomento.

-Volevo chiamare mia sorella e volevo farlo lontano dalle orecchie indiscrete di Amabelle- ammise Diego, un po’ a disagio.

-Preoccupazione più che valida. Le voglio un gran bene ma a volte è soffocante- gli diede man forte Felix, dandogli una pacca incoraggiante sulla spalla -Sarai tra il pubblico durante il gioco?- chiese poi.

-Ovviamente. Non mi perderei mai un’occasione di conoscere tutti i vostri segreti- ridacchiò Diego -Anche se devo ammettere di essere molto sorpreso… non vi imbarazza fingere di stare insieme?- chiese poi, diventando all’improvviso più serio.

Effettivamente era un’ottima domanda.

Non stavano insieme, tutti supponevano sempre che lo fossero e alla lunga Felix iniziava a non sopportare più la questione. Più perché si era arreso all’idea che l’amico non avrebbe mai ricambiato i suoi sentimenti piuttosto che perché le insinuazioni gli dessero fastidio.

Ma anche se non avesse avuto dei sentimenti per Mirren, era piuttosto certo che avrebbe comunque finto di stare con lui per vincere la sauna. Anzi, forse sarebbe stato ancora più propenso a farlo, perché non c’erano sentimenti che si potevano mettere in mezzo.

-Non penso. Probabilmente Mirren è più infastidito dai futuri commenti di Amabelle, ma fingere di essere una coppia… alla fine non è niente di che… e poi io sono bisex, nel caso pensassi che fingere di stare con un uomo dovrebbe darmi fastidio- alzò le spalle, e iniziò ad armeggiare con l’accendino.

-No, non era quello, più… l’idea di mentire per vincere qualcosa non ti fa sentire in colpa?- chiese poi Diego, più tra sé, iniziando a battere gli indici tra loro.

-Nah, alla fine non bareremo per vincere. Rigiriamo solo un po’ il regolamento a nostro vantaggio. Io e Mirren ci conosciamo benissimo. Il gioco è su quanto due persone si conoscono. Se vinciamo non conta la nostra relazione intima, alla fine- Felix gli fece l’occhiolino, e gli circondò le spalle con il braccio, complice.

Diego gli sorrise, sembrava che il discorso di Felix gli avesse risolto un dubbio esistenziale. Felix non capì cosa aveva detto che potesse applicarsi a lui, ma ne fu comunque felice.

-In effetti non fa una piega- ammise, divertito.

-Felix, sei qui?- la voce inconfondibile di Mirren attirò l’attenzione dei due ragazzi.

Felix si illuminò.

-Hey, Mirr, caro. Pronto a vincere una sauna portatile?- chiese, staccandosi da Diego per avvicinarsi all’amico.

-Cosa avevamo detto, Durke?- Mirren incrociò le braccia, e lo fulminò con lo sguardo.

Felix ridacchiò tra sé.

-Niente nomignoli, niente prese in giro, e niente commenti sconvenienti. Rispondiamo solo alle domande- elencò con il dito per aria, imitando il loro vecchio insegnante di matematica delle superiori.

-Esatto- Mirren non riuscì a trattenere un sorrisino all’imitazione, ma cercò di mantenere il tono irritato.

Si era cambiato dalla cena, e ora indossava una camicia e un golfino. Sembrava essersi messo in tiro per non sfigurare davanti alla folla.

Era… davvero attraente.

Uff, meglio restare concentrati.

Era solo una farsa.

Non stavano insieme davvero.

E poi… anche se fossero stati davvero insieme, Felix dubitava che le cose sarebbero cambiate molto. Mirren non era tipo da prendere qualcuno per mano, o da baciare, o altro che Felix neanche si sognava.

-Andiamo, prima che prendi freddo e che qualcuno ci rubi il posto. A dopo Diego!- salutando l’amico, Felix prese Mirren per il braccio e lo incoraggiò a rientrare.

-Non sarebbe male se qualcuno ci prendesse il posto. La mia offerta di comprare una sauna portatile a te e Amabelle è sempre valida- provò a negoziare Mirren, ma Felix era andato troppo avanti per arrendersi proprio adesso.

-È una questione di principio, Mirr. Perché spendere soldi quando possiamo dimostrare di conoscerci alla perfezione?- disse con sicurezza, mentre si avviavano entrambi con una certa esitazione verso la sala spettacoli al terzo piano, dove si sarebbe svolto il gioco.

Arrivarono appena in tempo, e la Corona Crew, ad eccezione di Mathi, Denny e Diego, era già lì.

-Alla buon ora, pensavo aveste scelto la via delle galline. Ero già pronta a inseguirvi per tutto l’hotel e a prendermi gioco di voi per il resto del weekend!- li accolse Amabelle, con le mani sui fianchi e l’aria minacciosa. Era l’unica in piedi del gruppo, mentre gli altri erano seduti e avevano tenuto il posto per tutti. 

-L’abbiamo trattenuta prima che potesse farlo davvero- li rassicurò Norman. Petra annuì per confermare la sua versione.

Prima che Felix potesse commentare con una battuta fuori luogo, l’animatore principale salì sul palco, e iniziò il discorso di benvenuto.

-Salve a tutti, e benvenuti al gioco di San Valentino per coppie. Io sono Troy Hamin, e sarò il vostro responsabile per questo gioco stupendo e divertente. Vedo che ci sono bambini in sala. Non preoccupatevi, il gioco è adatto a ogni età- assicurò il pubblico con un occhiolino.

In effetti c’erano alcune famiglie con figli.

E qualche ragazzo.

-Ci sono più persone di quanto pensassi- commentò Mirren, un po’ preoccupato.

-Tranquillo, Mirr. Hai sentito il conduttore, è un gioco per famiglie quindi niente domande sconvenienti- lo rassicurò Felix, dandogli qualche colpetto sulla scarpa.

-Peccato, ero davvero curiosa di sapere cosa avreste risposto- sbuffò Clover, un po’ delusa.

-Ma bando alle ciance. Cominciamo subito chiamando sul palco le cinque coppie fortunate selezionate per partecipare- continuò Troy, prendendo una lista con aria di mistero.

-Considerato il numero di coppie che sono presenti in stanza le probabilità che noi siamo tra le fortunate sono davvero basse- sussurrò Mirren, così piano che solo Felix riuscì a sentirlo, quasi temendo di tirarsi addosso la sfortuna.

-La prima coppia sono Valeria e Alessandro- esordì il presentatore. 

-Grande!- esclamò un uomo di circa 38-40 anni, dai capelli castani e un accenno di barba, alzandosi e porgendo la mano verso la sua consorte, una donna poco più giovane di lui dal caschetto corvino che sospirò rassegnata e lo seguì un po’ controvoglia.

Si avviarono sul palco e il presentatore porse loro il microfono.

-Allora, parlateci un po’ di voi, da quanto state insieme?- chiese, facendo un po’ di gossip.

L’uomo guardò la donna come a chiederle se volesse parlare, ma lei scosse violentemente la testa, così fu lui a prendere il microfono.

-Salve, Troy. Io sono Alessandro e lei e mia moglie Valeria. Ci siamo conosciuti al liceo e stiamo insieme da allora, tra alti e bassi. Siamo sposati da nove anni, e abbiamo due splendide bambine- fece un cenno verso il pubblico. Felix si sporse un po’ e notò due ragazzine di cinque e sette anni, circa. La più grande salutò il padre, la più piccola si limitò a seppellire la testa imbarazzata.

-Adorabili- non si trattenne dal dire.

-Ehi, non ti affezionare alla concorrenza- lo riprese Amabelle, tirandogli uno scappellotto.

-Benvenuti nel gioco, Alessandro e Valeria. Accomodatevi pure nelle prime sedie- li incoraggiò il presentatore, indicando i posti.

C’erano infatti, posizionate sul palco, cinque coppie di sedie disposte a semicerchio una di schiena all’altra, in modo che tutti i concorrenti si potessero vedere bene dal pubblico, ma i membri delle coppie non si potessero vedere tra di loro.

-Seconda coppia… Gwen e Jinger- annunciò Troy, esaltato.

-Wow, non me l’aspettavo! Andiamo Jing- una ragazza ventenne dai capelli color miele e vestiti pastello si alzò in fretta, e fece cenno alla sua compagna, una rossa dal look punk, che sbuffò sonoramente.

-Tanto perderemo, che senso ha?!- provò a lamentarsi lei, facendosi però trascinare.

-Non vi buttate giù, Non si può mai dire- le incoraggiò il conduttore, facendo loro cenno di raggiungerlo sul palco.

-Allora, da quanto tempo state insieme?- chiese, curioso, porgendo il microfono che venne subito preso dalla bionda.

-Io e Jinger stiamo insieme solo da qualche mese, ma ci conosciamo da due anni- rispose, con un grande sorriso gentile. 

-Della serie gli opposti si attraggono- commentò Diego, che nel frattempo li aveva raggiunti e si era seduto vicino a Norman. 

-Sembrano Petra e Amabelle- commentò Clover, ridacchiando tra sé.

-Noi siamo meglio!- obiettò Amabelle, ferita.

-E non stiamo insieme- le fece notare Petra, con foce ferma.

-Già, anche- 

-Adesso è il turno della terza coppia… siete pronti?!- chiese il conduttore, dopo aver fatto accomodare le due ragazze.

-Se continua così ci metterà secoli- commentò Norman, un po’ tra sé.

-…Mirren e Felix!- annunciò Troy, come se avesse sentito il commento di Norman e avesse notato i due ragazzi, anche se era chiaro che stesse guardando il foglio delle iscrizioni.

Mirren sbuffò, Felix si alzò e fece un cenno verso il conduttore.

-Arriviamo- 

-E adesso cosa ci inventiamo per rispondere alla sua domanda?- gli chiese Mirren sottovoce.

-Parlo io- lo rassicurò l’amico.

-Due bei ragazzi gagliardi. Da quanto tempo state insieme?- chiese, porgendo il microfono verso Felix, che lo prese con sicurezza.

-Da poco, in realtà, ma ci conosciamo da quando eravamo piccoli- spiegò, mentendo il meno possibile.

Dopotutto stavano effettivamente insieme da poco… da un’ora e mezza circa. E non doveva specificare che fosse per finta.

-E come mai ci avete messo tanto?- li prese un po’ in giro lui.

-Oh, beh, sai com’è. L’amicizia…- tagliò corto Felix, ridacchiando.

-Beh, accomodatevi pure- indicò le sedie al centro, e Felix e Mirren si sedettero, dandosi le spalle.

Era un po’ un peccato non poter vedere il suo migliore amico, ma per il gioco lo avrebbe fatto.

-Andrà tutto bene- gli sussurrò all’orecchio, sentendo quanto era rigido.

Mirren non rispose, ma si rilassò leggermente.

-La quarta coppia… Drewin e Joah!- annunciò il presentatore.

-Sì, evvai!! Andiamo!- si esaltò uno dei due, un piccoletto dai ricci capelli rossi e parecchie lentiggini. Il suo compagno si limitò a scuotere le spalle e alzarsi. Fu solo vedendo quanto fosse imponente e adulto che Felix si rese conto che non erano ragazzini, ma uomini maturi.

-Benvenuti. Da quanto tempo state…?- cominciò a chiedere il conduttore, ma il rosso gli prese il microfono dalle mani, e non lo lasciò finire.

-Sedici anni precisissimi! Io e Joah ci siamo messi insieme proprio il giorno di San Valentino!- annunciò con orgoglio.

-Ah, noi ci conosciamo da più tempo- si vantò Felix sottovoce.

-…Ma ci conosciamo da quando eravamo bambini- aggiunse poi, preoccupando leggermente Felix. 

-Wow, un grande amore. Accomodatevi pure mentre chiamo l’ultima coppia- Troy riprese il microfono e si rivolse al pubblico.

-Gli ultimi saranno i primi, si direbbe, chissà se anche questo è il caso- scherzò, provocando qualche risata.

-Melissa e Minho, raggiungeteci pure sul palco- disse poi.

I due si rivelarono essere adolescenti che sicuramente non erano un grande problema. Melissa aveva un caschetto castano, Minho aveva tratti orientali e un cespuglio castano. Sembrava meno felice di Mirren di essere lì.

-Grande, forza Minho!- lo esaltò un ragazzo della stessa età dai capelli rossi. Minho gli sorrise riconoscente, mentre seguiva la ragazza.

-Ciao Troy! Per rispondere alla tua domanda, io e Minho stiamo insieme da un anno e qualche mese, ma siamo cresciuti insieme- disse la ragazza, prima che il presentatore potesse dire alcunché. Era aggrappata a Minho con forza.

Felix la prese subito in antipatia. Perché se c’era una cosa che aveva imparato come amico di Mirren, era riconoscere quando qualcuno avrebbe preferito avere i suoi spazi, e quel ragazzo sembrava davvero cercare di sfuggire alla presa della sua ragazza.

-Bene accomodatevi pure- incoraggiò i due a sedersi, poi si rivolse al pubblico.

-Ora che i concorrenti ci sono tutti, una breve spiegazione delle regole del gioco- degli animatori entrarono e iniziarono a porgere delle lavagnette verso i concorrenti. 

Felix ne aveva una con il bordo rosso, Mirren con il bordo blu.

-Ironica la scelta dei colori, non credi?- ridacchiò verso l’amico, sporgendosi verso di lui. Dopotutto, i loro colori preferiti erano l’opposto di quello che avevano ricevuto.

-Il concorrente rivolto verso destra ha il colore rosso, mentre quello rivolto verso sinistra ha il blu. Ci saranno quindici domande, e avrete quindici secondi per scrivere una risposta sulla lavagnetta. Mi raccomando, non sbirciate. Al termine del tempo i rossi solleveranno la lavagnetta in direzione del pubblico. Quando lo dirò io, i blu faranno lo stesso. Se avete dato la stessa risposta otterrete dei punti. Altrimenti… zero. Chi ottiene più punti vincerà un pacchetto speciale della spa, e una sauna portatile- spiegò, esaltato.

-Tutto chiaro?- chiese ai concorrenti, che annuirono.

-Prima domanda, cominciamo con le basi: Qual è il colore preferito di Blu?- chiese, dando poi via al tempo.

La banalità più banale di tutti. Felix non ci mise molto a rispondere. Quindici secondi erano anche troppi.

-E…. STOP!- un allarme acustico suonò insieme alla voce di Troy, e i concorrenti sollevarono le lavagnette.

-Vediamo se anche una domanda tanto semplice ha messo in confusione qualcuno… Alessandro, pensi che il colore preferito di Valeria sia l’azzurro? Vediamo un po’. Valeria, mostra il tuo- 

Con una certa esitazione, Valeria sollevò la sua lavagnetta, che leggeva… nero? Primo errore.

-Ma il nero non è un colore- provò ad obiettare Alessandro.

-Sì, lo so. Ma è comunque il mio preferito. Ma ammetto che l’azzurro è al secondo posto- si lamentò Valeria, imbarazzata.

-Peccato, nessun punto per voi. Seconda coppia. Per Gwen il colore preferito da Jinger è il rosso, vediamo un po’…- Troy fece cenno alla punk di sollevare il proprio cartello, e con orgoglio, la ragazza mostrò un bel rosso scritto a grandi caratteri.

-Un punto per la squadra due. Vediamo i successivi, per Felix il colore preferito di Mirren è… che colore è il Borgogna?- chiese il presentatore, con una certa difficoltà nel leggere il nome scritto da Felix.

-È una tonalità di rosso molto simile al bordeaux, ma con più magenta- spiegò pratico Mirren, sistemandosi gli occhiali sul volto.

-Qualcosa mi dice che è la risposta giusta- il conduttore fece cenno a Mirren di mostrare la lavagnetta, che mostrava il chiaro “Borgogna” scritto in corsivo.

-Per curiosità, se la domanda fosse stata inversa, che colore sarebbe il preferito di Felix?- chiese il conduttore, divertito dalla precisione dei colori.

-Ceruleo- risposero Mirren e Felix, in unisono.

-Sebbene una risposta del genere meriterebbe due punti, ne diamo uno alla coppia numero tre. Passiamo oltre- si diresse verso Drewin e Joah, che guardavano sorpresi Felix e Mirren, come quasi tutti gli altri concorrenti.

-Per Drewin il colore preferito di Joah è il giallo. Vediamo se ha ragione- 

Aveva ragione. Un punto per la squadra quattro.

-E per finire Melissa, il colore preferito di Minho è il giallo?- chiese, prima di fare cenno a Minho di alzare il suo cartello.

-No! È il verde!- arrivò la voce dell’amico dai capelli rossi di Minho dalle prime file.

-Sta zitto, Marco!- si lamentò Melissa.

Ma purtroppo per lei aveva ragione.

La lavagnetta di Minho aveva scritto in piccolo verde.

-Ops, peccato. Nessun punto per la squadra cinque. Passiamo oltre. Pulite le lavagnette e preparatevi per la prossima domanda- annunciò.

-Non è giusto! Il colore preferito non è un’informazione importante- si lamentò Melissa, sbuffando risentita.

-Domanda numero due: Chi è il migliore amico dei rossi?- chiese il conduttore.

Felix avrebbe voluto ridere. Poteva fare una domanda più semplice? Improbabile.

Scrisse senza esitazione il nome di Mirren, convinto che anche lui avrebbe fatto lo stesso.

Questa seconda domanda si rivelò molto più semplice per i vari gruppi. Risposero quasi tutti nel modo giusto, tranne Gwen e Jinger. La risposta di Felix e Mirren però fu l’unica a causare un’ondata di awww nel pubblico, dato che erano gli unici ad aver indicato il compagno come il migliore amico.

-Adorabile. Terza domanda. Torniamo a parlare dei blu, qual è il loro segno zodiacale?- chiese il conduttore, procedendo con il gioco.

Capricorno ascendente Vergine, ovviamente.

Nessun gruppo sbagliò la domanda, ma il fulcro dell’attenzione fu sempre verso loro due.

-Bisogna proprio dire che la coppia numero tre è davvero specifica. Io non conosco neanche il mio ascendente- commentò il conduttore, sorpreso.

-Sua nonna era molto amante dell’astrologia. Ha calcolato a entrambi l’ascendente quando eravamo piccoli- spiegò Felix, sorridendo a Mirren, che abbassò la testa un po’ commosso al ricordo.

-Beh, non credo sia nulla di che! L’importante è ottenere i punti, non vantarsi della propria conoscenza!- obiettò Drewin, un po’ risentito, dato che il suo gruppo e quello di Felix erano allo stesso numero di punti, ma tutta l’attenzione era verso i rivali.

-Certamente, ma l’intrattenimento è d’oro. Prossima domanda, iniziamo ad andare più nello specifico. Qual è il gusto di patatine preferito dei rossi?- continuò il conduttore.

Solo uno? Difficile.

Scrisse la prima cosa che gli venne in mente, non del tutto certo che Mirren facesse lo stesso, ma cercando di essere onesto. Sebbene stesse partecipando per vincere, era molto più divertente scrivere quello che credeva e gioire nel rendersi conto che utilizzavano le stesse identiche parole.

-Coppia numero uno: Alessandro scrive di amare le patatine al formaggio. Sua moglie avrà indovinato?- il presentatore incoraggiò Valeria, che mostrò con orgoglio di aver indovinato.

La coppia numero due aveva sbagliato di poco.

-Felix, vediamo un po’… oh… “Ogni singolo tipo di pringles ma principalmente paprika e barbecue”, parecchio specifica come risposta, temo che questa volta non riuscirò a darvi un punto. Mirren, mostra la tua- 

Effettivamente il volto di Mirren era sorpreso, ma per ben altri motivi.

Infatti sulla sua lavagnetta era chiaramente scritto “Pringles, principalmente paprika e barbecue”

-Ah… wow- Troy era senza parole.

E anche Joah e Drewin, che per la prima volta non avevano conquistato il punto a disposizione, così come, ovviamente, Melissa e Minho.

-Come hai potuto rispondere honey buddha chips! Dovresti sapere che le mie preferite sono le Lays!- si indignò Melissa.

-Ma se quando stiamo da Marco mangi sempre le HBC, che ne potevo sapere!- ribatté Minho, più dispiaciuto che arrabbiato.

-Lo faccio solo per toglierle a Marco, insomma!-

-Ops, problemi in paradiso. Suvvia, è solo un gioco, e avrete altre occasioni per recuperare- provò a calmarli il presentatore.

-Direi più problemi all’inferno- commentò Felix all’orecchio di Mirren, facendolo ridacchiare leggermente.

-Ehi imbroglioni, allontanatevi!- li riprese Drewin, quasi alzandosi dalla sedia.

-Ottimo, siamo solo alla quarta domanda su quindici e stanno già per prendersi a botte- commentò Norman, che osservava indifferente il gioco.

-Sono qui solo per questo. Rissa! Rissa! Rissa!- esultò Clover, con sadico divertimento.

-Passiamo alla domanda numero 5, e visto che l’ultima è stata difficile per molti di voi, la difficoltà si abbassa leggermente: qual è il cibo preferito dei blu?- chiese Troy, cercando di tornare al gioco.

Crostata di mele

-E la squadra tre rimane in testa, tallonata dalla 1 e dalla 4, ma non preoccupatevi, c’è ancora occasione di rimontare per gli altri. Qual è la serie TV preferita dai rossi?-

Azz… ecco, questa è una domanda difficile.

Felix avrebbe volentieri fatto a meno di rivelarlo al mondo, ma non aveva idea di cosa Mirren avrebbe scritto, e non voleva perdere il vantaggio.

Le altre squadre sembravano sicure, e la schiena di Mirren contro la sua era rilassata, segno che la risposta che stava dando lo divertiva parecchio.

Doveva essere sincero, quindi.

Diamine

-Vedo che in serie TV si conoscono tutti benissimo. Passiamo alla squadra tre, Felix ha scritto… “Vorrei dire Game of Thrones ma in verità la mia serie preferita è Steven Universe”?- una valanga di risate, soprattutto dalla Corona Crew, seguì la confessione.

-…Devo dire, un ottimo gusto in fatto di serie, ma non so se una risposta tanto specifica valga, a meno che Mirren non citi entrambe le serie- si rammaricò, già pronto a non dare l’agognato punto in più, ma ancora una volta Mirren lo sorprese, con la sua estremamente precisa risposta.

-…”È Steven Universe ma sicuramente lui dirà Game of Thrones”… che dire, gente, sono sbalordito. Credo che in tutti gli anni in cui ho tenuto questo gioco non ci sia mai stata una coppia tanto affiatata. Passiamo ai 4- 

-Tsk, imbroglioni- dalla sua posizione, Felix sentì chiaramente Drewin parlargli contro, ma cercò di ignorarlo. L’unico imbroglio era che non stavano insieme e non erano una coppia, ma le risposte erano tutte frutto del loro sacco, non era di certo colpa di Felix se conosceva Mirren meglio di una coppia che stava insieme da sedici anni.

Anche se avrebbe mentito se avesse detto che il commento sul fatto che fossero una coppia affiatata lo aveva lasciato indifferente.

Diamine quanto avrebbe voluto che lo fossero.

-Dopo questo giro particolarmente di successo, passiamo oltre. La domanda numero sette è per veri esperti, e sono certo che la coppia 4 e la nostra amata 3 saranno avvantaggiati: Cosa volevano i blu da piccoli che non hanno mai ottenuto?- il presentatore passò oltre.

Felix sogghignò tra sé, e sentì Mirren irrigidirsi, ma era deciso più che mai a vendicarsi per la confessione di prima, a costo di perdere un punto, quindi scrisse con sicurezza.

Tanto difficilmente gli altri avrebbero indovinato.

O almeno così pensava, perché, nonostante il gruppo 2 non fosse arrivato neanche vicino, il primo aveva azzeccato, mostrando con orgoglio un “un disintegratore molecolare” e ridacchiando di come Valeria l’avesse poi creato da sola.

Se Felix non avesse voluto vincere, avrebbe senza dubbio tifato per loro. Forse Joah e Drewin erano più affiatati, ma Valeria e Alessandro erano tutto ciò che Felix avrebbe voluto essere: rilassato, neanche eccessivamente competitivo, semplicemente felice di stare lì e divertirsi con la persona che si amava.

-Felix, Felix… ci sei?- la voce del commentatore lo riscosse dai suoi pensieri. Beh, non proprio la voce del conduttore, quanto il colpetto al piede che gli diede Mirren. Cavolo! Non poteva continuare a distrarsi così!

-Oh, scusate, ero solo sconvolto per il disintegratore, ecco qui…- mostrò chiaramente la lavagnetta, che leggeva una scritta che sarebbe stato meglio non rendere pubblica: 

-“Essere figlio unico” questo sì che è un desiderio inusuale- commentò il conduttore ridacchiando tra sé.

-Felix! Non sei divertente!- si sentì arrivare dal pubblico la voce irritata di Petra 

-Già! Prendi sul serio la sfida!- le diede man forte Amabelle, sostenendo l’amica.

-Non prendetevela con me!- obiettò Felix, facendo cenno a Mirren di mostrare la lavagnetta prima che il conduttore potesse farlo al suo posto.

-Posso non mostrare la mia risposta e rinunciare ai punti?- chiese Mirren sottovoce al conduttore, che scosse la testa.

-Credo che a questo punto siamo tutti davvero molto curiosi di conoscere la risposta- lo incoraggiò, e sbuffando, Mirren confermò l’ipotesi di Felix.

Beh, non che fosse un’ipotesi. Era una vera e propria certezza, dato che da piccoli non facevano che parlarne.

-BRUTTO TRADITORE!! NON SARESTI NIENTE SENZA DI ME!- urlò Petra, scatenando qualche risata dal pubblico e un grande imbarazzo in Mirren.

-Suvvia, Tray, non fare una scenata- provò a calmarla Felix, peggiorando la situazione.

Alla fine Petra fu trascinata fuori dalla stanza da una preoccupata Amabelle e una divertitissima Clover, che continuava a chiamare una rissa a gran voce.

-…bene. Quante emozioni stasera. Passiamo al gruppo numero 4…- il presentatore passò oltre.

I 4 indovinarono, e 5 cinque no. Erano parecchio indietro, e Felix dubitava che potessero recuperare.

La domanda 8 fu semplicissima da rispondere, così come la 9 (-Dove non vorrebbero essere i blu in questo momento?- -Qui, in questo momento, a rispondere a domande personali-) che aveva provocato uno scroscio di risa ed erano stati gli unici ad indovinare, insieme al gruppo 1.

Poi le ragazze del Corona erano tornate in sala, Petra più calma ma comunque con uno sguardo che avrebbe potuto uccidere.

La domanda 10 fu la preferita di Felix.

-Quale figura storica è la preferita dei rossi?- 

Incredibilmente ovvia.

-Felix afferma che la sua figura storica preferita è Leonardo da Vinci, interessante. Vediamo se Mirren ha…- 

-Leonardo da Vinci?! Lo adoro anche io!- lo interruppe Valeria, sorridendo a Felix e facendogli un cenno di assenzo, per la prima volta eccitata da quando era iniziato il gioco.

-Grande! Non trovi anche tu che sia incredibilmente poliedrico?- le diede man forte Felix, eccitato quanto lei, e iniziarono a fangirlare come vecchi amici, e non come due concorrenti di un quiz show che iniziava ad andare per le lunghe- 

-Mamma, smetti di fraternizzare con il nemico e torna concentrata!- una bambina in prima fila si rivolse con tono di rimprovero a Valeria, che alzò le mani in segno di resa e tornò posata al suo posto.

-Grazia, non parlare così a tua madre- la rimproverò invece Alessandro.

-Ha ragione, però. Stiamo perdendo tempo. Marghe sta praticamente dormendo in piedi- ammise Valeria, indicando l’altra figlia, che teneva a stento gli occhi aperti ma tentava di sorridere.

-Aww, che tenera- commentò Felix, osservando intenerito la bambina di quattro anni -Magari parleremo di Leo nei prossimi giorni- disse poi alla donna, che sorrise e annuì.

-Con immenso piacere-

-Perdonate se vi interrompo ma ho indovinato, ovviamente. E il fatto che abbia indovinato asserisce che ho sentito abbastanza parlare di Da Vinci da bastarmi per una vita intera. Possiamo procedere?- Mirren sventolò la propria lavagnetta per attirare l’attenzione, e ovviamente aveva indovinato, ma Felix ne era certo. Effettivamente lo ammorbava parecchio su Leonardo Da Vinci.

-Sei solo geloso perché sai che se tornasse in vita sceglierei lui a te- lo prese in giro, approfittando di non averlo faccia a faccia per godersi i vantaggi di essere in una relazione finta con lui.

-Sì, sì, le tue teorie sulla sua sessualità. Andiamo avanti, per favore?- Mirren tagliò corto senza dare alcun segno che la provocazione fosse andata a buon fine, ma se Felix avesse potuto vedere il suo viso, rosso come un peperone, probabilmente sarebbe arrossito parecchio a sua volta.

-Per una volta sono d’accordo con l’imbroglione. Il mio personaggio storico è Shakespeare, comunque. Non che importi a qualcuno- Drewin tagliò corto e sventolò la lavagnetta.

-Interessa a me- provò a calmarlo Joah, mostrando che aveva indovinato.

-E comunque non siamo imbroglioni. Ci conosciamo solo molto bene. Se tu non sai dove Joah non vuole essere in questo momento non è certo colpa mia- si irrigidì Mirren, che essendo faccia a faccia con quell’esaltato da parecchio iniziava ad irritarsi parecchio.

-Hmpf. Possiamo ancora recuperare e vincere- Drewin cancellò la lavagnetta senza guardarlo.

-E passiamo alla coppia numero 5…- il presentatore andò avanti cercando di concludere la discussione, ma se ne aprì un’altra dato che Melissa e Minho non avevano indovinato neanche questa volta.

-Monday Clyde non è una figura storica, è un giornalista moderno- obiettò Minho.

-Ma è un grande, e…- Melissa iniziò a obiettare decisa.

Tra il pubblico, Clover non riuscì a non annuire.

-Monday Clyde è un giornalista fantastico. Se non avessi già una figura storica preferita avrei detto lui anche io- ammise. 

-Ma Mulan sarà sempre al primo posto, vero?- chiese distrattamente Diego, mentre inviava un messaggio ai suoi per augurare la buona notte.

Il silenzio che seguì la sua semplice affermazione gli fece notare che probabilmente aveva detto qualcosa di sbagliato, e alzò la testa dal telefono per trovarsi con tutti gli sguardi del gruppo addosso, che lo fissavano confusi.

-Che ho detto?- chiese, cercando di ricordare il commento che lui stesso aveva già rimosso.

-Come fai a sapere che Clover adora Mulan?- chiese Amabelle, con occhi brillanti.

Ah… Mulan, ecco cosa… un momento… l’aveva detto ad alta voce?! Aveva dimostrato davanti a tutti di ricordare quel dettaglio di Clover?! 

-Ne abbiamo parlato alla cena qualche settimana fa- mentì, con nonchalance, sperando che Clover gli reggesse il gioco.

Lei lo guardava sorpresa quanto gli altri, ma si affrettò ad assumere un’espressione indifferente -Già, era uscito il discorso- gli diede man forte, scansando la curiosità di Amabelle che decise di tornare a concentrarsi sulla coppia del giorno. 

-Siamo a due terzi del quiz, e per il momento la squadra 3 è in testa con ben 10 punti, seguiti dalle squadre 1 e 4 che sono parimerito con 8 punti ciascuno. La squadra 2 è al quarto posto con 6 punti, e all’ultimo posto c’è la squadra 5, con solo 4 punti. Ma non temete, c’è ancora la possibilità di rimontare, perché le prossime domande valgono due punti ciascuna- il presentatore fece il punto della situazione, illustrando la classifica.

La squadra numero 5 sembrava avere già capito che non avevano effettivamente la possibilità di rimontare, ed erano cupi e quasi sul punto di lasciarsi non appena la sfida fosse finita. 

Mirren e Felix invece erano determinati più che mai a non fare neanche un errore.

-Domanda numero 11: Quale gesto assume il blu quando è nervoso o a disagio?- 

Ah… beh… no, forse avrebbero dovuto rinunciare a due punti.

Felix sentì vagamente Mirren irrigidirsi, ed era certo che stesse esitando. Entrambi sapevano fin troppo bene quale fosse quel suo gesto, anche se era più un’abitudine nascosta, solo che Felix sapeva anche che Mirren non apprezzava che si sapesse troppo in giro. Su queste cose era davvero molto riservato. Felix stesso ci era dovuto arrivare da solo, e non ne avevano mai del tutto parlato.

Sebbene temesse di essere accusato di imbrogliare, Felix decise di utilizzare un trucco rischioso ma efficace, che lo aveva salvato in parecchie interrogazioni di matematica.

Con il piede batté in codice morse una semplicissima parola: “no”

E scrisse la sua risposta, certo che Mirren avesse afferrato il concetto.

La coppia numero 1 indovinò, con un certo imbarazzo da parte di Valeria, la coppia numero 2 sbagliò, senza neanche averci provato più di tanto, lamentandosi che le domande erano troppo difficili per loro.

-E andiamo dalla nostra coppia preferita… cioè, da coloro che stanno in testa: Mirren e Felix. Felix, qual è il gesto di Mirren?- chiese Troy, iniziando a leggere la sua lavagnetta con grande aspettativa.

-“Non mi sembra giusto dirlo a tutti”- lesse leggermente deluso -Beh, vediamo cosa ha scritto la persona in questione, ma temo che questa volta non riceverete nessun punto- Troy fece cenno a Mirren di mostrare la sua lavagnetta, che alzò con un leggero sorrisino.

-“Non ho intenzione di dirlo a tutti”, come sempre una risposta quasi identica. Magari potremmo assegnate un punto su due…- provò a suggerire il presentatore, non negando un’evidente favoritismo nei confronti dei favoriti, anche se il suo ruolo sarebbe dovuto essere quello di rendere il gioco più interessante, dando la possibilità ad altri di recuperare. 

-Ehi! No! Allora possiamo vincere tutti! Basta scrivere “Non lo so” ad ogni domanda!- si indignò Melissa, alzandosi in piedi.

-Quella figlia di papà è insopportabile ma ha ragione, non sarebbe giusto- le diede man forte Drewin, con un sogghigno soddisfatto.

-Gli altri concorrenti hanno ragione. Nonostante la dolcezza della risposta, la squadra numero tre non aggiunge nessun punto- li informò il presentatore, sinceramente dispiaciuto.

-E questo ci porta in pari, yeah!- Drewin sollevò la lavagnetta in un gesto di trionfo.

-Io non mi mangio le unghie quando sono nervoso…- si lamentò debolmente Joah, rompendo le speranze del compagno.

-Cosa?! E cosa faresti, scusa. Stai sempre a mangiarti le unghie!- Drewin si girò verso di lui ad occhi sgranati, incredulo di aver perso l’occasione per recuperare.

-Cerco sempre la tua mano quando sono nervoso, pensavo valesse di più- Joah mostrò la sua risposta.

-Ahi ahi, temo che il gruppo 4 abbia sbagliato e non ottenga i punti. Questo fa passare il gruppo 1 a 10 punti parimerito con il 3, mentre il quarto rimane al secondo posto con 8 punti.

-Mi dispiace, Dre- si rammaricò Joah, a bassa voce, prendendosi le mani nervosamente.

Drewin sospirò, e prese le mani del compagno tra le sue.

-È colpa mia, abbiamo ancora occasione di recuperare. E poi è solo un gioco- lo rassicurò, con un sorriso affettuoso.

-Aww- si trovò a commentare Felix, senza riuscire a trattenersi. Purtroppo per lui era un inguaribile romantico… con una cotta per la persona meno romantica dell’universo.

Che sfiga.

-La squadra numero 5 si aggiudica i punti, stranamente…- continuava nel frattempo Troy.

-Ehi!- si lamentò Melissa.

-…e passiamo alla domanda numero 12: Cosa ti infastidisce di più dei rossi?- lui la ignorò e passò a una domanda estremamente complicata, dalla risposta però stranamente semplice.

O almeno in apparenza.

Perché pensandoci, c’erano parecchie cose che sicuramente infastidivano Mirren, quindi Felix non aveva idea di cosa avrebbe effettivamente scritto.

Alla fine andò con quella che credeva lo infastidisse di più, ma temeva davvero che avrebbero sbagliato di nuovo.

La coppia sposata fece una risposta incredibilmente esaustiva, passando in vantaggio.

Anche le due ragazze risposero bene, esultando nonostante fossero troppo indietro per recuperare ormai, e arrivarono a loro.

Felix sollevò la lavagnetta un po’ titubante.

-“Il vizio del fumo” e fa benissimo a non apprezzarlo, oserei dire. Ma è la cosa che apprezza di meno?- Troy fece cenno a Mirren di sollevare la lavagnetta, e lui obbedì, impassibile ma leggermente arrossito.

-“Nulla in realtà, tranne forse il fumo”, aww, che coppia tenera. Ma temo che la risposta non sia del tutto valida- ammise il presentatore, un po’ incerto.

-Come? Entrambi abbiamo messo il fumo- provò ad obiettare Felix, che cercava di non arrossire. Era convinto che Mirren avesse scritto un papiro, non che non sapesse cosa scrivere. Forse preferiva non rivelare quanto gli desse fastidio il contatto fisico? In effetti non avrebbe aiutato la loro farsa.

-Ma la vera risposta di Mirren è nulla, e non credo che…-

-Perché non assegnate un solo punto?- propose Valeria, riflettendo.

-Cara, non si dovrebbe aiutare la concorrenza- le suggerì Alessandro.

-Sì, ma hanno indovinato, solo non era troppo specifico, legalmente credo che abbiano diritto a metà punteggio- insistette Valeria.

Sia Felix che Mirren la guardarono sorpresa, così come praticamente il resto della sala.

-Che c’è? Sono una persona onesta. E preferisco vincere meritandomelo- si spiegò lei, un po’ a disagio nell’aver monopolizzato l’attenzione.

-Oh, beh, la signora è stata parecchio convincente. Un punto per la squadra tre, che passa al secondo posto battuta dalla squadra 1- annunciò Troy, passando poi oltre.

-Non va bene, hanno solo un punto di vantaggio con la squadra quattro e sono solo al secondo posto- Amabelle saltellava sul posto, in ansia.

-Vabbè, se non vincono ti fai comprare una sauna portatile da Petra- provò a suggerire Denny, che era arrivato con Mathi a metà partita e ancora non capiva perché gli amici stessero facendo una tale farsa per una stupida sauna portatile quando Mirren aveva abbastanza soldi per comprarne a tutti i membri del gruppo.

-È una questione di principio, Denny! Perché comprarla quando si conoscono abbastanza da poterla vincere!- provò a spiegargli Amabelle, esaltata.

-A quanto pare non abbastanza, in realtà- osservò Petra, alzando le spalle. Continuava a fulminare Felix e Mirren con lo sguardo, ma l’irritazione le era già passata. Dopotutto sapeva già che il rapporto che aveva con Mirren era complesso quando erano piccoli. Non era una grande sorpresa che avrebbe preferito essere figlio unico. O almeno avere una sorella che fosse anche figlia di sua madre.

-Solo perché non hanno risposto a una domanda!- Amabelle prese le loro difese, guardando storto la squadra 1 nonostante non avessero fatto nulla di male.

-Sono seriamente l’unico ad essere emozionato dal fatto che siamo nello stesso hotel con la grande inventrice Valeria Norcia?- chiese Mathi, che da quando era entrato non faceva altro che fissare ad occhi sgranati la concorrente del gruppo 1.

-Io sono più sconvolta dal fatto che conosco di persona Melissa Han- commentò Clover, anche se non appariva affatto sconvolta.

-Domanda numero 13, ormai siamo in dirittura d’arrivo: Quale è stato il vostro viaggio preferito insieme?- chiese Troy, continuando con il gioco.

Bene, era facile per Felix. 

Solo il ricordo di quel viaggio lo faceva sorridere a tutto denti.

E la fortuna sembrava essere tornata a loro favore.

-Oh, interessante, il viaggio di nozze? Un classico, ma è lo stesso per Valeria?- Troy indagò con il gruppo 1.

Valeria era a bocca spalancata, e guardò Alessandro quasi offesa.

-Okay, va bene che il viaggio di nozze è stato magico. Ma il primo capodanno in montagna del liceo è stato il viaggio più memorabile!- affermò con sicurezza, sollevando la lavagnetta, molto diversa da quella del marito.

-Cosa? Ma se ti sei slogata una caviglia, mio padre ha invitato la mia ex a passare tempo con noi, e tua cugina, dopo che il mio migliore amico le ha spezzato il cuore, ti ha ignorata per stare con un tipo che ha poi provato a ricattarla con foto compromettenti- Alessandro era più incredulo e quasi offeso della moglie, e la fissava come se non la conoscesse.

-Appunto, memorabile. E poi abbiamo avuto il nostro primo bacio- ricordò lei, arrossendo leggermente al ricordo.

-Non esattamente, dato che è stato il 20 Novembre, ma va bene, capisco il tuo punto. 0 punti però- si arrese Alessandro, ancora un po’ sconvolto.

-Direi proprio 0 punti, ma ho apprezzato parecchio l’aneddoto. Sarei curioso di sapere i dettagli. Dovrebbe scrivere un’autobiografia- la incoraggiò il presentatore, divertito.

-O pubblicare i suoi diari- ridacchiò Alessandro.

-Neanche morta!- Valeria arrossì ulteriormente.

Anche la coppia numero 2 indovinò. Entrambe avevano messo “Questo” come risposta, e si considerarono fortunate che non avessero fatto altri viaggi insieme.

-Benissimo, e ora passiamo ai nostri secondi classificati. Cosa avete risposto questa volta?- il presentatore lesse la lavagnetta di Felix -“New York, gita al terzo anno di liceo”? Siamo tornati alle risposte specifiche, ma Mirren condividerà?- il presentatore si rivolse a Mirren, che con un sorriso nostalgico alzò la lavagnetta dal bordo blu.

-“New York, gita al terzo anno di liceo” combacia parola per parola. Cosa c’è di tanto speciale in questa gita?- chiese poi per fare conversazione.

-È stata terrificante- rispose Mirren, senza trattenere il sorriso.

-Ha piovuto tutto il tempo, e ho avuto un’intossicazione alimentare il terzo giorno- ricordò Felix, ridacchiando.

-Ma la galleria d’arte era meravigliosa- ammisero insieme, perfettamente coordinati, guardandosi poi con un tenero sorriso affettuoso.

Per un istante, un solo meraviglioso istante, lo sguardo di Mirren sembrava davvero quello del suo ipotetico ragazzo. Esprimeva la stessa tenerezza e affetto che Drewin aveva mostrato per Joah poco prima.

Poi Mirren distolse lo sguardo, e Felix si disse che probabilmente lo aveva solo immaginato.

-Che tenerezza, gente. E con questa risposta tornano al primo posto- 

Il gruppo numero 4 indovinò, tornando al pari con Valeria e Alessandro, e il gruppo 5, ovviamente, sbagliò.

Ormai Troy quasi si dimenticava di loro, e l’irritante Melissa si era ammutolita, delusa dallo stare perdendo così malamente.

-Penultima domanda: Quali sono le posizioni che assumete quando dormite insieme?- procedette Troy, guardando principalmente le coppie 1, 3 e 4, le uniche che effettivamente potessero sperare di vincere, a questo punto. Il tono non era particolarmente malizioso, quindi Felix supponeva che non stesse facendo doppi sensi, ma la domanda lo fece comunque arrossire, anche se sapeva perfettamente come rispondere.

Dopotutto avevano dormito insieme più volte, ed avevano una routine. Forse non era romantico come altre risposte, ma non c’era bisogno di scrivere cose come “Lo abbraccio stretto a me” o “Le nostre gambe sono intrecciate”.

Sarebbe stato bello, certo, ma la realtà dei fatti era un’altra, e non avrebbe rovinato la loro credibilità come coppia.

Dopotutto, anche se fossero effettivamente stati una coppia, Felix dubitava che Mirren si sarebbe mai lasciato abbracciare.

Ma non era il momento di pensarci, era il momento di scrivere, dato che non aveva molto tempo.

Sia il gruppo 1 che il gruppo 2 indovinarono. I primi con una risposta molto specifica, le seconde con un semplice “Non abbiamo ancora mai dormito insieme”. Probabilmente quella sarebbe stata la prima notte. Che tenere. Anche se ormai erano ufficialmente fuori dai giochi, dato che nella migliore delle ipotesi avrebbero semplicemente raggiunto il secondo posto parimerito con il gruppo 1 e 4.

Sì, perché lui e Mirren avevano indovinato di nuovo, e restavano quindi in vantaggio.

Un semplice “Mirren nel lato destro, Felix nel sinistro. Schiena contro schiena di solito” li aveva fatti vincere, anche se aveva un po’ deluso conduttore e pubblico, che probabilmente si aspettava di più.

-Mi aspettavo di più- ammise infatti Amabelle, sprofondando nella sedia come un palloncino sgonfio.

-Hanno detto la verità, che pensavi? Che mentissero scrivendo cose come “Dormiamo abbracciati con le gambe intrecciate” rischiando di sbagliare?- le fece notare Petra.

-No, no. Mi aspettavo che scrivessero qualcosa del tipo “Dormiamo abbracciati con le gambe intrecciate” perché quella era la verità- spiegò Amabelle, con un dito per aria.

-Amabelle… credo che tu ti stia facendo troppi film mentali su di loro- osservò Denny, un po’ preoccupato.

-Zitto tu! Non sono film, ma visioni profetiche del futuro molto prossimo!- Amabelle strinse i pugni, decisa.

Nel frattempo, sul palco, si era giunti all’ultima domanda.

-Siamo alla fine. La coppia cinque purtroppo non può recuperare in alcun modo con un punteggio di 7 punti, la squadra due ha 12 punti, un ottimo risultato, ma non abbastanza per vincere, purtroppo. La coppia 1 e la 4 hanno entrambe 14 punti, mentre la coppia 3 ne ha 15. Riusciranno a portarsi a casa la sauna portatile e ad usufruire di un bellissimo massaggio a cinque stelle per coppie? O verranno superati da una delle altre coppie? Vediamo subito con l’ultima domanda: Quando vi siete dati il primo bacio?- chiese Troy.

Era una domanda estremamente semplice, in realtà, ma anche parecchio complessa per coppie che magari stavano insieme da tanto o avevano avuto un grande tira e molla. Una domanda che magari aiutava chi stava insieme da poco, tipo Gwen e Jinger, o Melissa e Minho… o lui e Mirren.

Felix sapeva che avevano solo un punto di vantaggio, e non potevano rischiare di sbagliare di nuovo, ma quella era l’ultima domanda a cui avrebbero potuto rispondere, diamine! 

Scrivere “mai” sarebbe stato irrealistico. Sparare una data recente e sbagliare avrebbe rivelato immediatamente che stavano fingendo.

L’unica opzione era… un momento… c’era un’opzione. Ma Felix dubitava altamente che la sua risposta e quella di Mirren avrebbero combaciato.

Ma doveva rischiare il tutto per tutto, e magari Mirren avrebbe fatto un ragionamento analogo al suo. Doveva tentare.

E usare il codice morse in quel caso era troppo rischioso.

Sospirò, e scrisse.

-Nooo!! Addio alla mia sauna portatile!- esclamò nel frattempo Amabelle, delusa dalla piega che gli eventi stavano prendendo.

-Una domanda del genere era scontato che la chiedessero, effettivamente. Strano che non l’abbiano fatto prima- osservò Norman, obiettivo.

-Sì, ma uffa!! La volevo davvero quella sauna- si intristì Amabelle, sprofondando ulteriormente nella sedia.

-Te la compro io, va bene?- cercò di rassicurarla Petra.

-Non è ancora detta l’ultima. Magari vincono- Mathi provò ad essere ottimista.

-Dubito. Valeria e Alessandro hanno già detto quando si sono dati il primo bacio, quindi se anche Drewin e Joah dovessero sbagliare, la coppia 1 vincerebbe- osservò Clover, che era stata stranamente attenta e interessata durante il gioco.

-Sì, lo so. Ma io intendevo che possono sempre indovinare- si spiegò Mathi.

-Meh, la probabilità è molto molto bassa, dato che non si sono mai baciati- obiettò Denny.

-Se c’è una cosa che sto iniziando a capire è che in questo gruppo più la probabilità è bassa, più è plausibile che succeda, alla fine- ridacchiò Diego.

Era un bravo osservatore.

Valeria e Alessandro indovinarono dando due date ma essendo estremamente precisi e guadagnando quindi due punti.

Stessa cosa Gwen e Jinger, ma erano comunque indietro.

E poi arrivarono a loro.

Felix sollevò la lavagnetta come un condannato al patibolo, e per certi versi lo era, dato che non aveva idea di come la sua risposta sarebbe stata accolta.

-“Eravamo in quarta elementare” un piccolo primo bacio. Che tenerezza. Mirren se lo ricorderà?- Troy si rivolse al compagno, che era imperscrutabile, e sollevò la lavagnetta con la stessa esitazione.

“Non credo proprio” pensò Felix, rassegnandosi a rinunciare alla sauna portatile.

Trattenne a stento un’esclamazione sorpresa quando vide la risposta, scritta in corsivo del suo migliore amico: “Quarta elementare”.

Ah… wow!

-Abbiamo i nostri vincitori sembrerebbe! Forse ci saremmo aspettati una risposta più specifica, ma è più che sufficiente. Se eravate così precoci perché ci avete messo tanto a mettervi ufficialmente insieme?- fece loro un occhiolino, passando comunque ai concorrenti successivi.

Il cuore di Felix batteva talmente forte contro il suo petto che il ragazzo non riuscì a trovare il fiato di rispondere neanche, e lasciò correre il commento, rimettendosi con la schiena contro quella di Mirren, e cercando di trattenersi dal guardarlo. Aveva paura di scoprire cosa avrebbe mostrato il suo sguardo.

Era solo una coincidenza che avessero scelto lo stesso giorno? O forse Mirren…

No… era sicuramente una coincidenza, un colpo di fortuna. Ne capitavano parecchi ultimamente.

Sorprendentemente, l’affiatata e competitiva coppia numero 4 sbagliò la risposta, finendo parimerito con la coppia numero 2 al terzo posto, e la coppia numero 5 si era rifiutata di continuare.

Tra il pubblico, per la prima volta dall’inizio della serata, la Corona Crew, o più in particolare Amabelle, era ammutolita.

-Quando… quando è successo?!- anche se non per molto, dato che l’esclamazione successiva di Amabelle fu talmente forte che sebbene fossero nelle ultime file, quasi arrivò al palco.

Se anche Troy lo sentì, però lo ignorò.

-Calma i bollenti spiriti, Amabelle, sicuramente hanno sparato a caso, o si sono accordati con codice morse- tentò di farla ragionare Petra, dato che se si fossero effettivamente baciati in quarta elementare, lei lo avrebbe saputo…. probabilmente?

-Niente codice morse. Ho controllato, non lo hanno usato- la contraddisse Clover, con un sorrisetto malizioso.

-Indagherò come se non ci fosse un domani!- si ripromise Amabelle, battendo le mani con sicurezza.

-Ahi, poveri Mirren e Felix- si dispiacque Denny, segretamente felice che stessero monopolizzando l’attenzione di Amabelle, così lui poteva godersi la vacanza senza che lei gli stesse addosso.

-Beh, è stato un cammino intenso e divertente, ma ormai siamo alla fine dei giochi: all’ultimo posto, con 7 punti: Melissa e Minho. Spero che il gioco vi abbia fatto conoscere più cose l’uno dell’altra…- Troy cominciò ad annunciare la classifica, mentre lo staff recuperava le lavagnette.

-Hmpf- fu il solo commento di Melissa, irritata.

-Al terzo posto parimerito abbiamo Drewin e Joah e Gwen e Jinger. Avete avuto qualche dimenticanza, ma vi conoscete davvero bene, dovete essere orgogliosi-

-Eravamo ubriachi, Halloween non vale!- Drewin aveva la testa tra le mani, e si lamentava ancora dell’ultima risposta sbagliata.

-Lo so, ma è oggettivamente il primo bacio. Pensavo avessi segnato quello- si stava scusando Joah, sospirando.

-Noi siamo felicissime di aver partecipato e di essere arrivate terze- sorrise invece Gwen, parlando anche per Jinger, che annuì.

-Al secondo posto… Valeria e Alessandro. Ci eravate quasi, ma sarà per la prossima volta. Siete comunque una bellissima coppia- Troy sorrise alla coppia numero 1. Alessandro strinse la mano della moglie.

-Beh, ci siamo divertiti. Alla fine è solo un gioco- disse, trovando assenso in Valeria.

-E poi non avevamo speranze contro quei due- ammise lei, facendo un grande sorriso verso Mirren e Felix.

Sembrava orgogliosa, come una madre soddisfatta dai trionfi dei propri figli. Doveva essere stata una buona babysitter. E ora un’ottima madre.

-E al primo posto, i favoriti dell’edizione! Ci hanno conquistato già dalla prima risposta: Mirren e Felix! È un onore darvi il primo premio, una simpatica sauna portatile…- Troy fece cenno allo staff, che portò una grossa scatola con il miglior premio del mondo -… ma soprattutto il buono per il pacchetto “relax di coppia” da utilizzare nell’hotel nei prossimi giorni. Fatene buon uso- un’altro membro dello staff consegnò il buono in mano a Felix.

Per un secondo, un semplice istante, Felix quasi valutò la possibilità di tenerlo. Forse poteva convincere Mirren a utilizzarlo. Poteva godersi ancora per un attimo la sensazione che stessero insieme, che potessero effettivamente essere una coppia.

Sapevadi avere la capacità di convincerlo. Sapeva di avere quel potere.

Ma non avrebbe mai potuto farlo, sapeva benissimo anche questo.

-Troy, posso dire solo una cosa?- chiese, alzando la mano verso il presentatore per richiedere il microfono.

-Certamente, qualche bella dichiarazione d’amore?- suppose, emozionato.

Certo che li aveva proprio presi a cuore.

-Siamo davvero soddisfatti di aver vinto. È stato molto divertente, ma non abbiamo partecipato per il pacchetto. Quello potremmo tranquillamente ordinarlo…- cominciò, cercando le parole migliori.

-E io non farei mai una cosa del genere- borbottò Mirren, che si era ritirato quando il presentatore aveva dato loro il buono.

-Avete partecipato, ci avete oscurato tutti e rotto le scatole, e ora non volete neanche il premio?- chiese Drewin, sconvolto.

-Noi abbiamo partecipato per la sauna portatile- spiegò Felix, accarezzando la scatola che Mirren teneva con espressione seccata.

-Non ho parole- Drewin alzò le braccia al cielo, teatralmente.

-Quindi vorremmo dare il buono per il massaggio a Valeria e Alessandro, perché secondo noi se lo meritano parecchio, e poi ci hanno aiutato- Felix sorrise verso la coppia, e porse il buono.

-Oh, no, non possiamo accettare…- provò a rifiutare Valeria, ma Alessandro prese il buono senza farselo ripetere due volte.

-Certo che possiamo accettare, grazie mille, ragazzi- sorrise, chinando leggermente il capo in segno di ringraziamento.

-Alex!- lo riprese Valeria, incrociando le braccia.

-No, ha ragione. Insistiamo. Io devo anche lavorare questo weekend, non avremmo la possibilità di usufruirne- aggiunse Mirren, visibilmente sollevato dall’idea di Felix.

-Beh, in tal caso, vi ringrazio molto- si arrese infine Valeria, sorridendo a sua volta e stringendo la mano di Felix.

-Non so voi, ma sono davvero commosso, questo sì che è spirito sportivo. Concludiamo infine il gioco per coppie di San Valentino, spero davvero che vi sia piaciuto e ci rivediamo nelle prossime…- Troy si lanciò nel discorso conclusivo, ma venne interrotto sul finale da un’esclamazione decisa che stavolta raggiunse pienamente il palco e l’intera sala.

-Coppia numero 3, vogliamo un bacio per celebrare la vittoria!- urlò infatti la voce di Amabelle, facendo impallidire sia Mirren che Felix.

-Oh, ma che bella idea! Un bacetto della coppia vincitrice- le diede spago Troy, guardando i due pieno di aspettativa, ma spegnendo il sorriso notando i loro volti chiaramente preoccupati.

-Eh eh, sì, lo faremmo, ma non siamo molto per le dimostrazioni pubbliche di affetto- provò a salvarsi Felix, cercando di recuperare la nonchalance.

Mirren era praticamente congelato sul posto.

-Bugiardo! Bacio!!- insistette Amabelle, cercando di far partire un coro ma venendo prontamente zittita da Petra con una mano davanti alla bocca.

-Non obbligheremmo mai a farvi fare qualcosa che vi metta disagio, complimenti ancora per la vittoria e buona permanenza in hotel!- Troy, notando l’aria che iniziava a farsi pesante, tagliò subito corto e congedò tutti quanti con un inchino di uscita.

Felix sospirò, l’avevano scampata. Si voltò verso Mirren per sorridergli rassicurante, ma il volto dell’amico era una maschera di ferro. Una maschera di ferro che Felix conosceva bene, e che detestava.

Mirren gli passò bruscamente la scatola con la sauna portatile e lo superò scendendo dal palco senza una parola, e uscendo dalla sala prima ancora che Felix si rendesse del tutto conto che se ne stesse andando.

Si affrettò a salutare gli altri concorrenti e scese a sua volta, dirigendosi verso la Corona Crew.

-Codardo! Che vi costava darvi un bacetto!- lo accolse Amabelle appena fu a portata d’orecchio, liberandosi con difficoltà dalla presa di Petra.

“Grazie dei complimenti, Amabelle. Non è stato per niente difficile vincere questa sauna portatile anche per te, figurati” pensò sarcasticamente Felix nella sua testa.

Voleva bene ad Amabelle, la considerava come una sorella minore, ma proprio come in ogni relazione fraterna, c’erano alcune cose di lei che a volte non sopportava.

La sua mancanza di empatia in certe situazioni era una di quelle.

Non era neanche del tutto colpa sua se non riusciva a capire il disagio psicologico che Mirren provava in quelle situazioni, dato che lei era capace di tutto senza la minima esitazione, ma non aveva neanche la decenza di riflettere prima di parlare.

-Complimenti, Amabelle, dovevi proprio rovinare la serata con una delle tue trovate?- le chiese irritato, porgendole la sauna portatile.

Lei fu presa in contropiede. Era molto, molto raro che Felix si irritasse, specialmente con lei, ma proprio in generale. Vederlo arrabbiato era quasi impossibile.

Ma non aveva comunque intenzione di fare un passo indietro.

-Addirittura. Ho solo proposto un bacio, che vuoi che sia?!- insistette, seriamente confusa dal valore che Felix sembrava attribuirgli -…non è neanche il primo, o sbaglio?- aggiunse poi, con un sorrisino malizioso.

Felix dovette ricorrere ad ogni briciola di autocontrollo che possedeva (non poi molto) per non arrossire.

Assunse invece un’espressione indifferente.

-Quello è stato un colpo di fortuna. Ho solo sparato un periodo da piccoli, così se sbagliavamo e Mirren diceva un’altra data a caso, avremmo potuto mentire dicendo che lui non ricordava quel bacio o che è passato troppo tempo. Non ci siamo mai baciati- disse con una sicurezza tale, che per qualche secondo ci credette anche lui.

-Wow, che ragionamento figo! Complimenti, comunque- gli sorrise Mathi, con leggerezza.

Felix riuscì a tirare fuori un vero sorriso.

-Grazie, tranne il finale, è stato divertente. Vado a cercare Mirren- Felix si diresse verso l’uscita.

-Tieni la sauna, te la regalo è tutta tua- con un’ultima frecciatina verso Amabelle, Felix scomparve  oltre la porta.

-Ma si può sapere perché se la sono presa tanto?- Amabelle era ancora confusa.

-Stai scherzando, vero? Non puoi chiedere a due persone che sono solo amiche di baciarsi? Soprattutto se una di quelle persone è Mirren- Norman guardò Amabelle come se non la conoscesse.

-Eddai, è solo un bacio…- insistette però lei, ferma sulle sue idee.

 

Sonja era abituata a stare in piedi per ore senza stancarsi. La sua postura era ottima e la sua resistenza invidiabile.

Ma i ritmi frenetici del Corona Café erano davvero troppo per lei, e si stava pentendo amaramente di aver accettato di fare turno doppio quella sera.

Beh, non è che si pentisse proprio, dato che se non accettava avrebbe tolto a una cara cameriera la possibilità di andare al cinema con il suo ragazzo, o avrebbe lasciato tutto nelle spalle di Max, ma non si sentiva più i piedi né la schiena.

Per fortuna erano in chiusura, e dovevano solo sistemare gli ultimi tavoli.

-Hai bisogno di aiuto?- le chiese Max, gentile come al solito, con un sorriso incoraggiante, prendendole dalle mani il vassoio con almeno una ventina di piatti.

Solo quando le fu tolto dalle mani si rese conto di quanto fosse pesante, e di quanto vicino fosse stata a lasciarlo cadere.

-Grazie Max- gli sorrise riconoscente.

-Figurati, oggi hai lavorato come un treno, devi essere stanchissima- aggiungendo un altro paio di piatti, Max si avviò in cucina, per mettere tutto nella lavastoviglie.

La stava prendendo in giro, per caso?

-Ma che dici, ho lavorato almeno la metà di te. Sei tu ad essere stato un treno- affermò. Era importante essere onesti, e onestamente Sonja era stata davvero pessima rispetto a Max.

-Oh, beh… io lavoro qui da parecchio, ormai c’ho fatto l’abitudine- alzò le spalle lui, leggermente rosso.

-Da quanto lavori qui?- indagò la ragazza, prendendo tutte le posate e seguendolo in cucina.

-Mi pare circa tre anni? Ero al secondo anno di università- rispose Max, pensieroso.

-Hai conseguito la triennale lavorando? Ammirevole- commentò Sonja, iniziando a riempire la lavastoviglie.

-È tutta questione di organizzazione infine. E capacità di dormire due o tre ore a notte- dopo l’affermazione, Max fece un profondo sbadiglio.

Sonja ridacchiò tra sé.

-Io sono abituata a dormire otto ore precise, il mio ritmo sonno-veglia è un orologio svizzero- gli rivelò. Non riusciva neanche a immaginare di dormire meno del tempo a cui era abituata.

-Questo è un grande talento, vorrei averlo anche io- si complimentò Max.

Per qualche motivo, Sonja si sentì orgogliosa. Ed era strano perché riceveva costantemente commenti così da un sacco di gente, e solitamente per dei motivi migliori.

Eppure, ogni volta che Max le diceva qualcosa di positivo, il suo stomaco faceva una capriola, e si sentiva tanto euforica da scalare le alpi di corsa.

Continuarono a lavorare insieme chiacchierando un po’. Era il loro turno di chiudere, dato che i suoi zii si erano presi la serata libera per San Valentino.

Alla fine, l’unica cosa rimasta da mettere via furono le rose che Max aveva comprato quella mattina.

Sonja era rimasta davvero piacevolmente sorpresa dal gesto di Max. Era stato gentile ma fermo, aveva trovato un compromesso e si era sacrificato per il bene degli altri. Era sembrato quasi un principe in armatura splendente, come nelle favole.

-Comunque le rose sono davvero belle, secondo me se ben curate possono durare anche una settimana. Alla fine è stato un buon acquisto-  disse con sicurezza, indicando i fiori. Adorava i fiori. Si considerava una vera esperta. Dalle sue parti c’era un giardino enorme che era stato dedicato a una vecchia regina. Nonostante gli anni, era tenuto meravigliosamente, e Sonja adorava girarlo da cima a fondo.

-Sì, ne sono certo, anche se non saprei bene dove metterle. Mio padre non ama molto le rose- Max iniziò a prenderle dai tavoli. Le teneva con delicatezza e cura. Le sua mani erano davvero magiche. Era davvero incredibile quanto fossero forti quando teneva pesanti vassoi o strofinava luride pentole, e allo stesso tempo delicate quando decorava il caffè e teneva in mano fiori e libri.

-Davvero? Come mai? Cioè… se posso chiedere… non ho intenzione di farmi i fatti tuoi- non era sua abitudine essere così curiosa, ma Max era un ragazzo estremamente particolare, e Sonja era davvero interessata a scoprire tutto di lui. Ogni cosa che faceva la interessava tantissimo.

-Gli fanno pensare a mia madre, e lei… come dire… non c’è più- spiegò Max, con un sorrisino triste.

Complimenti, Sonja! Hai appena fatto ricordare alla tua cotta sua madre morta, proprio oggi che è San Valentino!

-Mi dispiace, non volevo…- Sonja si portò la mano alla bocca, desolata, ma Max si affrettò a fermarla.

-Non preoccuparti, sono passati parecchi anni, non è un peso per me parlarne- la rassicurò.

Sonja abbassò lo sguardo.

-Comunque so cosa fare con i fiori- continuò poi Max, cambiando argomento, e tornando più allegro.

La ragazza sollevò nuovamente lo sguardo, con l’intenzione di guardare Max curiosa, ma si trovò faccia a faccia con un bouquet di rose di tutto rispetto, ben legato e curato.

-Ding?- Cosa?

-Buon San Valentino, Sonja- le sorrise Max, porgendole i fiori.

-Per me? Davvero?- chiese lei, incredula, e arrossendo senza potersi trattenere.

-Sì, solo se vuoi ovviamente- confermò Max, un po’ imbarazzato.

Sonja prese il bouquet con un sorriso più brillante di un sole.

-Sono i più bei fiori che io abbia ricevuto. Grazie, Max- non era oggettivamente vero. Nel corso della sua vita aveva ricevuto centinaia di bouquet in incredibile fattura. Alcuni con fiori esotici e meravigliosi quasi irreperibili. Una volta persino una rosa blu. Ma quei fiori erano i primi che la facessero sentire così apprezzata e felice. I primi che le venivano dati da una persona come Max, così sincera, generosa, autentica.

-Fröhlichen Valentinstag- Buon San Valentino, in tedesco, fu l’unica cosa che riuscì a far uscire dalle labbra.

-Non so il tedesco ma ho una mezza idea di cosa possa essere- sorrise Max, pulendo un’ultima volta i tavoli e prendendo le chiavi dalla tasca.

-Non è un insulto, giuro- scherzò Sonja, affrettandosi a seguirlo fuori dal bar, prima che lui mettesse l’allarme.

-Ti accompagno a casa se vuoi- le propose Max, indicando i pochi metri che separavano il café dalla casa dei suoi zii.

Sonja annuì, e tenendo stretti i fiori in mano, con la stanchezza che sembrava essere evaporata da lei, iniziò a camminare al fianco del ragazzo, parlando del più e del meno, dei clienti più strani, e dei significati dei fiori.

Fu solo dopo essere tornata a casa, aver sistemato i fiori, essersi fatta una doccia, aver coccolato il suo gatto e infine essersi infilata a letto che la realtà di come le cose stavano la colpì come un pugno nello stomaco.

Una consapevolezza alla quale sarebbe dovuta arrivare prima, ma che non credeva possibile: 

-Perdindirindina, sono attratta da Max- sussurrò tra sé.

Il suo gatto, nella cuccia accanto al letto, alzò la testa e la guardò come a dire “E te ne accorgi solo adesso?”

 

Mirren odiava bere.

Beh, non odiava bere in sé, ma odiava come stava dopo aver bevuto troppo, quindi si tratteneva sempre con grandissimo autocontrollo.

Non quel giorno!

Non che si fosse ubriacato, non si sarebbe mai ubriacato, aveva giurato solennemente dopo l’unico incidente che aveva avuto, ma si era concesso il lusso di un martini al bar.

E sapeva anche che il bar era l’ultimo posto dove chiunque l’avrebbe cercato, quindi due piccioni con una fava.

Senonché…

-Mirren, ecco dov’eri. Ti ho cercato praticamente dappertutto- …esisteva qualcuno che lo conosceva fin troppo bene, come la causa di tutti i suoi problemi alcolici aveva dimostrato.

-Che piacere Felix- disse freddamente, senza neanche guardarlo.

-Sai com’è Amabelle, davvero ti ha dato così fastidio il suo stupido suggerimento?- chiese lui, sedendosi nel posto accanto. Considerando che era irritato, e difficilmente lo era con Mirren, quest’ultimo suppose che era il primo a cui il suggerimento di Amabelle aveva dato fastidio.

-È stato umiliante e inutile- commentò solo Mirren, cercando di chiudere in fretta il discorso.

Di certo non voleva ammettere che il suggerimento di Amabelle era stato solo la ciliegina sulla torta che aveva iniziato a cuocersi quando Felix l’aveva guardato in quel modo durante la domanda dei viaggi, si era bruciata dopo quella del primo bacio, ed era infine esplosa.

-Io l’ho trovato divertente, Amabelle a parte, ma vedi il lato positivo, è finita, ormai. E Amabelle ha la sua bella sauna portatile. Mi scusi, potrebbe darmi una birra?- Felix chiamò il barista, che annuì servile e iniziò a prepararla.

-Non la merita, ma sì, dai. È finita- Mirren continuava a non riuscire a guardarlo.

Era più forte di lui.

Quando qualcosa sembrava avvicinarlo emotivamente a Felix, il suo primo istinto era di allontanarsi fisicamente da lui. Non riusciva a controllarlo. 

E da ciò che poteva vedere con la coda dell’occhio, a Felix la cosa non andava molto giù, perché trangugiò in un sorso la birra appena arrivata.

Rimasero in silenzio qualche minuto, ognuno preso dal proprio drink.

Mirren non riusciva a fare a meno di notare che erano parecchi gli sguardi rivolti verso di loro.

-Tutto l’hotel crede che stiamo insieme- borbottò tra sé, irritato.

Felix sbuffò. 

Effettivamente forse non era la frase migliore per rompere il silenzio.

-E lasciali credere. Non sono mica persone che conosciamo e che conosceremo in futuro. Tranne forse quella coppia di prima. Sembrano tanto brave persone- Felix ordinò un’altra birra (la terza precisamente), e si rasserenò leggermente pensando ad Alessandro e Valeria.

Mirren purtroppo doveva ammettere che aveva ragione.

In fondo c’era una sola persona, oltre alla Corona Crew, la cui opinione e credenze contavano parecchio, e non sarebbe giunta in hotel prima del giorno successivo.

Era impossibile che avesse assistito al gioco.

Ed era quindi impossibile che avrebbe saputo di esso prima della loro cena di lavoro, il giorno successivo.

Ergo, la farsa con Felix era ufficialmente, definitivamente, chiaramente, senza ombra di dubbio…

-Oh, Signor Hart! Non mi aspettavo di vederla qui. Credevo che lei e il suo ragazzo steste festeggiando il San Valentino. Posso sedermi?- 

…LA PEGGIORE IDEA CHE AVESSERO MAI AVUTO AMABELLE SAREBBE MORTA MOLTO MOLTO PRESTO!

-Oh, signor Dubois, non mi aspettavo di vederla qui già da oggi. La prego, si sieda. Cosa la porta qui in anticipo?- Mirren accolse con professionalità l’investitore che avrebbe dovuto convincere il giorno successivo, il motivo per cui era lì, l’unico uomo che non doveva assolutamente credere che lui e Felix stessero insieme, e che invece… eccoci qui, insomma.

Che situazione tremenda!

-La mia signora mi ha lasciato per un tipo, uno sportivo di qualche genere. Ormai le relazioni sono una brutta gatta da pelare- rispose lui, un po’ abbattuto ma affabile, ordinando un cocktail dallo strano nome.

Mirren dovette fare ricorso a tutto il suo autocontrollo per non ordinare un altro martini.

Felix fissava l’investitore a bocca aperta. La bottiglia di birra sollevata a metà tra il bancone e la bocca.

Mirren gli diede un colpo con il piede per sbloccarlo, e per poco Felix non cadde giù dallo sgabello.

-Ma la gatta della vostra relazione è già pelata, se permettere il gioco di parole. Vi ho visti al gioco, una coppia davvero affiatata- l’investitore fece loro un occhiolino.

Mirren sperò di svegliarsi presto da quell’incubo, ma per il momento si limitò a sorridere.

Felix fece altrettanto, più caldamente, ma con meno sicurezza.

-Ma tornando a noi. So che la cena di affari è fissata per domani sera, ma dato che sono già qui mi chiedevo se vi andrebbe di pranzare al mio tavolo domani. Non per affari, solo per conoscerci meglio. Magari potreste condividere con me il segreto di una relazione così duratura- continuò l’uomo d’affari, gioviale, senza rendersi minimamente conto del disagio della situazione.

Mirren si chiese per un attimo perché gli stava dando del voi, poi lentamente la sua mente si arrese alla conclusione che l’uomo che doveva convincere a tutti i costi aveva invitato lui e Felix a pranzo come coppia.

Doveva scegliere una priorità: passare meno tempo possibile con il migliore amico fingendo di essere una coppia? O guadagnare un’occasione d’oro di ottenere l’investitore?

La risposta giusta in un videogioco sarebbe stata chiaramente la numero due, ma Mirren aveva altre priorità, e non era esperto di videogiochi.

-Saremmo onorati…- cominciò a declinare, ma Felix aveva evidentemente visto una guida online, perché sembrava deciso a fare il percorso più giusto.

-… di pranzare con lei ed aiutarla. Conti su di noi- acconsentì alla richiesta, mettendo una mano sulla spalla di Mirren, delicatamente, quasi senza toccarlo.

Mirren non si ritirò, ma fu sull’orlo di farlo.

-Che piacere! Facciamo a mezzogiorno allora- l’investitore segnò l’ora soddisfatto.

Mirren annuì, lasciandosi trasportare dall’incubo che stava vivendo.

-Mezzogiorno è perfetto, signor Dubois, purtroppo io e il mio compagno abbiamo delle cose da fare. Le auguro una buona notte- si congedò cercando di non farlo troppo di fretta, trascinandosi dietro Felix.

Era talmente irritato che a malapena di accorse gli avergli affettato il polso, e che lui si era irrigidito.

-Mirren, ti saresti pentito di non aver accettato- lo anticipò Felix, una volta fermati davanti alla porta della loro camera, lontano da occhi e orecchie indiscrete.

Mirren aprì la bocca per obiettare, ma la richiuse immediatamente, limitandosi a incrociare le braccia e a guardare l’amico sdegnoso.

Perché purtroppo sapeva che aveva ragione, e negarlo avrebbe solo aumentato la ragione di Felix. Solo che, diamine, non c’era situazione peggiore di quella.

Aveva trovato la risposta alla domanda che si era fatto a cena.

Cosa era peggio di dover fingere di stare insieme a Felix per una serata? Fingere di stare con lui per un paio di giorni.

Meraviglioso!

-Mi dispiace, davvero, questo gioco ha creato più problemi di quanto vale- Felix sospirò, e si abbandonò sul muro, a testa bassa.

L’irritazione di Mirren sembrò evaporare.

Sospirò a sua volta, e gli mise una mano sulla spalla.

-È stato uno sbaglio immenso e se tornassi indietro non mi lascerei convincere…- premise, in tono freddo -…ma… ammetto che, se ci rifletto e scavo parecchio in fondo, ma davvero in fondo, considerando la serata come un caso isolato e non come parte della mia vita, quindi escludendo le conseguenze e le premesse…- iniziò a girarci in tondo, per chiarire perfettamente che quello che veniva dopo il ma praticamente non aveva la minima importanza.

Felix ridacchiò, e lo guardò con un sorrisino che fece dimenticare del tutto a Mirren cosa voleva aggiungere, e iniziò a farlo balbettare.

Ma perché Felix era così attraente bello adorabile irritante?!

-Sono felice che ti sei divertito- l’amico interruppe il suo balbettio, togliendolo dall’imbarazzo che all’improvviso stava provando, e prese le chiavi della camera per entrare.

Mirren, se doveva essere del tutto onesto, avrebbe preferito di gran lunga dormire con sua sorella. I letti erano separati, certo, ma dopo tutto quello che era successo quella sera e che sarebbe successo nei giorni successivi, aveva bisogno di allontanarsi da Felix, o le conseguenze sarebbero potute essere disastrose.

Come se l’universo avesse sentito il suo muto desiderio, neanche il tempo di prendere il pigiama dalla valigia, e qualcuno bussò alla porta, anche con una certa violenza.

-Chi è?- chiese Felix, che era già con lo spazzolino in mano.

-Apritemi, sono Petra!- disse la voce fuori dalla porta. Era fredda, ma Mirren la conosceva abbastanza bene da sentire la leggera nota di panico e irritazione profonda. 

Se era lì a quell’ora di notte doveva essere successo qualcosa di grosso.

Aprì la porta in tutta fretta, sperando che Amabelle stesse bene.

La faccia di Petra era impenetrabile, entrò nella stanza senza dire una parola.

-Tray, carissima, cosa ti porta qui?- chiese Felix, in tono rilassato.

Mirren notò che Petra aveva la valigia appresso, e iniziò a capire cosa sarebbe successo.

Ma non riusciva comunque a crederci.

-Tu dormi in camera di Amabelle- senza troppe spiegazioni, Petra lanciò la chiave della propria camera verso Felix, che la prese al volo per un pelo, e la guardò confuso.

-È successo qualcosa?- chiese, preoccupato.

Petra non aveva detto nulla riguardo al “Tray”, la faccenda era grave.

Petra non rispose, e si limitò ad occupare il letto di Felix e mettersi sotto le coperte.

Felix e Mirren si lanciarono un’occhiata, ma nessuno dei due sapeva bene cosa fare.

-Allora, ci vediamo domani a colazione- disse infine Felix.

Mirren annuì.

-A domani- 

Felix radunò in fretta le sue cose e uscì dalla camera, lasciando i fratelli da soli.

-Petra…- provò ad indagare Mirren.

-Buonanotte Mirr- tagliò corto lei, spegnendo la luce e dandogli le spalle.

Mirren sospirò, e decise di mettersi in pigiama e fare altrettanto.

Mezzanotte era passata, era stata una giornata estenuante, e il giorno successivo non sarebbe andato meglio, doveva assolutamente dormire.

Quando finalmente riuscì a chiudere gli occhi e prendere sonno, l’unico soggetto dei suoi sogni fu il volto sorridente di Felix, che lo guardava con complicità e affetto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

È passato davvero un sacco di tempo, quasi due mesi. Non me n’ero proprio accorta. Purtroppo ho avuto un piccolo blocco dello scrittore, ed è periodo di esami. Ma almeno questo capitolo è uscito parecchio lungo e pieno.

Beh, forse troppo lungo, in effetti… ma non potevo dividerlo, dato che già il weekend è una trilogia in sé!

Spero che il capitolo vi piaccia nonostante la lunghezza. Il gioco di coppia è una delle cose che più non vedevo l’ora di scrivere, seconda sola all’8 Marzo… e invece alla fine è risultato più difficile del previsto. Spero non sia uscito noioso perché ho provato a renderlo dinamico e divertente, ma temo di non esserci riuscita. 

Ma l’8 Marzo sarà tanta roba, promesso.

Okay, basta spoiler.

Questo capitolo finalmente si concentra di nuovo sui miei preferiti :D

E su Sonja e Max.

Sono morta di tenerezza scrivendo le loro scene.

Abbiamo anche il primo punto di vista di Sonja. Non ce ne saranno molti.

Sono anche riuscita a mettere alcuni miei personaggi di altre storie nel gioco a coppie. Tipo Valeria e Alessandro che sono i personaggi principali della mia vecchia storia “Diario di una secchiona asociale” che si può trovare su EFP, anche se quella è la vecchia versione, e Minho e Melissa che sono i figli di due coppie di “Mistiche Coincidenze”, un’altra storia che sto scrivendo al momento.

Le altre due coppie sono inedite, ma è probabile che a San Valentino pubblicherò la One Shot con protagonisti Drewin e Joah. Mentre Jinger e Gwen, difficilmente approderanno su EFP.

A proposito delle coppie… se ce n’è una che vorreste rivedere, anche di sfuggita, nei prossimi due capitoli, fatemelo sapere ;)

Ma passando oltre…

Il prossimo capitolo tornerà a concentrarsi su Clover e Diego, e resterà su Mirren e Felix.

Ma chissà che non metta qualche altra coppietta.

Ah, già, inoltre chissà cosa è successo tra Amabelle e Petra, temo che non lo sapremo prima del terzo capitolo della trilogia della vacanza, ma varrà la pena aspettare, ve lo assicuro (che poi in realtà dovevo fare un punto di vista di Amabelle per spiegarlo, ma sarebbe uscito troppo troppo lungo questo capitolo, e troppo pieno, quindi ho rinunciato).

 

 

 

Nel prossimo episodio: Il weekend lungo in montagna continua. Il lavoro di Mirren viene messo a rischio. Clover e Diego fanno un accordo.

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Capitolo 10
*** San Valentino in montagna parte 2: Proposta Indecente ***


San Valentino in montagna parte 2: Proposta indecente

 

 

Venerdì 15 Febbraio

Mathi non era mai stato parte di un gruppo numeroso… di un gruppo… diciamo che non aveva mai avuto amici, in generale. Almeno non molti.

Era un ragazzo davvero espansivo, alla mano e senza troppi peli sulla lingua, cosa che probabilmente contribuiva, oltre ad altre cose, a farlo allontanare dalle persone sane di mente.

La Corona Crew… evidentemente non era sana di mente.

E a Mathi andava benissimo così.

Fin dal primo giorno, nonostante le supposizioni di Amabelle, si era trovato a casa con quei ragazzi, e lentamente credeva di iniziare a fare amicizia un po’ con tutti, soprattutto con Amabelle, Clover e Felix.

E ovviamente Dan. Dan era forse il migliore amico che avesse mai avuto.

Dalla sera dell’”appuntamento”, le cose non avevano fatto che migliorare. Si erano visti al Corona, erano usciti un paio di volte quando avevano un po’ di tempo libero, e senza neanche accorgersene del tutto, erano diventati migliori amici. Talmente in fretta che Mathi quasi non se n’era accorto, almeno finché Duke, il suo compagno di stanza, non gli aveva chiesto informazioni al riguardo.

Il succo però era che Mathi non era abituato ad essere in grandi gruppi, e l’esperienza per il momento si stava rivelando davvero fantastica.

Solo che… era normale il silenzio che c’era quella mattina?

Fino a quel momento tutte le volte che il gruppo era unito a mangiare o a fare altro era sempre molto caotico, soprattutto con Amabelle.

Eppure adesso Amabelle era al tavolo, ma era silenziosa, pensierosa, e fissava il piatto di uova e pancetta con aria corrucciata, come se le avesse fatto un torto personale.

Ed era anche molto strano che Petra, nel momento stesso in cui Amabelle e Felix erano giunti al tavolo, stranamente insieme, si era alzata senza finire la colazione ed era andata via, seguita dal fratello.

L’atmosfera era gelida, e come ultima aggiunta del gruppo, Mathi non sapeva se fosse normale, o se avrebbe dovuto saperne i motivi, o se fosse giusto indagare.

Alla fine, decise di chiedere alla persona con cui aveva più confidenza, che accanto a lui, mangiava distrattamente un toast, canticchiando un motivetto tra sé. Mathi si era accorto che lo faceva spesso quando era sovrappensiero, e lo considerava un vizio meravigliosamente adorabile.

Era abbastanza controllato da non esprimere tali apprezzamenti a voce alta, però.

-Hey, Dan. Posso farti una domanda?- gli chiese sottovoce all’orecchio, senza farsi sentire dal resto del tavolo, anche se esso era talmente silenzioso che fu davvero difficile.

Denny sobbalzò leggermente, e si girò a guardarlo sorpreso, per poi indietreggiare di qualche centimetro notando quanto fossero vicini i loro volti.

-Sì, certo, cosa?- balbettò, prendendo un enorme morso di toast per distrarsi dalla vicinanza dell’amico.

-Amabelle e Petra hanno litigato, secondo te?- suppose, indicando discretamente la rossa, che aveva iniziato a borbottare tra sé, irritata.

Denny la guardò come se la vedesse per la prima volta.

-Da quando Amabelle è…?- poi si guardò intorno -…e dov’è Petra…?- per poi tornare su Mathi -…non credo? Cioè, loro non litigano mai- rispose quindi alla domanda, senza però crederci più di tanto, confuso.

-Infatti, non litigano mai, ma hanno avuto alcune discussioni in passato- Clover, che era seduta accanto a Mathi e probabilmente non si era persa neanche una frase, si sporse verso di loro e sussurrò all’orecchio libero di Mathi.

-Discussioni?- indagò lui, curioso.

-Sì, succede, ma di solito urlano per cinque minuti e poi fanno pace e tornano amiche come prima- diede man forte Denny.

-Litigano sempre quando di mezzo ci va Mirren- Clover continuò con il gossip, in tono cospiratore.

-Mirren? Quindi pensi potrebbero aver litigato per il gioco di ieri?- suppose Mathi, iniziando ad interessarsi.

-Sì, beh, Mirren è molto discreto, Amabelle non lo è per niente, e Petra cerca di difendere la privacy del fratello- spiegò brevemente Denny, in tono incerto.

-Ma quello che ha fatto Amabelle ieri è davvero così grave?- chiese poi Mathi, che non aveva capito la tensione causata dalle fasi finali del gioco.

Lui aveva visto sul palco due amici palesemente cotti l’uno dell’altro che fingevano di stare insieme per vincere una sauna portatile, e una ragazza che li aiutava a farli mettere insieme. Non vedeva dove fosse il problema. E se anche fossero stati solo due amici, neanche lui capiva cosa ci fosse di male in un bacio senza emozioni. Ma forse era solo troppo lontano dalla mentalità di Mirren.

-Non è tanto quello che ha fatto, in sé…- cominciò a spiegare Denny, incerto, e lanciando occhiate verso Amabelle per controllare che non stesse ascoltando.

Clover concluse per lui.

-Amy è un tesoro, okay, ma è testarda come un mulo- spiegò senza mezzi termini.

Mathi cominciò a intuire la situazione.

-Non è la prima volta che fa qualcosa del genere?- suppose.

-La prima volta? È da quando ho conosciuto i membri della Corona che Amabelle insiste, costantemente, sul mettere insieme Felix e Mirren. È un chiodo fisso, e loro non lo sopportano più- Clover alzò leggermente la voce. Felix guardò nella loro direzione, ma dopo uno sguardo interrogativo, decise di lasciar perdere. Amabelle non sembrò accorgersi minimamente di essere stata citata.

Diego e Norman, che stavano parlando tra loro, si limitarono a lanciare una velocissima occhiata verso il trio, ma non intervennero.

-Soprattutto Mirren, Mirren odia queste supposizioni. E lo capisco. È insopportabile quando Amabelle si mette ad assumere cose. Chissà perché è convinta che lui e Felix possano stare insieme- Denny scosse la testa, incredulo.

-Perché sono palesemente cotti l’uno dell’altro?- suppose Mathi, sorpreso. Era l’unico oltre ad Amabelle a pensarla in quel modo? Erano due geni romantici incompresi? O, più probabilmente, avevano preso un enorme granchio?

-Ma che dici?! Mica sono cotti! Se lo fossero starebbero già insieme. Sono migliori amici da una vita- Denny ridacchiò nervosamente, dandogli una pacca sulla spalla, intenerito dalla sua confusione.

Clover alzò gli occhi al cielo.

-Ignora il finto etero- la ragazza lo spinse via dalla conversazione.

-Clover!- si lamentò Denny, diventando più rosso del ketchup che condiva l’omourice di Mathi.

Mathi cercò di ignorare lo scambio, anche se il suo cuore faceva una capriola ogni volta che al suo cervello arrivava la possibilità che Dan, il suo caro amico, solo amico, decisamente amico Dan, potesse non essere etero. 

Cercò di concentrarsi invece su Clover, che continuò a parlare.

-È ovvio che sono cotti l’uno dell’altro, ma non si sono mai messi insieme, e sono fatti loro i motivi. Purtroppo Amabelle continua a insistere, ed entrambi hanno paura di allontanarsi, cosa che le supposizioni causano- spiegò, in tono confidenziale e malizioso.

-Perché le supposizioni dovrebbero allontanarli?- Mathi ormai era decisamente interessato al gossip, anche se non era il succo di quello che voleva chiedere, dato che era partito tutto da Petra e Amabelle. Evidentemente le due coppie erano strettamente connesse.

-Beh, Mirren si allontana sempre da Felix ogni volta che Amabelle supera il limite- ammise Denny, pensieroso.

-Già, lo fa sempre. E Felix ci sta male. Non è molto evidente, ma succede sempre più spesso- gli diede man forte Clover.

Mathi notò con la coda dell’occhio che Felix aveva sospirato.

-Hey, ci becchiamo dopo. Io vado- disse pochi istanti dopo, alzandosi senza aver toccato cibo.

Chiaramente la conversazione era stata molto meno privata di quanto Mathi avrebbe voluto.

Sperava solo che il suo ficcanasare nei loro affari non gli costasse l’amicizia di Felix. Gli stava simpatico. E proprio per questo voleva saperne di più. Ma forse era stato troppo invadente.

-Cambiando argomento… quindi Petra e Amabelle litigano per questo?- il giapponese cercò di tornare all’argomento principale, anche se ormai Felix era andato via. 

-Guarda, non so. Come ti ho detto, discutono sempre, ma di solito dura poco. E Petra non è tipa da trattamento silenzioso, dice le cose in faccia. Quindi è una situazione fuori dal comune, bisogna dirlo- Clover alzò le spalle, sinceramente confusa quanto lui.

-In effetti… Comunque non ci riguarda. Di solito se la sbrigano in famiglia- Denny tornò invece alla sua colazione, cercando di sottrarsi alla conversazione.

-In famiglia? Intendi Mirren e Petra?- chiese Mathi, avvicinandosi leggermente.

Denny arrossì all’improvvisa vicinanza.

Era così tenero, diamine!

-Petra, Mirren, Felix e Amabelle. Sono come un nucleo interno alla stessa Corona. I capostipite, il gruppo nel gruppo- spiegò Clover, in tono sacrale.

-Il ché è strano, perché io e Max conosciamo Amabelle da quando eravamo piccoli, e siamo sempre stati insieme, a fare qualsiasi cosa- Denny non sembrava particolarmente seccato dal non essere parte della “famiglia” di Amabelle, anzi, quasi sollevato.

-Ammettilo, Daniel, non le stavi dietro- lo prese in giro Clover, punzecchiandolo.

-Ehi! Il problema non è mio! È colpa di Amabelle se è troppo esuberante per i miei gusti!- si lamentò Denny, alzando la voce di un’ottava.

Come un segugio, Amabelle sollevò la testa dal piatto, e lanciò un’occhiata di fuoco in direzione di Denny.

-Troppo esuberante?!- si indignò, facendo il broncio.

-Cioè… no! È una qualità! Solo non per me!- provò a difendersi Denny.

-Il tuo vero problema con me è che sei poco etero, Denny- lo prese in giro Amabelle. Aveva il solito tono allegro, almeno nel parere di Mathi, ma se avesse prestato più attenzione, si sarebbe reso conto che aveva un’ombra oscura, di tensione e irritazione.

-Non è vero!!- provò ad obiettare Denny, diventando sempre più rosso e allontanandosi inconsciamente da Mathi.

-Hey, Amabelle, le finisci le salsicce? Sembrano quasi fredde- Mathi provò a sviare la conversazione, e indicò il piatto della fulva, che lo guardò come se si fosse scordata di avere ancora cibo nel piatto.

-Prendile pure. Sono piena come un uovo. Anzi, meglio che torni in camera a prepararmi per la giornata di oggi- Amabelle porse gioviale il piatto verso Mathi, ma con forse troppa forza, e si alzò, seguendo il resto della sua “famiglia” fuori dalla sala da pranzo.

-Wow… non l’ho mai vista così- commentò Clover, sorpresa.

-Sbaglio o era nervosa?- chiese Diego, un po’ preoccupato.

-Voglio sotterrarmi!- commentò invece Denny, seppellendo il volto scarlatto tra le mani.

-Sarà meglio lasciarla stare- suggerì infine Norman, in tono mite.

-Già. Voi che programmi avete per oggi?- chiese Mathi ai quattro rimasti al tavolo oltre a lui.

-SPA!- disse con sicurezza Clover.

-Biblioteca- la seguì Norman.

-Io non ne ho idea- ammise Diego incerto, lanciando un’occhiata verso Clover.

Denny borbottò qualcosa tra sé.

-Come?- Mathi si sporse verso di lui per sentirlo meglio.

-Sala giochi- ripetè l’amico, un po’ imbarazzato.

-Non ti andrebbe di unirti a me sulla pista da sci?- gli propose, speranzoso.

Il volto rosso di Denny si spense, diventando cadaverico.

-Oh, no! No, non sarebbe il caso. Non so sciare, e fa freddo, e c’è troppa gente, e…- iniziò ad arrancare scuse.

-Va bene, allora mi unisco a te alla sala giochi- lo assecondò Mathi, che avrebbe voluto provare a fare sci o snowboard, ma non ci teneva ad essere solo, e voleva approfittare della presenza di Denny il più possibile.

Sperava solo di non risultare troppo appiccicoso.

-Davvero?!- per un attimo, Denny si illuminò, mettendo a tacere la vocina negativa nella testa di Mathi.

-Aspetta, però… se preferisci sciare dovresti sciare!- subito dopo però Denny si spense, preoccupato.

-Mi andrebbe di provare, ma non mi va di farlo da solo- ammise Mathi, optando per la sincerità.

-Non lo sai fare?- indagò l’amico cautamente curioso.

-Mai provato. Ho sempre voluto però. Più lo snowboard che lo sci- raccontò Mathi, con un sorrisetto.

-Oh… capisco. Comunque non voglio fermarti, se vuoi provare- insistette Denny, incerto.

-Perché non proviamo insieme, allora?- ripropose Mathi, speranzoso.

-No! …non lo so… non ho mai…- Denny iniziò a balbettare. 

Gli serviva solo una spinta. Mathi era convinto che se Denny ci avesse provato, si sarebbe divertito da matti.

Gli venne un’illuminazione.

-Perché non facciamo una sfida? Chi è più bravo oggi ai videogiochi decide l’attività di domani!- propose, con un sorriso competitivo.

Denny rimase in silenzio per un attimo, poi il suo sguardo si fece leggermente più deciso.

-Ci sto!- acconsentì, sicuro di sé.

Mathi non era bravo quanto Denny ai videogiochi, e lo sapeva benissimo.

Ma aveva la magia dalla sua!

Sperando che servisse a qualcosa.

 

L’ora di pranzo arrivò troppo in fretta per i gusti di Mirren e Felix.

Quest’ultimo, probabilmente, era anche il più nervoso dei due, dato che non conosceva quel tale Signor Dubois, non aveva avuto una settimana e passa per prepararsi all’incontro, e non era in generale abituato a partecipare a incontri formali, soprattutto quando era in vacanza.

Diamine, non aveva neanche portato nulla di elegante, e aveva passato la mattinata a girare con Mirren nella boutique del negozio in cerca di qualcosa di decente da mettere.

Erano talmente nervosi da tutta la situazione, e dal litigio di Petra e Amabelle, che avevano finito per discutere anche tra loro, e Mirren alla fine l’aveva lasciato da solo a scegliere, decisione terribile.

Perché Felix era un artista, era un esperto di moda, ma in quanto ad abiti formali, era una schiappa totale.

Alla fine aveva optato per camicia, cravatta e maglione sopra, per dare un misto di casual ed elegante che spesso aveva visto Mirren sfoggiare in questo tipo di occasioni.

Il maglione era leggermente pruriginoso, ma allo specchio non era niente male a vedersi.

Forse persino all’altezza di Mirren… forse.

Non lo vedeva dalla discussione, e non aveva idea di dove incontrarlo per andare a pranzo, dato che sarebbe parso sospetto arrivare a orari separati.

Per fortuna, Mirren la pensava allo stesso modo, perché lo stava aspettando proprio alla fine delle scale, appoggiato al muro e a braccia incociate.

-Eccoti, Mirr…- lo salutò Felix, accennando un sorriso, e dandosi una pacca sulla spalla per la scelta dell’abito. Mirren, dopotutto, non aveva uno stile molto diverso.

L’amico lo squadrò per qualche secondo, poi distolse immediatamente lo sguardo, e strinse maggiormente le braccia incrociate al petto.

-Sei in ritardo- disse solo, in tono freddo.

-Allora andiamo senza indugi- tagliò corto Felix, cercando di apparire tranquillo.

…e fallendo miseramente probabilmente.

Per fortuna, la Corona Crew solitamente pranzava per l’una, quindi non c’era nessuno dei loro amici in sala da pranzo.

D’altro canto, sfortunatamente l’investitore non era da solo, ma un altro paio di uomini in giacca e cravatta e donne in abito formale erano seduti al tavolo con lui.

Quando li notò in fondo alla sala, fece loro un cenno di raggiungerlo.

-Non pensavo ci fosse tanta gente- borbottò Mirren tra sé, salutando rispettosamente e iniziando ad avvicinarsi con grande incertezza.

Le sue spalle erano rigide come blocchi di cemento, e l’istinto primordiale di Felix lo stava supplicando di prendergli la mano o abbracciarlo di slancio per rassicurarlo.

Era ciò che faceva con tutti.

Era ciò che lui avrebbe voluto che facessero a lui in tali situazioni.

Era tutto ciò che Mirren più odiava.

Perciò si trattenne, e si limitò a rassicurarlo con le parole.

-Andrà bene. Dovremo parlare di meno- gli fece notare.

Le spalle di Mirren si rilassarono leggermente, anche se non abbastanza.

-Scusate il ritardo, abbiamo avuto un piccolo imprevisto- esordì arrivando al tavolo, ma senza sedersi. Felix lo seguì come un cagnolino fedele, facendo cenni di saluto ma senza osare aprire bocca.

-Siete in perfetto orario. Gente, loro sono Mirren Hart e Felix…- guardò Felix un po’ incerto

-…Durke- si presentò lui, con un cenno di saluto verso il tavolo.

-Vi presento i miei ospiti: il signor Han e signora, qui in vacanza, ma hanno acconsentito ad unirsi a noi per questo pranzo informale…- iniziò a presentare gli altri ospiti, e Mirren e Felix cominciarono a stringere mani.

Il signor Han era piuttosto serio, la sua aura era molto simile a quella di Mirren, per certi versi. Seria, impenetrabile, decisamente formale.

Sua moglie sembrava molto più rilassata. Aveva uno sguardo gentile, e una bellezza stupefacente valorizzata dall’elegante trucco. Entrambi erano sui quaranta.

-…la signora Conti…- continuò la presentazione il signor Dubois.

-Oh, noi ci conosciamo già- una donna di mezza età fece un’espressione civettuola verso Mirren, e gli strinse la mano con vigore.

Squadrò Felix con una punta di gelosia decisamente fuori luogo, e non gli strinse neanche la mano.

-…e mio figlio Loverick- la presentazione arrivò infine ad un ragazzo che aveva circa la loro età, forse un paio di anni in meno, l’unico a non essersi alzato, che fece ad entrambi solo un cenno. Li fissava insistentemente, però. Il disagio di Felix non fece che aumentare.

-Suvvia, Rick, alzati e saluta adeguatamente- lo incoraggiò il padre, senza traccia di rimprovero. Il figlio non sembrò neanche sentirlo.

-Non c’è problema, va bene così. È un pranzo informale dopotutto- lo scoraggiò Mirren, sedendosi accanto a lui, chiaramente sollevato di non dover stringere un’altra mano. Felix annuì e si sedette alla sua sinistra.

-Signor Dubois, mi permetta di chiederle il motivo di questo pranzo, se non è per parlare di affari- esordì il signor Han, sfogliando con eleganza il menù che condivideva con la moglie.

-Il nostro esimio collega d’affari ha in programma un corso di aggiornamento dei suoi, temo- la signora Conti ridacchiò, lanciando un’occhiata divertita verso il Signor Dubois.

-Ah ah, la mia cara amica ha centrato il punto. La giornata di ieri mi ha dato grandi ispirazioni. Mi sono reso conto che è difficile per noi illustri e ricchi uomini d’affari trovare la persona giusta, e volevo passare il pranzo in compagnia di due persone che sono riuscite nell’impresa, e magari scoprire qualche trucco del loro successo- ammise, lanciando occhiate verso i signori Han e Mirren e Felix rispettivamente.

Messo in confronto con una coppia che sembrava stare insieme da parecchio, che condivideva il menù e che aveva i vestiti perfettamente coordinati senza sembrare per questo pacchiani, Felix sentì che il confronto sarebbe stato inevitabile, e la differenza abissale.

Prese un sorso d’acqua.

-Vuoi dire che quel bel ragazzo è già impegnato. Questo sì che è un grande peccato- commentò Loverick, lanciando un’occhiata ammiccante in direzione di Mirren e Felix.

Quest’ultimo non aveva idea di chi dei due stesse indicando, ma rischiò in ogni caso di sputare l’acqua.

Non si aspettava un commento così diretto, non a quel tipo di pranzo almeno.

-Sì, figliolo. Il signor Hart e il suo compagno hanno vinto un gioco di coppia ieri sera. La loro performance è stata notevole- spiegò il signor Dubois, orgoglioso.

-Anche nostra figlia ha partecipato. Terribile performance- commentò il signor Han, indifferente.

-Siamo stati solo qualche minuto, Melissa non ci voleva lì, ma concordo con il signor Dubois, siete davvero affiatati- sorrise sua moglie, cercando di mettere i due a proprio agio.

-Interessati a un threesome?- chiese Loverick, senza peli sulla lingua.

-Ricky, dai, non mettere a disagio i nostri ospiti- lo riprese il padre, ridacchiando.

-Oh, essere giovani!- ridacchiò la signora Conti -Come si può biasimare, io prendo il signor Hart e tu prendi l’altro?- scherzò, sbattendo le ciglia contro Mirren.

-Veramente anche io puntavo al “signor Hart”- lo sguardo di Loverick sembrava quello di un lupo affamato, e questa volta Felix si rese conto che per tutto il tempo in cui fissava nella loro direzione, era Mirren l’oggetto del suo interesse. La consapevolezza aumentò il nodo allo stomaco che si stava formando dall’inizio del pranzo… della giornata.

Ma Felix non voleva neanche immaginare quanto maggiormente a disagio dovesse sentirsi Mirren.

-Mirren non è un oggetto- si alterò, fulminando Loverick con lo sguardo.

-Non lo tratti come tale parlando per lui?- lo provocò lui, con sguardo di sfida.

-Ragazzi…- il signor Dubois provò a placare gli animi. Sarebbe stato molto più semplice se avesse semplicemente ripreso il figlio, ma a quanto pare era quel tipo di padre che viziava la prole oltre ogni misura. Che non si sognava nemmeno di alzare la voce o mettere alla luce che aveva torto.

Felix aveva avuto brutte esperienze con persone così, genitori e figli di papà.

Ma non trovava le parole per ribattere.

Forse aveva sbagliato davvero a parlare per Mirren. Voleva difenderlo, ma magari…

-Sono onorato dall’attenzione, ma gradirei che non faceste certi commenti, almeno non davanti a me e al mio ragazzo- la voce di Mirren era ferma, ma fissava il piatto, rigido e immobile.

Il cuore di Felix fece una capriola sentendosi definire il “suo” ragazzo.

-Se me lo chiedi così, Mirren… posso chiamarti Mirren, vero?- Loverick non capì l’antifona, e si sporse verso Mirren, ammiccante.

-No, e inoltre non rivolgerti mai più a Felix in quel modo- Mirren alzò lo sguardo verso di lui, e se le occhiatacce potessero uccidere, Loverick sarebbe morto stecchito ai loro piedi.

-Vogliamo ordinare?- propose la signora Han, cercando di spezzare la tensione.

-Ottima idea- il signor Dubois afferrò la palla al balzo e chiamò un cameriere.

-Perché tanto astio, stiamo solo scherzando- commentò la signora Conti, alzando gli occhi al cielo.

-Il fatto che sia un pranzo informale non determina che commenti sconvenienti siano ben accetti, signora Conti. Soprattutto quelli di natura allusiva nei confronti di qualcuno con cui si intrattiene una relazione principalmente lavorativa- commentò il signor Han, continuando a guardare il menù.

Si guadagnò istantaneamente il favore condiviso di Mirren e Felix.

-In che mondo andremo a finire se fare un complimento diventa una molestia- sbuffò seccata la signora Conti.

-In un mondo decisamente migliore- borbottò Felix.

-Che volete ordinare?- il cameriere interruppe ogni possibile ritorsione.

-Io prendo il piatto più costoso del menù. Tanto possiamo permettercelo- Loverick fece un occhiolino in direzione di Mirren, che lo evitò, fissando il menù.

-Io prendo un’insalatina leggera. Devo mantenermi in forma- chiese civettuola la signora Conti.

-Per me un timballo bianco, e, caro, per te la parmigiana?- chiese la signora Han, sorridendo teneramente al marito.

-Conosci alla perfezione i miei gusti- lui le sorrise di rimando.

-Per me la tartar- disse Felix, che per fortuna conosceva abbastanza bene i tipi di piatti di un ristorante del genere e non gli serviva studiare il menù per capire  cosa avrebbe trovato nei nomi di piatti strani. Avere una madre cuoca era davvero una manna dal cielo, anche se non aiutava il suo fisico.

-Io…- gli occhi di Mirren saettavano sul menù cercando di leggerlo. Felix si sporse oltre la sua spalla, e notò che era alla pagina delle bevande.

Il suo cuore sprofondò nel petto rendendosi conto che il suo disagio l’aveva mandato molto più in confusione di quanto sospettasse.

-Che ne dici del risotto, quello con le ostriche?- propose, indicando un punto a caso del menù e citando uno dei piatti che ricordava di aver letto e che credeva potesse piacere all’amico. Lanciò a Mirren un’occhiata complice e rassicurante.

Lo vide fisicamente rilassarsi, e accennare un sorriso, senza guardarlo negli occhi.

-Ottimo consiglio, ca… Felix- lo ringraziò, deglutendo poi nervosamente.

Ca…? Ca cosa? Felix cercò di non pensare a come quel “ca” potesse riempirsi (Capo? Cane? Capra? …caro? No, non poteva essere caro, vero?) e si limitò a sorridergli e a comunicare l’ordinazione al cameriere.

Anche il signor Dubois ordinò subito dopo.

-Perfetto, da bere?- chiese il cameriere, dopo aver segnato le ordinazioni.

-Il miglior vino della casa- disse il signor Han.

-Dell’acqua, grazie- disse invece sua moglie.

-Oh, un nuovo pargolo in arrivo? Magari un maschio questa volta- suppose il signor Dubois, gioviale.

Il signor Han non sembrò minimamente apprezzare l’insinuazione.

-Non bevo, tutto qui. Tre figlie bastano- rispose la moglie, senza scomporsi e perdere l’espressione gentile.

-Anche noi prendiamo solo acqua, grazie- aggiunse Mirren.

-Se dovessi un giorno volere un po’ di avventura, avrei parecchi drink da consigliarti- Loverick si rivolse a Mirren con il suo solito tono ammiccante.

Felix avrebbe voluto ribattere con astio, ma decise di ignorarlo.

-Da quanto tempo state insieme?- chiese invece ai signori Han, gli unici che non aveva voglia di insultare a quel tavolo, oltre a Mirren, ovviamente.

-Sono moltissimi anni, ormai. Ci siamo conosciuti all’università- rispose Monica, con un sorriso nostalgico, mentre gli altri finivano di ordinare le bibite.

-Abbiamo iniziato una relazione solo otto anni dopo, però- aggiunse il marito, un po’ deluso.

Lei ridacchiò.

-Già, è una storia dall’introduzione lunga e complessa, ma la parte migliore è che lo svolgimento è invece estremamente semplice e credo che questo sia il trucco per una relazione sana, equilibrata e lunga- disse, stringendo forte la mano al marito, che la guardava come se fosse il centro del suo universo.

Felix li guardava intenerito. Era il suo sogno un giorno avere quel tipo di complicità e amore con qualcuno. Come i suoi genitori, come le sue coppie preferite nelle commedie romantiche. L’anima gemella perfetta per lui. L’altra metà della mela o un pezzo del suo stesso puzzle.

E se fosse dipeso da lui, l’avrebbe già trovato.

Lanciò una rapida occhiata verso Mirren, che sebbene avesse il volto impassibile, denotava il suo nervosismo battendo nervosamente con la mano sul tavolo, come se stesse suonando il pianoforte.

Felix provò a sfiorargli la mano con la propria, ma Mirren si ritirò immediatamente, e gli lanciò un’occhiata interrogativa.

Felix finse si fosse trattato di un errore, e tornò alla sua conversazione con l’unica effettiva coppia del tavolo.

 

Diego sapeva di dover assolutamente parlare con Clover del motivo per il quale aveva accettato il suo invito.

E nel caso non l’avesse saputo di suo, sua sorella si era premurata di ricordarglielo.

Solo che non riusciva a imporsi di andare a fondo, e continuava a trovare scuse tra sé.

Dopo pranzo, però, aveva deciso di agire, e si era diretto con grande sicurezza alla SPA.

Sicurezza sparita nel nulla dopo aver fatto due passi all’interno.

Ma che stava facendo?! Non poteva chiedere a Clover una cosa del genere! Tanto valeva pagare qualcuno per fingere di essere la sua ragazza. Era molto, molto meglio di provare a chiederlo a Clover.

Stava giusto per fare dietro front e andare a chiamare sua sorella, quando una voce molto conosciuta e decisamente irritata lo fece fermare sui suoi passi.

-Non sono qui per dirle come fare il suo lavoro, ma se non la smette di cercare di impormi quel maledetto bikini, credo proprio che parlerò con il suo capo, e si fidi, non vuole che io parli con il suo capo- Clover era in fondo alla sala d’ingresso, e parlava con una dipendente che sembrava terrorizzata a morte.

-Non volevo essere insistente, mi perdoni, ma il pacchetto che ha ordinato prevede necessariamente l’uso di bikini- provò ad insistere.

-Ed io le dico che ho pagato, ho portato il mio costume, e mi assumo tutte le responsabilità del caso. Il bikini non lo metto, e ho motivi medici per farlo- insistette Clover, quasi aggredendola verbalmente.

-Mi scusi, prego, entri pure- la dipendente si fece da parte, molto spaventata, e Diego non riuscì a trattenersi dall’entrare nella conversazione.

-Clover, potresti anche trattare un po’ meglio chi cerca solo di aiutarti- riprese quella che avrebbe dovuto convincere a fingere di essere la sua ragazza, senza però trattenersi di fronte a un tale abuso di potere.

-Diego, che bello vederti. Ti unisci a me per un pacchetto “relax completo”? È il più costoso- Clover ignorò completamente il rimprovero, e gli sorrise civettuola.

Diego fu preso decisamente in contropiede da un comportamento simile.

Non era per niente da Clover, e iniziò quasi a pensare che fosse lei a volere qualcosa da lui, e non il contrario.

Oppure voleva ucciderlo in sauna e dare la colpa al calore.

-A dire il vero ho cambiato idea, non credo che userò la SPA, oggi- cercò di rifiutarsi, facendo dietro front.

Sentiva già le urla isteriche di sua sorella che lo riprendevano per non aver accettato quell’occasione d’oro, ma non era per niente convinto delle intenzioni di Clover.

Iniziò a chiedersi quanto costasse cercare una fidanzata finta, o se Denny avrebbe acconsentito a fingersi una donna. O se magari non avrebbe fatto prima a fingere di essere bisessuale e chiedere a Felix o a Mathi.

Mmmm, poteva essere un’ottima idea.

Se non fosse stato decisamente, profondamente e consapevolmente molto molto etero.

-Dai, in nome della nostra vecchia amicizia. Avrei una cosa di cui parlarti, e dato che sei responsabile, non puoi proprio dirmi di no- Clover lo prese per un braccio, fermandolo sui suoi passi.

Diego iniziò a spaventarsi.

-Responsabile? Di cosa?- chiese, preoccupato.

-Lo scoprirai se mi seguirai per tutto il pacchetto- lo ricattò Clover.

Diego sospirò profondamente.

-Va bene. Anche io dovrei parlarti di qualcosa, a dire il vero- ammise, a disagio.

-Perfetto. Un pacchetto anche per lui, mettetelo sul mio conto- Clover si rivolse alla reception, dove una ragazza iniziò a scrivere qualcosa su un computer.

-Non ho un costume, però- ammise lui, verso la dipendente, che lo stava guardando con occhi sognanti dall’inizio della conversazione, quando lui l’aveva difesa.

-Non si preoccupi, gliene offriamo uno noi. Sarebbe obbligatorio indossarlo- lei lanciò un’occhiata un po’ seccata verso Clover, che alzò gli occhi al cielo, e poi porse a Diego un costume con il logo dell’hotel.

-Grazie mille… wow, è abbastanza rivelatore- commentò lui, un po’ a disagio. Sarebbe dovuto stare vicino a Clover tutto il tempo, dopotutto.

-Ora capisci perché mi sono irritata? Col cavolo che mi vesto con uno di quei costumini striminziti- si lamentò lei, coprendosi inconsciamente lo stomaco, sul lato destro.

Diego decise di non indagare. Non erano affari suoi, prima di tutto, e poi era meglio tenersela buona, per il momento.

-È per facilitare il trattamento- borbottò la dipendente.

Da lontano Diego non se n’era accorto, ma effettivamente era sgradevole. Forse poteva non biasimare Clover per essersi irritata.

Il programma comprendeva sauna, massaggio, terme e uno scrub, con un bagno finale in un’acqua profumata.

La prima tappa era la sauna.

Ed erano soli, in uno spazio angusto, per dieci minuti, seminudi.

Diego si pentì amaramente di essere entrato in quella SPA.

Grazie al cielo Clover era in costume intero.

Cercò di rilassarsi, ma il caldo della sauna era aumentato da quello che provava per l’imbarazzo della situazione.

-Allora, di cosa sono responsabile?- chiese poi, per fare conversazione, e perché decisamente curioso.

-Che impaziente. Va bene, te lo dirò- Clover era ad occhi chiusi, stravaccata sul legno caldo come se fosse sua abitudine fare saune.

Visto quanto era ricca, era piuttosto probabile.

-Riguarda qualcosa che mio padre ha fatto- esordì, misteriosa.

-Fammi indovinare, la famosa cosa che ha portato a questa costosissima vacanza?- suppose Diego, senza però capire in cosa fosse lui responsabile. Non vedeva il signor Paik da anni. E anche quando erano piccoli l’aveva visto raramente. Non ricordava nemmeno che faccia avesse.

-Yup. Abbiamo avuto una non molto piacevole discussione una settimana dopo il nostro “simpatico” appuntamento al buio- Clover lo guardò, e Diego finalmente capì di cosa fosse responsabile.

Ed era un problema, perché se fingere di stare con Clover per cinque minuti l’aveva fatta litigare con il padre, non poteva assolutamente neanche proporle l’idea di fingere di stare insieme per settimane… forse mesi.

Cosa gli era saltato in mente?!

-Gli hai detto che è stato un equivoco?- chiese Diego, a disagio.

-Ci ho provato, ma il punto non sei tu, ma quello che mio padre ha fatto quando Dick gli ha detto di noi- Clover incrociò le braccia, sbuffando.

-Che ha fatto?- chiese Diego, senza volerlo davvero sapere.

-Ha ingaggiato un investigatore privato che mi ha spiata per una settimana per vedere se avevo mentito- rispose Clover a denti stretti.

Ci fu qualche secondo di silenzio, poi Diego scoppiò a ridere.

Stava scherzando, ovviamente! Che razza di padre avrebbe mai potuto ingaggiare un investigatore privato per spiare la figlia?! Clover credeva davvero che lui avrebbe creduto a una sciocchezza del genere?

La ragazza, però, lo guardò offesa, e le risate gli morirono in gola.

-Stai… stai scherzando, vero?- chiese in tono ovvio.

-Ti sembra che scherzerei riguardo a una cosa del genere?- il tono di Clover era mortalmente serio, e Diego impallidì.

-Tuo padre ti ha spiato perché eri uscita con me?!- ripetè, incredulo.

-Già, e questa è la storia di come mai ho deciso di vendicarmi di mio padre con questa vacanza- Clover tornò a rilassarsi nella sauna.

-Onestamente, mi sembra un piccolo prezzo per una cosa del genere- ammise Diego, che non riusciva a concepire un tale comportamento.

Clover accennò un sorrisino.

-Già, infatti questa è solo la punta dell’iceberg. Ho intenzione di vendicarmi con altro, e vorrei il tuo aiuto- introdusse l’argomento.

Diego si sentì maggiormente accaldato, ma probabilmente fu soprattutto a causa della sauna, dato che non era abituato.

-Okay… che tipo di aiuto?- chiese, cautamente. 

-Non adesso, ne parliamo dopo- Clover gli fece cenno di aspettare, e Diego provò a godersi la sauna, chiedendosi cosa potesse mai volere lei da lui, e iniziando a farsi parecchi film mentali al riguardo.

Beh, se fosse stato qualcosa di infattibile avrebbe rifiutato, non era mica la fine del mondo. 

Dopo i dieci minuti di sauna, vennero chiamati per il massaggio.

Stessa stanza, a testa in giù, abbastanza vicini per parlare ma senza possibilità di guardarsi, e con due persone con loro.

Decisamente un miglioramento rispetto a prima.

-Allora, adesso ti andrebbe bene parlarne?- Diego provò a tornare al discorso precedente.

-Non con testimoni- tagliò corto Clover, con voce rilassata.

Diego si irrigidì leggermente.

-Si rilassi, signore. C’è molto lavoro da fare con lei- lo incoraggiò la ragazza addetta al massaggio.

Diego ci provò, ripetendosi che era improbabile che Clover volesse ucciderlo, e che se anche ci avesse provato, poteva sempre urlare e scappare. Non li avrebbero chiusi dentro. E poi era molto più semplice ucciderlo nella sauna, quindi aveva perso l’occasione di farlo.

Fece un profondo respiro, cercando di rilassarsi, e onestamente, era davvero rasserenante.

-Ne avevo davvero bisogno- commentò tra sé.

-Ah, sì? Esami tanto impegnativi?- chiese Clover, facendo conversazione.

-No… cioè, sì. Medicina è un delirio, ma è a casa che le cose non sono andate granché bene- ammise. Non aveva la minima intenzione di parlarle, in realtà, ma era così in pace che iniziò a conversare senza neanche rendersene troppo conto.

-Tuo padre ha assoldato un investigatore per spiarti?- chiese Clover, divertita.

-Okay, non a questi livelli. È a malapena un inconveniente, in realtà. Cioè, mio fratello si sposa- cercò di spiegarsi, biascicando le parole per quando rilassato stava iniziando ad essere.

-Tuo fratello si sposa? E questa dovrebbe essere una cattiva notizia?- Clover era sorpresa -Aspetta, è il classico cliché dove tu sei innamorato della sua ragazza quindi sei ferito dalla situazione?- chiese poi in tono di gossip.

-No, no, non sia mai! Adoro Paola, ma non è proprio il mio tipo- Diego era inorridito alla sola idea.

-Ahhh, sei deluso perché si sposa prima di te?- suppose quindi Clover.

-No, neanche. Non ho intenzione di sposarmi, io. E sono felice per lui, anche se non è ancora ufficiale, dato che deve ancora chiederlo a lei. Il problema è un altro…- provò nuovamente a spiegare, senza trovare le parole. Gli sembrava un problema tanto infantile, a pensarci bene. Di certo non era una cosa grave come quella di Clover, ma per lui aveva un grande significato.

La ragazza rimase in silenzio, incoraggiandolo a continuare.

-…Mia madre vuole regalargli la dependance del nonno, che dovrebbe essere mia. L’ho costruita insieme a lui, ha un grande significato per me. Praticamente mia madre sostiene che dato che io sono single e loro saranno una coppia stabile, dovrei cedergliela così da concedere loro un po’ di privacy- sbuffò, seccato.

Clover quasi si alzò dal lettino.

-Stia giù, signorina- la incoraggiò la sua massaggiatrice.

-Ma stiamo scherzando? Ma che diritto ha lei di toglierti la casetta di tuo nonno!- si indignò. E Diego si sentì molto meno infantile.

-È mia madre e la casa è sua e di mio padre. Quindi ha tutto il diritto- sospirò, rassegnato.

-Allora ho fatto benissimo a obbligarti al pacchetto relax- commentò Clover, ritornando a rilassarti.

-In effetti, credo che dovrei ringrazia…- il suo ringraziamento quasi sussurrato e molto sofferto venne interrotto dalle due massaggiatrici, che avevano finito il loro lavoro.

-Se volete seguirmi, le terme sono pronte- fecero un cenno servile verso la stanza accanto.

I due si affrettarono ad alzarsi e a seguirle.

-Prego, ma non ringraziarmi ancora. Devo ancora chiederti un aiuto- gli sussurrò Clover all’orecchio, con una velata aria di minaccia.

-Potete stare qui per mezzora, ma quando volete passare oltre basta andare oltre quella porta. Le successive due fasi del trattamento saranno solitarie. Chiamate se avete bisogno di qualcosa con questo pulsante- una delle massaggiatrici illustrò gli spazi. Sembrava una piccola piscina riscaldata, ed aveva un’aura molto zen.

Clover si immerse fino alle spalle, legando i capelli in modo che non si bagnassero a loro volta.

Diego la seguì, mettendosi il più lontano possibile.

-Diego, non ho intenzione di ucciderti. Se avessi voluto farlo avrei approfittato della sauna- lo rassicurò Clover, indicando un posto accanto a lei.

-Non mi rassicura per niente- commentò Diego, avvicinandosi comunque un po’.

-Non so che idee ti sei fatto, ma non voglio chiederti nulla di eclatante. Diventa il mio fidanzato- dopo tutta l’aria di mistero, Clover rivelò il piano senza troppi giri di parole.

Diego la fissò per qualche secondo, certo di aver capito male.

-Stavolta stai scherzando, vero?- chiese, come assicurazione.

-Perché sei tanto convinto che io sia questa gran comica? No, non sto scherzando!- si alterò Clover, per poi ripensarci -Anche se forse mi sono espressa male. Non voglio assolutamente che ci mettiamo insieme- rettificò, gesticolando.

-Non sto capendo- ammise Diego, che era un tipo sveglio, ma al momento non riusciva a fare due più due.

-Fingi per un periodo di essere il mio ragazzo. È un’altra vendetta per mio padre. E deve essere convincente- provò a spiegarsi lei.

Diego era senza parole.

Come poteva Clover aver proposto prima di lui la stessa cosa che lui voleva chiedere a lei? E come era riuscita a chiederglielo in modo che lui fosse decisamente tentato dal rifiutare nonostante tutto?

Rimase in silenzio, cercando di elaborare la cosa.

-So che è un favore abbastanza sostanzioso, e i media di certo non danno una buona visione delle relazioni finte, ma sentimi… essere in una finta relazione con me ti darà grandi vantaggi: 1) Amabelle non ci starà più addosso con tiri mancini per metterci insieme tra noi o con altri; 2) Mio padre la prende in quel posto…- provò a convincerlo, segnando il conto con le dita.

-La seconda mi sembra più un vantaggio per te- le fece notare Diego.

-…3) sarò in debito con te per tutto il tempo in cui staremo insieme per finta, anche se la cosa ammetto che non mi entusiasma particolarmente- continuò Clover come se non l’avesse sentito.

-Non sei brava a convincere la gente- commentò Diego, sospirando e abbandonandosi contro il bordo della piscina, senza sapere assolutamente cosa fare.

-Ed io che speravo che facendo la misteriosa iniziassi a pensare a scenari ben peggiori in modo che questo sarebbe parso fattibile- sbuffò Clover, imitandolo -Ammetto che è una pessima idea, okay. E abbiamo anche visto ieri quanto siano rischiose le relazioni finte, ma mi sono lasciata sfuggire a mio padre che l’appuntamento era andato bene e potremmo rivederci, quindi se non voglio perdere questa sfida non annunciata, dovevo almeno provare a convincerti- ammise poi, in tutta sincerità -Non ci ho pensato a fondo probabilmente- 

Rimasero qualche minuto in silenzio, facendosi cullare dalle onde e dal vapore delle terme.

-Mi sono lasciato sfuggire a mia madre che ho una ragazza- disse poi Diego, tutto d’un fiato, prima che potesse pentirsene.

-Uh?- indagò Clover, girandosi verso di lui.

-Mia madre ha detto che se fossi stato in coppia la casetta sarebbe andata a me, e le ho detto che ho una ragazza, ma non ho una ragazza, e lei è convinta che io stia mentendo, o che quella ragazza sia tu- spiegò poi, stringendo gli occhi con forza nella speranza che fosse tutto un incubo e si sarebbe svegliato nel suo letto al giorno prima di rivelare quella madornale bugia.

Clover non rispose per un minuto buono, tanto che Diego quasi si convinse di non aver effettivamente parlato, o che fosse davvero tutto un sogno.

-Ah…- commentò poi, e subito dopo gli arrivò un pugnetto sul braccio, che gli fece aprire gli occhi di scatto. Non se lo aspettava affatto. Guardò Clover come se fosse matta.

-Mi hai fatto sentire una persona orribile per cinque minuti quando tu volevi farmi la stessa proposta che ti ho fatto io?!- chiese lei incredula e un po’ offesa.

-Io non ho mai detto…- provò a tirarsi indietro Diego, ma lo sguardo eloquente di Clover lo zittì -…okay, sì, sono venuto qui solo ed esclusivamente per questo, lo ammetto. Ma ero già pronto a prendermi le responsabilità della mia bugia con mia madre- ammise, un po’ a disagio.

-Beh, se abbiamo lo stesso scopo, perché prenderci le nostre responsabilità?- suggerì Clover, in tono furbetto.

-Non è un ottimo insegnamento- le fece notare Diego.

-Vabbè, mica siamo dentro una storia che deve insegnare ai ragazzi come comportarsi. Al massimo è una commedia da quattro soldi piena di insegnamenti sbagliati- tagliò corto Clover.

-Piano, piano, se questa fosse una commedia, alla fine della sceneggiata dovremmo innamorarci l’uno dell’altra- rifletté lui, divertito.

Clover scoppiò a ridere.

-Allora riformulo, questo è un thriller di vendetta e schemi criminali. Non esiste al mondo che io mi innamori di te- lo rassicurò, facendogli una linguaccia.

-Il non affetto è reciproco, Clover- ribatté Diego, scuotendo la testa.

-Allora… affare fatto?- Clover gli porse la mano, per sigillare l’accordo.

Diego aveva ancora molti dubbi, ma gliela strinse.

-Piacere, mi chiamo Diego, e sono il tuo ragazzo- finse di presentarsi, come ormai era diventata una mezza abitudine tra loro, e Clover sogghignò.

-Piacere, io sono Clover, e sono la tua ragazza- rispose, stringendo forte la mano.

Passarono il tempo restante alle terme a stabilire regole e comportamenti da seguire per rendere la neo-creata finta relazione il più realistica possibile.

E, qui lo dico e qui lo confermo, questa è chiaramente una commedia romantica, purtroppo per loro.

 

Il resto del pranzo con Ness Dubois non ebbe svolte degne di nota, o momenti eccessivamente imbarazzanti. Parlarono principalmente di affari, Felix rimase sulle sue e ogni tanto intervenne per aiutare Mirren quando la conversazione passava su di loro, o quando Loverick e la signora Conti provavano a flirtare con Mirren.

Erano passate circa tre ore quando finalmente ebbero la scusa per congedarsi, seguendo a ruota gli Han.

-Uff, è stato molto peggio di quanto mi aspettassi- commentò Felix una volta uscito, stiracchiandosi come ad eliminare la tensione accumulata sul suo corpo.

-Non me ne parlare. Fingere di essere il tuo ragazzo è stata l’esperienza peggiore della mia vita- gli diede man forte Mirren.

Felix si bloccò un attimo sui suoi passi.

-Oh, grazie mille!- disse sarcastico. Voleva apparire divertito, ma il tono uscì molto più irritato di quanto avrebbe voluto, complice il pessimo incontro appena avuto e l’ancora più pessimo nodo allo stomaco che lo stava perseguitando non dall’inizio del pranzo, in realtà, ma da quando aveva origliato la conversazione tra Mathi, Clover e Denny, a colazione.

-Non fare l’offeso, Felix! Sai quanto me che fingere di stare insieme è stata l’idea peggiore che abbiamo mai avuto- Mirren scosse la testa e incrociò le braccia.

“Sì, Mirren, so benissimo quanto l’idea di essere associati l’uno all’altro ti faccia ribrezzo, ma se ti faccio tanto schifo perché sei ancora mio amico?” pensò Felix, iniziando ad irritarsi sempre di più.

-Non mi fai schifo, ma che ti salta in mente?! Ora mi fai schifo se non voglio fingere di stare insieme a te davanti a sconosciuti?- chiese Mirren, che non lo stava capendo.

Diamine, Felix l’aveva detto ad alta voce? Sperava di averlo solo pensato. Ma forse era talmente irritato che non era riuscito a trattenere le parole, questa volta.

-Lascia perdere, so che non ti faccio schifo, solo…- “mi piaci, ti amo, vorrei che non fosse una finta, ogni volta che neghi con tutto te stesso ogni tipo di attrazione romantica verso di me mi sembra che il mio cuore si fermi” -…sono molto, molto stanco. Quel tizio, Lovesick o come diamine si chiamava, era terribile- cercò di tornare normale, rilassato, amichevole, quasi divertito, ma era certo di non esserci riuscito. Sperava almeno di non aver pensato di nuovo a voce alta.

-Lo dici a me? Sono io quello che ha torchiato tutto il tempo. Ma dobbiamo mantenere una relazione cordiale. Se l’accordo con questo investitore va a buon fine è probabile che dovrò intrattenere parecchi rapporti con il figlio ed erede- Mirren sbuffò, rabbrividendo.

-Sai, non sei obbligato- gli fece notare Felix.

-Sì, invece. Forse avrei dovuto accettare di bere qualcosa con lui dopo cena. Ma sarebbe stato sospetto visto che ho un “ragazzo”- Mirren sembrava decisamente seccato, e Felix per una volta non aveva la più pallida idea di come interpretare il tono e le sue parole.

Probabilmente Mirren intendeva qualcosa del tipo “Maledizione, odio il mio lavoro! Se non fosse stato per questa farsa avrei dovuto addirittura accettare di bere un drink con un tizio decisamente detestabile, vorrei ringraziarti ma non voglio ammettere che la farsa sia servita a qualcosa”

Felix però lo interpretò come “Per colpa della nostra farsa non ho potuto prendere un’occasione al volo e magari cedere ai flirt costanti di quel figlio di papà per ottenere un contratto”.

E la sola idea di Mirren in compagnia di quel tizio aumentava esponenzialmente quel fastidiosissimo nodo allo stomaco.

-Possiamo sempre dire che ho mal di testa e rimango in camera per la notte, lungi da me vietarti di passare un’adorabile serata in compagnia di quel damerino- quasi esplose, e lo superò di corsa.

-Felix, ma che hai…?- provò ad anticiparlo Mirren, seguendolo, ma Felix lo interruppe immediatamente.

-Ora devo lasciarti, voglio vedere come sta Amabelle. Ci vediamo dopo!- disse in fretta, scappando via e lasciando Mirren ammutolito, confuso e solo.

-Problemi in paradiso?- fu l’ultima cosa che Felix sentì prima di scomparire anche dal campo uditivo dell’amico che era stato appena raggiunto dal damerino in questione.

Non andò a cercare Amabelle, ma uscì fuori dall’hotel, incurante dei gradi sotto lo zero e con un enorme bisogno di prendere una boccata d’aria e fumare almeno dieci sigarette di fila.

La testa gli pulsava terribilmente, aveva le lacrime agli occhi e non riusciva proprio a ragionare con lucidità. Il pranzo era stato più devastante di quanto credesse.

Si abbandonò a terra oltre il muro esterno dell’hotel, in una zona leggermente isolata e piena di neve, e prese con mani tremanti una sigaretta e l’accendino dalla tasca, senza però riuscire ad accendere nulla.

Dopo tre o quattro tentativi fallimentari, lanciò via l’accendino e seppellì il volto tra le braccia, cercando di isolarsi dai problemi del presente ed eliminare i vorticosi e invasivi pensieri che gli stavano risalendo la mente come serpenti.

Regolò il respiro, e pensò ad altro.

Chissà come stava Tender? E Happy? Chissà se Amabelle e Petra avevano fatto pace. Sperava davvero di sì. Era il caso di lavorare un po’ sulla tesi? No, dai, era in vacanza, ci avrebbe pensato una volta tornato. Mirren poteva aiu… no, non pensare a Mirren.

Poteva provare qualche attività dell’hotel. Non era granché sugli sci, ma magari poteva riprovarci, giusto per fare qualcosa. O pattinare, lì se la cavava, sempre meglio di Mirren che… no, non pensare a Mirren!

Attività… attività… poteva giocare ai videogiochi con Mathi e Denny. Lui faceva schifo ai videogiochi, ma li trovava comunque divertenti, ogni tanto. Oppure unirsi a Clover alla SPA, magari farsi quel massaggio che aveva rifiutato con Mirr… no! Non! Pensare! A! Mirren!

Non pensare a come ti allontana manco fossi la peste ogni qual volta cerchi di avvicinarti a lui.

Non pensarlo in compagnia di qualcun altro.

Non pensare a come si ritira anche al contatto fisico più amichevole.

E, per l’amor del cielo, non pensare al quarto anno delle elementari.

Qualsiasi cosa tu faccia, non pensare a quel maledetto San Valentino!

…troppo tardi.

-Hey, va tutto bene?- una voce, distante come se venisse da un altro pianeta, lo salvò dai meandri della sua mente che lo stavano facendo affondare troppo in profondità.

Alzò la testa come svegliato da un sogno, e per un attimo sperò quasi che Mirren lo avesse seguito, che volesse aiutarlo.

Ma si accorse immediatamente che quello davanti a lui non era Mirren.

Così come si accorse che lo stava scuotendo con forza, e che… cavolo, faceva un freddo bestiale.

Rischiava l’ipotermia, da quanto tempo era lì?!

Ci mise qualche secondo a mettere a fuoco la figura dell’uomo che lo aveva salvato, e qualche istante in più a riconoscerlo. Il tempo che ci mise una seconda figura a togliersi la giacca e mettergliela attorno alle spalle.

-Alessandro? Valeria?- chiese, confuso, riconoscendo la coppia del giorno prima.

Non era del tutto certo, perché continuava a vedere abbastanza sfocato.

Capì poco dopo che si trattava di lacrime. Aveva pianto?! Anche parecchio a giudicare dalle maniche bagnate e gli occhi arrossati. 

-Ti portiamo dentro, riesci ad alzarti?- Valeria gli porse una mano, e Felix la prese titubante, riuscendo però a trovare la forza di alzarsi in piedi.

Per poco non cadde in avanti, ma venne sorretto da Valeria e Alessandro, che lo aiutarono a rientrare.

Una volta al caldo, Felix iniziò da subito a sentirsi meglio, e il senso di spossatezza, freddo e stanchezza iniziarono ad essere sostituite da emozioni ben più forti, ma non più positive: imbarazzo, paura, delusione.

-Mi dispiace- provò a dire verso i due salvatori.

-Shh, non parlare. Sei quasi andato in ipotermia- Valeria, iniziò a strofinargli le spalle e le braccia per riscaldarlo. Era la maggiore forma di contatto che Felix avesse ricevuto in tutto il giorno. Non si era reso conto di quanto ne avesse bisogno.

-Ti prendo una cioccolata calda- si offrì Alessandro, scomparendo poi al bar.

Felix si guardò attorno allarmato, ma per fortuna nessuno dei suoi amici, in particolare Mirren, era nei paraggi.

-Tutto bene?- gli chiese Valeria, in tono mite.

Era chiaro che fosse preoccupata, ma anche che non volesse pressarlo per fargli dire cosa non andasse.

Felix, in effetti, non ne aveva molta voglia. Si limitò a scuotere leggermente la testa, e ad asciugarsi le lacrime.

Valeria non insistette, e continuò a riscaldarlo.

Poco dopo, Alessandro li raggiunse, con due cioccolate calde, che porse davanti a entrambi.

-Mi dispiace- Felix prese la propria tra le mani, e lasciò che gliele riscaldasse per bene, prima di portare la tazza alle labbra.

Il caldo liquido dolce sembrò ridargli qualche energia.

-Non preoccuparti. Stai meglio?- chiese Alessandro, sedendosi davanti a lui.

Questa volta, Felix annuì, debolmente.

Si sentiva davvero in colpa, e continuava ad avere quel maledetto nodo allo stomaco, ma la cioccolata era un toccasana.

-Prendi qualche medicina?- chiese poi a sorpresa Alessandro. 

Il battito di Felix ebbe un’impennata improvvisa, e sollevò la testa verso l’interlocutore, che lo guardava gentile, ma serio.

Le mani iniziarono a tremare, e per poco non rovesciò la cioccolata.

Il groppo allo stomaco era risalito alla gola, e non gli stava permettendo di parlare.

Cosa sapeva? O sospettava? Perché gli stava facendo quella domanda?

-Alessandro, non pressarlo- lo rimproverò Valeria, stringendogli leggermente le spalle.

-Non voglio pressarlo, voglio solo assicurarmi che stia bene- Alessandro rassicurò la moglie, e tornò a guardare Felix, che sentendosi in trappola, ma anche molto riconoscente, decise di essere onesto.

La voce non gli era tornata, ma annuì, senza guardare nessuno dei due negli occhi.

-Per che cosa, esattamente?- indagò Alessandro, in tono professionale. Sembrava decisamente esperto della questione, ma Felix non si sentiva di parlarne.

-Alessandro è uno psicologo, puoi confidarti con lui- lo incoraggiò Valeria, dolcemente.

Beh, si spiegava tutto.

Certo, la consapevolezza di avere davanti a sé uno strizzacervelli non lo rassicurava particolarmente, ma era sempre meglio di un tizio qualunque.

E in ogni caso, aveva bisogno di confidarsi con qualcuno, e lì, sperduto tra le montagne, Mirren era l’unica persona a conoscenza del suo problema.

E l’ultima alla quale avrebbe voluto parlare del suo attacco.

-Disturbo da deficit dell’attenzione- ammise, con un filo di voce. Alessandro annuì, come se gli stesse confermando qualcosa che già sospettava -Mi si presenta tramite alcuni attacchi dissociativi che mi isolano dal mio corpo. Sono sporadici, e un po’ pericolosi, se magari sto facendo qualcosa… tipo oggi- continuò a spiegare, prendendosi la testa tra le mani, che gli continuava a pulsare.

Valeria gli diede qualche pacca sulla spalla, per rassicurarlo.

-È… una specie di meccanismo di difesa, quando… quando sono troppo… come dire…- non l’aveva mai dovuto spiegare a nessuno, dato che evitava a tutti i costi di dirlo. Gli unici a saperlo erano la sua famiglia e Mirren. Un professore l’aveva scoperto quando aveva avuto un attacco durante uno dei suoi esami, e basta. Di solito era molto bravo a occuparsene.

-Gli attacchi sono causati da forti emozioni che rischiano di sopraffarti, giusto?- indovinò Alessandro.

Felix annuì con un certo vigore.

-È ereditario- aggiunse poi. Sua madre lo aveva avuto, in forma ridotta, però.

E lui era l’unico in famiglia ad averlo ereditato, grazie al cielo.

-Vuoi parlare della causa dell’attacco di poco fa?- propose Alessandro, cercando il suo sguardo.

-Non sono un suo paziente- gli fece notare Felix -E non sarebbe neanche una conversazione molto privata- indicò poi il resto della sala. Non era molto piena, anzi, la coppia lo aveva portato in un tavolo abbastanza isolato, ma non erano comunque in un salottino da terapeuta.

Alessandro alzò le mani in segno di resa.

-Lungi da me obbligarti a fare una seduta, ma parlare, in generale, aiuta- cercò comunque di suggerirgli, comprensivo.

Felix non rispose. Non gli piaceva parlare dei suoi problemi. Dopotutto il punto focale del suo disturbo era proprio che non voleva tirare fuori le cose. Sapeva, certo, che sicuramente lo avrebbe aiutato, ma prima lo avrebbe fatto soffrire di più, e non ci teneva ad avere un altro attacco.

-Riguarda Mirren?- suppose in un sussurro Valeria, incerta, e facendo tornare il nodo allo stomaco di Felix, che sentì le lacrime risalire agli occhi.

-Ora chi è che lo pressa?- Alessandro rimproverò la moglie.

-Non sei obbligato a parlarne- si affrettò a dire lei -Ma magari, non so, puoi scrivere come ti senti. Scrivere mi ha sempre aiutato molto- provò a suggerire.

Felix prese un altro sorso di cioccolata, provando a calmarsi.

-Vorrei disegnare…- ammise, un po’ incerto -…ma non voglio tornare in camera- aggiunse poi, molto tra sé, e cercando di non mostrare quanto l’idea di affrontare Amabelle in quello stato lo terrorizzasse.

-Va bene- Valeria gli fece una carezza sulla spalla e poi armeggiò nella borsa, tirando fuori un blocco e una matita, che porse verso Felix.

Lui la guardò incredulo, e davvero riconoscente.

-Grazie- accennò un sorriso, prendendo il blocco e iniziando a sfogliarlo alla ricerca di una pagina vuota.

Era pieno di schizzi di vari macchinari, qualche disegno del marito e delle figlie, e appunti scritti molto fitti.

Alla fine trovò una pagina vuota, e iniziò a disegnare qualsiasi cosa gli venisse in mente, senza pensare a soggetti, storie o altro.

Alessandro, Valeria, Tender, Happy, una sedia, un arcobaleno, un unicorno eccetera eccetera. Tutto ciò che potesse rassicurarlo.

Si sentiva decisamente meglio.

-Io e Mirren non stiamo davvero insieme- ammise poi, dopo cinque minuti buoni di schizzi ininterrotti.

-Oh?- sia Valeria che Alessandro sembravano davvero stupiti.

-Ah…- dissero poi insieme, arrivando entrambi alla probabile causa dei problemi di Felix, che si limitò ad annuire, e sospirò, rassegnato.

-Ne hai… parlato con lui?- chiese Alessandro, timoroso.

Felix scosse la testa.

-Pensi di parlarne con lui?- riformulò Valeria, incoraggiante.

Felix scosse la testa più violentemente.

-Vuoi parlarne con noi?- suggerì Alessandro, avvicinandosi leggermente.

Per la terza volta, Felix scosse la testa.

Non c’era bisogno di altre parole, e in generale non aveva molta voglia di parlarne.

Alla fine la conclusione di qualsiasi “seduta” non avrebbe cambiato la realtà delle cose.

Era innamorato del suo migliore amico.

Lui non ricambiava.

E l’unica cosa che sarebbe potuta succedere, se avesse provato a parlarne a lui, sarebbe stata di perderlo per sempre.

Dopo aver riempito completamente due pagine intere, decise che non era il caso di continuare a sprecare fogli di una semi-sconosciuta che ormai sapeva vita, morte e miracoli su di lui.

Chiuse il blocco e glielo porse.

-Grazie mille del vostro aiuto. Mi dispiace di avervi infastidito- disse, ormai quasi del tutto calmo, sentendosi ancora un po’ in colpa per la sceneggiata.

-Non preoccuparti, davvero. Siamo felici che stai meglio- lo rassicurò Valeria, intascando il blocco per appunti e sorridendogli caldamente.

-Se hai bisogno di parlare, questo è il mio biglietto da visita- Alessandro gli porse un foglio, che Felix intascò con cura.

Probabilmente la conversazione sarebbe durata ancora un po’, ma vennero interrotti da una voce di bambina.

-Mamma! Papà! Dove eravate?- chiese Grazia, la figlia più grande dei due, correndo verso di loro, seguita da un uomo e una donna. L’uomo portava in braccio la figlia più piccola.

-Stavamo facendo quattro chiacchiere con Felix- spiegò Alessandro, prendendo la figlia in braccio e mettendosela sulle gambe.

-Grazia è una peste!- si lamentò la donna appena arrivata, abbandonandosi sull’ultima sedia vuota del tavolo, distrutta.

-Tu sei una peste, zia Augustine!- si lamentò Grazia, facendole la linguaccia.

-Suvvia, non litigate. Marghe ha fame, ed è quasi ora di cena- l’uomo si sporse verso di loro, cullando dolcemente la bambina che teneva in braccio.

-Grazie di aver badato a lei, James. Sarà meglio andare. Ci vediamo presto, Felix- Alessandro si alzò in piedi e incoraggiò la moglie a fare lo stesso.

-Certo. Grazie ancora per la cioccolata- Felix si tolse la giacca di Valeria dalle spalle e gliela porse di nuovo.

Iniziava a sentirsi fin troppo accaldato.

-Non ringraziarmi, è stato un piacere- lo rassicurò Alessandro, facendogli un occhiolino.

Felix li guardò allontanarsi sorridendo leggermente, poi decise che era il caso di andare a cambiarsi per la cena. Era ancora presto per gli orari della Corona, ma non poteva presentarsi così: sporco, bagnato e con gli occhi ancora leggermente rossi.

Si consolava sapendo che almeno non avrebbe visto Mirren.

Ma era una decisamente magra consolazione.

 

Norman aveva passato una giornata particolarmente fruttuosa, e soprattutto abbastanza solitaria, cosa che gli aveva fatto stranamente piacere.

Dopotutto stava lavorando sulla tesi, ed era felice che nessuno gli avesse fatto notare che era un secchione e che lavorare in vacanza subito dopo la sessione di esami era contro le leggi non scritte dell’universo.

Invece si era concentrato e aveva visto parecchi libri molto interessanti da utilizzare tra le fonti.

Stava giusto per chiudere la lettura e iniziare ad avviarsi a cena, quando la quiete della giornata venne interrotta da un personaggio che Norman sospettava sarebbe comparso prima o poi.

Anche se non in quel modo.

Amabelle, che non aveva dato segno di sé per tutto il giorno, lo avvicinò silenziosamente, e gli si sedette accanto, giocherellando con una ciocca di capelli e aspettando pazientemente che Norman finisse di leggere.

Ecco, questo sì che era preoccupante.

-Amabelle, stai bene?- le chiese, chiudendo immediatamente il libro e sollevando lo sguardo verso di lei.

Lei lo fissò qualche secondo, poi si abbandonò con la faccia sul tavolo.

-No!- esclamò con enfasi, tornando l’Amabelle di sempre, e rassicurando leggermente Norman.

-Non hai ancora fatto pace con Petra?- chiese Norman, certo che il suo malumore derivasse da qualsiasi cosa fosse successa tra le due.

-Non ne ho idea! Cioè, non capisco proprio cosa sia successo? Non so perché abbiamo litigato, non riesco a capire perché non mi parla, e sono decisamente confusa! Non mi riserva mai il trattamento silenzioso. Io odio il trattamento silenzioso! Non riesco a durare più di due minuti- iniziò a sclerare Amabelle, guadagnandosi occhiate sdegnose dalle persone intente a leggere.

Norman non aveva difficoltà a credere alle sue parole sul trattamento silenzioso.

-Perché non andiamo fuori a parlarne con calma?- le propose, indicando l’uscita della biblioteca e facendo un cenno di scuse verso i lettori.

-Sì, va bene. Ma devi aiutarmi, perché la situazione mi confonde davvero parecchio- Amabelle si fece trascinare, continuando a borbottare tra sé.

Una volta usciti dalla biblioteca, Norman la mise a sedere su una poltroncina al lato del corridoio. Era abbastanza deserto, quindi non rischiavano di essere interrotti o di disturbare.

-Allora, comincia dall’inizio. Cosa è successo ieri sera?- chiese Norman.

Amabelle prese un profondo respiro, e iniziò a raccontare.

-Allora, ti giuro che non lo so! Cioè, era tutto normale, no, subito dopo il gioco, almeno prima che io suggerissi una stupida domanda innocente. Dopo che siamo usciti dalla sala, Petra voleva andare a trovare il fratello perché era preoccupata. Comprensibile immagino. Io farei lo stesso, ma ho provato a dirle che forse era meglio lasciare che fosse Felix a parlargli. Sai, per incoraggiare le cose tra i due.

Comunque il commento potrebbe averla infastidita leggermente, ma non tantissimo, eh.

Cioè, io le ho proposto di andare da qualche parte, magari, ma lei mi ha detto che era un po’ stanca, e preferiva andare già a dormire. Allora io mi sono proposta per stare con lei, e credo lo abbia apprezzato. Intanto continuavamo un po’ a parlare di Mirren, no, perché è suo fratello e lei ci tiene tanto.

Abbiamo avuto una mezza discussione su lui e Felix, ma ti giuro nulla di grave. Solo che io sono convinta che incoraggiarli sia l’approccio migliore e lei teme che forzarli rischia di mettere a rischio il loro rapporto. Che poi, se devo essere sincera, non mi aspettavo che Petra fosse così protettiva nei confronti di Felix. Mirren okay, ma Felix…

Vabbè, dicevo, siamo andate in camera, e abbiamo iniziato a prepararci per andare a dormire.

Io non avevo per niente sonno, a dire il vero. Era ancora presto. Così ho pensato di preparare almeno un episodio di Gorgeous da vedere. Sono così felice che lo hanno aggiunto su Netflix! Ho proposto a Petra di vederlo con me, perché è una serie perfetta da vedere in compagnia, e Petra si è fatta un po’ pregare, ma alla fine mi ha raggiunto.

Ci siamo messe sul mio letto, all’inizio, ma stavamo strette, così abbiamo unito i letti, ed eravamo molto più comode. Ho persino ordinato dei popcorn con il servizio in camera, ma non li avevano, mannaggia.

E poi abbiamo visto l’episodio. Stupendo! Praticamente Kyle e Contessa mettono da parte le loro divergenze e fingono di stare insieme perché Barone vuole dire alla loro madre Regina che Contessa aspetta un figlio da Pablo, ma Regina e Pablo stanno insieme in questo momento, quindi…-

-Taglia corto, Amabelle- la interruppe Norman, al quale fregava poco e niente di Gorgeous.

-… guarda che è importante! Perché mentre stabilivano il piano, io ho commentato sul fatto che è palese che Contessa e Kyle finiranno insieme dopo questo (cosa che è successa, oltretutto), e Petra ha ribattuto che queste cose succedono solo nei film, pertanto io ho obiettato che Felix e Mirren si amano quindi non è una cosa dei film. Poi Petra mi ha chiesto di continuare la puntata e basta, perché non le andava di discutere, ma io volevo far valere le mie idee.

Insomma, so che non sei dalla mia parte, ma mi hanno trattato tutti da mostro quando io ho suggerito l’idea del bacio. Che vuoi che sia! Non li ho mica obbligati, e poi un bacio tra due persone che non provano nulla non significa nulla. Un bacio tra due persone che si amano, anche segretamente, è ottimo per rompere il ghiaccio, quindi in ogni caso è stata un’idea legittima!

Ed è esattamente quello che ho detto a Petra, che però si stava irritando dal fatto che per Mirren un bacio è importante a prescindere. E poi…- Amabelle si interruppe, e rimase zitta qualche secondo, pensierosa.

-Boh, nulla, se n’è andata- disse poi, evitando lo sguardo di Norman.

-Così?- chiese lui, scettico.

-Beh… non è successo niente di che nel mezzo, cioè, sì, ma non credo sia arrabbiata per quello- ammise la ragazza, torturandosi le mani.

-Amabelle, che cosa hai fatto?- indagò l’amico, preoccupato.

-Ma niente, le ho preso il volto tra le mani, e l’ho baciata-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Capitolo ricco di feels, e un po’ di angst. Chiedo perdono. Giuro che il prossimo sarà fluffuoso.

Praticamente questo weekend è diventato una scusa per mettere camei di tutti i miei personaggi (e non miei nel caso del signor Han) e divertirmi a fare crossover tra di loro.

Spero non sia irritante vedere gente a caso. Alla fine li uso principalmente per coprire i vuoti di personaggi che non mi va di creare da zero. 

E mi da un grande divertimento.

Ma se vi da fastidio, fatemelo sapere e li limito, promesso!

Ma tornando al capitolo in sé…

Io non credevo sarebbe uscito così angst.

Loverick è anche nato a caso, non era programmato.

Ma ci sta, diciamocelo.

Almeno c’è un grande punto di svolta nella Clodiego, è qualcosa di positivo, no?

Senza contare Amabelle e Petra.

Chi si aspettava che il motivo del litigio fosse quello? (io perché lo sapevo, ma dettagli).

Ma è davvero quello il motivo? Tranquilli, il prossimo capitolo risponderà a tutto.

 

 

Nel prossimo episodio: Amabelle cerca di risolvere le cose con Petra, Mathi e Denny si confrontano sulla pista da sci, un pigiama party in camera di Clover porta molte cose alla luce. 

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Capitolo 11
*** San Valentino in montagna parte 3: Scivoloni ***


San Valentino in montagna parte 3: Scivoloni

 

 

Venerdì 15 Febbraio

-…tu cosa?- Norman non era certo di aver capito bene, e fissava Amabelle come se all’improvviso avesse cominciato a parlare in aramaico.

-L’ho baciata, ma non è arrabbiata per questo- si difese Amabelle, cercando di surclassare la questione come se non avesse la minima importanza.

-Ma in che senso l’hai baciata?- Norman non voleva credere di aver capito, e si aggrappava alla speranza che fosse solo una pessima scelta lessicale.

-Sai quello che fanno due persone, le labbra di una contro quelle dell’altra… okay che sei aro-ace, ma dovresti essere più informato sull’argomento- lo prese in giro Amabelle, imitando il bacio con le due mani.

Norman distolse lo sguardo, e si prese la testa tra le mani cercando di ordinare le idee.

Aveva passato tutta la giornata a studiare, dopotutto, non era affatto pronto a una conversazione personale ed emotiva che riguardasse sentimenti.

-Quindi tu sostieni di aver baciato Petra e che questo non ha nulla a che fare con il suo comportamento?- chiese poi ad Amabelle. 

Sì, era aro-ace, e non ne capiva molto di relazioni, ma se qualcuno, chiunque, l’avesse baciato a caso, non gli avrebbe fatto piacere, poco ma sicuro. E conosceva Petra abbastanza bene da pensare che non avrebbe apprezzato particolarmente neanche lei. In questo era abbastanza simile al fratello.

-No che non ha niente a che fare con la situazione!- Amabelle, però, la pensava diversamente.

-Perché?- indagò quindi Norman -C’era un precedente? Vi eravate già baciate e non aveva detto niente? O è successo qualcosa dopo? O ne avete parlato prima di smettere di parlare?- specificò.

Amabelle rimase in silenzio qualche secondo, riflettendo.

-No- ammise poi, un po’ incerta -Ma conosco la mia Tray, non si arrabbia per una cosa futile come un bacio- insistette, ferma sulle sue idee.

Quella ragazza era davvero testarda come un mulo. Clover aveva usato parole perfette, quella mattina.

Norman sospirò. Purtroppo voleva bene a quel mulo.

-Va bene, cosa ha fatto dopo il bacio?- chiese cercando di farsi un quadro completo della situazione.

-Niente di che. Io le ho detto una cosa del tipo “Visto? Non significa niente”, lei mi ha guardata strana, in realtà, ma non era arrabbiata. Ha sbuffato, ha detto “Sei testarda!”, e ha preso le sue cose. Non aveva disfatto la valigia, quindi l’ha presa ed è uscita, prima che io potessi fare qualsiasi cosa. Cioè, in realtà avevo iniziato ad irritarmi e a dirle che se ho ragione ho ragione ed è lei la testarda, ma poi se n’è andata. Ho aspettato che tornasse, ma è arrivato solo Felix, e poi ho provato a beccarla per riesumare la conversazione ma lei mi…- Amabelle interruppe il racconto sgranando gli occhi, come se le si fosse accesa una lampadina sulla testa, che l’aveva portata ad una grande illuminazione sul caso.

-…Ho capito!- esclamò poi, portandosi le mani alla bocca teatralmente, prima che Norman potesse farle notare quanto insensibile fosse stato il suo comportamento. E se lo notava lui significava che era davvero insensibile.

-Sei sicura di aver capito?- chiese per sicurezza.

-Sì, ho capito tutto! Aveva ragione lei, sono stata testarda. Avrei dovuto capirlo subito. Vado a parlarle! Grazie del consulto- esclamò la rossa, alzandosi di scatto e dirigendosi a passo di marcia verso un punto imprecisato dell’hotel alla ricerca della sua migliore amica.

Norman non si era sentito particolarmente di aiuto, in realtà, ma fu felice che almeno alla fine fosse rinsavita.

-Ci vediamo a cena- provò a salutarla, ma riuscì a parlare solo al muro, dato che la ragazza, quando ci si metteva, era davvero svelta.

Iniziando a dirigersi in camera per posare appunti e libri, Norman cominciò a riflettere su quello che l’amica gli aveva rivelato.

Non riusciva a credere alla nonchalance con cui aveva ammesso di aver baciato Petra.

In realtà non riusciva a credere che Amabelle avesse baciato Petra, e soprattutto che poi le avesse detto che non significava niente. Persino Norman non sarebbe mai riuscito ad essere così crudele.

E poi… davvero Amabelle riusciva a baciare un’amica senza che significasse niente per lei?

Ma non è che Amabelle e Petra…

Il suo pensiero sulla situazione amorosa delle due amiche venne interrotto da un’esclamazione gioiosa proveniente dall’uscita della sala giochi, dalla quale Mathi e Denny erano appena riemersi, il primo abbastanza abbattuto, il secondo raggiante.

-Domani dobbiamo assolutamente fare una maratona del gioco dei Simpsons, deve essere troppo divertente! Voglio vedere com’è l’ultimo livello!- stava commentando Denny, saltellando allegro. 

Norman non era affatto abituato a vederlo così allegro e rilassato, ma doveva ammettere che da quando usciva (amichevolmente) con Mathi, era molto più spensierato.

-Qualcosa mi dice che hai vinto tu la scommessa- commentò, avvicinandosi ai due e salutandoli con un cenno.

-Dan è imbattibile- confermò Mathi, con una punta di rimpianto.

-Così impari a sfidare il più competitivo della Corona Crew- lo prese un po’ in giro Norman.

Non sapeva come fosse possibile, ma sebbene fosse una pallina d’ansia, Denny aveva un lato competitivo decisamente grande. Ed era il suo tallone d’Achille, come la scommessa fatta con Amabelle a inizio anno aveva dimostrato.

Anche se tendeva a non accettare sfide che avrebbe perso sicuramente.

-Ehi, non sono così competitivo, non spaventare Mathi! E poi… come hai saputo della scommessa?- Denny perse una piccola parte della sua allegria, e guardò Norman sospettoso, come se temesse che l’avesse spiato per fare un favore ad Amabelle.

Stranamente non era così per una volta.

-Il tavolo della colazione non è il luogo migliore dove parlare senza essere ascoltati. A dire il vero temo che metà hotel ora sappia i fatti di mezza Corona Crew- ridacchiò Norman, rispondendo alla domanda di Denny, divertito dal suo improvviso rossore.

-Ops, colpa mia. Ho le “corde vocali d’acciaio” di Apollo- Mathi fece un occhiolino all’amico, che afferrando la citazione, ridacchiò, e tornò rilassato.

Mathi aveva davvero un superpotere, sul quel ragazzo.

Buon per loro.

-Andate a cena?- chiese poi Norman, cambiando argomento.

-Prima in camera e poi al tavolo- rispose Mathi.

-Allora ci vediamo lì- li superò per andare in camera a sua volta, ma ci ripensò e tornò indietro.

-Comunque, Mathi, se dovessi cambiare idea fammi sapere. Domani pensavo anche io di andare alle piste da sci, se vuoi provare puoi unirti a me. Così non dovresti stare solo- lo incoraggiò, con una punta di malizia nel fare la proposta.

Amabelle sarebbe stata davvero orgogliosa di lui.

Cavolo, i suoi piani da matchmaker iniziavano a contagiarlo!

-Wow, mi piacerebbe molto!- disse infatti Mathi, illuminandosi, per poi pensarci un po’ su -Ma ho promesso a Dan di giocare con lui, domani- rifiutò quindi.

-No, non preoccuparti. Se vuoi puoi andare, non voglio frenarti!- intervenne Denny immediatamente, arrossendo appena, e non del tutto convinto.

-Ed io non voglio lasciarti da solo, almeno che tu non lo preferisca- obiettò Mathi, accomodante.

-Io… grazie… ma non…- Denny arrossì un po’ di più.

Norman iniziava a capire perché Amabelle sosteneva da sempre che fosse gay non dichiarato.

-Sai, Denny, la sfida prevedeva che tu scegliessi cosa fare domani, non che doveste per forza giocare ai videogiochi tutto il giorno- fece notare, per poi iniziare ad avviarsi in camera. Aveva lanciato una bomba, stava a loro disinnestarla o farla esplodere.

Li lasciò a parlare tra loro, soddisfatto che il raggiramento avesse funzionato, e iniziando a sentirsi decisamente coinvolto nel piano matchmaker.

Forse era merito della vacanza, o solo un modo per non pensare all’unica coppia che non aveva mai considerato, e che dopo la confessione di Amabelle sembrava la più plausibile.

 

Amabelle trovò Petra sul tetto.

Come entrambe ci fossero arrivate, è davvero un grande mistero.

Fatto sta che Petra quando aveva bisogno di spazio tendeva ad arrampicarsi, e Amabelle questo lo sapeva bene, quindi non ci mise molto a trovarla.

Probabilmente ci mise più tempo a salire sul tetto che a scoprire che lei fosse lì, per questo era ormai passata l’ora di cena quando finalmente le due riuscirono a parlare.

-Tray! Eccoti!- esclamò, cercando di non scivolare sulla neve e guadagnandosi un’occhiata sorpresa dall'amica, ma nessuna parola.

-Mi avvicinerei ma finirei per morire. Tray, mi dispiace! Mi dispiace tantissimo!- Amabelle si sedette il più lontano possibile dal bordo ma vicina abbastanza a Petra da farsi sentire, e la ragazza si voltò di scatto verso l’amica, incredula.

-Cosa?!- esclamò, sorpresa. Amabelle non era famosa per ammettere quando aveva torto… in realtà Petra non ricordava si fosse mai scusata, almeno non in modo così sentito.

-Ah ah! Mi hai parlato!- Amabelle la indicò soddisfatta, con un enorme sorriso.

Petra si incupì nuovamente e tornò a fissare l’orizzonte. 

-Era troppo bello per essere vero- borbottò tra sé. Amabelle non riuscì a sentirla, ma si affrettò a tornare sui suoi passi.

-No, aspetta! Io sono seria, giuro! Ho capito dove ho sbagliato, e avevi ragione, sono io quella testarda!- provò a strisciare verso l’amica, rischiando di cadere ma decisa a scusarsi per bene.

Petra sospirò, e si prese il volto tra le mani.

-Senti, Amabelle, non ho molta voglia di parlarne!- provò a chiudere l’argomento, leggermente rossa.

-Appunto! L’ho capito. Ce l’hai con me perché non volevi parlare della situazione e io ho insistito. Per questo hai smesso di parlarmi in generale. Ho capito il messaggio. Mi dispiace, non parliamone più!- si spiegò Amabelle, con la solita parlantina, controllando con attenzione dove metteva i piedi e le mani e ignorando la reazione di Petra.

Se avesse osservato l’amica, anche solo di sbieco, avrebbe notato che sul suo volto si era dipinta un’espressione di estrema confusione, e ancora più marcata incredulità.

Ma era notte, il tetto era scivoloso, e quando Amabelle tornò a guardare l’amica, pochi istanti dopo, la sua espressione era mutata in una pigra indifferenza.

-Hmpf, hai capito, eh?- chiese incrociando le braccia.

-Sì, ma avrei dovuto capirlo prima. Facciamo pace?- Amabelle era ormai riuscita a sedersi accanto a Petra, con le gambe penzoloni oltre il tetto, che stava facendo dondolare iperattiva.

Petra, al contrario, era a gambe incrociate, in posizione decisamente più stabile.

Sospirò.

-Va bene, purché la smetti di parlare di quello che è successo ieri- cedette infine, alzando la testa per guardare le poche stelle che spuntavano fuori da dietro le nuvole cariche di neve.

-Affare fatto!- Amabelle le porse la mano, che Petra strinse poco convinta.

Rimasero qualche secondo in silenzio, l’unico suono udibile era quello del vento gelido che accarezzava loro la faccia, poi entrambe parlarono nello stesso istante.

-Sarebbe meglio rientrare-

-Posso almeno parlare dell’episodio di Gorgeous?!- 

Si guardarono un istante, e scoppiarono a ridere immediatamente dopo.

-Puoi parlare di Gorgeous ma prima rientriamo, o ci prenderemo una polmonite. Fino a una settimana fa avevi ancora il raffreddore- le ricordò Petra, alzandosi e incoraggiando Amabelle a fare altrettanto.

-Oh, certo! Oggi ho visto altri dieci episodi, ti devo mettere al corrente! Pablo ha lasciato Regina, ovviamente, e ha scoperto che il bambino di Contessa è suo, così vuole fargli da padre, e Contessa e Kyle si sono lasciati, dopo che si sono messi insieme come avevo detto io. Nel frattempo Angelica ha avviato una nuova linea di moda aiutata da Francisca che si occupa dei disegni. Sai che penso che finalmente potrebbero finire insieme? C’era molta tensione tra le due, non so se mi spieeeeeee….- la sua lunga descrizione raffazzonata di dieci episodi di una serie che ne comprende qualche centinaio, che accompagnava la risalita sul tetto delle due amiche, venne interrotta quando Amabelle, troppo presa dalla narrazione, non si accorse di mettere il piede nel ghiaccio, e scivolò con ben poca grazia.

Sarebbe potuta andare a finire molto male, ma questa per fortuna è una commedia romantica (quindi bambini non salite sui tetti innevati nella vita reale) pertanto Petra, che era una sportiva con ottimi riflessi, la prese al volo evitandole una rovinosa caduta.

E perse l’equilibrio a causa della sorpresa, facendole comunque cadere entrambe nella direzione opposta, meno pericolosa di certo, ma pur sempre coperta dalla neve.

-Perdincibacco!- esclamò Amabelle. Un commento singolare per una ragazza appena caduta addosso alla propria migliore amica, e che ora si trovava a pochi centimetri dal suo volto arrossato, completamente abbracciate l’una all’altra in una posizione decisamente compromettente.

-Da dove ti è uscito perdincibacco?!- chiese Petra, presa in contropiede dalle abilità linguistiche dell’amica.

Lei ridacchiò.

-Credo da Gorgeous? Regina usa sempre termini strani e antiquati. Che poi è una cosa che ha passato anche ai figli, ora che ci penso. Contessa dice sempre corbezzoli e Barone usa spesso Ohibò, credi sia perché…- Amabelle, per nulla intaccata dalla situazione, continuò a parlare come se niente fosse, stringendosi a Petra in cerca di calore e senza pensare ad alzarsi per tornare dentro.

Forse aveva paura di cadere di nuovo, forse segretamente apprezzava parecchio la posizione assunta.

Petra non tanto.

-Amabelle…- la interruppe, con voce tremante per il freddo.

-Mh?- la rossa si avvicinò per sentirla meglio.

Le loro bocche erano a pochi millimetri di distanza.

I respiri si mischiavano.

-…alzati- Petra la scansò, spezzando il momento, e incoraggiandola a rimettersi in piedi per tornare entrambe dentro.

-Oh, certo. Devi sentire freddo, stai proprio in mezzo alla neve- Amabelle si tirò una pacca sulla fronte, e si alzò con ben poco equilibrio, restando bassa per evitare di scivolare nuovamente.

-Già, fa freddo- borbottò Petra, alzandosi a sua volta, e cercando di togliersi un po’ di neve dalla schiena. Era molto più in equilibrio rispetto all’amica.

-Però stare tra le tue braccia è stato bellissimo. Sei calda e comoda, Tray- ammise Amabelle, appoggiandosi a lei per evitare di cadere di nuovo e perdendosi il rossore improvviso sulle guance di Petra.

-Amabelle…- cominciò quest’ultima, in tono molto più serio e leggermente timoroso, con l’aria di qualcuno che stava per fare una domanda che portava dentro da molto tempo, e che temeva avrebbe distrutto tutto se fosse venuta fuori.

Purtroppo o per fortuna venne interrotta da una voce a terra.

-Voi due! Che state facendo?!- chiese un membro dello staff dell’hotel, puntando contro di loro una torcia abbagliante che per poco non fece di nuovo cadere Amabelle.

-Cambio di programma, corriamo e basta!- Petra prese in braccio l’amica come una principessa e si arrampicò sul tetto con maestria e velocità, per rientrare prima che la guardia chiamasse la polizia, o i vigili del fuoco, o un’ambulanza.

Quando qualcuno saliva su un tetto, non si poteva mai saperne il motivo, dopotutto.

-Vai, mia Tray!- la esaltò Amabelle, ridacchiando dalla situazione e stringendosi a lei affettuosamente.

Era davvero bello riavere la propria migliore amica.

E ne era così felice che non si rese minimamente conto del cambiamento del proprio comportamento, o dei motivi di ciò, o di quanto fosse strana Petra.

Dopotutto Amabelle aveva altro a cui pensare, e la sua vita amorosa e i suoi stessi sentimenti erano un argomento al quale non si approcciava mai.

Non ne sapeva neanche lei il motivo.

 

Sabato 16 Febbraio

Denny credeva che l’universo stesse complottando contro di lui.

Aveva senso, se si analizzavano i fatti!

Norman lo bullizzava psicologicamente incoraggiandolo a proporre a Mathi di passare la mattina sulle piste da sci. Suo fratello gli aveva messo in valigia il materiale per lo sci togliendogli ogni scusa per evitare di mettersi in gioco, quando Denny aveva esplicitamente evitato di mettere quel materiale proprio per evitare situazioni del genere.

E infine tutta la Corona Crew aveva deciso di unirsi a loro sulle piste da sci, rendendogli oltremodo impossibile rifiutarsi all’ultimo.

Ah, già, e poi c’era il sorriso di Mathi.

Quel maledetto, dolcissimo, esaltato sorriso entusiasta che gli aveva illuminato la giornata e aveva sepolto in profondità ogni possibile tentativo di evitare la situazione.

E quindi eccolo lì, con gli sci in mano, gli scarponi pesanti e scomodi già ai piedi, e una fifa blu di rompersi qualche osso, morire o fare una figuraccia immensa.

L’ultima opzione, la più probabile, era anche quella che temeva di più, dato che aveva la stessa scala di priorità di Hermione Granger.

-Wow, sono così eccitato. Non vedo l’ora di provare!- Mathi, al contrario, era un ottimista, e teneva in mano lo snowboard che aveva noleggiato in modo impacciato ma allegro.

Del gruppo erano presenti tutti ad eccezione di Mirren e Clover, il primo ancora impegnato con il lavoro, la seconda andata direttamente alla pista di pattinaggio sul ghiaccio.

Denny si era lasciato convincere da Mathi e Felix a raggiungerla dopo e provare anche lì.

Effettivamente non sapeva quando gli sarebbe ricapitata l’occasione, ma non credeva che sarebbe andato granché bene. L’unico pattinaggio che avesse mai provato era quello dei videogiochi, e anche lì lo odiava, dato che rendeva i movimenti dei personaggi più imprevedibili e scomodi.

Se c’era un livello che odiava più di quello sul ghiaccio era quello sott’acqua, ma era un discorso a parte che probabilmente avrebbe tirato in ballo ad un’eventuale vacanza estiva, obbligato, che ne so, a immergersi per una nuotata con i delfini o qualcosa del genere.

Brr, gli venivano i brividi solo a pensarci.

-Tray, ti prego! Ti prego! Fai slittino con me!- Amabelle era l’unica a non avere scarponi e materiale, ma si trascinava dietro uno slittino di legno che aveva noleggiato nella zona per bambini.

Stava cercando da mezzora a convincere la migliore amica, con la quale aveva per fortuna fatto pace, ad unirsi a lei per qualche discesa.

Quando Denny aveva tentato invano di proporsi in modo da sottrarsi allo sci, Amabelle lo aveva cacciato via in malo modo con un secco “No! Devi stare con l’amore della tua vita!” facendo arrossire Denny oltre ogni misura e tenendolo muto per venti minuti buoni.

Ovvero da allora fino al momento attuale.

-No, Amabelle, voglio fare un po’ di sci di fondo. Non mi fa impazzire lo slittino- Petra però era irremovibile.

Anche Norman avrebbe fatto sci di fondo, lasciando Denny, Mathi, Felix e Diego gli unici a cimentarsi con le discese, chi con gli sci chi con lo snowboard.

E nessuno dei quattro neanche lontanamente preparato ad andare.

-Allora, io direi di cominciare con le piste per bambini- propose Felix, indicando una discesa che si poteva definire a malapena tale, che si raggiungeva tramite un nastro mobile in leggera pendenza.

-Mi sembra più o meno fatti…- ammise Denny, iniziando a rasserenarsi, ma quando notò un bambino di sei anni che si incastrava lo sci nel nastro e una bambina di sette che scivolava per tre metri indietro dritta contro l’istruttrice, ritirò tutto -…no, anzi, che dite se io vi faccio le foto mentre scendete?- chiese, già pronto a riportare gli sci e fingere di non aver neanche pensato di fare qualcosa del genere.

-Su, su, siamo tutti sulla stessa barca- lo incoraggiò Felix, dandogli una poderosa pacca sulla spalla.

-Infatti. Io non ho mai avuto soldi per provare- ammise Diego, posizionando il suo snowboard su un piede. 

-Idem- borbottò Mathi, facendo lo stesso, osservando un gruppo poco lontano per essere sicuro di non sbagliare.

-Denny, non preoccuparti, mi metto dietro di te e mi assicuro che tu non cada sul nastro- lo rassicurò poi Felix, all’orecchio, prima di indossare i propri sci.

Denny sospirò, e decise di fare altrettanto.

La salita, stranamente, non fu troppo tragica.

Il problema fu la discesa.

O meglio, la caduta.

Prima ancora di scendere del tutto dal nastro trasportatore, Denny mise i piedi in modo strano, e cadde di faccia, finendo a gambe all’aria e addosso ad un ancora incerto Mathi che era sceso poco prima di lui.

Finirono praticamente appiccicati in un abbraccio scomposto. Denny, che fino a poco prima aveva provato ad usare la scusa del “sento troppo freddo” per non sciare, fu pervaso da un calore improvviso, e fu solo in parte dovuto al calore corporeo dell’amico, solo amico, decisamente amico, che stava sotto di lui.

Un momento, perché la sua mente glielo stava ricordando con tale veemenza?

-Hey- lo salutò Mathi, senza fiato, con un sorrisino imbarazzato.

-S_Scu…- il sussurro mortificato di Denny, così come il momento intimo, venne interrotto da un urlo strozzato e un’ulteriore figura che finì addosso ai due.

-Scusate ragazzi- borbottò Felix, cercando di alzarsi ma troppo intrecciato a loro per riuscirci.

-Bonprounbupali- Denny non riuscì a mettere insieme due parole. Era schiacciato come un hamburger in mezzo a due fette di pane, ed era una sensazione decisamente inusuale e poco piacevole, a dirla tutta.

Certo, stare addosso a Mathi non era stato niente male, ma Felix non era esattamente… aspetta, cosa diamine stava pensando?!

Sentì Mathi ridacchiare, ma più che sentire il suono, dato che le orecchie erano coperte dal misto di casco e corpi dei due amici, sentì il petto di Mathi muoversi su e giù mentre ridacchiava.

Chissà come doveva sentirsi a disagio ad essere schiacciato in quel modo.

Per fortuna durò un totale di pochi secondi, anche se a Denny sembrarono anni, perché Felix riuscì a rimettersi in piedi aiutato da un operatore del nastro trasportatore, ed entrambi aiutarono Denny e poi Mathi.

-Ragazzo, se perdi l’equilibrio cerca di buttarti di sedere- l’operatore consigliò Denny in tono burbero.

Bene, la peggiore paura di Denny sulle piste da sci si era appena avverata. Poteva anche smettere di vivere, adesso, o buttarsi in un burrone, o urlare in modo che scendesse giù una valanga e lo seppellisse.

Durante la discesa vera e propria, della lunghezza di circa 150 metri, Denny cadde un totale di ventotto volte. 

Il resto del gruppo riuscì a salire e scendere tre volte nel tempo da lui impiegato.

-Okay, basta, ho finito!- esclamò una volta finalmente alle pendici della minuscola discesa che anche un bambino di cinque anni sarebbe riuscito a fare. 

-Ci sto prendendo la mano! È divertente!- Mathi lo raggiunse pochi secondi dopo, senza averlo sentito, affiancandolo con un allegro sorriso.

-Beato te, io faccio davvero schifo- si buttò giù Denny, letteralmente, sedendosi a terra per riposarsi e scoraggiare chiunque a farlo ricominciare.

-Forse avresti bisogno di un aiuto- provò a suggerire Mathi, piegandosi verso di lui, molto vicino, troppo vicino.

-Nei pacchetti l’unica cosa che non è compresa sono gli istruttori di sci- sbuffò Denny, che aveva provato a chiedere quella mattina all’alba, scontrandosi con una receptionist molto poco amichevole e un istruttore mattiniero abbastanza gentile che però non poteva aiutarlo in alcun modo. Era abbastanza certo di aver interrotto un momento intimo tra i due, ma non aveva voluto approfondire più di tanto.

-Bisogno di aiuto?- chiese una voce vagamente familiare, affiancandoli con maestria.

-Oh, salve! Drewin, giusto? Ti ho visto al concorso per coppie- Mathi, sempre amichevole, salutò il nuovo venuto.

Denny si limitò a fare un cenno e buttarsi ancora di più nella neve con la speranza di morire assiderato.

-Oh, che piacere essere ricordato, e riconosciuto nonostante casco e occhialoni. Devo aver fatto proprio una buona impressione- l’uomo che sembrava ancora un ragazzino gonfiò il petto, orgoglioso.

-Avevi una voce decisamente indimenticabile- se lo continuò ad allisciare Mathi. Denny sollevò la testa dal terreno per controllare i due, confuso dall’atteggiamento amichevole del suo amico. Che sperava di ottenere? Drewin era già impegnato, e anche molto felicemente, come il gioco aveva dimostrato.

Cioè, non che credesse che il suo amico Mathi fosse gentile con qualcuno solo per uscirci insieme. Insomma, Denny era l’esempio lampante che dimostrava la buona fede del ragazzo. Solo che… era decisamente fin troppo gentile.

-Anni di dizione, e sono sempre stato il migliore nel club di dibattito- Drewin continuò ad atteggiarsi, ma si irrigidì immediatamente, e guardò Mathi con sospetto -Vuoi qualcosa da me?- chiese, senza giri di parole.

Quindi Denny non era stato l’unico ad accorgersi delle intenzioni. Era un sollievo. 

-No, no, volevo fare amicizia. E magari chiedere qualche consiglio per sciare meglio. Sembri davvero esperto- Mathi gli sorrise innocentemente.

-Non so, siete pur sempre amici degli imbroglioni- Drewin li squadrò poco convinto.

-E tu come lo sai?- chiese Denny, sorpreso.

-Siete decisamente poco discreti mentre parlate al vostro tavolo. Ormai metà hotel sa tutti i fatti del vostro gruppo. A proposito, Petra e Amabelle hanno fatto pace?- chiese Drewin, curioso.

-Sì, tutto bene. E per ripagarti dell’aiuto potremmo offrire a te e al tuo ragazzo il massaggio che i nostri amici ti hanno rubato- propose Mathi, con grande senso per gli affari.

-Hey ragazzi, Diego mi ha detto di dirvi che è già andato al centro di pattinaggio. L’ha chiamato Clover per non so cosa, ma è diventato tutto rosso mentre me lo diceva. Strano, vero?- Felix li raggiunse senza notare la nuova aggiunta, o forse scambiando Drewin per Denny, dato che quest’ultimo era buttato a terra, e il primo aveva la stessa corporatura minuta ed era di spalle.

-Ma salve, imbroglione!- lo accolse Drewin, facendolo sobbalzare.

-Sei Drewin, il tizio del gioco?- chiese Felix, incerto.

-Sì, i tuoi amici mi hanno riconosciuto e tu no?- Drewin incrociò le braccia.

-Perdonami, ma hai il casco e gli occhiali, e non sono il migliore con le voci. Comunque io e Mirren non abbiamo imbrogliato- ci tenne a sottolineare Felix, cercando però di mantenere calmi i toni. 

-Fingere di stare insieme è imbrogliare- lo riprese Drewin, cercando di farsi più alto.

-E tu come…?- Felix era davvero sorpreso.

-A quanto pare le conversazioni del nostro tavolo si sentono con grande chiarezza- spiegò Mathi, un po’ imbarazzato.

-Beh, okay, mi dispiace. Volete che vi paghi un massaggio di coppia?- propose Felix, per mettere una pezza sopra la situazione.

-L’ho già proposto io in cambio di lezioni per Dan- intervenne Mathi, come se avesse una prenotazione.

-Ohh, che bello sentirsi così ricercati, non mi capitava da parecchio- Drewin si ringalluzzì.

-Aspetta, lezioni per me?!- Denny si risollevò dal terreno, la sua voce così acuta che ci mancò poco che la montagna non crollasse davvero.

-Oh, ecco dov’eri, Denny, non ti avevo visto- Felix gli fece un cenno.

-Pensavo potesse aiutarti a cadere meno e divertirti di più- spiegò Mathi, con un sorriso incoraggiante.

-Non mi diverte sciare- provò ad obiettare Denny, che sentiva grande mancanza dei molto meno pericolosi videogiochi dell’hotel.

-Questo è perché non riesci a farlo. E sai perché non riesci a farlo? Perché ti sei arreso prima ancora di iniziare. Se ti insegno io in venti minuti riuscirai a fare questa pista senza cadere neanche una volta- Drewin fece una promozione delle sue lezioni decisamente convincente.

-Dre, dov’eri finito? Ti ho cercato ovunque, pensavo fossi alla pista nera. Ho sete- un energumeno in snowboard (che i ragazzi riconobbero come Joah), raggiunse il compagno e gli parlò un po’ seccato, un po’ preoccupato.

-Ops, scusa, mi sono distratto. Ho guadagnato un massaggio per coppie gratis. Fai un paio di piste nere senza di me- Drewin tirò fuori una bottiglietta d’acqua da una borsa quasi invisibile che teneva sulle spalle, e la lanciò a Joah, che la prese al volo.

-Se mi dici così mi spaventi. Che vuoi fare?- chiese il compagno, guardando sospettoso il trio della Corona.

-Nulla, qualche lezione di sci- tagliò corto Drewin, massaggiandosi le mani.

Era troppo simile ad Amabelle per i gusti di Denny.

-Dai, Dan, ti divertirai. Se poi va male tra venti minuti torniamo in hotel- Mathi provò a convincerlo, e purtroppo quel maledetto splendente sorriso perfetto era terribilmente persuasivo.

-Okay, venti minuti, ma se poi faccio ancora schifo torno in hotel a giocare ai Simpsons!- Denny provò a rimettersi in piedi, ma aveva un senso dell’equilibrio davvero terribile.

Per fortuna, prima che potesse cadere rovinosamente a terra, Drewin lo rimise dritto con una forza insospettabile.

-Io pensavo di andare alla seconda pista bianca. Tu che dici, Mathi, ti unisci a me?- chiese Felix, indicando una discesa leggermente più lunga.

-Oh, sì! Proviamo! Ci vediamo qui tra venti minuti, Dan- Mathi acconsentì con entusiasmo, e salutò l’amico con un cenno.

Denny avrebbe voluto obiettare, ma si morse la lingua, per evitare di dire alcunché. Sarebbe stato troppo fraintendibile.

-Cominciamo, signor… Dan, giusto?- Drewin lo incoraggiò a seguirlo, dopo aver dato un bacio a fior di labbra al compagno.

-Denny, mi chiamano tutti Denny- lo corresse, provando a seguirlo ma continuando a fissare la figura atletica di Mathi che iniziava la salita dell’altra pista.

Finì addosso a Drewin.

-Regola numero 1: guarda davanti. È la base per tipo qualsiasi cosa. Avrai tempo per fare gli occhi dolci al tuo ragazzo più tardi- lo riprese Drewin, rimettendolo dritto con il bastoncino. 

Denny rischiò comunque di cadere da fermo per la sorpresa.

-Non è… non è il mio ragazzo! Non sono gay!- ci tenne a sottolineare.

Doveva essere risultato più offeso di quanto avrebbe voluto, perché Drewin gli lanciò un’occhiataccia.

-Spero che tu non sia omofobo, perché sennò ti porto su una pista nera e la spaccio per bianca- lo minacciò Drewin.

-Ma certo che no! Ognuno è come è e va benissimo. Ma io non sono gay, okay?- si affrettò ad assicurare Denny, un po’ spaventato dalla minaccia di morte.

-Ma il tuo gruppo è formato solo da gente in denial, fammi capire?- Drewin lo fece andare davanti sul nastro trasportatore e si mise dietro di lui.

-Non sono… lascia perdere- Denny era troppo preso dal non morire o restare incastrato sul nastro per iniziare un dibattito, che probabilmente avrebbe perso, dato che quello dietro di lui era stato il campione del club della sua scuola.

-Metti i bastoncini dietro e mantieni il baricentro in equilibrio. Non stare troppo rigido, e rilassati, ci sono io- il tono di Drewin cambiò così radicalmente che Denny fu tentato di voltarsi per assicurarsi che non si fosse scambiato con qualcun altro.

I suoi consigli si rivelarono davvero molto utili.

Venti minuti dopo, Denny non poteva negare di essere effettivamente migliorato, e anche parecchio.

Riusciva a fare tutta la pista bianca senza cadere neanche una volta. La salita era ancora dura, ma era diventata la parte peggiore, dato che aveva i muscoli sempre tesi cercando di non scivolare all’indietro.

Dopo l’ultima discesa, Denny si era effettivamente anche divertito, e Drewin era un istruttore davvero simpatico e abile.

-Aspettiamo i tuoi amici e incasso il pagamento- Drewin lo incoraggiò a raggiungerlo al punto d’incontro, e Denny lo seguì ubbidiente.

-Sei stato davvero gentile, ti ringrazio- 

-L’ho fatto maggiormente per il massaggio ma prego. A dire il vero è la prima volta che insegnavo a qualcuno, ma sei stato un bravo allievo. Mi ricordi un po’ Joah- il volto dell’istruttore improvvisato si accese di un sorriso affettuoso rivolto verso una pista nera dove immaginava fosse il suo compagno.

Denny fu molto sorpreso dal paragone, perché non si considerava per niente simile allo stoico e discreto uomo che aveva visto al gioco di coppia.

-Da quanto tempo conosci quel tuo amico giapponese?- chiese poi a sorpresa Drewin, per fare conversazione.

-Non molto, solo qualche settimana, diciamo un mese, circa- rispose il ragazzo, un po’ incerto, e stupendosi che fosse passato così poco tempo dal suo incontro e successivo “appuntamento” con Mathi.

Certo che si erano avvicinati più in fretta di quanto pensasse, e Denny non era tipo da aprirsi alle persone con grande facilità.

A dire il vero tendeva a tenere le persone a distanza perché temeva troppo che potessero ferirlo, o usarlo, o spezzargli il cuore. 

Ma Mathi… lui era un’eccezione.

-Non l’avrei mai detto, sembrate davvero affiatati- Drewin gli sorrise maliziosamente.

-Beh, immagino. Insomma… abbiamo molte cose in comune- non arrossire, non arrossire, non arrossire.

-Già, sicuramente è solo per quello- il tono di Drewin era sarcastico -Ma sei davvero sicuro di non essere attratto da lui?- chiese poi, indicando il volto rosso dell’interlocutore.

Maledizione, obiettivo fallito!

-No, no! Te l’ho già detto, non sono gay. Siamo soltanto…- la replica decisa di Denny venne interrotta (e probabilmente smentita agli occhi di Drewin) dal ritorno di Mathi e Felix, che ridevano tra loro, si spintonavano a vicenda, e sembravano in grandissima sincronia.

Il cuore di Denny sembrò sprofondare, la bocca gli divenne secca, e si sentì inspiegabilmente infastidito, quasi ferito.

-Hey, Mathi, sono qui!- si trovò a sbracciarsi per attirare l’attenzione dell’amico, senza neanche controllare le sue azioni, ma con il desiderio bruciante di mettersi in mezzo ai due.

E che cavolo! Felix aveva già il suo migliore amico per la vita, perché doveva rubare anche l’amico di Denny?!

-Dan!- Mathi si illuminò quando lo vide, e scivolò verso di lui, ignorando Felix, che preso alla sprovvista cadde in avanti.

Tiè! Uno a zero per Denny!

Non che fosse una gara.

Ma se lo fosse stata, Denny starebbe vincendo!

-Come è andata?- chiese Mathi speranzoso, rivolgendosi sia a Denny che a Drewin.

-Non è più un disastro ambulante. È più che pronto a entrambe le piste bianche, e potrebbe addirittura puntare sulle due gialle più semplici. Se proprio vuole buttarsi potrebbe fare anche la terza, ma non subito- spiegò Drewin, professionale -Oppure sì, insomma, è un paese libero e lui è maggiorenne- aggiunse poi, alzando le spalle. 

-Sei maggiorenne, vero?- chiese poi, colto da un dubbio.

-Ho vent’anni!- si lamentò Denny, che veniva scambiato per un quattordicenne fin troppo spesso per i suoi gusti.

-Allora non ci sono problemi- Drewin sembrava sollevato.

-Ma è fantastico! Dan, ti piacerebbe raggiungerci sulla pista bianca numero 2? È bellissima e dalla cima si vedono Petra, Norman e Amabelle, uno spettacolo troppo divertente!- Mathi prese le mani dell’amico e lo pregò di raggiungere lui e Felix.

Denny aveva due istinti contrastanti: 

Il primo gli stava urlando a gran voce “Vacci immediatamente! Non vorrai mica che lui resti ancora solo con Felix?! Mathi è il TUO amico!!”

Il secondo, invece, era più tipo “No! Ma vuoi morire?! Se la pendenza aumenta anche solo di un grado, morirai! E poi chi penserà a cancellare la tua cronologia? Non che abbia niente di compromettente nella cronologia, ma dicono sempre così negli show”

Purtroppo Denny non riusciva ad ascoltare nessuno dei due istinti, perché da quando Mathi gli aveva preso le mani, tutto ciò che sentiva nella sua mente era il beeeep che fa una macchina ospedaliera quando il cuore smette di battere. E una specie di ronzio, e il cuore che gli stava per uscire dal petto e andare in vacanza al mare. Oh, sì, preferiva di gran lunga il mare, e la solitudine, senza ragazzi attraenti che gli prendevano le mani e gli facevano dubitare della sua sess… No! Fermi tutti! Abortire pensiero! Abortire pensiero! Denny. Era. ETERO!

-Sì, dai, perché no- borbottò cercando di non far passare troppo tempo tra la domanda e la risposta per non risultare strano e non dare a vedere il suo tormentato conflitto interiore e i suoi pensieri irrazionali.

-Grandioso!- esclamò Felix, che era sopraggiunto in quel momento, ma aveva probabilmente sentito la proposta -Dobbiamo troppo mostrarti Amabelle sullo slittino che cerca in tutti i modi di convincere Petra a mollare gli sci per unirsi a lei- aggiunse poi, ridacchiando. Mathi si unì alla risata, ricordando probabilmente l’immagine.

Denny si convinse maggiormente a tallonare i due.

Si accordarono con Drewin sul massaggio, e si diressero allo step successivo.

Alla fine non fu tanto male la mattinata sugli sci.

Le lezioni di Drewin erano servite parecchio, e Denny ormai era meglio di Felix, che ogni tanto ancora avanzava parecchio incerto e cadeva, o meglio, si buttava, per non perdere l’equilibrio in maniera meno dignitosa.

Due a zero per Denny?

Il problema arrivò dopo pranzo, quando dovettero dirigersi nella pista di pattinaggio.

O almeno, Denny era convinto che sarebbe stato un enorme problema.

 

Diego era affamato, stanco, e gli faceva parecchio male il posteriore. E tutto era a causa della sua nuova ragazza, che l’aveva costretto a pattinare con lei (che faceva anche la splendida con salti e giravolte) mentre lui avrebbe preferito di gran lunga esercitarsi con lo snowboard.

La scusa? Dovevano condividere le liste di regole che entrambi avevano stilato l’uno per l’altra, decidere come introdurre l’argomento della loro “relazione” alla Corona Crew, e soprattutto dovevano sembrare realistici, e se dovevano far credere a tutti che si fossero avvicinati durante quella vacanza, dovevano passare del tempo insieme in quella vacanza, il più possibile.

E magari anche in compagnia di testimoni.

Il ché ci porta al motivo per cui Diego era anche affamato, oltre che stanco e con il posteriore che gli doleva (a proposito, il posteriore gli doleva per le cadute sul ghiaccio).

L’ispanico aveva il gran desiderio di andare a pranzo e non tornare mai più sul ghiaccio, che preferiva di gran lunga lasciare nel livello montano di Super Mario, ma Clover, che aveva intuito i suoi piani di fuga, gli aveva caldamente suggerito di restare lì almeno finché i loro amici non li avessero raggiunti, li avessero visti insieme, e magari si sarebbero anche fatti strane idee.

Il ché significava almeno fino a metà pomeriggio.

-Amorina, posso almeno prendere un panino dal distributore?- dopo l’ennesima caduta, Diego si rivolse alla presunta fidanzata, che al contrario si era appena esibita in un axel elegantissimo, e che si limitò a lanciargli un’occhiataccia.

-Niente soprannomi!- gli ricordò. Era una regola su cui ancora stavano dibattendo.

-Non ti piace amorina? Che ne dici di micetta? AHI!- dopo averla provocata ulteriormente, Clover lo raggiunse con velocità e gli infilò la punta del pattino nella gamba.

-Chiamami micetta un’altra volta e colpirò più in alto!- lo minacciò, prendendolo per il colletto e avvicinandosi a lui.

-Non sono un gran fanatico della violenza, zuccherino, e do sempre nomignoli alle mie ragazze, non posso fare un’eccezione per te, non sarebbe realistico- Diego riprese per l’ennesima volta il discorso.

Non che volesse dare un soprannome a Clover, ma sua madre sapeva benissimo le sue abitudini, e non avere un soprannome per la sua nuova ragazza sarebbe parso davvero sospetto.

-Zuccherino? Esiste un soprannome più cringe di questo?- Clover cacciò fuori la lingua per esternare il disgusto.

-Piccola è molto più cringe- le fece notare Diego, che non sopportava quel soprannome.

Clover rabbrividì.

-Piccola eliminalo immediatamente dal tuo vocabolario. Quel soprannome non esiste! Posso concederti un “Clo”, ma solo davanti alla tua famiglia. Quindi taglia tutta la questione soprannomi!- Clover avvicinò maggiormente Diego a lei, per rendere chiara la questione.

-D’accordo tsunderina del mio cuore, ora posso andare a prendere un panino?- c’era una cosa da sapere su Diego: quando era affamato, diventava il re del sarcasmo e dell’acidità… e dell’irrazionalità perché nessuno che conoscesse Clover avrebbe voluto provocarla, almeno non troppo a lungo (esclusa Amabelle, ma la rossa era un caso a parte).

-Sei su un filo molto sottile, fiorellino. E comunque non devi chiedermi il permesso, non sono tua madre, ma la tua…- Clover, che teneva ancora Diego per il colletto e aveva il volto decisamente vicino al suo, si interruppe di scatto quando con la coda dell’occhio vide che un gruppetto di persone era appena entrata in pista.

-…e mentre il signor Hart era furioso, nonna Rea è scoppiata a ridere- stava raccontando una di loro, dando chiaramente a capire chi fosse. Clover si allontanò di scatto da Diego sperando che Felix, Denny e Mathi non l’avessero sentita né vista, e tornò a pattinare allegramente, ignorando il tonfo provocato da Diego.

-Diamine, potevi anche essere più delicata- borbottò lui tra sé, massaggiandosi la testa.

-Ciao ragazzi! Sei la sua… cosa, Clover?- Mathi diede segno di aver sentito almeno la fine della conversazione, e chiese chiarimenti mentre cercava di infilarsi i pattini appena noleggiati. Denny si sedette accanto a lui, rubando la sedia che Felix stava per usare.

Clover raggiunse il bordo della pista con un leggiadro movimento, e grande tranquillità.

-Sono la sua istruttrice giornaliera, e non sua madre che lo raccatta da terra ogni volta che cade- Clover indicò Diego che non aveva intenzione né abilità per alzarsi, e Mathi ridacchiò.

-Avresti lezioni da dare anche a me? Non ho mai pattinato sul ghiaccio- chiese, alzandosi in piedi e rischiando di cadere anche sul pavimento.

-Uno studente impedito mi basta- Clover raggiunse Diego e gli porse la mano per aiutarlo ad alzarsi.

-Molto convincente, micetta- le sussurrò Diego una volta in piedi accanto a lei.

-Giuro che ti ammazzo, fiorellino- fu la risposta di Clover, in tono fintamente affettuoso.

-Ma sapete che siete adorabili?- Felix, dagli spalti, fece loro un occhiolino, e si affrettarono ad allontanarsi, anche se vista la loro sceneggiata, avrebbero dovuto essere soddisfatti.

Non riuscivano ancora ad abituarsi, evidentemente.

-Io vado a prendere un panino perché sono affamato. Voi volete qualcosa?- Diego arrancò con una certa difficoltà verso il bordo e si sedette sulla prima sedia disponibile, proprio accanto a Denny, che lo squadrò preoccupato.

-Ehm… magari ti accompagno, che ne dici?- propose, speranzoso, già pronto a togliere i pattini appena allacciati.

-Nope! Abbiamo appena pranzato. Vieni con me, dobbiamo cadere insieme- Mathi lo prese a braccetto e lo incoraggiò ad alzarsi e a seguirlo in pista.

Riluttante, Denny si fece trascinare.

-Pranzo… avete pranzato? E noi no?!- Diego lanciò un’occhiata offesa verso Clover.

-Ti ho forse costretto a non mangiare?- gli fece notare lei, alzando le spalle.

-Uff, ti prendo qualcosa?- Diego decise di lasciar perdere e limitarsi a fare il suo ruolo da cameriere improvvisato.

-No, grazie, non ho fame- Clover scosse la testa e tornò a volteggiare sul ghiaccio, seguita da Denny e Mathi che al contrario arrancavano. La differenza era davvero notevole.

Diego trovò che non pranzare dopo una mattinata passata a fare sport non fosse molto salutare, ma decise di non commentare, perché l’ultima cosa che voleva era che Clover si vendicasse della sua invadenza impedendo anche a lui di mangiare, temeva che ne sarebbe stata capace. E poi non erano affari suoi. Anche se…

-Diego, una parola- Felix si sedette accanto a lui proprio mentre si toglieva i pattini, mandando a monte i suoi piani di discrezione.

-Vuoi che ti prenda qualcosa, Felix?- chiese Diego, gentilmente.

-Nah, ho mangiato parecchio a pranzo, ma dovresti prendere qualcosa per Clover, non dovrebbe saltare i pasti- gli consigliò, sottovoce, attento a non farsi sentire dalla ragazza citata, che era troppo impegnata a ridere dell’inabilità di Mathi nel pattinaggio per pensare a loro.

-Ha problemi con il cibo?- chiese Diego preoccupato.

-Io non ti ho detto niente, ma prendile qualcosa, se puoi- con quest’ultima frase enigmatica, Felix si alzò e raggiunse gli altri in pista.

Diego decise di ascoltare il suo consiglio. Come aspirante medico gli stava molto a cuore la salute delle persone, ed era particolarmente sensibile ai problemi di alimentazione.

-Torno subito- disse alla pista prima di uscire, ma nessuno lo stava degnando di attenzione, tranne Felix che gli fece un occhiolino.

E tornò davvero subito.

Cinque minuti dopo, con un panino al prosciutto e formaggio appena iniziato in bocca e un panino tonno e pomodoro ancora incartato, tornava allegramente verso la pista, ma da come la trovò sembrava essere mancato per qualche ora, o qualche settimana.

Felix si stava rotolando dalle risate a terra in un angolo della pista, e Clover gli stava facendo compagnia nel ridere mentre continuava ad atteggiarsi a grande esperta di pattinaggio. La vera stranezza erano Mathi e Denny. Mathi arrancava come prima, ma Denny pattinava svelto e veloce come se fosse un pattinatore esperto, quasi ai livelli di Clover. Girava intorno a Mathi cercando di aiutarlo ma senza dargli consigli granché utili.

Vedere Denny così sicuro di sé e divertito era davvero uno spettacolo inusuale, anche per Diego che lo conosceva da poco.

-Che succede qui di interessante?- chiese, raggiungendo il bordo della pista e mangiando con ardore il panino.

-Non capisco, pattinare è facilissimo, ma Mathi non ci riesce- spiegò Denny, raggiungendo Diego con una scivolata elegante e poi tornando da Mathi con altrettanta facilità.

-Potrei fare lo stesso discorso per lo sci a ruoli invertiti- gli fece notare Mathi, cercando di mantenere l’equilibrio ma rischiando sempre di cadere avanti o indietro.

Denny ridacchiò, per niente infastidito dall’affermazione. Gli prese le mani e provò ad aiutarlo a farlo stare dritto.

-Basta tenere il baricentro sotto controllo, come con Wii Fit, se riesci a sciare in discesa non puoi non riuscire a pattinare in pianura, dai- lo prese in giro, trascinandolo con lui.

-Sembrano più una coppia di noi- il commento di Clover, che aveva raggiunto Diego molto silenziosamente, per poco non fece sobbalzare vistosamente quest’ultimo, che però riuscì a mantenere la compostezza.

-Significa che stiamo facendo un pessimo lavoro dato che loro non lo sono e noi dovremmo sembrarlo- commentò invece, prendendo un altro morso di panino.

-…ancora- aggiunse Clover, maliziosa.

-Uh?-

-Loro non lo sono ancora- specificò lei, maleficamente.

-Prima Amabelle e adesso tu, lasciate stare questo povero ragazzo- sospirò Diego, prima di prendere il panino in più, che porse verso Clover -Tieni, ragazza- 

Lei lo squadrò confusa, e si allontanò leggermente.

-Non ho ordinato nessun panino- gli fece notare, incrociando le braccia. 

-Lo so, ma non hai pranzato, ho pensato di prenderti comunque qualcosa, per sicurezza- insistette lui, avvicinandosi e porgendole il panino.

Clover lo fissò attentamente, avvicinandosi in fretta fino a restare a pochi centimetri da lui.

-Qualcuno ti ha detto di prendermi qualcosa?- indagò, in tono minaccioso.

Diego fu preso alla sprovvista dalla domanda così diretta.

-Eh… no- mentì, e lo sguardo di Clover si indurì, prima che la ragazza si girasse verso il campo.

Guardò un secondo i due piccioncini, poi puntò Felix, che si stava già affrettando ad alzarsi per scappare via.

-Durke! Sei stato tu?!- chiese, indignata.

-Io non ho detto niente!- si affrettò a negare lui, molto poco convinto.

-Come hai osato?! Te l’avevo detto in confidenza!- Clover iniziò ad inseguirlo, ma Felix era più veloce di quanto ci si sarebbe aspettato sui pattini, anche se molto più incerto rispetto all’abile Clover.

-Non me l’hai neanche detto, l’ho origliato mentre ne parlavi con Max… comunque non ho detto niente, giuro!- provò a giustificarsi nella fuga, ma Clover non era per niente convinta.

-Ti prendo e ti trasformo in colori acrilici!- lo minacciò, sempre più vicina a lui.

-Non so cosa pensi mi abbia detto ma non mi ha detto nulla, in realtà- provò a difenderlo Diego, che non capiva la reazione esagerata della sua finta ragazza, ma in fondo al cuore la trovava meravigliosa. Esattamente identica a quando erano piccoli, con la stessa indole selvaggia e sanguinaria.

E sicuramente era ancora il can che abbaia ma non morde mai, almeno non seriamente.

-Sappi che non accetterò il tuo insulso panino al prosciutto. Io odio il prosciutto!- Clover rallentò un secondo l’inseguimento per indicare minacciosa Diego e il panino in più.

-Non è al prosciutto, è tonno e pomodoro- specificò Diego, mostrandolo.

-Cosa?!- Clover si fermò di scatto, Felix sospirò sollevato ma ancora andando avanti e non si rese conto di andare dritto su Mathi, che ancora incerto sui pattini era di spalle e cercava di seguire le indicazioni di Denny.

Risultato: tutti e tre finirono per terra in un nuovo panino imbottito. Questa volta il ripieno però era Mathi, e i pezzi di pane Felix e Denny.

-Ops, mi dispiace, ragazzi- si scusò Felix, imbarazzato.

-Bonserspibo- borbottò Denny, che schiacciato da due tipi ben più robusti di lui probabilmente si stava spappolando.

-Hey di nuovo, finiamo sempre così noi due- commentò invece Mathi verso Denny, cercando di lasciargli un po’ d’aria -Pardon, noi tre- aggiunse poi, girando la testa verso Felix.

-A mia discolpa posso dire di essere un terzo incomodo involontario spinto dalle circostanze… e da Clover- Felix si alzò e iniziò a togliersi della finta polvere da dosso, porgendo poi la mano a Mathi e a Denny per aiutarli.

-Un momento, dov’è finita Clover?- chiese poi, controllando la pista e stupendosi nel non vederla da nessuna parte.

-Bono qwui- borbottò lei, che a bocca piena si era precipitata verso Diego, gli aveva strappato il panino dalle mani, e tutta contenta se lo stava mangiando con gusto sugli spalti, con i pattini ancora ai pieni, accanto a Diego che faceva altrettanto soddisfatto.

-Ah, tutto bene ciò che finisce bene- commentò Felix, mettendo le mani sui fianchi orgoglioso.

-Felixuccio caro, al pigiama party di oggi ti distruggo- lo minacciò Clover in tono dolce.

-Bene, sono morto. Lascio tutti i miei effetti personali a Tender- Felix si rivolse a Mathi perché prendesse nota, e lui gli fece un cenno di assenzo sacrale.

-Perché, c’è un pigiama party questa sera?- chiese Denny, spaventato.

 

Persino per Petra, che non era nel migliore dei rapporti con il caro vecchio Felix, il trattamento che Clover gli stava riservando durante quel pigiama party organizzato all’ultimo sembrava esagerato.

A cena Clover aveva invitato tutti in camera sua per un pigiama party finale per celebrare l’ultima notte lì, e neanche Mirren era riuscito a declinare l’offerta, ma stava in un angolo ad autocommiserarsi e non alzava un dito mentre Felix veniva massacrato da Clover e da Amabelle, che non conosceva i motivi di tanto accanimento, ma si divertiva a torturare l’amico.

Il resto del gruppo era diviso in modo molto variegato.

Denny era sparito, Mathi cercava di partecipare alla lotta con i cuscini, dalla parte di Felix, ma nessuno gli dava retta. Diego era al telefono su una poltrona, e probabilmente era in videochiamata, perché spesso spostava il telefono per mostrare la stanza.

Norman era accanto a Mirren e mangiava un po’ di stuzzichini che si erano fatti portare.

Petra faceva altrettanto, seduta su un tavolo basso.

Amabelle aveva provato a coinvolgerla nella lotta, ma Felix sembrava già abbastanza in difficoltà, e poi la testa di Petra era ancora troppo in subbuglio per stare troppo tempo vicina ad Amabelle.

Diamine, ventiquattrore prima stava per confessarle i suoi sentimenti spinta da un insolito coraggio, e non sapeva se si pentiva più di non averlo fatto, o di aver rischiato di farlo.

Soprattutto perché sapeva benissimo che Amabelle non ricambiava, perché illudersi?

“Visto, non significa niente”

Quelle parole le rimbombavano ancora in testa, anche se aveva cercato in tutti i modi di archiviarle.

Petra non era una tipa che si scandalizzava per un bacio, okay? Ma quel bacio in particolare… diciamo che non se lo aspettava proprio. Stavano litigando, dopotutto, e non poteva immaginare che Amabelle l’avrebbe presa e baciata così, di botto, senza senso.

Né che quel bacio l’avrebbe fatta sentire così.

E onestamente non aveva intenzione di evitare Amabelle, ma non riusciva a farne a meno, era più forte di lei.

Semplicemente aveva bisogno di tempo per riflettere, ma soprattutto dimenticare la questione e passare oltre.

-Tregua, tregua, ti prego, sto per morire!- esclamò Felix, senza fiato, buttandosi sul letto che emise un piccolo acuto sorpreso.

Ah, ecco dov’era Denny.

Petra notò vagamente Mathi che controllava e che spariva a sua volta sotto il letto, ma decise di non darci troppo peso.

-Giù dal mio letto, infida rana dalla bocca larga!- lo rimproverò Clover, preparando il cuscino per riprendere a malmenarlo.

-Già, giù dal letto!- le diede man forte Amabelle, lanciando invece una palla di neve dritta sulla faccia di Felix, che rotolò via, buttandosi quindi a terra.

-Dove accidenti hai preso la neve?- chiese Clover ammirata.

-Dalla finestra, ho fatto scorta, vuoi favorire?- Amabelle le porse qualche palla di neve che teneva nel secchio del ghiaccio che era arrivato con lo champagne.

-No, grazie, è troppo anche per i miei standard, e ormai la vendetta è servita- Clover rifiutò, e lanciò per l’ultima volta il cuscino dritto contro Felix con il massimo della forza, lasciandolo agonizzante a terra a lamentarsi in modo esagerato.

-Oh, Clover, giù dal tuo letto c’è una coppia appartata- commentò poi, dopo aver sbirciato sotto le coperte e aver beccato Mathi e Denny.

La replica imbarazzata di Denny, le risate di Mathi, l’eccitazione di Amabelle, l’indifferenza di Clover e le scuse di Felix si unirono troppo simultaneamente perché Petra capisse una parola, ma fu felice che per una volta l’attenzione di Amabelle non fosse su suo fratello.

-Ohi, Tray! Tu vuoi usufruire delle mie palle di neve?- Amabelle la raggiunse dopo che gli animi si furono placati, lanciandole poi una palla di neve, che Petra prese al volo e rispedì al mittente, colpendola in faccia.

-Okay, mi basta come risposta. Va bene, ragazzi, che facciamo? Un gioco da pigiama party? Non ho mai? Il gioco della bottiglia? 7 minuti in paradiso?- Amabelle posò il secchio del ghiaccio in un angolo e iniziò a saltellare in giro cercando di coinvolgere tutti.

-Obbligo o verità?- propose Clover, quasi distrattamente, lanciando poi un’occhiata a Diego, che si mise in allerta.

-Uhh, mi piace come pensi. Cinque giri?- propose Amabelle a tutti, sedendosi sul letto pronta.

-Un giro- le concesse Mirren, irrigidendosi.

-Come funziona?- chiese Mathi, facendo spuntare la testa da sotto il letto -Cioè, so come funziona, ma ci sono regole diverse ovunque, voi come fate?- specificò poi.

-Io mi tiro fuori- provò a contestare Denny, facendo spuntare la testa dal lato opposto.

-Le regole sono semplicissime, e la prima è che nessuno può tirarsi fuori- Amabelle lanciò un’occhiataccia verso Denny.

-Ci si mette in cerchio, si fa a giri, e ad ogni giro c’è un “responsabile”, solitamente parte Amabelle, che fa la fatidica domanda “obbligo o verità”. Poniamo per esempio che la persona interpellata scelga “verità”. Sarà Amabelle a fare la domanda. Se però non vuole rispondere può cambiare con obbligo, e per non rendere il gioco impossibile di solito la seconda cosa è scelta dalla persona di fronte a quella interpellata, e non dal responsabile del giro- spiegò brevemente Clover, prendendo posto accanto ad Amabelle.

-Hardcore- commentò Mathi, un po’ preoccupato dal tipo di domande e obblighi che una come Amabelle avrebbe potuto proporre.

-Se la seconda cosa è troppo dura si può sempre rispondere alla domanda o obbligo precedente, e chi si rifiuta di fare entrambe le cose verrà chiamato per un mese “pollo fifo” da tutto il gruppo, e dovrà mettere come immagine del profilo su tutti i social la foto di un pollo- continuò a spiegare Amabelle, eccitata.

-A proposito, non ho ancora cambiato la mia immagine su Tumblr dall’ultima volta- rifletté Felix, sedendosi vicino ad Amabelle.

-A me fa ancora male la pancia dall’ultimo obbligo che mi hai costretto a fare- borbottò Denny, intimorito.

-Che obbligo?- chiese Mathi, curioso. Denny divenne tutto rosso e si infilò nuovamente sotto al letto.

-L’ho costretto a mangiare sei peperoncini ultra-piccanti. E la domanda non era neanche tanto difficile- rispose Amabelle per lui.

-Caspita, che domanda?- continuò ad indagare Mathi, curioso.

-Per chi avevi una cotta, da piccolo? Non ho mai capito perché non volesse rispondere. Poteva anche essere un personaggio immaginario o altro. Non l’avremmo mica giudicato- rispose Clover, alzando le spalle e controllandosi le unghie.

-Beh, comunque io ci sto. Dan…- Mathi face cenno di aspettarli e tornò sotto il letto, per convincere l’amico.

-Premetto già che sceglierò la seconda cosa- Mirren si mise accanto a Felix, davanti a Petra, che sorrise mestamente, iniziando a riflettere su cosa fargli fare.

-Non puoi fare così, però. E comunque Tray è dalla mia parte. Tray, vieni un secondo che ti suggerisco obblighi o verità?- Amabelle incoraggiò l’amica con tono zuccheroso, ma per quanto tentata, Petra questa volta non intendeva mettere in difficoltà il fratello.

-Niente da fare- 

Amabelle mise il muso, ma decise di non insistere.

-Va bene. Gente, sedetevi in cerchio così cominciamo- Amabelle fece cenno a Norman e Diego, che iniziarono ad avviarsi incerti.

-Ci siamo anche noi, l’ho convinto!- Mathi emerse da sotto il letto, e Denny, molto più seccato, fece altrettanto. 

Si sedettero sui lati opposti. Denny vicino a Mirren, Mathi accanto a Clover.

-Ehi, non è giusto che voi stiate uno davanti all’altro!- provò ad obiettare Amabelle, ma Felix le diede qualche pacca sulla spalla per calmarla.

-Almeno giocano, no?- le fece notare.

-Uff, siete fortunati che sia solo un giro- borbottò la ragazza, incrociando le braccia.

-Beh, allora io mi metto davanti a Clover, se non vi dispiace- Diego prese posto accanto a Denny.

-E tu Norman sarai davanti a me, vacci piano, okay- Felix incoraggiò l’ultimo del gruppo a sedersi.

-Norman! Vieni un attimo qui!- Amabelle, come rinata, lo incoraggiò ad avvicinarsi, e gli sussurrò qualcosa all’orecchio.

-Amabelle, non mi sembra il caso…- provò ad obiettare lui.

-Ti prego! Non tradirmi anche tu! La mia proposta in cambio è più che generosa- lei gli fece gli occhi da cucciolo, e lui sospirò, e si sedette senza dare cenni che facessero capire la sua decisione.

-Bene bene, direi di cominciare proprio con te, Felixuccio caro- Amabelle, soddisfatta per qualche motivo, si rivolse al vicino di posto sbattendo le ciglia.

-Ma oggi è la giornata “prendiamocela tutti con Felix” e non lo sapevo?- chiese lui, decisamente preoccupato, ma cercando di buttarla sul ridere.

-Bene bene bene… “Obbligo, o verità”?- cominciò Amabelle, maliziosa.

-Verità?- chiese Felix, molto incerto.

-Hai mai baciato Mirren, nella vita vera o anche in sogno, o hai mai desiderato farlo?- Amabelle partì con il botto -Sappi che quando rispondi devi specificare- aggiunse poi.

-Ma non sarebbero tre domande, e non una?- chiese Mathi a Petra, che sospirò -La regola non stabilisce quante domande possono essere fatte, purtroppo- 

-E non si può semplicemente mentire se la domanda è troppo scomoda?- rifletté poi Mathi, pensieroso.

-Buona fortuna, io becco sempre se uno mente, ho un superpotere come Emma Swan- gli raccontò Clover, soddisfatta.

-Obbligo- Felix non considerò di rispondere neanche un istante, e si rivolse a Norman, pregandolo con gli occhi di essere più gentile.

-Mi dispiace, ma ha fatto un’offerta che non posso rifiutare- premise Norman.

Mirren si prese il volto tra le mani, seccato. Felix sospirò.

-Devi baciare Mirren- disse poi Norman, con rimpianto.

-Siete fastidiosamente prevedibili!- si indignò Mirren, già pronto ad alzarsi e andarsene.

-Non ti scaldare, Mirr, sono io quello che verrà chiamato “pollo fifo” per un mese. Beh, almeno non dovrò cambiare l’immagine di Tumblr- Felix, irritato quanto lui, prese il telefono.

-Rettifico, non intendo baciare in bocca. Baciare ovunque, anche la spalla o la mano o la testa, non so- si affrettò ad aggiungere Norman, sentendosi troppo in colpa per eseguire il piano fino in fondo.

Felix si fermò sui suoi passi, e lanciò un’occhiata a Mirren, che lo guardò abbastanza eloquente.

Poi tornò con il volto verso il telefono.

-Chissà se ho ancora le vecchie foto di Chicken Little. O forse potrei cambiare e mettere il pollo di Oceania- rifletté ad alta voce, scrollando le immagini.

Mirren sospirò.

-Fallo e basta, Felix- cedette poi, offrendogli il braccio.

-Sicuro?- si assicurò lui, poco convinto -Non voglio farlo se ti infastidisce- 

-Non mi infastidisce, sei il mio migliore amico, non è niente di ché- insistette Mirren, mostrando il braccio con più forza.

Felix cedette, si sporse verso di lui, e gli baciò velocemente ma dolcemente l’avambraccio.

Si ritirarono due secondi dopo, entrambi parecchio imbarazzati.

-Okay, non è esattamente quello che volevo, ma d’accordo, lo accetterò per il momento- commentò Amabelle, che per tutto il tempo aveva fatto un video con il telefono.

-Obbligo- Mirren ignorò il commento e rispose alla domanda non ancora posta dalla “responsabile”.

-Oh, veloce. Beh, il mio obbligo è… portare Felix ad un appuntamento alle “Cascate” il prossimo weekend!- Amabelle era molto gasata.

Mirren la guardò un istante, per niente impressionato, poi si rivolse a sua sorella -Verità?- le chiese, pregandola con lo sguardo di andarci leggero.

-Come è andato l’incontro d’affari?- chiese lei, senza troppe idee a dire il vero, ma convinta che la domanda fosse innocua. Mirren accennò un sorriso, rasserenato.

-Piuttosto bene. Il figlio dell’investitore è decisamente irritante, ma sono riuscito a fare un buon accordo- rispose lui, con tranquillità.

-Il figlio? Irritante perché?- chiese Amabelle, confusa.

-Continuava a fare avances assurde verso Mirren. Era decisamente fuori luogo- rispose Felix per lui, irritato.

-Avances?! Cosa?! Chi?! Perché?! Era carino almeno?!- indagò Amabelle, sporgendosi verso di loro.

-Mica tanto- 

-Non male, credo?-

Felix e Mirren, che avevano risposto rispettivamente la prima e la seconda cosa nello stesso istante, si guardarono sorpresi.

-Ti piaceva?- chiese Felix, sconvolto.

-Non ho detto questo, ma obiettivamente non era brutto fisicamente, anche se odioso- si affrettò a sottolineare Mirren, sulla difensiva.

-Se ti piacciono i classici biondini dagli occhi azzurri…- Felix alzò le mani cercando di non far vedere la sua gelosia ma fallendo miseramente.

-Tu sei un biondino dagli occhi verdi- gli fece notare Mirren, in modo forse fraintendibile.

-Intendi forse dire che Felix è carino, secondo te?- e Amabelle si fiondò immediatamente sulla possibile scivolata di Mirren, che arrossì leggermente.

-Non ho detto… senti, Amabelle, solo perché trovo il mio migliore amico non brutto, non significa che provo qualcosa per lui!- si affrettò a giustificarsi -E tu, Felix, non fare quel sorrisetto, o rimangio tutto!- Mirren lanciò un’occhiataccia verso il migliore amico, che effettivamente aveva assunto un sorrisetto quasi commosso che cercava invano di nascondere.

-Passiamo al prossimo!- disse coprendosi il volto e indicando Denny.

-Va bene, lascio correre anche questa, ma sono fin troppo gentile con voi. Denny, caro mio vecchio amicissimo… Verità o obbligo?- lo sguardo di Amabelle nei confronti di Denny era quasi demoniaco.

-Verità?- chiese lui, preoccupato.

-Bene bene… se fossi gay, cosa…- cominciò, e Denny si rivolse immediatamente a Mathi, che gli stava davanti.

-Obbligo, obbligo, obbligo!- chiese a gran voce, diventando più rosso dei capelli dell’amica, che lo guardò estremamente offesa.

-Non ho neanche finito…!- provò ad obiettare.

-Io ti obbligo a… vediamo… oh! Bere un bicchiere di…- Mathi squadrò le bevande rimaste -…succo all’ananas- disse poi, facendo un occhiolino a Denny, che sorrise, e si alzò di scatto per versarsene un bicchiere.

-Ma non è giusto! È il suo succo preferito, non vale!- provò ad obiettare Amabelle, ma nessuno la ascoltò. Denny bevve, si risedette, e ringraziò Mathi con lo sguardo.

-Bene, procediamo- disse poi Mathi, tranquillo.

-Wooo! Grandi! Avete distrutto Amabelle!- si complimentò Felix, facendo partire un applauso, che abbatté completamente Amabelle, che si rivolse a Diego quasi con ferocia.

-Diego, Obbligo o Verità?- chiese, a denti stretti.

-Verità- scelse Diego, tranquillo in apparenza, ma leggermente nervoso.

-Perché hai deciso di venire in vacanza? C’entra Clover? Come è andato il vostro appuntamento?- chiese Amabelle, con occhi che mandavano scintille.

-Non sono tre domande?- provò ad obiettare Diego.

-Tu rispondi!- lo incitò Amabelle -Oppure chiedi l’obbligo a Clover, tanto ormai ho capito l’andazzo- incrociò poi le braccia e mise il muso.

Diego lanciò un’occhiata a Clover, che annuì leggermente.

-Va bene… Sono venuto qui perché volevo parlare a Clover, quindi sì, lei c’entra, e sono stato davvero bene questi giorni. E l’appuntamento è andato.. bene, penso. Almeno per me. Tranne quando il suo ex è venuto a infastidirci. Comunque, mi ha fatto piacere passare un po’ di tempo con lei- ammise Diego, sorridendo a Clover, che ricambiò e abbassò poi lo sguardo.

Il broncio di Amabelle si trasformò in un’espressione confusa.

-Oh?-

Poi sorpresa

-Oh!- 

Poi raggiante.

-OH?! Ma quindi hai risposto, ed è andata bene! Dovrò organizzare altre cose? Non vedo l’ora di arrivare a Clover!- Amabelle si strofinò le mani, ritornando abbastanza raggiante, poi passò a Norman.

-“Verità o obbligo”, mio fidato amico?- chiese, in tono zuccheroso.

-Obbligo- disse lui, rassegnato al suo destino.

Amabelle ci pensò un po’, poi gli sorrise.

-Ti obbligo a non parlare mai a nessuno di quello che ci siamo detti in biblioteca ieri sera- disse poi, tranquilla.

-Oh, beh, non ne avevo la minima intenzione comunque- Norman alzò le spalle, sollevato dalla facilità dell’obbligo.

-Lo so, ma dato che mi hai aiutato volevo darti un obbligo semplice. Petra, “Verità o obbligo”?- Amabelle passò immediatamente oltre, e sorrise zuccherosa all’amica.

-Verità- sollevò le spalle lei, aspettandosi il peggio.

Amabelle ci pensò un po’, poi si fece un po’ cupa.

-Siamo a posto dopo quello che è successo ieri, vero? Tutto come prima?- chiese, speranzosa.

Petra era tentata di rivolgersi al fratello e chiedergli un obbligo, ma questo non avrebbe fatto altro che rispondere alla domanda nel modo peggiore, e di certo non avrebbe aiutato la sua situazione.

Non era tutto a posto, non era tutto come prima, ma Petra desiderava disperatamente che fosse così.

E quello era solo un gioco. Non aveva troppo senso essere per forza onesti.

-Certo, tutto tranquillo- mentì, rimanendo del tutto impassibile, e cercando di controllare i tic nervosi che Clover le aveva fatto notare.

Probabilmente non ci riuscì del tutto, perché quest’ultima le lanciò un’occhiata perplessa, ma fu abbastanza gentile da non dire nulla, quindi Amabelle sospirò sollevata, e passò a Mathi.

-Torniamo ai pezzi forti, Mathi, “obbligo o verità”?- Amabelle sembrava rinata, e si rivolse al ragazzo ballando un po’ sul posto.

-Direi verità, spara- la incoraggiò lui, tranquillo.

-Ti piace Denny?- chiese lei, senza peli sulla lingua.

Petra si preparò a vedere almeno cinque minuti di scenate e balbettii, o un Mathi che chiedeva immediatamente l’obbligo, ma il giapponese stupì tutti, Amabelle compresa, rispondendo immediatamente, con un sorriso a tutto denti.

-Certo, è un fantastico amico!- disse con sicurezza.

Dopo un attimo di sorpresa, Amabelle si affrettò a chiedere chiarimenti.

-Io intendevo in modo più stretto. Insomma, se Denny non fosse etero, ci usciresti insieme?- chiese velocemente, sperando che lui rimanesse in vena di rispondere.

Mathi arrossì leggermente, e guardò Denny, che sembrava in crisi, ma pendeva dalle sue labbra tanto quanto Amabelle.

-Beh… credo di sì. Insomma, è simpatico, mi ci trovo bene, è molto carino e non mi dispiacerebbe uscire con lui. Ma è etero, quindi… non ci penso?- rispose, evitando lo sguardo di Denny. I suoi occhi assunsero una leggera sfumatura triste e le sue guance una sfumatura rosea, ma mantenne il sorriso.

Denny era uno strano misto tra rosso come un peperone e bianco cadaverico, e Petra non si capacitava delle meraviglie contraddittorie che il suo corpo riusciva a produrre. 

Non disse una parola, e Amabelle non lo incoraggiò a farlo. Si limitò a guardare Mathi a bocca aperta per qualche secondo, e poi iniziare a saltellare sul posto in preda all’euforia.

-Questa è la risposta più bella della serata! Nessuno riuscirà mai a battere questa risposta!- esclamò, con gioia, facendo ridacchiare Mathi imbarazzato.

-Ci sono ancora io- le fece notare Clover.

-Sì, ma tu non dai mai soddisfazioni!- specificò Amabelle, prima di porre la fatidica domanda: -“Verità o obbligo”?-

-Obbligo- rispose Clover, decisa.

-Bene, ti obbligo a… baciare Diego! Sulla bocca, però, niente scherzi, stavolta- alla fine arrivò l’obbligo più cliché.

Clover ci rifletté un attimo, pensierosa, e squadrò Diego con un certo interesse.

-Beh, proposta interessante, non c’è che dire… ma vorrei sentire anche la verità di Diego prima di decidere- si rivolse a lui, e sembrò comunicargli qualcosa con gli occhi.

-Beh, in tal caso… ti andrebbe di uscire con me, questo weekend?- propose lui, in tono flirtante.

La Corona Crew cadde nel silenzio.

Stava davvero succedendo quello che credevano che stesse succedendo?

Diego stava effettivamente chiedendo a Clover di uscire con lui?

Persino Petra, completamente disinteressata alle relazioni dei suoi amici, rimase a bocca aperta.

-Mmmm, beh, se la metti così… con piacere- acconsentì lei, facendogli l’occhiolino.

Amabelle fece passare lo sguardo dall’uno all’altra, elaborando cosa fosse appena successo.

-Un momento… Diego, hai appena chiesto a Clover di uscire per un appuntamento?- chiese Amabelle, per conferma.

-Sì- rispose lui.

-E Clover, hai accettato di uscire con lui?- 

-Già- affermò lei.

-Quindi ora si può dire che inizierete ad uscire insieme, come, diciamo, coppia non ancora ufficiale?- 

Clover e Diego si lanciarono un’occhiata riflessiva, e annuirono.

-Sì, direi di sì- confermò poi Clover, con nonchalance.

Petra vide Amabelle inspirare bruscamente, ed ebbe l’accortezza di tapparsi le orecchie. 

Perché subito dopo, Amabelle cacciò un urlo così forte, che il resto della nottata fu passato a scusarsi con gli altri ospiti e convincere lo staff che, no, non avevano tentato di uccidere nessuno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Scusate il ritardo, è stato un capitolo più difficile del previsto, ma finalmente ci sono momenti parecchio fluffuosi.

Amabelle è un caso umano. Incredibilmente percettiva quando si tratta di capire le situazioni amorose dei suoi amici, terribilmente ignorante quando invece si tratta di lei e dei suoi sentimenti, e quelli di Petra.

Che sia solo troppo ingenua? O nega a sé stessa la verità per non soffrire o non far soffrire l’amica? Oppure, ipotesi più probabile, la scrittrice trova che farle mettere insieme a Febbraio sia un po’ troppo presto per i tempi della storia?

Fatto sta che a loro appartiene il primo bacio, almeno il primo accaduto ai tempi della storia, ma la strada è ancora lunga.

La scena sulle piste da sci e i pensieri di Denny sull’argomento sono ispirati a storie vere.

Non le parti shippose, ma le paure e le cadute assolutamente sì. Soprattutto l’ansia nel salire il nastro per andare sulle piste. E volevo anche mettere un personaggio secondario che cadeva rovinosamente rompendosi una gamba e veniva soccorso dai nostri eroi, ma poi il capitolo usciva troppo lungo e sarebbe stato un self-insert inutile (sì, quella sarebbe stata una storia parecchio vera).

Non dovevo fare momenti Clogo, ma sono usciti da soli e dato che per un po’ compariranno poco ci sta. E poi sono usciti allo scoperto, evviva! Beh, è una finta, ma comunque…

Intanto Amabelle ci crede, e tanto basta.

Comunque che capitolo pieno di momenti anime. Spero il cadere uno addosso all’altro non sia risultato ripetitivo, ma se capita abbastanza volte diventa una gag, o almeno è quello che non mi ha detto nessuno ma che suppongo succeda.

Spero che il capitolo vi piaccia.

Il prossimo sarà un po’ di passaggio, ma comunque importante, perché ci saranno due punti di svolta.

Un bacione e alla prossima.

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Max e Sonja si concedono un ballo, nuove lezioni cominciano, Max sbatte contro una persona misteriosa

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Capitolo 12
*** Semestre primaverile ***


Semestre primaverile

 

 

Domenica 24 Febbraio 

Quello sarebbe stato l’ultimo giorno di lavoro a tempo quasi pieno, per Max, dato che il giorno successivo avrebbe ricominciato i corsi, ma sebbene fosse ancora ora di pranzo, era già parecchio memorabile.

La memorabilità era dovuta al fatto che assisteva al primo vero ufficiale appuntamento (a quanto ne sapeva lui) di Clover con Diego, e sembrava stare andando piuttosto bene.

Il motivo per cui assisteva non era perché invischiato nei piani di Amabelle o uno stalker per hobby, ma l’appuntamento era al Corona, e ovviamente lui era di turno.

-Tutto bene ragazzi, vi porto qualcos’altro?- chiese avvicinandosi al tavolo spinto da curiosità e professionalità.

…ma principalmente curiosità.

-Siamo a posto, Max. Al massimo puoi portarci il conto? Ci andiamo a fare una passeggiata- gli chiese Clover, con uno sguardo che voleva dire “Lo so che mi stai spiando da tutto il pranzo. Dammi il conto e fammi scappare perché inizi ad essere irritante, e già è difficile sopportare Amabelle al tavolo accanto che ci guarda ininterrottamente dall’inizio dell’appuntamento”.

Max era un genio nel leggere gli sguardi di Clover, bisognava dirlo.

Uno dei vantaggi di essere il suo migliore amico dai primi anni di liceo.

-Porto subito il conto- si affrettò ad accontentarla scusandosi con il sguardo per la sua involontaria invadenza.

Insieme a Clover e Diego, anche il trio Amabelle, Norman e Petra abbandonò il proprio tavolo in tutta fretta, senza neanche provare a nascondere lo stalking.

-Sono adorabili- commentò Sonja, raggiungendolo ai tavoli appena lasciati liberi per aiutarlo a pulire.

-La coppia o il trio?- chiese Max, che trovava adorabili entrambi.

Sonja ridacchiò.

-Mi riferivo principalmente alla coppia, ma anche il trio. Non sembravano per niente a disagio nonostante fosse il loro primo appuntamento- commentò poi. 

Max si trovava d’accordo.

-Conoscendo Clover non mi stupisce. O meglio, mi stupisco che sia andata ad un appuntamento, ma non che sia filato liscio. Non si imbarazza per nulla- si spiegò, divertito. 

-Mi sembrano una bella coppia, comunque. Molto equilibrati- ammise poi Sonja, con un sorrisino.

Max sorrise a sua volta -Già, lo penso anche io. Diego è proprio un bravo ragazzo- commentò.

E da quel che Max sapeva di Clover, era rarissimo che l’amica uscisse con dei bravi ragazzi. Il fatto che Diego non lo sembrasse dall’aspetto probabilmente aveva contribuito all’inizio della tresca, e Max sperava davvero, con tutto il cuore, che funzionasse. Perché Clover meritava molto meglio di uno come Dick.

-Beata lei- aggiunse poi, senza riuscire a trattenersi.

-Perché?- indagò Sonja, piegando la testa curiosa.

-Io ho completamente dimenticato cosa significhi andare ad un appuntamento- ammise Max, in tono cospiratore, e controllando che Amabelle non fosse nelle vicinanze per suggerire di combinarne uno tra di loro.

Per fortuna, o purtroppo, Amabelle era troppo impegnata con la coppia del giorno.

-Davvero? È perché non trovi la ragazza giusta o…?- chiese di nuovo Sonja, pulendo il più lentamente possibile per prolungare la conversazione.

-Il problema non è solo trovare la persona giusta, ma non ho il tempo materiale- Max sospirò, e lanciò una timida occhiata verso la collega -E poi non so bene come approcciarmi- ammise poi, in un sussurro.

Sonja si girò a guardarlo, e i loro sguardi si incrociarono. Erano diventati grandissimi amici in quei pochi mesi di lavoro. E ultimamente passavano ogni giorno a stretto contatto.

Max non negava di essere interessato a lei, e di volere davvero chiederle di uscire e vedersi fuori dal Corona.

Ma temeva di sembrare inopportuno. Se solo fosse stato in grado di riconoscere un interesse negli occhi della ragazza davanti a lui…

-Beh… se c’è qualcuno che ti piace… dovresti chiederlo e basta- provò a suggerirgli lei, con sguardo indecifrabile, ma guance leggermente rosse.

Forse poteva tentare… poteva farlo. Non era difficile.

Era Denny quello che si faceva mille problemi, non lui.

Su Max, dillo e basta!

-Sonja…- iniziò a proporre, ma venne interrotto da Roelke.

-Allora, ragazzi! Quanto ci vuole a pulire due tavoli? Se avete tanta voglia di chiacchierare perché non andate ad un appuntamento vero?- li riprese, con tono malizioso verso la fine, imbarazzando Max oltre ogni misura.

-Tante!- si lamentò Sonja, prendendo tutti i piatti, arrossendo vistosamente, e iniziando a discutere con la zia in tedesco stretto.

Max iniziò a chiedersi se non sarebbe stato meglio imparare tedesco invece che francese come seconda lingua.

Non ricordava assolutamente nulla neanche di francese, ma forse a quest’ora sarebbe riuscito a distinguere qualche parola oltre i semplici “da”, “nein” e “tante”.

E chissà, magari sarebbe anche arrivato a chiederle “vuoi uscire con me?” nella sua lingua, cosa che avrebbe potuto dargli qualche punto in più.

Decise di mettere da parte tali pensieri e continuò a lavorare. Sarebbe stata una lunga giornata, e magari avrebbe avuto altre occasioni per chiedere a Sonja di uscire con lui.

 

L’appuntamento di Clover e Diego era durato meno di quanto Amabelle avrebbe voluto, ma si era concluso con un bacio nascosto alla stazione degli autobus, ed era più di quanto Amabelle si sarebbe aspettata a questo punto dell’anno.

Subito dopo la separazione dei due, Petra e Norman stavano quasi per fare altrettanto, ma la rossa li aveva prontamente fermati e aveva proposto una riunione generale per fare il punto della situazione di Febbraio e prepararsi a Marzo, mese di grandi colpi di scena, almeno secondo il suo programma.

-Amabelle, dobbiamo proprio riunirci oggi? Siamo stati a spiare Diego e Clover tutto il tempo. Pensavo di lavorare alla tesi questo pomeriggio- provò ad obiettare Norman, sapendo già quale sarebbe stata la risposta.

-Domani iniziate le lezioni, quindi oggi è d’obbligo!- insistette Amabelle, decisa.

-Sbaglio o anche tu domani inizi le lezioni?- le ricordò Petra, già arresa alla riunione.

-Sì, ma dettagli. Comunque dove facciamo la riunione? Casa mia è troppo lontana. Camera tua, Norman?- Amabelle tagliò corto, e si rivolse all’amico.

-Il mio compagno di stanza è tornato e si sta sistemando. Oggi la camera è off-limits- alzò le spalle lui, rompendo le sue speranze.

Due teste si girarono verso Petra, che, impegnata a mandare un messaggio a Mirren, non se ne accorse per dieci secondi buoni.

Resasi conto che all’improvviso c’era il silenzio, alzò la testa confusa, e incrociò gli sguardi carichi di aspettativa dei due.

Ci mise poco a capire.

-No!- obiettò subito, indietreggiando di un passo come a mettere distanza tra sé è l’idea di Amabelle.

-Eddai! Dobbiamo variare. Non possiamo sempre fare riunioni in camera mia. Stiamo stretti. Invece casa tua è enorme e c’è Fallon! Non vedo Fallon da una vita!- Amabelle iniziò a fare gli occhi da cucciolo, ma Petra non aveva proprio voglia di ospitare una riunione dei matchmakers in quel momento.

-Bonnie è in casa. E Mirren e Felix oggi avevano non so che sessione di studio congiunto, quindi la casa è piena- Petra provò a tirarsi indietro, ma si rese conto troppo tardi di aver fatto un errore fatale.

-COOOOSA?! Felix e Mirren stanno insieme e tu non mi hai detto nulla?! Mi deludi, Tray cara. Dobbiamo assolutamente andare in casa tua e spiarli!- Amabelle sorrise ad occhi chiusi e batté le mani, per poi prendere gli amici per le braccia e iniziare a trascinarli verso l’autobus per portarli da Petra.

Petra avrebbe potuto obiettare, magari sarebbe anche riuscita a farla desistere, ma sospirò e si lasciò trascinare, sperando con tutto il cuore di non disturbare troppo il fratello.

Per fortuna, Amabelle si limitò a salutarli, controllare cosa stessero facendo, e spiarli dalle scale per qualche minuto, prima di stufarsi e dirigersi in camera di Petra, dove lei e Norman si erano sistemati e stavano parlando di un corso che entrambi avevano frequentato.

-Siete noiosi!- obiettò la rossa, appena entrata, buttandosi poi sul letto a faccia in giù.

-Non macchiarmi il cuscino di trucco! L’ultima volta ci ho messo un secolo a lavarlo- Petra la prese per le spalle e la sollevò leggermente, per evitare di sporcare il letto.

Amabelle capì l’antifona e si sedette a gambe incrociate, guardando poi i due complici con un ghigno furbetto.

-Mirren e Felix stanno studiando. Mirren la scuola guida e Felix la tesi che non finirà mai. Sarei tentata di rinchiuderli nello studio, ma c’è Fallon con loro e spero che venga qui- Amabelle illustrò la situazione, poi iniziò ad armeggiare nella sua borsetta.

-Non ci sperare troppo. Quando c’è Felix, Fallon non si stacca da lui e Mirren, soprattutto dopo la strigliata di Bonnie alla cena- osservò Petra, stravaccandosi sulla poltrona della camera.

Effettivamente quella era una sistemazione molto più comoda della minuscola camera da letto di Amabelle.

-Non me lo ricordare. È stato un momento gelido… oh, ecco qui!- Amabelle tirò fuori un piccolo ma cicciotto foglio che era stato piegato così tanto su sé stesso che rischiava di esplodere.

Iniziò poi a dispiegarlo come in un cartone animato, mostrando una copia in “piccolo” dell’enorme calendario che aveva in camera.

-Allora, vediamo un po’…- iniziò poi a studiarlo, e arrivò alla parte che le interessava, ignorando le occhiate sconvolte che Norman e Petra si stavano lanciando tra di loro.

Ormai non avrebbero più dovuto stupirsi, ma con Amabelle ci si stupiva sempre, era più forte di loro.

-Bene bene bene, ecco Febbraio e Marzo. Iniziamo dal punto della situazione…- Amabelle controllò gli appunti, ma a Petra e Norman non serviva un calendario per ricordare i progressi.

-Beh, si può dire che Diego e Clover sono sulla buona strada- osservò Petra, alzando le spalle.

-E che Mathi e Denny per adesso sono buoni amici- continuò Norman, con lo stesso movimento.

-E Max ha regalato un sacco di rose a Sonja per San Valentino!- aggiunse poi Amabelle, orgogliosa.

Okay, questa era nuova per gli altri due.

-Cosa? Quando?- chiese Norman, sorpreso.

-E come lo hai saputo? Eravamo in montagna, a San Valentino- osservò Petra, stupita.

-Eh eh… ho occhi e orecchie ovunque- sogghignò Amabelle, enigmatica.

-È stata Roelke, vero?- provò a supporre Norman.

-O hai origliato una conversazione tra Max e Clover- tirò ad indovinare Petra.

-…Conversazione tra Max e Clover- ammise Amabelle.

-Sì!- esultò Petra.

-Ho finto di andare al bagno durante la serata film, mentre Denny era al telefono con Mathi, e li ho spiati. Se si vogliono sapere segreti di Clover e Max bisogna farli parlare tra loro- spiegò Amabelle, pratica.

-Posso chiederti perché non ti è mai venuta la fantasia di accoppiare loro due?- chiese Norman, che si faceva questa domanda da quando Amabelle aveva iniziato le sue mosse accoppiatrici.

Sia Amabelle che Petra fecero un’espressione abbastanza disgustata.

-Ma no! Loro sono come fratelli- provò a spiegare Amabelle.

-E Mirren e Felix, allora?- insistette Norman.

-Mirren e Felix si amano- rispose Amabelle ovvia.

-…non so, non capisco il tuo punto di vista- Norman era sempre più confuso.

Petra decise di intervenire.

-All’inizio, quando Max ci ha presentato Clover, Amabelle pensava potessero essere una buona coppia, ma ha cambiato idea quasi subito. Amabelle lo chiama il “grado di shippabilità”, o “amorometro”. Max e Clover non hanno mai mostrato neanche il minimo interesse l’uno verso l’altro. Felix e Mirren, per Amabelle almeno, hanno avuto momenti dove, per Amabelle eh, era chiaro, ad Amabelle, che si guardassero o parlassero come più che semplici amici- spiegò Petra, sottolineando con enfasi che parlava solo ed esclusivamente per l’amica.

-Ho un dono che mi consente di capire quando due persone provano attrazione l’una verso l’altra. E so quando una coppia può funzionare anche in base alla personalità. Clover e Max non funzionavano per nessuna delle due cose. Non erano attratti l’uno dall’altra, e non sono fatti per stare insieme. A Max serve una persona più pacata e semplice, e a Clover serve sì un bravo ragazzo, ma con una vena di follia e ribellione. Ergo, Sonja e Diego- Amabelle concluse la spiegazione prendendo i finti occhiali rosa dalla borsa e mettendoseli sul naso.

-Oh… detto così sembra che tu sia molto più professionale di quanto in realtà non sia- ammise Norman, guadagnandosi un cuscino in faccia lanciato dalla non poi tanto professionale ragazza.

-Beh, comunque, una coppia su quattro è sistemata. I piani per Marzo includono sistemare Felix e Mirren e avvicinare Sonja e Max. Ho già qualche piano- Amabelle cambiò argomento e sollevò il calendario per indicare i punti salienti.

-E Mathi e Denny?- chiese Norman, confuso.

-Loro hanno il mese libero. Abbiamo tempo dopotutto, e adesso inizia il semestre primaverile. Lo studio rallenta un po’ i piani- spiegò Amabelle.

-E ad Aprile c’è il NMC&G- aggiunse Petra.

-Il cosa?- chiese Norman.

-New Malfair Comics and Games- risposero insieme Amabelle e Petra.

-Vi dico già che me ne tiro fuori- borbottò Norman.

-Vedremo. Per ora siamo ancora a Marzo. E i piani sono per la Ferren e la Sonjax- tagliò corto Amabelle passando alle cose serie.

-Spero che almeno il mio compleanno mi lascerai tranquillo- Norman controllò preoccupato il 25 Marzo, che però leggeva un incomprensibile “Bonus” che non si riuscì a spiegare.

-Quel giorno sarà in mano al fato. Lascerò l’effetto Norman libero di sfogarsi creando una giornata assurda e meravigliosa completamente fuori da ogni logica fisica del mondo reale- spiegò Amabelle con foga.

Norman decise di non farsi troppe domande.

-Nel dettaglio cosa hai programmato?- Petra tornò al discorso principale.

-La Ferren diventerà canon l’8 Marzo, come ho stabilito- Amabelle indicò la data sul calendario con sguardo deciso.

-Ovvero il compleanno di Felix, giusto?- indovinò Norman, che non era certo di ricordare tutti i compleanni del gruppo, ma quello di Felix era più semplice dato che era il suo stesso mese.

-Esatto! Ci assicureremo che Mirren e Felix si confrontino sui loro sentimenti senza che il loro orgoglio li freni, e ho il piano perfetto!- Amabelle batté le mani entusiasta.

-Mentre per quanto riguarda Sonja e Max…- 

 

Sonja e Max erano in procinto di chiudere il negozio, ma un imprevisto inatteso stava ritardando parecchio la chiusura.

-Dovremmo dirlo a Kodie, lui è molto bravo nelle riparazioni meccaniche- stava suggerendo Sonja, piegata verso Max con degli strumenti pronti a passargli.

Il jukebox, pezzo vintage a cui Roelke era particolarmente affezionata, era stato vittima di un assalto da parte di un avventore ubriaco e collerico, e non smetteva più di suonare, per quanto Max e Sonja avessero provato a spegnerlo.

Alternava una canzone dietro l’altra a volume massimo e all’inizio era stato un problema di poco conto, ma ora che dovevano chiudere, non potevano permettersi di lasciare la musica tutta la notte.

-Voglio almeno provarci, non è la prima volta che lo fa, e di solito basta un po’ di pressione e… ahi!- inavvertitamente, Max si prese una piccola scossa, e si affrettò a ritirare le mani leggermente dolorante.

-Krass! Stai bene?- Sonja gli prese la mano per controllare i danni, facendolo istantaneamente arrossire e preoccupandola ulteriormente.

-Sì, non preoccuparti. Forse è meglio aspettare Kodie in effetti- Max decise di alzarsi e inviare un messaggio al proprietario, che per fortuna abitava alla porta accanto.

-Posso aspettarlo io, e poi chiudere con lui, dovresti andare a casa, Max- gli propose Sonja, alzandosi a sua volta e sistemando gli strumenti.

Max era tentato, in effetti. Era davvero tardi e il giorno successivo avrebbe avuto un corso alle nove del mattino. Ma non se la sentiva di lasciare Sonja da sola a quell’ora.

-Aspetto almeno che arrivi Kodie, mi sembra il minimo- per fare qualcosa di utile, Max sistemò le sedie e controllò tutti i tavoli.

-Sei davvero un gentiluomo- gli sorrise Sonja, restando in piedi vicino al jukebox.

Il cambio di canzone interruppe l’eventuale replica di Max, e appena sentirono le prime note, entrambi i ragazzi sussurrarono: 

-Adoro questa canzone- per poi guardarsi divertiti e un po’ imbarazzati.

Max decise di prendere coraggio.

-Ti va di ballare?- chiese, avvicinandosi a Sonja e offrendole la mano, galante.

La ragazza esibì un sorriso brillante, e prese la mano con un piccolo inchino regale.

Era una canzone lenta, e si concessero di stare abbastanza vicini.

Max fece fare a Sonja una piccola giravolta facendola ridacchiare. Ballava davvero bene. Molto più di Max.

-Chi ti ha insegnato a ballare così?- chiese, curioso.

-Mia madre. Diceva sempre che il ballo è fondamentale per…- si interruppe un secondo, come se temesse di continuare, ma lo fece poco dopo, come se non fosse successo niente -…per una ragazza. Ma non in modo sessista- si affrettò a dire.

-Non lo avrei pensato. A me ha insegnato Clover. Siamo andati insieme al ballo di fine anno e dato che ci voleva far eleggere re e regina mi ha imposto di imparare a ballare- spiegò lui, ricordando quel periodo.

Erano entrambi soli, e avevano deciso di andare insieme e farsi eleggere re e regina solo per dimostrare che poteva esistere l’amicizia tra ragazzo e ragazza e infastidire tutte le coppiette che li prendevano sempre in giro.

Alla fine non avevano vinto, ma si erano divertiti.

-È stata una brava insegnante, sei molto più bravo di quanto mi aspettassi- ammise Sonja, facendolo girare e accompagnandolo in un casqué poco convenzionale.

-Questo era a tradimento- provò a lamentarsi Max, troppo divertito per risultare credibile.

-Ma l’hai realizzato benissimo- si giustificò lei.

Si avvicinarono di più mentre ballavano.

Il cuore di Max iniziò a battere fortissimo.

Erano soli, ballavano, probabilmente Max non avrebbe mai avuto un momento migliore per dichiararsi.

-Sonja…- iniziò a dire, con voce leggermente tremante e i nervi a fior di pelle.

-Sì?- la ragazza si avvicinò leggermente. Max notò che i suoi occhi azzurri avevano una sfumatura più chiara vicino all’iride. Erano ancora più belli di quanto avesse notato in precedenza, wow!

…doveva restare concentrato.

-Eh… non so bene come dirlo… okay ho già rovinato tutto… no, aspetta… io, tu, mi piaci molto, Sonja- quella era forse la dichiarazione più patetica della storia dell’umanità, ma Max non aveva il tempo di pensarci, perché in ogni caso era riuscito a dirlo, e dopo un paio di secondi di confusione, Sonja aveva sorriso, e questo era un ottimo segno.

-Davvero?!- chiese, piacevolmente sorpresa, o almeno così sembrava.

-Sì, mi piaci tanto. Sei simpatica, spiritosa e gentile, e vorrei conoscerti meglio anche fuori da lavoro- preso un po’ di coraggio grazie all’entusiasmo che sprizzava da tutti i pori di Sonja.

-Penso lo stesso- ammise lei, in un sussurro, avvicinandosi.

Max aveva voglia di urlare di gioia. Si avvicinò anche lui.

Poi la canzone cambiò, e fu come se cambiasse anche l’intera atmosfera, e la mente di Sonja.

Mentre un ritmo deciso li faceva sobbalzare, Sonja sembrò quasi svegliarsi da un sogno, e il sorriso si trasformò in un’espressione sorpresa, poi preoccupata, poi sofferente.

Si allontanò, e a Max sembrò fermarsi il cuore in gola.

La sentì borbottare qualcosa in tedesco, ma riuscì solo ad afferrare il termine “tante”. Non aveva idea cosa sua zia c’entrasse con qualsiasi cosa la stesse preoccupando, ma iniziò a preoccuparsi anche lui.

-Max…- il tono della ragazza cambiò drasticamente, e le speranza del chiamato in causa si infransero in mille pezzi. Conosceva benissimo quel tono. Decise di lasciarla parlare e ascoltare con rispetto, ma si preparò già la risposta a quello che sicuramente lei gli avrebbe detto.

-…tu sei un ragazzo fantastico, davvero. Sei un collega meraviglioso, e rendi davvero l’esperienza qui molto più divertente e interessante di quanto pensassi…- cominciò. Max le sorrise tristemente. Si vedeva che Sonja pensava davvero quello che diceva, e non erano solo frasi di circostanza.

-Ma…?- la incoraggiò però a continuare, certo che ci sarebbe stato un ma, e desideroso di toglierselo il più in fretta possibile.

Sonja esitò.

Poi sospirò, come se gli stesse per fare una grande confessione.

-Io sono…- cominciò, guardandolo dritto negli occhi. Poi distolse lo sguardo, e dopo una breve pausa continuò -…fidanzata- ammise, in un sussurro.

Ah.

Di tutte le possibili ragioni del rifiuto di Sonja, Max considerava questa la più improbabile.

Inconsciamente fece un enorme passo indietro.

-Mi dispiace tanto!- esclamò agitato.

Sonja gli lanciò uno sguardo interrogativo. Neanche lei si aspettava una reazione così.

-No, nel senso… sono felice per te, se sei felice. Mi dispiace di aver… io non lo sapevo, o non avrei mai…- cercò di giustificarsi, desolato.

Forse aveva frainteso tutto. Probabilmente Sonja era stata solo gentile con lui perché era nella sua natura, e magari senza volerlo lui l’aveva importunata. Sperava davvero di non averle dato alcun fastidio.

-Lo so, Max, non preoccuparti. È colpa mia. È una relazione un po’ complicata, ma…  il punto è che non volevo dirlo per motivi personali, e non è colpa tua se non lo sapevi- Sonja iniziò a giocherellare con una treccia bionda, a disagio, e senza osare guardare l’amico negli occhi.

Max aveva davvero tantissime domande, e non riusciva a concepire che Sonja volesse nascondere di aver un ragazzo, ma non era una persona che giudicava, e neanche un ficcanaso. Se un giorno lei avesse voluto dirgli com’era la situazione, Max l’avrebbe ascoltata con piacere. Ma non voleva immischiarsi ed essere invadente.

-Non lo dirò a nessuno se non vuoi. So mantenere i segreti- le promise, cercando di rassicurarla.

Dentro di sé, aveva il cuore spezzato, ma cercò di fare buon viso a cattivo gioco. Sperava almeno di mantenere un buon rapporto con Sonja. Voleva restare suo amico. Accettava di buon grado la friendzone se gli permetteva di continuare a passare del tempo insieme a Sonja.

Sonja lo guardò con occhi lucidi, e il suo sorriso riconoscente e commosso fu quasi abbastanza per togliergli un minimo di tristezza.

-Non mi odi?- chiese, sorpresa.

-Ma certo che no. Tutto quello che ti ho detto è ancora valido. Mi piaci proprio come persona, e spero davvero che nonostante tutto resteremo amici- accennò un sorriso speranzoso, sebbene triste, e Sonja gli gettò le braccia al collo, sorprendendolo non poco.

-Max, sarei onorata se tu volessi restare mio amico. Non ho mai conosciuto una persona meravigliosa quanto te- gli sussurrò all’orecchio.

Max la strinse.

Non poteva negare di essere deluso, e di sentirsi come se gli avessero strappato il cuore dal petto, ma era comunque felice di averle detto la verità e di essersi chiarito con lei.

E una cosa si doveva dire di Max: era un vero bravo ragazzo. Non come quelli che se rifiuti le loro avances se la prendono sul personale e smettono di rivolgerti la parola, insultando i tuoi gusti in fatto di uomini o dandoti della superficiale. 

Se cercavi la parola “rispettoso” sul vocabolario, avresti visto stampata la sua faccia come esempio.

…no, sul serio, Clover aveva fatto stampare cento copie di un dizionario con la sua faccia sul termine “rispettoso” per fargli uno scherzo il primo aprile di qualche anno prima.

E ora quelle copie giravano ancora, e nel giro di qualche anno sarebbero valse anche una fortuna.

Ma il punto è che per Max il no di Sonja non significava un “forse, se le sto vicino, lascerà il suo ragazzo per me”. Il no di Sonja era un no, e Max non avrebbe fatto più nulla per conquistare il favore della ragazza, se non starle vicino come amico e cercare di andare avanti da solo.

Per Max, quindi, la faccenda era chiusa.

Ma questa è una storia romantica che affronterà tutto l’anno dei nostri eroi, quindi posso rassicurarvi, la faccenda è appena cominciata.

 

Giovedì 28 Febbraio

Denny era in classe da solo dieci minuti e già non sopportava la lezione di Sociologia della comunicazione.

Odiava che fosse obbligatoria anche per il suo corso di laurea, e gli dava davvero fastidio che ci fossero così tante persone di altri corsi nell’enorme aula. 

Ma ciò che gli dava più fastidio in assoluto, era che per quel corso fosse decisamente consigliato svolgere un laboratorio per ottenere voti più alti, e Denny adorava fare laboratori per ottenere punti in più per i voti.

Vi starete chiedendo perché allora odiasse che quel corso ne prevedesse uno.

Semplice, perché il laboratorio di quel corso bisognava farlo in gruppo, dalle due alle quattro persone. E Denny non conosceva ancora nessuno all’università, almeno del suo corso.

Aveva sperato con tutto il cuore che almeno Amabelle si unisse a lui in quella materia, ma l’amica lo aveva bidonato perché preferiva seguire un corso di cinema contemporaneo o qualcosa del genere. E Denny era rimasto fregato.

Nella sala gremita di gente, a pochi minuti dall’inizio della lezione, Denny stava già valutando l’idea di rinunciare a fare quell’esame proprio quel semestre e scambiarlo con un altro.

Purtroppo gli orari erano davvero difficili da far coincidere, e per quanto si scervellasse, non riusciva ad esimersi dal partecipare a quella fastidiosa e fin troppo frequentata lezione.

Quindi l’umore era decisamente sotto terra.

Poi sentì una risata fragorosa all’ingresso, e l’umore si risollevò così in fretta che per poco non gli fece girare la testa.

Probabilmente contribuì anche che sollevò la testa così velocemente da rischiare di staccarsela.

All’entrata, accompagnato da un gruppetto di persone, era appena entrato Mathi, e rideva.

Denny iniziò a sollevare la mano per attirare la sua attenzione, felice di poter frequentare il corso con lui. Era mille volte meglio di Amabelle!

Ma ci ripensò in meno di un nanosecondo, e abbassò la testa cercando di non farsi vedere, e cambiando nuovamente umore così in fretta da avere le vertigini.

Era accompagnato da delle persone. Non poteva mica disturbarlo. Non era mica il suo unico amico e il centro del suo universo.

Sicuramente si erano anche organizzati per fare insieme il laboratorio.

Denny sarebbe stato solo uno stupido ad illudersi che potesse abbandonare gli amici per stare con lui, o introdurlo nel suo altro gruppetto. E se anche l’avesse fatto Denny si sarebbe sicuramente trovato a disagio. Non gli piaceva entrare in gruppi già formati, e questo era uno dei motivi per cui non aveva amici all’università, dove già il primo giorno si erano tutti accoppiati in grandi e piccoli gruppi tagliando fuori Denny.

Si piegò e si nascose in modo che Mathi non lo vedesse, e iniziò a scrivere qualcosa a caso. Forse era meglio fare un altro esame, magari da non frequentante, e abbandonare Sociologia della comunicazione.

Mathi lo superò e si andò a sedere nei posti di dietro.

Denny non lo aveva guardato direttamente, ma era abbastanza convinto che non l’avesse visto, e andava benissimo così.

Pochi minuti dopo l’insegnante entrò e iniziò la lezione.

E Denny abbandonò i propositi di non seguire, perché sebbene fosse solo un’introduzione, la professoressa era davvero fantastica.

Durante la pausa, si era quasi dimenticato il problema “Mathi” e stava abbozzando idee per un laboratorio pur sapendo che probabilmente non lo avrebbe mai fatto per assenza di compagni. Una voce alle sue spalle glielo ricordò.

-Dan, mi stai evitando?- chiese infatti Mathi, che a tradimento lo aveva raggiunto, e stava nella fila dietro quella di Denny, praticamente con il fiato sul collo.

-Cosa?! No! Cosa te lo fa pensare?! No! Cioè, ciao Mathi! Non ti avevo visto! Quindi non posso evitarti se non ti vedo, no?- dopo un momento di panico totale, Denny cercò di recuperarsi, e si girò a guardare l’amico accennando un sorriso, per incontrare la sua espressione afflitta.

Il sorriso si spense, e Denny intuì di aver fatto qualcosa decisamente sbagliato.

-Ti ho visto appena entrati. Volevo sedermi vicino a te ma hai fatto finta di non vedermi. Ho fatto qualcosa di male?- ora che Denny non era più impegnato a farsi prendere dal panico, si accorse che Mathi era molto discreto mentre parlava con lui, come se cercasse di non farlo capire agli altri.

-No, non hai fatto niente di male, solo…- Denny sospirò, e seppellì il volto tra le braccia -…non volevo disturbarti mentre eri con i tuoi amici- ammise poi, mangiandosi un po’ le parole ma facendosi capire da Mathi che si girò a guardare i posti dietro di loro, come a cercare i suoi amici.

-Intendi Duke? È solo il mio compagno di stanza, e quelli sono i suoi amici. Simpatici, ma Duke è un sacco rigido. Preferisco di gran lunga passare la lezione con te. Ma non voglio sembrare appiccicoso. Se mi eviti per questo dimmelo e…- Mathi non sembrava credere alla giustificazione di Denny, e sembrava così abbattuto che Denny non riuscì a non interromperlo per negare con tutta la sua forza, attirando anche l’attenzione della professoressa che stava sistemando alcune diapositive e gli lanciò un’occhiata divertita: 

-Non sei appiccicoso! E ti giuro che non ti stavo evitando… cioè, sì, ti stavo evitando, ma perché ero io che non volevo risultare appiccicoso, e tu sei così socievole e divertente e simpatico, sicuramente sei pieno di amici, non posso mica starti sempre appresso!- ammise, buttando fuori tutto e poi coprendosi la bocca quando si rese conto che il tono di voce era troppo alto per un’aula universitaria.

Per fortuna la maggior parte degli studenti era fuori per la pausa. 

Mathi lo guardò confuso per qualche secondo, poi sorrise a Denny, decisamente sollevato, e anche un po’ divertito.

Non aveva alcun diritto di divertirsi dell’imbarazzo altrui.

Denny fece il broncio, e arrossendo tornò a guardare verso il suo foglio, deciso ad evitarlo davvero stavolta.

Mathi però non si lasciò far evitare, e scavalcò il banco per sedersi proprio accanto a Denny.

-Tu non sei appiccicoso, Dan. Anzi, non ho mai avuto un amico come te. E la prossima volta, ti prego, non evitarmi. Al contrario di quello che pensi…- Mathi si avvicinò di più per sussurrare all’orecchio di Denny, che non riuscì a non arrossire vistosamente -…tu sei il mio migliore amico- e il rossore non fece che aumentare, dopo la confessione.

-Lo sei anche tu- riuscì a replicare, troppo imbarazzato per dire qualcosa in più, ma decisamente soddisfatto da quello che aveva appena sentito, e anche molto sollevato.

-Posso sedermi qui per il resto della lezione?- chiese Mathi, indicando il posto dove si era infilato a tradimento.

Denny annuì -Mi farebbe molto piacere- ammise, facendogli spazio.

-Vado a prendere le mie cose allora- Mathi scavalcò nuovamente il banco con agilità, e Denny si fece coraggio per chiedergli una cosa.

-Ti andrebbe di fare il laboratorio con me?- chiese approfittando dell’ondata di coraggio, e fermandolo sui suoi passi.

Mathi si girò e guardò Denny allegro.

-Con grandissimo piacere!- esclamò, con uno dei suoi soliti occhiolini, prima di tornare a prendere le sue cose.

Denny tornò ai suoi appunti con la convinzione che quello sarebbe stato il suo corso preferito di tutti i tempi, ed era così concentrato ad abbozzare nuove idee per il laboratorio che non si accorse che la professoressa aveva appuntato su un figlio qualcosa che sicuramente riguardava lui e Mathi.

Fu una fortuna, perché sarebbe probabilmente morto per l’imbarazzo.

 

Lunedì 4 Marzo

Il lunedì era probabilmente il giorno peggiore del semestre. Non solo si era dovuto svegliare alle sette del mattino perché aveva una lezione alle nove e ci metteva due ore ad arrivare all’università, ma da quel giorno avrebbe anche avuto tutto il pomeriggio impegnato per via di un’altra lezione alle cinque e il lavoro come assistente del professore di storia dell’arte greca e romana. Solitamente gli assistenti si occupavano più che altro degli esami, ma il professor Greco gli aveva chiesto aiuto anche durante le lezioni, e la possibilità di guadagnare un extra era troppo succosa per non afferrarla al volo.

Solo che era appena passata l’ora di pranzo e Max era già stanco, stressato, e in ritardo proprio il primo giorno di lezione.

Per fortuna c’era il quarto d’ora accademico.

Stava giusto correndo con tutti i fogli che aveva fatto stampare in segreteria, dritto verso l’aula 6, quando, distratto dalla mole di fogli che rischiavano di cadere da un momento all’altro ed erano meno gestibili dei pesanti piatti del Corona, andrò dritto a sbattere contro un ragazzo minuto e praticamente invisibile, che portava a sua volta quaderni e documenti.

Il risultato fu non dissimile da una esplosione di carta ed entrambi i ragazzi caddero a terra, come nei migliori anime.

Interessante notare come, in un tavolo poco distante, Norman stava mangiando mentre lavorava sulla tesi, e aveva appena sbadigliato.

Comunque, Max si affrettò a rialzarsi in piedi, e a porgere la mano verso il ragazzo che aveva appena tamponato.

-Mi dispiace tantissimo, stai bene?- chiese preoccupato, accertandosi delle sue condizioni.

Era quasi sicuramente una matricola, sembrava appena uscito dal liceo ed era chiaramente disorientato dalla grandezza dell’università. I capelli castani gli coprivano gli occhi, e indossava due enormi occhiali quadrati e spessi.

Quando Max gli porse la mano, si ritirò su di sé, quasi spaventato. Max non riuscì a non pensare a suo fratello, e si piegò alla sua altezza, per sembrare il meno minaccioso possibile, accennando un sorriso.

-Tutto okay? Ti sei fatto male?- chiese, più gentilmente, iniziando a raccogliere le sue cose e ignorando per il momento i propri fogli. Dopotutto era colpa sua, che non stava guardando bene dove stava andando.

Notò tra gli effetti personali del ragazzo una mappa dell’università. Probabilmente anche lui era un po’ distratto, ma Max non gliene faceva una colpa. Era facile perdersi tra quei corridoi. A lui era successo più di una volta.

-Cerchi un’aula in particolare? Ti posso aiutare?- chiese, porgendogli tutto ciò che gli era caduto.

Questo sembrò sbloccarlo, e prese i documenti e la mappa, portandoseli al petto come a proteggersi. Abbassò poi lo sguardo, e si schiarì la voce.

Max doveva ammettere di essere piuttosto sorpreso da quella timidezza. Di solito la sua energia calma e confortante riusciva a tranquillizzare tutti.

-Aula 6- la voce della matricola era un sussurro. Si schiarì nuovamente la voce, e procedette con più sicurezza, alzandosi -Ho lezione di arte greca e romana- disse. Aveva una voce davvero piacevole, con un marcato accento newyorkese. Come era arrivato in una cittadina piccola come Harriswood era davvero strano.

-Che fortuna, sto andando anche io lì- sorrise Max, recuperando i propri fogli. La matricola fece per aiutarlo, ma poi ci ripensò, e si limitò a stringere con più forza i propri documenti -Ti posso accompagnare- aggiunse poi il ragazzo, indicando il corridoio giusto.

-Non vorrei disturbare- provò a dire il novellino, timidamente.

-Nessun disturbo. Sto andando lì dopotutto. Sono l’assistente del professore- gli fece cenno di seguirlo, e con un po’ di esitazione il ragazzo obbedì.

-Grazie mille. E scusa se ti sono finito addosso. È il mio primo giorno e sono un po’ perso- ammise incerto, standogli dietro.

-È più che comprensibile, è una grande università, e il dipartimento di arte è unito a quello di filosofia quindi c’è una certa confusione. Posso indicarti i percorsi più comodi per le tue aule sulla mappa, se vuoi- Max non sapeva perché si sentiva così obbligato verso quel ragazzo appena conosciuto, e sperava davvero di non stare risultando invadente. Probabilmente perché gli ricordava Denny, o perché gli dispiaceva averlo buttato a terra inavvertitamente. O magari si sentiva obbligato come assistente di un professore. O semplicemente voleva essere gentile perché era la sua natura, fatto stava che gli sembrò che il ragazzo si rilassasse. O almeno così risultava dalla sua voce quando parlò di nuovo.

-Sei davvero molto gentile. Ti ringrazio per la disponibilità- gli disse formale.

-È solo un piacere per me. Ecco l’aula- mostrò la porta e gliela tenne aperta come un vero gentiluomo.

La matricola sorrise, e fece un cenno del capo come un inchino prima di entrare.

Per fortuna il professore non c’era ancora.

Prima di dirigersi alla cattedra per sistemare i fogli, Max si ricordò di non conoscere il nome del misterioso sconosciuto.

-Mi chiamo Max Sleefing- si presentò per primo, attirando la sua attenzione e facendolo voltare verso di lui.

-Oh, piacere. Io sono Manfred Sonenfield- si presentò lui, con un cenno del capo e un sorriso accennato, prima di sedersi in seconda fila, cercando di non dare troppo nell’occhio.

Max tornò ai suoi compiti, e sembrò quasi un semplice incontro casuale senza futuro. 

Ma dentro di sé, non riusciva a smettere di pensarci.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Lo ammetto, un po’ corto e di passaggio, e con “di passaggio” intendo che c’è la prima delusione della storia.

Sonja è fidanzata? Max ha incontrato un’altra persona?! Amabelle di certo non sarà felice di saperlo.

Ma non c’è un cliché romantico più cliché del triangolo amoroso, non trovate? E chi, meglio di Maximilian “Functional (at times) Bisexual” Sleefing.

E il resto introduce, più che altro: i piani di Amabelle per Marzo, Mathi e Denny allo stesso corso, e… altro, un indizio troppo piccolo per scriverlo qui.

Sono sorpresa da quante esperienze di vita vera sto mettendo in questa storia. Non sono mai stata dal lato di Max per una friendzone, lo ammetto, ero dal lato di Sonja. Ma l’esperienza con Sociologia della comunicazione l’ho avuta davvero. 

Il prossimo capitolo avrà un punto di svolta fondamentale per una delle coppie. E vi prometto che sarà un capitolo di un fangirlaggio unico. O almeno lo sarà per me scriverlo, sperando che esca come me lo immagino in testa.

Spero che la storia continui a piacervi, mi auguro che il capitolo non abbia deluso troppi di voi, ma tranquilli che il viaggio è ancora lungo è niente e come sembra.

Un bacione e alla prossima :-*

 

 

 

Nel prossimo episodio: Un evento poco piacevole stressa Mirren, un piano di Amabelle ha delle svolte inaspettate alla festa di compleanno di Felix.

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Capitolo 13
*** È solo un sogno ***


È solo un sogno

 

 

Martedì 5 Marzo 

Felix iniziava a pensare che non si sarebbe mai laureato, né avrebbe mai smesso di fumare, perché ogni volta che tentava di mettersi sotto per realizzare i propri propositi, qualcosa lo faceva tornare indietro.

Come quella mattina, per esempio. Si era finalmente messo a studiare seriamente approfittando di essersi svegliato presto e di essere solo in casa, e stava anche riuscendo a scrivere senza distrarsi, quando un messaggio di Mirren lo aveva interrotto, insieme al campanello della porta.

E prima che se ne rendesse del tutto conto stava guidando oltre i limiti di velocità fino al veterinario per accompagnare Mirren e Fallon, perché quest’ultima non stava bene.

E ora era fuori dalla sala d’attesa a fumare la sua terza sigaretta perché era fin troppo stressato e preoccupato, e non stava ancora ricevendo notizie, cosa che sicuramente non era un buon segno.

Era cresciuto con Fallon, non ricordava un momento della sua vita in cui non ci fosse anche la fedele compagna con loro a giocare.

O meglio, se ci rifletteva qualcosa ricordava, ma erano molti di più i ricordi con lei, che li seguiva e giocava con loro con la sua enorme energia e giocosità.

Solo il pensiero di perderla lo portava ai limiti di un attacco. Non riusciva proprio a pensarci.

Troppo ansioso, buttò la sigaretta appena iniziata e rientrò per cercare almeno di spiare qualsiasi cosa stesse succedendo lì dentro.

Rientrò proprio nel momento giusto, perché Mirren era appena uscito, e aveva Fallon appresso.

Il sollievo che lo avvolse fu talmente intenso che per poco non scoppiò a piangere di botto.

Mirren gli fece un piccolo sorriso rassicurante, e lui e il cane si avvicinarono a Felix, che si piegò per accarezzare l’amica.

-Cosa è successo?- chiese poi all’amico più grosso, che stava guardando la scena con affetto, e sobbalzò quando fu colto a osservarli.

-Ti spiego meglio in macchina. Usciamo da qui- lo incoraggiò Mirren, con voce ferma, indicando la porta.

Era molto rigido e formale. Troppo rigido e formale.

Felix lo conosceva abbastanza da sapere che si stava trattenendo per non fare una scenata e una volta in macchina era probabile che sarebbe scoppiato a piangere.

Si alzò e prese il guinzaglio di Fallon, per liberare Mirren da questa responsabilità, e si diresse in fretta fuori.

Aveva parcheggiato abbastanza vicino, e per tutta la passeggiata tra lui e Mirren ci fu il silenzio.

Felix ne approfittò per osservare Fallon. Era un po’ acciaccata e stanca, ma sembrava decisamente più pimpante rispetto a poche ore prima.

Una volta raggiunto il parcheggio, Mirren si mise sul sedile del passeggero senza dire una parola, mentre Felix faceva accomodare Fallon nei posti dietro.

Una volta messosi alla guida, lanciò un’occhiata carica di aspettativa a Mirren.

-Perché non stai partendo?- chiese poi lui, dopo qualche secondo, con voce spezzata.

-Cosa è successo?- chiese di nuovo Felix, preoccupato.

Mirren deglutì rumorosamente, come se cercasse in tutti i modi di trattenere le lacrime e dimenticare la questione.

-Mirren, ti prego dimmelo- lo supplicò Felix, con le proprie lacrime che già iniziavano a scendere lungo le guance.

-Non lo so- ammise poi Mirren, cedendo, e prendendosi il volto tra le mani.

-Cosa, come?- Felix non capiva. Doveva pur aver fatto qualcosa, se Fallon ora stava bene. Erano stati dentro un sacco di tempo, e prima sembrava davvero a un passo dalla… Felix non osava neanche pensarci.

-Sembra un’irritazione allo stomaco o qualcosa del genere, ma il dottore non ha capito le cause. Per quello che ne sa potrebbe anche essere un problema al cuore e…- la voce di Mirren si spezzò, e Felix non lo incoraggiò a continuare, limitandosi a lanciare un’occhiata al cane nel sedile dietro con un debole sorriso incoraggiante, nonostante le lacrime.

-Comunque…- Mirren riprese controllo di sé, e si asciugò velocemente gli occhi -…le ha fatto qualcosa e ora sta bene, ma dobbiamo stare attenti- concluse, incoraggiando poi Felix a partire con un cenno della mano.

Felix si asciugò le lacrime ed eseguì.

Il viaggio fu silenzioso.

Entrambi aprirono spesso la bocca per parlare, ma nessuno dei due riusciva a trovare un argomento decente.

L’unico suono, oltre al rombo del motore e alle auto intorno a loro, era quello di Fallon che ogni tanto abbaiava per attirare l’attenzione o scodinzolava forte sbattendo la coda da una parte all’altra della vettura.

In circostanze normali, Felix l’avrebbe scherzosamente rimproverata perché quella era l’auto di sua madre e non voleva rovinarla, ma in quel caso non ne ebbe il cuore. Non riusciva a sgridarla, neanche per scherzo.

A circa metà del viaggio, un messaggio sul telefono di Felix finalmente diede l’occasione per rivolgersi nuovamente la parola.

-Puoi vedere chi è?- chiese Felix all’amico, indicando velocemente il telefono che teneva vicino alle marce.

Mirren eseguì. Conosceva la sua password, e non ci mise molto ad aprire i messaggi.

-Amabelle, un audio- informò, monosillabico.

-Puoi farlo partire, per favore?- Felix aveva una mezza idea di cosa poteva avergli scritto, ma voleva comunque esserne sicuro.

Mirren fece partire senza dire una parola.

-“Felixuccio! Stavo pensando che tra tre giorni è il tuo compleanno, e tu ancora non ci hai detto niente su come vuoi organizzarlo. Cioè, se vuoi una festa a sorpresa basta dirlo e io mi organizzo subito… no, aspetta, non dovresti saperlo se è una festa a sorpresa. …vabbè, fingi che non ho detto nulla. Chissà se esiste un congegno per eliminare la memoria, in una puntata di Gorgeous Pablo usava una cosa del genere per […] Allora, che dicevo… ah, okay, informami se hai già un programma per il tuo compleanno, perché dato che è venerdì io pensavo che sarebbe bello festeggiare al Corona, c’è anche un evento per la festa delle donne e so quanto ti piace ricordare la festa delle donne il giorno del tuo compleanno. Servono più maschi femministi come te, al mondo. L’altro giorno ne parlavo con Petra, perché il femminismo è […]. Comunque, il succo è che avrei dei programmi per festeggiare il tuo compleanno al Corona. O meglio, potrei farmi dei programmi e organizzare la serata. Sono brava come party planner, ti ricordi il compleanno di Petra quando quell’asino […]. È stato così divertente… okay, oh, cavolo, l’audio è uscito di dieci minuti. Ti faccio un riassunto, dimmi i programmi per il tuo compleanno e dimmi se vuoi che lo organizzi io. Baci baci!”-

Vi informo che i puntini tra parentesi stanno a significare necessari tagli perché trascrivere tutto il messaggio non era umanamente possibile. Sarebbe uscito infinito e decisamente noioso.

Come noioso lo considerava Mirren, che si era praticamente addormentato al minuto tre, e si riscosse dal suo torpore solo quando Felix gli rivolse la parola.

-Le puoi scrivere da parte mia?- chiese, continuando a guidare. Senza dare segno di essere sconvolto dalla lunghezza chilometrica dell’audio.

-Se riesco ad evitare che tu registri un audio di egual lunghezza scrivo tutto quello che vuoi- acconsentì Mirren, già pronto a scrivere.

L’audio era sicuramente stato interminabile, ma aveva allentato parecchio l’atmosfera. Felix ridacchiò: 

-Scrivi “Non ho programmi per il mio compleanno. Ti do carta bianca, ma ti prego niente asini”- dettò, e Mirren eseguì.

In pochi istanti, arrivò la risposta di Amabelle.

-“Mirren, perché hai rubato il telefono di Felix?”- lesse Mirren, sorpreso -Come ha capito che ho scritto io? Mi hai dettato tu- commentò, confuso.

-Hai messo almeno una faccina?- indagò Felix.

-Ah… no, mi sono dimenticato. Cosa le rispondo?- Mirren sapeva perfettamente che Felix non scriveva mai senza faccine, neanche per le cose serie o veloci, ma era troppo sovrappensiero per ricordarselo.

-Fai un audio- lo incoraggiò Felix, preparando la voce.

Mirren eseguì, restando perfettamente in silenzio.

-Ames, credi proprio che Mirren si sentirebbe un tuo audio di dieci minuti? Comunque sul serio, ti lascio carta banca ma niente asini. Ti concedo una pecora, ma non un asino- disse Felix con voce squillante, per poi fare cenno a Mirren di tagliare il messaggio.

-Pecora?- chiese quest’ultimo, una volta sicuro di non essere registrato.

-Tranquillo, non credo che siano accettate al Corona, e sono piuttosto certo che Amabelle abbia già uno stupido piano per farci mettere insieme durante il mio compleanno con l’ambientazione del Corona- la rassicurazione di Felix ottenne l’effetto opposto.

-Io non capisco perché è così fissata con noi. Quando mai abbiamo dato l’impressione di essere cotti l’uno dell’altro?- Mirren alzò gli occhi al cielo.

Felix fece tutto ciò che era in suo potere per restare impassibile.

-Vede solo quello che vuole vedere- alzò le spalle, mantenendo lo sguardo fisso sulla strada.

Purtroppo Amabelle ci vedeva bene, troppo bene. E sebbene la maggior parte dei suoi piani da matchmaker non funzionassero, raramente era colpa della coppia scelta, più di lei che non era poi così brava ad unire le persone.

-E tu non sei preoccupato da cosa potrebbe fare?- chiese Mirren, che al contrario sembrava decisamente spaventato dalle abilità dell’amica.

-Non tanto. So per certo che qualsiasi cosa che proverà a fare con noi non funzionerà- il tono di Felix era pieno di rimpianto, ma sperò che Mirren lo associasse alla sua tristezza per Fallon, e non ad altro.

-Beh, speriamo- fu il solo commento dell’amico, che si strinse un po’ tra sé, nervoso.

Dopo qualche minuto, quando ormai mancava poco all’arrivo, una chiamata, questa volta dal telefono di Mirren, interruppe il silenzio che si era tornato a creare nell’auto.

Mirren sospirò.

-È mio padre- informò Felix, prima di rispondere -Buongiorno, papà- lo salutò, in tono formale ma comunque affettuoso.

Felix non riusciva a sentire quello che Brogan diceva al figlio, ma a giudicare dalle risposte, intuì abbastanza il discorso generale.

-Ho avuto un’emergenza… lo so, papà, non sono un idiota, né un bugiardo. Fallon non è stata bene…- pausa, Mirren sembrò irritarsi -…come puoi dire una cosa del genere, è un’emergenza eccome… vengo questo pomeriggio, non preoccuparti, dammi solo il tempo di…- pausa, Mirren abbassò lo sguardo, perdendo la poca vitalità che aveva riguadagnato con l’intermezzo Amabelle -Va bene, padre. Arrivo appena possibile- concluse infine, in tono impassibile, prima di chiudere la telefonata.

-Vuoi che ti accompagni in ufficio?- propose Felix, accomodante.

Mirren scosse la testa -Faccio da solo… ma posso chiederti un altro favore?- chiese poi, guardandolo finalmente negli occhi.

Felix gli lanciò un’occhiata incoraggiante.

-Qualsiasi cosa-

-Potresti stare con Fallon e tenerla d’occhio finché non torno?- gli occhi di Mirren erano così supplicanti e stanchi che, sebbene Felix avesse la tesi da scrivere, non riuscì neanche a valutare l’idea di dirgli di no.

-Assolutamente. Puoi contare su di me- gli promise, accennando un sorriso.

Mirren ricambiò, leggermente rasserenato.

 

Venerdì 8 Marzo

Norman non sapeva se essere ottimista o pessimista riguardo alla serata che si preannunciava.

E la sua indecisione era provocata dal fatto che Amabelle organizzava la serata, e l’ultima volta che le erano state date le redini totali per un compleanno era finita male, decisamente male. Diciamo che ora Norman aveva la fobia degli asini, e non era l’unico della Corona Crew, questo era inoppugnabile.

Per fortuna quello sembrava un party abbastanza basilare. Semplice serata al cafè, e l’unica cosa che Amabelle aveva effettivamente organizzato era scegliere e prenotare la torta. Niente di eccessivamente pericoloso.

Purtroppo Norman sapeva ben più del resto del gruppo, ed era a conoscenza dei terribili piani che aveva architettato.

Solo che… non sapeva esattamente cosa volesse fare.

E questo poteva essere positivo o negativo.

Positivo perché poteva significare che non aveva idea di cosa fare e stava andando a braccio, quindi non sarebbe successo niente, sicuramente.

Negativo perché, se aveva un piano per davvero, e aveva evitato di dirlo a lui e Petra, significava che era un piano davvero pericoloso, e probabilmente anche illegale.

E dato che era convinta che Felix e Mirren si sarebbero messi insieme, Norman propendeva verso la seconda ipotesi.

E quindi la serata era già cominciata da venti minuti e lui non riusciva a rilassarsi, e continuava a fissare Amabelle, ignorando del tutto il menù che aveva aperto in mano.

-Dateci dentro, dato che oggi offro io- li incoraggiò Felix, che al contrario sembrava davvero allegro e pronto a passare una bella serata in compagnia dei suoi amici. Ignaro del tremendo destino che lo attendeva per mano di una delle sue migliori amiche.

Norman lanciò un’occhiata al menù, ma non c’era niente che gli interessasse particolarmente. E soprattutto non credeva fosse una buona idea bere, dato che era in servizio di babysitter per Amabelle.

-Spero che tu non abbia intenzione di guidare oggi- Clover provocò Felix, osservando il menù a sua volta ma fulminandolo con lo sguardo.

Come tutte le ragazze, aveva una coroncina di mimose omaggio del Corona Café. A differenza del resto delle ragazze, aveva anche un braccialetto di mimose che le era stato regalato da Diego. I due erano ormai una coppia fissa, e Norman era felice per loro. Soprattutto perché erano usciti fuori dai piani machiavellici di Amabelle. Era una tale fortuna per loro che Norman non si sarebbe stupito nello scoprire che fingevano solo per evitare che Amabelle continuasse a torchiarli. Lo trovava comunque del tutto improbabile.

-Assolutamente no! Ho già in speed dial il numero del taxi per farmi venire a prendere. Oggi voglio ubriacarmi senza conseguenze!- Felix rassicurò Clover, con un ghigno furbetto e occhi brillanti.

-Non posso fermarti ma cerca almeno di non bere al punto da dimenticarti la serata- borbottò Mirren, che non stava guardando i drink, bensì le torte. Tanto avrebbe ordinato solo acqua per tutta la serata.

-So i miei limiti, non preoccuparti!- Felix gli fece una linguaccia.

-A proposito di alcool, la settimana scorsa abbiamo introdotto dei nuovi drink che potrebbero interessarvi. Ci mettiamo dentro un ghiaccio speciale alcolico che li rende davvero particolari- li informò Max, che aveva la fortuna di avere la serata libera e quindi per una volta era al tavolo insieme a loro e non pronto a servirli. Anche se insieme a loro relativamente, perché gli stavano arrivando centinaia di messaggi al secondo. Il suo telefono sembrava sul punto di esplodere.

-Fantastico! Direi di ordinarne almeno un giro- Felix si rivolse al tavolo, e quasi tutti acconsentirono.

-Insieme a una grossa caraffa d’acqua- aggiunse Mirren, che probabilmente sarebbe stato l’unico ad usufruirne, insieme forse a Denny.

-Hey, Sonja, siamo pronti ad ordinare!- Amabelle chiamò la cameriera più vicina, che li raggiunse con un gran sorriso, e un certo timore. Evitò lo sguardo di Max, che fece altrettanto.

Le ordinazioni procedettero però senza intoppi, ma a Norman non sfuggì che Amabelle stava segnando sul telefono tutto l’alcool e l’acqua, e insistette per portare due brocche di acqua naturale, con tanto ghiaccio.

Qui gatta ci covava.

Quando Sonja andò via, Amabelle si alzò.

-Parti per qualche parte, party planner?- chiese Felix, creando inavvertitamente, o forse di proposito, uno scioglilingua.

-Io, Petra e Norman andiamo in bagno- rispose Amabelle, con semplicità.

-Noi cosa?- chiese Petra, confusa.

-Sapete vero che detta così suona malissimo?- ridacchiò Mathi -Ma non giudico, eh- aggiunse poi, dopo l’occhiataccia di Petra.

-Pensate ciò che volete- Amabelle non si lasciò abbattere, e fece cenno ai due amici di seguirla in direzione… cucina? Si fermò davanti al jukebox, ma era chiaramente direzione cucina, di certo non bagno.

-Non pensate a ciò che volete!- Petra minacciò il gruppo, prima di seguirla.

Norman neanche commentò, si limitò a raggiungerla immediatamente, preoccupato.

-Qualsiasi cosa tu voglia fare, non farla, Amabelle!- esclamò agitato, lanciando un’occhiata alla cucina e temendo dove l’amica volesse andare a parare.

-Non voglio fare nulla, Norman. Ti chiedo solo di restare qui e scegliere la musica mentre Petra chiede a Roelke informazioni su qualcosa e io mi faccio un giretto nei dintorni- Amabelle indicò il jukebox, e posizionò Norman in modo che fosse di spalle alla porta della cucina.

-Amabelle, che vuoi fare in cucina?- chiesero Petra e Norman insieme.

-Niente!- rispose lei, prima ancora che loro due riuscissero a finire la domanda.

Si guardarono per qualche secondo, poi Amabelle scattò verso la cucina, Petra si lanciò all’inseguimento, e Norman sobbalzò perché non se lo aspettava, prima di correre dietro alle due ragazze.

Riuscirono a fermarla in tempo, premendola contro il muro. Amabelle si dimenava come un animale selvaggio, e se non ci fosse stata Petra, che stava facendo tre quarti del lavoro, Norman non sarebbe mai riuscito a trattenerla.

Gli altri clienti lanciarono giusto un’occhiata al trio, ma erano ormai abituati alle situazioni assurde della Corona Crew, in particolar modo di Amabelle.

-Che vuoi fare?- Petra iniziò l’interrogatorio.

-Niente di grave!- insistette Amabelle.

-Prima era “niente”, ora “niente di grave”. Se te lo richiedo di nuovo cosa diventa?- le fece notare Petra.

Amabelle sembrò pensarci seriamente.

-Niente di irreparabile?- rispose poi, dopo qualche secondo di riflessione profonda.

Petra e Norman sospirarono.

-Nel dettaglio, cosa vuoi fare?- richiese Norman, rassegnato.

-Niente di eccessivamente illegale- Amabelle però non aveva intenzione di cedere.

-Del tipo?- cambiò approccio Petra.

-Tipo “ormai il danno è fatto, vi rimborsiamo e tutto va a posto”- Amabelle continuò però a sviare.

-Che dobbiamo fare, il gioco dei mimi?!- iniziò ad irritarsi Petra.

-Per mimare dovrei avere le mani libere- osservò Amabelle.

-Te lo scordi finché non mi rispondi- di solito Petra era indifferente ai piani, ma evidentemente come Norman era davvero preoccupata dal piano di oggi, e dato che suo fratello ne era l’obiettivo, era decisamente determinata a sventarlo. Il suo volto combattivo cozzava parecchio con la coroncina di mimose che aveva in testa, ma Norman non glielo fece notare per non rischiare a sua volta la vita. E poi era anche abbastanza impegnato a sua volta.

-Oh, Petra, hai dei gusti particolari, non me l’aspettavo- Amabelle cambiò del tutto tattica, e provò a rimorchiarla.

Petra arrossì leggermente, e la presa si fece meno salda.

Norman decise che le aveva sentite flirtare per abbastanza tempo.

-Va bene, indovino io. Vuoi scambiare il ghiaccio tra drink e acqua per far ubriacare Mirren- indovinò.

Petra e Amabelle si ammutolirono per qualche secondo.

-Come hai fatto a indovinare?!- 

-Sei completamente impazzita?!-

Dissero insieme. 

Dopo aver ricevuto la conferma, Norman sospirò.

-Va bene, Amabelle. Sai che ti sostengo sempre, e ti voglio bene eccetera, ma questo è decisamente troppo. Rischi di far chiudere il café. E tutto per far ubriacare Mirren? Ma non fai prima a mettere alcool nel suo bicchiere?- Norman non voleva che Mirren si ubriacasse, ma se proprio doveva accadere in un modo o nell’altro, preferiva l’altro modo, decisamente.

-Sono settimane che ci provo! Mirren è troppo attento! Ma se l’alcool è nel ghiaccio, lui non capirà mai la differenza!- Amabelle effettivamente aveva sollevato un buon punto, ma non bastava a convincere Norman a lasciarla fare.

E Petra era ancora più irremovibile.

-Amabelle, troveremo un’altra occasione, e se vuoi ti aiuto io, ma non oggi! Lasciali divertirsi. Se lo meritano- disse enigmatica.

-Perché?- chiese Amabelle, confusa.

Petra strinse i denti.

-Nessuno motivo particolare, ma sono stati entrambi molto stressati ultimamente, soprattutto Mirren. E non ti permetterò di rovinare la loro serata!- disse solo, stringendo la presa su di lei e lanciando un’occhiata preoccupata al fratello, che guardava Felix che nel frattempo stava raccontando una qualche stupida storia, e aveva un triste sorrisino divertito.

Nessuno al tavolo aveva notato la scaramuccia tra i tre. Probabilmente perché erano troppo distanti, o forse perché semplicemente li conoscevano troppo bene, soprattutto Amabelle, e non volevano immischiarsi.

La rossa sbuffò seccata, poi sospirò, rassegnata.

-Va bene, oggi mi prendo una pausa. Il mio piano perfetto, il mio punto di arrivo più grande, verrà rimandato di qualche settimana. Lo faccio solo per te, Tray. Mi devi… un drink!- dettò le condizioni Amabelle, melodrammatica.

-Anche dieci se mi prometti di non passarli poi a Mirren- acconsentì Petra.

-Parola d’onore di scout, non cercherò di offrire alcool a Mirren… oggi. Ora mi lasciate andare? Non respiro- Amabelle promise in tono sacrale, e i due amici la lasciarono, già pronti a riprenderla nel caso avesse cercato di scappare in cucina.

-Bene, torniamo al tavolo allora- Amabelle però sapeva quando fare un passo indietro (soprattutto se era Petra a farglielo fare) e si stiracchiò, indicando poi il tavolo.

Un vociare indistinto proveniente dalla cucina, però, li interruppe.

Roelke e Sonja stavano discutendo animatamente.

Amabelle strinse le braccia ai due amici e li trascinò con circospezione verso l’entrata della cucina, mettendosi in ascolto.

Norman e Petra, anche per controllarla, decisero di lasciarla fare.

Ma purtroppo la discussione era in tedesco.

-Qualcuno di voi sa tradurre?- chiese Amabelle, rivolta soprattutto a Norman.

In effetti lui l’aveva studiato come seconda lingua al liceo, ma non lo ricordava granché bene. 

Cercò comunque di concentrarsi per ricostruire il discorso dalle poche parole che sapeva.

-Stanno parlando di… Sonja scompare alcune mattine alla settimana, penso. E Roelke chiede se non sia con Max?- il discorso non sembrava avere molto senso.

-Pensi possano avere iniziato a vedersi off-screen?!- chiese Amabelle, illuminandosi.

Norman non ne era molto sicuro.

-No, Sonja ribatte che sta solo visitando la città, mi pare. E che… oh- non era certo di voler dire ad Amabelle la seconda cosa che aveva udito.

-Cosa?- indagò però lei, iniziando a preoccuparsi.

-Beh… potrei sbagliarmi perché l’accento è molto strano, o Sonja ha detto qualcosa sull’avere un ragazzo, o sul fatto che considera Max un pazzo- purtroppo nessuna delle due era granché positiva per i piani da matchmaker di Amabelle.

-Hai sicuramente sentito male! Forse intende dire che vorrebbe avere Max come ragazzo ma è troppo timida per provarci?- la ragazza cercò di vedere il bicchiere mezzo pieno.

-Oppure ha già un ragazzo ed è pazza d’amore per lui- Petra preferì vederlo mezzo vuoto.

-Oppure Sonja vorrebbe avere una conversazione privata con sua zia senza che qualcuno le spii- disse una nuova voce, alle spalle dei tre ragazzi, che li fece sobbalzare, e girare di scatto verso la fonte dalla quale proveniva.

-Max!- esclamò Amabelle, in tono acuto, colta sul fatto -Stavamo solo… io ero… volevamo… che ci fai qui?- chiese poi, cercando di sviare la conversazione.

Il ragazzo davanti a loro aveva un’espressione che Norman non credeva di avergli mai visto in viso.

Non era arrabbiata o cattiva, ma era dura, questo sì. E rigida.

Su chiunque altro, questa espressione non sarebbe stata granché preoccupante. Forse quasi rilassata. Ma su Max, stonava talmente tanto che Norman si sentì in colpa, a disagio, e quasi minacciato.

Certo che sapeva davvero intimorire, se ci si metteva.

Anche se le notifiche del telefono che suonavano ogni secondo abbassavano un po’ l’aura minacciosa.

-Sono venuto ad assicurarmi che non facessi qualche sciocchezza che avrebbe potuto mettere a rischio il café, e a mettere un po’ di musica. Felix mi ha richiesto un brano di musical- a metà frase, l’espressione di Max tornò quella gentile e rasserenante, con una rapidità che lasciò tutti un po’ intontiti.

Tutti tranne Amabelle, che probabilmente era abituata.

-Beh, ti lasciamo alla tua musica, e ti assicuriamo che non abbiamo fatto assolutamente nulla di male al bar, parola di scout- quest’ultima prese gli amici per le braccia e iniziò a trascinarli verso il tavolo, abbandonando del tutto il progetto matchmaker per la serata.

-Un momento… preferirei sentirlo da Norman e Petra- Max però la fermò sui suoi passi, rivolgendosi ai due.

-Non ha fatto niente, lo giuro sul mio onore- lo rassicurò Norman.

-Siamo riusciti a fermarla, grazie al cielo- gli diede man forte Petra.

-Siete i peggiori amici di sempre- si lamentò Amabelle, lasciando loro le braccia per incrociare le proprie, irritata e facendo il muso.

-Bene, mi rasserena- Max sospirò, sollevato, e prese il telefono che non la finiva di suonare, per dare un’occhiata ai messaggi.

-Posso chiederti chi ti scrive così insistentemente?- chiese Amabelle, tornando inconsapevolmente alla sua curiosità da matchmaker.

-Oh, niente. Il professore di arte greca e romana ha dato il mio numero a tutta la classe nel caso avessero domande sul corso, e mi stanno scrivendo tutti i massa per chiedermi le stesse cose, così ho creato un gruppo, e ora chiedono le stesse cose sia in chat privata che nel gruppo e sto cercando di rispondere a tutti- spiegò Max, armeggiando con il telefono.

-Oh, chiedono davvero solo domande sul corso?- Amabelle si fece sospettosa.

-Credo che un paio ci stiano provando con me, ma suppongo sperino di ottenere crediti extra o le domande degli esami. Purtroppo io non so le domande degli esami, e se anche le sapessi non le direi- l’ultima affermazione si guadagnò delle occhiate scettiche da tutti e tre.

Max se ne accorse, e tornò sui suoi passi, arrossendo appena.

-Okay, le direi, ma non le so per davvero. Sto provando a dirlo ai ragazzi ma nessuno ci crede- spiegò, un po’ irritato, rimettendo il telefono in tasca.

-Perché non silenzi le notifiche se ti danno così fastidio?- chiese Petra, ovvia.

Norman annuì. Sembrava la decisione più logica.

Max non rispose, e arrossì appena.

-Non dirmi che uno di loro ti piace?!- Amabelle strinse i pugni, prendendo l’ipotesi come un affronto personale.

-No! Certo che no! Non ne conosco nessuno, anche se…- la sua voce si abbasso leggermente, un po’ imbarazzata -…c’è un ragazzo che speravo mi contattasse. Ci siamo scontrati il primo giorno, ma non penso di avergli fatto una buona impressione- ammise, un po’ nervoso.

-E allora lascialo perdere e pensa a Sonja!- Amabelle alzò la voce, proprio mentre la citata usciva dalla cucina, quasi andando a sbattere contro di loro, e tenendo la caraffa d’acqua e i primi drink tra le mani.

-Sacrebleu!- esclamò lei, rischiando di perdere l’equilibrio.

Con riflessi degni di un supereroe, Max le prese il vassoio tra le mani per facilitarle il compito. Petra la rimise in piedi prima che potesse cadere.

Ottimo lavoro di squadra.

-Scusa, Sonja, eravamo troppo vicini alla cucina. Hai bisogno di aiuto?- chiese Max, preoccupato per lei, e tenendo il vassoio con una mano sola in perfetto equilibrio.

-Nein… grazie. Goditi la serata libera- Sonja gli sorrise e riprese il vassoio, senza aggiungere molto altro.

Sembrava molto distratta e nervosa.

-È successo qualcosa tra voi?- chiese Amabelle, preoccupata.

-Sì… no! No, niente di grave. Siamo buoni amici- Max lasciò perdere l’argomento, e si allontanò dal trio per scegliere una canzone al jukebox.

Amabelle sbuffò, e incrociò le braccia.

-Che pizza, le mie coppie di punta per il mese sono messe peggio che mai! Norman, devi impegnarti di più a far funzionare l’effetto Norman- Amabelle si rivolse a lui con occhi che mandavano scintille.

-Se sapessi cosa fosse, certamente mi impegnerei- si difese il ragazzo, ben poco convinto.

-Torniamo al tavolo- li incoraggiò poi Petra, precedendoli.

Loro la seguirono ubbidienti.

Se solo Amabelle avesse saputo come stavano le cose in realtà.

L’effetto Norman, dopotutto, non funziona se cerchi di forzarlo. È una legge che agisce da sola nei modi più inaspettati.

Può far trovare due persone nello stesso luogo quando una parla di un messaggio importante che vorrebbe ricevere dall’altra.

Può istigare due persone a litigare proprio quando altre tre sono abbastanza vicine da ascoltare.

O può approfittare della distrazione di una povera ragazza ignara, e fare in modo che ella scambi inavvertitamente due buste di ghiaccio, provocando una crisi alcolica senza precedenti.

Insomma, cose così.

 

Mirren si stava decisamente rilassando e divertendo. Non se lo aspettava proprio. Sperava davvero di riuscire a distrarsi da Fallon, ma non credeva che ce l’avrebbe fatta per davvero. 

E invece eccolo lì, rilassato e divertito da ogni sciocchezza che usciva fuori dalla bocca del festeggiato, alias suo migliore amico, alias unico e grande amore della sua vita. 

No, aspetta, non era il caso di pensare a lui in questo modo, sarebbe stato fraintendibile.

Prese un altro sorso d’acqua. Le due enormi brocche erano state consumate quasi tutte, e non solo da lui. La maggior parte della Corona Crew, dopo qualche drink, aveva deciso che era meglio non intossicarsi troppo, e si era ripiegata sull’acqua.

Beh, tutti tranne Felix, che probabilmente stava cercando di distrarsi buttandosi nell’alcool.

Almeno non si esimeva dal mangiare, quindi non rischiava un coma etilico.

Mirren non riusciva a staccare gli occhi da lui. Era davvero bellissimo quel giorno. Beh, lo era sempre, oggettivamente, ma quel giorno anche di più. Forse principalmente perché Mirren non si frenava dal guardarlo ininterrottamente per imprimere nei suoi occhi ogni singolo dettaglio.

Al momento stava parlando con Diego di sorelle, mostrando un’immagine di Tender al cellulare. Sembrava davvero orgoglioso.

-Sta migliorando un sacco. Adora dipingere! Secondo me diventerà più brava di me un giorno- stava raccontando.

Mirren dubitava che sarebbe diventata anche solo la metà di Felix. Era bravissima e aveva passione, ma Felix alla sua età era molto più sul pezzo. E le sue abilità di disegno erano migliori di quanto se ne desse credito. Era ben più di una passione, per lui.

-Coco invece si è presa la fissa che da grande vuole diventare una strega. Che cucciola- ricambiò Diego, pensando alla sua sorella piccola.

-Voglio avere una figlia, un giorno- commentò Felix, con sicurezza, guardando con affetto le foto sul telefono.

Mirren ce lo vedeva molto, in effetti. Quasi si immaginava Felix in compagnia di una ragazzina bionda come lui, o con i capelli rossi come Tender. Avrebbe così tanto voluto crescere una figlia al suo fianco.

 -Anche io! Un sacco di figli- gli diede manforte Diego, annuendo in tono solenne.

Erano entrambi parecchio brilli.

-Io no! Voglio viaggiare, non avere marmocchi appresso- si intrufolò nel discorso Clover, dando due botte sulle spalle di Diego come a rimproverarlo per qualcosa.

-Puoi sempre viaggiare mentre io resto a casa con i figli- propose quindi Diego, riflettendo.

-Aww, quanto siete carini. State insieme da pochi giorni e già pensate a mettere su famiglia- Amabelle li guardò con occhi a cuore, abbracciandosi per far capire meglio il suo punto.

-Ew, no!- obiettò Clover, facendo una smorfia.

-Stiamo parlando del futuro, Amy- le sorrise Diego, rilassato.

Mirren prese un altro sorso d’acqua, e controllò la situazione nel resto del tavolo.

Petra stava raccontando qualcosa, e faceva il gesto di menare qualcuno, cosa così comune nei suoi racconti da brilla che Mirren non aveva idea di quale fosse l’argomento. Norman la ascoltava annuendo appena. Sembrava il meno ubriaco lì dentro.

Oltre a Mirren naturalmente. Mirren non aveva toccato neanche un goccio di alcool, non poteva essere ubriaco. Era logica pura.

Max guardava il telefono con grande sofferenza.

Mirren riuscì a sentire mentre faceva un audio per qualcuno:

-Ragazzi, per favore smettetela. Sono a una festa e non ce la faccio più a ripetere le stesse cose! Non so le domande dell’esame. Quando le saprò ve le dirò… ma per favore non ditelo al professore o mi licenzia- stava dicendo. Era estremamente onesto quando beveva troppo.

Mathi stava mostrando trucchi di magia a Denny, e ogni tanto abbandonava la magia per fare uno scherzo a qualcuno, soprattutto Amabelle, che però rideva sempre, e non se la prendeva mai.

Denny lo guardava affascinato e ammirato.

Probabilmente era la stessa espressione che Mirren aveva assunto per tutta la serata nei confronti di Felix, effettivamente.

-Non ho la più pallida idea da dove sia uscito questo coniglio- stava commentando Mathi sorpreso, dopo aver tirato fuori un coniglietto bianco vivo dal cappello di Max.

E onestamente neanche io scrittrice so cosa ci facesse un coniglio bianco nel cappello di Max.

-Vorrei tanto essere gay per uscire con te- commentò invece Denny, ignorando la questione coniglio e guardando Mathi sognante.

Strano che fosse così ubriaco, aveva preso solo un drink più acqua.

-Anche io vorrei essere gay per uscire con te…- commentò Mathi, facendogli un occhiolino e avvicinandosi.

-Tu sei gay, Mathi- gli ricordò Clover, prendendogli il coniglio dalle braccia e iniziando ad accarezzarlo con affetto.

-Evviva!- esclamò Mathi, esultando all’informazione -Meglio, non mi piaceva essere etero- 

-Uff, beato te. Io sono ancora etero- Denny si abbandonò sulla sedia, deluso.

-Forse i drink che ho ordinato erano troppo forti per loro- una voce all’orecchio di Mirren lo distolse dall’ascolto, e lo fece sobbalzare leggermente.

Felix si era piegato verso di lui, e gli stava così vicino che per poco le teste non sbatterono tra di loro.

-O non reggono l’alcool abbastanza bene- rispose, arrossendo senza motivo per la vicinanza ma cercando di mantenere una certa compostezza.

-Comunque sono felice che tutti si stiano divertendo. Tu ti stai divertendo?- Felix gli posò la testa sulla spalla, e Mirren si abbandonò al contatto come se non desiderasse altro.

In effetti non desiderava altro, da circa vent’anni, ma dettagli.

-Tanto, forse troppo. Sono felice di stare qui con te- borbottò, senza controllare le parole prima che uscissero dalle sue labbra.

Sicuramente erano ottime parole poco fraintendibili, vero?

-Awww, che carino che sei- commentò Felix, accarezzandogli la spalla con un movimento del viso. Come un cane che cerca affetto dal proprio padrone.

Il primo istinto di Mirren era di accarezzargli la testa, ma si trattenne appena in tempo, e si limitò a prendere un altro lungo sorso d’acqua, per avere qualcosa da fare.

…per qualche motivo l’acqua aveva un sapore un po’ strano.

Forse si stava ammalando.

-Ragazzi, ho un annuncio da fare!- Amabelle si mise in piedi sulla sedia e cercò di attirare l’attenzione del tavolo.

Dato che in piedi o seduta non c’era troppa differenza, ci mise un po’ a farsi sentire da tutti.

Felix non alzò la testa dalla spalla di Mirren, e guardò l’amica curioso.

Mirren continuò a guardare Felix.

Aveva troppa voglia di sistemare il ricciolo biondo che gli era caduto davanti agli occhi.

-A dire il vero non ho proprio un annuncio, ma credo che sia arrivato il momento della torta e dei regali!- esclamò Amabelle gioiosa, saltando con foga e cadendo malamente dalla sedia.

-Ahia…- commentò Max empatico, massaggiandosi la spalla come se fosse capitato a lui.

-Sto bene!- li rassicurò Amabelle, rimettendosi seduta un po’ acciaccata, e facendo cenno a Sonja, che arrivò con la torta e ventisei candeline che già si stavano sciogliendo completamente sulla glassa.

-Awww, una torta a forma di pizza, che bella!- Felix fece il cenno di asciugarsi le lacrime di commozione. Se Mirren avesse dovuto scegliere, probabilmente avrebbe fatto una torta con il disegno della notte stellata di Van Gogh, ma anche la torta pizza era una scelta eccellente. 

Si unì agli altri nel coro di “Tanti auguri”, ma non trattenne uno sbuffo un po’ seccato quando, per spegnere le candeline, Felix risollevò la testa.

-Esprimi un desiderio!- lo incoraggiò Amabelle, battendo le mani eccitata.

Felix ci pensò un po’, lanciò una veloce occhiata verso Mirren, scosse appena la testa, e soffiò, spegnendole tutte in un colpo solo.

Fu acclamato da vari applausi.

-E ora i regali. Noi tutti abbiamo messo i soldi per prenderti un regalo- Amabelle passò oltre, spiegando la situazione mentre prendeva in mano un coltello.

-Lascia, taglio io la torta- Norman la intercettò, togliendole il coltello tra le mani.

Era il più in sé, in mezzo a loro, e neanche Amabelle ebbe nulla da obiettare.

-Aww, che carini, non dovevate- sminuì Felix. Mirren sapeva, e intuiva dagli occhi brillanti, che era felicissimo che gli avessero fatto un regalo.

-Invece sì. E il regalo è questo!- con reverenza, Amabelle tirò fuori dal vestito una busta. 

O almeno… provò a tirare fuori una busta, probabilmente, ma rimase a mani vuote.

-Dove l’ho messa?- chiese tra sé, controllando le tasche e la borsa.

-Oh, ops, scusa. L’ho rubata prima per farti uno scherzo, è questa?- Mathi tirò fuori una busta rosa piena di cuori molto piena.

-Cosa? No! Quello è il mio nascondiglio per il calendario delle coppie! Dov’è la busta azzurra di Felix?!- Amabelle iniziò ad irritarsi, e fulminò Mathi con lo sguardo.

-Aspetta, forse lo so!- Mathi prese il coniglio di prima dalle mani di Clover, e gli aprì cautamente la bocca.

Il coniglietto sembrava molto mansueto e tranquillo. Fece fare senza alcun problema.

-Ecco qui!- Mathi tirò fuori praticamente dal nulla la busta, perfettamente integra e cinque volte la dimensione della bocca del coniglio.

-Magia!- esclamò poi, mentre la porgeva con referenza verso Amabelle, che gliela strappò dalle mani guardandolo storto.

-Sei fantastico!- Denny esaltò l’amico debolmente. Era a malapena capace di intendere e di volere. Ubriaco come una spugna. 

Ma comunque non ancora a livelli eccessivamente preoccupanti, sperava Mirren.

-Beh, ecco qui il nostro regalo- Amabelle porse la busta verso Felix, che la prese con occhi ancora più brillanti.

-Che figo! Era dentro la bocca di un coniglio!- esclamò, esaltato, prima di aprirla.

Mirren si sporse oltre la sua spalla per controllare, e rimase piacevolmente stupito dalla scelta effettuata.

-Un buono annuale per la galleria d’arte?! Ma è meraviglioso! Grazie ragazzi!- esclamò Felix, illuminandosi, e mandando baci a tutti quanti.

-C’è anche un libro con opere d’arte da colorare, era compreso con l’abbonamento- gli fece notare Clover, che nel frattempo aveva ripreso il coniglio e lo stava accarezzando insieme a Denny.

-Te l’ho detto che avrei fatto un regalo bellissimo, Mirren- Amabelle, orgogliosa di sé, fece una linguaccia a Mirren, che però non colse, troppo impegnato a pensare a quanto felice e bello fosse Felix.

-Uh?- quest’ultimo si girò verso Mirren, confuso -Pensavo fossi stato tu a sceglierlo- commentò.

-Cosa? Ma no! Ti pare. Io ho fatto un regalo a parte- Mirren fu quasi offeso dall’insinuazione.

Tsk, come se il più grande e caro amico di Felix si limitasse a mettere i soldi per un regalo di gruppo. Era ovvio che avesse un regalo singolo.

Aveva sempre un regalo singolo, e Felix questo doveva ben saperlo.

Si piegò oltre la sedia per controllare nella borsa, e tirò fuori un grosso pacchetto con tanto di lettera annessa.

Per poco non cadde dalla sedia per mancanza di equilibrio improvvisa, ma alla fine riuscì nella durissima impresa di porgere il regalo verso Felix.

-Da parte mia- disse, con serietà.

Il sorriso di Felix aveva raggiunto intensità mai viste prima.

Prese per prima cosa il biglietto, e iniziò a leggerlo ad alta voce.

-“Così Tender ne avrà una tutta sua”? Che significa?- dapprima Felix ridacchiò, inarcando le sopracciglia, poi il sorriso si spense, e lanciò un’occhiata preoccupata verso Mirren -Non è quello che penso sia, vero?- cercò di farsi rassicurare, ma il volto di Mirren era una maschera di ferro.

-Oh, no! È esattamente quello che penso che sia!- la voce di Felix si alzò di un’ottava, e tornò al regalo con attenzione, come se temesse di romperlo con la sola forza del suo sguardo.

Mirren era sorpreso di aver lasciato trasparire la verità. Forse Felix lo conosceva così bene da riuscire a leggere le microespressioni del suo volto.

In realtà, sebbene Felix in effetti lo conoscesse bene abbastanza, chiunque avrebbe capito la verità, perché Mirren aveva fatto un risolino ovvio, e aveva anche annuito in modo piuttosto evidente, senza accorgersene.

Felix strappò la carta troppo emozionato, e non trattenne un acuto stile Amabelle alla vista di cosa c’era dentro.

-Cos’è? Cos’è? È davvero all’altezza di un abbonamento alla galleria d’arte?!- Amabelle si sporse di nuovo verso l’amico, rischiando nuovamente di cadere ma venendo presa all’ultimo da Petra.

-Il miglior modello di tavoletta grafica con schermo in circolazione. Uscita da poco e che costa una fortuna. Sono mesi che metto da parte i soldi per comprarla. Non ci credo!- Felix stava quasi piangendo per la felicità, e senza pensarci posò il regalo sul tavolo e lanciò le braccia al collo di Mirren per ringraziarlo.

In circostante normali, lui si sarebbe ritirato, soprattutto perché stavano davanti ad Amabelle, e lei era capace di tirare fuori il telefono per fare foto e video anche in pochissimi secondi.

Ma, stupendosi anche lui perché teoricamente quelle dovevano essere circostanze normali, si ritrovò a ricambiare l’abbraccio, non trattenendo un profondo respiro soddisfatto.

-Ti adoro, Mirr. Sei il migliore!- esclamò Felix, staccandosi e guardandolo dritto negli occhi, restando a pochi centimetri dal suo viso.

-Che giornata pessima!- sbuffò invece Amabelle, delusa dal non aver scelto il regalo migliore del gruppo. Ed essere seconda su due non era proprio meraviglioso.

-Non dovresti esultare perché una delle tue coppie preferite si è appena abbracciata?- le fece notare Norman, indicando i due.

Amabelle si gonfiò di scatto, già con il telefono in mano, ma era troppo tardi per scattare una foto o fare un video.

Ritornò ad autocommiserarsi.

-Già, giornata pessima- sbuffò di nuovo.

-Ora che i regali sono stati dati, a qualcuno va di ballare? Sono stanco di stare seduto- Diego prese un bicchiere d’acqua e indicò la zona vicino al jukebox.

Felix si girò immediatamente verso Mirren, speranzoso.

In effetti a Mirren andava di ballare un po’, ma scosse la testa, più per abitudine che per altro.

Ora che ci pensava, iniziava a girargli un po’ la testa. Forse era meglio prendere una boccata d’aria.

Mentre metà gruppo si alzava per ballare o si faceva convincere ad alzarsi per ballare, Mirren si alzò per uscire.

-Mirr, tutto bene?- chiese Felix, un po’ preoccupato.

-Sì, sì, prendo un po’ d’aria- lo rassicurò lui, finendo il bicchiere d’acqua e uscendo.

Oh, non aveva neanche preso la torta. Che peccato.

Una volta fuori, il mal di testa non cessò, e la musica che si sentiva anche da lì di certo non aiutava.

Era tutto molto strano. Sentiva i suoni leggermente attutiti ma allo stesso tempo sembravano rimbombargli in testa. La vista era decisamente annebbiata, e aveva una voglia matta di ballare con Felix.

Provò a togliersi gli occhiali per pulirli, ma erano già del tutto puliti.

Forse aveva ragione, si stava ammalando.

Troppo stress accumulato.

Dopotutto, che altre spiegazioni potevano esserci.

A meno che…

-Hey, Mirr, ti ho portato un pezzo di torta, ti va?- la voce di Felix alla porta d’ingresso lo distrasse dai suoi pensieri, e Mirren si girò a guardarlo, sorridendogli senza riuscire a trattenersi.

-Oh, sì, grazie Felix. Stavo giusto pensando che mi sono dimenticato di prenderla- 

-Tu che ti dimentichi qualcosa? Stai bene, Mirr?- Felix si sedette accanto a lui sulla panchina del cortile sul retro, porgendogli il piatto.

Faceva freddo, ed erano gli unici abbastanza impavidi da essere lì.

Se non ci fosse stata la musica, sarebbe stato un momento perfetto.

-Non lo so. In realtà penso di no. Sono confuso, mi gira un po’ la testa e ho strani pensieri- ammise Mirren, confuso, iniziando a mangiarla.

Wow, era buonissima!

Felix aggrottò le sopracciglia, e portò con attenzione la mano sulla fronte di Mirren, come a controllargli la febbre.

-Sei un po’ caldo, effettivamente, ma i sintomi sono più quelli da ubriacatura che da febbre- commentò, ritirando la mano e mangiando anche lui un pezzo di torta.

Mirren iniziò a ridacchiare.

-Ma che dici, ho bevuto solo acqua- gli ricordò, ovvio.

-Già, strano- Felix era troppo brillo per pensare troppo, e decise di lasciar perdere e limitarsi a stare accanto all’amico nel caso fosse stato peggio.

Finirono le loro torte in silenzio, e misero da parte i piatti.

Mirren si preparò a vedere Felix tirare fuori una sigaretta, ma l’amico lo stupì.

Iniziò a battere con i piedi a ritmo della canzone appena iniziata, agitando anche la testa.

-Non fumi?- chiese quindi Mirren, sorpreso.

-No, non mi va. Sono troppo felice oggi- ammise Felix, girandosi verso di lui e regalandogli un enorme sorriso.

Fu allora che Mirren capì cosa stesse succedendo.

Era un sogno! Ecco perché era tutto così strano.

Che fortuna, poteva tranquillamente incoraggiare Felix senza temere ripercussioni.

Ricambiò il sorriso, e decise di lasciarsi andare.

-Vuoi ballare?- chiese a Felix, indicando lo spiazzo vuoto tra i tavoli, per la prima volta felice che la musica fosse così alta.

Felix lo guardò confuso per qualche secondo, come se non avesse capito bene.

-Cosa?- chiese, per sicurezza.

-Vuoi ballare? So che adori questa canzone- Mirren si alzò, si lisciò i pantaloni, e porse la mano verso il migliore amico, che la guardò come se venisse dallo spazio.

-Lo faresti davvero?- chiese Felix, sollevando la mano a sua volta, ma un po’ restio a prendere quella dell’amico.

-Certo! È il tuo compleanno. Mi va di ballare con te- Mirren alzò le spalle.

Era solo un sogno e poteva dire e fare quello che voleva. Adorava i sogni così, erano i suoi preferiti.

Felix sorrise incredulo, e prese la mano di Mirren per poi alzarsi in piedi.

Mirren non si ricordava nemmeno l’ultima volta che si erano tenuti per mano. Probabilmente erano piccoli. Forse era stato proprio quel fatidico giorno in quarta elementare, quando la sua cotta per Felix era cominciata portandolo verso la distruzione.

Non era del tutto importante, dato che era solo un sogno e aveva preso Felix per mano un sacco di volte nei suoi sogni, ma per qualche strano motivo, questa volta era molto più bella del solito.

La mano di Felix era un po’ sudata, e davvero calda, ma era anche forte, e Mirren poteva chiaramente avvertire il piccolo callo dello scrittore che aveva sull’anulare sinistro.

Strinse la mano con forza, cercando di avvertire ogni dettaglio.

Felix arrossì, e iniziarono a ballare.

Erano decisamente impacciati, poco coordinati tra loro, ma si divertirono, Felix soprattutto.

Riuscì persino a far girare Mirren su sé stesso, rischiando che cadesse ma prendendolo poi al volo.

Alla fine della canzone, più che ballare stavano ridacchiando tra loro per la loro terribile impacciatezza.

-È stato il più bel ballo della mia vita- commentò Felix, asciugandosi le lacrime per il troppo ridere.

-Persino meglio di Melany?- indagò Mirren, scettico.

-Mille volte meglio- Felix gli fece un occhiolino rassicurante, e sebbene Mirren sapesse perfettamente che quello era solo il suo inconscio che cercava di farlo contento, fu decisamente orgoglioso della risposta.

Anche se la testa gli girava decisamente più di prima.

Si appoggiò a Felix per non cadere, e lui lo tenne ancorato al suo posto.

-Checché ne dica tu, io sono piuttosto convinto che tu sia ubriaco- ammise, un po’ incerto, accompagnandolo su una panchina.

-No, no- Mirren scosse la testa. Sarebbe stato del tutto illogico. Prese il Felix del suo sogno per un braccio e lo avvicinò in modo che potesse sussurrargli dritto nell’orecchio.

-Questo è un sogno- confessò con estrema sicurezza, a voce bassa, sperando che il suo inconscio non lo svegliasse per essersene accorto perché non voleva assolutamente svegliarsi da quel meraviglioso sogno con Felix.

Felix lo guardò divertito, cercando di non ridere.

-Ah ah- finse di dargli man forte -Figo, allora che vuoi fare, visto che siamo in un sogno? Volare?- chiese, prendendogli però il polso come a cercare di evitare che ci provasse.

Non avrebbe dovuto. Mirren adorava volare nei sogni, ma preferiva passare quello con i piedi per terra, insieme a Felix.

-No, volare è bello ma non mi va oggi. Mi gira troppo la testa. Se provassi a volare mi sveglierei- agitò la mano davanti a sé, come ad archiviare l’idea.

-Sei proprio esperto di sogni. Va bene, allora che vuoi fare?- Felix lo guardava divertito. Forse si stava un po’ approfittando della situazione, effettivamente, ma era la prima volta in vita sua che vedeva Mirren ubriaco, e non era neanche abbastanza lucido da aiutarlo. Preferiva godersi ogni momento e segnarselo per prenderlo poi in giro il mattino successivo.

Probabilmente Felix sobrio non avrebbe preso in giro Mirren, ma Felix ubriaco aveva tutta l’intenzione di farlo.

Ma Mirren non fece niente che meritasse prese in giro, anzi, tutt’altro.

Guardò Felix con attenzione, poi un punto sopra la testa di Felix.

-Voglio toccarti i capelli- disse dopo una pausa fin troppo lunga.

Il tono era molto serio, come se stesse dettando la lista della spesa, e non facendo una richiesta decisamente strana.

-Cosa?- chiese Felix, preso in contropiede, e allontanandosi leggermente.

Non era pronto ad affrontare un gay panic. Era abituato a un Mirren che gli rompeva ogni speranza, non uno che gli faceva salire le speranze alle stelle.

-Ho sempre voluto farlo. Sembrano così morbidi. E ogni volta quando mi sveglio mi dimentico che sensazione danno- Mirren alzò la mano per toccare i capelli dell’amico, come spinto da una trance, ma Felix gliela fermò a mezz’aria, troppo agitato e brillo per pensare lucidamente.

-Lo hai sognato altre volte?- indagò, senza sapere come sentirsi al riguardo. Se felice, sorpreso o deluso o qualcosa di più appropriato. Era completamente frastornato da quella situazione assurda.

-Spesso, e di solito tu sei molto più…- Mirren si bloccò, sbiancò, e ritirò la mano -Oh, è uno di quei sogni…- disse poi, deluso, prendendosi il volto tra le mani.

-“Quei sogni”?- chiese Felix, confuso.

-Quelli reali- rispose Mirren, senza però dare molte altre informazioni -Voglio svegliarmi- si abbracciò poi, a disagio.

Felix non riuscì a vederlo così.

Aveva tante domande, ma non credeva che sarebbe riuscito ad ottenere risposte, e non era neanche abbastanza lucido da frenare Mirren, portarlo a casa, e parlargli direttamente il giorno successivo.

Sapeva che se ne sarebbe pentito, ma era il giorno del suo compleanno, e decise di approfittarne, e lasciarsi andare.

-Non volevo dire che non puoi, puoi toccare i miei capelli quando vuoi. Non devi neanche chiederlo- gli prese il polso, e lo guidò verso i propri capelli.

Il volto di Mirren si accese di speranza, e affondò le dita nei boccoli biondi di Felix, sorridendo poi come un bambino che ha appena trovato il suo gioco preferito.

Felix chiuse gli occhi e assecondò il suo tocco, godendosi ogni istante.

Mai, in tutta la sua vita, avrebbe pensato di vivere un momento di tale profondità e intimità con Mirren, ed era molto, molto meglio di quanto avrebbe mai potuto immaginare.

E Mirren la pensava allo stesso modo.

Non ricordava la sensazione che provava nei suoi sogni, ma era piuttosto certo che non si era mai avvicinato a quello che provava in quel momento.

I capelli di Felix erano morbidi, forse un po’ gellati, e sembrava di toccare la lana di una pecora. Ma la parte migliore era la reazione di Felix, come assecondava il movimento, e quanto felice sembrasse.

MIrren lo vide socchiudere la bocca, lo sentì emettere un sospiro soddisfatto.

Mirren aveva troppo mal di testa per pensare.

E in ogni caso era un sogno.

La musica ormai non era che un rumore attutito.

Erano soli.

Il vento accarezzava dolcemente i loro volti.

Ed era solo un sogno.

Nient’altro che un sogno, senza conseguenze.

Mirren si avvicinò lentamente a Felix, con tutti quei pensieri che gli sfioravano la mente, e lo baciò.

Mirren non aveva mai baciato nessuno prima, ma aveva immaginato quel momento un centinaio di volte.

Beh, in realtà aveva già dato un bacio, ma non credeva di poterlo considerare tale.

In ogni caso niente avrebbe potuto prepararlo all’esplosione di sensazioni che germogliarono in lui.

Il cuore iniziò a battere così forte che Mirren era certo che si sarebbe svegliato presto, o sarebbe esploso, svegliandolo in ogni caso.

Le labbra di Felix erano morbide, e sapevano di torta.

Era strano, umido. Oggettivamente non era il tipo di contatto e sensazione che Mirren avrebbe voluto provare.

Ma ora che la stava effettivamente provando, con Felix, non aveva la minima intenzione di staccarsi.

E Felix, dopo un attimo di esitazione, iniziò a ricambiare.

Prese le redini, avvicinandosi a Mirren e mettendo le mani sulle sue spalle.

Non si rendeva del tutto conto di cosa stesse succedendo, ma sapeva che il suo desiderio di compleanno si era appena avverato nonostante il suo scetticismo al riguardo.

Stava baciando Mirren, stava davvero baciando Mirren.

Voleva urlare, piangere di gioia e abbracciarlo, ma per farlo avrebbe dovuto staccarsi, e non aveva la minima voglia di farlo, sebbene i loro nasi stessero cozzando, e l’aria iniziava a farsi carente.

Quello sì che era un bel sogno.

…un momento, ma quello non era un sogno.

Era Mirren a credere che lo fosse.

E Mirren lo aveva baciato credendo fosse un sogno!

Perché?!

Felix riuscì a recuperare abbastanza lucidità mentale da scansare l’amico. Forse con più forza di quanta avrebbe dovuto metterci, ma cercando di essere tra i due quello con la testa sulle spalle, anche se di solito quello era il compito di Mirren.

-Che c’è?- Mirren lo guardò confuso, e decisamente intontito.

Le guance erano tinte di un certo rossore, e la bocca era ancora semiaperta. Era piegato in avanti come se volesse continuare.

Felix avrebbe voluto assecondarlo con tutto il suo cuore.

-Che stai facendo?- chiese però, senza fiato, sperando di ottenere risposte, e fallendo nel non sembrare troppo agitato.

Mirren piegò la testa, confuso.

-Mi godo il mio sogno- alzò le spalle, cercando di tornare a baciare Felix, che però a malincuore lo scansò, e lo tenne fermo per le spalle, lontano da lui.

-Mirren, che faresti se ti dicessi che questa è la vita reale?- chiese, anche se temeva decisamente la risposta.

-Non ti bacerei- rispose infatti Mirren, un po’ confuso.

-Perché allora vuoi baciarmi in sogno?- Felix davvero non capiva il suo ragionamento, e iniziava ad avere a sua volta parecchio mal di testa.

Anche Mirren sembrava abbastanza provato dal ragionamento, e si prese la testa tra le mani.

-Non lo so, non mi importa. Almeno nei sogni posso tranquillamente ammettere che ti am…- la confessione da ubriaco di Mirren venne prontamente interrotta da Felix, che gli mise una mano davanti alla bocca.

Era sbiancato, e non aveva la minima intenzione di sentire il resto.

Non con Mirren così. Non senza la certezza che lo intendesse per davvero.

Non poteva sopportare l’idea di darsi false speranze.

Mirren gli lanciò uno sguardo interrogativo, quasi offeso per l’interruzione.

-Dimmelo domani, va bene? Adesso… non voglio sentirlo così- chiese, togliendo lentamente la mano per permettergli di replicare.

-Domani non te lo dirò, ovviamente. Non te lo direi mai se non fossi in un sogno- il tono di Mirren era mortalmente serio.

Felix sentì il cuore spezzarsi, ma decise di vedere la situazione con logica. E voleva soprattutto concentrarsi sul positivo. Forse Mirren era solo insicuro, e il giorno successivo ne avrebbero parlato e tutto sarebbe andato bene. Si scansò, e si alzò.

-Ti riporto a casa- incoraggiò l’amico a rialzarsi, e Mirren lo guardò ancora confuso dalla conversazione.

-Non sei come il solito Felix- commentò.

-Mi dispiace non essere il tuo ragazzo dei sogni- borbottò lui, prendendo i piatti vuoti e porgendo la mano libera a Mirren per aiutarlo ad alzarsi.

Mirren la afferrò senza esitazione.

-In realtà sei molto meglio del solito. Sei bellissimo- commentò, con un sincero sorriso.

Felix deglutì nervosamente, arrossendo fino alle radici dei capelli.

Forse era giusto ricambiare l’affetto.

-Anche tu Mirren. Sei fantastico, e baci anche molto bene- ammise, sorreggendolo stretto a sé e aiutandolo a rientrare.

-Anche tu, questo è il più bel sogno della mia vita- Mirren chiuse gli occhi e poggiò la testa sulla spalla di Felix, facendosi quasi trascinare.

-E questo è decisamente il mio miglior compleanno- borbottò lui, poggiando i piatti vuoti sul tavolo e chiamando un taxi.

Quasi nessuno era abbastanza sveglio o sobrio da accorgersi di loro, quindi li salutò appena, prima di salire sul taxi, in compagnia di Petra, che subito crollò sul sedile del passeggero.

Mirren abbracciò Felix e fece altrettanto, e quest’ultimo rimase tutto il tempo ad osservarlo, sfiorandosi le labbra dove avvertiva ancora il dolce bacio che si erano scambiati.

Nonostante i suoi propositi di non darsi false speranze, sperava davvero, con tutto il cuore, che quello sarebbe stato l’inizio di qualcosa di meraviglioso. Che il giorno successivo la loro vita avrebbe avuto un enorme punto di svolta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Il mio capitolo preferito!!!!!!!!

WOW!!! MERAVIGLIOSI!!!

No, ma sul serio, ho amato questo capitolo dalla prima all’ultima parola. Infatti ci ho messo pochi giorni. Ora che ho finito con gli esami sicuramente pubblicherò più spesso, in generale.

Sebbene cominci con una grande tristezza, mi piace come è uscito il paragrafo di Fallon, stemperato dell’audio di Amabelle e i progetti del compleanno. Mi piace molto anche lo scontro nel gruppo matchmaker e Amabelle che decide di farsi da parte per una volta. 

Ci sono anche interessanti situazioni sul caso Sonja, nella sua discussione con la zia. Che ella sia contro Max. Pare strano visto che sembrano avere un buon rapporto. Oppure Norman ha tradotto male?

Ma la parte migliore parte dal punto di vista di Mirren.

Scrivere di loro ubriachi è stata l’esperienza più bella del mondo, soprattutto la parte a caso del coniglio.

La mia ipotesi è che sia scappato da qualcuno e abbia cercato rifugio nel cappello di Max. 

Ma la parte davvero bella è stata il momento Ferren finale.

Mirren e Felix sono fantastici, e a differenza del gioco di coppia, sono orgogliosa di come questa scena sia uscita.

Sperando che nonostante io sia Miss Single da tutta la vita, con la stessa esperienza in relazioni di Denny, sia riuscita a rendere in modo realistico un bacio.

E tutto quello che c’è stato dopo.

Diamine, ragazzi, tanta roba. 

Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto quanto a me, e spero che la storia in generale continui a piacervi.

Un bacione e alla prossima :-*

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: I postumi della sbornia si fanno sentire nel gruppo. Felix prova a confrontare Mirren. Clover si risveglia in camera di Diego.

 

 

ANNUNCIO IMPORTANTE!!

Ho preparato un sondaggio sulla storia, completamente sicuro, anonimo, e ci vuole meno di un minuto. Sarà importante per un prossimo capitolo. Mi farebbe davvero piacere se lasciaste un feedback: Sondaggio

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Capitolo 14
*** I postumi della sbornia ***


I postumi della sbornia

 

 

Sabato 9 Marzo 

Il suono della sveglia fu per Mirren come una martellata in testa. Non aveva mai provato un tale fastidio in vita sua, ne era piuttosto certo.

Inoltre aveva un terribile saporaccio in bocca, una sete tremenda, e la luce che filtrava dalle tende era troppo forte per i suoi poveri occhi stanchi.

A tentoni cercò di spegnere la sveglia, e per poco non cadde dal letto perché si era inavvertitamente arrotolato tra le coperte.

Ma che diamine era successo la sera prima?! Perché stava così?!

Spense con difficoltà la sveglia e rimase qualche secondo in contemplazione, godendosi il meritato silenzio ma infastidendosi quando sentì un uccellino fuori dalla finestra che cinguettava, i passi felpati di Petra nella camera accanto, e i versi di balena che Bonnie usava per dormire.

Si buttò il cuscino sopra la testa per attutire i rumori o in alternativa soffocarsi, e cercò di connettere il cervello, con ben poco successo.

La testa pulsava furiosamente, facendogli sentire il proprio battito in gola. Era una sensazione davvero orribile.

Non ce la faceva ad andare a lavoro così. Era palesemente malato, forse addirittura da ricovero. A malapena riusciva ad aprire gli occhi. Cercò a tentoni il telefono cellulare, e solo allora, mentre iniziava a prendere controllo di sé e di ciò che lo circondava, si rese conto di essere ancora vestito di tutto punto, e stava anche sudando della grossa.

Certo che Felix poteva anche togliergli almeno il golfino.

…un momento, perché Felix avrebbe dovuto togliergli il golfino? Cosa c’entrava Felix in quella storia.

Beh, non era importante, doveva chiamare a lavoro e prendersi un giorno di malattia. Gli scocciava davvero tanto, ma non aveva altra scelta. Avrebbe recuperato martedì pomeriggio, o quella domenica. Sempre se si fosse rimesso. Sempre se non fosse morto per una malattia incurabile, dato che stava davvero davvero male, troppo male.

Preso il telefono in mano, se lo portò sotto il cuscino, e per poco non venne accecato dalla luminosità al massimo, che si affrettò ad abbassare.

Ah, era già abbassata al minimo.

Ma che diamine gli stava succedendo?!

Coprendosi al meglio gli occhi cercò il numero del suo supervisore, ma per fortuna intercettò un messaggio di suo padre, che gli era stato inviato poco prima del suono della sveglia.

“Figliolo, considerata la tua situazione ieri sera ho proceduto a prendere per te un giorno di malattia. Ma non ti abituare a questo favoritismo. Sono felice che tu ieri ti sia divertito, ma spero che in futuro non tornerai ubriaco prima di un giorno lavorativo. Rimettiti”

Oh, bene, non doveva neanche chiamare il supervisore, poteva tranquillamente tornare a dormire.

…un momento.

Ubriaco?! 

Ma che diamine?!

Ma quando era successo?! E come?! E perché?! E cosa…?

Mirren non si ubriacava mai, MAI! L’ultima volta che era successo aveva rischiato di fare il più grosso sbaglio della sua vita, e tutto avrebbe voluto meno che replicare.

Posò il telefono in un angolo e iniziò a massaggiarsi gli occhi e la testa, per riordinare le idee e cercare di lenire il fastidio del dopo-sbornia.

In effetti, ora che ci pensava, anche l’unica altra volta che si era ubriacato aveva sperimentato quelle sensazioni. E non erano di certo sensazioni che avrebbe voluto ripetere.

Quindi non aveva senso pensare che avesse deliberatamente bevuto pur sapendo perfettamente che era una pessima e terribile idea, soprattutto dato che era il compleanno di Felix, e l’ultima cosa che avrebbe voluto era rovinargli la festa.

E infatti, più cercava di ricordare la serata appena passata, meno gli veniva in mente un momento in cui avesse consumato alcool.

Aveva bevuto solo acqua, ne era piuttosto certo.

E quindi l’unica conclusione logica era che non aveva, in fin dei conti, deliberatamente bevuto.

-Amabelle…- borbottò tra sé, digrignando i denti al pensiero dei tiri mancini della rossa. Questo era davvero un brutto tiro. Il peggiore che avesse mai fatto. Gliel’avrebbe fatta pagare cara.

Abbandonò la ricerca dei ricordi di bevuta, e cercò di pensare a cos’altro fosse successo, ma era tutto troppo annebbiato per fargli avere un’idea chiara.

L’unica cosa che ricordava per certo era un bellissimo sogno, uno dei più belli che avesse fatto da qualche anno a quella parte.

Aveva troppa stanchezza e mal di testa per riflettere con chiarezza sulla sbornia, quindi decise di concentrarsi sul sogno e addormentarsi così.

Avrebbe pensato alle vendette una volta più sveglio e lucido.

Si rigirò nel letto, sempre tenendo il cuscino come casco, e pensò a quel bellissimo sogno.

Era incredibile quanto reale fosse sembrato. Lui e Felix, il ballo, i capelli, il bacio. Erano proprio fuori dal Corona, sembrava quasi un continuo della serata, effettivamente. E sebbene Felix l’avesse scansato, non l’aveva mai baciato così negli altri sogni. Se si concentrava, riusciva ancora a sentire la sensazione delle sue labbra sulle proprie.

Solo un’altra volta aveva avuto un sogno così lucido, ma la trama questa volta era molto più bella.

La volta prima aveva soltanto scritto parecchie lettere d’amore che non aveva spedito.

E ora che ci pensava, era esattamente lo stesso giorno che si era ubriacato per la prima e sperava ultima volta.

Che incredibile coinciden… 

Aspetta…

No!

La consapevolezza, frutto di un flusso di pensieri incontrollato, lo colpì come un pugno in pieno stomaco, così forte e devastante da fargli quasi male fisico.

Si mise a sedere di scatto, mentre i dettagli della serata gli tornavano alla mente, e per qualche secondo gli mancò il respiro, la testa girò molto più forte, e una nausea improvvisa per poco non lo fece correre in bagno, fermato solo dal suo essere ghiacciato, immobile, sul posto, come una statua.

Si portò le mani alla bocca, sconvolto.

Era quello il vero motivo per cui non si ubriacava.

Non per il dopo sbornia, quello non era nulla.

Ma credeva sempre di essere in un sogno, e non avere conseguenze, e finiva sempre, sempre, per combinare un casino.

La prima volta aveva scritto solo qualche lettera, perché Felix non c’era e aveva preventivamente fatto nascondere il telefono da Petra.

Ma questa volta, questa volta aveva effettivamente superato il limite.

Aveva baciato Felix, gli aveva quasi confessato i suoi sentimenti, e lui lo aveva respinto.

Mirren avrebbe dovuto essere felice che l’avesse fatto, perché almeno l’amico gli aveva impedito di fare altro di cui si sarebbe pentito, ma non sarebbe mai dovuto arrivare a quella situazione, mai, in tutta la sua vita.

E Amabelle gliel’avrebbe pagata carissima, carissima! Se mai avesse chiesto la benedizione per stare con Petra, Mirren non gliel’avrebbe data, anzi, avrebbe rovinato il loro matrimonio, tiè!

Okay, no, quello era un pensiero davvero infantile, ma stava decisamente andando nel panico!

La sua unica speranza era che Felix avesse bevuto troppo per ricordare la serata, ma da come si era comportato, le probabilità erano molto poche.

Mirren tornò sotto al cuscino, la testa che pulsava così forte che non si sarebbe stupito se fosse esplosa da un momento all’altro, e quasi lo sperò, perché ora come ora, non voleva neanche pensare alle conseguenze delle sue azioni, a quello che Felix avrebbe fatto, o detto, o cosa Mirren gli avrebbe potuto rispondere.

Lo aveva baciato, diamine! Aveva fatto ciò che aveva sempre voluto fare, da anni, ma ne era completamente atterrito, terrorizzato. Per tutti quegli anni aveva resistito con ogni briciolo di autocontrollo, ed era caduto così, per colpa di acqua corretta in qualche modo?! L’universo aveva davvero un pessimo modo di prenderlo in giro.

Si consolava con il fatto che, almeno quella giornata, non avrebbe dovuto confrontarsi con Felix.

Era al sicuro nel suo letto, protetto dal suo amato cuscino, e sarebbe rimasto lì il più tempo possibile, ad elaborare una strategia per fingere che non fosse successo assolutamente nulla di male… assolutamente nulla in generale.

Amabelle aveva parlato di una macchina per cancellare la memoria, qualche giorno prima, forse poteva chiederle un approfondimento.

…no, era ancora delirante. Chiedere consiglio ad Amabelle? Mai e poi mai!

Cercò di togliere ogni pensiero negativo dalla testa e dormire. Doveva assolutamente dormire, per svegliarsi più lucido e magari rendersi conto che, in fin dei conti, era davvero stato solo un sogno.

Un bel sogno molto realistico.

E dopo qualche minuto di controllo del respiro e meditazione mentale, era quasi riuscito a convincersi che Felix non esistesse, e che l’amico stesso fosse solo il frutto di un sogno durato vent’anni.

Un amico immaginario. Forse era schizofrenico. Sì, dai, fingiamo che sia così, è molto più facile che accettare la verità.

E stava quasi per cadere nel dolce regno di Ipnos, quando sentì la porta aprirsi lentamente, e qualcuno entrare, a passi troppo pesanti per i suoi gusti.

Avrebbe potuto tranquillamente fingere di stare già dormendo, e avrebbe risparmiato molta sofferenza a sé stesso, alla persona appena entrata, ai lettori e a me, ma era così irritato dal rumore, che non pensò neanche per un istante di aspettare e ignorare il nuovo venuto.

Inoltre, per qualche strano motivo era certo che fosse Petra.

-Vuoi fare più piano?! Sto cercando di dormire!- bofonchiò, irritato.

-Oh, scusa. Fammi solo posare il rimedio per la sbornia e vado via- sussurrò l’ultima voce che Mirren avrebbe voluto sentire in quel preciso momento.

-Felix!- esclamò, scioccato, girandosi un attimo a guardarlo ma incapace di mantenere lo sguardo su di lui. Tornò quindi sotto le coperte. Codardo, forse, ma era più forte di lui.

-Wo, non così forte, Mirr, anche io sto superando una sbornia- ridacchiò Felix, avvicinandosi un po’ al letto e poggiando un bicchiere sul comodino.

Mirren si ritirò per mettere più distanza possibile tra di loro, ma l’amico non sembrò notarlo, e si sedette sul bordo del letto, ignaro che il ragazzo avviluppato tra le coperte fosse ai limiti di un attacco di panico.

-Stai bene?- chiese quindi, un po’ incerto, provocando l’attacco di panico.

Perché dal tono di voce, Mirren capì immediatamente che Felix ricordava. Ricordava tutto, ogni singola parola, gesto e momento.

Era difficile dichiararlo da una domanda del genere, ma Mirren ne era certo, lo sapeva e basta!

E non aveva la più pallida idea di come agire.

-Stanco- rispose, in uno sbuffo, cercando di guadagnare tempo.

-Immagino, era tardi ieri sera. Ed è stata una serata piena di eventi, suppongo- Felix si sistemò meglio sul letto, dandogli le spalle, e iniziò a torturarsi le mani.

Oh, no! Voleva entrare nel discorso! Perché adesso?! Non lo vedeva che Mirren era incapace di affrontare l’argomento?!

-Suppongo…- sussurrò quest’ultimo, cercando il modo migliore per evitare di parlare di un evento in particolare -…ma non è che ricordi molto- mentì quindi, restando immobile nella speranza di non dare a vedere la sua bugia.

-Oh, davvero?- indagò Felix, in tono impossibile da decifrare.

-Beh, ricordo vagamente la torta e… un coniglio forse. Magari me lo sono solo sognato- in effetti che stranezza quel coniglio. Forse aveva ragione a credere che la sera prima fosse stata tutta un sogno.

-Ah… beh… okay…- la voce di Felix era un sussurro. Mirren non lo stava vedendo (non credeva di essere fisicamente in grado di guardarlo) ma avvertì dai movimenti del letto che fosse decisamente agitato.

-Perché, è forse successo qualcosa di particolare? Credo che se fosse importante me lo ricorderei- disse irritato, cercando di far trasparire quanto poco volesse affrontare l’argomento. Felix era parecchio ricettivo al riguardo, di solito. Perché adesso faceva il finto tonto e insisteva così tanto sulla questione?!

-Sì, infatti, sicuramente. Probabilmente non è successo nulla, hai ragione- Felix smise di muoversi, e gli diede man forte.

Mirren non riusciva a decifrare il suo tono, e non aveva ancora la forza di voltarsi a guardarlo in faccia per analizzare la sua espressione.

E comunque anche Felix gli stava dando le spalle, quindi non ci sarebbe riuscito.

-Perché, che pensi sia successo?- Mirren avrebbe dovuto concludere il discorso facendo finta di nulla, ma non riuscì a trattenersi dall’indagare.

Non voleva che Felix ammettesse che si erano baciati, ma forse, in modo un po’ sadico, voleva spingerlo a negare tutto. Conosceva il migliore amico, e sapeva come spingere in alcuni punti. Non lo faceva mai, in genere, e odiava chi provava a manipolarlo. 

Ma era nel panico, disperato e aveva la necessità di cancellare, definitivamente, in ogni modo, la serata del giorno prima, o almeno l’ultima parte.

Felix fece un leggero sospiro, a malapena percettibile.

-No, niente. Neanche io ricordo molto- mentì. Mirren sapeva che mentiva, ma finse di crederci -Anzi speravo che tu potessi dirmi qualcosa al riguardo. Ricordo la torta, e i regali, e qualche discorso, ma è tutto molto annebbiato, e dopo la torta ho un vuoto totale- spiegò meglio, a bassa voce. Le orecchie di Mirren apprezzarono il tono, e il cervello di Mirren le informazioni. Ma lo stomaco di Mirren sembrò stringersi, e il suo cuore stava gridando.

Mirren, come sempre, lo ignorò.

-Beh, peccato. Probabilmente siamo solo tornati a casa- provò a suggerire.

-Già, o mi sono fumato prima una sigaretta conclusiva- continuò Felix.

-Probabile, conoscendoti- l’aria iniziava a farsi leggermente meno pesante, ma Mirren non riusciva comunque a smuoversi dalla sua posizione di protezione. E non riusciva, non riusciva proprio a guardarlo, neanche di sfuggita.

-Comunque il rimedio è di mia madre, è ottimo per placare il mal di testa- Felix cambiò argomento, e probabilmente indicò il bicchiere che aveva posato sul comodino.

Il messaggio era chiaro “Ti prego guardami, anche solo un secondo mentre prendi il bicchiere” ma Mirren non ci riusciva. 

-Grazie mille, e ringrazia anche Johanne- disse solo. Aveva immaginato la scena di lui che prendeva il bicchiere nella sua testa, e solo il pensiero di guardare Felix gli aumentava la nausea per quello che aveva fatto.

-Oh, e già che ci sono, volevo ringraziarti del regalo. Probabilmente l’ho fatto anche ieri ma è il caso di ricordartelo. L’ho apprezzato davvero un sacco- Felix si stava aggrappando con tutte le sue forze a nuovi argomenti di conversazione, cercando una scusa qualunque per restare. Forse sperando di tornare alla conversazione principale, in un modo o nell’altro.

Ma Mirren non voleva ricordare. Anche la scena del regalo era troppo dolorosa per lui. Come Felix lo aveva stretto in un abbraccio, e di come lui avesse ricambiato. 

-Non serve ringraziarmi, è stato un piacere- disse solo, in tono di congedo.

Ma Felix non lo recepì.

-Anche Tender ne era felicissima, dato che ora avrà la mia tavoletta vecchia. E ti chiede se vorresti accompagnarla insieme a me al corso di pittura, questo martedì- propose, un po’ nervoso.

-Mi dispiace, ma devo lavorare, devo recuperare l’assenza di oggi- Mirren fu sollevato dall’avere la scusa pronta. Proprio non aveva intenzione di fare qualcosa con Felix tanto presto. Doveva prima riflettere e dimenticare l’accaduto.

Era un brutto istinto che si trascinava sempre dietro, e che ancora non aveva la forza di superare.

-Oh, peccato. Va bene. Ti lascio riposare allora. Domani sei dei nostri a pranzo, per festeggiare il mio compleanno con la famiglia?- Felix fece la domanda come se la risposta fosse scontata, e probabilmente, per un Mirren che non ricordava nulla della notte prima, la risposta sarebbe davvero dovuta essere scontata.

-Ho paura che mio padre abbia già organizzato qualcosa per domani, ma ti farò sapere- disse invece, segnandosi mentalmente di convincere suo padre a fare qualcosa insieme il giorno successivo, per evitare a tutti i costi casa Durke.

-Okay- il tono di Felix era chiaramente deluso, anche un po’ ferito. Mirren fu pervaso dal senso di colpa, ma non fece niente per rassicurarlo -Allora io vado. Rimettiti dal dopo sbornia- sentì il letto liberarsi di un peso, e passi felpati raggiungere in fretta la porta.

-Ciao Felix- Mirren riuscì almeno a salutarlo, cercando di farlo il più calorosamente possibile.

-Ciao Mirren, fai bei sogni- ma il tono di Felix era gelido, e l’accusa fin troppo evidente.

-Speriamo, ieri notte ho fatto un incubo- rispose Mirren, sollevando un muro gigantesco tra lui e Felix. 

Si pentì della frase due secondi dopo averla pronunciata, ma ormai il danno era fatto.

Felix uscì dalla stanza in fretta e senza dire una parola, e Mirren riuscì finalmente a girarsi, e guardò la porta dalla quale era appena uscito, che aveva lasciato socchiusa. 

La loro relazione era sul filo del rasoio, e Mirren non aveva idea di come sistemare le cose.

Maledetta Amabelle, era tutta colpa sua!

 

Maledetta Amabelle, era tutta colpa sua!

Quando Petra si era svegliata, quella mattina, con la testa più pulsante del solito e ricordi più annebbiati, ci aveva messo ben poco a fare due più due, e si sentiva decisamente tradita.

Era convinta che Amabelle avesse davvero fatto un passo indietro e rinunciato all’idea di far ubriacare suo fratello.

E invece Mirren si era ubriacato come mai prima d’ora, aveva probabilmente detto qualcosa di strano a Felix e alla ragazza non era sfuggito di come Felix fosse uscito da casa loro quasi singhiozzando.

A lei non era mai piaciuto particolarmente, ma era come un fratello maggiore indesiderato, purtroppo, e non voleva che lui e Mirren litigassero, soprattutto perché quest’ultimo aveva bisogno di Felix.

Era l’unica persona che riuscisse davvero a far stare Mirren a suo agio.

E in quel periodo, con Fallon a cui rimanevano probabilmente pochi mesi di vita, se tutto andava bene, il lavoro e Bonnie, che era molto peggio delle solite mogli del loro padre, Mirren aveva bisogno di sentirsi a suo agio più che mai.

Quindi Petra, da brava sorella protettiva che smaltiva le sbornie come una campionessa, stava procedendo a passo di marcia verso Amabelle per fargliela pagare in qualche modo e affrontarla sull’argomento.

Perché era convinta che fosse stata Amabelle a correggere i drink, ma prima di toglierle il saluto voleva almeno sentire la sua versione, anche solo per sentire la sua voce un’ultima volta, perché la cotta che aveva verso l’amica era ancora molto forte.

Ma la famiglia prima di tutto, e poi, se Amabelle era davvero la responsabile, significava che aveva mentito e ingannato Petra, cosa che la ragazza non poteva sopportare. Amabelle aveva tanti difetti, ma era onesta, almeno nelle cose davvero importanti, e non tradiva mai la fiducia delle persone con trucchi e inganni.

Una volta giunta davanti alla piccola casa dell’amica, Petra iniziò a battere alla porta con forza, anche se era convinta che ad aprirle sarebbe stata Rose, dato che era sabato e teoricamente non lavorava.

Rimase stupita quando invece, all’aprirsi della porta, sulla soglia c’era Amabelle, con i capelli scompigliati e intrecciati, il trucco sbavato ovunque, e il pigiama spiegazzato.

-Tray, ti prego, puoi fare meno rumore, sono devastata- borbottò, supplicante e stanca.

Tutta la rabbia di Petra sembrò evaporare. Amabelle non aveva la faccia di una che aveva corretto i drink, quanto piuttosto una a cui il drink era stato corretto.

Ma poteva non significare niente. Forse si era auto-corretta per evitare di sembrare colpevole.

Cercò di aggrapparsi alla sua rabbia, e incrociò le braccia, seccata.

-E certo che sei devastata, dopo aver corretto i drink!- l’accusò, senza frenare il volume della voce, che fece tappare con forza le orecchie di Amabelle, che si ritirò infastidita.

-Eh? No, ho solo bevuto troppo, perché avrei dovuto correggere i drink? Bastava ordinarne di più- Amabelle rispose con ovvietà, appoggiandosi alla porta per via del poco equilibrio.

Petra iniziò a pensare di aver preso un granchio. Di solito Amabelle non era così brava a mentire. O meglio, sicuramente era una brava attrice, ma quando combinava un guaio si capiva palesemente che era lei la colpevole, anche quando cercava in tutti i modi di negarlo.

Cercò comunque di premere sulla questione, per togliersi ogni dubbio.

-Hai corretto la brocca d’acqua facendo ubriacare tutti quanti, vuoi forse negarlo?- l’accusò, mettendo in gioco ogni carta, anche per evitare che continuasse a fare la finta tonta.

Amabelle sbatté gli occhi un paio di volte, poi piegò la testa. Si avvicinò leggermente a Petra come se cercasse di capire meglio quello che aveva detto, e infine, dopo almeno un minuto, sobbalzò, e spalancò gli occhi, sembrando d’un tratto molto più sveglia.

-Che cosa?! Qualcuno ha corretto la brocca d’acqua facendo ubriacare tutti quanti?! Ma è fantastico! E Mirren? Si è ubriacato anche Mirren? In effetti ieri era un po’ strano, ma aspetta, pensi che sia stata io? Non è vero! Cioè, lo volevo fare, ma ti avevo dato la mia parola di scout che non l’avrei fatto, e non l’ho fatto, te lo giuro!- Amabelle, ormai del tutto sobria a caso, iniziò a saltellare da una parte all’altra, cercando di raccapezzarsi con la situazione, e dopo un iniziale sbigottimento, Petra abbandonò definitivamente la rabbia che provava per lei.

Perché era ovvio che non ne sapesse assolutamente niente.

Amabelle non aveva mai fatto la scout, ma per qualche strano motivo dava sempre la parola di scout, e di solito non infrangeva mai la parola di scout.

-Va bene, ma se non sei stata tu, chi è stato?- Petra iniziò a scervellarsi. Amabelle non era solo la principale sospettata, ma l’unica. Nessuno aveva motivo di correggere la loro brocca dell’acqua di proposito.

-…in effetti è strano. Sarà stato il nostro angelo custode, o il coniglio di Mathi- commentò Amabelle, surclassando la questione con un’alzata di spalle, poco interessata al come e più interessata alle conseguenze.

-Allora, dobbiamo cercare di ricordare cosa è successo. Vediamo…- Amabelle prese Petra per un braccio e la trascinò dentro.

-Aspetta, non voglio disturbare Rose, o i gatti- provò a ribattere lei.

-Mia madre è a correre, e i gatti…- Amabelle provò a convincerla a restare, ma proprio mentre iniziavano ad avviarsi in camera della fulva, il miagolio basso e minaccioso di Key, il gatto più aggressivo, interruppe entrambe sui loro passi.

Le guardava con occhi cattivi, pelo ritto, e la coda che andava da una parte all’altra.

-…ripensandoci, forse sarebbe meglio fare una passeggiata fuori- Amabelle cambiò idea al volo, prese in fretta le chiavi, e scappò trascinando Petra poco prima che il gatto iniziasse a inseguirle chiamando a raccolta i suoi figli.

Una volta fuori dalla porta e al sicuro, Petra scansò la mano, che mise in tasca, un po’ imbarazzata da essersi fatta tenere da Amabelle per tutto quel tempo.

-Si può sapere cos’ha che non va quel gatto?- chiese, per stemperare la tensione, lanciando alla casa un’occhiataccia.

-Guarda, non lo so. Mi odia… in realtà mi odiano un po’ tutti i gatti, ma mia madre li adora quindi li sopporto. E comunque di solito mi ignorano. Ma Key odia essere svegliato di prima mattina- spiegò Amabelle, iniziando a camminare e prendendo il telefono.

Era scalza e in camicia da notte, ma non sembrava affatto importarle.

Petra iniziò a sentirsi in colpa per essere stata così veemente, prima.

Si tolse la giacca.

-Scusa se sono piombata così, ma ero davvero arrabbiata- ammise, mettendo la giacca sulle spalle dell’amica, per darle un po’ di calore.

Amabelle se la strinse, e si esibì in un grande sorriso.

-Tranquilla, è più che comprensibile. Pensavi avessi infranto una promessa. E comunque sono felice che mi hai dato questa bella notizia. A proposito, sai se è successo qualcosa tra Mirren e Felix?- chiese Amabelle, saltellando per non avere i piedi troppo freddi.

Petra esitò. Non era certa di voler condividere la notizia che i due si erano lasciati malissimo, quella mattina, e comunque non sapeva esattamente cosa fosse successo la sera prima, così decise di restare vaga.

-Non credo che l’alcool abbia funzionato come speravi tu- ammise, dispiaciuta.

-Oh…- Amabelle si fermò un attimo, delusa, ma dopo qualche secondo tornò a saltellare -Vabbè, non fa niente. Almeno abbiamo tolto una possibilità dalla lista. E poi Mathi e Denny hanno dato grandi soddisfazioni, e anche Clover e Diego- cercò di vedere il bicchiere mezzo pieno.

-Beh, Clover e Diego stanno già insieme- le fece notare Petra.

-Sì, ma mettere insieme è la parte più facile. Ora devono rimanerci, e hai visto come ridevano ieri, mentre confabulavano tra loro e giocavano con il rossetto? Adorabili- camminando, le due ragazze raggiunsero la casa degli Sleefing.

Amabelle si fermò e le lanciò un’occhiata.

-A proposito, Mathi e Denny sono andati via insieme, credi che siano insieme anche ora?- ipotizzò, scavalcando il recinto e avvicinandosi alla finestra della camera dei ragazzi per controllare.

-Amabelle!- Petra provò a fermarla. Va bene che lei e gli Sleefing si conoscevano da sempre ed erano vicini di casa, ma non poteva comunque intrufolarsi in quel modo!

E poi la casa era circondata da un grande giardino e Amabelle era scalza. Rischiava che la pungesse qualche ape o che si pungesse con un arbusto spinoso.

Amabelle però era decisamente sicura, e si affacciò senza pudore alla finestra, sorprendendosi non poco da ciò che trovò.

-Petra, non c’è nessuno!- commentò, incoraggiando l’amica a raggiungerla, e mostrando la stanza buia e vuota.

I letti erano perfettamente in ordine, e sembrava che nessuno avesse passato la notte lì.

-Max è probabilmente già andato a lavoro, ma Denny?- chiese Amabelle, pensierosa.

-Forse Mathi l’ha ospitato nella sua stanza- suggerì Petra, alzando le spalle.

Sembrava la scelta più logica, dopotutto. Ieri sera si era fatto tardi, e il dormitorio dell’università era il posto più vicino al Corona. Inoltre Denny aveva paura di prendere i taxi troppo tardi. Magari Mathi lo aveva ospitato per la notte.

Petra non ci vedeva assolutamente nulla di male.

Amabelle si illuminò, e guardò Petra con occhi furbetti.

-Pensi anche tu quello che penso io?- chiese, portandosi le mani alla bocca fintamente scandalizzata (e realmente eccitata).

-…no- ammise Petra, senza capire il suo ragionamento.

-Due ragazzi, ubriachi, che sono attratti l’uno dall’altro. Come potrebbe finire?- ammiccò Amabelle, maliziosa.

Petra si ritirò, disgustata dall’immagine che si era infilata prepotentemente nella sua testa. Non aveva proprio voglia di immaginare i due amici (soprattutto Denny) in una situazione simile.

-Avrei preferito non pensare quello che pensi tu- confessò, scuotendo la testa per cancellare l’immagine.

Amabelle le diede qualche pacca sulle spalle.

-Goditi l’immagine della vittoria!- esclamò in tono solenne.

Petra non se la voleva affatto godere, ma non riusciva più a non visualizzare Mathi e Denny abbracciati in un letto troppo stretto per loro intenti a fare cose non adatte al rating di questa storia.

 

Mathi e Denny erano abbracciati in un letto decisamente troppo stretto per loro, ma non erano assolutamente intenti a fare cose non adatte al rating di questa storia. L’immagine era infatti ben lontana da quella trionfante che Amabelle e Petra avevano immaginato.

Denny non lasciava andare Mathi, questo era vero, ma era più come se si stesse aggrappando a lui per evitare di cadere, dato che erano in un letto a castello.

Perché Mathi aveva una camera condivisa, e gli era capitata la sfortuna di avere il letto di sopra.

Inoltre un coniglio bianco stava dormendo sulla fronte di Denny, e gli aveva scompigliato i capelli e riempiti di peli.

E Mathi era più fuori che dentro al letto, tenuto su solo da una gamba messa in maniera strategica, ed entrambi russavano della grossa.

Amabelle, che si era professata devastata, era fresca come una rosa rispetto a loro, che avevano passato la fine della serata, appena giunti in camera, a vomitare e tenere i capelli l’uno dell’altro.

Che dire, non lo reggevano affatto l’alcool.

Sarebbero probabilmente rimasti lì tutto il giorno a dormire, se Mathi non avesse spostato inconsciamente la gamba, unico suo sostegno dal non cadere.

Mentre la gravità iniziò a funzionare, Mathi si svegliò di scatto, e si aggrappò alla prima cosa che trovò, che si rivelò essere Denny.

Risultato: si ritrovarono entrambi a terra dopo una pessima caduta, e l’unico a salvarsi fu il coniglio, che ebbe l’accortezza di saltellare all’ultimo e posarsi elegantemente sul cuscino.

-Wo! Oh! Cosa?! Ugh!- Denny, nell’ordine, si svegliò urlando per la caduta, arrossì quando si ritrovò addosso a Mathi, sbiancò nel rendersi conto di dove fosse, e si prese la testa dolorante tra le mani. Tutto nella manciata dei secondi che ci vollero a Mathi per farsi schiarire la vista, dato che aveva leggermente sbattuto la testa già non troppo ben messa.

Provò a parlare, ma in assenza di qualcosa da dire, borbottò una qualche scusa a caso cercando di riacquistare le capacità mentali.

-Cosa è successo ieri?- bofonchiò invece Denny, seppellendo il volto nel petto di Mathi cercando un riparo dal sole o un posto morbido dove far riposare la testa.

-Qualsiasi cosa sia successa sono pronto a scommettere che sia stata colpa di Amabelle- provò a supporre Mathi, con voce impastata.

-Conoscendola è più che probabile- ridacchiò Denny, stringendosi di più contro di lui.

Mathi lo lasciò fare, cercando una posizione più comoda a terra per rimettersi a dormire. Era una posizione niente male, dopotutto.

Purtroppo Denny, sebbene con una certa lentezza, sembrò rendersi conto, finalmente, della situazione, e dopo aver sgranato gli occhi, si auto spinse via dall’amico, cercando di mettere più metri possibili tra di loro e diventando di un vispo color borgogna in ogni zona di pelle visibile.

-Oddio mi dispiace!- esclamò in tono così acuto da essere quasi non udibile al genere umano.

Tono che infastidì le orecchie di entrambi, che le coprirono con un grugnito.

-Per cosa?- chiese Mathi, confuso, approfittando di non avere più il peso dell’amico addosso per mettersi seduto e guardarlo meglio, anche se la stanza era ancora molto sfocata.

-Non lo so… ma mi sembrava giusto chiedere scusa… come sono finito qui? Perché dormivamo insieme? La testa mi pulsa terribilmente e non ricordo nulla- Denny seppellì il volto tra le braccia sull’orlo di una crisi isterica. Era convinto che Mathi potesse sentire il battito del suo cuore incessante e deciso a fracassargli la cassa toracica.

Ma Mathi in realtà non sentiva assolutamente nulla, tranne il pulsare della propria testa.

Neanche lui ricordava granché, ma cercò di fare un piccolo sforzo.

-Allora, credo che abbiamo festeggiato il compleanno, bevuto un po’ troppo, e poi ti ho portato qui perché era troppo tardi per chiamare un taxi- cercò di mettere insieme i pezzi e fare un quadro generale.

Mano a mano che si abituava alla luce e schiariva la mente, iniziava ad essere più lucido e iniziava a recuperare i ricordi della serata.

-È stato davvero gentile da parte tua- Denny mostrò gli occhi, per trasmettergli tutta la sua gratitudine, e Mathi per poco non perse un battito mentre gli tornava alla mente come il ragazzo di fronte a lui lo avesse guardato per tutta la serata.

Era come nei film, gli stavano venendo i cosiddetti “flashback del Vietnam”, tutti insieme, e che riguardavano solo Denny. Solo che a differenza del Vietnam, quei ricordi erano decisamente piacevoli.

Non riuscì a non arrossire al pensiero di alcuni commenti decisamente fraintendibili, e Denny sgranò gli occhi.

-Oh no! Ho fatto qualcosa di disdicevole?!- chiese, preoccupato, alzando di nuovo la voce di un’ottava.

…disdicevole?

Come riusciva Denny a raggiungere sempre nuovi livelli di adorabilità? 

Mathi cercò comunque di evitare il discorso perché non voleva imbarazzarlo inutilmente per qualcosa che non aveva potuto troppo controllare.

Era solo ubriaco, dopotutto, mica intendeva davvero tutto quello che aveva detto e fatto.

Che poi non era stato neanche granché, a dirla tutta.

-No, no, niente. Sono solo imbarazzato perché sono io a non essermi troppo regolato, ieri sera- beh, non era una cosa del tutto lontana dalla verità.

Ci aveva dato giù pesante con stupidi trucchi di magia e scherzi, soprattutto ad Amabelle. Non sapeva perché aveva preso di mira proprio lei, dato che gli stava davvero simpatica. Forse perché aveva capito che era quella che più difficilmente si sarebbe infastidita? O forse per vendicare tutte le volte che aveva messo in imbarazzo Denny?

-Che hai fatto?- chiese quest’ultimo, sporgendosi leggermente verso di lui in tono confidenziale e curioso.

-Ho… fatto comparire dal nulla un coniglio?- Mathi arrossì ancora di più, e mentre un ricordo lo colpiva come un fulmine, alzò la testa, per trovarsi a fissare il coniglio bianco che si era ritrovato ad adottare.

-Cosa?!- Denny seguì l’indicazione del suo sguardo e sobbalzò quando incrociò gli occhi scuri e intelligenti dell’animale che li guardava col piccolo nasino rosa che tremava leggermente.

-Ah!- esclamò, sorpreso -E questo da dove è uscito?!- chiese poi, tornando a fissare Mathi, che non sapeva se spaventarsi o scoppiare a ridere.

-Dal cappello di Max- rispose, alzando le spalle. Era una sua abitudine fare trucchi di magia mentre era ubriaco e non aveva la più pallida idea di come li facesse riuscire. Era però abbastanza certo che quella volta ci fosse stata solo una incredibile coincidenza. 

Denny lo guardò con le sopracciglia inarcate, evidentemente aspettandosi una spiegazione più forbita, ma Mathi non aveva molto altro da aggiungere. 

Fu salvato dalla porta che si apriva, quasi sbattendo contro Denny, che però fu più veloce e saltò addosso a Mathi per farsi proteggere. Per poi togliersi immediatamente e preferire mettersi dietro di lui, sempre più rosso.

Ad aprire la porta si rivelò essere il compagno di stanza di Mathi: Duke Keaton. Simpatico ragazzo di 21 anni che a prima vista sembrava dimostrarne di più ed era a volte fin troppo rigido. E la sua rigidezza si notò immediatamente, dall’aspetto perfettamente ordinato, con i capelli castani eccezionalmente pettinati e la camicia minuziosamente stirata, allo sguardo di sufficienza che lanciò ai due non appena entrò.

-Mi fa piacere che vi siate svegliati da soli. Ero giusto entrato per provare a studiare un po’- disse, prendendo un sorso di caffè.

-Mi dispiace tanto scusami non volevo essere di impiccio me ne vado immediatamente!- iniziò a borbottare Denny, provando ad alzarsi ma venendo fermato da Mathi, che sorrise al compagno di stanza.

-Ci dai qualche altro minuto per svegliarci?- chiese semplicemente. Duke sospirò, e annuì.

-Va bene, ma tra cinque minuti ritorno- dettò le regole, uscendo nuovamente, non prima di aver lanciato a Mathi un’occhiata ammonitrice che Denny non colse o non riuscì a capire.

In effetti Denny era troppo impegnato a cercare le sue cose sparse per la stanza per preoccuparsi del nuovo venuto, e il rossore era sempre più presente sul suo volto.

Mathi, un po’ più tranquillo, prese il telefono e sistemò un timer per essere sicuro dei minuti che avevano.

-Certo che poteva essere più gentile. Ha visto quanto stavamo male ieri sera- borbottò, stiracchiandosi e controllando il boccolo che gli era spuntato per la caduta.

-Ci ha visto?!- esclamò Denny, preoccupato -Cavolo! Spero non abbia pensato nulla di male!- la sua paranoia colpì Mathi peggio di quanto avrebbe pensato. E Mathi già si era rassegnato all’eterosessualità di Denny.

Cercò di non apparire troppo deluso.

-Nah, Duke è a posto, e gli ho già parlato di te, sa che siamo solo amici- lo rassicurò, dandogli una pacca sulla spalla.

Denny tirò un forse troppo profondo sospiro di sollievo, e rallentò la sua ricerca sfrenata.

-Sembra un tipo serio- commentò, indicando la porta dove il coinquilino era sparito.

Mathi alzò le spalle, e prese il coniglio dal letto per controllare le sue condizioni.

-Sì, e tranquillo. Più simpatico di come sembra, in realtà- commentò, poco interessato -Secondo te dovrei tenerlo?- chiese poi, analizzando il pelo del coniglio per cercare qualche chip di localizzazione o targhetta con il nome.

-Beh, è il tuo coinquilino, non credo che puoi semplicemente sfrattarlo- commentò Denny, anche se l’idea non gli dispiaceva.

-Che? No! Intendevo il coniglio- Mathi indicò l’animale, che si faceva toccare tranquillamente e sembrava apprezzare tutte quelle attenzioni.

-Oh! Non avevo capito, scusa. Beh, non so. Se è di qualcuno dovresti darlo al legittimo proprietario, e poi puoi tenere animali nel dormitorio?- chiese Denny, iniziando a vedere i pro e i contro.

-Un coniglio non da fastidio, posso sempre nasconderlo da qualche parte se qualcuno viene a controllare, e poi…- il ragionamento di Mathi si interruppe quando notò una targhetta sulla zampa del coniglio. Era scappato da un allevamento di massa, e se lo riportavano indietro avrebbe avuto i giorni contati.

-Che c’è?- indagò Denny, sporgendosi oltre la sua spalla per capire cosa avesse attirato la sua attenzione -Oh…- commentò poi, osservando la targhetta.

I due ragazzi si guardarono, poi guardarono il coniglio.

-Io lo tengo-

-Tienilo- 

Dissero insieme, per poi guardarsi e scoppiare a ridere. Le risate provocarono una nuova fitta alla testa di entrambi.

-Un piccoletto così coraggioso merita un padrone amorevole- commentò Mathi dopo essersi ripreso, accarezzandolo con affetto.

-Concordo, e nessuno sarà meglio di te- gli diede man forte Denny, guadagnandosi un’occhiata commossa da parte dell’amico, e arrossendo -Che c’è? È la verità! Come vuoi chiamarlo?- chiese poi, per cambiare argomento.

-Scelta difficile, forse dovremmo chiedere alla Crew. A me verrebbe in mente Apollo- rifletté Mathi, continuando ad analizzarlo per controllare che non fosse ferito.

-Perché Apollo?- indagò Denny.

-Beh, le orecchie ricordano la capigliatura di Apollo Justice- spiegò Mathi, divertito -E poi sia Apollo che questo coniglio mi ricordano…- Mathi si interruppe, e cercò di non arrossire.

-Chi?- chiese però Denny, avvicinandosi.

-Oh, un tipo. Una bellissima persona che ammiro molto- disse solo, fallendo nel non arrossire ed evitando lo sguardo di Denny, che abbassò il proprio, un po’ infastidito senza capire il perché.

-Capisco… beh, è un bel nome, hai la mia approvazione- fece un cenno di assenzo, e accarezzò il coniglio.

Pochi istanti dopo, la sveglia suonò, facendo sobbalzare tutti e tre, e, preciso come un orologio svizzero, Duke rientrò in camera, questa volta senza il caffè ma con espressione ancora più scocciata.

-Bene, cinque minuti passati, avete finito?- chiese, lasciando la porta aperta per incoraggiare almeno Denny a uscire.

-Sì! Assolutamente!- il ragazzo capì l’antifona e prese tutte le sue cose, pronto a uscire.

-Ciao Mathi! Grazie ancora per ieri! E, arrivederci, Duke. Scusa per… tutto- non riuscì a guardarlo negli occhi mentre lo salutava, e sperava vivamente di aver ricordato correttamente il nome che Mathi gli aveva rivelato distrattamente.

Per sua fortuna, la memoria di Denny era eccellente anche quando era in dopo sbornia.

-Ciao amico!- ricambiò Mathi con un occhiolino, tornando poi al coniglio.

-Arrivederci Dan- lo salutò Duke, cortese ma freddo.

-Denny- si ritrovò a correggerlo il ragazzo, in un sussurro.

Dopotutto c’era una sola persona che lo chiamava Dan, e Denny voleva che rimanesse l’unica.

Non sapeva neanche lui il motivo, e non voleva indagare, ma gli piaceva che Mathi avesse un soprannome unico per lui.

Duke annuì, ma non disse altro, e Denny si affrettò ad uscire.

Rimasto solo con il coinquilino, Duke prese i libri, e si sedette sul letto per studiare.

-Sai, potevi anche essere meno rigido- si lamentò Mathi, un po’ seccato.

-Ringrazia che gli ho permesso di dormire qui. Devo per caso ricordarti la prima regola di questa convivenza?- ribatté Duke, facendo spuntare gli occhi da oltre il libro.

-Nessuna persona in camera dopo le 21- recitò Mathi.

-Esatto, e ho fatto un’eccezione per il tuo amico e il coniglio, ma permettimi di volere un minimo di privacy mentre studio- Duke tornò al suo libro, e il suo tono era chiaramente di congedo.

Mathi quindi si rivolse al coniglio, e ripensò a Denny.

Sperò davvero di non averlo spaventato con la sua piccola confessione. Non credeva di essere stato troppo esplicito sulla propria cotta, in fondo, e alla fine Denny sembrava tranquillo.

-Tu che dici, Apollo, secondo te dopo ieri Denny mi vorrà ancora essere amico?- chiese al coniglio, pur consapevole che non gli avrebbe risposto.

Il coniglio però lo sorprese grattandosi un orecchio.

E qualcuno rispose.

-Dici a me?- chiese infatti Duke, infastidito, facendo di nuovo spuntare la testa da dietro il libro.

-No, parlo con il mio nuovo coniglio- 

-Certo che sei strano- Duke tornò al suo libro.

-Allora, ti piace il nome Apollo?- chiese quindi Mathi al coniglio, che si grattò di nuovo l’orecchio.

Mathi segnò il nome, anche se decise comunque di chiedere consiglio al resto della Corona Crew.

Dopotutto si ricordava che Clover ci si era affezionata parecchio.

Chissà come era andata a finire tra lei e Diego. Mathi ricordava che fossero gli ultimi nel locale, insieme a Max. Chissà se erano tornati insieme.

 

Diego e Clover erano tornati insieme, ed era un miracolo che avessero raggiunto la camera di Diego senza perdersi per le strade di Harriswood.

Sicuramente aveva aiutato che il dormitorio fosse a cinque minuti dal café.

Per qualche strano motivo anche loro avevano dormito insieme, ma in una posizione decisamente diversa rispetto a Mathi e Denny.

Il coinquilino di Diego non era ancora tornato per il semestre, quindi avevano la camera tutta per loro.

…anche se non cambiava molto, dato che Clover si era prese l’intero letto di Diego, e Diego era a terra con un cuscino e una coperta.

Quando la prima si svegliò, per poco non rischiò di cadergli addosso.

Anche se è più corretto dire che si svegliò proprio perché rischiava di cadergli addosso, e riuscì a recuperarsi appena in tempo.

Quasi del tutto sveglia, praticamente senza mal di testa e molto più lucida della maggior parte dei membri della Corona Crew, era anche forse quella con i ricordi più annebbiati… ovvero, senza alcun ricordo della serata.

Si guardò intorno del tutto sconvolta, e sobbalzò nel rendersi conto che era in canottiera e slip. Si affrettò a coprirsi, e controllare che il ragazzo che russava sotto al letto fosse ancora addormentato. Si sorprese ancora di più quando si rese conto che tale ragazzo fosse Diego.

Che diavolo aveva combinato quella sera?!

Era consolante notare che il dormiglione fosse in pigiama invernale, ben coperto, ma non cambiava il fatto che lei fosse mezza nuda.

Doveva trovare in fretta i suoi vestiti e fuggire da quella camera non sua con un letto minuscolo e scomodissimo.

Tolse i capelli da davanti al viso per avere una visuale migliore della stanza quasi del tutto immersa nell’oscurità (non voleva neanche immaginare le condizioni dei suoi capelli e del suo viso) e sobbalzò per la terza volta quando si accorse che c’era qualcosa scribacchiato sul suo braccio.

Era scritto con la matita per gli occhi, e a malapena riusciva a distinguere che si trattava di una breve frase molto confusa.

“Lettere?” riuscì a mettere insieme solo una parola su cinque, quella più complicata, ma l’unica abbastanza chiara. Altre due erano articoli sicuramente, ma erano troppo sfocati perché riuscisse a definire quali fossero.

Scosse la testa. Si sarebbe posta il problema più tardi, ora doveva assolutamente uscire di lì. 

Si alzò dal letto con circospezione, prendendo una coperta e avvolgendocisi completamente, e iniziò a guardarsi intorno in cerca del telefono, della borsa e soprattutto dei vestiti, che però non trovava da nessuna parte.

Tsk, chissà cosa ne aveva fatto quel pervertito! Ma Clover gliel’avrebbe fatta vedere. Quel completo firmato valeva più della sua casa! Aprì l’armadio per cercare una maglia qualsiasi da indossare per il momento, ma l’anta scricchiolò.

-Mmm- Diego si agitò nel sonno, e nel farlo sbatté la testa contro il bordo del suo letto -Oi…- commentò poi, massaggiandosi la testa e ritornando però a dormire.

Clover aspettò qualche secondo, poi fece un profondo sospiro di sollievo, ma neanche il tempo di finirlo, che Diego si alzò di scatto, sbattendo nuovamente contro il letto.

-Cosa ci faccio sul pavimento?!- chiese tra sé, per poi guardare in direzione di Clover, che rimase immobile quasi sperando di mimetizzarsi con le ante dell’armadio.

Diego risobbalzò e sbatté per la terza volta la testa contro il letto. Decise pertanto di alzarsi e massaggiandosi il capo si rivolse a Clover, quasi arrabbiato.

-Che ci fai in camera mia?!- chiese in tono accusatore.

-Dove sono i miei vestiti?!- chiese lei di rimando, in tono ancora più accusatore.

Diego, che le si stava avvicinando, indietreggiò così in fretta che andò a sbattere contro il muro, e lì decise che era meglio sedersi in una posizione comoda per evitare nuovi incidenti. Prese il cuscino e se lo mise attorno alla testa, in un gesto meccanico, prima di rivolgersi nuovamente a Clover.

-I tuoi vestiti? Perché io dovrei sapere dove sono i tuoi vestiti?- cercò di essere logico, ma Clover non aveva la minima intenzione di esserlo a sua volta.

-Perché questa è camera tua, e ti sei approfittato di una ragazza ubriaca per fare chissà cosa!- lo accusò, con un dito per aria.

Diego sobbalzò, ma questa volta il cuscino impedì di ricevere danni alla sua già provata testa.

-Non farei mai una cosa del genere! Non ricordo cosa è successo ieri sera ma semmai sarai stata tu ad approfittarti di me. Dormivo per terra!- le fece notare, indicando il triste giaciglio.

Indicandolo, lui e Clover si resero conto che il suo braccio era coperto di rossetto.

-AAHH!- esclamarono entrambi, sconvolti dalla scoperta.

-Ew!- dissero poi insieme, mentre Diego provava in tutti i modi a togliere le macchie con la mano libera.

Dopo aver fallito nell’impresa, guardò Clover disgustato.

Si fissarono per qualche secondo.

-Che c’è, è un rossetto molto buono, e dura un sacco di ore- si difese lei, o meglio, difese la qualità del suo rossetto preferito, e che avrebbe preferito tenere lontano dalle braccia di Diego.

-Più sulle braccia che sulla faccia- la prese in giro Diego, indicandola.

-Ti manderei in un certo posto, ma prima rivoglio i miei vestiti, così ti ci posso accompagnare a calci nel sedere!- si indignò Clover, cercando nuovamente di sistemare almeno i capelli.

-Scusa- Diego sospirò, cercando di calmarsi, e prese una bottiglietta d’acqua sistemata strategicamente sul comodino -Allora, hai qualche idea di cosa sia successo ieri sera?- chiese poi, prendendo un lungo sorso.

Anche Clover era decisamente assetata, ma decise di non fare commenti. Tutto voleva meno che Diego le offrisse la sua acqua.

-Se sapessi qualcosa con certezza saresti già davanti a un giudice- di lamentò invece, pensando di incrociare le braccia ma preferendo tenere salda la coperta attorno al corpo.

-Hmpf, neanche io ricordo niente ma non ti sto accusando di nulla mi pare…- Diego si alzò e le si avvicinò. Un po’ intimorita, Clover indietreggiò e questa volta fu lei a sbattere la testa contro il muro -…ecco, prendi- Diego armeggiò per un secondo nell’armadio, e le porse una lunga maglietta e dei jeans.

Clover afferrò entrambi i capi con una mano sola, e squadrò Diego indagatrice.

-Il bagno è lì, così puoi vestirti in pace. E poi cercheremo i tuoi veri vestiti, va bene?- bisognava ammettere che era decisamente accomodante. Che pensasse di doversi farsi perdonare qualcosa?

Clover continuò a non fidarsi, e si avviò in bagno camminando all’indietro per tenerlo d’occhio.

Lui alzò gli occhi al cielo, e fu il primo a distogliere lo sguardo per controllare il telefono, un po’ troppo luminoso per i suoi gusti, dato che fece una faccia a dir poco tenera ridicola.

Quando Clover andò a sbattere contro la maniglia della porta, decise che forse era meglio guardare dove andava, ed entrò in bagno. 

Era davvero un buco minuscolo, con una doccia che si poteva considerare a malapena tale, e il resto stipato in pochissimo spazio, tutto attaccato.

E appeso proprio sopra la doccia, fradicio ma ben steso, c’era il meraviglioso completo di Clover.

Un piccolo flash le tornò alla mente, come se lo vedesse dall’esterno. Lei che si lamentava sul pavimento del bagno già in canottiera mentre Diego le stava lavando il vestito cercando di tranquillizzarla al meglio. 

Era talmente galante che Clover dubitò caldamente che il ricordo fosse autentico, ma decise di lasciargli il beneficio del dubbio, e si vestì in tutta fretta, si sciacquò il viso, e ne approfittò anche per andare in bagno, già che si trovava lì. Si trattenne però dal bere perché non si fidava molto di quell’acqua.

Una volta uscita, Diego era al telefono, e le fece cenno di aspettare un attimo.

-…okay mamma, capisco, ma non voglio distogliere l’attenzione da Miguel e Paola…- una piccola pausa -…ti ho già detto che non ho bevuto, cioè, non così tanto, e comunque…- un’altra pausa, Clover non capiva le parole che venivano dette dall’altra parte, ma sentiva la voce di Maria, e la riportò a quando era piccola, un deja-vu intenso e decisamente fuori luogo -…non sto mentendo per la casetta! La ragazza ce l’ho davvero!- esclamò Diego, interrompendo la madre, e sbattendo la mano contro il fianco. Clover non si trattenne dal ridacchiare al chiaro segno rivelatore della bugia, e sentì la voce dell’altra parte della cornetta farsi silenziosa.

-Oh no- commentò Diego sottovoce, allontanando il telefono dall’orecchio appena in tempo prima che la voce dall’altra parte riprendesse con maggiore forza, facendosi sentire chiaramente anche da Clover.

-Ma è lì con te?! Avete dormito insieme?! Ma allora è una cosa seria. Insisto, deve venire a tutti i costi!- esclamò l’inconfondibile voce allegra ai limiti dell’esagitazione.

Clover si portò le mani alla bocca cercando di non emettere alcun suono.

Diego grugnì infastidito, e provò ad abbassare l’audio del telefono.

-Ti prego mamma fai piano. Noi veniamo, ma fai piano- supplicò, prendendosi la testa dolorante.

-Va bene, va bene- le parole divennero quasi impossibili da decifrare, e la frase successiva Clover non la capì.

Diego salutò la madre un paio di volte, poi finalmente chiuse il telefono, e si buttò sul letto, sospirando profondamente.

-Che casino!- commentò, portandosi teatralmente il braccio ancora coperto dal rossetto sul volto.

-Tua madre ha un udito fenomenale- commentò Clover, come a giustificarsi del suo aver riso e dare la colpa solo a lei.

-Non ho idea di come abbia fatto a sentirti. Comunque sei invitata alla cena di fidanzamento di Miguel e Paola, il 23. E mia madre ha detto testualmente che “non vede l’ora di rivederti”- Diego accompagnò la spiegazione a un grugnito esasperato. Clover gli si sedette accanto.

-Vabbè, la luce della ribalta sarà su tuo fratello, no? E per il resto del tempo io sarò in hotel per non disturbare, e parlerò con Maria il meno possibile. Ce la caveremo- provò a rassicurarlo, anche se non ci credeva neanche lei, soprattutto dopo…

-Anche dopo oggi?- Diego diede voce ai suoi pensieri, facendola arrossire leggermente.

-In che senso “dopo oggi”?- chiese però, facendo la finta tonta.

-Andiamo, non posso essere il solo terribilmente imbarazzato. Non ricordiamo cosa è successo questa notte e la nostra situazione al risveglio non fa ben pensare- Diego non aveva peli sulla lingua. Forse, vista la situazione, anche Clover avrebbe dovuto radere i propri. Onestà assoluta era uno dei punti delle regole.

-Va bene, hai ragione, è strano, ma sono piuttosto certa di aver vomitato sui miei vestiti, e che tu me li abbia lavati, e conosco la Clover ubriaca, e credo che i segni di rossetto li ha fatti per metterci fuori strada. Lo trovava spassoso- Clover iniziò a unire i puntini cercando di dare senso agli indizi che avevano trovato. Non spiegava la frase sul suo braccio, ma era un punto di partenza.

-Parli sempre di te in terza persona?- la prese in giro Diego, leggermente rasserenato dalla sua spiegazione.

-Ti odio!- lei lo spinse, facendogli sbattere la testa sul muro per l’ennesima volta -E comunque io e Clover ubriaca siamo due entità distinte, e quello che fa Clover ubriaca non l’ho fatto anche io- ci tenne a sottolineare poi, sicura di sé.

-Vorrei poter dire lo stesso di Diego ubriaco, ma mi dicono che in realtà non cambia poi molto dal Diego normale- lui alzò le spalle, e si massaggiò la testa.

-Quindi acqua sotto i ponti?- chiese Clover, porgendo la mano verso Diego.

Lui ridacchiò e la strinse.

-Piacere, sono Diego e ieri sera non ho fatto niente di male- scherzò, con quello che era ormai diventato un tormentone tra loro.

Clover non avrebbe voluto avere tormentoni con Diego, ma doveva ammettere che quello era piuttosto divertente. 

Sbuffò per non mostrare il sorriso che le era salito sul volto, e ricambiò.

-Piacere, sono Clover e ieri sera neanche io ho fatto niente di male- 

-Bene, quindi sei dei nostri il 23?- chiese poi Diego, lasciandole la mano e prendendo il telefono.

-Suppongo di sì. Non ho altro da fare, e poi era negli accordi- Clover alzò le spalle.

-Posso offrirti un caffè? È ottimo per le sbornie- propose poi Diego, un po’ incerto, indicando la porta.

Clover avrebbe voluto rifiutare. Non aveva la minima intenzione di uscire vestita così, ma dopotutto sarebbe uscita a prescindere vestita così, prima o poi (si sperava prima per stare il  meno possibile da Diego) e andare al Corona per un caffè poteva rivelarsi un’ottima occasione per scambiare due parole con il suo migliore amico e chiedergli cosa ricordasse della serata.

-Va bene, fammi andare un secondo in bagno- Clover prese la borsa e tornò nella stanza per truccarsi e provare a sistemare meglio i capelli.

Sperava davvero che Max l’avrebbe accolta al Corona con un sorriso rassicurante, fresco come una rosa.

 

Max non era al Corona, non aveva un sorriso rassicurante, ed era tutto fuorché fresco come una rosa.

Dormiva ancora, nonostante fosse quasi ora di pranzo, e non sembrava avere intenzione di svegliarsi troppo presto.

A differenza di tutti gli altri, non era su un letto, bensì su un divano, piuttosto grande e abbastanza comodo, ma pur sempre un divano, e un bellissimo gatto bianco dagli occhi azzurri gli riposava sullo stomaco e faceva le fusa.

I fratelli Sleefing attirano gli animali, evidentemente.

Russava della grossa e aveva sbavato sul cuscino, ma una ragazza che armeggiava in cucina lo trovava davvero bellissimo, e probabilmente avrebbe dovuto rivedere i suoi gusti in fatto di cosa considerasse “bellissimo”.

Cercò di non pensare al bell’addormentato sul divano, e si concentrò sulla preparazione del pranzo, che consisteva in qualcosa di semplice e sperava non disgustoso: pasta al ragù. 

Sì, era semplice, ed era difficile renderlo disgustoso, ma Sonja non era molto abile in cucina, e stava imparando piano piano. Per il momento l’unica cosa che le riusciva davvero bene era il caffè.

Mentre lavorava, cercando i tempi di cottura della pasta sulla busta, iniziò a canticchiare tra sé, a bassa voce. Una piccola abitudine che si portava dietro da quando era piccola. Non era inusuale che quando fosse sovrappensiero, iniziasse a canticchiare a bocca chiusa. 

Prese il telefono e mise un timer, per poi controllare i messaggi, e sorridere tra sé.

-Ma che…?- sentì borbottare dal divano, e per poco non le prese un infarto. Si portò la mano al petto e si voltò in direzione di Max, sperando che fosse stato lui a parlare e non Sissi, dato che sarebbe stato a dir poco inquietante.

Capì subito che era stato lui, e si tranquillizzò leggermente, mettendo su il suo più ampio sorriso.

-Buongiorno, Max. Come stai?- chiese, avvicinandosi e nascondendo il telefono in tasca.

Max sgranò gli occhi nel vederla, e arrossì vistosamente, ma rimase perfettamente immobile, nel tentativo di non svegliare o infastidire Sissi.

Sonja era molto sorpresa che la sua adorata gatta si fosse affezionata così in fretta a Max, ma doveva ammettere che non la biasimava.

Si sedette sul bordo del divano e iniziò ad accarezzarla, mentre aspettava che Max si svegliasse del tutto così che lei potesse offrirgli chiarimenti dato che sicuramente era molto confuso.

-Ciao, Sonja… io sto bene, tu come stai?- ma Max aveva la cortesia stampata nell’animo, e scombinò i piani di Sonja, che cercò di trattenere una risatina, con ben poco successo.

-Io sto bene, grazie- rispose, e aspettò ancora che chiedesse chiarimenti, ma lui sembrava solo a disagio, e continuava a guardarsi intorno.

-…Roelke e Kodie stanno bene?- chiese poi, per fare conversazione, iniziando ad accarezzare la testa di Sissi, che aumentò le fusa e gli si strusciò sulla mano, affettuosa.

Sonja alzò gli occhi al cielo, divertita.

-Benissimo, sono al bar- spiegò -è quasi ora di pranzo e mi hanno lasciato qui a prendermi cura di te- aggiunse poi, con un sorrisino malizioso.

-Capisco…- Max sorrise, riconoscente, poi, mentre le parole facevano del tutto breccia nel suo cervello, sgranò gli occhi e si alzò di scatto dal divano, facendo volare Sissi, che lo guardò come a dirgli “Hey, stavamo avendo un bel momento, e tu mi tradisci così?” ma si limitò a tornare nella sua cuccia con la coda per aria.

-Che significa che è già ora di pranzo? Devo andare a lavoro! Oggi avevo tutta la mattina! Perché non mi hai svegliato prima…?- Max iniziò ad andare da una parte all’altra, cercando la sua giacca, poi si bloccò sui suoi passi, e tornò a guardare Sonja.

-…aspetta, perché sono qui? Cosa è successo ieri?- chiese, un po’ preoccupato.

-Mi chiedevo quando mi avresti fatto questa domanda- ammise, lei, dando delle pacche sul divano accanto a lei per invitare l’amico a sedersi. Max eseguì con una certa esitazione.

-Sono licenziato, vero?- tirò a indovinare, ritirandosi su sé stesso.

-Nein!- si affrettò a rassicurarlo Sonja, accarezzandogli la spalla con affetto e facendolo ritirare leggermente -Nessuno ti ha licenziato, tante e il signor Kodie erano più che altro preoccupati. Ieri ti sei addormentato al bar e il resto della Crew era già andato via quindi il signor Kodie ti ha portato qui. Purtroppo non abbiamo una camera per gli ospiti quindi ti abbiamo posizionato sul divano. Sissi è rimasta con te tutto il tempo- spiegò Sonja, indicando poi il gatto, che miagolò in direzione di Max.

-Oh… diamine- commentò Max, decisamente confuso -Scusa Sissi se ti ho spaventata, prima- aggiunse poi, dispiaciuto, guadagnandosi un miagolio soddisfatto dalla gatta.

-Posso offrirti un bicchiere d’acqua?- chiese poi Sonja, che non era esperta di sbornie, ma aveva fatto qualche ricerca su internet.

-Non voglio disturbare, grazie- rifiutò Max, anche se avrebbe voluto davvero un bicchiere d’acqua -Sono rammaricato, mi dispiace essere stato un tale peso, non so cosa mi sia preso. Di solito non bevo mai così tanto- si prese poi la testa tra le mani, vergognandosi come un ladro. 

Sonja si alzò per prendere l’acqua, e si rese conto che l’acqua per la pasta era strabordata da qualche minuto, e che anche il timer del telefono, dalla sua tasca, stava vibrando incessantemente.

Iniziò a imprecare sommessamente tra sé in tedesco, e spense in fretta il gas, cercando uno scolapasta da qualche parte.

-Hai bisogno di aiuto?- chiese Max, sopraggiunto tempestivamente come un cavaliere in armatura splendente.

-No, tranquillo, ce la faccio- Sonja riuscì a prendere lo scolapasta e lo sistemò pronto all’uso, ma prima che potesse cercare anche le presine da forno per prendere la pentola, Max l’aveva anticipata, e scolò in fretta la pasta prima che si scuocesse ulteriormente.

Nella rapidità dei fatti, nessuno dei due si era accorto di quanto piccola fosse la cucina, e di quanto vicini fossero. Fu solo quando la pasta fu al sicuro, che se ne resero conto, ritrovatisi a pochi centimetri di distanza, e divennero più rossi del ragù. 

-Oh, ecco, scusa, ma volevo aiutarti, e…- Max fu il primo ad allontanarsi, con un sorriso imbarazzato, e tornò verso il divano, cercando il telefono e trovandolo insieme alla giacca su una poltroncina.

-Grazie, vuoi restare a pranzo?- propose la ragazza, indicando la pasta.

L’aveva fatta anche per lui dopotutto, nella speranza che restasse.

-Mi farebbe davvero piacere, ma devo tornare a casa. Mio padre sarà preoccupato, e io sono davvero preoccupato per Denny- Max declinò tristemente, e iniziò a prepararsi per uscire.

-Comprensibile, avvertirò tante e il signor Kodie- si offrì Sonja, sorridendo amabilmente, e iniziando a condire la pasta. Visto l’aspetto orribile, non biasimava Max per non voler restare. 

-Grazie, Sonja. Per tutto quanto. Mi dispiace se ieri ho fatto qualcosa di sconveniente o stupido. Non so come sia potuto accadere. Amabelle sembrava sincera- si scusò nuovamente, sospirando e ripensando all’unica che poteva effettivamente essere la causa di quello che era successo.

-Non potresti mai fare qualcosa di sconveniente- lo rassicurò Sonja, per poi abbassare lo sguardo, un po’ imbarazzata -E comunque non credo sia colpa di Amabelle. Io…- esitò, giocherellando con una treccia bionda.

Max rimase in silenzio, incoraggiandola a continuare.

-…credo di aver inavvertitamente scambiato il ghiaccio mentre preparavo i vostri drink- ammise, dispiaciuta, incapace di guardarlo negli occhi.

-Oh…- commentò Max, sorpreso -…bene- 

-Bene?- Sonja non capiva.

-Beh, è stato un incidente. Almeno non è stato fatto di proposito- Max alzò le spalle, e le sorrise incoraggiante.

-Non sei arrabbiato?- chiese la ragazza, incerta. Non riusciva proprio a comprendere come Max fosse così rilassato e propenso al perdono di fronte a un errore.

-No, per niente- la rassicurò lui -Se l’avessi fatto di proposito sarei un po’ deluso, certamente. Ma è stato un errore, può capitare. Per fortuna è successo al nostro tavolo, così tutti daranno la colpa ad Amabelle. Dovremmo mettere delle targhette più evidenti ai contenitori del ghiaccio, lo farò presente a Roelke… sempre se non mi licenzia prima- rifletté Max.

Sonja era quasi commossa.

-Non ti licenzierà- gli assicurò -Non glielo permetterei-

Max la guardò grato, poi arrossì leggermente, e si mise la giacca.

-Grazie, Sonja. Poi chiamo Roelke e Kodie e cerco di organizzarmi per recuperare l’assenza di questa mattina. Ti auguro buon pranzo- la salutò con un cenno, salutò anche Sissi, e si avviò alla porta.

-Anche a te- rispose lei, quasi con un sussurro.

Una volta che Max fu uscito dalla porta, sospirò e tirò fuori il telefono dalla tasca.

Spense il timer silenzioso, e controllò alcuni messaggi.

Sentiva di stare facendo un errore, ma non riusciva a fermarsi.

Anche Max controllò i messaggi una volta uscito dalla casa di Sonja. Era stato il suo primissimo istinto appena sveglio, ma non voleva risultare maleducato.

Avvertì suo padre che stava bene e stava tornando a casa. Rassicurò Clover, Denny e Roelke, e poi iniziò a controllare i messaggi di tutti gli studenti che gli avevano scritto.

In qualche modo era diventato la mascotte del corso di “storia dell’arte greca e romana”, il tutto senza che il professore lo avesse ancora licenziato. Era davvero un miracolo.

Poi notò che di tutti i numeri di studenti sconosciuti, ne aveva salvato solo uno, con il nome di “Manny”.

Aggrottò le sopracciglia, e controllò i messaggi che si era scambiato con quella persona misteriosa. Per poco non decise di seppellirsi e non tornare più in superficie.

 

Manny

Salve, tu sei Max, del corso di Storia dell’arte greca e romana?

Sì, se hai delle domande sul corso posso aggiungerti al gruppo 

Oh, grazie mille. Non sono molto ferrato con i gruppi ma accetto l’offerta

Sono Manfred, comunque, ci siamo scontrati prima della lezione

Non so se ti ricordi di me

Manfred!

Cavolo aspettavo che mi scrivessi!

Cioè ci speravo molto

Davvero?

Sì, temevo di averti fatto una brutta impressione e volevo scusarmi nel caso

E poi, non so, mi hai colpito

No aspetta mi è uscita male

Scusa sono un po’ ubriaco e sono un bevitore sincero

Non fa niente, anche tu mi hai colpito

…letteralmente

Ahahah, scusa Manny

Manfred

Posso chiamarti Manny?

Certo, in effetti Manfred è un po’ troppo austero

E poi mi ricorda un tizio di un videogioco che mio fratello odia

Non che ti associ a quel tizio, che neanche conosco

Possiamo riprendere la conversazione domani,

 credo che se continuassi me ne pentirei

Va bene, mi ha fatto comunque piacere risentirti

Anche a me tantissimo

Speravo davvero che mi scrivessi

Non so perché ma ero come un bambino che aspettava babbo natale

no okay la smetto di mettermi in ridicolo

Spero che tu ti rimetta presto, non bere troppo

Ci sentiamo domani allora

Sì!

A domani

Aspetta ti aggiungo anche sul gruppo!

Grazie, Max

 

Dopo aver letto i messaggi, Max si concesse un minuto di contemplazione.

Il risultato fu che si sentiva davvero un perdente disperato che necessitava di un aiuto sociale non indifferente.

E si promise che non avrebbe più toccato un goccio di alcool.

Poi, dopo essersi ripreso abbastanza, decise di provare a contenere i danni.

 

Manny

Hey, sono Max

Perdonami per ieri, non ero in me

Non preoccuparti, succede a tutti 

E poi non hai detto niente di sconveniente, tranquillo

Dovrei essere più professionale in qualità di assistente del professore

Anche i professori si ubriacano, di tanto in tanto

Non c’è niente di male 

E tu non sei proprio un professore

E forse non sarò neanche un assistente tanto a lungo

Non ho ancora visto cosa ho scritto sul gruppo ma riesco a immaginarlo

Ahahah, tranquillo, sei solo diventato la star del corso

E nessuno dirà nulla al professore, ne sono certo

E poi non hai fatto niente che meritasse un licenziamento

Grazie, sei davvero gentile

Figurati, sei tu ad essere davvero educato e disponibile

È mio dovere, e mi fa anche piacere

Dovrei andare adesso

È stato un piacere, Manfred

Manfred?

Dov’è finito Manny? 

Oh, pensavo fosse un soprannome stupido

In realtà mi piace parecchio ;)

Ahah, allora è stato un piacere, Manny

Anche per me Max 

 

Max tirò un profondo sospiro di sollievo, e si sentì all’improvviso più leggero. Manfred… no, anzi, Manny, gli aveva risposto subito, ed era stato davvero gentile.

Se le cose erano finite così, iniziava ad essere davvero felice dell’errore di Sonja.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Un altro capitolo abbastanza di passaggio, ma importante per mettere dei punti fermi, e poi lo slice of life è il punto della fanfiction, per certi versi.

Almeno abbiamo capito cosa hanno fatto i nostri eroi dopo la serata alcolica… quasi tutti.

Alcuni hanno resettato, altri hanno solo cominciato. Di certo ci saranno conseguenze.

Mirren mi ha deluso parecchio questo capitolo, ma è nel panico, non sa proprio cosa fare, e mette le distanze nella speranza di restare solo amico di Felix. Solo che è un idiota e non capisce che allontanandolo rischia di rovinare l’amicizia.

Petra e Amabelle sono tenere.

Mathi ora ha un coniglio, yee. E Denny ha conosciuto Duke… mmmm, chissà se questa interazione avrà futuro o Duke sarà solo un personaggio usa e getta.

Clover e Diego… chissà che hanno fatto quella notte?! Avrei potuto tranquillamente scriverlo nel capitolo scorso, ma dato che, a differenza di Mirren e Felix, loro davvero non ricordano, metto anche i lettori sulla loro lunghezza d’onda (mi sento una scrittrice vera B) ).

E Max e Sonja sono davvero carini e imbarazzati. Anche se Max ha iniziato a scrivere a Manfred. Chissà come andrà a finire.

Comunque spero che la astemia me sia riuscita a catturare le sensazioni giuste per un dopo sbornia. Forse dovrei tornare a parlare di argomenti che ho vissuto, ahahah. (disse l’eterna single che non ha mai avuto una relazione ma sta scrivendo una storia romantica).

E voglio approfittare anche per ringraziare tutti quelli che hanno risposto al sondaggio. Non mi aspettavo una tale affluenza, e mi fa davvero piacere sapere le vostre opinioni sui personaggi e la storia. Ne farò più spesso, anche per rendere la storia un po’ più interattiva.

A proposito, visto che è emerso dal sondaggio che piacerebbe che aggiornassi in modo più programmato, vorrei provare a aggiornare ogni settimana, il giovedì. Almeno durante le vacanze perché ho tempo libero e quando sono ispirata riesco a scrivere molto. 

Spero di riuscirci.

E spero che vi piaccia l’idea di mettere anche i giorni della settimana e non solo le date, così è tutto più chiaro. Probabilmente modificherò i vecchi capitoli.

E spero che la storia continui a piacervi.

…spero davvero un sacco di cose.

Un bacione enorme e alla prossima :-*

 

 

 

Nel prossimo episodio: Clover e Diego dovranno fare del loro meglio per convincere i Flores che sono davvero una coppia durante la cena di fidanzamento di Miguel e Paola.

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Capitolo 15
*** Meet the Flores ***


Meet the Flores

 

Venerdì 22 Marzo 

 

Regole per una relazione finta perfetta e inattaccabile 

di Clover Paik (supervisionata da Diego Flores)

 

Regola #1: Nessuno deve assolutamente venire a conoscenza che la relazione è finta, per nessun motivo tranne Juanita, che già lo sa Cosa?! non gliel’ho detto, è stata lei a suggerire l’idea a me

Regola #2: A Harriswood, tutti sanno che abbiamo iniziato ad uscire insieme ufficialmente il 24 Febbraio i miei pensano prima del 9 Febbraio rendi tutto più complicato, tu sei tu ad essere tirannica, ma tanto l’incongruenza non si verrà mai a sapere

Regola #3: NIENTE SOPRANNOMI!!! Almeno un soprannome davanti a mia madre che altrimenti scopre tutto NIENTE SOPRANNOMI TRANNE CLO e principessa bambola cara tesoro stella piccola no okay questo no micetta belva furia scatenata zuccherino amorina caspiterina Clover vienimi incontro! NIENTE SOPRANNOMI TRANNE CLO!!!

Regola #4: Gli unici gesti di affetto ammessi sono i seguenti: tenersi per mano, mettere le mani attorno alle spalle, baci sulle guance molto sporadici, prossimità generale priva di contatto fisico per simulare vicinanza affettiva niente da obiettare

Regola #5: Mai, per nessun motivo al mondo, saranno ammessi i seguenti gesti: baci sulla bocca concordo pacche sul sedere MA PER CHI MI HAI PRESO! mani sui fianchi …non è un po’ esagerato? qualsiasi situazione intima nel privato questo mi pare ovvio

Regola #6: Bisogna partecipare agli eventi delle rispettive famiglie senza trovare scuse in modo da convincere i parenti della veridicità della relazione. Ma non siamo tenuti ad essere presenti l’uno per l’altra nel privato. È solo un contatto di lavoro, nulla di più quanto sei fredda

Regola #7: La relazione non avrà fine finché non si saranno raggiunti due obiettivi: mio padre sarà rimasto decisamente deluso e cercherà in tutti i modi di togliere Diego dalla mia vita posso accettare dei soldi se me li dovesse offrire? certo, poi li dividiamo guarda che scherzavo io no; e Diego dovrà ottenere ufficialmente la casetta di suo nonno. È proibito ritirarsi quando uno solo dei due obiettivi è stato raggiunto.

Regola #8: Dobbiamo andare ad un appuntamento ogni settimana o quasi, per salvare le apparenze Ewww Amabelle ci starà addosso, dobbiamo fargliela credere Va bene, se contiamo come appuntamenti eventuali serate film da Max o un pranzo dopo lezione assolutamente sì

Regola #9: Mai parlare della relazione al telefono per nessun motivo, dato che potrebbero essere controllati, e tenere questa lista costantemente su di noi. Mangiarla se dovessimo venire perquisiti o, non so, bruciarla Non fumo, Flores neanche io, ma ho l’accendino per ogni evenienza Criminale Ti voglio bene anche io splendore SMETTILA!

 

Clover rileggeva con attenzione la lista di regole che aveva stilato con l’intervento sgradito di Diego. Aveva avuto due settimane per prepararsi al weekend dai Flores, ma non si sentiva minimamente pronta a partire.

Due settimane dove ammetto non era successo niente di troppo importante nel gruppo, ad eccezione di lezioni, studio e un’accesa discussione per decidere il nome del coniglio di Mathi.

Mathi aveva optato per Apollo, il nome ufficiale, ma Clover aveva cercato in tutti i modi di cambiarlo in Connie. Era decisamente più carino e appropriato. Connie il coniglio. E per prenderla in giro, Felix, Amabelle e Diego lo avevano storpiato in Bonnie. 

Era ancora irritata per il fatto.

Inoltre Felix e Mirren erano tornati ad essere quelli di sempre dopo essersi allontanati qualche giorno, quindi qualsiasi cosa fosse successa al compleanno del primo non aveva avuto effetti a lungo termine. O almeno che Clover sapesse.

E Clover sapeva molto poco, diciamocelo.

Tranne che probabilmente avrebbe rovinato la cena di fidanzamento di Miguel e Paola. Questa era una quasi assoluta certezza.

Perché lei sì che sentiva il peso di quello che era successo la sera del compleanno di Felix, anche se non ricordava assolutamente nulla.

E forse era proprio l’assenza di ricordi a turbarla.

Perché era riuscita a ricostruire quasi tutto, ma la scritta sul suo braccio, la parola “lettere”, era ancora un vero mistero.

Ma soprattutto, non era certa di voler andare alla cena a prescindere, perché per farlo sarebbe dovuta salire sulla macchina di Diego, ed era l’ultima cosa che avrebbe voluto fare.

Un autobus, una moto, una bici, un aereo, un treno o una nave le andavano benissimo come mezzi di trasporto. Una macchina? No, grazie! Tutto tranne una macchina!

Purtroppo non aveva molta scelta, e al momento lo stava aspettando sul muretto davanti a casa sua, a favore delle telecamere in modo che suo padre potesse confermare che Diego la stava venendo a prendere.

E cercava di trovare scappatoie alla regola numero 6 che ahimè aveva stupidamente scritto. Uff, se solo avesse capito subito che sarebbero andati in macchina.

Eppure era rimasta convinta, per tutto quel tempo, che il mezzo prescelto sarebbe stato l’autobus. Quale studente povero fuori sede aveva un’auto?!

Il suono di un clacson la fece sobbalzare. Sia perché non se l’aspettava, sia perché odiava il suono del clacson, e scese imbronciata dal muretto, intascando il foglio con le regole nella giacca firmata che aveva indossato per il viaggio.

L’auto di Diego era molto vecchia, e non sembrava particolarmente sicura, ma il guidatore aveva un sorriso di chi era nel pieno controllo della situazione, e Clover quindi prese il trolley e gli si avvicinò, cercando qualcosa da obiettare ma non trovando nulla che non la esponesse troppo.

-Stiamo tre giorni, Clover, non una settimana- commentò Diego dopo aver adocchiato la valigia della ragazza.

-È una cena di fidanzamento, Diego, non un picnic in famiglia- gli fece notare lei, con il suo stesso tono. Lui tornava a casa, i vestiti ce li aveva già. E lei aveva un certo stile, grazie tante.

-Touché. A proposito. Ho una buona notizia e una cattiva notizia- aggiunse lui, mentre aspettava che la ragazza caricasse il trolley nel portabagagli.

Lei eseguì, segretamente soddisfatta che lui non le avesse offerto aiuto ma allo stesso tempo irritata perché era una ragazza incoerente, ed entrò nel sedile del passeggero. 

Solo allora chiese chiarimenti.

-Allora, spara- lo incoraggiò a continuare, indossando la cintura e cercando di non vomitare prima ancora della partenza perché aveva una dignità da difendere.

Diego mise in moto, e iniziò il terribile viaggio.

-La buona notizia è che sarai in hotel tutto il tempo, grazie al cielo- iniziò Diego. Clover tirò un sospiro di sollievo. Maria aveva provato a suggerire che dormissero insieme nella casetta, ma la sola idea di stare insieme in uno spazio tanto piccolo e soprattutto in un solo letto era troppo per loro, così i due avevano cercato in tutti i modi, con ogni scusa, di trasferire Clover in un hotel.

-Ottimo, la cattiva notizia?- Clover non ne era particolarmente spaventata. Fintanto che non doveva dormire con Diego, ogni cosa andava bene.

-Sei invitata a pranzo domani- borbottò Diego, un po’ incerto.

-Pure a pranzo. Non era solo a cena?- Clover sbuffò. Aveva preparato un abito da sera, non un abito da pranzo. Se non fossero già stati a qualche chilometro da casa avrebbe quasi chiesto a Diego di tornare indietro.

…un momento. Non erano i vestiti il problema peggiore.

-Si aspetta che tu stia a pranzo e poi resti fino a cena. Le ho provato a dire che sei un po’ a disagio, che vuoi che sia una sorpresa e tutte le solite scuse, ma non ha voluto sentire ragioni- spiegò Diego, nervosamente.

Clover buttò indietro la testa, sbuffando.

-In parole povere dovrò recitare la fidanzata perfetta per quasi un giorno intero- riassunse, iniziando a chiedersi esattamente perché avesse cominciato quella farsa in primo luogo.

-Non fa piacere a nessuno dei due, ma sì, più o meno. Effettivamente però converrai con me che è strano che porto la mia ragazza a casa e non passo per niente tempo con lei- Diego provò a farle vedere le cose con logica, e purtroppo aveva ragione. Solo che non rendeva nulla più semplice. 

-Almeno la Domenica andrà come pattuito?- ci tenne a rassicurarsi Clover, lanciandogli un’occhiata ammonitrice.

-Certo. Fingo di stare con te tutta la mattina fuori ma facciamo cose diverse e poi subito dopo pranzo partiamo. Ci sarai solo per i saluti, tutto qui- confermò lui, annuendo.

Clover sospirò rasserenata.

-Bene, per che ora arriviamo questa sera?- chiese poi, controllando l’orologio.

Erano le tre del pomeriggio, e teoricamente il viaggio in macchina durava dalle tre alle quattro ore, circa? Non ne era del tutto certa però.

-Più o meno verso le sette, forse un po’ prima se non c’è troppo traffico- rispose Diego, controllando l’orario a sua volta.

Clover avrebbe voluto fargli presente che era meglio se guardava la strada, non l’orologio, ma non voleva iniziare a fare la pressante.

E poi era troppo occupata a maledire il mondo per essere costretta in auto per quattro ore.

…con Diego.

Ma soprattutto in auto per quattro ore.

-C’è una boutique vicino all’hotel?- chiese con nonchalance, guardando fuori dal finestrino e notando distrattamente che Max stava andando verso il Corona a piedi. Provò a salutarlo, ma lui non l’aveva notata, troppo intento a scrivere qualcosa sul telefono.

-Una boutique. Non lo so, non credo. Ma perché?- Diego le lanciò un’occhiata confusa, ma rimase comunque concentrato sulla strada.

-Non ho preparato un abito adatto per un pranzo, quindi volevo comprarne uno da qualche parte- Clover alzò le spalle, ovvia, e Diego ebbe una leggera incertezza al volante.

-Stai scherzando, vero? Un trolley grande quanto te, e vuoi comunque comprare un vestito? Guarda che sarà un pranzo informale. Puoi vestirti normalmente- le suggerì il ragazzo.

Clover cercò di riflettere su cosa avesse portato, ma non c’era nulla che la convincesse per un primo pranzo con i genitori del proprio ragazzo.

…aspetta, ma Diego non era il suo ragazzo.

-Uff, va bene. Ma se sono vestita male per il contesto darò la colpa a te- si lamentò, continuando a fissare fuori dal finestrino e questa volta notando Felix e Mirren che mangiavano fuori dall’ufficio di quest’ultimo.

Erano così concentrati che Clover neanche provò a salutarli.

-Sarai sicuramente vestita male per il contesto- ammise Diego, imboccando la via per l’autostrada.

-Come scusa?- Clover gli lanciò un’occhiataccia, evitando di spingerlo solo perché era alla guida.

-Sarai troppo cara per la mia famiglia- spiegò Diego, con un sorrisino.

-Che? In che senso?- Clover inarcò un sopracciglio, confusa.

-Un tuo vestito normale costa più di tutta la casa- Diego ridacchiò, e Clover sbuffò.

-Essere attenta al look non mi rende una brutta persona, sai?- si mise sulla difensiva, stirandosi con la mano la giacca di pelle sintetica.

-Non ho mai detto questo, solo… stai tranquilla, nessuno ti giudicherà per come ti vesti- la rassicurò, imboccando l’autostrada.

 

Sabato 23 Marzo

-Cavolo, che vestito!- esclamò Juanita appena vide Clover, che lanciò una veloce occhiataccia verso Diego prima di sorridere amabilmente verso la sorella del suo finto fidanzato, che le aveva appena aperto la porta.

-A mia discolpa devo dire che ho saputo del pranzo solo ieri e non ho fatto in tempo a prendere un outfit più consono- si difese, sistemando il vestitino che aveva indossato sopra una camicetta e sperando con tutto il cuore che almeno il trucco e gli accessori fossero abbastanza, dato che erano quelli che avrebbe indossato per la cena.

-Stai scherzando?! È stupendo! Sei fantastica. Sei già vestita per la cena?- chiese Juanita, facendoli entrare, e sorprendendo non poco Clover, che non si aspettava un commento così esaltato.

Lanciò un’occhiata a Diego, ma distolse subito lo sguardo perché lui aveva assunto un sorrisetto vittorioso e una fastidiosa aria di superiorità.

-In realtà si veste sempre così. L’abito per la cena è in macchina- spiegò alla sorella, seguendo Clover all’interno e superandola per farle strada.

Clover avrebbe volentieri obiettato qualcosa o fatto un commento sarcastico, ma si sentiva troppo a disagio per aprire bocca, e messa a confronto con Diego, nella sua semplice giacca di pelle e jeans, e Juanita, che indossava una salopette e un maglioncino, si sentiva eccessivamente ben vestita. Ed era davvero raro, per lei, sentirsi fuori posto per come fosse vestita. Di solito se ne fregava altamente perché l’importante era essere a suo agio con sé stessa.

Ma per qualche motivo, nonostante la relazione fosse falsa, incontrare Maria e il resto della famiglia la metteva davvero in ansia.

-Mamma, siamo a casa- Diego iniziò a fare strada, attirando l’attenzione della donna, che rispose da qualche sala di distanza.

-Ohhh, hai fatto presto! Arrivo subito. Coco, lavati le mani!- 

Clover perse un battito.

Era esattamente come la ricordava. La stessa voce, lo stesso tono, fu come essere trasportata indietro nel tempo di quindici anni. E capì all’improvviso il motivo della sua agitazione.

E se a Maria non fosse piaciuta? Magari sarebbe stata delusa dalla giovane donna che era diventata. Clover l’aveva considerata come una seconda mamma, e perdere i contatti con lei era stato brutto quasi quanto perderli con Diego, con la differenza che non biasimava Maria per non essere rimasta nella sua vita. Erano situazioni completamente diverse, dopotutto.

Seguì Diego e Juanita in sala da pranzo, che fungeva anche da salotto, senza badare molto alla casa, ma cercando di prepararsi psicologicamente a rivedere Maria. Si sistemò distrattamente i capelli che aveva legato in una coda parecchio elaborata, e si accorse con la coda dell’occhio che Juanita la stava fissando.

-Che c’è?- chiese, cercando di non risultare scorbutica, ma fallendo miseramente. Il fatto era che temeva parecchio che la sorella di Diego, unica altra a conoscenza del piano, potesse inavvertitamente rovinare tutto.

-Non so se funzionerà- borbottò lei, a bassa voce.

-Perché, Juni?- chiese Diego, entrando nella conversazione e incrociando le braccia, più sospettoso che preoccupato, come se si aspettasse che la sorella gli gettasse contro un insulto sotto forma di battuta.

-Andiamo, Diego. Una come lei è troppo figa per uno sfigato come te. Non ci crederà nessuno- ed infatti Juanita gli fece una linguaccia scherzosa e Diego si irritò e iniziò ad inseguirla.

Clover rivalutò immediatamente Juanita, e non trattenne una risatina, cercando di non arrossire al complimento non molto velato.

-Eccomi, eccomi! Il pranzo è quasi pronto, ma dovremo aspettare vostro pa…- Maria li raggiunse di fretta, asciugandosi le mani su un grembiule a fiori, ma si interruppe, ghiacciata sul posto, appena vide Clover, che si bloccò a sua volta.

Rimasero ferme qualche secondo.

Clover non riusciva a credere a quanto uguale fosse rimasta Maria, nonostante fossero passati quindici anni. Certo, era un po’ più vecchia, aveva i fianchi più pronunciati, e qualche capello bianco, ma per il resto era identica a prima.

E Clover si disse che era improbabile che la riconoscesse, dato che, al contrario, lei era cambiata parecchio in quel tempo.

Accennò un sorriso, e porse la mano.

-Salve, signora Flores, io…- provò a presentarsi, ma Maria la interruppe sobbalzando, ed esclamando un sentito: -Clover!- che la colse del tutto impreparata, e al quale non seppe bene come rispondere.

Provò a sorridere.

-Sì, sono io. Sono passati tanti anni, vero?- si torturò i capelli nervosa, e lanciò un’occhiata a Diego, come a chiedergli aiuto, ma lui fissava sua madre, con espressione indecifrabile, indecifrabile persino a Clover. Era un evento raro.

Poi Maria la abbracciò di scatto, e Clover se lo aspettava talmente poco che per poco non cadde a terra.

-Oh, tesoro! Vederti è più bello di quanto mi sarei aspettata. Sono così felice!- la strinse forte, commossa, e Clover dovette usare tutta la propria forza di volontà e faccia da poker per non farsi venire i lucciconi a sua volta.

Ricambiò con esitazione l’abbraccio di Maria, e disse una frase standard che però era veritiera al 100%: 

-Sono felice anche io- ammise, sorridendo più sinceramente.

Una volta sciolto l’abbraccio, Maria passò in modalità madre completa, e prese il volto di Clover, per analizzarlo in ogni angolo.

-Ma guarda come ti sei fatta bella! Sei stupenda, piccola mia. Ricordo ancora quando tu e Diego giocavate nel fango e tu ti eri tagliata i capelli da sola per sembrare un maschio. Ahhh, che bei tempi- ricordò in tono nostalgico, facendo arrossire Clover fino alla punta delle orecchie.

La modalità “madre completa” prevedeva anche essere un genitore imbarazzante, evidentemente, anche con una ragazza che non era sua figlia.

-Che figata! Perché a me non fai giocare nel fango?!- chiese una voce sopraggiunta in quel momento, appartenente a un ragazzino in felpa che entrò nella stanza con l’aria di uno che era abituato ad essere invisibile e cercava in tutti i modi di farsi vedere.

Clover aveva imparato i nomi dei fratelli di Diego, e suppose che quel tredicenne fosse Oliver.

-Erano altri tempi, Oliver, e loro giocavano nel fango d’estate, non in pieno inverno- obiettò la signora Flores, in tono di rimprovero -E non fare il maleducato e saluta la tua altra futura cognata- aggiunse poi, indicando Clover.

-Mamma!- si affrettò a lamentarsi Diego, nuova vittima della modalità “madre completa”.

Clover ridacchiò nervosamente, ma si fermò quando notò che Oliver la stava squadrando con grande giudizio.

-Davvero la famosa Clover è questa fighetta figlia di papà?- chiese poi, guadagnandosi un coro di -Oliver!- di rimprovero da parte di tutti i membri della famiglia presenti.

Clover, però, apprezzò parecchio la sincerità, anche se si sentiva effettivamente troppo ben vestita.

-Beh, almeno la fighetta figlia di papà giocava nel fango- lo provocò, alzando le sopracciglia in tono di sfida.

Ci fu un secondo di silenzio, e subito dopo un -Woooo, bruciato!- da parte di Juanita, che iniziò a prendere in giro il fratellino minore.

Maria scosse la testa con un sorrisino, e Oliver arrossì, punto sul vivo.

-Non sembri una che gioca nel fango! Non ci credo!- obiettò, continuando a squadrarla.

-Ti dirò di più, faccio ancora bagni di fango. Confermi, Diego?- cercò l’aiuto dell’amico… del finto ragazzo, che l’aveva raggiunta nella SPA la mattina della partenza dalla montagna e si era unito a lei per un bagno nel fango finale.

-Confermo, splendore. Ed è stato davvero divertente- annuì, con serietà.

Clover cercò di non fulminarlo con lo sguardo per il nomignolo, e si limitò a dargli una pacca sulla spalla abbastanza forte da fargli capire il suo punto.

Il cipiglio sospettoso di Oliver si aprì in un’espressione affascinata -Che figo!- per poi richiudersi nuovamente nel suo guscio -beh, comunque non so. Sei vestita troppo da fighetta- scosse la testa, esprimendo disapprovazione.

-Suvvia, sicuramente è già pronta per la cena- la difese Maria.

-A dire il vero no. L’abito per la cena è in macchina- ammise Clover, tornando a disagio.

-Oh, beh, stai benissimo, cara, non lasciarti influenzare da Ollie. È solo un preadolescente ribelle- Maria cercò di metterci una pezza, scompigliando affettuosamente i capelli del ragazzino, che fece il muso.

-Sono onesto, e tu non mi convinci- sbuffando, Oliver fece un’uscita trionfale quanto l’entrata.

-Torna qui, tra poco si mangia!- provò a richiamarlo Maria, per poi sospirare, rassegnata.

-Accomodatevi pure, io vado a chiamare Coco e Oliver e iniziamo con gli antipasti. Dovevamo aspettare Flora e Julio ma non arrivano- Maria fece cenno ai tre rimasti in sala di sedersi al tavolo, e Clover seguì i due più esperti.

-Tranquilla, gli piaci un sacco, ma è tsundere al riguardo- sussurrò Juanita all’orecchio di Clover, prima di prendere posto accanto al fratello.

-Mi ricorda qualcuno- commentò quest’ultimo, lanciando un’occhiata divertita a Clover, che di rimando gli tirò una gomitata.

-Se mi chiami splendore un’altra volta, giuro che…- iniziò a minacciarlo, ma si interruppe immediatamente quando una bambina entrò nella stanza.

Aveva sei anni, ma ne dimostrava meno, e guardò Clover con curiosità per qualche secondo, prima di sorridere e avvicinarsi a lei.

-Piacere, sono Coco- si presentò, porgendole la mano.

Clover si piegò per ricambiare la stretta.

-Piacere Coco. Io sono Clover- disse nel tono più gentile possibile.

-Sei davvero bellissima. Sei sicura di voler stare con Diego? Lui non è un granché- le suggerì, in tono confidenziale.

Il citato si prese la testa tra le mani. Juanita scoppiò a ridere.

-Visto, che ti dicevo?- lo prese in giro.

Anche Clover ridacchiò.

-Non potrei trovare di meglio, credimi- lanciò una finta occhiata dolce verso Diego e gli mise un braccio intorno alle spalle.

-Grazie al cielo ci sei tu a difendermi- commentò lui, melodrammatico.

Coco ridacchiò e si avviò verso una sedia poco distante.

Proprio in quel momento la porta principale si aprì, e una voce maschile annunciò il proprio arrivo.

-Siamo a casa. Diego e Clover sono già arrivati?- chiese, e Clover riconobbe la voce di Julio Flores, il silenzioso e gentile padre di famiglia che la ragazza aveva sempre considerato mille volte meglio del proprio. Amava la moglie più di ogni altra cosa, ed era severo ma giusto con i figli.

Ed era una guardia di sicurezza, cosa che la Clover bambina aveva considerato estremamente figa.

-E pensare che il fatto che la mia ragazza fosse Clover doveva essere una sorpresa! E invece lo sapevano tutti- sbuffò Diego, scuotendo la testa.

-Non che tu sia stato molto bravo a nasconderlo- ridacchiò Juanita.

-Tesoro! Sono arrivati, sono in sala da pranzo- si sentì la voce di Maria.

-Oh oh, non vedo l’ora di conoscere la famosa Clover- commentò una voce completamente sconosciuta, femminile, e molto emozionata ma allo stesso tempo un po’ scettica.

Sicuramente nonna Flora. Clover non l’aveva mai incontrata, anche se aveva sentito molte storie, soprattutto su suo marito, l’adorato nonno di Diego, che Clover sospettava non ci fosse più.

Ben presto il trio arrivò in salotto, e Clover si alzò educatamente per accogliere i nuovi venuti.

Julio era molto più stempiato, ma per il resto era rimasto praticamente identico. 

Flora era bassina, magra, e con sguardo furbetto. Decisamente ben curata, ma con un’aria fondamentalmente rustica.

Dopo i classici secondi dove si squadrarono a vicenda, Julio si aprì in uno dei suoi sorrisi gentili, e mise le mani sulle spalle di Clover, affettuosamente.

-Sei davvero cresciuta tanto. Sono felice che tu sia qui- l’accolse letteralmente a braccia aperte.

-Anche io. E voi non siete cambiati per niente- rispose, rivolgendosi a lui e Maria.

Prima che potessero commentare, però, Clover venne strappata dalla presa di Julio e abbassata verso Flora, che la guardò con attenzione, e poi le si rivolse in tono confidenziale.

-Sei sicura di voler stare con mio nipote? Una come te può trovare molto di meglio- le suggerì, facendola quasi scoppiare a ridere.

-Ammetto che dalla nonna me lo aspettavo- Diego si era ormai rassegnato, anche se batteva gli indici tra loro, dando segno di essere nervoso.

-Dovrei avere ripensamenti, Diego? Tre parenti mi hanno consigliato di lasciarti perdere- lo provocò, divertita.

-Oh, no! Ti prego! Flora scherza, e anche gli altri, sicuramente! Diego ha tante qualità- si affrettò a difenderlo Maria, anche se non sembrava convinta, solo desiderosa di convincere Clover, che si affrettò a rassicurarla.

-Lo so, Maria. Stavo scherzando. Non me lo lascio scappare- fece un occhiolino a Diego, che le sorrise di rimando e le prese la mano.

Maria sembrava avere gli occhi a cuore.

-Ero convinta che stesse mentendo, ma vedendovi così non posso fare a meno di ritirare tutti i miei dubbi. Siete una splendida coppia- sembrava quasi commossa, e Clover sentì lo stomaco contorcersi.

Fame, sicuramente. Di certo non si sentiva in colpa per stare mentendo a una donna meravigliosa che voleva solo il meglio per suo figlio.

No, no, era la fame.

-Sarà meglio cominciare a mangiare. Julio, tesoro, mi aiuti a servire? Juni, vai a chiamare Oliver!- come la grande capofamiglia che era, Maria batté le mani e richiamò all’ordine le persone che le servivano.

Con una madre così, Clover capiva perfettamente da dove venisse il rispetto per le donne che Diego, almeno fino a quel momento, aveva dimostrato nei suoi confronti.

Si risedette al tavolo, e iniziò a fare conversazione con tutti.

Il peggio era passato, ora doveva soltanto superare l’incontro con Miguel e Paola e tutto il resto sarebbe stato una passeggiata… vero?

 

Per Diego la giornata era stata tutt’altro che una passeggiata.

Certo, vedere Clover imbarazzata era stato divertente. Sentire Oliver insultarla lo era stato ancora di più. 

…venire insultato da metà famiglia non molto.

E sentirsi costantemente in colpa per stare mentendo a sua madre ancora meno.

Ma alla fine, fondamentalmente, il pranzo era andato bene.

Avevano parlato tranquilli, Clover era stata tempestata di domande di semplice risposta, Diego era riuscito ad interrompere le domande che non era il caso di fare, e avevano mangiato fino a scoppiare.

E Clover si era anche guadagnata l’affetto totale di nonna Flora non rifiutando neanche un piatto, anche quando era ovvio che stesse per esplodere.

Il vero problema era sopraggiunto nel pomeriggio, tra il pranzo e la cena.

O, come Diego lo aveva ribattezzato, “le quattro ore e mezza più imbarazzanti della mia vita”.

Avevano fatto un giro della casa, Diego aveva mostrato a Clover la casetta, Flora il giardino, Coco non si era staccata un attimo dalla sua “nuova sorellona bellissima” e, purtroppo, neanche sua madre l’aveva fatto.

Era stata appiccicata a loro tutto il tempo, chiedendo a Clover informazioni, parlando di Harriswood, degli studi, della Corona Crew ma soprattutto parlando al posto di Diego e assumendo pienamente la sua facciata da “madre imbarazzante”. E Diego odiava quando faceva così con le sue ragazze, soprattutto se la ragazza del momento non era nemmeno la sua vera ragazza, ma una ex amica con cui aveva troppi problemi (e una notte di ubriacatura completamente dimenticata).

Quindi, quando finalmente sua madre li aveva lasciati per andare a preparare la cena, Diego era esausto.

Si buttò sulla sedia davanti alla casetta cercando di recuperare le energie, e ignorò del tutto Clover, che nel frattempo continuava a parlare con Coco, probabilmente di magia, dato che ultimamente la bambina ne era ossessionata.

Sembrava di vedere una giovane madre con sua figlia.

…Diego si tolse l’immagine dalla testa.

Clover come madre? Nel suo giardino, davanti alla sua casetta, in ambientazione che sembrava accoppiare lei e Diego insieme per davvero? No, grazie!

Uff, ormai stava fingendo da così tanto che la sua mente iniziava quasi a credere alla bugia che lui stesso aveva architettato.

Decise di alzarsi e staccarsi dalla ragazza per controllare se a sua madre servisse qualcosa. Non aveva poi così voglia di passare altro tempo con la madre imbarazzante, ma era meglio di restare con Clover.

E poi aveva assoluto bisogno di chiarire una cosa.

-Io vado a controllare se mamma ha bisogno di aiuto. Clo, stai attenta a Coco- salutò le due. Clover annuì lanciandogli un’occhiataccia al soprannome, mentre Coco lo ignorò completamente, troppo impegnata a prendere dei fiori per fare qualche incantesimo, probabilmente.

Passando per il giardino in direzione della porta sul retro, immerso nei suoi pensieri, per poco non si prese un infarto quando notò un’ombra nascosta tra i cespugli.

Si avvicinò per controllare, e l’ombra si mosse.

Diego non riuscì a trattenersi dal cacciare un piccolo urlo, più per la sorpresa che per altro, e la figura fece altrettanto, attirando l’attenzione della ragazza e della bambina poco distanti, che si girarono verso di loro preoccupate.

-Oliver! Che ci fai qui?!- esclamò Diego, in tono acuto, curioso, e a tratti di rimprovero.

-Diego! Mi hai appena sfasciato la copertura!- si indignò il fratello, uscendo dal nascondiglio e lanciandogli contro un paio di foglie, che Diego provò a schivare senza successo.

Notando che la causa del trambusto erano solo i due fratelli stupidi, Coco riprese l’attenzione di Clover e continuò la raccolta di piante.

-Che stai facendo in mezzo ai cespugli? È pericoloso, rischi che ti punga un’ape- lo rimproverò Diego, da bravo fratello maggiore rompiscatole.

-Credo che mi abbiano punto, in effetti, ma io sono uno tosto, non mi faccio fermare- Oliver controllò un punto sul braccio che iniziava a farsi rosso, e cercò di sviare la domanda.

Ma Diego non era tipo da cadere in sciocchi trucchetti.

-Oh cielo! Ti sei fatto tanto male?! Dobbiamo subito togliere un eventuale pungiglione, disinfettare l’area e mettere una pomata. Ora chiamo nonna e…- okay, beh, un po’ si faceva distrarre, soprattutto perché per lui la salute delle persone attorno a lui era ben più importante delle cause che avevano messo a rischio suddetta salute, ma conosceva anche benissimo i suoi fratelli, quindi l’inganno non durava troppo.

Si fermò a metà strada dalla porta e tornò indietro, fermando Oliver che si stava già allontanando per riprendere qualsiasi cosa stesse facendo.

-Fermo lì! Perché eri tra i cespugli? Non mi incanti!- gli puntò il dito contro e ripetè la domanda principale, avvicinandosi comunque per controllare la puntura sul braccio.

Non sembrava eccessivamente grave, probabilmente era una piccola vespa.

-Ero in esplorazione. Raccoglievo informazioni sulla fighetta. Non mi piace!- ammise Oliver, senza però guardare il fratello negli occhi, e arrossendo.

Diego sbuffò.

-Lo so che è la tua ragazza, ma non mi piace!- insistette Oliver, interpretando male lo sbuffo di Diego.

Il ragazzo infatti intendeva una cosa del tipo “Diamine, ti sei preso una cotta infantile per la mia finta ragazza? Guarda che non è così fantastica come credi” mentre Oliver, certo di essere il migliore del mondo a non far trasparire i suoi veri sentimenti, era convinto che intendesse “Devi smettere di essere così critico nei suoi confronti, guarda che è l’amore della mia vita”.

-Se non ti piace ignorala, che ti devo dire. E vai da nonna Flora per far vedere quella puntura di vespa- Diego cercò di mettere una pietra sopra la questione, e tornò a preoccuparsi maggiormente della salute del fratello.

-No! Sto bene, e poi nonna Flora non…- l’obiezione sentita di Oliver venne interrotta da una voce arrabbiata dalla porta di casa.

-Oliver Gustav Alvaro Fierro-Flores! Dove ti eri cacciato?! Sono venti minuti che ti cerco!- l’inconfondibile voce di nonna Flora fece sobbalzare i due fratelli, ma mentre Diego si girò verso la nonna, Oliver cercò di fare uno sprint per nascondersi il più in fretta possibile.

Nonna Flora però era una donna piena di risorse, e riuscì a intercettarlo e fermarlo per un braccio, prima ancora che Diego si accorgesse di tutto.

-Lasciami, nonna!- provò a lamentarsi Oliver, cercando di sgusciare dalla presa ma fallendo miseramente.

-E cos’è questa storia di una vespa? Dove ti ha punto?- la nonna, sorda alle lamentele, iniziò ad ispezionarlo.

Oliver lanciò un’occhiata verso il luogo dove Clover e Coco stavano raccogliendo erbe, e arrossì vistosamente.

-Non è niente! Sono un tipo forte, io!- esclamò con forza, come se cercasse di farsi sentire da qualcuno.

Diego si girò, e constatò che, come sospettava, il tafferuglio aveva attirato l’attenzione delle due, soprattutto di Clover, che stava sghignazzando tra sé.

Tsk, “non mi piace” col cavolo!

Se avessero avuto la stessa età sarebbero stati fatti l’uno per l’altra. Due perfetti tsundere!

Diego alzò gli occhi al cielo, e iniziò ad avviarsi verso casa, dato che aveva ancora tutta l’intenzione di parlare a sua madre.

-E guarda come ti sei sporcato! Tra mezzora inizieranno ad arrivare gli ospiti. Vuoi accoglierli così?!- Flora continuò a rimproverare Oliver, mentre prendeva dalle tasche un kit per disinfettare immediatamente la puntura e mettere la crema. Era incredibilmente esperta in queste cose.

-Non li devo mica accogliere io!- continuò ad obiettare il ragazzino, anche se a voce sempre più bassa. Sapeva, dopotutto, che non si poteva obiettare con Flora.

-Aspetta, come “tra mezzora?!”- si intromise Clover, rimanendo in posizione per controllare Coco ma avvicinandosi leggermente.

-Arriveranno Miguel e Paola, e poi a seguire gli altri invitati, perlopiù parenti. La cena è programmata per le otto, ma arrivano sempre tutti un po’ prima per aiutare a preparare- spiegò Flora, cambiando completamente tono e modi, e rivolgendosi a Clover con affetto. 

Clover sobbalzò, e controllò il telefono, poi guardò Coco. Sembrava davvero combattuta.

Diego intuì la sua preoccupazione.

-Nonna, puoi pensare a Coco? Clover dovrebbe andare a prepararsi per la cena- chiese alla nonna, indicando le due, e parlando al posto di Clover.

-Oh, certamente! Devo anche vestire Coco e assicurarmi che non cerchi di portare in giro la sua rana- Flora fece il segno di ok con il dito, e Clover tirò un profondo sospiro di sollievo, e salutò Coco prima di avvicinarsi a Diego, porgendogli la mano.

Oh, no! Voleva parlare con sua madre, ma non con Clover al seguito.

-Che c’è?- chiese, un po’ seccato, senza prenderle la mano.

-Le chiavi, Diego. Il mio vestito è nella tua macchina- gli fece presente la ragazza, in tono gentile ma con occhi che mandavano scintille.

Giusto, l’aveva completamente dimenticato.

-Oh, scusa. Ecco- Diego ricacciò le chiavi dalla tasca e le porse alla ragazza, che le prese con una certa esitazione, come fossero una pistola carica.

Diego cercò di non darci peso.

-Te le ridò appena pronta- promise la ragazza -Posso cambiarmi nella casetta?- chiese poi, rivolta un po’ a tutti.

-Certo- risposero insieme Flora e Diego.

Clover fece un cenno di saluto, tolse distrattamente un paio di foglie dai capelli di Diego, e lo precedette in casa.

-È una gemma- gli sussurrò Flora all’orecchio, una volta che la ragazza fu scomparsa alla vista -Non lasciartela scappare- 

-No, no, lo so- Diego assecondò la nonna, per poi lasciarla in compagnia dei fratelli più piccoli ed entrare finalmente anche lui in casa.

E sospirò, felice di essere, almeno per un secondo, solo.

Ce l’avrebbe davvero fatta a sopravvivere fingendo di essere il ragazzo di Clover tutto quel tempo? Non si aspettava che i suoi parenti l’approvassero così in fretta.

Anzi, sperava quasi che cercassero di scoraggiare Diego dallo stare con lei perché non era alla sua altezza, non il contrario.

Ma alla fine, poteva davvero biasimarli? 

All’apparenza, dopotutto, Clover era davvero una gemma.

Ma ti avvicinarvi e ti accorgevi che era più che altro una rosa.

Perfetta, e meravigliosa.

Poi ti avvicinavi ancora un po’ e notavi le spine. 

E prima di accorgertene del tutto, ecco che pungevano, lasciando profonde ferite, e facendoti sentire tradito.

Come può, una cosa così bella, fare così male?!

Diego scosse la testa, cercando di restare concentrato sulla missione.

Doveva parlare con sua madre.

E, scusate per lo stereotipo, la trovò subito in cucina.

-Mamma, sei qui?- chiese per sicurezza, nonostante conoscesse già la risposta.

-Sì, tesoro. Sto finendo gli ultimi preparativi. Fortuna che siamo solo una trentina di persone o sarei impazzita. Mi puoi aiutare ad apparecchiare? Oh, aspetta, prima devi vestirti. Siamo in famiglia ma è pur sempre una cena formale- l’accolse sua madre, intenta a tirare fuori dal forno delle empanadas che sarebbero servite come antipasto.

Ne aveva fatte parecchie, già posizionate sul tavolo vicino a due enormi ciotole di pasta cacio e pepe.

Era la preferita di Paola.

-Mamma, posso parlarti di una cosa?- Diego introdusse l’argomento, tirandosi indietro i capelli e andando a lavarsi le mani per aiutarla a sistemare le empanadas appena uscite negli appositi contenitori vicini alle salse.

-Sono un po’ sopraffatta dalle cose da fare, puoi essere breve?- chiese Maria, porgendogli la guantiera.

-È molto breve. Più che altro è una richiesta, che forse ho dato per scontata quindi voglio esplicitare- le assicurò Diego, iniziando a sistemare i piatti.

-Riguarda Clover?- indovinò sua madre, togliendo i guanti da forno per concentrarsi su un nuovo piatto. Forse un dolce, forse il secondo, ma era alle fasi embrionali, quindi Diego non aveva idea di cosa fosse.

Sicuramente un piatto davvero buono.

Ma non aveva tempo di leccarsi le labbra. La questione era seria.

-Esatto. Ho notato che hai cercato di tirar fuori un certo argomento, prima- introdusse, cercando le parole giuste.

-Non dovevi essere breve?- sua madre però aveva fretta, e si vedeva. Mischiava gli ingredienti con foga, e fece cenno a Diego di avvicinarsi per passarglieli mano a mano che le servivano.

-Le lettere. Non accennare alle lettere, ti prego- Diego strappò il metaforico cerotto, e sua madre rimase in silenzio qualche secondo.

-Okay, tesoro. Ma avete chiarito, vero?- indagò, un po’ preoccupata, guardandolo finalmente negli occhi e interrompendo per un attimo la cucina.

“No, assolutamente no!”

-Certo, ma è un argomento non molto piacevole per entrambi. Ci abbiamo messo una pietra sopra e vorrei che non venisse poi risollevata- mentì, felice di avere le mani occupate perché sennò era certo che la sua bugia sarebbe stata chiara come il sole.

-L’importante è questo. Me lo terrò per me- Maria non sembrò notare nulla, e tornò a cucinare.

Diego tirò un sospiro di sollievo mentale.

-Sai, sono davvero felice che le cose, tra voi, si siano risolte. Finalmente il mio bambino ha trovato la pace… e una tostissima e simpaticissima ragazza- lasciò andare un attimo il mestolo per accarezzargli una guancia affettuosamente.

-Non sono più un bambino- si lamentò Diego debolmente, ma sorridendo e lasciandola fare.

-Sarai sempre il mio bambino. E ora va a prepararti. Che poi mi serve il tuo aiuto per apparecchiare- dopo il momento di tenerezza, Maria ritornò a lavoro, e congedò il figlio, che si affrettò ad andare nella casetta, dove teneva il completo per la serata.

Appena aprì la porta, però, la sentì richiudersi immediatamente.

-Ma che? Clover, sei tu? Mi apri?- chiese, rivolto alla porta, e controllando che non ci fosse nessuno in giardino a guardare.

-Assolutamente no, fammi finire!- gli negò lei, appoggiata alla porta.

-Vai in bagno e lasciami entrare- constatato che non c’era assolutamente nessuno nei paraggi, Diego abbandonò la facciata da ragazzo innamorato e tornò ad essere il… conoscente ex amico diciamo non ancora di nuovo amico e finto fidanzato che aveva con Clover un rapporto strettamente lavorativo.

Era un’etichetta un po’ lunga, ma era decisamente azzeccata.

-Ti sembra questo il modo di parlare alla tua ragazza?- lo prese in giro Clover, sempre premuta contro la porta, ma sembrava armeggiare furiosamente con qualcosa.

-Ti sembra questo il modo di trattare il tuo ragazzo?- Diego rigirò la frittata, con un sorrisino.

Sentì Clover sbuffare, armeggiare un altro po’, e sbuffare di nuovo.

-Allora…?- la incoraggiò ad aprire, provando a forzare la porta, ma la ragazza era davvero forte.

La sentì sbuffare per l’ennesima volta, poi il peso sulla porta scomparve, e Diego, che non se lo aspettava, aprì la porta e cadde a terra dall’altra parte, quasi addosso a Clover, che però si scansò con riflessi felini.

-Finalmente!- nonostante fosse caduto come un sacco di patate, Diego cercò comunque di mantenere la facciata.

Alzandosi per guardare Clover, però, si rese conto di due cose.

La prima era che… maledizione, era meravigliosa. Troppo per una cena nella sua famiglia, per quanto formale. Era forse la ragazza più bella che avesse mai visto in vita sua.

La seconda, ben più importante, era che aveva le guance leggermente rosse, e teneva su il vestito come se le potesse cadere di dosso da un momento all’altro.

-Tutto bene?- improvvisamente molto più gentile, Diego si alzò e le si avvicinò con timore, sperando con tutto il cuore che non lasciasse cadere il vestito per sbaglio e già pronto a distogliere lo sguardo perché era un ragazzo rispettoso.

-Come ti stavo dicendo, ero praticamente pronta, solo che…- Clover abbassò gli occhi, molto incerta -…mi si è incastrata la zip- ammise poi, in un sussurro.

-Posso aiutarti?- chiese Diego, molto incerto.

Era contro le regole? Non credeva. Insomma, mica allacciare una zip poteva considerarsi un gesto intimo o romantico. Era una mera cortesia che avrebbe fatto a chiunque glielo avesse chiesto.

Che Harry Potter o altre cose del genere l’avessero romanticizzato non era colpa sua.

Clover, tanto per cambiare, sbuffò, ma poi si girò e gli fece un cenno, come se lo degnasse di farle il favore.

Diego sarebbe quasi stato tentato di ritirare l’offerta e lasciarla arrangiarsi da sola, ma era abituato con gli tsundere (vedasi Oliver) quindi roteando gli occhi, le si avvicinò e armeggiò con la zip.

Effettivamente era ben incastrata.

Sarebbe stato quasi impossibile per Clover sistemarla da sola senza strappare il sottilissimo tessuto di seta verde, quindi Diego fece del suo meglio per essere il più delicato possibile.

E fece del suo meglio per non guardare altro che la zip, impresa però non semplice quando per disincastrarla dovevi necessariamente allargare un po’ il tessuto e guardare cosa ci fosse sotto.

Niente di eccessivamente strano, in teoria.

Non era altro che pelle. Bianca, lattea, splendente e… un momento, cos’era quello?

Diego, che non era un santo, ed era un uomo etero, ci provava davvero a non guardare niente, ma una strana macchia sul lato destro del fianco di Clover attirò la sua attenzione.

Era forse una cicatrice? Cosa…?

In quel momento, con un leggero rrrrrr, la zip si disincastrò e iniziò la sua traversata a chiudere il vestito, coprendo completamente qualsiasi mistero si celasse dietro quella striatura.

-Ci hai messo una vita- borbottò Clover, finendo di sollevarla e allontanando con un gomito Diego.

-Sai, noi comuni mortali abbiamo un’usanza particolare, ovvero dire “grazie”, quando qualcuno ti fa un favore. Dovresti provarlo, ogni tanto- commentò Diego, sarcastico, avviandosi verso l’armadio e cercando il suo abito da sera.

Clover borbottò qualcosa che sembrava poco un grazie e più una parolaccia, ma Diego decide di darle il beneficio del dubbio e non commentare.

-La casetta è davvero ben fatta- ammise poi la ragazza, avvicinandosi allo specchio e finendo di sistemare il trucco che però Diego avrebbe considerato già perfetto.

Diego intuì che probabilmente era un modo un po’ contorto di ringraziarlo.

-Già, è fantastica. Ora capisci perché ci tengo tanto che sia mia?- non trattenne un sorrisino, e accettò di chiacchierare un po’, mentre si toglieva distrattamente la maglia e prendeva la camicia.

Era un po’ spiegazzata, ma poteva andare bene. Doveva metterci la giacca, dopotutto.

Ma dov’era la giacca?

Diego si voltò per cercarla, e si ritrovò faccia a faccia con Clover, che aveva il rossetto in mano ma non guardava più lo specchio, bensì il petto nudo di Diego.

Dopo un nanosecondo, si voltò di nuovo verso lo specchio, ma a Diego non sfuggì che si era fatta rossa in volto.

-Che c’è? Ti piace quel che vedi?- la provocò Diego, anche se dentro stava morendo dall’imbarazzo, e si affrettò a mettere la camicia.

-Sei tu che ti sei spogliato nel bel mezzo della camera!- obiettò Clover, in tono acuto, facendo attenzione a non guardarlo più neanche di sfuggita.

Diego avrebbe voluto obiettare, ma decise di lasciar perdere.

Perché, in effetti, Clover aveva ragione.

Perché aveva iniziato a cambiarsi così a caso? Sarebbe dovuto andare in bagno e mettere le distanze.

Ma era stato così naturale, per lui, come quando erano piccoli.

Anche se da piccoli, erano fisicamente molto diversi.

Una bambina che sembrava un maschio, e un basso grassottello insignificante con grandi complessi di inferiorità.

Decisamente diversi rispetto ad ora.

Cresciuti, e cambiati.

E allontanati.

-Io vado ad aiutare tua madre- annunciò Clover, prendendo una borsetta perfettamente in tinta con il vestito e uscendo senza neanche aspettare una replica.

Diego sospirò, e approfittò di essere solo in camera per finire di prepararsi.

Ugh, sarebbe stata una lunga giornata!

 

Clover pensava che la casa fosse abbastanza grande, quando l’aveva visitata. Una classica casa di campagna con un giardino più vasto dell’interno, ma comunque parecchio spaziosa.

Ma con una trentina di persone a cena, la metà delle quali imparentate e ispaniche, cosa che faceva spiccare Clover completamente, la ragazza stava sudando per trovare un posto dove stare sola due minuti senza venire sommersa di domande, richieste o anche semplice inquinamento sonoro.

E per fortuna non era neanche l’estranea alla famiglia che più era presa di mira.

Paola, infatti, la promessa sposa, era decisamente più richiesta, e Clover era passata del tutto in secondo piano, grazie al cielo. 

Alla fine i due fidanzatini ufficiali erano i protagonisti, ma questo comunque non esimeva Clover dal caos e dalla presenza a tratti ingombrante della famiglia del suo finto ragazzo.

Non che si stesse trovando male, anzi… ma era una situazione talmente anomala, per lei, che aveva davvero bisogno di prendere un secondo di respiro e indagare su come si sentisse.

Insomma… lei non aveva mai vissuto il caldo abbraccio e supporto di una grande famiglia amorevole e informale, tranne forse quando era davvero piccola, quindici anni prima, con gli stessi Flores.

E le piaceva.

I fratelli e le sorelle di Diego gli piacevano. Anche Oliver, che faceva il tosto, anche Miguel, che aveva visto pochi minuti per i saluti e le presentazioni e poi era stato sommerso da altra gente.

I genitori, la nonna, anche loro avevano offerto solo supporto e affetto a quella che a tutti gli effetti era solo una sconosciuta, che un giorno avrebbe, come da piani, spezzato il cuore di loro figlio.

E Clover non poteva permettersi di affezionarsi, non riusciva a sopportare quanto sopraffatta si sentisse, in maniera soprattutto positiva, nel ricevere tutte quelle attenzioni.

Quindi doveva trovare un rifugio dove nascondersi.

E poi aveva mangiato troppo.

E se Flora le avesse offerto un altro churro sarebbe esplosa, o avrebbe vomitato, o entrambe le cose.

Certo, era tutto buonissimo, ma il vestito iniziava a starle stretto.

E la sua ricerca di un luogo solitario si stava rivelando completamente infruttuosa.

Il bagno era sempre occupato e c’era quasi la fila.

Il giardino era troppo freddo. Benché fosse ormai primavera tirava un venticello gelido e il vestito della ragazza era troppo leggero. 

Il piano di sopra era off-limits. Non tanto perché ci fosse qualcosa da nascondere o fuori posto, ma i bambini erano già andati a dormire, e non era il caso di svegliarli.

Passando sotto le scale, Clover notò che però non c’era molto rischio di svegliarli.

Due teste ricce stavano spiando la sala.

Clover sorrise nella loro direzione.

Oliver sparì immediatamente, Coco la salutò e le fece cenno di fare silenzio.

Clover si cucì le labbra e fece ad entrambi un occhiolino.

Beh, il piano di sopra era off-limits comunque.

Fu solo dopo aver girato la casa due volte che finalmente riuscì a trovare il nascondiglio perfetto.

Un comodissimo stanzino vicino alla cucina. Chiuso, solitario e silenzioso. Perfetto per la giovane.

Si chiuse dentro al meglio, anche se non c’era una chiave, e sospirò, sedendosi su alcune bottiglie d’acqua posate in un angolo.

Doveva calcolare la prossima mossa.

Prese il telefono dalla borsa e controllò l’ora.

Mezzanotte e mezza.

Le sembrava un orario di tutto rispetto per chiamare un taxi, fingere di prenderlo, e camminare a piedi fino all’hotel. Aveva la scusa che era tardi ed era pericoloso aspettare ancora per rientrare.

Piano decisamente inattaccabile.

Certo, l’hotel distava otto chilometri e lei aveva i tacchi, ma era abituata a camminare, e almeno avrebbe smaltito la vagonata di cibo che aveva mangiato quel giorno, tra il pranzo e la cena.

Ma prima di cimentarsi nella scarpinata, doveva necessariamente riposare ancora qualche minuto i piedi, perché altrimenti sarebbe morta.

Purtroppo neanche gli stanzini erano luoghi sicuri.

La porta si aprì, e Clover si alzò di scatto, prendendo la prima arma a disposizione in un riflesso incondizionato.

Non seppe neanche lei perché. Non è che si aspettasse di essere aggredita da quelle persone. Probabilmente stava solo pensando alla camminata di notte e la sua mente si stava preparando inconsciamente a difendersi.

Fatto sta che prese una bottiglia di vino poggiata lì vicino, e si preparò ad affrontare la figura, che si rivelò essere Paola, che era sobbalzata sorpresa quanto lei.

-Clover!-

-Paola!-

Esclamarono insieme, per poi restare qualche secondo in silenzio, senza sapere cosa dire.

Clover abbassò la bottiglia, ma la tenne comunque in mano.

Paola fu la prima a parlare.

-Ero venuta a prendere qualche bottiglia di vino, ma vedo che tu mi hai anticipato. Ti stai proprio integrando in fretta in famiglia!- commentò, con un sorriso tutto denti.

Sembrava onestamente felice della cosa, Clover non notava alcun gesto inconscio che dimostrasse il contrario.

-Già… manca il vino- borbottò, cercando di reggere il gioco, ma troppo stanca per nascondere i suoi segnali.

-Già che ci sono allora prendo anche un po’ d’acqua. Andiamo insieme in cucina?- chiese la finta cognata, prendendo due bottiglie con insospettabile forza e precedendo Clover, che la seguì cercando di non mostrare la sua irritazione per essere nuovamente stata interrotta nel suo momento di riposo.

Almeno la cucina era davvero vicina.

-Sai, speravo di aver occasione di parlarti, stasera. Ho sentito così tante storie su di te!- Paola però aveva intenzione di chiacchierare.

Clover improvvisamente si interessò completamente alla ragazza.

Parlare con lei? Aveva sentito tante storie?

-Davvero?- chiese, scettica -Eppure sto con Diego solo da qualche settimana-

-Oh, sì, ma sei la sua amica d’infanzia, giusto? Maria parlava sempre di te quando mi raccontava storie di Diego e Miguel da piccoli. Oh...- si interruppe, e guardò Clover un po’ imbarazzata -…solo cose belle, ti assicuro. Insomma, questa famiglia è fantastica e gentile e non parla mai male degli altri! Ma sono certa che questo lo sai già- rise tra sé, prima di entrare in cucina.

Clover la seguì.

-Beh, sì, sono molto calorosi- commentò, senza sbilanciarsi troppo, senza capire cosa volesse Paola da lei.

-Sono sempre stati la mia famiglia. Non riesco a credere che tra poco lo diventeranno davvero, ufficialmente, per sempre- Paola posò le bottiglie e guardò commossa l’anello al suo dito.

Non era un anello di fidanzamento eccezionale. Era uno zircone di basso valore, in un cerchio di sottile argento, ma la giovane donna lo guardava come se fosse il più prezioso ed enorme dei diamanti.

-Avete già una data?- chiese Clover, arrendendosi ad avere una conversazione, e Paola si girò a guardarla, raggiante.

-Non siamo ancora sicuri, ma pensiamo agosto. Avremo molto da organizzare, ma la mia migliore amica conosce una buona wedding planner. E l’unica settimana libera che abbiamo per la luna di miele è ad Agosto, quindi è quasi scontato, ahah- Paola si sistemò i capelli, nervosa.

-Spero davvero che sarà il matrimonio dei sogni. Tu e Miguel sembrate davvero una bellissima coppia, e ve lo meritate- l’augurio di Clover era sincero, ma non era certa che fosse appropriato. Dopotutto li aveva solo visti per qualche ora, non era nessuno per assumere niente su di loro.

Ma Paola si illuminò al commento, e quasi scoppiò a piangere.

-Oh, grazie! Sei così gentile! Spero davvero che tu e Diego veniate insieme. Per rendere il matrimonio perfetto mi basta avere la famiglia riunita, e sposare l’amore della mia vita!- esclamò con convinzione, facendo un giro su sé stessa.

Sembrava una principessa Disney. 

No, sul serio.

Diego le aveva dato qualche informazione su lei e il suo rapporto con Miguel.

Era una orfana. Era ottimista e adorabile. Di famiglia umile e gran lavoratrice. Miguel era il suo primo ragazzo e il suo vero amore. Le mancava solo un animale domestico parlante e una fata madrina che le donasse un vestito o qualcosa del genere.

Le sorrise intenerita.

Era come Amabelle, ma senza la vena malefica… o almeno che Clover sapesse.

-Certo, cucina italiana sarebbe un tocco in più, ma non è necessaria- aggiunse Paola, ridacchiando e iniziando ad armeggiare con le bottiglie.

Clover si illuminò.

-Anche io amo la cucina italiana!- le diede man forte, felice di aver finalmente trovato un punto in comune che non riguardasse il loro rapporto con uno dei fratelli Flores.

-Davvero?! Fantastico! Aspetta! C’è un ristorante a Harriswood. Sicuramente lo conosci. Ha due stelle Michelin e ho sempre voluto andarci…- 

-Le Cascate! È il mio ristorante preferito!-

-Davvero? È davvero così buono come dicono?-

-Assolutamente. È uno dei migliori di questa zona. Un giorno tu e Miguel dovete assolutamente venire. Offro io- Clover ormai si era risollevata completamente d’animo. Non sapeva neanche perché, ma Paola le dava una bellissima energia, e voleva davvero darle la possibilità di mangiare piatti stellati.

Forse poteva essere lei la sua fata madrina.

-Oh, no! Non potrei mai accettare. Ma sarebbe bello vederci tutti a Harriswood, un giorno. Magari per un appuntamento a quattro- propose Paola, umile.

Ah, giusto!

Clover per un attimo si era dimenticata il vero motivo per cui era lì.

Ovvero essere la ragazza di Diego.

Uff, avrebbe preferito stare alla cena in veste di amica di famiglia o babysitter di Coco, piuttosto.

Si costrinse a sorridere.

-Sì, dovremmo assolutamente. Un giorno in cui entrambi siete liberi di venire a trovarci- disse, incoraggiante.

-Ci conto!- il sorriso di Paola era quasi accecante.

E probabilmente avrebbe continuato a parlare se non fosse stata richiamata da una delle sue amiche, in salotto.

-Scusa, devo andare. Ci sentiamo, però. Va bene?- salutando Clover, la giovane donna si allontanò, piena di energia.

E pensare che aveva solo ventuno anni.

Ed era la persona più felice del mondo all’idea di sposarsi.

Wow.

Forse aveva capito tutto della vita.

Clover decise di versarsi un bicchiere di vino, e riflettere sul fatto che sarebbe stata single (ma felice, probabilmente) per il resto della sua vita, ma venne interrotta da colui che teoricamente avrebbe dovuto non farla essere single, ma l’aveva mezza abbandonata a metà serata.

-Clover! Eccoti finalmente! Ti ho cercata dappertutto!- esclamò Diego, leggermente brillo, e controllando in giro che non ci fosse nessuno nei paraggi.

-Non è che mi fossi nascosta- obiettò Clover, anche se in effetti ci aveva provato eccome a nascondersi. Solo che senza successo.

-Chiama subito un taxi e poi nasconditi- le suggerì Diego, prendendola per un braccio e cercando di trascinarla fuori dalla cucina.

-Ehi, ma che modi!- si lamentò la ragazza, anche se quello era esattamente il suo piano, che però, ancora, non aveva avuto successo.

-Non c’è tempo di spiegare, ma mi sarai molto grata. Dobbiamo evitare che…- Diego iniziò effettivamente a spiegare. Perché le persone perdevano tempo a dire che non c’era tempo per spiegare quando con il tempo impiegato a dire quella frase, avrebbero potuto effettivamente spiegare?! Che cliché insulso.

E che esagerato uso della parola tempo.

Se una scena del genere fosse stata scritta in una storia, sarebbe stata davvero mediocre, nel parere di Clover.

Stranamente dopo aver pensato quella cosa, a Clover comparve un brufolo sul mento. Ma questa è un’altra storia.

Perché la spiegazione di Diego, nel frattempo, era stata interrotta dalla persona dalla quale stava mettendo in guardia Clover.

-Clover, eccoti! Ti ho cercata dappertutto!- sebbene avesse detto le stesse cose del figlio, il tono di Maria era meno urgente e molto più zuccheroso.

-Ah ah, non mi ero mica nascosta- anche la voce di Clover cercò di essere più divertita rispetto a prima.

-Oh, lo so! È un gran caos qui dentro. Ma gli ospiti stanno già iniziando ad andare via, credo che la festa stia per finire- Maria agitò la mano davanti al viso.

-In effetti si sta facendo tardi. Forse è il caso che chiami un taxi e che mi faccia venire a prendere- Clover controllò il telefono e iniziò a fare il numero.

Notò con la coda dell’occhio Diego prendersi il volto tra le mani e Maria illuminarsi.

-Ma no, cara! Farti chiamare un taxi a quest’ora è troppo pericoloso. Perché non dormi nella casetta con Diego?- si affrettò a proporre la donna, bloccandole la mano con cui teneva il telefono.

L’espressione di Clover cambiò drasticamente in meno di un secondo, e si girò verso Diego, capendo finalmente perché cercava in tutti i modi di farla affrettare ad andare via.

-No, signora Flores, non voglio disturbare, e poi l’hotel è proprio qui vicino, e un taxi è molto sicuro, non ho il pigiama, e…- le sue obiezioni sembravano entrare da un orecchio e uscire dall’altro della donna, che la interruppe con delle pacche sulla spalla.

-Figurati, è un piacere per noi. E finalmente Diego potrà usare la casetta per come è concepita- Maria fece un occhiolino al figlio, ed entrambi i ragazzi ammutolirono, e si guardarono.

Non potevano obiettare. In gioco c’era l’appartenenza della casetta, l’obiettivo generale della pagliacciata.

-Beh, grazie davvero per l’offerta, Maria. Anche se non ho un pigiama, né lo spazzolino- Clover provò ancora ad arrampicarsi sugli specchi, ma ormai si stava già rassegnando.

-Niente di irreparabile. Dovrebbero andarti i vestiti di Juanita, o potrei darti qualcosa di mio. E abbiamo sempre degli spazzolini in più per ogni evenienza- ed infatti Maria aveva una soluzione per tutto.

Clover si limitò a sorridere, e Maria lo prese come un segno che chi tace acconsente.

-Allora è deciso! Godetevi il resto della serata. Ti metterò un pigiama pulito direttamente nella casetta- la donna batté le mani in modo troppo simile ad Amabelle per i gusti di Clover, e lasciò i due “piccioncini” ad autocommiserarsi in corridoio.

-Siamo fregati- commentarono insieme, sbuffando.

-Già, chissà se alla fine è stata una buona idea questa messa in scena- commentò Juanita, che li aveva raggiunti senza fare troppo rumore e probabilmente aveva osservato tutta la scena.

I due giovani si limitarono a sospirare.

Beh, chi tace acconsente.

 

Diego iniziava a chiedersi se dopo tutta quella situazione avrebbe voluto effettivamente avere la casetta tutta per sé, perché iniziava ad essere teatro di ricordi non del tutto piacevoli.

Prima Clover e la zip, poi lui a petto nudo e Clover che lo guardava. Ora doveva dormire nello stesso letto di Clover o, più probabilmente, dormire di nuovo a terra lasciando il letto a Clover.

Uff, e pensare che fino a poche ore prima la casetta era il luogo sacro dove Clover non era mai entrata, neanche con il pensiero. Era il posto di Diego e suo nonno. Ci aveva certo portato amici, e ragazze, più che altro le storie più serie che aveva avuto. Ma mai Clover. Era un luogo del futuro, non del passato.

Ed eccolo qui, il suo passato, che aveva praticamente sfondato la porta e aveva piantato le tende dentro il suo luogo magico.

Ma era colpa di Diego, che aveva accettato di chiedere proprio a Clover di aiutarlo con questa sceneggiata.

E adesso aspettava seduto sul letto il suo turno per andare in bagno a lavarsi i denti.

Clover era davvero lenta. Eppure non doveva fare altro che mettersi in pigiama.

Non ci volevano certo quaranta minuti.

-Era meglio un pigiama di tua madre- borbottò la ragazza, uscendo sbuffando (quante volte l’aveva sentita sbuffare quel giorno? Aveva perso il conto) e coprendosi al meglio l’evidente scollatura che la camicia a notte di Juanita offriva. 

Su sua sorella, piatta come una tavola da surf, non era niente di scandaloso, ma Clover aveva una fisionomia molto diversa.

E Diego capì perché ci aveva messo quaranta minuti, dato che sembrava un’altra persona rispetto a prima, struccata, con i capelli sciolti e senza gioielli. Non meno bella, assolutamente, ma diversa, quello sì.

-Mi imbarazza chiederlo, ma avresti una t-shirt o qualcosa del genere da prestarmi da mettere sopra?- borbottò Clover, leggermente rossa in viso.

-Certamente!- si affrettò ad acconsentire Diego, che stava lui stesso per proporre la cosa, e iniziò ad armeggiare nell’armadio.

-E magari se mi dai un cuscino e una coperta preparo il mio giaciglio per la notte- aggiunse Clover, avvicinandosi al letto e controllando quanto sporco fosse il pavimento.

A discolpa di Diego, non c’era quasi mai, e quei giorni era stato troppo impegnato per spazzare.

Un momento…

-Che? Il tuo giaciglio?- chiese, confuso, interrompendosi a metà lavoro e girandosi verso Clover, che non ricambiò e rispose con ovvietà.

-Ovvio! Non penserai mica che accetterò di dormire nel letto con te- 

-Non sia mai, per carità!- mugugnò Diego sarcastico -Comunque lo davo per scontato, in realtà. È la parte sul tuo giaciglio che mi confonde. Pensavo di dormire io per terra- le fece presente, perplesso.

-No, perché? L’ultima volta hai dormito tu per terra. Sono per l’uguaglianza dei generi, sai?- insistette Clover, spostando un po’ di polvere ma facendo una smorfia disgustata nel notare quanta ce ne fosse sotto il letto.

-Va bene, ma sei mia ospite, quindi mi sembra normale che sia io a offrirti il letto- obiettò Diego, lanciandole una maglietta che la ragazza prese al volo nonostante non stesse guardando.

Se la mise in pochi istanti, e si alzò per affrontare Diego sull’argomento.

-Dato che io difficilmente ti ospiterò, e se anche lo facessi ti darò un letto, insisto nel dormire per terra, anche se non disdegnerei una spazzata al pavimento, prima di respirare tutta questa polvere- 

-Non sono quasi mai a casa, per questo c’è polvere!- ci tenne a difendersi Diego, punto sul personale -E comunque…- la successiva obiezione venne interrotta da un bussare alla porta.

Clover e Diego sobbalzarono, e si affrettarono a controllare che non ci fossero segnali che uno dei due intendesse dormire a terra. Per fortuna non avevano ancora preparato nulla.

Diego indicò a Clover il letto, e lei si affrettò a mettersi sotto le coperte, dando l’idea di essere già pronta a dormire.

-Sì?- chiese poi Diego, avvicinandosi timoroso alla porta, aprendone uno spiraglio per controllare.

-Diego, tesoro. Mi dispiace davvero disturbare te e Clover, ma… c’è un piccolo problema- a bussare era stata Maria, e si torturava le mani nervosamente.

Diego aprì di più la porta, preoccupato.

-Cosa è successo? Tutti bene?- chiese, molto più sicuro e già pronto ad intervenire.

-Sì, sì, ma Coco…- Maria si fece da parte, mostrando la bambina, in pigiama, spaventata e con gli occhi stanchi e lucidi.

Diego si piegò alla sua altezza, intuendo già cosa fosse successo.

-Hai fatto un incubo?- chiese alla sorella, che annuì leggermente.

Di solito ogni volta che faceva un incubo Maria la portava a dormire con lui, sotto esplicita richiesta di Coco, che non amava stare tra i genitori, dato che il papà russava.

-Ho provato a dirle che oggi c’è Clover e sicuramente volete stare tra voi, ma era molto spaventata. Magari vederti può risollevarla un po’- si scusò sua madre, molto stanca a sua volta.

Aveva ancora i vestiti della cena. Probabilmente era ancora intenta a sistemare gli avanzi e la spazzatura urgente.

-Può restare, non è un problema per noi. Il letto è grande- intervenne Clover, che si era alzata e a passi felpati li aveva raggiunti.

Si piegò anche lei verso Coco.

-Ti va bene dormire con entrambi?- chiese, in tono dolce. Diego si trattenne con tutte le sue forza dal non commentare che, wow, sembrava decisamente un’altra persona.

Quindi anche Clover aveva un lato tenero con i bambini? Buono a sapersi.

Coco annuì con più veemenza, accennando un sorrisino che però non le arrivò agli occhi.

-Siete sicuri? Non vi da fastidio? Posso sempre farla stare con nonna Flora- Maria sembrava sollevata e al tempo stesso profondamente a disagio.

Clover scosse la testa.

-Ma certo che non è un problema. Vieni, Coco. Vuoi che ti racconto una storia per farti dormire?- Clover, in totale modalità mamma (modalità che Diego non credeva potesse fisicamente raggiungere), prese Coco per mano e la accompagnò verso il letto. La bambina la seguì annuendo molto sollevata.

Sia Diego che Maria la guardarono ad occhi sgranati.

-Sai vero che è preziosa?- gli fece presente Maria.

Diego si trattenne dal non sbuffare, e annuì.

-Lo so bene, mamma- disse invece, prima di salutarla e chiudere la porta, questa volta a chiave, per sicurezza.

Si girò poi a guardare le due ragazze.

Coco si era messa in mezzo, e Clover si era sdraiata accanto a lei e aveva iniziato a raccontare una delle storie brevi che aveva scritto quando era piccola. Forse era Smilla, o addirittura quella sul termosifone malvagio.

-Vado un attimo in bagno- annunciò, indicando la stanza.

Quando tornò, pochi minuti dopo, Coco era già addormentata, e Clover la guardava con attenzione.

Diego si avvicinò alla finta ragazza.

-Quindi, che facciamo?- sussurrò, un po’ preoccupato.

-Beh, Coco è un divisore naturale. Io direi di dormire e basta- suggerì lei, alzando le spalle.

In effetti, l’arrivo della sorella era stato quasi una manna dal cielo.

E rendeva il dormire nello stesso letto molto più sopportabile.

-Mi sembra un buon piano- Diego si mise nel proprio lato, e si allungò per spegnere la luce.

Dopo qualche secondo di silenzio, si rivolse nuovamente a Clover.

-Grazie- sussurrò, rimboccando le coperte della sorellina.

Non aveva alcun obbligo di essere così gentile con lei, e Diego non l’avrebbe biasimata se si fosse opposta. Stavano insieme solo per finta, dopotutto, e Clover conosceva Coco da meno di ventiquattrore.

La ragazza non rispose, ma sentì che anche lei, dal suo lato, aveva sollevato la coperta per coprire meglio la bambina.

Fu con il sorriso sulle labbra che si addormentò, crollando quasi immediatamente. Nel suo letto, con la sua adorata sorella, e nella consapevolezza che il peggio, nell’incontro con i suoi, era ufficialmente passato, ed erano ormai fuori pericolo.

Dai, forse quell’idea non era stata così male, in fondo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Scusate il salto di settimana. Dovevo finire un contest e poi ho avuto un brutto piena di impegni, con poca ispirazione, e sono stata anche male di gola, e poi di stomaco, ugh :(

Mi sento in colpa ad aver cercato di programmare un po’ ed aver fallito proprio subito, ma proprio non ce l’ho fatta. In compenso ho pubblicato comunque un giorno prima e ho iniziato una raccolta con delle side stories e missing moments ed eventuali AU di questa storia, che potete trovare qui: Life Bites.

Se una settimana non aggiornerò qui, aggiornerò sicuramente lì. Quindi se volete dateci un’occhiata.

 

Passando al capitolo…

Avete un soprannome per Clover da consigliare a Diego? 

Che ne pensate delle regole?

Chissà che problemi ha Clover con le macchine.

E poi la famiglia Flores non è forse adorabile?! Il totale opposto della famiglia Paik.

Ci tengo a sottolineare che la “cotta” di Oliver per Clover non è niente di serio o pedofilo. È una classica cotta che hanno i bambini o ragazzini per qualcuno di più grande, ma niente di reale o strano o inquietante. 

Qual è il vostro Flores preferito? Fatemelo sapere nei commenti.

Il prossimo capitolo, che dovrei senza problemi riuscire a pubblicare giovedì prossimo, dato che ho già iniziato a scriverlo, si concentrerà su altre coppie, dopo questa lunga parentesi interamente Clogo.

Inizialmente avrei voluto fare uno speciale: un capitolo bonus dove approfittavo delle vostre risposte al sondaggio per creare una situazione sovrannaturale durante il compleanno di Norman. Ma dato che non aggiungeva niente di troppo concreto a livello di trama, ho deciso che lo pubblicherò in seguito nella raccolta Life Bites.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e mi auguro che la storia continuerà a piacervi.

Se avete qualsiasi cosa da dire sentitevi liberi di lasciarmi un commento o inviarmi un messaggio per farmelo sapere. Sono una vera iniettata di autostima, ahahah.

Un bacione a tutti e alla prossima :-*

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Felix decide di mettere da parte i suoi sentimenti per Mirren. Max cerca informazioni per un esame su un blog, si assiste a una serata cinema a casa di Max e Denny

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Capitolo 16
*** Le opportunità del web ***


Le opportunità del web

 

Domenica 31 Marzo 

“Ieri notte ho fatto un incubo”

Quella frase ritornava nella testa di Felix ogni volta che si distraeva anche solo un po’ da quello che stava facendo.

E ogni volta, rigorosamente, riceveva un pugno nello stomaco.

Metaforicamente, certo, ma il dolore era quasi fisico.

E finiva per distrarsi e avere uno dei suoi attacchi.

Erano tre settimane che questa situazione continuava, ed era più forte di lui.

Eppure aveva parlato con Mirren, avevano chiarito, era anche venuto a cena qualche volta.

Ma quella tremenda frase continuava a mangiargli il cervello, quasi letteralmente.

Perché ci aveva davvero sperato, per una volta.

Nonostante i suoi sforzi, nonostante la sua ragionevolezza, la speranza era riuscita ad entrare dentro di lui, e gli aveva fatto credere che forse, forse quello sarebbe stato un punto di svolta.

Si erano baciati. Anzi, Mirren lo aveva baciato. Ed era stato meraviglioso

Un sogno.

O almeno per Felix, dato che, a quanto pare, per Mirren era stato un incubo.

Per quanto ancora sarebbe riuscito a sopportare quella situazione senza impazzire?!

La risposta era chiaramente “non molto”, ma Felix non riusciva a lasciar andare i sentimenti che provava per il migliore amico.

Ci aveva provato, in tutti i modi, ma erano mille volte più forti di lui, e a volte gli sembrava quasi che potessero essere ricambiati.

Quando l’amico gli sorrideva nei momenti in cui non credeva di essere visto. 

Quando sembrava che l’amico volesse stargli più vicino.

E quando, effettivamente, gli era stato vicino. Da ubriaco avevano ballato, gli aveva toccato i capelli e lo aveva baciato.

Davvero una cosa così importante era stata solo un incubo?

Felix non capiva Mirren. In questo frangente non lo aveva mai capito, e aveva sempre avuto troppa paura di perderlo per fare domande esplicite.

E anche quando provava ad introdurre l’argomento, Mirren lo evitava, o fingeva di non capire, o fingeva di non ricordare.

Felix sapeva che non aveva dimenticato quella notte.

E sapeva che Mirren aveva capito che neanche lui l’aveva dimenticata.

Ma per qualche strano motivo era più facile fingere che fosse così.

E Felix non lo capiva.

Non capiva perché Mirren aveva evitato con tale insistenza il suo sguardo.

Era forse disgustato da lui a tal punto?

O da sé stesso? 

Forse tutti i segnali che vedeva, a volte, e gli facevano credere che ci fosse speranza per lui erano solo un’illusione che si era creato per aggrapparsi ai suoi sentimenti.

Forse doveva semplicemente lasciarli anda…

-Felix! Stai battendo la fiacca?!- una voce irritata e un leggero calcio sui polpacci svegliarono Felix dall’attacco che stava vivendo, e il ragazzo sbatté gli occhi un paio di volte, per ricordarsi di dove fosse e tornare alla realtà.

Maledizione, stava avendo troppi attacchi quegli ultimi tempi.

Allora, era in salotto, aveva una scopa in mano e altri materiali per la pulizia poggiati sul divano accanto a lui.

Giusto, era il suo turno di pulizia del salotto.

Si affrettò a cominciare a spazzare, prima di girarsi verso la persona che lo aveva fortunatamente svegliato.

Se era una delle sue sorelle era salvo, se era sua madre era finito.

Più che altro perché si sarebbe preoccupata, e non voleva farle presente che i suoi attacchi erano peggiorati.

Per fortuna era solo Gabrielle, che lo guardava storto e aveva due pesanti sacchi della spazzatura pieni come un uovo in mano.

-Che c’era in camera tua? Una discarica?- la prese in giro, ricordando i turni di pulizia e cercando di tornare il fratello irritante di sempre.

-Ho recuperato anche la spazzatura di Meredith e papà. Sono diventata la netturbina ufficiale- si lamentò lei, lasciandoli andare e buttandosi su una poltrona, melodrammatica.

Felix roteò gli occhi, e posò la scopa in un angolo per aiutarla.

Era, dopotutto, il ruolo di un buon fratello maggiore.

E poi era chiaro che Gabrielle volesse questo da lui.

La sorella detestava trasportare oggetti pesanti, soprattutto se erano spazzatura. Temeva di spezzarsi le unghie, che erano sempre perfettamente curate, smaltate, e molto lunghe.

Felix era convinto che fossero troppo forti per spezzarsi, ma non voleva rischiare comunque che accadesse, quindi spesso la aiutava nei compiti ingrati che le affidavano.

-Ti aiuto a portarli fuori- si offrì, prendendo entrambi i grossi sacchi.

-Fantastico! Va bene se ti accompagno?- chiese la sorella, affiancandolo e prendendo il telefono.

-Mi va benissimo ma non ne vedo la ragione- ammise lui, sorpreso. Non è che passassero molto tempo insieme, in realtà. Gabrielle era sempre fuori casa e anche quando era presente solitamente stava al telefono. Parlavano solo durante le serate in famiglia e alle feste. Si volevano bene, certo, ma non avevano il rapporto più stretto del mondo.

-Sei strano questi giorni, siamo un po’ preoccupati- ammise Gabrielle -Non vorrei che ti perdessi- lo prese poi in giro, con una leggera gomitata.

Felix sospirò.

Cavolo, se se n’era accorta anche Gabrielle significava che era proprio un problema.

-Sto bene- mentì. Beh, dai, non proprio. Stava bene, fisicamente, e anche mentalmente… anche se meno. Solo, aveva bisogno di riflettere.

E riflessione significava quasi sempre attacchi.

-Non sono fatti miei, ma se hai bisogno di parlare posso ripagarti dell’aiuto che mi hai dato adesso- propose Gabrielle, facendo passare lo sguardo da lui al telefono e dando prova del suo quasi totale disinteresse.

Felix cercò di non prenderla sul personale.

-Preferirei che mi ripagassi dell’aiuto assistendomi nel mio lavoro- propose, con un occhiolino.

Gabrielle si incupì. 

-Preferisco di gran lunga starti a sentire- poi bloccò il telefono e lo intascò -Ma sul serio, Felix. Va tutto bene?- il suo tono si fece incredibilmente serio, e gli accarezzò il braccio con fare rassicurante.

Erano appena arrivati ai secchi della spazzatura, quindi Felix approfittò del dover buttare i due sacchi per evitare di rispondere.

Sfortunatamente, proprio in quel momento, Mirren stava tornando a casa in bici, e fece un cenno ai due, senza però fermarsi.

Entrambi ricambiarono, e Felix non riuscì a trattenersi del sospirare.

E si decise a parlare.

Non credeva che Gabrielle potesse offrirgli la soluzione, ma almeno si sarebbe sfogato un po’.

Anche se era meglio non dire esplicitamente cosa lo turbasse.

-Mi sento… un po’ solo- confessò, chiudendo i secchi della spazzatura ed evitando di guardare sua sorella negli occhi.

Lei rimase in silenzio per qualche secondo, e Felix lo prese come un invito a continuare.

-Cioè, insomma… non è che sono proprio solo solo. Sono pieno di amici, e adoro la Corona Crew, ma a volte sento il bisogno di qualcuno…- “Mirren” -…che sia più di un amico per me. Ma sono secoli che non vado ad un appuntamento. E non so più come si faccia, a dire il vero…- “e vorrei andarci con Mirren!” -…quindi non so. Mi sento un po’ bloccato- alla fine disse molto più di quanto avrebbe voluto, soprattutto perché quella, alla fine, era pur sempre Gabrielle.

Con sua grande sorpresa, sua sorella lo abbracciò.

-Ma perché non l’hai detto, subito, fratellone!- esclamò. Felix sentì chiaramente il telefono che gli veniva sottratto dalla tasca.

-Aspetta, cosa…?- provò ad obiettare e recuperarlo, ma Gabrielle lo schivò con prontezza di riflessi inaspettata, e iniziò a correre dentro.

-Che stai facendo?!- insistesse Felix, preoccupato che iniziasse a scrivere messaggi strani a tutti i suoi contatti.

Ma lei stava facendo qualcosa che probabilmente era peggio.

-Conosco un sito di incontri fenomenale! Io non lo uso perché le cose tra me e Henry vanno benissimo, ma la mia amica Stacy dice che è davvero ottimo e sicuro- spiegò Gabrielle, soddisfatta, rientrando in casa e rischiando di sbattere la porta in faccia al fratello.

-No, aspetta, non ho intenzione di iscrivermi a un sito di incontri. Non sono così patetico!- provò ad obiettare Felix, rientrando e rincorrendo la sorella.

Il problema non era non trovare qualcuno. Era che il qualcuno che voleva trovare era Mirren.

-Trovi patetico chi cerca l’amore? Non ti facevo così qualunquista, Felix. Pensavo fossi aperto ad ogni opportunità- lo provocò Gabrielle, sventolandogli il telefono davanti al viso.

-Non è questo. Ma non è una cosa per me, tutto qui- Felix si riappropriò del telefono, già pronto a cancellare l’applicazione appena scaricata: “Finder”.

Felix pensò che era un nome decisamente privo di fantasia.

E venne anche a lui un brufolo sul mento, come a Clover nello scorso capitolo.

-Sai, Felix, se continui ad aggrapparti alle cose non riuscirai mai ad andare avanti ed essere felice- gli fece notare Gabrielle, dando prova di aver capito molto più di quanto Felix aveva fatto trasparire, e tornando ai piani di sopra dove doveva finire di sistemare.

Felix sospirò, e guardò il telefono.

La registrazione sembrava davvero semplice, e dopotutto cosa costava tentare.

Gabrielle aveva ragione. Se Mirren non ricambiava Felix doveva andare avanti.

Non poteva più aggrapparsi alla vana speranza che un giorno le cose sarebbero cambiate, perché era ormai chiaro che non sarebbe stato così.

 

 

Mercoledì 3 Aprile

Era quasi mezzanotte, quindi probabilmente dovrei mettere 4 Aprile invece che 3, ma ciò non cambia che Max era sdraiato sul divano con il portatile in mano e almeno tre libri sparsi addosso a lui come coperte.

Ed era stanco, ma prima di andare a dormire, doveva assolutamente finire di mettere le basi per la ricerca del laboratorio. Il giorno successivo avrebbe dovuto presentare il suo progetto, ma non era del tutto certo che i reperti floreali che aveva scelto avessero dei significati particolari, e non voleva presentare un lavoro dozzinale.

Solo che era troppo stanco per una ricerca troppo approfondita sul significato intrinseco dei giacinti nella cultura greca, romana e il significato moderno.

Era troppo, troppo, stanco. E c’erano troppe risposte.

E avrebbe volentieri fatto la ricerca in camera sulla scrivania ma Denny stava già dormendo e non voleva disturbarlo con la luce, lo sfogliare delle pagine, e gli sbadigli.

Era in momenti come quello che Max era grato di non avere un partner. Perché, oggettivamente, era già abbastanza impegnato, e non sarebbe mai stato un ragazzo ideale.

Sospirò, distrutto, e decise che era proprio il caso di chiedere aiuto.

Non un aiuto illegale o una strada alternativa che poteva considerarsi un imbroglio. Voleva solo una visuale più ampia e diversi punti di vista.

Quindi aprì una finestra internet, e fece un salto nel suo blog preferito: “Il giardino segreto”. 

Era un blog su fiori e piante dove era andato tantissimo dalle medie fino all’ultimo anno di superiori, tanto che l’avevano eletto moderatore.

Ultimamente ci passava sempre meno spesso, principalmente per controllare che tutto fosse in ordine, ma era un moderatore abbastanza permissivo. Non aveva mai bannato nessuno e solitamente preferiva parlare con le persone.

E, dopotutto, era un blog di fiori. È difficile che un irrispettoso troll sociopatico decida di rompere le scatole in un blog di fiori.

Difficile, ma non impossibile.

Come prima cosa, Max controllò le segnalazioni. Aveva sempre moltissimi messaggi quando entrava, ma la maggior parte di essi venivano controllati dall’amministratore e gli altri moderatori.

Uno dei moderatori principali, un tale Blue_Rose, era spaventoso quando si trattava di comportamenti scorretti.

Notò però che giusto poche ore prima gli erano arrivate decine di segnalazioni riguardo a un post nella sezione “Consigliatemi un fiore…”, verso un tale dal nome volgare che Max non voleva neanche leggere e decise di censurare nella sua mente con “Tizio irrispettoso”.

Mettendosi inconsciamente più dritto, e abbandonando la ricerca che l’aveva portato nel blog, entrò nel post, e iniziò a leggere i messaggi, che partivano da un utente anziano che non aveva selezionato un gender di nome “Strelitzia”.

Purtroppo la lingua italiana non ha un genere neutro, quindi userò l’asterisco per rispetto.

 

Strelitzia: Salve a tutti, volevo chiedere un consiglio. Tra poco è il compleanno di mio padre, e volevo regalargli un bouquet dal grande significato. Purtroppo non potrò darglielo di persona perché abbiamo un rapporto molto conflittuale e sono fuorisede al momento, ma vorrei comunque esprimermi il mio amore incondizionato per lui nonostante l’abbandono che mi sembra di provare nei suoi confronti. Non sono del tutto cert* di essere *l* figli* che vorrebbe che fossi, e non mi sento alla sua altezza, ma allo stesso tempo sto cercando in tutti i modi di essere abbastanza e spero che quando ci rivedremo sarò la persona che lui vuole che io sia. Mi potreste consigliare i fiori migliori da mettere in un bouquet del genere? Propendo molto verso ortensie, peonie e solidaghi, ma non so se il significato può essere male interpretato. Mio padre è molto amante dei fiori.

 

Il messaggio era uno dei più interessanti, rispettosi e ben scritti che Max avesse mai letto su quel blog.

Dopo averlo letto si era quasi dimenticato del motivo per cui era lì, e stava già per rispondere con dei consigli, ma mentre controllava se qualcuno aveva già dato risposte interessanti, ricordò tutto.

 

Tizio irrispettoso: Sarebbe più semplice rispondere se sapessimo se il tuo è un complesso di Edipo o di Elettra, amico/a LOL.

 

Max sbatté gli occhi un paio di volte, sconvolto. Davvero la prima risposta ricevuta era quella? Decise di leggere anche tutte le altre, per farsi un quadro completo, ma aveva già il mouse sul tasto “blocca” del suo profilo.

 

Utente anonimo 1: Cos’è il solidago? 

Utente molto bravo: Non saprei amic*, sembra un argomento molto delicato. I fiori che hai detto tu mi sembrano molto decenti, anche se non so tutti i significati. Ti consiglierei un bucaneve, per il cambiamento che stai cercando di adottare. @Tizio irrispettoso: non è per niente carino quello che hai scritto. Strelitzia è liber* di non dare informazioni sul proprio sesso!

Tizio irrispettoso: @Utente molto bravo: *commento censurato perché il rating di questa storia è giallo* Insomma è completamente assurdo che una persona voglia regalare fiori al proprio padre. E questo è un blog di botanica, non serve a raccontare la storia della propria vita.

Utente anonimo 2: Io ti consiglio un girasole perché i girasoli rendono sempre tutto più bello. Ti mando tanto affetto.

Utente molto bravo: @Tizio irrispettoso: Come osi giudicare così aspramente una persona che ha avuto il coraggio di aprirsi con il blog e chiedere un consiglio su un argomento che gli/le sta particolarmente a cuore?! E il suo gender non ha nulla a che vedere con il regalo che vuole fare a suo padre.

Tizio irrispettoso: @Utente molto bravo: Invece ha tutto a che vedere con questo. Se è uomo lo vuole ammazzare, se è donna se lo vuole *commento censurato*. Mi sembra piuttosto ovvio, LOL.

Utente molto bravo: Non spreco altre parole con te, ti segnalo e basta.

Utente anonimo 3: Segnalo anche io

Tizio irrispettoso: Bravi! Scappate dalla conversazione perché sapete che non potete vincerla! E poi si sa come sono queste persone! Cercano solo di fare tenerezza per creare polemiche. Bah!

 

Okay, Max aveva letto abbastanza, ed era solo la prima pagina su quattro. Da quanto poteva evincere, Strelitzia non aveva ancora risposto. Max sperò davvero che non avesse letto nulla.

Decise di intervenire e chiudere del tutto la conversazione, bloccando l’utente e cancellando tutti i commenti irrispettosi che aveva lasciato.

Non si era mai infastidito tanto per un tizio irrispettoso su un blog. Forse era l’ora tarda, o forse il discorso gender. Erano molti a non dare informazioni personali sul blog, non doveva diventare una faccenda di stato.

Dopo aver risolto la questione, scrisse sul topic: 

 

Gelsomino (è il nome di Max, adorabile vero?): Ho bloccato l’utente Tizio irrispettoso e ho cancellato tutti i suoi messaggi off-topic. Se volete continuare a parlarne fatelo in privato. Saluti dalla moderazione.

Gelsomino: Passando alla domanda di Sterlitzia, temo che l’ora tarda non mi aiuterà a dare consigli del tutto pertinenti, ma da ciò che hai descritto trovo che il tema principale del bouquet potrebbe essere l’anemone. È un fiore dal significato solitamente negativo, legato al tradimento e all’abbandono, ma può anche rappresentare la speranza di un ricongiungimento futuro.

Poi per rappresentare l’amore incondizionato credo che il solidago sia effettivamente perfetto. Unisce sia l’augurio per il suo compleanno che il sentimento sincero che ti lega a lui.

Le eriche, di colore bianco e rosa, rappresentano rispettivamente la speranza che il tuo sogno di riuscire ad essere la persona che vuoi essere per lui, e la solitudine che però provi in questo momento. Oppure il mughetto, che rappresenta la riconciliazione, o speranza di essa, e la felicità ritrovata. Temo che l’ortensia possa apparire leggermente rude, dato che può rischiare di dare il messaggio che tu voglia restare distaccat*. La peonia, invece, è più appropriata. E condivido il pensiero di Utente molto bravo sull’uso del bucaneve. Spero si essere stato di aiuto, e spero davvero che riuscirai a creare il bouquet perfetto per l’occasione.

 

Soddisfatto dell’ora che aveva impiegato a cercare i significati dei fiori e controllare più volte il messaggio finale per assicurarsi di aver detto tutto, Max era quasi pronto ad uscire, quando si ricordò del vero motivo per cui era lì.

E seppellì qualche minuto la testa nel cuscino del divano per la vergogna.

Non per aver aiutato un povero utente bullizzato per il suo voler mantenere la privacy o essere non-binario, ma perché con il tempo usato per cercare i fiori a l*i, avrebbe tranquillamente potuto anche cercare notizie sul giacinto.

Si diede una manata sulla fronte e tornò sul blog, per postare il proprio messaggio, ignorando la chat privata di Tizio irrispettoso che gli aveva scritto una decina di messaggi volgari e minacce.

Sezione “Significato dei fiori”.

 

Gelsomino: Salve a tutti, mi potreste aiutare con la storia e il significato del giacinto nella cultura greca, romana e generale? Visioni distinte e anche personali sono ben accette, anche se preferirei fonti più ufficiali possibili. Grazie in anticipo a tutti.

 

Messaggio breve e conciso. Max controllò l’ora e sospirò quando si rese conto che ormai era decisamente il 4 Aprile, dato che era passata l’una di notte.

Si stropicciò gli occhi e decise che forse poteva permettersi il lusso di andare a dormire. Dopotutto aveva la sveglia in poco più di quattro ore per andare al Corona e poi a lezione. Si stiracchiò, sistemò i libri, e riprese in mano il portatile per chiudere la finestra del blog e spegnerlo, ma venne nuovamente distratto, perché nonostante l’ora tarda, qualcuno aveva risposto al suo post.

 

Strelitzia: Giacinto era un essere umano amato dal dio Apollo, e conteso anche da altre divinità tra cui Zefiro, che fu anche il responsabile della morte del giovane. Quando fu ferito, Apollo provò in tutti i modi a salvarlo, ma non riuscì, e il Giacinto spirò tra le sue braccia. Per ricordarlo e commemorarlo, Apollo creò quindi il fiore del colore del sangue versato, per renderlo immortale. Bisogna però stare attenti a non confondere i fiori, perché in alcuni miti il fiore effettivamente descritto è l’iride, il delphinium o anche la viola del pensiero. Qui di seguito linko alcuni indirizzi utili che approfondiscono la questione, soprattutto il mito greco e il significato moderno, che è molto diverso ed è solitamente il gioco o il divertimento.

 

Sotto al piacevole messaggio, c’erano tre link. Max lo osservò a bocca aperta. Era molto più di quanto si sarebbe aspettato da almeno dieci fonti diversi, e di certo non da una singola fonte a pochi minuti dalla pubblicazione del post.

Prima ancora di riprendersi del tutto, tra i ventimila messaggi privati di Tizio irrispettoso che non si era ancora reso conto di essere a un passo dalla sospensione permanente, gliene arrivò uno di una utente inaspettato, al quale rispose immediatamente.

 

Strelitzia: Grazie mille per prima, sei stato davvero gentile

Nessun problema, davvero. Dovere di moderatore

La privacy e la serenità degli utenti è importante per noi

Strelitzia: Ammetto che quei messaggi mi avevano molto turbato, ma ora sono molto più seren*

Strelitzia: E grazie anche per i consigli, li ho molto apprezzati

Grazie a te per la risposta al mio post, mi hai salvato la vita

Strelitzia: Ahahah, era il minimo. Se hai bisogno di altro non esitare a chiedere

Uguale per me

Strelitzia: Buonanotte, Gelsomino

Buonanotte Strelitzia

 

Max aveva sorriso per tutto lo scambio di messaggi. Si sentiva davvero felice, e appagato. Si ricordava perché amava quel blog, e in generale aiutare gli altri. La soddisfazione di aver reso rasserenato qualcuno semplicemente facendo il suo lavoro, la gioia di aver trovato un alleato e un nuovo amico online, rendevano ogni minuto passato lì degno di essere stato usato.

Chiuse il blog e il computer, questa volta definitivamente, con sollievo e un sorriso rasserenato, pronto per una notte di sonno che sicuramente sarebbe passata nel relax e nella calma.

Si alzò dal divano, posò il portatile nella borsa pronto per il giorno seguente, insieme a un paio di libri, e si avviò lentamente in camera, sperando di non fare rumore.

Tutta la calma, però, sparì non appena aprì la porta.

Perché Denny non era affatto addormentato, né sembrava in procinto di farlo.

Seduto sul letto, sotto le coperte, si vedeva chiaramente la luce del nintendo, e si sentivano anche i commenti concitati del fratello intento a svolgere una qualche battaglia all’ultimo sangue.

Max non era un amante dei videogiochi, e non aveva la minima idea di quale gioco stesse facendo.

Io però lo so quindi ve lo rivelerò: stava giocando a Super Smash Bros. per 3DS, in collaborazione con Mathi contro altra gente random, e, nel caso foste curiosi, aveva selezionato Link come personaggio (Mathi aveva scelto la principessa Peach, che onestamente è parecchio OP).

-Mandalo verso di me, facciamo una combo di attacco! La pagherà per averti ammazzato!- stava dicendo Denny, decisamente più sveglio di Max.

Dopo qualche secondo di sbigottimento, Max riprese il fratello.

-Denny!- esclamò, accendendo la luce, e facendo sobbalzare il citato, che urlò spaventato e come in un anime fece volare via la coperta che lo copriva.

-Max! (…non preoccuparti, Mathi, è solo Max) Che c’è? Mi hai fatto prendere un colpo- fece il muso, tornando al gioco -Maledizione, sono morto!- si indignò, tornando del tutto concentrato.

Max rispettava le passioni del fratello, e gli voleva bene per quello che era, ma c’era comunque un limite a tutto. Erano quasi le due!

-Pensavo stessi dormendo?! Hai idea di che ore sono?- iniziò ad avvicinarsi, deciso a requisirgli la console, ma troppo buono per farlo per davvero.

-Sì, sì, finisco il torneo e arrivo. Io e Mathi stiamo vincendo!- Denny chiaramente non sapeva che ore fossero, ma era naturale. Quando si trattava di videogiochi, il tempo smetteva di esistere, soprattutto quando era notte -Mathi attento! Pit ti ha puntato!- esclamò poi, preoccupato.

-Sono le due di notte, devi andare a dormire- gli fece presente Max, esasperato, e mostrandogli l’orologio accanto al letto.

-Finisco solo questo…- Denny all’inizio non sembrò neanche sentirlo, poi si blocco di scatto, e girò precipitosamente la testa verso il fratello -Le due?!- esclamò, sconvolto, coprendosi poi immediatamente la bocca.

Max sentì indistintamente la voce di Mathi esclamare -Le due?!- dalle cuffiette di Denny, e si preoccupò un po’ per l’udito del fratello, ma era troppo seccato per esprimere appieno la preoccupazione, e si limitò a guardare Denny a braccia incrociate.

-Ah, maledizione, sono morto di nuovo!- Denny tornò per un attimo alla console, e lo sguardo di Max si indurì nuovamente. Il ragazzo davanti a lui quindi arrossì appena, alzò la testa, e mise con riluttanza la console in un angolo -Ehm, Mathi, sarà meglio rinunciare e fare un nuovo torneo domani, magari, okay?- chiese, un po’ a bassa voce, rivolto verso il microfono della cuffietta.

Mathi rispose qualcosa che Max non riuscì bene a capire, ma che fece arrossire leggermente Denny, che poi rispose, con un leggero sorriso: -Certo, a domani. Buonanotte anche a te, e saluta Apollo- chiudendo poi il gioco con rimpianto ma anche con un sorrisino sulle labbra.

Appena ritornò a guardare Max, che non aveva cambiato espressione, il sorrisino sparì, e distolse immediatamente lo sguardo.

-Scusa, non mi sono reso conto del tempo. Volevo dormire, ma poi Mathi mi ha scritto che c’era un torneo su Smash, e ho pensato che non sarebbe durato molto, quindi ho detto perché no, ma è durato molto- ammise, giocherellando con il filo delle cuffie, nervoso.

Max sospirò, pieno di sentimenti contrastanti.

Da un lato era arrabbiato perché nella famiglia Sleefing ne bastava uno di figlio che non dormiva. E poi restare svegli a giocare ai videogiochi non era molto sano. D’altro canto, però, Denny non aveva mai avuto un amico che lo trascinasse fuori dal letto e giocasse con lui fino alle due. Mathi era una presenza così importante per Denny, che Max non poteva che esserne felice.

Sospirò, e iniziò a mettersi in pigiama.

-Va bene, succede. Ma stai più attento all’orario la prossima volta. O almeno chiamami. Il divano è scomodissimo per lavorare. MI sarei potuto mettere alla scrivania- uhhh, sarebbe stato così bello. Peccato.

-Oh, scusa! Non ci ho pensato! Ero così concentrato. Mathi e io siamo una squadra fantastica, pensa che abbiamo battuto alcuni che partecipano a questi tornei per lavoro!- Denny si sdraiò a letto, passando dal colpevole all’emozionato nel giro di pochissimo tempo, e Max si trovò a sorridere, mentre si preparava a sua volta a dormire.

-Sono felice che tu abbia trovato un amico così importante- ammise, mettendosi comodo, spegnendo la luce, e chiudendo gli occhi.

-Già, anche io- Denny fece altrettanto -Può venire alla serata film, venerdì?- chiese poi, un po’ incerto.

-Assolutamente- rispose Max, onestamente felice della proposta.

Socchiuse poi un attimo gli occhi per osservare la reazione di Denny, che aveva sorriso inconsciamente ed era diventato leggermente rosso.

Quando vedeva il fratellino così, Max si diceva che forse faceva bene a non fermare Amabelle dello spingerlo a indagare la propria sessualità. Sarebbe stato così bello se un giorno Denny fosse venuto da lui ammettendo che gli piaceva Mathi, e poi un giorno si sarebbero messi insieme e il fratello sarebbe stato felice.

Beh, almeno lui.

Perché Max non era del tutto certo che lui stesso ne avrebbe avuto la possibilità, almeno non tanto presto.

 

Venerdì 5 Aprile

Denny stava cercando in tutti i modi di restare impassibile. Doveva celare, domare e non mostrare. Si sentiva quasi Elsa di Frozen. Anche se al momento non stavano guardando Frozen, bensì un film scelto proprio da Denny, “Now you see me”, che però il ragazzo non aveva mai in realtà visto.

Ma dalla trama e dal titolo aveva pensato che forse avrebbe potuto interessare Mathi, dato che parlava di prestigiatori.

E aveva avuto completamente ragione.

Per tutta la durata del film, mandato sul televisore di casa loro nel piccolo ma confortevole salotto che ospitava più gente del solito, Mathi aveva reagito in maniera sempre più entusiasta, soprattutto quando i maghi erano in scena e facevano vari trucchi magici.

E tra le reazioni più entusiaste, la più comune era stata quella di prendere il braccio di Denny e agitarlo per attirare la sua attenzione quando succedeva qualcosa di entusiasmante, o prendergli e stringergli la mano con forza quando c’erano scene di tensioni o tristi.

E questo ci portava al motivo per cui Denny aveva tentato in tutti i modi di restare impassibile.

Perché mentre loro due guardavano il film, il resto dei ragazzi presenti alla serata non stava facendo altrettanto.

Almeno non tutti.

Max e Diego, ai due lati accanto a Clover, erano i più interessati al film, anche se decisamente meno rispetto a Mathi, ed entrambi ogni tanto lanciavano uno sguardo al telefono come se aspettassero un messaggio importante. 

Clover e Amabelle, d’altro canto, sembravano completamente disinteressate, soprattutto quest’ultima, e osservavano la loro direzione, sicuramente cercando qualche segnale particolare. Che però Denny non aveva la minima intenzione di mostrare.

Quindi perseverava nel restare stoico e impassibile, e guardava il film cercando di non lasciarsi distrarre da quanto felice fosse Mathi, e quanto forte e calorosa la sua stretta.

Quindi, quando i titoli di coda iniziarono a scorrere sullo schermo, Denny non aveva capito assolutamente nulla del film, perché Mathi lo aveva distratto completamente, e Amabelle, che era seduta accanto a lui, iniziò a punzecchiarlo.

-Denny, Denny, perché sei tutto rosso?!- chiese, mentre Max prendeva il telecomando per stoppare e Diego afferrava il cellulare con forza.

-Vi è piaciuto il film?- il ragazzo si affrettò a cambiare argomento, diventando sempre più rosso e scansando il braccio dalla presa di Mathi, che non sembrò neanche accorgersene.

-Il finale è stato una bomba, non riesco a crederci! Entra di diritto tra i miei cinque film preferiti!- rispose quest’ultimo, portandosi drammaticamente una mano al petto.

-Sì, era molto carino. Sono felice che ti sia piaciuto- Denny sorrise, molto compiaciuto dalla sua scelta, ma tornò serio quando notò lo sguardo malizioso e indagatore di Amabelle -A te, Amabelle, è piaciuto? Non mi sembravi molto entusiasta- la provocò, stringendosi nelle spalle.

-Troppa azione e poco romanticismo, non mi piacciono questi film! Quando toccherà a me ne vedremo delle belle! Ho una lista di almeno cento commedie romantiche da consigliarvi. E la prima per te e Mathi è “Chiamami con il tuo nome”. Perché non la vediamo dopo la pausa?!- Amabelle non si scompose di una virgola, e si avvicinò sempre di più a Denny, stringendolo inconsapevolmente verso Mathi.

-Eh no! Dopo la pausa è il mio turno di scegliere il film, e non metterò mai un film romantico!- obiettò Clover, incrociando le braccia.

-Io l’ho visto! È un altro dei miei film preferiti. Davvero intenso- Mathi però diede man forte ad Amabelle, avvicinandosi a lei e schiacciando Denny nel frattempo.

Ma perché si ritrovava sempre schiacciato contro Mathi per colpa di qualcuno?! 

Almeno questa volta Felix non c’entrava niente.

-Mathi, te l’ho detto che sei l’aggiunta al gruppo migliore di quest’anno?!- Amabelle gli sorrise raggiante.

-Awww, Ames…- Mathi le scompigliò i capelli affettuosamente.

-Io sono qui accanto a te, Amabelle- si lamentò invece Diego, senza però guardarla, dato che aveva gli occhi fissi sul telefono.

-Giusto! Effettivamente tu e Clover avete battuto Mathi e Denny, quindi potresti passare in vantaggio- osservò Amabelle, massaggiandosi il mento, pensierosa.

Denny ebbe un istinto bruciante di prendere Mathi e mettercisi insieme perché non voleva essere secondo a nessuno, ma si tolse immediatamente l’idea dalla testa, e cercò di cambiare argomento.

-A voi il film è piaciuto?- chiese al trio oltre Amabelle.

-Sì, era molto carino. Un’ottima scelta, Danny- sorrise suo fratello, prima di alzarsi per andare a prendere altri popcorn.

-È piaciuto anche a me, sebbene non sia super fan della magia. Comunque l’azione era carina- commentò Diego.

-Per me è un film che spacca- affermò invece Clover, con sicurezza. Strano, Denny non l’avrebbe detto. Non sembrava particolarmente interessata -Ma l’avevo già visto due volte. E poi non sopporto che non superi il test di Bechdel. Avete notato che ci sono due sole donne con un ruolo importante? In un cast praticamente corale con otto personaggi più o meno principali- continuò poi, irritata.

Denny non ci aveva proprio fatto caso.

-Cos’è il Bechdel test?- chiese Mathi, curioso.

-È un test da applicare ai film, e per superarlo serve che si raggiungano tre criteri: 1) il film deve avere almeno due personaggi femminili con un nome; 2) due personaggi femminili devono parlare tra loro; 3) L’argomento di conversazione non deve essere un uomo- spiegò Clover, pratica.

-Mi sembrano criteri abbastanza semplici- commentò Mathi, pensieroso.

-Questo film li passa?- gli fece notare Clover, indicando lo schermo.

Mathi aprì la bocca, ma la chiuse immediatamente, pensieroso.

-Capisco e approvo il tuo punto di vista. Ma purtroppo un film pieno di bei ragazzi per me è la manna dal cielo- ammise il ragazzo, un po’ imbarazzato.

-Infatti è comunque un film che apprezzo, e poi gli effetti sono stupendi- Clover alzò le spalle.

-Jack è il migliore- commentarono poi lei e Mathi, insieme, scoppiando poi a ridere subito dopo.

A Denny era piaciuto molto di più il personaggio di Mark Ruffalo, ma dettagli. 

-Concordo con Amabelle. Sei l’aggiunta al gruppo migliore dell’anno- Clover fece un occhiolino a Mathi.

Sia Denny che Diego fecero una faccia un po’ infastidita, ma fu solo il secondo a commentare.

-Grazie, raggio di sole, per essere così affettuosa nei miei conf.. ahi- non riuscì però a finire perché Clover, al nomignolo, gli aveva tirato una leggera gomitata.

Denny non era esperto di relazioni romantiche. Si poteva dire che non ne avesse mai vissuta né vista una autentica e da vicino, se si escludevano prodotti di finzione e storie di Max, ma Clover e Diego non si comportavano per niente come una coppia. Decise comunque di non dire nulla. 

-Comunque se il film ti è piaciuto tanto dovresti vedere il secondo. È mano bello ma si difende. Ci sono scene molto interessanti- Clover cambiò argomento, mentre Max rientrava con i popcorn e due bottiglie rispettivamente di acqua e cola.

-Hai deciso il film, Clover?- chiese, cercando di entrare nella conversazione.

-Mmmmm, su Netflix c’è Now you see me 2?- chiese a Max, che si affrettò a controllare.

-Oh, sarebbe stupendo!- Mathi iniziò a battere le mani.

-No, mi dispiace. C’è solo il primo- Max però ruppe le sue speranze, dispiaciuto.

-Oh, peccato. Beh, potrei sempre scaricarlo e portarlo sulla chiavetta la prossima volta- Mathi però non si scompose più di tanto, e alzò le spalle, fornendo una soluzione molto meno legale con grande naturalezza.

Tutti si girarono verso di lui ad occhi spalancati, Denny in primis.

-Che c’è?- chiese Mathi dopo qualche secondo, rendendosi conto del silenzio innaturale che era piombato nella stanza e l’enorme attenzione verso di lui.

-Sai scaricare i film illegalmente?!- Amabelle ruppe il silenzio, con un sorriso entusiasta.

-Eh… forse?- Mathi lo prese come un’interrogatorio, e iniziò a girarsi una ciocca di capelli tra le dita, nervosamente.

Pessima idea.

-Ah ah! Lo sa fare, confermo! Non che a me serva perché ho i soldi per comprare tutto, ma buono a sapersi!- Clover indicò l’indicatore di Mathi, che si bloccò di scatto e lanciò un’occhiata verso Denny in cerca di aiuto.

Probabilmente si aspettava che l’amico cambiasse argomento o lo difendesse, ma Denny lo stupì prendendogli il braccio eccitato quanto lui era stato riguardo al film, e rincarò la dose.

-Saresti capace di scaricare l’intera saga di Star Wars?! Ho sempre voluto vederla ma non l’ho mai trovata da nessuna parte. La Disney è terrificante con il copyright!- Denny sfoderò i suoi più teneri occhi da cucciolo, e Mathi arrossì interamente.

-Posso scaricare qualsiasi cosa- borbottò, con il cuore che batteva a mille, e facendo illuminare Denny.

-E cosa faresti in cambio?- iniziò a suggerire Amabelle, sfregandosi le mani con aria malvagia.

-Qualsiasi cosa!- rispose Denny con entusiasmo, così intento a fissare Mathi che non si rese minimamente conto della trappola.

-Anche sposarlo?- continuò Amabelle, con nonchalance.

-Assolutamente…- Denny cominciò a rispondere d’istinto, ma tornò in sé prima di poter dire qualcosa di cui si sarebbe senz’altro pentito -…no! Amabelle!- esclamò, in tono molto acuto, girandosi di scatto verso l’amica con le guance fumanti. Amabelle alzò le mani in segno di resa.

-Suggerivo solo- si difese, con un sorrisino angelico che non avrebbe convinto nessuno.

Denny fece il muso, e incrociò le braccia, evitando accuratamente di poggiare nuovamente lo sguardo su Mathi.

Mannaggia ad Amabelle. Trasformava anche le situazioni più innocenti in momenti romantici.

-Cambiando argomento. La tua proposta è molto apprezzata, ma per oggi meglio restare sul legale e continuare a vedere su Netflix. Clover, a te il telecomando- Max cercò di stemperare la tensione, e passò lo “scettro del potere” nelle mani della migliore amica.

-Ti prego non un horror- borbottarono Amabelle e Denny, nello stesso istante.

-Sapete che ora sono fisicamente obbligata a mettere un horror, vero?- fece loro notare Clover, con sguardo malefico.

-Accidenti!- esclamarono loro, per una volta d’accordo su qualcosa.

-Mentre Clover sceglie, Mathi, mio caro, aggiunta più bella dell’anno alla Corona Crew…- Amabelle si riprese abbastanza in fretta, e tornò a rivolgersi allo scaricatore di film illegali, lisciandoselo. Diego non commentò, ma alzò gli occhi al cielo, ancora con il telefono in mano.

-Cosa c’è, Amabelle, cara amica che non mi metterebbe mai in una situazione scomoda per i suoi desideri da matchmaker?- Mathi, molto incerto, provò a rigirare la frittata, ma non funzionava con la rossa.

-Non mi conosci abbastanza bene, ma tranquillo, il tuo vero amore non c’entra niente in questo caso. La mia è una domanda sulla tua università e sulle tue abilità al computer- 

-Amabelle, quando te lo metterai in testa che sono etero?- obiettò Denny, cercando di allontanarsi da Mathi ma troppo schiacciato tra i due per riuscirci.

-Scusa, Denny, non ti sento se parli dentro il tuo armadio- lo zittì, lei.

Denny sbuffò, Mathi scoppiò a ridere.

-Tu quoque?!- Denny si girò di scatto verso l’amico e lo guardò storto. Mathi cercò di trattenersi, ma non ci riuscì e continuò a ridere fragorosamente. Denny arrossì, sia per essere punto sul vivo dal tradimento, sia perché, wow, la risata di Mathi era così calorosa…

No, era arrabbiato! Aumentò il muso.

-Scusa, scusa, Dan, ma era una battuta troppo bella. Cioè, non rivolta verso di te, ma in generale era troppo carina. Posso eventualmente utilizzarla?- chiese Mathi ad Amabelle, che sorrise soddisfatta.

-Ti do il permesso se rispondi alla mia domanda: saresti capace di, diciamo, entrare in un telefono. Non per rubare soldi o fare qualcosa di illegale. Solo per dare un’occhiata alla cronologia o controllare le applicazioni- Denny credette quasi di vedere delle corna uscire dai riccioli rossi dell’amica, e si ripromise di cancellare sempre la cronologia, anche se non aveva assolutamente nulla da nascondere.

Mathi si grattò il collo, incerto.

-Beh, è una domanda molto difficile da rispondere. Come ben sai, entrare in un telefono è illegale, ma dato che sto studiando informatica diciamo che potrei fare ciò che mi chiedi, ma non lo farei, perché, appunto, è illegale- Mathi mise le mani avanti, ma fece un occhiolino ad Amabelle, che sorrise raggiante.

-Perfetto! Domani noi due abbiamo un telefono da hackerare- batté le mani sorridendo ad occhi chiusi, e Denny capì che era finita.

-Posso chiedere di chi sarà il telefono?- provò ad intromettersi, senza essere del tutto certo di volerlo sapere.

-Felix! Si comporta in modo strano ultimamente. Di solito tiene sempre lo schermo del telefono in bella vista. Invece da qualche giorno lo nasconde ogni volta che provo a dare un’occhiata- rispose Amabelle. Denny tirò un sospiro di sollievo, e poi si dispiacque per il povero Felix. 

Beh, la sfortuna altrui era fortuna sua, però.

-Oh, beh, magari ha i suoi buoni motivi, non credo che dovremmo…- Mathi provò a tirarsi indietro, e Denny sentì un moto di gelosia. Ma prima che lui o Amabelle potessero esternare il rispettivo fastidio, anche se per cose diverse, un’esclamazione di Diego fece sobbalzare tutti quanti, colti alla sprovvista.

-Evvai! Non ci credo!!- disse infatti, sollevando il pugno vittorioso.

-Woo! Che hai da urlare? Sto scegliendo un horror, non devi interpretarlo tu- si lamentò Clover, che per tutto il tempo aveva tenuto gli occhi fissi sullo schermo mentre sceglieva.

-C’è qualcosa di positivo, Diego?- chiese invece Max, mettendo via il proprio telefono e tornando a concentrarsi sulla realtà.

-Sono stato accettato! Non ci credo! Tirocinio pagato alla clinica Denver! Comincio il mese prossimo. È fantastico!- spiegò il ragazzo, entusiasta, mostrando sul telefono la mail che aveva atteso per tutta la sera.

I ragazzi si affrettarono a coprirlo di complimenti. Persino Clover lasciò per un attimo perdere la scelta del film e gli diede un bacio sulla guancia, esprimendo grande orgoglio per lui.

Beh, era normale, no? Stavano insieme, dopotutto.

-Sono la persona più felice della terra!- affermò Diego alla fine -Scusate un attimo, vado a chiamare i miei per dare la notizia- si alzò e si avviò verso la cucina, per avere un po’ di privacy e allo stesso tempo non disturbare.

-E bravo il mio fiorellino- commentò Clover, tornando a decidere il film.

-E non vuoi premiarlo in nessun modo?- suggerì Amabelle, tornando all’attacco con i suoi piani maliziosi.

Denny avrebbe tanto voluto passare una serata, o anche solo un’ora, senza che Amabelle entrasse nell’argomento “romanticismo”. Era chiedere troppo?!

Probabilmente sì.

-I miei premi per il mio ragazzo non sono affari tuoi- Clover, per sua fortuna (e per sfortuna di Amabelle) era molto più brava di Denny a sviare la ragazza, che non commentò oltre e iniziò a scrivere qualcosa sul telefono.

-Oh, Denny, mentre aspettiamo, volevo chiederti… come andiamo a New Malfair? So che mancano tre settimane ma dovremmo organizzarci- Mathi ruppe il silenzio e si rivolse all’amico, per passare il tempo.

Con Amabelle, però, ogni parola poteva essere un’arma, e Denny la vide fisicamente sollevare la testa attenta e pronta ad intervenire.

Era sfiancante.

-C’è l’autobus per la città, e poi un treno per la fiera, anche se bisogna fare un bel po’ di camminata. Oppure potremmo cambiare due autobus e arrivare direttamente lì, ma è difficile beccare le coincidenze. Ci andiamo Sabato, giusto?- Denny aveva già fatto una bella ricerca il giorno in cui avevano vinto i biglietti.

-Pensavo di sì. Sabato ci sono un sacco di cose. E pensavo di andare in cosplay. Tu che ne dici?- propose Mathi -Te lo chiedo adesso perché devo ordinarlo e ci mette un po’ ad arrivare- 

-Beh, mi piacerebbe un sacco, ma… non so se possiamo permettercelo. Cioè, io. Ma se tu vuoi andare in cosplay puoi andare. Sabato c’è anche la gara e sarebbe carino partecipare- Denny lanciò un’occhiata a Max, che stava discretamente seguendo la conversazione. Lo sguardo del fratello era eloquente, e abbastanza triste. I cosplay erano cari.

-Offro io- la voce di Clover, che nel frattempo aveva selezionato il film (finalmente, questa pausa dura da sette pagine), interruppe la discussione.

-Come?- chiese Mathi, confuso, senza capire a cosa si stesse rivolgendo.

-Offro i cosplay, e forse anche un passaggio in auto. Spero che la macchina di Diego abbia posto per quattro- spiegò, senza però spiegare nulla.

-Scusa, ma non capisco- sussurrò Denny, che temeva sempre di prendere Clover per il verso sbagliato ma era decisamente confuso.

-Vi regalo i cosplay. È il tuo regalo di compleanno, Denny- Clover fece un occhiolino al ragazzo, che le sorrise riconoscente -…e ho appena deciso di offrire a Diego e Juanita due biglietti per New Malfair, quindi credo che potrà accompagnare anche voi in città- alzò le spalle, preparando il film ma aspettando Diego.

-Aspetta, allora perché quattro posti?- intervenne Amabelle, piegando la testa sospettosa.

-Uh? Diego, la sorella, il membro migliore della Corona Crew e il finto etero- contò Clover sulle dita.

Il sorriso di Denny si spense.

-Sono un vero etero! Come te!- si indignò, stringendo i pugni. Ma come sempre lo ignorarono tutti, tranne Max che gli diede due pacche sulla spalla, confortanti.

-E tu? Compri i biglietti per il tuo ragazzo e non vai con il tuo ragazzo?- Amabelle aggrottò le sopracciglia, sospettosa, e Denny doveva ammettere che non aveva tutti i torti. Se Denny fosse stato il ragazzo di Diego non gli sarebbe passato per la mente di farlo andare da solo.

Non che Denny potesse essere il ragazzo di Diego, dato che era etero e Clover era la sua ragazza. Era solo una metafora! E poi lui ci andava già con Mathi!

Si stava impappinando il cervello, ma non cambiava il fatto che Clover fosse abbastanza sospetta.

E la ragazza sembrò accorgersene, perché fece un’espressione strana, come se avesse mangiato un limone intero, e si costrinse a sorridere.

-Giusto, che stupida. Ovvio che vado anche io, mi ero solo scordata di contarmi- si esibì in una risata molto falsa, ma Amabelle sembrava soddisfatta.

-Ottimo! Due piccioni con una fava!- sorrise malevolmente.

-Scusate, eccomi. Spero non steste aspettando me- Diego tornò in quel momento, intascando il telefono. Era felice come una pasqua.

-Sì, ma era un’assenza giustificata. Su, siediti. Ci vediamo Carrie, un film che supera eccome il test di Bechdel. E molta gente muore, quindi punti in più- Clover fece cenno a Diego di sedersi accanto a lei, e il ragazzo eseguì, molto timoroso.

Mentre il film partiva, però, Denny sentì Mathi sussurrargli qualcosa all’orecchio.

-Quand’è il tuo compleanno?- chiese infatti.

Cavolo! Denny sperava davvero che Mathi lasciasse perdere il commento di Clover.

-Non è importante, è dopo la fiera in ogni caso- rispose, vago, prima di essere zittito da Clover, che provò a lanciare verso di loro il cuscino.

Colpì Amabelle, che glielo rilanciò contro.

Per tutta la durata del film, Mathi e Denny si strinsero tra loro spaventati. Mathi pianse per le scene tristi, e Clover godeva sadicamente della sofferenza che aveva arrecato alla sala.

Erano quasi le due quando finalmente la serata cinema finì. Denny accompagnò Diego e Mathi alla porta, Amabelle andò in bagno, e Clover rimase a sistemare, rifiutando l’invito di un passaggio a casa.

Clover odiava prendere l’automobile per spostarsi, e tornava sempre a piedi. Denny sarebbe morto d’infarto a restare per strada a quell’ora di notte, con tutti i brutti ceffi che c’erano in giro, ma Clover se la cavava, in qualche modo.

Mentre tornava in sala per aiutare a sua volta, si bloccò sentendo le voci di suo fratello e Clover parlare in tono confidenziale, e decise di restare ad ascoltare. Più perché non voleva disturbare, che per curiosità propria.

Anche se era un po’ preoccupato per il fratello.

-Vuoi forse negare di essere distratto? Lanci sempre occhiate al telefono, e non credere che non abbia notato che ti intristisci ogni volta che guardi Sonja, quindi dimmi la verità- Clover lo stava mettendo alle strette. Denny poteva quasi vedere i muscoli del fratello irrigidirsi.

E poi rilassarsi.

-Non posso dirti perché, ma con Sonja non può funzionare, e ci ho messo una pietra sopra. Solo che… un mese fa ho conosciuto un ragazzo…- ammise Max, a voce così bassa che Denny quasi non lo sentì, e dovette premersi contro la porta per capire ogni parola.

-E il problema sarebbe…?- insistette Clover, per niente convinta.

-Nessuno, insomma… ogni tanto parliamo al telefono, e mi sembra un ragazzo molto interessante. Solo che è studente del corso dove faccio da assistente, quindi non dovrei farci amicizia, giusto? Insomma, sono contrario alle relazioni studente-professore, e lo sai- spiegò Max, incerto.

-E questo sarebbe un problema?- Clover sbuffò sonoramente -Non sei mica il professore, non darti tanta importanza. Se questo ragazzo ti ispira come persona facci amicizia e basta. Si vive una sola volta- lo incoraggiò, e Denny sentì una poderosa pacca sulla spalla.

-Dici che non c’è niente di male?- chiese Max, visibilmente più sollevato.

-No! E poi sei la persona più onesta del mondo. Tratteresti questo ragazzo misterioso in modo diverso dal resto degli studenti se ci facessi amicizia?- gli fece notare Clover.

-Forse?- 

-Max!-

-Okay, probabilmente no. Più che altro se dipendesse da me darei le risposte degli esami a tutti se le avessi. Grazie al cielo non sono io il professore- ammise Max, ridacchiando imbarazzato.

-Appunto, quindi buttati. E ignora Amabelle e tutta la pressione che ti metterà addosso per farti stare con Sonja- lo incoraggiò Clover, e la voce iniziava ad essere vicina al nascondiglio di Denny, che si decise ad entrare, dato che la conversazione sembrava finita.

-Hey! Tutto bene? Posso aiutare?- chiese, cercando di non dare a vedere di aver origliato.

-Non si origliano le conversazioni altrui- lo riprese però Clover, dandogli un buffetto sul naso e superandolo per andare in cucina.

Denny divenne rosso come un pomodoro, mostrando chiaramente di aver effettivamente origliato, ma Max non fece commenti.

Sembrava molto più allegro.

-Denny, mi aiuti con le bottiglie?- chiese invece, indicando gli avanzi.

Denny si affrettò ad eseguire.

Sperava solo che Amabelle non avesse origliato, perché era piuttosto certo che sarebbe successo un disastro abissale se avesse scoperto che una delle sue coppie era a rischio.

Ma, beh, la sfortuna degli altri era la fortuna di Denny, giusto?

Anche se non gli piaceva che la sfortuna fosse di suo fratello. Era la persona che meno se lo meritava.

 

 

Lunedì 8 Aprile

Manny

Sei davvero pazzesco, Max, ti devo davvero ringraziare per il tuo aiuto oggi a lezione

Figurati, ho aiutato tutti, mi sembrava giusto

Credo che prenderemo tutti 30 a questo esame

Soprattutto grazie a te che lo rendi semplice e divertente

Non dire così Manny, mi fai arrossire ahah

Se ti sembro inappropriato dimmelo, non voglio crearti problemi

Penso solo che tu sia incredibile

E ho imparato che dare riconoscimento meritato è importante

Oh, no, non è inappropriato

Spero

Insomma non sono mica il professore

Anzi, mi fa piacere il riconoscimento

Sono solo un po’ in imbarazzo perché io ho imparato che aiutare gli altri è di per sé il più grande riconoscimento

Questa mentalità ti fa onore

Sei come il principe azzurro

Ma pensa anche a te stesso, ogni tanto, e non stancarti troppo per noi

Ne prendo nota, probabilmente hai ragione

Yup, su questo ho ragione

Ahahah 

Comunque se hai bisogno di aiuto non esitare a chiedere

Mi sembra di approfittare del tuo aiuto ma a dire il vero avrei una domanda per te

Dimmi pure

Puoi anche scriverla sul gruppo se pensi possa interessare ad altri

Non credo, è abbastanza personale

Ti ascolto

Sì, scusa, stavo trovando le parole, ma non ci riesco

Credi che sarebbe troppo inappropriato chiederti magari di parlarne davanti a un caffè, un giorno di questi?

Max?

Scusa, ho superato una linea invisibile

No, scusa, mi era caduto il telefono

Sono sbadato

Non ero di certo così sorpreso da essermelo fatto scivolare dalle mani

Non è appropriato

No, aspetta

*inappropriato

Non è inappropriato

Scusa, mi sto impappinando

Ahahahah

Va bene prendere un caffè, quando vuoi

Beh, sono un po’ impegnato

Ma trovo sicuramente tempo per la tua domanda

Wow, bene, ti andrebbe domani?

Perfetto!

Corona Café?

Oh… preferirei di no

Perché? È il più vicino all’università

Sì, lo so. Ma non sono un grande fan del Corona

Insomma so che è fantastico!

Ma ho avuto un’esperienza poco piacevole

E poi mi è più comodo il Quaterfoil, ci abito vicino

Non sei al dormitorio universitario? Pensavo fossi fuorisede

Sì, ma ho affittato una piccola casetta mia

Cioè, non mia

È una camera

Che condivido

Ti inviterei a casa ma i padroni di casa non vogliono che porti gente

Certo, lo capisco

Il Quaterfoil va benissimo, non è troppo distante anche da casa mia

Davvero? 

Fantastico!

Verso che ora?

Quando vuoi tu, ho la giornata libera

Le 8? Troppo presto?

Perfetto!

A domani allora

A domani

 

Nella luce notturna delle rispettive case, due persone osservarono soddisfatte, rosse e imbarazzate, lo schermo dei loro telefoni, sorrisero tra sé, ed esclamarono un soddisfatto: -Sì!- con il medesimo gesto vittorioso del braccio.

Progressi!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Capitolo principalmente informativo, di passaggio, e di introduzione di un “nuovo” personaggio. Chissà chi è questo non-binary Strelitzia? 

Certo che Max è molto quotato. Se contiamo Strelitzia ha tre pretendenti.

Beh, più o meno.

Insomma, Sonja lo ha friendzonato e Manny non si sa se è interessato. E ha conosciuto Strelitzia da poco e online, quindi…

Ma dettagli.

Felix si è iscritto a un sito di incontri e questo non è buono.

Manny ha chiesto a Max un aiuto per l’esame e questo non è buono (per la Sonjax)

Ma alla fiera (dell’est) di New Malfair ci saranno anche Clover e Diego, e questo è molto buono!

Spero che il capitolo vi sia piaciuto nonostante fosse di passaggio, il prossimo, prometto, sarà molto più interessante. Effetto Norman a stecca.

Un bacione e alla prossima :-*

 

P.s. Team Sonja o Team Manny? (O team Strelitzia?)

 

 

 

Nel prossimo episodio: Manny e Max prendono un caffè insieme. Felix va al primo appuntamento al buio. Amabelle si autoinvita a tale appuntamento al buio

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Capitolo 17
*** Le opportunità della vita reale ***


Le opportunità della vita reale

 

Martedì 9 Aprile 

Max era nervoso.

Non avrebbe dovuto esserlo così tanto, effettivamente, ma era più forte di lui. Continuava a ripetersi che era solo un caffè per aiutare uno studente. E che era perfettamente concesso prendere un caffè con uno studente, dato che lui non era il professore. 

E poi il suo lavoro era aiutare gli studenti, no? 

Forse non prendendo con loro un caffè, ma era solo un caffè, andiamo!

Raggiunse il Quaterfoil Bar quasi venti minuti in anticipo, ma mentre si guardava intorno cercando un tavolo (e convinto di essere il primo), venne attirato dalla figura mingherlina di Manny, già seduto intento a scrivere qualcosa al telefono, e che muoveva la testa come se stesse ascoltando o canticchiando qualcosa con sé.

Rimase qualche istante a guardarlo, per assicurarsi che fosse lui, ma i capelli castani e gli occhiali erano inconfondibili. 

Si avvicinò un po’ incerto, sistemandosi i capelli e controllando di non avere niente fuori posto. Non sapeva neanche lui da dove venisse tutta questa agitazione, ma si sentiva come un ragazzino al primo appuntamento.

…non che quello fosse un appuntamento, chiaramente.

-Manny?- lo chiamò, una volta raggiunto il tavolo.

Il ragazzo sobbalzò, e si girò verso Max, aprendosi in un sincero sorriso a tutto denti che mitigò in fretta, a favore di un’espressione più seria.

-Sei in anticipo- commentò, armeggiando con il cappello che portava sul capo.

-Anche tu! Sai, è la prima volta che non sono il primo ad arrivare- ridacchiò Max, sedendosi davanti a lui, e cercando di apparire rilassato e sicuro di sé, nonostante non si sentisse affatto tale.

-Ho la tendenza ad essere sempre in anticipo. Mio padre dice sempre che la puntualità è dei gentiluomini, l’anticipo dei…- si interruppe, arrossendo -…vabbè, non è importante. Il sunto è che pensa che essere sempre i primi sia fondamentale per avere controllo della situazione- spiegò poi, marcando un po’ lo spiccato accento newyorkese.

-Mi piace come filosofia. La uso molto anche io, anche se più che il controllo io spero sempre di non far aspettare gli altri. Sei qui da molto?- si preoccupò Max.

-No, solo, circa, dieci minuti. Ma avevo parecchie cose da fare. Ho iniziato a studiare il corso, e stavo controllando dei centri di interesse della città, soprattutto giardini. In generale mi interessa l’architettura- spiegò Manny, mostrando una foto sul telefono.

-Oh! Conosco quel giardino! È un po’ fuori città, ma un giorno ti ci porterò. L’avevo promesso a una mia amica, ma ancora non c’è stata occasione di andarci- Max si rabbuiò leggermente pensando a Sonja. Ultimamente era sempre meno presente, al Café, e Max temeva di esserne in parte responsabile. Sperava davvero di non averla messa a disagio con la confessione e poi la nottata dopo la sbornia che aveva passato a casa sua.

-Mi farebbe molto piacere andarci. Grazie della proposta- Manny accennò un sorrisino, e mise via il telefono.

-Allora, siete pronti per ordinare?- chiese il cameriere, raggiungendoli.

Max guardò Manny, dandogli completa libertà di parola.

-Io ci sono, ma se hai bisogno di un po’ di tempo, posso aspettare- alzò le mani lui, per passargli la decisione.

-Torno più tardi?- propose il cameriere, accomodante.

Max non aveva la più pallida idea di quale fosse il menù, ma non voleva far aspettare ancora Manny.

-Un caffè, per me. Solo un semplice caffè- improvvisò, sperando che l’avessero. L’ultima volta che era andato al Quaterfoil era stato al liceo, con Clover, prima ancora che diventassero ufficialmente amici. Ed erano ormai passati più di otto anni.

-Per me un caramello-cannella, doppio se possibile- chiese invece Manny, dando prova di aver anche studiato il menu nei dieci minuti di attesa.

-Ottima scelta, signore. Qualcosa per accompagnare? Abbiamo un vasto assortimento di dolci- offrì il cameriere, servile.

Max rifletté un attimo sul suo budget. Aveva fame, effettivamente, dato che non era riuscito a fare colazione, a casa. Ma non voleva spendere soldi in un cornetto. Scosse la testa, con leggero rimpianto.

-Per me niente, grazie. Manny?- si rivolse al compagno, che lo guardava con un sopracciglio aggrottato, e sobbalzò, come risvegliatosi da un sogno.

-Per me una fetta di cheesecake ai frutti di bosco. Bella grande, se possibile- chiese lui. Il cameriere fece un cenno, ma prima che potesse andare a consegnare l’ordine, Manny lo fermò: -Mi potrebbe dare una forchetta in più?- chiese poi, attirando l’attenzione di Max, che arrossì leggermente.

Solo dopo che il cameriere aveva annuito e se n’era andato, Max si convinse a chiedere chiarimenti.

-Perché una forchetta in più?- indagò, un po’ imbarazzato.

-Non si sa mai, magari ti va di assaggiare, e probabilmente ti farebbe un po’ schifo condividere la forchetta con me- Manny alzò le spalle, arrossendo leggermente a sua volta.

-Non sono schizzinoso, ma grazie del pensiero. Allora, cosa volevi chiedermi?- Max cercò di cambiare argomento prima che il suo cuore iniziasse a battere troppo forte, e cercò di rimettere quei pochi muri che separavano studente e assistente del professore (che comunque non era professore vero e proprio, non c’era niente di male a fraternizzare con lo studente).

Manny sembrò cadere dalle nuvole, e distolse lo sguardo, leggermente in difficoltà.

-Oh, sì, giusto. La domanda sul corso. Ecco, me l’ero preparata. Controllo tra le note- prese il cellulare, e iniziò a cercare qualcosa -Nel frattempo, perché non parliamo un po’? Tu cosa studi?- introdusse poi un nuovo argomento di conversazione.

Max lo trovò un comportamento leggermente sospetto, ma non era nella sua natura dubitare delle persone, quindi fece come se nulla fosse.

-Archeologia. Soprattutto, sai, per viaggiare. Andare da una parte all’altra del globo, in posti sempre più esotici, e vivere la natura e le antiche civiltà- ammise, poetico, sorridendo inconsciamente tra sé.

-Wow, che bel sogno. Anche io vorrei viaggiare, ma non credo che ne avrò molte occasioni. Quindi mi concentro sul costruire radici solide- spiegò Manny, con occhi brillanti.

-Sono sicuro che ci riuscirai. La dedizione non ti manca- lo supportò Max, con un occhiolino.

Manny lo guardò riconoscente. Gli sguardi dei due ragazzi si incrociarono. Per un attimo, un singolo istante, a Max sembrò di scorgere una scintilla particolare, ma poi Manny distolse la testa, che tornò sul telefono, tra le note.

Le sue guance si erano tinte di un prominente colorito rosso, che spiccava parecchio visto l’incarnato latteo del giovane.

Max cercò di non darci troppo peso, anche se sentiva il calore risalire anche sul suo volto.

Cercò in fretta un nuovo argomento di conversazione.

-Come ti trovi all’università? Inizi ad ambientarti meglio?- chiese, ricordando di come si fosse perso il giorno del loro primo incontro. L’unica volta in cui entrambi erano stati in ritardo a lezione. Interessante coincidenza.

Manny ridacchiò.

-Non sono più andato addosso a qualcuno, se è questo che ti chiedevi- gli assicurò, distraendosi dalla ricerca per tornare a guardare Max.

-Sono onorato di essere stato l’unico fortunato, allora- commentò Max, rendendosi conto solo dopo qualche secondo di quanto la frase suonasse come un flirt.

Uff, e pensare che si era ripromesso di essere professionale. Ma Manny lo attirava a sé come una calamita. Raramente Max si era trovato tanto interessato a qualcuno in così poco tempo.

-Già, è un grande onore- commentò Manny, ironico, arrossendo di nuovo -Comunque mi trovo molto bene, all’università. Adoro le lezioni, e la vitalità, e l’ambiente- aggiunse poi, tornando all’argomento principale.

-Ti sei fatto degli amici?- indagò Max, senza sapere da dove venisse la domanda da “parente insopportabile”. Forse, dato che l’insicurezza di Manny gli ricordava Denny, gli veniva istintivo preoccuparsi per lui come faceva con il fratello, anche se per motivi diversi.

-Ho parecchi contatti con i miei compagni di corso- Manny evitò la domanda, senza guardare Max negli occhi, e il ragazzo non insistette.

-Sono felice che Harriswood ti stia piacendo. Non è una grande città, ma ha una buona università- 

-È un connubio perfetto. Cercavo una città piccola ma interessante, e Harriswood è il meglio che potessi trovare-

-Beh, non è New York, ma si difende- Max ridacchiò.

-New York?- Manny sobbalzò leggermente, preso in contropiede.

Max esitò. Forse aveva sbagliato a riconoscere l’accento? Eppure era convinto che fosse newyorkese.

-L’accento, mi sembrava di New York. Probabilmente mi sono confuso. Non volevo assumere- alzò le mani, imbarazzato alla gaffe.

-No! Hai perfettamente indovinato! Sono solo sorpreso che lo hai afferrato, tutto qui. Pensavo che l’accento non si sentisse- Manny si grattò nervosamente dietro il collo.

-Oh, beh. Io e la mia migliore amica abbiamo visto l’intera serie Friends almeno tre volte, al liceo. Ormai l’accento newyorkese mi è entrato nel cervello- spiegò Max, ridacchiando al ricordo della serie che per certi versi aveva avvicinato lui e Clover e li aveva resi quello che erano adesso. Inoltre era la serie che gli aveva fatto capire di essere bisessuale (troppi ragazzi fighi tra cui scegliere), quindi, nonostante avesse alcuni momenti cringe, la portava nel cuore. Anche perché al terzo rewatch anche Denny si era unito a loro, e si era appassionato anche di più.

-Ho visto quella serie almeno due volte- ammise Manny, non trattenendo una risatina tra sé -Comunque hai indovinato, sono di New York. Ma le grandi città mi soffocano- 

-Ho sempre voluto tornarci. Ma non credo che riuscirei a viverci- le diede man forte Max.

-Per fortuna abito vicino a Central Park, quindi vedo sempre un po’ di verde- 

-Per fortuna! Io senza verde muoio-

-L’aria fresca è fondamentale- commentarono nello stesso istante, ridacchiando poi tra sé.

Il telefono di Manny con le note era ormai completamente dimenticato, ma Max non glielo fece notare. Era davvero piacevole chiacchierare con il ragazzo normalmente, come amici.

-Ecco le vostre ordinazioni. Buon proseguimento- il cameriere tornò e posò i caffè e la torta, prima di occuparsi degli altri clienti.

C’era da dire che le scelte di Manny erano decisamente interessanti.

-Vieni qui spesso?- chiese al ragazzo.

-No, non sono mai venuto prima- ammise lui, quasi tra sé, prendendo un sorso dalla sua tazza.

Max avrebbe voluto commentare che era strano, se ci viveva vicino, ma non era molto educato farsi troppo i fatti suoi. Neanche lui ci veniva spesso, ed era probabilmente il bar più vicino a casa sua.

-Neanche io. L’ultima volta è stato al liceo- disse invece, prendendo un sorso di caffè e riflettendo tra sé che al Corona erano migliori. Ma probabilmente era di parte.

Si sentiva un po’ in colpa a stare lì invece che al Corona. Come se stesse tradendo Roelke e Kodie.

-Il caramello-cannella è delizioso. Vuoi assaggiare?- Manny gli offrì la tazzina, e Max si sentì mancare un battito, ma annuì, prendendo la tazza e sfiorando inavvertitamente le dita del ragazzo.

Assaggiò il liquido, con Manny che lo guardava trepidante, e doveva ammettere che sebbene molto dolce, il sapore era particolare e davvero buono.

-Wow, dovrei sperimentare qualcosa del genere- commentò, porgendo nuovamente la tazza a Manny, che la prese soddisfatto.

-Caramello e cannella sono la mia combinazione preferita. Mia madre faceva un dolce straordinario. Sfortunatamente io non so cucinare, ma dovrei avere la ricetta da qualche parte- Manny dede un sorso e passò poi alla torta, mentre Max si gustava il proprio amaro caffè cercando di metterci più tempo possibile.

Poi si diede mentalmente dell’imbecille perché ovviamente il caffè era amaro se non ci metteva lo zucchero.

Pertanto prese lo zucchero di canna e lo mise nel caffè ormai già quasi finito, continuando nel frattempo la conversazione.

Mentre la colazione proseguiva, il motivo dell’incontro passò completamente nel dimenticatoio, a favore di argomenti ben più interessanti, sebbene a tratti polemici.

-Va bene, va bene, ammetto che How I met your mother è una serie davvero bella, ma Friends è iconica!- stava infatti commentando Manny, scaldandosi sull’argomento.

-Ammetto che Friends mi starà sempre nel cuore, ma How I met your mother è più divertente per certi versi, e devo dire di avere molte più cotte tra i personaggi!- ribatté Max, prendendo un pezzo della torta che Manny gli aveva altruisticamente offerto con insistenza.

-Fammi indovinare… Lily?- suppose Manny, massaggiandosi il mento pensieroso.

Max ridacchiò.

-Beccato, ma anche Ted mi è entrato nel cuore, anche se forse più che altro mi ci rispecchio. E ho una cotta stratosferica per Neill Patrick Harris. Quell’attore è stupendo- ammise Max, sospirando sognante.

Il sorriso divertito di Manny si congelò sul posto, e sparì nel giro di pochi secondi, mentre guardava Max come se venisse dallo spazio, scioccato.

-Giusto per chiarire, sono bisessuale- confessò Max, interpretando il suo sconcerto come stupore per l’espressione del suo eterno amore per Neil Patrick Harris.

-Oh...- sussurrò Manny.

-Oh!- ripetè di nuovo, con molta più forza.

-Ah!- esclamò poi, sobbalzando vistosamente.

-Wow- concluse infine, arrossendo appena e portando una mano alla bocca, come se stesse rivalutando tutte le sue scelte di vita.

La reazione era parecchio inaspettata. Max si sentì alquanto a disagio, e giocherellò con la tovaglietta, aspettando che l’atmosfera si risollevasse da sola.

-C’è qualche problema?- chiese però dopo qualche secondo, incapace di trattenersi.

-No!- si affrettò ad assicurargli Manny, alzando le mani come a trattenerlo sul posto, anche se Max non aveva intenzione di muoversi.

-Solo…- aggiunse poi, cercando le parole -…mi hai colto alla sprovvista, tutto qui. So che è sbagliato assumere, ma ero convinto fossi etero- si spiegò, anche lui a disagio.

Max provò ad accennare un sorrisino.

-È la prima volta che non tengo fede alle aspettative che uno ha di me. Mi dicono che sono parecchio prevedibile- cercò di buttarla sul ridere, anche se era stranamente stupito dalla reazione.

Di solito era abituato a persone omofobe che si ritiravano scandalizzate, persone fintamente aperte che si affrettavano a dire che sostenevano perfettamente la sua sessualità ma si allontanavano inconsciamente o iniziavano a fargli domande come “quale sesso preferisci?”. C’erano poi le reazioni di chi era veramente aperto di mente, che di solito spaziavano tra “Grandissimo, più libertà di scelta!” e i “E quindi? Guarda che lo scelgo comunque io il film che vediamo oggi”.

La prima reazione era stata di Amabelle, la seconda di Clover.

Ma non aveva mai scatenato quel nervosismo e quella esagerata sorpresa.

Neanche in Denny, che l’aveva fissato a bocca aperta per qualche secondo, e non gli aveva parlato per un paio di giorni, prima di raggiungerlo, abbracciarlo, e scusarsi per il comportamento. 

Anche se effettivamente la versione di Manny assomigliava leggermente a quella del fratello. Ma se era così sconvolto perché non si alzava e se ne andava? Perché restare lì? Non si conoscevano dopotutto. Se gli dava così fastidio poteva sempre allontanarlo.

Max non se ne rese minimamente conto, ma aveva incrociato le braccia e guardava Manny con cipiglio severo. 

Neanche Manny però sembrò rendersene conto, troppo intento a riflettere.

-Non sei prevedibile, sei più interessante di quanto ti dai credito- disse dopo una breve pausa, sorprendendo Max, che non si aspettava un complimento, così all’improvviso.

-E poi non ti do tutti i torti. Anche io avevo una cotta pazzesca per Ted- ammise poi Manny, in un sussurro, sollevando finalmente lo sguardo verso Max, rosso come un peperone.

Max ci mise qualche secondo ad elaborare quello che aveva appena detto.

-Oh…- sussurrò.

-Oh!- ripetè di nuovo, con molta più forza.

-Ah!- esclamò poi, sobbalzando vistosamente.

-Wow- concluse infine, arrossendo appena e portando una mano alla bocca, iniziando a comprendere quali potevano essere i motivi della sua sorpresa poco prima.

Rendendosi conto di aver avuto la stessa identica reazione del ragazzo davanti a lui, Max non riuscì a non arrossire ulteriormente, e dopo qualche istante, entrambi scoppiarono a ridere, nervosamente.

-Ted è davvero fico- borbottò poi Max, e Manny annuì.

L’imbarazzo era papabile, ma c’era anche un palese non detto, e una consapevolezza interessante caduta tra di loro.

-Max, ti devo confessare una cosa- esclamò Manny all’improvviso, facendosi più serio e raddrizzando la schiena.

Max fu preso in contropiede dal tono urgente del giovane, ma sorrise rassicurante e gli si avvicinò per incoraggiarlo a parlare.

-Dimmi pure-

-Io…- esordì con sicurezza, guardandolo negli occhi, ma distogliendo lo sguardo subito dopo e abbassandolo, arrossendo imbarazzato -…non ho nessuna domanda da farti sul corso, era una scusa per chiederti di uscire perché volevo fare amicizia con te, ma non so assolutamente come farlo perché sono pessimo nelle relazioni sociali quindi ho inventato la scusa della domanda. Mi dispiace!- disse in un solo fiato, prendendosi la testa imbarazzato.

Max non trattenne una risatina divertita.

Tutta la tensione provata fino a quel momento sembrò dissiparsi.

Solitamente non sopportava le menzogne e i raggiri, ma era esperto di ansia sociale, e non riusciva neanche a pensare di prendersela per una sciocchezza del genere.

Mise una mano sul braccio di Manny, con fare confortante, e lo sentì sobbalzare. Il ragazzo poi tolse timidamente le mani da davanti al viso.

-Non preoccuparti, avevo già il sospetto che fosse solo una scusa. E sei stato molto più coraggioso di me, dato che volevo chiederti la stessa cosa- ammise Max, imbarazzato, con un grande sorriso incoraggiante.

Manny rilassò le spalle, e tolse del tutto le mani dal viso, sollevato.

-Scusa ancora. Comunque sono davvero felice di aver passato un po’ di tempo con te e averti conosciuto un po’ meglio- disse poi, accennando un sorriso, che Max ricambiò immediatamente.

-Anche io. Spero che potremo rivederci di nuovo. Senza scuse sui corsi- 

C’era qualcosa, in Manny, che faceva sentire Max come se lo conoscesse da tempo, in un’altra vita, forse, o quando erano molto piccoli. Era possibile, in effetti. Era stato a New York una settimana quando era molto piccolo, ma non ricordava poi molto. E poi qual era la probabilità che avesse conosciuto un bambino ancora più piccolo di lui e avessero fatto amicizia? Quasi nulla.

-Comunque Friends è migliore- Manny ritornò al discorso che aveva fatto partire tutto, e Max gli lasciò il braccio.

-Mi permetto di dissentire. How I met your mother è meglio- 

-Friends!-

-HIMYM!- 

Alla fine non era importante se Max conoscesse o no Manny, perché quello era il passato, e il ragazzo voleva solo concentrarsi sul futuro, che sperava sarebbe stato più roseo e tranquillo possibile.

 

Sabato 13 Aprile

Felix non era uno che arrivava in anticipo.

Ma quel giorno aveva fatto uno sforzo.

Perché, come sosteneva il padre di Manny, essere il primo ad arrivare da qualche parte dava una sorta di potere, e il controllo della situazione.

E Felix aveva necessariamente bisogno di quel controllo.

Perché da quando Gabrielle gli aveva fatto scaricare l’app, aveva iniziato ad usarla, e quel giorno aveva il suo primo appuntamento dal vivo, con una ragazza con la quale aveva chattato parecchio, e per sua fortuna studiava proprio a Harriswood.

Sembrava una ragazza adorabile, erano entrambi appassionati di disegno, e dalle conversazioni avute non sembrava affatto un qualche pervertito che aveva preso una foto da internet.

E poi, se anche lo fosse stato, Felix aveva scelto un ristorante abbastanza trafficato, quindi poteva benissimo scappare.

Anche se forse era arrivato troppo in anticipo, perché era lì da venti minuti, e della ragazza ancora nessuna traccia.

Ormai aveva studiato il menu così a fondo che avrebbe potuto recitarlo a memoria, aveva fatto un sacco di giochetti stupidi per il telefono fino ad annoiarsi, e al momento era intento a ritrarre la coppia al tavolo davanti al suo sulla tovaglietta, improvvisando un carboncino con le parti bruciate del pane.

…forse il ristorante era fin troppo informale.

Ma aveva un’ottima alternativa vegetariana.

-Wow, è identico!- una voce alle sue spalle lo fece sobbalzare, e Felix si girò di scatto per ritrovarsi faccia a faccia con la ragazza delle foto sull’applicazione, appena arrivata, che gli sorrideva timida ma sincera.

Si affrettò ad alzarsi, per accoglierla come si doveva.

-Grazie! Stavo improvvisando, ahah. Jasmine, giusto? Io sono Felix- si presentò, un po’ impacciato, porgendo la mano verso la nuova venuta, che gliela strinse con energia.

-Lo so, ti ho riconosciuto subito. Scusa il ritardo, i miei fratelli hanno cercato in tutti i modi di impedirmi di venire. Non si fidano delle applicazioni di questo genere- ammise lei, un po’ a disagio.

Era una ragazza parecchio minuta, con un cespuglio di capelli castani che andava in ogni direzione, la pelle color gianduia e occhi molto grandi che spiccavano perché di un chiaro verde giada. 

Sebbene avesse un vestito decisamente elegante, aveva indosso delle converse rovinate.

Felix lo trovò un tocco di classe.

E il suo aspetto in generale sembrava urlare “Sono la persona più tenera del mondo”.

-Mia sorella invece è la responsabile della mia iscrizione all’applicazione. Onestamente, neanche io mi fido parecchio- Felix la aiutò a sedersi come un gentiluomo, e la ragazza gli sorrise riconoscente.

-Se fosse per loro adesso starebbero al tavolo dietro al nostro, intenti a spiarci. Per fortuna Joseph è a Londra e Julie a Phoenix, quindi non ci sono rischi- Jasmine gli fece un occhiolino rassicurante, e prese il menu.

Sembrava una persona con cui era facile andare d’accordo. 

E dopotutto, anche Felix era così.

Era un ragazzo single di 26 anni a un’appuntamento con una ragazza. Una cosa normale. Era stato a parecchi appuntamenti, aveva avuto ragazze e ragazzi. Certo, l’unica storia veramente seria era stata con Melany, le altre non erano durate più di qualche mese, ma non stava tradendo nessuno. Si trattava solo di mangiare e divertirsi con una ragazza carina e simpatica.

-Famiglia lontana, immagino che le videochiamate durino ore- suppose. Da quello che si erano scritti la ragazza sembrava davvero legata alla sua famiglia.

-Sì, anche se spesso si concludono con Joseph e Julie che litigano e si chiudono il telefono in faccia a vicenda- Jasmine alzò gli occhi al cielo, ridacchiando al ricordo -Ma in generale siamo molto legati. Tu hai fratelli?- Jasmine cercò di rompere il ghiaccio, e Felix accettò con piacere l’argomento. Adorava parlare della sua famiglia.

-Tre sorelle più piccole. Gabrielle e Meredith sono al liceo, gemelle, mentre Tender ha otto anni, frequenta ancora le elementari- spiegò, prendendo il telefono per mostrare l’immagine. Aveva una foto di famiglia come sfondo del telefono che utilizzava proprio per queste occasioni.

-Anche io ho un selfie con i miei fratelli!- commentò Jasmine, prendendo il telefono a sua volta. Ridacchiando, i due ragazzi se li scambiarono.

I fratelli di Jasmine non le somigliavano per niente. Erano entrambi caucasici, e l’unico tratto comune in tutti e tre erano i capelli castani. Sembravano anche completamente diversi di carattere. Il ragazzo, Joseph, aveva lo stesso taglio di capelli di Mirren e la stessa aria da secchione irrecuperabile; la sorella, Julie, era la classica cattiva ragazza, dark, con trucco pesante e i capelli scolorati dalle punte biondo platino.

Non riuscì a trattenersi dal sorridere. Sembravano una famiglia davvero interessante e unita.

-Non ci credo!- esclamò invece Jasmine, adocchiando sorpresa la foto sullo schermo e avvicinandosi per vederla meglio.

Felix la guardò con aria interrogativa, temendo di aver sbagliato qualcosa. 

-Sei il figlio del professor Durke?!- chiese lei, indicando lo schermo del telefono e mostrandoglielo, nell’istante esatto in cui un messaggio di Amabelle compariva sullo schermo.

Felix lesse vagamente l’inizio dall’anteprima: “Amore, come sta andando la…” e aggrottò le sopracciglia, prendendo di scatto il telefono per evitare che Jasmine lo vedesse.

-Oh? Ho sbagliato? Mi sembrava lui, è il mio professore di geologia- Jasmine grazie al cielo non aveva letto niente, e si ritirò sorpresa.

-Che? No! No, è lui, ci hai azzeccato. Che coincidenza incredibile, vero? Mi scusi un secondo?- Felix controllò il messaggio, che però era già stato cancellato, e si guardò intorno, cercando traccia dell’amica, che però non vedeva da nessuna parte.

-Va tutto bene?- chiese Jasmine, preoccupata, guardandosi intorno a sua volta, anche se più discretamente.

-Sì, scusa. Mi era arrivato un messaggio strano da un’amica, ma l’ha cancellato, quindi probabilmente era diretto a qualcun altro- spiegò Felix, cercando di lasciar perdere, ma decisamente confuso dalla situazione.

Perché mai Amabelle avrebbe dovuto scrivere un messaggio del genere a chicchessia. Era per caso in una relazione? Era improbabile o lui lo avrebbe saputo. 

Beh… tutta la città lo avrebbe saputo, dato che Amabelle amava vantarsi delle sue conquiste. Anche se non ne aveva avute poi molte.

Un ragazzo alle medie e una ragazza al liceo erano state le uniche storie di Amabelle. 

E poi quali erano le probabilità che un messaggio così fraintendibile gli fosse arrivato proprio quando Jasmine aveva accesso al suo telefono?

Ma era improbabile che Amabelle stesse cercando di sabotarlo. Non aveva detto a nessuno dove fosse. La sua iscrizione al sito d’incontri era stata tenuta nascosta a tutti i membri della Corona Crew, e anche alla sua famiglia, ad eccezione di Gabrielle, che però non lo avrebbe detto ad Amabelle, a meno che lei non lo avesse espressamente chiesto, cosa comunque difficile.

Forse era solo un caso.

Ma che caso strano.

-Un messaggio brutto?- chiese Jasmine, preoccupata.

-No, solo strano. Ma lei è strana di suo- Felix agitò la mano per surclassare la questione e cercò frettolosamente un nuovo argomento di conversazione -Quindi segui il corso di geologia con mio padre? Ti piacciono le rocce?- chiese, stupidamente, ma non aveva altre idee.

Per fortuna, Jasmine sembrò trovare la domanda divertente.

-Non proprio, ma mi interesso dell’ambiente, e vorrei lavorare per preservarlo. Ho vissuto la maggior parte della mia vita in Australia, e vorrei dare una mano per mantenere la terra più verde e il mondo più sano- spiegò, un po’ imbarazzata, ma con uno scintillio negli occhi.

-È un intento bellissimo. Io non sono mai stato in Australia, ma dev’essere un luogo davvero magico- Felix era decisamente colpito dalla dedizione della ragazza.

-Già, ogni tanto torno a visitare mio zio e mia cugina. L’anno scorso io e Natsu abbiamo fatto un safari esplorativo incredibile. Lui è fotografo, e…- Jasmine si interruppe di scatto, e si coprì la bocca, rattristandosi improvvisamente -…stupida, Jasmine, non si parla degli ex al primo appuntamento- borbottò poi tra sé dandosi delle leggere pacche sulla fronte.

-No, non preoccupati, non è un problema. Il passato esiste, e ci rende ciò che siamo- cercò di rassicurarla Felix. Jasmine lo guardò riconoscente.

-Grazie. Stavamo insieme da… tanto tempo. E diciamo che mi sono iscritta al sito d’incontri perché non sapevo bene come ricominciare. Devo smetterla di parlare di lui- la ragazza sbuffò, seccata da sé stessa.

-Immagino quanto deve essere stato difficile. La mia storia più seria è durata tre anni, ma ci ho messo davvero tanto a recuperare- ammise, ripensando a Melany, e capendo benissimo come Jasmine doveva sentirsi.

-Recente anche la tua storia?- indagò timidamente Jasmine.

-Ah no, ero al liceo. Ma, che resti tra noi, anche io mi sono iscritto a un sito d’incontri perché sto cercando di dimenticare qualcuno. Non c’è niente di male a voler ricominciare, no?- confessò, a bassa voce. Era la prima volta che ammetteva ad alta voce il suo intento. Era davvero strano, ma anche molto liberatorio. Era confortante parlare con qualcuno senza il timore che lo dicesse ad Amabelle, o a Mirren, o alla sua famiglia. Qualcuno di esterno a tutti i drammi della Corona Crew.

-Hai perfettamente ragione- annuì Jasmine, con un sorriso intenerito e rassicurato.

-Allora, siete pronti per ordinare?- chiese un cameriere, arrivando con il blocco per appunti alla mano e un sorriso gioviale.

-Io sì, tu Jasmine?- 

-Sì, prendo lo sformato di verdure- 

-Io le patate al cartoccio- 

-Perfetto, da bere?- 

-Té freddo alla pesca-

-Una birra-

-Fantastico, arrivo subito con le bevande- 

Ci fu qualche secondo di silenzio dopo l’ordinazione, poi Felix ridacchiò.

-Sai, l’amica che mi ha inviato il messaggio prima è drogata di tè freddo alla pesca- commentò, cercando un nuovo argomento di conversazione.

-Davvero?- Jasmine ridacchiò a sua volta -Io non mi considererei proprio drogata, ma è la mia bevanda preferita- commentò, rigirandosi una ciocca di capelli tra le dita.

Ci fu qualche altro secondo di silenzio, nel quale il cameriere portò le rispettive bibite. Felix cercò qualche argomento di conversazione, ma per sua fortuna Jasmine gli tolse il peso della responsabilità parlando per prima.

-Allora… a te piacciono le rocce?- chiese, arrossendo subito dopo e facendo una smorfia che sembrava dire a sé stessa “non potevi cercare un argomento migliore?”

Felix però ridacchiò.

-Studio belle arti (devo laurearmi da un sacco) ma adoro le rocce. Beh, soprattutto le pietre preziose. Da sempre. E la mia serie preferita è Steven Universe- rispose. Jasmine fece un salto sulla sedia.

-Davvero? La adoro anche io! Il mio personaggio preferito è Steven!- commentò, battendo le mani eccitata.

-Il mio è Garnet. E Rubino e Zaffiro. La loro storia d’amore è dolcissima e meravigliosa- Felix sospirò sognante. Lui si era sempre identificato con Rubino, e Mirren era Zaffiro. Scosse la testa cercando di non pensarci. Doveva dimenticare Mirren! Era ad un appuntamento.

La conversazione continuò senza ulteriori intoppi, e nonostante lo strano messaggio ricevuto da Amabelle, non ci furono ulteriori stranezze.

Felix iniziò a prendere sicurezza. Jasmine era davvero una brava ragazza, tutto andava bene, e sicuramente non c’era nessuno lì a spiarlo per rovinargli la serata. Poteva rilassarsi.

Il problema è che nel momento stesso in cui si era ormai convinto che tutto sarebbe stato perfetto, l’arrivo dei piatti spezzò la convinzione immediatamente.

-Ecco qui, un cheeseburger e una bistecca al sangue. Chi ha ordinato cosa?- una nuova cameriera arrivò con ordinazioni completamente diverse da quelle dei ragazzi, e Jasmine si ritirò dal tavolo, visibilmente disgustata dal quantitativo esagerato di carne nei loro piatti.

-Mi scusi, c’è stato un errore. Avevamo ordinato uno sformato di verdure e patate al cartoccio- Felix intervenne immediatamente. Jasmine era vegetariana. Aveva scelto quel posto proprio per quel motivo.

-Sicuri?- chiese la cameriera, sorpresa.

-Certo che siamo sicuri- annuì Felix, cercando di mantenersi rilassato, ma un po’ preoccupato per Jasmine.

-Oh, va bene- la cameriera sembrava quasi seccata, riprese i piatti e tornò in cucina.

-Che spreco- borbottò Jasmine, rabbuiandosi leggermente.

-Già. Ammetto che quel cheeseburger aveva un aspetto interessante- ammise Felix, che si era un po’ trattenuto dal non ordinare carne perché comunque non voleva dare una pessima prima impressione.

-Chissà come mai hanno sbagliato così tanto- commentò Jasmine, osservando la porta della cucina.

-Di solito sono molto precisi- Felix iniziò a sentirsi in colpa. Era lui ad aver scelto il luogo. Si guardò nuovamente intorno, anche se con meno convinzione.

Probabilmente era solo una strana coincidenza.

 

Non era affatto una strana coincidenza.

Amabelle, Petra e Norman erano infatti a pochi tavoli di distanza da Felix, ma gli erano perfettamente dietro, quindi lui non poteva vederli.

Tutto perfettamente calcolato dalla rossa, che era davvero determinata, ben più del solito.

Petra e Norman non le avevano chiesto come sapesse dell’appuntamento, né le informazioni su Jasmine, ma erano abbastanza preoccupati dalla sua salute mentale.

Per prima cosa, infatti, aveva inviato un messaggio a Felix approfittando che il telefono fosse in mano a Jasmine.

Sperava che leggendolo, la ragazza avrebbe creduto che Felix fosse già fidanzato e le avesse mentito, ma il tempismo non l’aveva aiutata, perché proprio quando il succoso messaggio era arrivato al destinatario, il telefono era fuori dalla portata di vista della sua accompagnatrice.

-Per curiosità, cosa gli avevi scritto?- gli aveva chiesto Petra, osservando la reazione schifata di Felix.

-“Amore, come sta andando la rimpatriata del liceo? Peccato non essere potuta venire, ma i nostri due figli hanno bisogno di attenzioni”- aveva risposto Amabelle, mentre cercava di origliare le ordinazioni dei due ragazzi e si segnava il nome e numero del cameriere che li aveva serviti.

-Cavolo… avrei preferito non saperlo- Petra era rabbrividita, disgustata dall’immagine di Amabelle e Felix sposati con due figli. Soprattutto sposati, soprattutto Amabelle sposata con qualcuno che non fosse Petra.

…la cotta iniziava a sfuggire di mano.

Ma anche Amabelle iniziava a sfuggire di mano.

-Non credi di esagerare? Non dovresti essere felice che Felix esca con qualcuno? Magari Jasmine è la ragazza giusta per lui- Norman aveva provato a mettere un po’ di buonsenso nella ragazza, ma Amabelle era infiammata.

-No! Ha già il ragazzo giusto per lui, ed è Mirren! E il fatto che Jasmine sia adorabile non cambia che Felix stia tradendo l’unico vero amore della sua vita!- insistette, prendendo il foglio di carta dove aveva scritto qualcosa e alzandosi per andare a dire due parole al cameriere responsabile dei due ragazzi.

-Come può tradire una persona con cui non sta insieme?- Norman, per niente esperto di relazioni romantiche, non capiva affatto il ragionamento dell’amica.

Petra si limitava a mangiare un cheeseburger e ignorare le sciocchezze di Amabelle. Il suo compito, quella sera, era bearsi delle difficoltà di Felix con malevolo divertimento ed impedire che Amabelle finisse in prigione, cosa che appariva probabile.

-Ti stupisci ancora per come ragiona Amabelle?- chiese solo, scuotendo la testa.

-La conosco da meno tempo di te- si giustificò Norman.

In realtà anche Petra si stupiva ancora e non capiva la migliore amica, ma quel giorno aveva deciso semplicemente di non immischiarsi troppo. Era anche parecchio combattuta, perché da un lato sarebbe stata felice se Felix si fosse trovato una ragazza o un ragazzo e si fosse levato dai piedi. Dall’altro anche lei era piuttosto convinta che Mirren e Felix si amassero, e voleva che il fratello fosse felice.

E che Amabelle fosse felice a sua volta.

Quindi lasciava che a decidere fosse il caso… e Amabelle… e Felix.

Beh, di certo Petra non si sarebbe immischiata.

-Ecco qua, operazione smatchmaker partita- Amabelle tornò al tavolo e si risedette soddisfatta.

Pochi secondi dopo, il cameriere corse fuori dal locale in uno stato di grande agitazione.

Amabelle sorrise e scrisse un messaggio sul telefono.

-Ho paura a chiedere, ma cosa hai fatto?- provò ad indagare Norman, un po’ incerto.

-Sua moglie è incinta, e a questo caro uomo è arrivato il messaggio che lei si trova in sala parto in questo momento- rivelò Amabelle, in tono angelico.

-Che coincidenza incredibile- borbottò Norman, non volendo credere alla probabile realtà dei fatti.

-Tu credi davvero che sia una coincidenza?- Petra lo guardò come se non lo riconoscesse. Pensava fosse più intelligente di così.

Norman si limitò a borbottare lamentele e frasi sconnesse.

-Come… come hai fatto a sapere queste informazioni e inviargli un messaggio falso?!- chiese poi, alzando il tono di qualche decibel ma cercando di mantenersi comunque abbastanza basso.

Amabelle si limitò a sorridergli come una pazza.

-Va bene, perché hai fatto impanicare il cameriere, a che scopo?- Norman cercò di cambiare argomento, ma Amabelle continuò a sorridergli, e prese un sorso di tè freddo.

-Mangia e non ci pensare- lo incoraggiò Petra, giocando con un’applicazione al cellulare.

Norman sospirò, e fece come gli era stato consigliato. Avrebbe voluto chiedere perché si trovava lì se Amabelle non aveva intenzione di rivelargli nessuna parte del piano, ma decise di godersi il pasto gratis e stare attento per evitare che Amabelle rovinasse troppo la serata a Felix.

Purtroppo per Amabelle, l’effetto Norman, quel giorno, non era a suo favore.

L’effetto Amabelle, d’altro canto, sembrava abbastanza letale.

-Eh eh eh- la ragazza ridacchiò maleficamente quando una nuova cameriera raggiunse il tavolo e servì la carne. Aveva scambiato le ordinazioni quando era andata a parlare con il cameriere, prima, e si era liberata di lui perché si sarebbe sicuramente accorto dell’errore prima di portare i piatti.

L’obiettivo della ragazza, in generale, non era così devastante. 

Voleva semplicemente rovinare la serata con tanti piccoli imprevisti che alla lunga avrebbero innervosito i due piccioncini.

E Mathi, con le sue davvero incredibili abilità da hacker, le aveva dato tutte le informazioni su Jasmine per aiutarla nell’intento.

E il prezzo era stata solo una foto di Denny da piccolo. Certo che Mathi era facilmente corruttibile. 

-Che infantile- borbottò Norman, osservando lo svolgersi dei fatti.

I piatti furono in fretta portati via, Jasmine e Felix ci risero sopra, e Amabelle si rabbuiò leggermente

-È solo l’inizio- commentò, non dandosi per vinta, prendendo gli occhiali rosa che indossava sempre quando cercava di apparire seria, e indossandoli con sicurezza, prima di alzarsi e avviarsi con discrezione verso la banda che si stava preparando a suonare dal vivo.

Norman alzò gli occhi al cielo, e si girò a guardare la coppia.

Per un istante, il suo sguardo incrociò quello sospettoso e indagatore di Jasmine, poi entrambi distolsero l’attenzione, e si concentrarono sul compagno di tavolo.

E Norman si rese conto di un piccolo ma importante dettaglio.

Erano perfettamente dietro a Felix, quindi lui non riusciva a vederli, ma Jasmine poteva benissimo farlo, e sebbene stessero cercando di essere discreti, la discrezione era una delle caratteristiche che Amabelle possedeva meno, se non affatto.

-Sì, ci osserva da un po’- Petra diede voce ai suoi pensieri, indifferente.

-Dovremmo dirlo ad Amabelle?- chiese Norman, un po’ a disagio, soprattutto perché non voleva assistere alla reazione della rossa.

-No, lasciamoli fare, vediamo chi sarà la riccia a vincere- Petra alzò le spalle, e tornò a mangiare il suo panino e bere la sua birra.

-Non dovresti essere dalla parte di Amabelle?- indagò Norman, confuso.

Ultimamente era a stretto contatto con le due ragazze. Sapeva che si erano baciate, credeva che almeno una delle due avesse una cotta per l’altra (ma non era del tutto sicuro di chi, a dire il vero), era convinto che a volte flirtassero non molto velatamente, e al suo compleanno aveva avuto un sogno stranissimo dove erano anime gemelle (lunga storia). 

Lui non era un impiccione, ma doveva ammettere che di tutte le coppie che Amabelle voleva mettere insieme nella Corona Crew, quella che gli interessava di più era senza ombra di dubbio formata da Amabelle stessa e Petra.

…e Denny e Mathi, ma venivano al secondo posto.

-Non sono il suo cagnolino- obiettò però Petra, lanciandogli un’occhiataccia.

-Non ho mai supposto che lo fossi, ma siete molto unite, e poi so che tu e Felix non siete in ottimi rapporti- Norman cercò di spiegare il suo punto di vista.

-Appunto, se si toglie dalle scatole non me lo ritrovo come cognato- gli fece notare Petra, ovvia.

Norman non aveva obiezioni da fare. Neanche lui avrebbe voluto Felix come cognato.

Per fortuna non aveva sorelle o fratelli.

-Petra, mi presti dieci dollari?- chiese Amabelle, tornando al tavolo strisciando per terra in modo da non attirare l’attenzione.

Mezza sala la stava guardando.

-No- borbottò Petra, senza neanche guardarla.

-Ti prego!- Amabelle esibì due occhioni da cucciolo che avrebbero fatto impietosire anche il cattivo più crudele di un film Disney.

-Quest’anno non ti farò un regalo di compleanno- cedette Petra, passandole i soldi.

-Grazie!- Amabelle le diede un veloce bacio sulla guancia, e sparì.

Petra divenne rossa come i pomodori del suo panino, e Norman cercò di restare impassibile e non sembrare compiaciuto.

-Che hai da sorridere?!- si mise però sulla difensiva Petra, dimostrandogli che non era riuscito nel suo intento.

-Niente, niente. Oggi Amabelle è proprio entusiasta- commentò, lanciando un’altra occhiata al tavolo dei piccioncini, dove finalmente erano arrivati gli ordini giusti, e i due stavano parlando concitati di qualcosa.

Pochi minuti dopo, un tipo che Norman aveva visto un paio di volte nei pressi del Corona Café intento a vendere fiori, accessori, o fare altri lavori poco puliti ma innocui, raggiunse il tavolo con parecchi fiori, soprattutto girasoli, con l’intento di venderli.

-Eh eh eh- ridacchiò Petra, sollevando a sua volta lo sguardo per guardare la scena con malevolo divertimento.

Norman non capì subito il motivo. Anzi, Jasmine sembrava entusiasta, soprattutto dai girasoli, ma fu quando il suo sguardo si spostò su Felix che la consapevolezza lo colpì.

Il ragazzo, infatti, aveva iniziato a starnutire discretamente, gli occhi si erano fatti lacrimosi, e le guance paonazze.

Norman fu quasi tentato di raggiungerlo per assicurarsi che stesse bene, ma Petra lo fermò da sotto il tavolo, afferrandogli una gamba con i piedi.

Certo che era elastica, quella ragazza.

-Tranquillo, è solo un po’ di intolleranza ai pollini. Non è troppo grave, ma per qualche strano motivo i girasoli gli fanno più allergia rispetto ad altri fiori. Credo che il suo corpo funzioni in maniera completamente diversa rispetto a chiunque altro- spiegò, osservando Felix soffiarsi discretamente il naso.

Jasmine sembrò accorgersi subito che qualcosa non andava, e mandò via il venditore di fiori con una certa urgenza, nonostante le proteste di Felix. Sembrava determinata a non lasciare che niente rovinasse la serata.

Il venditore provò ad insistere un po’, ma alla fine cedette, scusandosi. Norman si aspettava che andasse verso altri tavoli, ma uscì direttamente dal ristorante, come se fosse entrato solo ed esclusivamente per vendere fiori a Felix e Jasmine.

…probabilmente era proprio così.

Ma davvero Amabelle era così determinata da rischiare che il suo migliore amico maschio avesse una crisi allergica?!

…probabile.

Norman iniziò a rivalutare le sue scelte di amicizia.

-Devo trovare il mio rossetto!- come sentendosi chiamata in causa, Amabelle ritornò al tavolo e iniziò ad armeggiare nella borsa. 

I suoi capelli erano scompigliati e sembrava irritata. Probabilmente dal fatto che tre piani su tre per il momento non avevano funzionato.

Probabilmente era più brava a unire le coppie che a separarle.

Non che fosse brava ad unire le coppie, in realtà.

-Ames, non hai toccato cibo. Credo che il tuo hamburger si sia ormai raffreddato- le fece notare Petra, indicando il pasto.

-Mangialo tu, ma lasciami le patatine- rispose la ragazza, prendendo una manciata in patatine e buttandosele in bocca (almeno cinque uscirono fuori e andarono in ogni dove), prima di prendere il rossetto dalla borsa e scomparire di nuovo alla vista.

-Oh, beh, tanto pago io- Petra non diede peso al tutto, e iniziò a mangiare il panino dell’amica.

-A cosa le servirà un rossetto?- provò a riflettere Norman, ad alta voce.

-Si aprono le scommesse, io dico che lascia un messaggio nel bagno delle ragazze per mettere Jasmine in guardia da Felix- suppose Petra, immaginandosi la scena e ridacchiando divertita.

-Sarebbe da pazzi… ma forse non abbastanza. Io propongo che metterà il rossetto, bacerà un pezzo di carta o scotch per lasciare l’impronta, e poi pagherà un cameriere per trasferire il finto bacio sulla maglietta di Felix e far sembrare che abbia una ragazza- propose Norman, immaginandosi il peggio del peggio che qualcuno avrebbe potuto concepire.

-Wow, è un’ottima proposta! Grazie Norman!- purtroppo non si era accorto che Amabelle era tornata a prendere qualche altra patatina e a bere tè freddo, quindi le diede involontariamente l’idea.

-Cosa ci volevi fare con il rossetto?- chiese Petra, prima che l’amica andasse via.

-Scrivo un messaggio minaccioso sul bagno delle ragazze- sorrise lei, soddisfatta dalla sua pensata.

-Ah ha! Ho vinto!- Petra si esibì in un gesto di vittoria. Norman sbuffò. Era già la seconda volta.

-Ma credo che farò anche la cosa di Norman! Grazie dell’idea- dando un bacio sulla guancia anche a lui, Amabelle scomparve alla vista.

Petra lo fulminò con lo sguardo, ma Norman era troppo occupato a togliere ogni traccia di rossetto per badare a lei.

-Non parlerò più fino alla fine della giornata- promise il ragazzo, disgustato.

-Hai già fallito- gli fece notare Petra, continuando a mangiare il panino e rubando un paio di patatine.

Norman non ribatté e si limitò ad alzare gli occhi al cielo, prima di tornare a guardare al tavolo con i due piccioncini.

Jasmine stava disegnando qualcosa sulla tovaglietta, e Felix la osservava mentre mangiava, rapito.

Non erano male come coppia, ad essere onesti, ma allo stesso tempo, e forse questa era l’influenza di Amabelle a parlare, non sembrava essere scoccata la scintilla. Se Norman non avesse conosciuto tutta la situazione avrebbe pensato che erano due amici a cena, non qualcosa di più.

Probabilmente Amabelle non aveva ragione di rovinare la serata. Norman non credeva avrebbe portato da qualche parte, in ogni caso.

Tornò a concentrarsi sul suo piatto, proprio mentre la banda iniziava a suonare.

Un ritmo pop piuttosto commerciale, che fece storcere il naso di Petra.

-Tsk, JJ, perché Amabelle avrebbe dovuto chiedere JJ?- borbottò tra sé, confusa.

 

La risposta i due ragazzi non l’avrebbero mai saputa, ma voi lettori siete avvantaggiati, perché avete la possibilità di ascoltare la conversazione di Jasmine e Felix, che nonostante gli incidenti, stavano passando una bella serata.

-Comunque la mia allergia ai fiori non è così grave, davvero. Avrei voluto offrirti un girasole- stava commentando Felix, a cui il naso gocciolava ancora ma non ci stava dando troppo peso.

-Sempre meglio non rischiare, e poi i fiori sono più belli da vedere nella natura- lo rassicurò Jasmine, lasciandosi poi distrarre dalla musica.

Felix fece altrettanto, e sbuffò.

-Proprio JJ? Non sopporto questa cantante- commentò, scuotendo la testa.

-Oh, davvero? Come mai?- chiese Jasmine, curiosa.

-Beh, ammetto che tutta la storia dell’artista commerciale con canzoni piene di significato può essere carina, ma non riesco proprio ad ascoltare le sue canzoni, e le sento proprio ovunque!- spiegò Felix, concitato.

-Capisco, eviterò di dirglielo però- ridacchiò la ragazza, un po’ imbarazzata.

A Felix sembrò di perdere un battito. Sbiancò visibilmente, e poi arrossì di getto.

-Perché?- provò a chiedere, a voce così bassa che neanche lui si sentì. Jasmine però aveva un ottimo udito, o intuito.

-Josie Jones, anche nota come JJ, è mia zia- spiegò infatti, torturandosi le mani.

Ci furono pochi secondi di silenzio.

-Bene… conosci un buon luogo dove seppellirsi?- chiese poi Felix, imbarazzato ma cercando di buttarla sul ridere.

Jasmine fu abbastanza gentile da ridere.

-Mi dispiace, ma conosci la città meglio di me, non conosci molti posti- gli fece notare -Comunque tranquillo, neanche io sono la più grande fan della sua musica. Preferisco ritmi country- cercò poi di rassicurarlo -E poi non lo sapevi, e apprezzo la sincerità- 

-Anche se l’avessi saputo è probabile che sarei stato comunque sincero, anche se meno brutale. Sono una persona abbastanza aperta- ammise Felix, onesto. 

-Che genere di musica preferisci?- chiese poi Jasmine, curiosa, cambiando argomento.

Felix ci pensò su.

-Ammetto di avere un gusto abbastanza ampio. Il country non è male. Musiche di cartoni animati sono sicuramente le mie preferite, e ho un amore particolare per la musica classica- sorrise tra sé, pensando ai suoi brani preferiti.

-Musica classica? Senza offesa, ma non l’avrei mai detto- ammise Jasmine, avvicinandosi curiosa.

-Neanche io. Ma il mio migliore amico suona il pianoforte, ed è bravissimo, e mi ha fatto appassionare. Il suo compositore preferito è Chopin, e il Notturno è bellissimo. Anche se io ho una predilezione per Tchaikovsky, soprattutto la suite di Romeo e Giulietta. Che dire, sono un inguaribile romantico- spiegò, illuminandosi quasi letteralmente e pensando ai momenti passati con Mirren e la musica classica.

Non se ne rese conto, ma per la prima volta dall’inizio della serata, era davvero a suo agio, pieno di energia, e con una luce diversa.

Jasmine, però, sembrò accorgersene.

-Ammetto che io di musica classica conosco il Clair de Lune e qualcosa di Mozart- ammise la ragazza.

-Debussy è un altro dei nostri preferiti. Mirren lo sa suonare benissimo. Aspetta, forse ho un video del Clair de Lune- Felix iniziò ad armeggiare con il telefono, ma si interruppe di scatto rendendosi conto di cosa stava facendo, e si diede mentalmente dello stupido.

Era lì per non pensare a Mirren, ed ecco che partiva in quarta a parlare di lui mostrando la sua palese cotta.

Cercò di convincersi che non fosse poi così palese, dai. Erano migliori amici. Era normale che si vantasse un po’ di lui o che ne parlasse. Come parlava delle sue sorelle, dei suoi genitori, o della Corona Crew.

Prima che potesse decidere se continuare a parlare di lui o cambiare argomento in fretta e fuga, chiedendosi quale delle due opzioni sarebbe stata meno strana, venne tratto in salvo da un fattore esterno.

Beh… tratto in salvo non è proprio il termine più appropriato.

-Tu! Biondino da strapazzo! Come puoi farmi questo?!- sentì una voce alle sue spalle.

Normalmente, Felix non ci avrebbe dato troppo peso, dato che era chiaro che non si stesse rivolgendo a lui, visto che non aveva fatto un torto a nessuno, di recente, ma siccome cercava una scusa per distrarre l’attenzione, diede comunque un’occhiata alla fonte della voce, e spalancò gli occhi quando si rese conto che stava fissando proprio lui, e lo puntava drammaticamente con il dito.

Solo che… Felix non aveva idea di chi fosse quella ragazza con una grande sete di sangue diretta nei suoi confronti.

-Sì, tu! Mi hai mentito!- la ragazza si avvicinò, contenta di aver attirato la sua attenzione, e si appoggiò al tavolo, fulminando Felix con lo sguardo.

-Mi scusi, signorina, ma deve essersi confusa. Io non ho mai…- provò a tirarsi fuori, sinceramente confuso dalla situazione, ma lei lo interruppe, tirandogli uno schiaffo alla base del collo e facendolo sobbalzare sorpreso.

-Non fare finta di nulla! Non solo mi lasci con un SMS proprio il giorno del nostro quinto anniversario, ma ti trovo anche nel nostro ristorante preferito, il nostro ritrovo dei sogni, con un’altra ragazza il giorno stesso?! Posso passare sopra i primi sette tradimenti, ma adesso è troppo!- la ragazza tirò un pugno sul tavolo, iniziò a piangere e si esibì in un melodrammatico monologo che forse era un po’ pretenzioso, ma in un teatro sarebbe andato benissimo.

Solo che quello non era un teatro, e Felix non aveva la più pallida idea di cosa stesse succedendo.

Non sapeva che dire o fare. Era una situazione troppo assurda.

Si girò verso Jasmine, sperando davvero che non si facesse un’idea sbagliata.

-Non ho mai visto questa ragazza in vita mia. Dev’esserci un malinteso- provò a suggerire, sperando di poter risolvere la situazione in maniera civile.

Jasmine aveva un’espressione imperscrutabile, e armeggiava con il portachiavi della sua borsa, come se stesse valutando l’idea di prendere tutto e scappare via in tutta fretta.

-Un malinteso?! Cinque anni insieme sono solo un malinteso?! Sono incinta, Fe…Ferdinand!- la donna sconosciuta si portò una mano allo stomaco, continuando a piangere.

-…mi chiamo Felix- la corresse timidamente il ragazzo, troppo a disagio per dire altro.

Jasmine aveva iniziato a mordersi il labbro inferiore, e giocava con la tovaglietta.

-Lo so che ti chiami Felix! Ma Ferdinand è il mio soprannome per te!- cercò di recuperarsi la donna, smettendo di piangere e arrossendo appena. Sembrava quasi seccata -Sai che ti dico, non ne vali la pena. Sette tradimenti in cinque anni, forse anche di più. Sei inaffidabile, egocentrico, e hai un pessimo gusto in fatto di musica!- lo accusò, girandosi po verso Jasmine e rivolgendosi soprattutto a lei -Consiglio da amica, lascialo perdere, trovati qualcuno di meglio- le consigliò, prima di scuotere la chioma al vento e andarsene.

Felix era senza parole.

Jasmine altrettanto.

Osservarono la ragazza andarsene finché non fu fuori dalla portata di vista, poi si guardarono, in silenzio per qualche secondo.

Jasmine aveva una smorfia strana. Felix, dopo essersi ripreso, cercò di mettere una pezza sopra la situazione, anche se era il primo che non la comprendeva.

-Io ti giuro che non ho mai visto quella ragazza in vita mia- si giustificò, completamente perso.

-Si vergogni, giovanotto- lo riprese un uomo anziano che stava al tavolo accanto insieme a sua moglie.

-No, giuro, non la conosco! Non tradirei mai il mio partner!- insistette Felix, con più foga. 

La coppia scosse la testa e lo ignorò, spostando leggermente il tavolo lontano dal loro.

-Io non so cosa stia succedendo, ma voglio sinceramente scusarmi per tutto- Felix si prese la testa tra le mani e decise di rivolgersi alla sua accompagnatrice, dispiaciuto.

Con sua grande sorpresa, Jasmine scoppiò a ridere, sconvolgendolo quasi più della finta amante incinta.

Felix la guardò come se venisse dallo spazio.

-Ferdinand è stata la ciliegina sulla torta. Non riuscivo quasi a trattenermi. Scusa- Jasmine continuò a ridere, cercando di abbassare la voce senza però troppo successo.

Felix era davvero sorpreso che la prendesse con tale filosofia.

-Mi credi?- chiese, per sicurezza.

-Certo, so che stai dicendo la verità e quella ragazza non la conosci- gli fece un’occhiolino complice. Felix tirò un profondo sospiro di sollievo.

-Grazie. Non sai quanto mi rassicura- 

-Sei un libro aperto, Ferdinand- Jasmine ridacchiò tra sé -Allora, Clair de Lune?- lo incoraggiò poi a cercare il video al telefono.

Felix iniziò a cercarlo.

Dai, alla fine, nonostante gli imprevisti, la serata non stava andando così male. Jasmine era davvero una ragazza adorabile, e avevano tantissime cose in comune. Solo che, come Norman aveva già intuito, non c’era ancora stato il “clic” che Felix si aspettava. Sperava potessero diventare amici, questo sicuramente, ma se si trattava di una relazione romantica, Felix non sentiva nulla. Il cuore non gli batteva forte, non sentiva farfalle nello stomaco, e non cercava inconsciamente di avvicinarsi troppo alla ragazza.

Questo però, Amabelle non poteva saperlo, e dato che la ragazza stava vedendo i due vicini intenti a vedere un video, per niente scoraggiati dai numerosi tiri mancini della rossa, il su sguardo divenne duro, prese il telefono, e uscì dal ristorante con aria molto più assassina del solito.

Passarono circa venti minuti dalla misteriosa chiamata che Felix non sapeva neanche fosse stata fatta, e furono venti minuti passati in quasi assoluta tranquillità, anche se Jasmine, dopo essere andata in bagno, sembrava nuovamente colta da uno scroscio incontrollato di risa.

Felix stava giusto per chiedere il conto e proporre alla ragazza di andare a prendere un gelato lì vicino o fare una passeggiata, quando nel ristorante entrò un massiccio uomo in divisa, che setacciò la stanza con cipiglio severo, osservando una foto, e iniziò a dirigersi a passo di marcia verso i piccioncini.

-Un altro tuo ex?- commentò divertita Jasmine, a bassa voce, notando che si avvicinava proprio a loro.

-Che?- chiese Felix, girandosi, e trovandosi faccia a faccia con l’agente di polizia. Un tipo sui quaranta dall’aria impassibile che lo stava fulminando con lo sguardo.

-C’è qualche problema, agente?- chiese, un po’ preoccupato.

L’agente controllò la foto, poi il volto di Felix.

-Deve seguirmi in centrale per degli accertamenti- disse poi, incoraggiando Felix a seguirlo.

Il ragazzo sbiancò: -Va bene, ma perché?- si alzò incerto, lanciando un’occhiata alla sua accompagnatrice.

Jasmine, che fino a quel momento aveva preso tutto con filosofia, sembrava davvero preoccupata.

-Che cosa è successo?- chiese, piegandosi verso di loro.

-È accusato di molestia ai danni di diversi ragazzi nel corso delle ultime tre settimane. Devo portarla in centrale per interrogarla. Non lo renda difficile- spiegò l’agente, guardandolo con disgusto.

Felix diventò così bianco che sarebbe potuto svenire da un momento all’altro, e indietreggiò inconsciamente, come a mettere più strada possibile tra lui e le accuse infamanti.

-Ci deve essere un errore, io non ho mai fatto una cosa del genere! Perché credete che io…?- provò a chiedere, spaventato.

Tutto il ristorante guardava nella loro direzione. 

La coppia anziana nel tavolo accanto stava commentando con occhiate di disapprovazione.

-Se resiste dovrò ammanettarla e portarla via con la forza- lo minacciò l’agente, Felix abbassò lo sguardo.

-Posso almeno tirare fuori i soldi per pagare la cena?- chiese, in un sussurro, con voce spezzata.

Non riusciva a credere di essere accusato di una cosa così orribile. Non aveva mai molestato nessuno. Era la persona più attenta ad evitare contatti fisici indesiderati dell’intero mondo.

-Un momento, agente- Jasmine si alzò, determinata, e lanciò un’occhiataccia alle spalle dell’uomo, diretta verso qualcuno che Felix non poteva vedere.

-Dica alla sua ragazza di non immischiarsi- l’agente guardò Jasmine con lo stesso cipiglio che aveva lanciato verso Felix, forse addirittura accentuato, ma prima che Felix potesse cercare di difenderla e obiettare che neanche lei aveva fatto nulla di male, Jasmine intervenne, ignorando del tutto l’occhiata e il commento dell’uomo.

-Quali prove avete per arrestare questo ragazzo? Una segnalazione, un identikit? Servono prove per procedere a un arresto- incrociò le braccia e si mise tra Felix e il poliziotto.

Era più bassa di entrambi di almeno quindici centimetri, ma era molto più imponente.

-È arrivato l’avvocato del diavolo. Ho il diritto di prendere in custodia chiunque sia sospetto, e il tuo ragazzo è molto sospetto. Se vuoi continuare a difenderlo vieni anche tu, così evitiamo di fare una scenata al ristorante- 

-Jasmine, non preoccuparti. Sono sicuro che la faccenda si risolverà, e non voglio che tu ci finisca in mezzo- Felix le mise una mano sulla spalla per rassicurarla, ma tremava vistosamente, e non fece che convincere ancora di più la ragazza ad insistere.

-Mia sorella sta studiando per entrare in polizia, e la aiuto a studiare. Perché è venuto proprio qui? E perché accusa proprio Felix?- 

-Mi è arrivata una segnalazione e ho una foto dell’accusato, che combacia perfettamente con il tuo ragazzo- l’agente, sbuffando, mostrò la foto e spiegò la situazione -Non che debba dare spiegazioni per prendere in custodia un individuo sospetto. Ora, se volete seguirmi- fece cenno ai due di accompagnarlo, ma Felix gli prese di scatto dalle mani la foto, e la guardò con attenzione.

-Ma questo è Loverick!- esclamò, indignato.

-Come, scusi?- l’agente sembrava sorpreso.

-Loverick Dubois! La foto è sfocata, ma lo riconoscerei ovunque. Lo sapevo che quel tipo era losco e inquietante!- si infuocò, ripensando al pezzo di fango che aveva infastidito Mirren durante e dopo il pranzo di lavoro in montagna. 

-Noi due non ci somigliamo per niente- aggiunse poi, con veemenza. Questa volta era lui ad essere disgustato, perché non sopportava che lo paragonassero a un tipo così orribile.

Soprattutto dopo che Mirren aveva commentato che di aspetto era carino.

-Carl, cerca informazioni su Loverick Dubois nel database- l’agente diede indicazioni su un walkie-talkie e riprese la foto in mano, mettendola a confronto con Felix.

-Obiettivamente, siete praticamente identici- commentò poi, cercando di giustificarsi.

-Beh, dai, Felix ha i capelli più lunghi- gli fece notare Jasmine.

-E il fisico più scolpito- ammise l’agente, socchiudendo gli occhi per vedere meglio.

-Ehi!- si lamentò Felix, il cui battito aveva raggiunto una frequenza normale ora che il pericolo di finire in questura sembrava lontano.

Il walkie talkie emise un suono acuto, e l’agente lo portò all’orecchio.

-Hai beccato il nostro uomo. Ha alle spalle guida in stato di ebrezza e qualche accusa di molestie dalle quali è stato assolto- rivelò Carl.

-Per formalità, ho bisogno di vedere un documento che attesta che tu non sia Loverick Dubois- l’agente sollevò la mano, e Felix armeggiò in tasca tirando poi fuori la carta d’identità, che porse all’agente un po’ seccato ma cercando di non darlo a vedere.

-Felix Durke, eh? Carl, cerca informazioni su Felix Durke nel database- chiese al collega, controllando bene la tessera e porgendola poi al legittimo proprietario.

Carl non si lasciò aspettare troppo a lungo.

-È stato arrestato durante una parata pacifica per i diritti sulla comunità LGBT+, e… oh. Lascialo andare, è sicuramente innocente- Carl sospirò, seccato.

-Come, perché?- chiese il partner, cercando di essere discreto ma facendosi comunque sentire da tutto il ristorante.

-È amico di Amabelle Rosenhan- rivelò Carl, come se questo fatto rispondesse a ogni domanda e cancellasse tutti i dubbi.

-Ah… capisco. La tipa dell’asino- l’agente scosse la testa, e intascò il walkie talkie -Va bene, continuate pure la vostra cena. Scusate il disturbo e grazie dell’aiuto nelle indagini- l’agente fece loro un cenno e se ne andò tanto velocemente quanto era arrivato, borbottando lamentele tra sé.

Felix e Jasmine si guardarono sconvolti, poi Felix si buttò a sedere, e seppellì il volto tra le mani cercando di rimettere ordine nella sua testa ed evitare che gli venisse un attacco.

-Mi dispiace- disse dopo qualche secondo, di cui Jasmine aveva approfittato per tirare fuori i soldi per la sua parte della cena, e giocherellava con il suo portachiavi.

-Non è colpa tua- lo rassicurò la ragazza, con un sorriso incoraggiante.

-Grazie per avermi difeso. Dopo tutto quello che è successo non ti avrei biasimato se avessi creduto davvero che fossi un molestatore pazzo che tradisce sette volte la sua ragazza e la lascia incinta a badare a sé stessa- sospirò, irritato dalla sfortuna che lo aveva colpito proprio quel giorno.

-La macchia di rossetto sulla macchia non fa ben pensare, in effetti- ridacchiò Jasmine, indicandogli il punto dove la sua presunta ragazza lo aveva schiaffeggiato prima, lasciando una macchia di rossetto ben visibile.

-Cosa?! Ma come…?- provò a chiedere, già sapendo che non avrebbe ottenuto risposte.

-Comunque sapevo con certezza che non eri un tipo poco raccomandabile- gli assicurò, senza infatti dargli vere risposte.

-Perché?- chiese però il ragazzo, stupito da tanta fiducia -Hai un buon istinto o…?-

-No, il mio istinto non c’entra. Mi fiderei anche un serial killer, probabilmente, perché tendo a fidarmi delle persone, io so perfettamente che dicevi la verità perché ho una macchina della verità portatile- ammise la ragazza, mostrando il portachiavi che aveva spesso tenuto in mano durante la serata.

-Cosa?!- di tutto quello che Felix aveva vissuto quel giorno, forse questa informazione era quella che lo stupiva di più.

-L’ha creata mio fratello in un modo che non saprei mai spiegarti, ma è infallibile. Basta premere questo pulsante mentre qualcuno parla, e se sta dicendo la verità rimane immobile, se mente inizia a vibrare- spiegò Jasmine, illustrando il funzionamento.

-Ma è utilissimo! Come mai non lo ha brevettato?- chiese Felix, sconvolto, osservandolo con attenzione.

-Ci sta provando. Ha contattato un’inventrice italiana che stima molto e spera di riuscire a metterlo sul mercato. Se vuoi te ne regalo uno- Jasmine sganciò il portachiavi e lo porse al ragazzo, con innocente semplicità.

-Oh, no! È inestimabile, non posso accettare!- Felix cercò di rifiutare, ma Jasmine insistette.

-Prendilo, qualcosa mi dice che ne avrai molto bisogno. E poi Joseph me ne ha dati almeno dieci. Dice che devo sempre portarne uno per essere sicura di potermi fidare della persona davanti a me- alzò gli occhi al cielo pensando alla paranoia del fratello.

Felix prese titubante il portachiavi, e lo analizzò più da vicino.

Era molto piccolo, poteva stare tranquillamente in tasca o in mano senza che si notasse. Davvero comodo.

-Grazie, davvero. Per tutto quanto- sorrise alla ragazza, che ricambiò -Mi dispiace per la serata disastrosa- sospirò poi.

-Dispiace soprattutto a me, sei tu quello che ha avuto allergie, schiaffi, vestiti sporchi ed è stato quasi arrestato. Devo ammettere che, sebbene l’ultima cosa sia davvero esagerata, i tuoi amici sono stati a loro modo gentili a non prendersela direttamente con me, ma solo con te- rifletté Jasmine, pensierosa -Se ci fossero stati i miei fratelli avrebbero fatto lo stesso, e sempre verso di te- 

-Un momento… i miei amici?!- Felix si guardò intorno, stavolta in modo più approfondito, ma non vide proprio nessuno.

-Se ne sono andati dopo il poliziotto. Li ho notati all’inizio della serata ma non credevo si sarebbero spinti a tanto, quindi ho fatto finta di niente. Mi dispiace, avrei dovuto dirtelo prima- si rammaricò Jasmine, arrossendo appena.

-Non dispiacerti, avrei dovuto capirlo. Una di loro aveva i capelli rossi e mossi?- chiese Felix, sentendo l’irritazione montare dentro di lui, ma cercando di tenerla a bada.

-Sì, e portava gli occhiali, e un vestitino- 

-Da quando Amabelle porta gli occhiali? Vabbè, non fa niente. Dato che non sono qui, ti va di pagare, uscire, e concludere l’appuntamento altrove prima che decidano di seguirci?- propose Felix, cercando di cambiare argomento.

-L’idea è molto carina, ma temo di dover rifiutare. Tu mi sei veramente simpatico. Abbiamo molte cose in comune, e reagisci agli imprevisti in maniera molto più tranquilla rispetto alla maggior parte della gente…- cominciò.

Felix non era uno sprovveduto, e sapeva che un’introduzione così lasciava sempre spazio a un “ma…”, e si preparò ad affrontarlo.

-Ma…- continuò infatti Jasmine, cercando le parole -…non so tu, ma a prescindere dagli imprevisti, io non ho sentito il “clic” che mi sarei aspettata da un appuntamento. Vorrei davvero che restassimo amici, ma non credo che potrei mai provare qualcosa per te di tipo romantico, e preferirei chiudere la serata qui per riprenderci meglio da tutto quello che è successo- spiegò.

Felix si sarebbe dovuto sentire triste, o deluso, ma era solo molto sollevato. Le sorrise sinceramente.

-Penso lo stesso- ammise, giocherellando con una ciocca di capelli -Spero davvero che potremmo restare amici, però, perché sei una ragazza davvero simpatica- 

-Anche tu- ricambiò Jasmine.

Dopo aver pagato ed essersi salutati (Felix provò ad offrirle un passaggio, ma Jasmine si era già organizzata), Felix rifletté a pieno sulla serata.

Uscì per fumare una sigaretta, e prese il telefono per controllare l’ora. Un messaggio di Mirren attirò la sua attenzione.

“Ho provato a darti la buonanotte dal balcone ma non c’eri, quindi ti scrivo. Buonanotte, guida piano, e non tornare tardi”

Si ritrovò a sorridere. Era una loro usanza salutarsi dal balcone prima di andare a dormire, sempre alla solita ora.

“Okay mamma :p” gli rispose, rattristandosi subito dopo, e rendendosi conto che andare avanti era molto più difficile di quanto avrebbe creduto.

 

-Ma si può sapere come ti è venuto in mente?!- sbottò Norman, che aveva preso Amabelle, l’aveva portata fuori, e aveva tutta l’intenzione di farle una bella ramanzina.

Non poteva chiamare la polizia e denunciare Felix! Oltre ad essere uno scherzo di pessimo gusto, era anche illegale, e un uso improprio dei servizi di emergenza.

Amabelle aveva lo sguardo basso, e non reagiva affatto. Petra, che aveva raggiunto i due subito dopo essersi assicurata che il poliziotto non avrebbe arrestato Felix, osservava la scena riflettendo su come agire e che parti prendere.

Era d’accordo con Norman, la ragazza aveva esagerato. Ma, d’altra parte, non aveva mai visto Amabelle così.

Non capiva proprio cosa le stesse passando per la testa.

-Volevo solo far concludere l’appuntamento, dopo averci parlato lo avrebbero subito lasciato andare- borbottò Amabelle, senza guardare nessuno dei due negli occhi.

-Non ti rendi nemmeno conto di aver esagerato?! Per fortuna Jasmine è una ragazza determinata. E per fortuna Felix ha identificato il vero molestatore. Sarebbe potuta finire molto male, ne sei consapevole, almeno?!- Norman alzò la voce, e riprese a rimproverarla. Era quasi stato in procinto di intervenire e aiutare Felix con le accuse, ma Jasmine era stata più rapida di lui, e alla fine aveva deciso di tenersi in disparte, anche per non rischiare di far arrestare Amabelle nel frattempo.

-Non sarebbe andata a finire troppo male. L’effetto Norman era dalla sua parte, dopotutto- provò a giustificarsi Amabelle, sempre con sguardo basso.

Norman batté il piede a terra, stizzito.

-Non ho idea di cosa sia l’effetto Norman, ma non provare a giustificarti in questo modo! La prossima volta che farai una cosa del genere puoi considerarmi ufficialmente fuori da ogni tuo piano, e dalla Corona Crew!- la minacciò, facendola sobbalzare come se si fosse appena scottata.

-Ehi, non ti sembra di esagerare un po’- si intromise Petra, lanciandogli un’occhiataccia.

Aveva ragione su tutta la linea, ma Amabelle era palesemente sconvolta.

Norman fece un respiro profondo.

-Effettivamente non uscirei dalla Corona Crew, perché mi sono affezionato a tutti i membri. Ma dai tuoi piani sì, quindi evita di fare altre sciocchezze del genere!- insistette Norman, abbassando però i toni.

Amabelle non reagì, si limitò ad alzare le spalle, senza far capire i suoi sentimenti al riguardo.

-Ragazzi, se state andando via dovete pagare il conto- li riprese una cameriera, intromettendosi nella conversazione e squadrandoli con sospetto.

-Sì, certo, arriviamo tra due minuti- rispose Petra, cercando i soldi nella borsa ma sperando di poter parlare un altro po’ con Amabelle prima di rientrare.

Con sua grande sorpresa, però, Amabelle superò lei e Norman e rientrò in tutta fretta nel ristorante, con la borsa in mano.

Petra e Norman si affrettarono a seguirla, ma non fecero in tempo neanche ad entrare che Amabelle stava già uscendo, in tutta fretta, tirando ad entrambi una spallata mentre passava tra loro.

-Forse aveva dimenticato il rossetto- provò a supporre Norman, ancora irritato con lei.

-Vado a pagare. Oggi offro io- si limitò ad proporre Petra, seccata dalla situazione che si era venuta a creare, e mettendo mano al portafogli.

Quando però raggiunse la cassa, l’addetta sembrava stupita dalla sua presenza.

-Ha già pagato la vostra amica, ha anche lasciato una buona mancia- le spiegò, alzando le spalle.

Petra rimase di sasso.

-Amabelle? La ragazza dai capelli rossi e mossi, con il vestitino e gli occhiali che non le servono?- chiese per conferma.

-Sì, quella appena uscita che mi ha dato un sacco di idee da usare con il ragazzo della mia migliore amica e ha chiesto a mia sorella di fingere di essere la ex del biondino sfigato- confermò la cameriera.

-Petra, io vado perché sennò perdo l’autobus, ci pensi tu a…- Norman la raggiunse, ma Petra non lo degnò neanche di uno sguardo, e corse fuori, per cercare la sua migliore amica.

Per la prima volta dall’inizio della serata, era decisamente preoccupata.

Amabelle non offriva mai la cena.

Poteva sembrare un comportamento un po’ egoista farsi sempre offrire, ma Petra aveva imparato che non lo faceva per cattiveria, ma era una specie di segno che voleva bene a chi le offriva. Non aveva molti soldi, e preferiva spenderli in altro, solitamente piani per i suoi match, o regali particolari ai suoi amici più cari. 

Petra non sapeva se faceva così con tutti, ma era certa che, almeno con lei, si era sempre fatta offrire, e Petra con il tempo aveva iniziato a considerarlo come la prova che Amabelle si fidava di lei, in un certo senso.

Era difficile da spiegare, ma giuro che ha senso, in maniera un po’ contorta.

Quindi Petra era preoccupata.

Raggiunse Amabelle quasi immediatamente. Era seduta su un muretto nascosto e si fissava le scarpe, apatica e giocherellando con un lembo del vestito.

-Amabelle, stai bene?- chiese di getto, precipitandosi accanto a lei.

La ragazza annuì, ma non la guardò.

-Jasmine è uscita senza Felix. Il piano ha funzionato- rivelò, senza particolare enfasi o emozione.

-Non paghi mai, cosa è successo?- si affrettò ad indagare Petra, cercando il suo sguardo.

Vide vagamente Norman correre verso la fermata dell’autobus con la coda dell’occhio, ma decise di non darci troppo peso.

-Paghi sempre tu. È giusto che questa volta paghi io. Non sono così egoista- sbuffò Amabelle, incrociando le braccia.

-Non me la dai a bere! È successo qualcosa! Sei arrabbiata con me?- indagò Petra, enfatica.

Amabelle scosse violentemente la testa.

-Sei arrabbiata con Norman?-

Amabelle la scosse ancora più forte.

-Con Felix? Mirren? Jasmine? Il poliziotto? La cameriera?- Petra continuò a sparare ipotesi, e alla fine Amabelle sbottò.

-Non sono arrabbiata con nessuno, okay?! Solo…- sospirò, e le vennero i lucciconi -…mi sento in colpa, va bene? Norman ha ragione, ho esagerato, solo che…- si interruppe, e si prese la testa tra le mani.

Petra le mise le mani intorno alle spalle, per darle conforto.

-Solo che…?- la incoraggiò a continuare, con voce più gentile e paziente possibile.

Anche se Petra era pessima ad essere paziente e gentile.

-Solo che avevo troppa paura che Felix e Jasmine potessero mettersi insieme. Ero terrorizzata. Felix deve stare con Mirren!- Amabelle era agitata, e tremante, ma anche davvero determinata.

Petra la guardò poco convinta. Non credeva che questa fosse l’unica spiegazione.

Provò ad indagare discretamente.

-Perché ci tieni così tanto, che finiscano insieme?- chiese, a bassa voce.

Amabelle esitò, come se non lo sapesse neanche lei. Poi scosse la testa.

-Perché sono fatti l’uno per l’altro e devono stare insieme!- esclamò a gran forza.

-Okay, ma perché la loro relazione ti coinvolge così tanto. Non è tuo compito far ragionare quelle due zucche vuote- cercò di farle notare Petra.

Amabelle iniziò ad agitare le gambe, cercando una risposta.

-E invece sì, perché altrimenti non finiranno mai insieme, e saranno tristi, e io voglio che siano felici- sembrava un disco rotto che ripete sempre le stesse cose. Ormai non sembrava crederci più neanche lei, ma non voleva affrontare il vero motivo per cui cercava con tale caparbietà di fare la matchmaker per i suoi amici.

-Amabelle, ti prego. Sono la tua migliore amica, sii onesta con me- la supplicò Petra, prendendole timidamente le mani come Amabelle faceva sempre con lei, e guardandola dritta negli occhi.

Non credeva di essere molto convincente, ma lo fu abbastanza.

Il labbro di Amabelle tremò per qualche secondo, poi la ragazza crollò.

Scoppiò a piangere, e gettò le braccia al collo di Patra, iniziando a singhiozzare rumorosamente col volto poggiato nella sua spalla.

Il cuore di Petra iniziò a battere furiosamente nel petto.

Sia perché “Wow, la mia cotta mi sta abbracciando forte e piange sulla mia spalla!” sia perché “Oh no! La mia cotta sta piangendo sulla mia spalla”, e alla fine la preoccupazione superò di gran lunga il resto, e Petra abbracciò stretta Amabelle, accarezzandole i capelli e cercando di calmarla.

-Sta andando tutto male!- iniziò a sfogarsi Amabelle, tra i singhiozzi. Petra la lasciò parlare.

-All’università non riesco a concentrarmi, Max e Sonja sono praticamente impossibili, e adesso anche Felix e Mirren si stanno separando. E mio padre…- la sua voce si spezzò, e Petra non riuscì a fare a meno di irrigidirsi.

Eccolo, il tasto dolente. La radice della sofferenza e della determinazione di Amabelle quel giorno.

-…mi ha scritto una stupida mail. Dovevo andare da lui a Pasqua, ma mi ha dato buca, e la passerà con la sua nuova famiglia in crociera. Mi ha inviato dei soldi per farsi perdonare. Dei soldi. Come se volesse comprarmi- spiegò, piangendo sempre più forte.

Petra la strinse ancora più forte. Aveva i lucciconi anche lei. 

Era raro che Amabelle lasciasse trasparire emozioni negative verso suo padre.

Di solito sorrideva e cercava di vedere il lato positivo di tutto: 

“Mio padre ama così tanto la sua nuova moglie che le ha offerto una vacanza! Non è romantico?!”

“Non è colpa di mio padre se non è potuto venire al mio compleanno. Ha un bambino piccolo a casa. Dovresti vedere il mio nuovo fratellino, è davvero adorabile!”

“Sì, beh, non paga gli alimenti, ma non naviga neanche lui nell’oro. Ha due figli e una moglie da sfamare. Non può permettersi di badare anche a me, ma è comprensibile”

Certo che in quel gruppo erano tutti messi malissimo in quanto a padri.

Lei e Mirren neanche a parlarne, Amabelle, Clover… chi si somiglia si piglia, probabilmente.

-Mi dispiace, Baelle- le sussurrò all’orecchio, con dolcezza.

Amabelle scosse la testa, sempre restando a contatto con la sua spalla.

-Non… non fa niente. Ci sono abituata. Non dovrei prendermela così…- cercò di staccarsi, ma Petra la tenne abbracciata.

-Invece sì. Devi prendertela. E devi ripulirlo, quel padre degenere- la istigò, facendola ridacchiare leggermente.

-Mi ha dato parecchi soldi effettivamente- borbottò Amabelle -Forse potrei affittare una famiglia con cui passare la Pasqua. Mamma si era già organizzata con le sue amiche e l’ho supplicata di non disdire per me- borbottò poi, triste.

Petra si staccò di scatto da lei, e la guardò negli occhi, quasi arrabbiata.

-Stai scherzando, vero?! Vieni con me e Mirren dai Durke. Anche mio padre si fa un weekend con Bonnie, e credo che a Johanne un posto in più o in meno non cambi poi molto- la incoraggiò, con forza.

Amabelle accennò un sorriso intimorito.

-Non so se dopo oggi Felix vorrà ancora guardarmi- abbassò lo sguardo, triste.

-Neanche lo sa che sei stata tu. E poi lo sai com’è fatto. È un debole che non sa serbare rancore, e non ha voce in capitolo nelle decisioni importanti, quindi verrai, è deciso!- batté le mani tra loro sorridendo ad occhi chiusi, in una perfetta imitazione di Amabelle, che iniziò a ridere e si asciugò le poche lacrime rimaste.

-Petra, sei la migliore...- commentò poi, guardandola con affetto, e facendo fare una capriola allo stomaco dell’amica.

-Lo so- per sdrammatizzare, Petra scosse i capelli, dandosi delle arie.

Amabelle ridacchiò nuovamente.

-Verresti con me al New Malfair Comic & Games?- chiese poi Amabelle, con il tono di una persona che sta facendo una proposta di matrimonio.

-Uh?- Petra sentì quindi solo il tono e non recepì minimamente la domanda.

-Pensavo di usare i soldi di papà per comprare due biglietti, e pagare il passaggio. Mi piacerebbe andare con te- Amabelle sbatté gli occhi con fare civettuolo.

-Sicuro, con piacere- Petra annuì in fretta, cercando di non diventare rossa come un peperone, e mantenendo almeno in apparenza la nonchalance.

Amabelle la abbracciò di nuovo, e le diede un bacio sulla guancia, all’improvviso molto più allegra.

-Spieremo Mathi e Denny e se ci riesce anche Clover e Diego! Sarà fantastico!- esclamò, battendo le mani, del tutto rasserenata.

Fu solo in quel momento che Petra si rese conto di cosa avesse acconsentito a fare, e tirò un discreto sbuffo seccato. 

Sicuramente si sarebbe pentita di aver detto di sì, ma almeno adesso Amabelle era felice.

-Oh, a proposito…- Amabelle tirò fuori dieci dollari, e li porse verso Petra -Per ripagarti- le sorrise.

Petra non li prese, e guardò storto l’amica.

-Se avevi i soldi perché me li hai chiesti?- inarcò un sopracciglio.

-Perché mi piace vedere la tua reazione quando me li presti- ridacchiò Amabelle, un po’ imbarazzata, e facendo questa volta arrossire vistosamente Petra, dato che non si aspettava un tale attacco improvviso al suo cuore.

-Ora che siamo tutte contente e l’appuntamento è finito in disastro, direi che è il caso di chiamare un taxi, o due, dato che abitiamo lontane- propose quindi, alzandosi e interrompendo definitivamente il momento di tenerezza.

-Hey, ragazze, che ci fate qui?- una voce alle loro spalle fece sobbalzare entrambe, che si girarono poi di scatto verso l’origine, che, ma entrambe lo avevano già intuito, si rivelò essere un sorridente Felix, che armeggiava distrattamente con l’accendino, e le guardava rilassato.

-Niente- risposero insieme, con aria colpevole.

-Figo. Volete un passaggio a casa o avete altro “niente” da fare?- chiese, tranquillo, indicando un punto poco distante e iniziando ad avviarsi in quella direzione. 

-Credi che voglia uccidermi e occultare il cadavere?- sussurrò Amabelle all’orecchio di Petra.

-Dovrebbe passare anche sul mio, di cadavere, e non ne è fisicamente capace- la rassicurò Petra, iniziando a seguire il vicino di casa.

-Aww, Tray!- Amabelle le si aggrappò affettuosamente al braccio, felice dalla dichiarazione di protezione.

In realtà Petra si riferiva al fatto che se Felix avesse voluto uccidere Amabelle avrebbe dovuto liberarsi anche di lei in quanto testimone, ma non fece notare la cosa, e si limitò a cercare di non implodere ad avere Amabelle appiccicata a lei.

-Grazie del passaggio, Felix- Amabelle alzò la voce e si rivolse all’amico, che alzò le spalle.

-Figurati. Meglio che chiamare un taxi- il ragazzo alzò le spalle, e intascò l’accendino, per poi prendere le chiavi.

Sembrava davvero tranquillo, per niente turbato dalla serata disastrosa.

Ma Petra lo conosceva molto meglio di quanto avrebbe voluto, e sapeva che dietro quel sorriso rilassato si celava un grande conflitto interiore.

Si denotava dal prominente odore di fumo, dagli occhi distanti, e dai numerosi tic nervosi.

Per la prima volta da tutta la sua vita, Petra iniziò davvero a sperare che i piani di Amabelle avrebbero funzionato, almeno per Felix e suo fratello.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Scusate il ritardo, ma è stata una settimana piena di impegni.

Ho messo un indizio quasi impossibile da notare in questo capitolo, non dico riferito a cosa, ma se avete teorie da fare, questo è il capitolo giusto per farle.

Passando al capitolo in ordine, però, Max e Manny sono tenerissimi! Anche se io non so scrivere appuntamenti, mannaggia al mio stato di eterna single!

E poi è stato stranissimo scrivere di gente che esce senza mascherine e dandosi la mano tranquillamente. Ormai il covid è entrato nelle abitudini, ahahahah.

Per quanto riguarda Felix, è stato divertentissimo scrivere tutti gli imprevisti che Amabelle architetta, soprattutto la parte di Ferdinand. 

Jasmine, come i concorrenti del gioco di coppie, è un personaggio di uno dei miei numerosi progetti incompleti, spero vi sia piaciuta.

Il prossimo capitolo pensavo di farlo speciale di Pasqua, ma siamo ad Agosto, e non aggiunge niente alla trama, quindi la Pasqua la leggerete in uno speciale di Pasqua che sicuramente pubblicherò l’anno prossimo, e il prossimo capitolo sarà finalmente il New Malfari Comic & Games.

E sarà un mattone, sicuramente. Ho già il progetto, e dovrebbe essere lunghissimo, quindi non credo che riuscirò a pubblicarlo entro giovedì. Tenete d’occhio le side stories.

E a proposito di questo, ho fatto un nuovo sondaggio per superare il leggero hiatus della storia, il link è alla fine. Lo scorso sondaggio mi ha aiutato un sacco quindi se volete rispondere mi farà un sacco piacere. È molto breve ed anonimo.

Grazie a tutti quelli che leggono questa storia, siete pochi ma siete costanti, e mi fa davvero tanto piacere.

Vi mando un grande bacione e alla prossima :-*

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: New Malfair Comic and Games! Mathi e Denny fanno un incontro davvero interessante. Clover e Diego provano a partecipare alla gara cosplay. Amabelle e Petra cercano di raggiungere la fiera e continuare la loro impresa da stalker.

 

 

 

SONDAGGIO 2

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Capitolo 18
*** New Malfair Comic & Games ***


New Malfair Comic & Games

 

Sabato 27 Aprile 

La parrucca prudeva davvero tanto, gli occhiali da sole gli impedivano di vedere quasi tutto, il pendente con la G dei Gavinners era pesantissimo e quasi lo sbilanciava e rimaneva in equilibrio solo grazie al suo pienissimo zaino a forma di custodia di chitarra.

Mathi era al settimo cielo!

E non riusciva proprio a smettere di sorridere, mentre entrava finalmente alla bellissima fiera di New Malfair, accompagnato dal suo caro Dan, Clover (che aveva offerto a entrambi due cosplay di fattura eccelsa), Diego e la sorella di Diego, che aveva già conosciuto alla gara per i biglietti della fiera ed era felice di rivedere.

Mathi si era guardato bene intorno per tutto il tempo in fila e mentre si avviavano all’entrata, e oltre a notare la bellezza della location, si era anche accorto che non c’era Amabelle, fatto sorprendente e allo stesso tempo apprezzabile.

Un po’ di calma prima della probabile futura tempesta ci voleva proprio.

Aveva sempre voluto visitare quella fiera in particolare. Certo, nei suoi sogni ci sarebbe andato con sua sorella, ma era felicissimo anche di stare in compagnia di Denny.

-Allora, io direi di dividerci. Io da sola ad autocommiserarmi perché le fiere non mi piacciono, la coppia gay/finto etero da qualche parte e Diego si gode un po’ Juanita che non vede mai- propose Clover, sedendosi su una panchina già provata parecchio dal lungo viaggio in macchina.

Anche lei era in cosplay, così come il suo accompagnatore e sua cognata. Mettevano in scena una versione molto originale di Alice, il Cappellaio Matto e la Regina di cuori.

Clover, ovviamente, era la Regina di cuori.

Lo sguardo da “tagliatele la testa” c’era tutto.

-Suvvia, cognatina. In realtà vedo Diego molto spesso. Mi piacerebbe passare del tempo anche con te- Juanita si avvicinò alla Regina di cuori e la prese sottobraccio, incoraggiandola ad alzarsi per seguirla.

Sbuffando, Clover si alzò controvoglia, e borbottò qualcosa che Mathi non riuscì proprio ad afferrare.

Denny, che aveva un udito migliore, aggrottò le sopracciglia, ma scosse leggermente la testa tra sé, facendo finta di niente.

-Per me è una buona idea separarsi, si percorre più spazio, si rimane meno fermi per colpa di altri e ci si orienta meglio nel traffico di gente- commentò invece, prendendo il braccio di Mathi per incoraggiarlo a stare con lui.

Mathi saltò un battito, non aspettandosi un contatto così improvviso, ma cercò di mantenere la compostezza, anche se non trattenne un sorrisino e le guance si erano fatte estremamente calde.

-Bravi, andate per la vostra strada, piccioncini- Clover fece un occhiolino malizioso, e Denny arrossì vistosamente e lasciò immediatamente andare il braccio di Mathi.

Peccato, il ragazzo avrebbe potuto vivere in quella stretta… avrebbe voluto vivere in quella stretta. E non solo una stretta al braccio, anche in tutto il corpo, per tutta la vita. Ahhhh, sarebbe stato un sogno.

-Non siamo piccioncini!- ci tenne a sottolineare Denny, con corde vocali d’acciaio che si abbinavano perfettamente al suo cosplay di Apollo Justice.

Ah, giusto, quel piccolo particolare rendeva il sogno impossibile. Ma i sogni sono fatti per questo.

-Sì sì, godetevi lo stato di single finché Amabelle non si intrufola per farvi mettere insieme- lo prese in giro Clover, con un occhiolino.

Denny si guardò intorno, preoccupato, sistemandosi i ciuffi di capelli gellati per assomigliare a quelli di Apollo Justice nella speranza che potessero celarlo alla vista dell’amica e vicina invadente.

Mathi doveva ammettere che, nonostante il cosplay, Denny non era cambiato particolarmente. Era identico ad Apollo in ogni caso.

-Sarà meglio iniziare a girare. Mathi, iniziamo dai giochi da tavolo o dai videogiochi?- Denny tirò fuori la mappa del posto che aveva recuperato all’entrata e iniziò a controllare i vari settori.

Mathi si sporse verso di lui per vedere a sua volta.

Sentì l’amico irrigidirsi leggermente, ma era troppo impegnato a non morire di infarto a sua volta per rendersene del tutto conto.

-Allora, la sezione giochi da tavolo è più vicina. Direi di partire da lì e poi fare un giro generale- propose, in tono rilassato.

-Buona idea. Ragazzi, ci vediamo in giro- Denny si affrettò a chiudere la mappa e allontanarsi velocemente da Mathi, in imbarazzo.

E di conseguenza dal resto del gruppo.

Mathi lo seguì come un cagnolino fedele, avvicinandosi nuovamente per non perderlo troppo di vista e perché, ad essere onesti, voleva davvero tanto stargli vicino.

Era convinto che quella sarebbe stata una giornata meravigliosa.

E neanche Amabelle, che sicuramente prima o poi sarebbe arrivata, l’avrebbe rovinata.

 

Petra si era pentita di aver accettato di accompagnare Amabelle circa venti secondi dopo aver dato conferma, e al momento, in piedi su un treno con un centinaio di persone ammassate, si ripromise che mai avrebbe accettato nuovamente una cosa del genere.

Mai! Nessuno l’avrebbe più convinta a sottoporsi a tale tortura.

-Tray! Tray! Dove sei?!- una voce schiacciata dalla massa di gente, di cui Petra non riusciva a vedere la provenienza, le ricordò che difficilmente avrebbe mantenuto la parola data a sé stessa, perché Amabelle era in grado a convincerla a fare qualsiasi cosa se lo voleva davvero, e Petra era generalmente debole di fronte alle sue richieste, a prescindere.

-Sono qui- Petra alzò la mano in mezzo alla calca per attirare la sua attenzione, e sentì vagamente qualche lamentela e qualche spintone, prima che la chioma rossa dell’amica le spuntasse davanti, separando, paradossalmente, una coppia che stava chiacchierando e sembrava in grande affinità.

Appena vide il sorriso a tutto denti della rossa, Petra perse il proprio. Conosceva benissimo quel sorriso, e non prometteva niente di buono.

-Tray! Eccoti finalmente!- Amabelle le si appiccicò contro, e ampliò il sorriso, ampliando di conseguenza anche la preoccupazione dell’amica.

-Cosa è successo?- chiese, saltando i convenevoli.

Le guance di Amabelle si tinsero di rosso, confermando i timori di Petra.

-Ecco, vuoi sentire prima la notizia buona o quella cattiva?- chiese, sollevando due dita come ad indicare le due opzioni.

-Quella importante, quindi la cattiva- Petra avrebbe voluto incrociare le braccia seccata, ma era bloccata, quindi si limitò a sbuffare.

-La cattiva notizia è che abbiamo preso il treno sbagliato che va in tutt’altra zona- ammise Amabelle, abbassando timidamente la testa.

Petra sbuffò di nuovo.

-Ma la buona notizia è che al capolinea possiamo prendere l’autobus giusto, e quello va dritto dritto alla Fiera di New Malfair! Quindi non dobbiamo neanche cambiare autobus!- annunciò subito Amabelle, eccitata.

-Che vanno a fare due ragazze come voi alla Fiera di New Malfair?- chiese un invadente ragazzino di massimo otto anni, con un ghigno divertito.

-Non ci si immischia nei discorsi altrui, Jordan!- lo riprese sua madre -Scusate, ragazze-

-Andiamo a spiare dei nostri amici che sono lì per un appuntamento!- spiegò Amabelle, per niente disturbata dall’interruzione.

-E che ci fanno i vostri amici alla Fiera di New Malfair?- chiese poi Jordan, sempre più confuso.

-Jordan!- lo rimproverò di nuovo sua madre, impotente di fronte alla curiosità del bimbo e la calca che non le permetteva di portarlo via.

-Guarda, non li capisco neanche io, ma a loro piacciono un sacco queste cose- Amabelle alzò le spalle (urtando per sbaglio la coppietta precedentemente separata) e rispose nuovamente.

-Ma non è una cosa da…?- la successiva domanda del bambino venne interrotta dalla madre: 

-Jordan, adesso basta, non importunare le signorine!- lo riprese con forza, alzando leggermente la voce.

-Scusa mamma- il bambino si zittì, ma sorrise ad Amabelle e Petra.

I due scesero due fermate dopo.

-Mai pensato di avere figli?- chiese a sorpresa Amabelle, dopo averli visti uscire.

Petra per poco non si strozzò con la sua stessa saliva.

-Cosa?! No! Perché me lo chiedi?!- esclamò, alzando il tono di qualche decimo e venendo guardata male dai suoi vicini di calca.

-Curiosità. Perché no? Per me saresti una madre fantastica! Potresti adottare!- propose Amabelle, entusiasta.

-No! I figli sono un problema, e non ho grandi esperienza di madri da cui prendere esempio- Petra su questo punto era irremovibile. Lei non aveva la minima intenzione di avere figli. Punto e basta!

Sperando che la sua eventuale partner sarebbe stata d’accordo.

-Tu, invece? Vorresti avere figli?- chiese Petra ad Amabelle, parecchio spaventata dalla risposta. Non che se la figurasse come sua futura eventuale partner, ormai iniziava a rassegnarsi, ma era sempre meglio sapere, no?

-Mmmm, non ci ho pensato. Non lo so, sono ancora troppo giovane dopotutto- Amabelle alzò di nuovo le spalle, colpendo la solita coppietta, che provò a lamentarsi senza venire ascoltata.

Petra tirò un profondo sospiro di sollievo, che attirò l’attenzione di Amabelle, che si avvicinò all’amica fino a starle a pochi centimetri.

-Perché hai sospirato? Pensi non possa essere una brava madre?- indagò, socchiudendo gli occhi e guardando Petra con sdegno.

-No!- si affrettò a negare Petra, cercando di allontanarsi ma riscontrando una grossa resistenza dal tizio dietro di lei.

-Non pensi possa essere una brava madre?!- Amabelle si portò una mano alla bocca, drammaticamente devastata.

-Sì! Cioè, no! Cioè…- Petra era entrata in tilt totale, con Amabelle così vicino a lei e la consapevolezza che il sospiro di sollievo era dovuto al fatto che sperava vivamente che un giorno sarebbero potute essere una coppia senza figli di mezzo.

Ma non poteva rivelare il motivo ad Amabelle!

-Io penso tu possa essere una brava madre, in futuro, forse, se ci tieni davvero ad avere figli, ma sono sollevata che al momento, dato che hai solo 19 anni, tu non voglia averne, tutto qui- cercò di spiegarsi, senza guardarla negli occhi e cercando di risultare del tutto imperturbabile e imperturbata.

Amabelle la analizzò per qualche secondo, poi si allontanò, e alzò le spalle per l’ennesima volta, andando a sbattere contro la coppia, che non si lamentò ma sembrava davvero irritata.

Per loro fortuna, scesero alla fermata successiva.

-E poi, insomma, al momento manca anche la materia prima per fare un figlio, non ti pare?- Amabelle fece un occhiolino a Petra, che diede il meglio di sé per non storcere il naso e grugnire all’idea di Amabelle che faceva un figlio con un tizio qualunque.

Prima che potesse ribattere con qualsiasi cosa, o semplicemente cambiare argomento (sembrava l’idea migliore), un commento alle sue spalle attirò completamente l’attenzione di entrambe.

-Visto? È questo il motivo per cui non bisognerebbe accettare le adozioni gay- stava commentando una signora di mezza età con la sua vicina di posto, che la guardava come se nemmeno la conoscesse.

Per un attimo, Petra e Amabelle rimasero completamente immobili, senza parole (e la seconda cosa era molto rara per Amabelle).

Poi, con tutta la calma del mondo, Petra prese Amabelle per un braccio, fermandola dall’agire in modo sconsiderato, dato che sembrava in procinto di ignorare la calca per gettarsi addosso alla signora e riempirla di insulti.

Ma questo non avrebbe fatto che confermare qualsiasi idea avesse.

E Petra era abbastanza intelligente da sapere quando era il momento di restare calmi e quando fosse meglio esplodere.

Riuscì a circumnavigare il tipo massiccio dietro di lei, che la lasciò passare come se avesse intuito il suo intento, e si avvicinò tranquillamente alla signora, che la guardò preoccupata, ritirandosi sulla sedia e impallidendo.

-Salve, non ho potuto fare a meno di ascoltare il suo commento, che suppongo fosse in merito alla nostra conversazione. Le spiacerebbe elaborarlo davanti a me?- chiese, fulminandola con lo sguardo.

La signora era senza parole, e arrossì vistosamente. Non si aspettava di essere chiamata sul fatto, era evidente, come era evidente che non credeva che l’eventuale approccio sarebbe stato così elegante.

-Uh, io… dico solo che… dal vostro infantile modo di comportarvi non affiderei mai a voi dei bambini- borbottò, quasi senza farsi capire, e senza guardare nessuna delle due. La tipa con cui prima stava parlando si eclissò completamente dalla conversazione, cercando di non attirare l’attenzione su di sé.

-Noi due non siamo rappresentanti totali della comunità LGBT+, e se anche lo fossimo, lei non ha il diritto di giudicarci in questo modo senza conoscerci solo ascoltando una conversazione casuale su un treno- le fece notare Petra, sempre con assoluta calma.

All’interno stava ribollendo di rabbia, ma non avrebbe mai dato a quella omofoba una giustificazione per i suoi stupidi credi bigotti.

-In ogni caso, il vostro era solo uno dei tanti esempi di un discorso generale. Perché non si può far crescere un bambino con due genitori dello stesso sesso: Verrebbe preso in giro…-

-Colpa dei genitori altrui che educano i propri figli all’odio-

-Di solito sono problematici a prescindere. Si obbligano ad un ambiente che potrebbe essere ostile…-

-…e un orfanotrofio o una casa famiglia non sono ambienti altrettanto ostili se non di più?-

-Un bambino ha bisogno di una madre e un padre per crescere con i modelli di vita giusti e ricevere amore completo- 

-Questa è una grandissima st…- intervenne Amabelle, che per tutto il tempo era rimasta nell’angolo a fissare lo svolgersi degli eventi con espressione indecifrabile, ma adesso si era del tutto scaldata per l’argomento che le stava particolarmente a cuore.

Petra riuscì ad interromperla con un gesto della mano, ma Amabelle rimase a fissare la signora con occhi che mandavano scintille.

-A questo punto rispondo con ordine: innanzitutto i “ruoli” di maschio e femmina sono costrutti sociali, l’importante è appunto l’amore e l’educazione che vengono impartiti ai figli, e possono venire da uomini e donne indiscriminatamente; poi sono tantissimi i bambini che crescono con solo una madre e solo un padre, e molti di essi crescono benissimo- anche a Petra l’argomento stava molto a cuore.

-Scommetto che non sai neanche di cosa parli. La cugina della parrucchiera di mia sorella è cresciuta senza madre e ha un comportamento a dir poco allucinante, tra droghe e prigione- spiegò la signora, infiammandosi a sua volta.

-Mia madre è in viaggio e non la vedo da quando ero molto piccola. La madre del mio fratellastro è morta quando lui era piccolo. Siamo stati entrambi cresciuti principalmente da sua nonna, e poi da tate sempre diverse. So perfettamente di cosa parlo- obiettò Petra, ammutolendola.

-E i miei vicini di casa sono cresciuti senza madre, e Max è la persona migliore del mondo!- aggiunse Amabelle.

-E Denny?- chiese Petra.

-…se la cava. Il suo vero problema è stato passare i primi anni di vita con sua zia. Quindi tiè! La figura femminile lo ha rovinato!- spiegò Amabelle, decisa.

-Il punto è che due genitori gay non possono dare al bambino quello di cui hanno bisogno- provò ad insistere la signora, anche se ormai non sapeva più cosa inventarsi.

-Perché? Per le adozioni, gay e non, ci sono tantissimi controlli sulla famiglia. Quando una coppia etero qualsiasi fa figli questi controlli non ci sono. E sono moltissimi i bambini in case abusive che vengono bellamente ignorati- le fece notare Petra.

-Stai forse insinuando che adesso bisognerebbe controllare tutti i bambini?! Ma stai scherzando?! Le persone hanno il diritto di avere i figli, e solo perché qualcuno è abusivo non significa che tutti sono così- si infiammò la signora.

-Mi scusi, signora, ma è lei che sembrava particolarmente interessata alla salvaguardia dei bambini. Perché non inizia a pensare a quelli che soffrono per davvero invece di negare a delle semplici coppie piene di amore da dare la possibilità di adottare un figlio con cui condividerlo?- Petra alzò le spalle con ovvietà, e la signora si ammutolì di nuovo.

Iniziò a controllare i dintorni in cerca di una via di fuga, e quando il treno si fermò alla fermata successiva, si alzò di scatto.

-È la mia fermata- disse come giustificazione, prima di scappare via.

Petra fece cenno a un’anziana signora lì vicino di sedersi al posto precedentemente occupato, e prese il telefono, archiviando del tutto la conversazione.

-Spero vivamente che quella non fosse in realtà la sua fermata- borbottò Amabelle, sbuffando sonoramente irritata.

-Meh, probabilmente avrei fatto meglio a stare zitta. Tanto queste persone sono testarde. Più che altro avrei voluto una conversazione più civile- commentò Petra, iniziando un irritante giochino sul telefono.

-Oh, già! Ci guardava dall’alto al basso con disgusto, alzava sempre la voce, e si ritirava sulla sedia neanche fossimo infette!- si indignò Amabelle, incrociando le braccia.

-Dovremmo esserci abituate ormai. Tutti pensano sempre che stiamo insieme- Petra cercò di non arrossire all’idea, e ci riuscì meglio di quanto avrebbe pensato.

-Ah, credeva che stessimo insieme?- chiese Amabelle, confusa.

-Sì, ovviamente. Pensava stessimo parlando di adottare un figlio nostro- spiegò Petra, che l’aveva trovato piuttosto ovvio.

-Oh…- Amabelle si zittì per qualche secondo, e Petra alzò la testa per capire dalla sua espressione a cosa stesse pensando.

Ma Amabelle era imperscrutabile.

-Comunque sei stata fantastica a risponderle per le rime! Decisamente sexy- si sbloccò poi, facendo un occhiolino verso Petra, che, colta di sorpresa, questa volta non riuscì a non arrossire.

-Oh, beh, grazie. Cioè… che? Insomma, normale amministrazione- cercò di recuperarsi, ma ottenne solo che Amabelle ridacchiò tra sé, e le si avvicinò per vedere il gioco sul telefono.

Per il resto, il viaggio procedette piuttosto tranquillo.

 

Denny non riusciva a smettere di sorridere e muoversi da una parta all’altra come un cagnolino iperattivo.

Ogni stand era pazzesco, pieno di articoli interessanti, persone gentili, e cosplayer davvero originali.

L’unico problema?

Era sfinito!

Ed era solo mezzogiorno.

Solo che girare in aprile, nella città più calda della zona, con un completo attillato composto da camicia, gilet e cravatta non era esattamente comodo.

E non aiutava neanche essere saltellato in giro per gli stand manco fosse Amabelle.

-Vuoi sederti?- gli propose Mathi, vedendo quanto fosse affaticato.

Lui, al contrario, era fresco come una rosa. Ma era normale. Certo, il suo cosplay da Klavier comprendeva camicia e giacca pesante, ma almeno lui aveva avuto la possibilità di sbottonare i primi e gli ultimi bottoni della camicia, quindi un po’ di aria gli arrivava, dai.

-No, non preoccuparti, sto alla grande- mentì Denny, che era ad un passo dal collasso. Neanche il tempo di fare codesto passo, che inciampò su una cartaccia e rischiò seriamente di cadere a terra.

Venne però salvato dall’intervento tempestivo di Mathi, che lo afferrò da sotto alle ascelle e lo strinse a sé con forza, per tenere entrambi in equilibrio.

Denny sentiva chiaramente le forti mani di Mathi nella parte superiore del suo busto, il corpo dell’amico premuto contro di lui, e avvertiva quasi il battito del suo cuore. Sembrava trapassere il tessuto per quanto chiaramente Denny lo percepì. E fu come ricevere una iniettata di caffè per endovena, tanto che non riuscì a trattenersi da spingere via la presenza (non esattamente) sgradita dell’amico e cadere effettivamente a terra, preso alla sprovvista dalla situazione.

Ma era stato più forte di lui, sentiva come se dei fulmini gli fossero passati in tutto il corpo.

-Scusa!- Mathi si affrettò a sollevare le mani, dispiaciuto -Volevo solo evitare che cadessi- cercò di giustificarsi, avvicinandosi lentamente e offrendogli la mano per aiutarlo ad alzarsi.

-Non sarei caduto, era tutto sotto controllo- riuscì a borbottare Denny. O almeno avrebbe voluto borbottarlo, ma le corde vocali non sembravano funzionargli. Cercò anche di afferrare la mano di Mathi, ma nel momento in cui le loro dita si sfiorarono, il ragazzo sentì nuovamente la scossa di prima, e anche una sensazione stranissima allo stomaco, come se ci fossero centinaia di farfalle impazzite che combattevano all’ultimo sangue o cercavano un’uscita.

Era una sensazione terrificante. Che stesse per morire di una stranissima malattia improvvisa e incurabile?

Si allontanò da Mathi nel modo più discreto possibile per non ferire i suoi sentimenti, e cercò di stabilizzarsi.

-Stai bene? Sei rosso come un pomodoro! E caldo come una stufa- purtroppo la discrezione non era la sua abilità migliore, e Mathi si accorse subito che qualcosa non andava.

E, purtroppo numero 2, per cercare di controllare la sua temperatura, il cosplayer del personaggio più obiettivamente figo e attraente (per una ragazza, non per Denny, certamente) di Ace Attorney, gli si avvicinò e gli mise una mano sulla fronte.

Al ché, Denny si ritirò inconsciamente, mandando all’aria la sua discrezione, e iniziando ad accettare una durissima realtà.

Una consapevolezza che portava nel cuore, ma che non voleva assolutamente ammettere.

Tutti i sintomi, dopotutto, suggerivano una cosa.

E Denny non era uno sprovveduto, sapeva esattamente il loro significato.

Era stanco.

Già, sicuramente era soltanto stanco e accaldato. Purtroppo aveva finito l’acqua un’oretta prima, ma poteva comprarne dell’altra ad un qualsiasi stand del cibo.

-Dan, ti devo portare nello stand di primo soccorso? Inizio a preoccuparmi- Mathi cercò di fargli aria con la parrucca di Klavier senza alcun successo, e Denny capì che era proprio il caso di ammettere la sua debolezza.

-No, tranquillo. Sono solo un po’ stanco, hai ragione. Forse è meglio sederci- ammise, adocchiando una panchina poco distante e avviandosi il più velocemente possibile per allontanarsi da Mathi, che però, ovviamente, lo raggiunse facilmente, dato che le sue falcate erano molto più lunghe di quelle dell’amico.

Una volta arrivati alla panchina, Denny si stravaccò con ben poca eleganza, e respirò profondamente per calmare i fremiti del suo cuore.

-Certo che questi cosplay sono pazzeschi. Clover è stata davvero gentile a regalarne uno anche a me- commentò Mathi, osservandosi da una finestra riflettente piazzata proprio davanti a loro.

-Gliel’ho chiesto io. Mi piaceva un sacco l’idea di fare un cosplay di coppia- spiegò Denny, sbirciando lo specchio e controllando i loro riflessi -Hai ragione, siamo proprio uguali- commentò poi, ammirando la fattura.

-Beh, Klavier è più smilzo e più abbronzato. Il tuo Apollo è identico, e…- Mathi interruppe la sua spiegazione di scatto, come se si fosse appena reso conto di una cosa, e arrossì leggermente, giocherellando con la parrucca bionda.

-Che c’è?- chiese Denny, improvvisamente preoccupato di aver detto qualcosa di sbagliato.

-Niente, niente. Sono onorato che tu abbia usato il tuo regalo di compleanno anche per me. Dimmi un po’, hai scelto anche i soggetti o Clover è esperta di giochi?- indagò.

-Ovviamente ho scelto io. Pensavo Apollo e Trucy, perché ami la magia e so che è il tuo personaggio preferito. Ma non c’erano opzioni per una Trucy maschio né le tue misure se avessi voluto comunque comprare il cosplay. Hai un bellissimo fisico ma…- Denny si portò una mano alla bocca, sconvolto dalla confessione appena fatta.

Mathi arrossì ulteriormente.

-Oh, beh, grazie- borbottò, con un sorrisino molto compiaciuto.

-Cioè… hai capito che intendo. Non era un complimento!- si affrettò a negare Denny, diventando molto più rosso dell’amico e anche più rosso del suo stesso completo.

-Oh, okay- Mathi sembrava deluso.

-No, aspetta, intendevo… agh, il punto è che Klavier era il personaggio con il cosplay più carino che si addicesse ad Apollo e poi mi piace la loro dinamica nel gioco!- Denny cercò di cambiare argomento e tornare a quello precedente, e Mathi decise di assecondarlo.

-Beh, sì. Ammetto che io li ho sempre visti come una bella coppia- ammise, un po’ imbarazzato.

-Sì, una coppia di rivali!- gli diede man forte Denny.

-No, una coppia coppia- specificò Mathi, senza guardarlo negli occhi.

-Sì, ho capito che intendi, una coppia di amici nemici-

-Non solo, insomma, una coppia più unita che come semplici amici-

-Ah, capisco, una specie di bromance? Sì, ci possono stare. Un po’ come Phoenix ed Edgeworth. Molto amici e…-

-No, Denny. Io li vedo come una romance, senza B- 

Denny rimase in silenzio per qualche secondo.

-E onestamente metà dei fan della serie li vedono come una coppia, mi sorprende che tu non lo sappia- aggiunse poi Mathi, tra sé.

Denny continuò il suo mutismo, poi osservò i dintorni, soffermandosi sul loro riflesso e poi sulle facce di alcuni passanti che li guardavano maliziosi.

-Ah…- disse infine, arrossendo e seppellendo il volto tra le mani -Oh, no! Credi che la gente pensi che stiamo insieme?! Lo sapevo che dovevo comprarti Trucy!- iniziò a farsi mille paranoie, e le farfalle nel suo stomaco si risvegliarono.

Probabilmente quelle erano un simbolo di fame. Sì, sicuramente. Non avevano nulla a che fare con l’idea di lui e Mathi, insieme come coppia bromance senza b, che gli stava entrando in testa.

-No, sicuramente no! Il mio era solo un commento e un’opinione personale, tutto qui! Cambiando argomento, più o meno, perché hai deciso di non partecipare alla gara cosplay?- Mathi cercò di rassicurarlo e distrarlo, e ci riuscì abbastanza.

-Non mi sembrava giusto gareggiare con un costume che non ho né fatto né comprato io personalmente. Apprezzo tantissimo il regalo di compleanno, ma non mi va di parteciparci ad un concorso- spiegò Denny, sempre con la testa sepolta, ma più calmo.

-Che cosa adorabile!- commentò Mathi, intenerito.

-È solo onestà!- si affrettò a sminuire Denny, arrossendo.

-A proposito di regali. Mi devi ancora dire il giorno del tuo compleanno. Non vorrei perdermelo- Mathi prese il telefono pronto a segnare la data sul calendario, e l’agitazione di Denny tornò di prepotenza.

Il ragazzo si alzò di scatto (provocandosi un giramento di testa) e si guardò intorno in cerca di una distrazione.

-Io vado a prendere una bottiglietta d’acqua e qualcosa di molto poco costoso per pranzo. Vuoi qualcosa?- chiese, già pronto a scappare via.

Mathi lo guardò stranito, ma decise di non insistere, e si alzò a sua volta.

-Perché non resti qui e vado io a comprare qualcosa? Tu mi hai offerto il cosplay, io ti offro il pranzo- provò a proporre, facendogli cenno di sedersi.

-No, non posso accettare! Non ho mica pagato io il cosplay- provò ad obiettare, ma Mathi era irremovibile.

-Insisto. Se non fosse stato per te non avremmo neanche vinto i biglietti. Sei tu ad aver proposto la sala giochi al nostro primo ed ultimo finto appuntamento- gli fece un occhiolino, e iniziò ad avviarsi verso uno stand di cibo.

Denny sospirò, e si risedette, sorridendo appena tra sé.

Certo che Mathi era davvero speciale.

Era quasi tentato di ringraziare Amabelle per la stupida scommessa che gli aveva permesso di conoscerlo.

Quasi.

Perché quella ragazza non aveva bisogno di incoraggiamento. 

Anzi, a dirla tutta era strano che non fosse ancora arrivata per spiarli. Da quando Clover aveva messo il tarlo nella mente di Denny, quest’ultimo era stato molto attento ai suoi dintorni, per scorgere l’amica nel caso avesse deciso di stalkerarlo.

Che poi, chissà, forse era davvero arrivata, ma la fiera era così grande che non lo aveva ancora trovato.

Denny decise di non pensarci e limitarsi ad aspettare le vettovaglie e riprendersi dalla stanchezza.

In effetti iniziava a sentirsi molto meglio, e in quella zona passavano parecchi cosplayer.

Denny osservò con interesse tutti coloro che passavano vestiti, ammirando la fattura, l’impegno e soddisfatto da sé per riconoscerne la maggior parte. 

Era un po’ deluso nel non vedere nessun personaggio di Ace Attorney, ma ci poteva stare, andare in giacca e cravatta con quel caldo era sfiancante.

Proprio mentre formulava quel pensiero, un cappello a cilindro azzurro attirò la sua attenzione, insieme al mantello ad esso accorpato.

Trucy!

Fantastico, c’era una Trucy Wright!

Era quasi tentato di salutarla e chiederle una foto, e si chiese se fare una cosa del genere sarebbe valso come gesto spericolato per il suo proposito.

Ma prima che potesse decidersi, la ragazza vestita come la sorellastra del suo personaggio, si voltò a guardarlo, e sembrò illuminarsi.

-Fratellone!- urlò, attirando l’attenzione di mezza fiera, e avvicinandosi a grandi passi verso Denny, che sobbalzò vistosamente, non aspettandosi un saluto tanto sentito.

Nonostante lo stesse guardando fisso, Denny si girò comunque a controllare che stesse chiamando proprio lui.

Si avvicinò prima che Denny avesse modo di ricambiare in qualche modo il saluto, e lo indicò emozionata.

-Non ci credo! Sei il primo personaggio di Ace Attorney che vedo in tutta la fiera! Il tuo cosplay è fantastico! Deve costare una fortuna!- commentò, guardandolo ammirata.

Denny cercò di non farsi prendere dal panico, e di restare rilassato. Era una ragazza esuberante vestita da Trucy, non era di certo lì per fargli del male a caso. O per derubarlo. Doveva restare calmo.

-Beh, sì. Adoro il tuo costume. Il mantello è identico- commentò, cercando di ostentare sicurezza.

La ragazzina, che a vederla più vicino aveva un’età da liceo, si illuminò.

-Grazie! L’ho cucito da sola! È un cosplay completamente artigianale. Era un po’ difficile ma ci tenevo. Ace Attorney è la mia serie preferita!- commentò, eccitata, saltellando da una parte all’altra e mostrando bene il mantello azzurro.

-Davvero?! Anche la mia! Adoro quei giochi. Anche se il mio preferito è Apollo Justice- ammise. Era un’opinione impopolare, ma se la ragazza davanti a lui era vestita come Trucy e non come Maya, forse avrebbe capito.

-Anche il mio! Ci ho giocato con mio fratello, tanti anni fa. Sei alla fiera da solo?- chiese la ragazza curiosa, sedendosi accanto a lui.

Denny era ancora un po’ all’erta, ma si impose di restare calmo.

-No, sono qui con degli amici, e ora sto aspettando Klavier che è andato a comprare il pranzo- le spiegò, allontanandosi inconsciamente.

-C’è anche Klavier? Fantastico! Possiamo farci una foto, appena arriva? Il trio di Apollo Justice. Mancherebbe solo Ema per renderlo perfetto!- la ragazzina tirò fuori il telefono, speranzosa, e Denny non riuscì a non annuire alla proposta.

-Certo! Sarebbe fantastico- acconsentì, prendendo anche il proprio telefono perché gli sarebbe davvero piaciuto avere una foto con Trucy.

-Allora, sei di New Malfair?- chiese Trucy, curiosa.

Iniziarono a chiacchierare per un po’. Denny non rivelò troppe informazioni su di sé, ma raccontò del torneo, del finto appuntamento, e di aver offerto il cosplay al Klavier. Trucy gli raccontò di come avesse messo da parte i risparmi per un biglietto e di quanto fosse eccitata di essere lì per la prima volta, insieme ad un paio di amiche che però non erano in cosplay. 

Nessuno dei due rivelò il proprio vero nome, ma quando Mathi tornò con due hot dog e due bottigliette d’acqua, Denny era molto più tranquillo e divertito.

-Wow, vedo che hai fatto amicizia con una Trucy! Sono felice di vedere che stai meglio- commentò, raggiungendo i due da dietro e ridacchiando tra sé quando Denny sobbalzò.

-Oh, tu devi essere il Klavier di cui mi parlava il mio fratellone!- indovinò Trucy, girandosi verso il nuovo venuto e facendogli un grande sorriso.

-Ja, Fraulein, sono proprio io- Mathi ebbe un totale switch di personalità, iniziando ad interpretare il personaggio che stava impersonando, e si premette con forza gli occhiali da sole sul volto, accentuando l’immagine da divo. Il suo accento era praticamente identico a quello di Sonja, ma la sua pronuncia era davvero terribile.

E Denny ne sapeva qualcosa, dato che al liceo aveva studiato tedesco, ed era stato il migliore della classe.

Trucy sembrò trovarlo divertente.

-Piacere, Herr Gavin. Il tuo costume è davvero dettagliato. I capelli sono veri?- chiese, avvicinandosi e iniziando a tirargli i capelli.

Mathi scattò indietro, rischiando di far cadere il pranzo.

-No, sono una parrucca, e rischia di andare via quindi meglio non tirare, Fraulein Wright- cercò di scherzare, ma il suo tono era urgente, sembrava quasi spaventato.

-Tutto bene, Ma…?- iniziò a chiedere Denny, alzandosi e avvicinandosi per controllare.

-Ja, ja. Avete già fatto una foto commemorativa o stavate aspettando me?- lo interruppe velocemente lui, cercando di mantenere la facciata rilassata ma sempre più agitato, per un motivo che Denny davvero non capiva.

-Stavamo aspettando te. Volevamo riunire il trio delle meraviglie! Possiamo avvicinarci?- chiese Trucy, senza accorgersi del comportamento strano, e tirando fuori il telefono.

Mathi si avvicinò a Denny, che si accostò il più possibile a Trucy, sperando davvero di venire decentemente in foto.

Poi scattarono anche con il proprio telefono.

-Grazie mille, Trucy- la ringraziò a fine photoshoot, molto soddisfatto dagli scatti ottenuti.

-Grazie a voi! Vi lascio al vostro pranzo. Ci becchiamo in giro- con un esuberante saluto, Trucy scappò via in tutta fretta, probabilmente a cercare le sue amiche.

-Che simpatica- Denny si risedette, prendendo uno degli hot dog -Non dovevi offrimi un intero hot dog. Mi bastava un pacchetto di patatine da due soldi, o solo l’acqua- si lamentò, iniziando però a mangiare famelico.

Mathi non commentò, e si limitò a sedersi a sua volta, tenendo in mano il proprio pranzo e la bottiglietta, che fissava con attenzione.

-Non mi ero accorto di quanto avessi fame. Ti devo almeno la cena. Magari potremmo andare di nuovo alla sala giochi, uno di questi weekend, che ne dici?- Denny continuò a parlare, troppo concentrato sul suo panino per accorgersi dell’improvvisa e innaturale immobilità dell’amico.

Ma quando si girò verso di lui, aspettando una risposta, il sorriso che fino a quel momento svettava sl suo volto scomparve, lasciando posto ad un’espressione decisamente preoccupata.

-Mathi…?- provò a chiedere, avvicinandosi e lasciando del tutto perdere il cibo.

L’amico infatti era piegato su sé stesso, con il volto seppellito tra le mani,  respirava con difficoltà e sembrava nel mezzo di un attacco di panico.

E Denny aveva avuto abbastanza attacchi d’ansia da sapere esattamente di cosa parlava.

Gli mise cautamente una mano sulla spalla, per attirare la sua attenzione, ma la ritirò immediatamente quando Mathi sobbalzò e sollevò la testa verso di lui, con occhi rossi per il tentativo di trattenere le evidenti lacrime che avevano iniziato a rigargli le guance.

-Respira- iniziò a sussurrargli Denny, con calma, e imitando il gesto per aiutarlo.

Mathi lo seguì, con un po’ di difficoltà.

-Bravissimo, continua a respirare. Va tutto bene- lo incoraggiò Denny, rimettendogli con attenzione le mani sulle spalle e iniziando a massaggiargliele dolcemente.

-Io… mi dispiace- borbottò Mathi, smettendo per un attimo di respirare e rincominciando a piangere.

-Shh, va tutto bene, non ti sforzare- lo rassicurò Denny, con i nervi saldi -Prova a concentrarti su cinque cose che puoi vedere- gli suggerì poi, usando un metodo che aveva sempre funzionato per lui.

-I miei pantaloni, la panchina, la bottiglietta d’acqua… sono uno stupido- a metà della lista, Mathi cominciò a ritirarsi su sé stesso.

-Non lo sei per niente. Qualsiasi cosa che puoi vedere va benissimo. Ricomincia- lo incoraggiò Denny, guardandolo negli occhi.

-I tuoi capelli, il tuo naso, la tua camicia, la tua cravatta… i tuoi occhi- elencò Mathi, fissandolo, e iniziando a calmarsi, poggiando le mani sul petto di Denny, come a cercare un appiglio per ancorarsi alla realtà.

-Ora dimmi quattro cose che puoi fisicamente toccare- continuò Denny, con calma.

-L’asfalto, i vestiti, la panchina, te- rispose Mathi, regolando più facilmente il respiro.

-Ora tre cose che puoi udire- gli occhi di Denny scrutarono i dintorni, come a distogliere l’attenzione di Mathi da lui e permettergli di rendersi meglio conto di dove si trovava.

-La folla che parla, il mio cuore, il tuo respiro- Mathi però continuava a guardare lui, aggrappandosi sempre più forte alla sua camicia.

-Due cose che riesci ad odorare- Denny ritornò concentrato su di lui.

-L’hot dog, il tuo profumo- Mathi iniziò a respirare molto più normalmente, la presa su Denny iniziò a farsi meno salda. Il picco era passato.

-Una cosa che puoi gustare- concluse Denny, accennando un timido sorriso.

Mathi esitò, e lanciò una breve occhiata verso le labbra del ragazzo davanti a lui. Erano vicinissimi, più di quanto lo fossero mai stati. Poi lo lasciò andare e si allontanò leggermente.

-La mia saliva- rispose, abbassando lo sguardo e torturandosi leggermente le mani.

Denny tolse le mani dalle sue spalle per lasciargli un po’ di spazio, ma continuò a fissarlo, per assicurarsi che stesse meglio e dimostrargli di essere presente.

-Sto meglio- gli assicurò Mathi, dopo qualche secondo di ulteriore respiro -Grazie-

-Tranquillo, succede- Denny gli diede una dolce pacca sulla schiena, e prese un sorso d’acqua. 

Non voleva indagare e metterlo in imbarazzo, ma non voleva neanche essere insensibile. 

Ora che il momento di emergenza era passato si sentiva davvero a disagio. Aveva agito bene? Poteva agire meglio? Mathi stava bene davvero o fingeva? Cosa aveva causato l’attacco? Era stata colpa sua? Mathi non sembrava affatto una persona ansiosa, cosa gli era successo?

Cercò di trovare qualcosa da dire, ma Mathi lo anticipò.

-Non volevo che mi vedessi così. Speravo che non te ne accorgessi- borbottò, un po’ a disagio, e a testa bassa.

-Mi dispiace se sono stato invadente- si scusò Denny, interpretando il commento come una specie di “non ci conosciamo abbastanza e non ti volevo tra i piedi”.

-No, no, mi hai salvato. Solo…- Mathi sembrava parecchio imbarazzato, ed evitò accuratamente di guardare nella direzione di Denny -...volevo risultare figo ai tuoi occhi. Non volevo che capissi che sono un casino- si abbracciò a disagio. Il suo volto era serio e pieno di rassegnazione, come se fosse convinto che Denny si sarebbe allontanato da lui dopo quello che era successo.

-Ma tu sei figo!- si affrettò a rassicurarlo Denny, arrossendo subito dopo per quanto fraintendibile un commento del genere potesse risultare -Cioè, sei un amico fantastico, e avere un attacco di ansia non ti rende meno fantastico, anzi… sei molto forte a sopportare questo tipo di cose. Io ne so qualcosa- lo rassicurò, mettendogli una mano sulla spalla, per incoraggiarlo.

-Grazie, Dan. Non ho mai avuto un amico meraviglioso come te- gli sorrise Mathi, riconoscente.

Denny avvertì nuovamente quelle farfalle assassine nello stomaco, ma non era proprio il momento di dare loro importanza, e cercò di calmarle con la sola imposizione della mente.

-Dan, posso chiederti un ulteriore favore?- Mathi attirò nuovamente l’attenzione dell’amico, e mise a bada le farfalle per un po’.

-Certo, qualsiasi cosa- 

-Potresti non chiedermi il motivo di quello che è successo? E non parlarne più?- sussurrò Mathi, a disagio.

-Certo, va bene- si affrettò ad annuire Denny.

Era davvero curioso, doveva ammetterlo, ma non avrebbe mai forzato una persona conosciuta da poco a rivelargli i motivi della sua ansia. Dopotutto sapeva quanto era difficile aprirsi.

-Sarà meglio sbrigarci a mangiare, abbiamo ancora un sacco di cose da fare- Mathi cercò di recuperare la sua solita tranquillità, e Denny provò a fare altrettanto.

-Sì, c’è un secondo stand di videogiochi dove vendono giochi introvabili o molto vecchi. Forse riesco a trovare Investigations di Miles Edgeworth!- chissà se aveva abbastanza soldi. Aveva preso tutti i suoi risparmi nella speranza di comprare qualcosa di fantastico, ma non erano poi molti. E di certo non avrebbe chiesto a nessuno di prestargli qualcosa. Inconsciamente portò la mano in tasca, dove teneva il portafogli, e gli venne un colpo al cuore quando non lo trovò.

-A proposito, tieni- come se avesse avvertito la sua ansia, Mathi gli porse il portafogli perduto prima che fosse Denny ad avere un attacco di panico, e il ragazzo lo prese confuso.

-Mi hai rubato il portafogli?- chiese, confuso e anche leggermente seccato.

-No, ti era caduto durante il selfie- spiegò Mathi, grattandosi leggermente dietro il collo mentre con l’altra mano prendeva l’hot dog (ormai cold dog) che non aveva ancora mangiato.

-Oh, grazie, mi stava per venire un infarto- Denny controllò che ci fosse tutto (non perché non si fidasse di Mathi, ma perché era una sua mania) e lo rimise in tasca, decisamente sollevato.

Finirono i rispettivi pasti, e quando si alzarono per continuare l’esplorazione, lasciarono indietro ogni residuo di ciò che era appena accaduto.

Era il loro grande giorno, niente avrebbe potuto rovinarlo!

 

-C’è qualcosa che non mi quadra- commentò Petra, una volta che furono entrate alla “Fiera di New Malfair”.

-Ma che dici, è fantastica!- Amabelle non capiva cosa intendesse.

La fiera sembrava davvero incredibile e davvero divertente.

Era piena di animali da cortile, bancarelle di frutta, fiori e artigianato, e c’era uno stand enorme adibito per giocare a bingo.

Certo, gli ospiti erano quasi tutti anziani, avevano fatto pochissima fila e non avevano pagato il biglietto, senza contare che non c’era nessuno travestito, ma… aspetta.

-Okay, forse capisco che intendi- ammise, guardandosi meglio intorno e notando che lo spazio era molto poco, così come la gente, e non si vedevano i loro amici da nessuna parte.

-Mi scusi, questa è la Fiera di New Malfair, giusto?- Petra si rivolse a un addetto della sicurezza che probabilmente non aveva meno di settant’anni, e le guardò con un sorriso sdentato, e le mani dietro la schiena.

-Certo, signorine. Questa è LA Fiera, con la F maiuscola, ma immagino che due vispe giovincelle come voi stiano cercando la New Malfair Comic & Games, giusto?- indovinò, in tono gioviale.

-Oh…- Amabelle si rese conto di aver completamente sbagliato, e lanciò a Petra un’occhiata di scuse, cercando di tirar fuori gli occhi da cucciolo che le riuscivano meglio.

Petra si limitò a sospirare, senza dare a vedere alcuna emozione, e continuò a parlare al simpatico tipo della sicurezza.

-Effettivamente sì. Potrebbe darci le indicazioni per l’altra fiera?- chiese gentilmente.

-Mi piacerebbe, giovanotte, ma le fiere moderne che fanno da quelle parti non mi entusiasmano affatto, temo davvero di non sapere come arrivarci. Ma, visto che siete tanto garbate, vi consiglio di chiedere alla signora Lucie. Quella donna ne sa una più del diavolo. Potete trovarla allo stand del bingo- consigliò il vecchietto, incoraggiante.

-Grazie mille, è stato davvero gentile. Tray, vieni, andiamo a cercare la signora Lucie- Amabelle prese l’amica per il polso e iniziò a trascinarla verso lo stand del bingo.

-Oppure potremmo cercare su internet. Guarda che non siamo davvero nel 1950, anche se lo stile della fiera è quello- suggerì Petra, molto tra sé.

-Suvvia, dov’è finito il tuo spirito di avventura?- chiese Amabelle, che, onestamente, avrebbe preferito restare lì tutto il giorno invece che andare a una semplice fiera di fumetti qualsiasi. Ma il lavoro era lavoro, quindi doveva limitarsi a guardare il più possibile nel poco tempo che poteva passare lì.

-È rimasto a casa, dove vorrei essere io in questo momento- rispose Petra, evitando accuratamente un asino che passava poco distante, con occhi terrorizzati.

-Che bell’asino! Oh, guarda, lì ci sono i conigli! Credi che a Mathi farebbe piacere se gliene comprassimo un’altro femmina per accoppiarlo con Bonnie?- Amabelle indicò una zona piena di coniglietti bianchi e adorabili.

-Non si chiamava Apollo?- chiese Petra, un po’ confusa.

-Quel coniglio ha tre nomi, lascia stare- Amabelle agitò la mano per surclassare la questione, e si fermò a guardare le bestiole, con occhi adoranti.

-Comunque penso di no, ha già difficoltà con un coniglio solo. Ritrovarsene poi un esercito sarebbe poco saggio e poco gentile nei confronti dei conigli- suggerì poi Petra, prendendo di peso l’amica e cercando di farla concentrare sul suo lavoro principale del giorno.

-Mi sa che hai ragione- ammise, facendosi trasportare -Oh, guarda che belli quei braccialetti!- si distrasse subito dopo.

Insomma, alla fine, nonostante il bingo fosse a due passi, ci misero almeno venti minuti ad arrivare, se non mezzora.

Chissà se la signora Lucie era ancora lì.

-Bingo! Ah ah!- fu la voce che le accolse, appartenente a una signora anziana ma molto ben tenuta, con una vigorosa permanente biondo platino, unghie laccate e vestiti molto colorati.

-Wow!- esclamò Amabelle, fissandola con enorme ammirazione.

-Lucie! È il terzo bingo di fila!- si lamentò la sua vicina al tavolo, una donna afroamericana cieca con un enorme e bellissimo cane al seguito, che indossava divinamente una giacca di pelle e un look molto punk.

Era il turno di Petra di essere estasiata, anche se non l’avrebbe mai ammesso.

Amabelle si affrettò a raggiungere il tavolo, mentre veniva elargito il premio (un sacchetto di caramelle al limone e zenzero) alla fortunata signora Lucie, e le sorrise caldamente.

-Lei è la signora Lucie, presumo- suppose, anche se ne aveva la totale certezza.

-In persona. Cosa ci fanno due giovani ragazze come voi alla Fiera di New Malfair?- chiese lei, intascando la vincita e guardando le due con cauta curiosità.

-Posso premettere che è favolosa?! Vorrei davvero essere come lei quando avrò sessant’anni!- si complimentò Amabelle, adocchiandola con occhi a cuore.

La signora Lucie ridacchiò.

-Oh oh oh, mi lusinghi signorina. È da quel dì che ho superato gli ottanta- fece notare, molto soddisfatta da sé.

-NOO!!- Amabelle era sconvolta -Non l’avrei mai detto, è così bella! Che prodotti usa? Dove fa shopping? E la sua parrucchiera deve essere davvero straordinaria!- Amabelle si sedette accanto alla signora e iniziò ad indagare sulla sua vita.

-Hai sentito, Gevvie? C’è ancora gioventù che apprezza la vera bellezza. Ah, vorrei che mia nipote fosse come te- Lucie, lusingata, tirò una pacca sulla spalla della vicina di posto, che sbuffò.

-Tsk, e poi dicono a me che sono cieca- commentò poi, scuotendo la testa.

-Shush- la zittì l’amica, fintamente offesa.

-Amabelle, non avevi una domanda urgente da fare?- intervenne Petra, ricordandole impedimenti piuttosto urgenti.

Dopotutto l’ora di pranzo era passata da un pezzo, e metà fiera era già volata via.

-Giusto, capperi! Signora Lucie, mi è stato riferito che lei sa un po’ tutto. Non è che potrebbe darci indicazione per il New Malfair Comic & Games?- chiese Amabelle, con una punta di rimpianto, tornando all’argomento principale.

-Oh, ora si spiega perché siate finite qui- commentò la signora Lucie, divertita e affatto sorpresa -Sapete, non siete le prime a venire da me. Il mio ex-marito cerca sempre di interrompermi il bingo indirizzando poveri ragazzi in costume nella mia direzione- Lucie alzò gli occhi al cielo e scosse la testa, con un sorrisino. Non sembrava molto seccata dall’interruzione, in realtà.

-Sentite, facciamo un accordo. Vi unite a noi per una partita di bingo e in cambio vi do le indicazioni, che ne dite?- propose poi, facendo ad Amabelle un occhiolino.

-Assolutamente sì! Sarebbe fantastico!- acconsentì immediatamente la ragazza, che cercava solo una scusa per giocare a bingo con un gruppo di vecchiette adorabili.

-Quanto entusiasmo! Ah, essere giovani- commentò Gevvie, alzandosi per andare a prendere altre caselle, accompagnata dal cane esagitato.

-Quanto si paga a cartella?- chiese Petra, più pratica, mettendo già mano al portafogli.

-No, lascia, pago io con i soldi di papà- si offrì immediatamente Amabelle, rubandole il malloppo.

-Quanto siete carine. Non si paga nulla. Siete libere di lasciare un’offerta, ma le attività ricreative della fiera sono completamente gratuite- spiegò Lucie, alzandosi a sua volta e facendo strada alle due ragazze verso le cartelle -Ma c’è un limite di tre cartelle a persona- aggiunse poi, pratica.

-Con sei cartelle vinceremo!- esclamò Amabelle, con grande convinzione.

Petra la tallonò e il gruppetto si mise in fila.

-A proposito, io sono Amabelle, e lei è la mia migliore amica Petra- Amabelle presentò lei e la compagna, rendendosi conto solo in quel momento di quanto fosse stata maleducata.

-Piacere- Petra fece un cortese gesto di saluto.

-Lucille, ma puoi chiamarmi Lucie, e la brontolona poco collaborativa lì davanti è la mia compagna Genevieve- rispose la signora, indicando poi la sua vicina di posto.

-Awwwwww- Amabelle si illuminò.

-Eccola che comincia- borbottò tra sé Petra.

-Siete una coppia dolcissima! Lo sapevo che sareste state bene insieme ma non volevo fare commenti al riguardo. Si vedeva dal modo in cui vi punzecchiavate- iniziò a commentare, eccitata come era sempre quando si imbatteva in una coppia che le piaceva e che per fortuna non doveva mettere insieme di persona.

La signora non sembrava per niente seccata, anzi, la guardò intenerita.

-Confermo che vorrei davvero che mia nipote fosse come te- sorrise -Peccato che abbia preso tutto a suo nonno- 

-Eppure il signore lì fuori sembrava un brav’uomo- rifletté Amabelle, pensierosa.

-Oh, lo è, eccome. Abbiamo mantenuto uno splendido rapporto. Ma è cocciuto e un po’ all’antica, come mia nipote- spiegò la signora Lucie, scuotendo la testa.

In quel momento arrivarono alle cartelle, e ne presero tre a testa, casualmente.

-Sono stupende. È geniale mettere il codice in braille- commentò Amabelle, ammirandole e controllando i propri numeri.

-Gevvie le ha “prese in prestito” dal centro per non vedenti. Una piccola vendetta per i commenti omofobi ricevuti dallo staff- confidò Lucie, con una luce molto da Amabelle negli occhi.

-Hardcore- commentò Petra, ammirata.

-Le riporteremo dopo la fiera- si affrettò a rassicurare Genevieve, con un sorrisino soddisfatto per la bravata.

La partita iniziò, e Amabelle e Lucie erano gasate e competitive, attente alle proprie cartelle più di chiunque altro.

Petra e Genevieve, al contrario, sembravano molto più interessate al cane ai loro piedi, e agli stuzzichini posizionati in mezzo ai tavoli.

-Cinquina!- esclamò dopo un po’ Lucie, soddisfatta.

Si levò un coro di voci insoddisfatte dagli altri anziani intenti a giocare, e un tipo si affrettò a portare verso il loro tavolo un giocattolo di peluche, che venne immediatamente regalato al cane, che iniziò a giocarci sbattendo la coda da una parte all’altra.

-Un momento, voi non siete troppo giovani per partecipare al bingo della Fiera?- chiese il tipo, squadrando confuso Petra e Amabelle, accorgendosi di loro solo in quel momento.

-Le due ragazzine sono con me, Chip- Lucie prese le loro difese, con tono di comando.

-Oh, capisco! Finalmente conosco tua nipote. Effettivamente ti somiglia- osservò Chip, squadrando Amabelle gioviale.

-Magari fosse mia nipote. Purtroppo è solo una ragazza che si è persa- Lucie sospirò, tristemente -Però, credo che l’adotterò- rifletté poi, pensierosa.

-Oh, sì, sarebbe fantastico!- esclamò Amabelle, battendo le mani.

Il gioco, che nel frattempo era ricominciato, fece uscire uno dei numeri di Amabelle, e Petra si affrettò a segnarglielo.

-Amabelle, ti ricordo che hai già una madre- disse poi all’amica, per non farle venire strane idee.

-Guarda che si possono avere due madri, non è mica sbagliato!- commentò però Amabelle, senza darsi per vinta.

-Questo è lo spirito! Oppure potrei adottare tua madre direttamente- le diede man forte Lucie.

-Sìì!- Amabelle batté di nuovo le mani, entusiasta, e per una straordinaria coincidenza, un nuovo numero della stessa cartella uscì.

Petra lo segnò.

-Amabelle, presta attenzione- cercò di cambiare argomento, indicando le cartelle. Aveva appena fatto cinquina, e le mancavano tre numeri al Bingo.

Anche Lucie era in una situazione molto simile.

-Giusto! Il primo premio è un orsetto di peluche, e voglio trovare una compagna per Ozzy- Amabelle tornò concentrata, e iniziò a fissare storto le sua cartelle cercando di far uscire i numeri che voleva lei.

-Hai ancora quello stupido orsetto di peluche?- chiese Petra, ricordando lo stupido premio che le aveva vinto mentre spiavano l’appuntamento di Mathi e Denny alla sala giochi.

-Certo, me lo hai regalato tu! È importante!- esclamò Amabelle ovvia, continuando a fissare le cartelle, che però non avevano molti sviluppi.

-Uh uh, Gevvie, la mia nipote onoraria ha più attenzione di te per i regali della sua anima gemella- Lucie prese in giro la compagna, che sbuffò.

-Se conservassi tutti i pupazzi che mi regali non entreremmo noi in casa- commentò.

-Non stiamo insieme!- esclamarono Amabelle e Petra, insieme.

Lucie le guardò sconvolta.

-Cosa? Siete sicure?- chiese, incredula, dopo qualche secondo di pausa dove venne estratto un suo numero e lei si affrettò a coprirlo senza neanche guardare la cartella.

-Certo che siamo sicure- annuì Petra senza sicurezza.

-Tray è la mia migliorissima amica!- le diede man forte Amabelle, abbracciandola con affetto e dando l’impressione completamente opposta a una semplice amica.

-Mmmmm- mugugnò Lucie, con sguardo furbetto.

-No!- la riprese immediatamente Genevieve, prendendole le mani che le si erano appena intrecciate e strecciandole con forza.

-Ehi!- si lamentò Lucie, facendo il muso.

-No!- insistette Genevieve, tenendole fermamente la mano.

-Sto soltanto pensando che…- provò ad obiettare la compagna.

-Sei in pensione!- le ricordò Genevieve.

Amabelle non sapeva di cosa stessero parlando, ma le uscì un numero, e gliene mancavano due per fare Bingo, quindi tornò a concentrarsi sulle sue cartelle.

-Va bene, ci concentriamo sul gioco. Comunque sembrate davvero affiatate, ragazze, mai pensato che…- Lucie si rivolse ad entrambe a bassa voce, cercando di non farsi sentire dalla compagna.

-Sono cieca, non sorda!- la riprese Genevieve.

Un altro numero venne estratto.

Sia Lucie che Amabelle lo coprirono nella cartella più fortunata.

-Ah, vado per uno!- dissero insieme, per poi guardarsi in cagnesco per un attimo.

I prossimi numero sarebbero stati decisivi per la vittoria di una delle due.

-Amabelle…- Petra, pensierosa, le mise una mano sulla spalla per attirare la sua attenzione.

-Scusa sono concentrata voglio vincere- Amabelle fissava la cartella con attenzione, quasi odio.

-Chiudi gli occhi…- le suggerì Petra, colta da un misterioso presentimento.

-Eh?- Amabelle alzò un attimo lo sguardo verso l’amica, sorpresa.

-Fidati di me- le sussurrò Petra, in tono confidenziale e parecchio sexy alle orecchie dell’amica, che si affrettò a chiudere gli occhi.

-Ora batti le mani, e sorridendo prova a dire “Vincerò”. Con convinzione- spiegò Petra.

-Vincerò- borbottò Amabelle, con ben poca convinzione.

-Con convinzione!- la incoraggiò Petra, decisa.

-Vincerò!- esclamò Amabelle, battendo le mani sorridendo.

-13- fu il numero estratto.

-Ah! Ho vinto!- esclamò Amabelle, coprendo l’ultimo numero.

-Accidenti- borbottò Lucie, senza troppo astio, in realtà.

-Sei sicura che non sia tua nipote?- chiese l’addetto ai premi, un po’ seccato.

-Oh, una compagna per Ozzy! La chiamerò Bezzy!- Amabelle abbracciò il premio appena preso come una bambina.

-Seriamente, sei sicura che non sia tua nipote?- chiese Genevieve, divertita dal teatrino.

-È stato davvero divertente. Petra, facciamo un altro giro?- chiese Amabelle all’amica, stringendo Bezzy.

-Quello che vuoi, ma non dovevamo andare a spiare Denny e Mathi?- chiese Petra, ricordandole il motivo per cui erano a New Malfair in primo luogo.

-Sei sicura di non essere mia nipote?- chiese molto tra sé la signora Lucie, divertita dal commento.

-Giusto! L’altra fiera- Amabelle sbuffò, un po’ delusa.

-Possiamo sempre restare qui se vuoi- propose Petra, che preferiva di gran lunga il bingo ai cosplay.

-No, no, dobbiamo andare. Signora Lucie, potresti dirci come raggiungere il New Malfair Comic & Games?- chiese Amabelle, con occhi da cucciolo.

-Certo, cara. Aspetta che te lo scrivo su un bigliettino- Lucie prese un foglio di carta, una matita, e iniziò a segnare le informazioni.

-Vuoi qualche altro stuzzichino, Petra? Mi è sembrato che ti piacessero- Genevieve, nel frattempo, offrì alla ragazza i salatini dietetici per anziani, senza sale, che erano rimasti.

-Oh, sì grazie- Petra ne prese un paio, e li mangiò in tutta fretta. Era davvero affamata.

-Posso prenderne un paio anche io, non abbiamo pranzato- Amabelle si sporse verso la ciotola, ma si immobilizzò immediatamente.

Perché al suo commento, l’intero stand si era fatto così silenzioso che si potevano sentire i battiti del cuore di ognuno.

-Non avete pranzato?- chiese Lucie, sollevando lentamente lo sguardo dal foglio, e fissandole con occhi che mandavano scintille.

-Eh… no- sussurrò Amabelle a voce bassissima, ma facendosi comunque sentire da tutti, anche quelli con vari apparecchi acustici, perché il silenzio era di tomba, e l’udito degli anziani parecchio selettivo, soprattutto se si parlava di cibo.

Alla conferma, tutti i giocatori presenti si alzarono e si avvicinarono verso le due ragazze, in una parodia horror che Petra segnò nella sua mente come “L’alba dei nonni viventi”.

E le due giovani amiche vennero rimpinzate di così tanto cibo, che per poco non soccombettero.

-Amo questa fiera- commentò Amabelle, godendosi ogni istante di quelle dolcissime attenzioni che non aveva mai potuto sperimentare, dato che i suoi nonni erano morti quando era molto piccola.

Si ripromise di andare all Fiera di New Malfair ogni anno, a partire dal prossimo.

 

Dall’altra parte della città, una ragazza si ripromise esattamente il contrario, ovvero di non partecipare mai più al New Malfair Comic & Games.

Insomma, Clover in realtà si stava divertendo, doveva ammetterlo, ma era certa che se non fosse stato per Juanita non si sarebbe divertita affatto, e dubitava che sarebbe mai tornata con lei e Diego, dato che sicuramente non sarebbero più stati fintamente insieme per allora.

Quindi no, non sarebbe mai più tornata al New Malfair Comic & Games.

…quindi sperava davvero di vincere la gara di cosplay, perché altrimenti non ci sarebbero state altre occasioni.

Certo, sapeva che fosse oltremodo impossibile, dato che c’era chi creava cosplay per lavoro, ma si era davvero impegnata con gli outift, e a differenza di quelli di Denny e Mathi, che aveva semplicemente comprato già fatti su internet, per Alice, il cappellaio e la Regina di cuori aveva studiato il design, abbinato personalmente gli accessori, e assunto una sarta per assicurarsi che l’effetto fosse quello che desiderava.

E, obiettivamente, erano tre bellissimi soggetti.

Okay che lo sarebbero stati anche con dei sacchi di iuta addosso, ma il punto era che, sebbene i cosplay non fossero identici a un’opera originale (che poi ce n’erano tantissime su Alice) erano comunque estremamente curati, e si capiva chi fossero i soggetti, anche se riadattati in modo leggermente steampunk con tracce di classico medioevo fantasy.

E, nella fila per esibirsi durante la gara, Clover credeva di essere quella con il vestito più bello.

-Questa fila è eterna!- si lamentò Juanita, stiracchiandosi.

-Lo so Juni, ma devi essere paziente. La vita è una lunga attesa costante- Diego alzò le spalle, giocherellando con il papillon che aveva al collo.

-Smettila con le frasi filosofeggianti. So che sei il cappellaio matto, ma inizi a darmi sui nervi!- lo riprese la sorella, irritata.

-Ah, i nervi. Sai che il sistema nervoso centrale…- Diego iniziò a dare una qualche curiosità che aveva imparato a lezione, ma Juanita non lo fece finire.

-Zitto!- esclamò con forza, tirandogli il pupazzo a forma di coniglio che si era portata appresso per rendere più credibile il travestimento. Clover aveva provato a chiedere a Mathi di prestargli Connie, per avere un vero coniglio (e perché Clover adorava Connie), ma il ragazzo era stato irremovibile.

L’impatto con il pupazzo fece cadere il cappello.

-Ehi, attenzione!- Clover si piegò per riprendere in mano il cappello, e lo sistemò sulla testa del suo finto ragazzo.

-Grazie, Clo- Diego le fece un occhiolino.

Clover lo fissò per qualche istante con l’espressione più sprezzante del suo ben vasto repertorio.

Poi iniziò a punzecchiarlo con il suo bastone a forma di cuore.

-Tagliategli la testa!- ordinò con enfasi verso Juanita, facendo ridacchiare ancora di più Diego, che si sistemò meglio il cappello e cercò di evitare il bastone.

-Sapevate che dopo un taglio netto della testa il malcapitato è ancora cosciente per qualche secondo?- chiese poi, mantenendo la sua linea da cappellaio matto.

-Sul serio?- chiese Juanita, interessata e disgustata insieme.

-Nah, è solo una leggenda. Ma sono un cappellaio matto, quindi… ehi, basta con quel coniglio!- Diego schivò un altro oggetto volante ben identificato, che colpì per sbaglio una ragazza in fila poco davanti a loro.

-Oh, scusami tanto!- Juanita si affrettò a raggiungerla per recuperare il peluche.

-Oh, non fa niente. Wow! Sei Alice, giusto? Del paese delle meraviglie?- chiese la ragazza, una castana vestita anche lei con abiti medievaleggianti con tracce steampunk, ma più come una guerriera piuttosto che come una protagonista di un romanzo per bambini.

-Esatto. Ho anche al seguito il cappellaio e la regina di cuori- Juanita indicò il fratello e la finta cognata, che avevano iniziato a discutere di qualcosa, e non badavano molto a lei.

-Wow, è un cosplay davvero lavorato. Vi auguro di vincere. Siete davvero tra i meglio vestiti- sorrise lei, restituendo il coniglio.

-Anche il tuo abito è interessante, anche se non colgo il riferimento- ammise Juanita, un po’ imbarazzata.

-Kat, dal libro Sanje, Soldato semplice della Guardia di difesa 5, sotto il comando di… dov’è il mio Drew?- la ragazza si guardò intorno, per poi fare un cenno a un tipo poco distante che confrontava la sua spada con quella di un energumeno vestito da troll. Dopo aver notato quella che con molta probabilità era la sua ragazza, a giudicare da come la guardava, si affrettò a raggiungerla

-Eccomi tesoro, che ti serve?- chiese il Drew, agitando la spada in un goffo e fin troppo esagerato tentativo di offrirle protezione.

Kat ridacchiò, e prese con grande rapidità la propria spada per deviarlo prima che colpisse lei.

-Niente, stavo chiacchierando con la mia nuova amica Alice, e mi stavo vantando del mio perfetto Drew… anche se la cicatrice è un po’ più a destra- la ragazza osservò bene il volto del Drew e prese una matita per tracciare meglio la cicatrice.

-Sembrate davvero esperti di cosplay- commentò Juanita, stupita.

-Beh, abbastanza. Di certo siamo grandi nerd, e creiamo ogni nostro costume da zero!- sorrise orgogliosa Kat.

-Un momento, un momento, un momento!- Clover, che nel frattempo li aveva raggiunti, insieme a Diego, interruppe la conversazione e fissò Kat dalla testa ai piedi, come se cercasse di ricordare dove l’avesse già vista.

-Ciao regina di cuori- la salutò Kat, un po’ a disagio.

-Katherine da Sanje! E lui è Drew!- indovinò poi Clover, soddisfatta per aver capito il riferimento.

-Sì, ma sai che sei la prima ad indovinare? È un libro praticamente sconosciuto- Kat sobbalzò e guardò Clover con occhi brillanti.

-Beh, mai concluso e finisce in un brutto cliffhanger, ma lo adoravo da piccola- ammise Clover, ricordando i tempi andati.

-Non esistono costumi ufficiali, è incredibile quanto sia realistico e fedele al libro il tuo cosplay- aggiunse poi, osservando la spada e l’armatura.

Kat arrossì leggermente.

-Beh, l’ho letto tante volte, conosco ogni dettaglio- si sminuì, rigirandosi nervosamente l’anello tra le dita.

Clover sentiva che c’era qualcosa che non andava, ma decise di non indagare.

-Beh, stupendo- si limitò a complimentarsi, leggermente gelosa. Quei due erano degni avversari.

-Anche i vostri abiti. Vi andrebbe di fare una foto?- chiese Kat, un po’ imbarazzata.

-Certo- 

Fecero un selfie, e continuarono a chiacchierare per un po’, includendo anche Diego e il Drew.

La fila continuava a scorrere.

-Wow! Alice, il cappellaio e la regina di cuori?!- una voce fuori dalla fila, ma molto vicina al quintetto, attirò l’attenzione di Clover.

Apparteneva ad una ragazzina del liceo vestita con un mantello e un cappello a cilindro azzurri. Clover riconobbe vagamente il vestito come uno dei possibili cosplay che Denny aveva in mente per Mathi. Trudy? Trucy? Lucy? Non ricordava proprio il nome.

-Sì, progettati e riadattati dalla qui presente regina dei cuori- rispose Juanita, indicando Clover e facendole un piccolo applauso.

-Sembrano abiti davvero costosi. Ci avete messo un grandissimo impegno!- si complimentò la maga dal nome confuso, con un grande sorriso.

Clover si mise sull’attenti, e la squadrò attenta.

-Già, sono venuti una bella cifra, ma ne valeva la pena. Anche se è stato un brutto colpo per il portafogli già abbastanza povero- mentì, lisciando il vestito.

La maga assunse un’espressione scettica, e un po’ delusa.

Ah, beccata!

-Scherzi, vero? Sei la ragazza più ricca della…- la confusione di Diego venne prontamente zittita da una bastonata in testa da parte di Clover.

-Zitto, cerco di essere umile- borbottò, cercando di non rendere palese che fosse per prudenza di quella che sembrava davvero una ladruncola da fiera.

-Beh, ricca o no, bel vestito. Buona fortuna a tutti con la gara- sorrise la maga, prima di ritirarsi in tutta fretta.

Clover la guardò andare via tenendola prontamente d’occhio, e scosse la testa tra sé.

Non si sarebbe data pena se le avesse fregato il portafogli, ma non voleva rischiare che derubasse Diego o Juanita. Loro, dopotutto, non avevano molto da farsi rubare, ed era meglio che conservassero il poco che avevano.

-Oh, tocca a noi. Ci vediamo più tardi, ragazzi!- Kat e Drew vennero chiamati, e salutarono il trio prima di salire sul palco.

-Peccato che da qui non si veda molto, la ragazza sembra davvero brava con la spada- Diego iniziò ad osservare la performance, interessato, e Juanita lo seguì a ruota.

Clover rimase in disparte, continuando ad osservare per sicurezza la ragazza con il mantello, che non aveva ancora lasciato l’area.

La faccenda si fece ancora più interessante quando vide un tizio vestito identico a Mathi che l’approcciò alle spalle, e la incoraggiò a seguirlo.

C’era un bel po’ di gente tra Clover e i due ragazzi, quindi la ragazza si piegò leggermente per trovare uno spazio da dove osservare meglio la scena. E avrebbe volentieri lasciato per un attimo perdere la fila per indagare sulla questione, ma venne distratta da un commento alle sue spalle.

-Siano lodate le gonne corte- sentì infatti dire, in tono enfatico e indecentemente alto.

Si raddrizzò, senza però girarsi.

-Ow, troppo bello per durare- commentò la stessa voce.

Clover si irrigidì.

-Fa piano, amico, o ti sentirà- sentì una seconda voce alle sue spalle.

-E allora. Regina di cuori, hai un fondoschiena da favola- la importunò il primo tizio, alzando la voce.

Clover si girò lentamente, con sguardo assassino, e individuò i responsabili dei commenti sgradevoli. Due grossi tizi vestiti come personaggi di un qualche sparatutto che Clover chiaramente non conosceva.

-Wo, l’espressione da “tagliatele la testa” c’è tutta. Tranquilla, bambola, era solo un complimento- il primo tipo le fece un occhiolino, e Clover lo squadrò, per niente impressionata.

Si limitò a scuotere la testa e tornare verso il suo finto ragazzo e la sua finta cognata. Erano solo due imbecilli. Riceveva sempre commenti di questo genere. Ormai si era abituata.

-Cafona, neanche un saluto- borbottò il primo, irritato.

-Clover, eccoti, eri sparita! Tra poco tocca a noi!- la raggiunse Juanita, saltellando allegra con il coniglio tra le braccia.

-Dobbiamo calarci nella parte. Hai una tazza di tè- arrivò anche Diego, assumendo un’espressione di grande spessore filosofico.

-Purtroppo no, ma tranquillo. La tua faccia è abbastanza da farti sembrare il più pazzo del mondo- lo prese in giro Clover.

-Non vedo l’ora di riunirmi al resto del gruppo. Almeno davanti a loro fingi di essere gentile, con me- si lamentò Diego, alzando gli occhi al cielo.

-Hai centrato il punto: “fingo”. Non è meglio una fastidiosa realtà piuttosto che una piacevole bugia?- lo continuò a prendere in giro Clover.

-Eccellente argomento filosofico- ammise Diego, ridacchiando.

-Guarda lì, il nuovo live action Disney su Alice- commentò il tipo di prima, palesemente rivolgendosi a loro.

Juanita e Diego guardarono nella loro direzione, confusi.

Clover si limitò a scuotere la testa.

-Ignorateli, sono due imbecilli- consigliò ai compagni di cosplay.

-Dopo la sirenetta nera, ecco arrivare l’Alice sudamericana. Ma dico io, se vogliono fare un cosplay, che lo facciano della propria razza- continuò il tipo, attirando l’attenzione di Clover, che si girò di scatto.

Eh, no, questo no!

-Scusa, hai qualche problema?- chiese, avvicinandosi a grandi passi verso il tipo irrispettoso.

-Oh, ho finalmente attirato la tua attenzione, bambolina?- il tipo ammiccò, senza notare la furia che Clover emanava in quel momento, o forse semplicemente sottovalutandola.

-Hai qualche problema con il fatto che la mia amica sia sudamericana e voglia interpretare Alice?- specificò Clover, come se stesse parlando ad un idiota.

Cosa che effettivamente stava accadendo.

-Beh, dico solo che Alice è caucasica e bionda. Quindi sì, ho problemi. Dovrebbe fare, che ne so, qualcosa della sua razza. Basta con il politically correct- spiegò il tipo, usando lo stesso tono.

-Dai, smettila, amico. Lasciali fare- cercò di fermarlo l’altro, avvertendo probabilmente il pericolo.

-Hey, Clover, non fa niente, lascialo perdere- si intromise anche Diego, preoccupato.

Ma entrambi vennero bellamente ignorati.

-Strano, mi sembrava che apprezzassi parecchio il mio fondoschiena, eppure sono coreana, non dovrei interpretare la regina di cuori- commentò Clover, provocatrice.

-Beh, effettivamente saresti meglio come Mulan…- rifletté il tipo, squadrandola.

-…che è cinese- lo corresse Juanita, offesa.

-…ma hai un bel faccino, quindi dai, te la faccio passare- il tipo provò a dare a Clover qualche pacca sulla testa, ma la ragazza lo schivò con prontezza di riflessi.

-Vorrei davvero ribattere, ma capisco che è inutile. Quindi ti avverto, se fai un altro commento del genere nei confronti della mia amica, te ne pentirai amaramente- lo minacciò Clover, con occhi che mandavano scintille.

A differenza di Petra, lei non aveva problemi a perdere subito le staffe davanti agli intolleranti.

-Ti arrendi perché sai che ho ragione. Su, torna a prepararti con i tuoi amici negretti. Ma non sperate di vincere con un cosplay così inaccurato e orrendo- continuò a prenderla in giro lui, ignorando completamente quanto effettivamente pericolosa fosse Clover, e superando il limite.

-Diego, tienimi il bastone- Clover porse il bastone al finto fidanzato, che la guardò preoccupato.

-Clover, che vuoi fare?- chiese, cercando di fermarla, ma riscontrando una grande resistenza nella ragazza.

-L’ho avvertito- si giustificò la ragazza, avvicinandoglisi.

-Oh no, che vuoi farmi? Tagliarmi la tes…?- la provocazione del tipo venne interrotta quando Clover, con tutta la calma del mondo, gli tirò un potente gancio destro in pieno volto, facendogli perdere l’equilibrio e quasi cadere a terra.

-Ma sei scema?!- urlò, fuori di sé, prendendosi il volto incriccato.

-Ti ho avvertito, mi sembra- la ragazza alzò le spalle.

-Ti ammazzo, figlia di…!- la minaccia del tizio, accompagnata da un pugno di rimando indirizzato sul volto di Clover, venne zittita quando quest’ultima schivò con prontezza, si girò, gli prese il braccio ancora sollevato e lo fece volare in avanti e sbattere la schiena sul pavimento.

-E questa era legittima difesa- si giustificò, diretta verso Diego e Juanita. Il primo a bocca aperta, scandalizzato. La seconda a occhi sgranati, ammirata.

-Brutta, piccola, figlia, di…- il tipo, a terra, iniziò a sparare insulti a voce sempre più bassa. Era davvero dolorante, ma si muoveva bene, quindi era ovvio che non avesse riscontrato danni pesanti alla schiena.

-Sei incredibile!- esclamò Juanita, facendo un’applauso alla finta cognata.

-Sei incredibile…- Diego, invece, scosse la testa, deluso, e restituì alla finta fidanzata lo scettro, prima di avvicinarsi al tipo, per controllare che stesse bene.

Per fortuna, o purtroppo, dipende dai punti di vista, era in perfetta salute, avrebbe avuto qualche livido per qualche giorno e dolori vari, ma niente di irreparabile. Tutto superficiale.

-Signorina…- una guardia di sicurezza si avvicinò a Clover, con aria grave.

-È il nostro turno?- chiese Clover, senza neanche guardarla e fissando con malevolo divertimento il tipo a terra.

-No, deve venire con me- l’agente le prese il braccio, e le fece cenno di seguirlo -Anche i tuoi accompagnatori- indicò poi Diego e Juanita.

-È per il tipo razzista?- chiese Clover, incredula.

-Le aggressioni non sono tollerate alla fiera- si limitò ad accusarla l’agente.

-Ma ha cominciato lui!- si indignò Clover, stringendo i pugni.

-Non mi interessa, è stata lei a cominciare l’aggressione, quindi mi segua immediatamente!- insistette lui, in tono che non ammetteva repliche.

Clover sbuffò, e lo seguì.

Seguì circa un’ora di interrogatorio, il pagamento di una piccola multa, e infine Clover, Diego e Juanita vennero buttati fuori dalla fiera per il resto del giorno, e decisero di aspettare Denny e Mathi seduti sul marciapiede.

-La violenza non risolve nulla- commentava Diego, deluso e irritato dalla situazione.

-Davvero? Non ti avevo sentito le altre tredici volte in cui l’hai detto- lo prese in giro Clover, irritata ancora di più.

-Beh, è vero! Dimmi cosa ci hai guadagnato? Ora noi siamo qui e loro sono lì e chissà, magari per pietà gli faranno anche vincere la gara- sbuffò Diego.

-Diego, lasciala in pace! Voleva solo difenderci, sii almeno un po’ riconoscente- lo riprese Juanita, che non sapeva bene che parti prendere ma al momento propendeva più per quelle di Clover.

-È solo un idiota, chi se ne frega di quello che dice. Sono solo parole- Diego alzò gli occhi al cielo, sbuffando sonoramente.

-Le parole sono importanti- obiettò Clover, a denti stretti -Se usate male, possono lasciare un’impronta indelebile nell’animo delle persone. Molti dei peggiori traumi capitano per colpa delle parole, e la gente deve stare attenta a come le usa- continuò poi, alzando la testa e fissando Diego dritto negli occhi.

-Ora quel tipo ci penserà due volte prima di provocare una persona per il suo sesso o il colore della sua pelle. Quindi non mi scuserò per avergli dato una lezione, perché alcune persone non capiscono alcun linguaggio se non questo- Clover alzò un pugno in aria. Diego doveva ammettere che aveva la sua logica, ma non aveva intenzione di darle soddisfazioni.

Si limitò a distogliere lo sguardo e scuotere di nuovo la testa.

-E poi da una soddisfazione immensa- commentò Clover, alzando le spalle.

-Sei perfida, ti adoro!- ridacchiò Juanita. Clover le fece un occhiolino.

-Ragazzi, non mi aspettavo di trovarvi già fuori- commentò una voce alle loro spalle.

Clover la riconobbe immediatamente come la voce di Denny.

-Ci hanno cacciato- spiegò, alzando le spalle.

-Cosa?!- esclamò il ragazzo in tono acuto.

-Vi spieghiamo in macchina. A voi come è andata la giornata?- chiese Diego, cambiando argomento e alzandosi in piedi.

-Alla grande- sorrise Mathi, giocherellando con la parrucca.

Stava mentendo spudoratamente.

-Nessun incidente?- indagò Clover.

-No, nessuno- mentì nuovamente Mathi.

-Non vi hanno rubato nulla spero. C’era una tizia che girava e mi sembrava chiaramente una ladruncola- continuò ad indagare Clover.

Mathi si irrigidì.

-Non era una ladruncola!- esclamò, all’improvviso serio e quasi irritato con Clover, che si ritirò leggermente.

-Cioè…- il ragazzo tentò di recuperarsi e tornare rilassato -…noi non abbiamo incontrato nessuna ladruncola, abbiamo ancora tutto quello che ci siamo portati- li rassicurò.

-E anche di più. Ho trovato un gioco introvabile di Ace Attorney, e un paio di magliette in offerta di Danganronpa e Friends. E infine c’era una bellissima spilla di Sherlock che ho vinto alla escape room!- Denny iniziò ad elencare i suoi acquisti.

Di tutti e cinque, sembrava l’unico davvero felice di essere stato lì.

Era così puro nel suo entusiasmo, che persino Clover non riuscì a non sorridere intenerita.

Certo che quel ragazzo era davvero adorabile.

-E voi invece? A parte la fine, vi siete divertiti?- chiese poi Denny, curioso.

-Beh, tralasciando che ci sono ladri, razzisti, maschilisti e chissà che altro, e arrestano una tizia che si difende…. no. Direi di no. La odio, questa stupida fiera- commentò, prima di alzarsi a sua volta e iniziare ad avviarsi in macchina.

 

-Ho adorato quella stupenda fiera! Dovremo assolutamente tornarci!- stava commentando Amabelle per l’ennesima volta, mentre lei e Petra finalmente raggiungevano New Malfair Comic & Games. Petra l’ascoltava distrattamente, mangiando nel frattempo un panino burro d’arachidi e marmellata preparatole accuratamente da Genevieve. Aveva una borsa piena di cibo, dato che gli anziani della fiera avevano insistito per sfamare loro e i loro amici.

Solo che, al momento, gli amici non si vedevano da nessuna parte.

Anzi, erano davvero poche le persone rimaste all’entrata e, da quel che Petra poteva osservare, anche all’interno.

Amabelle armeggiò un po’ in borsa e prese il telefono, mentre Petra si avvicinava all’ingresso per leggere il manifesto della fiera.

-Allora…- Amabelle la raggiunse dopo qualche secondo, un po’ rossa in volto, e fissando il telefono.

Petra la guardò, aspettandosi ulteriori brutte notizie.

-Vuoi sentire prima la notizia buona o quella cattiva?- chiese la rossa, sollevando le dita per indicare le due opzioni.

-Una cattiva notizia è che la fiera chiude tra meno di mezzora- la anticipò Petra, mostrandole il manifesto.

-Ah- Amabelle lo osservò per qualche secondo.

-Ci sono due notizie cattive e una buona, allora- si corresse, imbarazzata.

-Dimmi quella che preferisci dire prima- sospirò Petra, preparandosi al peggio.

-Beh, la buona notizia è che questa è la fiera giusta!- esclamò Amabelle, soddisfatta.

-Lo sapevo già questo- le fece notare Petra, ma l’amica la ignorò e passò alla notizia successiva.

-La cattiva notizia è che i nostri amici sono andati già via- mostrò una foto che Clover aveva inviato sul gruppo della Corona Crew: un selfie nell’auto di Diego.

-Non è una notizia sconvolgente- Petra alzò le spalle, e finì il panino -Torniamo a casa o affittiamo una stanza in un motel?- chiese, scettica sulla loro capacità di tornare a casa prima del giorno successivo.

-Oh, giusto! C’è una seconda buona notizia! Non dobbiamo più comprare i biglietti per la fiera quindi posso offrirti il taxi!- si esaltò Amabelle, soddisfatta per la pensata.

-E non potevamo prenderlo prima un taxi?!- osservò Petra, che aveva anche provato a proporlo ma era stata ignorata. Pensava fosse perché Amabelle ne aveva paura o altro, e invece adesso sembrava completamente tranquilla.

-Ma poi non sarebbe stata un’avventura!- esclamò la ragazza, battendo le mani allegramente.

-Guarda, finché non sei triste per aver sprecato la giornata, mi va bene- Petra alzò le spalle, piuttosto sorpresa, doveva ammetterlo, dall’allegria ingiustificata della migliore amica.

-Sprecato la giornata? Stai scherzando?- chiese Amabelle, guardandola incredula.

-Beh, non sei riuscita a stalkerare nessuno- le fece notare Petra, indicando l’ingresso della fiera e il telefono.

-Sì, è vero, ma non mi interessa. Sono stata davvero bene oggi- anche Amabelle sembrava stupita, mentre lo diceva, ma sorrideva sincera, e sembrava illuminare tutto ciò che la circondava.

-Oh…- Petra era senza parole, non se lo aspettava proprio.

-Tu ti sei divertita?- chiese quindi Amabelle, avvicinandosi a lei mentre chiamava un taxi, un po’ preoccupata.

Petra non ci aveva pensato a dire il vero. Era così impegnata a prepararsi psicologicamente alla delusione di Amabelle, che quasi non si era goduta la giornata, ma doveva ammettere che, effettivamente, si era divertita parecchio.

-Sì. La Fiera di New Malfair è stata forte- ammise, ripensando al bingo e agli anziani gentili.

Avevano anche fatto un giro tra le bancarelle, e Petra aveva comprato un gioco per Fallon. 

-Infatti! Oh, a proposito…- Amabelle armeggiò di nuovo nella borsa, e tirò fuori l’orso di peluche che aveva vinto al bingo -…tieni- lo porse verso l’amica, con un grande sorriso.

Petra lo prese con cautela, come fosse una bomba.

-Perché mi stai dando Bezzy?- chiese, confusa.

-Un regalo! Tu mi hai vinto Ozzy, e io ti ho vinto Bezzy! È anche un ringraziamento per avermi accompagnata. È stata la giornata più bella che ho vissuto da qualche mese a questa parte. Mi hai fatto dimenticare tutto ciò che mi turbava in questi ultimi tempi, e mi fa davvero piacere passare del tempo con te- spiegò Amabelle, prendendo la mano libera di Petra tra le proprie, e guardandola negli occhi con affetto.

L’interlocutrice era completamente congelata sul posto, in procinto di implodere per i troppi sentimenti che provava in quel momento.

-Eh… è reciproco- riuscì a dire in qualche modo, più rossa di un peperone.

Il sorriso di Amabelle si allargò, e abbracciò di scatto Petra, dandole poi un bacio sulla guancia.

Stava diventando un’abitudine.

E Petra era in conflitto tra apprezzare questa nuova abitudine e sperare che smettesse perché i suoi organi interni erano sulle montagne russe.

-Oh, ecco il taxi! Andiamo, Tray!- Amabelle notò la macchina gialla, e staccò l’abbraccio. Prese poi il polso dell’amica e iniziò a trascinarla verso il loro passaggio, saltellando allegra.

Petra si fece trasportare, incapace di muoversi di propria iniziativa.

Quella ragazza sarebbe stata la sua morte, ne era certa.

Ma almeno sarebbe stata una morte dolce.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Eh, lo so, sono in ritardo. Ma ho tutte le scusanti del mondo, giuro! 

Mercoledì è stato il mio compleanno, intanto. Poi ci sono state parecchie distrazioni di tipo ambientale, tra caldo infernale, temporali e incendi (tutto bene, niente mi ha colpito direttamente).

Poi martedì prossimo ho un esame e sono indietro, quindi sto scrivendo giusto la sera prima di andare a dormire, per rilassarmi un po’, ma scrivere attacchi di panico, come potete immaginare, non è proprio la cosa più rilassante del mondo, quindi diciamo che me la sono presa un po’ comoda, scusate ^^’

E in generale questo capitolo era bello tosto da scrivere.

Capitolo di grandi polemiche, non vi sembra?

In realtà l’unica che avevo progettato era lo sfogo anti-razzista di Clover verso i due tizi, ma poi è uscito fuori da solo anche quello di Petra e Amabelle. Probabilmente perché proprio il giorno in cui ho scritto il POV ho letto un post al riguardo e mi ha ispirato, non so. Spero di non essere risultata troppo di parte. 

Passando al capitolo punto per punto (ovvero, coppia per coppia)…

Chissà cosa ha causato la reazione esagerata di Mathi.

Qualcosa deve averlo sconvolto davvero tanto.

Si accettano (e si chiedono) teorie al riguardo, ma qualche risposta la riceverete nel missing moment che pubblicherò (si spera) giovedì al posto del solito update nella raccolta a parte.

Scusate, ma in tre giorni un altro capitolo intero non riesco proprio a scriverlo, soprattutto con tutto lo studio che devo fare.

Passando ad Amabelle e Petra… sono state le più divertenti da scrivere, soprattutto la parte con Lucille e Genevieve, personaggi creati a casissimo mentre scrivevo la scena e che ho adorato alla follia. Qualcuno crei una sitcom su di loro! 

…sono io la ideatrice quindi la sitcom la dovrei creare io… vabbè, lasciamo stare ahahah.

Ho già abbastanza da fare con la storia principale.

Clover e Diego sono normali, niente novità esagerate, tranne che Clover è una badass pazzesca, e Diego un pacifista. Sicuramente si parlerà ancora dell’avvenimento.

Kat e Drew di Sanje sono personaggi di una storia che un giorno scriverò sicuramente.

E questo è tutto.

Il prossimo capitolo non sarà pieno come questo, ma ci sarà un punto di svolta molto importante per una delle coppie.

Volevo ringraziare tutti quelli che leggono questa storia. Mi sono resa conto solo adesso di quanto stia effettivamente uscendo lunga, e se avete letto così tanto significa che vi interessa davvero, e ne sono davvero felice.

Spero che continuerà a piacervi.

Ora vado, prima che l’angolo autrice esca più lungo della recensione. Devo studiare estetica!!

Un bacione e alla prossima :-*

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Max invita Manny a casa sua, Felix continua con i suoi appuntamenti al buio

 

 

 

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Capitolo 19
*** Utili imprevisti ***


Utili imprevisti

 

Giovedì 2 Maggio 

Manny era positivamente certo che tutti gli studenti del corso di Storia dell’arte greca e romana avrebbero passato l’esame con trenta e lode.

Era altrettanto sicuro che lui sarebbe stato l’unica eccezione.

E il motivo di entrambe le constatazioni era seduto accanto al professore, intento ad assisterlo mentre spiegava le slides e che al momento stava scrivendo degli appunti sulla lezione che sicuramente avrebbe poi passato a tutti gli studenti.

Max Sleefing era davvero il ragazzo più incredibile, onesto, giusto, simpatico e alla mano che Manny avesse mai conosciuto, non c’era dubbio al riguardo.

Quindi passava la maggior parte della lezione a fissarlo da lontano cercando di carpire ogni singolo dettaglio, incapace di guardare altrove.

Si sentiva un po’ uno stalker, a dire il vero, ma era molto più forte di lui.

E per fortuna era abbastanza invisibile perché nessuno notasse il suo “stalking”.

O almeno, così era stato fino a quel giorno.

-Oh, terra chiama. Pensavo fossi qui per studiare, non per fare gli occhi dolci al professore- una voce alla sua sinistra lo fece sobbalzare, e arrossire di scatto. Apparteneva ad una giovane donna molto in forma che andava sui trenta, e fissava Manny con un sorrisino malizioso e divertito.

-Non sto facendo gli occhi dolci al professore!- si affrettò a negare, un po’ disgustato all’idea. 

-Già, quel castano carino è l’assistente, del professore. Ma è la stessa cosa. Non stai prendendo appunti- gli fece notare la donna, sbirciando oltre la sua spalla il foglio bianco del quaderno, con solo qualche cuore e una bella dose di disegnini romantici.

-Neanche tu prendi appunti, mi pare- Manny rigirò la frittata, sottovoce, ritirando il quaderno.

-Ma io non sono qui per studiare- la donna gli fece un occhiolino.

Manny sbuffò, cercando di concentrarsi sulle parole del professore e ignorare del tutto la questione.

-Dai, ti capisco. Quel tipo è davvero carino- commentò la donna, come a trovare un punto di appoggio.

Manny cercò di non lanciarle un’occhiataccia, e si limitò a un debole -Gerda!- di avvertimento.

La donna ridacchiò tra sé.

E Manny, dopo qualche minuto di totale attenzione verso i vari tipi di colonne, fu nuovamente distratto dalla presenza di Max, che aveva deciso proprio in quel momento di starnutire ed essere adorabile.

E prima che Gerda potesse fargli nuovamente notare che non prendeva più appunti, fu salvato dalla pausa.

Subito gli alunni iniziarono ad alzarsi per uscire a fumare una sigaretta o prendere un caffè.

Manny non fu tra loro. Osservò i minimi appunti presi e iniziò a studiare il libro.

Gerda, accanto a lui, si stiracchiò un po’.

-Non capisco come queste cose ti interessino tanto- commentò, sbadigliando sonoramente.

-L’arte è interessante- si lamentò Manny.

-Anche se forse l’artista ti piace di più, eh- lo punzecchiò Gerda, letteralmente.

Manny non riuscì a trattenersi dall’arrossire ulteriormente.

-Se la lezione ti annoia tanto puoi sempre aspettarmi fuori o andare a prendere un caffè e ti raggiungo quando è finita- provò a proporle, sperando di togliersela dai piedi il tempo di fissare ancora per un’ora e mezza la perfezione di Max Sleefing in pace, senza interferenze.

-Nah, ti tengo compagnia. E poi quello che osservi è davvero interessante- commentò, spostando lo sguardo verso Max, che stava parlando con alcuni studenti e sorrideva caldamente.

Manny questa volta le lanciò davvero un’occhiataccia, non riuscendo a trattenersi.

-Scherzo, non è proprio il mio tipo. Lo sai che mi piacciono quelli selvaggi. Quel tipo sembra uno spaventato dalle ragazze forti- commentò Gerda, squadrandolo.

-Au contraire, la sua migliore amica è la ragazza più tosta del mondo- obiettò Manny, iniziando a scaldarsi.

-Figo, peccato che sono etero altrimenti gli chiederei di darmi il suo nu… aspetta un momento!- il successivo commento divertito di Gerda venne interrotto quando la donna si rese del tutto conto di cosa Manny le aveva appena detto -Tu conosci i suoi amici?!- chiese, incredula.

Manny seppellì il volto tra le mani, pentendosi immediatamente di quello che aveva detto.

-Da quanto va avanti questa storia?! Tuo padre lo sa? E Bas…- Gerda iniziò ad indagare, preoccupata e all’improvviso mortalmente seria.

-Non c’è nessuna storia- si affrettò a negare Manny, guardandosi intorno per controllare che nessuno avesse sentito nulla -Siamo solo usciti a prendere un caffè per una situazione di università, e abbiamo parlato, tutto qui- spiegò, sperando davvero di non essere arrossito.

Gerda lo guardò per qualche secondo cercando di smascherare eventuali bugie, ma Manny non aveva mentito. Erano davvero andati solo a prendere un caffè, anche se, come dire, era successo già quattro volte.

-Va bene- Gerda infine alzò le mani, arrendendosi -Lo sai che per me puoi fare quello che vuoi, solo… fa attenzione. E non voglio che tu soffra, okay?- aggiunse infine, per chiudere l’argomento.

-Tranquilla, ho tutto sotto controllo- la rassicurò Manny, anche se non ne era per niente sicuro.

Cercò di tornare con il volto sul libro, ma venne irrimediabilmente attratto da Max, che aveva iniziato a distribuire dei moduli per i banchi, e si stava avvicinando a loro.

I loro sguardi si incrociarono.

Il cuore di Manny fece una capriola.

Poi Max sorrise, e Manny era sul punto di morire, ne era certo.

Perché aveva un sorriso così bello?! Era legale?!

-Ciao Manny- lo salutò, porgendogli il foglio.

-Ciao Max- rispose lui, prendendolo e non trattenendo uno dei suoi sorrisi più brillanti.

-Salve, non mi dia il foglio- si intromise Gerda, rifiutando il modulo che Max era in procinto di darle.

Manny cercò di ricomporsi.

-È un foglio di approfondimento per i frequentanti- spiegò Max, sorpreso.

-Sì, ma io non sono, come dire, una studentessa- spiegò la ragazza, a bassa voce, per non farsi sentire dal professore.

-Oh, davvero? Ho visto tanti studenti che non frequentano ma non ho mai incontrato dei frequentanti non studenti- ridacchiò Max, divertito dalla faccenda e per niente intenzionato a cacciarla fuori dalla classe

-Ad essere onesta l’arte non mi piace. Ma voglio passare più tempo possibile con il mio carissimo amico Manfred- spiegò Gerda, attaccando bottone.

-Posso capirlo- borbottò Max, lanciando a Manny un’occhiata che lo fece quasi sciogliere -Anche tu di New York?- chiese poi, non molto convinto, dato che Gerda aveva un accento particolare, ma non sembrava affatto quello della Grande Mela.

-No, è di New Orleans- spiegò Manny, prendendo le redini della conversazione -Siamo amici di penna, è un caso che ci siamo ritrovati entrambi qui a Harriswood. Lei deve lavorare, è venuta qui un paio di giorni fa. E io studio, e quindi… eccoci qui- spiegò, mettendo una mano attorno alle spalle di Gerda.

-Che fortuna incredibile. Che lavoro fai?- chiese Max, interessandosi alla conversazione.

-Babysitter- rispose Gerda, senza esitazioni, lanciando un’occhiata indecifrabile verso Manny, che rimase impassibile, ma avrebbe tanto voluto roteare gli occhi.

-Deve essere davvero un bel lavoro. Era la mia prima ipotesi come lavoro part-time, ma non ci riuscivo con i tempi, quindi ho dovuto ripiegare a cameriere- raccontò Max, perdendosi lo scambio invisibile tra i due.

-Cameriere? Figo. Dove? Così ci facciamo un salto, magari- Gerda, amichevole, gli fece un occhiolino complice. Iniziava a piacergli quel tipo.

Non in modo romantico, ma sembrava uno a posto, e Gerda era molto amichevole.

-Al Corona, ma so che a Manny non piace molto…- Max lanciò un’occhiata di scuse verso Manny, che però era troppo occupato a fissare il libro per coglierla.

Anche Gerda le lanciò un’occhiata, anche se ben diversa, di una persona che ha appena capito tutto della vita.

-Ah, al Corona. Beh, sì, Manny non lo vedrai sicuro, ma credo che ci incontreremo spesso. Conosco una cameriera, lì- spiegò Gerda, ritornando su Max.

-Ottimo, peccato che Manny non possa venire, ma…- il continuo di Max venne interrotto dal professore, che lo richiamò all’ordine.

Arrossendo appena, Max si affrettò a ricominciare il lavoro di consegna.

-È stato un piacere, ragazzi. Manny, ci… sentiamo… sul gruppo- accennò un sorriso, e Manny alzò la testa dal libro per ricambiare.

Quando fu fuori dalla portata d’orecchio, Gerda si mise a fissare Manny, aspettandosi una qualche spiegazione che il ragazzo non aveva la minima intenzione di darle.

-Che c’è?- chiese però dopo qualche minuto, cercando di distogliere lo sguardo che iniziava a metterlo davvero a disagio.

-Cameriere al Corona? Quel cameriere del Corona?- chiese lei, incredula.

Manny sospirò.

-Ti prego, non giudicarmi- la supplicò, nervoso.

-Non voglio giudicarti- Gerda mise le mani avanti -…ma cerca di non lasciarti trascinare, okay?- gli consigliò, mettendogli una mano sulla spalla, in modo confortante.

Manny annuì.

-Ho tutto sotto controllo- ripetè, ostentando sicurezza.

Un messaggio al telefono, poco prima che la lezione ricominciasse, gli fece ritirare mentalmente l’affermazione.

Max :3

Hey, questo weekend ti andrebbe di andare a visitare uno dei giardini?

Anche con la tua amica, se vuole.

Volevo chiedertelo di persona ma non sapevo come 

 

Manny si ritrovò a sorridere intenerito dal messaggio, e subito dopo il suo sorriso si congelò.

No, non aveva per niente la situazione sotto controllo.

“Certo! Mi farebbe davvero tanto piacere!!” rispose, pur sapendo che avrebbe dovuto rifiutare.

Ma era davvero più forte di lui.

 

Sabato 4 Maggio

Max voleva davvero tanto arrabbiarsi.

Per una volta voleva alzare di un tono la voce e lamentarsi a gran voce della situazione alla quale era stato costretto.

Ma non lo fece.

Come sempre, strinse i denti e ingoiò il groppo in gola, ripetendosi che sarebbe stato davvero egoista da parte sua arrabbiarsi per questa situazione, anche se sicuramente Clover gli avrebbe detto che non solo era lecito che lo facesse, ma quasi obbligato.

Perché aspettava con trepidazione quel sabato, aveva fatto tutti i piani per rendere l’uscita/appuntamento/nonsisapevacosa perfetto, ed era costretto a cambiare i suoi programmi per un imprevisto.

Un imprevisto che non aveva nulla a che fare con lui.

Eppure eccolo lì, osservare sistematicamente l’orologio ogni cinque secondi mentre batteva impaziente il piede e si chiedeva se non fosse meglio avvertire immediatamente Manny e non rimandare l’inevitabile. E sperando, con tutto il cuore, che il pacco con il fertilizzante urgente che suo padre aveva ordinato ma non poteva aspettare, arrivasse entro i prossimi cinque minuti, così da liberarlo dall’imposizione di restare tutto il pomeriggio a casa ad aspettare la consegna.

Purtroppo era l’unico che potesse farlo, dato che suo padre era stato chiamato con urgenza per un lavoro decisamente ben pagato e Denny… beh, era ad un semplice gruppo di studio, ma era raro che uscisse con altre persone, quindi Max si era caricato la responsabilità di aspettare.

Anche se se ne pentiva non poco.

Come gli era venuto in mente?!

Tra dieci minuti sarebbe arrivato Manny, e Max avrebbe dovuto spiegargli la cosa e disdire e… non voleva sembrare inaffidabile! E soprattutto non voleva disdire.

Già era stato difficile trovare il coraggio di invitarlo. E poi voleva tanto uscire con lui.

Quando sentì il suono del campanello, il suo ottimismo sembrò per un attimo ritornare.

Corse in tutta fretta verso la porta, sperando con ogni fibra del suo corpo che fosse il corriere.

Purtroppo non era il corriere.

-Manny- lo accolse deluso, sospirando rassegnato.

Il ragazzo, che si era presentato con uno dei più grandi sorrisi che Max gli avesse visto in volto, si rabbuiò con grande rapidità, e guardò l’orologio che portava al polso.

-Sono troppo in anticipo? Mi dispiace! Posso farmi un giro per il quartiere- fece un passo indietro, arrossendo leggermente.

-No, no! Scusa, non volevo usare quel tono, solo…- Max sospirò, e aprì la porta come a spronarlo ad entrare, anche se avrebbe dovuto fare tutt’altro.

Manny rimase fermo sul posto, e piegò la testa confuso.

-C’è stato un piccolo inconveniente. Mio padre aspetta un pacco, molto urgente, gli serve domani. E io sono l’unico in casa. Devo necessariamente aspettare il corriere. Mi dispiace, avrei dovuto scriverti subito, ma speravo davvero che arrivasse prima del nostro appuntamento- Max seppellì il volto tra le mani, imbarazzato.

Fu un bene, perché si perse un’espressione intenerita decisamente adorabile, che lo avrebbe solo imbarazzato ulteriormente.

-Va bene- lo rassicurò invece Manny, mettendogli una mano sulla spalla, e avvicinandosi.

Max non aveva comunque il coraggio di guardarlo negli occhi.

-Dimmi un giorno e recuperiamo. Non sono così inaffidabile di solito, te lo posso giurare. Solo… Manny?- le sue scuse con tentativi di riorganizzare l’uscita vennero interrotte quando Max si rese conto che il ragazzo aveva approfittato dell’apertura della porta ed era entrato in casa, e si guardava intorno mentre si toglieva lentamente la giacca.

-Che c’è? Aspetta, vuoi che me ne vada?- chiese Manny, affrettandosi a rimettere la giacca imbarazzato.

-No! Pensavo che fossi tu a volertene andare- ammise Max, bloccando la porta per evitare che uscisse, e sbloccandola immediatamente nel rendersi conto che poteva sembrare un gesto da rapitore.

-No, pensavo di aspettare con te. Deve essere terribilmente noioso aspettare un pacco da solo. Almeno chiacchieriamo un po’- gli sorrise Manny, togliendosi nuovamente la giacca lentamente.

-Mi farebbe davvero piacere, ma non sentirti obbligato- ammise Max, un po’ a disagio ma anche molto felice dalla proposta.

-Sciocchezze, fa piacere anche a me. La tua casa è piccola- commentò Manny, tenendo in mano la giacca e guardandosi intorno.

-Già- Max sospirò con rassegnazione.

-Cioè, non in senso negativo! È confortevole, molto accogliente!- si affrettò a specificare Manny, facendo arrossire il padrone di casa.

-Fin troppo. Era pensata per una persona, massimo due, e invece viviamo in tre- spiegò Max, prendendo la giacca di Manny e sistemandola nell’appendiabiti all’ingresso.

-Però la televisione è davvero enorme- commentò Manny, osservando lo schermo piatto dell’ingresso.

Max ridacchiò.

-Un gentilissimo regalo di Clover, la mia migliore amica. Non regalo per me personalmente, ma un mix di regali: mio, di mio padre, e di mio fratello. Tutti e tre insieme- raccontò Max sedendosi sul divano e facendo cenno a Manny di fare altrettanto. Lui eseguì.

-Davvero generosa- commentò il ragazzo, ammirato.

-Sì, è una delle persone più altruiste che conosca. Anche se ha un doppio fine, dato che la serata film è sempre organizzata da me- spiegò Max, divertito.

-Serata film?- indagò Manny, interessato.

-Ogni venerdì sera ci incontriamo qui per vedere un film, con alcuni membri del mio gruppo di amici, anche se di solito siamo in quattro- rispose Max, cercando di non dare troppi dettagli.

Non che volesse tenere nascosto qualcosa, ma aveva imparato ad essere molto attento quando parlava di Clover con persone che gli piacevano. Era capitato più di una volta che qualcuno lo lasciasse perché geloso di Clover. Ma lei era solo un’amica!

Aveva già rischiato parlandone prima, non poteva continuare a parlare di lei.

-Wow, che avete visto ieri?- chiese Manny, per fare conversazione.

-Toy Story 4 e Chiamami con il tuo nome. Mio fratello ha pianto come un bambino a entrambi i film- racconto Max, ripensando con un sogghigno alla serata.

-Adoro Chiamami con il tuo nome! Ammetto di non aver visto Toy Story 4 ma scommetto che è commovente anch’esso- commentò Manny, pensieroso.

-Macché, è un’offesa. Danny mi ha tenuto due ore, prima di andare a dormire, in una sfuriata assurda su come abbiano buttato all’aria il franchise. Quando fa così capisco perché vuole diventare un avvocato- confessò Max, in tono confidenziale.

-Deve essere un tipo davvero guidato dalle emozioni. E si vede che gli vuoi un gran bene- Manny era intenerito.

-Molto. Siamo cresciuti davvero uniti. Tu sei figlio unico, giusto?- Max si ricordava che lo avevano accennato, ma non era del tutto sicuro.

-Sì, nessun fratello o sorella. Qualche cugino, qui e lì, ma non vedo mai praticamente nessuno- Manny alzò le spalle.

Tra un argomento e l’altro, passò almeno un’ora prima che un suono piuttosto rumoroso attirasse l’attenzione dei due ragazzi.

E purtroppo non era quello del campanello.

Ma lo stomaco di Manny.

-Oh cielo, che imbarazzo! Scusa! Solo che non ho pranzato- si giustificò Manny, diventando rosso come un pomodoro.

Max si alzò di scatto, mentre il suo istinto di aiuto e protezione si faceva sentire.

-Non hai pranzato?! Perché non me lo hai detto subito?! Hai qualche allergia particolare? Cibi che non ti piacciono? Vuoi dolce o salato? Preferenze particolari?- iniziò a chiedere, in tono professionale, dirigendosi verso la cucina e prendendo nel frattempo un grembiule poggiato sul tavolo.

Dopo qualche secondo di shock, Manny si alzò di scatto e si affrettò a corrergli dietro.

-Non preoccuparti, Max. Ho mangiato dei crackers, non ho poi così tanta fame!- cercò di scoraggiarlo, imbarazzato.

-Sciocchezze. Allora?- Max stava osservando il contenuto del frigo, e alzò la testa per incoraggiare Manny a rispondere alle sue domande.

-Mangio praticamente tutto, e non ho allergie. Una cosa semplice può andare bene- capendo che non poteva scoraggiarlo, Manny tentò almeno di limitargli il lavoro, ma Max gli lanciò un’occhiata scettica.

-Vuoi veramente qualcosa di semplice o lo dici solo per farmi lavorare meno?- chiese, colpendo in pieno.

Manny evitò il suo sguardo.

-Va bene, mi andrebbe qualcosa di dolce, ma davvero fa quello che vuoi- ammise infine, con grande sforzo.

-Che ne dici di pancakes alla cannella con salsa al caramello?- chiese Max, con un occhiolino.

Gli occhi di Manny si illuminarono.

-Esistono?- chiese, incredulo.

-Li ho inventati dopo la nostra uscita, durante i miei esperimenti di cucina domenicali. Sono ancora in fase embrionale, ma dovrebbero essere buoni. Ti va di sperimentare?- lo incoraggiò Max.

Manny annuì con vigore. 

-Ti vorrei aiutare, ma l’ultima volta che ho tentato di cucinare qualcosa la pasta era scotta e il ragù gelido, quindi se vuoi posso pulire quello che userai e passarti gli ingredienti come ad un tavolo operatorio- si propose Manny, un po’ incerto.

-Ho un compito molto importante per te, in effetti- Max gli si avvicinò con aria seria, e gli mise le mani sulle spalle, come pronto a fargli un discorso motivazionale.

Manny pendeva dalle sue labbra.

-Rilassati, riposati e avvertimi se senti il suono del campanello- il commento di Max, però, stemperò la poca tensione creatasi dal momento di serietà.

Manny lo spinse giocosamente indietro.

-Guarda che non sono del tutto inutile. Vivere lontano da casa mi ha insegnato a pulire davvero bene i piatti- si vantò, ostentando sicurezza e fingendo di tirare indietro finti capelli lunghi che non possedeva.

-Non lo metto in dubbio, ma sei mio ospite, e mi stai già facendo un favore enorme, quindi non preoccuparti- Max insistette, indicandogli una sedia in un angolo, e sospirando, Manny si sedette, arrendendosi all’eccessiva generosità del ragazzo.

Si muoveva in cucina come uno chef professionista. Manny non era fan dei programmi di cucina, ma iniziava a capire perché piacessero tanto. Era davvero interessante da osservare. O forse era semplicemente interessante osservare Max, a prescindere da cosa facesse.

-Sei davvero esperto ai fornelli- osservò Manny, per fare conversazione.

-Beh, ho imparato presto- si sminuì Max -Istinto di sopravvivenza-

-In che senso?-

Max esitò un po’ prima di rispondere.

-Eh… mio padre non sa cucinare, e dopo tre anni di pasti precotti, carne in scatola e cibi da asporto non ce la facevo proprio più- spiegò, senza guardare l’amico, ma iniziando a riscaldare la padella per cuocere i pancakes.

Non era poi un argomento particolarmente allegro, quindi Max sperava davvero di cambiarlo il prima possibile.

-Beh, complimenti, perché l’odore dei pancakes è davvero buono!- come se avesse sentito i suoi pensieri, Manny ci concentrò sul presente.

-Grazie, spero davvero ti piacciano- osservò Max, soddisfatto, e mettendo su un piatto i primi prodotti.

-Tutto ciò che comprende cannella e caramello mi piace, stanne certo- Manny si era fisicamente sporto verso il piatto, con l’acquolina in bocca.

-La salsa al caramello è in frigo. Puoi prenderla e iniziare a servirti, se vuoi- lo incoraggiò Max, indicando il frigo.

-Oh, no, ti aspetto. Sarà dura, ma preferisco di gran lunga mangiare con te- sorrise Manny, senza però staccare gli occhi dai pancakes.

Max ridacchiò, e non insistette.

Quando ormai mancava davvero poco alla fine, e Manny era quasi caduto dalla sedia nel suo sporgersi verso il cibo, il suono della porta che si apriva attirò l’attenzione dei due ragazzi, che si girarono verso l’ingresso, preoccupati.

-O il corriere ha le chiavi, o stanno entrando dei ladri in casa- borbottò Max, preoccupato, prendendo con circospezione una padella e facendo cenno a Manny di restare seduto.

Raggiunse con circospezione l’ingresso, tenendo la padella ben salda, ma tirò un sospiro di sollievo quando si rese conto che non c’era alcun pericolo.

-Denny, che ci fai qui?- chiese notando il fratello, accompagnato da Mathi e Norman, con zaini carichi di libri ed espressione seccata.

Denny si limitò a sbuffare, buttando lo zaino in un angolo.

-Gruppo di studio peggiore di sempre- borbottò, irritato.

-Una massa di aceofobi che non facevano che prendersela con Norman per il suo orientamento sessuale- gli diede man forte Mathi, scuotendo la testa incredulo.

-Io volevo semplicemente ignorarli…- commentò Norman, segretamente soddisfatto dal supporto dei due amici.

-No! Queste cose non si ignorano! Abbiamo sollevato un polverone!- Mathi si massaggiò il pugno.

-In maniera pacata e pacifica- si affrettò a specificare Denny, con volto tutt’altro che pacato o pacifico.

-…e ci hanno cacciato dalla biblioteca scolastica- concluse poi Norman, alzando le spalle.

-E perché siete venuti qui? Insomma, mi fa piacere, ma non era più comodo il dormitorio o il Corona?- chiese Max, sorpreso, abbassando del tutto la padella.

-È quello che ho suggerito io- ammise Norman, confuso quanto lui.

-Ma qui abbiamo più spazio…- provò ad obiettare Denny.

Non era affatto vero. Lo spazio era davvero limitato lì.

-E comunque tu hai un appuntamento, alle cinque, giusto? Se il pacco non è ancora arrivato posso darti il cambio e tu puoi andare all’appuntamento- aggiunse poi Denny, soddisfatto da sé, e lanciando al fratello maggiore un’occhiata incoraggiante.

Max fu colto da un’ondata di gratitudine, e consapevolezza. Denny aveva spinto tutti a venire lì solo per dargli la possibilità di uscire.

Certo, aveva sbagliato orario perché l’appuntamento era alle tre, non le cinque, ma era davvero gentile da parte sua.

-Oh, Denny, non dovevi, grazie per…- interruppe la gratitudine quando si ricordò, in un flash, che aveva lasciato Manny in cucina, e con dei pancakes sul fornello acceso che doveva assolutamente girare prima che si bruciassero.

-Aspetta un secondo!- disse al fratello, correndo verso la cucina ma venendo anticipato da Manny, che uscì tenendosi la mano.

-Ho tolto i pancakes rimasti, ma mi sono inavvertitamente bruciato la mano. Hai del ghiaccio?- chiese, timidamente -Oh, salve- salutò poi i tre nuovi venuti -Che fortuna che non siete ladri- 

-Mi dispiace tantissimo! Vieni, ho una crema per bruciature. Per il momento mettiamo la mano sotto l’acqua gelida!- Max, ignorando completamente i tra ragazzi alle sue spalle, si affrettò a soccorrere Manny, sentendosi un po’ in colpa.

-Denny, potresti aiutare Manny mentre prendo la crema?- chiese poi al fratello, supplicante.

-Certo!- Denny era così poco abituato che il fratello gli chiedesse qualcosa che scattò in prima linea, dimenticandosi per un attimo della sua ansia sociale davanti ad estranei.

-Non preoccupatevi, è una semplice ustione di secondo grado. Non datevi pena- provò a minimizzare Manny, anche se il volto contratto dal dolore raccontava un’altra storia.

-Vieni, puoi tenere la mano sotto l’acqua- Denny accompagnò il ragazzo di nuovo in cucina, seguito da Mathi. Norman decise di offrire la sua assistenza a Max.

Mentre attendevano, Denny osservò con attenzione Manny, fissando in particolar modo i suoi capelli, o per meglio dire, la cima della sua testa.

Mathi faceva passare lo sguardo tra i due.

-Cosa c’è?- chiese quindi Manny, dopo qualche secondo, intimorito.

-Eh? Niente!- Denny distolse lo sguardo, arrossendo appena.

-Siete alti uguali!- spiegò Mathi, dando voce ai suoi pensieri.

-Oh…- Manny non se n’era proprio accorto, ma in effetti avevano la stessa altezza. Nè un centimetro in più né uno in meno -Forte- commentò poi, leggermente divertito dalla coincidenza.

-Già, non ho mai conosciuto un ragazzo basso quanto me- ammise Denny, con un sorrisino, che però scomparve subito a favore di un grande imbarazzo -Cioè, non che tu sia basso, insomma, non sto cercando di…- iniziò a giustificarsi.

-Tranquillo, lo so. È bello non essere l’unico “tappetto”- Manny lo interruppe, facendogli un occhiolino complice, e rassicurandolo.

-Sono Denny, comunque, Daniel. Il fratello di Max- si presentò poi il ragazzo, porgendo la mano ma poi ritirandola nel rendersi conto che in quelle condizioni il ragazzo non poteva stringergliela.

-Piacere. Io sono Manfred, puoi chiamarmi Manny, un amico di Max.

-Manny e Denny, alti uguali. Sicuri di non essere gemelli separati alla nascita?- osservò Mathi, ridacchiando.

-Spero di no- borbottò tra sé Manny.

-Giusto, non sarebbe una buona idea essere imparentato con Max, giusto?- Mathi gli fece un occhiolino, che lo fece arrossire.

-No! Cioè, uh…- 

-Io sono Mathias, e puoi chiamarmi Mathi- rendendosi conto dell’imbarazzo, Mathi si presentò.

-Piacere, Mathi- Manny accolse il cambio di argomento con grande piacere.

-Hai un volto conosciuto… ci siamo visti da qualche parte?- chiese poi il giapponese, squadrando Manny con curiosità.

-Forse in giro per l’università. Sto sempre lì in giro- suggerì Manny, evitando il suo sguardo.

-Sì, probabile. O dalle parti del Corona- rifletté Mathi.

-Non vado al Corona- negò Manny, con forse troppa enfasi.

-Perché? È davvero un bel bar ed è vicino all’università- indagò Denny, facendo pubblicità.

-Sì, lo so, ma…- Manny non sapeva bene cosa inventarsi, ma fu salvato dall’intervento di Max, che arrivò trafelato in cucina con una crema per ustioni, bende e materiale per fissarle, seguito da un preoccupato Norman che portava un’intera borsa di primo soccorso.

-Posso vedere la mano?- chiese a Manny, scansando Denny e Mathi, che si fecero da parte.

-Certo, ma non è niente di grave- Manny non sembrava abituato ad avere tante attenzioni.

-Per fortuna non si sono create vesciche, ma l’area è estesa. Dimmi se ti faccio male- ignorando il ragazzo, Max iniziò ad applicare la pomata per ustioni con grande delicatezza e attenzione, massaggiandogli delicatamente l’area.

Manny lo guardò, rapito dalla sua concentrazione.

I tre ragazzi rimasti in disparte decisero di uscire dalla stanza per non disturbare i due piccioncini, con qualche saluto e commento che non venne neanche ascoltato.

-Ora applicherò la garza- dopo la pomata, Max prese le bende ed illustrò il progetto, per tenere Manny al corrente.

Il ragazzo si limitò ad annuire, senza perdere di vista Max neanche per un secondo.

Ad operazione finita, finalmente anche Max alzò lo sguardo, trovandosi a pochi centimetri dal volto di Manny, talmente vicino che il suo respiro stava appannando leggermente gli occhiali del giovane.

Si affrettò ad allontanarsi, diventando così rosso in volto che si sarebbe detto che dei due era lui quello ustionato.

-Mi dispiace per ciò che è successo. Vuoi un antidolorifico per il dolore?- chiese Max, sistemando gli avanzi e tirando fuori una bustina.

-No, sto benissimo. Ma ammetto di avere un po’ fame- ammise Manny, distogliendo a sua volta lo sguardo di Max e concentrandolo sui pancakes ancora fumanti sul piatto.

-Oh, giusto! Mi ero quasi dimenticato. Se vuoi possiamo mangiare e poi uscire. Ora che c’è Denny non dobbiamo più aspettare il corriere, e magari possiamo andare al giardino- propose Max, prendendo la crema al caramello in frigo e due piatti.

-Sembra un bel piano- annuì Manny, anche se non con molta convinzione.

-Ma…?- lo incoraggiò Max, capendo il sottotesto.

-No, nessun ma, solo…- Manny era combattuto se dire o no ciò che gli passava per la testa, ma notando il volto curioso del ragazzo davanti a lui, optò per la sincerità.

-Stavo pensando… non è che potresti mostrarmi il tuo giardino. L’ho notato dalla finestra, e sembra bellissimo- ammise, giocherellando con una ciocca di capelli.

-Certo!- si affrettò ad acconsentire Max, che non si aspettava una richiesta così semplice. 

Diamine, avrebbe dovuto pensarci lui stesso. Non gli aveva fatto neanche fare un giro della casa.

-Possiamo fare un picnic sul prato- propose quindi, prendendo una tovaglia e riflettendo su cos’altro portare fuori.

-Permettimi di aiutarti- si offrì Manny, e in poco tempo erano fuori, dall’uscita posteriore, con un cestino in mano con tutto il necessario.

-Non è bello come il giardino dove volevo portarti, ma mio padre ci ha lavorato davvero molto- esordì Max, addentrandosi sul retro.

Il giardino di casa Sleefing era più grande della parte interna, ed era curato nei minimi dettagli, pur mantenendo l’aura naturale che ogni giardino, nel parere del signore e della signora Sleefing, doveva avere.

-Wow, è bellissimo. Mi fa venire voglia di togliermi le scarpe e immergermi letteralmente nella natura- commentò Manny, fissando a bocca aperta ogni angolo.

-Fai pure, è molto sicuro. Io e Danny lo facevamo sempre, da piccoli- lo incoraggiò Max, andando in un posto tranquillo e stendendo la tovaglia.

-Sul serio?- chiese Manny, insicuro.

-Certo, anzi, la trovo proprio una buona idea. Il tempo è stupendo- Max fu il primo a togliere le scarpe, e incoraggiò Manny a fare altrettanto.

Con una punta di incredulità, ma perlopiù una forte eccitazione, Manny rimase a piedi nudi sull’erba, e sembrava decisamente in pace con il mondo.

-Non ho mai avuto la possibilità di camminare scalzo per un giardino- ammise, godendosi la sensazione del contatto con la natura.

-Sono felice di averti fatto sperimentare una sensazione nuova, allora. Su, siediti, prima che i pancakes si raffreddino- Max, con un grande sorriso, fece cenno a Manny di raggiungerlo sulla tovaglia.

Manny eseguì, e iniziò a servirsi.

Finì tre pancakes così in fretta che Max aveva fatto appena in tempo ad arrivare a metà del primo.

-Piano, non scappano- ridacchiò quest’ultimo, felice che la sua cucina stesse riscuotendo un così grande successo.

-Sono i pancakes più buoni che io abbia mai mangiato in tutta la mia vita. Posso assumerti come cuoco personale?- chiese Manny, con la bocca piena e ben poca grazia.

Max ridacchiò un po’ imbarazzato e allo stesso tempo lusingato.

-No, sono serio. Qual è la tua parcella?- Manny assunse un’espressione serissima, e fissò Max negli occhi, prendendogli la mano.

Il cuore di Max perse un battito.

-Nessuna, per te è gratis- sussurrò, preso in contropiede dalla proposta e sparando la prima cosa che gli venne in mente.

-Max, seriamente, come è possibile che tu sia single?!- Manny scosse la testa, e si ritirò, quasi offeso.

Max non capì il procedimento che lo aveva portato a formulare quel pensiero, ma arrossì comunque.

-Oh, beh, il tempo, sai. Non ho tempo, intendo. E poi non ho ancora trovato… cioè… non so come…- indeciso se confessarsi o no, Max evitò il suo sguardo, e prese un grosso boccone per guadagnare un po’ di tempo.

Ma prima che potesse trovare il coraggio di continuare a parlare, magari rigirando la domanda, o scegliere la via del coniglio e cambiando bruscamente argomento, Manny gli saltò praticamente addosso, urlando: 

-Vespa!- e stringendosi a lui in cerca di protezione.

Il primo istinto di Max fu quello di scambiare le posizioni in modo da essere il soggetto a rischio (Manny si era già bruciato, non poteva permettere che venisse anche punto da una vespa), e dopo aver messo Manny al sicuro sotto di lui, prese un tovagliolo di carta e lo agitò per scoraggiare la grossa vespa curiosa che li aveva avvicinati.

Capendo l’antifona, questa si allontanò in fretta, e Max, tirando un sospiro di sollievo, si voltò nuovamente verso Manny, per chiedergli se stesse bene.

Ma le parole gli morirono in gola.

Il ragazzo sotto di lui lo fissava ad occhi sgranati, e a pochissimi centimetri di distanza, come se fosse la cosa più bella che avesse mai visto.

Max non se n’era accorto, ma gli era praticamente addosso, e i loro corpi quasi si toccavano.

Si guardarono negli occhi per qualche secondo, perdendosi nei rispettivi sguardi come naufraghi in un oceano sconfinato, se affondare fosse stato così piacevole. E prima che Max potesse processare quello che stava accadendo, prima che potesse allontanarsi e scusarsi, prima che tornasse ad essere il ragazzo rispettoso che era sempre stato, Manny prese le redini della situazione.

Inconsapevole egli stesso di cosa stesse facendo, decise di farsi guidare dall’istinto. 

Prese il lembo della giacca di Max e lo tirò a sé, eliminando i pochi centimetri di distanza che separavano le loro labbra.

Fu un bacio di pochi istanti, così leggero e breve che Max temette di averlo immaginato, e quando Manny lo allontanò, a malapena si era reso conto che fosse avvenuto.

-Mi dispiace tanto…- sussurrò Manny, arrossendo e sentendosi in colpa.

Max non lo sentì nemmeno, perché gli tornò vicino e lo baciò di nuovo.

Di solito quando baciava qualcuno per la prima volta chiedeva sempre il permesso, ma al momento la sua mente era come in blackout.

Era pronto ad allontanarsi se avesse sentito che Manny non ricambiava, ma non ebbe bisogno di farlo, perché Manny gli cinse il collo e si sporse verso di lui, approfondendo il bacio, che questa volta durò abbastanza da lasciare entrambi senza fiato.

Quando si separarono, con il cuore che batteva furiosamente nel petto e il fiato corto, la mente che piano piano si riavviava ed elaborava quello che era appena successo, era il turno di Max di scusarsi.

-Mi…- ma non riuscì neanche ad esordire, che Manny gli mise una mano sulla bocca, per impedirgli di parlare, con delicatezza ma ammutolendolo completamente.

Se fosse stato fisicamente possibile, Max sarebbe diventato ancora più rosso di quanto già non fosse, ma era probabile che tutto il sangue che circolava nel suo corpo al momento fosse concentrato nella zona delle sue guance.

-Mi è piaciuto molto, non scusarti- sussurrò Manny, rosso quanto lui, ma con un enorme sorriso e occhi brillanti che ricordavano due lucide acquamarine.

-Anche a me- ammise Max, con voce leggermente tremante, sollevandosi un po’ per non schiacciarlo.

Lentamente, si misero seduti, cercando entrambi di trovare qualcosa da dire.

-Max…- alla fine fu Manny a parlare per primo, senza guardare Max e in tono indecifrabile, che però sembrava portato maggiormente verso una brutta notizia.

Per qualche motivo, a Max tornò in mente Sonja. Il tono, dopotutto, sembrava esattamente lo stesso di quando la ragazza lo aveva rifiutato, due mesi prima.

Non riuscì a trattenere un sospiro, e un’espressione afflitta, mentre si preparava al peggio.

Manny gli lanciò un’occhiata discreta, e si interruppe, incerto.

Le speranze di Max si infransero maggiormente.

Se esitava così, sicuramente non era niente di buono.

-Non temere, dì quello che devi dire- provò ad incoraggiare il ragazzo, accennando un sorriso che gli uscì fin troppo triste. 

Nei pochi secondi che passarono dalla sua affermazione alla successiva frase di Manny, Max elaborò decine di situazioni possibili, dal semplice “non credo che potremmo stare insieme in questo momento” al complesso e decisamente assurdo “in realtà sono una creatura sovrannaturale che si nutre delle anime altrui quindi adesso mi nutrirò della tua anima e morirai” passando per un altrettanto improbabile “in realtà sono un principe e non posso intrattenere relazioni omosessuali con plebe” e un piuttosto plausibile “sono già fidanzato anche io, pensa che sfiga, eh, due cotte di fila sono già fidanzate”.

Ma di tutte le frasi possibili, Manny disse l’unica che Max non si sarebbe mai aspettato: 

-Vuoi essere il mio ragazzo?- chiese infatti, incerto e intimidito.

-C_cosa?- Max sobbalzò, sorpreso.

Un momento, quella domanda avrebbe dovuto farla lui.

-Lo so che è poco convenzionale, ma possiamo tenere la relazione segreta fino all’esame, o mantenerci in rapporti amichevoli, o posso anche rinunciare all’esame e farlo ad un prossimo appello, quando tu non sei più l’assistente del professore. Oppure, se non vuoi stare con me per altri motivi va benissimo! Cioè, non che vada benissimo, ma di certo non ti forzerei mai a stare con…- Manny iniziò a straparlare sudando freddo, mentre Max elaborava esattamente cosa stesse succedendo.

Manny non lo aveva rifiutato.

Anzi, gli aveva appena chiesto di mettersi con lui. Segretamente, certo, perché in effetti era poco consono vista la situazione, ma era molto più di quanto Max avrebbe mai potuto sperare.

-Sì!- esclamò, prendendo le mani di Manny, e sentendosi leggero come un palloncino.

Aveva voglia di correre, rotolarsi nell’erba, ridere come un matto e saltare da una parte all’altra del giardino.

-Sì?- chiese Manny, confuso.

-Certo che voglio essere il tuo ragazzo! Mi piaci un sacco, Manny!- specificò Max, guardandolo dritto negli occhi, quasi commosso, e di certo molto tremante.

Anche Manny aveva gli occhi lucidi, e lo guardò incredulo e poi visibilmente felice.

-Posso baciarti di nuovo?- chiese, incerto.

Max non gli rispose, e si limitò ad eliminare la distanza tra loro.

Avrebbero dovuto parlarne un po’ meglio e capire come gestire il segreto per i prossimi mesi, fino all’esame, ma al momento a Max non importava assolutamente nulla dei dettagli.

Era il ragazzo più felice di Harriswood.

 

Sabato 11 Maggio

Felix era il ragazzo meno felice di Harriswood, in quel momento.

Questo era il suo quinto appuntamento tramite sito d’incontri, e bisognava dire che fino a quel momento il migliore era stato con Jasmine.

Il ché è tutto dire, come sa chiunque abbia letto il capitolo 17.

Ma almeno, in tutti quegli appuntamenti, nessuno gli aveva ancora dato buca.

Cosa che molto probabilmente stava per accadere, quel giorno.

E pensare che era stato il suo aspirante partner a scegliere il ristorante: un locale piuttosto chic pieno di gente ricca.

Felix aspettava almeno da un’ora, e del suo compagno nessuna traccia, né messaggio. Aveva ormai finito la bottiglia d’acqua gratuita che gli avevano offerto appena si era seduto al tavolo.

Almeno non c’era Amabelle.

Felix ne aveva assoluta certezza.

Certo, aveva visto Norman nel ristorante accanto, con un bambino a cui stava evidentemente facendo da babysitter, ma Amabelle aveva cose più importanti da fare che spiare il suo appuntamento, questa volta.

E tali cose comprendevano l’organizzare la festa di compleanno di Petra che si sarebbe svolta lunedì sera a casa Hart.

Ormai pronto ad arrendersi, Felix si guardò intorno un’ultima volta, per controllare se stesse arrivando, ma sgranò gli occhi e si congelò sul posto quando il suo sguardo si fermò sull’ultima persona che si sarebbe aspettata di trovare lì, intenta ad osservare l’orologio con un sopracciglio inarcato.

Come se avesse avvertito la sua occhiata, la persona alzò la testa, e per mezzo secondo i due sguardi si incrociarono.

Felix provò immediatamente a nascondersi dietro un menù, ma ormai il dado era tratto.

-Felix, che ci fai qui?- chiese Mirren, sporgendosi verso di lui dal tavolo davanti.

Come non si fossero accorti della presenza reciproca fino a quel momento era davvero assurdo.

Rassegnato al fatto che ormai Mirren sapeva che lui era lì, anche se era l’ultima persona che avrebbe dovuto saperlo, Felix chiuse il menù, e assunse la sua facciata più rilassata.

-Ciao Mirren. Tu che ci fai qui?- rigirò la domanda, sperando davvero di non dover rispondere.

-Cena di lavoro, anche se inizia a farsi parecchio tardi. Tu aspetti qualcuno?- purtroppo Mirren non sembrava intenzionato a lasciar cadere la propria domanda, e guardò Felix con occhi indagatori.

-Sì, aspetto una persona, ma non sta arrivando, e penso che sarebbe meglio andarmene- Felix evitò accuratamente l’indagine, e iniziò a sistemare i suoi oggetti in tasca, scambiandoli con le chiavi della macchina, che però non riusciva a trovare.

Mannaggia alla sua mania di avere cento tasche in ogni vestito!

-Hai provato a chiamarla? O a scriverle un messaggio?- propose Mirren, pratico.

-No, guarda, mi hai illuminato. Certo che gli ho scritto un messaggio- Felix alzò gli occhi al cielo, sarcastico.

-Non c’è bisogno di essere così ostile, sto solo cercando di aiutarti- gli fece notare Mirren, un po’ offeso.

Felix non poteva biasimarlo, ma stava andando nel panico.

Non voleva che Mirren scoprisse che era lì per un appuntamento al buio. Non voleva che lo giudicasse.

-Hai ragione, scusa. Comunque non mi risponde, quindi è una battaglia persa- cercò di mantenere una parvenza di cordialità.

-Chi è? Posso provare a chiamarlo io?- si offrì Mirren, dando per scontato di conoscere la persona misteriosa. Aveva senso. Frequentavano lo stesso gruppo, e conoscevano le stesse persone.

A volte Felix si chiedeva se non fossero troppo codipendenti l’uno dall’altro.

-Non lo conosci. Non lo conosco neanche io in realtà, ecco…- Felix si rassegnò a dire la verità, evitando lo sguardo dell’amico -È un appuntamento al buio- ammise, così piano che Mirren era certo di aver capito male.

-Scusa, cosa?- chiese, incredulo, avvicinandosi con la sedie e finendo praticamente al tavolo dell’amico.

-Mi sono iscritto a una app per incontri- spiegò meglio Felix, giocherellando nervosamente con il tovagliolo.

Questa volta non c’erano dubbi al riguardo.

Mirren rimase a bocca aperta.

-Ah- commentò solo, incapace di dire altro.

Sentiva come se gli si fosse fermato per un attimo il cuore, ed era estremamente combattuto su tutta la faccenda.

Riuscì però a recuperarsi in tempo record, e dopo essersi sgranchito la voce, parlò come se niente fosse.

-E come procede?- chiese, ostentando interesse ma allo stesso tempo indifferenza. Come se la faccenda gli interessasse esclusivamente dal punto di vista di un amico incoraggiante.

Felix abbassò lo sguardo, deluso dal tipo di reazione e allo stesso tempo sollevato perché comunque Mirren ne stava parlando, e non se n’era andato da lì.

-Onestamente, dire male è un eufemismo- sospirò, cercando di concentrarsi sulla seconda sensazione, e facendo il migliore amico.

-Mi dispiace- Mirren accennò un sorriso di partecipazione, anche se dentro di sé il suo cuore stava ballando la samba.

-E quello di oggi mi ha dato quasi sicuramente buca, quindi…- proprio mentre commentava la cosa e iniziava a pensare di andarsene per davvero, accaddero tre eventi molto singolari.

Norman entrò nel ristorante all’inseguimento del bimbo a cui doveva fare da babysitter e che gli era sfuggito al controllo.

A Mirren arrivò un messaggio al telefono.

Felix ricevette una chiamata.

Rispose in tutta fretta, senza guardare il numero, sperando che fosse l’appuntamento disperso.

-Sei Felix, vero? Ti prego dimmi che non ho sbagliato numero, sarebbe imbarazzante- disse una voce completamente sconosciuta, in tono flirtante.

-Sì, sono io. Sei Steve?- chiese Felix, incerto, controllando il numero e impallidendo quando si rese conto che veniva dalla centrale di polizia.

-Sì, ecco, non posso venire oggi. Ti ho chiamato per avvertirti. Pensa, ho usato la mia unica chiamata per avvertirti. Non sono forse un ragazzo accorato?- chiese Steve, divertito. Sembrava ubriaco, o fatto, o entrambe le cose.

-Sei stato arrestato?- chiese Felix, incredulo, guadagnandosi un’occhiata scandalizzata da parte di Mirren, che nel frattempo stava scrivendo qualcosa al telefono.

-Sì, ma niente di grave, una tentata rapina in una banca. Sarò fuori in un paio di giorni al massimo. Possiamo vederci quando esco, okay?- propose Steve, rilassato.

Felix non fremeva dalla voglia, ad essere onesto.

-Forse avresti dovuto utilizzare la tua unica chiamata per qualcuno di un po’ più importante, tipo il tuo avvocato? Hai bisogno che lo chiami io?- si propose, senza sapere assolutamente che altro fare.

-Che dolce che sei, ma tranquillo, ho un contatto in polizia, chiamerà lui le persone giuste. Oh, devo andare, il secondino mi chiama. Ci si sente, eh- senza neanche aspettare la risposta di Felix, Steve chiuse la chiamata, e Felix intascò il telefono, senza credere che fosse tutto vero.

-Spero vivamente di essere vittima di uno scherzo- commentò, cercando le telecamere, e iniziando a valutare se fosse possibile che dietro a tutto ci fosse lo zampino di Amabelle.

-Spero che tu non stia valutando l’idea di concedergli un altro appuntamento- lo rimproverò Mirren, preoccupato per lui.

-Pensi che sia un pazzo suicida? Ovviamente no! Ugh!- Felix seppellì il volto tra le braccia poggiate sul tavolo, abbattuto.

Che serata orribile!

Anche se forse, dai, aveva schivato un proiettile con questo tizio.

Magari letterale.

-Anche la cena di lavoro è saltata per uno stupido imprevisto- lo informò Mirren, intascando a sua volta il telefono e sbuffando.

Felix alzò di scatto la testa.

-Mi dispiace- accennò un sorrisino di partecipazione, ma dentro di sé il suo cuore stava valutando la possibilità di approfittare degli imprevisti.

-Immagino che sia il caso di andare allora…- provò a proporre Mirren, rischiando di mandare a monte l’idea dell’amico.

-Aspetta!- lo fermò quindi Felix, mettendogli una mano sul braccio per impedirgli di alzarsi.

Mirren non si ritirò, e lo guardò curioso. Buon segno.

-Visto che siamo entrambi qui, perché non mangiare qualcosa insieme? Muoio di fame- propose, in tono casuale.

Mirren ci rifletté qualche secondo, poi annuì.

-Va bene, è da un po’ che non passiamo una serata insieme- rifletté, alzandosi finalmente dal suo tavolo e posizionandosi in quello di Felix, proprio davanti a lui.

Proprio come se fossero ad un appuntamento.

Felix cercò di non guardarlo come tale, ma il suo cuore stava esultando a gran voce.

-Già! Di solito ci sono sempre gli altri, o i nostri genitori, o studiamo- gli diede man forte, rilassandosi sulla sedia e iniziando a sentirsi l’uomo più felice di Harriswood.

-Allora, da quanto tempo sei iscritto all’app per appuntamenti?- chiese Mirren, cambiando argomento e guardandolo con cipiglio indecifrabile.

Okay, no, Felix ritirava il precedente pensiero ottimista riguardo la serata.

Si grattò la nuca, a disagio.

-Allora, beh, da un po’- evitò la domanda. Mirren inarcò un sopracciglio.

-Mi sono iscritto a fine marzo- ammise quindi Felix, in un sussurro.

Mirren sgranò gli occhi. Sembrava ferito.

-Più di un mese fa?! Perché non me lo hai detto?- chiese, incredulo.

“Perché sono perdutamente innamorato di te e mi sono iscritto solo per dimenticarti”

-Perché mi imbarazzava un po’ parlarne con te- beh, dai, non era una vera e propria bugia.

-Felix, non ti devi imbarazzare di nulla con me- lo rassicurò Mirren, con un sorrisino incoraggiante -Sei il mio migliore amico, dovresti parlarmi di queste cose- aggiunse poi, un po’ a disagio.

Felix sospirò.

-Hai ragione, scusa. Non l’ho detto a nessuno, in realtà, neanche ad Amabelle. Anche se lo ha scoperto perché mi ha rovinato il primo appuntamento- raccontò, rabbrividendo al solo pensiero.

-Ah sì? Racconta, dai- lo incoraggiò Mirren, divertito.

E Felix gli raccontò.

Gli raccontò di Jasmine, dei piani di Amabelle, e poi dei successivi appuntamenti disastrosi.

Gli raccontò della tesi che stava scrivendo, di qualche aneddoto successo a casa, e di un sogno che aveva fatto di recente.

E ascoltò, ascoltò anche parecchio.

Ascoltò Mirren parlargli di situazioni assurde che capitavano a lavoro. Di come Fallon stesse un po’ meglio, anche se era tenuta sotto osservazione costante. E di come avesse trovato il regalo perfetto per Petra da parte di entrambi. Si lamentò della scuola guida, e di come non sopportasse le lezioni teoriche.

Parlarono della Corona Crew, senza il rischio che qualcuno di loro li sentisse (Norman era già andato via). Ricordarono vecchi aneddoti di quando erano piccoli, ripresero vecchi giochi che facevano nell’attesa.

E mangiarono, esattamente quello che volevano, senza paura di offendere l’altro perché il cibo non era vegetariano, vegano o paleo.

E mentre Mirren si chiedeva se prendere o no la cheescake che lo chiamava dal menù, Felix lo guardava, rapito, e si sentiva l’uomo più felice non solo di Harriswood, ma dell’intera terra.

-Mi mancavi, Mirren- ammise, in un sussurro.

-Ci vediamo ogni giorno- gli fece notare l’amico, aggrottando le sopracciglia.

-Ma non così. È da un sacco che non siamo così- insistette Felix, senza distogliere lo sguardo da lui.

I suoi occhi sembravano scrutare l’anima di Mirren.

L’amico tornò a guardare il menù, sperando di non arrossire.

-Hai ragione. Dovremmo vederci da soli più spesso- ammise, quasi tra sé. Anche lui si era trovato davvero bene.

-È stato davvero un “appuntamento” con i fiocchi. Non mi aspettavo di passare una così bella serata- commentò Felix, facendo le virgolette con le dita alla parola appuntamento.

Mirren, che fissava ancora il menù, non le vide.

-Non è un appuntamento!- esclamò, alzando in fretta la testa e lanciando a Felix un’occhiata ammonitrice.

-Sì, lo so. Stavo scherzando!- si affrettò a rassicurarlo Felix.

Era vero che lo voleva con tutto il cuore considerare tale, ma non aveva la minima intenzione di farlo presente davanti a Mirren, non voleva rovinare la serata perfetta con i suoi sentimenti non ricambiati.

-È solo una serata tra amici, okay?- insistette Mirren, irrigidito.

-Sì, lo so. Stavo scherzando!- ripetè Felix, con più ardore.

-Perché devi sempre rendere tutto strano?- si indignò Mirren, scuotendo la testa e chiudendo di scatto il menù.

-Stavo scherzando!!- ormai Felix stava quasi urlando, e attirò l’attenzione di parecchie persone ai tavoli vicini.

Si affrettò ad abbassare il tono.

-Da quando non sai stare a un gioco, Mirren?- provocò quindi l’amico, irritato dal suo eccessivo fastidio.

-Da quando il gioco è diventato esageratamente invadente!- rispose Mirren, irritato quanto lui ma senza un motivo giustificabile.

-Vi porto qualcos’altro?- chiese la cameriera, arrivando in quel momento.

-Il conto- rispose Mirren, guardando fisso Felix, come dandogli la colpa del dolce mancato.

Felix non aveva la forza neanche di commentare qualcosa, e distolse lo sguardo dall’amico, fissando invece una coppia che rideva al tavolo vicino.

Quello che sarebbero potuti essere loro due se Mirren non fosse stato così rigido e testardo.

Trattenne un sospiro.

I due rimasero in silenzio fino all’arrivo del conto, che divisero equamente.

A quel punto Felix avrebbe dovuto uscirsene con una frase del tipo “Hey, Mirr. Ti do un passaggio a casa, sono venuto in macchina” 

E Mirren avrebbe risposto con “Uff, vorrei evitare quel congegno infernale, ma visto che lo proponi così gentilmente penso che accetterò il passaggio”.

Ma nessuno dei due disse niente.

Mirren di limitò ad alzarsi e uscire dal ristorante.

Felix fissò lo scontrino per qualche minuto, poi fece altrettanto, sperando fosse andato via.

Si sedette sul sedile anteriore della sua auto pronto a tornare a casa.

Ma prima di mettere in moto, esitò.

E crollò.

-Stavo scherzando- borbottò tra sé, mentre scoppiava a piangere e seppelliva il volto tra le mani, appoggiandosi al volante e sperando di non attivare per sbaglio il clacson.

Non ce la faceva più.

Non voleva avere con Mirren quel tipo di rapporto.

Era il suo migliore amico! Non voleva che una cotta rovinasse tutto! E pian piano sentiva che stare con Mirren, anche come semplici amici, stava diventando un’impresa titanica.

Felix avrebbe semplicemente voluto chiarirsi, ma ogni volta Mirren sollevava barriere giganti intorno a lui, e Felix non aveva ancora imparato a volare per superarle.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Sono di nuovo libera… per un po’.

Mi sembrava di non scrivere da un mese! Mi è mancata la Corona Crew.

E l’esame è stato un disastro ma dettagli.

Preparatevi ad una Amabelle che parla male di Ejzenstejn in un prossimo capitolo.

Comunque questo capitolo è stato scritto in due giorni. Un giorno e mezzo, praticamente. Avevo troppa ispirazione e voglia di scrivere dopo l’esame!

E poi Manny e Max si sono messi ufficialmente insieme!!! E si sono baciati!!! E mi dispiace fan di Sonja, ma non è ancora detta l’ultima.

Manny dopotutto sembra nascondere un segreto, che riguarda il bar Corona.

Chissà cos’è?

Che ne pensate di Gerda, comunque?

Ma passando a Mirren e Felix… avrebbero proprio bisogno di parlare a cuore aperto questi due, senza Mirren che fa l’idiota e Felix che si trattiene per lui.

Il prossimo capitolo dovrebbe essere abbastanza leggero.

Devo essere onesta, non mi aspettavo di arrivare così in là con la storia.

E di scrivere così tanto.

Siamo già a più di 400 pagine di TextEdit.

Voglio ringraziare di cuore tutti quelli che continuano a leggere questa storia, perché se siete arrivati fino a qui significa che vi interessa davvero.

Spero che continuerà su questa strada. Tra poco arrivano le cose davvero serie.

Un bacione e alla prossima :-*

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Amabelle organizza la festa di compleanno di Petra. Nessun asino, ma molti casini

 

 

 

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Capitolo 20
*** 7 minuti di totale imbarazzo ***


7 minuti in totale imbarazzo

 

Lunedì 13 Maggio 

Petra non aveva mai amato particolarmente il proprio compleanno.

Non perché avesse particolari traumi al riguardo, semplicemente lo vedeva come un giorno uguale all’altro, solo un po’ più triste e solitario perché per gran parte della sua vita aveva passato il compleanno chiedendosi se non fosse stato meglio non nascere proprio.

…sì, insomma, qualche trauma forse lo aveva.

Ma aveva già riflettuto a fondo sulla questione.

Su come Mirren l’avesse sempre guardata male quando era il suo compleanno per i primi sette anni di convivenza, anche a livello inconscio.

Su come sentisse sua madre solo ed esclusivamente durante quel giorno, e si sentisse come se fosse semplicemente stata un mezzo per ottenere lo scopo di arricchirsi, e non una vera e propria figlia.

Su come l’unica persona che avesse mai festeggiato per davvero il compleanno con lei fosse stata Nonna Rea, che non era neanche una sua vera e propria parente, dato che era la madre della madre di Mirren, ma aveva sempre trattato Petra come una nipote, senza alcuna distinzione.

Probabilmente Petra sarebbe andata in analisi e avrebbe imparato a concentrarsi sul ricordo della nonna ad ogni compleanno, ma aveva avuto la fortuna di incontrare Amabelle.

Aveva quindici anni quando aveva conosciuto Amabelle, e ne stava per compiere sedici quando quest’ultima aveva deciso che da quel momento in poi avrebbe organizzato ogni suo compleanno, e sarebbe stato memorabile.

Davvero una promessa importante da fare a qualcuno che si conosceva da pochi mesi, ma per cinque anni, Amabelle l’aveva rispettata con ardore.

E quello sarebbe stato il sesto anno.

E sebbene Petra continuasse ad essere indifferente riguardo al festeggiare il diventare più vecchia, doveva ammettere che apprezzava parecchio gli sforzi disumani della sua migliore amica.

E poi Mirren non la guardava più storto, anzi, era il secondo più affettuoso della giornata.

E sua nonna non c’era più, ma Petra indossava sempre l’anello che le aveva regalato, il giorno del suo compleanno, per ricordarla e tenerla vicina. 

Quindi bisognava ammettere che col senno di poi aveva un buon rapporto con il suo compleanno, ormai.

E sebbene quell’anno il tema della festa fosse il peggiore fino a quel momento, Petra si stava divertendo.

Tutta la Corona Crew era a casa Hart, libera da Bonnie, che era stata mandata via da Amabelle con una scusa, insieme a Brogan, e sarebbero stati fuori tutta la notte.

Petra non voleva immaginare cosa stessero facendo, ma era felice di avere un po’ di respiro, il giorno del suo compleanno.

Ed era felice che Amabelle avesse trovato un modo di entrare in camera dei suoi genitori per rovinare qualche vestito di Bonnie e fargliela pagare.

Meno felice era del fatto che al momento erano tutti in cerchio a fare il gioco adolescenziale peggiore dell’universo: il gioco della bottiglia.

La versione “Corona Crew” del gioco della bottiglia era piuttosto semplice, ma con qualche plot twist.

Una persona girava la bottiglia e poi doveva baciare chiunque uscisse. Ma il luogo del bacio non era specificato, e ogni parte del corpo valeva un numero di punti.

Braccia e gambe ne valevano solo 1: erano i posti più semplici. Schiena e mani ne valevano già 3; mentre petto e piedi ne valevano 5, il primo per la sua importanza, il secondo perché era un luogo disgustoso. In qualsiasi parte del viso valeva 7 punti, ad esclusione della cima della testa che ne valeva solo 2. Bisognava annotare però che la punta del naso ne valeva 8, mentre la bocca, ovviamente, valeva ben 10 punti, ed erano gli unici punti che venivano dati ad entrambi i membri coinvolti, e non solo a chi baciava.

Nessuno del loro gruppo aveva mai osato baciare qualcuno in bocca, tranne Amabelle, ovviamente, che però era quasi sempre stata rifiutata.

Quel giorno sembrava davvero decisa ad ottenere più punti possibili per scegliere il gioco successivo.

-Allora, tocca a me, giusto?- al momento avevano fatto un solo giro, e tutti erano a un punto, tranne Amabelle che era riuscita ad ottenerne cinque baciando il piede di Clover. Era di nuovo il suo turno. Avrebbero fatto tre giri in totale, e Petra onestamente già non vedeva l’ora di finire.

Amabelle girò la bottiglia con vigore, e il cuore di Petra iniziò a battere di anticipazione.

Non sapeva neanche lei se sperasse o temesse di uscire, perché ancora non sapeva come sentirsi riguardo al bacio che si erano scambiate a San Valentino.

Per sua fortuna, o sfortuna, fu Denny il prescelto.

-Denny caro, vieni qui che non ti faccio niente- Amabelle, con un grande e terrificante sorriso, iniziò ad avvicinarsi all’amico, che si ritirò sul posto e portò inconsciamente le mani alla bocca.

-Amabelle, mi fai paura quando fai così- borbottò a mezza voce, spaventato.

-Ma come? Non vuoi vincere?- lo provocò lei, già pronta a baciarlo sulla bocca, e cercando di far leva sul lato competitivo dell’amico d’infanzia.

Petra non riuscì a trattenersi dal guardare storto Denny, anche se sapeva che non aveva nulla a che fare con la proposta di Amabelle, anzi, l’avrebbe volentieri schivata.

-No!- Denny, coprì la bocca con più forza, e chiuse gli occhi, a disagio.

-Uffa, siete incredibilmente noiosi!- Amabelle si avvicinò e diede un bacio sulla guancia dell’amico, guadagnandosi altri sette punti.

-Amabelle, onestamente, cosa pensi di ottenere?- chiese Felix, alzando gli occhi al cielo, e preparandosi a girare la bottiglia. Era alla destra di Amabelle e giocavano in senso antiorario.

-Non lo so, un po’ di pathos. La regola dei doppi punti è fatta proprio per incoraggiare baci volanti, portare amore, e poi, dai, un bacio può non significare niente- spiegò Amabelle, sbuffando.

-O significare tutto- aggiunse Denny tra sé, ancora con le mani alla bocca.

-Ma sapete che vi dico. Va bene, fate pure, non baciatevi. Tanto significherà solo che io vincerò e sceglierò il prossimo gioco, e allora sarete proprio costretti!- Amabelle cambiò sguardo, battendo le mani con un grande sorriso malefico, e Felix girò la bottiglia, sinceramente inquietato dalla faccenda.

-Onestamente sarei tentato di vincere solo per non far vincere te- borbottò, proprio mentre la bottiglia finiva verso Mathi.

Ci fu un singolo istante di silenzio.

Poi Mathi alzò le mani.

-Se vuoi vincere, accomodati- si offrì, rilassato.

-Uh?- Felix lo guardò confuso.

-Io sono d’accordo con Amabelle. Un bacio non significa nulla se non gli si vuole attribuire significato. Quindi non ho problemi a baciare- spiegò, con leggerezza, incoraggiando Felix a fare come voleva.

-Aspetta, cosa?!- Amabelle non sembrava entusiasta della proposta, anche se sarebbe dovuta essere felice di aver trovato un alleato.

Denny fissava Mathi a bocca aperta, come se non lo riconoscesse.

-Davvero?- Felix sembrava in estrema difficoltà, e si guardava intorno come se stesse controllando se Mirren fosse nella stanza.

Si era rifiutato categoricamente di partecipare ed era intento a lavorare su alcune carte in camera sua. Petra dubitava che sarebbe tornato tanto presto, ma non si poteva mai sapere.

-Okay, guadagniamo questi dieci punti a testa- cedette infine il biondo, alzando le spalle e sporgendosi alla sua destra, accanto a Mathi.

Fu il bacio più veloce, semplice e stupido dell’universo, ma Petra aveva voglia di uccidere Felix, per qualche motivo. Il suo istinto da sorella protettiva che non voleva che Mirren soffrisse si stava attivando.

Decise di ignorarlo. Felix non stava con Mirren, e la colpa era probabilmente di quest’ultimo, quindi aveva il diritto di baciare chiunque volesse, soprattutto se era solo un gioco.

-È stato meno tragico di quanto pensassi- commentò Felix, porgendo poi la bottiglia a Mathi.

-E ora siamo entrambi a undici punti!- Mathi gli fece un occhiolino e sollevò il pugno, che Felix batté divertito.

-Beh, io sono a dodici, quindi dovrete impegnarvi molto di più se volete vincere!- esclamò Amabelle, competitiva, e seccata. Evidentemente nei suoi piani c’erano persone ben precise da far baciare tra loro, e Mathi e Felix non erano quelle persone.

Mathi non rispose, e si limitò a girare la bottiglia.

Con una coincidenza che aveva dell’incredibile, la bottiglia indicò Felix.

Ci fu qualche altro istante di silenzio, poi Felix alzò le spalle.

-Abbiamo fatto undici, tanto vale fare ventuno- diede la sua disponibilità.

-Ben detto. Massacriamo Amabelle- annuì Mathi, ridacchiando, e dando a Felix un altro breve bacio a fior di labbra.

-No! Non è giusto! Giuro che il prossimo lo bacio in bocca e tornerò in vantaggio!- promise Amabelle, infiammandosi.

-Cos’è questo baccano?- chiese Mirren curioso, entrando in camera dei genitori proprio in quel momento per prendere da bere e qualche snack.

-Amabelle è seccata perché Mathi e Felix si sono baciati due volte di fila guadagnando venti punti a testa e battendola- spiegò Clover, divertita da tutto il drama.

Mirren impallidì leggermente, e si voltò verso il gruppo con le sopracciglia aggrottate.

-Cosa? In che senso?- chiese, guardando principalmente Felix.

L’amico non ricambiò lo sguardo.

-Ci siamo capitati a vicenda ed entrambi abbiamo deciso di baciarci per guadagnare dieci punti e vincere contro Amabelle, niente di che- rispose semplicemente, in tono freddo.

-Strano, non è da te- commentò Mirren, con una leggera sfumatura di rimprovero nella voce, e una flebile nota di panico.

-Beh, perché no. Tanto se non c’è l’intenzione, un bacio non vale assolutamente niente, no?- lo provocò Felix, alzando la testa e guardandolo fisso.

Mirren distolse immediatamente lo sguardo, e tornando a fissare il cibo.

-Beh, fa quello che vuoi. Divertitevi- disse a denti stretti, prendendo qualcosa da mangiare e scappando dalla situazione scomoda.

Felix si ritirò su sé stesso, rabbuiato.

Amabelle era a terra come un palloncino, e Mathi sembrava sentirsi parecchio in colpa.

-Beh, continuiamo? Toccava a Denny, giusto?- Diego cercò di spezzare la tensione e cambiare argomento, e ci riuscì solo in parte, perché l’argomento si cambiò in fretta, ma la tensione aumentò.

O almeno quella di Denny, che guardò la bottiglia come se fosse una bestia feroce pronta a nutrirsi di lui.

-Sicuri di non voler fare una pausa?- chiese, timoroso.

-Dan, nessuno ti obbliga a baciare in bocca nessuno, tranquillo- lo rassicurò Mathi, con un sorriso incoraggiante.

Dan non lo guardò nemmeno, e girò preoccupato la bottiglia.

La sua paura era legittima, dato che prima gli era capitata Clover, e Clover era sempre la più spaventosa da baciare in qualsiasi luogo, anche se accettava braccia e piedi.

Questa volta Denny fu molto più fortunato.

-Max, uff, non è giusto quando capitano i fratelli- borbottò Amabelle, sbuffando.

Denny si rilassò visibilmente, e con un gran sorriso diede un bacio sulla guancia di Max, che lo lasciò fare ridacchiando.

L’atmosfera si rilassò leggermente.

Era il turno di Max. La bottiglia, per uno strano scherzo del destino, finì su Denny.

-Ma cos’è questo giro?!- esclamò Amabelle, incredula.

-Davvero ti stupisci se escono cose strane?- chiese Clover, adocchiando Norman, che stava scrivendo un messaggio al telefono ed era un po’ distratto quel giorno.

-Le coincidenze capitano, non bisogna farne un dramma- Max cercò di surclassare l’argomento, e ricambiò il bacio sulla guancia di Denny, che lo lasciò fare senza problemi.

-Speriamo succeda altrettanto anche per Clover e Diego- Amabelle iniziò a strofinarsi le mani nella speranza che le capitasse un colpo fortunato.

-Arriverebbero a venti anche loro e tu saresti quasi sicuramente fregata- le fece notare Petra, confusa.

-Almeno avrei qualche gioia- sussurrò Amabelle al suo orecchio, sperando con tutto il cuore che la bottiglia che Clover aveva appena girato finisse su Diego.

Purtroppo la fortuna non era dalla sua, quel giorno, perché il vetro si fermò su Max, di nuovo.

Amabelle impallidì, temendo il peggio.

Ma Max offrì solo la sua guancia, che Clover baciò con naturalezza.

-Facile, otto punti totali anche per me. Più di quanti ne abbia mai avuti- commentò Clover, stiracchiandosi e passando la bottiglia a Diego.

-Almeno loro non sono entrati nel treno dei baci a caso- commentò Amabelle a mezza voce.

-Ma non eri la prima che sperava che tutti si baciassero, amore libero e altre cose molto hippie?- chiese Petra, piegando la testa.

-Solo se accettano i baci miei!- rispose Amabelle, ovvia.

-Ipocrita- commentò Felix, tra sé.

-Traditore!- rispose Amabelle, spingendolo appena.

L’orrore tornò nel suo volto quando la bottiglia tornò su Mathi.

Ci fu di nuovo un istante di silenzio e attesa.

Poi Diego scosse la testa.

-Mi dispiace, Mathi, ma io do molto valore ai baci in bocca, e sono impegnato- si scusò Diego, prima di avvicinarsi al ragazzo e dargli un bacio sul braccio.

-Nessun problema per me, amico. Tocca a Norman, giusto?- alzò le spalle Mathi, indicando il ragazzo.

-Cosa? A me? Scusate, ero un po’ distratto- Norman prese la bottiglia e la girò distrattamente, finendo il messaggio e intascando il telefono.

La bottiglia finì su Felix.

-È già la quarta volta- commentò lui sbuffando. Il giro prima era uscito due volte di fila.

Norman gli diede un bacio sul braccio e passò la bottiglia a Petra.

E il cuore di Petra ricominciò a battere a mille chilometri l’ora, nella speranza e paura che uscisse Amabelle.

Uscì Denny.

Meh.

-Dammi il braccio- incoraggiò il ragazzo, che porse il braccio come se Petra fosse in procinto di tagliarglielo.

Dopo aver eseguito il suo dovere, passò la bottiglia ad Amabelle.

-Allora, ultimo giro. Felix e Mathi sono in testa con 21 punti, io sono subito dietro con 12, poi Denny, Clo e Max ne hanno otto e infine Diego e Norman sono dei codardi che ne hanno solo due- Amabelle fece il punto della situazione.

-Anche io ne ho solo due- le fece notare Petra, distrattamente.

-Ma tu sei perfetta, è il tuo compleanno, e puoi fare tutto ciò che vuoi Tray- la rassicurò Amabelle, con una pacca sulla spalla.

Petra perse un battito, ma sollevò le spalle, indifferente.

-Allora, non mi interessa chi sarà il prossimo, lo bacerò sulle labbra!- Amabelle tornò concentrata sul gioco, e girò la bottiglia.

Petra continuò a sperare e temere insieme, ma la bottiglia non finì su di lei.

-Oh cavolo…- borbottò Amabelle, seccata, lanciando un’occhiata incredula a Diego, che ricambiò lo sguardo e si portò immediatamente le mani alla bocca.

-Non ci pensare, Amabelle- la mise in guardia.

-Ti prego. A Clover non dispiacerà, vero Clover?- Amabelle lanciò all’amica un’occhiata supplicante, ma Clover scosse la testa.

-Non toccare il mio ragazzo. Neanche io voglio che tu vinca- la minacciò con un ghigno.

-Uffa, va bene. Ma pretendo il secondo punteggio più alto- Amabelle indicò il naso di Diego.

Clover ci pensò qualche secondo, poi scrollò le spalle.

-Va bene, hai il mio permesso. Non che cambi niente. Tanto hai perso comunque- acconsentì, scuotendo la testa.

Diego la guardò offeso.

-Oh, luce dei miei occhi, sei seria?- chiese, melodrammatico.

-Ho dato il mio permesso, ma anche il tuo vale, ovviamente. Se non vuoi non permetterglielo. Mica ti controllo- obiettò Clover, ovvia.

Diego sbuffò.

-Su, fa pure- annuì poi, mettendo a disposizione il naso.

Amabelle lo baciò senza problemi, abbastanza ottimista.

-Sai vero che questo ti porta a 20 punti e noi siamo a 21?- le fece notare Felix.

-Ma non è detta l’ultima. Magari qualcuno mi bacia in futuro- Amabelle strinse i pugni, decisa.

Felix girò la bottiglia, che finì su Denny.

-Ancora?!- si lamentò, lui, lanciando a Felix un’occhiata assassina a ritirandosi visibilmente.

-Su, un bacino sulla spalla e non ci pensiamo più- lo incoraggiò Felix, avvicinandosi.

Denny si ritirò, impedendoglielo.

A differenza che con Amabelle e Petra, non era nervoso e imbarazzato, ma sembrava proprio arrabbiato, e guardava Felix quasi con odio.

-Dan, tutto bene?- chiese Mathi, preoccupato.

Dopo una specie di scontro con sé stesso, Denny offrì con malavoglia il braccio, e Felix lo baciò il più in fetta possibile.

-Su, non era così…- provò a buttarla sul ridere, ma Denny si pulì il braccio e gli diede le spalle, facendogli il muso.

-Ce l’hai con me per qualcosa?- chiese Felix, preoccupato.

-Oh, Denny, sei per caso geloso che Felix abbia baciato Mathi prima di te?- chiese Amabelle con ben poco tatto.

-COSA?!- esclamò Denny in tono acuto, arrossendo completamente.

-Amabelle, smettila con queste…- provò a scoraggiarla Mathi, in tono pacifico.

-Come se volessi mai baciare Mathi! Che schifo! Ma che ti salta in mente?!- lo interruppe Denny, di scatto -Cioè…- si corresse subito dopo, come se si fosse reso conto di aver detto qualcosa di grosso -…è solo un gioco. Non ci ho neanche pensato. Sono arrabbiato con Felix per altri motivi- provò a recuperarsi.

-Sei arrabbiato con me, perché?- chiese Felix, ferito.

-No! Non sono arrabbiato con te! Mathi è il tuo turno, continuiamo!- Denny si prese il volto tra le mani e incoraggiò il gioco a continuare, cercando di cambiare argomento.

-Sì, continuiamo- lo aiutò Mathi, girando la bottiglia.

Che però si fermò proprio su Denny, per la seconda volta di fila.

Sia il baciatore che il baciato impallidirono.

-Sono secondo classificato e mi va benissimo, non ti bacio se non vuoi- Mathi mise subito le mani avanti, ritirandosi dalla sfida.

Denny non gli rispose nemmeno. Fissava la bottiglia ad occhi sgranati.

Se Petra avesse potuto leggere nel pensiero in quel momento le sarebbe venuto il mal di testa, perché la mente di Denny si stava esibendo in un urlo prolungato.

-Passiamo direttamente a te, non voglio metterti a disagio. Devo essere chiamato pollo fifo in questo gioco?- chiese Mathi ad Amabelle, che però non lo stava ascoltando, troppo impegnata a cercare di decifrare l’espressione impassibile di Denny.

-Va bene- sussurrò infine il ragazzo, a voce così bassa che nessuno sembrò udirlo.

-Come Denny?-…ad eccezione di Max, che gli si avvicinò per capirlo meglio.

-Se proprio devi. Hai ragione tu. È solo un gioco. Ed è meglio che vinca tu piuttosto che Amabelle- sussurrò Denny, sempre fissando la bottiglia, e diventando più rosso che mai.

-Uh?- Mathi non sembrava capire il suggerimento.

-Se adesso baciassi Denny in bocca, Amabelle non potrebbe recuperare neanche con un dieci. Passeresti a 31 punti- spiegò Clover, molto interessata al drama.

Mathi arrossì appena, ma finse di non averla sentita.

-Denny, non capisco bene cosa intendi… cosa mi dai il permesso di fare?- chiese, per sicurezza, avvicinandosi all’amico e parlando a bassa voce come a mettere un po’ di privacy.

Ma tutti si erano avvicinati, quindi la privacy era completamente assente.

-Quello che vuoi- sussurrò Denny, girando la testa verso di lui e serrando gli occhi.

Era così rosso che sarebbe potuto esplodere da un momento all’altro.

Amabelle iniziò a scuotere il braccio di Petra, ma non aveva la forza di commentare nulla, perché non voleva rischiare di rovinare il momento.

Mathi si avvicinò al volto di Denny, ancora confuso, e molto incerto.

Era rosso anche lui, anche se molto meno rispetto all’amico.

Petra notò che Denny tratteneva visibilmente il respiro, e strizzava sempre di più gli occhi.

Ma mano a mano che Mathi iniziava ad essere sempre più vicino, complice anche il silenzio innaturale che si era venuto a formare, il ragazzo iniziò a rilassarsi leggermente.

Le spalle si abbassarono, gli occhi, sempre chiusi, erano meno serrati.

Iniziò ad arricciare le labbra.

Poi Mathi lo baciò sul naso, guadagnando solo otto punti, e, come se fosse stato attraversato da una scarica elettrica, Denny fece un balzo indietro, andando a finire dritto su Max.

-Tutto bene?- chiese Mathi, ritirandosi a sua volta e lanciando a Denny un’occhiata preoccupata.

-Sì! Tutto bene!- Denny portò una mano sul naso, leggermente tremante.

-Avrei dovuto limitarmi alla spalla. Se ti ho messo a disagio mi dispiace molto, non volevo…- Mathi interpretò male (o forse bene, Petra non ci stava capendo molto in realtà) la reazione di Denny, e temette di aver fatto un disastro.

-Non preoccuparti. Tutto bene. Io vado in bagno- Denny si alzò in tutta fretta, e iniziò a dirigersi fuori dalla stanza.

Anche Mathi si alzò.

-Dan…- provò a fermarlo, sentendosi in colpa, ma Denny si ritirò inconsciamente da lui.

-Per favore lasciatemi stare- chiese a lui e al resto della sala. Sembrava sull’orlo di un attacco di panico.

-Ma tocca a te…- provò ad obiettare Amabelle, che evidentemente non si era resa conto della gravità della situazione.

-Mi ritiro. Tanto ho perso- Denny alzò le spalle e uscì in fretta dalla stanza, lasciando Mathi triste e con il cuore spezzato.

-Che serata sfigata- borbottò Amabelle, così a bassa voce che solo Petra la sentì.

-Forse la camera di mio padre porta sfortuna- suppose.

-Speriamo di no, il mio prossimo gioco ha bisogno dell’armadio di Bonnie- spiegò Amabelle, preoccupata.

-Credi davvero di vincere?- chiese Petra, incredula.

Mancavano cinque persone, tre delle quali non avrebbero baciato Amabelle in bocca neanche morte. E le altre due erano Max e Petra, e neanche loro probabilmente l’avrebbero fatto.

E in ogni caso era improbabile che Amabelle uscisse a prescindere. Non era ancora uscita neanche una volta dall’inizio del gioco.

-Io credo in me. Vincerò!- Amabelle batté le mani con convinzione sorridendo ad occhi chiusi.

Okay, erano spacciati.

Max girò la bottiglia mentre fissava la porta, ancora preoccupato per il fratello, e dopo due lenti giri, la bottiglia si fermò proprio davanti ad Amabelle.

Amabelle porse già le labbra, ma Max fece come Mathi prima di lui, e le diede un bacio sul naso.

-Mi dispiace, Amy, ma non posso baciarti- si scusò, enigmatico.

-Accidenti!- Amabelle sbatté il pugno a terra.

Petra tirò un sospiro interiore di sollievo.

Poi fu il turno di Clover, a cui uscì sé stessa.

-Puoi sempre rigirare- la incoraggiò Amabelle, lanciando un’occhiata speranzosa verso Diego.

-No grazie- Clover, con grandi doti da contorsionista, si baciò il piede, guadagnando cinque punti molto sudati.

-Mannaggia!- si lamentò Amabelle, incrociando le braccia.

Diego fu il successivo, e beccò Amabelle, che arricciò le labbra, ma non ci credeva neanche lei.

-Mi dispiace. Ma lo sai che ti voglio bene, vero?- Diego le diede un bacio sulla guancia, e tornò poi a posto.

-Uffa!- Amabelle sbuffò, seccata.

Anche Norman, il successivo, fece uscire Amabelle.

-Ti prego, Norman, farò tutto quello che…- nel bel mezzo del discorso persuasivo di Amabelle, Norman le prese il braccio e lo baciò in fretta, con uno sguardo di roccia.

-Maledizione!- Amabelle sbatté i piedi a terra.

Mancava solo Petra.

Mathi stava già pensando a che gioco proporre successivamente.

Petra girò la bottiglia il più forte possibile, per ritardare quanto più poteva il momento della verità.

-Stavo pensando a lotta con i cuscini, oppure costruire un fortino. Qualcosa di divertente e non imbarazzante- Mathi parlava con Felix, amichevolmente, ma con occhi velati di tristezza.

-Non cantare vittoria, Kira!- lo fermò Amabelle, fissando insistentemente la bottiglia.

…che si fermò proprio davanti ad Amabelle.

Alla ragazza si illuminarono gli occhi.

Petra andò completamente nel pallone.

Di nuovo calò il silenzio nella stanza.

-Amabelle…-Petra cercò di trovare le parole per scusarsi con Amabelle del fatto che no, non l’avrebbe baciata. Non di nuovo, non con tutto quello che stava succedendo nella sua testa e nel suo cuore.

-Ti prego, Tray! Lo so che è il tuo compleanno e devi fare quello che vuoi, ma ti supplico! È solo un bacio. Un apostrofo rosa tra le parole migliore amica- Amabelle le si avvicinò con occhi supplicanti da cane bastonato e mani raccolte in preghiera.

-Sai che quello che hai detto non ha senso?- cercò di abbatterla Clover.

-Poco importa, la mia Tray sa cosa intendo- Amabelle tirò a Clover una patatina al formaggio che era caduta lì vicino.

Petra non aveva la più pallida idea di cosa Amabelle intendesse, soprattutto perché non aveva sentito una sola parola.

La sua mente era troppo impegnata ad andare nel panico, e chiedersi cosa fare.

Per Amabelle era solo un gioco, questo era ovvio.

Quindi era sbagliato da parte sua baciarla se provava dei sentimenti per lei? 

Beh, no, dai. Amabelle aveva dato il suo consenso, quindi non c’era nulla di male.

Il male stava nel baciare la sua migliore amica per cui aveva una cotta da un sacco pur sapendo che lei non ricambiava e soffrire.

Sì, era una sofferenza immensa sapere di baciare qualcuno che non avrebbe mai ricambiato i suoi sentimenti.

Ma proprio perché non li ricambiava, Petra sapeva che non avrebbe avuto molte altre occasioni per baciare Amabelle.

E per una volta, voleva essere lei ad avere il comando sulla situazione.

-Petra, non fa niente se non…- proprio mentre Amabelle iniziava a ritirarsi un po’ delusa ma comprensiva, Petra raggiunse una decisione, prese il volto di Amabelle, e la baciò.

Un bacio brevissimo, ma mille volte più intenso di quello che si erano scambiati Mathi e Felix, questo era certo.

Quando si separarono, ad entrambe ci vollero alcuni secondi per rendersi conto di quello che era successo.

-Oh, no!- si lamentò poi Clover, e Amabelle si illuminò.

-Tray!!!- esclamò, buttandole le braccia al collo e stringendola forte.

Oh, no! Petra l’aveva baciata, ma non per questo ora Amabelle poteva abbracciarla, o sarebbe morta sul posto.

-Ti amo!- disse poi, stritolandola sempre più forte.

Sì, Petra era appena morta sul posto. E fu felice che Amabelle la stesse abbracciando perché se qualcuno l’avesse vista in quel momento sarebbe morta una seconda volta per l’imbarazzo.

-Non ti agitare tanto, l’ho fatto solo per ringraziarti di avermi organizzato il compleanno!- mentì, cercando di scrollarsela di dosso.

Amabelle la lasciò.

-Sei la migliore amica del mondo. Quindi vinco io con 30 punti! Seguita dai 29 di Mathi. Tiè!- fece un gesto poco carino verso Mathi, che alzò le spalle.

-Avresti dovuto baciare Denny in bocca- borbottò Clover, sbuffando.

-No- sussurrò Mathi, tra sé -Meglio perdere un gioco che un’amicizia- 

-Ormai quel che è fatto è fatto, e ho vinto, quindi chiamate Mirren e Denny, ognuno di voi scriva un biglietto con il proprio nome, perché si gioca a 7 minuti in paradiso!- Amabelle si alzò in piedi e iniziò a saltellare.

-Oh, no!- fu l’esclamazione generale, Petra compresa, che seguì l’annuncio.

 

Mirren non riusciva a concentrarsi, evento più unico che raro per lui, bisognava ammetterlo, e quando non riusciva a concentrarsi, di solito usciva in giardino e si sedeva sull’altalena.

Quel giorno, però, il suo luogo di pace non lo stava aiutando.

Non riusciva a togliersi dalla testa l’immagine di Felix che baciava Mathi, e il peggio era che l’immagine in sé non era così disturbante, ma rappresentava la ciliegina sulla torta di immagini e fantasie che vedevano Felix sempre in braccia diverse. Immagini che lo tormentavano da sabato, quando il suo migliore amico della vita gli aveva confessato di aver iniziato con gli appuntamenti al buio.

Perché non glielo aveva detto?! Più Mirren si poneva quella domanda, meno riusciva a immaginare la risposta. A rigor di logica, non aveva alcun senso escluderlo dal conoscere quella vitale informazione.

Dopotutto era il suo migliore amico, era la persona a cui doveva rivolgersi, per antonomasia, nel rivelare tali informazioni.

Anche se forse era un bene che Felix non glielo avesse detto prima, perché ora Mirren non riusciva a pensare ad altro che a quello.

E al loro litigio.

Aveva esagerato, Mirren lo riconosceva, a posteriori, ma quando Felix aveva provato a supporre che quello tra di loro fosse un appuntamento, era andato in totale panico.

Perché si era davvero seccato di quel tipo di supposizioni, e si era anche stancato di come Felix, a volte, sembrasse il primo a farle.

Erano migliori amici, punto!

…ma lo erano ancora? Ultimamente sembrava che non passassero più tempo insieme, litigavano spesso, e si evitavano. Certo, continuavano a vedersi e salutarsi dalla finestra appena svegli e prima di andare a dormire, ma non era molto, rispetto a quello che facevano prima.

Tutto per colpa di quello stupido bacio!

Mirren lasciò andare uno sbuffo irritato che si teneva dentro da troppo, e cercò di calmare i nervi accarezzando Fallon. Sapeva di non avere molto tempo per stare da solo, prima che lo richiamassero per il prossimo gioco al quale avrebbe necessariamente dovuto partecipare, e voleva sfruttarlo al massimo.

Purtroppo qualcun altro sembrava aver bisogno di un po’ d’aria.

Denny uscì pensieroso dalla porta, e non sembrò affatto notare Mirren, mentre borbottava qualcosa tra sé e iniziava ad andare avanti e indietro per il giardino.

Mirren lo guardò per circa un minuto, poi decise di intervenire, anche per evitare che Denny lo notasse per caso e si prendesse un colpo.

-Tutto bene, Daniel?- chiese in tono mite, attirando la sua attenzione.

E facendogli comunque prendere un colpo.

-Mirren! Da quanto sei lì?!- chiese il ragazzo dopo essere quasi volato all’indietro e aver rischiato di cadere.

-Da prima di te. Avevo bisogno di un po’ d’aria- rispose Mirren, dondolandosi un po’ sull’altalena e continuando ad accarezzare Fallon, che guaì piano, come se sentisse la sua sofferenza interiore.

-Capisco. Anche io… vuoi che me ne vada?- chiese Denny, indicando l’interno della casa.

Mirren scosse la testa. Avrebbe voluto restare solo, ma non credeva fosse la scelta migliore. Distrarsi con problemi altrui poteva essere un’occasione per non pensare ai propri.

-Se vuoi puoi sederti e possiamo parlare- propose, indicando l’altalena vuota accanto alla sua.

L’altalena dove si sedeva sempre Felix, fin da quando erano piccoli.

Denny si avvicinò titubante, e si sedette come se temesse di romperla.

Era improbabile che ci riuscisse. Quell’altalena reggeva Felix, che era almeno il doppio di Denny. E ne aveva passate di cotte e di crude.

-È successo qualcosa?- esordì Mirren, incoraggiante.

-No!- si infiammò subito Denny, letteralmente perché divenne subito di un bel colorito paonazzo -…forse- ammise dopo qualche secondo, a voce più bassa -…non ne ho idea- concluse quindi, in un sussurro, iniziando a dondolarsi sull’altalena per placare i nervi.

-Parlarne dovrebbe aiutare- provò a suggerirgli Mirren. Lui era il primo che evitava di parlare, ma un conto era suggerire agli altri, un conto era applicare lui stesso i suggerimenti. E poi la situazione tra Mathi e Denny (perché sicuramente c’entrava Mathi in quella storia) era ben diversa da quella tra lui e Felix. Denny e Mathi si conoscevano da meno tempo e se Denny aveva una cotta per lui era chiaramente ricambiata e non avrebbe rischiato di rovinare la loro neonata amicizia. 

-Il problema è che non so cosa dire, Mirren- sbottò Denny, spaventando leggermente Fallon che guardò confusa il ragazzo che aveva sempre visto timido e silenzioso.

-Allora non dire niente, o dì solo la prima cosa che ti viene in mente. Sai che non ti giudicherei- Mirren non si scompose, e continuò ad indagare in modo discreto.

-Senza offesa, ma non siamo proprio legatissimi, o sbaglio?- gli fece notare Denny. 

In effetti non aveva tutti i torti, ma poteva essere un punto a favore.

-Alcune cose è meglio dirle a chi non si conosce bene. Può essere più semplice- gli confidò a voce bassa. Era quello che pensava anche lui, dopotutto. Non avrebbe mai parlato dei suoi problemi a Felix, per ovvi motivi. Ma neanche a Petra, la seconda persona più vicina che aveva. 

Denny sospirò profondamente, cercando di calmarsi e riordinare un po’ la mente. Mirren non insistette e continuò ad accarezzare Fallon. Era felice dal notare che sembrava stare molto meglio grazie alle medicine.

-Sono molto confuso ultimamente- ammise infine Denny, dopo qualche minuto.

Mirren voltò la testa verso di lui, in silenzio, per incoraggiarlo a continuare.

-Non capisco che succeda, e probabilmente fraintenderai come tutti, per questo non volevo dirlo, ma credo che Mathi…- Denny si interruppe, cercando le parole -…non ho mai avuto un amico come lui. E voglio tenerlo stretto, capisci?- Denny cercò una sorta di partecipazione da parte di Mirren.

Mirren era forse quello che poteva capirlo più di tutti. Non era del tutto convinto che provassero le stesse cose per i rispettivi amici, ma decise di dargli il beneficio del dubbio. Sapeva che il proprio comportamento nei confronti di Felix era ugualmente fraintendibile.

-Credo di capire- annuì, pensieroso.

-Io… non sono geloso di lui. Cioè, non in quel senso, ma… vorrei essere il suo migliore amico, e vorrei che lui fosse il mio migliore amico, e non mi piace quando lui e Felix fanno gli amiconi in quel modo. Sono troppo protettivo, forse? O tossico? Non lo so. Ma è il MIO migliore amico. Felix ha già te. Eppure Mathi ha voluto baciare lui e non me?!- dopo un tentennamento iniziale, Denny iniziò a tirare fuori un vomito di parole incontrollate, sempre più veloci e sempre più acute, fino ad un climax conclusivo dopo il quale si zittì da solo portandosi le mani alla bocca per evitare di continuare, e arrossendo tantissimo.

Probabilmente Mirren avrebbe dovuto indagare chiedendo “Perché ti disturba il fatto che non ti abbia voluto baciare?” o qualcosa del genere, che avrebbe iniziato ad aprire gli occhi di Denny alla possibilità che non fosse solo geloso dell’amicizia, di Mathi, ma Mirren era troppo occupato a ricordarsi il motivo per cui anche lui era lì fuori, e quando Felix entrava nel discorso, il resto non esisteva più.

-Provo lo stesso sentimento! Perché Felix ha baciato Mathi?! Non ha mai voluto baciare nessuno, prima, al gioco della bottiglia! Non ci ha neanche pensato!- iniziò a scaldarsi, irritato. L’immagine di Felix che baciava Mathi gli tornò prepotentemente alla mente, e lo fece fumare di rabbia.

-Ecco, appunto! Anche Felix è stato strano- Denny gli diede man forte. 

Rimasero qualche secondo in silenzio, bollendo ognuno nel proprio brodo, ma prima che uno di loro potesse ricominciare a parlare, o proporre un qualche piano malefico che avrebbe solo rovinato tutto, vennero prontamente interrotti dall’arrivo di Petra, con una faccia da funerale e un cappello da festeggiata in testa.

-Probabilmente Mathi ha vinto e passiamo al prossimo gioco scelto da lui- suppose Denny, mentre la ragazza si avvicinava.

-Sicuro che abbia vinto lui? Di solito vince sempre Amabelle- rifletté Mirren, sorpreso.

-Amabelle avrebbe potuto vincere solo se Max, Norman, Clover, Diego o Petra l’avessero estratta e baciata in bocca, ma credo che sia un evento improbabile- spiegò Denny, con faccia da funerale.

Mirren pensò alle opzioni. Clover assolutamente no, e Diego appresso a lei. Max era una possibilità, sebbene remota. Norman non avrebbe mai baciato qualcuno in bocca neanche morto, e Petra… nah, Petra non l’avrebbe mai fatto.

-Probabilmente ha vinto Mathi- concluse poi, proprio mentre Petra li raggiungeva.

-E invece ha vinto Amabelle. Qualcuno l’ha baciata, non farò nomi, e ora si gioca a 7 minuti in paradiso- spiegò la ragazza con tono da funerale.

-Chi è stato così stupido?!- si lamentò Denny, a mezza voce.

-Sicuramente Max- commentò Mirren, riflettendo.

-O Norman, lui e Amabelle sono pappa e ciccia- obiettò Denny.

-Non è importante chi ha baciato Amabelle, è importante che siete richiesti per partecipare- Petra soppresse le lamentele e le speculazioni e andrò dritta al sodo.

-Io mi tiro fuori- si affrettò a ritirarsi Mirren, in fretta, cercando di impedire che Denny lo facesse prima di lui.

-Voglio ritirarmi anche io!- si aggregò immediatamente quest’ultimo.

-No! Voi parteciperete! Soprattutto tu, Mirren. Io in quanto festeggiata ho la possibilità di scegliere con chi restare chiusa in un armadio sette minuti e quella persona sarai tu!-Petra prese prepotentemente il fratello per il polso e lo incoraggiò ad alzarsi per seguirla.

-Perché tutta questa fretta?- provò ad obiettare Mirren, seccato.

-Per due motivi: innanzitutto devo parlarti; secondo, siamo i prossimi e abbiamo solo un paio di minuti per tornare in camera di papà e Bonnie- spiegò Petra, frettolosamente.

-Chi è stato così masochista da iniziare per primo?- chiese Denny, alzandosi e seguendoli come un cagnolino e venendo seguito a sua volta da un cagnolone.

-Felix si è proposto per levarselo, e ha estratto Mathi-

-COSA?!- esclamarono Mirren e Denny all’unisono.

-Che sfiga- aggiunsero insieme molto più sottovoce.

-Eh, lo so- Petra, roteò gli occhi e continuò a trascinare il fratello in camera.

Mirren non aveva più bisogno di molti incoraggiamenti, perché aveva tutta l’intenzione di origliare qualsiasi conversazione stessero avendo all’interno di quel (grazie al cielo molto spazioso) armadio stracolmo di abiti firmati.

-Se Bonnie viene a scoprire che abbiamo utilizzato il suo armadio ci ammazza- borbottò tra sé, pensando alla possessività della matrigna.

-Per questo non lo saprà mai. Amabelle, quanto manca ai piccioncini?- Petra si rivolse all’amica, che teneva il tempo con grande attenzione e sembrava la prima che avrebbe preferito che quella coppia non si fosse trovata.

-Tre minuti e diciotto secondi- rispose velocissima, battendo furiosamente con il piede come a velocizzare il tempo.

-Bene, abbiamo un po’ di tempo- Petra tirò un sospiro di sollievo e prese una birra.

Denny si avvicinò lentamente all’armadio cercando di ascoltare.

-Ah ah! È vietato origliare. Regola approvata quasi all’unanimità- lo ritirò Clover, afferrandolo per le spalle e trascinandolo indietro.

-Non stavo origliando. Volevo controllare che non fossero morti per mancanza d’aria- si giustificò Denny, a disagio.

-È più probabile che finiscano a Narnia. L’armadio di Bonnie è il più spazioso dell’universo- borbottò Petra, trangugiando la birra in un sorso.

-Strano che Amabelle l’abbia scelto, allora- commentò Diego, beccandosi un foglio di carta appallottolato dritto in faccia.

-Sbaglio o Amabelle adora tirare oggetti addosso alle persone?- commentò massaggiandosi in viso.

-Piccolo consiglio per il futuro: non sfidare mai Amabelle e Petra a frecciette, al Corona- gli suggerì Clover, divertita.

-Tempo scaduto, uscite immediatamente- Amabelle si alzò di scatto e iniziò a battere con forza contro l’armadio.

Mathi e Felix ne uscirono subito dopo.

-Bella chiacchierata- commentò Mathi con un gran sorriso.

-Dovremmo rifarlo, magari non dentro un armadio- rispose Felix, dandogli una pacca sulla spalla.

Mirren sentì un dolore al petto, ma fece finta di nulla, e prese un dolce, per fare qualcosa.

Prima di potersi nutrire, però, venne di nuovo preso per il polso da Petra.

-Io e Mirren siamo i prossimi- annunciò la ragazza, trascinandolo poi nell’armadio prima che potesse obiettare, posare il dolce, o assicurarsi che Amabelle avesse fatto partire il timer.

-Petra, perché tanta impazienza?- le chiese una volta che le porte si furono chiuse, mentre liberava il polso dalla stretta invadente e iniziava a mangiare il dolce evitando accuratamente di lasciare briciole.

-Mirren, ho fatto un casino, e devo parlarne con qualcuno- esordì Petra, mettendosi il più lontano possibile dal fratello per concedergli i suoi spazi.

-Cosa ha fatto Amabelle?- chiese Mirren, iniziando a preoccuparsi.

-Perché pensi che c’entri Amabelle?- Petra lo squadrò con sospetto.

-Perché tu sei una persona affidabile, e se combini un casino al 90% la colpa è di Amabelle. Cosa ha fatto?- spiegò Mirren, pratico.

-Grazie per la fiducia, ma questa volta il casino è colpa mia. Cioè, c’entra Amabelle, ma la colpa è mia, non sua… più o meno. Fifty fifty?- erano rare le volte in cui Petra perdeva la calma, e di solito se lo permetteva solo con il fratello. Mirren era davvero grato di essere riuscito a costruire un rapporto così stretto con la sorellastra. Le diede qualche pacca sulla testa.

-Su, abbiamo più di sei minuti. Raccontami tutto- la incoraggiò, preparandosi a offrirle il massimo supporto possibile, come si confaceva ad un bravo fratello maggiore, e finendo il dolce.

-Sono stata io a baciare Amabelle!- esordì Petra, a bassa voce ma chiaramente nel panico.

I buoni propositi di Mirren sparirono, e per poco non si strozzò con il cibo.

-Cosa?! E perché l’hai fatto?! Quindi è colpa tua se ora siamo rinchiusi qui!- la accusò, seccato, dopo essere sopravvissuto all’attacco di tosse.

-Mirren! Non dovresti offrirmi supporto e comprensione, almeno il giorno del mio compleanno?!- Petra gli puntò contro un dito accusatore, offesa dal suo comportamento.

Aveva ragione, ma Mirren era troppo sorpreso per mantenere la compostezza.

Cercò di farlo comunque.

-Va bene, ma perché l’hai baciata? Tu non baci la gente a caso! Tra te e Felix tutte le mie certezze stanno volando via- sospirò, sistemandosi nervosamente gli occhiali sul volto.

Petra gli lanciò un’occhiataccia.

-Non che importi. Continua pure- Mirren fece un metaforico passo indietro e incoraggiò la sorella a continuare.

-Dovevo confidarmi con qualcun altro- borbottò Petra, sospirando rassegnata.

-No, su, parla pure. Mi dispiace. Abbiamo ancora cinque minuti e mezzo- Mirren cercò di essere il più comprensivo possibile, e il miglior fratello maggiore che riuscisse ad essere.

Dopo preziosi secondi sprecati nel silenzio più totale, Petra infine cedette.

-Ho una cotta per Amabelle- ammise a voce così bassa che se non fossero stati nello stesso armadio Mirren non sarebbe mai riuscito a sentirla.

E fu comunque convinto di aver capito male.

-Cosa?- chiese, avvicinandosi leggermente nella speranza di sentire una spiegazione molto più ragionevole.

-Ho una cotta per Amabelle!- insistette Petra, scandendo ogni parola pur restando il più silenziosa possibile.

Mirren sbatté gli occhi un paio di volte, cercando di immagazzinare l’informazione.

Petra, sua sorella, aveva una cotta per Amabelle, l’amica matta del gruppo. Una cotta. Romantica. Petra per Amabelle…

-Perché?- si ritrovò a chiedere, senza sapere perché ma troppo confuso e sorpreso per pensare a qualsiasi altra cosa.

-Perché tu rifiuti tutte le avanches di Felix? Davvero mi chiedi il perché, Mirren?!- Petra iniziò a spazientirsi, e non aveva tutti i torti. 

-Questo è un colpo basso- si lamentò debolmente Mirren, ancora sconvolto dalla confessione della sorella.

-Il colpo basso me lo stai dando tu trattandomi così mentre apro il mio cuore e confesso un segreto che mi tengo dentro credo da anni- si indignò Petra, con voce leggermente spezzata.

Mirren si sentì davvero in colpa.

-Credi da anni?!- la sorpresa però era più forte e non faceva che crescere.

-I sentimenti sono complicati, okay?! Soprattutto quelli per i migliori amici. Vuoi solo giudicarmi o vuoi darmi una mano nei quattro minuti rimanenti?- Petra gli prese i lembi della camicia, parlandogli chiaro.

-Scusa, hai ragione, mi dispiace. Sono solo molto sorpreso. Non mi aspettavo che ti potesse piacere una come Amabelle. Fammi capire bene: hai una cotta per questa ragazza da forse anni, l’hai baciata e ora non sai che fare?- Mirren cercò di recuperare una parvenza di dignità e spirito fraterno, e ricapitolò i fatti nella speranza che acquistassero senso nella sua mente. Sembrarono solo confonderla ulteriormente perché gli sembrava quasi di ricapitolare i propri problemi, e non quelli della sorella.

-Sì, vedi che quando ti impegni ti applichi?- lo prese in giro Petra.

-E sei venuta a chiedere consiglio a me perché…?- Mirren era davvero l’ultima persona a cui chiedere una cosa del genere.

-Inizio a chiedermelo anche io, in realtà. Ugh…- Petra si prese il volto tra le mani -Senti, so che Amabelle non mi ricambierà mai, e non voglio rovinare la nostra amicizia, per questo non l’ho mai detto a nessuno e ho sperato che la cotta andasse via, ma non fa che aumentare. Penso spesso a lei, stiamo passando sempre più tempo insieme. Mirren, ho iniziato la peggiore soap opera dell’universo solo perché la sta guardando lei e mi ci sto anche appassionando!!- Petra sembrava scandalizzata da sé stessa.

-Cavolo. Sembra una situazione tremenda- ammise Mirren, cercando di non pensare a quando fosse familiare.

-Mirren, ho veramente bisogno di un consiglio da fratello maggiore saggio. Ti prego, aiutami- il tono di Petra era sincero, i suoi occhi lucidi, e il labbro tremante.

Mirren non l’aveva mai vista così vulnerabile, e avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di aiutarla.

Il problema era che non sapeva proprio cosa consigliarle.

Ci pensò con attenzione, nel silenzio che iniziava quasi a farsi soffocante dell’armadio di Bonnie.

-Io credo che tu debba fare ciò che ti fa stare meglio- disse infine.

-In che senso?- indagò Petra, poco convinta ma dando al fratello il beneficio del dubbio.

-Questa faccenda ti sta agitando molto, si vede. Devi cercare di capire cosa ti agita così tanto, se i tuoi sentimenti, il timore che vengano scoperti, la paura che non siano ricambiati o qualcos’altro. E una volta scoperto ciò che temi di più, devi agire affinché il tuo timore non si realizzi. E cercare prima di tutto la tua serenità e felicità- provò a spiegarle Mirren, cercando le parole più giuste.

Ancora una volta stava dando un consiglio che lui per primo non seguiva, ma bisognava ammettere che era convinto al cento per cento di farlo.

Petra ci pensò un po’ su, poi accennò un sorriso.

-Grazie, Mirr. Ci hai messo un po’, ma non mi hai fatto pentire di aver chiesto a te- gli diede un colpetto amichevole sul braccio.

-Petra, io ci tengo davvero ad essere un buon fratello, per te- Mirren ricambiò il colpetto affettuoso.

Petra allargò il sorriso -Lo so. La nostra è una situazione strana ma facciamo del nostro meglio. Posso abbracciarti?- chiese, timorosa.

Mirren si irrigidì leggermente, ma si impose di mettere da parte le sue barriere psicologiche e fisiche.

Quella era sua sorella, era una delle persone a cui teneva di più al mondo e voleva darle tutto il supporto possibile.

-Certo- annuì, aprendo le braccia e permettendole di entrare oltre le sue mura.

Solo lei e Felix ne avevano avuto il privilegio.

Anche se erano secoli che non abbracciava Felix in questo modo.

Si ritrovò a sospirare.

-Sei hai bisogno anche tu di sfogarti puoi sempre parlarne con me- si propose Petra.

Mirren si era autoimposto di non farlo, ma dentro quel buio e confidenziale armadio, sentiva di poter parlare di qualsiasi cosa.

Purtroppo, prima che potesse aprire bocca, qualcuno bussò alla porta.

-Tempo scaduto, ragazzi. Apriamo la porta- arrivò chiara la voce di Amabelle.

Mirren si affrettò a sciogliere l’abbraccio e fingere che non avessero avuto un momento di complicità fraterna.

-È stato noioso. Ma sono felice di essermi tolta il mio turno- borbottò Petra tornando la solita fredda e indifferente.

-Può sempre estrarti qualcuno, sai- Amabelle la spinse giocosamente -Allora, chi è il prossimo?- chiese poi, indicando una ciotola con dei bigliettini al centro.

Mirren non si seppe spiegare da dove gli venne il coraggio, ma il commento della sorella l’aveva fatto riflettere. 

Doveva necessariamente scegliere un nome, prima o poi, giusto? Tanto valeva sceglierlo subito.

-Vado io- si offrì, avvicinandosi ad Amabelle.

-Tu?!- Amabelle lo guardò come se fosse venuto dallo spazio.

-Così me lo tolgo- rispose Mirren ovvio, prendendo un biglietto e pregando con tutto il cuore che non gli uscissero né Felix né Mathi.

-Anche Mirren segue la strategia Felix- commentò il diretto interessato, con un bicchiere di birra in mano e le guance rosse.

No, okay, tutti, tutti quanti, tranne Felix.

Mirren aprì il biglietto con grande speranza, e per poco non cacciò fuori una parolaccia.

Fu seriamente tentato di ripiegarlo e ributtarlo inventandosi che era uscita Petra, ma Amabelle si sporse oltre la sua spalla e controllò il nome prima che potesse attuare il suo piano.

-Ride bene chi ride ultimo, Felix. Perché ha estratto il tuo nome- ridacchiò la ragazza, prendendo in giro l’amico.

-Mi appello al mio terzo posto al gioco della bottiglia per rifiutarmi- cercò di ritirarsi Felix, ma Amabelle non aveva intenzione di lasciar correre.

-No! Tutti devono partecipare con chiunque. Abbiamo già messo molte regole per aiutare chi si imbarazza- la ragazza prese Felix per un braccio e lo spinse violentemente verso l’armadio.

MIrren esitò.

-Amabelle…- provò a inventarsi una scusa qualsiasi per convincerla a lasciar perdere, ma l’espressione della ragazza era irremovibile.

Alla fine si arrese al fatto che ignorare il proprio migliore amico non lo avrebbe aiutato a restare suo amico, ed entrò nell’armadio.

-Sette minuti a partire da ora!- sentì Amabelle cominciare il timer, e cercò di ignorare quanto vicini lui e Felix fossero.

Passarono almeno un minuto fermi nel silenzio imbarazzante.

Alla fine, mentre Mirren cercava di racimolare le forze per rompere il silenzio, ci pensò Felix a farlo per lui.

-Dobbiamo parlare, Mirr- esordì, in tono serio.

-Concordo- gli diede ragione l’amico, senza però prendere la parola ma sperando che fosse Felix a cominciare.

Felix sbuffò.

-Io scherzavo, sabato- gli fece quindi presente, incrociando le braccia.

Mirren sospirò.

Quindi era di quello che avrebbero parlato. Bene, dai. Meglio rispetto al bacio.

-Ho esagerato- ammise, abbassando lo sguardo -Ma fanno tutti sempre supposizioni e alla lunga mi sono stancato- tentò di giustificarsi poi.

-Ho fatto le virgolette con le dita!- insistette Felix, imitando il gesto.

-Beh, io non le ho viste- 

-Hai creato un dramma da uno stupido scherzo!- 

-Se smettessi di scherzare su argomenti delicati magari non si creerebbero drammi- 

-Ah, quindi è colpa mia adesso?- 

-La colpa è di entrambi, l’abbiamo ammessa, perché non continuiamo come se nulla fosse?-

-No!- Felix sbatté il pugno contro l’anta dell’armadio.

-Guarda che se rovini l’armadio Bonnie ci ammazza!- lo mise in guardia Mirren.

-Scusa… no, aspetta! Nessuna scusa. Sono arrabbiato, Mirren!- Felix strinse i pugni, ma non urtò nuovamente l’armadio. Bene, era molto… aspetta, cosa?!

-Sei… arrabbiato?- Mirren era sorpreso. Felix non si era probabilmente mai arrabbiato con lui. Seccato, un po’ irritato, ma mai arrabbiato.

In quel momento, l’espressione di Felix che Mirren scorgeva tra le ombre dell’armadio, era del tutto estranea, a lui: una maschera di ferro con occhi freddi e duri e sopracciglia  aggrottate.

-Sì, Mirren, sono arrabbiato! Sono davvero arrabbiato con te. Perché se fossi davvero mio amico non mi faresti sentire uno schifo ogni volta che provo a fare l’amico, a scherzare, e a divertirci insieme come sempre. Ormai mi sembra di dover misurare ogni parola e ogni gesto davanti a te, ed è estenuante. Vorrei soltanto ritornare a scherzare e passare del tempo insieme come prima, ma lo rendi impossibile!- Felix iniziò a sfogare la sua frustrazione, e ad ogni parola, il cuore di Mirren sembrava sprofondare sempre di più nel petto.

Aveva ragione. Aveva completamente ragione.

Era stato così occupato ad allontanare ogni possibile interazione romantica con Felix che aveva completamente ignorato i suoi doveri da amico, e più il ragazzo glielo faceva notare, e si avvicinava a lui per rendere sempre più chiaro il concetto, più Mirren si rendeva conto di quanto maledettamente gli fosse mancato.

E alla fine, fu come se qualcosa dentro di lui si sbloccasse.

E senza riuscire a controllare le sue azioni, cinse l’amico in un abbraccio.

-Mi dispiace, Felix!- esclamò, con voce spezzata.

Felix rimase immobile e muto per qualche secondo, incredulo.

Poi, lentamente, ricambiò l’abbraccio che da tempo bramava, e che non aveva mai ricevuto.

Un genuino abbraccio dal proprio migliore amico, senza che venisse richiesto o programmato.

E scoppiò a piangere, spezzando maggiormente il cuore di Mirren.

-Felix, mi dispiace un sacco. Hai ragione. Cavolo, sono stato davvero un idiota!- ammise Mirren, stringendolo e sperando di riuscire a calmarlo.

-Non sei un idiota, sei solo terribile con i rapporti umani- commentò Felix, asciugandosi le lacrime sulla sua camicia e facendo ridacchiare Mirren.

-E tu non sei granché nel mantenere la serietà- lo accusò quest’ultimo, felice che la tensione si fosse spezzata così in fretta.

-Siamo la peggiore accoppiata del mondo- ammise Felix, aggrappandosi a lui e iniziando a respirare profondamente per calmarsi.

-O la migliore… Felix, seriamente. Io non ho mai avuto intenzione di ferirti, o evitarti, o rendere le cose ambigue, tra noi. Mi manchi anche tu, un sacco, e ho riversato i miei problemi su di te. Non avrei mai dovuto permettere che minassero la nostra amicizia- Mirren sciolse l’abbraccio e mise le mani sulle spalle dell’amico, guardandolo dritto negli occhi.

-Grazie, Mirr. Avevo davvero bisogno di sentirlo- il sorriso di Felix illuminò l’armadio buio, e il cuore di Mirren trovò la pace, finalmente.

-Felix, ti andrebbe di venire a studiare da me martedì pomeriggio?- propose, con naturalezza, convinto che tutto fosse finalmente tornato alla normalità.

-Intendi domani?- Felix piegò la testa, confuso.

-No, il prossimo. Domani mi sono preso la mattina per via di questa festa- spiegò Mirren.

-Beh, mi farebbe molto piacere. Ormai manca pochissimo alla discussione della tesi e temo di essere ancora in alto mare- Felix iniziò a mordersi le unghie, nervoso.

-Ti posso aiutare. Se ti mi aiuti con la scuola guida- si propose Mirren.

-Ovviamente- 

Ormai, dopo tutte quelle confessioni, lacrime e pause, sicuramente mancavano solo pochi secondi.

Mirren non credeva che le cose sarebbero cambiate, fuori dall’armadio, ma non voleva rischiare, e disse l’ultima cosa che aveva il disperato bisogno di ammettere.

-Ti voglio bene, Felix- 

-Ti voglio bene anche io- Felix sembrava quasi commosso.

-Bene, ragazzi, tempo scaduto, purtroppo- con un grande tempismo, Amabelle bussò alla porta.

Mirren non aveva bisogno di altro.

 

A Diego la situazione iniziava a farsi stretta. Dopo il New Malfair Comic & Games aveva iniziato a chiedersi se valesse davvero la pena fingere di essere il ragazzo di Clover solo per ottenere la casetta. Non che Clover fosse una cattiva persona, ma la situazione si faceva ogni giorno più assurda, e il ragazzo non riusciva ancora a superare il fatto di averla vista malmenare un tipo il doppio di lei con tale semplicità.

E non sapeva ancora come si sentiva al riguardo, anche se il suo istinto primordiale gli suggeriva di allontanarsi il più possibile da lei per non subire la stessa sorte.

Stava cercando, comunque, di fare come se niente fosse, ed era certo di starci riuscendo. Un appuntamento a settimana (che di solito era la serata film da Max), pranzavano insieme dopo le lezioni (in mezzo a metà della Corona Crew) e si scrivevano dei messaggi teneri per evitare che qualche investigatore privato hacker scoprisse che era tutta una farsa.

Diego era convinto di essere perfettamente naturale.

Anche se avrebbe volentieri evitato di finire nell’armadio con la sua finta fidanzata se possibile.

Purtroppo si ritrovò ad estrarre proprio il suo nome.

-Ullallà, finalmente una bella coppia!- esclamò Amabelle soddisfatta, guardando il bigliettino.

-Mi diverte il fatto che ci tratti come se non stessimo già ufficialmente insieme- commentò Clover, divertita, prendendo Diego per un braccio e trascinandolo dentro l’armadio con fare civettuolo.

Diego provò a ridacchiare e la fece fare.

-7 minuti, piccioncini poco affettuosi- li informò Amabelle, chiudendo la porta.

Una volta al sicuro da occhi indiscreti, Clover si allontanò da Diego, e si mise ad una estremità dell’armadio.

-Allora, fingiamo qualche suono sconcio per salvare il nostro alibi?- propose Diego, incrociando le braccia e facendo altrettanto, senza guardarla negli occhi.

-Sono davvero felice che hai fatto uscire il mio nome, perché volevo davvero parlarti evitando che tu scappassi- cominciò Clover, con tono inquietante.

Diego la guardò confuso.

-Come? Chi scappa?- chiese, senza capire a cosa si riferisse.

O meglio, poteva immaginarlo, ma non aveva senso. Era stato molto discreto, era impossibile che Clover si fosse accorta che fosse molto a disagio con lei, ultimamente.

-Tu, da me, dalla fiera. E in circostanze normali non mi potrebbe importare meno, ma siamo in una relazione d’affari piuttosto importante, al momento, quindi dobbiamo essere onesti e parlarne, prima che si accorgano tutti che invece di amarmi mi detesti caldamente- Clover non aveva tempo per giri di parole o timidezza. Lei era una donna del fare, parlare, e fregarsene delle conseguenze.

Su questo Diego doveva ammettere che era ammirevole, ma per niente equilibrata.

-Non ti detesto, sono solo un po’ a disagio- ammise Diego, battendo gli indici tra loro ma fermandosi subito perché sapeva che era uno dei suoi gesti inconsci.

Lo sguardo di Clover gli fece capire che nonostante il buio l’aveva notato.

-Parliamone, risolviamo, e chiudiamo la questione, prima che rovini tutto- fece però finta di nulla e andò dritta al sodo.

-Sono ancora un po’ turbato dalla tua aggressione al tipo, va bene?- ammise Diego, sentendosi un po’ stupido.

Clover alzò gli occhi al cielo.

Fece un profondo respiro, prima di continuare, cercando di mantenere la calma.

Era evidente però che volesse alzare i toni e difendersi a spada tratta.

-Va bene. Non capisco perché tu sia così turbato, ma facciamo finta che sia normale…- cominciò a venirgli incontro.

-È normale, Clover. Hai aggredito un tipo che, okay, aveva fatto commenti razzisti e maschilisti, ma alla fin fine non aveva fatto nulla di male- iniziò a spiegarsi Diego.

-Mi pare che commenti razzisti e sessisti siano “male”, quasi per definizione. Posso ammettere che avrei potuto evitare, ma, mi dispiace, non me ne pento. E quando eri piccolo mi sembrava che tu non fossi contrario ai miei metodi- gli ricordò Clover.

-Eravamo sulla via dei bulletti, da piccoli- le fece notare Diego.

-La ricordiamo in modo diverso. Tu eri bullizzato, poi sono arrivata io e ti ho aiutato. E a cinque anni è difficile aiutare qualcuno con metodi oratori- Clover stava lentamente perdendo la pazienza di cui era parecchio sprovvista.

-Pensavo che adesso di anni ne avessi ventiquattro- Diego però non aveva intenzione di lasciar correre.

-Non gli ho neanche fatto male. Se l’avessi mandato in ospedale capirei il tuo turbamento. Ma l’unica cosa che gli ho spezzato è la dignità- Clover sembrava davvero soddisfatta del suo operato.

-Solo perché sei forte non sei autorizzata ad utilizzare la violenza quando ti pare- Diego però era ancora poco convinto.

Clover perse il sorrisetto.

-Io non uso la violenza quando mi pare. Ma solo ed esclusivamente per autodifesa- si difese.

-Quella non è stata autodifesa- 

-Hai ragione, difendevo tua sorella. Perché diamine te la prendi tanto?!- 

-Perché ora Juanita si è messa in testa che vuole fare karate, e non mi piace affatto!- 

-Era Judo- lo corresse Clover.

Diego era incredulo.

-Non è questo il punto- le fece notare.

-Sì, lo so. Comunque ci sono rimasti cinque minuti per concludere la questione, e credo sia arrivato il momento di raccontare una piccola storia- Clover si lisciò i capelli e assunse il tono di chi sta parlando ad un bambino piccolo.

-Non trattarmi con condiscendenza- si lamentò Diego, seccato.

-C’era una volta una bambina speciale…- Clover non ascoltò le sue obiezioni e iniziò a raccontare.

-Non so se cinque minuti basteranno- le fece notare Diego, preparandosi suo malgrado alla storiella.

-Se mi interrompi no! Comunque… questa bambina aveva un padre davvero tremendo. E ha imparato fin da piccola a riconoscere lo schifo della società e i segnali che confermavano o negavano tale schifo- Clover continuò la storiella.

-Chissà chi è questa bambina…- commentò Diego alzando gli occhi al cielo.

Clover gli lanciò un’occhiataccia ma non fece altri commenti.

-Quando questa bambina è cresciuta ed è diventata una bellissima e affascinante donna, il suo talento si è raffinato, e ha imparato ad intuire se la persona che le si para davanti è un Jack lo squartatore o un Max- 

Diego non trattenne un sorrisino.

-Quindi ha iniziato ad agire di conseguenza usando le sue abilità fisiche fuori dal normale per anticipare eventuali mosse predatorie e inappropriate, prendendo così di sorpresa l’avversario ed evitando il peggio- Clover chiuse le mani -Fine- concluse con un sorriso.

Diego non era per niente impressionato.

-Si vede che sei una scrittrice, ma non mi hai convinto. Quel tipo era un idiota, ma non gli hai insegnato nulla picchiandolo. Semmai adesso sarà ancora peggio nei confronti delle donne- ribatté.

Clover sbuffò.

-Va bene, non volevo arrivare a questo ma non mi lasci altra scelta- la ragazza armeggiò nella tasca del pantalone attillato che le stava d’incanto (Diego non ti distrarre) e tirò fuori un telefono.

-Aspetta, Amabelle ci ha impedito di portare i telefoni nell’armadio, com’è che ce l’hai?- chiese Diego, sorpreso.

-È il mio secondo telefono, che nessuno sa che possiedo, per evitare mio padre. Lo uso per tenere i file più importanti. Guarda qui- Clover aprì un documento e lo portò all’attenzione di Diego.

Appena vide cosa conteneva, il ragazzo sbarrò gli occhi e indietreggiò fino ad andare a sbattere contro il muro dell’armadio.

-Clover ma che cavolo?!- si lamentò, guardando la finta ragazza, che stava seriamente considerando di mollare, come se fosse pazza.

-Sapevo che mi avresti fatto storie, quindi ho chiesto a Mathi di farmi qualche ricerca sul tipo che ho malmenato, e questi sono i risultati. Se ti scandalizzano vai pure a lamentarti pacatamente con lui, ma poi non ti lamentare se in ospedale ci finisci tu- Clover gli avvicinò il telefono con sadico divertimento, e Diego distolse lo sguardo.

Il tipo in questione aveva parecchie accuse di molestie, risse e soprattutto cyberbullismo. I suoi social, soprattutto il suo profilo dating, erano un campo minato di disgusto.

Diego si sentì una persona orribile solo ad averlo in un certo senso difeso. Ma non voleva darla vinta a Clover.

-Non lo sapevi- provò ad obiettare debolmente.

-Per questo ho raccontato la storiella. Quel tipo mi dava delle brutte vibrazioni. In realtà l’avrei semplicemente ignorato se non se la fosse presa con tua sorella- il tono di Clover si fece più serio, e intascò il telefono.

-Senti, Diego… in parte capisco la tua preoccupazione. Hai paura per la tua famiglia e temi possa essere una cattiva influenza o un pericolo- aggiunse poi, torturandosi il lembo del vestito.

Diego avrebbe obiettato con forza, ma purtroppo Clover aveva centrato il punto inconscio del suo turbamento.

Si limitò quindi a sospirare e abbassare lo sguardo.

-Ti prometto che cercherò di regolarmi prossimamente, almeno davanti a te. E userò le mie pazzesche tecniche di judo solo se sarà decisamente necessario- Clover si fece una croce sul cuore, come facevano da piccoli.

Diego non trattenne una risatina.

-Ho esagerato. So che non sei violenta o pericolosa. È solo che è la prima volta che mi ritrovo a vivere un’esperienza così. Sono troppo normale per incontrare molestatori pazzi che fanno risse e inviano quelle cose alle persone nei siti d’incontri. Mi sembra una situazione uscita da una fanfiction da quattro soldi- cercò di giustificare la sua paranoia.

-La mia vita è una fanfiction da quattro soldi. Una fanfiction di pessima qualità se posso permettermi, e piena di cliché ridicoli- commentò Clover, procurandosi un altro brufolo sul mento -E poi sei un ragazzo. Lungi da me essere sessista, ma oggettivamente per voi maschi è un po’ più facile evitare brutte situazioni- aggiunse poi, in tono leggero.

Diego non le dava tutti i torti. Sospirò, e rimase in silenzio qualche secondo per elaborare le informazioni ricevute e metterle in confronto con tutto quello che aveva scoperto sulla nuova Clover in quei mesi di conoscenza.

Era gentile nei confronti dei suoi amici, paziente con i bambini. Sarcastica e spesso molto rude ma per questo senza peli sulla lingua. Una risolutrice che non aveva paura di niente. 

Per certi versi non era cambiata per niente.

Ma allo stesso tempo, l’evoluzione di alcuni suoi comportamenti infantili era pericolosa. Aveva costruito attorno a sé una corazza che difendeva a spada tratta, e sebbene avesse spesso dimostrato grande maturità, il suo istinto spesso aveva la meglio. E non era sempre un buon istinto.

Ma Diego non era nessuno per giudicarla o allontanarla. 

Anzi, avrebbe dovuto aiutarla e cercare di comprendere meglio cosa fosse successo nella sua vita per spingerla ad essere sempre così all’erta.

Sorrise, il più sinceramente possibile.

-Hai ragione. Grazie per aver difeso me e mia sorella da quel bullo. Non dovevo sollevare un tale polverone per un gesto altruista- Diego le porse la mano per fare pace, e Clover gliela strinse, soddisfatta.

-Piacere, sono Clover, siamo tornati amici?- chiese, con un sorriso ottimista.

Diego non seppe da dove le venisse tutta questa disponibilità, ma decise di ricambiare.

-Piacere, sono Diego. E sì, siamo tornati amici- acconsentì, sorridendo a sua volta.

-Ottimo! Perché nel minuto che ci rimane qui dentro devo informarti di un impegno nell’immediato futuro- Clover tornò nel suo tono irritante, e Diego ritirò la mano, congelando il sorriso.

-Cosa?- chiese, preoccupato, iniziando a capire perché Clover avesse deciso di sistemare le cose tra loro. Aveva fretta di averlo dalla sua parte per l’evento in programma. Non ne fu eccessivamente sorpreso.

-Mio padre ha scoperto della relazione, non che glielo abbia tenuto nascosto, e ti ha invitato a cena questo sabato- Clover tirò fuori da un’altra tasca un rossetto e iniziò a spargerlo su un foglio di carta.

-Cosa?!- esclamò Diego, sorpreso, e impallidendo.

Sapeva che prima o poi sarebbe stato invitato a casa Paik, ma non si aspettava così presto, e con così poco preavviso.

-Me lo ha riferito ieri sera e mi è sembrato meglio dirtelo di persona. Ho provato a dirgli che questo weekend sarai dalla tua famiglia ma non ha voluto sentir ragioni. Aloe e Blossom tornano a casa questo weekend, quindi preparati ad essere esaminato dalla famiglia al completo- con un sorriso incoraggiante, Clover iniziò a macchiare Diego con la carta sporca di rossetto, per dare l’idea che lo avesse baciato in quei sette minuti.

Lui la lasciò fare, troppo sconvolto per ribellarsi.

-Questo dovrebbe rassicurarmi?- chiese, preoccupato.

-No- Clover alzò le spalle, e intascò la carta sporca mentre spettinava i propri capelli e quelli di Diego -Ma tanto il tuo scopo è essere il peggior ragazzo possibile, quindi sii te stesso e non ci pensare- gli fece un occhiolino, sbavando il proprio rossetto.

-Ehi!- provò a lamentarsi Diego, ma prima che potesse ricambiare con qualche insulto mirato, Amabelle batté sulla porta dell’armadio.

-Tempo scaduto, possiamo aprire?- li avvertì, in tono malizioso.

-Un secondo, Diego abbottonati la camicia- Clover cercò di rendere credibile la loro pagliacciata, sbottonando i primi bottoni della camicia di Diego, che cercò di rimetterli in ordine.

Amabelle aprì la porta con il telefono pronto a fare foto, e li beccò in un momento che chiunque avrebbe osato definire compromettente.

Soprattutto per Diego, con tutte le macchie di rossetto e la camicia mezza aperta.

-Ti odio- sussurrò all’orecchio di Clover, facendola ridacchiare.

-Ti adoro anche io, Diego- rispose lei a voce più alta, facendosi sentire almeno da Amabelle, che ghignò soddisfatta.

Perché quelle parole così false avevano fatto battere furiosamente il cuore di Diego?

 

Amabelle era rimasta l’ultima in gioco, e ormai la serata stava per concludersi. Dopo il suo turno, finalmente avrebbero aperto i regali e spento le candeline della torta, e poi tutti sarebbero tornati a casa.

Amabelle non voleva che quella serata finisse mai.

Ed era felicissima di aver estratto il nome di Petra perché il principale motivo per cui era così felice era che festeggiavano la sua esistenza e Amabelle adorava Petra, e stare con Petra, e parlare con Petra.

-Finalmente il gioco è finito, non vedo l’ora di tagliare la torta e aprire i regali. Sono sicura che Mirren mi abbia preso un nuovo kit da campeggio- Petra si rilassò nell’armadio, sbadigliando sonoramente.

-Sì! Voleva prenderti un nuovo telescopio ma l’ho battuto sul tempo- Amabelle ridacchiò, battendo le mani soddisfatta.

Petra la guardò divertita.

-Grazie per lo spoiler. Sei ubriaca?- chiese, squadrandola con attenzione.

-Chi? Io? Nooooo! Ma che dici?!- negò Amabelle, per poi ridere di nuovo -In realtà sono super brilla ma non dirlo a Petra- disse poi, rivolta verso uno dei vestiti più chic di Bonnie.

-Ti prego non vomitare qui dentro o dovrò usare il regalo di Mirren per scappare e iniziare a vivere nei boschi- le chiese Petra, avvicinandosi e preparandosi a buttarla fuori dall’armadio nel caso si fosse arrivati a tanto.

-Tray, posso chiederti una cosa?- Amabelle approfittò della vicinanza per gettare le braccia al collo di Petra e stringerla a sé. Adorava il modo in cui si sentiva quando le stava accanto. Sentiva centinaia di piacevoli farfalle nello stomaco.

-Uh… sì, certo- Petra si irrigidì leggermente, ma non la spinse via.

-La festa ti è piaciuta? Ho paura di averti dato fastidio nell’usarla per unire le coppie, ma ho messo tutti i tuoi cibi preferiti, e ho tolto di mezzo Bonnie, e poi so che preferisci stare a casa così da non dover tornare dopo la festa- spiegò Amabelle, abbracciando stretta l’amica.

-Quanto sei cara. La festa mi è piaciuta, davvero tanto- la rassicurò Petra, un po’ incerta.

Amabelle si staccò per fissarla dritta negli occhi, anche se i loro tredici centimetri di differenza lo rendevano un po’ difficile.

-Sicura, non sembri convinta. Oh, no! Ho rovinato tutto?- chiese Amabelle, preoccupata, e iniziando già a prepararsi a piangere.

-No, no!- Petra si affrettò a rassicurarla. Le emozioni di Amabelle raddoppiavano di intensità quando era ubriaca -Non ho il migliore dei rapporti con il mio compleanno, ma mi fa molto piacere passarlo con tutti voi, e poi mi sono divertita, davvero-

-Dovresti amare il tuo compleanno- le suggerì Amabelle.

-È un po’ difficile quando non sai se saresti dovuta nascere- sussurrò Petra, abbassando la testa.

-Non pensarlo neanche! Tu sei la persona più incredibile del mondo! Questo giorno serve a ricordartelo, e a celebrare la nascita della futura leader mondiale più giusta dell’universo- Amabelle prese Petra per le spalle e iniziò ad agitarla dicendo cose a caso che non avevano del tutto senso.

Petra accennò una risata, ma era chiaro che non credesse ad una sola parola.

-Sul serio! Tu sei fantastica, ti amo da impazzire, e non permetto a nessuno di parlare male di te, neanche a te stessa- insistette la ragazza, decisa, quasi arrabbiata.

-Amabelle…- provò ad obiettare Petra, ma le parole le morirono in gola. Era arrossita parecchio, ed evitava lo sguardo dell’amica.

-Devo elencare i motivi per cui sei la persona migliore del mondo? Va bene. Allora…- Amabelle si sgranchì la voce, e si allontanò leggermente per iniziare a segnare ogni punto sulle dita delle sue mani.

-Ames, non c’è bisogno- provò a scoraggiarla Petra, sempre più imbarazzata.

-Sei forte, determinata, onesta, giusta, gentile, affidabile, divertente, attenta, discreta, leale, sincera, gentile, bella da far paura, intelligente, svelta, interessante…- Amabelle iniziò a snocciolare complimenti, e quando ormai non ce la faceva più, Petra le mise le mani sulla bocca.

-Okay, ho capito, non serve fare un elenco- provò a fermarla.

-Va bene, va bene- Amabelle tolse le mani dell’amica dalla bocca e le tenne tra le proprie -Ma fammi dire almeno un’ultima cosa: sei la persona che preferisco al mondo, la mia migliore amica. E non oso immaginare la mia vita senza di te- concluse, stringendole le mani.

-Anche per me, Amabelle- sussurrò Petra, un po’ tra sé ma facendosi comunque sentire chiaramente.

Sembrò cercare il coraggio di ammettere qualcosa, ma prima che potesse far uscire le parole, Amabelle parlò per prima.

-Ora che ci penso, tu mi rendi proprio una persona migliore. Praticamente siamo lo yin e lo yang. Ci completiamo fantasticamente. Se avessi un’anima gemella da qualche parte penso che saresti tu. Sei l’unica persona che riesce a farmi fare un passo indietro quando esagero, che mi rassicura senza difficoltà quando sono giù di morale, e che mi sostiene in tutto ciò che è ragionevole. Cavolo, Petra. Sei davvero fantastica!- esclamò, rendendosi conto solo in quel momento di quanto pazzesca fosse la sua migliore amica.

-Amabelle, tu vuoi uccidermi?!- chiese Petra, quasi tra sé, ritirando le mani e coprendosi il volto per l’imbarazzo.

-Perché?- Amabelle piegò la testa, e si avvicinò per guardarla meglio.

E fu come se la vedesse per la prima volta.

Appariva vulnerabile, imbarazzata, bellissima.

Il cuore di Amabelle iniziò a battere furiosamente. 

Ripensò al bacio di poche ore prima, e a quello di San Valentino.

E per un attimo le mancò l’aria nei polmoni, mentre si rendeva conto che avrebbe voluto rifarlo almeno altre mille volte.

Sgranò gli occhi, e si allontanò leggermente.

-Amabelle…- cominciò a dire Petra, ma un battere alla porta dell’armadio la fermò, e fece sobbalzare entrambe.

-Tempo scaduto. È ora della torta- annunciò Clover, impaziente.

-Oh, certo. Ottimo, finalmente!- Petra accolse con piacere il cambio di argomento, e uscì dall’armadio in tutta fretta, con tono un po’ troppo acuto.

Amabelle la seguì titubante, e molto turbata. Era ancora rossa come un peperone, e non aveva la più pallida idea di cosa fare, al momento.

-Tutto bene, Amabelle?- le chiese Denny, un po’ preoccupato.

Amabelle annuì, ma sapeva di mentire.

Non stava affatto bene. Non era uscita solo fisicamente, dall’armadio, ma anche metaforicamente. 

Perché si era appena resa conto di avere una gigantesca, megagalattica cotta per Petra.

E non aveva la più pallida idea di cosa fare al riguardo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Questo capitolo è stato difficile da scrivere, ma anche molto divertente.

Non avevo molte idee su come svilupparlo, solo una base, ma mi piace molto il risultato finale, soprattutto la parte del gioco della bottiglia.

Avrei anche voluto metterci un “non ho mai”, ma sarebbe uscito troppo lungo.

E poi sono già parecchio in ritardo.

A dire il vero il ritardo è dovuto solo in parte alla mia difficoltà con il capitolo. Mi sono concentrata su altro anche perché ho notato che l’ultimo capitolo ha ricevuto solo la metà delle visite solite, quindi ho deciso di dare un po’ di tempo a chi non l’ha letto di recuperarlo, prima di aggiornare.

Comunque volevo annunciare che siccome adesso inizieranno nuove lezioni e devo dare almeno cinque esami questo semestre (dubito di farcela ma ci devo provare), ritiro il mio aggiornamento settimanale. 

Proverò comunque a mantenere la media del giovedì, o comunque un aggiornamento a settimana a giorni casuali, ma andrò più verso il “appena il capitolo è finito lo pubblico” senza affrettarmi per finire capitoli o far uscire speciali.

Comunque gli extra continueranno ad uscire ogni tanto.

Conclusi gli annunci, passiamo al capitolo.

Principalmente dedicato ad Amabelle e Petra, hanno finalmente raggiunto un piccolo punto di svolta.

Riusciranno a confessare i rispettivi sentimenti, prima o poi?

Anche Mathi e Denny hanno avuto qualche attrito.

Ma almeno la Ferren e la Clogo si sono chiarite nell’armadio.

Durerà?

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Mathi e Denny lavorano sul laboratorio da fare insieme. Diego deve affrontare la famiglia Paik alla cena più fredda di sempre.

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Capitolo 21
*** Invito a cena con probabile delitto ***


Invito a cena con probabile delitto

 

Giovedì 16 Maggio 

La situazione era davvero fredda a lezione di Sociologia della comunicazione.

A dire il vero la situazione era fredda da lunedì sera, ma solo ora, a Sociologia della comunicazione, era diventata decisamente evidente.

Almeno per Mathi, che aveva passato l’intera prima parte della lezione a lanciare occhiate preoccupate in direzione di Denny, che prendeva appunti quasi con violenza, e aveva bucato la carta del quaderno in tre punti diversi.

Fu solo durante la pausa che si decise a provare a parlargli.

-Allora, Dan…- iniziò, senza sapere minimamente cosa dirgli.

Denny si girò verso di lui e lo guardò con freddezza, facendolo ritirare leggermente. Non disse una parola, e rimase a fissarlo in attesa.

-Uh… volevo chiederti…- Mathi cercò di trovare un argomento di conversazione, ma da qualche giorno la situazione tra di loro si era fatta decisamente imbarazzante e distante.

Denny scosse leggermente la testa e tornò ai suoi appunti, capendo che probabilmente Mathi non aveva nulla da dire, ma lui non si diede per vinto.

-Ah, il laboratorio!- trovò infine l’argomento, soddisfatto.

-Mh- Denny alzò le spalle, incoraggiandolo a continuare.

-Allora… hai qualche idea?- chiese, sperando che gli parlasse.

Denny si limitò a passargli una pagina di appunti, sempre senza guardarlo.

Mathi aprì la bocca per obiettare e cercare di parlare per davvero, ma cambiò idea a metà e diede un’occhiata alle proposte.

-Wow…- commentò tra sé dopo averne viste distrattamente un paio.

-Wow!- esclamò poi, controllando meglio gli appunti e dimenticandosi per un attimo di essere in una situazione tesa con il suo migliore amico per il quale aveva una grandissima cotta che non sarebbe mai stata ricambiata.

Suddetto amico gli lanciò un’occhiata incuriosita e arrossì appena.

-Dan, sei fantastico! Non so decidermi, sono tutte idee stupende. Saremo i migliori alla presentazione- Mathi gli fece un enorme sorriso incoraggiante, e Denny arrossì molto più visibilmente, accennando un timido sorriso soddisfatto.

-Grazie. Niente di che, sono solo le prime idee che mi sono venute in mente- alzò le spalle, cercando di fare l’indifferente, ma Mathi scosse la testa.

-Ti conosco, Dan. Sono certo che ti sei impegnato un sacco per trovare queste idee. Adoro che tra le proposte sei riuscito ad infilare Chiamami con il tuo nome- Mathi sorrise tra sé e controllò meglio.

-Oh, no! Quello no! Ho cambiato idea su quello- Denny arrossì ancora di più e riprese di scatto i suoi appunti, che strinse al petto con fare protettivo.

-Perché? Se affrontiamo la dinamica gender può essere una bella idea citare questo bellissimo film. Alla fine è un prodotto che cerca di immortalare la vita vera, e…- Mathi iniziò a riflettere sulla questione. Era l’idea che gli era piaciuta di più, e avrebbe voluto tantissimo portarla a compimento.

-No! Non mi va di affrontare la dinamica gender, preferirei occuparmi del saggio sullo straniero, o sui malati di mente. O anche l’etnometodologia sarebbe meglio del gender- insistette Denny, stringendo più forte il blocco per appunti.

-Addirittura? L’etnometodologia è incomprensibile- Mathi fece una smorfia, ma Denny era sul pezzo.

-Appunto portarla potrebbe essere una buona idea, dato che è probabile che saremmo gli unici- gli fece notare.

Mathi sorrise leggermente tra sé nel notare la scintilla negli occhi dell’amico mentre il suo lato competitivo emergeva, poi finalmente si rese conto che quella era la prima conversazione che avevano da lunedì sera, e non riuscì a trattenere le parole che pronunciò in seguito, anche se non avevano niente a che fare con l’argomento corrente.

-Mi dispiace di averti baciato!- 

Denny sbiancò, gli mise di istinto la mano sulla bocca e si guardò intorno per controllare se qualcuno avesse sentito.

-Non mi hai baciato! Perché dici queste cose in giro a caso?!- si lamentò, irritato.

Mathi provò a parlare, ma aveva ancora la mano di Denny sulla sua bocca, ed era così soffice e calda che avrebbe voluto tenerla lì per il resto della sua vita.

Forse rendendosi conto dei pensieri poco platonici dell’amico, Denny tolse in fretta la mano, permettendo al suddetto amico poco platonico di parlare.

-Intendevo il bacio sul naso. Non mi sarei dovuto spingere a tanto, lo sapevo che eri a disagio, non so che mi sia preso e prometto che non lo farò mai più!- si spiegò, a voce bassa ma cercando comunque di metterci il maggiore sentimento possibile, per far capire a Denny che era davvero davvero dispiaciuto di quel gesto che sicuramente era la causa di tutto l’imbarazzo che si era creato tra di loro.

-Non è questo il problema- borbottò Denny tra sé, ritirandosi a disagio sulla sedia e non guardando l’amico negli occhi.

Mathi cadde dalle nuvole, e fissò Denny per qualche secondo senza sapere cosa dire, e chiedendosi cosa mai potesse aver fatto di male, oltre al bacio.

-Oh… allora qual è il problema?- provò a chiedere, un po’ timoroso di cosa avrebbe potuto rispondere.

Denny però non sembrava proprio intenzionato a rispondere.

-Nessuno- mentì, evitando accuratamente il suo sguardo e torturandosi le dita.

Mathi non sapeva se fosse una buona idea insistere, ma prima che potesse decidere se farlo o no, la professoressa ricominciò a spiegare, e Denny tornò concentrato sui propri appunti.

Mathi non riuscì a stare attento nemmeno per un minuto.

Quando la lezione finì, fu l’ultimo ad accorgersene, e solo perché Denny, già pronto ad uscire dall’aula, gli tirò un colpetto sulla spalla.

-Mathi, che hai?- chiese piegando la testa confuso.

-Mi dispiace- si lasciò sfuggire lui, prendendogli il polso di scatto.

-Cosa?- Denny si ritirò leggermente, guardandosi intorno preoccupato per l’eventuale reazione del resto degli studenti, ma la sala era ormai vuota, e i pochi che ancora restavano erano troppo concentrati sui propri appunti e amici per badare a loro.

-Qualsiasi cosa abbia fatto, o non fatto, se ti ho ferito, se ti ho deluso, mi dispiace tantissimo- Mathi sapeva, in cuor suo, che stava esagerando, ma aveva troppa paura. Paura che la serenità che aveva provato in quei mesi sparisse da un giorno all’altro, paura che Denny smettesse di parlargli prima di quanto pensasse. Paura di perdere la migliore amicizia che avesse mai avuto in vita sua. Paura, una paura agghiacciante, di restare di nuovo solo.

Sapeva che sarebbe accaduto, prima o poi. Sapeva che doveva necessariamente accadere, un giorno. Ma non riusciva ad accettare che quel giorno sarebbe stato a metà anno.

Anche se probabilmente, nell’insistere così, stava irrimediabilmente allontanando Denny da lui, come faceva sempre con tutti.

Denny lo guardava allertato, e quasi spaventato a sua volta. Si guardò intorno per qualche istante, poi lo prese per mano, e lo incoraggiò a seguirlo.

Mathi eseguì come un cagnolino fedele, senza badare minimamente a dove lo avrebbe portato, ma godendosi quelli che probabilmente sarebbero stati gli ultimi momenti in cui avrebbe tenuto la mano di Denny.

Diamine, la sua cotta stava seriamente per raggiungere il punto di non ritorno.

Fu solo quando Denny lo lasciò andare, che Mathi si rese conto che erano in bagno. 

E sorprendentemente, non c’era nessuno. Probabilmente perché era il bagno rotto del secondo piano, quello che molti studenti avevano soprannominato il “bagno di Mirtilla Malcontenta”, dato che era sempre vuoto.

Un ottimo luogo per ricevere una sfuriata senza che il resto dell’università badasse a loro. Mathi chiuse gli occhi, preparandosi psicologicamente a sentire Denny perdere la pazienza, ma li riaprì di scatto quando le mani dell’amico si posarono sulle sue spalle.

-Mathi, stai bene?- chiese infatti, nel tono più gentile che il ragazzo gli avesse mai sentito usare.

Tono che ovviamente lo portò alle lacrime, non c’è neanche bisogno di dirlo.

-Mathi! Cinque cose che puoi vedere…- Denny provò a usare il metodo della fiera, massaggiandogli dolcemente le spalle, ma Mathi non stava avendo un attacco di panico, tutt’altro. Era così pronto ad essere nuovamente abbandonato, che la preoccupazione dell’amico non riuscì a procurargli altro che immenso sollievo.

Si scansò dalla presa del ragazzo e lo abbracciò di scatto, facendolo ammutolire.

-Pensavo mi odiassi- borbottò poi, stringendolo forte.

Con un po’ di esitazione, Denny ricambiò.

-Non potrei mai odiarti- lo assicurò, con voce leggermente tremante, dandogli qualche pacca sulla spalla.

-Promesso?- Mathi sapeva di essere ingiusto a chiedergli questo. Denny avrebbe dovuto odiarlo, Mathi lo avrebbe meritato, ma non riuscì a mettere da parte il suo egoismo.

-Promesso- rispose immediatamente Denny, facendogli tirare un sospiro di sollievo.

Mathi si costrinse ad allontanarsi, per evitare di soffocarlo, ma rimasero a pochi centimetri di distanza.

E in silenzio per qualche secondo, cercando qualcosa da dire, dato che c’era ancora parecchio in sospeso nell’aria tra di loro.

-Dan…-

-Mathi…- 

Si chiamarono insieme, per poi interrompersi in modo da lasciar parlare l’altro.

Alla fine fu Mathi a prendere il coraggio.

-Cosa ti ha dato fastidio del mio comportamento lunedì? Se me lo dici poi non lo farò più- cercò di mettere le mani avanti. Aveva qualche teoria su cosa potesse essere, ma la più probabile era stata scartata durante la pausa, quindi brancolava un po’ nel buio, dato che un’altra era che Denny fosse deluso che non considerasse i baci degni di importanza (ma era decisamente improbabile), o che si fosse infastidito che Mathi avesse fatto uno scherzo ad Amabelle a metà serata (ma a quel punto Denny aveva già messo il muso quindi non credeva fosse quello).

-Tu non hai fatto niente di male- lo rassicurò Denny, scuotendo la testa e arrossendo leggermente.

-Ma?- lo incoraggiò Mathi, che non pensava fosse così semplice.

-Nessun ma! Non hai fatto niente di male. Punto. Tu non c’entri con questo- Denny distolse lo sguardo. Sembrava a disagio, ma Mathi non riuscì a lasciargli spazio. Sapeva che c’era un ma, se lo sentiva. Denny era diverso dal solito.

-Ma…- lo incoraggiò avvicinandosi per cercare di leggere nel suo sguardo cosa si stesse trattenendo dal dire, e non accorgendosi di averlo quasi spinto al muro, e che i loro volti erano così vicini che i respiri iniziavano a mescolarsi.

-Nessun ma…- insistette Denny, evitando i suoi occhi, ma portando inconsciamente il proprio sguardo sulle labbra dell’amico, a pochissimi centimetri dalle proprie -solo…- la sua voce, già un sussurro, si spense completamente.

-Dan…- così come il tentativo di insistere di Mathi, appena si rese conto di quanto fosse effettivamente vicino all’amico, e di come questi avesse inconsciamente portato la mano sul suo petto, e sembrasse in procinto di avvicinarsi, ed eliminare le distanze tra loro.

Ma prima che questo potesse accadere, la porta si aprì, accompagnata da un vociare divertito. E prima che Mathi potesse tornare in sé, girarsi e scoprire chi erano i nuovi venuti, fu preso in contropiede quando Denny lo spinse via con una certa violenza, facendolo cadere a terra nonostante fosse il triplo di lui.

-Ah, Mathi!- rendendosi conto della cosa, Denny si precipitò ad aiutarlo, così come i due nuovi venuti, che si rivelarono essere Max e Manny.

-Tutto bene?- chiese Max, preoccupato, affrettandosi ad offrire assistenza al fratello.

Mathi si alzò senza troppe difficoltà, ridacchiando un po’ tra sé e tornando il solito ragazzo sorridente. Un conto era mostrare la sua vulnerabilità a Dan, un conto era farlo con Max e Manny.

-Tutto bene, mi ha solo preso alla sprovvista, e sono scivolato sul pavimento bagnato- spiegò, massaggiandosi il fondoschiena dolorante.

-Abbiamo interrotto qualcosa? Ci dispiace. Max stava soltanto mostrandomi il famoso bagno di Mirtilla Malcontenta- Manny sembrava dispiaciuto e anche piuttosto imbarazzato.

-Non avete interrotto nulla di niente. Stavamo solo parlando!- si affrettò a negare Denny, diventando così rosso, e mentendo così palesemente che se Clover fosse passata da quelle parti il suo rilevatore naturale per le bugie sarebbe esploso con lei.

Per fortuna Max e Manny erano discreti e rispettosi.

-Beh, eh, questo è il famoso bagno di Mirtilla Malcontenta. Non è infestato ma è rotto e inutilizzabile quindi non ci viene mai nessuno- Max cercò di cambiare argomento e illustrò il bagno a Manny, con guance leggermente rosse.

Denny lanciò un’occhiata sospettosa verso il fratello, poi sgranò gli occhi e indietreggiò così in fretta da scivolare sul pavimento bagnato e rischiare di cadere a sua volta.

Per sua fortuna Mathi fu abbastanza rapido da afferrarlo al volo.

-Dan, tutto be…?- iniziò a chiedere, ma Denny era troppo occupato a fissare il fratello maggiore.

-Non ti facevo uno da nascondersi nei bagni!- accusò, disgustato.

Sia Max che Manny assunsero una quasi identica espressione colpevole, e solo allora Mathi si rese conto di cosa probabilmente erano venuti a fare.

Si sentì ancora di più in imbarazzo, e cercò di allontanarsi fisicamente  dalla situazione per non essere chiamato in causa.

-Sei tu il primo ad esserti nascosto in bagno- si giustificò Max, alzando le mani ed evitando il suo sguardo.

-Ma non per il tuo stesso motivo. Io volevo soltanto parlare- Denny si mise sulla difensiva. Max non replicò, e dal suo sguardo si capì chiaramente che gli intenti dei fratelli erano effettivamente molto diversi.

Oh, beh… buon per lui e Manny.

Auguri e figli adottati ma cresciuti con amore.

Solo che Mathi non voleva assistere a scene intime, o discussioni tra fratelli.

-Io andrei, devo dare da mangiare al mio coniglio- cercò di tirarsi fuori.

-Sì, ti accompagno. Lasciamoli fare le loro cose- Denny, coprendosi gli occhi e riprendendo con difficoltà la borsa che in qualche momento era caduta a terra, lo precedette fuori dalla porta.

-Denny…- provò a lamentarsi Max, ma il fratello era già fuori dalla porta.

Manny era così imbarazzato che non riusciva a dire nulla, e si limitò a salutare con la mano i due ragazzi.

-Congratulazioni- borbottò Mathi, salutando a sua volta prima di seguire l’amico che, oh santo cielo, era stato a pochi istanti da baciare. Solo il pensiero aizzava violentemente le sue ormai onnipresenti farfalle nello stomaco.

-Imbarazzante- commentò con Denny, cercando di distrarre i suoi pensieri.

-Non riesco a immaginarmi Max che bacia un ragazzo- Denny rabbrividiva al solo pensiero -Cioè, non per il baciare un ragazzo, per il baciare in generale. È mio fratello!- aggiunse poi, per rassicurare Mathi.

-Sì, ti capisco. Se vedessi Aggie con qualcuno, chiunque, maschio o femmina…- Mathi non riuscì a concludere il pensiero, e si limitò a scuotere la testa per eliminarlo dalla sua mente. Anche se forse avrebbe anche accettato di vederla sbaciucchiare qualcuno. Almeno l’avrebbe vista. In circostante migliori dell’ultima volta, di certo.

-Non mi hai ancora risposto alla domanda. Qual è il problema di lunedì?- Mathi cercò di cambiare completamente argomento, ma non ne tirò fuori uno granché migliore.

-Perché insisti tanto?- Denny tornò ad evitare il suo sguardo.

-Perché voglio aiutarti. Mi sembri nervoso, e se io ne sono la causa…- Denny non lo lasciò finire.

-Non ne sei la causa… cioè, non credo. Senti, è complicato. Il problema è mio, solo mio, e più tu cerchi di aiutarmi, più peggiora. Vorrei… potresti lasciarmi un po’ di tempo per pensare, e nel frattempo essere solo amici come sempre?- lo supplicò, guardandolo con occhi da cucciolo.

Mathi annuì, anche se era più confuso di prima.

-Tutto, per te- borbottò, accennando un sorrisino, e facendolo arrossire un po’ di più.

Denny annuì, rassicurato, e controllò le condizioni della sua borsa, bagnata per essere caduta sul pavimento.

-Ho scelto il luogo peggiore per parlare- borbottò, tirando fuori i quaderni per assicurarsi che non fossero bagnati a sua volta.

-Se vuoi puoi passare a casa mia e asciugare tutto con il phon. Apollo sente la tua mancanza- propose Mathi, tornando rilassato ma ancora un po’ teso per la situazione.

-Sicuro che non disturbo? So di non piacere molto a Duke- Denny era un po’ a disagio.

-È il mio coinquilino, non il mio capo. È solo invidioso perché io ho amici sinceri e lui no- lo rassicurò Mathi, con una pacca sulla spalla.

-Se lo dici tu. A volte mi guarda come se essere tuo amico fosse qualcosa di illegale- Denny ridacchiò, un po’ a disagio.

Mathi perse un battito, ma cercò di ridere a sua volta.

-Perché mai un’amicizia dovrebbe essere illegale?-

-Già, lo so. Accetto il tuo invito. Mi manca Apollo. E poi possiamo iniziare a lavorare sul laboratorio- alla fine Denny acconsentì, e finalmente sorrise, abbastanza rilassato.

Mathi si sentiva la persona più egoista del mondo.

 

Sabato 18 Maggio

Sebbene Clover avesse tentato in tutti i modi di rassicurare Diego sulla cena con la sua famiglia, quella sera Diego era all’apice del nervosismo.

Probabilmente perché il succo delle rassicurazioni di Clover era stato “A prescindere da ciò che farai, passerai una serata orribile e tutta la mia famiglia ti odierà” quindi diciamo che più che una rassicurazione era stato un modo per innervosirlo ulteriormente.

Pertanto, sebbene fosse in anticipo di venti minuti, non riusciva a trovare la forza di suonare il citofono per farsi aprire ed entrare nella tana del lupo.

Era stato in casa di Clover solo in un paio di occasioni, quando erano piccoli e suo padre era in viaggio per lavoro. Ricordava solo vagamente com’erano fatte sua madre e le sue sorelle, perché anche allora Clover le aveva allontanate da lui, o loro stesse lo avevano evitato come la peste. Iniziava a non sapere quale fosse l’opzione più probabile.

Alla fine, dopo un profondo sospiro preparatorio, premette il citofono, e si preparò a rispondere alla probabile domanda “Chi è?”.

-Non pensavo arrivassi in anticipo, ti apro- arrivò la voce impaziente di Clover.

-Sono Die… oh, non mi aspettavo che ci fossi tu al citofono- borbottò, sorpreso. Non avevano un maggiordomo o qualche domestico che rispondeva al citofono per loro?.

-Entra e ti spiego- disse Clover criptica, prima di chiudere il citofono e aprire il cancello.

Dopo un altro profondo respiro preparatorio, Diego entrò nel gigantesco e ben tenuto giardino della ancora più gigantesca e ben tenuta dimora dei Paik. La villa più imponente e famosa della città, di una delle famiglie più potenti dello stato.

Lui era praticamente una formica al confronto.

Parcheggiò il più lontano possibile dalle altre auto di famiglia, sistemò i capelli e valutò se portare effettivamente i fiori che aveva preso o no. Avrebbe voluto chiedere molte più istruzioni a Clover, ma la risposta della ragazza a ogni domanda era stata “Fai come vuoi, non cambia molto”. 

Scosse la testa, e decise di prenderli.

Era un bel mazzo di fiori per la padrona di casa, un regalo per l’ospitalità e per fare colpo, era un’abitudine dei Flores. Poteva quasi sentire su di sé lo sguardo di sua nonna che gli imponeva di portarli.

Valutò i luoghi migliori per scappare nel caso le cose si fossero messe male, e fece la breve passeggiata che l’avrebbe portato davanti alla porta.

Prima che potesse suonare il campanello o bussare, Clover gli aprì, e per un attimo lui rimase abbagliato, e si sentì ancora di più una formica.

Clover era mozzafiato. L’aveva vista in ghingheri un sacco di volte. Anche quando era vestita casual era in ghingheri, per i suoi standard, ma in quel momento era più bella, curata ed elegante che mai. Persino più che alla cena di fidanzamento di Miguel e Paola. E lì era fuori da ogni pianeta.

-Wow- si lasciò sfuggire, guardandola a bocca aperta.

-Attento che non ti entrino le mosche in bocca. Benvenuto nella nostra umile magione. Ti ho visto esitare per venti minuti davanti al cancello, per questo ti ho risposto io. Ovviamente abbiamo telecamere in ogni luogo della casa, soprattutto nel giardino. Ma non preoccuparti, non ci sono microfoni se non in pochi punti specifici- Clover gli fece cenno di entrare e mentre il suo volto e i suoi gesti erano quelli della fidanzatina perfetta, le sue parole avevano lo stesso tono irritato di sempre.

Diego era troppo intento a fissarla in modo imbarazzante per notare troppo questo dualismo.

Clover non sembrò accorgersene, troppo occupata a controllare i suoi vestiti e sistemarglieli un po’, in maniera parecchio domestica.

-Aloe non è ancora arrivata, papà e in studio e mamma in cucina, quindi inizierai le presentazioni da Blossom, che è la migliore quindi ti va alla grande, hai fatto bene a venire in anticipo- lo incoraggiò Clover, dandogli una pacca sulla spalla e facendogli strada nella sala da pranzo.

-Casa tua è meglio di come la ricordassi- commentò Diego, distogliendo con difficoltà lo sguardo da Clover e guardandosi intorno.

Capiva perché Clover fosse così diffidente nei confronti del mondo. Se Diego avesse avuto quello che aveva lei, e che solo adesso si rendeva conto di quanto fosse sconfinato, anche lui sarebbe stato davvero attento a chi frequentare.

-Grazie. La mia parte preferita è il giardino. Viene curato quasi giornalmente da Rich, il padre di Max e Denny. Mamma adora passeggiare in mezzo alle sue piante e dipingerlo dal balcone- a Clover si illuminarono gli occhi pensando al meraviglioso sebbene impegnato padre di Max.

Quando arrivarono alla sala da pranzo, era già perfettamente apparecchiata a festa, e l’unica presente, seduta al tavolo e immobile come una statua, era quella che in un primo momento era sembrata davvero una statua iper realistica, ma poi Diego si rese conto fosse una delle sorelle maggiori di Clover. Si somigliavano davvero molto.

Sembrò illuminarsi quando li vide, e si alzò di scatto per accoglierli.

Diego non riuscì a non rabbrividire leggermente. Era magra come uno stecco.

Lui non era tipo da fare bodyshaming, ma era davvero difficile per lui non preoccuparsi della salute che alcuni tipi di corporatura denotavano, in qualità di futuro medico e di ragazzo che aveva avuto problemi alimentari e con il proprio corpo.

Cercò però di non soffermarcisi. Non era proprio il momento di una conferenza sull’anoressia.

Mise su il proprio miglior sorriso e si preparò a presentarsi, quando venne interrotto da una voce proveniente dalla cucina.

-Clover, tesoro, tuo padre vuole parlarti- una donna ben vestita e dagli occhi gentili, praticamente identica a Clover, fece il suo ingresso timidamente, e si rivolse alla figlia con eleganza e misurata preoccupazione.

Sobbalzò leggermente quando notò Diego.

-Ben arrivato, caro. Oh, hai portato dei fiori. Sono stupendi, che gesto gentile- la signora Paik gli si avvicinò con un sorriso rassicurante, che funzionò parecchio su Diego, che le porse i fiori e si sentì molto più tranquillo.

Certo che Clover aveva esagerato. Sua madre sembrava dolcissima, e la sorella maggiore non sembrava tanto male, sebbene troppo magra.

Anche la signora Paik era magrissima, anche se si notava meno visto che il suo abito lungo non lasciava vedere nulla del suo corpo.

-Tesoro, puoi andare da tuo padre?- la signora si rivolse a Clover quasi supplicandola.

-Non sarebbe molto gentile da parte mia lasciare Diego a sé stesso, mamma. È una faccenda tanto urgente?- Clover gli afferrò un braccio e cercò di fare la tenera, anche se dalla forte stretta Diego intuì che era davvero irritata dal richiamo del padre.

-Mi ha detto che è della massima urgenza. Può fare amicizia con Blossom, nel frattempo. Sono sicura che si troverà benissimo- la madre, annusò i fiori, e non guardò la figlia negli occhi. Sembrava molto in difficoltà

-Non preoccuparti per me, Clover. Starò bene- Diego cercò di aiutarla, incoraggiando la finta fidanzata ad andare e lasciarlo lì. Non credeva fosse l’idea del secolo, ma non voleva davvero essere usato come scusa e farsi odiare ancora di più dai suoi finti suoceri.

-Va bene. Ci metterò cinque minuti. Blos, prenditi cura di lui, va bene?- Clover fece un occhiolino complice alla sorella, che annuì un po’ timidamente, e continuò a fissare Diego. Non lo perdeva di vista da quando era entrato nella stanza. 

La signora Paik seguì Clover fuori dalla stanza, e rimasero solo loro due.

Per qualche secondo, ci fu un silenzio di tomba.

E lo sguardo di Blossom iniziò a farsi davvero pesante.

-Hey, Blossom, è un piacere per me incontrarti- alla fine Diego ruppe il silenzio, e si avvicinò alla finta cognata pronto a stringerle la mano.

La ragazza sobbalzò, e arrossì.

-Ti ricordi il mio nome?- chiese, sorpresa -È un piacere anche per me rivederti- aggiunse poi, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, imbarazzata.

Diego piegò la testa confuso.

-Ti ricordi di me?- chiese. L’aveva vista forse due volte nell’arco della sua intera vita, e non erano stati incontri granché significativi. Diego era convinto che lei e il resto della sua famiglia non avessero alcuna memoria di lui. Lui stesso, esclusa Clover, ricordava solo vagamente gli altri.

-Come avrei mai potuto dimenticarti? Eri…-Blossom si interruppe, leggermente imbarazzata, distogliendo lo sguardo.

-Sono onorato- provò a dire Diego, iniziando a sentirsi alquanto a disagio in presenza di Blossom. Era semplicemente timida, giusto? Perché il suo comportamento era strano per una ragazza che incontrava il fidanzato della sorella.

-Allora… stai con Clover, quindi?- chiese Blossom in un sussurro, sempre senza guardarlo, e continuando a torturarsi la ciocca di capelli.

Finalmente un argomento su cui era preparato. Anche se non si aspettava che sarebbe partito da Blossom. Da quello che Clover gli aveva detto, Blossom era l’unica, cito testualmente “sorella decente, non ti darà problemi. È simpatica”. 

-Sì, stiamo insieme da un paio di mesi. Sembra ieri. È fantastica- commentò in modo generico, cercando di sembrare più innamorato possibile. In realtà gli uscì relativamente facile, per qualche motivo. Beh, non stava neanche del tutto mentendo. Stavano insieme da un paio di mesi, sembrava effettivamente ieri, e Clover, nonostante tutto, era fantastica. Diego iniziava a rendersene sempre più conto. Un po’ violenta, okay, ma anche matura, e divertente.

-Sei… sicuro?- chiese Blossom in tono così sottile che Diego non era certo di aver sentito bene.

-Come?- indagò, avvicinandosi alla ragazza.

-Insomma, Clover è bella, e interessante, sicuramente. Forse dovrebbe perdere qualche chilo, ma…- iniziò a riflettere Blossom, rigirandosi la ciocca tra le dita con tale violenza da rischiare di staccarsela.

-Cosa? Ma se ha un fisico stupendo!- Diego non aveva intenzione di alzare la voce, ma fu più forte di lui. Come poteva dire una cosa del genere di sua sorella. Una sorella, oltretutto, che aveva evidenti problemi di alimentazione. Diego iniziava a capire meglio la situazione, e non gli piaceva per niente.

Blossom sobbalzò leggermente, e sollevò lo sguardo su di lui.

-Sì, certo- gli diede spago, senza grande convinzione -Ma devi sapere che… lo dico per te… Clover è problematica. Molto- continuò però a mettere una cattiva parola.

Diego non riusciva a credere alle sue orecchie.

Si era preparato ad essere insultato e corrotto. O ignorato e guardato dall’alto in basso con aria di superiorità. Era addirittura pronto a ricevere una fustigazione, ma mai si sarebbe aspettato che la strategia della sorella preferita di Clover sarebbe stata di parlare male di Clover alle sue spalle.

Quando Diego aveva presentato Clover ai suoi parenti, anche loro avevano iniziato a commentare che Clover fosse troppo per lui. Ma era soltanto uno scherzo per farla sentire più a suo agio, era chiaro che non lo intendessero davvero.

Blossom… Blossom era mortalmente seria.

Diego avrebbe voluto difendere la finta ragazza, ma era a corto di parole.

Si limitò a fissare Blossom con un’evidente espressione sbigottita, e la ragazza la prese come invito a continuare.

-Non sto dicendo che Clover sia cattiva, ma non credo che sia la persona giusta per te. È violenta, ed egoista. E probabilmente sta solo fingendo che tu gli piaccia per dare fastidio a nostro padre. Lo fa sempre. Tu meriti una ragazza che ti ascolti, che ti apprezzi per davvero. Non una mina vagante come Clover- Blossom accennò qualche passo nella sua direzione, e provò a mettere la mano sul braccio di Diego.

Il ragazzo si ritirò come scottato, e indietreggiò di qualche passo.

-Stai scherzando, vero?- chiese, sconvolto, facendola ritirare e sbiancare -Come puoi parlare così di tua sorella? Soprattutto davanti al suo ragazzo?!- esclamò, alzando i toni.

Blossom aveva le lacrime agli occhi.

-Sto solo cercando di farti aprire gli occhi su Clover. Per te!- provò ad insistere la ragazza, abbracciandosi un po’ a disagio.

Diego cercò di calmarsi. Era evidente che quella ragazza avesse qualche problema non meglio identificato.

-Non devi aprirmi gli occhi su nulla. Io amo Clover, e niente di quello che mi dirai potrà mai farmi smettere di amare Clover, mi dispiace- mise le carte in tavola, in tono più calmo possibile.

Era il turno di Blossom di alzare la voce. Ma aveva un tono così basso a prescindere che non cambiò poi molto.

-Ma perché?! Perché stai con lei?! Non ha mai risposto alle tue lettere!- esclamò di getto, portandosi poi la mano alla bocca, come se avesse detto troppo.

Diego rimase congelato sul posto. Il cuore iniziò a battergli furiosamente nel petto. E squadrò la ragazza davanti a lui con uno sguardo così duro da farla inconsciamente indietreggiare.

-Che ne sai tu delle lettere?- le chiese dopo qualche secondo, a denti stretti, iniziando ad avvicinarsi minaccioso.

Blossom impallidì, ma fu salvata dall’arrivo repentino di Clover, tornata estremamente irritata e leggermente meno perfetta rispetto a prima.

-La buona notizia è che Jerome non viene, quindi una persona in meno che ti guarderà storto. La cattiva notizia è che Aloe senza Jerome avrà più libertà di guardare storto te quindi alla fine non ti cambia poi molto- esordì entrando nella stanza sbuffando.

Si fermò quando sembrò notare la tensione nella stanza. 

-Tutto bene? Diego, che hai fatto a mia sorella?- Clover fulminò il finto ragazzo con lo sguardo, e lui alzò le mani e indietreggiò di un passo.

-Niente, stavamo solo parlando- la rassicurò, provando a sorridere.

Ma era troppo turbato per fare una buona recita, e Clover troppo abile a notare le menzogne per crederci. Lo squadrò con attenzione e sospetto, per poi rivolgersi alla sorella.

-Blos, tutto bene, è successo qualcosa?- le chiese con tono molto più gentile.

-Non è successo nulla- borbottò a bassa voce. Sembrava quasi delusa -Perdonatemi, vado un secondo ad incipriarmi il naso- si congedò poi, con un cenno del capo verso Diego prima di uscire dalla sala da pranzo.

-Cosa le hai detto?- chiese Clover una volta rimasti soli nella stanza.

-Io non ho fatto niente. Posso assicurartelo- insistette Diego, non trattenendo l’irritazione nella voce.

-Io ti do la mia benedizione, ma se proprio vuoi uscire con Blossom aspetta almeno che il nostro contratto finisca- commentò Clover, evitando il suo sguardo e mettendogli il muso.

Si perse l’espressione a tratti disgustata di Diego.

-Fidati, non ho alcun interesse per Blossom- le assicurò, rabbrividendo al solo pensiero. 

Clover alzò gli occhi al cielo e decise di non insistere.

-Aloe dovrebbe essere qui a momenti. Se vuoi puoi intanto sederti e aspettare la morte comodamente- lo incoraggiò a prendere posto nell’enorme tavolo.

Diego fu felice di cambiare argomento -Chi è Jerome?- chiese poi, curioso. Clover non lo aveva mai citato.

-Il marito di Aloe- rispose lei con nonchalance.

Diego la guardò incredula.

-Aloe è sposata?- chiese, sconvolto.

-Da anni! Un matrimonio combinato orribile dove entrambi si odiano caldamente e passano pochissimo tempo insieme. Almeno hanno lo stesso disinteresse reciproco quindi la storia va a gonfie vele- spiegò la ragazza, prendendo posto accanto a lui e versandosi un bicchiere d’acqua, che iniziò a sorseggiare come fosse un vino pregiato.

-E volevo anche chiederti… cosa voleva tuo padre?- provò ad indagare Diego, anche se non era del tutto certo di volerlo sapere.

Clover gli lanciò uno sguardo eloquente.

-Secondo te che voleva?- chiese, ovvia.

-Ti ha chiesto di lasciarmi?- indovinò Diego.

-Mi ha detto che posso ancora ritirarmi da questa farsa, sbatterti fuori dalla casa e non sprecare il suo prezioso tempo. Ho provato a dirgli che non sono stata io a richiedere la cena, ma lui è sordo quando si tratta di ascoltare me- Clover sbuffò, e adocchiò la bottiglia di vino, senza però aprirla.

-Mi dispiace, Clover- provò a confortarla Diego, dandole un’imbarazzata pacca sulla spalla.

Era chiaro che fosse davvero toccata dalla situazione, per quanto cercasse di fingere nonchalance. Accennò un sorriso grato.

Era il primo gesto autentico ripreso dalle telecamere.

Poi Clover distolse lo sguardo.

-Meh- alzò le spalle, scansando la mano di Diego -È sempre così- provò a far finta di niente, e Diego decise di lasciar cadere l’argomento.

-Spero davvero che il tuo finto ragazzo sia già qui perché non ho davvero voglia di aspettarlo- una voce seccata e fastidiosa precedette l’entrata nella stanza di una giovane donna di ventotto anni che ne dimostrava trentacinque. Anche lei somigliava parecchio a Clover, ma aveva un volto più austero e un’espressione snob. Come la sorella di mezzo, era magra da far spavento, ma il suo atteggiamento la faceva sembrare meno fragile.

Diego si sentì subito in soggezione.

Si alzò e si affrettò a porgerle la mano.

-Tu devi essere Aloe, è un grande piacere. Io sono…- provò a presentarsi.

Aloe gli rivolse lo stesso sguardo che avrebbe potuto riservare a una gomma da masticare che le si era attaccata sotto la scarpa, e dopo aver storto il naso, si rivolse direttamente a Clover, ignorandolo completamente.

-Non riesco a credere che hai portato una persona del genere in casa. Non ti sei stancata di questa recita da ragazzina ribelle? Non ne posso più di questo atteggiamento infantile e irritante. Potevi almeno sceglierne uno realistico- commentò, alzando gli occhi al cielo.

Diego ritirò lentamente la mano, e si girò verso Clover in cerca di aiuto.

La ragazza sospirò, si alzò e gli si mise accanto, prendendolo per il braccio.

-Nessuno ti ha obbligato a venire a questa cena organizzata da nostro padre. E se ti sei sentita obbligata, di certo non sono io la responsabile, ma appunto nostro padre. Fosse per me io mi godrei felicemente la mia meravigliosa relazione lontana da tutti voi che non volete fare altro che rovinarmela- rispose per le rime alla sorella, che scosse la testa e si girò verso Diego.

-Quanto ti ha pagato? Posso offrirti il doppio se finisci questa sceneggiata ed esci da casa nostra- gli propose, in tono d’affari. 

-Non mi ha pagato, io sono…- Diego si preparò ad elogiare la sua finta ragazza, ma Aloe non lo fece finire.

-Allora ti offro soldi per lasciarla e andare via da questa casa, a prescindere. Si vede lontano un miglio che ne hai urgente bisogno, almeno per comprarti un vestito decente- offrì, storcendo il naso alle pieghe della sua camicia.

Diego arrossì appena, un po’ colpito dal commento.

La presa di Clover sul suo braccio si strinse.

-A differenza tua, io non esco con qualcuno solo per soldi. Diego è un ragazzo fantastico! Non ti permetto di insultarlo solo perché si veste male!- lo difese… ammettendo tra le righe che anche per lei lui si vestiva male.

Ma insomma, era il suo miglior completo.

Uff, Diego non avrebbe mai capito i ricchi.

-Ha il taglio di capelli di un criminale, i buchi alle orecchie, e un evidente piercing sul sopracciglio, anche se ha tentato con ingenuità di nasconderlo. Sul serio, Clover, sei ridicola. Uno così non merita neanche di pulire le scarpe alle persone come noi- Aloe continuò con gli insulti degradanti, tornando a rivolgersi a Clover.

Diego si era preparato a questo tipo di commenti. Clover non aveva fatto altro che metterlo in guardia, ma non significava certo che era indifferente al riguardo.

Provò a sistemarsi discretamente i capelli, cercando di non far vedere quanto iniziasse a sentirsi inferiore a quella altolocata e ricca famiglia.

Clover, ovviamente, si rese immediatamente conto del suo disagio, e gli lasciò il braccio per mettergli un braccio intorno alle spalle.

-Hai ragione, Aloe. Uno come Diego merita molto meglio che pulire le tue insulse scarpette firmate. Prima di tutto, le caratteristiche che hai accennato lo rendono un figo pazzesco. Secondo, è un genio che diventerà un grandissimo medico. Terzo, è ventimila volte meglio di quanto tuo marito non sarà mai, e almeno io lo amo. Quindi incolla la tua boccaccia, perché non mi interessa quello che tu e papà pensate. Diego e io siamo felici insieme, continueremo ad essere felici insieme, e se c’è qualcuno che non merita l’altro, quella sono io. Perché Diego è fantastico!- Clover lo difese a spada tratta, stringendolo a sé con fare protettivo, e guadagnandosi dal ragazzo un forte batticuore e un’espressione sorpresa e piena di gratitudine.

Non si aspettava che prendesse una tale posizione nei suoi confronti.

Si sentì decisamente meglio.

-Se lui merita meglio di te è solo perché tu vali così poco che meriteresti di essere diseredata, buttata per strada e uccisa in modo violento, magari investita da qualche automobile, che dici?- la provocò Aloe, decisa ad avere l’ultima parola.

Sembrò colpire Clover nel segno, perché la ragazza si irrigidì, e strinse i denti.

Diego impallidì.

-Come puoi dire una cosa del genere a tua sorella?- chiese, sconvolto, ritrovandosi a stringere inconsapevolmente Clover per rassicurarla.

-La tratto come merita. Ovvero come spazzatura. Spero che papà ci raggiunga presto. Prima iniziamo a mangiare, prima finiremo e potrò tornare a casa- Aloe li superò e si sedette al tavolo, senza permettere a nessuno dei due di replicare.

-Stai bene?- chiese Diego a Clover, preoccupato per la sua serenità mentale.

-Benvenuto nella famiglia Paik- si limitò a commentare Clover, in tono acido.

-Posso essere onesto, Clover?- Diego abbassò la voce, rivolgendosi solo a lei e sperando che Aloe non sentisse.

Clover gli si avvicinò, curiosa, incoraggiandolo a parlare.

-Hai una famiglia davvero terribile- ammise il ragazzo, riflettendo sui due confronti con le sorelle.

Clover scoppiò a ridere.

-Aspetta di conoscere mio padre. Nella migliore delle ipotesi ti ignorerà per tutta la cena come se non esistessi- lo mise in guardia, tirandogli un’amichevole pacca sulla spalla.

 

La cena stava andando molto meglio di quanto Clover si sarebbe aspettata, dato che era andata proprio come nella migliore delle ipotesi.

Ovvero suo padre si era semplicemente presentato a Diego guardandolo male e poi aveva finto che non esistesse, limitandosi ad osservare i due finti amanti come se cercasse di carpire i loro segreti.

E Clover doveva ammettere, che se si concentrava abbastanza da ignorare i commenti sgradevoli di Aloe e le occhiate penetranti di suo padre, poteva anche quasi godersi la serata.

Diego, dopo un iniziale tentennamento e un’evidente tristezza alla vista dei piatti decisamente poveri di cibo vero e proprio, era stato messo a proprio agio da sua madre, che continuava a chiedergli informazioni sulla sua vita, sulla famiglia, e la scuola. 

Blossom pendeva dalle sue labbra e gli dava un’attenzione positiva.

E Clover si vantava di lui quando cercava di fare il modesto.

Se fossero stati solo in quattro a quella cena, Clover si sarebbe quasi divertita.

Diego era davvero brillante. Probabilmente se qualunque altra delle sue sorelle l’avesse portato a cena, avrebbe conquistato senza problemi suo padre.

Probabilmente avrebbe dovuto consigliargli di vestirsi peggio, tenere i piercing e mostrare i tatuaggi, perché rischiava di ricevere la benedizione di entrambi i suoi genitori a fine serata.

Ma probabilmente Clover era troppo ottimista, e sottovalutava la perfidia e la discriminazione verso i poveri di suo padre.

Circa a metà serata, quando erano al secondo e di lì a poco avrebbero portato il dolce, Clover sentì indistintamente il suono del citofono.

E dopo una iniziale confusione, nel mentre che una domestica andava a rispondere, la realtà la colpì come un pugno nello stomaco.

Osservò meglio il tavolo e si rese conto che c’era un posto in più.

Aveva dato per scontato, all’inizio, che fosse stato messo per Jerome, ma non era stato ancora rimosso nonostante il marito di Aloe non fosse venuto.

E c’era solo una persona che suo padre avrebbe potuto chiamare per rovinare la cena con il nuovo ragazzo di Clover: il vecchio ragazzo di Clover.

-Papà, dimmi che non l’hai fatto- sospirò, scuotendo la testa incredula.

-Fatto cosa?- chiese Diego, confuso, interrompendo un discorso molto interessante su un caso che aveva avuto in tirocinio.

-Ho solo invitato un gradito ospite a farci compagnia- rispose suo padre, con uno sguardo di sfida.

Diego lanciò un’occhiata interrogativa a Clover, che ricambiò con un “Dick” che fece leggere dal labiale.

Riuscì quasi a sentire le parolacce che Diego stava sicuramente pensando, come la sua espressione faceva ben intuire.

-Oh, Richard? Lui sì che è un piacere averlo a cena- commentò Aloe, annuendo appena soddisfatta e prendendo un sorso di vino.

Clover trangugiò tutto quello rimastole nel bicchiere.

Non ne aveva bevuto abbastanza da ubriacarsi, ma aveva seriamente bisogno di dimenticare la serata che di lì a pochi minuti sarebbe stata la più orribile della sua vita.

-Perché lo hai invitato se sapevi che portavo il mio ragazzo?- chiese al padre, approfittando del coraggio datole dall’alcool. Non che il coraggio le mancasse, in genere, ma era così arrabbiata che temeva di non riuscire a parlare.

E sapeva già la risposta a quella domanda, in realtà, ma voleva che lui la dicesse a voce alta, davanti a Diego, per dimostrargli di essere davvero il padre peggiore del mondo.

-Andiamo, signorina…- Clover rabbrividì al nomignolo -…non insultare la mia intelligenza. Sappiamo entrambi che con… questo tipo… la tua relazione è solo una finta per tentare invano di infastidirmi- esordì lui, degnando Diego di una velocissima occhiata indifferente.

-Ah, lo dicevo io. La solita ribelle infantile- commentò Aloe gongolante.

Clover era troppo impegnata a fissare male suo padre, ma se avesse notato Blossom, si sarebbe accolta che sul suo volto era comparsa un’espressione di pura speranza rivolta verso Diego.

Clover aprì la bocca per replicare, ma suo padre non aveva finito.

-E dato che spero davvero che dopo questa disastrosa sceneggiata lascerai finalmente il parassita, mi sembrava giusto non sprecarla e prendere due piccioni con una fava invitando anche il tuo vero fidanzato, e futuro marito- concluse infine, sicuro di sé, e fissando Clover con il suo sguardo più duro e penetrante.

Uno sguardo che Clover non aveva ancora imparato a ricambiare.

Si alzò di scatto, con i pugni chiusi, e si girò verso Diego.

-Accompagnami in bagno- gli ordinò, decisa.

Lui si alzò lentamente e guardò prima lei poi le sue mani come se temesse che l’avrebbe picchiato. Decise comunque di assecondarla.

Era davvero un angelo che non meritava di essere coinvolto in quella faida familiare.

-Dove credete di andare voi due?- chiese suo padre, aggrottando un sopracciglio e già pronto a chiamare qualche cameriere per fermarli e obbligarli a sedersi.

-Devo prepararmi per l’arrivo di Dick, e porto Diego con me per scusarmi formalmente della pessima accoglienza e perché non lascerei mai il mio vero e amatissimo ragazzo in compagnia della famiglia peggiore del mondo!- spiegò Clover, alzando i toni, prendendo Diego per il polso e trascinandolo fuori dalla sala da pranzo.

-Clover, cosa…?- iniziò a chiedere Diego, preoccupato.

Clover gli fece cenno di non parlare, e lo trascinò su per le scale, e poi in un bagno isolato vicino a camera sua. Era uno dei pochi posti privi di telecamere o microfoni.

Una volta chiusa la porta a chiave, la ragazza si abbandonò sulla vasca, borbottando insulti a mezza voce rivolti verso suo padre, Dick, Aloe e tutte le persone della sua vita che detestava e includeva sempre in mezzo agli insulti.

Di solito Diego faceva parte di quel gruppetto, ma era da un po’ che l’aveva tolto.

Sebbene la storia delle lettere le fosse rimasta sullo stomaco, non lo incolpava più di non essersi fatto sentire, e il fatto che ora ci fosse, nonostante tutto, rimediava a tutti gli anni passati senza farsi sentire.

Al momento le stava dando qualche pacca rassicurante sulla spalla, aspettando che si calmasse e gli spiegasse.

Clover non sapeva da dove cominciare.

-Allora, io propongo di scappare dalla finestra, salire sulla tua macchina e scappare di casa per sempre. Mi dai il tempo di prendere qualche vestito e il portatile?- chiese Clover, con il suo sorriso più falso.

-Dai, dai, è solo il tuo ex invitato da tuo padre alla cena dove mi presentavi ufficialmente alla tua famiglia e tutti non fanno altro che insultarmi e credere che stiamo insieme per finta- riassunse Diego.

Clover lo guardò con espressione eloquente.

Dopo qualche secondo di contemplazione, Diego le si sedette accanto sul bordo della vasca.

-Effettivamente è una situazione alquanto pesante, ma se permettiamo a tuo padre, Aloe e Dick di rovinarci la serata li faremo vincere- provò a farla ragionare.

Clover doveva ammettere che non aveva tutti i torti. Ma non conosceva neanche tutta la storia.

Non c’era bisogno che la conoscesse, però.

-Hai ragione. andiamo a mostrare a tutti il nostro amore!- cercò di farsi forza, alzandosi decisa.

Diego ridacchiò.

Prima di uscire, però, Clover ci tenne a mettere in chiaro una cosa.

-Diego…- esitò, un po’ imbarazzata. Su, Clover, non è difficile, puoi farcela -…grazie di non essere ancora scappato. Devi tenere davvero tanto alla casetta- maledizione, Clover! Riuscirai mai a ringraziare qualcuno senza mettere in ballo un secondo fine o una frase sarcastica?!

Diego sorrise, si alzò e le si avvicinò.

-Non lo sto facendo per la casetta, Clover. Siamo una squadra, no? E poi devo ammettere che mi piace questa sensazione che vede noi due contro il mondo. Mi sembra di essere tornato bambino- ammise, arrossendo leggermente.

Clover si impose di non fare commenti strani. Doveva essere seria, gentile, e grata.

-Io ero più alta di te quando eravamo piccoli- le uscì invece.

Maledizione, Clover! Puoi non essere tsundere per cinque minuti?!

Per sua fortuna Diego ridacchiò.

-Lo sei ancora con quei trampoli che indossi- ricambiò lo scherzo, indicando i tacchi alti che portava ai piedi.

-Sarà meglio tornare a cena e sperare di riuscire a mangiare almeno in dolce- Clover interruppe il momento nella speranza di non rovinarlo ulteriormente con i suoi commenti, e incoraggiò Diego a seguirla fuori dal bagno.

La cena con Dick presente durò meno di cinque minuti. Diego fece in tempo solo ad assaggiare la millefoglie al limone che un cuoco stellato aveva preparato apposta per loro.

Clover si segnò mentalmente di portargliene una porzione il giorno successivo, mentre lo trascinava per il polso in giardino nella speranza che allontanandosi da Dick avrebbe evitato di picchiarlo.Evito di nominare il genere di commenti che Dick, Aloe e il signor Paik avevano prodotto in quei cinque minuti perché è già un capitolo abbastanza irritante. Vi basti sapere che erano davvero pesanti.

Clover riuscì con una certa difficoltà ad evitare tutte le telecamere e trovare un posto tranquillo in giardino dove nascondersi qualche minuto, farsi convincere da Diego a non fare una strage a mani nude in casa, e poi accompagnarlo alla macchina, salutarlo con affetto e arrampicarsi in camera dalla finestra per evitare qualsiasi confronto con la famiglia.

Si sedettero entrambi sotto un bellissimo salice piangente.

-Diego, convincimi, nella tua bontà eterna, a non picchiare Aloe, papà e Dick- la ragazza si rivolse al finto fidanzato in cerca di una guida nell’oscurità, ma lui sembrava più fumante di rabbia di lei.

-Non ho argomenti convincenti. Forse non dovresti picchiare Aloe e tuo padre perché sono parte della tua famiglia. Ma ti prego, uccidi Dick- borbottò, sbattendo i pugni tra loro, furente.

Clover non trattenne una risatina.

-Come cavolo hai fatto a starci insieme due anni?!- esclamò Diego, sorpreso. 

La risata le si strozzò in cola e Clover sospirò.

-Vuoi davvero saperlo?- chiese. Non aveva molta voglia di condividere la storia, ma probabilmente Diego, in fin dei conti, meritava una spiegazione.

-Sì. Non ti obbligherei mai a dirmi qualcosa che non ti senti di dire, ma la curiosità e l’incredulità mi sta uccidendo- ammise, fissando Clover carico di aspettativa.

-È stato il mio periodo più oscuro. Ho avuto dei problemi che non conoscerai mai, e credevo fossero tutti colpa mia. Così ho provato a fare la brava figlia, e uscire con chi voleva mio padre. Dick non sembrava tanto male, all’inizio. Mi lasciava la mia libertà, non era geloso di Max, e pensavo che potevo anche amarlo, se mi impegnavo un po’. Poi l’ho beccato in camera mia, sul mio letto, con Aloe e una prostituta, e sono rinsavita- spiegò in breve.

Diego era senza parole. Fissò Clover a bocca aperta.

-Ehi, non giudicarmi! A volte l’attrazione rende ciechi. L’ho studiato a psicologia clinica- provò a giustificarsi Clover, un po’ imbarazzata.

-Io non ho parole. È peggio di quanto pensassi. E anche Aloe. E tuo padre lo sa?- chiese Diego, con voce fredda.

-Certo che lo sa. È stato lui ad aprire la porta per loro. È l’unico con tutte le chiavi- rispose Clover, alzando le spalle.

Diego la fissò qualche secondo, poi respirò profondamente.

Poi si alzò di scatto.

-Vado ad ucciderli tutti!- esclamò con ben poca calma, e sguardo assassino. 

Clover non riuscì a non arrossire per questa comprensione e difesa.

Era cresciuta pensando che gli errori degli uomini fossero sempre colpa sua, e sebbene sapesse che non fosse così, a volte le serviva qualcuno dalla sua parte che la rassicurasse.

Fermò Diego prima che potesse andare dentro e farsi ammazzare.

-Calma, tigre. Non eri pacifico?- lo fermò, divertita, facendolo risedere.

-E tu non eri violenta? Queste cose meritano un pugno di ferro. E che cavolo! Non riesco neanche a credere che qualcuno possa essere così crudele! È inconcepibile!- Diego stava quasi letteralmente fumando di rabbia.

-Ormai… ci sono abituata- ammise Clover, abbassando lo sguardo.

Diego si voltò verso di lei, e le prese le mani tra le proprie, girandola poi in modo da guardarla negli occhi.

-Non è normale. Non dovresti abituartici. Se vuoi ti adottiamo noi. Mia madre non vedrebbe l’ora- le propose, in tono mortalmente serio.

Clover si impose di non farsi venire i lucciconi per la commozione, e si limitò a sorridergli con gratitudine.

-Terrò presente i piani di adozione per quando ci lasceremo ufficialmente- gli assicurò, dandosi uno schiaffo mentale per finire sempre a fare commenti del genere. Doveva essere più grata a Diego. Stava davvero facendo dei sacrifici enormi per lei, e la difendeva sempre, e anche quando lei si comportava male, perché Clover sapeva di avere un carattere difficile, preferiva cercare di capirla e la lasciava spiegare.

Doveva essergli grata, diamine!

-Diego…- lo chiamò, cercando di mettere da parte ogni sua maschera -… grazie. Davvero. Per oggi. So che è stato difficile, e ti sono davvero grata per come ti sei comportato- non riusciva a guardarlo negli occhi ed era più rossa delle rose nel cespuglio accanto, ma Diego le strinse le mani, confortante.

-Siamo amici, è normale. Anzi, dovrei fare di più. Perché meriti davvero di meglio- ammise, un po’ imbarazzato.

Clover fu sul punto di baciarlo, ma si fermò in tempo.

Regola numero 5.

E poi… perché mai avrebbe voluto baciarlo?!

Tutta quella situazione iniziava a confonderla.

Ritirò le mani e si guardò intorno.

-Sarà il caso di andare alla macchina e farti fuggire finalmente da questo casino- suggerì, spezzando di nuovo il momento.

Diego annuì.

-Vuoi venire con me? Una finta fuga d’amore potrebbe aiutare il nostro caso- le propose, un po’ incerto.

Clover ci rifletté seriamente, mentre lo accompagnava alla macchina.

Sicuramente avrebbe aiutato molto a far credere che stessero insieme. Di certo Clover preferiva di gran lunga accompagnare Diego piuttosto che restare lì.

Ma non poteva chiedergli anche questo.

Si stavano avvicinando fin troppo.

-Nah, mi chiuderò in camera e litigherò un po’ con mio padre dalle telecamere- scosse la testa, raggiungendo il viale d’ingresso.

-Allora, ci siamo. Mettiamo fine alla serata più stressante della nostra vita- diede una pacca sulla macchina d’epoca di Diego, e gli sorrise incoraggiante.

-Non direi la serata peggiore. Tua madre è molto gentile- Diego provò a metterci una pezza sopra.

-E Blossom- aggiunse Clover, provando a vedere i lati positivi.

-Eh… sì- annuì Diego, senza particolare convinzione.

Clover avrebbe indagato al riguardo, ma fu distratta da un movimento sospetto della telecamere dell’ingresso.

Suo padre li stava palesemente spiando.

-Diego…- lo richiamò, incoraggiandolo ad avvicinarsi per essere perfettamente ripreso.

-Sì?- lui eseguì, probabilmente pronto ad un’altra confessione di qualche genere.

-Mio padre ci sta guardando dalle telecamere- gli riferì lei, molto sottovoce per non farsi sentire dal microfono lì vicino -Non ti voltare!- lo anticipò poi notando che stava per girarsi.

-Che vuoi fare?- chiese quindi lui, incerto.

Clover lo guardò negli occhi, e sentì un’aspettativa crescere dalla bocca dello stomaco. Le sue mani erano tremanti, il suo cuore batteva forte.

-Posso infrangere la regola numero 5?- chiese per sicurezza, mentre l’idea più stupida e autosabotatrice che aveva avuto fino a quel momento le veniva in testa.

Diego annuì.

-Va bene- acconsentì, con la solita gentilezza.

Clover gli si avvicinò.

-Aspetta, qual era la regola numero…?- la domanda di Diego fu interrotta quando Clover eliminò con decisione le distanze tra loro e lo baciò, cingendogli il collo con le braccia.

Sapeva di aver appena commesso un errore fatale, e che c’era una probabilità molto alta che Diego la scansasse preso in contropiede e rovinasse tutta la sceneggiata che suo padre stava osservando con attenzione.

Sapeva che Diego dava molto valore ai baci.

Sapeva che quello era solo l’inizio della fine.

Ma Diego la sorprese, ricambiando il bacio e stringendola a sé.

Per la prima volta da anni, a Clover non diede fastidio che qualcuno la prendesse per i fianchi. Era troppo impegnata a sciogliersi quasi letteralmente tra le braccia del suo finto ragazzo.

Aveva baciato numerosi ragazzi nella sua vita, e nonostante la sua famiglia credesse che avesse avuto molte relazioni finte, quasi tutti i baci che aveva dato erano stati conferiti a persone che credeva di amare davvero.

Ma questa era la primissima volta che si sentiva così bene con qualcuno. Avrebbe voluto continuare per sempre. Non avrebbe mai più voluto fermarsi.

Il fastidio allo stomaco aumentò d’intensità trasformandosi però in una piacevole sensazione di benessere e anticipazione.

Poi Diego la scansò.

Dolcemente, certo, ma con fermezza.

E Clover si ricordò che era tutta una finta.

-Ci vediamo domani, splendore- la salutò a voce alta, ricordandosi che lì vicino la telecamera aveva un microfono.

-A domani, fiorellino- lo prese un po’ in giro lei, cercando di tornare quella di sempre e non dare a vedere quanto l’avesse scombussolata quel bacio.

Diego le diede un velocissimo bacio sulla fronte e salì in macchina, mantenendo una recita impeccabile.

Clover lo salutò dal vialetto finché non andò via.

E rimase immobile a rimuginare, mandando all’aria i piani di fuga, finché sua madre non venne a chiamarla.

-Clover, tesoro. Tuo padre vuole parlarti. Non sembra molto contento- la chiamò, preoccupata.

-Digli di richiedere un appuntamento. Non ho la minima intenzione di parlare con lui- Clover si riscosse, superò sua madre, e si diresse in camera, per chiudersi dentro e gridare contro il cuscino.

Maledizione, Clover! Dovevi proprio prenderti di nuovo una cotta per Diego?! Il tuo finto fidanzato?! 

La cena era andata molto peggio di quanto si sarebbe aspettata.

Molto, molto peggio.

 

Martedì 28 Maggio

Max era davvero felice in quel periodo. 

Era riuscito a superare l’imbarazzo causato dall’essere stato beccato da Denny con l’intento di andare nel bagno di Mirtilla con Manny per rubargli un momento di privacy. Ed era anche riuscito a superare l’imbarazzo di aver colto Denny nel bagno di Mirtilla in un evidente momento di privacy con Mathi.

Ed era anche venuto a patti con la consapevolezza che Clover, la sua migliore amica, gli stesse nascondendo qualcosa.

In effetti non era proprio il periodo migliore del mondo, se lo analizzava con obiettività.

Ma era in una relazione esclusiva (e segreta, al momento, ma dettagli) con il ragazzo più fantastico del mondo! Solo questo rendeva il periodo il migliore in assoluto!

Si trovava davvero benissimo con Manny. Era gentile, divertente, e avevano tantissime cose in comune. Si vedevano sempre nei weekend, e tornavano a casa insieme dall’università quasi ogni giorno.

Beh, più che altro Manny accompagnava Max e poi tornava a casa sua, che era un po’ più distante.

Max aveva provato ad accompagnarlo fino a lì, ma Manny aveva sempre rifiutato.

Proprio per questo appuntamento quotidiano, per la prima volta da parecchio tempo, Max controllava ogni cinque minuti l’orologio sperando che la fine del suo turno arrivasse il prima possibile. Purtroppo mancava ancora più di un’ora.

-Yo, Mad Max!- una voce che aveva imparato a riconoscere attirò la sua attenzione, e le si avvicinò con il blocco per appunti in mano.

-Buon pomeriggio, Gerda. Che ti porto oggi?- chiese all’amica di penna di Manny. Non le avevano ancora detto che avevano iniziato a vedersi, ma cercava di farsela amica nell’attesa della rivelazione.

E poi era una donna parecchio simpatica.

-Una torta di mele e un milkshake al caramello- rispose lei, soddisfatta dall’accoglienza immediata.

-Perfetto, arrivano subito- le assicurò lui, andando in cucina a consegnare l’ordinazione.

Quasi si scontrò con Sonja che fissava l’orologio mentre camminava con un vassoio carico di portate per la Corona Crew, che si era radunata lì dopo le lezioni.

Dato che Mirren era libero solo martedì pomeriggio, era diventato un momento di raduno per tutti.

Anche se l’atmosfera era un po’ strana, negli ultimi tempi.

Clover e Diego erano la solita coppia affiatata, se si poteva considerare affiatato il non riuscire a guardarsi negli occhi.

Mirren e Felix passavano la maggior parte del loro tempo insieme a parlare della tesi di quest’ultimo e delle lezioni di scuola guida, come se non riuscissero a discutere di faccende più personali. Mathi e Denny erano sempre più imbarazzati l’uno con l’altro (e Max onestamente non voleva immischiarsi). Gli unici che sembravano invariati erano Norman e Petra, o forse erano solo i più bravi a nascondere i propri problemi.

Amabelle, invece, era la più strana di tutti.

O almeno era strana per Max che la conosceva fin da quando era piccola.

Perché nei fatti non era cambiata molto. Era solo molto più decisa a far mettere insieme le coppie, era fonte maggiore di battutine e insinuazioni, e aveva tentato di spingere Sonja tra le braccia di Max così tanto nelle ultime settimane che Max aveva deciso di affidare alla ragazza il tavolo e allontanarsi più possibile dal gruppo di amici ogni volta che Amabelle era presente.

Neanche la sua pazienza, sebbene sconfinata, era infinita.

-Scusa, Max. Ero un po’ sovrappensiero- Sonja gli sorrise un po’ imbarazzata, tenendo in equilibrio il vassoio.

Max si affrettò ad aiutarla. 

-Tranquilla, anche io. Ma non è successo niente- la rassicurò, superandola per andare in cucina.

Gli ci volle tutta la sua forza di volontà per non girarsi a guardarla, ma doveva lasciarsela alle spalle.

Era impegnato, con un ragazzo fantastico. E anche Sonja era impegnata. E non doveva più pensare a lei.

…gli risultava molto più difficile di quanto avrebbe voluto.

Maledizione!

Mise da parte i pensieri infedeli e si concentrò sul lavoro.

Ultimamente il ristorante era davvero pieno, gli affari andavano davvero a gonfie vele.

Tra un ordine e l’altro, purtroppo incappò nel tavolo accanto a quello della Corona Crew per pulire, e colse un guizzo di conversazione tra Amabelle e Sonja.

-Ti vedo raggiante, ultimamente. È successo qualcosa di bello?- indagò con ben poca discrezione, fissandola e sporgendosi verso di lei.

Sonja esitò, arrossendo appena. 

-Niente di particolare. È un periodo molto pieno, tutto qui- cercò di tirarsi fuori Sonja, pulendo più in fretta.

-Sicura? Mi sembri troppo felice perché il motivo sia lavorativo. Puoi dirci se ha a che fare con un ragazzo- la incoraggiò Amabelle, sempre più insistente, facendola quasi spaventare.

-Nessun ragazzo- Sonja scosse la testa, arrossendo appena.

-Faccia colpevole! Su, sputa il rospo. Chi è? Lo conosciamo. È Max, vero?- Amabelle era senza vergogna alcuna, e Sonja era sempre più rossa e a disagio.

-Amabelle, piantala. Non c’è nessun ragazzo e se ci fosse non sarei io- cercò di fermarla, facendo cenno alla collega di andare via.

-Cosa aspettate a mettervi insieme! Uffa, Max, eri quello che stava facendo più progressi. Perché ti sei tirato indietro?! Lei è single, tu sei single, fate uno più uno!- lo incoraggiò Amabelle, con occhi sempre meno sani di mente.

Max non sapeva cosa fosse successo ad Amabelle per renderla così, ma voleva porre fine alla questione una volta per tutte.

Non poteva certo dirle che Sonja non era single.

Quindi decise di rivelare il proprio piccolo segreto, sperando che Manny non se la prendesse.

Finché non andava nel dettaglio, poteva essere onesto con il suo gruppo.

-Qui ti sbagli, Amabelle, perché io non sono single- ammise quindi, rendendolo per la prima volta ufficiale, e sentendosi davvero felice nel confessarlo al mondo.

Clover, ovviamente, lo sapeva già, e sicuramente Denny e Mathi lo avevano perlomeno intuito.

Oltre a loro tre, il resto della Corona Crew, più Sonja, lo guardarono a bocca spalancata.

Max fece finta di niente, prese il vassoio dalle mani di Sonja e la incoraggiò a seguirlo fuori da quella situazione approfittando che Amabelle fosse troppo sconvolta per continuare a torchiarli.

Una volta in cucina, sospirò per calmarsi, e prese il telefono per scrivere un messaggio a Manny.

Si interruppe quando venne richiamato all’ordine.

-Eh… Max. Posso parlarti un momento?- chiese Sonja, un po’ incerta, avvicinandosi a lui e mettendo i piatti nella lavastoviglie.

-Certo. Mi dispiace molto per quello che Amabelle…- lui iniziò a scusarsi al posto dell’amica, ma Sonja lo interruppe, scuotendo la testa.

-Ormai mi sto abituando ad Amabelle. Volevo ringraziarti per avermi aiutata, ed esserti esposto così. E soprattutto non aver rivelato la mia situazione- Sonja si rigirò una delle due trecce tra le mani, arrossendo appena.

-Te l’ho detto. Il tuo segreto è al sicuro con me. Spero solo che il mio ragazzo non se la prenda, avevamo concordato di tenere la faccenda segreta per un po’- Max cercò di chiudere la questione prendendo i successivi piatti da portare ai tavoli.

-Sono sicura che capirà. Volevi solo aiutarmi- lo rassicurò Sonja, facendo altrettanto. Sembrava cercare una scusa per seguirlo.

Max le lanciò una discreta occhiata per controllare come avesse preso la rivelazione. Oltre allo sbigottimento iniziale, sembrava molto tranquilla, come se lo sospettasse e avesse solo ricevuto conferma. Anzi, sembrava quasi sollevata. Probabilmente Max era molto meno discreto di quanto avrebbe voluto dare a vedere quando aveva una cotta.

-Lo spero. Almeno nessuno sa la sua identi…- Max cercò di trarre conforto dal segreto che era riuscito a mantenere, ma appena fuori dalla cucina, per poco lui e Sonja non andarono a sbattere contro Amabelle e Gerda, che si erano appostate in loro attesa.

Amabelle afferrò Max, mentre Gerda, per qualche motivo, prese da parte Sonja.

Prima che Max potesse obiettare o chiedere chiarimenti, venne trascinato con forza al tavolo della Corona Crew.

-Amabelle, sto lavorando!- provò a farle notare, tenendo i piatti in equilibrio precario.

-Chi è questo Manny?!- chiese Amabelle senza giri di parole.

Max si ritrovò di scatto a girarsi verso Denny.

Non che non si fidasse del fratello, ma tra i tre che conoscevano il suo segreto era il più chiacchierone, e quello che cedeva con maggiore velocità all’insistenza di Amabelle.

-Non sono stato io!- si affrettò a giustificarsi, alzando le mani.

-È stata l’amica di Sonja. Borbottava qualcosa su un suo amico di nome Manny e diceva “Non può averlo fatto, vero?”. La reazione di Denny ha solo confermato i miei sospetti. Chi diamine è?! Come puoi tradire così Sonja?! Era la ragazza perfetta!- Amabelle era furiosa, e Max si irritò parecchio.

Si liberò dalla presa della ragazza con uno strattone.

-Sono affari miei con chi esco. E Manny è un ragazzo meraviglioso- mise le cose in chiaro, riprendendo il vassoio e cercando di fare il suo lavoro.

-Lo devo decidere io se è un ragazzo meraviglioso, e dato che Sonja è la tua anima gemella non può di certo essere meglio di lei!- Amabelle quel giorno era decisamente fuori di sé, e Max ne aveva abbastanza.

Sbatté il pugno sul tavolo, e l’intero bar si fece silenzioso.

Erano quasi tutti clienti abituali, e nessuno di loro aveva mai visto Max arrabbiato.

Amabelle sembrò rendersi conto di aver superato il limite.

E superare il limite di Max significava averla fatta davvero grossa.

-Pensa alla tua vita. E non interferire con la mia!- le ordinò Max in tono freddo, prima di andarsene.

Consegnò gli ordini scusandosi per l’attesa e cercò di ritornare tranquillo e professionale.

La sua calma ritrovata però non durò a lungo, perché dopo qualche minuto, Roelke lo raggiunse con decisione.

Ecco, questa era la volta buona che lo licenziava. Grazie mille Amabelle.

-Va tutto bene, capo?- chiese preoccupato.

Lei gli sorrise gentilmente, e l’ansia del ragazzo  si abbassò.

-Sì, questi giorni siamo davvero pieni. Sia benedetta l’università- commentò la donna, soddisfatta -Volevo chiederti un piccolo favore- aggiunse poi, diventando più seria.

Max tirò un sospiro di sollievo. Almeno non lo voleva licenziare.

-Qualsiasi cosa- acconsentì, servile.

-Venerdì sera potresti sostituire Sonja? E potresti non dirle che la sostituirai?- chiese Roelke, in tono confidenziale.

Max fu molto sorpreso dalla richiesta.

-Certo. Con piacere. Ma perché?- provò ad indagare, a bassa voce.

-Io e Kodie le organizziamo una festa a sorpresa per il suo compleanno- rivelò Roelke, con un sorriso eccitato -Beh, dato che ha pochissimi amici sarà più una cena carina con torta con i pochi conoscenti che ha. Ma almeno eviterò di farla lavorare- spiegò.

Max era a bocca aperta.

-Venerdì è il compleanno di Sonja?- chiese sorpreso.

-Sì. 31 Maggio. Ho provato ad invitare mio fratello ma si rifiuta categoricamente di lasciare il paese. Meglio così. Non mi andava di rivederlo- commentò Roelke, roteando gli occhi.

Chissà se avrebbe invitato il ragazzo di Sonja. Dalla Germania fino a lì era un lungo viaggio. Ma per la propria dolce metà Max lo avrebbe fatto senza pensarci due volte… se avesse avuto i soldi per farlo. Ma in qualche modo li avrebbe trovati. Dai, era il compleanno.

Era in procinto di chiederle se l’avesse invitato, ma si interruppe appena in tempo. 

Chissà, magari Roelke non era neanche a conoscenza che Sonja avesse un ragazzo. Era un segreto dopotutto.

Decise di lasciar perdere e tornare a lavoro, ma il capo lo interruppe.

-Finché ho voce in capitolo il fidanzato di Sonja non entrerà mai nel bar, quindi no. Non l’ho invitato, se te lo stai chiedendo- Roelke gli fece un occhiolino e lo lasciò andare.

Max si sentì leggermente sollevato, ma poi scosse la testa, cercando di eliminare quella sensazione.

Non gli doveva importare se Sonja avesse visto il suo ragazzo al suo compleanno. Ormai era impegnato anche lui, e fare il geloso non era un comportamento da persona impegnata.

Sperava che Amabelle non venisse a conoscenza del compleanno e non cercasse di rovinarlo.

Purtroppo gli era sfuggito di mente che venerdì c’era la serata cinema, e non poteva assolutamente disdire senza offrire un motivo valido.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

È un po’ breve considerato quanto ci abbia messo a tirarlo fuori, ma queste ultime settimane sono state impegnatissime! E poi mi ero resa conto che il progetto generale di alcuni capitoli dava problemi o tirava la storia troppo per le lunghe e ho dovuto modificare qualcosa.

Passando al capitolo…

Denny è confuso, e Mathi non aiuta di certo, confuso quanto lui.

Il bagno di Mirtilla Malcontenta è un buon luogo per pomiciare.

Ma sono felice che il primo bacio di Mathi e Denny non sia stato in un bagno rotto, voi che dite al riguardo?

Poi casa Paik è peggio di quanto Diego si aspettasse. Chissà cosa nasconde Blossom (mi sembra abbastanza palese ma shh, i nostri eroi sono stupidi, dopotutto). 

Aloe è la sorella peggiore del mondo, e il signor Paik si rivela sempre di più un padre terribile.

Se Maria lo sapesse avrebbe già adottato Clover senza se e senza ma.

E a proposito di Clover… ha baciato Diego, andando oltre la regola numero 5. Chissà che conseguenze ci saranno.

Ed infine devo ammettere che il punto di vista di Max è stato difficile da scrivere e molto di passaggio, ma ora Amabelle sa che Max è impegnato, Sonja sa che Max e impegnato e il prossimo capitolo c’è un compleanno. Chissà che piani ha in mente Amabelle.

E chissà perché è così esagitata.

Vi avverto che il prossimo capitolo avrà molti momenti emotivi e introspettivi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Al Corona si festeggia il compleanno di Sonja, e Amabelle non ha preso affatto bene che Max sia impegnato con qualcun altro. Felix e Mirren parlano

 

 

 

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Capitolo 22
*** Chiusi insieme ***


Chiusi insieme

 

Venerdì 31 Maggio 

Norman iniziava a chiedersi perché fosse ancora nella Corona Crew a dare retta ad Amabelle.

Seriamente, non lo capiva.

Perché era dal primo Gennaio che quella ragazza stava cercando in tutti i modi di farsi odiare da tutte le persone che la circondavano, e nonostante ciò nessuno l’aveva ancora mandata a farsi friggere.

Forse Norman avrebbe dovuto essere il primo a farle rendere conto di stare esagerando parecchio, ma non trovava proprio le parole.

-Amabelle, cosa hai intenzione di fare?- chiese all’amica, che guardava con occhi folli e sadici una piccola chiave che Norman non aveva idea di dove avesse preso e quale scopo avesse, ma in ogni caso temeva.

-Sai cos’è questa?- Amabelle agirò la chiave sotto al naso di Norman, tenendola ben stretta in modo che non tentasse di prendergliela dalle mani.

-No, e non vorrei saperlo ma la conoscenza è fondamentale per fermarti, quindi, cos’è?- chiese Norman, rassegnato alla consapevolezza che quel giorno avrebbe passato l’ennesima serata “Ferma Amabelle da qualsiasi cosa stia tentando di fare per rovinare la vita delle persone che teoricamente vorrebbe aiutare”.

E questa volta non c’era neanche Petra ad aiutarlo. La futura fidanzata di Amabelle aveva una cena in famiglia. Di solito la facevano sabato, ma quel weekend il padre e Mirren partivano per un viaggio di lavoro insieme, quindi l’avevano anticipata.

E il resto della Corona Crew stava partecipando alla serata film a casa di Max e Denny, anche se il primo non era presente dato che doveva lavorare.

Clover si era indignata per il fatto che avesse accettato di coprire il turno di Sonja, quindi aveva insistito per avere comunque la serata cinema, anche se Norman aveva intuito che avrebbero visto i film che Max disprezzava, per non fargli pesare troppo la sua assenza.

Quindi al momento, al Corona Café c’erano solo lui e Amabelle.

E una ragazza che Amabelle aveva appena reclutato a caso nell’operazione matchmaker, e al momento controllava Roelke e Kodie per assicurarsi che non interferissero con i loro piani.

-Questa, caro amico mio carissimo, è la chiave dello scantinato del café- spiegò Amabelle con occhi brillanti, stringendo con affetto la chiave al petto.

-Questo café ha uno scantinato?- chiese Norman, sorpreso.

-Sì, ci mettono le scorte. A quanto pare l’edificio era una casa un tempo e lo scantinato era un rifugio antiatomico di qualche genere- spiegò Amabelle, agitando la mano davanti a Norman come se non fosse importante.

In effetti c’erano questioni più urgenti.

-Amabelle, perché hai la chiave dello scantinato del café?- chiese Norman con pazienza, anche se di pazienza non gliene rimaneva poi molta.

Il sorriso furbetto di Amabelle si allargò.

-Faremo come l’episodio 107 della settima stagione di Gorgeous- spiegò eccitata.

Norman le lanciò uno sguardo eloquente.

Rimasero a fissarsi qualche secondo.

-Amabelle, lo sai che non ho la più pallida idea di cosa sia successo nell’episodio 107 della settima stagione di Gorgeous, vero?- le fece presente, come se parlasse a una bambina.

-Come?! Ma se è il momento più iconico della serie!! Quando Kyle e Barone mettono da parte le loro divergenze e si alleano per spingere Pablo, Francisca e Angelica a parlarsi per chiarire finalmente la situazione, e li rinchiudono in uno scantinato ammanettati tra loro e l’unico modo per uscire è trovare la chiave che però è nascosta nella stanza e per trovarla devono risolvere degli indovinelli e lavorare insieme e poi mentre stanno litigando un tubo si rompe e lo scantinato inizia ad allagarsi e quindi i tre rischiano di annegare e iniziano a lavorare insieme, scappano per il rotto della cuffia e alla fine decidono di provare una relazione poliamorosa- spiegò Amabelle, senza prendere fiato neanche una volta.

Norman annuì leggermente, mentre le informazioni gli arrivavano alla testa.

-Bene, interessante. Dammi immediatamente quella chiave!- fece poi uno scatto verso Amabelle, che però riuscì a ritirarsi in tempo.

-Ehi, perché sei restio? È un’idea geniale!- esclamò Amabelle, confusa.

-Un’idea geniale?! Hai appena descritto la trama di Saw. È il piano più terrificante e da film horror che hai congegnato, ma ti rendi conto almeno un po’ che è una pura follia?!- chiese Norman, incredulo. Pensava che la sua amica avesse dei limiti.

-In effetti, ora che ci penso, quello era l’episodio di Halloween, ma tranquillo, non ho intenzione di nascondere la chiave, né di fare gli indovinelli e se si dovesse rompere un tubo dell’acqua li libererei subito.

Norman tirò un sospiro di sollievo, ma si diede uno schiaffo mentale per averlo fatto.

Quello era il minimo, insomma! In generale il piano era pura follia.

-Amabelle, prova a ragionare. Stai parlando di rinchiudere una povera ragazza e un tuo amico, oltretutto in una relazione…- Norman cominciò a fare il punto della situazione. Amabelle grugnì quando sentì che Max era impegnato -…dentro uno scantinato, ammanettati, il giorno del compleanno di questa ragazza, solo nella speranza che parlino, si mettano insieme e realizzino i tuoi desideri malati da matchmaker?! Capisci che è una follia?- chiese, prendendo l’amica per le spalle e guardandola dritta negli occhi nella speranza di trovare una traccia della sanità mentale che era evidente stesse perdendo sempre di più.

-Ma che hai capito!- Amabelle lo scansò, e lo guardò come se fosse lui quello pazzo.

Per un singolo istante Norman si sentì sollevato. Quindi la ragazza non era precipitata in un turbine di pura follia, aveva ancora un briciolo di buonsenso.

Ma durò poco.

-Non li ammanetterò mica. In realtà volevo farlo, ma le manette non mi sono ancora arrivate. Per qualche strano motivo dicono che dovrei avere almeno ventuno anni per ordinare manette in quel sito. Però sto cercando di convincere Petra ad ordinarle per me- Amabelle si massaggiò il mento con l’aria di chi tramava qualcosa, e Norman decise che ne aveva avuto abbastanza per quella sera.

-Okay, io me ne vado. È stato bello finché è durato ma preferisco tornare ad essere asociale- mise le mani sulle orecchie e fece dietro front pronto a tornare al dormitorio e ributtarsi sui libri.

-Ehi no! Ho bisogno di te- Amabelle lo fermò con forza, facendogli gli occhi da cucciolo, e Norman si pentì in anticipo per quello che stava per fare.

Perché era così debole alle sue richieste?! 

Non è che in fondo era un sadico che si divertiva della soap opera causata dai tentativi di Amabelle di unire i loro amici?

In effetti era una possibilità.

No, dai, forse sperava solo con la sua presenza di contenere i danni.

non aveva idea che li aumentasse inconsciamente.

-Uff, che vuoi che faccia?- chiese, sospirando rassegnato.

Gli occhi di Amabelle si illuminarono di luce malvagia e soddisfatta.

-Devi andare da Max e riferirgli che Roelke vuole che vada a prendere delle candele nello scantinato, ma è troppo occupata per dirglielo di persona- spiegò Amabelle -Poi vai da Sonja e gli dici la stessa cosa- aggiunse pratica.

-Perché hai bisogno di me per fare questo?- Norman era confuso. Non poteva semplicemente chiederlo lei? O chiedere a Gerda, la sua nuova collega part-time nell’operazione Matchmakers?

-Se andassi io capirebbero che tramo qualcosa, ovviamente. E Gerda non è abbastanza in confidenza con Roelke per essere credibile, e poi la sta distraendo. Tu invece sei affidabile e ti crederanno- Amabelle alzò le spalle, ovvia.

-Non mi stai per niente incoraggiando ad aiutarti, anzi mi fai sentire estremamente in colpa- commentò Norman, massaggiandosi le tempie. Iniziava a venirgli mal di testa.

-Su su, Max e Sonja capiranno e ti ringrazieranno quando si sposeranno, avranno tre figli, e uno di loro sposerà il figlio di Clover e Diego rendendo a tutti gli effetti le due famiglia ancora più unite- Amabelle batté le mani tra loro, sorridendo.

Norman iniziò a riflettere che era il caso di chiamare uno psicologo e farla vedere, perché cominciava a dare davvero i numeri.

-Se vado da Max e Sonja e faccio quello che mi chiedi, la smetterai di condividere, almeno con me, questi pensieri terrificanti?- chiese, cercando di negoziare.

-Okay!- promise Amabelle, annuendo speranzosa.

-Bene, vado prima da Max e poi da Sonja- acconsentì infine, riflettendo su come dirlo.

Prima che potesse tornare dentro il locale, però, venne anticipato da Gerda, e Roelke. La prima preoccupata, la seconda con sguardo di ghiaccio.

-Oh oh- commentò Amabelle, nascondendo discretamente la chiave dello scantinato dietro la schiena.

-Allora, cosa succede qui?- indagò la proprietaria del café, incrociando le braccia e guardando tutti con cipiglio severo.

-È colpa di Amabelle! Se deve bandire qualcuno bandisca lei!- Norman si affrettò a tirarsi fuori dai guai. L’amicizia era importante, ma il suo caffè mattutino, pomeridiano e serale lo era molto di più.

-Che razza di amico sei?! Roelke, cara, non stavamo facendo niente!- Amabelle gli tirò uno schiaffo sul collo, e sorrise caldamente a Roelke, fingendo che non stesse succedendo nulla. Poi lanciò un’occhiataccia in direzione di Gerda, che abbozzò un sorriso imbarazzato.

-Oh, quindi non sapete dov’è la chiave del mio scantinato? Perché volevo chiedere a Sonja e Max di andarmi a prendere delle candele- tutta l’aria minacciosa di Roelke scomparve nel nulla, lasciando posto ad un sorrisino rilassato. Gerda scoppiò a ridere.

-Aspetta, che?- chiese Amabelle, confusa, facendo passare lo sguardo tra le due.

-Si è resa conto che stavo cercando di distrarla, le ho detto del piano e l’ho reclutata nell’operazione- spiegò Gerda, asciugandosi le lacrime provocate dalle troppe risate.

-La tua intenzione è obbligare al dialogo a Sonja e Max per incoraggiarli ad iniziare una relazione, è corretto?- chiese Roelke, in tono pratico.

Amabelle annuì.

Norman era senza parole quanto lei.

-Perfetto! Shippo molto Sonja e quel ragazzo, credo possano essere un’ottima coppia- osservò Roelke, con uno scintillio negli occhi molto simile a quello della sua miglior cliente -Sono sorpresa che tu abbia acconsentito ad aiutare Amabelle nell’impresa. Credevo che non volessi che mia nipote trovasse qualcuno- Roelke si rivolse poi a Gerda, come se la conoscesse bene.

La ragazza alzò le spalle.

-Ho i miei motivi per sperare che i due parlano. E poi vorrei vederla felice- commentò, criptica.

Norman non si fidava molto delle intenzioni di quella ragazza. Da quello che aveva capito aveva conosciuto Sonja online in un blog, ed era molto amica dell’attuale ragazzo di Max. Gli sembrava davvero strano che cercasse di mettere i bastoni tra le ruote alla loro neonata relazione. Forse aveva una cotta per Manny, e voleva tenerselo tutto per se? La faccenda era sospetta, ma Norman decise di lasciare che le cose andassero per il loro corso e farsi trascinare dagli eventi.

Dopotutto quelle tre lo superavano in numero, non poteva proprio opporsi.

Soprattutto non poteva opporsi a Roelke, la sua fonte primaria di caffeina.

-Allora, suppongo che potrei ordinare a Max di andarmi a prendere le candele, e Norman potrebbe chiedere a Sonja di dargli dei cerotti. Li teniamo lì e non rifiuterebbe di aiutare qualcuno che ha bisogno- propose Roelke, pensierosa.

-Perché non possiamo usare la stessa scusa anche con Sonja?- chiese Amabelle, interessata.

-Oggi Sonja è molto infastidita con me. Mi aveva chiesto un giorno libero per festeggiare il suo compleanno ma per farle la sorpresa ho rifiutato, e non credo che acconsentirebbe a una mia richiesta, al momento. Quella ragazza è testarda come suo padre- Roelke scosse la testa, sospirando.

-Tsk, fortuna che l’hai fermata dal fare quello che voleva fare- borbottò Gerda, roteando gli occhi, infastidita.

-Perché, cosa voleva fare?- indagarono insieme Roelke e Amabelle.

-Niente!- si affrettò a negare Gerda, arrossendo appena -Allora, appena sono entrambi dentro, io li chiuderò a chiave. Se vedessero Amabelle fuori dalla porta si insospettirebbero- cambiò repentinamente argomento, tornando al piano.

-Poi io starò fuori dalla porta in attesa che mi dicano la parola d’ordine per uscire- intervenne Amabelle, sfregandosi le mani.

-Che sarebbe?- provò a chiedere Norman, preoccupato.

-“Amabelle, avevi ragione. Siamo fatti l’uno per l’altra. Abbiamo deciso di metterci insieme, poi ci sposeremo, faremo tre figli e uno di loro sposerà un figlio di Clover e Diego così uniremo finalmente le due famiglie!”- rispose Amabelle, battendo di nuovo le mani con gioia.

Norman rabbrividì.

-Una parola d’ordine piuttosto singolare- commentò Roelke, per niente turbata dalla pazzia della cliente.

-Io suggerirei come parola d’ordine un più consono “Abbiamo parlato, ci siamo chiariti. Facci uscire”- propose Gerda, a bassa voce.

-Nah, troppo semplice da indovinare. Ovviamente se non indovinano la parola d’ordine li faremo uscire, alla peggio, domani mattina all’apertura- li rassicurò Amabelle.

-Stai scherzando, vero?- chiese Norman, preoccupato.

-O all’apertura, o se si dovesse allagare lo scantinato come nell’episodio 107 della settima stagione di Gorgeous- annuì Roelke, in tono sacrale.

Oh, beh, non si obiettava con la fonte del caffè. Norman si scusò mentalmente con Sonja e Max per la pessima serata che avrebbero passato.

-Oh per tutti gli orsetti di peluche! Segui Gorgeous?! Ma è fantastico! Quali sono le tue coppie preferite? Io adoro Angelica e Francisca, ma anche tutte le altre coppie sono meravigliose, anche se dovrebbero iniziare a stare tutti insieme in una gigantesca relazione poliamorosa, perché…- Amabelle partì in quarta con un’analisi della sua serie del cuore, e Norman cercò la partecipazione di Gerda, almeno lei, nella speranza che lo aiutasse ad interromperla.

Purtroppo i successivi trenta minuti passarono con le tre donne intente a parlare una sopra l’altra dei migliori colpi di scena, personaggi, e coppie della trashata peggiore del secolo.

Quando finalmente arrivò il momento di attuare il piano, Norman non vedeva l’ora. 

Persino imbrogliare una povera ragazza innocente era meglio che continuare a sentire le vicissitudini di Pablo, Angelica e Francisca. Che poi, era palese che alla fine Pablo sarebbe finito con Francisca, il suo primo amore. Andiamo, era così ovvio!

 

Sonja era pensierosa e irritata, e probabilmente fu per questo motivo che non si accorse del pericolo, quando Norman le chiese, con poca convinzione ed evidente rassegnazione, un cerotto e un disinfettante per una ferita che Sonja non aveva notato da nessuna parte.

Aveva anzi accolto la proposta per alzarsi da quel tavolo che al momento era vuoto ad eccezione dello zio, e allontanarsi da una cena di compleanno che non avrebbe mai voluto festeggiare.

Voleva organizzare tutt’altro, ma l’insistenza di sua zia glielo aveva impedito, e non sopportava la sua invadenza nella sua vita privata e in alcune sue decisioni. Non era sua madre! E non era mai stata presente nella sua vita, fino a quel momento.

Certo, Sonja sapeva che non era necessariamente colpa sua, ma era testardamente decisa a colpevolizzarla comunque.

Scese i gradini che portavano allo scantinato così sovrappensiero che non si rese neanche conto che nel frattempo la porta le si stava chiudendo alle spalle.

In effetti si accorse che c’era qualcosa di davvero molto sospetto solo ed esclusivamente quando si ritrovò faccia a faccia con un sorpreso Max. 

Ed era così impreparata all’idea di trovarlo lì che si ritrovò ad arrossire come un pomodoro.

-Max, cosa ci fai qui?- chiese, indietreggiando di qualche passo e andando a sbattere contro la caldaia.

-Roelke mi ha chiesto di prendere delle candele. Tu cosa ci fai qui?- Maxi si affrettò a controllare le sue condizioni, posando in un angolo la scatola con le candele.

-Norman mi ha chiesto di prendere un cerotto… oh- all’improvviso tutte le stranezze capitate fino a quel momento ebbero senso nella sua testa.

Lei e Max si lanciarono un’occhiata.

E poi entrambi corsero su per le scale sperando, con tutto il cuore, che non fosse esattamente come temevano che fosse.

Purtroppo la porta era bloccata.

-Krass!- imprecò Sonja, prendendosi il volto tra le mani.

-Mi dispiace. Non pensavo che Amabelle arrivasse a tanto. Come faceva a sapere che Roelke mi avrebbe chiesto le candele?- commentò Max, pensieroso.

-È probabile che tante abbia partecipato- gli fece notare Sonja, allontanandosi dalla porta per non stare troppo vicina a Max.

Quella era davvero una situazione pericolosa.

Si sedette alla fine delle scale, cercando di trovare una soluzione per uscire da lì.

Le sembrava di essere nell’episodio 107 della settima stagione di Gorgeous. Almeno non erano ammanettati e non sarebbero annegati. Ma di certo non era il compleanno che aveva immaginato.

-Amabelle, se sei lì, non è divertente, facci uscire!- Max iniziò a battere contro la porta, cercando di far ragionare l’amica.

Sonja si era arresa prima ancora di provare. 

Amabelle era davvero una mina vagante.

-Parola d’ordine?- chiese l’inconfondibile voce di tale mina vagante, con un ghigno soddisfatto.

-Sul serio, Amabelle, facci uscire, devo lavorare- insistette Max, iniziando a disperarsi.

-Sei scusato, ti do la serata libera- la voce di Roelke accompagnò quella di Amabelle, con lo stesso identico tono.

-Capo? Ma… e la festa di Sonja?- Max provò a ragionare con lei. Sonja scosse la testa. Sua zia era davvero incredibile, nel senso peggiore possibile.

-Non temete, vi conserverò un po’ di torta- promise, rassicurante.

Max sbatté la testa contro la porta, rassegnandosi. Sonja borbottò qualche insulto in tedesco.

-Mi dispiace- Max le si avvicinò, titubante, superandola e iniziando a camminare avanti e indietro per la stanza.

-Non è colpa tua. Avrei dovuto immaginarlo- Sonja lo rassicurò, fissandosi le scarpe e continuando a riflettere su cosa fare.

-Ma adesso festeggerai male il compleanno a causa di Amabelle, che è amica mia, e vuole mettere noi due insieme, quindi un po’ di colpa ce l’ho- insistette Max, molto dispiaciuto.

-Tranquillo. Non è che fossi entusiasta della cena di compleanno, ad essere onesta. Preferisco passare un po’ di tempo con te piuttosto che con i miei zii- Sonja gli sorrise rassicurante. 

Per un attimo Max ricambiò il sorriso, poi arrossì e tornò a fare avanti e indietro, evitando lo sguardo della ragazza.

Sonja condivideva il suo imbarazzo, ma era molto più brava a nasconderlo e ignorarlo.

-Hey, solo perché Amabelle e altre persone sperano di ottenere qualcosa chiudendoci in uno scantinato non significa che accadrà. Possiamo anche semplicemente chiacchierare e aspettare che si annoino nell’attesa. Ho provare ad indovinare la parola d’ordine- cercò di convincere Max che non c’era niente di necessariamente romantico nel piano di Amabelle.

-Conoscendo Amabelle sarà qualcosa di imbarazzante tipo: “Avevi ragione. Siamo fatti l’uno per l’altra. Abbiamo deciso di metterci insieme, poi ci sposeremo, faremo tre figli e uno di loro sposerà un figlio di Clover così uniremo le due famiglie!”- propose Max, imitando il tono da fangirl dell’amica alla perfezione e non posando gli occhi su Sonja neanche per sbaglio.

-Come diavolo hai…?!- arrivò l’esclamazione sorpresa della citata dalla porta.

-Era quella?- chiese Sonja, sorpresa e speranzosa.

-NO!- negò la ragazza con veemenza.

-Ma ha detto esattamente…- provò ad obiettare una voce maschile che Sonja suppose fosse di Norman, ma venne zittito immediatamente.

-Ha sbagliato qualcosa!- insistette, lasciando la porta rigorosamente chiusa.

Max sbuffò esasperato, e si appoggiò al muro il più lontano possibile da Sonja, sempre evitando di guardarla.

-Sta peggiorando, ultimamente. Non so cosa le prenda, ma è fuori di sé, e inizio davvero a preoccuparmi- commentò, riferito ad Amabelle e scuotendo la testa tra sé.

-Mi dispiace molto che tu sia così a disagio- commentò Sonja, posando la testa sulle ginocchia.

Da quando la ragazza lo aveva tristemente friendzonato, non erano mai stati soli insieme per più di qualche minuto. Era ormai chiaro che, nonostante Max le avesse promesso di restare suo amico, fosse davvero difficile per lui comportarsi come tale, e fingere che non fosse successo niente.

Max sembrò rendersi conto del suo sconforto, perché si avvicinò leggermente alla ragazza, pur mantenendo le distanze.

-Non mi mette a disagio stare con te- provò a rassicurarla.

Sonja provò a guardarlo negli occhi.

Max evitò nuovamente il suo sguardo.

-Certo- Sonja sospirò, abbattuta -Pensavo che, adesso che entrambi siamo impegnati, saresti stato più amichevole nei miei confronti- ammise, torturandosi una ciocca di capelli.

Max si prese il volto tra le mani, e si sedette titubante al suo fianco.

-Non è così semplice- ammise, a bassa voce.

-Perché non provi a spiegarmi?- lo incoraggiò Sonja, posando il volto sulla mano e guardandolo in cerca di risposte.

-Tu mi piaci ancora!- esclamò Max, girandosi a guardarla.

Sonja sgranò gli occhi.

Era convinta che stesse bene con Manny, e che l’avesse messa da parte. 

-E Manny?- indagò, sorpresa.

Max distolse nuovamente lo sguardo, arrossendo copiosamente.

-Mi piace tantissimo anche lui! Non ci starei insieme se non mi piacesse, ma i sentimenti sono complicati. Mi piacete entrambi, e so che è ingiusto nei suoi confronti essere ancora attratto da te. Per questo sto cercando di ignorare i miei sentimenti, e suppongo che inconsciamente cerco di evitare anche te- Max provò a spiegarsi in modo più approfondito, torturandosi nervosamente le mani.

Sonja capiva la sua incertezza. Anche lei, sebbene impegnata, non riusciva a non pensare a Max. Anzi, probabilmente Max gestiva l’attrazione molto meglio di lei, dato che almeno stava facendo un qualche tentativo per evitare di cedere alla tentazione e comportarsi da fidanzato fedele e onesto. Sonja, al contrario, avrebbe voluto passare ogni momento possibile con Max, anche senza fare niente di compromettente, ma beandosi egoisticamente della sua compagnia e cercando di imprimere nella sua mente ogni dettaglio del suo aspetto e personalità.

Forse l’atteggiamento giusto stava nel mezzo.

-Non puoi controllare i tuoi sentimenti- ammise, cercando di trovare le parole giuste per rassicurarlo.

-Lo so, ma dovrei almeno provarci- borbottò Max, molto incerto.

-Puoi però controllare come agire in funzione di essi- continuò Sonja. Era difficile esprimere un concetto così complicato nella sua seconda lingua, ma ce la mise tutta per provarci. Non per vantarsi, ma era davvero a un livello alto di inglese. Più di quanto Max sospettasse, probabilmente.

-In che senso?- Max si voltò leggermente nella sua direzione, incerto, come se temesse che solo guardando Sonja negli occhi potesse tradire in qualche modo Manny. 

Sonja ci  mise qualche secondo a formare nella sua mente un discorso decente.

-Le tentazioni sono parte della vita. I sentimenti e l’animo umano sono così complessi che è oltremodo impossibile controllare o fermare le emozioni che possiamo provare in determinate circostanze. Soprattutto nei confronti di qualcuno. L’amore è qualcosa di talmente intricato e profondo che è normale essere attratti da più persone contemporaneamente, soprattutto quando il sentimento che provi per qualcuno è solo agli stadi iniziali. Stai con Manny da poco, devi ancora conoscerlo meglio, e capire come procedere con la vostra relazione. È normale che nel frattempo tu possa ancora essere attratto da me- Sonja cercò di mantenersi professionale, ma non riuscì a non arrossire al pensiero.

Soprattutto perché Max la fissava rapito, e le si era avvicinato come se temesse di perdersi qualche parola.

-Il punto è…- Sonja cercò di riprendersi, e finire il discorso mantenendosi professionale e un po’ distaccata -…che ciò che conta, alla fine, è come agisci. E tu stai agendo davvero bene nei confronti di Manny- lo rassicurò, con un sorriso incoraggiante.

Di certo stava agendo meglio di lei, poco ma sicuro.

-Grazie Sonja. Hai ragione. Anche se…- Max ci pensò un attimo -…forse dovrei dirglielo- 

-Dirgli cosa?- 

-Di te. No, magari è presto, ma mi sembra come se gli tenessi nascosto qualcosa, e il senso di colpa mi sta uccidendo. Solo che ho paura che mi lasci- Max seppellì nuovamente il volto tra le mani, preoccupato.

Sonja non sapeva come rassicurarlo. Ne avrebbe avute molte, di parole da usare, ma non voleva rischiare di dire sciocchezze. 

-Tu che faresti?- chiese poi, cercando di vedere la situazione da un’altra prospettiva. O meglio, farla vedere a Max.

-Io? In che senso?- Max piegò la testa, confuso.

-Se Manny ti dicesse che si trova nella tua stessa situazione. Che aveva una cotta per una persona, che però è già impegnata, e che ora sta con te nonostante provi ancora qualcosa per questa persona. Insomma, se fosse nella tua stessa identica situazione e te lo rivelasse, tu che faresti?- spiegò, senza guardarlo negli occhi.

-Sarei molto felice della sua sincerità, rassicurato per la sua fiducia. E cercherei di conquistarlo ancora di più, e tenerlo stretto. Non so, per me l’onestà viene prima di tutto- ammise Max, riflettendo e sorridendo appena tra sé al pensiero.

Sonja dovette necessariamente distogliere lo sguardo da lui perché praticamente risplendeva di luce angelica.

-Ecco, quindi se lui ci tiene a te dovrebbe provare lo stesso, e sono sicura che non ti lascerebbe per questo- lo rassicurò, provando a dargli una pacca sulla spalla ma mancandolo (dato che non lo stava ancora guardando) e colpendogli la gamba.

Max ridacchiò.

-Wow, non mi aspettavo che i consigli migliori sulla mia relazione li avrei ricevuti proprio dalla mia friendzonatrice- commentò, cercando di stemperare un po’ la tensione.

Sonja rise, accettando di buon grado la conclusione del discorso.

Rimasero in silenzio per qualche secondo, lanciando occhiate alla porta nella speranza che si aprisse magicamente per farli uscire.

Poi Max parlò di nuovo.

-Posso parlarti di Manny?- chiese titubante.

Sonja non capì il motivo della richiesta, ma annuì.

-Va bene, di che vuoi parlarmi?- indagò, un po’ preoccupata.

-Ho bisogno di parlare di lui per non pensare di essere chiuso in una stanza con te- ammise Max. Evidentemente, nonostante il discorso incoraggiante, trovava comunque difficoltà a non pensare ai propri sentimenti.

Era così adorabile!

No, Sonja! Neanche tu devi avere certi pensieri!

Ma è così fantastico!

Sonja, no!

-Certo, parla pure. L’ho sentito nominare un sacco e sono molto curiosa di sapere che tipo è- commentò, mettendosi comoda pronta ad ascoltare, con una certa curiosità, doveva ammetterlo.

Gerda le aveva condiviso alcune impressioni, su Manny, ma ognuno vive le persone in modo diverso. Chissà qual era il modo di Max.

-Da dove cominciare, Manny è… simpatico- 

Interessante primo complimento. Di solito simpatico era sinonimo di brutto. Povero Manny

-…e gentile. Timido, ma quando si apre è davvero piacevole parlare con lui. Ed è carino, bisogna ammetterlo. Ha l’aria da nerd assoluto e si veste sempre in modo da sembrare invisibile, ma non importa quanto ci provi, non riesco a staccare gli occhi da lui quando lo vedo- 

Ah… okay. Sonja non se lo aspettava per niente.

Non si aspettava di vedere gli occhi di Max così brillanti mentre parlava del suo ragazzo. Non credeva che la sua analisi sarebbe stata così piena di complimenti e affetto. Doveva immaginarlo, probabilmente, ma non sapeva come sentirsi al riguardo. Abbozzò un sorriso incoraggiante e tentò per il resto di rimanere impassibile.

-Ma non è l’aspetto la cosa importante, abbiamo un sacco di interessi in comune. Adoro il suo anticipo. E la sua risata, e la sua abitudine di canticchiare tra sé quando è sovrappensiero. È adorabile. Vorrei che fosse un po’ più sicuro di sé, ma la sua discrezione è tenera- Max non aveva finito, e più andava avanti, più si illuminava.

Sonja, al contrario, si sentiva sempre peggio.

Ma lo incoraggiò con un cenno ad andare avanti.

-Ammetto che ho un po’ paura perché è estremamente imbranato, e rischia di farsi male nei modi più strani. Tipo durante il nostro primo vero appuntamento si è bruciato la mano cercando di cucinare (non credo che lo lascerò più vicino ai fornelli) e mi sono quasi preso un infarto. 

Aveva una grossa scottatura proprio qui…- Max prese la mano di Sonja e indicò un punto sul dorso, facendola sobbalzare e portando il cuore della ragazza a battere troppo veloce -Per fortuna la scottatura è sparita subito e non sono rimaste cicatrici- commentò poi Max, lasciando immediatamente la mano di Sonja e ritirandosi leggermente imbarazzato.

Sonja si accarezzò la mano, respirando lentamente per far tornare il cuore a battere ad un ritmo regolare.

-Si vede che sei davvero innamorato- commentò con la prima cosa che le venne in mente. Si pentì subito. Non era una frase che lei, tra tutti, avrebbe dovuto dire.

Ma le stava salendo leggermente il panico.

-Beh, non direi amore, ma… mi piace davvero tanto. Mi sembra come se lo conoscessi da tanto tempo, e allo stesso tempo non lo conoscessi affatto. È come se mi nascondesse qualcosa, ma probabilmente è solo perché l’ho incontrato poco tempo fa- rifletté Max, rabbuiandosi leggermente.

Sonja aveva le lacrime agli occhi, ma fece del suo meglio per non mostrare alcuna emozione. Non voleva che Max si preoccupasse, o indagasse, o capisse qualcosa.

-Tu, invece?- Max interruppe il silenzio e si rivolse a lei.

Sonja sbatté gli occhi un paio di volte, colta alla sprovvista dalla domanda improvvisa.

-Io cosa?- 

-Com’è il tuo ragazzo? Non me lo hai mai descritto. Magari può aiutare anche te a fare ordine nelle tue emozioni. Confesso che a me ha aiutato molto- la incoraggiò Max.

In effetti adesso la stava guardando negli occhi, e le stava vicino senza imbarazzo.

Ma Sonja non sapeva proprio come descrivere il suo fidanzato.

-Beh, che dire… lo conosco da quando eravamo piccoli. Le nostre famiglie sono amiche, ed è quasi naturale che poi siamo finiti insieme. È molto intelligente e preparato, e bello. Sì, parecchio affascinante- cercò altro da dire, ma non le venivano le parole.

La imbarazzava parecchio descriverlo a Max.

Lui però continuava a guardarla in attesa di altre informazioni.

-Ti trovi bene con lui?- chiese infine, notando che non sembrava in procinto di continuare.

-Certo- Sonja annuì in fretta. Max aggrottò le sopracciglia.

-Sicura?- indagò, iniziando a preoccuparsi.

Non ne aveva bisogno. Non era come probabilmente temeva.

Sonja si rassegnò al fatto che doveva necessariamente dire di più.

-Il mio ragazzo…- cercò le parole, ma non le venivano in mente parole decenti, almeno non nella lingua corrente -come posso dire… quando sono con lui mi sento… come si traduce “Zweisamkeit”?- chiese a Max, pur consapevole che non avrebbe saputo risponderle.

-Zweisamkeit?- ripeté lui, con pessima pronuncia e grandissima confusione.

-È, ecco, una parola intraducibile. Quando stai così bene con una persona, che il mondo intorno a te non esiste più. Siete solo voi due nell’intero universo. E dimentichi ogni dovere, responsabilità, impegno. Vuoi solo stare con questa persona per il resto della tua vita- provò a spiegare, accennando un sorriso.

-Wow- Max era a bocca aperta. Sussurrò la parola appena imparata come se cercasse di mantenerla nella sua mente.

E ora che Sonja aveva iniziato a parlare del suo ragazzo, non riusciva più a fermarsi.

-È la persona più gentile dell’universo. La più altruista che abbia mai incontrato, sul serio. Mette sempre gli altri prima di se stesso, anche quando secondo me dovrebbe pensare alla sua felicità. È molto paziente, anche divertente, e semplice nel modo più tenero. Non deve neanche pensare a fare ciò che è più giusto, perché gli viene naturale. Praticamente se devo descriverlo in pochissime parole direi “principe azzurro”, perché è così ai miei occhi. Si impegna tanto per raggiungere i suoi sogni, eppure non mi ha mai messa in secondo piano. Non lo merito proprio- sospirò, sentendosi davvero in colpa per il modo in cui si stava comportando nei suoi confronti.

-Non dire così. Chiunque sarebbe fortunato ad essere il tuo ragazzo- la rassicurò Max, dandole un’incoraggiante pacca sulla spalla.

Sonja si girò verso di lui, e si rese conto che i suoi occhi erano velati di tristezza, ma cercava di nasconderla dietro un sorriso. Stava cercando, in tutti i modi, di essere felice per lei.

Le vennero le lacrime agli occhi. Che situazione difficile!

-Sonja, va tutto bene?- Max sollevò la mano come se volesse asciugarle le lacrime, ma la ritirò immediatamente, arrossendo appena.

Sonja si affrettò ad annuire.

-Sto bene, solo…- cercò di calmarsi, non poteva perdere la compostezza in questo modo.

-Deve mancarti molto, si vede che sei davvero innamorata- suppose Max.

La ragazza annuì.

-Avrei voluto passare con lui il mio compleanno- ammise, con sguardo basso.

-È in città?- indagò Max, sorpreso.

-Skype- Sonja alzò le spalle.

-Giusto. Mi dispiace- 

-Sai, avevi ragione. Parlarne ha aiutato a chiarire molte cose- ammise poi la ragazza. Non voleva assolutamente arrivare a questa conclusione, ma sapeva fosse inevitabile.

-Posso farti una domanda molto personale, Sonja? Sei libera di non rispondere- 

Sonja annuì.

-Perché sei venuta qui? Allontanandoti da tutti per un anno intero? Insomma, capisco tantissimo il desiderio di viaggiare, ma non so se riuscirei a stare lontano dalla persona che amo- la sua voce era un sussurro, ma era evidente che la curiosità fosse davvero tanta.

Sonja sospirò.

Certo che era un’ottima domanda, bisognava ammetterlo.

-Hai mai visto il film “Non torno a casa stasera”?- chiese.

Max scosse la testa.

-È di Francis Ford Coppola. Se ti capita di vederlo, magari alla serata film, tieni presente che nel film io sono Natalie- spiegò, criptica -…ma non sono incinta- aggiunse poi in fretta, ricordando uno dei dettagli del film.

-Oh, okay. Lo proporrò venerdì prossimo allora- Max accettò la risposta strana e tornò a riflettere.

L’atmosfera era diventata meno imbarazzante, ma per certi versi più pesante.

E umida, davvero umida.

Perché c’era tanta umidità in quello scantinato?

Un momento…

Perché le sue scarpe erano bagnate?!

Si alzò di scatto e fece qualche passo indietro, mentre si rendeva conto che, troppo impegnati a parlare, lei e Max non avevano notato che lo scantinato iniziava a riempirsi d’acqua, e si stava allagando molto velocemente.

-Oh diamine!- Max si accorse insieme a lei dell’emergenza, sorpreso a sua volta di non averci fatto caso prima, e si mise davanti a Sonja come a proteggerla dall’acqua.

-Non riesco a credere che sia esattamente…- borbottò Sonja, incredula. Era uguale all’episodio. Tranne per le manette, per fortuna.

Si affrettò a salire le scale.

-Amabelle, tante! Fateci uscire!- provò a ordinare, in tono autoritario.

-Parola d’ordine?- chiese Amabelle poco impressionata.

-C’è un problema con la caldaia, dei tubi stanno perdendo acqua e lo scantinato si sta allagando. Non abbiamo tempo per parole d’ordine- intervenne Max, spiegando la situazione.

Ci fu qualche secondo di silenzio dietro la porta.

-Ahah. Non sapevo che avessi iniziato a vedere Gorgeous, Max- ridacchiò poi Amabelle, divertita dalla coincidenza della situazione.

-Non è uno scherzo, Amabelle. Lo scantinato si sta davvero allagando, e un sacco di merce rischia di rovinarsi!- urlò Max contro la porta, scendendo nel frattempo le scale e cercando di mettere in salvo gli oggetti più a rischio.

Sonja la trovò un’ottima idea, e decise di aiutarlo.

-Un momento, non state scherzando?- la voce di Amabelle si fece all’improvviso più seria.

-No!- esclamarono insieme, con convinzione.

-Ah…. AH! Chiamo subito Kodie!- Amabelle corse via, lasciandoli comunque chiusi lì dentro.

-Poteva almeno aprire la porta- borbottò Sonja, un po’ tra sé.

-Almeno ci ha creduto- sospirò Max, felice, sotto sotto, di avere almeno qualcosa da fare per ingannare l’attesa di rinforzi.

Alla fine non ci furono danni irreparabili, Max e Sonja furono liberi di finire il lavoro e il compleanno, e, con grande disappunto di Amabelle, uscirono dallo scantinato maturati, più sicuri dei propri sentimenti, e meno decisi ad averli l’uno per l’altra.

Tutto bene ciò che finisce bene… oppure no?

 

Martedì 4 Giugno

Come ben ricorderete, dopo il compleanno di Petra, per Mirren la faccenda con Felix era chiusa.

E avevano passato qualche settimana in grande tranquillità.

Per Mirren quello che si erano detti nell’armadio aveva completamente risolto ogni tensione che ci potesse ancora essere tra loro, e tutto era finalmente e definitivamente tornato come prima.

Quindi quel pomeriggio, mentre studiavano in camera sua, lui alla scrivania, e Felix buttato sul letto con la copia stampata della tesi che doveva correggere in mano, era la persona più rilassata e tranquilla del mondo.

Del tutto ignaro della tempesta che di lì a poco si sarebbe abbattuta su di loro.

-Dimmi la differenza tra striscia continua e discontinua- gli chiese Felix, distrattamente, mentre armeggiava con i propri fogli.

Era loro abitudine farsi domande a vicenda in momenti casuali per mettersi alla prova ed evitare che Felix si distraesse troppo. Era un metodo che aveva sempre funzionato alla grande.

-La linea discontinua si può oltrepassare, quella continua no- rispose Mirren meccanicamente, nonostante stesse studiando le luci.

Felix annuì soddisfatto, continuando le sue cose.

Sembrava un po’ assente, ma continuava con le domande, quindi Mirren era piuttosto certo che non fosse nel mezzo di uno dei suoi attacchi.

Probabilmente doveva ricambiare.

-Come puoi collegare i ready-made al tema della sessualità nell’arte?- chiese. Era la domanda che Felix odiava di più, sapeva rispondere meno, ed era proprio il caso che ripassasse. L’avrebbe volentieri esclusa dalla sua tesi, ma la referente glielo aveva imposto.

-Ugh, odio i ready-made- borbottò Felix.

-Su, su, rispondi alla domanda- lo incoraggiò Mirren, segnando un appunto sulle luci abbaglianti.

-No, seriamente! Come possono considerarla arte? È come se io adesso prendessi la mia biancheria sporca, la attaccassi a un bastone di legno e la vendessi per centinaia di dollari. Mi sai dire che senso ha?!- si infiammò Felix, gesticolando con la mano destra, mentre la sinistra continuava a prendere appunti sulla tesi.

Mirren si impose con straordinario autocontrollo di non ridacchiare tra sé, e restare concentrato.

“Allora, gli abbaglianti sono segnati in blu perché sono pericolosi e devono risaltare subito all’occhio”

-Lo sai che non è l’oggetto, ma l’interpretazione che gli si da- provò a farlo ragionare, anche se condivideva il pensiero di Felix, sull’argomento.

-Già, ma questo è carisma, non arte. Allora io posso tranquillamente prendere questa matita, buttare giù una profonda spiegazione di come la matita sia l’origine e la fine dell’arte, o qualcosa del genere, e guadagnarci i milioni. Preferisco usare la matita per disegnare- insistette Felix, agitando in aria la matita come fosse un oggetto sacro.

Mirren non si trattenne più, e ridacchiò sommessamente.

-Oppure, senti che idea, prendo un water, lo chiamo “readymade” e lo lascio lì in bella mostra. Perché per me tutti i readymade sono dei water. Ah, no, aspetta. C’è troppa filosofia in questa scelta, non è un readymade decente- continuò Felix, ritornando con la matita sul foglio e guardando Mirren, soddisfatto da come stesse riuscendo a farlo ridere.

Mirren cercò di trattenersi, senza troppo successo.

-Oh, oh, senti questa. Compro un’opera d’arte che vale ventimila dollari, la faccio a pezzi, la deturpo e la rivendo per centomila dollari. Perché è una decostruzione dell’arte, no? Mica vandalismo. Viva Duchamp!- il tono polemico di Felix c’era ancora, ed era ancora leggermente assente, ma era anche chiaramente divertito.

E l’ultima proposta fu davvero troppo per Mirren, che scoppiò a ridere di gusto senza potersi trattenere.

Certo che il suo migliore amico era davvero un idiota.

Ma era il suo idiota.

E l’unico che riuscisse a farlo ridere senza filtri.

Felix non commentò oltre, e tornò estremamente concentrato sui propri appunti.

Mirren ci mise un po’ a rendersi conto della cosa.

Riuscì a smettere di ridere, e guardò Felix incuriosito dal suo zelo.

E quando notò che il movimento della mano era troppo veloce e poco lineare, e gli occhi dell’amico ben poco attenti, sospirò, e tutta la leggerezza provata fino a quel momento iniziò ad evaporare.

Si alzò lentamente dal proprio posto e prese con uno strattone la tesi dalla mani di Felix.

-Lo sapevo!- esclamò poi, controllando i fogli.

Quasi tutte le pagine erano piene di disegni, soprattutto su di lui.

Non era una cosa rara. Felix aveva l’abitudine di disegnare ciò che lo circondava, e in quel momento a circondarlo era Mirren.

Il problema vero, che lo distrasse dal cuore che aveva iniziato a battere forte vedendosi in così tanti schizzi, era che non doveva disegnare.

Doveva pensare alla sua tesi, erano lì per questo.

-Ridammelo subito!- Felix si alzò di scatto e provò a riprendere la tesi. Sembrava nel panico.

-Dovresti studiare, non disegnare. Tra poco di daranno la data della discussione della tesi, e devi assolutamente presentarla finita entro il 20 se vuoi laurearti!- lo sgridò Mirren, agitandogli il dito contro.

-Magari non voglio laurearmi!- esclamò Felix, riprendendo con violenza la tesi e strappando qualche foglio.

-Stai scherzando, vero? Hai praticamente finito, devi solo correggere qualcosa, e sai ogni argomento a memoria! Vuoi passare un altro anno di stallo?- Mirren era incredulo. Di cosa mai poteva avere paura Felix? Non riusciva proprio a capirlo.

-E poi?- chiese lui, lanciando i fogli per aria. Per fortuna aveva ancora tutto sul computer e non aveva buttato via mesi di lavoro.

-E poi cosa?!- Mirren capiva sempre meno, si affrettò a recuperare qualche pagina.

-E poi cosa farò, Mirr?! Con una stupida laurea in belle arti, pochissime opportunità lavorative e un disturbo da deficit dell’attenzione che sta sfuggendo di mano! Cosa pensi possa fare?! Farmi mantenere dai miei genitori per il resto della mia vita? Lavorare al McDonalds? Persino lì una persona come me verrebbe cacciata nel giro di pochi giorni. Sono disperato, Mirren. E terrorizzato!- Felix esplose, sorprendendo non poco Mirren e andando da una parte all’altra della stanza in una piena crisi di nervi.

L’amico non l’aveva mai visto così turbato. Era un ragazzo enfatico, ma vedeva sempre il lato buono delle cose, era un eterno ottimista, e provava in ogni momento a trovare il lato positivo.

Mirren lasciò immediatamente perdere i fogli e si affrettò a mettere le mani sulle spalle di Felix, per calmarlo.

-Felix, va tutto bene e andrà tutto bene. Sei un ragazzo incredibile e il tuo problema non ti precluderà lavori anche migliori di uno stupido impiego al McDonalds- cercò di rassicurarlo, Felix si scansò, e si appoggiò al muro, dandogli le spalle.

-È facile per te parlare, tu hai sempre avuto la strada spianata- borbottò, in tono acido.

-Non è stato facile neanche per me- obiettò Mirren. Non voleva fare paragoni, ma Felix glieli tirava fuori dalla bocca -Ero spaventato anche io prima della discussione della tesi. È normale. E il futuro preoccupa, ma non esistono problemi a cui non ci sia una soluzione, e troverai questa soluzione, ne sono certo- si avvicinò lentamente per offrirgli supporto emotivo, ma Felix si allontanò nuovamente da lui, e si sedette sul letto, dove si prese la testa tra le mani.

Mirren voleva correre nuovamente al suo fianco, ma si fermò sul posto. Felix lo stava evitando, evitava accuratamente il suo aiuto, ed era davvero innaturale, per niente da lui.

Di solito era Mirren quello che evitava il contatto, e Felix quello che lo bramava costantemente.

Forse in quel momento, Mirren doveva andarci piano.

Si sedette sul bordo del letto, non troppo vicino a lui, e lo lasciò parlare, senza provare ad intervenire o ad imporgli il suo pensiero. Era chiaro che Felix aveva solo bisogno di sfogarsi.

-Come? Io ci provo a trovare soluzioni, ma non è così semplice. Ogni volta che provo ad andare avanti vengo irrimediabilmente rispedito indietro. Sono in un limbo dal quale non riesco ad uscire, e le poche cose che posso cambiare mi terrorizzano. Io non so davvero cosa fare, Mirren- iniziò a singhiozzare.

Mirren non sapeva proprio cosa dire per aiutarlo davvero. Si avvicinò leggermente, e lo incoraggiò a continuare mettendogli dolcemente una mano sulla spalla.

Felix sembrò apprezzare il gesto attento e rassicurante. O forse era troppo devastato psicologicamente per ritirarsi di nuovo.

-Non volevo parlarne con te. Tu sei l’ultima persona con cui dovrei parlarne- Felix scosse la testa, rifiutandosi di guardarlo.

Quel commento fu per Mirren come un pugno nello stomaco.

-Perché? Tu puoi dirmi tutto, lo sai- provò a rassicurarlo, avvicinandosi un altro po’.

Finalmente Felix alzò lo sguardo verso di lui. Ma i suoi occhi erano freddi e tristi, come prima di un attacco.

-Posso, davvero?- chiese, sarcastico.

La presa di Mirren sulla sua spalla si fece più forte.

-Ovviamente, sei il mio migliore amico, e la persona più importante per me- Mirren si avvicinò ancora, di qualche centimetro.

Ormai le loro gambe si toccavano.

In qualsiasi altra occasione, probabilmente Mirren non avrebbe osato tanto, ma era sicuro che con Felix fosse tornato tutto normale, ed era deciso ad agire di conseguenza. E poi non riusciva a vederlo così abbattuto, voleva aiutarlo in ogni modo possibile.

E sapeva che Felix aveva bisogno di contatto quando era giù di morale. Lo necessitava esattamente nel modo in cui Mirren aveva bisogno del suo spazio vitale, in medesimi momenti.

Erano due opposti che però, nel loro rispetto e comprensione reciproca, si completavano completamente.

Felix lo guardò scettico, in silenzio, e Mirren lo prese come un invito a continuare.

-Posso capire che tu ti senta in un limbo, ma il modo migliore per superare una situazione è provare a cambiare le cose che sono sotto il tuo controllo, a cominciare da quelle più piccole, fino ad arrivare alle più grandi. E se cambiamenti troppo sostanziali ti fanno paura, ma sono necessari per andare avanti, chiedi l’aiuto delle persone che ti sono vicine. I tuoi genitori, Tender, la Corona Crew… e me. Io ci sarò sempre per te- gli rassicurò. 

Felix mormorò qualcosa, ma a voce troppo bassa, e Mirren non sentì.

-Cosa?- chiese, avvicinandosi per sentirlo meglio, i loro volti erano talmente vicini che Mirren rischiò quasi di bagnarsi con le lacrime ancora rimaste sulle guance di Felix. Talmente vicini che il suo respiro le spostava leggermente.

-Mirren allontanati- Felix alzò leggermente la voce, ma disse l’ultima cosa che Mirren si sarebbe aspettato.

E Mirren si sarebbe volentieri allontanato.

Per evitare che Felix fraintendesse, per mantenere le distanze dall’amico che doveva, a tutti i costi, restare tale. 

Ma non poteva.

Non quando Felix lo guardava con quell’angoscia negli occhi. Non quando aveva così disperato bisogno di lui.

Che razza di amico sarebbe stato se l’avesse allontanato in quel momento?!

E poi avevano chiarito, ormai. Non aveva nulla da temere.

-Io non ti lascio, Felix- gli promise, accarezzandogli il braccio con il pollice della mano che continuava a tenere premuta sulla sua spalla.

L’istante dopo, le labbra di Felix erano sulle proprie.

E Mirren si ritrovò a ricambiare prima ancora di rendersi conto di cosa stesse succedendo. 

Baciare Felix era più naturale che respirare. Anzi, era come se fosse quello il suo ossigeno, senza cui non poteva assolutamente vivere.

Ma doveva vivere senza.

Non poteva assolutamente permettere che succedesse quello che stava accadendo.

Felix era solo, e unicamente, suo amico.

Il suo migliore amico, certo, ma niente di più.

E non sarebbe mai stato niente di più.

Allora perché stava ricambiando quel bacio?!

Mirren scansò Felix così violentemente che rischiò quasi di fargli male, e si allontanò il più possibile da lui.

-Avevamo chiarito- obiettò, quasi offeso.

Felix lo guardò con l’espressione più ferita che Mirren gli avesse mai visto in volto, ma prima che l’amico potesse sentirsi in colpa e provare a metterci una pezza sopra, la sofferenza mutò in rabbia, e Felix si alzò di scatto dal letto, furente.

-Chiarito? Quando mai?! Quando mai abbiamo affrontato questo argomento?!- si indignò, alzando la voce.

Mirren non capì. Ne avevano parlato nell’armadio, giusto? Alla festa di Petra. Avevano deciso che sarebbero rimasti amici per sempre e tutto sarebbe tornato come prima.

Beh, non avevano parlato dei propri sentimenti, ma…

-Era… implicito?- obiettò, ovvio.

-Oh, beh, se era implicito allora perché non lo rendiamo esplicito, per una buona volta?- propose Felix, in tono acido, mettendo le mani in tasca e armeggiando con qualcosa che Mirren non riusciva a vedere.

Mirren grugnì irritato.

-Perché dovremmo parlare di qualcosa che è ovvio?! Non possiamo semplicemente accettare la verità, andare avanti ed essere amici come sempre?- rimase seduto, e guardò l’amico quasi supplicante.

Felix di solito a questo punto cedeva. Mirren aveva smesso di contare i suoi tentativi di flirtare che lui evitava costantemente o fingeva di non notare. Ma questa volta Felix era deciso. Emotivamente troppo scosso per tirarsi indietro, e con un desiderio estremamente acuto di certezze, nella sua vita.

Il consiglio di Mirren gli rimbombava in testa: “il modo migliore per superare una situazione è provare a cambiare le cose che sono sotto il tuo controllo”. E aveva finalmente capito che non sarebbe cambiato niente finché non avesse preso il controllo di quella situazione.

-Quale verità devo accettare, Mirren? Non sono intelligente quanto te, perché non mi fai lo spelling?- incoraggiò l’amico a parlare.

Ma Mirren non ne aveva la minima intenzione.

Non capiva che evitava di parlare perché non voleva ferirlo? Era davvero così stupido o semplicemente masochista?

-Sei ridicolo, Durke. Ho provato ad aiutarti ma se fai così non…- si alzò finalmente dal letto e fece per andarsene dalla stanza. Era la sua camera da letto, ma avrebbe preferito andare in un hotel piuttosto che continuare quella conversazione.

Felix si precipitò alla porta e ci si mise davanti, chiudendo ogni via di fuga.

Mirren lanciò una discreta occhiata alla finestra, ma non era ancora abbastanza disperato da buttarsi dal primo piano.

-Felix, fammi passare- provò ad usare la diplomazia.

-Se non vuoi cominciare tu comincerò io, allora. Partiamo da una cosa abbastanza semplice, va bene?- Felix non rispose nemmeno, e prese un profondo respiro, prima di confessare l’ultima cosa che Mirren avrebbe voluto sentire in assoluto.

-Io ti amo, Mirren- la voce del ragazzo era tremante, ma provava a tutti i costi a farsi forza per ammettere un sentimento che provava da anni e non gli era stato mai permesso rivelare.

Mirren strinse i denti, a accolse la confessione come fosse una coltellata in pieno petto. Sentì quasi il dolore fisico, la lama di un coltello spingersi a fondo dentro la sua carne, pronta ad ucciderlo.

Ma troppo lentamente per i suoi gusti.

Non rispose, non ne aveva la forza.

Tutti i suoi timori si stavano concretizzando, troppo in fretta perché lui riuscisse ad elaborare un modo di evitarli.

-E prima che tu privi a rigirare la questione con uno stupido “Ti amo anche io, Felix, perché siamo migliori amici” meglio che specifichi. Io sono innamorato di te, romanticamente, da anni, e per quanto ci provi non riesco in alcun modo ad andare avanti, dimenticarti e smettere di amarti. Quindi, te lo chiederò una volta sola, Mirren…- Felix aveva ancora una mano in tasca, mentre l’altra teneva la porta chiusa.

La sua voce era decisa, ma i suoi occhi terrorizzati, e tremava leggermente.

Mirren non l’aveva mai visto così pallido.

Continuò a non rispondere, e distolse lo sguardo. Non voleva guardarlo, non voleva affrontare la situazione.

Ogni parola era una coltellata al petto.

Voleva solo che smettesse tutto, svegliarsi e rendersi conto che era l’ennesimo sogno con Felix protagonista. Ne faceva ogni notte, ormai.

-Tu…- Felix esitò, mentre provava a porre la domanda fatale -…pensi che potresti amarmi?- chiese infine, in un sussurro così flebile che quasi si perse nel rumore dei battiti forsennati di entrambi i loro cuori.

Era il momento che Mirren temeva più di tutti, quello della verità.

Non aveva la forza di rispondere.

-Ho bisogno di una risposta, Mirren. È l’unico modo che ho per andare avanti. E ti prego, ti supplico, sii sincero. Non cambierà niente tra di noi, la nostra amicizia proseguirà immutata. Ho solo bisogno di qualche certezza, per favore!- la voce di Felix si alzò all’improvviso, e cercò di intercettare lo sguardo schivo di Mirren.

Sì o no.

Una parola di due lettere avrebbe cambiato la sua vita per sempre.

Avrebbe ammesso i propri sentimenti? Anche per Mirren la confessione di Felix era stata la conferma di una teoria che aveva sempre sostenuto ma di cui non aveva mai avuto prove. Ed ora era assolutamente certo che il suo migliore amico provasse qualcosa per lui.

Avrebbe potuto acconsentire, iniziare una relazione romantica con lui. Avrebbe potuto finalmente essere felice, come nei suoi sogni. Passare la vita intera a fianco di Felix, chiedergli di toccargli i capelli tutte le volte che voleva, baciarlo, liberarsi di ogni sua barriera.

Dopotutto con chi altri avrebbe potuto fare una cosa tanto folle e meravigliosa, se non con il suo migliore amico da tutta la vita?

Ma non poteva, non ci riusciva.

Iniziò a scuotere la testa prima ancora che valutasse esattamente l’altra alternativa. La paura prese il sopravvento su di lui, e fece un passo indietro.

Vide letteralmente qualcosa spezzarsi negli occhi di Felix, ma non mantenne il suo sguardo abbastanza da permettere che questa ferita lo coinvolgesse pienamente.

Il sì avrebbe aperto una strada con possibilità infinite.

Il no avrebbe chiuso per sempre quella porta, e tenuto Mirren sui binari programmati. Felix sarebbe stato solo suo amico, ma lo sarebbe rimasto per sempre. Ed era l’unica cosa di cui Mirren avesse bisogno.

Lui non poteva perdere Felix, e una relazione era destinata a fallire in partenza, soprattutto con lui.

Felix avrebbe superato la sua cotta, prima o poi. Mirren poteva vivere per sempre nascondendo i propri sentimenti, aveva abbastanza autocontrollo per farlo.

-No- rispose infine, in un sussurro -Non ti amo- mentì, provocandosi una pugnalata al petto peggiore delle precedenti.

Riusciva quasi a sentire fisicamente il suo cuore piangere, ma mantenne l’espressione più impassibile del suo vasto repertorio.

Felix sobbalzò, come se avesse preso una piccola scossa.

Lanciò un’occhiata verso la sua mano ancora in tasca, poi guardò Mirren a bocca aperta.

-Stai mentendo- lo accusò, in un sussurro, come se non ci credesse neanche lui.

Mirren si irrigidì leggermente, ma non aveva intenzione di cedere solo perché Felix aveva fatto una supposizione giusta. C’era un motivo per mentire, e avrebbe continuato a farlo per sempre.

-No, Felix. Non sto mentendo. Non ti amo- ripeté, guadagnandosi un’altra coltellata.

Nella sua testa una voce che gli ricordava sua nonna Rea gli stava gridando insulti molto coloriti.

Felix sobbalzò di nuovo, più forte.

-Stai mentendo! Perché continui a mentire?! Perché vuoi spezzarmi il cuore se provi lo stesso?- Felix provò ad avvicinarsi a lui, ma Mirren indietreggiò fino a sbattere contro il muro.

-Non provo lo stesso- Felix sobbalzò di nuovo -Io ti voglio bene, Felix- ammise, cercando di non rovinare completamente l’amicizia che stava cercando in tutti i modi di preservare -Ma non uscirei mai con te, mai, in tutta la vita. Mi dispiace, non voglio ferirti, ma devi accettare la verità- 

Felix non sobbalzò, sbarrò gli occhi e se possibile divenne ancora più pallido.

Lanciò nuovamente un’occhiata molto rapida alla sua tasca, poi tornò su Mirren.

-Perché?- provò a chiedere, confuso e terrorizzato.

Mirren si portò una mano sul viso, cercando di riordinare le idee. Perché stavano continuando quella conversazione?! Ormai aveva chiarito il suo punto. E stava troppo male per continuare ferire entrambi in questo modo.

-Perché siamo amici, non siamo altro che amici, e saremo sempre, e solo amici!- la sua successiva esclamazione uscì più rude di quanto pensasse, cercò di addolcirla almeno un po’ -Sei il mio migliore amico, e la persona a cui tengo di più al mondo. Ma non possiamo stare insieme, lo capisci?- provò a farlo ragionare.

-Io… capisco- sussurrò Felix, in tono vuoto, lasciò andare qualsiasi cosa stesse tenendo in tasca, e la sua mano crollò immobile lungo il suo corpo.

Mirren si sentì rassicurato. Stava ottenendo qualche risultato, finalmente. Alzò la testa verso Felix, per guardarlo in volto e recuperare meglio la situazione, ma il sollievo che iniziava ad impossessarsi di lui sparì immediatamente, lasciando posto ad un terrore agghiacciante.

Lo sguardo di Felix era vuoto come le sue parole, i suoi occhi spenti e rassegnati. 

Era come quando aveva un attacco, ma Mirren sapeva che in quel momento era perfettamente lucido, e questa consapevolezza rendeva l’apatia di Felix mille volte peggiore.

-Felix…- accennò qualche passo nella sua direzione, pentendosi di essere stato così diretto e crudele nella sua friendzone. Avrebbe dovuto andarci piano, essere più gentile. Dosare meglio le parole, invece era stato fin troppo categorico.

Ma era andato nel panico.

-Mi dispiace, Mirren. Devo starti lontano per un po’- sussurrò poi Felix, bloccando l’amico sul posto.

-C_cosa?!- esclamò lui con un filo di voce -No, no, un momento. Mi avevi promesso che la nostra amicizia non sarebbe cambiata!- gli ricordò, mentre il panico faceva breccia nel suo cuore.

-Scusa, ho sottovalutato il mio dolore. Non posso essere vicino come sempre soffrendo così tanto. Dammi un po’ di tempo- continuò Felix, dandogli le spalle e prendendo le sue cose per uscire.

Mirren provò a fermarlo, ma era troppo lontano dalla porta per evitare che lui uscisse dalla stanza.

Provò comunque ad usare  le parole.

-Aspetta, Felix! Non è giusto! Non puoi allontanarmi solo perché non ricambio i tuoi sentimenti!- gli fece notare, in tono accusatorio.

-Non posso neanche fingere di stare bene- obiettò Felix, uscendo definitivamente dalla porta e chiudendola dietro di sé. 

-Aspetta!- Mirren provò a seguirlo, ma le ginocchia gli cedettero, e cadde a terra.

-Non è giusto- borbottò tra sé, portandosi una mano al petto, dove sentiva che il cuore gli fosse appena stato strappato via e sbriciolato.

Notò con la coda dell’occhio una pagina della tesi dell’amico, con uno dei disegni di quel giorno.

Era un semplice schizzo fatto in pochi secondi, che riprendeva Mirren intento a ridere.

Le lacrime uscirono fuori dai suoi occhi senza che potesse controllarle.

Prese il foglio tra le mani e se lo portò al petto, singhiozzando rumorosamente.

-Non è giusto- continuava a ripetere tra sé, a voce sempre più bassa e impastata.

-Non è giusto…- 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Premessa… mi dispiace tantissimo! Chiedo scusa dal profondo del cuore a tutti i Ferren shipper (io sono la prima tra voi). Scrivere il “litigio/separazione/confronto” tra i due è stata la sfida più difficile dall’inizio della fanfiction, ma era anche una delle scene base che ho in mente per la fanfiction dagli esordi. Ho tagliato e aggiunto cose, ma questa scena ci doveva essere. 

Felix ha bisogno di pensare un po’ a sé stesso. Mirren deve rendersi conto che non deve sempre dare Felix per scontato. 

Ma, come ho promesso, questa fanfiction avrà un lieto fine, quindi pazientate, e vi assicuro che i Ferren daranno tante soddisfazioni.

Solo che… non adesso. E non in tempi brevissimi.

Parlando del capitolo in ordine…

Norman è sempre più done con Amabelle, e non lo biasimo. Chissà perché la ragazza è così estremamente decisa a mettere insieme le sue coppie… beh, più del solito. Che la consapevolezza di avere una cotta centri qualcosa?

Max e Sonja hanno avuto una conversazione davvero interessante, e Sonja sembra davvero nascondere qualcosa? Avete qualche teoria?

Poi, vabbè, Felix e Mirren sono quello che sono.

E a proposito di loro… secondo voi, chi ha ragione e chi ha torto? 

E chi dovrebbe fare il primo passo per risolvere le cose?

Domande a parte, spero che il capitolo vi sia piaciuto, nonostante il grande dramma.

Il prossimo passa ad argomenti molto più fluff, promesso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Mathi e Denny presentano il laboratorio. Clover e Diego aiutano Miguel e Paola a scegliere il catering e il vestito.

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Capitolo 23
*** Laboratori e abiti da sposa ***


Laboratori e abiti da sposa

 

Giovedì 6 Giugno 

Denny aveva dei rituali ben precisi che compiva prima di un esame, interrogazione o compito. E tali rituali si applicavano anche se doveva presentare un laboratorio, sebbene aggiungesse solo qualche credito alla valutazione finale, e non si considerasse un voto a sé.

Innanzitutto si svegliava sempre alle 6.45. Non si sapeva esattamente il motivo dell’orario così specifico, ma alle 6.45 precise la sveglia suonava e lui si alzava spaccando quasi il secondo.

Poi ogni volta che aveva un compito, un’interrogazione o un esame, mangiava sempre due fette di pane con l’olio. Nulla di più e nulla di meno.

Quando aveva un esame il pomeriggio era un bel guaio, dato che non mangiava altro per tutto il giorno.

Indossava sempre, sia d’inverno che d’estate, il golfino portafortuna che possedeva da quando aveva dodici anni. Era una vera fortuna che Denny avesse praticamente smesso di crescere piuttosto presto, perché, con qualche modifica, gli stava ancora perfettamente.

Infine, a partire da un’ora prima del compito o dell’esame, smetteva di parlare. Non pronunciava neanche una parola, e riprendeva solo ed esclusivamente quando il docente lo interpellava.

La sua concentrazione era fondamentale.

Ma Mathi non lo aveva mai incontrato o visto prima di un esame, quindi Denny stava quasi per rinunciare a quest’ultimo rituale, dato che l’amico iniziava a preoccuparsi per lui.

-Denny, sei tutto rosso. Sicuro di non volerti togliere il golfino? Sono almeno quaranta gradi qui dentro- Mathi gli stava facendo aria con un foglio di carta, distraendo non poco l’amico.

Se avesse preso meno dei tre punti di credito in più promessi dalla professoressa, Denny era già pronto a dare tutte le colpe a lui.

Per fortuna la docente li chiamò prima che Denny rompesse il voto del silenzio autoimposto e spiegasse a Mathi che se era riuscito a fare l’esame di maturità con quel golfino avrebbe potuto fare qualsiasi cosa.

-Il gruppo del signor Sleefing e il signor Yagami- la professoressa fece loro un cenno di raggiungerla in cattedra. Wow, si ricordava chi fossero. Era davvero una brava professoressa.

Ci fu qualche risata nel sentire il cognome di Mathi, alle quali lui rispose con un occhiolino, poi l’atmosfera tornò seria, e Denny porse la chiavetta con il power point come un condannato al patibolo.

-Ottimo, ragazzi. Allora, su quale degli argomenti principali del corso avete preparato il laboratorio?- chiese la professoressa, collegando la chiavetta al computer e trovando subito il file giusto.

-Il macroargomento è il saggio sullo straniero di Schuetz, ma abbiamo fatto collegamenti anche sulla rappresentazione di genere e  la vita quotidiana come rappresentazione- Mathi, l’estroverso del gruppo, introdusse in modo molto professionale il laboratorio. La professoressa sembrava davvero sorpresa.

-Vedo che ci sono… 43 pagine di power point, non mi aspettavo tanta diligenza- ammise, controllando il tutto molto velocemente.

-Abbiamo preso in esame alcuni film per spiegare meglio i temi, e le teorie- si affrettò a spiegare Denny, un po’ teso -Il numero di pagine non è così indicativo, è tutto molto schematico- temeva davvero che aver fatto molto più di tutti gli altri potesse in qualche modo penalizzarlo.

Mathi sobbalzò. Non si aspettava che parlasse.

-Wow- la professoressa osservò il lavoro per qualche altro secondo, quasi distratta. Denny non avrebbe saputo interpretare quell’espressione rapita -Bene, potete cominciare- li incoraggiò poi, con un grande sorriso, mettendosi in ascolto.

A parlare fu principalmente Mathi, soprattutto nella prima parte. 

Poi, quando la professoressa cominciò con le domande, Denny intervenne molto più dell’amico.

Conosceva l’argomento a menadito, aveva fatto praticamente tutto lui, e si vedeva da lontano un miglio che Mathi aveva offerto principalmente supporto morale.

Ma, stranamente, a Denny andava benissimo così.

Denny era quel tipo, molto raro, di persona che odiava i lavori di gruppo perché preferiva di gran lunga pensare da solo a tutto ciò che c’era da fare. Si poteva pensare che avesse manie di controllo, e forse in parte era proprio così, ma il suo era anche un modo di meritare quello che riceveva. E lavorava al massimo delle sue potenzialità per raggiungere la perfezione.

E non gli importava minimamente se altri facessero o no il lavoro con lui.

Al liceo si erano sempre approfittati della sua peculiarità.

Mathi, nonostante fosse rimasto un po’ fuori dal lavoro, era stato presente ogni volta che Denny aveva avuto bisogno di aiuto, e aveva studiato bene il progetto e offerto qualche spunto.

Se Denny era stato il capitano del team, Mathi era stato un affidabile braccio destro.

Monopolizzarono completamente l’aula per quasi un’ora, e la professoressa era sempre più interessata all’argomento e alle riflessioni che avevano portato alla luce.

Aveva addirittura chiesto ad alcuni studenti di partecipare alla discussione, soprattutto quando l’argomento toccò il tema della sessualità. 

Denny non lo aveva esplicitamente introdotto nella presentazione, ma parlando di Garfinkel e la rappresentazione di genere era sopraggiunto quasi da solo.

-Ho un’ultima domanda prima di mandavi al vostro posto- la professoressa si rivolse in particolar modo a Denny, segno che la domanda era indirizzata a lui -Nel contesto contemporaneo, soprattutto in relazione alla sessualità, le teorie sullo straniero di Schuetz possono essere applicate?- 

-Ovvio- Mathi rispose con naturalezza, prima che Denny potesse riflettere sulla domanda.

La professoressa posò lo sguardo su di lui.

-Mi sa spiegare meglio i motivi della sua risposta?- lo incoraggiò ad elaborare.

-Beh, Schuetz parla di straniero come qualcuno che non appartiene ad un determinato gruppo sociale, quindi, nel contesto contemporaneo, con tutte le lotte della comunità LGBT+, è chiaro che persone con una sessualità diversa da quella considerata “normale”…- Mathi fece le virgolette con le dita -…le persone della comunità LGBT+ sono costrette ad adattarsi alla società che le ospita, che in questo caso comprende tutto il mondo, in particolare i piccoli gruppi locali come la loro città e le loro famiglie che spesso si aspettano che si adeguino allo standard sociale- spiegò, cercando di essere il più professionale possibile.

-Interessante. Signor Sleefing, è d’accordo?- la professoressa tornò a rivolgersi a Denny.

-No- il ragazzo rispose senza neanche del tutto pensare alla domanda, ma con la prima cosa che gli venne in mente.

Si maledisse per non averci pensato di più. Sicuramente Mathi aveva dato una risposta più che soddisfacente, e confermarla li avrebbe fatti tornare a posto ed avrebbe evitato a Denny una profonda analisi interiore che non ci voleva proprio, in questa situazione.

Alla professoressa, però, le si illuminarono gli occhi.

-Perché no?- indagò, invitandolo a procedere con la sua analisi, incoraggiante.

-Beh…- Denny non sapeva bene come spiegare il suo punto di vista.

Evitò accuratamente lo sguardo di Mathi mentre obiettava al suo ragionamento.

-Quello che ha detto Mathi è corretto, ma nel contesto contemporaneo, soprattutto grazie alle lotte LGBT, questa comunità è diventata parte della società, e non c’è più la discriminazione che c’era un tempo, quindi non considero gli appartenenti a questa comunità come stranieri esterni che cercano di integrarsi- provò a spiegare, a voce bassa.

-Quindi pensa che gli appartenenti alla comunità LGBT+ siano perfettamente integrati nella società?- chiese la professoressa.

-No!- si affrettò a negare Denny -Cioè…- 

Uff, ma non aveva detto una sola domanda? Perché stava insistendo?

-È più una questione di… essendo più accettata, nessuno si sente più uno straniero, almeno non completamente, perché anche se ci sono alcuni gruppi che non lo accettano, un membro della comunità LGBT+ ha sempre, o quasi, qualcuno a cui rivolgersi. Io considero più straniero quello che non sa…- Denny si interruppe.

-Non sa cosa?- lo incoraggiò la professoressa.

Denny sentì il calore risalirgli alle gote, ma non era proprio il momento dei suoi sempre più comuni dubbi esistenziali.

-Qualcuno che non sa a quale gruppo appartiene, e deve capire e decidere da chi preferisce farsi accettare… non so bene come spiegarlo- l’argomento stava iniziando a toccare dei punti davvero pericolosi per la psiche di Denny. Si fissava insistentemente le scarpe e stava decisamente morendo di caldo, con quel maledetto golfino.

La professoressa sembrò accorgersene, perché decise di non insistere ulteriormente.

-Molto bene. È stata una presentazione davvero impeccabile- concluse, segnando qualcosa sul foglio con le prenotazioni per il laboratorio.

Denny tirò un sospiro di sollievo mentale. Sperava davvero di riuscire ad ottenere quei tre punti in più da sommare al voto finale che…

-Metterei ad entrambi un 30 e lode. Ottimo lavoro. Soprattutto lei, signor Sleefing- si complimentò la professoressa, con un grande sorriso rivolto ad entrambi.

Un momento… cosa?!

Denny non trovava le parole per commentare la questione, e anche Mathi era rimasto a bocca aperta, al suo fianco.

Ci pensò Duke, dalla terza fila, ad esternare il dubbio che avevano tutti nella sala.

-Mi scusi, professoressa, ma il laboratorio non doveva dare solo da uno a tre punti in somma alla valutazione finale?- chiese, in tono pratico ma chiaramente infastidito.

-È un’ottima osservazione, ma in tutta franchezza non posso non dare una valutazione totale a questo laboratorio. Hanno toccato tutti i punti salienti del programma, offerto approfondimenti e per essere giusta ho intenzione di offrire a tutti la possibilità di ricevere un voto oggi stesso, a vostra discrezione, tenendo presente che dovrete rispondere a qualche domanda sul programma generale. Se oggi non riusciremo a finire con tutti i laboratori si continuerà durante i giorni di ricevimento. Ma ne discuteremo meglio a fine lezione. Ragazzi, potete accomodarvi- la professoressa fece cenno a Mathi e Denny di tornare ai loro posti, poi sembrò rendersi conto di una cosa.

-Oh, accettate il voto?- chiese, per sicurezza.

-Eccome- rispose immediatamente Mathi, che sprizzava gioia da tutti i pori.

Denny si limitò ad annuire, non fidandosi abbastanza della propria bocca per far uscire parole di senso compiuto e non solo dei versi incomprensibili di gioia, confusione e caldo.

-Perfetto. I prossimi sono le signorine Peers e Slawers- la professoressa chiamò le successive, guardandosi intorno per individuarle nella massa di gente.

Denny e Mathi si sedettero al loro posto, e continuarono ad ascoltare la lezione.

Fu solo usciti dall’aula, due ore dopo, che Denny finalmente si rese del tutto conto di cosa fosse successo.

E fu solo perché Mathi lo prese per la vita con una facilità invidiabile e lo fece roteare un paio di volte, emozionato come un bambino il giorno di Natale.

-30 e lode, Dan! 30 e lode! Non ho mai preso un voto superiore a 25 fino ad ora e adesso un 30 e lode solo grazie a te!- esclamò, felice come una pasqua.

Denny avrebbe volentieri obiettato qualcosa. Magari che meritavano entrambi il voto e non era solo merito suo (anche se obiettivamente Denny aveva fatto l’80% del lavoro). Oppure avrebbe chiesto gentilmente a Mathi di metterlo giù chiamando in causa il distanziamento sociale (ma non c’era ancora il coronavirus quindi non era un buon modo).

Ma era troppo occupato ad implodere per l’unione del voto stupendo e inaspettato, del caldo e delle mani dell’amico sui suoi fianchi, calde, forti e rassicuranti.

Probabilmente se Mathi non si fosse reso conto da solo della sua difficoltà posandolo subito a terra, Denny sarebbe morto sul colpo per un’esplosione di cervello.

O del cuore, che al momento aveva il battito cardiaco medio di un colibrì.

-Scusa, non volevo prenderti così. Ma sono troppo felice- Mathi si tirò indietro i capelli e si allontanò di un passo, imbarazzato.

Denny fece un profondo respiro.

-Mm- mugugnò.

In realtà avrebbe voluto dire “Tranquillo, sono felice anche io, non preoccuparti” ma la voce non gli era proprio uscita.

-Fa caldo- riuscì però a borbottare in un sussurro, facendosi aria con la mano.

-Perché non togli il golfino?- suggerì Mathi, indicando l’evidente causa del caldo insopportabile.

Ovviamente non c’erano altre cause degne di nota. Di certo Denny non era accaldato per colpa di quel bellissimo ragazzo al suo fianco, no signore!

Ormai la sua negazione della realtà dei fatti inizia a diventare davvero ridicola.

-Buona idea- ammise quindi Denny, prendendo la parte inferiore della maglia e sollevandola per toglierla.

Aveva la camicia, dopotutto, e ormai l’esame era fatto, non c’era più bisogno del golfino portafortuna.

Purtroppo non aveva fatto i conti con il sudore, che aveva fatto attaccare la camicia al golfino, quindi quando se lo sollevò sulla testa, rimase praticamente a petto nudo davanti a Mathi.

Per fortuna il corridoio era deserto.

Denny abbassò immediatamente la maglia, e provò a staccarla dalla camicia.

Provò quindi a risollevarla, ma il risultato fu sempre lo stesso.

Al terzo tentativo, decise di cedere e chiedere aiuto.

-Uhm… Mathi, non è che potresti tenermi giù la camicia mentre tolgo il golfino?- chiese, imbarazzato, con la maglia già sollevata a metà e in evidente difficoltà.

-Perché?- chiese Mathi in un sussurro. La sua voce appariva distante, come se fosse in trance -No, cioè, certo!- esclamò poi in tono acuto, affrettandosi a tirargli giù la camicia.

Finalmente Denny si liberò della presenza ingombrante, e sistemò meglio la camicia.

Quando sollevò nuovamente lo sguardo su Mathi, però, fu preso decisamente in contropiede nel notare che evitava il suo sguardo, e le sue guance si erano fatte paonazze.

Denny non aveva ancora mai visto Mathi così imbarazzato, e non capì proprio il perché.

Forse sarebbe stato meglio se Denny fosse andato in bagno a cambiarsi, magari l’aveva messo a disagio.

-Grazie, Mathi. E scusa- per ogni evenienza decise di mettere direttamente le mani avanti.

-Di cosa? Figurati- Mathi agitò la mano per far cadere l’argomento. Denny lo accolse con piacere.

Si mise il golfino sottobraccio e prese il telefono per scrivere al fratello e alla Corona Crew riguardo al voto.

-Sono davvero felice che non dobbiamo dare l’esame di questa materia- commentò Mathi, un po’ tra sé -Adesso mi mancano solo due esami questo semestre. Tu quanti ne hai?- 

-Ne ho tre. Uno il 12, uno il 25 e uno il…- Denny esitò un secondo -… il primo luglio- rivelò, cercando di non pensare a quanto sarebbe sicuramente andato male quest’ultimo esame.

Avrebbe di gran lunga preferito farlo un altro giorno, ma c’erano pochissime date per quella materia.

-Io il 17 e il 26. Cavolo, avremo poco tempo per vederci- Mathi sembrava dispiaciuto. Seguì Denny diretto verso l’uscita dell’università. Avevano entrambi finito le lezioni del giorno.

-Sì, peccato. Ma almeno avremo tutto luglio libero- borbottò Denny distrattamente.

-Ehi, ho una proposta: che ne dici di festeggiare l’uno sera?- chiese Mathi, entusiasta.

Tutto il caldo che Denny aveva provato fino a quel momento lasciò spazio a un gelido terrore, e si girò di scatto verso Mathi, fissandolo sconvolto.

-Come hai… io non festeggio il primo luglio, mai!- esclamò, quasi aggredendolo verbalmente, e facendolo indietreggiare, confuso.

Poi Denny si rese conto esattamente di cosa Mathi avesse proposto.

-Aspetta, intendevi festeggiare la fine degli esami?- chiese con un filo di voce, indietreggiando a sua volta e torturandosi il golfino tra le mani.

-Ovvio, perché? C’è qualche altra cosa da festeggiare, quel giorno?- Mathi piegò la testa, confuso, poi si illuminò. Denny impallidì -Non dirmelo… è per caso il tuo compleanno?- indagò, accennando un sorrisetto.

Denny indietreggiò nuovamente.

-No!- esclamò con forza, dandogli poi le spalle e precedendolo fuori dall’università, nella vana speranza che lasciasse cadere l’argomento.

-Allora quand’è il tuo compleanno? E perché non me lo vuoi dire?- Mathi iniziò a seguirlo.

Denny non voleva proprio parlarne. Non in quel periodo già complicato e difficile. E non con Mathi. 

Si girò di scatto verso di lui, e gli lanciò un’occhiataccia.

-Non sono affari tuoi!- esclamò, alzandosi sulle punte per cercare di stare alla sua altezza, ma perdendo metà dell’aria minacciosa rischiando di cadere e non arrivando neanche al naso di Mathi.

-Scusa- Mathi però si ritirò comunque, dato che non aveva mai visto Denny così categorico.

-Bene. Io vado al Corona a pranzo- Denny si rigirò nuovamente e procedette in direzione del bar.

Mathi lo seguì senza parlare.

Denny sperava davvero di averlo spaventato abbastanza da non farlo indagare ulteriormente, almeno fino all’anno successivo.

Quel primo luglio voleva passarlo tranquillo. Aveva già un esame, non gli serviva anche un amico impiccione, per quanto meraviglioso e rassicurante potesse essere.

 

Lunedì 10 Giugno

Blog “Il giardino segreto”. Sezione: “Consigliatemi un fiore”: 

 

Strelitzia: Ho una richiesta urgente per un mazzo di fiori e non ho il tempo di fare una ricerca approfondita. Una mia carissima amica ce l’ha con me perché l’ho delusa e volevo farmi perdonare. Potreste darmi dei consigli?

Gelsomino: È una domanda molto complessa. Mi verrebbe da consigliare la calla, come simbolo di forte amicizia, o il glicine, che ha il significato di un’amicizia che dura nel tempo, così profonda che neanche le delusioni possono spezzarla. Il mughetto è sempre consigliato per le riconciliazioni, è il fiore che consiglierei più di tutti, anche se accompagnato. Poi potresti utilizzare in qualche modo le lavande. Il loro significato è solitamente negativo, e si riferisce alla diffidenza, ma insieme ad altri fiori dal significato positivo possono rappresentare il tuo desiderio di farti perdonare e non meritare questa diffidenza

Strelitzia: Grazie mille, sei sempre in prima linea :)

 

Chat privata con Gelsomino sul blog “Il giardino segreto”

Hey, alla fine ti sono state utili le informazioni sul Giacinto?

Gelsomino: Oh, sì, grazie mille. Non le ho usate per quello che volevo usarle ma mi hai davvero aperto un mondo

Sono felice di esserti stat* utile

Grazie tantissimo per il consiglio per il mazzo di fiori

Gelsomino: È un piacere. Spero che riuscirai a fare pace con la tua amica 

Lo spero anche io. È super arrabbiata, ma non credo mi terrà il muso a lungo

Siamo davvero molto legat* 

Gelsomino: Fammi sapere come reagisce

Sarai il primo a cui lo dirò ;)

 

Sabato 15 Giugno

Diego aveva provato a parlare con Clover del bacio che avevano condiviso.

Solo che la conversazione era andata più o meno così: 

-Clover, dovremmo parlare di…-

-NO!- 

E, onestamente, Diego non aveva intenzione di insistere.

Perché nonostante avesse mantenuto la recita, dopo il bacio, non appena era del tutto uscito dal campo di vista delle telecamere, di Clover e di qualsiasi spia la famiglia Paik avesse nel quartiere, Diego si era dovuto accostare ad un lato della strada per elaborare quello che era appena successo.

E dopo circa dieci minuti di autoriflessione, era finalmente giunto alla ovvia conclusione che il motivo più probabile per cui il suo cuore aveva fatto ottocento capriole e aveva una voglia matta di saltellare era dovuto ad una cotta per Clover.

Certo, avrebbe volentieri preferito che si trattasse di una malattia mortale, seconda opzione più probabile, ma non poteva negare l’evidenza, non era uno stupido come Denny.

Solo che la regola numero 0 della loro relazione finta, quella ovvia che non c’era neanche bisogno di scrivere, era di non innamorarsi.

Era la base della loro relazione.

Ed eccolo lì, Diego l’idiota, che si prendeva una cotta per l’ultima persona che gli era concesso amare.

La persona, oltretutto, che lo aveva ferito più di ogni altra, con la questione delle lettere.

Blossom non aveva avuto tutti i torti ad essere incredula di fronte alla sua debolezza.

Eppure i sentimenti non si comandano.

Dopo più di mezzora sul ciglio della strada, alla fine Diego si era imposto di ignorare i propri sentimenti, andare avanti per la sua strada, e raggiungere illeso il matrimonio di Miguel e Paola per poi lasciare Clover e… no, purtroppo nonostante quella fosse l’opzione più logica, il vero piano, inconscio, di Diego, era quello di provare a corteggiare Clover durante quel periodo e sperare, con tutto il cuore, che iniziasse a ricambiare i suoi sentimenti.

Pertanto, nelle ultime settimane, si erano visti molto più spesso, anche più di una volta al giorno.

Diego le portava quasi sempre il pranzo quando lei aveva lezione in orari scomodi. 

Aveva iniziato a tenerle più spesso la mano quando erano in compagnia dei loro amici.

E aveva iniziato a baciarle la fronte ogni volta che si salutavano.

Non ci aveva neanche fatto caso, era diventato quasi normale, per lui.

E non era l’unico ad essere molto più bravo a fingere la relazione.

Anche Clover aveva iniziato ad essere molto più aperta con le dimostrazioni pubbliche di affetto.

Gli dava spesso pacche sulle spalle, e baci sulla guancia. Lo invitava sempre alle serate film e a volte, dopo una lezione particolarmente dura o se aveva un po’ di tempo libero, arrivava senza preavviso in camera di Diego e studiavano un po’ insieme.

Dopo che l’ultima volta era rimasta fuori perché Diego era in tirocinio, le aveva dato una copia della chiave, ed era capitato già un paio di volte che Diego tornasse in camera e la trovasse intenta a fare uno spuntino e studiare silenziosamente.

Aveva anche stretto amicizia con il suo compagno di stanza, anche se passava così poco tempo in camera che Diego era davvero sorpreso che fosse anche solo riuscita a conoscerlo.

Insomma, la relazione finta iniziava a sembrare sempre di più una relazione vera, anche se sia Diego che Clover l’avrebbero piuttosto considerata una buona amicizia.

Il punto è che, quando Diego aveva ricevuto la chiamata di suo fratello Miguel che lo informava che quel weekend lui e Paola sarebbero passati a Harriswood per vedere abiti da sposa e catering, per Diego era stato quasi naturale chiedere a Clover di venire con loro.

Ma adesso che la doppia coppia era a pranzo alle Cascate, iniziava a chiedersi se fosse stata davvero una buona idea.

Era ovvio che il confronto tra le due coppie sarebbe stato evidente, e rischiavano di far capire alla vera coppia che loro erano nel bel mezzo di una finta.

Anche se per il momento stava andando tutto bene.

-Ci sono così tanti piatti stupendi! Non so proprio quale scegliere. Non riesco a credere che hai trovato un posto alle Cascate per noi. Clover, sei davvero la migliore. Tesoro, qual è il budget per il pranzo?- Paola era emozionata come non mai, e i suoi occhi brillavano come diamanti. Si rivolse al futuro marito come se fosse tutto il suo mondo.

-Beh, considerando il probabile anticipo per il catering e il costo del vestito…- iniziò a riflettere Miguel, pensieroso.

-Il budget è illimitato. Offro io- Clover non lo fece neanche finire, e non sollevò neanche lo sguardo dal menù. Il suo tono era ovvio e non ammetteva repliche.

Diego però conosceva bene Paola, e sapeva che di repliche ne avrebbe avuto parecchie.

-No, no, non possiamo accettare. Anzi, pensavano di offrire noi, dato che sei stata davvero tanto gentile ad accettare di essere la mia damigella al matrimonio- obiettò infatti.

Diego ancora non si capacitava di come Paola potesse aver affidato a Clover un incarico tanto importante quando l’aveva incontrata una sola volta, ma conoscendo Paola non era poi una cosa troppo strana.

Era molto più strano che Clover avesse accettato, in effetti.

-No, che offriate voi non se ne parla proprio. Dovrei essere io a ringraziarti per la fiducia, quindi offro io. Prendete dal menu tutto quello che volete- Clover sorrideva tranquilla, ma i suoi occhi mandavano scintille.

-Io farei come dice se fossi in voi- intervenne Diego, prima che Paola potesse obiettare ulteriormente -Quando si tratta di soldi è meglio lasciarla fare- 

-Mi conosci bene, Diego- Clover si appoggiò alla sua spalla e gli fece un occhiolino.

Lo faceva sempre più spesso, ultimamente, ma ogni volta il cuore di Diego faceva una capriola.

E iniziava ad essere sempre più propenso verso la teoria della malattia mortale, perché non si era mai sentito così con nessun’altra.

Alla fine Paola cedette.

-Va bene, grazie Clover. Ti offrirò una cena fantastica quando passerete da noi. Diego non ha ancora visto la casa- gli ricordò.

Si erano trasferiti da qualche mese, e Diego aveva evitato a tutti i costi di essere invitato a cena.

Paola non sapeva cucinare per niente. Ce la metteva tutta, ma i suoi piatti erano quasi immangiabili, e nessuno aveva il cuore di farglielo notare, perché le volevano troppo bene.

Clover questo non lo sapeva, quindi annuì appena.

-Sarà un piacere. Scommetto che sai fare ottimi piatti- le sorrise, incoraggiante.

Sia Diego che Miguel scossero leggermente la testa, e Clover guardò Diego aggrottando le sopracciglia.

Non chiese però chiarimenti, e si limitò a chiudere il menù e aspettare che tutti decidessero.

-Clover, avresti un piatto da consigliarmi? Sono indecisa tra il misto mare e i ravioli in bianco… no, aspetta, i ravioli sono troppo costosi. Credo prenderò il misto mare allora- Paola fece tutto da sola, e posò il menù da un lato.

Purtroppo una delle caratteristiche principali di Paola era che fosse un libro aperto. E se era aperto per loro poveri plebei, probabilmente il sensore interno di Clover per le bugie stava esplodendo.

-I ravioli in bianco sono il mio piatto preferito, te li consiglio- commentò infatti la ragazza, in tono indifferente.

-Oh, davvero? Però sono un po’…- Paola era in difficoltà.

-Anche il misto mare è molto buono- Diego provò ad aiutarla.

-Però se preferisci i ravioli puoi prenderli, Paola- Miguel invece andò dalla parte di Clover, felice per una volta di poter viziare un po’ la futura moglie.

-Concordo con Miguel. Il prezzo non è un problema, davvero. E poi sono una cliente abituale, mi fanno sempre degli sconti. Prendi tutto quello che vuoi, anche entrambi i piatti, se hai fame- le consigliò Clover, sorridendole incoraggiante.

Era incredibile quanto fosse camaleontica, quella ragazza.

Con lui e la Corona Crew era la persona più insopportabile del mondo, con la sua famiglia la più tosta del pianeta, mentre con estranei e persone che doveva conquistare diventava la più gentile e affabile dell’universo.

Wow. Chissà qual era quella vera. Anche se Diego le adorava tutte. 

…e non avrebbe dovuto apprezzarne nessuna.

-Va bene, proverò ad assaggiarli. Grazie, Clover, sei davvero gentilissima- un po’ incerta, Paola sorrise e cedette alla tentazione.

-Diego, tu che pensi di prendere- una volta risolta la questione, Clover si rivolse al finto fidanzato, che alzò le spalle.

-Penso il misto mare- rispose. Era felice che Miguel e Paola venissero viziati dai soldi di Clover, ma lui preferiva comunque mantenersi basso sui prezzi.

-Di nuovo? Non vuoi assaggiare l’orata? Sono sicura che ti piacerebbe un sacco- gli suggerì Clover, quasi distrattamente.

-Viziati un po’ anche tu, fratellone- lo incoraggiò Miguel, dandogli una pacca sulla spalla.

-Va bene. Tu Miguel, che prendi?- 

-Il salmone- rispose lui con sicurezza.

-Uhhh, me lo fai assaggiare? Ti prego Miggy!!- Paola fece i suoi adorabili occhi da cucciolo, e Miguel ridacchiò.

-Ovvio, tesoro- le sorrise, le prese la mano e le diede un bacio.

-Awww, ti amo- rispose Paola, baciandogli la guancia.

Diego si ritrovò a lanciare un’occhiata verso Clover, per controllare la sua reazione ad una dimostrazione d’amore così naturale e tenera e impossibile per loro da replicare.

L’espressione della ragazza però era impassibile. Lo guardò con la coda dell’occhio, e per un istante i loro sguardi si incrociarono.

Ma li distolsero subito dopo, leggermente imbarazzati.

Per fortuna il cameriere arrivò pochi secondi dopo a chiedere le ordinazioni, e Paola e Miguel parlarono quasi tutto il tempo dei preparativi per il matrimonio, che non vedevano proprio l’ora di celebrare.

-Devo ammettere che l’idea di fare una crociera che culmina con il matrimonio è davvero originale. È un po’ strano fare la luna di miele prima del matrimonio ma interessante- commentò Clover dopo aver sentito il progetto generale.

-Sì, e poi volevamo passare una bella vacanza in famiglia. Oh, giusto! Clover, tu sei libera dal 5 all’11 Agosto, vero?- chiese Paola, pratica.

Diego capì dove volesse andare a parare immediatamente, e si diede dello stupido per non averci pensato prima.

Clover non ne aveva idea.

-Non credo di aver impegni, perché? Il matrimonio è il 9, giusto?- povera ingenua Clover che pensava che nonostante fosse la damigella avrebbe dovuto solo essere presente alla cerimonia.

-Beh, gli amici più stretti e la famiglia saranno in crociera con noi, e dato che sei una delle mie damigelle devi per forza venire anche tu! Ma tranquilla, tu e Diego avrete una stanza singola tutta vostra- Paola sorrise incoraggiante ed esibì nuovamente i suoi occhi da cucciolo.

Anche se dire occhi da cucciolo non riassume perfettamente la sua effettiva espressione.

Gli occhi da cucciolo sono più quelli che fa Amabelle per ottenere qualcosa. Quelli di Paola erano piuttosto occhi pieni di speranza e gioia di vivere. Gli occhi di chi non si aspettava necessariamente che dicessi sì, e non ti avrebbe guardato diversamente se non l’avessi fatto. Ma ci sperava davvero con tutto il cuore.

-Wow, è un pensiero davvero carino. Grazie, Paola. Ti premetto però che non sono per niente esperta di matrimoni. L’ultimo è stato quello di mia sorella e non ero neanche invitata, mi sono imbucata solo gli ultimi dieci minuti per bere- ammise Clover, prendendo un sorso di vino, e non guardando Paola negli occhi.

Sembrava un po’ a disagio, ma allo stesso tempo molto onorata.

Paola si mise a ridere.

Poi si rese conto di essere l’unica.

Sia Diego che Miguel guardavano Clover preoccupati.

-Stavi… scherzando, vero?- chiese Paola per sicurezza, smettendo subito di ridere e spostando lo sguardo su Clover come gli altri.

-Sì! Certo. Ci siete cascati, eh!- mentì Clover, cercando di distendere la situazione -Ma sul serio, io farò del mio meglio come damigella ma sono molto poco esperta di matrimoni- insistette però, mettendo le mani avanti.

-Oh, non preoccuparti. Willow è un’ottima wedding planner, e poi ci saranno le altre damigelle: Juni, che già conosci, Livia e Sunny, le mie due migliori amiche dai tempi della scuola media- la rassicurò Paola, tornando sorridente e ricominciando a mangiare i ravioli che nel frattempo erano arrivati al tavolo -Sono il piatto migliore che abbia mai mangiato- borbottò tra sé, gustandoseli con gioia.

-Verranno più tardi per aiutarti con il vestito, giusto? Di boutique sono piuttosto esperta, posso accompagnarti anche io se vuoi- si propose Clover, riflettendo sui migliori luoghi dove comprare abiti da sposa.

-Livia ha fatto una ricerca facendosi aiutare dalla wedding planner, aspetta ce l’ho qui. Pensi che siano buoni posti? Il mio budget è un po’ limitato- Paola prese un foglio di carta dalla borsa e lo porse verso Clover.

La ragazza lo prese e iniziò a studiarlo, mentre mangiava distrattamente i propri ravioli. Sembrava aver preso il proprio compito di damigella molto sul serio.

-Che budget?- chiese, storcendo il naso alla vista della lista.

-Non più di 1000 dollari. Lo so che è poco per un abito da sposa di qualità, ma preferisco risparmiare su questo piuttosto che spendere troppo per un vestito che metterò solo una volta nella mia vita- spiegò Paola, giocherellando un po’ con il cibo.

-Mmmm- Clover si morse il labbro per non replicare, e porse nuovamente la lista verso Paola.

-Toglierei un paio di posti che sono decisamente troppo economici e di pessima qualità, e aggiungerei una visita alla mia boutique preferita. Ci sono delle buone offerte, ogni tanto, e ne vale proprio la pena. Che tipo di vestito vorresti?- iniziò ad indagare, professionale.

Passarono tutto il pranzo a parlare tra loro di vestiti, accessori e altri dettagli sul matrimonio.

Diego non staccò neanche un secondo gli occhi da Clover. Era più forte di lui, quasi non se ne stava neanche accorgendo. 

-Oh, com’è tardi. Livia e Sunny stanno per arrivare. Forse dovremmo iniziare ad avviarci alla stazione- suggerì Paola dopo un po’, controllando un messaggio sul cellulare. 

-Perfetto, vado a pagare allora- Clover si alzò e prese la borsa, bloccando con un’occhiata eloquente qualsiasi tentativo di obiezione da parte dei suoi ospiti.

-Ti accompagno- si offrì Diego, alzandosi con naturalezza.

Clover si girò un attimo confusa, ma non aveva alcun secondo fine o piano contorto. Gli veniva semplicemente naturale passare più tempo con Clover e accompagnarla a pagare, tutto qui.

-Vi aspettiamo qui- assicurò Paola, con un grande sorriso.

-Com’è andato il pranzo, secondo te?- chiese Diego per fare conversazione, mentre si avviavano alla cassa.

-Paola è adorabile- il tono di Clover sembrava in totale difficoltà.

-Cosa ti turba?- Diego intuì che qualcosa non andava, e Clover sospirò.

-Beh, all’ultimo, e unico, matrimonio a cui ho partecipato ho distrutto la torta a tre piani mentre scappavo ubriaca dai buttafuori di mia sorella, e ora sono stata scelta come una delle quattro damigelle di una ragazza che conosco da pochissimo ma che già considero un’amica che merita il matrimonio migliore del mondo. E lei è convinta che noi due diventeremo cognate quando sappiamo entrambi che questo non avverrà mai, quindi…- Clover ricapitolò i fatti in maniera davvero pessimista. Diego rimase piuttosto deluso dall’ultimo commento, ma la fece parlare senza commentare nulla -…non voglio rovinarle il matrimonio, Diego. Non voglio rovinarle il matrimonio e sento che farò un casino- ammise infine la ragazza, prendendosi la testa tra le mani con grande enfasi.

Diego le mise le mani sulle spalle, per rassicurarla. Clover non si scansò, il ché faceva ben sperare.

-Non farai un casino. Paola ti adora, e non solo perché sei la mia ragazza, ma perché le sei simpatica in generale, si vede. E non credo che ci sia nulla che tu possa fare per rovinarle il matrimonio. Ad essere onesto non c’è nulla che potrebbe rovinare questo matrimonio. Paola e Miguel sono troppo felici- provò a calmarla. Clover ridacchiò.

-Tienimi lontano dall’alcool, però- si fece assicurare, lanciandogli un sorrisino complice e prendendo il portafogli dalla borsa.

-Promesso… per curiosità, c’è un video di te che rovini il matrimonio di Aloe? Perché sarei molto curioso di vederlo, magari con un primo piano di Aloe devastata- Diego ancora fumava di rabbia al solo pensiero della famiglia al completo di Clover, madre esclusa. Ma doveva ammettere che il comportamento di Aloe nei confronti della sorella era quello che lo aveva lasciato più sbigottito, probabilmente perché tra lei e suo padre era stata la più attiva con i commenti degradanti e il malcelato odio.

-Te lo condividerò su Whatsapp, è il video più spiritualmente rilassante della mia galleria- ridacchiò Clover, ormai quasi del tutto calma, mentre pagava il costosissimo pranzo con la carta di credito.

-Tu sarai presente alla prova vestito?- chiese poi Clover, mentre si avviavano al tavolo.

Diego scosse la testa.

-Mentre la sposa vede il vestito, lo sposo e i testimoni iniziano a ricercare il catering. Miguel conosce i gusti di Paola alla perfezione, quindi non sarà troppo difficile scegliere- spiegò, un po’ deluso.

-Oh…- anche Clover sembrava delusa, ma si riprese immediatamente -Evviva, almeno non ti avrò tra i piedi per un po’- scherzò, facendogli una linguaccia. Diego alzò gli occhi al cielo, ma non se la prese.

Ormai quei commenti erano diventati all’ordine del giorno, e aveva ormai capito che il sarcasmo di Clover era solo un meccanismo di difesa.

-Io invece sono triste, perché non ti potrò vedere nel tuo habitat naturale in mezzo a un sacco di vestiti. Scommetto che sarai la migliore a consigliare Paola- flirtò non troppo velatamente, facendole un occhiolino.

Clover arrossì, e si ammutolì.

I complimenti funzionavano alla grande nello scombussolarla, Diego la trovava sempre più adorabile.

 

Paola era davvero adorabile in quel vestito, ma Clover non era del tutto certa che fosse il vestito perfetto.

Erano in giro da più di tre ore per boutique, e finalmente erano giunte alla vera meta del pomeriggio, ovvero il negozio preferito di Clover, quello con abiti da sposa così belli che Clover si sarebbe sposata solo per fare shopping lì. 

Ma dato che non aveva intenzione di sposarsi, era davvero felice di aiutare qualcuno a scegliere l’abito giusto.

E si sarebbe divertita davvero tanto, se solo la damigella d’onore di Paola non fosse stata la persona più falsa che avesse mai incontrato in vita sua.

Va bene, forse non era la più falsa, dato che Clover, di persone false, ne aveva conosciute un’infinità, ma di certo arrivava tra le prime cinque nella sua classifica di persone peggiori con cui stringere amicizia.

Ma non era certo suo compito aprire gli occhi a una persona che aveva conosciuto da poco riguardo la migliore amica dai tempi delle scuole medie, quindi cercava di ignorarla e consigliare Paola al meglio.

Solo che Livia era davvero insopportabile.

-Non saprei, Paola, il vestito è stupendo, ma non mi sembra sia adatto a te- stava commentando, indicando i fianchi evidenziati dal modello a sirena del vestito.

-Mmmm, Livia ha ragione. Forse il tuo fisico non è troppo adatto ad un vestito attillato- commentò la seconda damigella di Paola, Sunny. Era l’ultima a poter parlare dato che aveva un fisico curvy, ma dopo tre ore insieme Clover aveva capito che non era affatto critica, solo molto influenzabile. Ed alla fine aveva buone intenzioni e ci teneva moltissimo alla felicità dell’amica.

La quarta damigella sarebbe stata Juanita, ma quel giorno non era potuta venire per via di lezioni di recupero di matematica. Aveva però commentato a distanza le foto che Clover le aveva mandato. 

Clover non credeva che avrebbe mai sentito così tanto la mancanza di Juanita, l’unica che sicuramente sarebbe stata dalla sua parte, ma forse era un bene che la più piccola damigella non fosse lì.

Dopotutto, in mezzo a quelle ventunenni, Clover sentiva addosso tutti i propri ventiquattro anni. E una diciottenne non avrebbe aiutato la situazione.

-Per me il vestito ti sta benissimo, Paola, ma non mi sembra sia quello che avevi in mente- commentò, cercando di apparire tranquilla, anche se avrebbe voluto tanto insultare Livia.

-Sì, ma è uno dei pochi che rientrano nel budget. Forse dovrei semplicemente comprarlo online- Paola si lisciò nervosamente il vestito contro i fianchi, e Clover si guardò intorno, in cerca di una commessa.

-Ehi, Blaire, potresti mostrarci dei vestiti con una lunga gonna, brillantini e in generale un aesthetic da principessa?- chiese in tono professionale alla commessa che passava lì vicino.

-Certamente, abbiamo dei modelli davvero da favola. Qual è il budget?- chiese Blaire, professionale ma anche emozionata.

-Non oltre i…- iniziò a dire Paola, a testa bassa, ma Clover la interruppe.

-Nessun budget per il momento. Mostraci i migliori prodotti che avete- ordinò con tale decisione da farla subito scattare prima che Paola o le altre damigelle potessero obiettare qualsiasi cosa.

-Clover, non so se sia una buona idea vedere vestiti che superano il budget- provò a riflettere Paola, un po’ insicura, continuando a guardarsi allo specchio sempre meno convinta del vestito.

-Infatti, che cosa pensi di fare? Non abbiamo il tempo di provare vestiti a caso- le diede man forte Livia, guardando storto Clover.

-Già… ma perché? Abbiamo il pomeriggio libero- obiettò Sunny a voce bassa. Livia la guardò storto, e la ragazza abbassò la testa.

-Dobbiamo ancora vedere due altre possibili boutique che hanno vestiti più adatti al budget scarso di Paola- continuò Livia, pratica, sistemandosi la frangetta.

-Vuoi dire le due boutique che ho scartato? Non vale la pena prendere un abito da sposa lì, i loro design sono scarsi, dozzinali e la qualità del lavoro è pessima- Clover incrociò le braccia, tradendo il suo fastidio.

-Almeno è più il genere di Paola. Credi di conoscerla meglio di me che sono la sua migliore amica da sempre? Sappi che sei la sua damigella solo perché non aveva altri a cui chiederlo e voleva un numero pari- Livia si alzò in piedi e affrontò Clover di petto.

La ragazza fece un profondo respiro per cercare di mantenere la calma, e si alzò a sua volta.

Superava Livia di almeno sette centimetri, considerando anche i tacchi alti, e la sua aura era minacciosa abbastanza da far tremare Sunny, ma Livia mantenne il suo sguardo, aspettando che crollasse.

-Ragazze, vi prego, non litigate. Clover, non è vero che ho chiesto di te solo per via del numero- Paola provò a fermare le due ragazze dal saltarsi addosso, molto in difficoltà. Sarebbe sicuramente venuta verso di loro per separarle fisicamente, ma con quel vestito attillato la sua capacità di movimento era messa a dura prova, e muoversi troppo velocemente avrebbe potuto danneggiare il vestito.

Clover però non aveva intenzione di sbottare. Più per non turbare Paola che per altro.

-Tranquilla, Paola, lo so. Mi sono alzata per prendere una ciambella- con tutta la calma del mondo e il sorriso più rilassato del suo repertorio, Clover superò Livia per dirigersi verso un vassoio di ciambelle offerte dalla ditta per ingannare l’attesa mentre le spose provavano i vestiti.

-Oh, bene- Paola tirò un sospiro di sollievo.

-Comunque, stavo pensando che siccome non andremo a visitare le ultime due boutique…- Clover prese poi la parola decisa a fare un eloquente discorso.

-Ti ho appena detto che…- provò ad interromperla Livia, ancora sul piede di guerra.

-Vivo a Harriswood da ventiquattro anni, non provare a dare lezioni di negozi a me- la zittì Clover con un’occhiataccia che la ammutolì.

-Dicevo…- continuò poi, ritornando rilassata -…abbiamo ancora un’ora prima di riunirci allo sposo e ai testimoni. Perché non vedere il modello che ti piace di più, provarlo, e poi, magari, cercarne uno simile online? Almeno ti puoi togliere lo sfizio di provare l’abito che ti piace di più almeno una volta, anche se non puoi permettertelo. Quale momento migliore di una prova vestito per un matrimonio per sentirsi una vera principessa- propose, guardando Paola e lanciandole un occhiolino incoraggiante.

-Oh, sì! Che bella idea! È divertentissimo travestirsi!- le diede man forte Sunny, battendo le mani allegra.

-È un totale spreco di tempo. Paola, cambiati e usciamo da qui- Livia scosse la testa, e incoraggiò l’amica a tornare nel camerino.

-Beh, in effetti un po’ di tempo lo perderemmo- ci ripensò Sunny, pensierosa.

-Aspettiamo almeno che arrivi Blaire, e se vedi un vestito che ti ispira puoi provarlo. Non costa nulla, dopotutto- Clover continuò ad insistere, alzando le spalle.

Paola fece passare lo sguardo tra lei e Livia, un po’ persa, poi sorrise, e si girò definitivamente verso Clover. 

-Va bene. Ma se non trovo nulla che mi colpisca particolarmente andremo via- trovò un compromesso.

Clover leggeva nella sua espressione che il suo intento era quello di fingere che non le piacesse niente per fare contenti tutti, ma non aveva intenzione di permetterlo.

Aveva già un piano, e non avrebbe permesso a Livia di rovinarlo.

Pertanto, mentre sentiva Blaire tornare nella sala con qualche vestito, prestò particolare attenzione ai movimenti di Paola, e in particolare alla sua espressione.

-Allora, ho portato i tre modelli più belli che abbiamo. Sono un po’ costosi, ma danno l’idea di una principessa. Il primo consiste in una grande gonna a balze e il tema è l’oceano. Le onde che si abbattono sugli scogli. Il corpetto è semplice, ma vi sono intessuti tanti brillanti per richiamare i riflessi dell’acqua- iniziò ad illustrare i vari modelli.

Paola alzò le sopracciglia, stupita.

-Wow, è stupendo!- commentò. Le piaceva parecchio, era ovvio. Ma non era ancora l’abito giusto.

-Il secondo ha un tema floreale. La gonna non è così larga, ma i ricami sono in tutto il vestito, e richiamano l’idea di rampicanti su un albero. È un po’ particolare- continuò Blaire.

Paola sorrise cortesemente.

-È bellissimo- commentò. Ma non era del tutto sincera. Non era affatto il suo genere.

Clover sperò davvero che il terzo vestito si sarebbe rivelato quello giusto perché altrimenti non avrebbe saputo cosa fare.

-Il terzo, invece, è il più costoso, ma anche il più a tema. È un vestito da principessa. Basato su quello indossato dalla regina Cosette, quando sposò re Manfred di Agaliria, un classico, soprattutto con il matrimonio della principessa Veronika ormai alle porte…- Blaire si interruppe di scatto quando si rese conto che stava andando per la tangenziale con i dettagli -…comunque, la gonna è larga e a balze, con ricami in argento finissimo. Il corpetto è contornato da tulle, e si accompagna a guanti di seta. Le rose bianche cucite intorno all’abito sono un simbolo di amore puro e felicità eterna- si vedeva lontano un miglio che quello era l’abito preferito di Blaire.

E dalla reazione di Paola, che sgranò gli occhi e quasi trattenne il respiro, era ancora più chiaro che quello fosse l’abito perfetto.

-Tsk, nessuno di questi vestiti è adatto a Paola. Porti tutto via. Ce ne andiamo- Livia non diede a Clover il tempo di commentare, e fece cenno alla commessa di andare via.

Paola distolse lo sguardo dal terzo vestito come svegliata da una trance.

-Oh, siete sicure di non volerne provare neanche uno?- insistette Blaire, guardando soprattutto Clover, come se fosse lei a dover decidere.

Ma non era così.

Era Paola che doveva scegliere.

Clover quindi si rivolse a lei, ignorando completamente quello che Livia aveva detto.

-Ce n’è uno che ti piace particolarmente? A me il terzo sembra il migliore. Vorresti provarlo?- chiese, indicando l’abito reale.

Paola esitò un attimo.

-Quando costa?- chiese incerta, come se stesse effettivamente valutando l’idea di comprarlo. Clover non l’aveva messo in conto.

Pensava di trovare il modello giusto e poi farlo replicare da una sarta sua amica per permettere a Paola di permetterselo. Magari con meno dettagli e materiali leggermente peggiori, ma non credeva che Paola avrebbe amato un vestito così tanto da considerare l’idea di comprarlo.

-Beh, è il più costoso. Viene 15’000 dollari, circa- rispose Blaire, pratica.

Paola sobbalzò vistosamente.

Beh, Clover si aspettava molto di più. Non era un prezzo così esorbitante. L’abito da sposa di Aloe, fatto su misura, era venuto 87’000 dollari, ed era uscito orribile. Certo, sforava parecchio il budget, ma non era poi così…

Girandosi verso Paola e notando il suo volto sconvolto, Clover si ricordò, come svegliata all’improvviso, di chi fosse la ragazza a cui doveva fare da damigella.

Una ragazza orfana, umile, con pessime amiche, che aveva un budget di 1000 dollari perché non poteva assolutamente permettersi di più con il proprio lavoro e i pochi risparmi.

Non tutti erano ricchi come Clover.

Se Clover avesse voluto, avrebbe potuto comprare dieci vestiti così costosi in un impeto di shopping sfrenato, e non sarebbe cambiato molto al suo portafogli.

Paola non aveva mai avuto questa libertà economica.

Ma meritava il vestito perfetto.

-Beh, non potrei mai permettermelo. Non fa niente, andiamo pure via- cedette, abbassando il volto e iniziando ad avviarsi nel camerino.

Clover le afferrò il braccio in un impulso.

-Aspetta, non vuoi neanche provarlo, solo per vedere come ti sta e vivere questa sensazione?- le propose. Per fare quello che aveva intenzione di fare, doveva prima di tutto essere certa che, anche dopo averlo provato, Paola considerasse quello il vestito perfetto.

-Beh…- Paola esitò, combattuta.

-Oh, sì! Ti facciamo un sacco di foto!- le diede man forte Sunny.

-Stai scherzando?! È crudele provare un abito che non potrai mai mettere per davvero. E farai perdere tempo alla commessa- obiettò Livia, infastidita.

-Nessuna perdita di tempo. Vuole provarlo? Lo preparo subito nel camerino!- Blaire però era dalla parte di Clover… ovviamente, dato che era la miglior cliente che avevano. 

-Beh, sì, in effetti…- Sunny si schierò con Livia, ma con poca convinzione.

-La scelta è tua, Paola. Se ti sta bene, possiamo usare come reference questo vestito per trovarne uno simile ma meno costoso- le propose Clover, pratica e incoraggiante.

-Uh… ecco… sì, dai. Abbiamo ancora un po’ di tempo. Mi piacerebbe davvero tanto provarlo- alla fine Paola cedette, e iniziò ad avviarsi in camerino.

Blaire la seguì entusiasta, per aiutarla.

E, soddisfatta per il suo operato, Clover tornò a mangiare la ciambella e si risedette su uno dei divanetti.

Ma la neo-ritrovata pace non era destinata a durare, perché Livia si avvicinò a Clover con aria più combattiva di prima.

-Chi ti credi di essere?! Incoraggiare Paola in questo modo finirà solo per ferirla, quando vedrà quanto quel vestito le starà male e comunque non potrà comprarlo- iniziò a prendersela con lei.

Clover decise che era meglio ignorarla, e si limitò a finire la ciambella.

-Secondo me il vestito le starà benissimo. Paola ha un bellissimo fisico- commentò Sunny, molto più propositiva.

-Sunny, tu pensi che tutto sia bellissimo- obiettò Livia, scuotendo la testa.

-Eheh, è vero- Sunny prese la critica verso Paola come un complimento per sé stessa, e ridacchiò sommessamente.

Clover iniziava davvero a stancarsi.

Si alzò nuovamente in piedi, decisa ad affrontare, in maniera elegante, quella bulletta da strapazzo.

-Senti, ragazzina. Io sono qui con il solo scopo di rendere preparativi e cerimonia per il matrimonio di Paola i più piacevoli possibile. Mi ha chiesto di farle da damigella e farò di tutto per essere la migliore damigella possibile. E sappi che questo è l’unico motivo per cui sei ancora capace di parlarmi. Sappi che quando questo matrimonio finirà, se proverai ancora a rivolgermi la parola in questo modo, te ne pentirai amaramente- le disse senza giri di parole, e lo sguardo più duro del suo repertorio.

Ma Livia era un’ape regina dalla grande determinazione.

-Mi stai minacciando?- chiese, mantenendo il suo sguardo.

Clover sorrise.

-Solo avvertendo. Andare contro la ragazza più ricca dello stato non è l’idea migliore che qualcuno potrebbe avere- Clover mostrò le sue carte. Per la prima volta dall’inizio del pomeriggio, fece presente che la quarta damigella scelta da Paola era a tutti gli effetti qualcuno di potente.

Livia impallidì.

-Cosa? Di che stai parlando? Non sei solo la ragazza del fratello di Miguel?- chiese, confusa.

-Clover Paik, figlia dell’imprenditore Taemin Paik della Paik Industries, azienda miliardaria e la più importante per importazioni ed esportazioni- spiegò, guardandosi le unghie in maniera snob. Non le piaceva tirare in ballo suo padre per vantarsi, ma a volte bisognava pur usarlo a suo vantaggio, no?

Livia era senza parole.

-Però sì, effettivamente sono qui in veste di ragazza di Diego. Che poi sarebbe anche il mio migliore amico d’infanzia- concluse Clover, con un grande (e falso) sorriso.

Prima che chiunque potesse dire un’altra parola, Paola ritornò nella sala, ma non sembrava quasi più lei.

Brillava come un sole, e non solo grazie ai brillantini e alle rifiniture d’argento del vestito.

Quello era il vestito perfetto, senza se e senza ma.

E Clover, di vestiti, era davvero esperta.

-Wow, sei bellissima!- commentò Sunny, la prima a riprendersi, guardando Paola con grande ammirazione.

-Davvero? Non è troppo elegante per me? Temo che un vestito così sia troppo pretenzioso. Non sono una principessa- nonostante le parole di Paola, indirizzate soprattutto a Livia, il suo sorriso tradiva la gioia che provava in quel momento. 

Adorava quel vestito, lo adorava davvero tantissimo, e non ci voleva una macchina della verità vivente come Clover per capirlo.

-È stupendo, Paola. E ti calza a pennello sia come aspetto che come personalità. Dubito che la regina Cosette fosse bella quanto te- commentò Clover, incoraggiante.

-Beh, la regina Cosette era di una bellezza stravolgente, e la regina migliore che Agaliria abbia mai avuto- obiettò Blaire, rientrata per controllare la situazione. Clover le lanciò un’occhiataccia -…MA su di lei il vestito assume un’altra luce. È davvero perfetto per lei- si recuperò, smettendo per un attimo di fangirlare su principesse e regine di un paese europeo ben poco conosciuto.

-Lo pensate davvero?- chiese Paola, raggiante e quasi commossa.

-Ti sta bene, ma non te lo puoi permettere- Livia la riportò con i piedi per terra, e Paola si spense.

-Vero, è troppo costoso. Non ho tutti questi soldi da spendere- sospirò, delusa.

-Però possiamo fare foto e cercarne uno simile, come diceva Clover- Sunny provò a metterci una pezza sopra, e prese il telefono per fare qualche foto.

-Paola, sii onesta. Questo è il vestito perfetto?- chiese Clover, seria. Sapeva già la risposta, ma voleva che gliela desse anche Paola.

-Sì- rispose lei immediatamente -Ma va bene anche un vestito più semplice, per rientrare nel budget, dopotutto non vale la pena spendere così tanto per un abito che indosserò un solo giorno della mia vita- scosse poi la testa, rigirandosi la stoffa tra le mani.

-Blaire, lo prendiamo- Clover però non aveva intenzione di farla accontentare.

-Cosa?!- Paola si girò verso di lei, ad occhi sgranati.

-È il regalo di nozze da parte mia e di Diego. Te lo pago io- si propose Clover, con semplicità.

-No, no! Non potrei mai accettare. È troppo costoso- Paola la raggiunse per fermarla dal prendere il portafogli. Sembrava davvero agitata, ma Clover non aveva intenzione di cedere.

-Paola, si vede che il giorno del tuo matrimonio sarà per te il giorno più bello della tua vita. È vero che indosserai questo vestito solo una volta, ma meriti di indossare l’abito perfetto, e di avere il matrimonio perfetto, e dopo tutto quello che hai passato, io insisto nel provare, in qualità di tua damigella e futura sorella, a rendere quel giorno molto più che semplicemente perfetto, con tutto quello che desideri, anche la più triviale delle voglie. Lasciati viziare- le prese le mani e la guardò dritta negli occhi, per trasmetterle tutta la sua sincerità.

Clover non sapeva perché avesse preso così a cuore quel matrimonio.

Forse perché Paola era la prima persona a trattarla come una sorella con tale semplicità. Forse perché era la prima volta che era una damigella. Forse perché sapeva che in futuro, quando Diego l’avrebbe lasciata, sarebbe stata davvero triste e già si sentiva in colpa per tutto il dolore che le avrebbe procurato.

Ma una cosa era certa: voleva a tutti i costi fare il meglio del meglio.

Paola scoppiò a piangere, e abbracciò Clover di scatto, sorprendendola non poco.

-Oh, tutto bene? Ho esagerato?- chiese, preoccupata, ricambiando imbarazzata l’abbraccio e dandole qualche pacca sulla schiena.

-Ho i brividi, i brividi. Clover sei la migliore- commentò Sunny, saltellando da una parte all’altra.

Forse era stata esageratamente profonda?

-Clover, non ti ringrazierò mai abbastanza. Sei la migliore sorella maggiore che potessi mai chiedere- Paola sciolse l’abbraccio, ma continuò a stringere Clover per le spalle, guardandola con occhi lucidi e pieni di gratitudine.

-Per così poco- Clover non era per niente abituata a quel tipo di complimenti così sentiti. Arrossì e si allontanò da Paola, per prendere la carta di credito e pagare il vestito.

-Clover, puoi aiutarmi a toglierlo?- chiese poi Paola, appena ritornò, indicando il camerino.

Clover annuì e la seguì.

-Sai, ero convinta che non ti sarei piaciuta tanto- ammise Paola, un po’ incerta.

-Cosa? E perché mai? Semmai sono io che non credevo di piacerti- Clover rigirò la frittata. Credeva che fosse fisicamente impossibile non adorare Paola… al massimo si poteva essere gelosi, ma Paola era una ragazza fantastica.

-Beh… tu sei una leggenda, a casa Flores- il tono di Paola faceva presagire che voleva fare un discorso serio. Ma Clover non aveva la più pallida idea di cosa potesse intendere con quella frase enigmatica.

-In che senso? Sono solo una vecchia amica d’infanzia di Diego e ora sono la sua ragazza, niente di ché- scosse la testa, mentre abbassava la zip.

-Beh, sai, a causa delle lettere- spiegò Paola.

Il cuore di Clover perse un battito, poi iniziò a battere molto più velocemente del normale.

-Le… lettere?- chiese, in tono così basso che se non si fosse trovava così vicina a Paola difficilmente quest’ultima l’avrebbe sentita.

-Sì, lo sai. Le centinaia se non migliaia di lettere senza risposta che Diego ti ha scritto nel corso degli anni. Mi sono sempre chiesta come mai tu non abbia mai risposto. Ora che state insieme sono sicura che si sia trattato solo un un grande malinteso, e sono davvero felice che le cose si siano risolte- a Paola non passò neanche per l’anticamera del cervello che Clover non avesse la più pallida idea di cosa stesse parlando, ma diede per scontato che Clover e Diego avessero risolto da soli.

Clover però era nell’oscurità più totale.

E al limite del panico.

In che senso Diego le aveva scritto centinaia, se non migliaia, di lettere?! A lei non era mai arrivato niente! E aveva fatto di tutto per essere sicura di non essersi persa nulla.

Aveva chiesto alle poste, si era accampata davanti alla cassetta delle lettere. Aveva indagato con sua madre, suo padre e Aloe, ed era arrivata anche ad intrufolarsi nell’ufficio per essere sicura che suo padre non le stesse nascondendo da qualche parte. Era convinta che non fosse mai arrivata nessuna lettera. Ne era assolutamente certa. 

Per anni aveva vissuto nell’assoluta certezza che il suo migliore amico d’infanzia e prima cotta si fosse dimenticato di lei e l’avesse abbandonata, e ora scopriva che così non era stato?! Ogni sua sicurezza si stava ribaltando.

-Oh, scusa! Non volevo parlare di questo argomento. Immagino che non sia semplice per voi. Diego ne ha sofferto tantissimo, e immagino che in qualche modo sia lo stesso per te. In realtà volevo solo dirti che sono felicissima che tu sia tornata in famiglia. Maria ha sempre parlato di te come di una figlia, e ha sempre sperato che tornassi a casa. A volte…- Paola esitò -…ero un po’ gelosa, dato che temevo che il confronto tra noi fosse inevitabile, ma ora sono solo molto, molto felice che tutto si sia risolto e siamo tutti felici. Spero davvero che un giorno potrò chiamarti legalmente mia sorella, ma vorrei poterlo fare già da adesso. Perché anche se ti conosco da poco, io sento che noi… Clover, tutto bene?- girandosi per guardare Clover negli occhi, Paola si interruppe e si preoccupò nel notare che gli occhi di Clover si erano fatti lucidi, ed era a pochi istanti dallo scoppiare a piangere.

Ma non poteva permetterselo. Primo perché lei non piangeva, mai. Secondo, perché se avesse pianto si sarebbe rovinata il trucco.

Ma era sopraffatta da tutte quelle emozioni e nuove consapevolezze.

E sentiva la morsa del senso di colpa farsi sempre più pressante nello stomaco.

-Sto bene- mentì, ricacciando le lacrime e sorridendo a Paola -Mi farebbe davvero piacere chiamarti sorella- aggiunse poi. 

Paola era raggiante.

Il cambio d’abito procedette senza ulteriori problemi.

Ma Clover era ancora turbata. 

Quando finalmente uscirono da quella boutique e si riunirono ai ragazzi, non riusciva neanche a guardare Diego negli occhi.

Soprattutto perché lui sembrò illuminarsi appena la vide.

-Ragazze, eccovi. Spero che la ricerca dell’abito sia andata a buon fine- commentò Miguel, dopo aver baciato dolcemente la futura moglie.

-Non poteva andare meglio. Clover ha deciso di offrirmi il vestito come regalo di nozze. Io ancora non ci credo! Non vedo l’ora che tu lo veda al matrimonio. Oh, e grazie anche a te, Diego. Clover ha detto che è da parte di entrambi!- Paola diede un bacio sulla guancia del futuro cognato, che però non distolse gli occhi dalla finta ragazza.

-Hai fatto cosa?- chiese, sorpreso.

-Ho offerto il vestito. Le stava bene ma costava più del budget, quindi l’ho regalato, niente di che- Clover alzò le spalle come se non avesse fatto nulla di eccezionale.

-Wow- commentò Diego, piacevolmente sorpreso.

Si avvicinò per darle un bacio sulla fronte, come ormai era consuetudine da qualche settimana a quella parte.

Clover si irrigidì, ma lo lasciò fare.

Doveva fare finta di nulla.

La consapevolezza di aver ferito Diego tanto quanto lui aveva ferito lei, e tutto per un malinteso, non doveva cambiare il presente.

Avevano ricominciato da capo, dopotutto.

Eppure…

-Sei la migliore damigella del mondo. Te l’avevo detto che non avresti rovinato nulla- il complimento di Diego fu troppo per il suo cuore.

Si scansò violentemente da lui, sorprendendolo non poco.

-Andiamo a mangiare qualcosa prima di tornare a casa?- propose Paola, che non si era resa conto di quello che era appena successo.

-No!- Clover fece qualche passo indietro.

Aveva bisogno di calmarsi, riflettere, e soprattutto stare sola.

-Clover…?- Diego provò ad avvicinarsi, preoccupato, ma Clover mise su la sua migliore poker face, allontanandosi un altro po’.

-Purtroppo ho già un impegno. Mi devo vedere con Max per studiare insieme e cenare, anche, insieme- trovò una scusa al volo, sperando che Diego non capisse che stava palesemente mentendo.

Infatti Max quel giorno aveva un appuntamento con Manny. Ma probabilmente Diego non lo sapeva, giusto?

-Già, giusto. Me l’ero quasi dimenticato- Diego le resse il gioco, il perfetto esempio di finto fidanzato ideale.

Ferì Clover ancora di più.

-Oh, peccato. Volevo davvero offrirti la cena- Paola si intristì, ma Clover non poteva proprio accettare. Non ce la faceva.

-Avremo tantissime altre occasioni, promesso. Ora perdonatemi ma devo scappare. Divertitevi senza di me!- li salutò in fretta e corse via, senza neanche dare il suo solito bacio sulla guancia a Diego che ormai era diventato un’abitudine.

Ma era più forte di lei, doveva mettere ordine nella sua testa, e magari trovare un luogo insonorizzato dove urlare fino a perdere la voce per la sfortuna immensa che aveva avuto.

Lo sapeva che avrebbe dovuto chiedere subito delle lettere! Lo sapeva! 

E ora era convinta che fosse troppo tardi per tirare fuori l’argomento.

E non aveva la più pallida idea di cosa fare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Prima di fare le solite note d’autore voglio specificare che la parte Mathenny del laboratorio non vuole minimamente parlare di sociologia e del saggio sullo straniero da un punto di vista professionale, dato che io sono solo una studentessa, che ha fatto quell’esame un anno e mezzo fa e ha scritto adesso ciò che ricordava dando i punti di vista dei personaggi (non necessariamente miei) sull’argomento.

Ed infatti quella scena è stata la più difficile da scrivere, perché dovevo cercare di mettere la visuale di Mathi e Denny, non quella mia, sulla faccenda.

E quella scena è anche il motivo per cui questo capitolo è uscito così in ritardo, perché ci ho messo mezzo secolo solo a trovare il modo giusto in cui scriverla.

Ma ne è valsa la pena, perché finalmente c’è una spiegazione (vaga e data tramite metafore) di come Denny vive la sua sessualità e perché non riesce ancora ad ammetterla a sé stessa.

Lui vuole farsi accettare dal gruppo corposo, è uno straniero che assume la facciata di etero per entrare nella società eteronormativa, uscendo quindi dall’LGBT, perché quella strada è la meno sicura.

Non so se l’ho spiegato bene, spero davvero di sì.

Passando al resto del capitolo…

Max continua a sentirsi online con Strelitzia. Secondo voi di chi si tratta? Magari farò un sondaggio prossimamente per sentire la vostra opinione sull’argomento.

E Clover e Diego non hanno neanche provato a toccare l’argomento del bacio.

Ma in compenso non sono stati beccati da Paola e Miguel.

Anzi, Paola sembra aver preso Clover davvero in simpatia (anche io prenderei in simpatia chi mi regala un abito da sposa ma dettagli), e le ha detto delle lettere.

Questo sì che è un punto di svolta.

Il prossimo capitolo sarà un po’ di passaggio, anche se avrà alcuni piccoli punti di svolta, ma è necessario. 

Suggerisco di vedere la raccolta Life Bites perché l’ultimo capitolo è abbastanza collegato alla trama principale.

E niente, spero che il capitolo vi sia piaciuto e scusate il ritardo, avevo poca ispirazione e il morale molto a terra.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Petra fa una passeggiata con Amabelle dopo aver litigato con quel testardo di suo fratello, Mathi indaga con Max al Corona sul primo luglio.

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Capitolo 24
*** Sono tutti testardi ***


Sono tutti testardi

 

Martedì 18 Giugno 

Petra non sapeva cosa fosse successo.

Nessuno sapeva cosa fosse successo.

E i primi giorni pensavano tutti che, in fin dei conti, non fosse successo nulla.

Ma ormai erano passate due settimane, ed era evidente che ci fosse qualcosa che non andasse tra Mirren e Felix.

Ad accorgersene era soprattutto Petra, che per la prima volta in tutta la sua vita non aveva visto Felix per due settimane di seguito.

Non si era accorta di quanto piacevole potesse essere la vita senza la costante compagnia del suo secondo fratello maggiore esagitato e insopportabile.

Ma dopo due settimane di calma, iniziava ad essere strano.

E di certo il non vedere quasi mai neanche il suo vero fratello maggiore non contribuiva ad alleggerire le stranezze.

-Mirr, puoi aprire la porta?- chiese dolcemente, mentre batteva furiosamente contro la porta che dava alla sua stanza.

Sapeva con assoluta certezza che fosse lì, e non se ne sarebbe andata finché non fosse riuscita a parlargli.

Era lì almeno da cinque minuti, e finalmente, Mirren cedette, e aprì la porta.

-Petra, sto lavorando! Cosa vuoi?- chiese, irritato.

Per un secondo, Petra rimase ammutolita.

Il fratello stava davvero uno schifo.

Aveva due occhiaie evidenti, i vestiti in disordine, e macchie d’inchiostro sulle mani. Le sue sopracciglia erano così aggrottate che rischiava che gli venissero le rughe, e sembravano un unico monociglio.

-Da quanto non dormi?- chiese quasi disgustata, riprendendosi in fretta dalla sorpresa.

-Se sei venuta qui per insultare le mia abitudini oniriche va via e lasciami lavorare- Mirren fece per chiudere la porta, ma Petra la fermò.

-Sono qui perché sono preoccupata per te. Sono due settimane che non fai altro che lavorare, hai smesso di andare a scuola guida, anche se l’esame teorico è tra poco più di un mese, e a malapena esci da camera tua, neanche per andare al Corona. Sei sempre stato un secchione super rigido, ma sapevi quando staccare. Cosa è successo?- chiese, preoccupata, avvicinandosi per controllare meglio le sue condizioni.

Fu costretta ad allontanarsi, perché erano condizioni davvero inguardabili.

-A differenza vostra ho un lavoro, devo impegnarmici e non ho tempo di fare altro. Non è successo niente, sono solo molto occupato- di nuovo Mirren provò a chiudere la porta, ma Petra la tenne aperta. Era molto più forte di lui, soprattutto adesso che aveva chiaramente carenze di sonno.

-Hai litigato con Felix? Per questo hai smesso di goderti la vita? Che è successo?- suppose, piuttosto certa di avere ragione. Era accaduta solo un’altra volta una situazione così, quando Felix si era messo con Melany.

Non avevano proprio litigato, in realtà, se non un paio di volte, ma si erano allontanati parecchio in quel periodo.

Mirren era diventato un rigido insopportabile che non pensava ad altro che alla scuola, a raggiungere la perfezione e compiacere loro padre.

E Felix si era andato perdendo, aveva iniziato a fumare, si era lasciato condizionare da quella ragazzina ribelle e i suoi voti erano calati drasticamente.

A volte Petra credeva che quei due fossero nati per stare insieme, completarsi, e migliorarsi a vicenda.

Ma erano troppo stupidi per rendersene conto da soli.

Infatti, appena sentì nominare l’amico, gli occhi di Mirren si fecero istintivamente lucidi, e prima che Petra potesse pressare l’argomento, chiuse la porta così violentemente da superare la ferrea resistenza della sorella.

-Non fare il bambino! Apri la porta!- Petra ricominciò a bussare con forza, ma Mirren chiuse a chiave, deciso a non aprire più a nessuno.

-Lasciami in pace, Petra. Non sono affari tuoi!- urlò da dietro la porta, con voce leggermente spezzata.

-Sei mio fratello e inizio a preoccuparmi. Sono passate due settimane. Cosa è successo tra voi?- insistette Petra, cercando di spiare dal buco della serratura e da sotto la porta, senza particolare successo.

-Niente, Petra! Se lui è troppo egoista per accettare la realtà ben venga! Non mi interessa! Non è colpa mia e non farò il primo passo!- Mirren mise subito le mani avanti, testardo.

Dalla direzione della voce, era chiaro che fosse ancora appoggiato alla porta. Probabilmente per evitare che Petra la sfondasse.

La ragazza si sedette a sua volta contro la porta, cercando di trovare le parole giuste.

-Cosa è successo esattamente? Posso aiutarti. Parlarne aiuta- provò a suggerire, in tono incoraggiante e fraterno.

Mirren l’aveva aiutata quando erano nell’armadio di Bonnie insieme. Certo, Petra non aveva ancora trovato il coraggio di parlare ad Amabelle, ma ci stava lavorando, e comunque aveva tenuto conto dei consigli del fratello.

E voleva davvero aiutarlo a sua volta.

Anche se aiutarlo significava farlo tornare tra le braccia di Felix.

-Parlarne non ha aiutato nessuno, semmai ha peggiorato la situazione. Quindi lasciami in pace!- Mirren però non sembrava voler ricevere alcun aiuto, e la pazienza di Petra era limitata… principalmente ad Amabelle.

Era tanto paziente con Amabelle, quanto irritabile con il resto del mondo.

Mirren compreso.

-Mirren, però se ti chiudi a riccio risolvi ancora meno la situazione!- gli fece presente, alzando un po’ la voce -L’unico modo per sistemare le cose è essere sincero con Felix e cercare di parlare con lui- gli suggerì poi, intuendo il motivo della discussione.

-Perché dai per scontato che io non sia stato sincero con lui?!- si infastidì Mirren, il tono che si faceva via via più acuto.

Probabilmente Petra sarebbe dovuta essere comprensiva, in quel momento. Gentile e incoraggiante e dalla parte di Mirren come doveva essere una buona sorella.

Ma erano vent’anni che suo fratello era palesemente cotto del suo migliore amico. Una volta aveva chiesto a Petra stessa di nascondergli il telefono perché temeva di inviargli dei messaggi sconvenienti da ubriaco, e l’unico motivo per cui Petra non li aveva ancora convolati a nozze di nascosto era che avere Felix come cognato era un’idea troppo terrificante per concepirla e accettarla.

Ma era sempre meglio di avere per sempre suo fratello così rigido, irritabile e stanco.

-Se l’argomento di conversazione verte su eventuali sentimenti romantici che serbate l’uno per l’altro, sono piuttosto certa che tu non sia stato sincero con lui!- affermò quindi, irritata dalla testardaggine del fratello che si ostinava, costantemente, a nascondere i propri sentimenti per una qualche immotivata paura che Petra non comprendeva.

Era chiaro che se l’argomento era stato tirato fuori significava che era stato Felix a tirarlo fuori. Ancora più chiaro era che Felix fosse innamorato di Mirren da anni e cercasse sempre un modo di dirglielo.

Quindi, quando era ovvio che i propri sentimenti fossero ricambiati, perché non buttarsi?!

Se Petra avesse avuto la certezza che Amabelle avesse una cotta per lei avrebbe colto l’occasione al volo. Ma Amabelle era difficile da leggere, a differenza di Felix.

-Tsk, che ne sai tu di sentimenti romantici?! Hai già parlato ad Amabelle?- la provocò Mirren, tirando in ballo i sentimenti che Petra gli aveva rivelato in confidenza.

La ragazza si sentì davvero tradita dal fatto che li stesse usando contro di lei.

-La situazione è completamente diversa, Mirren, e lo sai! Non fare il codardo e ammettilo almeno a te stesso- Petra si alzò e iniziò ad urlare verso la porta, ignorando gli altri abitanti della casa. Tanto le zone della casa più frequentate dal padre e Bonnie erano insonorizzate.

-Tu sei l’ultima persona a potermi dare del codardo! Se proprio vuoi farmi la predica, fammela quando tu e la tua amatissima cotta starete insieme!- anche Mirren alzò la voce, iniziando ad urlare contro la porta.

-E la prossima volta che mi dai un consiglio vedi di seguirlo tu per primo, idiota!- Petra diede un calcio alla porta, e tornò in camera, troppo arrabbiata per continuare la conversazione con la persona più testarda del mondo.

Lei voleva aiutarlo, e lui si metteva subito sulla difensiva, e usava la fiducia che Petra aveva riposto in lui contro di lei.

Tirò qualche pugno sul cuscino e poi passò al sacco da boxe che aveva nella palestra vicino alla camera, ma non voleva neanche stare nella stessa casa del fratello, in quel momento.

Prese il telefono, e compose il primo numero che aveva in rubrica, sia per numero di chiamate, sia perché il primo contatto in assoluto.

-Oh, Tray! Ciao! Non mi aspettavo che chiamassi! Ciao!- Amabelle rispose subito, stranamente impacciata.

-Hey, ho litigato con Mirren, voglio spaccargli la faccia ma so che me ne pentirò se lo dovessi fare davvero. Ti va di andare a fare una passeggiata al parco insieme?- le propose Petra, non mascherando l’irritazione ancora evidente nella sua voce.

Voleva risultare più incoraggiante, ma più che un invito tra amiche, sembrava una dichiarazione di guerra.

-Oh, non saprei. Dovrei studiare per un esame…- Amabelle sembrava parecchio incerta, e per qualche motivo questo irritò ancora di più Petra.

Amabelle che preferiva lo studio a lei?! Insomma, era anche ora che lo facesse, in realtà, dato che era la prima del gruppo a rinunciare a studiare per uscire, ma in quel momento Petra aveva davvero bisogno di lei!

-Va bene, se preferisci continuare a studiare accomodati. Chiederò a Norman!- Petra fece per riattaccare, ma Amabelle la fermò subito.

-No, no! Ci sono eccome! Ci vediamo lì tra venti minuti? Già che ci siamo mi puoi dire cosa hai scoperto su Mirren, perché Felix è completamente irraggiungibile, troppo impegnato con la sua tesi. Aspetta, chiamiamo anche Norman già che ci siamo e facciamo una riunione del gruppo Matchmakers!- propose Amabelle, recuperando la sua solita grinta.

Petra sentì la rabbia sparire quasi completamente, solo sentendo il sempiterno entusiasmo di Amabelle, ma si rabbuiò leggermente quando Amabelle propose di invitare anche Norman.

Non era quella l’uscita che aveva in mente.

Parlare di Mirren? Certo! 

Fare piani da Matchmaker? Poteva anche accettarlo… 

Fare una riunione ufficiale e perdere l’occasione di stare un po’ sola con Amabelle da quando quest’ultima aveva iniziato ad ignorarla perché troppo impegnata con l’università? …no, non ne aveva proprio voglia.

Non che Norman le stesse antipatico, anzi avevano legato molto da quando era partita l’operazione Matchmakers, ma voleva passare un po’ di tempo con la sua migliore amica e cotta senza terzi incomodi.

-Certo, perché no. Lo chiamo io. Ma forse è impegnato con lo studio- suppose, facendo l’indifferente.

-Insisti! Io vado a prepararmi. Ci vediamo dopo al parco dei cani, okay?!- Amabelle attaccò dopo un veloce saluto, e Petra fece immediatamente il numero di Norman. Aspettò qualche squillo, prima che lui rispondesse.

-Uff, grazie al cielo non sei Amabelle. Ciao Petra, come va?- chiese, in tono stanco.

Era vero che, insieme a Denny, era quello che stava studiando di più, ultimamente.

-Partiamo bene. In realtà sono qui per una proposta di Amabelle. Vorrebbe che ci vedessimo tutti al parco tra venti minuti- gli spiegò, sorridendo tra sé alla certezza che avrebbe rifiutato con una scusa.

Lo sentì sospirare dall’altra parte della cornetta.

-Va bene- acconsentì poi -Ma arriverò tra mezzora, devo finire almeno il capitolo- spiegò.

Petra era senza parole.

-Cosa? Ci sarai davvero?!- chiese, per sicurezza, fallendo nel cercare di non apparire terribilmente delusa.

-Beh, sì. Ho bisogno di staccare un po’. Perché? Non vuoi che venga?- indagò Norman, confuso.

-No- ammise Petra -Nel senso che non voglio che tu venga- forse non era proprio la cosa più carina da dire a qualcuno, ma era davvero troppo delusa, e non riuscì a trattenersi.

-Ah, grazie mille- commentò Norman, sarcastico e deluso a sua volta.

-Niente di personale, solo…- Petra sbuffò -In realtà l’idea era partita da me. Ho chiesto ad Amabelle fare una passeggiata al parco perché ho litigato con Mirren, e lei ha proposto di fare un meeting- spiegò, ricominciando ad irritarsi nel ripensare alla discussione avuta con il fratello.

-Capisco. In effetti non sono la persona migliore con cui parlar male di Mirren- Norman non fece commenti sul desiderio di Petra di rimanere sola con Amabelle, e la prima apprezzò parecchio -Dì ad Amabelle che sono troppo impegnato con lo studio e oggi non posso proprio, se mi chiamerà userò la stessa scusa con tono che non ammette repliche- si tirò poi indietro.

Petra sorrise leggermente.

-Norm, ti ho mai detto che sei il mio membro preferito della Corona Crew?- lo elogiò, facendolo ridacchiare leggermente.

-No, ma apprezzo il complimento. Anche tu sei in gamba, Petra- ricambiò, un po’ imbarazzato.

-Ci sentiamo, vado a prepararmi- 

-A presto- 

Petra chiuse la chiamata, e si vestì in fretta cercando di essere casual ma anche elegante.

Di solito si metteva letteralmente la prima cosa che trovava nell’armadio, ma quel giorno aveva un obiettivo, e voleva apparire al meglio per portarlo a termine.

Alla fine si mise davvero la prima cosa che trovò nell’armadio perché iniziava a farsi tardi e non voleva che Amabelle rimanesse troppo a lungo da sola nel parco dei cani. Tendeva a non stare simpatica ai loro proprietari, perché provava sempre ad accarezzare tutti i cuccioli e a rubarli.

Arrivò al parco appena in tempo: Amabelle stava accarezzando un bulldog che non sembrava apprezzare troppo, e aveva uno sguardo preoccupante nei profondi occhi azzurri.

-Amabelle! Ciao!- Petra provò ad attirare la sua attenzione, e Amabelle si girò di scatto verso di lei, raddrizzandosi e sorridendo raggiante.

-Petra! Ciao! È la prima volta che arrivo prima di te! Norman ci raggiunge presto?- Amabelle lasciò perdere il bulldog e la raggiunse saltellando, e guardandosi intorno con foga.

-Norman deve studiare, quindi non verrà. Gli riferirò io riguardo all’operazione Matchmakers- spiegò Petra, cercando di non essere troppo delusa dall’evidente desiderio di Amabelle di non restare sola con lei.

Perché ci teneva così tanto che venisse Norman? Non voleva passare un po’ di tempo con la sua migliore amica? Erano ancora migliori amiche?

-Oh, aspetta, lo chiamo io! A me non riuscirà a dire di no!- Amabelle fece per prendere il telefono, ma Petra la prese per il polso, fermandola.

-Perché ti da così fastidio stare sola con me?- chiese, ferita.

Amabelle la guardò qualche secondo, poi arrossì vistosamente, e scosse violentemente la testa.

-Non mi da fastidio! No, no! Solo… è più bello stare in tre, no? Ma possiamo anche stare in due. Di certo non ho nessun motivo per evitarti, migliore amica!!- la rassicurò, con molta poca convinzione.

-Amabelle, stai bene? Sei strana ultimamente- osservò Petra, avvicinandosi e facendola arrossire ancora di più.

-Sì! Sto benissimo! Sono solo sommersa dallo studio. Lo sai com’è! Ho un sacco di esami di cinema, musica, teatro. Il professore di musica è pignolo da morire! Pretende che ricordiamo ventisette pezzi di musica classica da un’ora l’uno. Adoro l’overture di Romeo e Giulietta, ma il resto è una noia mortale!- Amabelle cambiò argomento repentinamente, passando all’università, e Petra decise di non insistere. Forse si stava facendo troppe paranoie.

Amabelle, dopotutto, era imprevedibile. Era anche per questo che l’adorava.

Iniziarono a passeggiare parlando del più e del meno e distraendosi un po’. Petra comprò ad entrambe un gelato, e si lamentò almeno mezzora riguardo a suo fratello.

-Quindi pensi che abbiano litigato?! Ma è terribile! Ecco perché Felix ci evita! Non vedo l’ora che mi arrivino le manette sadomaso che ho ordinato online- commentò Amabelle, decisa.

A Petra per poco non cadde il gelato.

-Le cosa?!- chiese, sorpresa e decisamente preoccupata.

-Le manette per legare qualcuno insieme. Ho già un piano: fingiamo di voler fare un trucco di magia, li leghiamo insieme, e fingiamo di perdere la chiave e di doverla recuperare, così rimarranno legati insieme finché non chiariscono. Pensavo di usarle con Denny e Mathi, ma Mathi ci sa fare con la magia e potrebbe liberarsi da solo. Quindi a questo punto è meglio usarle con Felix e Mirren- spiegò Amabelle, con il suo solito sguardo assassino.

-Non vorrei essere in loro. Ma credo che al momento non ci sia molto che possiamo fare- Petra sospirò.

Ora che si era calmata, per Mirren provava solo molta pena, e tristezza. Forse l’unico modo per aiutarlo davvero era lasciarlo in pace e fargli rendere conto da solo di quanto sarebbe stato infelice continuando a comportarsi così.

Amabelle sospirò.

-Ultimamente l’operazione Matchmakers procede troppo a rilento- si lamentò, abbassando la testa.

-Beh, dai. Clover e Diego sono più affiatati che mai, e magari Max e Manny sono una bella coppia. Non hai ancora conosciuto Manny- le fece presente Petra.

-Uff, li ho visti insieme. Non mi convincono- Amabelle la mise al corrente, scuotendo la testa e mettendo il muso.

-Quando li hai visti insieme?- chiese Petra, sorpresa. Non ne sapeva niente.

-Ieri li ho visti uscire ridacchiando dal bagno di Mirtilla Malcontenta, poco dopo la mia lezione finale di storia della musica. Ammetto che Manny non sembra male, ma ha un qualcosa che non mi convince per niente. È come se fosse finto!- spiegò Amabelle, con occhi che mandavano scintille.

Petra decise di cambiare argomento.

-Beh, comunque Mathi e Denny stanno sempre insieme- provò a ricordarle, per risollevarle il morale.

-Come amici! Denny ancora non accetta di essere gay. Ma dico io, è così difficile?! Neanche a dire che potrebbe temere per la nostra reazione o la reazione di suo padre. Quando Max ha fatto coming out con Rich, lui lo ha abbracciato e gli ha detto che lo avrebbe amato a prescindere!- Amabelle iniziò a lamentarsi della stupidità del suo più vecchio amico d’infanzia.

-In effetti se mio padre fosse Rich, io avrei fatto coming out in famiglia da un secolo- borbottò Petra.

-Oh, giusto! Tu non lo hai ancora detto a Brogan. Scusa, non volevo tirare fuori l’argomento- Amabelle mise subito le mani avanti, arrossendo di nuovo.

Chissà perché quel giorno arrossiva così tanto.

-Finché ci sarà Bonnie in casa non ho la minima intenzione di dire niente. Ma ammetto che a volte vorrei poter avere la libertà di dirlo a tutti senza problemi. Magari sarebbe anche più facile…- Petra esitò un attimo, deglutì, e poi si fece forza -…trovarmi una ragazza- buttò lì, introducendo l’argomento che avrebbe voluto tirare fuori da quando aveva proposto la passeggiata.

Amabelle smise di camminare, e sollevò lo sguardo su Petra, ad occhi sgranati.

-Vuoi trovare una ragazza?- chiese, in tono indecifrabile. Sembrava quasi spaventata. Ma non aveva senso! Amabelle doveva essere la prima a sperare che Petra si fidanzasse. Non era il suo proposito?

-Beh, magari non subito, ma prima o poi senza dubbio- Petra fece un passo indietro sulla sua confessione, molto a disagio.

Il suo cuore iniziava a battere più velocemente del normale. Guardò con attenzione Amabelle per cercare un qualsiasi segno che potesse incoraggiarla ad ammettere i propri sentimenti, ma il volto dell’amica sembrava perso.

-Mi stai inviando un qualche segnale criptato, Petra?- chiese accennando un sorrisetto.

Petra si sentì fisicamente impallidire.

Forse era davvero il momento giusto.

Il suo stomaco si riempì di aspettativa.

Il gelato le si stava sciogliendo in mano, ma non vi badò affatto.

-Beh, forse. Sì, ti darebbe fastidio?- chiese avvicinandosi di un passo all’amica.

Amabelle allargò il sorriso, che però non raggiunse gli occhi.

-Sono un po’ presa dalle altre coppie, ma posso aggiungerti all’operazione Matchmaker se ci tieni. Dovrei trovare una ragazza giusta per te. Non ho molte idee al momento. Potrebbe volerci un po’ ma mi ci metterò senz’altro- le assicurò Amabelle, dandole un paio di pacche sulla spalla.

La speranza di Petra si infranse in mille pezzi.

Era quello che Amabelle pensava? Che Petra volesse il suo aiuto per trovare una ragazza. Petra non avrebbe chiesto aiuto ad Amabelle neanche se Amabelle non fosse stata la sua cotta!

Senza offesa per la ragazza, ma i suoi piani da matchmaker erano terribili.

-No, non era questo che…!- iniziò ad obiettare, ma si interruppe immediatamente. Non sapeva se fosse in grado di ammetterlo.

Amabelle piegò la testa, confusa.

-Allora cosa?- la incoraggiò a parlare, avvicinandosi un po’.

Ora o mai più.

Petra raccolse tutto il suo coraggio.

-Io…- iniziò a confessare, prendendo le mani di Amabelle, ma proprio in quel momento, una palla di pelo bianca si fiondò nella loro direzione abbaiando forte, saltò addosso a Petra, e fece cadere entrambe a terra.

Tale palla di pelo si rivelò essere un cucciolo di cane di taglia piccola, maltese probabilmente, dal riccio pelo bianco come la neve e gli occhi bicromatici, uno marrone e l’altro azzurro, che fissarono Petra per un attimo, prima di mettersi tra lei e Amabelle come a cercare protezione.

-Ma cosa?- chiese Amabelle, la più sorpresa di tutti. Gli animali la odiavano, come era possibile che quel cane le fosse venuto addosso di sua spontanea volontà?

Il motivo si presentò alle ragazze sotto forma di cane di taglia grande che corse verso di loro con altrettanta foga, ma si fermò prima di finire loro addosso, e ringhiò nella loro direzione.

Petra si alzò di scatto e si mise in protezione di Amabelle, prendendo un ramo caduto lì vicino per cercare di distrarlo.

-Buono, cagnolino- provò a calmarlo, agitando il bastone come una leccornia e avvicinandosi leggermente.

Il cane grosso però non smise di fissare il batuffolo di pelo tra le braccia di una sempre più sconvolta Amabelle, che lo stringeva al petto e lo aveva già adottato.

Petra osservò meglio il cane aggressivo, cercando di valutarne la pericolosità. Aveva un collare, quindi apparteneva a qualcuno. E non aveva attaccato loro, bensì l’altro cane. Quindi non sembrava malamente addestrato. Non si poteva comunque stare troppo sicuri.

-Reggy! Reggy torna qui!- per fortuna, prima che le cose potessero andare più storte, il probabile proprietario di uno dei due cani iniziò a chiamarlo, attirando l’attenzione dei quattro, che si voltarono nella sua direzione.

Il proprietario si rivelò essere un omone dall’aspetto di un motociclista, grosso e muscoloso, ma con occhi preoccupati e aria gentile.

Il cane di taglia grande cambiò subito atteggiamento, e da aggressivo tornò docile come un agnellino, e si avvicinò allegro al padrone.

Petra però rimase all’erta.

-Ehi! Il tuo cane ci è quasi saltato addosso!- si irritò, rivolgendosi al motociclista, che aveva iniziato ad accarezzare il cagnolone con affetto.

Non era irritata per la non-aggressione in sé, ma perché non poteva avvenire in un momento peggiore.

Intanto i gelati erano ormai perduti, e poi, cavolo, stava per confessare finalmente sentimenti nascosti da anni! Non poteva succedere in un momento peggiore!

-Scusatemi tanto. Stava inseguendo un randagio che volevamo portare al canile, ma in questi casi Reggy si fa prendere dall’eccitazione- spiegò l’uomo, piegando la testa con rispetto e porgendo alle ragazze le più umili scuse.

-Questo randagio?- chiese Amabelle, porgendo il cucciolo bianco, che subito tentò di divincolarsi per provare a scappare.

-Sì, quello. Vagava in giro per il parco e siccome spesso aiuto l’accalappia cani pensavo di prenderlo e portarlo lì io stesso- spiegò il motociclista, arrossendo appena.

-Oh, tu e l’accalappiacani siete molto amici?- suppose Amabelle, maliziosa.

-Non adesso, Amabelle!- la riprese Petra, prendendo il cane tra le mani per consegnarlo al tipo, continuare la passeggiata e magari riprendere il discorso interrotto prima.

Il cane però iniziò a piangere, e guardò Petra con letterali occhi da cucciolo molto simili a quelli di Amabelle.

-Grazie di averlo preso, ragazze- il motociclista fece per prenderlo dalle sue mani, ma Petra si scansò.

-Certo che l’abbiamo preso. È il nostro cane- mentì, accarezzando il cucciolo, che smise di piangere e abbaiò contento.

-Oh…- commentò il motociclista, sorpreso e poco convinto.

-Già! Il nostro batuffolo! E il tuo cane lo ha spaventato!- Amabelle tenne su la recita, rimproverando aspramente l’omone, che si ritirò mortificato.

-Mi dispiace tanto. Di solito Reggy ha un ottimo fiuto per i randagi. Vi lascio in pace ragazze- si fece piccolo piccolo nonostante fosse praticamente il doppio di Amabelle, e si allontanò in fretta, richiamando il cane.

Petra e Amabelle tirarono un sospiro di sollievo. Il cane leccò la guancia di Petra, per esprimerle la sua gratitudine.

-Okay, okay. Ora va, sei libero- Petra mise giù il cucciolo e lo incoraggiò ad andare via, sperando di poter comunque riprendere il discorso, ma il cane si mise a seguire le due ragazze.

-Tray, credo che questo cucciolo ci abbia adottato- commentò Amabelle dopo qualche minuto, riprendendolo in braccio e controllandolo meglio -Oh, è una signorina!- esclamò poi, allegra.

Petra sospirò.

-Ames, nessuna delle due può tenere un cane- le ricordò, con una punta di rimpianto.

La cagnolina si sporse verso di lei e abbaiò festosa.

-Io non posso sicuro, ma tu potresti. A Fallon non darebbe fastidio, e poi casa tua è grande, puoi nasconderla finché non decidiamo il da farsi. Non possiamo lasciarla qui, è troppo piccola. E poi al canile sarebbe così triste!- Amabelle fece gli occhi da cucciolo. Il cane fece gli occhi da cucciolo, e Petra crollò inesorabilmente sotto tutta quella tenerezza.

-Va bene. La tengo nascosta per qualche giorno. Ma mettiamo un annuncio per farla adottare da qualcuno. Non voglio che Bonnie la trovi- cedette infine, abbandonando anche del tutto l’idea di confessare quel giorno i suoi sentimenti ad Amabelle.

Se un cane che arrivava verso di loro a tutta velocità non era un segno del destino, non poteva esserlo nient’altro.

Accarezzò il cane ancora tra le braccia di Amabelle, e iniziò a pensare a tutto quello che avrebbe dovuto fare con lei.

-Come la chiamiamo? Io direi Charlotte. Sì, Charlotte “Lottie” Hart! Nome perfetto!- propose Amabelle, con occhi brillanti.

-Perché Hart?- chiese Petra, sorpresa. Si aspettava che Amabelle desse al cane il proprio cognome, non quello di Petra.

-Perché suona meglio! Charlotte Rosenhan è troppo lungo. E poi sarai tu a tenerla- spiegò Amabelle, eccitata.

-Per il momento- le ricordò Petra.

-Sì, sì, per il momento…- la assecondò Amabelle, iniziando a giocare con il cucciolo.

Petra sospirò, ma non riuscì a non sorridere.

Certo, non aveva fatto quello che voleva, ma ci aveva guadagnato un cane, e Amabelle sembrava molto più felice.

Forse perché finalmente era riuscita a tornare dal parco dei cani con un cane tutto suo (e di Petra).

Ma comunque, non era stato un pomeriggio buttato. 

 

Martedì 25 Giugno

Mathi era bravo come hacker.

Diciamo la verità.

Ma non amava usare le sue abilità al computer per indagare sulle persone, a meno che come premio non ci fosse la possibilità di ottenere delle foto di Denny da piccolo.

Il punto era che avrebbe tranquillamente potuto cercare online e hackerare qualsiasi posto per scoprire il compleanno di Denny, e il possibile motivo per cui odiasse festeggiarlo.

Ma non voleva farlo.

Preferiva che glielo dicesse qualcuno, possibilmente Denny.

…o Max.

Mathi aveva un esame, il giorno successivo, ma al momento era al Corona, con il libro aperto, la compagnia di Norman con cui aveva iniziato a studiare spesso, e un piano in mente per chiedere con domande mirate informazioni sul primo luglio.

-Max, hey- chiamò il cameriere approfittando che passasse da quelle parti.

-Avete bisogno di qualcosa?- chiese lui, professionale ma con un grande sorriso incoraggiante.

-Il primo luglio è il compleanno di Denny?- chiese Mathi senza troppi giri di parole, ammutolendo Max e facendolo impallidire.

-Te l’ha detto lui?- indagò, sorpreso.

Ah ah! Quindi era davvero il compleanno di Denny.

-L’ho dedotto con le mie doti Sherlockiane- ammise, orgoglio.

-Mathi, ti consiglierei di fingere di non saperlo- il commento preoccupato di Max, però, gli tolse tutta la raggiunta soddisfazione.

-Perché?- chiese, facendosi serio.

-Il primo luglio è il compleanno di Denny?- chiese Norman, alzando la testa da libro, molto sorpreso.

-Potresti abbassare la voce?!- Max iniziò a sussurrare, e si piegò verso di loro controllando che nessuno avesse sentito.

Nessuno diede loro molta attenzione.

-Perché è un così grande segreto?- chiese Mathi, che non capiva come il giorno del compleanno di Denny potesse essere un’informazione così rischiosa.

Era soltanto un giorno, nulla di più. Certo, un giorno che Mathi avrebbe festeggiato per tutta la vita dato che aveva dato alla luce la persona migliore che avesse mai conosciuto, ma un giorno come tanti altri.

-Non posso dirtelo, ma Denny non ama festeggiare il suo compleanno, quindi dimentica di sapere questa informazione. Se proprio vuoi festeggiare il tuo compleanno, di solito noi prendiamo un giorno casuale per fargli un regalo- spiegò Max, in tono ammonitore, prima di ritornare a lavoro.

-Norman, tu sai qualcosa?- Mathi non riponeva molte speranze nel compagno di studio, ma dopotutto era nella Corona Crew da più tempo di lui, quindi aveva sicuramente assistito a qualche festeggiamento per Denny.

-Ho chiesto un paio di volte, ma non mi avevano mai detto la data esatta. Come ha detto Max, ognuno fa un regalo quando gli capita, e lo chiama il regalo di compleanno. A Denny va benissimo così- Norman alzò le spalle, poco interessato all’argomento.

Mathi ripensò ai cosplay regalati da Clover. Effettivamente la ragazza aveva specificato che fossero il regalo di compleanno.

Provò a concentrarsi sullo studio, ma la sua mente non faceva che girare e girare e girare cercando di capire come mai un giorno che Denny avrebbe dovuto celebrare con gioia fosse da lui così odiato.

Era improbabile che non volesse essere nato, non era così emo, e in ogni caso se anche così fosse stato Max avrebbe sicuramente spiegato a Mathi il motivo.

Doveva essere successo qualcosa, qualcosa di brutto, quel giorno. 

Mathi ricapitolò nella sua mente i possibili fatti spiacevoli accaduti nella vita di Denny.

Aver conosciuto Amabelle sicuramente si catalogava tra le disgrazie della sua vita, ma dubitava che avesse a che fare con il suo compleanno.

Un momento, Amabelle!

Amabelle conosceva Denny da quando erano piccoli. Sicuramente avrebbe saputo rispondere alla sua domanda.

Dopo tutto quello che Mathi aveva fatto per lei glielo doveva.

Prese il telefono e si alzò di scatto pieno di determinazione, chiedendosi come avesse fatto a non pensarci prima.

-Dove vai?- gli chiede Norman, confuso.

-Faccio una chiamata e torno, puoi tenermi d’occhio lo zaino?- Mathi indicò il telefono, poi l’esterno del locale. Non voleva rischiare che Max lo intercettasse. E poi voleva parlare in privato.

Norman annuì, e Mathi uscì, facendo il numero.

Amabelle gli rispose dopo due squilli.

-Pronto, aggiunta migliore di quest’anno al gruppo!- lo salutò con entusiasmo, facendolo ridacchiare.

-Come sta la mia matchmaker preferita?- se la lisciò Mathi. Era molto bravo a lisciarsi le persone, quando aveva bisogno di qualcosa. Non lo faceva neanche di proposito, semplicemente gli veniva naturale fare un po’ il lecchino, a volte. Era un’abilità fondamentale per sopravvivere.

-Sommersa dai libri, e con la voglia matta di andare da Petra e accarezzare un cucciolo- rispose Amabelle, sospirando stancamente.

-Petra ha adottato un cucciolo?- chiese Mathi, sorpreso.

-Che?! No! Parlavo di Fallon, la dolce carissima Fallon. A proposito di animali adottati, come sta Bonnie?- Amabelle cambiò in fretta argomento, Mathi non insistette.

-Apollo sta bene, grazie di averlo chiesto. Gli piace rimanere in equilibrio sulla mia testa mentre studio- rispose, pensando con affetto al suo coniglietto.

-Awww-

-Comunque, volevo chiederti una cosa- Mathi tagliò corto i convenevoli e introdusse l’argomento.

-Certo, qualsiasi cosa. Ti devo un favore dopo che mi hai aiutato con l’appuntamento al buio di Felix- lo assecondò Amabelle.

-Mi devi ancora spiegare a cosa ti serviva un ricercato dalla polizia simile a Felix- borbottò Mathi, che a volte si chiedeva se non avesse fatto un errore madornale nell’aiutare Amabelle in quella precisa circostanza.

-Oh, sai com’è… che mi volevi chiedere?- Amabelle fece la vaga, e Mathi si disse che era meglio indagare un altro giorno. Forse, in fin dei conti, non voleva neanche del tutto saperlo.

-Il compleanno di Denny è il primo luglio, vero?- introdusse l’argomento, con nonchalance.

-Cosa?! E tu come fai a saperlo?! Te l’ha detto lui? Oh, siete così uniti che ti ha rivelato la sua tragic backstory?! Awww, mi parte la ship! Finalmente una bella notizia- Amabelle, dopo una sorpresa iniziale, iniziò a farsi i film, e Mathi ebbe qualche difficoltà ad interromperla.

-No, no, non esattamente. Insomma, non me l’ha detto lui, l’ho dedotto io. In realtà volevo chiederti… esageri quando dici tragic backstory, vero?- non era proprio quello che voleva chiederle, ma iniziava a preoccuparsi per la salute mentale del suo migliore amico e super cotta.

-Oh…- Amabelle si fece silenziosa per qualche secondo, e quando ricominciò a parlare la sua voce era seria e distaccata -Non posso dirti niente- 

-Ti prego, Amabelle. Voglio solo provare a capire e aiutare Denny- Mathi cercò di convincerla. Più indagava sull’argomento, e più si preoccupava per lui. Nessuno dovrebbe avere un giorno che odia. E se Denny odiava quel giorno con tale sentimento doveva essere successo qualcosa di davvero grosso.

-Mi dispiace, Mathi. Ti posso rivelare tutti i segreti più piccanti e innominabili della Corona Crew, ma non posso parlarti di questo. Ignora che il primo luglio sia il suo compleanno. È meglio per Denny- gli suggerì, prima di chiudergli il telefono in faccia.

Se persino Amabelle, la persona meno sensibile del gruppo, preferiva non divulgare le informazioni personali del suo amico d’infanzia, allora la faccenda si faceva davvero seria.

Mathi decise che era il caso di ricorrere alle sue doti di hacker, ma prima che potesse rientrare, prendere i libri, e correre in camera per accendere il computer, venne fermato da Max, che era uscito senza che lui se ne accorgesse, e lo stava guardando con braccia incrociate e cipiglio severo.

Si fissarono per qualche secondo, senza dire una parola.

-Ho cinque minuti di pausa- rivelò poi Max, con sguardo penetrante.

-Ti prego, non uccidermi. Ho un coniglio da sfamare!- Mathi provò ad impietosirlo.

-Lo adottiamo noi Connie, non preoccuparti- Max lo rassicurò, beh, non proprio. 

-Senti, Max, non voglio fare il ficcanaso. Sono solo preoccupato per Dan. Odiare così tanto il giorno del proprio compleanno non è salutare. Voglio solo assicurarmi che non si penta di essere nato o qualcosa del genere- provò a giustificarsi Mathi, nel tentativo di evitare la condanna a morte. Non che gli dispiacesse morire, ma preferiva farlo un po’ più in là. Aveva una sorella da mantenere, dopotutto.

Max sospirò, e il suo volto di rilassò leggermente.

-Perché ci tieni tanto? Non ti basta sapere che Denny odia il suo compleanno e rispettare la sua situazione?- Max provò a convincerlo a lasciar perdere, ma Mathi aveva esperienza con l’odiare un determinato giorno, e non voleva che il suo più grande amico passasse quello che aveva passato lui, almeno non ancora a lungo.

-Vorrei almeno conoscerla, la sua situazione. E poi, se lo riterrò giusto, mi farò da parte, il primo luglio- insistette, avvicinandosi speranzoso a Max per convincerlo a farlo parlare.

Max sospirò, e si grattò il retro del collo, a disagio.

Dopo qualche secondo, cedette.

-Va bene. Non ti dirò assolutamente nulla, ma ti darò un indizio, dicendo qualcosa che già sai e che non è detto assolutamente che abbia a che fare con il motivo per cui Denny odia il giorno del suo compleanno- Max sollevò il dito in aria, togliendosi da ogni responsabilità per ciò che stava per dire.

Mathi annuì e si avvicinò per non perdersi alcuna parola.

-Io e Denny…- Max si interruppe, cercando le parole giuste per rivelare senza tradire troppo la fiducia del fratello -…nostra madre non c’è più- ammise infine, in un sussurro, abbassando poi la testa.

All’inizio, Mathi non vide proprio il nesso. Sapeva già che Denny fosse orfano di madre, e ne era davvero dispiaciuto, ma entrambi i fratelli avevano sempre detto che era successo molto tempo prima e ormai avevano superato il lutto, quindi… oh.

La consapevolezza lo colpì come un pugno nello stomaco, e si portò una mano alla bocca, sconvolto.

-Oh…- non gli uscivano ulteriori parole.

-Bene, io vado a lavorare. I miei cinque minuti di pausa stanno per finire e volevo almeno scrivere a Manny- Max fece dietro front per rientrare, ma Mathi lo fermò per un braccio, sbloccandosi.

-Mi dispiace tanto, Max- non sapeva se si stava scusando per la propria invadenza, o offrendo le sue condoglianze per la morte della madre, ma in entrambi casi Max scosse la testa.

-Non preoccuparti. Spero solo che eviterai di continuare ad insistere con Denny- tagliò corto Max.

-Immagino avrete delle tradizioni per quel giorno- commentò Mathi, indagando in maniera molto più sottile.

-Papà lavora fino allo sfinimento, Denny rimane chiuso in camera tutto il giorno e io visito il parco preferito della mamma- spiegò Max, senza neanche rendersi conto di dare ulteriori informazioni. 

Probabilmente Mathi avrebbe dovuto lasciar perdere. Rispettare il desiderio di Denny, e risollevargli l’animo il giorno successivo. Lo conosceva da poco, non abbastanza da potersi immischiare nella sua vita e solo perché aveva una cotta per lui non significava che poteva permettersi di cambiare le sue abitudini.

Ma… Denny non era mai riuscito a festeggiare il proprio compleanno. Mai, per tutta la sua vita. La sua nascita era sempre stata messa in ombra dalla morte di sua madre, una madre che non era neanche mai riuscito a conoscere. Mathi non poteva neanche immaginare quanto dolore potesse dare una situazione del genere.

In un flash gli tornò in mente il 28 Novembre, e strinse i denti.

No, non poteva lasciare Denny da solo. Meritava di esorcizzare quel giorno, e provare ad andare avanti.

-Grazie di avermelo detto, Max- Mathi prese una decisione irrevocabile, e iniziò ad avviarsi dentro al Corona per provare a studiare. Questa volta fu Max a prenderlo per un braccio per fermarlo.

-Io non ti ho detto niente. E tu non farai nulla, giusto?- chiese, per sicurezza.

-Hai ragione, tu non mi hai detto niente. Ma… dato che non so nulla non è necessariamente una brutta idea accogliere Denny davanti all’università dopo il suo esame, il primo luglio. No?- la buttò lì. La presa di Max si fece più forte per un attimo, poi lo lasciò andare.

-Solo…- sospirò, dando implicitamente carta bianca a Mathi -…non insistere troppo. Si sta sbloccando molto con te, ma non testare i suoi limiti- si fece promettere.

-So quanto è delicato l’argomento, e sarò il più sensibile e rispettoso possibile- gli assicurò Mathi, prima di rientrare.

Certo, l’esame del giorno successivo sarebbe andato uno schifo, ma era molto meglio essere riuscito a scoprire qualcosa in più su Denny.

Spoiler alert, all’esame prese 19.

 

Sabato 29 Giugno

Norman non vedeva Amabelle da un po’, troppo impegnato a studiare, ed era sorpreso di quanto pacifica fosse stata la sua vita nelle ultime settimane.

Purtroppo quella pace era stata bruscamente interrotta quando Amabelle gli aveva chiesto di studiare insieme ed ora si ritrovava con lei in biblioteca.

Dato che le aveva già dato buca il 18 per via di Petra, non poteva trovare una scusa anche quel giorno, soprattutto visto che il motivo era lo studio.

Ma cavolo quanto avrebbe voluto.

Perché ultimamente Amabelle era davvero insopportabile.

Prima il trucchetto all’appuntamento di Felix, poi la sua insistenza verso Max e Sonja. Norman non capiva perché insistesse tanto, ma iniziava davvero ad esagerare.

Soprattutto ora che aveva finalmente comprato le manette, che portava in giro in attesa di poterle usare.

Ma senza chiavi.

Norman non era mai stato così felice di essere aro-ace.

Per fortuna però al momento stavano effettivamente studiando. Erano lì da dieci minuti, e non era volata una mosca.

Forse Amabelle per una volta voleva davvero semplicemente studiare in compagnia di…

-Norman, posso chiederti un parere?- Amabelle interruppe il silenzio, e sollevò lo sguardo verso di lui, un po’ timorosa.

Era troppo bello per essere vero.

Norman sospirò, e alzò la testa dal libro di macroeconomia.

-Riguarda lo studio? Perché in tal caso ti aiuto con piacere- sperò con troppo ottimismo che fossero davvero lì per studiare, ma a giudicare dal libro di Amabelle aperto all’indice, era improbabile che la domanda avesse a che fare con il cinema contemporaneo e la serialità televisiva.

-Eh… no. Ma ho davvero bisogno di parlare- l’amica confermò i suoi sospetti.

-Va bene. Ma cerchiamo di sbrigarci. Abbiamo entrambi un esame il 3 Luglio- le ricordò, mettendosi in ascolto.

Seguì circa un minuto di silenzio totale.

-Allora?- la incoraggiò quindi Norman, mettendole fretta.

-Un attimo, sto cercando il modo migliore per parlartene… allora…- Amabelle si preparò, sgranchì la voce, ed esitò di nuovo.

-Amabelle!- la riprese Norman.

-Riguarda Gorgeous!- ammise infine la ragazza, a voce abbastanza alta da sollevare un coro di -shhh…- da parte dei ragazzi nei tavoli accanto.

A Norman caddero le braccia.

-Sul serio? Interrompi lo studio per parlare di Gorgeous? Ti prego, chiedi a qualcun altro- la pregò, sbuffando irritato.

-No, devo parlarne con te, è importante! Allora, praticamente in uno degli ultimi episodi Pablo ha avuto un incidente e ha perso la memoria, e sta ancora in ospedale per accertamenti. Sia Francisca che Angelica stanno cercando di farlo innamorare nuovamente, ma nella lotta stanno passando parecchio tempo insieme, no?- Amabelle iniziò a spiegare quella che Norman considerava la serie più trash e pesante dell’universo.

-Ti prego, arriva al punto- la supplicò, per niente intenzionato a seguire la lore e concentrarsi nel ricordare le dinamiche dei personaggi.

-Ci sto arrivando! Praticamente Francisca inizia a provare qualcosa per Angelica. Sono ormai diventate amiche dopo nove stagioni, ma Francisca non vuole provare qualcosa per Angelica. Ed è felice che Angelica stia con Pablo se lo ama, anche se le fa molto male il cuore spingere l’uno tra le braccia dell’altra. Ma se Angelica è felice, dovrebbe esserlo anche Francisca, giusto? Soprattutto se Francisca in ogni caso non vuole avere una relazione perché è troppo impegnata con le sue mostre d’arte e il suo lavoro e ha molta paura di chiedere ad Angelica cosa…- 

-Un momento, un momento, fermati un attimo- Norman la interruppe prima di perdere completamente il filo del discorso.

-Stavo arrivando al punto!- si lamentò Amabelle, che nel frattempo era diventata scarlatta.

-Credo che il punto sia già stato raggiunto, ma ho due domande: primo, non hai detto qualche secondo fa che Francisca vuole riconquistare anche lei Pablo?- Amabelle si era contraddetta più di una volta in quella raffazzonata spiegazione, ma quella contraddizione era la più evidente per Norman.

-Sì, ma siccome si è innamorata di Angelica adesso vuole lasciarlo perdere, fingi che non si voglia mettere insieme a nessuno, va bene?- Amabelle tagliò corto.

-Seconda cosa: stiamo ancora parlando di Gorgeous?- chiese Norman, intuendo il vero motivo di tutto quel discorso.

Le guance di Amabelle si fecero più rosse.

-Certo che siamo parlando di Gorgeous!- esclamò a voce alta, guadagnandosi un’altra ondata di -Shhhh!-.

-Sarà un lungo pomeriggio. Continua- Norman sospirò e appoggiò la testa sulla mano, preparandosi ad altri venti minuti di sproloqui inutili.

-Grazie, allora, dov’ero… giusto, Angelica. Angelica ha chiesto a Francisca di aiutarla a conquistare Pablo, e Francisca ha offerto il suo aiuto, ma ci sta male. Questo significa che Francisca è innamorata di Angelica, ma secondo te come fa a nascondere in modo efficace i suoi sentimenti, incoraggiare la coppia, e restare la sua migliore amica senza che tali sentimenti vengano mai alla luce?- chiese Amabelle, arrivando al nocciolo della questione e al motivo per cui aveva chiesto consiglio a Norman.

-Per me dovresti dire a Petra quello che provi per lei- le consigliò Norman, leggendo tra le righe.

Amabelle si alzò di scatto.

-Cosa?! Di che stai parlando?!- chiese in tono acuto, provocando un ulteriore coro di -Shhhhh!!- 

-Va bene, va bene. Credo che Francisca dovrebbe dire ad Angelica quello che prova per lei. Penso che Angelica potrebbe ricambiare i suoi sentimenti, e in ogni caso sono piuttosto certo che Francisca abbia frainteso qualsiasi cosa gli abbia fatto venire in mente che Pe… Angelica possa averle chiesto aiuto per mettersi con Pablo- Norman cercò di parlare in amabellese, ma la ragazza in questione scosse la testa, per niente felice del consiglio.

-Non ti ho chiesto consiglio su questo, tu non sai niente della lore di Gorgeous! Ti ho chiesto come fare a nascondere le proprie emozioni, anzi, a farle sparire!- insistette Amabelle, mettendosi in ginocchio sulla sedia.

-Per essere una persona che incoraggia la gente a rivelare i propri sentimenti, è un po’ ipocrita il modo in cui tenti di nascondere e ignorare i tuoi- le fece notare Norman. Non voleva risultare polemico, solo farle aprire gli occhi, ma Amabelle si alzò di nuovo, stringendo i pugni.

-Stai fraintendendo completamente la situazione. Sto parlando di Gorgeous, Angelica e Francisca, e non ho alcun sentimento personale. Cerca di essere un po’ più d’aiuto. Cosa dovrebbe fare Angelica?- continuò con la sceneggiata.

-Non era Francisca a dover fare qualcosa?- le ricordò Norman, con un sorrisino trionfante.

Amabelle si ammutolì qualche secondo.

-Sì! Francisca! Volevo controllare che fossi attento, allora… cosa…?- 

-Amabelle, basta, sul serio! Hai una cotta per Petra, ormai è chiaro. Perché non glielo vuoi dire?- Norman iniziava a stancarsi delle metafore e dei giri di parole.

Amabelle si risedette, valutando come rispondere a quelle accuse.

Poi buttò enfaticamente la testa sul libro aperto.

-Ho una stramegagalattica cotta per Petra, è vero. Sei contento, ora che l’ho ammesso?!- esclamò, sconfitta.

Si levò un nuovo coro di -Shhhhhh!!!- accompagnati però da qualche -Grande- e un -Congratulazioni- sussurrato da qualche voce sottile.

-Sarò contento quando lo ammetterai a Petra, ma posso anche considerarlo un passo avanti, per il momento- Norman provò a venirle incontro, Amabelle alzò di nuovo la testa, e lo guardò storto.

-Non hai capito, Norman. Io non lo dirò a Petra. Mai!- affermò, categorica.

Norman cercò di mantenere la calma, ma iniziò ad irritarsi non poco. Non tanto per il comportamento di Amabelle in sé, ma perché veniva proprio da Amabelle.

-Interessante come la paladina dell’amore che incoraggia tutti a mettersi insieme, confessare i propri sentimenti e la propria sessualità senza timori, scatti parecchio sulla difensiva quando si tratta di lei- commentò, a denti stretti.

-Io sono diversa dagli altri. Mettiamo da parte gli altri, che già sono irritata perché Mirren non vuole ammettere il suo palese amore verso Felix- Amabelle tagliò corto, dando segno di non aver minimamente capito la critica di Norman.

-E cosa ti renderebbe diversa da Mirren, sentiamo?- chiese quindi Norman, in tono ovvio.

-Beh, io…- Amabelle esitò, cercando una spiegazione convincente -è chiaro che le situazioni siano completamente diverse, non c’è neanche bisogno di specificarlo. Lui e Felix sono palesemente fatti l’uno per l’altra. Io non cerco invece assolutamente una relazione e il punto di questo discorso è trovare un modo di…- Amabelle provò a cambiare discorso, ma Norman si era davvero stancato.

-Il punto di questo discorso, per me, è farti capire che sei una gigantesca ipocrita. Dopo tutta l’insistenza verso gli altri sei la prima a tirarti indietro nelle relazioni? Stai scherzando, vero?- si indignò, guadagnandosi l’ultimo coro di -SHHHHHHHH!!!- e decidendo di prendere le sue cose e andarsene da lì.

Era incredulo. Non poteva credere che Amabelle fosse scesa così in basso.

Già lo irritava, ultimamente, se poi ci aggiungeva che faceva gli stessi errori che cercava di combattere negli altri, senza neanche provare a farsi un esame di coscienza… no, Norman si era davvero stancato di lei.

-Aspetta, Norman! Non puoi lasciarmi così dopo che ti ho aperto il mio cuore in cerca di un consiglio! Che razza di amico sei?!- Amabelle lo raggiunse e iniziò a seguirlo, offesa.

-Io il mio consiglio te l’ho dato- le fece presente Norman.

-E io ti ho già detto che il tuo consiglio non è fattibile. Perché non provi a sentire le mie ragioni prima di ignorarmi così?!- si arrabbiò la ragazza, irritata.

-Perché sei la prima a non ascoltare le ragioni degli altri, a pensare di avere sempre ragione, e mi sono decisamente stancato di te!- esclamò Norman, girandosi di scatto verso di lei e urlandole il suo scontento in faccia.

Amabelle si ritirò, sorpresa, e anche un po’ ferita.

-Come? In che senso? Non dici sul serio, vero?- chiese, confusa.

Non si era neanche resa conto che Norman era arrabbiato con lei, come se fosse un’essere perfetto che aveva sempre ragione.

-Non sto scherzando, mi sono stancato della tua testardaggine e ipocrisia. E sono felicissimo che siano finalmente arrivate le vacanze estive, così potrò tornarmene a casa e smettere con i tuoi piani assurdi. E sappi che quando tornerò ad Agosto non ti aiuterò più. Mi tiro ufficialmente fuori dall’operazione Matchmakers!- le promise, rigirandosi e procedendo per la sua strada.

Amabelle era congelata sul posto.

-Ma… l’effetto Norman…- obiettò tra sé. Norman scosse la testa, e aumentò il passo.

Non era neanche seccata per lui, ma solo per il fantomatico effetto Norman. Norman iniziò a chiedersi se lo considerasse un amico o se lo usasse solo per raggiungere i suoi scopi.

Era ormai fuori dalla portata di orecchio quando Amabelle portò le mani alla bocca, e iniziò a singhiozzare.

-Non voglio perdere la tua amicizia…- borbottò tra sé, spaventata e piangendo copiosamente.

Ma purtroppo non la sentì nessuno.

 

Domenica 30 Giugno

Felix si riscosse dai suoi pensieri quando qualcuno gli batté con il dito sulla spalla.

Si girò di scatto, e si ritrovò faccia a faccia con Tender.

Il suo primo istinto fu di vedere l’orologio, per controllare quanto tempo avesse perso. Per fortuna si trattava solo di pochi minuti.

Sospirò, poi si girò verso la sorella, e le sorrise, cercando di apparire normale, anche se negli ultimi tempi era davvero giù di corda, tra lo studio, il cuore spezzato, e la mancanza costante di Mirren nella sua vita.

Gli attacchi, poi, erano sempre di più, iniziavano ad essere estenuanti.

-“Stai bene?”- gli chiese sua sorella, con il linguaggio dei segni.

-“Sì, tutto bene”- rispose Felix, con lo stesso linguaggio, ritornando a sistemare camera sua, come era consuetudine ogni domenica. Notò che Happy, il gatto, si era addormentato sul sacco della spazzatura.

Gli faceva troppa tristezza svegliarlo, quindi si buttò sul letto, aspettando che si alzasse di sua spontanea volontà. Tender gli si sedette accanto, guardandolo preoccupata.

-“Sto bene, davvero”- la rassicurò, scompigliandole poi i capelli, ma non togliendolo l’espressione tesa dal volto.

-“Perché non parli con Mirren e chiarite?”- chiese la bambina, gesticolando in modo un po’ incerto, come se temesse che tirando fuori l’argomento avrebbe fatto scoppiare a piangere il fratello.

Felix in effetti aveva molta voglia di piangere, ma doveva farsi forza davanti alla sorella minore.

Si limitò a rispondere un evasivo -“È un po’ più complicato di così”- e Tender non insistette.

Si limitò a sdraiarsi accanto a lui e abbracciarlo per fargli forza, battendo con il piede un “andrà tutto bene” in codice morse, ripetuto più volte.

Felix la strinse a sé, felice di avere una sorella così dolce e comprensiva.

Se non avesse avuto accanto la sua famiglia, in quel momento sarebbe stato davvero perso.

Lo era comunque, ma meno.

E poi non era nel torto, in quella situazione.

Mirren gli aveva mentito! Non c’erano dubbi al riguardo.

Probabilmente lui non avrebbe dovuto usare la macchina della verità ricevuta da Jasmine su di lui, ma quando l’amico faceva l’evasivo in quel modo non c’erano molte alternative.

E poi si era rivelato utile… per soffrire ancora di più con la consapevolezza che Mirren era innamorato di lui… ma non aveva la minima intenzione di mettercisi insieme.

Felix non lo capiva proprio. Come potevi amare qualcuno, che ti ricambiava, e voler restare solo amici?! Che senso aveva?!

Insomma, se Mirren non lo avesse amato Felix se ne sarebbe anche fatto una ragione.

Okay, avrebbe sofferto tantissimo, sarebbe affogato nel gelato e al momento probabilmente starebbe comunque ridotto così male, ma prima o poi se ne sarebbe fatto una ragione, e probabilmente a quest’ora sarebbe già tornato strisciando da lui pregandolo di tornare amici come prima.

Ma sapere che Mirren lo amava, ma non voleva fare nulla al riguardo… Felix era davvero ferito, e non aveva intenzione di fare il primo passo.

Mirren si doveva rendere conto del suo errore, e per una volta doveva essere lui a tornare strisciando.

Solo che era davvero giusto soffrire così per dare una lezione a qualcuno? Felix iniziava ad avere molti dubbi al riguardo.

Si rese conto che aveva avuto un’altro attacco quando Tender lo scosse per la spalla, e si accorse che Happy si era svegliato e si era appisolato sul suo stomaco.

Questa volta Felix doveva necessariamente svegliarlo.

Lo prese in braccio, si alzò, e lo posò delicatamente ai piedi del letto.

Poi si girò verso Tender, che gli stava tirando la maglia per attirare la sua attenzione.

-“Ci vediamo Steven Universe insieme?”- chiese, nella speranza di risollevargli il morale.

Il sorriso di Felix si fece più sincero, e annuì.

-“Fammi solo buttare la spazzatura e arrivo”- le fece un occhiolino, prendendo il sacco e caricandoselo sulle spalle.

Tender annuì allegra, e lo precedette giù per le scale, pronta a mettere il loro cartone preferito.

Felix raggiunse il secchio della spazzatura più in fretta possibile, ma dopo aver buttato il sacco esitò un po’ prima di rientrare.

Era già a quota tre, quel giorno, ma era un periodo di stress, non ce la faceva a trattenersi.

Prese quindi una sigaretta e se la rigirò tra le mani qualche secondo valutando di accenderla.

Venne interrotto da un abbaiare molto familiare, che lo fece sobbalzare e gli fece cadere la sigaretta dalle mani.

-Fallon? Che ci fai qui?- chiese, in direzione del cane di Mirren, che stava arrivando scodinzolando verso di lui, inconfondibile nonostante le ombre della sera che avevano iniziato a dipanarsi nel quartiere.

Il cane abbaiò con più forza e si sedette ai piedi di Felix, come a richiedere la sua dose quotidiana di coccole.

Felix non poteva assolutamente esimersi dal dargliele. Fallon aveva un padrone testardo, ma meritava tutte le coccole del mondo. 

-Chi è una brava cucciolotta?- la esaltò, piegandosi ed iniziando ad accarezzarla con affetto. Si rivelò molto più efficace del tabacco.

Purtroppo le gioie non arrivano mai sole.

-Fallon! Dove sei?!- una voce preoccupata ancora più inconfondibile fece irrigidire Felix, che valutò l’idea di scappare, ma tra una carezza e l’altra era finito praticamente schiacciato dal peso del cane. Cane che oltretutto, come se tramasse contro di lui, abbaiò in direzione del padrone per attirare la sua attenzione e farlo venire nella loro direzione.

E Mirren non si fece tardare.

Arrivò verso di loro quasi di corsa, e tirò un sospiro di sollievo appena notò la familiare ed energica ombra del cane che lo richiamava.

Si fermò di scatto quando si rese conto che anche Felix era compreso nel pacchetto.

Per un attimo, l’aria sembrò farsi di vetro.

Non si vedevano da quasi un mese, ed era stato il periodo più lungo che avessero mai passato lontani l’uno dall’altro.

Mirren era dimagrito, aveva due occhiaie evidenti anche da quella distanza, e addirittura un accenno di barba.

Per fortuna Fallon teneva Felix bloccato a terra, perché il suo primo istinto era quello di alzarsi e correre da Mirren per abbracciarlo, prima di offrirgli una torta.

Si limitò a distogliere lo sguardo e ad accarezzare un altro po’ Fallon. Temeva che non avrebbe avuto molte altre occasioni, da quel momento in poi.

Perché continuava a non avere la minima intenzione di fare il primo passo.

-Fallon, vieni qui…- Mirren richiamò il cane, facendo finta di non aver neanche visto Felix. Probabilmente nella sua testa stava pensando la medesima cosa dell’amico.

Fallon si alzò da Felix e si avviò verso il padrone, ma cambiò idea a metà strada e si rigirò verso il ragazzo che aveva atterrato, come se si aspettasse che la seguisse.

-Vai, Fallon, è ora della pappa- Felix le fece cenno di andare senza di lui, sempre evitando lo sguardo di Mirren, poi si rialzò in piedi, togliendo la terra e la polvere dai pantaloni della tuta da casa.

Diede le spalle ai due, e iniziò ad avviarsi verso casa, con tutta l’intenzione di prendere una sigaretta nel tragitto, ma si interruppe sui suoi passi, e azzardò un’occhiata verso Mirren.

Quando si girò, notò che anche Mirren si era voltato a guardarlo. I loro sguardi si incrociarono, poi Mirren distolse subito il proprio, abbassando la testa.

-Buona serata, Mirren- Felix si ritrovò a salutarlo senza potersi trattenere.

-Anche a te, Felix- rispose Mirren, meccanicamente, senza guardarlo.

Felix fece un ultimo saluto anche a Fallon, e tornò a camminare, cercando di calmare i battiti del suo cuore.

Era sempre più deciso a non fare il primo passo.

Se Mirren si era girato significava che ci teneva, e se ci teneva doveva rendersi conto che rischiava seriamente di perderlo.

Felix sapeva di essere egoista, e crudele anche con sé stesso. Ma non avrebbe ceduto senza lottare, soprattutto se significava fare un favore anche a Mirren.

Però quella sigaretta anti-stress non gliela toglieva nessuno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Non c’è molto da dire su questo capitolo, è molto di passaggio, l’unico motivo per cui è uscito così presto è che non vedo l’ora di scrivere il prossimo.

Mirren e Felix continuano a fare i preziosi, ed entrambi sono convinti di avere ragione. Mirren comunque è più testardo di Felix.

Petra è molto coraggiosa.

Quel cane è adorabile. Sono felicissima di aver finalmente introdotto Lottie!

E Amabelle è una codarda, testarda e ipocrita. Ma non giudichiamola troppo aspramente, è in gay panic.

Oh, sì, e poi Denny ha un bruttissimo trauma con il proprio compleanno.

Io spero davvero di riuscire a trasmettere in questo e nel prossimo capitolo la psicologia di qualcuno che ha vissuto tutta la vita con la consapevolezza che ha lui. Proverò a renderlo il più delicato e reale possibile.

Per il resto… non vedo l’ora di arrivare al prossimo capitolo. Il prossimo capitolo sarà una bomba. Il mio preferito dai tempi del compleanno di Felix, e un grandissimo punto di svolta per una delle coppie, potete ben immaginare quale.

Vi dico solo che dal prossimo capitolo inizia la trilogia dell’”Andare avanti”, che porterà molte svolte degne di nota. Luglio e Agosto saranno mesi pieni zeppi di eventi, soprattutto ora che Norman se ne torna a casa.

Ma non anticipo oltre.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto.

Alla prossima :-*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Mathi prova a risollevare il compleanno di Denny, Max e Manny finalmente visitano il giardino

 

 

 

TERZO SONDAGGIO!!!

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Capitolo 25
*** Andare avanti non significa dimenticare ***


Andare avanti non significa dimenticare

 

Lunedì 1 Luglio 

Mathi sperava che non avrebbe rovinato tutto.

Ma aveva davvero paura che l’avrebbe fatto.

Solo che non poteva lasciare Denny da solo il giorno più triste dell’anno.

Certo, lo conosceva da poco, ma abbastanza da sapere che meritava di andare avanti.

E poi Mathi era una persona impulsiva, che non riusciva a lasciare le persone a cui teneva, anche quando forse era meglio per loro.

Però non voleva neanche imporsi, quindi il suo piano prevedeva un approccio molto soft, che non avrebbe tirato in ballo le conoscenze acquisite in colloquio con Max.

Pertanto lo stava aspettando tranquillo fuori dall’università in attesa che finisse l’esame di quel giorno.

Era uno scritto, quindi Denny non avrebbe saputo subito il risultato, e probabilmente sarebbe rimasto in paranoia per due settimane. Mathi sperava di poterlo aiutare anche su questo.

Il ragazzo scattò sull’attenti appena notò una massa di studenti uscire dall’aula, e aguzzò la vista cercando il suo studente preferito, che ovviamente fu l’ultimo ad uscire, a testa bassa e cercando di passare inosservato in mezzo a tutti gli altri.

A volte Mathi pensava che fosse terribilmente egoista a nascondere la sua meravigliosa personalità al resto del mondo. Era convinto che se si fosse aperto leggermente di più, sarebbe stato il ragazzo più popolare dell’istituto. Era sveglio, intelligente, divertente, carino e davvero piacevole. Era più che naturale che Mathi avesse avuto un colpo di fulmine dal primo momento in cui aveva posato lo sguardo su di lui.

Troppo occupato a rimirarlo con occhi sognanti, rischiò quasi di lasciarselo sfuggire da sotto il naso, ma si riscosse dai suoi pensieri appena in tempo, e lo affiancò rilassato, cercando di non spaventarlo e non sembrare eccessivamente invadente.

-Ciao, Dan! Che bello vederti qui!- lo salutò, coordinando il suo passo con quello di Denny e mettendo le mani in tasca.

Nonostante i suoi tentativi di apparire il meno minaccioso possibile, Denny sobbalzò vistosamente, e alzò la testa di scatto nella sua direzione.

-Mathi, che ci fai qui?! Non hai niente da fare oggi!- lo accolse con occhi sgranati e un leggero rossore sulle guance.

-Beh, sapevo che avevi un esame, e stavo facendo una passeggiata qui in giro, e ho pensato che magari potevo vedere come fosse andata e…- la mezza verità che Mathi si era preparato a tavolino venne interrotta da uno sguardo sospettoso e poco convinto di Denny, che sembrava gli stesse leggendo nella mente, e lo squadrava così attentamente che Mathi si ritrovò ad arrossire visibilmente e senza potersi trattenere.

-…Beh, comunque… come è andata?- chiese, cercando di far parlare lui e non scavarsi ulteriormente la fossa.

Denny distolse lo sguardo, e abbassò la testa, abbattuto.

-Male… malissimo. Non so neanche se lo supero questo esame- ammise, stringendo le spalle pieno di incertezza.

-Ehi, non dire così. Sono sicuro che come le altre volte è andata benissimo. Sei un ragazzo in gamba, ti impegni più di chiunque altro e se anche dovessi aver preso un voto un po’ inferiore, non potrà mai rovinarti la media del 30 e lode. E un esame si può sempre ridare- provò a rassicurarlo, incoraggiante, e dandogli una pacca sulla spalla.

Era così impegnato a fare il bravo amico che si dimenticò del vero motivo per cui fosse lì, e probabilmente, per un attimo, anche Denny sembrò scordare la sofferenza di quel giorno.

-Hai ragione, ma non voglio comunque fallire!- si lamentò, prendendosi il volto tra le mani -Solo che oggi è davvero una giornata stressante, per me. Non riuscivo a concentrarmi…- aggiunse poi, sospirando.

E si ricordò di che giorno fosse, perché alzò la testa di scatto e si scansò da Mathi come se si fosse scottato, tornando a guardarlo con cipiglio severo.

-Io ti avevo detto di non vederci, oggi? Quindi perché sei qui?- chiese, in tono accusatore.

-Eh… beh… perché non dovevamo vederci, oggi?- Mathi provò a rigirare la domanda.

-Ti ho detto che oggi volevo stare solo e che non erano affari tuoi il motivo. Perché sei qui?- insistette Denny, avvicinandosi leggermente per metterlo più sotto pressione.

Era raro che fosse lui ad avvicinarsi, il cuore di Mathi perse un battito. Ma doveva restare concentrato.

-Io… pensavo… fosse più un suggerimento che un programma vero e proprio?- cercò di sorridergli, ma Denny socchiuse gli occhi, per niente convinto.

-Hai indagato, vero?- lo accusò.

-Uh… indagato?- Mathi finse di non capire assolutamente di cosa stesse parlando, ma sapeva che non poteva tenere nascoste le sue conoscenze ancora a lungo. Denny era molto percettivo su quelle cose. 

La sua percezione era diversa da quella di Clover, dato che era più attento alle parole che ai gesti, ma ugualmente efficace, anche se non ai livelli straordinari della ragazza.

-Amabelle ti ha detto tutto?- chiese quindi Denny. 

Come fosse giusto a quella conclusione, Mathi non ne aveva idea, ma si affrettò a scuotere la testa.

-Non è stata Amabelle a…- si interruppe quando notò gli occhi di Denny illuminarsi, e si rese conto di aver fatto uno strafalcione vocale non indifferente.

-Ah! Quindi è vero che hai indagato e ora sai tutto! Lo sapevo! Non potevi lasciarmi in pace?!- si indignò Denny, alzando leggermente la voce e guardando Mathi davvero storto.

-No, aspetta! Ammetto di essere stato un po’ invadente, ma non volevo darti fastidio, volevo solo assicurarmi che stessi bene- Mathi provò a giustificarsi, evitando lo sguardo dell’amico.

Stava andando peggio di quanto pensasse.

-Beh, stavo benissimo, poi sei arrivato tu e ora sono agitato, ansioso e anche arrabbiato- Denny incrociò le braccia e gli diede le spalle, cercando di chiudere la conversazione e andare via.

Ma Mathi non voleva darsi per vinto.

-Non stavi benissimo. E comunque non volevo essere invadente, stavo solo cercando di…- lo prese per il polso e provò a spiegarsi, ma Denny si scansò immediatamente.

-Di certo stavo meglio di adesso. Non puoi permetterti di indagare così sulla mia vita. Tu non sai cosa si provi!- gli occhi di Denny si fecero lucidi, la voce tremante, e si guardò intorno per assicurarsi che nessuno stesse assistendo alla scena.

Il vicolo dove si erano diretti camminando insieme era per fortuna praticamente deserto, ora che la massa di studenti era andata via.

Probabilmente la maggior parte di essi era andata a pranzo.

In realtà il progetto di Mathi includeva convincere Denny a raggiungerlo al Corona per pranzo, ma dubitava che sarebbe avvenuto, visto come si stava evolvendo la situazione.

-Dan, so benissimo di non sapere cosa provi questo giorno dell’anno, non ho alcuna intenzione di fingere che sia così, ma non volevo lasciarti solo…- Mathi mise le mani avanti, e provò dolcemente ad insistere, a bassa voce.

-Perché? Non mi conosci nemmeno! Sono…- Denny asciugò una lacrima che aveva avuto l’ardire di scendere fino alla sua guancia. Mathi dovette lottare con forza contro l’istinto di asciugargliela lui stesso, e lo lasciò parlare -…è meglio che io rimanga solo. Tutti starebbero meglio senza di me, e almeno oggi voglio regalare a tutti una giornata tranquilla. Lasciami in pace- Denny gli diede nuovamente le spalle, e fece per andarsene.

-Non è colpa tua- gli sussurrò Mathi. Non provò a prenderlo di nuovo, e temette che la sua rassicurazione fosse a voce troppo bassa perché Denny potesse recepirla, ma il ragazzo si fermò.

-Lo pensi davvero?- chiese. Non sembrava speranzoso o rassicurato. Anzi, la rabbia nella sua voce non vece che aumentare. Era una frase piena di amarezza. 

Ma Mathi non ritirò la sua affermazione.

-Ne sono convinto, Dan. È triste, ingiusto e non so come ci si sente, ma non puoi incolparti di qualcosa che non è stata una tua scelta e su cui non hai avuto alcun controllo- insistette, azzardando un passo nella sua direzione.

-Quindi dovrei fingere che non sia successo niente?!- Denny si girò di scatto verso Mathi e lo fulminò con lo sguardo.

-No!- Mathi si affrettò a scuotere la testa -Ma dovresti andare avanti. La vita è troppo imprevedibile per aggrapparsi al dolore. Quando i miei genitori sono morti…- Mathi si tappò la bocca di scatto, ma ormai il dado era tratto.

Lo sguardo di Denny si congelò, poi impallidì.

-No, aspetta. Non volevo parlare di questo! Volevo solo dire che per superare un evento traumatico…- Mathi si affrettò a cambiare bruscamente argomento e tornare a quello principale. Denny però non lasciò correre la sua scivolata.

-I tuoi genitori sono morti?- chiese, in un sussurro, portando le mani alla bocca sconvolto e avvicinandosi.

Mathi abbassò la testa.

-Un incidente, tredici anni fa- ammise. Anche lui, come Denny, non amava dire in giro queste informazioni personali, ma non poteva esimersi dal farlo, ora che l’argomento era uscito fuori. Sarebbe stato ipocrita da parte sua, e poi si fidava di Denny, e lo considerava un amico abbastanza stretto da conoscere le cose più importanti di lui. Non poteva dirgli tutto, ma non voleva tenergli nascosto ciò che poteva rivelargli. 

Il vero motivo per cui esitava nel dargli troppe informazioni era che non voleva concentrarsi su sé stesso. Voleva parlare di Denny e aiutare Denny. 

Denny però era di altro avviso.

-Mi dispiace tanto, Mathi. Non lo sapevo- tutto l’astio che aveva mostrato fino a quel momento sparì, per mostrare un’espressione di partecipazione, e si avvicinò, ormai per niente intenzionato ad andarsene.

-Non preoccuparti, Dan, è successo tanto tempo fa…- Mathi provò nuovamente a cambiare argomento, poi si rese conto di cosa la sua confessione avesse portato.

Denny si era avvicinato, sembrava intenzionato ad ascoltarlo. Mathi aveva detto che non sapeva cosa Denny provasse, e per certi versi era così, ma avevano una connessione. Entrambi, in modi diversi, avevano passato buona parte dell’infanzia e l’intera adolescenza senza una madre. Ed entrambi avrebbero passato il resto della loro vita senza una madre.

Forse spiegare a Denny come Mathi si sentisse gli avrebbe fatto capire il suo punto di vista, e il motivo per cui aveva insistito tanto nello scavare le informazioni sul compleanno dell’amico.

-Dan, possiamo sederci su quel muretto?- Mathi indicò un muro poco distante e parecchio isolato, dove parlare in tutta calma.

Denny esitò un attimo, rendendosi conto che, se avesse accettato, la sua percezione della giornata sarebbe probabilmente cambiata. Doveva decidere se aprire uno spiraglio o restare chiuso dentro il suo guscio.

Alla fine, con un po’ di timore, annuì leggermente.

Mathi fu il primo ad avviarsi, e Denny lo seguì in silenzio.

Quando furono entrambi seduti, Mathi si decise a raccontare.

-I miei genitori sono morti il 28 novembre…-cominciò, torturandosi le dita un po’ a disagio. 

Denny portò le gambe al petto, abbracciandosi le ginocchia.

-Credo di aver capito dove vuoi andare a parare- borbottò, a disagio.

-Non voglio convincerti di nulla, solo farti capire il mio punto di vista- Mathi alzò le spalle, cercando di convincere Denny almeno ad ascoltarlo.

Denny tacque, quindi Mathi lo prese come un invito a proseguire.

-Avevo dieci anni quando è successo, e mia sorella ne aveva tre- continuò quindi la storia. Denny rabbrividì appena, e si morse il labbro come ad evitare di dire “Mi dispiace”. Non voleva interromperlo, ma si vedeva quanto fosse triste per lui.

-Non voglio ammorbarti con la storia della nostra vita tra orfanotrofio e famiglie affidatarie, ma il punto è che il 28 Novembre, soprattutto per me, è sempre stato un giorno terribile. Di solito lo passavo chiuso in camera, sotto le coperte, a piangere con una foto dei miei genitori in mano- la voce di Mathi si spezzò, gli occhi si fecero lucidi. Solo il ricordo del periodo peggiore della sua vita gli provocava un magone pazzesco, ma doveva essere forte. Era sempre stato forte, dopotutto. 

-Il resto del tempo ero imperturbabile, ma quel giorno crollavo sempre. Mi sentivo in colpa, sai…- ammise, in un sussurro. Non lo aveva mai detto a nessuno. Denny era il primo, oltre a sua sorella, a sapere quella storia. Non commentò, ma gli mise una mano sulla spalla, in segno di partecipazione.

-…erano venuti a prendermi a scuola. Quel giorno c’era stata una brutta nevicata e la strada era piena di ghiaccio…- si interruppe prima di poter aggiungere altro. Aveva il cuore in gola, e doveva assolutamente respirare un attimo. 

-Non è stata colpa tua!- gli sussurrò Denny all’orecchio, cingendogli le spalle confortante.

Mathi si rilassò appena, abbandonandosi tra le sue braccia, e prese un profondo respiro prima di continuare.

-Lo so… adesso lo so. Ma prima no, e il senso di colpa mi ha divorato per tre anni. Poi, un giorno, mentre ero sotto alle coperte, mia sorella mi ha raggiunto. Aveva solo sei anni, ma era molto più matura di me. Lo è sempre stata. Voleva che uscissi e stessi un po’ con lei. Voleva giocare e poteva uscire dall’orfanotrofio solo insieme a me. Mi sono arrabbiato tanto, quel giorno. Forse è stata l’unica volta che mi sono davvero arrabbiato con lei- non andava molto fiero del suo comportamento, ma era un bambino, all’epoca. Un bambino che era stato costretto a crescere troppo presto.

-Ovviamente mi sono pentito subito di averle urlato contro, non sono un mostro. L’ho raggiunta nel suo nascondiglio segreto, e per rassicurarla abbiamo giocato insieme con il mio nintendo DS. Me l’avevano regalato i miei genitori l’ultimo compleanno passato insieme, e mi sono reso conto che mi sentivo meglio, dopo averci giocato. L’anno successivo siamo andati insieme all’arcade vicino all’orfanotrofio, e abbiamo giocato insieme. E senza rendermene conto è diventato un rituale. Non si parlava di dimenticare i nostri genitori, ma fare qualcosa per ricordarli. Andare avanti tenendoli nei nostri cuori e cercando di essere felici anche per loro- Mathi alzò lo sguardo, ritrovandosi a pochi centimetri dal volto rapito e inondato di lacrime dell’amico. Anche Mathi sentiva le guance bagnate. Provò ad asciugarsele al meglio.

-Io non voglio distoglierti dal tuo dolore, o fartelo dimenticare. Ho insistito tanto perché so cosa significa odiare così tanto un giorno, e non augurerei neanche al mio peggior nemico tutto questo dolore, tantomeno ad una persona straordinaria e meravigliosa come te, Dan. Volevo provare a migliorarti un po’ la giornata. O quantomeno a non lasciarti solo. Ma sei libro di mandarmi al diavolo quando vuoi, non voglio impormi su di te- concluse il discorso accennando un sorriso incoraggiante. Aveva la gola secca, e il cuore che batteva fortissimo.

Denny esitò, e lo lasciò andare, tornando ad abbracciarsi le ginocchia.

-Quand’è il tuo compleanno?- chiese, in un sussurro.

-Il 6 Novembre- rispose Mathi senza esitazioni. Denny sussultò appena.

-Ventidue giorni prima- borbottò tra sé, sconvolto.

-È stata l’ultima festa di compleanno mai avuta- ammise Mathi, molto tra sé.

-Mathi…- Denny attirò nuovamente la sua attenzione, voltandosi verso di lui con aria più decisa.

Mathi si mise sull’attenti.

-Ti andrebbe…- la decisione di Denny scomparve rapida quanto era venuta, e arrossendo appena distolse precipitosamente lo sguardo.

-Qualsiasi cosa- lo incoraggiò Mathi, mettendo la propria mano sulla sua. 

Il rossore sulle guance di Denny si fece maggiore, ma la decisione tornò nei suoi occhi.

-Potrei visitare Apollo, e poi magari fare una passeggiata con te?- propose, mettendo da parte i suoi piani solitari e aggrappandosi completamente a Mathi.

-Certo! Sono a tua completa disposizione tutto il giorno!- Mathi sorrise più caldamente, stringendogli la mano.

E, finalmente, anche Denny accennò un sorrisino commosso e speranzoso. 

Probabilmente Mathi aveva fatto un enorme errore ad immischiarsi, e se ne sarebbe pentito per tutta la vita. Ma adesso Denny era felice, e tanto bastava.

Il futuro non aveva alcuna importanza.

 

Max non era proprio felicissimo di dover lavorare quel giorno.

Roelke conosceva la situazione e gli dava sempre l’intera giornata libera, ma il professore no, e proprio oggi c’era l’ultimo esame di Storia dell’arte greca e romana.

Però non era così male, dato che poteva fissare per tre ore il volto concentrato del suo ragazzo.

Certo, tra un lavoretto e l’altro. 

Quando finalmente tutti gli studenti avevano finito, e Max consegnò tutti gli esami al professore e uscì dalla classe, non vedeva l’ora di stare da solo.

Purtroppo, non era molto facile, quando si era la mascotte del corso che aveva salvato l’esame di tutti condividendo in gran segreto le domande del compito.

-Max, sei libero per pranzo?! Ti offro qualcosa al Corona per ringraziarti del tuo aiuto all’esame!- 

-Max, devi per forza venire a cena con noi, festeggiamo la fine degli esami insieme-

-Max, sai per caso quando il professore correggerà gli esami?-

-Max, posso offrirti un caffè? Aiuti anche tu nella correzione degli esami?-

Max era abituato ad essere circondato da tanta gente, visto il suo lavoro come cameriere e la sua generale socialità, ma si imbarazzava ad essere chiamato da una parte all’altra da ragazzi flirtanti, riconoscenti o sfruttatori.

Soprattutto ora che aveva un ragazzo ufficiale, sebbene segreto.

A proposito di Manny, era uscito un po’ prima degli altri, e non si vedeva da nessuna parte. Forse era già andato via?

-Ragazzi, se avete domande sarebbe meglio scrivermele in chat privata o sul gruppo. Purtroppo adesso ho un impegno e sono in ritardo- Max provò a tirarsi fuori in maniera elegante dalla calca di gente, ma nessuno sembrò ascoltarlo.

-Ragazzi, non infastidite il mio assistente. O vi abbasso tutti gli esami di un voto- arrivò la cupa minaccia del docente, appena uscito dall’aula, che con uno sguardo fece scappare a gambe levate tutti gli studenti rimasti.

-Grazie, professore. Ha bisogno di me per qualche altra…?- si propose Max, servile.

-Nah, torna a casa. Ma dimmi una cosa… hai condiviso le domande dell’esame, non è vero?- indagò il professore, fulminandolo con lo sguardo.

Ecco, Max sapeva che prima o poi sarebbe stato licenziato.

Almeno era durato un semestre.

-No, professore- provò a mentire, anche se gli riusciva davvero male.

-Hmpf, almeno non siamo nel dipartimento di medicina- commentò il professore, scuotendo la testa ma non commentando oltre, né licenziando Max per il momento.

-Allora arrivederci, professor Greco- Max si eclissò il più in fretta possibile dalla conversazione, e uscì finalmente dall’edificio, sperando di non venire nuovamente circondato dagli studenti, e cercando con la coda dell’occhio di trovare Manny in mezzo alla folla.

Probabilmente era già andato via, ma poteva sempre essere rimasto nell’area o averlo aspettato. Sarebbe stato piacevole riuscire almeno a salutarlo prima di dirigersi al parco. 

O invitarlo a venire con lui, anche se forse non era il caso quel giorno.

Quando stava perdendo le speranze, notò che stava all’entrata dell’università, intento in quella che sembrava una discussione piuttosto accesa con Gerda.

Ovviamente.

Ultimamente Max vedeva Gerda ovunque, sembrava quasi stalkerarlo. 

Per essere una che era lì per lavoro, non sembrava lavorasse poi molto. Era sempre fuori dall’università in attesa di Manny, spesso passava ore intere al Corona, soprattutto quando Sonja era di turno, e una volta a Max era sembrato di vederla fuori da casa sua dopo una serata film.

Non era tipo da giudicare gli altri o arrivare a conclusioni affrettate, ma gli sembrava di vedere più lei di chiunque altro.

Forse avrebbe dovuto invitarla nella Corona Crew.

Al momento però era indeciso se salutare o no il suo ragazzo, perché la discussione sembrava davvero animata, e non voleva disturbare.

Provò ad avvicinarsi discretamente.

-Non puoi continuare ad illuderlo così!- l’esclamazione di Gerda, a voce più alta rispetto al resto, gli fece cambiare idea. Non era sicuramente una conversazione che avrebbe dovuto ascoltare.

Fece dietro front chiedendosi quanto ci sarebbe voluto a passare dall’uscita sul retro, ma a quanto pare fu meno discreto di quanto avrebbe voluto, perché dopo aver velocemente tappato la bocca di Gerda, Manny lo chiamò.

-Max! Hey! Esame finito?- chiese, sorridendo allegramente e incoraggiandolo a raggiungerli.

-Sì, da un po’. Tu lo hai finito presto? Come è andata?- chiese Max, facendo finta di non aver sentito nulla e avvicinandosi.

-Grazie a te alla grande! E non mi riferisco solo alle domande. Sei stato dolcissimo ad aiutarmi a studiare- rispose Manny, con un grande sorriso.

Gerda sbuffò.

-Come stai, Gerda?- Max si rivolse a lei per non farla sentire esclusa.

-Benissimo. Noi due abbiamo un impegno, però- Gerda sorrise a Max, poi guardò storto Manny, e lo prese per un braccio.

Max inizialmente aveva supposto che Gerda fosse così nervosa a causa sua. Pensava che magari fosse gelosa di Manny per qualche motivo e odiasse Max per questo. Ma era molto più gentile con Max piuttosto che con Manny, ed era un comportamento strano. 

Aveva deciso che era meglio non darci troppo peso e continuare la sua vita senza immischiarsi nei loro affari. Dopotutto stavano insieme da poco, Max non pretendeva che Manny gli dicesse tutto quanto.

-Perché non vai avanti tu, Gerda? Io ti raggiungo- Manny scansò il braccio, tentando di restare con Max ancora un po’.

-Oh, non preoccupatevi. Anche io devo andare- Max provò a non causare una lite, anche perché lo sguardo di Gerda era sempre più tagliente.

-Oh… capisco. Dove vai?- chiese Manny, prendendo tempo.

-Beh…- Max esitò -Una passeggiata in un giardino. A dire il vero è il giardino di cui ti ho parlato qualche tempo fa- ammise. In realtà in fondo al cuore sperava davvero di invitarlo a venire con lui, ma se Manny era impegnato non poteva farci nulla.

-Oh! Allora… un giorno allora dovremmo tornarci insieme. Vai con qualcuno?- indagò Manny, un po’ imbarazzato.

-No… onestamente speravo di invitarti, ma se sei impegnato potremmo rimandare o vederci più tardi- confessò Max, lanciando a Gerda un’occhiata di scuse.

Manny si illuminò.

-Il mio impegno è prorogabile. Vengo con piacere con te!- esclamò, scrollandosi definitivamente Gerda di dosso e prendendo il braccio di Max.

Gerda si limitò a sbuffare sonoramente.

-Capisco, me ne vado al Corona allora. Buon appuntamento- cedette, dando loro le spalle.

Max si sentiva davvero in colpa, ma non poteva invitarla a unirsi a loro, o sarebbe stato davvero strano. Un conto era il suo ragazzo, un conto una semplice conoscente.

-Grazie- borbottò quindi, un po’ a disagio.

-Grazie!- esclamò Manny, con molto più entusiasmo -Avverti tu “tusaichi”?- chiese poi, speranzoso.

Gerda sollevò il pollice.

-Sei un angelo!- la esaltò Manny.

Gerda gli fece il dito medio.

-Bene, allora andiamo?- propose quindi Max, indicando la fermata dell’autobus.

-Con piacere- Manny lo prese per mano, e i due si avviarono allegramente in quella direzione.

Teoricamente erano ancora in una relazione segreta, ma nessuno dei due era molto bravo a mantenerla tale, e nessuno li aveva mai richiamati per questo, o aveva accusato Max di fare favoritismi, quindi ormai non lo nascondevano più. E poi ora che Manny aveva fatto l’esame, non c’era più nulla che potesse andare storto. Max, dopotutto, non era responsabile della correzione degli esami.

Il viaggio in autobus, sebbene lungo, passò in totale tranquillità. Parlarono per buona parte del tempo e poi sentirono insieme la musica. Manny aveva una playlist davvero niente male.

L’unico momento degno di nota fu quando, nella riproduzione casuale dei pezzi, una canzone attirò l’attenzione di entrambi.

-Adoro questa canzone- commentarono insieme, distrattamente, per poi arrossire e ridacchiare tra loro.

Ma le risate si spensero e il volto di Max si rabbuiò quando si ricordò che la canzone in questione era quella che aveva ballato con Sonja, il giorno in cui lei lo aveva rifiutato.

Probabilmente Manny si rese conto del suo sconforto, perché passò discretamente alla canzone successiva. Max non commentò ulteriormente.

Quando arrivarono finalmente al giardino, c’erano parecchie persone in giro.

Normale, dato che erano in piena estate.

-Dammi la mano, così non ci perderemo- propose Max. Manny obbedì con gioia.

Passarono senza problemi dal cancello, e si inoltrarono del capolavoro architettonico di quello che Max considerava il più bel giardino di Harriswood.

Ma l’espressione di Manny appena varcarono l’ingresso fu più bella di qualsiasi altra cosa.

Sembrò letteralmente illuminarsi, e si guardò intorno come un bambino a Disneyland. 

-È meraviglioso!- esclamò, in un filo di voce.

Max sorrise tra sé.

-Ne sono felice. È all’altezza di Central Park?- chiese, stringendogli la mano e iniziando a passeggiare.

Manny si fece trasportare, cercando di osservare il più possibile.

-Vuoi scherzare?! È meglio! Se la rivaleggia con Eugenie Garten, e quel giardino è considerato il più bello di tutta Europa!- commentò Manny, con sicurezza.

Eugenie Garten? Ricordava di averlo sentito nominare parecchio, ma non ricordava dove fosse situato. Suppose in Germania, o in Austria? Decise di non chiedere, per non fare brutta figura, ma si ripromise di fare una ricerca du Google una volta tornato a casa.

-Sei stato in Europa? Fantastico!- commentò invece, incoraggiante. Lui non aveva mai lasciato Harriswood e i suoi dintorni, se non un paio di volte per viaggi di necessità.

Manny sobbalzò leggermente, forse temendo di aver fatto ingelosire Max, o perché non aveva intenzione di lasciar sfuggire l’informazione.

Max aveva notato che perdeva un po’ l’accento quando parlava sovrappensiero, cosa che era avvenuta al commento su Eugenie Garten.

-Sì, sono stato in Austria, e Francia. Viaggi poco interessanti, però. Assistevo mio padre nel suo lavoro- spiegò frettolosamente, recuperando l’accento, come se non fosse niente di che.

Ma Max pendeva dalle sue labbra.

-Fighissimo! Che lavoro fa?- chiese curioso. Un lavoro che permetteva di viaggiare in Europa doveva essere fantastico!

-Oh, ecco… è una specie di diplomatico, diciamo- rispose Manny, un po’ evasivo.

-Wow- Max non badò a quanto fosse sospetto il suo modo di fare, troppo occupato ad esaltarsi perché il padre del suo ragazzo era un diplomatico in viaggio -E tua madre?- indagò curioso. Ora che ci pensava, non aveva mai chiesto informazioni sulla famiglia di Manny. Probabilmente perché non voleva rattristarlo con la propria storia triste, ma l’argomento “famiglia” non era mai stato approfondito. Forse adesso, inconsciamente, voleva sentire storie di una famiglia felice per distrarsi dalla tristezza di quel giorno.

-È venuta a mancare cinque anni fa- la risposta triste di Manny, però, lo fece fermare di scatto.

Il ragazzo, distratto dai dintorni, continuò a camminare e a parlare -Stava male da molto tempo, però, quindi non è stato improvviso. Ma mi manca comunque tantissimo- sospirò. Si rese poi conto che Max non era al suo fianco, e si girò verso di lui, confuso.

Max era immobile e lo fissava senza parole, leggermente pallido.

Manny lo raggiunse in fretta.

-Mi dispiace, non volevo rattristarti. Fingi che non abbia detto nulla. Mi sono lasciato prendere dai ricordi, e da questo giardino- provò a tornare sui suoi passi, prendendo le mani di Max.

Lui lo scansò, per poi abbracciarlo di scatto.

-Mi dispiace tanto per te- si rammaricò infine, stringendolo forte.

A Manny vennero le lacrime agli occhi, e ricambiò stretto l’abbraccio.

Rimasero stretti l’uno all’altro per alcuni secondi, e fu uno degli abbracci più confortanti che entrambi avessero mai provato. 

I loro corpi aderivano alla perfezione come due pezzi di un puzzle.

Quando si separarono, Max si convinse che chiedergli di venire con lui fosse stata la scelta giusta. E si fece coraggio a proporgli un luogo del giardino che aveva particolarmente a cuore e dove non aveva mai portato nessuno.

-Manny, posso farti vedere una cosa?- chiese, un po’ timoroso.

-Certamente- acconsentì lui, asciugandosi gli occhi che si erano riempiti di lacrime e accennando un sorriso.

Max lo prese per mano, e iniziò ad accompagnarlo.

-Sai, questo era giardino preferito di mia madre- ammise.

Manny gli strinse con più forza la mano, per dargli conforto. Max intuì che aveva capito fin dall’inizio il motivo per cui erano lì. Non se ne stupì, Max era davvero un libro aperto.

-Ci vengo ogni anno all’anniversario della sua morte- ammise quindi, sospirando.

-È davvero un bel modo di ricordarla- commentò Manny, empatico.

-Questo, in particolare, è il mio luogo preferito- Max spostò qualche ramo e fece passare Manny dentro una specie di giardino nel giardino. Un piccolo spiazzo verde pieno di camelie rosa, che circondavano la statua di una donna con un cesto di fiori e piante e un sorriso gentile.

Manny anticipò Max nel giardino, dritto verso la statua.

-È bellissima- commentò -Le camelie significano sacrificio e amore…- osservò poi, attento a non calpestare i fiori.

-Quelle rosa in particolare hanno significato di perdita e mancanza- aggiunse Max, raggiungendolo e tirando fuori dalla borsa tutto il necessario per pulire.

Manny piegò la testa, leggermente confuso.

Poi spostò lo sguardo sulla targa ai piedi della statua: “Beatrice Mind, fondatrice e finanziatrice. Il fiore più bello di questo giardino”.

Max si piegò e iniziò a lucidarla, e solo allora Manny si rese conto di chi probabilmente fosse quella donna.

Ma non voleva rischiare di dare un’interpretazione sbagliata, o di immischiarsi troppo, quindi si limitò a piegarsi a sua volta e aiutarlo.

A operazione completata, rimasero inginocchiati davanti alla stata.

-È poco ortodosso, ma… Manny, ti presento mia madre- Max confermò il sospetti del ragazzo indicandolo e poi spostandosi alla statua.

Manny piegò la testa, accennando un sorriso -È un onore- le fece un inchino regale. Poteva sembrare una presa in giro, ma Manny lo fece in maniera piuttosto sacrale, come un vero principe.

-Ha fondato questo giardino come progetto universitario, insieme a mio padre- spiegò Max, ricordando le storie che suo padre gli raccontava sempre.

-Wow. Un progetto ambizioso- commentò Manny, ammirato -E molto ben riuscito- 

-Beh, aveva i soldi per buttarsi. Più che altro li aveva la sua famiglia. Prima di…- Max esitò. Ogni volta che pensava al trattamento che la famiglia di sua madre aveva riservato a lei gli montava una gran rabbia.

-Forse hai sentito parlare dei Mind? Sono procuratori da parecchie generazioni, a New York- 

Manny scosse la testa, un po’ in difficoltà.

-Mi dispiace, non sono molto ferrato con il sistema legale. Non ho mai avuto molto bisogno di avvocati- si scusò, a disagio.

-Molto meglio così. Ti auguro di non incontrare mai mia zia Evelyn in tribunale. È la donna più viscida e crudele del mondo- Max strinse i denti.

-Max…- Manny gli diede qualche pacca sulla spalla, e il ragazzo si calmò.

-Cambiamo argomento, è meglio. Mia madre non voleva che le facessero una statua, ma sono felice che l’abbiano realizzata comunque. È davvero fedele- commentò, guardando il volto sorridente della statua.

-Ha il tuo sorriso- commentò Manny, facendo passare lo sguardo tra i due.

-Ha rinunciato a tutto quello che aveva per stare con mio padre- rivelò Max, continuando a fissare il volto scolpito.

Manny invece guardò lui, ad occhi sgranati.

-A tutto?- chiese, stupito.

-Famiglia, casa, stabilità economica. Solo per seguire l’amore- spiegò Max, ammirato.

-Wow, ci vuole davvero grande coraggio- ammise Manny, abbassando la testa, pensieroso -…tu lo faresti?- chiese poi rivolto a Max, senza riuscire però a guardarlo.

Max accennò una risatina.

-Io non ho nulla a cui rinunciare- ammise, alzando le spalle -Ma anche se avessi tutto quello che aveva lei, penso di sì. Non ha mai perso il sorriso, e la sua felicità mi ha convinto che l’amore viene prima di ogni cosa- sorrise caldamente verso Manny, che era tornato a fissarlo, rapito.

-Max…- cominciò a dire, in tono serio, come se stesse per rivelare un enorme segreto.

Ma sembrò ripensarci, e si limitò ad afferrare il colletto della sua camicia e alzarsi sulle punte per dargli un dolce bacio sulle labbra.

Max accolse il gesto con grande partecipazione, e si piegò verso di lui per renderlo anche più comodo. 

Quando si separarono, Manny si portò le mani sul volto, imbarazzato.

-Scusa, è stato davvero indelicato davanti a tua madre- borbottò, rosso come un peperone.

Max non trattenne un enorme sorriso.

Era sempre più soddisfatto di averlo portato lì. Persino in un giorno così triste riusciva a trovare un conforto che lo facesse sorridere.

Tolse dolcemente le mani di Manny da davanti al suo volto per guardarlo negli occhi.

-Sono sicuro che approvi- lo rassicurò, incoraggiante.

-Non credo- borbottò Manny, molto tra sé.

-Uh?- chiese Max avvicinandosi, non avendolo capito.

-Grazie- si corresse quindi Manny, accennando un sorriso grato.

Poi tornò a guardare la statua, e si rese conto che c’era una piccola macchia che Max aveva tralasciato.

-Aspetta un attimo- riprese il necessario per pulire e ripassò la targa, soddisfatto dal risultato finale.

-Il meglio del meglio per mia suocera!- esclamò poi, cercando di stemperare tutta la tensione accumulata.

-Sei tu il meglio del meglio- borbottò Max, facendolo nuovamente arrossire.

-Grazie di avermi portato qui. Significa molto per me sapere che ti fidi a tal punto- ammise poi, riprendendo Max per mano -Secondo me le nostre madri sarebbero andate d’accordo- aggiunse poi, pensieroso.

-Ne sono sicuro. Posso offrirti un gelato?- propose Max, cercando di risollevare il morale.

-Sì grazie. Spero di trovare il gusto caramello- annuì Manny, speranzoso.

-Mi sembra di aver visto anche il gusto cannella- gli confidò Max, facendolo entusiasmare.

-Mi conosci benissimo- Manny gli diede un bacio sulla guancia, fece un rispettoso cenno verso la statua di Beatrice, e lo anticipò fuori dall’area isolata, per lasciarlo un po’ solo con sua madre.

Max sistemò lo zaino e lanciò un’ultima occhiata verso di lei, che sembrava guardarlo benevola.

-Penso che sia quello giusto- le confidò, rendendosi conto per la prima volta di quanto, nonostante il poco tempo, si stesse innamorando del ragazzo con cui stava.

-Ti voglio bene mamma- aggiunse poi, mandandole un bacio, e seguendo Manny nel resto del parco.

La presenza del ragazzo era stata davvero rassicurante e confortante, Max si segnò mentalmente di chiedere a Gerda la ricetta della torta al caramello e cannella della madre di Manny per provare a rifarla.

E prima di ricominciare a godersi la passeggiata, mandò un ultimo pensiero verso suo fratello, con la speranza che Mathi fosse riuscito nel suo intento di aiutarlo.

Se c’era qualcuno che davvero meritava di esorcizzare quel giorno, quel qualcuno era Denny.

 

Denny non sapeva esattamente cosa l’avesse spinto ad entrare in quel locale.

Sapeva solo che era stata una sua idea, quindi non poteva dare la colpa a Mathi. Il loro intento era quello di andare alla sala giochi, ma quando l’avevano trovata chiusa Denny aveva notato quel locale che non aveva mai visitato prima e si era detto “Perché no?”

Beh, non era stato una scelta così improvvisa da potersi classificare tra i gesti istintivi per il suo proposito, in realtà ci aveva ragionato molto prima di entrarci.

Ma continuava a non essere del tutto certo di quale fosse l’istinto che l’aveva portato a valutare l’idea in primo luogo.

Ma al momento era a suo agio.

Non felice, non rilassato, e si sentiva un po’ in colpa per stare pensando al suo compleanno più che a sua madre, ma stava bene.

Soprattutto grazie alla compagnia confortante di Mathi.

Erano stati insieme tutto il giorno, e sebbene Denny fosse nervoso e pronto a scattare e tornare a seppellirsi sotto le coperte ad ogni minima cosa, non era mai successo.

La compagnia di Mathi era pressoché perfetta, e appena avvertiva che Denny era infastidito da qualcosa, immediatamente la eliminava.

Nessuno, oltre a Max, l’aveva mai coccolato così, neanche suo padre. E Denny voleva bene a suo padre, avevano un buon rapporto.

Ma Mathi era… diverso.

Con Mathi stava davvero bene. La sua sola presenza sembrava avvolgerlo in un abbraccio di sicurezza e tranquillità, dove tutta la sua enorme ansia veniva messa da parte, almeno per un po’.

Forse perché era troppo occupato a pensare al suo cuore che batteva sempre furiosamente e lo stomaco rivoltato come un calzino per pensare anche all’ansia.

Sì, con Mathi provava la contraddizione totale di sentirsi tranquillissimo e allo stesso tempo agitatissimo.

Ma la cosa più strana era che qualsiasi sensazione Mathi gli faceva provare, era sempre positiva.

Stava benissimo con lui, fine della storia, non c’erano dubbi al riguardo.

Eppure, più ci pensava, più la sua mente si bloccava e gli intimava di smettere di farsi domande e allontanarsi da lui.

Di solito Denny ascoltava il suo istinto di sopravvivenza, ma con Mathi il suo cuore aveva preso il sopravvento, e contava molto di più.

E poi era proprio un bel ragazzo.

Soprattutto quando sorrideva per davvero, con il naso arricciato e gli occhi che si chiudevano e piegavano in quella espressione da beota assoluto. Davvero figo.

Tutti gli altri sorrisi che faceva erano finti, e non si avvicinavano minimamente alla bellezza dei suoi rari sorrisi reali.

Quel giorno, per esempio, non aveva sorriso neanche una volta in maniera autentica. E se Denny avesse potuto chiedere un regalo di compleanno, avrebbe chiesto un sorriso. 

Ma non se lo meritava, quindi forse era meglio che Mathi restasse così.

Anche se Denny voleva davvero togliergli quella tristezza dagli occhi. Una tristezza che era aumentata dalla giornata a New Malfair.

-Dan, tutto bene?- chiese Mathi, svegliandolo dalla sua trance. In effetti era intento a fissarlo da parecchi minuti, e non aveva ancora finito il suo drink.

Lo trangugiò in un sorso per avere qualcosa da fare, e per giustificare le sue guance, che si erano fatte rosse appena si era reso conto di essere stato beccato.

Diventava sempre più difficile controllare la sua cot… ugh, zitto, cervello.

Ma non riusciva più a tenerlo nascosto a sé stesso. Per Mathi provava qualcosa che non aveva mai provato per nessun altro, e non riusciva proprio a capire se fosse una semplice amicizia molto forte e platonica (probabile, sicuro, anzi) o qualcosa… di più (no, nope, assolutamente no, non poteva essere!).

-Sto bene- mentì, tossendo appena per via del drink bevuto di getto.

Mathi gli diede qualche pacca sulla schiena.

-Forse stiamo esagerando con i drink, l’ultima volta non è andata benissimo- ridacchiò Mathi, ricordando il compleanno di Felix.

-Ugh, non me lo ricordare. Ma tranquillo, non sono ubriaco, solo leggermente brillo- lo rassicurò Denny, che in effetti si sentiva un po’ alticcio, ma poteva ancora recitare a memoria le prime nove cifre del pi greco, quindi si considerava nei limiti della sobrietà -Se possibile ne vorrei un altro- aggiunse poi, chiamando con titubanza il barman.

-Anche per me- si aggiunse Mathi, continuando ad incoraggiarlo.

Nell’attesa dei drink, Denny si guardò intorno, controllando che nel locale non ci fosse nessuno che conoscesse.

Per sua fortuna, tutti i volti erano del tutto sconosciuti, cosa davvero rara a Harriswood. Ma Denny non aveva mai frequentato locali, quindi era plausibile che non avesse conoscenza di chi li frequentava, anche in quella cittadina di un numero considerevolmente basso di abitanti.

Forse c’era qualcuno che aveva fatto il liceo con lui, e qualche persona che probabilmente frequentava l’università, ma non erano niente di più che volti vagamente familiari con il quale difficilmente avrebbe avuto nuovamente a che fare, perciò si rasserenò leggermente, anche se continuava ad essere teso, e non capiva il perché.

O meglio, aveva grossi sospetti su cosa lo agitasse, ma non riusciva a decidersi su quale fosse la possibilità più probabile.

Si sentiva in colpa per via di sua madre? Era agitato perché per la prima volta in un locale? Eccitato per vivere per la prima volta il suo compleanno come tale? O era Mathi il problema? 

Più passava tempo con il ragazzo in quell’ambiente tutt’altro che familiare, più iniziava a temere l’ultima possibilità. Ma anche lì, non inquadrava perfettamente l’emozione che provava nei confronti di Mathi.

Era felice che stesse lì? Spaventato dalla possibilità di allontanarlo? Arrabbiato per essersi immischiato? Nessuna teoria sembrava realistica.

Ma qualcosa cresceva sempre di più dentro di lui. Un’aspettativa che partiva dalla bocca dello stomaco e saliva sempre di più fino a fargli tremare le mani.

Quella notte sarebbe successo qualcosa di importante, Denny lo sentiva nell’aria, e ne era terrorizzato.

Per fare qualcosa, decise di prendere il portafogli e pagare i drink che avevano ordinato fino a quel momento.

-Fermo, faccio io. Il mio regalo per te- provò a fermarlo Mathi, ma Denny scosse la testa.

L’unico regalo che voleva da lui sarebbe stato un sorriso.

Ovviamente non lo disse.

-Non se ne parla. È il mio compleanno, offro io- insistette, tirando fuori qualche banconota e offrendola al cameriere mentre portava il prossimo giro.

-Va bene, il potere del compleanno è il più forte di tutti- cedette Mathi, iniziando a bere il drink appena giunto.

Denny sorrise soddisfatto, e fece per intascare nuovamente il portafogli, quando si bloccò di scatto, ricordandosi qualcosa.

Lo riaprì nuovamente, e la sua mano andò automaticamente al taschino destro, tirando fuori una vecchia foto leggermente rovinata. Una foto che non tirava fuori da anni.

Mathi si sporse verso di lui, curioso, ma non commentò, aspettandosi che fosse Denny ad introdurre la figura ritratta.

Anche se non serviva un genio per capire chi fosse, anche con la poca luce del locale.

Rimasero in silenzio qualche secondo a guardare l’immagine, poi Mathi si decise a romperlo.

-Ha i tuoi occhi- commentò al suo orecchio, facendogli venire i brividi lungo tutta la spina dorsale.

-Già… i micidiali occhi grigi dei Mind- ammise Denny, accennando un sorrisino e accarezzando con affetto la foto.

Era stata scattata a sua madre durante la festa di laurea. Sorrideva divertita, i lunghi capelli biondi scossi dal vento serale. 

-Ha anche… il tuo sorriso. Le somigli davvero tantissimo- continuò a commentare Mathi, quasi tra sé, osservando meglio la foto e avvicinandosi inconsciamente a Denny, che si ritrovò a trattenere il respiro, sempre più cosciente di ogni minimo movimento dell’amico.

Non disse nulla, troppo occupato a non implodere e tenere lo sguardo fermo verso la madre che non era mai riuscito a conoscere.

Non credeva che avrebbe resistito ancora a lungo. Piano a pano le sue certezze iniziavano a sgretolarsi, e il suo cuore ad aprirsi.

-Sono sicuro che sarebbe orgogliosa di te- aggiunse poi Mathi, facendogli distogliere lo sguardo.

-Dici?- chiese, scettico.

-Quale madre non lo sarebbe!? Sei la persona più fantastica del mondo! E poi hai preso tutti trenta e lode finora, anche su questo punto di vista sei impeccabile. Oserei dire perfetto- Mathi gli fece un occhiolino incoraggiante.

Era lui ad essere perfetto, agli occhi di Denny. Ed era strano che la pensasse così, perché obiettivamente Mathi era la persona più imperfetta che avesse mai conosciuto. 

Ma era proprio questo a renderlo davvero speciale.

-Anche i tuoi genitori lo sarebbero- provò ad incoraggiarlo anche lui e a cambiare argomento, togliendo nuovamente la foto e intascando il portafogli. Non sapeva neanche esattamente perché l’aveva tirata fuori, ma voleva davvero vedere il volto di sua madre.

O forse farlo vedere a Mathi? Ricevere una qualche approvazione inconscia? No, non aveva senso! E poi approvazione per cosa?

Era così impegnato ad impappinarsi mentalmente che ci mise qualche secondo ad accorgersi che al suo commento, Mathi si era rabbuiato.

-Ne dubito- borbottò tra sé, abbassando lo sguardo e finendo in un sorso il proprio bicchiere.

-Invece sì. Sei tu la persona più fantastica del mondo- lo incoraggiò, dandogli qualche impacciata pacca sulla spalla.

Mathi gli sorrise, ma non il grande e sincero sorriso che Denny voleva. Era un’espressione che provava a mascherare una profonda tristezza.

Denny non poteva continuare ad osservare quegli occhi così privi di vitalità.

Gli posò la testa sulla spalla e gli strinse il braccio, facendolo arrossire e irrigidire di scatto.

Probabilmente se fosse stato meno brillo non avrebbe mai osato fare una cosa del genere, ma al momento non gli fregava minimamente di attenersi ai propri limiti. Doveva rassicurare Mathi tanto quanto il ragazzo aveva rassicurato lui.

-Sei la persona migliore che abbia mai incontrato, il migliore amico che abbia mai avuto, e l’unico che sia riuscito a salvare questa giornata orribile. Non puoi obiettare di essere la persona più fantastica del mondo- insistette, affettuoso.

Dalla sua posizione riusciva a sentire il cuore di Mathi, che batteva fortissimo e velocissimo.

Si sentì davvero soddisfatto di sé.

-Dan, ti ho davvero aiutato oggi?- chiese l’amico, sorpreso.

Denny alzò la testa per guardarlo negli occhi.

-Certo! Ora ricorderò questo giorno come una data piacevole insieme al mio migliore amico. Spero che riusciremo a renderla un’abitudine- Denny sorrise, speranzoso.

Anche Mathi sorrise, ma sembrava più triste di prima. Aveva quasi le lacrime agli occhi.

Denny non capì, ma voleva davvero indagare.

Purtroppo Mathi glielo impedì.

-Sarebbe carino. Ma pensiamo ad adesso, che ti va di fare?- chiese infatti, cambiando argomento e guardandolo con affetto, il volto poggiato sopra la mano. Era davvero piacevole ricevere la sua totale attenzione, sebbene disorientante.

Denny ci pensò un po’. Chiacchierare iniziava ad essere un po’ difficile per via della musica sempre più forte del locale. Ma Denny non aveva ancora voglia di tornare a casa. La musica, sebbene assordante, lo aiutava a distrarre la mente, ed era una sensazione piacevole che avrebbe voluto mantenere ancora per un po’.

Fissare Mathi poteva essere un’idea. Denny lo avrebbe fissato per ore senza stancarsi mai. Ma dato che era poco platonica, come cosa, scartò anche questa opzione.

Alla fine, lanciando un’occhiata alla pista piena di gente, gli venne l’idea giusta.

-Vuoi ballare?- chiese, avvicinandosi per farsi sentire meglio.

-Che?- chiese Mathi, confuso.

-Ballare!- ripeté Denny, indicando la pista da ballo.

Mathi sgranò gli occhi, poi sorrise.

-Wow, non me l’aspettavo. Con piacere!- acconsentì con entusiasmo, finendo il drink in un sorso e alzandosi.

Denny lo seguì iniziando a pentirsi della sua decisione, ma ormai era fatta, e poi Mathi sembrava davvero felice della proposta.

E dopo tutto quello che aveva fatto per lui, renderlo felice era il minimo che Denny potesse fare. Soprattutto se significava avere un’occasione di vederlo sorridere per davvero.

Abbandonò il proprio drink (non gli sembrava il caso di continuare a bere visto lo stato in cui si trovava al momento il suo stomaco) e raggiunse Mathi sulla pista da ballo.

Non c’erano tantissime persone, quindi da un lato Denny era felice di non rischiare la claustrofobia. Dall’altro era più soggetto agli sguardi degli altri, e non sapeva ballare. Soprattutto non nei locali.

-Forse non è stata una buona idea- borbottò verso Mathi, fermo immobile in mezzo alla massa che si muoveva in modo sconclusionato.

-Sì invece. Ballare è un ottimo modo per distrarsi- lo incoraggiò Mathi, agitando le mani e muovendo il corpo a ritmo.

-Se sai farlo- obiettò Denny, che non aveva la più pallida idea di come iniziare, e solo al pensiero di quello che avrebbe potuto fare si vergognava troppo.

-Ti consiglierei di non pensare a nulla, ma so che non funzionerebbe, con te. Quindi perché non provi ad imitare me?- propose Mathi, rallentando il passo e iniziando a muoversi in maniera meno accentuata e meno imbarazzante.

-Seguire te?- Denny era comunque titubante.

-Siamo in mezzo ad un mare di gente sconosciuta. Pensa solo a me e cerca di rilassarti- Mathi gli prese i polsi, per trascinarlo insieme a lui, e Denny si rilassò istantaneamente, neanche fosse sotto la maledizione imperius. 

Iniziò quindi a farsi guidare, e imitare al meglio i movimenti dell’amico.

Fu l’esperienza più liberatoria della sua vita.

Non tanto per il ballo in sé, ma per la vicinanza, fisica ed emotiva, causata da Mathi.

Lui stava bene con Mathi.

Più che con qualsiasi altra persona al mondo.

Stava giusto entrando del tutto nello spirito del ballo libero, sentendosi solo con lui, come se il resto del mondo non esistesse, quando un altro ballerino che probabilmente provava la stessa cosa lo urtò da dietro, facendolo sobbalzare e finire praticamente in braccio a Mathi, che lo afferrò prontamente e ridacchiò leggermente.

Una risata vera, questa volta.

Una risata bellissima, con naso arricciato, occhi chiusi e piegati a formare un’espressione da beota assoluto.

Denny a volte dimenticava quale fosse il proprio proposito, a volte si chiedeva se fare una determinata azione potesse considerarsi come un adempimento di tale proposito (e il solo fatto di pensarci non lo rendeva tale). Molte erano le volte in cui si diceva che era meglio rimandare a qualcosa di più sicuro.

In quel momento, però, non ci pensò neanche per un istante.

Non valutò i pro, né i contro.

Non permise neanche per un secondo alla testa di mettersi in mezzo ricordandogli dell’esistenza delle conseguenze.

Si fece guidare solo ed esclusivamente dal cuore.

E da un istinto che seppelliva da mesi, e che finalmente, dopo tutto quel tempo, scoppiò.

Denny si alzò sulla punta dei piedi, cinse il collo di Mathi con le proprie braccia, e lo baciò.

Non so se sarebbe corretto definirlo bacio, dato che fu il più breve ed impacciato del mondo.

Denny quasi mancò il bersaglio, e i loro nasi si scontrarono in maniera anche abbastanza violenta.

Ma non si poteva neanche definire una testata mal riuscita o una dimostrazione esagerata di affetto platonico.

L’intenzione di Denny era chiaramente quella di baciare Mathi sulle labbra.

E Mathi lo capì immediatamente.

Prima ancora che Denny potesse staccarsi del tutto, ricominciare a riflettere su quello che aveva fatto, e probabilmente scappare a gambe levate per l’imbarazzo, Mathi gli afferrò il viso e si piegò verso di lui, per baciarlo nuovamente, per davvero, piegando la testa per non avere nasi tra i piedi.

E a Denny per poco non cedettero le gambe per l’emozione.

Sentiva come un’esplosione in ogni singola parte del suo corpo. Il suo cuore stava gridando, e gli veniva quasi da piangere per quanto felice fosse in quel momento.

Era tutto perfetto. Il primo bacio perfetto! 

Persino le imperfezioni erano perfette, era proprio un bacio da Mathi. Con il pizzicore della barba, Denny quasi sollevato da terra, la gente che ancora urtava contro di loro, ma… un momento.

Mathi.

Mathi era un ragazzo.

Denny stava dando il suo primo bacio ad un ragazzo.

DENNY STAVA DANDO IL SUO PRIMO BACIO A MATHI!

Quando la sua mente tornò a funzionare, arrivando a tantissime conclusioni terrificanti, valutando i pro ma soprattutto i contro e ricordandosi delle conseguenze, Denny scansò Mathi con forza, cadendo bruscamente a terra.

Rimasero qualche secondo a fissarsi, entrambi cercando di elaborare quanto fosse appena successo.

Poi Denny si portò le mani alla bocca, senza credere a quello che aveva appena fatto, e cercò l’uscita più vicina. 

Doveva allontanarsi da quel posto, da quel bacio, da Mathi, a qualsiasi costo.

-Dan…- Mathi azzardò qualche passo nella sua direzione, ma Denny si ritirò.

Nonostante le gambe fossero ancora di gelatina, riuscì in qualche modo ad alzarsi, e scappare.

Era esattamente per questo motivo che non agiva mai d’impulso! Aveva appena fatto l’errore più grande della sua vita!

Maledetto proposito!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

È uscito molto più deprimente di quanto mi ero prefissata… e anche più breve.

Ma…

FINALMENTE!!!! DAJE! GRANDE DENNY!!!

Okay, Chris, ricomponiti…

Un capitolo piuttosto triste, in effetti, pieno di backstory, conversazioni profonde, e tenerezza e delicatezza.

E poi BAAAM! DENNY BACIA MATHI!!

Con loro finalmente tutte le coppie si sono baciate!

Ad eccezione di Max e Sonja, ma beh, sono entrambi impegnati con altri, non valgono. Sono un discorso a parte.

Certo, Denny ha avuto il panico subito dopo, ma sono progressi, no? Circa? Chissà come andrà a finire.

Max e Manny sono l’amore! 

E in quanto a genitori sono messi malissimo nella Corona Crew.

Gli unici con i genitori ancora insieme, vivi e felici sono Norman, Felix e Diego. Quelli di Clover stanno insieme ma non sono felici. Di Sonja non sappiamo molto.

Comunque mi dispiace per il ritardo, speravo di aggiornare prima, ma ho avuto difficoltà con la scena Mannax. Infatti non ne sono del tutto convinta, ma non so se riuscirei a fare di meglio al momento.

Spero che nonostante tutto il capitolo vi sia piaciuto, e che il bacio Mathenny sia valso l’attesa.

Il prossimo capitolo avrà un altro enorme punto di svolta per una delle coppie, spero mi riesca meglio di questo.

Un bacione enorme e alla prossima :-*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Mathi prova a parlare con Denny del bacio. Durante il tirocinio Diego riceve una paziente inaspettata.

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Capitolo 26
*** Andare avanti non significa ignorare ***


Andare avanti non significa ignorare

 

Lunedì 1 Luglio 

Mathi non voleva baciarlo!

Ma il suo corpo aveva agito prima della sua mente, e poi era stato Denny a cominciare!

…tutte scuse.

Era dal primo momento in cui l’aveva visto che aveva voluto baciarlo.

E quando Denny aveva fatto il primo passo, Mathi non aveva potuto in alcun modo trattenersi, anche se era perfettamente consapevole che avrebbe dovuto farlo. Ma la diga che tratteneva i suoi sentimenti si era frantumata in mille pezzi.

E adesso, in piedi al centro di un locale, circondato da persone che non si erano accorte di nulla, e intento a fissare la propria cotta scappare da lui rischiando di cadere per colpa delle sue gambe molli, Mathi era nel panico.

Beh, non proprio nel panico. Ma congelato sul posto, incapace di muoversi e terrorizzato a morte.

Sì, abbastanza nel panico.

E nonostante tutto, quel bacio era stato il più bello della sua vita.

Solo che… non sarebbe mai dovuto accadere.

Lui non poteva baciare Denny, era la prima regola.

Non poteva avere una relazione!

Un’amicizia andava bene, un gruppetto si poteva accettare.

Ma una relazione no! 

Era per questo che si stava aggrappando con forza all’eterosessualità palesemente finta di Denny.

Doveva credere che fosse etero per evitare quello che era appena successo.

Eppure… Denny lo aveva baciato.

Denny lo aveva baciato!! 

Era troppo bello per essere vero. Mathi era convinto che si sarebbe svegliato da un momento all’altro.

Ma non si stava svegliando.

Il suo cuore batteva forte, sentiva ancora le labbra di Denny premute sulle proprie.

E fu solo quando Mathi si accorse del tutto della loro mancanza, che si rese del tutto conto che Denny era scappato.

Oh no!

Il cervello di Mathi si connesse, e gli ricordò di che giorno fosse, dell’ansia di Denny, e di come probabilmente averlo baciato così, davanti a tutti, senza chiedere prima, fosse stata davvero una pessima idea e una profonda mancanza di rispetto.

Doveva assolutamente trovarlo, scusarsi e rassicurarlo.

E la necessità di essere un buon amico finalmente riuscì a sbloccarlo, per seguire Denny fuori dal locale.

Lo trovò quasi subito, all’esterno del locale, in un luogo isolato ma non pericoloso, seduto a terra e con il volto sepolto tra le mani.

Gli si strinse il cuore a vederlo così, e per la prima volta da quando lo conosceva temeva davvero che la sua presenza potesse irrimediabilmente peggiorare le cose.

Mannaggia al suo maledetto istinto!

Ma provò comunque ad avvicinarsi, lentamente, e piegandosi verso di lui per non apparire minaccioso.

-Dan…- lo chiamò, titubante, e a bassa voce, il più innocuo e rassicurante possibile.

Denny sobbalzò vistosamente e si esibì in un flebile urlo spaventato.

Sollevò la testa e si allontanò velocemente da Mathi, che indietreggiò a sua volta e alzò le mani in segno di scuse.

-Dan, mi dispiace tanto. Io non volevo…- iniziò a rammaricarsi, ma Denny scosse la testa, e si coprì le orecchie.

-Mathi, ti prego, lasciami in pace!- esclamò, dandogli le spalle e facendosi piccolo piccolo.

Mathi rimase senza parole, con un groppo in gola e le mani ancora sollevate.

Le abbassò, e si strinse in un abbraccio, molto a disagio.

Era giusto.

Prima o poi sarebbe successo, lo sapeva già.

Ma sperava che la sua rottura con Danny sarebbe stata meno traumatica e più graduale. Sicuramente non quel giorno, in quella situazione.

Si sarebbero visti sempre meno, Denny avrebbe trovato nuovi amici, Mathi sarebbe sparito dopo l’università e Denny non sarebbe rimasto ferito.

Mathi sì.

Ma era giusto così.

Solo Mathi non riusciva a lasciarlo andare. Non in questo modo, almeno.

-D_Dan…?- provò a chiamarlo, con voce tremante. Non si era mai sentito così rifiutato in vita sua.

-Dammi tempo, Mathi!- esclamò Denny, stringendosi di più su sé stesso.

Mathi abbassò la testa.

-Va bene…- acconsentì, alzandosi e allontanandosi da lui. 

Era diventato esattamente tutto ciò che temeva di diventare: una fonte di ansia per Denny. La persona che meno meritava di essere ansiosa. 

E non poteva più aiutarlo.

Ma non poteva lasciarlo di notte in un vicolo vuoto.

-Posso almeno chiamarti un taxi?- propose, mettendosi il più lontano possibile e non guardandolo.

-Fatto- rispose Denny monosillabico.

-Lo aspetto con te per sicurezza, va bene?- lo supplicò Mathi, godendosi la compagnia a distanza il più possibile. 

-Va bene- acconsentì Denny, sempre senza guardarlo.

Rimasero completamente in silenzio e immobili per circa venti minuti, in attesa del taxi.

Nonostante fosse ormai Luglio, l’aria notturna era gelida, o forse era solo l’atmosfera tra loro.

Mathi aprì più volte la bocca per dire qualcosa, per giustificarsi, per rammendare lo strappo che si era appena aperto tra di loro.

Ma la richiuse sempre, troppo spaventato alla prospettiva di aumentare sempre di più quello strappo.

Inoltre, la consapevolezza che quella fosse l’occasione perfetta per tagliare i ponti con lui, servita su un piatto d’argento, era troppo presente nella sua mente per essere ignorata.

Riusciva quasi a sentire la voce bacchettona di Duke che gli ricordava di allontanarsi da lui il prima possibile con tono saccente. “Non ti affezionare, tanto non durerà”.

Forse era meglio così, in effetti.

Quando il taxi accostò al marciapiede, Denny si alzò di scatto, e corse dentro senza neanche accertarsi che fosse il proprio.

Per l’ultima volta, Mathi aprì la bocca. Non c’era niente di male a salutarlo, giusto?

Ma Denny sparì prima che si potesse decidere a farlo, e Mathi rimase da solo fuori da un locale semivuoto, dopo il bacio più bello della sua vita e con la quasi totale certezza che quella sarebbe stata l’ultima volta in cui avrebbe visto Denny. Il suo cuore era quasi letteralmente spezzato in due. Fisicamente, almeno, se lo sentiva tale. E anche emotivamente.

Si appoggiò sul muretto e cercò di decidere il da farsi.

C’erano due opzioni per l’immediato futuro: rientrare, bere fino a finire in coma etilico e provare a dimenticare quella serata disastrosa; oppure tornare a casa, piangere sotto le coperte fino ad addormentarsi e subire il “Te l’avevo detto” di Duke.

Fece dietro front, e rientrò nel locale.

Ma si pentì presto di aver scelto la prima opzione.

Senza neanche badare ai suoi dintorni iniziò a dirigersi con sicurezza verso il bar, ma a pochi metri di distanza dalla sua destinazione, il suo sguardo venne attirato da una figura nell’ombra, una figura che prima, mentre era con Denny, non aveva proprio notato.

L’ultima persona che avrebbe voluto vedere.

Si bloccò sul posto, e lo guardò per assicurarsi che fosse proprio lui, sperando, con tutto il cuore, di aver visto male.

Ma non avrebbe mai potuto confondere i lineamenti spigolosi, il portamento deciso, e gli occhi penetranti di Will.

Come se si fosse reso conto di essere osservato, Will si girò verso di lui, e per un istante i loro sguardi si incrociarono.

Mathi era troppo sconvolto per distogliere subito lo sguardo, e prima di riuscirci, Will gli sorrise, gelido.

E Mathi capì che lui sapeva.

Diede le spalle alla spaventosa figura e uscì nuovamente, in tutta fretta, dal locale, tornando nel vicoletto angusto dove prima si era rifugiato Denny.

Che diavolo ci faceva Will in quel locale?! Aveva visto tutto? Dal sorrisino che aveva fatto era chiaro che avesse visto tutto. Ma magari Mathi stava arrivando a conclusioni affrettate a causa del panico.

Doveva calmarsi.

Qual era il metodo Denny?

Cinque cose che poteva vedere: 

L’asfalto, i suoi vestiti (che diavolo ci faceva Will lì?!), le sue scarpe, uh, il muro (non poteva aver visto Denny, vero?!), le sue mani tremanti, era a cinque, giusto? Sì, a cinque.

Quattro cose che poteva toccare: 

Le proprie mani strette tra loro, i vestiti (quel sorriso magari era solo un “ciao, anche tu qui?”, doveva esserlo!), sempre l’asfalto, e il muro.

Tre cose che poteva sentire: 

Il battito forsennato e terrorizzato del suo cuore (erano passati venti minuti dal bacio, Will era sicuramente arrivato dopo che erano usciti), le macchine in lontananza, la musica del locale.

Due cose che poteva odorare: 

Il fumo passivo delle persone poco distanti (se si comportava in maniera sospetta, Will sarebbe potuto risalire a Denny, poteva indagare con Duke), un fastidioso odore di menta (che diavolo doveva fare adesso?!).

Una cosa che poteva gustare: 

il vomito che gli stava risalendo in gola contava?

Un momento… menta?

Si girò di scatto in direzione dell’odore di prima, e si ritrovò faccia a faccia con il volto impassibile di Will, che fumava una sigaretta al mentolo a circa un metro di distanza, in attesa che si accorgesse di lui.

-W_Will?! Che ci fai qui?- provò a chiedere, mettendo su una maschera gioviale, ma fallendo miseramente e non riuscendo in alcun modo a nascondere il suo panico.

-Ben rivisto, Mathias Yagami- Will gli fece un occhiolino -Non faccio nulla di particolare, a dire il vero. Bevo drink, ballo un po’, racimolo informazioni e cerco qualcuno di interessante per un’avventura di una notte- rispose poi alla domanda, con aria disinteressata.

Mathi non riusciva a smettere di tremare, né riusciva in alcun modo a trovare qualcosa da dire.

Era semplicemente terrorizzato, e continuava a sperare, con ogni fibra del suo corpo, che Will non avesse visto Denny.

-Pensavo che tu fossi a lavoro. Non hai alcun esame da preparare?- chiese poi l’uomo, avvicinandosi e fissandolo con occhi penetranti.

-Ho finito gli esami- borbottò Mathi, con un filo di voce.

-Oh, ottimo. Quindi festeggiavi la fine degli esami con un compagnetto di università?- indagò Will, avvicinandosi sempre di più e avvolgendolo con la puzza di fumo e menta.

Tutte le più grandi paure di Mathi si concretizzarono, il colore sparì completamente dal suo volto, e per poco le ginocchia non gli cedettero.

Ma provò a restare rilassato.

-Chi?- fece il fino tonto, accennando un sorriso imbarazzato.

-Quel ragazzino super adorabile con cui ti ho visto insieme dall’inizio della serata. Ti sarei venuto a salutare prima, ma non volevo disturbare. Sembravate affiatati- spiegò Will, appoggiandosi al muro con nonchalance e prendendo un’altra boccata di fumo.

-Chi? Quel tipo? Nah, solo un divertimento. Sai, per vivere i miei anni di università facendo baldoria. Non ricordo neanche il suo nome- mentì, provando a surclassare la questione.

-Ah sì? Peccato, mi avrebbe fatto piacere fare la sua conoscenza. Dopotutto i tuoi amici sono anche amici miei, no?- lo provocò l’uomo, fissandolo con occhi oscuri e minacciosi.

-Non credo ne valga la pena, è la persona più insignificante del mondo- Mathi scosse la testa, chiudendo l’argomento il più in fretta possibile, e nella maniera più naturale che gli riuscisse.

-Capisco. Immagino che questa persona non ti impedirà di concludere il lavoro che ti ho assegnato per mercoledì, allora- Will accettò il cambio di argomento, ma i suoi occhi continuavano a fissare l’interlocutore in modo minaccioso.

-Assolutamente no! Ho praticamente finito il lavoro, potrei anche consegnartelo domani- mentì, provando a guadagnarsi il suo favore.

-Ottimo, allora lo aspetto per domani, Mathias Yagami- Will finse di crederci -Dammi la mano- chiese poi, avvicinandosi leggermente.

Mathi gliela porse. Tremava ancora, così tanto che Will fu costretto a tenergliela ferma.

Poi gli spense la sigaretta sul palmo, Mathi trasalì, e si morse l’interno della guancia per non farsi scappare alcuna lamentela.

Will gli chiuse la mano con il mozzicone dentro, e gli fece un occhiolino amichevole, per quanto amichevole potessero essere i suoi occhi spietati.

-Allora aspetto una tua mail per domani- lo salutò con un cenno, prima di tornare all’interno del locale.

Mathi aspettò che fosse fuori dalla portata di vista, prima di togliere il mozzicone dalla mano, e soffiare per raffreddare la ferita.

Ma non era il dolore fisico a fargli più male.

Si lasciò scivolare contro il muro, fino a sedersi a terra, e iniziò a singhiozzare, senza riuscire a trattenersi.

Per la prima volta da tantissimo tempo, si sentiva davvero sopraffatto dalla vita che gli era toccata.

Ma era colpa sua. Tutto quello che gli era successo, dalla morte dei suoi genitori, era colpa sua.

E ora che si era svegliato dalla bellissima favola della Corona Crew, doveva imparare a sopportare l’enorme peso che comportava la propria sopravvivenza.

Il tempo dei giochi era finito, aveva rischiato troppo.

Almeno era riuscito ad evitare che Denny finisse nel mirino di Will.

O almeno, così sperava.

 

Venerdì 5 Luglio 

Da quando Norman era tornato a casa per le vacanze, Clover sentiva che c’era qualcosa di strano nell’aria.

In realtà le cose strane c’erano da prima, ma senza Norman si notavano molto di più.

Amabelle usciva pochissimo, forse per gli esami, ma era strano in ogni caso. Frequentava sempre casa Hart ma Mirren non la vedeva mai, e spesso lei e Petra sparivano per ore in giardino. Mah.

A proposito di Mirren, evitava il gruppo come la peste, e lo stesso faceva Felix, anche se quest’ultimo aveva un motivo, dato che stava seriamente studiando per la tesi di laurea. Anche la sua dedizione era molto strana.

Max stava ancora insieme a Manny, e sembravano molto affiatati, ma Clover l’aveva visto pochissimo, e solo durante una serata cinema dove era stato come se non esistesse, e aveva quasi evitato Clover. Non era necessariamente strano, ma Clover sentiva che nascondeva qualcosa dietro a questo comportamento. Soprattutto perché continuava ad evitare le serate film dicendo di essere impegnato con un lavoro online di cui però non aveva mai fornito dettagli. Molto, molto strano.

Ed infine, ciliegina sulla torta, Denny aveva esteso il suo comportamento 1 Luglio di una settimana, ed usciva pochissimo dalla sua stanza.

Mathi, inoltre, era praticamente sparito nel nulla, tanto che Clover si chiese se non fosse tornato a casa anche lui per le vacanze, dimenticandosi di avvertirli.

Insomma, Clover credeva di essere in una pessima situazione, con tutta la storia delle lettere e della cotta per il suo finto ragazzo, ma alla fine non era messa così male.

Almeno lei e Diego avevano un buon rapporto.

… se per rapporto si intendeva che Clover non gli parlava più quando erano soli, gli rispondeva monosillabica ai messaggi, e si agitava tantissimo al solo pensiero di introdurre l’argomento “lettere”.

Sì, tirava un’aria davvero strana ultimamente, ma non era necessariamente colpa dell’assenza di Norman.

In ogni caso, la serata cinema a casa di Max si era fatta comunque, come consuetudine.

Solo che, dopo che Denny si era ritirato con una scusa nel momento stesso in cui un personaggio LGBT era comparso sullo schermo (in quello che non era un film ma una pubblicità, per giunta), gli unici presenti alla serata erano stati Clover e Max.

E questo, di solito, comportava una tradizione molto importante: Maratona Friends.

-Ci credi che Manny preferisce How I met your mother?!- esclamò Max, sbadigliando, alle tre di notte, dopo che avevano visto l’intera prima stagione.

-Segui il mio consiglio: mollalo- gli suggerì Clover, stiracchiandosi stanca ma soddisfatta dalla serata come ai vecchi tempi.

-Non potrei mai, lo amo troppo- ammise Max, sospirando sognante.

Clover si irrigidì.

-Woah. Woah oh oh! Aspetta un momento!- lo fermò, arrivandogli a pochi centimetri di distanza -Hai davvero usato la parola con la A?- chiese, incredula, porgendo l’orecchio per assicurarsi di sentire bene l’eventuale ammissione di colpa.

Max arrossì visibilmente, e sorrise imbarazzato.

-Oh, cavolo! Non lo tiri indietro?! È una cosa così seria?!- esclamò Clover, eccitata, saltellando sul divano.

-Shhh, papà sta dormendo!- le ricordò Max, provando a placarla -E comunque, non lo so. Insomma… è vero che Manny è fantastico, e l’ho anche portato alla statua di mia madre, ma…- iniziò a riflettere sulla questione, un po’ incerto.

Clover però era molto gasata.

-L’hai portato alla statua di tua madre. Allora è eccome una cosa seria!- esclamò a voce bassa, sorridendo radiosa. 

Poi ci ripensò, fece il broncio, e tirò un pugnetto sulla spalla di Max.

-L’hai portato alla statua di tua madre e non mi hai detto niente?!- chiese, offesa.

Clover non era mai stata in quel giardino, ma sapeva quanto fosse importante per Max. 

Probabilmente un’amica normale si sarebbe arrabbiata più per non essere stata mai portata lì che per il fatto che Max non aveva ammesso di averci portato Manny, ma Clover aveva priorità molto diverse.

-Scusa, scusa. Non c’è stata occasione prima di oggi- Max alzò le mani in segno di resa, accennando un sorrisino.

Clover sbuffò.

-Ti perdono solo perché sei il mio migliore amico. Ma ora devi raccontarmi ogni minimo dettaglio!- Clover si mise comoda pronta al racconto.

All’improvviso era completamente sveglia.

-Possiamo farlo domani? Mi si stanno chiudendo gli occhi- Max, al contrario, era chiaramente stanco morto.

-Va bene. Dimmi solo se lo ami e me ne torno a casa- promise Clover, ansiosa di sapere la risposta.

Max si buttò all’indietro sul divano.

-Non lo so. Manny mi piace tantissimo, più di chiunque altro abbia mai conosciuto finora. In senso romantico, intendo…- Max cominciò a spiegare. Clover ridacchiò. -…ma a volte mi sembra di conoscere solo una parte di lui. Come se fosse incompleto, o si trattenesse, o mi nascondesse qualcosa. Credo che se riuscissi a conoscerlo completamente, lo amerei davvero tanto- si spiegò, un po’ incerto, grattandosi il retro del collo.

Clover gli diede qualche pacca amichevole sulla spalla.

-Spero sia quello giusto- gli augurò, incoraggiante.

Max le sorrise grato.

Era bello avere un amico come Max.

Un amico sincero e gentile per cui non aveva mai, neanche per un singolo istante, provato attrazione. Era come il fratello che non aveva mai avuto.

E probabilmente avrebbe dovuto dirgli tutti i suoi dubbi su Diego, ma la regola numero 1 della relazione finta non si poteva in nessun caso infrangere.

Avevano già infranto la 5, dopotutto.

Il momento tenero venne interrotto dall’arrivo nella stanza di Rich Sleefing, svegliato probabilmente dalla conversazione tra i due, e diretto in cucina per prendere un bicchiere d’acqua.

-Papà, ti ho svegliato? Mi dispiace tanto- Max si alzò subito in piedi per mettersi a disposizione del padre, e Clover fece un saluto nella sua direzione.

-Buonasera Rich!- 

-Salve ragazzi. Tranquillo, Max, avevo solo sete. Come procede la serata film?- chiese, gioviale.

Rich era davvero una brava persona, secondo Clover. Il padre che avrebbe voluto avere. Rilassato, aperto e sempre sorridente.

La vita di Clover sarebbe stata molto meno traumatica se fosse cresciuta con un genitore così.

-Abbiamo finito. Stavo giusto per tornare a casa e lasciar dormire il mio migliore amico- Clover si alzò e si stiracchiò.

-A quest’ora? Forse potresti restare a dormire. Vi aiuto con il divano letto?- propose Rich, preoccupato.

-Al massimo dormirei io sul divano e Clover in camera mia- si aggregò Max.

-In camera tua c’è Denny e poi non è un problema tornare a casa a pie…- Clover si interruppe appena in tempo, notando che Max scuoteva forte la testa -…prendere un taxi a quest’ora- si corresse in fretta, con un sorriso rilassato.

Max sapeva che non si doveva preoccupare di Clover, ma Rich non sarebbe riuscito a dormire se avesse saputo che Clover tornava sempre a casa a piedi.

Denny aveva preso parte della sua ansia da lui.

-Sicura? Per noi non è un problema. Posso sempre lasciarti il mio letto- insistette Rich, gentile.

Se Clover avesse saputo cosa l’attendeva quella notte, avrebbe assolutamente accettato la proposta.

Ma non ne aveva la minima idea, e Rich aveva due profonde borse sotto agli occhi e l’aria distrutta dalla mole spropositata di lavoro che gli toccava fare ogni giorno. Farlo dormire sul divano sarebbe stato troppo crudele.

-Grazie mille per l’offerta, ma non è un problema per me tornare a casa. Sono solo dieci di chilometri di distanza- lo rassicurò lei.

-Mi fido del tuo giudizio, Clover. Ma sappi che è un piacere per noi averti qui- cedette Rich, rispettoso come il figlio.

-Anche per me è un piacere- sorrise Clover, riprendendo la borsa e preparandosi ad uscire.

Con un buon passo e varie scorciatoie sarebbe arrivata a casa in quaranta minuti. 

Ma non avrebbe mai preso un taxi. Odiava troppo le macchine per fare una cosa del genere.

-Salutami caldamente tua madre- aggiunse Rich, un po’ insicuro. Non era un saluto insolito. Rich lavorava a casa dei Paik come giardiniere due volte a settimana, e la signora Paik lo accoglieva sempre con grandi riguardi, offrendogli da bere e commentando il suo lavoro con un mucchio di elogi.

Clover annuì.

-Assolutamente. Buonanotte a entrambi- salutò caldamente, e uscì dalla stanza, iniziando la scarpinata.

Era sempre bello camminare a passo svelto, prendere i vicoli pieni di gente losca e godersi l’aria della notte.

Non sarebbe stata libera dalle gang ancora per molto, doveva approfittare degli ultimi mesi che le restavano.

Infatti, grazie al passato di Clover, tutte le gang, piccole e grandi, di Harriswood (non ce n’erano molte per fortuna) l’avevano aggiunta alla lista degli intoccabili, per via di un incidente di circa dieci anni prima.

Un incidente di cui nessuno era a conoscenza nei minimi dettagli, neanche Max.

Clover scosse la testa tra sé, evitando di pensarci.

La sua permanenza nella lista sarebbe scaduta a Ottobre. Clover sperava vivamente che nessuno avrebbe iniziato ad importunarla di proposito, dopo quel giorno, ma non era particolarmente preoccupata. 

Dopotutto, anche se non fosse stata intoccabile, non c’era nessuno in grado di torcerle un capello.

Mise le cuffiette, e accelerò il passo, per tornare a casa il prima possibile e mettersi sotto le coperte.

Ma prima di poter avviare la musica, delle voci provenienti da un vicolo attirarono la sua attenzione.

E il suo istinto combattivo si attivò, e le impose di dare un’occhiata.

…Probabilmente non sarebbe tornata a casa tanto presto.

 

Il turno di Diego alla clinica dove faceva tirocinio era finito ore prima, ma il ragazzo era rimasto per gli straordinari, perché c’era molto lavoro da fare, e lui non riusciva a dire di no quando si trattava di aiutare chi aveva bisogno. 

Ma erano ormai le tre passate, ed era in bilico tra uno stato di veglia esagitata indotta dai litri di caffè che aveva in corpo, e uno stato di sonno primitivo che quasi gli chiudeva gli occhi.

-Diego, da quante ore di fila sei qui?- chiese la primaria, la dottoressa Heller, osservandolo un po’ preoccupata.

-Uh… dodici ore?- Diego aveva perso il conto, ma gli sembrava corretto.

-Santo cielo! Sei solo un tirocinante. Vai a casa. Inoltre non c’è più molto lavoro da fare- gli ordinò, togliendogli il badge per impedirgli di continuare a lavorare. Era un po’ burbera, ma un’insegnante eccellente. Diego avrebbe tanto voluto essere come lei tra qualche anno.

Ma nel presente voleva davvero dormire.

-Grazie, dottoressa, allora io…- cominciò a congedarsi, ma l’arrivo di una infermiera agitata interruppe il suo saluto.

-Dottoressa Heller! Sono appena arrivati tre pazienti! Due in condizioni gravi!- esclamò, porgendole una cartellina e spingendola a seguirla.

-Cosa è successo?- chiese la dottoressa, dando un’occhiata veloce e controllando i parametri.

-Un’aggressione. La polizia sta interrogando la terza persona, che ha riscontrato solo ferite superficiali, ma ha bisogno di un medicamento di primo soccorso- spiegò l’infermiera pratica.

La dottoressa Heller si girò verso Diego, e gli lanciò il badge.

-Puoi occuparti di lei?- chiese, Diego annuì in fretta.

-Assolutamente, lasci fare a me!- le assicurò.

-È alla reception- spiegò l’infermiera, prima di accompagnare in tutta fretta la dottoressa verso chi aveva più urgente bisogno di lei.

Diego prese il necessario per offrire un primo soccorso e si avviò alla reception, sperando davvero di non metterci troppo perché il sonno iniziava a farsi sentire.

Non appena notò la terza persona coinvolta nell’aggressione, quella che avrebbe dovuto medicare, il sonno sparì completamente.

-Clover!- esclamò sorpreso, e spaventato, correndo verso di lei e dimenticandosi per un secondo di quale fosse il suo ruolo.

-Diego? Stai ancora lavorando?! Ma sei qui dalle tre di stamattina! Non ti fa bene- lo rimproverò Clover, tranquillissima, ignorando per un attimo l’agente, che la guardò storto ma non fece commenti.

-Cosa è successo? Dove sei ferita? Cosa ci facevi in strada a quest’ora?- la rimproverò a sua volta, iniziando a controllare le ferite e preparandosi a medicarle al meglio.

-Mi scusi, sto interrogando la sospettata. Lei chi sarebbe?- anche l’agente si unì ai rimproveri, incoraggiando Diego a farsi da parte.

-Io sono il suo ragazzo!- esclamò Diego senza neanche pensarci -…e il medico tirocinante che è stato assegnato al medicarla- aggiunse poi, dando un motivo più concreto per essere lì.

-Allora la medichi evitando di interferire con il mio interrogatorio- ordinò l’agente, indicando il telefono che stava registrando tutto.

-Non ho bisogno di essere medicata, sto bene- Clover provò a sottrarsi alle cure di Diego, ma non stava affatto bene.

Oltre all’aspetto scompigliato, che vabbè, ci stava, aveva le nocche sanguinanti, alcune ferite sulle braccia e una sulla coscia, per fortuna molto superficiali e la sua maglia, sul fianco destro, era imbrattata di sangue. Inoltre era evidente che avesse sbattuto la testa, e iniziavano già a formarsi dei lividi sulla schiena.

-Hai bisogno eccome di essere medicata! Non ti lamentare e lasciami fare!- insistette Diego, iniziando già a disinfettare le ferite.

Clover si sottrasse leggermente, infastidita dal bruciore, ma non obiettò oltre, e tornò ad ascoltare l’agente.

-Allora, può ricapitolarmi le dinamiche dell’aggressione?- chiese lui, tornando al punto di partenza.

-Premetto col dire che ho agito per legittima difesa- cominciò Clover, mettendo in chiaro il punto.

-Sì, questo me l’ha già detto, andiamo avanti?- la incoraggiò l’agente, perdendo la pazienza.

-Sì, stavo solo sottolineando la mia buona fede- Clover lanciò un’occhiata in direzione di Diego, e il ragazzo intuì che il commento, piuttosto che all’agente, era indirizzato a lui. Ma doveva stare tranquilla, Diego era troppo preoccupato per lei per lamentarsi dell’uso della violenza.

Grazie al cielo non era tra i due pazienti in condizioni gravi.

-Comunque… ero appena uscita da casa del mio migliore amico dove si teneva la settimanale serata film, e dato che abbiamo visto l’intera prima stagione di Friends si era fatto parecchio tardi. Ero diretta a casa a piedi per godermi un po’ di aria fresca, quando…- Clover cominciò a raccontare, ma l’agente la interruppe.

-Dove abita questo suo amico?- 

Clover diede l’indirizzo di casa di Max.

-E lei dove abita?- 

Clover diede il proprio indirizzo.

-E lei mi vuole far credere che alle tre di notte voleva farsi dieci chilometri a piedi? Perché non chiamare un taxi?- indagò l’agente, sospettoso.

Clover si rabbuiò, e lanciò un’altra occhiata, un po’ preoccupata, verso Diego.

-Non mi piace prendere i taxi, preferisco camminare- rispose, alzando le spalle.

-Va bene…- l’agente non era per niente convinto -Continui-

-Stavo per mettere le cuffie e sentire la musica, ma ho sentito delle voci provenire da un vicolo. Mi sono affacciata per controllare e ho visto un uomo che minacciava con un coltello una giovane donna. Non potevo certamente restare a guardare, quindi ho provato e fermarli. Ahia, Diego!- Clover ritirò il braccio, dove Diego aveva premuto troppo forte l’ovatta con il disinfettante. Ma non era colpa sua, era sconcertato.

-Era pericoloso, Clover! Dovevi chiamare la polizia!- le fece presente, preoccupato, e riprendendole il braccio per continuare.

-In effetti poteva essere davvero pericoloso per lei, la prossima volta sarebbe meglio se chiamasse aiuto- l’agente gli diede man forte, e Clover sbuffò.

-Era solo uno, agente, e aveva un coltello, non una pistola. Se fossero stati tre uomini armati ovviamente avrei chiamato qualcuno- si giustificò, irritata.

-Cosa le ha fatto pensare di avere una qualche speranza contro un uomo armato di coltello?- chiese l’agente, scettico.

-Guardi che è una campionessa di judo!- Diego prese le sue difese, irritato dal maschilismo dell’uomo.

-Oh… interessante. Continui- l’agente fece un passo indietro e incoraggiò Clover a continuare.

La ragazza aveva un ghigno soddisfatto, e permise a Diego di passare alla ferita sulla gamba senza lamentele.

-Sono entrata nel vicolo e ho provato a fermarlo. Lui mi ha imposto di non immischiarmi, e ho chiesto alla ragazza se stesse bene. Lei ha gridato aiuto, e quel tipo…- Clover esitò, abbassando la testa -… l’ha accoltellata per farla stare zitta. Non mi aspettavo che lo facesse davanti a me, l’avevo molto sottovalutato. Comunque sono corsa verso di lui per disarmarlo e soccorrere la ragazza prima che ricevesse ulteriori danni e lui ha provato a ferire anche me. Me la stavo cavando piuttosto bene, in realtà, ho schivato quasi tutto, ma anche lui era molto veloce e non riuscivo a disarmarlo. Credo pratichi Krav Maga, potrebbe essere stato nell’esercito- osservò Clover, riflettendo sull’aggressore.

La sua voce era ferma e indifferente, ma Diego notò che era molto più scossa di quanto avrebbe voluto mostrare. Si denotava dal tremore quasi impercettibile che le agitava il corpo. 

-Carl, hai trovato informazioni su quell’uomo?- chiese l’agente al walkie talkie, parlando probabilmente con il suo collega.

-Sì, la ragazza ha ragione. È un veterano dell’esercito che è stato congedato per via di episodi violenti. Non era granché, ma ha praticato Krav Maga- rispose il collega, sorpreso.

-Oh, signorina, mai pensato di entrare in polizia?- chiese l’agente, rivolgendosi a Clover con molto più rispetto.

-Sì, era il mio sogno da bambina, ma ho altri progetti, adesso- Clover ruppe le sue speranze, in tono compiaciuto.

-Peccato- commentò l’agente, deluso.

-Non dovevi interrogarla?- gli ricordò il suo collega al walkie talkie.

-Giusto! Proceda con la deposizione- l’agente tornò professionale, e incoraggiò Clover a continuare.

-Come stavo dicendo, stavamo combattendo, ma io era un po’ distratta, perché la giovane donna nel frattempo stava a terra in un mare di sangue. Probabilmente ho fatto un gesto un po’ sconsiderato nella fretta di disarmarlo e lui mi ha afferrato e mi ha sbattuto contro il muro- Clover indicò la testa e i lividi sulla schiena.

A quel punto ho cambiato strategia, ho finto di essere svenuta, e ho aspettato che si avvicinasse per farlo inciampare, portare lo scontro a terra, e vincere con la mia micidiale tecnica di calci- continuò il resoconto, infiammandosi.

Diego finì con le ferite, e passò alla botta in testa. Per fortuna non era affatto grave. Era più preoccupato per i lividi sulla schiena. Armeggiò tra i medicinali in cerca della crema specifica.

Appena iniziò a spalmargliela, Clover si rilassò.

-Uh… poi…- sembrava distratta, ma si riprese in fretta -… ah, sì. L’ho buttato a terra, gli ho preso il coltello dalle mani, e l’ho riempito di calci per evitare che si rialzasse e provasse a fare male a me e alla ragazza. Poi ho chiamato un’ambulanza, la polizia, e ho provato a fermare l’emorragia. Spero davvero che se la cavi- Clover concluse il discorso, dando un’occhiata verso la sala operatoria come se sperasse che un’infermiera venisse da un momento all’altro per dare informazioni sulla sua salute.

-Beh, bisogna ammettere che, se la sua versione si rivelerà veritiera, il suo intervento è stato tempestivo- ammise l’agente, sorpreso -Carl, hai trovato informazioni su Clover Paik?- chiese poi all’agente, tramite walkie talkie, allontanandosi un po’ per mantenere la privacy delle informazioni.

Diego comunque poteva sentire tutto.

-Figlia minore di un potente uomo d’affari, ha molti precedenti per aggressioni, ma sempre per legittima difesa. Ha però contatti con Justin Chase, ed è stata coinvolta insieme a lui in quel terribile in…- mentre ascoltava le informazioni, davvero interessato ai precedenti della sua finta ragazza e vera super cotta, Diego iniziò a sollevarle la maglietta per controllare una eventuale ferita che l’avesse sporcata così tanto, ma Clover lo fermò immediatamente.

-Esattamente cosa pensi di fare?!- esclamò, impedendo a Diego di sentire l’ultima parte del discorso di Carl. 

-Controllo la tua ferita sul fianco?- rispose Diego, ovvio, provando nuovamente a sollevare la maglia.

-Non ci pensare neanche!- Clover però lo spinse via, coprendosi al meglio il fianco.

-Clover, non è il momento di fare la schizzinosa. Sei ferita!- iniziò ad irritarsi Diego, indicando il sangue ancora fresco che gli aveva sporcato le mani.

-Non è mio! È della ragazza!- mentì palesemente Clover, arrossendo e stringendosi con forza il fianco.

-Clover…- Diego era stanco, davvero stanco, e non aveva tempo di assecondare i drammi di Clover. Le prese con forza la maglia, cercando di sollevarla -…la tua salute è più importante di…- ma si interruppe quando scorse l’estremità di quella che sembrava una brutta cicatrice.

-Lasciami immediatamente!- Clover gli pestò il piede e lo spinse via, ricoprendo immediatamente l’area.

Aveva gli occhi lucidi, sembrava sul punto di scoppiare a piangere.

Diego non l’aveva mai vista così, e non riuscì assolutamente ad insistere.

-Scusa!- si affrettò a fare un passo indietro, e alzare le mani in segno di resa -Vuoi che chiami qualcun altro?- propose, trovando un compromesso.

Clover scosse la testa.

-È una ferita superficiale, non ha neanche bisogno di punti- affermò con sicurezza.

Diego avrebbe voluto obiettare qualcosa, ma decise di lasciar perdere, annuire, e cercare un nuovo modo per aiutarla.

-Sapresti trattarla da sola?- chiese, sottovoce, avvicinandosi a lei.

Clover annuì.

-Magari…- Diego provò a trovare un accordo, ma venne interrotto dall’agente, che li stava raggiungendo, con aria seria.

-Per il momento è libera di andare, signorina, ma non le è permesso lasciare il paese per nessun motivo e deve tornare lunedì mattina in centrale per confermare la sua versione- la congedò, professionale.

-Grande, me ne torno a casa allora- Clover prese la borsa e iniziò ad avviarsi verso l’uscita.

-Con un taxi voglio sperare- commentò l’agente, un po’ tra sé.

-No? A piedi- rispose Clover, decisa.

-Sono venti chilometri fino a casa tua!- esclamò Diego, sconvolto, prendendola per il braccio.

-Una lunga e avvincente camminata- insistette Clover, liberandosi della sua stretta.

-Io sto staccando, vieni da me- le propose Diego, che non poteva assolutamente permettere che Clover camminasse così a lungo con una ferita non trattata sul fianco.

-No, non voglio disturbarti- Clover scosse la testa, e uscì senza dare occasione a Diego di insistere.

Il ragazzo sbuffò, timbrò velocemente il cartellino, prendendo in fretta i suoi oggetti personali, e la seguì senza neanche darsi la pena di cambiarsi.

-Clover, ti prego, vieni da me- insistette, raggiungendola con una certa difficoltà. Aveva davvero un buon passo per una ragazza che era stata appena coinvolta in un’aggressione. Soprattutto visto l’orario.

Ormai erano quasi le cinque del mattino.

-Perché insisti tanto, Diego?! Se vuoi farmi la ramanzina…- Clover si mise subito sulla difensiva, ma Diego la interruppe, scuotendo la testa.

-Non voglio farti nessuna ramanzina, né voglio obbligarti a farmi fasciare la tua ferita. Voglio soltanto assicurarmi che tu stia bene ed evitare di affaticarti con una lunghissima camminata. Ti darò del disinfettante e una garza per permetterti di medicarti da sola nel mio bagno- mise le cose in chiaro, accomodante.

Clover lo guardò scettica.

-Non mi farai una ramanzina per aver usato la violenza?- chiese per sicurezza.

-Non oggi- le promise Diego.

Clover accennò un sorrisino divertito.

-Va bene. Il dormitorio è più vicino rispetto a casa mia- ammise, affiancandolo, e permettendogli di farle strada verso l’auto.

Diego tirò un sospiro di sollievo, e la prese per mano, come era abitudine ormai.

Non lo fece neanche consapevolmente, ma era davvero felice di poterla aiutare ancora un po’.

Una parte di lui sperava che prima o poi si sarebbe aperta e gli avrebbe mostrato le sue cicatrici, fisiche ed emotive.

Sperava che un giorno si sarebbe fidata di lui a tal punto.

Ma non l’avrebbe mai forzata a farlo.

 

Clover si era pentita di aver accettato l’invito di Diego nel momento stesso in cui era salita in macchina, ma non avrebbe potuto ritirare la sua scelta senza far capire a Diego di essere mortalmente terrorizzata dalle auto, quindi aveva stretto i denti e fatto finta di niente.

Ultimamente la sua fobia stava anche migliorando, ma entrare in un’automobile dopo quello che era appena successo era più difficile che in circostanze normali.

Ma aveva sopportato il breve viaggio, così come aveva sopportato il dolore quando si era disinfettata e fasciata da sola la ferita sul fianco.

Era molto superficiale, ma era nel punto peggiore dove poteva essere.

E poi… uffa, adorava quella maglietta! E ora era sporca di sangue e anche strappata! Quel tipo meritava davvero la pena di morte. Fortuna che Diego le aveva prestato una maglia da usare come pigiama.

Chissà se la ragazza stava bene… Clover sperava di sì. Non riusciva a togliersi dalla mente l’immagine dei suoi occhi terrorizzati che chiedevano aiuto. Le sue mani coperte di sangue che cercavano Clover chiedendo aiuto. 

Mentre si rigirava nel letto del coinquilino di Diego, al momento tornato a casa per le vacanze, e cercando di prendere sonno perché ormai iniziava quasi ad albeggiare, sentì una fastidiosa umidità nella mano.

All’inizio pensò di esserselo immaginata, dato che continuava a sentirsi addosso il sangue di quella povera ragazza. Poi si rese conto che era vero. 

-Cavolo!- sibilò tra i denti, mettendosi a sedere di scatto e controllando la ferita al fianco, che aveva ricominciato a sanguinare.

Evidentemente era meno brava di quanto pensasse.

-Tutto bene?- le chiese immediatamente Diego, mettendosi a sedere a sua volta.

Sperava davvero che stesse già dormendo e non si sarebbe accorto di lei, ma a quanto pare aveva un sensore per le persone in difficoltà.

-Tutto bene… ripagherò le coperte e il materasso- assicurò, provando a contenere i danni ma fallendo miseramente.

-La ferita continua a sanguinare?- chiese Diego, preoccupato, alzandosi per dare un’occhiata, e accendendo la lampada del comodino.

La luce non era fortissima, ma permetteva comunque di vedere tutto, e per fortuna c’era meno sangue di quanto Clover temesse.

-No, ho le mie cose- rispose sarcastica, rendendosi conto solo un istante dopo che sarebbe stata effettivamente un’ottima scusa.

Ma Diego non si lasciò abbindolare.

-Sono finite una settimana fa- scosse la testa, e si inginocchiò davanti al letto, per controllare il sangue. Evitò accuratamente di sollevare la maglia, ma Clover si ritirò comunque, per non rischiare che ci provasse.

-E tu che ne sai?- indagò, sorpresa dalla sua conoscenza. 

Diego alzò le spalle.

-Ho una app sul telefono, e non è che tu le tenga un segreto. Le usi sempre come scusa- le fece notare.

Clover arrossì leggermente.

Era vero, ma non pensava che qualcuno avrebbe mai scaricato una app per controllarla. Era un comportamento davvero fastidioso, irritante, e tanto accorato.

No, aspetta!

-Stalker- borbottò Clover, incrociando le braccia e facendosi male alle ferite sulle nocche.

-Lasciamo perdere. Perché non mi permetti di aiutarti? Puoi fidarti di me. Tratterei la tua ferita come un normale medico, senza battutine o malizia- provò ad insistere Diego, sedendosi nel letto accanto a lei.

Clover sbuffò.

-Non sei un normale medico. Sei Diego!- gli fece notare, in tono ovvio.

Era l’ultima persona a cui mostrare le sue debolezze. Soprattutto perché era la causa di metà di quelle debolezze.

E non era neanche colpa sua.

Clover aveva voluto colpevolizzarlo tutta la vita, ma ora che sapeva la verità, o almeno la verità di Diego, sulla faccenda delle lettere, si sentiva solo in colpa verso di lui. E dargli un altro peso non le sembrava proprio il caso. Non quando era ancora molto confusa sui propri sentimenti, che sembravano aumentare ogni giorno di più.

Diego sospirò, abbattuto.

-Vuoi che chiami qualcuno? Tua madre? Max?- propose, andandole incontro.

Clover scosse la testa. Sua madre si sarebbe preoccupata a morte, mentre Max…

-Max non lo sa. Non lo sa nessuno, fuori dalla famiglia- spiegò, rimanendo  molto criptica, e portando inconsciamente la mano sul fianco.

-Cosa?- sussurrò Diego, ansioso di scoprire quello che Clover gli stava tenendo nascosto con tale ardore.

Clover si alzò, e andò alla finestra, cercando di cambiare argomento.

-Perché dovrei volerlo dire a te? Abbiamo un rapporto strettamente professionale e la regola numero 5 stabilisce che…- provò a mettere su dei muri tra lei e Diego, ma il ragazzo non era paziente e rispettoso come Max, e, a dirla tutta, Clover aveva davvero bisogno di qualcuno che insistesse, almeno un po’.

-La regola numero 5 è stata bellamente spezzata da te durante la cena dai tuoi, e non venirmi a dire che il nostro rapporto è strettamente professionale. Siamo amici, Clover. E credo di essere l’unico a conoscerti da quando eri piccola. Parlami- la incoraggiò, alzandosi a sua volta e raggiungendola alla finestra.

-Convincimi- gli chiese Clover. Non era provocatrice, o sarcastica, o arrabbiata. Era quasi supplicante. Lo stava implorando di convincerla davvero. Si girò verso di lui e lo guardò negli occhi.

Diego le sorrise incoraggiante.

-Clover, io ti ho sempre considerata la ragazza più forte che io abbia mai conosciuto. Quando eravamo piccoli ti consideravo una specie di dea potentissima venuta a salvarmi, e mi sentivo il migliore amico umano della formidabile protagonista di un’avventura fantasy- cominciò, mettendole le mani sulle spalle.

Clover non capiva dove volesse andare a parare, ma lo lasciò continuare, cercando di restare forte, ma iniziando già a cedere.

-Quando ti ho rivista, dopo quindici anni, ti ho trovata praticamente identica, all’inizio. Ma ora che siamo tornati amici, perché noi siamo amici, mi dispiace ma è così…- 

Clover accennò un sorrisino. Era vero che ormai erano amici, per quanto provasse a negarlo anche a sé stessa.

-…mi sono reso conto che tu sei sempre forte, ma hai paura- 

Il sorriso di Clover si spense. Si liberò dalla presa di Diego e gli diede le spalle, dirigendosi dall’altra parte della stanza, verso il suo letto.

Diego sospirò, ma continuò a parlare.

-Ci ho messo un po’ a capirlo, perché sei brava a nasconderlo. Ma oggi ci sono finalmente arrivato, tu hai paura. Non so di cosa, e non ti obbligherei mai a rivelarlo a me. Ma se decidessi di parlarmene, ti posso assicurare che non sarebbe una debolezza. Ai miei occhi, tu saresti ancora più forte. Chiedere aiuto quando ne hai bisogno denota la più grande forza di tutte- provò a convincerla.

Quelle parole così semplici entrarono nel cuore di Clover come il coltello di quel criminale non era riuscito a fare.

Era cresciuta con la convinzione di essere sola contro il mondo. Con la certezza che il primo alleato che aveva avuto l’avesse abbandonata.

Ma ormai era venuta a patti con la consapevolezza che lui le era sempre rimasto accanto, anche a distanza. E adesso, a distanza di quindici anni, era lì, pronto ad ascoltarla. Di nuovo il suo alleato contro il mondo.

E non era l’unico, Clover lo sapeva.

L’intera Corona Crew l’avrebbe sempre sostenuta. Max sarebbe sempre stato lì per lei.

Ma nessuno le era mai entrato dentro come Diego.

Nessuno era sempre stato dalla sua parte come lui.

Nessuno l’aveva mai conosciuta prima dell’incidente. Prima che la sua vita venisse rivoltata come un calzino. Prima che iniziasse ad avere paura.

Sentì Diego avvicinarsi, probabilmente pronto a dire qualcos’altro, ma non aveva bisogno di sentire altro.

Era ormai convinta.

Tolse la maglia che Diego le aveva prestato per la notte e che aveva già macchiato di sangue, e si girò verso di lui.

La luce non era brillante, ma abbastanza forte perché Diego vedesse tutto.

Sgranò gli occhi, e per un secondo rimase completamente immobile, sconvolto.

Poi tornò serio, prese una garza pulita e il disinfettante, e si avvicinò a Clover con aria professionale.

Clover si ritirò inconsciamente, sorpresa dal suo comportamento, e finì per sedersi sul letto di Diego quando lui le fece cenno.

-Posso togliere la tua benda?- chiese, indicando la fasciatura che Clover si era applicata in modo pessimo.

La ragazza annuì, ancora confusa.

Non si aspettava minimamente questa reazione.

Erano dieci anni che evitava i top e i bikini per nascondere le orrende cicatrici che le squarciavano il fianco destro, e ora che finalmente le mostrava a qualcuno, non otteneva alcuna reazione? Che si era preoccupata a fare?!

Diego disinfettò meglio la ferita, applicò qualcosa, e la fasciò molto più stretta, per evitare che si riaprisse.

-Avevi ragione, non era profonda, e non servono punti, per fortuna, ma se me la mostravi prima avremmo evitato di sporcare parecchie cose- concluse Diego, soddisfatto da sé, prendendo un’altra maglia da dare a Clover.

-Tutto qui?- chiese la ragazza, in un sussurro.

-Sì, penso che in un paio di giorni sarai guarita. I lividi sulla schiena potrebbero metterci un po’ di più ma…- Diego le porse la maglia, e Clover gliela tolse tra le mani, irritata.

-Tutto qui?!- chiese, indicando le cicatrici -Non sei curioso?- 

Si aspettava una maggiore reazione da parte sua, e soprattutto un qualche interessamento. Aveva detto che poteva confidarsi con lui, perché ora sembrava così disinteressato?

Diego evitò il suo sguardo.

-Certo che lo sono, ma non voglio forzarti ad aprirti. E la tua salute viene prima di tutto- Diego sfiorò la benda e le cicatrici lì vicino, con delicatezza e attenzione.

Clover ebbe un flashback.

“Se fossi morta in quell’incidente sarebbe stato davvero sconveniente. Per fortuna ora il nome della famiglia è salvo”

Gli occhi le si riempirono di lacrime, e gettò le braccia al collo di Diego, cominciando a singhiozzare.

-Clover!- Diego ricambiò l’abbraccio, accarezzandole molto delicatamente la schiena, ed evitando di toccare i lividi -Va tutto bene- provò a rassicurarla, senza sapere cosa dire.

-Dieci anni fa ho avuto in incidente- ammise la ragazza.

Aveva bisogno di parlarne, necessitava di sfogarsi e buttare fuori tutto quello che aveva dentro.

E voleva farlo con Diego.

-Ero un in periodo orrendo. Avevo scoperto mio padre tradire mia madre, ed ero in pieno conflitto con lui, sperando che mi degnasse di qualche parola. Ho iniziato a frequentare gente poco raccomandabile, ragazzi più grandi. C’era un tipo, Justin, che aveva tre anni più di me, ed era una mina vagante. Era finito in riformatorio un paio di volte per droga, furti e cose del genere. Partecipava a corse in auto illegali- spiegò, seppellendo il volto nella sua spalla e cercando di non far tremare la voce.

Diego la strinse più forte, lasciandola parlare.

-Di solito ero tra il pubblico e lo incitavo. C’erano moltissimi incidenti, ma non mi importava, e lui tornava sempre a galla. Una sera, però, prima di una gara, avevo litigato pesantemente con mio padre. Un litigio brutto. E ho pensato che se avessi partecipato e mi fossi ferita, forse mi avrebbe considerata- ammise. Non andava fiera del suo comportamento masochista. 

-Clover…- sussurrò Diego, in tono sofferente.

-Lo so! Sono stata un’idiota. Proprio quel giorno Justin ha avuto un bruttissimo incidente sulla pista. Entrambi siamo quasi morti. Le dinamiche sono sconosciute, ma penso che una gang rivale…- 

-Justin era in una gang?- chiese Diego, sconvolto.

-Sì… credevo fosse implicito. Comunque… siamo stati portati in ospedale in tutta fretta. Non ricordo nulla dell’incidente, solo che…- Clover esitò, e sospirò, cercando di trovare le parole.

Lei e Diego avevano interrotto l’abbraccio, ma Clover aveva posato la testa sulla sua spalla, e Diego la cingeva trasmettendole affetto e partecipazione.

-Ero convinta che sarei morta- ammise infine la ragazza.

Se chiudeva gli occhi, poteva ancora provare quello che aveva sentito all’epoca. Un dolore inimmaginabile al fianco, incapacità totale di muoversi, aprire gli occhi, e per un po’, neanche di respirare. Odore e sapore di sangue che la facevano da padroni.

Forse era quello il motivo che l’aveva spinta nel vicolo, quella sera. L’esperienza di morte che aveva vissuto l’aveva spinta in aiuto di una giovane donna che stava passando lo stesso. Si era rivista in lei. Ed era rimasta ferita a causa di quella distrazione.

Continuò il racconto, appuntandosi di andarla a trovare presto in ospedale.

-E quando mi sono svegliata, alcuni giorni dopo, viva… mi sono resa conto di essere completamente sola. Che, se fossi morta lì, nessuno mi avrebbe pianto. Non sarei mancata ad anima viva. Si sarebbero tutti dimenticati presto di me- Clover non li avrebbe biasimati. Era un incubo, in quel periodo.

-Dev’essere stato terrificante- commentò Diego. Sembrava una frase fatta, ma Clover sapeva che la intendeva davvero. Si stava mettendo nei suoi panni e sembrava capirla meglio di chiunque altro.

-Volevo ottenere l’attenzione di mio padre, e anche quando ero ad un passo dalla morte, a lui non interessava minimamente di me. In quel momento ho deciso che avrei smesso di vivere così. Non mi sarei più buttata in una situazione suicida in cerca di attenzioni. Volevo vivere in modo più sicuro. Provare a farmi apprezzare- raccontò, con una punta di rimpianto.

Ne aveva passate, di fasi. Era passata dalla ribellione giovanile, alla ribellione suicida, ad una quieta accettazione della vita, e dopo Dick ad una ribellione più matura.

Ma il più grande punto di svolta era stato sicuramente l’incidente.

-E Justin?- indagò Diego, preoccupato che potesse tornare.

-Stava meglio di me. Quando gli ho detto che non volevo più avere niente a che fare con lui non mi voleva mollare, ma alla fine ha ceduto. La sua gang mi ha dato dieci anni nella lista degli intoccabili per ripagarmi di avermi quasi ucciso, e le gang rivali mi hanno messa nella lista degli intoccabili perché, per qualche motivo, pensano che io abbia quasi ucciso Justin. Almeno ci ho guadagnato un po’ di protezione- spiegò, sospirando.

-Sembra un film- commentò Diego, sopraffatto dalla miriade d’informazioni.

-O una fanfiction da quattro soldi. Solo che io non mi sono affatto innamorata di Justin, grazie tante- Clover scosse la testa. Era stato il più grande sbaglio della sua vita, poco ma sicuro. E sperava davvero che, una volta fuori dalla lista degli intoccabili, l’avrebbe lasciata comunque in pace.

-Grazie di esserti confidata con me. Non deve essere stato per niente facile- Diego le prese le mani, confortante.

-Sono io che devo ringraziarti. Mi sento meglio dopo avertene parlato- ammise Clover, evitando il suo sguardo, troppo imbarazzata.

-Anche se non ho fatto nulla? Diamine, vorrei poterti aiutare di più- Diego sospirò, rammaricato.

-Beh, hai il mostro di Frankenstein davanti e mi hai guardato come se fossi umana. È più di quanto mi aspettassi- commentò, lanciando un’occhiata alle proprie cicatrici ma distogliendo immediatamente lo sguardo, nauseata. Per fortuna le bende le coprivano un po’.

-Di che stai parlando? Queste cicatrici non ti rendono un mostro- Diego le lasciò le mani per prenderle il volto e guardarla negli occhi, tentando di mostrarle la propria sincerità.

Ma Clover non gli credeva.

-Andiamo, Diego. Guardami negli occhi e dimmi che non sono la ragazza più brutta che tu abbia mai visto- lo sfidò.

Diego non esitò neanche un istante.

-Tu sei in assoluto la ragazza più bella che io abbia mai visto!- esclamò con sicurezza, guardandola dritta negli occhi. Le lasciò il volto per sfiorarle le cicatrici -Quello che ti è successo, e le conseguenze che ha portato, non ti rende meno bella. Anzi, a mio avviso ti rende ancora più bella, perché è un simbolo di forza enorme, e crescita. Sono onorato di poter essere amico di una persona tanto speciale- le sorrise, incoraggiante.

-Diego, non puoi dirmi una cosa del genere mentre sono così vulnerabile- borbottò la ragazza. Il cuore le batteva furiosamente nel petto, le lacrime non smettevano di scendere lungo le sue guance, e i sentimenti che provava per il ragazzo davanti a lei avevano raggiunto il punto di non ritorno.

-Se dicessi qualcosa di diverso mi beccheresti subito, perché starei mentendo- scherzò Diego, sorridendole e mettendole una ciocca di capelli dietro l’orecchio, affettuosamente.

Clover aveva provato ad avvertirlo, ma Diego era reticente ad ascoltare i consigli.

Dopo quell’ultimo attacco diretto alla sua psiche e al suo cuore, alla fine l’autocontrollo di Clover venne meno, e la ragazza prese il viso di Diego e lo baciò.

Niente a che vedere con il bacio della cena a casa sua. E quel bacio non era stato da buttare via.

Ma c’era un maggiore valore emotivo, in quel momento.

Avevano passato una notte in bianco piena di lavoro, paura e discorsi profondi.

Avevano portato la loro amicizia al livello successivo.

Erano ubriachi di sonno ed emozioni.

Clover si appuntò mentalmente di accordarsi con Diego in modo da fingere che non fosse successo nulla, il giorno successivo, ma ora come ora non poteva proprio fermarsi.

Ed evidentemente non poteva neanche Diego, perché ricambiò il bacio con grande partecipazione e ben presto si ritrovarono sdraiati sul suo letto.

-Aspetta…- senza fiato, Diego provò ad obiettare, con ben poca sicurezza -Lo vuoi davvero?- chiese, per sicurezza, guardandola negli occhi.

Il suo desiderio era evidente, ma era rispettoso della fragilità di Clover, e non intendeva usarla contro di lei.

Questo convinse Clover ancora di più.

-Sì, ho bisogno di un po’ di calore, stanotte- ammise, in un sussurro -Ma se tu non vuoi…- iniziò a ritirarsi, ma Diego non la lasciò finire, e la baciò nuovamente, dando così la sua risposta.

Le condizioni implicite erano evidenti ad entrambi. Era solo un momento di debolezza che non avrebbe avuto futuro.

La regola numero 5 ormai era stata completamente infranta, ma a nessuno dei due importava.

Ne valeva la pena.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Un altro capitolo bomba. Il secondo della trilogia dell’”andare avanti”. Devo ammettere che sono molto più soddisfatta di questo piuttosto che di quello scorso. Forse perché è più dinamico? Ci sono tantissimi eventi degni di nota.

Passando allo specifico.

In realtà non avevo intenzione di presentare Will in questo modo, ma mi è sembrato perfetto introdurlo già in questo capitolo, e illustrare il suo rapporto con Mathi. Non si capisce ancora chi sia esattamente, ma di certo è pericoloso. Chissà perché Mathi lo conosce, e che lavori svolge per lui.

Clover è una badass!! E un’ottima amica. Ma soprattutto una badass!

Un altro titolo per questo capitolo poteva essere “pessimi soggetti e dove trovarli”.

E poi c’è il grande ritorno del poliziotto e il suo collega Carl. Non che sia importante, ma boh, per farvelo notare. Erano comparsi all’appuntamento di Felix e Jasmine.

Comunque, Clover non ha parlato delle lettere, ma ha finalmente raccontato il suo passato a Diego, e hanno fatto robe.

Questa storia ha un rating basso quindi non sono andata sullo specifico, ma potete immaginare che robe ;)

Insomma, si stanno avvicinando davvero tantissimo, carini *-*

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi abbia soddisfatto.

Un bacione e alla prossima :-*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Clover si confida con Max, Denny si confida con Max, Max si confida con Strelitzia, Felix ha la tesi di laurea.

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Capitolo 27
*** Andare avanti significa affrontare ***


Andare avanti significa affrontare

 

Sabato 6 Luglio 

Quando Clover si svegliò quella mattina, con il sole che filtrava dalle finestre, le braccia di Diego attorno al suo corpo, e un mal di testa allucinante, ci mise parecchi minuti a ricordare cosa fosse successo la notte prima, e avrebbe volentieri accettato un’amnesia.

Da quando era uscita da casa Sleefing, non c’era nulla che non rimpiangesse di aver fatto.

A partire dall’aver provato a soccorrere quella povera donna. Non si pentiva di essere riuscita, forse, ad aiutarla, ma era colpa sua se era stata accoltellata.

E tutto il resto… gahhh, come le era saltato in mente?!

Cosa l’aveva spinta ad aprirsi così con Diego?! Perché l’aveva fatto?! Era il momento peggiore per una cosa del genere. E la persona peggiore.

Forse Clover era così ribelle dentro che doveva necessariamente infrangere le regole, pure quelle che si era autoimposta?!

No, no, probabilmente era solo molto, troppo, fragile di suo, la notte scorsa.

Assonnata, spaventata… no, anzi… scossa per quello che era successo. 

…confortata dalla dolcezza e sensibilità del suo ex migliore amico e finto ragazzo…

No, Clover, svegliati! Era solo un sogno!

Non letteralmente… non era così in denial da credere che fosse stato davvero solo un sogno, ma era come se la serata del giorno prima fosse stata una bolla di pace in mezzo alla realtà, e quella mattina la bolla era scoppiata, Clover si era svegliata, e tutto sarebbe tornato esattamente come prima.

Non poteva andare in altro modo, Clover non aveva la forza di affrontare le conseguenze delle sue confessioni, e di quello che era successo dopo.

Solo a pensarci le sue guance si facevano rosse come peperoni.

Ma come le era saltato in mente?!

Clover cercò di riordinare i suoi pensieri e pensare al futuro invece che al passato.

Più in particolare all’immediato futuro, quello dove riusciva con abilità a districarsi dalle braccia di Diego, rivestirsi, e sparire da quella stanza come se non ci fosse  mai stata.

Chissà, magari se se la giocava bene poteva anche fare in modo che fosse Diego a credere che fosse stato solo un sogno.

Sì, era un’ottima idea.

Dopotutto Diego era stanco, si erano addormentati che probabilmente erano passate le sette.

A proposito… che ore erano?

A giudicare dal mal di testa di Clover non era un orario troppo avanzato, visto che aveva ancora sonno. Ma si doveva tener conto che aveva comunque sbattuto la testa, il giorno prima.

Clover valutò per un secondo l’idea che l’intera serata fosse solo un risultato di un’illusione provocata dalla botta, ma archiviò il pensiero abbastanza in fretta, visto che proprio in quel momento Diego la strinse con più forza e premette il volto sulla sua schiena, ancora profondamente addormentato, e facendola sobbalzare leggermente perché la schiena della ragazza era ancora piena di lividi.

Clover non si aspettava che fosse così appiccicoso. Forse per quello era ancora single?

…nah, qualsiasi ragazza sarebbe stata fortunata ad avere qualcuno come Diego accanto.

Ovviamente Clover si tirava fuori dall’etichetta di ragazza qualsiasi, in senso negativo.

Provò a staccarsi lentamente e senza fare movimenti bruschi, e riuscì con una certa difficoltà a districarsi dall’abbraccio di Diego e dargli un cuscino da abbracciare con tutta la forza che voleva.

Bisognava ammettere che era davvero tenero, addormentato e felice.

Quando erano piccoli avevano dormito spesso insieme, nella vecchia casa di Diego, e in quel momento, così vulnerabile e rilassato, Clover rivedeva il bambino che era stato più che mai.

La distrasse per qualche minuto.

Quando si riscosse, iniziò a guardarsi intorno in cerca della sua borsa, dei vestiti, e dei suoi effetti personali più importanti, cercando di fare il più silenziosamente possibile.

Recuperò con grande abilità il telefono, e mise i suoi pantaloni, un po’ sporchi di sangue ma non abbastanza da dare nell’occhio.

Purtroppo, la sua maglia era completamente inutilizzabile.

Si guardò intorno in cerca di una maglia di Diego da prendere in prestito per quella mattina, possibilmente evitando di aprire l’armadio che aveva la brutta abitudine di scricchiolare e svegliare Diego (la mattina dopo la sbronza del compleanno di Felix ne era una prova).

Alla fine riuscì a individuare la maglia che Diego aveva provato a prestarle prima che lei gli saltasse addosso, spiritualmente e letteralmente.

Non vedeva l’ora di uscire da quella stanza per riordinare meglio le idee e smettere di arrossire al pensiero. 

Purtroppo, proprio mentre finalmente prendeva l’ultimo pezzo del puzzle necessario ad uscire senza rimpianti (il più necessario, dato che col cavolo che avrebbe mostrato al mondo le sue cicatrici), qualcosa le sfiorò la benda sul fianco, e per poco non urlò, presa alla sprovvista.

Ma era solo Diego.

I suoi occhi stanchi erano fermi sul suo stomaco, reso perfettamente visibile dalla luce, e lo guardava con un sorriso rilassato e soddisfatto.

-Sono felice che la ferita non abbia ricominciato a sanguinare- commentò, con voce ancora impastata dal sonno, alzando poi la testa per incontrare lo sguardo di Clover, e ampliando il suo dolce sorriso.

Parecchie emozioni passarono nella mente e nel cuore di Clover quando lo guardò finalmente negli occhi.

Vergogna per aver pensato di scappare come una ladra.

Confusione totale per non aver pensato come prima cosa a mettersi la maglietta, quando per dieci anni la sua priorità assoluta era stata coprire le cicatrici in ogni momento, anche quando era sola.

Paura nel rendersi conto che il motivo per cui non le aveva coperte era che si sentiva a suo agio con Diego.

Sorpresa nel rendersi conto che non voleva scappare perché temeva la reazione di Diego, ma per non affrontare i propri sentimenti su tutta la situazione, perché di Diego ormai si fidava completamente.

Terrore, terrore puro, perché ora che Diego si era svegliato, le aveva sorriso, e continuava a trattarla come se fosse un essere umano anche adesso che le sue cicatrici erano completamente scoperte e illuminate, Clover si era appena resa conto, come colpita da un fulmine, che non aveva una cotta per lui.

Si era innamorata.

Era ufficialmente innamorata di Diego.

E sì, questo le provocava non poco terrore, vista la situazione in cui erano.

Si ritirò dal ragazzo come se si fosse scottata, arrossendo fino alla punta delle orecchie e indossando in fretta la maglietta, pronta a scappare come un coniglio senza neanche salutarlo.

Purtroppo la sua reazione non fece che svegliare del tutto Diego, che si mise a sedere e si stropicciò gli occhi.

-Scusa i modi rudi. Buongiorno, splendore- borbottò ridacchiando tra sé.

Clover si maledisse mentalmente per essersi innamorata di un tale idiota, e si maledisse ancora di più perché non aveva molta voglia di correggere l’uso del soprannome.

-Non volevo svegliarti. Torna pure a dormire- Clover gli diede qualche pacca sulla testa e afferrò la borsa pronta a scappare, sperando in tutti i modi di evitare una conversazione.

-Aspetta, che ore sono? Ti offro un caffè?- Diego però la fermò sui suoi passi, deciso a non farla andare via.

In effetti Clover era talmente di fretta che alla fine non aveva controllato l’orario.

Diede una veloce occhiata al cellulare.

-Sono le 10- gli fece presente. Avevano dormito meno di tre ore. Uff. -Dovresti tornare a dormire- gli suggerì poi, in tono zuccheroso, già davanti alla porta.

-Forse, ma anche tu… perché hai tanta fretta?- Diego era via via più sveglio, sia fisicamente che mentalmente, perché si rese finalmente conto che Clover stava chiaramente scappando, e lui sarebbe rimasto lì sedotto e abbandonato.

Clover fece un passo indietro.

-Non voglio continuare a disturbarti, non sto scappando- mentì, facendo un sorrisino davvero falso.

Diego inarcò un sopracciglio.

-Se non stessi scappando non usciresti mai così- le indicò il viso, e Clover si specchiò. 

In effetti era ridotta malissimo.

I capelli erano una massa terrificante comparabile a quelli di Anna appena sveglia in Frozen, il trucco sbavato le copriva interamente la faccia rassomigliante una maschera da clown, ma soprattutto… quella maglia sopra il resto stonava tantissimo.

Legò i capelli in una veloce coda e cercò di togliere al meglio il trucco.

-Se vuoi puoi farti una doccia, e io intanto vado a prendere due caffè- propose Diego, incoraggiante e, a tratti, speranzoso, forse? Nah, Clover stava solo immaginando ciò che avrebbe voluto immaginare.

Accettare quell’invito sarebbe significato cedere ai sentimenti che provava, e non poteva permetterselo. 

Ma non poteva andarsene senza aver messo le cose in chiaro.

-Grazie dell’offerta, Diego, ma quello che è successo ieri non cambia niente- gli fece presente, in tono freddo, lanciandogli un’occhiata ammonitrice.

Gli occhi di Diego ebbero un guizzo che Clover non riuscì ad interpretare, o forse non volle interpretare, ma poi accennò un sorriso, come se le parole di Clover non gli avessero fatto alcun effetto.

-Se non cambia nulla, perché scappi?- la provocò, lanciandole uno sguardo di sfida.

Non arrossire, non arrossire, non arrossire!

Aveva beccato completamente il punto, maledizione!

Clover distolse lo sguardo da lui.

-Non sto scappando, voglio solo tornare a casa perché la notte è stata dura, il letto è molto scomodo, e voglio fare un pisolino degno di questo nome- mentì, scorbutica, incrociando le braccia e riuscendo miracolosamente a non arrossire.

-Va bene, non ti trattengo in questo schifo di posto, allora- Diego provò a restare rilassato, ma la sua voce tradiva un grande fastidio, ed evitò a sua volta lo sguardo di Clover, battendo gli indici tra loro.

A Clover dispiaceva mollarlo così, ma era anche per il suo bene.

Non gli conveniva rimanere incastrato con una come lei.

-Buona giornata allora- lo salutò, aprendo la porta per uscire.

-Ti scrivo per farti sapere come sta la ragazza di ieri- fu il saluto di Diego, un po’ sottovoce.

Clover si sentì riempire il petto di calore (Diego mi conosce così bene!), e stringere la gola per il senso di colpa (perché continuo ad allontanarlo?).

Si limitò a fargli un cenno, con un piede già fuori dalla stanza.

-Grazie- rispose con voce indifferente, chiudendo poi la porta alle sue spalle.

Dovevano creare un premio per persona peggiore del mondo e darle il primo posto.

Fece un profondo respiro e rifletté su cosa fare.

Probabilmente sarebbe dovuta tornare a casa. Un autobus a quell’ora era fattibile. Ma non poteva prenderlo conciata in quel modo.

Magari poteva fare tappa in camera di Norman, ma era troppo vicina, era capace che Diego si rendesse conto che lei era ancora nell’edificio, e non voleva fare ulteriori brutte figure.

Il luogo più vicino era il Corona, e Max, a quell’ora, era sicuramente di turno, dato che era sabato.

Max… ecco la risposta.

Doveva assolutamente parlare con Max!

È vero, la regola numero 1 stabiliva chiaramente che era vietato rivelare della relazione finta a qualcuno, ma Juanita lo sapeva, ed era una persona dalla parte di Diego.

Quindi ci stava che Clover raccontasse tutto a Max, il suo migliore amico e persona più affidabile e rispettosa del mondo.

E poi, dopo aver distrutto in mille pezzi la regola numero 5, infrangere una volta la numero 1 non avrebbe di certo rovinato la sceneggiata.

Era deciso! Sarebbe andata da Max e si sarebbe tolta quel brutto peso dal petto.

E poi Max era bravo a truccare, sicuramente poteva aiutarla anche ad apparire presentabile.

Una volta era uscito con una truccatrice che gli aveva presentato proprio Clover. Le due si erano un sacco divertite a sperimentare su di lui e a insegnargli.

…poi lei lo aveva mollato perché gelosa proprio di Clover, e ovviamente Clover aveva scelto di restare amica di Max. Bah, una pessima fiamma.

Chissà se Manny la evitava per lo stesso motivo. Erano molti i ragazzi e le ragazze che vedevano Clover come una minaccia.

Clover scosse la testa per eliminare quei pensieri. Max era felice con Manny, e Clover era felice per lui. E poi aveva i propri problemi amorosi a cui pensare, ed erano molto più gravi.

Talmente immersa nei suoi pensieri, e tentando di non attirare l’attenzione, non si accorse del ragazzo che arrivava dalla direzione opposta delle scale, e sembrava distratto quanto lei.

Il risultato fu uno scontro all’altezza dei peggiori anime scolastici.

Solo che Clover aveva dormito tre ore, subito un’aggressione, e aveva ancora un fortissimo mal di testa, quindi cadde come una pera cotta all’indietro, rischiando di sbattere nuovamente la testa a terra.

-Ma sei scemo?! Guarda dove vai!- urlò al malcapitato, che si rivelò essere un sorpreso Mathi, che era rimasto in equilibrio per miracolo e trasalì vistosamente sentendola urlare.

-C_Clover!- esclamò, spaventato, affrettandosi a porgerle la mano per aiutarla ad alzarsi.

-Mathi? Ma quindi non sei tornato a casa per le vacanze? Sei sparito da un giorno all’al…- l’indagine di Clover si interruppe di scatto quando la ragazza, alzandosi per conto proprio (perché non aveva bisogno di un uomo, neanche Mathi, per alzarsi dopo essere caduta), si rese conto che la mano che Mathi gli aveva porto aveva una bruciatura recente sul palmo.

-Tutto bene? Che hai fatto alla mano?- chiese, prendendola e osservandola preoccupata.

-Ah!- Mathi la ritirò immediatamente, come se si fosse nuovamente scottato al contatto di Clover -Uh, nulla. Niente! Mi sono bruciato con il caffè, tutto qui- mentì, surclassando la questione come se non fosse niente di che, ed evitando accuratamente lo sguardo della ragazza.

Mathi era uno dei più bravi a mentire, nella Corona Crew. Clover si trovava spesso in difficoltà a capire quando era sincero e quando mentisse, ma quella volta fu davvero facile.

Anche perché quale caffè lascia bruciature perfettamente tonde?

Avrebbe voluto indagare di più, ma Mathi non glielo permise.

-Scusa, devo andare. Mi dispiace tantissimo per prima- afferrò gli oggetti  che gli erano caduti nello scontro e scappò in fretta via, superando Clover e dirigendosi probabilmente nella propria camera.

-Ehi, aspetta…- Clover provò a fermarlo, ma lui non la degnò della minima intenzione.

In circostanze normali lo avrebbe seguito e torchiato, ma al momento era decisamente troppo stanca, provata, e brutta per badare anche a lui.

Scosse la testa, afferrò la borsa, e si avviò verso il Corona, senza voltarsi indietro.

Non ci mise molto, dato che era dietro l’angolo, e appena arrivò ordinò un caffè da Sonja, al bancone, chiedendo di Max. 

La ragazza ebbe la delicatezza di non commentare l’aspetto terrificante di Clover, e si limitò a chiamare il collega, che dopo essere uscito dalla cucina e aver visto Clover, chiese immediatamente la pausa e incoraggiò l’amica a raggiungerlo sul retro per parlare. Clover fece appena in tempo a prendere il proprio caffè.

-Che diavolo è successo?!- l’aggredì Max, una volta lontani da orecchie indiscrete, preoccupato a morte.

-Ti riferisci alle ferite, ai vestiti, o al trucco?- chiese Clover, cercando di mettere ordine nella sua testa per capire da dove cominciare.

-A tutto quanto! Cosa è successo nelle sette ore che sono passate dalla nostra serata film ad adesso?!- chiese Max, facendola sedere e restando in piedi accanto a lei, in attesa di risposte.

-Solo sette ore? Sembrano passati mesi- commentò Clover, sorpresa, sbadigliando e prendendo un sorso di caffè.

-Clover…!- la incoraggiò Max, sempre più teso.

-Va bene va bene. Parto dall’inizio… sono quasi stata accoltellata ieri notte- cominciò ben poco rassicurante.

-COSA?!- il tono di Max superò quello dei momenti più acuti di Denny. Wow, si vedeva che erano fratelli.

-Lasciami spiegare…- provò a rassicurarlo, facendolo sedere accanto a lei e provando a calmarlo.

E spiegò.

Raccontò dell’aggressione, del viaggio in ambulanza, e di Diego che le aveva fasciato le ferite. Raccontò della deposizione al poliziotto, e di come Diego le avesse proposto di dormire da lui, dato che era più vicino e aveva la macchina. Evitò di raccontare le esatte dinamiche della sua conversazione con il finto ragazzo, e la questione delle cicatrici. Max non ne sapeva nulla, e confessarlo ad una persona bastava e avanzava. Ma ammise di essere stata a letto con lui.

E subito dopo averlo ammesso, prese il volto tra le mani, imbarazzata.

-Oh… capisco. Che serata!- commentò Max, una volta finito il racconto, sconvolto.

-Che faccio adesso, Max?!- si autocommiserò Clover, abbattuta.

-Beh, ti consiglierei di andare dalla ragazza per sapere come sta e posticipare qualsiasi impegno avessi lunedì, dato che devi andare in centrale- provò a proporre Max, incerto.

-Non sull’aggressione, su Diego!- lo corresse Clover.

-Beh, non sono affari miei quello che fai con il tuo ragazzo- Max alzò le spalle, un po’ imbarazzato ma in tono mite.

-Max, il problema è che mi sono innamorata di lui, sul serio- insistette Clover, autocommiserandosi ulteriormente e in maniera molto enfatica.

-Ottimo, visto che state insieme, no?- Max le diede qualche pacca sulla spalla, incoraggiante. Clover gli lanciò un’occhiataccia, poi si rese conto che in tutto il discorso aveva omesso un punto fondamentale, e non aveva spiegato a Max che lei e Diego non stavano insieme.

Fu giusto in procinto di aprire la bocca e ammetterlo, quando notò lo sguardo divertito di Max, e capì che la sua omissione non era necessariamente un errore.

-Tu lo sapevi!- esclamò, tirandogli un pugnetto sulla spalla, seccata.

-Sapere cosa?- chiese Max, facendo il finto tonto.

-Che è tutta una finta!- rispose Clover, ovvia, mettendo il muso e incrociando le braccia.

Mentre parlava della questione il suo sensore aveva notato che Max aveva capito della relazione, per questo lei non l’aveva esplicitata direttamente.

Il sorrisino colpevole di Max le diede ragione.

-Noooo, ma che dici? Perché, è una finta?- continuò a fare il finto tonto, guadagnandosi altri pugnetti isterici e ridacchiando tra sé.

-Se lo sapevi perché non mi hai chiesto niente?!- si indignò Clover, arrossendo per essere stata beccata così facilmente, ma sentendosi anche più tranquilla per non aver infranto di proposito la prima regola. E poi Max la tranquillizzava con la sua sola presenza.

-Perché sei la mia migliore amica, e pensavo che me l’avresti detto con i tuoi tempi- dopo la presa in giro, Max tornò serio e incoraggiante, come sempre.

-Beh, dovevo aspettarmi che tu l’avresti capito. Mi conosci troppo bene- sbuffò, rassegnata, sollevando lo sguardo verso il cielo limpido.

-E proprio perché ti conosco bene so che non useresti mai la parola con la A senza intenderlo. Sei innamorata di Diego, quindi?- Max tornò al discorso precedente, e Clover si riprese la testa tra le mani, pronta ad autocommiserarsi di nuovo.

-Sì, di brutto. Non ho mai provato niente del genere per nessuno ed è terribile. Come cancelli i sentimenti?- si lamentò.

Fortuna che non aveva fatto questa domanda a Norman, perché dopo il suo dissidio con Amabelle, era capace che le tirasse un pugno.

Ma tralasciando…

-Beh… io personalmente i sentimenti preferisco esprimerli, non cancellarli. Se Diego ti piace perché non provi a dirglielo, e magari rendere la relazione reale?- propose Max, il semplice Max, che tenero che era a proporre una cosa così infattibile.

-Max, non so se l’hai notato, ma io non sono te. I sentimenti non li esprimo, mai. Li imbottiglio in fondo al mio cuore e li lascio lì finché non esplodono mandando a monte la mia vita- gli fece notare, gesticolando furiosamente per far passare meglio il concetto.

Max la guardò eloquente.

Rimasero in silenzio per qualche secondo.

-No, sul serio, Max. Non ho intenzione di dirglielo- insistette poi Clover, pur consapevole che il consiglio di Max era effettivamente il migliore.

-Va bene, è una tua scelta. Ma perché? Magari anche tu gli piaci. Insomma, si imbarazzava a baciare qualcuno per cui non provava nulla, sicuramente non sarebbe andato a letto con te se non provasse anche lui qualcosa- provò a farla ragionare.

E aveva ragione.

Consciamente Clover sapeva che aveva ragione.

Ma aveva una profonda paura irrazionale, e non se ne sarebbe andata con i discorsi logici.

-Il punto non è lui, sono io!- obiettò Clover -Cioè… in realtà è anche lui. Il punto è che non voglio stare con lui perché sono un casino, e lui è fantastico, e non posso portare casino nella sua vita. L’ho già ferito abbastanza, io…- si interruppe. Non avrebbe voluto tirare fuori la questione delle lettere, ma il senso di colpa, ben imbottigliato in fondo al suo cuore, iniziava a premere per uscire.

-Quando mai l’avresti ferito? Se si esclude stamattina, sia chiaro- indagò Max, iniziando ad esasperarsi, ma restando gentile e comprensivo.

-Lascia stare, è una storia lunga. Comunque no, non glielo dirò. Almeno non prima del matrimonio di Miguel e Paola. Cercherò di farmi sparire questi sentimenti- decise, convinta del nuovo piano di azione.

Max sospirò.

-Vorrei dirti che sei una ragazza testarda che cerca ogni scusa per allontanare la propria felicità anche a costo dell’infelicità di chi la circonda, ma so che non cambierebbe molto, quindi fai quello che ti senti, ma pensa anche a quello che prova Diego, va bene?- le suggerì, cercando il giusto compromesso tra amico incoraggiante, e voce della ragione.

-Ne terrò conto- Clover alzò le mani, anche se non aveva la minima intenzione di tenerne conto -Grazie Max- sorrise poi all’amico, che ricambiò incoraggiante, dandole qualche altra pacca sulla spalla. Clover seppellì il volto sul suo petto come un gatto in cerca di coccole e conforto. 

Era davvero felice di essersi sfogata con lui, Max era davvero l’amico perfetto per questo genere di cose.

Anche se forse, per certi versi, troppo accomodante.

-Max, scusa se ti disturbo, ma tante ha urgente bisogno di te in cucina- l’arrivo di Sonja interruppe il momento.

Clover si sollevò e Max la lasciò andare, leggermente teso.

-Arrivo subito, Sonja, grazie di avermi chiamato- si affrettò a rientrare, dopo aver dato un veloce saluto all’amico.

Sonja esitò un po’ prima di rientrare, e guardò Clover.

La ragazza si preparò psicologicamente all’”occhiata”, quella che riceveva sempre dalle persone che credevano che lei e Max avessero del tenero.

Il giudizio e la gelosia malcelata che non mancava mai nei volti di chi provava o aveva provato qualcosa per Max.

Ma Sonja la stupì non poco, perché le sorrise, incoraggiante, e le porse una salvietta struccante e una trousse.

-Non so se sono il tuo genere di trucchi, ma spero ti possano aiutare. E se vuoi puoi usare il bagno dello staff- la incoraggiò sorridente.

Clover si sistemò un po’ i capelli, e prese la trousse un po’ imbarazzata.

-Grazie, ne ho bisogno- ammise, non osando immaginare come dovesse apparire all’esterno.

Sonja la precedette dentro, e Clover la seguì pensierosa.

Se Max non si fosse trovato così bene con Manny, anche lei, come Amabelle, avrebbe considerato Sonja come la ragazza perfetta per lui.

E poteva capire perché l’amico fosse così combattuto tra i due.

Ma aveva troppi problemi romantici personali per preoccuparsi anche di quelli di Max.

 

Venerdì 12 Luglio 

Max fissava incredulo un messaggio arrivato al cellulare da venti minuti buoni, mangiando distrattamente i popcorn che aveva preparato per la serata cinema, ma per quanto lo fissasse, non riusciva ancora a metabolizzare il suo contenuto.

“Clover: Scusa BFF, ma oggi non ci sarà alla serata film, un casino con la polizia, poi ti spiego tutto”

Il messaggio in sé non era neanche così sconvolgente, ma erano già le nove e mezza di sera, e per la prima volta, non c’era nessuno, neanche Denny, alla serata film.

Ed era la prima volta che l’evento del venerdì veniva cancellato così improvvisamente.

Max non sapeva bene che fare al momento. 

Di solito, anche le rarissime volte in cui Clover non aveva potuto partecipare a causa di un impegno, c’era almeno Denny.

Adesso Denny era chiuso in camera da giorni e non parlava con nessuno, se non per asserire con assoluta convinzione di stare bene e di essere solo stanco.

Max era preoccupato per lui, ma non voleva neanche insistere e pressarlo, quindi era rimasto in disparte. Magari poteva avvicinarsi a lui giocando insieme a qualche videogioco.

Solo che Max era davvero pessimo ai videogiochi, e Denny troppo competitivo, quindi rischiava di essere più un peso che un aiuto.

Sbuffò, incerto su cosa fare, e tolse il messaggio di Clover, al quale aveva prontamente risposto con un comprensivo “Non preoccuparti, recuperiamo. Spero che le cose con la polizia si risolvano presto”.

Prese pertanto la chat di Manny, per chiedergli un consiglio nella speranza di non disturbarlo troppo dal lavoro informatico.

 

Manny

Hey, ti disturbo? Come va a lavoro?

Heyyyyy, tu non disturbi mai

Anche se il lavoro è un po’ pieno al momento

Non vedo l’ora di finire u.u

Aww, mi dispiace. Se vuoi ti scrivo più tardi

Nono, va bene!!

Come va la serata cinema?

Siete in pausa?

Serata cinema un po’ vuota :(

Mi dispiace :(

Spero davvero di liberarmi un prossimo venerdì per partecipare

Il prossimo probabilmente no

Ma quello dopo sì, promesso!

Mi farebbe molto piacere, ma non rischiare

Non vorrei che ti licenziassero per colpa mia

Nah, non credo lo farebbero

È una cosa di famiglia dopotutto ;)

Ed è part-time quindi anche se mi licenziano ne sarà valsa la pena :P

Ahahah

Allora spero proprio che riuscirai a liberarti

Mi manchi

Anche tu ♥︎

Ci vediamo domani a colazione?

Prima che tu vada a lavoro

Sarebbe bello se un giorno venissi a trovarmi a lavoro

Ma tranquillo lo so che non ti piace il Corona

Un giorno prometto che ti dirò il motivo

Dammi solo un po’ di tempo, va bene?

Certo, prenditi tutto il tempo che ti serve

Ma sappi che sono un bravo ascoltatore e non giudico mai nessuno per nulla

Lo so, ho fatto jackpot con te

Sei meraviglioso ♥︎

Sono io ad essere fortunato ♥︎

Devo tornare a lavoro

Ti scrivo più tardi

A più tardi

 

Max sospirò sognante rileggendo i messaggi e i cuori. Non si rese neanche subito conto che con tutto quel complimentarsi a vicenda non aveva chiesto alcun consiglio su come parlare con Denny, ma non se ne pentì.

E poi il problema si risolse da solo.

Beh, più o meno.

Circa un minuto dopo aver finito di scambiarsi messaggi, quando Max stava valutando l’idea di vedersi da solo un documentario sull’archeologia, una vocina gli parlò da dietro il divano.

-Non c’è nessuno?- chiese, facendo sobbalzare Max così tanto che rischiò di cadere dal divano.

-Denny, non ti ho sentito arrivare. Come stai?- chiese al fratello, rimettendosi a sedere dritto e cercando di non sembrare troppo sorpreso che fosse fuori dal letto.

-Scusa il ritardo, non mi ero accorto dell’ora visto che non ho sentito nessuno arrivare. Aspettiamo Clover e continuiamo Friends?- suppose Denny, ignorando la domanda di Max e sedendosi vicino a lui, piccolo piccolo nel tentativo di occupare meno spazio possibile.

-Clover non c’è quindi la serata film è annullata. Però se vuoi vedere Friends possiamo vederlo insieme. Sono secoli che non vediamo qualcosa solo noi due- Max spiegò in fretta la situazione, e offrì i popcorn al fratello, che ne prese alcuni e se li mangiò famelico.

-Stavi chattando con Manny?- chiese Denny a sorpresa, senza guardare il fratello negli occhi.

Max si domandò da quanto tempo fosse lì, ma decise che era meglio non indagare. Certo che Denny se voleva era davvero silenzioso, avrebbe potuto fare il ninja.

-Sì, purtroppo stava lavorando. Ma ha detto che forse ci raggiunge tra due settimane- spiegò, illuminandosi speranzoso.

Denny studiò la sua espressione con curiosità, in stato di profonda contemplazione.

Max sperò di non avere qualcosa in faccia o tra i denti, e provò a risollevare un po’ l’atmosfera.

-Allora, metto Friends? Hai qualche stagione in particolare che preferisci?- chiese Max, prendendo il telecomando e preparandosi a sistemare la televisione.

-Max, posso farti una domanda?- lo interruppe il fratello, in un sussurro.

Max gli diede la più totale attenzione.

-Certo, qualsiasi cosa- si mise a completa disposizione.

Denny aprì la bocca, pronto a parlare, ma la richiuse subito, scuotendo la testa.

-No, non posso. Fraintenderesti, come fraintendono sempre tutti!- si richiuse a riccio, abbracciando stretto un cuscino.

Max solitamente non forzava mai nessuno ad aprirsi. Era nella sua natura. Non arrendevole, ma rispettosa. A tratti pure troppo. …forse un po’ arrendevole.

Ma ultimamente lasciar perdere, persino per lui, iniziava a diventare pesante.

Aveva lasciato perdere con Clover, non aveva mai insistito con Manny, né con Sonja. Ma Denny era suo fratello, e da quando aveva parlato con Mathi, il giorno in cui gli aveva rivelato del suo compleanno, si rendeva sempre più conto che il suo non insistere aveva portato il fratello a richiudersi sempre di più in sé stesso e non confidarsi con lui.

Lo aveva sempre lasciato solo il giorno del suo compleanno.

Pensava di lasciargli i suoi spazi, invece l’aveva abbandonato. Aveva abbandonato involontariamente la persona che più di tutte aveva sofferto della scomparsa della loro madre.

E voleva rimediare.

Mise una mano sulla spalla del fratello.

-Puoi parlarmi di tutto quello che ti senti, prometto che non fraintenderò- gli assicurò. Lui non giudicava, e cercava sempre di capire tutti. Denny più di chiunque altro.

Era l’unico nella Corona Crew che non aveva mai fatto battutine sulla sessualità di Denny.

Nonostante anche lui, come tutti, non credesse molto alla sua eterosessualità.

Ma non l’avrebbe mai forzato ad uscire dall’armadio.

E dubitava che sarebbe uscito tanto presto. Era ancora troppo in denial.

-Tu come hai capito di essere… insomma… bisessuale?- chiese Denny, decidendo di aprirsi, e sorprendendo non poco Max, che ritirò il pensiero precedente.

Si sarebbe aspettato tutto tranne quello, a dire il vero.

-Mmmm- si prese il mento, riflettendo su come iniziare. 

Era stato un lungo viaggio dalle prime avvisaglie fino al coming out ufficiale.

-Vabbè, se non vuoi parlarne non fa niente, chiedevo solo così, per curiosità, ma…- Denny provò a tornare sui suoi passi, seppellendo il volto nel cuscino che abbracciava, e iniziando ad alzarsi dal divano. Max lo fermò e lo tenne seduto.

-Credo di aver iniziato ad avere dei dubbi alle medie- ammise, riflettendo bene sulla questione.

Era vero che lo aveva capito ufficialmente a 16 anni, ma ci rifletteva già da parecchio.

-Alle medie? Così presto?- chiese Denny, sorpreso.

-Beh, lì mi sono venuti dei dubbi, ma non credevo fossero fondati. Insomma, mi piacevano le ragazze, e pensavo che probabilmente stavo fraintendendo quello che provavo per alcuni ragazzi. Pensavo di voler solo essere loro amico o qualcosa del genere, ma era strano- spiegò, provando a mettersi nei panni del sé delle medie. Che stupido che era stato.

-Strano in che senso?- chiese Denny, pendendo dalle sue labbra.

-Ricordi Brad?- chiese Max, un po’ incerto.

Denny si irrigidì.

-Vorrei averlo dimenticato- borbottò a denti stretti.

In effetti era impossibile non ricordare Brad, anche se nella Corona Crew c’era la regola implicita di non citarlo mai, per nessun motivo.

Purtroppo Max era quello che aveva sofferto di più a causa sua, e non gli sarebbe uscito tanto presto dalla mente.

-Lo so, anche io. Ma ti devo confessare una cosa… è stato la mia prima cotta maschile- ammise, sospirando.

Denny lo guardò ad occhi sgranati.

-Cosa?!- esclamò, sorpreso -L’omofobo che ha umiliato pubblicamente Felix costringendolo a fare coming out?! Il responsabile del cyberbullismo ai danni di Amabelle per secoli quando aveva confessato di essere pansessuale? Avevi una cotta per lui?!- Denny era quasi offeso.

Max alzò le mani in segno di resa.

-Avevo una cotta per quello che consideravo il mio migliore amico delle elementari e delle medie. Non volevo tirare fuori quello che ha fatto negli anni di liceo- si giustificò, sospirando sonoramente.

-Scusa, non volevo ricordare quelle cose- si rammaricò Denny, abbracciando stretto il cuscino.

Max lo guardò di sbieco, cercando di capire cosa gli passasse per la testa.

Non credeva che fosse un caso che avesse portato alla luce i guai che avevano passato alcuni membri della Corona Crew per via della loro sessualità. Max, per molto tempo, aveva avuto paura di fare coming out nel timore che si ripetessero. Forse per Denny era lo stesso. Forse uno dei motivi per cui aveva paura di ammettere la sua palese omosessualità era anche per via di Brad.

-Denny...- voleva dirgli che non c’era nulla di male ad essere sé stessi, e che era Brad ad essere in torto, ma si interruppe. Aveva promesso al fratello che non avrebbe frainteso.

-Cosa?- Denny lo incoraggiò a parlare. Max ritornò all’argomento principale.

-Quando avevo una cotta per “tu-sai-chi”, mi sono chiesto se fosse possibile, e gliene ho parlato. Certo, non gli ho detto che avevo una cotta per lui, non l’ha mai saputo, anche perché ho fatto coming out solo dopo che se n’era già andato dal gruppo, ma gli ho chiesto se secondo lui è possibile avere una cotta sia per ragazze e ragazzi, e, non ti dico cosa mi disse, ma mi convinse di essere solo confuso. Dopotutto le ragazze mi piacevano, ne ero completamente certo- continuò il racconto.

Denny lasciò andare un po’ il cuscino, abbassando metaforicamente anche le proprie difese.

-Poi?- lo incoraggiò a continuare, curioso.

-Arriviamo al liceo, a Clover, e a Friends. Troppe cotte tra personaggi carini, maschi e femmine, e la cotta per il ragazzo seduto dietro di me a lezione. Tanta, tantissima confusione. Non nego che capire sé stessi è la cosa più difficile del mondo, soprattutto quando si tratta della propria sessualità- solo al ricordo di tutti i drammi mentali che si era fatto in quel periodo gli tornava il mal di testa.

-Perché è così difficile?!- commentò Denny, sbuffando seccato.

-Me lo sono chiesto anche io, ma posso dirti la conclusione a cui sono arrivato?- si avvicinò al fratello, provando a trasmettergli il più possibile la propria partecipazione.

Denny annuì, quasi supplicante.

-In realtà è semplice, siamo noi a complicarlo. Pensiamo a quello che vogliono gli altri, a come potrebbero reagire, a come la nostra vita cambierebbe se fossimo qualcosa di diverso da quello che la gente si aspetta. Ed è questo a bloccare la nostra mente- suppose, pensando alla propria esperienza.

-No, non può essere così semplice- Denny scosse la testa, per niente convinto.

-Eppure per gli etero lo è. Non hanno neanche bisogno di fare coming out. Loro si prendono cotte per il sesso opposto, non si prendono cotte per lo stesso sesso, e vivono la vita indisturbati e senza farsi drammi- gli fece notare Max, alzando le spalle.

Beati gli etero.

Denny scosse la testa con più forza.

-Magari anche gli etero hanno dei dubbi, ogni tanto. Magari non capiscono bene i propri sentimenti, o hanno delle fasi, oppure…- provò a giustificarsi, a tornare sui suoi passi.

Max avrebbe dovuto lasciar perdere, ma non ce la fece.

-Forse- gli diede il beneficio del dubbio -Ma se si pongono dei dubbi, la maggior parte delle volte sono fondati. Perché i dubbi vengono dal cuore, e se il tuo cuore ti dice qualcosa, difficilmente sbaglia- gli suggerì, con un sorriso incoraggiante.

-Non hai ancora risposto alla mia domanda- Denny tornò all’argomento principale, stringendo più forte il cuscino.

-Quale?- Max pensava di essere stato abbastanza esaustivo.

-Quando hai capito, con assoluta certezza, di essere bisessuale?- ripeté Denny, più deciso.

Max non ci pensò per molto.

-Immagino quando Timmy mi ha baciato, alla festa di Halloween. Ero confuso, e spaventato, ma ho capito subito che tutti i miei dubbi erano fondati. È stato magico- non era durata molto, con Timmy, ma portava comunque il ricordo nel cuore.

-Magico?- Denny sembrava chiedere dettagli.

-Era giusto. Piacevole. Non è stato strano o disgustoso, o sbagliato come quella volta che Amabelle mi ha convinto a baciarla al gioco della bottiglia per farla vincere- Max rabbrividì al ricordo -Lui mi piaceva, io gli piacevo, e ho pensato… perché dovrebbe essere sbagliato, o solo una fase? Segui il tuo cuore- concluse il discorso.

Denny sembrava davvero toccato dall’argomento.

Fissava Max come se avesse aperto gli occhi per la prima volta.

-Non avevi paura?- chiese, incredulo.

-Ero terrorizzato. Soprattutto dopo quello che era successo ad Amabelle e Felix. Ma sono felice di aver affrontato la mia paura, ed essere andato avanti. E ora sono un orgoglioso bisessuale con un ragazzo meraviglioso- diede una pacca sulla spalla del fratello, che abbassò la testa, e fissò con ardore le proprie scarpe.

-Non hai mai pensato di essere gay?- la voce di Denny era un sussurro così flebile che a malapena si sentì.

-Sì, certo, per un breve periodo. Quando ero confuso. Ma non è durato molto. Le donne mi piacciono quanto gli uomini, non c’è dubbio al riguardo- e il passato amoroso di Max non poteva che confermarlo.

Denny rimase completamente in silenzio per almeno un minuto.

Al ché Max decise di cambiare argomento.

-Vuoi vedere Friends?- propose, frenandosi con difficoltà dall’indagare sul motivo che aveva portato il fratello ad indagare sulla questione.

Denny annuì, e Max mise il primo episodio della seconda stagione.

Dopo un paio di episodi, Denny si alzò.

-Credo che andrò a dormire- asserì, iniziando a dirigersi in camera.

Si fermò poi sui propri passi, e si girò verso Max, incerto.

-Posso farti un’altra domanda?- chiese, preoccupato.

-Ovviamente- gli concesse Max, incoraggiante.

-Hai visto Mathi, di recente? Come sta?- chiese, torturandosi le mani e non guardando il fratello negli occhi.

Max cercò di ricordare.

In effetti non aveva visto Mathi ultimamente, solo qualche giorno prima, al Corona. Era entrato per prendere un caffè da portar via ed era stato evasivo tutto il tempo di attesa, rispondendo monosillabico alle domande di Max e non guardandolo negli occhi.

Prima di andarsene, gli aveva chiesto sottovoce come stesse Denny, ma era sparito prima che Max potesse dargli una risposta esaustiva dopo il “sta bene” di cortesia.

Sicuramente era successo qualcosa tra i due.

-Sta bene, penso- rispose, sperando che almeno con Denny avrebbe potuto elaborare, ma il fratello annuì, facendosi bastare la risposta.

-Bene, buonanotte- e si eclissò in camera impedendo a Max di continuare.

Max lasciò perdere, e tornò alla televisione.

Sperava davvero di aver aiutato in parte il fratello. Andò in cucina e pulì la ciotola ormai vuota di popcorn. 

Era ancora presto per andare a dormire, così prese il computer e controllò il sito dell’università per aggiornamenti, poi entrò nel blog di fiori, dove ormai passava almeno due volte al giorno per chattare con Strelitzia. Si scambiavano un sacco di storie sui fiori e i miti, e qualche cosa che era accaduta nelle loro vite, senza andare troppo nel dettaglio.

Era un amic* di penna davvero importante, per Max. Era molto felice di averci stretto un rapporto così stretto in poco tempo.

Aprì per abitudine la chat privata con Strelitzia: 

 

Sono diventato uno psicologo

Ultimamente sembra che tutti i miei amici mi chiedano consigli sulle relazioni

Forse più che uno psicologo un terapista di coppia?

Che fiore consiglieresti a qualcuno che deve fare coming out?

 

Sapendo che difficilmente Strelitzia sarebbe stat* online, controllò altre sezioni, e consigliò qualche fiore qui e lì.

La risposta, però, arrivò prima di quanto pensasse.

 

Strelitzia: Un Garofano verde, senza ombra di dubbio

Strelitzia: Oscar Wilde insegna!

Giusto, mi era sfuggito Oscar Wilde

Buonasera

Strelitzia: Buonasera Gelsomino

Strelitzia: Qual buon vento ti porta online a quest’ora di venerdì?

I piani per la serata sono andati in fumo

E mi prendo una pausa dal lavoro di terapista guardando tanti bei fiori

Strelitzia: Anche io sono in pausa da lavoro

Strelitzia: Sfiancante

Strelitzia: Odio il turno di venerdì sera

Dai, almeno non è sabato

Io lavoro quasi sempre il sabato e la domenica sera

Strelitzia: Che mostro di capo

Nah, l’ho chiesto io

Porta il cibo in tavola

Strelitzia: Il cibo in tavola è importante

Strelitzia: Già che ci siamo, mi consigli un fiore per ottenere il favore di qualcuno?

Il fiore preferito di quella persona

Strelitzia: Lol, giusto

Strelitzia: Allora, nei miei cinque minuti di pausa, di che vuoi parlare?

Ortensie, mi incuriosiscono

Strelitzia: Fiore interessante…

 

Passarono almeno dieci minuti a parlare di fiori, poi Strelitzia fu costrett* ad andarsene.

Max era molto più rilassato dopo quella conversazione.

Però, più parlava con Strelitzia, più si rendeva conto che aveva qualcosa di decisamente familiare, anche se non avrebbe saputo dire cosa.

Ma era come se conoscesse la persona dietro a quel nome.

Scosse la testa, era improbabile.

Tra sette miliardi di persone nel mondo, era del tutto impossibile che avesse incontrato in un sito una persona che conosceva nella vita reale.

Eppure doveva essere abituato alle mistiche coincidenze della sua vita.

 

Lunedì 15 Luglio 

-Questo no, ha una faccia strana!- esclamò Amabelle scuotendo la testa.

-Cosa ha a che fare la faccia con la sua capacità di prendersi cura di un cane?!- chiese Petra, seccata, scartando però il possibile acquirente.

Non è che non avesse capito cosa Amabelle aveva in mente, ma era davvero curiosa di sentire le sue sempre più sciocche scuse.

Erano sole in casa di Petra, perché gli uomini erano a lavoro, e Bonnie a fare shopping. Pertanto avevano portato Charlotte in camera per farla svagare un po’ in compagnia, con loro e Fallon.

-Come la carica dei 101 ci ha insegnato, i cani devono assomigliare ai propri padroni per essere tenuti con cura- Amabelle prese Lottie e se la mise vicino, comparandosi in questo modo a lei, ed esibì gli stessi occhi da cucciolo.

-Quindi dovremmo trovare una vecchietta tenera, dato che Charlotte ha il pelo bianco- Petra finse di non capire il sottotesto dell’affermazione di Amabelle, e tornò al portatile per controllare altre persone che avevano risposto alla sua richiesta.

-È curioso che tu lo dica, proprio ieri ho proposto alla signora Lucie di adottare Lottie, ma purtroppo il cane di Gevvie non è molto amichevole con gli altri animali, quindi ha dovuto rifiutare a malincuore- ammise Amabelle, ripensando alle due adorabili signore della Fiera di New Malfair.

-Peccato, sarebbe stata in ottime mani. Oh, che ne dici di questa ragazza?- Petra girò il portatile per mostrare la foto di una ragazza con i capelli ricci tinti di bianco e gli occhi bicromatici che sembrava praticamente la versione umana di Charlotte.

-No! Quella tipa fa il DAMS con me e mi sta antipatica a pelle- Amabelle cestinò la richiesta senza neanche permettere a Petra di replicare, e l’amica sospirò, seccata.

-Amabelle, dì semplicemente che non vuoi far adottare Lottie, invece di trovare sempre scuse- la provocò, spostando il portatile dalla sua portata per evitare che cancellasse anche il resto delle richieste.

Amabelle fece il muso, e accarezzò il cane.

-Vuoi davvero privarmi dell’unico animale oltre a Fallon che non mi odia?! Non hai un cuore?!- strinse con forza Lottie, che non sembrò affatto seccata dall’affetto estremo, e anzi imitò il suo sguardo afflitto.

Non c’è che dire, erano fatte l’una per l’altra.

-Se sei disposta a nasconderla in casa tua fai quel che vuoi, ma la tieni da me, e Mirren inizia a sospettare qualcosa. Senza contare che se Bonnie la vedesse potrebbe finire molto male- le ricordò Petra.

Amabelle posò il cane a terra, che tornò da Fallon e cominciò a giocare con lei.

Ultimamente Fallon stava molto meglio. Era sempre acciaccata, ma le medicine stavano facendo effetto, ed era l’unica consolazione rimasta a Mirren, quindi Petra era davvero felice che fosse al suo fianco.

-Hai ragione, Petra…- ammise Amabelle, pensierosa.

Petra fu presa in contropiede dalla sua arrendevolezza. Non era affatto un comportamento da Amabelle.

Che il suo litigio con Norman l’avesse fatta maturare, finalmente? 

-Dobbiamo assolutamente cacciare Bonnie da casa! Operazione smatchmakers 2.0 inizierà da adesso!- no… evidentemente no.

Però l’idea di un’operazione smatchmakers non era male, se si trattava di Bonnie.

Il problema, in tutto ciò, era Amabelle.

-Meglio di no, non sei molto brava a separare le coppie, finiresti per farli stare insieme più del normale- la scoraggiò.

-Ow, Tray, mi ferisci! Pensi non sia brava a scoppiare le coppie?- Amabelle tornò a fare il muso.

-No- risposte Petra, franca, tornando a guardare le richieste sul computer.

-Questo significa… che pensi che sia brava ad accoppiare le coppie! Awww, Tray!!- Amabelle fraintese il commento e abbracciò l’amica, che provò a non arrossire ma fallì miseramente.

Non era assolutamente quello il significato del suo messaggio, ma vabbè.

Purché Amabelle non si immischiasse nei fatti di Bonnie e di suo padre.

-Magari potrei aggiungere tuo padre all’operazione Matchmakers, lo faccio innamorare di qualcuno così molla Bonnie!- si propose, provando a battere le mani.

Petra la fermò in tempo.

-Non ci provare nemmeno! Se Bonnie scopre che ha un’altra prima del divorzio si becca tutti i soldi, come da accordo prematrimoniale- spiegò, spaventata dalla possibilità.

Non perché temesse di diventare povera, ma non voleva che Bonnie diventasse troppo ricca.

Era stato un accordo davvero geniale, perché di solito Brogan finiva sempre per lasciare una moglie per un’altra.

Ma Petra e Mirren si stavano battendo molto per impedire che accadesse lo stesso anche a Bonnie.

-Oh… è furba la ragazza- Amabelle si sgonfiò come un palloncino, buttandosi sul letto abbattuta.

-Già, quindi troviamo qualcuno di buono per Charlotte ed evitiamo che Bonnie provi a farle del male- Petra tornò al computer, e incoraggiò Amabelle a fare altrettanto.

-Uffi, io voglio stare con Lottie! E anche Lottie vuole stare con me, vero Lottie?- Amabelle la prese come un peluche, e per tutta risposta Charlotte le leccò il naso, affettuosamente.

-Visto? Mi ama!- Amabelle si fece leccare con gioia. Petra sospirò.

Era passato quasi un mese da quando l’avevano adottata, e Petra iniziava ad affezionarsi davvero tanto alla cucciolotta. 

Era giocosa, piena di energia, affettuosa e dolcissima. Un po’ indisciplinata, ma Petra la stava lentamente addestrando, ed aveva imparato a fare i suoi bisogni in giardino e a non abbaiare a sproposito, un grandissimo risultato.

Ma non poteva tenerla chiusa nella legnaia per sempre. Meritava un padrone affettuoso che potesse darle tutte le attenzioni e lo spazio di cui necessitava.

Ma anche lei, come Amabelle, era sempre più restia a cercare la persona giusta.

Il suono della porta d’ingresso che si apriva, seguito da una voce irritante che parlava al telefono fece sobbalzare le due ragazze, che si affrettarono a nascondere Lottie sotto al letto e ad uscire dalla stanza per controllare.

Facendo spuntare la testa dalle scale, notarono che Bonnie era appena rientrata, con parecchie buste di negozi di marca e il telefono tenuto in equilibrio precario sulla spalla.

Iniziò a salire le scale senza accorgersi delle due ragazze, che si nascosero in fretta in bagno per evitare di essere beccate a spiarla.

-Allora, che facciamo?- chiese sottovoce Amabelle.

-Di solito dopo lo shopping prepara un bagno caldo, sistema i vestiti nell’armadio, e poi si fa un trattamento di bellezza, o qualcosa del genere- spiegò Petra, ricordando le abitudini dell’odiata matrigna.

-Bene, allora che facciamo?- ripetè Amabelle, un po’ preoccupata.

Petra fece spuntare la testa dal bagno e controllò la camera di Bonnie, ovviamente chiusa, dove sicuramente Bonnie era entrata.

Prima che potesse dare il via libera ad Amabelle per tornare in camera sua, la porta della stanza controllata si aprì di scatto, e Bonnie uscì, in accappatoio e ancora parlando al telefono, lasciando la porta socchiusa dietro di sé. Credeva probabilmente di essere sola in casa.

O forse semplicemente non si curava affatto della presenza di Petra e Amabelle.

Petra non si fece comunque vedere, e aspettò che entrasse nel suo bagno privato prima di fare cenno ad Amabelle di seguirla.

Uscirono silenziosamente dal secondo bagno e si avviarono in fretta in camera, chiudendo poi la porta alle proprie spalle.

Entrambe tirarono due profondi sospiri di sollievo simultanei.

-Perché mi è venuta così tanta ansia? Era solo Bonnie- osservò Amabelle, sorpresa.

-Ma se scopre Charlotte è finita, quindi prendila e riportala nella legnaia prima che Bonnie finisca il bagno o torni in camera per qualche motivo- Petra mise fretta all’amica, che si affrettò a piegarsi per prendere Charlotte, lasciata sotto il letto.

Petra rimase a controllare il corridoio per assicurarsi che Bonnie non le vedesse.

Poi accaddero due cose nello stesso istante.

-Petra, Charlotte non è sotto il letto!- esclamò Amabelle preoccupata.

E una palla di pelo bianca passò davanti a Petra, dirigendosi allegramente verso la camera di Bonnie, dove entrò prima che Petra potesse elaborare ciò che aveva visto.

Ci fu un istante di silenzio mentre le informazioni si registravano nella sua mente.

La ragazza si voltò verso Amabelle, che intuì dal suo sguardo cosa aveva appena visto.

-Fancangelica!- poi entrambe imprecarono la loro ship preferita di Gorgeous, e fecero spuntare la testa dalla porta per controllare la camera di Bonnie e il bagno dove la donna era chiusa.

-Va bene, tu controlla Bonnie, io vado a riprendere Lottie- Petra dettò ordini con determinazione, e Amabelle eseguì senza la minima obiezione, anche se la distribuzione dei compiti non era necessariamente la migliore.

Amabelle era goffa e rischiava di farsi beccare. Petra poteva più facilmente distrarre Bonnie nel caso avesse tentato di uscire prima.

Ma Petra si era accorta che Lottie non ascoltava mai gli ordini di Amabelle, quindi era lei ad avere più probabilità di recuperarla velocemente e senza vittime.

Purtroppo, quando entrò con attenzione nella stanza di Bonnie, le vittime c’erano già state. Parecchie vittime, perlopiù vestiti.

E un paio di scarpe.

In parole povere, tutto lo shopping di Bonnie era diventato un insieme di coriandoli.

Come avesse fatto una cagnolina così piccola a fare un macello simile in poco meno di un minuto era inspiegabile, ma continuava ad andare da una parte all’altra facendo casino, e Petra doveva assolutamente fermarla e recuperarla prima che Bonnie tornasse o era la volta buona che faceva fuori sia lei che Petra.

-Charlotte, fermati subito e vieni qui!- le impose, in tono autoritario ma la cagnolina era davvero su di giri.

Lanciò un’occhiata alla porta per controllare il bagno, ma Amabelle era davanti alla porta con l’orecchio appoggiato e la faccia schifata, quindi probabilmente Bonnie stava cantando in vasca, e significava che c’era ancora del tempo.

-Charlotte! Vieni qui!- impose alla cagnolina, alzando un po’ la voce.

La camera, dopotutto, era insonorizzata.

Lottie però non le diede ascolto.

Per fortuna le venne in soccorso Fallon, che la raggiunse quieta, e abbaiò raucamente per rimbrottare la cucciola.

Come sotto una specie di incantesimo, Charlotte smise di correre e abbaiò di rimando.

Petra approfittò della sua distrazione per gettarsi su di lei e afferrarla prima che potesse scappare di nuovo.

Poi ringraziò in fretta Fallon con una carezza sul capo e uscì dalla stanza velocemente, facendo cenno ad Amabelle di raggiungerla per scendere insieme le scale, andare in giardino e nascondere Charlotte.

-Tutto bene?- le chiese Amabelle preoccupata, all’orecchio.

-Le hai dato degli zuccheri?- indagò Petra lanciandole un’occhiataccia.

Il volto colpevole e rosso di Amabelle fu una risposta soddisfacente.

Avevano appena raggiunto la legnaia quando un urlo spaccatimpani le fece sobbalzare.

-Non osare mai più darle degli zuccheri!- esclamò quindi Petra, stringendo forte Charlotte come a proteggerla dalle urla… e per evitare che combinasse qualche altro casino.

-Cosa ha combinato?- chiese Amabelle, confusa e anche molto curiosa.

-L’orrore… l’orrore…- rispose Petra, rabbrividendo per i flashback del Vietnam.

-Avrei tanto voluto vederlo- gli occhi di Amabelle invece erano brillanti e soddisfatti.

E obiettivamente anche Petra era soddisfatta.

Dopotutto aveva appena visto davanti ai suoi occhi il sogno della sua vita. Il pensiero della sofferenza e il fastidio di Bonnie la faceva gongolare con sadico divertimento.

Ma non c’era niente da ridere, se si pensava alle conseguenze.

-Dobbiamo trovare qualcuno che la adotti il prima possibile… e addestrarla anche- commentò, posando il cane esagitato sulla sua cuccia di fortuna e cercando un vecchio giocattolo di Fallon per farla divertire.

-Secondo me ti preoccupi troppo- provò a rassicurarla Amabelle, accarezzando soddisfatta Lottie.

Forse aveva ragione, ma Petra aveva un brutto presentimento.

Sperava davvero che non ci sarebbero state conseguenze troppo gravi per quella bravata.

 

Martedì 16 Luglio

Felix si era preparato a quel momento con ogni fibra della sua concentrazione e impegno. 

Ed era stato davvero difficile, dato che senza l’aiuto di Mirren studiare era sempre stato quasi impossibile, per lui.

Soprattutto in quel momento dove ogni cinque minuti sentiva il bisogno di fare una pausa caffè o sigaretta.

Insomma, dalla rottura momentanea con Mirren la sua vita stava decisamente andando a rotoli.

Ma, grazie a forze misteriose, era comunque riuscito a laurearsi.

Si era distratto un paio di volte durante l’enunciazione della tesi, e aveva rischiato un attacco quando la referente gli aveva chiesto dei ready-made, perché la sua mente era andata a Mirren e al loro litigio, ma alla fine era riuscito a concentrarsi abbastanza, e a portare a casa un sudatissimo 102, che era molto più di quanto si aspettasse considerando il suo percorso discontinuo.

Dopo aver ricevuto i complimenti della famiglia, dei professori, e tutti i gesti di rito necessari prima di uscire definitivamente dall’aula e non rientrare mai più, Felix finalmente riuscì a prendere una boccata d’aria, e la prima cosa che fece, andando in un angolo isolato fuori dall’edificio vicino alle scale antincendio, fu prendere una sigaretta e riordinare le idee.

Il programma per smettere che gli aveva fornito Mirren era ormai stato completamente dimenticato, ma chi poteva biasimarlo? Ultimamente la sua mente era un casino e ne aveva davvero bisogno.

Non quanto aveva bisogno di Mirren, però.

Il loro rapporto era tossico? 

A volte Felix si chiedeva se non dipendessero troppo l’uno dall’altro, o se fosse solo lui a dipendere da Mirren con tale disperazione.

Ma per tutto il tempo che aveva passato dentro quell’aula, non c’era stato un istante in cui la sua mente, tra un argomento, una domanda e una risposta, non avesse pensato distrattamente anche a Mirren.

Ai commenti che avrebbe potuto fare alle varie domande, o al suo modo di formulare le risposte.

O la pacca sulla spalla che sicuramente gli avrebbe dato dopo aver ricevuto il voto finale, accompagnata da un enorme sorriso incoraggiante.

Quando Felix aveva ricevuto la data dell’esame il suo primo pensiero era stato “che bello, è martedì! Mirren può venire e assiste… ah, no”.

Ovviamente non glielo aveva detto, e di conseguenza solo la sua famiglia lo sapeva, perché dirlo a chiunque altro sarebbe equivalso a farlo sapere a Mirren, e non sapeva se in questa possibilità avrebbe temuto più la sua presenza o la sua assenza.

Ma in generale la sua assenza, anche se non era colpa di Mirren, era più dolorosa di quanto si sarebbe aspettato.

Mentre fumava la sua quarta sigaretta della giornata (ed era solo mezzogiorno, maledizione) e rifletteva sui propri sentimenti, cercando di restare lucido, alla fine tutta la determinazione che l’aveva portato ad ignorare Mirren fino a quel momento, nella vana speranza che cambiasse idea e tornasse da lui strisciando, sparì.

Felix fece un profondo sospiro, e prese una decisione finale.

Avrebbe lasciato perdere.

Sì, era finita.

La prossima volta che avrebbe visto Mirren lo avrebbe fermato e gli avrebbe chiesto scusa, proponendogli di tornare amici come prima.

Avrebbe sofferto un po’, all’inizio, ma aveva avuto tempo per rassegnarsi al suo triste destino. Tanto Mirren era troppo rigido per cambiare idea, e non mentiva quando diceva che non sarebbe mai uscito con lui, quindi che senso aveva continuare a lottare?

Gli si spezzò un po’ il cuore nel petto alla prospettiva, ma per la prima volta da quando aveva litigato con Mirren, si sentiva più leggero. 

Perché una vita con Mirren come amico era mille volte meglio di una vita senza Mirren.

La loro amicizia veniva prima di qualsiasi cosa.

Spense la sigaretta quasi finita, e decise di prendere il telefono per scrivergli un messaggio e provare ad organizzare un incontro.

Lo aveva tenuto spento per tutta la durata dell’esame, ma non aspettava alcuna chiamata o messaggio, quindi per poco non gli venne un infarto quando un centinaio di messaggi e chiamate perse lo attendevano all’accensione.

La confusione e curiosità però si trasformarono presto in terrore, leggendo il contenuto di alcuni di quei messaggi.

Il suo cuore gli sprofondò nel petto, e il colore sparì dal suo volto.

-Felix, sei pronto a festeggiare?- chiese sua madre, raggiungendolo in quel momento entusiasta.

Felix non la degnò neanche di una risposta.

Si limitò a porgerle la corona di alloro e lo zaino con la tesi, prima di correre il più velocemente possibile verso la moto.

Qualcosa di terribile era appena successo, aveva una destinazione da raggiungere il più in fretta possibile, e non era proprio il caso di festeggiare.

Sperava solo di non arrivare troppo tardi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

E con questo concludiamo la trilogia dell’”andare avanti”. Uff, non credevo che sarei riuscita a finire il capitolo nei tempi che mi ero impostata, è uscito più lungo di quanto pensassi.

Inoltre sono lieta di informarvi che siamo ufficialmente a metà storia!!! 

Sì, solo a metà storia, ma tranquilli, le domande principali avranno risposta molto presto ;)

Passando al capitolo.

Clover si unisce al gruppo delle persone testarde e stupide che fanno infuriare i fan (gruppo già formato da Denny, Amabelle e Mirren che ricopre anche il ruolo di presidente) ma almeno è perfettamente consapevole di stare facendo una cascata.

Max dovrebbe cambiare major e fare lo psicologo, perché da ottimi consigli (in questo circo di gente matta, testarda e triste, Max è davvero un raggio di sole, dovremmo avere tutto un Max nella nostra vita) e Strelitzia è sempre più sus. 

La scena con Petra, Amabelle e Lottie è stata mezza improvvisata perché volevo un minimo di azione e fluff in mezzo a tutti drammi e sofferenze ed è stata davvero divertente da scrivere. 

E Felix si è finalmente laureato. Bravo il nostro Felix! E vuole parlare con Mirren. Bravissimo il nostro Felix!!

…e ha ricevuto un qualche messaggio di emergenza che gli ha rovinato la giornata.

NOOO!!!

Il prossimo capitolo sarà una montagna russa, soprattutto per i fan Mathenny e Ferren.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Felix riceve pessime notizie, Denny va a trovare Mathi

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Capitolo 28
*** Per ogni chiarimento c'è un fraintendimento ***


Per ogni chiarimento c’è un fraintendimento

 

Martedì 16 Luglio 

Mirren

[10.45]

Felix 

Felix rispondimi

Ho bisogno di aiuto richiamami

Ti prego ho bisogno di te è un’emergenza

Fallon sta male

Non ho la macchina

Ti prego

Ho provato a suonare a casa tua ma non c’è nessuno

Dove siete?

Dove sei?

Non ci sono ambulanze per cani!

Perché non ci sono ambulanze per cani?!

Sono disperato

Ho paura Felix

Ho bisogno di te

Ho davvero davvero bisogno di te

Mi manchi

Non posso farcela senza di te

Sei la mia roccia!

Mi dispiace per quello che ho detto

Ti prego torna

Ti supplico!

[11.12]

Sto andando alla clinica

Petra ha trovato un passaggio

Scusa per prima

Non impensierirti più per me

Ho sbagliato a rivolgermi a te

Non ne ho alcun diritto

Ero nel panico

Ignora tutti i messaggi che ti ho inviato

[11.38]

Siamo alla clinica

Fallon respira appena

Le faranno un’operazione

Spengo il telefono

 

Felix aveva letto i messaggi mentre guidava, comportamento che non incoraggio nessuno di voi a ripetere, e aveva superato parecchi limiti di velocità nella fretta di raggiungere la clinica il più in fretta possibile, altro comportamento che sarebbe meglio evitare.

Oltre i messaggi di Mirren, c’erano una cinquantina di chiamate perse da parte sua e di Petra, e messaggi di semplici insulti da parte di Petra che spaziavano da “Non fare il bambino rispondi!” a “Che **** ti dice il cervello brutto pezzo di **** dove **** sei?!?!?!?!?”

Non aveva prestato particolare attenzione a quei messaggi, se non per sentirsi terribilmente in colpa e terrorizzato per tutta la situazione.

La soddisfazione e gioia per essersi finalmente laureato era completamente sparita, sostituita da una grande agitazione.

Entrò nella clinica come una furia, attirando l’attenzione di tutti i proprietari di animali in attesa, e si guardò intorno cercando Petra, Mirren o Fallon e pregando in cuor suo che fossero ancora lì, perché se erano già andati via e Felix non aveva ricevuto ulteriori messaggi avrebbe temuto il peggio.

Però non ebbe il tempo di temere il peggio, perché Petra gli fu subito davanti, fumante di rabbia.

-Si può sapere dov’eri?!- lo aggredì verbalmente, afferrandogli le spalle e iniziando a scuoterlo.

Si interruppe però immediatamente appena notò che Felix sembrava molto più agitato di lei, stava già piangendo, e soprattutto era vestito estremamente elegante.

Lo lasciò andare e fece un passo indietro.

-Cavolo, eri a un funerale?- suppose, abbassando i toni e facendosi molto più comprensiva.

A sentir nominare un funerale la mente di Felix fece troppe brutte associazioni, e pianse più forte, seppellendo il volto tra le mani e raggiungendo il culmine dei propri sentimenti negativi.

Perché una cosa del genere doveva succedere proprio quel giorno?! Era quasi l’una, perché Fallon ancora non usciva? Dov’era Mirren? E se Fallon fosse morta? Forse sarebbe davvero andato ad un funerale, il suo. Felix non voleva neanche pensarci. 

Qualcuno potrebbe obiettare che era solo un cane, anche parecchio anziano che stava già male. Ma per Felix e Mirren era stata una carissima amica, una compagna di giochi, un supporto emotivo non indifferente per quindici anni della loro vita.

Ed era stato uno degli ultimi regali di nonna Rea prima che si ammalasse.

-Cavolo eri davvero a un funerale? Siediti, Felix, calma, va tutto bene- Petra lo prese di nuovo per le spalle, questa volta più delicatamente, e lo portò verso una sedia della sala d’attesa, per evitare di fare una scenata davanti a tutti.

-No, no, ero alla discussione della tesi- la corresse Felix, asciugando le lacrime al meglio e cercando un fazzoletto per soffiarsi il naso. Non aveva però fazzoletti, erano nella borsa che aveva lasciato a sua madre.

-Mmm, quasi la stessa cosa se si considera quanto sia drammatico per te essere interrogato- Petra la buttò un po’ sul ridere, dandogli qualche pacca sulla spalla.

-Eh eh, hai ragione- ammise Felix, ridacchiando tra sé, per poi tornare a singhiozzare, anche più forte, sentendosi in colpa per aver riso.

Petra gli porse un fazzoletto, e Felix si soffiò il naso.

-Scusa, ho paura per Fallon. Puoi dirmi cosa è successo, esattamente?- chiese, cercando di calmarsi un po’. 

Non sapere le dinamiche di cosa fosse successo era la cosa peggiore, perché non aveva idea di cosa aspettarsi.

Petra sospirò, abbassando lo sguardo.

-Stamattina Fallon non è venuta a mangiare. Così io e Mirren l’abbiamo cercata e io l’ho trovata in giardino. Era dietro la legnaia, e non si muoveva, ma respirava ancora. Penso abbia avuto un attacco simile a quello dell’altra volta, ma il dottore ha detto che è più grave e deve fare una qualche operazione. Mirren è dentro da un po’. Sembra che il tempo non sia stato dalla nostra- raccontò, preoccupata, appoggiando la testa sulle mani.

-È tutta colpa mia- Felix si abbracciò -Se fossi stato disponibile magari avremmo fatto in tempo- le lacrime ricominciarono ad uscire.

-Ehi, non dire così. Intanto non è ancora detta l’ultima, e poi ci abbiamo messo anche molto noi a trovarla. Non diamo colpe- provò a rassicurarlo Petra.

-Fallon stava male gli scorsi giorni?- indagò Felix, chiedendosi se c’era un modo qualsiasi di evitare quell’emergenza.

Petra scosse la testa.

-Ad essere sincera, ultimamente Fallon stava bene, sembrava migliorata. Non ho idea di cosa sia successo- ammise, aggrottando le sopracciglia.

Felix si segnò l’informazione, e allentò il nodo della cravatta che iniziava a sentire sempre più stretto.

Era nervoso, accaldato, stanco e ansioso. Non riusciva a continuare ad aspettare.

-Ti hanno detto quando dovrebbe finire?- chiese a Petra, torturandosi le dita nervosamente.

La ragazza scosse la testa.

-Non so nulla purtroppo, dobbiamo aspettare- lo informò.

-Uff- Felix si alzò, e iniziò a camminare avanti e indietro.

Era troppo teso e troppo iperattivo per una cosa del genere. Il suo disturbo da deficit dell’attenzione non lo rendeva un uomo paziente.

Dopo appena un paio di minuti, già non ce la faceva più.

-Vado un attimo fuori- informò Petra, dirigendosi verso la porta e tastandosi le tasche in cerca delle sigarette.

Non fece in tempo a fare neanche un passo, che la porta che dava alla sala operatoria si aprì, e Felix si girò di scatto, sperando in qualche notizia, possibilmente buona.

Ad entrare nella sala d’attesa fu solo Mirren, con sguardo basso, occhi lucidi, sopracciglia corrugate e labbra sottili.

-Mirren, cosa è successo?- chiese Petra, preoccupata.

Felix non aveva bisogno che rispondesse.

Conosceva fin troppo bene quello sguardo.

Era lo sguardo di quando Mirren cercava, in ogni modo possibile, con ogni briciolo delle sue forze, di non scoppiare a piangere.

Era lo sguardo che aveva fatto quando gli avevano dato la notizia della scomparsa di sua nonna.

E c’era solo un motivo per cui poteva star facendo quello sguardo.

Mirren sollevò la testa, e aprì la bocca per rispondere a Petra, ma non fece uscire neanche un fiato.

Perché incrociò lo sguardo di Felix.

E fu come se il resto della stanza sparisse.

Rimasero solo loro due, e il loro dolore per la perdita appena subita.

Felix corse verso di lui, e lo abbracciò forte, senza pensare neanche un attimo a trattenersi, o a fare un passo indietro. Mirren aveva bisogno di lui, e Felix aveva bisogno di Mirren, e il modo migliore che Felix conosceva per dare e richiedere conforto e partecipazione era un lungo abbraccio consolatorio.

La parte ancora sana di lui si aspettava che Mirren lo spingesse via, o che quantomeno si irrigidisse per il contatto così improvviso, ma il ragazzo lo sorprese, ricambiando quasi immediatamente l’abbraccio, e cominciando a singhiozzare sulla sua spalla, aggrappandosi a lui fino quasi a fargli male mentre affondava le unghie nella sua schiena.

Probabilmente Felix non aveva mai abbracciato Mirren in questo modo, così intimamente, trasmettendo e ricevendo così tanta energia.

Sperava che riuscisse a mitigare il dolore di Mirren come Mirren stava mitigando il suo.

Felix era consapevole che Petra si era alzata ed era al loro fianco, ma non le diede troppe attenzioni.

Era anche consapevole che il dottore, appena arrivato a sua volta in sala d’attesa, stava richiamando Mirren per qualche questione burocratica, ma non diede attenzioni neanche a lui, e per fortuna Petra decise di prendere le redini e lasciare che Mirren si sfogasse.

Rimasero abbracciati per qualche minuto, sfogando il proprio dolore e cercando conforto l’uno nell’altro, poi Mirren si staccò lentamente da lui, e provò ad asciugarsi le lacrime, togliendo gli occhiali che si erano appannati e bagnati.

-Mi dispiace- sussurrò, con voce spezzata, guardandosi intorno per controllare in quanti li stavano fissando.

Gli altri proprietari di animali distolsero immediatamente lo sguardo, o gli fecero un sorrisino triste di partecipazione e conforto.

-È a me che dispiace- Felix non ci provò neanche ad asciugare le lacrime. Sapeva che ne uscivano più di quante ne avrebbe potute togliere -È tutta colpa mia- si commiserò, allontanandosi da Felix e sedendosi nel posto di prima per seppellire il volto tra le mani.

Mirren lo raggiunse.

-La colpa è solo mia. Se avessi preso la patente…- Mirren provò a rigirare la frittata, ma Felix non lo fece finire.

-Se ti avessi detto che oggi mi laureavo non mi avresti cercato, perdendo tempo. È solo colpa mia!- insistette.

-Ti… ti sei laureato?- chiese Mirren, sorpreso, rasserenandosi leggermente, e guardandolo orgoglioso.

Felix scosse la testa.

-Non è importante adesso- provò a togliere il riflettore da lui e tornare alla sua colpevolezza. Non avrebbe dovuto neanche rivelare l’informazione, ma aveva bisogno di giustificare la sua assenza.

-Quanto hai preso?- Mirren però si aggrappò alla nuova notizia, e Felix intuì che era il suo modo di distrarsi per mantenere una parvenza di dignità e compostezza.

Decise di assecondarlo, anche se pensare all’esame lo faceva sentire ancora più in colpa.

-102- rispose, un po’ deluso.

-Congratulazioni- Mirren gli diede una pacca sulla spalla, e accennò un sorriso incoraggiante.

Esattamente la reazione che Felix si aspettava da lui, se si escludevano gli occhi lucidi e tristi.

Sentì un magone enorme alla bocca dello stomaco.

-Mi sei mancato tantissimo, Mirren- ammise, prendendogli la mano e stringendola al petto.

Questa volta Mirren si irrigidì leggermente, ma si rilassò quasi subito, e lo lasciò fare.

-Anche tu… anche tu, tantissimo- rispose, avvicinandosi all’amico e posando la testa sulla sua spalla.

Probabilmente presto avrebbero dovuto parlare di quanto successo più di un mese prima, Felix sapeva di dover fare un passo indietro, e si rassegnò definitivamente al fatto che non avrebbe mai ricevuto una confessione romantica da Mirren. 

Ma andava bene così.

Finché poteva restare nella vita del suo migliore amico, ed essere capace di rassicurarlo e stargli vicino, avrebbe accettato la friendzone.

E comunque, i discorsi potevano aspettare. Al momento bastava che stessero insieme ad affrontare il lutto.

Rimasero così fino al ritorno di Petra, e Felix restò al fianco di Mirren per tutto il tempo necessario a riempire carte, programmare un trasporto e recuperare un minimo di serenità mentale.

Era il minimo che potesse fare dopo averlo abbandonato per più di un mese.

Il minimo che potesse fare per omaggiare Fallon Hart, il cane più gentile, intelligente, adorabile e migliore del mondo, in ogni sua sfaccettatura.

Avrebbe per sempre portato nel cuore il ricordo di quella carissima compagna di giochi e portatrice di affetto.

 

Sabato 20 Luglio 

Denny era determinato!

Erano passati venti giorni, svariati pianti, moltissima insicurezza e parecchie ore di fila di videogiochi per distrarsi, contornati da serie tv e infiocchettati con ricerche su internet del calibro di “Se un tuo amico ti bacia dopo che lo hai baciato anche tu e ti piace anche se sei etero che significa?” la cui risposta unanime era stata “Non sei etero, bro”

E Denny, per quanto ci provasse, non riusciva più a negare l’ovvio.

Poteva essere in denial quanto gli pareva, ma c’era un limite alla sua idiozia, limite che finalmente aveva superato.

Pertanto era determinato ad andare da Mathi e ammettere di essere g… no, non riusciva ancora a dirlo neanche a sé stesso, ma si era nascosto per venti giorni, e magari lo sguardo gentile e rassicurante di Mathi gli avrebbe dato la forza di confessarsi.

E capire anche senza dubbio alcuno se fosse gay, bisessuale o un etero un po’ confuso perché privato di affetto.

Contemplava con speranza l’ultima opzione, sebbene fosse ormai la più lontana, ma voleva andare da Mathi, guardarlo negli occhi, e provare a stare con lui.

Lentamente, un passo alla volta, magari segretamente all’inizio.

Senza magari, non aveva intenzione di dire nulla a nessun altro, questo era certo.

Ma Mathi gli piaceva davvero, davvero tanto, più di qualsiasi altra persona avesse mai incontrato, e non voleva allontanarlo per colpa della sua ansia.

Se ne parlavano insieme e si confrontavano sulla faccenda potevano risolvere tutto, e Denny poteva capirci qualcosa. Non c’era al mondo qualcuno di migliore di lui per risolvere tutti i dubbi di Denny. Gliel’aveva detto anche Max. Era stato il suo ex ragazzo a fargli capire i propri sentimenti.

Sarebbe andato tutto bene. Doveva andare tutto bene.

In ogni caso era arrivato nel dormitorio di Mathi pieno di speranza e determinazione, ed era salito i tre piani di scale fino alla sua camera quasi saltellando.

Si sentiva già più leggero, in parte, perché era un grande passo in avanti per lui affrontare il problema dopo essersi autocommiserato per venti giorni.

Doveva proprio premiarsi per questo.

Sì, magari poteva fare un salto al Corona, prendersi una torta, mangiare suddetta torta, rendersi conto che mannaggia era troppo tardi per parlare con Mathi e rimandare la confessione.

Fu quasi in procinto di fare dietro front e abbandonare tutto, ma si interruppe.

Lo faceva da tre giorni, e stava mettendo su peso con tutte le torte che mangiava. Quel giorno sarebbe stato il giorno giusto! Non era contemplato che fallisse.

E doveva fare in fretta, perché nel pomeriggio c’era il funerale di Fallon, e non voleva mancare.

Non aveva mai visto Mirren così triste, essere presente per rassicurarlo un po’ era il minimo che Denny potesse fare.

Alla fine continuò l’ascesa verso la sua probabile futura distruzione, e arrivò davanti alla porta della camera di Mathi prima di accorgersene del tutto.

Il corridoio intorno a lui era vuoto, Denny prese un profondo respiro prima di avvicinarsi alla porta. Sollevò la mano per bussare…

-…almeno hai chiuso con il finto etero. Poteva diventare pericoloso- la fine di una frase pronunciata da una voce non molto conosciuta che probabilmente apparteneva a Duke lo fermò prima che si decidesse a battere sulla porta.

Aggrottò le sopracciglia, un po’ offeso.

Come si permetteva a dargli del finto etero?! …okay, probabilmente era vero. E non era il primo a dirlo. Ma un conto era la Corona Crew, un conto era quel tipo sconosciuto!

Le guance di Denny si imporporarono, e fu lì lì per entrare nella stanza ed obiettare che era davvero etero, o scappare a gambe levate, prendere una torta al Corona e rimandare per la quarta volta.

Poi la seconda parte della frase venne registrata dalla sua mente, e lo tenne lì, ancorato sul posto, con il braccio ancora sollevato pronto a bussare nonostante non ne avesse più la minima intenzione.

Pericoloso? Esattamente cosa poteva diventare pericoloso? Che c’entrava lui con il pericolo? Denny era tutto il contrario di pericolo. Si teneva a debita distanza da qualsiasi pericolo.

Qualcosa non tornava.

Denny abbassò il braccio e si accostò alla porta, evitando di fare rumore e cercando di capire il contesto del discorso.

Non era un impiccione, ma quella conversazione lo riguardava in prima persona.

-Perché devi tirare in ballo Denny? Stiamo parlando di Apollo, e per risponderti, non c’è nessuna regola che vieta di avere un animale domestico!- fu la risposta di Mathi alla provocazione precedente. Il suo tono faceva ben intendere che era davvero sulla difensiva… e stanco.

Sembrava molto stanco.

Denny sperava di non esserne la causa, ma probabilmente era colpa del razzismo… coniglismo… di Duke.

Come si permetteva ad insultare Apollo?! Il coniglio più carino e intelligente del mondo?!

Denny fu di nuovo in procinto di entrare e dirne quattro a Duke, ma non era un tipo impulsivo, e preferiva sempre analizzare bene la situazione prima di intervenire. 

Perciò rimase in ascolto.

-Oh, e allora perché lo tieni nascosto a Will?- lo provocò Duke, in tono di evidente superiorità.

Chi era Will? Denny non l’aveva mai sentito nominare.

Mathi non rispose per qualche secondo.

-Will non è il capo supremo dell’agenzia- borbottò poi, senza trovare argomentazioni convincenti.

…agenzia? Che agenzia? Ma di che diavolo stavano parlando quei due.

Se Denny non avesse imparato a riconoscere la voce di Mathi in ogni sua sfaccettatura, si sarebbe convinto di aver sbagliato stanza.

Ma riconosceva perfettamente la voce di Mathi. E come non avrebbe potuto, era una voce davvero bellissima. Bassa e rassicurante, ma anche divertente, e attraente, e… no, si stava distraendo. Da quando aveva iniziato a mettere seriamente in dubbio la propria sessualità, i suoi pensieri stavano diventando sempre meno etero, doveva darsi una calmata.

Soprattutto adesso che stava origliando l’oggetto del suo desiderio parlare di un altro uomo con il suo compagno di stanza.

Denny non sapeva se essere preoccupato o geloso o entrambe le cose.

Preferì continuare ad ascoltare prima di dare giudizi avventati.

-Ma è il nostro capo, almeno adesso che siamo in università. E fidati, continuerà ad esserlo anche dopo, quando inizieremo le missioni di infiltrazione più serie. E dato che andremo da una parte all’altra del globo non ti conviene tenere un coniglio. Perché non lo regali a uno qualsiasi di quel gruppetto e smetti di girarci attorno?- propose Duke, esasperato.

…missioni di infiltrazione?

…una parte all’altra del globo?

Era… era una qualche specie di scherzo? O linguaggio in codice?

Denny iniziò seriamente a valutare l’idea di scappare, ma era congelato sul posto, troppo confuso e spaventato per muoversi.

-Un coniglio si trasporta facilmente- borbottò Mathi, Denny a malapena lo sentì da dietro la porta.

-Stai scherzando, vero?- Duke sospirò, sempre più esasperato -Quelli come noi non possono aggrapparsi alle cose effimere come animali domestici, amici o familiari. Ti devo ricordare le regole dell’agenzia?! Accetto il coniglio mentre siamo qui perché sono gli ultimi mesi prima di diventare ufficialmente agenti, ma non pensare neanche per un secondo che ti coprirò anche dopo essere tornati alla base operativa!- lo minacciò, alzando leggermente la voce e facendo così capire ogni parola a Denny.

Parole che però non vennero registrate dal suo cervello, perché troppo incomprensibili per essere elaborate.

…ufficialmente agenti?

…base operativa?

Mathi non rispose per almeno un minuto.

-Le so le regole dell’agenzia- borbottò infine, di nuovo molto tra sé, e Denny riuscì a sentire a stento.

Avrebbe voluto sentirlo bene.

Avrebbe voluto sentire qualcosa del tipo “Ma di che stai parlando?” o “Vabbè, concludiamo D&D per oggi”.

Ma non sembrava proprio un gioco di ruolo di qualche tipo.

La faccenda era terribilmente seria, e spaventosa.

-Bene, regola numero 5?- lo interrogò Duke, scettico.

-Siamo fantasmi, che arrivano, ottengono informazioni, e scompaiono senza lasciare traccia. Non possiamo permettere di venire ricordati, o stringere rapporti…- Mathi interruppe la declamazione, sospirando -Duke, lo so, va bene? So di aver infranto parecchie regole da quando sono qui, ma era un rischio calcolato. Non ho mai detto il mio vero nome, e non ho lasciato prove compromettenti. E ora è finita. Quindi non c’è bisogno di fare rapporto a Will. Metterò Apollo in adozione, okay? Ma a settembre, quando andremo via da qui e diventeremo spie certificate- il tono di Mathi aveva una sfumatura professionale e indifferente che Denny non gli aveva mai sentito emettere.

E le sue parole erano come pugnalate nel suo stomaco.

…spie certificate? 

…prove? 

Non aveva detto il suo vero nome?!

Chi diavolo era Mathi?! 

Di chi di era innamorato Denny?! 

Se il ragazzo non avesse avuto troppa paura di essere beccato, probabilmente sarebbe scappato davvero, questa volta.

Aveva sentito abbastanza, non voleva udire nulla di più.

Ma il suo corpo si rifiutava di muoversi.

Probabilmente perché la sua mente era troppo occupata a ripensare a piccoli momenti a cui non aveva mai dato importanza ma che si stavano ripresentando tutti insieme.

A come Mathi si era rabbuiato pensando a sua sorella, che non aveva più citato da allora. Ovvio che non l’avesse citata, probabilmente non aveva alcun rapporto con lei!

A quanto abile fosse come hacker. Denny l’aveva sempre trovato un hobby un po’ inusuale, ma era ovvio che fosse eccellente, se raccoglieva informazioni di professione.

Forse anche i suoi trucchi magici erano abilità del mestiere.

Ogni volta che facevano delle foto si nascondeva, o le faceva con il proprio telefono.

E in generale Mathi aveva sempre evitato a tutti i costi di parlare di sé stesso, della sua casa, o della sua famiglia.

Fino a venti giorni prima Denny non sapeva neanche che fosse orfano.

Erano molte di più le cose che non sapeva rispetto a quelle che sapeva.

E si era comunque innamorato di lui.

Denny si sentiva la persona più stupida del mondo.

-Regola numero 2?- Duke non sembrava convinto dalla fedeltà di Mathi, e continuò a testarlo.

-Nessuno deve sapere del nostro lavoro, né sospettare del nostro lavoro. L’agenzia è un segreto, e se qualcuno dovesse venire a saperlo…-Mathi si interruppe -Duke, nessuno sospetta niente! Non ho detto nulla a Denny!- esclamò, isterico.

La paura di Denny non fece che aumentare.

Se qualcuno dovesse venire a saperlo… cosa?! Cosa sarebbe capitato?!

Un momento, ora Denny sapeva.

…adesso sì che stava per avere un attacco di panico.

E non riusciva comunque a muoversi.

-Lo spero per te. Perché se Will dovesse sospettare qualcosa… sappiamo entrambi come diventa quando ha la possibilità di fare del suo peggio- lo minacciò Duke.

Anche se più che altro era una minaccia implicita verso Denny.

Non conosceva quel Will, ma sperava davvero di non incontrarlo mai.

Anzi, non voleva incontrare mai più neanche Mathi, o Duke.

Aveva paura, aveva davvero tanta paura.

E si sentiva ferito nel profondo.

Perché se Mathi l’avesse considerato davvero suo amico non lo avrebbe mai esposto ad un rischio simile.

Diamine, sapeva quanto Denny fosse ansioso. Perché gli aveva permesso di avvicinarsi a lui?! Perché aveva permesso alla Corona Crew di avvicinarsi a lui mettendola in pericolo?! Quanto poteva essere egoista?!

Iniziò ad indietreggiare il più lentamente e silenziosamente possibile, voleva scappare da quella conversazione.

Le parole successive di Mathi, però, lo fermarono di nuovo sul posto.

Anche perché aveva alzato la voce abbastanza da farsi sentire anche se Denny non aveva l’orecchio appoggiato alla porta.

-Si può sapere perché adesso sei così preoccupato per questa faccenda?! È finita, è stato divertente, e non ho intenzione di rivedere più nessuno, specialmente Denny!- esclamò con convinzione.

-È proprio questo a preoccuparmi. Fino a poche settimane fa eri testardamente appiccicato a quel ragazzo, e all’improvviso ti sei allontanato. Non posso che temere che gli hai involontariamente rivelato qualcosa. O che Will ti abbia visto in sua compagnia. E vorrei che me lo dicessi, perché non ho intenzione di finire ucciso o arrestato solo per averti coperto- obiettò Duke.

U_u_ucciso?!

Era una possibilità?!

MA IN CHE DIAMINE DI SITUAZIONE SI ERA CACCIATO?!

Denny aveva sentito abbastanza.

Fine, stop, hasta la vista baby! 

Non aveva la minima intenzione di restare lì a farsi venire l’ansia di essere beccato e soprattutto non aveva intenzione di rivedere mai più Mathi.

Il suo cuore stava sanguinando, ma la via del coniglio era molto più semplice. E in una situazione del genere, chi avrebbe potuto biasimarlo.

Indietreggiò di qualche altro passo.

-Sei paranoico, Duke. Il motivo per cui ho tagliato i ponti con tutti è che mi stavo annoiando- mentre Denny si ritirava lentamente per evitare di fare rumore e allertare i due, la conversazione continuava, e i toni si alzavano.

-Ah sì? Elabora questa abnorme stupidaggine- lo incoraggiò Duke, sbuffando.

-Devo elaborare, ed elaborerò. Non so cosa ti sia sembrato, ma non provo e non ho mai provato assolutamente nulla per Denny, né per il resto della Corona Crew!- esclamò Mathi, con convinzione.

La fuga di Denny si interruppe.

Avrebbe dovuto essere più rapido.

Perché nonostante la sua decisione di allontanarsi da Mathi, nonostante la sua paura per i suoi affari loschi, e la sua enorme rabbia nei suoi confronti per averlo messo in pericolo, il ragazzo era giunto davanti a quella stanza con l’ormai convinzione di essersi preso quantomeno una cotta per Mathi.

E sicuramente, in ogni caso, una bellissima e importante amicizia.

Mathi era stato importantissimo per lui in quei mesi, gli aveva confidato le sue maggiori debolezze, le sue paure più profonde. Avevano riso e pianto insieme, come Denny non aveva mai fatto con nessuno.

E Mathi aveva detto le parole che Denny temeva di più sentire.

-Certo, come no, dicono tutti così. Pensi che io sia uscito da un film?! Se vuoi convincere Will dovrai fare meglio di così- Denny non sentì bene questa risposta di Duke, ma la immaginò dal contesto, dato che la replica di Mathi fu la seguente.

-Non devo convincere Will, né te. Ti sto soltanto dicendo la verità. Va bene, mi sono lasciato un po’ trasportare dal divertimento, le uscite e quant’altro, ma siamo all’università, a settembre andremo via per sempre, senza lasciare traccia, ed è l’ultima opportunità di fare i ragazzi della nostra età. Volevo solo svagarmi con un gruppo di amici, e fingere di avere un migliore amico. Denny era perfetto per lo scopo. Un ansioso e stupido ragazzino inconsapevole di tutto perché troppo tonto per arrivarci, e così desideroso di affetto da buttarsi addosso a me senza pensare neanche per un secondo che il mio comportamento nei suoi confronti era solo una recita messa su per confonderlo e fargli abbassare la guardia. Diciamo una prova generale per quando dovrò farlo di professione. Ma alla lunga è diventato pesante, noioso e fin troppo appiccicoso, e onestamente sono felice di essermi allontanato da lui e dalla sua banda di perdenti- la voce di Mathi era spietata, indifferente, completamente priva di qualsivoglia emozione se non una punta di crudele scherno, e per Denny fu come ricevere una pugnalata in pieno petto.

Più ascoltava quelle crudeli parole che gli arrivavano dritte al cuore nonostante la distanza, più indietreggiava inconsapevolmente per cercare di sottrarsi ad esse, mantenendo nel frattempo la mano sulla bocca per evitare che i suoi singhiozzi tradissero la sua presenza.

Purtroppo non aveva fatto i conti con l’estintore che si approcciava alle sue spalle, appeso al muro, e su cui andò a sbattere nella sua fretta di indietreggiare senza guardare dove andava.

Niente di grave, all’apparenza. Andare a sbattere contro un estintore non significava necessariamente fare abbastanza rumore da attirare l’attenzione di due persone che discutevano a voce alta in una stanza chiusa.

Purtroppo l’estintore cadde a terra, e Denny aveva i nervi così a fior di pelle che urlò senza riuscire a trattenersi, facendo un salto indietro e rivelando completamente la propria presenza non solo alle due spie che discutevano in camera di faccende top secret che Denny non avrebbe dovuto conoscere pena probabilmente la morte, ma anche dell’intero edificio.

Ed infatti, prima che Denny potesse riprendersi dallo shock e scappare a gambe levate, parecchie teste spuntarono lungo il corridoio, riempiendolo di mormorii.

Tra queste teste, l’unica che colpì davvero Denny fu quella inconfondibile di Mathi, che era bello e attraente come sempre nonostante ora Denny lo odiasse.

-Tutto bene?!- chiese prima ancora di accorgersi di chi fosse l’idiota che aveva urlato solo per aver fatto cadere un maledetto estintore.

Poi gli sguardi dei due ragazzi si incrociarono, e quando Mathi notò gli occhi rossi e pieni di lacrime di Denny e la sua espressione ferita e sconvolta, il suo volto si fece immediatamente pallido, e sgranò gli occhi, non nascondendo un evidente terrore.

-Che è successo?- prima che Mathi potesse chiudere la porta, come sembrava in procinto di fare, la testa di Duke spuntò dalla camera, e alzò le sopracciglia appena notò Denny.

-Oh…- commentò solo, con un’occhiata dispiaciuta, come se desse Denny già per spacciato e simpatizzasse con la sua cattiva sorte.

Denny evitò lo sguardo di entrambi, fece dietro front, e riuscì infine a fare ciò che avrebbe dovuto fare fin dall’inizio: scappare a gambe levate e non voltarsi mai più indietro.

-Denny, aspetta!- Mathi però fu più veloce, e lo prese per un polso prima che Denny potesse percorrere più di qualche metro.

Denny era troppo debole per opporsi, nonostante anche Mathi non sembrasse troppo convinto nel trattenerlo.

La sua mano, infatti, sembrava tremare vistosamente. O forse era solo Denny a tremare come un chihuahua iperattivo.

-Da quanto eri lì?- chiese, poi, indagatore ma principalmente preoccupato.

Denny non aveva proprio la forza per guardarlo negli occhi, ma dall’intonazione della voce intuì il sottotesto della domanda “Quanto hai sentito? Sai dell’agenzia?”

Se lui e Duke avessero scoperto che Denny aveva sentito buona parte del loro discorso, avrebbero potuto ucciderlo… o imprigionarlo… o ucciderlo!

C’era solo una cosa da fare.

Fingere fino alla morte di non aver sentito assolutamente nulla di compromettente.

Scosse la testa, e liberò con uno strattone il braccio.

-Ero venuto a parlarti, per scusarmi, e ti ho sentito urlare dal corridoio. Non volevo disturbare il tuo adorabile monologo su quanto io ti faccia schifo, quindi me ne stavo andando. E francamente non ho alcuna intenzione di vederti, mai più! Quindi tranquillo, non sarò più appiccicoso!- esclamò, in tono acuto, attirando l’attenzione di tutti quelli che avevano fatto spuntare la testa nel corridoio, e anche di quelli che non l’avevano ancora fatto, che puntualmente si unirono al coro.

-D_Dan…- Mathi si ritirò, come scottato, era chiaramente ferito, ma nei suoi occhi c’era anche un evidente sollievo.

Sì, Denny doveva continuare a fingere ignoranza.

Fingere di essere ferito solo dalle sue ultime parole, e non spaventato dalle prime.

Sentiva lo sguardo penetrante e poco convinto di Duke sulla sua nuca, ma non doveva importargli.

-Ti odio, Mathi!- concluse, calciando verso di lui l’estintore ancora a terra per scoraggiarlo dal seguirlo, e correndo poi via da quella situazione il più in fretta possibile.

Non si era mai sentito così ansioso e spaventato in tutta la sua vita, e ad essere onesto era stupito di non essere stato beccato prima, perché probabilmente il battito forsennato del suo cuore si sentiva per tutta la città.

Ma la cosa peggiore, era che nonostante tutto, il desiderio più bruciante di Denny era quello di tornare lì, parlare con Mathi, e provare ad aiutarlo.

Perché non credeva, neanche per un attimo, che per Mathi il tempo passato insieme fosse stato solo un gioco.

Non poteva crederci.

Duke aveva ragione, quella scusa era usata sempre nei film, e neanche il migliore attore del mondo avrebbe potuto fingere l’affetto sincero che Mathi aveva mostrato per Denny in quei mesi.

Ma ciò non cambiava la realtà dei fatti, che Mathi l’aveva comunque messo in pericolo. Anzi, probabilmente peggiorava solo la situazione.

E Denny non sapeva più in cosa credere.

Scendendo le scale senza vedere bene dove stesse andando, e con le lacrime che gli coprivano la vista, non si rese conto dell’uomo che arrivava nella direzione opposta, e finì per sbatterci contro.

Curiosamente, l’angolo d’impatto era lo stesso dove si erano incrociati Clover e Mathi, due settimane prima, ma questa volta Denny non cadde all’indietro rischiando di sbattere la testa sulle scale, ma venne immediatamente sorretto dalla forti braccia dell’uomo davanti a lui, che lo strinsero con forza sul suo petto muscoloso, per evitare di perdere l’equilibrio.

-Mi scusi, mi scusi tanto!- esclamò Denny mortificato, asciugandosi le lacrime al meglio e cercando di non bagnare anche lui.

-Non preoccuparti. Va tutto bene?- chiese l’uomo, in tono gentile, prendendo il volto di Denny e osservandolo preoccupato.

Sembrava avere sulla trentina, afroamericano, con profondi occhi neri che per qualche motivo attorcigliavano lo stomaco di Denny.

Si liberò dalla sua presa, per niente abituato ad un contatto così improvviso.

-Sì, tutto bene. Devo andare, ho un funerale questo pomeriggio!- si ritirò dalla conversazione, superandolo e andando via il più in fretta possibile. Sentì anche lo sguardo dello sconosciuto dietro la schiena, ma provò ad ignorarlo e non sentirsi in colpa per essere stato così rude.

Dopotutto era vero che c’era il funerale di Fallon in un paio d’ore, ma onestamente Denny non aveva più intenzione di andarci.

Voleva soltanto tornare a casa, rinchiudersi dentro le coperte, e piangere fino a morire disidratato.

Sapeva di dover elaborare un piano d’azione per la situazione, ma non aveva la forza di pensare a nulla.

Aveva superato il tetto di informazioni possibili, e aveva ancora tanta confusione dalla sua ultima crisi, anche se i dubbi sulla propria sessualità, al momento, erano quasi insignificanti.

Okay, era gay, wow, che rivelazione! 

C’erano problemi molto peggiori da affrontare.

Tipo il fatto che Denny aveva appena affrontato il pomeriggio peggiore della sua vita.

Allora, cinque cose che poteva vedere…

 

Anche il pomeriggio di Mirren non era stato dei migliori, anche se per motivi completamente diversi.

Dato che avevano seppellito Fallon con una piccola cerimonia in compagnia della Corona Crew.

Era durata circa un’oretta, e al momento erano tutti dentro casa a scambiarsi aneddoti e bere qualcosa.

Beh, tutti tranne Mirren, che stava prendendo un po’ d’aria sull’altalena del giardino, cercando di non pensare al commento di Bonnie, che aveva considerato quella “festa” inappropriata, esagerata e stupida.

Alla fine il compromesso trovato dal padre era stato di portare Bonnie alle terme mentre Mirren seppelliva Fallon.

Tsk, Fallon era in famiglia dal triplo del tempo di Bonnie e suo padre la trattava come se fosse un giocattolo che si era appena rotto.

Solo al pensiero gli occhi di Mirren si riempivano di lacrime.

Quello era senza ombra di dubbio il periodo peggiore della sua vita. Se la batteva con la morte di sua nonna.

Ma almeno quando sua nonna lo aveva lasciato, i rapporti con Felix erano stretti come non mai, Fallon era al suo fianco, e non c’era nessuna Bonnie.

Inoltre nonna Rea ogni tanto continuava ad apparirgli in sogno, di solito per insultarlo per le sue scelte di vita o per mostrargli il terribile futuro che avrebbe vissuto continuando così.

L’aveva sognata proprio il giorno prima della morte di Fallon, quando l’aveva avvertito di non avere più molto tempo prima che fosse troppo tardi per cambiare il suo rapporto con Felix.

E l’aveva portato in un estenuante viaggio astrale lungo il suo futuro dove aveva visto Felix sposarsi, avere figli, e crollare sofferente tra le sue braccia in almeno venti dimensioni diverse.

Odiava quel tipo di sogni. Non credeva necessariamente che fossero veri, ma erano abbastanza lucidi da stancarlo anche quando avrebbe dovuto riposarsi. Inoltre, da quando aveva litigato con Felix, non riusciva a dormire più di qualche ora a notte, sempre per colpa del sogno dell’altalena.

Partiva sempre con lui e Felix sull’altalena dove Mirren si era seduto al momento, e finiva con Felix che si alzava e se ne andava via per sempre… circa… perché Mirren sbagliava la risposta alla sua domanda.

Beh, non proprio, di solito Felix gli chiedeva “Amici come prima?” dopo un lungo discorso di scuse e Mirren rispondeva sì, permettendo alla sua vita di andare sul binario che da sempre aveva considerato giusto.

Sua nonna non la vedeva così.

Mirren sospirò, e si prese il volto tra le mani.

Aveva proprio bisogno di un sonno senza sogni.

-Mirr, come va?- una voce molto familiare lo riscosse dai suoi pensieri.

-Come pensi che vada, Felix?- rispose sarcastico, sospirando triste.

-Hai ragione. Domanda stupida. Che periodo orrendo- anche Felix sospirò, e si sedette sull’altalena accanto alla sua.

Deja-vu. Erano sempre in quella posizione nel sogno che Mirren faceva ogni notte.

Ma non ci diede troppo peso. Erano sempre in quella posizione, punto. Almeno ogni volta che si sedevano sull’altalena, cosa che era capitata piuttosto spesso da quando l’altalena era stata sistemata lì.

Rimasero qualche secondo in silenzio. Mirren ancora con il volto poggiato sulle mani, Felix dondolando leggermente.

-Ricordi la prima volta che tua nonna ti ha preso Fallon?- Felix interruppe il silenzio iniziando un aneddoto.

-Sono stato svegliato da nonna e papà che litigavano. Petra era al campo estivo e noi avevamo finito da poco le elementari- ricordò Mirren, pensando a quel giorno.

-Già, la sera prima avevamo fatto un pigiama party quindi c’ero anche io. Era l’anniversario della morte di tua madre, per questo nonna Rea ti ha voluto regalare un cucciolo- aggiunse Felix, sorridendo al ricordo.

-Vero, l’avevo scordato. Era anche un regalo per la fine delle elementari. Ero uscito con il massimo dei voti- si vantò, spostando le mani da davanti al viso e sorridendo a sua volta.

-Siamo scesi preoccupati perché tua nonna soffriva di pressione alta, e non doveva urlare- continuò Felix, sforzando la memoria.

-Siamo rimasti sulle scale perché avevi paura di essere rimproverato anche tu- gli ricordò Mirren, prendendolo in giro.

-Non ero il solo!- Felix gli fece una linguaccia -E poi abbiamo visto che tua nonna aveva un cane tra le braccia- 

-Ed è stato…- Mirren sospirò.

-Amore a prima vista- conclusero insieme, ricordando i bei tempi.

-Era così piccola- commentò Mirren, incredulo di come quel batuffolo di pelo potesse essere diventata un cane di quella stazza.

-Tuo padre si è accorto di come la guardavamo, e alla fine ha ceduto a tenerla, anche se non era convinto- 

-E quell’estate è stata la più divertente del mondo- Mirren si accorse che aveva ricominciato a piangere solo quando alcune lacrime gli bagnarono le mani, e si affrettò ad asciugarle. Rischiava di disidratarsi troppo se continuava così.

In realtà aveva pensato di cedere al volere del padre e non accettare il regalo, ma poi sua nonna l’aveva convinto. Era stata la decisione migliore della sua vita.

-È sempre stata lì quando avevamo bisogno di lei, e io non ci sono stato…- Felix si incupì, e smise di dondolarsi.

Mirren combatté l’impulso di mettergli il braccio intorno alle spalle. 

Non lo fece neanche rendendosene conto. Era diventato solo troppo normale per lui combattere i propri istinti.

Ma provò a rassicurarlo a parole.

-Non è stata colpa tua- gli ripeté per l’ennesima volta.

Doveva ammettere che, soprattutto all’inizio, quando doveva portare Fallon dal veterinario e non c’era il passaggio, si era davvero arrabbiato con Felix, e l’aveva considerato responsabile.

Ma nell’istante in cui l’aveva visto, preoccupato e devastato quanto lui, tutta la rabbia che aveva provato era evaporata completamente.

E ora che ci pensava logicamente, si era reso conto che nessuno aveva colpe. Fallon stava male da parecchio, Mirren doveva stare più attento, e il tempo che avevano perso non l’avrebbe comunque salvata.

-Non riesco a credere che sia stato questo a farci riunire- borbottò Felix, molto tra sé.

Ah… quindi ne avrebbero parlato?

Gli ultimi giorni avevano fatto come se non fosse successo niente tra loro, e dato che entrambi erano in lutto, era stato perfetto così.

Ma Mirren sapeva, in cuor suo, che prima o poi il discorso sarebbe uscito fuori.

Non poteva scappare in eterno.

E prima parlavano, prima tutto sarebbe tornato come prima in maniera definitiva.

…ma Mirren voleva davvero che tornasse tutto come prima?

L’immagine di una casa vuota con solo un pianoforte e parecchio alcool gli tornò in mente. Il futuro che sua nonna in sogno aveva predetto per lui.

Era davvero quello il futuro che voleva vivere?

Scosse la testa, cercando di non pensarci. Era un inganno della sua mente, non doveva lasciarsi suggestionare.

-Volevo avvicinarmi prima, ma temevo di infastidirti, dato che avevi bisogno di tempo- si giustificò, senza prendere posizioni troppo decise, e lasciando che fosse Felix ad introdurre meglio il discorso.

Mirren decise che se Felix avesse insistito con la sua cotta, Mirren si sarebbe buttato, se avesse chiesto di restare solo amici, come d’altronde gli chiedeva sempre in sogno, avrebbe ceduto all’idea di un futuro prevedibile senza di lui.

Un giusto compromesso, giusto, nonna Rea?

Lasciamo decidere a Felix.

Riusciva quasi a sentire gli insulti coloriti di sua nonna, ma cercò di liberare la mente.

-Beh… grazie, sei stato sensibile- la voce di Felix aveva un velato sarcasmo, ma Mirren finse di non coglierlo.

Rimase in silenzio, incoraggiandolo a continuare.

Felix sospirò.

-Comunque hai fatto bene, ho pensato molto questi giorni, e probabilmente mi sono comportato in maniera un po’ infantile….-

Mai quanto Mirren.

-…e sono stato un po’ drastico…-

Per colpa della testardaggine di Mirren.

-…e quindi mi dispiace di essere stato così insistente su tutta la faccenda. Tu sei sempre il mio migliore amico, e non voglio perderti per questo, quindi…-

Aspetta un momento…

-Amici come prima?- Felix sorrise, e gli porse la mano per sancire l’accordo.

Mirren però era congelato sul posto.

Erano le stesse esatte parole che gli aveva detto in sogno così tante volte da fargli venire la nausea.

E ogni singola volta, Mirren aveva risposto “Certamente, anche tu sei e sarai sempre il mio migliore amico”.

Si stringevano la mano, e poi Felix si alzava, e Mirren si svegliava, o passava ad altri momenti della sua vita dove vedeva Felix sposarsi, avere figli, e vivere la sua vita senza di lui.

Anche quando sua nonna gli aveva annunciato che quello era un viaggio astrale che doveva prendere sul serio, Mirren aveva sempre pensato che fosse solo uno scherzo della sua mente egoista che voleva convincerlo a cedere alla tentazione e ammettere i propri sentimenti.

Che gli diceva “Hey, guarda! Questo è quello che ti aspetta se continui a fare l’imbecille: una vita solitaria alcolizzato e intento a fissare da dietro le quinte la felicità di Felix”.

Non era quello che desiderava, ma non era neanche qualcosa di infattibile.

Dopotutto, se quei sogni erano veri, e anche se non lo erano, una cosa era certa: Felix avrebbe superato, si sarebbe sposato, avrebbe avuto una vita felice, e Mirren sarebbe stato l’unico dei due a soffrire, restando però suo amico.

Ed era tutto ciò di cui aveva bisogno.

La scelta facile.

La strada sicura.

Sollevò la mano, pronto a stringergliela, ma si interruppe a metà del movimento, ricordando le parole di sua nonna.

Non quelle ricorrenti dei suoi sogni che probabilmente non erano neanche vere.

Ma quelle che aveva detto il giorno in cui aveva portato Fallon a casa, per la prima volta, per convincerlo ad accettare il regalo che aveva portato per lui ma che suo padre non voleva.

Il racconto di Felix gliele aveva portate alle mente come se fossero state pronunciate pochi momenti prima.

“Se vuoi qualcosa, ed è in tuo potere ottenerla, allora prenditela. Sii felice, e fai sempre la scelta che ti rende felice, nei limiti della legalità ovviamente. Perché se scegli sempre di sacrificare la tua felicità per gli altri, arriverai a metà della tua vita e ti renderai conto che nel tuo percorso di autodistruzione avrai reso infelici anche le persone che ti amano, oltre a te stesso, e ti posso assicurare che ti pentirai di aver scelto sempre la strada sicura”

Mirren aveva ascoltato il suo consiglio e aveva tenuto Fallon. Il cane che l’aveva reso incredibilmente felice.

Ma non solo lui. Aveva reso felice Felix, aveva unito lui e Petra, e quasi tutti, nella Corona Crew, l’avevano adorata.

Ritirò la mano al petto, Felix lo guardò confuso.

Ma Mirren aveva deciso. 

Non credeva che lui e Felix sarebbero stati felici per sempre, se si fossero messi insieme, ma valeva la pena rischiare.

Per l’amico provava un sentimento di forza incomparabile, e nel tentativo costante di spingerlo nella friendzone, cercando di mantenere la sua amicizia, non si era reso conto di averlo allontanato.

Non poteva continuare a fingere di essere solo suo amico senza allontanarlo ancora, e ancora, e ancora.

E non voleva più farlo.

Non voleva più frenarsi dall’avvicinarsi a lui perché temeva che fraintendesse qualcosa, quando era chiaro che ogni fraintendimento sarebbe stato legittimo.

Perché se continuava a mentirgli, anche la loro amicizia sarebbe diventata sempre più falsa.

E Felix sarebbe stato sempre più infelice.

E Mirren non voleva permetterlo.

Forse non sarebbero stati insieme per sempre.

Forse dopo una settimana sarebbero tornati solo amici, ma almeno avrebbero affrontato insieme la cosa, e la loro amicizia non sarebbe finita.

La loro amicizia non poteva finire per questo motivo.

-No- rispose a Felix, scuotendo appena la testa, senza credere neanche lui alle parole che stavano uscendo dalla sua bocca, ma deciso più che mai a prendere la strada pericolosa, quella dal futuro incerto, la scelta difficile.

-C_cosa?- chiese Felix, confuso, ancora con la mano sollevata.

…in effetti una risposta del genere a quella domanda poteva essere poco chiara.

-Non voglio più essere tuo amico!- si affrettò a spiegare Mirren, scegliendo le parole peggiori.

Felix sgranò gli occhi e impallidì, portando le mani al petto.

-Cosa?!- chiese, sconvolto e ferito.

-No, aspetta…- a discolpa di Mirren, non aveva mai fatto una confessione, e non si era minimamente preparato a farla mai. Era convinto che quel momento non sarebbe mai arrivato -…io voglio provare a stare insieme- spiegò meglio, dandosi una virtuale pacca sulla spalla soddisfatta per essere stato chiaro e conciso.

-COSA?!-

Si aspettava che Felix sorridesse, sollevato. O che rimanesse qualche secondo interdetto e gli chiedesse chiarimenti.

L’ultima reazione che si aspettava, però, era che Felix si alzasse di scatto dall’altalena, come se si fosse scottato, e che lo guardasse offeso.

-Stai… stai scherzando, vero?!- chiese, indietreggiando di qualche passo, sconvolto.

Il cuore di Mirren perse un battito.

Tutta la sicurezza che aveva racimolato fino a quel momento si sgretolò.

-Uh… io… no- ammise, in un sussurro -Io…- non poteva tirarsi indietro però, doveva andare fino in fondo, e mettere tutte le carte in tavola. Avrebbe dovuto chiedere lezioni a Clover, perché era pessimo a giocare a poker -…io ricambio i tuoi sentimenti… romantici… verso di te- borbottò, arrossendo appena, ed evitando lo sguardo di Felix, che continuava a fissarlo incredulo.

-No… no, no no. Non ci credo! Perché adesso?!- chiese, più tra sé che rivolto necessariamente a Mirren.

E Mirren non sapeva come giustificarsi.

-Mi dispiace- provò a dire, molto a disagio.

Avrebbe dovuto accettare e basta! Sua nonna era fantastica ma con quel consiglio aveva toppato.

Felix fece un profondo respiro.

-Non dispiacerti, mi hai solo preso molto molto molto alla sprovvista- Felix provò a rassicurare Mirren, ma ci ripensò -Anzi, invece di scusarti, spiegami. Perché non me lo hai detto prima?!- indagò poi, incrociando le braccia e restando a debita distanza.

Era un po’ lunga da spiegare.

Ma il motivo principale si poteva riassumere in: 

-Avevo paura di rovinare la nostra amicizia- ammise, in un sussurro così silenzioso che a malapena si sentì lui stesso.

Felix evidentemente aveva le orecchie bioniche, perché lo sentì.

E sospirò.

-Okay, dammi un secondo. Questa confessione è la cosa più bella che mi sia mai capitata probabilmente, ma fino a due minuti fa ti avevo completamente lasciato perdere, quindi devo un attimo elaborare- ammise schietto, prendendo la testa tra le mani -Uff, non potevi deciderti cinque giorni fa?!- 

Mirren lo fissò spaventato.

Se lo aveva ormai lasciato perdere era finita. Ora che era andato così avanti non credeva che sarebbe riuscito a fare un passo indietro facilmente e in fretta.

Soprattutto in quel tremendo periodo, tra Fallon, il lavoro e Bonnie che da quando qualcuno le aveva distrutto i vestiti era più combattiva che mai.

Il mistero dei vestiti di Bonnie era davvero strano.

Vabbè, non era quello il luogo e il momento per pensarci, anche se era piantato nella mente di Mirren come un fastidioso chiodo.

Solo che Felix lo metteva da parte completamente, mentre andava da una parte all’altra del giardino, nervosamente, con una sigaretta in bocca che stava lottando per accendere.

Mirren aspettava, sull’altalena, sperando che non andasse via.

Tutto, tranne andarsene via.

Non l’avrebbe proprio sopportato.

-Forse è meglio che torni a casa e rifletta un po’ su tutta la questione- borbottò Felix, non riuscendo ad accendere la sigaretta.

-No…- Mirren lasciò uscire una lamentela non voluta, sobbalzando vistosamente all’idea.

Felix finse di non sentirlo, e accennò qualche passo verso il cancello che conduceva al giardino.

Si interruppe però a metà strada, rimase qualche secondo fermo, e prese il pacchetto di sigarette dalla tasca, riponendo quella che non aveva ancora acceso.

Mirren osservava lo svolgersi degli eventi trattenendo il respiro.

Non era più protagonista, ma semplice spettatore.

Tutto, ancora, era nelle mani di Felix.

Soprattutto perché Mirren aveva troppa paura per insistere.

Poi Felix fece dietro front, si diresse all’altalena, si sedette di nuovo al suo posto e incrociò le braccia, facendogli il muso.

-Martedì pomeriggio alle 5 ti vengo a prendere davanti a casa con la moto, vestiti elegante ma non troppo, quindi diciamo casual per i tuoi standard- gli ordinò poi, senza guardarlo negli occhi, ma rilassando appena lo sguardo.

Sembrava trattenersi dal sorridere, ma Mirren era più confuso che mai.

-C_cosa? Perché?- chiese chiarimenti, un po’ intimorito.

Poi Felix, finalmente, lo guardò, e il cuore di Mirren si sciolse, perché non aveva mai visto i suoi occhi così brillanti.

Sciolse le braccia e si aprì in un enorme sorriso.

-Per il nostro primo appuntamento. Vediamo come va, e poi decidiamo. Solo noi due. Organizzo tutto io- spiegò, porgendogli di nuovo la mano.

Mirren era convinto che da un momento all’altro avrebbe avuto un attacco di cuore.

Finalmente ricominciò a respirare, e stava iperventilando.

Stava davvero capitando quello che pensava stesse capitando?!

Non riusciva a crederci.

-Quindi…usciremo insieme… come coppia?- ricapitolò, senza credere alle sue stesse parole.

Se non avesse ormai imparato a distinguere i sogni dalla realtà probabilmente sarebbe stato convinto di trovarsi in uno di essi.

-Sì. Se non ho capito male anche tu provi sentimenti romantici per me, giusto? Se adesso mi dici che ho capito male ti…- Felix si mise subito sulla difensiva, spaventato, ma Mirren lo interruppe, prendendogli le mani, e sentendosi benissimo nel farlo senza trattenersi.

-Non hai capito male, sono innamorato di te- ammise. Le parole uscirono con estrema difficoltà dalla gola chiusa, ma ormai aveva deciso di essere completamente onesto e sincero.

Felix gli strinse le mani, e i suoi occhi si fecero lucidi, sebbene ancora brillanti. Le guance rosse come pomodori.

-Sono già innamorato anche io di te non serve sedurmi in questo modo. È un attacco diretto alla mia psiche- lo prese in giro, ridacchiando isterico e pieno di gioia -Cavolo, non riesco a crederci. È forse un sogno? Come ti permetti di rendermi così incredibilmente felice il giorno del funerale di Fallon- Felix tolse una delle mani da Mirren per asciugarsi gli occhi.

Probabilmente se Mirren avesse elaborato a sua volta la realtà della situazione, avrebbe pianto di gioia a sua volta, e forse anche di paura, ma al momento era solo molto confuso da tutto. Felice, ma non ancora consapevole.

Ma era un inizio, un ottimo inizio.

-Fallon sarebbe contenta di vederci insieme e felici- borbottò, sollevando una mano verso il suo viso per asciugargli una lacrima che era riuscita a raggiungergli il mento.

Trattenne la mano lì.

Quello non era un sogno, era la realtà.

E non c’era più nulla che potesse trattenerlo dall’esprimere i propri sentimenti.

Sua nonna sarebbe stata orgogliosa.

Avvicinò il suo volto a quello di Felix, cercando una conferma fisica che stessero facendo sul serio.

Ma le sue labbra incontrarono solo due dita di Felix, che lo allontanò da sé.

-Uh?- Mirren era sorpreso, e anche parecchio imbarazzato.

Per una volta che faceva il primo passo da sobrio Felix lo rifiutava?! Era forse una vendetta per il mese precedente?! Era comprensibile ma fin troppo crudele!

-Non sono mica così facile. Ne riparliamo dopo l’appuntamento- Felix gli fece un occhiolino e una linguaccia.

Fu il turno di Mirren di fare il muso, ma non si lamentò troppo.

Se lo meritava, dopotutto.

Si sentiva leggero come una piuma, leggiadro come una farfalla.

Se avesse saputo che confessare i suoi sentimenti l’avrebbe reso così libero e tranquillo l’avrebbe fatto molto molto prima.

…no, non l’avrebbe fatto comunque, e non era ancora del tutto certo fosse stata la scelta giusta.

Ma finalmente, a distanza di più di un mese, rivedeva il sorriso di Felix, e non poteva chiedere assolutamente nulla di meglio.

-Forse dovremmo rientrare. Tutte queste emozioni mi hanno fatto venire una gran sete- Felix interruppe il momento, alzandosi dall’altalena e porgendo la mano verso Mirren per aiutarlo ad alzarsi a sua volta.

Si interruppe appena in tempo quando vide qualcuno uscire discretamente dalla porta sul retro.

Petra si guardò intorno attenta, facendo particolare attenzione alle finestre e alle entrate nel giardino, addentrandosi nel frattempo al suo interno e dirigendosi verso la legnaia.

Dopo qualche secondo, si voltò finalmente verso i due, che si erano inconsciamente irrigiditi temendo di venire scoperti, e appena notò la loro presenza, sobbalzò teatralmente, facendo sobbalzare anche loro di rimando.

-Che ci fate qui?!- chiese, sorpresa.

-Niente, ci godiamo l’aria fresca. Tu che ci fai qui?- Mirren evitò e rigirò la domanda, sperando di non arrossire.

-Niente, facevo una passeggiata!- rispose la ragazza, evitando il loro sguardo, e posando il proprio sulla legnaia.

Era davvero sospetta. In realtà era sospetta da parecchie settimane, ma Mirren era stato troppo distratto per darci peso.

Ed era meglio non indagare ora se non voleva che Petra indagasse di rimando.

-Va bene, allora noi entriamo. Buona passeggiata- surclassò l’attenzione e si alzò dall’altalena, cercando di non apparire sospetto e quindi stando ben alla larga da Felix.

-Cominciamo bene- lo sentì sussurrare, per fortuna fuori dalla portata d’orecchio di Petra.

-Amabelle sarà delusa quando scoprirà che non siete nella camera che ha chiuso a chiave- borbottò Petra nello stesso momento.

-Come?- indagò Mirren, irritato.

-Niente, niente! Buon rientro in casa- li salutò, accompagnandosi da un movimento della mano il cui sottotesto era chiaramente “andatevene via il più in fretta possibile così potrò tornare a fare cose losche”.

Mirren la assecondò, e fu il primo a rientrare.

-Una cosa che mi sono scordato di chiedere… vuoi tenere la nostra relazione segreta, vero?- gli sussurrò Felix all’orecchio, una volta lontani da sguardi e orecchie indiscrete.

Mirren non ci aveva neanche pensato, perché lo dava completamente per scontato.

Annuì.

-Almeno finché non ci capiamo qualcosa noi- gli suggerì, impacciato.

Felix annuì.

-Mi sembra giusto. Martedì discuteremo i dettagli. Torniamo alla veglia- Felix gli sfiorò la guancia con le labbra e lo anticipò in sala.

Mirren ci mise almeno due minuti per riprendersi da quell’attacco.

E in generale da quello che era appena successo.

Non c’erano ancora etichette specifiche, ma lui e Felix sarebbero usciti quel martedì, per un appuntamento, romantico, e avrebbero poi deciso se iniziare una relazione, romantica, ufficiale.

Mirren fu costretto a sedersi.

Sicuro che quello non fosse un sogno?

Perché non si sarebbe mai aspettato, mai, in tutta la vita, di vivere una situazione così nella realtà.

Aveva ancora tanti dubbi e incertezze, doveva ammetterlo.

Ma per la prima volta aveva speranza.

Che periodo assurdo, veramente!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Questo capitolo… oh, questo capitolo… l’avevo detto che sarebbe stata una montagna russa, e che montagna russa!

Ricapitoliamo in parole povere cosa è successo: 

Fallon, pikkola ancyela, ci ha lasciato. Ho sofferto scrivendo quella parte, ma purtroppo la vita è anche questo. Ricordate la scena di Felix del capitolo “Sono tutti testardi” dove vede Fallon, la accarezza, e poi incrocia Mirren? L’ho scritta quasi esclusivamente per fare in modo che Felix salutasse Fallon prima della sua dipartita. Meritavano un addio decente.

Poi abbiamo scoperto il grande segreto di Mathi, il suo lavoro, cosa fa con Will, perché non può essere amico di Denny. Ma restano ancora delle domande: sua sorella che fine ha fatto? Non la sente su Skype? E perché Will spaventa tutti? 

Comunque Denny si è ritrovato invischiato in qualcosa che aveva sempre temuto, proprio ora che aveva finalmente deciso di fare coming out… circa. Gahhh! Eravamo così vicini! Comunque lo ha ammesso, ha ammesso di essere gay… circa. Io lo conto.

Ma almeno, grazie al cielo, Felix e Mirren finalmente si sono tolti i prosciutti da davanti agli occhi.

Era ora!!! 

E nel prossimo capitolo andranno al loro primo appuntamento!!!

Yeeee!!!

Non vedo l’ora di scrivere il prossimo capitolo, abbiamo bisogno di fluff dopo tanta sofferenza, e il fluff ci sarà, statene certi.

Inoltre un personaggio che è stato messo da parte per un po’ tornerà con un ruolo inaspettato.

Ultimamente sono davvero gasata. Luglio e Agosto (nella storia) sono i momenti con più rivelazioni, e ho proprio voglia di scrivere un capitolo dietro l’altro.

Non mi sarei mai aspettata che questa storia creata a caso un pomeriggio di fine gennaio mentre mi preparavo per un esame sarebbe andata così avanti. 

Grazie a tutti quelli che continuano a leggerla, ci sono più visite di quanto mi aspettarsi dopo tutte queste pagine.

Un bacione e alla prossima :-*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Felix e Mirren vanno al loro primo appuntamento ufficiale. Manny riesce a raggiungere Max alla serata film

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Capitolo 29
*** Appuntamenti ***


Appuntamenti

 

Domenica 21 Luglio 

Denny era preoccupato, molto nervoso, ancora sconvolto e aveva passato la notte in bianco, giustamente aggiungerei. 

Insomma, sfido ognuno di voi a non impazzire di ansia nello scoprire che la vostra cotta è un agente segreto in incognito e che solo questa consapevolezza potrebbe finire per farvi imprigionare… o uccidere.

Magari qualcuno potrebbe anche avere questa fantasia, ma Denny non l’aveva mai avuta, quindi era davvero preoccupato, molto nervoso, ancora sconvolto e aveva passato una lunghissima notte in bianco.

Quindi era anche stanco morto.

Ed era molto meglio uscire piuttosto che restare a casa cercando invano di dormire e in compagnia di Max, che si era preso la mattina libera per sperimentare in cucina ma sicuramente l’avrebbe sprecata ad indagare su Denny per scoprire il motivo per cui era tornato a casa saltando il funerale e aveva pianto tutto il pomeriggio raggomitolato tra le coperte.

Probabilmente parlare con Max non sarebbe neanche stata una brutta idea, ma Denny continuava a non avere la minima intenzione di condividere con nessuno le proprie scoperte, perché lui, a differenza di Mathi, ci teneva che nessuno finisse in pericolo a causa sua.

LUI, a differenza di Mathi, era una persona rispettabile!

Anche se doveva ammettere che aveva pensato di confidarsi col fratello, magari con una mezza verità dove gli raccontava solo che Mathi era un amico falso ed era ferito per questo.

Ma temeva che poi Max sarebbe andato da Mathi a dirgliene quattro, perché il fratello era pacifico, ma anche protettivo.

E l’ultima cosa che Denny voleva era rischiare di mettere il fratello nel mirino dell’agenzia.

Aveva pensato quindi di dirlo a qualcun altro della Corona Crew. Magari Amabelle, o Clover.

Ma loro due avrebbero fatto di peggio.

Norman non c’era.

Felix era pappa e ciccia con Mathi quindi meglio di no.

Mirren e Petra l’avrebbero detto a Max o ad Amabelle e si tornava al punto di partenza.

E con Diego non aveva abbastanza confidenza, e sicuramente l’avrebbe detto a Clover quindi, di nuovo, punto di partenza.

Uff, doveva farsi altri amici.

Impresa non facile dato che ormai non si sarebbe mai più fidato di sconosciuti, dopo il trauma Mathi.

E comunque, se anche avesse deciso di confidarsi con qualcuno, la premessa sarebbe dovuta necessariamente essere: “Beh, sono gay”, e non era ancora pronto per fare coming out con il suo gruppo di amici.

Sapeva che l’avrebbe fatto con Max prima che con il resto della Corona Crew.

Ma non era pronto neanche a dirlo a Max, non subito.

Perché sapeva che la reazione sarebbe stata un sorriso e una pacca sulla spalla, lo sapeva.

Ma aveva comunque una grandissima paura.

Era più forte di lui, ma anche solo l’idea di rivelare alle persone più vicine a lui quella neo raggiunta consapevolezza gli faceva stringere lo stomaco.

Era già tanto che l’avesse finalmente ammesso a sé stesso.

Probabilmente, inconsciamente, sentiva che confessarlo a Max, e al resto della Corona Crew, sarebbe significato renderlo ufficiale, e aveva ancora troppa paura per farlo.

Serviva qualcuno di esterno, di neutrale, di affidabile ma non troppo vicino a Denny, che non avrebbe indagato su Mathi, e che sapesse mantenere i segreti.

Qualcuno la cui opinione non contava particolarmente per Denny ma che comunque sicuramente avrebbe reagito bene e non si sarebbe messo a bullizzarlo sui social o a dirlo a tutti.

Ergo, qualcuno che, in ogni caso, non aveva molte persone a cui dirlo.

…non esisteva nessuno così a Harriswood.

-Denny, sei mattiniero oggi! Che ti porto?- l’arrivo di Sonja al tavolo del Corona dove si era seduto per riordinare le idee e fare colazione prima di andare in sala giochi e spendere tutti i propri risparmi, lo distolse dai suoi pensieri.

-Un caffè- rispose, distrattamente, e non ricambiando il suo radioso sorriso.

Non perché volesse essere rude, ma era troppo preoccupato, molto nervoso, ancora sconvolto e stanco morto perché aveva passato la notte in bianco, per preoccuparsi di come reagiva con gli altri.

-Ti porto anche una torta? Oggi tante ha fatto una torta al pistacchio da leccarsi i baffi!- gli offrì lei, incoraggiante, cercando di sollevargli il morale.

Gli ultimi giorni, mentre si preparava psicologicamente ad affrontare Mathi, era andato lì piuttosto spesso per prendere torte.

Quel giorno però non aveva niente da festeggiare.

…neanche i giorni precedenti, ma quel giorno in particolare era in lutto.

-No, sto ingrassando- si autocommiserò, sempre senza guardare la ragazza negli occhi.

-Ma che dici?! Sei un figurino! Ma per il momento un semplice caffè sia. Un caffellatte con la panna come sempre?- chiese, iniziando a segnare l’ordinazione.

Finalmente Denny sollevò lo sguardo su di lei, stupito.

In effetti era quello che ordinava sempre, ma dato che di solito era Max a fare le ordinazioni per il suo tavolo, Denny dubitava che Sonja sapesse a memoria il suo caffè preferito.

Si sentì stranamente apprezzato.

Accennò un sorrisino, ma scosse la testa.

-Oggi mi va un caffè nero- chiese, abbassando subito lo sguardo e sospirando.

-Nottataccia?- chiese Sonja, comprensiva.

-Non mi va di parlarne- il ragazzo si chiuse a riccio.

E la cameriera non insistette.

-Arriva subito!- promise invece, allontanandosi zompettando.

Denny la guardò andare via.

Sembrava più felice del solito. Forse era successo qualcosa di bello?

Denny sperò che almeno lei fosse felice.

Non si parlavano molto, ma dato che Amabelle l’aveva sempre indicata come possibile futura ragazza di Max, Denny era stato inconsciamente portato ad osservarla da lontano, e da quello che aveva potuto notare, era una brava ragazza. Lavoratrice, dolce, anche simpatica e capace di momenti di intraprendenza non indifferenti.

Sebbene un po’ goffa alle volte.

Di certo era una ragazza affidabile. Non troppo vicina a Denny ma neanche così estranea, e non conosceva molte persone a Harriswood oltre ai colleghi, alla zia, e a quell’amica di penna.

Un pensiero attraversò la mente di Denny, troppo rapido perché il ragazzo lo afferrasse del tutto.

Quando il caffè gli venne posato davanti, Denny sollevò lo sguardo verso Sonja, che gli poggiò accanto anche della panna e un contenitore con del latte.

-Nel caso cambiassi idea. Ma tranquillo, sono omaggio della casa. Mi sembra che tu ne abbia bisogno- gli offrì, con un sorriso di partecipazione.

-Grazie- Denny ricambiò il sorriso, anche se non ampiamente come avrebbe dovuto e voluto.

Sonja ampliò il proprio in modo che bastasse per entrambi.

-È un piacere! Se poi cambi idea anche sulla torta chiamami!- gli fece un cenno di ok, prima di girarsi per tornare a lavoro.

-Sembri allegra oggi. È successo qualcosa di bello?- chiese Denny, prolungando la conversazione, e facendola girare.

Non sapeva esattamente perché avesse deciso di attaccare bottone, ma sospettava fosse a causa del pensiero sconosciuto appena avuto.

Beh, dai, fare una domanda non era illegale.

-Beccata!- Sonja ridacchiò -Ho convinto mia zia a darmi venerdì sera libero!- ammise, allegra.

-Oh, hai qualche progetto?- indagò, curioso, sorpreso, e anche un po’ preoccupato. Se Sonja aveva il venerdì sera c’era una grande probabilità che Roelke chiedesse a Max di sostituirla, e Max contava i minuti che lo separavano da quel venerdì perché Manny aveva promesso che ci sarebbe stato e non vedeva l’ora di passare un’altra serata film insieme a lui.

-Sì. Vado al cinema. Gerda ha la serata libera, quindi ho combattuto con le unghie e con i denti per convincere mia zia a darla anche a me!- spiegò, indicando la sua amica a pochi tavoli di distanza, che sorseggiava un frullato e dopo essersi resa conto di essere osservata fece un seccato dito medio verso Sonja, che ricambiò con un grande sorriso e un saluto della mano.

-Lasciala perdere, è un po’ scontrosa di prima mattina- la giustificò con Denny, che aveva preso molto male quel dito medio.

-Che film andate a vedere?- chiese distrattamente, ancora guardando la ragazza.

-È una sorpresa, ma non vedo l’ora. Sarà un bella serata!- Sonja sospirò, sognante.

Doveva essere strano per lei andare a vedere un film all’estero. O forse era solo appassionata di cinema. Personalmente Denny preferiva le serie o gli anime, ma i gusti sono gusti.

-Sonja, torna a lavorare o puoi scordarti la serata libera!- la voce di Roelke, appena arrivata nella sala, interruppe la conversazione.

-Scusa, tante. Torno subito a lavoro!- Sonja fece un cenno di scuse verso Denny e si rimise a servire i tavoli.

-Sei fortunata che i gigli siano i miei fiori preferiti. Oh, ciao Denny! Posso offrirti un pezzo di torta al pistacchio? È uscita buonissima oggi!- Roelke si accorse di Denny, e lo raggiunse con un sorriso e occhi brillanti.

-Oh, no, grazie. Ultimamente sto mangiando troppe torte- Denny riabbassò lo sguardo e tornò nel suo piccolo mondo, iniziando a sorseggiare il caffè e facendo una smorfia infastidita nel constatare che era davvero amaro senza latte e panna.

Roelke lo squadrò per un attimo, poi richiamò la nipote.

-Ti anticipo la pausa, hai cinque minuti!- le disse enigmatica, prima di tornare in cucina.

Sonja rimase qualche secondo interdetta. Osservò la porta della cucina, poi le ordinazioni, poi Denny. Ed infine si illuminò.

E anche Denny capì l’intento malefico di Roelke, e sospirò, seccato dall’invadenza, ma non necessariamente deluso.

Sonja sparì un attimo in cucina, e tornò qualche secondo dopo con una tazza di caffè fumante in mano e il grembiule poggiato sulla spalla.

Si diresse senza indugi al tavolo di Denny.

-Posso unirmi a te?- chiese speranzosa.

Denny non aveva alcun motivo di rifiutare.

Beh, forse ce l’aveva dato che poteva inavvertitamente essere finito nella lista nera di un’agenzia super-mega-iper-ultra-turbo-extra-top-secret.

Ma non gli andava proprio di pensarci.

-Fai pure- le indicò la sedia, e prese un altro sorso di caffè.

Rinunciò subito a berlo così e ci mise quantomeno il latte.

Sonja sorrise osservandolo, soddisfatta per avergli portato i supplementi, e si sedette davanti a lui, cominciando a bere il proprio caffè.

-Che gusto è?- chiese Denny, curioso, notando il colore inusuale e stranamente familiare.

-Oh, caramello e cannella. Max lo ha introdotto qualche settimana fa. Roelke lo trova un po’ troppo invernale, ma io lo adoro- rispose Sonja, mostrando il contenuto della sua tazza.

Ah, ecco.

Ovvio che fosse familiare a Denny, ultimamente il fratello non faceva che sperimentare con il caramello e la cannella. L’unica cosa interessante dell’abbinamento, per Denny, era che fosse lo stesso della torta di Toriel in Undertale, ma personalmente non credeva che i due gusti stessero bene insieme. Non che li avesse provati, ma non era tipo da sperimentare se non era convinto di qualcosa.

-Non pensavo Roelke l’avesse aggiunto al menù- commentò solo, sorpreso.

-Ho insistito io. Mi piace molto l’accostamento. Max è davvero un genio in cucina- lo complimentò Sonja, prendendo un sorso e sospirando sognante.

-È anche l’accostamento preferito di Manny, il ragazzo di Max- Denny si mise subito in prima linea per ricordare che, mi dispiace Sonja, ma Max è impegnato, anche molto felicemente.

E Sonja sembrò ricordarselo solo in quel momento, perché sgranò gli occhi, sorpresa.

Ma non per il motivo che Denny pensava. Non sembrava affatto gelosa, ma quasi ammirata.

-Wow, sai i gusti preferiti del ragazzo di Max? Non me l’aspettavo- ammise, sembrava quasi soddisfatta. C’era qualcosa, in quella conversazione, di davvero strano.

Ma probabilmente era Denny ad essere troppo ignorante in fatto di relazioni e soprattutto di ragazze per capire cosa passasse nella testa di quella ragazza in particolare.

-Beh, Max non smette di sperimentare caramello e cannella, e parla sempre di Manny. Ultimamente sta provando a fare una torta ma dice che non ha ancora trovato l’accostamento perfetto, e vuole fare una sorpresa a Manny- spiegò, alzando le spalle.

Un po’ di tempo prima aveva chiesto a Max la ricetta della pizza, perché voleva provare a farla a Mathi, ma l’idea era morta presto, sia perché Denny era impedito in cucina, sia per tutto quello che era successo il primo luglio.

Quel giorno era peggiorato ulteriormente alla luce degli ultimi fatti.

Ugh, vivere è difficile!

-Manny è veramente fortunato ad avere una persona come Max- Sonja non sembrò accorgersi della depressione in cui era sfociato Denny, perché era troppo occupata a bere a piccoli sorsi il proprio caffè, con uno sorriso appena accennato, gli occhi distanti, e un’espressione che però non riusciva perfettamente a nascondere una profonda tristezza.

Ma Denny non era così esperto di emozioni da esserne sicuro.

E poi era troppo immerso nella propria depressione.

-Sono una coppia perfetta- borbottò, geloso.

Era felice per il fratello, certo, ma avrebbe voluto essere anche lui così sicuro sulla persona che amava.

E invece quella persona si era rivelata essere un maledetto agente segreto che aveva messo Denny in pericolo, gli aveva mentito, forse non lo aveva mai neanche considerato un amico (ma chissà, Denny su questo punto aveva ancora dei dubbi) e comunque non ci avrebbe mai più avuto a che fare e il solo pensiero gli faceva venire le lacrime agli occhi.

-Troverai anche tu la persona giusta- come se gli avesse letto nel pensiero, Sonja sporse la mano per dargli qualche pacca incoraggiante sul braccio.

Denny scosse la testa.

-Ne dubito- borbottò, rassegnandosi a mettere anche la panna nel caffè e bevendo il risultato.

Ah, quello sì che era un caffè!

Ma non migliorava comunque il suo umore.

Forse doveva davvero ordinare la torta al pistacchio.

-Sì invece. Sei ancora giovane. Hai ancora tutta la vita davanti per fare esperienze, trovare l’amore, perdere l’amore, e trovarne altro. Alcuni possono dire che la vita è breve, ma in realtà è lunga, e piena zeppa di opportunità. Hai tutto il tempo per coglierle- lo incoraggiò, decisa.

Era la frase più incoraggiante che gli avessero mai detto, Denny doveva ammetterlo.

Tutti gli ripetevano costantemente che pensava troppo, e che si lasciava sfuggire ogni occasione, e sebbene sapesse che le loro parole dovevano essere incoraggianti, non facevano che aumentargli l’ansia, e pensava sempre di stare sprecando la propria vita, che non aveva senso continuare a lottare perché ormai era tardi.

Ma Sonja aveva ragione. Aveva tempo, e aveva occasioni.

Era strano sentirselo dire da una ragazza che aveva solo un anno più di lui, ma accolse la perla di saggezza con un sorriso riconoscente.

E il pensiero che prima gli aveva solo sfiorato la mente, gli tornò prepotentemente in testa.

Sonja era davvero la candidata perfetta per conoscere il suo segreto.

La persona migliore con cui confidarsi.

E poi era una barista, i baristi, come gli psicologi, da contratto non possono rivelare i segreti dei clienti.

-Sonja, lo sai tenere un segreto?- chiese, timoroso.

-Anche troppo- ammise lei, tra sé.

Okay, non era la risposta che si aspettava.

La guardò con le sopracciglia inarcate, e la ragazza arrossì appena, rendendosi conto di averlo detto ad alta voce.

-Cioè, sì, certo, sono bravissima a mantenere i segreti- si corresse, in tono confidenziale, avvicinandosi per dare prova della propria affidabilità.

Denny si guardò un po’ intorno, per assicurarsi che non ci fosse nessun membro della Corona Crew, e che tutti gli altri avventori fossero troppo distanti per udire alcuna parola.

Prese un profondo respiro per prepararsi, si chiese per la ventesima volta se fosse effettivamente una buona idea, ma alla fine raggiunse abbastanza stabilità mentale da confessare la sua sessualità a quella che metaforicamente era la svizzera per le confessioni… sì, Sonja era tedesca, ma non stiamo qui a sindacare.

-Sono gay- Denny sussurrò le due fatidiche parole con voce così flebile che a malapena uscì dalle sue labbra, ma fu abbastanza forte da essere sentito da Sonja, e gli diede la sensazione di liberarsi di un peso enorme che premeva da anni sulle sue spalle.

E nonostante lo avesse detto a Sonja nella speranza di poter poi ritirare quelle parole e non renderle ufficiali, solo averlo detto a qualcuno gli aveva fatto capire che, no, non c’era più occasione di tirarsi indietro.

Perché era la pura e totale verità dei fatti.

Denny era gay, omosessuale, attratto solo ed unicamente da ragazzi, e lo era da sempre.

Prima cotta infantile? Brandon delle Winx. Odiava Stella perché era incredibilmente geloso. Buono a sapersi.

Videogiochi? Klavier Gavin tutta la vita! Quel tipo era fighissimo!

Era sempre molto più interessato ai personaggi maschili in qualsiasi opera, e nella vita reale il suo sguardo vagava sempre in direzione dei ragazzi, prima che alle ragazze.

Aveva sempre pensato di essere solo geloso perché tutti i ragazzi intorno a lui erano molto più carini, attraenti e affascinanti, ma chiaramente il suo giudizio era molto meno etero.

E Mathi era stato la chiave che aveva aperto la porta che proteggeva Denny e lo manteneva ignaro dell’ovvio, perché troppo spaventato per accettarlo.

Per accettare la sua “anormalità”, che di anormale non aveva niente.

Era gay, fine. 

Sempre meglio che essere un agente segreto, no?

Mathi era entrambe le cose, poveraccio.

No, poveraccio un corno, Mathi meritava di soffrire.

Anche se sembrava così triste quando l’aveva visto andare via, forse anche lui era incastrato in… no, Denny non poteva cedere all’affetto che provava per lui. Gli aveva mentito, l’aveva messo in pericolo, e Denny doveva toglierlo immediatamente dalla sua vita, e dai suoi pensieri.

Un momento… lui stava parlando con Sonja.

Perché Sonja non stava dicendo niente?

Denny tornò al presente e controllò la reazione di Sonja, che, imperturbata, era ancora piegata verso di lui, come se aspettasse che continuasse la confessione.

Denny la guardò, confuso dalla sua reazione.

Sonja lo guardò di rimando, in attesa.

Denny iniziò a pentirsi di averlo detto a lei.

Forse stava aspettando che lui negasse, magari era un po’ omofoba. Forse lei e Max non si erano messi insieme per questo. No, Max non sarebbe rimasto suo amico, ma era tutto molto molto strano.

Iniziò a ritirarsi, preoccupato, e pensò al modo migliore per scappare e non ritornare mai più al Corona senza destare sospetti, poi Sonja si riscosse, e gli diede l’ultima reazione che si sarebbe aspettato.

-Oh, era quello il segreto? Scusa, pensavo fosse un premessa per un altro segreto. Mi dispiace tantissimo!- Sonja si portò le mani alla bocca, mortificata, e arrossendo tantissimo.

Denny rimase interdetto.

-Come? Perché? Mi sembra un bel segreto anche da solo- borbottò, un po’ offeso dalla leggerezza con cui lo stava prendendo.

Insomma, aveva appena aperto il suo cuore! Si aspettava un po’ più di sensibilità.

Certo, era effettivamente solo una parte del segreto enorme che si portava dentro, ma era comunque la parte più importante.

-Lo è, è un grande segreto. Io sono onorata che tua abbia deciso di confidarti con me, e ti prometto che se non vorrai non lo dirò a nessuno, neanche a Max. Solo che…- Sonja provò a recuperarsi, mettendogli una mano sul braccio incoraggiante. Ma il suo volto rosso denotava il suo profondo imbarazzo.

E Denny, sebbene un po’ rassicurato, non era ancora sicuro di aver fatto la scelta giusta nel dire tutto a lei.

-Solo che…?- la incoraggiò a continuare, guardandola storto.

Sonja abbassò lo sguardo.

-Lo immaginavo già. Mi dispiace di aver presunto la tua sessualità, ma per questo pensavo ci fosse dell’altro. Perché lo davo… per scontato- ammise, arrossendo un po’ di più.

Denny era sempre irritato quando qualcuno faceva assunzioni, e lo facevano sempre tutti, al punto che avrebbe preferito essere etero solo per deludere le aspettative, ma per qualche motivo, a sentire Sonja scusarsi così profusamente, gli veniva quasi da ridacchiare.

Forse perché si sentiva comunque più leggero, o forse perché era una reazione davvero tranquilla rispetto a quelle che si sarebbe aspettato.

Decise quindi di lasciar correre.

La lasciò continuare a parlare divertito, e quando Sonja si rese conto di stare andando un po’ per la tangente e di aver perso il filo principale del discorso e della confessione, si interruppe di scatto e tornò a rivolgersi a lui, con un sorriso incoraggiante.

-Se hai bisogno di parlare, di questo, o di altro. O vuoi sfogarti per qualcosa, o vuoi una torta, puoi rivolgerti a me- si offrì -Beh, non per la torta in sé. Non so cucinare, per niente. Ma per qualsiasi cosa, sono a tua disposizione- 

Questa volta Denny non riuscì a non ridacchiare, divertito.

Sì, si sentiva decisamente leggero.

Sonja era fantastica!

-Per il momento vorrei solo che non lo dicessi a nessuno, neanche a Max. Devo un attimo riflettere, ma grazie tanto per l’offerta. Significa molto per me. Sei davvero incoraggiante- la ringraziò, finendo il proprio caffè.

Aveva la stessa energia confortante di Max, senza essere così vicina a Denny da mettergli ansia. 

-Tu sei veramente coraggioso. Farò del mio meglio per essere degna della fiducia che hai riposto in me. Come ti senti adesso?- indagò Sonja, curiosa e speranzosa.

Denny sorrise, aveva di nuovo le lacrime agli occhi, ma erano belle lacrime.

-Mi andrebbe una fetta di torta al pistacchio- ammise, un po’ incerto.

Dai, un coming out era qualcosa da festeggiare, più o meno.

La verità era che aveva voglia di torta.

Sonja ridacchiò e si alzò subito in piedi, lasciando da parte la propria tazza ancora mezza piena.

-Ti porto subito il “garofano verde”- gli fece un occhiolino, rimettendosi il grembiule.

-Garofano verde?- chiese Denny, confuso. Nonostante il lavoro del padre, lui non era per niente esperto di piante e fiori, e soprattutto del loro significato.

-Un libro di Oscar Wilde. Di solito sono fiori che si usano per le persone omosessuali- spiegò Sonja, sottovoce.

-Wow, abbiamo anche un fiore- borbottò Denny, sarcastico.

-Avete il mondo!- gli rivelò la ragazza, incoraggiante, prima di alzarsi -Oh, se vuoi assaggiare, è un bellissimo abbinamento…- gli porse poi la propria tazza, prima di andare a prendere il “garofano verde”.

Denny non era tipo da provare cose di cui non era certo, ma ora che il suo stile di vita attento lo aveva portato a tutti quei problemi, tanto valeva buttarsi.

Prese il cucchiaio del proprio caffè e assaggiò quello di Sonja.

Wow, era davvero fantastico!

Si ripromise di provare più cose, da lì in avanti.

Dopotutto, peggio di così…

 

Martedì 23 Luglio 

Mirren aspettava teso nel vialetto davanti casa, guardandosi intorno preoccupato come se stesse per andare a rapinare una banca e temesse di essere visto agire in maniera sospetta, e vestito molto più elegante di quanto avrebbe dovuto, anche se aveva provato a sforzarsi di essere casual.

Quando aveva informato Petra che sarebbe uscito quel pomeriggio era stato molto chiaro sulle proprie intenzioni, ma continuava a ripetersi il discorso in testa per essere sicuro di non aver rivelato troppo.

Era andata più o meno in questo modo: 

-Petra, esco con Felix, dato che siamo tornati amici-

-Okay-

-Come amici, non è bello che siamo amici e solo amici?-

-Sì, certo-

-Una bella uscita tra amici-

-Mmm-

-Sarà bello passare un pomeriggio con il mio migliore amico come i vecchi tempi-

-Immagino-

-Non so quando torno, ma non preoccuparti. Perché sono con Felix… l’ho già detto che usciamo come amici, vero?-

-Sette volte-

-Voglio solo assicurarmi che tu capisca che siamo solo ed esclusivamente amici-

-Fratello, lo so. Mi piace Amabelle ma non sono lei, non fraintendo la vostra relazione- 

Al ché, dato che Petra stava studiando, Mirren aveva deciso di lasciarla stare e prepararsi meglio per l’uscita che, in realtà, era tutt’altro che amichevole.

Ed era questo a renderla strana.

Mirren non era mai stato così insicuro in tutta la sua vita.

Continuava a chiedersi se avesse fatto la scelta giusta, se con Felix sarebbe davvero funzionata, se fosse vestito abbastanza casual o troppo elegante (la risposta a questa è “troppo elegante”), cosa sarebbe cambiato ora che entrambi si erano confessati l’un l’altro.

Per una persona abituata sempre a scegliere il binario sicuro, era davvero strano percorrere la strada complicata, per una volta.

Strano e spaventoso.

Ma per Felix doveva prendere questi rischi, lui ne valeva la pena.

Anche Mirren, come Denny, era preoccupato, molto nervoso, ancora sconvolto e aveva passato la notte in bianco, ma per le ragioni diametralmente opposte a quelle dell’aspirante avvocato.

Perché Mirren non era solo spaventato, e teso, eccetera.

L’emozione preponderante nel suo cuore era una grande trepidazione.

Perché sì, era cambiato tutto, e non era una sensazione piacevole, ma sperava davvero, con tutto il cuore, che il cambiamento fosse stato in meglio, e non vedeva l’ora di scoprire cosa c’era in quella parte del fiume.

Anche se Felix lo stava facendo penare, dato che si era categoricamente rifiutato di dirgli dove sarebbero andati, ed era già venti minuti in ritardo.

Finalmente, quando Mirren iniziava a chiedersi se Felix non avesse deciso di dargli buca per vendicarsi (non l’avrebbe biasimato più di tanto ma sarebbe stato davvero crudele), lo vide uscire dalla casa e dirigersi in fretta sul retro a prendere la moto.

…in effetti, dato che erano vicini, era stato un po’ stupido da parte di Felix chiedergli di aspettarlo lì quando potevano benissimo partire insieme da casa di Felix.

In circostanze normali si sarebbe avviato normalmente da lui e si sarebbe lamentato del ritardo, ma quello era il loro primo appuntamento, quindi le cose erano diverse, giusto?

Non gli piaceva l’idea di restare ad aspettarlo come se fosse un estraneo, ma era meglio attenersi al programma, dato che era l’unica cosa su cui aveva controllo, al momento.

Mentre ci rifletteva, Felix lo raggiunse, già in moto e pronto a far salire anche Mirren.

Wow, era incredibilmente sexy.

Non era un pensiero da Mirren, ma era un dato oggettivo. Riusciva ad essere elegante e casual al tempo stesso in un modo che Mirren non avrebbe mai creduto possibile, e ogni dettaglio, dalla punta dei capelli a quella delle scarpe, era stupendo.

Come aveva potuto anche solo pensare di vivere la sua intera vita senza ammettere quanto forte il migliore amico gli facesse battere il cuore?!

Anche se, con la nuova consapevolezza che fossero una possibile futura coppia, Mirren era quasi messo in soggezione. E se le cose sarebbero finite male? Se non riuscisse più a trattarlo come prima? Tante cose stavano cambiando dopotutto…

-Scusa il ritardo, ci ho messo un po’ a prepararmi. Sei pronto per un pomeriggio da favola, Mirr?- gli fece un occhiolino conquistatore, e gli passò un casco.

Tutti i dubbi e le incertezze di Mirren vennero messe a tacere.

Era Felix, il suo solito, stupido, adorabile Felix.

Alzò gli occhi al cielo.

-Iniziavo a perdere le speranze, Durke, non è un buon modo di cominciare- lo prese in giro, mettendo il casco e sedendosi dietro all’amico.

-Per fortuna ho l’intero pomeriggio e tutta la sera per farti cambiare idea- ridacchiò Felix, mettendo il casco a sua volta.

Di solito, quando andavano in moto insieme (nelle rare occasioni in cui era capitato), Mirren si aggrappava dietro ed evitava con tutte le forze di sfiorare Felix anche solo con il pensiero.

Ma questo era prima che ammettesse di amare Felix, quindi non doveva preoccuparsi di non fargli fraintendere i suoi sentimenti, dato che li aveva finalmente espressi.

E poi erano al loro primo appuntamento, poteva permettersi di essere più espansivo, giusto?

Così decise di stringersi a Felix, come d’altronde facevano sempre tutti quelli che portava a spasso in moto. Non c’era assolutamente nulla di male.

O forse sì, perché nel momento in cui lo strinse, Felix sobbalzò così forte che per poco non cadde dalla moto.

Mirren si affrettò a togliere le braccia, ma Felix lo fermò, e se le strinse contro, senza dire una parola, prima di partire, non dando a Mirren il tempo di obiettare in alcun modo o cambiare definitivamente posizione.

Quindi rimase per quaranta minuti buoni abbracciato a Felix, evento che non era mai capitato prima.

E che, senza il timore che Felix potesse fraintendere qualcosa, si rivelò molto più piacevole del previsto.

E di certo meno scomodo rispetto ai salti mortali che aveva fatto per non toccare l’amico.

Quando la moto si fermò, Mirren era quasi deluso.

Non gli sarebbe dispiaciuto passare il resto del pomeriggio abbracciato a Felix.

Ma quando, riluttante, fu costretto a staccarsi, e si guardò intorno, dovette constatare che l’alternativa non era affatto male.

-Erano mesi che non venivamo qui!- esclamò, con un grande sorriso, togliendo il casco e fissando l’entrata della galleria d’arte, il loro luogo preferito, che purtroppo distava parecchio da casa, e quindi raramente potevano visitare.

Anche se non era eccessivamente distante dall’ufficio di Mirren, ma lui non aveva troppo tempo da utilizzare per fare un giro in galleria.

E poi era sempre stato il loro posto, suo e di Felix.

Sorrise all’amico, che ricambiò con un occhiolino.

-Lo so, era prevedibile, ma devo rendere l’appuntamento perfetto, non originale- si giustificò, anche se Mirren non credeva ci fosse nulla da giustificare.

-È il luogo perfetto. Hai recuperato il ritardo- ammise, posando il casco e spolverandosi i vestiti.

-E abbracciandomi tu hai recuperato la scelta di abbigliamento. Non siamo ad un galà di gran classe- lo prese in giro per gli abiti eccessivamente eleganti, e Mirren incrociò le braccia, facendo l’offeso.

-Se mi avessi detto i piani per la giornata avrei scelto vestiti appropriati ad essa. E poi è sempre meglio vestirsi troppo bene che…-

-…non abbastanza, lo so- Felix continuò insieme a lui. Era una massima del padre di Mirren ed entrambi la conoscevano a memoria. 

-In effetti non dovrei lamentarmi, sei una stupendo, Mirr- aggiunse poi il biondo, squadrandolo dalla testa ai piedi con fare ammiccante.

Mirren distolse lo sguardo e si sistemò gli occhiali, cercando di non arrossire ma fallendo miseramente.

Era Felix ad essere davvero stupendo, non lui.

-Allora, entriamo- distolse l’attenzione da sé e indicò l’entrata.

Felix assicurò la moto e iniziò ad armeggiare nello zaino per prendere il proprio abbonamento.

Mirren iniziò a prendere i soldi per pagare il proprio biglietto, ma Felix lo fermò subito.

-Oggi offro io- gli rivelò, con un sorrisino furbetto.

-Non ci pensare nemmeno. Il mio biglietto lo pago io- provò ad obiettare Mirren, deciso, tastandosi le tasche con decisione ma non trovando il suo portafogli da nessuna parte.

Strano, eppure era sicuro di averlo preso.

Non è che gli era caduto durante il giro in moto?!

Prima che potesse impanicarsi, però, Felix glielo agitò davanti al viso -Con quali soldi?- lo provocò, divertito.

-Mi hai… rubato… il portafogli?- Mirren era sconvolto. Felix non aveva mai rubato nulla in tutta al sua vita, ad eccezione del suo cuore, ma anche quello era stato metaforicamente parlando.

Mirren non credeva neanche ne fosse capace.

Un mese lontani l’uno dall’altro li aveva portati a questo? Aveva ragione Petra quando diceva che tiravano fuori il meglio l’uno dell’altro quando erano insieme.

-Non fare così l’offeso, Mirr. Me l’ha insegnato Mathi. Ma non lo uso per derubare le vecchiette al supermercato. È solo un trucchetto di magia- Felix gli fece un occhiolino.

Mirren si irrigidì, e incrociò le braccia, offeso.

-Non sapevo che tu e Mathi foste così amici- borbottò, geloso.

-In realtà non lo sento da un secolo. Me l’ha insegnato dentro l’armadio, quando siamo stati estratti insieme, durante il compleanno di Petra- spiegò, mettendosi sulla difensiva.

-Ah- Mirren si sollevò visibilmente. Era passato parecchio dal compleanno di Petra, dopotutto.

-Comunque ridammelo, pago io- tornò ad insistere, provando a riprendere il portafogli, ma Felix lo fece sparire.

-No, e comunque non potresti, perché ho già comprato il biglietto per te- gli fece una linguaccia giocosa, e lo precedette all’entrata, zompettando.

Era davvero impossibile… in senso buono.

Mirren decise che per quella volta avrebbe lasciato correre, e lo seguì sospirando.

Entrarono senza problemi e iniziarono il solito giro. 

Ormai conoscevano ogni singola opera a memoria, ma era sempre meraviglioso immergersi in tanta arte, e la galleria di Harriswood era davvero meravigliosa.

Non oggettivamente, dato che era comunque una piccola galleria e quella di New Malfair era dieci volte più grande, ma soggettivamente, Mirren e Felix erano cresciuti esplorando ogni anfratto di quel luogo magico.

-Ricordi quando ti ho quasi convinto a restare qui la notte perché speravo che i quadri prendessero vita come in “una notte al museo”?- chiese Felix all’improvviso, come se gli avesse letto nel pensiero.

-Mi avevi convinto, maledizione. Fortuna che poi la guardia di sicurezza ci ha scoperti in bagno. Non mi sono mai sentito così in imbarazzo- ricordò Mirren, rabbrividendo al ricordo.

-Suvvia, è stato divertente. E Ty mi ha detto che ogni volta che gli chiedono del suo lavoro racconta quest’aneddoto- Felix ridacchiò.

Mirren arrossì ulteriormente.

Tyson Curie, la guardia di sicurezza più importante della galleria. Era lui ad averli trovati quella notte, e in generale era quello che stava loro appresso ogni volta che erano alla galleria d’arte, in attese di trovare altri aneddoti da raccontare in giro.

Era un po’ pettegolo, ma molto simpatico.

Solo che era il testimone principale di come Felix portasse Mirren sulla cattiva strada.

-Ah, dai! Non ti ho mai spinto a fumare canne o ubriacarti, non sono una influenza così pessima- Felix si difese, leggendogli di nuovo nella mente.

Mirren sbuffò.

-Giusto, ci pensava Melany e spingerti sulla cattiva strada- borbottò. La sua mente faceva sempre quell’associazione inconscia quando venivano citate le canne. 

Canne=Melany=pessime decisioni=peggior periodo della sua amicizia con Felix.

Il suo umore crollò a picco per quel motivo.

Maledette associazioni libere!

-Ehi, prima regola dei primi appuntamenti: mai citare i propri ex!- Felix provò ad alzare l’umore.

E ci riuscì, bisognava ammetterlo.

-Ma Melany è la tua ex, non la mia- gli fece notare Mirren, scherzosamente.

Felix aprì la bocca per obiettare, ma la richiuse subito, sconfitto.

-Touché. Le convenzioni non funzionano su di noi, eh?- Felix smise di scherzare e gli lanciò un’occhiata dolce, che fece nuovamente arrossire Mirren, anche se per motivi completamente diversi.

Distolse lo sguardo per non rischiare di morire d’infarto. Il suo stomaco era completamente attorcigliato.

Ahhh, che gli faceva Felix!!

Gli doveva rispondere? Prendergli la mano? Voleva tantissimo prendergli la mano, ed era una cosa che le coppie facevano, no? Ma loro non erano ancora una coppia ufficiale. E Mirren non aveva mai preso la mano di Felix… tranne da ubriaco ma non valeva. 

Prima che potesse decidersi, il discorso morì lì, quando Felix si allontanò da Mirren per vedere un dipinto astratto.

Non si godette neanche un minuto della mostra, troppo teso nel chiedersi cose fosse giusto fare e cosa no. Se poteva fare determinate azioni che prima non si sognava neanche di pensare.

-Wo, Mirren! Quel ready-made è ancora lì!- l’esclamazione incredibilmente divertita di Felix, che indicava una macchinina poggiata a terra in un angolo della sezione di arte contemporanea, lo distolse dai suoi pensieri.

-Sul serio?!- chiese, sorpreso, seguendo la direzione del suo dito e osservando la macchinina.

Felix e Mirren la guardarono, poi si guardarono a vicenda.

E subito dopo scoppiarono a ridere di gusto, allertando le altre due persone alla mostra con loro, che li guardarono storto e si affrettarono ad allontanarsi.

No, non erano impazziti.

Ma c’era una lunga storia dietro quella macchinina in un angolo del reparto.

Durante una visita fatta alle medie, Felix e una loro compagna di scuola avevano litigato sui ready-made, perché Felix non li considerava arte, mentre quella ragazzina sì. Così avevano fatto una scommessa: Felix aveva lasciato una macchinina per terra fingendo fosse un’opera e avrebbero visto le reazioni delle altre classi. Felix aveva vinto, ovviamente, perché in molti avevano commentato l’opera, e alla fine era rimasta lì, un omaggio a Felix.

-L’hanno lasciata lì per tredici anni?! Pensavo che prima o poi se ne sarebbero accorti e l’avrebbero tolta- commentò Mirren, cercando di riprendersi ma continuando a sghignazzare tra sé.

-Aspetta, aspetta, c’è una targhetta accanto!- Felix si avvicinò e controllò la targa -“Un’opera di F. Durke. Un ready-made creato quasi per caso un pomeriggio autunnale da una mente superiore e di grande talento” Non ci credo che la mia prima opera ufficiale sia un ready-made- lesse, tra una risata e l’altra e per certi versi quasi offeso.

-Scommetto che è stato il signor Curie- Mirren scosse la testa, alzando gli occhi al cielo.

-Mirren, ti ho visto crescere, chiamami Ty- una voce alle loro spalle li fece sobbalzare.

Apparteneva ad una guardia di sicurezza che sfiorava i sessant’anni, con grossi baffi da tricheco ma l’aria giovanile.

-Ty, quanto tempo!- Felix lo salutò con un gran sorriso, asciugandosi le lacrime per il troppo ridere.

-Troppo tempo, e i miei due combinaguai preferiti non sono neanche venuti a trovarmi- Tyson, la guardia di sicurezza, incrociò le braccia e li guardò offeso.

-Era nei piani. La prima cosa che abbiamo fatto appena entrati è stato parlare di te- si giustificò Felix, alzando le mani.

-Ah, dici sempre così, ragazzo. Ho sentito che ti sei laureato. Congratulazioni- Ty gli scompigliò i capelli affettuosamente.

Mirren fu un po’ geloso. Anche lui avrebbe voluto scompigliare i capelli di Felix con tale naturalezza.

E toccarli…

E giocarci…

E stringerli forte mentre…

… uff, ripigliati, Mirren!

-Sì, ora arriva la parte peggiore, trovare un lavoro dove applicare la mia laurea- Felix continuò a parlare con Ty.

-Perché non lavori qui?- gli propose la guardia di sicurezza.

Seguì qualche secondo di silenzio alla proposta.

-Sul serio?- chiese Felix, sorpreso.

-Avete dei posti liberi?- gli fece eco Mirren, speranzoso.

-C’è carenza di guide del museo, e potresti lavorare anche in segreteria, o come guardia di sicurezza. Se vuoi posso farti parlare con il capo. Sono certo che ti assumerebbe in un lampo- Ty gli mise una mano sulla spalla, incoraggiante.

Gli occhi di Felix brillarono di speranza, ma scosse comunque la testa.

-Potremmo fare un altro giorno? Oggi sono impegnato- si scansò da Ty e mise un braccio intorno alle spalle di Mirren, che non se l’aspettava e sobbalzò leggermente.

-Non preoccuparti, Felix. È importante posso aspettarti- provò a convincerlo ad accettare l’occasione, ma Felix scosse la testa.

-No, no. Oggi sono tutto tuo. E poi preferisco prepararmi bene prima di affrontare un colloquio di lavoro- insistette, stringendogli la spalla.

-Oh oh, ma cosa abbiamo qui. Ho per caso interrotto un appuntamento galante?- chiese Ty, con sguardo malizioso, probabilmente già pronto a dirlo a tutti quelli che conosceva.

-No!- si affrettarono a negare entrambi, con forse troppa veemenza.

-Doppia negazione di solito significa sì- continuò a supporre Tyson.

Dopo Amabelle, era il più fervido sostenitore della ship.

-No, Ty. Siamo solo amici, come sempre. Ma oggi è il suo pomeriggio libero quindi lo sto viziando con una passeggiata nel viale dei ricordi, ora che ho finito con la mia università- spiegò Felix, convincente.

Persino Mirren per poco non si convinse.

-Va bene ragazzi. Allora non vi trattengo oltre. Ma vi tengo d’occhio. Gli aneddoti iniziano ad essere pochi. E per il lavoro, Felix, passa da queste parti quando vuoi durante la settimana- Tyson fece loro un occhiolino e continuò il suo giro di pattuglia delle sale.

-Fichissimo. Ti immagini lavorare qui?! Sarebbe un sogno!- esclamò Felix, entusiasta.

-Sei ancora in tempo per approfittare dell’opportunità- lo incoraggiò Mirren, indicando la strada intrapresa dal signor Curie.

-Non oggi. Oggi sono tutto tuo, e non come amico, nel caso te ne fossi dimenticato- gli sussurrò all’orecchio, facendogli poi l’occhiolino e lasciandolo lì mentre osservava altre opere.

No, il cuore di Mirren non avrebbe retto se avesse continuato così.

Felix giocava con lui come un gatto gioca con il topo prima di mangiarlo.

…non era male l’idea di essere mangiato da Felix.

Sul serio, Mirren, ripigliati!

Felix fece un buon lavoro a ripigliare Mirren, perché, sebbene quello fosse un appuntamento, non fece assolutamente niente di diverso, e strano, e inaccettabile o accettabile ma inusuale.

Era il solito, fantastico, Felix.

E lentamente Mirren iniziò a rilassarsi, ed essere il solito, meraviglioso, Mirren.

Meraviglioso per Felix, ovviamente.

Anche se ancora un po’ stranito da come la situazione si stava evolvendo.

Non si aspettava un pomeriggio così normale.

Gli piaceva, tantissimo, ma era convinto che fosse cambiato tutto, tra loro. Era quello che gli aveva impedito di confessarsi prima.

Invece era tutto uguale.

E mancava qualcosa in quella giornata.

Alla fine del giro, era il momento della mostra temporanea.

-Qual è l’artista di questo mese?- chiese Mirren, avvicinandosi curioso.

-Il tema è l’impressionismo- spiegò Felix, eccitato.

Era la sua corrente artistica preferita. E anche Mirren condivideva l’hype.

-Andiamo all’esplorazione allora- incoraggiò Felix a precederlo, e si addentrarono in quello spettacolo di impressioni, rapidità nel dipingere e bellezza.

A differenza della mostra generale, MIrren non aveva mai visto quei quadri, quindi la sua concentrazione virò dalla preoccupazione costante dell’appuntamento, alla meraviglia dei quadri che lo circondavano.

E perse quasi cognizione del tempo e dello spazio osservando le opere impressioniste esposte, commentando sporadicamente e sorridendo affettuosamente verso Felix ogni volta che si entusiasmava più di quanto fosse moralmente accettabile.

La sua passione era fiammante e d’ispirazione. Mirren sperava davvero che avrebbe ottenuto il lavoro.

Verso la fine dell’esposizione, un’opera in particolare attirò completamente al sua attenzione.

Era un quadro molto piccolo, composto da poche pennellate, che però trasmetteva la meraviglia di un romantico tramonto.

-“Vista su Harriswood” di un nuovo artista di nome Mela Verde. È un dipinto impressionista contemporaneo. Geniale, vero?- Felix si accorse del suo interesse, e poggiò il mento sulla sua spalla, osservando bene il dipinto.

-Impressionante, se perdoni il gioco di parole- scherzò Mirren, senza neanche accorgersi del tutto del gesto di affetto.

Felix ridacchiò sommessamente, dandogli un colpetto sul piede.

Mirren ebbe una mezza idea di prendere il telefono e fare una foto per immortalare quella meraviglia.

Si interruppe di scatto, e si irrigidì nel rendersi conto che la sua mano stringeva inconsciamente quella di Felix.

Quando era successo?!

Perché non se n’era accorto?!

Cavolo, era fantastico!

E super naturale!

Avrebbe potuto stringerla per sempre.

Poteva farlo? 

Era stato sicuramente Felix a prendergliela, quindi poteva tenerla senza problemi, no?

Probabilmente Felix si rese conto del suo disagio, perché gli strinse la mano più forte.

-Fai quello che ti senti, Mirr- gli sussurrò all’orecchio, prendendo il proprio telefono con l’altra mano e scattando una discreta foto all’opera d’arte.

Tutto quelli che si sentiva, eh? Era un ottimo consiglio, ma non era il caso di seguirlo, almeno non in un luogo pubblico.

Santo cielo Mirren, ripigliati!!

Beh, tenere la mano andava benissimo, sì. Perfetto.

E poi non c’era nessuna faccia conosciuta nelle vicinanze, ed erano molto discreti. Sì, si poteva fare.

Peccato che ora che Mirren era del tutto consapevole di tenere la mano di Felix, non riusciva a pensare assolutamente a nient’altro.

Fortuna che erano alla fine della mostra.

Un momento… la fine della mostra.

-Oh, è finita- commentò, una volta raggiunta l’uscita, senza riuscire a trattenere la sua delusione.

Soprattutto perché, una volta fuori, Felix gli lasciò la mano e iniziò ad armeggiare nello zaino, cacciando prima il portafogli di Mirren, e poi le chiavi della moto.

-Siamo stati dentro più di due ore- gli fece presente Felix, divertito dalla sua espressione triste.

-Con te il tempo passa troppo in fretta- si lamentò Mirren, senza rendersi minimamente conto di quanto zuccherosa risultasse quella semplice ovvietà, e facendo arrossire Felix fino alla punta delle orecchie.

Ah, vendetta!

Per una volta era lui a mettere in difficoltà Felix, e non il contrario.

Ma restava comunque deluso.

E Felix si riprese anche abbastanza in fretta.

Gli porse il portafogli e gli lanciò un sorrisino furbetto.

Un sorrisino che aveva trasmesso ad Amabelle, ma che su di lui era molto meno malizioso e più genuinamente emozionato per qualcosa.

Mirren riprese il portafogli, e lo guardò confuso.

-Cosa?- chiese, senza sapere cosa aspettarsi.

-Tu pensi davvero che sia tutto qui quello che ho preparato?- chiese, fingendosi offeso e salendo sulla moto.

Fece cenno a Mirren di fare altrettanto.

Lui scosse la testa, accennando un sorrisino.

-Cosa hai architettato, Durke?- chiese, esitando un po’ nel salire dietro di lui.

Più per riprendersi da tutte quelle emozioni, che per altro.

-Sono le otto, è ora di cena. Al “Violin Key” ovviamente- gli fece un occhiolino. 

Il “Violin Key” era il ristorante preferito di Mirren, anche se era di nicchia. La parte più bella, oltre agli ottimi dolci, era l’orchestra che suonava musica classica dal vivo ogni sera.

-Qualcosa mi dice che questa volta mi permetterai di pagare, vero?- Mirren si tastò la tasca dove aveva riposto il portafogli e si sedette dietro a Felix, stringendogli con più sicurezza il petto.

Gli sembrò di sentirlo fremere, ma non fece commenti al riguardo.

-Ehi, io ti ho restituito il portafogli, ma sono ancora deciso a pagare, sappilo. Ma sono aperto a una gara a chi riesce ad offrire prima- scherzò, mettendo in moto.

Mirren lo strinse più forte, preparandosi a partire.

Una meravigliosa mostra in galleria e una cena nel suo ristorante preferito. Certo che Felix faceva le cose in grande.

Aveva ancora qualche remora per tutta quella storia, ma nonostante tutti i dubbi, quello di stava rivelando essere il giorno più bello della sua vita.

 

Quello era senza ombra di dubbio il giorno più bello della vita di Felix.

Era andato tutto alla perfezione, ogni singola cosa.

Certo, era arrivato in ritardo, aveva scherzato forse un po’ troppo e per poco non rivelavano a Tyson della relazione, cosa che avrebbe portato l’intera città a sapere il segreto, ma erano quisquilie.

Perché il resto del tempo era stato perfetto!

E anche se Mirren era rimasto teso tutto il tempo, ora, arrivati al dessert, si era completamente rilassato, e l’appuntamento era diventato decisamente da sogno. E la musica classica romantica che riecheggiava nell’aria rendeva l’atmosfera ancora più magica.

Soprattutto perché poteva fissare Mirren mangiare un’abbondante fetta di torta al cioccolato con occhi sognanti senza preoccuparsi di nascondere l’affetto profondo che provava per lui.

Anche se, doveva ammetterlo, si era trattenuto parecchio quel giorno.

Aveva progettato tutto nei minimi dettagli, e, forse per la prima volta in vita sua, aveva riflettuto con minuziosa attenzione su cosa fosse più appropriato fare, come farlo, e quando. 

Da quello che aveva dedotto, ciò che più frenava Mirren era il timore che tutto, tra di loro, sarebbe cambiato.

Quindi aveva organizzato una giornata esattamente come ai vecchi tempi, l’aveva trattato nello stesso modo, e aveva solo aggiunto qualche spezia per fargli capire che, sì, era sincero quando gli aveva promesso che qualsiasi risposta avrebbe dato alla confessione, la loro amicizia non sarebbe cambiata.

Per Felix non c’era amicizia o amore. 

Per lui l’amore era un upgrade dell’amicizia, e tutto quello che aveva con Mirren sarebbe rimasto, sebbene arricchito da qualcosa in più.

Tipo guardarlo con occhi adoranti mangiare la torta, macchiandosi gli angoli della bocca di cioccolato.

Si trattenne a stento dal sollevare la mano e pulirgliela, ma doveva andarci piano.

Era comunque Mirren, e non era un tipo fisico in generale, neanche con il proprio ragazzo… probabilmente… non che ne avesse mai avuto uno.

Almeno Felix sperava che non ne avesse mai avuto uno.

Vabbè, non era importante al momento.

-Mirr, ti è piaciuto questo appuntamento?- chiese, approfittando che fosse in procinto di finire e che non ci fosse nessuno ai tavoli vicini e a portata d’orecchio.

-È stata davvero una bella giornata, Felix- rispose lui, con un sorriso posato.

Beh, dai, era una risposta con cui si poteva lavorare.

Era la domanda successiva che si sarebbe rivelata davvero importante.

Felix fece un profondo respiro, e la porse con una nonchalance che non possedeva affatto.

-Ti sei pentito di quello che hai detto domenica?- chiese, cercando di guardarlo negli occhi ma fallendo immediatamente e limitandosi a fissare il piatto quasi ripulito della torta.

Sebbene avesse espresso completa sicurezza, quel giorno, anche lui, come Mirren, aveva parecchie preoccupazioni. Ed era terrorizzato che, ora che la speranza era volata, Mirren gliel’avrebbe abbattuta con un letale colpo di pistola dritto al cuore.

Mirren esitò qualche secondo, giocherellando con la forchetta.

Era evidente che aveva ancora qualche preoccupazione, ma decise di metterle da parte, almeno per il momento.

-No, per niente- piegò la testa per incontrare il suo sguardo, e gli fece un sorriso incoraggiante.

Felix ricominciò a respirare, e il nodo allo stomaco che si era formato nell’attesa si sciolse.

Sollevò la testa, e ricambiò il sorriso di Mirren guardandolo negli occhi.

-Bene, allora posso passare all’ultima fase dell’appuntamento- tornò pieno di energie, e armeggiò nello zaino per un attimo, prima di tirare fuori una cartellina piena di fogli.

Mirren aveva avuto  molti momenti di confusione quel giorno, ma nessuno si avvicinava neanche lontanamente a quello lì.

Fissò Felix come se venisse dallo spazio.

Probabilmente temeva che gli avrebbe chiesto di sposarlo lì e subito.

Onestamente Mirren non avrebbe avuto alcuna obiezione, ma avevano bisogno di testimoni e un giudice.

-Tranquillo, non ho intenzione di chiederti in marito- lo rassicurò Felix, aprendo la cartellina e iniziando a spargere i fogli sul tavolo.

Oh… peccato.

-E qual è il tuo piano?- indagò Mirren, prendendo un paio di fogli e notando che c’erano i loro orari settimanali nei minimi dettagli.

-Semplice, stilare un piano d’azione con regole per la nostra relazione, almeno per questi primi stadi. Mi sono permesso di mettere al primo posto “Non dire a nessuno che stiamo insieme a meno che non ne abbiamo parlato prima”, perché sono certo che non avresti avuto obiezioni.

Mirren era sconvolto.

-Tu… hai stilato un piano d’azione?- chiese, a bocca aperta.

-Yep! Ma tranquillo, ho solo organizzato le basi, poi le compileremo insieme. Per esempio, questa silhouette di un corpo umano serve come base per le zone che non ti da fastidio che io tocchi. Useremo i colori per orientarci: verde le zone tranquille. Arancione quelle che dipende dalle circostanze e in ogni caso è meglio chiedere. Rosse quelle che per il momento, ma anche per il resto della vita se vuoi, non serve neanche chiedere perché è un sonoro “NO!”. Ho segnato già in verde braccia, piedi e spalle. Per il resto ti lascio il foglio così puoi compilare tu- spiegò Felix, molto soddisfatto da sé.

Mirren era super sconvolto.

-Tu hai stilato un piano d’azione?!- ripeté, osservando tutte le carte a bocca aperta e analizzando ogni singolo dettaglio.

-Sì, non sembrare così sorpreso. Comunque, i miei grafici li ho già compilati, e te li darò. Tu compili i tuoi e poi li dai a me così siamo sicuri. Ovviamente ne parleremo tra noi, e non sono regole da seguire minuziosamente. Solo delle basi per regolarci e per evitare che la nostra relazione possa metterti a disagio in alcun modo. Voglio che tu sia tranquillo quando stai con me, senza temere neanche per un secondo che le cose saranno strane o imbarazzanti, o incerto su come comportarti- Felix porse le proprie carte, sorridendo molto incoraggiante.

Mirren era oltre lo stato di sconvolto. 

Guardava Felix a bocca aperta come se non lo riconoscesse.

Poi lanciò una veloce occhiata verso il foglio appena ricevuto, in particolare la sagoma umana. E immediatamente dopo si guardò intorno per assicurarsi che non ci fosse nessuno nelle vicinanze.

Felix fece altrettanto.

-Tranquillo, Mirren, mi sono assicurato che…- la sua rassicurazione venne interrotta quando Mirren si sporse verso di lui, gli prese il volto tra le mani, e lo baciò, con una passione della quale Felix non credeva fosse capace.

Dopo un istante iniziale di sbigottimento, Felix si affrettò a ricambiare, sporgendosi verso di lui e cercando di trovare una posizione comoda.

Era il loro quarto bacio non ufficiale… ma fu come se fosse il primo.

Non erano più bambini di nove anni che sperimentavano le “cose da adulti”, confusi da quel gesto ma comunque così uniti l’uno all’altro da volerlo provare.

Non erano così ubriachi da credere che fosse tutto un sogno. 

Non erano così disperati da attaccarsi alla prima boa che trovavano.

Erano due ragazzi, innamorati da sempre, che finalmente trovavano la forza di esprimere, a parole e a gesti, tutto il loro amore.

E se quei tre tentativi precedenti erano serviti a qualcosa, si poteva dire che fossero stati un buon trampolino di lancio per il più bel bacio che Felix avesse mai ricevuto.

Quando si staccarono per riprendere fiato, era decisamente intontito, ancora piegato verso Mirren come a chiederne ancora, e ci mise qualche secondo di ricordare dove fosse e cosa fosse successo.

-Le labbra erano segnate- si giustificò Mirren, indicando il colore verde sul volto della sagoma di Felix.

A dire il vero Felix aveva colorato tutto di verde ad eccezione della zona lombare, che al momento era un arancione un po’ scuro, perché era meglio non correre.

Ma non si aspettava che Mirren si buttasse così in fretta sulle zone verdi.

-Uh… ah… hey…- borbottò, ancora intontito, sistemandosi al posto e cercando di recuperare il filo del discorso. 

Notò che Mirren era tornato ad osservare il piano d’azione, con occhi brillanti.

E Felix capì il motivo per cui si era esaltato tanto.

Si sfiorò le labbra, e sogghignò tra sé.

-Dovrei fare piani d’azione più spesso- commentò, tornando spavaldo.

-È la cosa più sexy che tu abbia mai fatto- commentò Mirren, senza una punta di esitazione, ma guardandolo fisso negli occhi.

Le guance di Felix, già rosse come pomodori, divennero melograni. 

-Wow… attento Mirren, dire queste cose in un luogo pubblico potrebbe essere pericoloso- lo provocò Felix, malizioso.

Era il turno di Mirren di arrossire.

Gli tirò un leggero calciò sotto il tavolo.

-Ora non ti esaltare troppo- gli infranse le speranze, facendo il serio.

Ma Felix notò il sorrisino che cercava di nascondere.

-Quindi… può funzionare?- Felix decise di tornare al discorso principale, e indicò i fogli.

La domanda implicita però non era sul piano d’azione, ma su di loro.

-Hai dei colori?- chiese Mirren, prendendo il proprio foglio con la silhouette umana.

Felix cercò nella borsa, e gli porse tre pennarelli.

Mirren prese senza esitazione quello verde, e colorò in fretta due parti che Felix non si sarebbe mai aspettato. Almeno non subito.

Lo passò sul tavolo, per farglielo vedere prima di intascarlo per completarlo meglio una volta a casa.

Bocca e mani.

Poi gli prese la mano da sopra il tavolo, e tornò a mangiare quello che restava della torta.

Era ufficiale.

Stavano insieme.

Stava insieme a Mirren.

Stava insieme all’amore della sua vita, che per anni aveva cercato di approcciare e non era mai riuscito a conquistare.

Stava insieme al suo migliore amico di sempre.

Aveva una leggera nausea, sensazione di vertigini, e un groppo alla gola.

Era a pochi istanti dallo scoppiare a piangere, troppo sopraffatto dall’emozione.

Ma strinse la mano di Mirren, e si fece forza.

-Credo che questo potrebbe essere un buon momento per dirti che quando prima sono andato in bagno a lavarmi le mani, ho anche pagato in anticipo il conto, lasciando una buona mancia- Mirren cambiò argomento, sciogliendo la tensione e finendo il dolce con un cipiglio soddisfatto.

Felix scoppiò a ridere.

-Sei ingiusto! Speravo di fare una corsa in cassa!- si lamentò, lasciandogli la mano per incrociare le braccia e guardarlo offeso.

-In guerra e in amore tutto è concesso- obiettò Mirren, facendogli un occhiolino.

-Questa è guerra o amore?- chiese Felix, sporgendosi verso di lui.

-Tutte e due le cose, ovviamente- Mirren si sistemò gli occhiali, e diede un bacio a fior di labbra a Felix, soddisfatto per la sua risposta.

Felix ridacchiò maggiormente, e si vendicò prendendo un po’ di glassa con il dito.

Mirren lo lasciò fare.

Felix stava con Mirren.

Erano una coppia.

Era ormai ufficiale.

Per entrambi, quello era senza dubbio il giorno più bello della loro vita.

 

Venerdì 26 Luglio

Manny era finalmente riuscito a partecipare alla sua seconda serata film.

La prima non era andata benissimo, ma quella volta era deciso ad interagire un po’ di più con gli amici di Max.

Anche se temeva parecchio il loro giudizio, soprattutto quello di Clover, dato che era la sua migliore amica e voleva farle una buona impressione.

Alla fine, però, era stata Amabelle a dargli maggior filo da torcere, dato che per la durata dei due film scelti l’aveva guardato storto, studiando ogni suo movimento e irritandosi ogni volta che Manny faceva qualcosa di giusto.

E con giusto intendo tipo aiutare Max con i popcorn, chiacchierare con Clover o aiutare la stessa Amabelle quando aveva chiesto a qualcuno se poteva farle una treccia.

Più era gentile con lei, più Amabelle la guardava storto, ma Manny aveva deciso di non darle troppo peso, e, alla fine, si era divertito parecchio, quella sera.

Soprattutto perché avevano visto Notting Hill!

Manny adorava quel film!

E in generale il cliché di due personaggi che nonostante la diversa classe sociale, riescono ad innamorarsi e sposarsi e vivere per sempre felici e contenti.

Non a caso il suo cartone Disney preferito è Cenerentola.

Era davvero felice che Max l’avesse proposto.

L’horror giapponese proposto da Clover era stato meno interessante, ma non si era lamentato.

Il motivo per cui non gli piacevano gli horror, dopotutto, era che che non riusciva a spaventarsi.

Riusciva a mantenere una compostezza quasi regale in ogni situazione, e questo comprendeva i film spaventosi.

Quindi aveva passato tutto il film a tenere la mano di Max, e a stringerlo al petto quando non voleva vedere le scene.

E il suo comportamento aveva dato i suoi frutti, perché a fine serata, Clover aveva sollevato il pollice nella sua direzione e aveva annuito, quindi aveva superato il suo test.

E alla fine, poco prima di andare via, Amabelle l’aveva preso da parte e gli aveva detto testuali parole -Sei su un filo- con un dito per aria, e Manny lo considerava un buon risultato.

Al momento, in casa, l’ultimo ospite rimasto era lui, dato che aspettava che Gerda lo venisse a prendere a nel frattempo sperava di poter passere un po’ di tempo solo con Max.

…c’era anche Denny, e il signor Sleefing, ma entrambi erano nelle proprie camere, quindi era come se fosse solo con Max.

E non capitava molto spesso, dato che erano entrambi impegnati con il lavoro.

-Max, ho qui altri piatti sporchi- annunciò rumorosamente prima di entrare in cucina con una pila di piatti da lavare.

Nonostante la sua attenzione, Max sobbalzò comunque, ancora scosso dal film horror.

-Oh, hey. Grazie!- provò a riprendersi, lasciando per un attimo perdere la pulizia già in corso per liberarlo del fardello dei piatti.

Manny non glielo permise, e caparbiamente glieli portò almeno fino al lavello, prima di prendere una spugna per aiutarlo nell’impresa.

Max aprì la bocca per obiettare, ma Manny gliela chiuse con un bacio.

-Va bene- cedette infine, ritornando ai propri piatti.

-È stata proprio una bella serata, vero?- Manny attaccò bottone, ripensando ai film e alla compagnia.

-Mi dispiace per il film scelto da Clover. Le avevo chiesto di andarci piano almeno oggi, ma le capita raramente una serata con Amabelle e Denny insieme, ultimamente- Max si affrettò a giustificare la sua migliore amica, mortificato.

Manny ridacchiò.

Era davvero adorabile.

-Non preoccuparti- si affrettò a rassicurarlo -Non mi fanno effetto gli horror, e poi ho avuto il piacere di tenerti tra le braccia per tutta la durata del film, ne è valsa decisamente la pena- gli sussurrò all’orecchio, flirtante.

Max arrossì leggermente.

-Devo ammettere che è stato l’horror meglio vissuto della mia vita- ammise Max, ricambiando il tono.

-Ma Notting Hill è stato meglio- aggiunse Manny, tornando serio e continuando a pulire i piatti.

Max sorrise raggiante.

-È uno dei miei film preferiti. Adoro il tema della differenza di classe, e la stampa, e tutte quelle cose lì. Mi piace quando l’amore vince su tutto- commentò, sognante.

-Come tua madre- commentò Manny, portando la discussione su un livello più serio e sperando di poterla usare come trampolino di lancio per un discorso che già da un po’ progettava di introdurre.

Aveva troppi segreti con Max, ed ora che la loro storia iniziava ad essere davvero seria, e lui si rendeva sempre più conto di amarlo, il minimo che potesse fare era essere onesto con lui.

Anche se non era per niente facile dopo tutto quello che aveva fatto per mantenere i propri segreti.

Sarebbe stato oltremodo imbarazzante dirgli di Sonja, e di Gerda, e del suo vero problema con il Corona.

Non era neanche del tutto certo che Max avrebbe potuto perdonarlo.

Ma era meglio introdurre prima le basi, per fargli capire mano a mano la situazione.

E quello sembrava un buon momento per iniziare.

-Sì, come mia madre. Forse il motivo per cui questo cliché mi piace è proprio perché mi fa pensare a lei. La giovane ragazza ricca che lascia tutta la sua stabilità per seguire l’amore. In effetti la rispecchia- commentò Max, mettendo un piatto a scolare, pensieroso.

-Però anche l’idea che una persona di ceto sociale più basso finisca in una ricca famiglia e venga accettata passando dalla povertà alla ricchezza è bella, non trovi?- la buttò lì Manny, evitando per un pelo che gli scivolasse il piatto dalle mani. Era terribilmente nervoso e tremante per dove quella discussione sarebbe andata a parare.

Max non se ne accorse, e si limitò ad aiutarlo prendendogli il piatto dalle mani e mettendolo a scolare.

-Certo, ma è molto più inverosimile, secondo me. E poi la vita dei ricchi è spaventosa, tra lotte costanti e… ugh, matrimoni combinati- Max rabbrividì, disgustato alla sola idea.

E anche Manny rabbrividì, ma per un diverso motivo.

Max aveva tirato fuori un argomento che voleva davvero introdurre, ma non sapeva come.

Ed eccolo lì, servito su un piatto d’argento.

Ma non credeva di essere pronto ad affrontarlo.

Doveva almeno provarci.

-Terribili i matrimoni combinati- borbottò, senza scomporsi eccessivamente.

-Già! La cosa che odio più al mondo! Il matrimonio dovrebbe essere celebrato per amore. Che senso ha sposarsi per soldi, eredità o altro. Per quello ci sono contratti, no? Ma che ne so. Non capirò mai le persone ricche- Max invece si infiammò completamente, e scosse la testa con violenza, mentre continuava a mettere via i piatti, forse con un po’ troppa forza.

-Beh, dai, non tutti i matrimoni combinati sono per soldi. A volte è anche una questione di abilità necessarie in un coniuge. Tipo, pensa ai matrimoni reali. Nei tempi antichi re e regine si sceglievano con un’accurata selezione per la prosperità del popolo. Era un lavoro che si guadagnava sia con matrimonio che con competenze- provò a spezzare una lancia a favore del matrimonio combinato, anche se era contrario.

L’esempio era il peggiore che potesse usare.

Max lo guardò incredulo per un attimo, quasi offeso, ma si riprese subito.

-Stai studiando storia?- chiese, cercando di cambiare argomento, probabilmente per non innescare una discussione e rovinare la serata.

Ma Manny era andato troppo avanti per tirarsi indietro adesso.

-Sono un esperto di storia, ma non c’entra. Io ti do ragione. In tempi moderni il matrimonio combinato è un’assurdità. Ma posso capire se qualcuno pensa che sia una buona scelta, e se c’è il consenso dei due coniugi, potrebbe anche funzionare- provò ad assumere una visione più neutrale sull’argomento, per evitare di litigare.

Max, che era molto aperto, iniziò a rifletterci con attenzione, asciugandosi le mani dopo aver finito di lavare i piatti.

L’attenzione finì tutta su Manny, e non era certo che fosse un bene.

-Beh, immagino che sia una situazione troppo lontana da me perché io possa sapere esattamente come ci si sente- ammise, alzando le spalle, e portando la discussione in zona neutrale.

-Già, è una situazione lontana da te. Ma se fosse vicina, tipo, se fossi costretto ad avere un matrimonio combinato per aiutare la tua famiglia, come reagiresti?- chiese, sinceramente incuriosito, anche se non era la domanda che avrebbe dovuto fargli.

Ma cercava inconsciamente di prolungare l’agonia.

-Wow, questa sì che è una domanda semplice: troverei un altro modo- rispose Max, ovvio.

Manny era sorpreso dalla sua sicurezza.

-Davvero?- chiese, poco convinto.

-Certo. Ci sono tanti modi per aiutare la propria famiglia. Potrei tranquillamente trovarmi altri lavori, o emigrare nel caso non si trova lavoro, o chiedere un prestito a Clover che ripagherei lavorando per lei. Oppure…- Max non era disposto a cedere a ricatti, evidentemente, soprattutto se lo portavano lontano dall’amore.

Era il momento di tirare fuori i pezzi grossi.

-E se la persona che ti piace fosse promessa in sposa a qualcuno?- chiese Manny, in un sussurro.

Questa domanda sembrò seriamente mettere in difficoltà Max.

-Beh, ammetto che questa è difficile, perché me la chiedi?- Max provò a sviare, e a prendere tempo.

Manny alzò le spalle.

-Così, curiosità. Gerda ultimamente è fissata con un gioco dove l’interesse amoroso è in un matrimonio combinato e mi ha fatto pensare a come reagiresti tu al posto del protagonista- cercò di apparire rilassato e tranquillo. Per fortuna, o sfortuna, era un bravo attore.

Anche se non aveva mentito. Era vero che Gerda era fissata con Mystic Messenger negli ultimi tempo.

Max ci pensò un po’ su.

-Beh, se la persona che mi piace non vuole sposarsi penso che cercherei di aiutarla ad evitare il matrimonio. Anche se è una cosa che farei a prescindere. Sono felice comunque che non mi troverò mai in una situazione del genere, dato che ho te- Max provò di nuovo a cambiare discorso, portandolo sul piano romantico, e Manny accennò un sorriso, che però uscì un po’ teso.

-Se ti dicessi che io sono promesso sposo a qualcuno?- chiese poi, in un sussurro.

-Woo, che brutta immagine. Non voglio neanche pensarci- Max evitò l’argomento, sistemando meglio il lavandino per fare qualcosa.

In effetti quello non era un discorso da fare in cucina.

Ma ormai stavano arrivando al punto focale del discorso.

-Max, io sono promesso in sposo a qualcuno- rivelò Manny, in tono fermo.

Max interruppe quello che stava facendo, rimase qualche secondo immobile, e poi si girò verso Manny, accennando un sorrisino.

-È uno scherzo, vero?- chiese, sicuro di sé.

Manny rimase impassibile. Il suo volto era serissimo.

-Vero?- ripetè Max, iniziando a spaventarsi.

Manny aprì la bocca, pronto a spiegare tutto, ma si fermò sui suoi passi, notando lo sguardo perso del suo ragazzo.

Perché solo una volta aveva visto Max così ferito e spaventato, ed era stato uno spettacolo così innaturale e sbagliato che si era ripromesso che non l’avrebbe mai più fatto sentire così.

Doveva dirgli la verità, era per il suo bene.

Ma perché rovinargli la serata con una notizia che l’avrebbe solo fatto stare peggio?

Alla fine, fece un metaforico passo indietro, e si aprì in un sorriso divertito.

-Sì, sto scherzando. Volevo solo sapere quale sarebbe stata la tua reazione seria. Sono andato un po’ oltre, mi dispiace- mise le mani avanti, e si avvicinò a Max per rassicurarlo.

-È stato venti volte peggio dell’horror visto con Clover. Ti prego, non farmi mai più uno scherzo così- Max lo strinse al petto, tirando un profondo sospiro di sollievo.

Il cuore di Manny piangeva, gridava, e voleva ammazzarlo.

Ma non ce l’aveva fatta a dire tutta la verità.

Un giorno sicuramente avrebbe ripagato tutti gli errori che aveva fatto da quando era andato a sbattere contro Max quel fatale giorno di Marzo, e quell’omissione si sarebbe aggiunta al conto.

Ma non era quello il giorno.

Il cellulare gli suonò in tasca, e controllò il nuovo messaggio, che lo informava che Gerda era fuori e in attesa di prenderlo per portarlo a casa.

Ottimo tempismo.

-Devo andare, Gerda mi aspetta fuori- informò Max, separando l’abbraccio e dandogli un bacio sulla guancia.

-Oh, salutamela tanto, e state attenti- Max tornò a pulire il lavello, ricambiando il bacio, e agitando poi la mano con un gran sorriso.

Manny uscì in fretta dalla cucina controllando di avere tutto in tasca, e per poco non andò a sbattere contro Denny.

-Oh, scusa, non ti avevo visto. Sto andando via, mi è venuta a prendere Gerda- lo informò, assicurandosi di non averlo urtato in nessun modo.

Denny si limitò a guardarlo storto.

-Vado ad aiutare Max- sibilò tra i denti, entrando e lasciandolo da solo nel corridoio.

Manny era sorpreso, doveva ammetterlo. Denny, nel gruppo di persone vicine a Max, era quello che lo preoccupava di meno. Ed era anche quello che gli stava più simpatico. Non si aspettava che l’affetto non sarebbe stato ricambiato.

Forse aveva udito la conversazione appena avuta, e aveva intuito che Manny non aveva detto tutta la verità?

Non l’avrebbe mai saputo, ma si disse che, a prescindere, meritava tutto l’odio del mondo.

Perché si era infognato in una rete di segreti e bugie, e quando aveva la possibilità di districarsi, finiva solo per intrecciarsi ancora di più.

Ma ci stava seriamente provando, a sistemare ogni suo errore.

Solo che era più difficile del previsto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Ci ho messo un po’, scusate, ma volevo che questo capitolo uscisse perfetto, e quindi me la sono presa con più calma.

E poi è uscito parecchio lungo :D

Finalmente un po’ di fluff dopo tanta sofferenza. Nuove amicizie che nascono, amori che sbocciano (FINALMENTE LA FERREN È CANON!!!) e coppie che restano unite nonostante gli scherzi di cattivo gusto (anche se dubito che Manny stesse scherzando).

Parlando più nello specifico, come sempre…

Vi mancava Sonja? 

Magari non ve ne siete neanche accorti, ma non compare con un ruolo sostanzioso dal capitolo 22, quando è rimasta chiusa nello scantinato con Max.

Ma comparirà di più prossimamente, sia come confidente di Denny, che come personaggio con la sua storia.

Quindi spero che vi piaccia.

Ma parliamo di Denny. Ha ufficialmente fatto coming out! Solo con Sonja e con sé stesso, ma questi sì che sono progressi!!

Sono tanto orgogliosa di lui.

Che ne pensate di Sonja e Denny come amici? 

Vabbè, lasciamo perdere e andiamo dalla ciccia.

E con ciccia intendo Mirren e Felix.

AAAAAAWWWWWW, il loro appuntamento è stato il motivo per cui ci ho messo tempo.

Non perché non volessi scriverlo, ma perché volevo scriverlo bene, e spero di esserci riuscita, sono abbastanza soddisfatta del risultato.

Finalmente una coppia che sicuramente è endgame si è messa ufficialmente insieme (Manny e Max hanno altre cose a cui pensare, e c’è ancora la variabile Sonja).

Sperando che durerà.

Comunque sono adorabili, e se vi chiedete perché Mirren è così aperto alla fine, sappiate che per lui i piani d’azione sono tanta roba, e l’idea di avere un piano d’azione lo mette molto più a suo agio. E poi, come Denny, è represso da così tanto tempo che non può fare altro che scoppiare.

Mi piace come in questo appuntamento si siano praticamente scambiati i ruoli: Felix è diventato quello più organizzato e metodico, mentre Mirren il più impulsivo e guidato dalle emozioni. È la prova che si completano l’un l’altro.

Devo essere onesta, di tutte le coppie, la Ferren è quella che più mi sento di dire che sono anime gemelle.

Perché sono davvero due pezzi di un puzzle che si sono ritrovati. 

Passando a Manny e Max. Pensavo di fare proprio la scena della serata film, ma l’importante viene dopo, e il capitolo stava già uscendo lungo.

Potrei, se volete, aggiungere in futuro la scena come speciale nelle side stories, che consiglio di recuperare se non avete già fatto a questo link: Life Bites.

Ma parlando nello specifico di Manny: ha segreti, parecchi segreti, e quando verranno rivelati, ovvero mi pare nel capitolo 33, io spero, dal profondo del mio cuore, che se un giorno, per sfizio, rileggerete la storia, direte “Aaaaaah”.

Perché a differenza che con Mathi, dove tutto si scopre in modo sorprendente (era anche voluto perché è una sorpresa totale anche per Denny), con Manny sto mettendo tantissimi indizi sparsi qui e lì, e spero davvero che torneranno tutti al proprio posto.

Per il momento l’unica certezza è che ha un grosso segreto che potrebbe riguardare un matrimonio combinato e la sua famiglia.

Mi sono dilungata parecchio, meglio ritirarmi.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, il prossimo non so quando riuscirò a pubblicarlo perché ultimamente l’università inizia a farsi dura.

Spero presto, anche se vi avverto già che sarà un po’ di passaggio (ci sta dopo tutte queste emozioni, dai).

Un bacione e alla prossima a chiunque sia arrivato fino a qui :-*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Clover e Diego partono per la crociera del matrimonio di Miguel e Paola, Mirren fa una scoperta nella legnaia, Felix ha un colloquio di lavoro

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Capitolo 30
*** Nuove e vecchie conoscenze ***


Nuove e vecchie conoscenze 

 

Martedì 30 Luglio 

Ultimamente Amabelle era rimasta un po’ da parte nell’operazione Matchmakers.

I motivi erano molteplici: innanzitutto, aveva avuto parecchi esami, e lei non era una grande studiosa, ma l’università costava, e iniziava a sentirsi in colpa per tutto quello che spendeva sua madre per tenerla immatricolata lì.

Poi non riusciva a non pensare al litigio avuto con Norman, che non l’aveva neanche salutata prima di partire, e non si faceva sentire da allora, almeno non con lei.

Infine, passava quasi tutto il suo tempo libero a casa di Petra intenta a giocare con Lottie.

…quello era il motivo principale.

Solo che quella cagnolina era troppo carina, adorabile e divertente, e poi le stava insegnando qualche giochino, e adorava darle dei biscottini che la facevano tanto contenta!

Insomma, passava la maggior parte del suo tempo in casa Hart, ultimamente.

Soprattutto dopo la morte di Fallon, che aveva abbattuto i fratelli Hart, Felix e anche Amabelle.

Dei quattro era quella meno colpita, ma era stato un duro colpo anche per lei. Era parte della famiglia, dopotutto, e a volte si ritrovava ad entrare in casa e a guardarsi intorno aspettandosi che arrivasse scondinzolando pronta ad accoglierla.

Le mancava davvero tanto.

Comunque, era quasi Agosto, e Amabelle aveva tutta l’intenzione di ricominciare i piani, ancora più combattiva di prima.

A cominciare da Felix e Mirren, che finalmente erano tornati amici, ma dovevano diventare qualcosa di più entro la fine di Agosto!

-Non ci pensare neanche!- Petra, che al momento era seduta accanto a lei sul divano della sala, mentre vedevano alcune puntate di Gorgeous, si girò verso di lei per lanciarle un’occhiata penetrante.

-Pensare a cosa?- Amabelle le fece un sorriso innocente, ma Petra ormai la conosceva troppo bene per cascarci, e le afferrò prontamente le manette che si portava sempre appresso e che aveva inconsciamente iniziato a rigirarsi tra le dita.

-Non ammanetterai Mirren e Felix! Sono appena tornati amici ed è meglio non rischiare che litighino di nuovo- Petra diede segno di conoscerla fin troppo bene, e nascose le manette in tasca per tenerle fuori dalla portata dell’amica.

Onestamente, non era un buon piano, perché Amabelle non si sarebbe fatta alcuno scrupolo ad infilarle le mani in tasca per recuperarle, ma dettagli.

Si limitò a sbuffare, e crollò con la testa sulle gambe di Petra, portando la mano sulla fronte in una posa melodrammatica.

-Tray, mia fantastica e meravigliosa amica, davvero non vuoi aiutarmi? Mi sei rimasta solo tu! Tutti coloro a cui tenevo mi hanno abbandonata!- esclamò, enfatica, facendo gli occhioni da cucciolo.

-Non possiamo ammanettare Mathi e Denny?… o Clover e Diego?… o Max e Sonja? Sì! Adori Max e Sonja!!- Petra provò a venirle incontro, arrossendo appena ed evitando il suo sguardo.

-Mathi si sa togliere dalle manette, Clover mi ammazzerebbe, Max… onestamente sono molto confusa con lui. Sonja è la ragazza perfetta, non ci sono dubbi al riguardo, ma Manny… non è male. Mi piace. Alla serata film è stato davvero simpatico e gentile. Sembra perfetto anche lui. Non so, sono confusa- ammise, abbandonando la scenetta drammatica ma restando ancora appoggiata sulle gambe di Petra.

-Tu confusa? Perché, è possibile?- la prese in giro Petra, sempre senza guardarla.

-Antipatica!- Amabelle le fece una linguaccia, e alzò la testa, tornando seduta come le persone normali.

Petra sembrò un misto tra sollevata e delusa, ma Amabelle non ci fece caso.

Continuò con il suo piano.

-Insomma, Max per il momento può passare. E poi Clover e Diego stanno ancora insieme. Quindi mancano solo la Ferren e la Mathenny!- fece il punto della situazione.

-E Mathi esce dalle manette- Petra sbuffò -Puoi abbandonare l’idea delle manette o utilizzarle per qualche altra coppia futura?- provò ad andarle incontro, poco convinta.

Amabelle ebbe qualche istante di esitazione.

Poi si convinse a farle una importante domanda.

-Tu ti arrabbieresti se venisse ammanettata con qualcuno?- chiese, ripensando alla passeggiata nel parco quando Petra le aveva confessato di volere una relazione.

Ad essere onesta, quello era un altro motivo per cui aveva accantonato per un po’ l’operazione Matchmakers.

La sola idea di accoppiare Petra a qualcuno le faceva battere il cuore fortissimo, e le provocava mal di stomaco.

Non voleva che Petra si mettesse con qualcuno.

…ma non voleva neanche mettercisi lei.

Sì, era una contraddizione abbastanza grossa, ma Amabelle era fatta così: una contraddizione vivente.

E pessima nei rapporti romantici personali.

-Se provi ad ammanettarmi a qualcuno per mettermi insieme a quella persona ti tolgo il saluto- la minacciò Petra con occhi che mandavano scintille, facendo tirare un sospiro di sollievo al cuore di Amabelle.

L’operazione MatchPetra era accantonata, acciderbolina, non ci voleva, oibò! Sarà per la prossima volta.

Aspetta, Amabelle poteva approfittarne per convincerla ad andare avanti con il piano principale.

-Beh, se non vuoi le manette per te, accetterai la mia idea di accoppiare Felix e Mirren?- le si avvicinò speranzosa, fino a starle a pochi centimetri di distanza dal viso.

Non era un evento raro. Amabelle si avvicinava così con tutti quelli che tentava di convincere a fare qualcosa, ma in quel momento, con Petra, all’improvviso si rese conto di quanto intimo fosse come gesto, e delle guance sempre più calde e arrossate dell’amica, che aveva sgranato gli occhi ma non si era ritirata.

E Amabelle fu quasi in procinto di baciarla.

Era dal compleanno di Petra che questo pensiero la colpiva nei momenti più strani.

Voleva baciarla con tutta sé stessa, ammettere i suoi sentimenti, baciarla di nuovo, stare con lei per il resto della sua vita.

-Amabelle…- Petra però la scansò leggermente, interrompendo le intenzioni della rossa.

-Uh?- per la ragazza scansata fu come svegliarsi da una trance.

E si ritrovò ad arrossire a sua volta, diventando dello stesso colore dei suoi capelli.

Petra aprì la bocca per dire qualcosa, sembrava determinata e un po’ spaventata.

Ma prima che potesse proferire parola, una persona inaspettata fece la sua entrata trionfale e rumorosa nella stanza, rompendo il momento intimo delle due ragazze.

-Hey, belle! Come va?- chiese la voce allegra di Felix.

La reazione di Amabelle e Petra fu istantanea.

Rimasero così prese in contropiede che entrambe presero il primo cuscino nelle vicinanze e lo lanciarono con forza contro Felix, colpendolo con precisione millimetrica in faccia e sullo stomaco, e facendolo quasi cadere a terra.

-Woo! Ho forse interrotto un momento intimo?- suppose il ragazzo, riprendendosi appena in tempo.

…solo per venire di nuovo colpito da numerosi altri cuscini, finendo definitivamente al tappeto.

-Che diavolo ci fai qui?! Chi ti ha fatto entrare?!- chiese Petra, in tono acuto e guance scarlatte.

In effetti era strano che fosse lì, dato che le uniche persone in casa erano lei e Amabelle… e Bonnie, che però difficilmente avrebbe aperto la porta a Felix.

-Mirren mi ha chiamato per chiedermi un passaggio per la scuola guida dato che più tardi deve fare l’esame di teoria. Ho pensato fosse l’ideale aspettarlo qui. Oh, state vedendo Gorgeous? Se mi fate un riassunto delle prime tredici stagioni mi aggrego volentieri- dopo essersi alzato e aver recuperato i cuscini, Felix spiegò la situazione e si buttò sul divano accanto ad Amabelle, osservando la televisione che nel frattempo aveva continuato a mostrare la soap opera super trash.

-Potrei chiamare la polizia e farti arrestare per violazione di domicilio- gli fece notare Petra, fulminandolo con lo sguardo.

-Suvvia, sono un ospite- 

-Entrato senza neanche bussare!- 

-In realtà ho bussato, mi ha aperto Bonnie, e mi ha richiuso la porta in faccia, così sono entrato dal retro- spiegò Felix, alzando gli occhi al cielo nel pensare alla matrigna di Mirren.

Questo zittì Petra, che sbuffò.

-Ti accetto solo perché Bonnie non ti voleva in casa- cedette infine, prendendogli un cuscino dalle mani e stringendolo al petto mentre tornava concentrata sul film.

-Allora, cosa è successo a Pablo e Francisca?- chiese Felix, mettendosi comodo.

-Al momento Pablo è morto, Francisca è impazzita, e Angelica è incinta del figlio di Barone dopo esserci stata insieme al matrimonio tra Kyle e Contessa- riassunse brevemente Amabelle, ritornando a sua volta concentrata sulla televisione.

Felix rimase qualche secondo in silenzio, cercando di capire la trama.

Poi si alzò, scuotendo la testa.

-Ci rinuncio, è troppo complicato per la mia mente inferiore- si arrese, sistemando i cuscini e dirigendosi verso l’uscita.

-Dove vai?- chiese Petra, tenendolo sotto controllo poco convinta.

-Mi faccio una passeggiata in giardino. Magari prendo un po’ di sole con Bonnie. Prima l’ho vista andare verso la legnaia a cercare il lettino- spiegò, alzando le spalle.

Amabelle e Petra si alzarono di scatto dal divano, spaventate.

-La legnaia?!- chiesero insieme, in tono acuto, facendo sobbalzare Felix, che non si aspettava tale enfasi.

Subito dopo, accaddero due cose nello stesso istante: 

La porta d’ingresso si aprì, facendo entrare Mirren e il signor Hart appena tornati da lavoro;

Un urlo fastidioso e ormai parecchio familiare a tutti interruppe la quiete rimasta fino a quel momento.

Petra fu la più veloce, e corse in giardino prima ancora che Amabelle e Felix si rendessero conto di cosa fosse successo.

Ma si affrettarono a seguirla, insieme a Brogan e Mirren.

Appena usciti dal retro, le paure di Amabelle e Petra si rivelarono realtà.

Bonnie aveva una scopa in mano, e stava cercando di cacciare e schiacciare un’agitatissima e spaventatissima Lottie come se fosse un topo.

-Fermati immediatamente!- Petra era scattata verso la matrigna con riflessi invidiabili, e le aveva afferrato la scopa per fermarla.

La cagnolina, rendendosi conto di essere per il momento fuori pericolo, corse con tutta la forza che le permettevano le sue piccole gambe verso il gruppetto appena arrivato, e diede prova di essere parecchio intelligente puntando la persona più alta e grossa che potesse proteggerla e saltandole addosso.

La persona si rivelò essere Felix, che la afferrò al volo e la strinse al petto, confuso ma comunque reattivo.

-Bonnie, tesoro, cosa succede?- chiese il signor Hart, cercando di fermare la moglie e la figlia che sembravano in procinto di alzare le mani una sull’altra.

-Quel…coso! Ha fatto nido nella legnaia! E mi ha aggredito appena ho provato ad entrare!- spiegò Bonnie, in tono così acuto che irritava le orecchie, e occhi colmi di lacrime.

-Lottie non è violenta!- obiettò Amabelle, mettendosi davanti a Felix che teneva ancora il cane in braccio e stringendo i pugni, combattiva.

-Aspetta un momento… questo cane è vostro?- chiese Felix, sottovoce, sorpreso.

-Avete ospitato questa creatura senza dirlo?!- esclamò Bonnie, esageratamente scioccata, indicando Amabelle e spostando tutta l’attenzione su di lei.

…ops.

-L’abbiamo accolta qualche settimana fa, le stavamo cercando una sistemazione. Ma non ha dato fastidio a nessuno, e Amabelle ha ragione, non è violenta! Non ha neanche la possibilità di essere violenta! È una cucciola!- Petra prese le difese di Charlotte e deviò l’attenzione di tutti su di lei.

-Cerchiamo di calmarci e proviamo a parlarne con calma- Brogan provò ad abbassare i toni, conciliante.

-No no no no no no! Io non mi calmo! I tuoi figli sono incontrollabili, e cercano sempre di trovare nuovi modi per darmi fastidio! Non mi rispettano e hanno ospitato quel coso solo per…- Bonnie era fuori di sé dalla rabbia, ma una voce ferma, all’apparenza calma ma ancora più irritata di lei, la interruppe.

-Io non ne sapevo assolutamente niente!- obiettò Mirren, che per tutto il tempo era rimasto completamente in silenzio, immobile e impassibile.

-Lo trovo davvero difficile da credere. È ovvio che voi due avete cospirato contro di me- Bonnie non gli credette neanche per un istante, e continuò la sua sfuriata.

Mirren si limitò a scuotere la testa, lanciare un’occhiata offesa verso Petra, e rientrare, ignorando completamente la situazione.

-Non darmi le spalle, giovanotto!- furiosa, Bonnie lo seguì, stizzita.

-Sarà meglio fare una riunione di famiglia per decidere il da farsi- Brogan, abbattuto, seguì la moglie e il figlio e fece cenno a Petra di fare altrettanto.

Sospirando, Petra acconsentì, e diede una veloce carezza a Charlotte prima di rientrare.

In giardino rimasero solo Amabelle, Felix, e il cane che quest’ultimo teneva ancora tra le braccia.

-Cosa è successo?- chiese Amabelle, confusa.

Era stato tutto troppo veloce perché capisse esattamente la dinamica e le conseguenze.

Felix sospirò, e le diede il cane.

-Perché non l’avete detto a Mirren?- chiese, in tono grave.

E se Felix era serio, significava che qualcosa davvero non andava.

Amabelle almeno ebbe l’accortezza di assumere un’espressione dispiaciuta.

-Mirren era già abbastanza nervoso dato che avevate litigato, e dopo quello che è successo a Fallon non sapevamo come approcciare l’argomento- si giustificò, stringendo la cagnolina adorabile e tremante tra le braccia.

Felix sospirò, nervoso.

-Il tempismo è tremendo. Non credo che Mirren se la senta di accogliere un altro cane in famiglia- ammise, incrociando le braccia e lanciando un’occhiata triste verso la casa.

Amabelle impallidì.

Entrambi sapevano come andavano le riunioni di famiglia a casa Hart: si metteva ai voti e la maggioranza vinceva. Di solito Mirren e Petra si coalizzavano, il signor Hart si asteneva, e Bonnie era in minoranza.

Ma in quel caso…

-Se Mirren va contro Petra, è finita!- esclamò, inorridita alla sola idea.

Poi le venne un colpo di genio.

-Parlaci tu!- suggerì a Felix, avvicinandosi e guardandolo con occhi da cucciolo.

-Che?! Stia scherzando? Non ho intenzione di manipolare Mirren per te, te lo scordi!- lui si tirò immediatamente indietro, metaforicamente e fisicamente.

-Non ti sto chiedendo di manipolarlo, solo di chiedergli di avere una mente aperta. Se lo chiedi tu ti ascolterà- insistette la ragazza, disperata.

-O mi mollerà- borbottò Felix, tra sé.

-In che senso?- Amabelle piegò la testa.

-Come amico!-si affrettò a spiegare Felix, un po’ agitato -Abbiamo fatto pace da poco, tienimi fuori. Avreste dovuto pensarci prima, tu e Petra- scosse la testa e le diede le spalle per rientrare e aspettare la fine della riunione di famiglia per accompagnare Mirren all’esame.

-Ti supplico, Felix! Tengo tantissimo a Lottie. Farò tutto quello che vuoi!- Amabelle lo fermò prendendogli il braccio, e Felix si bloccò sui suoi passi.

-Qualsiasi cosa?- chiese, intrigato.

Amabelle esitò un attimo, ma non aveva tempo da perdere, e Lottie era più importante di qualsiasi suo eventuale piano da matchmaker.

-Sì, qualsiasi cosa!- promise -Parola di scout!- aggiunse poi, sapendo che dicendo così, Felix avrebbe capito la sua serietà.

-Uff, ci tieni davvero, eh?- il ragazzo sospirò, e si girò verso Amabelle.

-Va bene. Promettimi che non cercherai mai di ammanettare me e Mirren insieme!- dettò le sue condizioni.

Era davvero una richiesta importante, ma Amabelle, sebbene molto a malincuore, acconsentì.

-Va bene. Non cercherò di ammanettarvi. Sai di chiedermi tanto, vero?- gli fece presente, a denti stretti e con voce drammatica.

Felix ridacchiò leggermente.

-Oh, lo so. Provo a parlare con Mirren prima dei voti- Felix fece un occhiolino ad Amabelle e rientrò in casa, lasciandola lì fuori con Lottie.

Amabelle sapeva di non poter fare altrettanto. Felix era praticamente uno di famiglia da sempre, Amabelle era solo un’amica di Petra.

Giocò un po’ con il cane e rimase in attesa di novità per circa una mezzoretta, ma alla fine, Petra uscì dalla porta sul retro.

Amabelle si alzò di scatto dall’altalena dove si era seduta mentre aspettava e la guardò spaventata.

Dopo qualche secondo di silenzio, Petra le sorrise, e annuì appena.

Fu il turno di Amabelle di urlare, ma questa volta per la gioia, e corse verso l’amica per gettarle le braccia al collo.

Petra ricambiò l’abbraccio e la sollevò leggermente facendole fare un giro di gioia.

Avevano vinto! 

Lottie sarebbe rimasta a casa Hart a tempo indeterminato.

Ora dovevano solo stare attente a Bonnie.

 

Giovedì 1 Agosto

Felix voleva fumare. 

Non riusciva a spiegare quanto gli premessero le mani per prendere una sigaretta e mettersela tra le labbra, ma erano troppi i motivi per cui non poteva permettersi di cedere alla debolezza.

Innanzitutto aveva un colloquio di lavoro e arrivare puzzolente di fumo davanti al direttore della galleria d’arte non sarebbe stato un buon biglietto da visita.

Secondo, stava ancora cercando di smettere, e secondo il piano d’azione di Mirren a quel punto dell’anno aveva il limite di una sigaretta ogni due giorni.

Terzo, e motivo più importante, Mirren odiava l’odore del fumo, e tra le regole che avevano iniziato a stilare, c’era che non erano permessi baci se Felix aveva in bocca quella puzza.

E quella sera era a cena dagli Hart, quindi aveva tutta l’intenzione di non dare a Mirren motivo di non baciarlo, anche se di nascosto.

Non credeva che fosse possibile per lui essere così felice.

Non era una persona indirizzata verso la depressione o la tristezza, anzi, Felix si considerava un ragazzo fondamentalmente ottimista, ma era anche parecchio romantico, e sapere di essere in una relazione con il grande amore della sua vita che non credeva l’avrebbe mai ricambiato i suoi sentimenti era motivo di una gioia infinita.

E poi Mirren si stava rivelando molto più aperto di quanto Felix si sarebbe aspettato.

E Felix era la persona che lo conosceva meglio, a mani basse, quindi era un fatto ancora più sorprendente.

Insomma, dopo un mese di leggera depressione, attacchi continui, e incertezza sul futuro, la sua vita stava procedendo a gonfie vele.

Anche se quel giorno era preoccupato, dato che aveva il colloquio di lavoro.

Ergo, il nervosismo gli stava facendo venire voglia di fumare.

Perché, nonostante le rassicurazioni di Tyson, Felix non era molto convinto che il direttore l’avrebbe assunto sul posto. 

-Felix, puoi entrare- Tyson, che l’aveva scortato all’ufficio, lo richiamò per farlo entrare, distogliendo il ragazzo dei suoi pensieri.

Gli sorrise, fece un profondo sospiro per prepararsi, e strinse il curriculum in mano per tenere salda la presa sulla realtà.

-Non essere nervoso, figliolo. Andrà tutto bene- Tyson gli diede una pacca sulla spalla e quasi lo spinse dentro, come se temesse che all’ultimo sarebbe scappato via.

Poi chiuse la porta alle sue spalle, lasciandolo solo insieme al direttore.

-Bene bene bene, guarda un po’ chi è venuto a chiedermi un lavoro- lo accolse il direttore, squadrandolo con cipiglio severo, e la classica posa da cattivo dei film sulla mafia o sullo spionaggio.

-Buon pomeriggio, signor Curie- lo salutò Felix, avvicinandosi e piegando la testa per rispetto.

-Mio fratello mi ha anticipato più di una settimana fa il tuo intento di venire a lavorare qui, cosa ti ha trattenuto dal venire subito?- il direttore, Thor Curie, fratello gemello di Tyson, andò dritto al sodo, continuando a guardare dall’alto in basso con malcelato disgusto.

Felix sapeva di non andargli molto a genio.

Era tanto affezionato a Tyson quanto detestato da Thor, e il motivo era lo stesso: da giovane aveva creato parecchio casino alla galleria.

-Avevo delle faccende da archiviare dopo la laurea, e volevo presentare un buon curriculum- spiegò Felix, porgendo i documenti e cercando di non tremare per l’agitazione.

-Almeno non dai questo lavoro per scontato- borbottò il signor Curie, iniziando a controllare il curriculum con un sopracciglio inarcato.

-Assolutamente no! Sono entusiasta della proposta, e ho intenzione di dare il meglio che posso per dimostrare di meritarmi questa grande opportunità- non era affatto una bugia. Felix era esaltato alla prospettiva di lavorare nel suo luogo preferito.

-Sala 6, muro est, terza opera da destra- lo interrogò il signor Curie, senza neanche sollevare lo sguardo dal curriculum.

Felix non dovette rifletterci neanche un secondo.

-“Natura morta con spaghetti” di C. H. Ofane. Dipinto dall’artista in due giorni, egli sperava che l’immagine del cibo abbondante potesse in qualche modo riempire il suo stomaco, poiché in quel periodo arrancava e molto spesso era costretto a scegliere tra arte e cibo- spiegò, ricordando con precisione l’opera.

-Mmm, capisco. Non hai esperienze lavorative di alcun tipo. Ti sei laureato un sacco in ritardo, e hai vandalizzato ripetutamente la galleria…- commentò il direttore, con cipiglio severo.

-Non direi vandalizzato…- provò a difendersi Felix, con un filo di voce, ma il signor Curie lo interruppe con un cenno della mano. 

-Non ho finito… hai vandalizzato ripetutamente la galleria, ma conosci alla perfezione ogni centimetro di questo posto, ho bisogno di una nuova guida, soprattutto per le scuole, e hai esperienze da babysitter, quindi sei assunto- concluse, in tono burbero e quasi irritato.

Felix sbatté gli occhi un paio di volte. 

Non era sicuro di aver capito bene.

-Sono… assunto?- chiese, per sicurezza. Non poteva essere così facile.

-Lavorerai quattro volte a settimana per il momento. Lunedì, mercoledì, venerdì e sabato. E i tuoi compiti spazieranno tra sicurezza, guida e addetto alla segreteria. Vai da mio fratello e fatti dare le tessere varie. Lunedì inizi il primo turno, e ti faremo firmare il contratto. Qualche problema?- spiegò velocemente, come se cercasse di toglierselo dalle scatole il prima possibile.

-Nessunissimo problema! Grazie, grazie tantissimo! Non la deluderò- Felix si alzò e gli strinse la mano svettando il suo più brillante sorriso.

-Me lo auguro, ragazzo- il signor Curie ricambiò la stretta, e nonostante le sopracciglia ancora corrugate in un’espressione indifferente, Felix poteva giurare di vedere l’impronta di un sorriso sul suo volto.

Ma non durò molto.

-Ora vai che ho da fare. Oggi la mostra temporanea ospita alcuni artisti impressionisti contemporanei emergenti che hanno contribuito con le loro opere, e sono impegnato- fece cenno a Felix di andare via, e il ragazzo eseguì in fretta, temendo che altrimenti avrebbe cambiato idea.

Una volta fuori dall’ufficio, non riuscì a non eseguire una veloce ed entusiasta danza della vittoria, certo che a quell’ora, in quel corridoio, non ci sarebbe stato nessuno.

Dopotutto c’erano gli artisti della mostra temporanea, dall’altra parte della galleria, figuriamoci se qualcuno sarebbe stato da quelle parti.

E poi, se anche qualcuno l’avesse visto, Felix non era eccessivamente preoccupato dal giudizio che degli sconosciuti avrebbero potuto avere di lui.

Ovviamente non avrei fatto questa premessa se qualcuno di non propriamente sconosciuto non si fosse trovato nei paraggi proprio in quel momento.

-F_Felix?!- una voce femminile, sorpresa, molto familiare e a tratti quasi sconvolta, congelò Felix sul posto, e lo fece voltare di scatto verso la figura alla quale apparteneva.

-M_Melany?!- esclamò con lo stesso tono, non trattenendosi dall’arrossire vistosamente.

In effetti essere beccato dalla propria ex e unica persona che avesse mai amato oltre a Mirren mentre si esibiva in un poco professionale ballo della vittoria non era in cima alla lista delle sue prospettive per il futuro.

Rimasero a fissarsi immobili per qualche secondo, ad occhi sgranati, poi entrambi parlarono nello stesso momento.

-Non sei cambiato per niente-

-Sei cambiata tantissimo- 

E si zittirono di nuovo immediatamente, per poi scoppiare a ridere dopo qualche secondo.

Erano passati anni dall’ultima volta in cui aveva visto Melany, dato che si era trasferita subito dopo il liceo per frequentare un’università fuori città, ma nonostante non sembrasse più lei, l’avrebbe riconosciuta tra mille.

Anche se sperava che non l’avrebbe mai più vista.

-Che ci fai qui?- chiese, forse in modo un po’ brusco, ma era davvero sul vertice di un attacco… non uno dei suoi, proprio un attacco di panico.

-Sono tornata in città per la mostra. Mi hanno fatto l’onore di utilizzare alcuni dei miei dipinti- spiegò Melany, giocherellando con una delle tantissime treccine in cui i suoi lunghi capelli erano rinchiusi.

Felix non era abituato a vederla con i capelli lunghi. Al liceo li teneva sempre cortissimi, tinti di vari colori, e accompagnati da trucco pesante che al momento era completamente assente dal suo volto.

Sembrava davvero un’altra persona.

E sembrava a disagio quanto lui, il ché li metteva sulla stessa lunghezza d’onda.

Forse fu il suo disagio a convincere Felix a continuare a parlare, invece di trovare una scusa e abbandonarla lì a sé stessa e scappare.

-Wow, complimenti. Ho visto la mostra con Mirren, qualche giorno fa, ma non mi sembrava di aver visto il tuo nome. I tuoi quadri sono stati aggiunti di recente?- chiese. Il suo discorso appariva come se parlasse del più e del meno con una vecchi amicizia, ma c’era di più in quelle poche frasi. E soprattutto, tra le righe voleva far intendere a Melany una cosa molto importante: Mirren era ancora presente nella sua vita, quindi giù le mani.

Il sorriso di Melany si incrinò leggermente, forse perché aveva capito l’antifona, o forse perché Felix non aveva notato i suoi quadri.

-A dire il vero sono lì dall’inizio, ma non li ho firmati con il mio nome. Uso lo pseudonimo “Mela Verde”, sai, perché per le donne è più difficile farsi strada in questo mondo, quindi cerco di apparire con genere neutrale- spiegò, un po’ imbarazzata.

Ah, era il turno di Felix di incrinare il sorriso.

Mela Verde era l’artista che più era piaciuto a Mirren.

Se l’avesse saputo si sarebbe irritato tantissimo, Felix lo sapeva.

…forse era meglio non dirglielo.

Dopotutto arte e persona sono cose diverse… circa… più o meno.

E poi non era una buona idea metterlo al corrente in generale del suo incontro con Melany, o rischiava di creare un’incomprensione non necessaria. Erano su un filo del rasoio, dopotutto. Era meglio aspettare che la relazione si sistemasse prima di buttarci dentro anche la ex di Felix tornata dopo anni proprio adesso.

…che sfiga di tempismo, oggettivamente!

-Ah, ecco. Sì, carini. Tramonto su Harriswood era molto bello- ammise, senza sapere bene cosa dire e sputando fuori il primo commento che gli venne in mente.

Beh, non avrebbe voluto dirlo, ma era un dato oggettivo.

Il sorriso di Melany si ampliò.

-Grazie, sono felice che ti sia piaciuto. L’ho dipinto la scorsa estate, quando sono tornata in paio di settimane in vacanza- raccontò lei, evitando il suo sguardo.

-Bene. Vedo che la tua vita va alla grande, ne sono felice- Felix stava disperatamente cercando qualcosa da dire per chiudere lì la conversazione e scappare dall’imbarazzo che provava in quel momento, ma Melany non sembrava volerlo mollare, metaforicamente parlando.

-Abbastanza. Tu invece? Vivi ancora qui o…?- indagò, per prolungare la conversazione.

Non c’era niente di male a rispondere, no?

-Sempre qui, non è cambiato molto. Mi sono laureato in belle arti e da lunedì lavorerò qui- alzò le spalle.

Vedendo la sua vita in confronto a quella di Melany, che evidentemente partecipava a mostre nazionali ed era un’artista così affermata da avere uno pseudonimo, si sentiva davvero abbattuto.

Il massimo che aveva Felix, dopotutto, era una pagina su tumblr, una su deviantART, e un Patreon con meno di venti membri che gli fruttava un totale di 17 dollari al mese.

…E viveva ancora con i genitori a ventisei anni.

Ma almeno aveva Mirren, eh! Lui valeva tutto!

-Sei sempre stato molto legato alle tue origini. Disegni ancora, però, vero? Eri un genio artistico- si complimentò Melany, anche se Felix poteva giurare che lo stesse silenziosamente giudicando per le sue scelte di vita.

O forse era solo Felix ad essere a disagio per la situazione.

-Sì, digitalmente, online, ho patreon- provò a vantarsi un po’.

-Ottimo, ti cercherò online- promise Melany.

Era molto meglio se non lo faceva, ma ovviamente Felix non poteva dirlo ad alta voce.

Si limitò a sorridere e annuire.

-Cavolo… sei… mi sembra di essere tornata a i tempi del liceo, non sei cambiato di una virgola- commentò Melany, come se fosse alla presenza di un fantasma.

-Dubito- Felix si grattò il collo, un po’ a disagio -mi sento ogni giorno più vecchio, e poi avevo uno stile completamente diverso all’epoca- 

Infatti l’affermazione di Melany era una bugia bella e buona.

Quando usciva con lei, aveva adottato lo stesso look punk della ragazza, si era fatto i rasta, e tinto le punte un paio di volte.

Oltre ad essersi messo a fumare (non solo sigarette) e bere quasi ogni sera.

A posteriori doveva ammettere che non era stata una poi così grande influenza su di lui.

-Sì, intendo che sei uguale a quando ti ho conosciuto, al liceo, con i riccioli biondi da tutte le parti e la solita allegria- insistette Melany.

Allegria che la ragazza davanti a lui aveva provato in tutti i modi ad estirpargli.

-Sì, beh. Io sono così. Tu invece sembri più… realizzata- doveva ricambiare il complimento, giusto? Non che “realizzata” fosse un complimento, ma era meglio di “uscita dall’infantile ribellione adolescenziale”, o qualcosa di ancora meno gentile.

-Abbastanza, sì, faccio del mio meglio- continuava a giocare con una treccina, sempre più nervosamente.

-Bene. Sono felice per te. Scusa ma ora devo andare, devo formalizzare la mia assunzione con Ty- Felix iniziava a temere che quella conversazione sarebbe andata a parare in un discorso che non gli piaceva per niente, e trovò una scusa al volo per eclissarsi.

-Aspetta!- purtroppo Melany fu più veloce di lui, e lo prese per il polso cercando di fermarlo.

Felix ritirò immediatamente il braccio, come se si fosse scottato.

Di solito non disdegnava il contatto fisico, neanche quello improvviso, ma quella era Melany, perdiana! Si sentiva in colpa anche solo a parlare con lei! Figuriamoci farsi toccare!

-Cosa?!- chiese, facendo un passo indietro, sulla difensiva.

-Scusa, solo… non ti vedo da tanto, e mi chiedevo se, dopo che hai finito tutto, mi permetteresti di offrirti un caffè- propose lei, speranzosa, timorosa, e rischiando di staccarsi dai capelli quella dannata treccina per quanto la stava torturando.

-No!- rispose Felix immediatamente, senza neanche del tutto afferrare la proposta.

Melany si morse il labbro inferiore, presa in contropiede dalla risposta tanto eccessiva.

In effetti era poco da Felix essere così categorico.

Cercò di recuperarsi.

-Cioè, sono impegnato oggi- beh, era vero. Aveva una cena dagli Hart quella sera. 

…e un buco di tre ore che poteva tranquillamente coprire con Melany, ma non era necessario dirglielo.

Poteva ancora uscire da quella conversazione senza tirare in ballo faccende di otto anni prima.

-Sono in città fino a fine Agosto. Possiamo trovare un giorno?- Melany però insisteva, e alla fine Felix si arrese.

…a tirare in ballo le vecchie faccende.

-Melany, non è il caso- le fece notare, facendosi improvvisamente serio.

Melany sospirò, abbassando lo sguardo.

-Invece è il caso. Voglio scusarmi- ammise, costringendosi a rialzare la testa per guardare Felix negli occhi.

Felix doveva ammettere che non se lo aspettava.

Inarcò un sopracciglio, incoraggiandola a continuare.

-Sono stata terribile al liceo. Quello che ho fatto è imperdonabile, e capisco che tu non voglia avere niente a che fare con me, ma… ti prego, permettimi almeno di scusarmi come si deve offrendoti un caffè- si spiegò meglio, avvicinandosi leggermente e guardandolo dritto negli occhi.

I suoi occhi scuri avevano lo stesso colore di quelli di Mirren. In generale bisognava dire che Melany somigliava parecchio a Mirren.

E mentre il suo cervello glielo ricordava, Felix si rese conto che anche lui aveva qualcosa di cui scusarsi, con lei.

Pensò ad un giorno libero e abbastanza lontano per prepararsi psicologicamente, e alla fine annuì, sospirando rassegnato.

-Che ne dici di venerdì prossimo?- chiese -In pausa pranzo- aggiunse poi, ricordando all’ultimo che venerdì doveva lavorare (yay aveva un lavoro che figo!).

Il sorriso di Melany era raggiante.

-Perfetto! Ci vediamo qui? Possiamo andare al “Violin’s key”!- propose, eccitata.

-No!- Felix si affrettò a frenarla. Andare nel luogo del suo primo appuntamento vero con Mirren era la peggiore idea che potesse avere.

-Meglio prendere qualcosa al bar della galleria- propose, abbassando il tono e cercando di essere il più casuale possibile.

-Oh, certo, va bene. È solo un caffè dopotutto. Grazie di aver accettato- Melany annuì, facendo un metaforico e letterale passo indietro, e lasciando Felix libero di andare a cercare Tyson per farsi dare tutto il necessario per il lavoro. 

-Perfetto, allora a venerdì, buona mostra e arrivederci!- salutò Melany in tutta fretta e scappò da lì prima di pentirsi di quello che aveva promesso, e soprattutto prima che lei gli chiedesse di darle il suo nume…

-Aspetta, Felix, potresti darmi il tuo nuovo numero, per eventuali problemi?- purtroppo ancora una volta, Melany fu più veloce di lui.

-Oh, giusto, non ci avevo pensato. Dammi il tuo e poi io ti scrivo, va bene?- chiese, cercando il telefono in tasca ma non trovandolo da nessuna parte.

-Io sono già pronta, possiamo fare il contrario se ti va bene- Melany era fin troppo preparata, perché aveva il telefono già in mano pronta a segnare il numero.

Alla fine Felix si arrese, e glielo dettò.

-Ora che ci siamo detti tutto, vado da Ty- questa era la volta giusta, sperava Felix.

Per una volta Melany non lo interruppe.

-E io torno alla mostra, dato che mi sono assentata fin troppo. Ma ero troppo curiosa di dare un’occhiata anche alla galleria generale. Non è cambiato niente- anche Melany lo salutò, iniziando ad allontanarsi.

-Non è cambiata in cinquant’anni, figurati se cambia dopo otto- borbottò Felix, quasi tra sé.

Capiva da dove arrivassero i commenti di Melany, ma tutto quel parlare di cambiamenti lo metteva a disagio.

Lui era sempre stato favorevole al seguire l’onda, a differenza di Mirren che cercava di aggrapparsi alla routine, ma Melany era esagerata.

Scosse la testa, e cercò di non pensarci.

Aveva altre cose per la testa, dopotutto.

…e all’improvviso si sentiva terribilmente in colpa nei confronti di Mirren, come se l’avesse in qualche modo tradito.

Ma che altro poteva fare?! Era Melany ad aver insistito.

Glielo doveva dire, sicuramente, necessariamente.

Ma aveva paura che si allontanasse.

Che fare…?

Felix riuscì finalmente a trovare il telefono, e andò tra i messaggi per informare Mirren che quantomeno aveva ottenuto il lavoro, ma si fermò quando notò il messaggio che Melany gli aveva appena inviato.

“Ci vediamo venerdì ^^”

Il nodo allo stomaco del senso di colpa si strinse, e si pentì sempre di più di aver accettato.

Ma era solo un caffè, dopotutto, non c’era niente di male.

…e non serviva scomodare Mirren e dirglielo, facendolo preoccupare inutilmente.

“Lavoro ottenuto!!! YAY!!!! La prossima volta al VK offro io :P” scrisse al proprio ragazzo, che gli rispose dopo meno di un minuto.

“No”

Felix rimase sbigottito. Davvero era tutto quello che aveva da dire? Non era da Mirren.

“Congratulazioni per il lavoro. Sapevo che ce l’avresti fatta ♥︎

AAAAHHHH UN CUORE!!!!

Felix non credeva che Mirren fosse capace di usare emoticon, soprattutto i cuori.

Era estasiato.

♥︎♥︎♥︎♥︎♥︎♥︎♥︎♥︎” 

Risposte con enorme gioia al messaggio inaspettato, e per un po’ quasi si dimenticò il brutto incontro appena avuto, e riuscì davvero a rilassarsi.

Poi gli arrivò una notifica inaspettata da una app che non ricordava di avere: 

“Hey casanova, non entri da più di un mese. Che ne dici di approfittare di questa offerta vip per ricominciare ad uscire?”

…?

Felix fissò lo schermo qualche secondo, confuso dalla notifica, poi si rese conto che era da parte dell’app per incontri che aveva utilizzato un secolo prima.

Era sicuro, al 100%, di averla disinstallata da parecchio.

Si esibì in un enfatico facepalm, e si affrettò ad entrare nell’applicazione per eliminare il profilo il prima possibile.

Sarebbe stato davvero imbarazzante se Mirren avesse scoperto che era ancora iscritto lì.

Doveva imparare a non rimandare sempre.

Intascò nuovamente il cellulare non appena raggiunse l’ufficio di Tyson, e passò il resto del pomeriggio a studiare il regolamento, segnarsi bene orari e mansioni, e soprattutto farsi tantissime risate con il suo nuovo capo e vecchio amico.

Alla fine, quando tornò a casa, l’incontro con Melany non lo turbava più, ed era solo una parentesi quasi inutile in una giornata per il resto perfetta.

Ci avrebbe pensato venerdì.

E non voleva passare una settimana a litigare con Mirren per una cosa inutile.

 

Lunedì 5 Agosto

La prospettiva di passare una settimana in cabina matrimoniale con Diego e bloccata su una nave con lui e la sua famiglia intera per il matrimonio di una ragazza che conosceva appena ma che era diventata praticamente sua sorella acquisita non era esattamente l’ideale per Clover.

In una situazione normale avrebbe pensato che la sua relazione stava correndo troppo.

Ma dato che non c’era neanche una relazione da far correre, quella situazione era un vero e proprio incubo.

Soprattutto perché lei, in fondo al cuore, avrebbe davvero voluto avere una relazione con Diego da far correre troppo.

Ma era stupida, spaventata, e nonostante Diego avesse provato a parlare di quello che era successo tra loro, non aveva avuto il coraggio di affrontare la necessaria conversazione prima dell’inizio di quella crociera.

…e non aveva la minima intenzione di affrontarla adesso, anche se probabilmente, essendo costretti a stare insieme nella stessa cabina per una settimana, sarebbe stato inevitabile.

Clover si chiese per l’ennesima volta per quale assurdo motivo avesse iniziato quella farsa che sicuramente prima o poi sarebbe stata scoperta. Li aveva visti i film romantici! Amabelle l’aveva indottrinata alle serate film a casa di Max. Sapeva perfettamente come andavano a finire le relazioni finte!

Probabilmente era tutta colpa del karma.

-Allora, Clover, dormiamo a terra a giorni alterni, seghiamo in due il letto o parliamo di quello che…?- esordì Diego, indicando il letto matrimoniale della cabina che ovviamente non era di quelli che si dividono in due.

Erano appena entrati in camera per sistemare le valige dopo aver assistito dal ponte alla partenza della nave e aver partecipato alla simulazione di sicurezza. 

Insomma, erano ufficialmente liberi, da meno di cinque minuti, e Diego stava già tentando di tirare in ballo la loro situazione di stallo.

E obiettivamente, Clover sapeva che dovevano parlarne, per mettere le cose in chiaro.

…ma non voleva mettere le cose in chiaro.

E quindi fece l’unica cosa moralmente accettabile per lei.

-Vado al bar!- annunciò interrompendolo, chiudendo di scatto la valigia appena aperta, e avviandosi come una furia fuori dalla porta per scappare il più in fretta possibile da quelle quattro mura.

-Lo prendo come un “dormiamo a terra a giorni alterni”- sentì Diego borbottare dietro di lei, sospirando, ma non ebbe il tempo di rispondergli, perché si stava già chiudendo la porta alle spalle e si era dimenticata di prendere la chiave.

Per fortuna aveva il telefono e i soldi in tasca, quindi poteva tranquillamente andare al bar, comprare una bottiglia di tequila, trovare un posto nascosto e rimanere lì a bere per il resto della giornata, fino ad ora di cena.

Certo, mostrare la Clover ubriaca a tutta la famiglia Flores riunita non era proprio un bel piano, ma erano appena le tre, aveva tutto il tempo di sbronzarsi e far passare la sbronza fino ad ora di cena, e poi una sola bottiglia di tequila non era abbastanza da metterla al tappeto.

Reggeva molto bene l’alcol, la ragazza.

E aveva bisogno di qualcosa che la distraesse dalla situazione complicata in cui si era cacciata.

Pertanto comprò la bottiglia da un confuso e quasi ammirato barista, evitò accuratamente ogni volto conosciuto, e studiò bene la mappa per trovare l’angolino più isolato e sperduto di quella nave gigantesca ma troppo piccola perché lei e l’intera famiglia della sua cotta e finto ragazzo potessero conviverci insieme.

Purtroppo non era stata l’unica ad avere quell’idea.

Appena raggiunse il ponte designato, infatti, nascosto dal tubo di scarico delle cucine dal quale proveniva anche il rumore assordante del motore, notò fin da subito che un altro rumore turbava la quiete apparente dell’angolo teoricamente perfetto.

E tale rumore si rivelò essere più una serie di singhiozzi provenienti da una ragazza in lacrime seduta a terra che si abbracciava le ginocchia.

E che, nonostante fosse di spalle e fosse triste, Clover riconobbe immediatamente.

-Paola?!- chiese, sorpresa, tradendo la sua presenza.

La futura sposa sobbalzò vistosamente, e si girò di scatto verso Clover, che si affrettò a nascondere la bottiglia di tequila dietro la schiena, con aria colpevole.

Ci furono alcuni secondi di silenzio sbigottito, poi Paola si asciugò in fretta le lacrime, e sorrise radiosa, fingendo che non fosse successo niente.

-Clover! Sorellona! Che ci fai qui? Cerchi anche tu un posto dove guardare il mare? Qui è un po’ rumoroso, ma se vuoi puoi unirti a me!- propose, alzandosi di scatto e cercando di tornare la solita allegra ragazza di sempre.

Ma il peso di quelle bugie era fisicamente fastidioso per Clover, che rivelava ogni menzogna da chilometri di distanza con una singola occhiata.

E Paola non stava neanche cercando di nascondere davvero il suo evidente sconforto.

-Cosa è successo?!- chiese, preoccupata, avvicinandosi a lei e squadrandola attentamente come se potesse leggerle nel pensiero.

Il sorriso falso di Paola crollò immediatamente, la ragazza non fece alcuno sforzo per mantenere la facciata, e abbassò la testa, sconfitta.

-Non voglio ammorbarti con i miei problemi. Andrò a piangere da un’altra parte per non disturbarti- si abbracciò inconsciamente, e fece per superare Clover.

Ma la giovane donna non aveva alcuna intenzione di lasciarla a sé stessa, non ora che l’aveva vista così.

-Aspetta, non mi ammorbi, che cosa è successo, posso aiutarti?- insistette, prendendola per un braccio e fermandola sul posto.

Paola la guardò un po’ incerta, mordendosi il labbro.

-Non è niente, davvero. Sono solo… è successa una cosa che mi ha un po’ abbattuta, ma posso risolverla da sola, non dovrei neanche piangerci. C’è chi sta peggio di me- iniziò ad evitare l’argomento, ma rimase ferma sul posto, e iniziò lentamente a scivolare contro il muro fino a rimettersi seduta.

Cosa che, nel vocabolario implicito di Clover, significava che aveva davvero tantissima voglia di parlarne, sebbene le sue parole dicessero il contrario.

Si inginocchiò accanto a lei, sempre tenendo accuratamente nascosta la bottiglia di tequila.

-Ehi, puoi parlarmene se vuoi, non sono una brava ascoltatrice, e non do buoni consigli…- si offrì per una consulenza, anche se non scelse le parole migliori per vendersi.

Seguirono alcuni secondi di silenzio.

-…Ma?- chiese poi Paola, guardandola confusa, e sembrando in parte meno concentrata sui propri problemi e più su Clover.

-…stavo cercando un ma, ma credo di non averne uno- ammise Clover un po’ in difficoltà. Era pessima per queste cose, tranne se si trattava di Max.

…ma Max raramente aveva dilemmi morali quindi era facile non assumere le vesti di amica rassicurante con lui.

Contrariamente a quello che Clover si sarebbe aspettata, Paola scoppiò a ridere, divertita da quella che non doveva essere una battuta, ma sembrò tale alle sue orecchie.

La risata, purtroppo, si trasformò preso in un pianto a dirotto, e Clover sobbalzò e si affrettò a provare a rassicurarla.

-Farò del mio meglio, però. Oppure vuoi che chiami qualcuno di più affidabile? Juanita, Diego… Miguel?- propose, iniziando a darle qualche pacca sulla testa per provare in qualche modo a rassicurarla.

-No, no, ti prego. Non chiamare nessuno. Posso parlare con te?- chiese Paola, quasi supplicante, prendendole la mano e guardandola con occhi da cucciolo.

Clover si sedette più comodamente accanto a lei, per mostrarle tutta la sua partecipazione.

-Certo che puoi parlare con me. È il lavoro di una brava damigella… e amica- le sorrise incoraggiante.

Paola sospirò, e seppellì il volto tra le mani.

-Dalle mie damigelle mi aspetto almeno che non…- iniziò a lamentarsi, per poi fermarsi e ricominciare a singhiozzare, abbattuta.

Clover intuì chi fosse la causa della sua sofferenza.

-Che ha fatto Livia?- chiese, senza riuscire a nascondere la sua irritazione nascente.

Lo sapeva che avrebbe fatto qualcosa di male! 

E non era felice di avere avuto ragione.

Paola provò ad asciugarsi le lacrime, senza troppo successo.

-Ha provato a… a…- non riusciva neanche a dirlo, la voce le tremava troppo.

-Se vuoi provo ad indovinare e mi rispondi solo sì o no, che dici?- Clover le andò incontro, e Paola annuì.

-La butto lì, ma non è che ha provato a sedurre Miguel, vero?- chiese, sperando di sbagliarsi.

Oltre ad essere un tremendo colpo basso persino per una come lei, era anche un cliché davvero ridicolo.

Paola singhiozzò più forte, e fu una conferma maggiore dell’inevitabile sì.

Clover era ancora meno felice di prima per aver avuto ragione.

Diede qualche pacca incoraggiante sulla spalla di Paola, cercando le parole migliori per confortare un cuore spezzato.

Era decisamente l’ultima persona che potesse occuparsi di quella situazione.

La sua esperienza con amiche orrende e amori finiti di solito era bere shottini e mandare a quel paese tutte le persone coinvolte.

Cercò di ottenere maggiori informazioni per capire come procedere.

-Miguel ha…?- iniziò a chiedere, senza sapere come elaborare una domanda così delicata.

Paola per fortuna la interruppe subito, scuotendo con forza la testa.

-Certo che no! Miguel non lo farebbe mai! Mi ha chiamato nel momento stesso in cui ha finito di parlare con Livia per avvisarmi di cosa fosse successo. È stato così carino!- spiegò, facendo tirare un sospiro di sollievo mentale a Clover.

Quindi il matrimonio era salvo. E il vero problema era Livia.

Era una situazione molto meno tragica di quanto pensasse. 

-Cosa hai fatto quando hai saputo la notizia?- chiese, cercando di ottenere ancora maggiori informazioni anche per essere del tutto certa che Miguel fosse affidabile e Paola non fosse accecata dall’amore.

Tendeva a non fidarsi di figure maschili, soprattutto dopo il disastro con Dick.

Ma Max era un uomo ed era un mito, quindi le eccezioni c’erano. 

E magari anche Miguel era un’eccezione come lui.

-Beh, ero scioccata, ovviamente. Ho subito parlato con Livia, perché ero sicura fosse solo un malinteso. Non le è mai piaciuto Miguel. Me l’ha sempre fatto capire bene. Non ti saprei dire cosa sia successo, o che cosa abbia fatto per farla arrabbiare, ma mi ha urlato contro, ha detto che mi stava facendo un favore e che…- la voce di Paola si spezzò, sembrava davvero devastata -…che sono una pessima amica, e non vuole più vedermi, né tantomeno essere la mia damigella d’onore- finì la confusa e poco chiara spiegazione.

Clover era talmente sbigottita che non riusciva neanche ad essere arrabbiata.

-Stai dicendo sul serio?- chiese, incredula.

-Vorrei solo sapere cosa le ho fatto! Perché merito questo?! Sicuramente ha le sue ragioni, ma non mi ha spiegato nulla. Eppure siamo migliori amiche dalle medie- spiegò Paola, scuotendo la testa.

Appariva davvero persa e ferita.

Un animaletto sperduto nella foresta.

Clover fece un profondo respiro, cercando di non perdere la calma ed essere il più rassicurante e incoraggiante possibile in maniera positiva e pacata.

-Stai scherzando, vero?! Quella tizia non è un’amica! Tu non hai fatto assolutamente nulla di sbagliato, Livia ha sbagliato, e ti ha fatto credere di essere nel torto quando non hai alcuna colpa! Non permetterle di rovinarti il giorno più bello della tua vita!- 

…okay, la pacatezza non era il suo forte.

E aveva senz’altro preso in contropiede Paola, che sollevò di scatto la testa verso di lei, e la guardò ad occhi sgranati, sorpresa.

Beh, almeno aveva smesso di piangere a causa dello shock.

-Lo pensi davvero?- chiese, incredula.

-Certo che lo penso. Sei fantastica, Paola. E Miguel è un bravo ragazzo, che ti ama. E tu ami lui, e nessuna Livia potrà mai rovinare la vostra relazione, né il vostro matrimonio. E onestamente, hai schivato un proiettile. Pensa se una tipa del genere fosse rimasta qui per tutta la crociera e il matrimonio! Bah, molto meglio essersela tolta di torno, non pensi?- 

…no, Clover doveva piantarla con questa aggressività. Doveva respirare, calmarsi, ed essere più obiettiva.

-Lo pensi davvero?!- Paola però sembrò apprezzare tale aggressività, perché si avvicinò leggermente a Clover e la fissò quasi commossa, con occhi colmi di speranza.

Clover non era abituata a quel tipo di reazioni.

-Sì che lo penso! Vuoi bere qualcosa?- offrì, tirando fuori la bottiglia di tequila in mancanza di altro da dire.

…Clover, sei una causa persa!

-Dove l’hai presa?- chiese Paola, piegando la testa sorpresa. Non sembrava però giudicarla… o almeno Clover sperava non lo stesse facendo.

-Potrei o non potrei aver avuto una mezza idea di trovare un luogo nascosto dove bere un po’ perché potrei o non potrei essere leggermente preoccupata per la cena in famiglia di oggi…- cercò di essere evasiva, senza guardare Paola.

-Beh… potrei o non potrei decisamente avere piacere nel bere un goccio con te- ridacchiò Paola, prendendola giocosamente in giro, leggermente più rasserenata.

Clover tirò un altro sospiro di sollievo mentale.

L’alcol migliora sempre tutto.

Poi le venne un leggero dubbio.

-Aspetta, ma hai l’età per bere?- chiese, anche se obiettivamente lei non aveva mai seguito la legge per quanto riguardava l’alcol.

Ma Paola sembrava molto più attenta a questo tipo di cose, quindi non voleva passare per negligente e criminale.

-Ho l’età per sposarmi- rispose lei, sollevando una mano per richiedere la bottiglia e mostrando un lato ribelle davvero interessante.

Clover ridacchiò.

-Touché- alzò le mani in segno di resa e passò la bottiglia. 

Paola diede un lungo sorso, poi la passò a Clover.

-Sai, essere amica di Livia non è mai stato molto facile, ma ho sempre sperato che, almeno un po’, ci tenesse a me- iniziò ad aprirsi, facendosi leggermente influenzare dalla tequila.

-Come siete diventate “amiche”?- chiese Clover, mimando le virgolette con le dita e prendendo un sorso della bevanda.

Approfitto del momento per ricordare a voi che leggete questa storia che non conviene bere dalla stessa bottiglia di qualcun altro, soprattutto in questi tempi di coronavirus.

Tornando alla storia…

-Quando i miei genitori sono morti, tutti i miei amici mi hanno lentamente abbandonata. Credo succeda un po’ a tutti, soprattutto se i tuoi amici sono piccoli e hanno paura di affrontare il tema della morte. O forse sono stata io ad allontanare tutti, non so. Ma Livia si è avvicinata, ed era gentile, il più delle volte- Paola sospirò -Lo so che non è l’amica ideale, ma è sempre stato tutto quello che avevo- ammise, molto tra sé.

-Senza offesa, Paola. Ma hai aspettative troppo basse. Tu meriti davvero di meglio, devi imparare a non accontentarti- le suggerì Clover, passandole la bottiglia.

-Io non mi accontento- si lamentò Paola, un po’ offesa.

Sembrò però ripensarci quasi subito.

-Beh… forse un po’, è vero. Ma amo Miguel. Con lui non mi sono affatto accontentata. È la più grande fortuna della mia vita!- esclamò, con gioia, prendendo un altro sorso e sorridendo inconsciamente al solo pensiero.

-Concentrati su questo, allora, e lascia perdere Livia. Tre damigelle bastano. Tre è il numero perfetto, dopotutto!- provò ad incoraggiarla.

-Sai una cosa? Hai ragione! Questa è la mia settimana di ferie, il mio matrimonio. Il mio matrimonio con la persona che amo…- sembrò rendersi conto solo il quel momento di essere così vicina al grande giorno, e sobbalzò, come svegliata da un sogno -Santo cielo! Sto per sposare Miguel!!- esclamò, giubilante.

-Ecco, questo è lo spirito!- Clover le diede una pacca sulla spalla, felice di averle fatto ritornare il sorriso.

Dai, ala fine non era poi così male nel rassicurare il prossimo.

-Ora devo solo decidere chi sostituirà Livia come damigella d’onore- Paola iniziò a riflettere, pensierosa.

-Chiunque sarà sono sicura che non vede l’ora di aiutarti a rendere il tuo giorno il migliore in assoluto!- le diede man forte Clover, sempre più soddisfatta da sé.

-Davvero? Chiunque?- chiese Paola, adocchiandola.

A discolpa di Clover, l’alcol iniziava a fare effetto, quindi il suo superpotere era un po’ distratto.

-Certo, Juni sarebbe felicissima, e Sunny sembrava entusiasta dal matrimonio- Clover alzò le spalle, ripensando alle sue compagne damigelle.

Paola le sorrise raggiante.

Circa un’ora dopo, Clover ritornò in camera, con la bottiglia di tequila vuota in mano, le guance leggermente rosse, e lo sguardo preoccupato di chi ha appena fatto un madornale errore.

La porta era stata lasciata aperta da Diego, che era a letto e leggeva un libro di medicina.

Che nerd!

-Oh, bentornata, principessa. Mi sono preso la libertà di occupare il letto per la prima notte dato che sono stato il primo a disfare le valige- l’accolse il ragazzo, in tono sarcastico.

Aggrottò le sopracciglia vedendola così.

-Cosa è successo?- indagò quindi, leggermente preoccupato, adocchiando in particolar modo la bottiglia vuota nella mano di Clover.

-Sono la damigella d’onore di Paola… devo organizzare l’addio al nubilato e stare attenta al lato organizzativo- spiegò, in tono impassibile, guardando un punto fisso senza credere di aver effettivamente acconsentito alla richiesta.

-Aspetta, cosa?!- Diego si alzò di scatto, e la guardò a bocca aperta.

-Livia non può e Paola lo ha chiesto a me- Clover sollevò le mani, e lanciò a Diego uno sguardo di muta richiesta d’aiuto.

Diego ridacchiò.

-Cavolo, Clover. A questo punto, visto quanto in fretta sta procedendo la vostra amicizia, non mi stupirei se venerdì foste voi due a sposarvi, invece di lei e Miguel- la prese in giro, sadicamente divertito dalla sua difficoltà, e segretamente felice che sarebbe stato al suo fianco in quanto testimone dello sposo.

Clover però non sembrò apprezzare particolarmente l’insinuazione, perché prese un cuscino e glielo lanciò contro, irritata.

-Guarda che è un problema! Non so fare la damigella!- esclamò, entrando in paranoia.

-Su, su, sarai fantastica! E poi peggio di Livia non potrai mai essere, no?- Diego intuì la sua onesta difficoltà e paura, e cambiò atteggiamento cercando di essere il più incoraggiante possibile.

Clover sospirò, e si sedette nel letto accanto a lui.

-Beh… è vero- ammise, leggermente sollevata.

-Ora che abbiamo chiarito questo punto… si può sapere dove sei stata e perché hai una bottiglia vuota di tequila in mano?!- Diego ricambiò immediatamente atteggiamento e la guardò storto, mettendo le mani sui fianchi.

Clover passò il resto del pomeriggio a farsi sgridare da Diego, ma alla fine, non si pentì di quella momentanea fuga dai suoi problemi.

Perché almeno era riuscita a risolvere quelli di Paola.

E dato che quella era la settimana di Paola, era meglio concentrarsi su di lei.

Clover si ripromise di dimenticare completamente la sua cotta per tutto il viaggio.

Niente avrebbe rovinato quel matrimonio.

…forse.

 

 

Martedì 6 Agosto 

Denny non sapeva perché si trovasse in un gay bar di martedì sera.

Cioè, più o meno aveva una vaga idea di come gli fosse venuta un’idea del genere, dato che aveva perfettamente controllato gli impegni del suoi gruppetto, organizzato nei minimi particolari gli suoi spostamenti per evitare di essere beccato e aveva ricercato con dovizia di dettagli il posto perfetto per non essere circondato da troppa gente che avrebbe potuto riconoscerlo e riuscire comunque a vivere un’esperienza da ragazzo gay per capire cosa si provasse e osservare in prima persona gli omosessuali per capire come comportarsi ora che era uno di loro.

Sì, il pensiero finale può risultare parecchio omofobo, ma sappiate che è la mente di Denny, non la mia, a pensare cose del genere.

A sua discolpa, era ancora molto confuso sulla propria sessualità, incerto su come comportarsi, e non riusciva neanche a rifletterci più di tanto perché ogni volta che provava ad indagare su sé stesso, la sua mente deviava e lo portava a Mathi, e cominciava a piangere, e si spaventava, e aveva un attacco d’ansia, e perdeva un sacco di tempo a calmarsi, quindi cercava di pensarci il meno possibile. 

Conseguentemente, non aveva ancora affrontato bene la sua sessualità.

E adesso si trovava in un gay bar di martedì sera, e stava bevendo un drink colorato nascosto in un angolino e osservando i ragazzi e le ragazze che ballavano, bevevano o si esibivano in poco pudiche dimostrazioni pubbliche di affetto.

Al momento, obiettivamente, sembrava tutto molto normale, come un qualsiasi locale.

Denny non aveva esperienza di molti locali oltre al Corona, ma non ci vedeva comunque molte differenze.

In realtà, l’unica cosa strana era essere lì da solo e non in compagnia di Max, Amabelle o qualcun altro dei suoi amici.

Sarebbe stato stupendo andare lì con Mathi e fargli delle domande al riguardo.

…Mathi.

Denny scosse la testa, prese un lungo sorso di drink, e cercò di restare con la mente sulla realtà, guardandosi intorno e cercando una coppia che potesse fargli da esempio.

Una figura però gli si parò davanti, bloccandogli la visuale.

Il cuore di Denny perse un battito, e alzò di scatto la testa per incrociare il volto della figura, che controluce sembrava abbastanza inquietante.

Perché diavolo aveva deciso di andare lì da solo?! Forse avrebbe dovuto chiedere a Sonja, o non andare proprio! Non doveva uscire di casa, maledizione!

-Ciao, posso sedermi?- chiese la figura, in tono amichevole, indicando la sedia davanti al ragazzo.

Denny sobbalzò fisicamente, molto spaventato dalla proposta.

-Perché?- chiese, incapace di dire altro.

Che voleva fare? Voleva provarci? Drogarlo? Chi era? Lo conosceva? Non riusciva a vederlo bene, magari lo conosceva. 

Denny non sapeva cosa temeva di più, onestamente.

Ma non aveva una voce conosciuta, quindi sicuramente non era un membro della Corona Crew.

E sembrava più grande di lui, quindi probabilmente non era un vecchio compagno di scuola.

Forse qualcuno dell’università?

Chiunque fosse, Denny aveva paura.

-Uh, ehi, tranquillo, non mordo. Ti ho visto da lontano e volevo solo chiederti come stessi. Sono… ci siamo scontrati sulle scale, un paio di settimane fa- spiegò lo sconosciuto, gentile, sedendosi davanti a Denny e venendo illuminato un po’ meglio.

A quel punto il ragazzo lo riconobbe.

Afroamericano, sorriso gentile e occhi scuri come pozzi profondi che per qualche motivo fecero attorcigliare lo stomaco di Denny.

-Oh… sì- ammise, per coprirsi il volto tra le mani, imbarazzato -Che figura!- borbottò tra sé, ricordando quanto fosse distrutto quel pomeriggio.

Lo sconosciuto ridacchiò appena, e si affrettò a rassicurarlo.

-Tranquillo, nessuna brutta figura. Sembravi devastato, però. Va meglio adesso?- chiese, incoraggiante, abbassando la testa e cercando i suoi occhi.

Denny doveva sentirsi rassicurato dato che il tipo davanti a lui sembrava una brava persona, ma non riusciva a non avere i nervi a fiori di pelle, e una sensazione sempre peggiore alla bocca dello stomaco.

Probabilmente il trauma di Mathi lo aveva reso ancora più restio a fidarsi di persone appena conosciute, o forse l’astio derivava proprio dal fatto che lo associava a Mathi, dato che l’aveva incontrato proprio quando era stato pugnalato alle spalle da lui.

Il punto era che non aveva voglia di averci assolutamente nulla a che fare.

-Sì, sto bene. È tutto passato- alzò le spalle, chiudendo l’argomento e tornando al proprio drink.

-Ne sono felice. Ci ho ripensato per tutto il tempo. Lo so, è stupido, ma è più forte di me. Non riesco a darmi pace quando non riesco ad aiutare qualcuno in difficoltà- il ragazzo si grattò la base del collo, un po’ a disagio e impacciato.

Sembrava… affidabile. 

Tranquillo e per niente sospetto.

Ma anche Mathi lo era sembrato per mesi.

Denny non gli rispose, ed evitò il suo sguardo.

Era rude da parte sua, ma non riusciva a fare altrimenti.

Il suo istinto gli stava urlando di scappare da lì, tornare a casa, e non rimettere più piede in quel bar.

Evidentemente lo sconosciuto sembrò intuire la sua ansia, perché si allontanò leggermente, preoccupato.

-Ti sto mettendo a disagio? Mi dispiace tanto. Volevo solo… fare amicizia. Sono qui da solo e non sono molto abituato all’ambiente. Tu sei l’unica faccia familiare che…scusa, vado via se ti infastidisco- sospirò, e fece per alzarsi.

Ottimo, Denny si sentì sollevato. Il suo istinto gli suggerì di lasciarlo andare e ignorarlo completamente.

Però…

Il commento dello sconosciuto gli aveva fatto ricordare esattamente il tipo di ambiente in cui si trovava, e il probabile motivo per cui era così a disagio.

Non era colpa sua, non era a causa di Mathi, era solo un problema di Denny.

E la sua stupida omofobia interiorizzata.  

Era sicuramente quello il motivo per cui era così restio ad aprirsi nonostante quel tipo sembrasse a posto. 

O almeno, uno dei motivi.

Probabilmente il più pressante.

Il senso di colpa fu più forte dell’istinto, e fermò lo sconosciuto sui suoi passi.

-Aspetta- 

Il tipo si girò, e gli sorrise, speranzoso.

-Scusa se sembro sgarbato, ma sono un po’… all’erta… verso gli sconosciuti- tentò di spiegarsi Denny, un po’ nervoso.

Continuava ad avere una brutta sensazione, ma era lì per provare a capire meglio sé stesso, e migliorare magari alcuni aspetti della sua personalità.

Insomma, era stato super cauto tutta la vita ed era comunque finito in quella situazione, magari doveva farsi meno paranoie e buttarsi e basta. 

Tanto il risultato non cambiava.

-Oh, capisco. Devo essere sembrato una specie di maniaco, mi dispiace. A dire il vero anche io sono un po’ nervoso in questo tipo di situazioni. Ed è la prima volta che vengo in un posto così- ammise lo sconosciuto, grattandosi nervosamente il collo.

-Anche per me- ammise Denny, sottovoce. Poi gli indicò la sedia davanti a lui -Puoi sederti, se vuoi- 

Stava facendo un errore, lo sentiva.

Ma finché era attento a ciò che beveva o mangiava, e teneva le distanze, sarebbe andato tutto bene.

Era in un luogo pieno di gente, ed era sempre stato veloce a correre, dato che era piccolo e agile.

L’importante era non distrarsi.

-Oh, grazie mille! Sono Fred, comunque, Fred Mint- si presentò il tipo, sedendosi e porgendo una mano per presentarsi.

Denny la strinse solo un istante.

-Daniel- si presentò, senza aggiungere il suo cognome per non rischiare troppo.

Strano che Fred glielo avesse rivelato. Era un po’ troppo sicuro per uno che si era professato nuovo in quel tipo di ambiente.

-Piacere, Dan- gli fece un sorriso a tutto denti.

Ora che era più vicino, Denny si rese conto che il suo alito sapeva di menta. Che nome incredibilmente appropriato.

Anche se non era un odore particolarmente piacevole, dato che era mischiato a quello evidente di nicotina.

Denny cercò di ignorarlo, e si affrettò a mettere in chiaro una cosa, dato che quel soprannome l’aveva fatto irrigidire.

-Chiamami Denny, non Dan- lo corresse, quasi tra sé.

Fred annuì.

-Va bene, Denny. Posso offrirti un drink? Per scusarmi di averti spaventato.. e ringraziarti?- propose il tipo, indicando il bar.

Era troppo amichevole per essere uno che si era appena professato nervoso.

Forse Denny non avrebbe mai dovuto fermarlo dall’andarsene.

O forse era troppo paranoico.

-Vado io a chiedere i drink- si propose, trovando un compromesso per non scappare, ma tenere comunque il controllo della situazione.

-Davvero? Che gentile!- il tipo non sembrò rendersi conto del vero obiettivo di Denny, e accettò l’offerta con un sorriso innocente.

Troppo innocente per uno che si era professato a disagio da quella situazione.

Uff, perché diavolo era andato lì, quella sera?!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Ci ho messo molto più di quanto pensassi, scusate sono state settimane abbastanza incasinate, tra università, preparativi natalizi, e altre cose che non sto a spiegare.

Poi questi ultimi giorni ho un dolore alla spalla che mi sta uccidendo, ma dettagli.

Per farmi perdonare ho anticipato il paragrafo di Denny, che doveva stare nel prossimo capitolo, a questo, così ho allungato un po’ il brodo.

E vi prometto che il prossimo capitolo sarà comunque tanta roba.

Quindi, voi fan della Clogo e della Mathenny, preparatevi psicologicamente.

Passando al capitolo, non c’è molto da dire.

La parte di Amabelle è stata la più difficile da scrivere, e il vero motivo per cui ci ho messo così tanto, dato che non sapevo con quali dinamiche far scoprire Lottie e farla accettare in famiglia.

Alla fine ho preferito concentrarmi sul fluff Petrabelle.

Felix finalmente ha un lavoro, yeeee! Ma ha anche incontrato Melany, noooooo!

Onestamente, io detesto quando arrivano gli ex a caso e c’è il drama a caso nelle commedie romantiche. Insomma, i due tizi si amano, l’ex non ha più il potere di rovinare tutto!

Però… non mi sono comunque trattenuta dal metterla lì.

Dopotutto io vivo di drama.

E poi spero di rendere il tutto realistico e non esagerato.

Melany non è lì solo per far ingelosire Mirren, non è nata per questo, come invece è nata Livia Jeller, la ex damigella di Paola.

Sì, il suo nome significa “gelosa”, è nata solo ed esclusivamente per essere una pessima amica per Paola. Ops.

A proposito di Paola, adoro il rapporto che inizia a costruire con Clover. I Flores sono la famiglia che entrambe non hanno mai avuto, anche se in modi diversi, e penso che siano in qualche modo due facce della stessa medaglia.

Adorabili.

Il prossimo capitolo sarà uno dei più lunghi usciti fino ad ora, e sarà divertentissimo da scrivere, e spero anche da leggere, quindi preparatevi. 

Vabbè, vi saluto e alla prossima :-*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Denny ripensa all’incontro avuto al bar, Clover organizza l’addio al nubilato di Paola

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Capitolo 31
*** Sbronze ***


Sbronze

 

Martedì 6 Agosto 

Come era possibile che Denny si fosse ubriacato con solo un paio di drink?!

…in effetti era ben più che possibile, visto che la tolleranza di Denny all’alcol era davvero bassa, ma si era ripromesso di non esagerare, eppure al momento a malapena si teneva in piedi.

Probabilmente avrebbe incolpato quel Fred che gli era stato attaccato tutta la serata, ma Denny era stato attentissimo, e niente era finito nel suo bicchiere.

Beh, era troppo ubriaco per riflettere più di tanto sulle cause. Voleva solo bere una vagonata d’acqua, mettersi a letto, e dormire per sempre.

…no, magari non per sempre, ma per parecchio tempo sicuramente.

Per fortuna, o sfortuna, dipendeva da cosa sarebbe successo di lì a qualche minuto, Fred era stato così gentile da riaccompagnarlo.

Ma Denny era stato abbastanza furbo e attento dal non rivelargli il suo indirizzo, bensì chiedere di accompagnarlo al dormitorio dell’università, dove Denny si sarebbe approfittato della camera di Norman, il quale aveva permesso a tutti i membri della Corona Crew di utilizzarla per le emergenze. Amabelle esclusa per ovvi motivi.

Per Denny, quella era un’assoluta e totale emergenza.

Per fortuna erano quasi arrivati in camera, e per il momento Denny doveva ammettere che Fred non aveva fatto assolutamente niente di losco o preoccupante. 

Era stato gentile, aveva fatto battute, aveva chiacchierato a tutto spiano di sé e non aveva insistito nel sapere troppe cose di Denny se lui non voleva dirle, e al momento lo sorreggeva appena quando quest’ultimo rischiava di perdere l’equilibrio e praticamente gli cascava addosso.

Obiettivamente, visti da fuori, quello che si comportava in maniera losca e preoccupante era Denny, non Fred.

Anzi, era strano che Fred fosse così tranquillo con lui, visto quanto sospetto apparisse.

E probabilmente quella sua apparente tranquillità era ciò che rendeva Denny sempre più allertato.

Ma aveva problemi più importanti a cui pensare.

Perché sfortunatamente la camera di Norman era sullo stesso piano di quella di Mathi, e l’ultima cosa che voleva rischiare era di vedere Mathi mentre era in quelle condizioni poco dignitose, soprattutto in compagnia di uno sconosciuto conosciuto in un bar.

Gli sembrava… sbagliato.

Non aveva nessun motivo per considerarlo tale ma era così, perdinci!

Ma non doveva tirarsela, quante probabilità c’erano che Mathi passasse per il corridoio proprio nei minuti in cui Denny lo attraversava per entrare in camera?

-È questo il piano?- chiese Fred, indicando il corridoio davanti al quale erano appena arrivati.

-Sì, la porta è… una di queste- Denny si guardò intorno confuso.

Era stato poche volte in camera di Norman, ma gli sembrava fosse il lato sinistro del corridoio? No, aspetta, il destro! Ed era all’inizio, sì, perché era dall’altra parte rispetto alla camera di Mathi.

La camera di Mathi era molto più semplice da trovare, e un ottimo punto di riferimento.

Senza pensarci si avviò in quella direzione, sperando di capirci qualcosa.

-Wo, aspetta, tigre. Sei sicuro di stare andando in camera tua?- chiese Fred, un po’ sorpreso dalla sua enorme confusione e pronto ad afferrarlo al volo nel caso avesse perso l’equilibrio.

-No- rispose Denny, sicuro di sé.

-…e dove ti sto portando?- chiese Fred, iniziando a preoccuparsi.

Finalmente una reazione umana, era ora!

-Un mio amico mi ha prestato la camera- spiegò Denny a grandi linee, senza offrire dettagli.

Gli occhi di Fred si diressero immediatamente verso la camera di Mathi, e il suo sguardo si fece più duro. Se Denny fosse stato meno ubriaco l’avrebbe considerato strano, ma era troppo occupato a raggiungere la porta e fare il punto della situazione, sperando, con tutto il cuore, che Mathi non decidesse di uscire proprio in quel momento.

Ovviamente, non serve neanche dirlo, la porta della camere di Mathi si aprì proprio in quel momento, e Denny fu così preso alla sprovvista che fece un salto e andò dritto tra le braccia di Fred, che lo prese al volo, con prontezza di riflessi, ma irrigidendosi leggermente.

Denny voleva davvero sperare che ad uscire dalla porta sarebbe stato Duke, o il coniglietto Apollo che aveva magicamente imparato ad aprire la porta, ma già sapeva in cuor suo che la fortuna non era dalla sua quel giorno.

-Dan?!- esclamò infatti la voce di Mathi, sorpresa, guardando prima lui, molto confuso, e facendo poi passare lo sguardo al suo accompagnatore.

Tutto il colore sparì dal suo volto.

Ma Denny era troppo occupato a cercare di recuperare l’equilibrio per accorgersene.

-Oh, tu sei il suo amico che si è offerto di farlo dormire qui?- chiese Fred a Mathi, con un sorriso alquanto freddo, squadrando il ragazzo dalla testa ai piedi.

Mathi scosse violentemente la testa.

-Cosa? No! Ci conosciamo appena! Abbiamo fatto un laboratorio insieme all’università e basta. La camera che cerca è quella. Arrivederci!- si affrettò a dire, in fretta, impassibile, indicando prima la stanza di Norman e chiudendo poi la porta della propria.

Fu così rapido che Denny quasi non si accorse di cosa fosse successo, ma fu abbastanza da fargli venire il magone.

Era troppo brillo e sensibile per tutto questo.

Parte di sé non riusciva ancora a credere che, così come era arrivato, Mathi se n’era completamente andato dalla sua vita e fosse così tranquillo al riguardo.

-Bene… ti accompagno alla camera giusta- Fred gli mise una mano sulla spalla con gentilezza, provando a spingerlo nella direzione giusta.

Denny si scansò violentemente, e lo anticipò, cercando di non mostrare il suo turbamento.

Quel tizio era ancora un estraneo, e Denny non era così ubriaco da aprirsi a lui.

Ma non sapeva per quanto ancora avrebbe resistito, dato che il suo cuore batteva sempre più forte, e il labbro inferiore tremava vistosamente.

Fred non insistette, e lo seguì cautamente, aspettando forse che fosse Denny a congedarlo definitivamente.

Denny avrebbe voluto farlo, ma sapeva che se avesse aperto bocca, sarebbe scoppiato a piangere, quindi si limitò a prendere la chiave nascosta della camera di Norman e ad entrare in stanza, dopo tre tentativi di infilarla nella toppa.

Non si tolse neanche le scarpe, e si buttò direttamente sul letto, a faccia in giù.

Fred rimase sull’uscio, un po’ incerto su cosa fare.

-Forse è il caso che io vada. Starai bene?- chiese, aspettandosi un congedo finale, che però non arrivò.

A quel punto, una persona normale avrebbe salutato e se ne sarebbe andata chiudendo la porta dietro di sé, ma Fred non era affatto una persona normale, o almeno non rientrava negli standard di normalità di Denny, perché dopo qualche secondo di attesa nel silenzio, si avvicinò al ragazzo, e si inginocchiò davanti al letto, prima di iniziare a togliergli le scarpe.

-Dopo questa me ne vado, ma non puoi dormire con le scarpe- spiegò, dopo aver sentito che Denny si stava ritirando.

Era gentile, si vedeva che era gentile, perché nessuno si sarebbe attaccato così a Denny dopo il modo freddo in cui il ragazzo lo aveva trattato.

Beh, nessuno tranne Mathi, che era sempre stato paziente, gentile e comprensivo.

Mathi era una delle poche persone nella vita di Denny che sembravano capirlo meglio di quanto lui capiva sé stesso. Aveva sempre saputo quando insistere e quando lasciar perdere. Era sempre stato sincero… o almeno, così Denny aveva pensato.

E invece era stata tutta un’illusione, una menzogna lunghissima, uno spettacolo che ora era definitivamente finito.

Ma nonostante tutto, Denny non riusciva a lasciare il palco, anche se ormai le luci si erano spente e il co-protagonista era andato via.

Denny si era innamorato di Mathi.

Così tanto che non riusciva a lasciarlo andare nonostante tutto quello che gli aveva tenuto nascosto, nonostante lo avesse consapevolmente messo in pericolo.

Per la prima volta nella vita di Denny, aveva conosciuto una persona che gli aveva fatto mettere la parte la paura in favore dell’affetto che provava per lei.

…eppure era tutto finito.

-Dan, tutto bene?- una voce di una persona gentile, ma che non apparteneva a Mathi, lo riscosse leggermente dai suoi pensieri, e si rese conto che aveva iniziato a singhiozzare rumorosamente, e che Fred gli era molto vicino, e gli stava dando qualche pacca sulla spalla.

Si ritirò inconsciamente. Era un istinto molto più forte di lui, e ancora non lo capiva, dato che Fred sembrava davvero solo un uomo molto gentile.

Forse Denny aveva solo iniziato a diffidare della gentilezza esagerata.

-Scusa, sono solo…- provò a giustificarsi, ma la voce gli veniva fuori a stento, accompagnata da singhiozzi sempre più incontrollati.

-Se vuoi parlarne, magari…- si offrì Fred, ma Denny lo interruppe subito.

-Scusa, ma non me la sento. Io non ti conosco, e credo che si stia facendo tardi- lo congedò.

Era maleducato, lo sapeva.

Ma non si sarebbe aperto con uno tipo conosciuto al bar.

Fred sembrò capirlo, perché si alzò, lo salutò con un generico ma sentito -Mi ha fatto piacere passare la serata con te spero che starai meglio- e uscì, lasciandolo solo.

Denny, ormai senza freni che lo trattenessero, ricominciò a piangere e a commiserarsi.

Non poteva più ignorare il vero problema: Mathi.

Ma non riusciva neanche ad affrontarlo da solo.

Doveva assolutamente parlarne bene con qualcuno.

E aveva già in mente la persona perfetta!

 

Mercoledì 7 Agosto

Ultimamente Sonja era più distratta del solito, e combinava parecchi disastri in cucina, tanto che sua zia le aveva dato una settimana di ferie per recuperare mentalmente.

Nonostante le ferie, però, Sonja era comunque al Corona sperando di aiutare, perché se rifletteva troppo sui suoi problemi sarebbe impazzita, e preferiva provare a distrarsi.

E fu una fortuna che fosse lì in quel momento, per vari motivi.

Innanzitutto Max era distratto quanto lei, dato che la sera prima Denny non era tornato a casa e non aveva neanche avvertito fino a poco prima, quindi Max era un misto tra sollevato e furioso, dopo essere stato preoccupato a morte tutta la mattina.

Inoltre il redivivo si presentò sul retro e metà giornata, con aspetto davvero devastato, e palesandosi solo a Sonja con un messaggio sul telefono davvero preoccupante: “Ho bisogno di parlarti, puoi venire sul retro e non dire nulla a Max?”. Se Sonja non fosse stata a lavoro se lo sarebbe perso! 

La ragazza non era proprio entusiasta di tenere un altro segreto a Max, ma se si trattava di Denny era ben felice di aiutarlo.

E poi il suo aspetto, quando Sonja lo vide nascosto dietro i cespugli, era davvero tanto devastato.

Si affrettò a nascondersi con lui.

-Denny, cosa è successo? Stai bene?- chiese, preoccupata, controllando le sue condizioni.

Non sembrava ferito da nessuna parte, solo reduce di una grande sbornia.

-Ho fatto un macello gigantesco- si lamentò Denny, depresso, prendendosi afflitto il volto tra le mani.

-Mi dispiace. Posso aiutarti in qualche modo?- si propose Sonja -Ho portato un caffè- aggiunse poi, porgendogli la tazza fumante che aveva preparato per ogni evenienza.

-Sei un angelo!- Denny gliela prese di getto e lo bevve tutto d’un fiato.

-Ci voleva proprio. Credo di essere ancora un po’ brillo- ammise, appoggiandosi più comodamente a terra e incoraggiando Sonja a fare altrettanto.

La ragazza eseguì, senza sapere cosa aspettarsi.

Suppose che il problema avesse a che fare con la sua sessualità, ma dubitava che Denny avesse fatto coming out con la famiglia, o probabilmente se ne sarebbe accorta ascoltando gli scleri preoccupati di Max. 

Se l’avesse detto alla Corona Crew, poi, l’avrebbe saputo insieme a tutta la città perché Amabelle non sapeva tenere la bocca chiusa.

Quindi immaginò di essere ancora l’unica a sapere quel segreto, e che quello fosse il motivo che aveva spinto Denny a rivolgersi proprio a lei.

Era davvero onorata dalla fiducia, anche se non era certa di meritarla.

Rimase in ascolto preparandosi ad incoraggiarlo qualsiasi cosa avesse da dire.

-Ieri sono andato in un gay bar, da solo, mi sono ubriacato, e mi pento di ogni istante!- rivelò Denny di getto, molto imbarazzato.

Okay, Sonja non si aspettava minimamente una cosa del genere.

Rimase in silenzio qualche secondo, cercando qualcosa da dire, ma Denny la anticipò, continuando a parlare. 

Forse aveva solo bisogno di qualcuno con cui sfogarsi.

-Praticamente ci stava questo tipo che ci ha provato… o almeno credo che ci abbia provato. È stato stranissimo, era gentile, e io ero distante da morire, ma lui continuava ad insistere, e mi ha messo molta ansia!- spiegò, a disagio.

Sonja sobbalzò.

-Hai passato la notte con lui?- indagò, molto sorpresa.

Non che si scandalizzasse per le avventure di una notte, ma le sembrava un comportamento molto poco da Denny, e forse un po’ affrettato per qualcuno che era venuto a patti con la propria sessualità da poco.

Ma dopotutto, chi era lei per giudicare, e ognuno doveva seguire il proprio percorso.

Solo che, a giudicare dalla faccia inorridita e improvvisamente rossa di Denny, non aveva intrapreso quel percorso.

-Che?! NO! Assolutamente no! Si è offerto di riaccompagnarmi a casa ma non volevo dargli il mio indirizzo e ho passato la notte in camera di Norman- spiegò Denny, sulla difensiva, rosso come un peperone.

Sonja annuì.

-Molto cauto da parte tua- ammise, rassicurata.

Vedeva Denny come un fratellino minore, e per quanto aperta di mente volesse essere, il pensiero che passasse una notte con uno sconosciuto la faceva preoccupare non poco.

-Certo! Sono stato attentissimo! E nonostante tutto mi ha lasciato il suo numero. Non capisco- Denny tirò fuori un bigliettino che aveva trovato quella mattina sul comodino e lo mostrò a Sonja, che lo prese e lo controllò.

-Fred Mint? Che nome peculiare- commentò, senza sapere che altro dire.

-Anche appropriato perché aveva un alito che puzzava di menta e nicotina- Denny scosse la testa, disgustato.

-Allora, hai intenzione di chiamarlo?- chiese Sonja, cercando di non pensare alle implicazioni della frase di Denny (perché sapeva l’odore del suo alito?!) e provò a pensare più al futuro che al passato.

Chissà, magari Fred poteva essere un buon partito, anche se da quando Denny gli aveva detto di essere gay, l’unico pensiero che continuava a girare nella mente di Sonja era “Che fine ha fatto Mathi?”.

-No! Santo cielo, non sono pronto per questo! Cercherò di evitarlo e se dovessi incontrarlo di nuovo fingerò di non aver trovato il biglietto- Denny però non ne voleva sapere nulla, e riprese il bigliettino dalle mani di Sonja per poi accartocciarlo e rimetterlo in tasca.

-Dai, perché no, hai detto che è stato gentile, magari potresti dargli un’occasione- Sonja decise che quello era un buon momento per incoraggiarlo. Personalmente aveva buone esperienze con persone che a prima vista sembravano gentili, o forse era semplicemente privilegiata.

Denny però non sembrava dello stesso avviso.

-Non lo so, probabilmente ho dei problemi io, ma non mi convinceva, per niente. Aveva un’aria di pericolo. Preferirei non averci nulla a che fare- ammise il ragazzo, scuotendo appena la testa.

Sonja decise di non insistere.

-Va bene. Comunque non mi sembra che la serata sia stata così disastrosa, alla fine il tipo che hai incontrato non ha fatto niente di male, vero?- indagò, sperando nel meglio.

Denny scosse la testa.

-No, non ha fatto niente di male, il problema è un altro- ammise, sospirando tristemente e rannicchiandosi maggiormente a terra.

Sonja gli si avvicinò, cercando di mostrargli conforto.

-Racconta- lo incoraggiò, mettendogli una mano sulla spalla.

Gli occhi di Denny si fecero lucidi.

-Non ricordavo dove fosse la camera di Norman e mi sono avvicinato a quella di Mathi per orientarmi, lui è uscito per qualche motivo e…- abbassò la testa.

Sonja era attentissima, non aveva intenzione di perdersi neanche una parola.

-…sono un caso disperato- concluse Denny, seppellendo il volto nelle ginocchia e non dando ulteriori informazioni.

-Scusa se te lo chiedo, sei libero di non rispondermi, ma… cosa è successo con Mathi?- alla fine Sonja non ce la faceva più. Aveva bisogno di risposte. Non poteva dare buoni consigli se non conosceva tutta la storia. Inoltre era davvero curiosa.

Denny, per un istante, fu in procinto di dirle tutto.

Ma si trattenne, per paura di tirare anche lei in mezzo a quella situazione pericolosa.

Optò per una mezza verità.

-Mi ha mentito…- rispose, in un sussurro.

-Ti ha mentito?- ripetè Sonja, sorpresa.

-Ha solo finto di essere mio amico, e amico della Corona Crew, in realtà è un mostro senza cuore che stava solo giocando con me, e io ci sono cascato con tutte le scarpe!- continuò poi, acquistando sicurezza.

-Cosa?! Sul serio?!- Sonja portò una mano alla bocca sconvolta e incredula.

Gli occhi di Denny si riempirono di lacrime, lasciando poco spazio ai dubbi.

-Magari è solo un fraintendimento. Mi sembrava che lui…- 

-Già- Denny la interruppe subito -Sembrava anche a me, ma non è così. E…- il ragazzo esitò qualche istante prima di continuare -…temo che nonostante tutto io mi sia innamorato di lui- 

Nonostante la sua voce si fosse trasformata in un sussurro, Sonja riuscì a sentire ogni parola, e il suo cuore si spezzò per l’amico.

Gli cinse le spalle, stringendolo verso di lei.

-Mi dispiace, Denny, non riesco neanche ad immaginare come devi sentirti- provò ad empatizzare, accarezzandogli le spalle.

Denny sospirò.

-Vorrei tanto essere nato etero!- esclamò, seccato.

-Posso assicurarti che anche noi etero abbiamo problemi romantici- gli fece presente Sonja, con una risatina amara. La sua mente tornò a Max, e il suo stomaco si strinse pensando a lui. Il senso di colpa era sempre più difficile da ignorare.

-Allora vorrei essere aro-ace come Norman! Lui sì che ha la vita perfetta: niente amore, niente relazioni, solo lavoro, amici e platonicità!- il pensiero di Denny cambiò rotta.

Sonja ridacchiò.

-Effettivamente sarebbe molto più facile così- ammise, poggiando la testa sulla sua spalla.

Denny posò la propria su quella di Sonja.

-Posso chiederti un grosso favore?- chiese poi, dopo qualche minuto passato in un silenzio contemplativo.

-Certo, qualsiasi cosa- Sonja sollevò la testa per mostrare la propria partecipazione.

-Potresti non tradire la mia amicizia, per favore?- la voce di Denny era quasi un pigolio.

Non era una promessa difficile da mantenere, ma Sonja si sentì comunque stringere lo stomaco.

-Ti prometto che se anche un giorno dovessi deluderti per qualche motivo, io non tradirò mai la tua amicizia. Ti considero un ragazzo fantastico, e sono onorata di essere tua amica. Potrai sempre venire da me se ti servirà qualsiasi cosa- gli assicurò, sorridendogli incoraggiante.

Anche Denny accennò un sorriso, e asciugò gli occhi lucidi.

-Vale anche per me… per te… insomma, se hai bisogno, io ci sono. Non sono solo uno che si lamenta. So anche dare consigli- promise.

-Ne sono sicura. Vuoi restare qui ancora un po’ o posso offrirti un pezzo di torta?- propose, indicando la porta sul retro.

-Max mi farà una sfuriata eterna, vero?- borbottò Denny, rassegnato.

-Posso provare a distrarlo, se vuoi- si offrì Sonja, comprensiva.

-No, meglio in pubblico, così sarà costretto a trattenersi un po’- Denny scosse la testa, e si alzò, cercando di ricomporsi.

Sonja fece altrettanto, e lo accompagnò dentro il locale.

Quello che aveva sentito su Mathi la confondeva parecchio, e i problemi di Denny per un po’ surclassarono i propri tra le priorità della sua mente.

Era strano che Mathi fosse stato falso. Le era sempre sembrato estremamente autentico in tutto quello che faceva. E poi perché mai aveva dovuto indagare così tanto sul compleanno di Denny, o stringere così tanto amicizia con la Corona Crew? Aveva addirittura passato il “test Clover” usato dalla ragazza per valutare se qualcuno fosse affidabile. 

Certo che quella situazione era strana.

 

-Non so che fare, non so veramente che fare in questo momento, rischio un attacco di panico ogni secondo, mi sento in colpa, e sono con un piede nella depressione- Mathi borbottava velocemente tra sé, quasi mischiando le parole tra loro.

-Potresti ripetere più lentamente? Non ho capito- rispose una voce leggermente meccanica proveniente dal portatile davanti a lui.

Mathi sospirò e cercò di calmarsi.

-Aggie, sono in una situazione tremenda, ho bisogno di un po’ di conforto- ripeté, scandendo meglio le parole e lanciando un’occhiata depressa verso lo schermo del computer, dove svettava un’immagine in primo piano di una ragazzina del liceo dai tratti asiatici e lunghi capelli neri.

-Nessuna situazione è eterna, quando si tocca il fondo si può solo risalire- lo rassicurò, incoraggiante.

Mathi sospirò, e seppellì il volto tra le mani. 

Non riusciva neanche più a guardare il volto della sorella, era troppo doloroso.

-Stranamente questa frase fatta non mi sta aiutando per niente. Diamine!- sbuffò, accarezzando Apollo nella speranza che il suo pelo soffice sarebbe riuscito a calmarlo.

-Uhm… vuoi che ti racconti una barzelletta per tirarti su di morale?- propose la figura oltre lo schermo, un po’ incerta.

-No, hai presente il ragazzo di cui ti ho parlato, Apollo Justice?- chiese Mathi, riferendosi a Denny ma confondendo il vero Apollo, che girò il muso verso di lui, sentendosi chiamato in causa.

-Ricordo 11 conversazioni dove hai parlato per ore di tale Apollo Justice: la prima è stata la sera del finto appuntamento, la seconda di ritorno dal San Valentino in montagna, la terza dopo il compleanno di Felix, la quarta alla fine del New Malfair Comic & Games, la quinta…- cominciò ad elencare Aggie, segnando ogni ricordo sulle dita.

-Sì, sì, ho capito, ho una cotta gigantesca, lo so già. Beh, quel ragazzo è in pericolo, è tutta colpa mia, e mi sento maledettamente in colpa perché non ho la minima idea di come aiutarlo- spiegò Mathi, rinunciando ad accarezzare Apollo e alzandosi per il nervosismo e l’ansia. Iniziò a camminare avanti e indietro per la stanza, cercando di calmare la tensione e trovare una soluzione a tutti i suoi problemi.

Non aveva la più pallida idea di come proteggere Denny senza rischiare di metterlo maggiormente in pericolo.

Era completamente inerme.

E di conseguenza non riusciva a concentrarsi per lavorare all’intercettazione che Will aveva chiesto per il giorno successivo.

Odiava che nonostante fosse lì per studiare, Will lo sfruttava per i propri lavoretti sporchi.

In realtà, Mathi odiava tutto dell’agenzia, e Will, soprattutto Will.

Quell’uomo era la persona peggiore dell’universo. 

Solo pensare a lui gli provocava un terrore immenso. 

-Fratellone, tutto bene? Non parli più da un po’- la voce leggermente preoccupata di Aggie lo riscosse dai suoi pensieri.

-Sì, sto bene. Sono solo completamente fregato. Cavolo! Dovevo rifiutare il finto appuntamento, o almeno non accettare di rivederlo subito dopo! Perché sono diventato suo amico?! Lo sapevo che sarebbe finita male!- Mathi si prese il volto tra le mani, sempre più depresso e sommerso dai sensi di colpa.

-Su, fratellone. Nessuna situazione è eterna, quando si tocca il fondo si può solo risalire- lo rassicurò Aggie, incoraggiante.

-Lo so, me lo hai già detto- sbuffò Mathi, che di solito trovava molto conforto in quelle sessioni di chiacchierata, ma in quel momento erano completamente inutili.

-Scusa- Aggie abbassò la testa, dispiaciuta.

-No, non fa niente. È colpa mia- Mathi sospirò -Dovrei rimettermi a lavoro- aggiunse poi, risedendosi davanti al computer e preparandosi a chiudere la conversazione.

-Buon lavoro, fratellone. Porta il pane a casa e permettimi di sopravvivere con il tuo stipendio- gli sorrise Aggie, salutandolo con le mano.

Mathi chiuse la finestra, e cambiò scrivania del computer, tornando alle intercettazioni.

Ma non ci stava proprio con la testa.

Forse poteva aspettare che Duke tornasse e chiedergli di aiutarlo. Ultimamente il coinquilino era meno irritato con lui e più accondiscendente. 

Forse perché aveva capito quanto Denny fosse spacciato ed era triste per lui.

Solo a pensarci, a Mathi venivano i brividi di disgusto, ansia e terrore puro.

Forse se lavorava come un mulo Will non avrebbe avuto motivo di cercare di distruggerlo. Doveva solo fare il bravo cagnolino per il resto della sua vita e Denny sarebbe stato salvo.

Un piccolo prezzo da pagare per la salvaguardia dell’amico.

Si stava giusto convincendo che magari era solo paranoico e Denny non era poi così in pericolo, quando l’arrivo della stanza di qualcuno ruppe definitivamente ogni sua speranza.

All’inizio però non ci fece neanche caso.

-Duke, ti aspettavo per ora di cena- disse continuando a fissare lo schermo del computer cercando di capirci qualcosa. Stava giusto per aggiungere un commento su come Will avrebbe dovuto farsi da solo le proprie intercettazioni quando, grazie al cielo, Duke lo anticipò.

Solo che non era Duke.

-Vedo che stai lavorando. Mi fa piacere, pensavo stessi battendo la fiacca- una voce melliflua e vagamente sorpresa fece sobbalzare Mathi, che si girò di scatto, e venne sommerso dall’odore disgustoso di menta e nicotina.

-W_W_Will?! Cosa ci fai qui? Pensavo che il lavoro dovesse essere consegnato domani!- esclamò, sorpreso, e impallidendo palesemente.

-Controllo che i miei adorabili sottoposti non battano la fiacca… perché ti sei fermato? Torna a lavorare- incoraggiò Mathi a girarsi di nuovo verso il computer e si accese una sigaretta, guardandosi un po’ intorno.

Mathi approfittò della sua distrazione per controllare dove fosse Apollo, e riuscì per un pelo a nasconderlo sotto una maglia buttata sulla scrivania, evitando che Will si accorgesse di lui.

Non voleva neanche rischiare di pensare a quello che avrebbe potuto fargli se l’avesse scoperto. Will Hacks era famoso per la spietatezza verso ogni creatura, ma in particolare gli animali. 

Mathi fece appena in tempo a tornare a lavoro che Will finì l’osservazione e gli si avvicinò, mettendogli letteralmente il fiato sul collo.

Un fiato decisamente nauseante, a dirla tutta.

-Il lavoro sarà finito entro domani, posso inviartelo per e-mail in tarda mattinata- gli promise Mathi, cercando di non farsi distrarre dalla presenza del capo e di restare concentrato e impassibile.

-Ieri sera sembravi spaventato quando mi hai visto in corridoio- esordì improvvisamente Will, in tono divertito, facendo sprofondare lo stomaco di Mathi, che si ritrovò a rivivere la scena come se stesse capitando in quel momento.

Aveva aperto la porta per andare a prendere una bottiglietta d’acqua al distributore in fondo al corridoio.

All’inizio aveva visto solo Dan, il suo amatissimo Dan, e per un istante aveva sperato di poter parlare con lui, almeno un’ultima volta per provare a sistemare almeno qualcosa.

Poi il suo sguardo si era spostato sull’uomo al quale Dan era praticamente abbracciato, che lo teneva con forza e che aveva lanciato a Mathi un’occhiata penetrante e indecifrabile, terrorizzandolo a morte.

Perché mai, in tutta la sua vita, avrebbe voluto vedere Denny e Will così vicini l’uno all’altro.

Doveva aspettarsi che sarebbe venuto da Mathi per indagare meglio.

Non avrebbe mai dovuto accettare il finto appuntamento e continuare ad osservare Denny da lontano.

Perché era stato così egoista?!

-Spaventato? Ero solo sorpreso che fossi venuto nel mio dormitorio, tutto qui. Temevo di aver confuso le date di consegna dei lavori- provò a trovare una scusa al volo, continuando a fissare lo schermo del computer e tentando di non mostrare alcuna emozione.

-Sai, quel Daniel è peculiare, capisco perché ti interessi tanto- Will fece finta di non averlo sentito, e prese una boccata dalla sigaretta che continuava a fumare nonostante le regole del dormitorio lo vietassero.

-Daniel? Il ragazzo con te? Non mi interessa- mentì Mathi, alzando le spalle.

-Davvero? Beh, è un peccato, non sai che ti perdi. Credo che il suo tratto più interessante sia la sua attenzione. È cauto ai limiti della paranoia, ed è una vera sfida. Adoro le sfide- Will ghignò, molto divertito, facendo irrigidire Mathi, che smise di scrivere al computer, inorridito.

No, non doveva capitare.

-Perché hai smesso di scrivere?- lo sgridò Will, notando immediatamente il suo cambio di comportamento.

-Devo prendere appunti cartacei- Mathi trovò una scusa al volo, e prese un foglio e una penna dalla scrivania, iniziando a scrivere codici e calcoli sulla carta, senza essere del tutto certo di cosa stesse facendo.

-Dicevo, ho provato a demolire le sue mura, ma sono resistenti. Non ho mai conosciuto nessuno così malfidato. Non riesco a capire se è così di carattere o se sei stato tu a rovinarlo- 

-Io non ho fatto niente. Lo conosco appena. Se ha parlato di me deve essersi fatto dei film- mentì, cercando di allontanare Will da Denny, in ogni modo, ma iniziando a temere che fosse troppo tardi.

-Sai, non mi interessa minimamente il tuo rapporto con lui. Dopotutto come si può resistere ad un volto tanto innocente e inerme. Ti viene voglia di prenderlo e spezzarlo in milioni di pezzettini! Non so, è attraente- 

Mathi strinse i denti, era meglio non rispondergli per non rischiare di mettere Denny maggiormente in pericolo.

Ma la presa sulla penne si fece più forte.

-Magari dopo essere spezzato abbastanza potrebbe diventare un soldatino perfetto. Sembra un ragazzo privo di spina dorsale, ma intelligente, potrebbe essere una buona pedina. Un perfetto candidato per una “manovra di Stoccolma”, scommetto che ti piacerebbe lavorarci insieme, che dici?- Will continuò a provocarlo, standogli sempre con il fiato sul collo e sussurrandogli l’idea quasi all’orecchio.

La presa di Mathi sulla penna si fece più forte. La paura che lo aveva attanagliato fino a quel momento iniziò a trasformarsi in rabbia, rabbia cieca. Will non doveva permettersi di minacciare Denny.

Mathi non gli avrebbe mai permesso di provare a reclutare Denny.

-Oppure me lo porto a letto e basta. Non lo so, potrei fare entrambe le cose, già che mi ci trovo. La seconda sicuramente. È troppo ghiotto per lasciarselo scappare. Ma tranquillo, non sono un tipo geloso. Puoi averne un pezzo anche tu se vuoi- l’intento di Will era palesemente quello di provocarlo per scatenare una reazione, Mathi lo sapeva benissimo.

Ma non riusciva comunque a controllare la rabbia che continuava a risalirgli al cervello.

Non stava neanche più scrivendo. Teneva in mano la penna come fosse un coltello, cercando di restare impassibile ma sempre meno controllato.

Will però non aveva intenzione di cedere, e continuò a parlare, allontanandosi leggermente da Mathi e mantenendo sempre il tono rilassato di chi sta semplicemente facendo quattro chiacchiere sul tempo, e non progettando la rovina fisica e spirituale di un povero ragazzo innocente.

-Non credo di piacergli, ma francamente il suo consenso è l’ultima cosa che mi interessa- 

Okay, questo era decisamente troppo!

Senza che Mathi potesse completamente controllare le sue azioni, si girò di scatto verso Will e puntò la penna verso la sua gola, con l’intenzione di accoltellarlo.

Doveva proteggere Denny, a. qualsiasi. costo! 

E per proteggerlo, Will doveva sparire!

Non gli importava delle conseguenze, potevano anche ucciderlo per insubordinazione. L’importante era che Denny fosse al sicuro.

Purtroppo Will era più forte e agile di lui, e probabilmente si aspettava quella reazione, perché prese il polso di Mathi prima che il colpo andasse a segno, e scoppiò a ridere, divertito dal suo intento omicida.

-Sai, non credevo che ci avresti provato davvero. Quindi tieni molto a questo ragazzo. La faccenda si fa sempre più interessante- commentò, stringendo il polso abbastanza forte da fargli lasciare l’arma improvvisata.

Mathi non rispose nemmeno, abbassò la testa, e rimase immobile come una bambola.

Si sentiva un guscio vuoto. 

L’unica volta in cui si era sentito così inerme, come se il mondo lo stesse inghiottendo senza che potesse in alcun modo salvarsi, era stato quando gli avevano detto dell’incidente dei suoi genitori.

-Regola numero 9?- lo interrogò Will, rigirandosi la penna tra le mani.

-Le reclute devono seguire ogni indicazione del proprio supervisore. Ogni atto di insubordinazione sarà severamente punito- enunciò Mathi in tono impassibile.

-Sai, Mathias, io non sono senza cuore come pensi. Sto solo cercando di temprarti alla vita che hai scelto. Ti lascerei passare con un avvertimento, ma hai cercato di uccidermi, non posso fingere che non sia successo niente- a discapito delle sue parole, Will non sembrava affatto dispiaciuto, anzi, era elettrizzato. Gettò la sigaretta a terra senza preoccuparsi di bruciare la moquette, e afferrò la maglia di Mathi per costringerlo ad alzarsi.

Inizio a pensare di dover alzare il rating di questa storia per questo arco narrativo.

Per mantenere il rating attuale non scenderò a particolari sulla punizione che Will riservò a Mathi, ma quando ebbe finito, il ragazzo era a terra, non sembrava al momento in grado di alzarsi, e non poco era il sangue che gli usciva dalla bocca e dalle ferite.

Ma aveva tenuto duro, senza lamentarsi e aspettando solo che tutto finisse.

-Bene, spero che il messaggio sia chiaro. Torna a lavoro- Will si sgranchì i muscoli e si avviò verso la porta.

Mathi però continuava ad avere una sola priorità.

-Regola numero 17?- chiese, con un filo di voce, bloccando Will sul posto.

Ci fu qualche secondo di silenzio, poi Will si girò verso la sua recluta, con un sorrisino irritato a malapena accennato.

-Torna a lavoro- disse solo a denti stretti, prima di uscire.

Mathi non credeva che sarebbe riuscito ad alzarsi da terra tanto presto, dato che tutto il suo corpo era dolore e basta, ma accennò una risatina.

L’aveva battuto, moralmente, al suo stesso gioco.

La regola numero 17 stabiliva chiaramente che non si poteva in alcun modo reclutare qualcuno senza previo consenso dei capi supremi dell’agenzia, e che ogni recluta doveva avere delle caratteristiche base imprescindibili.

Denny non rispondeva ai requisiti.

Quindi, almeno per il momento, era salvo.

E Mathi non poteva che essere un po’ più rasserenato, perché avrebbe sofferto tutto il male del mondo pur di non trascinare il suo migliore amico al suo stesso livello.

 

Giovedì 8 Agosto

Clover iniziava ad essere felice di essere stata scelta come damigella d’onore di Paola, perché l’organizzazione dell’addio al nubilato della ragazza aveva preso buona parte della sua permanenza lì, permettendole di evitare il più possibile la famiglia di Diego e soprattutto Diego per buona parte della vacanza.

Di solito Clover era una festaiola che preferiva godersi le feste invece di prepararle, ma in quella situazione confusa le andava benissimo.

Non che non apprezzasse la compagnia della famiglia del suo finto ragazzo, erano tutti meravigliosi, e l’avevano aiutata in vari modi.

Le cene e i pranzi tutti insieme erano il momento più bello della giornata.

…ma anche il più imbarazzante, soprattutto quando Maria insisteva su quanto lei e Diego fossero una bella coppia e di come a 24 anni fosse un buon momento per pensare a mettere su famiglia.

I confronti rispetto ai futuri sposi poi erano all’ordine del giorno, e un po’ inappropriati, se Clover doveva dire la sua.

Insomma, non c’era neanche confronto! Miguel e Paola erano affiatati da morire, non vedevano l’ora di sposarsi, e l’entusiasmo di Paola completava perfettamente la calma rassicurante di Miguel.

La parte più bella per Clover era soprattutto osservare Miguel quando lui guardava Paola e lei era impegnata a fare altro.

Tsk, come aveva solo potuto pensare, Livia, che sarebbe riuscita a separarli in qualsiasi modo. Era evidente quanto si amassero.

E Clover sapeva che nessuno l’avrebbe mai guardata così.

Soprattutto non Diego.

Dopotutto, cosa mai poteva trovarci in lei? Lui e la sua famiglia meritavano decisamente di meglio.

Comunque era riuscita a superare i primi giorni della vacanza senza che la loro falsa venisse scoperta, e quella sera finalmente ci sarebbe stato l’addio al nubilato, che Clover aveva organizzato sul ponte di prua, pagando parecchio per riservare il tavolo migliore solo per loro, e prenotando così la vista più bella che si poteva osservare dalla nave. 

Paola era rimasta esterrefatta.

E grazie a Juanita, che l’aveva aiutata con i preparativi, c’era tutto ciò che la sposa amava di più, sia da mangiare, che da bere, che da fare.

E Clover si era anche imposta una difficile sfida: restare completamente e definitivamente sobria!

Non poteva rischiare di essere anche solo vagamente alticcia il giorno successivo, durante il matrimonio vero e proprio, dato che doveva restare vigile per non permettere a nulla, assolutamente nulla, di rovinarlo.

-Clover, non vuoi neanche un sorso? Questo drink è di una bontà unica!- provò a convincerla Paola, arrivandole vicino e agitandole il bicchiere davanti.

Era davvero raggiante, e si stava divertendo da morire.

Clover un po’ meno perché la tentazione di bere era tanta e i giochi che aveva scelto un po’ stupidi se non si beveva.

-No, grazie. Preferisco restare sobria- rifiutò il drink con molta rassegnazione, e Paola non insistette, ma fece il muso in maniera un po’ eccessiva.

-Hai preso super seriamente il tuo compito- ridacchiò Juanita, divertita dalla serietà a tratti inappropriata di Clover.

-Beh, Paola merita il meglio- Clover alzò le spalle, in tono ovvio.

-Awww, Clo! Ti voglio bene!- esclamò Paola, gettandole le braccia al collo e abbracciandola stretta.

Sì, Paola meritava proprio il meglio.

-Però è un po’ triste. Nel programma ci sono giochi alcolici e sarà noioso se Clover non partecipa- osservò Sunny, controllando il volantino con il programma della serata che Clover aveva stampato per l’occasione.

-Giusto, ti prego, almeno partecipa al gioco delle sfide!- provò a convincerla Maria, la madre di Diego, che nonostante fosse la futura suocera era stata felicissima di partecipare su richiesta di Paola, che la considerava come una madre e aveva con lei uno splendido rapporto.

-Se bevo io puoi bere anche tu, ragazza mia!- le diede man forte nonna Flora.

…era un addio al nubilato parecchio singolare, bisogna dirlo.

E sotto l’insistenza di nonna Flora era difficile dire di no.

-Va bene, partecipo almeno al gioco delle sfide. Ma non è detto che io debba bere- acconsentì, preparandosi mentalmente e fisicamente a non perderne neanche una.

Flora e Maria ridacchiarono tra loro, Paola esultò, e Juanita prese il blocco per appunti, pronta a segnarsi la serata per scriverci sopra una fanfiction in futuro.

Clover non lo sapeva, ma aveva iniziato una storia basata sulla relazione finta tra lei e Diego, e stava avendo anche un sacco di apprezzamento.

-Scusate, potete spiegarmi le regole?- chiese Sunny, che era già parecchio brilla ma entusiasta di partecipare.

-A turno ognuno di noi propone la sfida a qualcuno a scelta. Se la persona non riesce a superarla deve bere, ma se ci riesce, a bere sarà colei che ha lanciato la sfida- spiegò Maria, che era tornata una ragazzina praticamente.

-Ah, a una persona a scelta? Non si va in ordine?- a Clover era sfuggita questa parte della regola. Credeva che avrebbe dovuto sopportare un paio di sfide al massimo.

-Beh, di solito si fanno alla sposa, dato che è la protagonista della serata- spiegò Maria, con uno scintillio negli occhi.

Quel “di solito” preoccupò Clover, ma non voleva fare la guastafeste.

-Va bene, quando volete cominciamo- acconsentì, concentrandosi.

Se ne pentì presto.

Perché si coalizzarono tutte, persino Sunny, su di lei.

-Clover ti sfido a bere un bicchiere di di questo drink buonissimo!- cominciò Paola.

Ehi, non valeva così! Avrebbe bevuto comunque!

-Clover, ti sfido a ballare sul tavolo di quei tipi davanti a noi!- continuò Maria.

Quei tipi davanti erano nel mezzo di una proposta di matrimonio che Clover aveva rovinato, ma aveva portato a termine la sfida. Solo che aveva bevuto uno shot per riprendersi dall’imbarazzo della situazione.

-Clover, ti sfido a rubare l’anello di fidanzamento dei tizi davanti- 

Juanita era spietata! Clover eseguì comunque, perché di bere ancora non ne aveva la minima intenzione.

-Clover, ti sfido a cantare questa canzone a squarciagola girando tra i tavoli!- 

…non era il turno di Paola di sfidarla, dato che l’aveva già fatto prima, ma era la sposa, e Clover eseguì. Era una brava cantante, fece una figura di tutto rispetto.

-Clover, ti sfido ad andare dal tipo al bar e fingere di…- la sfida di nonna Flora era troppo spinta per il rating di questa storia, ma dopo essere rimasta interdetta qualche secondo e aver sentito le altre ragazze ridere un misto tra scandalizzate ed entusiaste, Clover aveva eseguito, iniziando a chiedersi se valesse davvero la pena abbassarsi a tanto pur di non bere. Si stava divertendo, davvero tantissimo, ma se Paola insisteva tanto nel volersi rovinare il matrimonio con una Clover ubriaca chi era lei per negarglielo.

-Clover… ti sfido a… non so… toglierti la maglia e restare in reggiseno per un minuto?- propose Sunny, seguendo la scia di nonna Flora.

In circostanze normali, Clover avrebbe eseguito senza alcun problema, ma le circostanze normali erano finite dieci anni prima con l’incidente.

Il suo umore si abbassò leggermente ma cercò di non darlo a vedere, e si rassegno a prendere il primo drink per sfida persa della serata.

-Clover, non ti facevo così pudica- commentò Flora, sorpresa.

-Iniziava a venirmi sete- mentì Clover, sperando che non le chiedessero ulteriori dettagli.

Maria sembrò capire la situazione, perché cambiò immediatamente argomento.

-Dai, tocca a Clover, che sfida lanci e a chi?- chiese, ritornando al gioco.

Clover ci pensò un po’. Per evitare di bere doveva lanciare una sfida impossibile, ma non poteva neanche renderla troppo impossibile o rischiava di rovinare l’umore generale. 

Decise di buttarsi sullo scopo originale del gioco: 

-Paola, ti sfido ad andare da quel tipo e praticare un finto rito magico per spaventarlo- si inventò diretta verso la sposa e colei che doveva essere in teoria la protagonista della serata, facendo scoppiare tutte le donne a ridere.

-E questa da dove ti è uscita?- chiese Juanita, segnando l’idea sul bloc note.

In effetti era una sfida strana, ma ultimamente aveva passato un sacco di tempo con Coco, che era in fissa con la magia. Probabilmente era quello, ma non si pentiva dell’idea.

-E non potrai dirgli, in nessun caso, che è una sfida o uno scherzo!- aggiunse poi, controllando meglio il tipo indicato e rendendosi conto che era estremamente religioso e sicuramente un gran fifone.

Dubitava che Paola sarebbe riuscita a mantenere la recita con lui se l’avesse visto disperarsi.

-Va bene, ci sto!- acconsentì lei, ignara del pericolo.

Come progettato da Clover, il tipo iniziò ad urlare spaventato a metà del primo finto incantesimo, e Paola cedette e provò a rassicurarlo, preoccupata, perdendo così la sfida.

-Che reazione esagerata!- commentò Flora, che era una donna religiosa, ma sapeva stare agli scherzi.

-Cosa è successo?- chiese Paola sconvolta, tornando al tavolo agitata e prendendo al volo il drink che Clover aveva preparato per lei con un sorrisino soddisfatto.

-Ho notato che era religioso, e l’ho visto agitarsi sulla sedia e sobbalzare lievemente ad ogni cosa, quindi ho supposto che sarebbe impazzito nel vederti iniziare a recitare un rito magico- spiegò, soddisfatta delle sue doti deduttive.

-Wow!- commentarono insieme Juanita e Maria.

-Sei tipo Sherlock Holmes!- si complimentò Paola, con occhi brillanti.

-Sei davvero geniale, Clover! Ecco come hai fatto a vincere tutte le sfide!- osservò Sunny, battendo le mani tra loro.

-Propongo un nuovo gioco: Clover prova a dedurre qualcosa delle persone e se indovina beviamo noi, altrimenti beve lei!- propose nonna Flora, sfregandosi le mani.

Clover avrebbe obiettato, ma era onestamente molto lusingata dall’attenzione che stava ricevendo, e poi non ce la faceva più ad evitare di bere. Sapeva che si sarebbe divertita molto di più se solo si fosse lasciata andare.

Sospirò, sorrise, e acconsentì, ordinando un giro di shottini.

-Datemi dei soggetti e indovino tutto!- si diede delle arie, preparandosi a dedurre.

Fu una delle serate più divertenti della sua vita.

 

Diego era orgoglioso da sé stesso perché era riuscito a restare quasi completamente sobrio ad un addio al celibato. Quello sì che era un grande traguardo della sua vita.

Solo che iniziava leggermente a preoccuparsi, perché era tornato in camera da quaranta minuti, erano quasi le tre del mattino, e di Clover nessuna traccia.

La cosa poteva essere normale, dato che non era poi così tardi per un addio al nubilato, ma dato che il matrimonio sarebbe stato il giorno successivo, e Clover si era lamentata per tutta la preparazione sul fatto che dovevano finire alle due precise per evitare che la sposa non dormisse abbastanza, in modo che il matrimonio fosse perfetto, a Diego sembrava strano che alla fine avesse cambiato i piani così tanto da ritardare di addirittura un’ora il ritorno in camera.

Non che dovesse importargli qualcosa di Clover.

Ultimamente era davvero seccato con lei, doveva ammetterlo.

Da quando lei si era aperta con lui e avevano passato quella assurda notte insieme, lo evitava come la peste.

E, onestamente, Diego all’inizio l’aveva capita, perché anche lui non sapeva come reagire a ciò che era successo, e capiva che probabilmente poteva essere stato un errore.

Solo che, più ci aveva pensato, e più si era reso conto che i suoi sentimenti per Clover erano cresciuti a dismisura, e sebbene fosse ancora molto ferito per la storia delle lettere, aveva convinto sé stesso che probabilmente c’era stato un errore, o un fraintendimento, o Clover era stata davvero troppo impegnata a sopravvivere per rispondere, e aveva cercato di mettersi l’anima in pace e dimenticare la storia.

Solo che… Clover non gli parlava.

Ogni volta che lui provava a tirare fuori l’argomento lei cercava una qualche scusa e se ne andava, o cambiava argomento, o gli diceva che ne avrebbero parlato dopo, ma quel “dopo” non arrivava mai.

E Diego si era stancato di aspettarla.

Non gli sembrava giusto che fosse solo lei a decidere quando parlare e quando tacere. 

Una relazione è composta da due persone, non da una persona e uno zerbino/spalla su cui piangere.

Ma si era imposto che dopo il matrimonio l’avrebbe presa, e le avrebbe parlato chiaro e tondo, magari anche chiedendole delle lettere.

…se arrivavano a quel matrimonio.

Perché erano le tre e Clover non era ancora tornata in camera.

Ma non è che era davvero scappata con la sposa scoprendosi lesbica?

Nah, improbabile, dato che Paola e Miguel erano forse la coppia più bella del mondo, ma possibile che l’addio al nubilato non fosse ancora finito?

Si alzò dal letto che aveva occupato per vendetta nonostante non fosse propriamente il suo turno, e decise di farsi un giro per la nave arrivando casualmente al ponte di prua e controllando la situazione senza farsi scoprire.

Mentre usciva, si imbatté in Juanita, e rischiò quasi di finirle addosso.

-Juni! Ma che ci fai qui? Non sei all’addio al nubilato?- chiese Diego, sorpreso.

-Che? Ma se è finito un’ora fa! Volevo ridare a Clover il suo fermaglio, me l’ha prestato prima e mi sono dimenticata di restituirglielo- spiegò la sorella, agitando un fermaglio costosissimo con il disegno di un fiore blu davanti al viso di Diego per prenderlo in giro.

Il battito del cuore di Diego aumentò d’intensità.

-Clover non è tornata in camera- riferì a Juanita, iniziando a preoccuparsi.

-Oh, non ancora? Strano, aveva detto che dopo due partite a poker sarebbe tornata. Vabbè, puoi consegnarglielo da parte mia?- chiese la sorella, non scomponendosi di una virgola e porgendogli il fermaglio.

Diego lo prese senza pensarci più di tanto e se lo mise in tasca, sorpreso dall’informazione che Juanita gli aveva rivelato.

-Aspetta, Clover è al casinò?- chiese, incredulo.

-Sì, ci siamo andate per testare i poteri magici di Clover. Quella ragazza è un portento. Peccato che non state insieme davvero, mi piacerebbe come sorella acquisita!- commentò Juanita, abbassando la voce per evitare che qualcuno la sentisse mentre rivelava il segreto.

-Non ci credo! Vabbè, vado a recuperarla- sospirando, un po’ seccato, Diego chiuse definitivamente la porta dietro di sé, superò la sorella, e si diresse verso il casinò della nave, sperando non fosse troppo grande perché voleva trovare Clover il prima possibile e andare a dormire.

Purtroppo il casinò era piuttosto grande per essere quello di una nave, e anche parecchio caotico vista l’ora.

Si chiese, iniziando a guardarsi intorno nella sala, se Clover valesse davvero tutta quella fatica. Era irresponsabile, esagerata, a tratti antipatica e non parlava.

Poi il suo sguardo si posò su di lei, attirato come un magnete, e si rese sempre più conto di quanto cotto fosse di lei.

Perché sebbene ubriaca fradicia, con i capelli scompigliati e circondata da talmente tante fiches da risultare quasi completamente coperta, era di una bellezza mozzafiato.

E non era solo la bellezza esteriore che aveva fatto perdere la testa a Diego, ma la sua energia, il suo sguardo al momento competitivo ma capace anche di grande dolcezza e vulnerabilità. La sua immensa forza a discapito delle situazioni difficili in cui spesso si era trovata. 

…se solo gli avesse parlato! Se avessero parlato e chiarito Diego era convinto che si sarebbe innamorato di lei senza possibilità di tornare indietro, e gli sarebbe davvero piaciuto, doveva ammetterlo.

Ma doveva restare concentrato e non permettere al poco alcool nel suo organismo di farlo barcollare.

Doveva essere l’adulto responsabile.

Iniziò ad avvicinarsi, e sentì un pezzo della conversazione.

Clover stava finendo una partita di poker, e a giocare erano rimasti solo lei e un tipo con poche fiches dall’aria impassibile.

-Amico mio, con una doppia coppia non conviene rischiare tanto. Lo so che sei convinto che io stia bluffando ma lo dico per te, risparmia i tuoi soldi per una mano più fortunata- cercava di convincere lo sfidante ad abbandonare, e se Diego fosse stato in lui non avrebbe mai ceduto perché era chiaro che stesse bluffando.

-No, sono convinto delle mie carte!- esclamò lui, facendo lo stesso ragionamento di Diego.

-Ci perdi tu, amico. Scala reale- Clover mostrò le carte con un ghigno soddisfatto, e aumentò la sua già enorme montagna di soldi.

-Clover, che stai facendo?- Diego intervenne prima che i giocatori, evidentemente irritati, se la prendessero troppo con lei.

-Diego, tu che ci fai qui? Sei un pessimo giocatore, la tua faccia da poker è disastrosa- Clover lo guardò attentamente, avvicinandosi al suo viso -Sei arrabbiato con me perché sono qui e non in camera!- indovinò poi, schioccando le dita e facendo la splendida.

Diego scosse la testa.

-Non ci vuole il tuo superpotere per indovinare una cosa del genere, ti ricordo che domani c’è il matrimonio- le fece presente, incoraggiandola ad alzarsi e a seguirlo.

-Qualcuno sposerà questa strega?!- commentò uno dei giocatori, quello rimasto con meno soldi, sorpreso.

-Ehi, chi ti credi di essere?- Diego si mise subito in difesa della ragazza, irritato, ma Clover lo interruppe.

-Nah, non è il mio matrimonio, sono solo la damigella- spiegò, scuotendo la testa -Non voglio tornare in camera, non voglio parlare con Diego!- aggiunse poi, incrociando le braccia e facendo il muso.

Diego non sapeva se offendersi o ridere dello stato in cui verteva Clover in quel momento.

-Se non torni in camera Diego starà qui tutto il tempo- la minacciò, optando per il divertimento e avvicinandosi a Clover per farle rendere conto che lui era lì.

-Beh, non voglio tornare in camera neanche perché se torno poi devo dormire, e se dormo poi arriverà prima domani e non voglio fare un casino al matrimonio!- aggiunse Clover, trasformando le braccia incrociate in un abbraccio per confortarsi.

La seccatura di Diego sparì completamente, e sospirò, intenerito.

-Clover, non rovinerai il matrimonio. Lo smaltisci subito l’alcool, e dopo tutto quello che hai fatto per rendere ogni dettaglio perfetto non c’è niente che tu possa fare per rovinarlo, fidati- provò a rassicurarla, dandole qualche pacca sulla spalla.

-Scusate, non è che potreste portare i vostri problemi personali fuori da qui? Vorremmo giocare- li interruppe uno dei giocatori, un po’ seccato.

-Giusto. Su, Clover, torniamo in camera- Diego incoraggiò la finta ragazza a seguirlo, e Clover si alzò controvoglia.

-Ehi, un momento! Non può andarsene adesso! Dobbiamo rivincere tutti i soldi che ci ha rubato!- si lamentò il giocatore che prima aveva insultato Clover, alzandosi in piedi per fermare la ragazza.

-Credo li abbia vinti legalmente, può andarsene quando vuole- ancora una volta Diego provò a difenderla, mettendosi tra lei e il giocatore.

-Sono più di 50’000 dollari!- si lamentò un altro tipo, in un sussurro.

Diego era interdetto.

-Hai vinto 50’000 dollari in un’ora?!- chiese, sconvolto.

Clover ci pensò un po’ su.

-No- rispose infine.

Diego tirò un sospiro di sollievo. Gli sembrava un po’ tanto

-Ne ho vinti 55’000!- continuò Clover -Ma non li voglio. Me ne tengo 10’000 e gli altri li do tutti a Higgins- indicò il giocatore che aveva battuto alla fine, che sembrava il più triste di tutti, e che alzò la testa di scatto, sorpreso.

-A me?- chiese incredulo.

-Certo, devi pagarci l’operazione di tuo figlio! Non sono mica senza cuore!- Clover gli fece l’occhiolino, e gli diede quasi tutte le fiches guadagnate -Però non provare a rigiocarteli perché non ci metto nulla a rovinarti!- aggiunse poi, minacciosa.

Diego era senza parole.

Higgins no, e passò i successivi cinque minuti che Diego impiegò per riprendersi per ringraziare Clover con vigore mentre quest’ultima provava a surclassare la questione come se regalare 45’000 dollari a qualcuno non fosse niente di che.

Alla fine fu Diego a salvarla dall’aggressione di gratitudine.

-Dobbiamo andare Clover, domani bisogna svegliarsi presto- borbottò prendendola per le spalle e iniziando a trascinarla via.

Clover si fece trasportare, anche se non aiutò affatto Diego a rendergli il compito più facile, perché continuò a lamentarsi.

-Non voglio dormire. Ho sonno! Non voglio arrivare al matrimonio!- borbottò senza alcuna logica, a peso morto su Diego che praticamente l’aveva quasi presa in braccio.

Fecero una breve tappa per cambiare le fiches rimaste a Clover in soldi veri e poi dritti in camera.

…o almeno così Diego avrebbe voluto, ma Clover iniziò ad opporre resistenza, continuando a lamentarsi con frasi poco udibili, tanto che alla fine Diego, troppo stanco per continuare a provare a farla ragionare, decise di tagliare la testa al toro, prenderla in braccio, e trasportarla a mo’ di principessa verso la camera.

Appena fu presa in braccio, Clover si irrigidì, sorpresa.

Diego si aspettava che si sarebbe agitata per farsi mollare, ma rimase immobile per qualche secondo, e poi si lasciò portare senza opporre alcuna resistenza, ma anzi, appoggiando la testa sul petto di Diego, quasi rilassata.

-Sento il battito del tuo cuore- commentò poi, con un risolino adorabile.

Il battito del cuore di Diego aumentò di velocità, mentre le sue guance si imporporavano, rendendosi pienamente conto di quanto vicina fosse Clover.

-Sembra irregolare… ma è rilassante. Che bello!- continuò Clover, stringendosi di più contro di lui -È la prima volta che qualcuno mi porta in braccio. Sono troppo alta e grassa per gli standard degli uomini normali- sospirò, un po’ abbattuta.

-Non sei grassa, sei leggera come una piuma- si affrettò a rassicurarla Diego, tenendola più saldamente.

Non era propriamente vero, dato che Diego aveva qualche difficoltà a tenerla in braccio.

Ma le sue difficoltà derivavano dall’allenamento un po’ carente di Diego, dalla borsa di Clover e dai tacchi, non dal peso di Clover stessa, che era magrissima per una giovane donna della sua altezza.

-Grazie, Diego. Significa molto per me che tu menti su questa faccenda- ridacchiò Clover.

-Non sto…- provò ad obiettare Diego, ma sapeva che Clover aveva dei poteri magici ed era inutile discutere. Sospirò -Non sei grassa, Clover. Hai un fisico perfetto- e questa era la pura verità.

Clover rimase in silenzio qualche secondo, cercando qualche obiezione da fare, ma non gliene venne in mente nessuna, così cambiò argomento.

-Sai Diego, sei proprio un bel ragazzo- borbottò, quasi tra sé, sollevando una mano per accarezzargli la guancia.

Diego era così sorpreso che per poco non la fece cadere a terra, ma si recuperò in tempo, e arrossì ancora di più.

Non aveva mai subito la Clover ubriaca da sobrio. Non si era mai accorto di quanto fosse senza filtri.

-G_grazie- rispose a bassa voce, parecchio imbarazzato.

-E sei anche molto più gentile di come appari. Sei sempre stato un pezzo di pane con una vena di follia adorabile. Non riesco a capacitarmi di quanto poco tu sia cambiato caratterialmente in tutti questi anni- continuò ad elogiarlo Clover.

Diego era certamente felice dei complimenti, ma si sentiva anche un po’ a disagio, perché gli sembrava ingiusto lasciar parlare Clover in quelle condizioni. Sicuramente, da sobria, non avrebbe mai tessuto le sue lodi in quel modo, tutt’altro. 

Ma era piacevole sentire complimenti per una volta, e la lasciò fare, pur affrettando il passo per arrivare in camera il prima possibile.

Per fortuna erano quasi arrivati.

-Però bisogna ammettere che siamo in due mondi diversi, noi due- il discorso di Clover cambiò drasticamente.

-Due mondi diversi, in che senso?- chiese Diego, confuso, arrivando davanti alla camera e posandola a terra per cercare la chiave.

-Su, dai, è palese. Basti pensare alle nostre famiglie! La tua è “caos”, la mia “perfezione!”- spiegò Clover, ottenendo solo che Diego iniziò ad irritarsi.

Va bene, la sua famiglia era nel caos, e allora?! Almeno erano una famiglia, e non dei dipendenti al servizio del capo supremo.

E poi da quando Clover si vantava della propria famiglia?! Di solito la criticava aspramente.

-Siamo in camera. Vuoi che ti porti anche a letto, principessa?- chiese sarcastico, aprendo la porta e sperando che Clover decidesse di utilizzare le proprie gambe.

-Ho detto qualcosa di sbagliato?- chiese Clover, piegando la testa confusa, e procedendo a carponi dato che evidentemente non aveva abbastanza equilibrio per raggiungere il letto in posizione verticale.

-Tranquilla, la Clover sobria mi ha già avvertito che la Clover ubriaca è inaffidabile e molto diversa da lei- la rassicurò Diego, chiudendo la porta e sperando di poter finalmente andare a dormire.

Clover ridacchiò, arrampicandosi con difficoltà sul letto.

-È questo che ti ha detto? No, è una bugiarda. Quando sono ubriaca sono solo senza filtri, tutto qui. E il vero motivo per cui non volevo bere oggi non era solo il matrimonio, ma soprattutto tu- spiegò, sporgendosi verso Diego per stargli più vicino possibile.

-Io?- la confusione di Diego non fece che aumentare. Che c’entrava lui con il desiderio di Clover di restare sobria. Cosa mai aveva da nascondergli? 

-Non volevo rischiare di dirti troppo. Non voglio parlarti, questa situazione è invivibile e non so bene come comportarmi. Uff, è la prima volta- seppellì il volto nel cuscino, facendo il muso.

-…grazie- borbottò Diego, un po’ offeso, ma cercando di non dare peso alle parole di Clover. Era poco chiara, e non voleva rischiare di fraintendere, soprattutto perché era ubriaca.

Prese un bicchiere d’acqua e glielo mise sul comodino per ogni evenienza, poi cercò il pigiama della ragazza, e glielo porse, ben consapevole che le sarebbe dispiaciuto parecchio svegliarsi con quel bellissimo vestito ancora addosso e completamente spiegazzato.

-Diego… grazie!- Clover sollevò la testa e gli prese il pigiama dalle mani, sorpresa positivamente dal gesto accorato.

-Figurati, se hai bisogno di altro chiedi- Diego si piegò con l’intento di scompigliarle i capelli per prenderla un po’ in giro, come faceva spesso con le sue sorelle, ma Clover approfittò della vicinanza per prenderlo per la maglia, spingerlo verso di lei, e baciarlo.

Diego si scansò quasi immediatamente, preso troppo in contropiede per riflettere, e nella fretta di allontanarsi, quasi cadde a terra.

-Uh? Ho sbagliato?- chiese Clover, preoccupata.

-Perché l’hai fatto?- Diego aveva raggiunto vette inesplorate di confusione, e tutto il sonno che aveva addosso da prima sembrò evaporare.

Di tutte le cose che si aspettava Clover potesse fargli, baciarlo era molto sotto nella lista, soprattutto dopo tutto quello che gli aveva appena detto.

-Non lo so… immagino che mi piaccia baciarti, ma ho sbagliato, lo capisco- Clover si tolse il vestito senza il minimo pudore e si infilò il pigiama, preparandosi a dormire e sembrando non poco delusa.

Diego ci mise qualche secondo a riprendersi, ma sebbene fino a poco prima avesse deciso che non avrebbe affrontato nessun argomento con Clover in quello stato per non approfittarsene, adesso aveva decisamente bisogno di risposte, e dato che la Clover sobria non voleva dargliele, avrebbe chiesto alla Clover senza filtri.

-Perché vuoi baciarmi? Io… ti piaccio? Non vuoi parlarmi per questo?- provò a chiedere, cercando di non essere troppo speranzoso ma fallendo miseramente. Una frase del genere, dopotutto, si poteva tranquillamente interpretare in quel modo, giusto? Non baci qualcuno che non ti piace, vero? Insomma, Diego non lo faceva. A lui piaceva Clover.

Se era ricambiato poteva provare a…

-Che? No! Non è che mi piaci!- il tono di Clover era strano, ma le sue parole non avevano possibilità di essere fraintese, e il cuore di Diego sprofondò nel petto, mentre la speranza si sgretolava in mille pezzi.

Purtroppo non era come Clover, non aveva il suo superpotere, e non poteva minimamente immaginare che il “Non è che mi piaci” di Clover era la premessa di un implicito “È che mi sono proprio innamorata di te, perdincibacco!”. E purtroppo Clover era troppo ubriaca per aggiungere ciò che alla sua mente appariva palese.

-Bene… capito. Quindi quella notte non ha significato niente per te- Diego parlò quasi tra sé, cercando di non mostrare troppo la sua evidente delusione, e il suo cuore spezzato.

Se era questo quello che dovevano dirsi, forse Clover aveva fatto bene ad evitare di parlare. Ancora una volta la grande Clover era un passo avanti a lui, come quando erano piccoli, come sempre era stato da quando si conoscevano.

-Meglio andare a dormire- decise di lasciar perdere. Avevano un matrimonio che era meglio non rovinare, e doveva necessariamente farsi almeno qualche ora di sonno. Era il testimone principale dopotutto.

-Non hai niente da dire al riguardo?- Clover però, che non aveva ben capito che la sua confessione implicita era stata tutt’altro che recepita, si sporse di nuovo verso di lui, cercando una risposta soddisfacente, una confessione magari, o un rifiuto.

Sperava una confessione.

-Se devo essere sincero, dopo quello che mi hai detto non vedo l’ora che la farsa finisca- ammise, sistemandosi nel giaciglio ai piedi del letto che a questo punto toccava a lui.

Clover rimase qualche secondo in silenzio, mentre la consapevolezza di essere stata rifiutata veniva recepita completamente dalla sua mente.

-Oh… capisco… beh, non ti biasimo- annuì infine, mettendosi sotto il lenzuolo e cercando di non pensarci e mettersi a dormire a sua volta.

-Neanche io mi innamorerei mai di qualcuno che non ha mai risposto alle mie lettere- aggiunse poi, quasi tra sé, chiudendo gli occhi.

Diego si mise a sedere di scatto, sconvolto.

-Aspetta, cosa?!- chiese, impallidendo. Sentì un fastidio alla bocca dello stomaco, e quasi un senso di nausea.

Lettere? Clover senza filtri aveva davvero appena citato le lettere che lui le aveva scritto?!

Dopo tutti quei mesi aveva implicitamente ammesso che, dopotutto, aveva ricevuto le sue lettere, e non aveva mai risposto?!

Diego ormai era giunto alla conclusione che non le avesse mai ricevute. Era andato avanti anche con quella convinzione raggiunta con difficoltà. Magari le aveva rubate suo padre, o Aloe, o Blossom, chissà. E Clover non le aveva mai lette.

Era per questo che aveva abbandonato completamente l’idea di parlarne, e aveva cercato di mettere da un lato il pensiero.

E ora, come se nulla fosse, da ubriaca, Clover le ricacciava fuori, ammettendo di sapere della loro esistenza?! Perché non l’aveva detto prima, perché non aveva mai risposto? Perché Diego doveva venire a saperlo così?!

-Clover, di che lettere stai parlando?- chiese, cercando di tastare il terreno.

Non gli arrivò nessuna risposta.

Diego si alzò, e le si avvicinò.

-Clover, ho davvero bisogno di saperlo, di che lettere parli? Le hai lette? Perché non hai risposto?- chiese, a voce alta, arrivandole a qualche centimetro di distanza.

Ma le sue domande non avrebbero trovato risposta tanto presto.

Perché Clover era crollata addormentata.

Come un sasso.

-Clover- Diego provò a scansarla leggermente, ma Clover si girò nel letto e non diede alcun segno di volersi svegliare tanto presto.

Diego rinunciò, si rimise nel giaciglio, e provò a convincersi che era meglio non pensarci adesso, di dormire, e di indagare il giorno successivo con Clover.

Anche se la confusione, la delusione e anche un po’ di rabbia iniziavano a mandargli il cervello e il cuore a mille.

E non chiuse occhio per tutta la notte.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Buon anno a tutti!!

Come sono andate queste feste natalizie particolare? A me tutto sommato meglio di quanto mi aspettassi, anche se ora ci si rimette a lavoro. 

Volevo pubblicare il capitolo giorni fa, ma non riuscivo a finirlo, è stato un mezzo parto.

Ed è strano, perché non vedevo l’ora di scrivere questo capitolo.

Non sono mai stata sbronza quindi sicuramente non riesco a scrivere ubriacature e renderle realistiche.

…ma mi diverto lo stesso tantissimo!!

Soprattutto Clover, Clover è un’ubriaca fantastica.

E Diego un gentiluomo.

Ma andiamo con ordine…

Danny è un disastro. Ma è davvero cauto e fa benissimo, vista la vera identità dello sconosciuto al bar.

Sonja è un’ottima amica, e lei e Denny sono i nuovi Clover e Max, lol.

E Will… la scena tra lui e Mathi non l’avevo proprio programmata. Volevo solo mostrare che Will era Fred, far vedere che era cattivo e basta. Poi è uscito molto più psicopatico e manipolatore di quanto mi fossi aspettata e suppongo che il mio scrivere questo capitolo in fase un po’ depressa abbia contribuito all’angst di questa scena da rating quasi rosso. Santo cielo, Will non si è regolato. E neanche Mathi scherza.

Speriamo che Denny non finisca ulteriormente in pericolo, e che Mathi riuscirà ad uscire da quella situazione.

Devo dire che questo arco narrativo Mathenny lo adoro in maniera un po’ perversa. L’angst mi piace, purtroppo.

Passando a Clover e Diego, volevo rendere più lunga la scena dell’addio al nubilato, ma ho pensato che poteva risultare un po’ noioso dato che l’unica partecipante del cast principale è Clover, e che sarebbe molto più divertente in futuro magari scrivere un addio al nubilato della Corona Crew, e dato che ho un seguito in mente che si svolge cinque anni dopo questa storia, chissà, magari mi tengo le idee che mi erano venute per questo capitolo e le scriverò lì.

E poi è molto meglio leggere interazioni tra Diego e Clover, anche se non sono uscite bene come speravo.

Diciamo che ultimamente tutto va male, ci sono i classici fraintendimenti da fine secondo atto e non sono una fan, ma sono necessari a crescere, circa. E poi questa storia è un enorme cliché.

Ci ho provato però, perdonate il capitolo un po’ sottotono.

Il prossimo capitolo sarà… roba. Tutto sta andando un po’ male ultimamente senza Norman, e siamo quasi alla fine del secondo atto dal titolo “tragedie!”. 

Spero che con questa anticipazione non scoraggerò la lettura, per citare Aggie: “Nessuna situazione è eterna e quando si tocca il fondo si può solo risalire” ^^’

Un bacione e alla prossima :-*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Felix prende un caffè con Melany, Amabelle fa un casino (che novità), Paola e Miguel si sposano

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Capitolo 32
*** Pessime, pessime decisioni ***


Pessime, pessime decisioni

 

Venerdì 9 Agosto

 

È già stato appurato nella trilogia di San Valentino che quando Diego ha fame diventa irritabile e nervoso, beh, non era niente, niente in confronto a quando non dormiva per una notte intera.

Soprattutto se il giorno successivo aveva qualcosa di importante.

E quella notte non aveva chiuso occhio, prima del matrimonio di suo fratello.

Ergo, era irritabile come non mai.

Aggiungiamoci che la sera prima aveva mangiato pochissimo perché troppo impegnato ad essere sicuro che l’addio al celibato procedesse bene, diciamo che Diego quel giorno sarebbe stato irragionevole, stanco, irritabile e decisamente impossibile.

Purtroppo Clover non ricordava assolutamente nulla della notte precedente, e quando si svegliò vide solo un Diego che si stava vestendo e con occhi che mandavano scintille.

-Che ore sono?- chiese stropicciandosi gli occhi, osservando l’orologio e bevendo un lungo sorso d’acqua.

Una lontana parte di Diego fu soddisfatta nel constatare che il bicchiere che le aveva messo nel comodino la sera prima si fosse rivelato utile, ma non aveva la testa per provare emozioni positive.

-È ora che ti alzi e ti prepari perché nel caso te lo fossi dimenticata oggi c’è il matrimonio!- disse quindi, in tono acido.

-Wo, che hai? Non hai mangiato?- chiese Clover, sorpresa dalla sua veemenza, e dando prova di conoscerlo molto bene.

-No, e per colpa tua non ho neanche dormito, quindi vedi di prepararti in fretta e non combinare un casino- si pentì di ciò che disse nel momento stesso in cui le parole uscirono dalle sue labbra, ma non riusciva proprio a trattenersi. Non riusciva a togliersi dalla testa quello che Clover gli aveva detto, ed aveva troppo, troppo sonno.

Clover lo fissò immobile per qualche secondo, molto sorpresa.

-Okay, va bene- lo assecondò poi, non nascondendo l’irritazione che iniziava a montarle ma cercando di fare l’adulta responsabile, per una volta.

Si stiracchiò e si avviò in bagno, per lavarsi. Diego provò a finire di prepararsi abbastanza in fretta da uscire prima che lei ritornasse in camera, ma non fu abbastanza svelto.

O forse Clover lo fu troppo, perché uscì dal bagno in pochi minuti perfettamente pulita e fresca come una rosa.

-Sai dov’è l’abito da damigella?- chiese distrattamente a Diego.

Era ammirevole quanto in fretta le passasse la sbornia, si comportava come se non fosse successo assolutamente niente quella notte.

E questo non faceva che far infuriare ulteriormente Diego, che non sopportava più questa presunta ignoranza e cose non dette o dimenticate.

-Non so dov’è il tuo abito da damigella, è una tua responsabilità!- la rimproverò, cercando di allacciarsi i i bottoni delle maniche della camicia con una certa difficoltà.

Clover lo guardò qualche secondo sorpresa, poi aggrottò le sopracciglia.

-Ce l’hai con me?- chiese, confusa e leggermente irritata.

-Non so, dovrei avercela con te?- chiese Diego, girandosi nella sua direzione e sostenendo il suo sguardo.

Clover sembrò pensarci un attimo.

-Senti, sono state tua madre e tua nonna a farmi ubriacare. E qualsiasi cosa abbia fatto, ti ho detto che la Clover ubriaca non centra niente con me- provò a giustificarsi Clover, alzando le mani.

-Comodo così, vero? Forse dovresti assumerti le responsabilità di ciò che fai- la provocò Diego, scuotendo la testa.

Clover si prese la testa, come se cercasse di ricordare qualcosa, poi la scosse.

-Senti, sei nervoso. Perché non ne parliamo dopo il matrimonio?- provò a proporre, venendogli incontro.

Beh, sì, era una buona idea. Diego si conosceva abbastanza da sapere che dopo una notte di sonno e un pasto abbondante sarebbe stato abbastanza lucido da sostenere una conversazione pacata senza alcun problema. La parte razionale di lui, dopotutto, sperava ancora che fosse tutto un grosso malinteso.

Purtroppo era così stanco e irritato che la parte razionale di lui era stata messa in un angolo sperduto.

-Certo, perché sei sempre tu a decidere quando parlare, quando non parlare e tutto il resto, vero?- dopotutto non era solo arrabbiato per la questione lettere, ma anche per il resto di quella folle settimana di crociera, anzi, da prima. Da quella pazzesca notte insieme di cui però Clover non aveva intenzione di parlare. 

Era passato più di un mese maledizione!

-Se mi rinfreschi la memoria magari capirò cosa ho fatto di sbagliato stanotte- anche Clover iniziava a perdere la pazienza, e aveva completamente abbandonato la ricerca del vestito per concentrarsi sul ragazzo davanti a lui.

Probabilmente quello non era effettivamente il momento migliore per parlare, dato che il matrimonio sarebbe iniziato tra un paio d’ore e avevano tantissime cose da preparare prima, ma dettagli.

-Ti viene in mente qualcosa che magari potresti avermi detto per farmi arrabbiare così?- Diego continuò a provocarla parlando per enigmi. 

Avrebbe dovuto dire chiaro e tondo “Sono arrabbiato perché ieri mi hai detto che hai ricevuto le mie lettere e non mi hai mai risposto, e che non provi niente per me e ho il cuore spezzato due volte” ma non credeva di esserne capace.

E sperava con tutto il cuore di aver frainteso e che Clover si sarebbe spiegata meglio, da sobria.

Clover sembrò seriamente rifletterci per un attimo, si irrigidì leggermente mentre arrivava ad una conclusione che a Diego non fu dato sapere, e poi scosse la testa, e alzò le spalle.

-Non mi viene in mente niente, onestamente. E non ho tempo per i tuoi enigmi, quindi o mi parli chiaro e tondo, o torno in bagno a truccarmi e a prepararmi!- Clover indicò la porta diede a Diego un ultimatum.

Il ragazzo scosse la testa, arrendendosi al silenzio.

-Sai che ti dico, meglio archiviare tutto. Superiamo questo matrimonio, fingiamo di lasciarci il prima possibile, e piantiamola con questa stupida sceneggiata. È andata avanti anche troppo- ritornò allo specchio per controllare la camicia e cercare di abbottonare quelle maledette maniche.

Così facendo si perse l’espressione di Clover, che era impallidita e aveva strabuzzato gli occhi.

-Già- gli diede man forte, con un filo di voce -È durata anche troppo- trovò per puro miracolo il vestito da damigella dall’armadio, prese la borsa dei trucchi, e si chiuse in bagno sbattendo la porta.

Onestamente, Diego non capì la sua reazione irritata. Dopotutto Diego non le piaceva veramente, giusto? Clover non aveva risposto alla lettere pur avendole ricevute. Lo stava solo usando per i suoi giochetti. E aveva ripetuto, svariate volte, che tra di loro non c’era assolutamente nulla.

Una lacrima che non si era neanche accorto di star cacciando fuori per poco non bagnò lo smoking del ragazzo, che si affrettò ad asciugarsi gli occhi maledicendosi internamente della sua debolezza.

Dopotutto lo sapeva dal primo momento che sarebbe finita così.

Con una cotta non ricambiata per Clover e un cuore nuovamente spezzato.

Stupido lui che aveva creduto di poter seriamente ricominciare su nuove basi.

 

Amabelle era davvero orgogliosa delle proprie abilità da stalker… ehm, da matchmaker.

Perché le avevano permesso di rintracciare Felix, e di scoprire per puro caso che quel pomeriggio aveva un appuntamento con nientepopodimeno che il più grosso sbaglio della sua vita, alias Melany Green, e Amabelle aveva tutta l’intenzione di intervenire per rendere l’uscita disastrosa.

Certo, non aveva intenzione di chiamare la polizia questa volta, ma più per non irritare Petra che per altro, dato che se c’era qualcuno che voleva accusare di qualche crimine e sbattere in galera, quel qualcuno era Melany.

Perché non aveva mai sopportato quella ragazza, e non le piaceva neanche un po’ che fosse tornata in città e si fosse subito messa a sbavare su Felix.

Felix doveva stare con Mirren, punto! Amabelle era più decisa che mai a fare in modo che si mettessero insieme il prima possibile. Anche se era un peccato non poterli ammanettare tra di loro.

Comunque quelli erano altri problemi, adesso doveva pensare a Melany, che all’inizio Amabelle non aveva quasi riconosciuto perché si era fatta molto più acqua e sapone, ma che proprio per questo motivo era un problema ancora maggiore.

-Amabelle, perché sei vestita come un cespuglio?- la voce confusa di Petra, arrivata in quel momento dopo essere stata chiamata all’azione dall’amica, fece sobbalzare Amabelle, troppo presa dall’osservazione di Melany che stava ancora aspettando che il suo accompagnatore si facesse vivo.

Elegantemente in ritardo, bravo Felix!

Dimostrale che non ti interessa minimamente vederla!

-Mi mimetizzo alla perfezione con l’ambiente!- spiegò Amabelle sottovoce.

-Siamo in piena città- osservò Petra guardandosi intorno e rendendosi conto che non c’era praticamente nessuna traccia di verde, se non quello del vaso di fiori dietro cui si era nascosta la ragazza.

Amabelle si guardò intorno a sua volta.

-…in effetti hai ragione. Vabbè!- la ragazza si tolse il cespuglio di dosso, restando in maglietta nera, pantaloncini e prendendo dalla tasca un cappuccio per concludere un travestimento da ninja.

Petra sospirò, senza sapere se ridere o esasperarsi.

-E adesso perché sei vestita come se dovessi rapinare una banca?- chiese, notando che tutti quelli che passavano da quelle parti stavano lanciando loro occhiate allertate.

-Perché devo rapinare la neo-sbocciata relazione di Melany e Felix! Perché, non è appropriato?- chiese Amabelle, tirando fuori le manette tanto per rendere la faccenda ancora più seria.

-È super appropriato se vuoi fare un cosplay al New Malfair Comic & Games, ma credo che sei in ritardo di quattordici capitoli- rispose Petra scuotendo la testa.

-In che senso?- Amabelle piegò la testa, e si tolse il passamontagna chiedendosi se avesse sentito male.

-Niente, meglio restare vestita più o meno normale. E meglio che nascondi quelle manette- le suggerì Petra, indicando l’oggetto fraintendibile.

-Giusto. Oh, nasconditi, arriva Felix!- Amabelle nascose tutti gli oggetti di scena e si abbassò fino ad essere completamente celata dal vaso di fiori posizionato davanti al bar per evitare che Felix la notasse mentre entrava.

Era intento a sorridere verso il telefono, perciò non diede peso né a lei né a Petra.

-Ho un brutto presentimento riguardo a tutto questo- commentò quest’ultima, osservando fissa Amabelle, che aveva gli occhi quasi spiritati.

-Anche io, per questo dobbiamo estirpare l’erba cattiva prima che contamini il giardino!- Amabelle era parecchio determinata, e fece rispuntare la testa per controllare Felix e Melany dalla finestra che dava sul bar.

-Non è che fossi preoccupata per lei ma lasciamo stare. L’importante è che non coinvolgi Mirren. Qual è il tuo piano?- chiese Petra, piegandosi verso di lei e sperando non sarebbe andata come all’appuntamento di Felix e Jasmine.

-Ricordi l’appuntamento di Felix e Jasmine? Mille volte peggio!- spiegò Amabelle, rompendo le sue speranze, e armeggiando nella borsa dalla quale tirò così tanti gadget che per un attimo Petra si chiese se fosse stata scritturata per un nuovo film di James Bond senza dirglielo.

-Sei preparata- commentò, senza sapere se essere ammirata o molto preoccupata.

Sicuramente la seconda emozione era la più giusta.

-Preparatissima! Ho del lassativo da metterle nel caffè, una pistola ad acqua con getto molto ampio per prenderla da lontano, e delle arachidi per ogni evenienza- spiegò Amabelle illustrando mano a mano i prodotti.

Petra la interruppe, prendendole i polsi per fermarla.

-Non provocherai una reazione allergica ad una ragazza solo perché non vuoi che si metta con Felix!- la avvertì, iniziando a preoccuparsi seriamente.

-Su, su, è più un’intolleranza, non è un’allergia grave, ed è solo se dovesse rivelarsi davvero irritante…- provò a convincerla Amabelle, con occhi spiritati.

-Amabelle…- l’avvertì Petra fulminandola con lo sguardo.

Dopo qualche secondo di lotta di sguardi, la rossa cedette, abbassando la testa. 

-Va bene, niente arachidi, parola di scout- sospirò, e decise di mangiarne una, dato che era un peccato sprecarle. Petra la seguì a ruota, un po’ più tranquilla.

-Che altro hai nello zaino di Mary Poppins?- chiese, controllando gli altri accessori.

-Travestimenti vari. Del filo invisibile per farla inciampare, una trappola di vernice da sistemare in bagno nel caso dovesse andarci… oh, potremmo usare le manette per ammanettarla da qualche parte e fingere che abbia dato buca a Felix! Anzi, uso il veleno per topi che ho portato sul cibo che prenderà così sicuramente andrà in bagno a vomitare e dopo averla colpita con la trappola di vernice la ammanettiamo in bagno!- la sanità mentale era sempre meno presente sul volto di Amabelle, ma onestamente, non era la prima volta che utilizzava metodi così eccessivi.

Melany, dopotutto, era sempre stata la sua acerrima rivale nell’operazione matchmaker, e la prima vittima di un’operazione smatchmaker.

Purtroppo nessun piano aveva funzionato per separare lei e Felix la prima volta, dato che alla fine ci aveva pensato Melany stessa a tirarsi la zappa sui piedi facendo soffrire Felix come non mai, ma adesso Amabelle era cresciuta, si era perfezionata, e aveva molti meno scrupoli.

Quindi ce l’avrebbe fatta, assolutamente!

-Primo piano, lassativo nel caffè- 

-Che oltretutto basta a mandarla in bagno senza bisogno del veleno per topi- borbottò Petra, riflettendo su quanto inutilmente complicati fossero i piani dell’amica e chiedendosi dentro di sé se non fosse il caso di utilizzare le manette su di lei per fermarla dato che iniziava ad essere eccessiva pure per i suoi gusti. 

Ma dopotutto stava cercando di ferire Melany, e sebbene fosse esagerata, aveva tutti i motivi per volerle male, dato che aveva ferito sia Felix che Mirren, e Petra non biasimava Amabelle se voleva fargliela pagare e vendicarsi un po’.

Finché era Melany, Petra decise di assecondarla.

Anche se già da un po’ di tempo iniziava a non essere più tanto convinta dei piani dell’amica.

-Okay, in cosa ti posso aiutare?- chiese però, accomodante, con un sospiro di rassegnazione.

Amabelle si illuminò.

-Allora, basta che mi copri. L’azione la faccio tutta io, non temere. Devi solo fornirmi distrazioni senza farti scoprire. Tieni, metti questo cappello e questo vestito- le porse due capi che Petra non avrebbe indossato neanche morta.

-Ew, dove hai preso queste schifezze?!- chiese, disgustata, rigirandoseli tra le mani.

-Me li ha spediti la signora Lucie. Sono vecchi vestiti che indossava quando era ancora sposata con l’ex ma non li metterà mai più quindi me li ha regalati. Li ho scelti perché tu non li metteresti mai quindi è improbabile che Felix ti riconosca nel caso dovessi attirare la sua attenzione- spiegò Amabelle, molto gasata.

-Ti direi che sottovaluti Felix, ma effettivamente è probabile che non mi riconoscerebbe o non mi noterebbe neanche se mi vestissi normale quindi do per buono il tuo ragionamento. Ma forse sottovaluti Melany- obiettò Petra, cercando una qualsiasi scusa per evitare di indossare quella tunica floreale.

Amabelle ridacchiò tra sé, in maniera alquanto isterica.

-No, fidati. Sono molto oltre rispetto a lei, questa volta vincerò io, e non la sto sottovalutando!- insistette, molto sicura di sé.

In realtà, l’aveva eccome sottovalutata.

Perché in meno di dieci minuti, Amabelle uscì sconfitta dal bar della galleria d’arte, bagnata dalla testa ai piedi, con problemi allo stomaco, vernice da tutte le parti e sull’orlo di una crisi di nervi.

Petra non era messa tanto meglio, in realtà, ma almeno i danni peggiori li aveva presi il vestito a fiori, che si era tolta in tutta fretta e che era stato poi appeso fuori dalla finestra del bagno come una bandiera dedicata ai caduti… ovvero Amabelle, che aveva ricevuto tutto quello che aveva provato a buttare su Melany.

-È migliorata- borbottò tra sé, cercando di asciugarsi i capelli al sole e rischiando di strapparseli per quanto li stava tenendo forte, in uno spasmo nevrotico.

-E Felix non si è accorto di nulla- le diede man forte Petra, obiettivamente colpita da quanto bene si fosse destreggiata l’acerrima rivale di Amabelle.

Insomma, era riuscita senza la minima difficoltà a scambiare la tazza di caffè evitando il lassativo; quando Petra aveva distratto Felix per permettere ad Amabelle di colpirla con la pistola ad acqua aveva deviato il colpo facendolo tornare al mittente; era andata in bagno di sua spontanea volontà e poi aveva chiuso dentro le due ragazze per impedire che mettessero il veleno per topi o le arachidi nel cibo ordinato, e in qualche modo era anche riuscita ad innescare la bomba di vernice che avevano sistemato.

Insomma, era andata alla grande!

L’interesse di Petra non fece che irritare ulteriormente Amabelle, che un po’ gelosa, cercò di elaborare in tutta fretta un piano per sconfiggere Melany una volta per tutte.

Sembrava sapere esattamente cosa passasse nella mente di Amabelle, quindi aveva bisogno di una mente diversa. Come era andata la prima volta? Si era autosabotata come un’idiota, ma bisognava ammettere che c’era una persona che aveva dato un contributo fondamentale.

…un momento, ma certo! 

Come aveva fatto a non pensarci prima!

C’era una sola persona da chiamare per allontanare Melany da Felix!

-Tray, mi presti il telefono?- chiese poi, illuminandosi e tornando piena di energie.

-Non ti farò chiamare la polizia!- Petra si mise subito sulla difensiva, controllando la borsa per essere certa che il telefono fosse ancora lì.

-Non chiamerò la polizia, ho un’altra idea, e il mio telefono è scarico- spiegò, sollevando la mano aspettando il telefono e saltellando sul posto eccitata e convinta di aver avuto l’idea del secolo.

Petra la squadrò, poco convinta.

-Chi?- chiese, per assicurarsi di potersi fidare.

-È una sorpresa. Ti prego, prestami il telefono- Amabelle fece degli occhioni da cucciolo da oscar, e di solito Petra avrebbe ceduto subito.

Ma quella volta aveva davvero un pessimo presentimento.

Scosse la testa.

-Senti, Amabelle, non credi di stare esagerando un po’? Il pranzo sta per finire, e stanno solo parlando di lavoro. Non credo che dobbiamo continuare a provare a sabotarlo. Senti, lasciamo perdere, prendiamo qualcosa da mangiare ed evitiamo di peggiorare le cose- provò a convincerla, con grandi doti oratorie, mettendole le mani sulle spalle e guardandola negli occhi.

Solitamente, vedendola così seria, Amabelle avrebbe ceduto e accettato. In effetti stava esagerando, e una piccola parte di lei se ne stava rendendo conto. 

Ma quella era Melany!

Amabelle non poteva rischiare che tornasse nella vita di Felix!

Sorrise, e annuì, accomodante.

-Va bene- acconsentì.

-Parola di scout?- si assicurò Petra, non molto convinta della buona fede dell’amica. 

Amabelle esitò qualche istante, ma allargò il sorriso e annuì.

-Parola di scout! Prima però mi andresti a prendere il vestito appeso in bagno? È comunque un regalo della signora Lucie e ci tengo molto- le chiese, usando gli occhioni da cucciolo per una richiesta meno assurda.

Petra sospirò, rasserenata, ed accennò un sorriso, annuendo.

-Va bene, aspettami qui- le fece cenno di restare al sole per asciugare i capelli e rientrò, lasciando la borse con Amabelle.

Dopotutto sapeva bene che Amabelle manteneva sempre le promesse.

Beh, non questa volta.

Una volta assicuratasi che Petra fosse fuori dalla portata di vista, Amabelle armeggiò nella sua borsa, prese il telefono, e scrisse in fretta un messaggio indirizzato alla persona che voleva a tutti i costi che li raggiungesse per separare definitivamente Melany e Felix.

Fece appena in tempo a rimettere il telefono nella borsa prima che Petra tornasse, molto più rilassata e con l’abito ancora umido e macchiato di vernice in mano.

-Secondo me le macchie neanche si notano vista la bruttezza del vestito in sé- commentò, divertita, e cercando di risollevare il morale dell’amica.

Ad Amabelle venne uno strano nodo allo stomaco, che non l’era mai venuto prima di allora. Non riconobbe l’emozione, ma decise di metterla in in angolo, dato che cercava di non dare credito alle emozioni negative. 

-Possiamo restare a guardarli almeno finché non si separano? Vorrei comunque essere certa che non succeda nulla di male- chiese, indicando i due non-piccioncini che stavano mangiando qualcosa per pranzo e sembravano troppo affiatati per essere due ex che si erano separati in maniera molto pesante.

Petra si scurì leggermente, ma alzò le spalle, acconsentendo alla richiesta.

-Va bene, mi hai dato la tua parola dopotutto. Ma quando si separano pretendo che mi offri il pranzo- si sistemò per l’appostamento, molto più rilassata.

Il nodo allo stomaco di Amabelle aumentò, ma provò a non pensarci.

Alla fine, quando il suo piano avrebbe funzionato, Petra l’avrebbe ringraziata.

Non c’era bisogno alcuno di sentirsi in colpa.

…vero?

 

Felix doveva ammettere che si stava godendo la pausa pranzo. Pensava sarebbe stata molto imbarazzante, e che si sarebbe sentito a disagio tutto il tempo in compagnia della sua ex, invece dopo un tentennamento iniziale erano riusciti a chiacchierare tranquillamente, e si erano anche presi qualcosa da mangiare. 

La prima cosa che Melany gli aveva detto era stata che le dispiaceva per quello che aveva fatto al liceo, e Felix era una persona ottimista che vedeva il buono delle persone, quindi aveva accettato le sue scuse con la timida speranza che potessero davvero ricominciare su nuove basi.

Insomma, Melany non gli piaceva più, soprattutto ora che aveva Mirren al suo fianco. Con Mirren al suo fianco nessuno sarebbe mai stato alla sua altezza. Ma sembrava cambiata, maturata, e i due avevano sempre avuto moltissime cose in comune, quindi Felix iniziava a sperare, forse con un po’ troppa ingenuità, che potessero restare amici. Non amici così stretti da parlare al telefono ogni giorno o scambiarsi il buongiorno per messaggio, ma amici occasionali con cui prendere un caffè ogni tanto e parlare di arte. Dopotutto, Melany aveva iniziato ad entrare nel mondo, era interessante sentire i racconti delle sue mostre. Anche se Felix non poteva negare di essere un po’ invidioso del suo successo. 

In ogni caso si era già preso un appunto mentale di informare Mirren che aveva visto Melany quel giorno, perché a prescindere da come fosse andata la cosa, era giusto che Mirren ne venisse a conoscenza. E poi, dopo che il fatto era avvenuto, era più semplice evitare un litigio perché dai, non è successo nulla, perché arrabbiarsi?

Sì, Felix era decisamente molto, troppo ottimista riguardo a quella pausa pranzo. Forse anche perché non si era accorto minimamente dei tentativi di sabotaggio falliti di Amabelle, né della stessa Amabelle o di Petra, e pensava di avere la situazione completamente sotto controllo.

Purtroppo la situazione era ben lungi dall’essere sotto il suo controllo, come si rese conto in poco tempo.

-Oh, ti ricordi il professore di arte?- chiese Melany ad un certo punto, ricordandosi improvvisamente qualcosa.

-Come dimenticarlo. Cercava in tutti i modi di frenare la nostra vena creativa e odiava palesemente il suo lavoro- ridacchiò Felix, che non avrebbe mai scordato quel terribile professore.

-Ecco, senti questa. Qualche mese fa c’era una mostra per giovani talenti al quale ho partecipato e mentre facevo il giro per sentire le opinioni della gente, ho beccato il prof ad elogiare la mia opera in tono esperto. Ovviamente non sapeva fossi io. Non hai idea della faccia che ha fatto quando sono entrata nella conversazione con un sonoro “grazie professore. Sono felice che la mia opera ti piaccia”. È stata impagabile!- esclamò super soddisfatta.

-Avrei pagato oro per vederlo- ammise Felix, divertito.

-Quel prof era davvero insopportabile. Ricordi come ci ha trattato al ballo?- Melany scosse la testa, ancora irritata al solo pensiero.

Il cuore di Felix perse un battito.

Il ballo… chi mai avrebbe potuto scordare quel ballo.

La sua mente iniziò a vagare ripensando a quel confuso e particolare periodo della sua vita, ma cercò di mantenerla ancorata alla realtà, anche se era davvero difficile. 

-Già, ricordo- disse solo, iniziando a battere nervosamente con il piede per mantenersi attento, e non pensare al giorno in cui si era messo con Melany, alla faccia che aveva fatto Mirren quando Felix gli aveva detto che sarebbe andato al ballo con lei, alle conseguenze dell’aver accettato quel… no, svegliati, non puoi avere uno dei tuoi attacchi adesso!

-Tutto bene, Felix?- chiese Melany, rendendosi conto del suo improvviso cambio di umore.

-Sì, tutto bene, alla fine ci eravamo divertiti al ballo, nonostante tutto- disse la prima cose che gli venne in mente, e sperò avesse attinenza con il discorso.

Melany sorrise, nostalgica.

-Già, parecchio. Sai, ancora non mi capacito che tu abbia accettato il mio invito al ballo. Eri il ragazzo più popolare della classe- ammise, rigirandosi una treccina tra le dita.

Felix scosse la testa.

-Su, non direi il più popolare, avevo solo molti amici- cercò di sminuire la sua popolarità, anche se effettivamente doveva ammettere che Melany non aveva tutti i torti.

-So che tantissime ragazze ti avevano chiesto di andare al ballo con loro, ma le hai rifiutate tutte. E so anche che non ti piacevo, era abbastanza palese. Perché hai scelto me alla fine?- chiese la ragazza, senza guardare Felix negli occhi, e a voce piuttosto bassa.

Onestamente, Felix avrebbe voluto cambiare argomento, perché la sua mente non era affatto pronta a sostenere quella conversazione, soprattutto perché significava ricordare i vecchi tempi, e quando ci ripensava rischiava sempre uno dei suoi attacchi.

La risposta, a dirla tutta, era abbastanza semplice. C’erano due motivi che l’avevano spinto tra le braccia di Melany: 

1) Mirren rifiutava costantemente ogni suo tentativo di flirt, avevano litigato pochi giorni prima del ballo, e Felix si era vendicato in maniera infantile andandoci con qualcun altro, anche nel tentativo di dimenticarlo;

2) Melany, tra tutte le sue pretendenti, era quella che più somigliava fisicamente a Mirren, e in generale ci era sempre andato d’accordo.

Ma non erano due belle risposte da dare a qualcuno.

Optò per una mezza verità che non la ferisse troppo.

-Tra tutte le mie pretendenti eri quella che mi piaceva di più- disse con un sorrisino, Melany si girò verso di lui e lo guardò poco convinta.

-E…- lo incoraggiò a continuare, certa che ci fosse di più.

Era sempre stata estremamente percettiva.

Felix sospirò.

-…stavo cercando di dimenticare qualcuno- ammise, abbassando la testa.

-Immaginavo…- Melany sospirò, come se avesse appena ricevuto la conferma dei suoi peggiori incubi.

-Ma non mi sono messo insieme a te per questo- ci tenne a sottolineare Felix, che non riusciva a vedere nessuno soffrire, neanche la sua ex che aveva tradito la sua fiducia e fatto soffrire tantissimo.

Melany lo guardò dubbiosa.

-Ah no?- chiese, come se cercasse di spingere Felix ad ammettere che stesse dicendo una bugia.

Ma Felix non mentiva.

-No, certo che no!- insistette.

Quando aveva accettato l’invito di Melany non aveva messo in conto neanche per un secondo che alla fine della serata si sarebbero messi insieme. Ma quel ballo, per quanto pieno di imprevisti, era stato uno dei momenti più belli della vita di Felix. L’unico, tra quei momenti, dove Mirren mancava, e ancora adesso, a ripensarci, sorrideva tra sé, nostalgico. Forse se fosse tornato indietro non avrebbe accettato l’invito, perché le conseguenze l’avevano fatto soffrire troppo, ma quella serata racchiudeva buona parte dei lati positivi di essere stato fidanzato con Melany.

-Provavi davvero qualcosa per me?- chiese lei, incredula, e, forse, speranzosa? Felix aveva la mente troppo distratta per rendersi pienamente conto del territorio in cui la conversazione si stava dirigendo, e rispose senza neanche pensare a cosa stesse dicendo, con i pensieri ancora rivolti alla bella serata passata insieme.

-Certo, sei stata l’unica ragazza di cui mi sono effettivamente innamorato- ammise, con semplicità.

Era vero, dopotutto, e il fatto che ora non provasse più assolutamente nulla per lei non cambiava quello che era successo nel passato. Anche se Mirren sarebbe sempre rimasto l’unico grande amore della sua vita, da ora fino alla fine dei tempi.

…Mirren, chissà che stava facendo in quel momento. Avrebbe voluto vederlo quella sera dopo il lavoro ma aveva una lezione di guida pratica ed era indietro con il programma per prendere la patente, anche se stava migliorando a vista d’occhio, ed era davvero motivato da quando Fallon era passata oltre. Si sentiva in colpa per non essere stato in grado di portarla subito dal veterinario, anche se Felix gli aveva detto un sacco di volte che non era colpa sua.

Cavolo, non riusciva ancora a credere di essere riuscito a mettersi davvero insieme a Mirren, ogni volta che ci pensava era come se fosse un sogno surreale e stupendo, e sperava che non si sarebbe mai dovuto svegliare.

Purtroppo si svegliò, da un attacco, nel quale non credeva di essere finito, e in un modo che non si sarebbe mai aspettato.

Ovvero con le labbra di Melany premute sulle sue.

Ci mise qualche istante a connettere il cervello distratto, e pochi nanosecondi ad allontanare la presenza sgradita con tale violenza da cadere all’indietro con la sedia.

Melany sobbalzò sorpresa, e si alzò come se volesse aiutarlo.

Felix si ritirò ulteriormente, e la guardò come si guarderebbe uno scarafaggio ancora vivo finito sul piatto.

-Ma che ti è saltato in mente?- chiese, forse con troppa veemenza, ma decisamente sorpreso e infastidito da quella violazione dei suoi spazi personali non richiesta e improvvisa.

Okay che lui era espansivo, ma non a questi livelli.

Per tutta risposta Melany arrossì vistosamente, e si ritirò leggermente, presa in contropiede.

-Credevo… oh, insomma, non puoi uscirtene con delle cose del genere e pensare che io non ti baci!- provò a rigirare la frittata, adottando una tecnica che le era sempre riuscita molto bene con Felix: farlo sentire responsabile di qualsiasi errore compiuto da lei.

Beh, non questa volta, Felix era cresciuto ed aveva smesso di lasciarsi condizionare da questi trucchetti mentali. 

-Stavamo parlando del passato, Melany. Santo cielo! Come ti è venuto in mente che dopo quello che è successo io avrei mai potuto accettare quel… quel… quello!- non riusciva neanche a dire la parola bacio senza farsi venire la nausea. Che diamine! Perché diavolo Melany lo aveva bac… baci… insomma, perché aveva fatto quello che aveva fatto?! Felix pensava stesse andando tutto bene, che fosse tutto normale!

-Stai scherzando? Se non ti interesso perché hai accettato il mio invito per un caffè?!- chiese Melany, continuando a provare a rigirare la questione. Si vedeva che era estremamente a disagio, e molto sulla difensiva.

Felix era troppo agitato per preoccuparsi degli evidenti problemi di lei. Si alzò e continuò a contrattaccare.

-Credevo che il caffè fosse per scusarti, non per saltarmi addosso. E sei stata tu ad insistere!- le ricordò, mettendosi a sua volta sulla difensiva. Non riusciva ad ammetterlo a sé stesso, ma gli si era formato un enorme nodo allo stomaco, e iniziava a sentirsi davvero in colpa per quello che era successo. Non nei confronti di Melany, ma in quelli di Mirren.

Diamine, lo sapeva dall’inizio che rivedere la sua ex non sarebbe stata una buona idea! Perché non aveva ascoltato il suo istinto?!

-Ma…- la voce di Melany era strozzata, e sembrava sul punto di scoppiare a piangere. Mantenne comunque la sua faccia combattiva, e continuò a giustificarsi -…mi hai inviato un sacco di segnali, Felix!- 

Onestamente Felix non aveva idea di cosa stesse parlando.

-Che segnali, sentiamo?- la incoraggiò, convinto che non avesse niente.

-Sei davvero così idiota da non rendertene conto? Oltre a tutto quello che mi hai detto prima, non hai parlato di Mirren neanche una volta, ti sei offerto di pagare, mi hai perdonato senza problemi e, insomma, ti sei cancellato dalla app di incontri subito dopo avermi parlato!- l’ultimo punto sembrava quello che la convinceva di più. Felix cadde dalle nuvole.

-Perdonarti non significa che volevo riprovarci con… aspetta, la app di incontri?- chiese, confuso. Si era completamente dimenticato di quando si fosse eliminato da lì.

-Finder! Ti ho controllato da lì da quando ti sei iscritto! E subito dopo che abbiamo parlato mi è arrivata la notifica che ti eri eliminato e ho pensato…- ormai Melany aveva proprio iniziato a piangere, umiliata dalla situazione che stava vivendo, e dall’espressione di stupore completo sul volto di Felix.

-È stato solo un caso! Perché diavolo mi spiavi da lì?!- chiese, sentendosi un po’ violato. Era convinto, al 100%, che Melany fosse passata oltre come lui. E invece lo spiava da mesi?! Ma che cavolo…?

-Perché io non ti ho mai dimenticato! E per un momento ho pensato che anche per te fosse lo stesso!- esclamò Melany in tono acuto, provando ad asciugarsi le lacrime e cominciando a singhiozzare.

Felix era completamente preso in contropiede.

Purtroppo era molto sensibile nel vedere gli altri piangere, e di solito la sua rabbia svaniva lasciando spazio ad un forte desiderio di aiutare la persona che piangeva.

In quel caso non si gettò su Melany a scusarsi e provare a calmarla, ma la sua rabbia si quietò appena, e cercò di fare un passo indietro.

-Senti, Melany, mi dispiace, ma io non…- provò a mettere le cose in chiaro, nel tono più dolce possibile, ma Melany non lo lasciò finire.

-Sì, grazie tante, l’ho capito!- scattò di nuovo sulla difensiva, provando ad asciugarsi le lacrime e mettendo su la maschera da dura che non veniva scalfita da nulla che ostentava anche al liceo -È per via di Mirren, vero?- intuì, incrociando le braccia al petto.

Il cuore di Felix perse un battito, e distolse lo sguardo, rendendo piuttosto chiara la risposta.

-Tsk, come ho potuto illudermi che fosse cambiato qualcosa!- Melany iniziò ad armeggiare nella borsa per prendere il portafogli, pagare e scappare via.

In effetti gli sguardi degli avventori del locale puntati su di loro iniziavano ad essere invadenti.

Ma Felix non era tipo che si vergognava di avere liti in pubblico, era abituato ad Amabelle, che faceva molto peggio.

-Siamo stati in due ad illuderci- sussurrò tra i denti, prendendo anche il proprio portafogli per prepararsi ad uscire il prima possibile.

-Non ci mettere sullo stesso piano. Almeno io dopo questa batosta ci proverò ad andare avanti, e ci riuscirò, mentre tu continui e rimanere fermo sul posto, incatenato ad un amore che non verrà mai ricambiato! Stai buttando la tua vita e il tuo talento, Felix! Spero che ti diverti almeno ad essere il cagnolino che Mirren comanda a bacchetta!- esclamò, a voce così alta che anche quelli che non li stavano già guardando si girarono di scatto a guardarli. 

Felix si sentì punto sul vivo. Melany aveva toccato il tasto più dolente che aveva, e se avesse fatto quel discorso poche settimane prima, Felix sarebbe sicuramente uscito dal locale, avrebbe trovato un posto tranquillo dove fumare, e avrebbe avuto un attacco nel mezzo della sigaretta.

Ma le cose erano cambiate, e nonostante quelle parole lo avessero comunque colpito come un pugnale nello stomaco, Felix era deciso a difendere a spada tratta il suo migliore amico.

-Tu non sai niente di me e Mirren!- esclamò, a voce ancora più alta di quella della ragazza, che non lo aveva mai visto così arrabbiato, e si ritirò sconcertata -Tu non sai nulla della nostra relazione, non hai idea di quello che io e Mirren abbiamo passato insieme, e non ti permettere di accusarlo di controllarmi, perché sappiamo entrambi che qui l’unica manipolatrice mentale sei tu! Ho sbagliato ad accettare questo stupido caffè, e non vedo l’ora che tu te ne vada perché non voglio vederti mai più!- esclamò, con foga, buttando qualche banconota sul tavolo e uscendo in tutta fretta dal locale.

Melany rimase congelata sul posto, sconvolta, e iniziando a processare lentamente ciò che era successo. Si portò le mani sul volto abbattuta, e uscì dal locale più lentamente, dandosi mentalmente dell’idiota totale per come aveva affrontato il rifiuto.

Felix, d’altro canto, si diede dell’idiota per essere stato ottimista riguardo a quella uscita.

Le parole di Melany lo avevano trasportato a quando si erano lasciati, e non era stato un bel ricordo da rivivere. 

Felix si impose di non pensarci, e prese il telefono per scrivere un messaggio a Mirren. Dovevano necessariamente parlare di quello che era successo con Melany, e poi voleva sentirlo. Aveva davvero bisogno di assicurarsi che fosse davvero nella sua vita come più che semplice amico.

“Hey Mirr, come va a lavoro? So che stasera sei impegnato quindi domani possiamo vederci? Ti vorrei parlare” scrisse.

Non era molto soddisfatto del messaggio uscito, quindi aggiunse una postilla

“Mi manchi tanto ♥︎”

Molto meglio.

“Possiamo vederci domattina” gli arrivò la risposta, forse un po’ fredda, del ragazzo. Felix non ci fece troppo caso. Dopotutto era già tanto che gli avesse risposto subito. Di solito non lo faceva mai quando era a lavoro. 

Cercò di mantenere una certa serenità mentale, e tornò a lavoro in tutta fretta, dato che la pausa era finita già da qualche minuto.

Voleva essere ottimista, almeno riguardo al discorso con Mirren. Avrebbe spiegato con calma la situazione, e avrebbe evitato un litigio a tutti i costi.

 

Purtroppo Felix non era a conoscenza di uno spiacevole fatto accaduto dietro le quinte pochi minuti prima.

Ma ritorniamo un attimo indietro nel tempo, così che almeno voi possiate capire la grande sfortuna della situazione, anche se chi di voi ha visto molte commedie romantiche saprà già cosa potrebbe probabilmente essere successo.

Quindi sì, è successo esattamente ciò che temete.

Ma c’era una persona che non si aspettava minimamente che accadesse il peggio del peggio, e quella persona era Petra.

Infatti stava accanto ad Amabelle dietro al vaso da fiori e osservava molto distrattamente e molto annoiata lo svolgersi degli eventi. Felix, nella sua modesta opinione, sembrava il solito Felix che chiacchierava con un’amica, niente di preoccupante, e sebbene fosse palese che Melany provasse ancora qualcosa per lui, non credeva che per il suo accompagnatore fosse lo stesso.

Ma Felix era proprio un idiota e inconsapevolmente la stava incoraggiando, perché per quanto Petra non lo sopportasse, era abbastanza oggettiva da ammettere che fosse troppo una buona persona per il suo stesso bene, e sembrava impossibile per lui allontanare le persone.

In ogni caso, Petra ringraziava il cielo per il fatto che Mirren non stesse assistendo alla scena, perché il solo pensiero di quello che avrebbe potuto fraintendere le abbassava il morale. E quando Melany era coinvolta, Amabelle non era l’unica ad esagerare con le reazioni.

Neanche il tempo di finire di elaborare quel pensiero di gratitudine, che il cielo la ripagò facendo spuntare la testa di Mirren da dietro la strada, tranquillo e ignaro di quello che il suo migliore amico stava facendo a pochi metri di distanza, e diretto, sembrava, proprio verso il bar della galleria d’arte.

-Mirren?- osservò molto confusa, ma prima che potesse attirare la sua attenzione o pensare ad un modo per allontanarlo da lì, venne trascinata e nascosta meglio dietro il vaso da fiori, in modo che il fratello non la vedesse.

-Eccolo!- sentì Amabelle sussurrare eccitata al suo fianco.

E il cuore di Petra sprofondò, mentre un dubbio atroce che in poco tempo sarebbe diventata una spietata certezza si faceva largo nella sua mente.

-Amabelle, cosa…?- provò ad indagare, senza riuscire a concepire che la sua migliore amica le avesse mentito e avesse chiamato Mirren.

Non aveva il minimo senso! Perché portarlo lì quando era ovvio che il risultato sarebbe stato un nuovo allontanamento tra i due amici, nell’ipotesi migliore?!

Ma Amabelle non la fece continuare, e aspettò che Mirren entrasse nel locale per poi sporgersi e osservare la situazione con un sorriso pieno di speranza e occhi infervorati.

Petra la seguì a ruota, spaventata dalle possibili conseguenze di un incontro tra Melany e Mirren.

Ma entrambe, quando videro la situazione interna che si era formata, sgranarono gli occhi, inorridite dallo scenario.

Perché Felix aveva gli occhi distanti e un sorrisino da beota, Melany si stava avvicinando con il chiaro intento di baciarlo, e lui non stava facendo assolutamente niente per impedirlo.

E quando inevitabilmente il bacio avvenne, Petra non guardò Felix e Melany, ma Mirren, che era ancora sulla porta, e fissava la scena congelato sul posto, con l’aria di uno a cui avevano appena strappato il cuore dal petto per schiacciarlo con violenza.

Fece immediatamente dietro front e corse via un istante prima che Felix scansasse violentemente Melany, ma ormai il danno era fatto, e Petra lo vide andare via sapendo in cuor suo che non avrebbe potuto fare nulla per aiutarlo anche se l’avesse fermato e avesse provato a parlargli.

Si girò quindi verso Amabelle, che aveva portato le mani alla bocca e aveva la classica faccia da “oh no, mi sa che ho fatto un errore madornale”.

Si girò lentamente verso Petra, e sembrava davvero sentirsi in colpa.

Ma in quel momento, soprattutto dopo aver visto l’espressione completamente devastata sul volto del fratello che non meritava altra sofferenza dopo tutto quello che aveva passato negli ultimi tempi, il vaso di Petra era strabordato.

Si alzò, prese la borsa, e iniziò ad andarsene, senza degnare l’amica neanche di un’occhiata.

-Petra, aspetta!- Amabelle si affrettò a seguirla, rischiando di inciampare più volte e con molta difficoltà nel destreggiarsi tra tutto quello che portava appresso.

Petra procedette nella sua strada, decisa a tornare a casa, prendere la borsa per la palestra, e andare a picchiare il sacco da boxe.

Non si era mai sentita così tradita in vita sua. Era furibonda e delusa, soprattutto delusa. 

-Petra, aspetta, non volevo che le cose andassero così, volevo solo farlo ingelosire, e speravo che cacciasse Melany. Ho pensato che dato che lui l’ultima volta li ha fatti lasciare, magari poteva…- Amabelle iniziò a spiegare i suoi contorti ragionamenti, ma Petra non la voleva proprio sentire. Non c’era modo in cui avrebbe potuto perdonarla tanto presto. Soprattutto se non sembrava neanche accorgersi di aver sbagliato ed esagerato.

-Non voglio sentire le tue ragioni. Mi hai mentito!- esclamò, furiosa, girandosi verso di lei e facendola sobbalzare.

Non voleva un confronto, per questo stava andando via, ma se Amabelle insisteva, Petra poteva accontentarla ed esploderle tutta la sua rabbia contro. 

-Non ti ho mentito!- provò ad obiettare Amabelle.

-Hai chiamato Mirren! Mi avevi promesso che non avresti interferito!-

-… va bene, ho mentito. Quando sei andata in bagno, gli ho inviato un messaggio per farlo venire qui. Ma senti, non avevo cattive intenzioni, volevo solo...- Amabelle continuò a provare a difendersi, scattando sulla difensiva, ma Petra la interruppe

-Come l’hai chiamato se il tuo telefono era scarico?- chiese, avvicinandosi indagatrice. Era impossibile che Mirren rispondesse ad un invito se veniva da Amabelle, perché conosceva perfettamente i suoi contorti piani e li evitava sempre. Quindi c’era solo un modo in cui poteva averlo convinto. E Petra non voleva credere che lo avesse utilizzato.

Amabelle esitò, e abbassò lo sguardo, un po’ incerta.

Dopo qualche secondo di silenzio in cui Petra la guardò attentamente incoraggiandola a parlare, alla fine Amabelle cedette alla pressione.

-Ho usato il tuo telefono- confessò, in un sussurro.

Sospetti confermati.

Petra sospirò, contò fino a cinque, e cercò di mantenere il tono fermo.

-Okay, quindi mi stai dicendo che mi hai chiesto il telefono, io ti ho detto di no, quindi mi hai mandata in bagno a riprendere un vestito in modo da rubare il mio telefono e inviare un messaggio da parte mia a Mirren rendendomi complice di averlo chiamato qui dove ha assistito ad un bacio tra Felix e Melany che sicuramente gli ha spezzato il cuore e rischia di rovinare la loro amicizia perché speravi che potesse in qualche modo fermare un’interazione tra Melany e Felix o quantomeno farlo ingelosire nella speranza che si desse una svegliata sui suoi sentimenti, è corretto?- fece un riassunto, mantenendo la calma.

Amabelle annuì appena, senza sapere cosa dire per non peggiorare ulteriormente la situazione. Probabilmente continuava a pensare di essere stata solo sfortunata e che le sue intenzioni erano buone e giustificabili.

E forse, forse lo sarebbero state. Ma Amabelle aveva superato il segno.

-E tutto questo…- continuò infatti Petra, indurendo la voce e alzandola leggermente -…l’hai fatto alle mie spalle, dopo avermi PROMESSO che non avresti fatto altro per rovinare il pranzo di Felix. Dopo che ti avevo chiesto espressamente di non coinvolgere Mirren- 

-Petra…- Amabelle provò a spezzare una lancia a proprio favore, ma Petra la zittì con un dito per aria.

-Non parlare!- le ordinò, facendosi incredibilmente minacciosa nonostante stesse cercando in tutti i modi di mantenere la calma. I suoi occhi, però, mandavano scintille molto preoccupanti.

-Non voglio sentire le tue scuse. Mi hai delusa, Amabelle. Mi hai delusa tantissimo, e non te ne rendi neanche conto. Sta lontana da me e Mirren. Non ti voglio più vedere!- ad ogni nuova parola, il suo stomaco si stringeva, e il colore spariva mano a mano dal volto di Amabelle.

Non era facile per Petra rompere i ponti con Amabelle. Le voleva bene, e adorava ogni sua stranezza ed esagerazione. Sapeva che, anche quando esagerava, lo faceva a fin di bene, e di solito, anche quando era arrabbiata con lei, passava oltre e la perdonava in fretta.

Perché una cosa che Petra aveva sempre apprezzato di Amabelle era che nonostante la sua esagerazione in alcuni casi, quando qualcuno glielo faceva notare faceva sempre un passo indietro. E non si rimangiava mai una promessa.

Ma da parecchio tempo stava diventando sempre più incontrollabile. Prima lo scherzo con il poliziotto all’appuntamento di Felix, poi i giochi romantici alla sua festa di compleanno, aveva chiuso Sonja e Max in uno scantinato nonostante Max fosse già fidanzato, aveva litigato con Norman per un motivo ancora non identificato, e c’erano anche altri eventi non riportati in questa storia che avevano interdetto Petra non poco. Era in generale più agguerrita, per niente decisa ad accettare i no, e non capiva più quando esagerava.

E Petra non la sopportava più.

Non voleva che cambiasse radicalmente, ma che almeno si rendesse conto dei suoi errori e chiedesse scusa per davvero, cosa che ultimamente non sembrava più essere in grado di fare.

Quindi Petra non voleva averci a che fare finché non fosse cresciuta.

-…Petra, non dici sul serio, vero?- a riprova del fatto che non sembrava in grado di rendersi conto dei suoi errori, Amabelle provò ad avvicinarsi, con un mezzo sorrisino incredulo, e mise la mano sul braccio di Petra, che però lo scansò immediatamente, dando le spalle alla, forse ex, amica.

-Sono serissima, Amabelle. Se non hai intenzione di crescere, io non ho intenzione di farmi trascinare nel baratro da te- affermò in tono duro, prima di allontanarsi.

Amabelle non la seguì.

Era rimasta completamente congelata sul posto.

-Petra…- sussurrò tra sé, senza credere a quello che era appena successo.

Era talmente sopraffatta dalle emozioni che non riuscì proprio a capirle, e ad agire. Non credeva di essersi mai sentita così male emotivamente come in quel momento. 

 

Il matrimonio era stato un successo.

Lo so, probabilmente vi aspettavate un minuzioso resoconto dell’evento, ma tutto andò bene, Clover e Diego non si parlarono quasi per niente, quindi diciamo che non c’è poi molto da raccontare della cerimonia.

Almeno fino all’arrivo dei discorsi.

Ovvero, il momento più temuto da Clover, dato che essendo la damigella d’onore era il suo compito parlare, subito dopo Diego.

Ed era così concentrata nel cercare di ricordare a memoria il discorso che si era preparata che non ascoltò neanche una parola di quello che il suo finto e probabilmente futuro ex ragazzo disse.

Così, quando le passò la parola, ci mise qualche istante a rendersi conto che toccava a lei, e la sua distrazione provocò uno scrocio di risa in sala e la prima figuraccia. Si parte bene!

Clover si alzò in piedi e prese il microfono che Diego le porgeva, facendo attenzione a non sfiorargli la mano neanche per sbaglio e a non guardarlo neanche di striscio. 

Poi prese la parola, cercando di mantenere la sua maschera sicura si sé. Di solito le riusciva con facilità, ma quel giorno la sua testa era altrove… ovvero ferma alla sera prima cercando in tutti i modi di ricordarsi cosa diavolo avesse detto a Diego perché si rifiutava di credere che il ragazzo che sfortunatamente aveva finito per amare si fosse arrabbiato tanto per l’unica cosa che Clover poteva avergli detto da ubriaca: ovvero che lo amava.

Aveva cercato altri possibili motivi della sua irritazione, ma non le era venuto in mente assolutamente niente. C’è da dire che sopravvalutava la sua chiarezza di spiegazioni quando inebriata dall’alcool.

Ma adesso doveva concentrarsi sul discorso. Andiamo, Clover! Sei una scrittrice, dimostra che sai effettivamente scrivere sennò che ci fai alla laurea di giornalismo?!

-Grazie per il passaggio di testimone. Ma scherzi a parte, potrei fare un lungo discorso su quanto Paola e Miguel siano perfetti insieme, su quanto Paola in particolare sia una ragazza straordinaria che merita e ha trovato il meglio, ma se cominciassi ad elencare tutte le qualità di questa stupenda coppia temo che si perderebbero la luna di miele regalata dai suoceri, perché la lista potrebbe andare avanti all’infinito- dato che conosceva Paola da poco e sapeva che Diego avrebbe fatto un discorso più sentito, Clover aveva puntato più su qualcosa di leggero e divertente.

Infatti sentì parecchie risatine, soprattutto da parte della sposa.

-Quindi mi terrò abbastanza breve, anche perché ho sentito che la torta è particolarmente buona e sarebbe un peccato aspettare troppo: Paola, non ti conosco da molto, ma non ci vogliono anni di conoscenza per capire che tu sei una persona speciale che merita tutta la felicità possibile. Miguel, ricordo ancora quando da piccoli io, tu e Diego giocavamo insieme e tu proponevi sempre il matrimonio. Non vedevi l’ora di trovare l’anima gemella, e vedendovi ora, così felici insieme, non posso che credere che il vero amore esiste, perché lo rappresentate. Vi auguro con tutto il cuore che questo sia solo il primo passo di una lunghissima e felice vita insieme- Clover sollevò il bicchiere per fare un brindisi, e tutti la seguirono a ruota -Al lieto fine della vostra fiaba di fidanzamento, e ad un lieto inizio della fiaba del matrimonio- concluse, mettendoci tutta sé stessa nonostante non avesse l’umore molto alto.

Ma fu abbastanza per Paola, che era già commossa per via del discorso di Diego, e iniziò proprio a piangere sentendo le parole di Clover.

-Tranquilla, Paola. Ti rifarò il trucco- le promise, un po’ sottovoce ma facendosi comunque sentire da tutti e facendo ridere l’intera sala. Figuraccia numero 2, dato che non era nei suoi piani.

-Posso dire anche io due parole?- si intromise Maria, chiedendo il microfono a Clover, che fu ben felice di porgerglielo per togliersi dall’imbarazzo della situazione.

-Come ha ben detto Clover, cercherò di essere breve perché si sta facendo tardi e la torta rischia di sciogliersi. Miguel è sempre stato un bambino gentile, silenzioso, non molto aperto alle nuove amicizie…- cominciò, mettendo un po’ in imbarazzo il figlio, che alzò gli occhi al cielo e sussurrò una lamentela verso sua madre, facendola ridacchiare -Oh, non negarlo. Eri un piccolo asociale, ma non c’è niente di male in questo, anche se come madre ho sempre avuto paura che si isolasse dagli altri. Beh, non è stato così, e la moglie che si è scelto dimostra che è solo molto selettivo, perché ha trovato la compagna migliore che potessi sperare per lui. Paola, mi dispiace tanto che i tuoi genitori non possano essere qui con te, ma sappi che avrai sempre una famiglia su cui contare. Ti ho vista crescere, sei sempre stata come una figlia per me, ed è con un profondo amore che ti accolgo ufficialmente dentro il nucleo Fierro-Flores, anche se per quanto mi riguarda ne hai sempre fatto parte. Auguro ad entrambi un futuro radioso all’orizzonte- il discorso di Maria era mille volte più bello di quello di Clover e Diego messi insieme, e portò Paola a singhiozzare di gioia. Ma per Clover fu come un pugno nello stomaco, e non avrebbe saputo dire esattamente il perché.

Ma il respiro iniziò a farsi più pesante, il cuore batteva sempre più forte, e sentiva la gola chiusa, come se volesse piangere.

Cercò di restare completamente impassibile, lasciò finire i discorsi e assistette al taglio della torta come una statua di ghiaccio.

Dopo qualche minuto, quando finalmente l’attenzione si disperse e iniziarono i balli, decise di alzarsi in tutta fretta ed uscire da lì.

Aveva necessariamente bisogno di prendere aria fresca, e raggiunse il ponte il più velocemente possibile, cercando un luogo isolato dove riordinare le idee.

Cosa diamine le era preso?! Non era da lei agitarsi così tanto per un discorso. Non riusciva a mettere un’etichetta alle emozioni che le vorticavano nel cuore, e fece dei profondi respiri cercando di ossigenare il cervello abbastanza da farsi venire qualche idea.

Allora, andava tutto bene fino al discorso di Maria.

Beh, no. Non andava tutto bene. Andava tutto male già da prima, il discorso di Maria era stato solo un trigger.

E perché andava tutto male?

Se Clover doveva tracciare il momento esatto in cui aveva sentito qualcosa smuoversi dentro di lei avrebbe probabilmente indicato la frase che Diego le aveva detto quella mattina: “Superiamo questo matrimonio, fingiamo di lasciarci il prima possibile, e piantiamola con questa stupida sceneggiata”.

Al solo ripensarci il cuore di Clover batteva in maniera inconsulta.

Perché l’idea che per Diego quella non fosse che una stupida sceneggiata senza futuro era devastante per lei, soprattutto dopo aver scoperto i suoi sentimenti sopiti.

Ma non era solo la paura di perdere Diego ad agitarla così. Non aveva solo timore, e non era neanche triste alla prospettiva.

No, si sentiva… arrabbiata. E gelosa. Non nei confronti di Diego, ma in quelli di… Paola?

La sua mente arrivò ad una conclusione a cui non sarebbe mai voluta arrivare, ma una volta formulata la verità dei fatti, non poteva più negarla.

Clover era gelosa di Paola, perché Paola aveva appena ottenuto tutto ciò che Clover aveva sempre voluto: era cresciuta con i Flores, era vista come una figlia, tutti le volevano bene, e sarebbe rimasta lì, con loro, con l’uomo che amava più di ogni altra cosa, per sempre.

Mentre Clover, molto presto, se ne sarebbe dovuta andare.

Sarebbe stata solo un’altra ex di Diego, che per caso era anche una sua vecchia amica d’infanzia. Maria non l’avrebbe mai più guardata con affetto, Coco e Oliver non avrebbero più litigato per la sua attenzione, nonna Flora non l’avrebbe presa da parte per consigliarle di mangiare di più, e figuriamoci se Paola e Miguel avrebbero tenuto i contatti. E Diego… avrebbe perso Diego per sempre.

Seppellì il volto tra le mani cercando di trattenersi dal piangere, o almeno non mostrarlo in giro, mentre tutte quelle informazioni le annebbiavano il cervello.

Quella stupida sceneggiata l’aveva completamente allontanata da tutto quello che Clover aveva sempre inconsciamente sognato: una famiglia.

Più precisamente la famiglia Fierro-Flores.

La famiglia con cui non era riuscita a tenersi in contatto ma dalla quale avrebbe sempre voluto tornare. E per colpa di uno stupido malinteso non era riuscita a… un momento!

Le lettere!

Forse era di quello che avevano parlato lei e Diego la sera prima.

-Clover, che ci fai qui?- la voce inconfondibile di Diego la fece sobbalzare, e si assicurò di non aver pianto. In effetti aveva le guance un po’ umide, sperò con tutto il cuore che in quella oscurità non si vedesse, e non si girò verso Diego per non rendergli il compito facile.

-Prendo un po’ d’aria- rispose, indifferente.

-Mia madre mi ha mandato a cercarti. È preoccupata perché ti ha visto scappare, poco fa. Tutto bene?- chiese Diego, con il tono di chi non avrebbe voluto fare quella domanda ma era costretto dalle circostanze.

-Tutto bene, puoi tornare alla festa e dire che volevo solo prendere un po’ d’aria. Dì che ho bevuto troppo non so- rispose, fredda, congedandolo con un gesto della mano.

Diego però si avvicinò, e le si mise accanto, appoggiandosi come lei alla balaustra.

-Non sarebbe realistico tornare e basta, meglio restare un po’ con te, sennò mamma pensa che abbiamo litigato- le fece notare. Se Clover fosse stata un po’ più attenta si sarebbe resa conto che il suo tono era conciliante, ma le sue orecchie sentirono solo le parole, che si aggiunsero ad una lista di prove che Diego non sopportava più la messa in scena e non vedeva l’ora di allontanarsi il più possibile da lei.

Clover si conosceva, sapeva di essere una persona difficile, ma non trovava comunque giusta la piega che aveva preso la loro relazione da quando avevano avuto quel momento di intimità.

…ed era difficile per lei ammettere di essere la principale responsabile per aver allontanato Diego da lei evitando di parlargli.

-Potrebbe essere una buona occasione per gettare le basi per la nostra futura rottura- suggerì quindi, alimentando ogni brutta sensazione che provava da quando avevano discusso quella mattina.

-Meglio non farlo durante il matrimonio di Paola e Miguel, che dici?- Diego insistette.

Si vedeva che voleva parlare. 

Clover avrebbe dovuto accettare la conversazione, e provare a chiarirsi con lui.

Dopotutto c’erano due direzioni in cui una chiacchierata sarebbe potuta andare: o avrebbero chiarito, si sarebbero dichiarati il loro amore reciproco e Clover sarebbe stata felice per sempre;

oppure Clover si sarebbe esposta troppo, avrebbe confermato i suoi peggiori dubbi scontrandosi con un Diego arrabbiato con lei perché si era innamorata di lui e si sarebbero lasciati molto peggio di quanto Clover pensasse.

Se non parlavano, lei e Diego si sarebbero lasciati comunque, e lei sarebbe stata infelice, ma almeno sarebbe stata una sua scelta.

Ma aveva davvero il diritto di continuare a scegliere sempre lei se parlare o no? Diego meritava qualcuno che lo assecondasse, qualcuno che gli parlasse. Clover aveva sempre cercato di essere aperta, e sapeva che parlare era fondamentale per qualsiasi cosa. Ma era molto più facile parlare se non c’era niente da nascondere.

-Diego…- cominciò, provando a buttarsi.

Lui si girò verso di lei, leggermente sorpreso che avesse preso la parola, e pronto ad ascoltarla.

I suoi occhi erano limpidi, la luce della luna e delle stelle gli illuminava il viso, i capelli castani erano scossi dal vento. Clover avrebbe voluto toccarli, perdersi nel suo sguardo, baciarlo.

Ma esitò.

Perché Diego era troppo per lei.

La prima ipotesi, quella in cui Diego provava gli stessi sentimenti per lei, all’improvviso si fece spaventosa. 

Perché Clover non meritava il suo amore. Non meritava la famiglia Flores, non meritava assolutamente niente di tutto quello che aveva ricevuto in quei mesi di finta relazione.

Ed era meglio allontanarsi finché era in tempo, prima di restare ancora di più ferita, e prima di ferire tutti gli altri.

I suoi occhi si riempirono di lacrime, e distolse lo sguardo, preparandosi ad andare via.

-Clover, aspetta!- Diego provò a fermarla, prendendole il polso. Clover si immobilizzò, ma non lo guardò, pronta a liberarsi dalla sua presa in qualsiasi momento 

-Ti prego, parliamo- le supplicò. La mano che le teneva il polso tremava leggermente. Probabilmente si era fatto paranoie molto simili a quelle di Clover. Ma lei non era pronta, non ce la faceva proprio. Aveva troppa, troppa paura. Paura di uscirne con il cuore spezzato, ma anche paura di esserne felice. Paura di protrarre l’inevitabile fine della relazione con un breve periodo di felicità e speranza. 

-Di a tutti che sono tornata in camera perché non mi sento molto bene- disse solo, liberando il polso senza troppa difficoltà, e lasciandolo solo sul ponte, con la mano ancora sollevata, e con l’assoluta certezza che l’ultima occasione di parlare, confrontarsi e chiarirsi fosse appena scomparsa nel vento.

Diego si convinse che, probabilmente, tutto quello che temeva fosse realtà, e rimase qualche minuto all’aria aperta cercando di rassegnarsi alla cotta non ricambiata e a prendersi mentalmente a schiaffi per averci sperato un’ultima volta.

Quanto a Clover, lei si chiuse in camera, si nascose sotto le coperte del giaciglio improvvisato sotto al letto, e pianse fino ad addormentarsi, conscia di aver fatto probabilmente uno dei più grossi sbagli della sua vita.

 

Dato che Clover era in crociera, la serata cinema era stata annullata quella settimana, e a Max andava benissimo così, perché era riuscito con non poca fatica ad organizzare un bell’appuntamento romantico con Manny, che era riuscito ad ottenere un’altro venerdì libero.

Max doveva ammettere che aveva un capo davvero permissivo, era fortunato.

Non che Max si lamentasse di Roelke, che era molto morbida a sua volta, e accettava cambi dei turni a patto che venissero recuperati e che il bar fosse sempre coperto negli orari di punta.

Aveva addirittura dato una settimana libera a Sonja perché era parecchio distratta quei giorni.

Non che Max stesse pensando a Sonja in quel momento, dato che era in compagnia di Manny, il suo adorabile ragazzo, che ogni giorno amava più che nel precedente e con cui ad ogni uscita si trovava sempre meglio.

Certo, sarebbe stato ancora meglio se non avessero incrociato alcuni ragazzi del corso di storia dell’arte greca e romana che si erano aggregati e avevano un po’ preso in giro (in maniera simpatica) Max per essersi messo insieme ad uno studente.

-È stato imbarazzante- stava commentando rosso come un peperone.

-Su, è stato divertente. Sono simpatici- Manny provò a vedere il lato positivo, e Max lo strinse a sé.

-Ma stare solo con te sarebbe stato ancora meglio- obiettò, dandogli un bacio sulla tempia e facendolo arrossire.

-Condivido il pensiero- ammise il ragazzo, stringendosi più a lui e posandogli il volto sulla spalla.

Erano seduti su una panchina mentre attendevano l’ultimo autobus della serata che dovevano assolutamente prendere se volevano tornare a casa.

-Sto davvero bene con te, Manny- sussurrò Max, piegando la testa in modo da guardarlo negli occhi. I suoi occhi azzurri avevano una sfumatura più chiara vicino all’iride. Erano davvero meravigliosi.

Manny era meraviglioso, in generale. 

-Sto benissimo anch’io con te, Max- ricambiò l’affetto, con un raggiante sorriso. 

-Ti amo- si lasciò sfuggire poi Max, stregato dagli occhi del suo ragazzo e sempre più certo dei sentimenti che provava per lui.

Era la prima volta che stava così bene con qualcuno, sulla stessa lunghezza d’onda, a suo agio come se lo conoscesse da sempre e volesse continuare a conoscerlo per sempre.

Manny sembrò leggermente preso in contropiede dalla confessione, e sollevò la testa, guardando Max come se lo vedesse per la prima volta, a bocca aperta.

La sicurezza del ragazzo andò a farsi friggere. Max distolse lo sguardo e arrossì vistosamente. 

-Non devi rispondere, o ricambiare, ma volevo che tu lo sapessi- spiegò, un po’ imbarazzato.

Tornò a guardare il ragazzo quando egli gli prese la mano, dolcemente.

-Max… cominciò, con occhi brillanti e aria decisa.

-Max?- ma prima che potesse continuare, una voce distante lo interruppe, e attirò l’attenzione di entrambi.

-Roelke? Che piacere vederti- Max si alzò di scatto riconoscendo il suo capo, e fu molto sorpreso di trovarla lì a quell’ora. Era in tuta, probabilmente stava facendo footing serale.

-Che ci fai qui a quest’ora?- chiese lei. Evidentemente la sorpresa era reciproca.

-Ho approfittato della serata libera per uscire con Manny. Siamo stati al parco per un appuntamento- spiegò Max, indicando il proprio ragazzo -Oh, giusto! Manny, lei è il mio capo al Corona. Roelke, lui è Manfred, il mio ragazzo- fece velocemente le presentazioni, un po’ imbarazzato ma cercando di apparire sicuro dato che Manny, al contrario, sembrava davvero a disagio e si stava quasi nascondendo dietro a Max, come se non volesse farsi vedere da Roelke. 

-Oh, il famoso Manny! Max non fa che parlare di te. Piacere- Roelke, al contrario, sembrava super tranquilla, e porse la mano verso Manny, amichevole.

-Piacere- Manny gliela strinse, mostrandosi un po’ di più.

-Dovresti venire al Corona a trovare Max ogni tanto, sono sicura che gli farebbe un sacco piacere- Roelke approfittò della situazione per fare pubblicità al suo locale, con un occhiolino incoraggiante. Max teneva abbastanza al suo posto da evitare di dire che Manny non apprezzava il Café per motivi personali, e lasciò che fu Manny a rispondere un borbottato -Certo, sicuramente- in accento newyorkese più marcato del solito.

Per fortuna proprio in quel momento arrivò l’autobus a salvarli dalla conversazione che rischiava di farsi imbarazzante.

-Sarà meglio andare dato che è l’ultimo autobus- Max incoraggiò Manny a salire per primo, e fece un cenno di saluto a Roelke, che ricambiò con un gran sorriso.

-Ci vediamo domani a lavo…- si interruppe di scatto, e il suo sorriso si spense, quando notò qualcosa alle spalle di Max. Max si girò pensando di vedere un fantasma, ma c’era solo Manny, ora illuminato dalle luci del mezzo di trasporto, che si affrettò a dare le spalle alla barista e sistemarsi gli occhiali sul viso.

Prima che Max potesse fare qualsiasi cosa, le porte dell’autobus si chiusero, iniziando ad allontanare la coppia da Roelke, che seguì Manny con occhi sbarrati fino ad essere fuori dalla portata di vista.

Poi Max si girò verso Manny, che era diventato molto pallido.

-Tutto bene?- chiese, confuso dalla situazione che si era appena andata a creare, e incoraggiandolo a sedersi in un posto libero.

-Sì, tutto bene- rispose Manny, senza troppa convinzione, lasciandosi trasportare come una bambola.

-Manny, è successo qualcosa tra te e Roelke?- provò ad indagare Max, in tono rassicurante.

-Posso parlartene più approfonditamente un’altra volta? È un discorso lungo, che voglio farti, ma è meglio farlo quando siamo da soli- spiegò Manny, sottovoce, e guardandosi intorno per essere sicuro che nessuno li stesse ascoltando.

Max rimase leggermente turbato dall’urgenza nella sua voce, ma annuì.

-Certo, prenditi il tempo che ti serve- lo rassicurò, accomodante.

Manny lo guardò con occhi pieni di gratitudine, e gli prese le mani tra le proprie.

-Sei meraviglioso Max- gli sussurrò, prima di dargli un dolce bacio a fior di labbra.

-Tu lo sei di più- Max ricambiò il complimento, cercando di controllare il battito del suo cuore, che era sempre più forte.

Era un po’ nervoso per la confessione che Manny sembrava volergli fare, ma era positivamente certo che qualsiasi fosse il suo segreto non avrebbe cambiato i sentimenti sempre più forti che provava per lui.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Un capitolo un po’ di passaggio, con tanti paragrafi piccoli.

E uscito tardissimo, scusate avevo delle relazioni da fare per l’università e non ho avuto in istante libero sono stressata da morire.

E poi non ero molto entusiasta di scrivere questo capitolo per motivi evidenti, ma il prossimo sarà meglio, lo giuro!

Il prossimo risponderà ad uno dei più grandi quesiti della storia, se non il più grande in assoluto!!

Parlando del capitolo…

Diego e Clover sono sopraggiunti nella terra delle incomprensioni. Danno fastidio anche a me che li ho creati mannaggia!!

Amabelle è completamente pazza… di odio per Melany ma anche in generale. E Petra ha raggiunto il punto di rottura, e onestamente non la biasimo perché passi per la stupidaggine fatta con Mirren, ha tradito la sua fiducia, e Petra non può più passarci sopra.

Felix… è un idiota! Ma dato che è la prima volta che fa una cascata madornale, spero che possiate perdonarlo. Mirren ha fatto e detto di peggio, dopotutto. Certo, dire alla tua ex che è l’unica ragazza che abbia mai amato non è proprio un colpo di genio, ma era al limite di un attacco, capiamolo.

E poi ha agito bene.

Comunque, non so voi, ma a me Melany non dispiace particolarmente. Volevo sovvertire un po’ il solito trope dove la ex del protagonista è una persona orribile, perché mi sembrava irrealistico che uno come Felix potesse essersi messo con una specie di Regina George quando il suo tipo è Mirren. Quindi l’ho resa una persona artistica, divertente, con cui Felix riesce a parlare, e spero di essere riuscita nel mio intento, almeno un po’. Anche se so che quando si tratta di ship i terzi incomodi non sono mai bene accetti. E poi non è che si sia comportata benissimo alla fine, in effetti.

Mentre per quanto riguarda Manny… ultima chance per dirmi cosa pensate del triangolo Manny/Max/Sonja.

Il prossimo capitolo darà molte risposte, e vedrà Felix e Mirren parlare di quanto avvenuto.

Il prossimo capitolo se tutto va bene dovrebbe uscire tra pochi giorni, perché ho già scritto una parte e ho progettato molto bene il resto. Sono troppo gasata spero mi esca bene!!

Grazie a tutti quelli che sono arrivati fino a qui e prometto che il momento brutto brutto sta per finire!

Un bacione e alla prossima :-*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Mirren affronta Felix su ciò che ha visto. Denny origlia Sonja parlare con sua zia

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Capitolo 33
*** Non è come sembra! ***


Non è come sembra!

 

???

Mirren non credeva di aver mai visto Felix così triste in tutta la sua vita, e lo conosceva da anni, sapeva perfettamente quanto fosse emotivo, e quando erano piccoli c’erano state parecchie esplosioni di pianto ai limiti dell’esagerato.

Eppure, dopo la tremenda scenata in mensa avvenuta poco prima, dove Melany gli aveva urlato contro un sacco di cattiverie gratuite davanti a tutta la scuola, coinvolgendo Mirren stesso nelle sue accuse, Felix era scoppiato a piangere come mai prima d’ora, e Mirren, sebbene l’avesse seguito nel cortile nella speranza di rassicurarlo in qualche modo, non aveva proprio idea di come sarebbe riuscito nell’impresa.

-Wo, wo! Felix, cosa è successo?- per fortuna (o sfortuna) una voce appartenente ad una ragazzina nel cortile della scuola media venne in suo soccorso.

Mirren la conosceva vagamente, e solo perché era amica di una delle sorelle di Felix e lui l’aveva presa in simpatia. Aveva i capelli rossi legati in due codine e parecchi cerotti colorati sulle ginocchia.

-Ho lasciato Melany- le spiegò Felix, tra i singhiozzi.

Gli occhi della ragazzina si accesero di gioia, e saltò il recinto che teneva separate le due scuole come se fosse la cosa più semplice del mondo.

-Ma è fantastico! Finalmente!- esclamò, senza rendersi conto della gravità della situazione. Mirren non sapeva esattamente chi fosse quella ragazza, ma la prese subito in antipatia. Non vedeva che Felix era disperato?!

-Non è fantastico, Amabelle! Non è stata una mia scelta!- le fece notare Felix, con voce impastata e continuando a singhiozzare.

Amabelle piegò la testa confusa.

-Aspetta, l’hai lasciata ma non è stata una tua scelta?- chiese, sedendosi accanto a lui e iniziando a dargli qualche pacca sulla spalla.

Mirren la guardò storto. Farsi i fatti suoi no, eh? Era una faccenda molto delicata. E onestamente Mirren avrebbe preferito non assistere a tutta la scena, perché era stata a dir poco imbarazzante, e strana, e molto fastidiosa per il suo cuore.

Cavolo quanto non gli piaceva Melany! Se doveva essere sincero almeno con sé stesso, era felicissimo che lei e Felix si fossero lasciati. Anche se non gli piaceva per niente lo stato in cui il suo migliore amico si trovava al momento.

-No, certo che no! Io la amo, ma… diamine, non riesco a credere che mi abbia chiesto di scegliere!- esclamò Felix, prendendo dei ciottoli da terra e gettandoli lontano, per avere qualcosa da fare. Quando le emozioni diventavano troppo per lui aveva sempre bisogno di tenere qualcosa in mano, di lanciare oggetti o, a volte, di ferirsi per aumentare la sua presa sulla realtà. Non gli avevano ancora diagnosticato il suo disturbo da deficit dell’attenzione, e non sapeva come affrontare i suoi attacchi.

-Scegliere, tra chi?- chiese Amabelle, accennando un sorrisino, e guardando maliziosa Mirren. Al ragazzo non piacque affatto quello sguardo.

-Non credo siano affari…- provò a frenarla, ma Felix voleva parlare.

-Mi ha mentito dicendo che Mirren l’aveva minacciata, e quando non le ho creduto mi ha chiesto di scegliere tra lei e Mirren, non riesco a credere che abbia fatto una cosa del genere. Ho provato a ragionarci ma era super irritata e… ho detto che se mi chiedeva di fare una scelta allora non meritava di essere scelta, e l’ho lasciata, e lei mi ha urlato contro in mensa- spiegò, ricapitolando i fatti salienti, e scoppiando nuovamente a piangere, distrutto.

-Ew, che odio! Peggio di quanto pensassi!- esclamò Amabelle, sbattendo i pugni tra loro.

Mirren non capiva perché Felix avesse scelto lui, onestamente. Non gli aveva dato motivo di sceglierlo, e si aspettava che alla fine l’amore per la sua ragazza avrebbe trionfato. Stavano insieme da tre anni, l’aveva scelta per il ballo, perché mai l’aveva lasciata se l’amava così tanto.

Solo il pensiero di quanto l’amasse gli faceva male al cuore.

-Beh, dai, almeno hai schivato un proiettile. Una persona così non ti merita- Amabelle provò a risollevargli il morale, con altre pacche sulla spalla e molta inappropriata soddisfazione.

-Non lo so, non so se ho fatto la scelta giusta- Felix scosse la testa.

…un momento, c’era qualcosa che non andava in quella parte.

-Probabilmente se tornassi indietro non lo rifarei- si girò verso Mirren, e lo guardò dall’alto in basso, come se lo stesse valutando.

…non doveva arrivare Petra a chiedere come stessero, conoscere Amabelle, e insieme insultare Melany diventando amiche?

Mirren si guardò intorno, ma la sorella non si vedeva da nessuna parte.

-Dopotutto Melany è l’unica ragazza che io abbia mai amato, perché ho scelto lei a te?! Dovevo essere impazzito!- la frase successiva fu come un pugno nello stomaco di Mirren, che si voltò nuovamente verso l’amico, sorpreso dalla freddezza delle sue parole.

Gli occhi di Felix erano improvvisamente completamente asciutti, il suo tono iniziò a schernirlo, e Amabelle sparì del tutto dalla scena, come se non ci fosse mai stata.

Mirren si irrigidì, e si allontanò dal migliore amico, nervoso dalla piega che stavano prendendo gli eventi, e con il nodo allo stomaco che si faceva sempre più fastidioso.

-Ehi, Mirr, non mi farai scegliere, vero?- gli chiese Felix, con occhi da cucciolo.

-Cosa?- dalla bocca di Mirren non uscì che un rantolo a malapena udibile, mentre veniva trasportato in una sala piena di schermi, che trasmettevano tutti la stessa scena, ovvero Felix che baciava Melany dentro il café della galleria d’arte.

Mirren si chiuse gli occhi, non voleva più vedere quella scena terrificante, ma nonostante i suoi sforzi, l’immagine sembrava stampata nella sua mente.

-Su, Mirren, lo sapevi da subito che questo giorno sarebbe arrivato- l’inconfondibile voce di Felix era ancora al suo fianco, e sentì una presa fastidiosa prendergli i polsi e togliergli le mani da davanti al viso, in modo da mostrargli gli schermi.

Scosse la testa, non voleva credere a ciò che aveva visto, non voleva neanche per un secondo pensare che Felix volesse…

-Sei l’unica ragazza che io abbia mai amato- uno degli schermi cambiò scena, portandolo ad un primo piano di Felix che ammetteva i suoi sentimenti alla sua ex ragazza. I suoi occhi erano lontani, ma esprimevano un grandissimo amore.

Distolse lo sguardo, puntandolo su un altro schermo, che questa volta ritraeva Felix in lacrime davanti ad un film e con un vascone di gelato davanti a lui. Era un mese dopo la sua rottura con Melany.

-Non credo che riuscirò mai a riprendermi, Mirren. Melany era tutto il mio mondo! Darei qualsiasi cosa per tornare da lei!- 

-No, voglio svegliarmi!- esclamò Mirren, cercando di uscire da quell’incubo. Era sicuramente un sogno, e lui era un onironauta abbastanza esperto dopo tutta la pratica che aveva avuto negli ultimi mesi. Poteva uscire.

-Non puoi svegliarti dalla realtà, Mirren. Prima te ne rendi conto, meglio sarà per te- gli suggerì il Felix accanto a lui, che lo teneva fermo e il cui freddo tocco era terribilmente fastidioso.

Mirren non voleva crederci, non voleva che il sogno ad occhi aperti delle ultime settimane fosse giunto al capolinea. Ci aveva sperato troppo, non poteva lasciare Felix proprio adesso.

-Tsk, vuoi tenerlo legato a te? Così diventerai peggio di Melany- gli fece notare il finto Felix, girandogli la testa verso un ennesimo schermo, questa volta ritraente Melany, che l’aveva raggiunto in biblioteca pochi giorni prima della sua rottura con Felix, con aria combattiva.

-Senti, non mi interessa se siete migliori amici, non mi piace che tu giri sempre intorno a Felix, quindi o gli stai lontano tu, o ti farò allontanare io! Sono la sua ragazza, sono io la persona più importante per lui!- l’aveva minacciato, con occhi che mandavano scintille.

-Se un giorno lascerò Felix sarà solo se lui vorrà allontanarmi, non lo farò per te- aveva risposto Mirren, impassibile, prima di prendere i libri ed andarsene.

-Ehi, non puoi scappare così, non ho ancora finito!- Melany provò ad inseguirlo, ma l’immagine mutò, e tornò a Melany e Felix del presente, che si guardavano e si baciavano. Felix non aveva fatto nulla per fermarla.

-Perché mi fai questo?!- chiese Mirren al Felix del sogno, che lo guardava malevolmente divertito.

-Per aiutarti, Mirren. Hai sempre voluto essere solo mio amico, forse è meglio se fai un passo indietro visto che al momento è tornata Melany- spiegò, dandogli qualche anaffettiva pacca sulla spalla.

-Ma io… ti amo- sussurrò Mirren, distrutto.

-Lo so, ma pensi davvero che io, una persona così incredibilmente speciale, possa mai amarti tanto quanto mi ami tu? Andiamo…- il finto Felix indicò uno schermo, che tornò alla discussione in biblioteca, a qualche momento dopo la precedente discussione.

-Diamine, che cosa vuoi?!- Mirren si girò verso Melany, guardandola seccato.

-So che pensi che io sia senza cuore e super gelosa a chiederti questo, ma la verità è che non lo sto facendo per me, ma per Felix- Melany assunse un tono conciliante.

-No, no, questa conversazione no. Tutto ma non questa conversazione- il vero Mirren scosse la testa, ma il finto Felix lo tenne ancorato sul posto. Non riusciva proprio a muoversi o prendere il controllo della situazione.

-Ah, sì, per Felix? Agisci alle sue spalle parlando con il suo migliore amico e chiedendogli di allontanarsi da lui, tutto per Felix? Ma fammi il piacere- il Mirren dello schermo alzò gli occhi al cielo e provò ad andarsene, ma Melany continuò.

-Perché pensi che sia tuo amico?- 

Mirren si fermò di scatto.

-Perché pensi che uno come Felix, che potrebbe avere tutto il mondo ai suoi piedi, centinaia di amici, ed essere il ragazzo più popolare della scuola, rinunci ad un sacco di occasioni per stare con te? Un secchione completamente asociale che gli propone musei, compiti e lo guarda storto ogni volta che prova ad andare ad una festa?- continuò la ragazza. Il cuore di entrambi i Mirren iniziò a battere forte.

-Non lo guardo storto, sono solo preoccupato che beva molto, e non l’ho mai obbligato a…- provò a difendersi, ma Melany non aveva finito. Scosse la testa.

-Forse non esplicitamente, ma sappiamo entrambi che fa sempre tutto quello che gli dici, ti sta accanto come un cagnolino, e lo fa solo perché è troppo buono per lasciarti solo. Se tu non avessi lui, non avresti nessuno, e Felix lo sa, per questo non ti lascia, anche se, lo sappiamo entrambi, starebbe solo meglio senza di te- continuò il monologo da cattiva.

Il Mirren del presente scosse la testa.

-Non sono più un diciottenne spaventato e insicuro. Felix mi vuole bene davvero- provò a convincersi, cercando di combattere i quasi letterali demoni del suo passato.

-Sicuro? O magari voglio solo credere di volerti bene, per aggrapparmi ad una certezza, un po’ come fai tu con me. Mi blocchi da sempre. Vivo con i miei a ventisei anni solo per starti vicino, non ho molti amici all’infuori della Corona Crew. A volte mi chiedo se non fosse stato meglio per me scegliere lei, invece di te. Magari adesso sarei in giro per il mondo a fare arte. Non ti senti un po’ in colpa?- il Felix accanto a lui bloccò lo schermo con un gesto della mano e parlò al posto di Melany.

Mirren scosse la testa.

-È solo una mia suggestione, è un sogno- si disse, cercando di calmarsi.

-Beh, i tuoi sogni sono sempre abbastanza reali- gli fece notare Felix, indicando i vari schermi che avevano iniziato a mostrare un sacco di scene del passato, del presente, e ipotetici futuri che però Mirren non riusciva a capire bene.

Non sapeva che altro dire.

Si sentiva lo stesso ragazzo di otto anni prima, pieno di dubbi, domande e incertezze.

E tutto per quel bacio a cui aveva assistito.

Uno schermo in particolare attirò la sua attenzione. Nello schermo c’era Felix, incerto, molto nervoso, che si torturava le mani.

-Mirren, dovremmo parlare- 

Era nel presente, forse un po’ più grande di adesso.

Sicuramente un futuro molto prossimo.

-Di cosa, Felix?- chiese il Mirren dello schermo, distrattamente, quasi un po’ irritato.

-Di noi, forse non è stata una buona idea metterci insieme romanticamente. Io ti voglio bene, tantissimo, ma credo di aver frainteso i miei sentimenti- 

Dallo schermo accanto, Mirren vide Melany che urlava contro Felix in mensa, dopo che lui l’aveva lasciata.

-Certo, vai dal tuo padroncino come il cagnolino fedele che sei! Ma poi non lamentarti se tra dieci anni ti sveglierai fermo a come sei adesso, a lucidare le scarpe del vero manipolatore che ami tanto!- 

-Mi sento come bloccato, Mirr, non saprei dirti il perché, ma forse è meglio se per un po’ proviamo a prendere altre strade- continuò il Felix del futuro.

-Sei felice, adesso, Mirren? Hai il tuo schiavetto tutto per te, vi auguro un bel matrimonio sfarzoso e tossico!- urlò Melany rivolta verso di lui, guardandolo dritto negli occhi dal suo schermo.

-Voglio che restiamo amici, ma forse siamo un po’ troppo codipendenti, e mi sembra di non riuscire ad essere del tutto libero- anche il Felix dello schermo si voltò verso di lui.

Il cuore di Mirren non poteva spezzarsi più di così.

-Basta…- 

-Ti sto solo mostrando la realtà, Mirren- gli fece presente il Felix ancora accanto a lui.

-BASTA!- gridò Mirren con tutto il fiato che aveva in corpo, spezzando gli schermi, scansando la presa sempre più invadente di Felix, e acquistando abbastanza mobilità  e controllo da allontanarsi il più possibile da quella situazione.

Si svegliò pochi istanti dopo, di scatto, anticipando di un paio di minuti il suono della sveglia, e si mise a sedere respirando a fatica, sentendo le guance umide.

Asciugò il fretta le lacrime, e cercò di regolare il battito del suo cuore.

Era solo un sogno.

…ma tutto ciò che aveva udito era impresso a fuoco nella sua mente.

 

Sabato 10 Agosto

Neanche Felix aveva dormito granché quella notte, troppo intento a pensare a cosa dire e a sperare di riuscire a chiarirsi con Mirren prima di andare a lavoro. Per fortuna il sabato entrambi iniziavano in tarda mattinata, ma comunque chissà quanto ci avrebbero messo a discutere attentamente della questione Melany.

Più Felix pensava a quello che era successo, più si sentiva in colpa, e infastidito, e in colpa… sì, davvero tanto in colpa. Era stato poco attento, e forse Melany aveva ragione a pensare che l’avesse in qualche modo incoraggiata inconsapevolmente. Doveva iniziare a regolare le sue interazioni ora che era impegnato.

Ma comunque Felix voleva essere ottimista e credere che Mirren avrebbe capito. Lo conosceva, sapeva che a volte era impulsivo, sicuramente ci avrebbero messo una pietra sopra e tutto sarebbe andato bene.

Era ancora molto presto per i suoi standard quando si avvicinò alla porta e bussò un po’ tremante, ma era certo che Mirren fosse sveglio. Anche perché sentiva distintamente il dolce suono del pianoforte del soggiorno.

Ecco, questo era un po’ strano in effetti. Mirren non suonava di prima mattina, di solito. Non voleva disturbare, e poi non avrebbe avuto tempo, dato che programmava la sua mattinata in maniera molto precisa e schematica, da grande abitudinario qual era.

Felix però non ci fece troppo caso, dato che aveva pensieri più ingombranti per la testa, tipo come introdurre l’argomento.

“Allora, Mirren, ti devo parlare. Tranquillo, non è niente di grave…” no, no, meglio un approccio più soft… “Mirr, ciao come stai? Avrei una cosa da dirti, una cosa da nulla, di cui non devi preoccuparti perché appartiene al passato e anzi probabilmente è meglio non dirtela…” nah, doveva affrontare la situazione, perché se cominciavano già con i segreti non sarebbero mai durati come coppia. E Felix voleva passare il resto della sua vita con Mirren, quindi gli avrebbe detto la verità.

“Mirren, abbiamo qualche ora prima di andare a lavoro e voglio dirti qualcosa, che non cambierà niente ma che è meglio dire…” 

La preparazione mentale (che obiettivamente forse Felix avrebbe dovuto fare prima) venne interrotta quando la porta si aprì, mostrando una stanca Petra ancora in pigiama, che guardò storto Felix con odio più marcato del solito.

-Che ci fai qui? Che vuoi?- chiese, bloccando la porta.

-Buongiorno Petra, sono qui per parlare con Mirren, ci siamo organizzati per vederci prima di andare a lavoro- spiegò, senza capire l’astio, ma comunque con troppi pensieri per la testa per pensare anche a Petra.

Sentì la musica in soggiorno fermarsi.

-Vi siete organizzati, sicuro? Non so se sia il caso che…- Petra provò a chiudergli la porta in faccia, ma Mirren la fermò, tenendola aperta.

-Sei arrivato presto. Entra- lo accolse, in tono impassibile.

Felix iniziò a sentire uno strano fastidio nel petto, ma cercò di non pensarci, e seguì il proprio ragazzo su per le scale, diretto in camera sua, dopo aver superato una irritata Petra, che lo guardò storto fino ad essere fuori dalla portata di vista, e poi decise di approfittare del momento per portare Lottie fuori in giardino a fare una passeggiata. Non voleva assistere alla probabile esplosione che sarebbe avvenuta in casa di lì a poco.

Felix, però, non si aspettava una grossa esplosione, perché non aveva motivo di credere che qualcuno lo avesse visto in compagnia di Melany, ed era certo che se fosse riuscito a spiegarsi in fretta, non sarebbe successo nulla di grave.

…che dire, il ragazzo è ottimista.

Una volta chiusa la porta dietro di sé, però, l’ottimismo iniziò a scemare.

Mirren era a braccia incrociate, e lo guardava completamente impassibile, aspettando che parlasse.

-Eccezionale il notturno di Chopin- esordì, riferendosi alla melodia suonata al pianoforte poco prima.

Mirren accennò un sorrisino, che però non gli arrivò agli occhi.

-Grazie- disse semplicemente, continuando ad aspettare che Felix dicesse quello per cui era venuto.

-Uh… come stai?- chiese Felix, cercando di ritardare la confessione con lunghi convenevoli.

-Non ho dormito molto- ammise Mirren, senza guardarlo, e indurendo lo sguardo.

-Ow, mi dispiace, qualche incubo?- chiese, sinceramente preoccupato per lui. Aveva sempre avuto problemi di sonno, ma da un po’ di tempo a questa parte sembrava stare molto meglio.

Mirren alzò le spalle.

-Niente di che- evitò l’argomento, sempre senza guardarlo negli occhi.

Felix capì che se non avesse introdotto l’argomento ora non l’avrebbe mai fatto. E poi chissà, magari Mirren, con i suoi magici poteri onirici, aveva in qualche modo capito tutto e rimandare poteva solo nuocere alla loro relazione.

-Beh… senti, Mirren, ti devo parlare di una cosa. Non è una cosa semplicissima da dire, ma devo farlo, mi sembra giusto nei tuoi confronti…- cominciò, pentendosi di ogni parola utilizzata. Diamine, avrebbe dovuto scriversi il discorso, o almeno ragionarci meglio. Perché tendeva sempre a procrastinare?!

-Non serve che tu dica niente. So già che vuoi dirmi- lo interruppe Mirren, stringendo maggiormente le braccia al petto.

Il cuore di Felix perse un battito, poi iniziò ad aumentare di velocità.

In che senso Mirren lo sapeva? Qualcuno aveva visto lui e Melany e glielo aveva detto? Felix non si era accorto di nessuno, possibile che Amabelle lo avesse stalkerato? Ma poi come mai lo avrebbe detto a Mirren quando era ovvio che rischiava di allontanarli. Neanche Amabelle era così stupida da fare la spia a Mirren. Forse era stata Petra? Per questo lo guardava storto? Aveva senso! E ora che faceva? Spiegava meglio? Si scusava? Quanto sapeva Mirren?

Cercò di calmarsi con un profondo respiro mentale. Nei film quando c’erano situazioni di questo genere di solito quello che diceva “so già che vuoi dirmi” intendeva tutt’altro e si creavano fraintendimenti. Era meglio mettere le cose in chiaro.

-No, Mirren, non penso che tu lo sappia. Quindi permetti che te lo dica io di persona…- provò a prendere nuovamente coraggio per fare la conversazione, ma Mirren lo interruppe un’altra volta.

-Melany, giusto?- chiese, in un sussurro.

Questa volta Felix fu convinto che il suo cuore smettesse di battere del tutto, e fu certo di essere morto per un po’. Niente attacchi, niente ansia, solo morte pura per il terrore di quello che Mirren gli aveva appena detto.

Quindi era vero, lo sapeva…

Ma cosa, quanto, chi glielo aveva detto?

-Come… come lo hai scoperto?- chiese, incerto.

-Ha importanza, non credo cambi ciò che vuoi dirmi- obiettò Mirren, stringendo i denti.

In effetti non cambiava quello che voleva dirgli, ma metteva tutta la faccenda sotto un altra luce. Ora doveva giustificare di non averglielo detto prima, e Mirren aveva avuto il tempo di farsi dei film, e chissà cosa sapeva! Magari aveva frainteso tutto come Melany.

-No, non cambia, ma vorrei saperlo per capire un attimo come regolarmi, quanto ti devo spiegare. Chi te l’ha detto?- indagò, un po’ preoccupato, e continuando a scegliere parole pessime a causa della sua ansia crescente.

-Nessuno, vi ho visti- rispose Mirren, con semplicità.

Okay, bene, Felix era morto senza possibilità di risorgere, ormai. Un conto era che Petra glielo avesse detto, ma l’immagine di Mirren che li vedeva di persona e non diceva nulla era profondamente sbagliata, ai suoi occhi. Il senso di colpa si fece ancora più forte di quanto già non fosse.

-Quanto hai visto?- continuò a chiedere, con sempre meno voce.

-Abbastanza- Mirren abbassò lo sguardo, come se stesse cercando di cancellare un’immagine dalla sua mente.

Felix cercò di ricapitolare come fossero andate le cose. Allora, avevano parlato tranquilli per la maggior parte del tempo, poi c’era stato quello scherzetto di Melany, e alla fine lui le aveva urlato contro. Era impossibile che Mirren avesse visto solo i pochissimi secondi fraintendibili. E se anche li avesse visti non poteva essersi perso la sfuriata che ne era conseguita.

Quindi, magari, sapeva davvero quello che Felix voleva dirgli.

-Quindi… sai perché sono qui- borbottò, un po’ incerto.

-Già, non preoccuparti, Felix, non sono arrabbiato- lo rassicurò Mirren.

Oh… 

Oh! 

OHHHHHH! 

Per un attimo Felix si era preoccupato. Ma se Mirren diceva di non essere arrabbiato, probabilmente aveva capito perché Felix avesse fatto quello che aveva fatto. Lo conosceva benissimo, dopotutto, era più che probabile.

Sospirò, rasserenato.

-Che sollievo. Quindi tutto apposto?- chiese, per essere sicuro.

Mirren accennò un sorrisino, e annuì leggermente.

-Tutto apposto- lo rassicurò.

Felix sentiva che c’era ancora qualcosa che non andava, ma si concesse di tornare ottimista.

-Insomma, mi dispiace, davvero, per quello che ho fatto, dovevo dirtelo prima, che l’avrei incontrata- decise comunque di non lasciare conti in sospeso.

-Sì, sarebbe stato più corretto- gli diede man forte Mirren.

-Ma come sempre ti riveli il migliore del mondo, super comprensivo. Non so che ho fatto per meritarti!- se lo lisciò, sentendo un peso iniziare a liberarsi dalla sua psiche, anche se non del tutto.

Mirren, infatti, continuava a non guardarlo, a stargli lontano, e aveva distrattamente iniziato a sistemare qualche documento sulla scrivania, dandogli le spalle.

-Figurati. Mi conosci, lo sai che ti lascio libero. Onestamente, è durata più di quanto pensassi- 

…aspetta, cosa?

-A che ti riferisci?- chiese Felix, sentendo tutto il peso tornargli nel cuore.

Qualcosa non quadrava.

-A noi, siamo durati più di quanto pensassi, ma è una fortuna lasciarci presto, e con civiltà. Almeno riusciamo a restare amici come prima- spiegò Mirren.

Prima ho usato la metafora che il cuore di Felix si fermasse per l’ansia e la preoccupazione che Mirren potesse fraintendere quello che c’era stato tra lui e Melany. Ma non era assolutamente nulla in confronto a quello che sentì nel petto quando Mirren pronunciò quelle parole.

Sentì le gambe farsi molli, il respiro affannato, mentre l’aria gli mancava dai polmoni, e la terra da sotto i piedi.

Come se fosse risucchiato dentro un buco nero.

-C_cosa?- sussurrò, con il poco fiato rimasto, sperando con tutto il cuore di aver capito male.

-Ad essere onesto quando ci siamo messi insieme speravo ti stancassi di me molto prima. Beh, non importa, ormai è andata, tutto tranquillo, tutto risolto, forse è il caso che entrambi andiamo a lavoro adesso. Ci metto un po’ in bici- il tono di Mirren, sempre inafferrabile, aveva chiare tracce di congedo, continuava a sistemare i documenti senza neanche guardarlo in faccia. Felix era certo di essere appena stato trasportato dentro un incubo. Doveva essere un incubo, non poteva essere la verità.

Ma in quale incubo il dolore emotivo e fisico era così forte?

-Aspetta, Mirren, aspetta! Credo che tu abbia frainteso qualcosa, non mi sono… non mi sono stancato di… io non…- provò ad obiettare, avvicinandosi di qualche passo e sollevando una mano verso di lui.

Mirren scosse la testa, e lo interruppe subito.

-Non c’è bisogno di fingere per me, Felix. Sto bene, non mi interessa quello che fai, con chi ti vedi, eccetera- insistette, in tono più fermo, alto, e allo stesso tempo… forse un po’ tremante? Felix era troppo agitato per rendersi conto di tutte le sfumature nella voce del suo ragazzo… ex-ragazzo… no, ragazzo!

-Aspetta un momento, Mirren! Perché pensi che io finga… io non fingo! Se sei arrabbiato per quello che è successo ti capisco, ma non…- Felix azzardò qualche altro passo, Mirren non si mosse -non…- “Non lasciarmi, Mirren, ti prego! Ti prego non lasciarmi!” -…non evitare il mio sguardo!- mentre la paura lasciava posto ad una rabbia dettata dal panico, Felix fece l’ultimo passo che lo separava da Mirren, lo prese per un braccio, e lo voltò verso di sé, per guardarlo negli occhi, e cercare di capire cosa gli passasse per la testa.

Gli si parò davanti uno spettacolo che sperava non avrebbe visto in tempi brevi. Una visione che gli fece venire i brividi lungo tutta la spina dorsale.

Perché gli occhi di Mirren erano rossi, stanchi, e sommersi dalle lacrime. E Felix fece appena in tempo a notarlo, prima che lui si liberasse con forza il braccio per dargli nuovamente le spalle.

E fu questo gesto a sconvolgere Felix, più di tutto il resto.

E già le lacrime erano abbastanza sconvolgenti. Perché Mirren non piangeva quasi mai. Le uniche volte in cui Felix l’aveva visto piangere erano state quando gli era stata comunicata la morte di nonna Rea, e quando Fallon era passata oltre. Non aveva versato lacrime ai funerali, non piangeva se succedeva qualcosa di brutto, e certo non avrebbe mai pianto per Felix.

E invece eccolo lì, in lacrime mentre lo stava lasciando, e la cosa peggiore era che non voleva che Felix lo vedesse. Cercava di allontanarsi da lui. Lui, che era sempre stato l’unico a potersi avvicinare.

-Mirren, Mirren ti prego ascoltami- doveva risolvere la situazione, doveva necessariamente chiarire il malinteso, non voleva farlo stare così male. Non poteva fisicamente reggerlo.

-No, Felix! Ti prego va via!- Mirren alzò la voce, e si prese il volto tra le mani, subito dopo aver indicato la porta alle sue spalle.

Ma Felix non aveva la minima intenzione di andarsene. Non avrebbe mai potuto abbandonarlo così.

-No, Mirren, io non me ne vado finché non mi permetti di spiegarmi- si impose, non avvicinandosi troppo perché comunque rispettava i suoi spazi, ma deciso a fargli capire che, da sempre e per sempre, sarebbe stato la sua massima priorità.

-Non c’è niente da spiegarmi, okay?! Vi ho visti! Ho visto come la guardi! È l’unica ragazza che tu abbia mai amato, non l’hai respinta, e non ti chiedo di scegliere! Solo, lasciami solo, ti prego!- gli supplicò, dando prova di aver frainteso completamente la situazione.

Cavolo, eppure Felix conosceva i cliché! Doveva spiegarsi dal principio e non dare nulla per scontato. La prossima volta avrebbe detto chiaro e tondo che…

-Non amo più Melany! L’ho respinta subito dopo! Mi ha colto nel mezzo di un attacco, e qualsiasi sguardo innamorato stessi facendo, non era di certo rivolto a lei, ma a te. Perché era a te che stavo pensando in quel momento. È a te che penso sempre. Sei tu l’unico grande amore della mia vita!- gli urlò contro, quasi con violenza, ma cercando di trasmettergli tutto quello che provava per lui.

Mirren sobbalzò vistosamente, tolse appena le mani dal viso, e lanciò una breve occhiata incredula in direzione di Felix.

-Cosa?- chiese, sconvolto, e leggermente rosso in volto. Felix non avrebbe saputo dire se a causa delle lacrime o per altro.

Beh, non era il momento di trattenersi.

Si avvicinò, e gli si parò davanti, cercando il suo sguardo.

-Onestamente, sono un po’ offeso che tu pensi che dopo tutto quello che ho fatto per stare con te, io possa lasciarti andare, o tornare con Melany. Sul serio, con Melany? Ti ho già scelto una volta, e noi due non stavamo insieme, pensi che ora che finalmente ho ottenuto tutto ciò che ho sempre desiderato io possa buttarlo via per scegliere Melany?- Felix era a tratti infastidito. Dove gli era uscita a Mirren l’idea che lui potesse volerlo lasciare. Va bene che la scena che aveva visto era fraintendibile, ma insomma, era chiaro che fosse innamorato perso di Mirren.

Mirren non era dello stesso avviso.

Scosse la testa, e seppellì nuovamente il volto tra le mani.

-Felix, non capisci. Non puoi dirmi queste cose…- borbottò, molto tra sé.

-Non posso dirti la verità? Pensavo fosse la base di una relazione- rispose Felix incredulo.

-Non è la verità. Tu pensi che sia la verità, ma prima o poi ti stancherai di me, ed è meglio che ci allontaniamo prima, ti prego. Non posso continuare a sperare che tu ricambi i miei sentimenti quando so perfettamente che non potrai mai amarmi quanto ti amo io. Quando so che un giorno andrai avanti mentre io resterò indietro, per sempre innamorato di te, più di quanto tu possa immaginare- Mirren era fermo sulle sue idee.

E Felix capì che non era questione di Melany. Melany era stata solo la ciliegina sulla torta di dubbi che probabilmente si portava appresso da quando avevano iniziato ad uscire insieme, forse addirittura da prima, e che ora, finalmente, erano usciti alla luce.

-Perché pensi che ti abbandonerò? Io…-

-Perché lo fanno sempre tutti! Tutti i tutori, le tate, le matrigne. Mia nonna, mia madre, mi hanno abbandonato tutti, e non li biasimo! Chi potrebbe mai amare una persona come me?! Se mio padre e mia sorella non fossero obbligati a starmi accanto, anche loro andrebbero via, come tutti quanti, come te, un giorno. E non posso avvicinarmi ancora e rischiare di rimanere ferito, ho troppa paura- Mirren sbottò, le parole a malapena comprensibili per quanto spezzato fosse il suo tono, le lacrime sempre più presenti nel suo volto. Cercava di trattenersi con tutte le sue forze, ma la maschera che si stava costruendo intorno non nascondeva i suoi veri sentimenti.

-Mirren, calmati, ci conosciamo da vent’anni, perché mai dovrei…- provò ad obiettare Felix, cercando di fargli rendere conto che stava dicendo sciocchezze, e provando a mettergli le mani sulle spalle per confortarlo. Ma Mirren lo interruppe di nuovo, scuotendo la testa più forte e allontanandosi di un passo.

-Perché sei troppo buono! Perché provi pena per me. Ma io ti blocco, ti tappo le ali, se non fosse per me saresti da qualche parte in Europa a vendere i tuoi quadri con qualcuno che ami davvero e che ti rende felice invece sei fermo a Harriswood con me, perché sei troppo buono per allontanarmi come avresti dovuto fare anni fa. Avresti dovuto scegliere Melany fin dall’inizio! E un giorno te ne accorgerai, ed è meglio per me che quel giorno sia il prima possibile- gli buttò contro tutte le insicurezze che aveva da anni, e che erano riaffiorate triggerate da uno stupido bacio insignificante.

Felix rimase congelato per un attimo.

Gli tornarono in mente le parole di Melany.

“Continui e rimanere fermo sul posto! Stai buttando la tua vita e il tuo talento, Felix!”

Per un istante, un singolo istante, pensò a come sarebbe effettivamente stata la sua vita senza Mirren.

E la prospettiva fu agghiacciante. Troppo per pensarci più di un solo istante.

-Mirren, mi conosci molto bene, ma qui hai preso un granchio gigantesco- disse in tono fermo, preparandosi a fare un lungo discorso per chiarire una volta per tutte a Mirren cosa significava davvero per lui.

-Io non sono tuo amico perché mi fai pena, io non sono tuo amico perché mi manipoli emotivamente. Non sono tuo amico perché è un’abitudine. Io sono tuo amico perché sei la persona più importante della mia vita, perché ti amo da impazzire, e perché non ho intenzione di passare la mia vita senza di te. Sei libero di lasciarmi se non mi ami, sei libero di odiarmi perché non ti ho detto che avrei preso un caffè con Melany, e sei libero di arrabbiarti perché le ho permesso di baciarmi. Ma mettiamo in chiaro una cosa. Non so quello che tu provi per me, tu non sai quello che io provo per te, ma io sì, e per te provo soltanto un profondo amore, una grandissima amicizia, stima e affetto infinito. Non mi sono mai sentito bloccato da te. Al massimo sei la mia voce della ragione. Sei il motivo per cui ho continuato gli studi, e quelli per cui vado a dormire e mi sveglio sempre con il sorriso. E se mai ti dovessi abbandonare, sarà solo una tua scelta, non una mia. Non so cosa tu credi che sia successo con Melany al liceo, ma non ho scelto te perché non mi avevi chiesto di scegliere. Ho scelto te perché sei sempre stato al primo posto. E perché per quanto amassi Melany, non poteva competere con il vero grande amore della mia vita- gli aprì il suo cuore sperando di riuscire a trasmettere tutto quello che provava per lui. I suoi occhi si fecero lucidi e iniziò a piangere a sua volta, ma non perse il sorriso, mentre la maschera di ferro che Mirren provava ad ostentare si spezzava un pezzo dietro l’altro.

-Ma…- provò ad obiettare, senza fiato e senza sapere esattamente cosa dire.

-Niente ma, Mirren. Capisco che tu voglia fare l’altruista e lasciarmi libero, ma lasciami libero di scegliere te! Non chiudermi la porta in faccia assumendo i miei sentimenti- gli fece notare che, sebbene scusato in parte dal trauma, il suo atteggiamento non teneva particolarmente in conto l’opinione di Felix, e per qualche secondo Mirren fu preso in contropiede, mentre la consapevolezza si faceva largo nel suo cervello.

-Tu… mi ami davvero?- sussurrò, poi, come se non riuscisse a crederci neanche lui.

-Ovviamente? Ti piace seguire la logica, Mirr, guarda i fatti. Se non ti amassi con tutto il cuore pensi che ti avrei aspettato per quindici anni? Eddai!- il tono iniziò a farsi più leggero, mentre gli occhi di Mirren si asciugavano e Felix sentiva che finalmente i malintesi iniziavano ad essere chiariti.

-Pensavo che adesso che hai visto com’è stare insieme a me, non…- Mirren però era ancora incerto, e su torturava le mani nervosamente, con sempre meno argomentazioni e con la voce che recuperava vitalità.

-…Non sono mai stato meglio in vita mia, Mirren! Ho meno attacchi, sono sceso a una sigaretta ogni due giorni… tranne ieri che ne ho prese due perché ero troppo nervoso per oggi, e la mia vita è un sogno! Non voglio fama, non voglio sfarzo, o fortuna, o soldi. Voglio soltanto te, e un lavoro nell’arte, che tra parentesi ho ottenuto e che sto amando alla follia!- Felix azzardò nuovamente a mettere le mani sulle spalle di Mirren, che questa volta non si ritirò, anzi sembro rilassarsi al suo tocco.

-Ti basto?- chiese, incredulo.

-Non desidero altro… ed io, ti basto?- Felix rigirò la domanda, un po’ dubbioso.

Mirren accennò un sorrisino, i suoi occhi tornarono a farsi lucidi, ma non erano lacrime amare.

-Sei un sogno che si avvera- sussurrò, prima di gettargli le braccia al collo, cogliendolo completamente di sorpresa e rischiando di farlo cadere a terra.

-Mi dispiace, Felix- sussurrò poi, con voce ancora impastata senza rendere chiaro esattamente per cosa si stesse scusando, se per le lacrime, il crollo emotivo, o l’aver provato a lasciarlo.

-È a me che dispiace per non averti detto subito che Melany mi aveva contattato- Felix rigirò la frittata, accarezzandogli i capelli con cautela. Erano più lisci di quanto si sarebbe aspettato, wow!

-Credo di essere sceso a conclusioni affrettate. Potresti spiegarmi esattamente cosa è successo con Melany?- chiese Mirren, cercando di recuperare la compostezza e provando ad avere una visione d’insieme.

Felix lo lasciò, e iniziò a spiegargli.

Gli raccontò per filo e per segno ogni singola cosa che si erano detti, anche se tralasciò parecchio i dettagli su quel ba… ew, quella roba, e rimarcò particolarmente il modo in cui le aveva sbottato contro, facendolo sorridere soddisfatto tra sé.

Mirren gli raccontò del sogno e dei dubbi che gli aveva procurato, e per la prima volta gli disse tutto ciò che Melany gli aveva detto alle sue spalle, al liceo. Felix iniziò a chiedersi come potesse essere stato così cieco alla sua manipolazione, e sperò davvero che non l’avrebbe mai più vista, almeno in tempi brevi.

Per tutta la spiegazione rimasero seduti sul letto di Mirren, ma non smisero per un attimo di sfiorarsi. Si tenevano la mano, o Felix accarezzava la spalla di Mirren, o Mirren giocava con i capelli di Felix. Il confronto che avevano avuto aveva scosso entrambi, ma li aveva anche appena aperti ulteriormente l’uno all’altro.

In qualche modo, la loro relazione era passata in un secondo livello. Non erano più incerti, avevano compiuto i primi passi, e finalmente Felix poteva affermare con assoluta certezza che fossero una coppia a tutti gli effetti, stabile, e sicura.

Non aveva mai visto Mirren così sereno, sollevato, libero da preoccupazioni.

E probabilmente sarebbero rimasti così tutto il giorno, a parlare, aprirsi ancora un po’, e stabilizzare ulteriormente la relazione, ma purtroppo entrambi dovevano andare a lavorare, di lì a breve.

-Cavolo! È tardissimo! Devo essere a lavoro tra venti minuti!- Mirren controllò l’orologio e si alzò di scatto da letto, con fare urgente.

-Ti accompagno in macchina!- si offrì Felix, immediatamente. Mirren gli sorrise, grato.

-Sarebbe molto comodo, grazie- ammise, accarezzandogli il braccio, e avviandosi alla porta.

-Potrei farlo ogni volta che dobbiamo lavorare entrambi, se vuoi. Alla fine i nostri lavori sono vicini- propose, speranzoso, seguendolo.

-Potremmo anche pranzare insieme se ti va- aggiunse Mirren, un po’ imbarazzato, ma con occhi brillanti.

-Sì! Sarebbe fantastico!- Felix fece un sorriso a tutto denti, scendendo le scale zompettando per la gioia.

Raggiunsero la macchina e si misero a sedere. 

Mentre Felix prendeva le chiavi, Mirren ruppe il leggero silenzio che si era venuto a creare nell’attesa.

-Felix, stiamo ancora insieme, vero?- chiese, un po’ incerto.

Felix ridacchiò. In effetti non l’avevano confermato, anche se a lui sembrava chiaro.

-Dipende, tu vuoi che stiamo insieme?- chiese, sporgendosi verso di lui con fare ammiccante.

Con somma sorpresa di Felix, Mirren ricambiò lo sguardo, e rispose alla domanda eliminando le distanze tra loro e dandogli un dolce bacio sulle labbra, che lasciò Felix senza fiato.

-Diamine, non hai idea di quanto ti amo- sussurrò quando si separarono, mettendo in moto perché erano in ritardo ma deluso dal non poter restare ore intere a baciarlo.

-È reciproco, mio ragazzo- ribatté Mirren, molto più leggero, mettendosi comodo e preparandosi al lungo viaggio.

-Ah, anche io ho una domanda per te!- all’improvviso Felix si ricordò di una cosa che voleva chiedergli da quando aveva scoperto che Mirren aveva assistito a tutta la scena con Melany.

-Dimmi tutto- lo incoraggiò Mirren, curioso.

-Come mai ieri a pranzo sei venuto al café della galleria? Perché se mi dici che volevi farmi una sorpresa sono pronto a chiedere perdono in ginocchio per quello che ho fatto- chiese.

Mirren gli diede una pacca sulla spalla per rimproverarlo.

-Abbiamo già appurato che la colpa è stata di Melany, non tua, e comunque non ero lì per farti una sorpresa, ad essere onesto. Mi era arrivato un messaggio di Petra. Anche se quando sono arrivato non l’ho vista, e col senno di poi penso che la responsabile potrebbe essere…-

-…Amabelle- concluse Felix per lui, un po’ irritato.

-Già, vabbè, tutto bene ciò che finisce bene, alla fine- 

-Sì… suppongo di sì- 

Ma Felix sentì una forte rabbia crescere nella bocca dello stomaco.

Perché non riusciva a credere che Amabelle avesse chiamato Mirren sapendo quanto probabilmente avrebbe sofferto.

Poteva chiamare un poliziotto, un becchino, i vigili del fuoco, chiunque! Ma non Miirren!

Aveva davvero, davvero esagerato!

 

Denny negli ultimi giorni passava molto tempo al Corona da solo. Fino a poco tempo prima non si sarebbe mai approcciato al bar senza il suo gruppo di amici, ma doveva ammettere che nella sua autodichiarata “fase emo” dove faceva il ribelle, gli piaceva un po’ di solitudine.

…e aveva stretto un sacco amicizia con Sonja, che era un valore aggiunto.

Dopo la loro conversazione successiva alla serata più strana della vita di Denny, avevano iniziato a chiacchierare spesso sia di persona che per messaggio, e Denny era felice di aver trovato un’amica con cui poteva  riflettere ad alta voce sulla sua sessualità appena scoperta. Era rinfrancante e non gli metteva ansia. E poi Sonja in generale era fantastica! Gentile, simpatica e non indossava i tacchi, il ché la metteva sulla stessa altezza di Denny, altezza effettiva, dato che avevano esattamente la stessa identica altezza.

Quel pomeriggio non c’erano molte persone al bar, e Denny stava aspettando una torta al pistacchio da almeno venti minuti. Iniziava a chiedersi dove potesse essere finita.

E col senno di poi, forse avrebbe dovuto farsi i fatti propri, ma ultimamente era in vena esplorativa.

E poi non è che girare un po’ per il café fosse un gesto tanto inconsulto.

Si avvicinò leggermente alla cucina con l’intento di aspettare che qualcuno uscisse per chiedere informazioni, così, per curiosità, quando gli capitò di sentire un paio di parole vaganti in tedesco.

Purtroppo per Sonja, a cui appartenevano le parole pronunciate, Denny aveva studiato tedesco alle superiori, ed era sempre stato molto bravo. Abbastanza da riuscire a tradurle nella sua mente, e rimanere piuttosto spaesato.

-La mia relazione con Max non ti riguarda, zia!- 

…c’era qualcosa di strano in come quella frase era formulata, forse era un errore di traduzione?

Denny si avvicinò un po’ di più. In circostanze normali avrebbe evitato, soprattutto dopo quello che era successo l’ultima volta che aveva origliato una conversazione. Ma se parlavano di suo fratello, era davvero curioso di sentire. E poi se anche l’avessero beccato poteva tranquillamente attenersi ai piani di chiedere la sua torta e fingere di non conoscere una parola di tedesco.

-Credo che la tua relazione con un mio dipendente mi riguardi eccome, soprattutto se è basata su una vile menzogna. Come hai potuto fargli una cosa del genere?!- ribatté Roelke, sconvolta da qualsiasi cosa Sonja avesse fatto.

Doveva essere orribile per farla irritare così. Roelke era una tipa molto rilassata.

Ma Sonja non sembrava tipa da fare cose orribili. Se Denny adesso scopriva di aver fatto amicizia con un’altra spia in incognito era pronto a ritirarsi in un cottage solitario e non parlare mai più con nessuno in tutta la sua vita!

-Non l’ho fatto per lui! Nel senso… non volevo che andasse così! Non volevo ingannarlo!- provò a spiegarsi Sonja, in tono acuto. Sembrava davvero in difficoltà, e aveva abbassato la voce, ma Denny riuscì comunque a sentirla bene.

Ma quello che stava dicendo non aveva assolutamente nessun senso.

-Non voler fare qualcosa non ti giustifica quando poi la fai. Se stai solo giocando con lui ti consiglio vivamente di lasciarlo prima che le cose si mettano male- la minacciò la zia.

Sì, Denny stava sicuramente traducendo male.

O forse Roelke stava parlando con Manny, perché, mi dispiace informarvi, ragazze, ma Max sta insieme a lui, non a… un momento!

Un momento!

-Non sto giocando con lui! Non voglio ferirlo! Non volevo arrivare a questo punto, ma non so come… senti, zia, ci penso io! Ho la situazione sotto controllo- sebbene in tedesco, Denny sentì chiaramente un chiarissimo switch nel tono di voce di quella che sicuramente era Sonja, non Manny, ma che a metà frase non sembrò nessuno dei due, ma una giovane donna sicura di sé e abituata a comandare.

Chi diavolo era Sonja?! Cosa nascondeva?! Perché Denny finiva sempre per stringere amicizia con persone probabilmente pericolose?!

Sicuramente era colpa dell’influenza di Amabelle.

-Non usare quel tono con me. Ho avuto il tuo stesso insegnante di dizione, e ho passato la tua stessa identica situazione. Ma io non ho mentito a Kodie, gli ho detto chiaro e tondo delle mie origini- Roelke provò a farla ragionare, sempre più irritata.

-Non siamo uguali, zia! Io non ho intenzione di rinunciare alla corona per…- Sonja si interruppe di scatto, come se fosse in conflitto con sé stessa -…stanne fuori, è un avvertimento. Se dovessero venir fuori informazioni circa la mia identità sentirai dai miei legali- la minacciò, in tono difensivo. In realtà sembrava che si sentisse molto più minacciata lei rispetto alla zia, che infatti sospirò.

-Non hai molte strade, signorina. Devi fare una scelta: o gli dici la verità, o lo lasci prima che qualcuno si faccia male- la avvertì, in chiaro tono di congedo. Denny, che era rimasto congelato sul posto cercando di elaborare quello che aveva appena sentito, si affrettò a fingere di cercare una musica al jukebox per non dare a vedere di aver origliato, e pochi istanti dopo Roelke uscì dalla cucina con portamento rilassato e delle ordinazioni per altri tavoli, come se non fosse successo niente.

Sonja uscì qualche minuto dopo di lei, con guance leggermente arrossate e occhi stanchi.

Delle due quella che sembrava aver vinto moralmente la discussione era chiaramente Roelke.

Quando Sonja vide Denny, i suoi occhi si illuminarono.

-Hey, Denny! Ho il tuo garofano verde. Scusa se ci ho messo tanto- mostrò il piatto con la torta al pistacchio, e gli fece cenno di tornare al tavolo. Ma a Denny era passata la fame, e non riuscì a trattenersi dal guardare storto la ragazza.

-Che c’è? Va tutto bene?- chiese lei, confusa dall’espressione, poggiando il piatto sul tavolo e voltandosi poi verso di lui.

Denny raggiunse il proprio tavolo e si sedette con circospezione.

-In effetti c’è qualcosa che proprio non mi quadra- ammise, sperando di poter parlare con Sonja e fare chiarezza sulla conversazione che aveva sentito.

Sicuramente c’erano stati errori di traduzione. Magari si era perso passaggi che avrebbero reso chiaro tutto. Gli sembrava di avere un’equazione piena zeppa di lettere che non aveva idea di come sostituire, e provò, con ogni fibra del suo cuore provato da troppi tradimenti, a concedere a Sonja il beneficio del dubbio.

-Dimmi tutto, in realtà sono in vacanza, quindi se hai bisogno di parlare posso staccare- si offrì lei, molto aperta come sempre, sedendosi nel posto davanti al suo.

-Qual è la tua opinione sui matrimoni combinati?- chiese Denny, ricordando la conversazione che aveva origliato la settimana prima, alla serata film dove Max e Manny avevano parlato di matrimoni combinati e Danny era convinto, al 100%, che Manny avesse mentito quando aveva detto di non essere promesso sposo a qualcuno.

Rimase poi molto attento alla reazione di Sonja, che fu presa molto in contropiede da quella domanda, e distolse lo sguardo da Denny, decisamente in difficoltà, anche se stava cercando di non darlo a vedere.

-Che domanda strana. Perché me lo chiedi?- evitò la domanda.

Pessima mossa.

Denny si incupì ulteriormente.

-Ti piacciono i cosplay?- chiese, cambiando argomento, e cercando di sembrare naturale, mentre prendeva un pezzo di torta nonostante lo stomaco in subbuglio.

-Uh… non lo so. Potrebbero essere divertenti?- Sonja era sempre più confusa, ma meno preoccupata.

Pessimo segnale.

-Perché hai rifiutato Max quando lui ha confessato i suoi sentimenti?- chiese, tornando più sul personale, e abbassando la voce.

-Cosa?!- Sonja sobbalzò vistosamente sulla sedia, arrossendo, e fissando Denny sempre più confusa. Denny cercò di restare tranquillo, e rimase in silenzio aspettando che rispondesse e guardandola dritta negli occhi per metterla sotto pressione.

Lei distolse lo sguardo e scosse leggermente la testa.

-È complicato, non vorrei ammorbarti con i fatti miei- provò a sviare il discorso, accentuando l’accento tedesco.

Decisamente un pessimo indicatore.

Denny aveva abbastanza informazioni per gettare le carte in tavola (e io ho finito i sinonimi con “segnale”), così alla fine diede il tutto per tutto.

-Allora perché adesso ci stai insieme, Manny?- chiese, in tedesco, fissandola per non perdersi neanche una microespressione sul suo volto.

Le guance paonazze della ragazza sbiancarono di colpo, e si girò di scatto verso Denny, con lo sguardo di un animale in trappola, e la postura rigida di chi è pronto ad alzarsi per scappare da un momento all’altro.

Ma non lo fece, e i due ragazzi rimasero immobili e in silenzio per qualche secondo.

Poi Sonja abbassò lo sguardo, cedendo alla realtà dei fatti.

Era stata beccata, e non aveva senso negare l’evidenza. Sapeva che se anche adesso gli avesse mentito, Denny avrebbe scoperto la verità, prima o poi, e in ogni caso non voleva mentirgli.

Non ce la faceva più a mentire.

I suoi occhi si riempirono di lacrime.

-Posso spiegarti?- chiese, in tono quasi supplicante, come se sapesse perfettamente che Denny aveva ogni diritto di dire di no e andare dritto da Max a dirgli tutto, ma sperasse, con tutto il cuore, che almeno avrebbe avuto un po’ di tempo da dedicarle per ascoltare la sua storia.

-Non saprei, mi scaglierai contro i tuoi avvocati?- chiese Denny, acido.

-No, certo che no. Cioè, potrei, e vincerei, ma non lo farei mai- lo rassicurò, forse non scegliendo le parole migliori, ma con intenzioni chiaramente amichevoli.

Denny sospirò.

-Ci sono molte cose che non capisco. Ma mi prendo la libertà di andarmene in qualsiasi momento e rivelare tutto a mio fratello nel caso ci fosse qualcosa che non mi torna nella tua spiegazione. Non riesco a credere che tu gli abbia mentito per tutto questo tempo!- Denny voleva ancora concederle il beneficio del dubbio, perché lei l’aveva aiutato, consigliato e accettato quando era nel suo periodo più nero, ma suo fratello era la persona più importante per lui, e non credeva che avrebbe mai potuto perdonare qualcuno che lo aveva ingannato per mesi senza un motivo più che valido.

Sonja si guardò intorno.

-Possiamo parlarne in un posto più sicuro? Tu sto per raccontare qualcosa che legalmente non dovrei neanche pensare di rivelare, e se la stampa dovesse venire a saperlo sarebbe la fine- spiegò, sottovoce, facendo cenno a Denny di seguirla fuori dall’uscita sul retro.

Denny la seguì, ma iniziò a preoccuparsi.

Chi diavolo era Sonja?! 

Forse avrebbe davvero dovuto aspettare fermo e muto la sua torta al tavolo.

 

Per rispondere alla domanda di Denny, dobbiamo andare dall’altra parte del mondo, in Europa. Ma non in Germania, come tutti quelli che conoscevano Sonja pensavano fosse nata, ma in un piccolo paesino semi-sconosciuto, più precisamente ai confini della Germania. Più precisamente tra la Germania, i Paesi Bassi e il Belgio. Più precisamente un regno piccolo ma florido di nome Agaliria. Più precisamente una monarchia costituzionale dove i reggenti hanno molta voce in capitolo e grandi doveri. Più precisamente…

-Sonja, non ho tutto il giorno per questa storia. Vieni da Agaliria, quindi?-

-Eh, sì- 

-Bene, continua senza essere troppo prolissa per favore- 

Beh, in questo regno ci sono grandi tradizioni, dato che è un paese fondamentalmente conservatore. Ci sono molte leggi aperte e moderne, ma quelle che riguardano la famiglia reale sono abbastanza retrograde. Per esempio una principessa deve avere costantemente un abbigliamento appropriato al suo rango, deve essere istruita a casa dai migliori maestri, deve imparare le principali lingue europee per intrattenere rapporti con tutti i paesi confinanti, e non può girare se non accompagnata da una scorta. Ovviamente non può andare in luoghi pubblici di ritrovo, e non sia mai avere un lavoro part-time come cameriera in un bar, o altro, dato che deve sempre essere concentrata a pensare al futuro del suo popolo, visto che i regnanti hanno un grosso potete decisionale nonostante sia una monarchia generalmente costituzionale.

Al momento a regnare c’era il Re Manfred Krone, la cui moglie Cosette era deceduta cinque anni prima. La loro figlia, Veronika Krone, era l’unica erede e futura regina del regno.

-Aspetta… aspetta… aspetta! Sei una principessa?!-

-Non parlare così forte! Sono qui in segreto. Gli unici a saperlo sono mio padre, mia zia e il rettore dell’università… oh, e Gerda- 

-Gerda?!- 

-È la mia guardia del corpo personale. Mio padre me l’ha mandata per sicurezza- 

-Ecco perché è sempre appresso a te e Manny!- 

-Già-

Fin da quando era piccola, la principessa Veronika era cresciuta con due sicurezze inattaccabili:

1) Un giorno sarebbe diventata la regina;

2) Avrebbe sposato il duca Bastien Brosche.

I matrimoni combinati erano all’ordine del giorno nella famiglia reale, e non solo per una questione di tradizione, ma soprattutto perché entrambi i futuri re e regina dovevano avere un’ottima educazione in modo da guidare un giorno il popolo nella maniera migliore possibile.

Era un piccolo sacrificio da pagare per il bene del popolo, e ad ogni regnante veniva spiegato fin da piccolo che tutto ciò che aveva più degli altri bisognava compensarlo con duro lavoro e piccoli sacrifici, dato che erano solo rappresentanti, a servizio totale della comunità.

E poi, i precedenti non erano male. I genitori di Veronika si erano sposati tramite matrimonio combinato, così come i suoi nonni, e stavano bene, si amavano, o almeno avevano imparato ad amarsi.

La vita di Veronika, insomma, era completamente programmata, e procedeva tranquilla senza alcun problema si sorta. Almeno all’inizio.

Quando aveva sei anni, un terribile scandalo colpì la famiglia reale, quando la principessa Rosalie Krone, che all’epoca era appena maggiorenne, e che di lì a qualche anno avrebbe dovuto sposare un conte molto importante e ricco, si ribellò a questo matrimonio, tagliò i ponti con la famiglia reale, e sparì senza lasciare traccia, cambiando identità, venendo diseredata da suo padre e gettando ombra sulla famiglia reale.

-Roelke, vero?-

-Eh… beh…-

-Tranquilla, non lo dirò a nessuno. Cavolo chi l’avrebbe mai detto!-

-Eppure non è stata molto discreta, visto che ha chiamato il café “Corona”-

-Forshadowing!!!-

Visto il precedente provocato dalla zia, le restrizioni su Veronika si fecero molto più pressanti. Le era impedito di uscire dal palazzo, di conoscere gente, e di avere profili su qualsiasi forma di social media. La principessa non se ne lamentò, all’inizio, perché il palazzo era grande, e Eugenie Garten sempre accessibile, dato che nonostante fosse aperto al pubblico e più grande attrazione di Agaliria, era annesso al palazzo reale, e Veronika poteva passeggiare almeno lì, sebbene accompagnata da almeno una guardia del corpo.

Solo che… una volta cresciuta, anche l’enorme castello iniziò a diventare molto piccolo, e solitario. Veronika iniziò a sentirsi claustrofobica, e a desiderare di potere, almeno una volta, vedere il mondo esterno. Passare del tempo con persone della sua età, cercare di conoscere il suo promesso sposo, che aveva visto solo una volta quando era troppo piccola per ricordarselo.

Tutte queste sensazioni negative non fecero che aumentare quando sua madre si ammalò, il castello era sempre più silenzioso, e alla fine si fece completamente solitario, quando la regina, Cosette Krone, soccombette alla malattia.

Il mondo di Veronika le crollò addosso. Aveva diciassette anni, e doveva essere forte, dare l’esempio di una futura regina che sapeva superare gli imprevisti, ma non si era mai sentita così sola e disperata. Le mura del castello, che da sempre erano state un rifugio sicuro, iniziarono a rappresentare una gabbia dorata, dalla qualche Veronika aveva sempre più il desiderio di uscire.

Il suo fidanzato provò a rassicurarla, nelle due visite che fece in quel periodo, ma provocò in Veronika solo un profondo fastidio. Non era il principe azzurro che si aspettava e sperava. Era solo un ricco snob che non aveva la più pallida idea di come la sua futura sposa si sentisse e non sembrava neanche provare a capirla.

Alla fine, a diciotto anni, iniziò a travestirsi, e uscire di nascosto.

Conosceva il castello come il palmo della sua mano, e così anche tutti i suoi passaggi segreti, informazione segretissima che conoscevano solo i membri della famiglia reale.

-Ed ora io!- 

-Beh, non sai dove sono-

-…giusto-

Iniziò ad usare alcuni passaggi segreti per sgattaiolare in città senza guardie del corpo, travestita da uomo, per cercare di capire come fosse la vita reale, fuori dal castello.

Ed era… completamente diversa da ciò che i film, i cartoni e le serie tv le avevano rivelato.

In parte perché era abituata a cose americane e Agaliria era molto diversa. In parte perché la finzione non si avvicina mai, neanche lontanamente, alla realtà, al caos, alla vita che si respira quando si gira senza meta in un regno pittoresco e moderno.

Veronika iniziò ad uscire sempre più spesso, iniziò a conoscere qualcuno, si informò sulla situazione generale. Fu più rinfrancante di qualsiasi parola di conforto. Il suo regno le piaceva sempre di più, e non vedeva l’ora di diventarne regina, ma c’era un limite a quello che poteva fare lì, e al tempo che ci poteva passare.

E c’era un limite anche alle amicizie che poteva stringere. Non aveva casa, non aveva famiglia, il regno era piccolo, si sarebbero presto accorti che c’era qualcosa di strano in lei.

Alla fine, dopo qualche anno, quando il matrimonio si approcciava definitivamente, e con esso la fine delle sue ribelli scampagnate, prese coraggio e affrontò suo padre. Aveva ormai ventuno anni.

Rivelò delle sue scampagnate in giro per la città, e del suo desiderio di vedere il mondo. Ne uscì la peggiore lite che padre e figlia avevano avuto nella loro vita. Il re non riusciva a credere che la sua unica figlia, colei che era sempre stata un angelo, si stesse ribellando, ma Veronika aveva bisogno di una vita normale. Aveva bisogno di sentirsi una persona normale, per una volta. 

Il padre temeva però che assecondando questo suo desiderio, la ragazza sarebbe diventata come sua zia, e avrebbe abbandonato i doveri che ci si aspettava dalla futura regina di un regno. Ma Veronika sapeva di non poterselo permettere. La principessa Rosalie era solo la seconda nella linea di successione, ma Veronika era l’unica erede. Il regno di Agaliria dipendeva da lei!

E promise a suo padre che non avrebbe mai lasciato che niente la distraesse dal suo compito.

Alla fine, raggiunsero un accordo.

Veronika avrebbe avuto un anno sabbatico, ospite dalla zia, con la quale Re Manfred aveva ripreso segretamente i contatti dopo la morte della moglie, e l’avrebbe aiutata a lavoro in gran segreto, con una nuova identità, in un paesino poco conosciuto e dove era impossibile che l’avrebbero riconosciuta. Veronika gli aveva pregato di poter frequentare anche l’università per avere qualche amico coetaneo, e dopo parecchio contrattare, avevano trovato un compromesso, facendo andare Veronika all’università con l’identità di un ragazzo, per confondere meglio le acque e non permettere che qualcuno rischiasse di riconoscerla in un ambiente così vasto, nel caso avesse stretto amicizia con persone ben informate.

Nacquero così Sonja Donner e Manfred Sonenfield.

Un’identità per vivere la vita lavorativa e osservare il mondo, un’identità per entrare in questo modo, conoscere persone e vivere la vita scolastica, di nascosto anche a sua zia. Un’esperienza completa di una vita normale.

Il periodo accordato era di un anno a partire dal 17 Dicembre, fino al 6 dell’anno successivo. Avrebbe cominciato come Sonja e si sarebbe cambiata con Manny a partire da Marzo.

E una volta tornata, si sarebbe sposata a Gennaio, iniziando subito dopo la nuova vita da futura regina maritata e pronta a lavorare in prima linea per il suo regno.

Le uniche regole da seguire erano semplici: 

-Non dire a nessuno chi ella fosse;

-Non dare alcun indizio ed evitare informazioni personali;

-Non innamorarsi.

E all’inizio, tutto era perfetto.

Non sapeva lavorare, ma era abituata a rimboccarsi le maniche, e imparava in fretta. Aveva presto padroneggiato le basi per fare il caffè e servire i tavoli.

E aveva conosciuto Max.

La sua prima impressione su di lui fu che era un ottimo collega, e un gran lavoratore. Niente di più, dato che non aveva dimenticato il patto stipulato con suo padre.

Ma il tempo iniziò a passare, i rapporti si fecero sempre più stretti, e prima che Veronika se ne rendesse conto, aveva iniziato ad ammirare Max molto più di quanto avrebbe dovuto.

Era gentile, preparato, spontaneo, empatico e un vero gentiluomo. Più principe azzurro di quanto lo fosse mai stato Bastien. 

La regola era impressa nella sua mente, ma i sentimenti erano impossibili da combattere. Veronika ci provò, con tutte le sue forze, ripetendosi che probabilmente anche se li avesse rivelati, era improbabile che una persona meravigliosa come Max potesse ricambiarli, quindi era meglio osservarlo da lontano, godere della sua presenza come amica, e conservare quell’amore proibito in fondo al cuore per il resto della sua vita.

Era un’ottimo piano, che Veronika iniziò ad attuare.

Poi Max le aveva confessato i suoi sentimenti.

E per un attimo, un breve meraviglioso istante, Veronika si era sentita la ragazza più fortunata e felice del pianeta.

…ma non era destinato a durare, e aveva confessato a Max di essere già fidanzata. Non avrebbe dovuto farlo, perché era comunque un indizio sulla sua identità che non avrebbe dovuto dare, ma doveva una spiegazione a Max, e nonostante la delusione, il ragazzo si era dimostrato dolce, comprensivo, e rispettoso.

L’attrazione di Veronika non aveva fatto altro che aumentare, ma aveva provato a mantenerla a bada.

Poi, il 4 Marzo, arrivò il primo giorno di università per Manny. Veronika sperava, con tutto il cuore, che questa nuova avventura avrebbe cancellato almeno in parte il rimpianto per Max, e le avrebbe aperto nuove porte per il futuro.

Purtroppo, il primo incontro, o meglio, scontro, che ebbe il primo giorno, prima della primissima lezione, per la prima volta in ritardo in tutta la sua vita, fu proprio con Max.

All’inizio, la avvolse il panico. Era convinta che Max si sarebbe accorto che Manny in realtà era quella che lui conosceva come Sonja, ma non sembrò rendersene conto, e fu in quel momento, mentre entrava in classe accompagnata da quel cavalleresco ragazzo, che Veronika iniziò a valutare l’idea di avvicinarsi a lui come Manny.

Non aveva la minima intenzione di iniziare con lui una relazione, siamo chiari! Nè di imbrogliarlo con una falsa identità! Considerava Manny autentico quanto Sonja, dato che nella realtà dei fatti non era né l’uno né l’altra, ma entrambi… e nessuno.

E probabilmente non avrebbe dovuto neanche pensare di contattare Max, solo che l’aveva sentito parlare di lei al compleanno di Felix, e aveva pensato che forse poteva provare a recuperare il rapporto di amicizia che tra Max e Sonja si era fatto leggermente distante dopo il rifiuto.

Così aveva iniziato a scrivergli, e poi l’aveva invitato per un caffè a colazione, ed era convinta, al 100%, che sarebbe nata una buona amicizia, e nulla di più.

Poi Max gli aveva confessato di essere bisessuale.

E, parliamoci chiaro, Veronika non aveva assolutamente nulla in contrario, anzi, fin da quando era più giovane aveva in programma di aumentare esponenzialmente i diritti della comunità LGBT+ ad Agaliria, la bisessualità di Max non era un problema.

Ma le venne comunque il panico, perché se a Max piacevano i ragazzi, oltre che le ragazze, Manny ricadeva comunque in territorio pericoloso.

A quel punto probabilmente Veronika avrebbe dovuto ritirarsi e allontanarsi da Max per evitare che soffrisse e rispettare i suoi doveri.

Ma volle credere che Max non si sarebbe innamorato di lei anche in veste di Manny. Voleva credere che sarebbe nata una buona amicizia.

O forse, più probabilmente, aveva ceduto al lato egoista che le chiedeva di stare il più vicino possibile all’uomo da cui era attratta, fisicamente e spiritualmente più di quanto volesse ammettere a sé stessa.

Fatto sta che, quando finirono ad un appuntamento pieno di imprevisti, dove il corriere arrivò tardi, Manny si bruciò la mano, e Max cucinò i pancakes alla cannella e caramello, ricordando perfettamente i suoi gusti, e cercando di proteggerla dalle vespe rischiando di pungersi a sua volta, per la prima volta nella sua vita, cedette all’istinto egoista e al desiderio recondito del suo cuore.

Per la prima volta nella sua vita, capì perfettamente sua zia, e quanto meraviglioso fosse effettivamente l’amore. Anche su questo, i film, i cartoni e le serie TV non avevano trasmesso quanto fosse effettivamente meraviglioso provare quel tipo di sentimenti, come una droga della quale non si può fare a meno.

Ma Veronika doveva farne a meno.

Dopo averlo baciato, essere stata ricambiata, e aver sperimentato le sensazioni più incredibili della sua vita, aveva deciso che anche questa volta sarebbe stata onesta, e gli avrebbe detto che non poteva funzionare tra loro. Non voleva ferire Max iniziando una relazione che non sarebbe mai continuata.

Poi, mentre provava ad introdurre il discorso nel modo più delicato possibile, fece l’errore di guardarlo negli occhi.

E vide la sua paura. Se avesse detto la verità l’avrebbe ferito di nuovo, e non riusciva a vederlo con quello sguardo.

Avrebbe fatto qualsiasi cosa per evitare che facesse quello sguardo da cane bastonato.

Così si era ritrovata a sussurrare le ultime parole che avrebbe dovuto pensare: 

-Vuoi essere il mio ragazzo?-

Era stato più forte di lei, il suo cuore aveva agito prima del suo cervello, e non poteva più ritirare l’affermazione.

Aveva almeno sperato di tenerlo nascosto per un po’, ma poi Amabelle l’aveva scoperto, e così anche Gerda, la sua guardia del corpo, che aveva cercato in tutti i modi di convincerla a lasciar perdere. Aveva ragione, Veronika lo sapeva, ma ogni volta che era stata in procinto di lasciare Max, si era sempre tirata indietro, era stato più forte di lei. 

E poi era arrivato il suo compleanno, che avrebbe voluto passare con Max magari imbucandosi alla serata cinema nei panni di Manny, ma che aveva passato chiusa nello scantinato del café sempre con Max, ma come Sonja. E la conversazione che aveva avuto con lui le aveva aperto gli occhi. A Max lei piaceva davvero tanto, aveva avuto tantissime cose da dire su di lei, sebbene conoscesse Manny di apoco. Eppure, quando era arrivato il suo turno di descrivere il proprio ragazzo, non aveva saputo dire assolutamente nulla di Bastien, e non per evitare di far scoprire il suo segreto, ma perché non lo conosceva neanche un po’. 

Così aveva parlato di Max, di come le facesse battere il cuore, di come lo trovasse un ragazzo meraviglioso, e aveva saputo dire molte più cose di un ragazzo conosciuto pochi mesi prima, rispetto all’uomo che per tutta la vita era stato il suo fidanzato.

E probabilmente era stato in quel momento, che aveva preso la conscia decisione di restare con lui nonostante la situazione complicata.

Era stata davvero egoista, se ne rendeva conto, e tutto voleva fuorché illuderlo. Voleva dirgli la verità, cercare di fare in modo che Max ci arrivasse da solo, o introdurlo piano piano, ma ogni volta che provava a rivelare qualcosa, non riusciva più a parlare, inibita da tutti i doveri e aspettative che incombevano su di lei come una spada di Damocle.

Così aveva tergiversato, e aspettato, cercando una soluzione, sperando che nessuno si accorgesse di nulla e allo stesso tempo pregando in qualcosa che smuovesse le acque e le offrisse una soluzione. Magari, se trovava una soluzione, poteva dire la verità a Max senza rimpianti o blocchi.

Ma una soluzione non sembra possibile: o lascia Max, o rinuncia alla corona.

E non riesce a fare nessuna delle due cose. È bloccata in una situazione da cui non vede alcuna via di fuga.

 

Alla fine del racconto, Denny era a bocca aperta, e Sonja, o meglio, Veronika, rannicchiata su sé stessa con sguardo basso e triste.

-Wow…- commentò infine Denny, dopo un minuto buono di incredulità.

-Lo so… sono una persona orribile- commentò Veronika, seppellendo il volto tra le mani.

-Ho detto solo wow- Denny alzò le mani in segno di difesa.

-Ma non ti biasimerei se mi considerassi una persona orribile, e una bugiarda, e una pessima ragazza per Max. Neanche io riesco a credere di avergli fatto una cosa del genere!- si lamentò la ragazza, sinceramente sollevata di aver trovato qualcuno a cui confessare tutti i suoi drammi.

Dentro di sé, Denny doveva ammettere che provava parecchia pena per lei. Sembrava una situazione effettivamente difficile, e piena di responsabilità. Ma Max veniva al primo posto, quindi incrociò le braccia, e cercò di distanziarsi dalla situazione.

-Ho un paio di domande- iniziò, Veronika si mise sull’attenti.

-Roelke non sapeva di Manny, quindi?- chiese Denny per prima cosa, un po’ confuso.

-No, mio padre non si fida troppo di lei, quindi mi ha impedito di rivelarglielo. Per questo Manny non va mai al Corona- spiegò Veronika, alzando le spalle.

-Okay, seconda domanda… come diavolo riesci a fare gli accenti in quel modo! Il tuo inglese è perfetto, eppure riesci a fare l’accento tedesco, e quello newyorkese, e la voce cambia tantissimo quando sei Manny, wow!- okay, non era una domanda molto distaccata, ma Veronika aveva perso completamente l’accento tedesco, e anche quello newyorkese, parlando una lingua perfetta senza nessuna sfumatura scorretta.

-Oh, sì, faceva parte della recita. Mi è sempre piaciuto molto modulare la voce, e so parecchie lingue-

-Quali?- chiese Denny, molto curioso.

-Inglese, tedesco, francese, italiano, olandese, spagnolo ovviamente, e sto imparando anche il russo ma è una lingua molto complessa- rispose Veronika pratica.

-Figo!- ammise, Denny, colpito. 

Veronika gli sorrise, molto grata e un po’ imbarazzata.

Alla fine restava la stessa solita Sonja… Manny… vabbè, lei.

Solo che… aveva comunque mentito a Max.

Denny si irrigidì, e fece il muso. Il sorriso di Veronika si spense.

-Devi dirlo a Max- disse quindi il ragazzo, senza troppi giri di parole.

La principessa in incognito abbassò la testa.

-Lo so- ammise, dandogli completa ragione.

-Il prima possibile- insistette Denny.

-Lo farò- promise lei, guardandolo negli occhi per mostrare la sincerità delle sue intenzioni.

-Se glielo dici tu, sono certo che capirà, e limiterai i danni- provò a rassicurarla un po’. Lo pensava davvero. Max odiava i segreti e le bugie, ma apprezzava quando qualcuno aveva il coraggio di confessare i propri segreti e le proprie bugie, per quanto in ritardo lo potesse fare. Magari, insieme, avrebbero trovato una soluzione. E poi una relazione si basava sulla comunicazione, e sulla collaborazione, non su un rapporto a senso unico.

-Grazie, Denny, di avermi lasciato spiegare, e di avermi ascoltata senza giudicarmi- Sonja aveva le lacrime agli occhi, e accennò un sorriso.

-Dopo quello che hai fatto per me, è il minimo- borbottò il ragazzo, arrossendo appena perché poco abituato ai complimenti.

-Ma quindi Max non si è mai accorto che…- continuò poi a fare domande sul nuovo segreto di Veronika appena scoperto.

Passarono almeno venti minuti a chiacchierare della questione, e fu come se non fosse successo assolutamente nulla.

Veronika non sapeva cosa aveva fatto in una precedente vita per meritare un amico come Denny, ma per la prima volta da quando era iniziato quel casino, si sentì davvero rassicurata.

Sperava solo che sarebbe riuscita a raccontare tutto a Max senza imprevisti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Allora, quanti di voi se l’aspettavano, siate sinceri!

Non riesco a credere di essere arrivata fin qui! Credo che sia il più grande punto di svolta della storia e ormai i grandi misteri sono stati svelati e sono super contenta di aver scritto questo capitolo e non vedo l’ora di sapere che ne pensate del plot twist.

Devo dire alcune cose al riguardo. Innanzitutto, se andate indietro nei capitoli (non dovete farlo perché insomma sono tante pagine ma per dire) troverete un sacco di foreshadowing a questo big reveal. Non è un’idea che mi è venuta in mente così a caso, ma era il piano fin dall’inizio. C’era persino un indizio nella copertina. Infatti tutti i personaggi femminili hanno una specie di luce negli occhi, e quelli maschili no. Manny ha la luce. E poi vabbè sono tantissimi i piccoli dettagli che fanno capire che Manny e Sonja sono la stessa persona che è anche una principessa. Ho usato le stesse frasi per alcuni momenti in cui Max interagiva con loro, spesso ho usato metafore tipo “Max era proprio il principe azzurro” quando Sonja pensava a lui, e se si pensa ai piccoli quirk del personaggio, si poteva notare che sia Sonja e Manny adorano il caramello-cannella, canticchiano tra loro quando sono sovrappensiero, amano i fiori e insomma un sacco di cose.

E poi il nome Gerda Brody è una storpiatura del termine Bodyguard, per indicare che era la guardia del corpo di Veronika.

Si vede che sono davvero eccitata per il reveal, vero? ^^’

Spero che non sia stato una delusione per voi, ma devo fare una confessione… io odio i triangoli amorosi. Mi dispiace che uno dei tre rimane sempre con il cuore spezzato, e dato che non sono abbastanza esperta per scrivere una relazione poliamorosa, il meglio che mi è venuto in mente per il cliché del triangolo è stato farlo tra… due persone, lol.

Comunque ora bisogna vedere che farà la nostra Veronika e sperare nel meglio.

Passando a Felix e Mirren… ammetto che il mio piano iniziale era di farli litigare e separare per poi rimettersi più in là ma non ce l’ho fatta. Ne hanno passate troppe insieme. Meritano di essere felici e chiarirsi e finalmente Mirren ha ammesso tutti i suoi timori e Felix lo ha rassicurato e aaaaaaaahhhhhh, che capitolo!!!! 

Anche se all’inizio, con tutti i malintesi, avevo voglia di prenderli a testate.

Spero vi sia piaciuto quanto è piaciuto a me, ho sperimentato un po’ con lo stile sia nella parte del sogno di Mirren che in quella della spiegazione di Veronika, volevo provare qualcosa di nuovo, spero non sia stato strano.

Vi mando un enorme bacione e appuntamento alla prossima, che spero sia presto :-*

P.S. Denny dovrebbe fare il ninja, è bravissimo ad origliare le conversazioni che non dovrebbe origliare. Prima Mathi e Duke, poi Manny e Max, adesso Sonja e Roelke ^^’

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Manny prova a confessare tutto a Max, Clover e Diego passano l’ultima giornata in crociera.

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Capitolo 34
*** La verità viene sempre alla luce ***


La verità viene sempre alla luce

 

Domenica 11 Agosto

Max aveva una strana sensazione addosso, quel giorno. Una specie di nervosismo incomprensibile che l’aveva fatto dormire male.

Eppure doveva essere super felice, dato che lui e Manny avrebbero pranzato insieme al parco in un picnic dove ovviamente a cucinare era stato solo Max. Manny però si era offerto di portare il resto, e di scegliere il posto. Max non vedeva l’ora!

E forse era questo a renderlo nervoso? 

Insomma, non era niente di strano, si vedevano spesso, pranzavano e cenavano insieme, e l’ultima volta che si erano visti era stata due giorni prima, quando avevano poi incontrato Roelke.

…quando Manny gli aveva promesso che presto gli avrebbe detto tutto.

Sì, forse era anche per quello che Max era nervoso. Perché aveva una brutta sensazione circa il segreto di Manny. E inconsciamente, il motivo per cui non lo aveva incoraggiato a rivelarglielo era che non era del tutto certo di volerlo sapere, in realtà. Ergo, la vera ragione del nervosismo.

Perché se c’era una cosa che era certo di volere, era che tutto restasse com’era, perché stava davvero bene con Manny, quindi perché complicarsi troppo la vita?

Vabbè, meglio pensare al presente, e godersi un bel picnic al parco. Max aveva preparato una quiche di prosciutto e formaggio, della pasta fredda ed era finalmente riuscito a perfezionare una torta caramello e cannella che sperava potesse essere vagamente simile a quella della madre di Manny, anche se dubitava sarebbe mai stata al suo livello. Si era svegliato presto per cucinare tutto e avviarsi in anticipo alla fermata dell’autobus.

Lui e Manny avevano iniziato una lotta non annunciata su chi riuscisse ad arrivare prima dell’altro, dato che entrambi tendevano sempre a raggiungere le mete con largo anticipo.

L’appuntamento era a mezzogiorno… quindi alle dieci Max uscì di casa per fare quei dieci minuti a piedi che lo separavano dalla fermata dell’autobus.

Purtroppo quel giorno Manny vinse la sfida, perché quando Max raggiunse, quasi di corsa, lo stop, lui era già seduto lì, e armeggiava con il telefono, sorridendo divertito tra sé.

-Manny, sei in anticipo!- osservò, raggiungendolo e salutandolo con la mano.

Manny alzò lo sguardo, e si aprì in un ampio sorriso.

-Potrei dire lo stesso di te. Pensavo avessimo deciso di pranzare insieme, non di fare colazione- ridacchiò, alzandosi per dargli un bacio sulle labbra.

-So che non ci vediamo da meno di quarantotto ore, ma mi sei mancato- ammise, sdolcinato, ricambiando il bacio.

Manny arrossì.

-Aw, un giorno mi farai venire il diabete- scherzò, dandogli un leggerissimo colpetto sul petto.

-Se vuoi posso anche smettere- lo provocò, scherzosamente.

-No, no, continua pure, non mi stancherei mai di sentirti- si affrettò a fermarlo Manny, prendendogli la mano e dandogli un bacio.

Max era il tipo di ragazzo super sdolcinato, a cui non interessava affatto nascondersi, e adorava le dimostrazioni pubbliche di affetto. Manny lo incoraggiava e ricambiava. Erano davvero perfetti insieme.

-Allora, approfittiamo dell’anticipo per dirigerci ad un parco un po’ più distante, ci facciamo una bella passeggiata, o raggiungiamo prima il luogo designato e prendiamo un po’ di sole e aria fresca?- Manny lo prese sottobraccio e gli annunciò le possibili alternative.

-Quello che preferisci tu- Max gli diede carta bianca, sistemando meglio il cesto con il cibo per mettere un braccio intorno alle spalle di Manny e stringerlo a sé.

-Nah, scegli tu questa volta. Fai sempre scegliere a me- Manny rigirò la frittata, incoraggiandolo a pensare un po’ a sé stesso.

Max aprì la bocca per obiettare, ma Manny lo zittì con un dito sulle sue labbra.

-Ah! Insisto! E se ti rifiuti di scegliere rimarremo qui per due ore, che disdetta- gli fece una linguaccia, facendo ridacchiare Max, che alzò le mani in segno di resa.

-Va bene, principe- cedette infine, riflettendo su cosa fare.

Manny impallidì leggermente.

-Principe?- chiese, sorpreso dal nomignolo.

-Oh, non ti piace? Se vuoi che mi astenga dai soprannomi puoi dirlo. So che non tutti li tollerano- si affrettò a fare un passo indietro, prendendo il telefono per controllare la distanza da un piccolo e semi-sconosciuto giardino un po’ fuori città dove era certo Manny non fosse mai stato.

-Oh, no, mi hai solo preso alla sprovvista. Ma dei due sei tu il principe azzurro, fidati- rigirò il complimento, posando un attimo la borsa con tutto il necessario per il picnic e massaggiandosi le mani.

-Allora siamo due principi!- Max rincarò la dose, facendogli un occhiolino che gli tinse le gote di rosso.

-Sarebbe bello, non pensi?- suggerì lui, in tono leggermente strano, e molto pensieroso.

-Essere principi? Se non si mettono in conto le centinaia di responsabilità certamente- Max continuò a controllare sul telefono gli autobus con rispettivi orari per arrivare nel luogo che aveva intenzione di scegliere, attento al discorso ma non abbastanza da rendersi conto dell’evidente difficoltà di Manny, che sembrava a disagio e allo stesso tempo deciso.

-Sono convinto che saresti un principe fantastico. Sei responsabile, e maturo, e tieni molto agli altri, sei estremamente altruista- iniziò a fargli i complimenti. Fu il turno di Max di arrossire appena.

-Ma smettila, non ho le carte in regola. Almeno che non sia accompagnato da te- ricambiò l’elogio.

Manny sembrò illuminarsi a quel commento, poi il sorriso si spense, per lasciare posto ad un’espressione mortalmente seria.

-Max…- cominciò a dire, ma Max non lo sentì.

-Ah! Trovato!- esclamò infatti, interrompendolo inconsapevolmente.

-Oh? Trovato cosa?- chiese Manny in tono acuto, accogliendo con piacere il cambio di argomento.

-Un giardino piccolo, poco frequentato, fuori città, ma bellissimo. Ci mettiamo un po’ ad arrivare ma ne vale la pena. Allora, ti va?- propose, mostrandogli il luogo dal telefono.

Manny lo osservò qualche secondo, e sorrise.

-Con piacere, sembra stupendo- annuì poi, entusiasta.

-Allora, dobbiamo prendere un autobus che porta alla stazione, poi un treno diretto verso New Malfair e scendere circa a metà strada- spiegò, facendo gli screenshot per segnarsi ogni tappa del viaggio.

-Fortuna che siamo due amanti dell’anticipo- commentò Manny, ridacchiando e preparandosi a prendere l’autobus che li avrebbe portati in stazione, che stava arrivando proprio in quel momento.

-Tuo padre ha un detto al riguardo, sbaglio?- chiese Max, per fare conversazione.

Manny cadde dalle nuvole.

-Come lo sai?- chiese, sorpreso.

-Me l’hai accennato quando abbiamo preso un caffè insieme la prima volta. Qualcosa del tipo che “La puntualità è dei gentiluomini e l’anticipo…”- non ricordava proprio l’ultima parte. Forse Manny non l’aveva detta.

-“…dei re”- concluse per lui, senza guardarlo negli occhi.

-Oh, giusta filosofia. Un capo deve essere in anticipo per controllare meglio la situazione- osservò, pensieroso, senza farsi domande.

Max tendeva a non analizzare ogni parola. I geni paranoici che dubitavano di ogni cosa li aveva presi tutti Denny.

-Già, poi sai, è un diplomatico…- gli diede man forte Manny, un po’ a disagio, con voce più bassa.

-Tutto bene?- chiese Max, che non si impicciava, ma quando si trattava di salute era in prima linea.

-Sì, sì, solo… Max, quando arriveremo al parco dovrò dirti una cosa molto importante, e… non guardarmi così!- si lamentò, coprendosi gli occhi.

Max sbatté gli occhi un paio di volte, senza sapere minimamente come l’avesse guardato.

-Così come?- chiese, confuso.

-Con quegli occhi limpidi e da cucciolo, o la mia determinazione sparisce- gli indicò il viso in maniera davvero adorabile.

Ma Max non era tipo da sorridere davanti alla difficoltà altrui, per quanto adorabile fosse.

-Tranquillo, qualsiasi cosa sia, puoi parlarmene senza problemi. E se non te la senti per qualsiasi motivo, non devi necessariamente rivelarmela- gli venne incontro, rispettoso.

Manny scosse la testa.

-No, Max. Devo dirtelo, ti riguarda, è importante, e… non adesso, però. Meglio farlo lontano da orecchie indiscrete- insistette, abbassando la voce e guardandosi intorno.

-Okay- Max annuì, e gli prese la mano -Ogni cosa a suo tempo, e intanto godiamoci il viaggio- lo incoraggiò, calmandolo parecchio.

-Cosa ho fatto per meritarti?- sussurrò Manny, guardandolo come se non credesse che fosse reale.

-Esisti, e questo è il più grande dono dell’universo- Max era a mille quando si trattava di fare complimenti, e non aveva un briciolo di imbarazzo.

Non come Manny, che arrossì completamente, e seppellì il volto nella mano libera.

Questa volta Max non riuscì a trattenersi dal ridacchiare per quanto fosse adorabile.

E il primo viaggio in autobus passò tranquillamente, chiacchierando, sentendo un po’ di musica condividendo le cuffiette, e fondamentalmente godendosi la rispettiva compagnia.

Quando arrivarono al capolinea, fu quasi un peccato, perché si stavano trovando bene persino seduti sull’autovettura calda da morire.

Soprattutto perché dopo essere scesi, iniziarono i guai.

-Allora, il prossimo treno per New Malfair parte tra venti minuti, posso offrirti un caffè?- chiese, indicando la macchinetta del caffè lì vicino.

La stazione non aveva un bar, dato che a due fermate di autobus c’era il Corona Café, che era davvero molto vicino ed era una concorrenza spietata.

-No, non preoccuparti. Possiamo intanto fare il biglietto magari, o sostare su una panchina e goderci il vento estivo- Manny si guardò intorno e adocchiò una panchina poco distante che per fortuna era vuota nonostante il leggero traffico domenicale.

-Mi sembra un’ottima idea- Max gli diede man forte, e iniziò a seguirlo, quando la sua attenzione venne attirata da una voce poco distante.

Col senno di poi, probabilmente si sarebbe fatto gli affari suoi, ma purtroppo era una brava persona, quindi quando sentì una voce in marcato accento tedesco chiedere ad una coppia -Scusate, come posso raggiungere il bar Corona?- senza ricevere risposta, non riuscì a fare a meno di intervenire.

-Mi scusi, cerca il Corona Café?- chiese allo sconosciuto, un elegante giovane uomo della sua età con i capelli biondo scuro, l’aria leggermente snob e vestiti davvero pesanti per il caldo estivo. 

C’era davvero bisogno di indossare giacca, cravatta e panciotto con quel caldo? Sembrava sfiancante, quell’uomo doveva essere davvero pieno di autocontrollo.

Ma Max non ebbe tempo di rimirare i dettagli, perché appena approcciò l’uomo, un paio di guardie vestite di nero gli si pararono davanti, minacciose, e facendolo ritirare sorpreso.

L’uomo in giacca e cravatta le fermò con un gesto della mano.

-Halt. Sì, sto cercando quel bar, me lo saprebbe indicare? Alla stazione hanno detto che era molto vicino ma non lo vedo- spiegò, pomposo.

-Max, cosa…?- Manny, che nel frattempo si era avviato alla panchina senza accorgersi della distrazione di Max, lo raggiunse in fretta, e quando vide con chi stava conversando, sgranò gli occhi, sorpreso.

Un’espressione e un atteggiamento molto simili a quelli che aveva mostrato quando avevano incrociato per sbaglio Roelke.

Max però non ci diede subito peso, perché era troppo impegnato a dare le indicazioni a quel tipo probabilmente molto importante e alle sue guardie del corpo.

-È molto vicino, basta seguire questa strada per un paio di chilometri. Può prendere un taxi o quell’autobus in partenza, basta fare due fermate- spiegò, molto professionale -Il café ha una grande insegna con una Corona e la scritta, non può non notarlo- lo rassicurò poi, con un sorriso incoraggiante.

-Danke- l’uomo gli fece un rispettoso cenno del capo, ringraziandolo in tedesco, e diede istruzioni nella medesima lingua ai due uomini, avviandosi verso la zona dei taxi per prenderne uno.

Max aveva un leggero nodo allo stomaco che non sapeva spiegarsi, ma cercò di non pensarci. Probabilmente era causato dal fatto che quello era senza ombra di dubbio il fidanzato di Sonja, e non doveva minimamente pensare ancora a Sonja. Erano passati mesi, stava con Manny, amava Manny, e ormai Sonja era solo un’amica e collega del bar, quindi le sue relazioni non avevano assolutamente nulla a che fare con lui.

Eppure la brutta sensazione che aveva da quella mattina non fece che aumentare.

Scosse la testa, per eliminare quei pensieri, e si rivolse a Manny, che aveva ignorato per tutto il confronto.

-Manny, allora ci… Manny?!- sobbalzò nel notare che alla vista dell’uomo, il suo ragazzo era rimasto congelato sul posto, e lo fissava ad occhi sgranati andarsene via in taxi, senza perdere neanche un movimento. Tutto il colore era scomparso dal suo volto.

Quando Max lo prese per le spalle per controllare le sue condizioni, sobbalzò vistosamente, e lo guardò spaesato, come se si fosse appena svegliato da un incubo.

Solo che l’incubo evidentemente era realtà, perché i suoi occhi si fecero lucidi, ed evitò lo sguardo di Max, che sempre più confuso, lo lasciò andare temendo di dargli fastidio.

-Va tutto bene, è successo qualcosa?- chiese invece, restandogli vicino pur non rendendo inappropriata la sua presenza.

Manny non rispose, e si avviò verso la panchina, sedendosi e prendendosi il volto tra le mani.

Max lo seguì, e gli si sedette accanto, molto, molto confuso, ma troppo rispettoso per indagare su quello che agitava Manny a tal punto. Anche se era tremendo per lui sentirsi impotente.

Rimasero in quella posizione, in silenzio di tomba, per qualche minuto, poi a Manny arrivò un messaggio sul telefono, un messaggio che controllò molto velocemente, prima di alzarsi di scatto in piedi.

-Max, devo andare…- sussurrò, come se per dire quelle tre parole ci avesse messo tutto sé stesso.

Max si alzò di scatto a sua volta.

-Aspetta, perché Cosa è successo? Posso aiutarti?- chiese, allarmato. Va bene, Manny era sempre stato un po’ evasivo, ma non aveva mai rinunciato ad un’uscita con lui, anche quando era impegnato. Non che Max volesse essere al centro del suo mondo, ma se Manny faceva così significava che la faccenda era grave, e Max voleva aiutarlo.

…e magari poi pranzare insieme dopo aver risolto il problema, dato che onestamente Max ci teneva molto a quell’uscita, e una parte di lui iniziava a sentire che se non stavano insieme adesso, poteva andare a finire male. Non sapeva in che modo, non sapeva perché, ma voleva stare con Manny.

-Max…- Manny sembrava commosso dalla sua preoccupazione, oppure era solo estremamente agitato, perché sembrava ad un passo dallo scoppiare a piangere -…non posso dirti adesso cosa è successo… è troppo complicato- rivelò, con un filo di voce, singhiozzando leggermente.

-Puoi dirmelo mentre andiamo, sottovoce, all’orecchio, evitando che qualcuno ci senta- provò a proporre Max, iniziando ad agitarsi a sua volta.

Manny si morse il labbro inferiore, aprì la bocca come per dire qualcosa, ma la richiuse subito dopo, scuotendo la testa.

-Non posso, non così, non adesso. Devo andare, Max, mi dispiace- gli prese il volto tra le mani e gli diede un profondo bacio sulle labbra.

Era il più sentito ed emotivo bacio che si fossero scambiati fino a quel momento, fu abbastanza da lasciare Max senza fiato.

…e allo stesso tempo, gli fece piangere il cuore. Perché sembrava quasi un addio.

-Manny…- provò ad obiettare debolmente, con il poco fiato che gli rimaneva ancora nei polmoni.

-Ti amo, Max. Ti amo davvero tantissimo, e ti amerò per sempre- gli sussurrò lui, guardandolo negli occhi con grande sincerità e profonda tristezza.

Poi prese le sue cose, e iniziò ad avviarsi velocemente nella direzione verso cui era scomparso il tipo di prima in taxi.

-…perché mi sembra tanto un addio?- sussurrò Max, attirando la sua attenzione e facendolo fermare sul posto.

Manny non rispose, e dopo qualche secondo di immobilità, tornò a camminare, lasciando Max da solo davanti alla stazione, con un cesto da picnic pieno di cibo che non sarebbe mai stato consumato, e il cuore sprofondato nel petto.

Non credeva di essere mai stato così confuso in tutta la sua vita, e spaventato, e agitato.

Cosa diamine era successo in quel breve lasso di tempo? Perché Manny aveva reagito così vedendo il probabile ragazzo di Sonja? Era davvero il ragazzo di Sonja? E Manny aveva reagito così per lui, o per un altro motivo? Erano troppe le domande senza risposta, e poche le informazioni che aveva per mettere insieme il puzzle.

In casi normali Max avrebbe chiamato Clover seduta stante, sarebbe andato da lei o l’avrebbe invitata da lui, e avrebbe cercato di capire qualcosa confrontandosi con l’amica, e magari condividendo insieme il cibo rimasto a raffreddarsi.

Ma Clover era in crociera! 

Beh, c’era un’alternativa… la domenica di solito la Corona Crew pranzava insieme.

Si alzò dalla panchina dopo una breve riflessione, cercò l’autobus che l’avrebbe portato più in fretta al Corona Café, e si sedette al suo interno senza esitazioni.

Avrebbe dovuto aspettare una decina di minuti, ma andava bene così.

Ora, tutti voi potreste pensare che Max sta facendo malissimo ad andare al Corona, perché avrete già capito in che direzione sta andando la narrativa.

Beh, non dico che la decisione di Max lo porterà a qualcosa di buono, ma vi posso assicurare che era molto più ragionata di quanto Max stesso non pensasse.

Perché sapeva, in cuor suo, dove avrebbe ritrovato Manny.

Solo che non voleva crederci. Ed era troppo rispettoso per giungere a conclusioni prima che la verità gli venisse rivelata. 

Purtroppo, la sua mente era più percettiva di quanto lui le desse credito.

 

Vi confesserò una cosa. Il motivo principale per cui il precedente punto di vista è stato di Max è perché se avessi introdotto i pensieri di Veronika nel momento in cui aveva visto il misterioso straniero dall’accento tedesco, la sua mente sarebbe diventata un campo minato di parolacce che poco si addicono ad una principessa, e ad una storia con questo rating.

Perché sì, Max non aveva sbagliato, il misterioso straniero in cerca del Corona Café era il suo fidanzato.

Solo che… CHE DIAVOLO CI FACEVA LÌ?!

Perché era a Harriswood?! Perché cercava il Corona?! L’aveva riconosciuta? No, improbabile, o avrebbe detto qualcosa.

No, però, sul serio, cosa ci faceva lì?!

Nell’accordo stipulato con suo padre Veronika aveva espressamente chiesto che il suo futuro marito non sapesse assolutamente dove fosse, e onestamente non credeva sarebbe stato un problema, dato che l’aveva visto solo un paio di volte in tutta la sua vita, e dubitava che in un anno avrebbe chiesto di lei.

Eppure eccolo lì, all’improvviso, e nessuno si era dato pena di avvertirla?

Veronika correva con tutto il fiato che aveva in corpo verso il café della zia, che le aveva inviato un messaggio impanicato dove la informava che il suo fidanzato era al café e aveva chiesto di lei davanti a tutti.

Maledizione!

Veronika era davvero, davvero nel panico!

Ma doveva mantenere il sangue freddo e mettere ordine tra le priorità, e al momento la priorità assoluta era assicurarsi che il duca Bastien Borsche non rivelasse informazioni compromettenti a tutta Harriswood.

Per prima cosa, però, doveva tornare ad essere Sonja, dato che la priorità massima era evitare di far scoprire al mondo di essersi vestita da uomo per mesi. Se la stampa avesse scoperto il suo impiego da cameriera poteva ancora salvarsi, ma uomo? Sarebbe stato uno scandalo troppo grande.

Entrò velocemente dal retro del locale e imboccò il bagno dello staff, assicurandosi che non la vedesse nessuno. Poi si tolse occhiali e parrucca, che sistemò in fretta nella borsa, dalla quale prese un vestito lungo fino alle ginocchia, che indossò in tutta fretta sopra le scarpe rovinate. Non aveva certamente il tempo di truccarsi, ma mise velocemente almeno il mascara e un po’ di fard per non essere troppo mascolina. Avrebbe potuto stabilire un record mondiale per quanto in fretta realizzò il cambio d’abito, e un minuto dopo essere entrata nel bagno, ne uscì completamente trasformata, e si trovò immediatamente davanti ad una preoccupata Roelke, che la guardava con occhi che mandavano scintille.

-Cosa ci fa lui qui? Lo hai chiamato tu?- chiese, agitata. Si vedeva lontano un miglio che stava cercando in tutti i modi di nascondersi.

-No- rispose Veronika, nel panico, andando verso la sala e dando un’occhiata da dietro la porta della cucina.

Quasi urlò quando notò che Bastien stava parlando amabilmente con Amabelle, Denny e Felix, uniti al solito tavolo della Corona Crew.

-Ma quindi tu sei un principe per caso? Sembri un tipo importante- stava indagando Amabelle, scherzosamente, adocchiandolo da capo a piedi.

-Su, Amabelle, non disturbiamolo, sicuramente ha altro da fare- Denny, pallido quanto Veronika in quel momento, stava cercando di aiutarla, probabilmente conscio di chi quel pomposo uomo fosse.

Veronika non lo aveva mai adorato quanto in quel momento.

-Sì, a dire il vero sto aspettando la mia fidanzata, la principessa Veronika Krone, mi è stato detto che lavora qui- spiegò Bastien, stupidamente.

Davvero il padre di Veronika voleva che sposasse un uomo così poco lungimirante?! Doveva ben sapere che ammettere che la principessa lavorava in un bar sarebbe risultato in uno scandalo! 

Veronika decise di interromperlo finché era ancora in tempo, ma non fu abbastanza veloce, purtroppo.

-Veronika, chi? Non c’è nessuna cameriera di nome Veronika nello staff. A meno che non sia stata assunta oggi- ridacchiò Amabelle, molto confusa -Ehi, Sonja!- la salutò poi, ad alta voce, notandola avvicinarsi.

Veronika ebbe il pericoloso istinto di ordinare di tagliarle la lingua, ma cercò di trattenersi, e dopo un vaghissimo cenno verso la Corona Crew, si rivolse direttamente al suo promesso sposo.

-Signor Borsche, può raggiungermi per favore?- chiese in tono formale, indicando la porta di una saletta isolata per parlare in pace.

Lui la guardò per un attimo, aggrottando le sopracciglia.

Non sembrava molto convinto dell’invito, poi i suoi occhi si accesero di consapevolezza.

-Oh, Veronika! Eccoti finalmente, non ti riconoscevo vestita così- ammise, alzandosi in piedi e avvicinandosi amichevolmente.

Veronika combatté con forza l’impulso di allontanarsi e scappare via, e mantenne il sangue freddo.

Purtroppo Bastien non fu l’unico ad alzarsi dal suo posto.

Amabelle, infatti, si alzò a sua volta, sprizzante di energia.

-Aspetta, ti chiami Veronika? E chi è lui? …ha detto principessa… SEI UNA PRINCIPESSA?!- urlò, attirando l’attenzione di tutto il bar.

-La mia fidanzata è…- cominciò orgoglioso Bastien, mettendole un braccio intorno alle spalle, ma Veronika lo interruppe, si scansò, e gli parlò in tedesco, sperando che Amabelle non fosse brava quanto Denny nella lingua.

-Non dire una parola e seguimi nella stanza!- gli ordinò, autoritaria, indicando la zona isolata.

Bastien piegò la testa sorpreso, ma eseguì. Era meglio non contrariare la futura regina di Agaliria, e dato che i due non erano ancora sposati, l’autorità di Veronika superava la sua di gran lunga.

Le guardie del corpo che erano rimaste in silenzio in un angolo per tutto il tempo si affrettarono a seguire i due.

-Lasciateci soli- ordinò loro Veronika, facendosi ascoltare.

Fu davvero strano per lei assumere questo comportamento dopo averlo messo in pausa per tutto quel tempo, ma fu comunque abbastanza naturale. Un po’ come andare in bicicletta. 

Ma non avrebbe mai voluto mostrare quel lato di lei ad Amabelle.

-Aspettate un secondo! Cosa sta succedendo?! Chi sei, cosa…?- Amabelle provò a seguirli, venendo adocchiata con sospetto dalle guardie del corpo pronte ad agire, ma per fortuna Felix la fermò prima che potesse fare qualcosa di troppo.

-Amabelle, non insistere- la rimproverò, sottovoce ma abbastanza forte da farsi sentire un po’ da tutti.

-Ehi, sto solo cercando di…?- iniziò a lamentarsi Amabelle, ma venne nuovamente interrotta, questa volta da Denny.

-Sono faccende di Sonja, non ti intromettere!- difese la sua privacy come un bravo amico, facendo sorridere tra sé la ragazza, che subito dopo si chiuse la porta alle spalle.

-Cosa ci fai qui?- chiese al fidanzato, cercando di regolare la voce ma facendola uscire comunque abbastanza forte a causa dell’ansia.

-La vera domanda è cosa tu ci faccia qui. Hai idea di quanto io ti abbia cercato? Sono mesi che chiedo informazioni a tuo padre mentre preparo da solo il matrimonio- Bastien incrociò le braccia, scurendosi in volto e guardando Veronika con le sopracciglia inarcate -E poi si può sapere cosa ti sei messa? L’etichetta regale prevede che agli abiti da cocktail si debbano sempre abbinare calze e scarpe perfettamente in tinta. Inoltre trovo che il tuo trucco sia completamente inadeguato ad una ragazza del tuo ceto sociale. Aspetta, chiamo qualcuno che te lo aggiusti- si avviò di nuovo verso la porta, ma Veronika la bloccò, mettendocisi davanti.

Sono in incognito, nessuno doveva sapere dove fossi. Come mi hai trovata?- chiese, tornando al punto.

Bastien piegò la testa, confuso, come se non riuscisse neanche ad immaginare il motivo per cui la futura moglie fosse in incognito in una cittadina per lui così insignificante.

Veronika, al contrario, non riusciva a concepire che dopo averla ignorata per vent’anni, il futuro marito avesse deciso di rintracciarla con questa perseveranza.

-Un contatto mi ha informato, non posso rivelarti la sua identità, è stato molto chiaro al riguardo. Non è stato neanche economico- borbottò Bastien, iniziando a guardarsi intorno con una certa puzza sotto al naso -Ma perché hai deciso di venire proprio qui? Non era meglio un posticino in Europa, se proprio dovevi scappare?- chiese, controllando la polvere su un mobile.

Veronika fu in procinto di dire di Roelke in tono ovvio, ma si tappò la bocca. Un altro grosso segreto da mantenere era l’identità di sua zia, e sebbene non fosse rischioso neanche la metà di quello di Veronika, non voleva rendere Bastien ancora più consapevole di cosa stesse succedendo.

-Sono affari miei, ed è un segreto di stato, che non avresti dovuto conoscere. Nessuno sa che il mio nome è Veronika e sono una principessa. Si solleverebbe uno scandalo. Quindi non dare altre informazioni al riguardo!- gli ordinò, sollevando un dito per aria.

-Calma, tesoro, non mi sembra proprio il modo giusto di parlare con il tuo futuro sposo- la rimproverò lui, prendendole la mano e dandole un bacio, come se stesse cercando di ricordarle il loro legame, o calmarla con gesti affettuosi.

Veronika combatté con enorme difficoltà l’istinto di ritirare la mano al petto. Le sembrava profondamente sbagliato accettare un qualsiasi gesto di affetto di Bastien. Era come se stesse tradendo Max.

Cosa che, in fin dei conti, era oggettivamente vera. Tradiva Bastien con Max, e Max con Bastien. Nonostante il suo cuore appartenesse solo ed esclusivamente a Max.

Ma ora, con Bastien davanti a lei, il segreto che si sgretolava pezzo dopo pezzo, e la consapevolezza che non poteva più restare nel suo sogno ad occhi aperti, si rese conto che la sveglia era suonata, e le conseguenze sarebbero arrivate su di lei una dietro l’altra come inevitabili gocce di pioggia nella stagione dei monsoni.

Non sapeva più cosa dire, non sapeva nemmeno se poteva restare ancora lì.

-Ma tuo padre lo sa, vero? Insomma, non sei scappata come tua zia, sarebbe davvero tanto sconveniente, dato che sei l’unica erede- a parlare fu invece Bastien, con il poco tatto che lo distingueva. 

-No, ho un accordo con mio padre che non mi permetteva di divulgare in giro questa decisione- spiegò distrattamente, riflettendo su cosa sarebbe successo ora che Amabelle aveva intuito la verità. Forse Denny sarebbe riuscito a farla stare zitta. Ma gli altri avventori? E poi Amabelle non stava mai zitta. Magari c’era qualche giornalista. Sicuramente la voce si sarebbe presto sparsa, era inevitabile. E le regole erano chiare, se qualcuno scopriva qualcosa doveva immediatamente tornare ad Agaliria.

Ma non era giusto! Era solo Agosto! E aveva così tante cose che intendeva fare lì fino a Dicembre.

La sola idea di tornare in quella gabbia dorata, senza sua zia, senza amici, senza Max… Max… non voleva lasciare Max, non così, non subito. Non aveva contemplato l’idea che la data di scadenza della loro relazione fosse così vicina.

Nel frattempo Bastien parlava senza essere minimamente ascoltato, e fu un fattore esterno a riattivare l’attenzione di Veronika. Più precisamente lo squillo di un cellulare. Ancor più precisamente il telefono che usava quando era Manny. 

Lo prese distrattamente, con il cuore che iniziava a battere a mille più di quanto già non stesse facendo.

Era Max.

Chiuse subito la chiamata. Non credeva di essere fisicamente in grado di parlargli. 

-Chi era?- indagò Bastien, sorpreso dall’improvviso rossore sulle gote della sua fidanzata.

-Nessuno, un… collega- non era una bugia. Al momento era in veste di Sonja, circa, quindi era solo il suo collega.

Da quando aveva ceduto all’egoismo e aveva iniziato ad uscire con Max, Veronika aveva sempre catalogato nella sua mente Manny some un’altra persona rispetto a lei. Una persona che non era fidanzata con nessuno.

Certo, sapeva in cuor suo che non stava facendo scelte giuste, ma il senso di colpa era stato vagamente alleviato.

-Comunque, non puoi restare qui. Devi tornare ad Agaliria prima che la stampa venga allertata. Il mio anno sabbatico finirà a Dicembre, e avremo abbastanza tempo per organizzare il matrimonio, considerando che sarà tradizionale e le basi saranno già decise quando tornerò- spiegò, cercando di cacciarlo via.

-Beh, potrei sempre stare qui un po’ di tempo, e potremmo lavorare insieme su alcune tradizioni che sarebbe bello seguire. Sai, no, le antiche tradizioni, credo che i nostri sudditi le apprezzerebbero molto- provò a suggerire lui.

Veronika storse il naso. Non era grande fan delle tradizioni antiche di Agaliria, alcune delle quali erano state abolite da un po’. Non erano niente di ché, ma le considerava antiquate, misogine e troppo snob: abito da sposa identico a quello di centinaia di altre regine, e fin troppo coprente, rituali super costosi come balli celebrativi lunghissimi e luna di miele… ugh, Veronika non voleva neanche pensare alla luna di miele.

-Credo che i nostri sudditi preferirebbero spendere i soldi dello stato per migliorare scuole e ospedali piuttosto che per un ballo che dura sette giorni- 

-Una festa aperta al pubblico è ben accetta- obiettò Bastien, cercando di convincerla.

-Peccato che sia aperta al pubblico solo una notte su sette- borbottò la ragazza, irritata.

Il telefono squillò di nuovo, era ancora Max. Manny decise di provare a rispondergli, ed essere breve.

-Senti, vai in hotel, e parleremo meglio più tardi. Non dire a nessuno di me- gli ordinò, aprendo la porta e iniziando a rispondere al telefono, sottovoce.

-Max, non è un buon momento, adesso, posso richiamarti tra poco?- chiese, uscendo dalla stanza.

-Va bene, mi dispiace di averti disturbato- gli arrivò la voce comprensiva e super ferita del ragazzo… da due punti diversi, come se ci fosse un eco.

Veronika impallidì, e sollevò la testa, trovandosi faccia a faccia con Max, che era a pochi metri di distanza, con il telefono sollevato, e l’espressione più ferita che Veronika gli avesse mai visto in volto.

Mille volte peggio di quando stava per rifiutarlo come Manny, cento volte peggio di quando l’aveva rifiutato come Sonja. Denny gli stava vicino e sembrava davvero in difficoltà, Amabelle era seduta e fissava i due a bocca aperta e occhi più pazzi del solito. Felix se n’era andato.

Ma Max monopolizzò completamente l’attenzione della ragazza, e i due si fissarono per qualche secondo, prima che Max chiudesse la chiamata, e uscisse dal café.

Il suono del campanello della porta sembrò svegliare Veronika dallo stato di ghiaccio in cui era piombata nel vederlo lì, e si affrettò a seguire Max, per provare a spiegargli la situazione.

Era tardi, e aveva scoperto il tutto nel modo peggiore, ma doveva spiegargli, glielo doveva. Krass, era andato tutto davvero uno schifo!

-Max, aspetta!- provò a fermarlo, raggiungendolo in strada.

Lui si fermò, ma non si voltò. Era comunque un buon segno.

-Te lo volevo dire, te lo stavo per dire. Era questo che volevo dirti oggi. Ma poi è arrivato Bastien e sono andata nel pallone. Ti prego, lasciami spiegare e capirai che non è come sembra!- provò a convincerlo almeno ad ascoltarla, cercando di non piangere, ma sentendo un enorme groppo in gola.

Max si girò, e la guardò con espressione indecifrabile.

-Sei fidanzata?- chiese solo, in un sussurro.

Veronika valutò per un attimo l’idea di mentire, ma non era il caso di continuare su quella strada che le aveva portato solo guai.

-Sì- ammise quindi -ma…- provò ad aggiungere, ma Max le diede di nuovo le spalle.

-Allora forse dovresti andare dal tuo fidanzato- disse solo, ricominciando a camminare.

-Max, aspetta, ti prego! È un matrimonio combinato, io non…- “lo amo, amo solo te, non voglio sposarlo e sto cercando in tutti i modi di trovare un cavillo legale che mi permetta di evitare il matrimonio” purtroppo queste parole vennero interrotte dall’arrivo del fidanzato, che raggiunse la principessa sistemandosi la giacca, e le parlò come se nulla fosse, senza neanche rendersi conto della brutta aria che tirava.

-Veronika, cara…- la chiamò, avvicinandosi a lei. Max si girò sorpreso, e la guardò ancora più confuso. “Veronika” sembrò mimare con le labbra. Probabilmente non gli avevano detto la parte sulla principessa e il suo vero nome. O forse non ci aveva creduto perché a volte Amabelle si faceva dei film e Denny non l’avrebbe tradita, anche se non l’avrebbe biasimato.

-Cosa c’è, Bastien? Sono un attimo impegnata!- lo incoraggiò ad essere breve, allontanandosi leggermente da lui.

-Volevo chiederti l’indirizzo di un buon… oh, tu sei quello che mi ha dato informazioni! Grazie mille per l’aiuto, ho trovato il locale senza problemi- Bastien mise il braccio intorno alle spalle di Veronika, e sorrise cordiale a Max, che distolse lo sguardo, con espressione afflitta.

-È stato un piacere. Sono felice che tu sia riuscito a trovare quello che cercavi- disse in chiaro tono di congedo, cercando di fare dietro front.

Bastien lo interruppe.

-A proposito, sembri esperto della città, mi sapresti dare l’indirizzo di un buon hotel, possibilmente 5 stelle, non sopporto la polvere- chiese, per niente conscio della tensione nell’aria.

-Uh, sì, il migliore della città è dalle parti del… giardino architettonico Mind. Hotel Camelia- spiegò, in tono stanco e distratto.

Il giardino architettonico di sua madre. Veronika stentava a credere che ci fossero andati solo un mese prima. Il primo luglio sembrava così lontano visto tutto quello che era successo nel frattempo, e avrebbe dato qualsiasi cosa per tornare indietro nel tempo.

-Bene, ti ringrazio. Principessa, perché non mi accompagni così possiamo finire la nostra discussione in pace?- Bestien offrì il braccio alla futura sposa, che non aveva intenzione di prenderlo.

-Devo finire di parlare con Max, ti raggiungo dopo!- provò a congedarlo.

-No, non preoccupatevi, avevamo finito la discussione- Max però non sembrava avere le stesse intenzioni della ragazza, perché fece un leggero inchino con il capo e la incoraggiò a seguire il suo vero fidanzato.

-Allora aspettami un attimo qui, vado a richiamare le mie guardie del corpo. Sono sorpreso di non aver visto la tua- Bastien le diede un rapido bacio sulla mano che Veronika non riuscì a rifiutare e rientrò nel café.

-Max…- Veronika provò nuovamente ad affrontare la conversazione, seguendo a distanza il ragazzo che le aveva dato nuovamente le spalle e aveva iniziato a camminare via.

-Mann… Sonj… qualsiasi sia il tuo nome… non ho voglia di parlarti, adesso, mi dispiace- Max non sembrava in grado di guardarla negli occhi, e le sue parole erano più affilate della lama di un coltello.

Veronika non provò a seguirlo nuovamente. Lui era sempre stato rispettoso nei suoi confronti, e quello era il momento che lei ricambiasse il favore e gli desse i suoi spazi, anche se vederlo andare via fu uno dei dolori più grandi della sua vita.

Era successo il peggio del peggio, e non poteva biasimare l’universo per averle dato un karma tanto negativo, dato che era certa di meritare ogni batosta.

Almeno non c’era anche Gerda, a cui aveva dato il giorno libero, a dirle “Te l’avevo detto” perché probabilmente sarebbe stato davvero troppo, per lei.

 

Quella sarebbe stata l’ultima cena in crociera, quindi mancava molto poco alla fine della settimana che per Clover, soprattutto dopo il matrimonio, si era trasformata in un incubo.

Ogni secondo che passava si avvicinava maggiormente a scoppiare, non aveva praticamente più rivolto parola a Diego, ed era a malapena attenta quando si trattava di stare con gli altri, e si limitava a sorridere, annuire, e rispondere in maniera generica.

Insomma, Clover non vedeva l’ora di scappare da quella nave, e sperava davvero di farlo senza cedere ai pensieri, sentimenti e sensazioni negative che le scombussolavano la mente e lo stomaco dal matrimonio.

Dato che mancavano poche ore alla fine, però, era abbastanza positiva sulla sua resistenza.

Solo che non aveva fatto i conti con la famiglia Fierro Flores.

Paola e Miguel erano in una luna di miele a sorpresa di due giorni che i genitori avevano regalato per le nozze, quindi al tavolo c’era solo la famiglia principale, più Clover, dato che anche Sunny aveva abbandonato la crociera dopo il matrimonio per farsi una vacanza in solitaria. Clover avrebbe tanto voluto raggiungerla, o avere un’idea simile, ma non aveva approfittato dell’occasione, ed era bloccata lì, nel mezzo dell’oceano.

Al momento, la conversazione al tavolo aveva raggiunto un argomento piuttosto particolare.

-Non è giusto! Perché Diego può e io no?!- si stava lamentando Juanita con sua madre, che sorrideva amabilmente ma sembrava irremovibile.

-Diego mi ha convinto ad accettare la sua scelta, ma non significa che dato che ha creato un precedente tutti voi potete farvi un tatuaggio- spiegò, pratica.

-Ma in questo modo tratti i figli in maniera diversa!- si lamentò Juanita, combattiva.

-Ovvio, dato che siete diversi. Dimmi, Juni, cosa vuoi tatuarti? Convincimi- Maria era una brava madre, nel parere di Clover. Una delle migliori che avesse mai visto all’opera. Molto affettuosa ma anche autoritaria. Ascoltava i figli ma non per questo era troppo permissiva. Clover avrebbe dato qualsiasi cosa per avere una madre così, e sebbene volesse bene alla propria, non aveva mai avuto una figura genitoriale femminile forte da prendere in esempio e ammirare. Beh, l’aveva avuto, ed era la stessa davanti a lei, ma aveva dovuto abbandonarla a otto anni.

Si interessò alla conversazione, un po’ distratta ma abbastanza attenta da capire e ricordare cosa si stessero dicendo. L’argomento tatuaggi la interessava parecchio, anche se dubitava che ne avrebbe mai fatto uno. Aveva già una cicatrice che le squarciava il ventre e non sarebbe mai andata via, non voleva un altro segno indelebile sul corpo. Tendeva a stancarsi delle cose permanenti.

-Voglio solo tatuarmi i doni della morte sul polso, è mille volte più innocuo rispetto ai ghirigori sul braccio di Diego- insistette Juanita, con occhi da cucciolo.

-E tra quarant’anni credi che sarai ancora fan di Harry Potter a tal punto da guardare il tatuaggio e non pentirti di essertelo fatto?- indagò Maria, inarcando un sopracciglio.

-Ovvio!- si affrettò a rispondere Juanita, decisa.

-Dovrei avere argomentazioni più convincenti per farmi cambiare idea- la madre scosse la testa, divertita dall’entusiasmo della figlia ma non disposta a cedere.

Diego ridacchiò a sua volta, sbeffeggiando la sorella.

-Umpf, questo è sessismo! Come mai Diego ti ha convinto e io no?- chiese, Juanita, sbuffando.

-Io ho una filosofia sui tatuaggi, mia cara sorellina- la prese in giro Diego, dandole un buffetto sul naso.

-Che filosofia?- chiese distrattamente Clover, senza neanche rendersi conto che gli stava parlando, ma guardando il suo piatto e giocherellando con la forchetta.

Diego fu preso in contropiede dalla domanda, ma per non far insospettire la sua famiglia, si affrettò a risponderle.

-Beh, io mi faccio un tatuaggio solo ed esclusivamente quando sono convinto al 100% che non mi pentirò della mia scelta. E questa sicurezza la raggiungo tatuando oggetti che simboleggiano qualcosa di davvero importante per me, e che so che saranno per me davvero importanti per tutta la vita- sfiorò inconsciamente l’intricato disegno che aveva sul braccio, e Clover girò la testa per osservarlo. L’aveva sempre trovato molto artistico, ma non si era mai concentrata a guardarlo sul serio. A prima vista sembrava solo una serie di rampicanti che gli attraversavano il braccio dal gomito alla clavicola, ma se si osservava bene, si notava che tali rampicanti attraversavano vari simboli molto particolari, stilizzati e metaforici. La testa di un orso a malapena riconoscibile, sicuramente rappresentante suo nonno Arturo, il cui nome significava proprio uomo-orso; il simbolo alchemico per il ferro unito ad un girasole… la famiglia Fierro-Flores; un bastone di Ermes per rappresentare la medicina, molto stilizzato; un… trifoglio sulla spalla?

Rendendosi conto di dove lo sguardo di Clover era andato a vagare, Diego si affrettò a coprire l’ultimo simbolo, e cercò di ritirarsi dai suoi occhi, cambiando argomento.

-Comunque il punto è che devi essere sicura che non ti pentirai mai di farti un tatuaggio- indirizzò l’attenzione nuovamente su Juanita, che alzò gli occhi al cielo.

-Harry Potter è la mia infanzia, dubito che mi pentirò mai di tatuarmi il simbolo dei doni della morte- insistette sulle sue idee.

-Va bene, ma pensaci ancora qualche mese prima di prendere una decisione- Maria interruppe la conversazione, e tutti tornarono a mangiare.

Clover toccò a malapena cibo, e solo perché nonna Flora la teneva costantemente d’occhio e la incoraggiava spesso a mangiare.

Era davvero stanca, pensierosa, e sentiva lo stomaco chiuso per varie sensazioni indefinibili, ma tutte rigorosamente brutte: senso di colpa, delusione, tristezza, senso di colpa, stanchezza, inadeguatezza, senso di colpa… sì, il senso di colpa era l’emozione più forte che dominava sulle altre.

Ma anche l’inadeguatezza era preponderante.

Si chiedeva con sempre più insistenza cosa diavolo ci facesse lì! Perché era a cena con quella famiglia così unita? Perché Diego le aveva proposto di fare quella stupida farsa quando era chiaro che se solo avesse chiesto a sua madre “Ti prego lasciami la casetta” lei avrebbe acconsentito dopo poca insistenza. 

In quei giorni aveva avuto modo di conoscere tutti quanti, e di passare con loro più tempo di quanto si sarebbe aspettata.

Era stata rimpinzata da nonna Flora, incoraggiata e fatta sentire partecipe da Maria e Julio. Aveva aiutato Juanita a scrivere una storia per un concorso correggendo gli errori e dandole dei consigli, aveva giocato spesso con Oliver e Coco, e si era sentita, per la prima volta in tutta la sua vita, davvero parte di una famiglia.

Ma non era che un’estranea, che molto preso sarebbe scomparsa come fumo dalle vite di quelle persone straordinarie. Così come fumo loro sarebbero sparite dalla sua vita. Amava Diego, ma lui non l’amava, e se anche l’avesse amata Clover avrebbe rovinato tutto comunque, quindi perché continuava ad aggrapparsi a quella fantasia che non avrebbe avuto futuro? Perché si ostinava a fingere? Per deludere suo padre? Per aiutare Diego? Più andava avanti in quella farsa, e più si sentiva schiacciare, e gli scopi che avevano indirizzato i due ragazzi a cominciare le sembravano sempre meno importanti. La famiglia Flores non si meritava di essere imbrogliata così. Non meritava di essere soggetta ad una persona come Clover.

-Clover, tesoro, non ti senti bene?- la richiamò Maria, accarezzandole dolcemente il braccio, e distogliendola dai suoi pensieri.

-Sono solo un po’ stanca, non preoccuparti- rispose, cercando di sorridere, ma sentendo le guance bloccate.

-Per me mangi poco. Sei tutta pelle e ossa. Prendi un altro più di carne- nonna Flora, con il solito tono burbero, le prese il piatto e lo riempì. Probabilmente se Clover avesse provato a mangiare tutta quella roba avrebbe vomitato, ma prese qualche boccone, giusto per farla contenta.

Maria non sembrava molto convinta della situazione.

-Clover, è successo qualcosa tra te e Diego?- chiese, in tono molto serio, adocchiando lei e il figlio, che sentendosi chiamare in causa alzò di scatto la testa dal piatto, e sbiancò leggermente, dando conferma che sì, era senza ombra di dubbio successo qualcosa tra i due.

Clover scosse la testa.

-No, certo che no, signora Flores. Diego è fantastico. Il problema è mio- provò ad archiviare l’argomento agitando la mano, anche se la gola le si strinse, e a malapena riuscì a tirare fuori le parole. Non perché stesse mentendo, dato che quella era la pura verità, ma perché ammettere le proprie mancanze le faceva sempre più rendere conto di averne, e che quella stupida farsa era destinata a finire in partenza, e molto prima di quanto lei sperasse.

Perché aveva accettato?! Perché si erano messi insieme per finta?! Era stata la più stupida idea che avesse mai avuto!

E ne aveva fatti di errori madornali!

-Clover, se c’è qualcosa che ti turba puoi dircelo- Maria iniziò ad accarezzarle dolcemente il braccio, attaccando direttamente la psiche già traballante di Clover, che non si trattenne dal ritirare il braccio, sorprendendola non poco.

-No, davvero, non preoccupatevi per me, va tutto bene. Tornate a parlare di… tatuaggi, o il matrimonio, è stato bello, vero?- Clover cercò con tutte le forze di cambiare argomento e distogliere l’attenzione da sé. Non meritava la preoccupazione di tutti. Era solo un personaggio secondario, un’ombra, un cameo. Non dovevano darle attenzione, non dovevano farla sentire speciale! Lei non era speciale, lei non era nessuno per loro!

-Clover…- Diego l’adocchiò sorpreso, e allertato. Se fosse preoccupato per lei, o solo consapevole di quello che la ragazza avrebbe fatto di lì a pochi minuti, questo Clover non poteva saperlo. Non sapeva neanche lei cosa avrebbe fatto di lì a pochi minuti, sapeva solo che stava raggiungendo il punto di rottura.

-Clover, cara, hai bisogno di prendere un po’ d’aria? Diego, perché non l’accompagni un attimo fuori- propose Maria, con lo stesso tono dolce e allo stesso tempo autoritario che aveva mostrato con la figlia poco prima. Per quanto Clover ci avesse provato, era determinata a non surclassare la questione, che le sembrava preoccupante. 

Probabilmente Clover avrebbe dovuto accettare il cambio di argomento e uscire, ma l’idea di stare sola con Diego era persino peggio di stare insieme al resto della famiglia, quindi scosse la testa, stringendo i denti.

-Non c’è bisogno, sto bene- insistette, alzando leggermente la voce, categorica, e facendo sobbalzare appena Coco, che non si aspettava questo drastico cambio di tono.

Suo padre si affrettò ad accarezzarle la testa per calmarla. Maria alzò le mani.

-Va bene, scusami. Forse sono un po’ invadente, mi dispiace, ma è perché mi preoccupo per te, sei di famiglia- cercò di giustificare le proprie azioni, sorridendo pacifica a Clover, a cui vennero le lacrime agli occhi.

Il punto di rottura era stato appena superato.

-Io non sono di famiglia…- sussurrò, quasi tra sé. 

-Clover…- Diego le prese la mano, fermamente, per bloccarla. Questa volta il suo tono era chiaramente allertato, ma Clover quasi non gli diede peso.

-Ma cosa dici, tesoro. Certo che sei di famiglia. Solo perché tu e Diego non siete ancora sposati non significa che…- Maria iniziò subito a rassicurarla, allargando il sorriso sollevando una mano per darle una carezza confortante sul capo, ma Clover si ritirò, e ritirò anche la mano che Diego le stava ancora tenendo.

-Io e Diego non stiamo insieme- rivelò poi, a voce leggermente più alta, alzandosi in piedi.

-Clover!- anche Diego si alzò dietro di lei, e le prese il braccio con l’intento di trascinarla via prima che rivelasse altro.

Anche se ormai, le carte erano state scoperte.

-Come, scusa?- chiese Maria, molto sorpresa.

L’intero tavolo era estremamente sorpreso, tranne Juanita, che sembrava solo molto a disagio.

-Sentite, è un periodo complicato, io e Clover stiamo passando una fase…- Diego cercò di metterci una pezza sopra -Perché non parliamo fuori un secondo?- propose poi a Clover, sottovoce.

-Perché ti ostini a mentire alla tua famiglia?! Non se lo meritano! Devono sapere la verità!- Clover però non aveva intenzione di ritirare la sua affermazione. Si sentiva troppo in colpa a continuare a mentire alle persone che l’avevano accolta senza riserve, come nessuno aveva mai fatto prima di allora. Non voleva continuare a fingere sapendo che tutto sarebbe comunque finito. Non poteva continuare a illuderli e illudere sé stessa.

Non era abbastanza forte.

-Diego, di che sta parlando?- Maria si alzò a sua volta, per confrontare il figlio.

Alla fine, messo sotto pressione da tutti quegli sguardi, Diego seppellì il volto tra le mani, sbuffò sonoramente, sbottò.

-Va bene, okay, hai vinto!- esclamò verso Clover, che distolse lo sguardo da lui -È vero, era tutto finto. Ho finto di stare con Clover per ottenere la casetta!- ammise poi, rivolto ai genitori.

-Per la casetta?- chiese Maria, sorpresa e molto confusa.

-La volevi dare a Miguel e Paola per il matrimonio! Così ho pensato che se sarei stato accompagnato a qualcuno l’avrei tenuta. L’ho costruita con il nonno. È mia!- Diego cercò di giustificarsi, ma si vedeva lontano un miglio che era davvero in difficoltà, e agitato, e odiava davvero tanto Clover per quello che aveva appena confessato.

La ragazza rimase in disparte, ma iniziò ad adocchiare la porta.

-E sei arrivato al punto di organizzare una finta relazione. Come hai potuto?! Bastava chiederlo. Non ti fidi di noi a tal punto?- Maria sembrava davvero ferita da tutta quella pagliacciata.

Clover si sentì ancora più in colpa. Non credeva di essersi mai sentita così in tutta la sua vita. Le sembrava di essere ritornata a quindici anni prima, quando aveva dovuto dire addio alla sua unica certezza, alla famiglia che si era scelta, al suo migliore amico.

-Non ero l’unico a volerla. Anche Clover me lo aveva chiesto!- Diego portò di nuovo l’attenzione su di lei, e la ragazza venne osservata dai volti sconvolti e delusi delle persone che fino a pochi minuti prima la guardavano con affetto.

-Mi dispiace- sussurrò, quasi tra sé -…è colpa mia. Sono io ad averlo convinto, odiate me!- decise di prendersi tutte le colpe. Dopotutto era vero. Diego non era mai stato convinto. Era stata lei ad insistere. Era lei quella che voleva davvero imbrogliare tutti per avere vita facile e deludere suo padre. 

Tsk, deludere suo padre. Davvero aveva fatto tutto quello solo per deluderlo? Si era ferita molto più di quanto avrebbe mai ferito lui. Esattamente come dieci anni prima, con l’incidente. 

Come faceva sempre, dopotutto.

I sentimenti non li esprimo, mai. Li imbottiglio in fondo al mio cuore e li lascio lì finché non esplodono mandando a monte la mia vita” aveva detto a Max, parlando di ciò che provava per Diego. Era stata la frase più azzeccata del mondo per descriversi. Ed eccolo lì, il senso di colpa, imbottigliato nel suo cuore dal primo incontro che aveva avuto con i Flores, ed ora esploso colpendo le persone a cui aveva imparato a volere un bene infinito, e mandando a monte la vita che da sempre avrebbe voluto avere.

-Clover…- il tono di Maria era incredulo, deluso, preoccupato, forse. Clover era troppo confusa per discernere perfettamente le emozioni complesse della donna. Si limitò a mordersi il labbro, e adocchiò nuovamente la porta, cercando di formare un piano di fuga decente.

-Mi dispiace- disse come ultima cosa, prima di correre via, prendendo tutti alla sprovvista, tranne Diego, che provò a fermarla, ma venne scansato immediatamente.

Clover corse il più in fretta possibile nei corridoi della nave. Era in mezzo all’oceano, senza vie di fuga legali, e ogni secondo si pentiva sempre di più di ciò che aveva fatto.

Non voleva ferire i Flores, non voleva mettere in difficoltà Diego. Voleva solo scappare, come faceva sempre per evitare di soffrire. È meglio il coltello che ti rivolti contro, perché almeno ti aspetti il dolore.

Anche se mai si sarebbe potuta aspettare la terribilmente sgradevole sensazione che l’accompagnò per gli intricati corridoi della nave, dove correva come una vittima inseguita dall’assassino, anche se dubitava che uno qualsiasi della famiglia Flores avrebbe voluto parlare con lei, ora che non era altro che la ragazza che si era approfittata della loro gentilezza per i suoi sporchi capricci. 

Raggiunse per prima cosa la propria cabina, dove prese velocemente tutte le cose importanti che le appartenevano. Sicuramente avrebbe dimenticato qualche crema e qualche vestito, ma non le importava più di tanto.

Ebbe qualche esitazione quando si ritrovò a stringere tra le mani la stoffa dell’abito da damigella, e lo infilò decisa in valigia. 

Poi uscì in tutta fretta, lasciando dentro la chiave per evitare di ritornare lì dentro, e si diresse con sicurezza nella terza classe, il più in basso possibile, sperando di trovare la cabina giusta nonostante i ricordi molto annebbiati della notte in cui si era ubriacata.

Si ricordava che aveva parlato con un tipo molto gentile al casinò, e poi gli aveva regalato qualche migliaia di dollari. Doveva essere nella cabina C-48, sperava.

-Uh, gentilissima signorina!- per fortuna la sua memoria non l’aveva tradita (quella volta), e quando bussò alla cabina, l’uomo di mezza età le aprì molto sorpreso.

-Senta, ho avuto dei problemi. Posso dormire nella sua cabina solo per stanotte?- chiese la ragazza, supplicante.

-Certo, certamente signorina, tutto per lei. Tesoro, c’è la signorina dell’altra notte, quella che ci ha aiutato per l’operazione di Tommy- l’uomo la fece entrare con ogni riguardo, e la presentò immediatamente a sua moglie, che iniziò a ringraziarla sentitamente, e le offrì il proprio letto.

Clover rifiutò, e si accontentò di un giaciglio per terra.

Probabilmente, per quello che aveva fatto, avrebbe meritato che la gettassero in mare in mezzo agli squali. 

Cercò subito di prendere sonno, cercando di non pensare a quello che fosse successo.

Sentì il telefono squillare, ma lo spense e lo ignorò completamente.

Voleva solo sprofondare nel sonno e dimenticare tutti i suoi problemi.

Che caos incredibile!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Robe succedono, tante robe.

Quasi tutte negative, devo ammetterlo.

Ma prometto che la botta di angst e brutte cose finirà molto molto presto… del tipo il prossimo capitolo circa, o quello successivo.

Nel senso che il prossimo capitolo sarà un misto tra angst e cose belle.

Ma spoiler a parte…

Ci credete che questo momento Mannax è il primo che mi dia davvero dei vibes da coppia?

Vi confesso che fino ad ora, tutti i momenti dove Max interagisce con Sonja o Manny mi sono sempre sembrati strani da scrivere, non so se perché dovevo stare un sacco attenta a non scrivere i pronomi sbagliati o ero troppo concentrata sugli indizi, ma ogni volta che scrivevo Max con qualcuno, mi sentivo un po’ bloccata. Invece oggi, per la prima volta dall’inizio della storia, sono davvero soddisfatta del paragrafo di Max.

E poi ho cercato di mettere più fluff possibile per prepararvi a quando tutto va storto.

Poveri Max e Veronika.

Ma almeno la verità è venuta alla luce… nel modo peggiore.

Tutto per colpa di Bastien, che, onestamente, non ho voluto rendere cattivo, solo snob. E diametralmente opposto a Veronika. 

Alla fine è un bravo ragazzo, solo poco lungimirante, e troppo preso dal proprio status con il rischio di diventare egocentrico.

Nel modo peggiore è anche venuta alla luce la verità di Clover e Diego. Spero davvero di averla resa in modo plausibile e profondo.

Alla fine Clover ha ceduto alla pressione, ha preferito buttare tutto all’aria per evitare di esporsi troppo, mi ricorda qualcuno *coff coff Mirren coff coff*. Alla fine i problemi paterni non sono così diversi. E Freud insegna quanto i problemi familiari siano presenti attivamente nella crescita e nei traumi di un individuo (troppo Freud sto studiando ultimamente).

Problemi personali a parte, spero che il capitolo vi sia piaciuto, e che il fluff Mannax abbia ripagato un po’ di tutto l’angst successivo. 

Vorrei mettere un accento sulla discussione dei tatuaggi e indicare, per chi magari non è molto esperto di lingue, che Clover, in inglese, significa trifoglio. Così… per dire.

Il prossimo capitolo spero con tutto il cuore di riuscire a pubblicarlo l’8 Febbraio, che si festeggia il compleanno della storia. Non ci credo che l’ho iniziata solo un anno fa. Ma questi discorsi me li tengo per il prossimo capitolo.

Grazie a chi segue ancora questa storia, un bacione e alla prossima :-*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: È il compleanno di Amabelle, rancori vengono alla luce, arriva una persona inaspettata.

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Capitolo 35
*** Un passo indietro, Amabelle ***


Un passo indietro, Amabelle

 

Lunedì 12 Agosto

Denny non aveva neanche avuto il tempo di realizzare il segreto che gli era stato rivelato e decidere da quale parte stare, che ecco che era venuto alla luce nel modo peggiore, e si era ritrovato tra due fuochi.

Perché era così sfortunato?! Non era giusto! 

E poi… il tempismo era assurdo, non riusciva a non pensarci.

Ma aveva problemi più gravi che capire come fosse successo, perché era successo, e sapeva di doversi schierare, anche se onestamente avrebbe preferito trovare una soluzione pacifica.

Per questo, nonostante fosse socialmente obbligato a prendere le parti del fratello a cui voleva un bene enorme, stava parlando di nascosto al telefono con la ragazza che lo aveva ingannato per mesi mentendogli sulla sua identità.

E probabilmente avrebbe dovuto chiuderle il telefono in faccia.

Solo che… Veronika sembrava davvero in difficoltà.

E la primissima cosa che gli aveva detto appena iniziata la chiamata era stata: -Denny, come sta Max? Sta bene? E tu come stai? Mi dispiace tanto di avervi messo in questa situazione!- 

Insomma, come si poteva chiudere il telefono in faccia ad una ragazza così?!

-Beh… non posso dire che stia benissimo, ma non sta male. È solo molto silenzioso- spiegò, a bassa voce, sperando che Max non entrasse nella loro camera proprio in quel momento perché non gli sembrava molto corretto parlare del fratello con Veronika.

-Mi dispiace così tanto! Non avrei mai voluto che tutto si scoprisse in questo modo- si autocommiserò la ragazza, anche lei a bassa voce seguendo il tono di Denny.

-Avresti preferito che non lo scoprisse proprio, immagino- Denny non riuscì a fare a meno di punzecchiarla, assumendo il ruolo di fratello protettivo, ma se ne pentì immediatamente, perché la voce di Veronika divenne molto più acuta.

-No, te lo giuro! Lo stavo per dire, lo avrei detto a Max ieri durante il picnic. Ti prego Denny devi credermi- sembrava aggrapparsi con tutte le sue forze a lui, come se fosse l’unica persona con cui potesse parlare.

Denny ripensò a come lei ci fosse stata quando lui stesso era in difficoltà, tra la scoperta della sua sessualità, quel tipo strano al locale e Mathi. Sospirò, e decise che non avrebbe preso parti e avrebbe provato ad aiutare entrambi i soggetti sconvolti da questa situazione assurda.

-Va bene, ti credo, ma devo sapere alcune cose. Pensavo che Bastien non sapesse che eri qui, come ti ha trovato?- chiese, confuso.

-Non lo so! Non glielo avevo detto e speravo che non lo scoprisse mai. Ho provato a chiedergli un sacco di volte come ha trovato l’informazione, ma la sua fonte è completamente anonima. So solo che ha venduto l’informazione per soldi. Forse è stato il rettore, ma perché dirlo proprio adesso e non prima? Il tempismo è assurdo!- Veronika esternò il dubbio che Denny aveva da quando aveva visto il duca al bar.

-Giusto per chiarire, anche se penso non ce ne sia bisogno, io non ho detto nulla a nessuno- ci tenne a sottolineare. 

-Lo so, lo so! Non ti stavo accusando! Sono solo sconvolta da tutta la situazione. Ho controllato l’hashtag PrincessVeronika e ho notato che iniziano ad uscire le prime teorie e indiscrezioni. Ho paura che mio padre mi richiamerà ad Agaliria prima del tempo per chiarire i malintesi e non voglio lasciare la situazione in sospeso- spiegò la sua ansia, e Denny non aveva idea di come aiutarla. Controllò il computer per cercare le varie indiscrezioni, che aumentavano a ritmo esponenziale. Rischiava di diventare virale.

Poteva essere un enorme problema.

Sia per la sua immagine pubblica che per il rapporto con Max.

Se i rumors giungevano alle sue orecchie prima della verità poteva diventare ancora più difficile parlargli.

-Dovresti parlare con Max- suggerì alla ragazza, pur sapendo che era molto probabile che lei ci avesse già pensato.

-Ci ho provato, Denny, ci sto provando da ieri, ma non risponde ai miei messaggi, o alle mie chiamate, e non voglio essere troppo insistente. Lui è sempre stato molto paziente con me, forse dovrei dargli tempo… solo che il tempo è sempre meno! Non so che fare, cosa mi consigli?- Veronika sembrava ad un passo dallo scoppiare a piangere. A Denny piangeva il cuore nel sentirla così.

Non voleva prendere parti, ma poteva fare magari da tramite.

-Vuoi che gli provi a parlare io?- chiese, in tono molto confidenziale.

-Parlarmi di cosa?- una voce alle sue spalle lo fece sobbalzare così forte che quasi andò a sbattere la testa contro il soffitto.

-Max! Non ti ho sentito entrare!- esclamò Denny, con il classico tono colpevole di chi viene scoperto nel mezzo di un tradimento.

Non che Denny stesse tradendo la fiducia di Max parlando con Veronika...

…ma stava effettivamente tradendo un po’ la fiducia di Max parlando con Veronika.

-Eh, ti richiamo più tardi, va bene?- chiese sottovoce a Veronika, che sussurrò un -Okay, fammi sapere come sta- prima di chiudere la chiamata per prima.

-Con chi stavi parlando?- chiese Max, pur consapevole della risposta, in tono casuale, sedendosi sul proprio letto.

La risposta era più difficile di quanto si potrebbe pensare.

Con Manny? Con Sonja? Con Veronika? Erano tutte risposte giuste ma con peso un po’ diverso.

Alla fine Denny provò ad approcciare la strada della verità più assoluta, dato che perseverare con le menzogne non era proprio il modo giusto di continuare a sviluppare la faccenda.

-Con Veronika, mi ha chiesto come stavi e mi ha detto che non le rispondi al telefono- rispose, con il tono più neutrale del suo repertorio. Purtroppo per lui uscì quasi accusativo.

-Sì, è vero, puoi biasimarmi?- anche la voce di Max era neutrale, ma si intravedeva sotto la superficie una profonda irritazione.

Denny sospirò, e cercò di misurare bene le parole.

-No, non ti biasimo- capiva esattamente come doveva sentirsi. Anche lui aveva passato una situazione simile, e forse anche peggiore, dato che Mathi, a differenza di Veronika, l’aveva messo effettivamente in pericolo ed era invischiato con attività poco pulite. Per il resto entrambi avevano mentito sul proprio nome e sulla propria identità ed entrambi grossi segreti, anche se Denny ammetteva che il rapporto tra Max e Veronika era ben diverso rispetto a quello tra lui e Mathi, avevano superato molti più confini insieme.

-Però…- aggiunse, cercando di ispirare un dialogo, perché se c’era una cosa che rimpiangeva del disastro Mathi era il non aver potuto chiedere chiarimenti al diretto interessato. Insomma, era stato chiaro nella sua esposizione, ma avrebbe tanto voluto poter sentire la sua versione della storia senza rischiare la morte, o l’imprigionamento, o tortura ad opera della fantomatica agenzia o dei suoi probabili nemici.

-Però? Quello che è successo non è una ragione più che legittima per evitare Son…Man…come si chiama!?- lo incoraggiò Max, senza sapere come riferirsi alla ragazza.

-Veronika. Principessa Veronika Krone- lo corresse Denny, distrattamente, ancora cercando come consigliare nella maniera migliore a Max di parlarne e perso nei ricordi su Mathi.

-Oh… giusto, principessa. Questa informazione mi era sfuggita, o pensavo fosse un’esagerazione. Ma tu… come lo sai con questa sicurezza?- Max iniziò ad indagare, sempre in tono casuale, ma che attirò immediatamente l’attenzione di Denny a causa di una sfumatura accusativa non indifferente. 

-Uh…- non voleva far sapere a Max tutte le informazioni che Veronika gli aveva rivelato, perché avrebbe rischiato di allontanarlo. Ma Max era ragionevole, no? Dirgli la verità era sempre la scelta migliore, per qualsiasi cosa, e di solito ascoltava sempre le ragioni delle persone.

-Ammetto che me lo aveva detto… ma due giorni fa, non ho avuto il tempo di parlartene prima che si scoprisse il tutto, mi dispiace!- spiegò, cercando di fare leva al lato protettivo da fratello maggiore che usciva sempre a Max quando vedeva Denny in difficoltà. La sua sensibilità era uno dei motivi per cui Denny non era andato in analisi per trattare la sua ansia, perché il fratello la inibiva sempre con la sua sola presenza rassicurante.

Beh… non quel giorno.

Si alzò di scatto, e lo guardò ferito.

-Lo sapevi e non me lo hai detto subito?!- chiese conferma, incredulo.

-L’ho scoperto due giorni fa, non ho avuto il tempo di…- provò a ripetere Denny, ma Max lo interruppe immediatamente.

-Viviamo insieme, Denny, immagino che tra la scoperta tua e la mia potevi trovare cinque minuti di tempo per dirmi che il mio ragazzo era Sonja ed era fidanzata… e principessa- gli fece notare.

…aveva ragione.

-Volevo che te lo dicesse lei!- cedette infine, quella era la pura verità.

-Quindi hai deciso di non dirmelo e tenermi stupidamente attaccato a questa menzogna?- ricapitolò Max, deluso.

-Te l’avrebbe detto al picnic! Mi sono fatto assicurare che te l’avrebbe detto il prima possibile o sarei stato io a rivelartelo!- spiegò meglio Denny, giustificandosi della mancata osservanza delle regole fraterne non scritte.

-Sarebbe stato comunque troppo tardi. Stiamo insieme da tre mesi!- esclamò Max, alzando la voce, e con le lacrime agli occhi.

Cercò di respirare per calmarsi, ma si vedeva che era molto sconvolto da tutta la situazione, e fingeva solamente di essere forte.

-Max… hai ragione, e mi dispiace, ma forse dovresti parlare con Veronika e…- Denny gli si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla, ma Max si ritirò, e lanciò al fratello un’occhiata davvero offesa.

-Perché sei dalla sua parte?!- chiese, in un sussurro incredulo.

Denny si irrigidì. 

No, lui era la Svizzera, non era dalla parte di nessuno.

Anche se probabilmente Max si aspettava fosse dalla propria parte, piuttosto che da quella di Veronika. Ovvio dato che era suo fratello.

Ma Veronika l’aveva aiutato…

AH! Che casino!

-Non sono dalla sua parte!- alzò le mani in segno di resa, cercando di calmare Max.

-Sapevi il segreto prima degli altri, prima di me, da quando sei così amico di Son… Man… Veronika?!- Max continuò ad indagare, allontanandosi da Denny come se non lo riconoscesse.

La conversazione iniziava a prendere una piega che a Denny non piaceva per niente, e il suo cuore iniziò a battere forte nel petto.

Perché finché si parlava di Max e Veronika, okay, poteva ancora starci, ma se l’argomento iniziava a spostarsi su di lui, e sulla sua amicizia con Veronika, e sui motivi di tale amicizia… Denny non si sentiva ancora pronto a parlarne a Max.

-È… è un po’ complicato. Nelle ultime settimane sono stato spesso al Corona, e ho fatto amicizia con Sonja, e non è che mi ha rivelato il suo segreto, sono stato io a scoprirlo- cercò di non approfondire, ma Max piegò la testa, deciso ad insistere.

-Hai scoperto la cosa e non sei venuto a dirmelo subito?- chiese, molto sorpreso.

In effetti, il vecchio Denny sarebbe corso dritto da Max senza neanche pensarci. Affrontare una bugiarda? No, grazie! Meglio prendere la strada sicura e fare il bravo fratello. Era successo altre volte nel corso della loro vita. Loro due si erano sempre detti tutto, e subito.

Ma ultimamente Denny sentiva di stare cambiando, e di essere più aperto alla vita. Forse non sempre nel modo giusto e in circostanze di cui non era neanch’egli certo, ma con Sonja non aveva voluto scendere a conclusioni affrettate.

-Ci ho pensato, ma ho preferito farmi prima spiegare, e poi…- 

-Perché? Perché ti fidi così tanto di Man… Son… Veronika?- Max aveva ancora difficoltà a decidere il nome da usare, ma Denny non aveva tempo di correggerlo o anche solo notarlo.

Perché si era irrigidito completamente. Parlarne significava fare coming out davanti a suo fratello, la prima persona effettivamente vicina che l’avrebbe scoperto, e sebbene avesse ormai fatto i conti con la propria sessualità, non era certo di riuscire a compiere il grande passo. Mentire, d’altro canto, lo avrebbe distanziato maggiormente da Max in questo periodo davvero complicato, e voleva stargli vicino.

Optò, dopo parecchi secondi di stallo, in una mezza verità.

-Lei mi… è stata molto paziente con me in un periodo abbastanza pesante- ammise, senza guardare il fratello negli occhi. Iniziava a sentirsi sopraffatto da tutto quello che stava succedendo, e non era certo che i suoi nervi avrebbero retto. Non aveva paura della reazione di Max all’eventuale inevitabile confessione, ma si sentiva messo in un angolo, come un animale in trappola obbligato ad indietreggiare sempre di più per protrarre la propria vita di qualche secondo ma destinato a morire in poco tempo.

-Sai… speravo di essere anche io quella persona- osservò infatti Max, sempre più confuso, e ferito.

-Max, tu sei il fratello migliore del mondo, ma questa cosa era… complicata, okay? Non mi sentivo di parlartene, non subito, almeno- Denny si mise sulla difensiva. 

Max esitò qualche secondo, come se stesse cercando di arrivare alla soluzione senza chiederla direttamente, o di non alzare la voce per non agitare maggiormente il fratello perché sì, era arrabbiato, ma era pur sempre il dolce e paziente Max, era più forte di lui essere una bella persona.

-E sei andato a dire questo sicuramente non ovvio segreto a Sonja?- chiese lentamente, e a voce tranquilla ma fremente di irritazione sempre crescente.

Denny non sapeva come ribattere, non gli andava proprio di parlarne. Era troppo complicato per spiegarlo in poche parole, e non voleva neanche spiegarlo, a dire il vero.

-Senti, il punto è…- provò a tornare all’argomento principale, ma Max ne aveva fin sopra i capelli.

-Il punto è che tutte le persone più vicine a me non fanno altro che mentirmi o tenermi segreti! Vuoi sapere perché non ho la minima intenzione di parlare con Veronika? Perché non mi interessa se è una principessa, non mi interessa il suo vero nome o la sua identità. Mi ero innamorato di lei per la sua personalità, e pensavo che dopo tutto quello che abbiamo passato, dopo tutte le volte in cui ho avuto occasione di provarle la mia affidabilità, che lei si sarebbe aperta con me, che mi avrebbe detto la verità. E invece, dopo mesi, ho dovuto scoprirlo dando indicazioni al suo fidanzato… il suo fidanzato!- Max iniziò a sfogarsi, Denny lo accettò quasi con piacere. Parlare di lui era meglio che perseverare sul precedente argomento.

Provò ad avvicinarsi per confortarlo in qualche modo, ma Max si scansò, irritato.

-Non mi interessa neanche che sia fidanzata, perché ho capito che è un matrimonio combinato, ma il punto è che mi sono stancato di essere sempre l’ultimo a sapere le cose! Prima Clover non mi dice che la relazione con Diego è finta, e va bene, avevano delle regole. Il mio ragazzo mi mente da tre mesi, e sono ferito da morire perché pensavo si fidasse di me, e adesso scopro che anche mio fratello non vuole parlarmi? Che preferisce prendere le parti della mia ex solo perché gli è stata vicino quando io non c’ero? Cosa ho fatto per meritarmi questa totale assenza di fiducia?! Cosa ti fa pensare che potrei accettarti meno solo perché sei gay?!- Max aveva iniziato a piangere, lacrime di rabbia e frustrazione, e neanche si rendeva conto di quello che stava dicendo, si notava dal vomito di parole.

E Denny avrebbe voluto, con tutto il cuore, rassicurarlo, scusarsi, avvicinarsi al fratello che adorava per stargli vicino in un momento chiaramente difficile per lui.

Ma non ci riuscì.

Perché l’ultima affermazione di Max gli aveva mandato il cuore in corto circuito.

Essere chiamato in causa in quel modo, con quella facilità, quando per lui ammettere la propria sessualità era stato tutt’altro che facile, gli spezzò il cuore, e lo agitò non poco.

-Forse il punto non era essere accettato da te, ma da me stesso?- obiettò, con un filo di voce, e le lacrime agli occhi.

Max sembrò rendersi conto di aver trattato l’argomento con troppa leggerezza, perché lanciò un’occhiata preoccupata verso il fratello. Ma era troppo innervosito da tutta la situazione per essere immediatamente ragionevole. Aveva raggiunto il punto di rottura.

-Mi chiedo comunque perché tu non ne abbia voluto parlare con me. Pensavo che noi ci dicessimo tutto- continuò a colpevolizzarlo.

Le lacrime negli occhi di Denny iniziarono a scendere sulle sue guance.

-Tu non hai idea di cosa mi sia successo nell’ultimo periodo- sibilò tra i denti.

-Non sei l’unico ad essere uscito dall’armadio in famiglia, e dubito che tu abbia scoperto che il tuo ragazzo era in realtà una principessa sotto copertura- insistette Max.

Era la prima volta in tutta la sua vita che perdeva le staffe in quel modo, e probabilmente Denny avrebbe dovuto lasciarlo fare, come Max aveva fatto con lui un sacco di volte, da bravo fratello maggiore. Ma Denny non era Max, Denny era Denny, e sì, il suo ragazzo non si era rivelato una principessa, ma una maledetta spia sotto copertura, ed era giusto un tantino peggio, nel parere di Denny, perché lui non poteva parlarne con nessuno, non poteva sapere se lo spiavano o… un momento…

Tutta la rabbia e la sofferenza che iniziava a provare per Max a causa di quella conversazione evaporò, lasciando posto ad un cieco terrore.

Impallidì visibilmente, e le ginocchia gli si fecero così molli che per poco non cadde.

-Denny?- notando il cambio di comportamento nel fratello, anche Max sembrò tornare completamente in sé all’improvviso, e lo afferrò al volo, mentre il ragazzo si portava una mano alla bocca vinto dalle vertigini e da un forte senso di nausea.

Tutte le domande secondarie che aveva iniziato a farsi da quando aveva visto Bastien al Corona sembrarono trovare risposta, mentre rimetteva insieme i pezzi e rifletteva su tutto quello che era successo da quando aveva visto Mathi per l’ultima volta.

-Denny! Cinque cose che puoi vedere…- provò ad aiutarlo Max, rendendosi conto del suo imminente attacco di panico.

Denny iniziò a guardarsi intorno, cercando di tornare con la mente alla realtà. 

Non poteva rischiare passi falsi, doveva pensarci bene.

-Mi dispiace, Max, hai ragione- doveva far pensare che la crisi fosse avvenuta a causa della discussione con il fratello, non per altro. Era ancora troppo scosso dalle informazioni, e non sapeva neanche esattamente cosa stesse dicendo, ma quando sentì le braccia del fratello stringerlo con forza, la sua presa sulla realtà si fece più forte, e la priorità divenne davvero Max.

-No, Denny, dispiace a me. Non avrei dovuto perdere le staffe in questo modo, è che… sono così… ferito- ammise infatti, scoppiando definitivamente a piangere, distrutto dal peso di tutto quello che era successo.

E Denny, invece di confortarlo in qualche modo, decise di piangere con lui, stringendolo con forza.

-Non avrei mai dovuto essere così insensibile su quell’argomento- si scusò Max dopo qualche minuto di sfogo, asciugandosi le lacrime e sciogliendo l’abbraccio.

Denny alzò le spalle.

-Quando hai fatto coming out con me non ti ho parlato per tre giorni. Direi che siamo pari- okay, era rimasto comunque un po’ ferito, ma non lo biasimava.

-Sì, ma vorrei essere un fratello che ti supporta, con cui confidarti, non che ti fa venire un attacco di panico- insistette Max, buttandosi sul letto di Denny a disagio.

Denny fece altrettanto.

-Ehi, il lavoro dei fratelli è ferirsi a vicenda. Tu sei un’eccezione di solito- lo rassicurò.

-Sì, ma…- Max era ancora pieno di sensi di colpa, ma Denny non voleva che continuasse a fasciarsi la testa, né continuare a parlare della propria sessualità.

-Ritornando all’argomento principale, non devi parlare con Veronika se non te la senti. Io ti consigliavo di farlo perché sta per andarsene, e ho paura che quando questo avverrà, se non sarete riusciti a parlare, potresti pentirtene, tutto qui- provò a spiegare il suo punto.

Max sospirò.

-Probabilmente hai ragione- ammise, titubante -…ma non credo di riuscirci, ora come ora- aggiunse poi, con un profondo sospiro.

-È un tuo diritto, ma sappi che voglio solo il tuo bene, okay?- rassicurò il fratello, che gli fece un grande sorriso rassicurato.

-Lo so, te ne voglio tanto anche io- rispose, scompigliandogli i capelli.

-Anche se resto amico di Veronika?- buttò lì Denny, casualmente.

-Nope- Max si alzò dal letto, giocoso ma non necessariamente scherzando.

Denny non insistette.

-Come farai con il lavoro… e con il compleanno di Amabelle domani?- chiese invece, andando sul lato pratico.

Max si irrigidì.

-Ho chiesto una settimana di ferie, e per quanto riguarda Amabelle…- si interruppe per un attimo, sospirando seccato -…spero non sarà così stupida da invitare Son… Man… Veronika alla sua festa- commentò, con lieve tono da minaccia di morte, prima di uscire dalla stanza.

Denny sospirò, e scrisse un messaggio a Veronika.

“Ho fatto il possibile, ma niente :(“

Al quale la ragazza rispose immediatamente “Mi dispiace tanto per tutto T.T” come se sperasse che Max avrebbe letto almeno quello.

Certo che la situazione era davvero tremenda.

E non era la cosa più tremenda.

Ora che Max era andato via, a Denny tornò in mente la consapevolezza raggiunta con l’attacco di panico, e rischiò di procurarsene un altro.

Seppellì la testa sotto il cuscino, cercando di isolarsi dal mondo.

Perché quel periodo era così complicato?!

 

Martedì 13 Agosto

La location non era esattamente quella che Amabelle avrebbe voluto per il suo compleanno, ma considerato che Petra non le parlava più da quello sciocco incidente con Melany, era già tanto che avesse prenotato una stanzetta del Corona e la torta, e Amabelle sapeva di non potersi lamentare più di tanto.

Beh, aveva comunque intenzione di lamentarsi perché non trovava affatto giusto che Petra l’avesse abbandonata così per un errore insignificante fatto in buona fede, ma quel giorno era il suo compleanno, e non voleva pensare alla sua ex migliore amica… e cotta… e ragazza che le mancava terribilmente e con cui sperava di poter risolvere le cose perché, oh cielo, Amabelle non riusciva ad immaginare alla sua vita senza di lei!

Ma quel giorno si sarebbe dovuta accontentare.

Ed era decisa a continuare l’operazione matchmaker anche senza di lei.

Sebbene fossero poche le persone da accoppiare, a quella semivuota festa.

Felix, Clover, Denny, Max e un poco convinto Mirren, che sembrava lì più per Felix che per lei.

E l’atmosfera era estremamente di ghiaccio, mentre aspettavano che gli altri membri della Corona Crew arrivassero.

Anche se… sarebbero arrivati?

Insomma, Petra aveva detto che non ci sarebbe stata, Norman era ancora a casa sua, Mathi era disperso da settimane e Diego si era tolto dal gruppo Whatsapp due giorni prima.

Diciamo che l’unica persona che Amabelle aspettava con vera speranza era Son… Man… Veronika, ma era una vera e propria incognita, e ci stava, dato che era appena uscito un articolo su di lei in prima pagina nel quotidiano mattutino.

-Quindi… notizie di Diego?- chiese per l’ennesima volta verso Clover, che si stava guardando le unghie, aveva profonde occhiaie e non aveva aperto bocca da quando era lì.

-Non sono affari tuoi- rispose Max per lei, fissando dritto il suo piatto. Aveva gli occhi rossi e non l’aveva guardata da quando era arrivato insieme a Denny.

-Beh, è mio amico, quindi sono interessata a lui, non vorrei che gli sia capitato qualcosa- provò ad insistere Amabelle, sempre rivolta verso Clover, che non parlò, e fece come se non esistesse.

Seguirono un paio di minuti di puro silenzio. Sembravano tutti completamente immersi nei propri pensieri. Mirren e Felix comunicavano in codice morse battendo le dita sui rispettivi bracci. Clover rischiava di spezzarsi le unghie per quanto le stava maneggiando, Max era immobile a fissare il piatto e Denny si guardava intorno, pallido come un lenzuolo, come se cercasse telecamere o trappole, con le mani posate sulla bocca in un goffo tentativo di non parlare per nessun motivo.

-Allora, Max… hai parlato con Veronika?- Amabelle provò a cambiare argomento, ma di certo non scelse il migliore, perché gli occhi di Max si fecero più duri, e finalmente la guardò… storto. Se gli sguardi potessero uccidere, Amabelle sarebbe morta il giorno del suo compleanno.

Okay che era nata di venerdì 13, ma morire di martedì 13 non le sembrava proprio un bel giorno in cui porre fine alla propria vita.

-No, perché?- chiese Max, squadrandola con sospetto, come sfidandola a scegliere con cura le parole successive.

Ma Amabelle non indietreggiava facilmente, purtroppo, soprattutto ora che il suo controllo agli impulsi, alias Petra, era uscito dai giochi.

-Perché questa sarebbe un’ottima occasione per chiarire molte cose, perché non provi? Almeno un saluto, un qualcosa… credo sia in cucina, potresti andare lì e…- Amabelle provò a suggerire, molto più ovvia di quanto volesse apparire.

-E poi il tuo piano è di chiudermi in cucina con lei rallentando il lavoro del bar, o di ammanettarci insieme smarrendo poi la chiave per costringerci a parlare?- chiese Max, facendo cenno a Denny, che tirò fuori un paio di manette che Amabelle aveva effettivamente intenzione di usare in quel modo.

Il suo morale scese di qualche tacca, e si tastò le tasche preoccupata. Come temeva, quelle manette erano proprio le sue. Come aveva fatto Denny ad appropriarsene?

-Vedo che anche tu sei stato istruito da Ma…- iniziò ad osservare Felix, osservando Denny divertito, e venendo interrotto da un calcio sulla gamba da parte di Denny, che si guardò intorno con più insistenza e preoccupazione.

-Le porto sempre appresso, non prova niente- provò a difendersi Amabelle, con nonchalance.

-Beh, l’hai invitata al tuo compleanno. Non mi pare siate amiche- continuò ad osservare Max.

-Non posso invitare una principessa al mio compleanno? Pensa che festa! Memorabile!- Amabelle batté le mani entusiasta -E comunque come lo sai? Ne avete parlato?! Avete chiarito off-screen?! Come è andata?- iniziò ad indagare, emozionata.

-Lo ha detto a Denny, e gli ha anche detto che non è qui, quindi non ti scomodare- Max prese le manette da Denny e le lanciò verso Amabelle, facendole scivolare lungo il tavolo.

Amabelle non le prese, e guardò male Max.

-Uno cerca di fare qualcosa per te ed è così che lo tratti? Perché rifiuti la felicità? Va bene, Veronika ti ha detto una piccola bugia, ma non vedi che così è tutto perfetto? Sonja è Manny, il ché significa che avevo ragione a pensare che entrambi fossero giusti per te, ed è anche una principessa, quindi prendi due piccioni con un regno!- provò a suggerirgli.

Max la interruppe, sbattendo la mano aperta contro il tavolo, e facendo sobbalzare tutti, ben poco abituati a vederlo arrabbiato.

-Basta, Amabelle! Smettila con questo tuo atteggiamento invadente e fastidioso, non hai idea di cosa stia succedendo e pensi sempre di avere ragione su tutto comunque!- la rimproverò, alzando la voce, e facendo nuovamente sobbalzare tutti, che erano ancor meno abituati a sentirlo parlare così.

-Neanche tu sai cosa stia succedendo dato che non parli con Veronika!- gli fece notare Amabelle, testardamente convinta di essere dalla parte della giusto.

-Veronika Krone è una principessa, del regno europeo di Agaliria, sede dell’Eugenie Garten, e promessa in sposa al duca Bastien Borsche dalla tenera età di sei anni. È venuta qui in incognito, e mi ha mentito per proteggere un segreto che è stato comunque rivelato. So esattamente i motivi che l’hanno spinta a farlo, e non la biasimo. Ma non voglio più averci a che fare. Fine della storia!- spiegò brevemente. Clover annuì, dandogli piena ragione.

-E ti arrendi così?! Dobbiamo fermare il matrimonio! O parlare con il re, fare un grande gesto per dimostrare che tu saresti un buon re…- Amabelle non si arrese.

-Amabelle, io non voglio, non desidero e non sono in grado di essere re, e non lo sarò mai, okay? Sta lontana da Veronika e da me- Max si alzò in piedi, e puntò su Amabelle un dito accusatore.

Amabelle decise di cambiare tattica.

-Guarda Clover! Lei è felice, con Diego, potresti esserlo anche tu!- indicò la ragazza, i cui occhi si fecero lucidi qualche secondo, prima di indurirsi.

Si alzò e affiancò l’amico.

-Io e Diego non stiamo insieme!- annunciò, in tono freddo.

-Cosa?!- per la prima volta dall’inizio di quel confronto, Amabelle sembrava davvero in difficoltà. Guardava a Clover a bocca aperta.

-Vi siete lasciati?- chiese Mirren, dispiaciuto per loro.

-Non siamo mai stati insieme!- spiegò Clover, sempre rivolta ad Amabelle -Abbiamo finto tutto il tempo, e parte del motivo, amica mia, sei tu! Perché non sopportavamo l’idea che continuassi ad insistere con i tuoi stupidi piani- l’accusò, con le mani sui fianchi, mostrando tutta la sua malcelata irritazione.

-Beh, se foste stati sinceri adesso probabilmente stareste davvero insieme grazie ai miei piani!- provò a farle notare Amabelle, scuotendo la testa.

-Sei incredibile, Amabelle. Hai litigato con Petra e ancora non ti rendi conto di stare esagerando?- chiese Mirren, incredulo.

Amabelle si irrigidì appena sentendo nominare l’amica, ma non demorse.

-Me ne renderei conto se stessi esagerando, ma non sto esagerando. Diglielo tu, Felix!- si rivolse al suo migliore amico, al ragazzo che nonostante tutto era sempre dalla sua parte, con la sicurezza totale che anche quella volta non avrebbe fatto eccezione.

Felix esitò un attimo, poi sospirò.

-A dire il vero, Amabelle… stai esagerando, e anche tanto- ammise, restando seduto, ma raddrizzandosi pronto ad alzarsi. Mirren annuì leggermente al suo fianco, soddisfatto dall’affermazione.

-Ragazzi, siete voi ad esagerare e prendervela per un nonnulla. Ma vi sentite? Mi trattate così, il giorno del mio compleanno, come se avessi fatto chissà che cosa!- Amabelle si ritirò sulla sedia, cercando di farli sentire in colpa. Ma i suoi occhi da cucciolo non incantavano più nessuno.

-Hai chiuso me e Sonja nello scantinato del bar il giorno del suo compleanno, con l’intento di farmi tradire Manny con lei, e non volevi tirarci fuori neanche quando si stava allagando tutto- cominciò Max.

-Sono la stessa persona, risolto tutto, e la scusa dell’acqua era così banale, era ovvio che non ci credessi, era uguale all’episodio di Gorgeous- si difese Amabelle.

-Mi hai spiato e hai rovinato tutti i miei appuntamenti al buio, al primo hai chiamato la polizia e hai tentato di farmi arrestare- le ricordò Felix, alzandosi anche lui.

-Era un periodaccio. E per il poliziotto mi sono scusata!- ricordò Amabelle.

-Non è vero! Non con me, almeno. Probabilmente non sapevi neanche che io lo sapevo- obiettò il ragazzo.

Era vero, sperava non l’avesse notata, e si era scusata con Petra, ma comunque aveva capito i propri errori.

Prima che potesse obiettare, Mirren aggiunse qualcosa, affiancando Felix tra le persone in piedi.

-Per colpa tua abbiamo partecipato al gioco di coppia e ho quasi rischiato di perdere un investitore-

-E hai invitato Mirren ad assistere al mio caffè con Melany. Sei per caso impazzita?!- Felix non voleva neanche pensare a ciò che era successo pochi giorni prima, ma si sentiva in dovere di metterlo sul tavolo.

-Beh, siete amici adesso, quindi ha funzionato, no?- Amabelle li indicò, sorridendo soddisfatta.

-Hai usato il compleanno di Petra per i tuoi stupidi piani- aggiunse Clover, scuotendo la testa.

-Ahhhh, come se a te non sia piaciuto il “Drama”, ti diverti da morire a causa dei miei interventi- la accusò Amabelle, iniziando a scattare sempre di più sulla difensiva.

-Non se feriscono davvero i miei amici, e sembra che tu non voglia fare altro che ferirci- ribatté Clover, alzando la voce.

-Hai fatto ubriacare tutti al Corona, al compleanno di Felix- continuò Mirren, arrossendo appena al ricordo.

-Non sono stata io quella volta!- obiettò Amabelle.

-Aw, se ce lo dici così è ovvio che ti crediamo, sei così affidabile- la prese in giro Clover, sarcastica.

-Davvero, volevo farlo, ovviamente, ma poi non ho…- si interruppe, rendendosi conto che si stava scavando la fossa.

-Non conta quanti tuoi piani si siano realizzati o siano falliti, conta che non ci lasci in pace!- insistette Felix.

-Continui ad invadere la nostra vita privata, convinta di fare la cosa giusta, ma non tieni conto di ciò che vogliamo noi, e non fai altro che farci del male- gli diede man forte Mirren.

-Non accetti i no come risposta e fai sempre e solo ciò che conviene a te, senza pensare davvero alla nostra felicità- aggiunse Clover, squadrandola dall’alto in basso.

-E quando ti diamo la possibilità di scusarti, spiegandoti le nostre ragioni, e chiedendoti gentilmente di smetterla con questa follia, eviti la ragione e difendi le tue idee senza neanche riflettere per un attimo- concluse Max, girandosi e uscendo.

Clover, Felix e Mirren lo seguirono prontamente.

Amabelle fissò la porta per qualche secondo, ghiacciata da quanto appena accaduto, poi si voltò verso Denny, l’ultimo rimasto, l’unico che non aveva detto niente dall’inizio di tutta la questione.

-Denny…?- chiese, speranzosa, allungando la mano verso di lui per cercare di averlo dalla sua parte, una partecipazione emotiva, un sorriso, un contatto.

Denny si ritirò. Il suo più vecchio amico d’infanzia, oggetto di scherzi, ma nonostante questo fedele amico troppo buono per questo mondo, ritirò il braccio, e la guardò aggrottando le sopracciglia.

-La tua scommessa mi ha… rovinato la vita- disse, sottovoce, alzandosi a sua volta e uscendo dalla porta, dalla quale stava per entrare Roelke con la torta, ma che decise di fare dietro front e tornare più tardi, notando l’aria pesante.

Amabelle rimase sola nella stanza. 

E ci mise qualche minuto a rendersi conto della propria solitudine, nell’attesa, o forse è più appropriato dire irrealistica speranza, che i suoi amici cambiassero idea e tornassero nella stanza per scusarsi.

Ma dovevano scusarsi? 

No, perché le parole che le avevano detto, insieme alla consapevolezza della pessima situazione in cui stavano i suoi amici in quel momento, iniziava davvero a farle dubitare delle sue buone intenzioni.

Aveva lavorato sodo, messo tutta sé stessa, fallito due esami, per cosa?

Felix e Mirren erano solo amici come prima, forse anche meno uniti, Clover e Diego avevano finto tutto il tempo, e Diego si era completamente allontanato dalla Crew da quando erano tornati dalla crociera, mentre Clover sembrava completamente priva di forza vitale. Denny era più terrorizzato che mai, e di Mathi si era persa ogni traccia. 

E Max… Max non sembrava più lui. Era ferito, stanco, arrabbiato. E certo, era a causa del tradimento di Veronika, ma era stata Amabelle a farlo esplodere con la sua insistenza.

E per cosa?

Per creare delle coppie, ovviamente.

Ma perché?

Per rendere felici i suoi amici, no?

…ma non erano felici. Non erano mai stati più infelici.

E allora perché Amabelle insisteva, perché era così attaccata a quell’idea?

Non lo sapeva, non riusciva a capirlo, ma si sentiva sola.

E odiava sentirsi sola.

Seppellì il volto tra le mani, e iniziò a singhiozzare.

I suoi amici d’infanzia l’avevano abbandonata. Suo padre l’aveva abbandonata. I suoi nuovi amici l’avevano abbandonata. Petra, la sua cotta, l’aveva abbandonata.

O forse era più appropriato dire che Amabelle li aveva allontanati con la sua testardaggine?

Il punto è che non erano più lì, e l’avevano lasciata sola, il giorno del suo compleanno, con il disperato bisogno di confidarsi con qualcuno e la consapevolezza di non avere più amici a causa di una stupida crociata che in otto mesi l’aveva buttata a terra.

Era così intenta a piangere copiosamente che non si rese neanche conto della porta che si apriva, e fu solo quando una voce parlò, conosciuta ma inaspettata, che Amabelle sollevò di scatto la testa, stupendosi nel ritrovarsi proprio quella persona davanti a lei.

-Wow… cosa è successo qui?- chiese la voce, sorpresa.

 

Ora, immaginatevi di leggere la storia fino al capitolo 24, poi saltare tutto e tornare adesso, dieci capitoli dopo, ritrovandovi in questa assurda e incasinata situazione.

Sareste parecchio disorientati, immagino.

Beh, è esattamente la sensazione che stava provando Norman, dal momento in cui aveva messo piede in città e si era ritrovato Clover in camera, notizie su Sonja al telefono che la identificavano come una principessa di nome Veronika, Mathi completamente scomparso dal mondo, Petra che lo informava che il compleanno di Amabelle si sarebbe fatto al Corona perché lei non aveva più intenzione di organizzarlo e tutti i suoi amici che uscivano dal locale uno più arrabbiato dell’altro.

Per un attimo si chiese se non fosse arrivato in una dimensione parallela, di nuovo, ma sembrava abbastanza reale, nonostante fossero successe centinaia di cose in solo un mese e mezzo in cui era mancato dalla città.

Mese e mezzo che aveva passato cercando di stare lontano dai drammi di tutti, lavorare alla sua tesi, e guardando puntate di Gorgeous tra una pausa e l’altra.

Era la serie più brutta che avesse mai visto, ma cavolo se lo teneva incollato allo schermo.

E poi gli faceva pensare ad Amabelle.

Povera ragazza.

Non è che l’avesse perdonata, in sé. Era ancora molto irritato dal suo comportamento ipocrita, ma allo stesso tempo sentiva che i motivi che la rendevano così testarda erano più profondi di quanto immaginasse, e voleva provare ad aiutarla, invece di demonizzarla immediatamente.

Perciò, quando entrò nel locale con un regalo abbastanza stupido e moltissima confusione, il suo intento era pacifico e incoraggiante. Ed era l’unica persona pacifica che Amabelle avesse visto quel giorno, a dirla tutta.

La trovò intenta a piangere nella stanzetta prenotata per l’occasione.

-Wow… cosa è successo qui?- chiese, stupito dallo stato pietoso in cui si trovava la matchmaker, che alzò la testa di scatto e lo guardò sorpresa.

-Norman?- chiese, stropicciandosi gli occhi per essere certa di non star vedendo male, come si guarderebbe un fantasma.

-Ho portato un regalo. Ma se vuoi posso raggiungere gli altri fuori- agitò il pacchetto e la prese un po’ in giro, cercando di alleggerire l’atmosfera.

Per tutta risposta Amabelle ricominciò a piangere copiosamente, e si alzò di scatto per correre ad abbracciarlo, sorprendendolo non poco, dato che, onestamente, non credeva di essere in cima alla lista delle persone con cui la ragazza avrebbe voluto parlare. 

-Mi sei mancato tantissimo! Pensavo non avresti mai più voluto vedermi!- esclamò invece la ragazza, facendogli davvero piacere.

-Su, su, ero arrabbiato, ma mi dispiaceva perdermi il tuo compleanno- provò a rassicurarla, imbarazzato.

Non si aspettava proprio di beccare una situazione del genere, ma probabilmente avrebbe dovuto prevederlo, soprattutto dopo quello che sua madre gli aveva detto durante quelle vacanze.

-Allora, cosa è successo?- chiese poi, staccando l’abbraccio e incoraggiando Amabelle a confidarsi con lui.

Lei sembrava non vedere l’ora di aprirsi.

-Ho fatto un macello, avevi ragione su tutto, sono una persona orribile!- ammise lei, seppellendo il volto tra le mani e singhiozzando copiosamente.

-Sì, l’ho notato, ma sono stato assente per un mese e mezzo, e sebbene mi sia tenuto abbastanza in contatto con Mirren e Petra, non so esattamente cosa sia successo nell’operazione Matchmakers, potresti informarmi?- chiese, pratico, sedendosi a sua volta e prendendo uno stuzzichino.

E Amabelle gli riassunse brevemente ciò che sapeva dei precedenti dieci capitoli, raccontando soprattutto i suoi errori e le tristi verità che erano venute alla luce.

-Cavolo, è peggio di quanto pensassi- commentò Norman, più di un’ora dopo (perché Amabelle era super prolissa quando raccontava) mangiando distrattamente la sua seconda fetta di torta.

-Lo so, lo sto capendo, ma non riesco ancora a rendermi del tutto conto del perché io sia così investita in tutta questa cosa! È più forte di me, non riesco a…- Amabelle provò a difendersi, ma Norman, che era lì per lei ma comunque non voleva incoraggiarla, la frenò immediatamente. 

-Amabelle, cosa hai pensato di Regina quando ha iniziato a fare tutti quei piani per unire Contessa e Pablo a scapito di ciò che voleva sua figlia, dato che era innamorata di Kyle?- chiese, cercando di parlare Amabellese.

La ragazza non dovette pensarci per un secondo.

-Tsk, era tremenda! È palese che Contessa e Pablo non erano una buona coppia, non era il momento, e Pablo doveva riprendersi dal tradimento di Rosa che si sostituiva a Daisy con l’aiuto di Pervinca, e non era proprio il caso di… ohhhhhhhhh!- all’improvviso, Amabelle si illuminò, come se avesse raggiunto l’illuminazione divina.

Per un attimo Norman temette che se ne sarebbe uscita con qualcosa del tipo “Wow, Norman, hai iniziato a seguire Gorgeous” cambiando discorso, oppure “Ma io non sono come lei perché io sono nella ragione” difendendosi a spada tratta, ma Amabelle lo stupì.

-Io sono… REGINA!- esclamò, disgustata da sé stessa, molto melodrammatica.

Norman annuì con forza.

-Uuuuuggggghhhh- Amabelle iniziò a sbattere la testa contro il tavolo, devastata dalla neo-raggiunta consapevolezza.

Norman le diede qualche pacca sulla spalla per confortarla.

-Ho capito tutto!- dopo qualche minuto, Amabelle alzò di scatto la testa -Sono egocentrica, invadente ed esagerata! Non ho fatto nulla per gli altri, ma solo per me stessa…- cominciò, vinta dall’epifania appena avuta.

-Già- Norman annuì.

-…era solo un malato desiderio di giocare a fare il dio dell’amore, per il mio piacere e la mia soddisfazione personale, con l’intento di controllare il mondo romantico dei miei amici e conoscenti- continuò la ragazza, infiammandosi sempre di più.

-Yep- Norman non le diede torto.

-E ho finito per allontanare per sempre i miei amici , tradendo la loro fiducia che non riuscirò mai più a recuperare- concluse Amabelle, ributtandosi a peso morto sopra il tavolo.

-Forse…- ammise Norman, a bassa voce.

-Ehi, puoi anche essere un minimo incoraggiante- provò a lamentarsi Amabelle, di nuovo con le lacrime agli occhi.

-Intendo dire che non sei cattiva e basta, ma deve esserci un motivo per il quale ti comporti così, e forse dovresti provare a ragionarci su. Se non arrivi alla fonte del problema, sarà impossibile per te fare pace con gli altri- le fece notare Norman, incoraggiante.

Amabelle sospirò.

-Hai ragione- ammise, pensierosa -Hai usato una metafora davvero incredibile, Norman- aggiunse poi, stupita dalle abilità dell’amico.

-Ho imparato la tua lingua con una lunga maratona di Gorgeous. Sai, io ti considero una cara amica, Amabelle. E il motivo per cui mi sono così arrabbiato con te, è perché a volte mi sembra che il sentimento non sia reciproco- le confessò, un po’ in difficoltà -Non sono il soggetto giusto per i tuoi esperimenti romantici, e temevo che mi usassi solo per “l’effetto Norman”- mimò le virgolette con le dita. Amabelle si morse il labbro inferiore.

-Non è così!- provò ad obiettare -Anche se… capisco perché tu l’abbia pensato. Ma l’effetto Norman non è il motivo per cui ho stretto amicizia con te. Mi sei simpatico, Norman, davvero! Sei uno dei miei più cari amici. Sei calmo, e intelligente, e confortante. Ti voglio bene perché sei tu. E, onestamente, neanche ci credo più a questo fantomatico “effetto Norman”, sicuramente mi ero fatta dei film- sospirò, un po’ delusa da sé stessa.

-Beh…- Norman iniziò a grattarsi il retro del collo, un po’ imbarazzato -…non è che avessi proprio tutti i torti- le fece presente, senza guardarla negli occhi.

Amabelle si mise sull’attenti come un cane da tartufi che ha appena fiutato una grossa preda.

-In che senso?- chiese, riaccendendosi di speranza.

-Potrei aver fatto presente a mia madre la tua teoria, mentre mi lamentavo di te, e lei potrebbe avermi rivelato che è una cosa che si passa nella nostra famiglia da generazioni. Lei lo chiama “Effetto stra-ordinario”, ma il punto è che capitano cose strane quando ci siamo noi di mezzo- ammise, poco convinto ma con troppe prove per ignorare la probabilità, da un punto di vista statistico.

Amabelle era a bocca aperta.

-Figo! Almeno non sono del tutto pazza- si rinfrancò leggermente.

-E, in realtà… alcune cose che sono successe potrebbero essere allo stesso modo colpa mia- aggiunse Norman, arrossendo appena ma deciso a prendersi le sue responsabilità.

-Colpa tua?- indagò Amabelle, sempre più interessata.

-Beh… mia madre mi ha anche messo in guardia sull’”anti effetto stra-ordinario”, che avviene dopo che si abusa dell’effetto stra-ordinario, quando ci allontaniamo dalla scena. Quindi è possibile che alcune pessime coincidenze siano avvenute a causa mia- 

-Quindi non ho tutte le colpe!- Amabelle si illuminò.

-Ehi, aspetta! Le tue scelte sono ancora colpa tua!- le fece presente Norman, iniziando a pentirsi di averle dato una scusante.

-Sì, è vero, hai ragione, devo prendermi le mie responsabilità, ma ammetto di essere felice di non essere completamente responsabile. Il senso di colpa stava iniziando a farmi impazzire- si rigirò una ciocca di capelli tra le dita, rasserenata.

-Aggrappati al senso di colpa perché il primo passo dell’operazione Matchmakers 2.0 è di farti ammettere i tuoi blocchi e scusarti con tutti quelli che hai ferito- le suggerì Norman, in tono di affari, tirando fuori degli occhiali dalle lenti finti e atteggiandosi ad Amabelle, che sorrise quasi commossa.

-Operazione Matchmakers 2.0?- chiese, incredula.

-A patto che lo facciamo nel modo giusto, dando solo piccolissime spinte e cercando di non forzare i nostri amici in qualcosa che non vogliono o non sono pronti a fare. L’intento principale e riunire il gruppo- spiegò Norman, con tono da maestrino.

Amabelle riscoppiò a piangere, questa volta per la commozione, e gli gettò le braccia al collo, commossa.

-Non merito la tua amicizia- commentò, prendendo un fazzoletto e provando ad asciugarsi le lacrime senza troppo successo.

-No, concordo, ma sono una brava persona e voglio darti il beneficio del dubbio- scherzò Norman, prendendo un’altra fetta di torta.

-Farò del mio meglio per meritare la tua fiducia- gli promise Amabelle, molto seria e sincera.

-Bene, mettiamoci a lavoro, allora- la incoraggiò Norman, con un occhiolino.

Passarono il resto della giornata a mangiare torta ed elaborare piani.

Alla fine, non fu un compleanno così orrendo come Amabelle temeva.

 

Mercoledì 14 Agosto

Denny aveva capito tutto! 

Era così ovvio, così cristallino, il modo in cui la notizia di Veronika si era sparsa così in fretta da raggiungere il futuro possibile re in meno di ventiquattrore dalla rivelazione fatta a Denny.

Certo, avrebbe voluto non essere arrivato a quella conclusione, e vivere nell’ignoranza o nella speranza che tutto fosse solo un’assurda coincidenza. Ogni volta che la sua mente sfiorava quell’argomento ancora rischiava un attacco di panico.

Ma non poteva ignorare l’ovvio e rischiare che ferisse ulteriormente le persone che gli stavano vicine, e dopo aver elaborato tutto nella sua mente per due giorni, era pronto ad affrontare la situazione.

Beh, pronto per modo di dire, dato che raggiunse la porta che dava ad una stanza familiare con passi pesanti, e mani tremanti, ma non c’era più tempo per le esitazioni. 

Batté un paio di volte contro il freddo legno, con forza, come se volesse abbatterlo, e pochi istanti dopo la porta si aprì, velocemente, frettolosamente.

-Il lavoro è…Denny?! Cosa ci fai qui?!- erano settimane che Denny non sentiva la voce di Mathi, che lo guardava con occhi sgranati come se non credesse ai suoi occhi, come se pensasse di essere dentro un sogno… o un incubo.

Ma Denny non aveva il tempo di rimirare il suo ex migliore amico e cotta stratosferica. Non aveva la possibilità di indagare sulle capriole che aveva fatto il suo cuore nel rivederlo dopo tanto tempo, e non poteva di certo indugiare su quanto sembrasse malmesso.

Doveva affrontarlo.

-DA QUANTO TEMPO MI STAI SPIANDO?!- urlò, in tono acuto, furioso, facendolo sobbalzare sorpreso.

C’era una sola ovvia risposta al motivo per cui l’informazione si era sparsa così in fretta.

E quella risposta era Mathi!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Era da un po’ che non facevo un capitolo così breve ma sono in periodo di esami e volevo pubblicare l’8.

Siamo giunti ad un grande punto di svolta. La vera cattiva della storia è stata sconfitta (circa, diciamo che le è stato fatto un bel discorsetto) e Norman, quel santo uomo, è finalmente tornato ad aiutare la situazione con i suoi misteriosi poteri paranormali confermati.

Parliamo prima di tutto del capitolo…

Il litigio tra Denny e Max è stato… brutto. E doveva essere anche peggio, in realtà, perché non dovevano proprio fare pace, ma non potevo lasciarli così, non potevo proprio.

Amabelle ha ottenuto quello che meritava, e ha finalmente capito che deve indagare su sé stessa invece di sfogare le sue frustrazioni sugli altri.

Ho voluto fare che il confronto con Amabelle fosse con i membri originali della Corona Crew, esclusi Petra perché è la sua roccia, e Norman che arriva alla fine, e non so, mi pare poetico. La storia è partita con Amabelle che voleva accoppiare proprio loro, ed è “finita”… beh, dire male è un eufemismo.

Comunque sono super felice di aver finalmente riscritto di Norman, mi mancava più di quanto pensassi. Non compare davvero da tantissimo! Vi è mancato?

Di certo è mancato ad Amabelle, che è un po’ rinsavita.

E un altro personaggio che mi è mancato molto scrivere è Mathi, da cui Denny è andato a fine capitolo. Non vedo l’ora di scrivere il prossimo, scusate per il cliffhanger ma ci stava troppo ^^’

Passando al giorno, è passato un anno da quando ho iniziato a scrivere la storia, e devo dire che non mi sarei mai aspettata di arrivare fino a qui. Avevo qualche idea in mente, dei personaggi strani, ed ero certa, quasi al 100%, che mi sarei fermata dopo una decina di capitoli al massimo per mancanza di ispirazione o interesse degli altri.

E sorprendentemente ho ricevuto molto più feedbeck di quanto mi sarei mai aspettata, e non smetterò di ringraziare tutti quelli che, nonostante la lunghezza esagerata della storia, l’hanno letta dall’inizio fino ad adesso. E non parlo solo di chi commenta, recensisce o risponde ai sondaggi, ma di tutti quelli che la leggono. Ogni capitoli ha almeno quaranta visite, e potrebbe benissimo essere una sola persona che lo legge in quaranta sedute, ma mi piace pensare che ci siano lettori che continuano la storia nell’ombra, e mi risolleva davvero tanto il morale.

Quindi voglio ringraziarvi davvero, soprattutto perché non è da molti restare ancora qui dopo tutti l’angst degli ultimi capitoli.

Angst che, ve lo prometto, è ormai finito.

Insomma, non sarà tutto rose e fiori, ma ci saranno molti più momenti fluff nei prossimi capitoli. 

Concludo qui questo angolo autore, più lungo del capitolo stesso a momenti, avvertendovi che c’è un sondaggio alla fine, se vi va di rispondere.

Un bacione gigantesco e alla prossima, che spero sia presto (anche se ho una verbalizzazione l’11 e un esame il 15)  :-*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Denny confronta Mathi, Amabelle confronta Petra, Max confronta la situazione con Veronika. 

 

 

SONDAGGIO

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Capitolo 36
*** Unioni e fratture ***


Unioni e fratture

 

Mercoledì 14 Agosto

-DA QUANTO TEMPO MI STAI SPIANDO?!-

Mathi non si aspettava visite che non fossero da parte di Will, non si aspettava che avrebbe mai rivisto Denny, e di certo non si aspettava che il ragazzo gli avrebbe urlato contro quella tremenda accusa.

Sobbalzò vistosamente, provocandosi un certo dolore alle costole ancora incrinate, e indietreggiò di qualche passo, molto confuso.

-S_spiare? Di che stai parlando?- chiese, con un filo di voce, confuso e preoccupato, e cercando in tutti i modi di non farsi prendere dal panico.

Perché Denny gli chiedeva una cosa del genere? Sapeva del suo lavoro? Se sì, quanto? L’aveva detto a qualcuno? Era in pericolo? Mathi doveva assolutamente impedire che finisse in pericolo, doveva farsi venire in mente un piano per salvarlo, a tutti i costi.

-NON MENTIRMI! LO SO CHE SEI STATO TU, È OVVIO CHE SEI STATO TU!- Denny continuò ad urlare, ma il panico di Mathi iniziò a scemare quando si rese conto che le sue parole cozzavano parecchio con i suoi gesti, perché Denny era entrato lentamente nella stanza e si stava guardando attentamente intorno, come se si stesse assicurando che fossero soli… e cercasse qualche telecamera nascosta.

“Che stai facendo?” avrebbe voluto chiedergli, ma si trattenne, e si guardò intorno a sua volta, confuso e senza parlare.

-SEI L’UNICO CHE HA I MEZZI PER FARE UNA COSA DEL GENERE! STUDI INFORMATICA, NO? MAGARI HAI USATO LE TUE ABILITÀ PER ENTRARMI NEL TELEFONO O CHISSÀ CHE ALTRO- continuò Denny, a voce sempre alta, e costante, e rimarcando molto il fatto che Mathi studiava informatica. Era… molto sospetto. Sospetto anche perché, mentre urlava, armeggiò nello zaino, tirò fuori un blocco per appunti, e cominciò a scrivere.

-Uhhhhh… uh?- Mathi era completamente senza parole, e il mal di testa causato dal non aver dormito per almeno tre giorni di fila non aiutava. 

-AH! NON HAI NIENTE DA DIRE, EH?! PERCHÉ SAI CHE HO RAGIONE!- Denny continuò la sfuriata, ma nello stesso istante sollevò il foglio di carta su cui aveva scritto qualcosa, e all’improvviso Mathi capì esattamente di cosa stesse parlando, si svegliò del tutto, e tornò ad un passo dal panico.

“Temo di avere un microfono addosso, ho bisogno del tuo aiuto, non so di chi altri fidarmi” 

Come aveva fatto a non pensarci?! Will si era avvicinato a Denny, era ovvio che avrebbe potuto installargli qualcosa addosso per assicurarsi che non conoscesse il segreto dell’agenzia, o in generale per tenerlo d’occhio. Aveva sottovalutato la sua crudeltà.

Si affrettò verso la sua scrivania (per quanto riuscisse ad affrettarsi con tutti i lividi che aveva) e prese un foglio di carta per rispondergli immediatamente, nel frattempo partecipando alla scenata che aveva messo su per eventuali microfoni.

-Non ho idea di cosa tu stia parlando, ma mi dispiace deluderti, non ho alcun interesse verso di te, perché dovrei usare il mio studio per spiarti?- chiese, in tono canzonatorio, scrivendo in fretta e mostrando subito il messaggio rassicurante, mentre nel frattempo elaborava un piano per comunicare più liberamente.

“Ti aiuterò al massimo delle mie possibilità, aspetta un momento”

Lo vide tirare un silenzioso sospiro di sollievo, e accennare un sorrisino spaventato, prima che ricominciasse con le accuse.

-È quello che mi chiedo anche io, perché ti sei scomodato tanto?! Ma visto il modo in cui ti sei comportato con me, magari sei solo uno psicopatico che voleva divertirsi un po’- lo accusò, con disprezzo, sollevando un foglio con la scritta “Scusa per le parole” e avvicinandosi ad Apollo per accarezzarlo un po’.

Mathi nel frattempo stava controllando frettolosamente tutti i suoi accessori hi-tech cercando quello che facesse al caso suo, e a stento trattenne un “Eureka!” quando finalmente lo trovò.

Si limitò a continuare la pagliacciata.

-Sì, sì, ho solo giocato con te, quanto sono cattivo, ma proprio per questo cosa ti fa pensare che avrei interesse nello spiarti. Sei insignificante per me- gli faceva male al cuore dire quelle cose, ma sperava davvero che Denny capisse che non le intendeva. Non aveva mai inteso nulla di tutto quello che poteva aver sentito contro di lui. Voleva solo proteggerlo dal pericolo in cui l’aveva messo per errore. Avrebbe fatto di tutto per proteggere Denny, persino morire, se necessario. La sua vita non valeva così tanto, dopotutto.

Scrisse un nuovo messaggio su un foglio di carta, mentre Denny rispondeva.

-Sai che ti dico, non so neanche perché io sia venuto qui a parlare con uno come te. Sei un narcisista e rimpiango il giorno in cui ti ho parlato per la prima volta! Non pensavo potesse neanche esistere qualcuno di così egocentrico!- Denny si avvicinò preoccupato e gli fece leggere un nuovo messaggio “Grazie per l’aiuto” scritto immediatamente sotto quello di scuse di prima.

Mathi indicò la parola “Scusa” sul suo blocco per appunti, e poi mostrò il proprio messaggio “Prendi il telefono, ti scrivo appena sono certo che sia sicuro. Stai attento a ciò che dici ma sii naturale”. 

Gli porse poi un telefono sicuro di cui Will probabilmente non era a conoscenza, e quando Denny lo prese, le loro mani si sfiorarono.

Erano così vicini… Mathi non credeva che sarebbe mai più stato così vicino a Denny. Era passato poco più di un mese, ma era sembrata un’eternità. Gli era mancato tutto, di lui. I suoi capelli pieni di gel, i suoi grigi occhi che sprizzavano intelligenza, il suo delicato e piacevole profumo di agrumi. Tenne la mano un po’ troppo a lungo sul telefono, mantenendo il lieve contatto con le dita dell’amico per qualche secondo di troppo.

Denny la ritirò di scatto, indurendo leggermente lo sguardo, e Mathi si allontanò da lui, capendo l’antifona, e con le lacrime agli occhi.

Solo perché gli chiedeva aiuto, non significava che Denny lo volesse perdonare. Ma era giusto così. Mathi doveva essere grato anche solo per la fiducia immeritata, ed era meglio che non si avvicinasse nuovamente a lui. 

Lo avrebbe aiutato, messo al sicuro, poi basta! Addio, Denny! Sarebbe rimasto solo il suo pensiero costante prima di addormentarsi che lo avrebbe perseguitato nei sogni.

Un momento, non parlavano da troppo, Will poteva insospettirsi.

-Se non sai perché sei qui, allora vattene! Porta la tua paranoia altrove e non rompermi le scatole. O penserò che sei tu a spiarmi!- lo provocò, scrivendo un’ultima cosa su un foglio e mostrandogliela nel tentativo di rassicurarlo: “Ti proteggerò ad ogni costo, promesso!”

Denny strinse al petto il telefono che gli era stato appena dato e annuì, rassicurato ma ancora all’erta.

-Va a quel paese, Mathi!- gli urlò prima di uscire e sbattere la porta dietro di sé.

Mathi aspettò qualche secondo, facendo attenzione ai passi pesanti che si allontanavano da lui, poi si lasciò cadere sulla poltrona, sobbalzando leggermente per il dolore alla schiena. Anche se non era niente in confronto al dolore emotivo che lo stava assalendo in quel momento a causa della situazione in cui aveva cacciato Denny.

Accarezzò Apollo nella speranza di ottenere un qualche tipo di conforto, e dopo aver calmato il battito fugace del suo cuore con qualche profondo respiro, si spostò verso il computer, e si mise a lavoro. Aveva un sacco di controlli da fare, del lavoro da finire che era meglio non ritardare, e doveva restare concentrare e fare tutto il più in fretta possibile per non mettere Denny maggiormente in pericolo.

Eppure non riusciva a non togliere dalla mente l’immagine di Denny, mentre sulle dita sentiva ancora il flebile contatto che aveva avuto con la sua mano.

Ma sebbene rincontrarlo fosse stato meraviglioso, avrebbe di gran lunga preferito non vederlo mai più, e saperlo al sicuro.

Anche se una parte molto egoista di lui gli faceva battere davvero forte il cuore, sia per l’incontro, sia per quello che significava. Denny si fidava di lui al punto di chiedergli aiuto. Quindi non lo odiava così tanto! Doveva dare il massimo per meritare quella fiducia!

 

Venerdì 16 Agosto

Amabelle era fondamentalmente una ragazza piena di energia, soprattutto quando si trattava di rovinare la vita degli altri e correre dietro alle sue manie.

Ma non amava particolarmente le gite in montagna, soprattutto d’estate, perché le salite erano il suo tallone d’Achille, e non le piaceva sudare come un mulo.

Ma per Petra, questo e altro!

Anche se…

-Sei proprio sicuro che sia una buona idea andare da Petra adesso? Non è meglio, tipo, non so… aspettarla davanti casa quando torna?- chiese in direzione di Norman, che sembrava stanco poco meno di lei ma non si lamentava più di tanto.

-Petra sa quanto odi le gite in montagna, quale modo migliore per scusarti se non raggiungerla durante una gita in montagna?- spiegò Norman per l’ennesima volta.

-Ma Petra adora anche la solitudine, e interrompere la sua stupenda e solitaria gita in montagna con la mia presenza ingombrante non credo le farebbe molto piacere- insistette Amabelle, respirando a fatica.

-Amabelle lo stai facendo di nuovo- le fece notare Norman, in tono eloquente.

-Fare cosa?- Amabelle finse ignoranza.

-Pensi di fare qualcosa per gli altri mentre stai pensando a te. Di cosa hai paura?- chiese lui, spiegando e pronto a psicanalizzarla.

Amabelle rimase interdetta qualche secondo, poi sospirò.

-Di tutto? Di nulla? Senti, i sentimenti sono complicati, okay? È la prima volta che li esprimo con sincerità… e non so se ce la faccio, specialmente con Petra- ammise, intimorita.

-Vedila così, più continui a rimandare, più difficile diventerà alla fine ammettere i tuoi sentimenti. Credi che Petra meriti un’amica che non è sincera con lei?- chiese Norman, provando a farla ragionare.

-No, Petra merita il meglio del meglio del meglio, forse dovrei semplicemente farmi da parte e…-

-Ora non iniziare a buttarti giù così perché ci sono già parecchi personaggi in questa storia che ragionano in questo modo e rischiamo di essere ripetitivi- Norman la fermò prima che potesse continuare.

In effetti tra Clover, Mirren e Mathi, siamo messi molto male ad autostima. Per fortuna con Amabelle c’è Norman.

La replica della ragazza fu interrotta quando raggiunsero un largo spiazzo con una vista mozzafiato, dove però l’attenzione di Amabelle fu attirata da una figura che avrebbe riconosciuto tra mille, seduta su una roccia che dava direttamente sul precipizio, completamente a suo agio e intenta a fissare l’orizzonte immersa nei suoi pensieri.

Era bellissima.

Il cuore di Amabelle balzò nel petto, accelerando a tempo zero, i suoi occhi si riempirono di lacrime, e per la prima volta da quando avevano litigato, si rese conto di quanto veramente le fosse mancata la migliore amica.

-Petra!- chiamò, senza riuscire a trattenersi, facendo gli ultimi metri che la separavano dalla ragazza e facendola sobbalzare.

Ora, in una situazione normale, Petra sarebbe caduta nell’abisso per lo spavento, quindi se doveste mai trovarvi nella situazione di Amabelle non urlate contro qualcuno immerso nei propri pensieri in bilico su un precipizio. Anzi, fate prima a non mettervi sul bordo del precipizio in primo luogo, okay?

Ma questa è una storia romantica dove l’angst sto cercando di buttarmelo alle spalle, quindi Petra, che era molto abituata alle arrampicate, si mantenne perfettamente in equilibrio, girandosi nel frattempo verso Amabelle, sorpresa.

-Amabelle? Che ci fai qui?- chiese, dimenticandosi per un attimo di essere arrabbiata con lei.

E guardarla negli occhi fu troppo per la rossa, che scoppiò a piangere e le gettò le braccia al collo, rischiando seriamente di farla cadere.

Petra, sebbene allertata, la strinse e si mise più in equilibrio per evitare che finissero entrambe di sotto.

-Devi smetterla di raggiungermi in posti alti quando vuoi scusarti di qualcosa!- si lamentò, strisciando indietro per stare più sicura.

-Mi dispiace di averti mentito! Ho sbagliato, e non ho scuse, e mi dispiace così tanto che non hai idea!- in realtà Amabelle aveva preparato tutto un discorso per scusarsi, ma in quel momento, stretta all’amica, le parole le uscirono senza che riuscisse a controllarle, e senza che avessero neanche un vero e proprio senso.

Petra la fissava ad occhi spalancati, le guance leggermente rosse per la vicinanza. Non si aspettava assolutamente nulla di quanto stesse succedendo in quel momento. Ad essere onesta, non credeva nemmeno che avrebbe rivisto Amabelle tanto presto, soprattutto non in montagna.

Così la lasciò parlare e non la scansò.

Fu Amabelle ad allontanarsi leggermente, lasciandole un po’ il suo spazio e guardandola dritta negli occhi.

-Da quando ho iniziato con questi propositi ho esagerato, sono stata egoista, e ho messo tutti i nostri amici in secondo piano, ho messo anche te in secondo piano, solo per il mio desiderio di unire tutti. Credevo di fare una buona azione, ma per tutto il tempo stavo soltanto cercando di…- si interruppe. Erano giorni che ci rifletteva, e sebbene avesse trovato la soluzione e capito il suo vero problema, era ancora un po’ restia a rivelarlo ad alta voce.

-…ottenere soddisfazioni personali. Sentirmi importante, realizzare quello che volevo io, senza pensare agli altri. E ho sbagliato, ne sono completamente consapevole- abbassò la testa, provando ad asciugarsi le lacrime che era uscite così numerose da bagnarle i vestiti e appannarle la vista. Non era del tutto onesta, ma stava ammettendo già parecchie sue mancanze, una cosa che non aveva mai fatto prima con tale onestà.

Di solito cercava di trovare una qualche scusa per giustificare i suoi errori “Mio padre non mi ha chiamato”, “credevo avrebbe funzionato”, “È stato lui a cominciare e a provocarmi!”. Questa ammissione di colpa così chiara e ineccepibile era una grandissima novità per Petra, che la fissò a bocca aperta, senza parole.

-Se vuoi smetto completamente con l’operazione matchmaker, e non chiedo neanche il tuo perdono, solo la possibilità di redimermi- concluse Amabelle, seppellendo il volto tra le mani.

-Whoa! Amabelle, non esagerare!- esclamò Petra, completamente sconvolta dall’ultima frase, prendendola per le spalle e controllando che fosse proprio lei e non qualcuno che le aveva rubato la faccia.

A dire il vero a Petra sarebbero bastate le scuse sincere, non aveva bisogno di grandi atti d’amo… amicizia. Certo che Amabelle restava parecchio melodrammatica.

-Beh… in effetti l’operazione matchmaker dovrebbe continuare… ma è Norman il capo! E faremo tutto bene! E non ti costringerò a partecipare, e…- Amabelle ricominciò a parlare a raffica cercando di convincere Petra della sua buona volontà, ma la ragazza la interruppe subito.

-Hai dato il ruolo di capo a Norman?!- chiese, ancora più incredula, allontanandosi da quella che era chiaramente un’impostora.

-Sì! Mi aiuterà a calmarmi, non voglio perdere i migliori amici che abbia mai avuto solo per metterli insieme. E soprattutto non voglio perdere te perché sei la migliore in assoluto. E non ti biasimo se non vuoi più essere la mia migliore amica, ma…- Amabelle continuò il monologo di scuse, ma Petra la fermò di nuovo, prendendole il viso e iniziando a tirarle la pelle, ammutolendola di scatto.

-Uh… Petra?- chiese la ragazza, arrossendo vistosamente.

-Norman, la maschera è fatta molto bene, chi c’è sotto?- chiese poi Petra rivolta al ragazzo, che era rimasto da parte ma era stato presente durante tutta la conversazione.

-So che sembra strano, ma giuro che è Amabelle- confermò lui, cercando di non mostrare l’evidente divertimento per la situazione.

Petra aggrottò le sopracciglia.

-Cosa diamine è successo nei sette giorni in cui non ci siamo viste?!- chiese poi, inorridita.

-Sono cresciuta!- esclamò Amabelle, ancora in tono di scuse, ma parecchio confusa a sua volta dalla reazione di Petra.

-Quindi è vero che dai diciannove ai vent’anni le persone cambiano. Norm, mi confermi tutto quello che ha detto la ragazza?- Petra si rivolse di nuovo all’amico, che ormai ridacchiando annuì.

-Le scuse sono sincere- confermò.

-Wow, figo. D’accordo, pace fatta. Devo dire che mi sei mancata anche tu questi giorni- Petra diede ad Amabelle una pacca sulla spalla, e tornò all’osservazione, con un sorriso più sereno.

Amabelle rimase qualche secondo interdetta.

-Come, così?- chiese, quasi delusa dalla semplicità con cui Petra aveva accettato le sue scuse. Si era preparata un quantitativo enorme di discorsi strappalacrime, facce da cucciolo, e uscite di scena drammatiche. 

Ma mise subito da parte i pensieri egocentrici, e permise al sollievo di farsi breccia lentamente dentro di lei, anche se non osava sperare troppo.

-A me bastano delle scuse sincere, che obiettivamente da parte tua sono più uniche che rare, quindi… apposto- Petra alzò le spalle, molto semplicemente -E poi… wow, mi hai raggiunta fino a qui? Ci tieni molto più di quanto pensassi- aggiunse poi, accennando un sorrisino molto soddisfatto.

-Awwwww, Tray!!!- ormai con la speranza che andava alle stelle, Amabelle riscoppiò a piangere e gettò nuovamente le braccia al collo dell’amica, rischiando per la seconda volta di far cadere entrambe.

-Guarda che se continui così non realizzerò il mio proposito!- la mise in guardia Petra, reggendosi per miracolo (probabilmente il fatto che Norman era lì contribuì in parte).

-Giusto, dobbiamo tenerti in vita! Sei la persona più meravigliosa, incredibile, speciale, gentile, onesta, bellissima…- Amabelle la abbracciò più forte, con fare protettivo, e cominciò a snocciolare complimenti con il solo risultato che il cuore di Petra iniziò a battere fin troppo forte, le guance si fecero ufficialmente paonazze, e stava seriamente per perdere l’equilibrio.

-Va bene, va bene, ho capito! Santo cielo, un giorno di questi mi ucciderai per davvero!- Petra cercò di recuperare la compostezza, e scansò l’amica. Intendeva una cosa del tipo “Mi ucciderai per i troppi sentimenti che provo per te” ma Amabelle recepì un “Cadrò da un posto alto e morirò letteralmente”, quindi si scansò con più serietà.

-Capito, mi annoto di non saltarti addosso quando siamo in posti alti- promise, con la mano sul cuore, facendo arrossire ancora di più Petra per l’uso delle parole.

-Comunque, non ti esaltare così tanto. Ti sto dando il beneficio del dubbio perché Norman garantisce per te, ma prova ad usarmi di nuovo per far soffrire Mirren e non sarò così clemente!- per non soccombere all’imbarazzo, cercò di mettere distanze letterali e metaforiche tra lei e Amabelle, ma quest’ultima non si scompose di una virgola, e mantenne il sorriso splendente.

-Non lo farò mai più! Sono cresciuta di un anno e sono diventata miss maturità… ovvero ascolterò le persone ogni volta che mi dicono che sto esagerando. Ci metterò un po’ probabilmente a capire perfettamente dove sbaglio ogni volta, ma spero davvero di migliorare come persona, per essere all’altezza di…- Amabelle tornò a farsi venire i complessi, a Petra la fermò ancora più in fretta di Norman.

-Non ti buttare giù, Ames! Hai sbagliato, ti sei resa conto dell’errore, fine. Tutti sbagliano. Trovami una singola persona nel gruppo che non abbia fatto un errore grosso almeno una volta. Il fatto che vuoi migliorare per davvero ti rende migliore di molte persone, quindi continua a migliorarti e goditi la vita- la spronò, girandosi di nuovo verso di lei e accennando un sorrisino incoraggiante.

E Amabelle fu sul punto di baciarla, lì e ora, d’impulso, senza rifletterci neanche un istante.

Ma si trattenne appena in tempo. Perché doveva iniziare a frenare i suoi impulsi, soprattutto se rischiavano di infastidire Petra. Sì, lei l’amava, ma non poteva imporsi sulla sua migliore amica, ed era meglio migliorare sé stessa e capire i suoi problemi prima di muoversi in direzione della sua cotta.

Pertanto si limitò a ricambiare il sorriso, e asciugarsi le lacrime così numerose in quei giorni che rischiava di disidratarsi.

-Chiudendo il discorso… vi unite a me in questa gita? Volevo arrivare alle grotte dell’eco. E magari avventurarci anche fino alle cascate di ghiaccio, sulla vetta più alta- Petra cambiò argomento, e indicò due punti molto molto lontani da quel precipizio, facendo sgranare gli occhi di Norman e Amabelle, che furono seriamente tentati di rifiutare.

Poi Amabelle vide gli occhi brillanti di Petra, e capì che non poteva proprio dire di no, anche se già soffriva al pensiero dell’inevitabile dolore ai piedi del giorno seguente.

-Con super piacere!- acconsentì, mostrando un entusiasmo che non le apparteneva del tutto.

Petra le lanciò un’occhiata enigmatica. Si aspettava che rifiutasse, o si lamentasse un po’ prima di accettare, con un commento che faceva capire a Petra che lo stava facendo solo per lei. 

Si girò verso Norman, cercando una sorta di partecipazione. Amabelle non era più in sé!

Ma lui si limitò a scuotere la testa.

-Io ce la faccio solo fino alle grotte, mi dispiace- impose dei limiti, onesto.

-Mi va bene. Anche perché dopo rischia di farsi troppo tardi. Allora, vogliamo avviarci?- Petra si rimise in piedi senza alcuna difficoltà, e iniziò a raggiungere Norman, scalando i massi come un leprotto di montagna.

-Ehm… Tray…?- Amabelle però rimase indietro, ghiacciata sul posto, e rendendosi conto per la prima volta di quanto effettivamente fosse sul bordo… e in alto. Si girò verso l’amica in cerca di aiuto, e Petra non perse un secondo.

-Aspetta, ti prendo in braccio- si propose, abbastanza abituata a quel tipo di situazioni, ma Amabelle scosse la testa, arrossendo.

-No, non serve, basta che mi dai indicazioni, dove metto il... AAAHHH!- Amabelle per poco non scivolò, e si salvò solo perché Petra le prese al volo la mano rimettendola in equilibrio.

Sul serio, per fortuna c’era Norman con le ragazze. Non fatelo mai a casa! 

Rimettendosi in equilibrio, le due ragazze finirono davvero molto vicine, e per un istante, un singolo meraviglioso istante, in cui Petra l’afferrava stretta per evitare che cadesse, tenendosi in equilibrio con una maestria invidiabile, Amabelle fu convinta che sarebbe stata l’amica a baciarla.

Dopotutto i loro volti erano a pochi millimetri, Petra la guardava rapita, e ad entrambe le ragazze sembrava per stare esplodere il cuore nel petto, sia per lo spavento, che per altri motivi molto più intimi.

Poi quell’istante finì, quando una voce si affrettò nella loro direzione, preoccupata.

-Ragazze, state bene?- chiese Norman, offrendo una mano ad Amabelle per assistere Petra nel salvataggio della ragazza.

Maledizione! Perché c’era Norman con le ragazze?!

Beh, probabilmente doveva bilanciare gli effetti del suo potere che aveva salvato dalla morte la coppia per almeno tre volte.

-Sì, sto bene, grazie. Dovrei proprio smetterla di andare in posti alti- Amabelle la buttò sul ridere, e cercò di stemperare la tensione. Lanciò però un’occhiata di sbieco a Petra, che sembrava non essere stata minimamente intaccata dal momento appena avuto, ed era tornata quella di sempre. Forse Amabelle si era immaginata tutto?

-Meglio andare, dobbiamo mantenere un passo svelto se vogliamo sperare di arrivare alle grotte- si limitò ad incoraggiare gli altri a seguirla.

La camminata fu un mezzo disastro: sudarono parecchio, Amabelle scivolò in otto diversi tratti di strada, prontamente ripresa da Petra, Norman o entrambi, Norman venne punto da una vespa sul braccio, un uccello non identificato la fece addosso a Petra e una volta giunti alle grotte erano chiuse per lavori di sicurezza.

Qualcuno di voi potrebbe obiettare che l’effetto Norman dovrebbe portare fortuna, quindi perché succedono così tanti imprevisti?

A questa domanda c’è una risposta molto semplice: l’effetto Norman aiuta le coppie a mettersi insieme, e la gita, sebbene piena di contrattempi, di certo aveva portato ad un grosso risultato.

-È stata l’uscita più divertente da molti anni a questa parte!- esclamò infatti Amabelle, una volta sull’autobus che li avrebbe riportati in città, controllando tutte le foto che aveva scattato quella giornata.

-Hai uno strano concetto di divertimento- borbottò Norman, controllandosi la puntura che per fortuna grazie ad una crema che aveva Petra iniziava a sgonfiarsi.

-Più divertente della Fiera di New Malfair?- chiese Petra, che cercava di pulire al meglio i capelli ma non sembrava turbata quanto Norman, anzi, sorrideva senza riuscire a trattenersi.

Amabelle ci pensò un attimo, osservando prima le foto, poi i suoi amici acciaccati e i propri vestiti sporchi di fango.

-Sì- ammise poi, quasi sorpresa -È la prima volta dall’inizio dell’anno che mi diverto davvero senza pensare all’operazione Matchmakers- spiegò, a bassa voce, come se avesse appena raggiunto un’altra epifania.

-E…?- Norman la incoraggiò a continuare, interessato.

-È… piacevole. Sono stata davvero bene con voi, ragazzi- si sporse verso di loro per stritolarli in un abbraccio, incontrando una certa opposizione iniziale che però si dissolse quasi immediatamente.

In effetti, per la prima volta, non aveva pensato ad altro che a Petra e Norman e a divertirsi, e l’impresa era stata resa più facile anche grazie ai problemi riscontrati durante la gita. Rimase leggermente più stretta a Petra, e le diede un velocissimo bacio sulla guancia, sorprendendola non poco.

-Grazie di essere di nuovo mia amica- la sussurrò all’orecchio, provocandole parecchi brividi lungo la schiena.

-Uh… eh… certo… figurati- iniziò a balbettare, mentre il suo cuore andava in corto circuito.

Amabelle si rimise seduta composta, e tornò a guardare le foto.

-Ho beccato il momento esatto in cui ti sei resa conto che qualcosa ti era finito in testa- ridacchiò poi, mostrando il telefono ad entrambi.

Non sembrava essersi minimamente resa conto della confusione di Petra, perché continuò come se nulla fosse.

E aveva deciso di accettare e aggrapparsi a quell’amicizia, almeno per il momento. Dopotutto, anche solo quello era abbastanza per renderla felice. E voleva davvero iniziare ad abituarsi a quella felicità, ritrovabile nelle piccole cose della vita.

 

Domenica 18 Agosto

-Max, non puoi dirmi una cosa del genere con così poco preavviso- si stava lamentando Roelke, e Max non le dava tutti i torti.

-Mi dispiace, ma la mia decisione è definitiva, non posso più lavorare qui- insistette comunque, molto sicuro di sé.

-Se è per via di mia nipote, non lavora più per me dopo quello che è successo, e farò in modo che tu non la debba vedere più, sono dalla tua parte in questa storia- Roelke provò ad assumere un atteggiamento più soft, puntando sulla ragionevolezza di Max.

E onestamente, il Max normale avrebbe ceduto e acconsentito a tornare a lavorare già a questa prima provocazione, ma si era imposto, con una lunga chiacchierata davanti allo specchio, di licenziarsi a prescindere da ciò che Roelke avrebbe offerto.

La sua salute mentale era più importante di qualsiasi altra cosa, e al momento Max non credeva neanche di riuscire a restare al Corona abbastanza a lungo senza pensare a Veronika e al suo cuore spezzato.

-Mi dispiace, ma ho preso la mia decisione- scosse la testa, imponendosi di essere categorico, anche se la voce gli uscì un po’ incerta.

E Roelke pensò di avere un’occasione, e insistette.

-Ti do un aumento! E puoi cambiarti turni scomodi se vuoi. Su, ripensaci. Sei il miglior cameriere che ho, siamo in estate, ed ho già una cameriera in meno- snocciolò motivi per cui Max sarebbe dovuto rimanere, con l’inconscio intento di farlo sentire in colpa, e fu lì lì per riuscirci.

Poi Max pensò che non aveva bisogno di essere ricco, che gli orari di lavoro non erano il problema, che il Corona era quasi vuoto d’estate, dato che i periodi più intensi erano quelli universitari, e che, su, dai, non era poi così bravo. Roelke se la sarebbe cavata anche senza di lui.

-Signora Donner, la prego, non posso proprio continuare a lavorare qui- cercò di convincerla a non insistere ulteriormente. Voleva risultare deciso, ma apparì quasi supplicante.

Aveva bisogno di allontanarsi dal Corona. Magari d’inverno sarebbe tornato a lavorare, ma adesso non ci riusciva proprio. Solo pensare a Veronika rischiava di farlo scoppiare a piangere, e c’erano troppe cose, in quel bar, che gli facevano pensare a lei. Come le aveva insegnato a fare il caffè, le rose che le aveva regalato per San Valentino, quando avevano ballato al bar, ed erano rimasti chiusi il giorno del suo compleanno. E poi il dopo, quando erano tornati amici come prima, e le aveva parlato di Manny… cavolo, le aveva parlato di Manny un sacco di volte, senza sapere di starne parlando alla persona in questione. Era così difficile, se proprio non poteva rivelare il segreto, almeno fermarlo dal mettersi in ridicolo in quel modo? Perché illuderlo così tutto quel tempo? 

Max scosse la testa, cercando di indirizzare il flusso dei suoi pensieri al presente, e Roelke sembrò capire la sua grande difficoltà, perché fece metaforicamente un passo indietro.

-Senti, ragazzo, ti capisco, probabilmente Kodie ti capisce ancora di più, ma sono stata in questa situazione. E non ti obbligherò a restare se non ce la fai. Ma… non è da te scappare da un problema- gli fece notare, squadrandolo un po’ preoccupata.

-Forse… ma non sto propriamente scappando. Sto cercando di allontanarmi e ascoltare me stesso per stare bene, e mi dispiace metterla in difficoltà, ma ho raggiunto il punto di rottura- spiegò, con gli occhi lucidi e un grande groppo in gola.

-Molto bene… le porte sono sempre aperte se hai bisogno di lavoro, sappilo. Mi dispiace per quello che è successo, Max, spero riuscirai a stare meglio- Roelke decise di non insistere, e gli diede una fragorosa pacca sulla spalla.

Max accennò un sorrisino.

-Grazie, signora Donner- fece un cenno di saluto e le diede le spalle per uscire il prima possibile dal locale.

-Suvvia, continua a chiamarmi Roelke come prima, basta con questa formalità- lo riprese lei, colpendogli la schiena leggermente con uno strofinaccio, e facendolo seriamente ridacchiare.

-Va bene, Roelke. Buona fortuna con tutto- la salutò un po’ meglio, guardandola riconoscente per la comprensione.

-Meh, mi servirà se voglio rimpiazzare due camerieri- borbottò Roelke, brusca, e tornando a lavoro.

Max uscì dal locale, sentendo che un piccolo peso gli si era appena levato dal petto.

Ora doveva solo evitare il Corona come la peste, stare lontano da ogni giardino e parco della zona e non cucinare mai più nulla che contenesse caramello o cannella e sarebbe stato apposto.

Semplice, piano a prova di errore. Non avrebbe incontrato, parlato o pensato a Veronika almeno per un po’ e tutto sarebbe andato…

-Ciao Max, esci da lavoro?- la voce di Norman, appena arrivato per andare probabilmente a prendere un caffè e lavorare sulla tesi, lo distolse dal suo pensiero.

-No, a dire il vero mi sono licenziato, ho appena dato le mie dimissioni a Roelke- spiegò, fermandosi a parlare un attimo.

-Oh, che peccato. Ti capisco bene e non ti biasimo, ma cucinavi molto bene- ammise Norman, dispiaciuto.

-Grazie, puoi sempre raggiungerci alle serate cinema di venerdì, ci sono parecchi stuzzichini- lo invitò Max, cortese. Solo perché aveva litigato con Amabelle non significava che si sarebbe allontanato anche da Norman e dal resto del gruppo. Era depresso in quel periodo, ma non per questo meno amichevole.

-Ci farò un pensiero, promesso, anche se sono molto impegnato perché devo ancora dare alcuni esami e finire la tesi possibilmente entro ottobre quindi, eh, sai com’è- Norman indicò la borsa pieni di libri.

Max lo capiva benissimo. Aveva conseguito la triennale lavorando in due anni e mezzo, sapeva esattamente quanto lavoro ci volesse.

-Buono studio, allora. Ci vediamo- lo salutò, per non disturbarlo ulteriormente, ed entrambi procedettero per la loro strada.

Allora, a cosa stava pensando? Ah, sì, non avrebbe incontrato, parlato o pensato a Veronika almeno per un po’ e tutto sarebbe andato…

-Oui, ja, sì, lo so… vater…- parlando in tedesco con scivoloni in francese, Varonika era uscita dal café nello stesso istante in cui Norman era entrato, e Max rimase bloccato sul posto un momento di troppo, e venne immediatamente beccato dalla ragazza al telefono, che lo fissò sorpresa, ignorando per un attimo la chiamata.

Aveva un grosso cappello a tesa larga che la celava da occhi indiscreti, e occhiali da sole che la rendevano ancora meno riconoscibile, ma ormai, dopo le volte che Max era stato ingannato da lei, era certo che l’avrebbe riconosciuta tra mille.

Una parte di lui era ancora deluso da sé stesso per non aver unito prima i puntini. Come aveva potuto essere così cieco da non accorgersi che il suo ragazzo e la sua più stretta collega erano la stessa persona?!

-Ti richiamo!- Veronika interruppe il silenzio sceso tra loro, chiudendo la chiamata senza neanche ricevere risposta, a sbloccando Max, che le diede le spalle e provò a ritirarsi da quella situazione.

Che sfiga di tempismo!

-Max, aspetta, possiamo parlare, ti prego?- Veronika iniziò a seguirlo, con lo stesso tono di scuse e gli occhi da cucciolo che utilizzava sempre da quando si era scoperta la verità. 

Un tono che lo rendeva debole e allo stesso tempo infuriato.

Perché se c’era qualcuno, in quella situazione, che doveva far sentire male l’altro, quello era Max, mi dispiace deluderti, principessina Veronika Krone.

E dopo qualche metro di fuga, Max si fermò, e si girò verso la ragazza, deciso a parlarci chiaro e chiudere una volta per tutte la faccenda.

-Cosa abbiamo da dirci?- chiese in tono freddo, incrociando le braccia per mettere la massima distanza emotiva tra i due.

-Ecco…- Veronika sembrava un po’ presa in contropiede dalla chiacchierata imminente, ma non si lasciò frenare a lungo -Vorrei spiegarti esattamente il motivo per cui ho fatto ciò che ho fatto- prese coraggio, pronta a dire tutto.

Max si guardò intorno, la strada non era molto piena, ma c’era comunque qualcuno che passeggiava e delle persone alla fermata dell’autobus poco distante.

-Non credo sia una buona idea rivelare fatti segreti e personali in pubblico, principessa- mise in guarda la ragazza, con freddezza.

Veronika si guardò intorno a sua volta, un po’ allertata, e sistemò meglio gli occhiali dal viso.

-Possiamo sederci da qualche parte a parlare, magari?- provò a proporre, indicando una panchina.

-No, perché non hai nulla da spiegarmi- Max la interruppe immediatamente, facendola impallidire leggermente. Non che cambiasse poi molto, dato che la sua pelle di porcellana era già bianca come il latte.

-Max, so che sei arrabbiato, ma se mi lasciassi spiegare, potremmo provare a…- Veronika provò a convincerlo almeno ad ascoltarla, ma Max non ne aveva davvero bisogno. 

Perché non sarebbe cambiato nulla, lo sapeva già.

-Credo che tu abbia frainteso un po’ la mia reazione- la fermò di nuovo -Permetti a me di parlare- chiese poi, avvicinandosi di un passo per evitare che la loro conversazione venisse udita dai passanti.

-Okay…- la voce di Veronika era un sussurro. Sembrava parecchio sorpresa da come gli eventi si stavano sviluppando.

-Non ti biasimo per aver tenuto il segreto- la frase successiva di Max la sorprese ancora di più, e lo fissò a bocca aperta.

Ma il ragazzo non aveva finito.

-Sono deluso? Sì. Sono ferito? Assolutamente! Mi sento tradito nel profondo? Ovvio. Ti biasimo? …eh, che potevi fare?! Non sono arrabbiato. Ma voglio tirarmi fuori da questa faccenda- disse semplicemente, facendo poi un passo indietro, per rimarcare il concetto.

Veronika era senza parole.

-In che senso?- chiese, timorosa, non del tutto certa di voler sapere cosa intendesse ma incoraggiandolo a continuare a parlare mentre cercava un modo di rispondere.

-Scandali reali, regni perduti, principesse in incognito… sono una persona troppo ordinaria per immischiarmi in queste situazioni. Voglio solo… vivere la mia vita tranquilla, superare questa cosa, e dimenticarti presto. Ti sei divertita, sono stato bene con te, ma adesso basta. È finita!- ogni parola sembrava entrare nel petto di Veronika come una pugnalata al cuore, ed era lì lì per scoppiare a piangere, prostrarsi in ginocchio e implorare perdono. 

Ma era una principessa a cui avevano inculcato ogni singola regola del bon ton fin da quando era piccola, e riuscì a mantenere la compostezza e il sangue freddo per continuare la conversazione.

-Non mi sono divertita, Max! Non volevo che la situazione andasse avanti così a lungo- ci tenne a giustificarsi, scegliendo parecchio male le parole. Va bene che era composta ed elegante, ma dentro di sé stava comunque andando nel panico.

Perché sì, era abbastanza palese che si fossero lasciati alla luce dei fatti recenti, ma era la prima volta che il concetto veniva espresso a voce alta, e una piccolissima parte di Veronika voleva ancora sperare di recuperare la situazione, anche se sembrava impossibile.

-Mi dispiace per il tempo perso, ma consolati con il fatto che sia finita- Max aveva chiaramente capito cosa intendesse, ma finse ignoranza, le diede una leggerissima pacca sulla spalla, e fece nuovamente dietro front.

Veronika gli afferrò il braccio, e lo girò verso di lei, decisa a non finire così la conversazione.

-Lo sai cosa intendevo! Volevo dirti la verità, e non stavo con te per degli strani motivi egoisti. Io ti amo, Max, e tutto quello che ho fatto, detto e provato per te, ad eccezione della mia identità, era reale- si spiegò, guardandolo negli occhi per trasmettergli tutta la propria sincerità.

Max distolse in fretta lo sguardo, chiaramente in difficoltà.

Non era così facile per lui dimenticare la ragazza, che in qualsiasi forma gli aveva fatto battere forte il cuore. E voleva, con tutto il cuore, credere che potessero risolvere la cosa, e sistemare la situazione.

Ma non poteva darsi false speranze, e sapeva, in cuor suo, che la loro relazione era destinata a fallire in partenza. Quindi perché complicarsi inutilmente la vita e soffrire di più alla fine?

-Forse- le diede il beneficio del dubbio -Ma hai una soluzione?- chiese poi, ammutolendo la ragazza, che esitò per parecchi secondi, prima di abbassare lo sguardo e scuotere leggermente la testa.

-…no- ammise poi, sospirando rassegnata.

-Quindi non abbiamo molto altro da dirci, o sbaglio?- Max alzò le spalle.

-Potremmo… restare amici- la voce di Veronika era un sussurro così flebile che a momenti non si sentì neanche lei, ma Max capì il senso del messaggio, e strinse i denti.

Davvero aveva il coraggio di chiedergli una cosa del genere?!

-Potresti trovare un amico dallo status migliore, e non voglio ritrovarmi invischiato in scandali reali- disse freddamente, prima di scansare il braccio, darle nuovamente le spalle, e andare via.

-Max…- Veronika provò a richiamarlo, con le lacrime agli occhi.

Max non la guardò neanche mentre replicò un ultimo: 

-Ti ho rispettato per mesi, ora rispettami anche tu e lasciami in pace- che la frenarono sul posto.

Checché ne dicesse lui, in effetti era ancora parecchio arrabbiato, ma era il dolce e comprensivo Max, non lo avrebbe mai potuto ammettere, neanche a sé stesso.

Veronika rimase sul posto, con il cuore spezzato e la consapevolezza che in fondo lo meritava. 

Qualche secondo dopo, il suono del telefono la riportò alla realtà.

-Ja? Vater!!- uff, l’aveva detto a suo padre che l’avrebbe richiamato lei. Non voleva proprio parlargli, era già una situazione abbastanza complicata.

-Un momento, tu sei la principessa Veronika?- un passante per strada sembrò riconoscerla, e Veronika si calò maggiormente il cappello sul capo e scappò via con un flebile -No, hai sbagliato persona-, come ormai era diventata la prassi quei giorni. Sapeva che mancava poco al suo ritorno in patria, e dopotutto aveva parlato con Max.

…ma sentiva comunque come se dovesse fare qualcosa prima di tornare a casa e rinunciare per sempre all’amore e alla felicità.

Qualcosa di grosso, rispettoso e allo stesso tempo esagerato.

Chissà se Denny avrebbe potuto darle il numero di telefono di Amabelle.

 

Lunedì 19 Agosto

Denny aveva passato gli ultimi cinque giorni nell’ansia più totale, con il telefono regalatogli da Mathi sempre in tasca e cercando di essere naturale e allo stesso tempo non rivelare troppe cose. 

Chiudersi in camera, dopotutto, sarebbe sembrato sospetto, e anche smettere definitivamente di parlare. Ma come si può essere naturali quando si teme di essere spiati? E non aveva neanche la minima idea di come fosse successo. Nè se poteva effettivamente fidarsi di Mathi.

Ci aveva pensato a lungo, prima di andare da lui, ma alla fine aveva deciso di buttarsi. Perché si rifiutava di credere che Mathi fosse il tipo da vendere informazioni per soldi, quindi non poteva essere lui a spiarlo, anche se sicuramente la sua agenzia c’entrava qualcosa. Oppure era davvero paranoico, ma tanto valeva essere sicuri.

E poi… rivedere Mathi era stato meraviglioso, anche se non avrebbe dovuto sentirsi così, lo sapeva.

Ma i suoi caldi occhi scuri, il suo rassicurante sorrisino imbarazzato, e la sua dolce voce erano stati una specie di scossa che l’aveva quasi distolto dalla realtà nei pochi minuti in cui era stato lì.

Anche perché, quella era stata la prima vola che l’aveva visto da ragazzo gay dichiarato (con sé stesso almeno). E se mentre approcciava la camera non credeva sarebbe stato diverso, quando aveva visto Mathi si era invece sentito come se una porta si fosse spalancata nel suo cuore, facendo entrare tutte le emozioni represse da quando l’aveva conosciuto, e, cavoli, come aveva fatto a resistere sei mesi interi, quando solo con uno sfiorare di dita aveva rischiato di buttarsi addosso a Mathi e baciarlo?!

…lo stava per baciare davvero, si era trattenuto per miracolo. E solo perché la sua ansia per la situazione era entrata in gioco.

In effetti quella situazione era estremamente preoccupante e ansiosa, e Denny sperava davvero, con tutto il cuore, di sbagliarsi. 

Ma che altro poteva essere? Quante probabilità c’erano che Veronika rivelasse il suo segreto a Denny e guarda caso il giorno successivo il fidanzato della ragazza lo scopriva? Certo, magari qualcuno poteva averli sentiti, ma Denny era convinto fossero soli e in un luogo sicuro, non gli era sembrato di sentire nulla nelle vicinanze.

Era l’unico ad aver sentito la confessione… e c’era una grossa probabilità che non fosse solo come avrebbe voluto.

Seppellì la faccia nel cuscino cercando di non pensarci, e posando in un angolo il nintendo che aveva utilizzato fino a quel momento. Risolvere gli enigmi del professor Layton non lo aiutava a risolvere quello reale che aveva al momento.

E Mathi si ostinava a non scrivergli su quel telefono. Chissà, magari aveva fatto male a fidarsi di lui, e il telefono era falso, o un modo di tenerlo d’occhio, o il vero microfono, magari era meglio gettarlo via e cavarsela da solo.

Proprio mentre faceva queste riflessioni derivate dall’ansia e dalla paranoia, sentì una vibrazione, e prese il proprio telefono per abitudine, controllando il probabile messaggio da parte di Max che sicuramente gli aveva appena riferito che sarebbe tornato presto per cucinare la cena.

Ma il suo telefono non aveva nuove notifiche.

Sentì un’altra vibrazione, che chiaramente non proveniva dal suo cellulare, e trattenne a stento un’esclamazione quando si rese conto che ciò che aspettava da cinque giorni stava finalmente arrivando.

Il suo cuore iniziò a battere furiosamente, e prese il telefono di Mathi con mani così tremanti che per poco non gli cadde a terra.

Gli era arrivato un messaggio da un numero sconosciuto.

“Telefono sicuro, ma possiamo comunicare solo in questa chat, quindi niente chiamate o internet per nessun motivo”

“Oh, sono Mathi”

“Cioè sicuramente lo avevi capito ma è meglio specificare per non metterti ansia”

Sì, era chiaramente Mathi, il suo Mathi, quello che era stato il suo migliore amico per mesi prima che un bacio e un’identità segreta rovinassero tutto.

Denny si affrettò a rispondere e comunicarono tramite chat, nel silenzio più totale: 

Numero sconosciuto

Finalmente, ci hai messo un secolo

Scusa, dovevo essere sicuro che il telefono fosse sicuro e finire alcuni lavori per non far insospettire…

Lascia stare

Forse dovremmo cominciare dall’inizio

Cosa è successo?

Non lo so

Un casino di roba 

Non ci credo che è passato solo un mese e mezzo

Mi dispiace, Dan

Credo che qualcuno mi spii, comunque, non so in che modo, ma temo senta le mie conversazioni

Per chiarire, quel qualcuno non sono io, non mi permetterei mai

Se lo pensassi non ti avrei chiesto aiuto

Lo so, ma… 

Sì, lo so che sei intelligente

E grazie della fiducia

Significa davvero tanto per me

Cercherò in tutti i modi che sia ben riposta

…eh, scusa se sto andando per la tangenziale 

Da quanto tempo pensi che qualcuno ti spii?

Non so da quanto, ma sicuramente mi spiava il 10 Agosto

Perché un’informazione è uscita fuori ed ero l’unico a conoscerla

Che informazione?

Non so se posso dirtelo

…Dan, ti sto per fare una domanda che non vorrei farti

Ma devi rispondere sinceramente

Perché altrimenti non saprei come aiutarti 

E non voglio metterti nei casini più di quanto non stia facendo

No anzi aspetta non te la faccio cercherò di aiutarti in altro modo senza coinvolgerti troppo

So tutto, Mathi

Cosa?!

Ho sentito tutto quello che tu e Duke stavate dicendo, da quando parlavate di Apollo

 

Seguirono alcuni secondi senza risposta, nei quali Denny iniziò a chiedersi se avesse fatto bene a fidarsi di Mathi e ammettere le sue conoscenze. Poteva anche non essere Mathi ma il cattivo… improbabile perché l’impostazione dei messaggi era proprio quella di Mathi, ma magari qualcuno lo stava obbligando a scrivere, o era Mathi il cattivo fin dall’inizio. Probabilmente avrebbe dovuto portarsi quel segreto nella tomba, ma, ad essere sincero, aveva bisogno di dirlo a qualcuno. Aveva bisogno di sfogarsi, e ammettere la sua paura per quello che aveva sentito. E poi come poteva Mathi aiutarlo se non si dicevano tutto.

Solo che Mathi non rispondeva

…perché non rispondeva?!

 

Mathi, sei ancora lì? 

Mi sto spaventando

Spno wui!!!

Scusa!

Non volevo spaventarti 

Scusa

Non so che dire

Scusa

Non scusarti

Santo cielo mi dispiace non volevo che lo scoprissi!

Mi dispiace tantissimo!

Mathi…

Cancellerò questa conversazione da qualsiasi possibile rete e dal telefono in modo che nessun altro lo scopra

Non lascerò che ti succeda nulla, te lo prometto

Cavolo!

Grazie

Ma ora possiamo tornare al problema?

Sì! 

Scusa

Non scusarti! 

Hai ragione, scu…

Uh

Allora, dato che mi hai dato una risposta, ti dirò che io credo di sapere chi potrebbe spiarti

???!?!?!?!

Ti ha accompagnato in camera di Norman

Quando poi ci siamo incrociati davanti alla porta di camera mia

FRED?!

GIUSTP!!

COME HO FATTO A NON PENASRCI?!

Fred?

Si è presentato così, mi inquietava tantissimo, ma ho pensato fossi solo…

rigido

Si chiama Will Hacks, è il mio capo, ed è la persona peggiore del mondo

Ma non credevo sarebbe arrivato a tanto

Comunque tranquillo, ti terrò al sicuro

E possiamo capire come ti spia

Come?! 

Sì, è semplice

Lui di solito usa semplici cimici molto piccole, che si possono tranquillamente infilare nei lembi di un pantalone, o nelle maniche di una giacca, o sotto una scarpa, tutti posti dove non si notano particolarmente.

Quando l’hai incontrato, si è mai avvicinato troppo, o ha toccato i tuoi vestiti, anche per poco?

No! 

Non l’ho fatto avvicinare non sono mica pazzo!

Era inquietante!

E non sono così facile

Lo so, lo so, sei etero

Veramente…

Ma non intendevo in senso strano, anche solo per aiutarti.

Tipo quando ti ha afferrato davanti alla mia camera per evitare che cadessi

Mi sono allontanato quasi subito, non credo che avesse tempo

E poi non indossavo gli stessi vestiti quando ho parlato con Sonja

Aspetta, pensi che Will sia il responsabile dello scandalo della principessa Veronika?!

TU SAPEVI DI VERONIKA?!

Tu come sai di Veronika?!

L’ho scoperto come tutti quando sono iniziati a circolare rumors e ho fatto qualche ricerca 

Uff, sì

Veronika mi ha confessato tutta la storia

E il giorno dopo arriva il suo ragazzo che dice che qualcuno gli ha venduto l’informazione e partono i rumors

Non può essere una coincidenza, no?

Ma è illegale!

Duh, lo so che è illegale. Tutta la tua roba è illegale

No, intendo… la vendita d’informazioni senza previa autorizzazione è una violazione della prima regola dell’agenzia!

Se Will ha davvero venduto l’informazione senza autorizzazione…

E se l’ha fatto il giorno dopo è impossibile che abbia ricevuto autorizzazione

Significa che ha usato mezzi dell’agenzia per fini personali

Potrebbe finire in prigione per anni!

Non voglio finire in mezzo a questa situazione, Mathi

Dimmi come togliermelo dai piedi, non so ancora dove…

Hai ragione, scusa

Mi sono lasciato prendere dall’entusiasmo

Non che possa farci molto con questa informazione dato che dubito abbia lasciato prove

Torniamo a noi, che cosa indossavi entrambi i giorni. Oppure ha mai avuto accesso al tuo telefono?

Aspetta un momento!!

Cosa? 

Si è accesa una lampadina?

…piedi

 

Denny posò un attimo il telefono e prese le scarpe che teneva sotto al letto.

Essendo un ragazzo relativamente povero, non aveva un gran numero di scarpe, e solitamente indossava sempre lo stesso paio, il più comodo ed estivo che aveva, il maggior numero di volte.

Erano un po’ rovinate, ma facevano ancora il loro lavoro.

E Fred… o Will, che dir si volesse… aveva insistito per togliergli le scarpe, quando Denny era ubriaco sul letto di Norman.

L’unico capo d’abbigliamento che aveva indossato sia la notte del bar che la mattina della confessione.

Le controllò con attenzione, senza troppa fretta, ma non ci mise molto a notare che la suola, da parecchio un po’ scollata in un lato, aveva un’apertura con dentro quello che a prima vista poteva sembrare un piccolo bottone, ma che non aveva alcun senso di trovarsi lì.

E tutte le paure del ragazzo divennero realtà, mentre dei sudori freddi iniziavano a scendergli lungo la spina dorsale.

Era vero

Fred, o Will, lo aveva avvicinato mer mettergli una cimice, e aveva sentito tutte le sue conversazioni, o quasi, per due settimane intere.

Aveva ragione ad avere paura.

Ed era indiretto responsabile di tutto il casino successo a Veronika e Max.

Lo sapeva che non avrebbe dovuto farsi approcciare da quel tipo!

Ma pensava che essere cauto l’avrebbe aiutato.

Evidentemente non lo era stato abbastanza.

Basta, non voleva mai più uscire da solo in tutta la sua vita.

O con Max, o con altri amici, o sarebbe rimasto a casa, che era sempre la scelta giusta.

Riprese il telefono, che aveva vibrato parecchio, e tornò alla conversazione con Mathi, per metterlo al corrente degli ultimi sviluppi.

Le sue mani tremavano, ma non poteva permettersi un attacco d’ansia in quel momento.

 

Ho trovato la cimice

Era nella scarpa

!!!!!!!

Quindi ti spiava davvero

Mi dispiace Dan, avrei dovuto stare più attento 

Non volevo che finissi in questo casino

Cosa faccio adesso?! Se la butto via si insospettirebbe

Ma non voglio che senta altre mie conversazioni

Voglio uscire da questa storia!

Ovvio!

E ne uscirai, promesso!

Senti, ti consiglio di aspettare che torni tuo fratello o tuo padre, e dire ad alta voce che vorresti comprare scarpe nuove perché quelle vecchie sono ormai troppo rovinate. 

Poi domani vai a comprarle, così Will sente che stai facendo sul serio, e alla fine butti le scarpe incriminate

Potrebbe essere infastidito, ma non dovrebbe avere sospetti

E se prova ad approcciarti di nuovo, basterà dire che non sei interessato e che sei etero

Potrebbe essere insistente per un po’, ma se per qualche settimana ti fai sempre trovare con Max, o Clover, o Amabelle, dovresti stare apposto.

Tanto a Settembre la mia squadra va via

E non dovrai più preoccuparti di lui, o di me

Sarà come se tutto questo non fosse mai successo

Come se noi non fossimo mai esistiti

Te lo prometto!

Sembra un buon piano

 

La frase che Denny aveva scritto non esprimeva neanche un decimo di tutto quello che avrebbe voluto replicare, dalle mille parolacce ansiose per quella situazione, a commenti sarcastici e infastiditi per come Mathi lo aveva messo in pericolo, fino a qualche romantico “Non voglio fingere che tu non sia mai esistito nella mia vita”, o “Non sono etero, e non posso dirgli che tu sei l’unica persona che mi fa battere il cuore” 

Ma alla fine decise di reprimere tutti i sentimenti che provava per lui, a favore della sua sopravvivenza.

Prese la scarpa, ed infilò nuovamente con attenzione la cimice al suo interno.

Ora doveva solo mettere le scarpe il più lontano possibile da lui, parlare poco per un paio di giorni, e poi l’incubo sarebbe finito per sempre.

…per sempre.

Senza più Mathi.

La sua mente tornò a cinque giorni prima, quando l’aveva visto per la prima volta da settimane.

Beh, la prima volta da non ubriaco e non di sfuggita.

Ed era stato un colpo al cuore, positivo e allo stesso tempo negativo.

Perché da un lato era stato felicissimo di rivedere quello che purtroppo o per fortuna sarebbe sempre stato ricordato come il primo bacio e il primo amore.

E dall’altro… stava male.

Mathi stava davvero male, quando l’aveva visto.

Lividi ovunque, ferite sulle braccia, occhiaie profonde e incarnato pallido nonostante il sole splendente che picchiava in quei giorni d’estate.

Non era mai stato così male nei mesi precedenti.

E Denny, in un piccolo angolo della sua testa, non poteva fare a meno di chiedersi… perché? Perché Will… o qualcun altro… si è accanito così con lui? Lo avevano picchiato? Sembrava più che probabile. Ma prima non lo facevano, perché adesso che lui e Denny non erano più amici?

…era colpa di Denny? Proprio della loro amicizia, che era stata scoperta ed era chiaramente illegale?

Ma se anche fosse stata scoperta, perché accanirsi così tanto?! Chi poteva essere così crudele da ferire così tanto una persona?!

Che razzi di posto era l’agenzia?! Come poteva Mathi lavorare per quelle persone?!

Le dita del ragazzo si mossero sulla tastiera prima che potesse controllarle.

 

È stato Will a picchiarti?

Cosa?

Quando ti ho visto, mercoledì, eri pieno di lividi, e non ti muovevi bene, è stato Will?

Non preoccuparti per me, pensa a te stesso adesso

Io me la caverò

È stato Will?

Non permetterò mai che ti faccia lo stesso, starò molto più attento d’ora in poi, non devi temerlo!

 

Quindi era stato lui. Era stato lo stesso uomo che con un sorriso affabile e modi cortesi aveva approcciato Denny per impiantargli una cimice nella scarpa, tenerlo sotto orecchio due settimane, e vendere informazioni top-secret a duca di altri paesi.

Una persona estremamente pericolosa, violenta, che in qualsiasi circostanza Denny non avrebbe mai voluto neanche vedere da lontano, figuriamoci approcciare volontariamente.

“Potrebbe finire in prigione per anni”

Perché questa informazione lo colpiva proprio adesso?

“Non preoccuparti per me, pensa a te stesso”

Sì, doveva lasciare Mathi e stare al sicuro.

Eppure non riusciva a togliersi dalla testa l’immagine del suo volto contratto dal dolore mentre cercava di prendere il telefono il più in fretta possibile, e offrirgli il proprio sostegno nonostante tutto quello che gli fosse successo, probabilmente anche a causa sua.

Denny era stato arrabbiato con Mathi per parecchio, dato che l’aveva infilato in quella situazione.

Eppure… non riusciva ad aggrapparsi a quella rabbia.

Non riusciva a lasciare andare la pericolosissima scarpa che teneva in mano, pesante come una bomba pronta ad esplodere in ogni momento.

Alla fine la posò a terra, ma solo per sostituirla al telefono, dove scrisse a Mathi il risultato del breve ma intenso dibattito interiore che aveva appena avuto.

Un risultato scaturito da un forte istinto incontrollabile.

La sua terza azione spericolata per il proposito dell’anno nuovo.

E probabilmente quella che l’avrebbe irrimediabilmente portato alla morte.

Ma ehi, non doveva pensarci troppo, giusto?

 

Ti aiuterò ad incastrare Will

???

No…

Sono serio, Mathi. Possiamo usare la cimice per attirarlo in una trappola

No! 

No!!

NONONONONONONONONO!!!!!

NON CI PENSARE NEANCHE!!!

È TROPPO PERICOLOSO!!!

Ti sei avvicinato a me nonostante fossi il membro di un’agenzia di spionaggio e ora ti preoccupi che sia in pericolo?

Non volevo che le cose andassero così avanti

Mea culpa

E dato che so di aver fatto il più grande errore della mia vita, non ti permetterò di metterti in pericolo così!!!!

Perché, tu non sei in altrettanto pericolo se non uno peggiore?

Che c’entra?! Io sono un membro dell’agenzia! L’ho scelta, questa vita!

E mi merito il pericolo

Tu no!

Non ti permetterò mai di metterti in pericolo!

Non sarai tu a fermarmi

Ma la mia ansia probabilmente

No, aspetta, cancella

Ho deciso!

Voglio aiutarti!

Perché?! DOVRESTI ODIARMI!!!

HAI SENTITO QUELLO CHE HO DETTO A DUKE?! TUTTO CIÒ CHE C’È STATO TRA DI NOI ERA FINTO!

Certo, come no, è quello che dicono sempre tutti nei film

Non ci crederò finché non me lo dirai guardandomi dritto negli occhi

E se anche lo fosse, ti aiuterei comunque 

Perché Will ha fatto un torto alla mia famiglia

E ho tutta l’intenzione di vendicarmi

Da dove ti è venuto tutto questo coraggio inappropriato?!

Da te probabilmente

Sei impossibile!

Non lo farò, non ti aiuterò ad aiutarmi!

Butta quelle maledette scarpe e dimenticami!

Se non mi aiuterai sarò ancora più in pericolo

Quindi decidi, Mathi

Mi aiuti ad aiutarti

O mi guardi da lontano mentre cado a peso morto tra le braccia della persona più pericolosa che abbia mai incontrato

Scelta tua

Perché sono in fase emo e se dovessi morire potrebbe non importarmi particolarmente

Non dire una cosa del genere neanche per scherzo!!!

Va bene, ti aiuto!

Ma non morire!

E starai lontano dal pericolo

E ci organizzeremo bene

E non farai mai nulla senza consultarmi

Va bene

L’ho detto per provocarti, in realtà

Perché voglio restare al sicuro

Sennò poi chi lo sente Max

Non vale farmi ridere

È una situazione seria e sono nel panico!!

Aspetta, sta tornando Max

Meglio interrompere qui la conversazione

Ci sentiamo più tardi per i dettagli

Meglio, perché devo fermare l’attacco di cuore

Chi è adesso che prova a farmi ridere in situazioni gravi?

Siamo due incorreggibili

Ciao ciao

A dopo xo

 

…xo?

Un bacio?

Perché quel generico segno di saluto aveva fatto battere il cuore di Denny più forte della possibilità di morire per mano del capo di una squadra di agenti speciali che di lì a pochi giorni avrebbe dovuto ingannare?

Denny fece dei profondi respiri per calmarsi, dato che non voleva che Max lo beccasse sull’orlo di un attacco di panico e chiedesse cosa stesse succedendo.

Era molto confuso sui motivi per cui aveva proposto quella missione suicida.

Ovviamente voleva aiutare Mathi, vendicare Max e Veronika, e prendersi una rivincita sull’uomo che l’aveva spiato per due settimane.

Ma al tempo stesso, non era quello l’unico motivo, lo sapeva bene.

Voleva stare con Mathi.

Stava cercando in tutti i modi, inconsciamente, di passare il più tempo possibile con lui, perché non riusciva ancora a rassegnarsi che presto avrebbe dovuto lasciarlo andare via per sempre.

E magari, chissà, sconfiggere il boss finale, il grande cattivo, avrebbe liberato la principessa e permesso ai due di vivere felici e contenti.

La vita non è un videogioco, ma la speranza è l’ultima a morire, giusto?

Denny sperava solo di non pentirsi della sua decisione.

Ma ormai era tardi per i ripensamenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

La natura ha dato a Denny l’ansia perché senza sarebbe un dio invincibile! 

No, ma scherzi a parte, Denny è troppo forte, dai! Vi ho fregati con lo scorso capitolo, vero? 

Denny è troppo intelligente per cadere nei soliti cliché. Ed entrambi, Denny e Mathi, sono anche troppo intelligenti per prendere sul serio le parole che si sono detti quando sanno perfettamente di averlo fatto solo per show, quindi non vi aspettate un momento in cui litigano per questo.

…per altro, forse, ma non per questo.

È stata una parte bellissima da scrivere, li adoro.

E mi mancavano un sacco.

Passando al resto del capitolo… Petrabelle! Sarò onesta con voi, le scuse di Amabelle dovevano essere più drammatiche. Avevo programmato il fluff, ma doveva aprirsi molto di più. Poi ho pensato… nah, l’ho già fatto con Norman, e Petra non è tipa di molte parole. Quindi rendiamola più fluff e divertente nel suo essere melodrammatica, e sono parecchio soddisfatta del risultato. Mi sembra che l’angst degli ultimi capitoli sia stato ufficialmente superato.

Certo, poi si torna a Max e Veronika, e le tensioni restano, ma siamo comunque solo ad agosto, mancano ancora quattro mesi. E credo che entrambi i membri della coppia abbiano torto e ragione insieme.

Hanno bisogno di un po’ di tempo per riflettere.

Chi non riflette invece è Denny che ha concluso il proposito. Abbastanza presto, vedo. Bravo lui!

Comunque, tralasciando, Buon San Valentino!!!

Avrei voluto scrivere uno speciale da mettere nella raccolta di side stories: Life Bites

Ma non avevo tempo.

E ho preferito pubblicare questo capitolo per festeggiare.

Purtroppo sono ancora sommersa di studio, ma dal 25 sarò libera.

E probabilmente non aspettatevi un capitolo prima di allora.

Perché il prossimo capitolo avrà una delle scene cardine della storia, di quelle che ho in mente da quando ho iniziato (e per farvi capire, alcune scene cardine finora sono state il reveal di Veronika, la confessione Ferren sull’altalena, e il bacio Mathenny in discoteca, quindi sì… sarà una scena importante) e voglio descriverla bene, quindi mi prenderò il mio tempo per renderla perfetta.

Inoltre tornerà Clover e si scoprirà cosa ha fatto da quando si è “lasciata” con Diego.

Insomma, un capitolone.

Grazie a tutti quelli che continuano la storia, spero davvero che il capitolo un po’ più leggero vi sia piaciuto.

Un bacione e alla prossima :-*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Mathi e Denny elaborano un piano per attaccare Will, Max trova Clover in un bar

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Capitolo 37
*** Crescita (attraverso traumi) ***


Crescita (attraverso traumi)

 

Venerdì 23 Agosto

-HAI RUBATO UN’AUTO?!-

-HAI BACIATO WILL?!-

-DOVEVO PUR TROVARE UN MODO DI ENTRARE, MATHI!!!-

-HAI BACIATO WILL?!-

-NON SERVE CHE ME LO RICORDI!!! PURTROPPO C’ERO ANCHE IO!!!-

-TU NON DOVEVI ENTRARE!!! HAI CORSO UN RISCHIO ENORME!!!-

-SE FOSSI UN HACKER MIGLIORE NON AVREI DOVUTO FARE QUELLA SCENETTA!-

-NON TI HO MAI CHIESTO DI…-

Erano almeno cinque minuti che Mathi e Denny, urlando come dei pazzi, sfrecciavano per la città senza una vera e propria meta a bordo di un’auto che Mathi aveva “preso in prestito” con le sue straordinarie abilità “magiche”.

Ed era anche la prima volta che Denny poteva finalmente parlare liberamente da quasi venti giorni, quindi stava esprimendo tutte le parole non dette.

Anche se in cima alla lista c’erano moltissime parolacce e frasi disgustate, dato che, santo cielo, quella era stata in assoluto la serata più orrenda della sua vita, tutti i suoi compleanni solitari inclusi. 

Non farò un riassunto dettagliato della serata perché ci sono lettori sensibili, e credo che quasi nessuno voglia leggere troppe scene con Will Hacks, quindi racconterò brevemente dal punto di vista di Denny.

Che non è dei più lucidi, ma ce lo faremo andar bene.

La serata era iniziata… male. Perché anche solo l’idea di rivedere Will… o Fred, come l’aveva chiamato per tutto il tempo, non era proprio allettante. Denny si era chiesto ogni istante, da lunedì, perché diamine avesse deciso di aiutare Mathi, perché l’ansia che provava all’idea di quell’incontro lo stava facendo diventare matto.

Per questo aveva anche insistito per mettere su la trappola il prima possibile, perché altrimenti era sicuro che si sarebbe ritirato, e Mathi non avrebbe fatto nulla per impedirlo.

La trappola era semplice: dire ad alta voce a Max che sarebbe andato in un locale parecchio lontano dall’appartamento di Will (ma non troppo per non scoraggiarlo) e sperare che raggiungesse Denny approfittando del suo morale a terra e del chiaro desiderio espresso ad alta voce di volersi divertire.

E per fortuna (o purtroppo, dipende dai punti di vista) Will aveva abboccato, e pochi minuti dopo l’arrivo di Denny nel locale, era casualmente arrivato anche lui, e aveva immediatamente approcciato il ragazzo commentando di essere felice di vedere una “faccia conosciuta e adorabile”.

Ugh, per poco Denny non aveva vomitato al commento, e si era limitato a sorridere imbarazzato e invitarlo a sedersi con lui.

Anche il piano in generale era parecchio semplice: mentre Denny distraeva Will, Mathi si intrufolava in casa sua per cercare prove.

Una passeggiata, teoricamente, ma Denny aveva visto molti film, quindi era sicuro che sarebbe arrivato un momento in cui ci sarebbe stata una lotta contro al tempo perché Mathi era rimasto chiuso dentro, o Will avrebbe deciso di tornare prima, o qualcosa del genere.

Forse se l’era chiamata, forse era solo sfortunato, ma decisamente Denny non si aspettava che Mathi gli scrivesse un messaggio a metà serata in panico per riferirgli che non c’era modo di entrare in casa senza che Will se ne accorgesse, il suo sistema di sicurezza era troppo avanzato persino per Mathi, e l’unico modo per entrare era che Will stesso invitasse qualcuno.

A quel punto Denny avrebbe dovuto ritirarsi, dire “Eh, vabbè, pensiamo ad un nuovo piano e per il momento io scappo da qui” o ancor più semplicemente “Mi dispiace, ci ho provato, ora vado per la mia strada e tu per la tua, spero non morirai troppo presto”.

Invece aveva avuto la splendida idea di suggerire “MI faccio invitare dentro da lui e cerco in giro”.

Al quale, bisognava dirlo, Mathi aveva risposto con un deciso “Col ca…”

che Denny, siccome era stupido, aveva ignorato.

Quindi diciamo che non poteva prendersela con Mathi per quello che era successo in seguito, ma solo con sé stesso e il suo neonato istinto suicida.

E dalla serie di urla a inizio capitolo potete immaginare cosa fosse successo. Diciamo che Will non sembrava molto intenzionato a far entrare Denny, e sembrava parecchio sospettoso, quindi Denny aveva fatto l’unica cosa che gli sembrava appropriata fare in quel momento per guadagnarsi l’accesso.

E se ne pentiva.

Cavolo se se ne pentiva!

Piccola nota personale: essere gay non significava voler baciare tutti i ragazzi, ma solo Mathi… cioè… solo quelli che ti piacevano.

E Will non rientrava nella categoria di ragazzi che piacevano a Denny, poco ma sicuro.

Ugh, solo a pensarci, a Denny veniva seriamente da vomitare.

Soprattutto perché sentiva ancora in bocca il sapore di menta e nicotina.

Rabbrividì inconsciamente, e strinse di più la presa sui fogli che aveva recuperato dal cestino di nascosto fingendo di andare in bagno.

Era ben felice che Will gli avesse fatto togliere le scarpe una volta entrato in casa, perché almeno si era liberato del problema della cimice.

E poi era scappato dalla finestra del bagno.

Dritto tra le braccia di Mathi, che era rimasto nascosto nei cespugli tutto il tempo, e aveva anche visto tutto.

Ergo… le urla.

-SENTI… senti… smettiamo di urlare, mi fa male la gola- Denny interruppe un lungo sproloquio sulla sicurezza che Mathi stava facendo a voce così alta che nel giro di qualche minuto avrebbe perso la voce permanentemente.

-VA BENE… va bene, hai ragione, scusa. Ma sono nel panico- Mathi accettò la richiesta, e abbassò la voce, continuando a guidare una macchina rubata vicino a casa di Will.

-Lo dici a me?!- ribatté Denny, che era certo di essere ad un passo verso un attacco d’ansia che stava evitando solo grazie ad ulteriore ansia verso altre cose che lo distraevano comunque dall’ansia generale di aver fatto forse il più grosso e rischioso errore della sua vita.

-Cosa hai recuperato?- chiese quindi Mathi, cambiando argomento e indicando il malloppo tra le mani di Denny, che si affrettò a controllare, sperando con tutto il cuore che non si trattasse degli scontrini della spesa, anche se gli erano sembrati pagamenti importanti.

-Allora, ci sono ricevute di pagamenti che provengono da Bastien, da altre persone sconosciute e… un momento, c’è anche il padre di Clover qui- osservò Denny, sorpreso.

-Cosa?!- Mathi fece una sterzata leggermente brusca, dando a vedere la confusione per la notizia.

-Non solo, ci sono anche parecchie foto di Clover. Forse è lui il “detective” che il padre ha assoldato per spiarla- suggerì Denny, notando le varie foto e scuotendo la testa incredulo.

-È peggio di quanto pensassi. C’è altro?- Mathi lo incoraggiò ad andare avanti.

-Un telefono spento, probabilmente l’ha usato per accordarsi. Pensi di poterlo hackerare?- Denny glielo mostrò, Mathi annuì.

-È un prepagato difficile da associare a lui, dovrei controllare eventuali impronte e fare una lunga ricerca- Mathi non sembrava molto convinto, Denny non trattenne un’espressione afflitta.

-MA ci si può lavorare! Sono un sacco di informazioni! Lo beccheremo di sicuro!- provò a rassicurarlo Mathi, alzando la voce di un’ottava e non risultando affatto credibile.

Denny sospirò, e rimise tutto in sicurezza. Aveva indossato i guanti per maneggiare le prove, perciò non rischiava che le sue impronte ci finissero sopra.

Era comunque preoccupato che avvenisse ugualmente, perciò teneva tutto con molta attenzione.

-Dove stiamo andando?- chiese poi, cercando di cambiare discorso e distrarsi da quello che era appena successo.

-Ti riporto a casa, da strade che Will non penserà di percorrere per evitare che ci noti nel caso decidesse di seguirti-

-Ugh…- Denny rabbrividì, pentendosi una volta di più della tremenda idea che aveva avuto.

-Non dovevi rischiare così tanto!- lo rimproverò Mathi, a denti stretti, con mani un po’ tremanti che fecero tremare anche leggermente la macchina e non contribuirono a calmare l’ansia di Denny.

-Se vuoi continuare a rimproverarmi per averti aiutato, accosta e lasciami qui!- esclamò Denny, ormai al limite della sopportazione, con tono davvero acuto.

Aveva rischiato tutto per aiutare Mathi, e sebbene se ne pentisse, si sarebbe aspettato un Mathi un tantino più riconoscente e incoraggiante.

E dopo averglielo fatto notare, si aspettava anche che Mathi avrebbe ingoiato il rospo e avrebbe continuato a guidare senza più parlare, lasciando Denny solo con i suoi pensieri invasivi, ma almeno non facendolo sentire in colpa per aver provato ad aiutarlo, andando anche molto fuori dalla sua comfort zone. Neanche fuori, proprio nello spazio, in un’altra galassia rispetto alla sua comfort zone.

Ma quella era evidentemente la giornata degli eventi inaspettati, perché Mathi lo sorprese nuovamente accostando la macchina in una zona di campagna ai limiti di una distesa d’erba sotto le stelle, e Denny fu convinto, per qualche istante, che gli avrebbe ordinato di scendere e l’avrebbe lasciato lì da solo.

Onestamente, sarebbe stato parecchio traumatico per Denny, e probabilmente non avrebbe superato la notte e sarebbe morto sbranato da qualche animale, qualche gang, o per l’ansia.

Ma Mathi lo sorprese per l’ennesima volta seppellendo il volto tra le braccia poggiate sul volante, e cominciando a singhiozzare.

Considerando che fino a un minuto prima lo stava prendendo a parole per aver baciato Will (Ugh), il cervello di Denny ci mise un minuto buono ad elaborare le nuove informazioni ed agire di conseguenza.

-…Mathi…- sussurrò, posandogli con esitazione una mano sulla spalla.

-Mi dispiace, Dan…- singhiozzò Mathi per tutta risposta, provando senza successo ad asciugarsi le lacrime.

Denny sospirò. Non era colpa di Mathi, niente di tutto quello era colpa di Mathi. Sì, beh, forse l’aver avvicinato Denny nonostante fosse pericoloso era un po’ colpa di Mathi, ma prima di tutto era stato Denny ad avvicinarsi per primo, e seconda cosa, Mathi aveva fatto di tutto per evitare che Denny finisse in mezzo ai problemi, e aveva cercato in tutti i modi di fare ammenda.

Era stato Denny lo stupido che si era messo in pericolo per aiutarlo nonostante lui gli avesse chiesto più volte di non farlo.

E… sì, sarebbe stato facile dare la colpa a Mathi e lavarsene le mani, ma, soprattutto vedendolo così distrutto, ancora pieno di lividi e spaventato, Denny non poteva proprio non prendersi la propria responsabilità.

-È stata una mia scelta- gli fece notare, in un sussurro.

-Perché, Denny? Perché hai scelto deliberatamente di aiutarmi?- Mathi alzò appena la testa dalle braccia, e lanciò al ragazzo un’occhiata confusa, colpevole… adorabile.

E tanto, tanto stanca.

Denny avrebbe voluto avere una buona risposta da dargli, ma onestamente non sapeva neanche lui perché avesse deciso di aiutarlo, o almeno non ne aveva la totale certezza.

Così esitò, ed evitò il suo sguardo, cercando qualcosa da dire, ma mettendoci troppo tempo, perché Mathi seppellì nuovamente il volto tra le braccia, con un sospiro.

-Non ti biasimo che te ne sia pentito, avrei dovuto fermarti con più convinzione, solo…- la voce di Mathi si dissolse prima che finisse la frase, e prese qualche profondo respiro per calmarsi.

Denny non poteva negare né confermare nulla, perché era confuso quanto Mathi, se non di più.

Le ultime settimane erano state piene di enormi cambiamenti, e doveva ancora assestarsi e capire sé stesso. 

Ma allo stesso tempo, aveva anche il profondo desiderio di capire Mathi, e stargli vicino, e rassicurarlo.

E mentre Mathi si calmava, e cercava di far ripartire la macchina per continuare la fuga, Denny lo fermò, prendendogli il polso e attirando la sua attenzione.

-Cosa c’è?- chiese Mathi, sorpreso dal contatto improvviso.

-Posso farti qualche domanda?- chiese Denny in un sussurro così sottile che a malapena si sentì.

-Uh?- e infatti Mathi non lo sentì, e si avvicinò per incoraggiare Denny a ripetere.

Era un gesto che aveva fatto parecchie volte quando erano amici. Si avvicinava per parlare, per ascoltare, o anche solo per sorridergli, arrivandogli a pochi centimetri dal viso con i suoi brillanti occhi vispi.

In quel momento i suoi occhi erano tutt’altro che brillanti, e il sorriso era un lontano ricordo.

La voce di Denny sembrò sbloccarsi.

-Posso farti qualche domanda?- ripetè, a voce più alta, facendolo allontanare leggermente.

Non voleva necessariamente prendere le distanze, aveva solo bisogno di risposte. Non credeva di volerle ricevere, ma sapeva che doveva sapere per chi avesse rischiato tutto quanto.

Chi era davvero Mathi?

Quanto, di ciò che aveva vissuto nei sei mesi in cui era stato il suo migliore amico, era vero? E quanto invece era soltanto una messa in scena?

Doveva saperlo.

Anche se non aveva idea di cosa gli sarebbe piaciuto sentire, e cosa l’avrebbe spaventato ulteriormente.

-…certo… suppongo che meriti di sapere tutto- Mathi prese un respiro per prepararsi, e si mise comodo sul sedile, aspettando le domande. 

Entrambi, era chiaro, temevano molto il risultato di quella chiacchierata.

-Okay…- Denny si preparò mentalmente qualche domanda, mettendo ordine sulle priorità.

-Da quanto sei un agente?- cominciò con la base da cui poi iniziare a tracciare meglio la situazione.

-Tre anni… non sono proprio un agente, non ancora, sono ancora in fase di addestramento. Comincio a settembre- rispose lui, mordendosi il labbro inferiore e cercando di giustificarsi.

-Come sei diventato agente?- Denny era sorpreso. Si aspettava fosse nell’agenzia da più tempo.

Questa volta Mathi esitò un po’. Non sembrava un ricordo felice.

-Will…- rispose infine, in un sussurro -..mi ha notato e mi ha offerto il posto- sembrava molto, molto restio ad ammettere la cosa.

Il cuore di Denny perse un battito.

-Come ti ha notato?- chiese, sperando quasi che non rispondesse, sentendosi… geloso? No, non era il momento di essere gelosi.

Anche se…

Mathi sembrò rendersi conto del fastidio di Denny, perché si affrettò a smentire qualsiasi cosa stesse girando nella sua testa.

-L’ho derubato! Cioè… non proprio… cioè…- arrossì appena -Avevo bisogno di soldi, non trovavo lavoro, e dovevo badare ad Aggie. Quindi andavo in giro rubando i portafogli di persone ricche. Prendevo solo qualche centinaio di dollari, e poi facevo in modo che lo ritrovassero. Sai, per non perdere ricordi importanti, carta d’identità eccetera. L’agenzia mi teneva d’occhio da un po’, ho inavvertitamente derubato Will, e lui mi ha offerto il lavoro. Non è stato  molto chiaro sui dettagli, ma ha promesso parecchi soldi, e non sapevo proprio che altro fare. Soprattutto per Aggie- Mathi spiegò la storia nel dettaglio, e il cuore di Denny iniziò a battere meno forte. Uff, pensava fosse andata molto peggio.

Beh… certo… non è che la vita di Mathi nell’agenzia fosse stata rose e fiori, visti i lividi che aveva ancora addosso, ma comunque almeno non era entrato in modo violento.

-Capisco…- ammise, empatizzando con la sua situazione. Neanche lui aveva mai navigato nell’oro, anche se grazie al cielo aveva Max e suo padre che si prendevano cura di lui. Era praticamente l’Aggie della situazione, e non riusciva neanche ad immaginare quanto pesante potesse essere il fardello sulle spalle dell’…amico? Sì, Denny continuava a definirlo come tale, per il momento.

-Quello che mi hai detto sulla tua famiglia…- cominciò a chiedere, incerto su come porre esattamente la domanda, ma Mathi lo interruppe subito.

-Tutto quello che ti ho detto su di me era vero. Sono orfano, e mi è rimasta solo Aggie- rispose immediatamente, con sguardo triste.

Denny sospirò.

-Mi dispiace- certo, era felice che uno dei momenti più aperti che aveva avuto con Mathi non fosse frutto di bugie, ma sarebbe di certo stato meglio se avesse avuto una famiglia, all’infuri della sorella.

-Da quanto non vedi Aggie?- chiese poi, sinceramente curioso. Magari era anche lei nell’agenzia? No, uno come Mathi non l’avrebbe mai permesso… forse. Magari pensava fosse una cosa tranquilla, all’epoca. Denny non riusciva a pensare se fosse meglio per loro che lavorassero insieme ma in pericolo o che Aggie fosse al sicuro ma lontana da Mathi. 

Non riusciva neanche a pensare di allontanarsi da Max per troppo tempo, chissà come poteva sentirsi Mathi al non avere la sua unica famiglia accanto.

-È una domanda un po’ difficile… ufficialmente non la vedo da tre anni, ho creato un programma che simula una conversazione skype per fingere di parlarle… davvero un’idea stupida- sospirò, torturandosi una ciocca di capelli.

-Non è un’idea stupida, è un modo per stare meglio- Denny provò a rassicurarlo, Mathi accennò un sorrisino.

-L’abbiamo vista entrambi, a dire il vero, al New Malfair Comic & Games- ammise poi, molto incerto.

-Aspetta, cosa?!- Denny non se lo aspettava proprio -Quando? Come? Non mi sono proprio reso conto! Non ti hanno scoperto? Potevi farlo? Perché non me l’hai… capisco perché tu non me l’abbia presentata ufficialmente ma…- iniziò a chiedere, dimenticandosi per un attimo della situazione e sinceramente incuriosito sulla questione attuale. Cercava di ricordare se avesse visto un volto simile a quello di Mathi, ma… un momento…

-Trucy!- dissero insieme, Mathi in tono di spiegazione, Denny ormai arrivato alla consapevolezza.

Sorrisero entrambi imbarazzati per essersi parlati sopra.

-Sì, quella ragazzina era mia sorella, ma non mi ha riconosciuto, dato che ero vestito da Klavier- spiegò Mathi, più esaustivo.

-Ecco perché hai cambiato così radicalmente accento e voce…- osservò Denny, rimettendo insieme i pezzi.

-…e perché ho avuto un attacco di panico, sì. Beh, non ho avuto l’attacco per l’averla vista, non solo, ma anche perché stava rubando in giro e credevo… io credevo davvero di darle abbastanza. Non volevo che prendesse la stessa via che avevo preso io- Mathi raccontò ancora di più, sfogando la sua sofferenza. Non avrebbe dovuto farlo, probabilmente, ma Denny fu felice di accogliere la sua preoccupazione.

E non fece commenti sul fatto che si era ricordato di aver perso il portafogli dopo l’attacco di panico e che Mathi glielo aveva restituito. Non gli andava di giudicare la famiglia Yagami per le loro scelte di vita, quando era chiaro che non avessero molte scelte.

Mentre lasciava che si sfogasse e pensava alla domanda successiva, gli prese inconsciamente la mano, e Mathi gliela strinse con forza, calmandosi lentamente.

-Hai altre domande?- chiese dopo un po’, tornando alla situazione.

-Come ti chiami?- chiese Denny, consapevole che forse Mathi poteva esimersi dal rispondergli, ma davvero desideroso di conoscere il suo vero nome.

Mathi esitò un attimo, ma cedette quasi subito.

-Matthew Yamamoto. Sì, sono pessimo a scegliere gli alias, ma pensavo di stare solo un anno, e volevo sentirmi il più vicino possibile alla mia vera vita. E poi… dai, troppo bello il cognome Yagami, con la battuta al contrario- rivelò, un po’ imbarazzato.

-Matthew…- ripetè Denny, sottovoce, cercando di imprimere nella sua mente la nuova informazione. Non era molto diverso da Mathias, e poteva comunque chiamarlo ancora Mathi (non come Veronika che aveva tre nomi ed era un casino ricordarli), ma voleva comunque sentire come suonasse.

Sentendo pronunciare il suo vero nome dalla sottile ma musicale voce di Denny, il cuore di Mathi perse un battito, e cercò invano di non arrossire.

-Altre domande?- chiese, cercando di non pensare ai suoi sentimenti che si facevano sempre più forti mano a mano che la conversazione toccava le corde più intime del suo cuore.

-Un’ultima domanda… quello che c’era tra noi…- Denny alzò la testa, e con il cuore a mille guardò Mathi dritto negli occhi -…era reale?- pose quindi il quesito che più gli premeva fare dal momento in cui aveva sentito la confessione da dietro la porta.

Voleva credere, con tutto il cuore, che lo fosse. Ma aveva paura, aveva davvero paura che le orribili parole che gli aveva sentito pronunciare fossero reali.

-Dan…- il nomignolo che Mathi, solo Mathi, usava sempre per lui, fece aumentare esponenzialmente il battito del cuore del ragazzo -…tu sei l’unica cosa reale nella mia vita da tre anni a questa parte- rivelò quindi, con sicurezza, stringendogli forte la mano e guardandolo dritto negli occhi, senza lasciare alcun spazio per interpretazioni sbagliate.

E Denny non aveva la più pallida idea di come reagire a quella risposta.

Doveva baciarlo? Doveva scappare? Doveva fare qualche altra domanda? O restare in silenzio e aspettare che fosse Mathi a fare il primo passo? Dubitava l’avrebbe fatto, ma non poteva permettersi di rischiare qualcosa.

Non sapeva cosa fosse più giusto fare o non fare, non riusciva a scindere bene i propri sentimenti, e col senno di poi forse sarebbe stato meglio se fosse stato tutto finto, almeno Denny non avrebbe dovuto farsi un vero esame di coscienza.

Con l’ansia sempre più galoppante e un nodo nel petto che si stringeva sempre più forte, Denny lasciò la mano di Mathi, uscì dall’auto, e corse verso la radura erbosa, senza neanche sapere cosa stesse facendo ma con il disperato bisogno di prendere un po’ d’aria fresca.

Si sedette a terra (o per meglio dire, si buttò) prendendo profondi respiri nel tentativo di calmare il battito accelerato del suo cuore.

Aveva solo avuto conferma di qualcosa che già sospettava, perché aveva reagito così?! Non lo sapeva neanche lui. Non sapeva più niente a dire il vero, solo che Mathi era reale, era in pericolo, e probabilmente lo amava tanto quanto Denny amava lui.

Santo cielo, il solo pensiero era terrificante!!

-Dan, cinque cose che puoi vedere…- sentì una voce allarmata raggiungerlo e suggerirgli un buon metodo per calmarsi.

Funzionava sempre, doveva provarlo, anche se la luce non era molta e non riusciva a vedere bene i dintorni.

-L’erba, il cielo, la luna, le mie mani… tu- dopo una veloce occhiata in giro, Denny si voltò verso Mathi, che l’aveva raggiunto ed era a pochi centimetri di distanza, pronto a dargli supporto ma cercando di non invadere il suo spazio vitale.

-Quattro cose che puoi toccare…- continuò incoraggiante, con un timido sorriso.

-L’erba, i vestiti… l’aria?- non è che stesse toccando molte cose, Denny mise una mano sul petto di Mathi, e avvertì il battito del suo cuore, molto veloce ma allo stesso tempo rilassante -…il tuo petto- aggiunse quindi, abbassando la voce e avvicinandosi.

-Tre cose che puoi sentire…- anche la voce di Mathi si fece più sottile. I suoi occhi erano fissi in quelli di Denny.

Il ragazzo si sentiva già più tranquillo, ma il cuore continuava a battere furiosamente, e decise di continuare il suo metodo per gli attacchi di ansia.

-I grilli… il tuo cuore...- si avvicinò di più a Mathi -…il tuo respiro- entrambi i respiri in realtà, che si mischiavano tra loro ora che i loro volti erano a pochi centimetri dal toccarsi.

-D_due cose che puoi odorare- Mathi sembrava leggermente in difficoltà, ma continuò imperterrito la sua missione per far sentire meglio Denny, come Denny aveva fatto per lui a New Malfair.

Come aveva potuto Denny pensare di non aiutare una persona tanto attenta e meravigliosa? Come poteva pentirsi di averla aiutata? Mathi era in assoluto il ragazzo più incredibile che Denny avesse mai conosciuto… e suo fratello era Max Sleefing, era abituato a ragazzi grandiosi.

Ma nessuno avrebbe mai battuto Mathi, capace di agitarlo completamente e farlo sentire a suo agio allo stesso tempo. Tra le sue braccia si sentiva vivo e al sicuro, come avvolto in una calda coperta.

-L’erba… il tuo profumo- ormai non c’era più il panico, non c’era più l’ansia, c’era solo ed esclusivamente Mathi.

-Cosa puoi gustare?- l’ultima frase di Mathi era così bassa che Denny non la sentì nemmeno, ma la percepì nello spostamento d’aria sulle sue labbra.

In bocca aveva ancora un vago sapore di menta e nicotina, ed era l’ultima cosa su cui Denny voleva concentrarsi al momento.

Eliminò senza esitazioni la distanza tra lui e Mathi, e gli diede un fugace bacio sulle labbra, chiudendo gli occhi e piegando la testa per evitare che i loro nasi si scontrassero.

Era il secondo (diciamo terzo, se separiamo i due baci del primo luglio) bacio che dava nella sua vita, ma non pensò a cercare di renderlo buono, o a farsi problemi per quanto fosse decisamente inesperto.

Pensò solo a Mathi, cercando di riempirsi la bocca di lui, per dimenticare ogni problema di quella serata, nascondere ogni dubbio riguardo all’intera situazione.

Erano due ragazzi, di notte, in una strada abbandonata, che si amavano. Non esistevano regole, leggi o conseguenze.

E dopo un’esitazione iniziale di un Mathi confuso e chiaramente incerto, la determinazione di Denny ebbe la meglio, e il ragazzo cedette e ricambiò il bacio, che con la sua esperienza divenne mille volte più emozionante.

Denny gli cinse il collo con le braccia e gli si avvicinò fino a stargli quasi seduto sopra, abbandonandosi completamente ai sentimenti che aveva represso per mesi, e rendendosi sempre più conto che era dal primo momento in cui aveva visto Mathi che voleva trovarsi in quella situazione con lui.

Va bene, magari non proprio il primo momento, ma sicuramente dopo l’appuntamento finto si era preso una cotta. E come avrebbe potuto non farlo?! Mathi era meraviglioso.

-D_Dan…- il ragazzo approfittò della breve pausa presa per respirare per staccarsi abbastanza da chiedere chiarimenti e guardare Denny negli occhi. Sembrava costargli davvero tanto allontanarsi da lui, ma si impose di farlo. Non voleva approfittare della debolezza di Denny per imporsi come temeva di stare facendo.

Ma quella era proprio la notte degli eventi inaspettati, perché Denny non lo lasciò allontanare molto, lo guardò dritto negli occhi con una sicurezza che non aveva mai mostrato, e gli sussurrò, ancora con il fiato sulle sue labbra.

-Sono gay- 

Fino a poco tempo fa Mathi aveva temuto che un giorno arrivasse quel momento, dato che la confermata omosessualità di Denny l’avrebbe portato troppo vicino a lui rischiando di metterlo in pericolo, ma ormai l’aveva messo in pericolo, l’aveva visto bac… ugh, quella cosa con Will, e onestamente non aveva più niente da temere.

Eppure, quando sentì la confessione, rimase per qualche secondo di ghiaccio, prima che il suo cuore iniziasse a battere così forte nel petto che temette di spaccarsi qualche costola nell’impatto.

-Uh…- non sapeva che dire, fare o pensare. Non trovava proprio le parole.

-Che c’è, sei deluso per caso?- Denny si allontanò maggiormente, e lo guardò con sopracciglia inarcate, deluso, ansioso e offeso al tempo stesso.

Mathi non aveva parole da dirgli, non credeva proprio di riuscire a spiccicarne alcuna, quindi si limitò a rassicurarlo a gesti, ovvero prendendogli il volto tra le mani e baciandolo nuovamente.

Era una cattiva idea? Sì.

Se ne sarebbe pentito? Assolutamente sì.

Riusciva a trattenersi ora che sapeva che il ragazzo di cui era follemente innamorato era omosessuale e probabilmente ricambiava in parte il suo affetto? Decisamente no!

Perciò continuò a baciarlo, prontamente ricambiato da Denny, e probabilmente sarebbe rimasto lì tutta la notte (o tutta la vita), se una vocina assillante nella testa non lo avesse richiamato all’ordine ricordandogli che erano in fuga, avevano appena derubato il suo capo e un povero tipo che aveva la sfortuna di essere il suo vicino di casa, e doveva riportare Denny a casa prima che Max si preoccupasse.

Così, con molta, molta sofferenza, allontanò nuovamente Denny.

-Dovrei riaccompagnarti a casa- gli sussurrò, senza fiato.

Denny mugugnò infastidito, ma comprese il punto di vista di Mathi, e si allontanò, con le guance paonazze, il cuore che ormai batteva così forte da risultare fermo, e il corpo scosso da brividi.

Avrebbe voluto dire qualcosa, ma non trovava la voce, così si limitò a ritornare in auto e restare in silenzio per il resto del viaggio di ritorno.

Una volta davanti alla porta, però, esitò prima di uscire dall’auto, e si voltò verso Mathi, con sguardo deciso.

-Non mi pento di averti aiutato- decise, sul momento. Fino a poco prima si era pentito di tutto, ma dopo aver sentito la versione di Mathi, dopo il bacio, dopo tutto quanto, aveva capito che non avrebbe potuto fare altrimenti. Mathi meritava il suo aiuto. E Denny era felice di aver fatto tutto il possibile per lui.

Solo che…

-Ti prego fa che non sia invano- gli supplicò, consegnandogli le prove trovate.

Mathi gli sorrise, anche se non era il bellissimo sorriso che Denny amava, e mise le prove nella borsa, attento a non lasciare impronte.

-Farò il massimo- promise, sollevando una mano per accarezzargli la guancia, incapace di trattenersi.

Denny si abbandonò al suo tocco, chiudendo gli occhi e mettendo la propria mano su quella di Mathi. Era come un cagnolino in cerca di coccole.

-Ti amo- sentì Mathi sussurrare, e Denny aprì di scatto gli occhi, guardando l’amico sorpreso e chiedendosi se forse aveva capito male.

-Mathi…- provò a chiedere conferma, con il cuore a mille più di prima, ma il ragazzo si limitò a ritirare di scatto la mano, arrossire, e girarsi in modo che Denny non notasse quanto era arrossito.

-Dovresti rientrare, Max sarà preoccupato, è tardi- chiuse il discorso, con difficoltà.

Denny avrebbe voluto insistere, ma non sapeva cosa dire, né se sarebbe riuscito a ricambiare.

Credeva di amare Mathi, ma non era del tutto certo, e poi c’erano troppe cose ancora in gioco, e la sua mente era confusa.

Quindi si limitò ad aprire la portiera, ma esitò un attimo, prima di uscire.

-Buonanotte, Matthew- lo salutò, dandogli un fugace bacio sulla fronte, e poi scappando via, e avviandosi in casa.

Mathi si assicurò che rientrasse sano e salvo prima di ripartire, deciso a restituire l’auto prima che il proprietario si accorgesse che era sparita, e sperando davvero che ora che Denny era a casa, senza le scarpe microfonate, fosse al sicuro.

Non aveva fatto i conti con Max, che in quel periodo era facilmente irritabile.

-Dove sei stato?! Ti sembra l’ora di rientrare?! Dove sono le tue scarpe?! Cosa hai fatto?!- lo accolse nel momento stesso in cui Denny fece il primo passo in casa, iniziando a scuoterlo per le spalle e facendogli rimpiangere Will.

Okay… no, non era così disperato.

Will era il peggio del peggio che gli era capitato nella vita, probabilmente.

-È una lunga e avvincente storia- rispose, rigirandosi una ciocca di capelli tra le dita.

-Senti, capisco che tu voglia fare esperienza, ma ti prego, avvertimi! Iniziavo davvero a preoccuparmi- Max lo lasciò e cercò di calmarsi, ma era chiaramente agitato.

-Niente serata film oggi?- Denny provò a cambiare argomento, ma scelse quello peggiore.

-No, tu non ci sei, sono ancora arrabbiato con Amabelle, sono ovviamente super single e Clover continua ad isolarsi!- Max sembrò solo irritarsi maggiormente, e Denny iniziò a pensare a come poteva essere la vita nell’aldilà.

Certo, si aspettava che se fosse morto a breve sarebbe stato a causa di Will o dell’agenzia, non ucciso da suo fratello, ma quella era la giornata degli eventi inaspettati, dopotutto.

-Mi dispiace, hai provato a parlare con Clover?- chiese, consapevole di starsi scavando maggiormente la fossa.

Ma almeno stava riuscendo a distrarre Max dall’argomento principale.

Infatti il fratello iniziò a fare avanti e indietro per la stanza, irritato.

-Pensi davvero che non ci abbia provato?! L’ho chiamata un paio di volte negli ultimi tre, quattro…- si interruppe -…no, non ci ho provato abbastanza- ammise poi, colto da un’improvvisa consapevolezza.

Si abbandonò sul divano, sbuffando.

-Sono un pessimo amico- si autocommiserò, cambiando completamente atteggiamento, e sorprendendo Denny più che se l’avesse ucciso.

-No, non è vero. Non è colpa tua se Clover si isola- provò a rassicurarlo, anche se non sapeva assolutamente cosa dire.

In sua difesa, aveva passato una serata parecchio movimentata, aveva baciato due ragazzi nel giro di meno di un’ora e aveva anche ricevuto, forse, una confessione d’amore. Aveva la mente troppo presa per preoccuparsi anche di suo fratello e di Clover.

-Ci credo che nessuno mi dice niente, non riesco ad aiutare nessuno! Clover si isola, tu vai in giro per locali a fare chissà cosa, e non riesco a…- Max continuò a commiserarsi, ma Denny lo fermò subito.

-Max, sei sconvolto anche tu, hai scoperto che il tuo ragazzo è una principessa. È Clover che dovrebbe venire da te a consolarti-

-Sì, ma Clover ha mollato Diego, anche lei sta giù- Max prese le difese della migliore amica dimostrando di essere effettivamente un buon amico, e Denny sospirò.

-Credo che il tuo problema sia più grave- osservò, mite -E comunque, se ci tieni tanto, parlale, raggiungila in prima persona e chiarite. Magari domani- suggerì, diventando per la prima volta nella sua vita la voce della ragione. Era un compito strano che non gli si addiceva particolarmente. Sperò che Max tornò a ricoprirlo il prima possibile.

-Forse hai ragione- il fratello sospirò, e lo guardò grato, per poi rendersi conto di qualcosa, e tornare sul piede di guerra.

-Un momento, hai cambiato discorso! Dove sei stato?!- tornò ad indagare, alzando leggermente la voce.

-Uh… bar- rispose, sperando che il fratello non indagasse.

Non indagò particolarmente… in realtà non lo fece parlare, perché passò la mezzora successiva a fargli una infinita predica sull’essere più cauto, uscire accompagnato, non tornare così tardi, eccetera.

Almeno contribuì a distrarlo dalla stranissima serata appena trascorsa, anche se mentre ascoltava cose ovvie che fino a un mese prima seguiva alla lettera come la bibbia, iniziò a distrarsi, e pensò a Mathi, a Veronika, e infine anche a Clover.

Effettivamente ultimamente era molto isolata, chissà come stava.

 

Sabato 24 Agosto

Clover non stava bene.

Decisamente no!

Anzi, si poteva con assoluta certezza affermare che era da parecchio che non stava così male, e di solito, quando Clover stava male, ci si doveva preparare ai guai.

Guai belli grossi. 

Non necessariamente per lei, in realtà, quanto per coloro che la circondavano, dato che andava in cerca di risse come un segugio anti-droga.

E al momento era impegnata in uno scontro evitabile con un poco di buono che aveva tentato di drogare il drink di una ragazza al bar.

Bisognava ammettere che sceglieva bene le sue battaglie, ma questo non giustifica il suo comportamento, dato che in quei casi era buona norma chiamare la polizia, non mettersi a picchiare il criminale.

-Clover, basta, ha capito la lezione- una voce fin troppo conosciuta, preoccupata ma allo stesso tempo calma la fermò dal continuare ad infierire sull’uomo già a terra, e sorprese Clover non poco.

-Max?! Che ci fai qui?- chiese sorpresa, girandosi di scatto verso di lui e individuandolo in mezzo alla folla di gente intenta ad assistere e piazzare scommesse.

Incontrò uno sguardo sorpreso e leggermente spaventato, che non le piacque per niente, e fu come una secchiata di acqua fredda addosso.

Max non l’aveva mai vista così.

E solo guardando la sua espressione Clover si rese conto del tutto di quanto fosse effettivamente sbagliato il proprio comportamento.

Lo vide avvicinarsi per parlare, ma intuì già cosa aveva intenzione di dirle, così si chiuse a riccio, gli diede le spalle, e andò via, scappando ancora una volta da una situazione che non voleva in nessun modo affrontare.

Un comportamento poco maturo, lo ammetteva (tra sé e sé), ma era fatta così, e nonostante avesse abbastanza soldi per una terapia con uno psicologo (e ne aveva sicuramente bisogno) al momento preferiva sfogare la sua frustrazione agendo come vigilante cittadino.

Dai, era comunque un modo costruttivo.

-Aspetta, Clover!- Max però sembrava deciso a parlarle, e provò a raggiungerla.

Clover affrettò il passo.

-Clover!- Max si mise a correre.

Clover corse a sua volta.

-Voglio solo parlare, non ti giudico!- si affrettò a specificare Max, che sapeva in partenza che non avrebbe mai potuto vincere una gara di corsa contro Clover.

Clover smise di correre e procedette a passo sostenuto, facendosi raggiungere.

Dopo qualche secondo di camminata in sincrono, Max esordì.

-Stai bene?- chiese, titubante.

Clover gli lanciò un’occhiata eloquente.

-Alla grande- rispose, sapendo perfettamente di mentire -Non hai visto quanto sto in forma?- mostrò il muscolo, con convinzione.

Max non era bravo a capire le bugie, ma quella era troppo palese persino per lui.

-Ieri hai perso la serata film… e anche la settimana scorsa- la informò Max, senza sapere bene come introdurre l’argomento che voleva chiaramente introdurre.

-Su, Max… nessuno dei due era dell’umore. Anche tu avevi bisogno di stare da solo- Clover cercò di scoraggiare qualsiasi conversazione riguardo il suo isolarsi, e rigirò la frittata dando la responsabilità a Max.

-Ti sbagli, Clover, io avevo bisogno di te- lui però scosse la testa, schivando il guilt trip che Clover gli stava gettando contro inconsapevolmente.

Era la prima volta che esternava con tale chiarezza la propria visione, e Clover fu presa in contropiede.

Non sapeva come rispondere, quindi Max continuò a parlare.

-E penso che anche tu hai bisogno di me, o comunque di qualcuno con cui parlare- suggerì.

Aveva ragione, decisamente.

Clover però era testarda.

-Preferisco andare per bar a cercare tipi con le tasche piene di GHB e menarli- evitò il confronto, guardandosi le unghie con aria sbruffona.

Max sospirò.

-Clover, non è un comportamento da te…- le fece notare, in un sussurro.

E colpì nel segno più di quanto pensasse, perché la ragazza si irrigidì.

-A dire il vero è un comportamento molto da me. Anzi, facciamo le presentazioni. Sono la vera Clover, piacere!- irritata, Clover prese la mano di Max e simulò una stretta di mano.

Max ritirò la mano quasi immediatamente.

-Senti, puoi fare queste recite con chiunque nella Corona Crew, ma non con me. Io ti conosco, siamo migliori amici da dieci anni. E mi dispiace di non averti raggiunto prima, ma voglio aiutarti, Clover. Mi hai detto pochissimo riguardo a Diego e…- Max provò ad avvicinarsi a Clover.

Senza giudicarla, o colpevolizzarla, o farla ragionare. Semplicemente mettendosi a disposizione e provando a convincerla a parlarle.

Era davvero un ottimo amico, che Clover sapeva perfettamente di non meritare, così come non meritava Diego, come non meritava i Flores, come non meritava amici o una famiglia decente.

Max si stava davvero scusando per non averla raggiunta dopo quello che gli era successo, per niente comparabile a ciò che era successo a lei?! Quando Clover non aveva fatto sforzi per avvicinarsi a lui nonostante sapesse benissimo quanto stava male?!

Scosse la testa.

-Max, non…- lo interruppe, senza però sapere esattamente cosa dire “Non parlare”? “Non aiutarmi”? “Non essere mio amico perché non ti merito”? -…non scusarti- concluse infine, abbandonandosi all’idea di avere il migliore e più immeritato amico del mondo che non credeva proprio di riuscire ad allontanare ulteriormente.

Si era spezzata il cuore abbastanza con Diego.

E Max era stato il suo raggio di sole quando nel suo mondo c’erano solo nuvole.

L’aveva avvicinata nel momento peggiore della sua vita, era sempre stato lì per lei. E Clover non aveva fatto altrettanto, troppo presa dalla sua soap opera.

-Tu come stai?- chiese, cercando di fare ammenda, almeno in parte, per il suo essere stata una pessima amica.

Max sembrò davvero sorpreso della domanda.

-Bene- rispose immediatamente -Bene, davvero. Non sono arrabbiato, e ho elaborato. Sto andando avanti senza problemi- rassicurò Clover, cercando di surclassare la questione per tornare a lei.

Clover si fermò, e lo guardò con un sopracciglio inarcato.

Dopo qualche passo, anche Max si fermò, confuso dall’improvvisa immobilità.

-Max, ho una proposta da farti- dopo qualche secondo di silenzio e riflessione, Clover si avvicinò a Max, che annuì leggermente, incoraggiandola a continuare ma un po’ preoccupato da cosa avrebbe potuto proporre.

-Andiamo al lido?- chiese poi lei, indicando un punto all’orizzonte da loro ben conosciuto.

Max sgranò gli occhi, non si aspettava una proposta del genere, ed esitò prima di rispondere.

-Beh… se mi parlerai di cosa ti turba… va bene- acconsentì infine, con qualche dubbio, ma fondamentalmente incoraggiante.

-Se non ce la fai ti porto in braccio per qualche chilometro- lo prese in giro Clover, di umore migliore.

-Non è che non ce la faccio, ma… quanti anni sono che non andiamo al lido?- chiese Max, scuotendo la testa e cercando di ricordare.

-Beh, l’ultima volta è stato l’ultimo anno di liceo- gli fece presente Clover, sorridendo appena tra sé.

-Cavolo, sembra passata una vita- ammise Max, pensieroso.

-Già- Clover gli diede man forte. L’ultimo anno, specialmente sembrava durare tantissimo. Se fosse stato un libro ci avrebbero fatto più di 900 pagine.

“Andare al lido” era un codice che Clover e Max avevano sviluppato i primi anni della loro amicizia, quando erano ancora al liceo.

Clover in quel periodo si rifiutava categoricamente di salire nei mezzi di trasporto, quindi andava sempre a piedi ovunque, al massimo in bici, per distanze troppo lunghe. 

I venti chilometri che separavano Harriswood dal lido marittimo più vicino non erano una distanza troppo lunga, per lei. Così, quando dopo un’uscita al bar con alcuni compagni di liceo, questi avevano proposto di andare in macchina fino al lido e continuare la festa lì, Clover aveva rifiutato e si era messa a camminare.

Ovviamente tutti i compagni avevano cercato di convincerla a desistere e fare “la persona normale” dato che “solo perché sei stata in ospedale metà anno non pensare che ora stiamo ad aspettare te”.

L’unica critica che aveva un certo senso era stata quella di una sua compagna più gentile che aveva osservato che “camminare da sola può essere rischioso di notte”. 

Ma Clover aveva ignorato tutti, ed era stata in procinto di andare direttamente a casa fregandosene della serata.

Poi Max era sceso dall’auto, l’aveva affiancata, e si era proposto di accompagnarla.

Almeno sarebbero stati in due ad affrontare quell’avventura.

All’epoca non erano ancora così uniti da considerarsi migliori amici, ma dopo le quattro ore di camminata, con Max che era stato in procinto di mollare parecchie volte ma aveva tenuto duro per lei, e Clover che aveva rischiato un calo di zuccheri dato che all’epoca era parecchio sottopeso, erano ufficialmente diventati uniti come Clover non si sarebbe mai aspettata.

Ovviamente quando erano giunti in spiaggia era già l’alba, i loro amici se n’erano andati, e i due non avrebbero mai potuto affrontare un’altra camminata per ritornare, almeno non Max, quindi avevano passato la notte sulla sabbia ed erano stati cacciati la mattina dopo dal proprietario del lido, che aveva minacciato di chiamare la polizia.

Era stato memorabile.

E da quel giorno, ogni volta che i due avevano bisogno di parlare, riaffermare la loro amicizia, o semplicemente volevano fare una lunga passeggiata dopo una serata rocambolesca, decidevano di “andare al lido”.

E ogni volta si rivelava un’avventura.

-Allora, Clover… cosa è successo con Diego?- questa volta probabilmente sarebbe stata un’avventura più noiosa e pesante.

-Dobbiamo necessariamente parlarne?- chiese Clover, che nutriva ancora la lieve speranza di riuscire ad evitare di aprire il suo cuore e confessare i propri ovvi problemi.

-Abbiamo tre ore e mezza di camminata davanti a noi, dovremo pur parlare di qualcosa- le fece notare Max. Clover sapeva che aveva ragione, e che una parte di lei aveva proposto di andare al lido per aprirsi, ma aveva tre ore per resistere e poi crollare inesorabilmente.

Rigirò la domanda.

-Allora, Max… cosa è successo con Veronika?- chiese, con lo stesso tono dell’amico.

Max sospirò, rassegnato fin da subito a parlarne.

Era chiaro che la sua esitazione di prima era dovuta alla consapevolezza che avrebbero finito per toccare quell’argomento, che voleva evitare come la peste.

-Senti, Clover, non stavo mentendo. Con Veronika ho risolto: abbiamo parlato, ci siamo lasciati civilmente, io capisco il suo punto di vista, e non sono arrabbiato con lei- mise le cose in chiaro in tono categorico, ma era la seconda volta che sottolineava di non essere arrabbiato con lei, e Clover era troppo abile ad individuare bugie per lasciarsi sfuggire quell’evidente segnale.

-Max, dato che stiamo andando al lido, evitiamo magari di prenderci in giro- gli chiese, incrociando le braccia per fargli capire che non poteva fregarla.

Ma Max sembrava convinto di quello che diceva.

-No, sul serio. Sto bene, è solo una normale rottura di routine, un po’ più spettacolare, e non è dipesa minimamente né da me né da lui… lei… ma in ogni caso non c’è nulla che io possa fare per risolvere la situazione, perché dovrei arrabbiarmi?- lui alzò le spalle, ovvio.

-Senti, Max, io sono la persona più rabbiosa dell’intero universo, probabilmente- ammise Clover, pronta a fare un discorso serio.

Max non obiettò.

Clover aspettò qualche secondo, e gli tirò un pugnetto sul braccio.

-Puoi almeno fingere che non sia così- si lamentò, dando prova di essere effettivamente rabbiosa.

-Scopriresti la mia bugia- si giustificò Max, facendo ridacchiare entrambi e distendendo gli animi.

-In effetti… comunque, sono la persona più rabbiosa dell’universo, e so una o due cosette sulla rabbia. Una di queste è che è irrazionale, quindi non importa quanto tu possa convincerti di non essere arrabbiato, non importa quanto razionalizzerai nella tua testa quello che è successo con Veronika… tu sei arrabbiato. E il vero modo per sfogare la tua rabbia è innanzitutto riconoscerla- gli consigliò.

Max strinse i denti.

-Parole forti dette da te- la provocò, mettendosi sulla difensiva e dandole ragione con il suo comportamento.

-Sì, sono un pessimo esempio da seguire, ma proprio per questo riconosco i miei errori negli altri- insistette Clover.

Ci fu qualche minuto di silenzio, mentre camminavano, poi Max riprese la parola.

-Non voglio essere arrabbiato con Veronika- ammise infine -Ma sono così… deluso, e triste, e… sono proprio arrabbiato, vero?- chiese a Clover, che annuì.

-E, nel mio parere, hai tutto il diritto di esserlo. A prescindere dai motivi per cui ha fatto quello che ha fatto… ti ha mentito, e ingannato. E non sono la persona migliore per valutare la situazione, dato che il mio primo istinto per qualsiasi cosa è scappare, ma penso che ciò che più ti manca, e che ti fa arrabbiare, è una vera e propria spiegazione, o sbaglio?- indagò, cercando però soprattutto di far indagare Max al riguardo.

-Io… avrei voluto che me lo dicesse lei. Se me l’avesse detto lei, se ne avessimo parlato… non so come avrei reagito, ma sono certo che non mi sarei arrabbiato così. E non saprò mai come sarebbe potuta andare. Non che io prenda in considerazione l’idea di diventare un principe o qualcosa del genere…- Max era davvero turbato da tutta la situazione, più di quanto non desse a vedere anche a sé stesso.

-Perché no? Saresti un bravo re, secondo me- gli suggerì Clover.

-Non funziona così, Clover. Non è che io potrei mai essere un principe solo perché sono innamorato della principessa- obiettò Max, categorico.

Clover lo osservò con attenzione, in silenzio per qualche secondo.

-Ti aspetti che sia lei a rinunciare, vero?- chiese poi, facendo fermare Max, e centrando il nocciolo nascosto della situazione.

-Cosa?! Certo che no! Non potrei mai chiederle una cosa del genere! Per questo è meglio lasciarsi invece di cercare una soluzione che non esiste- si affrettò ad obiettare.

-Quindi la stai lasciando perché lei ha scelto la corona invece di stare con te- riassunse Clover, iniziando a punzecchiare la ferita aperta. Non per crudeltà, ma per far rendere conto a Max di quello che vedeva lei.

-No! Cioè… pensi davvero che io sia così infantile da aspettarmi che una principessa rinunci al suo regno, e alle sue responsabilità, solo per stare con me? Un uomo che conosce da meno di un anno? Non sono così egoista. Lo so benissimo che non rinuncerebbe mai al suo regno per me!- insistette Max.

Clover lo incoraggiò a continuare a camminare, e lui eseguì, mantenendo però una certa distanza.

-Oh, lo so che lo sai. Ma ritorniamo in terreno di pensiero inconscio: sono pronta a scommettere quello che vuoi che una parte di te si aspetta che lei rinunci a tutto per te, come ha fatto tua madre per…- Clover provò a concludere l’analisi, ma Max la interruppe.

-Basta, Clover. Ti prego, basta- il suo tono non era arrabbiato o seccato, ma supplicante, in difficoltà, e sebbene Clover volesse insistere per aiutare meglio l’amico, non era una psicologa, e non l’avrebbe mai costretto a parlare di qualcosa che lo metteva in quello stato.

Sperava che il seme che aveva piantato germogliasse e gli facesse capire i suoi ostacoli, in modo da superarli al meglio.

-Va bene, Max- mise le mani avanti, continuando a camminare.

E dopo alcuni minuti di silenzio, fu lei ad interromperlo.

-Tocca a me, vero?- chiese verso Max, che era chiaramente intento a cercare un modo di tirare fuori l’argomento senza farla arrabbiare.

-Se vuoi- Max fece capire che, a differenza di Clover, lui non avrebbe insistito troppo, e la ragazza sorrise tra sé per la chiara provocazione mascherata da gesto gentile.

-Beh, da dove cominciare…- e si rassegnò ad aprire il suo cuore e ammettere le sue mancanze.

Ho già riempito due lunghi paragrafi con i pensieri di Clover riguardo Diego e i Flores, e spero di aver fatto un buon lavoro sulla sua psicologia.

Beh, dubito che ripetendo ciò che ho già scritto potrei fare un lavoro migliore e non risultare ripetitiva, quindi immaginatevi che tutti i pensieri, dubbi e incertezze di Clover siano stati rivelati a Max.

Ovviamente con molte riserve, intermezzi di Max che spiegava meglio quello che era successo con Veronika (senza fare relazioni con sua madre) e lunghe, lunghe pause.

Tanto che quando Clover finì, erano a poche centinaia di metri dal lido.

-Una cosa che non mi hai detto è come ha reagito tuo padre? Lo sa che era tutta una finta?- chiese Max alla fine. Era stanco, ma cercava di non darlo a vedere.

-Ovvio, mi ha affrontato dopo il compleanno di Amabelle. Mi ha chiamata nel suo studio, mi ha chiamata “signorina” tredici volte, ed era estremamente soddisfatto da sé per aver scoperto tutto, come se fosse stato grazie a lui e non perché io stessa ho mandato tutto a monte. Abbiamo discusso, gli ho urlato contro, mi ha detto che non potevo continuare a scappare dalla mia famiglia e dalle mie responsabilità e io me ne sono andata di casa- Clover sollevò le spalle, cercando di non dare a vedere quanto fastidio le desse ripensare a quel momento.

-Aspetta, che cosa?!- Max alzò la voce, e Clover se lo aspettava talmente poco che sobbalzò vistosamente.

-Cosa?!- chiese, confusa. Non c’era niente di strano in tutto quello.

-In che senso sei andata via di casa?!- chiese Max, abbassando la voce e cercando di vedere la situazione con logica.

Probabilmente intendeva che era uscita di casa, ma poi era ritornata, vero? Altrimenti dove dormiva?

-Sono andata via di casa, e ho preso una stanza in un hotel. Mio pare dice che se non torno a casa presto mi blocca le carte di credito, ma non ha abbastanza interesse in me per preoccuparsene davvero. Nonostante i miei sforzi, non è ancora deluso da me- spiegò la ragazza, come se non fosse niente di che.

-Dormi in hotel?!- ripeté Max, incredulo.

-Sì, perché? Norman è tornato quindi non posso usare la sua stanza, e non avevo altre persone a cui chiedere- gli fece notare lei, confusa dalla sorpresa di Max.

-Ehm, pronto, hey, mi vedi? O sono invisibile?- chiese lui, agitando le braccia, e facendo piegare la testa di Clover, sempre più confusa.

-Il sonno ti ha fatto impazzire?- chiese, controllando che Max non avesse la febbre.

-No, ma deve aver fatto impazzire te. Potevi dirmelo, ti avrei ospitato io!- Max sembrava quasi offeso che Clover non avesse pensato a lui, e la ragazza cadde dalle nuvole.

-Cosa? Ma no, non potrei mai darti fastidio così. Già state stretti a casa tua, una quarta bocca da sfamare non vi serve proprio- Clover scosse violentemente la testa.

-Ma figurati! Sei di famiglia, saremmo solo felice di accoglierti- obiettò Max, che dava per scontato che Clover sapesse quanto lui, ma anche il resto della sua famiglia, tenesse a lei.

Fu il turno di Clover di fermarsi, colpita nel segno dalle parole di Max.

-Come?- chiese, incerta, pensando di aver capito male.

Max si girò verso di lei, sorpreso.

-Sei di famiglia, saremmo felici di accoglierti?- ripeté Max, senza capire il perché del suo comportamento.

“Sei di famiglia” la stessa cosa che aveva detto anche Maria, prima che Clover crollasse.

-Tu mi consideri di famiglia?- chiese, incredula. 

Clover non credeva, in tutta franchezza, che chicchessia potesse volerla in famiglia. Suo padre la odiava, sua sorella maggiore la disprezzava, quella di mezzo la ignorava, e sua madre era gentile con lei solo perché era obbligata dalle circostanze. Clover non aveva la più pallida idea di cosa significasse essere parte di una famiglia, e l’unica volta che ne aveva avuto il minimo sentore era durato troppo poco per renderla consapevole, ed era stato con i Flores.

E dopo quello che era successo, continuava a sentire come se loro fossero l’unica famiglia a cui poteva appartenere, anche se sapeva che questo non sarebbe mai avvenuto.

Eppure, per la prima volta, Clover si rese conto che forse era meno sola di quanto pensasse.

-Certo che sei parte della famiglia. Mio padre ti adora, e ti adotterebbe seduta stante se potesse. Denny ti ammira un sacco, e sei la mia migliore amica. Sei come una sorella per me, pensavo lo sapessi- Max le sorrise incoraggiante, e rispose in tono davvero ovvio.

Ma ovvio non lo era per Clover, che riprese a camminare senza degnarlo di uno sguardo.

Max la seguì.

-Tutto bene? Ho detto qualcosa di strano?- chiese, confuso.

Clover non sapeva cosa rispondere.

Era confusa, e stava rivalutando tutta la sua vita nei pochi metri che la separavano dalla spiaggia, chiusa al pubblico, ma che avrebbe raggiunto a tutti i costi, per immergere i piedi nella sabbia, e farsi magari anche un bagno di mezzano… dell’alba, dato che sì, iniziava ad albeggiare.

Era convinta, dal profondo del cuore, di essere fondamentalmente sola.

Sì, aveva Max, ma pensava di tenere a lui più di quanto lui tenesse a lei, perché nessuno poteva effettivamente volerle bene, giusto? Era egoista, sarcastica, antipatica, fredda e violenta, ed non credeva che qualcuno volesse effettivamente essere al suo fianco.

Eppure… le prove erano tutte davanti ai suoi occhi.

Aveva Max, la sua famiglia, la Corona Crew, queste persone non erano amicizie di circostanza. Si era divertita con loro, si era aperta con loro.

E Diego…

Clover e Max raggiunsero finalmente la spiaggia, e Clover si buttò sulla sabbia senza curarsi che finisse ovunque tra i vestiti e i capelli.

Sembrava in procinto di fare un angelo di sabbia, come sulla neve.

-Clover, tutto bene?- Max si sedette accanto a lei, sempre più preoccupato, ma comunque abituato ai suoi sbalzi d’umore.

-Ho fatto il più grande errore della mia vita- rispose Clover, senza dare molte spiegazioni.

-Quale?- indagò Max, timidamente.

Clover si alzò, e lo guardò negli occhi. Aveva la sabbia incastrata tra i capelli, dandole un aspetto quasi comico, ma la tristezza nei suoi occhi tolse ogni traccia di ilarità.

-Dovevo parlare a Diego, dovevo parlargli nell’istante in cui mi sono resa conto di amarlo. Sono un’idiota, e ora ho rovinato tutto irrimediabilmente- era come se si fosse appena svegliata da un sogno, vedeva tutto con estrema chiarezza.

Aveva allontanato Diego per paura che lui stesso l’allontanasse… ma che razza di ragionamento era?! 

Certo, per una ragazza convinta di essere completamente sola e che non voleva rischiare di far entrare qualcuno nella sua vita per paura poi di tornare ad essere sola dopo aver assaporato la felicità ci poteva stare questa paura.

Ma Clover non era sola.

E parte di lei sapeva, sapeva benissimo che tra lei e Diego poteva esserci qualcosa. Si era creata complicità, amicizia, affetto.

Ma ormai era impossibile recuperare. Clover non biasimava Diego per aver voluto troncare ogni rapporto.

-Beh… non so se proprio irrimediabilmente, ma… dovevi parlargli- ammise Max, che le aveva dato quel consiglio immediatamente.

Clover si ributtò nella sabbia.

-Sono stanca…- ammise, sospirando, e chiudendo gli occhi. Si riferiva sia fisicamente che mentalmente.

Max si sdraiò accanto a lei.

-Certo che siamo entrambi parecchio incasinati romanticamente- rifletté sospirando a sua volta, e chiudendo gli occhi.

I muscoli gli dolevano, ma non si pentiva della chiacchierata e della passeggiata.

-Sarà una caratteristica Sleefing?- chiese Clover, ripensando alla frase precedente di Max: lei era parte della famiglia.

Max ridacchiò.

-Ti investo ufficialmente del ruolo di Sleefing onoraria- le diede una pacca sulla spalla.

-Sai, Max… ho sempre voluto avere i Flores come famiglia, e una parte di me lo vuole ancora, ma in modo diverso da prima. Da piccola pensavo che io e Diego saremmo rimasti amici per sempre, come fratelli, ma ora li vedo più come una famiglia acquisita, sai, tipo per matrimonio e quelle robe varie. Se dovessi davvero scegliere qualcuno da considerare un fratello... sceglierei te per tutta la vita- gli prese la mano. Non era certa di aver fatto capire esattamente il suo punto, ma Max sembrò capirla.

-Anche io ti vedo come una sorella- rispose, stringendole la mano.

Si addormentarono in spiaggia, vennero svegliati dal proprietario che fu davvero in procinto di chiamare la polizia, e scapparono in tutta fretta ridacchiando come ragazzini del liceo.

Ma questa volta, per tornare a casa, presero l’autobus.

E Clover, dopo un veloce salto nella camera d’hotel dove aveva alloggiato fino a quel momento, si trasferì ufficialmente in casa Sleefing, prendendo con grande insistenza il divano letto, e non la stanza di Rich che l’uomo aveva provato ad offrirle in tutti i modi.

Aveva ancora una lunga strada da fare per stare bene davvero.

Ma almeno non era più sola.

E chissà, magari Max aveva ragione, e la situazione con Diego non era poi così irrimediabile.

 

Domenica 1 Settembre

Denny aveva passato gli ultimi cinque giorni in ansia e senza notizie.

Era passata poco più di una settimana dal grosso colpo effettuato con Mathi, e parecchie cose erano successe, solo non quelle che Denny si aspettava.

Insomma, i fatti salienti della settimana erano stati il trasferimento di Clover a casa loro, accolta con gioia, anche se Denny non capiva perché preferisse stare in uno scomodo divano letto piuttosto che nella propria villa enorme. Ma vabbè, punti di vista.

Poi Amabelle aveva spedito a tutti i membri della Corona Crew un invito per la festa di compleanno di Max, che aveva organizzato con attenzione, e siccome era in un luogo che a Max piaceva molto, gli Sleefing avevano deciso di darle il beneficio del dubbio, anche perché sia Norman che Petra avevano garantito per lei.

Inoltre gli articoli su Veronika stavano aumentando, e la faccenda era diventata virale. Veronika gli aveva scritto che probabilmente a breve sarebbe tornata a casa, ma sperava di riuscire a restare qualche altro giorno.

In tutto questo, Mathi non si era fatto sentire con nessuna novità, tranne qualche sporadico messaggio per rassicurarlo che era vivo, Will non aveva scoperto niente, e stava lavorando sulle prove.

Per ogni evenienza, Denny non usciva più di casa da solo, e contava di farlo almeno per un po’. Di solito si accompagnava a Max, a Clover o a Veronika, in rari casi che però erano stati piacevoli.

Quel giorno era al Corona con Clover, che ormai era praticamente diventata sua sorella, e si comportava anche come tale, per certi versi.

Non era fastidioso, anzi, piuttosto piacevole, anche se strano.

Però Clover era una forte, e Denny ci passava volentieri del tempo insieme. Un paio di giorni prima erano andati a fare shopping insieme, e Clover aveva insistito per offrirgli tutto con la scusa che fosse un regalo per il compleanno. Molto in anticipo, ma faceva sempre così, quindi Denny aveva accettato.

E iniziava ad essere più tranquillo sulla situazione Will, dato che non lo aveva ancora approcciato, e non aveva rivisto quelle scarpe infernali.

Quindi, quando Clover andò in bagno e lui rimase solo a bere il caffè caramello e cannella al tavolo, per poco non cacciò un urlo quando sentì una voce che sperava di non sentire più nella vita, accompagnata dal fastidioso odore di menta e nicotina, sussurrargli all’orecchio.

-Guarda chi si rivede, il fuggitivo- 

Denny sobbalzò vistosamente, e si allontanò di scatto.

Era in procinto di gridare “Will!”, ma si trattenne appena in tempo, e abbozzò un timido e imbarazzato sorrisino.

-Fred ehi… scusa per l’altra sera. Mi è preso il panico, era la prima volta che facevo una cosa del genere- provò a giustificarsi, a disagio, senza guardarlo negli occhi.

-Sì, sembravi parecchio nervoso, in effetti. Ma potevi anche dirmelo, invece di scappare dalla finestra. Mi hai ferito, Denny- il suo tono sembrava sinceramente dispiaciuto, e se Denny non avesse saputo che razza di persona si celava dietro quei modi gentili, si sarebbe davvero sentito in colpa.

Finse comunque di sentirsi in colpa, e si grattò nervosamente il collo, abbassando lo sguardo e arrossendo.

-Hai ragione, mi dispiace. Era una serata matta, non so cosa mi sia preso. Puoi accettare le mie più sincere scuse?- chiese, sperando che si allontanasse il prima possibile, e cercando di risultare il più normale possibile, anche se iniziava a battergli sempre più forte il cuore, e non sapeva se sperava che Clover lo raggiungesse o no. Di certo avrebbe allontanato Will con facilità, ma era meglio se non restasse coinvolta, anche se Will già sapeva vita, morte e miracoli della ragazza, dato che l’aveva spiata per mesi.

Solo il pensiero disgustava parecchio Denny, che aveva ancora i traumi, ed era stato tenuto sotto orecchio solo qualche settimana.

-Beh, se mi permetti di offrirti un caffè, magari potrei valutare l’idea di accettare le tue scuse- Will gli fece un occhiolino, e si sedette sulla sedia accanto a quella di Denny, che non si trattenne e si alzò.

-Sì, magari, ma non adesso. Sono con qualcuno- spiegò, mentre il panico aumentava esponenzialmente.

Un pericoloso, inquietante e terrificante lampo minaccioso passò attraverso gli occhi di Will, ma durò solo un istante, e tornò immediatamente rilassato.

-Capisco, allora un giorno di questi, magari. Mi dai il tuo numero o io ti do il mio, e ci vediamo da qualche parte. Ho ancora le tue scarpe, te le potrei restituire- propose, casualmente, in tono affabile.

Mathi l’aveva messo in guardia. Mai, per nessunissima ragione, doveva accettare di dare a Will il suo numero di telefono o accettare quello dell’uomo. Perché si sarebbe infilato nel suo telefono e l’avrebbe tenuto sotto controllo anche senza l’uso delle cimici. Era un miracolo che non l’avesse già fatto, a dire il vero. Probabilmente per una volta la paranoia di Denny, molto attento alla privacy e a qualsiasi tipo di possibile virus o hacker, aveva ripagato.

Però, come poteva rifiutare ogni approccio di Will senza risultare sospetto? Non era normale che una settimana prima gli saltasse addosso e quella dopo lo schifasse completamente.

Anche se… c’era un modo in cui giocarsela.

Le altre due volte che si erano visti era in un bar notturno, ed era stato comunque molto cauto, sia con il contatto che con la propria identità.

Ora era mattina, ed erano nel bar più frequentato da Denny.

Un momento… erano nel bar preferito di Denny, che non aveva ancora fatto coming out, ed era in compagnia di un ragazzo con intenti chiaramente troppo amichevoli, e tutti potevano vederli e assumere.

La paura di Will come persona venne sopraffatta dall’ansia che la sua omosessualità fosse scoperta, e si allontanò ulteriormente, guardandosi intorno per assicurarsi che nessuno si fosse reso conto dello scambio di battute.

Will sembrò rendersi conto del cambio di atteggiamento, e aggrottò le sopracciglia, confuso e… sospettoso.

-Senti, Fred… mi dispiace per quello che ho fatto, ma non credo sia il caso di vederci di nuovo, almeno non da queste parti. Magari ci ribecchiamo in qualche locale, non so, ma non qui, okay? Io non…- doveva giocarsi la carta dell’omosessuale represso, era facile, dato che l’aveva giocata per anni -…non sono interessato a… quelle cose. È stato un errore- probabilmente doveva essere meno diretto e più gentile, e affabile, e non far arrabbiare un agente segreto capace di picchiare selvaggiamente, probabilmente uccidere e certamente spiare e incarcerare la gente, ma aveva ansia di essere scoperto, di mettere in pericolo Clover, di morire, e non pesò abbastanza bene le parole, nella remota speranza che, in un luogo pubblico davanti a tutta quella gente, sicuramente Will non avrebbe provato ad ucciderlo, giusto?

Purtroppo aveva sottovalutato quanto abile fosse Will a sembrare innocuo all’esterno e allo stesso tempo apparire estremamente minaccioso alla persona davanti a lui.

Mentre Denny si allontanava, Will gli prese il polso per fermarlo, e lo costrinse a sedersi. Un gesto casuale, che con il suo sorriso rilassato sembrava solo un normalissimo modo di continuare la conversazione.

Ma i suoi occhi erano socchiusi, scuri, minacciosi. Denny sentì un brivido attraversargli la spina dorsale. La presa sul suo polso era abbastanza forte da bloccargli il flusso sanguigno, e faceva molto più male di quanto Denny credesse possibile.

Ebbe davvero paura, un sincero e totale terrore dell’uomo davanti a lui.

-Suvvia, Denny, è davvero il modo di trattare l’uomo che hai baciato e abbandonato scappando dalla finestra? Dai, almeno dimostrami che le tue scuse sono sincere- Will gli si avvicinò, con un sorriso spietato, Denny provò a liberarsi il braccio, ma la presa dell’uomo non fece che farsi più forte, e Denny era un fuscello in confronto.

-Ora… perché non mi dai il tuo numero di telefono, così ci organizziamo per il caffè? Prima che torni la tua amica e io disturbi il vostro “appuntamento”- lo incoraggiò Will, prendendo il proprio telefono e incoraggiando Denny a scrivergli il suo numero mantenendo il sorriso e la voce affabile, che risultò sempre più spaventosa al ragazzo, che non trovava molte vie d’uscita.

Avrebbe potuto dare un numero falso, ma era ovvio che Will avrebbe subito controllato.

Se si fosse rifiutato, chissà cosa era capace di fargli. Ed era chiaro che la citazione a Clover fosse una minaccia. 

Il testo implicito era “Se non vuoi che la tua amica subisca una sorte peggiore della tua, sbrigati”.

Ma allo stesso tempo, Denny sentì un tremore nella sua voce. Voleva spaventare Denny citando Clover, ma era un bluff. Perché Will sapeva chi fosse Clover, sapeva che era la ragazza più tosta e pericolosa di Harriswood. E lo sapeva anche Denny.

-Non ricordo il mio numero a memoria- Denny provò a prendere tempo, lanciandogli uno sguardo di sfida che non sapeva da dove gli venisse, ma che irritò Will maggiormente.

La prese si fece così forte sul suo polso che per un attimo Denny temette di romperselo. Aveva voglia di urlare, ma non aveva intenzione di dargli soddisfazioni.

Prima che Will potesse insistere, o fratturargli il polso, una voce conosciuta arrivò al tavolo, a salvare il ragazzo.

-Non ci crederai, qualcuno mi ha chiuso dentro! Fortuna che Roelke passava da…- iniziò, poi notò la situazione, e rimase per un secondo a fissare i due.

Il suo atteggiamento rilassato e solo leggermente irritato cambiò radicalmente. Raddrizzò le spalle, e iniziò ad emettere un’aura di pericolo che avrebbe messo paura a Thanos in persona.

Will lasciò il polso di Denny, e tornò più rilassato. Faceva ancora male, ma Denny non ci diede peso, anche se probabilmente se l’era almeno contuso. Cavolo che dolore!

Will si alzò dal tavolo.

-Beh, Denny, è stato un piacere rivederti, spero che capiterà presto un’altra occasione- fece un occhiolino al ragazzo, e poi sorrise in direzione di Clover -Buon pomeriggio- la salutò, prima di allontanarsi. Clover lo guardò allontanarsi con sospetto, dritto verso il bancone dove chiese un caffè da portar via, poi si sedette al tavolo, e si concentrò su Denny, preoccupata.

-Denny, stai bene? Il mio stalker ti ha dato fastidio?- chiese, controllandogli il polso, che era molto rosso.

-Il tuo stalker?- chiese Denny, sorpreso.

Cioè, sapeva fosse lo stalker di Clover, ma non credeva che Clover stessa ne fosse a conoscenza.

-Sì, l’ha assunto mio padre per tenermi d’occhio. L’ho notato dopo un paio di mesi, ma era impossibile non rendersi conto che mi seguiva ovunque- Clover alzò le spalle, e tornò a controllare il polso dell’amico.

-Ahi, Clover, sii più gentile- si lamentò il ragazzo, che iniziava a vedere le stelle.

-Santo cielo! Ma che ha al posto delle mani, una morsa?! Resta fermo qui- Clover si alzò.

-Chiami l’ambulanza?- chiese Denny, a cui sembrava un’ottima idea visto il dolore.

-Non è così grave, ma vado a picchiarlo- la ragazza si sollevò le maniche, pronta ad uno scontro per difendere il suo “fratellino”, ma Denny la fermò subito.

Non che non si fidasse dell’abilità di Clover, ma non voleva rischiare che Will le facesse del male, soprattutto non a causa sua. Ancora aveva i flash traumatici di come aveva ridotto Mathi, e poi Clover si era ripromessa a sé stessa di smetterla con la violenza, anche se per “buone cause”.

-Non fa niente, lascia stare. Mi hai già salvato abbastanza- provò a farla desistere.

Con un po’ di esitazione, Clover si sedette, e squadrò Denny, poco convinta.

-Ma cosa voleva? Informazioni su di me? Perché ti ha preso il polso? Non è mai stato così diretto- indagò, preoccupata.

Denny evitò il suo sguardo.

-Non era qui per te- disse solo, in un sussurro.

La preoccupazione della ragazza lasciò posto all’incredulità.

-Tu cosa centri con un tipo come lui?!- chiese, sorpresa.

Denny esitò, non poteva rispondere sinceramente, ma sapeva che Clover avrebbe capito ogni bugia. Si limitò a guardarsi intorno in cerca di una scusa o un modo per cambiare argomento, e la sua attenzione venne effettivamente attirata da un agente di polizia dall’aria piuttosto seria che entrava proprio in quel momento, e si dirigeva dritto verso Will.

Non è che…?

Iniziò a fissare la scena con attenzione, dimenticandosi completamente di Clover, che provò a smuoverlo per un braccio (non quello ferito).

-Denny, che succede?- chiese, ma notando l’immobilità dell’amico, iniziò ad osservare a sua volta la scena, seguendo il suo sguardo.

Così come praticamente tutto il bar.

Will però non sembrava minimamente preoccupato per l’arrivo dell’agente.

-C’è qualche problema?- chiese, affabile, bevendo il proprio caffè a piccoli sorsi. Conosceva la persona dietro la divisa, e non era sicuramente un pericolo per lui, dato che era un suo collaboratore in incognito.

-Devo chiederti di venire con me. Ti prego di non opporre resistenza- rispose l’agente, impassibile.

-Perché dovrei opporre resistenza? Fammi solo finire il caffè- Will non capì minimamente cosa ci fosse che non andava, dato che era fin troppo sicuro di sé. Era il migliore agente, nessuno l’aveva mai sconfitto, dato che la sua migliore abilità era capire le mosse degli avversari. Aveva neutralizzato ogni possibilità di Mathi di scoprire qualcosa delle sue attività illecite. Aveva sbarrato la casa e nascosto ogni prova a chiunque avesse una mente metodica e non abituata a guardare fuori dagli schemi. Ed era anche fortissimo. Non c’era rischio che qualcuno potesse fregarlo.

-Temo che tu non abbia capito la situazione. Sei in stato di arresto- rivelò l’agente.

-Certo- Will gli fece l’occhiolino, e continuò a sorseggiare il caffè.

-Non è uno scherzo o un trucco, Will, abbiamo abbastanza prove per incriminarti. Hai disobbedito alla regola numero 1. Il processo è domani, e tu devi venire con me in questo momento- l’agente mise una mano sulla pistola.

Il sorriso di Will si spense.

Nessuno l’aveva mai accusato di aver disobbedito alla regola numero 1. Nessuno lo sapeva.

E nessuno scherzava mai su queste cose.

-È chiaro che sono stato incastrato. Prima di accusare me dovreste andare da Mathias Yagami, e interrogare lui. Ha parecchi comportamenti preoccupanti, quel ragazzo- provò a scaricare la colpa. Si era già preparato per quell’evenienza.

-Già fatto, è stato interrogato poco fa, e risulta completamente pulito, così come il suo collaboratore, Duke. Te lo ripeterò per l’ultima volta. Seguimi- il tono dell’agente non ammetteva repliche.

Ma quello che diceva non aveva alcun senso.

Aveva progettato l’allarme di casa sua in modo che se qualcuno fosse entrato a rubare le prove sarebbe stato ripreso e palese. Nessuno poteva intrufolarsi in casa sua.

Ed era attento, chiunque fosse a conoscenza dell’agenzia e delle regole non avrebbe mai potuto entrare.

Gli unici che faceva entrare erano le avventure di una notte occasiona…

Fu improvvisamente colpito da una consapevolezza.

Ma non era possibile.

Aveva spiato Denny per settimane, e non aveva mai dato alcun segno di sapere nulla dell’agenzia, o di aver ripreso i contatti con Mathias.

Era attento ai limiti della paranoia, ma non abbastanza intelligente da riuscire ad ingannarlo.

No, Will ne era completamente sicuro. Era solo un’altra pedina del suo gioco, che poteva manipolare come e quando voleva.

Mentre poggiava il caffè, convincendosi che non c’era modo di aver effettivamente perso, e si preparava a seguire l’agente fuori dal locale, si girò un attimo verso Daniel Sleefing, per guardare un’ultima volta la sua faccetta ansiosa e adorabilmente fragile, che sicuramente in quel momento era contratta per il dolore al polso.

Ma si interruppe un secondo quando l’immagine che si parò davanti ai suoi occhi era l’ultima che si sarebbe mai aspettato.

Denny lo guardava con un sorrisetto soddisfatto che cercava di trattenere senza successo, e perfidi occhi pieni di tranquillità, sicurezza e malizia.

Denny sapeva esattamente cosa stava succedendo, addirittura più di Will.

Aveva combattuto e superato i suoi limiti, e usato la propria ansia e insicurezza come arma per abbattere le alte difese dell’uomo, per farsi sottovalutare abbastanza da agire indisturbato.

E fu in quel momento, osservando quell’espressione fintamente angelica e per certi versi quasi terrificante, che Will capì di aver perso.

Incrociò per un attimo lo sguardo di Denny, che gli fece un occhiolino, un’ultima presa in giro, e la sua maschera di superiorità cadde, si infranse in mille pezzi.

Sconfitto da un ragazzino fifone. Cauto ai limiti della paranoia. Piccolo, debole e che non reggeva l’alcool.

Seguì l’agente senza fare scenate, ma aveva appena trovato un nuovo scopo nella vita.

E quello scopo aveva un nome: Daniel Sleefing.

Ma vi rassicuro immediatamente, cari lettori, per il resto della storia, Will non sarà più una minaccia per Denny. Certo, non posso assicurare che tra cinque anni sarà ancora dietro le sbarre, ma per il momento il pericolo è scampato.

Purtroppo, Will non è l’unico ostacolo che si mette in mezzo a Denny e Mathi.

Ma, almeno su questo fronte, Denny poteva finalmente tirare un sospiro di sollievo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

La scena clou Mathenny l’aspettavo dai primi capitoli. 

E credo sia uscita piuttosto bene, voi che dite?

Soprattutto considerato che l’ho scritta in un periodo bruttino e pesante, tra ansia random ed esami difficilotti. Ora che ho finito la sessione spero di aggiornare più in fretta, anche se sta per partire il prossimo semestre e avrò tante lezioni.

Comunque, parlando del capitolo, tanti confronti, sia tra future coppie, che tra semplici amici.

Clover è praticamente diventata una Sleefing, la sfiga in amore non le manca.

Spero che la scena di Max e Clover vi piaccia, avevano bisogno di un confronto, e credo che a Max l’amica abbia colpito nel segno. Chissà se Max si interrogherà su questo desiderio inconscio, e questa rabbia.

E… chiamatemi sadica, ma è sempre interessante scrivere i momenti di Will. Forse perché raramente scrivo di personaggi cattivi e basta, approfittatori, manipolatori, e violenti nel modo più sbagliato, quindi è sadicamente divertente? Non lo so, so solo che la scena finale, dove Denny lo batte e gli sorride soddisfatto è stata una soddisfazione immensa da scrivere, e la programmavo dall’inizio. 

E niente, so che avevo detto che l’angst era finito e vi ho buttato addosso attacchi di panico, psicoanalisi e Will, ma almeno ne sono uscite fuori baci e dichiarazioni, Clover nella famiglia Sleefing, e Will dietro le sbarre. 

Ormai è andata, dai! 

D’ora in poi, solo cose belle… circa… più o meno… decisamente no.

Ma ci proverò.

Tipo nel prossimo capitolo ci sarà del fluff Ferren che serve proprio, e comunque il compleanno di Max.

Lentamente tutto si risolverà, soprattutto ora che Amabelle gioca nel modo giusto.

Spero comunque che, nonostante ci abbia messo un secolo ad aggiornare, il capitolo vi sia piaciuto, spero di pubblicare presto il prossimo.

Grazie a tutti quelli che leggono, vi voglio bene.

Un bacione e alla prossima :-*

 

 

P.s. Vorrei dire, così, tanto per, che ho iniziato una nuova storia con lo stesso stile della Corona Crew, che si svolge nello stesso universo anche se con altri personaggi, ed è quindi praticamente uno spin-off, nel caso vi interessasse, aggrego qui il link: Laboratorio di Filmmaking

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Amabelle organizza il compleanno di Max, un’occasione per risanare le ferite. Mirren e Felix fanno prove di guida

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Capitolo 38
*** All'aria aperta ***


All’aria aperta

 

Martedì 3 Settembre

Mirren odiava guidare.

Ed era strano che provasse sentimenti così forti per qualcosa che teoricamente non sarebbe dovuto essere un grande problema, per lui.

Dopotutto era un ottimo studente, e aveva passato l’esame di teoria con una facilità disarmante e zero errori.

…ma la sua forza era solo ed esclusivamente sulla teoria.

Quando si trattava di mettere le mani al volante, c’era solo il panico.

Era come essere alla guida di una pericolosissima arma di distruzione di massa, e Mirren non si sentiva per niente capace di maneggiarla.

Soprattutto non con Felix accanto.

-Prendi tu il volante!- chiese all’amico… al suo ragazzo… mentre attraversava una strada poco trafficata cercando un luogo dove accostare per cambiarsi di posto.

-Non fare il bambino, stai andando bene, continua a guidare- lo incoraggiò Felix, in tono fermo.

-Non ce la faccio, sono pessimo!- insistette Mirren, mettendo già la freccia.

-Hai l’esame martedì prossimo, devi esercitarti- Felix gliela tolse e lo spinse a continuare.

-Forse dovrei rimandare, non sono per niente pronto!- Mirren continuò ad avanzare sempre più in ansia, e se qualcuno di voi si è mai trovato in una situazione simile può sicuramente capirlo, e l’empatia renderebbe questa scena la più drammatica della storia fino ad ora.

Solo che… Mirren non stava andando male.

Il contrario in realtà.

Nonostante la sua estrema ansia, guidava dritto, faceva le curve in maniera impeccabile, e non dimenticava neanche una freccia.

Inoltre rispettava limiti e segnali stradali senza neanche uno scivolone, e Felix doveva ammettere tra sé che non si faceva un viaggio in macchina così tranquillo dall’ultima volta che suo padre lo aveva accompagnato da qualche parte.

-Sei più pronto di me in questo momento. E io la patente ce l’ho- provò a rassicurare Mirren, che però sudava, era chiaramente nervoso, e così Felix provò a venirgli incontro.

-Senti, facciamo così, guida fino al parcheggio della stazione, parcheggi e poi prendo io il volante e ci riporto a casa, okay?- propose, accomodante e incoraggiante.

Alla stazione mancavano un paio di chilometri in linea retta con solo un paio di leggerissime curve, quindi Mirren acconsentì, già più rasserenato, e Felix si godette gli ultimi chilometri di guida impeccabile con gioia e relax.

Per fortuna di Mirren, una volta arrivato al parcheggio, era quasi vuoto, quindi riuscì senza problemi a parcheggiare in un posto vuoto.

Ci sarebbe riuscito anche se il parcheggio fosse stato pieno, ma con molta meno serenità mentale.

Una volta fermo, si tolse la cintura, e si girò verso Felix, in attesa.

Felix lo guardò confuso.

-Aspetti la mia valutazione?- chiese, poco convinto però. Conosceva Mirren da sempre e sapeva che non si fidava molto dei suoi complimenti, dato che…

-Se ti chiedessi una valutazione mentiresti e diresti che sono bravo anche quando non è vero- Mirren scosse la testa -Ti guardo per incoraggiarti a uscire per cambiare posto- indicò la cintura che aveva ancora allacciata, ma Felix non se la tolse, e lo guardò con tristezza.

-Ammetto che è vero che a volte vedo il bicchiere mezzo pieno anche quando è completamente vuoto, ma davvero non ti fidi di me?- gli fece gli occhi da cucciolo, melodrammatico.

Mirren arrossì appena e distolse lo sguardo.

-Sai benissimo che non è una questione di fiducia- obiettò.

-Allora mi permetterai di farti una valutazione? Prometto che sarò brutalmente onesto!- gli chiese Felix, speranzoso.

Mirren sospirò, e annuì.

-Fantastico, allora… sei stato impeccabile!- la valutazione di Felix era esattamente quella che Mirren si aspettava.

Alzò gli occhi al cielo.

-Dovevi essere onesto- si lamentò, segretamente soddisfatto della valutazione ma non credendoci neanche per un secondo.

-Ma lo sono stato, Mirren! Sei bravo a guidare, e pronto per prendere la patente. Il tuo unico problema è la tensione. Dovresti rilassare le spalle e stare più tranquillo, sei bravo- insistette Felix, mettendogli le mani sulle spalle e iniziando a massaggiargliele, incoraggiante.

Mirren si abbandonò al suo tocco, chiudendo gli occhi e avvicinandosi inconsciamente a lui.

Da quando avevano chiarito il malinteso Melany erano più uniti che mai, e non avevano più discusso su nulla, anzi. 

Gli unici screzi che avevano erano su quelle questione di poca importanza, e si avvicinavano più a battibecchi di una vecchia coppia sposata che a vere e proprie liti.

E la parte più bella era che, fondamentalmente, non era cambiato assolutamente nulla nella loro relazione. Erano ancora amici come prima, con il piccolo extra di sbaciucchiarsi ogni tanto, e tenersi spesso per mano.

-Se me lo dici così come posso non crederti- borbottò Mirren, sporgendosi verso di lui per dargli un bacio sulle labbra, ma venendo scansato.

Felix si ritirò di scatto, ritirando anche le mani, e si guardò intorno, preoccupato.

-Che c’è?- chiese Mirren, confuso e anche parecchio deluso, a dire il vero.

-Niente, scusa. Solo… non avrei dovuto fare…- Felix indicò le spalle di Mirren, e arrossì -…siamo comunque in pubblico, e vicini al Corona, qualcuno potrebbe vederci- gli ricordò che la loro relazione al momento era segreta, e Mirren si ritirò, imbronciato.

-Giusto- si ricordò. Per un attimo la nozione che la relazione fosse segreta gli era sfuggita, troppo impegnato su quanto bene Felix lo facesse sentire.

-Scusa. Vabbè, quello che dovevo dire l’ho detto, ma se vuoi comunque che io guidi fino a casa sono disponibile- Felix tornò al presente, e si slacciò la cintura, pronto a cambiarsi di posto con Mirren.

Mirren valutò un attimo la situazione. 

A casa di Felix c’erano suo padre, Tender e Meredith.

A casa di Mirren c’era quantomeno Bonnie, e forse anche Petra.

Una volta a casa il massimo che avrebbero potuto fare sarebbe stato vedere qualcosa in tv e tenersi un po’ per mano, forse, se nessuno decideva di far loro compagnia.

Sigh, che tristezza.

Mirren si riallacciò la cintura.

Lui avrebbe baciato Felix, in un modo o nell’altro!

-Wow, hai deciso di guidare fino a casa?- chiese Felix, con un sorriso a trentadue denti che aumentò il desiderio bruciante di Mirren di stare un po’ solo con lui lontano da occhi indiscreti.

-No, ho un’altra tappa in mente- Mirren lo incoraggiò a mettere la cintura, e una volta che Felix abbe eseguito, partì in quarta, e guidò con molta più sicurezza verso una zona in collina che conosceva molto bene, ma la cui strada era impervia.

-Mirren… sei sicuro di…?- Felix non sapeva se essere molto orgoglioso del suo ragazzo, o preoccupato per la loro salute fisica perché sì, Mirren era bravo a guidare, ma era comunque un futuro neopatentato e quella strada era difficile.

-No, ma sì- la risposta di Mirren aumentò i suoi dubbi sulla situazione, ma decise di fidarsi, e si limitò a tenersi stretto alla cintura come un salvagente.

Alla fine, dopo ben venti chilometri di guida in stradine impervie in salita, Mirren raggiunse uno sprazzo che Felix non visitava da anni.

-Wo, come ti è venuto in mente di venire qui?- chiese a Mirren, mentre guardava fuori dal finestrino la lunga distesa d’erba e fiori.

Era un luogo bellissimo dove vedere le stelle, e l’ultima volta che erano andati era stato qualche anno prima, per l’anniversario della morte di nonna Rea. Li portava sempre lì a vedere le stelle, e raccontava storie su antichi miti greci e i significati delle costellazioni.

-Qui non c’è nessuno che ci possa vedere- rispose Mirren, ovvio, guardando Felix con aspettativa.

Dopo qualche istante di riflessione, Felix spalancò la bocca, sconvolto.

-Vuoi dirmi che ti sei fatto venti chilometri di guida solo per trovare un luogo isolato dove…- arrossì -Esattamente, cosa vuoi che la gente non veda?- chiese poi, con un sorrisino malizioso ma allo stesso tempo parecchio incerto.

Mirren si limitò a sporgersi verso di lui e baciarlo, e Felix accettò di buon grado la risposta, e cinse il collo del ragazzo con le braccia.

Ogni bacio che si scambiavano era speciale, unico e da mozzare il fiato.

Entrambi ancora non riuscivano a capacitarsi di essere arrivati a quel punto, dopo tanti anni, e allo stesso tempo, ogni volta che si trovavano in una situazione di intimità, avvertivano uno spettro di rimpianto, perché diamine, sarebbero dovuti finire insieme molto, molto prima.

Erano fatti per stare insieme, fatti per restare insieme, e più la relazione continuava, senza più ombre di ex gelose, e aperta al dialogo per ogni singola incertezza, meno Mirren ricordava cosa lo avesse bloccato tutti quegli anni.

Ogni dubbio che aveva avuto, ogni paura di un futuro dove perdeva Felix sembrava poco importante, perché la felicità di essere tra le braccia del suo migliore e più vecchio amico sarebbe valsa ogni sofferenza futura.

Sofferenza che, al momento, sembrava impossibile da raggiungere.

Perché si amavano, davvero tantissimo.

E dubitavano che avrebbero mai smesso di amarsi, non dopo tutto quel tempo passato insieme, dopo tutte le sfide e i problemi.

Erano sempre stati lì l’uno per l’altro, e ci sarebbero stati per sempre.

Dopo parecchio tempo passato ad esplorare le rispettive bocche, Felix si allontanò leggermente per prendere aria, guardando Mirren con occhi brillanti.

-Hai davvero guidato per venti chilometri solo per questo?- chiese, non nascondendo la propria soddisfazione.

-Tu ne vali la pena- flirtò Mirren, con un occhiolino. Felix gli accarezzò dolcemente la guancia, poi posò la propria fronte su quella del suo ragazzo.

-Non riesco ancora a credere che tutto questo sia vero- ammise, chiudendo gli occhi e concentrandosi sugli altri sensi per ancorarsi meglio alla realtà.

Mirren sorrise intenerito, e giocherellò con i suoi capelli.

-Neanche io, ma inizio a rendermene conto, e mi piace- sussurrò, un po’ imbarazzato.

Felix si allontanò per guardarlo meglio negli occhi, e gli sorrise a sua volta.

-Piace anche a me- lo incoraggiò, stringendogli la mano -Vorrei poter rimanere qui in eterno senza preoccuparci di essere visti- aggiunse poi, controllando l’orologio dell’auto e sospirando notando che iniziava a farsi tardi -Purtroppo temo che dovremmo tornare a casa- 

Mirren osservò l’orologio a sua volta e dovette purtroppo dargli ragione.

Anche lui, come Felix, avrebbe preferito restare lì in eterno lontano da occhi indiscreti… beh, sarebbe stato ancora meglio non doversi nascondere. 

Che poi, perché si nascondevano? Di cosa aveva paura Mirren? La ragione per aveva chiesto di non dire in giro della loro relazione iniziava a sfuggire al ragazzo, ma non approfondì il pensiero, perché doveva tornare a casa… e all’improvviso l’idea di rifarsi tutta quella strada alla guida era davvero insostenibile.

Si voltò verso Felix, in difficoltà.

-Ehm… non è che ti andrebbe di guidare?- chiese, speranzoso.

Felix scoppiò a ridere, e uscì dall’auto per scambiarsi con Mirren.

Una volta nei rispettivi posti, Felix mise in moto, ma Mirren lo interruppe per baciarlo un’ultima volta. Un bacio intenso che potesse fungergli da carburante fino alla prossima volta in cui sarebbero riusciti a trovare un luogo appartato dove avere un momento di intimità.

-Ti amo- gli sussurrò, semplicemente.

-Ti amo anche io- rispose Felix, con un dolce sorriso, prima di mettere in moto e rifare la strada fino a casa.

Tutta la dolcezza della situazione si dissipò in fretta quando Mirren, in pieno tono da maestrino, rimproverò Felix ogni volta che faceva un banale errore di guida, e alla fine tornarono a casa divertiti, fintamente arrabbiati l’uno con l’altro per stupidi motivi, ma molto, molto felici di come la situazione si stava sviluppando, per loro.

 

 

Venerdì 6 Settembre

-Benvenuti alla festa di compleanno di Max! Oggi si festeggia Max, e io sarò solo in un angolo a fingere di non esistere per non turbare la pace!- con questa frase Amabelle accorse Max, Denny e Clover, appena giunti al luogo da lei scelto per festeggiare.

Era vestita da hostess, senza trucco, e con orecchini a forma di simbolo della pace per mostrate tutta la propria voglia di farsi perdonare.

Max voleva davvero tanto essere ancora arrabbiato con lei o quantomeno ignorarla, ma non riuscì a trattenere un sorrisino nel notare quanto si stesse impegnando.

E poi era il suo compleanno, doveva cercare di godersi la vita e concedere ad Amabelle il beneficio del dubbio.

-Ammetto che la location è ben scelta- ammise, guardandosi intorno.

Era un agriturismo che Max adorava, e in cui non andava da anni, dato che era un po’ costoso e di solito ospitava eventi importante come matrimoni o riunioni di famiglia.

-Sì, e ho anche preparato della attività interessanti!- esclamò Amabelle, entusiasta. 

I tre la guardarono allertati.

Le attività di Amabelle di solito erano giochi rischiosi o confidenze che nessuno voleva esternare.

Notando il disagio, Amabelle si affrettò a negare i loro dubbi.

-Sono attività all’aria aperta! Con animali da fattoria e cose del genere- si affrettò a rassicurarli, alzando le mani.

Clover e Max si rassicurarono, Denny si preoccupò ulteriormente.

-Non ci sono asini, vero?!- chiese nel panico, guardandosi intorno preoccupato.

Metà della Corona Crew aveva ancora i traumi a causa di un compleanno di Petra in fattoria.

-No, mi sono assicurata che gli asini rimangano chiusi. Che poi, in realtà i proprietari dell’agriturismo mi hanno impedito di avvicinarmi ai loro asini, non capisco perché- rifletté Amabelle, pensierosa.

Max, Denny e Clover si lanciarono sguardi eloquenti: lo sapevano benissimo il perché, dato che l’incidente con l’asino era finito sul giornale, e Amabelle era stata bandita da tutte le fattorie della zona e dei dintorni, ma era meglio non tirare fuori l’argomento.

-Sarà meglio entrare- Max cambiò argomento, e incoraggiò gli altri a seguirlo.

Una volta dentro l’edificio, fu sorpreso da come fosse ben organizzata la sala, e che il resto della Corona Crew fosse già lì.

Non perché li considerasse ritardatari, dato che, con Clover appresso, gli Sleefing avevano fatto parecchio ritardo, ma non si aspettava che la Crew sarebbe venuta affatto, dato che la festa era stata organizzata da Amabelle, ed erano tutti ai ferri corti con lei.

-Probabilmente vogliono più bene a te di quanto siano arrabbiati con Amabelle- suggerì Clover, leggendogli nel pensiero.

-Inizio a pensare di essere stato troppo duro con lei- borbottò Max, che onestamente si sentiva un po’ in colpa per come l’aveva trattata, dato che, sì, lei aveva esagerato, ma aveva buone intenzioni in fin dei conti, solo un pessimo modo di metterle in pratica.

-Nah, aveva bisogno di una batosta- 

-Che poi, a te non ha fatto praticamente nulla, perché ce l’hai con lei?- osò chiedere Denny, che negli ultimi tempi era diventato molto più aperto con Clover, dal momento che vivevano insieme.

Clover ci pensò qualche secondo.

-Suppongo che volessi trovare qualcuno a cui dare la colpa dei miei errori- rispose poi, senza peli sulla lingua, alzando le spalle.

Denny scosse la testa.

-Io pagherei oro per avere me stesso come unico nemico- borbottò tra sé.

-In che senso?- provò ad indagare Max, che già da un po’ di tempo iniziava seriamente a preoccuparsi per il fratello.

Prima la depressione post-compleanno, poi il momento di quasi assoluto mutismo, l’amicizia inaspettata con Veronika, e infine un polso slogato per un motivo che né lui né Clover avevano voluto rivelargli.

All’inizio Max aveva pensato fosse a causa del coming out… o il non-coming out, ma quel polso contuso non si spiegava, e lo preoccupava non poco.

-Buon compleanno!- l’arrivo di Felix interruppe la conversazione, e Denny approfittò della distrazione del fratello per correre via in modo da non essere obbligato a riesumarla.

Max decise pertanto di lasciar perdere per il momento, e riprendere una volta a casa, dopo la festa.

-Grazie, Felix. Come va il lavoro?- iniziò a chiacchierare con l’amico, avvicinandosi al tavolo e salutando anche gli altri.

Erano solo otto persone, ma il tavolo era molto più energico e allegro di quanto Max si aspettasse.

Dal compleanno di Amabelle sembrava che l’atmosfera si fosse parecchio distesa.

Felix era super allegro, Mirren stranamente rilassato e sorridente. Petra era tornata amica di Amabelle e parlava amabilmente con Norman (Max non si ricordava fossero così amici). Clover punzecchiava Denny, che era diventato praticamente il suo fratellino minore, e Denny, dal canto suo, non era mai stato così sicuro di sé, e Max si chiedeva se fosse l’influenza di Clover, o un fattore esterno di cui lui non era a conoscenza.

Il punto era che tutti, nessuno escluso, sembravano felici, almeno all’apparenza.

E Max era certo che anche lui, dall’esterno, sarebbe risultato quantomeno rilassato e sereno.

Solo che… mancava qualcosa.

O meglio, qualcuno.

E non si riferiva ad Amabelle, ancora all’esterno per chissà quale motivo, dato che erano tutti lì e non doveva accogliere più nessuno.

No, a lui mancava Manny… o meglio, Veronika.

Non riusciva a fare a meno di pensare a come sarebbe stato il suo compleanno se non avesse scoperto la verità. Sì, sarebbe stato uno stolto che veniva preso in giro, ma magari sarebbe stato più felice, nell’illusione che tutto andasse bene, che Manny fosse il ragazzo perfetto, e avesse finalmente raggiunto la felicità?

Ma allo stesso tempo, il pensiero che Amabelle potesse aver invitato Veronika per fargli una “sorpresa” lo infastidiva più di qualsiasi altra cosa, e questa sua contraddizione enorme gli stava incasinando il cervello e ingarbugliando lo stomaco.

-Tutto bene, Max?- chiese Clover, sporgendosi verso di lui e notando la sua distrazione.

-Sì, certo, sono molto stupito di trovare un’atmosfera così distesa- ammise, facendosi sentire da tutto il tavolo.

-È finita la depressione, oggi si festeggia!- esclamò Felix, su di giri, cingendo il collo di Mirren e sollevando il bicchiere già pieno.

-Vedo che non hai perso tempo a ubriacarti, Felix- lo rimproverò Petra, guardandolo storto.

-Ovvio, oggi guida Mirren al ritorno!- esclamò Felix, con gioia, prendendo un sorso e rischiando di rovesciare il liquido -Ah, e poi non sono ubriaco!- disse poi, mentendo palesemente.

-Se non sapessi per certo che Amabelle non ha armeggiato in cucina, la accuserei di aver messo ulteriore alcool nel bicchiere di Felix- commentò Norman, piegando la testa divertito ma anche un po’ confuso da quanto a suo agio fosse Felix ad abbracciare Mirren con tale affetto e semplicità.

Mirren sembrava più infastidito dalle condizioni dell’amico che dal contatto.

-Guarda che non ho ancora preso la patente- ricordò a Felix, punzecchiandogli la fronte e facendolo ridacchiare.

-Ma devi fare pratica per quando la prenderai martedì- Felix gli fece la linguaccia.

-Sono solo io, o c’è qualcosa di strano in quei due?- borbottò Norman, sempre più confuso.

-Nah, sono i soliti Mirren e Felix- rispose Amabelle, sopraggiunta in quel momento con uno zaino stracolmo.

-Dov’eri finita? Stavi mettendo alcool nei drink?- l’accolse Clover, guardandola con sospetto.

-No, certo che no!- si difese subito Amabelle.

Sembrava molto triste all’idea che la accusassero di una cosa del genere, e obiettivamente, Max poteva capirla.

Perché effettivamente stavano insistendo su un vecchio fatto di cui non era neanche colpevole.

-Non è stata lei a correggere i drink del compleanno di Felix- si ritrovò a dire, tirando fuori un segreto che aveva tenuto sepolto per mesi, prima perché non era mai uscito il discorso, e poi perché dare la colpa ad Amabelle sembrava un buon modo per ferirla, e Max, quando avevano litigato il giorno del suo compleanno, voleva davvero ferirla.

Non si sentiva affatto orgoglioso al riguardo.

-Uh, cosa?- chiesero Mirren e Felix all’unisono.

Amabelle guardò Max sorpresa, e quasi commossa. Non si aspettava che proprio lui la difendesse.

-C’era stato un problema in cucina. Un errore dettato da una piccola distrazione- ammise, evitando comunque di dare il nome di Sonja… Veronika.

Tutta la Corona Crew lo guardò a bocca aperta, tranne Petra, che già sapeva che Amabelle non c’entrava nulla.

-Ah- commentarono infine tutti insieme.

-Scusa Amabelle- aggiunsero poi, verso la ragazza, che sembrava davvero commossa, ed esibì gli occhioni da cucciolo più riusciti della sua vita.

-Ragazzi…- la sua risposta venne interrotta da una cameriera con un tempismo pessimo, che si avvicinò distrattamente e chiese.

-Allora, siete tutti, volete ordinare?- senza rendersi conto di aver appena rotto il momento.

-Sì!- Amabelle accettò il cambio di argomento, e iniziò a dettare il proprio ordine.

Aveva promesso che avrebbe pagato lei, come regalo di compleanno, ma Max decise comunque di ordinare un piatto poco costoso, perché i prezzi lì erano esorbitanti.

Anche gli altri sembrarono avere un’idea simile, tranne Clover, che ordinò uno dei piatti più costosi, probabilmente senza neanche farlo apposta ma perché abituata a non guardare mai i prezzi.

Una volta segnato tutto, la cameriera andò via, e Max si preparò all’attesa, che in quell’agriturismo era abbastanza lunga.

-Qualcuno ha un mazzo di carte per fare una partita mentre aspettiamo?- chiese Felix, che sapeva quale fosse l’andazzo.

-Nope! Ma ho preparato una caccia al tesoro per l’agriturismo, divisi in gruppi!- enunciò Amabelle, battendo le mani soddisfatta e tirando fuori delle carte con gli indovinelli da risolvere.

-Wow!- Max si illuminò. Adorava i giochi all’aria aperta, e le cacce al tesoro erano sempre state in cima alla lista dei suoi preferiti.

Amabelle gli fece un occhiolino. Sapeva perfettamente cosa piaceva a Max, e stava davvero facendo salti mortali per farsi perdonare.

-E poi pensavo di fare nascondino, se avanza tempo. Un gioco divertente e rilassante che non ha niente a che fare con romanticismo e altre cose del genere. Oh, e poi ho organizzato anche un giro in mezzo agli animali! Una giornata perfetta!- continuò ad illustrare Amabelle, esagitata, ma… tremante.

Non stava solo facendo salti mortali per farsi perdonare, sembrava proprio avere paura di fallire nel farlo, o che fosse troppo tardi.

-Amabelle…- la interruppe Max, mettendole una mano sulla spalla e facendola sobbalzare. Non si aspettava un contatto improvviso. Fissò Max sorpresa, incoraggiandolo a continuare.

-…mi dispiace per come è andato il tuo compleanno, sono stato un po’ categorico- si scusò il ragazzo. Insomma, Amabelle aveva esagerato, ma fare una scenata del genere non era stata l’idea migliore del mondo, e lo sapeva. Non si pentiva del tutto di aver provato a farle aprire gli occhi (anche perché sembrava ci fosse riuscito) ma si sentiva comunque in colpa per i modi in cui l’aveva fatto.

Amabelle scosse la testa, e gli prese le mani.

-No, è a me che dispiace- poi si rivolse al resto della crew, seria come non era mai stata.

-Mi dispiace davvero tanto per aver esagerato. Sono stata insensibile, e ho peggiorato molto le cose, e non ho scuse perché il problema è che non mi rendevo proprio conto di superare il limite. Quindi voglio chiedervi scusa, dal profondo del cuore, e vi prometto che se me ne darete l’occasione cercherò davvero di migliorarmi e smettere di esagerare- spiegò, con voce chiara, consapevole, e molto poco da lei.

Max fu il primo a sorriderle.

-Come potrei non accettare le tue scuse dopo tutti questi preparativi- le scompigliò affettuosamente i capelli, facendo comparire un sorriso sul volto della ragazza.

-Io non sono nessuno per giudicare gli errori degli altri- Clover le fece un occhiolino incoraggiante.

-Obiettivamente sei l’ultimo dei miei problemi- borbottò Denny, molto tra sé -Cioè… nel senso che non mi hai causato poi così tanti danni, tu, personalmente!- si corresse poi, evitando l’occhiata sempre più preoccupata di Max.

Norman e Amabelle fecero rispettivamente il segno dell’okay e un occhiolino. 

Mancavano solo Mirren e Felix, che obiettivamente erano quelli che avevano ricevuto più brutti tiri, soprattutto Felix, da parte della rossa.

-Per me non ci sono problemi ad accettare le tue scuse- Mirren le fece un cenno formale. Non erano poi così legati in generale, dopotutto, e non si trattava di diventare amicissimi.

Felix squadrò Amabelle qualche secondo valutando l’idea.

Amabelle si morse il labbro inferiore, in ansia.

Felix era uno sei suoi amici più cari, non voleva rischiare di perderlo.

Ma il ragazzo si aprì in un largo sorriso e le diede una pacca sulla spalla.

-Se mi prometti che non inviterai più persone inappropriate ai miei appuntamenti saremo migliori amici per la vita- ridacchiò, con un occhiolino, e facendole tirare un sospiro di sollievo.

-Promesso, al tuo prossimo appuntamento, prometto di farmi gli affari miei. Parola di scout!- enunciò, sacrale, anche se un po’ triste all’idea che Felix andasse ad un appuntamento con qualcuno che non fosse Mirren.

-Non che tu abbia programmato qualche appuntamento, in tempi brevi- borbottò proprio Mirren, molto tra sé, e cercando di non mostrare un certo fastidio.

-Perché no, mi piacerebbe andare ad un appuntamento, un giorno di questi- Felix gli fece un occhiolino e gli si avvicinò con aria maliziosa, fino a stargli a pochi centimetri dal volto.

Mirren arrossì e si scansò, scuotendo la testa.

-Sei incredibile, Durke- borbottò con poca voce, spostandogli il viso con un dito.

Norman li fissava sempre più confuso.

-No, sul serio, sono l’unico che pensa che ci sia qualcosa di strano tra loro?- chiese, sottovoce, rivolto principalmente ad Amabelle e Petra.

-Nah, solita amministrazione- risposero le due ragazze all’unisono, alzando le spalle.

-Allora, iniziamo la caccia al tesoro o volete prima fare un giro a nascondino… anche se rischiate di scoprire i premi della caccia al tesoro, potrebbe essere controproducente- Amabelle attirò nuovamente l’attenzione del tavolo, molto più energica di prima, e anche più sicura.

Era determinata a rendere quel compleanno il più bello in assoluto.

 

E, tutto sommato, Max doveva ammettere che alla fine il compleanno non fu niente male, anzi, riuscì addirittura a sentirsi effettivamente sereno, dopo i regali e la torta. Felice di aver passato una giornata all’aria aperta insieme ai suoi più cari amici nella più totale serenità.

E stava giusto pensando… o meglio, smettendo di pensare a Veronika, per la prima volta da parecchio, mentre finiva la sua fetta di torta alla vaniglia, quando Amabelle gli si avvicinò, titubante.

-Ehm, Max, posso parlarti qui fuori?- chiese, un po’ incerta, abbracciando al petto un pacchetto che Max non aveva visto prima.

Tutta la tensione di Max tornò prepotentemente a colpirlo, come se il ragazzo si fosse appena svegliato da una trance.

-Perché?- chiese, sentendo il cuore iniziare a battere furiosamente.

Il pacchetto che l’amica teneva tra le braccia era quasi del tutto nascosto, ma Max notava comunque che fosse davvero elegante, incartato in carta verde smeraldo e con un fiocco professionale.

Amabelle non avrebbe mai fatto un pacchetto del genere.

E Max non voleva sapere cosa fosse o a chi appartenesse, perché per una volta si sentiva davvero sereno, e avrebbe preferito restare tale.

-Beh, vorrei dirti una cosa, ma dovrei dirtela in privato, e spiegartela bene prima- insistette Amabelle.

“No” avrebbe voluto rispondere Max. Una semplice parola di due lettere che poteva permettersi di utilizzare, anzi, era suo diritto se non dovere farlo.

-Okay…- si ritrovò invece a sussurrare, alzandosi incerto e seguendo l’amica fuori dall’agriturismo.

Non c’era nessuno nelle vicinanze, e i due si sedettero sotto al portico, su un rustico divanetto di vimini.

-Allora?- Max incoraggiò Amabelle a parlare, con il cuore che si faceva sempre più veloce nel petto.

-Allora…- Amabelle prese un profondo respiro -Ho un regalo per te, da parte di Veronika- ammise poi, così in fretta che a malapena Max riuscì a distinguere le parole. Ma sentì il nome “Veronika”, quindi capì tutto, e si alzò di scatto.

-Dille che non mi interessa- provò a tirarsi fuori, con un groppo alla gola.

Le contraddizioni in lui si ripresentarono violentemente.

Voleva sapere, ma allo stesso tempo voleva anche lasciarsela alla spalle. Ma era sgarbato rifiutare un regalo, ma era di Veronika, non era il caso di aprirlo. Ahhh, era così complicato!

-Lo so che dato che viene da me non ti fidi, e pensi che sia un mio piano, ma mi ha chiesto espressamente di consegnartelo e dirti la seguente cosa: “Puoi anche buttarlo, ma ti prego almeno leggi la lettera che lo accompagna, e non prendertela con Amabelle, è tutta una mia idea”- recitò Amabelle, sacrale.

-L’ultima parte l’hai aggiunta tu- la accusò Max, guardandola storto.

-No! …sì. Ma ti giuro! Io non c’entro nulla, è stata Veronika a contattarmi, quindi ti prego accetta, e io torno dentro, non voglio intromettermi ulteriormente- Amabelle gli porse con più foga il pacchetto, e si alzò a sua volta, già pronta a correre nuovamente nel ristorante.

Max lo guardò qualche secondo come se fosse una bomba pronta ad esplodere, poi lo prese, esitante, molto incerto su cosa avrebbe potuto contenere.

-Perfetto, grazie, ti prego non odiarmi, torno dentro- Amabelle approfittò di avere le mani libere per correre all’interno prima che Max potesse cambiare idea, e lo lasciò solo con il pacchetto finemente incartato.

Max si risedette, e lo posò al suo fianco, prendendo per prima cosa la lettera che lo accompagnava.

“Buon compleanno, Maximilian” si leggeva sul retro, scritto in elegante corsivo.

Max la aprì con mani tremanti, e iniziò a leggere, inizialmente incerto, e poi divorando ogni parola.

“Carissimo Max, 

Ti scrivo questa lettera perché voglio rispettare i tuoi spazi e la tua decisione di allontanarti da me. Non biasimo la tua scelta, e non pretendo che tu cambi idea, ma ci tengo, dal profondo del cuore, ad augurarti un buon compleanno, e spero che la festa sia andata bene. So di aver sbagliato con te. Non sono stata onesta, e ho approfittato della tua bontà, della tua dolcezza e del tuo rispetto tradendo la tua fiducia con omissioni e false verità. Ma ora voglio essere sincera con te, e dirti tutto ciò che permane in fondo al mio cuore.

Io ti amo, Maximilian Sleefing. Sei stata la mia fuga dalla realtà, e questi mesi sono stati i più felici della mia vita, in tua compagnia. Mi hai fatto scoprire cosa significhi davvero amare, ed essere amata, senza secondi fini, senza obblighi morali, solo perché stavi bene in mia compagnia, tanto quanto io stavo bene nella tua. Sapevo, fin dall’inizio, che prima o poi avrei dovuto lasciarti, e non cercherò di giustificare le mie azioni, che sono e restano una profonda mancanza di rispetto nei tuoi confronti. Ma voglio che tu sappia che non ho mai, neanche per un istante, smesso di cercare un modo per riuscire a risolvere la situazione. Perché se dipendesse da me, farei tutto il possibile per trovare un modo di tener fede ai miei doveri, e allo stesso tempo stare con te, amarti e onorarti come meriti. Purtroppo il dovere di una principessa è quello di mettere il benessere del popolo prima del proprio, e spero riuscirai a capire che se non ho scelto te fin dal principio non è perché vieni al secondo posto, ma perché l’aspettativa che grava sulle mie spalle è troppo pressante per poterla ignorare.

E il motivo per cui non ti ho rivelato subito delle mie origini non è assolutamente per mancanza di fiducia, dato che so per certo di potermi fidare della tua discrezione e comprensione più che di quella di qualsiasi altro, ma perché in cuor mio speravo di rivelarti la verità una volta trovata una soluzione. Non tanto per obbligarti ad accettarla, perché non ti avrei biasimato se avessi voluto lasciarmi in ogni caso, ma perché almeno sarei riuscita a dimostrarti che non ho mai smesso di cercare di stare con te anche una volta finito il mio anno sabbatico. Sapevo, in cuor mio, che una soluzione fosse difficile, ma il solo fatto di cercarla in ogni anfratto della legge e del mio ingegno riusciva in parte a giustificare lo stare con te. Perché mai, neanche per un istante, il mio intento era quello di illuderti.

Ma so di aver fallito, e che le giustificazioni che sussurravo a me stessa non erano altro che scuse per impedirmi di fare la scelta giusta: allontanarmi presto in modo da arrecarti meno danno possibile.

Pertanto quando leggerai questa lettera io sarò su un aereo diretta verso Agaliria, dove tornerò ad assolvere i miei doveri. Spero che la mia partenza possa essere per te di aiuto nel ricominciare, smettendo di evitare il Corona solo per non incrociarmi. Non ho mai voluto obbligarti la mia presenza, devi credermi.

Concludo questa missiva con un ultimo appunto: ricordi quando Amabelle ci chiuse insieme nello scantinato del café? Tu mi chiedesti di descrivere il mio fidanzato, e io ti raccontai ciò che amavo del mio ragazzo… quella persona eri tu. Sei sempre stato tu.

Tu sei il mio Zweisamkeit, stavo così bene con te, che il mondo non esisteva più. Mi facevi dimenticare ogni dovere, responsabilità ed impegno. Se dipendesse da me, userei ogni mezzo per stare con te il più a lungo possibile, ma purtroppo l’illusione è finita, e spero solo di non averti causato troppa sofferenza, perché era ben lungi dall’essere mia intenzione.

Ti amo, e ti amerò ogni giorno della mia vita.

Tua per sempre,

Veronika Krone”

La mente di Max era completamente vuota.

Rimase a fissare la lettera, leggendola e rileggendola cercando di impararla a memoria, imprimere quella scrittura nella sua mente, e capire del tutto cosa significasse l’averla ricevuta.

E quando una goccia cadde su un lato del foglio, e Max si rese conto di aver cominciato a piangere, un’altra consapevolezza spaventosa gli venne alla mente.

“Io sarò su un aereo diretta verso Agaliria”

Veronika se ne stava andando, per sempre.

E l’ultima cosa che Max le aveva detto era una richiesta di lasciarlo in pace.

Per la prima volta da quando aveva scoperto la verità, si rese conto che non era l’unico ad aver sofferto per la situazione. E riuscì ad immaginare, anche a grandi linee, quello che poteva aver provato Veronika in quei mesi.

Cercando di controllare il respiro, prese con mani tremanti il regalo che la ragazza gli aveva comprato, e iniziò a scartarlo.

Era un libro, più precisamente un libro di viaggi.

Ancora incredulo e inconsapevole del tutto del fatto che non avrebbe più visto Veronika, iniziò a sfogliarlo distrattamente, e notò una dedica nella prima pagina, scritta nello stesso corsivo della lettera.

“Ti auguro di realizzare i tuoi sogni, viaggia anche per me!”

Max chiuse di scatto il libro, con il cuore che iniziava a battere davvero troppo forte.

Non poteva lasciare che la storia con Veronika finisse così.

Sì, non sarebbero più stati insieme, era finita definitivamente, ma doveva salutarla, ringraziarla, scusarsi per non aver neanche cercato di capirla.

Era ancora arrabbiato, e disilluso su un possibile futuro insieme. Non credeva neanche che sarebbero mai tornati amici, ma meritava almeno un saluto.

La verità era che aveva bisogno di vederla un’ultima volta.

Aveva bisogno di dirle addio nel modo giusto, o se ne sarebbe pentito per il resto della sua vita.

Si alzò di scatto, ed entrò nell’agriturismo intenzionato a prendere la borsa, chiamare in fretta un taxi, e correre all’aeroporto, nella remota speranza di riuscire ad incrociare Veronika prima che partisse.

Non appena varcò la soglia, si ritrovò davanti tutti i membri della Corona Crew che lo fissavano, preoccupati. Denny e Clover erano praticamente a due passi da lui, il primo con la sua borsa in mano, la seconda con il proprio telefono all’orecchio.

-Cosa…?- provò a chiedere, incerto.

-Amabelle ci ha detto tutto- spiegò Denny.

-Mi hanno costretto!- si giustificò la ragazza, in tono di scuse.

-Ti ho chiamato un taxi, ti aspetta in strada- Clover la ignorò e si affrettò a prendere il regalo dalle mani di Max.

Denny gli porse la borsa.

-Vai a salutare la tua principessa- lo incoraggiò, con un sorriso.

-Vi voglio bene- Max scompigliò i capelli di Denny e diede un veloce bacio sulla guancia di Clover, prima di mettere lo zaino in spalla e correre fuori. 

Il viaggio fino all’aeroporto fu il più lungo e agitato della vita di Max.

Non sapeva neanche cosa stesse facendo o cosa avesse intenzione di portare a termine, dato che non aveva soluzioni né cose da dire a Veronika, ma aveva bisogno di vederla, un’ultima volta, e salutarla per davvero.

Per sempre.

Una cosa era infatti certa, se l’avesse vista e salutata, si sarebbe riuscito a mettere tutto alle spalle una volta per tutte, e non ci avrebbe più pensato.

Era il miglior regalo di compleanno che avrebbe potuto chiedere.

Raggiunse l’aeroporto con il cuore che batteva a mille, e la speranza che non fosse troppo tardi. Si avvicinò in fretta alla reception e fece la brevissima, ma comunque troppo lunga, fila che lo separava dal chiedere informazioni.

-Salve, posso aiutarla?- lo accolse formale la ragazza dietro al bancone. Sembrava giovane e non molto esperta, ma Max non voleva farsi false opinioni prima di averci a che fare.

-Salve, sono di fretta, mi sa dire se l’aereo per Agaliria è partito?- chiese, controllando i voli ma non trovando nessuno diretto ad Agaliria, né in partenza né programmato.

Era anche vero che stava leggendo velocemente, magari gli era solo sfuggito. O c’erano tanti cambi prima di arrivare lì.

-Agaliria? Non sono previsti voli per Agaliria, mi dispiace- la receptionist scosse violentemente la testa e lo incoraggiò ad andare via e far passare la fila.

Il cuore di Max sprofondò nel petto, poi analizzò meglio le parole della giovane donna.

“Non sono previsti voli”

Non “È già partito”.

-È un aereo privato?- chiese, speranzoso, deciso a non arrendersi.

Voleva chiudere definitivamente quella storia… possibilmente nel modo giusto.

La receptionist impallidì.

-Senta, non c’è nessuno volo per Agaliria, posso aiutarla con qualcos’altro?- chiese, bruscamente, molto a disagio. Era chiaro che stesse mentendo, o che quantomeno nascondesse qualcosa.

Max non voleva bloccare troppo la fila, ma provò ad insistere almeno un altro po’.

-Una mia amica oggi deve partire per Agaliria, la prego mi dica almeno se è già partita o no- la supplicò, cercando di puntare sulla sua inesperienza e compassione.

La giovane donna esitò, poi si sporse verso di lui, in confidenza.

-L’aereo è in partenza, dovrebbe lasciare l’aeroporto tra una decina di minuti- l’avvertì, in tono confidenziale -C’è altro che posso fare per lei?- chiese poi, a voce più alta, sperando di non finire nei guai per aver dato l’informazione.

-Un biglietto, per un posto casuale. Il meno costoso che avete- chiese Max, riaccendendosi di speranza, e tirando fuori la carta di credito.

Aveva messo da parte parecchi risparmi per un viaggio, per realizzare il proprio proposito. Non pensava li avrebbe sprecati per parlare con la sua ex, ma sperava davvero che ne valesse la pena.

-Come, scusi?- chiese la receptionist, impallidendo ulteriormente.

-Senta, è davvero molto importante per me. Non sono un terrorista, né un giornalista, la prego mi dia un biglietto- Max sapeva di risultare abbastanza preoccupante visto dall’esterno, ma non aveva tempo di raccontare la storia della sua vita romantica ad una receptionist che, onestamente, sembrava non essere bravissima a mantenere i segreti.

E che gli fece il biglietto, molto esitante, prima di passare al prossimo.

Il biglietto meno costoso si rivelò essere per New York. Era un volo last minute. Comico, bisognava ammetterlo. 

Di tutti i posti, proprio New York…

Max tentò di non pensarci, e corse in fretta al check in, che superò con una certa difficoltà a causa della bottiglietta d’acqua che si era scordato di possedere e qualche snack che teneva sempre nella borsa per ogni evenienza.

Neanche ricordava tutto il contenuto presente nella propria borsa, ma fu davvero felice di non essere Clover e di non possedere un coltellino svizzero da portare per ogni evenienza, perché rischiava davvero che lo arrestassero.

Dopo il drammatico check in, arrivava la parte più difficile: la ricerca dell’aereo privato.

Perché sì, Max avrebbe dato il tutto e per tutto pur di parlare con Veronika.

Era rischioso? Sì.

C’era l’eventualità che le rendesse le cose ancora più difficili? Eccome.

Ne valeva la pena? Probabilmente no.

Eppure non riusciva a fermarsi, doveva sperare di incontrarla.

Controllò la mappa dell’aeroporto e tutti i voli con i rispettivi gate, e la sua vista poco ricettiva riuscì comunque ad individuare che una zona all’angolo dell’aeroporto non aveva in programma nessun volo in tempi brevi.

Vista la chiara segretezza, Max si disse che probabilmente era il luogo che doveva raggiungere, e iniziò a correre in quella direzione, non curandosi degli sguardi tesi e pieni di giudizio delle persone che superava in tutta fretta.

Aveva ancora qualche minuto, poteva ancora almeno salutarla da lontano mentre entrava nell’aereo.

Ringraziarla per la lettera e il regalo.

Purtroppo non aveva fatto i conti con la sicurezza dell’aeroporto, che si era messa davanti alla porta per la zona che Max voleva raggiungere.

-Quest’aera è chiusa al pubblico- lo informò uno dei due, guardandolo con cipiglio severo.

-Oh, ehm, davvero? Perché?- chiese Max, cercando al volo una scusa per provare a raggirarli.

-È top secret- rispose l’altro -Ti sei perso? Dove devi andare?- indagò poi, squadrandolo dalla testa ai piedi.

Max iniziò a guardarsi intorno cercando al volo una scusa. Non gli piaceva mentire, ma non credeva di poter guadagnare l’accesso solo supplicando, questa volta.

Quei due sembravano davvero intransigenti.

Alla fine i suoi occhi si posarono su un cartello che indicava il bagno.

-Devo andare in bagno, mi sono perso, e quello di quest’area è il più vicino- disse, cercando di far passare la sua fretta evidente come causata da bisogni urgenti.

La prima guardia esitò un attimo, la seconda rimase irremovibile.

-C’è un altro bagno in quella direzione, penso tu possa trattenerti fino ad arrivarci- indicò una zona poco distante.

-Vi prego, è questione di un minuto, la natura chiama- continuò ad insistere Max.

Non era arrivato fino a lì per farsi fermare da due guardie.

-Mi dispiace, ma l’area è chiusa al pubblico- ripeté la seconda guardia. Anche lui non era arrivato fino a lì per perdere il posto a causa di un ragazzo incontinente.

-Vi supplico, lasciatemi passare- Max però era molto determinato.

Aveva speso i risparmi di un anno per salutare Veronika, e avrebbe salutato Veronika.

Poi magari dopo l’avrebbero anche arrestato, ma doveva salutare la ragazza.

Non sapeva neanche lui perché ci tenesse così tanto.

E probabilmente, una piccola parte del suo cuore, sperava che salutandola adesso avrebbe potuto effettivamente chiudere la faccenda a doppia mandata per gettarsela alle spalle.

Se avesse perso l’aereo, ci avrebbe pensato a lungo, e magari sarebbe anche giunto alla conclusione che c’era una soluzione.

Che poteva stare con Veronika.

Non salutarla adesso avrebbe aperto la porta a moltissime altre possibilità.

Salutarla adesso avrebbe chiuso la porta per sempre.

Ovviamente Max non sapeva esattamente le implicazioni delle sue scelte inconsce, ma voi avete il beneficio di conoscerle, e suppongo che la vostra speranza adesso sia diversa da quella di poche frasi fa.

-Nel tempo che ci metti ad insistere puoi tranquillamente correre fino a lì se è così urgente- insistette la seconda guarda.

-Ehi, non essere così cattivo, perché non lo facciamo passare e lo accompagno io?- provò a proporre la prima, cercando un modo per andargli incontro.

Lo sguardo di Max si illuminò di speranza.

Anche accompagnato a una guardia aveva la possibilità di…

Purtroppo, la speranza di Max si infranse in mille pezzi quando sentì il suono del motore di un aereo che si accendeva fuori dall’edificio, e sembrava provenire proprio dalla zona alle spalle delle due guardie.

Le ignorò completamente e corse alla finestra, per controllare se fosse proprio quello che temeva.

E per sua sfortuna, era proprio così.

Un piccolo aereo privato aveva iniziato a muoversi per andare alla pista di decollo.

Max iniziò a scuotere la testa tra sé, non credendo alla sua sfortuna, e analizzò i finestrini dell’aereo per controllare se Veronika fosse proprio lì.

C’era il 50% di possibilità che fosse dall’altra parte, e quasi 0% di probabilità che l’aereo fosse un altro, perché i sigilli ai suoi lati erano decisamente regali, e… quella lì era Veronika.

La individuò posizionata circa a metà aereo, intenta a guardare distrattamente fuori dal finestrino, con occhi spenti, e abiti eleganti. Da quella distanza Max non ne poteva essere sicuro, ma sembrava aver pianto, o essere in procinto di farlo.

-Veronika…- sussurrò tra sé, premendosi contro la finestra e iniziando a seguire l’aereo nella remota speranza che lei lo vedesse.

E dopo qualche metro, i loro sguardi si incrociarono.

“Max” la vide, o pensò di vederla, pronunciare sorpresa. Anche lei premette la mano contro il finestrino, un gesto inconsulto per provare ad afferrarsi anche a quella distanza.

Per restare ancorati l’uno all’altra.

Ma l’aereo prendeva velocità, Max perdeva la stamina, e prima che fosse pronto, arrivò ad un vicolo cieco, l’aereo proseguì, iniziando il decollo, lasciando Max fermo premuto contro una finestra, con le lacrime agli occhi, a guardare l’amore della sua vita partire per sempre, senza essere riuscito a dirle una parola, senza averla salutata, o ringraziata per il regalo, o anche semplicemente provato a parlarle dell’intera situazione senza che la rabbia si mettesse in mezzo.

-Fermati subito!- sentì una voce alle sue spalle, ma non pensò neanche potessero riferirsi a lui, dato che si era ormai fermato, ed era immobile a fissare l’aereo che diventava sempre più piccolo all’orizzonte.

Distolse l’attenzione dal mezzo solo quando sentì qualcuno prendergli con forza le braccia e mettergliele dietro la schiena.

-Che cosa…?!- provò a chiedere, confuso, ritrovandosi faccia a faccia con la guardia numero 2.

-Lo sapevo che eri sospetto! È lui il ragazzo che ha chiesto un biglietto dalla destinazione indifferente?- chiese ad un’altra figura. Max si voltò verso di essa, e notò che era la receptionist di prima.

-Sì! Continuava a fare domande su Agaliria ed era di fretta- rispose lei, molto incerta, mordendosi le unghie.

Va bene, vista da fuori la situazione era molto sospetta, Max lo ammetteva, ma uffa, era il suo compleanno, aveva appena detto addio alla ragazza che nonostante tutto era certo di amare… anzi, non le aveva neanche detto addio, non si era avvicinato all’aereo, e lo stavano arrestando, davvero?!

-C’è un equivoco, non volevo fare niente di male- provò a spiegarsi, senza fare resistenza.

La guardia numero due lo strinse più forte.

-Sì, certo, dicono tutti così! Vediamo se dopo un bel interrogatorio e qualche giorno in carcere sarai ancora così sicuro di te- lo minacciò, mettendogli le manette.

-Giorno di carcere?!- Max era incredulo.

La guardia iniziò a trasportarlo via.

-Dopo l’interrogatorio, ne abbiamo di cose da chiederti- continuò a fare il duro.

Max sospirò, ma continuò a collaborare.

Anche se era parecchio seccato.

-Che compleanno…- borbottò tra sé, sospirando rassegnato.

 

Sabato 7 Settembre

Quello di Max era stato il compleanno più strano di sempre, e Denny era esperto di compleanni strani. Fino alla fuga in aeroporto, compresa, era stato solo un po’ strano, ma niente di esagerato.

Poi era stato arrestato perché comprare un biglietto casuale è sospetto, e aveva passato il resto della giornata a cercare di convincere le guardie dell’aeroporto che no, non era un terrorista, né un giornalista in cerca di scoop sulla principessa Veronika, e alla fine la sua fedina penale era talmente pulita che gli agenti l’avevano lasciato andare con parecchie scuse e offrendogli anche una caramella come regalo di compleanno.

Quindi alla fine tutto bene ciò che finisce bene… tranne che Veronika era andata via per sempre, senza riuscire a parlare con Max. E Denny non era neanche riuscito a salutarla per bene, quindi era abbastanza abbattuto, anche perché non riusciva a contattare Mathi da quando Will era stato arrestato, e iniziava a temere il peggio.

Anche se aveva ricominciato ad uscire anche da solo, almeno la mattina, e al momento era andato un attimo al Corona per prendere un caffè prima di avviarsi nella biblioteca scolastica per prendere alcuni libri da studiare per un esame che avrebbe dato a fine mese.

Con tutto quello che era successo se n’era quasi dimenticato, quindi avrebbe dovuto lavorare il doppio per recuperare.

Immerso nei suoi pensieri, e in attesa del caffè, per poco non urlò quando sentì una mano fargli tap tap sulla spalla.

Nonostante cercasse di fare il forte e il tosto, era ancora con i nervi a fior di pelle.

Si girò di scatto verso la persona a cui apparteneva, terrorizzato, e per poco non urlò di nuovo quando si accorse che quella persona era Mathi.

Il terrore si trasformò immediatamente in gioia.

-Mathi!- lo salutò, illuminandosi.

Era vivo! Era lì! E sorrideva!

AHHHHH!!!!

L’umore di Denny all’improvviso era alle stelle.

Ma non durò molto.

-Hey, Dan, posso parlarti un secondo?- chiese infatti il ragazzo, molto incerto, e guardandosi attentamente intorno.

C’era qualcosa che non andava, Denny lo sentiva dal suo tono.

Ma cercò di non pensarci. Parlare sembrava un’ottimo piano.

-Certamente, aspetta un secondo- attese che Kodie gli finisse di preparare il caffè, lo salutò in fretta, e incoraggiò Mathi a portarlo in un luogo isolato dove parlare, sperando con tutto il cuore che non esordisse con “Will è libero da ogni accusa, ecco un biglietto per la Nuova Zelanda dove sarai al sicuro”.

Una volta lontani da orecchie indiscrete, fuori dal locale e vicino ai cespugli dove Denny aveva ascoltato la confessione di Veronika, Mathi gli sorrise incoraggiante.

-Volevo solo dirti che Will è stato accusato e imprigionato, quindi sei al sicuro- lo rassicurò, incoraggiante.

Denny sentì un enorme peso sollevarsi dalle sue spalle.

-Grazie al cielo!- esclamò, sospirando rasserenato -Cioè, l’avevo intuito quando un agente l’ha portato via ma sono felice di averne conferma- aggiunse poi, un po’ tra sé.

-Ho dovuto buttare il telefono che usavo per parlare con te per non rischiare che lo scoprissero quindi non ho potuto… aspetta, cosa?! Lo sapevi già?! Come hai fatto a…?- Mathi aveva cominciato a spiegare proprio mentre Denny parlava, e cadde dalle nuvole alla sua confessione.

Denny capì che Mathi non aveva letto nessuno dei messaggi che gli aveva scritto da quel giorno, e si affrettò a spiegare.

-Mi ha approcciato al Corona una settimana fa, voleva a tutti i costi il mio numero di telefono ma ero con Clover e lei mi ha salvato, non preoccuparti- gli disse in poche parole, evitando accuratamente di parlare della paura che aveva avuto nel vederlo lì, insistente e violento.

Cercò anche di nascondere il polso fasciato, per evitare che Mathi se ne rendesse conto, ma l’amico lo guardò interamente proprio per controllare che stesse bene, e sgranò gli occhi notando la fasciatura.

-Che hai fatto al polso?- chiese preoccupato, prendendogli la mano per osservarlo meglio, delicatamente ma con decisione.

-Ehm…- Denny esitò, e non lo guardò negli occhi.

-Oh no!- Mathi intuì cosa fosse successo, e fece un passo indietro, portandosi una mano alla bocca, sconvolto.

-Va tutto bene, è solo una leggera contusione, tra una settimana sarà come nuovo- Denny si affrettò a rassicurarlo, ma Mathi sembrava in procinto di piangere.

-Mi dispiace tantissimo! Ti avevo promesso che ti avrei protetto… è tutta colpa mia!- iniziò ad autocommiserarsi, dando le spalle a Denny e rischiando un attacco di panico.

-Mathi, guardami, va tutto bene…- Denny gli mise le mani sulle spalle e provò a guardarlo negli occhi rassicurante.

-No, non va tutto bene! Tu non dovevi finire in mezzo- Mathi si prese il volto tra le mani, e sospirò profondamente, cercando di calmarsi.

-Mathi…- Denny gli prese il volto con forza e lo costrinse a guardarlo -Abbiamo vinto! È finita! È dietro le sbarre e possiamo lasciarci tutto alle spalle- gli ricordò, gli occhi pieni di speranza.

Mathi fece di tutto per evitare il suo sguardo, ma lentamente si calmò.

-È dietro le sbarre…- ripetè, per imprimerlo nella sua mente.

-E non potrà più farci del male… almeno per un bel po’- insistette Denny.

-Hai ragione, è vero. Sei al sicuro adesso- dopo aver evitato il suo sguardo per un bel po’, Mathi provò a recuperare il tempo perso, perché lo fissò con intensità, come se cercasse di imprimere nella sua mente ogni dettaglio, e assicurarsi al tempo stesso che fosse effettivamente al sicuro, contusione al polso esclusa.

E Denny iniziò a tranquillizzarsi, per davvero.

Era andata, avevano vinto, e avrebbero avuto il loro lieto fine.

Tutto si era risolto nella maniera migliore.

Si avvicinò a Mathi per festeggiare in un modo un po’ più interessante, ma prima che potesse portare le labbra su quelle della sua ormai palese ed enunciata cotta, Mathi si ritirò, bloccandolo con la mano.

-Che c’è?- chiese Denny, confuso. Il suo cuore iniziò a battere un po’ più forte, e una pessima sensazione provò a rimetterlo all’erta, ma non voleva più farsi drammi. Ne aveva già vissuti per una vita intera.

E avevano vinto, giusto? Si piacevano, era palese. E quasi tutti i prodotti mediali insegnavano che quando gli eroi sconfiggono il cattivo poi hanno il loro lieto fine e vivono per sempre felice e contenti insieme.

Purtroppo quella era la realtà, per quanto oggettivamente a volte assurda potesse sembrare.

-Non è il caso Denny- sussurrò Mathi, con un tono di profondo rimpianto e rassegnazione.

Il cuore del ragazzo rifiutato batteva sempre più forte. Nello sguardo e nella voce di Mathi avvertiva ciò che aveva già intuito prima, quando l’aveva guardato con quel sorrisino tirato e incerto che non gli raggiungeva gli occhi.

-Perché?- chiese, con voce tremante -Abbiamo vinto, no?- mentre le parole gli uscivano dalle labbra, si rese conto di quanto ingenue fossero.

Quello non era un gioco, non era un libro e non era un film. 

Quella era una pericolosa vita, in cui Mathi era immerso, e non bastava sconfiggere un boss per risolvere all’improvviso tutta la situazione.

E Denny dubitava fortemente di avere il potere di distruggere completamente un’agenzia di quel calibro.

Eppure aveva ancora una vana e flebile speranza che tutto si potesse risolvere, che lui e Mathi potessero stare insieme.

Magari adesso Mathi gli avrebbe detto di mantenere un profilo basso per un po’, risolvere meglio tutto, e poi stare insieme.

Doveva dirgli una cosa del genere, vero?

-Denny, Will è stato arrestato, ma la mia situazione non cambia. Io sono bloccato lì, a fine mese andrò via per sempre, e stanno facendo un sacco di indagini sul lavoro mio e di Duke, non posso permettere che ti scoprano adesso. È meglio se smettiamo completamente di vederci e sentirci- ma Mathi fece tutt’altro discorso, in tono basso, con enorme difficoltà, come se pronunciare ogni parola fosse una coltellata al petto.

E anche per Denny fu altrettanto.

Le sue speranze si infransero in mille pezzi come una bambola di porcellana che viene massacrata da una mazza di metallo.

Era certo di essere a pochi istanti dallo scoppiare a piangere, ma deglutì il groppo in gola, e provò a restare forte.

Mathi aveva ragione.

Denny sapeva che aveva ragione.

E per quanto volesse ignorare la realtà dei fatti in favore della propria narrativa, sapeva fin dal principio che quel momento sarebbe arrivato, prima o poi.

Il momento di lasciare Mathi per sempre.

Di dire addio al primo amore della sua vita, al suo primo bacio, al suo primo migliore amico, che l’aveva fatto sentire al sicuro, protetto, accettato e gli aveva permesso di accettarsi a sua volta.

-Capisco- rispose, con un filo di voce, cercando di non dare a vedere la propria delusione.

Vide il labbro di Mathi tremare. Erano nella stessa identica situazione.

Era meglio allontanarsi prima che uno dei due scoppiasse effettivamente a piangere, spingendo l’altro a fare altrettanto e creando una scenata che rischiava di attirare l’attenzione e metterli in pericolo.

-Allora, Mathi… addio- Denny lo salutò, e gli diede in fretta le spalle.

Se l’avesse visto, così triste e devastato, ancora qualche secondo, sarebbe crollato.

-Addio…- lo salutò Mathi, con voce spezzata.

-Stai al sicuro- fu l’ultima cosa che Denny disse verso l’agente segreto, cercando di fargli capire di essere ancora preoccupato per lui, nonostante la rottura.

-Anche tu. Vivi un’ottima vita- gli augurò Mathi, di rimando.

Il seguito implicito era chiaro: “…anche per me, vai avanti per entrambi” e Denny provò a far entrare quell’augurio nel suo cuore, anche se dubitava sarebbe riuscito ad andare avanti tanto presto.

Decise che non era proprio dell’umore di andare in biblioteca, e si affrettò verso la fermata dell’autobus per tornare direttamente a casa e farsi un pianto sotto le coperte, luogo che ormai frequentava spesso visti tutti i suoi cuori spezzati.

Quanto a Mathi, si avviò con faccia di bronzo verso il dormitorio, ed entrò nella sua stanza cercando di non mostrare alcuna emozione a nessun passante.

Una volta dentro, però, crollò, si abbandonò con la schiena contro la porta e scoppiò a piangere.

-Qualcosa mi dice che hai parlato con Denny- lo accolse una voce impassibile dentro la stanza.

Mathi la riconobbe subito, ma ebbe comunque un istante di panico, prima di rendersi del tutto conto che a parlare era stato il suo compagno di stanza, seduto sul letto intento a leggere un libro di lingua italiana e accarezzare Apollo, che negli ultimi giorni aveva imparato ad accettare.

Senza Duke, Mathi era certo che non sarebbe mai riuscito a incastrare Will. Era abile come hacker, ma non aveva un grande talento per le azioni in incognito, e sapeva che se avesse provato da solo a spedire le prove non sarebbe mai uscito vivo da quella situazione.

Cosa che, onestamente, poteva anche accettare.

Ma se fosse morto, Denny sarebbe stato ancora più in pericolo, e non avrebbe potuto permetterlo, pertanto aveva chiesto aiuto al suo compagno di stanza, compiendo un grosso passo della fede.

Per sua fortuna Duke odiava Will quasi quanto lui, anche se aveva ricevuto molti meno abusi fisici e psicologici, per sua fortuna.

Ma ciò non lo aveva portato a disdegnare il caso del collega, e l’aveva aiutato a non lasciare traccia e a rendere le prove inconfutabili.

Era felice di avere un altro alleato, anche se non cancellava il fatto di essere rimasto senza Denny, ed era davvero tanto da sopportare.

Ormai era finita, punto.

E nel giro di poche settimane non avrebbe più visto Denny neanche di sfuggita, per sbaglio, andando casualmente nei posti che frequentava di più e spiandolo da lontano per assicurarsi che stesse bene.

-Mi è arrivato un messaggio dall’agenzia, mi hanno detto che a fine settembre sceglieranno il sostituto di Will, che diventerà il nostro supervisore anche dopo la fine dell’addestramento- Duke cambiò argomento, e si alzò per avvicinarsi a Mathi, che stava ancora piangendo a fiumi e singhiozzando, senza potersi trattenere.

-Ehi, lo so che è dura, ma pensa che almeno Denny è al sicuro. E ricorda il motivo per cui sei qui- gli suggerì Duke, senza sapere bene come rasserenarlo.

-Farmi maltrattare?- chiese Mathi, sarcastico. Non ricordava più perché avesse accettato. O meglio, lo sapeva, per i soldi e per proteggere Aggie, ma più andava avanti meno gli sembrava una buona idea.

I soldi si facevano anche in altro modo, ed evidentemente ad Aggie non ne arrivavano neanche abbastanza.

Più ci pensava, più avrebbe preferito tornare indietro nel tempo ed evitare di derubare Will e accettare la sua proposta.

Duke sembrò capire che non era molto il caso di provare a parlargli, e tornò seduto sul letto.

-Beh, almeno non sarà più Will a maltrattarti- cercò di fargli vedere il lato positivo, ma era una consolazione che non superava la tristezza.

Valeva davvero la pena continuare a vivere così?

Mathi cercò di non rimuginare su quei pensieri.

Dopotutto non poteva cambiare la sua vita, quindi perché darsi ulteriori false speranze?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Perdonate il ritardo, sto avendo giorni assurdi e super impegnati.

I compleanni in questa serie riservano sempre sorprese. L’ubriacatura nel compleanno di Felix, baci e consapevolezze in quello di Petra, confessioni in quello di Sonja, altri baci in quello di Denny, per non parlare di quello di Amabelle. L’unica a salvarsi è stata Clover. Il prossimo compleanno sarà quello di Diego, chissà se continuerà la scia di drammi di compleanno…

A proposito di Diego… tornerà finalmente nel prossimo capitolo.

Ma parliamo di questo: Felix e Mirren vanno a gonfie vele, e ammetto che il loro punto di vista l’ho scritto quasi esclusivamente perché era da un po’ che non scrivevo di loro e avevo bisogno di fluff e gioia. Sono troppo carini.

…e Mirren è me quando ho dovuto prendere la patente, è stato drammatico. Solo che a differenza di Mirren, io non ero brava ma ansiosa, ero solo ansiosa e pessima.

Poi il compleanno di Max è stato difficile da scrivere, perché era pieno di roba. Infatti ho surclassato i giochi e il resto per concentrarmi sulla trama. Se però ci tenete a vedere cosa sia successo nel dettaglio, fatemelo sapere e potrei scriverci una one shot sulla raccolta “Life Bites”.

E la scena triste da Denny e Mathi doveva comparire lo scorso capitolo ma stava uscendo lunghissimo e poi volevo finirlo con una gioia.

Lo so che sembra ancora periodo di angst, ma le cose si stanno risolvendo, giuro!

Magari la Veromax è un po’ più lenta, ma prima o poi si sveglieranno anche loro.

Abbiamo ancora quattro mesi all’orizzonte… e sedici capitoli circa.

E per rasserenarvi dopo quello che è successo in questo capitolo vi do il titolo del prossimo: “Lettere”.

A voi le conclusioni ;)

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Il proposito di Mirren si rivela più importante del previsto, Diego e Clover parlano con la stessa persona

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Capitolo 39
*** Lettere ***


Lettere

 

Lunedì 9 Settembre

Diego era tornato a Harriswood per un esame, ma aveva evitato accuratamente di farlo sapere alla Corona Crew, perché non voleva neanche rischiare di incrociare Clover, dopo tutto quello che gli aveva fatto.

Dire che fosse furioso era un eufemismo, perché non era mai stato così arrabbiato in vita sua.

Anzi, peggio che arrabbiato, era proprio deluso da morire.

Aveva fatto di tutto per Clover, l’aveva aiutata, sostenuta, ed era convinto che fossero amici, ormai, dopo quello che avevano passato in quella finta relazione.

E poteva accettare di essersi fatto dei film sulla loro amicizia, ma non aveva la minima intenzione di scusare Clover per quella assoluta mancanza di rispetto nei suoi confronti.

L’aveva messo a nudo davanti alla sua famiglia, senza consultarlo, senza fermarsi quando Diego aveva provato a zittirla. E dopo settimane di silenzio, dopo la scoperta delle lettere, e quel fastidioso “non mi piaci”, Diego non aveva più intenzione di continuare ad andare dietro a Clover come uno stupido cagnolino fedele che veniva maltrattato ancora e ancora.

Quindi era nell’ultimo posto in cui Clover poteva stare in quel momento, ovvero al Quaterfoil Bar, e stava facendo un sostanzioso pasto post-esame prima di riprendere l’auto e tornarsene a casa.

Era riuscito, con un grosso colpo di fortuna, a mantenere comunque la casetta, e alla fine aveva risolto le cose con la sua famiglia.

Certo, Coco ancora gli chiedeva perché avesse lasciato Clover dato che era convinta che si amassero, ma ogni volta che tirava fuori l’argomento, Diego aveva imparato a tirare in ballo il suo cartone preferito per distrarla, e stava funzionando egregiamente.

Sapeva, in cuor suo, che non poteva scappare in eterno, e che prima o poi si sarebbe confrontato con la ragazza che l’aveva ferito così tanto, ma sperava di farlo una volta più calmo, e una piccola parte di lui, molto silenziosa ma comunque abbastanza presente, sperava che sarebbe stata la ragazza a fare il primo passo.

Non l’avrebbe perdonata, si rifiutava di farlo, ma se Clover lo avesse cercato, gli sarebbe andata davanti, e gli avesse chiesto scusa, provando a parlargli… si sarebbe arrabbiato, l’avrebbe ignorata e le avrebbe detto “Dimmi, che si prova ad avere qualcuno che si rifiuta di parlarti?” ma dopo un po’ avrebbe accettato e, chissà, magari avrebbero potuto capire cosa fosse successo che avesse deteriorato così tanto la situazione.

…beh, Diego aveva le sue teorie.

Ovvero l’unica spiegazione.

Ovvero la notte che avevano passato insieme dopo l’aggressione.

Ma non si considerava colpevole di qualcosa. Era stata Clover a sedurlo e abbandonarlo, e non poteva neanche obiettare di essere stata ubriaca perché Diego sapeva benissimo che, per quanto nervosa, era nel pieno delle sue facoltà mentali!

Insomma, il punto della questione era che Diego non aveva la minima intenzione di vedere Clover in tempi brevi, e se l’avesse vista avrebbe preferito farlo nella circostanza in cui la ragazza lo pregava di perdonarla, anche se era un comportamento molto lontano dal suo carattere.

Di certo non voleva incontrarla per sbaglio, o cercarla lui stesso.

Quindi eccolo al Quaterfoil ad ingozzarsi per allontanarsi da lì il prima possibile.

Purtroppo per lui, una chioma corvina attirò subito la sua attenzione.

-Ciao, Diego- lo salutò, con una punta di incertezza.

Per un istante Diego si irrigidì completamente, convinto che la ragazza davanti a lui, in controluce, fosse Clover. 

E non seppe se scappare a gambe levate, urlarle contro, o ignorarla fingendo non esistesse.

Ma ci mise davvero poco a rendersi conto che, sebbene somigliasse davvero molto a Clover, la ragazza era decisamente più magra, aveva una voce più sottile, e i capelli più corti.

-Blossom?- riconobbe la sorella maggiore di colei che evitava come la peste, e si chiese ancora se fosse comunque il caso di scappare.

Ma la ragazza sorrise caldamente, con occhi brillanti e quasi commossa, quindi Diego rimandò i piani di fuga per non ferirla.

-Mi hai riconosciuto? Wow, non me l’aspettavo. Come stai?- torturandosi una ciocca di capelli, Blossom si sedette davanti a Diego senza neanche chiedere il permesso.

Non che Diego gliel’avrebbe impedito, ma… di certo avrebbe trovato una scusa per scappare da lì il prima possibile. Non che Blossom gli stesse antipatica… no, sì, gli stava un po’ antipatica, un po’ come tutta la famiglia di Clover.

Non si era dimenticato il modo in cui aveva parlato di Clover alle sue spalle quando Diego era andato alla cena, e neanche il suo accenno alle…

Un momento!

Blossom sapeva qualcosa delle lettere.

Magari Diego poteva indagare.

-Sto bene. Posso offrirti un caffè?- propose, accennando un sorriso.

Blossom sembrò illuminarsi.

-Certo! Con piacere, grazie!- esclamò, entusiasta, mettendosi più comoda sulla sedia.

Diego chiamò la cameriera a fece l’ordine.

Perfetto, l’aveva conquistata, ed era stato più facile di quanto pensasse… fin troppo a dire il vero.

Ma meglio così. Ora… come introdurre il discorso lettere senza essere sospetto? Diego era troppo aperto per queste manipolazioni mentali. Di certo Clover sarebbe stata straordinaria a far parlare Blossom.

Ugh… Clover. Diego doveva smettere di pensare a lei.

-Mi dispiace tanto per quello che è successo con Clover- mentre Diego cercava qualcosa da dire, Blossom parlò, e ci mancò poco che Diego non si alzasse e se ne andasse.

Ma poteva essere un buon punto di partenza per arrivare alle lettere.

-Figurati, non è successo niente- mentì, perché col cavolo che sarebbe andato a dire informazioni personali alla sorella preferita di Clover.

-Sì, ho sentito che eravate d’accordo, ma avrebbe dovuto parlare con te prima di rivelare tutto quanto- 

“E tu come cavolo lo sai?” avrebbe voluto chiedere Diego.

Si limitò a prendere un sorso di caffè.

-Non che io voglia farmi gli affari vostri, ma Clover è… davvero una mina vagante, e tu meriti molto di meglio- Blossom sembrò accorgersi di essere stata un po’ invadente, e cercò di rimediare prendendo completamente le sue parti, sporgendosi verso di lui e sbattendo le ciglia.

Se Diego fosse stato meno arrabbiato con Clover, probabilmente l’avrebbe difesa, ma, obiettivamente, Blossom aveva ragione. 

-Beh, sì, avrebbe potuto parlarmi- ammise, un po’ tra sé. Non si riferiva necessariamente alla rivelazione dell’accordo, ma in generale. Per tutta la crociera Diego aveva provato a parlarle, e lei non aveva mai accolto la sua richiesta. Che razza di comportamento era?!

-Infatti, è stata insensibile, ed egoista- Blossom gli diede man forte.

-Beh, un po’ egoista lo è stata- Diego le diede ragione -Sempre a dire di seguire le regole e poi era lei la prima ad infrangerle, e quando lo faceva trovava sempre una giustificazione, e non potevo lamentarmi più di tanto. Chiedeva di parlare per non rischiare di avere problemi, ma alla fine ha smesso di farlo, e…- Diego si interruppe, rendendosi conto di aver iniziato a sfogarsi e non era il caso di sfogarsi con la sorella della persona di cui voleva sfogarsi.

-Clover fa sempre così, con tutti. Il suo unico scopo sembra voler deludere nostro padre, e non ha interesse in nessuno. Mi dispiace tanto che sei finito invischiato con lei, ma dovresti essere felice che sia finita, così ora puoi andare avanti, e trovare qualcuno che ti apprezzi per quello che sei- Blossom però non sembrava disdegnare lo sfogo, e cercò di incoraggiarlo, prendendogli delicatamente la mano.

Diego la ritirò di scatto, senza potersi trattenere, ma prima che Blossom potesse lamentarsi, o Diego scusarsi, arrivò la cameriera a portare il caffè, distendendo la situazione.

Blossom iniziò a bere il caffè, con le guance rosse.

Diego non sapeva bene che dire, e alla fine provò a giustificarsi.

-Scusa, l’abitudine di stare con Clover- borbottò una scusa che non aveva senso, ma Blossom sembrò rassicurata comunque.

-Immagino, deve essere stato terribile stare con Clover, anche se per finta- continuò il dissing a sua sorella.

Diego iniziò ad infastidirsi.

Sì, okay, era arrabbiato con Clover, tantissimo, e insultarla e lamentarsi sembrava la cosa più rasserenante da fare in quel momento.

Ma lui aveva motivo di odiarla, era la sua finta ex. Perché Blossom, sua sorella, si accaniva così tanto. Clover aveva sempre parlato molto bene di lei.

-Cos’hai contro Clover?- chiese, incapace di trattenersi. Riuscì a moderare il tono in modo che sembrasse cercare un’alleata per un odio comune, pertanto non mostrò l’accusa che provava nei suoi confronti.

-Beh, è testarda, e incosciente, ed egoista. Pensa solo a sé stessa, ma immagino che già lo sai. Insomma, non è che ho qualcosa contro Clover di specifico, ma so che meriti di meglio…- 

Insomma, non ha mai fatto niente di personale verso Blossom. La sorella le parla male alle spalle senza un vero e proprio motivo.

Okay, Diego non era nessuno per giudicare le dinamiche familiari della famiglia Paik… ma Blossom sembrava ingiusta verso Clover.

…un momento, perché stava difendendo la ragazza che l’aveva sedotto e abbandonato?!

E perché la sorella di quest’ultima insisteva nel cercare di prendergli la mano.

Questa volta era troppo confuso per ritirarla subito, ed era anche troppo confuso per ribattere, quindi si limitò a guardare Blossom con un sopracciglio inarcato.

Lei non lo stava guardando negli occhi, quindi continuò senza rendersi conto della sua confusione.

-…sai, una ragazza che ti ascolti, che ti parli. Gentile, e che ti apprezzi per quello che sei, con tutto il suo cuore- le guance della ragazza erano rosse, stringeva sempre più forte la mano di Diego.

Che si sbloccò, e sgranò gli occhi.

Oh no!

Davvero Blossom stava facendo quello che Diego pensava?!

Oh, no!!!

Non ci voleva!

E che cavolo!!

-Eh… Blossom…?- provò a ritirare la mano, ma la ragazza la stringeva con forza insospettabile per quelle braccia fragili.

-Quello che sto cercando di dirti è che, Diego… io…- Blossom sollevò lo sguardo su di lui, timida e sbattendo le lunghe ciglia.

Ma incontrò solo un’espressione spaventata ed estremamente in difficoltà, quindi esitò a continuare, abbastanza da permettere a Diego di fermarla.

-Blossom, sono davvero onorato, ma… noi non ci conosciamo nemmeno- provò a rifiutarla gentilmente, ma con fermezza. 

Non aveva proprio voglia di pensare anche a quello. Ma una persona normale, nella famiglia Paik, esisteva?!

Come poteva Blossom confessare sentimenti che non aveva motivo di aver sviluppato proprio in quella situazione?! Era una specie di test, Clover l’aveva mandata per vedere che avrebbe fatto?! Ma a Clover che importava di quello che faceva Diego?! Era lui a doverla tenere d’occhio, non il contrario.

Santo cielo, la situazione era troppo assurda!

-Ma potremmo imparare a farlo! Tu mi sei sempre piaciuto, ma ero troppo timida per avvicinarti. E quando ti ho rivisto eri con Clover, ma ora non state insieme, possiamo provare a…- Blossom continuò ad insistere, avvicinandosi a lui.

-Blossom, sei una ragazza deliziosa…- forse, sotto sotto -…e sono davvero, davvero onorato, devi credermi…- o no, dato che era una bugia -…ma non potrebbe funzionare, mi dispiace- Diego rimase fermo sulle sue idee.

Non è che disdegnasse a priori l’idea di mettersi con una sorella della sua ex… okay, un po’ la disdegnava, ma in generale Blossom non gli piaceva, almeno non in quel senso. C’erano molti tratti del suo carattere che erano incompatibili con lui, e anche esteticamente non era proprio il suo tipo.

Sì, somigliava molto a sua sorella, ma Clover aveva un qualcosa di molto più affascinante. Era forte, e onesta, e non parlava mai alle spalle. Blossom… le uniche volte che Diego l’aveva vista non aveva fatto altro che parlare male di sua sorella.

No, Diego non si sarebbe mai potuto mettere con una persona così.

…cioè, neanche con Clover per ovvi motivi, l’esempio con Clover era sopraggiunto perché erano sorelle, non perché Diego avesse ancora una cotta per lei… giusto? No, non ce l’aveva! Non dopo quello che aveva fatto.

…anche se, se avessero parlato, magari…

No, Diego, riprenditi, una ragazza che hai visto due volte in croce sta esprimendo i suoi sentimenti completamente irragionevoli verso di te!

-Se è per via di mio padre non ti devi preoccupare. Sei un ragazzo veramente in gamba, e mio padre ti ha ignorato solo perché era stata Clover a portarti. Se ti portassi io saresti ben accolto. E sarei una ragazza ideale. Gentile, affettuosa, ti darei tutto quello che vuoi, qualsiasi cosa! Sono ricca, e disponibile, e…- Blossom sembrava nel panico, ed era sempre più vicina, sembrava stesse offrendo tutta sé stessa.

Ma Diego voleva una ragazza, non un trofeo, o un portafogli ambulante. Una ragazza con cui parlare, confrontarsi, litigare e poi fare pace. Che gli dicesse quando sbagliava, che lo ascoltasse quando era lei a sbagliare, e che si aprisse con lui in un momento di vulnerabilità, fidandosi abbastanza da mostrargli le sue cicatrici… no, non Clover!

Non stava affatto pensando a Clover!

Perché Clover non parlava!

(Ma se avessero parlato… magari Diego avrebbe potuto perdonarla…)

No, no, Clover non era la ragazza a cui Diego stava pensando.

Doveva smetterla di pensare a lei, anche se l’arrivo e la confessione di sua sorella lo stava rendendo difficile.

-Blossom, sono desolato, ma non sei il mio tipo. Non voglio soldi, o potere, voglio solo…- non sapeva neanche lui cosa voleva, ma per fortuna Blossom lo interruppe prima che potesse inventarsi qualcosa.

-Qualsiasi cosa sia, posso dartela! Posso essere tutto ciò che vuoi. Ti prego, dammi una possibilità- la ragazza sembrava disperata, quasi in lacrime.

E Diego trovò la parola perfetta.

-…solitudine, voglio solitudine, almeno per un po’. Non mi sento pronto ad iniziare una nuova relazione- era la pura e assoluta verità, non se la sentiva proprio di iniziare una nuova relazione in quel momento. 

-Perché? Con Clover era tutto finto…- sussurrò Blossom, sorpresa e ormai con le lacrime che iniziavano a scorrere sulle sue guance.

Diego non era fiero di aver fatto piangere una ragazza, ma non avrebbe accettato di uscire con qualcuno solo per non rendere triste quella persona.

-…è stato comunque importante- sussurrò, ammettendo per la prima volta a sé stesso quanto effettivamente fosse rimasto ferito dall’uscita di Clover.

Non solo per non averlo consultato, non solo perché non gli aveva parlato seriamente dalla notte che avevano passato insieme.

Ma perché Diego aveva sperato, fino all’ultimo, che fosse solo un momento di confusione, e che alla fine lui e Clover avrebbero potuto funzionare.

Ci sperava ancora, in realtà.

Perché Clover era la ragazza più incredibile che avesse conosciuto, pregi e difetti. E se solo fosse stata più aperta, e avessero parlato, Diego era certo che sarebbe stata la ragazza perfetta per lui.

Generosa, protettiva, intelligente e divertente. Ricca ma non per questo viziata, anzi. 

E il motivo per cui Diego non aveva insistito più di tanto per parlare con lei era che anche lui, esattamente come Clover, aveva paura. Paura che i suoi sentimenti non fossero ricambiati. Paura di aver nuovamente frainteso tutto. Paura che, se avessero parlato della notte passata insieme, Clover avrebbe sospirato e gli avrebbe detto chiaro e tondo che era stato il più grande sbaglio della sua vita, perché lei non amava Diego, e non voleva parlargli perché aveva capito che lui, al contrario, era decisamente cotto di lei.

E infatti da ubriaca non aveva forse ammesso che Diego non le piaceva?

E che non aveva risposto alle lettere di proposito?

Che illuso, doveva smettere di aggrapparsi alla speranza che fosse tutto un equivoco.

-Tu sei innamorato di Clover?- chiese Blossom, incredula, dopo parecchi secondi di silenzio.

Diego non rispose, ma il suo volto afflitto diede chiaramente conferma alla ragazza davanti a lui.

-Perché?! Dopo tutto quello che ti ha fatto?! Nonostante la sua personalità tossica? Non ha neanche risposto alle tue lettere!- Blossom iniziava ad arrabbiarsi, le lacrime continuavano ad uscirle copiosamente, isteriche.

E anche gli occhi di Diego si fecero lucidi, colpito dritto al cuore da quelle inoppugnabili verità che comunque non scalfivano i suoi sentimenti come avrebbero dovuto.

-Lo so, sono un idiota- ammise, tra sé, senza guardare Blossom negli occhi.

-Perché?!- chiese nuovamente lei, cercando il suo sguardo.

Diego sospirò.

-Non lo so. Immagino che stare con lei mi rendesse felice. Fin da quando eravamo piccoli- Diego era davvero depresso, incrociò gli occhi di Blossom, e accennò un sorrisino triste -Sai che fine hanno fatto le lettere?- le chiese, in un sussurro.

Era la seconda volta che le citava, quindi ormai non c’erano dubbi che sapesse almeno della loro esistenza. Forse Clover le aveva mostrate in famiglia, o solo alla sua sorella preferita, burlandosi dello stupido bambino che continuava a cercare la sua migliore amica.

-Come?- Blossom sembrava in difficoltà.

-Le ha mai lette? O le ha buttate senza neanche aprirle? Le tiene da qualche parte, e le legge quando vuole ridere di qualcuno? Che fine hanno fatto?- non si aspettava che Blossom avesse tutte le risposte, ma aveva bisogno di fare quella domanda, e mai come in quel momento aveva bisogno di conoscere la risposta. 

Aveva messo tutto in quelle lettere, ed era stato sciocco, lo sapeva, sperare in una risposta che mai sarebbe arrivata, da una ragazza che probabilmente non lo aveva mai considerato davvero un amico, eppure aveva continuato.

Non aveva mai perso la speranza.

Mantenne lo sguardo di Blossom per quasi un minuto, cercando di capire quanto sapesse, e aspettando che parlasse.

Poi lei abbassò la testa.

-Non le ha mai lette- rispose, in un sussurro.

Sì, Diego doveva aspettarselo. 

Perché mai leggere le lettere di un bambino che sa a malapena scrivere decentemente?

Era molto meglio buttarle direttamente.

Iniziò ad armeggiare nello zaino per prendere il portafogli, pagare e andare via da quella città il prima possibile.

Non ce la faceva più a stare lì dentro e farsi maciullare il cuore.

-Non le ha mai ricevute- aggiunse Blossom, a voce ancora più bassa, ma che colpì Diego come un fulmine.

-Cosa?- chiese, convinto di aver capito male.

Blossom sembrava davvero in difficoltà, e non riusciva a guardarlo negli occhi.

-Si è appostata davanti alla cassetta delle lettere. È andata alle poste perché pensava fossero andate perdute. È entrata nell’ufficio di nostro padre pensando le avesse requisite. Ha aspettato per anni che arrivasse una tua lettera. Ma non ne ha mai ricevuta nessuna- rispose, con voce che si faceva sempre più forte e allo stesso tempo distrutta mano a mano che andava avanti.

Diego era senza parole, incredulo.

Era come se dal suo petto di fosse levato un enorme peso… che era stato prontamente sostituito da un altro.

Non solo Clover non aveva risposto perché non le aveva proprio ricevute, ma le aveva aspettate per anni, per anni. 

Pensando che Diego si fosse dimenticato per lei.

Questo rispondeva almeno in parte ai suoi evidenti problemi di fiducia.

Non spiegava come mai da ubriaca gli avesse parlato delle lettere, ma… ufff, se solo avessero parlato prima.

E non spiegava neanche….

-Chi ha preso le lettere?- chiese infatti Diego, già consapevole della risposta, ma non volendo crederci.

Chi era a conoscenza delle lettere, e del fatto che Clover non gli avesse mai risposto? Chi era appena arrivata a confessare i suoi sentimenti a Diego pur non conoscendolo affatto? La cotta di Blossom diventava giustificabile alla luce della possibilità che avesse letto tutte le lettere indirizzate a sua sorella.

E Blossom capì dallo sguardo di Diego che lui aveva ormai capito tutto, e non c’era più modo di mentire.

Provò ad asciugarsi le lacrime, senza successo.

-Mi dispiace- disse solo, buttando qualche banconota sul tavolo e alzandosi in tutta fretta per uscire da lì.

Diego rimase solo al bar con i suoi pensieri e fin troppi soldi per pagare due caffè e un pranzo.

Anche se i soldi erano l’ultimo dei suoi problemi.

Era felice di aver ricevuto una risposta che aspettava da quindici anni.

Ma allo stesso tempo… probabilmente era troppo tardi, ormai, per sistemare tutto.

 

Sabato 14 Settembre

Mirren aveva preso la patente da pochi giorni, ma Felix continuava a cercare di scroccargli il passaggio.

Ed era difficile dirgli di no quando, per festeggiare la presa della patente, suo padre aveva regalato a Mirren una macchina nuova personale che costava davvero tantissimo.

E gli aveva anche predisposto un parcheggio personale in ufficio, proprio accanto al suo, quindi si aspettava che Mirren andasse a lavoro in auto tutti i giorni.

E ormai lui e Felix andavano a lavoro insieme.

Ergo… non poteva rifiutarsi di accompagnarlo sempre lui.

Anche se avrebbe di gran lunga preferito essere sul sedile del passeggero, e ogni tanto lui e il suo ragazzo si davano il cambio.

Siccome all’andata Felix era quasi andato a sbattere contro il bordo di una fontana perché erano di fretta, al ritorno Mirren aveva deciso di prendere il volante.

Anche se non biasimava Felix, dato che avevano passato fin troppo tempo ad approfittare dei finestrini oscurati prima di dirigersi diligentemente in ufficio.

Bisognava dire che la sua relazione con Felix procedeva molto meglio di quanto si sarebbe aspettato.

-Domani lavori?- chiese quest’ultimo, giocherellando con l’accendino. Era più di una settimana che non fumava, e aveva detto che da quel momento in poi avrebbe smesso definitivamente, fine della storia.

Anche se iniziava già ad arrancare.

E la sua iperattività si mostrava in tic nervosi e ginocchia che sbattevano tra loro.

Mirren però non ci fece troppo caso, concentrato sulla strada.

-Purtroppo sì. Ho un meeting importante e parecchi contratti da revisionare. Ma possiamo vederci la sera per un film- provò a proporre, incoraggiante.

-Tender ci tiene a fare qualcosa insieme, domani sera. Lunedì ricomincia la scuola- Felix sospirò, un po’ rattristato.

-Capisco, va bene- Mirren annuì, un po’ deluso ma comprensivo. Sapeva di non poter avere Felix sempre tutto per sé, e non pretendeva né desiderava stare con lui ventiquattrore al giorno.

Ma… si vedevano davvero troppo poco, sia a causa dei rispettivi lavori, che per i vari impegni familiari.

-Oggi la solita cena di famiglia, eh?- chiese Felix, alludendo alle cene del sabato.

Wow, sono tornate le cene del sabato, non ne parlavo dal capitolo 3.

-Sì… martedì possiamo andare a cena da qualche parte- Mirren provò a chiedere un appuntamento. Felix ci pensò un po’, poi annuì.

-Sì, va bene, dopo il corso di pittura di Tender- acconsentì, con un sorriso.

-È già ricominciato?- chiese Mirren, leggermente deluso, dato che gli sarebbe piaciuto passare anche il pomeriggio in compagnia di Felix.

-Yup… Mirren, posso parlarti di una cosa?- all’improvviso la voce di Felix si fece incredibilmente seria.

E il cuore di Mirren perse un battito.

Non si stava avverando il suo incubo più grande, vero?

Lanciò un’occhiata preoccupata verso Felix, ma rimase a guardare la strada, per non rischiare di fare un incidente.

-Certo, cosa?- incoraggiò il ragazzo a parlare, con il cuore in gola.

-Niente di grave, solo… so che la nostra relazione è un segreto, ma a volte mi sembra che eviti inconsciamente situazioni dove sono presenti le rispettive famiglie, o i nostri amici. Se domenica vuoi venire a casa mia a vedere un film con me e Tender puoi venire. E anche se ci vuoi accompagnare al corso di pittura- si spiegò Felix -Tutto quello che facevamo prima possiamo continuare a farlo- aggiunse, incoraggiante.

Mirren ritornò a respirare normalmente, poi rifletté davvero sulle parole del ragazzo, mentre arrivava davanti ad un semaforo rosso.

Una volta fermo, si girò verso di lui, e gli sorrise amorevolmente.

-Hai ragione, Felix, scusa. È ancora tutto nuovo per me. Ma vengo volentieri sia a vedere un film che al corso di pittura- accettò l’invito con entusiasmo, sentendosi molto meno abbattuto.

-Puoi anche restare a dormire se vuoi- Felix gli fece un occhiolino, e Mirren non riuscì a non arrossire.

-Felix!- si lamentò, accelerando un po’ troppo una volta che il semaforo fu tornato verde.

-Ehi, pervertito, non era niente di malizioso- si difese Felix con voce molto maliziosa -Ma sai, abbiamo sempre dormito insieme, quindi non c’è niente di strano, giusto?- continuò a giustificare la sua richiesta, e prendere la via della normalità.

Ma Mirren non voleva la normalità più assoluta.

Non nel senso che non apprezzasse l’idea di dormire con Felix, ma sapeva perfettamente che ci sarebbe stato ben poco di platonico nel dormire insieme, anche se significava dormire e basta.

E non è che non fosse pronto, solo… non era prontissimissimo, ecco. 

Più per la paura di essere beccato che per altro.

E una specie di ansia da prestazione che non aveva senso di esistere.

-Purtroppo devo rifiutare- disse solo, senza spiegare troppo il suo dilemma interiore.

Felix fece il muso, ma non insistette.

-Okay, ti capisco. Effettivamente sarebbe un po’ strano… e forse precipitoso. Però sarebbe stato carino svegliarsi insieme e prepararsi per andare a lavoro- aggiunse poi, in tono sognante.

Carino? CARINO?

Non sarebbe stato “carino”, sarebbe stato un sogno meraviglioso!

Ma Mirren si astenne da esternare la propria visione, per non incoraggiare ulteriormente scene che era il caso di rimandare per il momento.

Anche se… aspettare era dura.

Ma andava bene, meglio non correre. La relazione con Felix andava a gonfie vele, sarebbe continuata con il suo ritmo, senza forzare nulla.

“Ma non è una forzatura anche bloccare i propri desideri?” 

Gahhh, non doveva pensarci!

Per fortuna erano quasi arrivati a casa.

-Allora io vado a casa- una volta nel vialetto davanti l’abitazione di Felix, quest’ultimo si sporse verso Mirren per dargli un veloce bacio sulla guancia, e uscì in fretta dall’auto, salutandolo con la mano.

Mirren fece i successivi pochi metri che lo separavano dal suo parcheggio personale, e uscì dall’auto molto pensieroso.

Purtroppo il relax turbato dai pensieri leggermente sconvenienti non era destinato a durare.

Infatti nel momento stesso in cui entrava in casa, la trovò abbastanza in soqquadro.

Il suo primo pensiero fu “Cavolo, i ladri!” ed era già pronto a scappare verso casa Durke perché col cavolo che sarebbe stato ucciso adesso, morendo senza aver mai… coff coff… con Felix.

Ma si rese presto conto che non c’erano ladri in casa, ma un’agitatissima Petra, vestita in abiti da palestra, che stava mettendo la casa sottosopra.

-Petra, cosa stai facendo?- chiese Mirren, in tono di rimprovero.

Ma la seccatura non durò molto, perché quando Petra si girò verso il fratello, le sue guance erano rigate di lacrime, e sembrava spaventata a morte.

-Petra, cosa è successo?!- cambiò bruscamente tono e si avvicinò preoccupato alla sorella.

-Charlotte… non la trovo da nessuna parte!- Petra lo informò, nel panico.

Il mondo di Mirren sembrò crollargli addosso, mentre aveva un flashback all’ultimo giorno in cui aveva tenuto Fallon tra le braccia.

Il vero motivo per cui era stato molto restio ad accettare Charlotte a casa era che ogni volta che vedeva il cane non poteva non pensare a Fallon, e a quanto gli mancasse, ma aveva anche paura di affezionarsi troppo e soffrire ancora.

Ma c’era un elemento che non aveva messo in conto: Petra. Petra si era affezionata, in quel momento erano a ruoli invertiti, e quando Fallon si era sentita male, Petra aveva fatto tutto il possibile per aiutarla mentre Mirren era troppo sconvolto per riuscire a fare qualcosa.

Beh, questa volta era il turno di Mirren.

-Dove hai controllato?- chiese pratico, facendosi forza e tenendo strette le chiavi dell’auto in mano.

-Il piano di sotto e camera mia. Non penso sia uscita, è tardi…- spiegò Petra, nel panico.

-Controlla meglio il piano di sopra, io vado in giardino- Mirren divise i compiti, e corse fuori in cortile.

La ricerca si rivelò più breve di quanto pensasse, ma non era certo fosse una fortuna.

Trovò Charlotte fuori dalla legnaia, a terra, immobile e semi-nascosta dai cespugli.

Non c’era tempo da perdere, anche se il cuore del ragazzo batteva sempre più forte.

Controllò se respirasse ancora, e grazie al cielo il suo piccolo petto si muoveva appena. Avevano ancora un po’ di tempo.

-Petra!- urlò una volta rientrato in case, con il cane sul petto.

-Mirren l’hai… Lottie!- Petra gli corse incontro e la prese in braccio -Oddio, che facciamo?!- chiese poi, tra le lacrime e con il respiro affannato dall’ansia.

Mirren non ebbe neanche un secondo di esitazione: -Andiamo dal veterinario!- esclamò, facendo cenno a Petra di seguirlo fuori.

Non sarebbe mai stato così grato a Felix per avergli imposto di prendere la patente.

Sperava davvero che, almeno questa volta, sarebbero arrivati in tempo.

 

-Charlotte sta meglio, ma la terrò in ambulatorio la notte per accertamenti- quando il veterinario diede ai due fratelli la notizia, Petra si trattenne a stento dallo scoppiare a piangere, e strinse con forza il braccio del fratello, sollevata.

Mirren le diede qualche pacca sulla mano.

-Ci può dire cosa le è successo?- chiese, pratico, prendendo in mano la situazione.

Petra era molto rasserenata dalla sua presenza confortante. Non avrebbe saputo cosa fare se non ci fosse stato lui, soprattutto visto che, pochi minuti prima, aveva quasi litigato furiosamente con suo padre e Bonnie perché si erano lamentati della loro assenza alla cena di sabato.

Petra voleva bene a suo padre, ma quando si faceva condizionare da Bonnie era insopportabile.

-È… piuttosto complicato da spiegare, non sono del tutto certo di come sia capitato, ma temo che Charlotte si sia nutrita di una strana tossina nociva che se assunta in piccole quantità rischia di deteriorare molto lentamente la salute dell’animale. Devo dire che siete fortunati che Charlotte sia piccola, perché la quantità assunta è stata abbastanza forte da agire subito e permetterci di intervenire in tempo. Se fosse stata già più grande si sarebbe ammalata più lentamente e sarebbe stato impossibile alla fine salvarla- spiegò il dottore, pensieroso.

-Una tossina nociva che deteriora lentamente l’animale?- chiese Mirren, sorpreso.

-È anche difficile da individuare. E da trovare in natura. Non ho idea di come ne sia entrata in contatto- il veterinario scosse la testa, confuso.

E a Petra iniziò ad installarsi un forte dubbio.

-Quali sono i sintomi a lungo andare?- chiese, preoccupata.

-Problemi di stomaco, al cuore…- il veterinario si interruppe guardando i volti pieni di consapevolezza dei due fratelli -Sì, è possibile che Fallon sia venuta a mancare per la stessa sostanza- rispose quindi ai loro dubbi -Ma essendo un cane grande era impossibile per me capire le cause dell’avvelenamento, anche con esami approfonditi- si scusò, dispiaciuto.

-L’importante è che Charlotte stia bene- borbottò Mirren, a denti stretti.

-Ci sono dei documenti da compilare- il veterinario, ancora con sguardo basso e dispiaciuto, cercò di cambiare argomento, e Mirren si offrì volontario per sistemare le questione burocratiche. Petra era troppo agitata per pensarci, quindi si sedette in sala d’attesa respirando a fondo per calmare il battito del suo cuore.

L’importante era che stava bene, ma… come aveva fatto ad avvelenarsi? Una pianta strana? No, il medico aveva detto che difficilmente si trovava in natura. Le merendine che ogni tanto le dava Amabelle? Forse, ma allora perché anche Fallon si era ammalata, Mirren era sempre stato molto attento al cibo che le dava. Bonnie? 

…beh, Bonnie era effettivamente una candidata plausibile per un eventuale avvelenamento volontario. Ma forse era troppo ovvia. E soprattutto, Petra dubitava fortemente che una donna del genere avesse conoscenze tali da sapere cosa dare ad un cane per avvelenarlo senza che nessuno si accorgesse di nulla, neanche un veterinario esperto.

Non era così intelligente… giusto?

Mentre rifletteva sulle cause e si chiedeva se fosse il caso che Charlotte rimanesse con lei o andasse da Amabelle, una figura appena entrata in clinica attirò la sua attenzione.

Petra fu davvero sorpresa di vedere Mathi in città, dato che pensava fosse tornato a casa per le vacanze, visto che era scomparso da due mesi.

-Mathi?- chiese, attirando la sua attenzione.

Il ragazzo sobbalzò, e si guardò intorno quasi spaventato, prima di incontrare lo sguardo di Petra, e tornare tranquillo.

Le si avvicinò un po’ titubante. In mano aveva un manifesto.

-Ciao, Petra, quanto tempo- la salutò, un po’ incerto.

-Hai perso il coniglio?- chiese Petra, preoccupata.

-Oh? No! No, lo metto in adozione- Mathi le mostrò il foglio, con tutte le informazioni.

Petra lo guardò quasi offesa.

-Perché?- chiese, sorpresa.

-Tu che ci fai qui?- Mathi cambiò bruscamente argomento.

-Il mio cane non è stato bene, ma se l’è cavata- spiegò Petra, continuando a guardarlo con sospetto.

Mathi era davvero un tipo strano.

-Oh, mi dispiace tanto. Cos’ha avuto?- chiese, sedendosi accanto alla ragazza.

Petra valutò se dirgli tutta la verità, ma non era un segreto, e dubitava fortemente che Mathi potesse essere un problema, anzi. Magari poteva aiutarla a riflettere.

-Una qualche tossina nociva, non capiamo come l’abbia assunta, però- spiegò brevemente, tornando pensierosa.

Mathi rimase a bocca aperta.

-Bonnie- disse poi, ovvio, di getto.

Petra si girò di scatto verso di lui, sorpresa.

Mathi non conosceva Bonnie, che ne sapeva?

-Come, scusa?- chiese, sorpresa.

-Cioè… insomma… non voglio lanciare accuse, scusa, ma ho solo pensato che visto che ha una laurea magistrale in chimica, forse è la candidata più sospetta, ma mi dispiace se ho fatto assunzioni senza…- 

-Aspetta, cosa?!- Petra si alzò di scatto, sconvolta. Mathi fece altrettanto, indietreggiando allarmato.

-Scusa- Mathi mise le mani avanti, un po’ spaventato.

Ma Petra non aveva niente da dirgli di male, né voleva picchiarlo. Certo, era un po’ sospettosa perché che ne sapeva Mathi di Bonnie, ma l’informazione che si era lasciato sfuggire era più importante dei motivi per cui la conosceva.

-Bonnie ha una laurea magistrale in chimica? Bonnie Clyde?! La mia matrigna Bonnie?!- chiese, per sicurezza.

Insomma, Bonnie si era messa a studiare chimica? Chimica? Una materia scientifica e super difficile? E si era addirittura laureata?!

-…sì, non lo sapevi?- Mathi era confuso quanto lei. Strinse nervosamente il manifesto tra le mani.

-No, e chi se lo sarebbe mai aspettato?! Bonnie che studia chimica?! Questo cambia tutto! Non è solo sospetta! È chiaramente stata lei, e se si scopre che non è stata lei ma qualcuno di improbabile significa che questa storia è scritta male, perché davvero, non ci sono più dubbi, Lottie è stata avvelenata da lei, per forza!- Petra iniziò ad infiammarsi, non letteralmente.

Mathi sembrava sempre più preoccupato dalla sua veemenza, ma Petra era troppo esagitata per accorgersi dei segnali preoccupanti del ragazzo.

Rimase il resto del tempo di attesa a pensare al modo migliore per smascherare la donna, il prima possibile.

Bonnie non avrebbe più dettato legge a casa loro, poco ma sicuro.

#BastaBonnie!

 

Mercoledì 18 Settembre

Clover non aveva molta voglia di tornare a casa, in realtà, ma dagli Sleefing si iniziava a stare stretti, e purtroppo suo padre le aveva tagliato i fondi, quindi non poteva neanche affittare una casa dove trasferirsi in pianta stabile.

Non che fosse diventata povera dal giorno alla notte, dato che aveva ancora milioni di dollari nei suoi conti personali, ma non voleva sprecarli, e se ritornava a casa suo padre le avrebbe sbloccato la carta bloccata, e Clover voleva fare un ultimo acquisto con i soldi del genitore prima di abbandonare definitivamente il tetto paterno.

Insomma, il punto era che al momento era a casa sua, in camera, intenta a sistemare la valigia e prepararne un’altra da utilizzare nel caso fosse dovuta scappare all’improvviso dopo un litigio particolarmente acceso.

Bisognava sempre essere previdenti, con suo padre.

Ad accompagnarla a casa, con molta gentilezza, era stato Rich, il padre di Max, che in ogni caso aveva un lavoro da fare nel giardino della villa. 

Sembrava triste nel lasciarla andare, ed era stata la prima volta che Clover si era sentita così voluta sotto al tetto di qualcuno… beh… la seconda.

Perché, sebbene un po’ falsati dalla finta situazione, i Flores erano stati davvero accoglienti nei confronti di Clover, e alla ragazza ancora si stringeva il cuore pensando che difficilmente li avrebbe rivisti.

Ma non era il momento di pensare a Diego, ci pensava già abbastanza (quasi ogni momento in cui non aveva la mente impegnata a fare altro… e lo vedeva spesso anche nei suoi sogni), era meglio riflettere su come continuare la sua vita e risolvere i propri errori.

Certo, avrebbe voluto parlare con Diego e magari scusarsi, ma Clover dubitava che lui l’avrebbe voluta rivedere tanto presto, quindi era meglio rimandare, e non era una scusa per evitare di affrontare la situazione (era palesemente una scusa per evitare di affrontare la situazione).

Uff, basta pensare a Diego!

Vivi la tua vita!

E pensa ad altro.

Tipo a Rich… sì, il padre che avrebbe voluto avere, e che al momento Clover poteva vedere dalla finestra intento a potare un cespuglio e a parlare con sua madre.

Clover si affacciò con curiosità. Sapeva che sua madre e Rich avevano un buon rapporto, ma era stata eccessivamente grata per l’aiuto, e raramente si tratteneva in giardino così a lungo.

…Okay, probabilmente a Clover stava venendo una Amabellite, o semplicemente vedeva solo quello che voleva, e voleva che Rich fosse suo padre, perché iniziò quasi a pensare che sarebbero stati davvero una bella coppia.

Magari poteva chiedere qualche consiglio spassionato ad Amabelle.

-Clover, sei tornata- una voce appena arrivata alla porta la distolse dai suoi intricati e complottisti pensieri, e sobbalzò sorpresa, girandosi con aria colpevole verso la persona a cui apparteneva la voce.

Tirò un sospiro di sollievo quando si rese conto che era Blossom, l’unica persona che non le dispiaceva vedere in quel momento.

Dall’espressione timorosa della sorella, Clover intuì che il piacere non fosse reciproco, ma ignorò la consapevolezza. Dopotutto Blossom sembrava sempre un po’ spaventata da tutto, le sue emozioni erano sempre molto difficile da capire.

-Ciao, Bloss! Sì, per il momento, ma non so quanto durerà- rispose, alzando le spalle in tono indifferente, ma sorridendo alla sorella e facendole cenno di entrare.

Blossom rimase ferma davanti alla porta.

-Non me lo aspettavo- commentò solo, torturandosi le mani.

Più che spaventata sembrava… colpevole? Ma Clover non avrebbe saputo dire di cosa, quindi decise di ignorare la questione.

-Lo so, è un periodo strano. Tu che mi racconti? Come stai? Sono secoli che non ti vedo! Stai mangiando? Ti vedo sciupata- commentò, squadrandola preoccupata con attenzione e bloccandosi leggermente quando si rese conto che aveva usato le stesse parole che utilizzava sempre nonna Flora con lei. Si irrigidì, ma sperò che Blossom non lo notasse.

-Mangio fin troppo. Ho messo su un paio di chili- commentò lei, molto a disagio.

-Ottimo! Non potresti darmi notizia migliore di questa. Che mi racconti?- Clover insistette con la conversazione, incoraggiante.

Era la sorella minore, e odiava la sua famiglia, ma Blossom era un po’ un’eccezione, e in Clover nasceva sempre l’istinto di aiutarla e proteggerla, perché era chiaro che non fosse in grado di proteggersi da sola. Era gentile, a volte fin troppo, ma non aveva occasioni di dimostrarlo perché finiva sempre per cadere negli schemi e nelle aspettative di suo padre. 

A differenza di Aloe, che era la sua protetta, e di Clover, che era la sua delusione più grande, Blossom, la figlia di mezzo, era completamente dimenticata. Faceva quello che doveva, ma non lo faceva abbastanza bene, quindi non era che un posto in più a tavola, una camera occupata, e qualche spesa da pagare. Solo un paio di zeri in più nel conto enorme di Taemin Paik. 

E Clover era l’unica che si ricordasse di includere anche lei, molto spesso.

Certo, doveva spezzare una lancia a favore di sua madre, bisogna dirlo, perché Myrtle è sempre stata attenta a tutte le sue figlie, che chiaramente ama in egual modo, ma non ha mai avuto la forza di proteggerle per davvero, di andare contro al marito, e di incoraggiarle come avevano bisogno.

Ciò che differenzia Blossom da sua madre, agli occhi di Clover, è che la prima deve essere protetta da Clover, mentre la seconda dovrebbe essere la figura a proteggerla.

Blossom è una collega nel mondo familiare di Clover, mentre Myrtle è uno dei capi. E se il capo non sa che fare per aiutare i sottoposti, come possono andare avanti nel lavoro?!

Ma metafore a parte, Clover teneva molto a sua sorella, e si fidava abbastanza di lei. Non tanto da rivelarle un segreto, ma abbastanza da non pensare neanche per un secondo che Blossom potesse volerle fare del male volontariamente.

Ed era raro nella famiglia Paik.

-Posso farti una domanda, Clover?- Blossom ignorò la domanda, e rigirò la frittata.

Cosa molto inusuale, i sensori inconsci di Clover iniziarono ad avviarsi.

Smise di sistemare i vestiti per dare alla sorella la sua totale attenzione.

-Certo, chiedi pure- la incoraggiò, anche se forse non era il caso di farlo. Clover non sapeva perché, ma iniziava a pensare che la discussione sarebbe andata in luoghi pericolosi e inesplorati.

-Posso sapere cosa è successo esattamente con Diego?- ed infatti la domanda che fece Blossom fu l’ultima a cui Clover avrebbe voluto rispondere. 

Evitò immediatamente il suo sguardo, e sospirò. Non voleva pensare a Diego! Che cavolo! Perché Blossom era così interessata a Diego?!

Iniziò a mordicchiarsi il labbro inferiore cercando un modo per evitare la domanda, ma alla fine decise di optare per l’onestà.

Un’onestà molto poco approfondita, ma onesta.

-Ho fatto un po’ un casino- ammise, sperando di non essere diventata troppo rossa nell’ammettere le sue mancanze, e guardandosi intorno per assicurarsi che non si fossero microfoni nuovi nascosti insieme alle telecamere.

Blossom sembrò estremamente sorpresa dalla sua ammissione di colpevolezza. E in effetti lo era anche Clover.

-Tu? Hai fatto tu il casino?- chiese per essere sicura.

-Senti, Blos, che resti tra noi, ma… se tornassi indietro, farei molte cose diversamente- ammise, buttandosi drammaticamente sul letto per non guardare la sorella in volto.

La ragazza le si avvicinò titubante.

-Cosa?- indagò ulteriormente, confusa.

-Beh, innanzitutto gli chiederei come prima cosa perché non mi ha mai scritto!- rispose senza esitare -Tu ovviamente non ti ricordi, ma era il mio migliore amico d’infanzia, e il giorno in cui ci siamo salutati per l’ultima volta mi aveva promesso che saremmo rimasti amici di penna- cominciò a spiegare, facendosi avvolgere dai ricordi.

Si ricordava la scena come se fosse ieri. Clover aveva dormito da lui, ma anche quando un autista era passato a prenderla, si era rifiutata di andarsene finché i Flores non fossero partiti.

Era stata una notizia abbastanza improvvisa per tutti, quindi non c’era stato troppo tempo per i preparativi, e Clover sapeva benissimo che stava dando fastidio, con la sua presenza. Ma Maria e Julio non glielo avevano fatto minimamente pesare, e anzi avevano incoraggiato Diego a passare più tempo possibile con la sua migliore amica.

Diego non aveva smesso per un secondo di piangere, e Clover l’aveva preso in giro in maniera molto amichevole perché non era un addio, si sarebbero rivisti presto, e sarebbero stati sempre in contatto perché erano amici eterni.

Avevano passato la mattinata nel giardino a discutere sulle possibili avventure che avrebbero fatto insieme quando Clover sarebbe andata a trovarlo, e la nuova casa, che Clover pensava sarebbe stata un castello, mentre Diego sperava in un cottage realizzato di dolci.

E poi, quando Maria l’aveva chiamato l’ultima volta, con urgenza, perché dovevano proprio andare via, lui e Clover si erano diretti mano nella mano verso l’auto il più lentamente possibile.

E a pochi metri di distanza, Diego si era fermato, si era guardato intorno, e aveva raccolto qualche fiore da terra.

-Non ti scordar di me- le aveva detto, porgendoglieli.

-Ovvio- aveva risposto Clover, senza capire.

-No, è il nome del fiore. Una promessa per restare amici per sempre. Non dimenticarmi, okay. Ti scriverò una lettera appena arrivo, ti dico l’indirizzo, così poi  mi rispondi- aveva proposto, speranzoso.

Clover aveva afferrato i fiori, che aveva infilato nel taschino con cura.

-Okay, allora aspetto la tua prima lettera- gli aveva sorriso, molto più rassicurata, accompagnandolo infine alla macchina.

Si erano salutati dal finestrino fino a perdersi completamente di vista.

E alla fine, nel viaggio in macchina fino a casa sua, Clover aveva pianto, sfogando tutto quello che aveva trattenuto nel suo tentativo di rassicurare Diego.

Perché Diego era sempre stato importantissimo per lei. Il suo migliore amico, una specie di fratello ma non proprio. E l’unico conforto ricevuto per la sua partenza erano stati alcuni fiori e una promessa.

Una promessa che per quindici anni non credeva avesse mantenuto.

Clover sospirò, scosse la testa per non pensare al triste momento infantile, e tornò al presente.

-Aspettavo quelle lettere con trepidazione, ma non sono mai arrivate…- aggiunse, con tristezza.

Certo, poi aveva scoperto che esistevano, ma non erano arrivate a lei, precisamente.

Era ancora un enorme mistero dove fossero finite. Soprattutto perché Clover aveva messo in conto suo padre o Aloe che volevano giocarle un tiro mancino, e non credeva ci fossero altri sospett…

Un momento…

Clover lanciò un’occhiata obliqua alla sorella, e notò che il suo nervosismo sembrava aumentato esponenzialmente.

Ma non poteva essere, vero? Che bisogno aveva Blossom di rubare le lettere di Clover? Che poteva ottenere?! Non faceva mai nulla con malizia.

-Sai…- continuò a parlare di quell’argomento, provando comunque ad ottenere ulteriori informazioni -…la cognata di Diego mi ha detto che in realtà mi ha scritto numerose lettere nel corso degli anni, e che teoricamente erano arrivate a destinazione. Non è che per caso tu ne sai qualcosa?- indagò, con nonchalance. La sottigliezza non era il suo forte, e infatti Blossom si chiuse a riccio, e impallidì.

-Perché ti interessa così tanto? È acqua passata, no? E poi tu e Diego non stavate insieme davvero, che t’importa se quindici anni fa ti ha scritto qualche lettera?!- si mise istintivamente sulla difensiva, e fece un piccolo ma chiaro scivolone.

-Cavolo, Blos, che memoria. Non ho mai detto che sono passati quindici anni- glielo fece tempestivamente notare, e Blossom impallidì ulteriormente, e fece qualche passo indietro, sentendosi in trappola.

Clover si mise seduta sul letto, ma rimase in posizione rilassata, per non darle l’impressione che sarebbe potuta saltarle addosso da un momento all’altro.

-Uh… ho tirato a indovinare- provò a difendersi, guardandosi intorno in cerca di una via di fuga.

Sebbene la rabbia di Clover iniziasse a farsi sentire, non riusciva ad esprimerla con sua sorella. 

Si sentiva tradita, e furiosa, e delusa come non si era mai sentita in vita sua, ma allo stesso tempo nella sua mente era tutto soffocato da una semplice domanda: “Perché?”

Cercò di rispondere prima alla domanda che Blossom le aveva posto poco prima, abbassando i toni e provando a non spaventarla ulteriormente.

Voleva risposte, e con Blossom non si ottenevano con minacce, ma con pazienza.

…forse avrebbe dovuto chiamare Max, perché Clover e la pazienza erano su due binari paralleli.

Provò comunque a evocare la poca che aveva.

-Per rispondere alla tua domanda, mi interessa per un motivo molto semplice: io sono innamorata di Diego- era molto strano dirlo ad alta voce, ma era l’inoppugnabile verità, ed era quello che aveva bisogno di far capire a Blossom -…e ho fatto un gran casino, e sicuramente non avremo futuro insieme, ma capire i motivi che ci hanno allontanati è il primo passo per provare ad andare avanti, e ho davvero, davvero tanto bisogno di capire per quale motivo sono stata tenuta lontana dal mio migliore amico. Ti prego, Blos, dimmi che almeno c’era un motivo, e che non l’hai fatto solo perché mi odi- Clover provò a non piangere, ma si sentiva tradita. E non si aspettava che tale tradimento venisse proprio da Blossom. La sorella gentile, la ragazza tranquilla, che non avrebbe fatto male a una mosca.

Probabilmente conosceva sua sorella molto meno di quanto pensasse.

Blossom abbassò la testa, e non trattenne le lacrime, che non provò neanche ad asciugare.

-Non è stata colpa mia!- iniziò a giustificarsi, con voce tremante.

-Non voglio darti una colpa- “Anche se ne avrei tutto il diritto, che cavolo!” -Voglio solo sapere cosa è successo, ti prego- Clover si alzò e le prese le mani tra le proprie, per incoraggiarla ad essere sincera e apparire pronta al perdono e all’accettazione.

Alla fine, Blossom cedette.

-È partito tutto da Aloe- confessò, mettendo in causa la sorella maggiore.

-Aloe? Le ha rubate tutte lei?- chiese sorpresa. Ormai dava per scontato che fosse Blossom l’artefice del furto.

-No, ma… quando è arrivata la prima lettera, Aloe era in giardino, ed ero con lei, e le sembrava divertente prendere le lettere per giocare a fare i grandi. L’obiettivo era smistarle e poi consegnarle ai destinatari. Ma quando ha visto la tua lettera da parte di Diego… ha voluto leggerla, e voleva farti uno scherzo- Blossom cominciò a spiegare.

Una cattiveria gratuita, altroché.

-Che c’era scritto?- chiese Clover, senza trattenere la curiosità.

-Che gli mancavi, e che era felice di vivere con suo nonno anche se avrebbe preferito stare con te. Ti ha chiesto se volevi venire a vivere dai suoi nonni con lui e poi ha scritto l’indirizzo in attesa di una risposta- Blossom raccontò con molti più dettagli di quanto Clover si aspettasse.

Era come se conoscesse a memoria il contenuto della lettera. Ma come poteva? Erano passati quindici anni.

-Comunque… ha fatto così per un paio di giorni, poi però ha perso interesse, e ha lasciato perdere. E a quel punto…- Blossom si interruppe, a disagio.

-Le hai rubate tu, vero? Ma perché?- Clover voleva solo sapere il motivo! 

E dopo qualche secondo di silenzio e di lotta di sguardi, Blossom cedette.

-Ero gelosa, okay?! Tu ricevevi tutte quelle lettere bellissime, e io non ho mai ricevuto niente, da nessuno. E quando leggevo Diego, che mi diceva di quanto gli mancassi, e mi raccontava la sua giornata, e la sua vita, e mi chiedeva di raccontare la mia… mi sentivo felice. Non volevo tenerle nascoste a te, ma non riuscivo a smettere di intercettarle, e leggerle, e tenerle nel mio cuore- esplose, e Clover si staccò di scatto da lei, e la guardò sconvolta.

-Aspetta un momento… tu sei innamorata di Diego?- chiese, incredula. Era l’ultima cosa che si sarebbe aspettata.

Blossom scoppiò definitivamente a piangere a singhiozzi, e seppellì il volto tra le mani.

-Non gli piaccio neanche un po’! Ho provato a parlargli ma non vuole saperne nulla di me- si lamentò, devastata.

-Hai visto Diego?!- Clover era sempre più sconvolta, e non sapeva su cosa concentrarsi prima.

Doveva consolare Blossom, quella traditrice? Chiedere come stesse Diego? Ritornare alle lettere?

-Come può essere ancora così interessato a te, dopo tutto quello che gli hai fatto?!- Blossom sollevò la testa verso la sorella, guardandola con gelosia e risentimento.

E la mente di Clover si zittì.

Quest’ultima affermazione era l’ultima che si sarebbe aspettata di ricevere.

Diego… interessato… a lei?

Le due sorelle si guardarono per qualche secondo, mentre la bomba appena sganciata si assestava nel cuore di Clover.

E alla fine, la ragazza aveva una sola domanda per Blossom.

-Dove sono le lettere?- chiese, in un sussurro.

Doveva leggerle, doveva necessariamente leggerle, non poteva più fingere che non esistessero.

Doveva capire Diego, e rispondergli, e scusarsi, e non sapeva se fosse ormai troppo tardi, ma doveva quantomeno tentare.

E… voleva. Voleva leggerle con tutto il cuore.

Blossom rimase qualche secondo congelata sul posto, poi fece dietro front, e uscì dalla stanza.

-Blossom!- Clover provò a seguirla, ma la sorella era più veloce di quanto si pensasse, e la seminò in fretta.

Al ché, Clover tornò in camera, e seppellì il volto nel cuscino, cercando di mettere ordine nella sua testa.

Diego le aveva scritto, e fin qui lo sapeva. Ma mai si sarebbe immaginata che la sua sorella preferita avrebbe rubato le lettere tenendole per sé, perché si era convinta da sola di essere il recipiente per l’amore di Diego.

Ma poteva davvero biasimare Blossom per le sue illusioni? Era una ragazza fondamentalmente sola. Non aveva mai avuto veri amici, i genitori la ignoravano, e anche le sorelle. Clover provava a renderla partecipe, ma non faceva poi un così grande lavoro, lo sapeva. E poi, obiettivamente, Blossom sarebbe stata un match migliore di Clover, per Diego. Era una ragazza tranquilla, gentile, che meritava più di lei una famiglia affettuosa. Sicuramente sarebbe andata più d’accordo con i Flores, e con Paola.

Un bussare alla porta interruppe i pensieri che denotavano una bassa opinione di sé, e si assicurò di non aver pianto, prima di incoraggiare quella che probabilmente era sua madre ad entrare.

-Avanti- disse, con nonchalance, ricominciando a sistemare.

Con sua grande sorpresa, dall’altra parte della porta si presentò nuovamente Blossom, con un elegante e abbastanza pesante baule di legno.

Clover la fissò incredula, il suo cuore iniziò a battere forte nel petto.

-Sono tutte qui- sussurrò Blossom, con sguardo basso.

Clover per un attimo esitò. Poteva davvero leggere le lettere? E se il loro contenuto non fosse stato abbastanza? Se fosse ormai troppo tardi? Se leggere le avesse solo dato rimpianti? Era giusto nei confronti di Diego? Beh, le aveva scritte per lei, quindi era giusto che le leggesse, ma comunque...

Alla fine però si avvicinò alla sorella, e le prese il baule dalle mani.

-Prenditi cura di lui- le sussurrò Blossom, quasi tra sé.

Clover posò il baule a terra, e fece l’ultima cosa che entrambe le sorelle si sarebbero aspettate da lei.

Si avvicinò in fretta a Blossom e l’abbracciò, stretta, con forza, dimostrandole che l’aveva già perdonata.

E a Clover il perdono non veniva facile, soprattutto dopo un tradimento.

Ma capiva Blossom, ed era felice che alla fine le avesse restituito ciò che era suo di diritto. Potava solo immaginare quanto fosse stato difficile per lei.

-Grazie- le sussurrò all’orecchio. Dopo un istante di incredulità e confusione, Blossom ricambiò l’abbraccio, stringendola forte e seppellendo il volto sulla sua spalla.

Rimasero quasi un minuto strette l’una all’altra, poi Blossom si allontanò, molto più tranquilla, e uscì definitivamente dalla stanza.

Clover si sedette sul letto, e prese il baule, con mani tremanti.

Era il momento della verità, di leggere le lettere che Diego, il suo migliore amico d’infanzia, le aveva scritto nel corso degli anni.

Non credeva che quel momento sarebbe mai arrivato, ma eccolo lì, per davvero, e Clover aveva paura.

Ma si fece forza, prese la prima busta di lettere, che erano state accuratamente ordinate dalla prima all’ultima, e iniziò a leggere.

“Cara Clover, siamo arrivati a casa dei nonni! Non è né un castello né fatta di dolci, ma è molto grande, e ha un giardino, quindi eri arrivata più vicina tu alla realtà.

Sono felice di vivere con il nonno, ma mi manchi già tanto, anche se non ti vedo da un giorno.

Ci siamo sistemati a casa ma dobbiamo ancora fare tutto quanto. Però volevo scriverti subito quindi non ho molto da raccontare. Sono triste ma sono anche felice e vorrei che fossi venuta con me. Ho chiesto a mamma se puoi vivere anche tu qui e lei ha riso e ha detto che è una tua scelta e dei tuoi genitori. Tu vuoi vivere con me? Nonno Arturo ti piacerà, giuro! Ti scrivo l’indirizzo a cui rispondere, così iniziamo a scriverci sempre! Domani ti invio un’altra lettera!”

Era breve e piena di errori grammaticali, ma fu abbastanza da far scoppiare Clover in lacrime.

Quello era il suo Diego, il Diego che viveva solo nei suoi ricordi, e che a volte si era chiesta se fosse stato davvero reale o solo una sua visione eccessivamente meravigliosa.

Ma era lì, nero su bianco.

E sebbene fosse quindici anni in ritardo, Clover non riuscì a trattenersi dall’andare alla propria scrivania, prendere un foglio bianco, e scrivere una risposta.

Non poteva deludere nuovamente quel bambino, anche se dubitava le risposte sarebbero mai state lette da qualcuno.

Una volta finita la prima lettera di risposta, Clover passò a leggere le altre di Diego, una alla volta, senza riuscire a fermarsi se non per rispondere immediatamente, per sfogarsi, per sentirsi meno in colpa, perché era la cosa più naturale del mondo, che non riusciva ad esimersi dal fare.

“Cara Clover, non mi è ancora arrivata una risposta ma la mamma mi ha detto che probabilmente è per via dei tempi di consegna. Scrivere una lettera al giorno forse non è l’idea migliore, ma devo troppo dirti quello che mi succede. Però se vuoi puoi rispondere solo ad alcune con il riassunto, tipo, non so. Comunque oggi nonno Arturo mi ha mostrato come annaffiare il giardino e l’ho aiutato, sono molto contento, anche se mi manchi. Gli ho parlato di come tu saresti stata bravissima, gli piaceresti tanto, non vedo l’ora di presentartelo. Tra qualche giorno ricomincia la scuola e sarà strano andare senza di te. Poi mi devi raccontare come sarà la scuola lì…”

“Cara Clover, non so se leggerai la lettera, probabilmente no, ormai è passato un anno da quando ho iniziato a scriverle, ma spero che ti arriverà almeno questa. Oggi abbiamo fatto una grande cena in famiglia, con alcuni cugini da parte di mamma. Non ricordo mai tutti i nomi, e faccio sempre brutte figure. Ma mi diverto sempre con tutti. Poi abbiamo ospitato la sorella di mamma perché suo marito è scappato… tipo… non so. Però mio cugino Noah è simpatico. Ha l’età di Miguel, credo. Non so … Come sempre ti scrivo anche l’indirizzo, nel caso questa lettera ti arrivasse”

“Cara Clover, oggi sono andato alle poste con mamma per capire se le lettere arrivavano a destinazione, e hanno detto che sono arrivate senza dubbio, perché non rispondi? Non sai come rispondere? Aspetta che ti scrivo le istruzioni, ormai sono esperto: scrivi una lettera su un foglio bianco, compri una busta, scrivi l’indirizzo in questo formato:…”

“Clover! Non ti scrivo da un mese, lo so, è tanto, ma tanto tu non rispondi, quindi magari non lo hai notato. Comunque, ti devo dire la cosa più bella del mondo!! Mamma ha partorito il mio nuovo fratellino! Oliver! È un bambino troppo carino, lo adoro! Non vedo l’ora di insegnargli tante cose, e giocare insieme ai videogiochi, e altro. Che bello! Ho un fratellino!!”

“Ugh, Clover, ti scrivo per dirti che sei fortunata ad avere solo sorelle più grandi, perché Oliver piange sempre, e mi da proprio fastidio. Juanita non era mai così rumorosa! O forse non me ne accorgevo perché ero piccolo. Posso venire da te per tre o quattro anni?”

“Clover, ultimamente ho iniziato a scrivere meno, ma sai com’è, la vita, gli amici, che non sono te perché almeno loro mi calcolano. Sono all’ultimo anno di scuole medie, ormai, sono impegnato. Comunque, magari stavolta mi risponderai, che ne so. Oggi Juanita ha perso un dente ed era entusiasta, pronta per la fata del dentino. Le ho provato a dire che in realtà è un topo, ma lei ha paura dei topi, quindi i miei genitori le stanno mentendo. Eppure i topi sono così carini! Ricordi quando abbiamo trovato quel topo e volevamo addestrarlo? Poco tempo fa ho visto Ratatouille e mi è venuta ancora più voglia di creare un esercito di topi personale. Anche se non mi lamento della cucina di mamma. È molto brava. Anche se nulla batte i churros di nonno Arturo! …”

“Sbaglio o sono passati parecchi mesi dall’ultima lettera? Beh, inizio a pensare che sia uno spreco di carta, ma comunque ti scrivo perché oggi io e il nonno abbiamo finito la casetta! Ha fatto quasi tutto lui, è vero, ma l’ho aiutato tanto, ed è molto carina. Il nonno l’ha fatta come rifugio per tutti, ma è implicito che quando sarò grande voglio vivere lì. Non è spaziosa, e quando sposerò Sheila e avremo figli dovrò trasferirmi, ma per un po’ dovrebbe andare, dai! Per i primi anni di matrimonio, almeno. Poi magari potremmo ingrandirla un po’ per farci entrare anche i figli. Ah, sì, con Sheila le cose vanno benissimo! Anche se vuole fare un liceo diverso dal mio, e la cosa mi preoccupa un po’…”

“Ciao Clover, quanto tempo. Spero che tu abbia ignorato l’ultima lettera (e sono convinto di sì) perché io e Sheila ci siamo lasciati, e non riesco a credere di esserci rimasto così tanto insieme! Ero piccolo! … vabbè, dai, questa probabilmente è l’ultima lettera”

“Clover, è nata Coco. È bellissima, le voglio un bene infinito, e grazie al cielo la gravidanza di mamma è andata bene! Abbiamo avuto tutti davvero paura quando è andata in travaglio troppo presto. Niente, volevo dirtelo, anche se non ti scrivevo da due anni… strano come vada il mondo. Ho una vita fuori di te, eppure sei sempre la prima a cui penso quando mi succede qualcosa di importante. Mi sento davvero un idiota. Ma questa è l’ultima lettera, promesso”

“Clover, sono passati quattro anni, lo so. Ma devo dirtelo. Nonno Arturo non c’è più. Probabilmente a te non interessa, ma era meglio informarti che non lo incontrerai mai più… perché ti ho scritto?! A te tanto non importa assolutamente nulla di me! Spero che questa lettera non ti arriverà mai! Avevo solo bisogno di sfogarmi, tutto qui! Con qualcuno che difficilmente mi risponderà con le solite frasi fatte. …ma se riceverai questa lettera, e ti andasse di rispondere… questo potrebbe essere il momento migliore per rispondere, ti prego! …lascia perdere, questa è l’ultima lettera, per davvero stavolta”

E fu davvero l’ultima.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

FINALMENTE!!!

Aspettavate questo momento con trepidazione, lo so. E lo so perché quando ho fatto il terzo sondaggio, e vi ho chiesto cosa non vedevate l’ora accadesse, al secondo posto, dopo “Denny che ammette la propria sessualità” c’era “Clover e Diego chiariscono sulle lettere”.

E… okay, non hanno ancora chiarito, ma ormai i pezzi del puzzle sono tutti lì, devono solo rimettersi insieme, e con rimettersi insieme non intendo i pezzi del puzzle, ma Clover e Diego. Per davvero stavolta, però!

Ma a parte questo, parliamo di Blossom… quanti la odiano? E a quanti, invece, fa pena? Io propendo più per la seconda, perché è un personaggio viscido e traditore, ma allo stesso tempo è fragile, insicura, ed è sempre vissuta all’ombra di entrambe le sorelle.

Non ha preso le lettere con cattiveria, ma apprezzava quello che Diego scriveva, amava credere che quel ragazzo stesse in realtà scrivendo a lei.

Questo non giustifica quello che ha fatto, ma almeno le da una motivazione.

Passando a Mirren e Petra… troppi cani rischiano la vita in casa Hart, è sempre brutto da scrivere.

Per fortuna Lottie è stata salvata in tempo.

E Bonnie è stata smascherata da un ignaro Mathi che nel tempo libero fa ricerche sulle persone per allenarsi al suo lavoro.

Il prossimo capitolo sarà bello. Non vedo l’ora di scriverlo, e spero piacerà anche a voi.

Vi dico solo che nel titolo c’è la parola “Armadio”

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Denny organizza una riunione al Corona. La cena di sabato degli Hart si trasforma in un’occasione per fare chiarezza

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Capitolo 40
*** Fuori dall'armadio ***


Fuori dall’armadio

 

Martedì 24 Settembre

Ultimamente le cose, nella Corona Crew, procedevano piuttosto bene.

…okay, forse non proprio benissimo, ma procedevano, e di certo erano migliorate rispetto a quando Norman era in vacanza.

Per esempio, erano riusciti ad organizzare una cena tutti insieme al Corona ora che gli esami estivi erano finiti, per prepararsi al nuovo semestre.

E il fatto che Max fosse venuto al Corona era un segnale che piano piano le cose iniziavano a tornare al loro posto, anche se tra tutti Max era quello più giù di morale, insieme a Clover.

Anche Denny sembrava particolarmente nervoso, quel giorno, ma era il suo stato d’essere naturale, quindi Norman non lo considerava preoccupante.

Tutti gli altri, però, erano abbastanza allegri.

Amabelle e Petra stavano progettando piani per il loro nuovo progetto: “#BastaBonnie!!” iniziato dopo che il cane che avevano adottato insieme si era sentito male. Norman non sapeva se Bonnie fosse effettivamente coinvolta, ma era completamente favorevole a farle il peggio del peggio in ogni caso, perché sembrava davvero meritarselo.

Era una fortuna che Amabelle fosse esperta nel rovinare la vita delle persone, anche se era carente quando si trattava di farlo volontariamente.

Ma passando a Felix e Mirren… Norman era molto confuso.

Da quando era tornato li vedeva molto strani. Insomma, non erano strani in sé, anzi erano estremamente normali, e di certo i più felici lì dentro.

Ma era questo ad essere strano.

Perché la loro situazione, prima che Norman se ne andasse, sembrava la peggiore.

E se in quei mesi aveva agito l’anti-effetto Norman, non aveva senso che stessero meglio, no?

Anche se forse un senso lo aveva, dato che Norman era rimasto molto in contatto con Mirren per chiedergli consiglio sulla tesi.

Ma comunque… Felix e Mirren erano strani.

E Norman sembrava l’unico ad accorgersene.

-Mirr, vuoi assaggiare?- Felix stava offrendo un morso del proprio panino all’… amico?

Un amico che Norman si sarebbe aspettato avrebbe risposto con un secco “No grazie, i nostri gusti sono molto diversi” ma che sorprese tutti, no anzi, solo Norman, sporgendosi verso Felix e prendendo un morso dal panino senza neanche prenderlo prima in mano, ma facendosi quindi imboccare da un soddisfatto Felix.

-Buono, hai scelto bene- commentò dopo aver assaporato il panino. Felix gli tolse una mollica rimasta nell’angolo della bocca, facendolo arrossire, ma non ritirare.

-Amabelle, ti prego, non posso essere l’unico ad essersi accorto che c’è qualcosa di strano!- Norman si sporse verso l’amica, che ancora complottava con Petra, e non si era accorta di nulla.

-Sono i soliti Felix e Mirren. Suvvia, Norman, sembri me- la ragazza ridacchiò e gli diede una pacca sulla spalla.

-Non ci credo che Amabelle è così rilassata- osservò Max, sorpreso, guardando un’Amabelle che in realtà non sembrava affatto rilassata, dato che aveva steso sul tavolo un quantitativo stratosferico di piani di vendetta su Bonnie.

Norman però capiva cosa intendesse, dato che per gli standard di Amabelle quello era un comportamento parecchio rilassato.

E poi, dato che era indirizzato a Bonnie, nessuno poteva lamentarsi.

-Guarda, sono favorevole ad avvelenarla per la legge del contrappasso, ma se poi veniamo beccati rischiamo di finire in prigione e non conviene rischiare tanto per una come lei- commentò Petra, serissima, guardando i piani e nel frattempo accarezzando Lottie, che aveva portato di straforo all’interno anche se teoricamente gli animali non erano ammessi.

Norman aveva chiaramente notato che Roelke l’aveva scoperta, ma l’unica reazione della donna era stata far cadere a terra, vicino a loro, un paio di biscotti per cani che Norman non aveva idea di dove avesse preso, dato che non aveva cani.

Ma era meglio non farsi domande sulla ex principessa di Agaliria.

-Amabelle, so che sei arrabbiata, ma forse è meglio attenerci al piano- Mirren si intromise nella conversazione, serio e pratico nonostante stesse imboccando Felix con una semplicità che Norman trovava davvero allucinante.

Amabelle aprì la bocca per obiettare, ma la richiuse subito, contò fino a dieci mentalmente, a annuì, sospirando.

-Va bene, ma se non funziona, ho parecchi piani di scorta!- indicò i fogli sparsi sul tavolo.

-Sai, per la prima volta sono davvero felice che la mia migliore amica sia una psicopatica assetata di sangue- commentò Felix, ridacchiando.

-Ehi, come ti permetti! Amabelle è la MIA migliore amica!- obiettò Petra, stringendo la ragazza e guardando storto Felix.

-Su, su, non litigate per me- obiettò Amabelle, super felice che stessero litigando per lei -Felix è il mio migliore amico maschio e tu sei la mia migliore amica femmina. Ecco qui, risolto- trovò poi un compromesso.

-Ma Felix ha già un migliore amico!- continuò ad obiettare Petra, indicando Mirren.

-Lui è il mio migliore amico maschio e Amabelle la mia migliore amica femmina. Risolto!- Felix fece eco ad Amabelle, prendendo la mano di Mirren e dando un bacio sul dorso.

No, okay, c’era sicuramente qualcosa di strano tra quei due.

-Ma se dovessi scegliere una migliorissima amica, sai bene che saresti tu, Tray- Amabelle, notando che Petra sembrava ancora irritata, la abbracciò e la strinse forte, facendola arrossire.

Norman avrebbe tanto voluto che fossero qualcosa di più che migliorissime amiche, ma non fece commenti.

Sperava che una volta convinta Amabelle a scusarsi e recuperare il rapporto con la Corona Crew, non ci sarebbe voluto molto prima che decidesse di confessare i propri sentimenti a Petra, ma era ancora restia, e Petra stessa non sembrava avere intenzione di fare il primo passo.

Norman non voleva intromettersi troppo perché sarebbe stato ipocrita da parte sua considerando che aveva cercato a lungo di impedire ad Amabelle di fare la matchmaker.

Però… insomma… Amabelle e Petra erano fatte per stare insieme.

E ora che Mathi e Denny erano fuori dai giochi, a quanto pare, Norman aveva bisogno di una ship su cui concentrarsi.

Che poi, Denny non aveva ancora detto nulla riguardo a Mathi. Aveva solo smesso di vederlo di punto in bianco.

C’erano davvero tante cose strane che succedevano in quel periodo.

Norman sperava davvero che la sua presenza, anche inconsciamente, risollevasse la situazione.

Perché i membri della Corona Crew meritavano di essere felici, su questo Norman aveva pochi dubbi.

E al momento solo alcuni erano riusciti a recuperare la serenità.

-Max, non hai toccato cibo- osservò Clover, svegliando il migliore amico dalla trance in cui era piombato mentre giocherellava con la forchetta.

-Uh? Sì, no, scusate, sono distratto- il ragazzo scosse la testa, e prese un boccone, distrattamente, e chiaramente poco affamato.

-Se non ti va lo prendo io- si propose Clover, adocchiando il piatto.

-Prendilo pure, non ho molta fame- Max sospirò e le porse il piatto, felice che avesse appetito, dato che da quando aveva tagliato i ponti con Diego aveva mangiato davvero poco.

Anche se vivere un po’ da Max le aveva restituito in parte l’appetito.

-Su, su, cos’è questa faccia lunga?! Dobbiamo festeggiare! Abbiamo tutti superato gli esami che abbiamo fatto, e tra poco ricominceremo l’università!- Amabelle provò a portare un po’ di allegria, battendo le mani sorridendo.

In circostanze normali, Norman si sarebbe preoccupato, ma in quel momento gli venne più naturale sorridere per l’entusiasmo dell’amica.

-Non so, io all’ultimo esame ho preso 29- si lamentò Denny, depresso.

-Per me 29 è stato tipo il voto più alto della mia carriera da studente- ridacchiò Felix.

-E te ne vanti pure?- lo rimproverò Petra, scuotendo la testa con aria di superiorità.

-Guardate che non tutti sono geni come vostra altezza reale- Felix fece un inchino per scimmiottarla, Petra si scaldò e fu in procinto di ribattere, ma Amabelle li interruppe.

-Su su, non litigate! Dobbiamo essere allegri e amici, oggi. Oh! Ho un’idea. Per festeggiare ognuno di noi prende una fetta di torta! Offro io!- propose quindi la ragazza, allegra. Strappò un sorriso anche a Max, che annuì alla proposta.

-Mi sembra un’ottima idea. Dobbiamo viziarci un po’ dopo l’estate disastrosa. E la crostata di mele qui è ottima, vero Mirren?- Felix diede man forte ad Amabelle e poi si rivolse a Mirren con un occhiolino.

-Sì, e te ne faccio assaggiare un po’ se condividi la torta al cioccolato- annuì Mirren, con un gran sorriso.

No, okay, qualcosa tra i due c’era per forza. Norman non li aveva mai visti così.

-Perfetto, Roelke, puoi venire un secondo?!- Amabelle, notando i consensi del gruppo, chiamò la proprietaria, che al momento era anche di turno a servire perché erano a corto di personale.

-Eccomi, volete qualcos’altro ragazzi?- la donna si avvicinò immediatamente, pronta a prendere appunti. Sembrava insolitamente stanca, ma ancora energica.

-Sì, una fetta di torta a testa. Per me alle fragole, una crostata di mele per Mirren e una al cioccolato per Felix…- 

-Una al cioccolato anche per me- aggiunse Clover, mentre mangiava ancora il cibo di Max.

-Io vado di red velvet- si aggiunse Petra.

-Per me una torta al limone- Norman controllò un secondo il menu e ordinò quella che gli ispirava di più, anche se non era fan delle torte.

-C’è ancora quella al cocco?- chiese Max distrattamente.

-Credo siano rimaste un paio di fette, sei fortunato. Per Denny il garofano verde?- chiese poi Roelke verso il ragazzo, che sobbalzò vistosamente.

-Il che?- chiese, sorpreso, quasi spaventato.

-Il nuovo nome dato alla torta al pistacchio. So che è la tua preferita. Sonja te la por…- Roelke si interruppe di scatto nel rendersi conto che probabilmente non era il caso di parlare di Sonja davanti a Max, che in effetti si era irrigidito.

-La torta al pistacchio è perfetta, grazie- Denny si affrettò a chiudere la questione, arrossendo appena.

-Perfetto, se avete bisogno di altro chiedete- Roelke prese i piatti vuoti rimasti sul tavolo e si affrettò a scappare via, pronta a servire altre persone e preparare i piatti.

-Beh, nell’attesa io andrei a prendere una boccata d’aria fuori- Felix si alzò dal tavolo e lanciò un’occhiatina  sospetta a Mirren, che provò senza troppo successo a trattenere un sorrisino.

-Pensavo che avessi smesso di fumare- lo riprese Amabelle, squadrandolo dalla testa ai piedi.

Finalmente qualcuno che si rendeva conto che c’era qualcosa di strano in Felix e Mirren.

-Sì, infatti, ma è una bellissima serata, quindi voglio prendere una boccata d’aria. Ma solo un paio di minuti, non serve che veniate anche voi- il sorriso di Felix era molto sospetto. Nascondeva sicuramente qualcosa.

-Per stare certo che non fumi mi offro di accompagnarti per controllare- Mirren si alzò a sua volta, cercando di restare completamente impassibile.

Sembravano due attori in uno spettacolo improvvisato e mal realizzato.

-Ottimo, divertitevi- Amabelle però perse la facciata sospettosa, e sorrise caldamente ai due, mettendosi più comoda sulla sedia e accarezzando affettuosamente Lottie.

-Certo!- Felix fece cenno dell’okay, e lui e Mirren praticamente corsero fuori.

-No, scusatemi, ma seriamente. Cosa sta capitando a quei due?- chiese Norman, rivolto a tutta la tavolata, e sperando che almeno un’altra persona avesse notato quello che aveva notato lui. 

Dai, almeno Clover, o Petra… qualcuno che gli confermasse che non fosse pazzo.

-Lo so che sei stranito perché sei abituato a vederli un po’ che litigano o che fanno i freddi, ma in realtà questa è la normalità, per loro. Per questo tutti pensano sempre che stanno insieme- Petra però spezzò le sue speranze.

-Quando sono entrata nel gruppo ero certa che fossero una coppia. Stavano sempre a flirtare in maniera non troppo velata. Probabilmente hanno solo parlato un po’ e sono tornati “amici come prima”- le diede man forte Clover, finendo il piatto di Max.

-Okay, mi arrendo- Norman alzò le mani, anche se non aveva intenzione di arrendersi.

-Comunque ho un’idea. E se, uno alla volta, prima di mangiare la torta, dicessimo qualcosa di bello che ci è successo negli ultimi tempi?! Magari facciamo anche il punto di come vanno i propositi- propose poi Amabelle, con occhi brillanti.

-Non so se ho molte cose belle da dire- borbottò Max, poco convinto.

-Idem, ho tipo distrutto un po’ la mia vita- gli fece eco Clover.

-È proprio per via di questo atteggiamento che ci dobbiamo concentrare sulle cose belle. Un bel voto, una piccola soddisfazione, una partita vinta, una bella giornata in montagna. Anche solo un bel pensiero…- Amabelle continuò con la sua ondata di ottimismo, e Norman doveva ammettere che per una volta era completamente d’accordo con lei.

-Tipo come se fosse il ringraziamento?- chiese, riflettendo bene sulla proposta.

-Circa, che ne dite?- chiese Amabelle, anche rivolta agli altri.

-Ci sto, è una cosa positiva- Petra le diede subito spago.

-Anche io- Norman si aggregò.

-E va bene, qualcosa penso di poterla trovare- Clover sbuffò, ma provò ad essere positiva.

Max si limitò ad annuire.

Denny sembrava particolarmente nervoso, e continuava a torturarsi le mani.

-Tutto bene, Denny?- gli chiede Amabelle, un po’ preoccupata.

-Sì… sì… va bene, ma posso essere l’ultimo?- chiese, in un sussurro.

-Okay, non sentirti costretto- Amabelle gli sorrise incoraggiante. Denny la guardò sorpreso.

Amabelle che non forzava qualcuno a fare quello che voleva lei?! Ma allora era davvero cambiata!

-No, ho qualcosa da dire, in effetti- Denny sembrava un po’ più sicuro, ma si alzò comunque in piedi un po’ tremante -Vado un secondo in bagno- annunciò poi, lasciando il tavolo.

-Petra, ho fatto qualcosa di male?- Amabelle si rivolse all’amica, che scosse la testa.

-Sei stata fantastica- la incoraggiò, rasserenandola.

-Bene, perché sono molto ottimista, voglio credere che ormai le cose andranno solo bene, e voglio contagiare tutti con il mio entusiasmo!- batté le mani ad occhi chiusi.

Norman sperava la stessa cosa.

Anche se era un po’ preoccupato.

Chissà perché Denny aveva reagito così alla proposta.

 

Quello era il giorno.

Sì, quello sarebbe stato il giorno.

L’occasione, dopotutto, era stata servita su un piatto d’argento.

E ormai Denny non aveva più il minimo dubbio, dopo tutto quello che era successo.

Quindi sì, lui quella sera avrebbe fatto coming out davanti ai suoi amici.

Dopotutto, cosa mai poteva andare storto?

…tranne tutto quanto.

Ma insomma, aveva affrontato un tipo che lavorava per un’agenzia segreta di spionaggio, fuorilegge, che gli aveva anche slogato un polso. 

Affrontare i suoi amici riguardo a qualcosa che dopotutto già sapevano non doveva essere complicato, no?

Ma si sentiva comunque più agitato di quando doveva dare un esame.

Perché lui era gay, e questo ormai era più che provato.

Ma dirlo alla Corona Crew significava finalmente renderlo del tutto ufficiale, nero e indelebile nella sua vita.

Non che fare coming out sia una strada a senso unico, in realtà. Le persone cambiano, si evolvono, e fino a pochi mesi prima Denny era convinto di essere etero, quindi col tempo poteva benissimo scoprire di essere qualcos’altro, dato che il cambiamento è una delle più belle prerogative della psicologia umana.

Ma il coming out di Denny avrebbe rappresentato in ogni caso un grande punto di svolta nella sua vita, e nonostante fosse pronto, era comunque molto ansioso.

Per fortuna sarebbe stato l’ultimo a parlare.

-Bene, comincio io!- una volta che le torte furono arrivate al tavolo, e tutti furono pronti, Amabelle si alzò in piedi e si sgranchì la voce.

-Una cosa positiva che mi è successa nell’ultimo periodo… ci sono tante cose in realtà tra cui scegliere, ma la più importante siete di certo tutti voi- cominciò con grande sicurezza.

-Siete i migliori amici che avrei mai potuto desiderare, e anche se so che ultimamente non ho dimostrato il mio affetto nella maniera giusta, e sono stata un po’ egoista, ed egocentrica, molto egocentrica, vi voglio davvero un sacco di bene, e sono felice di avervi nella mia vita. Faccio parecchi errori, ma creare questo gruppo non è stato tra questi. Quindi vi dedico questa torta! Anche se ora come ora il mio proposito è quello che sta andando peggio, ma non mi importa! Purché voi siate felici!- Amabelle fece una dedica davvero dolcissima, e sollevò il piatto, rischiando di farlo cadere e cancellando un po’ la commozione con qualche risatina.

-Sei forte, Amabelle- commentò Felix, sporgendosi verso di lei per scompigliarle i capelli.

Amabelle ridacchiò, si asciugò una lacrimuccia, e ritornò seduta.

-Chi vuole parlare adesso?- incoraggiò poi il resto del gruppo.

-Dai, faccio io. Non sarò romantico come Amabelle, ma a me le cose onestamente stanno andando alla grande: mi sono laureato…-

-A proposito, non abbiamo ancora festeggiato la tua laurea- osservò Mirren, pensieroso.

-Era successo di tutto, non importa- Felix lasciò cadere l’argomento.

-Ma è comunque importante. Dovremmo organizzare una cena- Mirren però era determinato.

Felix lo guardò con grande affetto.

Denny non aveva fatto commenti quando Norman aveva espresso i suoi dubbi riguardo alla platonicità del rapporto tra Felix e Mirren, ma doveva ammettere che li condivideva parecchio.

Ma probabilmente il motivo era che ora che si era scoperto omosessuale era molto più chiara anche la evidente omosessualità altrui, forse?

O forse quei due avevano qualcosa ma lo stavano tenendo nascosto.

In ogni caso non erano affari suoi.

-Sei meraviglioso Mirr- Felix gli diede un bacio a distanza, poi continuò a parlare come se niente fosse -…e poi ho anche ottenuto un lavoro stupendo alla galleria d’arte, quindi sono veramente felice ultimamente. E per quanto riguarda il proposito, ho praticamente smesso di fumare, ormai, quindi devo solo restare costante fino alla fine dell’anno, quindi va alla grande- Felix sembrava davvero ottimista, e i suoi occhi brillavano.

Le confessioni gioiose erano partite bene.

-Mirren, scelgo te! Tu che hai da dire?- Felix si rivolse poi all’amico che sembrava più che amico, e Mirren sbuffò.

-Beh… uh… c’è qualcosa di molto bello che è successo ultimamente- borbottò dopo qualche istante di silenzio, lanciando un’occhiatina a Felix.

Distolse però immediatamente lo sguardo, scuotendo appena la testa.

-Eh… se devo dire qualcosa, direi che a lavoro sta andando molto bene, anche se ho rinunciato alle ferie, e sono felice che abbiamo salvato Charlotte, e che ho preso la patente! Sì, sono felice per aver preso la patente. Ho concluso il proposito e ho salvato Charlotte- nonostante provasse a sorridere, Mirren sembrava incerto, come se avesse cambiato all’ultimo istante idea su cosa dire.

Felix gli mise una mano sulla spalla, sorridendogli teneramente.

Il suo sguardo sembrava dire qualcosa del tipo “Tranquillo Mirren, non forzarti” ma Denny era più bravo a capire i messaggi nascosti nelle parole, piuttosto che nei gesti, quindi cercò di non pensarci.

Clover, d’altro canto, guardò la scena con un certo interesse, ma non fece commenti.

-Petra, tu che dici di positivo?- Mirren passò la patata bollente a Petra, che sollevò i pollici e con tono impassibile disse.

-Sono viva! Proposito va alla grande. Norman?- per poi rivolgersi all’amico alla sua destra.

-Eddai, Tray! Qualcosa di più carino?- provò ad incoraggiarla Amabelle, dandole una timida pacca sulla spalla.

Petra sospirò, e accarezzò appena Lottie sotto al tavolo.

-Beh, sono felice di avere Charlotte. Ero un po’ preoccupata per la situazione in casa dopo…- lanciò un’occhiata preoccupata verso Mirren, che abbassò la testa -…ma Charlotte è dolcissima, e energica, e sono felice di essere una delle sue padrone- concluse quindi, sorridendo appena verso il nascondiglio.

-Siamo due brave mamme, vero?- chiese Amabelle, accarezzando il cane a sua volta.

-Sì, lo siamo. Norman?- arrossendo leggermente, Petra passò la parola a Norman, che ci pensò qualche istante.

-Guardate, non ho grandi informazioni da dare. MI aggrego un po’ ad Amabelle dicendo che sono felice di essere parte di questo gruppo. Sono stato assente ultimamente, e so di non essere il membro più attivo, soprattutto romanticamente…- tutti ridacchiarono -…ma vi voglio bene ragazzi, mi siete mancati questi ultimi tempi e spero che ci terremo in contatto anche quando finirò la tesi, che, tra parentesi, procede alla grande. Se tutto va bene dovrei laurearmi a dicembre- ammise, con un sorrisino soddisfatto.

-È una tesi stupenda, ce la farai senza problemi- lo incoraggiò Mirren, orgoglioso del suo pupillo.

-Che carino che sei, Norman!- Amabelle si alzò e lo abbracciò.

-Allora, chi è il prossimo? Max?- Norman poi si rivolse ad uno dei tre rimasti.

Denny lo guardò preoccupato.

Ultimamente era davvero distratto, stanco e senza molte energie.

-Passo- disse infatti, a bassa voce, fissando la propria torta ancora integra. Era l’unico che non aveva ancora iniziato a mangiarla.

-Lo precedo io. È stato un periodo orrendo, onestamente, ma siccome dobbiamo fare gli ottimisti, sono felice di essere stata ospitata da Max e Denny- lanciò un’occhiata a entrambi -E sono felice anche di aver parlato con Blossom, qualche giorno fa. Ho ricevuto una risposta a un dubbio che mi portavo dietro da parecchio, e mi sembra per la prima volta da settimane che ci sia un po’ di speranza di rimediare ad un brutto errore, quindi mi aggrego alla vagonata di ottimismo sperando che non mi esploda in faccia- il tono della ragazza era rilassato, ma i suoi occhi erano sinceri. Amabelle applaudì, con un grande sorriso commosso.

-Sono così felice, Clover! Non ti chiederò i dettagli perché è… invadente, giusto, Norman?- l’amico annuì con forza -…ma sentiti libera di sfogarti se hai bisogno- la incoraggiò.

-È una storia lunga, magari più in là, se le cose si risolvono…- Clover lasciò uno spiraglio per il futuro, ed era più di quanto chiunque in quella tavola si sarebbe aspettato, quindi Amabelle allargò parecchio il sorriso, speranzosa.

-Oh, a proposito del proposito… non ho deluso mio padre come avrei voluto perché era molto gongolante del fatto che la relazione fosse tutta una farsa, ma onestamente non mi interessa più di tanto deluderlo, ormai- aggiunse poi Clover, ricordandosi che dovevano anche fare il punto della situazione.

Amabelle ridacchiò.

-Ottimo, dai… Max?- 

-Non lo so…- Max sospirò seccato -Davvero, non mi viene niente. Non può fare prima Denny?- chiese, sollevando lo sguardo verso il fratello.

Il cuore del ragazzo iniziò a battere furiosamente, e deglutì, nervoso.

-Ehm… io preferirei essere l’ultimo- borbottò, abbassando lo sguardo.

Non si era reso conto che mancavano solo loro due.

Non era ancora psicologicamente pronto.

Max sembrò capirlo, perché il suo sguardo si fece più consapevole, e sospirò rassegnato.

-Okay, comincio io… allora… innanzitutto i soldi per il viaggio del proposito sono andati per un biglietto a vuoto che non mi hanno rimborsato, quindi il proposito è a terra. Poi… ricapitolando gli ultimi mesi… tralasciando che il mio ragazzo mi ha mentito, è una principessa, ed è andato via per sempre… la festa che mi avete organizzato è stata bella finché non mi hanno arrestato- provò a vedere il lato positivo, ma il lato positivo non riusciva proprio a trovarlo.

-Max, che mi dici del lavoro?- gli ricordò Clover, un po’ sottovoce.

-Che lavoro?- Amabelle si mise subito sull’attenti, speranzosa.

-Oh, sì… in effetti ho trovato lavoro come babysitter, a pomeriggi alterni. Devo ancora finalizzare l’orario, ma ho incontrato i bambini e sembrano tranquilli- Max accennò un sorrisino al pensiero.

-Ma è fantastico, Max! Hai sempre voluto fare il babysitter- Amabelle si aggrappò alla buona notizia con le unghie e con i denti.

-È impegnativo, ma sì… in effetti questa è una bella notizia. Grazie di avermelo ricordato, Clover- sorrise verso l’amica, che gli fece un occhiolino complice.

L’atmosfera si era improvvisamente alleggerita. L’idea di Amabelle era stata davvero vincente.

Purtroppo però… adesso toccava a Denny.

-Denny, sei l’ultimo- lo informò Amabelle, adocchiandolo con curiosità.

-Oh, sì…- Denny era leggermente più pronto rispetto a prima, e sicuramente al massimo della preparazione che poteva avere per una confessione del genere.

Anche se forse si sarebbe dovuto scrivere un discorso, perché non sapeva da dove cominciare.

-Allora… iniziando dal proposito… penso di averlo realizzato, in realtà, perché ho fatto tre azioni molto impulsive, le ultime due ultimamente- cominciò, torturandosi le mani.

-Che azioni?- indagò Amabelle, confusa, piegando la testa.

-Eh… non è importante, non è quello che volevo dire, perché mi sono un po’ pentito di tutte e tre le azioni spericolate, ma… sono servite, effettivamente, perché mi sento abbastanza diverso, ultimamente. Un po’ più aperto, un po’ più sicuro, e… più onesto con me stesso, che è importante, direi- Denny iniziava ad andare a braccio, e sperava davvero che quello che stava dicendo avesse senso.

Non riusciva a guardare nessuno negli occhi, ma ormai era partito, doveva finire.

O chissà, magari avrebbero iniziato a pensare che aveva una qualche malattia terminale. Denny non voleva preoccupare nessuno.

-Insomma… partirei con il ringraziare Amabelle, in realtà- non aveva minimamente pianificato di ringraziare Amabelle, ma si rese conto che glielo doveva.

-Me?- Amabelle era del tutto presa in contropiede, lo fissava a bocca aperta.

-Sì, perché… è vero che hai esagerato ultimamente, ma se non fosse stato per la tua stupida scommessa, io non avrei mai approcciato Mathi. E forse adesso sarei più sereno su alcuni fronti, ma non avrei capito molte cose, e non avrei passato dei momenti stupendi. Magari sono stati affiancati da periodi brutti, e questo periodo non è il migliore, ma… sono felice di aver incontrato Mathi, di questo non mi pento per nulla. E anche se probabilmente non lo vedrò mai più…- la sua voce si spezzò. Denny non voleva parlare di questo, ma una volta iniziato non riusciva più a fermarsi. Aveva bisogno di sfogare la sofferenza che provava all’idea di lasciar andare per sempre il suo primo amore. Condividere era il primo passo per andare avanti.

Ricacciò a fatica indietro le lacrime e continuò il discorso.

Tutti pendevano dalle sue labbra.

-…dicevo… non lo vedrò più, per vari e strani motivi, ma è stato importante per me, come amico, e anche come…- era quello il momento. Denny prese un profondo respiro -... più che semplice amico. Perché… Mathi mi ha… io sono…- chiuse gli occhi, ormai grondanti di lacrime, e si sforzò nel pronunciare le fatidiche parole -…io sono gay- ammise, in un sussurro, che però sembrò risuonare nel tavolo, per quanto attenti e silenziosi erano i membri del gruppo.

Nell’istante in cui le parole lasciarono le sue labbra, per Denny fu come se un peso gigantesco si sollevasse dal suo petto.

Per un attimo gli mancò il respiro, ma si sentì incredibilmente libero, felice, come se da un momento all’altro potesse spiccare il volo.

Ci furono alcuni secondi di silenzio, e Denny, con un lieve senso di deja-vu, si affrettò a mettere le mani avanti.

-Lo so che lo sapevate tutti, ed era scontato, e semplice, ma…- provò a giustificarsi, ma Felix si affrettò a fermarlo.

-No, Denny. Non è scontato, né semplice. Sono davvero orgoglioso di te per aver avuto il coraggio di aprirti a te stesso. E sono anche felice che hai deciso di dircelo- lo incoraggiò, con un grande sorriso.

Felix era ben lungi dall’essere il membro preferito di Denny, nella Corona Crew, ma quelle parole lo colpirono dritte al cuore, e le lacrime che per un pelo era riuscito a trattenere iniziarono a rigargli le guance.

-Concordo con Felix, ci vuole coraggio ad aprirsi a sé stessi. Anzi, complimenti per averlo fatto così giovane- Mirren sembrava piacevolmente stupito, forse anche un po’ geloso.

-Benvenuto nel club dei non etero, Denny- lo accolse Petra con un sorrisino.

-La torta l’hai meritata tutta- le fece eco Norman, annuendo solenne.

-Ora sono rimasta l’unica del tutto etero del gruppo, yay- Clover si aggregò al prenderla con leggerezza.

Tra le lacrime, Denny ridacchiò.

Le poche incertezze rimaste volarono via come foglie nel vento.

Era felice, come non lo era da tantissimo tempo, forse come non lo era stato mai.

-Ti vogliamo bene esattamente come prima, ma almeno adesso vorremo bene ad un te ancora più autentico- lo incoraggiò Max, che già lo sapeva, ma voleva comunque reagire e supportare il fratello meglio di come avesse fatto al primo coming out.

Ma c’era qualcosa che non andava.

Perché tutti avevano detto qualcosa. Alcuni molto incoraggianti, altri con semplicità.

Ma Amabelle non aveva aperto bocca.

Era completamente senza parole, e fissava Denny come se non lo conoscesse.

-Amabelle?- lui la guardò, un po’ preoccupato.

La ragazza sembrò sbloccarsi da una trance.

-S_scusa… solo… tu… io…- sembrava estremamente confusa.

Denny, che da lei si sarebbe aspettata un urlo talmente acuto da essere recepito solo dai pipistrelli e un’energia incontenibile per l’entusiasmo, iniziò a preoccuparsi.

Perché non aveva la più pallida idea di come prendere la reazione di Amabelle.

Soprattutto perché, dopo qualche istante di silenzio, scoppiò a piangere, facendo sobbalzare vistosamente tutti quanti, soprattutto Denny.

-Amabelle, ma cosa?!- chiese il ragazzo, sorpreso, piangendo a sua volta.

-Scusa! Sono solo troppo sopraffatta dalla gioia!- esclamò la ragazza, piangendo copiosamente.

-Santo cielo, hai rotto Amabelle- commentò Clover, un misto tra scandalizzata ed estremamente divertita.

In effetti la situazione era assurda.

Perché da come piangeva Amabelle, sembrava disperata.

E contagiò anche Denny, che pianse più copiosamente.

-Se avessi detto quello che volevi dire, avremmo rischiato di ammazzare Amabelle- sussurrò Felix verso Mirren, che trattenne una risata.

-Fortuna che ho evitato, sennò Petra mi avrebbe ucciso- rispose Mirren.

Nessuno li sentì, o almeno non diedero segno di averli sentiti. 

Dopotutto c’erano problemi più gravi a cui pensare.

-Scusate la reazione esagerata! Sono solo troppo… troppo!- Amabelle provava a calmarsi, ma ricominciava immediatamente a piangere sempre più forte.

Denny si alzò e le si avvicinò, abbracciandola forte, anche lui tra le lacrime.

Dopotutto riusciva a capire, almeno in parte, il motivo di quella reazione.

Amabelle e Denny si conoscevano fin da quando erano piccoli. Erano vicini di casa, ed erano cresciuti insieme.

Sebbene la ragazza fosse più unita a Felix e Petra, Denny e Max occupavano un posto unico e speciale nei suoi ricordi.

Ed erano anni che provava ad aprire gli occhi a Denny sulla sua sessualità, con le buone e con molte cattive.

Ma, soprattutto dopo la crisi avuta con la Crew, si era ormai rassegnata a non vedere mai il giorno in cui Denny avrebbe detto le fatidiche tre parole.

E ora che questo giorno era arrivato, la rivelazione era stata un colpo nello stomaco.

-Wo, che sta succedendo qui? Tutti bene?- allertata dalle lacrime dei due ragazzi ancora abbracciati, Roelke raggiunse preoccupata il tavolo.

-Denny ha fatto coming out!- spiegò Amabelle orgogliosa, asciugandosi le lacrime.

Roelke rimase qualche secondo di sasso, e guardò Denny.

-Ah… non l’aveva ancora fatto? Io lo davo per scontato- commentò poi.

Tale e quale a sua nipote!

Denny non se la prese, e si limitò a ridacchiare.

Si sentiva davvero tanto leggero.

-Per celebrare la sua torta la offro io- Roelke fece un cenno incoraggiante e tornò a lavoro. 

Amabelle respirò profondamente.

-Uff, sono calma, sono piena di dignità- si disse, recuperando la compostezza.

Dopo due secondi di silenzio, riscoppiò a piangere.

-Ames, un po’ di contegno- la prese in giro Felix, dandole qualche pacca sulla spalla.

-Il messaggio è stato carinissimo, Denny! Sono così felice che almeno una cosa buona sono riuscita a farla, e sono tanto orgogliosa di te!- Amabelle lo strinse con più forza, e Denny ricambiò l’abbraccio.

-Ma infatti, obiettivamente, non eri partita male con il proposito, ti sei solo persa andando avanti- ammise Clover, alzando le mani.

-Hai dato a Denny e Mathi i biglietti per New Malfair, ed è stata una buona cosa- osservò Petra, incoraggiante.

-Anche la serata di neve a casa di Mirren è stata divertente- le diede man forte Felix, pensieroso.

-E l’appuntamento al buio di Clover e Diego era andato bene, mi pare- Max fece un sorrisino verso Clover, che annuì a malincuore.

-Soprattutto quando è arrivato Dick e Diego l’ha messo al suo posto- la ragazza sorrise maleficamente al pensiero.

Amabelle lasciò andare Denny e seppellì il volto tra le mani.

-Basta! Se continuate così mi fate piangere troppo!- si lamentò, super felice.

-Più che altro dovremmo mangiare le torte- Petra indicò i piatti.

Lentamente, l’atmosfera si fece molto più leggera, piacevole, e Denny si sentì davvero felice.

Felice di avere un gruppo di amici che lo supportasse così, felice di essersi aperto con sé stesso e con tutti, e felice di essere finalmente libero da quella illogica e immotivata paura di essere diverso.

Perché tutti noi siamo diversi, a modo nostro, ma non per questo siamo meno validi degli altri.

Alti, bassi, magri, grassi, di qualsiasi razza, genere e orientamento sessuale, siete tutti importanti, con un grande valore, e meritate di essere liberi e di essere felici.

E nessuno potrà togliervi la libertà di essere voi stessi.

 

Sabato 28 Settembre

Ma spezzando il momento emotivo, era giunto il Sabato, e i preparativi erano ultimati.

Ad essere onesti, Petra e Mirren avrebbero preferito agire subito dopo aver scoperto cosa era successo a Lottie, ma, forse avvertendo il pericolo, forse solo per coincidenza, Bonnie e Brogan erano partiti per una vacanza romantica solo loro due, ed erano tornati solo un paio di giorni prima.

E se da un lato questo rendeva Brogan più propenso ad essere cera malleabile nelle mani della moglie, l’attesa aveva dato modo a Mirren e Petra di fare ricerche e accumulare prove della sua colpevolezza, della quale non c’era più dubbio alcuno.

Ed ora era finalmente arrivato il momento della verità. 

E l’atmosfera al tavolo della cena era estremamente tesa.

Petra e Mirren si alternavano nel fissare Bonnie con attenzione per assicurarsi che non provasse a fare niente di strano e mangiavano lentamente senza perdere il contatto visivo.

Bonnie rispondeva allo sguardo di sfida con un sorriso ben poco rassicurante, praticamente avvinghiata al marito come a mettere in chiaro a chi egli appartenesse.

-Tutto bene, ragazzi miei? Vi vedo stanchi. Mirren, forse dovresti considerare di prenderti le ferie. Sei l’unico in ufficio che non ne ha ancora usufruito- Brogan, al contrario, era tranquillo e gioviale come sempre. Non sembrava essersi affatto reso conto della tensione nell’aria, o semplicemente voleva passare una bella serata con la moglie e i figli.

-C’è tanto lavoro da fare, non posso prendermi dei giorni. Magari rimando ad un periodo meno caotico- obiettò Mirren, sempre professionale.

-Non devi sempre caricarti di troppo peso, sei il migliore nel tuo settore. Devi riposarti anche un po’. Uscire di più, cercarti finalmente una ragazza, dico bene, Bonnie?- Brogan però era testardo, e se si metteva in testa una cosa era difficile convincerlo subito a lasciar perdere.

Petra lanciò una discreta occhiata verso il fratello, che si era quasi strozzato con il cibo.

Prima che potesse obiettare qualcosa, Bonnie prese la parola.

-Concordo, caro. Si rischiano di creare rumors, e Mirren è tanto un bel ragazzo, tutto suo padre. Anche se forse trovare una casa sua potrebbe incoraggiarlo a diventare più indipendente- se c’era qualcosa in cui Bonnie era brava (oltre alla chimica, evidentemente) era la manipolazione. 

Usare un argomento per arrivare a ciò di cui voleva veramente parlare.

Ed erano parecchi mesi che cercava in tutti i modi di cacciare Mirren via di casa.

Ma Petra sapeva benissimo che lui non aveva intenzione di lasciarla sola ad occuparsi di Bonnie.

-Suvvia, Bonnie, non vogliamo mica cacciarlo di casa. E poi con quell’auto ci mette un secondo ad arrivare in ufficio, anche da qui. Come ti trovi con l’auto? Ho visto che ultimamente accompagni sempre tu Felix a lavoro. Gli piace?- Brogan cambiò argomento con altrettanta facilità, e Petra rimase l’unica sul piede di guerra dei due fratelli, perché Mirren accennò un sorrisino, e annuì, con le guance leggermente rosse.

-L’auto è fantastica, papà. Anche se Felix inizia ad approfittarsene un po’ troppo- iniziò a rilassarsi, come a una normalissima cena.

Petra gli tirò un calcio sotto al tavolo e si sgranchì la voce, per ricordargli della situazione in cui stavano.

Mirren tornò serio, con un cenno di scuse.

Brogan non sembrò accorgersi di nulla.

-L’amicizia va coltivata. Sono felice che siete rimasti amici tutti questi anni. Dovremmo organizzare un’altra cena con i Durke, le ragazze hanno già ricominciato la scuola?- l’uomo iniziò a riflettere, in tono bonario.

-Sì, due settimane fa- rispose Mirren, restando distaccato esattamente come voleva Petra.

-Allora un sabato sera. Petra, tesoro, sei molto silenziosa, oggi. Tutto bene? Possiamo anche invitare Amabelle. È da un po’ che non la vedo- Brogan iniziò finalmente a rendersi conto che l’atmosfera non era la più serena del mondo, e sorrise alla figlia, che fece del suo meglio per non ricambiare.

Perché voleva bene a suo padre, era un bravo padre. Solo che in quel momento c’era bisogno di essere freddi per fargli capire che aveva portato un mostro in casa loro, e i due ragazzi non volevano averci più niente a che fare.

-Papà, dobbiamo parlare- esordì.

Mirren le lanciò un’occhiata sorpresa.

-Adesso?- sussurrò, un po’ incerto.

-Meglio il prima possibile- rispose Petra stringendo i pugni.

-È successo qualcosa, ragazzi? Forse è meglio parlarne con calma dopo cena- Brogan provò a rimandare, ma Petra era determinata.

-Dopo cena obietterai che è tardi ed è meglio parlarne domani, e non ne parleremo mai più. Papà, Bonnie è un’assassina!- Petra mise subito, immediatamente, tutte le carte sul tavolo.

Forse in maniera un po’ troppo impulsiva, ma non era il momento di dosare le parole.

Aveva aspettato due settimane quel momento. Due settimane di ansie, ricerche e in cui si era portata appresso Lottie ovunque andasse nonostante Bonnie fosse via, solo perché aveva paura che in casa ci fosse una qualche trappola letale che rischiava di uccidere anche lei e Mirren.

Petra non aveva solo paura per Lottie, dopotutto, aveva paura anche per lei e suo fratello.

Se un giorno Bonnie fosse rimasta incinta (ed era estremamente plausibile visto che era ancora giovane) chi poteva impedirle di avvelenare anche loro in modo che il figlio ereditasse tutto l’impero Hart? Sembrava una donna perfettamente capace di farlo.

Ma le sue parole dirette provocarono solo una reazione eccessivamente scioccata e incredula.

-Come, scusa?!- Bonnie portò una mano alla bocca in maniera drammatica, e i suoi occhi si riempirono immediatamente di lacrime.

Mirren sospirò.

Brogan fissò la figlia a bocca aperta.

-Petra, mi sembrano parole un po’ forti da utilizzare. So che non andate d’accordo, ma darle dell’assassina…- Brogan provò a placare gli animi, ma Petra non si fece zittire.

-Ha ucciso Fallon, e ha avvelenato Lottie, abbiamo le prove, non può essere stato nessun altro tranne lei!- continuò ad accusarla, alzando appena la voce e indicandola con odio.

-Oh, parli dei cani- Brogan sembrava rasserenato, Petra non ci vide più dalla rabbia.

-Fallon era importantissima per Mirren, e Charlotte è importante per me. Saranno animali, ma hanno sentimenti, e non hanno mai fatto male a nessuno. Ucciderli, avvelenarli, è un gesto vile e orribile. Ed è stata Bonnie a farlo- insistette, scaldandosi, e iniziando a sentire le lacrime risalirle agli occhi.

Anche la gola si fece stretta, ma cercò di restare forte.

Mirren si alzò a sua volta, per darle sostegno morale, e si sentì meglio.

Era davvero una fortuna poter sempre contare su di lui, essere sempre entrambi contro le varie Bonnie che si erano susseguite nella loro vita.

Brogan sospirò, cercando di mantenere la calma.

-Sono certo che c’è stato un fraintendimento, Bonnie non farebbe mai una cosa del genere. So che i cani significano molto per voi, ma non lasciamo che il dolore per una perdita rovini i rapporti familiari- fece cenno a Petra di sedersi e accennò un sorriso a Bonnie per convincerla ad intervenire per chiarire la situazione.

Bonnie afferrò al volo l’occasione.

-Ragazzi, come potete pensare che potrei mai avvelenare i vostri cani. È vero che non andiamo d’accordo, ma non avrei neanche i mezzi per far loro qualcosa, e Fallon era vecchia, è morta per un’insufficienza cardiaca, nulla di più- provò a convincerli della sua buona fede, con un timido sorriso affettuoso e falsissimo.

-È stata avvelenata, abbiamo le prove, e i mezzi li avevi eccome, con la tua laurea in chimica- Petra però aveva la risposta pronta, e Mirren tirò fuori i documenti che aveva recuperato nel corso delle due settimane di preparazione.

Bonnie sbiancò.

-Come…?- iniziò a chiedere, sorpresa.

-Sei laureata in chimica? Non lo sapevo- Brogan iniziò ad incupirsi, anche se continuò a dare alla moglie il beneficio del dubbio.

La donna cambiò strategia.

Se loro la attaccavano a viso così scoperto, fare la gentile non l’avrebbe portata molto lontano.

Iniziò a piangere come se cercasse di trattenersi.

-Non riesco a credere che siate andati a cercare nel mio passato. So che tra noi non è mai scoccata la scintilla, ma pensavo che almeno ci fosse un po’ di rispetto. Pensavo potessimo vivere in pace ma capisco che non c’è modo a meno che io non me ne vada. È questo che volete, giusto? Vi coalizzate sempre contro di me cercando di abbattermi come un animale- fece l’offesa, cercando di non portare attenzione sull’informazione compromettente.

-Sei tu che abbatti gli animali! E poi ti chiedi perché ti odiamo, brutta manipolatrice del ca…!- l’esplosione di Petra venne interrotta da un cenno deciso di Mirren.

Petra si morse il labbro per impedirsi di continuare, e lasciò che fosse suo fratello a parlare.

Era sicuramente più capace di restare calmo.

-Non siamo mai andati contro di te, perché rispettiamo le scelte di nostro padre, a cui vogliamo bene. Ma non possiamo chiudere gli occhi davanti ad una cosa del genere. E, francamente, papà…- Mirren si rivolse a Brogan, che stava analizzando la situazione molto turbato -…sono un po’ spaventato alla prospettiva di continuare a vivere insieme ad una persona del genere- 

Petra guardò Mirren allarmata.

Quindi non era l’unica ad essere spaventata. Non si erano accordati su quella parte, dopotutto, e sebbene Petra avesse pensato di infilarlo per rendere l’arringa contro Bonnie ancora più efficace, doveva ammettere che quelle parole, uscite dalla bocca del calmo e glaciale Mirren, ebbero un fortissimo impatto emotivo.

-Figliolo, non pensare una cosa del genere!- Brogan si alzò e gli mise confortante una mano sulla spalla.

Mirren si irrigidì, ma non si scansò. Dopotutto doveva ottenere il suo favore.

-Lo so che non dovrei, ma anche solo il fatto che inconsciamente io abbia paura di una persona non dovrebbe essere un campanello d’allarme, per te? Non ho mai chiesto niente di infattibile. Ho sempre accettato le tue decisioni, ma ti prego, per una volta, ascoltaci per davvero- Mirren guardò il padre dritto negli occhi, e Petra poteva vedere in quello scambio di sguardi molto più di quanto trasmettessero le sole parole.

-Io…- Brogan sembrava seriamente in difficoltà, sospirò -…vedrò di analizzare con attenzione la situazione, e trovare una soluzione- alla fine chiuse il discorso, e prese in mano i documenti che i figli avevano preparato.

Petra si sentì trionfante. 

Avevano vinto?! Forse non del tutto, ma avevano fatto un passo avanti.

Sorrise a Mirren, che ricambiò con più compostezza. Ma era chiaro che fosse molto sollevato.

-Cosa?!- Bonnie, al contrario, era pallida.

-Cara, non posso ignorare le preoccupazioni dei miei figli. Troviamo una soluzione pacifica- il tono di Brogan nei confronti della moglie era in difficoltà, ma anche categorico. Non voleva più parlare di quell’argomento per il momento, ma analizzare da solo la situazione.

E per il momento a Petra e Mirren andava benissimo così, e si risedettero.

Ormai la cena era fredda, ma sarebbe stata comunque la più buona da qualche anno a quella parte.

-Scegli sempre loro a me. Anche quando sparano stupide e infondate accuse solo per levarmi di torno! Quei due… diavoli contro natura!- li accusò Bonnie, sbattendo i pugni sul tavolo.

-Basta, Bonnie! Finiamola qui per oggi!- Brogan alzò la voce.

Petra fece del suo meglio per non sogghignare tra sé per la soddisfazione. #BastaBonnie era contagioso.

Lanciò un’occhiata a Mirren, ma il suo sorriso appena accennato sparì quando si rese conto che l’ultima frase di Bonnie l’aveva turbato.

La donna si alzò, facendo cadere la sedia nella foga, e corse in camera sua, probabilmente nel tentativo di liberarsi delle prove.

Troppo tardi, Mirren e Petra ne avevano raccolte troppe.

-Scusatemi, ragazzi. Quando si arrabbia dice cose che non pensa- Brogan però provò ancora a prendere almeno in parte le sue difese.

Mirren si irrigidì.

-Tipo che io e Petra siamo contro natura? Non lo dice solo quando si arrabbia. La sua omofobia è sempre piuttosto esplicita- borbottò, quasi tra sé, ma facendosi sentire bene da tutti.

Petra lo guardò confusa.

Perché ora tirava fuori questo argomento? In effetti Bonnie non aveva mai nascosto la sua omofobia, ma di solito Mirren la ignorava, così come faceva Petra.

Certo, era uno dei motivi per cui non aveva ancora avuto il coraggio di fare coming out con suo padre, ma, dopotutto, non era un problema, dato che era ancora single. Lo sarebbe diventato se si fosse fidanzata con qualcuno, ma non si era fidanzata con nessuno, e neanche Mirren.

…vero?

Nah, non si era fidanzato, perché altrimenti Petra sarebbe stata la prima a scoprirlo. Gliel’avrebbe detto, almeno a lei.

…vero?

-È soltanto molto enfatica, ma non pensa davvero quelle cose. E poi, anche se fosse, non è il vostro caso, e sono solo parole- Brogan continuò a difendere Bonnie, un po’ a disagio.

Cavolo! Stava andando tutto così bene?! Perché Mirren aveva approfondito quel discorso?! Ora rischiavano che loro padre cambiasse idea e si schierasse con la moglie.

Petra ricominciò a mangiare, e incoraggiò Mirren a fare altrettanto con un colpetto sul piede.

Mirren ritirò il piede.

-Non sono solo parole. Lei odia Felix. Non lo fa mai entrare in casa, lo tratta come spazzatura. È convinta che lui sia una cattiva influenza o qualcosa del genere e solo perché pensa che noi due abbiamo una storia- continuò ad insistere.

Negli occhi aveva una luce pericolosa, che Petra non gli aveva mai visto.

E iniziò a preoccuparsi parecchio per come quella conversazione si stava evolvendo.

-Le dirò di trattare meglio Felix, okay? È il tuo migliore amico, e so benissimo che non è niente di più. Si può risolvere tutto pacificamente- 

E tanti cari saluti all’ottimismo di Petra.

Non sarebbe cambiato assolutamente nulla.

Sbuffò, e scosse la testa, irritata.

-Non sono le supposizioni il problema, papà. Il problema è che Bonnie ci sta addosso, rovinando le nostre amicizie, e privandoci della libertà di provare ad essere noi stessi almeno in casa- il discorso di Mirren iniziava ad essere intricato. Neanche Petra stava capendo del tutto dove stava andando a parare, ma il suo cuore iniziò a battere più forte, e inconsciamente iniziò a scuotere la testa, come a scoraggiare Mirren dal continuare.

-Non capisco cosa intendi, figliolo. Sei sempre libero di stare con Felix, così come Petra è libera di stare con i suoi amici in casa. Sapete che vi supporto. Felix è come un figlio per me, e so benissimo che non potresti mai stare insieme a lui. Faccio un bel discorso con Bonnie e…- 

-In che senso non potrei mai stare con lui? Ti creerebbe qualche problema?- 

Perché Mirren insisteva su questa cosa?!

Lui non stava con Felix!

Petra iniziava ad irritarsi. Quella riunione doveva servire a parlare dei cani e smascherare Bonnie come assassina, non come omofoba. Dopotutto in quell’ambito aveva più probabilità di portare Brogan dalla sua parte, dato che l’uomo faceva tanto l’aperto di mente, ma su queste cose era un po’ all’antica.

-No, ovviamente no. Ma perché adesso facciamo questo discorso? Tu non stai con Felix! Perché pensare a cosa succederebbe in questa eventualità?- Brogan era stanco di discutere. Lui odiava discutere.

E Petra si stava facendo le sue stesse domande.

Perché Mirren era così agitato per quella situazione?

-Perché io STO con Felix!- arrivò la risposta di Mirren, che sbottò, facendo calare il gelo nella stanza.

Petra era convinta di non aver sentito bene, o che Mirren si stesse inventando tutto per provare il suo punto, ma sapeva in cuor suo, che il fratello non avrebbe mai sganciato una bomba del genere se non fosse stata vera al 100%. 

Perché sapeva benissimo quanto le sue parole fossero sempre costantemente analizzate e manipolate da persone come Bonnie, Amabelle e Melany.

Quindi, mentre la consapevolezza che suo fratello e Felix stavano insieme, e quindi Felix era suo genero, e quindi Amabelle sarebbe morta d’infarto di lì a pochi minuti (il tempo di finire la conversazione e scrivere il messaggio) si faceva largo nella sua mente, fissava Mirren a bocca aperta e occhi sgranati, senza essere capace di dire una parola.

Anche Brogan rimase di sasso per qualche secondo, ma si riprese più in fretta.

-Stai scherzando, vero?- sussurrò tra sé, accennando un sorrisino incredulo.

A quella reazione, qualcosa negli occhi di Mirren sembrò spezzarsi, ma l’incertezza che aveva seguito la rivelazione sparì dal suo volto, lasciando spazio ad una profonda determinazione.

-No, non sto scherzando- confermò, con freddezza -Perciò perdonami se mi rifiuto di stare ancora nella stessa casa con una donna che mi considera contro natura solo perché amo una persona che non rispecchia le sue aspettative!- alla fine, il motivo del suo turbamento divenne piuttosto chiaro, ma Petra era ancora senza parole.

Non si aspettava proprio che l’operazione #BastaBonnie sarebbe arrivata a questa confessione.

-Forse ha ragione nel dire che dovresti trasferirti- borbottò Brogan, molto tra sé.

Mirren si ritirò visibilmente, come se si fosse scottato. Petra girò la testa di scatto.

-Papà!- esclamò, scandalizzata.

-Sono solo… delus.. sorpreso, da questa dichiarazione. Io… è stata una cena piuttosto movimentata, direi- Brogan provò a sorridere, ma il suo scontento era evidente, così come era evidente quanto male facesse a Mirren.

Petra non sapeva bene cosa fare, perché anche lei era sconvolta, e delusa.

…delusa dal fatto che Mirren non glielo aveva detto prima, più che altro, e dal fatto che alla fine tra tutti proprio Felix sarebbe diventato suo cognato, che sfiga.

E super mega iper delusa dalla reazione di suo padre.

Ma non sapeva come comportarsi, come reagire, come risolvere le cose e rigirare la frittata in modo che tutto si risolvesse in fretta.

-Già… io ho finito, vado in camera- Mirren si alzò, nonostante il suo piatto fosse praticamente ancora pieno, e con la massima dignità che aveva se ne andò lentamente, chiudendo la porta dietro di sé.

Brogan si prese la testa tra le mani.

-Come è possibile una cosa del genere? Dove ho sbagliato?- Petra lo sentì borbottare tra sé.

-Con tutto il rispetto, direi che il grande errore sta nella tua reazione- ammise Petra, alzandosi a sua volta, e seguendo le orme del fratello.

-Bonnie aveva ragione- sentì suo padre dire come ultima cosa, e la ragazza sbatté la porta con tutta la forza che aveva in corpo.

L’operazione #BastaBonnie si era rivelata un completo e totale fallimento. 

Era più probabile che Brogan disconoscesse loro e li cacciasse di casa, piuttosto che farlo con Bonnie.

Ma non riusciva ad avercela con Mirren. Chissà da quanto tempo si portava dietro questi timori.

Solo che… diamine! Avrebbe dovuto dirlo prima a lei!

Petra salì in camera e prese il telefono.

Doveva assolutamente scrivere ad Amabelle.

 

-Ho fatto un casino- nel momento stesso in cui Mirren era entrato in camera, aveva chiamato Felix, per rivelargli di aver inavvertitamente infranto la prima regola della relazione nel modo più stupido e kamikaze del mondo.

Ma era arrivato al punto di rottura.

Anni di paure, timori e voci che gli dicevano che quello che provava fosse anormale l’avevano sfiancato.

Perché per anni aveva creduto a loro, aveva creduto alle Bonnie.

Ma avevano completamente torto! Perché Felix era la cosa più bella che gli fosse mai capitata, e non aveva il minimo senso che una cosa così meravigliosa fosse innaturale o sbagliata.

-Wo! Che è successo?! Lottie sta bene?- Felix, che gli aveva risposto squillante, cambiò immediatamente tono, e si fece preoccupato.

-Sta bene, ma ho inavvertitamente detto a mio padre che stiamo insieme!- ammise Mirren, in un solo fiato, uscendo sul balcone per prendere un po’ d’aria e scappare da Petra che sicuramente sarebbe presto arrivata in camera sua per fargli una lunga strigliata.

-COSA?!- sentì Felix urlare sconvolto dall’altra parte della cornetta… e lo sentì anche dalla casa davanti, anche se meno nitido.

-Puoi uscire sul balcone? Voglio vederti- gli chiese timidamente, e vide dapprima il movimento dalla finestra, e pochi secondi dopo Felix, in pigiama, che si affacciò al balcone con il telefono all’orecchio.

Solo vederlo, preoccupato, sincero e bellissimo, calmò leggermente il cuore di Mirren.

Ricacciò indietro le lacrime.

Lui non piangeva facilmente. Non avrebbe pianto per una cosa del genere.

-Cosa è successo, Mirr?- chiese Felix, gentilmente, guardandolo con partecipazione.

Mirren raccontò a grandi linee come si era svolta la cena.

Alla fine del racconto, Felix aveva preso un accendino e aveva iniziato ad armeggiarci, nervosamente.

-Non me l’aspettavo da Brogan- ammise, deluso e irritato.

-Neanche io. Mi dispiace tanto di aver infranto la regola- Mirren sospirò, sconsolato.

-Tranquillo, era una regola per te, non per me. Io non ho problemi a dire a tutto il mondo che ti amo da impazzire- Felix provò a trasmettergli tutto il suo amore con un dolce sguardo affettuoso, e Mirren, malgrado la situazione, non riuscì a non sorridergli.

-Beh, presto tutto il mondo lo saprà davvero, perché dubito che Petra si esimerà dal dirlo ad Amabelle- borbottò Mirren poco dopo, rabbuiandosi di nuovo.

-Uff, se lo sa Amabelle lo saprà tutta la città. Ma dato che il problema era tuo padre, almeno quell’ansia l’hai tolta, giusto?- Felix provò a vedere il bicchiere mezzo pieno, ma fallì miseramente -…no, immagino che non sia effettivamente una cosa buona, scusa- aggiunse, sospirando.

Mirren ridacchiò per la sua imbranataggine.

-Tengo molto all’opinione di mio padre, ma tengo molto di più a te. E dopo due mesi non ho più voglia di nascondere la nostra storia. Sono pronto a dire al mondo intero che ti amo- Mirren guardò Felix dritto negli occhi nonostante la distanza, e lo vide prendersi il petto, commosso.

-AwwwAAAAHHH!- e cambiare immediatamente espressione spaventandosi per qualcosa alle spalle di Mirren, che si girò immediatamente, allertato, per ritrovarsi faccia a faccia con Petra, sul piede di guerra.

-Stavate insieme da DUE mesi?! E non mi hai detto nulla?!- esclamò, furibonda.

-Beh, io devo andare, Tender mi chiama!- Felix, notando il fuoco e le fiamme emanate da Petra, approfittò della distanza per scappare via.

-Codardo!- si lamentò Mirren.

-Guarda che appena ti vedo faccia a faccia ti devasto, cognato degenere!- Petra gli urlò contro facendosi sentire nitidamente anche dal balcone affianco.

Mentre rientrava, Felix però continuò a parlare al telefono, e disse un’ultima confortante frase.

-Ti amo, Mirr. Domani iniziamo a risolvere tutto- prima di riattaccare con un bacio.

Se non fosse stato ad un passo dalla morte, Mirren avrebbe anche sorriso.

Ma sorridere davanti ad una Petra arrabbiata non era il caso.

-Petra, mi dispiace, ma avevamo deciso di non dire nulla a nessuno, neanche a… familiari- Mirren provò a giustificarsi.

-Neanche a me?! Io ti ho detto tutto su Amabelle!- 

-Sì, lo so… ma… senti, volevo essere sicuro che andasse bene, non volevo…- 

-Aspetta, aspetta, aspetta… quando Felix ha incontrato Melany stavate già insieme?- chiese Petra, appena colta da un’illuminazione.

-Sì…- ammise Mirren.

-Quel brutto traditore bastardo… lo vado ad ammazzare seduta stante!- Petra si sollevò le maniche e fece per scavalcare il balcone per saltare su quello di Felix, ma Mirren la fermò, con una certa difficoltà bisogna dirlo.

-Non mi ha tradito con Melany, ne abbiamo parlato, è tutto perfetto- spiegò in fretta, cercando di calmarla.

Petra lo squadrò con attenzione, poi sospirò.

-Okay, se tu sei felice, sono felice per te. Anche se una parte di me sperava di non avere Felix come cognato- ammise poi, sedendosi sulla balaustra.

Mirren ridacchiò, e si appoggiò accanto a lei.

-Beh, sarebbe rimasto il mio migliore amico, quindi difficilmente ti saresti liberata di lui- le fece notare.

-Ma la speranza è l’ultima a morire-

-Ehi, neanche io voglio avere Amabelle come cognata, ma approvo le tue scelte- Mirren la prese in giro, dandole una leggerissima spallata amichevole.

Petra sbuffò.

-Non c’è pericolo, non so neanche come approcciarla- ammise, sconsolata.

-Ti darei dei consigli, ma nel mio caso ha fatto tutto Felix, praticamente- ripensò al giorno in cui si erano ufficialmente messi insieme, dopo l’appuntamento, e non riuscì a non sorridere -Lo amo da morire- ammise, quasi tra sé, ormai del tutti incapace di trattenersi dall’esternare i propri sentimenti.

Petra gli sorrise, intenerita.

-Mi dispiace tanto per la reazione di papà- disse poi, in tono più serio.

Mirren sospirò.

-Non avrei dovuto dirglielo così, ma non ce la facevo più- ammise.

-Ma sono sicura che era solo sorpreso, e dopo un po’ di riflessione ti accetterà a braccia aperte. Sei suo figlio, e ti vuole bene- Petra lo incoraggiò.

Mirren sperò davvero che avesse ragione.

Anche se la variabile Bonnie non era da sottovalutare, purtroppo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Uff, scusate, ultimamente sono lentissima, ma ho tremila cose per la testa, è un periodo angoscioso, e ho poca voglia di scrivere, devo essere onesta.

Ma alcune scene di questo capitolo sono state una forma di terapia, e spero davvero che vi piacciano.

Prima di andare nelle solite note, buona Pasqua in ritardo a tutti. Volevo fare uno speciale di Pasqua da mettere nelle side stories: Life Bites, ma non avevo abbastanza ispirazione e tempo.

Passando al capitolo…

Adoro i punti di vista di Norman perché mi permettono di fare un punto della situazione e soprattutto di fare le scene di gruppo dove interagiscono tutti. E poi Norman è l’MVP della storia, è il preferito di tutti!

Passando invece a Denny, il suo punto di vista è stato super terapeutico. In questo periodo dove l’ottimismo inizia a scemare, e intendo globalmente, non nella storia, c’è bisogno di pensare alle cose positive, al bicchiere mezzo pieno. Mi è piaciuto molto scriverlo.

Così come mi è piaciuto molto scrivere il discorso del coming out di Denny. Spero davvero di aver trattato l’argomento con la giusta sensibilità e realismo. Nonostante io non abbia mai vissuto un’esperienza simile, lo ammetto, ho provato ad immedesimarmi il più possibile, e spero che il risultato sia all’altezza.

Passando invece al #BastaBonnie, ammetto che non sapevo bene come fare la scena, e spero davvero che la parte finale, con Borgan poco aperto nei confronti del figlio, non abbia triggerato nessuno.

Non è stato semplicissimo da scrivere, ma purtroppo è realistico. 

Ma questo è solo l’inizio, e vi premetto già che ci sarà un’evoluzione.

Anzi, vi prometto anche che i prossimi tre capitoli avranno parecchie gioie. Non vedo l’ora di scriverli.

Ormai siamo alle battute finali, non riesco a credere di aver scritto già 40 capitoli.

Voglio ringraziare dal profondo del cuore tutti quelli che seguono ancora questa storia lunghissima, e che la commentano.

Non mi aspettavo minimamente questo meraviglioso feedback.

Veramente, grazie infinite! 

Un bacione enorme e alla prossima :-*

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Amabelle organizza una riunione di emergenza, Felix e Mirren vanno a vedere le stelle

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Capitolo 41
*** Stelle e sogni ***


Stelle e sogni

 

Domenica 29 Settembre

-Ho indetto questa riunione di emergenza perché QUALCUNO deve dire QUALCOSA di molto importante al gruppo, e si è scordato di farlo durante le confessioni di martedì scorso!- quando Amabelle attaccò a parlare, nel  momento esatto in cui tutti i membri della Corona Crew si erano seduti al tavolo, prima ancora di ordinare, sembrava tornata la Amabelle esagitata precedente al suo compleanno.

E onestamente non la si poteva biasimare più di tanto, visto che effettivamente erano due mesi che Felix e Mirren stavano insieme e Amabelle aveva un po’ il diritto di esserne informata.

Non che fossero affari suoi, ma dopo tutto l’impegno che aveva messo nell’ottenere quel risultato, sarebbe stato giusto dirglielo anche solo per farle smettere di sprecare energie.

E, a pensarci bene, se glielo avessero detto subito, Amabelle probabilmente non avrebbe stalkerato Felix quando era uscito con Melany, e probabilmente tutto il casino successivo si sarebbe potuto evitare.

Ma dettagli.

-Amabelle, calma. Cosa è successo?- Norman era molto confuso, ed esternò le incertezze di tutti i membri della Crew.

-Dato che ora sono una brava ragazza che non rivela le informazioni altrui e non fa piani strani…- Amabelle esordì, facendo la santarellina.

-…questo mi sembra un piano strano- obiettò Mirren tra sé.

Amabelle lo fulminò con lo sguardo.

-Shush! Dato che sono maturata, non sarà io a dare l’informazione, ma ho preparato altruisticamente il palco in modo che siate voi a comunicarlo a tutti!- Amabelle indicò il tavolo con fare enfatico e occhi assatanati.

Petra avrebbe avuto il potere di fermarla, ma era ancora seccata per non essere stata informata della relazione, quindi la lasciò fare con malefico divertimento.

Mirren e Felix si lanciarono un’occhiata, poi Mirren sospirò e annuì leggermente con la testa, dando a Felix l’okay per rivelare la succosa informazione.

Non che avessero molte scelte al riguardo, ma era gentile da parte di Amabelle non aver esordito con un sonoro “Ascoltate, popolo di Harriswood! Felix e Mirren stanno insieme!!!” urlato da un megafono girovagando per la città.

-Il coniglio è fuori dal cappello… io e Mirren stiamo insieme- alla fine Felix fece la confessione, con semplicità e non trattenendo un ampio sorriso alla consapevolezza che finalmente, dopo due mesi di relazione e vent’anni di struggimento, erano alla luce del sole, insieme, e felici.

Ci furono parecchi secondi di silenzio, poi Clover scoppiò a ridere.

-Grandi, ragazzi! Usate la tecnica Clover e Diego per evitare che Amabelle continui ad accanirsi su di voi?- chiese, divertita, con un occhiolino in direzione dei ragazzi.

Amabelle si sentì particolarmente triggerata, e guardò i due ragazzi estremamente offesa.

-È una finta?! Perché se è una finta giuro che…!- iniziò a minacciare, con il dito per aria.

Felix si affrettò a negare vistosamente.

-No, stiamo davvero insieme, da due mesi. Ci siamo chiariti dopo il funerale di Fallon e siamo andati al nostro primo appuntamento il martedì successivo! L’abbiamo tenuto nascosto per vedere come andava- Felix si affrettò a spiegare, spaventato dalla veemenza dell’amica.

Mirren gli lanciò un’occhiata leggermente seccata, ma non commentò. Non era felice di condividere i dettagli della loro relazione, ma capiva le motivazioni di Felix.

-E come sta andando?- chiese Max, molto calmo.

-Alla grande!- rispose immediatamente Felix, per poi lanciare un’occhiata amorevole al ragazzo accanto a lui -Davvero alla grande- ripetè, prendendogli la mano senza alcuna esitazione.

Mirren ricambiò il sorriso.

Ora che la relazione era decisamente confermata, le reazioni al tavolo furono diversificate.

Clover era a bocca aperta, ancora poco convinta.

Amabelle e Petra soddisfatte e allo stesso tempo ancora oltraggiate per non esserne venute a conoscenza prima.

Denny accennò un -Sono felice per voi, ragazzi- con un sorrisino.

Max borbottò tra sé un -Almeno a voi sta andando bene, siete un esempio per tutti noi- che denotava da un lato felicità per loro, ma dall’altro anche parecchia invidia.

La reazione più inaspettata ed esagerata, però, venne da Norman.

Perché dopo aver analizzato qualche secondo la situazione, e aver avuto conferma dei dubbi che nutriva da quando era tornato, sbatté le mani sul tavolo, facendo sobbalzare tutti.

-AH! Lo sapevo! Cavolo, lo sapevo! È da quando sono tornato che dico che c’era qualcosa di strano tra voi! E mi prendevano tutti per pazzo. Ma avevo ragione! Avevo ragione!- esclamò con estremo entusiasmo.

Sembrò rendersi conto di essere andato un po’ fuori dagli schemi, e si sgranchì la voce, tornando più professionale.

-Cioè… congratulazioni, ragazzi- si complimentò, con un sorriso di cortesia.

Sia Felix che Mirren non trattennero una gran risata, Felix più del partner.

-In effetti eravamo molto poco discreti, e sono sorpreso che nessun altro se ne sia accorto- ammise il biondo, guadagnandosi un’occhiataccia di Amabelle, Petra e Clover.

-Guardate che vi comportavate sempre così prima che Amabelle iniziasse il suo proposito!- obiettò Clover, indignata per non averlo capito prima grazie alle sue brillanti abilità di lettura delle persone.

-Sempre appiccicati, a flirtare. Dai, sembrate sempre una coppia!- le diede man forte Amabelle, incrociando le braccia e facendo l’offesa.

-Beh, dai, ora sapete tutti la verità. Tutto bene ciò che finisce bene- Felix provò a cambiare argomento e sistemare la situazione.

Amabelle si risedette al posto.

-Però ora Clover mi ha messo la pulce nell’orecchio. Dovete dimostrare di stare insieme- era però ancora sul piede di guerra, e squadrò Mirren e Felix con attenzione.

-Non basta la nostra parola, il prenderci per mano e la spiegazione accorata?- chiese Felix, un po’ preoccupato.

-Conoscendo Amabelle, quelle sono prove circostanziali. Suppongo che voglia che vi baciate- rifletté Max, guardando la coppia con pietà.

Felix non avrebbe avuto alcun problema, ma Mirren si irrigidì, e lasciò inconsciamente la mano di Felix.

-Ames, stiamo insieme, ma alcune cose non cambiano, e Mirren è discreto. Ti prego, non insistere- Felix si rivolse principalmente all’amica, nonostante sapesse che tutti li potevano ascoltare, e se in un primo momento Amabelle fu in procinto di insistere con estrema veemenza, si interruppe presto, contò fino a dieci, lanciò un’occhiata a Norman e Petra, che scossero la testa, e finalmente si arrese, e sorrise ad entrambi.

-Va bene, mi fido di voi, non voglio mettervi troppo a disagio- alzò le mani e tornò rilassata.

Non aveva ancora intenzione di mollare, in realtà, ma sarebbe stata più discreta.

-Wow, sei cambiata davvero- osservò Mirren, incredulo, riprendendo la mano di Felix rassicurato.

-Sono maturata, cambiata e discreta!- insistette Amabelle, facendo la santarellina -Allora, cosa vogliamo ordinare?- chiese poi al tavolo, chiamando una nuova cameriera in prova. 

Era davvero pessima, a dire il vero, e sicuramente Roelke l’avrebbe licenziata non appena avesse trovato qualcuno di migliore, ma era meglio di niente.

-Scommetto tutto quello che vuoi che al nostro prossimo appuntamento ci seguirà- borbottò Felix all’orecchio di Mirren.

-Non è una scommessa equa, perché è ovvio che ci seguirà- gli diede man forte Mirren, seccato e allo stesso tempo suo malgrado divertito.

 

Martedì 1 Ottobre

Nonostante Felix avesse fatto del suo meglio per scegliere il luogo più strano e difficile da seguire per un appuntamento, ovviamente Amabelle e Petra li avevano stalkerati, ed erano a pochi metri dietro di loro.

E il fatto che persino Felix le avesse notate faceva intendere quanto isolato quel posto fosse.

Lui e Mirren, infatti, avevano organizzato un picnic serale e si erano messi a vedere le stelle nella montagna dove quest’ultimo li aveva portati poche settimane prima per baciarsi in santa pace.

Era da quel giorno che Felix si era iniziato ad organizzare per passare un’intera serata lì, e quella notte era davvero l’occasione perfetta per ricordare nonna Rea.

-E quindi quanto tempo sei in ferie?- chiese Felix a Mirren, che era intento a fissare il cielo con espressione afflitta.

Il giorno prima, suo padre gli aveva inviato un messaggio al telefono annunciandogli che era in ferie. Nessuna spiegazione, non si erano visti né parlati da quando Mirren aveva annunciato la sua relazione con Felix, e il ragazzo non sapeva proprio cosa fare e che sentimenti provare in quel momento, oltre all’inevitabile amarezza.

-Una settimana, ma è probabile che potrebbero essere in eterno- Mirren sospirò, rassegnato, e si portò una mano sul viso per evitare di mostrare gli occhi lucidi.

Felix però non se li perse, non si perdeva neanche il più piccolo movimento.

-Ehi, andrà tutto bene. Tuo padre non ti licenzierebbe mai per una cosa del genere. Sono sicuro che tra un po’ di tempo tutto si risolverà- provò ad essere ottimista, accarezzandogli dolcemente i capelli.

Mirren chiuse gli occhi e si concentrò su quel contatto.

-Vorrei avere il tuo ottimismo, Fel- sussurrò, usando un nomignolo che Felix non gli sentiva pronunciare dalle elementari.

Non riuscì a non arrossire, e si mise più comodo accanto a lui, per stargli il più vicino possibile.

-Non sono ottimista, sono realista. Tuo padre è un po’… debole al fascino delle donne, e forse leggermente non troppo eccessivamente aperto di mente…- il suo tentativo di tirare su il morale di Mirren provocò solo un grugnito depresso da parte del ragazzo.

-…MA è una brava persona, e ti vuole bene. Ha sempre messo la felicità tua e di Petra sopra qualsiasi altra cosa, e sono sicuro che si renderà conto di aver sbagliato tantissimo con questa questione e ti accoglierà a braccia aperte- cercò però di riprendersi ed essere il più incoraggiante possibile.

Mirren lasciò perdere l’osservazione delle stelle e si girò verso Felix, accennando un sorrisino.

-Vorrei davvero tanto avere il tuo ottimismo- disse nuovamente, avvicinandosi per dargli un dolce bacio sulle labbra.

Felix chiuse gli occhi preparandosi all’unione, ma dopo qualche secondo di speranza e labbra arricciate, li riaprì nuovamente, e notò che Mirren si era allontanato, e sospirava seccato.

Notò anche la chiara luce di una torcia del telefono… del flash di un telefono, alle loro spalle.

-Amabelle…- sussurrò come il signor Turner sussurra il nome “Dinkleberg”.

-Comunque, ehm… grazie per le parole di conforto- Mirren cercò di rimediare alla delusione provocata in Felix e tornò ad osservare le stelle.

-Uh… sì… certo… sempre- Felix cercò (senza alcun successo) di non mostrare la chiarissima delusione per il bacio mancato e fece altrettanto.

Rimasero qualche secondo in silenzio, intenti ad osservare il cielo, poi Mirren si sentì in dovere di dire qualcosa.

-Non è che io non voglia…- ci tenne a precisare, girandosi verso di lui.

Felix lo guardò innocentemente.

-Non guardarmi così, lo so che ci sei rimasto male, ma non sei tu…- Mirren si dimostrò ancora una volta come colui che conosceva meglio il migliore amico.

-…oh no! Mi vuoi lasciare! Quando il tuo ragazzo dice “Non sei tu sono io” non è mai un buon segno- scherzò Felix in tono fintamente drammatico.

Nonostante Mirren fosse depresso, non si trattenne dal ridere.

-Sei un idiota- lo insultò giocosamente, arruffandogli i capelli e provando con tutte le forze a restare impassibile.

-Oh, è l’ombra di un sorriso quella che vedo sul tuo volto? Sono riuscito nell’impossibile? Far sorridere il mio orsetto tsundere?- Felix iniziò a punzecchiarlo, Mirren scosse la testa.

-Ed io illuso che speravo di fare un discorso serio- sbuffò, spingendolo lontano da sé.

-Hai ragione, dai, continua…- Felix però si riavvicinò immediatamente, e lo incoraggiò a parlare, tornando serio.

-Sono un po’ teso, ultimamente. Tra Bonnie, mio padre, e anche la Corona Crew che ora sa della nostra relazione… non so bene come spiegarmi, ma ho tanti pensieri e preoccupazioni che non riesco ad ignorare- Mirren iniziò a confessarsi, torturandosi le dita.

Felix gli prese la mano, per mostrargli tutta la sua partecipazione.

-Allora non farlo. Non ignorarli… affrontali- lo incoraggiò, con determinazione.

-Non c’è molto che io possa fare al riguardo. Dipende dagli altri, e dal tempo- Mirren scossa la testa. Non era certo di riuscire a spiegarsi, ma Felix sembrò capire comunque. Lo abbracciò teneramente.

Era uno dei gesti più intimi che compieva da quando stavano insieme, e Mirren chiuse gli occhi apprezzandone ogni istante e concentrandosi sulle sue sensazioni.

-Sappi che per qualsiasi cosa, su di me puoi contare e potrai contare per sempre- gli promise, in tono parecchio convincente.

Il momento era perfetto per un dolce bacio sotto le stelle, così Felix gli si avvicinò per riprendere dove avevano interrotto, ma un nuovo piccolo ma evidente flash fece allontanare Mirren, che si separò dal ragazzo.

Felix avrebbe voluto poter dire che la nuova interruzione non gli aveva dato fastidio… ma la nuova interruzione gli aveva dato davvero tanto fastidio, perché sperava, in cuor suo, che una volta alla luce del sole sarebbe riuscito ad essere più aperto nelle espressioni di amore nei confronti di Mirren, invece lui sembrava essersi chiuso a riccio.

Ma non fece commenti, e si limitò ad allontanarsi, fare il muso (non perché volesse, ma perché non riusciva a trattenersi) e a tornare a guardare il cielo.

Alla fine capiva Mirren, dato che neanche lui era entusiasta di farsi stalkerare da Amabelle, ma alla fine non c’era niente di male a baciarsi appassionatamente, sebbene davanti a lei e Petra.

Per Mirren, al contrario, baciarsi appassionatamente davanti a sua sorella era forse la cosa più imbarazzante che gli potesse capitare in quel momento.

 

Per Petra il sentimento era reciproco, e ogni volta che aveva visto Amabelle prendere il telefono per scattare una foto ai due ragazzi in procinto di baciarsi, si era chiusa gli occhi e girata dall’altra parte con estremo disgusto.

-Suvvia, Tray! È una cosa naturale! Ed è solo un bacio, niente di più- Amabelle ridacchiò del suo imbarazzo e ritirò il telefono notando che i due amanti erano tornati fin troppo distanti l’uno dall’altro per essere in una relazione.

Anche se… considerando che un membro della relazione era Mirren, erano fin troppo vicini per essere solo amici.

Ma con Felix e Mirren non si poteva mai dire.

Quindi Amabelle era confusa e decisa ad avere prove che dimostrassero inconfutabilmente che Felix e Mirren erano più che amici! 

E quelle prove erano quantomeno un bacio!

Anche se… Amabelle e Petra erano la prova che un bacio poteva anche non essere sinonimo di relazione… ma dettagli!

-Ti prego, Amabelle, non voglio neanche rischiare di pensare a Mirren e Felix che fanno qualcosa di più che baciarsi e basta- Petra, ancora con occhi coperti nonostante fosse passato il pericolo, si lamentò a mezza voce.

…e pensò esattamente a quello che si era imposta di non pensare, e grugnì infastidita, scuotendo la testa per togliere quella disgustosa immagine.

Amabelle le fece pat pat sulla spalla, con un sorrisino malizioso. Anche lei aveva immaginato la stessa scena di Petra, ma la sua reazione al riguardo fu completamente diversa.

-Certo che sarebbe carino se stessero davvero insieme- commentò sospirando.

-Ames, Felix e Mirren STANNO insieme!- le fece notare Petra, che da quando aveva condiviso la notizia era stata costantemente messa in dubbio.

-Sì sì, lo dicono, ma mi sembra completamente impossibile! Qualcosa deve per forza essere andato storto, me lo sento!- Amabelle prese il binocolo e fissò i due ragazzi, che si si stavano imboccando a vicenda della torta avanzata dalla cena.

-Da quando sei così pessimista? Nei tuoi piani erano la coppia che si sarebbe messa insieme più in fretta. Avevi detto Marzo, giusto?- le fece notare Petra, arrischiandosi a togliere una mano da davanti al viso ma non guardando comunque in direzione della coppietta.

-Sì, lo so, ma… insomma, come si spiega il problema Melany?! Se stavano già insieme perché Felix è uscito con Melany?!- Amabelle continuò ad obiettare.

-Mirren mi ha spiegato che è stata Melany a contattare Felix e lui ha accettato solo perché lei voleva scusarsi- spiegò Petra, che aveva indagato un po’ con il fratello proprio per prepararsi a questo interrogatorio ed evitare che Amabelle lo facesse a lui.

-Si sono baciati!- insistette Amabelle, ancora fumante di rabbia per quello che era successo quel giorno.

-Tutta colpa di Melany. E poi l’hai visto anche tu quando Felix l’ha scansata violentemente- ricordò Petra.

Amabelle abbassò lo sguardo.

-Non ricordo molto quel giorno, ho cercato di rimuovere i ricordi dolorosi- Amabelle, probabilmente rendendosi conto che stava perdendo, cambiò argomento agitando la mano davanti a sé.

Petra scosse la testa, ma non insistette.

Anche lei cercava di non pensare molto al litigio che avevano avuto quel giorno, dato che era ancora in parte arrabbiata con lei.

Insomma, sapeva che stava migliorando, lo vedeva con i propri occhi, ed era ancora estremamente cotta di Amabelle, ma allo stesso tempo aveva un po’ paura che ritornasse quella di prima, esagerata ai limiti della pazzia. 

I suoi timori derivavano soprattutto dal fatto che, almeno con lei, Amabelle non aveva ancora trovato la causa scatenante della sua crisi, quindi non era certo che i problemi non si sarebbero ripresentati, prima o poi.

Al momento, però, escludendo quella serata, Amabelle sembrava davvero essersi calmata.

E senza neanche uso di psicofarmaci.

Si vede che questa è una storia di fantasia.

-Amabelle, posso farti una domanda?- Petra interruppe il silenzio che si era venuto a creare tra le due, mentre immerse nei propri pensieri, che per entrambe probabilmente riguardavano la famosa giornata del loro litigio.

Amabelle smise di guardare la coppia e lanciò a Petra un’occhiata allarmata, ma annuì.

-Certo, puoi chiedermi qualsiasi cosa- rispose, preparandosi alla domanda che, ne era certa, riguardava il fatidico giorno, o le sue motivazioni, o qualcosa a cui difficilmente Amabelle sarebbe riuscita a rispondere.

Ma Petra aveva altre idee in mente.

-Volevo solo sapere se avevi delle idee per l’operazione Matchmaker. So che è Norman il capo, adesso, ma sicuramente non ti sei arresa, giusto?- infatti Petra cambiò completamente argomento, e Amabelle si rilassò.

-Oh, beh, non direi proprio idee, al momento, ma voglio essere disponibile e pronta ad agire se qualcuno dovesse chiedere il mio aiuto- rispose, pensierosa.

-In che senso?- indagò Petra, adocchiandola con attenzione.

-Beh, tipo con Max e Veronika. Lei mi ha chiesto di dare un regalo a Max e io ho eseguito. Non ho più piani, ma sono disponibile a realizzare i piani degli altri- Amabelle si spiegò meglio.

-È molto poco da te, Amabelle- osservò Petra, poco convinta.

Il sorriso di Amabelle si spense.

-Petra, sono cresciuta, ormai. Non sto solo cercando di farmi apprezzare da tutti, voglio fare anche la cosa giusta, per davvero stavolta- si giustificò, cercando di mostrare all’amica le sue buone intenzioni.

Petra riusciva a leggere la sincerità nel suo sguardo. Era vero che ultimamente Amabelle sembrava davvero decisa a migliorare.

Non rispose, e si limitò a sdraiarsi e guardare le stelle, riflessiva.

-Comunque, se ti va potremmo fare un punto della situazione per l’operazione matchmaker?- Amabelle si sdraiò accanto a lei e prese il telefono, dove aveva segnato tutte le informazioni sostituendo così l’enorme calendario che era ormai diventato ingestibile.

Petra fece un grugnito che poteva essere interpretato in molti modi, ma Amabelle interpretò come un sì.

-Allora, Felix e Mirren sono ormai canon… forse… appena si baceranno- cominciò Amabelle, partendo dalla coppia più promettente. Petra fece un verso schifato all’idea.

-Poi ci sono Max e Sonja… Veronika… che mi sembrano molto complessi. Sto facendo ricerche su Agaliria, ma non trovo ancora strappi alla regola dei matrimoni combinati- Amabelle passò quindi alla coppia successiva, che purtroppo dava molte meno gioie.

-Stai studiando la legge di Agaliria?- chiese Petra, stupita.

-Certamente! Mi sta aiutando Denny. Ma per il momento abbiamo solo capito che per cambiare una legge c’è bisogno dell’approvazione del consiglio in maggioranza ma soprattutto l’approvazione finale del re o regina. Quindi dovremmo soprattutto convincere Re Manfred se vogliamo che Max abbia la possibilità di stare con Veronika. Sarebbe parecchio complicato… dovremmo andare innanzitutto ad Agaliria e…- Amabelle iniziò, in punta di piedi, a proporre una piccola idea, ma Petra si affrettò a romperle le uova nel paniere.

-Mi dispiace, Amabelle, ma ora come ora non me la sento proprio di spendere dei soldi per un viaggio all’estero, non con la situazione #BastaBonnie, il coming out di Mirren e il problema con Lottie- mise subito le mani avanti, un po’ dispiaciuta.

Amabelle non se la prese.

-Capisco. Beh, sarebbe stato difficile in ogni caso. È Max quello che deve decidere se vale la pena provarci o è meglio scegliere la strada sicura- Amabelle dimostrò ulteriormente la sua neo-raggiunta maturità ammettendo che le persone coinvolte nella coppia erano quelle con più voce in capitolo. Petra era decisamente stupita.

-Capisco… per quanto riguarda Clover e Diego?- chiese quindi, pensando ai due finti amanti e alla reazione di Clover quando si erano lasciati.

-Diego non mi risponde ai messaggi. Ma mi sono sentita con Juni e mi ha detto che tra qualche giorno dovrebbe tornare al dormitorio per frequentare l’università. È una buona cosa che non abbia cambiato città così potremo valutare la situazione. Devo ammettere che avrei volentieri messo le manette ad entrambi finché non avessero deciso di parlarsi, ma non voglio impormi. Quindi suppongo che come prima cosa cercherò di far tornare Diego nel gruppo, perché mi manca! O almeno tenerlo come amico mio. Poi il suo compleanno è tra un paio di settimane, dobbiamo festeggiarlo!- spiegò Amabelle, decisa.

-Dubito voglia vedere Clover- le fece notare Petra, mite.

-E Clover non sarà invitata. Sono certa che capirà! Non credo che farli incontrare in queste circostanze, e con l’inganno, possa aiutare qualcuno- Amabelle si dimostrò estremamente e sorprendentemente matura. Petra era sempre più stupita.

…e anche parecchio attratta da questa nuova Amabelle.

E già era attratta da quella vecchia.

Le si avvicinò appena, interessata.

-Okay… infine, Denny e Mathi?- chiese, andando alla coppia più spinosa e confusa.

Amabelle esitò qualche secondo, poi si prese il volto tra le mani, in difficoltà.

-Non c’ho capito niente con Denny e Mathi!- ammise poi, molto demoralizzata dalla sua mancanza di informazioni.

-Cioè… da un giorno all’altro Denny si è depresso e ha smesso di parlare con Mathi, e fin lì l’avrei anche capito. Nel senso, magari è successo qualcosa di piccante che ha sconvolto Denny, che non era ancora pronto ad ammettere i suoi sentimenti. Ma ora li ha ammessi, e ancora non ha contattato di nuovo Mathi! E poi a proposito di Mathi, è scomparso completamente da un giorno all’altro, e mi ha bloccato su Whatsapp. E non ha nessun social. È come se non fosse mai esistito!- Amabelle era decisamente confusa dalla situazione Mathi, e Petra non poteva biasimarla.

-Già, quando l’ho visto dal veterinario stava cercando qualcuno a cui dare Connie- ricordò. Era ancora confusa dal gesto, dato che le aveva dato l’impressione di adorare quel coniglio.

-VUOLE LIBERARSI DI BONNIE?!- chiese Amabelle a voce così alta che i due amanti poco lontano si girarono verso di loro sorpresi. Poi notarono che era sicuramente solo un classico sfogo di Amabelle e tornarono a guardare le stelle.

-Aveva dei volantini- Petra alzò le spalle.

-Aspetta, hai visto Mathi?! Ma quindi è ancora a Harriswood?- Amabelle cambiò priorità, e guardò Petra ad occhi sgranati. Non vedeva Mathi da così tanto tempo che aveva dato per scontato fosse tornato a casa.

-Lo era un paio di settimane fa, non so se adesso è ancora qui, però. Comunque devo dire che mi sembrava strano. Era molto agitato, sobbalzava parecchio, e mi sembrava come se camminasse con leggera difficoltà- Petra cercò di ricordare i dettagli di quando l’aveva visto.

In effetti era stato davvero molto singolare.

-Sono davvero tanto confusa. Comunque potrei rinunciare a Denny e Mathi e concentrarmi su far uscire Denny di più, fargli conoscere qualche bel ragazzo, mi basta che sia uscito dall’armadio. È più di quanto potessi sperare- nonostante le parole ottimiste e incoraggianti, il volto e il tono di Amabelle erano devastati. Puntava davvero molto su Denny e Mathi, erano una delle coppie che le piacevano di più.

E il fatto che cercasse comunque di abbandonare il proposito per il bene di Denny… wow, Petra non si aspettava minimamente che fosse arrivata già a quel punto nel suo percorso di crescita. Era… ammirevole.

-Wow… Amabelle, sei maturata davvero un sacco- si lasciò sfuggire, sorpresa.

Amabelle fu felice del complimento, e le sorrise caldamente.

-Sì! Sono Miss Maturità!- esclamò con gioia, prima di riprendere il telefono e provare nuovamente a fare una foto a Mirren e Felix, che sembravano quasi addormentati.

Forse Petra aveva parlato troppo presto.

Ma comunque faceva progressi, dai.

-Non fanno più niente di interessante- borbottò Amabelle, delusa, tornando sdraiata accanto all’amica, che aveva iniziato ad osservare con attenzione le stelle.

-Qual è la tua costellazione preferita?- chiese Petra, per fare conversazione.

Aveva una certa passione per le stelle, derivata da nonna Rea, che adorava l’astrologia.

-Beh, sono una fiera leonessa. Il leone è nel cielo?- Amabelle iniziò ad osservare le stelle, ma non era affatto in grado di orientarsi.

-No, ma c’è il toro- Petra indicò la propria costellazione, tracciandone il disegno con il dito.

Per osservarla meglio, Amabelle le si avvicinò, fino a posare la testa sulla sua spalla, a pochi centimetri dal volto dell’amica.

-Oh, credo di vederla. Quella stella è luminosissima- osservò, ammirata, indicando una luce nel cielo che Petra stava indicando.

-È Aldebaran, la più luminosa del toro ma in generale una delle stelle più luminose dell’intero cielo- spiegò Petra, con un sorrisetto.

-Nah, non è la stella più luminose di questa costellazione- obiettò Amabelle, scuotendo leggermente la testa.

Petra le lanciò un’occhiata interrogativa.

-In che senso, scusa?- chiese, confusa.

Amabelle si girò appena verso di lei, così vicina che i loro respiri si mischiarono tra loro.

-Beh, tu sei molto più luminosa- flirtò Amabelle, con un sorrisino malizioso.

O almeno, Petra l’avvertì come un ovvio flirt, e il suo cuore si fermò per un attimo per poi riprendere a battere a velocità inconsulta.

Voleva rispondere, un qualche commento brillante, magari rigirare il complimento per flirtare a sua volta. O anche un commento sarcastico che avrebbe rovinato tutto. L’importante era parlare. Doveva necessariamente parlare, ma non riusciva a spiccicare parola. Il complimento l’aveva colta fin troppo alla sprovvista, e Amabelle era davvero tanto vicina, così vicina che Petra, nonostante il buio, avrebbe potuto contare le lentiggini sul suo naso. E vedeva con chiarezza le stelle e la luna riflesse nei suoi occhi.

-Tray, ho esagerato? Stavo facendo una battuta- purtroppo, prima che Petra riuscisse a sbloccarsi, Amabelle arrossì vistosamente e si allontanò, un po’ a disagio.

Petra sbatté gli occhi un paio di volte per assicurarsi di avere ancora capacità motorie, e aprì la bocca per rassicurare Amabelle. 

-Beh, Aldebaran è l’effettiva stella più luminosa- disse, a caso. Grande, cervello! Una volta che Petra ha bisogno di te fai le valige e scappi via?

Petra stava per fare le valige e scappare a sua volta, quando Amabelle scoppiò a ridere, e seppellì il volto sulla spalla dell’amica.

-Okay, okay hai vinto! Ma se si parla di stelle non effettive tu resti sempre la più luminosa- flirtò di nuovo.

-Spero che non mi consideri una massa gassosa perché sennò mi offendo- di nuovo il cervello di Petra diede forfait lasciandola sola con i suoi sentimenti confusi, ma Amabelle rise di nuovo, anche se si staccò dall’amica per mettersi più comoda a guardare le stelle.

-No, certo che no! Al massimo sei la luce che guida le mie scelte!- Amabelle quel giorno era in forma con i flirt.

Ma Petra non era mai stata brava con le interrogazioni a sorpresa, e non si aspettava di finire in quel campo minato.

-Beh, tu sei…- non le veniva in mente alcun complimento -…come la lira!- disse poi, quando il suo sguardo raggiunse un gruppetto di cinque stelle molto vicine tra loro.

Quesa volta Amabelle era più confusa che divertita. Piegò la testa da un lato.

-La lira?- chiese, senza sapere abbastanza la lore delle costellazioni per capire cosa significasse.

-Sì… cioè, sei piccola… non nel senso che sei piccola, ma sei bassa… cioè non che essere bassa sia una brutta cosa… cioè non sei poi così bassa, ma il punto è che nonostante tu sia piccola è impossibile non vederti, perché Vega è una stella bellissima, che attira l’attenzione in mezzo a tutte le altre, come la tua personalità e allegria, che portano gioia a tutti quelli… intorno a te?- Petra non sapeva esattamente cosa diamine stesse dicendo (prof aveva detto che oggi stalkeravamo Felix e Mirren, non che dovevo flirtare con la mia cotta) ma sperò davvero che le fosse uscita una frase sensata.

Amabelle però rimase in silenzio qualche secondo, il ché non fece ben sperare Petra, che si preparò nuovamente a fare metaforicamente le valige e seguire sia il cervello che la dignità nella fuga da quella situazione. 

Ma prima che potesse farlo, Amabelle le prese la mano.

-Petra, credo che questa sia una delle cose più carine che mi abbiano mai detto- sussurrò, avvicinandosi un po’ di più e guardandola dritta negli occhi.

A Petra sopraggiunse improvvisamente una consapevolezza.

Quello era il momento giusto.

Era l’ambientazione perfetta, l’atmosfera perfetta, la compagnia perfetta (praticamente solo loro due e qualche grillo, se non si contavano i due amanti distanti che comunque si erano addormentati). Era tutto perfettamente perfetto!

…per dire ad Amabelle quello che provava per lei.

Si mise di scatto a sedere, facendo sobbalzare Amabelle, che fece altrettanto.

-Tutto okay, Tray?- chiese, sempre stringendole la mano.

No, nulla era okay, ma dettagli. Petra non credeva che le sarebbe capitata un’altra occasione simile mai più, o almeno non in tempi brevi.

Non lo aveva affatto programmato, ma chi era lei per rifiutare un dono della provvidenza.

-Amabelle…- cominciò, cercando di far uscire il tono più seducente del suo decisamente non vasto repertorio.

Amabelle inarcò le sopracciglia, molto confusa, ma pronta ad ascoltarla.

-C’è una cosa che devo dirti. Una cosa importante… non molto semplice da dire, ma…- Petra si interruppe. Santo cielo, non era Denny o Felix, non era tipa da tergiversare.

Dritta al sodo, prima di perdere il coraggio.

-Amabelle, io ti…- la confessione coraggiosa le si interruppe in gola quando notò lo sguardo di Amabelle.

Si aspettava mille espressioni diverse: se l’aspettava curiosa, confusa, preoccupata, forse, o arrabbiata, nella peggiore ipotesi. Nella migliore il suo volto avrebbe espresso gioia infinita.

Ma l’ultima cosa che Petra si aspettava era di vedere Amabelle terrorizzata, sentire le sue mani tremare, e il suo volto farsi pallido. Come se la confessione di Petra potesse essere motivo di estrema paura.

Come se volesse evitare a tutti i costi che Petra dicesse quelle parole.

E tutta la determinazione di Petra, tutte le sue speranze, si infransero in mille pezzi.

-…considero ancora la mia migliore amica, sai, dopo tutto quello che è successo- cambiò idea a metà frase, e parecchie emozioni passarono sul volto di Amabelle. Emozioni che l’amica (solo amica… sigh) non riuscì proprio ad identificare.

Sorpresa? Sollievo? Delusione? Altro sollievo? Boh, Petra non era Clover, non capiva le persone da un solo sguardo.

Anzi, si considerava decisamente pessima in materia.

E decise che il momento era decisamente passato, e probabilmente no, non ce ne sarebbe stato mai nessun altro, perché la soluzione più semplice ai propri sentimenti era di seppellirli in profondità in modo da non turbare né Amabelle, né in generale l’amicizia che aveva con lei.

-Aww, Tray! Grazie! Anche tu sei la mia migliorissima amica, numero 1!- Amabelle le strinse più forte le mani e sorrise raggiante.

Petra avrebbe voluto aggiungere qualcosa. Magari un altro commento che l’avrebbe fatta ridere per quanto impacciato fosse, oppure un diretto “Amabelle, ma io ti faccio schifo come possibile interesse romantico? Cioè, solo per ipotesi, eh. Non ho altri motivi per farti questa domanda” ma prima che potesse anche solo pensare di aprire nuovamente la bocca, Amabelle la lasciò andare, si voltò verso gli amanti addormentati, e prese il binocolo per tornare ad osservarli, nonostante non avessero fatto assolutamente nulla degno di nota.

-Guarda, Tray! Avevo ragione! Dormono abbracciati con le gambe intrecciate!- esclamò, rischiando probabilmente di svegliarli, e cambiando definitivamente argomento.

-Eww, non lo voglio vedere!- Petra si affrettò a coprirsi gli occhi, e il disgusto fu tale che quasi si dimenticò del suo cuore spezzato.

Ma tanto lo sapeva fin dall’inizio che con Amabelle non aveva alcuna possibilità.

Solo che… perché una reazione tanto esagerata?

O forse Petra aveva frainteso la sua espressione, dato che non era esperta? Forse era il caso di parlarne con qualcuno e chiedere consiglio.

Magari Mirren, una volta a casa ed entrambi svegli.

 

-Allora, il gatto è fuori dal sacco, eh?- Mirren amava sentire quella voce, di solito, ma non quando si trovava in una stanza piena di schermi e la persona a cui apparteneva lo osservava con tale scherno.

-Il vero Felix ha detto “coniglio fuori dal cappello”. Almeno cita la fonte in modo giusto se vuoi anche solo provare a passare per lui- Mirren si rivolse seccato a quello che nella sua mente aveva iniziato ad additare come il “Felix Cattivo” o “Falso Felix” che si presentava sporadicamente nei suoi sogni e cercava di convincerlo che la sua relazione fosse destinata al fallimento e stava solo rimandando l’inevitabile. O che suo padre lo avrebbe odiato per sempre. O che la camicia bianca non stava bene con i suoi mocassini preferiti o altre cose del genere.

Fondamentalmente, era la voce dei pensieri intrusivi, pessimisti e demolitori, e Mirren iniziava seriamente ad odiare le sue visite notturne, soprattutto perché prendeva sempre l’aspetto dell’amore della sua vita.

-Ma il vero modo di dire è “gatto fuori dal sacco”. E lo sai, e lo avresti tanto voluto correggere. Perché non l’hai corretto? Paura che ti lasciasse?- Felix cattivo gli si avvicinò e iniziò a provocarlo.

Mirren gli diede le spalle, senza essere per niente colpito dalle sue parole.

-Non mi interessa come Felix rigira i detti. Lo amo anche per questo- obiettò, con sicurezza, iniziando a cercare l’uscita di quel posto.

-Certo, certo. Lo ami, che tenero. Ma lui ti ama tanto quanto…- Felix Cattivo ritornò all’attacco, ma Mirren lo interruppe subito.

-Lui mi ama davvero, stiamo benissimo insieme, siamo felici, quindi levati di torno. Questa è stata una bella serata, non capisco perché tu sia qui! Non c’è niente che tu possa dire per farmi venire nuovi dubbi- in effetti era strano che il finto Felix fosse lì. Di solito compariva solo quando Mirren era agitato e nervoso per qualcosa. E sì, era preoccupato per la reazione di suo padre, ma Felix l’aveva tranquillizzato parecchio con le sue parole, e tra loro due andava tutto meglio che mai.

Ma nonostante la sua sicurezza, Felix Cattivo scoppiò a ridere, e gli si appoggiò alla spalla.

-Sei così ingenuo, Mirren. Eppure è ovvio il motivo per cui sono qui. Dato che non te ne rendi conto da solo, vediamo una bella clip?- uno schermo comparve davanti a Mirren nonostante lui avesse cercato di metterli tutti alle sue spalle, e su di esso passarono tanti momenti della serata.

Piccolo momenti di pochi secondi, ma tutti con lo stesso comune denominatore: lui che rifiutava qualsiasi forma di contatto intimo con Felix. Baci, perlopiù, ma non solo. Ogni volta che c’era il rischio che qualcuno li vedesse, Mirren si era allontanato, ritirato, e aveva evitato lo sguardo del suo ragazzo.

Sguardo che però poteva vedere ora, deluso, rattristato, amareggiato.

A Mirren si strinse lo stomaco.

-Scusa se te lo chiedo, ma non eravate alla luce del sole? Perché ancora tanta segretezza?- lo prese in giro il finto Felix, ridacchiando malefico.

Okay, Mirren doveva ammettere che l’accusa e le implicazioni della sua incertezza fisica non lo avevano lasciato indifferente. Ma non doveva parlare con quel Felix, ma con il suo.

Quindi cercò l’uscita per scappare da quell’incubo.

-Mirr, tesoro, non puoi scappare dalla tua mente- gli fece presente Felix Cattivo, in una pessima imitazione di quello buono.

-Sbagliato di nuovo! Felix non mi chiama mai tesoro!- gli fece notare. Si rese conto un secondo dopo che quella era probabilmente una trappola.

-Solo perché sa che sei troppo rigido per accettare il nomignolo. Povero Felix, non riesce proprio ad esprimersi con te. Non sarebbe meglio lasciarlo?- ed eccola lì, Mirren gli aveva servito quella cattiveria su un piatto d’argento.

Ma lo ignorò, cercando l’uscita. Uscita, uscita dove sei? C’è un’uscita da un sogno? Di solito Mirren vagava fino a svegliarsi. magari poteva uccidersi in qualche modo e tornare al presente, o cadere, come in Inception. 

I suoi pensieri che cercavano di oscurare le numerosi frasi crudeli di Felix Cattivo, che continuava a seguirlo e a parlare, vennero distratti da una visione davvero inusuale per il cervello di Mirren.

Infatti, sfocato, come se coperto da una spessa membrana semitrasparente, Mirren notò un ambiente molto colorato, dove delle strane creature indefinibili stavano saltellando e volando in giro.

Okay, quello era molto, molto strano.

Felix Cattivo sembrò rendersi conto della sua distrazione, e smise di parlare.

-No! Non ti avvicinare a quel posto!- lo avvertì, preoccupato, convincendo Mirren ad avvicinarsi, dato che il suo primo istinto era stato quello di allontanarsi.

Ma se la parte peggiore di lui cercava di tenerlo lontano, era davvero una buona idea andarci a sbattere di faccia.

Mirren però non ci andò proprio di faccia, ma lentamente, e toccò con attenzione la membrana, che si rivelò elastica e non troppo resistente.

Con un po’ di sforzo Mirren sarebbe riuscita ad attraversarla.

-Non ci provare, non te lo permetterò!- Felix Cattivo, molto più forte e alto di lui (come il vero Felix) lo prese bruscamente per un braccio per allontanarlo via, ma Mirren gli pestò un piede e si liberò dalla presa approfittando della sua sorpresa.

Poi si buttò con tuta la sua forza verso la membrana, e iniziò ad attraversarla, senza curarsi del finto Felix, che l’aveva afferrato nuovamente per la caviglia, e finì per essere trascinato con lui.

Dall’altra parte del velo, in quello che Mirren sperò non fosse la morte, c’era una scena che poteva sembrare una specie di paradiso.

Montagne di zucchero filato, cuccioli di ogni razza ma soprattutto cani, e un Felix volante che mangiava un gelato su una nuvola con un cane che somigliava parecchio a Fallon.

-Okay, questo è strano- commentò Mirren, che non aveva mai sognato una cosa del genere in tutta la sua vita.

Sembrava il set del video di California Girls di Katy Perry (e il paragone non viene da Mirren, che quel video non l’aveva mai visto, ma da me, per darvi un’idea).

-Wo, Mirren!- il Felix che stava sulla nuvola a mangiare un gelato sorrise con occhi brillanti, e volò giù dritto verso Mirren, posando poi il cagnolino a terra -Che bello vederti qui! Tieni, una crostata di mele come piacciono a te!- gli offrì poi la torta, e Mirren osservò il ragazzo con enorme sospetto, prima di girarsi verso la sua controparte cattiva.

-Che razza di strano gioco mentale è questo?- chiese, ma si rese presto conto che il Felix cattivo non sembrava affatto felice di quell’ambiente, e fissava l’altro Felix a denti stretti e pugni serrati.

L’altro Felix sembrò accorgersi del suo doppelganger e sgranò gli occhi, sorpreso.

-Wo, c’è anche un altro me! È una di quelle situazioni dove devo combattere con me stesso per ottenere Mirren? Beh, non perderò, datemi la spada caramella!- nella mano di Felix comparve una spada fatta con un bastoncino di zucchero natalizio, e Mirren, che non avrebbe mai in tutta la vita pensato a nulla di tutto quello, neanche inconsciamente, fu colto da un dubbio gigantesco.

-Felix… sei il vero Felix?- chiese, prendendolo per le spalle e guardandolo negli occhi.

Okay, era un’idea stupida, ma non gli veniva in mente nient’altro. Dopotutto si erano addormentati insieme, probabilmente, guardando le stelle. Quindi erano vicini, quindi era possibile che Mirren, che comunque aveva già avuto parecchie esperienze di sogni strani, potesse essere accidentalmente entrato a muso dritto nel sogno di Felix.

Si sarebbero spiegate molte cose.

-Uh… sì? Che succede? Mi sembra di essermi perso qualcosa- gli occhi del suo ragazzo iniziarono a farsi più lucidi, e si guardò intorno un po’ confuso, come se avesse guadagnato più consapevolezza.

-Non riesco a credere che lo sto facendo, ma… Felix. Sono il vero Mirren, siamo entrambi in un sogno, e credo di essere entrato nel tuo. Sei abbastanza lucido?- gli chiese, prendendogli il volto tra le mani per ancorarlo di più alla… non realtà… diciamo al sogno.

Felix smise di guardarsi intorno e lo guardò negli occhi.

-In effetti ha senso che questo sia un sogno. Figo però! E tu sei il vero Mirren? Sono propenso a crederti, dato che non ho mai fatto sogni lucidi e tu sei esperto, ma ho bisogno di prove, magari mi stai mentendo- Felix lo squadrò un po’ sospettoso.

In effetti anche Mirren aveva qualche dubbio, anche se quel Felix era di certo molto più autentico di quello che li stava fissando malissimo alle sue spalle.

-Diciamo qualcosa che l’altro non sa, così una volta svegli potremo confermare di essere stati insieme- propose Mirren. Non era il piano più intelligente del mondo, ma quando dormiva la sua mente era un po’ sorniona, giustamente.

-Mi sembra logico… allora. Ho una macchina della verità funzionante che mi ha dato la prima tipa con cui sono andato ad un appuntamento al buio. L’ho usata quando ti ho chiesto se provavi sentimenti per me prima che litigassimo a Giugno- Felix partì per primo, e Mirren ebbe conferma che quello era chiaramente un sogno perché le parole che uscirono dalla sua bocca non avevano alcun senso.

-No, lascia perdere, sei solo il frutto della mia mente- scosse la testa, e lo lasciò andare per mettersi ad esplorare i dintorni.

Certo che ne faceva di meraviglie la sua noiosa mente, forse doveva darsi all’arte?

-Ehi, rude! Al massimo sei tu ad essere nel mio sogno! E poi… chi è quel tizio che mi somiglia? L’hai portato tu?- Felix cominciò a seguirlo, e lanciò un’occhiata infastidita verso il suo sosia, che sembrò sbloccarsi, e con un gesto felino afferrò Mirren per il polso.

-Tu ora torni indietro con me, non abbiamo ancora finito di parlare!- esclamò, furioso, iniziando a trascinarlo via.

Prima che Mirren potesse ribellarsi, però, venne afferrato per l’altro braccio, e il Felix più simile al proprio che però era improbabile che fosse reale perché li aveva detto una storia troppo assurda… forse doveva abbreviare il titolo con cui gli si rivolgeva… sguainò la spada di caramella per allontanare il finto Felix, che si ritirò infastidito.

-Non mi interessa se questo Mirren è vero o un sogno, ma nessuno deve permettersi di fargli del male! Neanche una copia walmart di me!- esclamò, minaccioso, mettendosi davanti a lui per proteggerlo.

Se Mirren avesse avuto un corpo in quel momento, probabilmente sarebbe arrossito dalla punta dei piedi a quella delle orecchie, ma per fortuna riuscì a mantenere la sua dignità.

Dopo aver fissato il sosia con odio malcelato, Felix Cattivo si aprì in un sorriso rilassato, e alzò le mani in segno di resa.

-Okay, okay, ma quanto siamo protettivi. Strano, dato che Mirren è tutt’altro che protettivo nei tuoi confronti. non pensi? Geloso, sicuramente, ma non protettivo- Felix cattivo cambiò tattica, e si rivolse direttamente al “a questo punto probabilmente vero” Felix cercando di convincerlo delle sue idee.

Mirren impallidì, e mise una mano sulla spalla del ragazzo che lo proteggeva, in un goffo tentativo di spronarlo a scappare via. Lui però non sembrò accorgersene, e fissò la sua copia con le sopracciglia inarcate.

-Questi decisamente non sono miei pensieri- commentò, piegando la testa e abbassando leggermente la spada.

-Forse dovrebbero, non credi? Insomma, guardati e guarda Mirren. Tu sei divertente, energico, gentile, altruista. Lui è un debole e insignificante ometto noioso che non ha neanche la forza di toccarti in pubblico. Non sei arrabbiato?- Felix Cattivo, che dopotutto era una parte di Mirren, iniziò a lisciarsi il “sì, quello era decisamente quello vero” Felix, che sobbalzò, apparentemente colpito dalle sue parole.

-Felix, ti prego andiamo via, svegliamoci, e parliamo fuori da qui!- Mirren, spaventato che quelle parole potessero davvero aprire gli occhi di Felix, solo metaforicamente purtroppo, lo prese per mano e cercò di incoraggiarlo ad allontanarsi, ma Felix Cattivo comparve davanti a lui, e lo prese per le spalle, girandolo verso il vero Felix come un oggetto in esposizione.

-Su, guardalo! Occhiali da nerd, un sorriso che non compare neanche a pagarlo. E psicologicamente non è neanche così interessante. Tu potresti avere molto di meglio. Qualcuno che ti apprezza davvero, magari Melany, o qualcun altro. Oh, guarda, c’è un’insegnate delle scuole elementari che sarebbe un’ottima fidanzata per te. O questo baldo giovane di New Malfair…- dal nulla comparvero gli schermi che solitamente infestavano gli incubi di Mirren. Le immagini erano sfocate, ma erano comunque lì. I possibili partner che Mirren aveva visto per Felix nei suoi sogni peggiori, quelli in cui non ricambiava mai i sentimenti dell’amico. Come un virus, le emozioni negative di Mirren stavano infettando la mente di Felix.

Avrebbe dovuto ascoltare il suo istinto e non entrare in quell’oasi nel deserto della sua mente.

Era talmente agitato che non riusciva a dire assolutamente nulla. 

Perché, in fondo al cuore, condivideva tutto ciò che il Felix Cattivo stava dicendo a quello vero, che sgranò gli occhi, e fissò Mirren sconvolto. 

Mirren pregò con tutto il cuore che quello fosse solo un suo incubo, o che almeno il vero Felix si dimenticasse del sogno fatto.

-Mirren…- cominciò a dire, e Mirren si aspettò di sentire un “ha completamente ragione!” che però non arrivò -…davvero pensi questo di te?- chiese infatti Felix, preoccupato, avvicinandosi e ignorando completamente la sua visione cattiva, che sgranò gli occhi, sorpreso per non essere riuscito a scalfire la corazza di lealtà del ragazzo.

Se Mirren avesse avuto un corpo, probabilmente gli occhi gli si sarebbero fatti lucidi… ma che scrivo, gli occhi gli si erano fatti lucidi davvero, per tutte le emozioni che stava provando in quel momento.

-Io…- non sapeva come ribattere.

-Non è quello che pensa, è la verità!- Felix Cattivo parlò per lui, tornando ad arrabbiarsi.

-No che non lo è! Non so chi tu sia, ma smetti di dire queste assurdità!- Felix gli urlò contro prima di ritornare a rivolgersi a Mirren in tono gentile e confortante -Mirren, niente di tutto questo è vero. Tu sei una persona meravigliosa. Sei gentile, attento, intelligente. E sorridi molto più di quanto pensi, soprattutto con me. Non potrei chiedere nessuno di migliore al mio fianco- lo rassicurò, con un sorriso incoraggiante.

Felix Cattivo si ritirò, come se si fosse scottato.

-Smettila di mentirgli! Sappiamo entrambi che dico solo la pura verità. Forse adesso non te ne rendi conto, ma presto ti stancherai di lui!- continuò a parlare per Mirren. Quest’ultimo avrebbe voluto partecipare alla conversazione, ma si sentiva impossibilitato. Come nei sogni peggiori, era in una situazione dove per quanto cercasse di muoversi, era fermo sul posto, incapace di fare alcunché. Semplice spettatore di ciò che accadeva in quel limbo mentale.

-Si può sapere chi sei?! Perché ci tieni tanto a rovinare la nostra relazione?!- Felix lasciò un attimo perdere Mirren per ritornare ad urlare contro il finto Felix. Niente di tutto quello che stava dicendo lo aveva colpito, ma iniziava ad irritarsi.

-Non lo capisci, sono te. O almeno sono quello che pensa che tu sia- Felix Cattivo cercò nuovamente di affossare la loro relazione, questa volta però con una chiara bugia.

-Non è vero!- riuscì ad obiettare debolmente Mirren, combattendo il groppo alla gola.

-Ne dubito fortemente anche io- il vero Felix scosse la testa, poco colpito dal tentativo.

-Okay, allora forse sono solo il te di cui Mirren ha bisogno. Un Felix che non nasconde il suoi fastidio per le sue enormi mancanze! E non provare a negare che non sei infastidito. Da tutti i contatti mancati, dalla segretezza. Speravi che ora che il coniglio era fuori dal cappello finalmente tu e Mirren sareste stati felici, ma non cambierà niente. Mirren non potrà mai darti quello di cui tu hai bisogno! Mirren non è alla tua altezza. Non riuscirò mai a renderti felice!- lo sfogo del finto Felix fece indietreggiare quello vero, per la prima volta colpito dalle sua parole.

-Mirren…?- si avvicinò poi… verso di lui.

Un momento… verso chi? 

Dov’era Mirren? 

E dov’era il finto Felix?

Mirren ci mise qualche secondo a rendersi conto che a pronunciare il monologo, con voce spezzata e acuta, era stato lui stesso, sostituitosi al falso Felix, al Felix Cattivo, alla parte di sé che ancora nutriva dubbi e incertezze riguardo tutta la situazione. La parte di sé che ogni volta che la sua relazione con Felix si faceva un po’ più profonda iniziava a temere che il momento del risveglio si stesse facendo più vicino.

Si portò una mano alla bocca, tremante, e prima che potesse riaprirla per scusarsi, o chiedere a Felix di dimenticare quel tremendo sogno, fu interrotto dalle forti braccia del suo ragazzo che lo cinsero in un forte abbraccio che a Mirren sembrò di sentire fisicamente.

-Mirren, non mi interessa quello che puoi darmi. A me basti tu. Non nego di essere un po’ deluso dai baci negati, ma troveremo una soluzione, e non sto con te per questo. Non ho bisogno che cambi per me, perché ti amo così come sei. Voglio crescere con te, insieme, mano nella mano. Trovare compromessi per le cose che ci danno fastidio l’uno dell’altro, parlare dei problemi in modo da risolverli, litigare per cose stupide, ridere dei litigi. Nomina un problema che potremmo avere e ti prometto che l’avrò già contemplato nella mia equazione, e non mi renderà mai propenso a lasciarti. Io ti amo, Mirren Hart. E se anche proverai ad obiettare che l’amore a volte non è abbastanza, sappi che nel nostro caso c’è molto più che semplice amore. Siamo amici, siamo una famiglia, siamo partner. Quindi, ti prego. La prossima volta che hai un dubbio, parlamene- Felix gli sussurrò tutto all’orecchio, stringendolo forte a sé.

E alla fine, Mirren ricambiò.

-Mi dispiace- riuscì a sussurrare, con voce impastata.

-Non hai nulla di cui scusarti. Anzi, sono felice di averti parlato- Felix sciolse l’abbraccio per guardarlo negli occhi, e gli sorrise, rassicurante.

-Sei il vero Felix, vero? Non credo che riuscirei ad affrontare nuovamente tutte queste emozioni con quello vero- ammise Mirren, guardando Felix negli occhi, che brillavano della familiare luce, ma non erano comunque conferma della sua identità.

-C’è solo un modo per scoprirlo. Appena ti svegli, chiedimi della macchina della verità- Felix gli fece un occhiolino, e Mirren sentì la presa sul sogno farsi molto più sottile.

-Aspetta, voglio restare con te ancora un po’- si lamentò, stringendo con forse Felix, che ridacchiò.

-Siamo già insieme, anche fuori da qui- gli fece notare, mentre scompariva a sua volta.

Mirren però fu il primo a svegliarsi, abbracciato al suo ragazzo, e con le gambe intrecciate, sotto il cielo stellato che iniziava a farsi fresco.

-Felix…- sussurrò, osservando il volto ancora addormentato del suo ragazzo, che gli dispiaceva svegliare. Anche se aveva davvero bisogno di risposte.

-Mmmm, ancora cinque minuti… no, aspetta. Mirren! Sei qui!- Felix aprì di scatto gli occhi non appena la sua mente tornò alla realtà, e guardò Mirren sorpreso.

-Macchina della verità?- chiese Mirren, pregando con tutto il cuore che fosse stato tutto vero.

-Oh santo cielo! Abbiamo condiviso il sogno!- per tutta risposta Felix si mise a sedere, sconvolto.

Ora che la condivisione era stata confermata, Mirren iniziò a chiedersi se fosse effettivamente una buona cosa.

-Mi dispiace di averti invaso, non sapevo di esserne capace- mise subito le mani avanti.

Dopotutto Felix stava avendo davvero un bellissimo sogno, o almeno così pareva dai dolci e dai cani.

-Ma è una cosa fighissima! Dovremmo riprovarci una volta. Cioè, devi farlo tu, perché io non riesco a fare sogni lucidi, ma tralasciamo… Mirren, stai bene? Quel tizio è stato spietato. Ricordi tutto?- Felix era esagitato, Mirren si mise a sedere a sua volta e lo calmò.

-Sì, ricordo tutto, e sto bene. Grazie a te- accennò un sorriso riconoscente, mettendogli le mani sulle spalle.

Felix sorrise a sua volta.

-Visto che sorridi spesso?- gli fece notare, tracciando lentamente il contorno delle sue labbra con l’indice.

Il cuore di Mirren iniziò a battere fortissimo.

Si avvicinò a Felix…

…e fu fermato dal flash del telefono di Amabelle, che ancora non si era arresa e voleva quella maledetta foto.

Felix sospirò, e tolse la mano.

-Non preoccuparti, ci rifaremo in macchina, o nei prossimi giorni. Non pretendo che tu…- Felix si affrettò immediatamente a rassicurare Mirren, nonostante la sua delusione fosse abbastanza chiara, ma il ragazzo lo interruppe avvicinando i loro volti e premendo dolcemente le labbra su quelle del ragazzo.

Perché non gli importava nulla che Amabelle, Petra o chiunque altro li vedesse.

Lui e Felix stavano insieme, e sarebbero stati insieme il resto della loro vita, quindi a quale scopo nasconderlo?!

Dopo un istante iniziale di sbigottimento, Felix chiuse gli occhi e ricambiò il bacio.

In quei mesi erano diventati entrambi molto bravi (non che Felix non lo fosse già prima, dato che era obiettivamente quello con più esperienza), e non si staccarono neanche un secondo prima di approfondire il bacio, che si fece più intimo e intenso. Si ritrovarono nuovamente sdraiati a terra, Mirren sopra a Felix, che gli cinse il collo per avvicinarlo a sé. Ora che aveva iniziato, non aveva alcuna intenzione di fermarsi. La sua mano si ritrovò quasi da sola a sollevare la maglietta del ragazzo…

-Maledetti pervertiti! Trovatevi una stanza!- arrivò un urlo dalle due ragazze alle loro spalle, ovviamente da parte di Petra, che rovinò completamente l’atmosfera e li fece separare.

Nonostante avesse il respiro affannato, Felix scoppiò a ridere.

Mirren invece era profondamente offeso.

Ora che Mirren stesso aveva smesso di provare a separarlo da Felix, ci si metteva sua sorella?! Che ingiustizia incredibile.

-Siete voi le maledette stalker!- urlò in direzione delle due ragazze, offeso.

-Per me potevate anche continuare!- li incoraggiò Amabelle, con il tono di una ragazza il giorno di Natale.

Improvvisamente, Mirren non aveva più alcuna voglia di dare spettacolo.

Sbuffò, e si mise a sedere, incrociando le braccia.

-Su, su, abbiamo tutta la vita davanti, sai quante occasioni…- lo incoraggiò Felix, con un bacio sulla guancia, sedendosi a sua volta e dandogli qualche incoraggiante pacca sulla spalla.

Mirren non trattenne un sorrisino.

-L’intera vita…- sussurrò tra sé, senza farsi sentire da Felix, che nel frattempo aveva iniziato a sistemare gli oggetti del picnic per poi avviarsi in macchina.

L’idea di un’intera vita con Felix non era affatto male.

Anzi… iniziava a sembrare sempre più realistica.

 

Venerdì 4 Ottobre

Ormai mancavano pochi giorni al trasferimento di Mathi, e il ragazzo aveva già preparato le valige, smesso di frequentare l’università, e aveva trovato una nuova casa ad Apollo, in una bella famiglia a cui l’avrebbe portato quella domenica.

Quindi si stava godendo gli ultimi giorni con il compagno pelosetto.

-Mi mancherai tantissimo. No, non guardarmi così! Starai bene con quelle persone. Anche io avrei voluto darti a Denny, ma non posso avvicinarmi troppo a lui, e poi non ha spazio anche per te. Uff, mi mancherete così tanto- stava borbottando tra sé, sdraiato sul letto intento ad accarezzare l’animale con affetto.

-Mi chiedo, ti mancherà più il coniglio o il ragazzo?- una voce alla porta lo fece sobbalzare.

-Duke, bentornato- Mathi lo salutò senza alcun calore, ignorando la sua domanda. 

Gli doveva molto, dato che l’aveva aiutato contro Will, ma ciò non significava che fossero amici, o che Duke gli piacesse particolarmente come persona.

-La depressione non ti si addice, agente Yagami- commentò Duke, scuotendo la testa e sedendosi alla scrivania.

-Eppure pensavo che la depressione fosse uno dei requisiti per essere un buon agente- commentò Mathi sarcastico, continuando ad accarezzare Apollo e non degnando Duke neanche di uno sguardo.

-Sarcasmo a parte, mi hanno inviato una mail, hanno finalmente deciso il sostituto di Will- Duke mise da parte i convenevoli e andrò dritto al punto.

Mathi si voltò di scatto verso di lui, preoccupato.

-Davvero? Chi hanno scelto?- chiese, senza sapere cosa aspettarsi.

Certo, nessuno sarebbe stato peggio di Will, ma non è che all’agenzia ci fossero dei santi.

-Me- la risposta di Duke fu immediata e lasciava poco spazio alle interpretazioni.

Eppure, Mathi ci mise qualche secondo ad afferrare il significato della sua parola.

-Aspetta, hanno scelto te?- chiese per sicurezza.

Duke sospirò, seccato dalla sua lentezza.

-Sì, sono stato scelto come capogruppo, e mi è stata data la possibilità di crearmi il mio gruppo personale, quindi… tu potresti andare a finire da qualche altra parte- spiegò Duke, con sguardo impassibile.

Mathi sospirò.

Probabilmente quello era il momento giusto per fare un po’ il lecchino, e a Mathi solitamente riusciva davvero bene. Ma sapeva che, con tutto quello che Duke conosceva di lui, era oltremodo impossibile convincerlo che fosse un buon agente.

-Sarai tu a decidere dove mi manderanno o sceglieranno a caso?- chiese, demoralizzato.

Duke sospirò.

-Non provi neanche a convincermi?- chiese, un po’ deluso.

-Dubito che una persona seria come te vorrebbe un clown sentimentale nel suo gruppo- Mathi scosse la testa.

-Wow, sei più percettivo di quanto ti dessi credito. Ad essere onesto non ho intenzione di prenderti dentro, ma allo stesso tempo lasciarti con qualcun altro potrebbe essere un omicidio- rifletté Duke, girando con la sedia.

Mathi alzò le spalle.

-La morte è contemplata in questo lavoro, non sei responsabile per me- borbottò, sperando di vivere almeno fino ai diciotto anni di Aggie.

Duke sospirò.

-Lo rendi difficile, lo sai?- chiese, seccato.

-Farmi apprezzare? Lo so, è questo lo scopo- sbuffò Mathi, demoralizzato.

-Farti odiare. Rendi davvero difficile farti odiare- lo corresse Duke, sorprendendolo non poco. Era convinto che il suo compagno di stanza lo odiasse.

Mathi si girò nuovamente verso di lui, confuso.

-Sei forse il peggior agente che io abbia mai incontrato- continuò Duke, portandosi una mano sul mento pensieroso -…ma forse potrei trovare qualcosa da farti fare, nel mio gruppo- aggiunse poi, anche se non del tutto convinto.

-Mi accetteresti, davvero?- chiese Mathi, sorpreso.

-Beh, la lealtà non ti manca… anche se non verso Will, ma mi basta trattarti bene, e mi devi parecchio. Ma allo stesso tempo…- Duke rifletteva ad alta voce, sembrava soppesare ogni possibilità. 

Mathi pendeva dalle sue labbra, senza sapere cos’altro aspettarsi.

Dopo qualche secondo di riflessione alternata a qualche borbottio, Duke si alzò, e sollevò lo sguardo verso Mathi per guardarlo dritto negli occhi.

-Mathi, ho una proposta per te…- disse in tono estremamente serio.

Il cuore di Mathi iniziò a battere furiosamente nel petto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Ho pubblicato molto più in fretta di quanto pensassi, soprattutto considerando che doveva essere un capitolo più breve dove succedevano molte meno cose. 

Dai, sono felice, e spero che lo siate anche voi.

Il prossimo sarà un misto tra “capitolo di passaggio” e “capitolo rivelazione”. Almeno teoricamente.

E dovrebbe essere anche più lungo in realtà.

Ma parlando di questo: 

Felix e Mirren sono alla luce del sole.

Teoricamente a questo punto della storia dovrei concentrarmi più sulle altre coppie dato che loro stanno andando davvero alla grande (Brogan escluso) ma volevo fare un appuntamento sotto le stelle dall’inizio della storia, e non mi sono proprio trattenuta. E devo dire che AMO come è uscita la parte del sogno! Adoro scrivere questi momenti onirici particolari dove si possono affrontare le proprie parti oscure e robe simili. Non avevo minimamente progettato così la parte ma adoro come è uscita! Spero non sia risultata troppo simile a quando si sono confrontati riguardo a Melany. Purtroppo Mirren ha i complessi e le paranoie. È fatto così.

Passando a Petra e Amabelle… finalmente scrivo una nuova scena con loro, era da parecchio che non le affrontavo.

E sono state davvero carinissime.

Sto notando che le cose che non progetto attentamente sono quelle che alla fine mi riescono meglio quando le scrivo… interessante.

Comunque c’è stata una quasi confessione, ma poi Petra si è tirata indietro notando la reazione di Amabelle. Chissà cosa nasconde e di cosa ha paura… questa storia non riesce proprio a stare senza misteri.

Ed infine… momento Mathi! È arrivato il momento di andarsene, ma chissà cosa vuole dirgli Duke.

Lo scoprirete nel prossimo capitolo, che non vedo l’ora di scrivere perché ci sarà un punto di vista di Clover davvero divertente… spero.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Denny fa un incontro inaspettato al Corona. Clover prende una decisione importante. Max capisce qualcosa di grosso

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Capitolo 42
*** Il puzzle inizia a ricomporsi ***


Il puzzle inizia a ricomporsi

 

Lunedì 7 Ottobre

Dopo una mattinata particolarmente impegnativa in una delle prime lezioni del semestre, Denny entrò al corona stanco, pensieroso, e pronto a fare un pranzo da re insieme a Max, Clover e Amabelle, anche se era il primo dei quattro ad entrare nel locale.

Meccanicamente si avviò verso uno dei soliti tavoli del gruppo, e prese i posti ai ritardatari, che avevano annunciato che ci avrebbero messo un po’, dato che le lezioni di tutti finivano più tardi.

Denny si mise comodo in attesa e prese il telefono per giocare un po’, anche se la sua mente era molto distratta.

Per fortuna, con l’avvento delle lezioni, e la fine di Settembre, i pensieri su Mathi iniziavano ad essere sempre meno invadenti, e ciò che vagava nella mente di Denny iniziava ad essere maggiormente lo studio, la situazione di suo fratello, e dei piani su come ricominciare la sua vita ora che era fuori dall’armadio.

Per il momento non era cambiato assolutamente nulla, ed era una cosa ottima, ma poteva cominciare ad uscire con qualcuno… forse… magari… uff, era ancora troppo timido e ansioso per una cosa del genere.

Soprattutto considerando quello che era successo l’ultima (e unica) volta in cui aveva fatto la pazzia di andare da qualche parte e rimorchiare qualcuno.

Gli venivano i brividi solo a ripensare a Will.

Ugh, che inquietudine!

Però iniziare ad uscire poteva comunque essere una buona idea per dimenticare Mathi, giusto?

Anche se non era facile.

Ma era finita, Mathi era andato via! Denny doveva rassegnarsi, metterci una pietra sopra e andare avanti!

-Stai aspettando qualcuno o vuoi già ordinare?- chiese l’inconfondibile voce di Mathi alla sua destra.

Fantastico! Ora sentiva addirittura la voce di Mathi in giro. Alla faccia di essere andato avanti.

Sospirò e si girò verso quello che probabilmente era un nuovo cameriere che non aveva mai visto con un distratto -No, sto aspettando…- ma si interruppe a metà frase.

Perché davanti a lui c’era Mathi, vestito con la divisa del Corona, con occhi brillanti, e un timido ma sincero sorriso.

Denny rimase qualche istante congelato sul posto, poi si stropicciò gli occhi.

Cavolo! Era talmente fissato su Mathi che ora lo vedeva ovunque?!

Tornò a guardare il cameriere con sguardo truce, ma era ancora Mathi.

Che cosa?!

-Ciao Dan- sussurrò il ragazzo che non poteva assolutamente essere davvero Mathi, che però sembrava davvero tanto essere lui.

-…Mathi?- chiese incredulo, avvicinandosi e squadrandolo con attenzione, arrivando addirittura a punzecchiarlo per assicurarsi che non fosse un’allucinazione.

-Sì, sono io… ho tanto da dirti e spiegarti- Mathi sembrava all’erta, ma sorrideva e fissava Denny come se non potesse fare a meno di cercare di imprimere ogni dettaglio del suo volto nella mente.

-Direi proprio di sì… pensavo… pensavo fossi già andato via- Denny si ritirò, senza sapere cosa pensare, e iniziò a guardarsi attorno, preoccupato che qualcuno li stesse controllando.

-È una storia lunga- Mathi sembrava in difficoltà. Non sapeva da dove cominciare con la spiegazione.

-Ho tanto tempo libero- Denny lo incoraggiò a spiegarsi, ancora parecchio confuso dal fatto che Mathi era lì davanti a lui.

Mathi aprì la bocca, probabilmente per iniziare a spiegare, ma venne richiamato dalla voce urgente di Roelke, poco distante, che stava trasportando fin troppi piatti da sola.

-Mathi! Mi servi al tavolo 5!- lo richiamò all’ordine.

Mathi si mise sull’attenti.

-Arrivo subito!- esclamò con convinzione, prima di rivolgersi un’ultima volta verso Denny.

-Tra dieci minuti possiamo vederci sul retro?- chiese in un sussurro, ancora un po’ all’erta.

Denny annuì, incapace di far uscire qualche parola dalle sue labbra.

La sua mente era estremamente confusa.

Ancora non si capacitava di aver rivisto Mathi. Non riusciva a crederci.

Prese il telefono e controllò l’orario.

Il resto del gruppo non sarebbe arrivato prima di una mezzora, aveva tutto il tempo di parlare con Mathi e ottenere una soddisfacente spiegazione.

Si avviò sul retro quasi immediatamente, e rimase in attesa dell’arrivo dell’agente sperando che nessuno decidesse di rubargli lo zaino lasciato sul tavolo per tenere il posto.

Ma era improbabile. Lo conoscevano tutti, in quel bar, e sicuramente Roelke si sarebbe accorta se qualcuno avesse provato a prendere qualcosa. Era sempre molto attenta su queste cose.

Meno di dieci minuti dopo, Mathi uscì dal retro, e accennò un sorriso quando il suo sguardo di posò su quello di Denny.

-Dan!- lo accolse, avvicinandosi con esitazione.

-Hey!- Denny lo salutò con un cenno, cercando un modo carino per chiedere risposte senza sembrare sgarbato o invadente -Senza offesa, ma non dovevi andartene a fine Settembre?- si lasciò sfuggire infine, risultando parecchio sgarbato e invadente.

A sua discolpa, stava davvero andando nel panico.

Non credeva che avrebbe mai più rivisto Mathi, e non sapeva che aspettarsi, onestamente.

Lui gli aveva fatto ben capire che non c’erano soluzioni, quindi… cosa era successo in quelle settimane?!

Denny voleva sperare che le cose si fossero risolte, ma dare il via libera alla speranza ora che era riuscito a metterla via significava stare davvero male nell’eventualità che venisse nuovamente infranta.

Non era abbastanza forte da affrontare un nuovo cuore spezzato.

E non dava la colpa a Mathi, solo che era meglio essere cautamente pessimista e distante, per il momento.

-Nessuna offesa, so che non ti aspettavi di vedermi qui, e non ho molto tempo per spiegare dato che ho una pausa di dieci minuti e sono ancora sotto osservazione, ma Duke mi ha concesso di spiegare la situazione almeno a te, quindi cercherò di essere breve e conciso e chiaro e… sto già tergiversando parecchio, vero? Scusa sono in ansia. Meglio cominciare dall’inizio…- Mathi iniziò a straparlare senza in realtà dare granché informazioni, e Denny era sempre più confuso.

-Aspetta un momento… Duke? Duke sa qualcosa di me?- chiese Denny, iniziando a preoccuparsi.

Pensava che nessuno fosse a conoscenza di ciò che aveva scoperto. E Duke era nell’agenzia. Poteva ucciderlo? O imprigionarlo? O reclutarlo? O cancellargli la memoria? (Onestamente Denny avrebbe accettato volentieri un’amnesia se l’avesse fatto smettere di soffrire).

Iniziò ad impanicarsi, ma Mathi si affrettò a calmarlo.

-Sì, circa. Ma non dirà nulla a nessuno. Mi ha aiutato a incastrare Will, ed è stato promosso, quindi ha un debito nei nostri confronti… circa… insomma, non è un pericolo. Anzi, mi ha… fammi spiegare, okay?- Mathi si sedette sul muretto cercando le parole giuste.

Sebbene fosse ancora un po’ incerto, Denny decise di assecondarlo, e si sedette al suo fianco, con le gambe tremanti e molto in ansia, pronto ad ascoltarlo.

-Allora, da quando WIll è stato arrestato, all’agenzia hanno iniziato a pensare a chi potesse sostituirlo e prenderci sotto la sua ala “protettiva”. Ma per vari motivi, tra il processo, e altre cose che non posso dirti, ci hanno messo più del previsto e quindi qualche giorno fa hanno annunciato che Duke è stato promosso e potrà creare il suo nuovo gruppo. Un agente davvero rimarchevole, dato che è uno dei più giovani capi di sempre, ma dettagli. Lui mi ha dato la notizia, mi ha insultato perché io faccio schifo, ma mi ha anche detto che mi avrebbe preso nel suo gruppo…- cominciò a spiegare Mathi, facendo il riassunto dell’ultimo paragrafo del capitolo precedente. 

Le leggere e minuscole speranze che nonostante tutto Denny aveva iniziato a formare dentro di sé si infransero, e lui si ritirò, ferito.

-Quindi sei nel suo gruppo adesso?- chiese, sospirando.

Sapeva che non doveva pensare che fosse ormai libero.

Sicuramente lavorava lì perché era in incognito, o qualcosa del genere. Magari stava solo informando Denny che sarebbe rimasto in città un po’ di più ma che in fin dei conti non sarebbe cambiato nulla.

Denny cercò di convincersi che almeno era un tantino più al sicuro, ma non riuscì comunque a non essere estremamente deluso dal…

-No!- l’esclamazione di Mathi, però, interruppe i suoi pensieri depressi, e Denny si girò a guardarlo, sorpreso e ancora più confuso.

La sua mente era una centrifuga.

-No?- chiese, pensando di aver sentito male.

-No- ripeté Mathi, sorridendo nuovamente -Praticamente mi ha offerto un’alternativa. Will non me lo aveva mai detto, ma c’è un modo per uscire dall’agenzia, anche se è riservato solo agli agenti non ancora effettivi. Siccome non sono ancora operativo ma solo in prova, e non so tutti i segreti, Duke mi ha riferito che potevo scegliere questa strada e distanziarmi ufficialmente e definitivamente dall’agenzia. E ho scelto di farlo, quindi sono… teoricamente… libero- il discorso di Mathi era confuso e incerto, ma l’ultima parola, sebbene sussurrata con un tono di profonda incredulità, risuonò tra Denny e Mathi come un gong, che risvegliò la speranza che Denny stava inutilmente cercando di seppellire in fondo al suo cuore.

-Libero?- sussurrò, tra sé.

-Beh, non proprio libero libero libero. Sono comunque un ex-quasi-agente. Non posso lasciare lo stato, né viaggiare in aereo, non posso lavorare con i computer e devo essere tenuto sotto controllo in modo che non riveli nulla a nessuno, ma dato che metà delle persone del mondo vengono monitorare alla fine non credo che mi cambi molto la vita. Comunque sono fuori dall’agenzia, e Duke mi ha proposto di tornare a New Malfair, o di cambiare completamente identità, ma ho deciso di rimanere Mathi Yagami, qui. Perciò mi ha dato i documenti e sono ufficialmente un ragazzo normale. E dato che non ho più la protezione dell’agenzia non posso continuare l’università, e non ho molti soldi, ma sono riuscito a trovare questo lavoro e Roelke mi ha affittato la vecchia stanza di Sonja a prezzo ridotto per un po’. È una donna fantastica!- Mathi finì la spiegazione, e sebbene adesso Denny avesse le idee più chiare, la sua mente era ancora un frullatore acceso.

-Okay… quindi, per riassumere: non sei più all’agenzia e lavori al Corona? Come se… non fosse successo niente?- ricapitolò Denny, iniziando a pensare che la vittoria che sperava di ottenere quando aveva appreso che Will fosse sconfitto fosse finalmente arrivata.

Sarebbe dovuto essere elettrizzato, felice come una pasqua. Saltellare, abbracciare Mathi e baciarlo.

Ma era congelato sul posto, ancora incredulo riguardo alla situazione, e senza sapere bene come reagire.

-Più o meno sì- Mathi annuì, e lanciò a Denny un’occhiata tesa.

Probabilmente anche lui si aspettava una reazione più calorosa.

-Wow… figo. Perfetto. Grande…- Denny provò ad essere entusiasta, ma il suo tono era distratto, la sua mente ancora poco attaccata alla realtà.

Era tutto troppo bello per essere vero, ed evidentemente dopo tutto quello che era successo Denny non riusciva proprio a capacitarsi che la soluzione potesse essere così facile.

-Sei… deluso da qualcosa?- chiese Mathi, iniziando ad agitarsi.

-No! Solo… devo elaborare. Ma sono felice, davvero! Io…- Denny si girò verso di lui e lo guardò negli occhi, per cercare di trasmettergli i suoi sentimenti.

E fu solo in quel momento che la consapevolezza di quello che Mathi gli aveva detto gli raggiunse del tutto il cervello.

Mathi era lì davanti.

Era fuori dall’agenzia.

Sarebbe rimasto a Harriswood.

Era lì davanti a Denny, bello come sempre. Libero di stare con Denny.

Aveva ottenuto il suo lieto fine.

Il ragazzo che amava era lì a portata di mano.

Per la prima volta da quando aveva capito i propri sentimenti, Denny aveva finalmente la possibilità di esprimerli liberamente.

E gli prese il panico.

Le sue guance si imporporarono, il cuore batteva troppo forte per essere normale, e le sue emozioni erano più confuse di un camaleonte in una scatola di smarties.

Distolse lo sguardo da Mathi, si alzò di scatto in pedi, e borbottò un qualcosa che somigliava terribilmente a -Meglio fingere di non conoscerci per sicurezza!- prima di scappare via come un coniglio codardo (Apollo ci tiene a dire che in quanto coniglio è un esserino pieno di coraggio, a differenza di Denny).

Non aveva la più pallida idea di cosa gli avesse preso, ma posso informarvi che aveva appena avuto il momento di gay panic più forte della sua vita.

Che dire, sorprendentemente gli era molto più facile esprimere sentimenti quando era in pericolo di morte o sapeva che non avrebbero portato a nulla.

La possibilità di un futuro rendeva le conseguenze molto più spaventose. 

Mathi rimase seduto, confuso, ad occhi sgranati, e in quella che io oserei definire una perfetta imitazione del meme di Pikachu.

 

Giovedì 10 Ottobre

Clover non era del tutto certa che quella fosse una buona idea, ma erano settimane che si preparava, e non credeva che alla fine si sarebbe pentita.

E poi, poteva sempre ritornare sui suoi passi, dato che era ricca.

E un tatuaggio si può rimuovere.

Perché sì, Clover aveva deciso di farsi un tatuaggio.

Quelli di voi che hanno una buona memoria, o hanno letto questa storia di seguito in pochi giorni (wow, che coraggio) si ricorderanno i dettagli del proposito di Clover che aveva annunciato nel prologo. Per le persone normali ve lo ricordo io: Clover voleva deludere suo padre, e tra i modi di farlo c’era sposare una persona che odiava, o farsi un tatuaggio.

Quindi è normale pensare che Clover fosse ancora nella mentalità di dover deludere suo padre, farsi odiare, e ribellarsi.

Ma la verità era che non aveva pensato neanche per un secondo alla reazione che l’uomo avrebbe potuto avere.

A dirla tutta, Clover voleva fare un tatuaggio semplicemente perché ne aveva il desiderio, e le parole che Diego aveva detto durante l’ultima cena con la famiglia Flores, l’ultima volta che l’aveva visto, le erano impresse nel cervello.

I suoi tatuaggi rappresentavano qualcosa di importante per lui, e per questo non si sarebbe mai pentito di averli fatti.

E Clover aveva qualcosa di molto importante che voleva tenere marchiato a fuoco sulla sua pelle per sempre.

A pensarci bene era un po’ imbarazzante…

Ma non c’era tempo per i ripensamenti! Non ora che era in fila nello studio di tatuaggi più rinomato, costoso e sicuro della zona, a New Malfair.

Anche a Harriswood c’era un posto carino, ma Clover non voleva rischiare di trovarci qualche membro della banda di Justin, quindi aveva preferito prendere appuntamento fuori città.

E poi quello studio era davvero molto rinomato.

Ed infatti la fila era parecchio lunga. Non che Clover si lamentasse. Più tempo per ripensarci, anche se era abbastanza sicura.

Solo che… un tatuaggio è un segno indelebile. E lei ne aveva già parecchi di segni indelebili.

Però almeno quello che si sarebbe fatta quel giorno era una sua scelta.

Eppure…

-Prima volta?- una voce divertita la destò dai sui pensieri, e si girò verso la fonte dalla quale proveniva: un ragazzino chiaramente più piccolo, che sembrava avere quindici anni e la guardava con un sorrisino poco rassicurante.

Clover inarcò le sopracciglia, e lo squadrò con sospetto.

-Hai l’età per farti un tatuaggio?- lo provocò.

Il ragazzino si raddrizzò, stizzito.

-Certo che ho l’età! Sto per compiere 21 anni!- affermò con sicurezza.

Clover lo guardò sorpresa. Non l’avrebbe mai detto.

-Bene- borbottò, e provò ad ignorarlo.

Il ragazzo non capì l’antifona e le si sedette accanto.

-Allora, prima volta?- ripetè, per fare conversazione.

Clover sbuffò.

-Sì, e quindi?- si mise sulla difensiva, pronta a combattere il pregiudizio che solo perché era una donna, e non era esperta di tatuaggi, allora era debole o qualcosa del genere.

-Beh, stai tranquilla, questo tizio è bravissimo. Per questo costa tanto. Ci sono stato quando ho fatto diciotto anni, ho tatuato questo, guarda, e non mi ha fatto quasi per niente male- il ragazzo però la sorprese facendosi estremamente incoraggiante, e mostrando un intricato disegno che aveva sulla parte inferiore del braccio.

-Wow, molto artistico- ammise Clover, cercando di capire il soggetto stilizzato.

-Sono un grande fan del Trono di spade- ammise il ragazzo, ridacchiando -E in generale dei draghi. Il fuoco è una gran figata… non che io sia piromane o altro, ovviamente. Solo mi piace il potere che emanano sullo schermo- spiegò lui, esaltandosi.

Clover decise che lo aveva preso in simpatia. Sorrise e annuì leggermente.

-Effettivamente è figo. Che vuoi fare adesso?- chiese poi. Se il ragazzo era lì, significava che aveva altri piani.

Magari un metalupo o un ritratto di Bloom delle Winx?

-Un simbolo LGBT sul petto, vicino al cuore- il ragazzo però puntava su qualcosa di più profondo.

Clover annuì, interessata. Il ragazzo all’improvviso si fece sospettoso.

-Qual è la tua opinione sulla comunità LGBT?- chiese in tono accusatore.

-Etero super alleata. L’unica etero del mio gruppo di amici, ora che ci penso- era felicissima che Denny fosse uscito dall’armadio, ma ora che Diego era scomparso nel nulla e Sonja neanche a parlarne, era rimasta in completa e totale minoranza.

…buono così, dai.

-Davvero?- il ragazzo non sembrava del tutto convinto, ma di certo interessato, così Clover si spiegò ancora meglio.

-Ci sono una pansessuale, due bisessuali, due omosessuali, un demisessuale e un aro-ace- elencò, sperando di non dimenticarsi nessuno.

-Sembra un gruppo fighissimo!- commentò il ragazzo, entusiasta.

-Purtroppo siamo di Harriswood- aggiunse poi Clover, rompendo le sue speranze di entrare a farvi parte.

-Mannaggia! Peccato! Io sono un New Malfairiano DOC! Infatti ho appena cominciato l’università. Il DAMS- spiegò, orgoglioso.

-Avrei dovuto immaginarlo- Clover sogghignò sotto i baffi. Il DAMS sembrava essere stato inventato appositamente per quel tipo.

-Domani mi trasferisco nel dormitorio. Spero che il mio compagno di stanza sia uno a posto- continuando a conversare, il ragazzo iniziò a stiracchiarsi, poi sembrò rendersi conto di una cosa, e si girò nuovamente verso Clover, porgendole la mano.

-Mi sono scordato… sono Kenneth, Kenneth Neri!- si presentò, con un sorriso a tutto denti.

-Clover Paik- Clover gli strinse la mano, segnandosi quel nome per il futuro.

Il suo carattere le ricordava leggermente quello di Mathi, magari poteva essere un match per Denny? Nah, Kenneth non sembrava tipo da relazioni serie. E poi Mathi era ritornato in città.

Ma comunque poteva essere una persona interessante da ricordare, in generale.

-Che vuoi tatuarti?- chiese alla ragazza, continuando la conversazione nell’attesa.

Clover si morse leggermente il labbro inferiore, un po’ a disagio, ma alla fine decise di mostrare la sua idea.

Prese il telefono e aprì l’immagine di ciò che sperava le venisse realizzato.

-Questo sulla spalla. Non troppo grande- spiegò. Kenneth prese il telefono per guardarlo meglio e annuì vistosamente.

-Davvero un bel design!- commentò incoraggiante.

-Tsk, che disegno da femminuccia- commentò una voce alle sue spalle, appartenente ad un energumeno dall’aria familiare che aveva spiato l’immagine da sopra la spalla di Kenneth.

Clover alzò gli occhi al cielo, ma si era imposta di essere pacifica, quindi ignorò il misogino e riprese il telefono dalle mani di Kenneth, che però si rivelò essere una gran testa calda.

-Ehi! Come ti permetti?! I gusti delle persone non sono sessualizzati, e non ti riguardano affatto!- si indignò, irritato, voltandosi verso di lui e fulminandolo con lo sguardo.

Bene, a questo punto a Clover quel ragazzo stava davvero tanto simpatico.

-Beh, c’è anche la libertà d’espressione, non pensi?- obiettò l’omone, gonfiando il petto per apparire duro.

Clover si ritrovò a fare altrettanto, inconsapevolmente. 

Era diventata pacifica, ma i gesti inconsci e minacciosi possono evitare gli scontri, giusto?

E poi quel tipo le stava particolarmente antipatico, a pelle.

E continuava ad essere vagamente familiare.

-E c’è anche il diritto alla privacy dato che nessuno qui ti ha interpellato o chiesto un’opinione!- Kenneth non sembrò demordere, e il suo tono si scaldò.

Era parecchio coraggioso per essere alto un metro e uno sputo. L’uomo davanti a lui era praticamente il doppio di altezza e il triplo di peso e muscoli.

-Io dico quello che mi pare e piace, finocchio!- l’uomo passò dall’essere scortese e basta ad essere omofobo, e in quel momento Clover si mise sull’attenti.

Perché le andava bene che insultassero lei, perché tanto chissene. Ma quando si trattava di difendere gli altri, Clover era sempre in prima linea.

-Vuoi risolverla fuori?!- Kenneth si alzò in piedi, con i pugni chiusi, chiaramente molto toccato dall’insulto, e Clover osservò un po’ preoccupata la reazione dell’omone, preparandosi ad intervenire se le cose fossero sfuggite di mano.

Ma lui scoppiò a ridere.

-Mi dispiace, ma non picchio le donne. Ho dei principi- lo insultò, con voce però stranamente tremante, e Clover ebbe un’illuminazione.

-Perché sai che ti farebbero il sedere a strisce?- chiese, rilassandosi leggermente, e guardando l’uomo con aria di superiorità.

-Tsk, come se una donna potesse mai…- l’uomo si girò verso di lei, per lanciarle un’occhiata provocatoria, ma una volta che la vide bene, sgranò gli occhi, e si alzò di scatto.

-Tu!- esclamò, con voce strozzata.

-Certo che il mondo è piccolo, vero? Vedo che certe cattive abitudini sono rimaste- Clover ridacchiò e si alzò in piedi, mettendosi tra un confuso Kenneth e l’uomo che aveva riconosciuto come il cosplayer del New Malfair Comic & Games. 

L’uomo impallidì, e si allontanò.

-Senti, c’è la libertà di espressione, e di opinione. E se provi ad avvicinarti ti denuncio per aggressione! Ritieniti fortunata che non l’ho ancora fatto!- provò a minacciare Clover, che però era diventata pacifica, quindi non aveva più intenzione di passare alla violenza se non per difesa.

Certo, nella sua opinione commenti omofobi e sessisti erano un buon motivo per picchiare qualcuno, soprattutto se uniti al razzismo dimostrato alla fiera, ma l’avrebbe fatta passare dalla parte del torto, lo sapeva.

Quindi si limitò a sorridere, pacifica.

-Denunciarmi? Mi sembra una parola forte da un tipo che ha violato la legge almeno una decina di volte. Dopo quello che hai inviato a Wendy Teffors starei molto attento a minacciare qualcuno di denuncia- lo provocò, citando ciò che aveva chiesto a Mathi di trovarle quando doveva fare pace con Diego.

Non credeva che le informazione le sarebbero tornate così utili.

L’uomo impallidì ulteriormente, ed indietreggiò abbastanza da finire appiccicato al muro.

Clover rimase rilassata e sicura di sé.

Kenneth era a bocca aperta e fissava Clover come se fosse un angelo sceso sulla terra.

-Come sai di Wendy?- chiese l’uomo in un sussurro strozzato.

-Non è questa la domanda che devi pormi. La domanda giusta è “Come posso farmi perdonare per i miei commenti offensivi e inappropriati?”- gli suggerì lei in tono condiscendente.

L’uomo strinse i denti, molto irritato, ma aveva troppa paura per ribattere.

-“Come… come posso farmi perdonare?”- chiese con voce roca.

Clover avrebbe voluto insistere per la frase completa, ma decise di non perderci altro tempo.

-Semplice. Sta zitto, muto e smetti di ficcare il naso nei nostri affari. Dovrebbe essere fattibile persino per una persona come te- Clover gli fece un cenno di saluto con la mano e si risedette al posto, controllandosi con nonchalance le unghie.

L’uomo borbottò qualche insulto a mezza voce, ma si allontanò andando a sedersi il più lontano possibile da lei.

Kenneth fissò i due per qualche istante, ancora sconvolto.

Poi si sedette accanto a Clover, eccitato.

-No, vabbè, sei la mia nuova eroina! Come cavolo hai fatto?!- esclamò, ammirato.

Clover non trattenne un sorrisino soddisfatto.

Clover gli raccontò la disavventura della fiera, e di come l’aveva sbattuto a terra senza ricevere neanche un graffietto.

-Okay, è ufficiale, sei la mia eroina! Grandissima! Avessi io la forza di fare una cosa del genere! Di solito nelle risse le prendo e basta- ammise Kenneth, un po’ imbarazzato -Ma mi rialzo anche, eh! Lo spirito combattivo non mi manca!- si esaltò poi, deciso.

Clover lo vedeva, quello spirito. Kenneth avrebbe fatto grandi cose.

-Comunque, cambiando argomento… Il disegno è molto bello, sai? Ti donerebbe un sacco!- Kenneth tornò poi a parlare di tatuaggi, e Clover apprezzò il complimento.

Aveva scelto qualcosa di elegante, discreto, ma visibile, che la rappresentasse pienamente.

E che rappresentasse qualcosa che avrebbe sempre voluto tenere nel cuore.

Sperava davvero di non pentirsene.

 

Sabato 12 Ottobre

Max adorava i bambini.

E probabilmente, se il suo desiderio di viaggiare non fosse stato più forte di qualsiasi altra cosa, avrebbe studiato per diventare un insegnante delle elementari, o dell’asilo.

In generale aveva sempre voluto fare il babysitter, o occuparsi dei bambini in generale, quindi era davvero entusiasta del nuovo lavoro, che, dopo qualche normale attrito iniziale, stava procedendo davvero alla grande.

I bambini erano pieni di energia, a volte un po’ chiassosi e leggermente indisciplinati, ma Max li adorava. Erano tre, due maschi e una femmina, rispettivamente di 12, 9 e 7 anni.

E al momento erano intenti a fare i compiti seduti al tavolo della cucina, sorprendentemente tranquilli dopo che Max aveva promesso loro che se si comportavano bene e finivano tutti i compiti, li avrebbe portati al parco a giocare.

Aver cucinato dei biscotti come premio era servito a motivarli ancora di più, e Max era accanto a loro, intento a lavorare a sua volta al computer, ma pronto ad aiutarli nel caso avessero avuto bisogno di qualche suggerimento.

-Max, Max… Controlli se ho fatto giusto?- come spesso era successo quel pomeriggio, Rosie, la più piccola, gli tirò la manica della maglietta, e gli porse il quaderno degli esercizi di matematica, che Max avvicinò a sé.

-Wow, sei stata davvero velocissima!- si complimentò con un gran sorriso, prima di iniziare a controllare.

-Hai fatto quasi tutto perfetto, c’è solo qualche piccola incertezza con la tabellina del tre. Guarda…- Max si sporse verso di lei e le indicò l’esercizio sbagliato.

Rosie inarcò le sopracciglia, cercando di capire dove avesse sbagliato e molto delusa da sé stessa.

-Pensavo fosse giusto- si lamentò, mettendo il muso.

-Riprendiamo un attimo la tabella…- Max non si scompose e prese una tabella che aveva fatto appositamente per aiutare la bambina nella memorizzazione delle tabelline. Poi indicò alcuni numeri e canticchiò una canzoncina che aveva inventato per rendere l’istruzione ancora più semplice.

Aiden, il secondo più piccolo e il più birbante, si sporse verso i due approfittandone per fare un ripasso.

-Aiden, stai seduto composto o niente biscotti!- lo riprese Oliver, il fratello maggiore, che a volte si comportava come il vero babysitter della situazione.

Max ridacchiò tra sé.

-Se hai bisogno di aiuto sono subito da te, Aiden- lo rassicurò, con un sorriso incoraggiante.

-No, volevo solo vedere dove Rosie aveva sbagliato- Aiden tornò seduto composto, un po’ rosso in volto. 

-Oh! Ho capito! Grazie, Max!- Rosie ignorò la critica velata del fratello e corresse l’esercizio, entusiasta per essere arrivata da sola alla soluzione giusta.

Max adorava davvero tanto quei bambini. Porse nuovamente il quaderno verso Rosie, e si rivolse ai due fratelli, anche se il suo vero obiettivo era Aiden.

-Allora, come vanno i vostri esercizi?- chiese, cercando di non mettere loro fretta ma solo controllando la situazione.

-Ho quasi finito- rispose subito Oliver, orgoglioso.

-Bene- gli fece eco Aiden, un po’ incerto.

-Quando avete finito fatemi vedere. Poi andiamo tutti insieme al parco a giocare, va bene?- Max ricordò il premio in palio, e Aiden si mise maggiormente d’impegno a finire tutti i compiti.

-Io ho finito. Posso prendere un biscotto?- chiese Rosie, chiudendo il libro e sorridendo speranzosa.

Max valutò un attimo i pro e i contro di darle subito il premio invece di aspettare anche i fratelli, e alla fine decise che era giusto premiarla per la sua velocità.

-Certo, puoi prenderne uno. Ma per la merenda aspettiamo anche i tuoi fratelli va bene?- chiese, porgendole il vassoio.

Rosie non sembrava molto contenta, ma alla fine annuì.

Aiden sollevò lo sguardo verso i biscotti, ancora tiepidi e dall’aria davvero invitante.

-Non è giusto, però! I suoi esercizi sono più facili!- si lamentò.

-Devi considerare che Rosie è più piccola. Anche i tuoi esercizi sono più facili di quelli di Oliver- gli fece notare Max, in tono calmo.

-Ma i miei sono difficili!- Aiden iniziò a scaldarsi.

-Per Rosie lo sarebbero ancora di più. Avete età diverse, è normale- provò a spiegarsi Max, tranquillamente -Se hai bisogno posso aiutarti- si offrì poi, incoraggiante.

-No! Faccio da solo! Io sono bravo!- Aiden si allontanò da Max per impedirgli di guardare i suoi fogli, e tornò a studiare.

Almeno non si lamentò ulteriormente.

-Max, Max… posso disegnare?- Rosie, dopo aver mangiato il biscotto (wow, era davvero veloce), tornò a tirare la manica di Max, per attirare la sua attenzione.

Il ragazzo si alzò e prese i fogli bianchi, le matite e i pastelli dalla mensola che i genitori dei bambini gli avevano indicato e tornò al tavolo per porgerli a Rosie, che li prese allegra, e iniziò a disegnare con attenzione.

Per fortuna era stata la prima a finire. Le bastava disegnare per stare tranquilla, e così Max poteva continuare a lavorare e soprattutto tenere d’occhio gli altri due.

Se a finire per primo fosse stato Aiden, Max sapeva che sarebbe stato impossibile tenerlo fermo ad aspettare.

-Max, Max… non so cosa disegnare, mi fai vedere dei fiori?- Rosie ritornò a tirargli il lembo della manica, e Max si rassegnò a non continuare la sua tesi.

Va bene, tanto era ancora all’inizio, e non aveva fretta, al momento.

-Certo, c’è un blog pieno di fiori bellissimi- la assecondò, aprendo la pagina “Il Giardino Segreto”.

Ora che ci pensava, era un sacco di tempo che non entrava lì, più o meno da quando aveva scoperto la verità su Veronika, forse un po’ prima.

Ma erano stati giorni davvero intensi, e con pochi esami riguardo ai fiori, quindi non aveva avuto motivo di rientrare lì.

Aveva parecchi messaggi non letti nella posta elettronica e alcune chat, ma le ignorò per il momento, anche se si ripromise di darci un’occhiata una volta ritornato a casa. Era stato poco carino da parte sua sparire dopo che chattare con Strelitzia era diventata quasi la norma.

Era davvero pessimo. Chissà che fiore le avrebbe potuto inviare in chat per farsi perdonare.

-Guarda, c’è qualche fiore che ti piace?- chiese, indicando una vasta gamma di piante stupende.

Alla bambina si illuminarono gli occhi.

-Questo è stranissimo! Che fiore è?- chiese poi, indicando una foto che ritraeva un fiore dalla forma particolare, che sembrava quasi un insetto colorato.

Max non trattenne un sorrisino nostalgico.

-È una strelitzia. Un fiore che significa nobiltà. Perfetto per una principessina come te- la complimentò, facendola ridacchiare soddisfatta, e poi le ingrandì l’immagine in modo che fosse più semplice per lei disegnarla.

Poi, mentre prendeva il telefono per controllare eventuali messaggi, un lampo gli attraversò la mente. Troppo veloce per capire esattamente cosa avesse portato, ma lasciando un seme pronto a sbocciare.

Strelitzia: principessa.

Nah, non era niente!

Scosse la testa, e controllò i messaggi.

Clover si lamentava del tatuaggio che le bruciava. Amabelle era irritata perché Diego non rispondeva ai suoi messaggi. Denny era in gay panic da giorni. Tutto nella norma.

-Max, Max…- Rosie gli tirò nuovamente la manica per attirare la sua attenzione.

-Sì, Rosie?- Max si girò verso di lei, sorpreso che avesse ancora bisogno di lui dopo così poco tempo.

-Qualcuno ti ha scritto, non vedo bene la foto- la bambina indicò lo schermo, dove si era aperta la chat di Strelitzia, che aveva iniziato a scrivergli proprio in quel momento.

-Scusa, aspetta un secondo- Max riprese il computer con l’intenzione di scrivere un breve “Scusa, non posso rispondere adesso, ti scrivo stasera”, ma poi lesse gli ultimi messaggi che Strelitzia aveva scritto, e rimase di sasso.

“Gelsomino, sei online! 

Pensavo mi stessi evitando.

Mi dispiace tantissimo per lo sfogo che ho fatto qualche settimana fa, non ero in me!

E avevo bisogno di qualcuno.

E forse non lo hai neanche letto, non so, non risultavi online

Ma non sei tipo da sparire quindi se ho fatto qualcosa di male mi dispiace

Dimmi solo di smettere e io smetterò”

Cavolo!

Non voleva che la sua assenza venisse recepita in questo modo.

Prese il telefono, e cercò in fretta una foto di una strelitzia da mostrare a Rosie.

-Va bene comunque? Scusa, ma devo assolutamente rispondere a questa persona- cercò di spiegarle, in tono grave.

Rosie era chiaramente delusa, ma annuì.

Per essere una bambina piccola, sapeva scendere a compromessi.

-Chi è, la tua ragazza?- chiese Aiden, più per distrarsi che per vero e proprio interesse.

-No, solo una persona che ha bisogno del mio aiuto- Max rispose distrattamente, iniziando a rispondere ad un(*) chiaramente agitat* Strelitzia.

“Mi dispiace per la mia assenza, ma non è assolutamente a causa tua. Ho avuto un periodo davvero intenso tra vita privata e lavoro, e non sono stato online per parecchio tempo, né ho letto i tuoi messaggi, ma recupero immediatamente, sperando di poterti aiutare” scrisse velocemente, prima di salire e controllare tutti i messaggi.

Il primo risaliva alla sera dell’11 Agosto, e Max si rese conto di quanto tempo era passato dall’ultima volta che aveva controllato i messaggi. Erano passati già due mesi.

Il tempo passava stranamente in fretta quando si soffriva e si ignoravano i propri doveri.

(Poi l’11 Agosto era anche il giorno in cui aveva scoperto l’identità di Veronika… solo a pensarci, a Max piangeva il cuore).

“Gelsomino, sei online? Che fiori consiglieresti a qualcuno che ha fatto il più grande errore della sua vita?

Oggi è stata davvero una pessima giornata, e non so proprio che fare

Fammi sapere se ti viene qualche idea, anche se dubito che un bouquet ben sentito possa davvero aiutare in questo caso.

Cavolo, non so proprio che fare…”

Mentre passava ai messaggi successivi, arrivò la risposta in live di Strelitzia.

“Mi dispiace per il periodo intenso, scusa se sembro disperata. Non sei obbligato a leggere tutti i miei messaggi, ero completamente persa questi giorni, ti giuro non è da me perdere il controllo e sfogarmi, soprattutto con sconosciuti. Ma sei la persona più fidata che mi rimane, ormai. E l’unica che non può rovinarmi la vita”

Max lesse il messaggio senza sapere bene come rispondere.

Si sentiva agitato. Cosa mai poteva aver sconvolto Strelitzia a quel punto.

E poi… non aveva usato il genere neutro negli ultimi messaggi.

Era stato un errore di correttore? O si era confus*?

Max decise di ignorare i segnali, e cominciò a scrivere la risposta più rassicurante possibile senza sapere se ci sarebbe mai riuscito, quando Strelitzia fu più veloce di lui a continuare.

“Ho sbagliato a scrivere! È colpa del correttore! Volevo scrivere che sembravo disperat*, pers* eccetera. E il fatto che è ormai l’una di notte non aiuta”

…l’una di notte?

Il cuore di Max iniziò a battere furiosamente. Il seme che era stato impiantato nel suo cervello sembrava pronto a sbocciare.

Con mani tremanti, continuò a scrivere, inibendo ogni sua possibile supposizione.

“Tranquill*, i correttori sbagliano spesso il gender. Mi dispiace tanto per il tuo periodo difficile, e non sembri disperat*. Sono ben felice di cercare di aiutarti. Anzi, mi dispiace non esserci stato prima. Ma se hai bisogno di qualsiasi cosa ora sono qui” provò a dare la sua completa e totale disponibilità, perché non poteva lasciare una persona così triste e vulnerabile, a prescindere dal suo sesso o dal luogo in cui era.

(Tra lì e la Germania c’erano nove ore di fuso orario. Esattamente la differenza di tempo che sembrava intercorrere tra Max e Strelitzia. Strano, vero?).

Tornò ai messaggi precedenti per cercare di capire meglio cosa potesse aver sconvolto Strelitzia a tal punto. I successivi risalivano al 18 Agosto, una settimana dopo.

(Il giorno in cui Max si era licenziato dal Corona e aveva chiuso ufficialmente con Veronika).

“Hey, Gelsomino. Sei online? O puoi parlare?

Va bene anche se non lo sei

Non ho nessun altro con cui sfogarmi, ma sei libero di ignorare i messaggi se vuoi, probabilmente mi pentirò di ciò che sto per scrivere

Ma sono distrutt*

È tutto il giorno che piango!

E non so più come risolvere la situazione

Non posso scendere a dettagli per privacy, ma che fiori puoi usare per dire a qualcuno che lo ami da morire anche se non potete stare insieme?

E lui ti odia

E tu hai sbagliato completamente.

Ma io lo amo! Lo amo tantissimo!

Che faccio?!

Come faccio adesso?!

Mio padre vuole farmi tornare a casa, e non ho motivo di rifiutarmi

Vorrei non essere mai venut* qui!

Scusa lo sfogo, ti prego ignoralo!

Sono ridicol*”

-Max, io ho finito- la voce di Oliver destò Max dalla stasi in cui era piombato, sconvolto e con il cuore a mille, mentre leggeva quei messaggi.

Si girò verso il bambino come svegliato da un sogno. Era pallido, con occhi sgranati, e si era dimenticato di dover fare da babysitter.

-Certo, certo. Correggo subito- provò a riprendersi, ma la sua mente era distratta.

Troppe cose coincidevano.

E ormai Max sapeva che il caso non esisteva.

Controllò in fretta i compiti del figlio più grande, un po’ distrattamente, e segnò un paio di errori grammaticali.

-Quasi perfetto, buon lavoro. Controlla un po’ meglio la coniugazione dei verbi- gli suggerì, prima di tornare al computer.

Oliver controllò il compito con sopracciglia inarcate, e si sedette per correggere.

Max tornò ai messaggi.

Strelitzia gli aveva risposto in live.

“Sei un angelo! Non dovrei proprio approfittare della tua dolcezza. Lo faccio fin troppo. Sono una persona orribile”

A Max si strinse lo stomaco a sentirl* parlare (scrivere) così. Da quelle parole evinceva chiaramente quanto distrutt* fosse da qualsiasi cosa stesse succedendo.

“Non sei una persona orribile. Non ti buttare giù così. Sono certo che troverai una soluzione, e alla fine andrà tutto bene. Sei incredibile, Strelitzia” rispose, cercando di incoraggiarl*, anche se aveva un fastidioso nodo allo stomaco.

“Se avessi letto i messaggi non la penseresti così, ma grazie di provare a rassicurarmi. Sei una brava persona”

“Pochi messaggi scritti in un momento difficile non cambieranno la mia opinione di te. Sei sempre stat* disponibile, rispettos*, gentile e d’aiuto. Tutti hanno dei momenti difficili e non definiscono completamente chi siamo” scrisse, incoraggiante.

Ma decise comunque che doveva necessariamente leggere i messaggi, perché erano la risposta al tremendo dubbio che iniziava a sbocciare in lui. A scapito delle sue parole, infatti, aveva parecchio timore di ciò che avrebbe potuto scoprire.

La sequenza successiva era stata scritta il 2 Settembre.

“Hey, Gelsomino. Sto scrivendo una lettera molto molto importante, ci lavoro da giorni. Pensi che dovrei accompagnarla a dei fiori? Probabilmente non leggerai il messaggio ma voglio sperare che magari sarai online prima che io debba spedirla. È una cosa troppo personale per scriverla nel blog. Deve essere una lettera d’addio, ma forse dei fiori potrebbero essere troppo. Non voglio creargli problemi.

E l’unico fiore che mi viene in mente è la camelia. Ma non posso usare una camelia.

Forse è meglio scrivere solo la lettera, ignora la domanda”

Max andò direttamente ai messaggi seguenti, la sera del 7 Settembre, il giorno dopo il suo compleanno.

(Il giorno in cui aveva visto Veronika per l’ultima volta).

“Gelsomino non c’entra niente con i fiori, ma ho un mal di testa terribile, e devo sfogarmi. 

L’ho visto

Da lontano.

Era venuto per me, e sono felice come non mai e allo stesso tempo non mi sono mai sentita così vuota.

Perché non lo rivedrò mai più. 

Ed è tutta colpa mia!

Devo rinunciare a tutto per lui?! È questo che si aspetta?! 

Io lo avrei fatto! Ma lui è così responsabile, non credo che si sarebbe mai perdonato per la  mia scelta!

E forse non mi sarei perdonata neanche io

Non lo so, sento che qualsiasi fosse stata la mia decisione, avrei sbagliato.

Perché il vero errore è stato all’origine.

Ho sbagliato ad avvicinarmi, ad innamorarmi, a mettere tutto al rischio per un attimo di felicità che sapevo non avrebbe avuto futuro.

Vorrei non averlo mai conosciuto!

Ora staremmo entrambi meglio!

Si soffre molto di più per qualcosa che hai assaporato ma non puoi avere che per qualcosa che non hai mai tenuto tra le braccia.

…o qualcosa del genere.

La testa mi sta esplodendo, non ha senso quello che scrivo.

Se leggerai questo messaggio avrai davvero una bassa opinione di me, sono un disastro.

Mi dispiace

Non dovrei trascinare anche te nella mia ordalia

Ma sei così gentile, e disponibile, e ogni volta che chatto con te è sempre una boccata d’aria fresca.

Mi ricordi tantissimo Max

No, aspetta, cancella! 

Dimentica quel nome!

Mi sto esponendo troppo.

Perché non si possono cancellare i messaggi in questa app.

Ti prego, ignorami

Meglio andare a dormire”

Max era congelato sul posto.

Incapace di pensare, riflettere o elaborare completamente ciò che aveva letto.

Ma non era abbastanza stupido da non capire la ormai evidente realtà.

Strelitzia era Veronika.

E lui era completamente fregato!

Si sbloccò quando gli arrivò un nuovo messaggio.

“Grazie davvero, Gelsomino. Hai davvero calmato il battito del mio cuore. Dovrei andare a dormire e spegnere il computer. Scusa ancora per il disturbo”.

“Buonanotte!” Max scrisse in tutta fretta, prima di chiudere il portatile e allontanarlo da sé come se fosse avvelenato.

Il suo gesto inconsulto attirò l’attenzione dei bambini, che alzarono di scatto la testa dai propri compiti e lo guardarono come se fosse impazzito.

-La tua ragazza ti ha lasciato?- chiese Aiden, insistendo sulla teoria di poco prima e inconsapevole di quanto effettivamente avesse ragione.

Perché quella era davvero la sua ragazza.

O meglio, ex ragazza.

O meglio, ex ragazzo che si era rivelato una principessa in incognito.

E ora scopriva che ci aveva anche chattato per mesi senza che nessuno dei due si accorgesse che fossero l’un l’altro?!

Ma quante doppie, triple… quadruple vite aveva Veronika?!

E come aveva fatto Max a non accorgersi mai di nulla?!

…beh, in quel caso era più scusabile, dato che lui e Strelitzia non avevano mai condiviso moltissimi fatti personali. Parlavano di fiori, ogni tanto dicevano qualcosa di molto generico che poteva riferirsi a chiunque, e quante probabilità c’erano che tra miliardi di persone su internet si trovassero proprio loro due?!

Si prese il volto tra le mani, cercando di riordinare le idee.

Alla fine la cosa più sconvolgente non era tanto la consapevolezza di aver chattato con Veronika per tutto quel tempo, ma quello che gli aveva scritto in quei messaggi.

Max sapeva che Veronika lo amava. La lettera che gli aveva consegnato il giorno del suo compleanno era stata una grande prova.

Ma non aveva idea di quanto effettivamente avesse sofferto per la situazione, quanto fosse crollata. Al punto da rivolgersi ad uno sconosciuto su internet perché non aveva nessun altro accanto a lei.

Si sentiva in colpa per aver letto messaggi che sicuramente Veronika non aveva inteso per lui, ma allo stesso tempo era in un certo senso sollevato di essere quello con una chiara visione della situazione.

Per la prima volta, era lui a sapere qualcosa che Veronika non conosceva.

…e iniziava a capire il dramma in cui si era trovata la ragazza per quei mesi, perché neanche lui aveva la più pallida idea di come comportarsi.

Doveva dirglielo? Era meglio tenere il segreto per non spaventarla troppo per essersi esposta? Doveva ignorarla completamente e non rispondere più ai suoi messaggi? O continuare a fingere di non sapere nulla e rispondere con frasi di cortesia che però non sarebbero mai state del tutto autentiche?

La situazione era drammatica.

-Max, Max...- Rosie gli tirò il lembo della manica per attirare la sua attenzione, ricordandogli che era ancora impegnato a fare da babysitter.

I suoi drammi personali dovevano aspettare.

-Sì, Rosie? Scusa, ero un attimo… pensieroso- cercò di sorridere, ma la difficoltà era chiara nel suo sguardo.

-Cosa è successo?- chiese la bambina.

Anche Oliver e Aiden si sporsero verso di lui, curiosi.

Max esitò.

Non è che potesse spiegare tutta la sua complicata situazione a dei bambini, ma non voleva neanche mentire o surclassare la situazione per non rischiare che loro si sentissero trattati con condiscendenza.

-Niente di grave. Questa mia amica ha avuto un piccolo problema con un ragazzo e non so bene cosa consigliarle- spiegò brevemente, prendendo poi il quaderno che Oliver gli aveva lasciato vicino per correggere i compiti. Questa volta era tutto perfetto.

-Perché, ti piace?- chiese Aiden interessato al gossip.

Non era lontano dalla realtà, ma non sapeva come spiegare di essere lui il ragazzo che le piaceva ma che lei non fosse a conoscenza della sua identità.

Avrebbe normalizzato il catfish, che non era quello che stava succedendo, ma lo sembrava.

-Beh… non potremmo stare insieme, in ogni caso- provò ad evitare la domanda, consegnando i compiti a Oliver e un biscotto come premio per averli finiti.

-Perché no?- chiese Rosie, esageratamente triste per la notizia.

-Lei vive lontana, ed è già fidanzata. Ma comunque è una situazione complicata, non voglio annoiarvi con tutta la storia- Max provò a cambiare argomento e si rivolse ad Aiden, l’unico che non aveva ancora finito i compiti -Come procede, hai bisogno di aiuto?- chiese, controllando i calcoli matematici.

-No!- Aiden nascose quanto scritto fino a quel momento, arrossendo imbarazzato.

-Sei l’ultimo. Non possiamo aspettare te per andare al parco!- si lamentò Oliver, irritato.

-Perché la ragazza è già fidanzata?- Rosie era ancora decisa ad indagare sulla vita romantica di Max, che cercò di riordinare le idee per accontentare un po’ tutti.

-Allora, che ne dite di andare al parco, e mentre Aiden finisce i compiti all’aria aperta voi giocate un po’?- propose infine. Sapeva che non era giusto punire i due studenti diligenti solo perché l’ultimo non aveva ancora finito, e allo stesso tempo non poteva dividersi in tre per dare a tutti lo stesso tempo.

-E i biscotti?- chiese Oliver, pratico, e con sguardo furbetto.

In effetti erano il premio da mangiare prima di andare al parco.

-Non puoi trasferirti da lei per stare insieme?- Rosie continuava a pensare solo all’amore.

Max sospirò.

-Voi potete già fare merenda e quando Aiden finisce i compiti potrà farla anche lui- provò a suggerire, sperando di riuscire a distrarre Rosie.

-Ehi, non è giusto! Li finiscono tutti loro!- si lamentò Aiden, iniziando a scrivere forsennatamente.

-Potremmo dividerli?- rifletté Oliver, pratico.

-Io posso prendere quelli con gli smarties?- Rosie finalmente abbandonò la questione romantica per concentrarsi sul cibo, e Max tirò un sospiro di sollievo.

Certo che era stato davvero fortunato a trovare dei bambini così tranquilli.

Perché sennò, a quell’ora, con il suo attacco di panico, avrebbe sicuramente subito un ammutinamento.

Cercò di concentrarsi su di loro e ignorare i suoi problemi, anche se sapeva che non poteva scappare per sempre.

Ma poteva comunque provarci, giusto?

Almeno per un po’.

 

Lunedì 14 Ottobre

Diego era all’università, in pausa pranzo, con Juanita, che aveva appena cominciato a frequentare la facoltà di lettere, e si era trasferita nel dormitorio.

Al momento i due ragazzi erano nascosti nei cespugli perché il primo di loro aveva notato una chioma scura davvero tanto simile a quella di una certa ragazza coreana di loro conoscenza, e Juanita guardava il fratello con espressione di giudizio piuttosto chiara.

-Non guardarmi così! Da lontano sembrava Clover!- provò a giustificarsi Diego, arrossendo appena per la pessima figura che stava facendo con la sorella minore.

-Siamo nell’edificio di medicina! Perché Clover dovrebbe venire qui?!- gli fece notare Juanita, esasperata.

Era da quando era tornato a Harriswood, che Diego si comportava come un pazzo.

-Magari ti ha seguito dall’indirizzo di lettere- suggerì infatti, paranoico.

-Senza offesa, Diego, ma dubito che Clover abbia interesse nel vederti. E se lo avesse non avrebbe problemi a trovarti anche se ti nascondi, quindi smetti di comportarti così- lo rimproverò Juanita, irritata, e uscendo dai cespugli. Non vedeva l’ora di farsi degli amici e smettere di pranzare con suo fratello.

Non perché non le facesse piacere passare del tempo con lui, ma quando si comportava così le dava fastidio.

-…non mi fa sentire meglio- borbottò il ragazzo a sua volta, decidendo comunque di uscire dai cespugli e seguire la sorella verso una panchina libera per mangiare un panino precedentemente acquistato.

-Senti, Diego. Cerca di andare avanti! Ormai sono passati due mesi!- Juanita gli diede una pacca sulla schiena per incoraggiarlo. Diego sospirò.

Sapeva che ormai era finita, e non era neanche finita nel peggiore dei modi, dato che comunque i suoi genitori l’avevano perdonato, e la sua vita era tornata pressappoco normale.

Però non riusciva a togliersi Clover dalla testa, soprattutto dopo la conversazione che aveva avuto con Blossom.

E parte di lui, a dirla tutta, voleva davvero tanto parlare con Clover, ma allo stesso tempo ne aveva grande paura.

Che situazione complicata.

-Piuttosto, ancora nessuna notizia sulla tua compagna di stanza?- Diego decise di cambiare argomento e passare ad uno più familiare.

Juanita si era trasferita da poco, ma sebbene fosse in una camera doppia, non le avevano ancora assegnato una coinquilina.

-Non ancora, e dubito me ne assegneranno una- Juanita sbuffò, delusa.

-Dai, hai la camera tutta per te, è una fortuna!- Diego provò a vedere il lato positivo.

Non che si lamentasse, dato che il suo compagno di stanza era più fuori dalla stanza che dentro, ma era sempre meglio avere un po’ di privacy.

-È una fortuna per te che sei asociale, ma io voglio farmi delle amiche! Non posso mica passare la mia università attaccata a mio fratello. È una tristezza infinita! Senza offesa- dopo averlo massacrato, Juanita mise le mani avanti.

Diego la capiva benissimo, ma in quanto fratello maggiore non poteva di certo fargliela passare liscia per quel commento.

-Sono molto offeso, invece! E poi chi ti dice che una coinquilina potrebbe essere tua amica? Magari è una ragazza insopportabile maniaca dell’ordine o che non accetta nessuno in camera, o che porta sempre il suo ragazzo in camera. Che ne sai- la prese in giro, con una linguaccia.

Juanita non trattenne il disgusto all’idea, ma cercò di non farsi scoraggiare.

-O magari diventerà la mia migliore amica per la vita! O qualcosa di più, chi lo sa. Non ci sarebbero problemi con la regola di portare ragazzi in camera- era il suo turno di di far rabbrividire per il disgusto Diego all’immagine.

-Ti prego! Sei mia sorella! Non voglio immaginarti in modi strani!- esclamò mettendosi le mani sulle orecchie.

-Non lamentarti con me se hai una fervida immaginazione, comunque spero che la mia nuova coinquilina arriverà presto, anche se a questo punto, dato che il semestre è già iniziato, posso sperare solo in persone che hanno richiesto la stanza all’ultimo secondo o non sono ancora convinte di…- mentre Juanita diceva quella frase, accaddero due fatti molto singolari.

Per prima cosa Diego vide poco distante Norman intento a camminare nel cortile parlando al telefono, pertanto tornò a tuffarsi dietro i cespugli.

E nello stesso istante, sul telefono di Juanita arrivò un messaggio.

Interrotta dai due eventi, Juanita prese il cellulare e guardò il fratello esasperata.

-Chi hai visto adesso, un’altra Clover?- chiese, divertita, iniziando ad armeggiare per leggere i messaggi.

Diego le rispose ancora nascosto nei cespugli, fissando Norman per essere sicuro che non lo notasse.

-No, ma Norman. E dove c’è Norman, di solito c’è Amabelle… anche se l’ultima volta che l’ho visto avevano litigato, ma lui porta sfiga in questi sensi quindi meglio evitare che mi veda perché potrebbe chiamare Amabelle che…- 

-Hey Diego! Mi hai chiamato?- per poco Diego non si prese un infarto quando sentì la inconfondibile e squillante voce della ragazza che senza che lui se ne accorgesse gli si era avvicinata, ed era a pochi centimetri da lui, sempre immersa nei cespugli.

-AH! Amabelle, che ci fai qui?!- Diego cercò di non sembrare troppo sconvolto e spaventato da quella visione, ma non ci riuscì particolarmente.

Amabelle aveva un sorriso splendente e molto poco rassicurante.

-Mi assicuro che il tuo telefono funzioni, dato che non rispondi ai messaggi! Ciao Juni!- Amabelle cercò di farlo sentire in colpa, e salutò distrattamente la sorella dell’amico, che fissava il telefono sconvolta e ricambiò con un cenno senza neanche guardarla.

Diego sospirò, e fece vagare lo sguardo da una parte all’altra del cortile cercando una scusa o una via di fuga, ma alla fine si arrese ad una conversazione inevitabile.

-Senti, Amabelle, mi dispiace di essere sparito così. È stato un periodo strano e difficile, e volevo allontanarmi dal… dramma- Diego non aveva evitato la Corona Crew solo per Clover, anche se Clover era il motivo principale, ma non voleva essere invischiato in tutti i casini che erano successi. Non che sapesse proprio tutto tutto, ma era ancora nel gruppo whatsapp, quindi era rimasto abbastanza informato sulle situazioni accadute.

Tipo lo scandalo della principessa Veronika, e il litigio di Amabelle con tutti quanti.

-Beh, ho una buona notizia per te! Il dramma è finito! …circa. E soprattutto stavo pensando a come organizzare il tuo compleanno! È giovedì 18, giusto? Se non torni a casa pensavo di fare una tranquilla serata al Corona con la Crew e chiunque altro tu…- Amabelle iniziò a parlare come se i mesi di distanza non fossero mai passati, e Diego la fermò immediatamente (dopo essersi ripreso dallo shock, sia chiaro).

-Senti, Amabelle. Apprezzo il gesto, ma non voglio incontrare Clover. Né voglio essere chiuso in una stanza con lei, o ammanettato con lei, o obbligato a baciarla per il gioco della bottiglia o…- Diego diede prova di conoscere molto bene la mentalità di Amabelle, che però sembrò parecchio ferita dalla mancanza di fiducia.

Dopotutto Diego non era stato presente al suo cambio di personalità.

-Tranquillo, Diego, non l’ho invitata- lo rassicurò, con sguardo sincero, e perdendo per la prima volta il sorriso.

Diego però non era convinto.

-Dici così, e poi arriverà a metà serata rovinando tutto, o la farai uscire dalla torta…- a pensarci bene, l’idea di Clover che usciva fuori da una torta gigante era fantastica… no, Diego, concentrato! Sei ancora arrabbiato e ferito da Clover!

-Bella l’idea della torta… ma no! Promesso! Io… senti, Diego. Lo so che è difficile credere nella mia buona fede. Sono stata insistente, e esagerata, e so che probabilmente sembra che io ti voglia far tornare nel gruppo solo per Clover, ma non è affatto così! È perché mi manchi. E non solo a me, ma a tutti quanti. Eravamo amici prima che questa stupida storia iniziasse, e so che non mi conosci da tantissimo e che mi hai visto soprattutto in veste di matchmaker, ma vorrei davvero che tornassi nel gruppo, per me, per gli altri, ma anche per te. E giuro che se non vuoi farò tutto il possibile per evitare che tu veda Clover. Ma ti prego, almeno torna a rispondere ai miei messaggi- il discorso di Amabelle era sincero, privo di maschere o esagerazioni, e Diego sentì un enorme blocco allo stomaco nel rendersi conto di quanto fosse stato egoista ad allontanarsi da tutta la Corona Crew solo per evitare Clover. 

Egoista e masochista. Perché oltre ad aver ferito gli altri, aveva fatto del male anche a sé stesso.

Gli mancavano i membri della Corona Crew: Felix, Norman, Denny e anche Amabelle. (E Clover, santo cielo quanto gli mancava Clover). 

Alla fine, sospirando, annuì.

-Hai ragione, Amabelle, sono stato pessimo. Accetto l’invito per il compleanno. Anche a me manca la Corona Crew- accennò un sorriso, e sperò con tutto il cuore che le scuse di Amabelle fossero sincere, anche se lo sembravano davvero.

La ragazza recuperò il sorriso, commossa, e lo abbracciò di scatto, entusiasta dall’essere finalmente riuscita a parlarci.

-Grande! Allora, che tipo di torta vuoi? Ti va bene festeggiare al Corona o preferisci un altro posto? Mi dai carta bianca? Devo invitare altra gente? Ci sei proprio giovedì o preferisci un altro giorno?- iniziò a fargli domande sul compleanno, saltellando da una parte all’altra, ma Diego non aveva più molto tempo per risponderle, dato che la pausa pranzo era finita e aveva una lezione in pochi minuti.

-Va bene se ti scrivo i dettagli per messaggio? Ho lezione tra poco e il professore è fissato con la puntualità- spiegò, indicando l’orologio.

Amabelle lo guardò a sua volta.

-Oh, sì! Certo! Anche io devo andare a lezione. Ti scrivo! E scrivo sul gruppo! E tranquillo, giuro che Clover non verrà! Ti voglio bene! Ci vediamo!- veloce come era arrivata, Amabelle saltellò via, incontrando Norman per caso e allontanandosi con lui.

Quindi erano tornati amici, buono a sapersi.

Diego tornò dalla sorella, che era nella stessa identica posizione di prima, a bocca aperta e occhi sgranati intenta a fissare il telefono, e non sembrava essersi accorta di nulla.

-Juni, tutto bene?- chiese, un po’ preoccupato, sistemando lo zaino per tornare in classe.

Lei sollevò lo sguardo verso di lui, e lo guardò davvero in difficoltà.

Aprì la bocca per parlare, ma la richiuse.

-Mi devo spaventare? Cosa è successo?- chiese lui, iniziando a preoccuparsi e facendo passare lo sguardo tra sua sorella e il telefono.

Ormai arresa al fatto che non sarebbe riuscita a spiccicare parola, Juanita gli porse direttamente il telefono con il messaggio ricevuto pochi minuti prima.

“Gentile signorina Flores, siamo lieti di informarla che abbiamo selezionato la sua nuova compagna di stanza, che arriverà nella camera entro la fine della settimana. Se ha delle rimostranze si prega di passare in segreteria.

Il suo nome è Clover Paik”

Diego dovette leggere il nome sette volte per assicurarsi di aver capito bene, e rimase nella stessa identica posizione che Juanita aveva assunto poco prima, incredulo e sconvolto.

Sì, Norman portava proprio sfiga.

E lui era completamente fregato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Insomma, come avevo già anticipato, capitolo pieno di rivelazioni ma allo stesso tempo di passaggio.

La parte su Denny non mi convince completamente, ma non ce la facevo a riscriverla, quindi l’ho lasciata così.

La parte di Clover è un po’ inutile ma l’adoro. E il personaggio di Kenneth è uno dei protagonisti della mia nuova storia “Laboratorio di Filmmaking”, quindi dato che Clover era a New Malfair ho voluto fargli fare un cameo.

E la parte di Max mi piace molto come è uscita. Ovviamente era chiaro che Strelitzia fosse Veronika, ma non era ancora stato confermato, quindi ora che è la teoria si è concretizzata, vi dico una curiosità. Quando facevo i sondaggi o chiedevo secondo voi se Strelitzia fosse Manny o Sonja, era un indizio sul fatto che Sonja e Manny fossero la stessa persona. Perché tutti gli indizi sull’identità di Strelitzia si potevano applicare perfettamente ad entrambi, lol.

Una piccola trollata ^^’

Comunque, per la prima volta è Max a sapere l’identità di Veronika mentre lei rimane all’oscuro. How the turntables!

Chissà come affronterà la situazione.

Passando invece a Diego, Juanita ha iniziato l’università, e Amabelle è finalmente riuscita a mettersi in contatto con il ragazzo. 

Chissà come andrà il suo compleanno organizzato dalla ormai redenta matchmaker. 

Spero che questo capitolo via sia piaciuto, e spero che anche il prossimo vi piacerà, teoricamente dovrebbe essere una bomba che non vedo l’ora di scrivere, ma questo è un periodo un po’ fiacco per l’ispirazione, quindi non so bene quando riuscirò a scriverlo.

Spero di farlo il prima possibile.

Grazie a tutti quelli che continuano a seguire questa storia chilometrica, vi voglio davvero bene!

Un bacione e alla prossima :-*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: È il compleanno di Diego

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Capitolo 43
*** Non ti scordar di me ***


Non ti scordar di me

 

Giovedì 18 Ottobre

Amabelle era stupita dalla sua enorme capacità di organizzare feste anche senza secondi fini, perché sebbene avesse avuto pochi giorni di tempo e la location fosse piuttosto banale, era davvero soddisfatta del risultato.

E Diego sembrava si stesse divertendo, finalmente di nuovo insieme al gruppo e senza Clover in giro che potesse distrarlo.

Amabelle non aveva la minima idea di cosa fosse successo con Clover.

In realtà, escludendo la estrema confusione della Mathenny, Clover e Diego erano la coppia che meno aveva capito.

Sì, avevano finto di stare insieme per vari motivi, e per qualche ragione Clover aveva poi infranto le regole e si erano allontanati completamente.

Ma sembrava che ci fosse molto di più dietro.

Solo che ora che era diventata una brava ragazza, Amabelle non poteva indagare troppo.

Certo che farsi gli affari propri era estremamente difficile, come facevano le persone normali?!

-Ames, tutto bene?- le si avvicinò Petra, notando che era stranamente silenziosa in un angolo.

Nel sentire la voce dell’amica, Amabelle si irrigidì, e tirò fuori il sorriso più falso e impanicato del suo incredibilmente vasto repertorio di sorrisi.

Petra inarcò le sopracciglia, confusa.

-Petra! Hey! Va tutto alla grandissima! Stavo solo riprendendo un attimo fiato, ma ora meglio andare a controllare la torta! Voglio assicurarmi che sia pronta!- Amabelle si alzò di scatto e corse verso la cucina, lasciando Petra interdetta e alquanto delusa.

Okay… va bene, poteva sembrare che stesse evitando Petra, dopo quel comportamento, ma… sì, stava chiaramente evitando Petra.

Non aveva problemi quando erano tutti insieme, o anche con Norman, ma ogni volta che stavano sole, ad Amabelle sopraggiungeva il panico, e non poteva controllare il suo istinto di fuga, era molto più forte di lei.

Era ingiusto nei suoi confronti, e Amabelle si sentiva parecchio in colpa, ma dalla serata sotto le stelle, quando per un nanosecondo le era sembrato che Petra avrebbe confessato presunti sentimenti per lei, il cuore della ragazza non riusciva a smettere di battere furiosamente al pensiero dell’amica per la quale aveva una cotta, e aveva un’estrema paura di rivivere una situazione simile.

Perché sì, a lei Petra piaceva, e forse a Petra piaceva lei, ma Amabelle non aveva la minima più assoluta intenzione di mettercisi insieme.

Non sapeva proprio da dove avrebbero potuto cominciare, e poi la relazione sarebbe finita prestissimo, e non sarebbero più state amiche, e Amabelle amava troppo Petra per rinunciare alla sua amicizia.

Quindi… fuga!

-Amabelle, tutto bene?- Roelke le lanciò un’occhiata allarmata quando la vide piombare in cucina, e la ragazza evitò di disturbare troppo l’ambiente restando sulla porta.

-Sì, certo, solo… la torta?- chiese, cercando di crearsi un alibi.

-La torta è pronta, ma non dovrei consegnarla tra un paio d’ore?- chiese Roelke, confusa -Sei rossa, stai bene?- 

-Sì! Bene, voglio solo essere sicura che la festa vada bene, tutto qui- si giustificò la ragazza, cercando di restare calma e avere senso.

-La festa andrà alla grande, qui è tutto sotto controllo. Vai a divertirti- la incoraggiò Roelke, con un buffetto sulla guancia, prima di cacciarla fuori dalla cucina che, teoricamente, era un’area riservata.

Per poco non andò a sbattere contro Mathi, che stava rientrando proprio in quel momento con dei piatti sporchi.

-Woo, Amy! Scusa non ti avevo vista- la accolse, evitandola per un pelo.

-Io non ti ho visto per mesi, ogni tanto capita- lo provocò Amabelle, che ancora non riusciva a capire e ad accettare che Mathi fosse scomparso da un giorno all’altro.

Diego bene o male aveva una giustificazione, dato che stava evitando Clover e il drama, ma Mathi era sparito senza alcun motivo!

E poi quando si trattava di Denny, Amabelle aveva un istinto molto più protettivo che verso Clover.

-Sì, lo so, mi dispiace. Ero molto impegnato con il lavoro, ma… Denny come sta?- dopo una banale giustificazione poco sentita, Mathi fece la domanda che faceva ogni volta che incrociava Amabelle da quando aveva iniziato a lavorare lì.

Perché Denny aveva iniziato ad evitare il Corona peggio di Max quando voleva evitare Veronika.

-Denny sta bene. Cosa è successo tra voi?- fu la risposta di Amabelle, seguita dalla domanda che lei faceva sempre ogni volta che lei e Mathi si incrociavano.

-Non ne sono certo ma è sicuramente colpa mia- fu la risposta di Mathi, come da copione.

Intanto dava più informazioni di Denny, che ogni volta che si toccava l’argomento diventava un balbettante peperone iperattivo e cercava una scusa per parlare d’altro o andare via dalla stanza.

-Beh, buon lavoro- Amabelle lo salutò e tornò alla festa, dove tutti i membri della Corona Crew si stavano divertendo, esclusi Denny e Clover che non si erano presentati.

Max, stranamente, c’era, e sebbene sembrasse parecchio distratto, ultimamente, era stato ben felice di staccare un po’ la spina e partecipare alla serata.

Al momento stava parlando proprio con Diego, che sembrava apprezzare l’argomento di conversazione.

Amabelle si avvicinò discretamente, incuriosita da cosa l’ex finto ragazzo e il migliore amico di Clover si stessero dicendo.

-No, perché i koala sono adorabili, no, ma in realtà hanno una pessima personalità! Non crederesti mai a quanti incidenti con i koala ci sono al mondo- stava dicendo Max, già parecchio ubriaco, e con un bicchiere mezzo pieno in mano.

Oh… Amabelle si aspettava una conversazione più del tipo “Allora, tu e Clover…?” ma probabilmente era meglio così. 

Solo che… i koala cattivi?! Ma come?! Amabelle adorava i koala!

-Avevo sentito una cosa del genere, anche se secondo me i cigni sono peggio. Tu li vedi belli e maestosi, ma sono aggressivi da morire! Mio nonno una volta è stato aggredito da un cigno mentre era a un appuntamento con mia nonna! Disastroso- Diego sembrava molto più lucido, ma apprezzava l’argomento, probabilmente proprio perché non era un “allora, tu e Clover…?”.

-Beh, dai, appuntamento memorabile! Se superi una cosa del genere è vero amore- ridacchiò Max.

Diego si unì alle risate.

-Sì, dai, almeno c’è un po’ di avventura ed è meglio di incontrare qualche ex- osservò poi, irrigidendosi appena.

-O il futuro marito del tuo ragazzo a cui poi dai anche indicazioni- Max sbuffò, ricordando un fatto recente e rabbuiandosi parecchio.

Diego si mise sull’attenti.

-Mi dispiace, Max. Non oso immaginare- provò a confortarlo, con qualche pacca sulla spalla.

-Tranquillo, non ho superato per niente, sono ancora estremamente innamorato del mio ex, non ho la più pallida idea di cosa fare e il mio mood costante è un internal screaming!- Max sorrise mentre diceva pensieri molto depressi, poi prese un alto sorso di cocktail -Che sfiga che sono un bevitore sincero!- si lamentò, osservando il liquido.

-Come Clover, quando beve diventa senza filtri- si lasciò sfuggire Diego, preoccupato ma anche in parte divertito da come Max stava gestendo la sbornia.

Sia lui che Max si irrigidirono appena quando si resero conto che era stato lo stesso Diego a portare Clover nella conversazione.

Amabelle, che aveva già pensato di andarsene dalla conversazione e versarsi da bere, si mise sull’attenti, pronta ad ascoltare e capire qualcosa in più su quello che era successo tra Diego e Clover.

-Visto che hai tirato fuori tu il discorso…- dopo qualche istante di silenzio, Max assunse un tono più serio.

-Ho sbagliato a tirarlo fuori, non ho molta voglia di parlare di Clover!- Diego provò a fare marcia indietro, ma Max gli aveva messo una mano sulla spalla con fare consolatorio, e da fratello maggiore qual era, Diego sapeva benissimo che non sarebbe stato in grado di fermarlo dal fargli la paternale.

-…sappi che io sono molto più dalla tua parte che da quella di Clover- cominciò Max, sorprendendo i due ascoltatori.

-O meglio…- si corresse un istante dopo -…dato che Clover è la mia migliore amica sono dalla sua parte di default, ma oggettivamente ha sbagliato lei, e non ti incoraggio minimamente a fare il primo passo, perché è lei che deve risolvere il casino- si spiegò meglio Max.

Diego sembrò piacevolmente stupito. Annuì vigorosamente.

-Grazie mille! Poteva anche parlarmi, no?!- 

-Già! Ma…- ovviamente a quella premessa sarebbe sopraggiunto un MA grande come una casa.

Amabelle si sporse nella loro direzione per sentire meglio, cercando comunque di essere discreta.

Considerando che è dall’inizio della storia che ovunque vada la notano sempre tutti ad eccezione di Felix, ormai sapete bene che Amabelle non sapeva essere discreta, ma proprio per niente.

Per sua fortuna, però, Diego e Max erano troppo presi dalla loro conversazione per accorgersi di lei.

-…cerca di essere un po’ paziente. E di non scendere a conclusioni. Insomma, lascia un piccolo spiraglio nel tuo cuore, se ci riesci. Tutto qui- il ma si rivelò molto più semplice del previsto, e Amabelle avrebbe mentito se avesse detto che non era rimasta affatto delusa dalla fine della conversazione.

-Amabelle, eccoti. Ti stavo cercando…- l’arrivo di Petra alle sue spalle fece sobbalzare Amabelle così vistosamente che se prima forse Diego e Max non si erano accorti di lei, divenne a loro presto chiaro che si era fatta i fatti loro per parecchio tempo ormai.

Riesumarono quindi la loro conversazione su koala e cigni e si allontanarono dalla ragazza.

-Petra! Hey! Che volevi chiedermi?- Amabelle assunse nuovamente il falso sorriso leggermente impanicato, e si allontanò appena da Petra, che cercò di far finta di niente, ma si vedeva lontano un miglio che era molto confusa se non irritata dal comportamento dell’amica.

-Niente, solo… ti va di fare una partita a freccette? Siamo già in tre, io, Juanita e Norman, e pensavamo di fare squadre da due- Petra indicò il gioco sul muro, vicino al quale Norman e Juanita stavano parlando amabilmente. La ragazza era l’unica esterna al gruppo, ma si era perfettamente integrata.

-Figo! Certo! Divertente! Ma no, perché devo prima controllare le bibite. Magari più tardi, okay?- Amabelle cercò una scusa al volo, e corse via prima che Petra potesse obiettare in qualsiasi modo, cosa che sembrava proprio in procinto di fare.

Raggiunse la zona bibite con il fiato corto e il cuore a mille.

In realtà una partita a freccette non era niente di infattibile, ma non era preparata a Petra che le faceva tale richiesta così all’improvviso, era andata nel panico.

-Yo, Ames! Tutto bene?- 

Era la ventesima volta che qualcuno le faceva quella domanda.

Questa volta però veniva da Felix, che stava bevendo una birra ed era mano nella mano con Mirren, che invece aveva ripiegato su un martini.

-Va tutto alla grandissima! Ci sono abbastanza bibite, qui?- chiese, dandosi nuovamente un alibi per essere fuggita da Petra.

-Sì, tutto qui è perfetto. Ma da quando lavori qui? Non è tua responsabilità che tutto sia perfetto. Goditi un po’ la festa- la incoraggiò Felix, dandole una pacca sulla testa.

-Beh, sono comunque l’organizzatrice, quindi devo assicurarmi che vada tutto bene- affermò Amabelle con sicurezza e un grande e falsissimo sorriso.

-Va bene, ma non fai che correre da una parte all’altra dall’inizio della serata. Riposati un attimo e mangia qualcosa- Felix prese un tramezzino, e lo porse ad Amabelle, che accettò di buon grado, dato che non aveva toccato cibo per tutta la festa.

-Vi state divertendo?- chiese poi alla sua coppia preferita, per prolungare la conversazione.

-Parecchio. È la nostra prima festa da coppia ufficiale!- esclamò Felix, esaltato.

-Non che sia cambiato poi molto, in realtà- aggiunse Mirren, in tono impassibile.

-Ma almeno adesso posso tenerti per mano quando voglio!- Felix però era esaltato, e non c’era niente che avrebbe rovinato il suo umore alle stelle.

Il sorrisino appena accennato di Mirren fece chiaramente intendere che condivideva l’entusiasmo, era solo molto bravo a contenere le sue emozioni.

-Uhh, adoro questa canzone! Mirr, vieni a ballare con me?- Felix cambiò argomento indicando la pista da ballo e guardando il ragazzo con occhi da cucciolo.

-Nei tuoi sogni, Durke- rispose Mirren, quasi per abitudine.

-Daaai! Ti prego! Non posso aspettare fino a stanotte!- Felix insistette, iniziando a trascinarlo in pista, e Mirren sospirò, e lo seguì senza fare ulteriori storie.

Awwww, i suoi piccoli erano cresciuti!

Che gioia!

-Amabelle!- la voce inconfondibile di Petra, che nel corso della serata si era fatta più dura, la fece sobbalzare nuovamente in maniera molto vistosa.

-Petra! Hey! Come è andata la partita a freccette? Peccato non esserci potuta essere, ma sono così impegnata oggi! Anzi, devo andare a controllare i regali! Devo assicurarmi che…- Amabelle provò di nuovo ad usare fuga, ma questa volta non fu superefficace, perché Petra le prese il braccio e iniziò a seguirla.

-Bene, posso accompagnarti così controlliamo insieme?- chiese, in tono irritato. Era chiaro che ormai non si bevesse più nulla di quello che Amabelle le stava dicendo.

E Amabelle non la biasimava. Oltre ad aver usato scuse davvero stupide, sapeva che Petra era molto intelligente, e sveglia, e bella e…

Oh, no! Non poteva andare nello scantinato (dove erano tenuti i regali) da sola con lei! 

Il suo cuore non avrebbe retto! E morire di infarto a vent’anni non era tra le sue prospettive di vita.

-Ma no! Divertiti! Non voglio trascinarti con me in questo incarico borioso!- provò a scollarsela di dosso… letteralmente, ma la presa di Petra era… di pietra.

-No no, non è un problema. Anzi, non vedo proprio l’ora di restare un po’ da sola con te- nonostante il sorriso rilassato, gli occhi della ragazza erano duri, e Amabelle si sentì come un animale in trappola.

-Anzi, ora che ci penso, forse è meglio chiede prima a Diego quando vuole aprire i regali, e la torta. È un po’ presto, ma…- Amabelle cercò una scappatoia, senza abbandonare il falso sorriso che cercava di ostentare per convincere Petra che non c’era assolutamente nulla di strano nel suo comportamento.

E Petra presto si ruppe le scatole.

Lasciò il braccio di Amabelle e sbuffò, seccata.

-Va bene, visto che sei tanto impegnata…- roteò gli occhi -…andrò dritta al punto. Mi stai evitando?- chiese direttamente. Petra era molto diretta.

Troppo diretta.

Amabelle amava il suo modo di essere diretta.

Ma non in quel momento!

Perché più che amore provava panico.

O forse entrambe le cose?

Quando il cuore batte così forte è difficile rendersi conto di cosa si prova.

-Evitarti? Perché dovrei evitarti?- chiese, continuando a fare finta di niente, e cercando una qualsiasi scusa per uscire da quella conversazione.

Purtroppo tutti i suoi amici erano impegnati.

Felix e Mirren ballavano allegramente, Juanita e Norman stavano giocando a freccette in solitaria, Max era sempre più ubriaco e dalla sua gestualità sembrava che con Diego fossero arrivati a parlare di delfini, mentre Mathi, l’ultima risorsa, stava servendo un tavolo troppo distante perché Amabelle riuscisse ad attirare la sua attenzione.

-Già, perché dovresti evitarmi? Me lo sto chiedendo anche io, ma non mi so trovare risposta, quindi illuminami, Amabelle! Pensavo fossimo tornate amiche come prima? E onestamente delle due quella che ha il diritto di ignorare l’altra sono io. Quindi spiega. Cosa ho fatto di male?- Petra sembrava più ferita di quanto fosse arrabbiata, e il suo sguardo sperduto nascosto dietro una maschera di ferro spezzò il cuore di Amabelle, che sapeva benissimo che l’amica aveva ragione, ma non trovò nel suo cuore la forza di ammettere le sue colpe.

Non era ancora andata abbastanza a fondo alla sua psiche per capire il motivo per cui rifiutava l’amore nella propria vita con tale convinzione. E non poteva di certo dire a Petra che il motivo per cui la evitava era che la sua cotta per lei stava andando troppo in là e l’idea che ricambiasse era più terrificante che se non avesse ricambiato affatto.

Quindi continuò a fare finta di niente, e diede qualche pacca sulla spalla dell’amica.

-Non hai fatto niente, Petra. Non ti sto evitando, giuro! Sono solo impegnata e un po’ esagitata. Se vuoi dopo ci facciamo una partita a freccette solo noi due, okay? Ora però scusami, devo andare urgentemente in bagno! Mi è appena venuto uno stimolo pazzesco non puoi capire!- ritirò la mano così in fretta che sembrò che si fosse scottata, e diede le spalle a Petra senza neanche darle il tempo di pensare una risposta.

Era davvero davvero un disastro.

E rimase in bagno più tempo di quanto fosse moralmente accettabile a un party, ma non voleva rischiare di incontrare nuovamente Petra.

-Amabelle…- per un istante, Amabelle, chiusa dentro uno dei bagni, sobbalzò convinta che Petra l’avesse seguita anche lì, ma si rese conto immediatamente che la voce che l’aveva chiamata era maschile.

Poi sobbalzò ulteriormente perché…

-OH! È il bagno delle femmine! Non puoi stare qui!- obiettò, sperando di cacciare il visitatore inatteso.

-Oh, avresti preferito che mandassi Petra a vedere perché sei qui dentro da venti minuti?- la provocò quella che Amabelle riconobbe infine come la voce di Norman.

Arrossì, e sbuffò.

-Diarrea! Eh, che peccato! Continuate senza di me, rimarrò un’altra ora ad autocommiserarmi- mentì Amabelle, per giustificare il suo non voler continuare quell’acchiapparello infinito.

-Sai che il tuo comportamento è ingiusto nei confronti di Petra, vero?- chiese Norman, in tono molto più serio.

Amabelle sospirò.

-Sì- ammise infine, in un sussurro.

-Sai che dovresti essere onesta sia con lei che con te stessa, vero?- continuò a fare la voce della ragione.

-Sì- Amabelle annuì, sconsolata.

-Sai che devi analizzare cosa ti blocca e affrontarlo, vero?- 

Amabelle esitò appena.

-Sì, lo so- confermò infine.

-Sai… che se non lo farai tu sarò io a obbligarti a farlo, vero?- l’ultima affermazione di Norman risuonò più come una minaccia che come un incoraggiamento, e Amabelle si mise di scatto sull’attenti.

-Come?- chiese, sorpresa, ma per tutta risposta sentì solo la porta del bagno chiudersi, lasciandola sola con i suoi pensieri, le sue preoccupazioni, e la consapevolezza che non poteva continuare così.

Solo che… non sapeva da dove cominciare.

Forse aveva bisogno di una Amabelle che la obbligasse ad affrontare i suoi timori.

Perché forse, ma solo forse… il motivo per cui era così insistente con le coppie che voleva accoppiare… poteva essere perché inconsciamente sapeva che a lei serviva un approccio del genere per convincerla ad aprirsi?

…ma solo forse!

 

Diego stava passando un compleanno molto migliore di quanto si sarebbe aspettato visti i drammi recenti.

La Corona Crew era davvero un bel gruppo, e anche parecchio aperto a non prendere parti quando due membri rompevano.

Certo, Diego dubitava che avrebbe continuato a partecipare ad ogni uscita, dato che Clover era lì da più tempo quindi aveva la priorità, ma sperava comunque di mantenere con tutti un buon rapporto.

Si era divertito a parlare con Max di un sacco di argomenti diversi, e a tenerlo d’occhio per evitare che bevesse troppo. 

Poi Felix e Mirren erano una coppia adorabile, e Diego era felicissimo che stessero insieme e sembrassero felici… sebbene anche parecchio parecchio invidioso.

Amabelle era stata tranquilla per quello che aveva potuto vedere lui, o almeno non aveva fatto qualche piano assurdo.

E Petra e Norman erano sempre i più normali, e avevano legato parecchio con Juanita in una gara a freccette all’ultimo sangue che si era conclusa con la vittoria trionfante di Petra che sembrava essersi incavolata a metà serata e non aveva sbagliato un colpo.

Insomma, tutto era andato tranquillo, circa, e di Clover si era parlato solo una volta, con Max, che obiettivamente gli aveva dato un consiglio comprensibile.

Il problema era che Diego non era riuscito a smettere di pensare a Clover.

Cosa che era costante, in realtà, ma aumentata dal fatto che era insieme ai suoi amici, e nel bar dove l’aveva rivista la prima volta e dove avevano passato parecchio tempo insieme.

Erano passati due mesi, ma la ferita era ancora aperta. Forse perché era una ferita che già una volta si era rimarginata ed era stata nuovamente riaperta con violenza?

Uff, Diego non doveva pensarci!

Era il suo compleanno, maledizione, doveva viverlo bene!

Dopotutto, ora che avevano mangiato la torta, era arrivato il momento dei regali.

Diego non si aspettava che gli avessero fatto qualcosa, dato che avevano dato meno di una settimana d’anticipo, ma Amabelle aveva portato su un’enorme scatola dallo scantinato.

-Allora, tutti noi abbiamo fatto un regalo unico, ma in realtà vedrai presto che sono tanti piccoli regalini, ma dettagli. Spero ti piacciano!- Amabelle porse l’enorme scatola, che Diego aprì e in cui trovò vari piccoli pacchetti e parecchi fogli di giornale appallottolato.

-Adoro come i regali veri sono così piccoli che bastava una scatola grande la metà di questa- commentò divertito, e molto commosso dal pensiero che c’era dietro il regalo di Amabelle e del resto degli amici.

-Ti consiglio di aprire il pacco verde per ultimo!- gli suggerì Felix, che teneva ancora Mirren per mano e sembrava non vedere l’ora che Diego spacchettasse tutto quanto.

-Oh, ho partecipato anche io, quindi non aspettarti nulla da me quando torniamo a casa- Juanita gli fece una linguaccia, e Diego ridacchiò.

-Ne tengo conto… allora comincio da questo rosa…- Diego accolse il suggerimento, e iniziò ad aprire tutti i pacchetti.

Che si rivelarono essere un portachiavi di Bulbasaur (come facevano a sapere che era il suo starter preferito?!), un paio di orecchini molto carini, un buono per due persone per la sala giochi, e nel pacchetto verde c’era uno smartwatch (che gli serviva davvero tantissimo!).

-Wow, ragazzi, quanta roba, e tutto fantastico! Grazie davvero tantissimo!- alla fine dello scartaggio di tutto, Diego era davvero tanto commosso. Era nel gruppo da poco, ma gli avevano fatto un sacco di regali davvero meravigliosi.

-Wow, sullo smartwatch siete andati alla grande!- si complimentò Juanita.

-Pensavo fossi stata tu a dare qualche dritta- Diego la guardò parecchio sorpreso. Erano mesi che desiderava comprarsi uno smartwatch, ma ancora non era riuscito a trovare nessuna buona offerta.

-Io ho consigliato Bulbasaur- Juanita alzò le spalle.

Diego ebbe un dubbio, una piccola ipotesi, ma la seppellì in fondo, innanzitutto perché non voleva pensare a Clover, e poi perché dubitava fortemente che Clover si ricordasse qualcosa che gli serviva e lo consigliasse ai suoi amici come regalo di compleanno.

Con Clover era finita!

-Aspetta, c’è un’ultima cosa sul fondo della scatola- gli fece notare Amabelle, un po’ incerta.

-Oh, controllo- Diego accolse con piacere la distrazione, e scavò in fondo alla scatola, in mezzo ai fogli di giornale, per recuperare l’ultimo dono.

Che si rivelò essere una cartellina verde smeraldo neanche impacchettata, con un biglietto davanti.

Improvvisamente l’atmosfera al tavolo si fece di ghiaccio.

-Cos’è?- chiese Juanita, sbirciando oltre la spalla del fratello, che era rimasto congelato sul posto nel riconoscere la grafia sul biglietto.

Non che ci fosse scritto qualcosa di tanto riconoscibile (“Buon compleanno, Diego”) ma Diego aveva passato parecchi mesi a leggere e rileggere il foglio delle regole della finta relazione, e non avrebbe più potuto dimenticare o non riconoscere la scrittura elegante e un po’ disordinata di Clover.

Aprì la cartellina nel silenzio generale, e fece appena in tempo a notare che all’interno c’erano numerose lettere, prima di chiuderla di scatto, alzarsi, e andarsene dal tavolo, senza degnare nessuno di una parola.

Il suo cuore aveva iniziato a battere fin troppo forte, e non credeva di essere in grado di affrontare la lettura di qualsiasi cosa da parte di Clover, in quel momento.

Era troppo inaspettato, improvviso. Forse sarebbe stato meglio se la diretta interessata fosse uscita dalla torta, perché una svolta del genere se l’aspettava.

Ma non si aspettava minimamente di ricevere un regalo da lei.

Diego uscì sul retro e si sedette sul muretto davanti al locale, per prendere un po’ d’aria e cercare di calmare il battito del suo cuore.

Riuscì a stare a malapena un minuto in solitudine, prima che una persona uscisse a raggiungerlo.

Vista la velocità, o era Amabelle, o Juanita.

-Tutto bene?- a giudicare dalla voce, era Juanita.

-È stato un attacco diretto- si giustificò Diego, respirando profondamente.

Sua sorella lo affiancò e si sedette accanto a lui.

In mano aveva la cartellina, ma non sembrava in procinto di sbattergliela sotto il naso, quindi Diego decise di ignorarla.

-Amabelle vuole che ti dica che non sapeva assolutamente cosa contenesse la cartellina e ha solo fatto un favore a Clover. Si scusa e spera che non sparirai di nuovo- gli rivelò Juanita, guardando il cielo e rispettando i tempi di Diego.

-Non sparirò. Non sono arrabbiato, sono solo…- Diego sospirò -Non so cosa aspettarmi da una cosa del genere. Ho molta paura- ammise infine, seppellendo il volto tra le mani e autocommiserandosi.

-Non riesci proprio a dimenticare Clover, vero?- chiese Juanita, quasi delusa.

Diego sapeva di dover rispondere che l’avrebbe dimenticata presto, o che l’aveva già fatto, ma sarebbe stata una bugia gigantesca.

-No, non ci riesco- ammise quindi, in un sussurro sofferto.

Clover era stata una costante nella sua vita fin da quando era piccolo, nel bene e nel male.

Non aver ricevuto risposta a nessuna lettera lo aveva segnato durante l’infanzia e in tutti gli anni di adolescenza, e dopo averla incontrata di nuovo, averla conosciuta, essere diventato prima suo finto ragazzo e poi suo vero amico, Diego aveva riempito un vuoto. In maniera imperfetta, perché era rimasto con tantissime domande senza risposta, ma gli gli era bastata Clover per essere nuovamente felice.

Era una ragazza incredibile, sorprendente, e che, almeno fino alla notte passata insieme, non sembrava aver paura di parlare, confrontarsi e risolvere eventuali problemi.

E nonostante poi gli avesse spezzato il cuore, avesse risposto alle sue domande nella maniera peggiore e lo avesse cancellato dalla sua vita senza lasciargli voce in capitolo, Diego sentiva ancora la sua mancanza, aveva ancora un profondo vuoto nel petto, che sembrava solo essersi allargato.

E temeva che il contenuto di quella cartellina avrebbe solo allargato il buco, senza riempirlo affatto.

-Se vuoi ti illustro le scelte che hai davanti- si offrì sua sorella, un po’ incerta.

Diego sollevò la testa verso di lei, pendendo dalle sue labbra.

-Ti prego, ho bisogno di una visione esterna che sia sicuramente dalla mia parte- la supplicò.

-Come ben dovresti sapere, essere tua sorella non mi mette necessariamente dalla tua parte…- obiettò Juanita. Diego la guardò con occhi da cucciolo -…MA oggi farò un’eccezione e sarò completamente dalla tua parte. Allora, ci sono due scelte e tre possibili futuri all’orizzonte- iniziò ad illustrare.

Diego annuì, incoraggiandola a continuare.

-La prima scelta è ignorare Clover, continuare come stai continuando, e restare per parecchio tempo con questa incertezza e depressione. E fidati, Diego, ti conosco e so che ti struggeresti per tantissimo tempo, forse per sempre. Perché non sei molto bravo ad andare avanti- illustrò Juanita, e Diego non poteva darle torto.

-La seconda scelta è leggere queste lettere, ottenere qualche risposta, e ottenere una delle due possibili conseguenze: nella migliore delle ipotesi andrai avanti, finalmente consapevole di tutto quello che è successo con Clover. Nella peggiore delle ipotesi, il tuo cuore sarà ancora più spezzato, ma onestamente dubito che sia peggio di non sapere nulla- continuò Juanita, e anche questa volta aveva completamente ragione.

Diego sospirò.

-Immagino sia stato carino da parte di Clover lasciarmi la scelta di sentire o no la sua versione- ammise, in un sussurro, sollevando la mano per incoraggiare sua sorella a passarle la cartellina.

-Ed è stato gentile da parte di Amabelle non rinchiudervi nello scantinato ammanettati insieme. Ci sono modi peggiori per confrontarsi- gli diede man forte Juanita, passandogli la cartellina e alzandosi in piedi.

-Ti lascio solo, vado a dire che stai bene e che sei preso dalla lettura quindi di non disturbarti, erano tutti preoccupati e curiosi- gli scompigliò i capelli e rientrò.

Diego ci mise parecchi minuti a convincersi ad aprire la cartellina, e a cominciare le lettere.

“Caro Diego, perdona i quindici anni di ritardo, ma le poste hanno fatto un disastro mostruoso nel consegnare queste lettere. Risponderò come la piccola Clover avrebbe risposto. Fammi preparare psicologicamente… AH! Lo sapevo io che sarebbe stato un castello! Anche se è davvero un peccato che non ci siano dolci, ma conoscendo tua mamma, sicuramente i dolci li farà lei. Mi manchi anche tu, ma fingo che non sia così perché sono troppo orgogliosa per ammetterlo, mi conosci. Sono una testa calda irritante, ma tu sei mio amico lo stesso, e non ti ringrazierò mai abbastanza per questo. Se avessi potuto, sarei venuta con te tutta la vita! So quanto vuoi bene a nonno Arturo, sono felice che stai almeno con lui, anche se non ci sono io a proteggerti”

Era la risposta alla prima lettera che Diego le aveva inviato. E il ragazzo lo sapeva bene, dato che aveva conservato tutte le brutte copie di ogni lettera inviata, e ogni tanto le rileggeva per darsi dell’idiota e cercando di convincersi a buttarle.

Non riuscì a trattenere le lacrime, che gli circondarono gli occhi fissi sulla carta.

Perché lì, nero su bianco, c’era quello che aveva sempre desiderato, per tutta la sua vita.

Andò immediatamente alla successiva, per fortuna erano tutte in ordine.

E poi alla successiva, e alla successiva, incapace di smettere di leggere.

“Caro Diego. Concordo con tua madre, probabilmente questo era l’unico caso in cui la mia risposta tardiva poteva dipendere dai tempi di consegna. Mi dispiace deluderti su una cosa, però. Non ho la minima intenzione di rispondere con un riassunto. Sarai costretto a leggere una risposta a tutte le lettere che mi hai scritto. Mi sembra anche giusto, e ho abbastanza penne e fogli di carta. Sono felice che nonno Arturo ti abbia insegnato ad annaffiare. Mi sarebbe piaciuto un sacco stare con voi e aiutare in giardino, anche se dubito che sarei stata migliore di te. Ma avremmo fatto a gara e ci saremmo divertiti un mondo. Probabilmente sarebbe sfociato in una specie di gavettone. Torno bambina solo a pensarci. Ricominciare la scuola senza di te è stata l’esperienza peggiore del mondo, credo che sia stato uno dei momenti in cui mi sono sentita più sola nella mia infanzia. Beh, insieme a quando non ti avevo ancora conosciuto, ed escludendo i mesi dopo l’incidente, ma lì ormai l’infanzia era già andata via…”

“Caro Diego, è già passato un anno da quando hai iniziato a scrivere le lettere? Sembrano passate poche ore… ops, colpa di Blossom. Mi piacerebbe conoscere meglio la tua famiglia. Dici che Noah è simpatico? Mi pare di ricordare dalle foto che mi ha fatto vedere tua madre che è più piccolo di Miguel, non ha l’età di Juanita? Ma non so neanche io, siete così tanti, e tutti davvero interessanti. Darei tutti i miei soldi per avere una famiglia straordinaria come la tua. Così aperta, e gentile, e incoraggiante. Ogni volta che penso di saltare un pasto sento la voce di nonna Flora in testa che mi incoraggia a prendere il bis di tutto. Mi mancano i suoi rimproveri. E mi manca la tua faccetta dispiaciuta e il sorrisino di partecipazione mentre ti chiedevo aiuto pur sapendo che non c’era nulla che potessi fare contro nonna Flora. Mi manchi tantissimo. Quanto sono ridicola…”

“Visto che in questa lettera mi chiedi il motivo per cui non ti rispondo, meglio raccontarti quello che ho iniziato a fare dopo un paio di mesi in cui non ricevevo nessuna tua missiva. Sono andata alle poste, ho chiesto a tutti i miei parenti, mi sono intrufolata sia in camera di Aloe che nell’ufficio di papà per essere sicura che non le avessero nascoste, e probabilmente l’unica persona che non ho tartassato è stata Blossom perché dubitavo fortemente che potesse essere coinvolta. Stupida me! 

Ah, nel caso non lo sapessi, è stata Blossom a rubare tutte le lettere, ma me le ha restituite…”

“Wow, Diego, non mi aspettavo fossi così entusiasta alla notizia della nascita di Oliver…”

“Ah, ecco. Non ho sorelle minori, quindi non posso capirti, ma ti avrei volentieri ospitato per tre o quattro anni… o forse avrei fatto a cambio, perché preferirei un fratellino che piange sempre rispetto a padri che urlano e sorelle che fanno parecchi dispetti. Ma forse lo penso solo perché sono la più piccola…”

“Hey Diego, in effetti era parecchio che non scrivevi, ma non fa niente. La vita procede per tutti. E i topi sono adorabili! Onestamente ero molto più felice all’idea di un topo del dentino piuttosto che una fatina. I topi sanno cucinare, e sono anche più discreti. Sarebbe stato divertentissimo riuscire ad addestrare Kiki e renderlo il primo membro di un esercito di topi pronti a conquistare tutto! Ora mi è venuta voglia di churros…”

“Ciao Diego… Congratulazioni per aver finito la casetta! È davvero bella, e confortevole. Quando ci ho dormito ho capito perfettamente perché volevi che restasse tua e solo tua. E poi è un importante connessione che hai con nonno Arturo. Mi sembra davvero un bel posto dove vivere indefinitamente. C’è tutto, e sei anche vicino ai tuoi genitori per avere un po’ di compagnia quando ti senti solo pur mantenendo l’indipendenza. Avete proprio pensato a tutto. Solo che, fatti dare un consiglio da una che non ci capisce niente… Sheila non mi sembra proprio la ragazza migliore del mondo, fattelo dire.”

“Ops, non ho ignorato l’ultima lettera, e tiè! Lo sapevo io che Sheila non era giusta per te. A prescindere dalla questione dei licei diversi, era troppo esigente. Tu dovresti stare con una ragazza disposta a trovare un compromesso, parlarti e ammettere quando sbaglia… tutto il contrario di me, chiaramente. Non che io pensi che noi due potessimo essere una buona coppia, non ci ho pensato… almeno non troppo spesso. Se decido di darti queste lettere devo ricordarmi di togliere questa dal mucchio!”

“Che sollievo sapere che Coco è nata senza troppi problemi. Mi dispiace un sacco per la gravidanza difficile. Mi dispiace di essere così tanto nei tuoi pensieri, anche se vedo che dopo questa lettera ce n’è solo un’altra, quindi spero che tu sia riuscito ad andare avanti dopo la batosta di una migliore amica pessima. Sai, quando ho avuto l’incidente, avevo pensato a te. Avevo pensato a come avresti reagito se avessi scoperto che ero morta. Avrei voluto tornare come fantasma solo per vederti un’ultima volta, al mio funerale. Per fortuna poi sono sopravvissuta, e ti ho visto dal vivo, ma volevo solo farti sapere che anche io ho spesso pensato a te, quando mi succedeva qualcosa di importante. Cavolo, non dovevo scrivere una cosa così deprimente di risposta alla lettera su Coco, scusa. Sarà che è la penultima, e sebbene abbia letto tutto di fila per parecchie ore, non voglio che finisca così presto. Già mi manchi… saranno tipo le cinque di notte, ignora i miei momenti vulnerabili”

“Diego, non mi aspettavo che la tua ultima lettera fosse così. Mi dispiace tantissimo. Sapevo già la notizia, ma mentre leggevo le lettere, non potevo fare a meno di pensare a quanto sarebbe stato bello conoscere tuo nonno. Me ne hai sempre parlato così tanto, anche quando eravamo insieme, da piccoli. E avrei davvero voluto conoscerlo. Non hai idea di quanto lo desiderassi. 

Siccome siamo all’ultima lettera, e mi hai chiesto di risponderti, credo che troverò un modo di farti avere tutto quello che ho scritto finora, perché ti meriti una risposta.

E non solo risposte a delle lettere che purtroppo non mi sono mai arrivate, ma risposte vere a tutto quello che è successo.

Ho sbagliato tantissime cose sulla nostra relazione. Ho sbagliato a chiederti di fingere di essere il mio ragazzo per ragioni stupide, ho sbagliato ad invitarti alla cena in famiglia, ho sbagliato probabilmente ad andare a letto con te, ma ho senz’altro sbagliato soprattutto a non parlarti dopo tutto quello che è successo tra di noi. E a dire la verità ai tuoi genitori senza consultarti. Avevo paura. Paura dei miei sentimenti, che non hanno fatto altro che aumentare mano a mano che ti conoscevo sempre di più, che uscivamo insieme per i nostri obbligatori appuntamenti settimanali, e le serate cinema, e tutto il resto. Sei un ragazzo intelligente, divertente, affascinante e gentile, tutto ciò che qualsiasi persona potrebbe desiderare. E mi sembrava di essere di troppo nella tua vita, un enorme errore che ti stavi portando dietro fin troppo. So che ormai, quando leggerai queste lettere, sarà troppo tardi per recuperare qualsiasi cosa, e spero davvero che tu sia andato avanti, e che troverai un giorno qualcuno che ti ami e ti rispetti come meriti. Spero solo che con questa lettera, con tutte le lettere, tu potrai chiudere definitivamente con me. Sappi che sei stato importante, in questi mesi, sia come amico, che come finto ragazzo. Mi hai fatto capire tantissime cose su di me, mi hai sfidata quando pensavi che avessi torto, e mi hai fatto capire che per certe cose avevo davvero torto. Mi hai fatto sentire forte anche nel mio momento di massima debolezza, e non lo hai mai usato contro di me. Non so esattamente dove le cose hanno iniziato a prendere una piega pericolosa, ma sento che sia soprattutto colpa mia, e mi dispiace davvero. Ti voglio bene, e ti penso ancora spesso, lo devo ammettere.

Ti prego manda tante scuse anche alla tua straordinaria famiglia.

Questa è anche la mia ultima lettera, e probabilmente, se vorrai, l’ultima volta in cui mi sentirai.

Clover”

Il cuore di Diego era molto più spezzato di prima.

 

Clover  aveva approfittato della festa di Diego al quale non era stata invitata per sistemare i suoi effetti personali nel dormitorio che per uno strano scherzo del destino o forse intervento divino condivideva proprio con Juanita, tra tutti i possibili altri coinquilini esistenti al mondo o anche solo a Harriswood.

Ma prima di continuare nel presente, un piccolo passo indietro.

Perché tutti voi probabilmente vi state chiedendo già dal capitolo precedente perché cavolo Clover Paik, miliardaria ricca che vive a Harriswood abbia bisogno del dormitorio dell’università.

Desiderio di libertà, o forse voleva stalkerare Diego per riconquistarlo?

Beh, no, non proprio. Cioè la prima non proprio, la seconda proprio no.

Il vero motivo per cui Clover aveva optato per il dormitorio dell’università era che suo padre l’aveva cacciata di casa. Semplice.

Perché l’aveva cacciata di casa?

Anche lì la motivazione era semplice, e se Clover ci pensava, la considerava anche abbastanza divertente.

Perché per anni aveva fatto di tutto per deludere o attirare l’attenzione di suo padre.

Gang giovanili, droghe, fare la brava figlia come Aloe, mettersi insieme a Diego. Le aveva davvero provate tutte.

E aveva sempre sofferto per le sue pessime decisioni, mentre suo padre non aveva mosso un muscolo.

E l’unica volta in cui la sua decisione ribelle nasceva solo dal desiderio di essere felice, e la rendeva effettivamente felice nonostante il bruciore, suo padre esplodeva.

Perché sì, Taemin Paik non aveva sopportato che sua figlia si fosse fatta un tatuaggio, per di più in una zona del corpo così visibile.

Era terribile, un segno indelebile che solo i criminali facevano, e le aveva detto che se non lo rimuoveva immediatamente l’avrebbe cacciata di casa e congelato le carte di credito a suo nome.

Considerando che Clover aveva parecchie carte di credito personali, con le quali poteva tranquillamente pagare università e in realtà anche una casa in affitto, non ci aveva pensato due volte a fare le valige e andarsene di casa.

E si era sentita davvero libera, felice e soddisfatta.

Non per aver fatto arrabbiare suo padre, ma perché quella volta aveva preso la decisione di non tornare più in quella casa a prescindere da come le cose si sarebbero risolte.

Quindi aveva affittato un magazzino per tutti quanti i suoi averi, e aveva richiesto una stanza nel dormitorio universitario perché sì, poteva comprare una casa, ma era meglio non sperperare i soldi prima di trovarsi un lavoro.

E quindi eccola lì, con più bagagli di quanti ci entrassero in quella camera doppia, ma tutta l’intenzione di vivere una buona esperienza con Juanita e ricominciare tutto da capo!

E per far capire a Diego la sua buona fede, aveva anche chiesto ad Amabelle di mettere le sue lettere di risposta in mezzo ai regali per Diego.

Non si aspettava che le leggesse, e un po’ temeva che gli avrebbero rovinato il compleanno, ma forse era il caso di chiudere la questione con una spiegazione, e dato che non voleva imporre a Diego la sua presenza, aveva optato per le lettere. Ed era stata anche lei a consigliare lo smartwatch come regalo.

Cercando di non pensare a quale reazione avrebbe potuto avere leggendole, e ormai a mezzanotte passata, Clover era seduta sul proprio letto e stava sistemando le maglie che aveva portato, cercando di capire quali fossero necessarie e quali poteva riportare nel magazzino, perché tutte quante, nel cassettone, non c’entravano.

Era in abiti da casa, con una canottiera leggera e i capelli legati in una coda. 

Onestamente, a quell’ora iniziava a sentire un certo freddo.

Passò in rassegna le maglie più comode che aveva (che per una patita di stile come lei erano davvero poche) e notò che sotto al mucchio ce n’era una che stonava parecchio rispetto a tutte le altre.

Per poco il suo cuore non si fermò quando si rese conto che la maglia era quella che Diego le aveva prestato quando avevano passato la notte insieme, dopo l’aggressione.

Sembrava passata una vita.

Clover si era completamente dimenticata di averla ancora.

La prese tra le mani e la osservò meglio.

Era una semplice t-shirt un po’ rovinata con il disegno di Super Mario. Tsk, Diego era proprio un nerd.

E lei non l’aveva neanche lavata da quando l’aveva usata.

Poteva ancora sentire il suo odore.

Diamine, Clover, sembri una pervertita! Ormai è finita, con Diego! Metti la maglia a lavare, e poi dalla a Juanita in modo che la restituisca al legittimo proprietar… perché la stai indossando?

Clover si convinse che l’unico motivo per cui stava indossando quella maglia era che sentiva freddo, e poi copriva molto bene le cicatrici.

Se Juanita fosse tornata in quel momento, dopotutto, avrebbe potuto intravederle, e non era il caso.

Non era neanche il caso che vedesse la ex finta di suo fratello che indossava una delle sue magliette, ma dettagli!

Poteva fingere di non ricordarsi che quella maglia era di Diego, e nel frattempo bearsi per un ultimo momento del suo profumo.

Clover aveva sempre riso delle protagoniste delle commedie romantiche che diventano delle imbecilli sottone per il ragazzo figo di turno che fa battere loro il cuore, ma cavolo se non poteva più biasimarle.

Lei era davvero pessima!

Si schiaffeggiò la faccia per restare concentrata.

Era finita! Basta! Doveva ricominciare da capo! Basta Diego! Basta amore! È nel passato e serve da monito per non fare gli stessi errori nel futuro.

…anche se Clover non riusciva proprio a smettere di pensare a lui, e soprattutto alla sua reazione nel ricevere le lettere.

Parte di lei sperava che sarebbe venuto fino a lì per discutere della cosa faccia a faccia. Sicuramente avrebbero litigato, ma almeno avrebbe potuto rivederlo, e provare a parlargli.

…e fallire perché lei era pessima in queste cose, ma almeno provarci.

Avere un’altra occasione.

Ma sapeva che probabilmente si era giocata ogni possibilità.

Se c’era una speranza che Diego ricambiasse i suoi sentimenti, si era infranta quando lei aveva smesso di parlargli e aveva annunciato la finta relazione a tutto il mondo. Doveva smettere di illudersi di avere ancora un…

Il bussare frenetico alla porta la distolse dai suoi monotematici pensieri.

Che Juanita avesse dimenticato le chiavi? O fosse troppo ubriaca per aprire la porta? O magari era Max pronto a darle aggiornamenti dopo la festa.

Clover si alzò e andò ad aprire senza molte aspettative.

Ed era così priva di aspettative, che quando dall’altra parte della porta vide Diego, col fiato corto, lo sguardo duro, e le lettere in mano, il suo primo istinto fu di chiudergli la porta in faccia.

Cosa che fece.

-Clover, sul serio?!- esclamò lui, irritato, tornando a battere sulla porta.

Clover cercò di ricomporsi in meno di dieci secondi, e riaprì la porta il prima possibile.

-Scusa, riflesso incondizionato. Pensavo che fossi alla tua festa! Che ci fai qui?- chiese, talmente sorpresa e nel panico da risultare parecchio sgarbata.

Grande, Clover, proprio un bel modo di cominciare la tua ultima possibilità.

Diego però non sembrò badare molto ai modi, perché sembrava agitato e nel panico a sua volta. Mostrò la cartellina dove Clover aveva scritto le risposte alle lettere.

-Dobbiamo parlare, e se questa volta ti rifiuti giuro che non mi vedrai mai più!- dal suo tono non si capì se fosse una promessa o una minaccia, ma Clover lo interpretò come minaccioso, e si affrettò ad aprire la porta.

-Hai ragione, dobbiamo parlare- ammise, tirando un forte calcio all’orgoglio per impedirgli di interferire in quella conversazione che, Clover già lo sapeva, sarebbe stata molto lunga, difficile e probabilmente sarebbe finita con uno o due cuori spezzati… minimo.

Diego sembrò parecchio sorpreso dalla risposta di Clover, ed esitò qualche secondo alla porta prima di entrare.

Una volta chiusa la porta, sulla stanza piombò il silenzio.

Clover era estremamente cosciente del disordine, e del suo stato troppo casalingo. Non era proprio abituata ad apparire così imperfetta, e si sentiva debole rispetto a Diego, che invece era più affascinante di quanto Clover ricordasse.

-Allora… vuoi un bicchiere d’acqua?- alla fine Clover provò a fare l’ospitale, anche se non aveva dell’acqua in camera.

-Quando le hai scritte?- Diego ignorò l’offerta e mostrò nuovamente le lettere.

Clover fece il conto a mente.

-Precisamente un mese fa? Beh, ci ho messo qualche giorno a leggere tutte le tue lettere, e ho risposto mano a mano che le leggevo, quindi sono un po’ incoerenti a volte- rispose infine, del tutto sincera, ma incrociando le braccia per mettersi inconsciamente sulla difensiva.

-Hai… hai letto le lettere?- Diego sembrava molto a disagio, ed esitante.

-Come ho già scritto in una di quelle lettere, Blossom me le aveva tenute nascoste, ma poi me le ha restituite, anche quelle un mese fa- spiegò Clover, che iniziava a pensare che Diego le avesse solo ricevute, non avesse letto niente, e la conversazione sarebbe stata ancora più lunga del previsto.

-Sì, ho letto, ho letto tutto, ma… avevo bisogno di sentire queste parole venire dalla tua bocca. Clover…- Diego sembrava parecchio in difficoltà, si sedette sul letto di Juanita, a disagio.

Clover si sedette sul proprio letto e lo lasciò parlare. Non aveva idea di come la conversazione potesse andare avanti, e non riusciva a distogliere lo sguardo dal ragazzo.

Pensava che in due mesi fosse riuscita da andare almeno un po’ avanti, ma il suo cuore aveva ricominciato a battere furiosamente nel vederlo, e si rese conto che le era mancato molto più di quanto pensasse.

E già era pienamente consapevole di essere parecchio innamorata di lui.

-…cosa ti aspettavi di ottenere da queste lettere?- chiese infine Diego, alzando la testa e provando a guardarla negli occhi.

Clover distolse immediatamente il proprio sguardo, arrossendo.

-Non lo so- ammise, era in estrema difficoltà -…una chiusura, suppongo. Io…- quello era il momento di abbandonare completamente l’orgoglio, aprire il suo cuore, e rischiare che la sua sincerità le si ritorcesse contro.

-…ho sbagliato, ho sbagliato di brutto, Diego. A non parlarti, a dire tutto, e mi dispiace. Avevo paura, perché quando…- santo cielo, perché era così difficile esprimere i propri sentimenti?!

Clover prese un profondo respiro, chiuse gli occhi, e lasciò parlare il suo cuore.

-…Quando abbiamo passato insieme quella notte, la mattina dopo, io… mi sono resa conto che mi ero inn…- la confessione più difficile della sua vita venne bruscamente interrotta dal rumore delle chiavi nella toppa, e l’ingresso di Juanita intenta a lasciare un messaggio vocale al telefono, e quindi completamente ignara di tutto quello che stava succedendo all’interno della camera.

-Capisco che sei sconvolto ma almeno avverti quando scappi da una festa! Sono preoccupata, richia…- si interruppe di scatto notando i due ragazzi intenti a parlare.

Ci furono alcuni secondi di ghiaccio, poi Juanita eliminò l’audio che stava facendo, e indietreggiò appena.

-Avete bisogno di privacy? Posso andare in camera tua, Diego- si offrì, arrossendo appena, e guardando i due un misto tra preoccupata e soddisfatta.

E molto imbarazzata, l’imbarazzo era palese.

-No! Non serve!- Diego si alzò, rosso a sua volta, e si avviò verso la porta.

Clover impallidì. 

Davvero la conversazione si sarebbe chiusa lì, a metà?!

Clover abbassò la testa e si strinse nelle spalle.

-Clover…- la voce di Diego, fermo, sulla porta, le riaccese per un istante le speranze.

-…ti va di concludere la conversazione in camera mia?- chiese poi, in un sussurro.

Clover si alzò di scatto, senza neanche premurarsi di mettersi più a tiro o prendere il cellulare, e si affrettò a seguirlo.

-Buona fortuna- sentì Juanita augurare prima che richiudesse la porta alle sue spalle, ma non seppe capire a chi fosse rivolto l’augurio.

La camminata verso la camera di Diego fu silenziosa, e imbarazzante. Clover cercò di ritrovare mentalmente le parole.

Ma quando Diego aprì la porta, e la incoraggiò ad entrare, la mente della ragazza si fece vuota.

Era la prima volta che tornava in quella stanza dopo quello che era successo la notte dell’aggressione.

Non gli piaceva per niente la sensazione che provava nel suo petto. La vulnerabilità, la paura, lei non era così! Lei era forte, e temeraria, e nessun ragazzo doveva permettersi di…

-Clover, stai bene?- Diego la guardò preoccupato, avvicinandosi appena.

-Diego, perché sei venuto da me?- chiese la ragazza, in un sussurro, sempre più in difficoltà e ormai senza sapere più come continuare la conversazione.

La sua determinazione sembrava sparita.

-Volevo parlare, una volta per tutte, e… chiudere la questione- rispose Diego, facendole cenno di entrare e chiudendo poi la porta dietro di lei.

Il cuore di Clover perse un battito.

Chiudere la questione.

Era ovvio che Diego volesse chiudere la questione. Era troppo tardi, ormai. Clover aveva fatto troppi errori.

Come aveva potuto pensare che potesse recuperare la situazione irrecuperabile?!

-Che stavi dicendo prima che Juanita ci interrompesse?- chiese Diego, sedendosi sul proprio letto e incoraggiando Clover a fare altrettanto.

La ragazza non si mosse di un passo.

-Niente! Mi sono chiusa a riccio senza motivo, e tu sei finito nel fuoco e mi dispiace, mi succede, sono fatta così. Scusami, torno in camera- Clover si richiuse a riccio, riflesso incondizionato che per quanto cercasse di combattere, era più forte di lei.

Era sempre sola contro il mondo, anche quando il mondo stesso le dimostrava parecchie volta di essere dalla sua parte.

Diego sospirò, seccato.

-Davvero continui a fare così?! Speravo che potessimo avere una conversazione sincera, per una volta- si lamentò, battendo gli indici tra loro.

Clover si irrigidì, e interruppe la sua fuga.

-Clover, non voglio complicarmi ulteriormente la vita, quindi se non vuoi parlare, chiudiamo qui la questione, per sempre- Diego le diede un ultimatum.

-Non è quello che vuoi?- gli chiese Clover, girandosi verso di lui, e cercando di apparire sicura.

-Tu cosa vuoi, Clover?- Diego rigirò la domanda.

-Mi sembra che a questo punto conti molto di più quelli che vuoi tu, dato che abbiamo appurato che sono io quella in errore nella relazione- insistette la ragazza, mordendosi il labbro inferiore irritata dal dover nuovamente ammettere le sue mancanze.

E irritata dal fatto che continuava a fare errori.

Inconsciamente, la sua mano andò sulla sua spalla, dove il tatuaggio ancora le bruciava appena. Cosa normale visto che era passata solo una settimana.

Il tatuaggio, il suo monito…

-Non sopporto quando fai così, Clover! Fingi di delegare la responsabilità a me ma alla fine sei sempre tu quella che compie le decisioni! E io sono il cagnolino che esegue gli ordini e fa sempre come vuoi tu. Mi sono stancato di aspettare che ti degni di parlarmi, e se continui a comportarti così allora non me ne faccio niente delle tue scuse!- Diego si alzò dal letto e iniziò ad irritarsi.

Le sue parole colpirono Clover come una cannonata in petto.

-Hai ragione- ammise.

-È facile darmi ragione a parole, se poi non…- ma Diego si era stancato di scuse che non preannunciavano alcun cambiamento.

Così Clover semplicemente agì.

E si tolse la maglietta, facendolo ammutolire di scatto, e indietreggiare.

-Clover, ma che diavolo?!- non rimase in silenzio a lungo, però, e si girò immediatamente, arrossendo parecchio.

Clover però lo inseguì, e gli restituì la maglietta.

-È tua, Diego. Mi sembrava giusto ridartela- disse in tono impassibile, cercando di racimolare la forza di mettersi a nudo metaforicamente oltre che quasi letteralmente.

Dai, aveva ancora la canottiera, e la copriva abbastanza da non alzare il rating della storia.

-Potevi anche ridarmela tramite Juni, non sentirti costretta a…- Diego provò a restituirgliela, con voce acuta, ma Clover lo interruppe nuovamente.

-Diego, guardami- lo incoraggiò, con voce tremante.

-Perché?!-

-Perché voglio guardarti negli occhi mentre parliamo- 

Alla fine Diego cedette, e tolse le mani dal volto per guardare finalmente la ragazza.

-Sappi che è anche a questo che mi riferivo quando dicevo che sei…- si interruppe nuovamente, questa volta però senza che sopraggiungesse l’intervento di Clover, perché finalmente notò il tatuaggio.

E gli occhi pieni di lacrime della ragazza.

-Hai… fatto un tatuaggio?- osservò, con un sussurro.

-Ne avevi parlato la sera in cui ho mandato tutto a monte, ricordi? I tatuaggi per te sono simboli di qualcosa di importante, così importanti che sai che non ti pentirai mai di averli fatti. Ho pensato alle tue parole quando ho deciso di farmene uno- 

-Pensavo che non ti piacessero segni indelebili sul tuo corpo- Diego si piegò verso di lei per guardarlo meglio. Sembrava preoccupato, ma l’astio era sparito dalla sua voce.

Ora o mai più, Clover.

-Le cicatrici sono un monito a non farmi mai più del male per deludere le aspettative. Questo tatuaggio è un monito a non ferire più gli altri. Soprattutto le persone a cui tengo. E ho con te un debito enorme, che so che sarà difficile estinguere, ma vorrei provarci- Clover finalmente ammise un segreto così profondo che neanche lei conosceva -La mia vera speranza, quando ti ho inviato le lettere, non era di chiudere definitivamente la questione, ma di riaprirla. Di sistemarla. Di ricominciare- le lacrime iniziarono a scenderle lungo le guance, Diego gliene asciugò una, e la sua mano rimase sul posto, calda, delicata, e confortante.

Clover chiuse gli occhi e si abbandonò al suo tocco.

-La verità è che mi sono innamorata di te, Diego. E non mi ero mai innamorata di nessuno prima. Sei sempre stato importante per me, ma quando me ne sono resa conto, ho avuto paura dei miei sentimenti, perché temevo potessero portarti a fondo con me. Sono una mina vagante che cerca sempre di autodistruggersi, ma la verità è che con te mi sento la versione migliore di me stessa, e non ero pronta ad essere felice. Non so essere felice. Ma voglio provare ad esserlo, e a rendere felice anche te. Senza più provare a decidere per te. Quindi ti offro il mio cuore, e non sei obbligato ad accettarlo, o ad accettarmi, o a perdonarmi. Solo… non ti scordar di me- alla fine riaprì gli occhi, e guardò Diego con timore e una piccola traccia di speranza.

E lo sguardò che il ragazzo le restituì fu dolce, comprensivo e commosso. Anche lui con le lacrime agli occhi, le sfiorò il tatuaggio, un piccolo disegno comprendente un gruppetto di nontiscordardimé elegantemente distribuiti sulla spalla.

-Non potrei mai- le sussurrò, prima di avvicinare i loro volti e baciarla.

Clover ricambiò incredula, ma felice come non era stata da parecchio tempo.

Cinse il collo del ragazzo con le braccia e lo avvicinò più a sé, beandosi delle sensazioni che per mesi aveva cercato di rinchiudere in fondo al suo cuore.

Fu breve, ma intenso, e servì ad esprimere tutte le emozioni sopite che le parole non erano riuscite a trasmettere.

Quando si separarono, gli occhi di Diego brillavano.

-Aspetta un secondo- si allontanò leggermente, recuperando il respiro.

Clover invece smise di respirare, in attesa della sua risposta definitiva.

-Ho tre domande finali, perché come ho già detto non voglio complicarmi la vita ulteriormente- Diego sollevò il dito, cercando di apparire sicuro e padrone della situazione.

Era chiaramente agitato tanto quanto Clover, che sorrise, e si preparò a rispondere.

-Okay, spara- lo incoraggiò.

-Uno: d’ora in poi se c’è un problema me ne parlerai, senza evitarmi o decidere per me o supporre i miei sentimenti?- cominciò Diego, molto serio.

-Sì, farò del mio meglio per essere il più trasparente possibile, te lo prometto. Tanto il peggio l’ho ormai affrontato- Clover annuì, guardandolo dritto negli occhi per trasmettergli la sua sincerità.

-Bene. Qual è la tua opinione sui soprannomi nelle coppie?- la seconda domanda era molto meno seria, Diego accennò un sorrisino divertito.

Il suo caratteristico sorrisino che Clover adorava.

Non riuscì a non sorridere a sua volta.

-Uff, non so, sono ancora molto reticente, ma iniziavo ad affezionarmi a splendore, fiorellino- lo prese un po’ in giro, avvicinandosi appena con fare ammiccante.

Visto dove le cose stavano andando a parare, iniziava ad essere molto più sicura di sé.

-Ottima notizia, splendore. Ultima domanda: domani pomeriggio sei libera per un appuntamento?- chiese infine Diego, un po’ imbarazzato.

Clover era talmente felice che sarebbe potuta scoppiare a piangere da un momento all’altro.

Annuì vigorosamente.

-Mi farebbe molto piacere- ammise, speranzosa.

-Okay, allora ci vediamo all’ingresso del dormitorio alle quattro del pomeriggio, va bene?- propose Diego, riprendendo la maglia che Clover gli aveva restituito e dandola di nuovo a lei.

Clover l’afferrò confusa.

-Okay, ma perché la maglia?- chiese, controllandola.

-Ti farei anche restare a dormire qui, ma non potrei sopportare quello che mi direbbe Juanita domattina, quindi è meglio se torni in camera tua. E la maglia ti sta bene, te la regalo- Diego praticamente la cacciò via, e sebbene Clover fosse un po’ delusa, perché le era nata la speranza di passare la notte lì, capì perfettamente i suoi motivi, e ridacchiò indossando nuovamente la maglietta.

-Non sarà l’unica maglia che mi regalerai. Sappilo- lo minacciò, sistemandosela meglio e controllando i capelli sullo specchio, prima di uscire.

Si sentiva leggera come una piuma, ma anche ancora molto spaventata per come le cose sarebbero andate avanti da lì in poi. Dopotutto avrebbe dovuto affrontare i Flores, e non sapeva se a Diego lei piaceva tanto quanto lui piaceva a lei. Magari non sarebbero durati molto, e forse…

-Clover…- Diego le si avvicinò, forse intuendo i suoi pensieri.

-Mm?- lei si girò verso di lui, cercando di dare spazio solo alla felicità e al sollievo nel suo cuore.

Lui prese un fermaglio dalla tasca dell’abito elegante, e glielo mise tra i capelli con dolcezza, per fermare qualche ciuffo vagante.

Clover sobbalzò.

-Il mio fermaglio! Pensavo di averlo perso all’addio al nubilato di Paola!- esclamò, sorpresa, e felice di averlo riavuto. Era il suo fermaglio preferito, con il nontiscordardimé. 

Il suo fiore preferito dall’alba dei tempi.

Sapeva che il vero significato del fiore era molto triste, dato che l’amore tra i due giovani era destinato alla tragedia, e per anni, il significato le era sempre calzato a pennello.

Ma in quel momento, riunita all’amore che credeva di aver perduto quindici anni prima, non riuscì a non dare al fiore un nuovo e meraviglioso significato.

-Ti amo anche io- Diego le diede un dolcissimo bacio sulla fronte, mettendo a tacere ogni suo dubbio.

La promessa d’amore era stata mantenuta.

I due migliori amici si erano ritrovati.

E non si sarebbero mai più lasciati andare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Yeeee due coppie su cinque sono canon!! 

E vorrei ben vedere dato che mancano 10 capitoli.

Non riesco a credere che manchino solo 10 capitoli, wow.

Comunque spero che questo capitolo vi sia piaciuto.

Ci ho messo mezzo secolo perché ultimamente l’ispirazione è sotto i tacchi, non solo per la Corona Crew, ma in generale, è un periodo strano.

Ma alla fine ce l’ho fatta, yee!

Amabelle è diventata la nuova Denny in denial! Ci sarà un motivo per cui sono amici, alla fine!

Diego ha ricevuto buoni consigli da un Max che ormai ha la vita così a rotoli che beve per dimenticare (poveraccio, ma torneremo presto a lui). 

E ha anche ricevuto dei bei regali, soprattutto le lettere.

E infine lui e Clover si sono chiariti, e avevo talmente tante idee per come far andare la conversazione che alla fine, andando un po’ a braccio… non ne ho realizzata neanche una, ma sono comunque abbastanza soddisfatta. Mi sembra in linea con i personaggi, spero. 

Quanto sono felice che si siano finalmente chiariti.

Spero davvero che il capitolo vi piaccia, il prossimo sarà un po’ particolare, spero di riuscire a pubblicarlo presto.

Ormai siamo alle battute finali, ma mancano ancora un sacco di avvenimenti, quindi stay tuned!

Un bacione e alla prossima! :-*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: In casa Hart la situazione si fa complessa. Clover e Diego vanno al loro primo appuntamento ufficiale

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Capitolo 44
*** Coffee Shop AU ***


Coffee shop AU

 

Venerdì 19 Ottobre

Denny si era reso abbastanza ridicolo.

Aveva affrontato un’agenzia pericolosa, scoperto una principessa sotto copertura, baciato (ugh) un criminale per entrare in casa sua e ottenere informazioni.

Insomma, aveva fatto parecchie cose pericolosissime, molto più pericolose di andare in un bar e ordinare un caffè dalla sua cotta.

Quindi basta tergiversare.

Quel giorno lui sarebbe entrato nel Corona, avrebbe parlato con Mathi, e tutto si sarebbe risolto tra i due.

Dopotutto ormai il peggio era passato, Denny era a posto, Mathi era a posto, Will era fuori dai giochi e neanche Duke poteva più disturbarli.

Denny entrò nel café con rinnovato ottimismo, e determinazione.

Si avviò al bancone, dove Mathi, di spalle, stava preparando un ordine.

Ed era pronto, deciso a restare sicuro di sé e tranquillo.

Sereno… determinato… era semplice…

Poi Mathi si girò, e lo guardò dapprima sorpreso, poi con un enorme sorriso.

-Dan!- lo salutò, con gioia.

SOS!

SOS!!

Missione da abortire immediatamente!

Non c’era possibilità che Denny riuscisse nell’impresa.

-Prendo un caffellatte con panna!- ordinò, nel panico in tono estremamente acuto.

Mathi fu preso in contropiede dal suo comportamento, ma la confusione durò poco, perché accennò nuovamente un sorriso, molto meno ampio di prima, e annuì.

-Certo, arriva subito- promise, consegnando il caffè già pronto e girandosi nuovamente per preparare quello di Denny, che dandosi mentalmente dello stupido e battendo la testa contro il bancone il più discretamente possibile, preparò i soldi per pagare in fretta, prendere il caffè e fuggire dal quella situazione ansiosa.

-Da consumare qui o da portare via?- gli chiese Mathi, girandosi appena. 

Poteva consumarlo lì, intavolare una conversazione e magari…

-Portare via! Sono in ritardo per la lezione!- la sua voce uscì senza mettersi d’accordo con la sua mente, e mentì spudoratamente perché non aveva alcuna lezione quel giorno.

-Oh… okay- Mathi sembrava piuttosto deluso, ma cercò di non mostrarlo troppo, e sorrise affabile prima di preparare il caffè e servirlo.

Ormai era troppo tardi per rimangiarsi tutto quello che Denny aveva detto dal momento in cui era entrato nel locale (ordinazione del caffè esclusa perché era effettivamente il suo preferito), quindi, quando Mathi gli porse il liquido, e Denny i soldi, fuggì via dal Corona Café senza neanche salutare, e lasciando Mathi a bocca aperta pronto a dire qualcosa.

Denny passò la successiva ora a prendere a testate un muro isolato per la pessima performance svolta quel giorno.

Primo tentativo fallito…

Ma il giorno successivo avrebbe parlato con Mathi!

 

Diego ancora non riusciva a credere all’evoluzione avuta il giorno prima, ma doveva ammettere che ottenere un appuntamento da Clover dopo che si erano confessati i sentimenti era stata la conclusione perfetta a quello che si era rivelato effettivamente un bellissimo compleanno.

E 25 anni sono un traguardo importante.

In realtà nei suoi piani c’era il tornare a casa quel pomeriggio, perché nel weekend avrebbe festeggiato con tutti i parenti, ma valeva la pena posticipare per andare ad un appuntamento con Clover.

Si era diretto all’ingresso del dormitorio un po’ in anticipo, per essere sicuro di beccarla, e quando anche lei lo raggiunse, a Diego per poco mancò il fiato.

Clover era stupenda.

La sera prima Diego l’aveva vista in vesti da casa, e già lì l’aveva considerata bella come sempre, ma adesso… adesso era fuori dal mondo.

Ed era la sua ragazza.

Wow! Diego aveva fatto jackpot!

-Hey splendore!- la salutò, con un sorrisino, attirando la sua attenzione.

E Diego non si perse il brillio dei suoi occhi quando si posarono su di lui.

-Hey fiorellino. Limitati con i soprannomi, non ho ancora dato l’okay ufficiale- tornò a fare la tsundere, ma sorrideva senza potersi in alcun modo trattenere, quindi Diego si segnò di chiamarla splendore ogni volta gli fosse stato possibile.

-Prima di cominciare ho una domanda. Ti va bene prendere la mia auto o preferisci i mezzi pubblici?- Diego le si avvicinò e le mise un braccio intorno alle spalle.

Era un po’ esitante nel farlo, ma voleva ricominciare come se nulla fosse successo, e aveva un inconscio bisogno di assicurarsi che Clover fosse reale, accanto a lui.

Ed era reale… wow, Diego non riusciva a crederci.

-Mi va bene tutto. Anche se non entro in un’auto da parecchio- ammise Clover, senza scansarsi, e iniziando a camminare con lui verso la strada.

-Allora, il mio piano era di andare alla sala giochi, e sfruttare il regalo che mi hanno fatto ieri. Si può raggiungere in entrambi i modi- Diego sapeva perfettamente che Clover non era una grandissima fan dei videogiochi, ma quando erano piccoli avevano passato parecchio tempo tra i giochi arcade di quel posto, Diego aveva addirittura realizzato un record imbattibile a Donkey Kong giocando per ore intere, con Clover che gli passava acqua e cibo quando era troppo stanco.

Quel record era ancora lì.

Insomma, gli sembrava un ottimo posto per ricominciare.

E Clover sembrò pensarla allo stesso modo.

-Non ci vado da un secolo! Mi piace l’idea. Preparati ad essere decimato a Dance Dance Revolution!- lo minacciò la ragazza, con una leggera gomitata scherzosa.

-Non cantare vittoria troppo presto, cara mia! Ti ricordo che a Just Dance dai miei ti ho stracciata!- la prese in giro Diego.

-Ricordi molto male, Diego, perché sono stata io a stracciare te!- obiettò Clover.

Si guardarono in cagnesco qualche secondo, poi scoppiarono a ridere nello stesso istante.

-Il primo caso nella storia del mondo in cui si è raggiunto un pareggio perfetto a Just Dance. È stato divertente- ricordò Diego, pensando ai tempi più semplici.

Avrebbe dovuto rendersi conto già in quel momento che tra lui e Clover si sarebbe avverato il più vecchio dei cliché.

-Ne abbiamo fatta di strada da allora, eh?- commentò, stringendo più forte Clover a sé, come se temesse che scappasse nuovamente via.

La ragazza lo guardò con tristezza, e gli diede un delicato bacio sulla guancia che gli lasciò una piccola impronta di rossetto.

-Andiamo in auto. Mi sono affezionata alla tua macchina sgangherata- disse, e Diego capì perfettamente l’intento sepolto dietro quella semplice frase.

Clover non aveva intenzione di ritornare sui suoi passi, ed era disposta a mettere la propria vita nelle mani di Diego per dimostrargli che faceva sul serio.

Il ragazzo si sentì rassicurato.

Quello sarebbe stato un ottimo appuntamento.

…e lo fu, per qualche ora.

Arrivarono alla sala giochi senza incidenti, giocarono a DDR per almeno un’ora arrivando quasi sempre in parità e bilanciando perfettamente le vittorie, e provarono anche altri giochi di gruppo tipo l’hockey da tavolo, Street Fighter e il biliardino.

Forse più che due ragazzi ad un primo appuntamento vero sembravano due amici che stavano recuperando parecchio tempo perso, ma nessuno dei due poteva chiedere di meglio.

Da un lato sembravano essere tornati due bambini delle elementari legati come mai. Dall’altro si sentiva che fossero cresciuti, e che il rapporto tra di loro aveva raggiunto un nuovo livello.

Flirt, qualche carezza leggera, nomignoli vari erano molto frequenti, e anche piuttosto graditi.

Dopo essere stata demolita a Street Fighter, però, Clover chiese una pausa per mangiare qualcosa.

E Diego, che conosceva i passati problemi alimentari della ragazza, accettò di buon grado.

-Che ti posso portare, principessa?- le chiese, con una reverenza.

-Non sono io la principessa del gruppo, ma se proprio insisti a farmi da schiavo, direi un menù senza nomignoli… di pizza, e come bibita una cola- ordinò Clover, mettendosi bella comoda e facendo ridacchiare Diego, che si affrettò al bancone per usare i buoni regalatigli al compleanno.

Clover rimase seduta a tenere il posto, e lo guardò con un sorriso intenerito.

Era stanca, non le piacevano particolarmente i videogiochi, ed era stata appena battuta in maniera schiacciante (e lei era una ragazza molto competitiva).

Eppure non credeva di essere mai stata così felice da molto tempo a quella parte.

Era con Diego, finalmente per davvero, senza più incertezze, segreti e bugie, e si stava divertendo davvero tantissimo. E dal linguaggio del corpo del ragazzo poteva dire che anche lui si stava trovando bene.

O forse era solo una sua speranza.

In ogni caso, non avrebbe permesso a nulla di rovinare quel pomeriggio.

Assolutamente a nulla e a nessuno.

…purtroppo sembrava avere la maledizione del “gli ex peggiori arrivano sempre ai tuoi appuntamenti con Diego”. 

Perché dopo l’arrivo indesiderato di Dick, il secondo errore più grande della sua vita, durante l’appuntamento al buio organizzato da Amabelle, quel giorno sembrava essere toccato al suo più grande e tremendo errore.

-Piccola, che piacere vederti qui- sentì una voce approcciarla alle spalle, e Clover si girò di scatto, ad occhi sgranati. Avrebbe riconosciuto quella voce tra mille. Ed era una voce che aveva sperato di non risentire mai più in tutta la sua vita.

-…Justin- sussurrò, cercando di mantenersi fredda e calcolatrice, ma con il cuore che cominciava a battere furiosamente nel petto.

E per tutti i motivi sbagliati.

Il suo ex ragazzo era in piedi alle sue spalle, con le braccia incrociate, giubbotto di pelle, i capelli biondi tenuti indietro dalla lacca, e una cicatrice che gli solcava la guancia destra.

Oltre alla cicatrice, non era cambiato affatto da quando Clover l’aveva visto l’ultima volta, circa dieci anni prima.

Ma nonostante il tempo passato, emotivamente Clover regredì alla ragazzina che era stata un tempo, così vicina alla morte, e così assoggettata all’uomo davanti a lei da aver persino valutato l’idea di rischiare ancora pur di stargli accanto.

Justin le sorrise, e si sedette accanto a lei.

-Non pensavo ti avrei mai trovata in un posto simile- ammise, piegando la testa curioso, e lanciando un’occhiata verso il bancone, dove Diego era in fila e stava scrivendo un messaggio al telefono.

A giudicare dalla sua espressione esasperata ma anche affettuosa, Clover intuì che stava parlando con la propria famiglia.

Deglutì discretamente, iniziando un po’ a temere per lui, e per questo facendosi forza.

-Che vuoi, Justin? Neanche tu sei tipo da posti del genere- gli fece notare, incrociando le braccia e mettendosi a distanza.

-Infatti, li considero per ragazzini- l’uomo le diede ragione e si avvicinò, guardandola come un cane potrebbe guardare un pezzo di carne molto allettante.

-Che vuoi da me?- desiderosa di non intrattenere una conversazione con Justin per più tempo del necessario, Clover saltò il resto dei convenevoli e andò dritta al punto.

Se c’era un ex che non voleva presentare a Diego, quello era Justin.

-Niente, volevo solo avvertirti che tra una settimana scade la protezione, quindi ti conviene stare più attenta- la avvertì Justin, con occhi brillanti di crudele malizia.

Clover lo sapeva già, e non aveva bisogno che Justin glielo ricordasse. Inoltre non le interessava minimamente di essere protetta o non protetta, dato che, come aveva già dimostrato con l’episodio del vicolo, era capace di mettersi nei casini e tirarsi fuori dai casini anche da sola.

-Bene, ora vattene- Clover gli fece cenno di allontanarsi in fretta, anche perché Diego stava già pagando, quindi sarebbe tornato a momenti, e Clover voleva davvero tanto evitare che i due ragazzi si incontrassero.

Controllò il più discretamente possibile se Justin aveva qualche arma addosso, ma non riuscì a capirlo dai suoi abiti larghi e malmessi in maniera “da gangster”. Sembrava un ragazzino che giocava a fare il grande, con quel look “ribelle”.

Justin scambiò l’occhiata allertata e vagamente disgustata per interesse.

-Sai, piccola…- Clover rabbrividì al nomignolo odioso -…non sei cambiata di una virgola, sempre così diversa dalle altre ragazze, con quello sguardo combattivo che sembra quasi odiarmi…- cominciò a lisciarsela. Clover conosceva quella tecnica oratoria. Usava sempre quel tipo di parole per farle i complimenti e cercare di conquistarla. Non sei come le altre, tu sei forte. Che maschilista! Le altre ragazze sono fantastiche, non hanno niente di male! Come aveva fatto Clover a credergli la prima volta?!

-In effetti ti odio, Justin. E ora lasciami stare!- cercò di cacciarlo via, con il massimo autocontrollo che riuscisse a racimolare. Parlare di odio era riduttivo, con Justin. Clover non voleva vederlo, non voleva parlargli, non voleva respirare la sua stessa aria. Si disgustava a pensare che fossero della stessa specie. Come si poteva parlare di semplice odio con un ragazzo che l’aveva quasi uccisa, e non solo con l’incidente, ma con le sue parole di finto incoraggiamento e la sua manipolazione.

-Certo… sei sempre adorabile, piccola, quando provi a fare la grande. Va bene, dai, ti lascio al tuo “appuntamento” super infantile, anche perché sei ancora protetta per una settimana, ma sai… nel caso volessi avere un altro po’ di avventura… sai dove trovarmi- Justin le fece un occhiolino, e sorrise, quel sorriso da cattivo ragazzo che aveva sempre intrigato le ragazze delle classe di Clover, lei compresa.

Il classico sorriso da bad boy di cui si legge nelle fanfiction trash.

E probabilmente, se questa fosse una fanfiction trash scritta da una ragazzina di tredici anni, Clover non sarebbe mai riuscita a scappare dal bad boy che ancora, dopo dieci anni, sembrava starle addosso, e alla fine i due si sarebbero sposati e lei l’avrebbe “cambiato con la forza del suo amore”.

Ma Clover, sebbene fosse in una fanfiction trash, era in una fanfiction trash scritta da una ragazza ormai più consapevole (circa, si spera, ho ancora strada da fare probabilmente), quindi non aveva la minima intenzione di restare incastrata in una relazione tossica.

Prima che potesse rispondere per le feste, venne anticipata dall’arrivo di Diego, con due vassoi.

-Hey, il tuo menu e la tua cola. La ragazza al bancone, Jenny, ci ha anche offerto due biscotti a forma di cuore, anche se non abbiamo ordinato il menu coppia. Simpatica, vero?- posando i vassoi e cercando di non far cadere nulla, Diego sembrò non accorgersi di aver interrotto la conversazione, e dell’aria pesante che tirava al tavolo.

E per un secondo, Clover si sentì davvero in difficoltà, perché Justin non dava segno di volersi alzare, e lei non sapeva neanche se fosse armato e non voleva rischiare di mettere Diego in pericolo ignorandolo o prendendo la faccenda alla leggera.

Poi sollevò la testa su Diego, lo guardò negli occhi, e capì.

Non è che non sapesse della situazione, ma così come era accaduto con Dick, stava solo fingendo di essere rilassato, ma era più consapevole e pronto di quanto Clover si aspettasse.

Ed in effetti la sua strategia poteva essere buona per apparire il meno minaccioso possibile ma essere comunque pronto a reagire nel caso la situazione fosse sfuggita di mano.

Dopo essersi seduto e aver messo una mano intorno alle spalle di Clover, finse di rendersi conto della presenza sgradita.

-Oh, scusa! Salve, sei un amico di Clover?- chiese, adocchiandolo con innocente curiosità.

Justin lo squadrò dalla testa ai piedi, per niente impressionato.

-Sì, si può dire così. Un vecchio amico, più che amico. Sono Justin- si presentò lui, in tono fintamente cordiale che stonava con lo sguardo minaccioso.

Diego sgranò appena gli occhi, e la presa sulle spalle di Clover si strinse.

-Oh, bene. Io sono Diego, il suo ragazzo- con il più cordiale e allo stesso tempo minaccioso sorriso del suo repertorio, Diego ricambiò la presentazione, e diede poi un bacio sulla testa di Clover, che avrebbe voluto intervenire, ma per la prima volta in vita sua, era ben felice di farsi proteggere. 

E di avere qualcuno che la stesse proteggendo.

E che per una volta quel “è la mia ragazza” non fosse una bugia.

Lei era davvero la ragazza di Diego.

Wow! Aveva fatto jackpot!

-Già- diede conferma, stringendosi a lui e sorridendo nella sua direzione.

Un sorriso che Justin non aveva mai visto prima.

-Oh, capisco- senza dare battaglia più di tanto, probabilmente complice il fatto che Clover era ancora protetta, o che fossero in un luogo pubblico, Justin si alzò dalla sedia, e si sistemò il ciuffo biondo con aria da fighetto.

-Sappi che nel caso cambiassi idea, e volessi vivere una vera vita, io ci sono sempre- le fece nuovamente un occhiolino, prima di avviarsi verso l’uscita.

Clover sentì la presa di Diego farsi più forte. Sembrava quasi in procinto di alzarsi e dirgliene quattro, ma Clover lo mantenne al suo posto, e lasciò che Justin uscisse dalla sala giochi.

Qualche secondo dopo, una volta assicuratasi che non sarebbe rientrato, fece un profondo respiro e si seppellì il volto tra le mani, facendo sfogare tutta la tensione accumulata.

-Di tutti i giorni proprio oggi….- borbottò a mezza voce, irritata.

-Era quel Justin?- chiese Diego, a denti stretti.

-Perché a ogni nostro primo appuntamento deve spuntare fuori un mio ex?!- si lamentò Clover, confermando ciò che Diego aveva già intuito.

-Devo preoccuparmi?- Diego iniziò a massaggiarle le spalle, un po’ intimorito, e lanciando occhiate in giro.

-No, mi ha solo riferito che tra una settimana non sarò più protetta e mi ha fatto qualche avance, ma non preoccuparti, non credo che mi darà addosso, o ti prenderà di mira. È solo…- Clover sospirò -…un vecchio errore- evitò lo sguardo di Diego, vergognandosi del suo passato.

Diego le prese delicatamente il mento e la girò verso di lui.

-L’importante è che tu ora sia al sicuro. Del tuo passato non mi importa- le sorrise teneramente, il cuore di Clover cominciò a battere furiosamente.

Doveva essere sincera, aver rivisto Justin l’aveva turbata non poco, visto che la riportava al peggior periodo della sua vita, ma lo sguardo gentile di Diego, la consapevolezza di non essere sola ad affrontare tutto questo, e la sicurezza di essere effettivamente in grado di affrontare, ormai, qualsiasi minaccia potesse venire dal suo ex e dalla sua gang, erano di enorme conforto per lei.

-Non ha rovinato l’appuntamento?- chiese per essere sicura.

-Se non l’ha rovinato l’averti stracciato a Street fighter dubito che incontrare un tuo ex criminale pericoloso possa riuscire nell’intento- Diego la buttò sul ridere, e le fece un occhiolino.

-In effetti stai attento, perché se mi batti anche al videogioco dei Simpson divento una iena- Clover partecipò allo scherzo.

-Dovrò andarci piano allora. Al videogioco dei simpsons sono un campione indiscusso- rilassandosi, Diego prese un pezzo di pizza e iniziò a mangiare. 

Clover ridacchiò. L’atmosfera si era alleggerita molto più in fretta di quanto pensasse.

-Diego…- interruppe la sua mangiata, tornando abbastanza seria.

Diego deglutì e si girò a guardarla, dandole tutta la sua attenzione.

-Mm?- la incoraggiò a continuare.

Clover non era granché con i discorsi strappalacrime, quindi fece qualcosa di semplice che potesse trasmettere tutto quello che provava per il ragazzo davanti a lei.

-Piacere, sono Clover, sono la tua ragazza, e ti amo- confessò, porgendo la mano verso Diego, e riprendendo quel piccolo gioco che avevano cominciato il giorno dell’appuntamento al buio.

Diego fu preso in contropiede qualche secondo, poi ridacchiò appena, e le strinse la mano.

-Piacere Clover, sono Diego, sono il tuo ragazzo, e ti amo anche io- ricambiò, prima di avvicinarla a lui e baciarla.

Clover chiuse immediatamente gli occhi, ricambiando il bacio, e cercando di imprimere in quel gesto tutto l’affetto che provava per Diego.

Perché mai avrebbe mai voluto una vita avventurosa ed estremamente pericolosa con un tossico criminale, quando aveva un dolce ragazzo incoraggiante e sensibile a portata di mano?!

Certo, lei era troppo per lui, ma non aveva più intenzione di farglielo notare.

Perché aveva anche tutta l’intenzione di migliorare il più possibile fino ad essere alla sua altezza.

Alla fine, tutto sommato, quell’appuntamento era stato perfetto, a modo suo.

 

Sabato 20 Ottobre

Questa volta Denny era convinto, deciso e certo di tutto!

Avrebbe parlato con Mathi!

Non aveva lezioni, non aveva impegni… doveva studiare, ma aveva tutto il tempo di farsi una lunga chiacchierata con la sua cotta prima di dirigersi in biblioteca.

Entrò al Corona Café con rinnovata determinazione, e questa volta si sedette al tavolo, per rendere chiaro che sarebbe rimasto, e sperando che Mathi lo servisse.

-Salve! Cosa posso servirti?- purtroppo arrivò un’altra ragazza, una abbastanza nuova.

Denny non riuscì a non mostrare il suo fastidio.

-Oh… ecco… puoi ripassare più tardi? Non ho ancora deciso- mentì, sperando che a ripassare sarebbe stato Mathi.

Non era arrivato fin lì svegliandosi alle sette di sabato per essere servito da un’altra persona!

Mentre fingeva di controllare il menù e scegliere qualcosa per la colazione, iniziò a guardarsi intorno, in cerca della familiare chioma castana e i vispi occhi a mandorla.

Ma vide solo Roelke, affaticata, che usciva dal bagno dopo un chiaro attacco di nausea.

Ultimamente era molto stanca, si prendeva più permessi, ed era parecchio nervosa. Probabilmente era un periodo di stress, e lo scandalo sulla famiglia reale non aveva aiutato.

Denny sperò che si riprendesse in fretta.

Sentendosi probabilmente osservata, Roelke si girò verso di lui, e i loro sguardi si incrociarono. Denny la salutò, lei ricambiò, e poi corse in cucina.

Niente di strano, giusto? Si conoscevano bene, dopotutto.

Venti secondi dopo, Mathi uscì dalla cucina e si avviò al suo tavolo, molto incerto e guardandosi più volte alle spalle.

Ma questa volta Denny era determinato, quindi quando lo vide avvicinarsi, tolse il menù, e gli sorrise.

-Hey. Hai deciso cosa ordinare?- chiese Mathi, un po’ imbarazzato, sorridendo a sua volta.

-Sì, prendo…- Denny fece l’errore di guardarlo negli occhi, e tutta la sua determinazione venne meno come aspirata da un dissennatore.

SOS! 

SOS!!

Missione da abortire immediatamente!

Non c’era possibilità che Denny riuscisse nell’impresa.

 -…eh… uh… io… caffellatte con panna!- riuscì a dire balbettando in tono acuto.

-Okay… altro?- chiese Mathi, pronto a prendere appunti, e molto professionale, anche se leggermente a disagio.

Complimenti, Denny! 

Avevi un compito solo!

-Prendo anche un garofano verde- borbottò, deprimendosi per il suo mancato coraggio e incapace di recuperare la determinazione.

-Ottima scelta, arriva subito- Mathi segnò l’ordinazione, e tornò in cucina.

Denny sbatté la testa contro il tavolo per tutto il tempo di attesa, e alla fine fu la cameriera di prima a servirlo. 

Mathi non si fece più vedere.

Ma la prossima volta avrebbe fatto di tutto per parlargli.

 

Le cene del sabato erano diventate la cosa peggiore del mondo da quando Mirren aveva annunciato la sua relazione con Felix.

Soprattutto perché Bonnie era ancora lì e partecipava.

Probabilmente fare coming out con suo padre era stata la scelta peggiore che Mirren avesse mai compiuto.

E considerando che non faceva mai gesti avventati, era stata anche una prova a non farne mai più.

…ma aveva fallito il suo stesso proposito.

Infatti, al momento, era davanti a casa dei Durke, dopo essersi alzato da tavola molto prima del previsto ed essersene andato via di casa.

Non è che avesse piani di restare lì per la notte, aveva solo bisogno di andarsene per un po’, e cercare di non pensare alla terribile atmosfera che si respirava in quella casa, e agli ultimi commenti di suo padre.

Forse non sarebbe dovuto piombare così senza preavviso, non aveva neanche inviato un messaggio a Felix, e magari a quell’ora la famiglia stava ancora mangiando.

Qualche secondo dopo aver suonato al campanello, Mirren stava già per fare dietro front e cercare una sistemazione alternativa, ma la porta si aprì, mostrando il volto confuso di Johanne Durke, che lo fece restare fermo sul posto.

-Buonasera, Johanne… io…- cavolo! Mirren doveva davvero esimersi dal fare altri gesti avventati, si sentiva davvero in imbarazzo.

-Mirren! Tutto bene, caro? Su, entra. Abbiamo appena iniziato la cena. Vuoi unirti a noi?- Johanne, però, non gli diede il tempo di imbarazzarsi a lungo, perché aprì la porta e lo incoraggiò ad entrare con un enorme sorriso.

Mirren non la vedeva da prima che la sua relazione con Felix fosse diventata ufficiale, e fu davvero sorpreso nel constatare che non sembrava essere cambiato assolutamente nulla nel modo in cui si rivolgeva a lui.

Era un sollievo. Difficile da credere, ma un sollievo in ogni caso.

Anche se non faceva che fargli pensare a come invece con suo padre fosse cambiato tutto.

-Non voglio disturbare…- si ritrovò a borbottare, entrando comunque in casa perché dopotutto non aveva la più pallida idea di dove andare.

-Disturbare? Ma che dici?! È un secolo che non ti vedo, se non hai ancora mangiato insisto caldamente perché tu resti con noi- Johanne lo prese per le spalle e lo guidò dolcemente verso la sala da pranzo.

-Felix! Aggiungi un posto a tavola!- urlò poi molto meno dolcemente verso la sala da pranzo.

Pochi istanti dopo Felix fece comparire la testa.

-Mirren?- chiese, sorpreso, illuminandosi.

-Uh…- 

-Ci è venuto a trovare e l’ho invitato a cena! Su, aggiungi un posto- Johanne lo incoraggiò a sbrigarsi, raggiungendo finalmente la sala, dove tutta la famiglia era seduta, e si girò a guardare Mirren con curiosità.

Quella era stata una pessima, pessima idea.

Per qualche istante, ci fu il silenzio.

Poi Bartie sorrise.

-Mirren! Che piacere rivederti!- lo salutò, indicando una sedia vuota per incoraggiarlo a sedersi.

Prima che Mirren potesse obiettare o ricambiare il saluto, venne preso per il braccio da Tender, che lo trascinò al posto accanto a lei.

-“Mi sei mancato!”- gli fece presente, segnando con la mano libera.

-“Anche tu”- Mirren accennò un sorriso, e le diede qualche pacca sulla testa.

Adorava quella bambina.

-Spero tu abbia fame, perché il dessert oggi l’ho fatto io, e se non lo assaggi mi offendo- Gabrielle non lo salutò nemmeno e si limitò a guardarlo storto.

-Lo assaggerò sicuramente- le assicurò Mirren, un po’ intimorito dall’occhiataccia.

-Ciao Mirren- Meredith non lo guardò nemmeno, troppo concentrata su un libro che stava leggendo il più discretamente possibile. Come se la sua presenza lì fosse naturale quanto quella del resto della sua famiglia.

-Meredith! Non si legge a tavola- la rimproverò sua madre.

-Finisco il capitolo!- obiettò la ragazza, districandosi con difficoltà da sua madre e la sua gemella che cercarono di toglierglielo dalle mani.

In quel momento tornò Felix, affannato, portando tutto in una volta piatto, bicchiere, tovagliolo e posate.

-Ho rotto un piatto- ammise, un po’ imbarazzato, posando tutto davanti a Mirren e dandogli un discreto bacio sulla cima della testa.

-Non fa niente. Su, siediti. Mirren, prendi tutto quello che vuoi, prima che si raffreddi- Johanne lo incoraggiò a fare come se fosse a casa sua, cosa che solitamente Mirren faceva senza pensarci due volte.

Era stato molto spesso a casa dei Durke, da piccolo, e anche da grande.

L’abitudine si era un po’ persa con l’inizio dell’università ed era quasi del tutto sparita quando Mirren aveva iniziato a lavorare, ma doveva essere comunque abituato a quell’ambiente familiare, informale e leggero.

Piccole liti intorno al tavolo, piatti che si rompevano senza conseguenze, e Gabrielle che faceva inavvertitamente cadere l’acqua sulla tovaglia perché le era difficile prendere da sola la seconda porzione di pollo arrosto.

Ma non era più abituato, o forse era la prima volta che viveva i Durke a distanza così ravvicinata da una cena con suo padre.

E dopo quello che era successo a quella cena… non riusciva proprio a credere che a pochi metri di distanza ci fosse una famiglia così allegra, unita e che parlava di tutto senza dosare le parole.

-“E quindi Bethany è tipo “no, cioè, Henry è troppo innamorato di me, ieri abbiamo troppo… beep beep” Come se potessi crederle! Cioè, non dico che Henry non mi tradirebbe mai, perché sappiamo entrambi che se Keanu Reeves facesse un giretto da queste parti litigheremmo di brutto per lui, ma di certo non andrebbe mai con una come Bethany! Vuole soltanto metterci l’uno contro l’altra”- stava dicendo Gabrielle, segnando le parole anche per rendere Tender partecipe della conversazione.

-Bethany non è così brutta però- commentò Meredith, che stava solo parzialmente attenta alla conversazione, e continuava a leggere il suo libro.

-Io sono meglio, insomma!- esclamò Gabrielle, enfatica.

-Mmm- le diede ragione Meredith, girando la pagina.

-Ne hai parlato con Henry? Potrebbe essere brutto per lui se iniziassero a girare dei rumors- osservò Bartie, molto interessato ad ogni parola di sua figlia, e senza nessuna traccia di giudizio o di orrore per ciò che stava implicando con i beep beep e altre frasi.

-Sì, ma è tranquillo. Bethany dice tante cose stupide- Gabrielle fece come se non fosse niente di ché.

Mirren ascoltava la conversazione e mangiava distrattamente, immaginando di parlare con questa nonchalance anche con suo padre, Bonnie e Petra.

“No, cioè, perché Melany è arrivata e ci ha provato con Felix, ma so perfettamente che Felix mi è fedele…” solo il pensiero era imbarazzante, e soprattutto irrealistico. 

Non credeva che sarebbe mai riuscito a parlare liberamente della sua relazione in famiglia, riuniti al tavolo, in modo così naturale e leggero.

-Mirr, tutto bene?- il sussurro preoccupato di Felix al suo orecchio, lo fece sobbalzare vistosamente, e attirò l’attenzione di tutti.

Alla faccia della discrezione.

-Sì, certo. Tutto a posto- mentì, e Felix capì perfettamente che stava mentendo.

Aprì la bocca per indagare, ma sua madre lo interruppe prima che potesse dire qualsiasi cosa.

-Il cibo è di tuo gradimento?- chiese Johanne, con un sorriso, porgendogli la ciotola con il purè per incoraggiarlo a prenderne un altro po’.

-È stellare come sempre, Johanne- si complimentò Mirren, con la solita formalità che lo caratterizzava.

La donna ridacchiò.

-Che adulatore- gli diede un’affettuosa pacca sulla spalla.

Era una delle poche persone che poteva permettersi di toccarlo senza che Mirren si ritirasse. Dopotutto era sempre stata come una madre, per lui. 

-Ora che ci penso, il sabato di solito non ceni con tuo padre e…? Ahi!- il commento casuale di Bartie, che aveva intristito immediatamente Mirren, venne interrotto da quello che sembrò un calcio sotto il tavolo da parte di Johanne, che cambiò di nuovo bruscamente argomento.

-Sai, dovresti venire a trovarci più spesso. Ultimamente ti vedo così poco che iniziavo a pensare che tu e Felix aveste litigato… di nuovo- commentò, sorridendogli incoraggiante, e aggiungendo l’ultima cosa molto tra sé.

-No, io e Felix siamo uniti più che mai- la rassicurò Mirren, un po’ imbarazzato a dire quelle cose ad alta voce, ma ormai erano fuori dall’armadio, no? E non sembrava cambiato assolutamente nulla, quindi…

-Già, dopotutto siete gli amici migliori del mondo! Credo che niente potrà mai separavi a questo punto- il commento entusiasta di Johanne fece saltare un battito a Mirren, che la fissò incredulo, poi lanciò a Felix un’occhiata allarmata.

Non gliel’aveva detto?!

Mirren dava per scontato che la famiglia di Felix fosse a conoscenza che loro due stavano insieme. Ormai lo sapevano tutti! E da parecchio anche Aveva fatto coming out tre settimane prima, circa, come cavolo era possibile che i Durke non lo sapessero?!

Ecco perché lo trattavano così bene, come se non fosse successo niente! Ovvio! Mica era possibile che dopo aver scoperto la loro relazione sarebbe rimasto tutto uguale! Era chiedere troppo.

Mirren cercò di restare impassibile, ma era turbato, e deluso, e spaventato.

Perché non riusciva neanche a pensare di rivivere nuovamente una situazione di abbandono anche con la sua seconda famiglia.

E se avessero allontanato Felix a causa sua? E se il loro amore fosse stato ostacolato da due fronti? Sarebbe stato davvero abbastanza forte da superare l’odio delle famiglie? A Romeo e Giulietta non era andata tanto bene…

Mentre Mirren aveva una crisi pazzesca, Johanne, rendendosi conto di aver detto qualcosa di sbagliato, attirò l’attenzione del figlio maggiore, che fissava Mirren preoccupato, ma aveva gli occhi assenti, segno che probabilmente era nel mezzo di uno dei suoi attacchi e non aveva seguito buona parte della conversazione.

-Uh? Oh, che succede? Scusa, ero, sono… Mirren, tutto bene?- ripetè di nuovo la domanda posta prima, mettendo una mano sulla spalla di Mirren, che in piena crisi si scansò, e prese un po’ di purè per fare qualcosa e per godersi l’ottimo cibo prima di essere sbattuto fuori.

-Va tutto alla grande! Felix, amico mio!- rispose bruscamente, marcando l’ultima parte della frase.

Felix inarcò le sopracciglia e lo guardò stranito, e molto confuso.

La tavola era diventata abbastanza silenziosa.

-Ehm… stavo dicendo che Bethany…- Gabrielle provò a stemperare l’attenzione, ma Felix la ignorò completamente.

-Mamma, qual è l’ultima cosa che hai detto?- chiese, molto confuso.

-Niente, ho solo detto che siete grandi amici, e niente vi potrà separare- Johanne si difese, alzando le mani.

Non era colpa sua, era colpa di Felix, che non aveva detto nulla nonostante fossero una coppia ufficiale alla luce del sole da quasi un mese.

Un mese orrendo, ma pur sempre un mese intero… cioè, non intero, erano tre settimane, ma vabbè, era comunque abbastanza tempo per dire tutto ai suoi genitori, giusto? Cioè, Mirren dava per scontato che Felix gliel’avesse detto nel momento stesso in cui Mirren gli aveva dato l’okay per non essere più nascosti.

-Amici?- Felix ripeté, sempre più confuso.

Fece passare lo sguardo da sua madre, poi a Mirren, poi a suo padre, poi divenne praticamente il meme della tipa con sguardo vuoto e tutte le operazioni matematiche intorno, poi sgranò gli occhi.

-Cavolo! Mi sono completamente dimenticato!- Felix si tirò uno schiaffetto sulla testa, dandosi dell’idiota.

Mirren lo guardò di sottecchi, prendendo un’abbondante cucchiaiata di purè.

-“Mamma, papà, io e Mirren stiamo insieme”- rivelò poi, con grandissima nonchalance, facendo strozzare Mirren con il cibo che stava mangiando.

Ad eccezione dei colpi di tosse di Mirren, il tavolo rimase in silenzio, digerendo la notizia.

E Johanne fu la prima a parlare.

-Non per essere indiscreta, ma da quanto?- chiese, con voce impassibile.

Felix non ci pensò neanche per un secondo.

-Martedì facciamo tre mesi!- annunciò con gioia, cingendo le spalle del ragazzo, che non si scansò ma si irrigidì, e fissò i suoceri molto timoroso della loro possibile reazione.

Che però fu davvero strana, perché Johanne sorrise maliziosamente, e sollevò la mano in direzione del marito, col palmo aperto come se aspettasse che le venisse dato qualcosa.

Bartie sospirò, prese il portafogli, e cacciò fuori dieci dollari che diede alla moglie.

-Te l’avevo detto che c’era qualcosa di diverso- la donna fece una linguaccia al marito, prima di intascare i soldi.

-Mai stato così felice di perdere dieci dollari- borbottò Bartie, facendo un occhiolino al figlio.

-Era ora! Ci avete fatto dannare, ragazzi!- Gabrielle sollevò i pollici, poi tornò a mangiare e lei e suo padre si rimisero a parlare di Bethany come se niente fosse.

Tender strinse il braccio di Mirren e gli sorrise radiosa.

Mentre Meredith, sollevando un secondo lo sguardo dal libro, si guardò intorno confusa.

Mirren temette che stesse per fare un commento negativo, ma si limitò a borbottare un incerto -Ah, non stavate già insieme da tipo… anni?- 

-Magari- Felix ridacchiò, e ritornò a mangiare.

Fine.

Mirren era senza parole.

Davvero tutto era effettivamente normale? Come se non fosse niente di che? Senza drammi pazzeschi, senza genitori delusi che avrebbero preferito un figlio etero? E che mandavano chiari segnali che “oh, Mirren, che ne pensi della nuova segretaria arrivata proprio questa settimana nel tuo dipartimento? Carina, vero? È di buona famiglia! Ed è una donna!”?

Gabrielle aveva ricominciato a parlare di Bethany con tutti quanti, Meredith leggeva il suo libro in santa pace, e Tender si era alzata e si era messa a disegnare per terra, dato che aveva finito di mangiare.

Mirren non sapeva cosa provare in quel momento.

Era completamente senza parole.

-Mirren, caro, mi accompagneresti un attimo in cucina? Ho bisogno di aiuto per prendere il dolce- Johanne si alzò e incoraggiò Mirren a seguirla.

Eccolo lì! Ora sarebbe successo qualcosa di male! Johanne gli avrebbe detto qualcosa di negativo. 

-Mamma, ti aiuto io!- si offrì Felix, alzandosi e cercando di salvare Mirren dal suo destino.

Senza successo.

-No, no. Preferisco non rompere altri piatti, oggi- la donna infatti prese il giro il figlio, che alzò le mani imbarazzato e si risedette.

Nonostante l’ansia, Mirren si alzò e seguì gli ordini, a testa bassa.

Una volta in cucina, Johanna si girò verso di lui, e gli sorrise rassicurante.

-Mirren, non voglio indagare su quello che è successo oggi a casa tua, ma voglio assicurarti che il fatto che tu stia con Felix…- “è inaccettabile” “è deludente” “è inaspettato e spiacevole” -…non cambia assolutamente nulla per noi- 

Mirren sollevò la testa e guardò la donna alla ricerca di un segno che stesse mentendo, ma i suoi occhi erano limpidi, e il sorriso sincero.

-Sei sempre stato come un figlio per me, e il migliore amico che potessi mai desiderare per Felix. La migliore influenza della sua vita. Se devo proprio essere onesta, sono super felice che vi siate messi insieme. Sul serio, Mirren, grazie al cielo Felix sta con una persona come te! Così serio e centrato e… insomma, sto tergiversando…- Johanne gli mise le mani sulle spalle e lo guardò dritto negli occhi -…se hai bisogno, puoi restare qui tutto il tempo che vuoi, okay? O venire ogni volta che ne hai bisogno. Questa è la tua seconda casa, Mirren. E lo sarà sempre. Ora più che mai- gli assicurò, con decisione.

Mirren si arrese finalmente all’evidenza che non c’era nessuno, in quella casa, che l’avrebbe mai guardato in maniera diversa, con delusione, sospetto o astio.

I Durke gli volevano tutti bene, a prescindere dal suo rapporto con Felix, e in maniera più incondizionata del suo vero padre.

Aveva un luogo dove andare ogni volta che ne avesse avuto bisogno. Un luogo dove era amato.

E il peso delle proprie emozioni iniziò a pressargli fin troppo sulle sue spalle.

Era demoralizzato per la faccenda di suo padre, ma anche estremamente sollevato da come si erano risolte le cose con i Durke.

E per quanto si fosse promesso di non cedere mai al suo lato emotivo, in quel momento Mirren non riuscì a non crollare.

Si portò una mano sul viso, cercando di celare le lacrime che avevano iniziato a rigargli le guance, e iniziò a singhiozzare, incapace di tenere tutto dentro.

Le ultime settimane erano state le più dure della sua vita.

-Oh, tesoro…- Johanne iniziò ad accarezzargli le spalle, con dolcezza ma cercando di non essere invadente con il proprio contatto. 

Lo conosceva benissimo, sapeva rispettare i suoi spazi. Sapeva che sarebbe stato Mirren a cominciare un contatto più stretto, se ne avesse avuto il bisogno.

E infatti Mirren la abbracciò, per la prima volta nella sua vita, sorprendendola appena, anche se per poco.

Johanne ricambiò l’abbraccio, senza stringerlo troppo forte, ma dandogli qualche pacca sulla schiena per confortarlo.

Dopo qualche minuto di sfogo, Mirren si ricompose, e aiutò Johanne con i piatti e con i dolci.

Passò la serata più tranquilla da molti sabati a quella parte, vide un film con i Durke, subendosi parecchi commenti indesiderati da Gabrielle e Johanne, e rimase a dormire in camera di Felix, avvertendo Petra che per qualche giorno sarebbe rimasto lì.

Non successe niente di scandaloso, tra i due, quella notte. Parlarono un po’ prima di addormentarsi, e si risvegliarono abbracciati, nulla di più.

Ma per Mirren fu una breccia non indifferente nel muro che da tre mesi stava lentamente sfasciando, e ormai non era che un ammasso di poche pietre.

 

Sabato 26 Ottobre 

Denny quel giorno avrebbe parlato con Mathi! Fine della storia!!

Si avviò dentro il locale con il fuoco della determinazione che scorreva in lui neanche fosse l’umano di Undertale, e si mise al bancone, pronto ad ordinare il solito caffè.

Era passato parecchio tempo da quando si era imposto questo proposito…. e non aveva combinato assolutamente nulla, perché ancora esitava, e si imbarazzava per un nonnulla.

Ma quella volta… era esattamente come le altre.

Però era diventato leggermente meno difficile ordinare il solito caffè.

-Hey! Il solito?- lo accolse infatti Mathi al bancone, con un sorriso rilassato.

Si era ormai abituato alle visite di Denny, e l’imbarazzo era scemato dopo i primi giorni.

Ormai era passata una settimana, dopotutto.

-Sì, e aggiungici anche una ciambella al cioccolato- rispose Denny, racimolando la forza di chiedergli qualcosa, qualsiasi cosa.

Di parlargli.

“Hey, Mathi! Come stai? Torniamo amici per favore? Esci con me? Diventa il padre dei miei gatti!!!!” 

Quando Mathi gli consegnò il solito caffellatte con panna, preparato molto in fretta perché era lui ed era un cliente abituale, Denny aprì la bocca per parlare, ma il sorriso brillante di Mathi lo interruppe per l’ennesima volta.

SOS!

SOS!!

Missione da abortire immediatamente!

Non c’era possibilità che Denny riuscisse nell’impresa.

-Serve altro?- chiese Mathi, offrendo anche la ciambella.

Denny abbassò lo sguardo, rosso come un pomodoro.

-Una bara- borbottò tra sé.

-Cosa?- Mathi si avvicinò per sentirlo meglio.

-Niente! Niente! Tutto perfetto! Vado a sedermi da qualche parte! …a riflettere su quanto misera sia la mia vita- l’ultima parte era un sussurro quasi impercettibile.

-Sei hai bisogno di qualcosa non esitare a chiedere- Mathi gli sorrise più caldamente e andò a servire un altro cliente.

Certo che lavorava davvero tantissimo. Denny sperava che riuscisse anche a fare altro nella sua giornata.

…chissà che faceva Mathi adesso che era libero.

Di certo non stava tutto il giorno ad aspettare che Denny trovasse il coraggio di parlargli, perché Denny si sarebbe sentito davvero in colpa.

Ma era improbabile.

E comunque… il giorno successivo, Denny avrebbe senz’altro parlato chiaro e tondo con Mathi!

 

Quel periodo, in casa, era completamente ingestibile, per Petra.

E per la prima volta capiva esattamente il motivo che aveva spinto Mirren a non prendere un’altra casa prima che Petra finisse l’università e si trasferisse a sua volta.

E non era solo per starle accanto in modo che affrontassero sempre in due i problemi causati dalle Bonnie…

MA PER EVITARE CHE PETRA COMPISSE UN OMICIDIO!!!

Sul serio! Era impossibile vivere lì, con Bonnie che ormai non aveva più nessuna remora a dire quello che pensava e riempire la testa di Brogan dei suoi pensieri e preconcetti, e Brogan che prendeva le sue parti perché Petra finiva sempre dalla parte del torto quando alzava la voce (e spesso provava anche ad alzare le mani) ogni volta che Bonnie superava il limite.

Petra sapeva parlare con calma, come aveva dimostrato il giorno della Fiera di New Malfair.

Sapeva quando non era il caso di esagerare, e come fare un passo indietro quando qualcuno semplicemente non ascoltava e non avrebbe mai ascoltato.

Ma un conto era una str… una ignorante su un treno. Un conto era una st… una pezza di me… una… BONNIE!

CHE VIVEVA IN CASA CON LEI!

E CHE ERA RIUSCITA A CACCIARE DI CASA SUO FRATELLO!

Petra avrebbe voluto infliggerle lo stesso trattamento che aveva riservato a Fallon… se lo sarebbe meritato, quella brutta piccola figlia di…

-Petra, hai notizie di Mirren?- la domanda discreta, quasi timorosa, di suo padre, distolse Petra dai suoi truci pensieri mentre fingeva di studiare gli ordinamenti europei.

Rimase così sorpresa dalla domanda che temette di aver capito male, e ci mise parecchi secondi ad elaborarla e a rispondere.

-È da Felix- disse, guardando suo padre con confusione.

-Oh… bene. Sta bene, vero? Lo trattano bene?- chiese lui, molto impacciato, torturandosi le mani.

Petra si accigliò, e la confusione venne sostituita dalla rabbia.

Incrociò le braccia, e rispose freddamente.

-Di certo lo trattano meglio di come lo hai trattato tu gli ultimi tempi-

Brogan abbassò lo sguardo.

In quel momento Bonnie non era in casa, e sembrava come se l’uomo avesse finalmente la possibilità di esprimersi, come un cane al guinzaglio della donna che l’aveva allentato appena permettendogli finalmente di abbaiare.

L’astio di Petra si abbassò leggermente… molto leggermente.

Continuò a fulminare il padre con lo sguardo, ma non commentò oltre.

E dopo qualche altro secondo, Brogan riprese la parola.

-Petra, io voglio solo il meglio, per Mirren. Lo sai, vero?- provò a riconquistare il favore della figlia, mettendole una mano sulla spalla.

-Se speri che io convinca Mirren a tornare e a lasciare Felix sprechi il tuo tempo. A me Durke non sta simpatico, ma persino io riesco a vedere quanto renda Mirren felice, e forse lo vedresti anche tu se ti degnassi di aprire gli occhi- Petra alzò leggermente la voce, ma fece del suo meglio per restare il più neutrale possibile.

-Non ho niente contro Felix, ma Mirren ha bisogno di qualcuno più… insomma… una persona…- neanche Brogan sapeva come giustificare la sua chiara omofobia.

-Ti aiuto io, papà, ciò che manca a Felix, a parer tuo, è un paio di tette, giusto?-

-Non è il fatto che sia un uomo, è solo che…- Brogan non sapeva come continuare. Petra lo fissò eloquente -…è complicato da spiegare, ma voglio davvero solo il meglio per lui- cercò di giustificarsi.

Petra alzò gli occhi al cielo.

-Cosa dice Bonnie al riguardo?- chiese, incuriosita da cosa la donna malefica poteva essersi inventata per giustificare la propria omofobia.

-Smettila con questa guerra a Bonnie! Se proprio vuoi saperlo è molto incoraggiante, e mi dice che dovrei lasciargli i suoi spazi e non insistere con lui. Ma io non riesco a non volerlo aiutare. È il mio unico figlio maschio- Brogan sembrava così in difficoltà che se Petra fosse stata un minimo più empatica e gentile, avrebbe provato un minimo di pena per lui.

Ma era un padre internamente omofobo che aveva cacciato di casa suo figlio per il solo fatto di stare con un uomo e non sembrava voler rimediare ai propri errori, quindi Petra rimase di pietra… pun intended.

-Papà, quante volte hai visto Mirren sorridere?- chiese, impassibile.

Brogan inarcò un sopracciglio.

-Innumerevoli? Di che stai parlando? È un po’ serio come persona ma sorride- rispose lui, con ovvietà.

-Già, quante di queste volte sorrideva a causa di Felix? Perché stava con lui o parlava con lui?- chiese nuovamente Petra, cercando di aprirgli gli occhi.

Brogan aprì immediatamente la bocca per rispondere, ma Petra gli diede le spalle.

-Non rispondermi, pensaci e basta. E pensa anche a un’altra cosa…- mentre si allontanava dalla stanza con grande effetto, Petra si girò un’ultima volta verso suo padre, come succede nei film.

Forse ultimamente stava vedendo troppo Gorgeous con Amabelle, ma sembrava davvero una scena di quella soap opera.

-…vuoi perdere i tuoi figli a causa di questa faccenda?- concluse in tono duro.

-Perdere i miei figli? Io non voglio perdere i miei figli, voglio solo…-

-Perché sono lesbica, papà- non era il coming out che si era immaginata, ma era il momento di rendere suo padre partecipe della sua sessualità, e dare a Mirren il maggiore sostegno che potesse ricevere in quel momento, condividendo con lui il fardello di essere fuori dall’armadio con suo padre.

Brogan rimase di ghiaccio, sconvolto, pallido. Non si aspettava minimamente una rivelazione del genere.

Petra gli diede di nuovo le spalle. Non voleva vedere quell’espressione sul suo volto.

-E siccome non voglio restare in una casa che non mi accetta, penso che farò come Mirren, e me ne andrò- uscì dalla stanza, con grandissima presenza scenica, lasciando Brogan di stucco nello studio dove era andato solo a chiedere di Mirren, e si era ritrovato con un altro coming out.

Petra, dal canto suo, nel momento stesso in cui entrò in camera, iniziò ad andare nel panico. Perché era vero che pensava di andarsene a sua volta praticamente dal momento stesso in cui aveva ricevuto il messaggio di Mirren che l’avvertiva che sarebbe rimasto dai Durke, ma non aveva un posto preciso dove andare.

Certo, poteva farsi ospitare da Amabelle, ma per prima cosa Amabelle era ancora molto strana con lei, anche se si era calmata dopo il compleanno di Diego, e si vedevano spesso… per vedere Gorgeous, e senza parlare quasi affatto. No, Amabelle non era un’opzione. E poi la sua casa era un buco.

Con gli Sleefing non aveva un rapporto così stretto e anche in casa loro c’era poco spazio. I Durke… neanche morta! Già stavano ospitando Mirren, poveracci, non poteva imbucarsi anche lei.

Gli altri erano tutti al dormitorio… mmmm, forse poteva chiedere a Norman, o a Clover, se avessero un materasso in più nella loro stanza. Clover condivideva la camera con Juanita, e le due ragazze avevano stretto parecchio amicizia dopo la festa di Diego.

Prese il telefono, e notò che aveva dieci messaggi di Amabelle in caps lock.

Santo cielo, cosa era successo?! 

Petra sperava non riguardasse Lottie, dato che da quando Mirren si era trasferito momentaneamente dai Durke, Petra aveva deciso di affidarla a lei per un po’ dato che non si fidava affatto di Bonnie.

Controllò immediatamente i messaggi, e rimase sconvolta:

 

Amabelle

TRAY!!!

NON CREDERAI MAI A QUELLO CHE È SUCCESSO!!!!

STAVO PRENDENDO UN PANINO AL DISTRIBUTORE

E LI HO VISTI!!!!

DIEGO

CLOVER!!!!

PRANZAVANO INSIEME

E SI SONO BACIATI

BACIATI!!!!!!!!!!!

Cosa?!

Sei sicura che fossero loro due?

SIIIIIIIIII!!!!!!!!!!!!!

SAPEVO CHE AVEVANO FATTO PACE

MA NON PENSAVO SI FOSSERO RIMESSI INSIEME!!!!!

Amabelle placa il caps lock, io non mi fiderei molto se fossi in te

…sì, in effetti, visti i precedenti….

MA SI STAVANO BACIANDO GIURO LI HO VISTI IO!!!!

DOBBIAMO FESTEGGIARE

Non so, sai, ho appena fatto coming out con mio padre

sdòfljdwlfioweoà    oef

[Audio di sette secondi dove si capiva palesemente che Amabelle aveva problemi a tenere in mano il telefono]

???

Hai reagito peggio di mio padre

Scusa!!!!

NO!!! 

Mi è caduto il telefonod alle mani

NOn me l’aspetttavo

Sto anche facendo mille errori di scrittura

Non preoccuparti

Come ha reagito? 

Cosa è successo?

Come stai?

Scossa, direi

Mi ha chiesto di Mirren, abbiamo avuto una leggerissima discussione, e poi gli ho detto che doveva scegliere se perdere entrambi i figli e gli ho detto del mio orientamento sessuale

Gli ho anche detto che probabilmente andrò via di casa più tardi

Sai per caso se c’è qualche camera libera nel dormitorio?

So che il Norman non ha un coinquilino, ancora

Camera sua è spaziosa

Poi gli scrivo

Petra, mi dispiace tanto

Se vuoi venire da me potremmo vedere Gorgeous insieme

Sai, sembrava una scena di Gorgeous

Io gli davo le spalle, poi mi sono girata, ho fatto la rivelazione, e sono andata via

Come la scena dove Contessa ammette a Regina di amare ancora Kyle

Ho pensato alla stessa scena

Vuoi venire qui? 

Siamo stretti, ma non potrei mai voltarti le spalle in questo momento

Non sono così turbata, sai

Sono più preoccupata per Mirren in realtà

Ha un rapporto molto più stretto di me con papà

Se devo essere onesta, mi aspettavo che la faccenda si risolvesse molto prima

Lo pensavo anche io

Brogan adora Mirren!

Se non ci fosse Bonnie penso che sarebbe già tutto a posto

Già… Bonnie rovina sempre tutto!

Lottie come sta?

BENISSIMO!!!! 

Ha stretto amicizia con tutti i gatti! 

E noi che ci preoccupavamo

Anche con Key?!

Soprattutto con Key!

L’ha adottata, e guarda storto tutti quelli che provano ad avvicinarsi

Sai com’è protettivo Kay

Ne sono felice

Considerando che tra poco non avrò più una casa per un po’, mi preoccupava l’idea di lasciarla da te ancora a lungo

La tratto benissimo!

…ma sono certa che starebbe meglio lì

Sicura di non voler venire per un Gorgeous?

Onestamente, Amabelle, non ho molta voglia di venire da te e vedere solo una soap opera senza neanche parlare!

Che intendi? ^^’

Ce l’hai con me per qualche motivo?

Perché devi ammettere che sei strana negli ultimi tempi

Non è vero!

Comunque tuo padre cosa ha detto esattamente?

Visto?! Cambi argomento!

No!!!!

Non è che cambio argomento!

È che non ho altro da aggiungere

E poi dici che dovrei scrivere a Norman di Clover e Diego? Magari annuncio la notizia sul gruppo matchmaker

 

Petra era in procinto di ribattere che Amabelle stava chiaramente cambiando argomento, quando sentì la porta della camera di suo padre e di Bonnie sbattere.

Sobbalzò, temendo che suo padre avesse appena avuto un esaurimento e avesse deciso di ammazzarla, e socchiuse la porta della propria camera per indagare sulla causa di quello scatto d’ira verso la povera porta.

Rimase di stucco quando si rese conto che a chiudere la porta era stata Bonnie, che litigava ad alta voce con suo padre.

Intenta a chattare con Amabelle non si era accorta che fosse tornata.

Socchiuse meglio la porta per cercare di capire cosa dicessero, cercando di non farsi beccare.

Suo padre stava scendendo le scale, e Bonnie lo seguiva inviperita.

-Non puoi dire sul serio?! Credi davvero alle parole di quelle serpi e non a me?!- gli stava urlando contro, tra le fintissime lacrime.

Petra era scioccata.

Ma che stava succedendo?!

-Non ti riferire mai più ai miei figli in questo modo! Qui l’unica serpe in seno sei tu! E non ti azzardare mai più ad avvicinarti ai miei ragazzi!- urlò Brogan, categorico.

A Petra si gelò il sangue nelle vene.

Suo padre non urlava. Ogni tanto alzava la voce, che però restava sempre nei limiti tollerabili, e non perdeva mai le staffe.

In quel momento stava urlando, furibondo… nei confronti di Bonnie.

Bonnie!

La donna con la quale non aveva mai litigato e cercava di proteggere a ogni costo.

-Non vuoi ascoltarmi solo perché ti ho detto la verità. Ma sai quanto me che sono entrambi rotti, rovinati! Ed è molto, molto meglio lasciarli perdere. Perché non accetti che potresti essere felice se solo…- Bonnie gli prese il braccio e provò a portarlo nuovamente dalla sua parte, ma Brogan la scansò.

-Rotti? Rovinati?! Sono i miei figli, non dei mobili da sostituire, e io li amo per come sono! E se devo scegliere tra loro e te, loro saranno sempre al primo posto. Vattene da questa casa e non tornare più- Brogan era categorico, spietato, veramente furibondo.

E Petra non si era mai sentita così accettata in tutta la sua vita.

Nonostante ciò che aveva detto ad Amabelle, il coming out l’aveva scossa parecchio, e temeva davvero un sacco la reazione che avrebbe ricevuto.

Se Brogan aveva spinto il figlio preferito, l’erede, il perfetto Mirren, fuori da casa, cosa avrebbe fatto alla figlia non voluta, quella uscita male, la femmina?

Petra si aspettava che il meglio che avrebbe potuto ricevere sarebbe stata l’indifferenza, che suo padre avrebbe semplicemente finto di non averla sentita, o avrebbe ignorato la cosa.

Lei gli voleva bene, ma non avevano un rapporto stretto come lo avevano lui e Mirren. 

E tutto si aspettava, meno che suo padre la difendesse così a spada tratta meno di un’ora dopo il coming out.

Una chiamata al telefono la distolse dal litigio che si era spostato al piano di sotto, ma che era ancora perfettamente udibile.

-Petra, hai smesso di rispondere. Tutto bene?- era Amabelle. Petra non riuscì a risponderle.

Senza rendersene conto, si era messa a singhiozzare.

Amabelle la sentì e andò nel panico.

-Santo cielo! Cosa è successo?! Stai bene?! Brogan ti ha fatto qualcosa?! Bonnie?! È colpa mia?- chiese immediatamente, agitata.

-No, non è successo niente, solo… aspetta, ascolta- Petra cercò di mantenere la voce ferma, mise il vivavoce, e permise ad Amabelle di sentire la conversazione.

-Vuoi cacciarmi di casa solo per delle stupidi voci infondate? Credi davvero a quella storia?! Quei piccoli mostri ti hanno fatto il lavaggio del cervello! Ti vogliono dissanguare come delle sanguisughe attaccate ai tuoi averi, e temono che tu possa rifarti una vita con…- stava dicendo Bonnie, continuando a gettare sterco contro i figliastri.

-Basta, Bonnie!- tuonò Brogan, zittendola.

-Wow! L’hashtag BastaBonnie ha colpito anche lui- sussurrò Amabelle, sconvolta quanto Petra dalla presa di posizione.

Rimase ammutolita dal seguito.

-Sei tu a volermi fare il lavaggio del cervello, e i miei figli volevano solo proteggermi da te. È l’ultima volta che te lo dico. Esci da questa casa e non tornarci. Domani avvio le pratiche per il divorzio- 

-Non puoi dire sul serio?!- ormai Bonnie era disperata, e Petra sapeva esattamente il motivo, dato che l’accordo prematrimoniale non le avrebbe lasciato un centesimo se si separavano in quel modo.

-Mai stato così serio in vita mia!- furono le ultime parole di Brogan. Non si assicurò nemmeno che uscisse davvero di casa, si limitò a darle le spalle e avviarsi di nuovo verso le scale.

Petra si allontanò appena, e ritornò verso camera sua, per non dare a vedere che aveva origliato tutto.

-Petra, è successo davvero?- chiese Amabelle, incredula.

-Stento a crederci, ma mi sembra proprio di sì- rispose la ragazza, ancora sconvolta.

-Sono senza parole, quindi quando vuole sa essere un padre decente- 

-Shhh, sei in vivavoce- Petra si affrettò a silenziare la chiamata e si guardò attorno per assicurarsi che suo padre non fosse già risalito senza che lei se ne accorgesse.

E si ritrovò faccia a faccia con Brogan ormai quasi alla fine della scale. Il suo volto aveva ancora traccia della rabbia provata nei confronti della moglie, ma appena i loro sguardi si incrociarono, si aprì in un leggero sorriso, un po’ triste, ma sincero.

Petra sapeva di dover dire qualcosa, ma non trovava le parole.

“Grazie”? “Era ora!”? “Mi dispiace”? Non sembravano le cose giuste da dire.

-Papà…- cominciò, ma la voce le morì, e prima che potesse trovare di nuovo le parole, suo padre la zittì ulteriormente, avvicinandosi e scompigliandole i capelli.

Non aveva mai fatto un gesto così affettuoso nei suoi confronti, da un padre verso la figlia.

Petra rimase di sasso… pun not intended, e lo guardò sorpresa.

Il padre allargò il sorriso, e si avviò nuovamente verso la camera.

-Spero che tu possa restare a casa- le sussurrò, prima di tornare dentro.

Petra ritornò in camera sentendo appena quello che Amabelle, ancora al telefono, le stava chiedendo con voce concitata.

Una volta al sicuro tra le quattro mura del suo piccolo angolo tranquillo, mise nuovamente il telefono all’orecchio.

-Amabelle…- cominciò.

-Tray! Cosa ti ha detto? Non ho sentito bene! Va tutto bene? Resti a casa? Ti ha accettato?- chiese Amabelle, più agitata di lei.

-…penso che mio padre segua Gorgeous… non si spiega sennò- sussurrò Petra, ancora sconvolta.

-Cosa?!- chiese Amabelle, molto confusa.

Ma quella scena finale tra padre e figlia sembrava davvero presa da una soap opera!

 

Mercoledì 30 Ottobre

Denny ormai non ci provava neanche più.

Infatti quel giorno era arrivato al Corona senza neanche un piano o una speranza in mente.

Erano passate quasi due settimane da quando Denny aveva cominciato l’operazione “parliamo con Mathi senza andare nel panico” e non c’era nessun margine di miglioramento.

Probabilmente la soluzione migliore era capire cosa lo rendesse così restio a recuperare i rapporti, e l’unica risposta che gli venisse in mente, oltre al normale gay panic, era che… era… no, a Denny non veniva in mente alcuna spiegazione logica che gli impedisse di parlare con Mathi, oltre allo stupido gay panic.

Ma insomma! Erano stati amici per mesi, si erano saltati addosso durante momenti dove rischiavano la vita. Denny si era deciso a confessargli i suoi sentimenti mesi prima, quando ancora aveva i dubbi sulla sua sessualità e non sapeva che il suo migliore amico avesse una doppia vita. Cos’era cambiato da allora?!

…a parte tutto!

Mentre Denny guardava distrattamente il menù del Corona Café, aspettando che Max lo raggiungesse per pranzare insieme, cercò di pensarci per davvero.

Ignorando per un attimo che anche se non avesse scoperto della doppia vita di Mathi non era detto che avrebbe confessato i suoi sentimenti, e mettendo in conto che rispetto a prima era molto più sicuro circa la propria sessualità, ed era anche ufficialmente fuori dall’armadio con praticamente tutti quelli che conosceva… cosa era cambiato?

-Oh… hey… il solito?- la voce incerta di Mathi lo interruppe dalla sua riflessione, e nuovamente sentì il cuore iniziare a battere furiosamente e la bocca farsi secca.

-Oh… hey… no, oggi pranzo e aspetto mio fratello- rispose, come se stesse parlando con uno sconosciuto.

…BINGO!

ECCO IL PROBLEMA!

-Oh… okay… torno dopo allora- Mathi gli fece un cenno cortese e si allontanò.

-Aspetta!- ora che Denny aveva scoperto il problema, riuscì a racimolare abbastanza coraggio da fermarlo.

Mathi si girò verso di lui, stupito e… speranzoso, forse?

-Sì?- chiese, avvicinandosi a lui con il blocco pronto a segnare qualcosa.

-Ecco…- nonostante avesse un minimo di coraggio in più, Denny non sapeva comunque bene cosa dire.

Prese un respiro profondo e si fece forza.

-Mi… mi daresti il tuo numero?- chiese, in un sussurro acuto che probabilmente solo i pipistrelli avevano sentito perché aveva raggiunto il confine dell’ultrasuono.

Mathi evidentemente era batman, perché lo sentì, e arrossì parecchio.

-SÌ!- esclamò, con grande entusiasmo, prima di cercare di darsi un contegno, e segnare un numero sul taccuino.

-E_ecco a te… eh… torno più tardi per le ordinazioni- gli porse un foglietto, e scappò via, per andare a servire altri clienti.

Denny prese il foglietto come se fosse un tesoro prezioso, senza credere di avere avuto il coraggio di fare quel passo gigantesco.

Ma aveva finalmente capito il suo problema: 

Non aveva il coraggio di approcciare Mathi, perché non aveva la più pallida idea di come fare. Ma la cosa migliore, per ricominciare a frequentarlo, era trattarlo come uno sconosciuto.

Certo, probabilmente sapevano più cose l’uno dell’altro di molti altri, ma Denny conosceva Mathias Yagami, lo studente di informatica, l’agente sotto copertura, mentre quello davanti a lui era Matthew Yamamoto. Certo, il nome era ancora Mathi Yagami, ma era una persona per certi versi completamente nuova. E il modo migliore per approcciarlo era ricominciare tutto da capo, e poi rimettere insieme i pezzi migliori.

Soprattutto perché… Denny non ci aveva pensato, ma Mathi stesso doveva ancora rimettersi insieme.

Sì, era fuori dall’agenzia, ma era stato invischiato con loro per tre anni, tre anni senza una vita, o un’identità, o sua sorella.

Cavolo! Mentre Denny aveva un gay panic durato settimane, Mathi stava combattendo per ricominciare un’intera vita! E Denny non lo aveva aiutato per niente!

Che persona orribile!

-Denny, sei in anticipo- suo fratello lo raggiunse in quel momento, sedendosi accanto a lui e interrompendo i suoi pensieri depressi.

-Hai mai desiderato non sapere qualcosa per vivere sereno e non farti paranoie?- chiese Denny, sbattendo la testa contro il tavolo per soffocare i sensi di colpa.

Max, che non si era neanche tolto la borsa, lo guardò confuso, poi lanciò un’occhiata in direzione di Mathi, che li stava guardando e distolse immediatamente lo sguardo, arrossendo parecchio.

-Beh… sì. Direi di sì. Più di quanto immagini- rispose, deprimendosi a sua volta mentre il cervello gli ricordava che “hey, bello, il tuo ex ragazzo che ami ancora e che hai scoperto essere una principessa è anche *l* tu* amic* di penna da qualche mese. Che intendi fare al riguardo?”

-Che periodo orrendo- dissero insieme i due fratelli, con un sospiro rassegnato.

Nel frattempo, a pochi metri di distanza, mentre Denny si sentiva in colpa per aver trascurato il povero Mathi, quest’ultimo era emozionato come un bambino il giorno di Natale. Felice come una Pasqua, e insomma ogni similitudine vi venga in mente che coinvolga una qualche festività.

Per due motivi: 

1) Denny, la sua grande cotta, gli aveva finalmente chiesto il numero;

2) Aveva vissuto il suo personalissimo Coffee Shop AU! Wow! 

Era stato bellissimo per lui accogliere Denny ogni giorno, lanciarsi con lui sguardi pieni di intesa, e poi soccombere all’imbarazzo.

Okay, era stato un po’ strano, e molto imbarazzante. Ma anche bellissimo.

Come nelle sue fanfiction preferite!

E ora finalmente Denny aveva il suo numero!

Si ricominciava!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Wow… è uscito più lungo di quanto pensassi. E ho anche tolto alcune cose.

Ma non potevo dividerlo e spezzare il Coffe Shop AU tra Denny e Mathi ^^’

Ho cercato di stringere un po’.

L’appuntamento tra Clover e Diego non mi convince del tutto, ma non volevo sollevare un enorme polverone per Justin, anche se volevo presentarlo. A proposito di Justin Chase, piccola curiosità. Oltre al nome che si ispira palesemente a Justin Bieber perché ci sono tantissime fanfiction in giro con la trama di Justin che è un criminale pazzo, e il cognome Chase che riprende le corse in auto alle quali partecipa, il suo nome, letto tutto insieme, può anche sembrare “Just in case” che è un riferimento al fatto che dice a Clover “Nel caso volessi…” perché lui lascia la porta sempre aperta per Clover “nel caso” volesse ritornare a quella brutta vita.

Niente, piccola chicca, perché quasi tutti i nomi hanno significati strani, ma questo è uno dei miei preferiti.

Passando a Mirren… adoro sempre tanto scrivere i drammi Ferren, penso si noti dal fatto che sono stati la prima coppia a mettersi insieme ma continuano ad avere un ruolo protagonista. Di solito in questo tipo di storie una volta che la coppia si è messa insieme ci si concentra sulle altre e loro restano nel background…ma io li adoro troppo! 

E la famiglia di Felix è dolcissima.

E tra poco il dramma con Brogan finirà. Intanto Bonnie è stata cacciata di casa, finalmente!

Mi è piaciuta un sacco la scena Petra/Brogan!

Se siete curiosi di sapere cosa si sono detti Brogan e Bonnie prima che Petra iniziasse a spiarli, fatemelo sapere, e aggiungerò la scena nella raccolta Life Bites in futuro.

Alla fine arriviamo a Mathi e Denny…  il Coffee Shop AU è uno dei cliché fanfictinari che volevo includere a tutti i costi. Pensavo sarebbe stato per Max e Sonja, e un po’ lo è stato, ma alla fine i più esemplari per questo cliché sono i miei cari Mathenny. Mi sono divertita troppo a trascrivere il panico di Denny all’idea di parlare con Mathi, che al contrario dapprima è confuso, poi sempre più divertito dalla situazione.

Grazie a tutti quelli che seguono questa storia e l’hanno seguita così a lungo. Wow! Ormai pochi capitoli e arriviamo alla fine.

Non so quando arriverà il prossimo, perché ho molte altre storie da scrivere e soprattutto parecchi esami da dare molto presto, quindi sto impicciata, ma spero sia il prima possibile!

Un bacione e alla prossima :-*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: È il compleanno di Mathi. Il gruppo si riunisce per una serata cinema dopo parecchio tempo.

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Capitolo 45
*** Riunirsi è davvero piacevole ***


Riunirsi è davvero piacevole

 

Sabato 2 Novembre

Mathi (cuoricino)

Hey!

Ciao!

Come stai?

Bene

Cioè… sono Denny

Ciao

Ciao Denny, del Corona, giusto? ;)

Yup

È imbarazzante

Come stai, Mathi?

Più che imbarazzante è strano, ma capisco che tu voglia ricominciare, quindi…

Woo, come facevi a sapere il mio nome, mi spii?

Dai non mi prendere in giro!

È nella targhetta che indossi sempre al Corona :p

Giusto, che sciocco a non averci pensato ^^’

Scusa se non ti ho chiesto prima il numero

Ero… confuso

Sono un piccolo disastro

Sono stati giorni divertenti

L’incipit di un Coffee shop AU :D

Non ne ho mai letti molti, devo ammetterlo

Io di solito leggo gli inizi e poi mi blocco

Infatti non ho la più pallida idea di come procedere dopo aver ottenuto il numero ahahah

Neanche io, sono nel panico!

Per fortuna stiamo scrivendo o al momento sarei sfuggito dalla conversazione con una scusa e sarei scappato via

…fingi di non aver letto

Troppo tardi ^^

Onestamente, sono leggermente nel panico anche io

Ma allo stesso tempo non riesco a smettere di sorridere come un idiota

*selfie di Mathi che sorride*

Ora puoi ricattarmi

Ohhh! Quella è la maglia che ti ho comprato al New Malfair Comic & Games!! :D

Il mio tesoro più prezioso ;)

Ora sono io che non riesco a smettere di sorridere come un idiota 

*selfie di Denny imbarazzato che sorride*

Ti prego non ricattarmi

Awwww, sei adorabile!

Sfondo del telefono immediato

Non osare!!!

Come procede il lavoro?

Turni doppi quasi sempre, cerco di mettere un po’ di soldi da parte

Inizio ad abituarmi a lavorare al bar, è davvero piacevole e si incontra un sacco di gente

Fatto amicizia?

Sì, un ragazzo super carino mi ha chiesto il numero ieri ;)

…ah

Buon per te

Ottimo

Congratulazioni

Già, mi sta scrivendo proprio in questo momento sono super felice

Capisco, ti lascio chattare allora

Dan… sei tu, ovviamente

…oh

OH!

OHHH!!! 

Santo cielo Mathi!!!

Che c’è? 

Pensavo che ora che eravamo entrambi persone normali, single e gay mi fosse concesso provare a flirtare ;)

flajsdfscv wpeiw 

èpdsdfàà

asfljkeq2epoisd v

Denny?

MI È CADUTO L TELEFONO!!

Scusa!

Mathi come fai ad essere così estroverso!

Non si fa così!

Il mio cuore è debole!

Ci andrò più piano allora ^^’

So di non essere granché a flirtare

Guarda sei perfetto!

Solo che io…

Ugh

È complicata la mia testa!

Sono ancora sconvolto per tutto quello che è successo e c’ho l’ansia

Più che comprensibile

Non ci corre dietro nessuno, quindi fai con calma

E non uscire dalla confort zone se non te la senti

Anche per me è strano ricominciare, sono molto confuso

Immagino

Cioè

Non oso immaginare

Cioè

Insomma, è comprensibile, infatti

Mi dispiace

Se hai bisogno ci sono

Oh, no, non volevo lamentarmi

Ormai non credo di potermi più lamentare

Ho ottenuto tutto ciò che non avrei mai potuto immaginare

La libertà dovrebbe essere la base per una persona, non una cosa che non riesce ad immaginare :(

Siamo felici di averla riconquistata :3

Hai da fare Mercoledì?

Sono a lavoro tutto il giorno, perché?

A lavoro tutto il giorno?!

Ma non è giusto

Posso staccare un po’ prima

No, no, non preoccuparti, è il lavoro

Posso prenotare un tavolo per uno al Corona tutto il giorno?

Bisognerebbe prenotare tramite Roelke

Oh, allora chiedo a Max se ha il suo numero

Ho chiesto a Roelke

Da che ora?

Oh, giusto, dormi da loro

Mi ero scordato che ho lezione la mattina 

Quindi direi dalle cinque del pomeriggio

E poi tutta la sera

È uno strano tipo di appuntamento ^^’

…Dan?

Ti è caduto di nuovo il telefono?

…sì

Si è scheggiato lo schermo :(

OH CAVOLO! 

Mi dispiace!!!

È colpa mia che ho le mani di burro

Smetterò di flirtare per il momento

Mi aiuterebbe a non rompere ulteriormente il telefono

Posso dire un’ultima cosa prima di ritirarmi?

Poso il telefono per sicurezza

Okay vai pure

Mi sei mancato tantissimo *cuore*

Non devi rispondere

Stai scrivendo da cinque minuti che poema mi stai inviando?

Anche tu

Ehi guarda che affrontare un gay panic è stressante!

Ahahahah

Accetto quel “Anche tu” come se fosse un poema in versi di  una pagina intera ;)

Ti lascio perché devo andare a cenare

E perché sono morto di infarto troppe volte 

Buona cena! 

E buonanotte :-*

Ennesimo infarto

Buonanotte anche a te 

*cuore*

*-*

 

Mercoledì 6 Novembre

Mathi non era più abituato a festeggiare il suo compleanno, quindi lavorare per tutto il giorno non gli costava assolutamente nulla.

E poi, con chi avrebbe potuto festeggiare? Non si era fatto ancora alcun amico, e l’unica persona con la quale avrebbe avuto piacere di passare il compleanno insieme era Denny, che sicuramente non se lo ricordava.

O forse non ne avevano proprio parlato. Mathi non si ricordava, ma dubitava di averglielo detto. Dopotutto che senso avrebbe avuto dirgli del proprio compleanno se era convinto al 100% che se ne sarebbe andato prima di poterlo festeggiare con lui.

Nah, era meglio lavorare, mettere da parte un po’ di soldi, e… boh.

Onestamente, Mathi era molto perso. Non sapeva che fare esattamente della sua vita ora che era fuori dall’agenzia. Era passato un mese, ormai, ma era come se fosse bloccato, per il momento.

Lavora come un matto e vivi alla giornata, questo era il suo motto quei giorni. 

E il Coffee Shop AU con Denny era stato una piacevole distrazione dalla propria sofferenza interiore.

Un accenno di trama nella pagina vuota della sua vita che stava aspettando di essere riempita da un autore che non aveva la più pallida idea di cosa scrivere.

E anche con Denny, in fondo, aveva paura.

Paura che la fanfiction finisse, che lui si allontanasse, e che Mathi restasse nuovamente e completamente solo.

A volte, di notte, in una camera in affitto da persone troppo buone per lui, si chiedeva se avesse fatto la scelta giusta.

Ma poi ogni mattina riusciva a vedere Denny, con i suoi capelli gellati e il volto sempre costantemente rosso, e il battito accelerato del suo cuore gli confermava che ne valeva la pena, se poteva osservarlo ogni giorno, fargli il caffè, e portargli una fetta di torta ogni tanto.

Cavolo, doveva imparare a cucinare! Così avrebbe potuto fare direttamente la torta che gli avrebbe poi portato.

Una quest secondaria nel videogioco privo di eventi.

Al momento Denny era al proprio tavolo, prenotato dal pomeriggio, e che teneva occupato intento a studiare da circa tre ore, senza dare l’impressione di volersi alzare tanto presto.

Di posti ce n’erano un’infinità, dato che era solo mercoledì, e non dava fastidio a nessuno in un tavolo piccolo in un angolo della sala, quindi Mathi sperava restasse il più possibile.

Già solo vederlo da lontano avrebbe reso quel compleanno il più bello del mondo.

Girando per i tavoli, per pulire, portare o prendere ordinazioni varie, ad un certo punto venne chiamato dal ragazzo, e il sorriso gli raggiunse le labbra senza che potesse trattenerlo.

-Hai bisogno di qualcosa?- chiese, prendendo la bibita ormai vuota e preparandosi a segnare un nuovo ordine.

-Oh, no. Sono a posto, ma volevo chiederti… ecco… quando hai un momento di pausa?- senza riuscire a guardarlo negli occhi per l’imbarazzo, Denny fissò per tutto il tempo le proprie dita e la tovaglietta martoriata sotto di lui.

Era sempre più adorabile ogni giorno che passava.

-La mia prossima pausa è tra circa quaranta minuti- rispose, osservando l’orologio, e cercando di non farsi riempire di speranza.

Al massimo avrebbero avuto una brevissima chiacchierata, che probabilmente si sarebbe conclusa con la fuga di Denny causata dal gay panic.

-Okay… ehm… potremmo parlare qualche minuto durante la tua pausa?- propose Denny, in un sussurro, arrossendo ulteriormente.

Mathi sorrise con gioia, anche se Denny non lo poteva vedere.

-Certo! Con piacere!- rispose, prima di lasciarlo al suo studio e tornare a lavoro.

L’eccitazione si trasformò presto in terrore quando iniziò a chiedersi perché Denny volesse parlargli. Voleva forse troncare ogni rapporto? O di essere solo conoscenti? O che il suo caffè faceva schifo?

Non era colpa di Mathi se aveva imparato a fare il caffè solo da quando lavorava lì! Era pienamente consapevole di essere una ciofeca.

Quando arrivò la pausa, aveva avuto abbastanza tempo per farsi ogni tipo di aspettativa negativa, quindi raggiunse Denny già triste e pronto ad essere abbandonato.

Non lo biasimava.

Denny non avrebbe mai combinato nulla a stare appresso ad un tipo come lui.

Mathi avrebbe dovuto restare all’agenzia e basta, senza cercare di recuperare una vita ormai condannata.

Si avvicinò al tavolo del ragazzo con sguardo basso, e nel momento stesso in cui lo notò, Denny si alzò di scatto, prendendo la borsa e arrossendo nuovamente.

No, Mathi aveva fatto bene a non restare all’agenzia. Almeno poteva guardarlo con quel volto adorabile. Awww, Denny era così carino!

Peccato che sicuramente gli avrebbe detto di non vedersi mai più per motivi ignoti a Mathi ma sicuramente giustificabili.

-Uhm… vuoi parlare qui, o…?- Mathi indicò il tavolo, poi indicò la porta sul retro, senza sapere cosa volesse Denny.

-Ti che fai di solito in pausa?- chiese Denny, un po’ a disagio.

-Di solito prendo una boccata d’aria e mangio qualcosa- rispose Mathi. In effetti aveva proprio bisogno di mangiare il panino che Roelke gli aveva preparato con tanto amore.

Aveva stretto una grande amicizia con i coniugi King, da quando viveva con loro.

Anche se sapeva bene di non poter stare lì ancora a lungo.

In sette mesi massimo doveva necessariamente sloggiare.

A meno che non avessero bisogno di un babysitter… poteva essere un’idea.

-Allora ti accompagno fuori- Denny gli si avvicinò, distogliendolo dai suoi pensieri, ed entrambi si avviarono fuori, dove l’allontanamento non sarebbe stato visto da tutta la città e dove Mathi avrebbe avuto più possibilità di mantenere un briciolo di dignità agli occhi degli altri.

Si sedettero sul muretto vicino ai cespugli, luogo di grandi momenti passati insieme… principalmente momenti negativi, ma dettagli.

-Come va lo studio?- chiese Mathi, dopo almeno un minuto pieno di totale e imbarazzato silenzio, prendendo il panino e iniziando a mangiare.

-Oh? Oh! Bene! Alla grande! Le materie del secondo anno sono più difficili ma anche molto interessanti. Il professore ci ha chiesto di portare un approfondimento sulle leggi di un paese europeo a nostra scelta e sto studiando a fondo la costituzione di Agaliria! Chissà, magari potrei aiutare Max con la questione di Veronika- raccontò Denny, sbloccandosi nel parlare della sua passione. 

I suoi occhi si illuminavano quando era emozionato per qualcosa.

Sembrava quasi aver dimenticato l’imbarazzo.

-Potresti chiedere a Roelke. Sicuramente è molto esperta di leggi agaliriane- provò a suggerire. Dopotutto era la ex principessa.

-Oh, no! Non voglio disturbarla. Magari le da fastidio parlare di quel posto. E poi la vedo così stressata questi giorni. Sta male, per caso?- chiese Denny, preoccupato.

-Nah, macché. Tutto il contrario, splende come un sole estivo- Mathi lo rassicurò, senza dire chiaro e tondo cosa avesse Roelke. Era un segreto, per il momento, lo sapevano solo loro tre.

E i genitori di Kodie.

Quindi erano in cinque a conoscere la gravidanza della donna.

-Roelke è incinta?!- chiese Denny, incredulo.

Okay… in sei?

-Come diavolo l’hai capito dalla mia frase strana?!- chiese Mathi, sconvolto.

-Non lo so! Mi è venuto il dubbio. Hai detto che splende, e nei prodotti mediali viene sempre detto che una donna incinta brilla e splende, quindi… oh, wow! Che bella notizia!- Denny era esaltato.

-Shhh, è un segreto! Non dirlo a nessuno, soprattutto ad Amabelle- Mathi lo interruppe mettendogli una mano sulla bocca e guardandosi intorno.

Non voleva rischiare che la notizia andasse in giro e Roelke lo cacciasse di casa perché non si fidava più di lui.

Denny si irrigidì di scatto, e arrossì vistosamente.

Mathi si rese conto di quello che aveva fatto, e si affrettò a togliere la mano, arrossendo vistosamente a sua volta.

-Sc_scus…-

-Non lo direi mai ad Amabelle! Non lo dirò neanche a Max. Starò in silenzio assoluto!- si affrettò ad assicurare Denny, evitando il suo sguardo.

-Sì, bene… grazie- Mathi si concentrò sul proprio panino.

-Mmm… Mathi?- dopo qualche altro secondo di silenzio imbarazzato, nel quale Mathi riuscì a finire di mangiare, Denny attirò nuovamente l’attenzione dell’amico.

-Sì?- Mathi si girò verso di lui, e si ritrovò faccia a faccia con un regalo.

Il suo cuore perse un battito.

-Cosa?- chiese, sconvolto, mentre il battito perduto veniva recuperato con un’accelerazione innaturale.

-Buon compleanno! Non sapevo bene cosa potesse servirti. Non avevo neanche molti soldi, quindi ho preso solo un piccolo pensierino, ma volevo dartelo. E spero ti piaccia!- Denny gli porse il pacchetto con mani tremanti, fissando le proprie scarpe.

Mathi lo prese con grande esitazione. Aveva la bocca secca, e non credeva di riuscire a parlare. Fissava il regalo come se fosse una bomba pronta ad esplodere, anche se in fondo sapeva che l’unica bomba pronta ad esplodere era lui stesso. Un’esplosone che inevitabilmente avrebbe portato alla luce tutte le emozioni negative che stava tentando invano di seppellire.

Cercò di tenerle a bada, ma era difficile ignorare il battito sempre più forsennato del suo cuore.

Denny gli aveva fatto un regalo di compleanno.

Non solo, conosceva il suo compleanno. Mathi non credeva di averglielo neanche detto, ma se anche era stato così, come aveva fatto Denny a ricordarlo?! Perché si era preoccupato di fargli un regalo quando al momento non erano nemmeno amici?! Quando Mathi non meritava neanche il suo perdono o un suo saluto.

-Era oggi, vero? Io ricordavo il 6 Novembre, ma forse ricordo male? Era il nove? O era ad Ottobre? No, no, era uno degli ultimi mesi dell’anno… Dicembre, magari? No, ricordavo Novembre. Ma sicuramente ho sbagliato, il giorno, mi dispiace- Denny iniziò a farsi mille paranoie, imbarazzato ed ansioso. Mathi scosse la testa.

-Sì…- sussurrò tra sé, ascoltando appena quello che aveva appena detto. La sua testa era completamente vuota. Stringeva il regalo tra le mani come un’ancora vitale che però rischiava davvero di esplodergli in faccia.

-Ho sbagliato?! Mi dispiace!- il tono di Denny si fece super acuto, e fece per riprendere il regalo.

Mathi lo scansò dalle sue mani.

-No! No… è oggi!- lo rassicurò, facendogli tirare un sospiro di sollievo.

-Per fortuna! Mi stava venendo un’ansia assurda perché non me lo hai ricordato quindi iniziavo a pensare di aver sbagliato il giorno ma ero così convinto fosse oggi…- 

-Come?- chiese Mathi, ancora incredulo.

-Ne abbiamo parlato… il giorno del mio compleanno, ricordi?-

Vagamente. Quel giorno lo avevano passato insieme, era stato l’ultimo giorno della loro amicizia prima che Mathi rovinasse tutto prima con il bacio, poi con la sua doppia vita.

-Sì… no… non ricordavo di averti detto il giorno del mio compleanno- ammise, tornando a guardare il regalo con tristezza. Non meritava che Denny fosse così gentile con lui, quando lui non aveva fatto altro che rischiare di rovinargli la vita.

-Se non ti piace festeggiarlo… va bene. Ma ci tenevo a farti un regalo, e a starti vicino… come tu sei stato vicino a te- borbottò Denny, a voce bassa, come se temesse di disturbare Mathi con la sua confessione.

-Posso aprirlo?- chiese Mathi, accennando un timido sguardo verso di lui.

Denny si illuminò.

-Certo! È per te! Ma non aspettarti niente di ché. È davvero una sciocchezza- Denny lo incoraggiò ad aprirlo, e a scapito delle sue parole, si vedeva che era molto eccitato all’idea di vederlo aprire il regalo, come se fosse stato lui a riceverne uno.

Le mani di Mathi tremavano incerte, ma cercò di aprire il pacco senza strappare la carta. La dimensione sembrava quella di un libro. Forse un qualche manuale di gioco, o un manga. 

Non si aspettava di ritrovarsi con un’agenda con la copertina di Ace Attorney.

La sfogliò appena, meccanicamente, e nella prima pagina trovò una foto di lui, Denny e Aggie al New Malfair Comic & Games, in cosplay, e una dedica: 

“Per organizzare la tua nuova e meritatissima vita!”

A vedere sua sorella in costume, la dedica, il pensiero che Denny tenesse a lui nonostante tutto, e la prospettiva di una nuova vita, che ancora non aveva del tutto afferrato, la bomba esplose.

E Mathi scoppiò a piangere.

Fu più forte di lui. 

Tutte le sue ansie, paure, incertezze e confusione vennero alla luce, in un pianto liberatorio e disperato, che colse Denny del tutto impreparato.

Mathi aggiunse ai vari sensi di colpa anche quello nei confronti del ragazzo, che gli aveva fatto uno dei regali più belli che avesse ricevuto in vita sua, e sicuramente sembrava che Mathi non lo avesse apprezzato.

Non ne combinava una giusta!

Ma Denny lo stupì, perché dopo essere sobbalzato per la sorpresa, si affrettò ad abbracciarlo.

-Mathi… va tutto bene- lo strinse a sé, accarezzandogli la schiena.

-Sc_Scusa…- Mathi provò a smettere di piangere, a farsi forza, a non abbandonarsi tra le braccia del ragazzo che gli aveva praticamente restituito la vita. Doveva essere forte, per lui. Era lui a doverlo proteggere, a doverlo aiutare a combattere la sua ansia, a doverlo aspettare con un sorriso e rassicurazione.

Ma Denny non gli permise di allontanarsi, e lo strinse più forte.

-Sfogati, Mathi. Butta tutto fuori- lo incoraggiò, in tono dolce.

-No, non devo fare così, dovrei essere felice, dovrei essere… sono libero! Sono felice! Sono al sicuro, non ho il diritto di piangere!- Mathi lo scansò con più decisione, e cercò di asciugarsi le lacrime che imperterrite continuavano a rigargli le guance e rischiavano di finire sull’agenda.

Aveva in gola un groppo enorme, e a malapena riusciva a parlare.

Ma aveva bisogno di ricordarsi la sua immensa fortuna. Non aveva davvero il diritto di piangere quando c’erano persone che stavano mille volte peggio di lui! Non aveva motivi per essere triste!

-Tutti hanno il diritto di piangere. Soprattutto dopo quello che hai passato tu. Se non vuoi farlo davanti a me va bene, ma sono stato un pessimo amico, e voglio starti vicino, Mathi… Matthew. Almeno finché non sarai davvero felice- Denny non provò nuovamente ad abbracciarlo, ma gli si avvicinò, cercando il suo sguardo.

Era calmo, incoraggiante, deciso e confortante.

Era incredibile come una persona ansiosa come lui fosse capace di tale sangue freddo quando si trattava di aiutare gli altri.

Denny era davvero la persona più straordinaria che Mathi avesse mai incontrato.

E alla fine si abbandonò.

Strinse l’agenda al petto e lasciò che le lacrime fluissero liberamente.

-Sono stanco…- ammise, tra i singhiozzi -…mi sento perso, bloccato, senza niente e nessuno…- iniziò a sfogarsi, seppellendo il volto sulle ginocchia. Fingendo di non stare dicendo tutti i suoi problemi al ragazzo di cui era follemente innamorato che sicuramente l’avrebbe poi visto con altri occhi.

-…pensavo che andando via dall’agenzia tutto sarebbe andato bene, ma non ho che il mio lavoro. Non so bene che altro fare della mia vita. E mi manca tantissimo mia sorella. Non hai idea di quanto mi manchi…- 

-Perché non provi a contattarla?- gli suggerì timidamente Denny, dandogli qualche pacca sulla schiena.

-…ci ho pensato. Ci penso ogni giorno, ma non ci riesco. Ho troppa paura della sua reazione. Magari sta meglio senza di me. Sicuramente mi odia per averla abbandonata, e non la biasimo. Sono una persona orribile. Era meglio se restavo all’agenzia!- scosse la testa, abbattendosi come era sua abitudine. Le pacche sulla schiena si fermarono.

-Non è vero, Mathi- il tono di Denny era fermo, quasi arrabbiato.

Mathi scosse la testa.

-Sei troppo buono con me, Denny. Ma io non merito la tua amicizia. Non merito neanche la tua cortesia. Per tutto questo tempo sei stato amico di una maschera, e l’ho indossata così a lungo che non ho la più pallida idea di cosa ci sia dietro, so solo che non vale la pena perderci tempo. Dovresti cercare di meglio- gli suggerì, tra le lacrime, dandogli le spalle per allontanarlo fisicamente da lui, oltre che emotivamente.

-Mi hai detto che ero la cosa più vera che ti fosse capitata da tre anni a questa parte- gli ricordò Denny, in tono impassibile. Senza poterlo vedere in faccia, Mathi non aveva la più pallida idea di quale potesse essere la sua espressione.

Non rispose alla provocazione.

-Beh… io non mi sono mai sentito così bene come quando ero con te. Al finto appuntamento, sulle piste da sci, durante le serate cinema o a lezione. Forse con altri hai indossato una maschera, ma non con me. Io mi rifiuto di credere che il Mathi che conosco e che amo non sia altro che una maschera da agenzia. Tu sei il mio Mathi. E non ti lascerò andare finché non ti avrò aiutato a recuperare tutti i pezzi del tuo vero io- lo abbracciò da dietro, con forza, seppellendo il volto sulla sua schiena.

Mathi avvertì il suo calore, il suo affetto, e le sue lacrime, che lentamente iniziavano a bagnargli la maglietta.

Chiuse gli occhi, e si abbandonò al suo tocco gentile.

Forse poteva davvero ricominciare, con lui.

Forse la sua vita non era finita a ventitré anni… pardon, ventiquattro, ormai.

Dopo parecchi minuti passati in silenzio, abbracciati, Mathi si scansò, e si girò verso Denny, asciugando le ultime lacrime rimaste.

Denny fece altrettanto.

-Scusa…- cominciò costernato per essere crollato in quel modo, ma allo stesso tempo felice che Denny fosse stato con lui.

-Non scusarti. Stai un po’ meglio?- chiese il ragazzo, accennando un sorrisino.

Per tutta risposta Mathi lo abbracciò, per davvero stavolta, anche se per pochi secondi.

-Adoro il tuo regalo. Grazie- gli sussurrò, un po’ a disagio.

-Mathi… che ne diresti di tornare nella Corona Crew? Ricominciare a piccoli passi, facendoti qualche amico, uscendo qualche sera, e, non so…- gli propose Denny, imbarazzato.

Mathi ci pensò qualche secondo, poi gli prese la mano.

-Mi farebbe piacere- ammise, tremando appena.

Non era ancora convinto di poter ricominciare, ma se c’era Denny con lui, pronto a seguirlo in ogni passo, era convinto che sarebbe riuscito a fare qualsiasi cosa.

Denny, dal canto suo, era sempre più convinto che era stato orribile ad aspettare così tanto prima di ricontattarlo, facendosi bloccare da un insignificante gay panic. Ora che c’era un nuovo tosto problema da affrontare, stare con Mathi era diventato semplice e necessario come respirare, e avrebbe fatto di tutto pur di aiutarlo.

Anche farsi odiare.

…il suo proposito era compiuto, ma forse era il caso di compiere una quarta e ultima azione spericolata e suicida.

Sperava solo di non farsi odiare troppo.

 

Venerdì 15 Novembre 

C’erano state delle serate cinema, in quelle settimane, ma quella era la prima serata cinema seria da quando Norman era tornato a Harriswood, dopo tutti i casini.

E con “seria” si intendeva con tutti i membri della Corona Crew, e non solo i soliti Max, Clover, Denny e a volte Amabelle e Norman. 

No, quella era una serata cinema bella piena, dato che oltre ai cinque già citati, c’erano anche tutti gli altri membri del gruppo, ovvero Felix, Mirren, Petra, Diego e anche un redivivo Mathi, che non aveva spiegato bene i motivi che lo avevano allontanato tutto il tempo, ma era stato accolto a braccia aperte soprattutto da Amabelle, che aveva immediatamente preso Norman e Petra da parte per riaprire ufficialmente la sezione Mathenny del progetto Matchmakers 2.0.

Norman non aveva avuto nulla da obiettare.

Anche se iniziava ad organizzarsi per un progetto nuovo e personale chiamato “Operazione Match the Matchmakers” abbreviato in OMM… perché serviva molto yoga per provare a portarlo a termine.

Questa operazione aveva come obiettivo unire Petra e Amabelle.

Perché Norman era stanco dell’atteggiamento passivo evasivo di Amabelle, e dato che lei non agiva, avrebbe agito lui per lei, ripagandola dei mesi passati ad immischiarsi con la stessa moneta… ma in maniera più discreta.

Quando ci si metteva, Norman era un vero genio del male.

Il problema era che non aveva molto tempo per mettercisi, quindi doveva in fretta trovare alleati, magari nelle coppie già formate.

…che al momento erano Felix e Mirren, e… Clover e Diego?

-Non ci credo. Ci state nuovamente prendendo in giro- stava dicendo Petra, sicura nella sua affermazione, appoggiata da una Amabelle che squadrava i due seduti sul divano cercando segnali compromettenti che confermassero la relazione che i due avevano annunciato con molta nonchalance alla inchiesta di Amabelle.

Considerando che Clover era seduta sulle gambe di Diego e ogni tanto lo imboccava di pop-corn, per gli standard di Norman erano pronti alle nozze.

Amabelle aveva standard diversi.

-Vogliamo una prova più schiacciante. Ci avete preso in giro per mesi! Siete diventati bravi a fingere- li accusò infatti, incrociando le braccia e apparendo molto scettica.

-Non è cambiato proprio nulla- osservò Mathi divertito, sussurrando all’orecchio di Denny, che ridacchiò e arrossì parecchio.

Anche la loro relazione sembrava non essere cambiata affatto.

-Senti, Amabelle, perché dovremmo fingere di nuovo? Non avrebbe senso rifare la stessa pagliacciata, non credi?- chiese Diego, cercando di vedere la situazione con logica.

Prima che Amabelle potesse obiettare, Clover zittì ogni possibile replica prendendo il volto di Diego e baciandolo con passione, e lasciando tutti senza parole.

Max coprì gli occhi del fratello, quasi distrattamente.

-Ehi, non sono un bambino!- si lamentò lui, indignato.

-La nostra tecnica è migliore- sussurrò Felix all’orecchio di Mirren, guadagnandosi una gomitata da parte del suddetto, imbarazzato.

-Vogliamo fare una gara?- chiese Clover, dopo essersi staccata, lanciando un’occhiata di sfida nei confronti della coppia, e facendo ridacchiare Felix.

Diego era rimasto completamente scombussolato, e ci mise qualche secondo a riprendersi e a rimbrottare Clover per la proposta.

Ma mai quanto ci misero Amabelle e Petra, che fissarono i due con identiche espressioni sbigottite, senza credere a ciò che avevano appena assistito.

-Wow- disse infine Petra, incapace di commentare altro.

-Bene… Sì, direi che era una prova sufficiente- cedette Amabelle, in tono neutro.

Poi ci ripensò, e si fece prendere dalla gioia.

-Aspetta! Quindi due coppie su quattro sono canon! Sono a metà del proposito!- esclamò, emozionata, rendendosi conto del successo.

-E rimarrai a metà del proposito, preparati- borbottò Max, controllando qualcosa sul telefono e poi gettandolo in direzione di Clover, che lo prese al volo sospirando.

-Beh, non è detto, potresti arrivare a tre quarti- commentò Denny, distrattamente, mentre sceglieva il film.

-Ohhhhh, cos’abbiamo qui? È una confessione, questa?- Amabelle subito gli si fiondò addosso fiutando l’occasione, e Denny sobbalzò, rendendosi conto di ciò che aveva appena detto, e arrossendo così tanto che Norman poteva giurare i capelli gli si erano appena tinti di sfumature ramate.

O forse era solo la luce. Era improbabile che Denny avesse ottenuto dei poteri magici che lo facevano arrossire in luoghi improbabili.

-Non intendevo niente! Assolutamente niente! Amabelle non starmi addosso! Ho scelto il film!- Denny prese un DVD dalla loro piccola ma interessante collezione, messa a disposizione per il primo film dato che Netflix era in manutenzione e sarebbe tornato online in un paio d’ore.

-Mathi, tu che pensi al riguardo?- Amabelle abbandonò il ragazzo per rivolgersi al redivivo del gruppo, che stava fissando Denny con affetto e una punta di tristezza.

Sposto lo sguardo su Amabelle con un grande sorriso.

-Io penso che sono felicissimo di aver recuperato la mia amicizia con Denny e di essere qui con il gruppo- rispose, sinceramente, ma non approfondendo come Amabelle avrebbe voluto.

-Sì, ma…- 

-Amabelle, lasciali in pace, dai- la riprese Norman prima che potesse insistere troppo. Era chiaro che entrambi non fossero ancora pronti a portare la relazione ad un livello successivo… sebbene fosse altrettanto chiaro che entrambi avrebbero voluto, davvero un sacco.

-Okay… che film vediamo?- dando prova di essere davvero migliorata (per alcune cose, almeno) Amabelle si rimise seduta, e guardò la televisione con curiosità.

Erano un sacco in uno spazio davvero stretto, quindi lei, Felix, Denny e Mathi erano finiti seduti a terra, in mezzo a coperte e cuscini. L’aria invernale, dopotutto, iniziava a farsi sentire.

-Little Miss Sunshine- rispose Denny, mentre lo schermo mostrava il menù del film. 

-Oh, un classico! Ottima scelta- commentò Clover, con occhi brillanti. Era uno dei suoi film preferiti, e ne approfitto per consigliarvelo, dato che è anche uno dei miei film preferiti, e cerco di spammarlo il più possibile. Per chi ha Disney+, lo potete trovare lì.

Ma spam a parte, il gruppo vide il film senza incidenti di sorta, ma solo qualche commento. Piacque a tutti, e alla fine della proiezione, Norman poteva giurare che Clover si fosse discretamente asciugata gli occhi.

-Top 5 finali più belli per un film- commentò Felix mentre scorrevano i titoli di coda.

-Non l’avevo mai visto… è bellissimo. Top 10 dei miei film preferiti- Mathi non piangeva affatto discretamente, anzi, si asciugò le lacrime con grande enfasi. 

Denny sembrava estremamente soddisfatto della sua scelta. 

-A chi tocca adesso?- chiese Norman, guardando l’ora e prendendo il telecomando.

-Allora, dato che è la prima volta che vengono da un secolo e mezzo, direi uno a caso tra Felix e Mirren- rifletté Clover, pensierosa.

Norman porse il telecomando a Felix.

-Wow, davvero?! Mirren, vuoi scegliere tu?- Felix cedette lo scettro del potere al ragazzo, che però lo rispedì al mittente.

-Sai bene che ho pessimo gusto in fatto di film- ammise, a denti stretti.

-io finirei per vedere un cartone Disney- ridacchiò Felix, dando prova di avere invece ottimi gusti.

-È un secolo che non vediamo un bel classico Disney! Io approvo!- Amabelle era dalla sua parte, lo abbracciò entusiasta.

-Magari uno senza… voi sapete cosa- suggerì Clover, lanciando un’occhiata preoccupata verso Max, che aveva ripreso il telefono e lo fissava distrattamente. Sembrava non ascoltare una parola di quello che si stavano dicendo, e probabilmente aveva visto il film solo a pezzi, troppo preso dal dispositivo e dai suoi pensieri.

-Cosa?- chiesero Felix e Amabelle, completamente ignari del significato nascosto della frase di Clover, guardandola in cerca di risposte.

-Insomma… voi sapete chi…- Clover indicò Max con la testa.

Amabelle e Felix si guardarono sempre più confusi.

-Voldemort?- chiesero insieme.

-Noooo- ormai Clover stava indicando chiaramente Max, che non si era accorto di nulla.

-Max?- chiesero i due amici, senza capire, e attirando finalmente l’attenzione del ragazzo, che sollevò la testa verso di loro.

-No, idioti! Principesse!- sbottò Clover, perdendo la pazienza, e tappandosi immediatamente la bocca per essersi lasciata sfuggire la parola.

-Ahhhhh… OH! GIUSTO! SCUSA!- Amabelle e Felix erano così in sintonia da sembrava robot creati in serie, e guardarono l’ignaro Max con occhi mortificati.

-Principesse? Un film di principesse? Potete metterlo, eh, non vi trattenete per me… a chi tocca scegliere?- come svegliato da un sogno, Max si guardò intorno cercando di capire cosa si fosse perso. Clover gli diede qualche pacca sulla spalla.

-Ho dato il telecomando a Felix, ma me ne sono aspramente pentita- dopo aver usato un tono dolcissimo verso il migliore amico, Clover lanciò un’occhiata assassina verso Felix e Amabelle, che si ritirarono, preoccupati per la loro salute fisica.

-Comunque non temere! Pensavo di mettere…- Felix cominciò deciso, poi si interruppe, senza riuscire a pensare ad un film Disney senza principesse.

Non era colpa sua se erano i suoi preferiti.

-Che ne dici di un Toy Story?- propose Mirren, incoraggiante.

Era un Pixar, non un Disney, ma dettagli.

-Non il 4!- obiettò immediatamente Denny, pronto a lamentarsi di quanto facesse schifo nella sua opinione.

-No, aspetta, abbiamo solo Netflix, giusto? Netflix non ha film Disney… che ne dite di Shrek?- Felix alla fine ebbe una proposta vincente, che mise in accordo tutti.

…purtroppo, Netflix era ancora in manutenzione.

-Va bene… abbiamo circa un quarto d’ora per chiacchierare del più e del meno… o vediamo qualcosa da youtube collegandolo alla TV?- propose Mathi, prendendo il telefono e dimostrando di essere il più esperto di tecnologie, lì dentro (non che ci volesse molto).

-Vada per le chiacchiere!- esclamò Amabelle, battendo le mani entusiasta.

-Visto che c’è un po’ di tempo, Amabelle, volevo chiederti se ti va di…- Petra approfittò della pausa per rivolgersi all’amica, che senza neanche farla finire si alzò di scatto, improvvisamente agitata.

-Io vado a fare altri pop-corn!- esclamò in tono acuto, prima di correre in cucina.

-Ti raggiungo- Max si alzò a sua volta, sospirando come spesso faceva quel giorno… e nelle ultime settimane.

-Volevo solo chiederle se le andava di venire alla cena di domani- Petra incrociò le braccia e fece il muso.

-Vuoi dire alla cena alla quale io non parteciperò?- chiese Mirren, facendo il muso a sua volta.

-Dai, Mirr, è un’occasione per recuperare! Sono felice che tuo padre abbia invitato tutti!- Felix si appoggiò alle sue gambe, che gli avevano fatto da poggia schiena tutto il tempo, e gli sorrise incoraggiante.

Mirren non lo guardò.

-Entrare nella tana del lupo senza che lui mi abbia invitato personalmente… no grazie!- insistette, irritato.

Norman aveva una vaga idea di quale fosse il problema. Negli ultimi tempi Mirren era ai ferri cortissimi con suo padre, a causa del coming out, e quindi viveva da Felix. Petra gli aveva detto che aveva organizzato per sabato una cena con i Durke, si sperava nel tentativo di farsi perdonare e riaccettare a casa il figlio.

Norman sperava davvero che la situazione si risolvesse per il meglio, ma non si aspettava che Mirren fosse tanto restio a partecipare.

-Ci credo che non ha potuto invitarti, hai bloccato il suo numero- gli fece presente Petra, roteando gli occhi.

-Probabilmente tirerà fuori qualche manovra strana, invitando la mia nuova collega, o avvelenando il cibo sotto guida di Bonnie- ipotizzò Mirren, melodrammatico come non era mai (che Felix lo stesse influenzando in modo negativo?).

-Bonnie è stata cacciata via- obiettò Petra, con una certa soddisfazione.

-E poi dubito che tuo padre sia così sprovveduto da avvelenare tutti gli ospiti in casa sua, verrebbe scoperto subito- Felix gli fece notare con logica che raramente usava (che Mirren lo stesse influenzando in modo positivo?).

-Lasciamo stare per ora!- Mirren chiuse la conversazione, che in effetti era parecchio personale per una chiacchierata di gruppo.

Anche se Norman era l’unico che la stava ascoltando, dato che Clover e Diego avevano iniziato a parlare tra loro in maniera sdolcinata (o quantomeno sembrava sdolcinata agli occhi di Norman) e Mathi e Denny parlavano di videogiochi, anche loro in maniera abbastanza sdolcinata, dato che erano davvero tanto tanto vicini tra loro.

-Petra, perché non vai a controllare cosa stanno facendo Amabelle e Max? Puoi chiedere ad Amabelle di venire alla cena domani- suggerì Norman, cercando di essere il più discreto possibile, e controllando l’orologio.

-Forse è meglio. Nessuno mi rubi il posto!- mettendo la propria giacca sul divanetto che aveva conquistato con le unghie e con i denti, lanciando principalmente un’occhiata assassina verso Felix, Petra si diresse in cucina.

Felix non perse tempo per sedersi sul divanetto, piegando la giacca di Petra e posandola alle sue spalle.

-Che bello essere alla tua stessa altezza- Felix guardò Mirren con grande amore, arrivandogli a pochi centimetri dal volto.

-Ci tieni tanto a liberarti della mia presenza in casa tua, eh?- lo provocò Mirren, con volto impassibile. Si vedeva che si era ormai abituato a ritrovarsi il proprio ragazzo a pochi centimetri dalla faccia. Un tempo sarebbe arrossito come un pomodoro.

-Lo sai che non è per questo. Per quel che mi riguarda potremmo prenderci una casa insieme e andare a convivere anche seduta stante. Voglio che le cose si risolvano- senza cedere neanche un secondo alla provocazione, Felix lo fissò sempre più profondamente negli occhi, avvicinandosi ancora un po’.

E dopo qualche istante di silenziosa lotta di sguardi, Mirren distolse il proprio, e sospirò.

-Vengo solo per te, sappilo. E se il cibo ha un sapore strano andiamo immediatamente all’ospedale- cedette infine -Oh, e non stare mai da solo con mio padre! Ho paura di ciò che potrebbe farti!- aggiunse poi, ritornando a guardarlo.

-Ti preoccupi troppo, Mirr- Felix ridacchiò, e gli diede un fugace bacio a fior di labbra.

Certo che ne avevano fatti di progressi dall’inizio dell’anno!

-Povera Amabelle, che si perde questo oro- osservò Clover, che si era interessata alla conversazione da quando Petra era andata via, e si era alzata per sgranchire le gambe.

Si avvicinò a Norman.

-Allora, Norm. Per quale motivo hai cacciato Petra? Vuoi parlare con noi da solo?- gli cinse le spalle e gli parlò in tono confidenziale.

Norman non si aspettava di essere beccato così malamente.

Le tre coppie gli si rivolsero con curiosità.

-Beh… non posso negarlo. Speravo di ottenere un aiuto da voi- ammise, pensando all’OMM.

Almeno Clover gli aveva dato una buona scusa per tirarla fuori.

-Sai che sono sempre disposto ad aiutarti, di che hai bisogno?- Mirren diede immediatamente la sua disponibilità, probabilmente pensando fosse una faccenda sulla scuola o legata al lavoro.

Probabilmente era quello che meno avrebbe apprezzato l’OMM, ma non poteva certo chiedere anche a lui di lasciare la stanza ora che il gatto era fuori dal sacco.

-Beh, riguarda le nostre adorate Matchmakers, e i loro piani di unire le coppie- esordì, senza sapere bene come spiegare la situazione.

-Sì, piani fondamentalmente ormai riusciti- osservò Diego, che non capiva dove la situazione volesse andare a parare.

-Io e Mathi non stiamo ancora insieme- ci tenne a sottolineare Denny.

Sia lui che Mathi (e il resto della sala) si resero presto conto delle parole usate, e arrossirono vistosamente.

-Cioè… io e Mathi non stiamo insieme! Fine!- si corresse il ragazzo, anche se era chiaramente troppo tardi.

Tutti lo ignorarono.

-Volevo avviare l’Operazione Match the Matchmakers, per unire Petra e Amabelle, che sono chiaramente cotte l’una dell’altra, ma Amabelle è troppo codarda per ammetterlo, e Petra viene sempre interrotta dalla codardia di Amabelle- spiegò in breve, assicurandosi con la coda dell’occhio che nessuna delle citate rientrasse nella stanza.

Mirren rabbrividì.

-Se pensi che sia necessario… suppongo che aiutare mia sorella mi renderebbe una persona migliore- commentò a denti stretti. Era chiaro che avrebbe fatto di tutto per evitare di avere Amabelle come cognata. Ma che dire, all’amor non si comanda.

-Uhhhh, intendi tipo vendicarci per i piani assurdi che ha fatto nei nostri confronti?!- chiese Felix, pregustando il divertimento.

-Potremmo usare le sue manette contro di lei! Le porta ancora appresso, prima le ho trovate mentre le facevo vedere un trucco di magia- osservò Mathi, interessato all’idea.

-Se c’è qualcuno che merita quelle manette è lei- gli diede man forte Denny, dando allo stesso tempo la sua adesione.

-Sei molto più interessante di quanto ti dessi credito! Mi piace il tuo lato da genio del male! Ci sto!- anche Clover salì sulla barca.

-Sarà divertente- seguita a ruota da Diego.

-Ottimo! Dobbiamo elaborare una strategia funzionale e allo stesso tempo discreta che non rovini la situazione come ha fatto lei con voi- Norman iniziò a riflettere su come utilizzare le nuove armi a sua disposizione.

-Sì! Qualcosa che funzioni entro la fine dell’anno, ovvero in un mese e mezzo massimo- gli diede man forte Diego.

-Vabbè, dai, anche se sforiamo di qualche settimana non sarà la fine del mondo- Clover provò a vederla più scialla.

-Ma che sei matta?! Questa storia deve finire entro capodanno! Non si può sforare di qualche giorno!- la corresse Denny, scandalizzato.

-In che senso “questa storia”?- chiese Mirren, confuso.

La replica difficile venne stroncata dall’arrivo in sala dei tre dispersi, con Amabelle a disagio, Petra irritata, e Max più distratto che mai.

Per fortuna portavano anche parecchi pop-corn.

-Di che parlavate?- chiese Amabelle, cercando di entrare nella conversazione per distrarsi dallo sguardo profondo di Petra.

-Del fatto che la manutenzione è finita ed è ora di vedere Shrek!- Mathi trovò immediatamente una scappatoia, accendendo la televisione e mettendo Netflix.

-Ehi, tu! Scendi dal mio divanetto!- Petra cacciò malamente Felix dal suo posto, lanciandogli contro qualche pop corn e colpendolo con estrema precisione.

-Te lo stavo tenendo al caldo- provò a giustificarsi Felix, alzandosi immediatamente e tornando a terra.

Il resto della serata procedette senza intoppi.

 

A fine serata, Max quasi non si era accorto del tempo trascorso.

Probabilmente perché aveva passato buona parte della serata a struggersi su come rispondere all’ultimo messaggio di Strelitzia, che ultimamente gli scriveva quasi ogni giorno sia per una semplice chiacchierata, che per veri e propri consigli.

Il messaggio che l’aveva tenuto in tensione tutta la sera era stato un semplice quanto banale: “Hey, come va? Cosa fai oggi?” al quale, dopo tanta ponderazione e attesa, Max aveva risposto “Meh, niente di che, sto con gli amici, tu?”.

Strelitzia non aveva ancora replicato. Cosa comprensibile, dato che a quell’ora, ad Agaliria, erano tipo… boh. Max non riusciva ancora ad abituarsi al fuso orario.

Era troppo distratto per fare uno sforzo nel pensarci.

Sospirò per forse la ventesima volta quella sera, e mise via il telefono, cercando di non pensarci.

Si rese conto che la sala si era quasi completamente svuotata, e restavano solo Mathi, Norman, Clover e Diego, intenti ad aiutare a mettere a posto.

Si alzò per dare una mano a sua volta, ma venne spinto nuovamente sul divano da Clover, che si era accorta del suo stato di confusione.

-Max, possiamo parlare un minuto?- chiese, sedendosi accanto a lui.

Il ragazzo non era proprio ansioso di chiacchierare, ma annuì, sapendo di dovere almeno alla sua migliore amica delle spiegazioni.

E poi chissà, magari Clover l’avrebbe aiutato a mettere ordine nella sua testa.

-Di cosa?- chiese, facendo il finto tonto perché se Clover non avrebbe tirato fuori l’argomento col cavolo che l’avrebbe tirato fuori lui.

-Di tu sai chi- rispose la ragazza.

-Voldemort?- chiese Max, fingendo ignoranza, e beccandosi uno scappellotto.

-Okay, era pessima. Uff…- Max sospirò, e si mise più comodo sul divano.

-Clover, non so che fare- ammise quindi, prendendosi il volto tra le mani, in estrema difficoltà.

Clover gli diede qualche pacca sulla spalla.

-Va bene, tiro ad indovinare o mi dici quello che è successo?- chiese Clover, pratica.

-Meglio se tiri ad indovinare, non voglio rivelare io il segreto- si sarebbe sentito davvero in colpa. Soprattutto perché era un segreto bello grosso quello che Strelitzia era Veronika.

-Okay, ho due ipotesi: o ti sei preso una cotta per qualcun altro ma ti senti a disagio perché hai paura delle conseguenze dato che hai i traumi…- iniziò ad ipotizzare Clover. Max la guardò come se fosse pazza.

-Cosa?!- esclamò, quasi disgustato all’idea.

-No, in effetti non ci puntavo tanto neanche io, ma aveva più senso rispetto alla mia seconda ipotesi, ovvero che hai iniziato a chattare con Veronika in un sito anonimo, e ti sei reso conto troppo tardi che quella era Veronika e ora ti ritrovi a vivere la stessa situazione che aveva vissuto lei dove però questa volta sei tu quello che sa della sua identità mentre lei no, quindi ti senti in colpa e vorresti dirglielo ma non sai come fare e allo stesso tempo ti piace l’idea di essere per una volta tu quello con il coltello dalla parte del manico. Ovviamente delle due emozioni quella che prevale è il senso di colpa e sei in difficoltà e vorresti solo andare avanti, ma l’amore che provi per la ragazza è così forte che preferisci vivere in questo limbo pur di non smettere per sempre di parlarle… o una cosa del genere, sto solo tirando ad indovinare- dopo aver fatto un riassunto estremamente accurato, Clover fece finta di niente, come se fosse solo un’ipotesi come un’altra.

Max tirò fuori un lamento depresso.

-Come fai a conoscermi così bene?!- chiese, incredulo.

-Sei un libro aperto, per me. Allora… vuoi un consiglio, o una valvola di sfogo?- chiese poi avvicinandosi per offrirsi come consulente e psicologa.

-Io… non lo so. Cioè, so di dover andare avanti. Veronika si sposerà a Gennaio, ormai è praticamente sposata, ed è una principessa, completamente fuori dalla mia portata, eppure… so che l’ho conosciuta per poco, e mi ha detto tante bugie, ma stare con lei, sia quando era Sonja che quando era Manny, è stato bellissimo- Veronika, con entrambe le identità, era stata sulla stessa lunghezza d’onda di Max, in qualsiasi cosa. Gusti simili, caratteri compatibili. Una di quelle persone con cui parlare di tutto, per ore, per giorni, per tutta la vita.

Ogni giorno che passava, Max si pentiva di averle voltato le spalle ed essersi reso conto troppo tardi di quanto fosse doloroso e difficile avere un segreto del genere. Non credeva di essere in grado di capirlo del tutto, ma con la consapevolezza che Strelitzia fosse lei iniziava ad averne una vaga idea.

Ed era difficile.

Pesante.

Doveva dirglielo.

E poi… c’era un’altra cosa di cui iniziava a rendersi conto.

Una consapevolezza che avrebbe davvero voluto non raggiungere.

-Sai Clover… penso che tu avessi ragione…- ammise, in un sussurro che l’amica sentì a malapena.

-Non mi sorprende, dato che sono fantastica, ma riguardo cosa?- indagò Clover, avvicinandosi per sentire meglio.

-Su di me, sulle mie inconsce aspettative riguardo questa faccenda- spiegò, mordendosi a disagio il labbro inferiore.

-Capisco… ma potresti essere più specifico- Clover lo incoraggiò ad aprirsi ancora di più e ad ammettere ad alta voce la sua epifania.

Max sospirò per un’ultima volta, cedendo.

-Non saprei da dove cominciare nello spiegarmi meglio… mi sento inadatto a lei, e allo stesso tempo vorrei davvero stare con lei. Mi aspettavo che rinunciasse a tutto per me, ma allo stesso tempo io non ho il coraggio di rinunciare a tutto per lei, quindi sono un ipocrita. Ma mi sto sempre più rendendo conto che vorrei provarci. Vorrei provare a… niente, lascia stare. È praticamente impossibile. Ma vorrei almeno…- la voce di Max si spense. Era davvero abbattuto da tutta la situazione.

-Vorresti rivederla un’ultima volta, vero?- suggerì Clover.

Max annuì.

-Già. Vorrei poterle parlare, dirle addio nel modo giusto. Magari riuscirei a lasciarmela alle spalle dopo aver chiuso tutto ciò che è rimasto in sospeso- spiegò Max, abbassando lo sguardo.

-Magari… o magari no- Clover non sembrava molto convinta che Max riuscisse a lasciarsi l’amore per Veronika alle spalle, e a dire il vero non lo era neanche Max, ma avrebbe gradito un po’ di supporto dalla sua migliore amica. Le lanciò un’occhiata da cucciolo bastonato.

-O magari sì, sicuramente. Bisognerebbe provare, ovvero andare ad Agaliria, e parlarle, no?- propose, la ragazza, cercando di essere più incoraggiante dopo aver notato quanto depresso fosse il suo migliore amico.

-Mi piacerebbe, ma non ho i soldi. I miei risparmi sono finiti in un biglietto per New York che non ho usato e non mi è stato neanche rimborsato dopo che mi hanno anche arrestato il giorno del mio compleanno- ricordò. Era ancora parecchio irritato per come fosse finita quella giornata. Certo, alla fine erano stati gentili e lo avevano rilasciato, ma fondamentalmente aveva perso molto più di quanto avesse guadagnato e in maniera del tutto ingiusta.

Certo, io ho avuto un compleanno peggiore, una volta, ovvero il mio diciottesimo, ma questa è un’altra storia che un giorno dovrò raccontare perché seriamente fu il compleanno più assurdo della storia dei compleanni.

Ma non voglio tergiversare troppo, scusate.

-Già… che sfiga. Ehi, ti ricordi il tuo compleanno, giusto?- Clover fece una faccia che non faceva promettere nulla di buono.

-Sì, l’ho appena ricordato- le fece presente Max, sospettoso.

-Giusto. Ricordi il regalo che ti ho fatto?- chiese Clover, girando intorno al punto come uno squalo intorno alla sua preda.

-…sì, il portachiavi con la camelia- ricordò Max.

-Non quel pensierino sciocco, l’altro- lo corresse Clover, con un sorrisino che ricordava terribilmente Amabelle.

Max capì improvvisamente dove volesse andare a parare, e cercò di fare il finto tonto.

-Dici il regalo di gruppo? Sì, lo ricordo, bello, non credo ce ne fossero altri. Denny, hai bisogno di…- Max fece per alzarsi e chiudere la conversazione, ma Clover lo forzò a restare seduto, e scacciò Denny con un gesto della mano.

-Non quello, il bigliettino!- Clover disse chiaro e tondo ciò che Max aveva già capito, ma lui provò comunque a fingere ignoranza.

-Ah, sì, il biglietto che ho messo in un posto sicuro ma che al momento non posso riprendere per rinfrescarmi la memoria. Credo che Norman mi stia chiamando per…- il ragazzo provò nuovamente la via della fuga.

-Per fortuna ne ho stampata una copia che porto sempre con me per ogni evenienza…- Clover tirò fuori dalla tasca un biglietto, e si sgranchì la voce per leggerlo -…”Caro Max, ti faccio un pensiero stupido così quando avrai bisogno di qualcosa di davvero grosso potrò spendere un sacco di soldi per regalartelo un giorno qualsiasi dell’anno, un po’ come faccio con Denny. Non pensare neanche per un secondo di ignorare questo bigliettino perché sono serissima. Buon Compleanno! Clover”- alla fine della lettura, Max aveva il volto sepolto tra le mani.

-Clover… no…- provò ad obiettare, debolmente.

-Clover si!- esclamò la ragazza con entusiasmo, prendendo la borsa e tirando fuori una cartellina con dei fogli -Ad essere onesta non sapevo esattamente se saremmo riusciti a fare questa conversazione e quando, quindi la data di partenza è tra venti giorni, ma spero che approfitterai del tempo per elaborare un buon piano d’azione per recuperare la tua principessa!- Clover gli mostrò i fogli, e Max impallidì.

-Clover, ma sei impazzita?!- chiese, sconvolto.

C’era un biglietto andata e ritorno per Agaliria, e anche la prenotazione dell’albergo, vitto incluso, e l’accesso già pagato a tutte le opere d’interesse del regno, tra cui il giardino e un lato del castello adibito alle gite per osservarne l’architettura.

Era… era decisamente troppo.

Soprattutto ora che Clover era stata praticamente diseredata.

-Guarda che i soldi li ho ancora! Sono meno rispetto a quelli di prima, ma tra il comprare una villa e pagarti una vacanza, la scelta è piuttosto ovvia, non pensi?- Clover gli fece un occhiolino.

-Clover, non posso accettare un regalo così grande. È davvero troppo anche per i tuoi standard- si lamentò, a disagio, tentando di riconsegnarle la cartella.

-O ci vai, o mi fai buttare i soldi, perché non è rimborsabile, e io non ho molta voglia di andare ad Agaliria. Quindi preferisci farmi buttare i soldi?- Clover lo manipolò mentalmente, e Max alla fine cedette.

-Ti ripagherò in qualche modo- promise.

-Al matrimonio voglio essere la tua testimone al posto di Denny- Clover ridacchiò, scompigliandogli i capelli.

-Clover, dubito fortemente che finirò per sposarla. Vado lì per chiudere- le ricordò Max, anche se il suo cuore batteva a mille all’idea di rivederla.

-Certo, certo… comunque io ho detto al tuo matrimonio, in generale, non ho specificato con chi- lo provocò Clover, con un occhiolino complice.

-Ed io sarò la damigella d’onore al tuo- scherzò Max, anche se effettivamente avevano programmato di fare così.

Era dai tempi del liceo che avevano fatto quella promessa.

-Non ho mai pensato che alla fine mi sarei sposata, ma… beh… mai dire mai, suppongo- Clover lanciò un’occhiata carica d’affetto verso Diego, che stava parlando con Mathi e Denny. Denny sembrava un po’ irritato, Mathi leggermente a disagio.

Max non credeva che l’avrebbe mai vista così innamorata di qualcuno, ma doveva ammettere che era davvero felice che almeno lei fosse riuscita a trovare l’amore.

Se lo meritava.

Era davvero una persona straordinaria.

-Andiamo a vedere di che parlano?- chiese, indicando il trio, al quale si era appena aggiunto Norman, incuriosito.

-Yup- Clover si alzò e lo seguì.

-Che succede qui?- chiese poi, cingendo il collo di Diego con il braccio.

-Oh, niente. Ho solo proposto a Mathi un passaggio a casa- 

-Pensavo che sarebbe rimasto a dormire da noi- osservò Max, lanciando un’occhiata furbetta verso il fratello.

-Sì, infatti. Cioè, se a Mathi va bene- gli diede man forte lui, tenendo il braccio di Mathi come ad impedirgli di seguire Diego.

-Non voglio disturbare, se Diego mi porta fino al dormitorio è una brevissima passeggiata fino a casa di Roelke- osservò Mathi, imbarazzato.

-A quest’ora?! È pericoloso!- insistette Denny, stringendolo più forte.

Max osservò divertito lo svolgersi della discussione. 

Certo che suo fratello ne aveva fatti di progressi dall’essere così ansioso da temere anche la sua ombra, al coraggioso e sicuro di sé (circa, non sempre) che era uscito dall’armadio con tutte le persone più importanti della sua vita ma soprattutto con sé stesso.

Probabilmente Max avrebbe dovuto prendere esempio ed essere più coraggioso a sua volta.

Sperava che la breve vacanza ad Agaliria l’avrebbe aiutato a prendere la situazione in mano.

E a chiudere una volta per tutte la situazione con Veronika.

…ma ne sarebbe stato davvero in grado?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Ahhh, momenti leggeri per una volta. E un riavvicinamento tra Denny e Mathi!! 

Amori miei!

…beh, non proprio momenti leggeri, considerando il crollo di Mathi, ma la serata film è stata leggera :D

Parlando del capitolo più nello specifico…

Mathi e Denny sono l’amore. Li adoro! Stanno praticamente insieme ma devono ancora fare il discorso™.

Quanto è tenero Mathi, comunque. Spero che starà presto meglio.

E chissà cosa ha in mente Denny. Si aprono le scommesse.

Norman ha cominciato l’operazione OMM, e chissà se ci riuscirà entro la fine della storia, come spera Denny.

Infine Max ha un biglietto andata e ritorno per Agaliria… se ne vedranno delle belle. Speriamo che riesca a parlare con la principessa Veronika senza essere condannato a morte.

Comunque ho deciso che vorrei iniziare a pubblicare più spesso e concentrarmi quasi completamente su questa storia, o quantomeno alternare la pubblicazione tra le mie storie in modo da pubblicare CC il più in fretta possibile.

Ormai manca poco, e vorrei davvero finire presto questa storia così da concentrarmi su altri progetti.

…e progettare bene il seguito.

Perché sì, ci sarà un seguito, l’ho già progettato a grandi linee ;)

Ma sarà un po’ diverso rispetto a questa storia, dal punto di vista formale, quindi devo progettarlo bene prima di pubblicarlo.

Ma non parliamo già del seguito quando mancano ancora otto capitoli (prologo escluso). 

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, vi mando un grande bacione e alla prossima :-*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Brogan organizza una cena con i Durke. Clover viene invitata dai Flores

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Capitolo 46
*** Cene in famiglia ***


Cene in famiglia

 

Sabato 16 Novembre

Ultimamente per Diego le cose andavano alla grande.

L’università era difficile ma soddisfacente, il tirocinio gli stava dando tantissima esperienza, e poi la relazione con Clover procedeva a gonfie vele.

Cominciare a frequentarsi per davvero era stato come andare in bicicletta dopo tanto tempo. Incerti all’inizio, ma dopo aver ricordato come si fa si procede senza problemi.

Perché non era cambiato molto da quando erano nella finta relazione, almeno nel momento migliore della stessa, quando pranzavano spesso insieme, si ritrovavano nella camera di Diego, o al Corona, o chiacchieravano per ore al telefono o di persona.

Solo che si era aggiunto qualcosa di più.

Qualcosa che Diego apprezzava parecchio.

-Certo che è una fortuna che il tuo coinquilino non ci sia praticamente mai… ma sarebbe ancora meglio poter unire i due letti- stava commentando Clover, abbracciata a Diego nel suo letto, che ultimamente occupava parecchio spesso.

Di certo non potevano andare in camera di Clover, con Juanita sempre all’erta, quindi l’unico luogo dove passare privato tempo insieme era sempre la camera di Diego. E il suo letto minuscolo.

-Su, su, è una scusa per stare più vicini- commentò Diego, ottimista, accarezzandole il braccio e facendo particolare attenzione al tatuaggio, che adorava davvero un sacco vedere addosso a Clover, con tutti i significati che portava con sé.

Anche lui, dopotutto, aveva un trifoglio nello stesso punto, o comunque nelle vicinanze. Simbolo che per molto tempo doveva ricordargli del più grande errore della sua vita, ma che si era ormai trasformato in qualcosa di molto più bello: anche le situazioni più disperate possono essere risolte, con la comunicazione, soprattutto.

-Sei troppo sdolcinato, bleah- Clover si finse disgustata, ma si avvicinò ulteriormente, chiudendo gli occhi e beandosi del contatto con il proprio ragazzo.

-Siamo due sdolcinati, non negarlo- la provocò, dandole un bacio sulla testa. Poté giurare di averla sentita fare le fusa come un gatto.

-Mi hai trasformato in tutto ciò che odiavo- si lamentò Clover con un grandissimo sorriso rilassato.

Il momento di pace venne interrotto dal suono del telefono di Diego, e il ragazzo si irrigidì appena riconoscendo la suoneria, impostata per una persona specifica.

Prese il telefono e accettò la chiamata, per non preoccupare tale persona, dato che la suoneria era diversa apposta così che non perdesse mai le sue chiamate.

-Hola mamá- rispose a sua madre, cercando di apparire il più rilassato e normale possibile.

Clover si irrigidì a sua volta e lo guardò leggermente preoccupata.

In effetti l’unico lato negativo della sua relazione con Clover, al momento, era che non l’aveva detto ai suoi genitori. E sarebbe stato anche semplice tenerlo un segreto, per un po’, se non fosse stato per un piccolo dettaglio.

-Sembri contento. Sei con la tua ragazza misteriosa?- chiese infatti sua madre, con tono pieno di giudizio.

-No, mamma, ma che dici?!- Diego scattò subito sulla difensiva, lanciando un’occhiata di scuse verso Clover, che si tappò la bocca. Purtroppo non sapeva mentire molto bene, soprattutto a sua madre.

-Perché già che sei lì non la inviti al compleanno di abuelita, la settimana prossima? Così la conosciamo. Sempre che sia vera questa volta- lo incoraggiò sua madre. Diego sospirò.

Clover, che stava sentendo tutto, scosse appena la testa, leggermente impanicata alla prospettiva. 

-Mamma, ti prego, stiamo insieme da poco. Non affrettare le cose- provò a dissuaderla lui, seccato dall’insistenza che mostrava dal momento stesso in cui Juanita si era lasciata sfuggire durante un pranzo di famiglia che Diego aveva iniziato ad uscire con qualcuno.

-Capisco la tua preoccupazione, tesoro, ma vorrei comunque conoscerla. Dopo quello che è successo con Clover non vorrei rischiare che…- cominciò la donna, senza pensare minimamente alla possibilità che la stessa Clover la stesse ascoltando. La ragazza abbassò la testa, a disagio.

-Senti mamma…- Diego interruppe lo sproloquio -… ci penserò, okay? Ma solo se mi prometti che non la farete scappare via- tentò di tenersela buona, anche se stava già iniziando a pensare ad una scusa per la inevitabile assenza di Clover alla festa.

-Ovviamente no, tesoro! Saremmo solo felici se venisse anche lei. Ti prego, nonna Flora ci spera tanto…- sua madre cercò di farlo sentire in colpa. Diego sospirò.

-Ho detto che ci penserò, okay?! Ma non posso mica obbligarla se ha altri impegni- insistette Diego, iniziando ad irritarsi.

-Capisco, capisco. Beh, non capisco perché sei così restio, ma suppongo che ora che sei un adulto tu voglia allontanarti dalla famiglia. I passerotti vogliono sempre lasciare il nido una volta cresciuti- Maria assunse un tono melodrammatico. Diego vide Clover ridacchiare silenziosamente.

-Mamma, lo sai che non è così- Diego provò a mettere le mani avanti.

-E allora perché non vuoi dirci neanche il suo nome? Non sei mai stato così schivo riguardo le tue ragazze, anche quelle che sono durate poche settimane. Mi preoccupo solo per te- continuò sua madre.

Diego ormai era decisamente esasperato.

-Se ti prometto che verrà la settimana prossima, smetti di infastidirmi in questa?- propose infine, pentendosi immediatamente di ciò che aveva detto.

Clover sgranò gli occhi e lo guardò allarmata. Diego le fece cenno di parlarne dopo.

-Hai promesso, non puoi tirarti indietro. Ahhh, non vedo l’ora di conoscerla! Le riserveremo un’ottima accoglienza, non preoccuparti- Maria era raggiante dall’aver esasperato il figlio abbastanza da farlo cedere.

Diego era sempre più abbattuto.

-Mi hai chiamato per qualche altro motivo?- chiese, sbuffando seccato.

-Non c’è bisogno di sbuffare così, hijo. Volevo solo sentire come stavi, sai? Quando sei a lavoro non hai mai tempo per parlare, e quando non sei a lavoro… beh… salutami tanto la tua ragazza da parte mia- ridacchiò sua madre.

Diego divenne rosso come un pomodoro all’insinuazione velata.

-Mamá!- si lamentò, non guardando Clover negli occhi e sperando che non avesse sentito o compreso bene quella parte della telefonata.

Il sorriso divertito di Clover ruppe le sue speranze.

-Senti, sono un po’ impegnato, quindi magari ci sentiamo dopo?- Diego cercò di interrompere la telefonata prima che portasse ulteriore imbarazzo.

-Oh, cielo! Avresti dovuto dirmelo subito. Va bene, ci sentiamo dopo, ti salutano tutti quanti- Maria capì l’antifona e accettò di chiudere la chiamata. Tanto, il suo intento, l’aveva ormai raggiunto.

-Saluta tutti anche da parte mia- rispose Diego, prima di interrompere la chiamata.

Passarono un paio di secondi di silenzio.

-Diego, tu pensi davvero che sia una buona idea portarmi al compleanno di nonna Flora?- chiese infine Clover, molto scettica.

-Lo so! Sono andato nel panico! Ma non hai idea di quanto insistente diventa mia madre con queste cose!- Diego si prese il volto tra le mani, in difficoltà.

Clover si morse il labbro inferiore, e si mise a sedere, indossando una maglia di Diego e iniziando a riflettere meglio sulla soluzione.

-Allora… cosa sanno i tuoi genitori riguardo la tua nuova ragazza?- chiese poi, girandosi verso di lui e iniziando l’interrogatorio.

-Solo ciò che si è lasciata sfuggire Juni, ovvero che sono sempre impegnato con lei, e che sono disgustosamente innamorato perso- rispose Diego cercando di ricordare le parole esatte. Arrossì nel rendersi conto di quali queste parole fossero -Ehi, l’ha detto Juni, non io- si difese.

-Beh, un po’ disgustosi lo siamo- confermò Clover, non riuscendo a non sogghignare soddisfatta per le parole usate.

-Pensi che possano sospettare che la ragazza sono io?- chiese poi, ritornando seria.

-Onestamente non si può mai dire con la mia famiglia. Anche se penso che mia madre avrebbe esternato i suoi dubbi al riguardo. Invece pensa che mi sia preso una sbandata per una persona a caso nel tentativo di dimenticarti… credo. Insomma, non sembra molto bendisposta verso la mia ragazza- ammise Diego, un po’ a disagio.

-Sono passati mesi, ormai, ne avresti il diritto- Clover sospirò -…credo che le probabilità che mi accettino dopo quello che è successo siano davvero basse- affermò pessimista, ributtandosi sul letto a faccia in giù, demoralizzata.

Diego le diede qualche pacca affettuosa sulla schiena.

-Non è detto, sai? Erano molto più verso la tua parte che verso la mia, quando hai rivelato la verità- le raccontò.

Clover sollevò la testa.

-Cosa?- chiese, sorpresa. Non avevano parlato molto di ciò che era successo dopo la rivelazione di Clover. Solo che la casetta era comunque rimasta a Diego, e che Coco non aveva capito molto bene cosa fosse successo.

Forse era il caso di rivelare quanto importante fosse Clover per i Flores. Meritava di saperlo. Probabilmente Diego avrebbe dovuto dirglielo prima.

-Beh, sai, sia mamma che nonna hanno pensato che fosse stata tutta colpa mia, e quando sei scappata dalla sala mi hanno incoraggiato a seguirti per assicurarmi che stessi bene. Poi mamma mi ha fatto una tiritera di due ore sulle bugie come se fossi un bambino, e in generale, nonostante un po’ di delusione, il sentimento comune della famiglia era principalmente a tuo favore. È stato irritante, dato che è la mia famiglia, e prendevano le tue parti. Beh, dai, non proprio le tue parti, ma erano più preoccupati per te che seccati dal tuo comportamento. Immagino che si vedesse quanto fossi distrutta quel giorno- spiegò Diego, un po’ abbattuto. Non gli piaceva particolarmente ricordare quel periodo, soprattutto i giorni immediatamente successivi alla crociera.

Clover era davvero sorpresa, e sembrava quasi commossa.

-Io non merito una famiglia così meravigliosa- borbottò, ributtando la faccia sul cuscino per tentare di soffocarsi.

-Beh, non erano completamente favorevoli, e non so esattamente cosa potrebbero fare rivedendoti al mio fianco, ma secondo me potremmo anche provarci. Dopotutto prima o poi dovremmo farlo comunque, meglio toglierci il pensiero, forse? A meno che tu non abbia intenzione di lasciarmi presto- a Diego tremò leggermente la voce al pensiero che Clover potesse lasciarlo dopo essere stati insieme così poco.

La ragazza si sollevò nuovamente di scatto, offesa da quella insinuazione.

-Non ci penso nemmeno! Ho trovato il ragazzo perfetto. Non me lo lascerò scappare un’altra volta- gli prese il braccio e lo strinse con fare protettivo, facendolo arrossire appena.

-Quindi forse potremmo provare… dopotutto Coco chiede sempre di te. Oliver vorrebbe avere il tuo numero di telefono e penso sia perché ha una cotta infantile per te, Juni ti conosce benissimo, e verranno anche Paola e Miguel. Il sostegno dei fratelli dovresti averlo- rifletté Diego.

-Mi va di rivedere Paola. Non ci siamo sentite da quello che è successo, e le vorrei dare una spiegazione a quattrocchi- ammise Clover, appoggiando la testa sulla spalla del ragazzo e iniziando a cedere all’idea.

-E di certo fai bella figura a venire per il compleanno di nonna Flora. Ci tiene tanto a festeggiarlo e ricevere auguri- aggiunse Diego.

-Va bene, va bene. Mi hai convinto. Ma prima di andare mi devi portare a fare shopping. Non posso presentarmi dai tuoi senza un regalo decente- gli impose Clover.

Diego sorrise.

Sarebbe andato tutto bene.

O almeno così sperava con tutto il suo ottimismo.

 

-Allora, ripeti il piano…- lo interrogò Mirren un’ultima volta prima di uscire dalla camera di Felix per andare dai vicini, ovvero gli Hart, ovvero il padre di Mirren, che quest’ultimo trattava come se fosse un serial killer da incastrare con le mani nel sacco.

-Andiamo lì, ci divertiamo, tu fai pace con tuo padre, e viviamo per sempre felici e…- cominciò a dire Felix, con un sorrisino divertito.

-NO! No, Felix, fai il serio! Qual è il piano?- Mirren lo prese per le spalle e lo guardò dritto negli occhi.

-Mirren, dai, è stupido, tuo padre non mi farebbe mai…- provò a tirarsi indietro Felix, ma Mirren continuò a fissarlo, senza cedere.

-Ti sto attaccato tutta la sera, non bevo nessun drink che non sia stato aperto direttamente da me o da te e prima controllo il tappo, non mi devo mai trovare nella stessa stanza solo con Brogan, e nel momento stesso in cui tuo padre cita le parole “Bonnie”, “Jane” o… “Allora, tu e Mirren…”?-

-Esatto… continua…- Mirren sembrava molto soddisfatto dall’interrogazione.

Per Felix era solo una pagliacciata.

-Se tuo padre fa cose strane ce ne andiamo immediatamente facendo una scenata, e continui a stare da me- concluse Felix, intuendo già come quella serata si sarebbe conclusa, e non molto felice all’idea.

Non fraintendete, adorava che Mirren si fosse trasferito lì già da parecchie settimane. Svegliarsi sempre accanto a lui la mattina, fare colazione insieme, aiutare Tender con i compiti o vedere un film di sera era un sogno che diventava realtà, ma Felix voleva davvero che Mirren si rappacificasse con suo padre.

E poi casa Durke non era campionessa di privacy, quindi sebbene Mirren e Felix vivessero insieme, non avevano molto tempo per stare insieme e fare cose da coppia.

Era la prima volta in tutta la sua vita, che Felix era seccato nel vivere con i suoi genitori.

Ormai aveva ventisei anni, dopotutto, poteva essere l’ora di trovarsi un appartamento tutto suo.

E probabilmente l’avrebbe fatto da parecchio se non ci fosse stato Mirren nella casa accanto.

Beh… non che ora fosse nella casa accanto perché era direttamente in casa sua ed era un miglioramento, ma comunque non era lì per i motivi migliori, e Felix voleva che Mirren fosse felice e che facesse pace con suo padre.

Iniziava ad impappinarsi il cervello.

-Felix…- e Mirren lo riportò alla realtà prendendogli dolcemente la mano.

-Oh? Oh, scusa, mi sono incantato un attimo- sbatté gli occhi più volte, e si guardò intorno per capire quanto si fosse perso.

Erano all’ingresso e stavano aspettando che Gabrielle finisse di truccarsi. Sua madre stava litigando con Meredith, che non voleva andare, e Tender osservava le due litigare senza capire cosa stesse succedendo.

-Chissà perché vuoi restare a casa Durke con tale convinzione- borbottò Felix, divertito.

Mirren alzò gli occhi al cielo.

-Vuoi davvero cacciarmi di casa, eh- si lamentò, sbuffando.

-No, voglio che fai pace con tuo padre- insistette Felix.

Iniziarono ad avviarsi prima che il discorso potesse riaprirsi e prolungarsi a lungo, e in men che non si dica, erano a casa Hart.

Era davvero troppo tempo che Felix non entrava lì, e tutto era esattamente identico nonostante l’assenza di Mirren nelle ultime settimane.

-Benvenuti, è un piacere vedervi, ne è passato di tempo- li accolse Brogan, con estremo imbarazzo, rivolgendosi in particolar modo a Bartie e Johanne.

Felix strinse la mano di Mirren per fargli forza, e seguirono i genitori verso il salone, per mangiare.

Petra era già seduta al tavolo, e stava parlando con Amabelle, che però sembrava parecchio in difficoltà, e si alzò di scatto quando vide la famiglia Durke entrare.

-Eccovi! Sono così felice di vedervi! È passato un secolo!- si avvicinò a Gabrielle, lasciando Petra infastidita al tavolo.

Felix ripensò al progetto di Norman, e ammise tra sé che era proprio il caso di dare una spinta a quelle due, se volevano che si mettessero insieme.

Ma non quel giorno. Quel giorno c’erano altre cose a cui pensare.

-Mirren, ci mettiamo ai soliti posti?- incoraggiò il suo ragazzo a seguirlo, e si sedettero al tavolo, pronti per la cena.

Cena passata in totale imbarazzo. Brogan provò a fare conversazione, ma evitava lo sguardo di Mirren, e Mirren non gli rispondeva nemmeno.

Quando arrivò il momento del dolce, tutti i presenti non vedevano l’ora di alzarsi per andarsene da un’atmosfera così fredda.

Mirren non aveva lasciato per un secondo la mano di Felix, quasi come segno di sfida nei confronti di suo padre, e Felix, per quanto avesse provato a rilassare gli animi, non c’era riuscito più di tanto.

Dopo il dolce, la conversazione, o la mancata conversazione, si spostò in salotto, davanti al camino. Petra stava intrattenendo Tender, insieme a Lottie, che era tornata a casa Hart subito dopo che Bonnie era andata via. Amabelle parlava con Gabrielle, soprattutto di gossip. Meredith si era immediatamente messa a leggere, e Johanne e Bartie parlavano con Brogan, con tranquillità. Felix notò che sua madre aveva uno sguardo estremamente combattivo, e che Brogan lanciava parecchie occhiate nella loro direzione, cercando di non farsi vedere.

-Mirren, perché non andiamo da tuo padre?- propose Felix, indicando la zona dov’erano i loro genitori.

-Stai scherzando, Felix? Noi resteremo il più lontani possibile da lui, e tra poco torneremo a casa, e saremo vivi- Mirren controllò l’orologio, nervoso per come la serata stava andando avanti.

-Da quando sei così melodrammatico?- chiese Felix, ridacchiando.

-Da quando mio padre mi ha cacciato perché sto con te, e la mia matrigna ha ucciso il mio cane- gli si spezzò la voce pensando a Fallon. Felix lo guardò intenerito, e gli massaggiò le spalle, per confortarlo. Mirren sospirò.

-Scusa se sono irragionevole, ma sono davvero preoccupato- ammise, rilassandosi leggermente.

-Ti va di uscire a prendere una boccata d’aria?- propose Felix, incoraggiante.

-Ma hai smesso di fumare- osservò Mirren, confuso.

-Infatti prendiamo solo una boccata d’aria, sulle altalene, prendo due bibite dalla cucina e ci rilassiamo lontano dai rumori- gli fece immaginare la scena. Come quando erano più giovani, prima di tutti i drammi.

Adoravano passare tempo su quelle altalene.

Il luogo dove avevano confessato i rispettivi sentimenti.

Era parecchio che non si sedevano lì.

-Va bene, mi hai convinto. Sicuramente saremo lontani da mio padre. Ma ti accompagno in cucina- Mirren gli riprese la mano, deciso a non staccarsi da lui.

Felix adorava quanto fosse protettivo, ma non sentiva più la mano per quanto gliela stava stringendo.

-No, tu intanto vai, io ti raggiungo tra pochi minuti- rifiutò il suo aiuto, lasciandogli la mano e sistemandogli la giacca.

Mirren fece il muso, ma alla fine cedette, e uscì dalla stanza.

Aveva davvero bisogno di allontanarsi da lì il prima possibile.

Felix iniziò ad avviarsi in cucina, fischiettando. Forse l’abitudine di fare come se fosse a casa sua non valeva ora che quella non era più casa di Mirren, ma Felix era abitudinario, quindi per lui fu la cosa più ovvia del mondo aprire il frigo e cercare qualcosa da bere.

Forse alcool leggero ci poteva stare, visto quanto Mirren era teso. Ma forse preferiva mantenere la mente lucida.

Mentre rifletteva, Felix non si accorse che qualcun altro era entrato nella stanza, e sobbalzò vistosamente quando sentì una voce alle sue spalle.

-Felix, speravo proprio di riuscire a parlarti- lo chiamò l’inconfondibile voce di Brogan Hart, che probabilmente l’aveva seguito fin lì.

Felix non credeva neanche per un istante che il padre di Mirren avesse intenzioni malvagie, ma probabilmente tutta la paranoia del suo ragazzo l’aveva condizionato, perché non riuscì a trattenersi dal sobbalzare e indietreggiare appena, quando si rese conto di essere nella stessa stanza, solo, con Brogan.

Cercò di non farsi prendere dal panico, chiuse il frigo, e si girò verso di lui, sorridendo.

-Signor Hart, di cosa voleva parlarmi?- chiese, più formale di quanto fosse abituato a fare. Brogan era come un secondo padre, dopotutto, e l’aveva sempre chiamato per nome. 

Brogan sembrò intristirsi per la formalità, o forse si rabbuiò per altri motivi, fatto sta che sembrava davvero incerto, ma anche pieno di buone intenzioni.

Forse Felix era troppo ottimista, ma sembrava davvero che volesse soltanto parlare con lui e risolvere la situazione.

-Possiamo andare nel mio ufficio, vorrei che ci mettessimo comodi per discutere- cercò di risultare sicuro, ma era davvero impacciato, e non sembrava riuscire a guardare Felix negli occhi.

Teoricamente Felix non avrebbe dovuto restare solo con Brogan, l’aveva promesso a Mirren, ma sapeva che non sarebbe successo nulla, poteva fare uno strappo alla regola.

Quando i due si sarebbero chiariti, Mirren avrebbe ringraziato Felix per aver infranto la promessa.

Che poi non era una vera e propria promessa, solo un piano d’azione che poteva essere seguito a grandi linee.

-Certo. Ma non posso assentarmi molto, Mirren mi aspetta sull’altalena- spiegò Felix, anticipandolo fuori dalla cucina, e perdendosi il sorrisino appena accennato di Brogan ripensando alla loro altalena.

Una volta nell’ufficio, chiuso ma non a chiave, grazie al cielo, Brogan si sedette dietro alla scrivania, e Felix si mise davanti, pronto a parlare.

Sembrava davvero il setting di una scena dove il padre dello sposo offre una barca di soldi affinché il ragazzo del figlio lo lasci. Conoscendo Brogan, non era una possibilità molto remota.

-Allora… di cosa volevi parlarmi?- chiese Felix, rompendo il silenzio, e facendo di tutto per non farsi uscire un “quanto offre per farmi lasciare suo figlio?” perché non voleva che Brogan prendesse in parola il suo scherzo.

Non avrebbe lasciato Mirren neanche per tutto il patrimonio degli Hart.

-Come sta Mirren?- esordì Brogan, preoccupato.

Avrebbe potuto chiederglielo di persona, o semplicemente osservarlo, dato che era a pochi metri di distanza, ma Felix fu intenerito dal suo tono. Si vedeva che ci stava provando.

Anche se non bastava.

-Dovresti chiederlo a lui- rispose Felix, con sincerità.

Brogan sospirò.

-Non so come fare, Felix. Credo di aver fatto un danno irrecuperabile, e non ho idea di come rimediare- ammise, poi, seppellendo il volto tra le mani.

Felix non credeva avrebbe mai visto Brogan, il grande e possente e sempre rilassato Brogan, così vulnerabile davanti a lui, intento a chiedere consiglio su come approcciare il figlio per rimediare ai suoi errori.

-Beh… non sono la persona migliore a cui chiedere…- cominciò Felix, senza sapere come consigliarlo. Effettivamente Mirren al momento non era molto avvicinabile.

-Ma certo che lo sei. Sei il suo… sei il suo ragazzo- Brogan ebbe qualche esitazione, ma alla fine riuscì a pronunciare quelle parole -…e sei anche il suo migliore amico. Ed è con te da settimane, e sono sicuro che preferirebbe restare lì. E non lo biasimo, ma… non voglio perdere mio figlio- ammise, con sguardo basso e manierismi simili a quelli di Mirren.

-Il mio consiglio è di parlare con lui. Se vuoi posso farlo venire qui, e spezzare una lancia a tuo favore. So che vuoi recuperare. E so che anche Mirren vuole farlo. È solo molto testardo- Felix provò a venirgli incontro, incoraggiante e speranzoso circa la buona riuscita del piano.

Brogan finalmente lo guardò negli occhi, e accennò un sorrisino commosso.

-Felix, sei davvero un bravo ragazzo- lo complimentò, dandogli una pacca sul braccio.

-Felix!- il momento venne interrotto dalla porta che si aprì di scatto, facendo comparire un Mirren furente.

-Mirr…- prima che Felix potesse giustificarsi, o calmarlo, o anche semplicemente accoglierlo, Mirren lo prese per il polso, lo fece alzare, e si avviò verso l’uscita senza neanche degnare suo padre di un’occhiata.

-Mirren, aspetta!- Brogan si alzò e provò a fermarlo, con tono incerto.

Mirren aveva già la mano sul pomello, e non sembrava intenzionato ad ascoltarlo o a rispondergli.

Felix decise di prendere la situazione in mano, e fermò Mirren, tenendo la porta chiusa.

-Mirren, stavamo solo parlando- provò a spiegare, con calma.

-Felix, ti avevo espressamente detto di non restare mai solo con lui!- lo rimproverò Mirren, indicando suo padre senza badare all’uso delle parole.

Brogan sobbalzò come se l’avessero appena pugnalato.

-Mirren, perché questa veemenza? Cosa temi che gli faccia?- chiese, ferito, e incredulo. Non aveva idea di quello che Mirren temeva.

-Non lo so. Avvelenarlo? O comprarlo? O minacciarlo? Potresti fare tantissime cose se lasciato solo con lui- spiegò Mirren, guardandolo con disprezzo, e spingendo Felix dietro di sé come per proteggerlo con il suo corpo.

La conversazione non era piacevole, ma almeno adesso stavano parlando.

Brogan sgranò gli occhi, e impallidì.

-Come puoi pensare che io farei mai una cosa del genere? Non farei mai del male a nessuno- si difese, con sicurezza.

-Perché no? Tua moglie ha fatto anche di peggio- Mirren si riferiva a Bonnie. Brogan si morse il labbro, colpito da quelle parole.

-Ex moglie- obiettò, come se potesse giustificarlo in qualche modo.

-Ci sei stato insieme tre anni, e non hai creduto a me e Petra quando ti abbiamo detto che aveva avvelenato Fallon. Fallon era importantissima per me!- Mirren iniziò a sfogare tutto quello che aveva contro Brogan, al di là della sua reazione al coming out.

Brogan sospirò, e si risedette, sconfitto.

-Lo so, figliolo. E mi dispiace- il suo tono si calmò, indicò la sedia davanti a lui, in una muta richiesta di far sedere il figlio, per parlare.

Mirren esitò un attimo, ma poi riprese Felix per mano e fece per uscire.

-Mirren, lascialo parlare- provò a fermarlo Felix.

-Ora sei dalla sua parte? Vuoi davvero liberarti di me così tanto?- sbottò Mirren, riprendendo l’accusa che gli rivolgeva contro ogni volta che Felix proponeva di fare pace con suo padre.

-Smettila di accusarmi così! Sai che se fosse per me ti sposerei domani stesso. Perché ti amo e ti adoro e voglio passare tutta la ia vita con te. Ma proprio perché ti amo, e ti adoro e voglio passare tutta la mia vita con te voglio che la vita da passare insieme sia felice, e so che non sarai mai del tutto felice finché non parlerai con tuo padre!- Felix riuscì a dire le cose più dolci e affettuose del mondo nel tono più accusatorio e seccato del suo molto limitato repertorio, e Mirren rimase completamente ammutolito, incapace di ribattere con la stessa verve perché con le guance troppo rosse per la dichiarazione d’amore.

Questa pausa concesse a Brogan di intervenire.

-Mirren, non voglio obbligarti a perdonarmi. Sono stato un pessimo padre, sia per te che per Petra. Voglio solo scusarmi. E non farei mai del male a Felix. È come un figlio per me- si alzò nuovamente, e si avvicinò a Mirren, che si ritirò, senza sapere bene se fidarsi o no.

Mirren e suo padre avevano sempre avuto un rapporto profondo e importante. Questa ferita causata dall’incapacità di Brogan di accettare il figlio immediatamente, era per Mirren motivo di un dolore enorme, e Felix lo sapeva bene.

-Se è come un figlio per te, come mai non ti va bene che io stia con lui?- lo accusò, stringendosi a Felix.

-Mi va bene che tu stia con lui, ero solo… sorpreso, e pensavo che per te sarebbe andato meglio qualcun altro. Io… ho sbagliato, Mirren. Ero deluso perché avevo sempre sperato che un giorno avresti trovato la donna giusta, con la quale avere una famiglia, che ti facesse sorridere, e con cui stessi davvero bene, e non riuscivo ad accettare che questa persona potesse essere un ragazzo. Avevo… paura per te. Perché è una strada difficile. E pensavo che saresti stato meglio con la persona che immaginavo per te. Solo che… Petra mi ha fatto notare una cosa- Brogan aprì il suo cuore, guardando il figlio dritto negli occhi e ammettendo le sue colpevolezze.

Sembrava si stesse giustificando, ma Felix intuì che volesse solo spiegare il punto di vista che aveva, un punto di vista che non aveva più, ma che al tempo gli sembrava giusto.

-Cosa ti ha fatto notare?- chiese Mirren, in tono freddo, ma iniziando ad ammorbidirsi appena, forse notando la sincerità del padre.

-Il tuo sorriso, Mirren. Sei una persona molto seria, e sono abituato a vederti sorridere meno rispetto a molte altre persone, solo che Petra mi ha fatto notare che la maggior parte delle volte che ti vedo sorridere, sorridi pensando a Felix, o parlando con lui. E mi sono ricordato di una cosa… una cosa che mi ha fatto aprire gli occhi- sia Felix che Mirren, il primo più del secondo, pendevano dalle sue labbra. Una cosa bisognava dirla di Brogan, sapeva come catturare l’attenzione con il suo carisma.

Sospirò, e si risedette, incapace di affrontare il racconto in piedi, ma deciso a parlare.

Felix si sedette a sua volta, Mirren si avvicinò alla sedia, ma non fece altrettanto.

-Quando Janisse…- la voce di Brogan tremò quando pronunciò quel nome. Felix rimase di sasso. Raramente aveva sentito nominare la madre di Mirren, e di solito era nonna Rea, sua madre, a parlarne. Lanciò un’occhiata a Mirren, che si era irrigidito -…quando tua madre è morta… io non sono stato un bravo padre, per te. Se non ci fosse stata Soreana non credo che ce l’avrei fatta. Era tutto il mio mondo, l’unico vero amore della mia vita. E anche lei era l’unica che mi facesse sorridere sinceramente, con tutto il mio cuore- al solo pensiero, Brogan accennò un sorrisino. Felix l’aveva spesso visto sorridere, ma doveva ammettere che quella era la prima volta che il sorriso gli aveva raggiunto gli occhi, formando delle rughe attorno ad essi. Durò pochi istanti.

-Il mio sorriso è sparito con lei, e mentre ti vedevo crescere, temevo che la sua morte avesse rubato anche il tuo sorriso. Eri sempre serio, o sorridevi per cortesia. Non ti vedevo spesso, lo ammetto, ma per quel poco che ti vedevo, non mi sembravi felice. Poi un giorno, una nuova famiglia si è trasferita nella casa vicina…- Brogan lanciò un’occhiata a Felix, che aveva le lacrime agli occhi, ma cercava di farsi forza. Stringeva ancora la mano di Mirren, che lo guardò a sua volta, ricordando il giorno in cui si erano conosciuti.

Era stato tutt’altro che amore a prima vista. Anzi, Mirren l’aveva detestato a pelle. Ah, bei tempi.

-…il pomeriggio in cui si sono trasferiti, non so per quale motivo, ma Felix è venuto da noi, sorvegliato da Soreana, e sono tornato un po’ prima, perché speravo di poter passare un po’ di tempo con te. E ricordo, con chiarezza, che la prima cosa che ho sentito appena sono arrivato a casa, erano delle risate provenire dal cortile. Pensavo che fosse il figlio dei vicini, ma quando ho visto distrattamente il giardino, ti ho visto, Mirren- gli occhi di Brogan erano lucidi, così come quelli di Mirren. I due si guardarono dritti negli occhi, toccati da quel ricordo.

Felix, dal canto suo, li osservava entrambi singhiozzando silenziosamente. 

-… per la prima volta dalla morte di tua madre, praticamente una delle prime volte in tutta la tua vita, ti ho visto ridere, sinceramente, senza riuscire a trattenerti, con quel ragazzo che poi, andando avanti con gli anni, è diventato il tuo migliore amico, e ora… è anche qualcosa di più- Brogan porse la mano verso Felix, che gliela prese senza esitazioni, asciugandosi le lacrime con l’altra.

Poi porse una mano verso il figlio, che però la guardò, con esitazione, senza prenderla.

-E quindi? Cosa intendi dire con questo?- chiese, non capendo perfettamente il discorso.

Brogan lo guardò con affetto.

-Che il mio timore più grande era che tu non fossi felice, ma con Felix, so che lo sarai ogni giorno della tua vita, e non voglio lasciare che i miei preconcetti mi neghino la possibilità di sostenerti, amarti e vederti felice con la persona che ami, chiunque essa sia. Anzi… sono felice che questa persona sia Felix- alla fine Brogan accettò completamente suo figlio.

E Mirren, sentendo la sincerità di suo padre, sollevò la mano verso di lui, e la poggiò sulla sua.

Brogan gliela strinse forte, e gli sorrise. Un sincero, commosso sorriso, che gli raggiunse gli occhi. E che Mirren ricambiò, con meno intensità, ma altrettanta sincerità.

Poi Brogan unì le mani dei due ragazzi, in un chiaro segno di approvazione.

-Vi auguro tutta la felicità del mondo. Felix, sentiti sempre a casa tua qui, come sempre. Mirren, non permetterò mai più a nessuna Bonnie di farti sentire in pericolo qui. Sei mio figlio, e tu e Petra siete e sarete sempre al primo posto per me, più importanti di qualsiasi altra cosa. Perdonami se sono così pessimo a dimostrarlo- concluse infine le sue scuse, ammettendo le sue colpe e promettendo di fare ammenda in ogni modo possibile.

Mirren abbassò lo sguardo, e si morse il labbro inferiore -La mia camera è come l’avevo lasciata?- chiese, con il chiaro sottotesto che gli avrebbe fatto piacere tornare lì.

-Immacolata. È solo passata la donna delle pulizie- rispose Brogan, speranzoso.

-Va bene… Felix, torniamo alla festa- ancora un po’ freddo, ma molto più sereno, Mirren strinse la mano del ragazzo e diede le spalle al padre per uscire dalla stanza.

-A dopo, Brogan!- lo salutò Felix, molto più sereno ora che la faccenda sembrava finalmente e definitivamente risolta.

Brogan accennò un sorrisino a sentirsi nuovamente chiamare per nome, e non più “signor Hart”.

Una volta usciti dalla stanza, Felix tirò un sospiro di sollievo.

-Dai, alla fine abbiamo seguito il piano!- commentò, per stemperare la tensione.

-Quale piano?- Mirren lo guardò storto.

-Il mio piano. Siamo venuti qui, ci siamo divertiti, hai fatto pace con tuo padre e ora noi due vivremo per sempre felici e contenti- Felix prese entrambe le mani di Mirren e fece un movimento di danza per farsi stringere da lui come una principessa tra le braccia del suo principe.

Mirren lo scansò e quasi lo fece cadere a terra.

-Ehi, dai. È andata bene!- si lamentò Felix, rimettendosi in equilibrio.

-Sì, ma non hai seguito il piano! E se fosse andata male non me lo sarei mai perdonato- Mirren incrociò le braccia. Si vedeva che la discussione, sebbene dal risvolto positivo, gli aveva messo davvero molta ansia, perché tremava ancora parecchio.

Felix gli si avvicinò molto meno invasivo.

-Ma non è andata male, e sai perché? Perché sapevo dal principio che sarebbe andata bene, per questo non ho seguito il piano, altrimenti sarei stato attento, lo sai- lo rassicurò, tracciandogli dei cerchi sulle spalle per calmarlo.

Mirren sembrò rilassarsi al suo tocco.

-Sì, ma…- sospirò -…hai ragione, Felix. Probabilmente mi sono preoccupato troppo, solo… non riesco ancora a stare del tutto tranquillo- ammise, torturandosi le mani.

Felix le prese tra le proprie.

-Lo so, è stato un periodo difficile, ma il peggio è passato, e in qualunque modo andrà in futuro, anche se le cose dovessero un giorno crollare di nuovo, ci sarò sempre io ad afferrarti, e a farti sempre sorridere- Felix fece uno dei suoi sorrisi più brillanti, e Mirren non riuscì a non imitarlo, sorridendo a sua volta. 

Era proprio come Brogan aveva detto. In effetti ogni volta che Mirren lo guardava, sorrideva inconsciamente.

-Vorrei essere arrabbiato con te ma non ci riesco proprio- sospirò, scuotendo la testa.

-È perché ci amiamo troppo!- commentò Felix, dandogli un bacio sulla guancia, e facendolo arrossire.

-Suppongo sia vero. Su, torniamo di là, devo avvertire Petra che oggi tornerò a dormire qui- lo incoraggiò a tornare in salotto.

Felix si fece trascinare, anche se era un po’ deluso dal fatto che Mirren se ne sarebbe andato.

Per essere quello che aveva incoraggiato il ragazzo ad andarsene, era un po’ ipocrita da parte restarci male, ma non riusciva a fare altrimenti.

Ma meglio un Mirren felice lontano che un Mirren triste vicino, su questo non aveva dubbi.

 

Sabato 23 Novembre 

-Ehm… ciao a tutti!- Clover non si era mai sentita così a disagio in tutta la sua vita. 

Nel momento stesso in cui Diego l’aveva trascinata nel salone, dove la famiglia era riunita e stava preparando tutto per festeggiare il compleanno di nonna Flora, gli sguardi dei presenti si erano puntati su di lei, e il silenzio era sopraggiunto, inghiottendo tutto ciò che era nelle vicinanze.

Onestamente, Clover non credeva che fosse possibile per i Flores restare in totale silenzio per più di qualche secondo, ma era passato quasi un minuto prima che la prima persona lo rompesse.

-Clo! Sono così felice di vederti, mi sei mancata!- Coco, l’unica che non aveva capito esattamente cosa fosse successo, le si gettò contro per abbracciarla, e leggermente sollevata dal suo affetto, Clover si piegò per abbracciarla a sua volta, stando attenta a non rovinare i fiori che aveva comprato per l’occasione.

-Mi sei mancata anche tu, Coco- le accarezzò dolcemente la testa, e poi sollevò la testa verso gli altri, molto intimorita da quanto i loro sguardi fossero sospettosi e penetranti.

-Diego, che significa?- chiese infine Maria, a denti stretti, rivolta verso il figlio, che evitò il suo sguardo.

-Lo sapevo che avresti reagito così- borbottò lui, a disagio.

-Santo cielo quanto sei sciupata, Clover- borbottò nonna Flora, squadrandola con disapprovazione.

-Quindi suppongo… che la tua ragazza… eh…- Julio non sapeva cosa dire, e lanciò un’occhiata tra Diego, Clover, e Juanita arrivata insieme a loro ma rimasta in un angolo per evitare il più possibile il dramma.

-La mia ragazza è Clover- confermò Diego, avvicinandosi a lei e mettendole un braccio intorno alle spalle.

Clover si sentì molto più a suo agio a sentirlo così vicino.

Anche se l’imbarazzo continuava ad esserci, così come un enorme blocco nello stomaco.

-Sì, certo, come no! Di nuovo bugie?!- esclamò Oliver, per niente convinto, e molto deluso all’idea.

-Perché bugie?- chiese Coco, confusa.

-Questa volta è vero, lo giuro- insistette Diego, stringendola con più forza.

-Cosa vuoi adesso?- chiese Maria, scuotendo la testa -La casetta te l’ho già concessa. Vuoi ampliarla? O vuoi una parte del giardino?- 

-Mamma, ti prego! Giuro che stiamo insieme per davvero, ve lo possiamo dimostrare- la sfidò Diego, deciso.

Negli occhi di tutti i membri della famiglia, Coco esclusa perché ancora non aveva capito bene cosa ci fosse da dimostrare, passò lo stesso lampo pericoloso, e prima che Clover potesse dire, fare o pensare qualsiasi cosa, venne presa per le spalle da nonna Flora, che la trascinò seduta sul divano.

Oliver spense le luci, Maria tirò fuori una torcia super illuminata che le puntò in faccia, e Diego venne portato in un’altra stanza da Julio, per essere probabilmente interrogato a parte.

-Cosa…?- Clover cominciò a chiedere spiegazioni, ma venne immediatamente interrotta.

-Da quanto tempo state insieme davvero?- chiese Maria, veemente, e facendola sobbalzare.

-Stiamo insieme dal suo compleanno, circa. Abbiamo chiarito al suo compleanno, e siamo andati al primo appuntamento il giorno dopo- rispose Clover, ripensando a quel bel momento.

-Chi ha fatto il primo passo?- chiese Maria, andando più nello specifico.

-Questa è complessa. Suppongo io, perché ho risposto alle lettere e gliele ho lasciate tra i regali, ma forse Diego perché è lui che è venuto di persona- Clover era incerta.

-Le lettere? Non avevate ancora parlato delle lettere?- chiese Maria, sorpresa.

-Ecco…-

-Cosa è successo alle lettere?- Maria cambiò argomento, interessata a quello scivolone di Clover.

-Non le ho mai ricevute! Cioè, le ho ricevute solo dopo aver confessato la relazione finta in crociera. Le aveva rubate mia sorella e le aveva tenute nascoste. Appena le ho ricevute ho immediatamente risposto- spiegò Clover, alzando le mani per giustificarsi.

Maria sembrò molto meno astiosa nei suoi confronti dopo quella confessione.

-Perché ora vi siete messi insieme, quindi?- chiese, squadrandola con attenzione.

Clover arrossì e distolse lo sguardo.

-Perché io… lo amo- ammise, un po’ imbarazzata di ammetterlo proprio a sua madre -… all’inizio era solo un accordo, ma poi mi sono innamorata di lui, e ho confessato il tutto per… per non soffrire ulteriormente. Ma poi abbiamo finalmente parlato, abbiamo chiarito tutto ciò che era in sospeso, e ora siamo liberi di stare insieme senza più segreti o incomprensioni- ammise, con sguardo basso.

-Oh… capisco- Maria abbandonò quasi completamente il tono freddo.

-Tesoro, ho finito con Diego, dobbiamo controllare le risposte- Julio entrò nella stanza con grande soddisfazione, e Maria sembrò risvegliarsi da una trance.

-Oh, non ho ancora finito con Clover, ma penso che stiano dicendo la verità. Un’ultima domanda: pensi di meritare mio figlio, dopo quello che hai fatto?- per l’ultima parte, ci andò già parecchio pesante.

Ma Clover non esitò neanche un istante.

-No, ho molto da farmi perdonare. Ma farò di tutto per meritarmi il perdono e Diego. Non ho la minima intenzione di rovinare tutto, questa volta. Ci tengo troppo- rispose con sincerità.

Maria accennò finalmente un sorriso.

-Ahhh, che io sia maledetta. Non riesco a non volerti bene!- si lamentò, prima di abbracciarla, riaccogliendola in famiglia -Ben tornata tra i Flores, tesoro. Sappi che ti terremo d’occhio, però- 

Clover sorrise a sua volta, leggermente rasserenata.

-Non mi aspetterei nulla di meno, Maria- ammise, divertita, stringendola forte.

Ad esclusione dell’interrogatorio, il resto della giornata procedette piuttosto bene.

Arrivarono parecchi parenti per festeggiare nonna Flora, e sembrava di nuovo la cena dell’annuncio del fidanzamento di Miguel e Paola. Solo che questa volta Clover non si sentiva affatto di troppo, e non le dispiaceva che Diego la lasciasse sola per aiutare sua madre o sua nonna. 

Al momento era intenta a cercare di convincere uno dei cugini di Diego a studiare a Harriswood, tallonata da Juanita.

-L’università di Harriswood è davvero ottima, molto meglio di New Malfair- si stava esaltando Juni, decisa.

-Sì, ho sentito, ma il programma musicale del DAMS è molto scarno. Quello di New Malfair mi pare molto più interessante- rispose però il cugino, tale Noah Mendez, prestando però molta attenzione alle parole delle due ragazze.

-Una mia cara amica studia al DAMS, è si trova molto bene. Anche se bisogna capire esattamente il tipo di ambiente che cerchi. Se vuoi una città più grande dove conoscere più persone, New Malfair è più indicata. Se invece preferisci un ambiente più stretto, Harriswood è perfetta- rifletté Clover, che a dire il vero più che fare pubblicità a Harriswood, stava solo cercando di aiutarlo a scegliere.

-Ehi, dovresti essere dalla mia parte!- si lamentò Juanita, facendola ridacchiare.

-Non posso obbligare qualcuno a scegliere una facoltà che non vuole. È una decisione importante e personale- Clover alzò le mani. Juni fece il muso.

-Comunque ho ancora un anno per decidere. Mi sono preso un anno sabbatico apposta. Anche se effettivamente New Malfair potrebbe essere più del mio genere. Una comunità troppo chiusa mi mette un po’ a disagio, non è semplicissimo per me entrare nei gruppi- ammise il ragazzo, incerto.

-Allora New Malfair sembra meglio. E poi c’è anche il New Malfair Comic & Games, due volte l’anno- rifletté Clover, guadagnandosi una gomitata dalla sua compagna di stanza.

-Eddai, Clover!- si lamentò.

-D’accordo, d’accordo, ho capito. Vado a prendere da bere- Clover si allontanò dai due, e si diresse in cucina per rifornirsi di alcool.

Non voleva ubriacarsi, ma dopotutto non aveva più molto da nascondere che la Clover senza filtri avrebbe potuto rivelare.

-Clover, eccoti! Ti stavo cercando!- una voce conosciuta la distolse dai suoi pensieri, e si irrigidì appena quando si ritrovò faccia a faccia con Paola, con la quale non era ancora riuscita a parlare a quattrocchi, e sebbene avesse intenzione di farlo, l’idea la intimoriva non poco.

-Paola, che piacere vederti. Sei splendida- la salutò, con un sorriso un po’ incerto.

Paola sembrava parecchio triste. Clover suppose che avrebbe dovuto affrontare qualche accusa giustificata, e si preparò ad una vagonata di sensi di colpa. Ma la cognata la sorprese non poco, perché si avvicinò e l’abbracciò stretta.

-Mi sei mancata tantissimo! Perché non mi hai risposto ai messaggi?! Ero così preoccupata per te! Stai bene?- chiese, sinceramente felice di vederla.

Era davvero la ragazza più dolce che Clover avesse mai incontrato.

Gli occhi le si fecero lucidi, ma si impose di non crollare.

Si limitò a ricambiare l’abbraccio.

-Mi dispiace di non averti risposto. Ero molto… mi vergognavo parecchio di come avevo affrontato la situazione…- iniziò a giustificarsi, ma Paola la interruppe.

-Non preoccuparti. L’importante è che ora sei qui e hai chiarito con Diego! Non hai idea di quanto ne sia felice. Ma sappi che se un giorno doveste lasciarvi, non cambierà affatto la nostra amicizia, okay? Vorrò sempre avere un rapporto con la mia damigella d’onore- Paola sciolse l’abbraccio e le prese le mani, con un gran sorriso.

-Non ce l’hai con me per aver mentito circa la mia relazione con Diego?- chiese Clover, molto sorpresa.

-Perché dovrei? Non sei mia amica perché stai con Diego. Ti voglio bene perché sei tu, e sei una ragazza fantastica. E mi sei stata accanto quando avevo bisogno, e mi hai incoraggiato a non farmi abbattere dalle avversità. Sei un esempio, Clover!- la incoraggiò Paola, con la massima sincerità.

Clover non riuscì proprio a trattenere le lacrime, stavolta.

Paola si allarmò.

-Ho detto qualcosa di male?- chiese, preoccupata.

Clover si limitò ad abbracciarla stretta.

-Sei un’amica meravigliosa, Paola. Prometto che non ti deluderò mai più!- affermò, con sicurezza.

-Ma non mi hai mai deluso, Clover- sorrise Paola, dandole qualche pacca sulla schiena.

Tutto era finalmente tornato al suo posto, per Clover.

 

Domenica 24 Novembre

Chat Privata su un forum di videogiochi: 

 

Miss_Attorney_03

 

Ho sentito che stai cercando una ragazza che ha fatto il cosplay di Trucy Wright al New Malfair Comic & Games di Aprile

Perché?

Oh, salve

Non mi aspettavo di ricevere una risposta così in fretta

La sto cercando per motivi personali, ci siamo fatti una foto insieme

Ero vestito da Apollo Justice

Credo di conoscerla, è una mia amica, ma che genere di motivi personali?

Ti avverto che è minorenne

Lo so, lo so

Ha iniziato da poco il liceo

Da parecchio ormai

Ha iniziato il terzo anno

Ma non è importante

Cosa vuoi da lei?

Ehm… non so bene come dirlo, ma…

è una faccenda che riguarda il ragazzo che stava con me, vestito da Klavier

…Klavier?

Sì, ecco, lui la conosce, e volevo contattarla per lui

Mi potresti aiutare a mettermi in contatto con lei?

In che rapporti sei con Klavier?

Oh, beh, siamo amici

Circa

Spero

Ne abbiamo passate tante insieme, è un po’ complicato

Ma voglio aiutarlo a ricongiungersi con questa persona, quindi…

Non posso dare troppi dettagli, mi dispiace

Ma davvero non ho nessuna cattiva intenzione

I tuoi messaggi sono strani, sei molto sospetto, e non so neanche chi tu sia, perché dovrei fidarmi?

Lo so

Sono sospetto

Neanche io mi fiderei mai di uno sconosciuto che mi cerca in una chat di un forum di videogiochi

Se posso placare in qualche modo i tuoi sospetti fammelo sapere

Perché onestamente a me non viene in mente molto ^^’

Se dovessi metterti in contatto con Trucy, cosa vorresti fare?

Parlare

Spiegarle

Cercare di farla parlare con Klavier

E pregare che Klavier poi non mi odi

Perché Klavier non la contatta personalmente?

È una faccenda sensibile. Non mi sento in diritto di parlare per lui

Voglio solo fare da tramite

Klavier mi è stato accanto nel giorno per me più difficile dell’anno

E volevo ricambiare

Che giorno?

Il mio compleanno… che coincide con la morte di mia madre

Oh…

Cavolo

Mi dispiace, amico

Anche io ho perso i genitori

Mi dispiace

Anche il mio amico li ha persi

Per questo voglio aiutarlo a trovare Trucy

Mi sembra nobile

Klavier sta bene?

Io spero di sì, ma so che potrebbe stare meglio

Se solo incontrasse Trucy

Non sembri uno che accetterebbe un no come risposta

Non voglio sembrare insistente, ma sono sicuro che saresti felice anche tu se lo incontrassi

Pardon

Trucy se lo incontrasse

Sei una volpe

Non mi fido troppo della gente sveglia

Mi dici il luogo, l’ora e il giorno in cui pensavi di farli incontrare?

Il 28 Novembre, dopo pranzo, al Corona Café di Harriswood

Harriswood? 

Perché non New Malfair

Dubito fortemente che riuscirei a far venire Klavier a New Malfair

Vive a Harriswood?

Perché proprio il 28 Novembre?

È un giorno molto importante

Deve fidarsi molto di te se sai di quel giorno

C’è anche una splendida sala giochi lì vicino

…chi sei tu, per Klavier, esattamente?

Per il momento sono un amico, dopo il 28 Novembre potrei diventare una grande seccatura

Ma voglio solo che lui e Trucy siano felici

Perché si meritano tutta la felicità del mondo

Va bene

Sarò al café dopo pranzo il 28 Novembre

O meglio

Trucy sarà al café 

Ne sono felice

Grazie mille

Non ringraziarmi. Se la situazione mi puzza sono pronta a tagliare immediatamente la corda

E ne hai ogni diritto

Ci vediamo il 28 allora

Oki doki

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Capitolo di grandi svolte!!

In realtà doveva esserci anche una parte Petrabelle, ma dovevo pubblicare oggi, perché poi avrò alcuni giorni molto impegnati, e ci tenevo molto a non tardare ulteriormente con questo capitolo, quindi l’ho tagliate. Tanto non succedeva niente di che.

Diego e Clover ormai ci danno proprio dentro, sono parecchio affiatati dopo aver risolto ogni incomprensione. E Clover è stata anche accettata dalla famiglia di Diego, quindi tutto a posto. Paola è sempre adorabile.

Anche se Felix e Mirren probabilmente vincono il premio di coppia più unita.

Dai, sono troppo carini!!

E Mirren ha finalmente fatto pace con suo padre. Spero che il confronto tra i due sia risultato realistico.

E poi c’è Denny… pardon, Apollo, che cerca di contattare una certa Trucy. Speriamo che Klavier non si arrabbi con lui ^^’

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, spero che arrivi presto il prossimo. Ora che sono in vacanza cercherò di scrivere di più, e spero vivamente di finire la fanfiction entro Ottobre.

Mancano sempre meno capitoli!!

Un bacione e alla prossima :-* 



 

Nel prossimo episodio: Denny fa incontrare due persone dopo anni, Max parte per Agaliria

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Capitolo 47
*** Incontri inaspettati ***


Incontri inaspettati

 

Giovedì 28 Novembre

Denny era estremamente in ansia per ciò che aveva programmato, ma non aveva comunque intenzione di fare un passo indietro, soprattutto visto che una ragazza di circa sedici anni in quel momento era in autobus o in treno e si stava dirigendo velocemente nella sua direzione.

Quindi non avrebbe potuto fare un passo indietro neanche volendo, ormai. Avrebbe dovuto convivere con le conseguenze di ciò che aveva fatto, e tutto ciò che sarebbe irrimediabilmente andato storto.

Perché c’erano davvero tante cose che potevano andare storte: magari la ragazza trovata online non era Aggie, magari Mathi l’avrebbe odiato per sempre per averla chiamata, magari Aggie era tenuta sotto controllo e quindi Denny si era esposto con l’agenzia, magari i due fratelli avrebbero litigato per sempre e Mathi sarebbe stato ancora più depresso di prima…

…magari Mathi sarebbe stato finalmente felice.

Il pensiero di un Mathi che tornava a sorridere per davvero era stato ciò che aveva spinto Denny a continuare con quel piano anche quando tutto gli suggeriva di lasciar perdere.

Dopotutto, lentamente, Mathi stava meglio, dal suo compleanno.

Uscivano spesso insieme, e anche con il resto della Corona Crew. Stava imparando a fare un caffè decente quindi il lavoro andava alla grande, e, a dire il vero, avevano avuto tantissime occasioni per avvicinarsi sentimentalmente l’uno all’altro.

Anche se Denny aveva sempre evitato che il loro rapporto raggiungesse un punto troppo intimo.

E non perché non volesse, e per una volta non c’entrava neanche il gay panic.

Perché quando aveva visto che Mathi era così perso, e sembrava attaccarsi con foga alla minima certezza che gli veniva porta davanti, Denny si era reso conto che al momento il loro rapporto era tutt’altro che sano.

Perché finché Mathi non avesse preso in mano la sua vita, e rimesso insieme i pezzi, Denny temeva che avvicinandosi a lui, porgendosi come suo salvatore… la loro relazione avrebbe rischiato di diventare tossica.

Perché, obiettivamente, perché mai uno come Mathi avrebbe voluto stare con uno come Denny? Il ragazzo era convinto che se Mathi avesse ottenuto una vita normale, si sarebbe reso conto che Denny, alla fine, non era proprio un granché.

E Denny non l’avrebbe biasimato, solo che voleva che fossero sullo stesso livello prima di avvicinarsi troppo a lui.

Era un pensiero molto complicato, e spero di averlo spiegato bene, in parole povere aveva ancora l’ansia di non essere abbastanza.

E la consapevolezza che i loro momenti migliori passati insieme erano consecutivi a rispettive crisi, quindi non un ottimo punto di partenza per una relazione sana.

Insomma, voleva che Mathi fosse finalmente felice ed equilibrato prima di provarci con lui, per non approfittarsene!

Sensibile da parte sua, vero?

I suoi pensieri confusi vennero interrotti quando una ragazza, appena entrata nel negozio, dopo essersi guardata intorno per un attimo gli si avvicinò con sicurezza.

Denny, al contrario, non la riconobbe affatto. Aveva i capelli neri e lisci, i tratti asiatici, e un look molto punk. Denny non l’avrebbe mai associata alla Trucy che aveva visto al New Malfair Comic & Games.

Ma notò immediatamente la somiglianza fisica con Mathi.

Si alzò per accoglierla.

-Tu devi essere Aggie, giusto?- chiese, porgendole la mano, in totale ansia.

Non solo era una persona chiamata in gran segreto, ma era anche la sorella del ragazzo che gli piaceva. Non voleva fare una brutta impressione.

La ragazza storse il naso, ma gli strinse la mano.

-Agatha! Mai Aggie. Solo una persona può chiamarmi Aggie- lo corresse, facendo il muso, e poi sedendosi.

Denny intuì chi fosse quella persona.

-Scusa! Ti capisco benissimo! Anche io ho una sola persona che può chiamarmi Dan… mi chiamo Daniel, comunque. E puoi chiamarmi Denny- si presentò a sua volta, impacciato.

La ragazza, sebbene ancora sospettosa, non riuscì a trattenere un sorrisino.

-Qualcosa mi dice che parliamo della stessa persona… Dan- lo prese un po’ in giro, vendicandosi per l’Aggie di poco prima.

Denny non trattenne un risolino nervoso.

-Spero proprio di sì. E inizio ad esserne sempre più certo- ammise, grattandosi il collo imbarazzato.

Agatha si guardò intorno, molto timorosa. Sembrava cercare di trovare qualcuno.

-Credo sia in cucina, ma dovrebbe venire a momenti a prendere le ordinazioni- spiegò Denny, sottovoce.

-Lavora qui?- chiese Aggie, curiosa.

Denny annuì -Da poco… è una lunga storia che spero sarà lui a raccontarti- non la guardò negli occhi mentre parlava, e giocò con la tovaglietta. Ora che il momento si approcciava, Denny iniziava ad essere davvero terrorizzato.

-Come l’hai conosciuto?- chiese la ragazza, per fare conversazione e indagare su qualcosa che sperava che Denny potesse dirgli.

In effetti non c’era niente di male a rivelare i dettagli del loro incontro. Era sicuramente imbarazzante, ma era un ricordo che Denny conservava nella mente con affetto.

-È piuttosto divertente… circa all’inizio dell’anno, una mia amica mi ha sfidato, diciamo, a chiedere di uscire alla prima persona che fosse entrata qui al Corona… ora, non fraintendere. Non sto uscendo con Mathi! Non siamo usciti, cioè, era un appuntamento finto, cioè, io ero etero all’epoca… no, aspetta!!- colpa dell’ansia e dei nervi a fior di pelle, Denny si incespicò parecchio con le parole quando provò a raccontare la storia, e mentre diventava più rosso di un pomodoro, Aggie scoppiò a ridere, abbassando definitivamente i muri che aveva eretto insospettita dallo sconosciuto che diceva di conoscere suo fratello.

-Posso ricominciare daccapo o mi sono giocato ogni possibilità?- chiese Denny, rassegnato alla figuraccia.

-Ti sei giocato ogni possibilità di apparire figo, ma puoi ricominciare daccapo, perché ora sono davvero curiosa di conoscere la storia- la ragazza lo incoraggiò a ricominciare, continuando a ridere sotto i baffi e ormai del tutto sbloccata.

Alla fine Denny riuscì a raccontare meglio la storia, con la premessa dei propositi e del suo gruppo di amici. Agatha era un’ascoltatrice molto presente e attenta, e iniziò a sbloccarsi anche lei. Non disse troppe cose personali, ma iniziarono presto a parlare di Phoenix Wright e videogiochi in generale.

Era passato circa un quarto d’ora, e l’ansia era quasi del tutto sparita, quando Denny venne attirato dall’inconfondibile chioma castano scuro di Mathi, appena uscito dalla cucina, che lo notò, sorrise, e gli si avvicinò, senza badare minimamente alla ragazza con lui che gli dava le spalle. Forse non l’aveva neanche notata, forse di sfuggita aveva pensato fosse Clover, dato che avevano gli stessi capelli neri. Anche se di altezza e corporatura erano completamente diverse.

Neanche Aggie si era resa conto dell’arrivo del fratello, e Denny non ebbe il tempo di avvertirla, o di prepararsi psicologicamente, perché pochi secondi dopo Mathi li aveva raggiunti, con un enorme sorriso indirizzato solo a Denny.

-Dan, il solito?- chiese, pronto a prendere appunti sul taccuino.

-Matt?- Aggie sollevò il volto verso quello del fratello, e lo chiamò incredula, fissandolo ad occhi sgranati.

Forse nella foga della chiacchierata si era dimenticata del motivo per il quale era lì, forse non aveva creduto del tutto a Denny fin dall’inizio.

Ma ora i due fratelli erano lì, uno davanti all’altra, senza alcuna maschera, per la prima volta da tre anni.

Denny trattenne il respiro, e per qualche istante l’aria sembrò farsi di piombo.

Poi Mathi fece cadere il taccuino, sia Aggie che Denny si alzarono, e prima che chiunque potesse parlare, Mathi corse via alla velocità della luce, diretto all’entrata sul retro.

-Matt!- Aggie provò a seguirlo, ma Denny la fermò.

-Aspetta un secondo, provo a parlarci io- decise di prendere le redini della situazione, e lasciò Agatha lì mentre andava da Mathi per cercare di… giustificarsi? Scusarsi per non averglielo detto? O per essersi immischiato?

Una cosa era certa, doveva raggiungere Mathi il prima possibile.

Lo trovò fuori dal bar, appoggiato al muro, intento a tenersi il petto e fissare un punto lontano con sguardo vuoto e terrorizzato.

-Mathi…- Denny gli si avvicinò timoroso, pronto ad aiutarlo come facevano sempre a vicenda, ma appena lo sentì, Mathi sollevò lo sguardo, e lanciò a Denny un’occhiata piena di sdegno, dando prova di non essere nel mezzo di un attacco di panico… e che Denny l’aveva fatta davvero grossa.

-Ti prego, dimmi che è solo un caso…- la voce che Mathi fece uscire era fredda e fece venire i brividi a Denny, che non aveva mai sentito Mathi così duro.

Avrebbe potuto mentire, ma sapeva che non avrebbe risolto la situazione.

Scosse la testa.

-L’ho chiamata io…- ammise, e mentre le parole uscivano dalla sua bocca, si rese conto di quanto invadente e inappropriato fosse stato il suo piano. Sperava che Mathi sarebbe stato felice nel rivedere la sorella, e forse dopo un po’ di tempo lo sarebbe stato, ma Denny non aveva il diritto di interferire nella loro riunione. Lui non era nessuno per affrettare i tempi di Mathi.

Solo che quello era l’anniversario della morte dei suoi genitori, e sia Mathi che Aggie meritavano la loro tradizione, dopo tre anni che non si vedevano.

-Non riesco a credere che tu abbia fatto una cosa del genere- Mathi distolse lo sguardo da lui, come se anche solo guardarlo lo riempisse di disgusto.

Denny cercò di ignorare la nausea sopraggiunta al pensiero di rischiare di perdere Mathi per sempre, e senza avvicinarsi, provò a parlargli.

-Mi dispiace di essere stato invadente, ma volevo…- cercò di giustificarsi e fargli capire il suo punto di vista, ma Mathi lo interruppe.

-È una vendetta per il primo luglio, vero?- chiese, giunto ad una consapevolezza sbagliata. Sembrava davvero ferito da quella ipotesi.

Denny non ci aveva neanche pensato, e si affrettò a negare.

-Ovviamente no! Stavo solo cercando di…- azzardò un passo nella sua direzione, Mathi gli diede le spalle con più forza.

-Perché io non ti ho mai imposto la mia presenza, te l’ho solo offerta. Invece tu hai chiamato mia sorella senza neanche avvertirmi, come hai potuto fare una cosa del genere?!- si strinse nelle spalle, sempre più arrabbiato.

Denny non alzò la voce, né cercò di riconquistare il suo favore. Abbassò la testa pieno di rimpianto.

-Ho sbagliato, lo so, ma…- provò a spiegarsi, ma venne nuovamente interrotto da un irragionevole Mathi nel panico.

-Niente ma! Non voglio sentire nessun “ma”! Non voglio ascoltare niente che hai da dirmi. Vattene via!- Mathi continuava a dargli le spalle, ma gli fece un chiaro gesto di congedo.

Denny a questo punto doveva scusarsi e fare dietro front, ma decise di stringere i denti e obiettare.

-Non ti sembra un po’ ingiusto, Mathi?- gli fece notare, con voce bassa ma determinata.

-Ingiusto?! Con te che…-

-Non ingiusto nei miei confronti, ma nei confronti di tua sorella. Ho sbagliato a farla venire senza dirtelo, ma è qui, è l’anniversario della morte dei tuoi genitori. Vuoi davvero lasciarla sola a sé stessa?- chiese, ricordandogli della ragazza rimasta dentro al bar.

Mathi si irrigidì, ma non ribatté. Denny decise di lasciarlo solo a riflettere, perché non credeva di poter fare più di così. 

Gli diede le spalle e rientrò nel locale, ritrovandosi faccia a faccia con Aggie, che lo stava aspettando proprio dietro la porta.

-Che succede?- chiese la ragazza, in estrema difficoltà.

-È sorpreso, e agitato. Ma non significa che non sia felice di vederti- Denny provò ad incoraggiarla, ma non era granché bravo a mentire, e il rifiuto di Mathi gli stava facendo davvero molto male, anche se stava cercando di essere forte.

Aggie abbassò lo sguardo, preoccupata e ferita al tempo stesso, e superò Denny per uscire e cercare di parlare al fratello.

Denny la lasciò fare, consapevole che se c’era qualcuno che poteva parlare con lui in quel momento, quel qualcuno era Aggie. Si sentiva come si era sentito Mathi dopo il bacio del primo luglio, inerme e incapace di aiutare la persona che amava perché era diventato il suo grande problema.

Perché finivano sempre per ferirsi nel tentativo di aiutarsi a vicenda?!

Denny tornò al tavolo e si risedette, controllando giacche e borse e sperando con tutto il cuore che almeno i due fratelli sarebbero riusciti a parlare e chiarirsi.

Circa venti minuti dopo, la porta sul retro si aprì, e i due ragazzi rientrarono nel locale. Entrambi con gli occhi rossi, entrambi con un sorriso appena accennato, quello di Aggie più ampio rispetto a quello di Mathi.

Per un secondo lo sguardo di Denny e Mathi si incrociò, ma quest’ultimo distolse immediatamente gli occhi, e si diresse in cucina.

Agatha raggiunse il tavolo.

-Come è andata?- chiese Denny, in un sussurro.

-È stato strano, ma sono davvero felice di averci parlato. Mi ha spiegato tutto… non riesco a credere che abbia fatto tutto questo per me. Abbiamo deciso di cercare di recuperare un passo alla volta- rispose lei, torturandosi una ciocca di capelli.

-E ora che si fa?- indagò Denny, giocherellando con il portafoglio e chiedendosi se dovesse pagare subito, o aspettare un po’.

Lui sicuramente se ne doveva andare il prima possibile, così da non imporre a Mathi la propria presenza più del necessario.

-Matt sta chiedendo il pomeriggio libero al suo capo, e poi tu ci accompagni alla sala giochi. Ti va bene come programma?- Aggie lo mise al corrente, Denny fu felice di non star bevendo la propria bibita perché l’avrebbe sputata addosso alla ragazza o gli sarebbe andata di traverso.

-Aspetta, io?- chiese, sconvolto.

-Sì. Mi hai detto che c’è una sala giochi qui vicino, vuoi forse rimangiarti il tuo invito nell’accompagnarmi lì?- Aggie lo squadrò con cipiglio severo. Denny impallidì all’idea, e lanciò un’occhiata preoccupata al luogo dove si era diretto Mathi. Riuscì a vederlo inseguire Roelke e parlarle in maniere concitata.

La donna lo ascoltava con attenzione.

-Agatha, mi farebbe molto piacere accompagnarvi, ma non credo che il piacere sia reciproco- sussurrò, indicando Mathi.

Anche Agatha lo guardò, e il suo sguardo si assottigliò.

Sembrava ponderare con molta attenzione la situazione.

-In effetti penso che Matt non sia molto favorevole all’idea, ma Dan, ti prego… mi sento un po’ a disagio all’idea di passare il pomeriggio da sola con lui. Non ci vediamo da tre anni, e penso che insieme a te riusciremmo a sentirci più a nostro agio- il suo tono era supplicante. Si vedeva che nonostante cercasse di apparire forte, era molto turbata dalla situazione.

Denny avrebbe solo voluto tornare a casa e piangere per aver perso l’amicizia della sua cotta, ma decise di assecondarla. Dopotutto era lui il responsabile di quel casino, il minimo che potesse fare era dare la propria disponibilità ad entrambi gli Yamamoto.

-Va bene, vi accompagnerò. Ma sentiti libera di cacciarmi dalla riunione di famiglia quanto vuoi- 

Aggie si illuminò, e gli scompigliò affettuosamente i capelli.

-Grande! Ora capisco perché mio fratello ti ama!- esclamò, su di giri, facendo sobbalzare il cuore di Denny. Quella era una palese bugia, ma bastò comunque a mandargli il cervello in corto circuito per qualche minuto.

 

Mathi aveva passato il più bel giorno di tutta la sua vita.

Non credeva di essere mai stato così felice come in quel momento, e non era molto accettabile, considerando che quello era l’anniversario della morte dei suoi genitori. Ma sapeva che sarebbero stati solo felici di vedere i loro due figli finalmente riuniti dopo tre anni.

Era stata dura parlare con Aggie, e confessare tutte le cose orribili che aveva fatto nel tentativo di assicurarle un sostentamento. Ancora più duro era stato scoprire che tutti i soldi che aveva messo da parte con i lavoretti non erano mai arrivati a lei, ma se li era tenuti tutti Will. Che uomo disgustoso! 

Per fortuna dopo la lunga e sentita chiacchierata, Aggie l’aveva perdonato, lui le aveva promesso di essere più presente nella sua vita e tornare ad essere suo fratello, e i due avevano passato una giornata straordinaria in sala giochi come ai vecchi tempi.

C’era solo una piccolissima ombra nella sua gioia, un sassolino nello stomaco che si faceva sentire ogni volta che il suo sguardo si posava su Dan.

Il sasso del senso di colpa per come gli era andato addosso, per aver chiamato Aggie senza prima informarlo.

Col senno di poi, dopo aver passato il giorno più felice della sua vita, Mathi non poteva neanche pensare di avercela con lui, ma si sentiva davvero in colpa per come lo aveva trattato, e non sapeva cosa dirgli per farsi perdonare.

Ormai si era fatta notte, e la sala giochi stava per chiudere. 

-Ragazzi, mi aspettate fuori mentre vado un secondo in bagno?- Aggie li incoraggiò ad uscire prima di lei. Era stata il collante che li aveva tenuti tutti e tre uniti quel giorno, e il motivo principale per il quale Mathi era così felice.

Ed era lì solo grazie a Denny, che al contrario, evitava accuratamente lo sguardo di Mathi e gli aveva rivolto la parola pochissime volte.

Era comunque stato partecipe, e competitivo nei giochi, anche se aveva fatto vincere Aggie un paio di volte, ma più si avvicinavano all’uscita, più sembrava distratto e triste.

Una volta fuori dalla porta, Mathi cercò di prendere il coraggio per scusarsi del proprio comportamento. Sì, era rimasto ferito dal fatto che Denny avesse contattato Aggie alle sue spalle senza avvertirlo, ma per prima cosa lui aveva fatto di peggio nei confronti di Denny, seconda cosa, le conseguenze erano state fantastiche, quindi aveva fatto bene a chiamarla.

E Mathi sapeva benissimo che se non l’avesse chiamata Denny, lui non avrebbe trovato il coraggio di farlo tanto presto. Gli era servita proprio una spinta.

Dopo una serie di profondi respiri, si girò verso l’amico, deciso a scusarsi.

-Dan…- ma il fiato gli morì in gola quando notò che le guance di Denny erano rigate di lacrime, e si mordeva il labbro inferiore cercando di essere il più silenzioso possibile.

Il cuore di Mathi sprofondò nel petto.

-Dan! Che succede?!- chiese, preoccupato avvicinandosi e controllando le sue condizioni.

-Mi dispiace, Mathi. Mi dispiace tanto. Ti prego, perdonami, non voglio perderti!- la voce di Denny era così impastata e spaventata che Mathi fu convinto di aver capito male, anche perché quello che Denny gli stava dicendo non aveva alcun senso.

-Cosa?! Non mi perderai, cosa stai dicendo?!- era davvero tanto confuso. Semmai era Mathi che rischiava di perdere Denny. Era Mathi quello che non riusciva a stare senza di lui. Era Mathi a dover chiedere scusa, e a non meritarlo.

-Ho tradito la tua fiducia, e ora che stai recuperando la tua vita ci manca poco al momento in cui ti renderai conto di quanto poco io sia rispetto a tutto quello che potresti avere- continuò Denny, seppellendo il volto tra le mani, e facendo rimanere di stucco Mathi, che non avrebbe mai pensato in un milione di anni che Denny potesse pensare quelle cose riguardo sé stesso.

Era così senza parole che Denny lo prese come un invito a continuare.

-E io so di doverti lasciare andare, perché ti sto bloccando, e ti senti in colpa per avermi messo in pericolo e quindi ti stai aggrappando a me ed è tossico, ma… non so se ci riesco. Sono una persona orribile!- e il continuo aveva meno senso dell’inizio.

-Dan… non ti seguo- ammise Mathi, confuso e preoccupato, cercando di capire quali ragionamenti potesse aver fatto l’amico per giungere alla conclusione che Mathi avrebbe voluto lasciarlo andare.

Semmai era il contrario! Era Mathi che doveva lasciarlo andare perché era troppo ossessionato da lui e Denny poteva trovare decisamente molto di megli… ohhhh!

Improvvisamente, complice anche la location in cui si trovavano, la stessa del loro primo appuntamento (finto, ma non stiamo qui a sindacare), Mathi ricordò la conversazione che avevano avuto alla fine della serata.

“Pensavo che ora che l’appuntamento è finito non vorrai più vedermi. Insomma, non sei obbligato a farlo”

“Temevo che, insomma, tu non fossi interessato perché puoi trovare di meglio”

E poi a quando si erano trovati nello stesso laboratorio, all’inizio del semestre primaverile.

“Non volevo disturbarti mentre eri con i tuoi amici”

“Preferisco di gran lunga passare la lezione con te. Ma non voglio sembrare appiccicoso”

“Non sei appiccicoso! Ero io che non volevo risultare appiccicoso. Sicuramente sei pieno di amici, non posso mica starti sempre appresso!”

Mathi si era dimenticato ciò che era successo all’inizio della loro relazione perché era passato tempo ed era successo di tutto, ma ora che avevano ricominciato praticamente daccapo, entrambi erano ritornati ad essere due insicuri che non credevano di meritare l’altro.

Con gli stessi dubbi e le stesse ansie.

Due idioti! 

Ma era il momento di interrompere il circolo vizioso.

-Scusa, non volevo crollare così, ma più ci avviciniamo alla fine della serata, più inizio a temere che sia la fine della nostra amicizia- continuò a disperarsi Denny, mentre Mathi aveva la sua epifania.

L’ex agente accennò un sorriso intenerito.

-Dan…- sollevò una mano sulla sua guancia, e gli asciugò dolcemente le lacrime. Finalmente Denny sollevò lo sguardo su di lui, e lo guardò con occhi rossi e timorosi -…recuperare la mia vita in pezzi non mi allontanerà mai da te, semmai mi farà sempre più desiderare la tua compagnia- ammise, in tono dolce e paziente.

Denny scosse la testa.

-No, non è vero. Lo pensi perché non hai altro al momento. Sei stato mio amico solo perché sono stato io ad approcciarti- obiettò, in tono flebile.

-Dan…- Mathi decise di dare il tutto per tutto per far capire a Denny quanto ci tenesse a lui come persona -…ho una cotta per te da quando ti ho visto per la prima volta al Corona- ammise, un po’ imbarazzato.

-Cosa?!- Denny sgranò gli occhi, sorpreso, e arrossendo vistosamente.

Anche Mathi arrossì, e distolse lo sguardo, imbarazzato.

-Ero appena arrivato in città per iniziare a studiare, fine Settembre dell’anno scorso, inizio del semestre autunnale. E sono andato al Corona per prendere due caffè per me e Duke. E tu eri con la Corona Crew a festeggiare qualcosa, suppongo l’inizio delle lezioni, e ti sei esaltato per qualcosa, o hai litigato con Amabelle. Non ricordo esattamente cosa avevi fatto, ma hai attirato la mia attenzione e… insomma. Sapevo che non ti avrei conosciuto, o almeno lo credevo con sicurezza, ma ogni volta che ci trovavamo al Corona negli stessi orari non potevo fare a meno di osservarti da lontano, e quando tu ti sei avvicinato… probabilmente te ne sarai accorto da quanto fossi impacciato…-

-Non eri affatto impacciato! Eri la persona più sicura di te che avessi mai incontrato!- obiettò Denny, con voce tremante.

-Felice di aver dato questa impressione completamente inesatta. Perché incontrarti davvero, ed essere invitato all’appuntamento finto… è stato uno dei momenti più emozionanti della mia vita… emozionanti in senso positivo. Ero terrorizzato ma anche pieno di gioia, e speranza, e… Dan, quando dico che tu sei la cosa più bella che mi è capitata da quando la mia vita ha iniziato ad andare a rotoli, non significa che mi sto aggrappando a te come un’ancora vitale solo perché non ho altro a cui aggrapparmi. Significa che sei la persona più incredibile che io abbia mai incontrato. Perché sei Dan, il mio Dan… e io ti amo, a prescindere dalle circostanze- Mathi sperò di aver fatto capire il suo pensiero e i suoi sentimenti. Si era esposto tantissimo con quella confessione, ma doveva far rendere conto a Denny che meritava il suo affetto, perché era davvero straordinario.

-Non… sei arrabbiato con me?- sussurrò Denny, incredulo. Aveva smesso di piangere, ma i suoi occhi erano sperduti.

-Ho esagerato a prendermela così tanto. Volevi solo il mio bene, e mi hai riunito a mia sorella. Come potrei essere arrabbiato con te per questo?!- lo rassicurò Mathi, con un flebile sorriso.

-Tu… mi ami?- chiese poi il suo interlocutore, in un sussurro ancora più basso.

Mathi arrossì, e distolse lo sguardo, imbarazzato.

-Sì… ma non devi ricambiare. A me basta la nostra amicizia, e…- provò a mettere comunque le mani avanti, ma Denny non lo fece finire.

-Ti amo anch’io- ribatté, con semplicità, e un commosso sorriso. Le sue gote erano rosse, gli occhi ancora lucidi, ma questa volta erano lacrime di gioia.

Mathi perse un battito. Sperava di piacere a Denny, ma non credeva che avrebbe sentito mai da parte sua la parola con la A.

Lo guardò negli occhi cercando una prova che scherzasse o stesse esagerando, ma li vide limpidi e brillanti.

Ed entrambi, nello stesso momento, si avvicinarono per eliminare le distanze tra di loro, scambiandosi un profondo bacio sulle labbra.

Era la terza volta che si baciavano, ma fu il bacio più libero e liberatorio che si fossero scambiati. Perché per la prima volta erano entrambi fuori dall’armadio e fuori da pericolo di morte.

Erano due ragazzi normali che si amavano e non avevano nulla e nessuno che potesse mettersi tra di loro.

Neanche loro stessi.

Mathi pensava che fino a quel momento avesse vissuto il giorno più bello della propria vita.

Ora credeva che quello sarebbe per sempre rimasto il giorno più bello della sua vita, perché non si era mai sentito così bene, felice e in pace.

Perse conto del tempo, rimase a corto di fiato, ma continuò imperterrito a divorare quasi letteralmente il volto di quello che non poteva più assolutamente essere considerato solo un amico.

E probabilmente avrebbe continuato all’infinito, e sarebbe andato anche oltre, fregandosene altamente che fossero in un luogo pubblico, se non fosse stato interrotto da una voce scandalizzata alle sue spalle.

-Mi assento cinque minuti! Cinque minuti! E vi ritrovo così?! Siate almeno un po’ più discreti, e che cavolo!- si lamentò, disgustata, sua sorella, facendo sobbalzare entrambi, e facendoli staccare di scatto.

-Aggie…- Mathi provò a giustificarsi, o scusarsi, o lamentarsi perché li aveva interrotti, ma la ragazza lo interruppe immediatamente, e si mise tra di loro, prendendoli entrambi sottobraccio.

-Ammetto che è meglio rispetto a vedervi impacciati, ma diamine! Aspettate almeno di essere soli, uffi!- si lamentò ancora, facendo il muso.

-Scusa, Agatha, è stato… cioè… non volevamo… solo…- Denny era probabilmente il più imbarazzato lì in mezzo, ed era così rosso che i suoi capelli castani erano diventati ramati.

Mathi intervenne per rassicurarlo.

-Sei tu ad essere una party pooper, Aggie- prese in giro la sorella, punzecchiandole la guancia, e non rassicurando per niente Denny.

Ma era troppo, troppo felice in quel momento.

-Cambiando argomento, perché sennò stanotte mi verranno davvero gli incubi… non credo sia il caso di tornare a New Malfair a quest’ora. Sapete dove potrei trovare un alloggio dove accettano minorenni… possibilmente gratis…?- chiese ai due, archiviando la questione e rassicurando molto di più Denny.

-Ti ospiterei da me ma stiamo un po’ stretti- iniziò a riflettere quest’ultimo.

-E da Roelke non ci sono altre camere… potrebbe andare nel dormitorio dell’università. Norman non ha un compagno di stanza, giusto?- chiese Mathi rivolto verso Danny, riflettendo su quale fosse il luogo migliore dove far dormire sua sorella.

Norman era probabilmente la persona più affidabile della Crew.

-Norman?- Aggie non sembrava molto convinta all’idea di dormire con uno sconosciuto maschio.

-È un ragazzo fantastico! Ed è aro-ace…- spiegò Denny, facendola calmare un po’ -oppure… la camera di Clover e Juanita è quasi sempre libera, dato che Clover sta sempre da Diego. Clover è come una sorella per me, è davvero in gamba, andreste un sacco d’accordo- Denny armeggiò con il telefono per chiedere al gruppo chi potesse ospitare Aggie per la notte, senza dare troppissime informazioni.

Alla fine optarono per la camera di Clover e Juanita, e si misero in attesa dell’autobus per accompagnarla fino al dormitorio universitario.

L’aria serale iniziava a farsi davvero fredda, e mentre Aggie era ben coperta e sembrava piuttosto tranquilla, Denny iniziò a tremare parecchio, massaggiandosi le mani per riscaldarle.

Mathi gli si avvicinò, e lo cinse in un abbraccio. Aggie lanciò loro un’occhiata sospettosa, ma alla fine sorrise, e diede a Denny qualche pacca sulla spalla.

Dopo qualche secondo, Denny si avvicinò a Mathi, per sussurrargli qualcosa all’orecchio.

-Quindi… stiamo insieme?- chiese con un’innocenza che fu un (piacevole) colpo al cuore di Mathi, che subito aprì la bocca per rispondere con estrema approvazione, ma venne anticipato da sua sorella, che aveva un ottimo udito.

-Spero per voi di sì perché dopo un imbarazzo del genere il no homo non è più contemplato!- 

Entrambi i ragazzi si fecero rossi. Mathi la punzecchiò un altro po’, e lei si allontanò, divertita.

Lasciandola perdere, Mathi sussurrò all’orecchio di Denny.

-Spero proprio di sì, Dan- per poi dargli un bacio sulla guancia.

Denny, si appoggiò maggiormente su di lui, soddisfatto e sprizzando gioia da tutti i pori.

Aggie sorrise ai due, e fece un occhiolino a Mathi e un cenno di approvazione.

Dopo aver toccato il fondo, Mathi era finalmente riuscito a risalire, e non poteva chiedere nulla di meglio nella sua vita.

Finalmente, si sentiva in grado di respirare, e sorridere per davvero.

 

Domenica 1 Dicembre

Forse Amabelle era una cattiva influenza.

Forse Gorgeous non era la serie migliore da vedere con Amabelle come cattiva influenza.

Fatto stava che Norman iniziava a preoccuparsi per sé stesso e per quello che era diventato da quando era tornato a Harriswood dopo il litigio di Amabelle.

Non che avesse fatto niente di preoccupante, in realtà, ma aveva elaborato uno schema dettagliato su vari modi per mettere insieme Petra e Amabelle, le sue dosi quotidiane di caffè erano aumentate, e al momento aveva invitato tutti i membri del gruppo reclutati nell’OMM per discutere di strategie di matchmaking.

…sì, Amabelle era stata una pessima influenza.

-Allora… ho segnato tutti gli eventi principali del mese per decidere come agire riguardo ad Amabelle e Petra. Purtroppo Amabelle non è tipa da programmi, quindi il calendario è scarno. So per certo che lei e Petra andranno a New Malfair il 7 Settembre per non mi ricordo esattamente cosa… mi pare una partita di basket?- Norman si rivolse a Mirren, seduto alla scrivania.

-Sì, è una partita di basket. Non ho idea del perché lei e Amabelle ci vadano però, non sono mai state fan dello sport- spiegò, confuso.

-Bene, avete qualche idea su cosa potremmo fare per metterle insieme durante una partita?- chiese Norman, esagitato, incoraggiando il resto del gruppo a pensare a qualcosa.

Purtroppo, nessuno sembrava particolarmente dedito alla causa. 

Felix era seduto a terra, e osservava il telefono ridacchiando tra sé. Mirren, alla scrivania, sembrava più intento a rileggere la tesi finita e consegnata di Norman, piuttosto che elaborare piani per mettere insieme sua sorella e una ragazza che sperava di non avere come cognata.

Diego e Mathi erano seduti sul letto, e Clover e Denny erano seduti su Diego e Mathi, e i quattro sembravano discutere su quale delle due coppie fosse più sdolcinata.

L’unica che sembrava ascoltarlo era Agatha, la sorella di Mathi (Norman non aveva la più pallida idea che avesse una sorella e ne era rimasto parecchio sorpreso), che aveva passato il weekend in camera di Clover e Juanita, ed era diventata un membro onorario della Corona Crew. Era seduta a terra in un angolo e osservava la situazione con un certo divertimento.

Norman era abituato a lavorare a piani di Matchmaker con Amabelle, che era decisamente entusiasta quando si trattava di accoppiare qualcuno, quindi era parecchio deluso dalla poca dedizione dei suoi amici.

-Ehi, ragazzi! Dobbiamo decidere qualcosa!- cercò di attirare la loro attenzione.

…decisamente l’influenza di Amabelle non era stata positiva.

-Potremmo usare le sue manette contro di lei- provò a proporre Denny, ritornando attento.

-Dubito che le porterà ad un evento dove sono presenti solo lei e Petra- rifletté Felix, tornando attento e mettendo via il telefono.

-Non è detto, credo che le porti ovunque- osservò Clover, pensierosa.

-Perché la vostra amica ha delle manette?- chiese Agatha, confusa e divertita.

-Ho imparato da parecchio a non interrogarmi su ciò che fa Amabelle- spiegò Mathi, scuotendo la testa.

-Che tu sappia, andranno al palazzetto principale di New Malfair? O in un luogo più isolato?- chiese poi Agatha, curiosa.

-Penso a quello principale, Petra ha detto che era una partita molto importante- rifletté Mirren.

Norman sperò avesse una qualche idea, dato che lei era di New Malfair.

-Un secondo…- Aggie prese il telefono e iniziò a fare una ricerca, nel frattempo gli altri provarono a proporre qualcosa.

-Le mettiamo un afrodisiaco nell’acqua?- propose Mathi, che non aveva molte idee.

-Originale, vorrei troppo vederlo- Felix alzò le mano per battergli il cinque. Sia Mirren che Denny lanciarono ai due un’occhiataccia gelosa, per niente recepita dai loro ragazzi.

-Non credo che gli afrodisiaci funzionino come l’amortentia di Harry Potter- Clover ruppe le loro speranze.

-Sarebbe stato divertente però- Mathi si rattristò.

-Ah ha! È al palazzetto principale. Potremmo usare la Kiss Cam- Aggie diede l’idea più vincente del momento, mostrando sul telefono un’immagine del palazzetto dello sport più grande di New Malfair, con tanto di Kiss Cam.

-Ohhh… sì, ci può stare. È un bel cliché- osservò Mathi, scompigliando affettuosamente i capelli della sorella, che sorrise soddisfatta.

-Potremmo pagare il responsabile in modo che le inquadri finché non si baciano- elaborò Norman.

-Non è un po’ esagerato?- Mirren era preoccupato.

-Dopo quello che ha fatto lei per costringere tutti a baciare tutti, mi sembra il minimo- Felix gli ricordò quanto si fosse accanita con loro.

-Touché- 

-Se dobbiamo attingere a quello che ha fatto Amabelle a noi… ne avremmo molte di idee- suggerì Diego, poggiando la testa sulla spalla della sua ragazza, che gli diede un bacio sulla fronte.

-Quindi chiuderle insieme?- chiese Denny, ricordando cosa aveva fatto a Max e Sonja.

-Mmmm, potrebbe essere una buona idea- rifletté Norman.

-Oppure organizziamo un finto appuntamento al buio e le facciamo incontrare così- si aggiunse Clover, ricordando come Amabelle avesse fatto incontrare lei e Diego.

-O regaliamo loro i biglietti per qualche altro evento particolare così saranno in un ambiente perfetto per possibili nuovi piani- si aggiunse Mathi, ripensando al New Malfair Comic & Games.

-L’ideale è farle interagire il più possibile, è giusto. Devo ricercare qualche evento particolare- Norman si segnò un appunto al limite del calendario.

-Potremmo utilizzare qualche gioco da party come ha fatto lei al compleanno di Amabelle- ricordò Diego, soddisfatto dalla pensata.

-Chissà se c’è qualche gioco di coppia al quale farle partecipare per vincere un premio all’altezza di una sauna portatile- si aggregò Mirren, pensando a San Valentino.

-Mi informo anche su questo, per fortuna ho tutto pronto per la laurea e non devo fare più nient’altro oltre a ripassare- Norman iniziava ad essere parecchio soddisfatto dalle proposte.

-Ohh, chiamiamo la polizia e le facciamo arrestare?- chiese Felix, ricordando il suo appuntamento con Jasmine.

-Quello era un progetto smatchmakers, non matchmakers- ricordò Norman, prendendo in seria considerazione l’idea.

-Amabelle è fighissima- ridacchiò Agatha, divertita da tutte le idee.

Norman sembrò svegliarsi da una trance.

-Ehi, un momento, Felix, non andiamo così oltre! Siamo i Matchmakers buoni, quelli che fanno le cose nel modo giusto! Non chiamiamo la polizia!- tornò in sé, calmo e metodico.

-Direi che allora per il momento ci concentriamo sulla Kiss Cam alla partita di basket- concluse Clover, facendo un occhiolino ad Agatha che aveva avuto l’idea.

-Per il momento può andare, d’accordo- Norman annuì, in tono di congedo, e iniziando a mettere via il calendario.

-Ottimo, perché ho l’autobus tra un’ora e volevo passare un po’ di tempo con il mio fratellone- Agatha si alzò e si gettò contro Mathi, schiacciando Denny nell’impresa.

Mathi li tenne in equilibrio entrambi senza troppa difficoltà.

Norman osservò le tre coppie che stavano finalmente insieme, e ripensò ai drammi di Amabelle per metterli insieme.

Considerando quanto fossero affiatati al momento, bisognava dire che aveva fatto un buon lavoro. La scommessa iniziale con Denny e Mathi aveva fatto partire la loro conoscenza, e aver aiutato Clover a consegnare le lettere a Diego aveva consolidato la loro relazione. Con Mirren e Felix aveva fatto casino più di quanto avesse aiutato, ma loro erano un caso a parte. In generale, bisognava dire che le sue spinte avevano avuto un risultato non indifferente.

E ora loro si stavano vendicando rendendo anche lei felice. O forse era più appropriato dire che le stavano restituendo il favore?

Norman sperò solo che Amabelle superasse qualsiasi blocco avesse che le impediva di far pace con i propri sentimenti.

 

Giovedì 5 Dicembre 

Max aveva dovuto cambiare due aerei per raggiungere Agaliria, dato che di voli diretti da Harriswood non ce n’era nessuno, e il jet leg non lo aiutava affatto.

Era stanco morto.

Ma ne aveva di cose da fare quel giorno, prima di mettersi comodo sotto le coperte del bellissimo hotel che Clover aveva prenotato per lui.

La sua migliore amica aveva davvero fatto una pazzia, per quel weekend.

Non c’era neanche la certezza che avrebbe davvero incontrato Veronika. Era la principessa, mica una semplice ragazza che abitava lì.

E Agaliria era più grande di quanto si potesse pensare.

Ed era… splendida.

Max aveva finito da poco il check in, e teoricamente sarebbe dovuto andare dritto verso Eugenie Garten, la prima tappa del suo viaggio in città, e l’unica dove sarebbe stato completamente libero nella visita senza guide che gli avrebbero spiegato tutto.

E per fortuna non aveva fretta di raggiungere il luogo, perché si stava perdendo, affascinato, per i vicoli di quella rustica cittadina che sembrava uscita da una fiera medievale.

Era davvero un luogo magico, meraviglioso, e che Max avrebbe immediatamente messo tra i patrimoni dell’UNESCO.

…forse c’era già. Non se ne sarebbe stupito.

Nella sua passeggiata aveva appena raggiunto la piazza centrale, e fissava affascinato una fontana con la statua di una ex regina che somigliava tantissimo a Veronika.

-Königin Eugenie Krone- una voce alle sue spalle lo fece sobbalzare.

-Uh? Cosa?- chiese Max, che non aveva capito, dato che non parlava tedesco.

A fargli l’agguato era stato un venditore con un mercato all’aperto poco distante, che lo guardava con divertimento, probabilmente attirato dall’espressione sognante e dalla sua aria sperduta.

-Vecchia königin, di giardino. Eugenie Garten- spiegò lui, indicando un punto all’orizzonte, dal quale si notavano parecchi alberi spuntare. 

Max guardò prima il punto indicato, poi la statua della fontana, e capì cosa intendesse.

-Oh, la regina Eugenie! Sì, l’ho sentita nominare. È stata la capostipite della famiglia reale!- annuì, ricordando la storia di Agaliria che aveva studiato insieme a Denny per prepararsi a quella gita.

Eugenie era un’antica antenata di Veronika, che aveva creato l’Eugenie Garten che era diventato principale meta turistica e fonte di guadagno del regno. 

-Ja! Turista americano?- chiese il negoziante, con marcato accento tedesco.

-Ja. Bellissima città!- si complimentò Max, con un gran sorriso, indicando i dintorni.

Il mercante ricambiò il sorriso, e si pettinò i baffi.

-Tu deve visitare il castello. Castello stupendo! E giardino- gli suggerì, amichevole, dandogli una pacca sulla spalla.

-È nei piani- Max annuì, sorpreso da tale confidenza. Era abituato a paesini dove si conoscevano un po’ tutti, dato che abitava a Harriswood, ma a Harriswood i turisti non venivano approcciati in quel modo così amichevole.

Era davvero nuovo, per lui.

E caloroso nonostante il gelo di dicembre che smorzava l’aria.

-Papst!- una ragazza poco più grande di Max che fino a quel momento era impegnata al carretto del signore con un cliente, lo richiamò con rimprovero, e il mercante si rattristò e si avvicinò alla figlia.

Max li sentì parlare in tedesco per un po’, senza capire niente, poi la ragazza gli si avvicinò.

-Perdona mio padre, gli piace chiacchierare. Spero non ti abbia disturbato- si scusò, parlando un buon inglese con accento meno marcato.

-No, affatto. Si vede che ha un grande amore per il regno- sorrise Max, per niente turbato dall’incontro avuto. La ragazza sorrise.

-È molto patriottico. Si sta bene qui ad Agaliria. E non si vedono molti turisti in questo periodo dell’anno, quindi era curioso- continuò la ragazza, un po’ imbarazzata.

In effetti era strano che si volesse visitare il giardino d’inverno, quando era al minimo del suo splendore. Doveva essere un evento più unico che raro.

-Meglio viaggiare quando c’è meno gente. Si vede la vera essenza di un posto- si giustificò. E non mentì, dato che condivideva ciò che aveva appena detto, per questo voleva viaggiare per lavoro e non per svago. Anche se non aveva i soldi per viaggiare in generale. Ed era lì per altri motivi che non credeva avrebbe portato a termine.

Il padre chiese qualcosa alla figlia in tedesco, e lei sollevò gli occhi al cielo e gli rispose irritata, prima di rivolgersi a Max con leggero imbarazzo.

-Scusa se te lo chiedo, ma… non sei un giornalista, vero?- chiese, sorprendendo non poco Max, che rimase interdetto qualche secondo.

-Un giornalista? Perché dovrei essere un giornalista?- piegò la testa, confuso.

-No, niente, solo… con tutti i terribili rumors che girano sulla principessa Veronika, mio padre teme che vengano giornalisti senza scrupoli pronti a far girare falsità- spiegò la ragazza, un po’ imbarazzata.

Max era a bocca aperta.

-Rumors? Che rumors?- chiese, e probabilmente appariva così ferito da quelle supposizioni che la ragazza non pensò neanche per un secondo che potesse usare le informazioni contro la principessa, quindi rispose.

-Oh, ja, è stata qualche mese in America, e tutti pensano che voglia abdicare come sua zia, ma noi conosciamo la principessa Veronika! Tutto il regno la conosce e la stima! Non ci abbandonerebbe mai! Secondo me il vero problema è il duca…- la ragazza si interruppe e si mise la mano alla bocca, rendendosi conto di aver detto troppo.

Max abbassò lo sguardo. Sentir parlare del duca che Veronika avrebbe dovuto sposare di lì a poche settimane gli dava ancora un grosso groppo al cuore.

-Da quello che so, i matrimoni combinati sono una tradizione importante, qui ad Agaliria- osservò, senza sbilanciarsi troppo.

-Se posso dire la mia, sono una cavolata! Krass! Com’è possibile che nel ventunesimo secolo si facciano ancora i matrimoni combinati?!- obiettò la ragazza, molto più sbilanciata, e scuotendo la testa all’idea.

Max accennò un sorrisino.

-Non credi sia meglio se il futuro re sia qualcuno di politicamente preparato?- osservò, molto incerto.

La ragazza sembrò rifletterci parecchio, prima di rispondere.

-Non lo so, probabilmente. Però mi sembra comunque ingiusto che la principessa non possa sposare chi vuole- non diede una risposta molto d’aiuto, ma Max si trovò d’accordo con lei.

Osservò la merce che lei e suo padre vendevano: souvenir, caldarroste, qualche gioiello, un po’ di tutto, insomma, ma soprattutto cibo caldo.

Gli andava proprio qualcosa di caldo in quel momento.

Comprò qualche caldarrosta, chiese indicazioni più dettagliate per Eugenie Garten, e il mercante baffuto gli diede anche un portachiavi gratis per la simpatia.

Il popolo di Agaliria sembrava davvero fantastico.

E adoravano la famiglia reale.

Chissà come avrebbero reagito sapendo che l’amante segreto della principessa era in visita e rischiava di rovinare di nuovo tutto. Di certo non gli avrebbero dato portachiavi gratuiti.

Max cercò di non pensarci, e quando raggiunse finalmente l’entrata del giardino, aveva ormai finito le caldarroste, e buttò la carta in un cestino per la raccolta differenziata lì vicino (raccolta differenziata ovunque, erano davvero avanti ad Agaliria!).

Mise le cuffie nelle orecchie, ed entrò nel giardino, certo che quello non sarebbe stato il giorno in cui avrebbe incontrato Veronika, e godendosi la vista mozzafiato di quello che era a tutti gli effetti il giardino più elaborato d’Europa, e che anche solo nella zona gratuita valeva tutto l’hype che vi era costruito intorno.

Scattò parecchie foto da fare vedere a suo padre una volta tornato, e dopo circa un chilometro di camminata, ai confini con la zona privata a pagamento, quella adiacente al palazzo, si sedette su una panchina davanti ad un cespuglio separatore, respirando a pieni polmoni l’aria pura di quel posto, e godendosi la solitudine.

Che ci faceva lì? Come poteva pensare di approcciare Veronika senza rischiare che girassero nuovi rumors?! Perché non poteva semplicemente andare avanti?! Era andato dall’altra parte del mondo, e non aveva la più pallida idea di cosa fare.

E se anche avesse visto Veronika, poi cosa sarebbe successo?! Cosa le avrebbe detto?!

“Senti, principessa Veronika, sono ancora innamorato di te, abbandoneresti tutto per seguirmi e vivere una pessima vita povera e inutile?” Assolutamente no, non le avrebbe mai chiesto una cosa del genere!

“Yo, Vero! Volevo solo vederti un’ultima volta, sai, per dirti bye bye! Sì, lo so, potevo farlo per messaggio dato che, oh, guarda, sono Gelsomino. Ma guarda tu che coincidenza. E invece mi sono fatto il giro del mondo solo per questo ahahah. Addio!” Era estremamente ridicolo, e OOC.

“Buon pomeriggio principessa Veronika. Volevo solo parlarle per salutarla e scusarmi del mio comportamento gli ultimi giorni in cui ci siamo visti. E ringraziarti per il regalo di compleanno, e mi sembrava doveroso farlo di persona. Ora che ho detto ciò che dovevo addio per sempre, e mi saluti tanto il suo promesso sposo. Buone nozze e buon regno” …troppo passivo aggressivo.

Non era mica colpa di Veronika se si sarebbe dovuta sposare.

Era nata principessa.

E Max era nato un poveraccio.

E quello non era un film Disney, non c’era modo di cambiare le cose.

Eppure, sotto sotto, Max ci sperava davvero.

Gli arrivò un messaggio sul telefono, e si distrasse dai suoi pensieri per controllare di chi fosse.

Era Norman che gli chiedeva se voleva partecipare all’operazione che aveva organizzato per unire Amabelle e Petra.

Max non aveva nulla contro l’idea, anche se era parecchio impegnato al momento.

Rispose un generico “Se posso fare qualcosa a distanza chiedi pure” e Norman gli rispose con un pollicione.

Max rimise via il telefono, sospirò, e alzò la musica.

Per uno strano scherzo del destino, lo shuffle casuale dei suoi brani preferiti gli portò alle orecchie proprio la canzone che aveva ascoltato e ballato sia con Sonja che con Manny, la prima volta il giorno in cui Sonja lo aveva rifiutato, la seconda volta quando Manny lo aveva accompagnato a visitare il giardino di sua madre, l’anniversario della sua morte.

Come aveva fatto a non notare che erano la stessa persona?! Erano così uguali.

Max se lo chiedeva da quando aveva scoperto la verità, ed era arrivato a due conclusioni: la prima era che l’idea che qualcuno si fingesse uomo o donna era talmente lontana dalla sua realtà che non aveva potuto minimamente immaginare che accadesse davvero, e quindi aveva ignorato i segnali. Dopotutto avevano accenti diversi, e aspetti più o meno diversi, e altro.

La seconda ipotesi era che Max, in fondo al cuore, l’aveva sempre saputo, ma aveva ignorato completamente l’idea, perché sapeva che sarebbe rimasto ferito, e che la magia si sarebbe conclusa, se l’avesse rotta.

E Max non aveva voluto smettere di credere a quella magia. Credere che un giorno Manny sarebbe venuto da lui, gli avrebbe detto la verità, e gli avrebbe offerto una soluzione.

Soluzione che, purtroppo, non sembrava esistere.

Max iniziò a canticchiare la canzone che gli ricordava tantissimo Veronika, chiudendo gli occhi e ricordando i bei momenti passati insieme a lei, in entrambe le vesti che aveva assunto.

Batteva con il piede a ritmo di musica, e mano a mano che si lasciava andare, aumentava il volume della propria voce, abbassando quello delle cuffie.

Era solo, dopotutto, poteva permetterselo.

Solo che… era davvero solo?

Mano a mano che continuava a cantare, si rese conto che il sottofondo non era più la voce musicale della cantante, ma c’era una terza voce, ancora più dolce, e femminile, e forte, che li accompagnava.

E mentre la cantante raggiungeva l’acuto finale, gli occhi di Max si aprirono di scatto, mentre la terza voce raggiungeva del tutto le sue orecchie, e veniva riconosciuta dalla sua memoria.

Si alzò in piedi, e si girò in tutta fretta, controllando dietro il cespuglio divisore proprio mentre una ragazza faceva altrettanto dall’altra parte.

E si ritrovò faccia a faccia con l’ultima persona che si sarebbe aspettato di vedere in quel momento, sebbene fosse quella per la quale era giunto fino a lì.

Gli occhi della ragazza erano spalancati in un’espressione di puro shock. I capelli biondi mossi dal vento erano coperti da un cappello elegante, e indossava un abito lungo e un cappotto di pelliccia.

-M_Max?- chiese con un filo di voce, strofinandosi gli occhi come se non riuscisse a credere alla visione che le si parava davanti. 

Anche Max era completamente immobile, e fissava la principessa come se fosse un fantasma.

-Ve…Veronika…- 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Tre coppie su cinque sono ufficialmente canon!! Yee!! Ormai i drammi sono finiti e resta solo la gioia!! Circa… io i drammi riesco ad infilarli ovunque, ma voglio sperare ci sia soprattutto gioia d’ora in poi :D

Cioè, insomma… TRE COPPIE SU CINQUE!!! Dopo tutto questo tempo, siamo a più di metà dell’opera… di accoppiamento, perché per quanto riguarda la storia, siamo alle battute finali. Sarò tristissima quando finirò di scrivere questa storia, perché è stata comunque parecchio importante per me durante il covid. Ovviamente ci sarà il seguito, quindi non abbandonerò i personaggi, ma comunque la storia principale finirà, e sarà strano.

Ma non voglio pensare subito a quando finirà, perché mancano ancora sei capitoli più l’epilogo, quindi ci sono ancora cose da fare, e coppie da accoppiare.

Passando al capitolo… Denny e Mathi sono l’amore!!! Quanto mi è piaciuto scrivere della parte dove finalmente si mettono insieme, e Mathi dice di aver sempre avuto una cotta per lui, e fare riferimenti ai vecchi capitoli. 

Finalmente ci hanno dato vere gioie questi due, dopo tutto quello che hanno passato.

Mi sciolgo!!

Poi Norman, riunione breve ma intensa, e anticipazione al prossimo capitolo, dove inizierà l’OMM.

E infine Max… la scena dove è al parco e sente la musica e poi incontra Veronika è una delle scene che progetto dagli inizi della storia, perché mi sembrava super romantica come cosa. Un po’ inverosimile, ma me la immagino troppo in una commedia. Spero di averla descritta bene e che sia piaciuta anche a voi.

Grazie a tutti quelli che seguono questa storia dopo tutti questi capitoli. Spero che vi stia continuando a piacere, e di non deludervi proprio alla fine.

Ho creato un penultimo sondaggio per decidere un paio di cose degli ultimi capitoli, che teoricamente dovrebbero essere più fluff che altro.

Mi farebbe piacere se lo compilaste, come ogni sondaggio è completamente anonimo è sicuro. Lo trovate dopo le anticipazioni.

Un bacione e alla prossima :-*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Max finalmente parla con Veronika. L’OMM comincia

 

 

SONDAGGIO

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Capitolo 48
*** Kiss Cam e balconi molto alti ***


Kiss Cam e balconi molto alti

 

Giovedì 5 Dicembre

Veronika era convinta di essere appena impazzita.

Non c’era altra spiegazione alla strana visione che le si era appena parata davanti.

Perché era oltremodo impossibile che Max Sleefing, l’amore della sua vita con il quale si era lasciata davvero malissimo, fosse lì ad Agaliria, dall’altra parte del mondo rispetto a Harriswood, solo per vedere lei.

Dopo tutto il tempo che era passato.

Sì, era completamente impossibile.

Non si vedevano da Settembre. Ed era stato solo di sfuggita mentre lei se ne andava via per sempre, lasciandolo indietro.

E sentendosi completamente in colpa nel farlo, anche se non aveva proprio avuto scelta.

-M_Max?- chiese in un sussurro, strofinandosi gli occhi per cercare di dare chiarezza all’immagine davanti a sé. Sicuramente era solo un povero cittadino che gli somigliava appena, e la sua mente le stava giocando un brutto scherzo.

Forse era colpa della canzone che aveva appena ascoltato e canticchiato tra sé, che le aveva fatto pensare al ragazzo più del solito.

-Ve… Veronika…- rispose lui, senza fiato.

Strano che la reazione dello sconosciuto che sembrava Max ma non poteva affatto essere Max fosse così simile a come Veronika si aspettava avrebbe reagito Max se fosse stato davvero lui lì davanti a lei.

Una persona normale l’avrebbe sicuramente salutata con un mezzo inchino e un rispettoso: “Principessa Veronika, che piacere vederla!”.

Forse si stava immaginando completamente la scena, era un’opzione plausibile.

Sollevò un braccio e cercò di toccare il volto di Max, convinta che avrebbe solo spostato un po’ d’aria, ma per poco non gli ciecò un occhio.

-Ahi, che?- lui fece un passo indietro, molto confuso dalla sua reazione.

Veronika ritirò la mano, e sembrò uscire fuori da una trance.

-Sei… sei davvero tu?- chiese, incredula.

-Io… sì… sono io… sorpresa!- rispose lui, che sembrava molto più in difficoltà di lei alla situazione che si era appena venuta a formare.

-Non ci credo… cosa ci fai qui? Non che non sia felice di vederti! Sono felicissima di vederti, ma… krass… non mi aspettavo proprio di vederti qui- ammise la ragazza, senza sapere minimamente come reagire al momento più bello del mese… degli ultimi mesi… santo cielo! Max era lì! Era lì! Ad Agaliria! Davanti a lei. Non riuscì a trattenersi dal prendergli il volto tra le mani per guardarlo meglio e assicurarsi con assoluta certezza che fosse tutto reale.

Max arrossì, ma non si scansò.

-Io non mi aspettavo di vederti subito…- ammise, per giustificare la sua totale impacciatezza in quel momento.

-Da quanto sei qui?- chiese Veronika, dimenticando le domande fatte in precedenza.

-Da poche ore… ho fatto il check in e poi una passeggiata. Il giardino è splendido- spiegò Max, iniziando ad essere più sicuro di sé. Parlare con Veronika, per lui, era come andare in bicicletta. Anche dopo una brutta caduta che ti ha traumatizzato a tal punto che pensi che non ci salirai mai più, una volta ritrovato il coraggio di montare in sella ci metti poco a riprenderci la mano… o i piedi, che dir si voglia.

-E hai visto la parte meno bella! Devo assolutamente mostrarti la zona vicino al palazzo! Ti piacerebbe un sacco! È più bello d’estate ma d’inverno c’è una zona di biancospini e stelle di natale davvero splendida. E quando nevica vengono messe delle statue di ghiaccio che…- per qualche secondo, mentre Veronika parlava e indicava varie zone del giardino alle sue spalle facendo nel frattempo cenno a Max di seguirla, sembrava proprio che non fosse successo assolutamente nulla.

Poi la sua voce si perse le vuoto, e Veronika fece un metaforico passo indietro.

Cosa stava facendo?! Lei e Max si erano lasciati malissimo. Quella caduta in bici era stata devastante, non si poteva ricominciare subito con una discesa pericolosa.

-Scusa!- si affrettò a distogliere lo sguardo, imbarazzata da essersi esposta così tanto.

-No, figurati… sembra un bel giardino- come sempre, Max era più gentiluomo e rassicurante di chiunque Veronika avesse mai conosciuto.

-Lo è… ma suppongo tu non sia venuto per il giardino- cercò di incoraggiarlo a dire il motivo della propria visita, anche se era piuttosto certa fosse probabilmente un addio finale. Certo, era strano che Max fosse venuto fin lì per dirle addio definitivamente, ma non potevano esserci molte altre opzioni, dopo tutto quello che era successo. 

E dopotutto non avevano ancora trovato una soluzione.

Anche se Veronika ci aveva pensato costantemente in quei mesi.

-Beh… anche… insomma… ovviamente non esclusivamente, ma era parte del viaggio. Io… Veronika, o dovrei dire principessa Veronika?- Max iniziò a torturarsi le mani, a disagio.

-Veronika va benissimo, Max- lo rassicurò lei.

-Okay… Veronika… non sono venuto qui per rovinare il tuo matrimonio! O creare scandali! Non ero neanche certo di riuscire ad incontrarti. Volevo solo… parlare… chiudere definitivamente la faccenda. E lasciarci… bene… in modo da andare avanti… entrambi?- con molte esitazioni, ma grande determinazione, Max disse le parole che Veronika più o meno si aspettava. Ma le disse in un modo così dolce che fecero molto meno male di quanto Veronika pensasse.

Riuscì addirittura a sorridere, nonostante le lacrime minacciassero di bagnarle le guance, e sentiva un enorme groppo alla gola.

-Sono felice che tu sia qui. Non volevo che ci lasciassimo… come ci siamo lasciati- non voleva neanche ricordare l’ultima volta che si erano parlati.

Era stata davvero male.

E non osava immaginare quanto lo fosse stato per Max.

-Neanche io… pensi che riusciremo a trovare un momento per parlare… magari non separati da una siepe? Mi sembra di essere Romeo e che da un momento all’altro qualche guardia potrebbe venire ad arrestarmi- Max si guardò intorno, un po’ preoccupato.

-Vengo da te. E non preoccuparti, nessuna guardia verrà ad arrestar…- prima ancora cheVeronika potesse concludere la frase, e iniziare ad arrampicarsi sulla siepe per superarla e raggiungere Max in modo da appartarsi con lui da qualche parte (per parlare, ovviamente), venne contraddetta da una voce alle sue spalle.

-Principessa! Ecco dov’eri finita! Ti sto cercando da venti minuti!- esclamò infatti la voce della sua guardia del corpo, in tedesco, e da questo momento tutte le frasi in corsivo immaginate che siano in tedesco 

Veronika si mise dritta cercando di nascondere Max, e in contemporanea lui si abbassò in modo da essere coperto dalla siepe.

-Gerda! Hey! Ciao! Perché? Arrivo! Dammi un minuto!- per essere una che aveva condotto una tripla vita, Veronika risultò fin troppo colpevole quando venne colta sul fatto.

E non stava neanche facendo nulla di sconveniente… tranne parlare con il suo ex che non avrebbe neanche dovuto avere. Ma stavano solo parlando, mica avevano intenzione di appartarsi da qualche parte! 

-Che stai facendo?- chiese la ragazza, avvicinandosi e squadrandola con attenzione.

-Niente!- negò Veronika con fin troppa veemenza, allontanandosi dalla siepe per evitare che Gerda si avvicinasse troppo e scoprisse il suo ex.

-Mmmm, guarda, dopo il casino con Max ho deciso che non indagherò mai più sulle tue stranezze- Gerda non insistette, e ignorò anche le guance della principessa che si erano fatte color porpora a sentire nominare Max.

-Perché mi cercavi?- chiese Veronika, cercando di scrollarsela di dosso il prima possibile.

-Il duca Borsche è venuto per cena, e devi andare ad accoglierlo e poi a prepararti- spiegò Gerda.

A sentir nominare il suo futuro sposo, il volto di Veronika passò dallo scarlatto al perla, diventando bianco cadaverico.

Una decolorazione dalla velocità non indifferente.

-Devo proprio?- chiese, in un sussurro.

Odiava passare del tempo con il suo futuro marito, ed era un problema non da poco, effettivamente.

Ma dato che ci avrebbe dovuto passare il resto della sua vita, sperava davvero che gli ultimi mesi di libertà li avrebbe potuti passare da sola il più possibile.

-Vuole discutere del catering, e penso voglia insistere sul ballo dei sette giorni- spiegò Gerda, alzando le spalle.

Veronika sbuffò.

-Ugh! È stupido fare il ballo dei sette giorni! Quello serve a trovare uno sposo, non a… va bene, dammi qualche minuto- decise per il momento di lasciar correre, dato che aveva problemi più gravi, ovvero il suo ex nascosto dietro la siepe che non stava capendo una parola di quanto le due ragazze si stessero dicendo.

-A che ti serve qualche minuto?- Gerda iniziò ad insospettirsi. Effettivamente quando si trattava di ballo dei sette giorni Veronika raramente lasciava perdere così in fretta.

-Ecco… io… ho perso un orecchino! Sì! In mezzo alla siepe, quindi lo voglio ritrovare prima di rientrare- mentì la ragazza, indicandosi l’orecchio e togliendo discretamente l’orecchino che effettivamente non aveva perso. Grazie al cielo Denny le aveva insegnato un trucco di Mathi, quando i due si erano visti al Corona prima di tutto il casino. Le mancava parecchio Denny, anche se mai quanto le era mancato Max. E con Denny ogni tanto si scambiava qualche messaggio, di nascosto.

Era un ottimo amico.

-Hai bisogno di aiuto?- Gerda si avvicinò per offrirle assistenza, e Veronika venne sbalzata fuori dai suoi pensieri nostalgici.

-NO! No… lo cerco da sola, tu vai ad avvertire Bastien che tra qualche minuto sono da lui- cercò di liberarsi di Gerda, che la guardò storto, ma decise di non insistere. Dopo Max, come aveva già detto, aveva deciso di ignorare le stranezze della principessa. 

-Okay… non fare cose strane- disse solo, prima di fare dietro front ed avviarsi al palazzo.

-Nope- la rassicurò lei, piegandosi davanti alla siepe, e spostando le foglie nel tentativo di trovare Max.

Si incontrarono a metà strada.

-Denny ha iniziato a darmi lezioni di tedesco, ma ammetto di non aver capito nulla- ridacchiò lui, con delle foglie tra i capelli.

Era una visione!

-Niente di importante, solo una stupida cena con una persona molto stupida- Veronika roteò gli occhi pensando al ballo dei sette giorni che Bastien continuava a suggerire.

-Non voglio trattenerti, pensi che potremmo vederci un altro giorno? Rimarrò qui fino a Domenica- propose Max, un po’ incerto.

-Sì! Domani… non posso- aveva la prova vestito, e si sarebbe protratta davvero per tutto il giorno, lo sapeva -…che ne dici di sabato?- propose quindi.

-Sabato ho una gita a palazzo, una visita guidata- la informò Max.

-Perfetto! aspetta che ti segno un passaggio segreto che puoi raggiungere dalla visita guidata e arriva vicino alla mia camera- Veronika prese un foglio dalla borsa e una penna. Era felice di portarsi sempre delle carte appresso.

-Aspetta, vuoi davvero condividere con me una cosa così importante?- provò a fermarla Max, molto responsabile, come sempre.

-Non esiste al mondo persona più affidabile di te- gli sorrise, mettendogli il foglio in mano e stringendola forte.

Il suo egoismo si stava facendo sentire, ma dopotutto era stato Max a venire da lei. 

Max non si scansò, e le sorrise più caldamente, diventando appena rosso a sua volta.

-D’accordo, seguirò le indicazioni- diede conferma, tenendo stretto il biglietto… e la mano di Veronika.

-Ci vediamo sabato, allora- lo salutò la ragazza.

-Sarò lì nel pomeriggio- per un istante, Max sembrò avvicinarsi, Veronika fece altrettanto. Poi entrambi rinsavirono, e si allontanarono, ai due lati della siepe.

Riemersero nelle rispettive parti, e si guardarono imbarazzati, con le foglie tra i capelli.

-Allora a sabato!- si salutarono, contemporaneamente, prima di darsi le spalle per tornare ognuno sulla propria strada.

Veronika non vedeva l’ora che fosse sabato.

 

 

Sabato 7 Dicembre 

Amabelle era davvero felice di essere al palazzetto dello sport di New Malfair pronta a vedere una partita di basket.

Beh… non era una fan del basket, non tifava nessuna delle squadre che avrebbero giocato, e temeva non poco l’idea di passare del tempo sola con Petra, ma era super gasata lo stesso.

E il motivo era che non avrebbe passato del tempo sola con Petra.

Perché sì, era con Petra, ma non erano affatto sole.

-Sììì!!! Forza chimere!! Grandi! Fate vedere loro come si fa!!- stava gridando in preda all’eccitazione la signora Lucie, che aveva chiesto alle due ragazze di accompagnare lei e Genevieve al palazzetto, quel pomeriggio, per vedere dal vivo la loro squadra preferita. Genevieve l’avrebbe in realtà solo sentita, ma era a sua volta gasata quanto la compagna.

Amabelle era stata felicissima di rivedere le sue nonne onorarie dopo tanto tempo, e di passare del tempo con Petra senza rischiare minimamente che si raggiungesse un territorio pericoloso.

Dopotutto non sarebbero state sole, ci sarebbe stato tanto casino, ed erano in compagnia di Lucie e Gevvie. Cosa mai sarebbe potuto andare storto?!

-Tutto bene, Tray?- chiese all’amica, prima che cominciasse la partita. La ragazza, infatti, era rimasta tutto il tempo fredda come una statua, e con lo sguardo fisso nel vuoto. Amabelle iniziava un po’ a preoccuparsi.

-Non mi parlare, se mi parli mi distraggo, e se mi distraggo inizio a pensare, e se penso…- Petra rabbrividì, disgustata da qualcosa alla quale aveva evidentemente iniziato a pensare, e la preoccupazione di Amabelle non fece che aumentare.

-Cosa è successo? Problemi a casa? Brogan ha un’altra?- indagò. Non erano molte le cose che disgustavano Petra, e dato che la notte prima erano rimaste fino alle tre di notte alla serata cinema, e Petra era andata via che era ancora normale, il suo cattivo umore era chiaramente causato da qualcosa che era successo a casa. 

Anche se… Brogan era in un viaggio di lavoro, in quel periodo, quindi non poteva essere responsabile dello stato in cui Petra si trovava.

A meno che non fosse tornato prima senza avvertirli, ma comunque a casa c’erano Felix e Mirren, che il giorno prima erano rimasti soli a… ohhh.

OHHHHHH!

OH SANTO CIELO!

-Voglio i dettagli!! Cosa è successo? Li hai beccati in una situazione compromettente? Felix ha dormito da voi? Voglio sapere tutto!!- esclamò, eccitata, guadagnandosi parecchie occhiate confuse dai vicini di posto, una risata da Lucie che le era proprio accanto, e lo sguardò più disgustato del mondo da parte di Petra.

-Non ne voglio parlare!- esclamò, rabbrividendo -Non voglio neanche rischiare di continuare a pensarci!-

-Ma io sono curiosa! È la prima volta che stanno soli in casa! Quando Mirren stava da Felix c’era sempre qualcuno con loro, o erano a lavoro, o…- Amabelle ricordò quel periodo. Felix si era sfogato più volte con lei di questa cosa. Mirren era anche piuttosto depresso, quindi era normale che non ci fosse stato niente di troppo piccante tra i due.

Ma ormai stavano insieme da più di quattro mesi, era anche ora che la relazione raggiungesse lo step successivo!

-Amabelle, pensavo fossi diventata meno invadente!- si lamentò Petra, in tono basso e sempre più depresso.

-Ma loro sono la mia coppia di punta!! Sono curiosa! Dimmi almeno in grandi linee se…- era vero che Amabelle si era calmata, ma loro erano Mirren e Felix! Erano la sua ship preferita! 

-Il rating di questa storia non è abbastanza alto per parlarne, ma diciamo che… la poca innocenza che mi era rimasta è completamente sparita, così come la flebilissima eterosessualità che poteva permeare in me, quando ho visto Felix uscire a petto nudo per andare in bagno. Ew! Che orrore!!- Petra rabbrividì, si coprì gli occhi con la mano, e iniziò a scuotere la testa per eliminare l’immagine della sua mente. 

Amabelle era affascinata.

-Awwww, che belli!! Finalmente l’amore trionfa! Hanno raggiunto il loro lieto fine!!- esclamò, emozionata.

Lucie le guardava con curiosità e una punta di divertimento, ma non intervenne.

-Il mio lieto fine lo raggiungerò quando si prenderanno una casa insieme e si leveranno dalle scatole!- borbottò Petra.

-Questo sarebbe ancora più bello!! Ma dubito che Mirren sia pronto per chiedere a Felix di trasferirsi con lui, e Felix è troppo rispettoso dei suoi tempi per proporglielo per primo- Amabelle scosse la testa, ma non perse il sorriso. Un passo alla volta, Mirren e Felix stavano davvero facendo tanti progressi.

-Ahhh, essere giovani- commentò Lucie, molto tra sé e molto divertita -WOOO! LE CHIMERE SI SISTEMANO!!!- poi si concentrò sulla partita, che era pronta ad iniziare.

-Sììì! Forza chimere!!- Amabelle si unì a lei.

Petra fu felice di distrarsi e osservare la partita.

Durante il primo periodo, non accadde niente di che.

La partita stava andando bene. Sia Lucie che Gevvie, anche se quest’ultima un po’ meno, erano super esaltate ogni volta che la loro squadra era in possesso del pallone, e Amabelle cominciava ad esaltarsi molto a sua volta, e spesso si ritrovava ad afferrare con forza il braccio di Petra quando c’erano dei tiri particolarmente emozionanti, e i canestri.

Anche Petra iniziava a distrarsi, e quando il primo periodo finì, era tornata piuttosto felice.

Che per gli standard di Petra era: priva di sguardo vuoto, ma sempre con espressione impassibile.

-Ho una sete pazzesca! Tray, mi accompagni a prendere da bere?- chiese Amabelle, indicando il bar della palazzetta.

-Ferma lì signorina. Il posto non si lascia fino alla fine del secondo periodo!- la fermò la signora Lucie, esaltata.

Amabelle alzò le mani in segno di resa. Petra ridacchiò, divertita che la sua migliore amica avesse trovato una persona capace di renderla senza parole.

-Capito, capito… Petra, hai una bottiglietta d’acqua?- Amabelle chiese quindi sottovoce all’amica, che scosse la testa, dispiaciuta.

Lucie la sentì comunque, e iniziò ad armeggiare nella borsa con un sorrisino furbetto.

-Tieni, ragazza mia. Non è acqua ma è una bibita molto nutriente e dissetante- le porse una bottiglietta sigillata riempita di un liquido strano.

Amabelle la prese senza alcuna esitazione.

-Grazie mille, signora Lucie! Sei davvero fantastica!-

-Se sono davvero fantastica devi chiamarmi nonna!- la incoraggiò lei, scompigliandole i capelli.

-Grazie nonna!- Amabelle non se lo fece ripetere due volte, e iniziò a sorseggiare la bibita.

Il sapore era interessante… Amabelle sentì del cioccolato, e qualche spezia che non avrebbe saputo definire. Strano… ma non per questo cattivo, e Amabelle adorava provare cose nuove.

-Petra, vuoi assaggiare?- chiese all’amica, porgendole la bottiglia per farle dare un sorso.

-No, non preoccuparti, non ho molta sete- Petra, al contrario di Amabelle, era più restia a provare cose nuove, e rifiutò l’offerta.

-Attenta, Lucie se la prende molto se rifiuti di assaggiare i suoi preparati- la mise in guardia Genevieve, con un sorrisino appena accennato che sembrava quasi di rassegnazione.

Lucie annuì in tono sacrale.

-È vero. Mi offendo molto- le diede man forte, anche se non sembrava affatto irritata.

Petra comunque cedette immediatamente, e prese un sorso dalla bottiglietta.

Aggrottò le sopracciglia, anche lei molto sorpresa dal sapore della bibita.

-Com’è fatta?- chiese, porgendo nuovamente la bottiglia verso Amabelle, che continuò a bere.

-Una maga non rivela mai i suoi segreti- Lucie le fece un occhiolino complice -FALLO!! QUELLO È UN PALESE FALLO!!!- poi tornò alla partita nel frattempo ricominciata, tornando ad esaltarsi.

Mentre Amabelle osservava la partita a sua volta, e continuava a bere, iniziò a sentirsi piuttosto accaldata, e a lanciare sguardi fugaci in direzione di Petra, che si era rilassata quasi del tutto e osservava la partita con estremo interesse.

Per qualche strano motivo, Amabelle si sentiva sempre più consapevole della presenza dell’amica e cotta al suo fianco, e di ogni suoi movimento anche impercettibile.

Il suo toccarsi i capelli per sistemarseli, quando incrociava o scrociava le gambe, quando arricciava il naso nei momenti dove i giocatori si comportavano in maniera scorretta… oh cielo! Cosa le stava succedendo?!

Guardò la bibita come se fosse colpa sua, e non riuscì a non pensare che se Petra l’aveva toccata con le proprie labbra… oh! Si erano date un bacio indiretto!! Amabelle arrossì fino a diventare del colore dei propri capelli, e lanciò una discreta occhiata verso Lucie, chiedendosi cosa avesse potuto mettere nella bibita per farla sentire così.

Non poteva essere afrodisiaca… vero?

-Ehm… nonna? Cosa c’era nella bibita?- chiese in un sussurro preoccupato.

Lucie le lanciò un’occhiata di chi la sapeva lunga.

-Una strega non rivela mai i propri segreti- Lucie fece un occhiolino complice anche a lei, e tornò alla partita, intenzionata a non dire nient’altro.

Amabelle non riusciva più a concentrarsi, e passò il poco che restava del secondo periodo ad agitarsi sulla sedia e cercare di non guardare Petra in tutti i modi.

Non capì assolutamente nulla di come stesse andando la partita, ma andava bene. Aveva il terzo e quarto periodo per recuperare la concentrazione.

Dopo l’agognata pausa.

Nel momento in cui venne suonata la fine del secondo periodo, Amabelle si alzò in piedi.

-Vado in bagno! Poi prendo un hot dog. Petra, vuoi… tutte voi, volete qualcosa?- chiese, iniziando ad avviarsi verso il bar, ma non si rese conto che, senza che se ne accorgesse, il guinzaglio del cane di Gevvie si era incastrato tra le sue gambe, e Amabelle perse l’equilibrio, e venne per un pelo affrettata da Petra, che però cadde indietro insieme a lei.

Per fortuna non si fecero niente, dato che atterrarono sul morbido del posto di Petra, ma Amabelle si ritrovò a pochi centimetri dal volto dell’amica, e il calore che aveva provato fino a quel momento aumentò esponenzialmente insieme al rossore sulle sue guance.

Anche Petra sembrava piuttosto a disagio, ma non la spinse via, anzi, si avvicinò per controllare le sue condizioni.

-Ames, tutto bene? Sei caldissima- commentò, mettendole una mano sulla fronte.

Per fortuna di Amabelle, questa storia è scritta ini italiano, perché se fosse in inglese, e il commento di Petra fosse stato: “You are really hot!” probabilmente il suo cuore non avrebbe retto al doppio senso di quella frase, e sarebbe morta sul posto per eccesso di emozioni. Oppure il suo cuore avrebbe fatto come quello del cortometraggio “In a heartbeat” e sarebbe uscito dal suo petto per andare a sbaciucchiare Petra.

Per fortuna la storia è scritta in italiano.

Anche se Amabelle non rimase comunque indifferente, e cercò di risollevarsi con non poche difficoltà per scappare in bagno il prima possibile e lavarsi la faccia e i pensieri impuri causati da quello che era palesemente un forte afrodisiaco.

Ma perché mai Lucie le avrebbe dovuto dare una cosa del genere?!

-Tutto bene, ragazze?- chiese proprio quest’ultima in tono innocente.

-Sì! Sì! Sì! Volete qualcosa dal bar?!- il tono di Amabelle era acuto, ed era palese che non stesse bene. Riuscì finalmente ad alzarsi, e mise parecchi metri di distanza tra lei e Petra, che la guardava sempre più confusa e preoccupata.

-Bene, puoi prendermi una bottiglia di acqua naturale?- Lucie, al contrario, non sembrava molto preoccupata, ma aveva un sorrisino furbetto.

-Per me niente, grazie cara- Gevvie sembrava quasi sentirsi in colpa, richiamò il suo cane e iniziò ad accarezzarlo con dolcezza.

Amabelle decise che era molto meglio non supporre il peggio delle sue nonne onorarie, e semplicemente andare in bagno e poi a prendere da mangiare.

-Vuoi che ti accompagno?- propose Petra, sempre squadrandola con esteema confusione.

-NO!- Amabelle quasi l’aggredì.

-Cioè… passa un po’ di tempo con le nostre nonnine!- la incoraggiò, prima di correre via senza darle neanche il tempo di rispondere od obiettare.

Per fortuna bere parecchia acqua e sciacquarsi con veemenza il viso aiutarono parecchio la situazione disastrosa di Amabelle, che dopo aver comprato le vettovaglie si avviò nuovamente al suo posto con un certo ottimismo, e la sicurezza che quei due imprevisti fossero casi isolati che non si sarebbero ripetuti, e che gli ultimi due periodi della partita sarebbero stati privi di eventi.

…si sbagliava di grosso.

-Che mi sono persa?- chiese tornando al posto.

-Niente di ché. Lucie è al telefono, io e Genevieve abbiamo parlato un po’, e hanno impostato la kiss cam- spiegò Petra, indicando il grande schermo pieno di cuori che stava cercando tra il pubblico eventuali coppie da far baciare durante la pausa.

-Ohhh, che figo!- esclamò Amabelle, emozionata, girandosi poi vero Lucie per porgerle la bottiglia d’acqua. Purtroppo la nonna era impegnata nella conversazione, e non si accorse di nulla. Sembrava piuttosto irritata.

-Queenie, non voglio disturbare il tuo studio, ma non mi chiami mai! A volte mi sembra che ti ricordi di tua nonna solo quando hai bisogno di qualcosa…- si stava lamentando. Amabelle decise di non interrompere.

-Durante i momenti di pausa attiveranno la kiss cam anche durante i periodi, per risollevare l’umore. L’hanno annunciato mentre eri via- spiegò Petra, alzando le spalle per mostrare tutta la sua indifferenza al riguardo.

-Che cosa carinissima! Voglio proprio vedere delle coppie felici!- Amabelle sperò con fin troppo ottimismo che vedere altre persone stare insieme l’avrebbe distratta da Petra al suo fianco.

Purtroppo non aveva messo in conto di poter essere scambiata come membro di una coppia.

Dopo che la conversazione telefonica di Lucie fu finita e Amabelle era riuscita a porgerle la bottiglietta (-Tu si che sei una brava nipote, non come Queenie!-), e mentre Amabelle iniziava a mangiare il suo hot dog, sullo schermo si vide comparire insieme a Petra.

Ci furono alcuni secondi di completo shock, poi Petra si affrettò a scuotere la testa.

-Non stiamo insieme!- fece il labiale, indicando sia lei che Amabelle e scuotendo la testa.

Amabelle annuì per darle man forte, e dopo alcuni secondi di insistenza, sia da parte della telecamera che dal pubblico, la kiss cam si spostò su Lucie e Gevvie.

-Uhhh!- Amabelle si voltò verso le due, con occhi brillanti.

-Gevvie, abbiamo la kiss cam puntata addosso- la informò Lucie, in tono malizioso.

Genevieve sospirò.

-Che guardoni- borbottò ma si avvicinò alla compagna, e le due si scambiarono un tenero bacio.

-Awwwww!- si lasciò sfuggire Amabelle, insieme a metà stadio.

La partita iniziò pochi minuti dopo, e la kiss cam si spense per mostrare i punti salienti della partita.

Poi, durante una breve pausa, la kiss kam si riattivò, e si puntò nuovamente verso Petra e Amabelle.

Le due ragazze si guardarono molto confuse.

-Non stiamo insieme!- ripeté Petra, e dopo parecchi interminabili secondi, la kiss cam… si spense e basta, senza puntare a nessun altro, e ritornando a mostrare la partita.

Tre minuti dopo, tornò accesa… e puntò ancora una volta Petra e Amabelle.

-Non stiamo insieme!- gridarono questa volta insieme.

Ma la kiss cam non ne voleva sapere di lasciarle in pace, e sempre più spesso le puntava sempre più a lungo.

Alla fine, verso l’ottava o la nona volta, sia Petra che Amabelle erano esauste.

La partita stava al quarto periodo, ma non ne potevano più.

Quando la kiss cam si puntò di nuovo su di loro, e Amabelle era in procinto di alzarsi e andarsene direttamente, Petra la stupì facendo l’ultima cosa che si sarebbe aspettata.

Sbuffò sonoramente, prese il volto di Amabelle tra le mani, e mentre la ragazza apriva la bocca per chiedere spiegazioni, Petra la zittì premendo le proprie labbra su quelle di Amabelle, e cedendo alla pressione sociale di quella telecamera maledetta e dei tifosi che ogni volta le incoraggiavano a soccombere alla sua insistenza.

Il cuore di Amabelle batteva furiosamente, e dopo qualche istante di shock e confusione, chiuse gli occhi e si abbandonò al bacio, alle emozioni, alla cotta sempre più gigantesca che provava per Petra, avvicinandosi a lei e approfondendo il bacio.

Delle trombette di vittoria, parecchi gesti di esultanza, e il fischio che denotava la ripresa della partita, la fecero di scatto tornare alla realtà, e si staccò da Petra, guardandola sconvolta.

-Ma che…?!- provò a chiedere, senza fiato.

Non era da Petra cedere in quel modo alle provocazioni di una macchinetta testarda.

L’amica era impassibile, ma voltò la testa per non incrociare lo sguardo di Amabelle.

-Mi ero stancata, e poi non è mica la prima volta che ci scambiamo un bacio- si spiegò, alzando le spalle.

-Sì… lo so… ma…- Amabelle non sapeva che dire, era sempre più persa, confusa, con il cuore a mille e lo stomaco in subbuglio.

-Tanto dai, non significa niente, no?- aggiunse Petra, quasi tra sé, ma facendo sprofondare il cuore a mille di Amabelle nel suo stomaco in subbuglio.

-Già… giusto… infatti…- le diede ragione, in un sussurro, facendola ritirare sulla sedia, demoralizzata.

Lucie sembrò in procinto di dirle qualcosa, ma Genevieve le tappò la bocca con la mano.

-Meglio lasciarle un po’ in pace- sussurrò all’orecchio della compagnia, che sospirò e cedette, guardando le due con una certa tristezza.

Amabelle non riuscì a concentrarsi neanche un secondo sul resto della partita, perché la sua mente era pervasa da pensieri su Petra, sugli imprevisti, e soprattutto sulla kiss cam.

Era nella lista di cose da utilizzare sui suoi amici, ma non aveva mai avuto l’occasione di sperimentarla, perché non c’erano molte kiss cam da usare ad Harriswood.

Però alcuni membri della Corona Crew conoscevano il suo potenziale accoppiatore.

Ed era del tutto improbabile che l’addetto alla kiss cam avesse cercato di accoppiare lei e Petra dal nulla.

Mettiamo in conto che Norman sapeva della sua cotta per Petra… OH! OH NO!!

NORMAN!

Era tutta colpa di Norman! Era stato lui a corrompere il tizio della kiss cam! L’aveva detto, ad Amabelle, durante il compleanno di Diego, che se non avesse affrontato i suoi problemi, e la sua cotta per Petra, ci avrebbe pensato lui a farglieli affrontare. E ora iniziava ad utilizzare i suoi trucchi contro di lei!

Amabelle strinse i denti, e si guardò intorno per cercare l’amico o qualche altro membro della Corona Crew che si fosse intrufolato alla partita.

Non vide nessuno, ma era convinta che fossero dietro tutti gli incidenti.

(In realtà erano dietro solo all’incidente della kiss cam, perché sia l’afrodisiaco che il guinzaglio arrotolato erano un piano di Lucie, ex consulente matrimoniale e matchmaker ufficiale che aveva avuto la stessa idea di Norman).

Una cosa era certa, Amabelle non avrebbe reso a Norman il compito facile!

L’effetto Norman era potente, sì, ma anche l’effetto Amabelle lo era. E da quel momento in poi sarebbe stata guerra aperta!

Fortuna che le manette della ragazza erano in un posto sicuro.

 

Max sperava davvero di non venire arrestato.

Purtroppo era molto pessimo ad agire in modo sospetto, e per tutta la visita guidata, la guida gli aveva lanciato occhiate allertate, temendo fosse un terrorista o altro.

Per fortuna, era riuscito ad usare il suo comportamento strano come scusa per allontanarsi dal gruppo e fingere di voler tornare in albergo perché non si sentiva affatto bene, e aveva raggiunto senza troppi problemi il passaggio segreto che gli aveva indicato Veronika.

Forse avrebbe dovuto rivalutare le sue scelte di vita, perché mai avrebbe immaginato o pensato di introdursi di nascosto in un castello reale per parlare con la sua ex che credeva un uomo ma in realtà era una principessa che oltretutto si sarebbe sposata il mese successivo ma della quale era ancora innamorato.

E sapeva benissimo che sarebbe stato semplice e indolore salutarla quel giorno al giardino, una volta e per sempre.

Ma doveva parlarle. Per davvero, con il cuore, e senza che venissero interrotti. E… voleva, parlarle, per davvero, con tutto il cuore.

Max attraversò il passaggio segreto e si guardò intorno con estrema attenzione prima di uscire dalla porta nascosta dietro un arazzo.

Poi controllò la mappa del castello che gli avevano fornito durante la guida.

Purtroppo, per motivi di sicurezza, non erano segnate le stanze private dei membri della famiglia reale, quindi Max brancolava non poco nel buio.

Veronika gli aveva scritto le indicazioni, certo, ma l’aveva fatto in fretta, e l’ultima parte non si leggeva molto bene.

Ogni passo che faceva verso la direzione che sperava fosse giusta lo portava sempre di più a pentirsi di quasi tutte le scelte fatte nella sua vita.

E il pentimento massimo arrivò quando si ritrovò, girando l’angolo, faccia a faccia con una guardia reale.

Il suo cuore perse un battito, probabilmente avrebbe presto avuto un infarto, e sarebbe morto lì per il colpo, l’ansia e la tensione appena scaricata.

Oppure avrebbe urlato in preda al terrore facendosi beccare dal resto del palazzo.

Per sua fortuna, prima che tutto ciò potesse succedere, la guarda che aveva incontrato gli tappò la bocca con la mano e si nascose insieme a lui dietro una tenda.

-E tu che diavolo ci fai qui?!- chiese sconvolta, e Max la riconobbe, e il suo cuore, sempre molto agitato, si calmò appena.

-G_G_Gerda?!- chiese con voce tremante.

-Sì, Max! Gerda, la guardia del corpo personale della principessa Veronika! Che ci fai qui?! Come sei entrato?!- lo aggredì verbalmente, anche sembrava più preoccupata che arrabbiata.

-Io non voglio creare problemi! Non voglio fare scandali! E non voglio rimettermi con Veronika! Voglio solo parlare!- Max si affrettò a giustificarsi, cercando di farsi piccolo piccolo.

Gerda era piuttosto possente, quindi non fu difficile.

E lo squadrò con sospetto e una punta di pietà.

-Max, senti… io ero dalla tua parte in tutto questo casino. Ma non posso farti girare per il palazzo in maniera sospetta. So che sei un bravo ragazzo, ma non… come sei entrato, seriamente?!- cercò di venirgli incontro, anche se era molto in difficoltà.

Max esitò, cercando le parole giuste.

Non voleva mentire a Gerda, dato che voleva dimostrarle di essere affidabile,  ma non poteva tradire la fiducia di Veronika, che chiaramente non aveva detto nulla di quell’incontro alla sua guardia del corpo.

-Non credo di potertelo dire, ma giuro che sono stato invitato dentro, e non ho nessuna intenzione malvagia! Voglio solo ed esclusivamente parlare, e domani andrò via per sempre, e non mi rivedrai mai più- all’ultima frase, la sua voce si spezzò. Era un’ovvietà alla quale era già sceso a patti, ma era ancora estremamente difficile immaginare di lasciare andare Veronika per sempre, soprattutto ora che era così vicina a lui.

Gerda sembrò rifletterci un attimo, poi raggiunse una consapevolezza, e sospirò, scuotendo la testa.

-Ora capisco perché mi ha chiesto di prendermi il pomeriggio libero perché voleva “passare un po’ di tempo sola in camera a riflettere!” Sola in camera un corno! Ugh…- la guardia del corpo si prese il volto tra le mani -Devo metterle un guinzaglio a quella ragazza- borbottò tra sé, e poi sollevò la tenda e si guardò intorno, attenta.

-Okay, vai alla fine di questo corridoio, è la prima porta a destra- alla fine, decise di stare dalla parte di Max, che ricominciò a respirare.

-Grazie, Gerda! Grazie infinite!- piegò la testa, cercando di mostrare tutta la sua gratitudine.

-Max… con tutta franchezza… tu sei troppo per lei- Gerda gli diede una pacca sulla spalla e gli fece un sorriso incoraggiante, prima di spingerlo fuori dalla tenda e poi andare dalla parte opposta, facendo finta di niente.

Max raggiunse in tutta fretta la porta, e bussò due volte.

-Chi è?- sentì la tesa voce di Veronika rispondergli dall’altra parte.

-Sono io- rispose, senza alzare troppo la voce, e guardandosi intorno per essere certo di non incontrare nessun altro di ronda.

La porta si aprì quasi immediatamente, e prima che Max potesse salutare la principessa appena comparsa dietro di essa, lei lo prese per un braccio, lo trascinò dentro, e chiuse nuovamente la porta con un tonfo.

-Tutto bene, sei arrivato senza problemi?- chiese preoccupata, guardando le sue condizioni come se temesse fosse finito in qualche trappola mentre attraversava il passaggio segreto.

-Tutto a posto, anche se ero tesissimo. Non avevo mai fatto niente di così pericoloso e illegale!- ammise, cercando di calmare le mani tremanti, ma sorridendo timidamente alla ragazza.

Per poco non saltò sul posto quando sentì qualcosa strusciarsi tra le sue gambe, ma si rese presto conto che era solo Sissi, il gatto di Son… Veronika.

-Ciao Sissi!- la salutò, accarezzandola dolcemente, lei iniziò a fare le fusa.

Veronika osservò la scena intenerita.

-Sissi odia Bastien- si lasciò sfuggire, per poi coprirsi la bocca con la mano, e arrossire.

Max finse di non aver sentito il riferimento al suo fidanzato, ma gli si strinse comunque lo stomaco.

Cercò di non pensarci.

-Allora… come… facciamo?- chiese, indicando la stanza, e poi loro due -…intendo… da dove cominciamo a parlare?- aggiunse poi, specificando la frase che poteva risultare ambigua.

-Sì… dobbiamo senz’altro parlare… presto… subito. Ma prima… posso portarti da una parte? Giuro che non rischiamo di essere beccati, dobbiamo solo prendere un passaggio segreto e il luogo da raggiungere è accessibile solo a me e a mio padre, che non ci va mai- propose lei, indicando il suo armadio.

Max annuì.

-Okay, se non rischio di rovinarti la reputazione… in effetti rischierei di rovinartela maggiormente se venissi scoperto in camera tua, quindi meglio, andiamo!- acconsentì, molto a disagio, e continuando ad accarezzare Sissi, che però venne lasciata in camera mentre i due si infilarono nel passaggio segreto dietro l’armadio e raggiungevano una delle torri più alte del palazzo.

Ci misero un po’ ad arrivare, ma quando Max uscì dal passaggio segreto, e si ritrovò su di un alto balcone pieno di fiori splendidi e una vista mozzafiato, fu davvero felice di aver percorso quella lunga strada.

-Wow!- esclamò, guardandosi intorno affascinato.

Veronika gli zampettò dietro, orgogliosa.

-Ti piace? Era il luogo del castello preferito da mia madre. Ha curato personalmente tutti i fiori che erano qui… beh… fino alla fine. E ora ci penso io a prendermi cura di loro- spiegò, giocherellando con una ciocca di capelli.

-Ovviamente mentre ero a Harriswood ci ha pensato un giardiniere. Mio padre non torna qui da quando… hai capito. Comunque è il mio luogo preferito del castello, ed è un ottimo posto per parlare- spiegò, allargando le braccia per indicare l’interezza della torre.

Max smise di guardare i fiori per concentrarsi su di lei, e le sorrise, intenerito.

-Sono felice che mi hai portato qui- sussurrò, avvicinandosi.

Veronika arrossì.

-Sono felice che tu mi abbia raggiunto ad Agaliria- sussurrò a sua volta, avvicinandosi ulteriormente.

Max si rese conto di stare entrando in terreno pericoloso, quindi si irrigidì e fece un passo indietro, distogliendo lo sguardo e arrossendo ulteriormente.

-Sì… infatti, a proposito…- cercò di ricordare il discorso che si era preparato il giorno precedente allo specchio e in videochiamata con Clover, ma non ricordava assolutamente nulla al riguardo.

-Dobbiamo parlare, giusto? Sono pronta!- Veronika prese un profondo respiro, e strinse i pugni. Sembrava pronta a ricevere uno schiaffo in faccia, e non una conversazione a cuore aperto.

…effettivamente una conversazione a cuore aperto di quel genere avrebbe regalato sicuramente molti metaforici schiaffi in faccia e pugni sullo stomaco.

E Max non sapeva neanche da dove cominciare.

-Possiamo sederci da qualche parte?- chiese, indicando una panchina poco distante ma non osando avvicinarsi perché non voleva rischiare fosse una panchina sacra e vietata da toccare.

-Certo, assolutamente!- per fortuna non sembrava esserlo, perché Veronika gli fece cenno di seguirla e si sedette elegantemente.

Più Max la guardava, e più era sorpreso da quanto fosse la Sonja e Manny che aveva conosciuto, e di quanto allo stesso tempo sembrasse completamente un’altra persona.

E non necessariamente una persona peggiore, purtroppo. Perché Sonja e Manny avevano in comune una cosa che Max non aveva mai notato del tutto, ma che ora sembrava piuttosto ovvia: erano incompleti.

Per tutto il tempo in cui Max era stato insieme a Manny, aveva sempre sentito qualcosa che non andava, un blocco, sia nel ragazzo che nella mente di Max.

E con Sonja era stato lo stesso. 

Veronika… ormai non gli stava nascondendo più nulla.

Era la fusione di Sonja e Manny, e sembrava aver preso solo le parti migliori di entrambi.

Si sedette accanto a lei, cercando di starle alla larga, ma sempre più desideroso di avvicinarsi.

-Ecco… non so bene da dove cominciare- ammise, torturandosi le mani.

-Posso cominciare io?- lo interruppe Veronika, con voce bassa, e senza guardarlo.

Max annuì, dandole carta bianca.

-Io… mi dispiace tanto, Max. Per averti illuso e mentito- cominciò una filippica che Max aveva sentito ormai troppe volte.

Il ragazzo le prese le mani, per interromperla dolcemente.

-No, Veronika, dispiace a me. Per non averti ascoltato subito, e per tutto il dolore che entrambi avremmo potuto evitare se ti avessi permesso di spiegarmi subito. Ma ero deluso… e arrabbiato- ammise, abbassando la testa.

-No, Max! Non scusarti neanche per scherzo! Sono io quella in errore, ed era del tutto giustificabile che non volessi ascoltarmi. Avrei dovuto dirtelo prima, ma ero terrorizzata, quindi ho posticipato, e posticipato, fino a perdere completamente l’occasione di fare il primo passo, e mi dispiace!- Veronika scosse la testa, e gli strinse con forza le mani.

Si vedeva che era a pochi istanti dallo scoppiare a piangere.

Max non voleva vederla piangere. Non dopo tutta la sofferenza che le aveva già provocato con tutta quella storia.

Non era colpa sua se era nata principessa. Non era lei che aveva deciso di sposarsi, e non amava il suo promesso sposo, quindi Max non considerava la loro storia un tradimento nei suoi confronti. Il vero tradimento è quello emotivo, e se c’era una cosa che Max aveva finalmente capito, da quello che aveva letto sia nella lettera che nel blog sui fiori, era che tutta l’emotività di Veronika, romanticamente parlando, era indirizzata a lui.

E sì, non aveva gestito bene la situazione, gli aveva mentito, lo aveva illuso e lo aveva ingannato. Ma poteva davvero biasimarla per non essere riuscita a gestire al meglio una situazione così assurda?! Aveva solo ventidue anni, e si ritrovava già sulle spalle un matrimonio che non voleva, un regno da governare, e un triliardo di responsabilità.

-Ti perdono, Veronika- disse alla fine, prendendole il volto e sollevandolo in modo da guardarla negli occhi per trasmetterle tutta la propria sincerità.

Sentì come un enorme peso che gli veniva sollevato dal petto, e una sensazione di pace lo avvolse interamente.

Veronika lo fissò qualche secondo, incredula, poi i suoi occhi, già umidi, fecero uscire le prime lacrime, che le rigarono le guance arrossate.

-Max…- provò a dire, ma la voce le si spezzò in gola, e si limitò a gettargli le braccia al collo e cingerlo in un forte abbraccio pieno di sentimento, amore e gratitudine.

Max sperava che confrontando la ragazza, sarebbe stato più facile andare avanti, ma ora che la teneva tra le braccia, si rendeva sempre più conto che sarebbe stato quasi impossibile per lui lasciarla andare.

Non si era mai sentito così bene con qualcuno prima, e dubitava che si sarebbe sentito bene in futuro.

A malincuore, sciolse l’abbraccio, per impedire al suo cuore di suggerirgli pensieri egoisti.

-Posso farti una proposta?- chiese, ricordando un’idea che Clover gli aveva suggerito il giorno prima, e prendendo lo zaino che fino a quel momento aveva tenuto in spalla.

Veronika si asciugò al meglio le lacrime, e poi annuì con un gran sorriso.

Sembrava che anche a lei si fosse appena tolto un peso dal petto.

Max tirò fuori due fogli di carta pieni di domande, e ne porse uno a Veronika.

-Sai… mi sono reso conto che so molte cose di Sonja, e di Manny, ma non so moltissimo su di te, quindi volevo proporti un gioco: il gioco delle 21 domande. A turno ognuno di noi farà una domanda tra quelle che ho selezionato… sono prese da internet quindi non so esattamente che domande siano… e a tale domanda risponderemo entrambi, che ne dici?- propose, indicando i due fogli.

-Ci sono più di 21 domande- osservò Veronika, che appariva parecchio interessata.

-Sì, per darti scelta, e non forzarti a farle tutte. Ovviamente possiamo farne di più, o di meno, dipende da te!- spiegò, un po’ in imbarazzo. Una parte di lui sapeva che proporre un gioco del genere fosse una pessima idea per lasciare andare definitivamente la ragazza, ma allo stesso tempo si sarebbe pentito tutta la vita se non avesse approfittato dell’ultima occasione di stare con lei per conoscerla meglio, e sapere con assoluta certezza cosa si sarebbe perso per sempre.

Chissà, magari Veronika era diversa da Manny e Sonja. Magari avrebbe scoperto che non gli piaceva poi così tanto. 

Era una speranza vana, ma era sempre meglio di niente.

-Va bene… cominci tu?- Veronika iniziò ad osservare le domande, con una certa curiosità. Sembrava a sua volta timorosa e allo stesso tempo speranzosa all’idea del gioco, esattamente come Max.

Lui osservò le varie domande. Ne aveva lette solo alcune, e ne aveva aggiunta una solo per lui che sperava di poter usare come trampolino di lancio per una cosa che voleva dirle ma che non sapeva come introdurre.

Cominciò però dalla base.

-Allora, colore preferito? È sempre il blu?- chiese Max, ricordando il colore che gli aveva detto Manny, durante uno dei loro appuntamenti.

-Sì, il blu pavone precisamente, è il mio preferito in assoluto- sorrise lei, soddisfatta che Max lo ricordasse -Il tuo è il verde, vero?- chiese poi, ricordando la medesima conversazione.

-Sì, verde smeraldo… anche se non conosco tantissime tonalità, devo ammetterlo- ridacchiò. Iniziavano a rompere il ghiaccio. Clover gli aveva dato un ottimo consiglio.

-Okay, prossima domanda, questa mi piace un sacco e la devo fare: se fossimo nel mezzo di un’apocalisse zombie, quali sono le tre persone che vorresti nella tua squadra?- chiese Veronika, leggendo con un certo divertimento una delle domande.

Max non l’aveva notata, ne fu parecchio sorpreso.

-Mmmm… sicuramente Clover, poi Mathi e infine Norman- rispose, pensando ai più abili nella sopravvivenza.

Veronika sembrava parecchio sorpresa dalla sua risposta.

-Denny no?- chiese.

-Prima rispondi con le tue opzioni, e poi ti dico il mio ragionamento- la incoraggiò a rispondere alla propria domanda.

-Beh, io vorrei Gerda, poi Denny, ed infine suppongo che sceglierei Roelke- rispose lei, pensierosa.

-Perché Denny?- Max era sorpreso dal vedere suo fratello nella lista.

-Prima il tuo ragionamento e poi il mio- Veronika lo spinse a parlare per primo.

-Beh, Clover potrebbe uccidere gli zombie a mani nude senza farsi neanche un graffio, Mathi è molto abile a raccogliere oggetti e non farsi notare, mentre Norman porta fortuna- spiegò -Non ho scelto né te né Denny perché preferirei che foste al sicuro durante un’apocalisse zombie- aggiunse poi, con un occhiolino.

Veronika lo spinse giocosamente.

-Che carino che sei. Io ho scelto Gerda perché anche lei è una tosta che combatterebbe gli zombie a mani nude, Denny perché con tutti i giochi che fa sarebbe un ottimo stratega e ci terrebbe tutti al sicuro. E poi è anche molto silenzioso, passerebbe inosservato davanti agli zombie. E infine zia Roelke perché è talmente spaventosa che farebbe scappare via gli zombie- spiegò Veronika.

Max scoppiò a ridere.

-Povera Roelke… è vero, ma comunque povera. E poi non è molto carino buttare una donna incinta dritta in mezzo agli zombie- Max si lasciò sfuggire, per poi tapparsi la bocca.

Veronika era rimasta di sasso.

-Zia Roelke è incinta?- chiese, sconvolta.

-Ehm… no?- Max non sapeva mentire.

Veronika si portò le mani alla bocca, sorridendo commossa.

-Avrò un cuginetto o una cuginetta!!- esclamò, entusiasta.

-Era un segreto… non l’hanno ancora annunciato a tutti, ma Mathi l’ha scoperto, e l’ha detto a Denny, che se lo è lasciato sfuggire con me quindi… non riesco a credere di avertelo detto. È la prima volta che mi succede di far trapelare un segreto- si commiserò.

Veronika gli diede qualche pacca sulla spalla. Non riusciva a smettere di sorridere.

-Non preoccuparti, non lo dirò a nessuno. Sono piuttosto brava a mantenere i segreti- gli assicurò.

-Lo so- borbottò Max.

L’atmosfera si fece leggermente fredda.

-Sai perché non ti ho aggiunto al mio team di zombie?- Veronika cambiò bruscamente argomento, in tono leggermente acuto.

-Perché?- indagò Max, capendo che non volesse indugiare sulla conversazione precedente.

-Perché se tu fossi nel mio team di zombie cercheresti di farteli amici perché sei davvero troppo buono per questo mondo. E saremmo tutti spacciati- ammise, in tono comico, facendo ridacchiare Max, e stemperando la tensione.

-Confermo, e sono certo che anche Clover concorderebbe con te. Passiamo alla terza domanda: Qual è la tua coppia cinematografica preferita?- chiese Max, prendendo una delle frasi che si era segnato di voler fare.

-Notting Hill tutta la vita! William e Anna sono stupendi!- Veronika rispose senza esitazioni.

-William e Anna anche per me. Ma sono di parte perché Notting Hill è la mia commedia preferita- ammise Max, un po’ imbarazzato.

-Quindi se ti chiedessi come quarta domanda qual è il film che rivedresti costantemente sarebbe Notting Hill?- chiese Veronika, andando avanti.

-Mmmmm, probabilmente. È un film che ho troppo nel cuore- ammise Max -Tu invece?-

-Mmmm… Titanic! Lo so, sono molto cliché, ma adoro quel film! E Jack e Rose sono al secondo posto tra le mie coppie preferite di tutti i tempi- ammise Veronika, commuovendosi solo a pensare al famoso film di Cameron.

-Non posso biasimarti. Quel film è molto emozionante- ammise -Solo che non lo riguarderei mai troppe volte… piango troppo nel vederlo- Max non aveva alcuna remora a mostrare le proprie emozioni, anche se era un ragazzo.

-Che luogo vorresti visitare con tutto il cuore?- chiese poi il ragazzo, continuando con le domande.

-Vorrei andare in India, mi affascina troppo- rispose Veronika, dopo un’attenta riflessione -E tu?- 

-Australia. Chissà se un giorno riuscirò ad andarci, magari per lavoro- Max era estremamente interessato a quel luogo così misterioso e naturale.

Inoltre era il più lontano che potesse raggiungere, quindi era ancora più affascinante.

-Sono sicura che ci riuscirai. Posso fare una domanda un po’… ehm…- Veronika arrossì appena mentre leggeva una delle domande.

-Puoi fare qualsiasi domanda… se ci sono domande strane scusami, ma ho preso le domande da internet- cercò di guardare il proprio foglio per cercare domande sconvenienti, ma erano tutte abbastanza innocue.

-Se avessi un figlio, come lo chiameresti?- chiese Veronika, in tono basso.

Le guance di Max divennero di fuoco.

-Uh…- per un attimo non seppe che rispondere. Non è che non ci avesse pensato, ma al momento se pensava di avere dei figli non riusciva a non immaginarsi di averli con Veronika, e quello era parecchio sconveniente.

-Se è troppo personale posso sempre fartene un’altra- Veronika si affrettò a tornare sui suoi passi, ma Max scosse la testa.

-No, va bene… io… beh, pensavo Lisa e Richard. Cioè, Lisa se è una ragazza e Richard se è un ragazzo- spiegò, senza guardare Veronika negli occhi.

-Bei nomi… io ho sempre pensato Elizabeth e Hubert- rispose lei.

-Sai… se unissimo i nomi uscirebbero Lisbeth e Richbert…- osservò Max, di getto, arrossendo ulteriormente all’idea, e dandosi dello stupido per averlo detto ad alta voce.

-Oh! Sono dei nomi bellissimi!- esclamò Veronika, arrossendo vistosamente a sua volta, ma con occhi brillanti.

Ci fu qualche secondo di imbarazzato silenzio.

-Qual è il tuo dessert preferito?- chiese poi Max, leggendo la prima domanda che gli spuntò sotto gli occhi, per distrarre l’attenzione.

Gli si accese poi una lampadina.

Ecco cosa si era dimenticato!

-Oh, è facile… la torta caramello e cannella di mia madre!- rispose Veronika, accettando con sollievo il cambio di argomento -Non la mangio da anni, ma ricordo che l’adoravo- spiegò poi, in tono nostalgico.

Max nel frattempo si era messo ad armeggiare con lo zaino.

-Max?- Veronika lo osservò confusa.

-Uh? Sì, il mio dessert preferito è il budino alla vaniglia… molto facile da fare. Ehm… Veronika… mi sono dimenticato di dirtelo prima, ma ti ho portato un regalo- ammise, tirando fuori un contenitore di plastica dove aveva riposto un dolce che era riuscito a fare il giorno prima con l’aiuto del tipo con la bancarella che aveva incontrato il primo giorno, che gli aveva offerto il forno.

-Un regalo, ma non dovevi, cosa…?- Veronika si interruppe quando vide il dolce che Max le aveva portato, e sentì l’odore che emanava.

-So che non sarà mai come quello di tua madre, non oso neanche provarci, ma ho fatto tantissimi esperimenti, e volevo fartelo assaggiare durante il nostro appuntamento… quello che non siamo riusciti a fare, e… ci tenevo a fartela assaggiare, quindi…- Max le porse la scatola di plastica, e Veronika prese un pezzo della torta caramello e cannella come se fosse una bomba pronta ad esplodere.

Senza dire una parola e la portò alle labbra, e la assaggiò ad occhi chiusi, con attenzione e assaporandola intensamente.

Max era estremamente teso, e avrebbe voluto giustificare qualsiasi mancanza la torta avesse, ma non sapeva cosa dire, e non voleva interrompere il momento, quindi rimase in silenzio e in ansia.

Vide le lacrime scendere sulle guance di Veronika, di nuovo, affatto bloccate dai suoi occhi chiusi, e iniziò a sentirsi in colpa.

-Non lo rendi affatto facile, Max…- sentì sussurrare la ragazza, con voce piena di rimpianto.

-Veronika…- la voce di Max a malapena usciva dalla sua bocca. Voleva chiedere spiegazioni, ma temeva di riceverle.

Alla fine Veronika aprì gli occhi, si asciugò le lacrime, e gli sorrise, anche se piena di tristezza.

-Grazie, Max. Grazie davvero. Non potevi farmi un regalo più perfetto di questo- prese il contenitore dalle sue mani, lo richiuse, e lo strinse con forza al petto, come se non volesse mai più separarsene.

-Sono felice che sia all’altezza- sussurrò Max, leggermente sollevato.

-Mi è sembrato per un attimo fosse stata lei a prepararla- ammise Veronika, guardando la torta con affetto.

Poi scosse la testa, posò il contenitore da un lato, e riprese il foglio, cercando di distrarsi con il continuare il gioco.

-Allora… se potessi cambiare una cosa di te, cosa cambieresti?- chiese cercando di distendere l’atmosfera.

-Vorrei essere meno arrendevole… tu?-

-Vorrei smettere di rimandare sempre le cose- la ragazza si morse il labbro inferiore.

-Qual è il tuo lavoro dei sogni?- chiese Max, pensando a come non avesse idea di cosa Veronika avrebbe voluto fare se non fosse stata una principessa. Non ne avevano molto parlato, né con Manny, né con Sonja.

-Vorrei aprire un negozio di fiori! Oppure… lavorare nel mondo del cinema. Adoro i film, e sarebbe molto divertente partecipare. Sai che la mia famiglia sponsorizza la serie Gorgeous da generazioni?- l’atmosfera iniziò a distendersi.

-Oh, non farlo sapere ad Amabelle, o ti torchierà più di prima- scherzò Max, felice di cambiare argomento perché iniziava a fargli troppo male il cuore.

-Il mio lavoro dei sogni è sempre l’archeologia, non ho mai… pensato a che altro mi piacerebbe fare- rispose a sua volta alla domanda, anche se da un po’ iniziava a chiedersi se il mestiere di re potesse essere nelle sue corde.

…stupido pensiero.

E di certo non era il suo sogno, ma per stare con Veronika…

-Forse un mestiere davvero dei sogni è fare il marito- borbottò, molto tra sé, e sperò che Veronika non l’avesse sentito.

-Uhm… Quali sono le emoticon che usi più frequentemente?- chiese lei di getto, leggendo la prima cosa che si trovò davanti.

-Uh… non ne uso molte… penso il sorriso, gli abbracci, e… i cuori?- rifletté Max.

-Io i fiori… e basta. Non uso molte emoticon, ultimamente. Per un periodo usavo spesso cuori e sorrisi, ma al momento non li uso molto- ammise, un po’ a disagio.

-Se potessi cenare con una persona famosa (sia contemporanea che passata) con chi ceneresti?- chiese Max, cercando di distrarla.

-Le regine valgono?- chiese Veronika, mordendosi il labbro inferiore.

Max annuì.

-Allora vorrei cenare con mia madre, per rivederla un’ultima volta e dirle come sto- Veronika lanciò un’occhiata al contenitore di plastica con la torta, e accennò un triste sorriso.

-Vorrei anche io cenare con lei, per conoscerla… e magari chiederle consigli di cucina- si unì al carro.

-Le piaceresti molto, e non hai bisogno di lezioni di cucina. Sei già perfetto- Veronika gli mise una mano sul braccio, e iniziò ad accarezzarglielo dolcemente.

I due ragazzi si guardarono negli occhi, si avvicinarono… 

E poi Veronika ritirò la mano, come se si fosse scottata.

-Ehm… Qual è la cosa più folle che tu abbia mai fatto?- chiese, cambiando domanda.

-Direi intrufolarmi in un castello super sorvegliato tramite un passaggio segreto illegale- rispose Max, grattandosi la base del collo.

Veronika ridacchiò, con sguardo colpevole.

-Beh, è un’esperienza… io credo sia stato fingermi un’altra persona per mesi… è stata una pessima domanda- si autocommiserò Veronika, sospirando.

-Qual è il tuo cibo preferito di tutti i tempi?- Max fece una domanda stupida per rimediare.

-Qualsiasi combinazione di caramello e cannella!- rispose Veronika -…ma eliminando i dolci… l’escargot… lo so, sono strana!-

Max rimase molto sorpreso.

-Intendi le lumache?- chiese, incredulo.

-Giuro che sono ottime! Hanno un sapore delicato e una consistenza particolare. Mi piacciono un sacco- Veronika si rallegrò.

-Dovrò provarle un giorno, allora. Io credo che il mio piatto preferito siano… gli spaghetti al ragù. Semplici da preparare, gustosi e molto familiari. Oppure lo stufato di carne e patate… mi fa pensare al natale- rispose invece Max, pensieroso.

-Chi è la tua cotta di celebrità?- Veronika passò alla domanda successiva.

-Veronika, mi meraviglio di te! Pensavo sapessi che il mio cuore apparterrà sempre a Neill Patrick Harris!- scherzò Max, Veronika alzò la mani in segno di resa.

-Oh, chiedo perdono, pensavo che fosse solo un attore che ammiravi parecchio. A mia discolpa posso dire che quando ne abbiamo parlato ero troppo in gay… uhm… finto gay panic per badare molto a quello che dicevi- si giustificò, ripensando al primo caffè che Max e Manny avevano preso insieme.

-Già, anche io ho avuto un grosso Bi panic quel giorno- ammise Max -E comunque un’altra mia cotta di celebrità molto forte, che se la rivaleggia con Neill, è Kristen Bell. Adoro quella ragazza-

-Oh sì, è adorabile! La adoro anche io, soprattutto in The Good Place… quella serie è stupenda! La mia cotta di celebrità è… mmmm… Benedict Cumberbatch!- Veronika sollevò un buon punto.

-Mmm… sì… lo comprendo- ammise Max, iniziando a rivalutare le proprie cotte di celebrità.

-Insomma… uhhh- Veronika si prese il petto in tono sognante.

Poi scoppiò a ridere, e Max insieme a lei.

-Okay, restando in argomento… se potessi essere parte di una famiglia di una qualsiasi serie TV, quale sceglieresti?- chiese Max, porgendo una domanda abbastanza leggera.

-Mmmmm, è difficile… ci sono tante belle famiglie nelle serie TV… forse la famiglia di C’era una volta… perché sono sempre uniti, il vero amore trionfa sempre, ed è enorme!- rispose Veronika dopo molta riflessione.

-Bello… io direi Modern Family… sono una grande famiglia, sono abbastanza uniti, e sono aperti di mente- Max disse la sua, anch’egli molto pensieroso.

Veronika controllò le domande con attenzione, cercando la prossima.

-Max… qual è stata la tua prima impressione di me?- chiese poi, molto incerta.

-Sonja, Manny o Veronika?- chiese Max, sinceramente incerto su cosa rispondere.

-Chi vuoi tu- Veronika gli lasciò carta bianca.

-Sonja mi è sembrata fin da subito estremamente gentile, gran lavoratrice e determinata. Manny mi ha colpito per la sua energia e intelligenza. Veronika…- Max esitò -…ho pensato fosse una ragazza un po’ egoista- ammise infine, ripensando al dolore che aveva provato quando aveva scoperto la verità.

-Non hai tutti i torti sull’ultima cosa… forse dovrei cambiare il mio egoismo, e non la mia abitudine a rimandare sempre le cose- borbottò lei, sospirando.

-Tu che impressione hai avuto di me?- chiese Max, senza guardarla.

-Ottimo collega, gran lavoratore… gentile, disponibile, affidabile- rispose lei, ripensando al loro primo incontro.

Max cercò di regolare il respiro, che rischiava di farsi affaticato nel tentativo di restare calmo e non farsi prendere dall’emozione.

Cercò la domanda successiva.

-Qual è la cosa che preferisci di te stessa?- chiese, sperando che potesse in qualche modo risollevarle il morale.

Veronika ci dovette riflettere molto, e non perché avesse l’imbarazzo della scelta, nella sua opinione.

-Beh… sono brava nelle lingue?- si vantò, alzando le spalle -E tu?- lo incoraggiò poi a dire la propria.

Max non ci aveva molto pensato, sperava solo di riuscire a farle trovare qualcosa di bello da dire su di sé.

-Io… sono…- non sapeva bene cosa dire neanche lui, a dire il vero -… un buon lavoratore?- disse poi, pensando a quanto sgobbasse, almeno prima di licenziarsi dal Corona.

Veronika scosse la testa.

-Qual è la cosa che preferisci di me?- chiese, con l’aria di qualcuno che non voleva sentire la risposta, solo darla a sua volta.

Max però fu davvero felice della domanda.

-Non so da dove cominciare. Sei intelligente, gentile, riflessiva, determinata, e sai sempre cosa fare nei momenti di emergenza. Disponibile… forse la cosa che preferisco di te è che… mi sento sempre a mio agio quando sto con te. Sai cosa dire, e come dirlo. Mi trovo davvero bene con te- rispose, con la massima sincerità, e un forte metaforico dolore al petto.

-Max…- Veronika sospirò, ma trattenne con molto più successo le lacrime rispetto a prima -…tu sei la persona più gentile, buona, affidabile e attenta che conosca. È vero che sei un gran lavoratore, ma sei molto più di questo. E ciò che preferisco di te è senza ombra di dubbio il tuo enorme rispetto per il prossimo, che sia il tuo capo, un tuo parente, o un senzatetto per strada. Sei un ottimo ascoltatore, e una persona meravigliosa- rispose a sua volta.

Max sapeva di dover fare una domanda divertente per spezzare la tensione, ma quando il suo sguardo si diresse verso “Qual è il ricordo d’infanzia più divertente che hai?” venne distratto dalla domanda sopra di essa.

-Preferiresti aver amato e perso, o non aver amato mai?- chiese, in un sussurro.

Veronika non seppe rispondere.

Rimase in silenzio un minuto intero, senza dare segno di voler aprire bocca.

Così fu Max a rispondere per primo.

-Preferisco aver amato e perso- ammise, accennando un sorriso. Avrebbe voluto aggiungere di più, ma Veronika lo interruppe.

-Qual è il tuo più grande rimpianto?- passò direttamente alla domanda successiva.

-Non avere abbastanza tempo per trovare una soluzione a questo casino- Max non aveva esitazioni. Più passava del tempo con Veronika, più si rendeva conto che non sarebbe mai riuscito a lasciarla andare. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per poter stare con lei.

-Anche io… Max mi dispiace così tanto! Se te l’avessi detto prima forse insieme avremmo trovato una soluzione- Veronika si prese il volto tra le mani e cominciò a singhiozzare.

Probabilmente provava gli stessi sentimenti di Max in quel momento.

Il ragazzo non riuscì a trattenersi dal cingerla in un abbraccio confortante.

Cercò in tutti i modi di non crollare a sua volta, ma qualche lacrima scese anche sulle sue guance.

Veronika tolse le mani dal viso per stringerle intorno al busto di Max, e avvicinarsi di più a lui.

-Mi dispiace averti tenuto nascosta la mia identità. Probabilmente è questo il mio più grande rimpianto- gli disse all’orecchio, la voce impastata di lacrime.

A proposito di tenere nascosta l’identità… Max aveva ancora una cosa che doveva dire a Veronika.

Deglutì rumorosamente, e cercò il modo migliore per tirare fuori l’argomento.

Alla fine, decise di usare la domanda che si era preparato apposta.

-Veronika… qual è il tuo fiore preferito?- chiese.

La ragazza si staccò, prendendo la domanda come un modo di cambiare argomento, e si asciugò in fretta le lacrime.

-Ehm… al momento… penso il gelsomino, mi da molto conforto- rispose, pensando al suo amico di penna -Il tuo?- chiese poi a Max, guardandolo dritto negli occhi.

Max ebbe molta difficoltà a mantenere il suo sguardo.

Ma alla fine riuscì a parlare.

-La Strelitzia- la voce uscì un sussurro, e per qualche secondo. Veronika lo fissò senza dire una parola, elaborando le sue parole.

Poi la consapevolezza la colpì come un fulmine, e si alzò di scatto dalla panchina, impallidendo e facendo qualche passo indietro.

Era sconvolta.

-Gelsomino…- chiamò, indicando Max, che annuì.

La principessa si portò le mani alla bocca, incredula e parecchio imbarazzata.

-Giuro che non lo sapevo! Non te l’ho tenuto nascosto di proposito!- esclamò poi, temendo che Max potesse credere che l’aveva preso in giro anche con quest’altra identità.

Max si alzò a sua volta, cercando di calmarla.

-Lo so, lo so. Anche io l’ho scoperto solo poche settimane fa. E volevo dirtelo, ma non sapevo come. È anche per questo che sono qui, perché volevo informarti di persona, e… ho capito in parte come devi esserti sentita a mantenere il segreto con me. È sempre difficile ammettere questo tipo di cose- spiegò, preoccupato.

-Non riesco a credere che fossi tu… beh… in realtà ha senso, solo che non pensavo che tra sei milioni di persone potessi chattare proprio con te- Veronika iniziò a fare avanti e indietro, agitata -…devo esserti sembrata estremamente ridicola con gli ultimi messaggi- si commiserò, diventando rossa per l’imbarazzo.

-Assolutamente no! Mi hai solo fatto aprire gli occhi su quanto ci tenessi, e quanto io sia stato rigido- la rassicurò Max.

Veronika si girò a guardarlo.

-Max… non so se ce la faccio- ammise dopo qualche secondo di silenzio.

-Fare cosa?- chiese lui, avvicinandosi, lei fece un passo indietro.

-Lasciarti, continuare a vederci, sperare che un giorno possa stare con te. Mi sposo tra un mese… non ce la faccio più- ammise lei, di nuovo con le lacrime agli occhi, ma questa volta lacrime amare, piene di rabbia per la tremenda situazione in cui si trovava.

-Lo so Veronika… provo la stessa cosa- anche gli occhi di Max si riempirono di lacrime.

Erano lì, a pochi metri, eppure non sarebbero mai potuti stare insieme. Due mondi completamente diversi. Due destini che si sfioravano ma non sarebbero mai riusciti ad intrecciarsi.

E la cosa peggiore era che Max, un’idea, ce l’aveva.

Con l’aiuto di Denny, Clover e Petra, aveva elaborato una minuscola idea che avrebbe, forse, in teoria, potuto evitare a Veronika di sposarsi, e permettere a Max di stare con lei.

Ma era troppo astratta, e avevano troppo poco tempo.

Max non credeva che sarebbe riuscito a sopportare un’altro cuore spezzato. Era stato già troppo doloroso affrontarlo fino a quel momento.

Aprire il suo cuore ad una speranza che difficilmente si sarebbe realizzata era un rischio troppo grande per lui.

Ma non voleva lasciare Veronika così.

Non voleva che fosse questo l’ultimo ricordo che aveva con lei.

-Veronika… è dura, davvero, davvero tanto, ma io sono felice di averti incontrato- provò ad avvicinarsi. Lei non arretrò, ma si ritirò appena, e scosse leggermente la testa.

-Max, se non mi avessi incontrato, adesso non saresti così… nessuno dei due sarebbe così- gli fece notare.

-È vero, ma non avrei neanche mai provato il più grande amore della mia vita. E porterò per sempre nel mio cuore il tempo che ho passato con te, sebbene breve- Max non si arrese.

-Sai perché Jack e Rose non sono la mia coppia preferita?- chiese all’improvviso Veronika. Max la guardò interrogativo. -Perché la loro storia finisce male! Io non voglio che la mia vita sia una storia che finisce male!- scosse la testa più violentemente.

Max si avvicinò, e questa volta Veronika lo lasciò fare.

Le mise le mani sulle spalle.

-È vero, la loro storia finisce male, ma Jack rimane sempre nei ricordi di Rose. Veronika, la tua storia è solo all’inizio, io sono solo una delle tante persone che incontrerai nella tua vita, e prima o poi ti riprenderai, e ti assicuro che sarai felice di avere dei bei ricordi a cui aggrapparti. Come con tua madre- le assicurò.

Veronika alla fine cedette e alzò la testa, ritornando a guardarlo negli occhi.

-Spero tu abbia ragione- sussurrò -…e che anche tu vada avanti, e che trovi qualcuno che ti renda felice- aggiunse poi, anche se si vedeva le costava tanto dirlo.

Max le diede un bacio sulla fronte.

-Entrambi saremo felici- le promise, anche se era il primo a non crederci del tutto.

Poi iniziò ad allontanarsi.

-Aspetta, Max!- Veronika lo prese per un braccio, prima che afferrasse la borsa.

-Mi concederesti un ultimo ballo?- chiese, molto incerta, mordendosi il labbro inferiore.

Era una pessima idea, ma Max non riuscì a non desiderare di passare un altro po’ di tempo con la ragazza.

Annuì.

Veronika mise una canzone sul cellulare, la loro canzone, e Max le prese la mano e il fianco.

E ballarono, eleganti, vicini, come se fosse naturale, e perfetto.

Verso le note finali, più lente e romantiche, Veronika si avvicinò, e gli mise la testa sulla spalla. Max la strinse a sé.

Rimasero in quella posizione anche quando la musica finì, per qualche secondo interminabile e allo stesso tempo troppo breve.

Poi Veronika sollevò la testa. Ma non si allontanò.

I due si fissarono negli occhi per qualche secondo, cercando di imprimere nella loro mente ogni dettaglio.

Ormai Max sapeva che non avrebbe mai potuto dimenticare o confondere quegli occhi azzurri con sfumature più chiare vicino all’iride. Erano meravigliosi.

Le loro labbra erano a pochi millimetri di distanza, praticamente già unite. I loro respiri si mischiavano.

Ma non potevano cedere, lo sapevano entrambi.

Si allontanarono nello stesso momento, giunti alla medesima conclusione, e Max prese la borsa, per uscire dal palazzo prima che qualcuno lo notasse o si facesse troppo tardi.

Una volta davanti al passaggio segreto, Max si voltò un secondo.

-Addio, Veronika- la salutò, sentendo il cuore piangere nel petto.

-Addio, Max- Veronika ricambiò il saluto, cercando di sorridere, per dargli un’ultima immagine positiva di lei.

Poi Max si voltò nuovaente, e sparì dalla sua vista, lasciandola da sola sul tetto dove ormai iniziava a tirare un’aria gelida.

Entrambi, una volta soli, e al sicuro da sguardi indiscreti, si lasciarono andare in un lungo pianto liberatorio, convinti di essersi ormai detti addio per sempre, e convinti che nessuno sapesse del loro incontro, oltre a Gerda.

Purtroppo non sapevano che qualcuno aveva osservato da lontano la situazione, traendo le proprie conclusioni, e deciso ad intervenire.

Qualcuno che probabilmente sarebbe stato meglio se non avesse visto nulla.

Qualcuno che Veronika avrebbe preferito non vedesse nulla.

Qualcuno che, forse, si sarebbe potuto rivelare fondamentale per i due ragazzi. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Veronika e Max si sono parlati.

Lucie e Gevvie sono tornate.

Le cose sono in stallo, ma i passi avanti si sono fatti, dai… e il doppio dei passi indietro, ma dettagli.

Veronika ottiene molti pochi punti di vista, poverina. Ma finalmente abbiamo visto un po’ cosa pensa.

Tra parentesi, i riferimenti al ballo dei sette giorni sono un riferimento al libro che ho iniziato a scrivere, niente volevo farne un po’ di pubblicità.

La scena con Amabelle e Petra non mi convince del tutto, ma ho fatto del mio meglio, e sono felice di aver fatto comparire nuovamente Lucie e Gevvie, come era stato anche richiesto nel sondaggio. L’avevo già programmato, ma sono felice che anche qualcuno le volesse rivedere ;)

Ed infine Veronika e Max e il gioco delle 21 domande… oh, i flashback al gioco di coppia di Felix e Mirren, e allo stesso tempo l’emozione di vederli finalmente parlare… mi è piaciuto tantissimo scrivere quella parte. Secondo me sono la coppia più compatibile.

Mi spiego:  Mirren e Felix sono la coppia più unita affettivamente perché sono cresciuti insieme e si conoscono alla perfezione e si completano;

Clover e Diego sono la coppia più focosa perché discutono, fanno pace, e hanno in generale tanti alti e bassi che però alla fine trovano l’equilibrio; 

Denny e Mathi sono paciocchini e si aiutano costantemente a vicenda, migliorandosi. Hanno un rapporto basato sulla fiducia e sull’onestà reciproca; 

Petra e Amabelle… è complicato;

Veronika e Max sono compatibili. Molto simili, ma diversi abbastanza da non volersi ammazzare a vicenda. Hanno gli stessi ideali, gusti praticamente identici, un sacco di cose di cui parlare senza annoiarsi mai. Se non ci fosse stata la questione “Veronika è una principessa fidanzata”, questi due si sarebbero messi insieme ufficialmente tipo a Febbraio e sarebbero rimasti insieme per sempre, senza alcun problema.

Ma poi la storia sarebbe stata noiosa, quindi BOOM! DRAMA!

Comunque spero che vi siano piaciuti da leggere quanto a me da scrivere.

Il prossimo capitolo l’ho già iniziato a scrivere e non vedo l’ora di continuarlo, quindi spero arriverà presto.

Un bacione e alla prossima!! :-*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Qualcuno affronta Max all’aeroporto, Clover e Diego vanno ad un parco divertimenti

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Capitolo 49
*** Soluzioni intelligenti ***


Soluzioni intelligenti

 

Domenica 8 Dicembre

Max aveva pianto tutta la notte, parlato con Clover ore al telefono, ricevuto la promessa che una volta a casa sarebbero andati al lido, nonostante sapessero entrambi che con quel freddo e dopo il lungo viaggio sarebbe stato infattibile, e aveva dormito la bellezza di trenta minuti scarsi.

Ma gli era capitato di peggio, quindi era ancora in uno stato accettabile quando aveva fatto il check out dall’albergo e aveva preso un autobus per dirigersi elegantemente in anticipo, come sempre, all’aeroporto.

Elegantemente in anticipo significava la bellezza di tre ore prima della partenza.

O almeno, il programma era di arrivare all’aeroporto, che distava venti minuti in autobus dall’albergo, tre ore prima della partenza.

Purtroppo non aveva fatto i conti con gli imprevisti.

O meglio, aveva messo in conto eventuali imprevisti, ma non credeva che sarebbero stati così tanti.

Era tutto partito con un messaggio di Norman sul gruppo della Crew dove annunciava la data della discussione della sua tesi, che sarebbe stata il 20 Dicembre.

Max l’aveva letto mentre faceva colazione, e da lì in poi le cose erano precipitate.

Prima l’avevano trattenuto per troppo tempo quelli dell’hotel per ringraziarlo di come aveva tenuto bene la camera.

Max era in anticipo, quindi li aveva lasciati fare.

Poi era stato fermato nella strada per dirigersi alla fermata dell’autobus da una coppia di turisti francesi che si erano persi. Max teoricamente era più perso di loro, ma era riuscito a dare indicazioni verso il luogo che volevano raggiungere, in un francese molto americano, dato che venerdì aveva fatto un tour molto approfondito della città.

Purtroppo lo scambio di informazioni gli aveva fatto perdere il primo autobus.

Niente di preoccupante, ne passava un altro in mezzora, e aveva tutto il tempo di entrare in aeroporto, fare il check in, e aspettare altre due ore il proprio volo che l’avrebbe portato con due cambi a casa.

Se non fosse che il secondo autobus non era passato, e quando era finalmente riuscito a prendere il terzo, aveva forato una ruota a metà tragitto, e l’autobus sostitutivo aveva posti molto limitati.

Max non era in ritardo, quindi aveva lasciato il proprio posto ad una madre e un bambino che dovevano raggiungere l’aeroporto più in fretta di lui.

E nell’attesa del nuovo autobus sostitutivo, aveva aiutato il conducente dell’autobus appiedato a cambiare la gomma dell’auto.

Alla fine si era diretto in aeroporto con l’autobus dalla gomma cambiata, e tutto sembrava risolto.

Era comunque tre quarti d’ora in anticipo, poteva benissimo farcela.

Ma purtroppo l’autobus l’aveva portato a venti minuti di distanza dall’entrata che avrebbe dovuto prendere, la navetta era fuori uso, quindi si era dovuto fare quella strada a piedi con la valigia, lo zaino pesante, e una stanchezza che sempre di più iniziava a sentirsi addosso.

E quando arrivò in aeroporto, aveva giusto il tempo di fare velocemente il check in, entrare nell’aereo, e pregare che non gli facessero buttare la torta caramello e cannella avanzata che si era portato per fare uno spuntino. 

E ovviamente, un ennesimo imprevisto gli si parò davanti.

-Ah, eccoti! Sapevo che prima o poi ti avrei trovato qui!- lo accolse una voce con marcato accento tedesco che in tutta franchezza Max non avrebbe mai più voluto sentire in tutta la sua vita.

-Duca Bastien Borshe- lo riconobbe, e mentirei se dicessi che Max non si sentì terribilmente in colpa e allo stesso tempo decisamente geloso nel ritrovarsi davanti l’uomo che di lì a poche settimane avrebbe sposato l’amore della sua vita.

-Vedo che ti ricordi della mia esistenza. Pensavo che fossi troppo occupato a cercare di conquistare la mia promessa sposa!- si indignò lui, gridando nel bel mezzo dell’ingresso gremito di gente.

Tutti si girarono a fissare i due, e il cuore di Max fece parecchie capriole nel petto.

In parte per il terrore di essere esposto così, in pubblico, ma per buona parte a causa dei terribili rumors che avrebbero di lì a poco colpito Veronika se quell’accusa fondamentalmente falsa fosse finita all’orecchio della stampa.

-La prego abbassi la voce, duca. Qualsiasi cosa lei pensi, non è assolutamente vera- Max gli si avvicinò in tono conciliante, anche se dentro di sé stava ribollendo di rabbia, e cercò di essere il più diplomatico possibile.

-Mi potrai anche credere uno stolto, ma non provare a dubitare della mia vista! Non c’è molto da fraintendere in ciò che ho visto ieri. O vuoi forse negare che fossi tu sulla torre insieme a lei?- continuò a provocarlo Bastien, senza abbassare la voce.

Max avrebbe voluto ribattere, ma non poteva permettersi di dare troppe informazioni.

E non voleva mentire.

Mentire avrebbe sicuramente portato il duca a credere maggiormente all’idea che si era fatto della situazione, e di certo non lo avrebbe incoraggiato a smettere di urlare nel mezzo di un aeroporto, forse uno dei luoghi più problematici dove far partire uno scandalo, dato che era frequentato da persone di tutto il mondo.

Max cercò di prenderla larga.

-Sono soltanto in vacanza, e ho pensato di salutarla. Tutto qui, sto per tornare a casa… per sempre- non era una bugia, dopotutto. Era in vacanza, l’aveva salutata, e sarebbe tornato a casa per sempre. Certo, era in vacanza proprio con l’intenzione di salutarla, ma di certo non era lì per detronare nessuno, o interrompere il matrimonio.

…l’avrebbe fatto con piacere, ma non ne aveva il potere. 

-Certo, come no! Una vacanza in pieno inverno, con il giardino nella sua fase peggiore. Non sapevo che la gita del castello comprendesse anche la torre della regina- Bastien però non demorse, e continuò ad urlare.

Il tempo per arrivare all’aereo iniziava ad essere sempre meno, e se c’era una cosa che Max voleva evitare, era di essere costretto a restare lì più del previsto e finire trascinato al cospetto del re da un duca arrabbiato che chiaramente voleva la sua testa.

Non credeva che sarebbe mai stato pronto ad incontrare il padre di Veronika… sarebbe stato non poco imbarazzante.

-La mia migliore amica ha trovato un’occasione, e ho sempre voluto visitare Eugenie Garten. Mio padre è architetto paesaggista. Sono un fan dei giardini- Max cercò di risultare credibile con la propria scusa, e iniziò lentamente ad avviarsi in direzione del gate dal quale sarebbe dovuto partire.

Nel frattempo adocchiò il tabellone che mostrava le partenze, e purtroppo il suo volo era perfettamente in orario.

Tutti i voli erano perfettamente in orario. Era proprio un paese ben organizzato.

Max sicuramente si sarebbe trovato bene a vivere in un posto simile.

Ma non era il momento di pensarci.

-Lo sapevo quando ti ho visto la prima volta che tra te e Veronika c’era qualcosa in sospeso. Non riesco a credere che invece di restartene nel tuo buco americano tu sia venuto fin qui cercando di rovinare tutto- Bastien ignorò completamente ciò che Max aveva appena detto e iniziò a snocciolare congetture mentre lo seguiva.

-Non ho cercato di…- Max strinse i denti e si costrinse a non dire altro. Non poteva perdere la calma e il sangue freddo, ma spiegare la verità dei fatti.

-Io e Sonja eravamo colleghi… tutto qui. Abbiamo solo chiarito il malinteso circa la sua identità. Non devi temere che io provi a rovinare il vostro matrimonio- disse a voce molto bassa, evitando di farsi sentire dai curiosi che continuavano ad osservarli curiosi, anche se cercavano di non darlo a vedere.

Non era una bugia. Lui e Sonja erano davvero solo colleghi. Certo, con Manny era stato in una relazione, ma non c’era bisogno di dirlo al duca, soprattutto visto che il segreto che la principessa si fosse travestita da uomo era riuscito a rimanere segreto anche a lui, oltre che alla stampa.

-E c’era bisogno di venire fin qui per chiarire?- Bastien non lo mollava, e Max decise di provare ad ignorarlo e affrettare il passo.

Tanto parlare non sembrava servire a nulla, con lui.

-Ah, non sai come ribattere, eh?- Bastien prese il suo silenzio come una vittoria personale, e lo prese per un braccio, nel tentativo di fermarlo.

Max si scansò, non con violenza, ma con fermezza.

-Senta, sto per perdere l’aereo, e se perdo l’aereo rimarrò nello stato ancora di più. Lei non vuole che io rimanga nello stato, giusto? Quindi se mi permette di prendere l’aereo non tornerò mai più qui e tutti i suoi problemi saranno risolti- Max non amava particolarmente fare il sarcastico e l’acido, ma iniziava davvero tanto ad irritarsi con quel damerino che gli stava per portare via l’amore della sua vita.

Aveva quasi voglia di interrompere il matrimonio solo per evitare a Veronika la sofferenza di passare il resto della sua vita con quel tizio.

… in effetti forse avrebbe dovuto farlo davvero.

Nella sua fuga sempre più veloce verso il gate, nel tentativo di non cadere alla tentazione di perdere l’aereo di proposito per darsi ulteriore falsa speranza, venne distratto e rallentato quando notò un anziano signore in abiti logori che si aggirava per l’aeroporto chiedendo spicci e tenendosi a malapena in piedi con un bastone.

Era una visione molto strana. Max non aveva visto neanche un senzatetto ad Agaliria, in quei giorni, ed era peculiare che ce ne fosse uno in aeroporto e che nessuno l’avesse cacciato via.

Visto il freddo invernale, era una cosa buona, ma comunque attirò l’attenzione di Max, che si distrasse dalla discussione con Bastien e iniziò ad armeggiare nello zaino per cercare il poco della torta caramello e cannella che non aveva dato a Veronika il giorno precedente.

-Forse il mio primo atto da re dovrebbe essere bandirti da ogni aereo diretto qui ad Agaliria. Anzi, dovrei proprio bandirti da Agaliria- Bastien però continuò lo sfogo, ignorando completamente i gesti di Max e le sue parole.

-Ottimo primo atto da re abusare del potere da re- borbottò Max, molto tra sé, chiudendo lo zaino e iniziando ad avvicinarsi al senzatetto con la busta del dolce in mano.

Probabilmente fu molto meno tra sé di quanto avrebbe voluto, perché Bastien l’aveva sentito, e lo prese nuovamente per un braccio, con più veemenza.

-Come, scusa?!- si irritò, girandolo verso di sé.

Ma prima che Max potesse obiettare, come aveva davvero tanto intenzione di fare, sentì un tonfo alle sue spalle, e con la coda dell’occhio notò che il senzatetto era appena caduto a terra.

Non perse neanche un secondo, dimenticò completamente il duca, e si precipitò verso l’uomo per provare ad aiutarlo.

Era più giovane di quanto sembrasse, anche se i lunghi capelli sporchi e la barba bianca celavano completamente il suo volto.

-Sta bene, signore?- Max lo controllò senza toccarlo, e da un’occhiata preliminare sembrava che non si fosse sentito male, né ferito. Forse un calo di zuccheri. Chiaramente non poteva essere un ondata di calore con quel freddo invernale. Ma magari aveva una febbre.

Controllò la fronte.

-Oh, stia tranquillo, giovanotto, sto bene, sono solo inciampato- lo rassicurò il senzatetto, con voce arzilla.

Max sospirò, rasserenato.

-Sono felice che stia bene. Non ha storto la caviglia, o altro, giusto? Posso offrirle una bottiglietta d’acqua? Ho del cibo con me- Max gli offrì la busta con il dolce, e si guardò intorno per cercare un distributore che offrisse bottigliette d’acqua.

La sua ricerca venne interrotta dall’arrivo di Bastien.

Ah, bene, finalmente faceva qualcosa per il prossimo. Sicuramente aveva visto la scena e si era precipitato ad aiutare il povero senzatetto che era cadu…

-Non ho ancora finito di parlare con te! Che stai facendo?!- no… invece no. Si rivolse a Max come se l’uomo che aveva appena aiutato non fosse esistesse.

Max dovette recuperare tutto il proprio autocontrollo per non far uscire la Clover celata in lui che gli stava urlando nelle orecchie di tirargli un pugno, o quantomeno urlargli contro.

Invece si limitò ad alzarsi e ignorarlo, porgendo poi una mano all’uomo per aiutarlo ad alzarsi.

-Posso offrirle altra assistenza?- chiese, accennando un sorriso e facendo come se Bastien non esistesse.

Avevano priorità molto diverse, bisognava dirlo.

-Oh, non ti preoccupare. Non voglio interrompere la vostra conversazione, o farti perdere il volo- l’uomo rinunciò all’aiuto, ma mentre provava ad alzarsi sembrava ancora piuttosto tremante e incerto sulle gambe.

Max lo afferrò per le braccia e lo aiutò a reggersi in piedi, porgendogli il bastone che nel frattempo aveva recuperato da terra.

-Vuole che chiami qualcuno, o che la accompagni alla postazione di primo soccorso dell’aeroporto?- si offrì Max.

-Mi stai ignorando?!- esclamò Bastien, estremamente offeso.

Max si girò verso di lui e sorrise, anche se molto freddamente.

-Sì, ti sto ignorando- abbandonò le formalità. Quel tipo non meritava il suo rispetto -E ti sto ignorando perché non ho niente da dirti, sto aiutando una persona, e tra pochi minuti parte il mio aereo, quindi ti consiglio di lasciarmi perdere- lo congedò, e Bastien era talmente scioccato che rimase completamente immobile sul posto mentre Max accompagnava il senzatetto nel posto a sedere più vicino.

-Se… se ti rivedo ti faccio arrestare!- fu l’ultima minaccia del duca, prima che facesse dietro front e se ne andasse tutto impettito dall’aeroporto.

Max sospirò, e tutta la sua attenzione si concentrò nuovamente sull’uomo, che lo guardava con una certa curiosità.

Aveva qualcosa di estremamente familiare, ma Max non seppe dire cosa, e non aveva tempo di interrogarsi troppo.

Ricordiamo che aveva anche dormito trenta minuti scarsi.

-Mi dispiace molto per lo sfogo. Le giuro che di solito sono molto più educato- si scusò Max, sedendosi accanto a lui per assicurarsi che stesse bene. Non aveva tempo da perdere, ma fare la cosa giusta sarebbe stato sempre al primo posto, per lui, ed era sempre il caso di controllare qualcuno che era caduto per almeno qualche minuto prima di allontanarsi. Qualche trauma e ferita poteva mostrarsi in ritardo, magari a causa dell’adrenalina, o di altri fattori.

Max non studiava medicina, ma aveva seguito qualche corso di primo soccorso per il lavoro, quindi tendeva a non lasciare i pazienti soli a sé stessi.

Anche se l’uomo sembrava davvero molto tranquillo.

Aprì la busta, e osservò con attenzione il contenuto.

-Se il futuro re dello stato non è capace di essere educato, mi sembra naturale che neanche i sudditi seguano l’esempio- lo giustificò, con un occhiolino.

Max scosse la testa.

-No, bisognerebbe guardare a noi stessi, e diventare l’esempio che vogliamo seguire… sa, tipo trattare gli altri come vogliamo essere trattati, e non agire male con la giustificazione che qualcuno sta agendo male con noi- lo contraddisse, con un grande sorriso.

-Sarebbe stato facile per te annuire e basta. Cercavo di farti stare meglio- borbottò l’uomo.

Max ridacchiò. 

-Sì, e la ringrazio per averci provato, ma sono comunque stato un po’ rude e devo prenderne atto e migliorare. Solo che ha messo a dura prova la mia pazienza- ammise, grattandosi il retro del collo.

-Quanti anni hai?- chiese l’uomo.

-Venticinque- rispose Max, un po’ confuso dalla domanda, ma dubitando fortemente che rivelare la propria età potesse essere un problema.

Certo, se gli avesse chiesto nome, cognome, data di nascita e numero fiscale si sarebbe preoccupato, ma l’età non era niente di che.

-Così giovane e già così saggio- sorrise il senzatetto, prendendo un morso della torta, e abbandonando il sorriso subito dopo.

-Non è di suo gradimento? Mi scusi, suppongo che l’accostamento caramello e cannella sia un po’ inusuale. Mi dispiace. Le porto qualcosa dal distributore?- Max mise subito le mani avanti, ma l’uomo gliele prese, letteralmente.

-No, no, non preoccuparti. È solo… era da tanto che non mangiavo una cosa del genere. È… deliziosa- l’uomo sembrava quasi commosso, e continuava a fissare la torta come se fosse il tesoro più prezioso del mondo.

Poveretto, così affamato da guardare con tale affetto una semplice torta sbriciolata.

Ma era davvero solo affamato?

Perché il suo sguardo era davvero molto simile a… 

Il cuore di Max saltò un battito, la sua mente iniziò a fare qualche collegamento.

Forse se avesse continuato la conversazione, avrebbe capito qualcosa di più.

Ma l’uomo lo anticipò indicando il tabellone con tutti gli orari.

-Dovresti sbrigarti se non vuoi perdere l’aereo- gli suggerì, facendolo alzare di scatto.

In effetti iniziava ad essere davvero in ritardo, se doveva fare il check-in, superare i controlli, e raggiungere il gate giusto.

-Sì… dovrei andare. Mi dispiace lasciarla così… di solito sono in anticipo per questo genere di cose- in tutto, in realtà.

Sarebbe dovuto correre via, ma per qualche motivo continuò la conversazione.

Forse inconsciamente non voleva ripartire, forse aveva già capito che l’uomo davanti a lui era più importante di quanto pensasse, e forse anche la sua ultima chance.

-Beh, la puntualità è dei gentiluomini, l’anticipo…- l’uomo cominciò il motto. Max lo finì.

-Dei re, sì lo so. Un famoso motto agaliriano, giusto?- chiese, lanciandogli un’ultima occhiata prima di rassegnarsi ad andarsene da lì per sempre.

-Più un motto della famiglia reale, direi- lo corresse lui, osservandolo con sempre maggiore curiosità.

Max si preparò a salutarlo, ma le parole gli morirono in gola.

Perché quando lo guardò nuovamente negli occhi, questa volta limpidi, e non coperti dai ruvidi capelli, Max notò che erano azzurri, con sfumature più chiare vicino all’iride.

Erano gli occhi di Veronika.

Ma l’uomo davanti a lui chiaramente non era Veronika travestita.

E questo lasciava una sola altra opzione.

Il cervello di Max fece tutti i collegamenti, arrivando alla soluzione che cercava dall’inizio della sua conversazione con il senzatetto.

E impallidì, facendo un passo indietro e portandosi una mano alla bocca, sconvolto.

Distolse lo sguardo da quello del re, e abbassò la testa, in segno di rispetto.

Forse avrebbe dovuto inchinarsi? No, c’erano persone accanto a loro, e il re era chiaramente in incognito. Avrebbe potuto metterlo in una cattiva posizione. Ma non poteva continuare a trattarlo come un semplice senzatetto.

Cosa ci faceva il re di Agaliria lì vestito da senzatetto?!

Era una prova? Aveva scoperto del suo incontro con Veronika e voleva capire che tipo fosse per poi arrestarlo?

Perché nella famiglia reale c’era questa passione per i travestimenti?!

Max esitò parecchio su cosa fosse più giusto fare, senza trovare una risposta, e il re si alzò, sospirando.

All’improvviso era completamente sicuro sulle gambe, dritto e austero.

-Come l’hai capito?- chiese, intuendo almeno una parte dei drammi interiori di Max, che non osò sollevare lo sguardo.

Quello era un re! Non un duca che poteva ignorare.

…oh cavolo! Il re l’aveva visto trattare così il duca! Si poteva fare una pubblicità peggiore?!

(Max, lo hai aiutato, hai intrattenuto una conversazione filosofica con lui e gli hai offerto un dolce della ricetta della sua defunta moglie, facendogliela ricordare. Il peggio che può succedere è che sia lui a chiederti la mano in questo momento, facendoti diventare il nuovo patrigno di Veronika).

-I vostri occhi- rispose Max, in un sussurro.

-La conosci molto meglio di quanto pensassi, e sei molto più sveglio, gentile e attento di quanto mi aspettassi. Speravo solo di osservarti da lontano per capire che tipo fossi, ma mi trovo mio malgrado in un enorme dilemma in questo momento- il re si portò una mano sulla fronte, pensieroso.

Max non aprì bocca, perché sapeva che qualsiasi cosa avesse detto sarebbe stata sbagliata, e sapeva che in quei casi era meglio tacere.

Il re lo osservò qualche secondo, immobile ad aspettare qualsiasi verdetto il re avrebbe emesso.

-Non hai niente da dire?- chiese pertanto, chiamandolo in causa e facendolo sobbalzare.

-Non so cosa dire, e non voglio rischiare di rendere la situazione maggiormente complicata, quindi preferisco tacere- Max spiegò il suo punto di vista, a testa bassa.

Il re seppellì il volto tra le mani, con uno sbuffo seccato.

-Perché devi essere così estremamente… ugh… va bene. Hai due possibili opzioni davanti a te: prendi l’aereo e continui nel binario programmato. Farò in modo che tu riesca a prenderlo come dovresti anche se sei un po’ in ritardo- il re gli diede una scelta.

Max sentiva il cuore che cominciava a battere molto più forte nel petto.

Aspettò la seconda opzione.

-Oppure mi segui, e fai un salto della fede. Non posso darti alcuna assicurazione o speranza sul tuo futuro. Per quanto ne sai, potrei anche decidere di arrestarti per violazione di domicilio- okay… la seconda opzione era alquanto preoccupante.

Sicuramente Denny non l’avrebbe mai accettata… almeno non il Denny pre-character development.

Ma Max non era Denny.

E lui sapeva quando era il caso di lottare per difendere anche la minima speranza rimasta.

Lanciò una brevissima occhiata verso i voli in partenza, poi sospirò, e strinse lo zaino in spalla.

-La seguo- scelse la seconda opzione con ben poche esitazioni.

Certo, avrebbe dovuto chiedere a Clover un biglietto di ritorno alternativo che con difficoltà sarebbe riuscito a ripagare, ma avrebbe trovato un modo per tornare a Harriswood… e pagare un’eventuale cauzione nel caso venisse arrestato per violazione di domicilio.

Ma ehi, se un re, che è anche il padre della ragazza che ami, ti offre una possibilità, solo un idiota sarebbe così stupido da non coglierla!

Max sapeva che probabilmente il suo cuore sarebbe stato spezzato in mille pezzi, ma sapeva anche, in cuor suo, che se il suo ritardo, la seconda volta in tutta la sua vita, significava qualcosa, era che non aveva la minima voglia di andarsene senza lottare per la donna che amava.

Era il suo momento di fare sacrifici.

E di rischiare!

Seguì Re Manfred fuori dall’aeroporto.

 

Veronika aveva passato la mattinata chiusa in camera, con del ghiaccio sugli occhi per non far notare quanto fossero rossi per il pianto e la notte in bianco, e con il desiderio bruciante di creare una corda di coperte e calarsi giù dalla camera da letto, darsi alla macchia, e raggiungere Max in aereo.

Ma sapeva di non poterlo fare.

Ormai era finita definitivamente, e sicuramente in quel momento Max era su un aereo, diretto a Harriswood, e pronto a lasciarsi alle spalle, letteralmente e metaforicamente, tutto quello che lui e Veronika avevano passato insieme.

Un bussare alla porta interruppe i suoi depressi pensieri.

-Che c’è?- chiese, seccata, senza aprire.

-Veronika, tuo padre ti chiama per pranzare insieme- le rispose la voce, alquanto allarmata, di Gerda.

Veronika era troppo occupata a deprimersi per notare l’agitazione.

Si mise il cuscino in faccia, drammaticamente.

-Digli che non mi sento bene e non ho fame- inventò al volo una scusa, che non era neanche una menzogna vera e propria. Aveva male al cuore spezzato! E non aveva fame. E se anche le fosse venuta fame avrebbe mangiato il dolce che Max le aveva fatto con tanto amore e che non riusciva ancora a capacitarsi di quanto fosse simile a quello di sua madre.

-Veronika… devi venire. C’è un ospite…- provò a convincerla Gerda, sempre più allarmata.

-Dì a Bastien che può andare a quel…- Veronika la interruppe, ma Gerda la interruppe a sua volta, alzando la voce.

-Non è Bastien… Veronika meglio se vieni, fidati- la incoraggiò, e finalmente Veronika si rese conto della gravità della situazione.

Non era vestita secondo protocollo, ma era comunque presentabile, e chiunque fosse l’ospite, dubitava sarebbe stato qualcuno la cui opinione sarebbe valsa qualcosa, per la principessa, quindi si limitò a mettere le scarpe e uscì dalla stanza senza neanche truccarsi o sistemarsi i capelli.

-Va bene, arrivo. Ma non prometto di trattenermi più del necessario- si lamentò, sbuffando sonoramente. Gerda osservò un po’ stranita il suo aspetto trasandato, ma non commentò nulla e la scortò verso la sala da pranzo. Sembrava avere fretta di portarla lì, come se temesse che l’ospite sarebbe potuto essere mangiato da un momento all’altro.

Veronika sapeva di essere molto fuori dall’etichetta, ma non era nell’umore di interagire con un qualche nobile sconosciuto, qualche ministro, o qualche lontano parente.

L’unica persona che avrebbe voluto vedere a pranzo era Max, ed era senz’altro l’ultima che si sarebbe aspettata di trovare seduta al tavolo.

Quando entrò in sala da pranzo, suo padre era a capotavola, e parlava con Max, seduto al tavolo accanto a lui, che si alzò nel momento in cui la vide, per accoglierla con rispetto.

-Oh, Veronika, sei arrivata. Prego, sie…- il saluto di suo padre venne interrotto quando Veronika richiuse la porta appena aperta, togliendosi dalla vista dei due uomini.

A sua discolpa, era appena andata nel totale panico.

Cosa diamine ci faceva Max in compagnia di suo padre?! Suo padre sapeva chi fosse Max? Come l’aveva trovato? Li aveva visti? Lo voleva arrestare? Ma perché Max l’aveva seguito?! Max non era stupido, non avrebbe mai rischiato solo per una flebilissima speranza impossibile di stare con lei!

…o forse… forse l’avrebbe fatto?

Veronika l’avrebbe fatto.

Aspetta… c’era una speranza di stare con Max?!

Dopo pochissimi secondi nei quali Veronika elaborò tutte le informazioni, e si rese appena più presentabile sistemando i capelli e pulendo il trucco sbafato, riaprì la porta e rientrò nella stanza con il massimo contegno.

I due uomini la guardarono senza parlare per tutto il tragitto fino al suo posto, e fece un cenno a Max di risedersi.

Lui eseguì, e si alternò tra il guardare il padre e la figlia senza sapere bene che fare.

Veronika si rivolse a suo padre.

-Qual è lo scopo di questo pranzo?- chiese senza mezzi termini e con sguardo di sfida.

Re Manfred sorrise amabilmente. Veronika diffidava dei suoi sorrisi.

Quello era l’uomo che non aveva parlato a sua sorella per anni dopo che lei aveva seguito l’amore al posto della corona.

Era assolutamente impossibile che avesse delle buone intenzioni nei confronti di Max.

-Non ha uno scopo specifico. So che è molto inusuale in questo castello, ma è un po’ un’improvvisata. Ho fatto preparare allo chef l’escargot. Max, è un piatto che gradisci?- quella frase estremamente affabile fece scattare un centinaio di campanelli d’allarme nella mente di Veronika.

Escargot… il suo piatto preferito. Aveva parlato dell’escargot con Max il giorno prima. Suo padre glielo aveva preparato a sorpresa… non poteva essere una coincidenza.

-Non ho mai avuto occasione di assaggiarlo, ma sono felice di provare- rispose Max, educato come sempre.

-Hai piazzato telecamere sulla torre della mamma?!- indagò al contrario Veronika, in tedesco. Non voleva turbare Max con la consapevolezza che aveva appena raggiunto, e risolverla direttamente con suo padre.

L’uomo alzò le mani in segno di resa.

-Ci sono telecamere in ogni angolo del palazzo, cara- rispose, ovvio.

-Perché Max è qui?! Cosa vuoi fare? Stava andando via! Non c’era bisogno di trascinarlo qui solo per punirmi!- si lamentò Veronika, sulla difensiva.

Max faceva passare lo sguardo tre i due come seguendo una partita di ping pong. Una partita dove temeva che una pallina gli sarebbe finita in faccia, a giudicare dalla preoccupazione e ansia evidenti sul suo volto.

-Hai frainteso, Veronika. Non ho intenzione di punire nessuno. Ero semplicemente curioso di conoscere meglio il ragazzo che ha messo seriamente in pericolo la famiglia reale- Manfred abbandonò il tedesco e si rivolse direttamente a Max, che sobbalzò, come colpito dalla metaforica pallina.

-Non ho mai avuto alcuna intenzione di…- iniziò a giustificarsi e scusare il proprio comportamento.

Veronika si alzò in piedi.

-Max non è responsabile dei miei capricci! Piuttosto è la vera vittima della situazione- ci tenne a difendere l’onore del suo amato.

Anche Max si alzò per difendere lei.

-Veronika, er, la principessa, ha sempre cercato di fare il meglio per il suo popolo- 

-Max, sei troppo buono con me!-

-Sei tu che non ti dai abbastanza credito-

-Basta!- la voce imponente del re interruppe il bisticcio tra innamorati, che si irrigidirono e lo guardarono preoccupati.

Veronika conosceva bene il tono che non ammetteva repliche di suo padre, e non insistette, anche se di cose da dire ne avrebbe avute a bizzeffe.

Si risedette, e Max la seguì a ruota.

L’atmosfera era ghiacciata.

-Bene, cominciamo con l’antipasto- Manfred fece un cenno ad un membro della servitù che sparì in cucina, per poi ritornare poco dopo con le prime pietanze del pranzo.

Da lì in poi, fu tutto molto, molto strano.

Beh, era stato strano anche fino a lì, ma fu molto più strano.

Perché erano secoli che Veronika non vedeva suo padre così… normale.

Era sempre molto formale, molto distaccato, e l’ultima volta che lui e Veronika avevano passato del tempo insieme come una famiglia era stato quando la regina era ancora viva, prima ancora che si ammalasse.

Dopo la sua morte, il rapporto era diventato freddo e conflittuale. Ultimamente, poi, non riuscivano a passare cinque minuti insieme senza discutere, anche per delle sciocchezze.

In quel momento, Re Manfred Eustace Krone di Agaliria era piuttosto rilassato, e faceva domande a Max come se fosse a cena con gli amici. 

…e allo stesso tempo, chiaramente con l’intento di interrogarlo.

Ma sembrò molto più una chiacchierata che altro, perché dopo l’iniziale imbarazzo, Max divenne molto più sicuro di sé, e rispondeva ad ogni domanda in maniera del tutto impeccabile, con onestà, sicurezza, e non dicendo assolutamente nulla che potesse essere usato contro di lui.

Non aveva niente che potesse essere usato contro di lui. Perché era lui stesso una persona impeccabile. 

Ma più la situazione procedeva bene, meno Veronika si sentiva tranquilla, e non riusciva neanche a godersi la cucina stellata.

-Veronika, non hai quasi toccato cibo, stai bene?- chiese il re ad un certo punto, osservando il piatto quasi pieno della figlia.

-Non capisco… non capisco cosa vuoi fare- ammise Veronika per tutta risposta, con voce tremante. Aveva un enorme blocco allo stomaco, e non sapeva, davvero non aveva idea di come sentirsi.

Davanti a lei c’era l’uomo che amava, insieme a suo padre che lo interrogava stile “a pranzo con i suoceri”, eppure lei di lì ad un mese avrebbe dovuto sposare un’altra persona.

Che senso aveva quel pranzo se alla fine di esso Max se ne sarebbe andato per sempre?! Se era solo un modo di riaccendere la speranza per poi affogarla nella disperazione, non era un gesto affatto carino da parte di suo padre.

Re Manfred sembrò rendersi conto del conflitto interiore della figlia, perché sospirò, e si pulì il viso con il tovagliolo, cercando le parole più giuste da dire.

-Sarò onesto con voi, ragazzi. Non ho intenzione di fare favoritismi, o infrangere la centenaria legge e la tradizione di Agaliria per semplice amore paterno. Il dovere di un re è verso il suo popolo prima che verso il proprio tornaconto personale, e alla guida dello stato servono persone preparate e adatte a governarlo al meglio- cominciò, assumendo il suo tono da monarca.

Ora Veronika lo riconosceva. Era professionale, deciso, impossibile da non ascoltare rapito.

Come padre e fratello forse lasciava un po’ a desiderare, ma Manfred era un bravissimo re.

I suoi interlocutori lo lasciarono parlare, intuendo che quella fosse solo la premessa.

Mai prima di allora Veronika aveva sperato di sentire un “ma” dopo una premessa.

Di solito i “ma” erano sempre negativi, ma in quel caso la premessa era stata priva di speranza, quindi il “ma” non poteva che essere positivo… giusto?

-Detto questo… non avevo neanche programmato di invitare Maximilian a palazzo per pranzo, né di intervenire nella sua discussione con il duca Borsche. Tutto ciò che volevo era osservarlo da lontano, controllare come reagisse agli imprevisti, e capire semplicemente che tipo mia figlia e mia sorella avessero tanto a cuore. E prima che tu chieda, Veronika, Rosalie mi ha parlato molto di lui- Manfred anticipò una domanda che Veronika effettivamente voleva fargli.

Sapeva che aveva ripreso a parlare con Roelke, ex principessa Rosalie, per chi avesse dimenticato il suo vero nome, ma non credeva si sentissero con estrema frequenza. 

Forse… stava iniziando a capire l’errore di averla allontanata per tutta la vita a causa del suo desiderio di scegliere l’amore ai doveri reali?

Manfred continuò a parlare, e si rivolse direttamente a Veronika.

-Ho sempre sperato che un giorno ti saresti innamorata di Bastien, come io ho avuto la fortuna di amare Cosette con tutto il mio cuore. Ma mi rendo conto che il vero amore, nei matrimoni combinati, è più unico che raro. Abbiamo un forte debito nei confronti dei Borsche, dato che Rosalie si è rifiutata di sposare un loro cugino, e far saltare il matrimonio adesso potrebbe metterci in una terribile situazione politica e sociale. D’altra parte il comportamento che ha dimostrato, sia a Harriswood mesi fa che all’aeroporto stamattina, denota una profonda incapacità di valutare la situazione e agire di conseguenza in maniera discreta. Ha studiato tutta la vita per diventare re, ma ho notato più spirito da monarca in questo ragazzo di paese piuttosto che in quel duca- Manfred sembrava estremamente combattuto, e riflessivo. Era chiaro che più che parlare a loro, stava valutando ad alta voce la situazione, e fece anche un buon riassunto della stessa.

-Max è molto principesco- borbottò Veronika, senza sapere neanche cosa stesse dicendo, ma con il desiderio bruciante di parlare bene dell’uomo che amava.

La speranza che aveva cercato in tutti i modi di tenere a freno iniziava ad uscire dalla gabbia che circondava il suo cuore.

Come tutti i “ma”, anche questo sembrava cancellare completamente la premessa fatta all’inizio.

-Chiaramente è una persona con forti valori morali, con un enorme senso civico, e disposto a sacrificarsi per il bene comune. Caratteristiche fondamentali per un futuro re. Tenendo in conto che non ho ancora intenzione di cambiare idea, ipotizzando che tu avessi la possibilità… credi che riusciresti ad essere un buon re?- Manfred questa volta si rivolse direttamente a Max, guardandolo con i suoi occhi di ghiaccio.

Il ragazzo era immobile, congelato sul posto. Distolse in fretta lo sguardo, e rifletté attentamente sulla domanda.

Veronika avrebbe volentieri risposto al posto suo, avrebbe esaltato ogni singola qualità di Max, e tutto ciò che lei aveva visto che lo avrebbero classificato come ottimo re, ma sapeva che rispondere per lui in questo momento avrebbe reso la situazione più difficile per loro. Doveva assistere, da spettatrice, e sperare che Max rispondesse bene a quella che, sebbene mascherata da domanda cordiale, era una chiara provocazione, e forse addirittura una sfida.

Dopo numerosi secondi di attenta riflessione, Max sollevò nuovamente lo sguardo sul re.

-No- rispose con semplicità, facendo sprofondare il cuore di Veronika nel petto.

-Max…- provò ad intervenire, con voce tremante.

Il ragazzo le fece un dolce sorriso, e un piccolo cenno per chiederle di farlo parlare. La principessa si morse il labbro e lo lasciò fare. Quel pranzo le stava togliendo parecchi anni di vita.

-Non ancora, almeno. Per diventare re bisogna studiare anni, essere versati in politica, economia, lingue, cultura ed etichetta. Non so se potrò raggiungere il livello del duca Borsche o della principessa Veronika senza aver studiato fin dalla mia nascita. Ma non nego che lotterei con tutte le mie forze per provarci- Max elaborò meglio la sua risposta.

Manfred non trattenne un sorrisetto soddisfatto. 

Non esistevano risposte giuste o sbagliate a quella domanda, ma se fossero esistite, Max avrebbe appena dato la risposta perfetta.

-Temevo fossi troppo arrendevole per una cosa del genere, ma vedo che sei disposto a lottare per ciò che vuoi. Posso chiedere cosa è cambiato da quando assicuravi a gran voce a Bastien che non avevi intenzione di cambiare nulla ad adesso?- Manfred continuò l’interrogatorio, incalzandolo.

Veronika era semplice spettatrice. Ora era il suo turno di osservare la scena come una partita di ping pong con il rischio che la pallina la colpisse in faccia.

Era talmente tesa che non ebbe neanche la forza di chiedere quando e come Max e Bastien avessero parlato.

-Due cose: ho avuto l’occasione di parlare con il re della faccenda; e francamente, non ho affatto apprezzato il comportamento del duca nei confronti della principessa. Non mi illudo di poter diventare re. Ma se potessi impedire a Veronika di sposare una persona che non ama e che non la rispetta, sarebbe già un risultato soddisfacente- Max rispose senza esitazioni. Le sue mani tremavano, ma stava cercando in tutti i modi di apparire sicuro.

Veronika avrebbe voluto prendergli una mano per mostrargli il suo sostegno, ma era troppo distante, quindi si limitò ad incoraggiarlo con un sorriso rassicurante.

-Belle parole… sul serio, sollevi un grande punto, ma non una soluzione. Quindi, almeno che uno di voi non abbia una soluzione da proporre al re per ignorare la legge dei matrimoni combinati che segue questa famiglia da generazioni, non posso concedere alcun cambiamento a ciò che è già stato stabilito- Manfred sollevò le spalle e diede spazio a Veronika di entrare nella conversazione.

-Io ho un’idea per una soluzione!- Veronika si appropriò immediatamente di quello spazio, anche se non aveva una soluzione vera e propria.

E non fu l’unica, perché Max disse la stessa cosa nello stesso esatto istante.

Si guardarono entrambi, sorpresi.

Quando si erano detti addio, il giorno precedente, nessuno dei due sembrava avere in mente una qualche soluzione ai loro problemi.

Veronika aveva evitato di condividere la propria idea per non dare a Max e a se stessa false speranze, ma se Max aveva avuto la stessa intuizione, magari discutendone insieme sarebbero riusciti a trovare una soluzione.

Beh, non era ancora troppo tardi!

-Avete entrambi delle idee?- Manfred sembrava sorpreso a sua volta, e interessato.

Li incoraggiò a parlare, assumendo le sue vesti da re che ascolta una lamentela da parte del popolo.

-Beh… ehm… è più un concept, il mio- Max continuava a guardare Veronika, e prese un po’ della sua sicurezza.

-Anche il mio… ma… stavo ragionando sul motivo per il quale la legge è stata istituita in primo luogo- Veronika cominciò ad illustrare.

Max annuì.

-Ho controllato anche io le leggi di Agaliria, e c’è scritto che il motivo del matrimonio combinato è solo ed unicamente per avere la certezza che i regnanti siano preparati fin dalla nascita ad assumere il ruolo di re, quindi è una questione di educazione, e non una questione di classi sociali- Max aveva fatto i compiti. Veronika era commossa che si fosse messo a studiare la legge di Agaliria cercando una soluzione per impedirle di sposarsi con Bastien. Era davvero un ragazzo ammirevole e pieno di risorse. 

-Educazione, eh?- Manfred era intrigato.

-Esatto, quindi la mia idea era che, magari, per scegliere il prossimo re si potesse istituire una specie di test, o di esame… o un corso, non lo so, per…-

-…per selezionare il candidato più idoneo! Avevo pensato ad una cosa del genere, ma mi era venuto in mente di istituire una scuola- Veronika prese le redini della conversazione.

Lei e Max erano davvero sulla stessa lunghezza d’onda.

-Una scuola?- Manfred era sorpreso.

-Sì, una specie di università per istruire determinate persone in modo da insegnare loro come essere bravi re e regine- provò a spiegarsi Veronika. Era l’unica idea che le fosse venuta in mente, e sapeva che c’erano davvero tanti problemi da risolvere, ma era fattibile.

-Non saprei, Veronika. Istituire una scuola per principi e principesse sembra un’idea uscita fuori da un romanzo young adult, poco fattibile quando solo una persona per generazione finirebbe per diventare re o regina, e si rischierebbe di scatenare rivolte da chi non verrebbe preso per il ruolo, senza contare che solo i più ricchi e abbienti, pertanto i nobili, potrebbero accedere ad una scuola così prestigiosa- Manfred illustrò alcuni dei problemi più gravi.

Veronika provò a pensare a delle soluzioni, ma non le venne in mente nulla di primo acchito.

-Più che una scuola per principi e principesse, potrebbe essere un’accademia di élite sponsorizzata dalla famiglia reale, e renderebbe Agaliria una città universitaria. Una laurea lì potrebbe rendere eleggibili a principi o principesse, ma in generale sarebbe un’ottimo titolo di studio per chiunque voglia studiare politica. Potrebbe istruire ministri, presidenti, deputati, o diplomatici. E per la questione della retta, si potrebbero istituire delle borse di studio al merito, che la famiglia reale elargisce a chi si distingue in eventuali test d’ingresso, o a persone che considera meritevoli- propose Max, pensieroso.

Era… un’ottima idea, in effetti.

-Potremmo ampliare l’università della capitale, aggiungere corsi, e aumentare i fondi. Sarebbe un approccio moderno che non scenderebbe nella democrazia vera e propria. E i nobili sarebbero accontentati perché sentirebbero comunque di avere una marcia in più- rifletté il re, seriamente interessato alla proposta.

-Sarebbe anche un’ottima occasione per incoraggiare il turismo ad Agaliria. Diventando uno stato dall’ottima università, verrebbero persone da tutto il mondo, e alcune delle menti più brillanti, oltretutto- insistette Veronika, mostrando di avere davvero a cuore l’interesse del suo paese.

-La scenata in aeroporto di oggi potrebbe essere un buon motivo per cancellare il matrimonio, o quantomeno posticiparlo per il momento. Francamente, non ho molto piacere all’idea che mia figlia sposi un uomo del genere. Proporrò l’idea dell’accademia al consiglio durante la prossima riunione…- ancora pensieroso, re Manfred si alzò dal tavolo.

Veronika e Max fecero altrettanto, increduli.

Veronika non riusciva a credere alle sue orecchie, era convinta di aver capito male.

-Papà… non sposerò Bastien?- chiese con un filo di voce, temendo la risposta ma desiderando allo stesso tempo di sentirla.

Suo padre le sorrise, e le fece una carezza sul capo.

-No. Non posso ancora darti conferma, ma farò di tutto per impedirlo- le promise.

Veronika sentì come un peso che si levava dalle sue spalle.

Non trattenne le lacrime, e crollò nuovamente seduta. Le sue ginocchia erano incapaci di sostenerla ulteriormente.

Non avrebbe sposato Bastien! Non avrebbe sposato Bastien!! Non significava che avrebbe sposato Max, ma era il primo passo verso una vita meno triste, questo era certo.

Max le fu subito accanto, e le strinse le spalle, confortante.

Veronika lo abbracciò senza potersi trattenere. Sapeva fosse poco consono, soprattutto davanti a suo padre, ma Manfred si limitò a sorridere.

-Ragazzo, preparati a lavorare sodo se vuoi stare con mia figlia- gli lanciò un guanto di sfida.

Max non fece altro che sorridergli sinceramente in risposta.

-Darò il massimo- promise, stringendo forte la principessa, che si abbandonò al suo abbraccio come fosse un’ancora vitale.

-E sebbene io sia felice di vedervi così affiatati, cercate di non dare nell’occhio questo primo… anno, direi. Bisogna finalizzare la questione, e non voglio ulteriori scandali- li consigliò.

Era un buon punto di partenza. Ormai avevano entrambi una certa esperienza sull’essere discreti.

-Grazie papà… grazie di cuore!- Veronika si allontanò da Max per buttarsi su suo padre, che rimase sorpreso dal suo gesto d’affetto, ma la strinse con forza.

-Ho rischiato di perdere una sorella per questa stupida storia dei matrimoni combinati. Non volevo perdere anche una figlia, soprattutto dopo aver visto quanto sei felice con Max- diede ai due ragazzi la sua benedizione, prima di separarsi dalla figlia, darle un’ultima carezza sul capo, e andare via dalla sala.

Veronika e Max rimasero soli, e si guardarono, ancora incapaci di elaborare appieno ciò che era appena successo.

-Quindi… possiamo sperare?- chiese infine Max, in un sussurro.

Veronika annuì lentamente, poi sempre più forte, poi iniziò a ridere tra sé, sentendosi leggera come una piuma.

Max la seguì a ruota, ridendo un po’ più istericamente, e poi entrambi scoppiarono a piangere, si abbracciarono nuovamente, e si scambiarono un improvviso bacio sulle labbra, per niente programmato ma che era stato ritardato troppe volte, ormai, e che avevano bisogno di scambiarsi.

Era il primo bacio che Veronika dava a Max con la sua vera identità, ma fu come tornare ad essere Manny, forse anche meglio.

Perché era lei, era Veronika, e Max l’amava comunque, nonostante tutto.

Una volta che si furono separati, Max la prese per la vita e le fece fare un giro della vittoria, facendola ridacchiare ancora di più, tra le lacrime di gioia.

-Abbiamo vinto! Abbiamo vinto!- esclamavano insieme, felici come non lo erano ormai da mesi.

Da lì in poi, le cose sarebbero solo migliorate.

 

Sabato 14 Dicembre 

Clover e Diego stavano molto a posto.

Tipo, davvero molto più di quanto Clover si sarebbe aspettata.

Una volta che la comunicazione™ era entrata in gioco nella loro relazione, tutto era andato parecchio a gonfie vele.

Insomma, se la vita di Clover fosse stata una commedia romantica, a questo punto il film sarebbe finito con una favolistica scritta “e vissero per sempre felici e contenti”. 

Purtroppo, la vita di una persona non è una commedia romantica, e dopo il “per sempre felici e contenti”, viene sempre una vagonata di altri eventi che sebbene si speri possa essere una linea dritta e sempre positiva, somiglia più ad una montagna russa piena di salite e discese.

E in quel preciso momento, Clover era in una terrificante discesa.

Letteralmente.

Nel senso che era appena scesa da una montagna russa che le aveva procurato un attacco di panico, ed ora era seduta su un muretto cercando di respirare, sudata nonostante fossero sette gradi, e con Diego che le faceva aria e le teneva una bottiglietta d’acqua nel caso avesse avuto bisogno di bere.

Non parlava, e non sembrava volerla pressare per spiegazioni circa il motivo di tale crisi. Era davvero un santo!

E Clover si sentiva davvero un’idiota!

Sapeva che le montagne russe la triggeravano.

Ma sperava, con forse un po’ troppo ottimismo, che dato che erano passati dieci anni, e la sua vita stava procedendo da favola, magari il trauma si era allentato e poteva permettersi di ritornare sulle giostre.

…purtroppo i traumi non funzionano così.

-Le commedie romantiche sono fuorvianti!- borbottò come prima cosa mentre ricominciava a respirare normalmente.

-Cosa?- Diego le si avvicinò appena, lasciandole i suoi spazi ma cercando al tempo stesso di mostrarle di esserci per qualsiasi cosa.

Un SANTO!

Clover era chiaramente quella fortunata dei due.

-Niente… sono stata ingenua- sospirò, e prese la bottiglietta d’acqua che Diego le aveva offerto, iniziando a berla a piccoli sorsi.

Il ragazzo le si avvicinò, e le lanciò un’occhiata rassicurante.

-Essere ottimisti non è una brutta cosa- la incoraggiò, dimostrando di aver capito il motivo della crisi senza che Clover specificasse. Iniziava ad essere più percettivo, ora che la frequentava.

Clover sbuffò, e seppellì il volto sulla sua spalla.

-L’ottimismo e l’amore non curano i traumi- gli fece notare, stringendosi a lui come un gatto in cerca di carezze.

Diego la strinse a sé, offrendole le coccole che richiedeva.

-In effetti no… ma di certo aiutano, e un passo dietro l’altro alla fine riuscirai a fare questa montagna russa. La fiera c’è ogni anno, ci saranno altre occasioni- le promise.

Clover grugnì, ma non negò.

Si staccò per prendere un altro sorso d’acqua, anche se il profumo di Diego aveva agito come ottima aromaterapia, e si sentiva già molto meglio.

-E solo che sono irritata! Sono quindici anni che aspettiamo di fare la montagna russa più tosta insieme! E ora che finalmente abbiamo l’occasione… oh no, Clover! Hai i traumi e ti viene la claustrofobia perché dieci anni fa hai avuto un incidente!- si lamentò, Diego ridacchiò alla sua enfasi.

Al momento, infatti, erano alla fiera invernale di Harriswood, dove allestivano giostre che sarebbero rimaste lì tutto il mese, fino alla fine delle vacanze natalizie. Quando erano piccoli, ci erano andati un sacco di volte, e si erano ripromessi che un giorno avrebbero fatto insieme la montagna russa più pericolosa, che ovviamente da piccoli non avevano potuto provare a causa dell’età.

-Dai, ci sono un sacco di altre cose che possiamo fare. Da piccoli adoravamo gli autos…- Diego si interruppe in tempo, ma Clover lo guardò comunque in tono eloquente.

Davvero stava per proporre l’autoscontro ad una ragazza che non riusciva a fare una montagna russa perché era traumatizzata da un incidente d’auto?!

-Okay… ehm… il laser tag?- provò a recuperarsi il ragazzo.

-Non lo fanno più- Clover gli mostrò la mappa, e Diego controllò.

Effettivamente non c’era.

-Cavolo! Ci divertivamo un modo al laser tag-

-Però hanno messo il pattinaggio sul ghiaccio- osservò Clover, con un sorriso.

-Oh, no, ti prego! Sai che sono pessimo sul ghiaccio- Diego ricordò la settimana in montagna offerta da Clover, e quanto difficile fosse stato starle appresso mentre si esibiva come una campionessa olimpionica.

-Okay… uff… la sala giochi te la boccio di default! Posso provare a vincerti un premio, però- Clover indicò una macchinetta poco distante.

-Ehi! C’è il tunnel dell’amore!- Diego indicò un’attrazione sulla mappa, con occhi brillanti.

Per mezzo secondo, Clover si chiese cosa c’entrasse il tunnel dell’amore con il loro voler rivivere i tempi di quando erano bambini.

Per fortuna si ricordò presto che lei e Diego erano una coppia.

Attribuì la sua dimenticanza all’attacco di panico di prima. Come poteva dimenticarsi di stare insieme a Diego?! Soprattutto dopo essersi dannati tanto!

-Va bene… mi sembra una buona idea- acconsentì, alzandosi in piedi e sistemandosi la giacca.

-Davvero?- Diego sembrava sorpreso.

-Sono o non sono la tua ragazza?- Clover gli fece una linguaccia.

Diego le prese una mano, sorridendo a tutto denti.

-Sono passati quasi due mesi ma ancora non riesco ad abituarmi!- ammise, mentre si avviavano in direzione del tunnel dell’amore.

-Diego, posso chiederti un favore?- Clover cercò di apparire rilassata e sicura di sé, ma la voce le uscì un po’ tremante.

-Certo, dimmi tutto- Diego non sembrò rendersi conto dell’improvvisa serietà della sua accompagnatrice.

-Mi prometti che prima o poi faremo insieme la montagna russa?- la voce le uscì quasi un sussurro, e chiaramente vulnerabile. Diego si fermò, e la guardò sorpreso.

Clover strinse i denti, ma cercò di non sollevare muri atti a proteggersi. Quello era Diego, era il suo ragazzo, e andava bene apparire vulnerabile a lui, non l’avrebbe giudicata, o presa in giro, o…

-Certo. E faremo insieme anche montagne russe peggiori- le promise, senza la minima traccia di giudizio, o commiserazione. Rispose semplicemente alla domanda, con un grande sorriso.

Clover ritornò a respirare prima ancora di rendersi conto di aver trattenuto il respiro.

-Infatti! Faremo le montagne russe più alte e pericolose del mondo!- cavalcò l’onda dell’entusiasmo di Diego, e gli strinse più forte la mano pronta a dirigersi al tunnel dell’amore.

Il sottotesto era chiaro, non stavano parlando di montagne russe in sé. Era più una muta promessa di stare insieme, affrontare i problemi insieme, e un passo alla volta arrivare alla soluzione e in cima a quella montagna russa.

Non sarebbe stato facile, Clover lo sapeva.

Ci sarebbero voluti ancora molti anni, ma sapeva che con Diego, Max e l’intera Corona Crew al suo fianco, alla fine ci sarebbe riuscita.

-Grazie di avermi proposto di venire qui- sorrise a Diego, mentre si mettevano in fila.

-Grazie di essere venuta con me- Diego le diede un bacio sulla fronte, facendola ridacchiare.

-Ehi, voi due! Aspettate di entrare nella giostra prima di dare spettacolo!- li riprese una coppia lì vicino.

Diego e Clover scoppiarono a ridere, e si allontanarono.

Le cose procedevano davvero tanto bene.

-Sai, Diego… non pensi che questo posto sia perfetto per unire una coppia?- osservò Clover, guardandosi intorno.

Il tunnel dell’amore non era l’unica giostra dal potenziale romantico, dopotutto.

-In effetti… dovremmo dirlo a Norman- Diego annuì sorridendo a sua volta sotto i baffi.

Ormai non era rimasto troppo tempo per l’OMM, dopotutto.

E Diego e Clover erano tra i più attivi nel cercare di unire Petra e Amabelle.

Ma per il momento, meglio pensare al loro appuntamento.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

SIAMO A QUATTRO COPPIE SU CINQUE CANON, SÌ!!!

Ormai mancano solo le nostre due matchmaker preferite, eheh.

La scena di Max che incontra il padre di Veronika aiutandolo mentre lo crede un senzatetto in difficoltà è una di quelle scene della fanfiction che ho in mente dall’inizio inizio. Mi piaceva il parallelismo con Veronika che si fingeva Sonja e Manny, e mi piaceva anche il parallelismo con San Valentino e il senzatetto che Max ha aiutato comprando i fiori. Insomma, Max è così, è una brava persona, dall’inizio alla fine.

Insomma, adoro quella scena, e poi trovo sia una bella introduzione per il personaggio di Manfred… il vero Manfred, non Manny.

Che ne pensate del padre di Veronika? È un bravo re, alla fine, e sente la ragione. E poi ha già preso Max sotto la sua ala protettiva, lol. Vabbè che Max è un grande, nessuno può odiarlo (tranne Bastien, evidentemente, ma dettagli). Che ve ne pare della soluzione che hanno trovato? Vi sembra decente? O uscita da un romanzo young adult?

È il meglio che sono riuscita ad escogitare ^^’ Mi sembra una buona idea, però.

Fatemi sapere che ne pensate voi.

Clover e Diego sono lì solo perché sennò era troppo Veromax, praticamente, lol. Sì, è un paragrafo breve, ma spero che il discorso sul trauma sia stato decente, sebbene abbia cercato di essere leggera. È che voglio gettarmi l’angst alle spalle, ma spero che il messaggio sia passato comunque.

E volevo informarvi che ora che mancano quattro capitoli + l’epilogo (che è piuttosto breve quindi suppongo uscirà tipo subito dopo l’ultimo capitolo), pensavo di fare che Settembre sarà il mese CC, quindi entro la fine di Settembre conto di concludere la storia una volta per tutte.

Incrocio le dita!

(E questo significa che per tutto Settembre non aggiornerò nessun’altra storia, probabilmente).

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, un bacione e alla prossima! :-*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Le cose si fanno interessanti quando Amabelle e Petra si ritrovano al parco divertimenti da sole… ma sono davvero sole?

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Capitolo 50
*** L'effetto Norman ***


L’effetto Norman

 

“Congratulazioni, sei la fortunata vincitrice di un biglietto omaggio per ogni attrazione della fiera, a titolo gratuito, insieme all’altra persona selezionata con te. Per riscattare il premio fatti trovare all’ingresso della fiera il 18 Dicembre alle 9 del mattino”

 

Mercoledì 18 Dicembre

Norman non era Amabelle.

E questo era chiaro, ovviamente, era una base della vita.

I due ragazzi erano molto diversi tra loro, sia come personalità che come modus operandi.

Pertanto, mentre i piani da matchmaker di Amabelle si erano svolti molto a braccio, e in un lungo lasso di tempo con piani sempre più assurdi e moralmente sbagliati, Norman aveva pianificato di gettare contro le due ragazze una bomba che le costringesse a parlare tra loro, confrontarsi, e finalmente mettersi insieme.

Tutto nell’arco di un singolo giorno.

E tutto pianificato nei minimi particolari in una staffetta che sarebbe cominciata con Diego e Clover, incaricati di accogliere le due ragazze, prendersi la responsabilità del “blind date”, e osservarle da lontano per i primi minuti della loro permanenza al parco invernale, per assicurarsi che non capissero i loro piani e scappassero prima dell’arrivo del cambio.

Il motivo della loro poca partecipazione a quella giornata piena di eventi matchmaking era che quello sarebbe stato il loro secondo mesiversario, e con tutta la buona volontà non avevano la minima intenzione di passarlo attaccati ad Amabelle e Petra che, sì, erano in parte il motivo per il quale erano riusciti a mettersi insieme, ma comunque non meritavano la loro totale attenzione in un giorno così importante!

-Secondo te verranno?- chiese Diego a Clover, controllando l’orologio che segnava già le nove e un quarto.

-Amabelle non rinuncerebbe mai a niente di gratuito, e a Petra ho già detto che sono stata io a pagare il biglietto perché non ci avrebbe mai creduto altrimenti, e mi ha promesso che sarebbe venuta- rispose Clover, sistemandosi il trucco.

Per Diego era già bellissima così, ma doveva riconoscere che fosse estremamente abile con quei pennellini vari.

-Di solito Petra è piuttosto puntuale, però, è strano- rifletté Diego, ancora poco convinto dal piano, nonostante Norman sembrasse piuttosto sicuro dell’OMM.

-Stanno arrivando insieme, saranno qui in pochi minuti- rispose proprio quest’ultimo tramite un  walkie talkie che aveva preparato per l’occasione.

Tutte le coppie del gruppo ne avevano uno, e si sarebbero tenuti in contatto principalmente con Norman, per ricevere istruzioni o dargli informazioni sulla Petrabelle.

Norman sarebbe stato presente, ma il suo compito era di operare dietro le quinte, come un efficiente burattinaio.

O uno scacchista.

-Beh, speriamo arrivino presto, perché abbiamo un sacco di cose da fare oggi- borbottò Diego, guardando nuovamente l’orologio.

Clover gli lanciò un’occhiata obliqua.

-Abbiamo dei piani?- chiese, incuriosita.

Diego si tappò la bocca. Doveva essere una sorpresa.

-Beh… diciamo che preferirei fare altro e non aspettare tutto il giorno Petra e Amabelle- cercò di prenderla larga.

Con un sorrisino, Clover gli si avvicinò, studiandolo con il proprio sguardo percettivo.

-Hai qualche programma particolare?- chiese, arrivandogli a pochi millimetri e guardandolo dritto negli occhi.

Diego non riuscì a non distogliere lo sguardo, facendo capire la risposta.

-È una sorpresa!- disse poi, rassegnato al fatto che Clover ormai sapesse che aveva eccome preparato qualcosa.

-Awww, se indovino mi permetti di pagare tutto?- chiese Clover, sfregandosi le mani.

-Che?! No! Oggi pago io!- Diego si impuntò.

-Allora… sicuramente vuoi portarmi al ristorante per pranzo, probabilmente al cinema nel pomeriggio… ma non saprei perché hai fretta di allontanarci da qui dato che sono solo le 9…- Clover indovinò due cose su tre, e Diego sbuffò, seccato che la sua sorpresa fosse stata rovinata dalle doti deduttive della sua straordinaria ragazza.

L’irritazione durò poco però, perché si esibì quasi subito in un sorrisino soddisfatto dal fatto che la parte più importante del mesiversario sarebbe stata una sorpresa.

-Cambiando argomento…- 

-Ehi, non ho finito di indagare…- provò a lamentarsi Clover, ma Diego non voleva rischiare che scoprisse anche l’ultima cosa.

-…hai programmi per Natale?- chiese quindi alla ragazza, che abbassò lo sguardo.

-…francamente… di solito facciamo una cena in famiglia, ma come sai mio padre mi ha ancora diseredato, quindi dubito che passerò il Natale con loro… sai che non ho riflettuto minimamente a dove e come passare il Natale? Sarà che pensavo che le suppliche di mamma avrebbero convinto mio padre a riammettermi in famiglia… non che io lo voglia, ma ero certa che sarebbe successo, invece li odia proprio i tatuaggi- Clover si sfiorò la spalla dove, sotto i vestiti c’erano i nontiscordardimé segno del loro amore.

-Ottimo!- esclamò Diego.

Clover lo guardò storto.

-È ottimo che mio padre odi i tatuaggi e che ora non ho un posto dove passare le feste?- chiese, offesa.

-No! Cioè… sì, in parte, perché mia madre sperava che potessi raggiungerci per le vacanze. Avremmo la casetta tutta per noi, e potresti partecipare ai giochi natalizi di famiglia, svegliarti presto per urla e schiamazzi dei miei fratelli, film di Natale con cani parlanti… indossare un maglione orrendo e… immagino che dopo aver sentito il riassunto delle vacanze in casa Flores tu abbia deciso di non venire, vero?- Diego vendette molto male la prospettiva di passare le vacanze natalizie con lui, e in effetti forse proporre una cosa del genere quando stavano insieme solo da un mese era correre troppo, ma non è che Clover non avesse già partecipato a grandi eventi di famiglia. Dopo essere stata la damigella d’onore di Paola, poteva fare qualsiasi cosa, soprattutto visto che ora stavano insieme per davvero. Se non era scappata allora (cioè, tericamente allora era scappata, ma per altri motivi), sicuramente non sarebbe scappata adesso.

…forse.

Perché Clover lo fissava con espressione bianca, e Diego iniziava a non essere più tanto sicuro che non volesse scappare.

-Aspetta… mi hai appena invitato a passare le vacanze da te, con la tua famiglia?- chiese, elaborando lentamente ciò che Diego le aveva appena detto.

-Eh… sì. Mia madre ha chiesto espressamente di te, e anche abuelita, e Oliver anche se in modo molto tsundere. …e ovviamente farebbe piacere anche a me, ma era sottinteso, penso- Diego non riusciva proprio ad interpretare l’espressione di Clover.

-E hai nominato maglioni natalizi? Intendi… quelli con le renne e i disegni orribili?- chiese quest’ultima, sempre imperscrutabile.

-Non sei obbligata ad indossarne uno!- Diego intuì che per una patita della moda come Clover un affronto del genere sarebbe stato troppo, ma la sua ragazza lo stupì stringendo i pugni e guardandolo con sdegno.

-Come osi?! Certo che ne indosserò uno! Indosserò il maglione più trash e kitsch dell’intero universo! E tu non potrai fermarmi!- esclamò, determinata, e facendo scoppiare a ridere Diego.

-Lo prendo come un “vengo volentieri”?- chiese, anche se ormai la risposta era ovvia.

-No! È un “vengo assolutamente! Grazie mille per l’invito sarò l’anima della festa!”!- lo corresse lei, con un enorme sorriso commosso ed entusiasta all’idea di festeggiare finalmente il Natale con una vera famiglia.

Diego le prese la mano, e gliela strinse forte, finalmente consapevole di quello che significava la sua espressione.

E qualsiasi ulteriore conversazione venne interrotta sul nascere dall’arrivo di Amabelle e Petra, con le lettere in mano, e l’espressione molto scettica.

-Ero convinta di trovare qui Norman- borbottò Amabelle, guardandosi intorno e avvicinandosi poi agli unici volti conosciuti che poteva vedere.

Diego se la sarebbe aspettata molto più rilassata, invece sembrava molto sul chi vive, e pronta a battere in ritirata in qualsiasi momento.

Petra, al contrario, era tranquilla.

Si rivolse subito a Clover.

-Allora, cos’è questa storia? Perché hai organizzato questa roba?- chiese, indicando la lettera.

Clover sorrise, maliziosa.

-Oh, niente di cui preoccuparvi. Oggi è il nostro secondo mesiversario…- spiegò alle due ragazze, prendendo Diego sottobraccio. Lui annuì.

-Ohhh! Giusto! …ASPETTA, COSA?! STATE INSIEME DA COSÌ TANTO?! Pensavo vi foste messi insieme un mese fa!- Amabelle li guardò a bocca aperta, sconvolta.

-…IL PUNTO È… che siccome voi due e Norman avete giocato un ruolo fondamentale nella nostra unione definitiva, volevamo ringraziarvi con tre biglietti per partecipare a tutte le attrazioni gratis!- concluse Diego, surclassando la questione del tempo insieme.

-Oh… viene anche Norman?- chiese Petra, piuttosto delusa all’idea.

-No, ha rimandato dato che tra due giorni discute la tesi e si deve preparare- Clover agitò la mano davanti a sé come se la cosa non fosse importante.

-E dato che ci tenevamo a ringraziarvi proprio oggi, abbiamo deciso di regalarvi questa esperienza di copp… di amiche molto gentili che ci hanno matchato!- Diego per poco non si fece sfuggire l’intento vero, ma per fortuna Clover gli tirò una gomitata facendolo correggere in tempo.

Amabelle sembrava ancora poco convinta.

-Quindi… Norman non è coinvolto in questa strana cosa? Non è presente?- chiese, squadrandoli entrambi, soprattutto Diego, per vedere se stessero mentendo.

-No- risposero insieme, convinti e convincenti.

-Beh, io non ho fatto assolutamente nulla per meritare la vostra gratitudine, ma accetto comunque perché non ho niente di meglio da fare. Ames, che ne dici di vincere un figlio per Ozzy e Bezzy?- Petra prese la situazione con estrema nonchalance, e indicò all’amica la sala giochi dove vincere un sacco di premi.

Amabelle si fece immediatamente convinta.

-Uhhh, sì, potremmo chiamarla Lizzy!- sorrise, battendo le mani.

Diego ebbe l’impressione che unirle sarebbe stato più facile del previsto. Quelle due urlavano “coppia” da ogni poro.

-Aspetta un momento!- Amabelle però ritornò presto sospettosa.

-Ma con quali soldi hai comprato quei biglietti se sei diventata povera?!- indagò, puntando nuovamente Clover.

-Amabelle… la mia povertà è la ricchezza per qualsiasi persona normale. Ho circa duecento milioni nel mio conto in banca, e ogni giorno arrivano soldi da un sacco di investimenti- spiegò Clover, alzando le spalle.

A Diego era sfuggito che Clover fosse ancora così ricca. Da ragazzo che non aveva mai avuto molto da spendere e soprattutto un sacco di persone con cui condividere il poco che aveva, non riusciva ancora a capacitarsi di quanto fosse benestante la propria ragazza.

Ma non le avrebbe comunque permesso di pagare, quel giorno! No signore!

-Oh… capisco… okay… okay… passerete tutto il tempo con noi?- Amabelle ritornò sui suoi passi, e continuò ad indagare.

-Nope, Diego ha progettato qualcosa di speciale e segreto… anche se l’unica sorpresa è la prima cosa perché ho già capito sia il cinema che il ristorante. Andiamo a vedere Charlie’s Angels o Knives Out? Perché se sei indeciso tra i due, a me ispira molto di più Knives Out- Clover tornò a torchiarlo sulla sorpresa che non era più tale, e Diego sbuffò, e diede i biglietti alle due ragazze.

-Divertitevi!- cambiò argomento, incoraggiandole ad entrare al parco temporaneo, così che loro due potessero andarsene prima che Clover rovinasse completamente la sorpresa.

-Oh, prima che ci separiamo, il biglietto comprende anche tutti gli eventi, e credo che oggi ci fosse un qualche gioco a coppie per vincere qualcosa, e mi sa che è compreso nel prezzo. Non dovete per forza partecipare, ma potete farlo. Tutto qui, divertitevi- Clover diede l’ultima informazione molto in fretta, come se non volesse che Petra e Amabelle ci pensassero troppo, poi prese Diego sottobraccio e iniziò ad avviarsi via, senza permettere a quest’ultimo di salutare la futura coppia.

-Wo, come mai tanta fretta?- chiese lui, divertito dalla sua veemenza.

-Non riesco a immaginare cos’hai in serbo per me adesso, e dato che sono abituata ad indovinare quasi sempre le sorprese, sono super curiosa e non vedo l’ora di scoprire la tua- spiegò Clover, con tono irritato e una luce negli occhi.

Diego ridacchiò.

-Dovevate controllarle finché non arrivavano Felix e Mirren!- si lamentò Norman, tramite walkie talkie.

Come se lo avessero sentito, Felix e Mirren raggiunsero i due ragazzi in fuga, mano nella mano.

Felix sembrava molto eccitato, Mirren parecchio depresso. Accoppiare sua sorella con Amabelle non era in cima alla lista delle cose che voleva fare nella vita.

-Dove sono Amabelle e Petra? Hanno dato buca all’ultimo?- chiese proprio lui, quasi speranzoso.

-No, sono appena entrate, e penso fossero dirette in zona sala giochi- spiegò Diego, indicando la direzione dove le aveva viste dirigersi.

-Ottimo, le seguiremo a distanza e ci assicureremo che partecipino al gioco di coppia- Felix fece un occhiolino alla coppia, e prese il proprio walkie talkie in modo professionale.

-Qui Da Vinci a Frank Stella! Siamo pronti a procedere- disse in tono professionale.

Mirren sospirò, e si rivolse a Diego e Clover.

-Da qui subentriamo noi, voi siete liberi… fortunati- sbuffò, e disse l’ultima parte molto tra sé. Poi trascinò Felix verso la direzione dove Amabelle e Petra erano sparite.

-Bene, siamo ufficialmente liberi!- Clover prese il proprio walkie talkie e lo spense, con un gran sorriso malvagio.

-Allora, dove siamo diretti?- chiese poi a Diego, emozionata come una bambina in un negozio di caramelle.

-Dovrei farti più sorprese se reagisci così- ridacchiò Diego, accompagnandola in macchina.

Ultimamente si era molto abituata a quella vecchia automobile sgangherata, e la prendeva senza alcun problema. Anche se Diego le aveva espressamente chiesto di dirgli quando si sentiva sopraffatta o voleva fermarsi.

Non era mai successo per il momento, per fortuna.

-Guarda che sono felice anche delle altre cose. Soprattutto se vediamo Knives Out. Qualsiasi cosa facciamo insieme per me è una sorpresa e un enorme piacere- Clover gli diede un bacio sulla guancia.

Era incredibile quanto si fosse aperta. A volte Diego credeva di essere in un sogno.

-Anche per me è sempre bello stare con te, qualsiasi cosa facciamo- ricambiò il bacio, prima di mettersi in macchina.

-Detto questo… dove andiamo?!- Clover tornò a tartassarlo.

-Sorpresa!- e Diego rimase irremovibile per tutto il viaggio.

In realtà non era una grandissima sorpresa, ma aveva un grande valore affettivo.

Perché stava portando Clover nel parco dove si erano conosciuti, poco distante dalla vecchia casa di Diego.

Non ci erano ancora mai andati da quando si erano messi insieme, dato che era un po’ ai limiti della città, e soprattutto era proprio sotto la collina dove era posizionata la casa di Clover, che preferiva stare il più lontana possibile dalla famiglia che l’aveva ripudiata.

Ma Clover fu felicissima di ritornare in quel posto magico, che significava davvero tanto per loro.

Siccome questo capitolo è dedicato ad Amabelle e Petra, però, non andrò nei dettagli del loro mesiversario. Fu comunque molto piacevole per entrambi, divertente, e amorevole.

Inoltre Knives Out è davvero un bel film.

 

Tornando alla coppia del giorno, Petra non aveva vinto solo Lizzy, ma anche Mizzy, la seconda figlia, e Felix e Mirren le stavano osservando a distanza ma abbastanza vicino da non perderle mai di vista, con walkie talkie alla mano e piani malvagi in mente.

Il loro compito era quello di assicurarsi che partecipassero al gioco di coppia.

Ma avrebbero agito solo se le due avessero fatto le vaghe, quindi al momento erano in stealth mode, e non dovevano farsi scoprire.

Sebbene Felix fosse una persona molto riconoscibile, con l’aiuto di Mirren era riuscito a vestirsi nel modo più discreto possibile senza per questo risultare palesemente in incognito.

E comunque, nel caso fossero stati scoperti, avrebbero potuto tranquillamente dire che fossero ad un appuntamento… cosa che erano, per certi versi, anche se Mirren non avrebbe mai voluto utilizzare il suo giorno libero (spostato dal martedì proprio per questa sceneggiata) per spiare sua sorella uscire con Amabelle e sperare che si mettessero insieme a fine giornata.

-Com’è che hai convinto il signor Curie a darti il giorno libero?- chiese al suo ragazzo, per fare conversazione. Non gli aveva ancora detto i dettagli al riguardo, dato che non avevano avuto molto tempo per parlare di loro in mezzo ai piani e a Norman che gli stava addosso.

-Lavorerò il 24 Dicembre, quindi, dato che oggi non è una giornata molto piena, mi ha concesso il giorno libero- spiegò Felix, osservando con estrema attenzione Petra e Amabelle che erano in fila per una montagna russa, entrambe parecchio entusiaste all’idea. Non lanciò neanche un’occhiata a Mirren, che cercò di non fare il muso e provò a continuare la conversazione.

-I capelli ti stanno molto bene tirati indietro così… anche se li preferisco al naturale, sono più morbidi- cercò di flirtare, per attirare la sua attenzione.

-Aww, Mirr, che tesoro che sei!- Felix  gli lanciò un’occhiata affettuosa e un bacio a distanza, poi tornò all’osservazione come se non fosse successo nulla.

Questa volta Mirren non si trattenne dal fare il muso, e bevve un sorso di milkshake, che avevano ordinato per non dare nell’occhio e tenere il tavolo, con aria depressa.

Davvero stavano insieme solo da qualche mese e già i flirt erano diventati scontati? Mirren capiva che fossero in missione, ma non avevano così tanto tempo da passare l’uno con l’altro ultimamente, e sperava di potersi godere la giornata come un appuntamento.

-Yo, Mirr, controllale un attimo tu, io approfitto della loro distrazione per mettere il cartellone all’uscita!- Felix gli diede in mano il binocolo che stava usando insieme al walkie talkie, e si avviò stile Mission Impossible all’uscita della giostra per mettere un enorme manifesto che aveva tenuto chissà dove per sponsorizzare il gioco di coppie che si sarebbe tenuto di lì a poco nel padiglione degli eventi.

Sarebbe stato oltremodo impossibile per Petra e Amabelle non notarlo.

Anche se Mirren aveva i suoi dubbi che avrebbero partecipato senza una spinta.

-Felix, aggiornamenti sul gioco di coppia?- chiese Norman tramite walkie talkie.

-Da Vinci è andato a posizionare il manifesto, sta tornando- spiegò Mirren, usando il nome in codice che Felix aveva impostato per sé stesso, e cercando di non risultare troppo seccato con Norman per averli coinvolti nel suo piano. Voleva bene al ragazzo, era uno dei membri della Corona Crew con il quale aveva più cose in comune, ma doveva ammettere di essere non poco irritato dalla sua improvvisa Amabellite.

Felix tornò pochi minuti dopo molto soddisfatto da sé, e prese il walkie talkie.

-Manifesto sistemato. È oltremodo impossibile che le due ragazze decidano di non partecipare!- spiegò con un certo orgoglio.

-Come fai ad esserne così certo?- chiese Mirren, poco convinto.

-Oh oh, perché il primo premio, oltre a dei biglietti da scambiare per dei premi alla sala giochi, è un bellissimo, straordinario, fatto apposta per loro…- Felix mise molta enfasi. Mirren non riuscì a non guardarlo con un profondo affetto. Era un idiota patentato, ma era il suo idiota patentato -…massaggiatore a forma di Minion!- esclamò poi, facendo chiedere a Mirren come potesse stare insieme a quell’idiota patentato.

-Un massaggiatore…- cominciò, confuso.

-…a forma di Minion?- concluse Norman, dal walkie talkie.

-Sì! Ho pagato il responsabile del gioco per metterlo tra i premi. Amabelle non riuscirà mai a resistere, dovrà necessariamente vincerlo- Felix batté le mani in una inquietante imitazione di Amabelle.

Mirren avrebbe voluto obiettare e dire che fosse una follia, ma ci pensò Norman a parlare per primo.

-Geniale, Felix! Come ho fatto a non pensarci- …dicendo cose che Mirren non si sarebbe aspettato da lui. Decise di lasciarli fare. Conoscevano Amabelle molto meglio.

-Ho i flashback alla sauna portatile- borbottò solo, rabbrividendo al pensiero.

-Sì, mi sono ispirato proprio a quella serata- Felix si sfregò le mani maleficamente -Mi sembra una bella vendetta!- 

-Sembra tutto pronto. Tenetemi aggiornato- Norman tornò offline.

-Assolutamente, Frank Stella!- Felix interruppe la chiamata walkie talkie, e prese un sorso della propria cioccolata calda, molto più appropriata di un milkshake in quel clima freddo.

Finalmente guardò Mirren, e piegò la testa, osservandolo con un cipiglio confuso.

-Tutto bene, Mirr?- chiese, avvicinandosi preoccupato squadrandolo interamente.

Mirren cercò di sorridere, anche se era ancora un po’ malinconico.

-Sì, sì, tutto bene- mentì. Avevano una missione da compiere, non poteva mettere il muso per una cosa stupida.

-Non me la racconti giusta. Lo sai che ti conosco come il palmo della mia mano… cosa c’è? Problemi a casa? A lavoro? Hai fatto un brutto sogno?- indagò, prendendogli il viso e guardandolo fisso negli occhi per farlo cedere.

A Mirren saltò un battito per la facilità con cui Felix ormai cominciava un contatto fisico.

E per quanto fosse naturale anche per lui ricevere un qualsiasi contatto fisico improvviso da Felix.

Anzi, più che naturale, era proprio piacevole.

Solo vederlo così, guardarlo negli occhi, energico e attento a lui, si sentiva il ragazzo più fortunato del pianeta.

Eppure non riusciva ad accontentarsi di quei pochi momenti che avevano tutti per loro.

-Niente di grave, Felix, non preoccuparti- cercò di lasciar perdere.

Felix però non voleva sentire ragioni.

-Ma…- lo incoraggiò -Dai, Mirr, non ti fidi di me da dirmi cosa ti affligge? O forse il problema sono io? È perché lavoro la vigilia? Ma tanto la sera stiamo insieme! E anche il giorno dopo!- provò a giustificarsi.

-No, non è per questo… beh… forse è anche un po’ per questo. Il fatto è che… stiamo insieme troppo poco!- ammise infine Mirren, sentendosi un po’ stupido per quanto lamentosa fosse uscita la sua voce nell’esprimere la mancanza che sentiva.

-Uh?- Felix sembrò parecchio confuso dal motivo del malumore del suo ragazzo.

-Cioè… so che stiamo spesso insieme, ma di solito c’è sempre qualcun altro, come Tender, o Petra, o il resto della Corona Crew, e oggi che abbiamo finalmente un po’ di tempo per stare soli insieme… dobbiamo spiare Petra e Amabelle. Io capisco che sia una buona azione, ma… da quando sono tornato a casa mia mi sembra che ci vediamo davvero troppo poco- più le parole uscivano dalla sua bocca, più si sentiva ridicolo.

Si ritirò su sé stesso sentendosi un bambino che faceva i capricci. Ma non riusciva a non pensare quelle cose.

Tra il lavoro, e le rispettive famiglie sempre tra i piedi, non trovavano molti momenti per stare da soli. E Mirren voleva davvero stare di nuovo solo con Felix, e non solo per replicare quella magica notte insieme della settimana scorsa, ma anche solo per parlare, stare insieme, senza altre cose e persone in mezzo. 

-Awww, Mirren…- Felix gli prese la mano, commosso dalle sue parole. Mirren si sentì improvvisamente meno stupido. Solo Felix poteva sentire quelle lamentele infantili, e considerarle dolci e profonde.

-Mi dispiace che ti senti così… a dire il vero anche io sento la tua mancanza, questi giorni. Ma abbiamo tutte le vacanze di Natale libere! E poi tra poco è il tuo compleanno, e faremo qualcosa di davvero speciale, te lo prometto!- Felix cercò poi di rassicurarlo, accarezzandogli il dorso con le proprie dita. Mirren si godette il contatto, sentendosi un po’ più rassicurato, ma avvertendo ancora una forte mancanza.

Si era ormai abituato a svegliarsi sempre con Felix, prepararsi insieme, fare colazione… erano vicini di casa, ma Felix gli sembrava così lontano…. 

Intrecciò le dita con quelle del ragazzo, con una piccola idea che iniziava a formarsi nella sua mente. Ma prima che potesse aprire la bocca, la loro attenzione venne distratta dall’uscita di Petra e Amabelle dalla giostra.

La coppia si girò verso la non coppia, abbandonando il discorso per assicurarsi che leggessero il manifesto.

Mirren non era ancora del tutto sicuro che un massaggiatore dei Minion sarebbe stato abbastanza da convincerle a partecipare al gioco.

Ma aveva sottovalutato Felix e l’amore di Amabelle per gli oggetti ridicoli, perché poco dopo che le due si furono fermate davanti al manifesto, Amabelle iniziò a saltellare sul posto, agitare violentemente Petra, e indicare il foglio di carta con occhi brillanti.

Dal linguaggio del corpo, era chiaro che Petra volesse obiettare, ma Amabelle sembrava altrettanto irremovibile, e iniziò a trascinare l’amica e futura ragazza verso il padiglione principale.

Felix sghignazzò tra sé, estremamente soddisfatto. Prese il walkie talkie e lo portò alla bocca.

-Qui Da Vinci, Cupido e Caravaggio hanno abboccato, e si dirigono al padiglione. Io e Monet le seguiamo a distanza- Felix informò Norman.

Mirren era piuttosto felice del proprio soprannome, dato che adorava Monet e l’impressionismo.

Un po’ meno felice era del fatto che erano nuovamente con tutta l’attenzione rivolta ad Amabelle e Petra.

-Ah, ne approfitto anche per chiederti una cosa… dopo il gioco di coppia subentrano Denny e Mathi, giusto? Io e Mirren abbiamo il pomeriggio libero?- chiese poi Felix, attirando l’attenzione di Mirren, e facendogli un occhiolino.

Il ragazzo si sentì davvero fortunato.

-Certo, ho organizzato una staffetta proprio per lasciare a tutti almeno un po’ di tempo libero- Norman diede l’okay, e Felix chiuse la conversazione con un sorrisetto.

-Allora… dopo ti va di girare un altro po’ per la fiera, o vuoi fare altro nel nostro sudatissimo giorno libero completamente dedicato a noi?- Felix prese Mirren sottobraccio, e iniziarono ad avviarsi al padiglione principale.

Mirren gli sorrise, e gli mise la testa sulla spalla.

-Finché stiamo solo noi due, mi va bene qualsiasi cosa- affermò, sentendosi vagamente più tranquillo.

E poi il gioco di coppia sarebbe senz’altro stato divertente.

Ricordava un po’ quello al quale avevano partecipato lui e Felix in montagna, dato che erano cinque coppie, e Amabelle e Petra si erano accorte che fossero coppie romantiche solo quando ormai erano salite sul palco, ed era troppo tardi per tirarsi indietro.

Il gioco però era diverso, dato che invece di una serie di domande, le concorrenti avrebbero dovuto vincere varie sfide che mettevano alla prova la loro coordinazione, fiducia reciproca, e quanto si conoscessero bene.

-Benvenuti, signore e signori, al gioco di coppia della fiera provvisoria di Harriswood! Fate un applauso alle varie coppie!- annunciò il presentatore, con entusiasmo.

-Guarda, è Troy!- commentò Felix, riconoscendolo come lo stesso del gioco di coppia in montagna.

Mirren dovette fermarlo a forza dal non andare a salutarlo. Avrebbe bruciato la loro copertura, e non era il caso che si facessero notare da Petra e Amabelle.

-Allora, la prima prova consiste in un percorso guidato. Un membro del gruppo sarà bendato, e l’altro dovrà guidarlo solo con le parole attraverso un percorso ad ostacoli piuttosto insidioso. Il primo che raggiunge il compagno vincerà cinque punti, il secondo ne vincerà quattro, e così via. Buona fortuna a tutte le coppie!- Troy annunciò la prima delle cinque prove, e Mirren si preparò ad una figura piuttosto imbarazzante da parte di sua sorella e di Amabelle. Dopotutto erano unite, certo, ma non sembravano comunicare granché bene tra di loro.

Petra finì bendata, e Amabelle la doveva guidare.

-Allora, Tray… vai a destra, più a destra, sì okay, e ora corri più velocemente possibile nella direzione della mia voce!- le indicazioni di Amabelle furono semplici, in realtà, e la velocità di Petra così ammirevole che Troy non ebbe neanche il tempo di controllare cosa stessero facendo che Petra era già al fianco di Amabelle.

-Abbiamo vinto?- chiesero insieme, tenendosi le mani. Le altre coppie a malapena avevano iniziato.

-Cos… come? …sì, suppongo… di sì- Troy era affascinato.

Nessuno nel pubblico, oltre a Mirren e Felix, si era accorto che le due avevano imbrogliato, perché Amabelle le aveva dato indicazioni per aggirare del tutto gli ostacoli, invece di affrontarli di petto.

Beh, nessuno aveva detto che non fosse una strategia possibile.

-Okay, quindi il gruppo di Amabelle e Petra passa al primo posto con ben cinque punti. Complimenti ragazze- una volta finito il gioco, Troy assegnò i punti. Sembrava un po’ ingiusto che ne ricevessero cinque quando avevano superato i secondi classificati di quasi un minuto, ma le due ragazze non obiettarono.

-Il secondo gioco consiste nel taboo. Ogni coppia ha a disposizione un numero di parole, e deve far capire all’altro di che parola si tratti senza usare determinate altre parole segnate sul foglietto di carta.

Vi alternerete uno alla volta, e ad ogni parola indovinata riceverete un punto- spiegò Troy, distribuendo dei foglietti tra le coppie.

Amabelle e Petra sembravano determinate. Si lanciavano sguardi di intesa, nonostante fossero parecchio distanti.

-Va bene, pronti, partenza… via!- Troy annunciò l’inizio, e una coppia dietro l’altra avevano tre minuti per indovinare più parole possibili, con un massimo di venti parole. 

Arrivò in fretta il turno di Amabelle e Petra.

La prima a cercare di far indovinare la parola fu Amabelle.

-Lo è Angelica nella 20x3-

-Attivista. Flynn Rider ci chiama Pascal-

-Rana. Ci andavano i Little Einsteins nella mia puntata preferita-

-Sistema solare. Ci abbiamo adottato Lottie-

-Parco! Quella di Mirren è sempre piena di documenti-

-Scrivania. Nome della ex di Ron Weasley-

-Lavanda. Lo è Nagini-

-Serpente. Ci hai messo il calendario delle coppie-

-Portafoglio. Lo vuole diventare Clover-

-Giornalista. Merida lo colpisce per vincere la sua mano-

-Bersaglio. Roelke ne ha in corso una-

-Gravidanza. Ha un grande occhio devastante-

-Ciclone. Meme di GoT-

-VINOH! Il film con Loki e Captain Marvel insieme!-

-King Kong. Se il protagonista di Gorgeous fosse un artista-

-Picasso. Lo costruisce sempre coso… Seven, su The Sims-

-Razzo. Il soggetto dell’insulto tipo sempre su The Sims-

-Lama. Neutralità-

-Svizzera. Lo soffre moltissimo Denny-

-Solletico. Sorella di Barone-

-Contessa… abbiamo finito- 

Nel silenzio generale, e con Troy che non sapeva come reagire alla cosa, Amabelle e Petra finirono tutte le venti parole, guadagnando venti punti, in due minuti e mezzo.

-Uh… okay… wow. Uh… venti punti alla coppia Petra e Amabelle. Complimenti, ragazze, siete in vantaggio con venticinque punti, ben quattordici in più rispetto ai secondi classificati… complimenti. Ma non è ancora detta l’ultima, dato che mancano ancora tre giochi!-

Anche Mirren e Felix erano senza parole.

-Ammetto che quella di The Sims l’avrei sbagliata- borbottò Felix.

-Io non ho idea di metà di quello che hanno detto- Mirren era stupefatto.

-Però secondo me anche noi saremmo andati bene. Abbiamo molti riferimenti interni che avremmo capito- Felix iniziò a sentire la competizione da ex vincitore di un gioco di coppia.

Mirren ridacchiò tra sé vedendolo così deciso a dimostrare qualcosa.

-Ovvio, Felix… ovvio- gli diede qualche pacca sulla spalla.

Era il momento del terzo gioco.

-Allora, questo gioco è fatto per chi vuole rimontare. Nuovamente uno dei due membri verrà bendato, mentre l’altro si metterà in mezzo a tutti gli altri partecipanti con le mani sollevate. Il membro della coppia bendato dovrà riconoscere le mani del proprio compagno in mezzo a quelle degli altri, e chi indovina guadagna cinque punti- Troy spiegò il gioco.

Ormai la possibilità di rimontare non sembrava molto alta per gli altri, ma dopotutto erano solo a metà, c’era tutto il tempo… forse.

Questa volta fu Amabelle a bendarsi, e ovviamente indovinò quasi subito, guadagnando quei cinque punti in più.

I secondi classificati non indovinarono, quindi le due ragazze erano ormai le vincitrici annunciate.

-Mi vengono i brividi al solo pensiero di essere toccato da così tante persone- Mirren si strinse le mani al petto.

-Non è proprio il gioco per te. Potresti metterti alla fine, così avresti meno probabilità di essere toccato-

-O potrei essere quello bendato. Tanto mi basterebbe toccarti l’anulare per riconoscere la tua mano- rifletté Mirren.

-L’anulare?- chiese Felix, osservandosi il dito.

Mirren gli prese la mano, e indicò il callo del disegnatore che aveva proprio lì.

-Impossibile da non riconoscere- affermò con convinzione, tenendo poi stretta la mano di Felix.

-Era tutta una scusa per prendermi per mano?- chiese quest’ultimo, capendo il trucco nascosto.

-Oh guarda, passano al quarto gioco- Mirren distolse l’attenzione, anche se la risposta era chiara, e Felix ridacchiò, stringendo la mano del suo ragazzo a sua volta.

-Passiamo al twister! Ogni coppia sarà in un tappetino molto piccolo di twister, e ogni volta dovrà mettere mani e piedi nei luoghi indicati senza cadere. Come nel primo gioco, c’è un sistema di punteggio, quindi i primi classificati vincono… cinque punti, poi quattro e così via- Troy sembrava molto in difficoltà con i punti, dato che era chiaro che nessuno sarebbe più riuscito a battere Amabelle e Petra, ma se dava maggiori punti al primo classificato rischiava di aiutare maggiormente Amabelle e Petra e renderle ancora meno raggiungibili.

Ed infatti Petra e Amabelle rimasero le ultime partecipanti, anche se erano talmente intrecciate l’una all’altra che ci misero almeno un minuto a strecciarsi, tra le risate del pubblico, e senza il minimo imbarazzo.

-Okay… no, questo gioco di coppia non l’avremmo mai vinto- Mirren era sprofondato sulla sedia, quasi spaventato da ciò che aveva davanti.

-Terrificante- gli diede man forte Felix -Divertente, ma terrificante. Sembrano giochi fatti apposta per Petra e Amabelle- 

-Okay… okay… quindi Amabelle e Petra sono in vantaggio di venti punti… e il massimo che darebbe il prossimo gioco è cinque punti… beh… uh… che fare…-

-Senti, Troy, noi ci ritiriamo, quelle due hanno vinto. Non serve fare il quinto gioco- disse uno dei membri dei secondi classificati. Gli altri gruppi annuirono, demoralizzati.

Amabelle e Petra esultarono e si diedero il cinque, entusiaste all’idea di aver vinto il massaggiatore dei minions.

-Beh, okay, allora vincete trenta biglietti da scambiare con dei premi a vostra scelta, e un massaggiatore a forma di Minion, anche se è una piccolezza rispetto al premio principale. Congratulazioni, ragazze!- Troy si complimentò, e diede loro i due premi.

Amabelle strinse il massaggiatore come se fosse il tesoro più prezioso che avesse.

-Devo ammetterlo, avevo sottovalutato la potenza di quel premio trash- Mirren non sapeva come sentirsi riguardo alla situazione, iniziò a prepararsi per uscire prima che Amabelle e Petra rischiassero di notarli tra il pubblico.

-BACIO! BACIO!!- Felix, al contrario, iniziò un coro per incoraggiare le due ragazze a baciarsi.

Mirren non voleva vedere una scena del genere, e chiaramente non voleva nemmeno che Amabelle e Petra le scoprissero, quindi prese Felix e lo trascinò via prima che potessero essere scoperti.

-Ehi, perché lo hai fatto?- chiese Felix, sorpreso dalla sua veemenza.

-Siamo in incognito, Felix! E dubito che Amabelle e Petra non ti riconoscerebbero solo perché hai i capelli all’indietro. C’era davvero bisogno di far partire il coro?- lo rimproverò, sistemandosi i vestiti e controllando di non aver lasciato niente al padiglione.

-Nah… ma volevo attuare una piccola vendetta per quando è stata lei a far partire il coro. E poi, dai… hanno chiaramente bisogno di altre spinte per mettersi insieme- Felix spiegò il proprio punto di vista. Mirren non gli dava torto.

-Sono una sofferenza da guardare- ammise, scuotendo la testa per la loro idiozia.

-Esatto! Sono così palesemente cotte!- insistette Felix, sistemandosi a sua volta e nascondendosi in un angolo per avere una buona visuale dell’uscita del padiglione. Dovevano ancora stalkerarle un po’, finché non fosse sopraggiunto il cambio -Gioco di coppia finito, Cupido e Caravaggio al padiglione. Attendiamo nuove istruzioni- sussurrò al walkie talkie.

-Mathi e Denny in arrivo- lo informò Norman. 

-Se non si mettono insieme entro la fine della giornata vado al comune e faccio in modo che risultino sposate!- Mirren continuò il discorso senza accorgersi del cambio di argomento di Felix, era seccato dal vederle così chiaramente affini senza averlo ancora confessato. Certo, era ipocrita che questo sentimento venisse da lui, che aveva aspettato vent’anni prima di mettersi con Felix (diciamo dieci anni per un’età accettabile per mettersi davvero insieme), ma dato che si era pentito di aver aspettato tanto, ora che le cose andavano a gonfie vele, non voleva che sua sorella facesse lo stesso errore e doversi sorbire quella tortura.

-Potremmo chiedere a Mathi di hackerare i registri dello stato per farle risultare sposate tra loro- ridacchiò Felix, per niente contrario all’idea.

-Umpf, Mathi…- Mirren ancora si irritava pensando che Mathi aveva baciato Felix non una, ma ben due volte.

-Su, su, non fare il geloso. Lo sai che sono tutto tuo, e Mathi è innamorato perso di Denny- Felix lo punzecchiò, non letteralmente, e gli mise un braccio intorno alle spalle per avvicinarsi a lui.

-Sì, ma comunque non mi fiderei tanto di lui- borbottò Mirren, facendosi stringere, ma facendo ancora il muso.

Felix ridacchiò, e fece per commentare, ma si interruppe appena in tempo quando il soggetto del loro discorso si presentò a pochi metri di distanza, accompagnato dal proprio ragazzo.

-Ciao, ragazzi! Come è andato il gioco di coppia?- chiese, avvicinandosi e salutando entrambi con un grande sorriso.

Mirren si sentì in colpa ad averlo appena definito inaffidabile. Ce l’aveva con lui per quel bacio, ma riconosceva che fosse un bravo ragazzo, in fondo.

-Hanno sbaragliato la concorrenza e vinto. E sono state anche molto vicine l’una all’altra, quindi direi un successo assoluto- rispose Felix.

-Bene, da qui interveniamo noi! Saremo il gruppo migliore per farle mettere insieme, lavoreremo alla grande!- Denny sembrava parecchio esagitato all’idea.

-Allora noi ve le lasciamo, non sono ancora uscite dal padiglione- Mirren cercò di liberarsi dei due il prima possibile. Non vedeva l’ora di tirarsi fuori dalla sceneggiata.

-Pomeriggio libero?- chiese Mathi, curioso.

-Tutto per noi- Felix si strinse maggiormente a Mirren, che non trattenne un sorriso soddisfatto all’idea di avere Felix tutto per lui.

-Bene allora, buon pomeriggio!- dopo i convenevoli, finalmente Felix e Mirren rimasero soli, lontani da Amabelle e Petra.

Passarono uno splendido pomeriggio in fiera.

 

Ma tornando all’OMM, Mathi non aveva mai visto Denny così… Amabelloso.

Sul serio, era esagitato, con sguardo assassino che si spacciava per sguardo furbetto, ed era vestito praticamente identico a come si era vestita Amabelle quando li aveva spiati al loro primo finto appuntamento in sala giochi: impermeabile nero, occhiali da sole e cappello. Voleva sembrare in incognito, ma si notava più lui di Mathi, che al contrario si era vestito normale, e guardava il proprio ragazzo divertito e allo stesso tempo piuttosto preoccupato.

-Sono pronto… carico! Invisibile come un ninja, agile come un’anguilla! … qual è il piano?- nonostante l’entusiasmo, Denny era piuttosto all’oscuro di cosa avrebbero dovuto fare loro due, dato che il più del lavoro sarebbe stato tra le mani di Mathi, e Norman gli aveva chiesto di non dire troppo a Denny perché rischiava che Amabelle gli estrapolasse le informazioni. Denny era tipo che cedeva alle pressioni della sua più vecchia amica.

-Calma, tigre, le osserviamo per un po’, e quando entrano in un luogo con luminosità ridotta, intervengo io mentre tu le distrai- spiegò Mathi, dandogli qualche pacca sulla spalla per incoraggiarlo a calmarsi.

-Okay! Sarà divertente! Non riesco a credere che sto davvero aiutando Amabelle a fidanzarsi con qualcuno. Che cosa strana!- ridacchiò Denny, muovendo le gambe iperattivo.

-Perché è strano?- chiese Mathi, che trovava il loro immischiarsi nella vita di Amabelle un giusto contrappasso per quello che aveva fatto lei a loro. Non una vendetta vera e propria, dato che il loro intento era positivo, più che altro un karma.

-Beh…- Denny esitò, e arrossì -Se te lo dico, mi prometti che non mi prenderai in giro?- chiese poi, arrossendo appena e lanciandogli un’occhiata sospettosa.

-Sono il tuo ragazzo, caro Denny, non ti prenderei mai in giro… tranne che in maniera estremamente affettuosa e amorevole- gli promise Mathi, sbattendo le ciglia con fare ammiccante.

Ancora non riusciva a credere di stare insieme a Denny, e non perdeva occasione di dirlo ogni volta che gli fosse possibile.

-Okay… allora… non ridere, ma… sai che io e Amabelle ci conosciamo da quando siamo piccoli, dato che siamo vicini di casa?- chiese, ricordando a Mathi cose che lui sapeva benissimo nel tentativo di ritardare il momento della verità.

-Certo… quindi?- Mathi però lo incoraggiò ad andare al punto, iniziando ad incuriosirsi.

-Ecco… ho sempre pensato… cioè lo pensavo da piccolo… solo da piccolo, ora assolutamente no, e non solo perché sono gay, ma proprio perché non…- Denny divenne sempre più rosso, e nonostante ci stesse davvero girando intorno, Mathi capì dove volesse andare a parare.

-…pensavi che tu e Amabelle sareste finiti insieme?!- intuì, incredulo, sforzandosi al massimo delle sue forze per non ridere.

…e fallendo miseramente, esibendosi in una smorfia estremamente ridicola, a cui Denny reagì con uno sbuffo offeso, e un pugnetto sulla spalla.

-A mia discolpa, ero un bambino! Ed ero cresciuto con tutti i media che mi ripetevano che gli amici d’infanzia maschio e femmina finiscono quasi sempre insieme anche da adulti! Almeno se si tengono in contatto… e spesso anche se non lo fanno- provò a giustificarsi, sempre più rosso, incrociando le braccia.

Mathi respirò profondamente, per calmare le risate imminenti.

-Beh… almeno non…- ma poi scoppiò a ridere senza ritegno, guadagnandosi un’occhiata così penetrante che se fosse stato Denny lo Yagami dei due, sicuramente l’avrebbe ucciso con la forza del suo sguardo e del cognome assassino uniti.

-Senti… sono cresciuto! E per il momento sono il tuo ragazzo, anche se non so ancora per quanto- lo minacciò, e Mathi divenne una maschera di ferro alla minaccia.

Sapeva che non parlava sul serio, ma non voleva neanche rischiare di perdere Denny per una sciocchezza del genere.

-Oh, se il te stesso bambino potesse vederti adesso…- commentò, indicando entrambi.

-Il me stesso bambino non deve lamentarsi! Non sono mai stato così felice… prese in giro a parte- Denny gli prese il braccio e lo strinse con forza e con un sorrisetto possessivo.

Mathi lo lasciò fare, sollevato di essere rimasto il suo ragazzo.

In tutto questo, Petra e Amabelle si stavano dirigendo nella casa degli spiriti.

Un luogo piuttosto scuro dove agire.

-Ehi, Dan… ti va bene attuare il piano nella casa dell’orrore?- chiese al ragazzo, indicando la fila in cui le due ragazze si erano già messe.

Denny impallidì.

-Eh… la casa dell’orrore?- chiese, stringendo con più forza il braccio del ragazzo.

-Se non ti va possiamo sempre aspettare un’altra giostra- Mathi non lo forzò, anche se quella sarebbe stata la migliore, dato che era un percorso guidato, quindi non era troppo difficile avvicinarsi abbastanza da fare quello che voleva fare.

-No, no! Va bene! Sono uno tosto! E determinato! E pronto a distrarre… devo distrarle, giusto? Come? Per quale motivo?- chiese Denny, ancora all’oscuro di tutto.

-Basta che attacchi bottone con loro, attirando la loro attenzione mentre Mathi rimane fuori dalla conversazione- spiegò Norman, tramite walkie talkie.

-Roger, boss! Passo!- rispose Denny, professionale.

In realtà nella casa degli spiriti non ci sarebbe neanche stato il bisogno della distrazione, perché Mathi era convinto di poter agire da solo, ma Denny era così esaltato che non gli andava proprio di rompergli le uova nel paniere.

-Allora dirigiamoci in fila, prima di perderle nel marasma di gente- Mathi liberò il braccio, prendendo al suo posto la mano di Denny, e lo incoraggiò a seguirlo verso la fila.

-Petra, devi troppo provarlo! È la cosa più rilassante del modo!- stava esclamando Amabelle, tenendo un Minion sulla testa… ah, no, un massaggiatore a forma di Minion in testa.

-Ti credo sulla parola- borbottò Petra, guardandola un misto tra esasperata e amorevole.

Quelle due erano proprio fatte per stare insieme, Mathi l’aveva sempre pensato! 

-Wee! Chi si vede! Anche voi qui?- Mathi entrò nella conversazione, fingendo di averle viste solo in quel momento, e di essere sennò solo con Denny.

Amabelle sobbalzò, e li guardò con aria allarmata.

-Che ci fate qui?- chiese, sospettosa.

-Pomeriggio libero dal Corona, e Denny non ha lezioni, quindi siamo venuti qui con Max a goderci le attrazioni- spiegò Mathi, con sicurezza.

-Con Max?- chiese Petra confusa, guardandosi attorno.

-…l’abbiamo mollato alla prima occasione per stare un po’ soli- mentì Denny, riappropriandosi del braccio di Mathi ora che si erano messi in fila e non avevano bisogno di molto movimento.

Pensare alla ship distrasse Amabelle da qualsiasi sospetto, e guardò i due con occhi brillanti.

-Ohhh! Appuntamento galante?! Avete già fatto il tunnel dell’amore?!- chiese, battendo le mani entusiasta.

-Non ancora, ma è la prossima idea, dopo la casa degli orrori- spiegò Mathi, indicando la fila in cui si erano messi insieme alle due ragazze.

-…Denny… e la casa degli spiriti? Non mi sembra una bella accoppiata- commentò Petra, molto scettica.

-…già… che ci fai qui, Denny? Nella casa dei fantasmi?- Amabelle tornò sospettosa, e squadrò Denny dalla testa ai piedi.

-Guarda che non sono così fifone! Tu che ci fai nella casa dei fantasmi, quando hai più paura degli horror di me?!- Denny si irritò, e scattò subito sulla difensiva.

-Io ho paura degli horror, ma nelle case infestate mi diverto molto, dato che so che sono tutti attori e nessuno mi farà del male. Tu hai paura proprio degli attori, invece- Amabelle prese in giro Denny, punzecchiandolo letteralmente.

-Io non ho paura! Sono un ragazzo nuovo e coraggioso!- si atteggiò con sicurezza.

Mathi lo guardò con affetto.

Che tenero che era.

E stava distraendo Amabelle con grande abilità… anche se forse non lo stava neanche facendo di proposito.

La fila procedette con parecchie provocazioni tra Denny e Amabelle, e quando ormai mancavano poche persone prima di loro quattro, Amabelle sembrava aver abbandonato ogni traccia di sospetto nei confronti di Denny.

-Devo ammetterlo, sei diventato proprio sicuro di te. Il proposito ti ha fatto bene- ammise, scompigliandogli i capelli.

Denny si ritirò.

-Ci ho messo venti minuti a sistemarmi i capelli!- si lamentò, per poi rendersi conto di una cosa -Cavolo, sono davvero gay… come ho fatto a non accorgermene prima- osservò tra sé, facendo scoppiare a ridere Amabelle e Mathi. 

-Comunque a farmi bene non è stato il proposito, ma Mathi! …a cui ho dedicato tutti i tre gesti avventati del proposito, in effetti- rifletté poi.

-A proposito, non mi hai ancora detto quali sono stati i tre gesti avventati…- Amabelle squadrò Denny con sospetto -Il primo, vabbè, è stato la scommessa per parlare con Mathi, giusto?- Amabelle iniziò ad elencare.

-Eh… sì… beh, non c’è bisogno di dire quali siano gli altri due… non vi fidate della mia parola?- Denny, dopo aver fatto il sicuro di sé, ritornò la solita pallina d’ansia e imbarazzo. Certe cose non cambiano mai, anche se migliorano.

-No, non ci fidiamo- dissero in coro Amabelle e Petra… e Mathi.

-Tu quoque, Mathi?!- Denny lo guardò sdegnoso.

-Sono curioso di sapere cosa consideri gesto avventato- ammise lui, divertito dall’argomento, e incuriosito da quali fossero i gesti dedicati a lui.

-Uffa… va bene. Il secondo gesto inconsulto è stato baciare Mathi… al mio compleanno- Denny cedette, e seppellì il volto tra le mani.

Amabelle era completamente senza parole.

-Baciato… Mathi… al tuo compleanno?- ripeté, convinta di aver sentito male.

Denny annuì.

-Scusa, ma quand’è il tuo compleanno?- chiese Petra, che come la maggior parte dei membri della Corona Crew, non aveva idea di quando fosse nato Denny, dato che non lo diceva mai a nessuno.

-Il primo luglio!- rispose Amabelle, rivelando l’arcano.

-Amabelle, è un segreto!- si lamentò Denny.

-TU hai baciato Mathi il primo luglio! Mesi e mesi prima di metterti insieme a lui, e non hai detto niente!!! Questo è il più grande tradimento nella storia dei tradimenti!- Amabelle alzò maggiormente la voce.

-Non c’è bisogno di urlarlo al mondo!- si lamentò Denny, imbarazzato.

-Siete i prossimi- per fortuna la voce del responsabile chiuse la conversazione, e i quattro entrarono nel buio corridoio che avrebbero dovuto attraversare.

Mathi aveva gentilmente chiesto a Denny di lasciargli le mani libere, ma sentiva distintamente che lo stava tenendo per la maglia, e che tremava.

Si sentì un po’ in colpa per averlo convinto a seguirlo nella casa degli orrori, ma era l’occasione migliore per mettere a frutto il piano di Norman.

E Mathi fu anche piuttosto felice che Amabelle stesse tenendo in tasca le proprie manette, perché era più facile far passare il piano per un semplice scherzo.

Con un movimento rapido, infatti, e approfittando che Petra e Amabelle si erano prese per mano durante uno spavento piuttosto rumoroso, riuscì con abilità ad ammanettarle insieme.

Semplice, un gioco da ragazzi.

Non aveva fatto i conti però con quanto Denny si sarebbe spaventato, perché dopo che uno zombie comparve proprio alle sue spalle, lo sentì urlare, gli venne addosso terrorizzato, e le chiavi che aveva appena recuperato dalla tasca di Amabelle volarono via.

…oh… quello poteva essere un problema.

Provò a guardarsi intorno per recuperarle, ma Denny gli si era agganciato addosso, e francamente la sua priorità era verso il suo fidanzato, piuttosto che verso due ragazze che avrebbero tratto solo giovamento nel restare legate insieme.

Anzi, perdere le chiavi per davvero poteva essere un’opportunità ancora maggiore.

Così, con il suo lavoro compiuto, Mathi strinse forte Denny, e concluse il giro senza lasciarlo andare.

-È stato orribile, non voglio farlo mai mai più!- esclamò Denny una volta fuori.

Mathi gli accarezzò la schiena, divertito e sentendosi anche un po’ in colpa.

-Fifone, fifone!- Amabelle non sembrava essersi accorta di essere legata dalle manette alla sua migliore amica, e sollevò la mano per prendere in giro Denny… trascinando con sé suddetta amica.

Ci furono alcuni istanti di silenzio.

Mathi iniziò ad indietreggiare.

-CHE SIGNIFICA QUESTO?!- chiesero poi Amabelle e Petra, insieme, rivolte verso il chiaro colpevole dello scherzo, e iniziando a cercare invano di togliersi i braccialetti argentati dalle mani.

-Scherzetto!- Mathi cercò di tirarsi fuori, ricevendo solo dei sassolini raccolti da terra e lanciati dritti sul suo volto.

-Liberaci subito!- esclamò Amabelle, rossa come un peperone e ipocritamente irritata.

-Ah, ride bene chi ride ultimo! Ti sta bene per averle volute usare contro di noi- era il turno di Denny di prenderla in giro, e si beccò un sassolino dritto in faccia.

-Ahi!- si nascose prontamente dietro Mathi, che lo lasciò fare, dato che era effettivamente l’unico responsabile dello “scherzo”.

-Non avevo intenzione di usarle!- si difese Amabelle, in tono acuto.

-Perché le portavi appresso allora?- la sfidò Denny.

Amabelle non seppe rispondere, e iniziò a boccheggiare.

-Non importa perché Amabelle aveva le manette, o perché Mathi ci ha legate insieme, dacci le chiavi, liberaci, e prendiamo le rispettive strade- Petra cercò di prendere una strada diplomatica, da brava futura politica, e sollevò la mano libera per prendere le chiavi da Mathi.

-Ecco…- Mathi si morse il labbro inferiore, a disagio.

-Le chiavi, ex aggiunta migliore alla Corona Crew- lo incoraggiò Amabelle.

-Hai le chiavi?- chiese Denny, senza sapere bene che fare.

-Ecco… le chiavi… sì, le chiavi… servono proprio le chiavi, vero?- Mathi iniziò a tergiversare, e ad indietreggiare.

Come fossero un’unica entità, Amabelle e Petra gli si avvicinarono, fino a spingerlo al muro.

-Dacci subito le chiavi, peggiore aggiunta alla Corona Crew!- gli ordinò Amabelle, con tono che non ammetteva repliche. Sembrava sull’orlo di un attacco di panico.

In circostanze normali, nonostante il piano prevedesse che Mathi fingesse di aver perso le chiavi, gliele avrebbe comunque porte scusandosi profusamente dello “scherzo”… ma le chiavi le aveva perse per davvero.

-Le ho perse- ammise, proteggendosi la testa e preparandosi ad essere malmenato.

Amabelle però scoppiò a ridere.

-Non è il momento di scherzare, caro. Perché stai scherzando, vero?- suppose, convinta.

Dopo aver visto lo sguardo di Mathi, e di Denny accanto a lui, il suo sorriso si spense.

-…stai scherzando, vero?- ritornò nel panico, e cercò di uscire fuori dalle manette. Non sembrava riuscire a guardare Petra negli occhi.

-Temo di no… le avevo in mano, ma poi Denny mi è venuto addosso, e le ho perse durante il percorso… nell’oscurità- spiegò, preparandosi nuovamente ad essere massacrato.

Amabelle e Petra erano troppo scioccate per replicare, e lo fissavano a bocca aperta e occhi sgranati.

-Perché non vi fate una qualche bella giostra rilassante mentre noi cerchiamo le chiavi? Vi chiamiamo appena le troviamo e vi liberiamo, promesso. Ciao!- Denny, approfittando che fossero congelate sul posto, prese Mathi per il polso e lo aiutò a scappare via, rimettendosi in fila per la casa degli orrori, e nascondendosi alla futura ed eventuale furia selvaggia di Petra e Amabelle.

-Domanda… le hai perse davvero o era una scusa?- chiese poi al suo ragazzo, all’orecchio, perfettamente nascosto in mezzo agli altri ragazzi in fila, che li guardavano confusi.

-Doveva essere una scusa, ma le ho perse davvero- rispose Mathi, sempre sottovoce, e all’orecchio di Denny.

-Mi dispiace- lui si autocommiserò.

-Non dispiacerti, Denny, procede tutto a gonfie vele- arrivò la voce dal walkie talkie che Mathi teneva nello zaino.

-Sì, infatti, adesso rientro, trovo le chiavi e…- Mathi provò ad essere positivo a sua volta. Norman lo interruppe.

-Fai con calma, più restano attaccate l’una all’altra senza possibilità di staccarsi, meglio è per il gran finale- disse in tono enigmatico.

-Inizi a preoccuparmi, Norman- ammise Denny, sorpreso da quanto malefico suonasse.

-Ho avvertito Amabelle. Non mi ha voluto ascoltare. Per questo ho preso la situazione nelle mie mani- si spiegò Norman. Probabilmente doveva risultare rassicurante, ma la sua voce era contraffatta appena dal walkie talkie pieno di suoni statici, i due ragazzi non potevano vederlo in faccia, e le sue parole erano tutt’altro che confortanti.

-Non te la prendere, amico, ma sembri Saw- gli fece notare Mathi, inquietato più da Norman che dalla casa dei fantasmi che avrebbe dovuto rivisitare a breve.

-Grazie! Comunque prendetevela comoda e rilassatevi. Max vi darà il cambio nell’OMM- Norman si congedò, lasciando Denny e Mathi relativamente soli.

-Dan, se non vuoi ritornare lì dentro non preoccuparti, vado da solo e ti raggiungo da qualche altra parte, magari alla sala giochi- propose, indicando la spaventosa casa degli orrori.

Non voleva che Denny subisse un’ulteriore tortura lì dentro.

-No, no, vengo con te. Devo esorcizzare… ma posso tenerti stretto stavolta? Perché confesso che mi sono trattenuto molto quando stavamo con Amabelle e Petra- Denny gli prese esitante la mano.

Era così strano poter stare così tranquillamente con lui, senza agenzie, spie, e omofobia interiorizzata di mezzo.

Mathi era davvero il ragazzo più fortunato di Harriswood.

-Puoi aggrapparti a me quanto vuoi!- gli assicurò, con un grande sorriso incoraggiante e un bacio sulla fronte.

Denny gli strinse la mano con più forza, e i due si prepararono a passare parecchio tempo dentro la casa degli spiriti per recuperare una chiave minuscola.

Un’avventura!

 

Ma tornando alle due protagoniste della giornata, era arrivato il turno di Max di incappare “casualmente” in loro.

A dire il vero Max era il meno invischiato nei piani di Norman, perché quest’ultimo considerava Max il suo jolly, in quanto l’unica persona di cui Amabelle si sarebbe senz’altro fidata per qualsiasi cosa.

Quindi Max era stato messo nella fiera a disposizione per un’eventuale emergenza, e stava passando il suo tempo in videochiamata con Veronika, con le cuffie, e in una panchina isolata dove nessuno sarebbe riuscito a scorgere il soggetto sul suo telefono.

-Ancora non credo di essere ufficialmente single- Veronika non faceva che ripetere ogni cinque minuti. Poche ore prima era stato annullato il matrimonio imminente, e sebbene non fosse stato ancora rivelato alla stampa, iniziavano già a circolare le voci date da una irritata dichiarazione di Bastien in pubblico.

Quel tipo non aveva la minima idea di cosa significasse la privacy, neanche la propria.

Grazie al cielo Veronika non avrebbe dovuto sposare un tipo così.

-Sono felice per la tua trovata libertà- rispose Max, per l’ennesima volta anche lui, ridacchiando un po’ tra sé quando vide la ragazza sobbalzare.

-Aspetta… intendo single da Bastien, non single in generale… ugh, continuo a fare questo errore, sarà la decima volta- scoppiò a ridere a sua volta.

-Beh, non sei in torto, ufficialmente sei single- Max le fece un occhiolino.

-E ufficialmente resterò tale per parecchio tempo, finché non entrerai a scuola, sarai riconosciuto dai lord per quanto sei brillante, e sarà del tutto accettabile iniziare a flirtare e poi cominciare una relazione perfettamente consentita per i canoni reali. …potrebbero volerci anni- Veronika sospirò, un po’ abbattuta.

-Sono una persona paziente, e ho già detto che farò di tutto per essere alla tua altezza- provò a rassicurarla Max, con un grande sorriso incoraggiante.

Non era fan del dover agire di nascosto per anni, ma non era uno di quelli che pretendeva l’immediatezza, in una relazione. Anzi, odiava bruciare le tappe, e preferiva conoscere lentamente una persona.

Con Manny, bisognava ammetterlo, era stato molto rapido per i suoi standard, e per mesi di relazione non si erano mai spinti troppo in là… per ovvie ragioni, a posteriori.

-Max, tu sei già alla mia altezza, sono io a non essere alla tua…- si autocommiserò Veronika, rigirandosi una ciocca di capelli tra le dita.

-Uno e sessanta è un’altezza più che dignitosa- osservò Max. Aveva già provato un sacco di volte a dire a Veronika che ormai l’aveva perdonata e non doveva più sentirsi in colpa per quello che era successo, ma dato che non otteneva risultati, provò a buttarla sul ridere.

Veronika ci mise qualche secondo a capire la battuta, poi scoppiò in una fragorosa risata, allietando non poco le orecchie di Max.

-Quali sono le tradizioni agaliriane delle festività?- chiese poi il ragazzo, un po’ casualmente. Non che si aspettasse che avrebbe passato il Natale con Veronika, ma magari una qualche videochiamata ad un certo punto ci sarebbe scappata.

Chiaramente non poteva tornare ad Agaliria, sarebbe stato sconveniente, e sicuramente Re Manfred non avrebbe permesso a Veronika di tornare a Harriswood dopo lo scandalo, quindi Max non pensava neanche per un secondo che potessero vedersi di persona. Non ne aveva la speranza, non restava sveglio per ore a pensare a come sarebbe funzionata la loro non ufficiale relazione a distanza, no signore.

Veronika invece sì.

-La vigilia c’è una grande festa nella piazza principale, solitamente il re visita l’orfanotrofio, e c’è un ballo reale con i nobili vari la sera. Quest’anno sarà disastroso. Poi la mattina di Natale il re fa un grande discorso in piazza, e ci si aspetta che la principessa sia sempre lì alle sue spalle a sorridere. Ho provato a chiedere a mio padre un permesso per passare le vacanze di Natale a Harriswood, ma non l’ho ancora convinto! Almeno qualche giorno, magari a capodanno! Purtroppo sembra irremovibile, ha troppa paura per i rumors- Veronika si lamentò, esprimendo perfettamente le stesse speranze di Max che vennero anche spezzate in mille pezzi.

-Meglio non dare nell’occhio- riuscì a dire, anche se era molto deluso a sua volta.

-Max… lo faremo funzionare, okay? E poi l’università sarà ad Agaliria, e lì sarà più semplice vederci di persona- Veronika provò a vedere il lato positivo della situazione.

-E più semplice essere beccati- le fece notare Max, non necessariamente pessimista, ma realista.

La conversazione venne interrotta dal suono statico del walkie talkie che Max non credeva avrebbe usato.

-Max, dove sei al momento?- chiese Norman, in tono urgente.

-Sono su una panchina in videochiamata con Sonja- rispose Max. La Corona Crew era stata messa al corrente della situazione, dato che erano troppo coinvolti, ma in pubblico continuavano a chiamare Veronika con il nome fittizio di Sonja.

-Oh, salutamela. Ho un lavoro per te- mettendo in fretta da parte i convenevoli, Norman chiamò Max sull’attenti.

-Certo, qualsiasi cosa- e lui si mise a disposizione, anche se non aveva intenzione di creare troppi problemi ad Amabelle e Petra. Sarebbe stato il karma, ma non gli piaceva troppo ripagare con la stessa moneta.

-È un favore semplicissimo, se incroci Amabelle e Petra, convincile a salire sulla ruota panoramica. Sicuramente hanno bisogno di una giostra rilassante- Norman spiegò il suo piano senza scendere nei dettagli, e Max annuì.

-D’accordo, devo anche seguirle a distanza?- chiese poi, pensando a quello che avevano dovuto fare Denny e Mathi.

-No, anzi, meglio se sono il più sole possibile- Norman aveva un tono indecifrabile, ma Max non ci fece troppo caso.

-D’accordo, conta su di me- chiuse la conversazione, prima di tornare in videochiamata con Veronika, che comunque aveva sentito tutto quanto.

-Questa missione segreta sembra entusiasmante. La fiera di Harriswood è davvero interessante- commentò.

-Non sei riuscita a visitarla l’anno scorso?- Max ricordava vagamente che Veronika, nei panni di Sonja, avesse raggiunto il Café quando la fiera temporanea era ancora aperta, dato che restava fino alla fine delle vacanze natalizie.

-No… non avevo con chi andarci, e dovevo lavorare. Ero un po’ timorosa all’idea di esplorare da sola la città. Magari in futuro riusciremo a visitarla insieme- provò ad essere un po’ ottimista.

-Sì, lo faremo, promesso- Max questa volta cercò di cavalcare l’onda dell’ottimismo. Dopotutto non era infattibile. Forse ci avrebbero messo anni a ritrovarsi di nuovo a Harriswood, ma ci sarebbero tornati, un giorno. 

Il sorriso di Veronika aumentò esponenzialmente la sua determinazione al riguardo.

Ma non ebbero tempo di continuare a fare i romanticoni, perché proprio in quel momento Max notò Petra e Amabelle, e decise di agire.

Si alzò dalla panchina, e sollevò una mano nella loro direzione, per attirare la loro attenzione.

-Ragazze, mi fa piacere incontrarvi- le salutò, con un grande sorriso.

Amabelle e Petra sobbalzarono, lo guardarono come se fosse un mostro, e si allontanarono il più possibile da lui.

O meglio, Amabelle si allontanò il più possibile da lui, e trascinò Petra con sé perché… erano ammanettate insieme?

Max non ne sapeva assolutamente nulla, quindi la sua espressione di totale confusione era del tutto autentica.

-Cosa vuoi da noi?! Chi ti manda?! Perché sei qui?- chiese Amabelle puntandogli contro un massaggiatore a forma di Minion come se fosse un’arma di distruzione di massa.

Per certi verso lo era.

Max alzò le mani in segno di resa, sorpreso da tale veemenza.

-Wo, Amabelle è agitata- commentò Veronika alle sue orecchie.

-Già… ti richiamo più tardi, okay?- sussurrò lui. Sperava sarebbe stata una conversazione tranquilla, da fare in videochiamata, ma Amabelle sembrava davvero agitata, e Max sperò di riuscire in parte a calmarla.

-Saluta Sonja da parte mia- Petra, al contrario, pareva piuttosto calma, al contrario della sua futura ragazza.

-Ti risaluta- Max fece da tramite, poi chiuse la chiamata, e si rivolse ad Amabelle.

-Tutto bene? Cosa è successo?- indagò, sinceramente preoccupato per lei.

-Come se tu non lo sapessi. È tutto il giorno che cospirate tutti contro di noi! Sei dalla parte di Clover? È lei la mastermind? O è Norman… Norman non me la racconta giusta. Dov’è? È qui in giro, vero?- Amabelle iniziò a guardarsi intorno, facendo ampi movimenti con le braccia e trascinando Petra sempre con sé come fossero in un balletto coreografato… male.

-Cosa? No? Cioè… sapevo da Clover che vi aveva regalato dei biglietti per la fiera, e ho accompagnato Mathi e Denny perché volevano fare un giro, ma non so niente di mastermind o Norman… non sta studiando per la discussione della tesi tra due giorni?- Max sapeva più di così, ma la versione ufficiale era quella… e non sapeva molto più di così, a dire il vero. Tipo, non sapeva perché mai Amabelle e Petra erano ammanettate insieme.

-Stai dicendo la verità? No, perché il tuo caro fratello e il suo ragazzo mi hanno ammanettata insieme a Petra e HANNO SMARRITO LE CHIAVI!- Amabelle era decisamente troppo irritata da un semplice scherzo che lei per prima avrebbe voluto propinare ad ognuno dei membri di quel gruppo, Mathi e Denny in primis.

-Sono certo che sia stato un incidente, o che volevano solo fare uno scherzo innocente. Se volete posso aiutarli a cercare le chiavi, sapete dove sono?- chiese Max, accomodante, e abbassando in parte la furia selvaggia di Amabelle.

Max era il jolly perfetto, era impossibile non fidarsi della sua buona fede, soprattutto per Amabelle che lo conosceva da quasi tutta la vita e che lo aveva sempre visto come un fratello maggiore affidabile, onesto e giusto.

Si calmò appena.

-No, Denny merita di spaventarsi a morte un sacco di volte per quello che ha fatto! Non devi rendergli il compito più facile- provò ad incrociare le braccia, ma trovò una certa resistenza da parte di Petra.

-Ahia, Amabelle, siamo ammanettate!- le ricordò, riappropriandosi del proprio braccio.

-Scusa!- Amabelle si immobilizzò, arrossendo parecchio.

-Mentre aspettate, che ne dite di fare qualcosa di rilassante? Potreste prendere da mangiare, o… oh! Potreste andare sulla ruota panoramica. Vi piacciono i luoghi alti, giusto?- propose, seguendo il piano, ma sinceramente intenzionato a consigliare qualcosa che potesse farle stare meglio.

-Oh, buona idea- Petra sembrò apprezzare il consiglio.

-Non lo so… non è un po’ troppo isolato… e chiuso… e claustrofobico?- Amabelle un po’ meno.

-Ma se fino a dieci minuti fa ti lamentavi del freddo- osservò Petra, squadrandola con sospetto -Amabelle, che hai oggi? Sei strana- la accusò poi.

-LA RUOTA PANORAMICA È PERFETTA!- Amabelle ritornò sui suoi passi, cercando di atteggiarsi alla normalità.

Sia Max che Petra non erano affatto convinti da tale normalità, ma non insistettero.

Max perché era troppo signore, Petra perché sapeva che non sarebbe servito a molto.

-Allora vi lascio alla vostra ruota panoramica. Se avete bisogno di qualcosa chiamate, tanto resto nei paraggi- Max decise di lasciarle al loro appuntamento, e riprese il telefono che aveva messo momentaneamente in tasca.

-Non vieni con noi?- chiese Amabelle, un po’ delusa e nuovamente parecchio sospettosa.

-No, volevo riesumare la mia videochiamata con Sonja, e in alto non prende molto- spiegò lui, mostrando lo schermo del telefono.

-Awww, capisco. Sono un sacco felice che le cose si siano risolte- alla menzione della sua anima gemella, Amabelle si sciolse. 

-Ci stiamo lavorando- Max guardò lo schermo con affetto.

-Anche io sono molto felice per te e Veronika- Petra si aggregò, annuendo appena.

Si salutarono senza nessuna nuova traccia di sospetto.

Prima di richiamare Veronika, Max prese discretamente il walkie talkie, mentre vedeva le due ragazze salire sulla ruota panoramica che non aveva affatto fila, dato che erano in pochi a volerci andare.

-Le ho convinte- spiegò.

-Sì, lo vedo. Grazie mille per il tuo aiuto, Max- Norman rispose con un ghigno.

-Lo vedi?- Max provò ad indagare, ma Norman aveva già chiuso la conversazione.

Per un po’ non accadde nulla di strano. Max tornò a parlare con Veronika, e osservò da lontano Amabelle e Petra, che raggiunsero il massimo dell’altezza e iniziarono la lenta discesa.

Poi, quando ormai mancava poco alla fine della giostra, la ruota panoramica si fermò di scatto.

…non poteva essere stato Norman, giusto?

Era solo un caso che la ruota panoramica che Max aveva consigliato sotto richiesta di Norman impegnato nellOMM si fosse fermata proprio a pochi metri dalla fine, troppo in alto per scendere, ma abbastanza bassa da non farsi male nel caso di caduta accidentale, bloccando le due ragazze da unire in un luogo che non potevano lasciare, perfetto per parlare, e ammanettate insieme.

Max chiuse nuovamente la videochiamata con Veronika, e si avvicinò alla giostra per chiedere chiarimenti al responsabile, un po’ preoccupato e sentendosi molto in colpa.

I suoi timori vennero confermati quando sotto alla ruota panoramica, vicino al responsabile che stava contando i soldi, trovò Norman con un binocolo in mano e un sorriso furbetto.

-Norman, cosa significa questo?- chiese, sorpreso che fosse lì. Era davvero convinto che fosse a casa a studiare per la laurea.

-Siamo al culmine. Ora dovranno parlare per forza- rispose lui, con tono da poco sano di mente.

-E ti lamentavi per Amabelle e i suoi piani?!- gli fece notare Max, incredulo.

-Le ho dato centinaia di occasioni, e il fatto che non le abbia colte, significa che necessita di questo modus operandi. Fidati, Max, alla fine della situazione mi ringrazierà- Norman era molto sicuro di sé, Max ancora incredulo.

-Meglio che vai via da qui, o ti considereranno colpevole… un po’ lo sei, ma meno di tutti gli altri- Norman gli diede qualche pacca sulla spalla, e lo incoraggiò ad andarsene.

Max era ancora completamente senza parole, ma decise di eseguire, perché dubitava di poter cambiare le cose, giunti a questo punto, e forse Norman non era impazzito del tutto, e aveva un vero piano.

E poi non erano in pericolo di farsi male, quindi non c’era motivo di farsi prendere dal panico.

 

Amabelle era nel panico totale!

Era dal primo momento in cui aveva ricevuto quel biglietto che sentiva che c’era qualcosa che non andava, ma mai si sarebbe aspettata di finire ammanettata a Petra in una ruota panoramica ferma dalla quale non poteva scappare dopo una giornata passata interamente con lei, tra cui anche durante un gioco di coppia dove era stata costretta a starle appiccicata durante molti dei giochi.

Sì… avrebbe potuto non partecipare… ma UN MASSAGGIATORE A FORMA DI MINION!!!

Era praticamente la sua kriptonite, non poteva resistere. E non era come quella volta con la sauna portatile, dove aveva mandato altri a partecipare al posto suo, quella volta erano solo lei e Petra.

…ed era stato divertente, Amabelle doveva ammetterlo.

Ma solo pensando che tutto sarebbe finito lì. Invece adesso era ammanettata a lei, bloccata sulla ruota panoramica, ed era tutta colpa di Norman, ne era certa!

Così come era colpa di Norman la kiss cam alla partita, e l’afrodisiaco… probabilmente. No, aspetta, quello era ancora nel dubbio perché era stata Lucie a darglielo, ma comunque Norman era responsabile, Amabelle ne era convinta.

E non riusciva a credere che fosse riuscito a reclutare anche Max, l’affidabile e gentile Max, in quella strana operazione.

-Amabelle, calmati, inizio ad agitarmi anche io per quanto stai iperventilando- Petra la prese per le spalle e cercò di tenerla al posto.

Quasi si slogò un braccio per seguire il movimento della sua mano a causa delle manette.

-Ho tutto il diritto di iperventilare!- si lamentò Amabelle, che stava anche sudando freddo.

-Da quando sei claustrofobica? Aspetta, provo ad aprire la finestrella- Petra iniziava a preoccuparsi per lei, e si alzò per ispezionare la cabina, facendo alzare anche Amabelle.

Quelle manette erano insopportabili.

E inconsciamente Amabelle sapeva bene che quello che stava vivendo in quel momento era la risposta del karma a tutto quello che era successo in quell’anno… ma comunque non voleva accettarlo.

-Petra, lascia stare, restiamo sedute e aspettiamo che Norman si stanchi- Amabelle incoraggiò l’amica a rimettersi al suo posto, e la trascinò quando lei non sembrava volerla ascoltare.

-Perché sei così convinta che Norman sia responsabile. Ha la tesi di laurea in due giorni, non credo proprio che perderebbe tempo a farci scherzi- Petra era scettica. Amabelle però era convinta che Norman fosse responsabile.

Probabilmente aveva sottovalutato la sua minaccia in bagno, durante il compleanno di Diego.

Era anche passato parecchio tempo da allora… esattamente due mesi, a pensarci bene.

Ma non poteva forzarla a rivelare i propri sentimenti! Amabelle non l’avrebbe mai fatto! E sperava con tutto il cuore che Norman si sarebbe stancato presto, e che sarebbero uscite da quel parco divertimenti provvisorio senza alcun cambiamento nella loro relazione.

Non rispose a Petra, e rimase in silenzio a riflettere su quanto forte battesse il suo cuore.

-Sarebbe piuttosto comico, non pensi?- Petra interruppe il silenzio dopo qualche minuto di vuoto.

-Cosa?- Amabelle sollevò la testa su di lei, ma distolse immediatamente lo sguardo, incapace di guardare l’amica e cotta negli occhi.

-Beh, tutti hanno realizzato il proprio proposito o sono in procinto di farlo, e io rischio di non realizzare il mio a pochi giorni dalla fine dell’anno… il mio che era il più semplice- spiegò Petra, osservando a che altezza fossero.

-Petra! Non dirlo neanche per scherzo!- esclamò Amabelle, prendendole entrambe le mani.

Petra scoppiò a ridere.

-Stavo scherzando, una caduta da quest’altezza non ci ucciderebbe, anche se è meglio non agitarci troppo… magari possiamo provare a toglierci le manette. Avere le mani libere ci aiuterebbe in caso dovessimo arrampicarci per scendere- Petra osservò i loro braccialetti all’ultima moda.

Amabelle iniziò a sentire un leggero ottimismo invaderla.

-Ora che ci penso… queste manette le ho prese da un sito hot, quindi non sono come manette normali, e dovrebbero avere un pulsante di apertura per le situazioni di emergenza. C’era scritto nel sito- rifletté, speranzosa, prendendo il telefono e controllando la cronologia.

Come Max aveva anticipato, però, la connessione lì sopra era davvero pessima.

-Che cavolo!- esclamò, lanciando il telefono in un angolo per la frustrazione. Per fortuna Petra lo prese al volo, altrimenti si sarebbe quantomeno scheggiato lo schermo.

-Calma, possiamo sempre procedere per tentativi, o aspettare di scendere da qui, prima o poi aggiusteranno il malfunzionamento, o manderanno qualcuno con una scala- Petra cercò di calmarla. Ma più si avvicinava a lei, più Amabelle si sentiva a disagio, e sempre più sudata.

Si ritirò su sé stessa, e Petra decise di non insistere, a disagio a sua volta.

Ci furono altri minuti di imbarazzato silenzio, rotti nuovamente da Petra.

-Allora… come ti senti riguardo all’aver realizzato il tuo proposito?- chiese, cercando di distrarla.

Amabelle non ci aveva pensato.

Probabilmente perché era accaduto tutto troppo in fretta.

Prima Felix e Mirren, e okay, aveva avuto il tempo di elaborarlo.

Poi Clover e Diego, e quasi immediatamente dopo sia Mathi e Denny che Max e Veronika.

Certo, questi ultimi non erano ancora ufficiali, ma ufficiosamente stavano insieme, era chiaro.

Aveva accoppiato tutte le coppie della Corona Crew.

Eppure… come mai sentiva ancora un profondo vuoto dentro di sé?

-Sì… sono soddisfatta. È stata un’impresa- rispose, senza alcun calore -Anche se manchi ancora tu, ad essere onesti- aggiunse poi, quasi tra sé.

Si pentì immediatamente di aver tirato fuori l’argomento.

-Pensavo che io non fossi inclusa nei tuoi piani- obiettò Petra, infastidita dalla proposta.

-Sì! Cioè no! Cioè… sei tu ad avermi detto di volerti mettere con qualcuno…- si difese Amabelle, affogando sempre più nell’argomento che neanche avrebbe voluto toccare.

-Amabelle… se proprio devo essere onesta… io…- Petra iniziò a torturarsi le mani, senza guardarla, e leggermente rossa.

Il cuore di Amabelle ebbe un tremito, ma la interruppe prima che potesse dire qualsiasi cosa.

-Non parliamone adesso, okay? Non è il momento di parlare di coppie, e e propositi, e relazioni, e faccende romantiche!- la supplicò, guardando fuori dalla finestra per evitare a tutti i costi di posare lo sguardo sulla sua migliore amica e cotta stratosferica.

Di cosa aveva paura?! Non lo sapeva neanche lei.

Che Petra le dicesse di avere una cotta per qualcuno che non fosse lei? Che Petra le dicesse di avere una cotta proprio per lei? Entrambe le opzioni erano terrificanti, e Amabelle non credeva di essere in grado di affrontare la situazione al momento.

-Amabelle, perché…?- Petra provò ad insistere, ma Amabelle la interruppe nuovamente, questa volta senza neanche intenderlo per davvero.

-Norman!- esclamò infatti, alzandosi in piedi e trascinando Petra con sé.

-Che?- quest’ultima la guardò come se fosse pazza.

-Norman! È lì sotto, e ci guarda con un binocolo!- spiegò Amabelle, indicando l’inconfondibile ragazzo non troppo distante, che dopo essersi accorto di essere osservato, agitò la mano in segno di saluto.

Petra era congelata sul posto.

-Non ci credo…- borbottò, la voce tremante di rabbia a malapena contenuta.

-Lo sapevo io che era colpa sua! È tutta colpa sua! Quel traditore magico fintamente santarellino!- Amabelle iniziò ad insultarlo, facendogli gestacci dalla finestra.

Lui sorrideva… o almeno sembrava sorridere, anche se non si capiva esattamente da quella distanza.

-Ma perché fare una cosa del genere? È molto poco da lui- osservò Petra, sconvolta.

Amabelle non la stava ascoltando. Si affrettò a prendere il telefono che ancora teneva in mano e cercò in rubrica il numero di Norman.

Lui le rispose dopo due squilli.

-Hey, Amabelle, come va?- chiese con nonchalance.

-Facci immediatamente scendere!- esclamò lei con tutto il fiato che aveva in corpo.

-Ames, ci sono anche io qui? Potresti parlare meno forte?- si lamentò Petra, impossibilitata a mettere entrambe le mani sulle orecchie a causa delle manette.

-Pensavo che ti facesse piacere passare un po’ di tempo con la ragazza che ti piace. Pensala come un’ottima occasione per chiarire con lei- Norman andò dritto al punto. Amabelle si allontanò ulteriormente da Petra, terrorizzata all’idea che potesse aver sentito.

L’amica la guardò confusa, con una sola mano sull’orecchio.

-Norman, non è divertente. Ti prego facci scendere! Ho capito la lezione su quanto sia sbagliato esagerare nel matchmaking eccetera. Facci uscire!!- Amabelle lo supplicò di smettere con quella follia.

-Non è una lezione, Amabelle, è una sveglia. Ti ho dato un triliardo di occasioni e due mesi di tempo per chiarire con Petra, e non lo hai fatto con le tue forze. Quindi ho pensato che forse ti serve qualcuno che te lo faccia fare, come pensi che ad altri serva il tuo intervento. Consideralo uno studio psicologico- spiegò Norman, pratico.

-Non sono nelle condizioni di affrontare uno studio psicologico- si lamentò Amabelle, che era troppo nel panico per ragionare lucidamente. Era talmente madida di sudore che la manetta al suo posto sembrava in procinto di scivolare via.

-Va bene, allora vi farò scendere… dopo che avrai detto la parola d’ordine- Norman rigirò i suoi piani nuovamente contro di lei. L’allievo aveva quasi superato la maestra.

Amabelle era così stizzita, che per un istante si dimenticò di essere in compagnia di Petra, forse perché stava cercando in tutti i modi di non pensarci.

-Sul serio Norman?! E che vuoi che dica? Che sono innamorata di Petra?! Che lo sono da mesi?! Che ho troppa paura di dirlo?! Che temo che la nostra amicizia finisca quindi non voglio che cambi niente?! Perché non lo farò! Non rovinerò la relazione più bella della mia vita come ho già rovinato tutto il resto!- sbottò, furiosa.

Norman non replicò.

Ci furono alcuni secondi di silenzio.

-Amabelle… cosa… cosa hai detto?- arrivò poi la voce di Petra, ricordando ad Amabelle la propria presenza, e facendola impallidire.

Il telefono le cadde dalle mani e si schiantò sul pavimento della cabina. Lo schermo di scheggiò, ma nessuna delle due ragazze ci fece troppo caso.

Petra la guardava come se la vedesse per la prima volta.

Amabelle sentiva che il cuore le stava per scoppiare nel petto. Un terrore cieco si era impadronito di lei, facendola tremare interamente.

Provò a ritirare tutto ciò che era uscito dalla sua bocca, ma la sua gola si era chiusa, e le lacrime aveva iniziato ad uscire dai suoi occhi senza che lei potesse in alcun modo controllarle.

-Amabelle…- Petra sollevò una mano verso di lei, in tono confortante.

Sembrava preoccupata, e allo stesso tempo… felice? Sollevata? 

Amabelle non riuscì a capirlo, e non voleva farlo.

Aveva appena rovinato tutto.

Aveva appena… perso Petra per sempre.

Una parte del suo cervello sapeva che i suoi timori erano infondati, ma non riuscì a controllare il suo istinto.

Con un violento gesto del braccio, liberò la mano sudata dalle manette, facendole scivolare via. Si fece piuttosto male al pollice, ma non gli diede importanza. Poi aprì il portellone della cabina, ignorando il vento che tirava a quell’altezza. Si arrampicò fuori, sfruttando la sua insospettabile agilità, e prima che Petra si rendesse del tutto conto di cosa stesse facendo, prima che potesse fermarla, o afferrarla, o seguirla, Amabelle si buttò, cadendo in piedi, anche se storcendo la caviglia, e corse via zoppicando leggermente diretta il più lontano possibile da quella situazione terrorizzante.

-Amabelle!- sentì la voce di Petra, Norman e Max chiamarla dalla distanza.

-Cosa diavolo…?- le sembrò di udire Mathi e Denny.

-Santo cielo!- arrivarono le sconvolte esclamazioni di Mirren e Felix.

Ma non recepì nulla di tutto questo.

Esisteva solo il suo cuore che batteva forte.

La sua paura di perdere Petra per sempre.

E la consapevolezza di avere molti più problemi di quanti pensasse.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Questo penso sia il culmine finale della fanfiction: l’effetto Norman, tutte le coppie fanno il punto della situazione, è il capitolo più lungo dopo quello di San Valentino, e Amabelle e Petra finalmente hanno occasione di parlare.

…se solo non fosse che Amabelle è una codarda.

Il prossimo capitolo si capiranno meglio i suoi sentimenti al riguardo.

Ma parlando di questo… 

Clover e Diego penso che non avranno più molto da dare. Ovviamente il capitolo di Natale parlerà di tutte le coppie, ma la loro storyline è del tutto finita. Stanno bene, Clover si è staccata dalla famiglia, e ne ha trovate altre due (gli Sleefing e i Flores). Diego ha superato il trauma di non aver mai ricevuto risposte da Clover e tutto è bene ciò che finisce bene.

Felix e Mirren hanno ancora una piccolissima faccenda in sospeso, ma stanno fin troppo alla grande. Praticamente sono prossimi alle nozze. Vi sfido ad indovinare cosa ho in serbo per loro ;)

Mathi e Denny sono adorabili. Denny ha avuto davvero un grande character development, bisogna ammetterlo. E Mathi finalmente è felice. Il loro arco narrativo sarebbe in teoria finito, ma vorrei ancora fare qualcosina con loro, e mostrare come procede la loro relazione.

Max e Veronika sono quelli più in sospeso dopo Amabelle e Petra, ma cercano di arrangiarsi in una relazione segreta e a distanza.

Almeno Veronika è ufficialmente single …solo ufficialmente.

Mentre Amabelle e Petra… eh… beh… ho già parlato di Amabelle e Petra.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, se tutto va bene il prossimo dovrebbe arrivare Domenica (ho tutto il progetto di stesura degli ultimi capitoli rimanenti) e… non riesco ancora a credere che stiamo alla fine. So di dirlo ormai ad ogni nuovo capitolo, ma ho sempre avuto problemi a finire le storie, e questa storia in particolare non è che sia la più breve del mondo, quindi pensare che riuscirò a finirla… in un anno e mezzo… wow. Solo wow!

Grazie a tutti quelli che sono arrivati fino a qui (perché appunto non è la storia più breve del mondo) e vi mando un enorme bacione e alla prossima :-*

 

 

-3 (+ Epilogo)

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Petra cerca Amabelle per finire il discorso. Norman conclude il suo proposito.

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Capitolo 51
*** Propositi compiuti ***


Propositi compiuti

 

Mercoledì 18 Dicembre

Petra era tanto, tanto confusa, in quel momento.

Conosceva Amabelle da anni, così bene che avrebbe potuto scrivere un trattato su di lei, e vincere parecchi giochi di coppia insieme, ma ogni volta che era convinta di sapere ogni segreto e stranezza, lei la sorprendeva mostrando nuovi lati del suo carattere sempre più folli e inaspettati.

Non che se ne lamentasse, avere Amabelle come migliore amica era un’avventura.

…ma aveva seriamente rischiato di non realizzare il suo proposito e morire d’infarto quando l’aveva vista buttarsi dalla ruota panoramica.

E questo l’aveva rallentata dal saltare a sua volta e mettersi all’inseguimento.

Perché Amabelle non poteva buttare una bomba del genere e poi buttarsi lei stessa nel vuoto, soprattutto quando Petra era stata in procinto di rivelarle i propri sentimenti a sua volta.

Okay, era stata un po’ lenta, e forse non avrebbe dovuto chiedere “cosa hai detto?” ma dire una specie di “Ti amo anche io! Sposiamoci domani prima che cambi idea!”.

…nah, non era neanche quella la risposta giusta, ma era stata così presa in contropiede da quella rivelazione urlata nel panico che non riusciva ancora a credere che fosse vera.

Magari stava soltanto cercando di togliersi Norman di dosso.

Ma poi perché Norman si era impuntato su di loro?

E perché Amabelle era così convinta che Norman pensasse che lei avesse una cotta per Petra? Norman sapeva della cotta di Petra per Amabelle, o almeno Petra era convinta che lo avesse intuito quando le aveva lasciate sole al parco dove avevano poi adottato Lottie, quindi era possibile che il piano non fosse indirizzato ad Amabelle, ma a Petra.

Eppure Amabelle era convinta fosse indirizzato a lei.

Quindi probabilmente ciò che aveva detto era vero, e ricambiava i sentimenti di Petra?

E Norman aveva fatto tutto quel casino perché era effettivamente irritante essere amico di due ragazze cotte l’una dell’altra ma che non lo ammettevano?

Ma allora perché Amabelle sembrava sempre agire come se temesse che Petra le rivelasse i propri sentimenti? Di cosa aveva paura se li ricambiava?

Più ci pensava, meno Petra riusciva a capire cosa passasse per la mente di Amabelle, e non era una novità, dato che Amabelle era un mistero avvolto nel mistero persino per lei.

E poi quello non era il momento di pensare, ma di agire.

E ritrovare Amabelle dispersa nella fiera.

-Petra, stai bene?- quando la ragazza saltò dalla ruota, con maggiore grazia e atterrando in piedi a mo’ di Vedova Nera, Mirren fu il primo ad avvicinarsi a lei, accompagnato da Felix.

Petra guardò il fratello con leggero sospetto (da quando era lì? Era coinvolto anche lui?) e annuì.

-Fisicamente sì, psicologicamente assolutamente no. Avete visto dove è andata Amabelle?- chiese, cercando di non perdere tempo.

-Mi sembra sia andata verso l’uscita- rispose Felix, indicando la direzione.

Petra non li degnò neanche di un saluto, e iniziò a correre in quella direzione, aguzzando la vista per cercare di trovare la ragazza in mezzo alla calca di gente che con l’arrivare della sera, con il prezzo ridotto, iniziava ad essere più numerosa.

Per poco non andò a sbattere dritta contro Mathi e Denny, che evitò per un pelo.

-Aspetta, Petra, abbiamo ritrovato la chiave!- Mathi provò a fermarla, ma finì per correre dietro di lei, agitando una piccola chiave che era davvero ammirevole fosse riuscito a recuperare in quel lungo corridoio buio.

-Un po’ tardi, aggiunta peggiore del gruppo- gli fece notare che non era più legata ad Amabelle.

-Sì, ma… dai almeno le togli anche tu, deve far male tenerle così a lungo- Mathi le lanciò la chiave, e Petra l’afferrò al volo, piuttosto grata che le avesse restituite.

Raggiunse poi l’uscita, e vide Max, con il fiatone, che si guardava intorno e cercava di recuperare le energie.

-Dov’è Amabelle?- chiese, in tono molto accusatore.

-Mi dispiace tanto… non sapevo che Norman… voleva fermare la ruota panoramica- si scusò senza fiato, chiaramente rammaricato da come le cose si erano sviluppate.

-Dov’è Amabelle?- chiese nuovamente Petra, un po’ addolcita.

-Quando ha visto… me e Norman all’uscita… è andata verso il padiglione… quello piccolo… penso…- Max indicò la direzione, e Petra tornò a correre. Aveva una resistenza decisamente maggiore di Max.

Raggiunse il padiglione secondario in meno di un minuto, e notò che Norman era all’esterno, e sembrava un buttafuori attento che nessuno superasse l’ingresso.

Petra gli si fermò davanti, e lo fulminò con lo sguardo.

-Dov’è Amabelle?- chiese, con voce fredda.

-È dentro ed è convinta di averci seminati- rispose lui, spostandosi per far passare Petra. Sembrava preoccupato, ma la sua energia da cucciolo bastonato non convinse Petra a perdonarlo seduta stante.

Ohhh, gli avrebbe fatto una sfuriata eterna una volta risolta la faccenda con Amabelle. Per sua fortuna, al momento aveva altre priorità.

Entrò nel padiglione lentamente, e approfittò di essersi fermata per togliere le manette, che mise in tasca insieme alla chiave.

Il padiglione era vuoto, senza neanche un membro dello staff. Per un attimo, Petra pensò che Amabelle avesse fregato Norman e fosse scappata anche da lì, ma poi notò i capelli fulvi della ragazza in un angolo, e la vide dietro una pila di oggetti di scena, sdraiata a terra, intenta a fissare il soffitto.

-Amabelle…- Petra si avvicinò lentamente, in tono dolce, e piegata in modo da non sembrare una minaccia, ma si preparò a scattare per afferrare Amabelle nel caso avesse provato a scappare nuovamente.

Amabelle però rimase completamente impassibile, e neanche si girò a guardarla.

-Mi fa troppo male la caviglia per scappare, e non ti seminerei mai…- rifletté ad alta voce, in tono neutro.

-Perché ti sei buttata da quell’altezza?! Sai che non sei così agile- Petra la rimproverò, più preoccupata che cercando di farle la morale, e le si sedette accanto, osservando la caviglia coperta dagli stivali rosa.

Avrebbe voluto indagare meglio, ma temeva che se avesse provato a toccare Amabelle, lei avrebbe fatto nuovi gesti avventati, così rimase a distanza.

-Au contraire, ero super agile… fino alle medie. Ricordi quando ci siamo conosciute, dopo che Felix aveva lasciato Melany? Superavo sempre l’alto recinto che superava le medie dal liceo- Amabelle ricordò a Petra, sempre in tono neutro, e fissando il soffitto.

Petra decise di sdraiarsi accanto a lei.

Il soffitto non dava molte risposte, era solo un insieme di travi, luci e vernice che iniziava a cadere giù.

-Su questo non posso darti torto… ma mi pare di ricordare che eri sempre piena di cerotti sulle ginocchia e sulle mani perché non cadevi granché bene- le ricordò, cavalcando l’ondata di ricordi.

Amabelle si lasciò sfuggire una risatina mista ad uno sbuffo, e sollevò la mano che fino a poco prima era intrappolata nella manetta insieme a Petra.

-Mi servirebbe un cerotto, in effetti- osservò.

Il pollice, infatti era rimasto ferito, e usciva un po’ di sangue che le era scivolato sul braccio macchiando il cappotto.

Petra sollevò la mano per prendere quella di Amabelle e controllarla meglio, ma la ritirò immediatamente al petto.

-Vuoi che ti accompagno alla zona di primo soccorso?- chiese, cercando di ricordare come arrivarci, e tastandosi le tasche per trovare una mappa.

Amabelle scosse appena la testa.

-Preferirei rimanere qualche altro minuto qui. Sdraiarsi a terra aiuta tantissimo a calmare le emozioni- spiegò, chiudendo gli occhi, e respirando profondamente

-Amabelle…- Petra voleva tantissimo introdurre il discorso, ma Amabelle la fermò mettendole una mano sulla bocca.

-No, Tray… non sono ancora abbastanza Arya Stark per questa conversazione- la interruppe, la sua voce tradì un tremito.

-Aria Stark?- chiese Petra, parlando con difficoltà oltre la mano di Amabelle.

-Nessuno, devo diventare nessuno, liberarmi di tutte le mie emozioni e la mia identità, fino a raggiungere il nulla!- rispose Amabelle, in tono sacrale.

-Amabelle… non c’è bisogno di arrivare a tanto- provò a suggerirle l’amica.

-Sì! Se non divento nessuno sarò costretta ad affrontare le conseguenze di ciò che ho detto, e non credo di esserne in grado- la fulva scosse la testa, ritirando la mano e portandola al petto. La usò per regolare il respiro.

-Pensi davvero che sarebbero così gravi? Sai, Amabelle… io…- forse assicurarle che i suoi sentimenti erano ricambiati poteva aiutarla.

-No, Petra!- la fermò Amabelle, con determinazione.

-Sì, Amabelle, devo dirti che…-

-Non parlare-

-…in realtà anche io…-

-Non voglio sentirlo adesso!-

-Perché no? Io ti…-

-Zitta, Petra! Zitta! Non è questo il problema!- Amabelle si mise di scatto a sedere, alzando la voce, e finalmente guardando Petra, con sdegno, e gli occhi pieni di lacrime.

Petra rimase basita. Si sedette a sua volta.

-E allora qual è il problema? Prova a spiegarmelo? Tu mi piaci, Amabelle, e mi sembra di capire che anche io piaccio a te. Potremmo…- provò a proporle, paziente, avvicinandosi appena.

Amabelle si trascinò via.

-No, Petra, non potremmo. Non funzionerebbe, e poi ci lasceremmo, e non ci parleremmo più, e non voglio perdere la tua amicizia. Meglio lasciarla tale!- spiegò, la voce sempre più impastata, il panico iniziava a salire.

Petra rimase sul posto, senza più cercare di avvicinarsi, ma provò comunque ad insistere.

-Cos’è questa Mirrenata? Ti rendi conto che stai facendo esattamente ciò che hai tentato di impedire a Mirren di fare per anni?- le fece notare la sua ipocrisia, pensando a suo fratello con Felix.

-Forse Mirren doveva continuare a ignorare Felix… forse non si sarebbero mai dovuti mettere insieme, forse nessuno doveva mettersi insieme a nessuno! Il mio proposito è stato un’egoista macchinazione impropria che mai avrei dovuto mettere in piedi!- Amabelle si prese il volto tra le mani, e iniziò a scuotere la testa. Sembrava aver perso il senno.

-Amabelle, che stai dicendo? Stanno tutti insieme, sono tutti felicissimi! Da dove ti è uscito adesso questo pessimismo?- Petra non riconosceva affatto la ragazza davanti a lei. Amabelle e pessimismo non potevano coesistere nella stessa frase. La sua Amabelle era sempre ottimista, speranzosa, e innamorata dell’amore con tutto il suo cuore.

-Per quanto saranno felici, eh? Per qualche settimana? Per qualche mese, magari addirittura qualche anno. Potrebbero sposarsi, avere figli, e poi iniziare a litigare, e lasciarsi, e il gruppo si romperà, e sarà stata tutta colpa mia!-

-O magari staranno insieme per sempre, non puoi saperlo! E se inizi una relazione sapendo che poi finirà non ha senso neanche cominciarla perché è ovvio che poi di autosaboterai nel farla fallire- provò ad obiettare Petra. Bisognava godersi il presente, senza pensare ad un futuro dove tutto poteva andare storto. E Amabelle sarebbe dovuta essere la paladina di quel modo di pensare, dato che agiva sempre d’impulso senza pensare alle conseguenze.

-Appunto! Appunto! Non si dovrebbero iniziare relazioni sapendo che finiranno, quindi non dovremmo mai metterci con nessuno- Amabelle però la stupì con un pessimismo che non le si addiceva per niente.

-Sì invece, perché ci sono relazioni che durano per sempre!- Petra insistette nella sua idea… nell’idea che Amabelle le aveva inculcato in quei mesi.

-Quali? QUALI?! I miei genitori si sono lasciati! La madre di Denny e Max è morta! I genitori di Clover si odiano! Tutte le persone che ho sempre cercato di accoppiare non sono mai durate! Persino mio padre e Molly litigano sempre e stanno insieme solo per i figli! L’AMORE VERO NON ESISTE!!- dopo aver sbottato, Amabelle si mise le mani sulla bocca, sconvolta da ciò che aveva appena detto.

Petra era senza parole.

Amabelle Rosenhan aveva appena detto che l’amore non esisteva? Amabelle?! AMABELLE AVEVA APPENA DETTO CHE NON CREDEVA NELL’AMORE?!

Ci furono alcuni secondi di gelo totale, poi Amabelle scoppiò a piangere, e si ritirò su sé stessa, coprendosi il volto con le mani.

-Amabelle…- Petra non sapeva come consolarla, era troppo sconvolta.

Delle due, non era lei l’esperta del vero amore, e fino a pochi mesi prima non ci credeva neanche lei.

Ma come era possibile non crederci dopo aver osservato la Corona Crew quell’anno.

Si trascinò molto lentamente verso Amabelle cercando le parole giuste per provare che si sbagliava.

-Beh… Johanne e Bartie stanno insieme da… più di venticinque anni, penso, e stanno alla grande. Dovevi vederli alla cena a casa mia l’altra volta, sempre uno accanto all’altro. E penso che Johanna abbia imbrogliato a carte, consigliando il marito…- ripensò ai genitori di Felix, quattro figlie e un amore sempre costante.

Amabelle la guardò confusa, con le sopracciglia inarcate, ma non la interruppe, e rimase ad ascoltarla, aspettando che continuasse.

-Lucie e Genevieve si sono ritrovate tardi, lo ammetto, ma stanno insieme da tanto tempo ormai, e penso che rimarranno insieme il resto della loro vita. Le hai viste anche tu, che si punzecchiano sempre, che si amano, e si conoscono alla perfezione. Pensi che questo non sia vero amore?- il secondo esempio fece sobbalzare Amabelle, che per un attimo sembrò quasi convincersi delle parole di Petra, ma scosse la testa immediatamente.

-Sono eccezioni. Persone fortunate. Ma la regola è che l’amore non esiste, e io sono la regola, e… sai… credo che sia per questo che sono così fissata con l’aiutare gli altri- Amabelle si accartocciò maggiormente su sé stessa, e cominciò ad ammettere la propria paura con una certa esitazione, come se lei per prima non sapesse cosa stesse uscendo dalla sua bocca.

Blocchi psicologici che si teneva dentro da sempre e non era mai riuscita a tirare fuori neanche a sé stessa.

E stava aprendo il suo cuore proprio a Petra, che rimase ad ascoltarla, abbastanza vicina ma non troppo da metterla a disagio, e cercando di captare ogni emozione e pensiero dell’amica in modo da aiutarla al meglio delle sue possibilità.

-…volevo… volevo dimostrare che l’amore esistesse unendo gli altri. Se loro funzionano, forse posso funzionare anche io… ma ora stanno tutti insieme, e mi sembra solo di aver fatto un errore, perché ho come una pietra sul petto, che non si è tolta con la realizzazione del mio proposito, come speravo, ma si è solo ingigantita, sempre di più, e mi sta soffocando- continuò a spiegare Amabelle, seppellendo nuovamente la testa tra le braccia e singhiozzando più forte.

Le sue parole erano a malapena comprensibili, ma Petra le afferrò tutte.

-Penso… penso che l’unica persona che possa togliere quella pietra sei tu, Amabelle- le suggerì, in tono cauto.

Amabelle scosse la testa.

-Non so come fare! Non ho idea di dove cominciare!- si lamentò.

Petra le diede qualche pacca sulla testa, per offrirle conforto.

-Forse potresti provare ad essere felice… intendo… se una persona ti piace, prova a stare insieme a lei, e vedere come va. Sai… vivendo il presente e non pensando al futuro- provò a suggerirle, sperando di non sembrare che avesse un doppio fine.

…in parte forse lo aveva, ma credeva davvero fosse l’opzione migliore per Amabelle.

-Non posso rischiare un’amicizia per qualcosa di incerto, però!- obiettò Amabelle.

Cavolo… era tale e quale a Mirren! Ecco perché i due non erano molto legati: erano troppo simili!

-Consideri la nostra amicizia debole abbastanza da crollare se proviamo a metterci insieme?- a differenza di Mirren, però, Petra sapeva che Amabelle a volte aveva bisogno che qualcuno la provocasse.

Non fu spietata, o crudele, ma cercò comunque di essere decisa.

-Io…- Amabelle esitò, e lanciò una breve occhiata verso Petra, che capì di essere sulla strada giusta.

-Se ci rifletti, l’unico momento in cui la nostra amicizia ha avuto un problema, quest’anno, è stato quando mi hai mentito. E sappi che anche allora ero ancora profondamente cotta di te e aspettavo solo che mi chiedessi scusa e ammettessi i tuoi errori prima di tornare tua amica. Felix e Mirren, migliori amici da sempre, e ora la coppia più scoppiettante del mondo, hanno litigato molto di più, e non si sono parlati per settimane… se loro sono riusciti a risolvere, pensi che noi non riusciremmo a restare amiche nel caso di una rottura?- le fece notare, ricordando gli eventi salienti dell’ultimo anno passato.

Era successo davvero di tutto!

-Ma…- Amabelle provò ad obiettare, e Petra intuì che volesse dire qualcosa del tipo “Non possiamo sapere cosa succederebbe se Mirren e Felix si lasciassero ora che stanno insieme per davvero” e Petra aveva già l’obiezione giusta.

-E pensa a Clover e Max!- disse infatti.

Amabelle sobbalzò.

-Clover e Max?!- chiese, confusa.

-Non è di dominio pubblico, perché non lo hanno detto mai in giro, ma sono stati insieme per una settimana, all’inizio della loro amicizia, prima di rendersi conto che nessuno dei due era effettivamente attratto dall’altro, e ti sembra che si siano allontanati? Sono più amici di prima!- raccontò una confidenza che Clover le aveva confessato un giorno in palestra, parlando di ex. Sperò che Amabelle non andasse a dirlo né a Clover, né a Max, ma si preparò a convivere con le conseguenze della sua rivelazione in futuro, sperando che nel presente servisse ad Amabelle per capire che l’amicizia sincera era più forte della fine di un amore romantico.

-Max e Clover sono stati insieme?!- Amabelle si soffermò su altro.

-Non concentrarti su quello! Pensa alla loro amicizia… e alla nostra. Io non posso assicurarti che se ci mettessimo insieme vivremmo per sempre felici e contente. Sicuramente litigheremo, affronteremo delle difficoltà, e forse un giorno ci renderemo conto che abbiamo obiettivi diversi, e che una storia d’amore non era l’ideale, ma una cosa te la posso promettere senza alcuna esitazione: tu per me sarai sempre la migliore amica che potessi desiderare!- Petra le prese le mani tra le sue, e le strinse con forza evitando accuratamente di porre pressione sulla ferita al pollice.

Amabelle pendeva dalle sue labbra.

Aveva ancora le lacrime agli occhi, ma aveva smesso di singhiozzare.

-Adoro passare del tempo con te, adoro la tua follia, quanto tu sia imprevedibile, e matta. Ho iniziato a vedere Gorgeous solo per capire di che diavolo stessi parlando, e mi ci sono appassionata per davvero, sono completamente coinvolta da quella trashata. E adoro portare a spasso Lottie insieme, e parlare per ore di tanti argomenti diversi senza stancarmi né annoiarmi. Mi fai ridere con la tua esuberanza, e con i tuoi piani sempre meno sani di mente. E amo il fatto che mantieni le promesse e che cerchi di migliorarti nonostante tu sia una delle persone più testarde al mondo. Insomma, io ti amo, Amabelle, amo ogni singola cosa di te, anche quelle che mi fanno impazzire a volte. E se vorrai prenderla con calma, se vorrai restare solo mia amica, io accetterò la tua decisione. Ci starò male, senz’altro, ma la accetterò. Perché il mio amore nei tuoi confronti non è solo un’attrazione, ma un’estensione dell’amicizia che mi unisce a te da anni. E quello che provo per te… è vero amore. E non lo è da quando mi sono resa conto di voler essere la tua ragazza, ma da prima, quando eravamo solo amiche, e andavamo al parco per accarezzare i cani che non ci appartenevano e che cercavi di rubare. Quando eri una ragazza delle medie con le trecce e cerotti ovunque, e io una giovane studentessa delle superiori più amica della palestra che delle altre persone- Petra la guardò negli occhi durante tutta la confessione, e quando citò il vero amore, Amabelle alla fine incrociò il suo sguardo.

-Mi ami da così tanto?- chiese, in un sussurro. Non sembrava ancora afferrare in pieno ciò che Petra stava cercando di dire, quindi la ragazza sorrise, e si spiegò meglio che potè.

-In modo diverso, forse, magari con meno intensità, che è andata aumentando con gli anni, e conoscendoti sempre meglio, ma sì, ti amavo già da allora. Così come ti ama Norman, che ha cercato di spingerti al limite solo per aiutarti, ed è qui fuori a controllare che nessuno ti disturbi. Così come ti amano Felix e Mirren, che ci hanno osservate da lontano e, sì, sono stati loro ad urlare al bacio durante il gioco di coppia, è sicuro…-

-Ah! Lo sapevo che quella voce inconfondibile era Felix! Anche se non l’avevo riconosciuto con quei capelli all’indietro-

-…Così come ti amano Denny e Mathi, che si sono fatti la casa infestata chissà quante volte per ritrovare la chiave delle manette. E così come ti ama Max, che cercava davvero solo di aiutarci a stare meglio. Non in modo romantico, certo, ma ti amano tutti quanti, nella Corona Crew. Non è il vero amore che leggi nelle favole, forse tale amore non esiste, ma, se permetti, io penso che questo sia ancora meglio. Un tipo di amore volubile, che non nasce da uno sguardo, che permane nel tempo e che ci tiene legati a doppio filo a tantissime altre persone, e non solo al compagno di vita che cerchiamo per noi- Petra concluse il discorso, mettendoci il cuore e l’anima.

Gli occhi di Amabelle erano ancora cerchiati di lacrime, ma il suo sguardo era limpido, e fissava Petra con intensità, come se la vedesse per la prima volta, come se cercasse di imprimere dentro di lei ogni singolo dettaglio del suo volto e della sua stessa anima.

-Petra…- cominciò a dire, ma non trovò le parole per continuare, la voce rotta dalla commozione.

Quindi si limitò ad agire.

Amabelle era sempre molto più brava nelle azioni, piuttosto che nelle parole.

Si avvicinò a Petra e la cinse in un forte abbraccio, in una stretta intima e intensa, seppellendo il volto alla base del suo collo, e facendo aderire interamente i loro corpi.

Erano state molto vicine durante il twister di coppia, al punto che ad un certo punto non si capiva chi fosse Amabelle e chi Petra, ma con quell'abbraccio Petra si sentì ancora più vicina ad Amabelle, emotivamente e fisicamente.

-Ti amo anche io… tanto, tanto tanto. E in tantissimi modi diversi!- disse poi la fulva, staccandosi appena dall’abbraccio, e dandole un breve ma ugualmente intenso bacio sulle labbra, che Petra ricambiò immediatamente, sentendosi davvero la ragazza più fortunata non solo di Harriswood, ma dell’intero pianeta.

-Credo che quest’amore potrebbe battere anche quello tra Francisca e Angelica- borbottò poi, tornando abbracciata a Petra, come se non si volesse più staccare.

L’atmosfera tornò più leggera, e Petra scoppiò a ridere, riconoscendo finalmente l’Amabelle inappropriata che amava con tutto il cuore.

-Detta da te, penso sia la più grande dichiarazione d’amore dell’universo- la prese in giro, facendola ridacchiare a sua volta.

Ci furono alcuni secondi di silenzio, turbato solo dai battiti dei loro cuori e i loro respiri che via via si facevano sempre più costanti.

-Vorrei provarci… Tray- ruppe poi il silenzio Amabelle, con voce incerta, ma decisa.

-Sei sicura?- Petra non voleva sperare troppo, ma il suo cuore iniziò a battere più forte.

-Tu ne vali la pena… ma forse dovrei anche iniziare ad andare in terapia- Amabelle si staccò malavoglia dall’amica… anzi, no, dalla sua ragazza, e la guardò dritta negli occhi per farle capire quanto facesse sul serio.

-Dovremmo andare tutti in terapia- annuì lei, senza però riuscire a non sorridere, piena di gioia -…posso confessarti una cosa?- disse poi, distogliendo lo sguardo e arrossendo appena.

-Qualsiasi cosa, mia ragazza- Amabelle sorrise e la incoraggiò a parlare.

-Il mio vero proposito non era sopravvivere…- ammise Petra, comunicando per la prima volta un segreto che si era tenuta dentro dall’inizio dell’anno -…era confessare i miei sentimenti per te- 

-Awwww, Tray!- Amabelle la abbracciò di nuovo, e questa volta non aveva la minima intenzione di lasciarla andare.

Alla fine… non c’era bisogno di vendicarsi troppo di Norman.

 

Venerdì 20 Dicembre

Dopo quello che era successo con Amabelle due giorni prima, Norman era convinto che la ragazza non gli avrebbe parlato mai più.

A sua discolpa, non credeva proprio che sarebbe finita così! Pensava di star facendo la cosa giusta a spingere Amabelle verso la confessione.

Forse aveva un po’ esagerato.

Anche se non si pentiva di tutto, dato che aveva portato i risultati sperati, e Petra e Amabelle stavano ufficialmente insieme, anche se non sembrava essere cambiato molto, per il momento, nella loro relazione.

…dato che già da prima sembravano stare insieme, bisognava dirlo.

Comunque Norman si era preso parecchie strigliate un po’ da tutti i membri della Corona Crew, e poi aveva passato il resto del tempo a prepararsi per la discussione della tesi, quindi l’ultima cosa che si aspettava fosse un festeggiamento subito fuori dall’università e una festa di laurea organizzata al Corona proprio da Amabelle stessa.

Una festa che ricordava fin troppo il compleanno di Felix dell’8 Marzo, dato che erano tutti ubriachi marci, anche se stavolta non c’era stato alcun problema con il ghiaccio ed era stata una decisione conscia da parte di tutti.

Persino Norman, solitamente il più restio all’alcool dopo Mirren, aveva deciso di lasciarsi andare.

E inebriati dai poteri rallegranti dei drink, stavano parlando del disastro di due giorni prima con un certo divertimento.

-No, vabbè, ammetto che il premio dei minion è stata una genialata- stava infatti dicendo Amabelle, con un drink in mano che andava da tutte le parti. Il massaggiatore a forma di Minion era in equilibrio sulla sua testa.

-Ehi ehi ehi… l’idea del massaggiatore è stata mia!- obiettò Felix, con una certa soddisfazione circa la sua trovata.

-Seriamente, quanto è stato coinvolto Norman? Perché mi pare che quasi tutto il lavoro sia stato fatto da voi altri- Petra, inusualmente loquace, osservò tutti i ragazzi coinvolti nella Corona Crew, che si girarono poi a loro volta verso Norman.

Nessuno di loro conosceva i dettagli del suo piano, e in circostanze normali, Norman non li avrebbe rivelati.

Ma era un po’ brillo, gioioso per i successi di quella giornata, e quindi decise di confessare tutto quanto.

-Beh… l’idea di usare la fiera è venuta a Clover e Diego- cominciò indicando i due, che erano i meno interessati alla conversazione e si stavano scrivendo cose sulle braccia con il rossetto di Clover.

-Uh? Sì… ed è praticamente l’unica cosa che abbiamo fatto… anche se io ho offerto supporto economico in cambio della possibilità di avere tutto il giorno libero- Clover spiegò il proprio coinvolgimento, per poi ritornare a disegnare sul braccio del suo ragazzo.

-Secondo me il mascara si cancella più difficilmente del rossetto- la sfidò Diego, completamente disinteressato.

-Per me il peggio è la matita! Vedrai! Sarà un nuovo tatuaggio- ridacchiò Clover.

Erano davvero una bella coppia.

-Sì, Clover mi ha dato un piccolo budget che ho speso per alcune delle cose che abbiamo fatto, anche se alcuni soldi li ho messi di tasca mia- Norman tornò al discorso principale.

-Davvero? Potevi chiedere, ti avrei dato di più- Clover commentò distrattamente.

-Non preoccuparti… a dire il vero sono stato alla fiera per tutto il tempo, anche se a distanza, e voi non potevate vedermi. O meglio… forse avreste potuto vedermi, ma non ci avete fatto caso. Sono molto bravo ad essere invisibile, quasi come Denny- Norman si rigirava in mano il bicchiere con il drink come un cattivo con il calice di vino mentre recita il monologo finale dove spiegava il suo piano malefico.

-Denny era parecchio riconoscibile- Amabelle prese in giro l’amico, con una linguaccia.

-Ma è vero che di solito non mi si nota mai, devi ammetterlo- il vanto di Denny era in realtà piuttosto triste come affermazione.

-È stato Felix a suggerire il premio finale per il gioco di coppia, questo è vero, ma sono stato io a progettarlo, sfida dopo sfida- Norman continuò il monologo.

-Nooo!- Amabelle era a bocca aperta.

-Ecco perché i giochi sembravano fatti apposta per loro!- esclamò Mirren, l’unico abbastanza sobrio nel gruppo, sbattendo il pugno sulla mano aperta.

-Già. Ammetto di aver sottovalutato la bravura delle due ragazze nella sezione delle parole da indovinare, ma i rifermenti a Gorgeous sono stati grandiosi!- Norman ridacchiò tra sé al pensiero, e si diede una metaforica pacca sulla spalla per averli colti tutti. Ormai si era davvero affezionato un sacco a quella trashata di serie infinita.

-Quella parte è stata la più divertente di tutte! Anche se quando ho citato Roelke…- Amabelle venne interrotta dalla mano di Petra sulla bocca, che la fece arrossire parecchio. Non era ancora abituata a quei contatti fisici improvvisi. 

…insomma, le due ragazze si ritrovavano spesso ad avere contatti fisici improvvisi, ma adesso erano una coppia! Era tutta un’altra faccenda.

Ma il gesto di Petra era stato necessario, dato che Roelke aveva deciso proprio in quel momento di passare a controllare che andasse tutto bene e ritirare piatti e bicchieri vuoti.

-Di che parlate?- chiese, curiosa, adocchiando in particolar modo Amabelle e Petra con un certo sospetto.

-Di come ho corrotto un animatore in modo che cambiasse le sfide di un gioco di coppia per dare maggiore possibilità ad Amabelle e Petra di capire la loro attrazione reciproca e mettersi finalmente insieme- rispose Norman, senza la minima esitazione, facendo arrossire entrambe le ragazze, e non più solo Amabelle.

-Norman!- si lamentarono le due, lanciandogli contro due palline fatte con i tovaglioli sporchi.

-Che c’è? Non è un segreto che vi siate messe insieme, e neanche tutto lo struggimento!- si difese Norman, anche se solo a parole, perché venne colpito in pieno.

-Infatti, ho visto il tuo stato sui social, Amabelle- gli diede man forte Roelke, lanciando alle due un sorriso affettuoso -Avete bisogno di altro?- chiese poi rivolta a tutto il tavolo.

-Altri drink!- ordinò Felix, sollevando il braccio in un gesto festoso.

-Non dovresti bere ancora, Felix- lo rimproverò Mirren, abbassandogli il braccio.

-Perché no? Tanto oggi prendiamo il taxi! Oh! Perché non bevi anche tu e replichiamo il mio compleanno?- chiese, avvicinandosi al suo volto e guardandolo ammiccante.

Mirren distolse immediatamente lo sguardo, e lo scansò.

-Non parlare a voce così alta!- borbottò tra sé, imbarazzato.

-Aaaaaspetta!!! Cosa è successo al suo compleanno?! Non ne so nulla!- Amabelle indicò i due con un certo sospetto. Sembrava offesa dalla consapevolezza di non essere del tutto informata.

-Ci sono cose che non scopriremo mai, tipo cosa è successo a Mathi nei mesi della sua scomparsa dal gruppo- Petra le diede delle pacche sulle spalle per calmarla e offrirle partecipazione.

Mathi, che era in servizio ma stava servendo il tavolo accanto, si introdusse nella conversazione in tono serio.

-Niente di che, problemi all’università, problemi a lavoro, ilmiocapohaminacciatoDanecisiamoalleatipersconfiggerloefarloarrestareperchéerounagentesegreto… semplici problemi da giovane adulto- spiegò, cercando di far cadere l’argomento.

-Aspetta, cos’era la terza cosa?- provò ad indagare Max, confuso.

-Ops, devo tornare a lavoro, lasciate qualcosa da mangiare anche per me quando finisco il turno- si fece promettere, dando un bacio sulla fronte di Denny e tornando a servire.

-Ma stiamo tergiversando! Cos’altro hai fatto, Norman?- Amabelle ritornò all’argomento principale, piena di curiosità e cercando di capire se dovesse vendicarsi.

-Beh… mi sono infiltrato nella casa degli orrori come comparsa e ho spaventato Denny in modo che si buttasse su Mathi facendogli perdere la chiave- ricordò Norman, pensieroso.

-Che cosa?!- chiesero sconvolti Amabelle, Petra e Denny, fissandolo offesi.

-Come hai potuto! Mi hai fatto prendere un colpo!- si lamentò poi quest’ultimo, fulminando Norman con lo sguardo.

Norman cercò di mostrarsi dispiaciuto, ma non tradì un sorrisino al ricordo di quanto fosse spaventato. Era stato sadicamente divertente.

-Ma poi ho recuperato la chiave e l’ho consegnata ad un altro addetto per ridarvela subito- provò a redimersi.

Denny continuò a guardarlo storto.

-Come hai fatto ad agire nel momento perfetto per fargli perdere la chiave?- chiese Mirren, interessato.

-Oh, avevo degli occhiali per vedere al buio- rispose Norman con naturalezza.

-Si può sapere quanto hai speso per questo piano?- chiese Clover, sempre molto interessata ad affari di soldi.

-Niente che non potrò recuperare quando mi troverò un lavoro ora che ho preso la laurea- Norman le fece un occhiolino complice.

-E tutto questo per traumatizzarmi e farmi slogare la caviglia- Amabelle scosse la testa, facendo il muso.

-A proposito, come vanno la caviglia e la mano?- Norman ebbe la decenza di sentirsi in colpa, e la guardò preoccupato.

Non si sarebbe mai aspettato che si liberasse dalle manette e si buttasse di sotto. Credeva di aver previsto ogni cosa, ma Amabelle era davvero imprevedibile.

-Sta solo facendo scena, non era un’altezza così alta da farsi male. Sta già molto meglio- lo rassicurò Petra, parlando per la ragazza.

-Ehi, non è vero! Cammino a malapena!- si lamentò Amabelle, melodrammatica, fingendo uno svenimento sulle gambe della compagna.

-Ma sei ti ho vista saltellare, prima- osservò Diego, guadagnandosi una pallina di carta dritta sul viso a sua volta.

-In effetti la ruota panoramica era all’altezza perfetta per evitare che mi facessi male sul serio… però è stato un gesto esagerato! Soprattutto farmi tradire da Max- Amabelle lanciò un’occhiata ferita verso il vecchio amico, che sobbalzò sentendosi chiamare in causa.

-Mi dispiace! Non pensavo che Norman avrebbe fatto qualcosa alla ruota panoramica! È vero che mi aveva detto di mandarvi lì, ma pensavo davvero che potesse farvi bene, e credevo che stare per venti minuti in un luogo chiuso vi avrebbe aiutato. Non credevo servisse fermarla per farvi parlare!- si giustificò lui, sinceramente molto dispiaciuto.

-In realtà non volevo fermarla, ma quando ho notato che non stavate parlando, ho deciso di farlo per obbligarvi a chiarire- spiegò Norman.

-Che genio del male. Non ti avrei mai fatto così subdolo- lo insultò Clover… no, anzi, considerando il suo sorriso e il cenno di approvazione, Norman capì che si stava complimentando con lui.

Le sorrise soddisfatto.

-Non lo ero, poi ho conosciuto Amabelle- prese in giro quest’ultima, che gli lanciò un’ulteriore pallina di carta. Forse avrebbero dovuto chiedere altri tovaglioli a Roelke.

-È un complimento- si affrettò a sottolineare.

-Hmpf… invece di ringraziarmi per averti trovato uno stabile gruppo di amici, usi i miei piani contro di me e mi prendi in giro! Dov’è la riconoscenza?!- si lamentò Amabelle, ignorando la parte dove la presa in giro era in realtà un complimento.

-Chiedo perdono- Norman ridacchiò, e la guardò con affetto.

-Cambiando argomento… cosa pensi di fare, ora che ti sei laureato? Se hai bisogno posso rimediarti un lavoro nell’azienda. Mio padre mi deve un favore dopo avermi quasi ripudiato per la mia sessualità- Mirren ritornò sul topic principale di quella serata (la laurea di Norman) e si rivolse in modo molto professionale.

-Mirren… andrà tutto bene- Felix, al quale nel frattempo era arrivato l’ulteriore alcol che aveva ordinato, gli afferrò il braccio e si spalmò su di lui, recependo solo l’ultima parte del discorso, quella sull’omofobia del padre -Ci parlo io con Brogan e risolviamo tutto-

-Felix… abbiamo già risolto- gli ricordò Mirren, pazientemente.

-Davvero? Fantastico! Dobbiamo sposarci allora!- propose Felix, esultando.

-Sì! Faccio la damigella d’onore di Felix! E Petra sarà quella di Mirren!- esclamò Amabelle, entusiasta.

-Posso pagarvi tutto il matrimonio come regalo di nozze- si offrì Clover.

-E io sono diventato esperto di addii al celibato- Diego si unì a lei.

-No, sono più brava io!- obiettò Clover.

-No, io!- 

Cominciarono a battibeccare.

-Beati voi che potete sposarvi. Io dovrò aspettare un sacco di anni- Max sospirò, un po’ abbattuto.

-Non è un po’ presto?- obiettò Denny, senza traccia di giudizio, solo confusione.

-Ma se c’è vero amore perché aspettare?!- Amabelle era entusiasta.

-Ah, ora ci credi di nuovo?- la prese in giro Petra. Né Norman, né gli altri nella stanza, capirono a cosa si riferisse, dato che era ovvio che Amabelle credesse nel vero amore, giusto?

-Sush! Certo che ci credo! Amabelle e Amore iniziano con le stesse due lettere!- la zittì Amabelle, per poi farle un occhiolino che, di nuovo, nessuno capì oltre a lei.

Stavano insieme da due giorni e già avevano segreti che conoscevano solo loro… ottimo, giusto?

-Amore o non amore, è presto per pensare a queste cose! Non viviamo neanche insieme!- Mirren cercò di chiudere l’argomento.

-Ohhh! Perché non viviamo insieme?! Tanto non c’è più Bonnie, puoi andartene ormai senza fare un torto a Petra!- gli suggerì Felix, scuotendolo per il braccio che continuava a tenere arpionato.

Mirren si scansò.

-Felix, sei ubriaco, non ragioni lucidamente- scosse la testa, surclassando la proposta, ma a Norman non sfuggì che si era fatto un po’ rosso.

-Comunque, ritornando alla tua offerta, ti ringrazio, ma preferirei cercare un lavoro con le mie forze, alla vecchia maniera- Norman lo aiutò ritornando all’argomento precedente, e Mirren annuì.

-Capisco la tua opinione e la rispetto- 

Norman doveva ammettere che il rifiuto non era solo dovuto al suo voler fare carriera con i propri sforzi e il proprio talento, ma anche al fatto che avrebbe preferito non lavorare nell’azienda di Mirren. I due erano amici, e diventare un suo sottoposto avrebbe potuto rovinare in parte quel rapporto, o allontanarli. E Norman non voleva rischiare che accadesse.

-Che noia parlare di lavoro! Siamo quasi in vacanza! Voi che farete a Natale?- chiese Amabelle, cambiando nuovamente argomento e rivolgendosi a tutti con entusiasmo.

Norman fu il primo a rispondere: 

-Torno a casa, come l’anno scorso. Ma tranquilla, Amabelle, ci sarò sia per il compleanno di Mirren che per Capodanno- anticipò l’obiezione della ragazza, che sorrise soddisfatta.

-Io purtroppo sono stata invitata da mio padre, e dato che non lo vedo dall’anno scorso, penso che dovrò accettare- Amabelle fu la seconda a parlare, e sbuffò sonoramente alla prospettiva di passare le feste con il padre che poco la considerava.

-Nostro padre ha già organizzato il solito il pranzo di Natale con i Durke, come una grande famiglia felice- Petra sembrava disgustata alla prospettiva.

Felix prese nuovamente il braccio di Mirren.

-Che bello passare il pranzo di Natale con te!- esclamò, amorevole.

-Felix, passiamo quasi sempre il pranzo di Natale tutti insieme- gli ricordò.

-Ma adesso siamo una coppia!- Felix non venne abbattuto dai fatti.

Norman non era abituato a vederlo così. Di solito da ubriaco Felix era affettuoso, sì, ma faceva anche pessime battute, e al momento era solo affettuoso. Forse perché aveva smesso di fumare? Ed erano le sigarette ad incoraggiare le battute? Mah, Felix era un tipo strano.

Mirren non trattenne un sorrisino al suo entusiasmo.

-Hai ragione- ammise, dandogli qualche pacca sul capo.

-Io, Denny e papà festeggiamo insieme, come sempre. Clover, se vuoi puoi…- Max provò ad invitare Clover a passare le feste con la sua famiglia, ma la ragazza lo interruppe scuotendo violentemente la testa e abbracciando il suo ragazzo, coperto di rossetto, mascara e matita per gli occhi al punto di sembrare un quadro semovente.

-Io passo le feste con Diego! Ho già comprato il maglione natalizio più brutto del mondo!- spiegò, con un radioso sorriso.

-Confermo, è il più brutto del mondo- Diego annuì accanto a lei.

Non sembrava turbato dall’essere divenuto un’opera d’arte contemporanea.

-Wo! Clover che indossa un maglione brutto?! Sto per svenire!- Amabelle fece nuovamente la melodrammatica buttandosi sulle gambe di Petra, e Norman intuì che volesse solo buttarsi sulle gambe di Petra, e cercasse ogni scusa per farlo.

-Sai, pensavo saresti andato ad Agaliria per le vacanze- ammise Petra, rivolta verso Max, per niente turbata dal melodramma della sua ragazza.

Max si incupì.

-Sì… l’avrei fatto, ma non è il caso. Rischierebbe di sollevare scandali, e poi se Bastien mi vedesse lì sarebbe la fine- spiegò, demoralizzato.

-Su, su, avrai tutto il tempo per recuperare… anche a me piacerebbe rivedere Veronika- Denny gli diede qualche pacca sulla spalla.

-Comunque, il Natale lo possiamo passare separati, il compleanno di Mirren sarà una schifezza perché lo organizza Felix quindi potete anche assentarvi…- Amabelle tornò dritta e iniziò un discorso.

-Ehi! Almeno io non faccio venire gli asini!- si difese lui.

Tutti i membri della Corona Crew che erano stati presenti al fatidico compleanno di Petra di due anni prima rabbrividirono senza potersi trattenere, inorriditi al ricordo.

-…dicevo… Natale in famiglia, compleanno di Mirren poco importante, ma a Capodanno io pretendo tutti qui! …forse non Veronika, perché capisco abbia degli impedimenti, ma dobbiamo necessariamente festeggiare come l’anno scorso, tutti insieme!- si fece promettere, battendo le mani sorridendo.

Era fatta, non potevano ritirarsi.

A pensarci bene, Norman ormai aveva finito gli studi, quindi non c’era molto che lo trattenesse a Harriswood.

Ma non si sarebbe mai perso gli ultimi due eventi di gruppo dell’anno.

Soprattutto perché potevano essere gli ultimi ai quali avrebbe partecipato con la Corona Crew.

Ma ora non voleva pensarci, doveva godersi la serata, essere felice per la laurea presa, e godersi gli ultimi giorni dell’anno rimasti, insieme al primo gruppo di amici che avesse mai avuto, e il migliore che avrebbe potuto desiderare.

 

Domenica 22 Dicembre

La domenica il Corona Café era sempre piuttosto vuoto, pertanto i coniugi King avevano iniziato ad aprirlo solo in tarda mattinata, e Mathi poteva sempre svegliarsi un po’ più tardi del solito e godersi il tempo libero guardando video stupidi su Youtube, giocando con Apollo, o in generale poltrendo sul letto… o tutte e tre le cose insieme, se si sentiva particolarmente pigro.

Dato che di lì a poco sarebbero cominciate le vacanze natalizie, e Mathi si aspettava di dover fare doppi o tripli turni, quella domenica era particolarmente pigro, ed era sdraiato sul letto della camera in più dei King intento a guardare un video su Youtube e accarezzare un Apollo ancora più pigro di lui.

Per quelli di voi che si chiedono perché non stesse con Denny approfittando del tempo libero… non è che sia il cagnolino di Denny e deve stare sempre con lui!

…e Denny non si sarebbe mai svegliato presto di domenica mattina, quindi Mathi gli aveva inviato solo il buongiorno e aspettava che lui rispondesse per proporre qualcosa da fare insieme prima che cominciasse il turno.

Iniziava ad abituarsi e ad apprezzare non poco la routine che aveva creato negli ultimi mesi. Per una persona che fino a poco tempo prima era convinta che avrebbe vissuto l’intera vita come agente sotto copertura in un’agenzia segretissima, lottando ogni giorno tra la vita e la morte per ottenere informazioni e cercare di mettere da parte dei soldi per sua sorella, la noia di giornate tutte uguali era praticamente un sogno.

E condividere queste giornate tutte uguali con Denny era il vero e proprio paradiso. Senza contare che sentiva sempre Aggie su Skype, ogni sera… per davvero stavolta, non solo grazie ad un programma sul computer.

E sebbene a volte, immerso nella conversazione, si dimenticava per un momento che fosse reale e non fittizia, quando si ravvedeva passava i successivi dieci minuti a sorridere come un matto, fino a farsi male alle guance.

Insomma, tutto era perfetto!

Ma la perfezione non è destinata a durare.

Sentì un leggero bussare alla porta, e interruppe il gameplay che stava vedendo.

-Sono sveglio- disse distrattamente, con voce ancora un po’ impastata, non tanto dal sonno, quanto dalla pigrizia.

Non si era nemmeno alzato dal letto per fare colazione, e il gesto più atletico che aveva fatto era stato prendere Apollo da terra e metterselo in grembo.

Ma Roelke ormai conosceva le sue abitudini e orari, probabilmente perché Mathi ci teneva molto ad essere abitudinario.

L’ex agente si aspettò che entrasse chiedendogli qualcosa sulla colazione, o informandolo sui suoi turni futuri.

Era anche pronto a prepararsi per andare ad aprire il café in anticipo, ma mai si sarebbe aspettato che la porta si sarebbe aperta con violenza, e che Roelke sarebbe entrata a passo di marcia accompagnata da un preoccupato Kodie, e arrivandogli a pochi centimetri di distanza.

-Come diavolo è arrivata la notizia della mia gravidanza ad Agaliria?!- tuonò, facendo ritirare Mathi sul posto, e svegliandolo del tutto.

-Che cosa?!- chiese, sconvolto.

Roelke e Kodie stavano progettando da un po’ di annunciare la gravidanza, ora che era sicura, ma teoricamente era ancora un segreto.

E Mathi non l’aveva detto a nessuno, non sapeva come poteva… un momento.

In effetti l’aveva detto a Denny per sbaglio, ma Denny non l’aveva sicuramente… no, Amabelle poteva averglielo estorto… e Max poteva averlo capito. Ma sebbene Amabelle l’avrebbe potuto far sapere a tutta la città, non si spiegava comunque come poteva essere arrivata la notizia ad Agaliria, a meno che…

-Max?- provò a difendersi Mathi, ritirandosi su sé stesso e tremando appena.

Era abituato ad essere trattato con veemenza, ma non riusciva ancora a controllare il riflesso istintivo che aveva di proteggersi ogni qual volta qualcuno gli si avvicinava velocemente e alzando la voce.

Roelke sembrò accorgersi di averlo spaventato, perché fece un passo indietro e mise le mani dietro la schiena. Continuò comunque a fulminarlo con lo sguardo.

-E Max come l’ha scoperto, di grazia?- continuò ad indagare.

A quella donna non si poteva nascondere nulla! Chissà come aveva fatto a non scoprire prima che Veronika era Manny.

Mathi provò comunque a fare il vago.

-Beh… non lo so, l’avrà capito. Io non gliel’ho detto!- affermò con sicurezza e onestà. Dopotutto l’aveva detto solo a Denny, non a Max.

-L’hai detto a Denny, quindi?- chiese Roelke, beccandolo in pieno.

Mathi non rispose.

Roelke sbuffò.

-Ma non lo sai che quel ragazzo non si sa tenere la bocca chiusa?!- si lamentò, mettendosi le mani tra i capelli.

-Su, su, tesoro. Come si può resistere al faccino di Denny- provò a calmarla Kodie, che sembrava alquanto divertito da tutta la faccenda.

-Volevo fare una sorpresa a Mafred per Natale! E invece mi chiama tutto contento chiedendomi se so già se è maschio o femmina- 

-Lo sai già?- osò chiedere Mathi, che non aveva ricevuto notizie a riguardo.

-Non ancora! Vorremmo che fosse una sorpresa. Ma non è questo il punto!- Roelke lo fulminò nuovamente con lo sguardo, ma con meno astio.

-Chiedo umilmente perdono! Mi è sfuggito, e gli avevo chiesto di non dirlo a nessuno- Mathi fece i suoi migliori occhi da cucciolo, che comunque non erano nulla in confronto a quelli di Denny, e cercò di risultare più efficace porgendo il tenerissimo Apollo verso Roelke, che lo prese e iniziò ad accarezzarlo.

Si rilassò subito.

-Vabbè, non che mi aspettassi di tenerlo segreto ancora a lungo, ma… insomma… è arrivato fino ad Agaliria!- continuò a borbottare, ma il coniglio più pelosetto del mondo bastò a calmarla in poco tempo.

-In effetti le notizie corrono proprio veloci… già che ci siamo, Mathi, cosa vuoi per colazione?- con il pericolo scampato, Kodie si rivolse al ragazzo con un grande sorriso.

-Qualsiasi cosa va bene, posso anche farmi un caffè al volo prima di aprire il bar- Mathi diede la risposta che dava ogni giorno, e Kodie ridacchiò.

-Bacon e uova vanno bene?- chiese quindi.

-Perfetto!- Mathi aveva gli occhi brillanti.

-Mettigli le parti più bruciacchiate- suggerì Roelke, per fargli un dispetto.

Tutti e tre sapevano che le parti più bruciacchiate erano le preferite di Mathi.

Kodie sparì con un occhiolino rivolto ad entrambi.

Ci fu qualche secondo di silenzio, poi Roelke porse nuovamente Apollo verso il suo padrone.

-Ringrazia che il tuo coniglietto è la cosa più adorabile del mondo, e che mi sono affezionata a te, e che voglio bene a Max come a un nipote… cosa che diventerà prima o poi- sorrise maliziosa tra sé al pensiero.

-Mi dispiace davvero, Roelke… in realtà non gliel’ho neanche detto davvero. L’ha capito lui da un indizio quasi impercettibile- si giustificò meglio.

Roelke scosse la testa.

-Tranquillo, è impossibile tenere nascoste queste cose con la Corona Crew di mezzo… piuttosto… hai già in mente cosa farai a Natale? Perché se vuoi tornare a New Malfair per stare un po’ con tua sorella posso darti un paio di giorni liberi- Roelke tornò cordiale come sempre, dimenticando in poco tempo la furia selvaggia di poco prima.

Era fatta così, Roelke. Donna facile alle fiamme, ma che si estingueva in fretta.

Mathi cadde dalle nuvole alla sua proposta.

-A dire il vero non ci ho proprio pensato- ammise. Si era quasi dimenticato che il Natale era teoricamente una festa da passare in famiglia, troppo concentrato sulla propria routine appena riguadagnata.

Però non gli sarebbe dispiaciuto passare un po’ di tempo con Aggie, almeno la vigilia di Natale.

Ma aveva abbastanza soldi per il biglietto per New Malfair? E dove avrebbe alloggiato? Aggie voleva passare quel tempo con lui? 

-Quando sai qualcosa fammi sapere. E cerca di avvertirmi il prima possibile, così organizzo i turni- con quest’ultima richiesta professionale, Roelke uscì dalla stanza, chiudendo la porta dietro di sé.

La riflessione di Mathi venne interrotta da un nuovo messaggio in arrivo, e tutta la sua concentrazione si spostò sul mittente di tale messaggio, aka Denny, aka il suo adorabile ragazzo.

“Buongiorno anche a te! Mi sono appena svegliato. Quando lavori?” gli aveva scritto, accompagnato da qualche cuore.

Non era ancora molto esperto di come si messaggiava tra ragazzi che stavano insieme, quindi ogni volta che scriveva un messaggio, lo accompagnava successivamente con dei cuori, come fossero la firma.

Mathi non disdegnava quella piccola attenzione.

“Ho ancora un’ora libera. Vogliamo vederci? :D” rispose, speranzoso. Se fosse stato un cane, in quel momento la sua cosa sarebbe andata da una parte all’altra molto velocemente.

“Sì! Dammi qualche minuto che mi preparo. Speravo proprio di riuscire a vederti, volevo chiederti una cosa sul Natale!” arrivò la risposta in pochi secondi.

La metaforica coda si fermò.

Ma che era, una coalizione?!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Spero davvero che il discorso di Petra e Amabelle vi sia piaciuto. E che il motivo dei blocchi di Amabelle sia realistico e coerente con il suo personaggio. Praticamente ha sempre cercato di trovare l’amore negli altri perché voleva crederci ma sotto sotto non riusciva a farlo, perché la vita le ha dimostrato per anni che non esiste.

E Petra le ha fatto capire che l’amore vero non è quello dei film, ma quello sincero che c’è non solo tra coppie, ma anche tra amici.

…poi si sono messe insieme diventando una coppia, ma volevo dare un riconoscimento anche all’amore platonico nella Corona Crew.

Alla fine la scena Petrabelle è uscita molto meglio di quanto mi aspettassi. 

La parte della festa di laurea è stato un po’ un remake del compleanno di Felix… non è uscito bello come quel punto di vista dove tutti erano ubriachi, ma credo che non potrò mai eguagliare quel momento di completa follia dove ho fatto uscire un coniglio da un cappello senza alcuna ragione logica. Imbattibile! Ma ho comunque fatto del mio meglio. È sempre divertente scrivere le riunioni dove sono tutti insieme, e nel sondaggio era stato votato per fare più momenti fluff di gruppo, quindi ho eseguito ;)

Ed era anche stata votata la comparsa di Roelke, Kodie e il pargolo in arrivo, e di Apollo, quindi il punto di vista di Mathi, che introduce il natale e mostra come stia vivendo la neoritrovata libertà quando non è con Denny, ha mostrato un po’ questi personaggi secondari (e penso di non aver mai fatto comparire Kodie se non in brevissimi cameo, wow, strano).

Chissà cosa vuole chiedere Denny a Mathi sul Natale… risposta al prossimo capitolo!

Spero che il capitolo, un po’ più breve rispetto ai soliti, vi sia piaciuto.

E vi ringrazio come sempre per continuare a leggere la storia ed essere arrivati fino a qui.

Il prossimo capitolo sarà quello Natalizio… sì, so che è un po’ presto per parlare di Natale, ma purtroppo è andata così con gli aggiornamenti ^^’

Un bacione e alla prossima (che a proposito, dovrebbe essere Sabato prossimo perché il capitolo di Natale sarà piuttosto lungo da scrivere) :-*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Tutti passano il Natale con le persone che amano… in un modo o nell’altro

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Capitolo 52
*** Sotto al vischio ***


Sotto al vischio

 

Martedì 24 Dicembre

Denny non sapeva da dove gli fosse venuto il coraggio di invitare Mathi e Aggie a festeggiare il Natale con la sua famiglia.

Eppure i suoi gesti inconsulti del proposito li aveva belli che finiti, quindi da dove diamine gli era uscito di invitare il suo neo-ragazzo e la sorella a passare il Natale con la sua famiglia, con suo padre, con il quale non aveva neanche fatto un discorso vero e proprio circa la sua sessualità e la sua relazione con Mathi?!

In ogni caso, ormai era tardi per i ripensamenti.

E con “tardi” si intende che erano al tavolo della cena, a metà pasto, e Aggie stava raccontando un aneddoto che aveva portato alle lacrime il padre di Denny.

…quindi teoricamente stava andando bene, giusto?

Insomma, erano rilassati, allegri, e quando Denny aveva chiesto al padre se poteva invitare Mathi con sua sorella, Rich si era illuminato e gli aveva assicurato che più erano, più si sarebbero divertiti.

Quindi… tutto perfetto.

Alla grande.

Nessun imbarazzo.

…come gli era venuto in mente di invitare il proprio ragazzo a festeggiare il Natale in famiglia?!?! Era una bruciatura di tappe estrema!!

-Non ho mai pensato che un ferro da uncinetto potesse creare così tanti guai- commentò Rich a fine racconto, asciugandosi le lacrime per il troppo ridere.

-Oh, non lo pensava neanche Kendall- Aggie si strofinò le mani malefica.

-Erano anni che non ridevo così tanto- Rich respirava a fatica. Max osservava il padre divertito e intenerito. Era vero che non lo sentivano ridere tanto spesso. Era sempre con il sorriso, ma raramente gli raggiungeva gli occhi. E raramente riusciva ad avere abbastanza tempo libero da usare per provare a ridere di più.

-Ne ho tantissimi di aneddoti divertenti!- Aggie sembrava entusiasta di avere un pubblico così incoraggiante.

Mathi non smetteva di sorridere.

Insomma, erano tutti estremamente gioiosi, tranne Denny, che doveva essere il più felice dato che la sua idea non gli si era ritorta contro.

Ma aveva una specie di ansia costante che tutta quella gioia non fosse destinata a durare, e che nel momento in cui avrebbe abbassato la guardia… TAC! Tutto sarebbe andato storto!

Quindi era un po’ sulle sue, e osservava la situazione come un controllore stradale, assicurandosi che gli inevitabili imprevisti non venissero fuori.

Pensava di essere migliorato per quanto riguardava l’ansia, ma non era così facile combattere contro i suoi problemi… e una cena di Natale in famiglia con il suo ragazzo con il quale stava insieme da meno di un mese era una situazione non poco pesante e ansiosa.

-Vado a prendere il secondo- si offrì Max, posando il tovagliolo in un angolo e facendo per alzarsi.

-Lascia, vado io!- Denny si offrì, tirandosi su così in fretta da far cadere la sedia all’indietro.

Ma aveva bisogno di muoversi, avere qualcosa di concreto da fare lo aiutava a distrarsi.

-Sicuro, Denny? È tutta la sera che vai tu- Max lo guardò preoccupato, e parecchio sorpreso.

-Sì, certo! Mi fa piacere! Fatevi viziare per una volta!- Denny trovò in fretta una scusa, e sparì in cucina prima che Max potesse insistere.

Una volta chiusa la porta alle sue spalle, si concesse un profondo sospiro, e molto lentamente cercò l’arrosto che doveva servire come secondo. Max ci aveva lavorato con impegno, anche lui probabilmente in un tentativo di distrarsi dal fatto che a differenza di Denny non poteva festeggiare il Natale con la persona che amava.

…Denny era davvero un ingrato.

Invece di essere felice, si faceva prendere dall’ansia a caso. Che razza di comportamento masochista era?!

Sbuffò, prendendo saldamente la portata, e per poco non la fece cadere quando una voce alle sue spalle lo richiamò.

-Tutto bene, Dan?- Mathi, infatti, era entrato silenziosamente in cucina, e afferrò al volo il vassoio che Denny si era lasciato scivolare per la sorpresa.

-Wo, scusa! Non volevo spaventarti!- mise subito le mani avanti.

Denny si prese il petto, regolando il respiro affannato.

-Che ci fai qui?!- chiese, sorpreso che il suo ragazzo l’avesse seguito.

-È tutta la serata che sei un po’ strano, volevo solo assicurarmi che stessi bene- Mathi gli sorrise, con affetto. Denny si sentì molto in colpa per il suo stato ingiustificato.

-Sto bene, benissimo! Sono solo… eh… voglio che tutto vada bene, tutto qui. Non lo vuoi anche tu? Lo vuoi anche tu sicuro! È il nostro primo Natale insieme, ed è il tuo primo Natale con Aggie dopo anni, e deve essere perfetto! E sarà perfetto! Soprattutto perché hai salvato l’arrosto, che fortuna, altrimenti Max ci sarebbe rimasto davvero malissimo…- Denny iniziò a straparlare, cercando di non apparire troppo ansioso ma fallendo più che miseramente.

-Ehi, ehi, ehi…- Mathi posò il vassoio con l’arrosto da un lato e mise le mani sulle spalle di Denny, per calmarlo -Respira…- lo incoraggiò cercando il suo sguardo così da guardarlo negli occhi e trasmettergli calma e rassicurazione.

Denny avrebbe voluto obiettare che non aveva bisogno di respirare perché andava tutto bene, ma stava iperventilando così tanto che non riusciva più a parlare in maniera coerente, quindi seguì il consiglio, e fece dei profondi respiri per calmarsi.

Il suo cuore iniziò a battere meno freneticamente.

-Scusa…- cominciò, Mathi lo interruppe.

-Tranquillo, succede- non cercò di pressarlo, accettò il suo momento d’ansia con tranquillità e dolcezza, dandogli un bacio sulla fronte.

Denny si rilassò ulteriormente, e decise di ammettere di sua spontanea volontà cosa lo affliggesse.

-Sono un po’ in ansia- ammise infatti, abbassando la testa pieno di sensi di colpa. Non voleva rovinare le feste a Mathi, ma aveva davvero bisogno di parlarne.

Il suo ragazzo gli accarezzò dolcemente i capelli.

-Non sei l’unico- confessò a sua volta, sorprendendo Denny non poco.

-Ma sembravi così tranquillo e sereno di là… perché sei in ansia? Ho sbagliato qualcosa? Sei a disagio? Cosa…- Denny provò ad indagare, dimenticando per un attimo tutti i propri problemi, ma Mathi lo zittì con un dito sulla bocca, che lo fece arrossire ed irrigidire leggermente. Erano pur sempre a casa con suo padre, se li avesse beccati in quella posizione compromettente sarebbe stato imbarazzante.

-In realtà non ho motivo di essere in ansia. Io e Aggie ci stiamo trovando davvero bene qui, non hai idea di quanto sia felice. Ma proprio perché sono così felice ho paura che non duri- iniziò a spiegarsi. Stava praticamente descrivendo lo stato d’animo di Denny, in quel momento. A volte il ragazzo si sorprendeva di quanto fossero simili. Mathi sembrava davvero sicuro di sé, dall’esterno, ma Denny aveva avuto modo di osservare la sua fragilità interiore, e sapeva quanti problemi e traumi avesse affrontato.

Gli prese le mani, noncurante della possibilità che suo padre potesse beccarli in quella posizione.

-Lascia stare, non voglio ammorbarti con le mie turbe- Mathi provò a surclassare la questione.

Denny gli strinse più forte le mani per convincerlo a non lasciar perdere.

-Anche io ho quest’ansia- gli fece presente -Temo di star bruciando le tappe, e che potrei aver sbagliato ad invitarti, perché magari è presto, o ti mette a disagio stare con mio padre, o… insomma… è un territorio completamente nuovo- si spiegò Denny, non riuscendo a guardarlo negli occhi.

-Anche per me lo è. Fino a pochi mesi fa credevo che non avrei mai e poi mai passato un Natale in famiglia, eppure…- Mathi lanciò un’occhiata verso la porta chiusa, dietro alla quale sua sorella stava ancora sicuramente raccontando qualche aneddoto per intrattenere i padroni di casa -…Dan, questa è la prima volta da anni che passo il Natale sentendo l’aria di una famiglia, una vera famiglia, non solo io e Aggie. Non potevi farmi un regalo più grande- lo abbracciò stretto, e Denny ricambiò.

Da un lato questa responsabilità gravava maggiormente sulle sue spalle e sembrava imporgli di rendere tutto ancora più perfetto, dall’altro era felice che Mathi fosse così felice lì, e di non aver bruciato le tappe, almeno non troppo.

-Oh!- Mathi, staccandosi, aveva lanciato un’occhiata al soffitto.

-Cosa?- chiese Denny, alzando la testa a sua volta, e arrossendo di botto.

Vicino alla porta, appeso al soffitto esattamente sopra di loro, c’era un rametto di vischio.

-Ma come?!- chiese Denny, sorpreso. Aveva decorato personalmente la casa insieme a Max, e non aveva messo vischio da nessuna parte.

-Penso che Aggie si sia divertita a mettere qualche tocco personale quando le avete concesso di aiutare nell’apparecchiare- suppose Mathi, con una risata.

-Beh, possiamo sempre fingere di non averlo visto- propose Denny, rosso come un peperone.

Mathi si allontanò leggermente.

-Certo, non voglio metterti a disagio- alzò le mani, denotando una certa delusione.

Denny si diede mentalmente dell’idiota. 

-MA…- cercò di recuperarsi, senza guardare il suo ragazzo negli occhi -…porta sfortuna ignorare il vischio- si avvicinò a lui, e si alzò sulle punte.

Non aveva previsto di dilettarsi in dimostrazioni troppo pubbliche di affetto con suo padre presente perché l’imbarazzo sarebbe stato capace di ucciderlo, ma erano in cucina, erano soli, e Mahi… awww, Mathi si era illuminato quando l’aveva visto avvicinarsi. Sembrava un grosso cagnolone in cerca di coccole.

Si piegò appena, per mettersi alla stessa altezza di Denny, e i due si scambiarono quello che sarebbe dovuto essere un’innocente bacio a stampo sotto il vischio, ma che si trasformò presto in un bacio ben più profondo, e un modo migliore di distrarsi dall’ansia di quanto Denny avrebbe pensato.

Benedetta Aggie! Benedetto vischio! Come avrebbe fatto Denny a non baciare Mathi per due giorni interi?! Quello era il paradiso!

-Ehm…- una voce sorpresa fece scoppiare la bolla di pace, e il cuore di Denny perse un battito quando si staccò da Mathi e si ritrovò faccia a faccia con suo padre, un po’ imbarazzato, e con due bottiglie vuote in mano che probabilmente era venuto a riempire d’acqua.

Denny fu convinto di essere appena morto d’infarto. 

E non gli sarebbe andata male dato che avrebbe evitato di affrontare suo padre dopo essere stato beccato con Mathi in quella posizione più che sconveniente.

Ci fu qualche secondo di imbarazzante silenzio, poi Denny indicò il soffitto.

-Vischio!- si giustificò, in tono acuto.

-Oh, capisco- Rich lanciò un’occhiata al rametto e annuì appena, per niente turbato dall’accaduto.

-Porto l’arrosto di là!- Mathi si affrettò a prendere il secondo e a fuggire dalla stanza.

Traditore!

Denny avrebbe volentieri fatto altrettanto, magari andando poi in camera e preparando le valige per partire per il Messico, o raggiungere Veronika ad Agaliria, ma decise che era meglio affrontare suo padre invece di scappare dai propri problemi.

-…hai bisogno di aiuto con le bottiglie?- chiese, tremante come una foglia, avvicinandosi al padre intento a riempirle al lavandino. 

Rich lo guardò intenerito.

-Grazie, Denny- gli sorrise, affettuoso, per poi incupirsi osservando il suo sguardo -Va tutto bene, figliolo- si affrettò a rassicurarlo.

-Uh?- Denny sollevò la testa su di lui, sorpreso, per poi distogliere nuovamente lo sguardo, incapace di sostenere quello del padre.

-Mathi è proprio un ragazzo in gamba- aggiunse quindi Rich, incoraggiante, mettendogli una mano sulla spalla.

Denny si sentì riempire il petto di sollievo, ma non credeva fosse ancora il momento di festeggiare.

-Ti va bene?- chiese per sicurezza.

-Ma certo! Sono felice che li hai invitati a cena da noi, sono felice che tu sia felice con lui, e non ho il minimo problema- lo rassicurò suo padre.

-Non sei deluso che… insomma… che io sia…- Denny non ne aveva ancora parlato a suo padre in maniera esplicita. Era nell’aria, ma non c’era stato il discorso. Era un po’ come se fosse ovvio, senza bisogno di specificarlo.

-Perdona la frase scontata, ma l’ho sempre saputo. E finché tu stia bene con te stesso, io sarò sempre felice per te- gli rispose Rich, mettendogli anche l’altra mano sulla spalla e cercando il suo sguardo.

Denny sapeva che avrebbe avuto una buona reazione da parte di suo padre, ma non riuscì comunque a trattenere l’enorme sospiro di sollievo.

Rich gli diede un bacio sulla fronte, sorprendendolo non poco, in positivo.

-Vischio- su giustificò poi, indicando il rametto che era un po’ lontano da dove si trovavano, ma andava bene comunque come scusa.

Denny ridacchiò e gli diede un bacio sulla guancia.

Il resto della cena procedette in tutta tranquillità.

 

Mercoledì 25 Dicembre

Amabelle si ripromise di non avere mai figli in futuro.

In realtà aveva già fatto a sé stessa quella promessa almeno una decina di volte, e sempre, che casualità, quando passava del tempo a casa di suo padre, con i suoi fratelli più piccoli: due bambini che avevano un futuro come sirene della polizia per quanto urlavano.

Erano solo le otto del mattino, e già avevano cominciato a gridare in preda all’euforia natalizia, svegliandola dal gioioso sogno nel quale era una ragazza senza traumi… e cavalcava un unicorno.

Uff, voleva un unicorno! Non poteva avere quello, invece che due fratelli urlanti?!

Insomma, li adorava, okay, erano i suoi fratellini, ma erano urlantissimi.

-Amy, Amy! Svegliati!! Dobbiamo aprire i regali!! E papà dice che dobbiamo aspettarti per aprirli!- sentì Tom, il maggiore, di anni 6, battere contro la sua porta.

-Amy!! Regali! Regali!- lo seguì a ruota Timmy, che di anni ne aveva quattro, battendo con forse anche maggiore forza.

Sì… li avevano chiamati Tom e Timmy… e Amabelle faceva sempre confusione.

Anche i genitori a volte facevano confusione.

Perché mai chiamare due figli Tom e Tim?! 

Comunque… Amabelle finse di continuare a dormire, rigirandosi nel letto e mettendo il cuscino sulla testa.

Erano solo le otto del mattino, e non c’era granché sotto l’albero ad aspettarla, tranne il dover osservare per due ore i fratelli che aprivano i tantissimi regali.

Purtroppo per lei, si era dimenticata di chiudere a chiave la camera da letto.

-Amy!!! Svegliati! I regali!- e Tom e Timmy erano entrati e avevano iniziato a scuoterla e a saltare sul letto accanto a lei… e sopra di lei.

-Basta! Okay! Mi alzo!- Amabelle, sentendosi schiacciare, si affrettò a cedere e per poco non fece cadere Timmy spostandosi troppo in fretta e facendogli perdere l’equilibrio.

Per fortuna lui fu abbastanza rapido da rimettersi in piedi.

-Alzati!-

-Svegliati!-

I due fratelli continuarono a scuoterla e tirarle le coperte.

Nope, Amabelle non voleva figli, era ormai deciso.

-Ragazzi, dove… oh, cielo! Vi avevo detto di non disturbare vostra sorella!- li riprese Molly, la matrigna di Amabelle, entrando a sua volta in camera e cercando di disciplinare i figli.

-Ma non si svegliava, e ci sono i regali da aprire!- si lamentò Tom, facendo il muso.

-Amy, tesoro, tutto bene?- chiese Molly, molto preoccupata.

Non sapeva mai come approcciarsi all’altra figlia di suo marito. Ad ogni visita di Amabelle c’era sempre un imbarazzo palpabile.

Era gentile e affettuosa, ma troppo zuccherosa per risultare autentica.

-Chiedetele subito scusa!- si affrettò ad istruire i figli, prima ancora che Amabelle potesse rispondere.

-Ma non è colpa nostra! Lei era già sveglia e stava solo fingendo- si lamentò Timmy, senza avere poi tutti i torti.

Ma erano stati comunque loro a svegliarla, quindi Amabelle non obiettò, e si mise seduta a braccia incrociate, aspettando le scuse.

-Se non vi scusate immediatamente apriremo i regali dopo pranzo- li minacciò Molly.

-Ci dispiace tanto, Amy!- quasi istantaneamente, i due ragazzi si scusarono in coro, e poi scapparono via dalla camera, preparandosi ad aprire i regali.

Molly sospirò.

-Scusami, Amabelle. Sai che il Natale li rende iperattivi- si scusò Molly molto più sinceramente rispetto ai figli.

Amabelle avrebbe voluto obiettare che i ragazzi erano sempre così iperattivi, ma poi si rese conto che lei, obiettivamente, li vedeva solo in periodi di feste, quindi non poteva sapere se fossero sempre così.

Decise di dar loro il beneficio del dubbio, e annuì, stiracchiandosi.

-Ho cinque minuti per lavarmi e vestirmi o sono richiesta immediatamente?- chiese, prendendo il telefono e controllando meglio l’ora.

-Prenditi tutto il tempo che ti serve. Anche Guy sta ancora prendendo il caffè- la rassicurò Molly, per poi congedarsi uscendo dalla stanza e chiudendo la porta alle sue spalle.

Guy era il padre di Amabelle.

Per prima cosa, la ragazza scrisse un messaggio a Petra.

“Ricordi quando abbiamo parlato di avere figli? Beh, la mia risposta adesso è ‘ASSOLUTAMENTE NO, MAI!!!!!’”

La risposta giunse quasi istantaneamente.

“Buon Natale anche a te, Baelle. E ben svegliata. Qui siamo svegli da tre ore e stiamo già preparando per il pranzo” nonostante il tono di chiara presa in giro, Amabelle non riuscì a non sorridere.

Ancora non credeva di stare insieme a Petra.

“Avresti qualche minuto per una videochiamata?” le scrisse, speranzosa.

“Sì, ti prego! Ho bisogno di staccarmi da papà e Mirren che litigano da dieci minuti su due tovaglie IDENTICHE!”

Pochi istanti dopo, partì la videochiamata.

Amabelle non aveva ancora finito di ridere.

-Due tovaglie identiche?- chiese, stavolta dal vivo… beh… più o meno.

Petra era vestita in abiti casual, ma era comunque mille volte più elegante di Amabelle, ancora rigorosamente in pigiama e con i capelli scompigliati -Wow, sei bellissma!- aggiunse subito dopo, guardando la propria ragazza con occhi brillanti.

Wow… la propria ragazza!

Se avesse avuto un figlio con lei, magari poteva anche decidere di infrangere la promessa fatta a sé stessa.

-AMY! SBRIGATI!!- sentì la voce di Tom chiamarla dal piano di sotto.

No, okay, di figli non ne voleva.

Ma era aperta all’idea di diventare zia… dei figli di Mirren e Felix.

-Anche tu sei bellissima… e molto molto assonnata vedo- Petra la guardò con affetto e tenerezza.

Amabelle si strofinò gli occhi.

-Non me ne parlare, ieri Tom e Timmy mi hanno costretta a restare con loro ad aspettare Babbo Natale e si sono addormentati all’una. Non so come possano avere tante energie avendo dormito solo sette ore- borbottò, sbadigliando.

-Su, su, c’è qualcuno qui che vuole salutarti, e sono certa che ti restituirà tutte le energie- Petra provò a tirarla su, ma Amabelle scosse la testa, per niente convinta.

-Se non mi hai restituito tu le energie con la tua bellezza e forza non ci riuscirà nessu…- ma il suo tentativo di flirt venne interrotto e smentito quando in primo piano comparve il musetto di Lottie, che Petra aveva preso da terra e messo sulle sue ginocchia.

-Lottie!! Tesorino! Awwww!- Amabelle all’improvviso aveva recuperato tutte le sue energie, e si appiccicò allo schermo come se sperasse di attraversarlo per abbracciare la cagnolina.

Petra ridacchiò.

-Lo sapevo io che Lottie sarebbe stata più efficace di me- si vantò, accarezzando il cane e mettendo il cellulare in una posizione più comoda, per mostrarle meglio entrambe.

-Ohhhh, ma cosa abbiamo lì, mamma Petra ti ha messo un bel fiocchetto?!- osservò Amabelle, notando che al collo di Lottie, attaccato al collare, Petra aveva legato un fiocco natalizio.

Era ancora più adorabile del solito.

-In realtà è stato Mirren, ma l’ho lasciato fare, era il fiocco della cugina Fallon- spiegò Petra, sorridendo un po’ tristemente e lanciando un’occhiata verso un punto fuori dalla portata di vista di Amabelle, dove probabilmente si trovava Mirren.

-A cosa servono dei figli se abbiamo lei- Amabelle cercò di non pensare a cose tristi, dato che era Natale, e continuò a guardare l’unica figlia che avrebbe voluto avere con profondo affetto.

Lottie, sentendosi osservata, abbaiò e mise la zampa contro lo schermo.

Amabelle morì di diabete.

Letteralmente, si buttò sul letto, fingendo di star morendo.

-Troppo! Troppo adorabile!- esclamò, con voce agonizzante.

-Tsk, la solida melodrammatica!- commentò Petra, scuotendo la testa.

-AMY! STIAMO ASPETTANDO TUTTI TE! SCENDI!!- arrivò l’irritante voce di Tom.

-Posso teletrasportarmi da te e Lottie?- chiese Amabelle, sbuffando sonoramente e alzandosi dal letto stiracchiandosi.

-Purtroppo non credo che questa sia una storia abbastanza sovrannaturale perché tu possa farti tutti questi chilometri in teletrasporto- rispose Petra, divertita.

-Huh?- Amabelle purtroppo non riuscì a sentirla bene, dato che si stava stiracchiando.

-Dai, che recupereremo al compleanno di Mirren e a Capodanno- Petra le fece un occhiolino incoraggiante. Amabelle le sorrise con affetto.

-E avremo il resto della vita- rispose, seducente.

-Wow, non sapevo che la mia ragazza fosse Pablo. Un po’ di originalità, Baelle- la prese in giro Petra.

-Dai! È la frase standard di Pablo, ma è anche super romantica!- si giustificò Amabelle, mettendosi una vestaglia e uscendo dalla stanza.

-Non posso obiettare… prima di andare, ti devo informare di un piccolo problema appena sopraggiunto- Petra improvvisamente si fece sera, e guardò un punto sopra di lei.

Amabelle guardò a sua volta sopra di lei, ma giustamente lei e Petra erano invideochiamata, non poteva vedere ciò che il telefono non mostrava.

-Cosa? Cosa?! Lottie sta bene?- chiese, cercando il cane, nel frattempo uscito dall’inquadratura, che non poteva sicuramente essere sul soffitto, ma chissà, non si può mai dire.

-Sì sì, ma non mi ero accorta che proprio sopra di me c’è un ramoscello di vischio. Ahimè, che sbadataggine- Petra fece la melodrammatica, o almeno ci provò, ma uscì completamente atona.

Inoltre fece vedere il vischio, che palesemente stava tenendo lei col braccio.

Amabelle fu certa che quel giorno le sarebbe venuto il diabete per davvero.

-No! Che si fa adesso?! Non possiamo contravvenire alle regole del vischio!- esclamò, con estrema serietà, quasi preoccupazione. Non era affatto male come attrice.

Entrambe si avvicinarono per dare un bacio alla telecamera, poi sorrisero, divertite.

-Quando torni dovremo farlo meglio- si fece promettere Petra.

Amabelle annuì, rossa più dei suoi capelli.

-Ci sentiamo più tardi- la salutò, prima di chiudere la conversazione, iniziando a scendere le scale per raggiungere la sala da pranzo.

-AAAAAMYYYYYYYYYY!!!!- la chiamarono Timmy e Tom insieme.

UGH!! Amabelle avrebbe davvero tanto voluto passare le vacanze con gli Hart. 

 

Il pranzo di Natale era una tradizione per i Durke-Hart. Dato che nessuna delle famiglie aveva molti parenti con i quali festeggiare, o se ne aveva erano parenti troppo lontani, avevano presto adottato questa abitudine tra le due case, e avevano le loro routine e tradizioni.

Teoricamente, quindi, non ci sarebbero dovute essere sorprese quel Natale. Certo, Felix e Mirren ora erano una coppia, ma la faccenda dell’omofobia di Brogan era stata ormai risolta completamente, quindi era ovvio che non sarebbe cambiato nulla, Felix pensava.

…Felix era un illuso.

Ma non gli dispiacque del tutto il “cambiamento”, dato che non era avvenuto per il peggio.

-E poi mi sono informato, e il processo di adozione per coppie omosessuali è piuttosto lungo, quindi dovreste iniziare a pensarci presto. Ho dei contatti che potrebbero aiutare, ma è sempre meglio essere previdenti- stava infatti dicendo Brogan, tutto contento.

…beh, il “peggio” era relativo.

Perché Mirren aveva il volto seppellito tra le mani e sembrava in procinto di scappare da un momento all’altro e probabilmente seppellirsi in giardino.

Felix sorrideva educatamente, rosso come un peperone a sua volta, ma segretamente molto felice dall’interessamento di Brogan verso i loro futuri figli. Era di certo meglio di quando cercava di separarli. E poi Felix sperava un giorno di avere una famiglia… e soprattutto di averla con Mirren.

Anche se al momento era un po’ presto per pensare già ai figli. Stavano insieme da cinque mesi, e non era poco, ma neanche così tanto da pensare ai figli.

Al matrimonio, forse, ma non già ai figli.

Però se ci voleva tanto ad adottare…

-Papà… ti prego… è presto per pensarci!- obiettò Mirren, la voce che sembrava un pigolio per quanto era imbarazzato.

Non che le altre persone presenti a cena stessero ascoltando la conversazione con particolare interesse, a dire il vero.

Petra stava discretamente nutrendo Lottie sotto il tavolo, con la partecipazione di una divertita Tender, che non potendo vedere la bocca di Brogan, non aveva la minima idea di cosa stesse dicendo. Meredith e Gabrielle erano come al solito intente la prima a leggere e la seconda a messaggiare al telefono. Gli unici che sentivano la conversazione erano i genitori di Felix, e annuivano a tutto ciò che Brogan diceva, lanciando occhiate maliziose e affettuose al figlio e al suo ragazzo.

-Sì, lo so, ma dopotutto dato che vuoi…- Brogan provò ad obiettare, ma Mirren gli pestò il piede sotto il tavolo, e gli lanciò un’occhiata allarmata, indicando appena Felix con la testa.

Felix non capì minimamente il motivo di quello scambio tra padre e figlio.

-Scusa, scusa! Non dirò niente, ma comunque dovete già pensare al futuro! E io sarò disponibile ad aiutarvi in qualsiasi modo!- si mise a disposizione, con entusiasmo.

-Fammelo dire, Brogan, sono davvero orgoglioso di come ti sei aperto alla situazione- lo incoraggiò Bartie, con un grande sorriso.

-Ho commesso tanti errori, ma sto facendo di tutto per rimediarli!- Brogan assunse un tono solenne.

-Era meglio quando mi cacciavi di casa- borbottò Mirren, ancora estremamente in imbarazzo.

Felix gli diede qualche pacca sulla spalla, confortante. Era diventato sempre più naturale estendere il contatto fisico. E non riusciva a non sorridere quando si rendeva conto di quanto potere avessero le sue carezze. Mirren sembrava sempre rilassarsi al suo tocco.

-Bonnie mi stava condizionando più di quanto pensassi. Sono felice che sia finita- continuò Brogan, ignorando le lamentele morsicate del figlio.

-Come procede il divorzio?- chiese Johanne, preoccupata.

-Molto bene, sorprendentemente. Sta cercando di dimostrare che l’ho chiesto perché l’ho tradita e ho un’altra donna, ma non ho nessuno, e non avrò più nessuno! L’ho deciso- rispose Brogan, piuttosto soddisfatto da sé stesso.

-Meh, ne riparliamo tra qualche mese- lo sfidò Petra, incredula. Aveva già assistito a quel teatrino più volte.

Felix doveva in effetti darle ragione, ma voleva essere ottimista. Non aveva mai lasciato una moglie a causa di problemi che riguardavano i suoi figli. Forse questa volta aveva davvero aperto gli occhi.

-Non sottovalutarmi, il mio psicologo mi sta aiutando a comprendere il motivo dei miei problemi con le donne… e diciamo solo che dei nipoti su cui concentrarsi sarebbero non poco graditi per la mia terapia- Brogan tornò all’argomento di prima, con un occhiolino.

-Papà, ti prego, basta!- si lamentò Mirren, tornando a seppellire il volto tra le mani e irrigidendosi nonostante la mano di Felix sulla sua spalla.

Il biondo non riuscì a non ridacchiare, un po’ isterico, ma anche effettivamente divertito da quel pranzo singolare.

-Okay… okay… è un’occasione di festa, dopotutto. Peccato che Amabelle non sia riuscita ad essere dei nostri- Brogan spostò l’attenzione verso Petra, che a differenza del fratello rimase impassibile.

-Amabelle ed io non vogliamo figli- disse solo, in tono di sfida.

-Beh, è presto, ma magari…-

-No, no, Amabelle afferma con assoluta certezza di non volere figli, ed io concordo. MA accetteremo aiuto per il matrimonio- disse in tono così impassibile da sembrare comico.

-Lo accetto!- Brogan sorrise, soddisfatto per il compromesso.

Il pranzo procedette quasi tranquillamente dopo quella parentesi, e dopo aver mangiato quasi tutte le portate, in quel momento di abbiocco dopo un pranzo sostanzioso, la folla iniziò a disperdersi dalla grande tavolata.

Tender iniziò ad inseguire Lottie per tutta la casa, era l’unica a non essere entrata in un coma da cibo.

Meredith e Gabrielle decisero di tornare a casa: la prima sicuramente per mettersi a leggere o a scrivere al computer, la seconda aveva un appuntamento con il suo ragazzo.

Bartie e Brogan fecero la loro solita partita a carte, con Johanne che assisteva il marito ma era tenuta ad una certa distanza dato che l’ultima volta aveva cercato di barare. E Petra si mise in camera sua, probabilmente in videochiamata con Amabelle.

Felix e Mirren finalmente trovarono un po’ di tempo per stare da soli.

-Ti va di andare all’altalena?- propose Felix, che aveva preparato una sorpresa all’esterno prima di pranzo.

-Con questo freddo, Durke?- si lamentò Mirren, piuttosto sonnolento, osservando fuori dalla finestra dove iniziava a cadere qualche fiocco di neve.

-Dai, solo per qualche minuto. Tradizione natalizia!- insistette Felix, prendendolo per un braccio e iniziando a trascinarlo verso la porta sul retro.

Mirren non sembrava opporre resistenza, era un buon segno!

-Ma non avevi smesso di fumare? A che serve uscire?- continuò comunque ad obiettare, poco convinto.

-Daaaai, fallo per me!! Ci vestiamo pesanti e stiamo un po’ da soli, noi due, senza la compagnia di nessun altro- gli fece dei super convincenti occhi da cucciolo (che funzionavano solo su Mirren a dire il vero), e il suo ragazzo cedette, con un sospiro e facendosi trascinare fuori, verso la loro altalena, compagna di mille avventure.

Non appena si fu seduto al solito posto, Felix respirò a pieni polmoni l’aria invernale, iniziando a dondolarsi appena. Doveva ammettere che i suoi polmoni sembravano funzionare meglio da quando aveva smesso di fumare. Era un cambiamento quasi impercettibile, per il momento, ma iniziava a notarlo.

Era felice di aver realizzato il proprio proposito.

Ma in generale, era felice. Felice di tutto quello che stava succedendo in quel periodo: la relazione con Mirren, il suo lavoro, la Corona Crew che era più unita che mai. Stava anche facendo amicizia con i suoi colleghi, e lavorare con Ty era molto più divertente di quanto avrebbe mai potuto immaginare. Non credeva di aver mai avuto un periodo così felice nella sua vita.

-Ehi, Felix, tutto bene?- Mirren gli diede un colpetto sul piede, facendolo tornare alla realtà.

-Quanto è durato?- chiese un po’ preoccupato. Ultimamente iniziava ad avere meno attacchi, da quando aveva cambiato alcune medicine, ma ogni tanto tornavano.

-Solo qualche secondo, tranquillo. Ma pensavo che mi avessi portato qui per dirmi qualcosa- lo rassicurò Mirren, per poi interrogarlo, con un sopracciglio inarcato.

Felix non trattenne uno sguardo colpevole, Mirren lo conosceva fin troppo bene. Decise comunque di fare il finto tonto, per una questione di principio.

-Nessun motivo in particolare- mentì, per poi, immediatamente dopo, alzare la testa e guardare le sbarre dell’altalena.

-Oh, guarda, ma è vischio que…- si interruppe a metà frase.

Il vischio che aveva preparato tanto accuratamente, infatti, non c’era.

-Ma dove…?- iniziò a guardarsi intorno, confuso.

Mirren sghignazzò tra sé.

-Sei stato tu?!- lo accusò Felix, offeso. La sua bella sorpresa, rovinata così.

Mirren iniziò proprio a ridere, una delle sue rare risate vere e proprie, che di solito infondevano Felix di gioia anche quando era giù.

E quel giorno non faceva eccezione.

Anche se ci provò a tenere il muso, con estrema difficoltà, per sei secondi.

Poi scoppiò a ridere anche lui.

-Non sono stato io, comunque, ma l’ho visto volare via trascinato dal vento mezzora fa, dalla finestra- dopo le grasse risate, Mirren si spiegò.

Felix sbuffò, ritornando a fare il muso.

-Beh… vuoi baciarmi o no?- chiese con molta meno eleganza, indicandosi la bocca già in posizione. Tanto l’intento era quello, vischio o no.

-Romantico- lo prese in giro Mirren, alzando gli occhi al cielo.

-Ehi! Non è colpa mia se c’è vento- si lamentò Felix, demoralizzandosi.

Poi sentì una mano sul suo collo, e pochi istanti dopo Mirren lo stava baciando.

Ormai era la loro quotidianità, ma di solito si limitavano a scambiarsi pecche sulla bocca, o sulla fronte, o sulla mano.

Niente di particolarmente spinto, tranne che in determinati momenti, dove godevano di solitudine e intimità.

E tali momenti erano sempre meravigliosi come la prima volta.

Quello era uno di quei momenti.

Le altalene scricchiolavano mentre i due cercavano di avvicinarsi sempre di più. Felix non credeva sarebbe potuto essere più felice di così.

Quando si separarono, fu quasi tentato di chiedergli di continuare in camera sua, o di appartarsi nella legnaia, ma si interruppe quando notò lo sguardo di Mirren.

Sembrava timoroso, quasi preoccupato.

-Tutto bene?- chiese, allertandosi immediatamente.

-Uh? Sì! Sì, certo!- mentì lui. Felix lo conosceva, era chiaro che mentisse, perché si era irrigidito appena, e aveva distolto inconsciamente lo sguardo.

-Mirren…- lo incoraggiò a parlare, cercando il suo sguardo.

-Ecco, c’è una cosa che volevo dirti, ma non so… non pensavo di dirtela oggi- ammise Mirren, stringendo le corde dell’altalena, un po’ a disagio.

-Mi vuoi lasciare?- chiese Felix preoccupato. Sapeva benissimo che non fosse quello il caso, ma era meglio essere sicuri.

-No! No! Assolutamente no!- si affrettò a rassicurarlo Mirren. Felix si rilassò.

-Allora qualsiasi cosa mi dirai andrà bene- gli sorrise, incoraggiandolo a parlare.

Mirren sospirò, e non lo guardò.

-Ecco… sei libero il giorno del mio compleanno?- chiese, iniziando a girare intorno all’argomento.

-Ovvio! Sarà una giornata dedicata a te! Beh, principalmente la serata. Ho già prenotato al Vio… ehm… in un posto, e ci saranno la Corona Crew, la musica classica, e una torta che adorerai e… ugh, no, non devo fare spoiler! Deve essere una sorpresa!- Felix si tappò la bocca, temendo di aver detto troppo.

-Aspetta, hai prenotato al Violin’s key?!- chiese Mirren, con occhi brillanti.

-No! …sì… ahhhhhh, doveva essere una sorpresa!!!- si autocommiserò Felix, melodrammatico come Amabelle.

-Ma è perfetto! Possiamo andare alla casa e poi direttamente al Violin’s Key! Senza fare giri troppo complicati!- Mirren iniziò a riflettere ad alta voce, poi si tappò la bocca, rendendosi conto che anche lui, come il suo ragazzo, aveva fatto uno scivolone.

-Casa? Che casa?- chiese Felix, confuso.

-Uh… sì, era di questo che volevo parlarti. Io… ho preso casa- ammise infine Mirren torturandosi la sciarpa che aveva attorno al collo.

Il cuore di Felix perse un battito.

Mirren… una casa… una casa sua. Non avrebbe vissuto più lì. Non sarebbe stato più accanto a Felix.

Una casa vicina al Violin’s key, per giunta! Era lontanissimo da lì. Più vicino a lavoro, certo, ma…

Fu felice che non si stessero guardando negli occhi, perché era impallidito, e non riusciva a non mostrare la sua delusione.

Cercò di recuperarsi in fretta.

-Wow, che svolta inaspettata. Una casa tutta tua?- indagò ulteriormente, provando a sorridere.

-Sì… ecco… non ho ancora firmato il contratto, ma ho trovato questa bella casa, e volevo chiederti di visitarla con me, il giorno del mio compleanno, per darmi consigli sull’arredamento dato che sei molto più esperto di me su queste cose- Mirren era molto a disagio, e si vedeva.

Felix non poteva esimersi dall’incoraggiarlo senza pensare a sé stesso, quando lo vedeva così.

-Ma certo! Non devi neanche chiedere! Che figo! Ti trasferisci! Fantastico!- cercò di mostrare un entusiasmo che non gli apparteneva, ma si rese conto di essere uscito parecchio forzato.

Mirren sicuramente si sarebbe accorto della sua stranezza, e avrebbe indagato. Felix quasi ci sperò. Sperò che lo capisse, e insistette, dandogli il via libera per esprimere quanto gli facesse male pensare che Mirren non sarebbe stato più il suo vicino di casa. Che non si sarebbero più potuti salutare dal balcone ogni mattina, e darsi la buonanotte ogni sera.

Sì, certo, c’erano le videochiamate, ma non era la stessa cosa.

Era egoista dirglielo senza essere interpellato al riguardo, quindi Felix rimase zitto, aspettandosi che fosse Mirren a tirare fuori la questione.

Ma Mirren non lo fece.

-Sì, beh… ci vorrà un po’ per finalizzare il tutto, dato che non è ammobiliata, e devo ancora comprarla, e organizzare tutte le questione burocratiche, ma è da un po’ che pensavo di trasferirmi, soprattutto ora che Bonnie non c’è più e Petra non ha bisogno di me contro di lei- Mirren spiegò le sue ragioni.

-Sì, beh, non puoi mai sapere se tornerà una Bonnie però- Felix si morse il labbro subito dopo aver detto quella frase. Non voleva manipolare Mirren in modo che rinunciasse al suo proposito. Era davvero troppo egoista da parte sua. Un modo per mantenere lo status quo. 

Ma Mirren aveva 26 anni, aveva tutto il diritto, se non il dovere, di trasferirsi.

Probabilmente avrebbe dovuto farlo anche Felix, prima o poi… più prima.

-Felix…- forse Mirren era in procinto di tirare finalmente fuori l’argomento “come si sente Felix a riguardo”, ma il suo ragazzo lo interruppe, scuotendo la testa tra sé per eliminare i pensieri negativi.

-Scusa, scusa! Sono felice per te, Mirren, un sacco! Sono solo preso alla sprovvista, tutto qui. Ti aiuterò con piacere, al meglio che posso- gli promise, il più incoraggiante possibile.

-Grazie, Fel, avrò davvero bisogno del tuo aiuto- rassicurato, Mirren gli prese le mani tra le sue, e le strinse con forza.

-Inizia a tirare una certa aria, non pensi? Forse è meglio rientrare- Felix simulò tremori per il freddo, e si alzò, togliendo le mani da quelle di Mirren per levarsi della neve dai vestiti.

Si girò verso Mirren per incoraggiarlo a seguirlo, e si accorse che i suoi occhi erano estremamente feriti.

Si affrettò a tornare più affettuoso.

-Su, andiamo prima che ti si congeli il naso- gli porse la mano per aiutarlo ad alzarsi dall’altalena, e Mirren gliela prese leggermente più rassicurato.

Rientrarono mano nella mano in casa, e rimasero tranquilli, sereni e innamorati, il resto della giornata.

Felix però non riusciva a togliersi dalla testa che quelli potevano essere gli ultimi giorni che viveva accanto a Mirren.

Che pensiero orribile!

 

-Non è giusto!- si lamentò Diego, irritato, quando perse per la quattordicesima volta di fila a carte contro Coco, che sogghignando sotto i baffi, diede il cinque alla sua consulente, ovvero Clover.

-Evvai, tutte le caramelle sono mie!- la bambina recuperò i dolcetti, di cui Diego era rimasto ormai del tutto sprovvisto, e iniziò a mangiare una barretta di cioccolato, gustando letteralmente la vittoria.

-È stata una perfetta partnership- Clover si stiracchiò, soddisfatta del suo operato come consulente.

Quando aveva detto ai Flores che non avrebbe partecipato ai giochi di carte, Diego aveva sperato con un certo ottimismo che sarebbe riuscito a vincere qualche mano, ma non aveva fatto i conti con Coco, che l’aveva reclutata con la scusa di non conoscere bene le regole (bugiarda, era più brava di loro), e l’aveva usata per vincere praticamente sempre.

-Pensavo che fossi la mia ragazza, devi davvero remarmi contro così tanto?!- sbuffò Diego, guardando con un certo rimpianto il Mars che Coco aveva porto a Clover per ringraziarla dell’aiuto.

-Non è colpa mia se Coco è stata più veloce di te a prenotare il mio aiuto- si giustificò Clover, sedendosi sulle sue ginocchia e fermando Diego dal cacciarla via porgendogli il Mars, che riconquistò appena il suo favore.

-Okay… allora io mi prenoterò per il prossimo gioco che faremo tutti insieme nel quale non parteciperai- la abbracciò per rendere ufficiale la prenotazione, e Clover ridacchiò.

-Mi dispiace, ma Oliver mi ha già prenotata, poi viene Juanita, poi nonna Flora, e infine tu. Ti metto in lista, Diego- Clover gli fece un occhiolino.

Diego fece il muso.

-Pensavo di avere il fast-pass, splendore- provò a sedurla, con uno sguardo che conquista degno di Flynn Rider.

-Ci hai provato, fiorellino. Ma non posso infrangere una promessa. Dovevi pensarci prima- Clover gli diede un bacio sulla guancia che alleggerì appena il dolore del rifiuto, e Coco li guardò disgustata.

-Fate gli sdolcinati da un’altra parte. Mi rovinate i dolci!- si lamentò, stringendo a sé i suoi tesori. Mah, semmai li avrebbero resi più dolci con il loro amore.

Clover alzò le mani in segno di resa e si alzò, sistemandosi il maglione più brutto del mondo, verde con fiocchi di neve, renne, un Babbo Natale messo a caso, e la scritta “Brutto maglione natalizio” sul davanti.

Ne aveva comprato uno identico anche a Diego, solo che rosso.

E dato che Diego non credeva avrebbe mai indossato un completo di coppia con Clover, stava indossando quel maglione con una soddisfazione immensa.

-Allora, posso farmi perdonare facendoti vincere a Just Dance?- Clover gli porse la mano per convincerlo a seguirla. Diego gliela prese anche se non aveva bisogno di lei per alzarsi.

-Non è una vera vittoria se non dai il tuo massimo- obiettò, seguendola verso il salone con la televisione.

Una volta varcata la soglia, però, vennero fermati dalle quattro persone all’interno della stanza, intente a guardare una replica di Gorgeous in televisione: Maria, Juanita, Paola e nonna Flora.

-Fermi lì voi due!- dissero in coro, con veemenza, facendoli sobbalzare e bloccare di botto.

-Cosa?- chiesero in coro, guardandosi confusi.

-Siete sotto al vischio, dovete baciarvi!- indicò Maria, prendendo una macchina fotografica.

-Sì! Sì! Io e Miguel lo abbiamo fatto, dovete farlo anche voi, è tradizione!- le diede man forte Paola, con occhi a cuore.

Clover e Diego si guardarono, alzarono le spalle, e condivisero un dolce bacio sotto al vischio, noncuranti degli sguardi… e dei ventimila flash della macchina fotografica.

-Mamma, la memoria ha un limite- si lamentò Diego una volta staccatosi da Clover.

-Finisce dritta dritta nell’album di famiglia. Un giorno mi ringrazierete per essere previdente- rispose Maria, osservando con un cenno di approvazione le foto scattate.

-Ohhh, fa vedere! Fa vedere- Paola si avvicinò -Awww- commentò subito dopo, intenerita.

-L’hai visto dal vivo- le fece notare Clover, incredula.

-Ma lo posso vedere più a lungo così- la contraddisse Paola, con un occhiolino.

Le due ormai erano diventate migliori amiche.

-Siete proprio una bella coppia- anche Flora si unì all’osservazione.

Juanita era rimasta l’unica a guardare la puntata di Gorgeous, con dei popcorn.

-Suppongo che Just Dance dovrà aspettare- sussurrò Diego all’orecchio di Clover, che annuì, e si avvicinò allo schermo, interessata ai personaggi che tante volte aveva sentito citare da numerosi membri della Corona Crew.

Forse quella serie non era poi così trash.

Diego, intuendo i pensieri che stavano passando nella mente della sua ragazza, si affrettò a coprirle gli occhi.

-No! Quattro fissate in famiglia e tre nel gruppo di amici bastano e avanzano. Tu sei più forte di così. Combatti i demoni oscuri del trash!- la incoraggiò come un maestro verso il proprio alunno jedi.

Clover rise di gusto.

-Tranquillo, non mi appassionerei mai così tanto. Ma non è male dare un volto ai personaggi di cui Amabelle parla sempre. Fammi indovinare, quello è Pablo, e sta parlando con Angelica?- chiese, indicando i due personaggi nello schermo.

-Francisca- la corressero Juanita, Flora e Maria di getto.

-Oh… capito- Clover si sedette accanto a Juanita, e le prese un paio di popcorn dalla ciotola.

-Nooo! La stiamo perdendo! Presto, infermiera, mi passi il defibrillatore!- Diego chiese a nessuno in particolare, ma venne comunque salvato da Paola, che si alzò dal divano e si avvicinò a Clover.

Non era un defibrillatore, ma gli bastò comunque.

-Clover, ti posso parlare di una cosa, in privato?- chiese, al suo orecchio.

Clover annuì, e la seguì dopo essersi congedata dal resto della famiglia, e lasciando Diego lì tra le appassionate di Gorgeous.

Raggiunsero il giardino, e si sedettero sotto il portico della casetta.

-Tutto bene, Paola? Qualche problema?- Clover ruppe il silenzio, un po’ preoccupata. Si vedeva che Paola era a disagio per qualcosa, ma non sembrava triste, solo molto nervosa.

-Sì, tutto bene. Anche più che bene, solo…- non stava mentendo, davvero andava bene, più che bene. Clover non capì cosa potesse renderla così nervosa, e perché rivolgersi a lei. Poi notò che spesso si portava le mani sullo stomaco. Un gesto che aveva visto fare molto spesso a Roelke, di recente.

E Roelke…

-Sei incinta?- chiese, incredula, senza riuscire a trattenersi, per poi coprirsi la bocca di scatto. Non era molto delicato fare una supposizione del genere senza prove e soprattutto se Paola non era pronta a condividere il suo possibile stato interessante.

-Cioè…- provò a tornare sui suoi passi, non riuscendo a guardare l’amica negli occhi, ma Paola la interruppe.

-Sei proprio una maga, Clover- confermò la supposizione di Clover, che si girò verso di lei, sorpresa dalla sua calma, e la trovò solo ad occhi sgranati e piacevolmente sorpresa.

Ancora un po’ nervosa, ma non preoccupata, o in ansia totale, come Clover sarebbe stata se avesse scoperto di essere incinta.

Giustamente, forse. Paola era più giovane di Clover, certo, ma era già sposata, amava Miguel, ed era chiaro che volesse una famiglia.

-Volevi dirmi questo?- chiese la ragazza, lanciando un’occhiata allo stomaco di Paola, che però non mostrava alcuna differenza.

-Sì, ecco… wow, l’hai reso più facile, scoprendolo tu per prima. Ed io che non sapevo come introdurre l’argomento...- Paola rise un po’ istericamente, accarezzandosi la pancia senza più provare a trattenersi.

-Sembri felice- notò Clover, senza riuscire a nascondere la sua sorpresa.

-Ovvio che sono felice! Sono estasiata! Il problema è che… non so se sia il caso di dirlo subito. Ovviamente Miguel lo sa, era con me quando ho fatto il test, ma è una faccenda di poche settimane, e non vorrei… credi che dovrei dirlo in famiglia? Anche se è presto?- chiese Paola, rivelando il motivo per il quale si era rivolta a Clover.

Clover non aveva idea del perché avesse deciso di chiedere proprio a lei, che esperta non lo era affatto riguardo bambini, persone incinte, e annunci da fare in famiglia a Natale.

Ma cercò di pensarci seriamente, perché voleva essere per Paola una persona sui cui potesse contare.

-Io… beh… penso che li renderesti felici. Forse è un po’ presto, ma dare una notizia del genere credo che renderebbe il Natale più speciale per tutti- le diede la sua opinione sincera.

Paola sorrise raggiante.

-Lo pensi anche tu? Lo pensa anche Miguel, anche se mi ha detto che lascia la decisione a me. Io sarei felice di dirlo, ma ho comunque un po’ paura che se poi succedesse qualcosa rimarrebbero tutti troppo delusi- si rabbuiò parecchio all’idea che qualcosa succedesse, e si strinse a sé, come a proteggersi.

Le sue parole però denunciavano che stesse più che altro cercando di proteggere gli altri.

-Non deluderai mai nessuno. Anzi, avere il sostegno della famiglia in un momento così felice e delicato non potrà che giovarti- la incoraggiò Clover, mettendole una mano sulla spalla per farle notare che non era sola.

-E poi le cose andranno bene- aggiunse dopo pochi secondi, ottimista.

Paola sorrise, rasserenata.

-Sono davvero felice all’idea di fare una famiglia. Ho sempre voluto essere mamma- confessò, ormai molto più tranquilla, e semplicemente eccitata per la notizia che aveva appena rivelato.

-Sarai un’ottima mamma- Clover lo disse con la massima sincerità. C’erano persone che erano nate per essere madri, e Paola era una di quelle.

…non come Clover.

Clover non aveva mai pensato di avere figli un giorno.

Per molti anni aveva supposto che non avrebbe mai incontrato qualcuno che l’avrebbe amata abbastanza, e che lei avrebbe amato abbastanza, e supponeva che quindi, in assenza di materia prima, non avrebbe avuto proprio la possibilità di avere dei figli.

Poi si era detta che, a prescindere, di figli era meglio non averne, dato che visti tutti i suoi problemi avrebbe finito solo per rovinarli.

Ma adesso…

Durò solo un istante, in realtà. Forse perché notò quanto Paola fosse felice, forse era così innamorata di Diego che iniziava ad avere le fantasie adolescenziali di una famiglia tutta loro, forse semplicemente era l’atmosfera natalizia che parlava, o quanto gli avesse fatto piacere passare del tempo con Coco…

Ma per un istante, in singolo attimo, si immaginò al posto di Paola, con una creatura in grembo, e un futuro da madre.

Scosse la testa, era troppo presto per pensarci, ed era un pensiero davvero lontano da lei.

Lei e Paola finirono di chiacchierare, e tornarono in casa dopo una decina di minuti.

Clover pensò di essere stata via qualche giorno.

Diego era seduto tra Maria e nonna Flores, con una coperta intorno alle spalle, e rubando ogni tanto i popcorn dalle mani di Juanita.

Osservava lo schermo con estrema concentrazione e interesse.

-Diego, ti va di fare una passeggiata?- chiese, confusa, e cercando di salvarlo da quella serie che, sicuramente, sua nonna e sua madre lo stavano obbligando a vedere con loro.

-Aspetta, aspetta, devo capire se Pablo tornerà in vita questa volta!- Diego neanche la guardò, e prese altri popcorn.

Alla fine, dopo anni di estrema resistenza, anche Diego era crollato nel cerchio di Gorgeous.

Clover non insistette, e si sedette nuovamente accanto a Juanita, insieme a Paola.

Passò decisamente il miglior Natale della sua vita.

 

Ormai era arrivata al sera di Natale, e Max non era riuscito a contattare Veronika se non per gli auguri, e solo qualche minuto. Purtroppo oltre agli impegni reali, c’era anche il problema del fuso orario.

E tra Europa e America il fuso orario era tanto diverso.

E al momento era troppo tardi ad Agaliria perché Veronika fosse sveglia… o troppo presto?

Insomma, sicuramente era già andata a dormire, Natale era finito, e Max non era riuscito a passarlo con lei.

Non ci stava troppo male, dopotutto fino a pochi giorni prima pensava che con Veronika non avrebbe avuto nessuna possibilità, quindi gli bastava sapere che in futuro avrebbero avuto occasione di stare insieme. Era già qualcosa.

Al momento era con Denny, Mathi e Aggie a vedere un film di Natale. Suo padre era uscito per andare dai Paik per un lavoro urgente in giardino. 

Sembrava davvero una cattiveria immensa chiamare un giardiniere il giorno di Natale, ma a Max non era sfuggito che alla richiesta, suo padre si era illuminato, quindi non aveva obiettato nulla e l’aveva lasciato andare.

Ecco, riflettendo sulla situazione di suo padre, Max era messo decisamente meglio.

Certo, non poteva vedere la persona che amava, mentre suo padre sì, ma almeno lui e Veronika potevano stare insieme, mentre la signora Paik era sposata e troppo spaventata per lasciare il marito e confessare i sentimenti che chiaramente provava per il giardiniere.

Max non avrebbe disdegnato l’idea di avere la madre di Clover come matrigna. Così loro due sarebbero potuti diventare fratellastri. Sarebbe stato perfetto!

Ma preferiva lasciare i piani di accoppiamento ad Amabelle o a Norman, non gli piaceva intromettersi in queste cose.

Quindi era sul divano intento a vedere “Fuga dal Natale” con i ragazzi presenti, e cercando di non lanciare occhiate gelose a Denny e Mathi che erano chiaramente i più felici lì in mezzo.

Beh, no, Aggie era felicissima, sdraiata a pancia in giù sul pavimento a vedere il film con estremo divertimento, già in pigiama, e con i regali ricevuti quel giorno tutti intorno a lei come tesori preziosi.

Insomma, era stata una bella giornata, sarebbe finita come una bella giornata, e la mattina successiva avrebbe parlato con Veronika scambiandosi degli auguri più sentiti. Non era importante essere precisi.

Mentre cercava di godersi il film e ignorare la coppietta al suo fianco (quello era il suo innocente fratellino, maledizione. C’era proprio bisogno di stare così appiccicati?!) una chiamata lo distolse dai suoi pensieri.

Rimase piuttosto sorpreso nel notare che era Veronika.

Si alzò dal divano e rispose quasi immediatamente.

-Veronika?- chiese, pensando che forse era una chiamata partita per sbaglio, o qualcosa del genere, ma Veronika comparve in primo piano con un raggiante sorriso.

-Max! Come va? È andato bene il Natale?- chiese, sembrava parecchio eccitata per qualcosa, non riusciva a nasconderlo.

E dietro di lei… sembrava in auto.

-Sì, tutto bene? Ma tu dove sei adesso? Che ore sono ad Agaliria? Le sei del mattino, tipo? Sei già sveglia e in giro?- chiese, preoccupato.

-Ehm… a dire il vero non sono ancora andata a dormire- rispose Veronika, muovendo la mano come a lasciar cadere l’argomento.

-Cosa?! Non è molto salutare. Non eri abituata a dormire otto ore precise?- chiese, non riuscendo a non esprimere i propri dubbi. 

-Senti chi parla, Mr. “Ho dormito ventitrè minuti non consecutivi ma sto una favola”- Veronika rigirò la frittata, e Max non ebbe nulla da obiettare. Aveva ragione.

-Beh, okay, ma comunque mi sembra esagerato farti lavorare così tanto il giorno di Natale- Max continuò a fare il responsabile, e Veronika gli lanciò un’occhiata affettuosa.

Per essere in doveri regali, sembrava vestita parecchio casual, e aveva i capelli raccolti all’indietro in maniera un po’ disordinata, piena di ferretti.

Anche il trucco era molto poco.

C’era qualcosa di strano, ma Max era troppo felice di vederla per collegare subito i puntini.

-L’ho chiesto io, quindi non posso lamentarmi. Anzi, sono davvero felice, anche se assonnata- rispose con entusiasmo.

Prima che Max potesse insistere o cambiare argomento, ci pensò lei a fare quest’ultima cosa.

-Che stai facendo adesso? Sei a casa? C’è anche Denny?- chiese, cercando di capire dallo sfondo di Max dove egli fosse.

-Sì, sono a casa. E ci sono ancora Mathi e Aggie. Siamo un po’ stretti ma è piacevole. Vediamo un film- spiegò, spostando la telecamera verso la sala da pranzo e mostrando il gruppo e il film che stavano vedendo.

-Oh, Fuga dal Natale. Carino!- Veronika riconobbe il film, era davvero una patita di cinema.

-Tu invece? Che doveri regali stai per…?- Max provò ad indagare a sua volta, ma Veronika sembrò essere chiamata da qualcuno fuori dallo schermo. Il suo sorriso si allargò.

-Scusa, Max, ma sono quasi arrivata, devo chiudere la chiamata- lo congedò improvvisamente.

Max era confuso.

-Aspetta, cosa…?- provò ad indagare, ma Veronika lo interruppe.

-Sono davvero di fretta. Ti spiego tutto più tardi, promesso- gli diede un bacio a distanza, ed interruppe la telefonata prima che Max potesse ricambiare.

-…okay…- sussurrò tra sé, molto molto disorientato.

Perché chiamarlo per stare così poco al telefono? Perché era sveglia a quell’ora? Era ubriaca? No, non sembrava. Ma era un po’ strana.

Max cercò di non pensarci, e si avviò nuovamente verso il divano, appoggiandosi allo schienale da dietro ma non sedendosi ancora.

Forse sarebbe andato direttamente a dormire, iniziava ad essere un po’ stanco, dopo tutti i festeggiamenti di quei giorni.

E il film era molto carino, ma sul finale si stava un po’ appendendo.

Senonché venne bloccato circa cinque minuti dopo la chiamata con Veronika, dal suono del campanello.

Il suo cuore perse un battito.

-Chi sarà a quest’ora?- chiese Denny, sorpreso, e stringendosi maggiormente a Mathi.

-Forse qualcuno che fa i cori natalizi?- suppose Aggie, meno preoccupata.

-Vado a vedere- Max si raddrizzò e si avviò alla porta senza alcuna aspettativa.

Ma quando aprì la porta, rimase non poco sorpreso quando si ritrovò davanti Manny.

Cioè… era Veronika, ma era vestita da Manny.

-Heyy!- lo salutò lei, con un sorriso radioso, e il solito accento newyorkese che da tantissimo tempo Max non le sentiva usare.

Sebbene ormai sapesse la verità, fu comunque uno shock vederla in questa forma, che gli aveva fatto battere così tanto il cuore.

-Ciao, Max, scusa se ci introduciamo a quest’ora, ma Manny ci teneva non poco a salutarti. L’abbiamo preso da poco all’aeroporto- spiegò Roelke, che aveva accompagnato la nipote ed era dietro di lei insieme a Kodie.

-Huh? Oh! Hey… certo! Entrate pure!- Max ci mise qualche secondo a riprendersi, e sempre fissando Veronika a bocca aperta, fece entrare il trio, che si tolse la neve di dosso. Era caduta tutto il giorno, colorando di bianco la città, ma per fortuna non causando alcun danno grave come il blackout di inizio anno.

-Kodie, Roelke!- li salutò Mathi, sorpreso, distogliendo l’attenzione dal film e facendola distogliere anche a Denny, che si girò a guardare i nuovi venuti.

-Veronika!- il ragazzo si alzò di scatto dal divano e corse ad abbracciare l’amica, che sorrise e ricambiò la stretta.

Questo sembrò sbloccare Max.

Un momento… davvero suo fratello aveva salutato la sua ragazza prima di lui?! Che razza di futuro fidanzato sarebbe stato?!

-Veronika!- la salutò a sua volta, staccandola da Denny e prendendola per le spalle per guardarla negli occhi -Che sorpresa meravigliosa!- riuscì infine a dire, con un grande sorriso, che Veronika ricambiò, con le lacrime agli occhi per la commozione.

-Mi mancavi troppo, non ce la facevo più! E alla fine ho convinto papà a farmi stare almeno fino a capodanno, purché sia nei panni di Manny. Nessuno l’aveva scoperto, dopotutto, e non dobbiamo farci vedere troppo insieme in pubblico, ma comunque…- iniziò a spiegare Veronika, un po’ incerta.

Max non voleva sentire ansie e preoccupazioni. La prese per la vita e la fece volteggiare.

-È il più bel regalo di Natale che potessi farmi!- le assicurò, prima di stringerla forte, subito ricambiato.

-E non è l’unico! Ho programmato tante cose da poter fare insieme questi giorni! Con discrezione, certo, ma… oh, sono così felice di essere qui!- Veronika si separò qualche secondo per guardarlo negli occhi, per poi riabbracciarlo anche più stretto di prima.

-Sono confusa- commentò Aggie, che non era stata informata della faccenda Veronika e stava vedendo un ragazzo venir chiamato prima Manny poi Veronika, e invischiat* per qualche motivo con il capo di suo fratello.

-È una lunga lunga storia- Mathi le diede qualche pacca sul capo.

-No, non è quello che mi confonde- Aggie scosse la testa, poi indicò un punto sopra le loro teste -Perché sono sotto al vischio e si stanno solo abbracciando?- fece notare, ad alta voce, con un sorrisetto.

Era brava a leggere la situazione.

Sia Max che Veronika alzarono la testa e notarono che tra abbracci e giretti, erano finiti proprio sotto uno dei rametti di vischio messi un po’ ovunque nella casa da Aggie.

Tornarono a guardarsi, sorrisero, e si scambiarono un bacio.

Sì, okay, era un po’ pubblico effettivamente per i loro accordi, ma Max stava baciando Manny, e poi lì dentro erano tutte persone fidate.

Quello era diventato ufficialmente un ottimissimo Natale.

-Ehm ehm…- interrotto da Denny che si sgranchì la voce, per attirare l’attenzione del fratello e della sua ragazza.

-Che c’è?- chiesero entrambi, sorpresi dalla sua interruzione.

-Io ti vedo da meno tempo! Abbiamo un sacco di cose da dirci anche noi!- si lamentò Denny, con occhi da cucciolo, staccandoli e mettendo la testa sulla spalla di Veronika.

Veronika ridacchiò, e lo abbracciò.

-Mi sei mancato un sacco anche tu, Denny!- affermò, scompigliandogli i capelli.

Max si sentì quasi geloso per un attimo. Quella era la sua ragazza, aveva più diritto lui di stare con lei. Ma era felice che lei e Denny avessero un così buon rapporto.

-Fortuna che sei gay, o sarei preoccupato- scherzò, dandogli una pacca sulla spalla.

Denny gli fece una linguaccia, e trascinò Veronika sul divano, per farle finire il film insieme a loro.

Si aggregarono anche Roelke e Kodie, la serata finì in un’atmosfera ancora più festosa.

 

Norman aveva passato un Natale perfettamente ordinario, con i suoi genitori, gli zii e altri parenti vari. Cena della vigilia, pranzo di Natale, e giochi in famiglia dove aveva vinto parecchio perché se è vero che chi è sfortunato in amore è fortunato al gioco, lui che era aro-ace era privilegiato.

Era finalmente giunta la sera quando era finalmente riuscito ad aprire il computer per prenotare un autobus che l’avrebbe portato a Harriswood per gli ultimi eventi dell’anno. Aveva ancora la camera prenotata all’università fino alla fine delle vacanze natalizie, e aveva tutta l’intenzione di approfittarne.

Mentre prenotava i biglietti, però, notò una mail di risposta a una delle tante richieste di lavoro che aveva cominciato a mandare incoraggiato da suo padre.

L’aprì con una certa preoccupazione.

“Gentile signor Smith, sono lieto di informarLA che…”

Si interruppe immediatamente, con il cuore che batteva a mille.

Lieto.

LIETO?!

OH CIELO!

Dopo essersi calmato, tornò a leggere la lettera.

Curriculum impeccabile.

Non serve neanche un colloquio di lavoro.

Saremmo lieti di averla in squadra.

Una settimana di prova a Gennaio.

…OH SANTO PABLO!!

L’AVEVANO PRESO?!

COSÌ?! 

Norman era senza parole, si strofinò gli occhi e ricontrollò. Si assicurò che fosse una mail ufficiale e non una mail fittizia. 

L’azienda alla quale aveva inviato il curriculum era una delle più rinomate alle quali aveva chiesto. E onestamente non si aspettava che rispondessero il giorno di Natale.

Forse avevano apprezzato il fatto che Norman avesse inviato la proposta proprio durante le vacanze.

Era questo ad averli convinti?

Non gli interessava. Aveva appena guadagnato un lavoro!

Un lavoro davvero ottimo!

C’era solo un minuscolo problema, però.

Era a New Malfair.

Norman non si aspettava che sarebbe rimasto a Harriswood, ma ci aveva in parte sperato, dato che aveva chiesto a tutte le aziende dei dintorni, tranne quella di Mirren.

E alla fine, tra le più ambite, quella di New Malfair era la più vicina a Harriswood. Solo qualche ora in treno.

Norman cercò di essere solo felice dalla notizia, e scese in salotto per condividerla alla sua famiglia.

Allontanarsi dalla città non significava non essere più membro della Corona Crew, giusto?

…giusto?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Wow, quanti punti di vista diversi, mi gira la testa!

Ma volevo dare una situazione finale a tutte le coppie, e dare qualche piccola anticipazione su cose che succederanno nel seguito.

Denny e Mathi sono pucciosi.

Amabelle e Petra sono pucciose.

Mirren e Felix… mmmm, Mirren ha deciso di comprare casa e Felix non sembra felice. Sembra un po’ tardi nella storia per aggiungere un nuovo conflitto, dato che manca un capitolo + l’epilogo… chissà (sembra palese come andranno le cose ma shhh, fate finta di nulla).

Clover e Diego sono pucciosi. E Paola è incinta!! Waaa! Prima Roelke, ora anche lei. Dovremo far incontrare i futuri nascituri.

Veronika e Max sono pucciosi.

E comunque, sarò strana, dato che ci sono Clover e Max proprio lì, ma credo che la mia amicizia preferita da scrivere sia quella tra Denny e Veronika. Non so perché, ma mi piacciono troppo come BFF. Sarà che ho scritto nella storia l’inizio della loro amicizia, mentre per Max e Clover non ho ancora fatto la backstory (anche se arriverà, prima o poi, nella raccolta a parte).

Infine, Norman è puccioso, così, perché sì, e ha ottenuto un lavoro. Peccato che sia… a New Malfair? Come la prenderanno gli altri nello scoprire che se ne andrà da Harriswood?

Appuntamento al prossimo episodio per scoprirlo.

Ormai ne manca solo uno (+ l’epilogo). Che figata! Dovrei aggiornare per venerdì prossimo (dato che tra due giorni ho un esame quindi adesso mi concentro sullo studio totale.

Grazie a tutti quelli che sono arrivati fin qui.

Un bacione e alla prossima :-*

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Mirren porta Felix a vedere la casa che vuole acquistare. Al Corona si festeggia l’ultimo compleanno dell’anno

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Capitolo 53
*** Due cuori e una capanna ***


Due cuori e una capanna

 

Sabato 28 Dicembre

Mirren si pentiva di essersi lasciato sfuggire della casa prima del tempo.

Il suo piano comprendeva portare Felix lì, dirgli direttamente lì che quella era la casa che aveva intenzione di comprare, e fargli una sorpresa.

Invece essere il ragazzo di Felix lo stava facendo diventare esattamente come lui, e la sua bocca si era lasciata sfuggire la sorpresa prima del tempo. Fatto che aveva reso Felix stranamente triste da Natale in poi.

In realtà, teoricamente, sembrava allegro. Sempre sorridente, si erano visti spesso, e stavano approfittando delle ferie che si erano entrambi presi per quelle vacanze di Natale.  Ma ogni volta che era convinto che Mirren non lo guardasse, assumeva un’espressione malinconica, che spesso sfociava in un attacco… motivo per il quale Mirren poi lo vedeva così.

E ogni volta che lo beccava con quella espressione, si malediceva di aver detto della casa prima del tempo.

Ma non si pentiva di non aver indagato sul dispiacere di Felix, perché questo avrebbe portato a rassicurazioni, e avrebbe svelato il segreto principale, quello che si era tenuto dentro in attesa di fargli la vera sorpresa, tenuta per il giorno del proprio compleanno così da ottenere il massimo effetto, e i minimi rischi di fallimento.

Come un bravo stratega.

…che si lasciava sfuggire le informazioni, maledizione!

-Allora… ti piace la casa?- chiese un po’ timoroso, giungendo al cancello.

L’uomo dell’agenzia immobiliare gli aveva lasciato le chiavi quando Mirren gli aveva spiegato il suo intento. Aveva promesso di restituirgliele a fine giornata. Quindi al momento i due erano soli.

E Felix sembrava davvero impressionato dalla casetta che Mirren aveva scelto.

-Wow, il giardino è bellissimo- commentò, osservando la piscina. Era più piccolo rispetto a quello in casa Hart, ma era anche più curato, e aveva la piscina, anche se al momento era chiusa.

Giustamente, visto che era inverno.

-Vuoi esplorare prima il giardino?- propose Mirren, accomodante, cercando la chiave per il retro.

-No, no, teniamocelo per ultimo, mi sembra la parte migliore. E poi… inizio a sentire un po’ freddo- Felix lo incoraggiò ad aprire il portone principale, con tono piuttosto polemico. 

Mirren intuì dalla sua espressione piena di giudizio, estremamente rara sul suo volto, che avrebbe cercato in tutti i modi di demolire… metaforicamente… tutto il possibile in quella casa.

Che da un lato non rendeva facile il compito di Mirren di capire se la casa gli piaceva davvero o no.

Dall’altro, però, almeno non rischiava che Felix fingesse che gli piacesse tutto solo per fargli piacere.

-Ti avverto che non ci sono mobili, per il momento. Però ho già un’idea di come dividere le stanze- annunciò Mirren, aprendo il portone principale.

-Mi sembra una casa piuttosto grande per una persona sola- borbottò Felix, osservando le dimensioni.

Mirren lo ignorò.

-Allora, ecco l’ingresso- gli fece strada oltre la porta, e osservò con estrema attenzione per cogliere ogni singola sfumatura nel volto di Felix.

…non fu difficile.

Felix era un libro aperto, e rimase a bocca spalancata nell’osservare l’enorme stanza.

-Wow! Mi piacciono un sacco le vetrate- commentò, osservando le finestre che davano sul giardino, e poi controllando la portafinestra che dava su un piccolo portico.

-È una casa luminosa, vero? Pensavo che qui potremmo mettere il salotto, e poi…- Mirren iniziò ad illustrare il piano che si era già fatto in mente, ma Felix lo interruppe.

-Allora, a sinistra il salotto con la televisione, qui vicino al camino. Potremmo fare le pareti bianche e nere e lavorare sulle tinte chiaroscure. Ci starebbero benissimo. OH! Qui ci va un pianoforte, è di estremo impatto entrando in casa. E così spezza un po’ l’altra zona, più in là, dove vedrei bene una sala da pranzo. Ah, infatti quella mi sembra proprio una zona cucina, che bella! Adoro che sia tutto collegato! Sembra un posto perfetto per organizzare delle belle serate con gli amici!- Felix, che era partito con l’intento non nascosto di criticare ogni cosa, aveva perso ogni verve negativa, e faceva avanti e indietro per la stanza, immaginando già la casa dei sogni.

Mirren non era così fantasioso, ma le sue idee erano piuttosto interessanti.

Ed era solo la prima stanza!

Certo, era la più grande ed interessante, ma era solo l’inizio.

Il resto del tour procedette in maniera piuttosto simile.

Felix provò a dire la sua su piccole faccende, come che c’erano davvero troppe stanza per una persona sola, ma finiva per aggiungere che Petra avrebbe potuto passare da Mirren se avesse avuto bisogno.

Oppure che i bagni erano troppo poco illuminati… ma cavolo se era splendido il balcone al secondo piano, e le grandi vetrate che facevano filtrare la luce nel resto delle stanze!

Insomma, Felix non riusciva proprio a trovare grandi critiche da fare alla casa che Mirren aveva scelto per trasferirsi, e più la elogiava, più sembrava rabbuiarsi nel rendersi conto di quanto gli piacesse.

Per poco non esplose di gioia quando notò che c’era una sauna sul retro. E il giardino…

-È davvero ben curato. Ci starebbe benissimo la tua altalena, qui- commentò, con estrema malinconia, osservando quella che aveva già predetto essere la parte migliore della casa.

-Ci avevo già pensato. Infatti mentre cercavo le case ne volevo una con il giardino apposta per metterci l’altalena- spiegò Mirren, soddisfatto che lui e Felix fossero sulla stessa lunghezza d’onda.

Era ormai un’altalena vecchia, ma Mirren non se ne sarebbe mai separato. Non era solitamente un tipo molto sentimentale, ma mai avrebbe lasciato la sua preziosa altalena, sulla quale aveva condiviso alcuni dei momenti più preziosi in compagnia dell’amore della sua vita, a casa di suo padre.

…forse era un po’ sentimentale.

-Bella idea. E bella scelta. Da quanto tempo cerchi casa? Se ne hai trovata una così perfetta ci avrai messo parecchio a selezionarla- Felix smise di osservare il punto nel quale sarebbe stata spostata l’altalena, e si girò verso Mirren, curioso e, ma forse era solo un’impressione di quest’ultimo, anche un po’ accusatore.

“Perché non me l’hai detto prima?” sembrava dire con gli occhi.

Mirren distolse lo sguardo.

-Circa… tre settimane, più o meno. Attivamente solo da una decina di giorni- ammise, cercando di ricordare quando gli era venuta l’idea iniziale. 

In realtà era stato un processo lunghissimo, e forse il primo pensiero di prendere una casa tutta sua gli era venuto quando si era allontanato da suo padre, tempo prima. Poi aveva iniziato a pensarci seriamente dopo essere stato beccato da Petra insieme a Felix, e si era deciso a prenderla il giorno dei piani contro Amabelle e Petra, quando avevano passato quello splendido pomeriggio che si era concluso troppo in fretta.

-Wow… perché non me lo hai detto prima?- indagò Felix, un po’ ferito, esprimendo a voce ciò che prima comunicava solo con gli occhi, incapace di trattenere la domanda più a lungo.

Ora, a fine tour, non sembrava riuscire più a nascondere la sua tristezza.

-Ti piace la casa?- cambiò argomento Mirren. Prima di rispondere alla sua domanda, voleva essere sicuro che quella fosse la casa giusta.

Felix alzò le spalle, ostentando indifferenza.

-Sì, è carina- rispose senza entusiasmo.

-Ma a te piace?- insistette Mirren, tornando a guardarlo negli occhi. Fu il turno di Felix di distogliere lo sguardo.

-Mi sembra… mi sembra una casa perfetta- ammise, quasi seccato dalla verità che usciva dalle sue labbra -Ma ci metterai un sacco a trasferirti. Bisogna comprare tutti i mobili, progettare perfettamente come sistemarli, insomma… ci vorrà parecchio, mesi, forse anni! Sei proprio sicuro sicuro di volerti trasferire?- aggiunse poi, cercando in tutti i modi di dilatare il più possibile i tempi di trasferimento.

Mirren assottigliò lo sguardo, confuso dall’improvviso comportamento del partner.

Aveva una mezza idea di quale potesse essere il motivo della sua ansia, ma non voleva darsi troppe speranze. 

Decise comunque che ciò che stava ritardando dall’inizio di quel tour non poteva più aspettare. Prese un profondo respiro, e aprì la bocca per cominciare il discorso che si era preparato con attenzione, per ore, davanti allo specchio.

-Santo cielo! Sono un egoista terribile!- Felix però lo interruppe prendendosi il volto tra le mani, imbarazzato, e dandogli le spalle.

Mirren rimase congelato sul posto, la bocca ancora aperta e pronta a parlare.

-Felix…?- disse invece, avvicinandosi e cercando di rassicurarlo sul fatto che era la persona meno egoista che conoscesse.

-Mi dispiace, Mirren! Dovrei essere più entusiasta per questa faccenda! Si vede che ci tieni, e hai ventisei anni, ed è giusto che tu voglia trasferirti, dovrei incoraggiarti, non trovare problemi in una casa che di problemi non ne ha alcuno!- Felix non lo fece parlare, e continuò a darsi addosso, e a scusarsi, sempre dandogli le spalle.

-Beh, i bagni non sono abbastanza luminosi- ricordò Mirren, pensando ad una delle pochissime critiche rivolte alla casa.

-Vabbè, sono bagni! E sono super spaziosi, e con un’acustica perfetta per fare degli stonatissimi canti sotto la doccia!- obiettò Felix, quasi sognante.

-Non sei stonato, Felix. Sei sempre piacevole da ascoltare- provò ad obiettare Mirren, che non l’aveva sentito cantare spessissimo sotto la doccia, ma l’aveva sentito cantare in altre occasioni, e adorava la sua voce, sebbene a volte fosse effettivamente stonata.

-Non è questo il punto! Il punto è che oggi è il tuo compleanno, e mi hai chiesto un aiuto sincero, e sono anche il tuo ragazzo, e di aiuti non te ne sto dando, e solo per il mio egoismo!- Felix tornò all’argomento principale.

Mirren gli mise una mano sulla spalla. 

Se lui da Felix aveva preso il parlare a sproposito, Felix stava lentamente assumendo la sua paranoia.

Ma Mirren sarebbe stato lì pronto a rassicurarlo.

-Felix, non stai facendo assolutamente nulla di egoista, anzi, il tuo aiuto mi è stato utilissimo. A questo proposito, volevo chiederti…- provò nuovamente a riagganciarsi al discorso che aveva intenzione di fare, pentendosi maggiormente di non averlo tirato fuori prima solo per fargli una sorpresa, ma Felix lo interruppe nuovamente.

-Ma certo che sono egoista! Perché non voglio che tu ti trasferisci!- alla fine ammise l’ansia che si portava dietro da quando Mirren gli aveva dato la notizia che cercava casa.

-Non vuoi che mi trasferisca?- chiese Mirren, sorpreso. Lo sospettava, doveva ammetterlo, ma non riusciva a capacitarsi che Felix fosse così abbattuto solo per questo.

Si sentiva… estremamente apprezzato. E con un grande calore al petto.

-Non riesco… non riesco ad immaginarmi di vivere lontano da te. Non riesco neanche a concepire di non svegliarmi e darti il buongiorno dalla finestra, e la buonanotte prima di dormire. Sì, quando abbiamo litigato non ci siamo parlati per settimane, ma… ti ho comunque visto, e sapevo che eri vicino. Se ora ti trasferisci, so che il nostro rapporto non cambierà, e ci vedremo comunque molto spesso, ma…- Felix sospirò, abbattuto -…mi mancherai tanto- concluse infine, con dolcissima innocenza.

Mirren voleva stringerlo forte, ma si limitò a prendergli la mano, con determinazione.

-Puoi sempre venire a vivere con me- propose, in tono sicuro.

Okay, non era il discorso che si era preparato a mente davanti allo specchio per giorni, ma alla fine era quello ciò che voleva dire a Felix, la sorpresa, la proposta.

Perché neanche lui riusciva a concepire di allontanarsi da Felix, e uno dei motivi che lo avevano spinto a prendere casa era la possibilità di prenderla insieme a Felix.

Solo che proporlo e basta, senza dargli una base per fargli capire la sua serietà al riguardo, era un gesto molto poco da lui. Mirren progettava bene le cose, era il maestro dei piani d’azione, e ora che sapeva che la casa accuratamente scelta per Felix gli piaceva, era il momento di proporgli di prenderla insieme.

E sì, forse avrebbe dovuto farlo alle prime avvisagli dello scontento di Felix, ma si era fatto tutto il discorso, e aveva aspettato il suo compleanno in modo da avere più possibilità di fargli dire sì. Non in maniera manipolatoria, solo… insomma, Mirren ci teneva ad andare a vivere con Felix. E non era certo che il sentimento fosse corrisposto, nonostante fossero una coppia unita e il discorso fosse uscito fuori più volte.

Alla proposta, Felix si era irrigidito, sconvolto. Dava ancora le spalle a Mirren, che non potè vedere la sua espressione, ma provò a stringergli la mano.

Felix la ritirò.

-Mirren, non devi sentirti obbligato a propormi una cosa del genere solo per le mie turbe! Io non…- fraintese completamente la situazione, tornando ad abbattersi.

Questa volta fu Mirren ad interromperlo, per mettere le cose in chiaro.

-No, Felix! Io… ti prego, vieni a vivere con me!- gli prese nuovamente la mano, e lo costrinse a girarsi, per guardarlo negli occhi e trasmettergli tutta la sua sincerità.

Felix lo guardò con estrema confusione ed incredulità.

-Cosa?- chiese, senza ancora credere del tutto a quello che Mirren gli stava proponendo.

-Felix… mi ero fatto tutto un discorso per proportelo… ma l’ho completamente dimenticato al momento! Insomma, il sunto è che ti amo, che vorrei passare con te più tempo possibile, e ho scelto questa casa pensando a te come altro abitante. È a metà strada da entrambi i nostri lavori, quindi è facilmente raggiungibile, ed è luminosa per permetterti di disegnare senza problemi. So che forse è un po’ presto pensare di vivere insieme, e se vuoi aspettare lo capisco, ma se riesci a pensare in futuro di vivere in questa casa con me, io… ecco… insomma, io riesco ad immaginarlo, e sarei felice se… cavolo! Era un discorso così bello, e ora non riesco a mettere due parole di seguito a… FELIX! PERCHÉ STAI PIANGENDO?!- il suo discorso spaziò tra ansia, speranza, irritazione verso sé stesso fino a finire nella più totale preoccupazione quando Felix iniziò a singhiozzare disperatamente.

Mirren si affrettò a lasciargli la mano per prendergli il volto, ma Felix non lo fece fare perché lo strinse in un abbraccio stritola ossa, e iniziò a borbottare parole incomprensibili.

Mirren non sapeva come prendere questa contraddizione interna tra lacrime e gesti affettuosi.

Lui non era il tipo che piangeva per la gioia, e mai aveva visto Felix piangere così tanto per qualcosa di felice.

Rimase immobile, e ricambiò l’abbraccio confuso, senza dire una parola per capire cosa stesse succedendo, aspettando che Felix si calmasse.

Rimase immobile e in silenzio anche quando Felix si staccò dall’abbraccio e lo baciò con passione. Si limitò a ricambiare sperando fosse un buon segno ma non capendo assolutamente quello che continuava a provare a dire con voce estremamente impastata.

Rimase immobile e in silenzio quando Felix lo prese per mano e lo fece rientrare, iniziando a guardarsi intorno con maggiore entusiasmo di prima.

E fu solo giunti al secondo piano, che osò interrompere lo sproloqui incomprensibile del suo ragazzo e… forse… futuro coinquilino.

-Felix… scusa, ma… non capisco una parola di quello che dici- ammise, in un sussurro, iniziando a sperare che fossero tutte cose positive, dato che, sebbene continuasse a piangere, i suoi gesti erano tutt’altro che tristi.

Felix scoppiò a ridere pur continuando a piangere, e confondendo Mirren sempre di più.

-S_scusa- fece un profondo respiro, e si asciugò le lacrime al meglio, provando a calmarsi. Poi prese le mani di Mirren.

-Ho detto che sono la persona più felice del mondo, che ti amo alla follia, che non vedo l’ora di venire a vivere con te nella casa più bella di Harriswood e che se ci organizziamo possiamo trasferirci un un paio di settimane!- ripetè, sempre poco comprensibile, ma facendosi comunque comprendere da Mirren, che non riuscì a trattenersi dal sorridere a sua volta e rischiare di piangere dalla gioia.

Lui, che non aveva mai pianto di gioia in vita sua.

Voleva abbracciare nuovamente Felix, dirgli che era lui la persona più felice del mondo, e che gli aveva appena fatto il miglior regalo di compleanno.

-Non avevi detto che ci sarebbero voluti mesi se non addirittura anni?- si ritrovò a prenderlo in giro, pentendosi immediatamente e dandosi metaforiche sprangate sulle gengive.

Complimenti, Mirren! Che romantico! Non solo fallisci il discorso, ma lo prendi anche in giro?!

Felix avrebbe dovuto lasciarlo, probabilmente.

-Dai, Mirren! Lo sai che lo stavo dicendo solo per non farti trasferire presto! Ma se ci trasferiamo insieme, dobbiamo sbrigarci. Domani inizio a progettare la casa! Hai una piantina in scala? Dovremmo chiedere all’agenzia. Porti il tuo pianoforte o ne compriamo un nuovo? L’altalena deve essere l’ultima cosa. Ti va bene se camera nostra la facciamo nella stanza grande di sopra? Mi piace il secondo piano, c’è sempre la vista migliore! Però se preferisci usare quella al piano terra ci possiamo organizzare. Come si tiene una piscina? Dovrò informarmi! E anche una sauna… AH! Altro che la stupida sauna portatile di Amabelle! Sarà così invidiosa! …e starà sempre da noi, insieme a Petra. Wow! Starà da noi! Vivremo insieme! NOI! Mirren!- dall’esagitazione di Felix, che andava da una parte all’altra facendo foto con il telefono e misurazioni approssimative per poi tornare da Mirren e abbracciarlo, baciarlo, o solo lanciargli un’occhiata piena di amore, Mirren si rese conto che il suo ragazzo, prima, aveva davvero trattenuto al massimo delle sue forze l’entusiasmo che provava nei confronti della casa, perché al momento sembrava proprio brillare di gioia.

-Cavolo! Eppure dovrei essere io quello a farti le sorprese al tuo compleanno, non il contrario- si lamentò ad un certo punto Felix, raggiungendo definitivamente Mirren, e sedendosi a terra accanto a lui, che fece altrettanto, dopo aver scostato più polvere possibile.

-Il tuo regalo è stato accettare di vivere con me- rigirò la frittata, riuscendo finalmente a dire qualcosa di dolce.

-Non avrei mai potuto non accettare! È praticamente un sogno che diventa realtà. E avrei accettato anche se non fossimo stati fidanzati! Sei il mio migliore amico, Mirr, e vivere con te sarà perfetto!- gli strinse il braccio, e gli posò il volto sulla spalla, affettuoso.

-Già… sarà perfetto- Mirren non ebbe alcuna incertezza nel pronunciare quelle parole, perché erano vere al 100%. Vivere con Felix sarebbe stato perfetto. Solo il primo passo di un lungo percorso che Mirren non riusciva ancora a credere del tutto di poter davvero percorrere con la persona che amava più al mondo.

Ancora non riusciva a credere che il suo piano fosse andato a buon fine, a dirla tutta. 

Riusciva a credere però che fosse andato a buon fine nella maniera più inaspettata di sempre, come era consuetudine con Felix.

Trovava sempre il modo di stupirlo, e di rigirare le situazioni in maniera imprevedibile. Mirren poteva fare tutti i piani del mondo, ma sapeva che con Felix niente sarebbe mai andato secondo i piani.

E lo amava anche per questo, con tutto il suo cuore.

 

Veronika aveva progettato nei minimi dettagli cosa fare durante quei giorni rubati che avrebbe passato in compagnia di Max, solo Max, unicamente… beh, no, dai, anche in compagnia della Corona Crew, e Denny, che sì, era parte della Corona Crew, ma era praticamente a parte. E in compagnia dei suoi zii, che ammetteva di aver trascurato un po’ la prima volta che era stata a Harriswood.

Veronika non credeva che un anno lontana da casa l’avrebbe cambiata così tanto, ma si guardava allo specchio, e a stento si riconosceva.

E non solo perché era vestita da Manny, ma anche perché era… felice. Davvero felice. Emozionata, troppo esagitata, completamente imperfetta. 

Non era abituata ad essere imperfetta, a farsi guidare dalle emozioni, e a cambiare i piani.

Eppure aveva scoperto che le piaceva cambiare i piani, se portavano ad una prospettiva migliore.

Come il fatto che la gita che aveva programmato con Max al parco lontano che non era riusciti a visitare il giorno in cui tutto era crollato, era stata posticipata in favore di festeggiare il compleanno di Mirren al Violin’s key, e per farsi perdonare, Max le aveva proposto di visitare la galleria d’arte lì vicino.

Veronika era esperta d’arte! E non vedeva l’ora!

E sebbene dovesse apparire il meno riconoscibile possibile, stava cercando comunque di farsi bella per Max.

…beh, bello, dato che era Manny.

Ma dettagli, era pur sempre Veronika dietro la parrucca e gli occhiali.

-È strano vederti così entusiasta- commentò una voce alle sue spalle, divertita.

-Sì, Max mi porta alla galleria d’arte, sono così contenta! Pensi che darò nell’occhio se mi metto questa giacca? Dovrebbe essere coprente abbastanza, anche se è molto elegante… forse un po’ femminile?- chiese consiglio alla zia, inconfondibile proprietaria della voce, anche perché unica persona in casa con lei in quel momento.

-Non badare troppo a farti notare o non farti notare. Finché non ci sono prove fotografiche, nessuno ricaccerà mai la tua presenza qui tra molti anni. Fidati, sono esperta di relazioni segrete- le consigliò sua zia, rilassata, sistemandole meglio la giacca.

Veronika a volte si dimenticava di tutto quello che era successo alla principessa Rosalie. A ciò a cui aveva dovuto rinunciare per amore, a quanto lei stessa fosse stata fredda a causa del pregiudizio. Che ipocrita che era stata. Giudicare aspramente sua zia per aver scelto l’amore al dovere, quando lei per prima era stata in procinto di fare altrettanto.

-Tante…- una domanda le risalì alla bocca, ma quando sua zia la guardò negli occhi, le parole sparirono.

Veronika si morse il labbro inferiore, incerta su cosa dire, di come formulare il pensiero che aveva senza risultare indelicata, o irrispettosa, o ipocrita, cosa che era.

Roelke sembrò intuire dove volesse andare a parare, e sospirò, prendendo le redini del discorso.

-No, Veronika, non mi pento di quello che ho fatto, non desidero tornare ad essere principessa, e non provo rancore per il fatto che tu sei riuscita ad ottenere sia la corona che il ragazzo che ami, mentre io no- in una sola risposta, riassunse tutto quello che Veronika le voleva chiedere.

La nipote la guardò sorpresa.

Roelke sorrise, e le sistemò la parrucca sui capelli.

-Sai, sono molto felice che tu e Max siate riusciti a trovare un compromesso per ottenere entrambe le cose, e spero davvero che per voi funzioni. Vedo quanto siete innamorati, e vi conosco abbastanza da sapere che lotterete con ferrea determinazione per ottenere il vostro lieto fine- Roelke continuò a parlare al posto della nipote, guardandosi intorno e osservando la propria casa, guadagnata con tanti sacrifici.

-Allo stesso tempo…- arrivò al “ma” implicito del discorso -…io personalmente non avrei mai cercato questo compromesso, puntando tutto su un’idea, una speranza, che non è detto avvenga. Non sto dicendo che tu sbagli, ma non ho abbastanza pazienza, a differenza vostra, e non ho scelto l’amore al dovere. Nonostante quello che pensi, Veronika, io ho scelto me stessa, non solo Kodie. Sono venuta qui perché volevo allontanarmi da quella vita, così piena di rischi, possibili scandali, catene che mi tenevano ancorata a determinati comportamenti che non sopportavo- per la prima volta da quando le due avevano ripreso i contatti, Roelke ammise il vero motivo che l’aveva allontanata dalla corte. Non era solo un semplice amore per un ragazzo umile, come era successo a Veronika. Quell’amore impossibile era stata solo la ciliegina sulla torta di una situazione che non sosteneva da tempo.

La vita di corte non era per tutti, e la stessa Veronika spesso si sentiva intrappolata in quella vita che, sebbene piena di ricchezza e potere, la faceva sentire sempre come se fosse in equilibrio su un filo sospeso nel nulla.

-Non… non ci ho mai pensato in questi termini- ammise, riflettendo sulla situazione di sua zia.

-So che l’opinione di una principessa diseredata non vale molto, ma se posso dire la mia, tu e Max potreste davvero essere due bravi sovrani, e trovare il vostro equilibrio, solo… se posso darti un consiglio…- Roelke tornò a guardare la nipote negli occhi, prendendola per le spalle per trasmetterle la serenità di quel momento.

Veronika era tutta orecchie, pendeva dalle sue labbra.

Dopotutto se c’era qualcuno che poteva capirla era sua zia, dato che avevano vissuto situazioni molto simili.

-…quelle scarpe sono orribili. Non stanno affatto bene con la giacca- Roelke le diede l’ultimo consiglio che Veronika si sarebbe aspettata, e la ragazza si scansò, incredula.

-Ma cosa?!- si lamentò, osservando le scarpe e notando che effettivamente non stavano proprio benissimo con quella giacca.

Però, dai, non aveva molte scarpe da uomo, insomma!

-Scherzo, scherzo. Farò la seria. Un consiglio vero che ho da darti è aprirti un po’ di più, sia a nuove idee, che a Max. So che avete risolto le incomprensioni e adesso il vostro rapporto è basato sull’onestà, ma cerca di non dimenticare mai che il cammino che hai scelto è difficile, e se con il tempo uno dei due dovesse non riuscire più a percorrerlo, è il caso di parlarne, e di non fossilizzarsi sulle scelte intraprese adesso- Roelke tornò seria, e diede a Veronika molto su cui pensare.

…ma non in quel momento.

-Grazie zia, lo terrò a mente- promise, cercando di non farsi abbattere dalla prospettiva di un futuro dove il compromesso sarebbe potuto diventare una catena.

-So che lo farai, sei una ragazza in gamba… e a proposito di gambe, se non hai altre scarpe devi assolutamente cambiare la giacca- Roelke cambiò argomento, osservando la figura della nipote allo specchio con aria pensosa.

Il campanello alla porta le fece sobbalzare.

-È sicuramente Max!- esclamò Veronika, controllando l’orario.

-Così presto? L’appuntamento non era alle cinque?- chiese Roelke, confusa.

-Esatto! È tardissimo! Manca solo mezzora!- Veronika cambiò in fretta giacca e si mise cappello e sciarpa, pronta ad uscire.

Cavolo, come si era fatto tardi! Di solito Veronika era pronta almeno un’ora prima dell’orario stabilito.

-Voi due siete fatti l’uno per l’altra- borbottò Roelke, divertita, salutando la nipote e tornando alle sue faccende.

-Ciao Max!- Veronika aprì la porta e salutò il suo non-ancora-ufficiale-ragazzo, che aveva un enorme sorriso pieno di speranza.

-Sono in ritardo?- chiese, controllando l’orologio -Aspetti da molto?-

-No, per la prima volta sei più in anticipo di me- ammise Veronika, sistemandosi gli occhiali e sperando che la giacca andasse meglio con le sue scarpe.

-Wow! Che soddisfazione!- Max osservò Veronika con attenzione -Sei splendida!- la complimentò, facendola arrossire.

-Anche tu. Sono così felice di andare alla galleria d’arte! Non avevo avuto occasione di visitarla- in effetti, sebbene avesse vissuto a Harriswood per quasi un anno, Veronika non aveva avuto troppe occasioni per visitarla, se non con Max. Tra il lavoro e l’università, e il fare da giocoliera con la sua doppia vita, non aveva avuto un momento libero per stare un po’ sola a fare la turista.

Era davvero grata a suo padre per averle concesso quella vacanza.

-E domani andremo alla fiera temporanea, come avevamo promesso in videochiamata- le assicurò Max, prendendola sottobraccio, e accompagnandola verso la fermata dell’autobus.

-Sì! Non vedo l’ora! Sarà divertente! Anche se dovrò stare attenta alla parrucca. Ma se metto un cappello stretto che va sotto al collo non dovrebbero esserci problemi- Veronika iniziò a riflettere a nuovi modi per mantenere la sua identità, e Max iniziò a darle suggerimenti.

Sì, stavano facendo dei sacrifici, ma non pesava a nessuno dei due. Il consiglio di Roelke sarebbe forse stato prezioso, un giorno, ma Veronika voleva godersi tutta la pace possibile, ed era pronta a scendere ai peggiori compromessi pur di mantenere tale pace, e stare con Max.

Tutto sarebbe andato alla perfezione!

 

Amabelle doveva ammettere di essere un po’ annoiata.

E non dalla festa in sé, dato che tutti chiacchieravano amabilmente, la Corona Crew era al completo con la piacevole aggiunta di Veronika vestita da Manny, e quando era circondata dai suoi amici Amabelle era sempre felice.

Solo che, sebbene il cambio di ambientazione fosse gradito, il Violin’s key era un locale troppo elegante per permetterle di essere caotica quanto voleva, e restare seduta troppo a lungo non era mai l’ideale per lei.

Inoltre non era la più grande fan della musica classica.

Ma non aveva mai visto Mirren così felice, quindi dovette ammettere che Felix era stato bravo con l’organizzazione. Anche se Amabelle era convinta che lei sarebbe riuscita a organizzare una festa anche migliore, senza asini, ma magari con qualche mucca? Nah, d’inverno era meglio non scomodare troppi animali da cortile.

Mentre rifletteva su che tipo di festa avrebbe organizzato lei se si fosse trovata al posto di Felix, la sua attenzione venne attirata da Petra, che agitò la mano davanti al suo volto distogliendola dai suoi pensieri e sbloccandola.

-Huh? Che c’è?- chiese, guardando la propria ragazza (wow! Era la sua ragazza!) con curiosità e una nota di confusione.

-Tutto bene? Sembri distratta?- indagò Petra, squadrandola dall’alto in basso.

-Oh! Nah, cioè, sì, forse un po’ sì, ma la musica classica mi mette un po’ di sonnolenza, e stavo pensando agli asini- spiegò Amabelle, giustificando il proprio stato pensoso e guadagnandosi una reazione spaventata da parte di tutto il tavolo, che smise di parlare e si girò verso di lei orripilato, Mathi, Diego e Veronika esclusi.

-Perché stavi pensando agli asini? Non hai previsto nessun asino, vero?- chiese Norman, già pronto ad alzarsi e scappare via.

-Asini?- Veronika lanciò un’occhiata confusa a Max.

-Ti spiego dopo, è meglio non riportare a galla certi traumi- rispose lui, sottovoce, e rabbrividendo al ricordo del compleanno di Petra.

-No, no, tranquilli! Nessun asino!- Amabelle ridacchiò. Non aveva mai capito perché fossero tutti così terrorizzati, quando ciò che era successo era stato piuttosto divertente, ma decise di lasciar perdere, e prese un boccone del proprio ottimo piatto.

Era rimasta praticamente l’unica a non aver finito.

Alla sua rassicurazione, tutti tirarono un profondo sospiro di sollievo, e tornarono alle proprie conversazioni.

-Fammi indovinare, sei annoiata perché non puoi muoverti?- chiese Petra, indovinando perfettamente cosa stava frullando nella mente di Amabelle.

-Colpita e affondata, Tray. Sei proprio la mia anima gemella, mi leggi nel pensiero!- flirtò, con un occhiolino.

Era strano avere la possibilità di provocarla in questo modo senza rischiare di risultare esagerata. Strano ma soprattutto piacevole. Era come essersi tolta una censura auto imposta.

Parecchio liberatorio.

-Potrei riempire una tesi di laurea con le mie conoscenze su di te… purtroppo non frequento psicologia o sarebbe uscita un’ottima tesi di laurea- Petra ricambiò, con una linguaccia.

-Io ti faccio dei complimenti, e tu mi definisci pazza?!- Amabelle fece la finta offesa, prendendosi il petto melodrammatica.

-Non direi pazza… piuttosto… eccentrica- si recuperò Petra, con elegante cipiglio.

Amabelle roteò gli occhi, ma non aveva nulla da ribattere.

-Beh, è un vanto essere la più eccentrica in questo gruppo eccentrico. Almeno sono prima in qualcosa!- decise di vedere il lato positivo.

Poi le venne un’idea geniale per un’attività sedentaria da fare tutti insieme.

-Oh, dovremmo fare delle premiazioni di fine anno!- esclamò, attirando nuovamente tutta l’attenzione del tavolo.

-Premiazioni?- chiese Mirren, adocchiandola con sospetto.

-Sì! Siamo alla fine dell’anno, e non siamo abbastanza ubriachi da non intendere né volere come saremo a Capodanno, quindi tanto vale farle adesso, no? Vedremo chi ha ottenuto più successi in determinati campi e chi vince con più punti… non lo so, decide lui o lei il premio- propose Amabelle, colta dall’ispirazione.

-Fammi indovinare, sarai tu a scegliere tutte le domande e i vari successi?- suppose Clover, scettica sulle buone intenzioni della rossa.

-Beh… sì, ma io mi tiro fuori dalla vittoria! Oppure facciamo scegliere al festeggiato- Amabelle non aveva dimenticato che fosse il compleanno di Mirren, e lo indicò accomodante, sperando però che le concedesse di stabilire le categorie di premiazioni.

-Oppure potremmo fare che ognuno di noi assegna un premio, così non ci sono sicuramente imbrogli e tutti possono partecipare- propose Veronika, mostrando diplomazia.

-Questo sì che è un suggerimento da principessa- Mathi le fece un occhiolino, e tenne la voce più bassa possibile.

Il loro tavolo era piuttosto isolato, quindi c’era poca probabilità che qualcuno li sentisse o che si interessasse a loro. Non c’era neanche troppissima gente in quel momento.

-Direi comunque di far cominciare Mirren, dato che è il festeggiato- Felix incoraggiò il suo compagno a partire, con sguardo furbetto.

Mirren esitò un attimo. Non sembrava avere particolari idee.

Felix gli lanciò un’occhiata complice, Mirren rispose con un’occhiata di comprensione, e poi roteò gli occhi, un po’ imbarazzato da quello che stava per dire, ma alla fine acconsentì alla muta richiesta.

-Darei un premio alla prima coppia che si è messa insieme quest’anno- annunciò, con referenza, indicando sé e Felix.

-Yeah! Un punto a me e Mirren!- esultò Felix, cingendogli il collo con affetto.

-Ehi, aspetta un momento! Io e Diego ci siamo messi insieme per primi! A Febbraio!- obiettò Clover, stringendo la mano di Diego, che annuì.

-Ah, ma voi vi eravate messi insieme per finta, quindi suppongo che Felix e Mirren valgano di più- osservò Amabelle, ricordando la delusione dello scoprire che la prima coppia dell’anno aveva trollato tutti.

-Ha detto messi insieme, non ha specificato se fosse per finta o no!- insistette Diego, facendosi competitivo.

-Allora approfitto del fatto che sia il mio compleanno per specificare che intendevo “messi insieme” per davvero, in una relazione romantica ufficiale e senza essersi separati dopo! E io e Felix stiamo insieme dal 23 Luglio- obiettò, pratico.

-Wow, si stanno già scannando- osservò Petra, divertita.

-Va bene, cedo, ma non è giusto…- Clover sbuffò, seccata, ma si tirò indietro, e iniziò a pensare a che premio potesse assegnare una volta giunto il suo turno.

-Continuiamo in ordine o…- Denny indicò Felix, che era il prossimo in senso orario.

-Mi va bene, ma in senso antiorario, non mi dispiacerebbe essere ultimo, per una volta- lanciò un’altra occhiata complice a Mirren, e fece un gesto nella lingua dei segni. Amabelle non conosceva la lingua dei segni, quindi non capì, ma Mirren capì, e annuì appena, approvando qualsiasi idea avesse in mente Felix.

Ma non era il tempo di pensarci, perché era il turno di Petra.

Amabelle provò a suggerirle di conferire un premio che coinvolgesse entrambe, un po’ come avevano già fatto Mirren e Felix.

Ma Petra aveva altro in mente.

-Assegno un premio immaginario alla persona che ha vinto più orsetti di peluche alle macchinette, o al bingo… io ne ho vinti tre- propose un premio che avrebbe vinto sicuramente.

-Cavolo, io ne ho vinto uno solo- borbottò Mathi, deluso.

-Io uno- aggiunse Amabelle, lanciando un’occhiataccia alla sua ragazza.

-Orsetti non ne ho vinti, no… soldi parecchi al casinò- rifletté Clover, spremendosi le meningi.

-Direi che il premio me lo prendo io, allora- Petra segnò un punto con soddisfazione.

-Imbrogliona- la accusò Clover. Lei alzò le spalle.

-Tocca alla mia dolce metà- incoraggiò Amabelle a parlare.

-La tua dolce metà è molto delusa, ma farà finta di niente… mmm… assegno un premio a chi ha visto più puntate di Gorgeous. Io ho visto quasi tutte le stagioni, me ne mancano solo due, tra quelle già uscite- Amabelle era certa che avrebbe vinto a mani basse quel match, dato che nella Corona Crew era lei la massima fan della serie trash.

-A me ne mancano ancora cinque- Norman sospirò.

-Io sono allo stesso punto di Amabelle ma ne ho perse una grande quantità nel corso delle stagioni- Petra ammise la sconfitta.

-Valgono anche i backstage, gli episodi speciali e i corti pubblicitari sul web? Perché in tal caso ho visto tutte le stagioni più tale materiale, e anche le scene eliminate!- Veronika sorprese tutti affermando di essere la più grande conoscitrice della serie, e guadagnandosi occhiate sconvolte da parte di tutti quanti.

-Che c’è?- chiese con innocenza, sorpresa da avere così tanti sguardi intorno.

-Segui Gorgeous?!- esclamò Amabelle, additandola con entusiasmo, per niente abbattuta dal fatto di aver perso il punto che si stava auto-assegnando.

-Oh, certo! La mia famiglia è la maggiore sponsor della serie da quando è cominciata! C’è anche un episodio speciale ambientato ad Agaliria, ma è andato in onda solo localmente- spiegò Veronika, come se non fosse nulla di ché.

Amabelle si alzò e si inginocchiò davanti a lei.

-Mia regina! Mi conceda di essere sua adepta in cambio di tutti i contenuti speciali- si prostrò completamente ai suoi piedi, imbarazzandola.

-Amabelle, non farti sempre riconoscere- la riprese Felix, divertito.

-Se vuoi posso organizzare un incontro con gli attori… fai il DAMS, giusto? Potrei farti stare un giorno sul set e darti qualche credito- si offrì Veronika, brillando di luce divina. Amabelle venne quasi accecata.

-Sarò sempre fedele alla corona di Agaliria! E se mai un giorno dovrai lasciarti con Max, prenderò le tue parti nel divorzio!- le promise Amabelle, con serietà, facendola ridacchiare.

-Fa piacere sapere che la tua più vecchia amica è pronta a tradirti per una mazzetta- Max scosse la testa, divertito a sua volta ma fingendo di essere offeso.

-Non è una mazzetta qualunque, è Gorgeous!! Non che la mazzetta sia bellissima, ma la mazzetta è letteralmente la serie Gorgeous, non una cosa qualunque!- obiettò Amabelle, ritornando al proprio posto ma ancora emozionata per avere nel gruppo una sponsor della sua serie preferita.

Una principessa… meh.

Ma la sponsor di Gorgeous? WAAAAH!!!

-Insomma, mi sa che il punto a questo giro se lo becca Manny, passando oltre… Norman?- Petra fece cadere l’argomento, e indicò il prossimo.

-Mmmm, assegnerei il punto a… vediamo…- il ragazzo aveva poche idee -…la prima persona che ha realizzato il proposito?- finalmente ci fu un premio normale.

…ma difficile da assegnare.

-Aspetta, allora… io ho smesso ufficialmente di fumare verso Settembre… inizio settembre però. Non ricordo il giorno preciso- ricordò Felix, spremendo le meningi.

-Anche io inizio Settembre, mi sa che ti batto di un paio di giorni- Mirren sfidò il ragazzo.

-Eravamo lì- lo ri-sfidò Felix.

-Mi sa che io, Amabelle e Norman non ci qualifichiamo, dato che abbiamo realizzato i nostri propositi a Dicembre- rifletté Petra.

-Anche io- Max pensò al proprio. Alla fine era riuscito a viaggiare, andando ad Agaliria.

-Io l’ho realizzato ufficialmente a Ottobre, quando mio padre mi ha cacciato di casa- aggiunse Clover.

-Io al mio compleanno- rifletté Diego, il cui proposito, mai condiviso, era di parlare con Clover e finalmente capire cosa fosse successo con le lettere.

Né Mathi, né Veronika, avevano dei propositi.

Mancava solo…

-Denny, tu non ci hai mai detto quando hai finito il proposito. So che hai fatto il secondo gesto spericolato il primo luglio, ma il terzo?- Amabelle incoraggiò Denny a parlare, sperando potesse battere la coppia dorata composta da Felix e Mirren.

-Oh, giusto! Manco io… credo, il 23 Agosto, quando ho…- si interruppe, arrossì, e lanciò un’occhiata a Mathi, che si aprì in un’espressione di comprensione, e arrossì a sua volta.

-Sì, confermo, ha fatto un gesto molto spericolato quel giorno- sembrò poi rabbuiarsi.

-Non mi riferivo a quello, ma alla serata in generale che ho fatto per te- si affrettò a spiegare Denny.

Il 23 Agosto era il giorno in cui aveva aiutato Mathi ad indagare su Will infilandosi in casa sua con modi… non molto piacevoli da ricordare.

-Wo! Quindi Denny ha il primo punto- osservò Veronika, guardandolo orgogliosa.

Denny si illuminò di soddisfazione.

-Evvai!- il suo lato competitivo iniziò a venir fuori.

-Il prossimo è Diego… già mi immagino cosa uscirà fuori- Felix indicò il prossimo che doveva assegnare il premio.

-Assegno un premio, che consiste in due punti, alla coppia che è andata a più appuntamenti, contando anche quelli finti. E dato che io e Clover stiamo insieme da più tempo, e ci siamo visti almeno una volta a settimana se non di più, direi che siamo i vincitori annunciati!- Diego infatti diede i punti a lui e a Clover, e la sua ragazza gli diede il cinque, soddisfatta.

-Io mi aggrego assegnando altri due punti (uno a testa) per la coppia che per prima ha discusso sul mettersi insieme, vale anche se era per finta, ma solo se la farsa è durata più di una settimana…- Clover diede una lunga descrizione del premio da assegnare, zittendo Felix che già aveva aperto la bocca per obiettare che lui e Mirren erano stati insieme per finta durante il gioco di San Valentino.

-…Ed io e Diego abbiamo fatto una lunga discussione al riguardo il 15 Febbraio, quindi abbiamo vinto sicuro- aggiunse poi la ragazza, guadagnandosi un altro cinque da parte di Diego.

-Okay… non possiamo obiettare- ammise Mirren, sospirando.

-Due punti a testa a Diego e Clover- concesse Petra, facendoli passare in vantaggio.

Per la terza volta, la coppia si diede il cinque, soddisfatta.

-Tocca a Max- Norman poi incoraggiò il ragazzo seduto accanto a Clover.

-Mmmm, beh… mi aggrego a Clover e Diego e do due punti, uno a testa, alla coppia che si è baciata per prima, in bocca, quest’anno. Per me e Manny è stato a Maggio- Max provò a giocare in attacco, cercando di dare dei punti a lui e a Veronika per far passare quest’ultima a parimerito con Diego e Clover.

Dopotutto lui aveva baciato Manny il 4 Maggio, e si erano messi insieme per primi. Certo, poi era successo quello che era successo, ma era abbastanza certo che tra tutti fosse stato il primo a baciare la propria ragazza, dato che sapeva che Clover non aveva baciato Diego prima del 18 Maggio, e le altre coppie si erano messe insieme molto dopo.

Il suo ragionamento non faceva una grinza, ma non aveva tenuto conto che nel gruppo c’erano persone stupide che nonostante si fossero baciate molto presto, ci avevano messo mezzo secolo a mettersi insieme.

-Ah! Io e Mirren ci siamo baciati l’8 Marzo!- esclamò Felix, guadagnandosi uno scappellotto da parte di quest’ultimo.

-COOOSA?!- chiesero tutti, in primis Amabelle, Petra e Norman, girandosi verso la coppia e guardandola con sdegno.

-Ehhhhh… beh… eravamo ubriachi! Colpa del ghiaccio sbagliato!- provò a salvarsi Felix, essendosi reso conto di aver appena ammesso uno dei pochi segreti che erano riusciti a preservare, e lanciando a Mirren un’occhiata di scuse.

-Oh cielo! Mi dispiace tanto!- Veronika si portò le mani sulla bocca, con aria colpevole.

-Perché?- chiesero insieme Felix e Amabelle -… no, ASPETTA! SEI STATA TU?!- esclamarono poi, puntandole il dito contro.

-È stato un incidente. Erano i primi tempi come Manny, ero nervosa per aver conosciuto Max in quei panni, e avevo appena litigato con mia zia perché stava scoprendo qualcosa- spiegò Veronika. Max le mise una mano sulla spalla per confortarla.

-Grande! Ti devo un compleanno indimenticabile!- Felix però non ce l’aveva con lei, e anzi le fece un grande sorriso grato.

-Ti ammiro ancora di più! Hai fatto esattamente ciò che volevo fare io senza farmi sporcare le mani- Amabelle la guardò con occhi adoranti.

Il resto del gruppo si limitò ad alzare gli occhi al cielo, ma più verso le reazioni di Amabelle e Felix piuttosto che contro Veronika.

-È stato effettivamente indimenticabile- ammise Mirren, arrossendo appena al ricordo.

-Insomma, il punto è che questi traditori si sono baciati addirittura l’8 Marzo senza dirci un piffero e guadagnano anche due punti?!- Petra tornò al gioco, estremamente irritata e pensando ad un modo per evitare che vincessero.

-Beh, potrebbero anche non essere stati i primi a baciarsi, in realtà- osservò Norman, senza specificare.

-Che intendi?- chiese Felix, confuso e preoccupato. Gli andava molto di ricevere altri due punti, non voleva lasciarseli sfuggire.

-Non posso dire altro perché ho promesso ad Amabelle che non avrei parlato della faccenda, durante il weekend di San Valentino- Norman lanciò un’occhiata complice ad Amabelle, che finalmente ricordò un fatto molto importante che le era quasi sfuggito.

-Giusto! Io e Petra ci siamo baciate a San Valentino!- esclamò, guadagnandosi una gomitata da Petra.

-CHE COOOOOSA?!?!?!- esclamarono tutti quanti, con molta più veemenza, lanciando alle due ragazze occhiate sconvolte.

-Cioè, vuoi forse dirmi che vi siete baciate addirittura a Febbraio, e ci avete fatto dannare fino a Dicembre per farvi mettere insieme?!- chiese Clover, sconvolta.

-Beh… era un bacio senza valore… circa… beh, un po’ di valore l’ha avuto, ma insomma…- Amabelle seppellì il volto tra le mani, imbarazzata nell’aver appena ammesso un segreto che contava di portare dentro la tomba.

-Beh, visto che il gatto è fuori dal sacco, anche se avrei preferito tenerlo lì… tiè! Vi abbiamo battuto! Sono a due punti!- Petra segnò un punto a lei e Amabelle, e fece la linguaccia verso il fratello.

-Davvero ti stai lamentando perché non ti ho detto dell’8 Marzo quando tu non mi hai detto del 14 Febbraio?!- si irritò Mirren, incrociando le braccia.

-Passando oltre… tocca a Manny- Mathi cercò di distendere gli animi, e indicò la principessa.

-Oh… ehm… do il premio di un punto alla persona che ha svolto più lavori diversi nel corso dell’anno- annunciò, facendo un occhiolino a Max.

-Io sono a quota due, al bar, e come ag… ehhhh… lavoro part time informatico strano non chiedete!- Mathi provò a guadagnare qualcosa, ma purtroppo non aveva speranze contro Max.

-Beh, io ho lavorato al bar, come assistente del professore, ora come babysitter, e se ci pensiamo bene sono anche stato uno psicologo non ufficiale per Denny, Clover e Strelitzia- si vantò, piuttosto fiero di sé e di aver guadagnato almeno un punto.

-Non ho niente da obiettare- Denny alzò le mani.

-Primo punto per Max… Denny, tocca a te- Petra continuò il giro. Ormai mancavano solo tre persone, ma nessuno aveva superato i due punti, quindi c’era ancora possibilità di rimontare.

-Io assegno due punti, uno a persona, alla coppia che è andata ad un appuntamento definito tale per prima. Anche se era finto!- Denny stavolta aveva la vittoria in pugno. Lui e Mathi erano andati ad un appuntamento addirittura a Gennaio.

-Yeah! Grande Denny!- Mathi gli diede il cinque, e Denny ricambiò.

Tutte le coppie aprirono la bocca per obiettare, ma nessuna trovò argomentazioni convincenti, quindi vennero assegnati un punto a Denny e uno a Mathi.

-Tocca a Mathi- Amabelle incoraggiò il prossimo a parlare.

-Persona che ha preso i voti più alti quest’anno- fece un occhiolino a Denny.

Che infatti vinceva a mani basse, dato che, sebbene Norman e Petra ci fossero andati vicini, Denny aveva sostenuto più esami di tutti, e con voti straordinari. Anche Max se l’era cavata, ma gli rimanevano pochi esami da fare.

-Ed infine andiamo a Felix, anche se suppongo che Denny vincerà, con ben tre punti- Petra ricontrollò gli appunti.

-Ma comunque voglio assegnare i miei! E li assegno alla coppia che per prima ha deciso, ufficialmente, di andare a convivere!- esclamò, con estremo entusiasmo, zittendo il tavolo.

-…ovvero?- chiese Diego, non capendo esattamente cosa significasse quella dichiarazione.

-Andate a convivere?!- chiese invece Amabelle, pallida come un lenzuolo, incredula di fronte a quella dichiarazione.

-Sìì! Oggi abbiamo visto la casa. È bellissima!- Felix era eccitato come se Mirren gli avesse chiesto di sposarlo… e per certi versi era una cosa simile.

L’urlo acuto ed emozionato che cacciò Amabelle per poco non li fece cacciare dal locale.

Ma alla fine, dopo essersi ripresi dalla notizia, aver annunciato Denny come vincitore, aver mangiato la torta e aperto i regali, l’atmosfera iniziò a stendersi.

Il locale era ormai praticamente vuoto, quindi il gruppo riuscì a trovare un luogo dove ballare lentamente, o sgranchirsi le gambe.

Al tavolo rimasero solo Norman e Amabelle. Il primo non era fan dei balli lenti, la seconda stava aspettando che Petra tornasse dal bagno per unirsi a lei sulla pista… o meglio, trascinarla con forza sulla pista, dato che neanche Petra era fan dei balli lenti.

Osservava le coppie che con tanta fatica aveva unito, e non poteva essere più felice. Per la prima volta, si sentiva davvero in pace, come se avesse dimostrato a sé stessa che l’amore esistesse. E doveva tutto a Petra e a Norman, la donna che aveva al suo fianco, e l’amico che aveva insistito dimostrandosi un matchmaker migliore di lei.

-Siamo stati bravi, eh?- disse proprio a quest’ultimo, osservando il gruppo come una madre verso i propri figli.

-È stata una vera avventura- rispose Norman, un po’ tristemente.

-Tutto bene, Norm?- Amabelle lo osservò confusa. Sembrava un po’ abbattuto quel giorno, e ogni tanto lanciava occhiate al cellulare.

-Sì, sì, solo… mi mancherete, devo ammetterlo- Norman sospirò, mostrando più chiaramente la propria malinconia.

Amabelle perse un battito. Che intendeva con quella frase preoccupante?

-In che senso ti mancheremo? Noi siamo sempre qui! Non andiamo da nessuna parte! Beh… forse Max andrà ad Agaliria, ma tutti gli altri saranno sempre qui. E anche tu sarai qui, no? Hai finito l’università, ma sicuramente troverai lavoro qui in giro, giusto?- suppose, rendendosi conto mentre diceva quelle parole di quanto infantili suonassero.

Harriswood non era una città molto grande dove lavorare nel mondo degli affari. Soprattutto considerando che i luoghi migliori erano l’impresa dei Paik, scartata immediatamente, e il posto di lavoro di Mirren, che Norman aveva rifiutato come impiego.

-Amabelle… a dire il vero, ho già trovato un lavoro- ammise Norman, un po’ incerto, e non guardandola negli occhi.

-Figo! Interessante! Qui vicino, giusto?- Amabelle provò comunque a sperare nel meglio.

Norman abbassò lo sguardo, dando una risposta piuttosto chiara.

-Non è proprio lontano, verrò sicuramente a farvi visita, nelle occasioni importanti, ma, ecco… è a New Malfair- spiegò.

Amabelle cercò di non rimanerci troppo male.

Poteva andare peggio. Poteva andare a New York, o ad Agaliria, o in generale in un luogo molto lontano, invece New Malfair era relativamente vicino. Non così vicino da potersi vedere ogni weekend, ma durante le occasioni importanti… forse…

-Mi dispiace, Amabelle, ma sarò sempre un fiero membro della Corona Crew, sai… e ci sentiremo per messaggio, e in videochiamata- provò a rassicurarla Norman.

-Sì, lo so, mi sembra una buona idea. Spero solo che l’anti effetto Norman non separi tutte le coppie- borbottò Amabelle, facendo l’indifferente, anche se l’effetto Norman era l’ultima cosa alla quale pensasse in quel momento.

Norman le lanciò un’occhiata eloquente.

-Tranquilla, se mi mantengo in contatto abbastanza frequentemente, dovrei creare un karma equilibrante. Il problema sopraggiunge se sparisco dal giorno alla notte come quando abbiamo litigato- Norman provò a rassicurarla.

Amabelle alla fine decise di essere sincera.

-Mi mancherai…- ammise, mettendogli il volto sulla spalla -Mi mancherai un sacco- sospirò, cercando di non far uscire le lacrime che le erano risalite agli occhi.

Non è che stava partendo in guerra! Si trasferiva e basta!

… Norman si trasferiva.

Che notizia orribile!!

-Anche tu, Ames, anche tu mi mancherai- lui le accarezzò il capo, affettuosamente -Ma pensa a tutte le coppie che unirò a New Malfair con l’effetto Norman- provò a trovare il lato positivo.

Amabelle riuscì a ridacchiare tra sé.

-Sarai un matchmaker migliore di me-

-L’alunno ha imparato bene dalla maestra-

Rimasero qualche minuto in quella posizione, osservando il gruppo, aspettando Petra (che probabilmente si era nascosta proprio per evitare che Amabelle la costringesse a ballare) e godendosi la compagnia reciproca per il poco tempo che ancora avevano insieme prima che Norman andasse via.

-Sai, Norm…- alla fine Amabelle ruppe il silenzio, e si staccò da lui per guardarlo negli occhi -…sei l’amico più importante che io abbia mai avuto- ammise poi.

Certo, con Petra e Felix aveva un rapporto strettissimo, da anni. Denny e Max erano come fratelli, ma Norman era stato ciò di cui aveva avuto bisogno nei suoi maggiori momenti di crisi. Un amico pronto a starle accanto ma anche darle una svegliata. Un aiutante in un’operazione completamente folle che però l’aveva assecondata e allo stesso tempo consigliata per migliorarsi.

Norman era stato il motivo che l’aveva spinta a cambiare in quell’anno, e non l’avrebbe mai dimenticato.

-Anche tu, Amabelle. Sei la migliore amica che io abbia mai avuto la fortuna di incontrare, con tutte le tue stranezze- ricambiò lui, con un grande sorriso.

Tornarono a guardare il gruppo, e alla fine si unirono entrambi, raggiunti da Petra, ai balli lenti sempre più impacciati.

Fu una serata magica!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Oh mimma…

Wow…

Siamo arrivati, gente.

Non ci riesco a credere.

Ma andiamo con ordine.

Mirren e Felix hanno deciso di andare a vivere insieme, e non era così che mi immaginavo sarebbe andata la scena, ma non ne sono delusa. Felix rovina i piani anche a me, non solo a Mirren, ahahah.

Ma è sempre bello quando sono i personaggi a prendere le redini della storia (ho fatto un cortometraggio basato su questo, lol, ma dettagli).

Il paragrafo di Veronika non era previstissimo, ma mi sembrava giusto dedicarle un po’ di spazio in più, dato che è stata quella a riceverne meno in tutta la storia (infatti è quella con meno paragrafi dal suo punto di vista, solo 12, quando il minimo per tutti gli altri personaggi è almeno 16).

E la sua chiacchierata con Zia Roelke anticipa eventuali conflitti che potrebbero o non potrebbero emergere nel seguito (occhiolino).

E la parte di Amabelle… eh, non potevo non concludere con il suo punto di vista (epilogo escluso, che ovviamente sarà dal punto di vista di Norman). Dopotutto il suo è stato il primo punto di vista della storia Norman escluso. Il ciclo si conclude!

Mi ha fatto stranissimo scrivere l’ultima parte, non sapevo come concluderla, e già tremo al pensiero di quanto difficile sarà scrivere l’epilogo, e intendo emotivamente, dato che quello che devo scrivere ce l’ho in mente dall’inizio della storia. 

Cooomunque, ora che abbiamo finito con il capitolo nel dettaglio… questo è l’ultimo capitolo della storia, almeno è l’ultimo capitolo bello lungo, pieno di punti di vista, e di chiusura sottotrame.

L’epilogo arriverà domani, ma vi annuncio che sarà piuttosto breve, un po’ come il prologo.

E probabilmente l’angolo autore sarà più lungo del capitolo vero e proprio, ma avrò tanti ringraziamenti da fare, e spero che se siete arrivati fino a qui, leggerete anche le righe che posterò alla fine.

Intanto grazie di aver seguito questa storia per tutto questo tempo. Sono passati meno di due anni, ma a me sembra un secolo, e… wow… non me ne capacito.

Domani piangerò come una bambina quando pubblicherò il finale :’)

Un bacione e a domani :-*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: È di nuovo capodanno

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Capitolo 54
*** Nuovi Propositi ***


Nuovi propositi

 

Martedì 31 Dicembre

Mancavano pochi minuti all’arrivo del nuovo anno, e Norman si trovava ancora una volta seduto sul muretto all’esterno del Corona Café, intento a morire di freddo e ascoltare attivamente una conversazione che era passata dagli esami imminenti a Gorgeous in un tempo piuttosto accettabile per la Corona Crew. Si chiedeva, tra sé, come sarebbe riuscito ad andare a New Malfair e lasciare quel folle gruppo di amici.

-Secondo me Amabelle ha ragione, tutte le coppie di Gorgeous hanno un certo valore, e se prendessero la via poliamorosa non sarebbe male- entrò nel discorso, ottenendo il massimo favore dell’amica.

-Esatto! Vedi un po’ che devi fare, Manny- Amabelle lanciò un’occhiata malefica a Veronika, sponsor della soap opera, che sembrò effettivamente interessata alla proposta.

-Suppongo possa essere un’idea, ma considerando che lo charme di Gorgeous è tutto nelle coppie che si lasciano e si prendono, risolvere le ship wars con una relazione poliamorosa farebbe cadere le visualizzazioni- rispose poi pratica, demolendo l’idea della fulva.

-Uff, posso capirlo. Almeno rendi Francisca e Angelica di nuovo una coppia in futuro! Stavano così bene nella settima stagione!!- Amabelle cambiò argomentazione e tornò a fare ship wars, infervorandosi.

-Sentite, sentite, per quanto mi piacerebbe passare gli ultimi minuti dell’anno a litigare sulle coppie di Gorgeous migliori, non potremmo cambiare argomento?- Petra cercò di reindirizzare la conversazione, che stava praticamente girando intorno e aveva escluso buona parte della Corona Crew, non particolarmente interessata a quella serie.

-Non stiamo litigando, è una discussione d’affari… leggermente enfatica- obiettò Amabelle, stringendosi più contro la ragazza per tenersi al caldo.

In effetti, perché erano lì fuori? Questa volta non era stato Felix a trascinarli lì, dato che aveva smesso di fumare, e sembravano tutti estremamente infreddoliti.

Norman aprì la bocca per far notare la stranezza di quella posizione, ma venne anticipato proprio da Felix, che parlò prima di lui.

-Personalmente, sebbene io abbia visto pochissime puntate, adoro Kyle e Pablo. Gli amici d’infanzia che si mettono insieme è un trope che mi piace particolarmente- commentò, per fortuna senza alcuna battuta di dubbio gusto, ma stretto a Mirren come un cagnolino in cerca di calore.

Il suo compagno e futuro coinquilino gli lanciò un’occhiata affettuosa e vagamente esasperata.

-Non avendo visto neanche un episodio della serie, io approvo l’idea di Petra di cambiare argomento… stavate parlando degli esami poc’anzi- ricordò, stringendosi a Felix a sua volta per combattere il freddo.

Norman invidiò parecchio le coppie, tutti potevano stringersi l’uno all’altro, mentre lui rimaneva l’unico al freddo.

Ma vabbè, per lui era meglio essere soli che accompagnati da un partner romantico.

-Giusto! Parlate degli esami, poveri ragazzi che ancora studiano- Felix prese le parti di Mirren provocando gli studenti della Crew, molti meno rispetto all’anno prima, dato che lui e Norman erano usciti dal gruppo degli universitari, e due dei nuovi venuti, Mathi e Veronika, non studiavano.

-È facile per voi parlare! Non avete più esami da fare!- Denny si irritò, incrociando le braccia e lanciando un’occhiataccia ai Ferren, talmente uniti che erano davvero diventati una fusione come in Steven Universe.

Ed infatti risposero anche nello stesso momento.

-Noi lavoriamo, a differenza vostra!- esclamarono con soddisfazione.

-A differenza di chi, scusa?- obiettarono Max, Norman, Mathi e Veronika. Mathi schiaffeggiò delicatamente Felix con il grembiule che si era appena tolto.

Anche Mirren venne colpito, ma non si ritirò con astio, limitandosi ad alzare appena gli occhi al cielo.

-A differenza della maggior parte di voi, avete ragione- alzò le mani in segno di resa.

-Cavolo, Mirren, ci hanno fregato!- si autocommiserò Felix, divertito.

-Tornando a noi… Gorgeous non lo conosce nessuno, l’argomento esami è taboo… di che parliamo?- chiese Diego, rivolgendosi in particolar modo a Clover, accanto a lui.

-Mmmm, oh! Ce l’ho. Propositi per l’anno nuovo?- tirò in ballo l’argomento che tutti si aspettavano prima o poi di veder uscire fuori.

-Ottima idea! L’anno scorso ci è andata benissimo con i propositi!- Amabelle le diede man forte -Inizia tu! Ora che hai deluso tuo padre, cosa vuoi fare?- porse poi verso Clover un cappellino da festa come se fosse un microfono.

-Mmmmm, penso… mi piacerebbe riavvicinarmi a mia madre e a Blossom, magari potremmo fare terapia familiare- rifletté Clover.

-Mi sembra uno splendido proposito- si complimentò Diego, ammirato dalla strada che la sua ragazza aveva fatto.

-Awww, che bello! Sì! Lo accetto!- Amabelle batté le mani con gli occhi chiusi, per finalizzare il contratto implicito con l’universo.

-Lo stiamo facendo di nuovo?- Petra non sembrava molto entusiasta di doversi inventare un nuovo proposito da raggiungere entro la fine dell’anno successivo. Non poteva riposarsi neanche un attimo, e che cavolo!

-Sì! Dai, approfittiamone ora che c’è ancora Norman a darci la sua benedizione magica!- Amabelle incoraggiò la sua ragazza arrivandole a pochi centimetri dal volto e guardandola con occhi da cucciolo. Petra sbuffò, e acconsentì.

-Fatemici pensare un attimo- abbandonò però il turno.

Amabelle tornò a guardare Clover e Diego.

-Allora, Diego, quale sarà il tuo proposito quest’anno?- chiese a quest’ultimo, incoraggiandolo ad essere il prossimo.

-Oh… beh… magari è un proposito stupido, ma vorrei aggiustare l’auto, diciamo ristrutturarla un po’- rispose Diego, senza avere molte idee.

-Potrei sempre comprartene una nuova se vuoi- si propose Clover.

-No, no, sono affezionato alla mia macchinetta sgangherata, ma ci sono dei lavori da fare- Diego declinò la sua offerta, pur dandole un bacio sulla fronte.

-Poco romantico… ma lo accetto!- Amabelle batté le mani e sorrise ad occhi chiusi. 

In realtà era più romantico di quanto Amabelle sospettasse, dato che aggiustare la macchina significava renderla più sicura per Clover, in modo da non rischiare di triggerare il suo trauma. 

-Il mio proposito è… essere promosso nonostante abbia appena iniziato a lavorare- Norman decise di essere più ambizioso quell’anno. Se i propositi avevano funzionato bene l’anno passato, magari poteva sperare che anche il successivo sarebbe stato altrettanto positivo.

-Mi piace il tuo spirito! Peccato che non sei voluto venire alla nostra azienda. Anche se il signor Dubois è una brava persona e un capo piuttosto lodevole- Mirren annuì a sentire il suo proposito.

-Attento solo al figlio Loverick!- lo mise in guardia Felix, stringendo con più forza Mirren, che ridacchiò tra sé.

-Non l’avevano arrestato, quel tipo?- chiese Petra, ricordando le accuse per molestie.

-Macché, è già uscito su cauzione- Felix sbuffò.

-Norman, pensi sempre troppo al lavoro!- lo rimproverò Amabelle, facendo il muso. Tornò a sorridere pochi istanti dopo -Ma vabbè, ti si ama anche per questo. Proposito accettato!- batté le mani sorridendo, e Norman si sentì benedetto dalla fortuna.

-Tray, tocca a te!- Amabelle tornò alla sua ragazza, che fece uscire un lamento seccato.

-Va bene, ce l’ho! Restare in vita!- riciclò il proposito dell’anno scorso.

-Petra, un po’ di fantasia, dai!- la incoraggiò Amabelle, agitandola per le spalle.

-Okay, okay… uff… insegnare a Lottie dei giochini… e a non distruggere le mie cose… e a distruggere quelle degli altri a comando, nell’eventualità che venga una nuova Bonnie- Petra si sfregò le mani, malefica.

-Ecco, questo sì che è un bel proposito!- Amabelle batté le mani, anche lei un po’ malefica, ma sempre con l’immancabile sorriso.

-Quest’anno sono tutti molto più decisi- osservò Felix ammirato.

-Tu invece, spero che sia “rendere Mirren felice perché non mi merita”- lo provocò Petra, che prese il suo commento sincero come una frase sarcastica, dato che di solito Felix era sempre sarcastico. Ma aveva fatto progressi anche lui.

-Dai, Petra, sai benissimo che non è vero- provò a riprenderla Mirren.

-No, no, ha ragione! Infatti il mio proposito è riuscire a trasferirci insieme il più in fretta possibile! Ho già iniziato a studiare la piantina e a progettare l’interno!- Felix non se la prese affatto, e anzi sorrise sognante al pensiero della casa che lui e Mirren avevano quasi finito di acquistare.

Già, non stavano perdendo tempo.

-Bellissimo proposito! Il più bello finora!- esclamò Amabelle, battendo le mani e sorridendo con più entusiasmo di prima.

Okay, ormai avevano la strada spianata. Era possibile che si sarebbero anche sposati entro la fine dell’anno.

-Tu invece, Mirren?- chiese Max, indicando il compagno di Felix.

-Io? Mmmm…- Mirren era un po’ incerto.

-Che ne dici di sposare Felix?- propose Amabelle, già pronta a battere le mani.

Ecco, appunto.

-Su, su, fa decidere a lui- la fermò Norman, tenendole le mani distanti, aiutato da Petra.

-Già, non voglio ancora Felix come cognato. Mi costringeresti a ripudiare Mirren come fratello- aggiunse proprio quest’ultima.

-Ehi!- si lamentarono Mirren e Felix insieme.

-Però ha ragione, prima è meglio andare a convivere, per il matrimonio ci penseremo a tempo debito- Mirren si sistemò gli occhiali per non far vedere quanto fosse imbarazzato dalla proposta di Amabelle, e cercò un proposito migliore.

-Sapete, pensavo di prendere lezioni di cucina. Era da un po’ che volevo farne, e ora che vado a vivere da solo, forse è il caso di imparare una volta per tutte- disse poi, soddisfatto dall’idea che gli era venuta in mente.

-Ohhh, sì! Aspetta… ma tu sei già bravo a cucinare! Sono io quello negato dei due- osservò Felix, un po’ confuso.

-Potrei essere molto meglio. E ora che tiri fuori l’argomento… sai, si fanno anche dei corsi di cucina per coppie- Mirren alzò le spalle, buttando l’idea lì, così, tanto per.

Era chiaro che avesse secondi fini.

-So dove vuoi andare a parare…- anche Felix se ne accorse, e gli puntò un dito contro, accusatore -…e ha completamente attaccato! Il tuo proposito sarà partecipare insieme a corsi di cucina di coppia! Ma non prometto di imparare qualcosa. Sai quanto sono impedito- si arrese immediatamente.

-Oh, beh, è l’impegno che conta- Mirren gli sorrise, incoraggiante.

-Awwwwwwwwwww! Due propositi strettamente collegati l’uno all’altro. Mi commuovo! Siete davvero la coppia che da più soddisfazioni! Se fossimo ancora al compleanno di Mirren vi darei due punti per essere la coppia che da più soddisfazioni!- Amabelle si asciugò una finta lacrima, e annuì con estrema approvazione, prima di battere le mani sorridendo ad occhi chiusi.

-Eh, no! Non vale più! Ho vinto io il concorso dell’altra volta!- si intromise Denny, combattivo, facendo valere i suoi diritti.

-Sì, sì, lo so, Danieluccio! E a proposito di Denny… tocca a te dire il tuo proposito!- Amabelle approfittò della sua intromissione per farlo entrare nel discorso dei propositi.

Denny sobbalzò preoccupato per un secondo, ma non era più il timoroso chihuahua di una volta, e si mise a riflettere.

-Vorrei fare un corso di arti marziali- disse dopo poca esitazione, sorprendendo un po’ tutti.

-Grande! Entri nel club del judo?- Clover fu l’unica a non sconvolgersi, e alzò la mano per dargli il cinque. 

-Con piacere!- Denny ricambiò.

-Denny, perché pensi di aver bisogno di imparare le arti marziali?- chiese Max, preoccupato.

-Nessun motivo in particolare, solo per sentirmi più sicuro e nell’eventualità che serva dell’autodifesa- Denny cercò di surclassare la questione.

Amabelle lo fissava sconvolta.

-Chi sei tu, cosa hai fatto al mio dolce e innocente Denny il codardo?!- esclamò, prendendogli la faccia e iniziando a tirargliela per togliergli un’eventuale maschera.

-Ehi!- Denny provò a liberarsi e a lamentarsi per essere stato chiamato codardo.

-Denny è una delle persone più coraggiose che io conosca!- Mathi provò a difenderlo.

-Ed è piuttosto importante imparare a difendersi. Io ho imparato il nindokai da piccola!- anche Veronika si pose in difesa dell’amico, guadagnandosi un’occhiata sorpresa dalla Corona Crew, che non si aspettava che la principessa fosse addestrata nell’autodifesa. Aveva delle guardie del corpo apposta, dopotutto.

-Chi sei tu, cosa hai fatto alla mia dolce e innocente Veronika la bellissima?!- esclamò Max, scimmiottando Amabelle e guadagnandosi una risatina e una spinta da parte della sua ragazza.

-Una principessa deve essere in grado di difendersi nell’eventualità che accada il peggio- rispose Veronika, dandosi qualche aria.

-Approvo sempre di più la tua relazione con Max- Clover diede la propria benedizione da migliore amica.

Veronika sembrava esaltata.

-Ma qui si è perso il punto del discorso! Denny vuole fare un’arte marziale, okay- Amabelle batté le mani sorridendo con poca convinzione, poi si rivolse a Mathi -Che proposito ha la sua dolce metà?- 

-Oh… non ho alcun desiderio o qualcosa da migliorare nella mia vita, al momento… forse mi va di ritornare al New Malfair Comic & Games perché l’altra volta non sono riuscito a godermelo appieno- disse lui dopo un po’ di riflessione.

-Ma come?! Pensavo fosse andata bene! Cavolo, la nostra assenza ha rovinato tutto!- Amabelle si autocommiserò.

-No, no, è andata bene. Solo… sono successe alcune cose strane… insomma, preferirei ritornarci- Mathi si affrettò a spiegarsi meglio, senza spiegare nulla.

Norman doveva ammettere che Mathi era rimasto il membro più misterioso del gruppo. C’erano molte cose che non tornavano in quello che aveva fatto quell’anno, soprattutto nel periodo in cui era sparito.

E considerando che il secondo membro più misterioso del gruppo era una principessa con tre identità diverse, il fatto che Mathi fosse più misterioso di lei era preoccupante.

-Concordo sul tornare a New Malfair! Dovremmo anche andare con Aggie! E potremmo restare più giorni… Norman, tu ci ospiteresti a casa tua?- Denny fece a Norman dei grandi occhi da cucciolo.

-Non so che casa avrò perché non l’ho ancora affittata, ma non vedo perché no- si mise a disposizione. Anzi, era felice di avere quella prospettiva davanti a sé. Era un’occasione per stare un po’ con i due amici, anche se non aveva la minima intenzione di andare alla fiera.

-Perfetto! Proposito accettato!- Amabelle batté le mani sorridendo -Mancate tu e Veronika- passò poi agli ultimi membri del gruppo che non avevano ancora parlato, oltre a lei, ovvero la coppia di principini.

-Semplice, vorrei riuscire a trasferirmi ad Agaliria- Max non ebbe bisogno di pensarci neanche un secondo -Possibilmente per studiare lì, ma in generale perché adoro quel regno- poteva sembrare che lo stesse dicendo solo perché ne sarebbe diventato il futuro re, ma era chiaro che fosse sincero al riguardo. Agaliria gli era piaciuta a prescindere, futuro principe o no.

Veronika aveva gli occhi brillanti all’idea.

-Io vorrei istituire l’accademia di studi politici entro l’anno, così che Max possa iniziare a studiare subito! E trasferirsi!- disse subito dopo, esagitata.

-Okay, ritiro tutto! I vostri propositi sono più soddisfacenti di Mirren e Felix!- Amabelle sorrise e batté le mani con il massimo entusiasmo, felicissima dalla prospettiva romantica.

-Manchi tu, Amabelle. E dato che ormai abbiamo tutti partner romantici, sono davvero curiosa nello scoprire cosa ti inventerai- Clover osservò l’amica con interesse.

Lei assunse uno sguardo furbetto.

-Il mio proposito è…- iniziò, per poi fermarsi in modo che ci fosse suspense.

Questa volta non ottenne un silenzio imbarazzante, ma aveva tutti gli occhi puntati su di lei, in attesa.

-…organizzare belle serate per il gruppo! E renderci tutti sempre più uniti, anche a distanza!- esclamò dopo qualche secondo la ragazza, facendo una piroetta enfatica.

-Awwww- commentarono tutti i membri della Corona Crew, apprezzando non poco il proposito.

-Che bel proposito! Approvo alla grande!- commentò Norman, battendo le mani e sorridendo ad occhi chiusi.

Anche gli altri membri della Crew si unirono a lui, e Amabelle per poco non si mise a piangere, commossa.

Norman era felice di essere stato incluso anche lui, questa volta.

-Però niente asini, okay?- si fece promettere poi, con un terribile dubbio.

-Niente asini, promesso- Amabelle ridacchiò.

Tutti tirarono un sospiro di sollievo.

-Ehi, ragazzi- una voce interruppe la loro conversazione ormai giunta alla fine. Era Roelke, uscita un attimo dal Corona in piena atmosfera festa.

-Oh, tante, vuoi unirti a noi?- chiese Veronika, accogliendola con un grande sorriso.

-Nah, sono troppo vecchia e troppo incinta per stare fuori al freddo troppo a lungo- rifiutò la donna, con una risatina. 

In effetti perché cavolo erano lì fuori a quell’ora?! Norman ancora non se lo spiegava.

Mah, forse solo forza dell’abitudine. 

O più probabilmente, la scrittrice voleva concludere la storia esattamente nel punto in cui era iniziata.

-Sono solo venuta ad informarvi che il conto alla rovescia sta per cominciare- Roelke continuò a parlare, indicando l’interno del café, dal quale provenivano voci confuse ed eccitate.

-Wow, di già?!- esclamò Amabelle, sorpresa.

-Io dire piuttosto “finalmente”. Quest’anno sembra esserne durati due- obiettò Mirren, alzandosi e togliendosi la neve dagli abiti.

-Nah, io direi più un anno e mezzo, dai- precisò Clover, divertita, mettendosi in piedi a sua volta.

-Su, su, rientriamo, prima di perderci il conto alla rovescia- Max incoraggiò la Corona Crew a dirigersi all’interno.

Si misero davanti allo schermo tutti insieme, come un gruppo compatto, e quando il conto alla rovescia segnò lo zero, Norman esultò come tutti gli altri.

Felix prese Mirren per le spalle, abbracciandolo da dietro e dandogli un bacio sulla guancia.

Amabelle si gettò ad abbracciare Petra, che ricambiò con entusiasmo, facendola volteggiare in aria.

Denny e Mathi, scambiandosi effusioni molto affiatate, per poco non buttarono a terra un’altra coppia che stava cercando di fare altrettanto.

Clover prese un bicchiere per lei e per Diego, ed entrambi fecero un brindisi, prima di bere dal bicchiere dell’altro con una risatina e rischiando di sporcarsi a vicenda.

Max si affrettò ad aiutare Veronika che era stata quasi buttata a terra da un paio di persone ubriache e la portò in un angolo, dove si scambiarono un discreto ma tenero bacio.

L’anno nuovo era tale da poco, e tante cose erano cambiate completamente, o si erano evolute per il meglio, nell’anno appena concluso.

Nell’anno più folle del gruppo, soprattutto dal punto di vista amoroso.

Con strani eventi atmosferici, chiavi disperse, porte chiuse, giochi romantici, coincidenze incredibili e piani arzigogolati.

Un anno che Norman avrebbe sempre ricordato come il più assurdo e meraviglioso della sua vita.

Che aveva solo aperto la strada a futuri anni grandiosi.

Perché la vita continua anche dopo la parola fine. Dopo il 31 Dicembre arriva sempre un nuovo 1 Gennaio. Con nuove sfide, piani arzigogolati, coincidenze assurde e momenti di coppia.

Ma sebbene la vita continui, questa storia finisce qui.

Con fuochi d’artificio nel cielo, amore nell’aria, e nuovi propositi da realizzare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Ho finito.

Ho ufficialmente finito.

Non ho ancora del tutto realizzato, sono molto stranita al momento, ahah.

Allora… ho tante cose da dire, quindi cominciamo con ordine.

Innanzitutto, voglio fare dei ringraziamenti.

Ringrazio tutti i lettori, tutti quelli che hanno letto la storia, l’hanno messa tra le seguite, l’hanno votata su wattpad, hanno commentato e in generale hanno apprezzato le vicende infinite di questo svitato gruppo di amici.

Ringrazio in particolar modo A_Liebert, Haynes Edith e Luxa05 che con le loro recensioni mi hanno davvero dato l’ispirazione per continuare la storia capitolo dopo capitolo e arrivare fino alla fine. grazie davvero un sacco del vostro supporto.

Sono emozionata, quindi questo angolo autore uscirà un po’ sconclusionato.

Allora… questa storia è nata completamente a caso, durante una sessione d’esami, e come modo di sfogarmi. Non sapevo dove sarebbe andata a parare, avevo giusto una base su quello che volevo far succedere alle varie coppie (Ferren: amici d’infanzia che si mettevano insieme dopo anni; Petrabelle: le matchmaker che finiscono per innamorarsi; Veromax: cinderella story e bi panic; Mathenny: I’m not gay!! Yes you are, e agente segreto sotto copertura; Clogo: Falsa relazione e nemici ex amici che tornano amici e si innamorano) e qualche scena ben delineata in mente (l’8 Marzo, la scena in auto Mathenny, il re che si traveste e fa il test a Max, eccetera).

Andando avanti ho iniziato ad avere le idee più chiare, e ho iniziato a progettare perfettamente ogni capitolo, ma mai mi sarei immaginata che il prodotto finale sarebbe stato così lungo, ambizioso, e soprattutto che sarei davvero riuscita a completarlo.

Nè mi sarei immaginare che un prodotto del genere, così lungo e sconclusionato e pieno di cliché, sarebbe stato letto così tanto. Non è la storia più letta che ho scritto, ma già il fatto che quasi ogni capitolo, su EFP, arrivi almeno a una sessantina di visualizzazioni, con una media di 100 visualizzazioni a capitolo, è tanta roba.

È davvero pazzesco, soprattutto per una storia partita senza pretese, e che è diventata una delle più importanti che io abbia mai scritto.

Andando avanti ho iniziato ad affezionarmi sempre di più alla Corona Crew, e questi personaggi mi sono ormai entrati nel cuore, e mi mancherà scrivere su di loro.

 

Detto questo… non è necessario che mi manchi scrivere su di loro.

Stacco questa parte perché ora che abbiamo finito i discorsi sentimentali, passiamo alla ciccia!

Come avevo già annunciato capitoli addietro, ho intenzione di scrivere un seguito di Corona Crew ambientato cinque anni dopo. Ho progettato le storyline di tutte le coppie, e sebbene alcune siano più presenti di altre, dovrebbe essere sulla stessa lunghezza d’onda di Corona Crew.

E il titolo, finalmente posso annunciarlo, sarà: Corona Crew - Royal Wedding!

Se cliccate sul link posto sul titolo, sarete indirizzati ad un teaser che illustra a grandi linee quello che potrete trovare nel sequel, che però non arriverà subito, ma pensavo di far arrivare a Gennaio.

Vorrei progettarlo meglio, e iniziare a scrivere i primi capitoli.

Ma non disperate, perché Corona Crew continuerà anche in questi mesi, ma nella raccolta di Side stories: Life Bites (anche qui, link alla storia cliccando sul titolo).

Questa raccolta, già cominciata, avrà missing moments, headcanons, ma soprattutto presenterà il seguito con alcune cose che succedono nei cinque anni che passano da questa storia al seguito.

Quindi se vi mancheranno i personaggi, vi consiglio di darci un’occhiata.

Okay… ringraziamenti fatti, momento emotivo fatto, spam fatto… ah, giusto!

 

Come avevo anche qui già anticipato, qui di seguito trovate anche l’ultimo sondaggio per la Corona Crew, per conoscere il feedback finale della storia. Se volete, potete rispondere :) 

Sondaggio 

 

Credo di aver detto tutto quello che avevo da dire, spero davvero tantissimo che questa storia vi sia piaciuta, e vi ringrazio ancora per essere arrivati fino a qui, seguendomi in questo lungo viaggio.

Posso solo dire una cosa, arrivati a questo punto…

Pablo dovrebbe stare con Contessa!

…nah, scherzo.

Un bacione, e alla prossima :-*

 

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